Satyrica

di Mue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Questa storia è iniziata e si è conclusa due settimane fa, conseguenza di un raptus puffoso acuto, ma vede la luce solo ora grazie allo splendido betaggio di whateverhappened, che ringrazio dal più profondo del mio animo cosparso di zucchero e caramelle *-*
Disclaimer: I personaggi e gli elementi creati da J.K. Rowling presenti in questa fanfiction sono suoi e solamente suoi, il resto della storia è tutto una mia invenzione. Questa storia non è scritta a scopo di lucro.

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Capitolo I



28 giugno, Casa Peakes.

«Luna, ti ricordi di mio nipote Rolf, vero?»
Luna sollevò gli occhi dal bicchiere che aveva in mano e incrociò lo sguardo dell’uomo che la signora Peakes le stava presentando. Un uomo alto, leggermente stempiato, con corti capelli castani e le sopracciglia oblique.
Gli sorrise. «Certo che mi ricordo di lui. Mi ha baciata.»
Luna aveva il vizio di saper dire le cose giuste al momento giusto. O le cose sbagliate al momento sbagliato. Che a volte è la stessa cosa.
E quella fu una di quelle volte.
Un silenzio raggelante calò sui presenti come un colpo d’ascia. La signora Peakes assunse la stessa espressione attonita di un Plimpo d’acqua dolce. Rolf Scamandro, invece, sembrava pietrificato.
Luna tese la mano con nonchalance. «Sono felice di rivederti, Rolf.»
Fu come se tutta l’aria venisse risucchiata dai polmoni dei presenti. Tutti gli ospiti trattennero il fiato, gli occhi fissi su Rolf. Che cosa avrebbe fatto?
L’uomo esitò per un lungo attimo, poi tese la mano e strinse quella di Luna.
«Vedo che non sei cambiata» commentò, elargendo un sorriso che però non raggiunse gli occhi gelidi. «Parli sempre di assurdità.»
La tensione dei presenti si spezzò, alcuni sorrisero, altri ridacchiarono apertamente e tornarono alle chiacchiere e al succo di zucca.
Luna si guardò intorno. «Oh, avevo detto qualcosa di sbagliato?»
Il sorriso scivolò via dalle labbra di Rolf come neve al sole. «No, non sei cambiata affatto» mormorò piano, rivolto a se stesso.
Luna alzò le spalle. «Tu, invece, sei cambiato molto.»
Rolf inarcò una delle sopracciglia oblique. «Davvero?»
«Sì. Ed è davvero un peccato» rispose lei serenamente.
La signora Peakes si affrettò a intervenire per riprendere le redini della conversazione prima che degenerasse di nuovo. «Sai, Luna, Rolf si è diplomato a Beauxbatons a pieni voti ed è andato in giro per il mondo in questi ultimi quattro anni. E’ diventato il maggiore allevatore mondiale di quei cavalli alati… quelli grandi… com’è che si chiamano, Rolf?»
«Equus Pegasus Nives» disse Rolf, infastidito. «Sono la razza più rara.»
«Già» annuì la signora Peakes. «A ogni modo, il nostro Rolf è diventato celebre. Pensa, parteciperà all’Esposizione Internazionale di Creature Magiche! Quella di Parigi! Non è incredibile? E ha promesso di accompagnarci anche Amy, quando tornerà da Hogwarts. Sarà felicissima! Ha sempre adorato gli animali…»
«Intende sua figlia?» chiese Luna con innocenza. «Quella che è stata bocciata al terzo anno in Cura delle Creature Magiche?»
Rolf scoppiò in un eccesso di tosse molto sospetto mentre la signora Peakes arrossiva. «Oh, quello è stato solo perché era terrorizzata da quell’enorme insegnante di Cura delle Creature Magiche, quell’Hagrid…»
«Sì, è molto grosso» annuì Luna. «Ed è anche tanto buono, vero? E’ uno degli amici più cari di Harry…»
«Già, Harry Potter. Anche se tu sei stato sempre all’estero, Rolf, avrai seguito tutta la vicenda, vero? Persino nei paesi stranieri ci sono stati morti e vittime…»
Rolf scrollò le spalle. «Non mi sono mai trovato coinvolto in niente di abbastanza pericoloso per rendermi conto di quanto possa essere stato terribile.»
«Colui-che-non-deve-essere-nominato» proseguì la signora Peakes senza ascoltarlo, «i Mangiamorte e tutto il resto, intendo… Pensa che Amy ha passato un anno in quella scuola sotto la tirannia dei Mangiamorte! E’ stato terribile, povera bambina! Io ogni giorno mi alzavo con la paura che le fosse successo qualcosa e…»
Non riuscì a terminare il discorso perché affondò il viso in un ampio fazzoletto stropicciato, singhiozzando.
«Ma perché sarebbe dovuto succedere qualcosa a lei? Non conosceva nemmeno Harry, no? Ed era Purosangue…» obbiettò Luna in tono ovvio.
«Lo so, ma è sempre stata così forte e sincera, con un gran senso di giustizia, che temevo si sarebbe sacrificata per qualcuno! Era così anche da bambina; ricordi, Rolf?»
«Veramente no» rispose impietosamente Rolf.
«Io ricordo quella volta che siamo andati a giocare al pozzo e Rolf l’ha convinta a calarsi giù e l’ha lasciata lì perché faceva la spia» meditò Luna, assente.
Rolf le lanciò un’occhiataccia. «E’ stato solo uno scherzo! E a quel tempo ero ancora un bambino incosciente!»
«Sarà per questo, allora, che mi avevi baciata» osservò Luna.
L’uomo s’irrigidì di colpo, mentre la signora Peakes, che non aveva sentito nulla perché si stava soffiando ostentatamente il naso nel fazzoletto, intervenne a sproposito.
«E’ stata molto coraggiosa a voler restare laggiù, accanto ai suoi amici.»
Luna la guardò perplessa. «Aveva degli amici nel pozzo?»
La signora Peakes sembrò altrettanto confusa. «Pozzo? Quale pozzo?»
«Nessuno» si affrettò a interromperle Rolf, decisamente stufo di quella discussione. «Zia, mi dispiace, ma ora devo proprio andare. Non posso lasciare la scuderia incustodita troppo a lungo.»
«Oh, capisco benissimo, Rolf. Avrai tanto lavoro, ora che sei così famoso e richiesto. Non ti tratterrò, però prometti che verrai a trovarci di nuovo quando ci sarà anche Amy!»
«Verrò qui non appena potrò lasciare i miei cavalli a qualcuno fidato» promise lui sbrigativamente, recuperando da un attaccapanni il suo lungo mantello nero.
Il signor Peakes, che li aveva raggiunti in quel momento, fece una smorfia. «Se hai bisogno di un impegno per non venire, inventane almeno uno più originale.» Si rivolse a Luna. «E tu, ragazza? Intendi lasciarci anche tu o resti qui ancora un po’?»
Luna sorrise. «No, devo andare anch’io. Papà stamattina ha trovato un Gorgosprizzo in cantina e devo aiutarlo a catturarlo.»
Il signor Peakes ridacchiò e disse a Rolf: «Sentito, ragazzo? Questo è un impegno creativo.» Poi si rivolse a Luna. «Vorrei accompagnarti fino a casa, ma abbiamo ancora ospiti, qui, e non sarebbe carino lasciarli senza il festeggiato» disse, indicandosi il petto. «Però» aggiunse, guardando di nuovo Rolf, «non credo che a Rolf dispiacerebbe, vero?»
L’espressione di Rolf non poteva esprimere maggior dissenso, tuttavia l’uomo disse solo: «Volentieri.»

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Un grazie a chi ha recensito il primo capitolo e a chi ha messo la storia tra le seguite o le preferite *-* Fatemi sapere come vi sembrano Luna e Rolf: sono curiosa di conoscere la vostra opinione su di loro, dato che in così pochi ne parlano o scrivono.
Buona lettura!

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Capitolo II



28 giugno, campagna di Ledbury St Catchpole

La luce del crepuscolo permeava tutta la campagna intorno alla stradicciola che da casa Peakes conduceva all’abitazione dei Lovegood. Erano poche centinaia di metri di distanza, perciò andarono a piedi.
Il sole era già tramontato e a oriente, tra i cumuli di nubi, il blu denso e liquido della notte stava risalendo nel cielo.
Rolf camminava davanti: si era acceso una pipa di corno e tirava lunghe boccate, silenzioso.
Luna lo seguiva rilassata, osservando le nuvolette azzurre prodotte dal suo accompagnatore mentre galleggiavano nell’aria fresca della sera estiva. «Ricordi dov’è casa mia?» chiese all’improvviso.
Lui si voltò, seccato. «Certo che lo ricordo. Sono nato qui.»
Luna lo osservò, pensierosa. «Però non sembra che tu ne sia molto felice.»
Rolf si accigliò. «Felice di cosa?»
«Di ricordarti di quando stavi qui, da piccolo. Non ti piaceva?»
Rolf scrollò le spalle. «Ricordo i posti, non quello che mi piaceva o no. Ormai sono anni che vivo all’estero.»
«Mi dispiace.»
L’uomo si voltò a guardarla: ora camminavano affiancati, costeggiando una siepe di rovi selvatici. «Perché ti dispiace?»
«Be’, i ricordi migliori sono quelli di ciò che si è provato, no?»
Rolf corrugò la fronte. «Tu dici? Perché?»
«Non lo so» rispose lei, alzando le spalle. Poi, dopo un istante di riflessione, aggiunse: «Forse perché, senza i sentimenti di ciascuno, un posto sarebbe sempre uguale per tutti.»
Rolf non disse nulla, tirando un’altra boccata dalla pipa. Luna tacque per qualche minuto, poi chiese: «Com’era la Francia?»
Rolf parve sorpreso da quella domanda. Scrollò le spalle. «Non male. Beauxbatons è un’ottima scuola, e il clima era stupendo.»
Luna sorrise. «I primi anni a Hogwarts mi sei mancato» rivelò senza alcun imbarazzo. «Non avevo amici e nessuno voleva parlarmi perché pensavano che fossi strana. Però ogni volta mi ricordavo le ultime parole che mi avevi detto ed ero felice.»
Il volto di Rolf aveva assunto una strana tinta accesa nella luce crepuscolare. I due continuarono a camminare sulla strada fangosa in un silenzio pacifico per l’una e imbarazzato per l’altro.
Poi Rolf domandò all’improvviso: «Com’è stata la guerra?»
Luna, sorpresa da quella domanda, rifletté. «Brutta» rispose alla fine.
Rolf scosse la testa con un mezzo sorriso. «Solo tu potresti avere così poco da dire su una guerra.»
Luna scrollò le spalle. «Non mi piace pensarci. Anche i ricordi peggiori sono quelli di ciò che si è provato.»
Rolf le lanciò un’occhiata in tralice. «Paura?»
Luna meditò, poi annuì. «Sì, alcune volte.»
Lui ridacchiò.
Luna lo guardò perplessa. «Perché ridi?»
«Tu non puoi avere paura» affermò lui. «Non hai mai avuto abbastanza coscienza di te stessa per averne. Anche da piccola non temevi nulla.»
Luna abbassò lo sguardo, seria. Ricordò il giorno in cui l’avevano presa da casa sua, e poi quella cantina buia e Olivander steso a terra. Ricordò l’arrivo di Harry, Ron e Dean, e ricordò Dobby e la sua morte. Alzò il viso e guardò Rolf negli occhi.
«E invece ho avuto paura» disse con una serietà inconsueta per lei.
Rolf smise di sorridere e la fissò intensamente, la fronte aggrottata.
Luna sospirò, poi sorrise. «Sono arrivata. Grazie per avermi accompagnata.»
Rolf alzò lo sguardo e sembrò accorgersi solo in quel momento della grande casa a cilindro in cima alla collina. Tornò di colpo all’espressione rigida che aveva mantenuto in casa Peakes durante la festa, come se si fosse accorto solo in quel momento di essersi lasciato andare troppo. «Prego» commentò asciutto.
«Buonanotte, Rolf» disse Luna, sorridendo.
Lui la fissò per un istante forse troppo lungo, poi le fece un cenno di saluto con la testa.
«Mi sbagliavo» le mormorò dietro mentre lei stava già oltrepassando il cancello. «Sei cambiata.»
Luna lo sentì e si volse indietro sorridendo. «Anch’io mi sbagliavo sul fatto che sei cambiato. Quando ridi sei uguale a una volta.»
Rolf le diede le spalle, avviandosi verso casa.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Eccomi di nuovo con un altro capitolo.
E stavolta ne approfitto per darvi anche qualche informazione di servizio: innanzitutto sarò sempre così rapida ad aggiornare perché, come ho detto, questa storia si è conclusa già diverso tempo fa. Inoltre, anche se non è una cosa che vi riguarda e probabilmente nemmeno vi interessa, partecipa al Pigiama Party di Fanworld che, essendo a scadenza limitata, mi impone di postare in fretta per completare l'iniziativa. A chi non sapesse di cosa si tratta consiglio di andare sul sito in questione a dare un'occhiata.
Infine, dopo gli annunci pubblicitari, ringrazio di nuovo chi legge e soprattutto chi commenta questa storia piccina picciò: mi fa molto piacere sentire la vostra opinione *-*
E, dulcis in fundo, vi lascio al nuovo capitolo, finalmente ^-^

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Capitolo III


28 giugno, strada per Avonfield

E così l’ho rivista.
Rolf percorreva la strada fangosa con le mani infilate nelle tasche e la pipa in bocca. Avrebbe potuto Smaterializzarsi appena dopo aver lasciato Luna al suo cancello, ma aveva voglia di camminare. Aveva sempre voglia di camminare quando troppi pensieri gli giravano per la testa.
Quando aveva deciso di tornare in Inghilterra non aveva pensato a Luna. In realtà l’aveva proprio dimenticata, nei suoi lunghi anni all’estero.
Lei era solo un’immagine sbiadita che si era portato dietro, nascosta da qualche parte dentro di lui, insieme al ricordo della sua infanzia ormai lontana, quando correva nei prati di Ledbury con Luna e quell’impiastro di sua cugina a caccia di Nargilli e Ricciocorni.
Ricciocorni… Un tempo ci credeva davvero, a quegli esseri. Come avrebbe potuto non farlo se la sua migliore amica, quella ragazzina bionda con quegli enormi occhi limpidi era tanto sicura della loro esistenza? Dubitare di loro significava dubitare di lei. E Rolf non voleva dubitare di lei. Le voleva troppo bene, a quel tempo.
Ma ora quell’affetto era svanito.
Anche se incontrarla quella sera gli aveva fatto uno strano effetto. Non malinconia, ma nemmeno felicità; gli era sembrato che il tempo rallentasse e prendesse a fluttuare, a evaporare. Come un improvviso vuoto d’aria. O un sasso che increspa uno specchio d’acqua lisco e immobile. Qualcosa che infrange la superficie penetrando in profondità, ma senza spezzarla. Senza violenza. E senza volerlo.
Ecco, proprio di quello mancava Luna, volontà. O, meglio, consapevolezza.
Merlino, come può essere rimasta uguale?, si chiese nervosamente Rolf passandosi stancamente una mano sul volto. Così maledettamente ingenua?
«Certo che mi ricordo di lui. Mi ha baciata» aveva detto quel giorno.
Rolf sospirò. Vero. Diabolicamente vero.
Ma era anche vero che erano mocciosi di dieci anni, che Rolf non aveva visto altro del mondo che quel lembo di campi, boschi e rovi che era Ledbury St Catchpole e che all’epoca era convintissimo che da grande avrebbe sposato Luna.
Ero proprio un marmocchio senza cervello, pensò scavalcando una pozzanghera. Poi, ripensandoci, si volse e fissò l’acqua stagnante che rifletteva confusamente la staccionata di legno che affiancava la strada.
L’aveva baciata proprio lì, il giorno prima di partire per la Francia; non sapeva ancora che a Beauxbatons lo attendeva la realtà, dove non c’era spazio per Nargilli e Gorgosprizzi. Non sapeva ancora che nella nuova scuola sarebbe cresciuto e diventato adulto, lasciandosi indietro le fantasie, l’infanzia e, soprattutto, Luna.
Rolf sbuffò una nuvoletta di fumo, ammirando il cielo: ormai era calato il buio, e tra le spire vaporose del manto di nubi si vedeva occhieggiare qualche stella. E la luna era lassù, uno spicchio pallido ed etereo di luce spettrale.
Sposare Luna Lovegood… ora si chiedeva come avesse potuto davvero crederci, da piccolo. Nessun uomo con un cervello funzionante l’avrebbe fatto. Forse, se fosse cambiata, se fosse cresciuta e avesse smesso di credere a certe cose, non sarebbe stato impossibile.
Ma lei è cambiata, disse una voce dentro di lui. Hai visto i suoi occhi diventare due pozzi neri quando ha parlato della guerra, Rolf. L’hai vista. Ha passato qualcosa che tu non puoi nemmeno immaginare.
Sì, l’aveva fatto. Ma qualsiasi parte di lei fosse cambiata, non era quella giusta. Non era quella che l’avrebbe resa una persona matura. Un adulto. Una donna.
Luna era rimasta indietro. Era rimasta a quella staccionata di dieci anni prima, accanto a cui Rolf l’aveva baciata e le aveva detto quelle parole.
«Ricordati sempre di me, perché finché lo farai, io ti avrò nel cuore.»
Stupidaggini. Idiozie colossali.
Rolf si era scordato di lei molto in fretta. Era diventata solo un volto tra tanti altri del passato; forse più dolce e nitido, ma solo quello.
Finalmente arrivò alla fine della strada, aprì il cancello di casa sua, una grande dimora vittoriana in fondo a un bosco di querce, e si chiuse alle spalle i battenti e tutti quei pensieri senza senso.
I suoi cavalli lo aspettavano, e, dopo di essi, un sonno ristoratore e senza sogni. Non c’era altro, nella sua vita, e non poteva volere niente di più.
O, almeno, così credeva.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Sarò monotona, ma grazie di nuovo a chi ha letto e recensito; anche whateverhappened mi ha incaricata di ringraziare a sua volta chi le ha fatto i complimenti ^-^
Dato che non riesco mai a essere di molte parole nelle note autore quando non ho informazioni di servizio da farvi sorbire, vi lascio alla storia, che poi è il motivo per cui sopportate i miei sproloqui ad ogni inizio capitolo.
Buona lettura.

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Capitolo IV


5 luglio, Diagon Alley

Quel pomeriggio Luna entrò in farmacia per comprare alcuni ingredienti che le servivano per preparare una pozione attira-Ricciocorni. Aveva deciso di incentrare la sua tesi di Faunologia Magica Terrestre su quelle creature, ma doveva assolutamente portare prove concrete della loro esistenza o non avrebbe passato l’esame di settembre. Per fortuna aveva tutte le vacanze estive a disposizione prima dell’inizio dell’università.
Era un pomeriggio piovoso, e grosse gocce cadevano sulla strada battuta e sulle finestre, lambendo i vetri opachi e inzuppando i pochi passanti.
Luna dava le spalle alla porta, intenta a scrutare un barattolo colmo di squame di Kelpie che galleggiavano pacifiche in uno strano liquido verde acido.
«Siete riusciti a catturare il Gorgosprizzo?» le chiese una voce sarcastica alle sue spalle.
Luna si voltò con un sorriso. «Oh, no, purtroppo ci è scappato. Non è che tu l’hai visto da qualche parte?»
Rolf Scamandro –perché di lui si trattava- scosse il capo. «Temo di no. A ogni modo buongiorno, Luna.»
Era vestito all’antica, con un paio di lunghi stivali e un mantello nero attorno alle spalle. Aveva tante gocce di pioggia tra i capelli e le sopracciglia.
Luna lo osservò con attenzione.
«Rolf, per caso sei imparentato con i satiri e non me l’hai mai detto?» gli domandò, senza rispondere al suo saluto.
Lui inarcò una delle sue sopracciglia oblique, interrogativo. «Non che mi risulti. Perché?»
«Be’, hai delle sopracciglia insolite» rispose tranquilla Luna. «Sembri proprio un satiro o un fauno. Strano, quando eravamo piccoli non le avevi così…»
Evidentemente doveva aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato, perché Rolf assunse la stessa espressione di qualcuno costretto a ingoiare un limone.
Prima che potesse ribattere, però, un individuo biondo dietro a Rolf che Luna notò solo in quel momento scoppiò a ridere.
«Per la barba di Merlino!» esclamò, senza smettere di ridere. «Sai, Rolf, che ha proprio ragione? E io che in questi ultimi tre anni mi sono sempre chiesto che cosa mi ricordassero le tue sopracciglia senza mai arrivarci…»
Rolf sembrava piuttosto irritato. «Se ho la sfortuna di avere un amico tanto cretino da non avere niente di meglio a cui pensare eccetto le mie sopracciglia, non è colpa mia!» disse aspramente.
«Dai, non fare l’offeso, ora» fece l’altro, continuando a sogghignare. Poi si rivolse a Luna. «E’ molto suscettibile su questo argomento, sai? Anche se Rolf non lo ammetterà mai, è fissato con quelle sopracciglia. Lo hai appena colpito nel suo punto debole.»
«Se non la smetterai di parlare di sopracciglia, Rawdon, te ne procurerò io un paio che ti forniranno un argomento di conversazione per il resto della tua vita» commentò minaccioso Rolf.
«Quanto sei permaloso! Non ti si può nemmeno stuzzicare. Se proprio vuoi cambiare argomento, perché allora non mi presenti questa tua amica così carina?»
Rolf guardò Luna, sorpreso.
In effetti anche per lei era la prima volta che si sentiva definire carina. Be’, a parte quella volta che aveva accompagnato Harry a una festa di Lumacorno, ma lui probabilmente lo aveva detto perché non sapeva di cosa parlare.
«Non sono un’amica carina, signore» disse Luna, affabile. «Sono solo un’amica, sempre che a Rolf non dispiaccia.»
Il sorriso sul viso di Rawdon si allargò. «E sei pure spiritosa! No, in questo caso non può decisamente essere una tua amica, Rolf. Tu hai un senso dell’umorismo pari a quello di un centauro sclerotico.»
«Il mio senso dell’umorismo, Rawdon, è pur sempre meglio di quello di un Amomongo Ridens del tuo calibro» ribatté l’altro, gelido.
«Rolf, non devi dire queste cose! Mi sento terribilmente offeso, anche se non so cos’è un Amomongo!» replicò Rawdon allegramente cercando di assumere un tono offeso senza riuscirci.
«E’ una scimmia volante delle Filippine» disse subito Luna, senza riflettere.
I due uomini la fissarono, sorpresi.
«Come lo sai?» chiese Rawdon, ammirato.
«Studio all’Università di Naturalistica Magica di Edimburgo» spiegò Luna pacificamente. «E mio padre è appassionato di Creature Magiche.»
«Wow» fece Rawdon, ammirato. «So che non è da tutti arrivare a quell’università. Chi è tuo padre? Un naturalista famoso?»
«No, è il direttore del Cavillo, Xenophilius Lovegood» dichiarò Rolf prima che Luna potesse aprire bocca. «E lei è una mia amica d’infanzia, Luna Lovegood. Luna» aggiunse, rivolgendosi a lei, «questo è un mio amico, Rawdon Greengrass.»
«Oh, lo conosco. Sei il fratello di Astoria Greengrass, vero?» chiese Luna stringendo la mano che Rawdon le porgeva.
Lui ammiccò. «Precisamente. Conosci mia sorella?»
«Solo di vista. E’ una compagna di classe di Amy Peakes, la cugina di Rolf.»
Il viso di Rawdon s’illuminò. «Ah, allora sei amica anche di Amy, eh? E’ venuta un paio di volte da noi durante le vacanze di Natale. Il mondo è davvero piccolo.»
«Non mi pare» disse secco Rolf, interrompendo Rawdon. «Conosce Amy perché è mia cugina e perché abitavamo tutti nello stesso posto.»
Era una puntualizzazione inutile, e Luna non esitò a farglielo notare. «Non è il caso di essere così pignoli.»
Rolf s’irrigidì e si voltò a guardare gli scaffali di merci con un borbottio simile a: «Va bene, non sono affari miei.»
Rawdon sogghignò e sussurrò a Luna con un sorriso scaltro: «E’ sempre così protettivo quando ti presenta a un ragazzo?»
Luna batté gli occhi. «Protettivo? Chi, Rolf?» ripeté ad alta voce.
Rolf, che dava loro le spalle, li sentì benissimo. Lanciò un’occhiata di puro fiele a Rawdon. «Quelle sopracciglia le preferisci del tuo colore originale o posso sbizzarrirmi?»
Rawdon ridacchiò. «Una battuta! Questa ragazza deve farti davvero un effetto benefico, Rolf. La voglio incontrare più spesso.» E, senza badare all’espressione assassina dell’altro, tornò a rivolgersi amabilmente a Luna. «Dato che sei amica di vecchia data di Rolf perché non vieni a trovarlo? Io ora sono ospite a casa sua, e ho bisogno di svago. Rolf in questo periodo sa essere terribilmente noioso. Ho quasi la tentazione di tornarmene dai miei genitori nel Suffolk.»
«Non immagini che liberazione sarebbe sbarazzarmi di un amico invadente che invita gente in una casa d'altri» disse gelido Rolf.
Luna guardava da uno all’altro. «Ma voi siete davvero amici?»
La risposta velenosa di Rolf fu preceduta da Rawdon. «Sì, sebbene Rolf abbia bisogno che gli venga ricordato in continuazione. Suppongo che faccia così anche con te.»
Luna sorrise. «Oh, no. Con me è sempre stato gentilissimo.»
Rawdon lanciò uno sguardo eloquente a Rolf, ma stavolta ebbe il buongusto di non commentare. «In ogni caso, Luna, perché non vieni, domani? Sempre che il padrone di casa non sia contrario.»
Rolf sembrava alquanto infastidito da tutta la discussione, però mantenne un contegno molto dignitoso. «Non sono contrario» commentò freddamente.
«Bene!» esclamò Rawdon facendo schioccare le dita. «Allora è deciso. Domani ci vedremo per un tè.» Poi lanciò un’occhiata fuori dalla finestra. «Ora che ha smesso di piovere dovremmo andare, Rolf. Mia sorella ci aspetta. Signorina Lovegood, è stato un piacere. A domani!»
«A domani!» gli gridò dietro Luna mentre lui già usciva a grandi passi.
Rolf, dal canto suo, le fece un cenno di saluto con il capo. Prima che uscisse, però, Luna lo trattenne.
«Sono molto felice di venire a bere un tè a casa tua, Rolf. Grazie.»
Rolf sembrò arrossire lievemente. «Figurati. A domani, Luna.»

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Okay, qui siamo arrivati al punto critico. Non della storia, però. Cioè, sì, anche, ma non solo.
Sto parlando del mio punto critico. Quello in cui le persone che leggono questa storia sono sempre di più, i complimenti anche, e io comincio ad avere paura di rovinare le rosee aspettative di tutti perché la storia non è niente di serio, speciale o particolarmente brillante.
Sì, sono complessata; abbiate pazienza, dovevo sfogarmi XD
E dopo questa lunga parentesi ansiogena dell'autrice, vi ringrazio di nuovo, e tanto: per seguirla, per leggerla, per commentarla, grazie davvero.
E ora vado a tormentarmi con le mie paranoie in un angolino e vi lascio leggere in pace XD

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Capitolo V



5 luglio, Avonfield

Quella sera, di ritorno dalle stalle, Rolf trovò Rawdon stravaccato su uno dei divani del suo salotto.
«Allora? Non hai nulla da dire al tuo migliore amico, Rolf?» gli chiese quest'ultimo, alzando gli occhi dal numero di Wizard Class che stava sfogliando pigramente.
«Sì» disse Rolf secco, raggiungendolo e spingendogli bruscamente le gambe giù dal tavolino di marmo con un calcio. «Non mettere i piedi sui tavoli altrui.»
Rawdon sbuffò e gettò la rivista sulla poltrona vicina. «E’ molto carina» disse con un sorriso sornione, incrociando le braccia dietro la testa e stiracchiandosi.
Rolf, che si stava slacciando gli stivali, tenne lo sguardo rivolto verso il pavimento di parquet.
«Che cosa?» chiese in un tono disinvolto. «La rivista?»
«Quella tua amica bionda, Luna Lovegood.» Rawdon fece una pausa, come se si aspettasse che lui parlasse.
Rolf trattenne un’imprecazione mentre la cinghia di cuoio che gli chiudeva gli stivali continuava a sfuggirgli dalle dita nervose.
«Peccato sia figlia di Xenophilius Lovegood. Se è tocca quanto lui, non ne vale la pena.»
Finalmente Rolf riuscì a slacciarsi gli stivali, emettendo un sospiro di sollievo. Si alzò in piedi stancamente.
«Però, accidenti, anche se è un po’ matta è comunque così carina e gentile e tutto! E poi ha quel sorriso così ingenuo che ti fa tanta tenerezza… ed è anche terribilmente sensuale.»
TUMP!
A Rolf era caduto uno stivale di mano. «Sensuale?» ripeté, incredulo. «Ma di chi stai parlando?»
«Di Luna Lovegood, no?»
Rolf inarcò un sopracciglio, e, considerati i suoi lineamenti, il cipiglio fu particolarmente d’effetto. «Hai preso qualcosa dalla mia riserva di alcolici senza chiedermelo?»
Rawdon saltò in piedi e si mise a girare intorno a Rolf, eccitato. «Ma non l’hai vista? Quando con la mano ha spostato i capelli dagli occhi, come si è mossa? E poi ha quegli occhi teneri da preda in attesa trepidante del cacciatore che…»
«Basta, piantala!» lo interruppe Rolf, raccogliendo gli stivali. «Non voglio sentire altro!»
Uscì dal salotto, diretto in camera sua, ma Rawdon lo pedinò, impietoso. «Ma ci pensi? Passare tra le dita tutti quei capelli biondi e goderti il suo sguardo stupito e innocente ogni volta che le fai qualcosa che lei non ha mai nemmeno immaginato… sarebbe completamente in tuo potere…»
Rolf si voltò di scatto. «Ti ho detto di finirla!» Era rosso in volto. Anzi, quasi bordeaux.
Rawdon non lo ascoltò neppure. «Senza contare che aveva addosso quella tunica azzurra così soffice, di quelle che quando si tolgono scivolano via con un fruscio più soffice di un battito d’ali, e sotto…»
Rolf gli sbatté in faccia la porta di camera sua con tale violenza da far tremare i vetri di tutte le finestre della casa.
No!
Non doveva pensarci. Non doveva. Fin da quando si erano conosciuti la prima volta, Rawdon si era sempre divertito malevolmente a fare allusioni fin troppo esplicite su ogni ragazza che incontravano. Di solito Rolf lo lasciava parlare senza ascoltarlo. Però… però stavolta…
Non lei! Merlino, non Luna!
No, assolutamente no. Insomma, era l’ultima ragazza al mondo che chiunque avrebbe potuto considerare da quel punto di vista. E Rolf era l’ultima persona al mondo che avrebbe potuto personificare quel “chiunque.”
E allora perché le immagini che aveva evocato Rawdon non gli uscivano dalla testa?
Diamine, solo pochi giorni prima aveva convenuto con se stesso che Luna era rimasta una bambina, che lui in quegli anni se l’era lasciata alle spalle, che l’unica attrazione mai provata per lei era stata quella di un bamboccio di undici anni e si era conclusa con un insulso bacio a fior di labbra.
Non era mai stata altro, per lui, che un’amica di infanzia. Non aveva mai, mai pensato a lei in quel modo. Mai, ne era certo.
L’aveva dimenticata, diamine!
Sì che l'hai dimenticata, gli mormorò la stessa voce fastidiosa di qualche notte prima, quando l'aveva accompagnata a casa sua. La Luna bambina, ecco cosa ti sei dimenticato. Però adesso ti sei ritrovato davanti una sconosciuta. Una sconosciuta particolarmente attraente.
E lo aveva realizzato solo in quel momento, quando Rawdon glielo aveva fatto notare.
Scosse la testa e si passò una mano sul viso stancamente.
Sto diventando scemo. Forse la pazzia di Luna è contagiosa.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Eccomi qui, di nuovo con un altro capitolo.
Mi state decisamente viziando, tutti voi che seguite questa storia. Siete davvero tanti e non so per voi, ma per me è un enorme risultato *-* E anche una grande responsabilità, dato che sono sempre più persone che potrei deludere, ma ora non mi lascio di nuovo cadere in patemi melodrammatici.
Vi ringrazio tantissimo del supporto che mi date, e spero che questa storia, che sta cominciando ad avviarsi verso la sua conclusione, possa finire nel migliore dei modi per voi e per me ^-^
Un grazie speciale a silvershiver per aver corretto una piccola svista di questo capitolo. Buona lettura!

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Capitolo VI



6 luglio, Avonfield

Luna si presentò puntualmente alle quattro e mezzo di pomeriggio davanti al portone di Villa Scamandro. E ad aprirle la porta fu Rolf in persona.
La fissò come se avesse appena visto apparire un Elementale di Fuoco Maggiore. O un Ricciocorno.
Luna inclinò la testa di lato. «Ho sbagliato ora?»
Rolf si riscosse. «No, no. Benvenuta. Entra.» Parlava meccanicamente, come un automa.
«Grazie» disse lei con semplicità, oltrepassando la soglia e aspettando che Rolf chiudesse la porta alle sue spalle.
Si guardò intorno, curiosa di vedere quanto fosse cambiata quella grande casa in così tanti anni. L’ingresso, una stanza di media grandezza in cui si trovavano anche le scale che salivano al piano superiore, sembrava tale e quale a com’era una volta, tranne, forse, per l’assenza di fiori sul tavolino a destra, che ora era ingombro solo di foto incorniciate.
Luna si chinò a osservarne una e vide un giovane Rolf sui sedici anni in compagnia di una donna familiare.
«Come sta tua madre?» chiese educatamente.
Il silenzio di Rolf che seguì quella domanda la fece voltare verso di lui. «Rolf?»
Lui sembrò ricadere da chissà quale pensiero, gli occhi fissi su di lei. «Ah, bene. Le piace molto vivere a Parigi.»
Luna sorrise. «Capisco.»
Rolf annuì con il capo meccanicamente, poi le fece cenno verso le scale. «Saliamo? Il tè è già pronto.»
Luna annuì. «Con piacere.»
Mentre salivano le scale si accorse che Rolf le lanciava strane occhiate di sbieco.
Luna lo guardò, perplessa. «Ho un Nargillo tra i capelli?»
«No» rispose lui, confuso.
«E allora perché mi guardi? Ho qualcosa di strano?»
Rolf scosse il capo, mentre il suo volto sembrava di nuovo assumere una tinta inconsueta. Dopo un attimo di esitazione, le disse con notevole sforzo: «E’ perché quel vestito ti sta bene.»
Luna gli scoccò un sorriso radioso. «Davvero? E’ la stessa tunica azzurra che avevo ieri. E’ carino da parte tua notarlo.»
Rolf mugugnò qualcosa d’incomprensibile ed entrarono in salotto in un silenzio piuttosto teso.
Rawdon era lì ad attenderli, e appena vide Luna aprì il volto in un enorme sorriso.
«Luna! Finalmente un raggio di sole in questa casa grigia e noiosa!»
«Così mi offendi, Roddie. Quando io sono arrivata non mi hai detto niente di così carino.»
A parlare era stata una ragazza seduta sul divano accanto a Rawdon. Luna la guardò sorpresa: aveva capelli di un oro splendente raccolti in un’unica, spessa treccia che scendeva da una delle spalle sottili e indossava un abito verde petrolio.
 «Questa è mia sorella, Astoria Greengrass, di cui abbiamo parlato ieri» la presentò Rawdon. «O, almeno, Greengrass ancora per poco, vero Astoria?»
La ragazza fece una smorfia. «Smettila di dirlo come se per te fosse un vanto, Rawdon.»
Rawdon ridacchiò. «Mia sorella ha appena concluso i M.A.G.O. a Hogwarts e tra poco si sposerà con Draco Malfoy.»
Luna alzò le sopracciglia. «Oh, lo conosco.»
«Davvero?» chiesero in coro, stupiti, Rawdon e Astoria, nello stesso istante in cui Rolf sbottava: «Cosa?!»
Luna guardò Rolf. «Era un anno avanti a me a Hogwarts, ma l’ho incontrato qualche volta a scuola e anche durante la guerra. Quando sono stata rapita mi avevano rinchiusa in casa sua.»
Rawdon sembrava affascinato. «Ti hanno rinchiusa a Villa Malfoy?»
Luna annuì.
«Ti hanno rapita?!» chiese invece Rolf con un tono simile a un ringhio.
«Sì, i Mangiamorte. Villa Malfoy era il loro quartier generale» spiegò Luna.
«Sì, è risaputo che Colui-che-non-deve-essere-nominato li aveva costretti a ospitarlo in casa loro» aggiunse Astoria con un cenno indifferente della mano. «Ma loro sono stati assolti da ogni accusa o sospetto. Inoltre Draco, ne sono sicura, non sarebbe in grado di uccidere nessuno a sangue freddo.»
«Capisco che il tuo amore per lui t’imponga di difenderlo, Astoria, ma non c’è bisogno di essere così parziali» la provocò Rawdon.
Astoria arricciò il naso. «Non sono affari tuoi. E, comunque, è quasi mio marito: ho il diritto di difenderlo se qualcuno lo accusa di qualche crimine che non ha commesso.»
«Come vedete, è perfettamente inutile cercare di infangare la figura del suo prode cavaliere» disse Rawdon sogghignando, rivolto a Rolf e Luna. «Draco Malfoy è e sarà sempre il paladino della giustizia per mia sorella.»
Luna sorrise. «Vi siete conosciuti a Hogwarts?» chiese cortesemente ad Astoria.
La ragazza, illuminandosi alla possibilità di poter raccontare la propria romantica storia d’amore a qualcuno che l’avrebbe ascoltata, non si fece pregare e sciorinò la sua intera vicenda sentimentale.
Luna la ascoltò con discreto interesse, facendo qualche domanda interessata e lasciando che nel frattempo un elfo domestico le servisse il tè.
Rawdon partecipava al racconto interrompendo Astoria di continuo e infastidendola più che poteva con commenti salaci su Malfoy. Rolf, invece, era un’oscura e inquietante presenza meditabonda annidata nell’ombra accanto al caminetto. Taceva e sembrava completamente immerso in qualche pensiero fosco.
Quando Astoria terminò il resoconto della sua vita sentimentale con Malfoy e Rawdon riprese a stuzzicarla, Luna si alzò e raggiunse Rolf.
«Il tè era molto buono» disse pacata.
Rolf la guardò negli occhi. «Già.»
«E la giornata è davvero splendida.»
Rolf annuì con un mugugno.
Luna lo scrutò con attenzione. «E allora perché sei arrabbiato?»
Rolf grugnì, come a dirle che non erano affari suoi. Luna fece per tornare alla sedia, ma Rolf la fermò.
«Non mi avevi detto che ti avevano rapita.»
Luna fece un’espressione sorpresa. «Non me l’avevi chiesto.»
«Sì, ma… oh, Merlino, perché?!» sbottò lui, spazientito, passandosi le mani sulla faccia.
«Perché che cosa?»
«Perché devi essere così ingenua?»
«Ingenua? Io?»
Rolf fece un verso di esasperazione. «Sì, tu! Perché non mi hai detto che eri stata rapita dai Mangiamorte? Dev’essere stato terribile, e…»
«Non pensavo che t’interessasse» rispose Luna. «Perché avrei dovuto raccontartelo?»
Rolf strinse i denti. «Già, perché? Ormai siamo due estranei.» Sembrava parlare più a se stesso che a lei.
Luna spalancò gli occhi, dispiaciuta. «Oh, io credevo fossimo ancora amici. Ma se non lo siamo…»
«Non intendevo questo!» replicò lui alzando la voce. «Io…» Si interruppe, come rendendosi conto che nella stanza era calato il silenzio e stava parlando solo lui. Si girò e vide Rawdon e Astoria che li stavano osservando dal divano.
«Sì?» lo incoraggiò Luna, curiosa.
«Niente» borbottò lui.
Rawdon alzò gli occhi al cielo e si chinò a sussurrare qualcosa ad Astoria. Lei sembrò dapprima sorpresa, poi studiò Luna per un attimo e sorrise.
«Luna, posso chiederti un favore?» domandò alzandosi in piedi.
Luna annuì. «Certamente.»
Astoria le girò intorno, quasi come se la volesse rimirare da tutte le angolazioni per sincerarsi di qualcosa. Poi, soddisfatta, annuì. «Sto cercando ragazze bionde della tua altezza. Sai, per fare da damigelle d’onore al matrimonio. Le volevo abbastanza simili perché non stonassero, e dato che mia sorella deve essere anche lei una damigella ed è bionda, ne cercavo di simili a lei. Non ti andrebbe?»
Luna rimase sbalordita da quella richiesta. «Io non ho mai fatto la damigella. Non ho idea di cosa dovrei fare…» disse, insicura.
Astoria le fece un sorriso implorante. «Oh, ti prego, non è difficile. E poi» aggiunse, scoccando uno sguardo d’intesa a Rolf, «ci sarà anche Rolf. Non puoi proprio mancare.»

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Oggi sono un po' più in ritardo del solito, ma, come si dice, meglio tardi che mai ^-^ E non mi dilungo nemmeno a chiacchierare nelle note.
Buona lettura!

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Capitolo VII



15 luglio, Cappella Greengrass

Il matrimonio si celebrò dieci giorni dopo a Villa Greengrass. Gli invitati erano oltre centocinquanta, il pranzo preparato per l’occasione prevedeva nove portate principali, senza contare l’aperitivo e gli antipasti, e l’intrattenimento fu affidato a uno dei più celebri gruppi di musica classica dell’Inghilterra magica.
Ma andiamo con ordine.
La cerimonia iniziò nella cappella, in presenza di tutti gli invitati e una piccola orchestra.
Rolf, come migliore amico del fratello della sposa e importante membro della società magica internazionale, sedeva nei primi banchi, costretto in un elegante abito da cerimonia color avorio dalle decorazioni oro e rosso.
«Cos’è quel broncio?» chiese in tono divertito Rawdon, accanto a lui.
Rolf grugnì. Più si fosse mostrato irritato, più implacabile sarebbe diventato il suo amico, perciò preferì non rispondere.
Invece lanciò un’occhiata all’altare: lassù, accanto al funzionario matrimoniale, c’era Draco Lucius Malfoy, pallido, alto e ossuto. I capelli biondi erano tirati indietro, e, nonostante la sua giovane età, il ragazzo era già piuttosto stempiato.
«Quando sono stata rapita mi hanno rinchiusa in casa sua» aveva detto Luna.
Rolf serrò la mascella. E Malfoy? Come aveva reagito? Aveva pregato il Signore Oscuro di liberarla? Era parte del piano? O solo un’altra vittima di quella guerra che Rolf non aveva mai conosciuto?
Rawdon gli tirò una gomitata. «Ehi, rispondi al tuo amico quando ti fa una domanda.»
Rolf batté le palpebre. «Hai parlato?»
L’altro sorrise, sarcastico. «Non capisco come tu faccia a essere così assente. E sì che la tua visione paradisiaca non è ancora arrivata.»
Rolf stava per rispondergli qualcosa di molto velenoso, ma in quel momento la piccola orchestra attaccò la marcia nuziale.
Tutti si alzarono, Rolf e Rawdon compresi, e si voltarono a osservare l’arrivo della sposa.
Astoria Greengrass fece il suo ingresso in un trionfo di seta bianca e strascico chilometrico. Alle sue spalle c’erano dieci damigelle d’onore che reggevano il lungo velo di tulle immacolato, tutte vestite di un leggero abito color grigio perla, i capelli biondi intrecciati da un nastro bianco e uno nero. Erano tutte uguali, ugualmente bionde e ugualmente alte, tutte con lo stesso passo…
Gli occhi di Rolf caddero su una delle dieci. E lì rimasero, spalancati come biglie di vetro.
Luna era la quarta della fila di destra. Procedeva a piccoli passi, e sembrava ancora più immersa in qualche sogno stravagante del solito. I suoi occhi sembravano guardare lontano, e Rolf provò una strana sensazione. Non sapeva dire esattamente quale, ma era simile a quando era salito la prima volta su un cavallo alato e quello era decollato di scatto, dispiegando le immense ali candide. Era stato terribile e fantastico al tempo stesso…
Passò la cerimonia a fissare un punto alla destra dell’altare, dove si erano sedute compostamente le damigelle d’onore.
Solo quando il funzionario fece scambiare gli anelli e le promesse ai due sposi, che finalmente si scambiarono un bacio a fior di labbra, Rawdon tirò la seconda gomitata del giorno nelle costole di Rolf.
«Gli sposi sono dall’altra parte» gli mormorò in un orecchio. «Sempre che la cosa t’interessi.»
Rolf avvampò e spostò gli occhi di malavoglia su Draco Malfoy e la nuova signora Malfoy. Ma, un minuto dopo, mentre ancora il funzionario dava voce agli ultimi convenevoli della cerimonia, il suo sguardo fu nuovamente calamitato nella direzione delle damigelle d’onore.
E fu allora che incrociò un paio di grandi occhi azzurri leggermente sporgenti che lo osservavano.
Luna sorrise e alzò la mano in segno di saluto.
Rolf s’irrigidì, fece un cenno del capo meccanico e poi tornò a guardare gli sposi, senza più osare spostare lo sguardo.
Quando la cerimonia terminò e gli sposi uscirono, Rolf s’incamminò verso l’esterno con andatura alquanto rigida. Luna era dall’altra parte della fila di banchi, poteva percepirne la presenza con la coda dell’occhio. E poteva anche avvertire Rawdon, dietro di lui, che sorvegliava con occhio attento ogni sua mossa.
Era quasi al portone della cappella quando una voce familiare e sognante lo chiamò. «Rolf!»
Rolf sapeva che non avrebbe dovuto girarsi di scatto, come se non aspettasse altro che quello. Sapeva che non doveva sorriderle come se non potesse essere più felice di rivederla. Ma non poté impedirsi di farlo.
«Ah, Luna» disse in tono che si augurò risultasse distaccato e stupito.
Luna gli si avvicinò e sorrise. Il suo viso, libero dai capelli biondi che erano raccolti in boccoli morbidi dietro la nuca, sembrava più luminoso e solare del solito. E il vestito le scendeva sulle spalle e sul corpo in un modo che…
Rolf soppresse ogni pensiero inadeguato riguardo al vestito e si costrinse a guardare la ragazza in faccia.
«Che bel vestito che hai. Sei davvero elegante » proseguì la ragazza come se nulla fosse.
Rolf vide Rawdon, che si era fermato alle spalle di Luna, sogghignare malignamente. Si costrinse a non insultarlo come il suo istinto invece gli ordinava perentoriamente di fare.
«Grazie. Anche tu sei… davvero bella, oggi.» Si stava già maledicendo ancor prima di finire la frase. Rolf, che diavolo le stai dicendo?
«Oh, ti ringrazio. Mi hanno detto a volte che sono carina, ma mai che sono bella. Sei davvero molto gentile.»
Rawdon scelse quel momento per intervenire, come sempre a sproposito, circondando con un braccio le spalle di Luna.
«E io ti dirò, Luna, che oggi non sei bella, ma splendida come il sole che squarcia le nubi di un temporale.»
Rolf non provò mai un impulso tanto violento e irrazionale come in quel momento: voleva strozzare Rawdon, voleva togliere il suo braccio dalle spalle di Luna e spezzarglielo dalle falangi alla clavicola. Voleva…
«Coraggio, ora, usciamo a festeggiare gli sposi. C’è un banchetto che ci aspetta» aggiunse il ragazzo, senza prestare troppa attenzione a Rolf e ai suoi pugni stretti fino a sanguinare.
Luna si fece guidare senza protestare, e Rolf fu costretto a seguirli con i denti serrati.
Il banchetto si rilevò sontuoso, ma Rolf non riuscì a gustarsi nemmeno un boccone di cibo. Era troppo furioso per accorgersi di ciò che gli compariva nel piatto.
Daphne, la sorella maggiore di Astoria, che era seduta alla sua sinistra, si chinò verso di lui. «Che succede? Hai la faccia di uno che sta ingoiando cucchiai di Puzzalinfa.»
Rolf posò la forchetta. «Non è niente» bofonchiò, senza staccare gli occhi dall’altro lato del tavolo.
Daphne seguì il suo sguardo: seduti a due posti di distanza, opposti a loro, c’erano Rawdon e Luna, intenti in una conversazione particolarmente amichevole. Tornò a guardare Rolf con un sorriso.
«Ah, così è quella la ragazza di cui Rawdon mi parlava ieri. Luna Lovegood, giusto?»
Rolf non rispose, impegnato a elaborare qualche maledizione tribale africana a cui sottoporre Rawdon appena avesse potuto mettergli le mani addosso.
«Me la ricordo. A Hogwarts era un anno dietro di me.»
Rolf, per la prima volta, distolse l’attenzione da Luna e Rawdon e la spostò su Daphne. «Davvero?»
«Sì, ma non è che ci parlassi molto. Eravamo in due case diverse, Serpeverde e Corvonero. A dire il vero non ho mai capito cosa facesse, lei, in quella casa.»
Rolf inarcò un sopracciglio. «Come mai?»
«Be’, Corvonero è sempre stata la casa degli studenti più intelligenti e portati. Quelli con la mente più acuta. Non vedo proprio cosa possa c’entrare lei con queste caratteristiche. Non sembra intelligente.»
Rolf guardò Luna, che stava ridacchiando mentre Rawdon le faceva l’imitazione di uno Schiopodo Sparacoda stordito. «No, decisamente no» commentò con asprezza.
Daphne lo scrutò con attenzione. «Sai, se non ti conoscessi, direi che sei geloso.»
Rolf per poco non scattò in piedi. «Geloso?» ripeté, offeso. «Io? Assolutamente no!»

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Bene, e siamo al penultimo capitolo *-*
E io ho perso il conto di quante volte ho ringraziato, però dato che è cosa buona e giusta, lo faccio di nuovo ^-^ Grazie a tutti!
Ci sentiamo domani per la fine di questa piccola storia. Buona lettura!

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Capitolo VIII

15 luglio, Parco Greengrass


Al termine del banchetto tutti gli invitati furono accompagnati all’enorme e splendido padiglione bianco eretto appositamente per quell’occasione al centro del parco di Villa Greengrass.
Un quartetto di archi ospitato al centro della grande pista di marmo bianco racchiusa nel padiglione attaccò una contraddanza, e subito diverse coppie si disposero in posizione per ballare.
Luna, giunta lì camminando fianco a fianco con Rawdon, che continuava a blaterare, si guardò intorno.
Rolf era in fondo al padiglione, appoggiato a un palo del tendone con le braccia incrociate e l’aria arcigna.
Luna sorrise a Rawdon interrompendolo senza tanti complimenti. «Scusa, Rawdon, ora vado a salutare Rolf.»
Rawdon colse la sua occhiata e vide Rolf. Sorrise. «Sì, è meglio. Tirare la corda è buona cosa, ma tirarla troppo potrebbe spezzarla.»
Luna non capì. «La corda? Quale corda?» chiese ingenuamente.
«Quella della gelosia, mia cara» rispose lui ammiccando, e la lasciò, allontanandosi per raggiungere sua sorella Daphne dall’altra parte della pista da ballo.
Luna si diresse tranquilla verso Rolf, che sembrava molto interessato al vaso di fiori sul tavolino accanto.
«Ciao» disse Luna, quando gli fu vicina.
Lui alzò lo sguardo. «Ciao» disse in un tono molto strano.
«E’ stato proprio un bel pranzo. Hai mangiato bene?»
Lui le lanciò un’occhiataccia. «Benissimo» borbottò.
Luna inclinò la testa da un lato, studiandolo. «Eppure a vederti sembra che tu sia stato costretto a mangiare qualcosa che non era di tuo gusto.»
Il viso di Rolf si fece ancora più arcigno. «Ah sì? Tu invece sembri particolarmente soddisfatta.»
«Già, era tutto buonissimo.»
Rolf non rispose, e si volse a guardare la pista da ballo.
Luna fece altrettanto e vide i danzatori terminare la contraddanza e applaudire. Colta da un’idea improvvisa, posò la mano su un braccio di Rolf. «Perché non balliamo la prossima danza?»
Rolf si girò a fissarla con astio piuttosto evidente. «Perché non lo vai a chiedere a Rawdon? Scommetto che ne sarebbe felicissimo.»
Luna aggrottò la fronte. «Be’, ma io no; preferirei ballare con te.»
Rolf sembrò colpito da quell’affermazione. Arrossì lievemente e si guardò intorno, come se fosse innervosito. «Non so ballare» confessò.
Luna sorrise. «Nemmeno io. Ma quel che conta è divertirsi, giusto?»
Rolf scosse la testa. «Preferisco annoiarmi qui che rendermi ridicolo sulla pista da ballo.»
Luna si accigliò. «Ma non ti renderesti ridicolo. Ti divertiresti.»
«No.»
«Perché? A me piacerebbe. Per favore…»
«Ho detto di no!» sbottò lui, imbarazzato. «Non voglio diventare uno zimbello come te…»
Ammutolì, come se si fosse lasciato sfuggire qualcosa di troppo.
Luna sbatté le palpebre.
«Allora scusa se te l’ho chiesto» disse con calma. «Se le cose stanno così, è meglio che io non balli affatto.»
Si voltò e si avviò fuori dal padiglione, tra le siepi del giardino in stile cinquecentesco. A ogni passo la ghiaia scricchiolava sotto i piedi e il lungo abito ondeggiava lungo i fianchi.
Allora era quello che pensava Rolf di lei?
Aveva sempre saputo di essere considerata strana da tutti, e aveva sempre saputo che a volte poteva essere imbarazzante anche per i suoi amici più cari, come Harry o Ginny. Però non poteva farci niente, ciò che pensava le usciva dalle labbra senza che lei si rendesse conto di cosa significasse.
Però… però Rolf era il suo vecchio amico più caro, quell’amico che non le era mai venuto meno; nemmeno quando, in quei lunghi anni, era stato assente se n’era mai andato del tutto: era ancora nei suoi pensieri, nei suoi ricordi; era con lei, almeno nel cuore, quando era rinchiusa nella prigione, dopo essere stata rapita.
Ma forse si era sbagliata. Anche se la sua risata era uguale a una volta, non significava che lo fosse anche il resto, giusto?
Avrebbe dovuto immaginarlo, così in quel momento non si sarebbe sentita tanto triste.
Giunse alla fine del vialetto di ghiaia e si sedette sul bordo della grande fontana di pietra grigia in mezzo al giardino. Il rumore dell’acqua copriva la musica proveniente dal padiglione e il ronzio degli insetti. Copriva persino i passi di chi si avvicinava.
Fu per quello che Luna non sentì Rolf arrivare e si accorse di lui solo quando le si sedette accanto.
«Scusa» disse lui. «Non volevo dire quello che ho detto.»
«Però lo pensi» replicò lei tranquilla.
Rolf tacque. Poi, dopo una pausa, come se dovesse prendere un bel respiro, disse: «Penso che tu sia una delle persone più stravaganti che conosca. E che a volte –molte volte- parli senza ragionare. Però ciò che dici è sempre sincero. E ci vuole un gran coraggio per essere sinceri, di questi tempi.»
Luna alzò lo sguardo e incrociò quello di lui, intenso. «Tu non sei sempre sincero? Nemmeno con me?»
Rolf corrugò le sopracciglia. «Be’… non ti ho mai detto una vera e propria bugia, però…»
Luna non era stupida. Era solo stravagante e distratta, ma quando doveva ragionare, la sua mente filava meglio di qualunque altra. «Però ci sono tante cose che non mi hai detto» concluse per lui.
Rolf annuì.
Luna scrollò le spalle. «Non ha importanza.»
Rolf sembrò sorpreso. «Davvero?»
«Non voglio che tu mi dica tutto. Nemmeno io ho mai detto tutto.»
«Che cosa?!» sbottò Rolf.
«Ad esempio, non ti ho mai detto che quando abbiamo tirato su tua cugina Amy dal pozzo, era stata sicuramente colpita da un Gorgosprizzo. Aveva tutti i sintomi.»
Rolf scoppiò a ridere. «Probabile. Ma io avrei pensato che fosse successo quand’era ancora nella culla. E’ sempre stata insopportabile.»
Luna si fece pensierosa. «Chissà, può darsi.» Poi guardò Rolf. «E ora tocca a te.»
«Me?»
«Sì. Raccontami qualcosa che non mi hai mai detto.»
Rolf meditò per un po’, poi scosse la testa. «Non saprei. Che cosa vorresti sapere?»
Luna lo studiò un attimo. «Be’, mi piacerebbe sapere come ti sono venute fuori queste», e alzò una mano a indicare le sopracciglia oblique.
Nel momento in cui le sue dita lo sfiorarono, sembrò passare uno strano lampo negli occhi di Rolf, ma subito passò e lui assunse un’espressione tesa.
«Non è una cosa che mi va di raccontare.»
«Non lo posso sapere?» chiese lei, un po’ delusa.
Rolf scrollò le spalle, mentre il suo viso si arrossava un po’. «Non è un segreto di stato. Però, ecco… non è un ricordo piacevole. E… nemmeno facile da spiegarti.»
Luna tacque, in ascolto.
«E’ stato… credo alla fine del primo anno. Quando sono arrivato a Beauxbatons… be’, non andavano molto di moda i Nargilli e i Plimpi» fece una pausa, come preoccupato di urtare la sensibilità di Luna.
Lei sorrise. «Oh, non ha importanza se anche mi dici che nessuno ci credeva. Ci sono abituata.»
«Be’, sì» proseguì Rolf, cercando di oltrepassare la parte inerente alle creature tanto care a Luna. «I ragazzi del quarto e del quinto anno in particolar modo erano i peggiori. Continuavano a tormentarmi e trattarmi come lo zimbello della scuola, dicendo che Nargilli e tutto il resto non esistevano. Erano degli imbecilli» aggiunse in fretta, temendo di ferire Luna.
Lei lo incoraggiò con un gesto.
«Così un giorno presi coraggio e andai nella foresta. Intorno a Beauxbatons c’è un bosco immenso, popolato da migliaia di creature magiche, e in Francia è considerato uno dei luoghi più pericolosi e inaccessibili. Le punizioni per chi prova a metterci piede sono terribili; una delle tante è l’espulsione.»
«Allora non avresti dovuto andarci» lo rimproverò Luna. «Pensa se ti avessero espulso!»
Rolf sorrise. «Lo so, ma allora ero solo uno stupido ragazzino che credeva ai Narg… che si cacciava nei guai» si corresse in fretta. «Così m’inoltrai nella foresta, e dopo mezz’ora che vagavo trovai un fauno.» Fece una pausa.
Luna era totalmente avvinta dal suo racconto, gli occhi che luccicavano.
«Ci parlai e feci un patto con lui; uno di quelli seri, che non si possono sciogliere nemmeno con la magia: avrebbe scambiato il mio corpo per un giorno e una notte con il suo, poi mi avrebbe portato a vedere i Ricciocorni Schiattosi.»
«Sei stato per un giorno e una notte nel corpo di un fauno?» chiese Luna, affascinata.
«Sì. Non è stato molto piacevole. Quel fauno era pieno di pulci» rispose lui con una smorfia.
Luna ridacchiò, e così fece anche lui. Poi tornò serio.
«Dopo un giorno e una notte, però, non tornò, così raggiunsi la scuola con l’aspetto di fauno; non potevo entrare a causa degli incantesimi di protezione, ma lo vidi comunque.» Aveva assunto un’espressione feroce.
«Cosa faceva?» chiese Luna, incuriosita.
«Be’» disse lui, arrossendo in modo palese, «i fauni adorano le ragazze umane, ma non possono di certo avvicinarle con il loro aspetto. Però, ora che quell’essere aveva il mio corpo, non si faceva scrupoli di andare dietro a cinque o sei di loro contemporaneamente.»
«E poi?» chiese Luna, interessata.
«Due giorni dopo uno dei professori aveva cominciato a insospettirsi: sai, anche trasformati da umani, i fauni rimangono comunque fauni, con i loro comportamenti bizzarri, la loro personalità animalesca e tutto il resto. Così lo scoprirono e lo costrinsero a confessare dov’ero, e mi vennero a prendere.»
«E a quel punto lo scambio si sciolse?»
Rolf si rabbuiò. «Sì, ma non nel modo che credevo. Dato che il fauno non poteva mantenere la sua promessa, lo scambio non fu ripagato e ci furono delle… complicazioni tecniche.»
«Cioè?»
«Su di me rimasero… be’, le tracce dell’essere stato, anche solo per poco tempo, una di quelle stupide creature. E su di lui quelle dell'essere stato umano. Non è stato piacevole per nessuno dei due; lui aveva previsto di rimanere me per sempre, ma ha avuto quello che si meritava.»
Luna era perplessa. «Ma perché lo scambio non fu pagato?»
Rolf esitò a rispondere a quella domanda. “Perché… perché il fauno non poteva mostrarmi i Ricciocorni.»
Luna si accigliò. «Perché?»
Rolf inspirò. Sembrava molto restio a darle una risposta.
Luna, allora, capì da sola. «Perché i Ricciocorni non esistono, vero?» lo precedette.
Rolf annuì di malavoglia.
Luna chinò il capo.
Le creature magiche sapevano perfettamente chi e quali di loro esistessero e quali no. E quel fauno non aveva ragione di mentire. Perciò se diceva che i Ricciocorni non esistevano, allora doveva essere così.
E allora… allora le convinzioni di suo padre, i soldi spesi per le ricerche, tutte le ore che aveva usato per cercare il materiale per la tesi… tutto buttato via. Tutto.
«Mi dispiace» disse Rolf, sinceramente contrito.
«Oh, non è colpa tua» lo rassicurò Luna, triste. Era la prima volta che uno dei miti che l’avevano accompagnata per tutta la vita s’infrangevano in modo così chiaro e inequivocabile. Era… davvero triste.
Senza che se ne accorgesse, le salirono le lacrime agli occhi.
«Oh, se penso a come ci rimarrà male papà…» disse, angosciata.
«Luna.»
Lei alzò gli occhi e vide il volto di Rolf vicinissimo, tanto da sentire il suo alito sul naso. Ricordava solo una volta in cui lui si era avvicinato così tanto.
«Mi vuoi baciare?» chiese, sorpresa.
Rolf si bloccò a pochi centimetri dalle sue labbra. «Io…»
Si guardarono.
«Sei innamorato di me?» chiese ancora lei.
Rolf si scostò. «Ecco… non lo so…»
«Allora perché mi vuoi baciare?»
Rolf si alzò di scatto. «Hai ragione, scusa. Non dovrei.»
La guardò ancora, per un breve istante, poi le diede le spalle e si allontanò a grandi passi, la ghiaia che scricchiolava sotto gli stivali a ogni suo passo affrettato.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX


16 Luglio, Avonfield

 

Sono pazzo. Sono totalmente fuori di testa.
Sì, assolutamente. Non c’era altra spiegazione.
Maledizione, altrimenti perché avrebbe cercato di baciare Luna?
Lui non amava Luna. Non le piaceva. Come avrebbe potuto piacerle? Lei non aveva niente di attraente. Niente a parte il suo viso, il suo corpo, quel suo sguardo così dolce, quel suo modo di fare così pacato e…
Va bene, aveva molte attrattive. Ma nessuna poteva compensare la sua terribile stravaganza. Era un difetto, quello, su cui non si poteva sorvolare.
Eppure…
Non sono pazzo, ammise alla fine Rolf, arrendendosi. Sono solo stupidamente innamorato.
Si sedette su una poltrona del salotto, esausto.
Okay, ora l’aveva ammesso. Era innamorato di Luna, la sua amica d’infanzia. La prima ragazza che avesse baciato. Luna la stravagante, la pazza.
Ma, per l’amore di Morgana, Merlino e San Mungo, come diamine era potuto succedere? Come poteva lui, che aveva subito una lezione così umiliante sull’irrazionalità da quel fauno, innamorarsi? E di Luna, poi!
Stava ancora cercando di raccapezzarsi quando la porta della stanza si aprì e Rawdon fece il suo ingresso.
Rolf alzò lo sguardo su di lui, non del tutto certo di essere psicologicamente pronto a sopportare le sue frecciatine.
Rawdon, però, sembrava insolitamente taciturno: raggiunse la poltrona vicino a Rolf in silenzio e posò sul tavolino di fronte una bottiglia e due calici.
Poi guardò l’amico in faccia. «Hai dormito bene?» chiese gentilmente.
Rolf sbuffò, passandosi la mano sulle occhiaie violacee. «Sono messo tanto male?»
«Mmh… diciamo che ho visto occhiaie del genere solo su alcuni esemplari di Amomongo Ridens.»
«Gli Amomongi non hanno le occhiaie» obbiettò Rolf.
Rawdon scrollò le spalle. «Tiravo a indovinare. Sai com’è, non ne ho mai visto uno in vita mia.»
«Non ti sei perso granché.»
Rawdon sogghignò, versò generosamente il Whisky Incendiario dalla bottiglia e lo porse a Rolf. «Bevi.»
«Che vuoi fare, ridurmi allo stato di larva di Vermicolo?»
«No, voglio solo farti parlare sinceramente, e non lo posso fare finché un po’ di alcol farà sciogliere quella tua maledetta corazza intellettuale.»
Rolf non ribatté e bevve, poi posò il calice con un sospiro. «Sentiamo, cosa vuoi sapere?»
«Ti piace Luna Lovegood?» chiese Rawdon acutamente.
«Che c’è? Sei alla ricerca di un rivale in amore?» rispose torvo Rolf.
Rawdon gli cacciò in mano il calice di Whisky di nuovo riempito fino all’orlo. «Non ci siamo, sei ancora troppo ritratto nel tuo guscio cinico e scontroso. Bevi ancora.»
Rolf stavolta non obbedì e sbatté il calice sul tavolo. «Speravi che s’innamorasse di te? Credi che Luna sia così stupida?» gli chiese alzandosi in piedi in atteggiamento minaccioso.
Rawdon rimase seduto dov’era, la tranquillità fatta a persona. «No» rispose pacato. «Non ho mai pensato che lei fosse stupida. E non speravo che s’innamorasse di me; speravo che tu ti innamorassi di lei. O, meglio, che ti rendessi conto di esserlo già.»
Rolf ammutolì. Poi incrociò le mani dietro la schiena e si voltò a fissare il caminetto. «Che cosa ti fa pensare che sia innamorato di lei?»
«Il fatto che se ora bevessi qualche altro bicchiere, me lo diresti di tua iniziativa.»
Rolf scosse il capo, esasperato. «Ma perché devo avere un amico così insopportabilmente subdolo?»
«Perché hai bisogno di qualcuno che agisca come quella parte spensierata e irrazionale di te che hai soppresso.»
«Pensi che io sia represso?»
«Leggermente. Forse a causa di qualche trauma infantile.»
Rolf pensò alla sua orribile avventura con il fauno. Sì, Rawdon sapeva essere piuttosto perspicace, quando voleva.
Sospirò. «Rawdon.»
«Sì?»
«Come credi che ci si possa innamorare di Luna? Voglio dire, persino tu non puoi negare che sia assurdo. Che lei sia troppo… troppo…»
«Eccentrica? Ingenua? Schietta? Sì. Magari addirittura pazza.» Rawdon fece una pausa, come per meditare, poi si alzò e raggiunse Rolf vicino al caminetto. «Lascia che ti dica, Rolf, una cosa che la tua eccelsa mente razionale priva di ogni stravaganza non riesce a concepire.»
«Devo prepararmi al peggio?»
Rawdon sorrise. «Solo chi non sa ancora cos’è l’amore vi cerca la perfezione. Chi lo conosce, anche solo da poco, è già pronto a perdonare anche la più terribile delle imperfezioni.»
Rolf fece un gran sospiro. «D’accordo. Allora sì, sono innamorato di Luna.»
Rawdon rise. «Fantastico. E ho ancora quasi tutta la bottiglia di Whisky integra. Non ci speravo.»
Rolf fece una smorfia e si appoggiò stancamente al caminetto, riflettendo.
«Che c’è?» chiese Rawdon, interrogativo.
Rolf sospirò e si voltò a guardare l’amico. «E ora?»
Già, ora? Ora che, finalmente, aveva costatato razionalmente –se di razionalità si poteva parlare in quella questione- che amava Luna? Che cosa avrebbe fatto?
Non poteva andare certo a confessarle il suo amore. Non dopo il giorno prima. Era troppo, per il suo orgoglio.
Diamine, anche solo a immaginare come sarebbe stata la scena…

*

«Ciao.»
«Oh, ciao, Rolf» disse Luna, palesemente sorpresa di vederlo lì, sulla porta di casa sua. «E’ un piacere rivederti. Vuoi entrare? Vado a chiamare papà…»
«No» sbottò lui bruscamente. «Cioè, sì, ma prima devo dirti una cosa.»
Luna lo guardò, incuriosita. «Che cosa?»
Rolf la fissò negli occhi, quegli occhi limpidi e azzurri, più tersi di qualsiasi sfaccettatura di diamante.
«Io… be’, che ne dici di fare un giro? E’ un po’… difficile da spiegare.»
In realtà non c’era proprio niente da spiegare: sarebbero bastate due parole, ma in quel momento Rolf non riusciva proprio a pronunciarle.
Luna annuì. «Come vuoi. Se è così difficile da dire, però, puoi anche non farlo.»
Rolf scosse il capo. «No, devo dirlo. Vieni.»
Si incamminarono lungo il vialetto e poi fuori dal cancello, in aperta campagna.
«Ecco…» esordì Rolf dopo qualche minuto di silenzio. «Ieri, nel giardino, io…»
«Oh, mi dispiace» lo anticipò Luna. «Ho pensato che mi volessi baciare perché mi sono ricordata di tanti anni fa, quando ci siamo salutati e tu sei partito per la Francia. Ma poi, ripensandoci, credo di essermi sbagliata, perché tu non mi baceresti mai.»
Rolf si accigliò. «Perché no?»
Luna si fermò e lo guardò stupita. «Ma è ovvio, no? Non ti piaccio. Anche quando ci siamo ritrovati dalla signora Peakes e ho parlato di quando mi hai baciato non hai...» Si interruppe, come colta da un pensiero improvviso. «O forse te lo sei dimenticato davvero?» Lo fissò, con un’espressione ansiosa e triste che Rolf non le aveva mai visto. «Ti sei dimenticato di quando mi hai salutata e mi hai detto quelle parole?»
«No! Non l’ho dimenticato!» sostenne lui con foga.
«Allora è come pensavo: hai fatto finta di non ricordare perché non ti piaccio. E’ così?»
«No! Voglio dire, sì, o almeno così credevo.» Rolf la afferrò per un braccio. «Non avrei dovuto far finta di non ricordare da mia zia e non avrei dovuto trattarti come ho fatto ieri nel padiglione. Ci sono tante cose che ho fatto e di cui sono pentito e devo chiederti scusa.» Strinse di più la presa sul braccio di Luna. «Ma di altre non mi pentirò mai.»
Lei lo guardò, perplessa. «Di cosa stai parlando?»
Rolf le prese il viso tra le mani. «Per esempio di questo.»
Si chinò e la baciò.
E fu molto diverso da come se l’era immaginato. Infinitamente diverso e infinitamente meglio.
Luna sapeva di menta, di fresco, di qualcosa di dolce e puro… era qualcosa di familiare, qualcosa che lo riportava ad anni e anni indietro, sullo stesso sentiero, sebbene un po’ più in là, accanto a una staccionata…
Quando si scostò, Luna lo guardò con gli occhi enormi.
Rolf aveva passato tutto il mattino pensando a come lei avrebbe reagito dopo averla baciata… sempre che avesse trovato il coraggio di farlo, beninteso. Era pronto a tutto. Ma non a quello che Luna disse.
«Allora non sei uguale a una volta solo quando ridi!»
Rolf scoppiò a ridere e la prese tra le braccia.
«Luna, non è vero che non mi piaci» disse, cercando di non incespicare le parole. «Mi piaci tantissimo, più di qualsiasi altra persona o creatura abbia mai incontrato, e ne ho incontrate tante.»
Gli occhi di Luna s’illuminarono. «Davvero? Oh, anche tu mi piaci tanto, Rolf.»
«Più dei Ricciocorni?» chiese lui, serio.
«Certo! E’ ovvio, dato che i Ricciocorni non esistono.»
Rolf si accigliò, e cercò qualche altro termine di paragone. «Allora più dei Nargilli e dei Gorgosprizzi?»
Luna ci pensò un attimo su. «Non ne ho mai visti. Però» aggiunse, mentre già Rolf s’incupiva, «credo che non possano essere tanto belli da piacermi più di te. Penso che sia impossibile.»
Rolf fece un gran sorriso. «E perché?»
«Perché mi piaci davvero tanto» fa la risposta ingenua.
Lui la strinse a sé e la baciò. E poi la baciò ancora, e ancora, senza pensare. E perché avrebbe dovuto pensare? Con Luna era perfettamente inutile: bastava amare, non serviva altro.


Fine


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Forse è tutto troppo facile e idilliaco, o forse no.
Ma a me piace pensare che l’amore, per Luna -e anche per Rolf-, sia proprio così: qualcosa di dolce, semplice e senza complicazioni.
Presto pubblicherò ancora qualcosa su di loro, perché ho deciso di dedicare tutta la mia adesione al Pigiama Party di Fanworld a questa coppia, e dato che l’iniziativa prevede cinque storie pubblicate entro la fine di settembre, avrò di che sbizzarrirmi. I personaggi che prenderò in considerazione –anche inventati, si veda Rawdon- saranno sempre gli stessi, ma voglio precisare che nessuna fanfiction sarà un “seguito” o una “spin-off”, perché ogni storia, per quel che mi riguarda, è bella quando sta a sé, con il suo bravo inizio e la sua brava fine. Se poi in ordine cronologico possa essere considerata tale o no, non ha alcuna importanza.
Finisco qui, dunque, e qui io vi saluto e vi ringrazio di cuore. Vi citerei uno ad uno, ma siete più di sessanta, tra chi ha messo la storia tra i preferiti e chi tra le seguite (capite adesso perché cominciavo a essere in ansia? xD), perciò spero che mi vorrete perdonare e accettare un grande bacio collettivo. Spero che vi siate divertiti a leggere questa storia almeno un millesimo di quanto io mi sono divertita a scriverla.
E spero di ritrovarvi da qualche parte su EFP o altrove.
Arrivederci!



Note e credits:

Il mestiere di Rolf (in origine quello di naturalista) e l'esistenza di università magiche (ringrazio fleacartasi per avermelo annotato) sono elementi che non coincidono con il canon di libri e interviste di J.K. Rowling.
Il nome di Rawdon è un tributo al personaggio di Rawdon Crawley di La fiera della vanità.
Inoltre, ultime ma non meno importanti, le sopracciglia di Rolf sono un dettaglio ispiratomi da un personaggio del libro Sylvester di Georgette Heyer.


 

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