Un epilogo diverso

di Ivy001
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


La banda assiste inerme alla tortura fisica e psicologica a cui Gandia sottopone Nairobi. Sono minuti preziosi durante i quali non hanno modo né lucidità per escogitare piani di salvezza.

"Cazzo, amico! Come dobbiamo fare? E' incontrollabile quel tizio!" – dice Rio a Denver mentre, correndo raggiungono il resto del gruppo.

"Un modo per metterlo K.O. lo dobbiamo trovare e...." – le parole del figlio del defunto Mosca si interrompono, perché gli si gela il sangue di fronte alla scena che ha davanti.

Avanza lento verso una porta ormai trivellata di colpi, dalla quale fuoriesce la testa di Nairobi, quasi crocefissa.

"Ragazzi, non fate mosse azzardate, vi prego. E' un folle, non sappiamo come potrebbe reagire" – sussurra loro Stoccolma, tremante e preoccupata per l'amica, e cosciente di una possibile reazione del marito.

"Che aspettiamo a fargli saltare la testa a quel bastardo!"

"Calmati, non dobbiamo lasciarci prendere dalle emozioni" – interviene Palermo, mentre fissa immobile la porta, pronto ad utilizzare l'arma all'evenienza.

"Pezzo di merda, se lei sta lì la colpa è tua! Avrei preferito fossi tu al posto suo" – a rivolgersi all'ex leader in quel modo è un suo caro amico.

Bogotà. L'uomo non toglie gli occhi dalla sua donna e soffre assieme a lei, mentre mille pensieri gli affollano la mente e l'accecato odio verso Gandia è un motore inarrestabile.

"Adesso libero Nairobi" – comunica il militare, tirando a sé la prigioniera, ormai talmente sfinita che fatica a tenersi in piedi, con il sangue che le gocciola dalla mano e alcuni punti post operazione riapertisi.

Ha poco in cui sperare se non desiderare che gli amici facciano fuori quel vile bastardo, prima che sia lui a farlo con lei.

E nella sua testa durante quei minuti sono seguiti tanti e tanti pensieri su un futuro sempre meno certo: vede sfumare l'idea di una casa, un marito, dei bambini che corrono nel giardino e giocano con il loro cane. Ha poco di reale tutto ciò e le cose stanno sfuggendo di mano alla banda del professore.

Ma ecco finalmente aprirsi uno spiraglio di luce, di speranza.

Gandia la sta liberando... ma sarà vero? Le darà realmente modo di ricongiungersi ai suoi compagni? Questo le sembra talmente assurdo...nessuno avrebbe mai rischiato di ricompattare la banda nemica se ha opportunità di annientarla facendone fuori un membro!

Spaventata su cosa accadrà da lì a pochi istanti, Nairobi percorre quei metri stretta con una fune al collo e una pistola puntata alla tempia, mentre il dolore mentale diventa più forte di quello fisico. Un dolore mentale dovuto all'ormai certa fine.

Esausta e triste, osserva uno ad uno i suoi amici: Palermo, Stoccolma, Denver, Rio, Helsinki... e poi lui...Bogotà! Con occhi lucidi gli fa un cenno con la mano come a volergli dire addio per sempre, perché è questo che sta per accadere, ne è convinta. Basta poco, in fondo! Gandia potrebbe ucciderla in un colpo secco e all'improvviso, senza dar modo al gruppo di attaccare per primo.

"Ecco, adesso la libero! Visto?" – li provoca il folle, slegando la fune dal collo di Nairobi.

E lei ne rimane alquanto sorpresa.

Bogotà le porge la mano, pronto a riaccoglierla tra le sue braccia. Ed è allora che Gandia cambia decisamente idea sull'epilogo della vicenda.

In fondo si stava divertendo a far soffrire quelli che definisce criminali.

"Meticcia" – è così che si rivolge alla donna, con tono dispregiativo, chiamandola per darle l'ultimo saluto.

"Ecco, immaginavo" – pensa tra se e se Nairobi – "Cosa vuole ancora!"

A quel punto, la gitana si volta lentamente verso il suo nemico e il suo sguardo rivela non rabbia né odio verso il suo aguzzino, ma è la paura a dipingerle il viso.

"Ti avrei detto che ti avrei uccisa" – sogghigna il militare, puntando l'arma diretto alla testa di Nairobi.

Ed è allora che parte un colpo che fa gridare i presenti.



NOTA AUTRICE:

Salve rieccomi con una nuova storia sulla Casa de Papel, stavolta ho deciso di dare una svolta diversa alla storia che conosciamo dopo aver visto la quarta stagione. Spero vi piaccia :)

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


Quel colpo raggela il sangue di tutti, incluso quello di Gandia. Non è stato lui, infatti, a sparare e in pochi secondi a cadere a terra è proprio il militare, preda di un dolore lanciante alla gamba destra.

Denver sgrana gli occhi quando riconosce la persona che ha appena salvato la vita di Nairobi. “Manila!” - esclama, mai così tanto felice di vederla intromettersi.

“Credevate davvero che sarei rimasta a guardare mentre questo bastardo si divertiva a torturare la nostra compagna di squadra?” – dice la donna, fiera di se stessa, ricevendo subito l’abbraccio del suo migliore amico.

“Grazie di cuore” – la voce debole di Nairobi è diretta a Manila che le si avvicina e sorridendo, commossa, le risponde -“Non dirlo nemmeno per scherzo” – poi si rivolge al nemico, con aria di sfida – “ Non osare mai più ribellarti a noi, chiaro, Gandia? O vuoi che la prossima parte del tuo corpo che colpirò sia il cervello?”

Di fronte ad una scena a tratti inquietante, a tratti esilarante, la banda si rimette in moto.

Palermo e Rio legano l’uomo a gambe e mani con delle funi.

“Maledetti, sapete che riuscirò a liberarmi di nuovo e poi vi ammazzerò. Non esiterò più…” – a quanto pare le parole di Manila sono state vane.

“E’ una minaccia, figlio di puttana?” – Denver perde subito le staffe e gli punta contro una pistola, esattamente sulla fronte – “Fossi in te, mi tapperei la bocca e non azzarderei altre missioni impossibili”

“Che si fa? Perde sangue” – interviene Rio, chiedendo consiglio a Palermo, interrompendo la furia del compagno di squadra.

“Lo cureremo, non è nel nostro piano far morire dissanguato un ostaggio. Poi, però, stabiliremo il da farsi” – afferma Denver, prendendo per quei minuti il comando della situazione.

“Adesso pensiamo a chiudere la faccenda. Bogotà…ai forni, subito!” – ordina Palermo all’amico.

Ma Bogotà sembra più intenzionato a stare accanto a Nairobi ed esita.

“Vai, io sto bene” – sussurra la donna al saldatore – “I nostri chicos de oro hanno bisogno del loro capo”

“Ma sei tu il capo” – risponde lui, regalandole un sorriso che vale più di mille parole.

“Appena mi rimetto in sesto, torno a comandarvi a bacchetta” – Nairobi cerca di guardare il lato positivo.  Eppure tali parole non tranquillizzano Bogotà che lancia un’occhiata a Helsinki.

Mentre Stoccolma e Rio si occupano di Nairobi, pronta per l’ennesima operazione, stavolta alla mano, e alla sistemazione di alcuni punti di sutura, i due omoni del gruppo si confrontano sulla situazione di salute della loro amata compagna.

“Non può rimanere qui! E’ troppo debole ed esposta alle mire dei lupi solitari. Se la polizia entrasse, sarebbe la prima che catturerebbero. Al momento della fuga non avrebbe le forze per venire fuori dalla Banca” – spiega Bogotà a malincuore.

“Hai ragione! Dobbiamo dirlo al professore. Lei deve lasciare la missione”

“Tranquilli” – interviene Palermo – “Contatteremo il professore e faremo in modo che mandi qualcuno che sostituisca Nairobi. Però adesso va salvata anche Tokyo, e questo bastardo non è intenzionato a collaborare”  
La voce beffarda e soddisfatta del militare riecheggia in quell’enorme atrio ed è ben udibile.

“Morirà di fame perché non vi dirò nulla, stronzi” – poi inizia a ridere, con aria provocatoria sembra incurante che le sue azioni non hanno niente a che vedere con la protezione degli ostaggi o del suo ruolo istituzionale. Lui non è altro che un criminale, un assassino senza scrupoli, un folle. E questo dà molto a cui pensare.

“Come può un essere tanto ignobile, lavorare per lo Stato?! E’ il capo della sicurezza, cazzo! Ma come ha guadagnato questo titolo?” – si domanda Palermo guardando il nemico con disprezzo.

“Io sono tentato di prenderlo a pugni. Voi che dite?” – Denver è davvero fuori controllo e seppure in quegli anni diventare padre lo ha cambiato, la sua indole ribelle e aggressiva esce ogni qual volta si tocca una persona a lui cara. In questo caso, vedere Nairobi crocefissa e Tokyo nascosta chissà dove, lo manda in bestia.

“Amico, calmati! Arrabbiarsi non cambierà le cose. Sbrighiamoci, bisogna mettersi alla ricerca! Io mi unisco a voi” – afferma Manila. Prende le redini della situazione, chiamando a se Rio e lo stesso Denver – “Noi ci occupiamo di Tokyo. Voi contattate il professore” – così dicendo i tre si allontanano, mentre Palermo e Bogotà si apprestano a contattare Sergio.

“Io mi occupo di Nairobi, assieme a Stoccolma” – comunica Helsinki ai due compagni della banda, prendendo l’amica in braccio, dirigendosi verso la biblioteca assieme a Monica.

Gandia, a pochi passi dai rapinatori, è ormai impassibile. Le forze vengono meno a chi fino a poche ore prima sembrava invincibile.  Questo dà l’occasione ai due uomini più “anziani” della banda di contattare il loro capo.

 “Professore, ci dica cosa fare! Siamo in questo labirinto e non abbiamo la minima idea di dove possa essere imprigionata Tokyo” – spiega Palermo.

“Dividetevi, sono sicuro che, come ogni abile militare, Gandia avrà una postazione segreta”

“E Nairobi? Va portata fuori da qui” – interviene Bogotà.

“Hai ragione. Ho intenzione di sostituirla con Lisbona. Sta per essere liberata dalla polizia grazie a mie vecchie conoscenze. Voi curate Gandia, deve essere in grado di reggersi in piedi”
“Io gli spaccherei la faccia, signore” – commenta Bogotà.

“Ne comprendo i motivi, amico mio. Però è la chiave per scambiare Nairobi con Lisbona. Avete capito allora?  Curatelo! Tra due ore vi telefonerò per darvi indicazioni sicure” – il professore chiude la chiamata, con uno dei suoi folli piani nella mente.

Le ore seguenti sono buchi nell’acqua, tentativi inutili che rendono il ritrovo di Tokyo sempre più impossibile.

E mentre in biblioteca, Helsinki e Stoccolma si occupano di Nairobi, assieme alle premure e le capacità mediche di Paquita, il gruppo vaga e lavora. Matias e i suoi colleghi continuano ininterrottamente a fondere l’oro. Eppure la mancanza di chi fino a poche ore prima li guidava si fa sentire e i tempi si dilungano.

Anche per Tokyo la situazione è tragica. La giovane donna sente una forte morsa allo stomaco, la gola secca, la testa pesante. Le braccia le fanno male vista la posizione in cui Gandia l’ha costretta.

Adesso avverte uno strano freddo, frutto della debolezza, della fame, della stanchezza. E spiragli di luce non ce ne sono.

“Non può finire così” – con gli occhi lucidi e la voce singhiozzante, si lascia andare ad un lungo pianto.

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“Professore, le ricerche proseguono”- comunica Palermo a Sergio.

“Io ho il piano pronto. Nairobi come sta?”

“Dorme, signore! Spero che possa riprendere le forze per l’atto finale” – prende parola Stoccolma.

“No, Monica! Nessun atto finale per lei.  Adesso scatta il piano Parigi”

“Il piano Parigi? Di cosa si tratta?” – chiede, confuso, il serbo.

“Quello che permetterà a Lisbona di entrare nella Banca e a Nairobi di uscirne”

Nei minuti seguenti, tutta la banda si riunisce e viene a conoscenza della nuova missione.

Gandia, sottoposto alle cure rapide e basilari, è pronto per essere sfruttato dalla banda in vista del successo del piano.

“Adesso ci dirai dove tieni Tokyo, sappiamo dove è tua moglie, tuo figlio…vuoi che soffrano?” – il professore lo minaccia, mostrando un lato duro che spiazza tutti.

“Non li toccare, bastardo” – grida furioso l’uomo, con le poche forze che gli rimangono.

“Allora farai bene a collaborare”

Nel giro di poco, Rio, Denver e Palermo vengono condotti da Gandia nel luogo in cui è chiusa la prigioniera .

“Tokyo” – urla felice l’ex fidanzato della donna, non esitando un solo istante a liberarla.

La sua liberazione permette alla Banda di riunirsi.

“Adesso che ci siamo tutti, dobbiamo decidere chi assumerà il comando” – dice il professore alla squadra.

“Ovviamente Palermo è fuori discussione. Se siamo in questa situazione è colpa sua” – Denver non ha dubbi in merito.

“Concordo” – si aggiunge Rio.

“Ragazzi, ragioniamo. Lui conosce meglio di tutti il piano. Chi si assume il rischio di diventare il Leader?” – Stoccolma così dicendo opta proprio per il ritorno al comando di Palermo.

“Ma scherzi, vero? Abbiamo rischiato di perdere Nairobi per colpa di questo traditore” – replica Denver.

“Lo so, però non abbiamo molte scelte” – replica la bionda.

“Lo scettro del comando lo aveva Tokyo, resta a lei” – interviene Bogotà, volgendo lo sguardo alla compagna di squadra, intenta a recuperare le forze con un abbondante panino.

“Ricordate che in momenti cruciali come questi, bisogna essere uniti. Basta discussioni, lasciamole a quando ci troveremo tutti di nuovo, pronti per fuggire e ricominciare le nostre vite. Compattezza, è questo che serve. Perciò finitela con le liti, abbiamo rischiato molto ma ci siamo ancora. Perciò, concordo con Bogotà. Tokyo resta al comando e possiamo dare il via al piano Parigi” – conclude Sergio.

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Nonostante le direttive del Professore, il clima all’interno della banda non è dei migliori.

“Dare il comando a te per un mio errore, è assurdo” – si lamenta Palermo, disturbato dalla decisione di Sergio di lasciare il ruolo di leader a Tokyo.

“Piantala, hai parlato troppo per i miei gusti. Vuoi che ti ricordi cosa è accaduto a causa di quello che definisci “errore?” – la giovane donna, nauseata dall’ennesima frecciatina del compagno di squadra, gli risponde a tono.

“Dico solo che bisogna guardare al bene della missione. Avremmo dovuto lasciare il passato alle spalle, non dico per sempre, ma almeno fino all’uscita dalla Banca” – puntualizza l’argentino.

“Ora basta! Se continui a parlare a sproposito, ti porto giù in fonderia così i saldatori ti mettono quella testa di cazzo che hai nel forno!” – Bogotà ha perso ogni rispetto verso un vecchio e caro amico. Adesso ha un’idea negativa di lui, in fondo è colpa sua se Nairobi stava rischiando di morire.

“Calmiamoci tutti, dannazione! Seguiamo le regole del Professore, punto e basta. Diamoci una mossa piuttosto!” – interviene Stoccolma, spalleggiata da Manila che aggiunge – “ Condivido, in questo team serve un po' di girl power, perché affidarci a questi maschietti porta solo guai”

“E ci risiamo! Ecco un’altra paladina delle pari opportunità” – brontola Palermo, alzando gli occhi al cielo.

La ragazza, infastidita da quello che sembra essere un chiaro attacco alle sue idee, volge lo sguardo su Palermo e prima di potergli rispondere come vorrebbe viene frenata da Tokyo - “Lascialo perdere, non ne vale la pena” – le sussurra all’orecchio. Poi prende le redini della situazione – “So di essere nota per la mia impulsività, ho fatto cazzate, tante… però adesso non si scherza più. Inizia la guerra e noi siamo….”  - si interrompe, guarda Rio e gli chiede – “Cosa siamo?”

“La resistenza” – risponde, fiero e deciso, il suo ex.

“Cosa siamo?” – ripete Tokyo gridando, invitando i compagni a fare lo stesso.

“La resistenza” – il coro e le voci unite e compatte rimbombano nella stanza.

Bogotà sorride di fronte a quella scena. Ripensa a quando, giorni prima, fu Nairobi a dare una svegliata ai suoi chicos de oro, permettendo a quei ragazzi di tirare fuori una grinta pazzesca.

“Sei stata una brava insegnante per la tua amica, sai? Ormai imita anche i tuoi modi di fare” – dice l’omone alla sua donna, ancora addormentata per via dell’anestesia.

Le prende la mano, fasciata dopo l’operazione, e gliela accarezza dolcemente. Poi solleva gli occhi e la osserva in silenzio. Non serve parlare se con lo sguardo si comunica qualcosa che va oltre le parole.

Palermo, nel frattempo, in disparte, assiste alla scena e scuote il capo, contrariato. Pensa tra se e se a come fosse sciocco riporre fiducia in una come Tokyo, conosciuta per le sue stronzate, la Miss grilletto facile che gli ha, però, saputo sottrarre lo scettro del potere, mettendolo a tacere e alla quale adesso deve il suo rispetto.

Però è anche vero che di cazzate ne ha combinate anche lui, non può non riconoscerlo.

Gli tocca solo sottostare!

“Ah Sergio, Sergio! Speriamo solo che questa decisione non ci costi caro” – rassegnato alle circostanze, si avvia a seguire, suo malgrado, le istruzioni della Boss.

Sono le 18 in punto e il Professore dà l’ok per l’avvio del Piano Parigi.

Primo passo: convincere la polizia che Gandia ha la banda alle costole e ha necessità d’aiuto dall’esterno.

“Mi basta un elicottero e un aiutante per venire fuori da questo inferno” –Tokyo ordina a Gandia di ripetere esattamente quelle parole.

E di fronte alle minacce ai suoi parenti, il militare non può che eseguire il comando.

Nessuno,però, ha ancora informato Nairobi del da farsi e della sua uscita di scena.

“Tocca a te farlo, mi dispiace darti questo arduo compito, amico mio! Ma penso che tu sia l’unico che ascolterebbe in un momento così” – comunica Tokyo a Bogotà, preparandolo psicologicamente a quanto accadrà da lì a poco.

Sanno come è fatta Nairobi e quanto odia dover mollare; perciò è bene che a darle la notizia sia quello che ormai è a tutti gli effetti il suo uomo.

E così, quando la Banda è alle prese con la recita di Gandia con la polizia, Bogotà resta accanto alla compagna, con l’obiettivo di prepararla all’uscita dalla Banca.

“Come ti senti?” – le domanda Bogotà, aiutandola a bere dell’acqua.

“Ora che sei qui, molto meglio” – le sorride lei, chiedendogli un bacio.

L’uomo non esita a farlo, desideroso da tempo di momenti come quello.

Però nel suo sguardo è evidente che c’è qualcosa che non va e ovviamente il sesto senso femminile lo capta subito.

“Hey, va tutto bene? Ti vedo strano”

“Lisbona è libera e Marsiglia la sta conducendo verso la Banca, con un elicottero”

“Cosa? Mi stai dicendo che si unirà a noi? Però così facendo, il Prof come farà…”

“Avrà Marsiglia e…”

“Giusto, dimenticavo! Bene allora, dimmi… come dovremmo muoverci per farla entrare?”

Il silenzio e il nervosismo di Bogotà insospettiscono Nairobi che a quel punto, scaltra come è , non impiega molto tempo a fare dei conti.

“Aspetta, aspetta, aspetta!” – scioccata e speranzosa che non sia come teme, si solleva lentamente da quella sorta di barella sul quale è distesa.

“Ho capito dal tuo sguardo che devi dirmi qualcosa e che hai timore della mia reazione”

“Come fai a…?!” – caspita, pensa Bogotà, a quella donna non sfugge nulla.

“Ho imparato a conoscerti. Adesso dimmi…è come penso? Volete farmi fuori? Volete sostituirmi?” – la voce di lei è tremante e gli occhi le si sono inumiditi.

“Non vederla in questo modo. Nessuno fa fuori nessuno”

“A quanto pare sì. Sono un rottame , un peso…ecco come mi vedete, un peso per questo mi rimuovete!” – sconvolta dalla notizia, si sente tradita dagli amici e con le lacrime che ormai le rigano le gote, Nairobi dà una risposta inaspettata – “Mandatemi pure via, in fondo non sono più utile”
“Cosa dici? Non lo pensiamo. Anzi, ci preoccupiamo che in queste condizioni tu non possa…”

“Io non possa fare nulla se non intralciare la rapina, vero?”

Bogotà non ha più parole studiate a tavolino da poter utilizzare per scusare la Banda.

Perciò fa appello al suo cuore – “Pensi che a me piaccia l’idea di allontanarti? Ho desiderato da mesi di stare con te, di poterti accarezzare, baciare, di tenerti per mano…e adesso potrei rischiare di morire qui dentro e non ti vedrei mai più!”

“Perché allora hai accettato questa follia?”

“Perché ti amo, ecco perché” – risponde senza alcun tentennamento e il sentimento che prova è talmente forte che gli impedisce di contenere parole altrettanto forti.

Mai avrebbe pensato di dire a Nairobi Ti Amo. E invece l’ha fatto, senza freni inibitori, senza paure, spinto solo dal desiderio di farle capire che la decisione è stata presa per amore.

Quella dichiarazione spiazza la donna che si zittisce. Osserva quell’omone grande e grosso arrossire e abbassare lo sguardo, in preda alla vergogna e allora tutto le sembra più chiaro.

“Sei stato tu a proporre la mia uscita?” – il tono arrabbiato lascia spazio ad uno quasi rassegnato e ciò permette a Bogotà di dirle - “Si, mi dispiace,  però è necessario. Non devi rischiare più la tua vita”

“E voi? Anche voi rischiate”

“Però abbiamo più chance di uscire da questo labirinto. Tu non hai le forze, fatichi a tenerti in piedi, è rischioso. È una scelta sofferta, però siamo coscienti che è ciò che deve essere fatto”

A quel punto seguono minuti di silenzio, quasi interminabili.

Nairobi riflette e in momenti di lucidità comprende che, effettivamente, restare lì non è solo un rischio per se stessa ma anche per il resto della squadra.

“Mi mancherai, sappilo” – con quelle parole, accetta la scelta dei compagni.

Sorpreso, Bogotà, alza gli occhi spostandoli su di lei. La guarda sorridere e questo gli basta ad intuire che è riuscito nell’impresa.

Voglioso di baciarla, si fionda sulle sue labbra e stavolta non è un dolce e breve bacio a stampo.

“Ahi ahi, piano” – lo ferma lei, riprendendo fiato, distaccando di poco il corpo di lui dal suo.

“Scusami, purtroppo il mio peso ti schiaccia…”  - imbarazzato, indietreggia.

“A me piaci così come sei” -  ridacchiando, invita Bogotà a riavvicinarsi.

Stavolta con più delicatezza, i due si scambiano un altro bacio.

“Non vedo l’ora di fare l’amore con te” – Nairobi si lascia andare totalmente e di fronte a tali esternazioni, Bogotà non può non sentirsi estasiato e felice.

“Anche io, quando uscirò da qui sappi che non ti lascerò un solo secondo” – aggiunge l’uomo, totalmente cotto a puntino.

Il momento sdolcinato viene interrotto dall’arrivo di Stoccolma, inviata in soccorso del compagno di squadra.

“Ehm… scusate, tutto bene?” – chiede la bionda, riferendosi all’amico.

“Si, si, tranquilla! Ho detto di sì” – risponde Nairobi al posto di Bogotà, intuendo la motivazione dell'arrivo di Monica, e ridendo subito dopo – “Aiutatemi a sistemarmi, visto che a breve andrò via da qui” – invita i due a darle una mano ad alzarsi.

Senza esitare, la Gaztambide le corre incontro dandole una mano a rimettersi in piedi, facendole da sostegno fisico.

“Riesci a camminare?” – le chiede preoccupata.

“Scherzi? Certo, non è uno sparo a piegarmi in due” – dice la gitana, tirandosi su lentamente.

“Adesso sei sotto effetto dei medicinali, questo può darci un vantaggio. Sentirai meno il dolore, giusto in tempo per farti salire sull’elicottero” – sostiene Bogotà.

Poi si incamminano verso l’uscita, pronti a raggiungere gli altri.

Gandia è tenuto in ostaggio da Helsinki quando arriva Nairobi e le lancia un’occhiataccia.

“Meticcia, ancora qui?” – la provoca.

“Zitto, bastardo” – Denver gli urla contro, intimandogli di tacere.

“Come ti senti?” – chiede Tokyo all’amica.

“Vado via con il cuore pesante, lo sapete. Mi sentirò responsabile per non aver contribuito, ma so che è necessario perché la mia condizione di salute potrebbe ripercuotersi su di voi e non voglio assolutamente che questo accada”

“Tu sei stata e sei preziosa, sorella mia! E vedrai che andrà tutto bene, usciremo e festeggeremo l’arrivo di Ibiza” – le due si abbracciano, lasciandosi andare a qualche lacrima.

Le stesse emozioni vengono condivise dalla banda, compreso Palermo ancora dispiaciuto di aver causato la quasi morte di Nairobi.

“”Denver tocca a te, vai” – Tokyo spinge l’amico all’esterno della Banca, esattamente sulla terrazza. Il giovane indossa la divisa nera di Gandia fingendosi di essere proprio il militare per ingannare la polizia.

“Sento l’elicottero, è il momento Nairo” – sostiene la Leader, dandole un ultimo bacio.

Helsinki lancia all’esterno dei fumogeni che creano il caos.

Nella tenda, la polizia è colta di sorpresa e non intuisce cosa stia accadendo, certa solo della voce di Gandia che li rassicura: Così, ignara dell’inganno della banda del professore, si lascia facilmente prendere in giro.

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


Ringrazio EternalRome che mi segue e che apprezza la mia storia. Cara, senza di te non avrei continuato a scrivere quindi ti dedico l'intera Fanfiction.
Un bacio grande e buona lettura.

E’ giunto il momento: Nairobi deve uscire di scena e quei fumogeni sono l’espediente di cui la banda si serve per “accecare” la polizia.

“Cosa cazzo è questo fumo?” – si infuria Tamayo – “Gandia, sei ancora lì? Che succede?”

Nel mentre, Tokyo dà ordini all’ostaggio – “Qui Gandia, non intervenite adesso, è rischioso. Vi darò io l’ok…passo e chiudo” – e sono quelle esatte parole che il militare è costretto a ripetere, seppur controvoglia.

Con il cuore in gola, Nairobi osserva uno ad uno i suoi compagni mentre inscenano di attaccare il finto Gandia, ovvero Denver, per rendere credibili agli occhi della polizia gli attacchi al militare rimasto solo e senza aiuti.

“Vi aspetto fuori!” – dice ai pochi compagni presenti. Così, ottimista e speranzosa, e con Bogotà al suo fianco, lascia la Banca percorrendo quei pochi metri che la separano dall’elicottero.

Mentre cammina, sorretta al compagno, percepisce il dolore di chi le è di fianco e con la coda dell’occhio scorge sulle guance alcune sue lacrime.

“Ecco Lisbona!” – esclama l’uomo, indicando la figura che avanza verso di loro in tutta fretta.

“Abbiamo pochi secondi” – dice Nairobi, voltandosi verso Bogotà strappandogli l’ultimo bacio.

Nel mentre, prendendogli la mano vi nasconde qualcosa.

“Voglio che tu mi abbia sempre con te” – conclude, voltandosi in direzione dell’elicottero.

“Eccomi, andiamo è rischioso!” – solo le prime parole di Raquel, seppure vogliosa di abbracciare gli amici, ma non hanno tempo e bisogna sbrigarsi.

“Ci penso io a Nairobi, voi tornare dentro” – grida Marsiglia a Bogotà, invitando gli amici ad affrettarsi per scongiurare ogni possibile rischio.

A malincuore, Bogotà guarda la sua donna salire sul velivolo, mentre la scorta di fumogeni inizia a scarseggiare. Apre il palmo della mano e vi riconosce un oggetto appartenente alla donna.

La sua collana.

Bogotà accenna un sorriso e la indossa, fiero di quel dono.

Poi la voce di Helsinki lo desta dai suoi tormenti e, con determinazione e coraggio, si avvia, assieme a Lisbona, verso la porta d’ingresso del terrazzo, lì dove ad attenderli c’è il resto del gruppo.

Denver è il primo a rientrare; con il fiatone e una carica esplosiva di adrenalina, si lascia andare ad un grido euforico.

Bogotà e Lisbona raggiungono il gruppo, mentre da lontano è ben visibile l’elicottero che ha ripreso il volo.

“Ce l’abbiamo fatta” – grida di felicità Tokyo, comunicando la notizia anche al Professore all’ascolto.

“Professore, Lisbona è con noi, ripeto Lisbona è con noi”

Anche Sergio esulta sapendo la sua squadra nuovamente forte e compatta.

La felicità è immensa ma viene distrutta in pochi minuti.

“Professore, torniamo alla missione! Però vorrei dire che il comando andrebbe affidato a Lisbona, adesso!” – dice Tokyo, sorridendo alla new entry.

“Io? Dici sul serio?” – chiede sorpresa Raquel.

“Si, tu! Chi meglio di te ha chiara nella mente tutta l’elaborazione del piano”  - a spalleggiare Tokyo c’è Denver.

 “Io” – interviene Palermo – “Io più di tutti, più di Lisbona, più dello stesso professore, ho chiaro in testa come si evolve la rapina! Eppure le vostre sciocche idee di comando, i vostri capricci e il vostro orgoglio vi impediscono di capire che è la cosa migliore da fare…restituirmi il ruolo che mi spetta”

“Ci risiamo” – brontola Bogotà, alzando gli occhi al cielo.

“Tu sei l’unico che dovrebbe sapere che soltanto io posso portarvi fuori da questo labirinto” – gli tuona contro Palermo, cambiando anche lui atteggiamento verso l’ex amico.

“Si, però so anche che sei la sola testa di cazzo che potrebbe tradirci e mandarci tutti in galera, se qualcosa non ti piace!” – replica il saldatore.

“Per favore, avevamo deciso niente più litigi!” – aggiunge Helsinki.

“Non mi sembra il caso di dividerci adesso, bisogna restare uniti” – anche Manila è di questo avviso.

“Durante il piano Parigi siamo stati compatti, una vera squadra, e abbiamo raggiunto l’obiettivo, avete visto? Quindi non capisco perché si deve distruggere tutto ciò proprio ora!” – sostiene Stoccolma.

Mentre la Banda è alle prese con le ormai solite discussioni, il professore sembra non dar più segnali e questo non è notato dai ragazzi.

E infatti, Sergio ha appena capito di essere stato scoperto.

“Cosa vuoi?” – chiede l’uomo, con le mani in alto, in segno di resa, ad una persona sopraggiunta improvvisamente.

“Figlio di puttana, finalmente ho trovato il tuo nascondiglio, anzi direi la tua fogna” – sogghigna Alicia Sierra, mentre punta la pistola verso di lui, pronta a sparare in caso di necessità.

“Non puoi uccidermi così, sai che non puoi farlo”

“Ah no? Cosa ti fa credere che non ti possa sfruttare come voglio e ti estorca informazioni a me utili, per poi eliminarti?!”

“Se è la resa della polizia ciò che vuoi, allora siamo dalla stessa parte” – il professore cerca di cavarsela, invitando la sua nemica ad una sorta di collaborazione.

Ma l’ispettrice è meno labile di Raquel, la quale, in passato, per amore si schierò sul fronte opposto.

“Credi di fregarmi? Pensi davvero che io sia scema come la Murillo? Ah no, aspetta, com’è che si chiama adesso?... Lisbona, mi pare. Giusto?” – ridacchia, sminuendo la figura della donna che l’uomo ama.

“Allora saprai che l’ho liberata ed è appena entrata nella Banca”  - la provoca Sergio, cercando di studiare la reazione della sua avversaria di fronte alla realtà dei fatti.

Ma ad Alicia poco importa e infatti le sue parole sono – “ Hai una testa talmente contorta, che riesci a trovare ogni maniera per salvarti o salvare i tuoi amici. Non oso immaginare la rabbia del colonnello appena  saprà di aver contribuito a far ricompattare la Banca, anziché annientarla come voleva” – pensando alla faccia di Tamayo infuriato e nel panico più totale, Alicia ride di gusto.

“Vedi? Siamo dalla stessa parte. Anche tu vuoi piegarli… nessuno ti trattiene più dalla loro parte” – il professore cerca davvero di risolvere la situazione, eppure quell’arma a pochi centimetri da se , e la stessa Sierra, nota per la sua crudeltà, non gli dà modo e lucidità per elaborare un escamotage.

“Come ci si sente ad essere tu quello braccato? Come ci si sente a non avere accanto i tuoi compagni?”

A quel punto gli ordina di sedersi, indossa le cuffie per ascoltare possibili conversazioni tra i membri della Banda, poi lega l’uomo alle caviglie e alle mani.

“Porti sempre questa roba con te?” – chiede stupito l’uomo riferendosi allo scotch appena tirato fuori dall’ingombrante cappotto.

“Una buona ispettrice deve sempre essere pronta” – quelle sue stesse parole sono esilaranti, tanto da farla sorridere.

Sierra è l’emblema della follia. Però le sue azioni sono incomprensibili.

“Strano che una figura istituzionale tanto importante, pensi e agisca come dei ladri e dei contro legge” – sottolinea, sospettoso, l’uomo.

“Stando con i bastardi come voi, si impara a fare ciò che fate voi” – la risposta secca e fredda della donna, è esaustiva, seppure ancor più preoccupante.

“Credo che in questo superi anche mio fratello” – commenta Sergio, lasciandosi andare esternando un suo pensiero personale.

“Ah ecco…è questo l’argomento che vorrei trattare con te” – a quel punto, Alicia siede su una sedia di fronte al suo ostaggio, con un leccalecca in mano, si appresta ad interrogarlo.

“So che si chiamava Berlino. Però dimmi, qual è il suo vero nome?”

“Perché ti importa?Pensavo che la polizia sapesse tutto su di noi” – domanda, sospettoso, l’uomo.

“Non cedo alle tue provocazioni, figlio di puttana. Però…sono io ad averti fatto la domanda ed esigo la risposta. ADESSO”

La situazione è alquanto ambigua e Sergio non sa spiegarsi come mai all’ispettrice interessi sapere di Andrés.

“Allora?”
“Non parlo di lui, uccidimi pure se vuoi”

“Bene” – a quel punto Sierra tira fuori il suo asso nella manica – “Se ti dicessi io un nome… Tatiana…”
“Tatiana?!”-  esclama il professore, spiazzato dall’avversaria. Che senso ha tirare in ballo la ex moglie di Berlino?

Ma soprattutto, come fa Alicia a conoscerla?

“Sappi che posso annientare la tua banda di ladruncoli se solo volessi. Sono fin troppo buona, non vedi che ti sto dando tempo e modo di parlare!?”

“Cosa sai di Tatiana?”

“Cosa della frase “Faccio io le domande” non ti è chiaro?”

In quel momento, uno strano rumore, attira l’attenzione di Sierra e la distrae dal suo ostaggio.

“No,cazzo! Nairobi” – pensa Sergio, e spaventato da ciò che potrebbe accadere dice qualcosa di cui spera di non doversi pentire – “Si chiamava Andres De Fonollosa”

E in quel preciso istante, dei passi fanno da sottofondo al silenzio che tale rivelazione ha appena causato.

“CHE COSA? COME E’ POSSIBILE?”- esclama il professore – “TU?”

Nel mentre…

“Siamo arrivati, il prof è qui!” – comunica Marsiglia alla compagna di squadra.

Nairobi, ancora scossa dopo l’addio agli amici, annuisce e scende dall’automobile.

Infatti,in quell’ora di tempo trascorsa dalla sua fuga, è giunta a destinazione, ha lasciato l’elicottero ed è salita su un veicolo stradale.

Il viaggio dove l’unico suono emesso era quello della radio, a ben alto volume per poter essere aggiornati su novità della rapina alla Banca di Spagna.

Ed eccoli finalmente giunti alla tana.

In teoria è lì dentro che Nairobi può dirsi salva definitivamente. Chissà se sarà proprio così?

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


“Novità?” – chiede Tokyo a Lisbona.

“Nulla, non risponde. Sto iniziando a temere il peggio” – si agita la Murillo.

“Sicuramente sarà uscito per incontrarsi con Nairobi e Marsiglia!” – ipotizza Rio.

“Mmm…dubito ci abbia impiegato tutto questo tempo” – aggiunge Denver, camminando avanti e indietro nella stanza.

“Cosa facciamo adesso?” – è la domanda di Helsinki, mentre tiene d’occhio Gandia, legato con delle cinghie a mani e piedi.

“Siete fottuti” – ringhia il militare, ridendo subito dopo – “La polizia avrà catturato il vostro professorino e adesso finirete tutti, uno per uno, in galera”

In quel momento l’intera banda avrebbe voglia di prendere a pugni quel bastardo, però il loro codice etico glielo vieta. Per di più sanno che Gandia è a questo che mira: provocare, destabilizzarli emotivamente, in modo da creare tra loro disagi, liti e quindi caos totale.

“Sta zitto” – si limita a dire Denver, sotto lo sguardo stupito degli amici e del prigioniero stesso.

“Chi l’avrebbe mai detto, adesso sei diventato un cagnolino mansueto, orfanello?” – ennesimo attacco di Gandia.

Monica nota lo sguardo del marito, preda di un attacco d’ira, e prima che potesse aggredire l’ostaggio, lo trattiene a modo suo.

Si avvinghia a lui e lo abbraccia.

“Lascialo stare, ti prego. Vuole farti solo del male” – le sussurra lei.

“E ci sta riuscendo. Quel figlio di puttana cosa sa della mia vita? Come fa a definirmi orfano?”

“La polizia, lo Stato, sanno tutto di noi e lui evidentemente è informato in merito, per via del lavoro che svolgeva qui” – suppone Manila, intervenendo per placare l’amico.

“Se voi non avete intenzione di zittire questo idiota, ci penso io” – Palermo, dal fondo della stanza, lì dove si era isolato dal gruppo, avanza verso Gandia.

“Cosa combini? Abbiamo detto di lasciarlo stare” – afferma, decisa, Lisbona, in veste di leader autorevole.

Però l’uomo le mostra senza giri di parole cosa intende con “zittire”.

Prende del nastro adesivo, tirandolo fuori da un cassetto della scrivania.

“Questo lo hanno tutte le migliori segretarie e sempre a portata di mano” – spiega, spezzando con i denti una striscia lunga di scotch. Poi avvicinandosi al nemico, con aria di sfida gliela schiaccia sulla bocca, per ridere di gusto subito dopo.

“Ora non saremo costretti a sentire le sue idiozie” – e così dicendo, torna alla sua postazione, certo che per una volta è riuscito a dare un piacere all’intera banda.

Il problema del professore resta però una questione ancora aperta.

Che fine ha mai fatto Sergio?

Infatti, ciò che teme Lisbona è reale. Il suo uomo è davvero in pericolo.

La figura comparsa all’improvviso nel nascondiglio del professore avanza lenta ed è intenzionata a mostrarsi a pieno all’ostaggio.

“Tu? Cosa ci fai qui?” – esclama sorpreso, riferendosi alla persona appena giunta.

“Ti facevo più intelligente, professor Dalì” – commenta Sierra, aggiungendo subito dopo – “Perdonalo, Antoñanzas, ma il nostro genio del crimine non comprende cosa vuol dire Non fare domande! Più gli ordino di non chiedere, più lui lo fa!” – alza gli occhi al cielo contrariata.

“Sei tu che hai rivelato tutto?” – chiede Sergio all’uomo. A quel punto Alicia esplode.

“BASTA” – gli tuona contro. Poi, notando di aver perso il controllo, si ricompone e il suo sguardo furioso si colora di un sorriso quasi inquietante.

“Sei una pazza” – dice Sergio, notando l’instabilità dell’ispettrice.

“Beh, se la vedi così, siamo più simili di quanto credi” – in quel momento il cellulare della donna inizia a suonare.

“Suarez?! Cosa vorrà adesso?” – domanda, rivolgendo lo sguardo al poliziotto suo complice.

“Ti rivogliono con loro, hanno bisogno del tuo aiuto per mettere KO i rapinatori, li ho sentiti poco fa. La banda li ha presi in giro di nuovo, ora sono furiosi” – le spiega Antoñanzas.

Davanti a tali pretese, Sierra non può che ridere a crepapelle – “Se lo possono scordare, io il mio tesoro ce l’ho davanti” – sposta gli occhi sul professore e ignora la chiamata, spegnendo addirittura il telefonino.

“Prima che tu possa chiedere per la centesima volta se il mio alleato è passato da essere tuo complice contro di me, a mio complice contro di te… beh…” – poi si zittisce, confusa dalle sue stesse parole. Scuote la testa e continua – “Beh… sì, hai capito bene. Avevo scoperto il suo tradimento e ho saputo portarlo di nuovo dalla mia parte”

“Noi avevamo un accordo, Antoñanzas” – il tono aspro di Sergio colpisce la coscienza del poliziotto che, seppure d’accordo con l’ispettrice, resta intimorito da lei e pentito di averle rivelato la postazione dell’avversario.

“Spero per te che non ci siano altri arrivi che interrompano la nostra bella chiacchierata” – precisa Sierra, tornando alla sua postazione – “Tu controlla che nessuno entri, mi raccomando”

“Ma questo posto è praticamente isolato. Nessuno lo abita” – puntualizza l’ingenuo uomo delle forze dell’ordine.

“Sappiamo che ha degli alleati, sono questi che vanno tenuti a bada! Potrebbe sopraggiungere qualcuno dei Dalì. Tieni pronto la pistola, e prendi anche la mia, potrebbero servirti…e se riconosci qualcuno, non esitare…Spara!” – l’ordine di Alicia è chiaro.

Sergio teme per le vite di Nairobi e Marsiglia, certo del loro prossimo arrivo. Però è anche convinto che mai e  poi mai un uomo come Antoñanzas possa arrivare a tanto.

E così, vede il poliziotto allontanarsi con le mani tremanti e l’ansia lo assale.

“Torniamo a noi, caro il mio Professore”

Posto a guardia della porta d’ingresso, il succube alleato di Sierra inizia a pensare che accettare l’accordo con la donna fosse stato l’errore più grande che potesse commettere.

Adesso non solo ha tradito la polizia, ma anche la banda dei rapinatori!

“Se scoprono che sono dalla parte dell’ispettrice, mi mettono fuori gioco prima che io possa tirare fuori la pistola” – pensa tra se e se. Spaventato da quanto potrebbe accadere, inizia a pregare che nessuno si avvicini al luogo fino a quando vi è dentro Alicia.

Ed è allora, però, che alcune voci lo pongono in allerta.

Come non detto!!!

In lontananza si intravedono due figure che a passo lento e apparentemente tranquillo, avanzano proprio nella sua direzione. E non sembrano semplici cittadini di Madrid che girovagano da quelle parti.

“Aspetta” – dice Marsiglia a Nairobi, fermando la loro camminata.

“Che succede?” – la gitana si guarda attorno, preoccupata – “Chi hai visto? C’è qualche pericolo?”

L’uomo non risponde ma non appena riconosce Antoñanzas, tira un sospiro di sollievo.

In fondo lui non è al corrente del cambio fazione del poliziotto.

“Possiamo star tranquilli, è dalla nostra” – spiega. Poi porgendo il braccio alla compagna di squadra, riprendono il tragitto.

“Cosa ci fai qui?” – chiede Marsiglia alla guardia di Alicia, una volta faccia a faccia.

“Lei chi è?” – è la domanda che Antoñanzas pone senza rispondere al quesito dell’uomo.

Eppure la sua evidente tensione non tranquillizza più Marsiglia, che si pone in allerta.

“Ehm… Nairobi, perché non vai a prendere quella cosa in auto?”

“Quella che? Quale cosa?” – la donna è confusa, però le basta l’occhiataccia del collega per intuire che deve fingere.

“Ehm…ok!”

A quel punto si volta e torna indietro, lasciando i due da soli.

“Adesso voglio la verità” – esige Marsiglia dal poliziotto.

A quel punto le parole di Alicia rimbombano nella testa di Antoñanzas.

“Tieni pronto la pistola, e prendi anche la mia, potrebbero servirti…e se riconosci qualcuno, non esitare…spara!”

Questo le aveva detto poco prima.

“Mi dispiace” – si limita a dire il poliziotto…

Nel frattempo, Alicia interroga Sergio e sembra non demordere nel sapere notizie su Berlino.

“Mio fratello è morto,non vedo perché dobbiamo parlare di lui”

“Perché lo voglio io, semplice!” – risponde l’ispettrice.

“Tu sai qualcosa su Tatiana, vero? Ammettilo, è per questo che cerchi informazioni su Andrés?!”

A quel punto, lo sguardo folle di Sierra punta il professore. Sul volto si disegna un sorrisetto furbo, di chi sa e non vuole esprimersi.

“Avanti, dimmelo! È per Tatiana tutto questo?” – le grida di Sergio si fanno più intense e cominciano ad infastidire Alicia.

La donna, sbuffando, si alza dalla sedia e con aria minacciosa, precisa – “Voglio la verità sulla morte di mia sorella!”

Sorella?!

Ed è proprio allora che uno sparo fa sobbalzare i due e sembra tagliare l’aria pesante creatasi.

Il colpo proviene dall’esterno dell’abitazione e costringe Sierra ad andare di persona a verificare che Antoñanzas abbia eseguito i suoi ordini.

“Cosa è stato?” – esclama Nairobi, seduta in auto in attesa di Marsiglia.

Quel rumore la pietrifica e le ricorda quando un proiettile colpì lei e frantumò tutti i suoi sogni.

“Non posso starmene qui con le mani in mano, cazzo!” –la forza e il coraggio della donna la spingono a disobbedire all’ordine di Marsiglia e della sua Banda.

“Stai attenta e per il tuo bene, lascia agire noi” – questo le disse Marsiglia durante il tragitto in auto qualche minuto prima.

Tutti conoscono quanto Nairobi odi essere messa da parte e voglia contribuire e salvare gli amici.

E anche ora è pronta a fare lo stesso.

“Non aspetterò che accada qualcosa di terribile a uno dei miei compagni di squadra” – così deciso, scende dall’auto e con le poche forze rimastele, torna in direzione del nascondiglio.

Ma cosa sarà accaduto tra i due uomini? È da lì che viene lo sparo!

Alicia Sierra si troverà di fronte la scena che vuole o al contrario avrà un faccia a faccia con la donna che giorni prima tentò di uccidere all’interno della Banca di Spagna?

 

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


All’interno della Banca il lavoro procede. Bogotà fonde oro assieme al supporto di Denver e dei chicos de oro.

Rio e Stoccolma vigilano sugli ostaggi e il resto del gruppo organizza la fuga.

“Siamo sicuri che possa funzionare?” – chiede Palermo a Lisbona – “Come avete potuto modificare il piano di Berlino? Tu e Sergio vorreste farci uscire da qui a mani vuote?”

“E’ necessario che avvenga uno scambio, Palermo. Io sono stata dall’altra parte, so come molte volte può ragionare la polizia. Loro si aspettano che fuggiamo con carichi di oro, magari per strani tunnel, com’è accaduto con la prima rapina. Per questo è bene che lo credano, perché non sarà così”

E’ attorno ad un tavolo che i membri decidono come muoversi. Lisbona, ormai leader, rivela loro che i piani che conoscevano sin a poco prima e che sono stati modificati.

“Sbaglio o era l’oro la chiave di tutto?” – chiede Tokyo, confusa.

“Lo è ancora. Una volta che avremo fuso l’intera riserva nazionale, quando lasceremo a secco la Spagna intera, quando la Banca spagnola sarà vuota del suo tesoro, la crisi è inevitabile… “

“Sarebbe un bel guaio” – commenta Manila, con un sorrisetto compiaciuto.

Poi la Murillo, riprende – “E sarà allora che proporremo lo scambio!”

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Intanto, lo sparo avvertito da Alicia, così come dal professore, e da Nairobi in auto, è motivo di allarme.

Sierra dopo un primo momento di spavento, raggiunge la porta d’uscita, a pochi passi dal suo ostaggio. Ed è allora che ragiona sulla causa del rumore: temendo potesse essere un tranello del professore, torna sui suoi passi.

Si siede nuovamente sulla sedia, in silenzio ruota la testa prima a destra poi a sinistra, a voler sciogliere la tensione di collo e muscoli, e, dopo un bel respiro, riprende lì dove si era interrotta.

“Non vai a controllare? Potrebbe essere accaduto qualcosa a…” – Sergio è in panico, teme che possano essere stati coinvolti i suoi amici.

Eppure l’ispettrice non sembra curarsi di nulla.

“Non ci casco sai? E se avessi architettato qualche malefico piano per togliere di mezzo anche me?”

“Anche?” – ripete il professore, stranito – “Io non ho mai eliminato nessuno. Quando lo capirai che non siamo assassini?”

In quel preciso istante, Alicia punta gli occhi su di lui. Ha l’aria estremamente seria e sembra poco intenzionata a credere a ciò che sente.

“Non sei preoccupata per Antoñanzas?”

“Ha due pistole, cosa vuoi che gli possa capitare? E lui è il mio bodyguard…meglio lui di me”

Quelle parole gelano il sangue di Maquilla che diventa consapevole che le torture della donna perpetrate su Rio siano state frutto di una mente totalmente malata.

“Sei incinta, come fai a diventare madre se pensi di poter eliminare la gente con questa facilità?”

Alicia sospira, tenendo a freno i suoi nervi, da anni sempre meno gestibili.

“Non si può scegliere di mettere a rischio una vita per salvare la propria!” – il tono aspro di Sergio mostra il suo disgusto verso la donna, e quelle parole specifiche portano Sierra all’esplosione.

“Bastardo, osi parlare a me di scelta?” – l’ispettrice prende dalla tasca del suo cappotto un portafoglio. Sembra cercare qualcosa e non appena lo trova, stringe quella che appare una piccola foto e la posiziona sul suo petto. Gli occhi adesso sono lucidi; fissa l’alto come a voler mandare un messaggio a qualcuno che veglia su di lei.

“Ti vendicherò” – dice ad alta voce.

Sergio preferisce stavolta non porre domande, dato lo stato emotivo della sua nemica.

“Visto che sembri aver dimenticato, sarò io a riportati alla memoria un fatto accaduto vent’anni fa”

Il professore deglutisce rumorosamente, percependo la tensione nell’aria.

Qualsiasi sua affermazione avrebbe potuto accendere la furia della Sierra, meglio evitare alzate di testa.

Si pone così all’ascolto cercando di comprendere i motivi di tanto astio nei suoi confronti.

Mai avrebbe pensato a quello che da lì a poco Sierra gli avrebbe raccontato.

“Vuoi sapere come mai ti ho chiesto di Berlino? Bene…è la prova che mi serviva per sapere che il bastardo che cerco da anni sei proprio tu”

“Io?” – ripete confuso lui.

“Esatto e scommetto che hai dimenticato il nome di mia sorella”

“Non conosco tua sorella, mi dispiace”
“PIANTALA DI MENTIRE” – urla il suo dolore e la sua rabbia nei confronti dell’uomo.

“Si chiamava Anita!”

A quel punto, Sergio inizia a ripensare a possibili Anita conosciute nella sua vita fatta di puro isolamento e poca attenzione al sesso femminile.

Come può aver mai conosciuto la sorella di Sierra se non ha contatti con il mondo esterno da praticamente sempre?

“Non so chi sia”

“Allora ti rischiaro la memoria”
La foto che custodisce gelosamente da due decenni, Alicia la mostra all’ostaggio indicandogli chiaramente la persona in questione.

“Siamo tre sorelle, io la maggiore, Tatiana e la più piccola…Anita. Qui avevamo rispettivamente 15, 10 e 7 anni”

L’immagine presenta tre giovani fanciulle sedute su di un letto. La più giovane ha un braccio legato ad una flebo. È molto esile e pallida. Il tratto dominante è il colore dei loro capelli rossi a renderle palesemente consanguinee.

Sergio focalizza l’attenzione però sull’ambiente circostante ed è fin troppo familiare. “Questo è un ospedale?”

“Bene, vedo che il cervello ti funziona! Sappi che mia sorella è stata ricoverata per una grave malattia e aveva bisogno di un trapianto di midollo”

La mente del professore sembra scavare nei ricordi e la figura di una bambina malaticcia diventa sempre più chiara.

“La piccola Ani” – dice l’uomo, rammentandone anche il nomignolo.

E sentire quell’appellativo tocca il cuore anche della folle Alicia.

“Fatico ancora a dire il nome della malattia che l’ha portata via. Ci sono voluti vent’anni per metabolizzare l’accaduto. Ancora oggi fatico ad accettare che una bambina di soli sette anni sia potuta morire così”

“Mi dispiace” – Sergio è sinceramente amareggiato eppure non comprende il filo che lega la sua storia a quella della defunta Sierra.

“A te dispiace?” – l’espressione esterrefatta di Alicia spaventa Sergio che non sa più come venire a capo da quella situazione.

“Non può dispiacerti se la sua morte l’hai provocata tu! Non ti servirà fingere, lo so che sei tu il ragazzino che quella dannata notte fu salvato al posto suo!”

Una lacrima le scivola sulla guancia manifestando una fragilità umana che nessuno credeva potesse mai possedere una come lei.

“Adesso fingerai che la mia è solo follia e pretenderai che io ti creda, vero? Beh ti sbagli, io ho perso mia sorella ma di lei ricordo bene quando parlava di un ragazzo che sembrava muovere stranamente gli occhiali, come avesse un tic! Ti ho cercato per anni e anni, di te nessuna traccia. Anita mi rivelò il tuo nome. Ti cercai ovunque, sembravi essere invisibile. Ora so perché! Come poteva un pazzo asociale del tuo calibro mescolarsi alla gente comune?! Poi decisi di lavorare per la polizia. Il mio obiettivo era rendere giustizia a chi non ne aveva ricevuta! Il destino volle che anni dopo, Tatiana mi disse “Mi sposo”. Lei aveva superato alla grande la morte di nostra sorella minore. Anzi, a differenza mia intraprese la carriera opposta. Una ladra, assurdo vero? Io la coprii più e più volte, imparai l’arte del suo mestiere e questa mossa mi aiutò a diventare ispettrice. Ero molto richiesta visto il mio talento innato con i delinquenti… però c’è un dettaglio che mi portò a tornare sui miei passi e a darti la caccia. Il giorno delle nozze io ero stata invitata, ero prossima ad entrare nel Monastero quando ti vidi. Vidi il tuo tic, riconobbi l’uomo che da tempo cercavo. Avevo però bisogno di un piano. L’indomani mi recai lì ma di te neanche l’ombra. Eravate scomparsi nel nulla. il resto è storia come sai… ho avuto tutte le informazioni del caso quando hai dato il via alla rapina alla Zecca. Ho pensato “Guarda questo bastardo cosa è stato in grado di generare”. Ovviamente sono stata io a dare ordine che torturassero Rio in quel modo, era necessario dare a te una scossa come quelle che i miei uomini davano al povero ragazzo. Ammetto che lui ha dovuto pagare a causa tua il prezzo più alto. Sta di fatto che ho ottenuto la tua reazione. Ti sei mobilitato, ti ho incastrato. E adesso, caro il mio Sergio Marquilla, non potrai più sfuggirmi”

Il professore ascolta le parole dell’ispettrice, impassibile, comprendendo solo adesso i motivi di tanta follia da parte di una donna che si è trasformata a causa di un dolore talmente grande da renderla schiava di un’idea contorta dei fatti.

“Non hai nulla da aggiungere, figlio di puttana?”

Ma in quel preciso istante, la porta viene buttata giù e il rumore fa sobbalzare i due.

Nel nascondiglio entrano Marsiglia e Nairobi. La donna, ancora fragile e visibilmente stanca, tiene in mano una pistola. Lo stesso fa Marsiglia, tenendo fermo con un braccio Antoñanzas.

“Scusi ispettrice, ma sono stato fottuto alla grande”

Sierra è accerchiata e l’unica soluzione che trova è quella di adoperare la sua carta vincente.

“Fossi in voi non lo farei. Pensavate fossi così scema da fidarmi solo di Antoñanzas? Ho disposto una bomba nei pressi di questa tana. Ho con me l’ordigno, mi basta schiacciare questo pulsante…” – dice mostrandolo ai presenti – “E facciamo tutti una brutta fine. Anzi, farete tutti una brutta fine”

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


All’oscuro di quello che accade nel nascondiglio del Professore e tantomeno dei piani della polizia, la Banda continua a lavorare ininterrottamente.

In fonderia, i saldatori sono esausti e Bogotà esige da loro più del massimo.

“Non ti pare che debbano riposare? Almeno un paio di orette, tra poco li vedremo stesi a terra” – sostiene Denver all’amico.

“Bisogna uscire il prima possibile da qui. Un po' di sforzo in più ora, per la sicurezza della libertà” – commenta l’omone, asciugandosi la fronte sudata con il dorso della mano.

“Sono d’accordo con te, anche perché ogni minuto in più qui è un rischio per tutti. Però..”
“Però nulla Denver! Io voglio uscire, voglio tornare alla mia vita”

A quel punto il sorrisetto malizioso del ragazzo e la sua solita e buffa risata, spiazza Bogotà – “Che hai da ridere adesso?”

“Ammetti che non vedi l’ora di rivedere Nairobi e di…” – a quel punto si zittisce perché è l’uomo a farlo dandogli una sberla dietro la nuca.

“Piantala di fare queste battute! E’ normale che voglia stare con lei, ma non come credi tu”

“Ah si certo! A chi la vuoi dare a bere? Ma ti capisco, sappilo!”

“E’ da quando siamo al monastero che mi prendi in giro, scemo!!” – nascondendo l’imbarazzo, Bogotà chiude il discorso – “Adesso torniamo a lavorare! Meno chiacchiere…”

Eppure in quel momento, un flash è piombato nella mente dell’uomo.

 

------------- FLASHBACK

 

E’ pomeriggio e Nairobi, seduta in giardino e sfoglia alcuni appunti presi durante le lezioni di Sergio, approfittando anche del sole caldo e piacevole che le illumina il viso.

Indossa un giacchettino rosa confetto e una maglietta nera aderente con una scollatura che ovviamente non può non essere notata, soprattutto dai maschietti.

O meglio, da Bogotà!

Ed è proprio lui che, qualche metro lontano, la osserva non togliendole gli occhi di dosso. Fuma il suo sigaro e contiene il nodo allo stomaco che avverte ogni volta che ha Nairobi vicino.

Gli basta vederla accavallare la gamba, così sinuosamente, o sistemarsi i capelli, per cadere preda dell’estasi.

Una volta gli passò accanto, con passo felino, ancheggiando i fianchi, e lui si sentì morire dentro.

Ormai svegliarsi al mattino sapendo di poterla vedere, sempre più bella, è la gioia della giornata.

Si limitava tante volte a guardarla immaginando come sarebbe accarezzarla, o baciarle il collo. Una notte sognò anche di fare l’amore con lei.

E proprio in quei minuti, mentre Nairobi è alle prese con la sua solitudine, Bogotà ricorda frammenti di quello strano sogno.

Arrossisce al solo pensiero e scuote il capo, come a voler rimuovere idee che sembrano fin troppo spinte nei confronti di una donna che, in fondo, non conosce e che vive solo durante le lezioni del Professore.

Sospira profondamente, tornando ad inalare il fumo del suo sigaro.

In quel preciso istante, qualcuno lo raggiunge per fargli compagnia.

O forse non proprio per fargli compagnia. Piuttosto per prenderlo in giro.

 “A furia di guardarla, la consumerai sai?”

“Come?” – l’omone grande e grosso riconosce la voce di Denver e voltandosi verso di lui, si mostra alquanto confuso da tali parole.

“Non vorrai farmi credere che eri immerso nei tuoi pensieri? Perché se è così io quei tuoi pensieri li ho ascoltati chiaramente e non erano molto puliti… e per di più avevano a che fare con la moretta laggiù” – il giovane punzecchia il compagno di squadra perché è fin troppo evidente che questo ha una cotta folle per Nairobi.

“Che cazzo dici? Hai fumato erba, per caso?” – imbarazzato, Bogotà cerca di contenere la vergogna, dando uno scappellotto affettuoso al giovane che vista l’età potrebbe essere suo figlio.

“Dai, ammettilo una buona volta che Nairobi ha fatto perdere la testa anche a te e ti piacerebbe…” – il gesto esplicativo di Denver  che si sostituisce alle parole, fa ridere l’adulto che  a quel punto non può che dirgli – “Che idiota che sei! E’ così che definisci le notti con la tua Stoccolma? Con quel gesto?”

“No, ovviamente. La mia Monica ed io ci amiamo. Lei lo chiama “fare l’amore”. Sono anni che non facciamo più sesso” – spiega, nostalgico di momenti di intensa passione.

“E non è la stessa cosa di “fare l’amore”?” – domanda Bogotà, mentre tenta di distogliere lo sguardo da Nairobi, ancora fissa al suo posto.

“Bo, chiedilo a lei. Le donne fanno sempre le romantiche. Però…sei furbo, sai?”

“Che vuoi dire?”

“Hai volutamente cambiato discorso, spostandolo su di me e le mie scopate. Io piuttosto vorrei che anche tu avessi di questi momenti. Da quanto tempo non stai con una donna? Dai, a me puoi dirlo. Ormai ci conosciamo”

Bogotà sospira profondamente, rassegnandosi alla curiosità dell’amico. Però ripensa alle sue ultime parole: Nairobi ha fatto perdere la testa ANCHE a te.

“Chi altro si è infatuato di Nairobi?” – domanda, mostrandosi fin troppo interessato.

L’espressione di Denver è palesemente soddisfatta di tale quesito – “Ahhhh vedi che è come dico io? Ti piace, ti piace, ti piace” – ridacchiando, gli dà una pacca sulla spalla e aggiunge – “Guarda che lei ha il suo fascino gitano. Quando il Professore ci portò nella casa di Toledo, anche Berlino fece apprezzamenti su di lei”

Berlino?!  Il maschilista che durante la rapina quasi la soffocò?

“Perché questo non mi stupisce? Lui ha avuto ben cinque mogli non è affatto indifferente alle belle donne” – puntualizza poi Bogotà, ricordando le storie del defunto amico.

L’uomo torna, così, a guardare Nairobi e in quel momento lei si libera del giacchetto.

La sua pelle olivastra sembra luccicare sotto i raggi del sole.

“Caspita” – commenta, stavolta ad alta voce, riferendosi a quanto ciò che ha visto lo ha eccitato.

“Fossi in te mi butterei! Domani è il compleanno di Monica. Dille qualcosa di carino, provaci insomma”

“Hai visto quanto è dura parlarle? Ha un muro invalicabile davanti a se”

“E’ che è innamorata dell’uomo sbagliato, tutto qua” – dice Denver.

“Già” – commenta amareggiato Bogotà.

Il figlio di Mosca però pensa di agire da Cupido e in quel momento decide di intervenire a modo suo.

“Hey Nairo, puoi venire un attimo” – la chiama a gran voce.

“Che cazzo fai?” – gli sussurra l’altro, afferrandogli un braccio.

“Tranquillo, fidati”

La donna, si volta e riconosce la voce dell’amico. Alzando gli occhi al cielo, li raggiunge, già consapevole di qualche battuta da parte dei due.

“Che succede? Qualcosa non va?”

“Vorrei chiederti se ti va di mettere su un po' di musica. Così da ballare, che dici?”

“EH?” – esclamano in coro Nairobi e Bogotà.

E in quel momento i loro sguardi si incrociano e una strana vibrazione viene percepita da entrambi.

Però la donna sorvola, dando l’ok al ragazzo, seppure spiazzata da una richiesta tanto assurda.

“Dovremmo chiedere al professore, questo è un monastero. Non uno stadio o una discoteca, Denver”

“Ah certo! Vado io, allora. Voi aspettate qui”

Con quella scusa, fila via.

“Io torno a sedermi lì” – dice Nairobi.

Nota come Bogotà sia rimasto impassibile e per di più in un muto silenzio.

“Vuoi venire anche tu?” – chiede lei, scioccando totalmente l’omone grosso che annuisce.

Quello è il primo se non l’unico momento che i due vivono uno di fianco all’altro.

In fondo a Bogotà bastava solo quello: starle accanto ed ammirarla.

Sì, gli bastava quello…per ora!

 

-------------------------- FINE FLASHBACK

 

Ripensare a quel momento, deconcentra Bogotà dal suo lavoro tanto da prendere una decisione.

“Ragazzi, Denver ha ragione, prendiamoci qualche minuto di pausa”

Tra la gioia dei chicos de oro, e lo stupore del figlio di Mosca, Bogotà si siede sul pavimento, invitando il compagno di Banda a fare lo stesso.

“Sai che ho ripensato al pomeriggio della musica al monastero?” – dice l’adulto al ragazzo.

La risata di Denver è chiaro segno che gli è rimasto impresso nella mente quel giorno.

“Sì, ammetti che grazie a me ti sei avvicinato a lei”  - si autoelogia, scherzosamente.

“Già, sei un vero amico! Potrei dire quasi un figlio”
“E tu sei il padre che mi è mancato in questi due anni. Grazie di esserci sempre” – lo scherzo cede il passo ad una forte emozione e a un legame ormai diventato essenziale per entrambi.

Dopo un tenero abbraccio, i due si godono un bel panino, pronti a tornare a sgobbare, pronti a riprendere in mano la situazione e sistemarsi per la fuga dalla Banca, pronti a riabbracciare i loro cari: Cincinnati per Denver, e Nairobi per Bogotà.

Ma Nairobi è chiusa nel nascondiglio di Sergio e Alicia minaccia di far esplodere il posto!!
E’ davvero certo, Bogotà, che una volta fuori può riabbracciare con certezza assoluta la sua amata?

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


La storia di Anita Sierra, morta, a detta dell’ispettrice, a causa di un’operazione tardiva, appare alquanto surreale agli occhi del professore che non riesce a comprendere cosa possa mai collegare la sua persona alla prematura scomparsa della ragazzina.

Sergio la osserva in silenzio mentre minaccia il gruppo di far esplodere l’edificio, e riconosce in lei dei visibili segni di pazzia. Alicia ha problemi seri e la sua mente immagina cose assurde che probabilmente sono frutto della sua stessa follia.

Inutile tentare di farla ragionare; essendo poco lucida, agisce sulla base di ricordi che le impediscono di comprendere che, semmai la bambina fosse morta per un ritardo dell’operazione, era per via delle prenotazioni e non per colpa di un giovane la cui colpa era stata solo ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

E così, Marquilla consapevole che Sierra ha tra le mani un ordigno pericoloso, non vuole rischiare che i suoi amici lì presenti possano passare dei guai. Evita, perciò, di parlare chiudendosi nel suo silenzio tombale, mentre il suo cervello lavora il più rapidamente possibile ad una via di fuga.

Marsiglia e Nairobi, invece, non mollano la presa. Anzi sono addirittura convinti che quella sia una bomba finta e che l’ispettrice li stia ingannando.

Per tale ragione, nessuno dei due abbassa l’arma, spazientendo Alicia.

“Vi ho detto di togliere le pistole di mezzo. Siete deficienti? Volete davvero morire?” – gli tuona contro, abbandonando per un istante l’apparente ed inquietante tranquillità mostrata sino a pochi secondi prima.

“Non ti crediamo! Non ci prenderai di nuovo in giro” – controbatte Nairobi, riferendosi al tranello che le fu giocato quando fu sparata dal cecchino.

Ma ecco un ulteriore cambio d’umore della donna. Inizia a ridere fragorosamente, alimentando l’astio dei due Dalì nei suoi riguardi – “Volete davvero mettermi alla prova? Sappiate che non mi faccio scrupoli di nulla. A me basta uscire da qui, mettermi al riparo e poi boom”

“Chi ti dice che noi rimarremmo qui? Fuggiremmo anche noi ovviamente” – le fa notare Marsiglia.

“Non fareste in tempo ad uscire, ho legato per benino il professore a quella sedia. Ci impiegherete, secondo i miei calcoli, almeno due, tre minuti a liberarlo. Questo è un buon vantaggio per me, non credi?” – il ghigno malvagio di Sierra fa rabbrividire i presenti, compreso Antoñanzas. Poi aggiunge - “A meno che vogliate mollare qui il professore per salvarvi la pelle”

“Maledetta” – ringhia Nairobi, mentre la rabbia sembra volerle esplodere dal petto malconcio. Così, non si trattiene più e le getta addosso tutto il fango possibile ed immaginabile, manifestandole a parole il suo disprezzo – “Tu stai per avere un bambino e hai osato approfittare del mio, per i tuoi loschi scopi. Che razza di genitore pensi di essere? Fossi in quella creatura, scapperei via appena possibile. Peccato che sia un’innocente a cui il destino ha riservato un indegna mamma! A mio avviso, meriteresti di andare all’inferno”

“Nairobi, calmati” – la richiama il professore, che finalmente riprende parola. La guarda lasciandole intendere di non andare oltre perché Alicia è un pericolo. Esattamente come l’oggetto che ha tra le mani, l’ispettrice è una bomba ad orologeria.

Alicia sbuffa per chissà quale ragione e aggiunge – “Che noiosa che sei! Tu vendevi pasticche e utilizzavi Axel come fosse un mulo e vieni a dire a me che io meriterei l’inferno! Mi fai pena, zingarella” – la sua cattiveria è oltremisura ed è l’ennesimo sparo che viene mosso contro il cuore ferito di Nairobi.

Eppure è proprio allora che Alicia fa una proposta ai limiti della follia.

 “Però sappi che ho deciso di essere buona con voi due! Risparmio le vostre vite, se mi lasciate il professore”

Marsiglia e la Jimenez si guardano increduli – “Ci credi così idioti?” – le dice l’uomo, intuendo che Nairobi è fuori di se dopo le crudeltà pronunciate dall’ispettrice. Preoccupato che l’amica possa compiere qualche gesto inconsueto, le toglie dalla mano la pistola.

“Che cazzo fai?”

“Tranquilla, è per il tuo bene. fidati”

“Io vi propongo la libertà e voi parlate tra di voi ignorandomi? Bene, io sono buona e voi ne approfittate. Allora cambio di programma” – Sierra ha il suo ostaggio  però c’è qualcosa riguardante Nairobi rimasto in sospeso che vuole chiudere. Quindi si gioca l’ennesimo asso nella manica, volto a schiacciare gli avversari.

“Visto che continuo ad essere compassionevole, voglio mettere la parola fine ad una storia passata che non mi va giù e che ho sopportato troppo a lungo”

“Alicia, se riguarda Anita io…” – interviene Sergio.

“Zitto! Non sei degno di pronunciare il suo nome” – lo sguardo folle dell’ispettrice pietrifica il professore che si zittisce.

Ed è allora che Sierra torna ad occuparsi di Nairobi.

“Agata, so che ti chiami così. Proprio a te faccio la proposta migliore. Se ti dicessi come riavere tuo figlio?”

Fare sempre perno sulla fragilità di una mamma che soffre per la lontananza dal suo bambino è da vili e Alicia si mostra senza pietà riaprendo per la seconda volta quel discorso.

Ma stavolta la rapinatrice non cede, seppure il desiderio sarebbe più grande di ogni cosa.

“Faremo uno scambio, pensaci bene. Axel, in cambio di Sergio Marquilla. Che te ne pare?”

La Jimenez è in silenzio, le tremano le mani, come se l’odio verso di lei le ribollisse dentro il corpo.

“Tu non hai un briciolo di umanità! Credi sia così facile scambiare due esseri viventi per un tuo interesse? Pensi che giocare con i sentimenti degli altri sia normale? Come osi nominare mio figlio, dopo averlo usato per i tuoi piani? Come osi propormi una follia simile?” – la gitana ha trattenuto il pianto troppo a lungo ed ora le lacrime sono inarrestabili. Scivolano e le solcano il viso, senza darle modo di respirare.

E Nairobi ancora debilitata dalle operazioni, non può azzardare nulla.

“Nairo, calmati, per favore” – Sergio, in pena per lei, cerca di darle sostegno con lo sguardo.

“Beh, ammetto che ipotizzavo questa reazione da parte tua. Però, fossi in te metterei da parte il rancore! Anzi, vuoi sapere come ho fatto a trovarlo e a convincerlo a stare al gioco?”

“Come?”- a domandarlo è Marsiglia, visto che la compagna di squadra fatica ad esprimersi.

“Calmati, Nairo! Ti potresti sentire male, non sei nello stato migliore” – le dice ancora il professore – “Non lasciarti prendere dalla rabbia. Non farti raggirare…tu sei forte e non cedi alle provocazioni…non farlo” – continua l’uomo.

“Taci” – gli tuona contro Alicia, decidendo di ricorrere ad altri mezzi.

Prende una corda simile a quella utilizzata per legare l’uomo alla sedia e gli tappa la bocca.

“Torniamo a noi, cara mia!” – ignorando ancora le due pistole puntate contro la sua persona, Alicia rivela un dettaglio agghiacciante sull’identità del marito defunto.

“Qual è il nome del papà di Axel?”

“A te che importa!”

“Probabilmente perché è lo stesso nome di quello del bambino che porto in grembo”

Di fronte a tale rivelazione, i tre della Banda restano allibiti.

“Non può essere! Stai mentendo” – dice Nairobi.

“German, giusto?”

Agata sente il cuore rallentare il suo battito di fronte a quella rivelazione. È Marsiglia a sussurrarle – “Non fidarti. Potrebbe essere anche un tranello, come suo solito”

“No!” – esclama Alicia, zittendo l’uomo dopo averlo sentito – “Io non mento su queste cose. German era un uomo molto sensibile alla bellezza delle donne, un grande amante sicuramente. E ti darò la prova finale…aveva una voglia sul braccio destro. Così ora sai anche il perché ho puntato te, perché non ho avuto scrupoli a voler colpire la prima fidanzata di mio marito, quella da cui lui ha avuto il primo figlio”

Le gambe di Nairobi cedono e il respiro diventa sempre più rapido e faticoso.

Aggrappata al braccio di Marsiglia, rivive tutta la sua giovane vita e il momento in cui il papà di Axel la mollò senza motivo, distruggendo ogni desiderio futuro.

“Ti odiavo, sì! Ti odio ancora perché lui continuava a tirarti in ballo da quando venne a sapere che eri tra i rapinatori della Zecca. Io pensai, devo eliminarli tutti. Devo eliminare Sergio, devo eliminare Agata…”

“Come mai solo ora esci allo scoperto?” – chiede Marsiglia, alquanto scioccato.

“Perché sto cercando di ottenere la sua fiducia e dirle la verità è l’unico modo. Quindi se ti dico che ti farò riavere tuo figlio, non mento. A patto che tu…” – precisa l’ispettrice, indicando il professore – “Mi lasci lui”

Scossa da quanto appena scoperto, Nairobi si accovaccia a terra e resta in silenzio.

“Consiglio vivamente al tuo amico di portarti da qualche medico, so che il professore ha conoscenze nei paraggi e di farlo in fretta, altrimenti se lei morirà non sarà certamente colpa mia”  - con estrema freddezza, Alicia volta le spalle ai due rapinatori e torna a sedersi di fronte a Sergio.

Senza battere ciglio, ignora la sofferenza di Nairobi mortificata e colpita al cuore nella maniera più crudele possibile.

“Hai bisogno di cure” – spiega Marsiglia.

“Non osare lasciare il professore solo con questa pazza”

“Nairo, lei ci sta ingannando…perché ci vuole morti tutti. Sa come farti piegare e ci  sta riuscendo, ma è anche vero che tu non sei nel pieno delle forze”

“Non cederò, posso farcela”
Ma gli occhi di Sergio parlano chiaro.

“Il professore è d’accordo” – senza esitare, l’uomo dei Dalì prende in braccio la compagna e nonostante le sue ribellioni la conduce all’esterno.

“Bene, siamo di nuovo soli. Finalmente…” – ridacchiando, afferra il walkie talkie posto sulla scrivania e comunica con la banda all’interno della Banca di Spagna  - “Salve miei cari nemici, sono Alicia Sierra. Ho come ostaggio il vostro amato professore. Ritenetevi fortunati che non lo abbia ancora fatto secco…ops..dimenticavo. mi dispiace per Nairobi ma era di troppo, andava eliminata. Buon proseguimento allora, tanto sappiamo bene che vivi da lì non ne uscirete più” – fiera dell’ennesima cattiveria, tra cui l’inventata morte della Jimenez, Alicia torna ad interrogare Sergio.

La sua voce fa tremare la squadra dei Dalì.

Bogotà avverte un tonfo al cuore e sente le gambe cedergli.

“Non sarà vero, non può essere, cazzo!” – esclama furioso Palermo.

“Dobbiamo uscire da qui, subito” – propone Stoccolma.

“Ma come?” – chiede Helsinki, agitato.

“Va trovato il punto debole di Sierra” – sostiene deciso Rio.

“E quale sarebbe?” – domanda Denver, nel panico più totale.
“Le è morto il marito, è incinta, ma soprattutto…è ricercata dalla Polizia” – spiega Lisbona, aggiornata sulle ultime vicende, avendo avuto a che fare proprio con l’ex ispettrice.

“Dovremmo fare qualcosa di molto molto folle allora! ”- aggiunge Tokyo con un’idea in mente.

“Parla” – la esorta Bogotà.

“Qualcosa che va contro i nostri principi, contro tutto quello in cui crediamo e per cui abbiamo lanciato missili contro la Polizia!”

“Cosa vuoi dire non ti capisco” – Palermo è confuso ma anche pronto ad agire senza più dubbi e perplessità.

“La Polizia cerca Alicia, giusto?  Dobbiamo fare in modo che la trovino e l’arrestino. Diciamo..uno scambio!”

“Mente geniale” – commenta Rio, sorridendole come ai vecchi tempi.

“Aspettate, c’è un problema! Se la Polizia trova Sierra, trova anche Sergio” – precisa Denver.

Che casino! Ormai la situazione sta precipitando e le speranze di uscire sani e salvi dalla Banca diventa un miraggio.

Riusciranno i Dalì a salvarsi?

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Nella Banca di Spagna, i Dalì non sanno più come fronteggiare il pericolo Alicia Sierra.

Scoprire che adesso la donna tiene in ostaggio il professore, è la goccia che fa traboccare il vaso. C’è panico tra chi non crede di uscire vivo da quell’inferno, e chi cerca disperatamente un’uscita alternativa al piano originale.

E poi c’è lui….Bogotà, non espressosi in merito. Silenzioso più del solito, si è isolato in un dolore che non può non essere percepito dai suoi amici. Tokyo in primis teme per Nairobi e lo stesso vale per Helsinki. Sono proprio loro due a sostenere il saldatore nel suo momento di pura crisi.

Il serbo gli si avvicina e cerca di confortarlo – “Non dobbiamo credere sempre a parole di ispettrice. Lei mente…”

“Come possiamo esserne sicuri?” – Bogotà è fortemente demoralizzato.

“Perché la cosa non ha senso” – aggiunge il serbo.

“Quella è una folle che non ha esitato ad ordinare ad un cecchino di sparare a Nairobi dopo averla attirata alla finestra nel modo più mostruoso che potesse esistere” – insiste il saldatore.

“Se a lei interessa Professore, perché deve uccidere?”

Il discorso di Helsinki, seppure poco chiaro nella sua spiegazione, non è del tutto scorretto.

Tokyo si avvicina ai due grossi omini della Banda, sottraendosi per qualche secondo alle pressioni di Palermo e al suo desidero di tornare al comando al posto di Lisbona.

“Siete in pena anche voi?” -  domanda, riferendosi chiaramente alla vita dell’amica.

“Come potremmo non esserlo! Quella stronza ha detto di averla…” – prende parola Bogotà, faticando a terminare la sua stessa frase.

“Non le avrà fatto niente, dobbiamo essere lucidi adesso” – afferma lei.

“Lucidi?” – ripete, sconcertato, il saldatore.

“Si, non abbiamo rischiato il tutto e per tutto qui dentro, per poi abbatterci di fronte all’ennesimo inganno. Perché è questo quello che Sierra sta cercando di fare…trarci in inganno”

“Sei convinta o cerchi di confortarmi?” – le domanda Bogotà.

“Entrambi! E ammetto che cerco di dare forza anche a me stessa perché la situazione sta diventando sempre più difficile e la speranza non deve morire”

Helsinki si schiera a favore delle idee di Tokyo e cerca di dare sostegno all’amico, devastato e abbattuto. I tre si abbracciano promettendosi di uscire da lì dentro e ritrovare Nairobi sana e salva.

Le ore seguenti sono cruciali. I Dalì optano per l’unica soluzione possibile: consegnare alla polizia Alicia Sierra.

“Usciremo noi donne, assieme ad alcuni ostaggi. Sventoleremo bandiera bianca, così da non essere colpite” – spiega Lisbona, preparandosi alla fase finale di quello che sembra essere l’ennesimo folle piano.

“Io continuo a pensare che sia una pazzia” – commenta Palermo, scontento della decisione presa dal gruppo.

“A te non sta mai bene nulla! Dovresti tacere e sperare che tutto fili liscio o finirai con il culo in galera” – sostiene Bogotà, ancora rancoroso verso l’amico.

“E’ giunto il momento. Siete pronte, ragazze?” – domanda Raquel ignorando i dubbi di Palermo, rivolgendosi esclusivamente a Tokyo e Stoccolma.

“Prontissime” – rispondono le due in coro.

Finalmente le donne al comando. Una missione girls power che tutti sperano possa essere la carta vincente.

Così danno il via all’ultimo piano, un piano voluto dalla Banda, un piano non previsto dal Professore.

“Diamo inizio al piano Dalì” – è così che lo chiamano, stavolta senza nome di città. Ma il solo e unico piano che li vede rischiare il tutto e per tutto, esponendosi con un simbolo di resa evidente, di fronte ad un governo e alla polizia.

È proprio la polizia che, ormai, è prossima all’attacco. Avrebbero agito in qualche modo eppure quell’azione improvvisa della Banda li frena, impedendogli il colpo decisivo.

“Che cazzo fanno?” – esclama Tamayo, vedendo uscire dalla Banda di Spagna un gruppo di ostaggi, capeggiati da tre figure.

“Ma quella è la Murillo!?” – aggiunge Angel, incredulo.

“Dovevamo tenerla qui dentro fino al termine della rapina!” – si altera il colonnello, in collera con se stesso per essersi lasciato ingannare dai nemici, regalandogli ingenuamente l’accesso di  Lisbona in Banca.

“Come ci muoviamo adesso?” – domanda Suarez al suo capo.

“Bisogna ascoltarli. Hanno appena alzato bandiera bianca” – interviene Angel.

“Non abbassare la guardia, Suarez! Avvicinati con i tuoi uomini…e mettiamo la parola fine a questa pagliacciata una volta per tutte”

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La situazione è difficile anche per chi è all’esterno della Banca.

Marsiglia carica Nairobi in automobile, nonostante i tentativi della donna di dissuaderlo dal fare quanto detto dal professore.

“Devi tornare lì. Dobbiamo salvarlo da quella pazza”

“Prima devo portarti dai dottori, non stai bene”

“SI che sto…”  poi si zittisce, sentendo un forte capogiro. A quel capogiro segue un forte dolore al petto – “Cazzo” – esclama, premendo la mano il punto preciso dove è stata colpita e operata.

“La morfina a breve non farà più effetto. Avresti dovuto essere già nelle mani dei chirurghi! Ti porto da loro, resisti” – Marsiglia sfreccia più veloce che può verso una vecchia fattoria, distante da Madrid pochi km.

Mentre accelera, sente Nairobi trattenere i lamenti di dolore, e prega di non trovare alcun imprevisto per strada.

Se così fosse, la vita della Jimenez potrebbe essere messa nuovamente in pericolo.

“Ti fa male?” – le chiede, preoccupato, notando che la donna è in lacrime.

“Mai quanto quello che mi ha recato Sierra”

“Nairobi, non crederle. Sappiamo che racconta frottole…”

“No, sembrava davvero sincera. Non vedeva l’ora di scagliarmi questa coltellata al cuore. Aspettava il momento giusto, è stata la sua vendetta”

“Vendetta? Perché mai avrebbe dovuto vendicarsi di te?”
“Perché German nonostante mi avesse lasciata, mi aveva ancora in testa. Alicia è stata chiara quando ha detto che lui mi nominava spesso…lei mi odiava senza neppure conoscermi”

“Adesso non pensare alle cattiverie dell’ispettrice. Pensa a guarire e rimetterti in forze”

Notando lo sconforto di Agata, Marsiglia cambia argomento, centralizzandolo su un tema che non ha nulla a che vedere con quello appena affrontato.

Cioè…l’amore!

“Conosco qualcuno talmente cotto di te che sarebbe pronto a ricucire le ferite del tuo cuore malconcio” “

Non vedo l’ora di rivederlo” – risponde la donna, spiazzando l’amico.

“Chi?”

“Bogotà”

“EH? Dici sul serio?”

“Si, credici o no, mi sono innamorata di lui”

Il viso di Marsiglia si illumina e, per la prima volta da quando Nairobi lo conosce, mostra il suo lato più umano.

“E pensare che ti credevo un muto soldato animalista!” – commenta lei, distogliendo la mente dai dolori fisici e psicologici.

“Muto no! Soldato animalista si!” – la prende sul ridere, sciogliendo finalmente quel ghiaccio caratteriale mostrato sino a poco prima.

Poi aggiunge, riferendosi a Bogotà – “Lui saprà renderti felice, stanne certa. Anzi, ti racconto una cosa che è accaduta durante quel periodo di addestramento al Monastero”

Così, Marsiglia, intenzionato a distrarre Nairobi dal suo dolore fisico e mentale, le racconta di un momento di confidenza tra uomini avuto con Bogotà proprio su di lei.

“Eravamo in camera, subito dopo il rimprovero che Sergio ci fece perché erano le tre di notte e tutti litigavano. Lo ricordi?”

“Certo, io litigavo con Palermo…come al solito”

“Già, lui non fece altro che parlare di te e di quanto fossi bella anche da arrabbiata”

“Come?” – esclama, spiazzata, Agata.

“Si, ti aveva vista per la prima volta vestita…ehm…con pochi indumenti e gli è venuto il batticuore! Neanche fosse un adolescente…capirai che è un uomo apparentemente macho ma dentro è tutt’altro”

La gitana arrossisce, ricordando ogni momento di quella serata, compreso il suo “pigiama”.

“Non dirgli che te l’ho detto, o mi prende  a pugni” – ridacchia Marsiglia, notando un certo rilassamento di Nairobi.

A quanto pare, parlarle di Bogotà le ha fatto più che bene.

Questo è ciò che pensa, specialmente perché durante i km rimanenti che li separano dalla fattoria, non sente più lamenti fisici da parte di lei.

Finalmente, e fortunatamente senza intoppi, i due raggiungono la meta.

“Ecco siamo arrivati” – comunica Marsiglia all’amica.

Però purtroppo qualcosa inizia a insospettirlo.

Nairobi non si è più espressa da quando hanno parlato di Bogotà.

“Sono dieci minuti che non apri bocca, va tutto bene?”

In quel momento, l’uomo nota che la compagna ha perduto i sensi e per di più una macchia di sangue le impregna il giaccone.

“Cazzo!” – esclama, in panico.

Scende rapidamente dall’auto e libera il corpo dell’amica dalla cintura di sicurezza. Una volta presa in braccio la donna, raggiunge la casa poco distante.

“Chi siete?” – domanda il tizio alla porta.

“Siamo qui per via del Professore”

Lo sconosciuto non ha dubbi. È la persona mandata da Marquilla.

“Entrate pure, vi aspettavamo da un po'. Ci stavamo impensierendo” – afferma un altro tipo con un camice bianco tipico da medico.

“Vi lascio la mia amica. Io devo salvare Sergio”
“Perché? Cosa gli è successo?”

“E’ nei guai!” – così dicendo, Marsiglia si congeda ringraziando i due uomini e sale sul suo veicolo.

Ha poco tempo… i minuti passano veloci, Alicia potrebbe commettere l’ennesima follia.

Ma soprattutto nessuno immagina che i Dalì stanno per scendere a patti con i loro più grandi nemici.

 

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


La situazione sembra davvero precipitare.

Anche se la Polizia non è sicura delle intenzioni dei Dalì, vedendoli lì, disposti in segno di resa con in mano una bandiera bianca, per di più accompagnati da numerosi ostaggi, compreso il governatore della Banca di Spagna, sembra aperta al confronto.

Suarez, su ordine di Tamaio, si avvicina con i suoi uomini, pronto ad ogni mossa, perfino estrema, pur di chiudere la faccenda. A lui basta il cenno del suo capo per muovere addirittura le armi contro i nemici.

Ma la Banda è consapevole di quelle possibili reazioni, così decide dal principio di agire cautamente e senza alcun doppio scopo, se non quello di permettere la cattura di Alicia Sierra.

Lo sguardo del poliziotto, una volta di fronte a Raquel, vale più di mille parole. E Lisbona legge chiaramente nei suoi occhi il disgusto verso una ex collega, schieratasi con l’avversario.

“Suarez, siamo qui per un accordo” – dice lei, guardandolo dritto negli occhi, senza manifestare né ansia né timore alcuno.

L’uomo si volta verso i compagni, con l’intento di umiliarla, e ride di gusto – “Puttana, nessuno qui vuole un accordo con voi. Siamo pronti a sbattervi tutti in galera, come meritate”

“Abbiamo degli ostaggi con noi, siamo sinceri” – interviene Tokyo.

“E dovremmo fidarci di tre femminucce che i vostri compagni hanno mandato al macello per salvarsi il culo?” – insiste Suarez, prendendo la pistola. La punta esattamente contro la Murillo. E Raquel sente raggelarsi il sangue e rivive le stesse sensazioni provate quando giorni prima, Sierra ordinò di inscenare la sua morte per destabilizzare il professore.

“Possiamo consegnarvi l’ispettrice” – aggiunge la leader, mantenendo sangue freddo.

“Che cazzo dici?” – il poliziotto, in un primo momento, è stranito da quanto udito e abbassa istintivamente l’arma. Poi lascia che a dominarlo sia il rancore, così aggiunge – “Tamayo ne sarebbe felice, ma io sarei più soddisfatto se invece ad essere catturati foste voi, maledetti”

Stoccolma e Tokyo iniziano a temere e si guardano tra loro, spaventate da una possibile carneficina.

“Lisbo, dovremmo rientrare prima che…” – le sussurra la Gaztambide.

“No, non abbiamo nulla da cui scappare. Sono certa che il colonnello non rinuncerebbe mai a sbattere in galera la donna che più di tutti, più di noi, l’ha denigrato a livello nazionale ed internazionale” – spiega Raquel, alzando bene la voce, intenzionata a farsi udire.

Uno degli ostaggi le porge un megafono e a quel punto il Boss della Banda si rivolge a Tamayo – “Siamo qui per garantirvi la cattura di Alicia Sierra. È lei il pericolo”

“Cosa cazzo sta dicendo?” – esclama il colonnello, ascoltando chiaramente tali parole.

Chiuso nella sua tenda, si muove confusamente, sembra ragionare sul da farsi e Angel che gli è accanto sospetta che quella potrebbe essere l’ennesima tattica dei Dalì.

“Non dovremmo fidarci” – afferma,infatti.

“Sto valutando. Potremmo metterli alla prova. Accontentiamoli e vediamo fino a dove si spingono”

Preso il walkie talkie con cui comunica a Suarez la sua decisione, Tamayo opta per il compromesso.

“Dì loro che ascoltiamo quanto hanno da dire”

Il poliziotto riporta le stesse parole a Lisbona che, intuendo che il Piano Dalì sta procedendo come voleva, spiega le mosse.

“L’accordo è il seguente: Alicia in cambio della nostra fuga. Faremo in modo che quanto testimoniato dall’ispettrice ai giornalisti contro tutti voi venga smentito. Ognuno riacquisterà la propria fama”

“Chi ci garantisce che alla prima occasione non cacciate fuori l’arma letale?” – la provoca Suarez, sospettoso come non mai.

“A voi la decisione. Fidarsi o non fidarsi. Noi vi offriamo la possibilità di catturare la causa della vostra rovina”

“Dove si trova?” – domanda Tamayo, ordinando al poliziotto di porre la domanda alla Banda.

“Appena avremo stabilito l’accordo, vi assicuriamo che lo saprete. Noi lasceremo il paese per sempre. Nessun tranello, nessun inganno. Ci toglieremo di mezzo, per sempre. E voi avrete la vostra vendetta su Sierra” – conclude Lisbona – “Ci state o no?” – porge la mano in attesa di una stretta.

Stoccolma e Tokyo intervengono a modo loro.

La prima adagia la bandiera bianca a terra, per marcare il segno di resa.

L’altra, invece, si espone – “Lasceremo uscire gli ostaggi, compreso Gandia, dimenticando che a causa sua stavamo per perdere una dei nostri compagni. E ovviamente il governatore che è stato essenziale a salvare la vita della nostra amica”

“Adesso dovremmo anche ringraziarvi perché li liberate? Siete dei criminali, a mio avviso dovreste marcire in carcere, assieme all’ispettrice” – commenta Suarez.

In quel momento, i poliziotti vengono richiamati nella tenda per la decisione presa dal colonnello, mentre le tre donne dei Dalì e gli ostaggi tornano  all’interno della Banca.

“Allora? accetteranno?” – chiede Denver, riaccogliendo le compagne in attesa di novità.

“Io temo che nulla possa volgere a nostro favore. Tamayo non ci permetterà mai di farla franca. Però mentre ci sarà attenzione sulla cattura di Sierra, noi abbiamo modo di creare il casino che ci aiuterà a fuggire” – sostiene la Murillo.

Poi si rivolge a Bogotà – “In fonderia come procede?”

“Ci siamo quasi” – risponde lui, seppure poco soddisfatto.

“Vedrai che usciremo da qui in poche ore e riabbraccerai Nairobi” – Lisbona cerca di dargli forza, dandogli un abbraccio e una tenera carezza.

“Io ti capisco, amico mio! Provo lo stesso per Sergio. Dobbiamo salvarlo”

“Ce la faremo” – interviene Rio – “Bisogna organizzare la fuga, sbrighiamoci. Abbiamo sempre meno tempo”

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Nel frattempo Alicia Sierra è con il Professore e continua ad assillarlo con chiacchiere prive di fondamento, frutto esclusivo della sua evidente follia.

Divertita nel prendersi gioco della Banda, dopo aver minacciato Sergio di farlo fuori appena possibile, riprende il walkie-talkie e comunica ai suoi nemici.

“Cari nemici miei, sono sempre io. volevo dirvi che qualsiasi vostra azione può ritorcersi contro il mio ostaggio. Fate attenzione”

“Maledetta, cosa hai fatto a Nairobi?” – è Bogotá, stanco di stare in silenzio e soffrire, le grida contro il suo odio.

E la risata dell’ispettrice alimenta la rabbia di tutti.

“Quello che farò anche a Sergio a breve. Adios” – li saluta, lasciandoli nuovamente preda del panico.

“Ragazzi, lasciate perdere le sue parole. Ormai abbiamo capito che vuole distruggerci psicologicamente, non farà nulla a nessuno, non le conviene” – è Palermo a parlare, sempre più certo del gioco sporco di quella donna – “Piuttosto, diamoci una mossa. Anzi, ci conviene cogliere positivamente questi interventi di Sierra”

“Che dici? Sei impazzito?” – esclama Denver. Come potrebbero mai vedere in positivo le cattive parole dell’ispettrice?.

“No, dico soltanto che se lei comunica con noi, vuol dire che è ancora nel nascondiglio. Significa che la polizia è ancora in tempo per catturarla”

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Ma le cose stanno per mutare. Di nuovo.

“Perché hai detto quelle cose a Nairobi?” – domanda Sergio ad Alicia.

“Zitto, o ti tappo la bocca per la seconda volta” – lo minaccia lei, mentre si accinge a divorare l’ennesimo leccalecca.

“La volevi ferire o è la verità? Il padre di Axel era tuo marito?”

“Ho detto ti tacere” – il tono dell’ispettrice è cambiato. La calma apparente della donna sembra lasciare il passo ad un irrequieto comportamento, come se la sua mente si fosse stancata improvvisamente di fare la brava e avesse deciso di sfogare la rabbia.

Sergio pensa a quanto dolore possa aver recato quella confessione alla Jimenez, già debilitata fisicamente. Vorrebbe saperne di più, indagare ed utilizzare informazioni utili a suo vantaggio. Ma come può, costretto ad essere ostaggio della sua nemica?

E’ proprio l’avversaria, dopo minuti di un silenzio quasi eterno, a prendere parola – “Quel bastardo mi disse di essere single, di non avere legami. Amo solo te, mi ripeteva. Poi un bel giorno, la Spagna si innamora di alcuni idioti con le maschere di Dalì e la tuta rossa, si scopre di una certa Agata Jimenez e lui impazzisce”

Sierra parla del defunto marito con disprezzo e con il cuore pesante, di chi ha patito per colpa di un sentimento evidentemente non ricambiato a pieno.

“Mi riempì la testa di questa donna. Io mi incazzai, minacciai di volere il divorzio. Lui mi disse che tra loro era solo sesso, evitò di parlare del bambino”

“Hai mai pensato che magari Nairobi lo amasse davvero e si fidava di lui?” – Sergio pensa di intervenire ma peggiora lo stato di Alicia, già furiosa al solo ricordo del consorte.

Lo fulmina con lo sguardo costringendolo a zittirsi – “Io lo amavo. Il cancro me l’ha portato via ma forse era già voglioso di uscire dalla mia vita da tempo” – a quel punto il professore legge chiaramente delle lacrime sulle sue gote.

Quella leonessa, feroce e animata dalla fame di vendetta, diventa mansueta come per incanto.

“Prima di morire mi disse, “Ho un figlio, vorrei conoscesse suo fratello un giorno”!” – dice lei, imitando la voce maschile, trattenendo il più possibile il dolore e i singhiozzi.

“Buffo, no? Scoprire dal proprio marito, in punto di morte, che non solo pensava spesso alla sua ex, ma che ha anche avuto un figlio da lei… come ci si può sentire? La vita che ti prende in giro per la seconda volta…” – la fragilità di una donna instabile è percepibile e colpisce nel profondo anche Sergio Marquilla.

“Alicia, mi dispiace per German, per la storia con Nairobi, per tua sorella…”

“Non devi nominarla! Lei non c’è più e se tu non avessi ricevuto il trapianto di midollo prima di lei, a quest’ora Anita sarebbe qui e non all’aldilà”

“Midollo?” – ripete Sergio, spiazzato – “Io non ho mai subito questo tipo di intervento!”

 “Tu menti! Tu la conoscevi, eri in quello stesso ospedale.

“Certo, ma non ero io la persona che tu hai creduto responsabile!”

“Invece sì, lei mi raccontò di un ragazzo maledettamente simile a te, con quel tic odioso che hai solo tu…” –

“Io ero lì per un problema alla gamba, non per un trapianto..” – sotto lo sguardo pietrificato di Alicia, l’uomo rivela il motivo di un ricovero che gli costò quasi la perdita dell’arto e successivamente un lungo periodo di riabilitazione.

Sospettosa, Sierra gli solleva il pantalone per accertarsi di possibili cicatrici ed allora lo nota.

“Non mento, Alicia! Non sono io quello che credi” – ribadisce, stavolta mettendo in crisi le certezze di una donna che per tutta la vita ha seguito un piano di vendetta, fatto probabilmente di sole illusioni.

Sergio la guarda con le mani tra i capelli, mentre cerca di controllare il suo respiro che diventa sempre più lento.

“Alicia…”

“Zitto! Non può essere, sei tu. Vuoi solo salvarti la vita” – è frastornata da notizie che mai credeva possibili. Pensa e ripensa che forse quello è uno dei piani malefici del nemico per mandarla in crisi.

“Basta! Non importa, sei tu che devi morire” – decisa ad eliminarlo, afferra un paio di forbici e si avventa, furiosa, sull’uomo.

Potrebbe essere la fine certa del Professore se non fosse che in quel preciso momento, qualcosa cambia.

Qualcosa costringe la donna a tacere. Le gambe le cedono e la costringono ad accasciarsi a terra. Due secondi dopo è priva di conoscenza.

 “Che succede?” – domanda, preoccupato, Sergio, riconoscendo qualcuno con in mano un arma.

“Marsiglia!” – esclama poi, sollevato di vedere l’amico proprio lì – “Cosa le hai fatto?”

“Nulla, l’ho colpita con della sostanza soporifera!” – spiega – “Adesso sbrighiamoci! Dobbiamo andare da Nairobi”

“I dottori la stanno visitando? Come sta?” – chiede il professore in pena per l’amica, mentre Marsiglia lo libera dai lacci alle gambe e alle mani.

“Prof, credo sia grave. Ha perso altro sangue e…” – lo sguardo e il tono di voce del membro dei Dalì è poco rassicurante.
“Cosa?Maledizione”

“Dobbiamo andare”

“Aspetta! Portiamo lei con noi” – dice Sergio, indicando Alicia.

Una volta presa in braccio, Marsiglia si avvia all’uscita.

All’ingresso del nascondiglio, a terra, è svenuto anche Antonanzas, colpito dagli stessi colpi lanciati alla Sierra poco prima.

Mentre Marsiglia adagia l’ispettrice sui sedili posteriori, ben attento a legarle i polsi, Marquilla, ancora nel nascondiglio, rivolge alla Banda parole di conforto – “Abbiamo Alicia con noi, Marsiglia mi ha liberato. Andrà tutto bene, come procede il piano?” – chiede.

Ma nessuno risponde – “Ragazzi, ci siete? Ragazzi, rispondete”

Tutti sono posizionati alla porta della Banca, ascoltano la decisione di Tamayo.

Stanno per firmare l’accordo definitivo.

“Se ci sarà anche un solo piccolo intoppo, se Sierra non verrà catturata, vi avverto che non scamperete più dalla galera. Non avrete più una vita. Vi consiglio di agire come stabilito”
“E voi che ci lascerete andare” – conclude Lisbona.

La stretta di mano tra le due fazioni nemiche segna l’inizio di una collaborazione.

Sarà davvero così?

“Davvero hai accettato di allearti con loro?” – domanda scioccato Angel al colonnello, una volta rientrato nella tenda.

“Ovviamente no! Catturata Sierra, cattureremo anche i rapinatori! Non mi faccio ingannare da loro, di nuovo”

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


Sergio chiama più volte i Dalì all’appello, ignaro di quanto sta accadendo al di fuori della Banca di Spagna.

“Cosa sta succedendo? Maledizione” – il professore è preoccupato di una possibile cattura ad opera della polizia e la mancanza di risposta da parte dei compagni, anche di uno soltanto di loro, fa temere il peggio.

Marsiglia, nel frattempo, attende l’arrivo del suo capo, e si stupisce del suo ritardo.

Controlla lo stato di Alicia, ancora sotto effetto del sonnifero, e verifica anche quello di Antonanzas, catturato in quanto ormai traditore dei Dalì e quindi possibile mina vagante.

Sa bene che è impossibile che i due si risveglino tanto presto, ma da una folle come Sierra ci si può attendere di tutto. Per tale motivo lega entrambi con le medesime corde utilizzate dall’ispettrice per imprigionare il professore.

Chiusa l’automobile con al suo interno i due ostaggi, Marsiglia corre incontro a Sergio.

“Cosa fai? Dobbiamo andare via” – gli dice, appena lo raggiunge. E’ il panico del Boss a spaventarlo come mai prima nella sua vita – “Neanche in guerra ho mai avuto tanta ansia” – commenta, pretendendo poi delle spiegazioni in merito.

“Temo che i nostri amici siano nei guai”

“Guai? Peggio di quelli già affrontati?”

“Esatto e se andiamo via di qui e a loro servisse il mio aiuto, avrei difficoltà ad intervenire”

“Prof, ma Nairobi…”
“Hai ragione, dobbiamo dividerci. Tu va da lei e porta con te Alicia. Lei non è al corrente della fattoria come rifugio, almeno spero. Quindi non saprà neppure dare delle indicazioni sul luogo, semmai dovesse contattare dei soccorsi”

“E dovrei lasciarti solo? Non conviene separarsi più, visto quanto stava per accaderti”

“Lo so, Marsiglia! Però è essenziale per la salvezza di tutti” – gli dà una pacca sulla spalla, mostrandosi visibilmente teso.

“Appena avrai notizie degli altri, avvisa! Io verrò qui a prenderti il prima possibile”

Sergio annuisce e con il magone vede l’amico andare via.

Chissà se ha fatto la cosa migliore a rimanere lì? Non aveva altre scelte…e poi, chi potrebbe mai scoprirlo adesso che Alicia è fuori gioco?

Marsiglia sfreccia veloce verso la destinazione, percorrendo strade poco trafficate, zone di campagna, brecciate o malandate. Il tutto pur di evitare blocchi della polizia. Così raggiunge, con un’ automobile ormai malconcia, la fattoria dei dottori.

I serbi, alleati di Sergio, sono tutti lì, radunati su richiesta dei medici per tutelare l’area da improvvisi arrivi non voluti.

Sono proprio questi uomini ad aiutare Marsiglia a portare gli ostaggi all’interno dell’abitazione.

“Come procede con Nairobi?” – domanda poi ai compagni.

“Quella poverina stava rischiando grosso. Mancava poco e moriva definitivamente” – spiega l’unica donna del gruppo di sicari – “Mi sono occupata personalmente di sistemarla per la visita medica, togliendole gli abiti, ripulendola, e rivestendola subito dopo. Il suo corpo è martoriato”

“Poverina, ha patito troppo” – sostiene, amareggiato, Marsiglia – “Spero che quando tutto sarà finito, avrà il lieto fine che merita”

“A proposito di lieto fine…che si fa con questi due?” – uno dei serbi fissa lo sguardo su Alicia e il poliziotto.

“Questo tipo russa troppo per i miei gusti” – commenta la donna, riferendosi ad Antonanzas, dandogli un colpetto per farlo tacere. Ma invano, anzi il russare di lui sembra aumentare e ciò crea un momento di ilarità che scioglie la tensione e distoglie i pensieri dal panico che tutti i Dalì, inclusi i serbi, stanno vivendo con questa seconda rapina.

“C’è qualcosa che non mi torna, ragazzi” – e così Marsiglia spiega ai presenti quanto accaduto con il professore e ciò che teme sulla possibile cattura dei rapinatori.

“Avrebbero dato la notizia ai notiziari di tutto il mondo se questo fosse accaduto, non pensate?” – ipotizza uno dei serbi.

“Vero” – confermano gli altri tre.

“Non se a loro giova poco mostrare alla nazione la conquista di chi ormai è considerato un eroe”

“Cosa intendi dire?” – domanda la donna a Marsiglia.

“E se attendessero il momento giusto per dare la notizia? Aspettano di catturare la mente di tutto ciò….il professore! Semmai dovessero arrivare a lui, sarebbe la fine”

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I Dalì hanno comunicato alla polizia l’esatta posizione di Alicia Sierra, presentandosi tutti all’ingresso della Banca. Nessuno di loro era presente e aveva con se il walkie talkie per comunicare con Sergio al momento in cui lui lì chiamò.

Il professore non demorde e insiste per svariati minuti, nel mentre cerca di elaborare un possibile piano di salvataggio.

Intanto i rapinatori hanno stabilito il definiivo accordo con Tamayo e il colonnello è stato chiaro: si prevede che tutti i Dalì rimangano fuori dalla Banca di Spagna fino a quando le volanti della polizia non comunicheranno al colonnello la cattura dell’ispettrice.

“C’era da aspettarselo” – sussurra Tokyo a Lisbona . “Ci costringono qui fuori per poterci sbattere in galera appena ne hanno modo”

“Non si fidano, però quando Alicia giungerà qui chiuderemo noi la faccenda, a nostro vantaggio” – sostiene la Murillo.

Se c’è una carta in più che lo Stato ignora è la collaborazione di Manila, così come quella dei saldatori, nella rapina. E sono proprio loro, rientrati su volere della Banda assieme agli ostaggi, a eseguire gli ordini dei Dalì.

Matias contatta il professore, consapevole che a rispondergli sarà nuovamente Sierra.

Sa bene di dover intrattenere l’ispettrice per verificare la sua presenza nel nascondiglio e  soprattutto per trattenerla il tempo necessario alla polizia per sopraggiungere sul posto.

Ma qualcosa va storto…si pietrifica quando la voce che risponde alla sua chiamata non è quella attesa.

“Professore, sei…sei tu?” – esclama, guardando i complici che impallidiscono.

È Manila a prendere il comando,strappando il walkie talkie dalle mani del ragazzino – “Alicia è ancora lì? Prof devi andartene quanto prima. Sta arrivando la polizia”

“Che cosa? Mi spiegate che succede? Ho temuto vi avessero catturati tutti”

“Temo che ciò accadrà a breve se in quel nascondiglio non verrà trovata l’ispettrice Sierra” – risponde la ragazza, cercando di mantenere la calma.

“Come? Ovviamente non c’è, ho detto a Marsiglia di portala alla fattoria e…”
“Cazzo, prof! Ora sì che avranno quanto desideravano…se non vai via da lì sarai tu ad essere catturato…e subito dopo tutti noi” – e con parole brevi e concise spiega al Boss tutte le decisioni operate dal gruppo in quelle ore di assenza del loro leader.

Incredulo per le scelte prese dai suoi amici, il Professore sa di essere di fronte ad un bivio: se non fuggirà verrà catturato, se invece lo farà, la polizia sbatterà in galera i suoi compagni. Il piano Dalì risulta un totale fallimento: Lisbona e company hanno appena reso possibile la cattura non solo di colui che muove i fili della loro rapina, ma dell’unica persona che potrebbe tirarli fuori dai guai.

“Dovete mettere al corrente il resto del gruppo di Alicia…”  - si raccomanda Marquilla.

“Noi tenteremo, tu non esitare e scappa!”
Chiusa la conversazione, Sergio comincia a sentire ogni sua certezza disintegrarsi.

Un piano, quello di Berlino, finito nel peggiore dei modi. E lui sin dall’inizio di quella rapina, sentiva nel profondo che le cose sarebbero andate storte.. e così è stato!

“Se è Alicia che vogliono, l’avranno” – dice l’uomo parlando da solo con una tana vuota e buia. Servendosi dell’ennesimo canale di contatto con l’esterno, avverte Marsiglia e i collaboratori stranieri, del pericolo.

“Cazzo, lo sapevo!! Siamo nei casini! Andiamo a salvarlo” – uno dei serbi si fa subito avanti, senza esitare.

“Sergio è stato chiaro! Bisogna portare con noi Sierra” – aggiunge Marsiglia, indicando la donna che proprio in quel momento sembra riprendere coscienza.

“Maledetti bastardi, dove mi avete portata?” - si lamenta, si dimena cercando di liberarsi, grida loro parole irripetibili, fino a quando, una volta caricata in auto, diretti al nascondiglio di Sergio, Alicia grida per un dolore fisico inatteso.

“Zitta o ti tappo quella boccaccia” – la minaccia la donna serba, seduta accanto a lei, con una pistola puntatale contro.

“Sto per partorire, vi prego…aiutatemi” – questo sì che è l’ostacolo peggiore che potevano trovarsi di fronte.

Così mentre Manila, riesce ad uscire dalla Banca e ad avvicinarsi a Lisbona per spiegarle quanto appena accaduto con il Prof, con stupore e disperazione di tutti i membri presenti, Sergio attende inerme la fine di quella storia.

È al di fuori della sua tana, nascosto da un cappello e un cappotto ingombrante, quello che indossava Alicia.

Poi i fari di un’automobile e il rumore della stessa che sfreccia ad una velocità oltre i limiti consentiti, attirano la sua attenzione…. ora tutto attorno a se ruota vertiginosamente, le mani gli tremano, la salivazione scarseggia, il cuore accelera il suo battito.

Qualcuno scende dal veicolo e corre nella sua direzione.

Sergio non ha dubbi…

Cos’altro sta per succedere?

 

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Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


…Tanti anni prima…

 

“Il paziente necessita di un trapianto e questo richiederà tempo!” – dice un uomo sulla cinquantina, con il camice bianco, ad una coppia benestante, seduta alla sua scrivania, in attesa di notizie importanti.

“Abbiamo denaro in abbondanza per permetterle di scavalcare gli altri in lista” – precisa il marito.

“Non è nostra abitudine cedere a tali richieste, siamo un ospedale serio”

“A noi importa solo di salvargli la vita!” – la voce tremante della donna, furiosa di fronte ad una realtà che non le piace – “Ci siamo rivolti a quest’ospedale appositamente per la fama che vi precede”

“E allora dovreste sapere che non ci facciamo corrompere” – ribadisce il medico.

“Ma in questo modo nostro figlio morirà!” – tuona il signore alzandosi dalla sedia, battendo con forza il pugno sul tavolo.

La disperazione è leggibile sui volti dei coniugi, così come è percepibile la loro rabbia.

“Faremo il possibile” – si limita a dire l’esperto, invitando i due ad uscire dal suo studio.

“Vi rovineremo la reputazione se non farete quello che vi abbiamo richiesto” – li minaccia l’uomo, prima di afferrare il braccio della moglie e dirigersi verso la porta.

Una giovanissima Alicia Sierra è seduta in sala d’attesa, dopo il ricovero della sorella più piccola.

E’ persa nei suoi pensieri e nelle sue paure quando le passano davanti agli occhi i due consorti, intenti a polemizzare su quanto accaduto.

“Io li distruggo”

“Calmati, Samuel”

“Non mi calmo, Teresa! Uccideranno nostro figlio così”

Le loro voci distraggono Alicia dalla sua ansia, e l’adolescente, volendo o non, si ritrova ad ascoltare la discussione.

In quel frangente, la futura ispettrice di polizia posa gli occhi su un ragazzino che percorre, zoppicando, il corridoio,  diretto probabilmente alla sua stanza.

La scena che Sierra osserva ha del paradossale: trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato, viene fisicamente spinto a terra dalla furia incontenibile di un capofamiglia che ha appena saputo che suo figlio non sarà salvato.

“Togliti di mezzo” – s’infuria l’uomo, vedendo il giovane sulla sua strada.

Seguito dalla moglie, raggiunge l’uscita dall’ospedale. Nessuno dei due si scusa per l’irruenza, piuttosto lo guardano con disprezzo.

Nel frattempo il povero paziente della clinica tenta di rialzarsi.

Alicia gli corre incontro e gli porge una mano per aiutarlo a sollevarsi dal pavimento.

Trovandosi faccia a faccia, i due si sorridono senza aggiungere parole.

“Certa gente non sa cos è il rispetto!” – commenta poi la ragazzina.

Il giovane sconosciuto non risponde, si limita ad annuire.

“Signorino Marquina, cosa ci fa qui in piedi?” – una voce alle spalle dei due, irrompe all’improvviso. È un’infermiera che, trovando il paziente fuori dalla stanza, lo rimprovera,.

portandolo via con poca delicatezza.

Sierra, esterrefatta, guarda la scena promettendosi un giorno di difendere gli altri da persone di quel basso livello. Non avrebbe mai immaginato che la persona appena incontrata e verso la quale ha nutrito compassione e dispiacere, diventerà il suo nemico numero uno: il Professore.

In quei minuti, l’adolescente torna ai suoi pensieri, focalizzando l’attenzione sulla porta di una camera.

“Sorellina, ti ho portato il tuo caffè macchiato” – compare alle sue spalle una fanciulla molto somigliante ad Alicia, con i capelli rossi, e i lineamenti dolci.

“Grazie, Tati!” – la ringrazia l’altra.

“Che si sa? Ancora nulla?”

“Niente, sono chiusi in quella stanza con il dottore. Speriamo ci diano notizie positive…”
Il tempo scorre rapido, e il silenzio fa da sottofondo ad un dolore che le due sorelle Sierra condividono, mano nella mano.

“Eccoli” – sobbalza la maggiore, alzandosi in piedi, riconoscendo i genitori assieme al medico.

“Raccontateci tutto” – domanda ansiosa Tatiana.

Il capofamiglia, da sempre risoluto e freddo, si lascia andare ad un improvviso pianto.

Stringe a se le sue figlie più grandi, per poi comunicare loro – “Salveremo la piccola Anita!”

Gli specialisti sono stati chiari. Per la situazione della giovanissima paziente, affetta da leucemia, è necessario ed urgente un trapianto di midollo. Ed ora hanno un donatore.

Nessuno immagina cosa accadrà da lì a poche ore.

Quella stessa notte, i Sierra vengono chiamati d’urgenza in ospedale.

Sergio è nel suo letto, intento a leggere un libro, prestatogli dal compagno di camera. Ha appena notato che un bambino è stato condotto in sala operatoria e giurerebbe di aver riconosciuto due persone che erano assieme a lui e gli tenevano la mano.

“E’ il tipo che mi ha spintonato” – riflette ad alta voce, alzandosi e zoppicando fino alla porta, appoggiandosi ad essa come supporto.

Ed è in quel momento che la situazione precipita. Rumori e spostamenti sospetti di medici ed infermieri provenienti da una camera in particolare, poco distante dalla sua, lo preoccupano.

Sarà quello il momento in cui tutto nella vita di Alicia e dei suoi parenti cambierà radicalmente.

“Cosa sta succedendo?” – chiede, in pena, all’infermiera di turno.

“Torna a dormire” – gli tuona contro la donna, costringendolo ad indietreggiare verso il letto. Poi gli chiude bruscamente la porta in faccia non permettendogli di guardare quello che sarebbe diventato il segreto più oscuro della Clinica.

La notizia della morte improvvisa di Anita Sierra scuote tutti, Sergio incluso.

Lui conosceva quella bambina con cui più volte chiacchierò.

Contrariamente a quanto ci si aspettava, ovvero la sua salvezza, la piccola perse la vita…a detta dei dottori “per una leucemia fulminante che impedì loro di agire tempestivamente”
Tutto cambiò dopo quella dannata notte: Alicia non fu più la stessa. La sua mente cadde vittima di un dolore dal quale non si guarisce mai. E ciò che accadrà da lì in poi è storia…

Se Tatiana diventerà una ladra, la sorella maggiore entra nella Polizia. Nella mente di quest’ultima, la follia e la sofferenza  trasformarono la visione dei fatti. La sua pazzia la portò a distorcere la realtà. Fu questo il motivo per il quale ad oggi, l’ispettrice  è certa al cento per cento che il “colpevole” è Sergio Marquina.

Lei immaginò cose mai accadute, comprese le parole di Anita riguardanti questo amico con un tic particolare, quello degli occhiali. Così, una volta vedendolo al matrimonio di Tatiana, la sua follia si tramutò in rabbia ceca, in vendetta…e ha modificato i ricordi.

Il giorno seguente, i Sierra vennero a conoscenza della salvezza di un certo Arturo, figlio di una famiglia che possedeva tanti diamanti. Ai parenti della giovane vittima bastò poco per intuire che forse quei ricconi sborsarono denaro per la vita del loro ragazzo, causando però la scomparsa prematura della loro bambina, non operata tempestivamente.

E basandosi su quell’idea, denunciarono l’ospedale, ma non vennero mai creduti. Tatiana, in nome di sua sorella, orchestrò proprio contro di loro la sua prima rapina, volendoli privare delle loro ricchezze.

Alicia, invece, preda della disperazione e di una depressione mai superata, non immagina assolutamente che ha addossato la colpa del suo dolore ad un uomo estraneo alla vicenda, colpevole di trovarsi nello stesso ospedale e di averla conosciuta casualmente. .

 

**************************************************

OGGI….

 

Sergio teme di essere stato scoperto. La Polizia è giunta fin lì ed è prossima a catturarlo, ne convinto!

In quel frangente, sentendosi in pericolo, prova a correre quanto più veloce possibile, però è un'altra automobile ad  irrompere in quella direzione e a tagliargli la strada.

“Ehi, fermati” – gli ordina la voce alle sue spalle.

Istintivamente, Marquina alza le mani in segno di resa.

Buffo, pensa il Prof, quella voce sembra fin troppo familiare.

Due uomini, nel frattempo, scesi dal veicolo, lo circondano.

Così il Professore si volta lentamente verso la persona alle sue spalle, trovandosi di fronte una donna incappucciata.

“Dove è mia sorella?” – gli domanda lei.

“Chi?” – esclama, spiazzato, l’uomo, tentando di capire chi potesse essere la tipa.

In tale istante, la sconosciuta si libera del cappuccio e degli occhiali da sole che le coprivano parte del volto.

“Non ci credo! Sei davvero tu?” – esclama il fratello di Berlino, scioccato.

“Finalmente ci si rivede…. Cognatino!”  

 

 

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Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


Le vite dei Dalì al completo, inclusa quella di Alicia Sierra, s’incasinano più del previsto.

Sergio sapeva dal principio che questo piano era un suicidio, eppure mai avrebbe immaginato che tutto potesse vacillare mettendo in pericolo ognuno di loro.

E così, colto alla sprovvista da un arrivo inaspettato, resta pietrificato di fronte ad una donna dai capelli rossi che conosce bene.

“Tatiana…tu…?!”

La ex moglie di Berlino accenna un sorriso compiaciuto, felice di aver sorpreso e aver fatto tremare per qualche secondo il noto ed intelligentissimo Professore.

“Felice di rivederti!”

Marquina si guarda attorno, costatando che la ladra ha con sé degli uomini.

“Cosa vuoi? Sbaglio o hai chiuso con ciò che riguarda mio fratello!”

La rossa sospira, quasi infastidiata dal ricordo dell’ex marito. Poi precisa – “Se avessi definitivamente chiuso con Andrés, non sarei venuta a cercarti”

“Che intenzioni hai Tatiana?”

“Innanzitutto, non mi sembra piacevole il tono che usi nei miei riguardi. Eravamo cognati una volta!” – puntualizza, facendo poi cenno ai tipi alle spalle del Professore di avvicinarsi e caricarlo in auto.

“Ehi, cosa volete? Lasciatemi stare” – Sergio cerca di svincolarsi, ma la prestanza fisica dei complici della donna rende impossibile qualsiasi mossa.

Una volta controllato che attorno a sé non ci fossero intralci, la quinta moglie di Berlino sale sullo stesso veicolo dove viene caricato Marquina.

“Andiamo via di qua, subito!” – ordina all’autista, e in un battibaleno il mezzo sfreccia lontano.

***********

Anche Marsiglia, alla guida dell’automobile, non se la passa benissimo.

Alicia, in pieno travaglio, grida di dolore, generando il panico totale tra i serbi.

“Sergio ha detto che la Banda è nei casini! E Sierra può essere una salvezza, quindi non perdiamo la lucidità!”- ripete il Dalì presente per tranquillizzare i colleghi.

Invece la donna serba, seduta di fianco all’ispettrice, è nervosa perché nella sua morale non rientra di certo causare problemi ad un bebè in arrivo.

“Non voglio neonati sulla coscienza” – sussurra, irritata, avvicinandosi all’orecchio dell’autista.

E Marsiglia, dello stesso parere di lei, opta per la soluzione più rapida.

“Al diavolo!” – esclama, invertendo il tragitto.

“Dove cazzo andiamo ora?” – il tipo seduto alla postazione passeggero sobbalza per via della manovra improvvisa.

“Prendiamo una scorciatoia!”- spiega l’ex sicario. Percorrere alcuni chilometri in una via poco trafficata, a tratti brecciata, con dossi e buche, non aiuta di certo la donna dolorante a rilassarsi come dovrebbe durante un parto.

“Aiutatemi vi prego” – esausta per le contrazioni sempre più ravvicinate, Alicia supplica e fa appello alla solidarietà femminile, rivolgendosi proprio alla serba - “Non uccidete mio figlio”

“Noi non siamo assassini!” – ribadisce Marsiglia udendola pronunciare accuse assurde  – “Sei tu che ci hai sempre disegnati così!”

Ennesima contrazione ed ennesimo grido che distolgono la futura mamma dall’ascolto delle parole del Dalì.

Ma ecco che finalmente tutto sembra giungere al termine.

“Siamo arrivati” – esclama l’ex sicario, parcheggiandosi il più vicino possibile al nascondiglio di Sergio.

Marquina non risponde più, è diventato irrintracciabile e questo preoccupa più del dovuto i suoi complici.

“Fate piano, idioti! Fa un male che voi non potrete mai capire!” – urla Sierra, mentre gli uomini del Professore le danno una mano a scendere dall’automobile.

Inutile appurare la presenza del Boss della Banda perché di lui nessuna traccia.

“Allora? L’hai trovato?” – domanda Marsiglia al serbo più giovane che scuote il capo, confermando la totale scomparsa della sola persona che può salvare il piano, per l’ennesima volta.

“Perché ha voluto che venissimo fin qui se poi lui non c’è?”- si domanda, sospettoso, Marsiglia.

In quel momento un ricordo del passato, dei mesi durante l’addestramento, si fa strada nella sua mente portandolo a prendere il comando.

“Se dovesse succedere qualcosa, se io non dessi più segnali, se il nascondiglio rimanesse incustodito, spetta a te prenderne controllo! Mi raccomando, ricorda sempre… i Dalì vengono prima di tutto!”

Furono queste le parole che il professore rivolse all’ex sicario, sapendolo come unico membro della Banda posto all’esterno della Banca di Spagna e di conseguenza l’unica ancora di salvezza di cui disporre all’evenienza.

E così, deciso a rispettare i patti, comunica ai serbi – “Badate ad Alicia, io mi allontano un attimo. Devo mettermi in contatto con i miei compagni!”

Entra nel nascondiglio in un battibaleno, indossando senza esitazione le cuffie del Professore e adoperando ogni strumento di comunicazione per entrare in contatto con i compagni di squadra.

“Sono Marsiglia, ci siete?”

Dopo vari minuti di silenzio, a prendere parola è una voce femminile.

“Sono Manila!”

“Bene, allora? Cosa succede? Come procede la fusione dell’oro?”

“Abbiamo cambiato i piani. Matias e i saldatori stanno raccogliendo parte di quelle pepite e le utilizzeremo come merce di scambio!”
“Che cosa?” – esclama sconvolto l’uomo – “Ma il Professore aveva stabilito che…”

“La situazione è precipitata e abbiamo dovuto salvarci il culo!” – precisa la donna.

“Cosa si fa con Alicia, invece?”

“Mi raccomando, tienila lì. Sta arrivando la polizia! E’ bene che la prendano o per noi sarà la fine” – così dicendo Manila chiude la conversazione, lasciando Marsiglia nel panico più totale.

Pensieroso e nervoso, torna all’ingresso laddove i serbi sono alle prese con la partoriente.

Sierra è a terra, con il viso sudato e stravolto dal dolore fisico.

“Notizie?” – domanda uno dei tre tipi al Dalì.

“Dobbiamo andarcene quanto prima! La polizia sta venendo qui”

“Cazzo” – esclama uno degli uomini stranieri, dirigendosi diretto al veicolo.

“Aspettate, che facciamo con lei? Sta per nascere il bambino”  - solo la serba sembra mostrare un minimo di compassione per la creatura che a breve verrà alla luce.

“Il punto è questo: o lei, o la nostra Banda!” – precisa Marsiglia, a malincuore.

Il momento che segue è cruciale. Ne va della vita di un neonato, ma anche della sicurezza e della libertà dei Dalì.

Le parole del Professore sulla priorità della sua squadra riecheggiano nelle orecchie di Marsiglia, senza dargli pace.

“Abbiamo rischiato di perdere Nairobi per colpa di questa donna, e della polizia…adesso è bene che ad occuparsi di lei sia chi di dovere” – la decisione viene presa, seppure con fatica.

“Maledetti, mi lasciate qui? bastardi! Siete come immaginavo, criminali assassini! La pagherete, sappiatelo” – Sierra tuona contro il gruppetto prossimo alla fuga, e per la prima volta nella sua vita teme per l’incolumità di un essere innocente, ingiustamente messo alla gogna.

Con il cuore a pezzi, Marsiglia accende l’auto e sfreccia via, certo di aver compromesso per sempre la vita di un bambino e di aver alimentato la voglia di vendetta di Alicia Sierra.

Nel profondo sa che gli uomini di Tamayo stanno per giungere sul posto e l’avrebbero soccorsa salvando sia lei che il bambino.  È questa la sola consolazione che l’ha spinto ad agire per tutelare gli amici.

La partoriente, ormai prossima alla spinta finale, versa lacrime amare. Si sente sconfitta da una vita beffarda, crudele, che ha saputo solo regalarle dolore.

Poi lo sfrecciare di un mezzo la fa sobbalzare. Non ha via di scampo purtroppo!

Dei passi rapidi avanzano nella sua direzione, eppure gli occhi della donna si chiudono, è troppo tardi per agire…l’ispettrice perde i sensi…l’eccessivo sforzo fisico l’ha messa k.o.

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“Ci siamo con l’oro” – comunica Bogotá ai Dalì, dopo aver consultato Matías dalla fonderia.

“Bene, amici miei, a breve avremo la nostra libertà!” – esclama felice Helsinki, non vedendo l’ora di riabbracciare la amata amica Nairobi.

Ma Lisbona conosce Tamayo e teme che sia troppo facile quella situazione.

“Non cantiamo vittoria troppo presto. Sbatterci tutti dietro le sbarre è ciò a cui mirano. Non penso che permetteranno la nostra fuga…di nuovo” – spiega.

Intanto, nella tenda il colonnello si consulta con Sanchez.

“Se trovassimo davvero Alicia lì, come faremo? Dovremo liberare questi figli di puttana?”

“Voglio la testa del Professore! E conosco un modo per farlo crollare. Proporrò io lo scambio!” – sogghigna il capo. In quel preciso istante, riceve la telefonata dei suoi uomini, giunti nel posto indicato dalla Murillo ore prima.

“Allora? Avete trovato Sierra?”

La risposta non è quella attesa.

“No, signore! Solo un biglietto con su scritto “Liberate i rapinatori e l’ispettrice sarà vostra”” – legge il poliziotto in contatto con Tamayo.

Furioso come poche volte nella vita, il colonnello si sfoga architettando la mossa finale.

“Ci hanno preso per il culo! Adesso sì che vivranno le loro luride vite dietro le sbarre!” – così dicendo, prende un megafono e si dirige verso l’ingresso della Banca, laddove è radunata la Banda dei Dalì con alcuni ostaggi.

“Cosa succede? Perché sta venendo qui?” – chiede Tokyo a Raquel.

La Murillo è la prima ad alzarsi in piedi e trovarsi faccia a faccia con l’avversario.

“Avete ottenuto quello che volevate?” – chiede la donna.

L’uomo ride, scuotendo il capo – “Pensavi davvero che mi sarei fidato di voi?” – finge.

Lisbona lo osserva per capire se bleffa o meno. Da ex ispettrice sa come funzionano le cose.

“Ho il tuo professore! Perciò a te la scelta…o ti costituisci o non lo vedrai mai più!” – le parole taglienti del colonnello, che gioca sporco per l’ennesima volta, colgono impreparata Raquel.

Adesso sì che sono davvero nei casini!

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Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


Tatiana Sierra è una donna di notevole fascino e arguzia e Berlino lo sapeva bene dal principio, da quando iniziò la loro storia d’amore. Fu solo in seguito al divorzio, che il maggiore confessò al Professore, con aria quasi pentita – “Non ho mai conosciuto una persona tanto furba. Ed è la sua scaltrezza a preoccuparmi. Potrebbe sì garantirci la vittoria, ma, in caso contrario, decretare la nostra fine!”

Sono proprio quelle parole a rimbombare nella mente di Sergio, mentre è in un’auto, diretto verso chissà dove, controllato a vista da un uomo di grandi dimensioni, probabilmente più grosso di Helsinki, e da Tatiana, sedutagli accanto, senza pronunciarsi.

E’ il Marquina a rompere il silenzio.

“Mi spieghi il motivo di tutto ciò? Vuoi portarmi alla polizia, vero? È un modo per vendicarti di mio fratello?”

La rossa sospira, di nuovo, al ricordo di Berlino e di un divorzio di cui non ha alcuna intenzione di parlare.

“Credi che la mia vita giri attorno al mio ex?” – finalmente apre bocca, esponendosi. Tira fuori dalla borsetta un Iphone e mostra a Sergio la fotografia di sfondo del cellulare.

“E’ mio marito. L’uomo della mia vita, perciò direi che ho dimenticato Andrés da molto tempo ormai” – precisa, piuttosto fiera del nuovo compagno.

Il che spiazza il Professore, il quale non trova di conseguenza una ragione all’intromissione della donna e a quello che sembra essere un sequestro della sua persona.

“E allora cosa vuoi da me? Perché mi hai rapito?”

Quella domanda, posta con estrema serietà, fa ridere di gusto Tatiana, che si burla di accuse assurde mosse contro di lei dall’ex cognato..

“Credi davvero che io possa prendere come ostaggio te, sapendo che la tua fama sulle rapine ti precede?”

Lo sguardo della sorella minore di Alicia sembra molto rilassato, come se ciò che ha intenzione di fare fosse banale e di poco conto. Eppure Sergio stesso teme il contrario e ha paura per la sua stessa vita. L’ingenua e perfetta donna che conobbe anni addietro prima delle nozze di Berlino, sembra rivelarsi tutt’altro.

Ma è proprio lì che il Professore si sbaglia!

“Tu conoscevi i dettagli del piano. È per questo che sei qui, vero?” – insiste Marquina, cercando di intuire le mosse della rossa.

La caparbietà dell’uomo, però, stanca Tatiana, che, finalmente, si pronuncia e mostra le sue intenzioni.

“Hai un’idea errata di me. Pensi che io sia ladra in tutto e per tutto. Certo, lo sono…ho rubato, tanto! Perfino il piano di Andrés, o Berlino come si è fatto chiamare durante la rapina alla Zecca di Stato, lo avrei “rubato” volentieri. Poi, però, ho capito che l’unico modo per ottenere vantaggi dalla conoscenza di quel piano era collaborare e rendermi utile per guadagnare quanto più oro possibile”

La sua confessione pietrifica Sergio che a quel punto non capisce più cosa sta accadendo.

“Allora il tuo non è un rapimento?”

Altra domanda, altra risata da parte di lei.

“Certo che no! Ti ho salvato, caro il mio cognatino! Sapevo che la Polizia era prossima ad arrivare al nascondiglio, così come so che mia sorella ti aveva rapito. Ho i miei giri, cosa credi? Non a caso ho sposato tuo fratello. Eravamo due menti geniali…sono intervenuta appena possibile”
“Quindi ora dove mi stai portando?”

“Al sicuro! Dobbiamo trovare l’escamotage perfetto per salvare i Dalì da quella fogna di gente che rappresenta la polizia spagnola”

Nel pronunciare quelle parole, Tatiana mostra tutto il suo disprezzo per le autorità che vuole evidentemente annientare.

“Come mai quest’astio verso di loro?”

La Sierra lo guarda, senza rispondergli, e cambia argomento.

“Bisogna impedire che Tamayo e Prieto catturino anche solo uno dei rapinatori…o sarà dura intervenire”

“Non accadrà”

“Come puoi esserne certo? Loro adesso sono da soli, senza una mente che muova i fili dall’esterno”

“Hanno cambiato il piano originale! Hanno proposto uno scambio!”” – confessa Sergio.

“Cosa?” – esclama lei, esterrefatta – “Che tipo di scambio?”

A quel punto, amareggiato, Marquina confessa – “Alicia, è lei che la polizia vuole… o meglio, è lei che vuole oltre noi Dalì”

Di fronte a tale confessione, la rossa reagisce istintivamente - “Mia sorella va salvata, subito. Dove si trova adesso? Dimmelo!”

“Credo sia troppo tardi. Quando tu mi hai portato via dal nascondiglio, Marsiglia stava conducendo Alicia proprio lì…a quest’ora la polizia l’avrà già catturata”

Sentendo tali parole, la ladra dà ordine all’autista di tornare indietro alla velocità della luce – “Dobbiamo salvarla!”

Preoccupata per lo stato della consanguinea, Tatiana sembra perdere lucidità, come se le importasse poco, a quel punto, delle sorti del piano.

“Mi sembrava ti interessasse più l’oro…” – commenta Sergio.

“Ho già perso una sorella per colpa della polizia. Non permetterò che ciò accada un’altra volta” – così dicendo, la rossa ribadisce al tipo alla guida di accelerare.

Eppure quel particolare “Per colpa della  polizia”, ha colpito Marquina, che ne rimane alquanto perplesso e con un interrogativo che gli balena in mente: che colpa avevano i poliziotti e le autorità  per la morte di Anita?

Giunti sul posto, però, gli ex cognati non trovano nulla…di Alicia nessuna traccia.

“Cazzo!” – esclama la donna, con le mani tra i capelli – “Bisogna recarci lì”

“Lì, dove?” – domanda Sergio, sempre più confuso dalle azioni insensate di una persona che invece fino a qualche minuto prima fu fin troppo scrupolosa e attenta a non sbagliare una mossa.

È l’amore tra sorelle, il desiderio di salvare l’ultimo pezzo di famiglia rimastale, a spingere Tatiana ad agire in quella maniera. E la sua ultima proposta ha dell’assurdo…

“Dobbiamo andare di fronte la Banca! Se è lì che l’hanno portata, potremmo salvarla in qualche modo”

“Cosa?” – esclama, sconvolto, il professore – “Ma non abbiamo un piano per farlo. E’ un suicidio”

“Lo sarà per te, non per me! Io non sono una Dalì” – precisa – “Non avrebbe senso catturare una sconosciuta”

“E’ troppo rischioso agire senza sapere come muoversi!” – continua, imperterrito, l’uomo, provando a farla ragionare – “Elaboriamo una mossa strategica. Agire istintivamente non è sempre la carta vincente!”

“E cosa proponi? Non sei Einstein…” – il tono di voce della Sierra minore è alterato. Del tutto differente da quello abituato a mostrare.

“Sono sicuro che, fin quando è incinta, non le torceranno un capello” – tale affermazione sembra placare la donna. Poi puntualizza - “Abbiamo un piccolo vantaggio che si chiama “Tempo”.

Sotto lo sguardo cupo di quella che ormai è una sua alleata, Sergio premette -  “Nonostante l’ispettrice abbia recato male alla mia Banda, mettendo k.o. una dei miei migliori membri, tu, sua sorella, mi hai soccorso, salvandomi dalle grinfie della polizia. Ti devo un favore… e questo favore è la salvezza della mia acerrima nemica”

Risalgono in auto ed è Marquina, adesso, a dare ordini all’autista.

La meta da raggiungere stavolta è quella dove si nascondono i suoi complici. Precisamente dove Nairobi è stata definitivamente salvata dalle cure dei chirurgi.

“Professore! Temevamo il peggio” – gli corre incontro Marsiglia, non appena lo vede scendere dal mezzo.

A quel punto, l’ex sicario riconosce Tatiana, essendo lui presente alle nozze tra la donna e Berlino.

“Cazzo” – esclama, sbalordito – “Che piacere rivederti” – i due si abbracciano, sotto lo sguardo spiazzato di Sergio.

“Siete rimasti in buoni rapporti voi due?”

“Certo che sì!” – commenta la rossa, seguendo l’amico dentro la casa dove i serbi al completo si sono radunati e dove, in una stanza medica, dorme Agata Jimenez.

“Adesso che siamo di nuovo tutti insieme, va trovata la soluzione per liberare i Dalì e…Alicia Sierra…dalle grinfie di Tamayo e Prieto” – spiega il Boss alla squadra.

“Aspetta… hai detto anche di liberare la Sierra? Ma stai scherzando?” – si pronuncia Marsiglia.

“Sì, lei è mia sorella” – interviene Tatiana.

“Mio Dio!” – commenta la donna serba, non prendendo positivamente quella scoperta.

“Se questa persona stesse fingendo e volesse solo l’oro, salvando il culo all’ispettrice e mettendoci tutti in galera?” – sussurra poi all’orecchio di uno dei suoi connazionali.

E Sergio riesce a sentire le parole della sua complice, così da precisare – “Tatiana è dei nostri, ve lo posso garantire. Nessuno tradirà nessuno. E’ bene allearsi, quanto prima, affinché ognuno possa tornare alla vita di sempre”

Così tutti seduti attorno ad un tavolo, aventi come guida le parole del Professore, si organizzano sul da farsi.

Nessuno di loro immagina che Alicia è prossima al parto ed è stata condotta in ospedale urgentemente.

“Allora dottore? Come sta la paziente?” – chiede un uomo, trepidante nella sala d’attesa, al medico di turno.

“La situazione è sotto controllo. Adesso sta riposando. La bambina è nata sana come un pesce”

“Bene, vorrei però che tenesse questa faccenda segreta”

“Come, prego?”

“Si, nessuno dovrà sapere del parto e della presenza della signora qui. Ne va della sua salvezza”

Mostrando il distintivo al dottore, il poliziotto ottiene il silenzio.

E qualche ora dopo, la Sierra accoglie il suo salvatore nella stanza dove è stata ricoverata.

Antoñanzas, grazie di cuore” – gli dice, mostrandosi per la prima volta dolce e sincera.

Però è noto quanto Alicia sia stratega ed usi le persone a suo vantaggio. Così,infatti, lo prega – “Adesso, c’è un favore grandissimo che devi farmi. Dopo quanto ho patito, voglio vendicarmi…non mi riferisco più soltanto a Sergio Marquina. Ma voglio i Dalì definitivamente k.o.”

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Capitolo 15
*** 15 Capitolo ***


DOVE ERAVAMO RIMASTI?

 

Alicia Sierra, catturata dai serbi e Marsiglia, viene condotta al nascondiglio del Professore, a sua volta portato via da Tatiana. Quando Marsiglia non trova più Sergio nel posto segreto, abbandona l’ispettrice, in travaglio e prossima a dare alla luce il suo bambino, e corre via assieme ai suoi complici. La donna, sempre più rancorosa, medita vendetta ma perde i sensi per il dolore. Nel mentre viene soccorsa e portata via da Antonanzas. Una volta in ospedale, dopo il parto, la Sierra ringrazia il poliziotto, chiedendogli un favore. Nella sua mente, infatti, si fa strada prepotentemente il desiderio di annientare definitivamente tutti i Dalì. Non vuole che a soffrire sia soltanto Sergio, ma adesso la sua idea è vedere morta l’intera Banda.

Invece Tamayo bleffa con Raquel dicendole di aver catturato il Prof, proponendole di costituirsi per salvare la vita del compagno.

Tatiana si è schierata con i Dalì, decidendo insieme a Sergio di salvare la vita della sorella e di aiutare i rapinatori a uscire sani e salvi dalla Banca di Spagna.

Riusciranno nell’impresa?

Lisbona cederà mai al ricatto? Crederà mai alle parole del colonnello?

E Alicia? Cosa vuole fare adesso contro la Banda?

 

 

Tamayo gioca la sua carta vincente. In quelle ore, chiuso nella tenda, alle prese con le tattiche dei suoi nemici, opta per la soluzione che è certo lo condurranno alla resa dei due pilastri dei Dalì.

“Catturata una, cattureremo automaticamente anche l’altro!”

“E i restanti? Bisogna arrestarli, non possono passarla franca, capo” – insiste Suarez.

“Di loro possiamo preoccuparci in un secondo momento. Io è la testa del Professore che voglio, e va punita anche la Murillo, la traditrice più grande della storia!”

Tamayo sa benissimo del legame amoroso tra la ex ispettrice Murillo e Sergio, quindi offrire uno scambio, per la salvezza di quest’ultimo, può essere la sola mossa necessaria.

Raquel si trova nel panico totale. Sentire della cattura di Sergio la destabilizza. In cuor suo teme possa essergli accaduto qualcosa di brutto, però la testa continua a dirle “Ricorda come pensa e come agisce il colonnello. Lui bleffa, sa bleffare e anche con te lo sta facendo! Non cedere!”.

La lotta tra mente e cuore si fa dominante e non permette a Lisbona di rispondere prontamente a Tamayo, il quale, forte di essere riuscito nell’impresa di sfiancamento della rivale, continua ad affilare la sua lama conficcandola, con decisione, tra i sentimenti della donna.

“Se ci tieni tanto al tuo caro professorino, dovresti valutare la mia offerta e credo che lo scambio che ti propongo sia più vantaggioso di quanto avresti mai immaginato!”

“Senza prove, non ti crediamo!” – è Tokyo, posta di fianco a Lisbona, ad intervenire, istintivamente, cercando di obiettare il colonnello.

Ma l’uomo la ignora, fissando lo sguardo impassibile di Raquel.

“Non batti ciglio, a quanto pare la mia proposta di salvare la vita di quel ladro cervellotico, non ti sfiora minimamente. Inganni lui come una volta facesti con noi, giusto? Beh, in fondo, cosa potevo aspettarmi da una traditrice come te!”

Ed è allora, e solo allora, quando l’accusa di voltafaccia le viene spiattellata in faccia, come fece anche Suarez più di 24 ore prima, Lisbona controbatte - “Vorresti me e rinunceresti ai Dalì che sono il tuo primo pensiero da ben due anni? No, caro mio, sono stata dall’altra parte, dalla parte della polizia troppo a lungo, per capire che potresti, intelligentemente, raggirarmi. Però, ti concedo il beneficio del dubbio. Perché mi dici che sarebbe vantaggioso? Spiegami in cosa consiste lo scambio?”

“Sai che potrei farvi sbattere tutti in cella con uno schioccare di dita. Eppure siete tutti qui, seduti di fronte alla Banca, assieme a gente innocente che utilizzate come vittime per giocare con la nostra pazienza…invece, sai cosa ti dico? Prendo te e il professore, in primis, e gli altri, senza una guida come quella del Marquina, prima o poi faranno qualche mossa sbagliata e cadranno nelle nostre mani. Adesso solo voi siete oggetto dei miei interessi… entiendes?” – le sussurra all’orecchio, mostrandole un sorrisetto beffardo e tutta la sua malignità.

Soddisfatto di aver insinuato il dubbio in Raquel, adesso in lotta per il bene della Banda, Tamayo chiama a sé l’esercito, convocato ormai da ore e mai messo in opera, chiedendogli di circondare ogni angolo della Banca, così da controllare anche l’andamento dei rapinatori. Nel mentre, Prieto si fa avanti assieme ad agenti di polizia muniti di armi e coperti da capo a piedi.  

“Siete nella merda, Raquel! Te lo ripeto una seconda volta, e sarà l’ultima. Costituisciti e gli altri saranno liberi” – le porge le manette, in attesa che la donna si apprestasse ad indossarle.

Stoccolma e Tokyo, spaventate, si guardano cercando un modo per agire e salvare la situazione.

Alle loro spalle, gli uomini sono visibilmente tesi. Tutto sta precipitando e la sola via d’uscita è ottenere la libertà con il sacrificio di Lisbona.

Per l’ennesima volta, qualcuno deve pagare per salvare il gruppo!

Palermo cerca di confabulare qualcosa con i compagni e il loro chiacchiericcio viene notato da Suarez. Quest’ultimo, con fare aggressivo, si avvicina e punta un fucile contro il primo Dalì a tiro.

“Denver” – esclama, spaventata, Monica, riconoscendo il marito a rischio proiettile.

“Lascialo, siamo in tregua, ricordi? O vuoi che tutta questa gente capisca chi è il vero cattivo in tutta la storia?” – precisa Palermo, che sembra tornare ad indossare le vesti di Leader e protettore della squadra.

E Suarez di fronte a una palese verità, digrigna i denti per poi allontanarsi, tornando a fiancheggiare Tamayo.

Quanto a Lisbona, il piano non prevedeva affatto la sua perdita, soprattutto dopo averla condotta da poche ore all’interno della Banca. Eppure, la donna continua a mantenere il sangue freddo, non abbassandosi ai loschi tranelli del nemico.

“Alicia Sierra era lo scambio previsto dal nostro accordo! Perché non lo state rispettando?” – con coraggio, Bogotà si alza in piedi, fregandosene di avere dei poliziotti che minacciano di fare fuoco.

“Siete voi a non aver rispettato l’accordo, grassone” – replica Prieto, denigrando fisicamente il saldatore – “Non dovevamo fidarci, invece siamo andati nel punto preciso, da voi indicato, ma di lei nessuna traccia!”
“Cosa? Non è possibile” – esclama Palermo, spiazzato, fissando gli amici.

“Silenzio” – grida Tamayo, richiamando all’ordine – “Murillo, attendo una risposta…ti do’ due minuti! Basta esitare”

Fissa l’orologio guardando, entusiasta, le lancette che si muovono rapide…

120 secondi per decidere le sorti delle vite di amici, di persone le cui colpe erano state mettere in atto una rapina e salvare Rio.

“Mi sono trovata per anni al posto sbagliato, e per la prima volta sento di trovarmi tra la gente che più mi rappresenta!”

“I criminali?” – Tamayo si prende beffe della ex collega.

Però è la Murillo a zittirlo – “Tra le persone di cuore!”

I secondi scorrono rapidi, e dopo aver pensato e ripensato, Raquel sceglie la libertà.

Non la sua.

Quella dei suoi fratelli della Banda.

“3.. 2.... “ – conta l’ispettore, mentre l’ex ispettrice non ha più tempo, né altre scelte.

“Hai vinto! Vengo con voi” – così dicendo, attiva l’immediata reazione dei compagni.

“No!”

“Cosa fai, Lisbo”

“Non puoi cedere”

Urlano, cercando di tirarla per un braccio riconducendola tra loro.

Ma la polizia interviene, lanciando fumogeni per poter impedire alla Banda di salvarla.

Fiero, Tamayo, ammanetta Raquel, conducendola nella tenda, lasciandosi alle spalle il caos e la fine di una brutta storia di cui può definirsi vincitore.

I Dalì, sconfitti in tutto e per tutto, tornano nella Banca, cercando di elaborare un piano di salvezza.

“Cazzo! Va liberata Lisbona quanto prima” – Tokyo si muove nervosamente, avanti e indietro,  con le mani nei capelli.

“Abbiamo perduto troppo in questa dannata rapina, adesso basta!” – aggiunge Stoccolma.

“Secondo voi ci daranno davvero la libertà? Io dubito! Questi dell’esercito sono inquietanti, ho idea che verranno per catturarci, non appena avranno modo!” – interviene Rio.

“A questo punto, dubito che Tamayo voglia tutelare l’oro di Spagna se può averci tutti” – sostiene Manila.

Anche tra i Dalì si susseguono pensieri discordanti, preoccupazioni e ipotesi di un imminente The End.

Nel frattempo, seppure conscio di non ricevere risposta, Palermo tenta di contattare la postazione di Sergio. Spera di sentire la sua voce o quella di Marsiglia, e invece è l’ennesimo buco nell’acqua  - “Siamo soli! Nessun aiuto esterno, nessun piano da mettere in atto per fuggire da questo inferno”

“Io opterei per l’uscita con le pepite d’oro” – dice Denver.

“Sì, così ci trivellano di colpi per recuperare la ricchezza della Spagna!” – precisa la moglie.

“E se uscissimo con un ostaggio prezioso?” – ipotizza a quel punto Bogotà.

La sua idea attira l’attenzione di tutti.

“Nella precedente rapina avevate il vostro agnellino. Ma dimenticate che anche qui c’è qualcuno di molto rilevante!”

“Il governatore?”

“Esatto. Lui potrebbe aiutarci ad uscire senza rischiare”

“Tentare non nuoce” – Palermo, per la prima volta, accetta senza dover mettere becco sulle decisioni finali. E ciò colpisce i Dalì e lo stesso saldatore che risponde con un timido sorriso.

“Preparate l’oro, amici miei! Stiamo per uscire” – comunica allora, dando ordine a Matias e company di organizzarsi.

“Denver, Rio, portate qui il Governatore…e Gandia!”

“Gandia?” – ripete, stranito, Rio.

“Quel bastardo pagherà per il male che ha fatto a Nairobi e lo farà diventando la nostra maggiore difesa fisica!”

Il Piano “Salvezza”, ideato su due piedi, per pura necessità, senza una mente geniale al comando, è la sola speranza rimasta ai Dalì.

Hanno chiaro che la libertà è un miraggio, però non si arrendono.

“Che il Piano Milagro prenda il via! Amici miei, se tutto andrà liscio come l’olio, vi prometto che quando avrò una figlia la chiamerà Milagro. Perché uscire sani e salvi in questo modo, è il milagro, il miracolo, che ci regalerà la salvezza!” – commenta Denver, stringendo la mano di sua moglie.

E mentre i Dalì si organizzano, in strada, tra caos e gente in rivolta, giunge Tatiana.

“Cosa sta succedendo qui?” – si chiede, sconvolta, scendendo dall’auto.

Dietro di sé ci sono alcuni scagnozzi, inclusi i serbi del Professore, che le fanno da scorta.

“Uno scenario di guerra, signora!” – commenta, uno dei tirapiedi.

“Cazzo, ma quella non è…?” – esclama, incredulo, un serbo, indicando la tenda della polizia.

Raquel, riconoscibile dalla tuta rossa, è nelle mani di Tamayo.

“La donna del professore” – spiega il tipo a Tatiana.

“Quel figlio di puttana deve aver bleffato, costringendola a costituirsi. La tireremo fuori, però ora pensiamo ad Alicia, e ai Dalì!” – sostiene, certa che la sorella si trovi nelle mani della Polizia.

Invece la Sierra è in ospedale, intenta a idealizzare la maniera per vincere una vera e propria guerra. E mentre la sua testa fabbrica idee folli, senza senso e logica, un’infermiera le presenta la neonata venuta alla luce con un taglio cesareo.

“Il nome della piccola?” – chiede la ragazza appena giunta.

“Anita” – comunica Alicia, poi dà indicazioni chiare e precise ad Antonanzas – “Mia figlia va lasciata a qualcuno che può amarla come merita!”

“Cosa? Ma…vuole abbandonarla?”

La risposta è evidente e leggibile dallo sguardo fulmineo e freddo dell’ex ispettrice.

“Non ho l’istinto materno, e con me soffrirebbe troppo” – risponde, fissando la finestra pur di non guardare la bambina nella culla.

“E poi, adesso, il mio obiettivo nella vita è un altro!”

“La vendetta?” - chiede, esterrefatto, Antonanzas.

“Lo devo ad Anita! E a me stessa”

La televisione è accesa in quel preciso istante e i due si trovano a guardare il notiziario che dà chiaramente la notizia del momento.

La polizia cattura Raquel Murillo, alias Lisbona. Abbiamo intervistato il colonnello Prieto, accusato da colleghi come Alicia Sierra, di orrori contro esseri umani. A suo dire, sono menzogne. Al momento, la polizia si dichiara certa di catturare anche il noto Professore, e con la sua cattura, sostengono, giungeranno alla fine di una guerra che il mondo chiama “della Resistenza!”. Vi aggiorneremo sul caso…” – a parlare è la giornalista che trasmette immagini in diretta, dove il caos in strada è evidente e la Polizia sembra brindare per la vittoria.

“Li hanno risparmiati? Ma sono idioti” – esclama Alicia, riferendosi al fatto che Tamayo abbia dato libertà ai Dalì, catturando solo Raquel.

“Signora, io non credo sia un bene augurare la morte…”

“Invece sì, loro dovranno morire tutti! Voglio che fai quanto ti ho detto poco fa!” – precisa la donna.

“Ma…”
“Niente ma! Devi dire a Prieto e Tamayo che Alicia Sierra si costituirà solo se elimineranno la Banda!”

“E lo farà davvero?” – domanda, sospettoso, il poliziotto.

“Loro devono solo crederlo. Poi, semmai dovesse accadere, potrò brindare, nella mia cella, alla morte più bella della storia”  

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Capitolo 16
*** 16 Capitolo ***


DOPO TANTO, RIECCOMI. SPERO ABBIATE TRASCORSO TUTTI UNA SPLENDIDA ESTATE, PECCATO SIA FINITA TROPPO IN FRETTA.

IO SONO TORNATA CON LA MIA FANFICTION, MENTRE ATTENDO, TREPIDANTE, L’USCITA DELLA QUINTA STAGIONE DE LCDP.

VI AUGURO UNA BUONA LETTURA E…CHE DIRE… SPERO VI PIACCIA! BESITOS

 

Nascosta nella folla di gente che patteggia per i Dalì, Tatiana cerca di farsi spazio per poter appurare la presenza di sua sorella nella tenda della polizia.

I suoi uomini, disposti preventivamente in varie postazioni circostanti la Banca, attendono i suoi ordini o delle richieste d’aiuto.

Difficile muoversi nel caos generatosi in seguito alla cattura di Lisbona, eppure proprio il trambusto diventa l’espediente necessario alla ex moglie di Berlino per raggiungere la postazione dei nemici.

A pochi passi dalla tenda, Tatiana si finge una giornalista a favore della Polizia.

Sa bene chi è il più “debole”, colui che facilmente cadrebbe nella trappola.

Sergio le ha riferito le mosse precedenti e quanto accaduto con il piano Parigi.

“Hanno già ingannato Tamayo, sarà semplice farlo una seconda volta” – pensa, ridacchiando.

E così, sistemandosi i capelli, raccolti in una compostissima coda alta, indossa un paio di occhiali scuri e si appresta a recitare il primo atto della sua commedia.

“Lei chi è? Non può entrare qui! Vada via” – è la voce di Angel a richiamare la donna.

Di certo non è lui la persona che prevedeva di incontrare.

Tenta, così, di operare servendosi dell’ispettore Rubio.

“Sono Lola Fernandez del giornale “La Verdad”, vorrei far emergere la verità sulla vicenda dei Dalì” – sostiene, mostrando ovviamente un bigliettino di presentazione falsissimo.

“Senta, la verità è che abbiamo ottenuto la vittoria. Cosa vuole di più?”

“Ascolti, io posso ripulire l’immagine della Polizia e dei servizi segreti di fronte alla nazione e al mondo intero. Potete contare sulla mia testata giornalistica. Sono dalla vostra parte”

Angel fissa la sconosciuta, in silenzio, alquanto sospettoso. Con lui è difficile giocare la carta della finta sostenitrice dello Stato. E Tatiana lo sa bene, però è pronta a rischiare per avere notizie di sua sorella maggiore.

Nel frattempo, riesce ad ascoltare la voce di Raquel che continua a discutere con Tamayo e Prieto.

“Quella che avete catturato è Lisbona, vero? La compagna del noto Professore?”

“Mi perdoni, non credo sia il caso di rilasciare interviste proprio adesso. Se vuole, ne possiamo riparlare appena tutto sarà finito. Arrivederci” – è con quelle parole che Angel congeda Tatiana, rimasta spiazzata dall’esito negativo del suo operato.

Non le è mai accaduto di perdere, tanto mento in quel modo e in un ridottissimo tempo d’azione.

“Non mi arrendo” – dice ad alta voce, varcando l’uscio della tenda, fregandosene dei poliziotti e di altre figure lì presenti che tentano di scacciarla.

“Le ho detto che non voglio che entri qui dentro! Fuori” – grida l’uomo, esasperato dall’insistenza della giornalista.

Lisbona, distratta dal vociare, con la coda dell’occhio, nota la presenza di una donna piuttosto familiare.

Se non fosse per la magrezza e l’assenza del pancione, la Murillo scommetterebbe su Alicia.

Le insistenze della sedicente cronista attirano l’attenzione di Tamayo, che, seduto di fronte alla sua prigioniera, sbuffa e fa segno ai colleghi di occuparsi della disturbatrice.

È Angel a sussurrargli poi all’orecchio – “Ha detto che potrebbe rilanciare la nostra immagine, il suo è un giornale palesemente schierato a nostro favore. Che si fa?”

Il colonnello si stupisce piacevolmente e invita la straniera ad avanzare.

Le porge una sedia e la invita a sedersi. Con petto gonfio, tronfio di soddisfazione per la evidente vincita sui Dalì, e sempre più convinto ad avere sotto tiro perfino il Professore, il nuovo boss della polizia è pronto a mettere nero su bianco le sue dichiarazioni.

Così, la quinta moglie di Andres De Fonollosa, camuffata alla perfezione in un ruolo che mai nessuno, vista la sua dialettica e le sue doti recitative, avrebbe messo in dubbio, studia le circostanze e l’ambiente nemico.

Raquel le siede davanti, con le manette e gli occhi fissi su Tamayo. La forza è leggibile sul suo volto, lei non demorde, ben certa che il suo grande amore l’avrebbe salvata anche stavolta.

“Cosa mi dice di Alicia Sierra? Sbaglio o è stata catturata anche l’ex ispettrice?” – domanda Tatiana, tirando fuori dalla sua borsetta Louis Vuitton in pelle, penna e taccuino.

“Credevo che il mondo del giornalismo si fosse evoluto; invece, posso constatare che siete rimasti fedeli alla cara vecchia carta!” – sostiene Tamayo, ridacchiando, mostrandosi perfino divertente e gentile con l’intervistatrice.

“Idiota” – pensa tra sé e sé Tatiana, seppure mantenendo un sorriso finto e costruito – “ha ragione, però sono una nostalgica. Non mi abituerò mai alla nuova tecnologia!”

A quel punto, attende la risposta del colonnello circa sua sorella, eppure questa informazione tarda ad arrivare.

A disturbare il momento, è l’entrata in gioco di un poliziotto.

“Antoñanzas, ma che fine avevi fatto?” – lo rimprovera il capo. Congedandosi un secondo dall’intervista, lascia le due donne da sole, mentre è prossimo a udire, tramite il collega, la richiesta di Alicia.

“Ehi, Raquel, abbiamo pochi secondi, ascoltami. Sono Tatiana, mi manda Sergio!”

“Sei la moglie di …?” – domanda, spiazzata, la Murillo.

“Nascondi lo stupore dal tuo viso, o sospetteranno. Stai tranquilla, risolveremo tutto e vi libereremo. I miei uomini sono disposti in punti strategici. Stavolta niente tregue o patti assurdi. Voleremo sopra Madrid e nessuno, neppure Tamayo e Prieto, potranno impedirlo”

“Come si fa con Alicia alle calcagna?”

“Alicia è mia sorella” – confessa Tatiana.

Lo shock sul viso di Lisbona è fin troppo evidente.

“Si, lo so è sconvolgente…però….devo sapere se si trova qui!”

Angel, rimasto nei paraggi, nota immediatamente il chiacchiericcio delle due e il pallore di Raquel.

“Che succede qui?” – chiede, lanciando un’occhiataccia ad entrambe.

Poi, sospettoso, vuole evitare danni, e invita la giornalista ad uscire.

“Ma eravamo alle prese con una dichiarazione del colonnello. Lei non può trattarmi così, come osa!” – si infuria la sedicente cronista.

“Abbiamo molto da fare, avrà la sua intervista. È una promessa. Non adesso però. Arrivederci” – con poco garbo, Rubio spinge fuori dalla tenda la Sierra.

“Maleducato, avrete tutti la giusta punizione” – brontola Tatiana, apprestandosi a riunirsi ai tirapiedi.

Ed è allora che ottiene la verità che cercava.

Appartati a pochi passi dalla postazione della Polizia. Antoñanzas e Tamayo parlano di una questione delicata e Tatiana è ben lieta di origliare.

“Alicia Sierra vorrebbe che noi uccidessimo i Dalì?””
“Si, signore. In cambio, si costituirà”

Quella idea sembra folle perfino ad un allocco come il colonnello, il quale non può non riderne.

“Riferisci a quella maledetta che è meglio per lei non giocare sporco perché potrebbe finire male”

“Quindi farà quanto richiesto? Li eliminerà?” – chiede, preoccupato, il poliziotto.

“A me interessa solo la mente di questa banda di marionette…il professore! Alicia e Sergio Marquina sono le teste che voglio. Tutto il resto verrà da sé! Adesso sono io che esigo da te qualcosa!”

“Mi dica!”

“Dove si trova quella pazza di Sierra?”

“In un ospedale privato, signore. Ha dato alla luce una bambina ed io ho avuto il duro compito di disfarmene in un battibaleno”

Sentire tali parole, pietrificano Tatiana – “Alicia, cosa cazzo hai fatto!?”

Presa dalle mille preoccupazioni, la ex moglie di Berlino si allontana. Compone un numero e contatta il suo alleato.

“Ehi, sono io! Era un bluff. Mia sorella non è con loro. Non l’hanno catturata. Hanno preso Lisbona, però! Mi dispiace…”

“Maledizione! Devo intervenire e salvarla”

“Sergio, ho sentito Tamayo…lui ti vuole arrestare. Se scova il tuo rifugio, poco gli interesserà avere Raquel. Punterà esclusivamente a te!”

“Non mi importa. Devo salvarla. Costi quel che costi”

Senza esitazione alcuna, chiede un passaggio a Marsiglia, ordinandogli che, non appena lui sarà sceso dal mezzo, dovrà scappare più veloce della luce.

“Come posso abbandonarti? Non lo farei mai”

“Devi! Te lo ordino, amico! Pensa soltanto che ciò che fai è per il bene del Piano e della Banda, ok?”

E così, mentre Marquina è prossimo a raggiungere il nemico numero uno, la Polizia, Tatiana han estrapolato notizie sul luogo dove si rifugia sua sorella.

Ed è esattamente lì che si dirige.

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“Siamo pronti ad uscire?” – domanda Tokyo alla Banda.

Bogotà tiene legato con forza Gandia e ne approfitta di tanto in tanto per colpirlo, volendolo “torturare” così come fece lui ore prima con Nairobi.

Il governatore è, invece, fiancheggiato da Denver e Helsinki.

Gli altri ostaggi sono sotto gli occhi vigili dei restanti Dalì.

Decisa a liberarsi, azzardando perfino mosse senza senso, la squadra di rapinatori lascia la Banca, con il cuore a mille e le gambe tremanti.

A passo spedito, con la medesima andatura, tutto il gruppo raggiunge la scalinata esterna.

Questo accade contemporaneamente all’arrivo di qualcun altro.

“Professore, è sicuro di voler rischiare? Abbiamo fatto tanto per evitare la cattura” – Marsiglia tenta ancora di dissuaderlo da un’azione senza logica.

“Amico mio, sei stato fondamentale. Affido a te la salvezza degli altri, mi raccomando”

Con una pacca sulla spalla, Sergio Marquina scende dal mezzo, parcheggiatosi esattamente a pochi passi dalla Banca di Spagna.

“Ehi, guardi lì, capo” – comunica un poliziotto a Tamayo.

“Stanno uscendo tutti” – afferma, notando i Dalì, uno ad uno, raggiungere l’esterno.

L’esercito, la polizia, e gli agenti segreti, disposti ad accerchiare l’edificio, sono in attesa di un ok per sparare ai nemici.

Un ok che non arriva. È Prieto a negare atti violenti e disumani di fronte al mondo intero.

“Abbiamo l’occasione di catturarli tutti quanti” – sostiene poi, conversando con il collega.

“No, lo faremo in un altro momento. A breve avremo nelle nostre mani la gemma più preziosa” – con sorriso malizioso, Tamayo si appresta ad accogliere nella sua tenda il famoso e ingegnoso Professore. Ormai è questione di secondi.

E infatti…

“Eccomi” – ed è proprio la voce di Sergio, a far sobbalzare i presenti – “Sono Sergio Marquina, mi costituisco”

Lisbona, impallidita, trovando il compagno nella tana del lupo, non trattiene le lacrime.

“Cosa stai facendo? Sei impazzito”

“Silenzio” – la zittisce Prieto. Poi, soddisfatto, comunica ai suoi uomini – “Lasciate i Dalì, sono nulla senza il loro Boss. Piuttosto, date loro la notizia… hanno perso! Abbiamo vinto noi, è bene che spariscano definitivamente prima che sia io a cambiare idea e li sbatta tutti quanti in galera”

Ai due colonnelli poco interessa sapere il governatore e Gandia nelle mani dei rapinatori. Hanno il loro tesoro tra le mani e il resto ha valore zero.

E’ Tokyo, furiosa come non mai, dopo aver udito che il suo angelo custode si è costituito per salvare la Banda, a sfidare i nemici.

Non sembra controllarsi, e cerca di avanzare verso coloro che, ormai brindano di felicità, e ignorano le sue mosse ribelli.

Piuttosto alcuni poliziotti, le ridono in faccia.

Sono Rio e Denver a frenarla – “Calmati, lo salveremo. Però non così”

Gli scagnozzi di Tatiana, rimasti fermi nei posti stabiliti, intervengono dato il caos creatosi.

“C’è un camion che vi condurrà alla salvezza! Sbrigatevi, abbiamo poco tempo”

Quanto accade ha dell’incredibile. Il piano originario, andato a puttane da più di 48 ore ormai, vede la squadra sparire nel nulla, trovando la libertà a discapito di quella del loro amato Professore.

Mentre percorrono i chilometri che li separano dal rifugio dei serbi, i Dalì piangono e si disperano per l’accaduto.

“Non doveva finire così, cazzo!” – continua a ripetere Tokyo.

“Abbiamo fuso oro per giorni e giorni. Ne abbiamo portato fuori buona parte, però… il tesoro più grande l’abbiamo perduto in quella dannata tenda” – singhiozza Stoccolma, riferendosi a Sergio.

Quando il furgone ferma la sua corsa, i rapinatori si trovano in una casa di campagna, abbandonata.

“Marsiglia” – urla Bogotà, trovandovi l’amico ad accogliere i colleghi.

“Ho dovuto accompagnare il Prof fino alla sua prigionia. È stata l’azione più difficile che ho commesso negli ultimi anni. Ho praticamente lasciato il mio alleato di fronte al suo patibolo”

“Non abbattiamoci, anzi. Va trovata la soluzione per liberare sia lui che Lisbona” – sostiene, deciso, Palermo.

“Ma come? Noi non siamo Sergio, tantomeno Berlino. Non abbiamo la minima idea di come realizzare un piano perfetto” – si abbatte Rio.

“Con l’aiuto di Tatiana sì” – comunica Marsiglia, ricordando la grande astuzia della donna che vide sposare l’amico Andres.

Entrati nell’abitazione, si dispongono in una stanza grande per decidere il da farsi.

C’è qualcuno, però, che si dirige al primo piano, diretto verso una stanza specifica, avendo come priorità la visione della donna che ama e che vuole disperatamente rivedere.

Con occhi lucidi, e il cuore a mille, Bogotà varca l’uscio e nota finalmente la sua Nairobi, addormentata, in un grande letto matrimoniale, ed è sana e salva.

Nessuna visione più celestiale di quella!

“Amore mio, sono tornato e non ti lascerò mai più” – le sussurra, dandole un candido bacio a stampo, assaporando il profumo di lei e avvinghiando a sé delle emozioni talmente forti che non ha più alcuna intenzione di scacciare.

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** 17 Capitolo ***


Bogotà siede accanto alla Jimenez, ancora addormentata in seguito all’ennesima, e fortunatamente ultima, operazione di salvezza, e ascolta quel respiro, come fosse la sua canzone preferita, mentre il suo cuore batte all’impazzata… quel tipico batticuore di chi scopre l’amore per la prima volta.

Con delicatezza, le accarezza il viso, cibando i suoi occhi della bellezza di una donna dalla tempra invidiabile, il cui corpo porta ferite di una guerra vera e propria, e che, nonostante ciò, è lì, sana e salva.

“Amore mio, mi sei mancata da morire!” – le sussurra all’orecchio, emozionato.

Niente e nessuno potrà più separarlo dalla sua fonte vitale, dalla sua Nairobi.

E così, con lo sguardo fisso sulla falsaria, diventata la Boss non solo dei suoi uomini ma anche del suo cuore, Bogotà adagia il capo sul bordo del letto e si lascia andare ad un pianto liberatorio.

Finalmente può sfogare le ansie, le tensioni varie, e quei mille timori di un non ritorno. Finalmente può far scivolare quante lacrime possibili, perché sa che l’altra metà del suo cuore è al suo fianco… ed è viva!

“Non appena tutta questa storia sarà finita, ti porterò via con me e la prima cosa che farò sarà sposarti. Voglio che tu diventi mia moglie, voglio iniziare una nuova vita, sapendoti ogni mattino nel mio letto, stretta tra le mie braccia. Voglio ridere delle tue battute, voglio vederti ballare come solo tu sai fare, voglio regalarti notti magiche, unirmi a te, prepararti la colazione, magari cantandoti canzoni d’amore...” – Bogotà mostra un lato di sé sconosciuto, che non sapeva di possedere, pronunciando parole pensate e mai dette, estremamente romantiche, di quelle sempre sognate da Nairobi – “… voglio essere il compagno perfetto, l’amico perfetto, l’amante perfetto… ed esaudire ogni tuo desiderio”

Impossibile non resistere di fronte a tanta tenerezza. Così, mentre il saldatore continua a immaginare il futuro con Agata, fissandole la mano martoriata dalle torture di Gandia, è proprio la Jimenez, con un filo di voce, a manifestare la gratitudine per un amore smisurato nei suoi confronti. E nel farlo, abbandona il lato da guerriera, manifestando solo quel desiderio di essere finalmente avvolta da braccia possenti, pronte a difenderla da qualsiasi avversità.

Per anni ha dovuto difendere se stessa dal dolore e dai pericoli… ora basta! È il momento di sentirsi protetta, protetta fino in fondo.

“Come ho potuto non innamorarmi di te, sin da subito”

La sua voce fa sobbalzare Bogotà, accortosi del risveglio della falsaria.

Solleva lo sguardo, spostandolo su quello di Nairobi.

La gitana gli sorride con gli occhi, mentre la sua mano intreccia quella dell’uomo.

“Perché mi sono nascosto dietro l’immagine che si era creata di me, o meglio, che io ho creato di me stesso” – confessa, avvicinandosi sempre di più al viso della Jimenez.

Perso negli occhi di lei, così come nei momenti dentro la banca, quando la curò dopo la prima operazione, le sfiora le labbra, voglioso di assaporarle.

E lei risponde - “Cosa aspetti a baciarmi?” – mordicchiandosi il labbro inferiore.

Bogotà, arrossendo, non esita. Con la delicatezza che lo contraddistingue, adagia la sua bocca sul collo della falsaria, che sente il corpo gemere, e stavolta non per il dolore.

Dal collo, Bogotà sale su accarezzando, con la punta del naso, i lineamenti del viso di Nairobi.

La Jimenez avverte un forte calore dal basso ventre, felice di poter finalmente tornare a vivere di piaceri che per anni non ha vissuto.

Anche il saldatore è visibilmente accaldato, perciò decide di placare i bollenti spiriti prima che questi riuscissero a dominarlo. Teneramente dà un bacio a stampo alla sua donna per poi ritrarsi.

“Tutto qua?” – domanda lei, quasi scontenta del risultato – “Tutti questi preamboli per un rapido bacetto?”

“Ehm, non so se riesco a trattenermi” – si imbarazza l’omone grande e grosso.

Quella risposta fa ridere Agata che, ormai certa di aver trovato l’uomo della sua vita, commenta – “Sei la persona che stavo cercando. Sai rispettarmi e amarmi con premura, ed è ciò che un vero uomo fa per la sua compagna!”

“E tu sei la donna che mi ha fatto conoscere l’amore con la a maiuscola. Io vivevo di relazioni brevi e puramente sessuali. Ho avuto sette figli. Nessuna di quelle sette ragazze, ha saputo rapirmi come mi hai rapito tu”

“E’ il bello di essere rapinatori, tesoro mio!” – ridacchia Nairobi. Lentamente si solleva dal letto e per la prima volta, dopo tanto tempo, di fronte ad una mano pronta a sostenerla, si aggrappa e si fa forza per mettersi in piedi.

Sorretta da Bogotà, con le braccia attorno al collo di lui, gli sorride.

“Mi fa impazzire quando sorridi, sai?” – confessa l’uomo, lasciando da parte ogni forma di imbarazzo.

La Jimenez si accuccia al suo petto, ascoltando il battito di un cuore all’unisono con il suo.

Soli e uniti, sostenuti uno dalla presenza dell’altra, si isolano da ciò che accade nella realtà.

“Appena tutto questo sarà finito…” – dice il saldatore, pronto a riferire i suoi sogni futuri – “… vorrei che tu..”

“Diventassi tua moglie?” – termina lei, spiazzandolo - “Non stupirti, prima credevi che io dormissi. Ero sveglia, avevo solo gli occhi chiusi, amore mio. Ho resistito il più possibile dal non parlarti appena ho riconosciuto la tua voce. Però sentire le tue parole, mi ha talmente emozionata che sono state la medicina e la cura che attendevo con ansia. Quindi, sì…sì e mille volte sì” – allegra e radiosa, nonostante il malessere fisico, Nairobi si apre ad un nuovo brillante inizio.

Bogotà, senza parole, si limita a ricevere la risposta attesa e, crollando per la forte emozione, si inginocchia di fronte alla gitana.

Asciuga le lacrime con il lembo della tuta rossa ed è proprio dal taschino della famosa divisa de “La resistenza”, tira fuori un anello d’oro puro.

Non serve dire nulla. Agata, commossa, indossa il simbolo della loro prossima e definitiva unione.

“E’ bellissimo!” – dice, guardando l’opera d’arte del compagno.

“L’ho realizzato sapendoti fuori dalla Banca, pensandoti ogni minuto, immaginandoti e ricordandoti mentre davi ordini ai saldatori, mentre gli invogliavi a non avere paura, mentre li spronavi con una grinta tale da fare invidia ai maggiori leader mondiali!”

La gitana, lusingata, siede sul ginocchio di Bogotà e si avvinghia al suo collo.

“Non ti sembra di esagerare?”

“Mai!” – risponde, sincero.

“E allora sono io adesso a raccontarti una cosa. Quando ho dormito, dopo la prima operazione, dentro la Banca di Spagna, ho fatto un sogno strano. Indovina chi c’era in quel sogno?”

“Chi?” – chiede, curioso, l’uomo, spostandole un ciuffo di capelli dal viso – “Axel?”

“C’eri tu!” – confessa, sconvolgendo Bogotà.

“Io?” – ripete lui – “Devo essere diventato una presenza insopportabile, se mi hai addirittura sognato durante un incubo!” – banalizza Bogotà, non trovando spiegazione razionale al bizzarro sogno.

“Amore mio, non ho mai detto che si trattava di un incubo. Direi che non lo era affatto”

“Ah no?”

“No, ricordo poco se non il tuo viso. Però è stato solo allora che ho cominciato a vederti diversamente. Mi sono accorta che, subito dopo lo sparo, tu mi sei stato accanto in ogni momento. Ho sentito la tua premura e il tuo affetto Per me quella era la prova del tuo essere diverso da come credevo. Sei un grande uomo, Bogotà!”

“Tu avresti fatto lo stesso, ne ho la certezza assoluta!”

Dopo uno sguardo complice e innamorato, la Jimenez nota un dettaglio e lo fa presente – “Ehi, aspetta…io non so neppure il tuo nome vero. Tu conosci il mio, conosci quello di mio figlio. Ed io ho ascoltato i sette dei tuoi figli sparsi nel mondo. Però di te resta il mistero. Mi piacerebbe conoscere l’identità dell’uomo di cui mi sono innamorata!”

Sentendo quella richiesta, è il saldatore stesso a fare una piccola precisazione – “Ti sei innamorata di Bogotà. Non di un nome di persona”

Una riflessione intelligente che spiazza la gitana.

“Hai ragione, dopotutto lo stesso vale per me. Dimentica Agata Jimenez. Io sono Nairobi e rimarrò per sempre Nairobi”
“La mia Nairobi” – aggiunge il saldatore, avvicinandosi alle sue labbra per la seconda volta.

Stavolta niente dolcezza.

Stavolta, ricaricate le pile, è la falsaria a dominare le circostanze.

Invita il compagno a prendere posto sul letto e, si siede a cavalcioni su di lui.

“Sicura di volerlo fare? Sei ancora deboluccia”

“Tesoro…basta parlare! Tienimi stretta tra le tue braccia e baciami. Non chiedo altro”

“Niente sesso fino a quando la situazione non finirà con l’happy ending” – propone Bogotà, seppure a malincuore.

“Ok, ok, e pensare che credevo di essere io quella che avrebbe messo i puntini sulle i” – ridacchia la zingara.

Così, tenendo fuori da quella stanza il resto del mondo, si dedicano dei minuti di intense coccole, accarezzandosi, scoprendosi, senza consumare nulla, confermando ugualmente dei sentimenti fortissimi e divenuti con il tempo una roccia inscalfibile.

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“La situazione è la seguente! Dobbiamo agire quanto prima” – afferma Palermo, comunicando ai serbi quanto di grave sta accadendo.

“Che fine ha fatto Bogotà?” – chiede Denver, accortosi da un po' dell’assenza del compagno di squadra.

“Lasciamolo in pace per un po'. Ha bisogno di vedere Nairobi” – interviene Tokyo.

“Già, credo che l’unico risvolto positivo di questa rapina, oltre al salvataggio di Rio, sia stata la nascita di un amore” – commenta la romantica Stoccolma.

“Un grande amore!” – aggiunge Helsinki, con occhi lucidi, felice per l’amica – “Quei due sono innamoratissimi. Meglio no intromettersi”

Dopo il momento di tenerezza, i Dalì tornano alla missione.

Vanno salvati Lisbona e il Professore quanto prima!

E mentre in quella sala si pensa a come intervenire, nella stanza da letto la coppia pensa ad un piano diverso, un piano di vita dai colori luminosi, un piano che sa di futuro.

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Capitolo 18
*** 18 Capitolo ***


Mentre i Dalì subiscono la perdita più significativa, l’altra fazione è euforica. I colonnelli, gonfi di orgoglio, innalzano i calici al cielo, brindando di fronte alla marea rossa, ancora lì presente, e gridando a squarciagola la loro gioia.

È proprio Tamayo a beffeggiare i suoi ostaggi. Fissa uno ad uno, prima Sergio poi Raquel, sorseggiando il suo champagne, mentre gode nel vederli sconfitti definitivamente.

“Avete dei progetti su cosa fare nei prossimi quarant’anni in carcere?” – ridacchia di gusto.

Non riceve risposta. I due Dalì non stanno al suo gioco, non cedono alla provocazione e rimangono muti come pesci.

E intanto il colonnello continua le vessazioni – “Professore dei miei stivali, come ci si sente ad aver subìto uno scacco matto? Cosa provi a vedere il piano di merda che avevi ideato per rapire l’oro di Spagna, andare in fumo?”

“Piano di merda?” – ripete, infastidito, il Marquina, cercando di mantenere quell’estremo autocontrollo che lo domina da tutta una vita.

“Si, una follia che non avreste mai, e ripeto, MAI, potuto portare a termine!”

Lisbona posa lo sguardo sul compagno, notando una lacrima scendergli sulla gota.

“Non ascoltarlo. Vuole solo umiliarti, non dargliela vinta”

“Silenzio, traditrice” – Tamayo cambia tono di voce nel rivolgersi alla ex ispettrice Murillo.

“Io parlo quanto voglio” – replica lei.

“Bene, vedo che hai voglia di chiacchierare!” – con aria di sfiga, l’uomo invita Suarez a condurre Raquel distante dal professore.

“No, dove la state portando? Raquel…Raquel” – Sergio cerca di svincolarsi dalla presa di un agente e dalle manette che bloccano i suoi polsi. Però, invano.

“Piantala, tanto, prima o poi, vi avrei separati. Ho preferito farlo da subito. Non vorrei vi saltasse alla mente qualche disperato tentativo di fuga!”

“Mi sono costituito, sono giunto fin qui di mia spontanea volontà! Che senso avrebbe escogitare mosse per scappare?” – controbatte il capo dei Dalì.

“Beh, prevenire è sempre la cosa migliore. Io ho una conferenza stampa tra pochi minuti, dovrò raccontare delle modalità di chiusura di questo assurdo attacco alla Banca. Preparati, caro il mio Professore, ti esporrò al pubblico come trofeo” – felice come una Pasqua, il colonnello Tamayo fa cenno ad Angel di far da balia, allontanandosi e continuando a celebrare la sua vittoria con il calice alzato.

“Dove porterete Raquel?” – chiede Sergio al poliziotto, una volta rimasti da soli, consapevole di potergli estrapolare informazioni sulla donna, essendo Angel stesso ancora legato a lei.

“Non sono tenuto a dirtelo. Evita di fare domande, non riuscirai a raggirarmi. Ricordi che sono stato proprio io il primo ad indagare su di te, anni fa? E il mio fiuto non sbagliò. Hai soggiogato Raquel che ha perso lucidità e si è unita a voi. Per colpa delle tue idee da Robin Hood, trascorrerà un’intera vita in galera, lontana da sua figlia. Fossi in te mi limiterei a star zitto” – è così, in modo secco e deciso, che Angel chiude la conversazione con il Marquina.

Proprio quest’ultimo, infatti, si rende conto che quanto udito non è del tutto falso. Anzi. Lisbona vivrà senza Paula, senza sua madre, senza libertà, per colpa sua.

“Lasciatela andare, vi prego. Avete me, cos’altro cercate?”

“Ti ho detto di fare silenzio” – ripete il poliziotto, fingendo disinteresse. In cuor suo, Rubio vorrebbe liberare l’ex ispettrice, eppure il distintivo che indossa glielo impedisce.

“Ti prego, Angel. Ascoltami, so che vorresti che lei fosse felice. E in carcere non vivrebbe più. Aiutami ad aiutare Raquel”

In quel momento, il poliziotto volge lo sguardo su Sergio, non pronunciando parola.

Il professore capisce al volo che l’uomo che fino a poco prima manteneva una certa distanza, ora lo osserva…quindi è pronto ad ascoltare la proposta.

“Faremo in modo che si salvi, che eviti il processo e tutto quanto”

“E chi mi garantisce che non si alleerà con gli altri rapinatori e tenteranno di liberarti? Impedirò con tutte le mie forze che tu possa essere salvato, caro il mio professore”

“Ti prometto che non accadrà. Portatemi in carcere, tenetemi segregato, non dovranno trovarmi. Tutto pur di salvare Raquel, ti supplico…Angel… fallo per lei…” – gli occhi lucidi del Dalì manifestano un dolore che lo attanaglia da ore – “Nessuno dovrà pagare per la pessima riuscita di un piano di salvezza, tantomeno la mia compagna!”

Rubio, non risponde più, si isola nel suo silenzio e ordina al professore di fare lo stesso. Non vuole ascoltare altre parole, è inutile…sembra fermo sulla sua decisione.

Lisbona rimarrà al suo posto, così come Sergio.

**************************************************

Alicia è in ospedale e freme per avere notizie da Antoñanzas. Gli ha chiaramente ordinato di proporre al colonnello l’uccisione dei Dalì al completo in cambio della sua cattura.

Però dell’alleato nessuna traccia.

Cammina avanti e indietro in quella stanza pensando a tattiche da mettere in atto per scappare da Madrid.

La tv è accesa quando viene trasmessa un’edizione straordinaria del notiziario. È proprio una conferenza stampa che attira l’attenzione della donna.

“Ecco il colonnello Tamayo, in diretta dall’esterno della Banca di Spagna, cari telespettatori. Ascoltiamo le sue parole…” – dice il giornalista di una televisione locale.

Sedutasi sul lettino, con il telecomando tra le mani, la Sierra schiaccia con forza il tasto del volume, per ben udire ciò che da lì a pochi secondi avrebbe rivelato il suo ex boss.

Salve a tutti, la rapina alla Banca è terminata. Abbiamo impedito che l’oro venisse rubato, i Dalì sono in fuga, ma senza il loro mentore non sono un pericolo. La cattura di Raquel Murillo, alias Lisbona e del noto Professore, è avvenuta poco fa” – fa cenno a Suarez di condurre davanti alla sfilza di giornalisti, l’uomo più ricercato degli ultimi due anni.

Ecco a voi Sergio Marquina, alias il professore!” – lo mostra, ammanettato, a tutta la Spagna, umiliandolo e ridendone di gusto, poi prosegue – “Con questo, decretiamo cessato il colpo. Tutto è lì dove deve essere, quindi la Spagna mantiene protetta la sua riserva nazionale. Quanto a noi, siamo sulle tracce dell’ultima minaccia: Alicia Sierra, l’ex ispettrice che ha infangato e mentito per uscire pulita da una storia di torture orchestrata solo ed esclusivamente dalla sua follia. A chi l’avesse incontrata, o sapesse dove è nascosta, chiediamo di informarci quanto prima. Grazie” - così dicendo, Tamayo spiazza tutti i presenti, compresa la Sierra, pietrificata dalla notizia.

“Devo andarmene da qui” – sente dei passi veloci percorrere il corridoio, temendo immediatamente che qualcuno degli infermieri dell’ospedale avesse ascoltato il notiziario e fosse prossimo a farla arrestare.

Tenta di cercare un rifugio, ma in quel buco di camera è difficile nascondersi.

Spalanca la finestra, e guarda giù.

“Cazzo, cazzo, cazzo” – esclama, con le mani nei capelli. Si trova ad un piano troppo alto per saltare.

A quel punto ha poche scelte.

Posiziona una sedia tra la maniglia e la porta, impedendo una possibile irruzione.  

Questo le avrebbe permesso di guadagnare tempo. Afferra il lenzuolo del suo letto, servendosene come corda.

Qualcuno però è arrivato e cerca di entrare, colpendo la porta con forza.

Ed è proprio quando è prossima a scendere dalla finestra, una persona riesce a smuovere l’uscio, spezzando la parte alta della sedia che teneva bloccato l’ingresso.

Un uomo robusto e muscoloso è il primo ad entrare, afferrando la Sierra qualche attimo prima che mettesse in atto la fuga.

“Lasciami, maledetto” – in quel frangente, la ex ispettrice vede frantumarsi i suoi sogni di libertà.

Ma ecco che accade l’inatteso.

Alicia si pietrifica all’istante, appena vede entrare una seconda figura.

Impossibile non riconoscerla.

“Tatiana!” – esclama, incredula – “Sei davvero tu?”

“Ciao sorellina, sono qui per portarti via!”

“Come avete fatto ad entrare? Antoñanzas ha dato ordine di non far avvicinare nessuno alla mia camera!” – l’ex ispettrice è sconvolta.

“Hai dimenticato che sono una ladra? Ho i miei assi nella manica. Ora andiamo” – risponde la quinta moglie di Berlino, facendo segno al suo scagnozzo di caricare in braccio la sorella e lasciare l’ospedale.

Così Alicia appura che alcuni uomini hanno puntato delle pistole agli infermieri, dando modo a Tatiana di raggiungerla e di conseguenza scappare via.

Saliti a bordo di una vettura, parcheggiata a pochi passi dall’ingresso, le due donne si trovano faccia a faccia.

“Mi sei mancata tanto” – si commuove la maggiore, abbracciando la minore – “Ma come mai ti trovi immischiata in questa storia?”

“Lo capirai appena arriveremo a destinazione. È giunto il momento che tu capisca con chi allearsi e contro chi combattere!”

E mentre l’auto sfreccia via, una volante della polizia raggiunge il luogo setacciando la zona.

La fortuna ha salvato la vita della Sierra, la quale è ignara però che la parente sta per condurla in un posto dove si troverà faccia a faccia con i suoi nemici.

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Capitolo 19
*** 19 Capitolo ***


Alicia è in auto con Tatiana, e dopo averla abbracciata, cedendo per un attimo alla nostalgia, si chiude in un silenzio sospettoso.

Non è semplice metabolizzare così in fretta la visita di una sorella con cui ha smesso di parlare da anni.

È la ex moglie di Berlino a chiederle – “Si può sapere cosa ti passa per la testa?”

“Cosa vuoi dire?” – quella domanda sblocca Alicia che, finalmente, riprendere parola.

“Antoñanzas ha eseguito il tuo ordine: ha abbandonato tua figlia! Ti rendi conto dell’atrocità che hai commesso?”

Alicia, però, volge lo sguardo altrove, poco interessata alla questione.

“Come puoi farlo? È una neonata che andrebbe solo amata!” – insiste l’altra.

“Senti, Tati, se sei tornata da chissà dove per farmi la predica, ti consiglio vivamente di lasciarmi qui da qualche parte, penserò da sola a me!” – a braccia conserte, alquanto infastidita, la primogenita della famiglia Sierra, non intende affrontare l’argomento.

Ma la ex moglie di Berlino è visibilmente delusa dal comportamento di una donna che vantò, per anni, il distintivo di persona giusta e che, al contrario, stava agendo da criminale.

“Ti sei trasformata, hai perduto la tua umanità, sorella mia! Hai commesso azioni che non avrei mai creduto avessi il cuore di compiere!”

“Pff” – sbuffa la donna, alzando gli occhi al cielo – “Se ti riferisci al ragazzetto dei Dalì’ o alla sciagurata zingarella, beh…ho avuto poche scelte! È lavoro..:”

“Lavoro? Ti rendi conto di quello che dici?”
“Ascolta… parliamo chiaramente, tu sei una ladra. Hai commesso azioni contro la legge, avrei potuto farti arrestare!”

“Adesso dovrei anche dirti grazie? Sbaglio o a salvarti il culo sono stata proprio io, poco fa? Per favore, Alicia! Torna in te, rifletti. Stai agendo in maniera sconsiderata!”

“E quale sarebbe la maniera, a tuo dire, corretta?” – a quel punto, la maggiore interpreta il contrasto di Tatiana come un conflitto nel quale, come suo solito, non può non primeggiare. Sa bene di avere ragione, e nessuno, tantomeno la consanguinea, può convincerla del contrario.

“Se ti vedesse Anita, non ti riconoscerebbe. Così come non ti riconosco più neanche io. Che fine ha fatto la sorella maggiore, premurosa, amorevole, sempre presente, che amava sedersi con noi di fronte al camino per raccontarci dei suoi sogni futuri? Quella che ci ripeteva di non avere paura di nulla, perché ci avrebbe protette in ogni momento…quella che trascorreva intere notti a piangere, di nascosto, per la malattia di Anita…” – decisa a riportare l’ex ispettrice alla sua vera natura, Tatiana preme su un tasto dolente, una ferita mai rimarginata, e un passato che la mente di Alicia ha volutamente offuscare.

Cosciente di aver colpito laddove utile, la ladra attende una reazione della ex ispettrice.

È pronta a rincarare la dose se necessario…tutto pur di aprirle gli occhi.

La nemica del Professore si trattiene, fin quando, un tragitto familiare e una casa di campagna, isolata dalla città, la insospettisce.

“Io qui sono già stata! Dove cazzo mi stai portando?”  - anche il tono di voce si altera con facilità…. Rabbia già alimentata da quanto udito pochi secondi prima…

“Vuoi cambiare discorso? ok! Allora, se proprio non vuoi un confronto con te stessa e con un passato che hai distorto per colpa del tuo dolore, ti condurrò dalle persone a cui devi delle scuse e che presto diventeranno tuoi alleati, che tu lo voglia o meno” – le parole di Tatiana hanno l’aria di una minaccia; così, quest’ultima, dopo aver legato la parente con estrema maestria, certa che una volta scoperti i Dalì, avrebbe agito sconsideratamente, chiede aiuto ai suoi scagnozzi per condurla fuori dal veicolo.

Ad Alicia basta poco per arrivare alla soluzione. Sa benissimo dove si trova e teme anche l’identità di alleati che detesta.

E mentre due possenti uomini la trascinano all’esterno, tirandola, contro la sua volontà, verso la vecchia abitazione in pietra, decide di colpire a suo modo, con tutta la cattiveria del mondo, sua sorella minore – “Credi di essere migliore di me? Tu sei una donna di classe che avrebbe potuto fare soldi con il suo talento musicale, una donna che invece ha preferito rubare e guadagnare illegalmente, una poco di buono, la vergogna della famiglia… pensi di dover fare la morale a me? Hai rovinato il nostro cognome, papà e mamma si vergognerebbero come non mai…e sei così sicura che Anita, se fosse viva, odierebbe più me che te? Ho i miei dubbi!”

Tatiana, pochi passi avanti sua sorella, si ferma, facendo segno ai due serbi di fare lo stesso. Una lama è appena affondata nel suo cuore, una lama scagliata dalla bocca della persona che più amava al mondo.

Manda giù il boccone amaro, poi, lentamente, si volta, pronta a replicare.

“Non parli più, adesso? Eh?” – Alicia continua a provocarla, svincolandosi dagli scagnozzi che, nel mentre, hanno ricevuto l’ordine di darle libertà.

E così le due si trovano faccia a faccia, a pochi centimetri l’una dall’altra, pronte a gettarsi fango addosso.

“Nel tuo cuore non è rimasto neanche un briciolo di umanità, e le parole che hai appena detto ne sono la prova. Sai cosa ti dico? Speravo di poterti aiutare, di darti una mano a riconquistare la lucidità che hai perduto anni fa, ma…”

“Io sono lucidissima, cara la mia sorellina. E se vuoi ricattarmi dicendomi “Io ti ho salvata, mi devi tutto!”, ti sbagli. Anche io ho tutelato te per tutto questo tempo; avrei potuto cercarti e sbatterti in galera con uno schiocco di dita”

In quel frangente, uno dei tirapiedi di Tatiana si intromette, preoccupato dalla piega che quella lite potrebbe prendere da un momento all’altro.

“Ehm…signorina Sierra, chiamiamo i soccorsi?”

“Tranquillo, Milos” – gli risponde la donna, aggiungendo subito dopo –“ Anzi, ho un compito più importante da affidarvi. Voglio che recuperiate mia nipote e la portiate qui!”

Quelle parole spiazzano Alicia – “Che cazzo dici? E sarei io quella poco lucida? Non penserai davvero che una neonata di cui non ho mai visto neppure il viso, possa farmi cambiare idea?” - la risata beffarda della ex alleata di Tamayo è l’ennesimo schiaffo che Tatiana subisce da sua sorella.

Una risata che dimostra la donna folle che è in realtà Alicia Sierra.

“Non vuoi essere aiutata, e io non posso permettere che quella bambina soffra sapendosi non voluta dalla sua stessa famiglia. Perciò, ascoltami, quello che farò, lo farò solo per lei”

“E sarebbe? Prenderla tu? Crescerla come fosse tua? Ma prego… fa’ pure! Non contare su di me. Io non l’ho mai voluta, soprattutto sapendo che neppure suo padre desiderava averla”

“German era un brav’uomo. Sicuramente la tua mente folle ha distorto, di nuovo, i fatti”

“Quel “brav’uomo” come dici tu andava a letto con tante donne, stando sposato con la sottoscritta, sai?”

Quella confessione spiazza Tatiana che si limita a dire – “Non può essere!”

“E invece è così! Perché pensi che quella tale Agata, Nairobi o come cazzo si chiama, sia stata la mia preda preferita?”

“Perché era una madre! E tu l’hai puntata senza remore perché odiavi l’idea di esserlo anche tu!” – la sola idea della ladra è questa. Non possono esistere altri motivi a cui poter credere.

“Beh…analisi perfetta, se non fosse che lei è stata una delle tante donnette che ha scopato con German, rimanendo incinta di un bambino!”

“Era una sua amante?”

“Mmm, non proprio, è stata la sua prima avventura. Lui mi ha conosciuto qualche anno dopo”

“E allora? Non vedo dov’è il problema. Parli di tradimento, ma lui non ti ha tradita con Nairobi. Lo vedi che distorci tutto? Lo vedi che l’hai ferita perché è una madre anche lei, proprio come te?”

Solo allora, sentendo le sue intenzioni messe alla gogna, che Alicia esplode, buttando fuori la reale motivazione del suo accanimento sulla Jimenez.

“Ho colpito lei, colpendo indirettamente German…lui che mi ha recato male e che poi mi ha lasciata sola con un pancione enorme e degli ormoni che difficilmente riuscivo a controllare”

Tanti tasselli legati al suo compagno deceduto l’hanno deviata totalmente.

Sentirla parlare di abbandono, l’ennesimo che frantuma anima e corpo, tocca la sensibilità di Tatiana che, in quei minuti, vive un alternarsi di odio e amore verso sua sorella maggiore.

Fino a qualche istante fa era pronta ad aiutarla; ha addirittura rischiato il tutto e per tutto pur di salvarla dalla cattura della polizia ... e tutto questo invano, tutto questo per poi capire che non lo meritava fino in fondo.

“Sei combattuta adesso, vero? Io te lo ripeto, non mi alleo con nessuno. Tantomeno con quei bastardi! Non è da me cambiare fazione come una bandierina. Io sono un lupo solitario, agisco da sola. La mia mente lavora ed elabora piani in solitaria. Saprò cavarmela come ho sempre fatto” – sono le ultime parole che Alicia pronuncia, prima di dare le spalle alla parente e incamminarsi, da sola, verso chissà dove.

Mille emozioni combattono nel cuore della ex di Berlino mentre osserva la maggiore allontanarsi. Sa che la ex ispettrice, nuovamente in fuga, potrebbe essere un pericolo per la salvezza di tutti…una bomba ad orologeria, ed è combattuta se fermarla o lasciarla andare.

Alicia nel frattempo riprende a camminare, cercando di trattenere un isterico pianto che lascia trapelare quanto dolore cova e quanto ne è costretta ad accumulare, ancora e ancora.

E più affretta il passo, più sente il macigno aumentare e sopprimere il suo cuore...un cuore esausto di soffrire.

Non fa in tempo a raggiungere la strada principale che la stanchezza prevale sulla sua tempra.  

“Alicia!” – grida la sorella, soccorrendola in gran fretta, guardandola accasciarsi, priva di forze.

****************************************************

Angel dispone gli ostaggi in auto diverse, su ordine di Tamayo, destinate a due carceri di Madrid.

“Ti supplico, Angel! Ripensa a quanto ti ho detto, fallo per lei. Salvala…” – Sergio insiste da ore, sperando di colpire il cuore dell’innamorato Rubio.

Eppure il poliziotto lo ignora e non ha intenzione alcuna di tradire la sua squadra.

“Le volanti sono pronte! Carichiamo la donna?” – domanda un’agente.

L’uomo annuisce, in silenzio, scrutando da lontano la scena: Raquel, in lacrime, ammanettata, chiama a gran voce il suo Professore, e sale, costretta, a bordo dell’automobile.

“SERGIO” – urla più che può.

“RAQUEL” - anche le grida di Marquina si fanno presto sentire.

La scena straziante della separazione tra i due è la soddisfazione più grande per Tamayo che, trionfante, ordina ai suoi uomini di liberare la zona dagli ultimi fan dei Dalì, per rimettere definitivamente le cose apposto.

E proprio quando il mezzo della polizia su cui è a caricata Lisbona, è pronto a partire, il colonnello si prende beffe di Sergio, per l’ennesima volta.

Felice come una Pasqua, gli dà una pacca sulla guancia, divertito – “Povero il mio professorino, solo e abbandonato. La vita è così…si vince e si perde. Stavolta a perdere sei stato tu! Ti giuro che mi impegnerò affinché tu e quella traditrice non vediate mai più la luce del sole. Il carcere sarà la giusta penitenza per entrambi” – trascinandolo per un braccio, gli mostra l’auto in lontananza – “Guardala un’ultima volta… e dì addio ai sogni di gloria!”

***************************************

“Io con questa pazza non ci parlo”

“Dai Rio, potrebbe essere la nostra salvezza”

“Si, Tokyo però io non dimentico quanto mi ha torturato”

I due fidanzati osservano Alicia distesa su un lettino, prossima a recuperare i sensi, aiutata dai medici che curarono Nairobi.

Accerchiata da tutti i Dalì, l’ex ispettrice non immagina cosa vedrà da lì a pochi secondi. E sicuramente non sarà felice  appena riconoscerà la gente che la circonda.

Tatiana rimasta in silenzio, insospettisce Palermo che, prendendola in disparte, le domanda – “Che succede? Non dirmi che non hai idea di come possiamo salvare Sergio e Lisbona. Sei la nostra ultima possibilità”

“Lo so, c'ho pensato bene. Purtroppo non ci sono tante speranze, forse l'unica salvezza è quella che mi costerà caro"

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Capitolo 20
*** 20 Capitolo ***


Raquel è in auto, diretta ad una cella, su immediato ordine di Tamayo. Niente processo, ma la “traditrice” della polizia, merita, a detta del Colonnello, l’immediata incarcerazione. Quei minuti di viaggio sono una vera e propria agonia.

Con lo sguardo perso nel vuoto e la mente appesantita da mesi di pressioni psicologiche, la Murillo metabolizza la triste realtà: la separazione da Paula, da sua madre… addirittura dal suo compagno.

Può esistere pena maggiore di questa?

Le sembra inutile perfino reagire e ribellarsi. Non ha più senso farlo.

Presto la prigione avrebbe messo la parola fine a ogni speranza, a ogni felicità, a ogni sogno di vita futura.

Sarebbe vano gettare fango addosso ai poliziotti presenti… in fondo, non servirebbe a nulla, se non a peggiorare il suo umore.

Tante sono le emozioni che le accendono l’animo e inevitabilmente non riesce a non colpevolizzare le persone per cui tutto quel casino era stato montato.

“Tokyo, Rio…” – pensa a quei nomi, trattenendo il magone… poi uno in particolare la rende cosciente di non avere titolo per accusare nessuno - “Sergio!” – pensa in un attimo di lucidità.

Eh già, dopotutto il colpo alla Banca è opera del Marquina, non di Silene e Anibal.

“Cazzo, avremmo potuto ideare altri piani di salvezza…invece lui no! Lui preferisce mettere su una rapina impossibile” – brontola sottovoce, attirando l’attenzione del poliziotto di fianco.

“Silenzio” – la rimprovera, distogliendo lo sguardo dalla donna subito dopo.

Ma Lisbona ignora l’ordine.

“A te piace il rischio, ma porca puttana Sergio… così facendo hai rovinato tutto!!! Tutto” – arrabbiata con il Professore, Raquel comincia a delirare.

“Ho promesso di sostenerti sempre, qualsiasi cosa fosse accaduta. Ma probabilmente la responsabilità è mia. Dovevo dirti NO dal principio. Di modi per salvare Rio ce n’erano, tu dalla mente brillante avresti sicuramente ideato piani di salvezza brevi ed immediati. E invece che decidi di fare? ... al diavolo la sicurezza di chi mi ama. Berlino viene prima di tutto…forse ho sbagliato io a credere che tenessi alla nostra storia. Probabilmente avevi più a cuore la relazione con Andrès che la vita che stavi costruendo…” – le sue parole, forti, decise, rabbiose, spiazzano i tre agenti che la ascoltano farfugliare rivolgendosi a qualcuno che non è lì con lei.

In quel momento l’automobile si ferma, bloccata da un furgone che taglia la strada.

“Cosa succede?” – chiede la donna, tornando in se.

Scorge dal finestrino di essere in una strada di aperta campagna, ignota e sicuramente lontanissima dal carcere.

“Dove mi avete portata?” – si allarma, temendo per la sua incolumità.

E se Tamayo non prevedesse per lei la galera? Se Tamayo avesse piani diversi per la traditrice della Polizia?

“Dove mi state portando? Questa non è la strada per raggiungere il carcere. Dove cazzo vi ha ordinato di condurmi quel verme del colonnello?”

La voce tremante della donna segnala un elevato stato d’angoscia: dopotutto, conosce bene i modi d’agire del suo ex collega…sa che sarebbe capace di tutto!

“Rispondetemi, maledetti!” -  Lisbona è nel panico più totale.

“Stiamo eseguendo un ordine!” – con tali parole, il poliziotto costringe Lisbona a scendere dal veicolo, seppure questa ponesse resistenza, spaventata dall’ignoto.

Bendata e ammutolita da nastro adesivo, così da non poter riconoscere le persone che ha davanti, ascolta, invece, le parole di uno dei poliziotti.

“Pacco consegnato” – esattamente quella frase spiazza Lisbona…lei è un pacco…ed è stata consegnata.

“Non ci credo” – scuote il capo, incredula, mentre le mani di qualcuno la sollevano per nasconderla all’interno del mezzo.

Impossibilitata a muoversi o gridare, la Murillo si limita ad ascoltare i movimenti burrascosi della strada che il furgone percorre a velocità moderata.

Pensa e ripensa durante quei momenti di terrore.

E le dure parole pronunciate poco prima, riguardanti Sergio, e la rabbia che invade il suo cuore, cedono il passo ad un pianto disperato e all’amarezza di una vita terminata ancor prima di cominciare.

*****************************

Cosa accade, nel frattempo, nel nascondiglio dei Dalì?

Nairobi è pronta a lasciare la stanza che l’ha accolta per un numero fin troppo elevato di ore. Ha perso il conteggio, a dir la verità! Ed è finalmente pronta a rimettersi in gioco.

Aggrappata al suo compagno, felice di essere viva, di essere amata e di poter amare come ha sempre sognato, percorre i metri che la separano dal gruppo.

A passo lento, sostenendosi al suo uomo, mostra la sua solita e nota tempra.

È Tokyo la prima a notarla, illuminandosi. Raggiante le corre incontro, come se fosse una persona cara di ritorno da un viaggio di lunga durata.

“Amica mia! Come ti senti?” – le chiede, avvolgendo la mano di Agata tra le sue, come a custodirla con cura.

Quella è la mano che non porta ferite, la sola parte del corpo, probabilmente risparmiata da tragici eventi passati.

“Vogliosa di vincere” – risponde, e con quell’espressione mostra il carattere da guerriera che la contraddistingue.

Proprio allora, anche Rio e Denver la vedono di fianco a Bogotà e la raggiungono, attirando su di lei l’attenzione di tutti i Dalì e non.

“Sentivamo la tua mancanza… temevamo di poterti perdere” – confessa Ramos, mostrando il lato tenero che Nairobi conosce e che adora in lui.

“Anche io ero terrorizzata da questo!” – risponde la Jimenez, sorridendo commossa - “Nessuno mi abbatte, tantomeno un essere abominevole come Cesar Gandia!”

Tra l’euforia dei presenti che la riaccolgono con amore smisurato, spicca Palermo, rimasto in disparte, dispiaciuto di aver causato la quasi morte della compagna di squadra.

Eppure l’assenza della grinta di Nairobi l’ha avvertita anche lui!

Impossibile non farlo. Nessuna donna tra quelle dei Dalì è riuscita a zittirlo con parole veritiere e laceranti.

“Ehi, tu non mi saluti?” – chiede Agata, accortasi dell’isolamento di Martìn.

“Amico, ammetti che ti pesa ancora quel 1 a 0!” – interviene Denver per sdrammatizzare.

“A cosa ti riferisci?” – domanda confusa Stoccolma.

“Eh, questi due hanno personalità talmente forti che quando si scontrano, non può uscirne che una partita da finalissima mondiale”

“Che cazzo dici? Parli sempre di pallone!” – brontola Tokyo, creando una scena a tratti simpatica, che scioglie la tensione e porta la gitana e l’argentino ad un finale confronto.

“Pace?” – la prima a porgere la mano, tra l’incredulità dei presenti, è la donna, stanca di litigare e vogliosa, dopo quanto patito, di respirare esclusivamente aria positiva.

“Perdonami” – risponde lui, con un filo di voce, non riuscendo a guardarla negli occhi.

“Anche io non sono stata molto delicata. Sono fatta così, hai imparato a conoscermi. Diciamo che questa partita si conclude con un pareggio, ti va?” – la proposta della Jimenez è la chiusura definitiva con un passato di scontri.

Martìn posa, veloce, gli occhi sull’amico, Bogotà, posizionato alle spalle di Nairobi, cercando di capire il suo pensiero.

Gli piacerebbe chiarire anche con lui.

E non appena lo vede sorridere, Palermo sente di poter scoppiare a piangere gettandosi tra le braccia del saldatore. Si controlla, domando le sue emozioni, e risponde alla pace con una stretta di mano.

Tokyo, scioccata, si rivolge a Manila – “Non posso credere a ciò che ho appena visto”

“Credo che Nairo abbia rischiato troppo negli ultimi giorni, da accorgersi che non vale la pena fare guerre inutili” – la riflessione della figlioccia di Mosca è la pura verità.

“Basta tentennare, bisogna salvare il Professore e Lisbona!”  - la Jimenez, dopo quei minuti di profonda commozione, torna ad assumere il ruolo di leader - “Avanti, sbrighiamoci! Cos’è questo perdere tempo? Sbaglio o il prof ci ha sempre insegnato quanto sia prezioso e quanto sia anche utile guadagnarne per muovere le mosse successive?” – la sua voce, seppure fiacca, riecheggia in quella stanzetta riuscendo a caricare di nuova energia gli amici, i quali riconoscono senza alcun dubbio a Nairobi la capacità di unirli come fossero una famiglia a tutti gli effetti.

In fondo è proprio vero che Agata è il cuore del gruppo.

È inimmaginabile pensare ai Dalì senza pensare a lei.

Se fosse morta, cosa sarebbe potuto mai accadere?

Per fortuna è sana e salva ed è lì per raccontarlo.

Così, mentre i Dalì si riappacificano siglando un accordo di fratellanza, compare dal fondo della stanza qualcuno di ignoto per Agata.

Tatiana.

La Sierra minore parla con i medici, chiedendo dello stato di salute della sorella.

Alicia è in una stanza, controllata a vista da alcuni serbi.

Ma i dottori hanno pensato bene di sedarla per evitare altre alzate di testa.

“Quindi mi state dicendo che si è ripresa e ha tentato di scappare, di nuovo?” – domanda l’ex moglie di Berlino.

“Esatto, pochi minuti dopo che è stata condotta qui, ha riaperto gli occhi. Non trovando nessuno, oltre me e il mio collega, ha tentato la fuga”

“E ci siamo visti costretti ad agire”

“Avete operato nel migliore dei modi” – dice la donna, ringraziandoli di un tempestivo intervento.

Quando la rossa si ricongiunge ai Dalì, con precisione qualche secondo dopo, nota subito la presenza di Nairobi.

“Lei è…?”

“Agata Jimenez” – spiega Marsiglia all’amica, facendo, subito dopo, un cenno a Bogotà di raggiungerlo per salutare la vecchia conoscenza.

“Guarda chi si rivede” – lo sguardo meravigliato del saldatore rivolto a Tatiana, spiazza totalmente Nairobi.

E sotto lo sguardo investigatore della gitana, l’uomo corre ad abbracciare la famosa ladra.

“Santiago, che piacere rivederti” – esclama la Sierra, entusiasta.

“Chi sarà mai quella?!” – pensa la Jimenez, sospettosa, però non si pronuncia.

Ecco che è Tokyo quella che la conosce più di tutti.

“So a cosa stai pensando, sai?”

“Eh?” – esclama Nairobi, confusa.

“Sei un libro aperto per me! Se ti domandi chi è la tipa sexy lì in fondo, beh…ti basta sapere che è nostra alleata..”
“Beh ma è positivo allora”

“Eh…ed era la moglie di Berlino” – prosegue Silene.

“Ah, se è così, le cose cambiano” – ridacchia, ricordando di quanto fosse poco affidabile Andrès con le relazioni amorose.

Però un dubbio permane e finalmente lo espone – “E come mai lei conosce Bogotà?”

“Ehm… da quanto so, Bogotà era stato invitato alle nozze tra quella donna e Berlino” – chiarisce la Oliveira, quasi divertita dal vedere la sua migliore amica talmente coinvolta dai sentimenti da non sembrare se stessa.

Così le fa notare un particolare – “Non sarai mica gelosa?”

“Ma chi? Io? Assolutamente no” – nega Agata – “La mia era una curiosità”

“Ah certo” – commenta la Olivera, fingendo di crederle.

Il saluto tra Tatiana e il saldatore si prolunga ed è accompagnato da gesti di complicità e confidenza tra i due. Gesti che Nairobi scruta in silenzio, fingendo disinteresse.

E’ quando la rossa posa una mano sulla spalla di Bogotà, sostenendosi a lui, che la falsaria non ci vede più.. – “Ok, basta fingere! Hai ragione, sono gelosa e penso ci sia un’eccessiva vicinanza tra quei due!” – sbotta manifestando un comportamento non tipico.

Quell’atteggiamento così poco da Nairobi, fa sorridere la Oliveira che, per tale motivo, la rassicura – “Bogotà è innamorato perso di te. Fidati, non c’è da temere! Però…”

“Però, cosa?”

“Io fossi in te lo metterei alla prova” – propone Tokyo.

“Cioè?” – Nairobi ovviamente le dà corda e ascolta il piccolo consiglio.

Mentre le due confabulano, Tatiana rivela a Bogotà della presenza di Alicia e del legame che la unisce a lei.

“Davvero è tua sorella?” – esclama incredulo - “Chi l’avrebbe mai detto. Quella persona ha tentato di uccidere la mia fidanzata!” – è il primo pensiero di Santiago Lopez nei confronti di una folle verso cui nutre un profondo astio.

“Lo so, mi dispiace di questo. Marsiglia mi ha detto che è quella moretta laggiù! E’ davvero bella, complimenti”

“Lo so, e ha sofferto troppo. Non voglio che quella donna le si avvicini!”

“Calma, quella donna di cui parli è sangue del mio sangue. Ha patito tanto nella vita proprio come tutti noi”

Il saldatore inarca il sopracciglio, e fissa stranito l’amica.

“Perdonami se fatico a vedere quella persona con occhi diversi!”

“Voglio salvarla e per farlo è necessario che diventi una dei nostri. Può ritrovare la sua umanità e poi… avrebbe possibilità di fuga grazie ai mezzi di Sergio”

“Credi che gli altri saranno disposti ad allearsi con quella che fino a pochi giorni fa voleva eliminarci tutti?” – Bogotà è il primo ad essere dubbioso su questo; teme sia impossibile accettare di avere Alicia Sierra nella Banda. Lui in primis non gradisce l’idea.

“Non abbiamo altra scelta” – interviene Palermo.

“Non cederà nessuno! Io in primis non sono d’accordo” – precisa il saldatore, incrociando le braccia al petto.

“Voglio che sappiate che quando io e Nairobi abbiamo trovato il Professore nelle mani di Sierra, la stessa Alicia le ha rivelato un dettaglio del passato molto inquietante”

“Ovvero?” – domanda il saldatore.

“Riguarda German!” – continua il sicario.

“Cosa c’entra con Agata?” – chiede ancora Bogotà.

A quel punto la preoccupazione disegnata sul volto di Santiago Lopez fa indietreggiare Marsiglia che gli consiglia di parlare con la gitana, così da scoprire il fatto direttamente dalla bocca della sua fidanzata.

“Ti dico solo che non sarà semplice per le due dover lavorare fianco a fianco. Forse avere Alicia qui potrebbe solo alimentare tensioni inutili” – è così che Marsiglia chiude la questione, invitando il compagno di squadra ad indagare da solo.

A quel punto, Bogotà decide di affrontare l’argomento con la Jimenez, ignaro che la donna vuole mettere in atto il consiglio di Tokyo.

Le si avvicina e le accarezza i capelli con una dolcezza smisurata.

Poi le bacia la fronte, cingendole i fianchi e stringendola al suo petto.

Quel gesto così amorevole scioglie Agata, facendole dimenticare, per un attimo, di doverlo provocare per studiare la sua reazione.

E appena se ne rammenta, dice - “Proprio una bella donna, questa Tatiana, non trovi anche tu?”

Eppure, quelle parole sembrano non sfiorare minimamente Bogotà, rimasto fedele al suo estraniamento.

Di fronte a quel silenzio, le sicurezze e certezze di Nairobi si frantumano.

“Cos’hai?” – accarezza la barba del saldatore, cercando da lui attenzione.

Le parole servono a poco.

Santiago Lopez la guarda dritto negli occhi, però non si pronuncia.

Sta cercando le parole giuste per toccare un argomento che, a detta di Marsiglia, è troppo delicato.

“Che vi siete detti con quella donna da agitarti così tanto?”  - basta provocazioni, basta giochetti, Nairobi vuole capirci di più.

Il saldatore non vorrebbe allarmarla, specialmente dopo tutto l’accaduto degli ultimi giorni. 

Però la gitana lo capisce al volo e replica - “Come puoi negarlo, vedo che c’è qualcosa che non va”

“Tatiana è una brava donna, imparerai ad apprezzarla...” – in quell’istante dalla bocca del saldatore escono fuori parole totalmente sconnesse dall’argomento scottante.
“Cosa c’entra questo con il tuo stato d’animo? Perché cambi discorso?”

“Per rispondere alle tue affermazioni” – afferma lui.

“Eh?” – esclama confusa la zingara, non ricordando delle provocazioni di poco prima.

“Hai detto che Tatiana è una bella donna, ricordi? Confermo!”

Infastidita da tali complimenti, la Jimenez tira indietro le mani dell’uomo che sono adagiate dolcemente sui suoi fianchi e volge lo sguardo altrove, verde di gelosia – “Pensavo fossi in pena per qualcosa di serio. Tu mi dici di quanto sia bella quella donna”

Ed è allora che Bogotà la tranquillizza – “Tatiana sarà anche una bella donna, ma nessuna è come te!”

Tale esternazione, pronunciata con il cuore in mano, e la voce tremante per l’emozione, è ciò che Nairobi attendeva.

Lusingata, seppure decisa a non darla a vedere, si volta verso Santiago e lo scruta in silenzio.

“Frasi di circostanza?” – continua lei, mostrandosi orgogliosa.

“Ho smesso di usare parole inutili da quando ho capito che l’unica persona che volevo eri tu” – confessa lui, arrossendo.

Basta resistenze ai sentimenti! Abbassa le difese e lo bacia di fronte agli amici che, entusiasti di vederli finalmente come coppia, fischia e applaude al loro amore.

Solo un particolare sfugge alla mente di Agata.

Come mai Bogotà era tanto silenzioso e preoccupato?

“Mi dici come mai poco fa sembravi teso?”

“Ehm…amore mio, si tratta di qualcuno che è qui!”

“Tatiana?”

“No, sua sorella!”

“Ha una sorella? E dove si trova? Può aiutarci con il piano di salvezza?”

“Ehm…ecco…vedi sua sorella…”

Difficile dire a una donna che la persona che ha tentato di eliminarla è sotto il suo stesso tetto, e che dovrà considerarla sua “alleata”.

Però la risposta si palesa ad Agata, qualche secondo dopo.

A passo lento, appoggiata ad uno dei serbi, Alicia Sierra compare e si unisce ai Dalì.

“NON CI POSSO CREDERE!” – esclama Nairobi sentendo il corpo tremarle e il cuore fermarsi di qualche battito – “E’ lei la sorella di Tatiana?” – chiede al compagno, scioccata.

E quando vede Santiago annuire e chinare il capo, amareggiato, la Jimenez comincia a gridare, furiosa, il suo dolore, ignorando la fatica e i dolori del suo corpo, e percependo la medesima sensazione di un’altra pallottola in pieno petto.

 

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Capitolo 21
*** 21 Capitolo ***


Sorretta da due serbi, Alicia Sierra, ancora intontita dopo essere stata sedata dai medici, fa la sua comparsa.

Si guarda attorno, mettendo a fuoco, uno alla volta, i visi davanti a sé. Ma la prima a raggiungerla è Tatiana.

“Come ti senti? Spero per te che non deciderai di scappare, ancora!”

L’ex ispettrice scombussolata, per metterla a tacere alza il pollice, segnalando un ok.

Solo quando riconosce Nairobi, i suoi occhi, inizialmente socchiusi, si spalancano.

“Ancora tu?” – dice, effettivamente disturbata dalla presenza della gitana – “Ma non dovevamo vederci più?”

Poi, proprio come una tipica folle, ride fragorosamente delle sue stesse parole.

Agata, scioccata dalla pazzia della donna, scuote il capo, contrariata da quella presenza, e, dopo aver gridato la sua rabbia, si allontana.

“Dove vai?” – le chiede Bogotà, preoccupato.

La gitana non risponde, fa cenno a Tokyo che non esita a porgerle il braccio, e condurla in un cucinino poco distante.

“Ha qualche rotella fuori posto” – commenta Rio, sussurrandolo a Denver che, nel mentre, emette la solita risatina che attira l’attenzione di tutti.

“Osp, scusate!” – alza le mani, accortosi di aver riso in un momento alquanto delicato.

“Che facce avete!? Si, lo so, la vostra acerrima nemica si trova qui con voi… eh già. Sappiate che non mi sta bene, mia sorella insiste ad aiutarmi in una maniera alquanto ridicola, quindi…”
“Alicia, per favore!” – interviene Tatiana, cercando di rimetterla in riga, come una mamma fa con una figlia che non rispetta le regole di comportamento.

“Alicia…Alicia…Alicia...” – imita la voce della consanguinea, per commentare con un deciso – “Basta!”

“Sierra, se credi che per noi sia facile accettarti qui, sapendoti capace di ogni cosa, ti sbagli di grosso. Non c’è stima reciproca, perciò…direi solo di affrettare i tempi, collaborare, per quanto possibile, e poi dirci definitivamente addio!” – a parlare è Palermo che, prendendo il controllo della situazione, manifesta lo stato d’animo di tutti i suoi amici.

“Collaborare? Io con voi…MAI!” – esclama. Però le basta qualche attimo di silenzio per optare un’altra soluzione – “Anzi, sai che ti dico?! Resto qui solamente per vedere fino a che punto siete disposti a rischiare la libertà, quanto siete coraggiosi per mandare tutto al diavolo nella salvezza di chi, per riempire il proprio ego, non ha esitato a gettarvi in pasto ai leoni” – scegliendo di godersi lo spettacolo, si siede su un divanetto e, a braccia incrociate al petto, fissa, beffarda, i Dalì.

“Ti giuro che sono tentato di buttarla fuori a calci nel cu…” – ad alterarsi è Denver, tornato serio dopo qualche minuto prima.

“Ehi!” – lo zittisce Tatiana, ricordandogli che si tratta di sua sorella, anche se, fossero state sconosciute, forse avrebbe avuto la medesima reazione.

“Accontentiamoci di questo, ragazzi” – li prega, dispiaciuta dal modo di fare della parente.

“Sia chiaro, una sola mossa falsa e io agirò di testa mia, senza badare al fatto che avete lo stesso sangue, chiaro?” – stavolta a parlare con durezza è Bogotà, rancoroso verso la nemica a causa del male che recò a Nairobi,.

“Calmati, amico! Nulla accadrà, tutto sarà rispettato. Mi incarico io di vigilare su di lei” – interviene Palermo, dando una pacca sulla spalla del saldatore.

“Non deludermi più” – il tono speranzoso è di chi si è sentito tradito da una persona che chiamava Fratello, e a cui, oggi come oggi, ha timore a concedere piena fiducia.

“Te lo prometto su qualcuno che amo disperatamente e che non c’è più” – gli occhi di Martin sono sinceri come mai nella vita e questo basta a convincere Bogotà delle buone intenzioni dell’argentino. Così, ringraziandolo, decide di raggiungere la sua Nairobi, ancora scossa per aver scoperto della presenza di Alicia.

Eppure la voce di quest’ultima torna a farsi ascoltare in tutta la sua follia.

“E tu saresti il compagno di Agata?” – puntualizza, ridendo sotto i baffi.

“Falla tacere” – sussurra Santiago a Tatiana, la quale, di contro, fatica a farsi rispettare dalla maggiore.

“Povero illuso” – continua.

“Zitta” – ripete più volte la ex moglie di Berlino.

“Illuso, perché?” -  domanda Bogotà, stando al suo gioco. Sa bene che sono solo provocazioni per recare male. Dopotutto è così che agisce la mente più diabolica che abbia mai conosciuto in vita sua.

C’è un dettaglio, però, che il saldatore ignora.

Un dettaglio che neppure Nairobi conosceva fino a qualche giorno prima.

“Sai che mio marito si divertiva con la tua cara fidanzata?”

“CHE?” – esclamano molti dei Dalì, increduli.

“Basta, stiamo toccando l’apice della follia. Mi spiegate perché stiamo ancora ad ascoltarla?” – sbotta Denver.

“Silenzio, fatela finire. Vediamo fino dove si spinge” – afferma Bogotà, prendendola alla leggera.

“Libero di non credermi, chiedilo direttamente alla tua dolce metà. Axel e Anita sono fratellastri! German prima di sposarmi, si divertiva a scopare con la tua…come è che la chiami…?!.... ah, ecco…. Nairobi!”

“Come osi dire queste assurdità? Non ti è bastato cercare di ucciderla?” – il tono alterato di Santiago, inizia a far temere anche gli amici di una eccessiva reazione fisica verso la donna.

“Calmati, per favore” – Denver e Rio intervengono, trattenendolo per le braccia.

“Fossi in te, se avessi un briciolo di intelligenza, farei due conti. Perché, a tuo avviso, ho scelto proprio lei come pedina da annientare durante la rapina?”

“Non può essere” – esclama, scioccata, Tatiana che, finalmente, cambia fazione e attacca la parente – “Come puoi vivere costantemente nel meditare vendetta? Che persona sei diventata? Non è rimasto un briciolo di umanità in te?”

“Taci, avevi le migliori possibilità e le hai buttate nel cesso, diventando una ladra, una nemica della legge, una che escogita piani per imbrogliare e rubare la gente…esattamente come Sergio Marquina”

“Tu non sai nulla della mia vita” – commenta la seconda delle Sierra, trattenendo la rabbia e il pianto.

“Adesso basta, torniamo alla missione” – Palermo cerca di ristabilire la quiete.

Impossibile farlo, dopo aver sganciato una bomba simile.

“Certo, dai fatemi vedere il vostro genio in azione” - ridacchia Alicia, riprendendo posto sul divano, ignorando le ferite che ha aperto in tutti i presenti.

Bogotà, fuori di sé, si svincola dalla stretta di Rio e Denver e raggiunge Nairobi.

Quanto a Tatiana, la ex moglie di Berlino resta in silenzio, con gli occhi bassi, mentre dei flash del passato le invadono la mente. Nessuno…nessuno sapeva, a parte Andrès De Fonollosa, quello che lei ha patito quando, a soli 17 anni, nel Conservatorio tanto illustre dove fu iscritta, visse qualcosa che la trasformò.

“Tutto bene?” – è Stoccolma, dolce e premurosa, come sempre, a notare in lei tanto dolore.

La ladra annuisce, accennando un sorriso forzato. Poi posa gli occhi sulla consanguinea e guardandola ferire volontariamente chi invece potrebbe aiutarla a salvarsi, prende la decisione più difficile – “Ok, hai vinto!”

“Ho vinto, cosa?” – quell’affermazione attira subito l’attenzione di Alicia.

“Puoi andartene, nessuno ti trattiene”

“Alleluia!” – esclama, senza farselo ripetere due volte, e si alza dal divano, pronta ad uscire.

I Dalì sono confusi, ma basta lo sguardo di Tatiana a fargli capire che perfino nel legame tra sorelle è stato superato il limite.

“Ho cercato in mille modi di aiutarti. Tu non vuoi essere aiutata, e allora…che ognuna segua la propria strada”

“Finalmente l’hai capito, brava sorellina!”

“Sorellina, un cazzo. Non siamo più imparentate, nulla ci unisce. Io non verrò più in tuo soccorso, Anita crescerà con me, e tu finirai nel posto che meriti”

“E quale sarebbe, sentiamo!”

“L’inferno! È lì che i mostri come te vanno”

La freddezza con qui Tatiana esprime tali parole, fanno accapponare la pelle perfino ad Alicia Sierra.

Ma l’ex ispettrice finge che quell’odio nei suoi confronti le interessi poco.

In realtà è stato l’ennesimo colpo al cuore.

“Addio” – dice allora, voltando le spalle, pronta ad aprire la porta e sparire per sempre.

Ma è il bisbiglio di Palermo che la trattiene dall’uscire.

“Devi raccontarle cosa hai vissuto al conservatorio, Tati”

“NO!” – replica la donna.

Ed è allora che la maggiore, spiazzata, si volta verso la parente e chiede – “Cosa è accaduto al Conservatorio?”

“Non sono affari tuoi”

“Dimmelo!”

“Vattene. Sbaglio o volevi scappare quanto prima?! Mi lascerai da sola, come hai fatto nel momento in cui hai scelto di indossare il distintivo”

Cade un silenzio tombale, rotto solo dall’intervento di Martin.

“Se non glielo dici tu, sarò io a farlo”

“Possibile che nessuno abbia le palle per dirmelo? Cosa cazzo è accaduto?”

E così, data la forte pressione psicologica, Tatiana rivela un oscuro segreto, quello che la condusse a cambiare strada e diventare socia del suo ex marito.

“Ok, a patto che tu, dopo quanto ascoltato, non ti lascerai condizionare nella scelta di andartene”

“Sono già un piede fuori la porta, ho preso già la mia decisione. Ora tocca a te, dimmi cosa è accaduto!” – Alicia comincia davvero a ipotizzare il peggio.

E non ha torto a farlo.

“Avevo 17 anni e tanti sogni. Avevo perso te, avevo perso Anita, avevo anche tante aspettative sul mio futuro e mamma e papà mi erano con il fiato sul collo, quotidianamente. Scelsero per me uno dei migliori insegnanti di musica. Uomo di grande fama, di notevole talento… l’uomo che non ha esitato a farmi violenza e distruggere l’amore che nutrivo per quel mondo…” – mentre racconta, Tatiana sente una morsa allo stomaco, avvertendo sulla sua pelle delle sensazioni che tentò, per lungo tempo, di sopprimere. Le lacrime scivolano sulle sue gote con forza e le rammentano la sofferenza degli anni passati.

“Andrès era lì quando quel mostro cercò, una seconda volta, di abusare di me! Mi salvò, mi aiutò a ritrovare me stessa nei mesi successivi. Ho cambiato i miei pensieri, i miei obiettivi, vivevo per recare male a quei ricconi di successo che non esitavano ad abusare del loro potere… poi ci sposammo, e accadde quanto accadde… a lui sono debitrice, ed è per lui, in suo onore, che ho deciso di intervenire in questa rapina per salvare il piano, nel caso di problemi, e senza ricavarne nulla in cambio! Sono qui perché a lui devo la mia vita!”

Lo shock è leggibile sui volti di tutti e la commozione è inevitabile.

Anche per una roccia come Alicia Sierra che, infatti, trattenendo emozioni contrastanti che le scavano dentro la pelle, accenna con un filo di voce - “Perché non me l’hai detto prima?”

Ovviamente, si legge tra le righe il suo: SE ME L’AVESSI DETTO, LO AVREI UCCISO CON LE MIE STESSE MANI.

“Io sono cambiata da allora, e adesso sai anche tu perché sono diventata una ladra! Per tale ragione, non lascerò il fratello di Andrès nelle mani dei potenti. Lo salverò, anche a costo della mia stessa vita”

La rivelazione di Tatiana è un fulmine a ciel sereno per chiunque abbia potuto ascoltare una voce tremante raccontare di un passato indicibile.

Rimasta senza parole, Alicia non sa cosa pensare. Quella tremenda scoperta ha sfiorato il suo cuore gelido, ricordandogli che non è l’unica ad aver patito troppo.

“Ecco, ora lo sai, puoi anche andartene!” – dopo aver raccontato qualcosa che ha celato per bene, e di cui erano al corrente solo Berlino e Palermo, la minore delle Sierra si asciuga il viso e rindossa la maschera da donna indistruttibile.

“Tati, io…” – l’ex ispettrice cerca di trovare qualche parola di senso compiuto, chiamandola addirittura con un nomignolo, eppure è cosciente che ogni cosa detta può essere vana.

“Sbaglio o eri un passo fuori la porta?! Va’! Chi ti trattiene qui?” – insiste la ladra.

In quel preciso istante, un rumore esterno, pone tutti in allerta.

“Cazzo, cos’era?” – esclama Rio.

“Mica la polizia?” -  ipotizza Denver, afferrando una pistola.

“Silenzio, vado ad appurare, voi restate qui!” – uno dei medici si immola per il gruppo, essendo ancora estraneo alle forze dell’ordine.

Il panico dei minuti seguenti vede totalmente estranee le due sorelle che, invece, continuano a guardarsi, silenziose.

Mentre c’è confusione attorno a loro, le Sierra si rivedono adolescenti, una di fronte all’altra…. Ai tempi, bastava uno sguardo per fare pace e delle paroline significative che rimettevano tutto in ordine.

“Stringiamo di nuovo il nostro nodo?” – espressione alquanto buffa, ma carica di senso. Ed è proprio Alicia a pronunciarla, porgendole una mano.

Sotto lo sguardo esterrefatto dei Dalì, ancora in ansia per il rumore esterno alla casa, le due si confrontano.

Minuti, secondi, che sembrano un’eternità.

Poi Tatiana risponde – “Se hai ricordato questo nostro rito, vuol dire che la vera Alicia c’è ancora lì dentro…” – accenna un sorriso, commuovendosi. Poi, proprio come facevano da ragazzine, le sue intrecciano la mano.

“Aiutami a ritrovare me stessa, ti prego” – le sussurra Alicia, lasciandosi andare ad un abbraccio.

“E tu non abbandonarmi più”

Un momento di pace su cui nessuno avrebbe mai scommesso, viene interrotto bruscamente dall’arrivo del medico allontanatosi poco prima.

“Ragazzi…”

“Che succede? Chi era?” – domanda Palermo.

“Venite a vedere voi stessi”

Il gruppo segue, in massa, l’uomo, rassicurato di poter varcare l’uscio non essendoci pericolo.

“Non ci credo” - esclama Stoccolma, a bocca aperta.

“Come è possibile?!” – aggiunge incredulo Helsinki.

Tatiana e Alicia, mano nella mano, si uniscono ai Dalì e appurano l’accaduto.

Spiazzate da quanto hanno di fronte agli occhi, si guardano confuse.

“Quella è…?” – cerca conferme la seconda delle Sierra.

E la ex ispettrice annuisce, mettendo ben a fuoco la persona in questione – “Sì, un punto in più per i Dalì! Hanno appena recuperato Raquel Murillo”

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Capitolo 22
*** 22 Capitolo ***


Ricapitolando…

Alicia e Tatiana chiariscono; la seconda rivela un segreto del suo passato che permette la riappacificazione.

Intanto Lisbona è condotta, da chissà chi, al nascondiglio dei Dalì…

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Vedere Raquel Murillo, sana e salva, finalmente tra loro, come fosse un miracolo, è, per i Dalì, la speranza di poter vincere quella che è, a tutti gli effetti, una guerra.

“Lisbona” – esclama, emozionata, Stoccolma correndole incontro, liberandola della benda sugli occhi.

Tutti gli altri la circondano, aiutandola a svincolarsi dalle corde e la rassicurano di essere al sicuro, con i suoi amici.

“Muovetevi, controllate i dintorni, magari troviamo chi l’ha lasciata qui”-  ordina Palermo ai serbi che non esitano ad eseguire.

“Non ci credo! Cosa è successo? Pensavo volessero farmi del male…” – ripete, spaesata, la ex ispettrice.

“Non sappiamo chi fossero quei tizi, non abbiamo visto i loro volti perché sono andati via in un battibaleno” – spiega Denver, mai così contento di vedere la compagna del Professore.

Confusa, spiazzata, ma con il cuore a mille, la Murillo si accascia sulle ginocchia, liberandosi della tensione accumulata, specialmente nelle ultime ore, e riceve tutto l’affetto e la premura dei suoi compagni.

“Piangi, piangi pure, amica! Ti può fare solo che bene” – le sorride Monica, stringendole una mano con forza.

Non riesce a non sentirsi in forte sintonia con Raquel, che, proprio come fece lei due anni prima, cambiò fazione innamorandosi di un membro della Banda.

Nessuno come la Murillo può capire cosa significa essere da un lato, avere una vita impostata in una data maniera, e scoprire di trovarsi nel posto sbagliato.

 

Le due sorelle Sierra, intanto, rimaste all’interno dell’abitazione, sono sedute, una accanto all’altra, e si tengono per mano. Stanno riscoprendo un affetto mai assopitosi, e la rivelazione di Tatiana circa il passato doloroso vissuto ai tempi del Conservatorio, è stata la luce necessaria ad Alicia per dare nuovo ordine alle sue priorità di vita.

“Non tocchiamo più quest’argomento, ti supplico!” – la prega la minore, dopo averla udita ripetere come mai non le chiese aiuto in quei giorni.

“Come preferisci, sappi che adesso che abbiamo chiarito, non ci separerà niente e nessuno”

“Se non fosse stato per Berlino, il fratello di Sergio, non so che fine avrei fatto. Perciò, Alicia, fidati… il professore non è il cattivo della storia. E non ha nulla a che fare con la morte di Anita”

“Già, comincio a capirlo…” – aggiunge la maggiore, amareggiata per i precedenti avvenimenti che l’hanno vista fronteggiare vergognosamente la banda del Marquina.

In quei minuti, il vociare della banda, di rientro in casa, le zittisce.

Le due ex ispettrici, di trovano una di fronte all’altra.

La Sierra si mette in piedi pronta ad un confronto, per quanto possibile, pacifico. L’ha promesso a sua sorella. Nessuna ulteriore tensione…prima risolvono la questione, prima lasceranno Madrid, prima ricominceranno a vivere sul serio.

“Cosa ci fai tu qui?” – domanda lecita da parte della Murillo.

“Ciao Raquel, è bello rivederti”

Lisbona, però, non abbassa la guardia, e continua a fissare stranita la vecchia amica.

Gli occhi perplessi della donna si posano immediatamente sui compagni. È Palermo a darle spiegazioni – “E’ dei nostri, per il momento”

“Dei nostri? Scherzate?” – replica lei.

“Sotterriamo l’ascia di guerra…temporaneamente… ti va?”

Alicia le porge la mano, attendendo di sigillare la tregua.

“L’ultima volta che abbiamo contrattato un armistizio, Nairobi è stata sparata…ed io ero costretta nella tenda e ricattata da te! Sei poco credibile”

Precisa Raquel.

“Ascolta” – precisa la Sierra, avanzando verso la ex collega – “Avrei potuto denunciarvi, mandare qui una volante della polizia, contattare quella merda di Tamayo…non l’ho fatto”

“Beh, questo perché, ti ricordo…sei ricercata anche tu” - commenta Lisbona.

“Amica mia, per favore, evita discussioni. Ce ne sono state già in abbondanza. Mettiamoci all’opera e salviamo Sergio” – la supplica Palermo, intervenendo per porre fine al confronto.

“Martin ha ragione” – aggiunge Tatiana – “Stiamo perdendo solo del tempo utile”

Sapere l’uomo che ama in pericolo è la sola motivazione che spinge la neoarrivata a cedere.

“Va bene, sia chiara una cosa però” – precisa – “Una mossa sbagliata e vedrai di cosa sono davvero capace”

Il tono deciso, freddo, quasi minaccioso, della donna del professore spiazza tutti.

Poi, decisa a sorvolare sulla presenza della collega, Lisbona chiede dei pezzi mancanti.

“Come sta Nairobi?”

“E’ con Tokyo. Era molto scossa sapendo qui la Sierra” – spiega Stoccolma.

“Immagino, ha le sue buone motivazioni”

“Come ci muoviamo? Ora che tu sei qui, il solo da liberare è il Prof” – aggiunge Rio.

“Innanzitutto vorrei capire chi è stato a condurmi qui, offrendomi la salvezza”

“Forse Sergio aveva qualche carta nella manica” – sostiene Denver.

“Non vorrei fosse una tattica del nemico” – è il timore di Helsinki.

“In che senso?” – domanda, confusa, Manila.

“Se avessero fatto credere noi che Lisbona salva ma si organizzano per arrivare qui e catturarci tutti?”

“No, dubito! Prieto e Tamayo non sono così svegli” – interviene Alicia, avanzando verso il gruppo, con le braccia conserte e l’aria pensierosa.

“La mente astuta della polizia ero io, non quei due rammolliti. Penso, piuttosto, ci sia un traditore tra loro”

“Antoñanzas?” – avanza la sua idea Marsiglia.

La Sierra scuote il capo, poi punta gli occhi su Raquel – “Forse ho capito chi potrebbe aver architettato un piano perfetto, regalandoti la libertà”

“Chi?” – chiede Stoccolma.

“Pensaci bene” – dice la rossa, rivolgendosi proprio alla Murillo – “Tra quella gente, c’è qualcuno che tiene a te, probabilmente troppo, che sarebbe pronto a offrirti la salvezza andando contro il suo distintivo”

“No, non può essere” – esclama la donna del professore, intuendo il soggetto in questione.

“Si può sapere di chi parlate?” – sbotta Denver.

“Angel!” – risponde Lisbona, osservando Alicia annuire, decisa.

“Cazzo, non farebbe una piega. Lui è così innamorato al punto tale da mandare a puttane il lavoro della polizia!” – Palermo è convinto della teoria della Sierra e l’appoggia a pieno.

“Beh…appurato ciò, come ci muoviamo adesso?” – aggiunge Rio, voglioso di chiudere quanto prima la vicenda, fissando, rancoroso, la ispettrice che l’ha torturato per mesi.

“Se Angel li ha traditi una volta, per tutelare Raquel, potrebbe farlo di nuovo. Mettersi in contatto con lui, portarlo dalla nostra parte, e che agisca da spia può tornarci utile” – riflette la Sierra ad alta voce.

“Mission impossible, allora!” – esclama, rassegnato, Denver, consapevole che è realmente una soluzione inattuabile.

“Va’ trovato il giusto escamotage…” – riflette Alicia ad alta voce.

Lisbona osserva la ex collega totalmente concentrata sulle mosse da compiere che capisce quanto il suo intervento possa essere rilevante.

“Alicia ha ragione, diamoci una mossa. Entro 24 ore voglio essere su una nave, diretta verso la salvezza… e con Sergio al mio fianco!” – conclude Lisbona, prendendo definitivamente il controllo della situazione, sotto lo sguardo compiaciuto di Sierra che sente riconosciuto il suo operato da quella che tempo addietro era una sua amica.

Sotterrata l’ascia di guerra, le due ex ispettrici sono pronte a collaborare.

Ma c’è qualcuno, decisamente giù di tono, che non riesce a rilassarsi e riunirsi con il gruppo.

Nairobi si è isolata, con Tokyo, nel cucinino e, assieme all’amica, ha sbollito la rabbia.

Accettare la presenza tra i Dalì di chi ha tentato di eliminarla, di chi ha recato male a Rio, di chi ha usato Axel per i propri scopi, di chi ha minacciato e torturato il Professore, di chi le ha sbattuto in faccia la vicenda di German, è decisamente difficile per lei.

E Silene è dello stesso parere.

“Costringerci a collaborare, ad agire fianco a fianco ad Alicia, è una vera e propria beffa. Non so se ridere o meno di questo” – commenta la Olivera.

“Passo sopra la faccenda del mio ex, nonché suo defunto marito, però… non posso tollerare, non riesco a farlo, è più forte di me, che abbia sfruttato un bambino per ferirmi e vendicarsi”

“Palermo è il capo, al momento. Non c’è neanche Raquel che, probabilmente, ci potrebbe spalleggiare…cosa facciamo? Un ennesimo colpo di Stato?” – chiede Tokyo alla gitana.

“Direi anche basta. Non ho neanche le forze per reagire. Né fisicamente, né emotivamente” – sostiene Agata, volgendo gli occhi alla finestra aperta.

Punta lo sguardo sull’esterno, un paesaggio incontaminato, bello, pulito, che alleggerisce la sua anima.

Ripensa a quando, per la prima volta, portò il piccolo Axel in una campagna poco distante il loro barrio. Il piccolo, di appena un anno, era euforico di fronte a tanto verde.

Una lacrima scivola, involontariamente, lungo la guancia della zingara.

“Che ti prende? Non piangere per Sierra, non ne vale la pena” – Silene si accorge subito di tale dettaglio e, senza esitare, si inginocchia di fronte all’amica, seduta a sua volta su una vecchia sedia di paglia. Le prende le mani e le avvolge alle sue.

“Forse ho la soluzione al nostro problema, sorella mia” – le dice poi – “Mostrarci forti, e decisamente menefreghiste nei confronti di chi vuole solo farci male, è l’arma vincente. Se diamo l’idea che la sua presenza non ci tocca minimamente, lei capirà che qualsiasi cosa farà o dirà sarà di scarso valore. La nostra forza sarà la sua debolezza. Pensa a cosa starà passando Rio in questo momento. È un esempio di tempra da imitare. Facciamo come lui”

Nairobi sorride di fronte alla saggezza di Tokyo – “Hai ragione. Faremo così. Ma tu, ti prego, restami accanto. Se mi vedi tentennare e cedere, sorreggimi…”

“Non ti lascerò, amica! MAI”

Si abbracciano, lasciando andare il rancore. Eppure nella memoria della gitana scorrono ancora quei ricordi di una giornata in campagna. E la vocina di Axel, talmente dolce e innocente, che riecheggia nelle sue orecchie è struggente.

Proprio in tale istante scoppia a piangere, stringendo a sé, con forza, il corpo esile della compagna d’avventura.

E Silene non parla, si limita ad essere la sua spalla.

Mentre singhiozza, la Jimenez libera il cuore dal peso dei ricordi – “Era un luogo come questo… era un paradiso dove saremmo potuti rimanere a vita…”

“Di cosa parli?”

“Ho intenzione di prendermi il mio bambino e vivere in un posto lontano dal caos della città, lontano da ogni pericolo, immerso nel verde, in un paesaggio come questo che vedo dalla finestra…” – le indica la campagna adiacente all’abitazione in cui si trovano.

“Sicura? Qui, le possibilità sono scarse…”

“Possibilità per cosa? a me basta essere felice, avere accanto chi amo, e goderne a pieno. Tutto il resto è secondario”

In tale istante, dei passi ben riconoscibili all’orecchio di Agata, interrompono la conversazione.

Le due si voltano.

“Bogotà” – esclama la gitana, asciugandosi il viso bagnato di lacrime.

Il saldatore, affranto nel vederla tanto triste, le si avvicina e si sostituisce a Tokyo.

La giovane, infatti, dà modo alla coppia di sostenersi in intimità.

Lascia la cucina e si riunisce ai Dalì.

I due innamorati, invece, non hanno bisogno di parlare. I loro occhi comunicano in silenzio.

“Scommetto che Sierra non ha esitato a ferirti, rivelandoti di German, vero?” – Nairobi intuisce subito, dallo sguardo spento del saldatore, che qualcosa lo ha turbato oltremodo.

“Mi capisci al volo, ormai”

“Funziona così tra anime gemelle, sai?” – precisa lei, guardandolo con la solita dolcezza.

Lui ricambia con una carezza delicata e un successivo bacio a stampo.

“Come ti senti?” – le domanda, già conscio della risposta.

“Adesso va meglio”

“Quanto durerà?”

“Cosa?”

“Questo tuo “stare meglio!”… scommetto che appena ti ritrovi faccia a faccia con Alicia, potresti ripiombare nella disperazione”

“Non ci voglio pensare più. Mi mostrerò forte, l’ho sempre fatto. Adesso ho ceduto perché è stato toccato il mio punto debole. Però, è da tutta la vita che mostro il mio essere leonessa, nonostante, spesso, morissi dentro. Lo farò anche ora!”

“Fingere non ti farà stare meglio, amore mio” – amareggiato nel dirglielo, Bogotà non esita a farlo.

“Lo so, ma ho poche scelte. Anche Rio soffre della presenza della ispettrice. Quel ragazzo ha patito le peggiori torture, eppure adesso è lì… tra gli altri, e partecipa al piano… sapendo Alicia a pochi passi. Ho molto da apprendere dal suo coraggio. Farò esattamente come lui” – ricordandosi di quanto consigliato da Tokyo, Nairobi fa sua quella stessa tesi.

Ciò riesce a convincere il suo compagno della volontà di non ritrarsi, di non abbandonarsi al dolore.

Certo, soffrirà…ma fingerà di non farlo!

“Non esiste arma migliore dell’indifferenza” – continua a spiegare.

“Sei la persona più in gamba che abbia mai conosciuto in vita mia, Nairo”

La gitana ha proprio bisogno di quella dose di autostima e in risposta lo bacia di nuovo, approfondendo quel semplice sfiorarsi di labbra come solo lei sa fare.

“Stavolta non c’è pericolo che l’ascensore esploda o si blocchi… potrei continuare a baciarti fino a perdere il respiro” – confessa Bogotà, arrossendo.

“E allora fallo” – continua Nairobi, tirandolo a se, assaporando ogni sensazione del suo corpo, al massimo livello.

È la voce di Raquel, ben udibile dai corridoi, a interrompere quella magia.

“Aspetta…” – si blocca Agata – “..ma questa è…?”

“Già! Non te l’ho detto ma… Lisbona è salva ed è qui con noi”

Quella rivelazione è finalmente una notizia buona che tranquillizza la Jimenez.

“Con lei qui, Sierra ha poco spazio. Andiamo, voglio salutarla. Mai come in questo momento sento che la sua presenza è essenziale al mio benessere” – preso per mano il compagno, si accinge ad uscire per raggiungere i Dalì.

“Ti amo” – sussurra l’uomo, per farle forza, quando sono a pochi passi dal gruppo.

“Nairo” – esclama la fidanzata del Professore, riconoscendo la gitana.

Tutti si voltano verso Nairobi che, lentamente, si avvicina, ignorando volutamente Alicia Sierra, posta proprio di fianco a Raquel.

“So quanto è dura per te, e te ne sono grata. Sei qui, nonostante tutto, per il bene di Sergio”

“Lui mi ha regalato una nuova vita. Gli devo ogni briciolo di ritrovata felicità” – confessa Agata – “E poi…siamo una famiglia. E la famiglia non si abbandona!”

“Mai” – risponde commossa la Murillo.

L’abbraccio tra le due donne è sigillato da un applauso del gruppo, inclusa Tatiana emozionata.

Alicia, invece, non proferisce parola.

Approfittando della scarsa considerazione nei suoi riguardi, si allontana.

Raggiunge l’esterno dell’abitazione, standosene da sola con i suoi numerosi pensieri.

Quanto della sua vita è cambiato nelle ultime ore.

Dalla rapina, al tradimento dei suoi collaboratori, al parto, alla ritrovata sorella di cui ha scoperto un passato orribile, e ora… ora è con i Dalì…con i nemici numero uno.

Nemici divenuti nel giro di poco i perfetti alleati per la sua rinascita.

“Cosa fai qui?” – le chiede una voce alle sue spalle, comparsa all’improvviso.

“Tati, torna dentro con gli altri. Hanno bisogno di te” – le risponde, concentrata ad ammirare la bellezza e il canto della natura circostante.

“Hanno bisogno anche di te!” – precisa la seconda delle Sierra.

Quell’affermazione fa ridere la grande, che fatica a condividere tale parere.

“Sono stata una merda con tutta quella gente!” – confessa la ex ispettrice, amareggiata, riconoscendo la responsabilità di quanto accaduto – “Come potrebbero avere bisogno di me”

“Ehi, non dirmi che ti stai tirando indietro? perché? Fino a poco fa eri spalla a spalla con Lisbona!”

“Ho visto il viso di Nairobi. Con quanta indifferenza mi ha trattata. E la rabbia di Rio. Il disprezzo di Tokyo e Bogotà… percepisco tutto ciò. Ma non voglio giustificarmi, sono cosciente che me lo merito”

“Sorellina, non temere. Stai tornando la Alicia di un tempo. Quella di qualche ora fa, non avrebbe mai riconosciuto di avere delle colpe. Sii fiduciosa. Io sono qui e ti darò una mano. Ma un primo passo è quello di chiedere perdono. Loro adesso ti vedono come la cattiva. Dà prova che stai cambiando. Apri il tuo cuore ai Dalì e mostragli quanto di bello hai da offrire”

“Non ho nulla di bello dentro. Sono una figlia di puttana che non ha esitato a torturare, a sparare sfruttando debolezze degli avversari. Quale mostro arriverebbe addirittura ad abbandonare il sangue del suo sangue?”

Il richiamo alla piccola Anita è un segnale positivo per Tatiana. Finalmente Alicia riconosce la presenza della neonata nella sua vita.

“Devi perdonare te stessa e per farlo bisogna prima chiedere perdono a chi lo merita. Per quanto riguarda Anita, stai tranquilla. Quella bambina conoscerà il lato bello della sua mamma quanto prima! Avrai modo di redimerti anche con lei”

“L’ho abbandonata. Antoñanzas l’ha consegnata a non so chi. Non ho voluto saperlo, per me era un peso di cui liberarmi”

“Io ho i miei giri, sorellina! Anita tornerà tra noi. Presto la riabbraccerai. Adesso, però, torniamo dentro. Bisogna salvare il professore. Questo è il primo segnale che dimostrerà ai Dalì le tue buone intenzioni” – le porge una mano ed Alicia, forte della vicinanza della consanguinea, la afferra camminando fianco a fianco fino a raggiungere il gruppo.

 

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Capitolo 23
*** 23 Capitolo ***


Angel Rubio ha sempre considerato il suo lavoro una vera missione; difendere il suo paese, la sua gente, da soprusi, inganni, pericoli di qualsiasi tipo, è il minimo che è chiamato a svolgere in nome del suo distintivo.

E negli anni di lunga carriera non si è mai tirato indietro davanti a niente e nessuno. Ligio al suo dovere non avrebbe mai pensato che, un giorno, sarebbe accaduto l’inimmaginabile.

Sergio è in auto, diretto al carcere. La partenza è stata ritardata da inconvenienti voluti, coscientemente, dallo stesso Angel per dar modo alla volante, con a bordo Raquel, di poter fare il suo dovere. E mentre lo osserva, ammanettato, a capo chino, debole ed esausto, Rubio riconosce che salvare Raquel dallo stesso destino del Professore sia stata la mossa migliore.

Nella sua mente si fanno strada solo risposte positive: innanzitutto, la donna di cui è innamorato da anni potrebbe fuggire, e soprattutto nessuno della Polizia avrebbe mai potuto sospettare della talpa identificandola in lui.

Così facendo ha preso due piccioni con una fava.

“Ehi, amico, mi hai sentito?” – lo scuote Suarez, dopo averlo chiamato più volte, da lontano, senza ricevere risposta.

“Come?” – esclama Rubio, tornando con i piedi per terra.

“Cosa ti prende? Sembri pensieroso…forse troppo”

“Nulla, è che mi pare strano sia finito tutto così…facilmente” – finge, trovando la giusta scusa.

“Beh…è di questo che volevo parlarti. Confesso che la cosa mi puzza”

“Ehm…in che senso?” -  deglutisce Angel, spiazzato da tale osservazione.

“Sono sicurissimo che quei pagliacci con la maschera, adesso, tenteranno di liberare la Murillo e il loro amato beniamino” – commenta il poliziotto, arricciando il naso, alquanto disprezzante verso di Dalì – “Il colonnello li ha lasciati andare, non considerando la conseguenza più certa che può verificarsi”

“Già! Lo temo anch’io, Suarez”

“Cosa facciamo allora? Aspettiamo che ci sia l’ennesima rapina e che stavolta la Banda del Professore orchestri altro per liberarlo insieme alla sua compagna?”

“Beh…senza ordini dall’alto, non possiamo decidere niente. E comunque… sì, i rapinatori rivendicheranno la libertà del loro capo, però…pensaci, senza di lui non saprebbero organizzare l’ennesimo attacco. Era Sergio la mente. E senza il suo genio, quei Dalì non hanno chance”

“Esattamente” – la voce alle loro spalle, che ha ben udito le considerazioni dei due polizotti, dà conferma delle parole di Rubio.

“Colonnello Prieto, è questo il motivo allora?” – domanda Suarez al superiore.

L’uomo, mai tranquillo come in quel momento, con il petto gonfio d’orgoglio per la vittoria, e fiero di avere tra le mani l’uomo più ricercato degli ultimi anni, conforta gli altri due – “Alla Spagna piacciono quegli idioti con la tuta rossa. Saperli in vita e lontani, potrebbe essere un vantaggio per noi. Non passiamo da cattivi. Anzi. Abbiamo ripreso l’oro nazionale, catturando chi voleva strapparlo e privare il Paese della sua sola fonte di ricchezza, e quella specie di mascotte umane sono sane e salve. Nessun morto, ma con la giustizia compiuta!”

“E come la mettiamo con tutte le accuse contro polizia, servizi segreti, e il resto? Le torture denunciate…Sierra in fuga… questo come lo fronteggeremo?” – chiede Angel, confuso.

“Alicia è la prossima che finirà nella stessa cella della Murillo, fidatevi. Quella serpe in seno a breve sarà fuori dai piedi.”

“Non sappiamo neppure dove si trovi”

“Calma, Suarez! Questione di tempo e sarà lei a consegnarsi a noi”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Beh… ho i miei informatori. So che ha dato alla luce una bambina e presto quella bambina sarà l’arma per colpirla”

“Come fece lei con la Dalì utilizzando il peluche? Ti servirai delle sue stesse tattiche?”

Prieto solleva un sopracciglio e con fare beffardo ridacchia – “Non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te. Dico bene?”

Senza aggiungere altro, il colonnello si avvia alla volante con cui accompagnerà Sergio in carcere. Ha tutta l’intenzione di godere, assieme a Tamayo, dell’ingresso del Professore in quel posto, vedendolo finalmente dietro le sbarre.

“Andiamo, amico. Quella dietro l’auto del colonnello è la nostra” – dice Suarez, avviandosi.

Angel lo segue seppure agitato. Sentire le dichiarazioni di Prieto l’hanno decisamente destabilizzato.

Chi può aver mai riferito tale dettaglio alle autorità, tradendo Alicia Sierra?

 

E proprio quest’ultima, forte del sostengo di sua sorella, decide di pulirsi definitivamente la coscienza affrontando uno per uno i Dalì a cui recò male.

Intenzionata a confrontarsi con il giovane Rio, che patì le peggiori torture, si avvia nella stanza adibita a classe, su modello di quella progettata da Sergio durante l’addestramento al Monastero.

“Ehm… Rio non c’è?” – chiede, notando solo la presenza delle donne.

“No” – risponde secca e decisa Tokyo non volgendo neppure lo sguardo sulla ex ispettrice.

“Lo stavo cercando per…”
“Per fargli cosa? grandissima figlia di puttana!” – sbotta Silene, trattenuta subito dopo dalle amiche.

Raquel in primis giustifica la reazione della compagna di squadra, però ha compreso il senso di quella collaborazione temporanea – “Tokyo, calmati. Non serve alimentare astio. Dobbiamo salvare il Professore, ricordi?” – le sussurra, mentre Stoccolma la frena mantenendola per un braccio.

Nairobi, invece, dopo aver mandato giù quel boccone amaro, ovvero la scelta di gruppo di tenere lì l’artefice della sua quasi morte, mostra apparente freddezza.

I suoi occhi sono velati di tristezza e fissano la rossa; il suo respiro fuoriesce a fatica, sembra essersi bloccato.

È decisamente una statua di ghiaccio umana.

“Me ne vado” – dice Alicia, non ribellandosi, ma ritenendo giuste le cattiverie contro di lei e la rabbia generale.

“Aspetta!” – la trattiene Agata, spiazzando tutte le presenti.

Si mette in piedi e, seppure a passo lento e affaticato, le va incontro.

Le due si trovano faccia a faccia, una impassibile nel suo dolore, l’altra con il capo basso di chi sa di aver sbagliato e merita la punizione.

“Nairobi…io…” – comincia la donna più adulta.

“Zitta! Fammi parlare perché non so quanto potrò ancora reggere nel non prenderti a parolacce” – interviene la zingara, tenendo una precauzionale distanza fisica.

“Lasciala perdere, non ne vale la pena, amica mia” – le dice Tokyo.

“Invece sì, ne vale la pena. Vale la pena affrontarsi definitivamente e chiudere questo capitolo. Perché io non ne posso più. Tu non immagini cosa abbia significato per me vivere senza Axel per tutti questi anni. Sono rimasta incinta perché…” – trattiene le lacrime, prende fiato, tenendosi con una mano la ferita che pulsa – “ … perché German mi ha fatto credere di volere un futuro insieme. Mi ha promesso che ci saremmo sposati. Che mi avrebbe portata via da quel quartiere di merda dove abitavo con mia madre. Invece sai che ha fatto? Appena gli ho detto del bambino, mi ha mollata. Ha detto che doveva sposarsi…. Con un’altra… indovina con chi?!”

“German? Ma… aspettate… volete dire…” – non al corrente, Raquel sobbalza di fronte alla rivelazione.

“Sì, mio marito” – risponde Alicia, amareggiata.

“Cazzo!” – esclama scioccata la Murillo. Conosceva il consorte di Sierra e mai avrebbe immaginato potesse essere uno sciupafemmine.

“Ho cresciuto Axel da sola, contro tutto e tutti. Mi è stato tolto nella maniera peggiore”

“Non ti fa bene ricordarlo, non sei nelle condizioni per sostenere tanto dolore. Smettila, Nairo” – la supplica, preoccupata, Stoccolma.

Segue qualche secondo di silenzio. La Jimenez stringe i pugni e china il capo, intenzionata a darsi tempo per metabolizzare tali sensazioni e riprendere il discorso.

È la Sierra però ad intervenire adesso.

“Credi sia stato facile per me? Io ero follemente innamorata di German. Quando ci siamo sposati eravamo così giovani e ingenui. Non avrei mai immaginato che il sabato sera andava nei locali per intrattenersi con altre donne. Quello che ha fatto a te, l’ha fatto anche alla sottoscritta. Mi ha usata. Ero la sua mogliettina, la sua vita apparente. Ero il trofeo da mostrare alle cene con i colleghi; ero la donna che gli scaldava il letto la sera; quella che cucinava e gli stirava le camicie…non credi sia stato umiliante?”

Tatiana, rimasta in disparte, ascolta con il magone la sofferenza di sua sorella maggiore, rendendosi conto di quanto, negli anni di distacco, abbia patito l’assenza della famiglia.

“Io avevo solo lui, e un grosso desiderio di vendicare Anita, quella sorellina minore che mi fu strappata ingiustamente”

“Sei sicura di essere tanto diversa dal tuo maritino? Perché hai usato tattiche di pessimo gusto per ferirci. Prima con il mio ragazzo, poi con la mia migliore amica, e perfino con il Professore” – aggiunge Silene, entrando nel discorso.

“Tutto quello che ho fatto l’ho fatto perché avevo perduto la mia umanità. La scomparsa prematura di Anita è stata un inferno. Non riuscivo ad appigliarmi a nessuno; solo German, con cui condividevo lo stesso ufficio, in Polizia, riuscì a farmi sentire amata. Peccato che fu un’illusione. E tenne il segreto delle sue relazioni fino a quando non fu identificata una tale Nairobi con il nome di Agata Jimenez”

La gitana solleva gli occhi, incrociando quelli spenti della Sierra.

“Divenni in un battibaleno invisibile per lui. Già lo ero, ovvio. Ma Nairobi divenne la sua fissazione. Ho scoperto che tu eri la sua amante e la rabbia arrivò alle stelle. Ero incinta e fu un colpo al cuore. Ti giuro che avrei preferito morire al posto suo. Tutta la mia vita era stata una menzogna. Una beffa del destino che continuava a prendersi gioco di me, strappandomi via ogni forma d’amore e di felicità”

“Così hai pensato bene di distrarti concentrandoti sul caso dei Dalì, vero?” – domanda Monica, timidamente.

“Siete diventati subito la mia missione primaria. Volevo prendermi la mia rivincita sulla vita di merda che il fato mi aveva imposto. Mi convinsi fosse Sergio la causa della morte di Anita… perciò divenne il bersaglio da eliminare…
“Che cosa? Ma ti rendi conto che è folle? Come poteva, il mio compagno, aver eliminato tua sorella?” – esclama, scioccata, e a tratti irritata, Lisbona.

“Colpa della mancata lucidità, Raquel. Te ne sarai resa conto durante l’interrogatorio nella tenda”

“Già, mi hai minacciata usando Paula e mia madre”

“Cazzo, a quanto pare ti diverte sfruttare i punti deboli delle tue rivali…specialmente se i punti deboli sono i figli” – commenta, esterrefatta, Agata.

“So di aver sbagliato. Volevo punire Sergio, servendomi di Raquel…e colpire te per vendicarmi di German. Ho fatto tante cazzate. Non me le perdonerò mai. E quella più grossa è stata dare via la mia bambina”

“Non è facile dire addio a un bebè” – precisa la Jimenez.

“Me ne rendo conto solo adesso. Non so se sarò in grado di essere una buona mamma”

“Nessuna ha questa certezza. Non l’avevo io a soli ventiquattro anni, non ne aveva Raquel quando è nata Paula. Né Stoccolma quando ha messo al mondo Cincinnati” – aggiunge ancora la gitana.

“Prova ad immaginare quanto possa far male rivedere il proprio figlio, dopo sei anni, sentire la sua voce tramite un telefonino, guardarlo da una finestra, faticando a metterlo a fuoco come vorresti… poter sapere com’è diventato, quali sono i suoi sogni futuri… se ha lo stesso sorriso, e quei capelli ricci come li aveva da piccolo… sono cose che toccano l’anima e ti devastano”

“Mi dispiace” – continua a ripetere Alicia.

“Pensi di aver superato, in fondo, quella sofferenza, quel distacco. Poi, un giorno, una pazza sceglie di colpirti, distruggendoti dall’interno. Calpestando e martoriando il tuo cuore. Ti ricorda la merda di vita che hai fatto, e il male che hai recato al tuo bambino…ti sbatte in faccia la realtà ricordandoti che Axel c’è…che Axel esiste e che è lì, a pochi passi da te… usa il tuo essere mamma per vincere una guerra…una guerra dove, adesso, combatte sull’altro fronte…” – lo sfogo, doloroso, di Nairobi, fatto di sospiri, singhiozzi, batticuore, sudorazione, fatto di un miscuglio di emozioni, arriva diretto alla coscienza dell’ex ispettrice.

Quest’ultima, di fronte al male che le ha recato, non trova opzione se non quella di supplicare il suo perdono e farle una promessa – “Capirò se non vorrai mai perdonarmi, in fondo non siamo obbligate a diventare amiche. Anzi. Siamo solo persone costrette a collaborare per salvarsi il culo da una situazione scomoda. Però, ti prometto, quando tutto questo finirà, io ti darò i contatti necessari per arrivare da Axel. Io so dov’è, conosco i genitori adottivi, loro stessi me l’hanno portato quel dannato giorno dello sparo”
“Cosa me ne potrei fare di quei contatti? Sarei una fuggitiva, se mi facessi trovare, quella gente contatterebbe le autorità e finirei in prigione…di nuovo”

“Proprio per questo, la guerra contro Tamayo e Prieto dovrà avere un finale preciso”

“Cioè?” – domanda Lisbona, studiando le espressioni della Sierra.

Alicia, alquanto affrante, e ancora sconvolta nella sua disperazione, trova le forze per dire – “La sola nostra salvezza, non appena avremo il Professore qui con noi, è fingerci morti. Dei morti non sono più ricercati”

“Cazzo, e come facciamo a spacciarci per morti? Senza cadaveri, la Polizia non lo crederà mai” – sostiene Tokyo.

“Entro in gioco io” – interviene Tatiana – “Mi presenterò come giornalista, arriverò ad Angel. A quel punto, sarà lui a lavorare per noi dall’interno”

“Come puoi essere certa che lo farà?”

“Ha già tradito il suo gruppo per amore. Se si tratta di salvare Raquel un’altra volta, è certo…non si tirerà indietro!”

Tatiana ne è convinta; un po' meno le altre Dalì.

“Non ho ancora capito il senso di Angel nella faccenda della nostra presunta morte” – sottolinea Silene, confusa.

E così, mentre la seconda delle sorelle Sierra racconta un’ipotesi d’azione, discussa già con il resto della Banda, Alicia si siede di fianco ad Agata.

La gitana, silenziosa, fissa il vuoto.

“Axel è un bambino molto intelligente. E ti somiglia tantissimo. Non ha nulla a che fare con German, sappilo” – attacca bottone tirando in ballo il bambino.
“Per fortuna” – commenta la Jimenez.

“Riavrai tuo figlio. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia…”

Nairobi solleva gli occhi, spostandoli sulla donna dall’aria decisamente ostinata.

E dopo essersi risposte con un accenno di sorriso reciproco, è proprio la Dalì a proporre

“Tregua?”

Alicia la guarda, sconvolta, e incredula.

“Dici sul serio?”

“Odiarti non mi fa stare meglio. Portarti rancore non mi dà benessere…in cambio va solo ad alimentare le mie frustrazioni. Quindi, ho deciso così… chiudiamo per sempre la parentesi German! Ti va? Il resto tenteremo di superarlo un passo alla volta.”

“Assolutamente sì. Abbiamo un destino in comune, Agata. Stesso uomo, dei figli che sono lontani, e che dobbiamo recuperare. E lottiamo contro lo stesso nemico. È bene allearsi per quanto possibile. L’unione fa la forza”

Sotto lo sguardo sbalordito delle amiche, la gitana afferra la mano della Sierra e la stringe alla sua, sancendo un vero e proprio patto.

“Sono molto fiera di te, sorellona” – sussurra Tatiana ad Alicia poco dopo, quando si complimenta per il comportamento avuto con Nairobi.

Nel mentre, Tokyo, Lisbona e Stoccolma si preoccupano per la loro di amica.

“Sicura di farlo perché lo vuoi? Mica ti sei sentita forzata?”

“No, Toky. Ho sentito che era la cosa giusta da fare. Basta odio. Dobbiamo salvare il professore. È questa la priorità. Tutto il resto va messo da parte. E poi…prima lo faremo, prima andremo via da qui, prima torneremo a vivere in santa pace”

“Hai ragione, sei una donna dal cuore enorme” – le dice la Murillo, unendosi in un abbraccio di gruppo.

Le quattro, perni della banda dei Dalì, sotterrano l’ascia di guerra contro Alicia Sierra, decise più che mai a mettere la parola fine al passato e giungere alla vittoria rapidamente.

Tutte assieme raggiungono il salotto, dove gli uomini approfittano per mangiare qualcosa al volo. Bogotà è il primo a notare la tranquillità tra loro e ne resta piacevolmente colpito.

Va incontro alla sua donna – “Come ti senti?”

Con lo sguardo rilassato, la gitana avvicina le sue labbra a quelle del saldatore. Lo bacia dolcemente, per accoccolarsi poi al suo petto.

“Adesso posso dirlo sul serio…mi sento finalmente bene!”

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Capitolo 24
*** 24 Capitolo ***


“E il piano sarebbe questo?” – borbotta Denver, dopo aver udito le idee di Tatiana in merito al da farsi. Idee stabilite in concomitanza con Alicia Sierra.

“Al momento è la possibilità che abbiamo per entrare in contatto con Angel Rubio” – spiega la ex ispettrice, avanzando verso la sorella, dal fondo della stanza.

Poi aggiunge – “Nessuno conosce Tatiana, nessuno la identificherebbe con i Dalì. Agli occhi della Polizia è l’ennesima giornalista che vuole lo scoop da piazzare in prima pagina sul suo giornale”

“Beh…io credo…che confidiamo troppo in ciò che potrebbe fare il tizio panzuto. Insomma… è pur sempre un nemico. E dei nemici non ci si può fidare” – puntualizza Rio, lanciando una chiara frecciata ad Alicia.

“Ha aiutato Lisbona ad essere qui, adesso. Credo che non sia a tutti gli effetti uno di loro” – aggiunge Stoccolma, ottimista e speranzosa di chiudere quanto prima la faccenda per lasciare Madrid e ricongiungersi al suo Cincinnati.

C’è fin troppa esitazione da parte dei Dalì nel mettere in atto la strategia delle sorelle Sierra.

Perfino Palermo, amico di Tatiana, è poco convinto.

“Abbiamo altra scelta? Direi di no. Dovremmo tentare” – la voce di Nairobi riecheggia nella sala, attirando su di sé l’attenzione di tutti.

“Dici sul serio? Vorresti assecondare questa pazzia?” – le sussurra all’orecchio Bogotà, alquanto sorpreso.

La gitana annuisce per tornare poi a rivolgersi agli amici – “Qualcuno di voi ha altre idee al momento?”

Il silenzio del gruppo è la risposta che dà il definitivo assenso.

“Confidiamo in te, Tatiana. Sei la nostra unica opportunità di arrivare ad Angel” – Lisbona è la più coinvolta in tale faccenda, essendo a rischio la vita e la libertà del suo compagno, e stringendo forti le mani dell’alleata si prepara alla prima mossa.

Le ore seguenti sono un continuo spiegare e rispiegare i passi da compiere; di elaborazione di strategie, di invio di uomini in varie zone di controllo, di contatto con altri membri della cerchia del Professore…. Il tutto in vista di un solo fine: la salvezza di Sergio e la fuga decisiva da Madrid.

E’ tarda sera e Nairobi è intenta ad osservare le stelle in cielo, sporgendosi alla finestra della sua stanza. Quella quiete, interrotta solo, di tanto in tanto, da passaggi di veicoli, è una cura per la sua anima affranta.

“Ehi, a cosa pensi?” – le domanda Bogotà, rientrato in camera dopo aver aiutato nella sistemazione delle stoviglie e nel riordino dell’abitazione.

“I medici mi hanno fatto l’ennesimo controllo. Sono diventata la loro cavia”

“Pazienza, amore mio. Sai che è per il tuo bene” – la conforta il saldatore, sdraiandosi sul letto, decisamente esausto fisicamente e psicologicamente.

Da quella posizione può ammirare un panorama che è molto più interessante di quello della natura.

Agata è davvero la donna più bella, dentro e fuori, con cui Bogotà abbia mai avuto a che fare.

La sua forza, la sua grinta, quella tempra da leonessa, fanno risplendere la gitana di un’aurea ipnotizzante.

“Cosa guardi?” – chiede la donna, accortasi di avere gli occhi dell’uomo addosso.

“Ehm…nulla” – dice Santiago, imbarazzato, volgendo lo sguardo altrove, mentre nella sua mente si affollano strani pensieri circa la capacità, quasi magica, della zingara, di aver captato, pur stando di spalle, che lui la stesse fissando.

Nairobi sorride e si volta verso il saldatore.

“Stai negando di non aver guardato neppure per un secondo il mio fondoschiena?”

Rosso di vergogna, come mai prima in vita sua, Lopez si trova in una situazione che avrebbe preferito evitare ma che è la palese verità.

“Ok, confesso. Scusami Nairo, è che…è che…” – afferrato un vecchio giornale posto sul comodino, il saldatore inizia a sventolarselo in faccia – “Ti trovo dannatamente bella” – pensa ma che non pronuncia ad alta voce.

Ma le gote in fiamme non mutano colore.

E così, ben che grata di suscitare in Bogotà tale eccitazione, Nairobi continua il suo gioco punzecchiante.

Adora vederlo agitarsi, riconoscendosi il merito di esserne la causa principale.

Per non pensare a quanto sta accadendo, a quanto accadutole in passato, e a quanto accadrà da lì a qualche ora, la gitana sceglie di cedere alla distrazione.

A passo lento si avvicina al letto e si siede accanto al compagno, ancora sdraiato con la rivista in mano che tenta di placare gli ardenti spiriti.

Osservandolo con un sorriso disteso e gli occhi fiammeggianti, Agata si posiziona a carponi su di lui, constatando la mancata reazione di Santiago, se non quella di avvertire il calore in eccessivo aumento.

Decisa nel sentirsi desiderata e amata, avendone prova con il comportamento di Bogotà, la falsaria non intende mollare la presa.

Si fionda con le labbra sul collo del saldatore cominciandolo a baciare con bramosità.

E dopo un iniziale autocontrollo, il noto macho spagnolo della banda, manda a puttane tutto e gode del momento.

“Cazzo, se ti avessi conosciuta tanti anni fa, forse non avrei mai avuto sette donne e sette figli. Avrei trovato te e mi saresti bastata in eterno” – confessa quando la gitana, riposandosi, si sdraia di fianco a lui.

Nairobi ride, divertita, e lusingata. Poi aggiunge – “E io avrei evitato una merda di vita”

“Abbiamo un lungo futuro davanti a noi…” – afferma Bogotà, emozionato da tali prospettive– “…e sappi che con me difficilmente ci si ferma ai baci sul collo” – è solo allora che il saldatore dimentica l’imbarazzo, l’autocontrollo, e si affida al suo lato erotico.

“Uh, beh… io ci sono. Quando vuoi… puoi darmene prova” – mordicchiandosi il labbro inferiore, e decisamente eccitata per un’intimità che da anni ha dovuto spegnere, si libera del lungo maglione bianco, prestatole dai serbi, decisamente enorme, mostrandosi in tutto il suo splendore.

Dopo un leggero verso di fastidio, scaturito dai punti e le ferite, la Jimenez si mette a nudo di fronte al suo uomo.

Il suo corpo, così sensuale, così tipicamente femminile, al contempo martoriato e frutto di eventi tragici, è pronto ad accoglierlo.

Decisa a liberarsi perfino dell’intimo che ha addosso, Nairobi si vede costretta a rallentare.

È Bogotà stesso a bloccarla.

“Io stavo giocando…certo, sono serio quando dico che andremo oltre…ma non vorrei che ti stancassi, ti sentissi poco bene, che lo vedessi come qualcosa di necessario per fidanzarsi ufficialmente. Io, nonostante ciò che si pensa e dice di me, non sono così”

“Shhh” – lo zittisce lei, avvicinandolo alle sue labbra – “So che ti ho detto di aspettare fino a quando saremo usciti di qui. Però… ho rivalutato tante cose in queste ore. Potremmo non riuscire a salvare il Professore. Potremmo rischiare la cattura. Non voglio privarmi di questa esperienza con te. Sei diventato il mio tutto, e io voglio che questo tutto ci unisca anche nell’intimità. Voglio fare l’amore con la persona che ha saputo guarire il mio cuore ferito, la persona che ha saputo toccare la mia anima con una profondità tale che non avrei immaginato possibile”

“Ti amo da impazzire, Agata Jimenez. Non sai quanto”

Lasciatosi totalmente andare, Bogotà lascia cadere qualche lacrima sul viso, manifestando la sua fragilità.

“Non avevo mai pianto per una donna”

“E le tue ex?”
“Una notte di sesso. Niente sentimenti. Non volevo coinvolgimenti con nessuna di loro”
“Come mai?”

“Per chi viene definito playboy è difficile staccarsi dalla nomea. Ho semplicemente imparato ad essere un casanova come conseguenza del pensiero della gente”

“Invece sei molto più profondo di quanto le persone pensino” – con dolcezza, la gitana gli asciuga la guancia bagnata dal pianto e gli dà modo di adagiarsi sul suo dolente petto.

Accovacciato su di lei, inebriato dal suo profumo, con sottofondo la musica del suo battito cardiaco accelerato, si sente protetto e amato.

Sdraiati a letto, così intimi e così vicini, i due vivono un momento di intensa complicità.

Nairobi, accarezzandogli i capelli, sentendosi più mamma che mai, con il capo di lui sul suo corpo, com’era solita fare con Axel piccino, intona una vecchia ninna nanna.

Una musica gitana che lascia riaffiorare lontani ricordi.

E Lopez approfitta delle emozioni che tale voce risveglia in lui.

Un momento inizialmente eccitante, di cui si poteva ipotizzare un finale sotto le lenzuola, si conclude con la magia dell’amore, di un viversi e amarsi semplicemente stando fianco a fianco, coccolandosi, consolidando un sentimento e rendendosi sempre più conto di cosa volere per il futuro.

Il silenzio che segue è accompagnato dai loro respiri lenti e pacati.

Ma all’improvviso è il rumore proveniente dalla camera di fianco a rompere l’idillio romantico.

I due scoppiano a ridere immaginando di chi si tratta.

“Tokyo e Rio non si stancano mai di scopare fino all’alba?” – pensa tra sé e sé Bogotà, limitandosi a guardare la compagna felice e spensierata.

“Vederti così, gioiosa, è un sogno che si avvera, sai?”

“Lo è anche per me. Credevo di sprofondare nella depressione più acuta. Ma mi hai salvata”

Dopo l’ennesimo sguardo che vale più di mille parole o gesti, i due riavvicinano le loro labbra.

Basta esitazioni, basta ma o perché.

Avviene tutto nel modo più naturale possibile.

Liberatisi dei loro indumenti, e coperti da un solo lenzuolo bianco, i due uniscono corpo, anima, cuore, raggiungendo l’apice del piacere, complici di essersi definitivamente scoperti, conosciuti, e innamorati.

“Non mi sono mai sentita così viva come adesso” – confessa lei, stretta tra le braccia di Santiago.

“Io non lascerei più questo letto. Sto così bene qui con te”

“Una volta lontani da qui, credo che vivremo questo stato di grazia ogni giorno”

“Wow! Beh…non potevo desiderare di meglio” – ridacchia, mordicchiandole un orecchio.

Occhi negli occhi, il saldatore e la falsaria danno conferma ai loro sentimenti…

ora sì che può davvero dirsi iniziata la loro favola d’amore.

*******************

“Buongiorno ragazzi, io sono pronta per andare” – comunica Tatiana la mattina seguente, davanti a tutti alle prese con del caffè rigenerante.

“Ehi…io ho sentito rumori strani stanotte. E non eravamo io e Tokyo” – frecciatina di Rio a Bogotà che, appiccicato a Nairobi, finge di non averlo sentito.

“Prestate attenzione” – li richiama Palermo – “Tatiana ci darà informazioni in tempo reale. Tenetevi pronti all’occorrenza”

Scrutando i passi della ex moglie di Berlino, attenta ad uscire dall’abitazione, scortata da due suoi uomini, i Dalì danno il via all’ultimo piano della loro storia come Banda: il piano Ignoto, il solo ed unico di cui le sorti restano una vera e propria incognita.

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** 25 Capitolo ***


Sergio è a due passi dal carcere maschile di Madrid, con il cuore tremante e la ormai più certa convinzione di non salvarsi da tale destino.

E così, il padre che morì sotto i suoi occhi, combattendo per degli ideali di libertà e di rivalsa sul sistema dei potenti, e lo stesso Berlino, entrambi riusciti a scampare per anni alla cattura, potranno osservarlo da lassù e piangere la sconfitta più grande della vita.

“Benvenuto all’inferno, caro il mio professorino” – ridacchia Suarez, spingendo Marquina all’ingresso.

Ad accogliere il neoarrivato sono alcune guardie e un tizio, a capo di tutto, a cui Prieto stringe la mano.

“Mi raccomando, Rostro, trattatelo come merita” – ci tiene a precisare Tamayo.

“Prenderemo le giuste accortezze con lui. Non vorremmo ideasse quale strambo piano di fuga”

Sergio, muto e abbattuto, non replica. In fondo sa di avere poche chance di scappare da quella prigionia.

Tenuto d’occhio in ogni minimo movimento, difficilmente avrebbe potuto orchestrare qualcosa.

“Vieni con noi, pagliaccio” – lo strattona una guardia. E così ha inizio per il Professore la fase di metabolizzazione della sua disfatta.

Con il pensiero sui Dalì, soprattutto sulla sua Raquel, e sulla famiglia che tanto confidava in lui e che avrebbe voluto vendicare con la vittoria sullo Stato, Marquina china il capo, e si appresta ad essere sottoposto ad ispezioni fisiche e al successivo spostamento nella cella.

“Numero 177, entra” – dice una guardia, ordinandogli di mettere piede nella nuova casa con le sbarre.

“Condividerai la prigione con gentaglia come te. Guai se fai a loro il lavaggio del cervello. Non tolleriamo troppa cultura da queste parti. La cultura apre la mente e spinge la gente a guardare e sognare oltre i propri limiti” – precisa l’uomo in divisa – “E voi che siete l’immondizia della civiltà non siete degni di fare questo” – chiude per poi dileguarsi.

Il professore, dando una rapida occhiata a due persone del tutto indifferenti al suo arrivo, sdraiate sui rispettivi lettini, si siede timidamente sul proprio, e si chiude nel fin troppo familiare, nonché preoccupante, silenzio.

***************************************

Tatiana è nei paraggi dell’area dove è certa di trovare colonnelli e scorte varie.

“Sergio, ti tireremo fuori” – dice ad alta voce, rabbrividendo di fronte al luogo che ha davanti a sé, la prigione maschile in cui il suo alleato è stato condotto.

Attende ore appostata nei parcheggi, tenendosi in contatto con i Dalì.

“Sicura che non siano già andati via? Forse stai aspettando invano lì” – le dice Palermo, constatando che il tempo d’attesa è fin troppo lungo.

“Uno dei miei due uomini è davanti il Commissariato. Mi avvisa se ha novità. Quindi, al momento, sono certa che siano ancora dentro” – sostiene la Sierra, sistemandosi il look di copertura.

E proprio quando le speranze sembrano venire meno e la preoccupazione di non riuscire nell’impresa si fa sempre più pressante, ecco comparire sull’uscio del carcere delle figure mascoline.

“Bingo” – esclama Tatiana, riconoscendo Angel assieme a Tamayo e Prieto, seguito da Suarez.

“Ciack…si gira!” – aggiunge, chiudendo temporaneamente la conversazione con i soci, correndo incontro al gruppo.

“Salve, sono una giornalista, è possibile chiedervi un’intervista?”

“Senta, abbiamo avvisato la stampa che nel primo pomeriggio terremo una conferenza. Ora siamo di fretta” – la liquida Tamayo, invitando il poliziotto alle sue spalle ad aprire l’auto ferma a pochi passi.

“Vi prego, mi licenzieranno se entro oggi non mando alla redazione il mio articolo” – li supplica.

“Ci dispiace, dica ai suoi che avranno la loro pubblicazione presto” – aggiunge Prieto, decisamente poco interessato ai fatti personali della sconosciuta.

A quel punto, Tatiana, cosciente dal principio del loro no secco, li mette di fronte ad una realtà di cui nessuno è al corrente.

Fatta eccezione per Rubio.

“Quindi non sapete dirmi nulla sulla fuga di Raquel Murillo dalla vettura che doveva condurla al carcere femminile?”

Boom… un vero e proprio shock per i due colonnelli che, spiazzati, si guardano confusi.

Uno di loro ridacchia, prendendo la giornalista per folle.

Angel impallidisce.

“Certo che voi pur di estrapolare informazioni, inventate le peggiori cose”

“Ma è vero, signori. La donna, mi pare si facesse chiamare Lisbona, è scappata. Si dice addirittura che sia lontana dalla Spagna da ore ormai”

“Senta, ci lasci andare. E se non la pianta con queste fesserie, ci vediamo costretti a farla realmente licenziare per diffusione di fake news”

“Perché non andate a controllare con i vostri occhi?” – li sfida lei.

“Prieto, ci avrebbero avvisati se la Murillo non avesse raggiunto la sede, no? direi di lasciar perdere questa pazza e andarcene” – sussurra Tamayo al collega.

Effettivamente nessuno aveva comunicato la fuga a chi di dovere, il che rende ancora più false le possibili notizie date dalla sedicente giornalista.

“Se ne vada. Arrivederci” – Prieto chiude così la conversazione.

Saliti sul mezzo, si accingono a lasciare la zona.

“Che fai? Datti una mossa, Angel. Sei sempre la solita zavorra” – brontola Tamayo, notando che Rubio è rimasto indietro.

La talpa della Polizia, infatti, è fin troppo agitata e suda freddo. A breve si saprà di Raquel e comincia a sentirsi in colpa per quanto ha fatto.

“Io ho delle commissioni da sbrigare. Ci vediamo a breve in commissariato” – così riesce a separarsi dai colleghi.

Tatiana, che assiste alla scena, soddisfatta, sa di aver colpito l’uomo raccontando tale dettaglio, e appena l’automobile sfreccia via, torna all’attacco.

“Lei non ne sa nulla?”

“Mi lasci in pace”

“Ho visto la sua faccia scioccata. Io sono una reporter molto informata”

“Le ho detto di lasciarmi in pace”

“So che tra lei e la signora Lisbona c’era qualcosa”
“Senta… la pianti o seriamente le faccio passare una notte in gattabuia!”

Affretta il passo seminando la donna. Ma questa sa come domarlo – “Angel Rubio, lei sa che io posso mandarla in carcere per aver contribuito alla liberazione di Raquel?”

Tale accusa trattiene il poliziotto che si immobilizza.

“Cosa cazzo dice?” – con voce tremante e decisamente arrabbiato, l’uomo si volta verso Tatiana – “Si può sapere cosa vuole davvero? Dubito si tratti di una banale intervista. Vuole altro. Sta cercando qualcosa dal sottoscritto, non è così?”

Con aria maliziosa, la Sierra si avvicina e, così astutamente come anche sua sorella è solita fare, lo minaccia – “Voglio che tu collabori con me”

“In cosa?”
“Nella scarcerazione di Sergio Marquina”
“Chi diamine sei tu?”

“Non deve interessarti”

“Sei una Dalì? Guarda che ho con me un paio di manette. Mando in galera anche te”

“Ok, e io svelerò ai tuoi superiori che sei la talpa che ha permesso a Lisbona di riunirsi ai suoi compagni”

“IO… NON PERMETTERO’ MAI E POI MAI CHE QUEL PROFESSORINO DEI MIEI STIVALI TORNI DA LEI…CHIARO?”

“Allora non sono stata abbastanza chiara” – alza una mano facendo uno strano gesto e in men che non si dica, un omone di grossa stazza si unisce al duo.

“Pensi di spaventarmi?”

“No, non è mia intenzione. Sono stata fin troppo delicata, in realtà”
“Mi ricatti su qualcosa di cui non hai prove”
Tatiana lo fissa inarcando il sopracciglio. Poi scoppia a ridere fragorosamente – “So come fare scacco matto, caro il mio Angel. Secondo te avrei rischiato tutto venendo qui senza avere in mano qualcosa che possa incastrarti? Sei stupido se pensi questo”

“Non mi lascio ingannare”

“Allora… mettiamo in chiaro una cosa. Io ho bisogno che tu agisca in un modo rapido e indolore, dove nessuno sospetterà di te. Farò in modo che tu ne esca pulito al cento per cento. In cambio…Sergio ritroverà la sua libertà”

“Altrimenti mi denuncerai? Mi frega poco”

“Finirai in galera, magari proprio nella stessa cella del tuo peggior nemico. Sai che sofferenza dover stare con lui 24 su 24?!”

Arrabbiato e poco restio a soccombere, Angel riprende il passo allontanandosi.

La sola mossa che potrebbe toccare il poliziotto è quella emotiva.

Perciò Tatiana opta per un argomento che da anni scuote interiormente l’ego soppresso di Angel Rubio.

“Davvero vuoi continuare a spalleggiare gente che ha compiuto azioni terribili, disposta a tutto pur di vincere, andando perfino contro la legge? Sei o non sei un vero polizotto? Di quelli che hanno scelto questo mestiere come vocazione! O sei l’ennesimo pagliaccio con un distintivo che sa vantarsi e che è buono solo a chinare il capo davanti ai suoi boss?”

“Non permetterti di parlare di me, del mio lavoro, dei miei superiori”

“Quando capirai che non ti apprezzano come meriti”

Angel è conscio che Prieto e Tamayo lo usano come burattino, non tenendo mai in considerazione il suo punto di vista, sbattendogli in faccia la sua condizione di subordinato alle loro decisioni. Per di più la donna che si finge giornalista è seriamente intenzionata a metterlo con le spalle al muro. E ci sta riuscendo. Lo fa con una tattica che lo rende inerme.

“Pensaci. Io ti sto offrendo di collaborare, recando uno sfregio a chi ti ha sempre denigrato. E in cambio… tu mantieni il tuo posto intatto e pulito. E loro finiscono nella merda più totale. Basta poco… un tuo ok e tutto andrà bene. Di me puoi fidarti. Se vorrai, poi, potrai lasciare Madrid e ricominciare una nuova vita. Sta a te decidere. Stai con me…. O contro di me?”

Voltatosi verso di lei, colpito da una triste realtà lavorativa, Rubio la fissa in silenzio.

Tatiana gli va incontro, di nuovo, e gli porge una mano.

“Allora?”

L’esitazione è molta; come è tanta la voglia di rivalsa.

In fondo, ha già tradito la sua fazione una volta. Il rischio di essere scoperto si duplica.

Ma si quadruplicherebbe la soddisfazione nel vederli perdere.

“Cosa devo fare?” – risponde lui, accettando l’accordo.

La Sierra, entusiasta, estrae dalla tasca una cimice, porgendogliela.

“Registrerai Prieto e Tamayo in ogni discussione riguardante il Professore. All’occorrenza devi essere tu ad aprire l’argomento e condurli a dire cose che non ammetterebbero mai di fronte la stampa”

“Li ricatterete con delle semplici intercettazioni?”

“Tu pensa a fare questo. Del resto ne parleremo più in là. Sappi che Raquel te ne sarà grata a vita”
“Sai dov’è?” – esclama, sorpreso, illuminandosi al solo pensiero della donna di cui è ancora innamorato.

La sorella di Alicia non risponde, si limita ad attendere una stretta di mano che sancisce l’alleanza.

E Angel idealizzando la sua vendetta personale contro i potenti, cede.

Stringe l’accordo con il nemico, timoroso e al contempo elettrizzato nel veder cadere a terra chi ha sempre sputato sul suo operato.

“Basta fare il leccapiedi. È giunto per me il momento di farmi valere come merito”

*******************************

Nel frattempo, nel nascondiglio, i Dalì sono euforici per la parziale vittoria.

Tatiana si è rivelata l’alleata perfetta; ha saputo toccare le corde giuste per condurre un fedele servitore della patria a patteggiare sul fronte opposto a quello a cui appartiene.

Riunitasi con i suoi soci, viene accolta dai complimenti di tutti.

“Sei stata fantastica, sorellina. Sono fiera di te” – la abbraccia Alicia.

“Quindi possiamo dire di avere in mano la carta vincente?!” – aggiunge, elettrizzata, Stoccolma.

“Angel collaborerà e il Professore ne uscirà sano e salvo. Sono più che ottimista” – prende parola Marsiglia.

“Non esultiamo troppo presto. Ricordiamoci che Sergio è in galera e potrebbero fargli del male. Bisogna agire, cautamente, e soprattutto, rapidamente. Potrebbe esserci qualche folle, criminale, disposto a servirsi del genio del Professore per scappare da quella fogna”

“Cazzo, non riesco a starmene qui tranquilla mentre il mio compagno rischia la pelle”

“Tranquilla, Lisbona! Appena avremo del materiale incriminante Tamayo e Prieto, tocca a noi”
“Cosa faremo di preciso?” – domanda Tokyo.

“Il mondo dovrà saperci morti. E la morte non possiamo orchestrarla senza aiuti speciali”
“Che intendi per aiuti speciali?”

“Lo capirete”

*********************************

Marquina, seduto nel giardino esterno, nel momento di uscita dei detenuti, non dà confidenza a nessuno. Isolato e accucciato su se stesso, sente di essere tornato indietro di anni, quando faticava ad aprirsi al mondo e alzava muri per non dialogare con la gente.

Assiste da lontano all’ennesima litigata tra carcerati, a calci e pugni, o a gente che ride di gusto.

Nessuno sembra dargli attenzioni e questo lo rasserena.

Gli unici che continuano a fissarlo in disparte sono i due con cui condivide la cella.

Li vede confabulare come se tramassero qualcosa, il che lo spinge a tutelarsi.

“Scusi, guardia” – chiama uno in divisa, posto a vigilare – “Non è possibile richiedere una prigione in solitudine?”

L’uomo gli ride in faccia – “E vuoi anche che ti portiamo caffelatte e biscotti al mattino? Ritieniti fortunato ad avere ancora tutti i denti a posto. Qui nessuno ha pensato di sfidare il tuo genio, sapendoti colui che ha orchestrato la rapina più eclatante della storia. Perciò non sfidare la sorte”

“La prego… i miei compagni sembrano poco tranquilli”
“Piantala, Marquina! O ti spedisco in celle peggiori di quella dove alloggi”

Ignorandolo, la guardia torna al suo dovere.

Sergio si siede nuovamente in disparte, spaventato dal rischio di ricevere minacce o percosse da chi vive in quel posto poco civile da tempo e probabilmente ha perduto ogni forma di umanità. Dopotutto sa di avere grandi doti intellettuali, ma non certo capacità di difesa fisica eccellenti. Contro omoni grandi e grossi, gli risulterebbe impossibile controbattere.

E quando li vede avanzare verso di lui, cerca di schivarli, cambiando posto, allontanandosi.

“Ehi, calma, amico. Sei uno straccio. Non avrai paura di noi?” – gli dice uno, decisamente un armadio rispetto al mingherlino Professore.

“Ehm…no, però vorrei starmene per conto mio, se non vi dispiace”
“Piantala di fare il fifone. Sei o non sei il mitico Professore? Tuo fratello ti vantava in ogni modo”

“Mi…mi…mio fratello?” – chiede, spiazzato, Marquina.

A quel punto la questione diventa interessante.

“Voi chi siete?”

“Amici di Andres. Non ti ha mai parlato di noi?”

“No” – risponde, sconvolto, Sergio.

“Bene, noi siamo Antonio e Luca Gonzales. Siamo gemelli…anche se per la stazza non si direbbe” – commenta l’altro, più esile e dallo sguardo penetrante.

“Volete che io vi aiuti ad uscire? Sappiate che mi spiano e non posso fare niente. Non contate su di me perché…”
“Calma, calma. Siamo coscienti che ti è impossibile. Piuttosto…abbiamo pensato che si può agire al contrario”

“Al contrario?”

“Sì, saremo noi il tuo braccio. Tu non puoi mettere in pratica niente. Lo faremo noi”

“Sono sorvegliato. E sicuramente lo siete anche voi, adesso che vi hanno visti parlare con me”
“Allora, preparati, perché agli occhi di tutti saremo i tuoi peggiori nemici”

“Eh?”
“Come copertura, s’intende.  Un modo per scappare lo troveremo. Berlino, è così che si faceva chiamare, giusto?...beh lui ci ha aiutati quando eravamo in difficoltà. Adesso è il momento di ricambiare il favore”

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Capitolo 26
*** 26 Capitolo ***


Tamayo e Prieto pensano e ripensano a quanto detto dalla sedicente giornalista. Raquel Murillo sarebbe in libertà, scappata addirittura ad una cattura, a dei poliziotti e a delle manette.

“Certo che quella donna era davvero una pazza. Come si può pensare di farci credere che la compagna del Professore sia riuscita a fuggire!? È assurdo” – il primo a toccare ancora l’argomento è proprio Prieto, una volta raggiunto il Commissariato.

I due sono più che certi che quanto udito è una menzogna, soprattutto perché non hanno ricevuto comunicazioni dal Carcere femminile riguardanti il mancato arrivo in cella della colpevole.

Suarez, di fianco a loro, prossimo a rincasare dopo ore estenuanti di lavoro, entusiasta di potersi godere il meritato riposo, fa notare ai superiori un particolare, proprio prima di lasciare l’ufficio – “Se fossero i Dalì ad aver messo in atto questa mossa?”

Segue qualche secondo di silenzio, interrotto dalle risate beffarde di Tamayo, a cui fanno seguito quelle di Prieto.

“Cosa te lo fa pensare? Quei pagliacci sarebbero degli stupidi a pensare di poter salvare i compagni; sono incapaci e la storia ce lo conferma. Pensa a Rio che si è fatto catturare, o a Tokyo che combina solo guai…un piano senza la mente del Professore è un’utopia” – precisa il più basso dei due.

“Beh, mi sembra tutto così strano. Ma sicuramente, signori, avete ragione. Fossi in voi, però, controllerei di persona. Non si sa mai. Allora io vado, abbiamo vinto questo è l’importante” – li saluta, con un sorriso disteso, lasciandoli soli.

“Suarez ha ragione, andare lì non ci costa nulla. Verifichiamo che quanto detto da quella folle è un’idiozia, così almeno andremo alla conferenza di oggi pomeriggio con più serenità, non pensi anche tu Prieto?”

“Concordo! Sbrighiamoci”

Angel giunge proprio allora. Ha con sé la cimice datagli dalla Sierra, e nonostante il cuore in gola e le gambe tremanti, vuole assolutamente incastrarli come meritano.

“Rubio, eccoti, appena in tempo. Prepara due caffè. Siamo di fretta” – gli comanda Tamayo.

Infastidito dai modi di fare di chi continua a trattarlo da inferiore, seppure divenuto ispettore come lo erano Alicia Sierra e Raquel Murillo, l’uomo trattiene i nervi ed esegue.

Pronto a registrare il tutto, Angel apre una conversazione all’apparenza normale.

“Dovete andare alla conferenza?”

“Oggi pomeriggio. Al momento abbiamo optato per sostare al Carcere femminile, vogliamo appurare l’arrivo della Dalì”

“Ah… date peso alle parole della giornalista, dunque”

“Assolutamente no”

“E come mai avete deciso questo? In fin dei conti non avete ricevuto comunicazioni… ecco i vostri caffè” – dice Rubio, porgendogli i bicchierini di plastica.

Angel conosce le ragioni per cui nessuno ha messo al corrente i colonnelli dell’accaduto. Ha avuto la giusta premura, grazie a dei tizi che ha pagato profumatamente, di lasciar detto che l’ingresso di Lisbona era posticipato per ulteriori interrogatori privati.

Ma è stata Tatiana a dirgli di fare in modo che Tamayo e Prieto scoprissero la verità quanto prima. La fuga e la prova dell’ennesima disfatta li porterà all’esasperazione, spingendoli a ricercare i Dalì al completo per sbatterli in galera. Ed è qui che si passa alla mossa secondaria: la morte della Banda.

Una morte che deve convenire ad ambo le parti.

“Fossi in voi contatterei telefonicamente il direttore…adesso… potendo risolvere nell’immediato la questione” – consiglia Angel.

È Prieto a dargli retta, afferrando il telefono, sotto lo sguardo del collega, pronto a ricevere la conferma dell’incarcerazione di Raquel.

Ma quanto scoprono ha dell’irreale.

“Allora? Cos’è questa faccia? Cazzo, Prieto! Che succede?” – si infuria Tamayo, riconoscendo nell’espressione del collega un misto di shock, rabbia, e incredulità.

“la Murillo non è mai arrivata al San Juan” – impallidito, il colonnello maggiore non sa trovare spiegazioni all’accaduto.

“CHE COSAA?” – esclama l’altro, faticando a reggersi in piedi.

“Questo significa che la squadra del Professore ha agito per liberarla e sta muovendo le pedine sullo scacchiere per farci scacco matto” – insinua Angel, uscendo così pulito da possibili accuse.

“Maledetti! Maledetto io che gli ho offerto la fuga su un piatto d’argento. Ma hanno smesso di giocare con la mia pazienza. Li voglio tutti…senza risparmiarne nessuno…finiranno dietro le sbarre e mi occuperò personalmente che non vedano mai più la luce del sole” – sbattendo il pugno sul tavolo, Tamayo esce dall’ufficio, accecato dalla rabbia.

Di fronte agli occhi di Rubio c’è Prieto, decisamente preoccupato.

“Cosa direte oggi alla conferenza? Che abbiamo perduto Lisbona?”

“No! Nessuno saprà niente. Per il mondo intero abbiamo vinto la guerra. E così sarà”
“Che intenzioni avete? Ci mettiamo alla ricerca dei Dalì perlustrando ogni zona della città?”

“Li voglio morti! Non mi importa sbatterli in galera. Constatata la loro fortuna, troverebbero una maniera per liberarsi. Perciò…l’unica soluzione per evitare il danno, è abbattere le possibili cause. Eviteremo altre mosse a loro vantaggio semplicemente cancellandoli dalla faccia della terra”

“Non sappiamo neppure dove si trovano”

“Allerta tutte delle volanti, ovviamente massima discrezione. Perlustrate ogni area di Madrid, perfino le zone disabitate, le campagne, le stazioni, tutto. Cazzo, sono sicuramente rimasti in Spagna. Hanno salvato Raquel, non permetterò che salvino anche il loro capo”

Esce anche lui dall’ufficio, riunendosi a Tamayo.

Angel è da solo ormai, il tempo giusto per piazzare quella stessa cimice nel punto principale della stanza.

Ben celato da occhi indiscreti, l’uomo lascia il Commissariato, salendo a bordo della sua auto. Dai parcheggi nota subito i due colonnelli, che dibattono animatamente, mai così arrabbiati, prossimi a raggiungere il Carcere San Juan.

Rubio invece compone un numero, sapendolo gestito dalla mente informatica dei Dalì e quindi difficilmente rintracciabile.

“Sono io, ho fatto quanto detto”
“Bene, mi raccomando…assicurati che tutto vada come ti ho spiegato”

“A cosa può servirvi una semplice spia dentro un ufficio?”

“Quello è il posto dove i due si confronteranno. Sarà utile solo per le prossime ore. Abbi premura di rimuoverla appena riceverai l’ok, altrimenti, semmai la trovassero, potrebbero essere casini…specialmente per te. Sospetterebbero di una talpa”

“Ok, sarà fatto” – nervoso al pensiero di essere scoperto, Angel rivolge, subito dopo, una richiesta alquanto spiazzante a Tatiana – “So che Raquel è con voi. Posso ascoltare la sua voce?”

“Ehm…che succede? Pensi ti stia ingannando? Credi che ti abbia mentito sulla storia della Murillo?”
“No, no, è solo che… mi piacerebbe saperla sana e salva”

La stessa Lisbona, seduta a pochi passi dalla Sierra minore, ne resta sorpresa, sentendo con le proprie orecchie, grazie al vivavoce, tali parole.

Annuisce alla socia facendole intuire di essere favorevole. Così si alza dalla sedia e prende in mano il cellulare, salutando l’ex collega – “Angel”

Il cuore di Rubio esplode di gioia e la voce emozionata ne è la prova – “Ra..Ra..Raquel!! Come stai?”

La prima domanda riguarda il suo stato di salute; l’estrema premura del neo-ispettore di Polizia intenerisce la Murillo, ancora affezionata a colui che stando ai fatti le ha salvato la vita.

“Bene, adesso. E questo grazie a te. Sono sicura che collaborando, riusciremo a realizzare i nostri sogni”

“Raquel, ma perché…non andate via adesso? Sarebbe la scelta migliore” – consiglia Angel, ancora restio, nel profondo, a salvare Sergio.

“Perché la mia sola ragione di vita è qui, dietro delle sbarre, costretto a subire chissà cosa”

“Lo ami sul serio così tanto?”

“Come non ho mai amato prima” – confessa Lisbona, emozionandosi.

Alicia resta di sasso di fronte alle lacrime dell’ex collega. Non sono lacrime pietose, ma lacrime di forza, di voglia di salvare chi si ama follemente. E ciò risveglia il medesimo sentimento in lei…rivolto però ad un riscatto contro una vita ingiusta, contro un passato che l’ha vista mutare dentro… e così come Lisbona lotta per il suo Professore, lei dovrà farlo per se stessa, per sua sorella, e soprattutto per sua figlia.

Una neonata che ha voluto dare via, che a stento ha visto, di cui non conosce neppure il viso.

Una neonata che sta, solo adesso, imparando ad amare.

Nairobi, Raquel, Stoccolma…sono tutte mamme lontane dai loro figli. Mamme con una tempra d’acciaio che lottano senza piegarsi.

E la Murillo lo fa anche in nome dell’amore che nutre per Sergio.

“E’ da ammirare una donna così” – commenta la Sierra, ad alta voce, ben udita da Tokyo e Nairobi.

“Di chi parli?” – chiede la prima.

“Di Lisbona!”

“Già, tu non faresti lo stesso per salvare la persona più importante della tua vita?”

“Pensavo di farlo per Anita, mia sorella. Invece… egoisticamente…lo stavo facendo per una mia rivincita personale su un destino di merda. In fondo, dopo la perdita di Anita, si sono susseguite delle sciagure, una dietro l’altra”

“Basta guardare al passato, Alicia. Oggi lottiamo per guadagnarci un futuro diverso, più radioso” – aggiunge Agata, talmente luminosa, da spiazzare la sua migliore amica.

Così Silene le si avvicina all’orecchio e le sussurra – “Questo cambio d’umore si deve a qualcosa in particolare? Anzi, direi a qualcuno?”

“Ehm…già! Poi ti racconto” – chiude la gitana, facendole un occhiolino che per Tokyo vale più di lunghi discorsi.

“Ohhh, allora l’avete fatto” – ridacchia, ricevendo un colpetto sul braccio da parte della Jimenez.

“Shhh” – la zittisce, sorridendo – “Avremo tempo per parlarne. Adesso concentriamoci sulla missione. Voglio andarmene da qui quanto prima. Ho un sogno da coronare e ho già perduto troppo tempo”

Nel mentre, la conversazione con Angel prosegue. L’uomo spiega alla Banda in ascolto le intenzioni di Prieto.

“Si, abbiamo sentito tutto tramite la spia. Ci vuole eliminare, beh… non immagina che favore ci farebbe. Noi ci faremo trovare pronti. Tu comportati normalmente. Manda le volanti in giro per Madrid come ti hanno ordinato e bada che la tua si rechi nel posto prestabilito”

“Si, si ricordo il piano, signora Tatiana”

“Grazie Angel” – interviene di nuovo Raquel, dandogli prova del giusto riconoscimento alla sua collaborazione.

“Sono stato un coglione a sostenere chi mi ha sempre sottovalutato. Voi confidate in me più di quanto abbiano mai fatto i miei colleghi. Non voglio deludervi… anzi, non voglio deluderti!”

Commossa e grata, Lisbona congeda il suo ex socio. Oggi è super ottimista.

“Sei sicura che possiamo fidarci al cento per cento?” – le chiede Palermo qualche istante dopo.

“La sua telefonata, la sua voce, le sue parole…tutto fa ben sperare. Vedrete, noi siamo la sua sola possibilità di riscatto. Non ci tradirà”

Mentre c’è chi è alle prese con rassicurazioni e telefonate con l’alleato, qualcun altro è dedito a faccende informatiche di estrema delicatezza.

“Allora? Come procede l’hackeraggio?” – chiede Marsiglia a Rio.

“Tutto liscio. Qualche minuto e controlleremo ogni tipo di sistema o servizio nazionale”

“E con i social? Sei riuscito anche lì?” – domanda Manila.

“E’ stata la parte più semplice” – si vanta Anibal, sorridente di aver avuto lui in primis l’idea di quella mossa precisa.

“Spero che l’idea di Palermo di portare avanti una guerra informatica possa essere utile” – aggiunge Stoccolma, avvolta dalle braccia del suo compagno.

“Controllare le telecamere di tutta la città, poter accedere a servizi e informazioni preziose, database segreti… è una mossa in più per rendere credibile quanto accadrà da qui a qualche ora. Fidatevi.”

“Speriamo bene! Non vorrei che andasse storto qualcosa e finissimo tutti in galera” – precisa Tokyo.

“Non dubitarne. Hackerare ogni tipo di sistema ci offre un vantaggio in più sul nemico” 

La Olivera, seduta di fianco al suo Einstein dei computer, lo osserva per poi commentare - “Il mio amore è un fottuto genio” – gli dà un rapido bacio a stampo distraendolo per un millesimo di secondo dalle operazioni.

In tale istante un messaggio anonimo interrompe e blocca un passaggio fondamentale.

“Cazzo” – esclama Rio.

“Che succede?” – si preoccupa il resto dei presenti.

“Leggete qui… “L’area è sotto il mio controllo. Altri hacker non sono accetti. Sparisci o rimuoverò ogni dato dal tuo dispositivo nel giro di 120 secondi. Inizia il conto alla rovescia…. 120… 119… 118…”

“Che si fa adesso?” – si agita Denver.

“Cazzo, cazzo, cazzo!” – si altera Rio, esausto per le ore trascorse di fronte ad un monitor.

“Ma porca puttana, come se non bastasse, dobbiamo perdere altro tempo prezioso” – sbotta Tokyo attirando l’attenzione della rimanente Banda.

“Cos’hai da urlare così? Non possiamo fare casino” – la rimprovera Palermo.

“Il rumore sarà l’ultimo dei nostri problemi, caro il mio Boss” – precisa Marsiglia, indicandogli lo schermo del pc.

L’argentino butta l’occhio e legge il breve messaggio.

“Allora? Qualcosa non va?” – si avvicina Nairobi, mano nella mano con il saldatore.

“La Polizia, con gli anni, post rapina alla Zecca, si sarà fatta furba. Hanno trovato la maniera più rapida per difendere i loro sistemi da possibili hacker” – spiega Manila ai neo arrivati.

“Quindi? Questo ci impedisce di agire?” – chiede, preoccupata, Lisbona.

“L’accesso e il controllo di quel preciso database serviva per l’uscita di Sergio dal Carcere. Così rischiamo di mandare tutto a puttane… e di vedere sfumato il piano di fuga più fattibile che potevamo ideare” – spiega Palermo, teso come una corda di violino.

A quel punto una soluzione probabilmente unica e disperata fuoriesce dalla bocca di Tokyo – “E se contrattassimo con questo Anonimo? Se è un hacker, girà come noi, contro il sistema e la sua corruzione, giusto? Beh… allearsi può essere un vantaggio”

“Giusto, amore sei un genio” – la bacia Rio, che nel giro dei restanti 30 secondi digita qualcosa alla velocità della luce, come posseduto da una forza sovraumana che guida le sue dita sulla tastiera e accende lampadine nel suo cervello.

E all’ormai imminente scadere del tempo, l’hacker risponde.

“Che dice?” – chiede Palermo, fissando gli occhi sullo schermo per capirci qualcosa.

Con lo sguardo dei Dalì al completo, Sierra incluse, puntato su di se, Rio è pronto a svelare il responso di un intervento immediato e non organizzato, che potrebbe portarli tanto alla vittoria quanto alla più nera sconfitta.

 

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