Ikigai - la Mia Ragione di Vita Sei Tu

di Flos Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Desiderio ***
Capitolo 2: *** La guida ***
Capitolo 3: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 4: *** Umano ***
Capitolo 5: *** Amore sublime ***
Capitolo 6: *** Litigio ***
Capitolo 7: *** Anima ***



Capitolo 1
*** Desiderio ***



Desiderio


 

C'era una volta... è così che iniziano le favole più popolari al mondo, non è vero? Ma questa non sarà una storia già sentita, non potrebbe mai.

Chi la visse può essere descritto in molti modi, ma tra questi non compare la parola "comune"; e se questo non bastasse, tutto ciò che avvenne fu qualcosa di irripetibile, sconcertante e inaspettato.

Non certo per come cominciò, ma per come finì.

Perchè la causa scatenante, la prima tessera a cadere che portò con sè come reazione a catena tutte le seguenti, fu decisa da un atto d'amore.

Banale, senza dubbio. Ma non potrete criticare nulla finchè non avrete conosciuto tutta la disperazione che portò con sè qualcosa di tanto semplice.

Una volta che vi avrò raccontato come erano andate veramente le cose, forse rivaluterete l'amore per come lo conoscete.

Vogliamo iniziare? Torniamo indietro allora, all'origine di tutto.


 

 

*****



 

Nel paese del Sol Levante la lingua era melodica e piacevole da ascoltare, ma per un uomo come Rimbaud, abituato alla dura parlata del Nord Europa dove era cresciuto, era risultato difficile abituarsi. Aveva abbandonato la sorella che si era sempre presa cura di lui, la città natia e la lingua madre per andare in Giappone al solo scopo di realizzare il suo sogno.

Aveva infine lasciato alle proprie spalle persino il suo nome, perchè era difficile per i suoi nuovi compatrioti pronunciarlo correttamente, perciò finì per abituarsi e lasciò che il suo nome diventasse Randou, abbandonando nel suo passato quello con cui era nato.

Tanti sacrifici però valsero sicuramente la pena per l'uomo dai lunghi capelli corvini, perchè trovò in quella terra frastagliata quello che era andato cercando per tanti anni: l'ultima faglia di pura magia della terra ancora aperta in tutto il mondo.

L'Europa aveva dato i natali a tanti maghi nel corso dei secoli, molti di essi a dir poco geniali, ma come tutti i maghi mai esistiti erano stati avidi e avevano sfruttato fino all'ultima scintilla che avevano potuto estrarre dal potere della terra che scorre nel sottosuolo. Era da almeno due secoli che non esistevano più i maghi nel vecchio continente, e non perchè non fossero più nati uomini fortunati in grado di sfruttare la magia del mondo, lui ne era la prova vivente: semplicemente essa era andata esaurendosi.

In Giappone però le cose erano diverse: i frequenti terremoti spaccavano in modo discontinuo la crosta terrestre, bloccando e riaprendo le correnti magiche del sottosuolo, e la lunga dinastia di imperatori aveva limitato fortemente l'uso della magia. Prova della lungimiranza della loro moderazione, essa era rimasta viva solo in quelle terre.

Ed era proprio della magia che Randou aveva un disperato bisogno, tanto da falsificare il passaporto per avere il permesso di restare nonostante da molti anni ormai vigesse un controllo assai severo sulle norme di immigrazione: con un flusso sconsiderato di persone, chi poteva prevedere come sarebbe stata sfruttata l'unica magia residua in tutto il globo?

Ma Randou era intelligente, abile e determinato: nulla avrebbe mai potuto farlo desistere dal suo scopo.

Avrebbe incanalato la magia del mondo per scoprire il segreto della vita eterna, anche se per farlo avrebbe impiegato cent'anni non si sarebbe fermato.

Ed è così che la nostra favola ha inizio.

Con un uomo e il suo desiderio.
 


 


 

Cento anni non furono necessari, ma dieci di identità sotto copertura, menzogne e solitudine sì: non si era concesso requie, nè mai aveva permesso alla sua determinazione di venir meno.

Voleva diventare immortale e vedere il mondo mutare sotto i suoi occhi: sarebbe rimasto l'unico essere vivente non soggetto ai capricci del Tempo, mentre il resto sarebbe svanito e perito.

Quale emozione sarebbe stata, poter studiare un futuro che in quel momento neppure sognava!

Quando le sue ricerche diedero i primi frutti, però, contrariamente a quanto si aspettava accadde qualcosa dentro di sè: concesse al suo cuore un momento, uno solo per esprimersi di nuovo dopo dieci anni di duro lavoro per realizzare il suo desiderio.

Randou fu sconvolto dallo scoprire che ora, dentro di sè, il desiderio si era fatto speranza lasciando dietro di sè il posto a una nuova, timida richiesta.

"Vorrei non essere solo."

Udì queste parole dette dalla propria voce interiore, e non le dimenticò più.

Se il desiderio di scoprire il segreto della vita eterna aveva un cuore e un battito che lo avevano spinto a fare tutto ciò che aveva compiuto nell'ultimo decennio, questo era diverso: possedeva artigli acuminati e voce ruggente ed entrambi si facevano strada dentro di lui con ferocia, rendendogli impossibile ignorarlo.

Perciò smise di provarci.

Decise che si sarebbe creato un amico esattamente su misura, un amico che avrebbe potuto capirlo e che sarebbe stato al tempo stesso un passo avanti nella sua ricerca dell'immortalità.

Si sentì pronto: era ora di mettere in pratica la teoria e di mandare a dormire quelle maledette unghie avide che gli tormentavano lo spirito con la loro brama.

Prese la terra e le diede forma, le insufflò magia di respiro e vita e gli diede parte del suo spirito perchè avesse un'anima almeno parzialmente umana.

Aveva in mente di creare un uomo, ma fu un bambino che aprì gli occhi quando terminò di operare la sua magia. Un piccolo essere umano che non poteva avere più di otto anni a voler esagerare, con una chioma fulva e selvaggia e la magia che si agitava visibilmente dietro i suoi occhi chiari. Randou ne fu a dir poco scioccato.

-Perchè fai quella faccia da scemo?- furono queste le prime parole del bambino, pronunciate all'uomo che lo aveva creato con una voce dura e diffidente che stonò in modo sbalorditivo con il timbro chiaro e infantile.

Randou rimase stordito per qualche secondo prima di ritrovare la voce. Le prime parole che rivolse alla sua creazione furono di negazione, troppo scioccato per ricordare il discorso che si era diligentemente preparato per spiegare a quella creatura artificiale lo scopo della sua esistenza.

-Chiedo scusa, ti ho per caso evocato da qualche casa? Capisci la mia lingua?-

-Certo che ti capisco, brutto idiota! Mi hai creato tu, soffri di demenza senile e già te lo sei scordato?-

Le premesse forse a un pubblico disattento potranno sembrare poco rosee, ma sareste stupiti di sentire che tra i due nacque un legame unico e speciale in quel momento, sancito dalla sonora risata di Randou nello scoprire che il suo cuore, a quanto pareva, la sapeva più lunga della mente acuta che si era sempre vantato di avere.

Non era un compagno di studi ciò che voleva, e neppure un amico. Persino l'immortalità, ormai, nonostante la sua innegabile attrattiva aveva perso un po' di valore.

Voleva una famiglia, qualcuno di cui prendersi cura e che avrebbe ereditato le sue conoscenze se fosse morto, che avrebbe continuato la sua ricerca persino: non aveva mai avuto intenzione di applicare solo su se stesso l'immortalità, la vera vita eterna che voleva era quella della memoria, essere ricordato per aver cambiato per sempre il concetto stesso di vita.

E quel bambino era l'incarnazione della sua anima, il suo uguale e opposto.

Il Desiderio si era fatto Verità, e per Randou non ci sarebbe stato mai un momento in cui si sarebbe sentito più felice.


 


 

 

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Capitolo 2
*** La guida ***



La guida

 

Chuuya si era rivelato incredibilmente difficile da crescere.

Perchè sì, il suo corpo era cresciuto - anche se non tanto quanto il rosso avrebbe voluto - e con esso il ragazzo si era evoluto e aveva imparato. Se Randou non avesse saputo la verità avrebbe giurato che il suo protetto era veramente l'adolescente che sembrava, con tanto di sbalzi umorali e fase di ribellione - che però, a onor del vero, sembrava più un tratto intrinseco del suo carattere che un sintomo dei suoi imminenti quindici anni.

Randou con il tempo si era dedicato sempre meno allo studio della vita eterna per concentrarsi sul modo con cui il ragazzo maturava, apparentemente con lo stesso ritmo degli esseri umani, mentre in verità la magia che gli donava il soffio vitale era di ben altra fattura: sembrava che il tempo toccasse Chuuya con gentilezza, chiedendo il permesso per scorrere attarverso di lui.

Un giorno il rosso avrebbe potuto apprendere il modo di invecchiare e sarebbe rimasto per sempre immutabile... sarebbe stato anche immortale? Possibile che il suo inconscio gli avesse fatto creare quella piccola vita per realizzare il suo desiderio primario?

Randou non voleva morire. Gli anni iniziavano a pesargli sulle spalle e anche se si era appena addentrato nei quaranta si sentiva molto, molto più vecchio dentro.

A sua insaputa, dietro l'angolo lo attendeva il prezzo dovuto alla magia che aveva utilizzato per dare vita al suo desiderio, al suo giovane protetto Chuuya.


 

*****


 

Le strade di Kyoto erano molto affollate in quel periodo dell'anno, il che non faceva altro che logorare i nervi già provati del rosso adolescente; non sopportava le persone in generale neppure nel suo giorno migliore, figurarsi quando era costretto a interagire con loro per qualunque motivo! Che era proprio quello che era costretto a fare in quel momento.

-Bene ragazzi, noi insegnanti vi lasciamo nelle abili mani di Dazai Osamu, la guida incaricata di rispondere alle vostre domande sul castello Nijo che abbiamo appena visitato. Vi prego di approfittarne, appena torneremo a scuola dovrete affrontare un test per verificare quanto avrete appreso.-

Chuuya soffocò un'imprecazione piuttosto colorita per semplice bisogno, sapendo che la sua insegnante teneva sempre un orecchio nella sua direzione ben conoscendo la sua lingua lunga e biforcuta.

Non che a lui importasse particolarmente, ma poi lei avrebbe parlato con quel bastardo di Randou e lui avrebbe ricominciato con la solita, infinita ramanzina sul fatto che dovesse vivere come tutti gli altri adolescenti per mescolarsi meglio nell'ambiente. Dato che "aveva una natura fin troppo unica, imparare a fingere di essere comune era di fondamentale importanza". Lo stesso cumulo di stronzate di sempre, ma voleva evitarsi le orecchie fumanti e il mal di testa che gli veniva sempre in quelle occasioni.

Si rassegnò a fare almeno finta di prestare attenzione, quando notò che quegli allocchi dei suoi compagni erano stati spediti ognuno verso un luogo ben specifico dove avrebbero trovato le informazioni per le loro monografie, perciò era rimasto solo con la guida che lo guardava con una certa malizia nello sguardo.

Gli fece subito saltare i nervi.

-Che hai da guardare?-

Il sorrisetto che ricevette in risposta non fece altro che erodere l’ultimo barlume di pazienza che aveva mantenuto.

Gli ringhiò in faccia e poi gli girò le spalle, deciso a evitare l’ennesima denuncia per comportamenti violenti.

Quella maledetta guida dai ricciolini castani però non sembrava possedere alcun istinto di sopravvivenza, dato che lo afferrò per il colletto del cappotto scuro per trattenerlo.

E a quel punto, Chuuya non si trattenne più.

-Mollami subito, bastardo!- cercò di tirargli un pugno sul naso, ma l’altro lo schivò senza lasciar cadere neanche di un millimetro il suo sorriso irritante.

-Buono ragazzino, non c’è bisogno di ricorrere alla violenza.-

-Il tuo sorriso mi urta i nervi, lasciami andare e non ti farò saltare i denti.-

-Tu stai fermo e non dirò alla tua insegnante che ti stai comportando come un monello di strada.-

Il rosso lo fissò in cagnesco, prima di grugnire un assenso e mettere le mani serrate a pugno nelle tasche, a indicare le sue intenzioni – più o meno – pacifiche.

A sua volta il signor Osamu lo lasciò libero di muoversi, continuando a fissarlo con uno sguardo imperscrutabile e un sorriso canzonatorio in volto.

Gli sembrava di vedere curiosità nei suoi occhi, ma non poteva metterci la mano sul fuoco. Non era mai stato un asso nell’empatia, arte fondamentale per i maghi a sentire il caro paparino.

-Allora?-

-Allora cosa?-

-Non dovresti farmi domande? La tua insegnante mi paga per questo.-

-Se ti pago io invece? Mi lasci in pace?-

L’uomo piegò la testa di lato, non smettendo neppure un istante di incrociare i loro sguardi. A ben vedere, non poteva avere più di venti, venticinque anni al massimo. Come faceva a essere una guida in un luogo tanto prestigioso?

-Magia.-

A Chuuya si gelò il sangue nelle vene. L’altro gli aveva appena letto nel pensiero? Era anche possibile una cosa del genere?

Domanda sciocca e inutile, visto che la sua stessa esistenza avrebbe dovuto essere impossibile.

-La sento su di te. Dimmi ragazzino, sei forse un mago?-

Fu un breve sollievo quello che provò: quell’irritante sfacciato non sembrava in grado di carpire i suoi pensieri, ma doveva avere comunque qualche dote percettiva se poteva percepire la sua essenza.

-Non pratico la magia, è illegale senza un dispaccio imperiale.- Chuuya si girò per darsela elegantemente a gambe dopo la sua sparata gigantesca, ma le parole del signor Osamu lo bloccarono.

-In un certo senso, sono sicuro tu abbia detto la verità. È illegale in questo paese praticarla senza un regolare permesso. E tu non puoi praticare un’arte, se tu stesso sei l’arte. Questione di semantica, suppongo. Ho ragione?-

Chuuya si sentiva come un animale braccato. Il segreto della sua nascita rischiava di non essere più tale, la sua vita da quel giorno in poi aveva il potenziale per diventare un vero inferno.

Sempre che sarebbe sopravvissuto. Non era chiaro cosa il governo avrebbe fatto di lui una volta scoperta la sua natura, ma di certo non si sarebbero limitati a una pacca sulla spalla e delle tiepide congratulazioni.

-Che cazzo stai dicendo?-

-Sono un uomo piuttosto intelligente, ragazzino. È inutile fingere che ciò che ho detto non corrisponde a verità.-

E l’adolescente ribelle decise di essere perfettamente ragionevole.

-Ma vattene un po’ al diavolo!-

E se ne andò alzando il dito medio alle sue spalle, decidendo che sparire dalla circolazione fosse la sua migliore opzione. In ogni caso, non avrebbe mai più rivisto quel pallone gonfiato.


 

 

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Capitolo 3
*** Incontri e scontri ***



Incontri e scontri


 

Chuuya poteva essere impulsivo e violento all’occorrenza, ma non era stupido.

Aveva deciso d’impulso di non parlare a Randou del sospetto di Dazai Osamu, ma poi ci aveva rimuginato sopra una notte intera: volente o nolente, Randou era agli occhi di tutti il suo tutore.

E secondo la legge era colpevole di un crimine punibile con la morte. Aveva il diritto di sapere che, per la prima volta in tanti anni, qualcuno sospettava la verità.

Però, a cosa sarebbe servito preoccuparlo inutilmente?

Lo stramboide non aveva prove, dubitava che si sarebbero mai rivisti e come se non bastasse, non sapeva neppure il suo nome. Tant’è vero che aveva continuato a chiamarlo “ragazzino”.

Un ringhio automatico gli fece vibrare le corde vocali, facendo girare a largo chiunque fosse nelle immediate vicinanze mentre calpestava con irritazione crescente l’asfalto sotto i suoi piedi.

Camminava per lasciare i dubbi dietro di sé, cercando di raggiungere una pace interiore che non aveva mai conosciuto.

La pace è per i poveri di spirito, diceva sempre Randou.

Se non si aspira a nulla, se non si brama qualcosa, se non si è disposti a ogni cosa per uno scopo allora la propria esistenza era inutile.

Chuuya non era sicuro di essere d’accordo, ma d’altro canto era vero che trovava la maggior parte delle persone noiose e patetiche. Che vite piatte avevano, come diavolo facevano a non aver voglia di urlare la loro frustrazione al cielo per l’inutilità della propria vita?

Era piuttosto bravo a crearsi attorno una nuvola di malumore tale che la gente era solo felice di stargli distante, perciò lo sorprese non poco quando qualcuno gli picchiettò sulla spalla con intenzione.

E la sorpresa crebbe considerevolmente quando vide chi l’aveva fermato.

-Ma che cazzo!? Mi stai seguendo, razza di stalker?-

La guida del museo gli sorrideva in modo pacifico, ridacchiando gentilmente al piccoletto dai capelli rossi davanti a lui.

-Devi essere un tipetto energico tu, eh? Non sono uno stalker, ma speravo proprio di rivederti. Sei scappato senza dirmi nemmeno il tuo nome.-

-Non ho un solo dannato motivo per doverti dire il mio nome.-

-Allora ti continuerò a chiamare “moccioso”.-

-Non ci sarà alcun motivo per farlo. A mai più rivederci, razza di pedofilo!-

Gli diede le spalle per allontanarsi il più in fretta possibile, ma l’uomo lo fermò di nuovo.

A quel punto si sentì autorizzato a incazzarsi sul serio.

-Ma vuoi lasciarmi in pace?- fece per dare un pugno in faccia all’uomo, ma quello si spostò appena, afferrando il suo braccio e bloccandolo efficacemente piegandoglielo dietro la schiena.

-Buono, ragazzino, non voglio farti del male. Giuro che voglio solo parlare… Il tuo segreto è un ottimo punto di partenza, a mio parere.-

-Ma di cosa stai parlando, si può sapere?-

-Del fatto che la magia respira tutto intorno a te. Ora, ti va di farti offrire un succo di frutta?-

Allora quel tipo aveva capito davvero qualcosa… era definitivamente un mago, e anche uno piuttosto percettivo per sua sfortuna. A questo punto forse si sarebbe accontentato della conoscenza di qualche dettaglio tecnico su se stesso in cambio del suo silenzio. Di certo non sembrava il tipo da andare a condividere notizie così succose con chiunque, perciò forse sarebbero giunti a un accordo reciprocamente vantaggioso…

-Non trattarmi come un moccioso cazzo, voglio un fottuto drink se devo sopportare la tua compagnia!-

...sempre che avesse iniziato a trattarlo come l’adulto che sentiva di essere.


 

*****


 

Erano rimasti in silenzio per più di dieci minuti, seduti al tavolino esterno di un bar nelle vicinanze. L’arrivo di un caffè corretto e un aperitivo diede loro l’occasione per spezzare quella stasi fastidiosa.

-Paghi tu ovviamente.-

-Non volevi essere trattato come un adulto? Facciamo a metà da bravi amici.-

-Non siamo amici, io ti odio e vorrei spaccarti la faccia invece di stare qui con te. Ma dato che tieni tanto alla mia compagnia dovrai almeno pagarmi da bere.-

-Di solito offro da bere solo alle donne con cui passo la notte. Ma mi ritengo di larghe vedute, perciò potrei considerarti una graziosa signorina se è questo che vuoi.-

Chuuya saltò in aria vedendo rosso, pronto a picchiare a sangue quel pervertito irritante.

-Brutto maniaco del cazzo, se osi toccarmi con un dito...-

Dazai Osamu rise leggermente, guardandolo da sotto le lunghe ciglia con il suo sguardo più intenso e, senza rendersene conto, Chuuya arrossì come un pomodoro.

-Ti toccherò solo quando me lo chiederai tu, ragazzino.-

-Morirai nell’attesa.-

L’uomo rise scuotendo la testa, ma poi tornò a fissarlo in modo serio, controllando discretamente i dintorni per accertarsi che fossero in grado di tenere una conversazione privata.

-Passiamo agli affari, ti va?-

-Se rispondo di no posso andarmene senza essere perseguitato dalle tue domande inopportune?-

-Per quale motivo fai domande di cui conosci benissimo la risposta?-

Chuuya allora si rassegnò, sprofondando nella sedia in modo sgraziato ed emettendo un sospiro esasperato. Afferrò il suo aperitivo e ne buttò giù la metà sperando che l’alcool che stava ingurgitando fosse più forte di quel che era, sospettando che ne avrebbe avuto bisogno.

-Dunque, inizi a parlare o preferisci che ti faccia delle domande io?-

-Chiedi quel che vuoi, prima inizi prima posso andarmene.-

-Dunque, chi sei? Per quale motivo la magia ti danza intorno come ad un amante?-

Chuuya arrossì ancora a quella scelta di parole, nonostante si fosse appena calmato dalle precedenti insinuazioni.

-Ma non ti stanchi proprio mai di fare insinuazioni?-

-Mai. Rassegnati e rispondi.-

-Va bene, va bene. Tutto pur di non sentire la tua voce gracchiante più del dovuto. Io non sono un mago, non proprio. Posso praticare la magia solo perché in realtà la magia mi ha creato. Il mio tutore è molto abile, stava cercando la risposta all’immortalità e alla vita eterna quando, sette anni fa, finalmente ha ottenuto un risultato creando una vita dal nulla, la mia. Sono a tutti gli effetti l’errore di un esperimento. E da quel momento la magia si è legata a me, mi ha fatto crescere allo stesso ritmo degli esseri umani, mi ha dato un cervello pensante e un carattere indomabile, a detta del mio tutore.-

Ciò che non disse furono i sospetti sulla sua presunta capacità di bloccare lo scorrere del tempo su se stesso e, potenzialmente, a chiunque intorno a lui. Non c’era bisogno di riferire semplici sospetti, no? Inoltre, credeva di aver detto più che a sufficienza.

Dazai lo aveva ascoltato con attenzione, le sopracciglia aggrottate in un’espressione di intensa concentrazione.

-Tutto questo è davvero molto interessante. C’è abbastanza per fare di te un caso di studio a livello internazionale.-

Chuuya si irrigidì. Forse aveva sottovalutato il suo interlocutore, avrebbe dovuto stare più attento e parlare con Randou prima di rivelare così tanti dettagli che avrebbero potuto rovinare la loro vita.

Stava per alzarsi e andarsene, aveva ancora una possibilità di andare oltre quei due infausti incontri e dimenticarsene allegramente.

Si alzò il più velocemente possibile per scattare via come un felino, ma una mano dalle lunghe dita lo fermò per il polso in modo fermo. A meno di non farsi seriamente del male o di farne alla guida museale, non avrebbe potuto muoversi di un centimetro.

-Aspetta un attimo. Come ho detto, il tuo caso è accademicamente stimolante. Ma tu sei un essere umano a tutti gli effetti, e le cavie umane mi fanno un po’ di senso sai?-

-Mi stai dando della cavia umana?-

-No, ragazzino. Ti sto chiedendo di uscire con me.-

-Ma cosa cazz...-

-Sono interessato a conoscerti in quanto te stesso. Non mi interessano i dettagli magici, ma tu sei terribilmente intrigante, lo sai bel ragazzo?-

-...non chiamarmi così.-

-Allora dimmi come ti chiami, così saprò il nome di chi mi ha rubato il cuore.-

Chuuya prese a urlare, ritenendo di aver sopportato abbastanza e ignorando la vampata di rossore sulle guance che faceva il paio con il colore dei suoi capelli.

-Ma quindi non sei solo un pervertito, sei un pedofilo pazzo! Lasciami subito andare e ti romperò solo i denti invece di ogni singolo ossicino del corpo!-

-Puoi anche rompermi i denti, ma cercherò comunque di baciarti e dovrai sopportare il sapore del mio sangue.-

-Ma che problemi hai? Sei scemo così dalla nascita o sei caduto dalla culla da piccolo?-

-Ritieni stupido chi vuole uscire con te?-

-Diavolo no, io sono un mito, chiunque lo direbbe dopo una sola uscita con me!-

-Dammi modo di verificarlo allora. O hai paura di doverti rimangiare tutto?-

Fanculo. L’aveva fregato.


 


 

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Capitolo 4
*** Umano ***



Umano

 

C’erano voluti diversi minuti di confronto verbalmente violento prima che Chuuya mandasse definitivamente al diavolo il “maledetto maniaco”, ma non era riuscito a scappare via dalle sue mani lunghe e agili prima di dirgli il suo nome.

Aveva ceduto per pura esasperazione, Dazai aveva iniziato a parlare a ruota libera di un milione di argomenti alla volta e l’unico modo per liberarsi di quella vocetta fastidiosa era stato accontentarlo almeno in un modo.

Si era rifiutato di accettare di uscire con quel tipo, inoltre aveva subito più avance nell’ultima ora che in tutta la sua vita e questo lo aveva destabilizzato abbastanza da fargli venire voglia di scappare a gambe levate.

Dopo aver tirato un calcio ben mirato nelle palle di quel maniaco, certo.

Dopodichè aveva passato due giorni a girare per casa come un’anima in pena, ringhiando all’aria e sbuffando contro i suoi stessi pensieri. Randou lo aveva fissato a lungo in silenzio, continuando a fare le sue ricerche ma tenendolo d’occhio.

Chuuya sapeva che prima o poi sarebbe giunto l’interrogatorio, ma per ora si godeva la calma e tranquillità che gli veniva concessa.

Aveva rivelato oculatamente certe informazioni a uno sconosciuto che l’aveva seguito e molestato, che ora sapeva il suo nome e gli aveva giurato che un giorno l’avrebbe convinto a uscire con lui.

L’intera sequenza della giornata per lui aveva tutta l’aria di un folle incubo, e invece era accaduta davvero e la sua mente non gli dava pace, continuando a riproporla in una sequenza ininterrotta per il puro gusto di tormentarlo.

Era arrivato a perdere la voglia di uscire e girovagare che aveva sempre avuto per il terrore di incontrare di nuovo quel maniaco del cazzo. Se l’avesse visto avrebbe corso il serio rischio di ucciderlo e attirare ancora di più l’attenzione su di sé.

Il suo rinchiudersi in casa però non era passato inosservato e, a quanto pareva, era stato l’ultima goccia per il suo tutore.

-Chuuya, vorresti venire qui un momento?-

Lui grugnì per mostrare il suo fastidio, ma non poteva esimersi da una conversazione con Randou: in primo luogo viveva ancora con lui e sarebbe stata fatica sprecata evitarlo, e in secondo un consiglio non poteva fargli male.

Ecco perché si sedette sul divano, facendo segno di iniziare a parlare. Non aveva la forza di tirare lui fuori l’argomento.

-Vuoi parlarne?-

-Non particolarmente. Hai qualcosa da dirmi tu?-

-Sai che devo monitorare ogni cambiamento nel tuo stato fisico e magico. Se è successo qualcosa...-

-Non si tratta di questo, dannazione!-

Magia. Magia. Magia.

Si trattava sempre e solo di quello. Faceva male sapere che la persona che gli era più vicina al mondo vedeva in lui solo quello che lo aveva creato, la teoria accademica e poco più di un esperimento. Chuuya era abituato, e sapeva che il suo tutore gli voleva bene a modo suo, ma voleva affermarsi nel mondo come se stesso, non come il risultato del lavoro di qualcun altro, per quanto geniale.

Tu sei un essere umano a tutti gli effetti.”

-E dunque di cosa si tratta?-

-Di me che mi annoio… niente di più. Ho intenzione di uscire con una persona.-

-Oh? Romanticamente parlando?-

-Ma neanche morto! È solo… interessante parlare con lui. Di certo non mi annoio, e questo è l’unico motivo per rivederlo.-

Randou a questo commento alzò un sopracciglio.

-Lui?-

-Lui. Problemi? Come ho detto non c’è niente di romantico.-

-Non che ci sarebbe niente di male in quel caso. Comunque fai attenzione a quello che gli dici. Lo sai che devi stare attento con il segreto della tua nascita, sì?-

-Non sono mica stupido, eh.-

Chuuya scappò in fretta, sventolando una mano per segnalare che per lui la conversazione era finita lì.

Perchè per l’uomo che considerava un padre, lui era solo il frutto della sua magia, una fonte di preoccupazioni, segreti e problemi.

Tu sei un essere umano a tutti gli effetti.”

Una passeggiata fuori per sbollire la rabbia non gli avrebbe fatto male.


 


 

Era passato quasi un mese dall’ultima volta che Chuuya aveva visto Dazai, e dato che nessuno era ancora venuto a buttare giù la porta di casa per prelevarlo e rinchiuderlo in un laboratorio magico poteva essere ragionevolmente sicuro che la guida turistica impicciona si fosse tenuto per sé la loro conversazione.

Da un lato era confortante, voleva dire che non lo aveva mal giudicato, ma dall’altro lo confondeva. Per quale motivo avrebbe dovuto fargli una tale gentilezza? Specialmente perché agendo in modo contrario ci avrebbe notevolmente guadagnato in stima e rispetto dalle autorità, più forse un bonus di tipo monetario se fosse stato abile a vendere tali informazioni.

Eppure aveva tenuto la bocca chiusa, e Chuuya era tormentato dalla curiosità. Voleva sapere per quale motivo gli aveva fatto un favore, ma soprattutto era convinto che avrebbe voluto qualcosa in cambio.

Per questo e solo per questo si convinse a tornare sul posto di lavoro di Dazai. Almeno, cercò di convincersene.

Non fu difficile. Ci vollero solo un paio di tentativi per azzeccare il suo turno e avvistarlo in mezzo alla folla di turisti, come facile fu anche rifugiarsi al bar con un bicchiere pieno di coraggio liquido per la conversazione che lo aspettava nel giro di poco tempo.

Nonostante il lungo periodo che aveva avuto per prepararsi mentalmente e il fatto che fosse stato lui ad andare a cercarlo, fu Dazai a sorprenderlo, arrivandogli alle spalle con un sorriso enorme – e idiota - sul viso.

-Non mi aspettavo che fossi tu a venire da me, ma mi lusinga molto che tu lo abbia fatto.-

-Non esserlo, non ne hai motivo. Voglio solo sapere cosa vuoi per il tuo silenzio. E non arrivare alle spalle della gente, cazzo!-

-Sempre volgare, eh?-

-Sempre irritante, eh?-

-Touchè.-

Dazai ordinò un drink fruttato che fece storcere il naso per il disgusto a Chuuya, cosa che sospettò fosse stata fatta apposta per il sorriso canzonatorio sulla faccia da schiaffi dell’altro.

Rimasero a fissarsi di sottecchi per un po’, cercando aperture nell’atteggiamento dell’altro che potessero consentire l’inizio di una conversazione che si prometteva difficile.

-Quindi sei venuto qui solo per chiedermi cosa voglio per il mio silenzio?-

-Per quale altro motivo se no? Senti, è chiaro che non hai detto niente a nessuno e te ne sono grato, ma nessuno fa niente per niente. Quindi te lo chiedo di nuovo: cosa vuoi in cambio?-

-Te l’ho già detto: esci con me.-

-Ma neanche morto!-

-Tu hai chiesto il prezzo e io te l’ho detto. Ti stai tirando indietro? Di nuovo?-

-Non mi tiro indietro davanti a una sfida, ma passare del tempo con te è un incubo e basta.-

-Non è solo trascorrere insieme qualche ora che ti sto chiedendo. Voglio un appuntamento.-

-Non lo avrai.-

-Lo stiamo già avendo.-

-Ma quando mai?-

-Ah ora capisco, non hai mai avuto un vero appuntamento. Non sai riconoscere la differenza.-

Chuuya aveva sempre più voglia di strozzare il suo interlocutore, specialmente perché la metà delle parole che uscivano dalla sua bocca gli facevano venire voglia di tirare il bicchiere sui dentini bianchi di quello stronzo.

Dazai allungò furtivamente la mano per accarezzare la sua, che ritirò in un lampo arrossendo. Di rabbia ovviamente.

-Non azzardarti a toccarmi, brutto…!-

-Concedimi un appuntamento, uno vero, e potrai metterti in pace la coscienza per il mio silenzio. Dopodichè io te ne chiederò un altro, ma allora sarà una scelta solo tua accettare o meno.-

-Non che ora sia diverso, e ricorda che non ho ancora accettato.- Chuuya lo guardò storto, riflettendo. -Cosa ti fa credere che accetterò non solo la prima volta, ma anche la successiva?-

Dazai lo guardò con una malizia venata di divertimento che fece irritare da matti il rosso, ma ormai sembrava essersi abituato almeno un po’ al calore di quegli occhi castani.

-Naturalmente accetterai una prima uscita: nonostante quello che cerchi di mostrare a tutti, hai un certo codice personale ed evidentemente ritieni di avere un debito con me che intendi saldare. La seconda volta invece accetterai di uscire perché non potrai fare a meno della mia favolosa presenza. Ti piace litigare con me almeno quanto lo adoro io.-

Chuuya strepitò per un buon quarto d’ora contro l’uomo davanti a lui, insultandolo e deridendolo per la sua sicurezza, ma alla fine cedette almeno alla prima delle affermazioni di quell’uomo irritante.

Che gli piacesse o meno, aveva un debito da ripagare a causa della sua stessa lingua lunga.

Gli urlò di farsi trovare davanti al bar in centro l’indomani alle sette, e contemporaneamente se la diede a gambe fumando dalle orecchie.


 


 

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Capitolo 5
*** Amore sublime ***



Amore sublime

 

Uscire di casa di nascosto fu la parte più semplice di tutte.

Chuuya era abituato a girovagare di notte per le strade semi deserte, Randou e lui avevano discusso di queste sue fughe molto tempo prima e gli era stato dato una sorta di lascia passare, purché stesse sempre attento a non farsi beccare e tornasse in tempo per fare colazione insieme.

Aveva questa strana fissa moderna dei pasti in famiglia o roba del genere…

Il rosso non aveva mosso proteste finché poteva andare e venire di casa come preferiva, e la sera della sua uscita con quel pazzo di Dazai ne approfittò spudoratamente.

Si mise i vestiti più comodi che possedeva e infilò la prima giacca che ammansì il suo umore temporalesco con il suo stile punk, e per accumulare ulteriore buonumore si infilò il cappello del suo tutore. Aveva sempre avuto una particolare predilezione per quel cappello, per il velluto nero che faceva risaltare i suoi capelli rossi e gli copriva gli occhi, rendendolo simile a uno spettro appena scappato dall’inferno – o almeno così aveva commentato Randou la prima volta che glielo aveva visto addosso.

Lo mise anche quella notte, coprendosi gli occhi e muovendosi agile nella notte come un felino.

La sera il buio scendeva presto ed erano già spuntate le prime stelle quando raggiunse il bar dove doveva trovarsi con Dazai, con un’elegante mezz’ora di ritardo.

Ovviamente il damerino era già arrivato, invece.

-Mi aspettavo che mi avresti fatto aspettare, ma trenta minuti di ritardo? Sei peggio di una signora, ragazzino.-

A Chuuya saltarono subito i nervi, e l’appuntamento era iniziato da appena trenta secondi.

-Avevi detto che avresti smesso di chiamarmi così una volta saputo il mio nome.-

-Vero, ma se ti comporti come un ragazzino aspettati che io ti tratti come tale.-

-Hai biasimato me, ma sembra che sia tu quello pessimo con gli appuntamenti. Non ho ancora ordinato il primo drink e ho già voglia di tirartelo in faccia.-

-Chi sono io per mettermi tra il mio adorato ragazzino e il primo drink della serata?-

Dazai dribblò elegantemente l’umore nero del rosso, che sospirò in modo esasperato. Gli sembrava di non fare altro da quando quella guida turistica molesta lo aveva avvicinato per la prima volta, ma non riusciva a frenarsi. La cosa, paradossalmente, esasperava la sua esasperazione… facendolo sospirare esasperato una volta di più.

E bentornato al mal di testa.

Ma aveva dato la sua parola, perciò si sedette.

Due pinte e tre bicchieri dopo però aveva raggiunto una certa tranquillità mentale, o almeno a sufficienza per condurre una pacifica conversazione con quell’uomo odioso che l’alcool aveva reso quasi simpatico.

Ordinarono da mangiare e trascorsero un po’ di tempo a punzecchiarsi, anche se le battute del rosso erano smorzate da quanto si sentisse sazio e anche leggermente brillo.

Fu quasi piacevole a dire il vero trascorrere il tempo di un aperitivo e una cena con qualcuno che conosceva il suo segreto più oscuro, ma che al tempo stesso non lo rendeva il centro delle loro conversazioni.

Per quanto gli irritasse l’anima, doveva concedere un punto all’uomo davanti a lui: non gli aveva mai mentito, aveva mantenuto tutte le promesse che gli aveva fatto.

Aveva giurato che non avrebbe detto a nessuno del suo segreto e non l’aveva fatto.

Aveva giurato che a interessargli era Chuuya e non la magia che l’aveva creato e che era parte di lui, e infatti dopo la spiegazione che aveva inizialmente preteso non aveva più toccato l’argomento.

Gli aveva chiesto com’era Randou come padre, se aveva mai viaggiato, come si trovava a scuola e se avesse avuto delle relazioni, quali cose amava – poche, pochissime – e quali odiava – per questa lista servirebbero almeno dieci anni -, ma non aveva toccato l’argomento “magia” neppure di striscio.

Chuuya non voleva ammetterlo, ma lo apprezzava illimitatamente. Non dover essere costantemente cauto mentre parlava di sé perché l’altro sapeva già il peggio, e poter quindi evitare l’argomento in serenità… era molto tempo che non si sentiva così rilassato.

Così tanto che decise di lasciar correre un paio delle battute meno spinte dell’uomo moro, mentre a quelle più audaci decise di rispondere con un livore moderato.

Dazai sembrava essersene accorto, perché aveva iniziato a sorridere di più, sia ghigni soddisfatti che semplici sorrisi piccoli ma brillanti.

Tutto sommato la serata era andata meno peggio del previsto. Anzi, aveva superato le sue più rosee aspettative.

Dazai pretese di accompagnarlo per un tratto di strada fino a casa, e dopo le iniziali proteste Chuuya decise semplicemente di lasciarlo libero di decidere.

-Tanto fai sempre quello che ti pare!-

E andò così pure quella volta.

Certo, quando Dazai osò troppo cercando di attirarlo più vicino con un braccio intorno alla vita si era beccato un pestone a una gomitata tra le costole, ma a parte questo inconveniente camminarono a debita distanza e in pacifico silenzio.

Chuuya si bloccò dietro un angolo a pochi passi da casa sua, pronto a mandare al diavolo il compagno per la notte, ma l’altro lo zittì prima che potesse aprire bocca.

Lo pressò contro un muro di mattoni che gli punse fastidiosamente la schiena, e per questo fece partire in automatico un pugno diretto al fianco scoperto dell’uomo.

Dazai emise un gemito sofferente, ma poi ridacchiò, un suono tanto affannoso quanto insolito e questo bloccò la raffica di cazzotti che il rosso stava per far partire.

Almeno per il tempo necessario a far virare violentemente il corso delle loro vite.

-Passerò la vita a inseguirti e al tempo stesso a guarire i lividi che mi procurerai, non è vero? Mi sta bene.-

Poi gli pressò le labbra sulle sue, e ogni protesta morì.



 

Quando Randou vide Chuuya rientrare, quella sera, capì che qualcosa era cambiato per sempre nelle loro vite.

Il ragazzo era silenzioso, ma diversamente dal solito non sfoggiava alcuna espressione corrucciata e anzi, il suo volto era disteso nell’incredulità e le sue guance erano rosse come i suoi capelli.

Non lo guardò e non gli rivolse parola, ma Randou era una persona percettiva e un mago abile, anche se sarebbe stato sufficiente essere un semplice dilettante per capire gli stati d’animo di Chuuya. La magia rispondeva a ogni sua violenta emozione, a ogni incontrollabile impeto che potrebbe avere, e in quel momento…

In quel momento e per molto tempo a venire, la magia avrebbe danzato intorno al ragazzo con un brio inusuale, come un cucciolo in festa intorno al suo padrone.

Randou non aveva mai visto la felicità impressa sul viso del ragazzo, ma anche se le sue labbra non erano state piegate da quel sentimento nei suoi occhi si era accesa una luce inequivocabile.

Randou sospirò, capendo che ora sarebbero iniziati i veri problemi, altro che adolescenza: il ragazzo si era innamorato.



 

Randou era intelligente, perciò non bisogna dargli la colpa se non capì subito cos’altro avrebbe implicato quel sentimento torrenziale che il Figlio della Magia aveva appena iniziato a provare.

Come avrebbe potuto immaginare che, nel corso degli anni, grazie al legame dell’anima che i due condividevano anche il loro tempo sulla terra era stato condiviso? Gli anni che si erano aggiunti al corpo di Chuuya pesavano su quello di Randou in aggiunta ai suoi, facendolo invecchiare due volte più velocemente di quanto accade normalmente… ma tutto ciò, ancora, non era stato compreso.

Cosa credete che implichi il fatto che la metà della sua anima, quella che aveva donato al piccolo dai capelli rossi, avesse trovato il modo di diventare completa?

Perchè è questo il potere dei sentimenti, così come il loro punto debole: ognuno, alla base, è egoista.

Per se stessi si desidera, per se stessi si teme, per se stessi si ama.

Questo dona forza, ma rende vulnerabili.

E Randou, ormai da troppi anni, era lacerato dal Desiderio che aveva reso Realtà.

E ora quella realtà dalla chioma in fiamme aveva iniziato a provare sentimenti propri, sentimenti che per loro stessa natura erano egoisti. E la sua parte di anima divenne una: era piccola e acerba, ma più avrebbe provato e sentito più essa sarebbe cresciuta fino a diventare indipendente dalla sua matrice originale.

E il processo era ora in atto.

Ditemi, miei cari: cosa accadrà allora alla parte originale dell’anima, quella che possiede Randou?

Una metà può sopravvivere senza l’altra?

Vi avevo avvertito che non si sarebbe trattato di una favola comune, con personaggi straordinari e avvenimenti temibili.

L’amore può portare a conseguenze terrificanti, ma non trovate ci sia qualcosa di sublime in questa verità?

Che dall’amore veniamo generati, e dall’amore saremo distrutti.

Che esso ci dona la forza di realizzare le vette più alte, ma si trasforma in zavorra per trascinarci negli abissi più profondi.

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Litigio ***



Litigio

 

Si sarebbe potuto pensare che la presenza un innamorato – o spasimante o fidanzato o come cavolo intendeva definirsi quel pazzo dalla mente acuta e la lingua biforcuta di Dazai – avrebbe calmato il carattere pepato di Chuuya, o che perlomeno gli desse un po’ di stabilità.

Non fu esattamente così.

L’adolescente aveva sempre preso le giornate per come venivano, mangiava quando aveva fame, dormiva se ne aveva voglia e andava a scuola solo se non aveva altro di più importante da fare.

Per molto tempo questo aveva fatto quasi disperare il suo tutore, il quale non perdeva mai occasione per rimproverargli i capelli grigi che gli erano spuntati dandogliene la colpa.

Chuuya però si era sempre rifiutato di seguire regole e orari con cui non concordava e anche con un compagno questo non era cambiato.

Non si era neppure mai fatto problemi ad alzare la voce o a dire tutto ciò che pensava, sia che fossero verità scomode sia che si trattasse di volgarità di sorta.

Neppure questo era cambiato, anzi, in effetti poteva dirsi persino peggiorato.

All’insaputa di Chuuya, la sua piccola anima finalmente integra stava crescendo a un ritmo incalzante e questo sconvolgimento interiore lo rendeva ancora più irritabile del solito. Non che qualcuno potesse veramente accorgersene, dato il carattere perennemente al limite del rosso.

Qualunque fosse la ragione, Chuuya stava scatenando il peggio di sé, innamorato o no.

Ma almeno, riflettevano tutti quelli che lo conoscevano, quel brutto carattere che si ritrova ora lo sfoga soprattutto su quel santo del suo fidanzato.

Non che fosse veramente un santo, beninteso.

Aveva presto capito quanto selvaggiamente e istintivamente vivesse quel ragazzino che aveva tanto stimolato il suo interesse, perciò prese provvedimenti adeguati.

Nel corso di poche settimane aveva più o meno imparato il ritmo del ragazzo, quali posti amava frequentare e quando, perciò prese l’abitudine di anticiparlo nei luoghi in cui sospettava si sarebbe fatto vedere. Una volta su due ci prendeva, ma stava lavorando sodo per migliorare le sue statistiche.

Si presentava a casa del ragazzo con l’intento dichiarato di portarlo con sé per pranzo alle nove di sera, ben sapendo che probabilmente non si era alzato che un paio d’ore prima; si faceva trovare con una bottiglia di vino in mano se sapeva che l’umore del rosso era particolarmente agitato, perché in questo modo invece di un pugno si sarebbe guadagnato un pugno e un bacio.

Faceva battute sconce e poi saltellava via in modo da poter passare del tempo con lui, perché fino a quando non avesse avuto la sua dolorosa vendetta non si sarebbe arreso dall’inseguirlo urlando minacce di morte di ogni genere.

Insomma, i quartieri della zona si erano molto animati da quando avevano deciso, uno un po’ più riluttante dell’altro, che in fondo si piacevano ed era piacevole stare in reciproca compagnia.

Chuuya, a dispetto di quanto accade ai normali adolescenti, ha deciso di restare se stesso nonostante si sentisse uno stormo di scorpioni nello stomaco ogni volta che quel decerebrato del suo ragazzo lo baciava o lo abbracciava, prima che inevitabilmente i suoi istinti scattassero per picchiarlo.

Non era mai particolarmente gentile con lui, ma avevano trovato un buon equilibrio per il momento, e tanto gli bastava. Non sapeva dire se questa era felicità, soddisfazione o qualche altro sentimento che non riusciva a identificare, ma finché lo faceva sentire tanto bene decise che non poteva fregargli meno del nome comune di una sensazione tanto straordinaria.

Si godeva semplicemente quello che aveva, incerto su come fosse finito in quella situazione, ma compiaciuto della sua vita come non era mai stato.



 

Chi era meno felice della situazione invece era Randou: Chuuya trascurava sempre di più i suoi allenamenti magici e le ore che dedicava allo studio erano sempre meno frequenti; se poi si poteva contarle come ore produttive quelle trascorse a sospirare nel vuoto e grugnire subito dopo per il fastidio di un pensiero molesto…

Randou non aveva nulla in contrario al fatto in sé che il rosso iniziasse a provare sentimenti più complicati di indifferenza, rabbia o sociopatia – sì, sapeva che non si trattava di un sentimento, ma Randou riteneva si potesse anche considerare tale nel caso specifico del suo protetto, visto quanto tempo e impegno ci metteva per evitare quasi tutto l’universo umano nel suo insieme.

Quello che lo irritava era che il ragazzo stesse scombinando la loro lista di priorità, che era sempre stata ben chiara a tutti e due: prima lo studio della magia, poi tutto il resto.

Dopo quasi tre decadi dedicate con devozione a quel tipo di vita, Randou neppure ricordava com’era essere diversamente. Lo stava riscoprendo attraverso gli occhi del ragazzo, ma non per questo riusciva a far propri quei sentimenti di gioia, affetto e quant’altro. Ne aveva perso la capacità molto tempo prima, e stanco come si sentiva sempre in quel periodo non aveva neppure la forza di provare a capire veramente tutta quella marea di turbolenze adolescenziali, figurarsi empatizzare con esse.

Ha iniziato il discorso un paio di volte nelle ultime settimane, ma l’altro sembrava diventare improvvisamente sordo e si volatilizzava con una scusa qualsiasi chissà dove alla velocità della luce. Sospettava che sfruttasse un po’ di magia spaziale per sparire così. Beh, almeno faceva un minimo di esercizio.

Doveva comunque sistemare quella faccenda, non era possibile rimandarla ulteriormente, la sua pazienza era già finita da un pezzo e volente o nolente, era ancora il tutore di Chuuya e avrebbe dovuto dargli retta.


 


 

Sarebbe bello se i piani andassero come previsto una volta tanto, no? Troppo facile.

Del resto, se una cosa poteva andare storta, si poteva star certi che l’avrebbe fatto.

Da una semplice richiesta di riprendere a studiare con regolarità, ne era sfociata la litigata più furiosa della storia.

Erano volate parole grosse, insulti e recriminazioni; finché di quelle Chuuya si era stufato e aveva iniziato a far volare anche gli oggetti, ai quali Randou aveva risposto alzando la voce in un modo che non era mai accaduto in tutti quegli anni.

Rendendo la situazione ancora più disperata, perché la magia di entrambi aveva risposto alla tensione elettrica nella stanza ed era esplosa.

Il problema era che non c’era paragone tra le due, e il vincitore era scontato; cosa che non impedì all’amarezza e al senso di colpa di aggredirlo quando, rimesse le briglie al suo potere, non vide esattamente cosa aveva combinato.

Chuuya non se ne era accorto, ma tremava per lo shock. Non aveva capito in tempo, non aveva dato peso al ruggito del suo potere, indignato per le parole che avevano scatenato tutto quel pandemonio.

Il tuo dovere su questa terra è raggiungere l’immortalità, non hai il tempo per concentrarti sui piaceri del corpo.

Il rosso, all’ennesima prova del fatto che al suo mentore importasse più della magia che di lui, non rimase sorpreso, solo un po’ amareggiato. Era stato l’insulto a ciò che lo legava a Dazai a frantumare il suo controllo in milioni di pezzi.

E quello era il risultato.

Ceramiche rotte sul pavimento erano immerse in una pozza d’acqua venuta da un vaso di fiori rovesciato, libri sparsi ovunque con pagine rovinate, graffi sui muri, quadri storti… niente si era salvato dal loro scontro.

Nemmeno l’altro contendente. Anzi.

Randou era volato all’indietro e ora se ne stava accasciato in maniera scomposta a terra, i vestiti spiegazzati e pieni di piccoli tagli, lividi sulle mani con cui aveva cercato di parare l’onda d’urto e un paio di lievi tagli sul volto a sporcarne la bellezza.

Ma a far quasi vomitare Chuuya fu il taglio più importante dietro la testa del suo genitore, che stava lasciando una scia di sangue sulla carta da parati.

Iniziò a urlare, se imprecazioni o preghiere non avrebbe saputo distinguerle, ma si precipitò dal suo mentore, tentando di curare le sue ferite.

Quando vide che respirava tranquillamente e la nuca aveva smesso di sanguinare, si permise di cedere alla tentazione di vomitare che l’aveva attanagliato da che si era reso conto di quella distruzione.

E poi scappò, dalla casa devastata, dal padre ferito e anche da se stesso.

Scappò, incazzato con il mondo, con Rando e con se stesso.

E conosceva una sola persona che avrebbe potuto sopportare insieme a lui tutta quella rabbia.




 

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Capitolo 7
*** Anima ***



Anima


 

Chuuya corse come non aveva mai fatto in vita sua.

Più veloce che mai, sempre di più, come non credeva gli possibile. Forse perché non avrebbe mai pensato che sarebbe fuggito da qualcosa.

E invece eccolo, stava scappando, terrorizzato non da qualcosa alle sue spalle, ma da ciò che era dentro di lui.

La magia.

La stessa che gli aveva dato la vita e che componeva gran parte del suo corpo, della sua anima e del suo stesso destino, lo aveva tradito.

Anche Randou l’ha fatto… io ti ho protetto da lui.

La magia non aveva esattamente una voce in grado di parlare, ma aveva sentimenti e opinioni come qualunque essere vivente. E nessuno meglio di Chuuya era in grado di sentirne il canto e interpretarne la volontà.

Improvvisamente stizzito con se stesso, il mondo e suo padre in primis, imbavagliò la magia e la spinse in fondo alla sua coscienza, in modo che potesse soffrire e piangere in pace e solitudine la perdita di un padre di cui desiderava l’amore, ma che provava nei suoi confronti solo l’interesse scientifico che si dedica a un esperimento.

Non sapeva per quanto tempo aveva corso, il rumore dei suoi pensieri diventato un sottofondo trascurabile grazie alla sua volontà di sparire nell’oblio del mondo.

L’unica cosa che lo fece fermare dalla sua sconsiderata fuga fu il riflesso del primo raggio di sole del giorno che lo accecò per un momento. La distrazione fu sufficiente a radicarlo di nuovo nel mondo abbastanza da percepire la sua stanchezza, perciò si fermò a riprendere fiato. Gli eventi di poche ore prima gli piombarono di nuovo addosso ora che aveva finito di scappare, e il peso fu tale che si lasciò andare. Liberò lo stretto controllo che aveva esercitato sui suoi muscoli e decise di non resistere quando la gravità lo spinse sgraziatamente a terra.

Era stanco, agitato e sfinito, ma non si sarebbe mai addormentato in un luogo così sudicio, men che meno quando la sua mente vorticava come un mare in tempesta.

Dazai, ho bisogno di lui. Devo sfogarmi o impazzisco.

Sembrava che il suo compagno in qualche modo lo sapesse, perché non passò molto tempo da quando si era lasciato cadere in quel punto che lui apparve, il solito sorrisetto un po’ meno largo del solito, ma non meno sincero.

-Ecco qui il mio ragazzino preferito. Che ci fai qui a quest’ora? Di solito sei a bere vino costoso fuori dal negozio di liquori dall’altra parte della città.-

-E allora come mi hai trovato qui?-

-Il potere dell’amore, è ovvio.-

Chuuya era sconvolto e in stato di shock, ma non al punto da ignorare una cazzata così grande quando la sentiva, perciò non si sentì minimamente in colpa quando il suo ragazzo cadde a terra ululando per il dolore dopo che gli aveva calciato entrambi gli stinchi con il tacco basso dei suoi stivali.

Non era un sadico bastardo, non amava fare del male agli altri, ma Dazai urtava ogni nervo nel suo sistema deliberatamente e sistematicamente.

Ci vollero un paio di minuti perché si riprendesse, ma quando lo fece l’altro uomo si avvicinò carponi a lui, cercando di prenderlo tra le braccia.

Chuuya scalciò di nuovo, non trovando dentro di sé la forza di insultarlo a parole. Lui non si arrese però, fermando i suoi colpi come meglio poteva, continuando a cercare di abbracciarlo.

Dopo qualche minuto di lotta Dazai emise un suono vittorioso quando riuscì a bloccargli entrambe le braccia contro il corpo, premendogli la schiena contro il proprio petto. Con Chuuya tra le sue gambe in questo modo, era anche impossibilitato a tirargli calci, perciò finalmente smise di provarci.

Non si rilassò, ogni muscolo del suo corpo rimase teso, la testa quasi incassata nelle spalle, ma si stava spingendo contro il corpo del compagno perciò Dazai la ritenne una vittoria. Non sapeva ancora cosa fosse successo al suo bellissimo ragazzino, ma per ora la sua priorità era di calmarlo e fargli sparire lo sguardo d’orrore che aveva sul viso.

A nessuno dei due piacevano le parole vuote. Certo, Dazai amava parlare a vanvera, ma tutto aveva uno scopo, che fosse far ridere l’altro o irritarlo a morte. In quel momento però tutto quello che voleva fare era tranquillizzarlo, perciò parlare di nuovo era fuori discussione. Rimanere lì, in quell’abbraccio che era per metà lotta e per metà abbandono, era l’unica cosa da fare per il momento.


 


 

-Pronto a parlare?-

Chuuya lo fissò storto, bevendo in risposta un altro sorso del whisky che gli era stato offerto.

Dazai lo prese per un no e fece spallucce, bevendo per fargli compagnia. Conosceva il valore del silenzio, nonostante quello che poteva sembrare a primo impatto. Non intendeva forzare Chuuya, ma ammetteva di essere curioso: qual’era il motivo per cui all’improvviso la sua magia si era agitata al punto da tirarlo fisicamente verso una zona sconosciuta della città per raccattare il suo ragazzo, che sul momento gli era sembrato un gattino abbandonato per strada?

Un gattino bello scontroso, per carità, ma quella era la prassi, perciò lo aveva leggermente tranquillizzato.

Chuuya continuava a fissare il cappello che si era tolto e aveva messo sul tavolino del soggiorno di Dazai, e sembrava non voler distogliere da esso la sua profonda concentrazione.

Portarlo a casa sua era stata una buona idea, ma ogni passo era stata una lotta di preghiere, stuzzicamenti e tira e molla. Lo ammetteva, la guida turistica era esausta, ma una parte di lui non poteva evitare di sentirsi felice che il ragazzo fosse in casa sua per la prima volta.

-Il cappello è suo. Continuo a rubarglielo. Gli rubo ogni cosa. Stasera stavo per portargli via anche la vita.-

Aveva parlato a scatti, ma almeno aveva aperto bocca. Era la prima volta che lo faceva in ore di totale immobilità, perciò la considerò una vittoria nonostante il significato delle sue parole.

-É vivo?-

-Respirava.-

-Vuoi andarlo a controllare?-

-No.-

-Va bene.-

Chuuya a quel punto esplose.

-Va bene? Va bene? Niente va bene, cervello di gallina! Ho quasi ucciso un uomo, l’uomo che mi ha dato la vita! Ho perso il controllo e l’ho fatto sanguinare!-

-E allora? Anche quando mi hai tirato un pugno in faccia il mese scorso mi hai fatto sanguinare, non ne hai mica fatto una tragedia.-

-Non stavi per morire.-

-Avevo il cuore spezzato per la violenza del mio ragazzo, stavo per morire di crepacuore!- Dazai riprese il suo solito sorrisetto a quelle parole, irritando ancora di più i nervi logori del rosso.

-Si tratta di una cosa seria, brutto idiota! Stavo per togliere la vita a chi mi ha dato tutto! Una vita, un’educazione, persino metà della sua anima!-

-I figli non devono ai genitori nulla per avergli dato la vita, sai? È così che funziona. Lo stesso vale per l’educazione, specialmente nel tuo caso dato che la parola “maleducato” sembra sia stata inventata apposta per te. Inoltre tu non hai “metà” anima, ne hai una intera, ed è tutta tua.-

Chuuya era sembrato sul punto di picchiarlo quando gli aveva dato del maleducato con il suo solito sorriso stronzo sul viso, ma si era congelato quando aveva ascoltato le parole successive. Un’anima intera? Ma cosa stava dicendo quel cretino? Un’anima non poteva donare un’intera anima a un altro essere, era per questo che lui e il suo tutore condividevano le due metà di quella originale del mago straniero.

-Si può sapere che cazzo stai dicendo? Non può avermi dato un’anima intera, sarebbe rimasto senza lui stesso e sarebbe morto in quel caso. Non parlare di cose di cui non sai nulla!-

-Sono anch’io un mago, e sono piuttosto abile nelle percezioni come ben sai. Quando ti ho conosciuto avevi effettivamente un’anima a metà, ma ultimamente è diventata… integra. È come se un semicerchio avesse modificato i suoi confini per diventare un cerchio, più piccolo di quello che la metà originale formava insieme alla sua altra metà.-

Chuuya aprì la bocca in modo indecoroso, capendo ma non credendo a una parola di ciò che il suo ragazzo aveva detto con tanta disinvoltura, come se fosse una verità ovvia e di dominio pubblico.

Ovviamente sapeva delle capacità percettive di Dazai, era grazie a loro che aveva scoperto della sua vera natura in primo luogo, ma percepire le anime? Poteva arrivare fino a quel punto?

Lui non poteva avere un’anima intera, giusto? Cosa sarebbe successo a Randou ora che la metà che aveva dato via era qualcosa di intero?

All’improvviso ricordò la moltitudine di capelli bianchi che era apparsa a un ritmo allarmante tra i capelli d’ebano di Randou, le rughe più pronunciate che mai intorno alla bocca e agli occhi e la fatica che provava ogni giorno di più mentre svolgeva attività che solitamente a un uomo della sua età avrebbero richiesto molte meno energie.

Chuuya sbiancò, capendo la verità. Le loro anime si erano divise, e il trauma aveva fatto invecchiare in maniera precoce il suo tutore. Non sapeva perché, o quanto i tempi fossero accelerati, ma la sua magia, nuovamente vibrante di vita ora che non la stava più volontariamente silenziando, gli disse che quella era la verità.

Aveva iniziato a uccidere il suo tutore molto prima di colpirlo quella sera.

Era un pensiero inquietante e terrificante.

Aveva un’anima, una tutta sua, una integra e autonoma.

E quello era un pensiero incredibile, inaspettato e inesplicabile.

Non era ancora riuscito a far quadrare tutti i fatti nella sua testa, quando un urlo interruppe il filo del suo ragionamento.

-So che sei lì dentro, Chuuya! Vieni fuori immediatamente!-


 


 


 


 

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