Avatar e Pokémon: la Maestra dell'Acqua

di Barbra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sedna ***
Capitolo 2: *** Celestopoli ***
Capitolo 3: *** Zafferanopoli ***
Capitolo 4: *** Aranciopoli ***
Capitolo 5: *** Azzurropoli ***
Capitolo 6: *** Fucsiapoli ***
Capitolo 7: *** Lavandonia ***
Capitolo 8: *** Isola Cannella ***
Capitolo 9: *** Bosco Smeraldo ***
Capitolo 10: *** Isole Spumarine ***
Capitolo 11: *** Laran ***
Capitolo 12: *** Armonia ***



Capitolo 1
*** Sedna ***


Sedna



«Ho visto aspiranti Allenatori arivare in ritardo per un guasto alla sveglia. Ma tu... hai dormito per cinque anni?».
«Tre».
«Hai solo tredici anni?! Davvero?!».
«Se non mi crede, guardi i miei documenti!».
La Professoressa Sonia esaminò la carta di identità e i fogli che le aveva portato. Poi diede un'ultima occhiata alla ragazza dalla pelle scura, gli occhi verdi e i capelli rosa che aveva davanti.
«I documenti mi hanno appena fatto l'occhiolino e mi hanno detto di essere falsi. Secondo il computer, a Galar non c'è alcuna Sanna Lenu».
«Mi chiamo Senna, non Sanna! Cerchi di nuovo! E io non sono nata a Galar, ma ad Alola!».
La Professoressa corresse l'errore e dovette fare i conti con l'imbarazzo. Esisteva davvero una quasi quattordicenne Senna Lenu, coi capelli di un rosa naturale e gli occhi verdi, nata ad Alola e attualmente residente a Spikemuth.
Molti ragazzi di quella città filo-anarchica, forti del sostegno della Capopalestra Marnie, di suo fratello Piers e di una straniera che li aveva ispirati o istigati entrambi, opponevano una forte resistenza non tanto alla carriera sportiva, quanto al sistema degli sponsor. Chi non aveva amici o parenti altolocati nel giro, chi non poteva “comprarsi” uno sponsor o semplicemente entrare in contatto con lui, si sentiva penalizzato. I manifestanti avevano fatto tanto baccano che l'opinione pubblica aveva cominciato ad appoggiarli, il vecchio regolamento a tramontare.
Al suo posto si stava affermando il modello adottato nelle altre Regioni, in particolare nella vicina Kalos: il Professore di riferimento ospitava e si prendeva cura dei Pokémon dal lui selezionati finché non venivano scelti da un Allenatore. Era un lavoro a tratti snervante, ma tutt'altro che spiacevole.
Perciò la ragazzina si era presentata da sola a chiedere uno “Starter”, dopo aver vinto un brevissimo torneo di selezione contro i suoi coetanei.
In quel torneo, gli sponsor in agguato non avevano notato lei, bensì il suo Lucario dalla pelliccia nera, catturato in un deserto mediorientale, e il suo esemplare di Primarina particolarmente versato alla spettacolarità, anche per uno della sua specie.
Complici le notevoli doti fisiche dell'Allenatrice, le era stato garantito che avrebbe avuto un futuro nelle Gare Pokémon.
Ma la ragazza aveva rifiutato ogni contratto.
Adesso, Sonia era moralmente costretta a concederle la tradizionale scelta del Pokémon iniziale. Anche se subodorava la truffa.
Senna era molto alta ed atletica e la cosa poteva fuorviare, magari era maturata presto, magari era così sicura di sé perché le agenzie di modelle le correvano dietro fin da bambina, com'era successo a Nessa prima che scegliesse la carriera sportiva.
La Professoressa prese coraggio e domandò: «Tu non hai tredici anni, vero? La bambina nella foto ti assomiglia, ma non puoi essere tu!».
«Non è la prima che me lo dice. Sono cambiata molto in un paio d'anni. I miei dati ce li ha davanti. Guardi, mi dia Sobble: io sparirò da quella porta, e lei smetterà di arrovellarsi. Nessuno sponsor potrà infastidirla».
Sonia studiò di nuovo il suo documento di identità.
«Va bene» sosprirò.
Si alzò ed andò ad aprire il cofanetto in cui erano custodite le sfere. Ne scelse una a colpo sicuro. Ne uscì un piccolo rettile acquatico celeste chiaro, con una vistosa e caratteristica cresta gialla ed un'ancor più tipica espressione da bimbo disorientato.
Sonia iniziò la presrntazione di routine. «Questo è...».
«Sobble...!» terminò per lei la ragazza. I suoi occhi verde chiaro brillarono di gioia dietro agli occhiali squadrati, strinse i pugni in segno di vittoria e si precipitò a prenderlo in braccio. I suoi modi composti e maturi erano scomparsi per un'eccitazione infantile. Spiazzato, il piccolo Pokémon d'acqua tentò la fuga.
«Vieni qui! Fermo!».
Troppo lento...
Lei lo agguantò e lo sollevò in aria. Girò su se stessa con il piccolo sventurato fra le mani. «Ciao, Sobble! Io mi chiamo Sedna!».
Sonia si era distratta e non aveva badato al suo inciampo. In fondo, la ragazza aveva qualche difetto di pronuncia per colpa della dentatura imperfetta.
Il Pokémon la fissava con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati dallo stupore. Conosceva poco gli umani, ma aveva visto dei ragazzini di dieci anni reagire con più dignità e posatezza di lei. Non poteva inmmaginarla assieme ad un Inteleon.
Appena si fu ricomposta, non lo fece rientrate nella Pokéball, ma lo tenne in braccio. Girò i tacchi e si diresse alla porta.
«Bene, Professoressa: la ringrazio. Io me ne vado».
Solo allora, Sonia si ricordò di aver saltato un passaggio simbolicamente importante. «Non gli vuoi dare un soprannome?! Posso registrarlo adesso!».
«No, Professoressa. Dare un soprannome in lingua umana a un Pokémon significherebbe prendederlo in giro...».
La donna aggrottò la fronte. Era la prima volta che incontrava una tredicenne, vera o falsa, con una posizione così estrema.
«Capisco...» disse. Ma non capiva affatto, né desiderava spiegazioni. «Beh, allora, in bocca al lupo!».
La ragazza, in pantaloncini e scarpe da ginnastica, prese a correre come uno Scorbunny in fuga, senza badare a non farsi vedere dalla scienziata.
Lo starter di Tipo Fuoco sarebbe stato davvero più adatto a lei.
Soprappensiero, Sonia digitò di nuovo il nome di Sanna Lenew. Poi di Sanna Lenu, poi di Senna Lenu. Per un motivo o per l'altro, tutti quei nominativi non esistevano.
Lenu, scrittura quasi fonetica della sigla L.N.U., “Last Name Unknown”, era più comune di quanto Sonia volesse credere. Ma la ragazza che l'aveva appena truffata non era tra i Lenu registrati.
La Professoressa si precipitò alla porta del laboratorio e guardò in lontananza tra i passanti. L'imbrogliona in scarpe da ginnastica era già sparita.
Allora si aggrappò al telefono, decisa a tagliarle ogni via di fuga dalla città e dalla grande isola di Galar.

*


Sedna aveva ritirato Sobble nella Pokéball e l'aveva messo nello zaino. Poi, in barba alla pioggia, aveva indossato un casco leggero ed era saltata su una bicicletta sportiva. Pedalava a testa bassa e a tutta velocità, come se dovesse vincere una gara. Percorrendo strade sterrate sotto una pioggerellina estiva, raggiunsero la costa prima del calare della notte.
La ragazza scese dalla bicicletta verde e la lasciò cadere sulla sabbia assieme al casco. Aprì la cerniera dello zaino, si tolse la parrucca e le lenti a contatto colorate, i denti finti e l'imbottitura che aveva usato per gonfiarsi le guance, e li sistemò in un sacchetto di plastica.
Sopra di lei, il cielo era plumbeo. Le nubi si addensavano minacciose.
Sobble percepiva l'odore dell'acqua salmastra dall'interno della sfera. Galar era un'isola ed avvicinarsi così tanto allo stretto significava tentare di lasciarla per il continente. Lui non voleva andare via.
Uscì dalla Pokéball e dallo zaino semivuoto e si trovò con le zampe sulla sabbia, che lui odiava. Era una creatura d'acqua dolce. Quell'ambiente gli era ostile.
La ragazza dagli occhi blu cupo si voltò e provò a richiamarlo. «Che c'è? Hai paura? Vieni qui!».
E di nuovo lo prese in braccio. Era pur sempre meglio che stare sulla sabbia.
Se nel Laboratorio, Sedna gli era sembrata sicura, adesso gli pareva arrogante. Il vento che soffiava dal mare le scompigliava furioso i capelli neri, ma lei ignorava ogni minaccia e camminava verso le onde con fare rilassato. Sobble intuì le sue intenzioni e si schiacciò istintivamente contro il suo petto, paralizzato dalla paura.
Una barca piccola sarebbe naufragata.
Anche un Primarina uscì dalla sua sfera nello zaino e tentò di fermarla. Batté le pinne tra loro e sulla sabbia per attirare la sua attenzione, e scosse ripetutamente la testa.
«Tu seguici a nuoto!» gli rispose l'Allenatrice. «Sobble, torna dentro».
Il piccolo Pokémon non aveva scelta.
Sedna entrò in acqua, ma non si tuffò. Prese misteriosamenre velocità come se avesse degli strani pattini a reazione ai piedi. Un'onda alta e innaturale si formò dietro di lei e prese a spingerla in avanti, mentre le altre non le si oppoevano. Primarina, come promesso, la seguiva a nuoto.
Sobble, terrorizzato dalla velocità, uscì di nuovo dalla sfera e cadde in mare. Primarina lo afferrò per la cresta con i denti e continuò a nuotare. Era più a proprio agio nel mare in tempesta di tutti gli altri Pokémon in squadra.


*

Avevano raggiunto la costa continentale sani e salvi, chi solo stanco e chi con il cuore in gola.
La brutta avventura si stava trasformando in una specie di sognaccio nella mente sconvolta di Sobble. Il Pokémon non sapeva interpretare ciò che aveva visto. Non sapeva neppure cosa avesse visto, se un'umana in grado di usare un potere Pokémon o un Pokémon nascosto sotto le spoglie di un'umana ed esaltato dalla luce sinistra della luna piena.
Dopo un breve bagno assieme a Primarina, mentre si asciugava i capelli, l'Allenatrice aveva approfittato del momento di quiete per presentargli il resto della squadra.
C'erano una femmina di Froakie e un maschio di Mudkip, più o meno della sua età. Poi un Dewott e un Primplup, poco più grandi. Una Feraligatr e un Primarina erano i giovani adulti del gruppo. Il vero veterano era un grande Lucario dalla pelliccia nera e gli occhi rosso rubino. Lui era così profondamente devoto alla sua Principessa dell'Acqua, da non aver neppure osato dubitare delle sue abilità. Era nato nel deserto e considerava l'acqua il più sacro degli Elementi. Chi ne aveva il controllo, ai suoi occhi, era appena un gradino sotto i grandi Leggendari.
Di punto in bianco, mentre le presentazioni terminavano, un varco si aprì a mezz'aria alle spalle di Sedna.
Ne uscì un'umana a testa in giù. Come in un gioco di magia, non si vedeva niente del suo corpo, eccetto le dita ingioiellate aggrappate al cerchio dorato a cui si affacciava.
«Imbrogliona! Ladra!» le gridò nel buio. L'energia scaturita dal Portale le illuminava il volto di una sinstra luce violacea.
Sedna sobbalzò e si voltò di scatto. Si strinse nell'asciugamano, allarmata. «Zia Hua!».
Anche se non era veramente sua parente, fin da bambina la chiamava zia, mentre si rivolgeva a Cyrus con il termine formale di Maestro.
La donna a testa in giù rise, ma poi non le risparmiò una ramanzina: «Non potevi essere un po' più discreta?! Tu, tredici anni...?! Senna Lenu di Alola...?! Ora sei ufficialmente la ladra più ricercata di Galar!».
La ragazza fece spallucce.
«Hai rubato un Sobble e... hackerato il sito dell'anagrafe di Galar. Almeno tutto l'Occidente lo sa. Anche se l'identikit nelle mani della polizia è alterato, non puoi rimanere a Kalòs. Io ti porto via, non dico niente ai tuoi genitori della tua bella pensata di attraversare il mare a... piedi...?! Però sta' attenta ad Halqa: non è affatto felice di coprirti, dice che sei una sfacciata. Cerca di non irritarlo».
«Come se fosse facile!».
«Non hai scelta».
Sedna aveva messo il broncio. Adesso, salvo per il suo fisico troppo adulto, poteva avere davvero tredici anni. «Va bene, zia. Cercherò di non irritarlo. Però ti chiedo un ultimo favore...».
Hua storse la bocca. Stava per dirle di no.
«Non è niente di che, zietta! Devi solo fargli aprire un portale per Kanto».
«Perché vuoi andare a Kanto?».
«Perché devo parlare con Green Oak. Green Oak, il Professore Pokémon. Lo conoscono tutti e lui conosce me: non posso truffarlo e non è un tipo pericoloso. Non rischio niente. Devo solo parlargli un'altra volta...».
L'argomento della conversazione era prevedibile: nella sua Squadra allargata, lo starter d'Acqua di Kanto era il grande assente.
Hua cedette di fronte agli occhi imploranti di Primarina. Mentre Lucario si limitava ad adorarla e proteggerla, il Pokémon Solista viveva quasi in simbiosi con la sua Allenatrice. Se lei desiderava una collezione di soli Iniziali d'Acqua, lui la appoggiava con tutto il suo entusiasmo.
«E va bene!» sospirò. «Tanto, hai deciso che devo viziarti. Essere la zia zitella ha un prezzo, me lo dicono anche quelli di là!».
«La zia zitella?! Credi davvero che io non sappia...?!».
Il volto della donna ingioiellata tradì stupore e, suo malgrado, paura. Divenne ancora più pallido, e i suoi occhi a mandorla si spalancarono. «C-che cosa? Che cosa sai...?».
Il battito doveva esserle schizzato a mille.
«Lascia perdere. Non voglio metterti nei guai. Su una cosa hai ragione: io non ho tredici anni».


*

«Sedna... non mi interessa quante volte busserai a quella porta. Ti avevo detto di no prima, e a maggior ragione te lo dico adesso: no!».
Green Oak era fin troppo rigido. Le aveva sempre negato uno Squirtle e, se fosse dipeso da lui, le avrebbe negato anche un Totodile. La sua Feraligatr era figlia del Feraligatr di Silver, compagno della Comandante Mercurius.
Quella Totodile e il Popplio nato dalla Primarina di sua madre Gong erano stati i suoi primi Pokémon di Tipo Acqua. Da allora, era ossessionata dagli Iniziali.
Aveva girato il mondo, non per affrontare gli Allenatori o le Leghe, non per collezionare medaglie, ma per mettere nel sacco i Professori e farsi consegnare quei Pokémon speciali, selezionati, così potenti e al contempo fedeli e facili da addestrare.
Perché i Leggendari, come Kyogre e l'abissale Lugia, erano troppo fuori dalla sua portata. Usare la teconologia Galassia per sottometterli era tanto meschino quanto inutile, e Mercurius, Mesprit o Arceus l'avrebbero fatta ammazzare per tradimento.
Mudkin l'aveva fatto rubare da un'ex Idrotenente di nome Ada, con cui aveva stretto amicizia nonostante la differeza di età. In cambio, Sedna le aveva fatto incontrare sua madre perché le sbloccasse il Dominio dell'Acqua.
L'Avatar era andata su tutte le furie una volta scoperto l'imbrogio. Ma Ada era riuscita a far perdere le sue tracce prima che potesse catturarla e toglierle il Dominio. Mercurius, Eris e Cyrus erano Dominatori dell'Aria, Mars ed Oberon del Fuoco, Saturno dell'Acqua: nessuno di loro avrebbe consegnato una Dominatrice perché le fossero revocati i poteri. Sapevano quanto potesse essere traumatico.
E siccome tutto ciò era successo solo pochi mesi prima, Sedna si teneva ancora lontana da Sinnoh.
Purtroppo per lei, era capitata nel posto sbagliato. Green Oak detestava i truffatori. Aveva chiuso un occhio solo per la moglie Blue, ma non prima che lei gli dimostrasse di aver tagliato i ponti con la sua vita passata.
«Ma perché non mi vuoi dare uno Squirtle?!» piagnucolò Sedna.
«Perché so chi sei. La “legge” non scritta contro i Dominatori è ingiusta, non appoggio le scelte di certi miei colleghi... ma non posso consegnare un Pokémon a una Comandante Galassia».
Sedna cercò di farsi scivolare addosso le sue parole. «E se... te lo rubassi?».
«Verrei a riprendermelo».
«O moriresti nell'intento...?».
«Mi faresti uccidere?».
«La Unità Rosse hanno il grilletto facile dai tempi della riprogrammazione, purtroppo. E se piangessi e mi buttassi ai tuoi piedi chiedendoti uno Squirtle?».
«Andrei a chiudermi a chiave nell'altra stanza e ti lascerei qui a frignare».
«Ma per favore, dammi Squirtle! Dimmi dove posso trovarlo selvatico, almeno!».
«Non ti è mai venuto in mente di metterti d'accordo con qualcuno per un uovo?».
«E con chi?!».
«Fatti degli amici. Comportati da persona normale, Sedna!».
La ragazza ci pensò su. «Vado a cercare degli Squirtle sevatici» concluse, e girò i tacchi.
«Ferma lì!».
Stavolta, a parlare era stata Blue.
«Ho un lavoro da proporti. In cambio, potrai avere Squirtle».
Sentendosi scavalcato, Green Oak restò a bocca aperta. «Che cosa?! No!».
Sedna si voltò con un sorriso raggiante. «Che lavoro è?».
«Arriverà tra poco».
La ragazza aggrottò perplessa le sopracciglia nere. «È uno scherzo?».
Dovette aspettare una mezz'ora, prima che un bambino di dieci anni si presentasse al Laboratorio, saluntando senza inchini. Era occhialuto e gracile. Aveva i capelli castano slavato, gli occhi color nocciola, ma quello che dava nell'occhio di lui, era che si appoggiava ad un bastone di legno e zoppicava vistosamente. Al posto del piede destro aveva una protesi artigianale di pessima fattura. Niente che la tecnologia Galassia non potesse sostituire con qualcosa di infinitamente migliore.
Sedna rimase seduta in disparte e attese che le venisse chiesto un aiuto del genere.
Invece, nessuno disse nulla. Il bambino rifletté davanti alle tre sfere, dopo aver tentennato su Squirtle scelse Bulbasaur e se ne andò, col suo bastone e il suo piede finto. Era così concentrato che non aveva neppure fatto caso alla presenza di un'estranea.
La giovane Comandante Galassia ruppe il silenzio, stupita. «Beh...?!».
«Ha bisogno, temo, di una fata madrina. Non di una baby sitter, attenta: devi seguirlo di città in città man mano che sfida le palestre, devi stare al passo con lui per sorvegliarlo. Cerca di intervenire solo quando le cose si mettono male. Usa quel che caspita ti pare: telecamere spia, droni, robot, astronavi... ma non devo essere io a dirtelo. Attenta al Dominio, però: qui è molto malvisto. Kanto e Johto faticano a scollarsi dalle tradizioni».
«E cosa c'è di più tradizionale di una sconosciuta che pedina un bambino zoppo?».
«Cerca di diventare la sua Rivale» suggerì Blue. «Provocalo: digli che è un piccolo pezzente e che arriverai alla Lega prima di lui, e poi umilialo in combattimento».
Sedna scoppiò a ridere. «Mi ricorderà per sempre! Giusto poco fa, tuo marito mi diceva di trovarmi degli amici, perché è così che fanno le persone normali».
«Spero vivamente che stiate scherzando...» si intromise, preoccupato, il Professor Green Oak. Lui era nato serio e non aveva un gran senso dell'umorismo. Però non era neppure tanto ingenuo da credere che una come Sedna, nominata Comandante Galassia fin dalla nascita, sarebbe stata gentile con un bambino zoppo e probabilmente miope.

*


Se voleva essere credibile come Allenatrice alle prime armi e aspirante rivale del bambino che seguiva, doveva usare solo Pokémon adeguati al suo livello. Lucario, Primarine e Feraligatr dovevano sparire dalla squadra. E così Dewott e Primplup. Gli unici papabili, almeno in un primo tempo, erano Froakie, Sobble e Mudkip. Sedna spiegò loro la situazione e poi li dispose a triangolo. Adagiò una bottiglia vuota in mezzo al loro e la fece girare come l'ago di una bussola. La bottiglia finì per indocare un punto tra Froakie e Sobble. Purtroppo per il piccolo rettile Galariano, l'angolo che descriveva con lui era minore. La scelta era caduta sull'ultimo arrivato.
Non poteva capitargli sventura peggiore. Forse, se avesse tentato la fuga, l'Allenatrice si sarebbe convinta a liberarlo anche per abbandono. Lui non doveva e non voleva essere lì.
Ma era troppo impaurito per tentare il grande salto verso la libertà. Sapeva di essere l'unico della sua specie in quella Regione per lui così remota. E il clima e la vegetazione erano troppo diversi da quelli di Galar per metterlo a proprio agio.
Mudkip non fece una piega. Rapito dal Laboratorio e passato di mano a Ada a Sedna, non aveva legato molto con quest'ultima.
Ma i grandi occhi gialli di Froakie si rattristarono. In lei c'era già il germoglio della combattività di Greninja: non poteva accettare di non essere stata scelta per mettersi in gioco.
Vedendola così giù, l'Allenatrice la prese in braccio.
«Oh, Froakie! Vuoi venire tu, al posto suo? Lui non mi sembra molto contento...!».
Froakie era un regalo di sua zia, non l'aveva rubata. Hua l'aveva presa proprio per impedirle di truffare e derubare il Professor Platan, quando aveva capito che Sedna non si sarebbe fermata di fornte a niente pur di terminare la sua collezione.
Se la fortuna avesse scelto la piccola rana azzurra, avrebbe semplificato la vita di tutti.
Sobble si trovava in imbarazzo.
Gli occhi di Primarina lo scrutavano interrogativi sotto le lunghe ciglia, quelli di Lucario sembravano volerlo penetrare da parte a parte. Se avesse rifiutato la missione, mancando di rispetto all'Allenatrice, probabilmente uno dei due l'avrebbe sbranato.
Il piccolo rettile fece un salto in avanti. Sedna si chinò a toccargli la cresta gialla.
«Vi porto tutti e due. Mi inventerò una scusa». E poi si rivolse agli altri. «Voi... devo chiudervi a chiave in un cofanetto finché la vostra presenza al mio fianco non sarà credibile».
Lucario scosse la testa: la presenza di soli starter di Regioni diverse e distanti fra loro in una squadra non sarebbe stata mai credibile. Bisognava essere realisti.
 



NOTA: ed ecco sequel (corto, se mai andrò oltre questo capitolo) di cui nessuno aveva bisogno, neppure io. Lo considero uno spin off nato tutto dalla noia. Ho provato a scrivere tutt'altro per affrontare tematiche rimaste in sospeso nell'altra ff ma non è venuto niente, a parte questo qui...

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Capitolo 2
*** Celestopoli ***


 
2. Celestopoli





L'Allenatore bambino era seduto per terra.

Tre bulli lo avevano intercettato durante il tragitto tra la Palestra di Celestopoli e il Centro Pokémon, quando i suoi Pokémon erano esausti.

Preso atto delle brutte abitudini delle baby-gang del posto, la Capopalestra Misty faceva riposare gli sfidanti e i loro Pokémon prima di lasciarli uscire, comunque fosse andato il combattimento.

Quel bambino però aveva rifiutato il suo aiuto, forse interpretandolo come un atto di pietà per la sua menomazione.

Sedna gli si fermò davanti, fece scendere Froakie dalla sua spalla e raccolse i suoi occhiali rotti.

Lui non li stava neppure cercando, da tanto era arrabbiato e frustrato. Era piuttosto malconcio, aveva il labbro rotto e un occhio nero.

«Chi ti ha ridotto così?».

«E tu chi sei?!».

«Mi chiamo Sedna. Chi ti ha ridotto così?».

«Non lo so. Non li conosco».

«Posso trovarli, se me li descrivi».

Froakie sottolineò la sua offerta con un gracidio.

Il bambino, già scontento della sua intromissione, attaccò a urlare: «Non ficcare il naso negli affari miei, intesi?! Vai a fare la carità a qualcun altro!».

La Comandante mantenne una calma forzata e lesse ciò che il computer centrale aveva trasmesso ai suoi occhiali. «La depressione nel bambino si manifesta con aggressività. Se non riuscirai a superarla, l'adolescenza potrà rivelarsi ancora più critica».

Lui aggrottò la fronte, perplesso. Se prima era, in un certo senso, sgomento, adesso sentiva crescere l'irritazione. «Che cosa...?!».

«Se non risolverai questa...».

«Sì, tanto una come te legge dei libri!».

«Una come me...?!».

«Sì. Una come te». A giudicare dal tono, non voleva essere un complimento. In effetti, Sedna non aveva familiarità con la forma stessa del libro. Fin da bambina si era abituata a leggere pagine proiettate davanti ai suoi occhi grazie alla realtà aumentanta e le scorreva muovendo un dito in aria. Trovava gli altri metodi di lettura estremamente scomodi.

«Beh, vuoi sfidarmi o no?!» incalzò il ragazzino. «Ti avverto: ho già conquistato la Medaglia Sasso e la Medaglia Cascata!».

Froakie gracidò di nuovo. Sedna si morse le labbra e di batté una mano sulla fronte. «C... le medaglie!».

Aveva dimenticato di non poterlo seguire senza quelle prove di progresso. Loro due si sarebbero dovuti trovare più o meno allo stesso punto. Invece, lei aveva perso tempo prima di seguirlo, e a Plumbeopoli aveva tirato dritto. Si era dimenticata del Capopalestra Brock.

Girò i tacchi e si avviò verso l'edificio convenzionalmente chiamato Palestra, seguita dalla ranocchia azzurra.

Doveva sbrigarsi, se voleva guadagnarsi uno Squirtle.

La risata del bambino la seguì: «Hai paura?! Bene, scappa!».




*




Entrò in campo Sobble. Appena vide comparire lo Starmie avversario, il piccolo rettile arretrò. Voleva scappare.

Sedna non disse niente. Perse un turno per ritirarlo e sostituirlo con la combattiva Froakie.

La rana schivò l'attacco d'acqua della stella marina gigante con un salto, poi rispose con la più potente delle sue mosse apprese. Un getto d'acqua colpì Starmie e lo spinse all'indietro. Misty dovette correre di lato mentre il Pokémon finiva contro la parete alle sue spalle.

Le altre Allenatrici della Palestra, che Sedna aveva già battuto e non avrebbero dovuto interferire, lasciarono i loro posti per correre a controllare che la Capopalestra non si fosse fatta niente.

In effetti, né il getto d'acqua né il Pokémon l'aveva sfiorata.

«Misty, tutto bene?! Che cosa è successo?».

La rossa tentennò. «Starmie. Starmie è molto stanco, ultimamente. Ma non fa nulla: la lotta è valida lo stesso. Tornate ai vostri posti».

Starmie, dopo il brutto colpo subito, tornò al suo posto. Si era abbassato a combattere come se fosse molto più debole. Secondo le regole decise dall'Allenatrice, al prossimo colpo efficave avrebbe dovuto fingere uno svenimento.

Misty si rivolse all'avversaria, che era rimasta immobile al proprio posto.

«Avanti. Continuiamo».

Starmie andò giù con una semplice Bolla.

Al suo posto, arrivò Psyduck, col suo sguardo perso nel vuoto.

Sedna aveva sempre trovato buffo il modo in cui, con le piccole zampe da ornitorinco, si premeva le tempie.

Ma i suoi attacchi di cefalea dovevano essere lancinanti.

Gli Psyduck non si divertivano a combattere, ma Misty continuava ad allenarne di diversi, il più possibile, per portarli rapidamente fino all'evoluzione.

Era un pensiero molto ingenuo, inviso ai naturalisti, ma Golduck controllava i mal di testa e non ne era ostaggio, e per Misty questo bastava.

Sedna non ebbe pietà del piccolo Pokémon giallo.

Aiutò la sua Froakie a metterlo al tappeto in due mosse, com'era successo con Starmie. Siccome quello Psyduck era nuovo della squadra, e non aveva nessuna riserva di energia nascosta, stramazzò a terra lì dov'era. Ma poi riaprì gli occhi.

L'energia assorbita da quei due attacchi d'acqua, assieme alla tecnica con cui erano stati eseguiti, gli avevano fatto capire un paio di cose su come avrebbe dovuto attaccare.

Il suo corpo emanò una luce fioca e violacea. Le sue piume gialle sfumarono verso il verde scuro, poi verso l'azzurro, mentre le sue corte braccia si allungavano, e le sue mani diventavano palmati. Il suo corpo crebbe di dimensioni, il suo becco cambiò colore e forma così come la sua testa, e la sua codina appena accennato si fece più simile a una lunga coda da rettile. Al centro della sua fronte fuoriuscì una gemma rossa.

Le tre Bellezze lo applaudirono. Non importava quante ne avessero viste: ogni Evoluzione Pokémon, agli occhi della maggioranza degli umani, era un evento unico ed emozionante.

Peccato che, secondo i canoni tradizionali, fosse troppo giovane e debole per evolversi.

Siccome era destinato alla liberazione e lo sapeva, corse dalla sfidante e rimase fermo davanti a lei. Voleva essere scambiato, oppure liberato e ricatturarto.

Sedna non nascose il suo imbarazzo: quell'esemplare non avrebbe dovuto evolversi.

Ma nessuno era più a disagio di Misty.

Lei aveva gli occhi delle colleghe puntati addosso. Superato l'entusiasmo iniziale, quelle tre non capivano cosa stesse succedendo ai suoi Pokémon.



*



Sedna era uscita dalla Palestra di Celestopoli con una Medaglia e Golduck. Misty lo aveva liberato sul momento perché lei lo ricatturasse, evitandole il dilemma dello scambio.

La ragazza non aveva compreso il favore e si era presa il regalo senza ringraziare, per poi tirare dritto verso Plumbeopoli. Si era cosparsa di Repellente per attraversare la galleria sotto il Monte Luna, aveva ignorato gli Allenatori che le chiedevano una sfida, e aveva cacciato i Pokémon che parevano incuriositi dalla Froakie che le saltellava dietro.

Nella Palestra di tipo Roccia, aveva messo il Golduck “prematuro” alla prova nelle sfide preliminari. Era molto zelante, anche se meno competitivo della sua Froakie.

Arrivata davanti a Brock, dopo le presentazioni di routine, Sedna aveva deciso di ritirare Golduck e mandare in campo Sobble.

Sobble si era trovato davanti Onix.

Il gigantesco mostro, al posto dell'ipofisi, aveva un magnete in grado di tenere insieme il suo corpo interamente composto da rocce non unite, ma messe in fila a contatto l'una con l'altra. Anche se qualcosa le avesse separate, piano piano si sarebbero ricomposte, ma comunque lui sarebbe svenuto, o avrebbe perso potenza.

Per questo era così spiccatamente vulnerabile all'acqua, che poteva facilmentne infiltrarsi tra le rocce e indebolirlo.

Ma il rettile non lo sapeva, e fu tentato di giocarsi di nuovo il jolly della fuga.

Froakie, come spettatrice, gli sputò contro una Bolla per costringerlo a rimanere in campo.

Quella scenetta maldestra aveva dato a Onix il tempo di attaccare. Il grande Pokémon di roccia si stava letteralmente tuffando su di lui.

Sobble si difese con Pistolacqua. Lo colpì sotto il mento, e straordinariamente lo spinse all'indietro fino a farlo rovesciare sulla schiena.

Nessuno dei due sapeva come. Sbigottito, Onix si rimise a pancia in giù e si sollevò da terra. Esitò, perchè percepiva l'esitazione nel suo Allenatore.

«Di nuovo!» lo incitò Sedna, indicando il Pokémon avversario.

Sobble produsse un'altra sequenza di getti d'acqua dalla bocca.

Erano incredibilmente fastidiosi. E secondo le regole di una Palestra per principianti, lui era già al tappeto. Però voltò le spalle all'avversario e si tuffò nella sfera.

«Bene. Hai battuto Onix. La sfida finisce qui. Ecco la Medaglia Sasso. Buona fortuna».

Nessun complimento né incoraggiamento, il che da parte sua era strano. Sedna non ci fece caso e si prese la medaglia. Ora era in pari con il suo cosiddetto Rivale.

Uscì dalla Palestra per tornare a Celestopoli. Era convinta che la città successiva, nel normale percorso scelto dagli Allenatori, fosse Zafferanopoli.

Quindi lasciò perdere il Museo della Scienza, con dei relitti di storia che non riguardavano minimamente la realtà parallela del Team Galassia, e corse di nuovo alla galleria del Monte Luna.

Lì c'era un Clefairy che forse l'aveva scambiata per una specie di Clefable in incognito, perché aveva addosso l'odore del mezzo Folletto Primarina e quello, in tracce, delle Pietre Lunari e delle altre pietre meteoriche conservate nel Covo Galassia. Era un esemplare molto esuberante e socievole, che l'aveva inseguita finché lei non aveva acconsentito, contro voglia, a sfidarlo. Aveva usato Sobble per indebolirlo e poi gli aveva buttato contro una Pokéball. La cattura era andata a buon fine.

Quel tira e molla l'aveva fatta rallentare.

Abbastanza perché fosse raggiunta dal Capopalestra Brock, che prima era andato da tutt'altra parte a cercarla. La sua faccia era inconfondibile, con quegli occhi così allungati da sembrare socchiusi e la pelle color terra cotta. Era sempre stato un tipo tosto ma calmo, era tutt'altro che vecchio, ma l'avanzare degli anni lo faceva assomigliare sempre di più a una sorta di bonzo.

Sedna non aveva voglia di parlargli. Si aspettava una predica sul cattivo addestramento dei suoi Pokémon, che si scambiavano i turni come volevano mettendosi in difficoltà a videnda.

Ma lui le posò una mano sulla spalla per convincerla a fermarsi. Per una semplice ramanzina, non l'avrebbe fatto. «Ehi!».

La ragazza si voltò, irritata. «Cosa c'è?!».

Brock si guardò alle spalle e poi parlò a voce bassa. «Ho chiamato Misty appena te ne sei andata: lo abbiamo capito tutti e due, che sei una Domnatrice dell'Acqua. L'ha capito anche Golduck, o non ti avrebbe seguita. Se vorrai continuare, dovrai stare molto più attenta di così. Red è stato costretto a scappare per molto meno di una lotta truccata. Per niente, ad essere sinceri. È solo che i Dominatori sono malvisti. Chiunque siano».

Sedna lo guardò in faccia e, con una certa rigidità dei muscoli del viso e un'aria fin troppo impassibile, gli rispose: «Non sono una Dominatrice».

«Bene, penso che tu abbia capito. Buona fortuna».

E la lasciò andare per la sua strada.



*



Finalmente, dopo aver sfidato due Palestre in un giorno, era di ritorno a Celestopoli con le carte in regola. Ingannata dalla geografia di Kanto, era convinta che la tappa successiva più naturale fosse Zafferanopoli. Ma adesso voleva solo trovarsi un posto per la notte.

La stanchezza cominciava a farsi sentire. Siccome non conosceva Celestopoli e non avrebbe potuto bussare alla porta di nessuno per farsi ospitare a quell'ora, decise di farsi bastare il sacco a pelo.

Avrebbe dormito anche in mezzo a un prato, se non ci fossero stati i delinquentelli di strada in giro. Se voleva essere avvantaggiata contro di loro, tabù o non tabù, doveva avvicinarsi al suo Elemento. Non voleva sentirsi costretta a usare gli anelli, o le minuscole armi laser impiantate sottopelle nelle punte delle sue dita.

E c'era molta acqua, da qualche parte a nord-ovest. Così tanta che lei ne percepiva la presenza già a un chilometro circa di distanza. Così si mise in cammino in quella direzione.

Fin dai primi trecento metri, si accorse che qualcuno la stava seguendo. Così accelerò l'andatura e finì per correre. Chiunque si fosse lasciata alle spalle, non tenne il passo con lei.

L'acqua che stava cercando era tutta raccolta in una grotta.

Una grotta da cui provenivani i richiami inconfondibili dei Golbat.

Dopo aver quasi rivoltato lo zaino, Sedna trovò l'agognata boccetta e si cosparse di repellente. Il primo pipistrello gigante le si tuffò contro: troppo agguerrito per simili trucchetti.

Ma le sfere coi suoi Pokémon più forti erano chiuse nel cofanetto.

Lei, istintivamente, lasciò lo zaino e si tuffò in acqua. Creò una specie di spada a guanto di ghiaccio per difendersi dagli attacchi del Golbat.

Ma il Golbat non aveva voglia di perdere tempo con lei, che non aveva Pokémon alla sua altezza. Se ne volò via.

Sedna riemerse, determinata a prendere il suo zaino e togliere il disturbo. Poi si trovò davanti qualcosa che la lasciò a bocca aperta.

Non poteva credere ai propri occhi: la luce fioca emanata dai cristalli illuminava un piccolo Pokémon bianco e paffuto, simile a un'otaria, appena emerso proprio davanti a lei. Era un Seel maschio ben nutrito, coi due canini inferiori sporgenti perfetti e ben sviluppati. Alle sue spalle spuntò anche una femmina più piccola e più magra, con la pelliccia un po' meno bianca perché macchiata da una singola chiazza grigia, segno che per un lungo periodo aveva sofferto la fame. Ma aveva gli occhietti neri vivaci e le pinne più larghe del maschio. Alcune differenze nella forma delle loro pinne e della testa indicavano che non erano imparentati fra loro.

Per ogni Seel che vedeva, Sedna aveva l'impressione che fosse il più bello mai incontrato. Trovava adorabile persino il loro vezzo di protrudere la lingua, troppo grossa per le loro bocche, che a tanti altri faceva senso. Per questo non si era mai decisa a catturarne uno: li avrebbe volentieri allevati tutti.

Era così estasiata dalla loro comparsa che aveva persino dimenticato di essere stata seguita.

Per fortuna, il suo stalker notturno era solo Misty. Il biondo rosso dei suoi capelli si scontrava con la fioca luce blu dei cristalli.

«Che ci fai qui...?!».

E le porse una mano per aiutarla a tirarsi fuori dall'acqua.

La grotta era diventata stranamente silenziosa.

«Ci sono i Seel in queste acque! Ci sono i Seel!» le disse, tutta eccitata, la ragazza dai capelli neri. Si asciugò richiamando l'acqua dai vestiti e dai capelli, perché Misty aveva già scoperto il suo segreto, e la grotta era troppo fredda per permetterle di restare fradicia.

La Capopalestra non riusciva a celare il suo nervosismo. «Ho capito. Ci sono i Seel... dunque?».

«È una bella sorpresa! Questo non sarebbe un posto per loro. Acqua dolce, una grotta... beh, qualcuno deve averceli abbandonati. Come si fa ad abbandonare un Seel?!».

Misty sorrise appena. «È vero, sono carini».

«Carini?! Sono creature meravigliose!».

E cominciò una lectio magistralis sulle caratteristiche fisiche e sul comportamento dei Seel e delle loro evoluzioni, i Dewgong. Questi ultimi erano estremamente adattabili, non temevano né le acque gelide né i climi tropicali, perché potevano perdere o accumulare grasso senza soffrirne. L'unica cosa che non tolleravano era l'inquinamento prodotto dall'industrializzazione umana.

In un'altra situazione, la Specialista dell'Acqua l'avrebbe ascoltata volentieri. Ma quel luogo in particolare, nella sua Celestopoli, la rendeva molto nervosa.

«Ho capito: hai studiato i Seel. Se avessi meno sonno, penserei a delle domande da farti. Ma tu hai bisogno di un posto per la notte, vero? È un po' tardi per il Centro Pokémon. Vieni con me».

Se prima l'aveva spinta un poco per invitarla a camminare, adesso le tirava amichevolmente il braccio. Doveva portarla fuori dalla Grotta Celeste prima che vedesse troppo.

Purtroppo, l'ignara intrusa non l'avrebbe accontentata. «Aspetta! Voglio provare a prenderli con me...!».

«Catturarli?! No!» implorò Misty. «Non è il caso, non puoi, non... non è il caso...!».

Quei Seel non erano stati abbandonati. Erano lì per essere curati e protetti, lontano dai pericoli e dai bracconieri in agguato lungo le coste delle isole Spumarine. Là si era diffusa illegalmente la brutta abitudine di commercializzare le loro pellicce.

E chi li aveva salvati, aveva fatto uno sforzo enorme per trattenersi dallo squartare o scotennare i loro cacciatori. Nessun umano aveva il diritto di portarli via dalla loro nuova casa. Neppure un'Allenatrice che non ne sapeva niente.

Consci del pericolo, i due esemplari erano spariti.

Sedna si addentrava nella grotta per cercarli.

«I Pokémon di qui sono forti e pericolosi!» la avvertì Misty.

«Ma adesso sembra un deserto! Si sono tutti calmati!».

«Non rimarranno calmi per molto!».

Come parlare al muro.

La ragazza procedeva lungo il piccolo corso d'acqua, cercando di avvistare i Seel.

Poi rallentò e si fermò. Sentiva uno strano e caratteristico ticchettio nell'orecchio sinistro. Guardò incredula i cristalli luminescenti che spuntavano dalla roccia e si toccò un orecchino. Ce n'erano di più grandi, di più piccoli, di più luminosi e meno luminosi, ma tutti, forse...

Sconvolta, fece un repentino dietrofront e corse via con tutta la forza delle sue gambe.

«Il contatore Geiger! Si è attivato il contatore Geiger! Scappa!».

«Il conta-che...?!».

«C'è un accumulo di un elemento instabile nella grotta! I cristalli sono radiattivi! L'acqua è radioattiva!».

«Radioattiva...?».

Misty corse a mettersi in salvo, ma con molto meno slancio di lei.

Impossibile, o quasi, che il “padrone” della grotta fosse arrivato a sacrificare la salute o la vita degli altri inquilini pur di tenere fuori i visitatori. A meno che il lungo isolamento non l'avesse fatto impazzire. Quando si trattava di lui, Misty non era sicura di nulla.

La tecnica scelta aveva funzionato.

Sedna correva nel buio senza voltarsi.

Neppure Misty si voltò. «Credo che tu abbia esagerato, senza offesa...».

«Portare del plutonio nella grotta, sarebbe stato esagerare...» le rispose una voce maschile alle sue spalle, o forse nella sua testa. «Le ho solo indotto un'allucinazione uditiva. Scoprirà presto di non aver assorbito radiazioni. È una Comandante Galassia».

«Lei...?! Sicuro...?!».

«Nella sua corteccia prefrontale c'è un circuito integrato... che hanno solo loro. Quindi sì, ne sono sicuro. Mi avevi garantito che non avresti lasciato avvicinare nessuno...».

«Scusa. Mi è scappata. Sarebbe andata via da sola, se non avesse visto i Seel».

«Che cosa vuole dai Seel?».

«Ah, non lo sai...?! Niente di brutto. È solo un po' fissata».

 

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Capitolo 3
*** Zafferanopoli ***


3. Zafferanopoli

 

Era notte. Tutte le luci della città erano spente. Il pulsante cuore economico di Kanto, Zafferanopoli, era in black out.

Sedna avanzò perplessa lungo una strada buia. Nella tasca segreta dove custodiva le diavolerie, aveva dei visori a infrarossi ridotti a lenti a contatto. Frugò nello zaino, ma le luci si riaccesero e la città riprese miracolosamente vita. Lampioni, cartelloni, vetrine dei negozi: adesso poteva vedere la metropoli.

Il volto da star del cinema di Sabrina comparve su uno dei cartelloni.

«Ti stavo aspettando, Sedna di Sinnoh!».

Il nome di Sedna e il suo luogo di nascita non erano in una rete accessibile agli estranei. Ma Sabrina disponeva di un'altra rete: aveva spie e informatori disseminati per tutta Kanto, pagati per massimizzare l'efficacia della sua preveggenza.

Sabrina voleva che la sua fama attraversasse di nuovo il mare. Imbastiva il suo spettacolo solo per i forestieri che non sarebbero rimasti a Kanto.

Sedna sapeva di avere delle telecamere puntate addosso.

Per togliersi dalla strada, si infilò nel primo edificio pubblico sul suo cammino: la sede del Fan Club degli Allenatori di Pokémon, aperta per i nottambuli che non avevano di meglio da fare.

Fu accolta dagli occhi quasi diffidenti di un gruppetto di giovani. Non l'avevano mai vista lì, e quell'orario era inconsueto per una prima visita. La Comandnate si fermò ad ammirare le pareti tappezzate di poster ufficiali e fotografie amatoriali.

C'erano un numero imprecisato di ragazzini e ragazzine fotografati in posa con Misty, Brock e gli altri Capopalestra di Kanto, un po' meno coi Superquattro, nessuna con il Campione.

Questo giovane Maestro Drago, dai capelli rosso scuro e gli occhi azzurro chiaro, compariva soltanto nelle fotografie ufficiali con il suo pacifico Dragonite o la sua spaventosa Hydreigon, a volte l'uno accanto all'altra, ma sempre diversi come il giorno e la notte.

Una tredicenne dai capelli rosa prese la palla al balzo e la agganciò: «Laran è fantastico, non è vero?!».

«Cosa...? Chi...?».

La ragazzina si mostrò delusa. «Ah... tu non sei di Kanto...».

«No. Vengo da Sinnoh».

Anche se non l'avesse specificato, il suo accento l'avrebbe incastrata.

«Laran è il figlio dell'ex Campione Lance, ed è un Domadraghi. Il migliore di sempre, secondo me!». Fece una breve pausa, prima di tornare alla carica. «Tu di chi sei fan?».

«Di...» di sua zia Hua, forse, se non avesse smesso di allenare prima della sua nascita. Non poteva dare una risposta del genere e allora scelse la più scontata: «Di Cynthia e Lady Berlitz».

«E chi sono...?».

«Le due Campionesse che si strappano il titolo quasi ogni anno da un decennio a questa parte. Nessuno è riuscito a mettere una pausa fra loro» spiegò Sedna. «Ora, per esempio, la Campionessa è Lady Berlitz».

Parlare proprio di Cynthia e di Platinum Berlitz la innervosiva, benché non le conoscesse di persona. Le loro divergenze col Team Galassia erano insanabili. Doveva portare la conversazione altrove.

Come faceva spesso quando era stressata, alzò un po' troppo la voce. «Ma... questo Laran dev'essere veramente un tipo scontroso! Come mai nessuno è riuscito a farsi una foto con lui?».

«Qualcuno c'è riuscito» le rispose un ragazzo sulla ventina. «La sua fidanzata, Yuki».

Indicò una fotografia attaccata in basso. Il soggetto principale, sulla sinistra, non sembrava una Yuki. Era una ragazza caucasica con il viso squadrato e i capelli castani. Laran le cingeva le spalle con un braccio. Dietro di loro, i rispettivi Charizard e Dragonite se ne stavano l'uno accanto all'altro.

«Non è la sua fidanzata!» protestò paonazza la tredicenne.

Sedna ridacchiò. «Yuki, eh? È paradossale che una “Neve” abbia un Charizard, non trovate? Un po' troppo vicino alla coda e potrebbe sciogliersi...!». Continuò a ridere piano, ma presto capì di essere l'unica. Per i cinque ragazzi nella stanza, il cliché sugli abitanti di Sinnoh era confermato: le loro battute erano incredibilmente noiose.

*

Quando Sedna lasciò la sede del fan club, l'Allenatrice dai capelli rosa uscì con lei, tutta presa a declamare le gesta del suo idolo. Raccontò di averlo visto combattere tante volte, e di come l'avesse ignorata quando lo aveva incontrato di persona. Lei non ci era rimasta male, perché Laran ignorava sistematicamente tutti gli Allenatori, così come tutti i giornalisti, così come tutti gli esseri umani o quasi. Era parte della sua immagine di feroce e schivo Domadraghi.

Sedna cercava di ascoltare quel fiume in piena di parole, ma aveva frequentissimi cali di attenzione. Le chiacchiere altrui le facevano venire sonno. .

D'un tratto, la tredicenne dai capelli rosa si immobilizzò. Sedna continuò a camminare come una sonnambula. Poi tornò alla realtà e si fermò anche lei.

Sul marciapiede, a tagliarle la strada, c'era una donna con gli occhi spiritati. I suoi folti e lunghissimi capelli neri erano spettinati, la sua tunica bianca e la sua gonna-pantalone rossa erano strappate e sfilacciate. In mano reggeva un bastone rituale spezzato.

Di tanto in tanto guardava di lato come se avesse le allucinazioni, poi tornava a fissarla in silenzio.

Sedna arretrò. «Ehm...?».

«Perché sei qui, Maestra dell'Acqua?».

«Che?!».

La donna alzò la voce. «Perché sei qui, Maestra del'Acqua?!».

Buttò sulla strada il bastone rituale rotto. «Questa città non ha bisogno... questa città non ha bisogno di te. Questa città non ha bisogno di... questa... questa città...».

Ripeteva le stesse parole come un disco rotto.

Poi, d'un tratto, si irrigidì lanciando un grido rauco, e mentre cadeva lunga distesa sul marciapiede con gli occhi aperti, un nerissimo e tossico Gaslty le uscì come fumo dal naso e dalla bocca.

Sedna odiava quei cosi.

La medium stesa a terra era scossa dalle convulsioni. Si era morsa la lingua e dalla bocca usciva saliva mista a sangue.

Sedna mandò Lucario a inseguire Gastly e tenne Primarina con sé a soccorrere la donna, per quanto possibile. Con le pinne e il suo peso, Primarina spise la donna su un fianco. Lo fece per istinto, vedendole la bocca piena di saliva. Non poteva fare miracoli su ciò che non fosse un'ustione.

Entrambi rimasero a guardare finché le convulsioni si estinsero.

Lucario aveva perso il subdolo Gasly prima di farlo svenire. Tornò sui suoi passi irritato e deluso. Si fermò accanto a Primarina e alla donna ancora mezza svenuta. Anche lui la fissò in sielnzio mentre si riprendeva.

Quando ricominciò a parlare, la medium recitò una nenia confusa. Poi parve accorgersi del mondo esterno e si voltò a guardare il muso e gli occhi rossi di Lucario.

«Sta' lontana dal vulcano...» sussurrò. Guardava lui, ma in realtà parlava con la sua Allenatrice.

«Come, scusi?».

La medium stava già pensando ad altro. Si tirò su a sedere e si guardò intorno. «Dove mi ha portata? Vicino al confine!». Dispiaciuta, guardò il bastone rituale che giaceva sull'asfalto, spezzato. «Che prepotente...! Non li sopporto, quando fanno così!».

Ora che stava meglio, parlava da sola. Si alzò in piedi, un po' dolorante. Si portò una mano alla testa lì dove aveva battuto. Le sarebbe venuto un bel bernoccolo.

Fece per andarsene, poi tornò indietro e prese Sedna per il polso, senza stringere. I suoi occhi avevano cambiato espressione. Erano quelli di una donna tranquilla, persino timida.

«Ormai, alle mie spalle, mi chiamano Cassandra. Ma il mio nome è Imari».

Era come se ci tenesse a farsi conoscere per chi era, persino da una perfetta estranea.

«Non venire alla Palestra, per adesso» continuò, dandole già le spalle. «Non sei pronta. I tuoi Pokémon non sono abbastanza forti, e Sabrina non concede sconti a nessuno. Ti faresti solo del male, Sedna».

Sedna la guardò allontanarsi, tanto per assicurarsi che non tornasse indietro invasata. Poi si ricordò, come in una rivelazione, di non essere venuta sola. Cercò con lo sguardo l'Allenatrice dai capelli rosa, ma la strada dietro di lei era deserta.

Probabilmente, lei aveva tagliato la corda per tornare al sicuro al Fanclub.

Sedna avrebbe dovuto interrogarla per sapere come avesse interpretato le parole di Gastly.

Per gli abitanti di Kanto, l'unica Maestra dell'Acqua era Misty. Misty non era una Dominatrice, bensì una Specialista di alto livello.

Gastly aveva senz'altro usato il termine nell'altra accezione, quella più appropriata a chi aveva di fronte, ma avendo parlato per bocca umana e senza telepatia, il significato delle sue parole poteva essere equivocato.

I Gastly, come gli Haunter e i Gengar, erano estemamente legati al territorio che infestavano. Se si allontanavano troppo, dovevano tornare laggiù. E i piedi umani della medium avevano portato quel Gastly fin troppo lontano.

Uscì del muro dell'edificio in cui si era nascosto e volò più rapidamente possibile in direzione della Palestra. Il Lucario nero gli piombò subito alle calcagna come un cane da caccia, costringendolo a sparire sotto l'asfalto. Prima o poi sarebbe dovuto rimergere, per capire dove stesse andando. Sedna ritirò Primarina e corse dietro al suo Pokémon e al Gastly in fuga.

*

Lei e Lucario avevano perso Gastly, e quasi due ore ad inseguirlo. Quando il suo Pokémon si era arreso, Sedna aveva smesso di accanirsi. L'opzione migliore era andare alla Palestre e sperare di ritovarlo lì o in zona.

Oltrepassati i cancelli dell'enorme area urbana adibita a Palestra, entrò nel primo grattacielo, registrò i suoi dati su un computer e prese subito l'ascensore.

Dopo l'incidente delle radiazioni nella Grotta Celeste, Sedna aveva passato qualche giorno nelle vicinanze di Celestopoli ad addestrare i suoi Pokémon.

Golduck era diventato più forte. Froakie e Sobble si erano evoluti in Frogadier e Drizzile uno poco dopo l'altra.

Aveva solo due Medaglie, quindi Sabrina avrebbe dovuto combattere per verificare che meritasse la terza.

Un elegante anziano signore la accolse sul tetto. Le disse che avrebbe dovuto sfidare tre dei sei Allenatori presenti, oltre alla Capopalestra in persona, perché la prova potesse considerarsi superata.

Dei ponti di vetro collegavano un grattacielo all'altro. Solo se percorsi nella sequenza corretta, l'avrebbero condotta al centro del labirinto, dove Sabrina la attendeva.

Sedna sbiancò. «Ponti... di vetro...?».

«Esatto, signorina. Ponti di vetro».

Quel dettaglio, per lei, era agghiacciante. C'erano delle ringhiere con delle luci viola e verdi a porteggere gli sfidanti dalla cauta. Ma le luci del traffico e della città sottostante sarebbero state prorpio sotto i suoi piedi e sotto i suoi occhi.

«Ponti... di vetro...» ripeté a voce bassa, come se non volesse crederci.

Con un enorme sforzo, si diresse al primo ponte. Rimase immobile col piede sinistro sul vetro e il destro sul tetto. Doveva trattenersi dal guardare giù, oppure tornare indietro e rinunciare alla Medaglia Palude per la sua fobia dell'altezza.

«Questa è una Palestra di tipo Psico, signorina» puntualizzò l'anziano signore alle sue spalle. «Qui è fondamentale manterere lucida e attiva la mente, malgrado la situazione appaia estrema».

Sedna si decise a muovere il suo primo passo nel vuoto.

Poi si aggrappò alla ringhiera e si acquattò sulla piattaforma di vetro.

Lucario e Primarina uscirono dalle sfere per aiutarla a muoversi.

Con la coda dell'occhio, Sedna vide una figura in rosso e bianco attraversare un altro ponte, per fermarsi sul grattacielo che lei stava per raggiungere.

Imari l'avrebbe sfidata per prima, e forse non era contenta di vederla lì.

Liberò il suo Haunter.

Il fantasma si avventò su Lucario. Era già fuori dalla sfera, quindi, per lui, pronto a combattere. Sedna, aggrappata alla ringhiera, era troppo terrorizzata per pensare alla lotta.

Lucario cobatteva da solo. Doveva evitare a tutti i costi che lo Spettro gli giocasse il brutto scherzo di spingere nel vuoto la sua Allenatrice.

Vedendolo così in difficoltà, Primarina venne in aiuto.

Imari liberò un altro Haunter accettando la lotta in doppio.

Lucario e Primarina erano insieme da molti anni, ma non avevano mai combattutto fianco a fianco. I due Spettri, ben coordinati, cominciarono a farsi beffe di loro. Se la presero comoda facendo quello che riusciva loro meglio: comportarsi da fantasmi. Scomparivano e riapparivano, li colpivano alle spalle, tiravano i lunghi capelli di Sedna, poi li confondevano volando disordinatamente e li inducevano, dato lo spazio ridotto, a colpirsi a vicenda con le onde d'urto dei loro attacchi. Per loro, che volavano meglio di qualsiasi altra creatura, il ponte non era un problema. Per gli avversari era una strettoia. Non potevano spostarsi, perché l'Allenatrice era bloccata lì. E non riusciva più a muoversi.

«Smettetela di giocare! Forza!».

A quel grido della loro Medium, i due Spettri cominciarono a bersagliare gli avversari con una serie di Palla Ombra. Il ponte di vetro tremava, e Sedna si acquattava sempre di più stringendo spasmodicamente la presa.

Anche se non poteva godere del vantaggio della luna piena, Primarina puntò tutte le sue energie su Forza Lunare. Uno degli Haunter fu colpito e perse la sua tracotanza.

Lucario indebolì l'altro con Forzasfera, ma subì inaspettatamente una Leccata dal primo.

Si ritrovò con un braccio paralizzato. Fece segno a Primarina di usare Canto Effimero. Il Pokémon acquatico si sollevò in equilibrio sulla coda, aprì le pinne per dilatare i polmoni ed emise un grido ben modulato, trasferendone le vibrazioni alla sfera d'acqua che aveva raccolto davanti alla bocca. Con un movimento rapido delle pinne ruppe la sfera sospesa a mezz'aria, e l'acqua magica andò a colpire sia i due nemici sia l'alleato, che gli si trovava accanto. L'Altruismo di Lucario gli aveva dato abbastanza forza da permettergli di mandare al tappeto gli Haunter.

Imari li ritirò mentre svenivano e si fece da parte.

«Bravi!» disse la voce tremolante di Sedna. Nonostante i suoi Pokémon avessero strappato per lei la vittoria, la ragazza decise di non proseguire: non avrebbe potuto superare un altro ponte. Scivolò verso il primo grattacielo e tornò all'ascensore.

*

Dopo il disastro della Palestra di Zafferanopoli, Sedna si era fermata al Centro Pokémon a raccogliere informazioni dagli Allenatori che andavano e venivano. Come una pazza aveva intervistato dei perfetti sconosciuti, ed era giunta alla conclusione di dover tornare sui suoi passi, fino a Plumbeopoli, per poi scendere in un lunghissimo sottopassaggio e percorrerlo fino ad Aranciopoli. Lì la Palestra era di Tipo Elettro, ma, malgrado le apparenze, Lt. Surge era più propenso di Sabrina ad adeguarsi al livello dello sfidante, se in lui o lei scorgeva qualcosa di promettente.

Così Sedna era andata a piedi fino ad Aranciopoli. E aveva ritrovato chi credeva di aver perso: il suo bambino zoppo se ne stava su una panchina accanto al suo bastone di legno. L'ecchimosi intorno all'occhio era in via di guarigione, il labbro spaccato stava migliorando, ma lui si rigirava desolato gli occhiali fra le mani. Solo per miracolo erano integri.

«Hey, tu! Sono Sedna! Ancora i bulli?!».

«Sì, si può dire. Quella testa di melone del Luogotenente Surge». Dopo una breve pausa, aggiunse. «Dannati Unoviani!».

«Hai conquistato la Medaglia?».

«No. Ha due pesi e due misure, a seconda di chi si trova davanti. Militari del c...!».

Sedna scoppiò a ridere. «Hai ragione! Militari del c...!».

«No avrò facilmente quella Medaglia. Non me l'ha detto in faccia perché non può, ma quando mi sono volati gli occhiali, si è messo a ridere».

«E perché ce l'ha con te...?».

Il bambino sospirò. «Lascia perdere. Vecchie guerre. Rispetto a vent'anni fa, siamo tornati vent'anni indietro, diceva mio nonno. Stupidi Unoviani!».

Era la prima volta che Sedna lo vedeva così avvilito.

Perciò aprì lo zaino, frugò nella tasca delle diavolerie e tirò fuori una specie di piccolo caleidoscopio grigio.

«Guarda qui dentro» gli disse.

Il bambino obbedì. Su uno fondo nero, vedeva muoversi delle figure geometriche colorate e luminose.

«Come ti chiami?» gli domandò la Comandante Galassia.

«Qui a Kanto, Jirou. Ma puoi chiamarmi Юрий».

«Yuri?».

«Sì».

«Che ci fai così ad est?».

«Mio padre lavora al Museo della Scienza di Plumbeopoli».

Le figure luminose scomparvero e restò solo il buio. Una luce laser gli abbagliò l'occhio sinistro e gli causò un certo bruciore. Tirò istintivamente indietro la testa. Era un po' spaventato. «Che cosa hai fatto?!».

«Aspetta...».

Yuri strizzava gli occhi. Quando li riaprì e provò a chiudere quello che non era stato abbagliato, riuscì a distinguere le sagome degli alberi e delle case alle spalle della ragazza. Il mondo non era più avvolto nella nebbia. L'occhio sinistro non era più miope.

«Ma cosa...?!».

«Guarda qui con l'altro...».

 

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Capitolo 4
*** Aranciopoli ***


 

4. Aranciopoli

 

 

Presa dal desiderio di vincere la Medaglia Tuono senza l'aiuto di Yuri e della sua fantomatica sorella, la quale sarebbe arrivata in loro soccorso non appena concluso il torneo a cui partecipava, Sedna stava dando fondo a tutte le sue energie nell'allenamento. Stava spingendo la sua squadra al massimo: da giorni si fermava solo quando la vedeva esausta, a orari sempre più proibitivi.

Stava andando al Centro Pokémon all'una di notte, sperando di trovarlo aperto, quando udì un rumore di zoccoli alle sue spalle.

Una coppia di Rapidash galoppava verso di lei, guidata da due fantini. Sedna si spostò sul marciapiede per lasciarli passare. Ammirò le criniere dei due Pokémon, infuocata quella del maschio, leggera e dai delicati colori pastello quella della femmina Galariana. La cavalla dal lungo corno scuro si fermò e lasciò scendere la sua Allenatrice.

Era una ragazzina minuta, stretta in una tuta da fantino in tinta coi colori del suo unicorno. Il viso era stranamente coperto da un casco integrale rosa.

Eluse la guardia di Sedna sfruttando l'effetto sorpresa e la colpì con le dita unite nei punti di pressione tra spalla e petto. Poi schizzò via con la rapidità di un Mienfoo.

L'altro Allenatore colpì la Dominatrice dell'Acqua alla schiena con una serie di pugni ben assestati.

Sedna allungò una mano per evocare una frusta d'acqua, ma riuscì a spostare solo poche gocce.

La piccoletta le sferrò un calcio all'addome, spingendola contro il suo complice, che la afferrò per i vestiti e la spinse a terra.

L'abbaiare di un Growlithe da guardia li allarmò e mise in fuga. Saltarono in sella, lanciarono i Rapidash al galoppo e sparirono così come erano arrivati.

Sedna rimase rannicchiata lì dov'era.

Ora che era fuori pericolo, tremava come una foglia.

L'arte del blocco del Khi era l'asso della manica dei non-Dominatori. Sedna non ne aveva mai incontrati, ma sapeva dai racconti della madre quanto fossero molesti.

 

 

*

 

 

Era tornata all'hotel e si era buttata sul letto senza passare del Centro Pokémon. Sperava che i fatti della notte prima si trasformassero in un incubo restituendole un po' di lucidità.

Mentre consumava la sua colazione a un orario più consono per un brunch, stava valutando se allertare Mercurius e mettere delle Reclute sulle tracce dei suoi assalitori.

«Sedna!» la chiamò Yuri. Anche lui pernottava in quell'albrergo. Era mattiniero, ma aveva imparato i suoi orari.

Le fece cenno di seguirlo.

Lei si cacciò in bocca la fetta di pane imburrato e si portò via i biscotti in un tovagliolo, soprassedendo sulle uova al tegamino.

«Mangi come una che vive sulla neve» osservò Yuri, mentre aspettavano l'ascensore.

«Sinnoh è fredda d'inverno, infatti. Dove dobbiamo andare?».

«In camera mia».

«Non sei un po' giovane?».

«Cosa...?!».

«Nulla!».

Arrivato davanti alla sua stanza, controllò che il corridoio fosse vuoto. Poi bussò in codice e gli fu aperto.

Una ragazza al massimo diciottenne, dai capelli castani e i lineamenti decisi, si fece da parte per lasciarli entrare. Non si presentò, ma Sedna l'aveva già vista.

L'aveva vista in fotografia al Fanclub Allenatori di Zafferanopoli, spalla a spalla con il Campione Laran.

«Ah, ma tu sei...!». Abbassò la voce, appena in tempo. «Yuki...?!».

Ora capiva il perché di tutta quella discrezione.

«I paparazzi mi chiamano Yuki. Il mio nome però è Yulia. Yu-lia. Come sai chi sono? Credevo che fossi arrivata a Kanto da poco».

«È così. Però ti ho vista in una foto col tuo ragazzo».

«Non è il mio ragazzo».

«Ex ragazzo...?».

«Non è neppure il mio ex ragazzo».

«Parliamo di Laran, vero? Il vostro Campione?».

«Esatto. Non siamo mai stati insieme, non abbiamo mai nemmeno pensato di metterci insieme. Siamo amici e Rivali, il resto è un'invenzione della stampa».

«Va bene...» replicò l'altra. Non era molto convinta.

Se Yulia aveva un vizio strano, era quello di tenere il braccio sinistro nascosto dietro la schiena. Maldestramente, Sedna si fece sorprendere a guardarlo.

La castana mosse la spalla e mostrò la manica vuota, cucita perché rimanesse a fondo cieco.

Sedna arrossì. «Oh...» fece.

Yuri aveva una protesi al posto del piede destro, ed era probabile che lei avesse perso il braccio sinistro nello stesso incidente.

Il fratellino provò a stemperare la tensione. «Sei riuscita a qualificarti per il torneo, Yulechka?».

«Ho urlato contro una stronza di arbitro. Mi hanno squalificata».

«È già la terza volta!».

Lei fece spallucce. «Laran ha sette squalifiche, l'ottava sfiorata in diretta tv, ed è ancora il Campione».

«Laran è una specie di drago medievale travestito da umano. Non dovresti prenderlo ad esempio. E poi ti stupisci perché credono che stiate insieme! Sedna, vuoi vedere qualcosa di allucinante? Falle vedere il tuo Charizard, Yulechka!».

Controvoglia, “Yulechka” lasciò uscire dalla sfera un grande drago dalla coda infuocata. Lui si abbassò senza che gli fosse detto nulla e mostrò a Sedna una moltitudine di cicatrici biancastre sul suo collo, sulle ali un po' strappate e sulla schiena. Le sfoggiava come tatuaggi. Era così pieno di cicatrici da sembrare più chiaro dei suoi simili.

«Però, la Hydreigon di Laran ha quasi tante ustioni quante cicatrici ha il mio Charizard» precisò Yulia.

 

 

*

 

 

Yuri uscì dalla Palestra sventolando la Medaglia Tuono. La mostrò a Sedna e a Yulia, in videochiamata con lei, prima di riporla nell'apposito cofanetto.

«È andata. Ma è imbestialito, Sedna: non ti conviene presentarti adesso».

«Vado domani».

«Smidollata» sussurrò Yulia all'altro capo del telefono.

«Pigra. Non smidollata».

«Pigra» corresse lei, nello stesso tono sprezzante.

Sedna aveva pensato di puntare tutto su Lucario, ma l'altra Allenatrice le aveva ricordato che Mudkip, lo starter d'Acqua di Hoenn, sviluppava l'immunità all'elettricità con l'evoluzione. Marshtomp e Swampert, infatti, esprimevano Terra come Tipo secondario nella classificazione di Oak.

Sedna non aveva mai fatto molto caso a Mudkip. Lo aveva lasciato in disparte, quindi aveva faticato un po' per farsi perdonare. Lo aveva fatto evolvere addestrandolo come Caposquadra, al prezzo di scatenare la gelosia di Frogadier.

Avrebbe mandato lei per prima, sia per tenerla contenta, sia per trarre in inganno il Luogotenente e farlo rilassare prima di sguinzagliare Marshtomp con la sua immunità all'Elettro. Lucario sarebbe stato il suo ultimo baluardo in caso di disfatta sfiorata.

Entrò in Palestra con questo abbozzo di strategia.

 

 

*

 

 

Yuri non aveva esagerato: Lt. Surge, seduto in poltrona come un Superquattro, era seccato e scuro in volto.

La vide, si tolse il sigaro aromatizzato di bocca e le riversò addosso il suo malumore. «Here comes the cheerleader! Woo-woo! You chicks are so funny!».

Scelse la sfera di Voltorb e lasciò uscire il Pokémon, come da una bizzarra Matrioska a proporzioni invertite.

Poi continuò a pensare ai fatti suoi e fumare il sigaro. Non era in vena di concedere vittorie, e non aveva voglia di seguire un combattimento dall'esito così scontato.

Il Golduck di Misty comparve in campo di propria iniziativa.

Uscì dalla sfera con Confusione.

Voltorb, troppo veloce per lui, lo colpì con Fulmine prima di essere raggiunto dal suo attacco. E purtroppo restò lucido.

Golduck insisté con la sua tattica. Questa volta, incassato un secondo Fulmine, riuscì a confondere l'avversario.

Lt. Surge perse un po' di pazienza. Lanciò un'occhiata al suo Pokémon, si tolse il sigaro di bocca e gli urlò: «Resta concentrato!».

E di nuovo girò gli occhi altrove.

Voltorb traballava a mezz'aria, con un sorrisetto stupido sulla faccia.

Fu raggiunto da un Acquagetto. Anziché disperdersi, l'acqua si raccolse intorno a lui mentre la gemma rossa sulla fronte di Golduck si illuminava.

Il Pokémon Ball fu spinto contro il muro alla sua sinistra, rimbalzò e finì contro la parete opposta come la pallina di un flipper, poi batté di nuovo a sinistra, poi a destra. Infine rotolò per terra e rimase su un fianco lì dov'era. Aveva gli occhi persi nel vuoto, era sorpreso e un po' ammaccato.

«Alzati!».

Il Pokémon obbedì e tornò al suo posto.

Da circa vent'anni si diceva che gli Psyduck e i Golduck fossero in realtà dei doppio Tipo Psico/Acqua non riconosciuti, erroneamente classificati, a causa della loro affinità esclusiva con l'acqua. Ma ogni proposta di correzione era stata accolta come un affronto alla memoria del Professor Samuel Oak, padre del Pokédex ed eccellente osservatore.

Golduck assuse un'aria un po' più minacciosa. Fece un passo avanti, si assicurò che l'avversario vedesse la sua gemma illumarsi, e lanciò un altro Acquagetto.

Voltorb scappò via per non farsi raggiungere.

«Come back, lil' brat!» gli urlò Lt. Surge.

Ma poi lo lasciò perdere.

Mandò in campo il suo asso nella manica: Raichu.

Golduck lanciò Divinazione e cadde colpito da una scossa elettrica.

Marshtomp avrebbe dovuto finalmente prendere il suo posto, ma Primarina fu più rapido di lui.

Sedna impallidì per la tensione: non aveva idea di quale strategia stessero applicando i suoi Pokémon, non aveva mai provato uno schema del genere.

Primarina si sollevò sulla pinna caudale e aprì le pinne per usare Cantoeffimero. Una sfera d'acqua si raccolse sopra al suo naso. Non la scagliò subito, e la ingrandì per quanto poteva senza l'ausilio del Cerchio Z.

Raichu gli si scagliò contro con un Doppiocalcio, ma la sfera d'acqua non scomparve e restò lì dov'era, raccogliendo la condensa dall'aria.

Primarina gliela spinse addosso con la pinna come in una schiacciata di pallavolo.

Di nuovo, l'acqua non si disperse. Il roditore elettrico si trovò intrappolato e sospeso a mezz'aria.

Lt. Surge aggrottò la fronte. «Divinazione...?».

Divinazione era una delle mosse meno studiate in assoluto, proteiforme, liquidata come materia da Sensitivi da strapazzo.

Per quanto si sforzasse, Raichu non riusciva a mettere il muso fuori dall'acqua. Cominciò a risentire dell'elettricità che, nello stress, involontariamente rilasciava.

Finalmente, anche il militare si allarmò. «Ma cosa...?!».

Allungò le mani nude verso la sfera d'acqua elettrificata.

La sfera si ruppe prima che la toccasse. Raichu cadde tossendo sul pavimento. Si scrollò via l'acqua dalla pelliccia e starnutì.

La sfidante rimase in attesa.

«Possiamo continuare?».

«Continuare...?! May you all burn at the stake!».

«Ma io ho bisogno della Medaglia!».

Lt. Surge gliela lanciò addosso. «Here you are! Adesso, vattene».

Lei non si fece pregare.

Uscì dalla Palestra ballando e cantando: «“Ā, zhè gēshēng, gūniang de gēshēng/ Gēn zhe guāngmíng de tàiyang qùfēi ba/ Qù xiang yuǎnfāng biānjiāng de zhànshì/ Ba Katyusha de wènhòu chuándá”1».

E intanto sventolava tutta felice la Medaglia Tuono.

«Brava!» gridò Yuri, applaudendo.

Yulia si mostrò scettica. «Come hai fatto?».

 

 

*

 

 

«Fammi capire...» attaccò Yulia, quando se la trovò faccia a faccia in albergo. «Tu volevi mandare Frogadier, Marshtomp e Lucario...».

«Sì».

«E invece sono andati il Golduck della Palestra di Misty e Primarina... così, a sorpresa, di loro iniziativa... e sono stati loro a scegliere le mosse».

«Esatto».

«Li hai addestrati coi piedi!» la sgridò l'Allenatrice.

L'altra mise il broncio. «Li ho addestrati come dice Venus».

«Chi è Venus?».

Sedna cadde dalle nuvole. Forse aveva parlato troppo. «Ho detto Venus...?! Volevo dire Harmonia!».

«Chi è Harmonìa?».

«Chi è Harmonia....? Beh, è un po' complicato da spiegare. È roba di vent'anni fa».






:::


 

1“Katyusha”, versione cinese. La strofa riportata qui corrisponde a: "Oy, ty pesnya, pesenka devich'ya(...)". Tradotto dal russo: "O canzone, canzone di una ragazza/ Vola seguendo il sole luminoso/ E al soldato sulla frontiera lontana/ Porta i saluti di Katyusha". In cinese a quanto ho capito dice praticamente la stessa cosa.

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Capitolo 5
*** Azzurropoli ***


5. Azzurropoli
 





La ragazza aveva aspettato a lungo di rimanere da sola nella lussuosa camera per tre gentilmente offertale da Yulia e Yuri all'hotel Azzurropoli.

Anche se era improbabile che da fuori qualcuno la sentisse, parlò nel microfono dell'holovox a voce bassa: «Mercurius!».

Seduta sul cuscino di un divano virtuale davanti a lei, Sird le rispose sorpresa: «Sedna...?!».

La madre di sua zia Hua era una donna albina alta e sottile, apparentemente tra i trenta e i trentacinque anni. Come Oberon dopo di lei, aveva scelto di togliersi un po' di decadi e malattie di dosso.

Il muso incuriosito di Pernilla, la sua Persian, fece capolino da una parte.

«Ho bisogno del braccio armato».

«Perché?».

«Ci sono dei Qi-Blockers in giro. Mi hanno picchiata. Erano in due, un maschio e una femmina».

«Li sapresti riconoscere?».

«Avevano il viso coperto. Però...».

«Però?».

«Nulla...» mentì la ragazza. Se avesse aggiunto il dettaglio dei Rapidash, troppo vistosi per due professionisti del crimine, avrebbe perso credibilità per la sua richiesta: «Ho bisogno di un manipolo di guardie del corpo armate».

«Esagerata! Usa quello che hai. Sei stata armata secondo gli standard di tuo padre, e non devi fare la guerra».

«E se Venus invece mi dicesse di sì...?!».

La risata divertita della Comandante Mercurius fu l'ultimo atto di quella rapida chiamata.

Venus, pacifista, aveva messo in quiescenza l'intero programma da quindici anni. Viveva la sua vita lontano dal quartier generale, non era cresciuto con gli altri Comandanti, e non condivideva la loro ideologia. Mercurius lo lasciava fare, gli altri si erano adeguati.




*




«Dimmi la verità: anche tu sei qui perché a Kanto è più facile guadagnare il titolo di Campione che a Sinnoh?».

«In che senso, “anche io”?».

Le due ragazze stavano cenando insieme, mentre il povero Yuri era rimasto in camera a studiare. Yulia indossava un abito da sera rosso e si era legata i capelli per far risaltare gli orecchini a pendente. Sedna non si era neppure cambiata prima di scendere, era in pantaloncini e maglietta, e il cameriere l'aveva guardata storto.

«Ho conosciuto dei ragazzini che hanno commesso il tuo stesso errore. Era più facile fino a due anni fa, forse. Non credere che Laran sia meno terribile di Cynthia e Berlitz. Loro, almeno, non ti massacrano la squadra mentre la sconfiggono».

«Non è sportivo massacrare la squadra avversaria... non ti pare?».

«Oh, ma per Laran.... la lotta Pokémon non è uno sport. Non è neppure un divertimento. La sua Hydreigon e la sua Noivern sono molto territoriali, hanno scelto l'Altopiano Blu e l'edificio della Lega e come loro casa, e loro tre insieme lottano per tenersela. Lo sai che persino i Superquattro sono stati cacciati, e li si affronta tutti a Smeraldopoli, vero?».

«Dai, è una sciocchezza!» rise l'altra.

«Kanto ha sette Palestre, l'ottava è occupata dai Superquattro. Sull'Altopiano Blu salgono solo Laran e le sue Pokémon. Chiunque voglia sfidarli, spesso viene aggredito fuori dalla Lega da Hydreigon».

Sedna mantenne un sorriso tirato. «Il tuo amico Laran... mi sembra che prenda tutto un po' troppo sul serio».

Yuri, che sentendosi ignorato era venuto al tavolo, si intromise nel discorso.

«È quello che dicono anche i suoi genitori, Sandra e Lance. Ma ormai non possono fare molto. Vuoi sapere cosa c'è di ancora più strano, Sedna...?».

«Yuri, cerca di non deludere papà» lo rimproverò la sorella. «Torna su a studiare. Sono io la pecora nera della famiglia, tu non avresti dovuto seguire i miei passi. Laran e tutto ciò che lo riguarda, per te, non deve esistere».

C'era un patto fra loro: le Medaglie e l'esperienza avrebbero aiutato il bambino a controllare Pokémon più forti, ma lui non avrebbe mai e poi mai sfidato il Campione, neppure per testare le proprie abilità.

«Cosa c'è di ancora più strano?» sussurrò Sedna a Yuri, come se volesse tenere segreta la domanda.

Yulia tagliò corto: «Tutti i Pokémon di Laran sono dragonesse. Anche Dragonite, che era la mia Dragonair Lyudmila. L'esemplare che gli hanno regalato i suoi genitori, l'ha dato a me ».

«Per me, ha battuto la testa da piccolo e si è convinto di essere un Tipo Drago» concluse ingenuamente Yuri. «Perciò litiga con i draghi maschi e preferisce le dragonesse».

Yulia fece roteare gli occhi, esasperata. Le teorie del fratello su Laran, mai incontrato e per lui avvolto in un alone di mistero, si facevano via via più fantasiose.




*




Yulia non poteva entrare nel casinò di Azzurropoli, perché una volta, di fronte a una perdita per un dado che aveva scoperto essere truccato, aveva fatto incendiare il tavolo da gioco al suo Charizard.

Il Team Rocket, senza Silver disposto a prenderne le redini, si era sciolto alla morte di Giovanni. La yakuza locale aveva perso terreno, la polizia ne aveva riguadagnato, e Yulia era troppo legata al Campione e alla sua famiglia per essere punita alla vecchia maniera. Aveva dovuto pagare i danni, se l'era cavata con una denuncia formale e un provvedimento restrittivo.

Sedna aveva messo il naso in quel posto solo per curiosità. Gold, che le aveva fatto da baby sitter e che lei chiamava zio nonostante la sua antipatia per il Team Galassia e per Sird, era fin da giovane un abile giocatore e baro. Le aveva insegnato qualche trucco, ma lei non aveva mai avuto l'occasione di metterlo in pratica.

Perciò decise di cogliere la palla al balzo.

Andò a prendere delle fiches e si sedette al tavolo del poker. Le prime mani non le andarono male. Cominciò a prenderci gusto.

Poi, qualcosa di piccolo e veloce schizzò a raso del tavolo da gioco. Provocò una folata che fece girare alcune carte coperte.

Nessuno dei giocatori dette l'impressione di essersene accorto.

Quel bolide era un gattino rosa dagli occhi azzurri.

Sedna lo fissò stupefatta.

Mew volava per tutto il locale come se dovesse vincere una gara a ostacoli, e gli ostacoli erano i tavoli e le persone. Nessuno gridava il suo nome, nessuno faceva caso a lui.

Continuò a seguirlo con gli occhi finché non si accorse che una ragazza seduta alla slot machine nell'angolo la stava guardando. Nessuno sembrava aver notato neppure lei. Ma in realtà dava nell'occhio, non tanto per i lineamenti particolarmente belli e delicati, ma perché indossava un tailleur rosa da donna occidentale abbinato a uno spesso velo color malva a coprirle i capelli, secondo l'uso mediorientale.

Non era venuta lì per Sedna, ma ora che l'aveva vista, nei suoi occhi rosa chiaro c'era un'ombra di rimprovero.

La ragazza umana cercò di ignorarla.

In un attimo se la trovò accanto, seduta sul tavolo da gioco. Sollevò appena le sue carte coperte per sbirciarle.

«Che fai, bambina?».

Sedna non le rispose.

«Però, come sei cresciuta! Mi sembra ieri che eri un frugoletto! Sai, Azelf ti aveva rapita e io ti ho portata da Gold. Il solito Gold! Mi chiamo Layla. Ma che dico! Mi chiamo Lunala, per te. Non ti chiedere come io sia capitata qui. Che ci fai tu nel mio terreno di caccia, piuttosto?».

Se la Comandante non aveva dimenticato tutto del Pokédex, Lunala era un Leggendario di Alola, Psico/Spettro.

Non era descritto come muta-forma, né come telepatico, né capace di assumere un comportamento del genere secondo la sua scarna sezione etologica.

Sedna non riuscì a risponderle, perché costretta al silenzio. Continuava a giocare come se la ignorasse, eppure era obbligata a prestarle attenzione.

«Qui rischi di prendere un brutto vizio, sai? Perciò voglio toglierti il gusto del rischio e il fremito della vittoria: non vincerai nulla. Continuerai a perdere finché non ti alzerai da qui. A me non interessano i trucchi».

La sua presenza la metteva in agitazione. Mostrarsi agitati era la chiave dell’insuccesso a poker. In più, continuava a pescare carte orribili.

Alla terza perdita, si ritirò e lasciò il tavolo, tra le risate di scherno e i commenti degli avversari.

Lunala non si scompose, ma suscitò un attacco di panico al vecchio che rideva più forte.

«Considerami la tua Fata Madrina!» le urlò.

L’uomo con l’attacco di panico perse i sensi.

Intanto, per puro spirito di emulazione, Mew aveva tirato giù la leva di una slot aggrappandocisi.

Lunala se ne accorse e lo sgridò: «Miu, che fai?! Vieni via!» mentre la macchina lasciava cadere tutti i gettoni che aveva accumulato al suo interno.

Ignorato da tutti e totalmente indifferente tanto alla vincita quanto al caos che si era generato attorno all’uomo svenuto, il gattino tornò a volarle appresso.




*




Nella città che in altri tempi aveva ospitato il covo Rocket, la Specialista di Tipo Erba indossava un kimono verde chiaro con dei ricami floreali e un paio di alti zoccoli infradito. Sul viso aveva il fondotinta bianco che tanto scandalizzava gli occidentali. I suoi capelli neri erano raccolti in un complicato chignon dietro la testa e ornati da fermagli a fiore.

Forse aveva dormito in una posizione scomoda, perché Sedna ebbe l'impressione che avesse il torcicollo. Faceva di tutto per nasconderlo, ma la guardava di sbieco da dietro il ventaglio in cotone e bambù.

Accennò un composto inchino.

«Allenatrice, accomodati! Mi chiamo Erika. Insegno l'arte dei fiori, ma qui sono la Capopalestra».

Sedna rispose con un inchino più profondo. Nella sua cerchia, l'unico a salutare ancora con l'inchino era Hoopa, che di solito si appoggiava la mano destra sul cuore. Quindi lei fece lo stesso. «Konnichiwa» disse.

Sua zia Hua si sarebbe messa a ridere.

Prese la sfera di Lucario, ma Marhtomp uscì dalla sua di propria iniziativa.

Aveva perso l'occasione di combattere contro Lt. Surge. Ora si voleva rifare.

Soltanto un folle avrebbe mandato Marshtomp come primo Pokémon contro una squadra di Tipo Erba.

Non era stata un'idea di Sedna, ma Erika la interpretò male.

«Che grinta! Vuoi davvero liberarci dal Drago?».

«Quale drago?!».

Erika mandò in campo la sua Bellossom. Era stata un esemplare bello ed elegante, ma adesso le foglie verdi e gialle del suo gonnellino erano tutte sbrindellate, uno dei due fiori rossi sulla sua testa era stato strappato, e sul suo muso verde chiaro ancora sorridente spiccavano alcune cicatrici.

Sedna riconobbe quello stile, perché aveva visto segni simili sul Charizard di Yulia. Sorpresa, alzò lo sguardo interrogativo verso Erika.

Lei aveva chiuso il ventaglio, e mostrava una lunga cicatrice da taglio sulla guancia sinistra, appositamente lasciata scoperta dal fondotinta, che dallo zigomo le scendeva verso l'angolo della bocca. Non poteva essere stato un incidente.

Erika era la rappresentante dei Capopalestra di Kanto, e quella che aveva espresso il loro disaccordo al Campione. Laran aveva risposto così.

Mentre la sua Allenatrice era distratta, Marshtomp cominciò a creare e lanciare fango sull'avversaria, che se lo scuoteva via di dosso ridendo. La sua risposta fu Giornodisole.

La stanza fu riscaldata e illuminata da un luce così intensa che Sedna dovette pararsi gli occhi. Se prima Marshtomp era in svantaggio, adesso lo era ancora di più.

Il fango rimasto addosso a Bellossom si seccò rapidamente.

«Marshtomp, Spaccaroccia!» gli gridò l'Allenatrice. Probabilmente ci avrebbe pensato da solo, ma era infastidito e distratto dai falsi raggi solari.

Colpì l'avversaria con tutta la forza che aveva e lei vacillò, ma non si lasciò intimidire. Si curò da sola con Lucelunare.

Erika non diceva nulla, ma osservava il combattimento con attenzione.

«Spaccaroccia!».

Stavolta, Bellossom lo evitò a passo di danza. Passò il turno.

«Azione!».

Sedna aveva solo un'altra Mossa da scegliere tra quelle conosciute da Marshtomp, perché le regole sportive imponevano di non usare più di quattro mosse diverse nello stesso incontro.

“Azione” andò a segno, ma con un risultato modesto.

Marshtomp cadde sotto Fogliamagica.

Si fece avanti Frogadier, ormai prossima all'evoluzione a Greeninja e perciò sempre più bellicosa. Ma il suo zelo e la sua aggressività non poterono alcunché.

Bellossom stava per mandarla al tappeto, quando Erika le fece segno di fermarsi.

Frogadier, stremata, ebbe appena la forza di fare un vacillante passo avanti. Poi il suo corpo crebbe e cominciò a mutare.

La sua pelle azzurra si scurì verso il blu, restando chiara in pochi punti. Le bolle di schiuma attorno al suo collo scomparvero e al loro posto si avvolse una lunga lingua, mentre altre bolle bianche comparivano al livello dei gomiti e delle ginocchia.

Adesso era adulta ed era più forte, veloce e agile di una Frogadier, ma aveva usato le sue ultime energie per compiere la metamorfosi.

Stramazzò al suolo e Sedna la ritirò.

Al suo posto si offrì Primarina. Forte di una maggior esperienza, riuscì a mandare Bellossom al tappeto.

Erika mandò Weepinbell, la pianta carnivora.

Primarina, già completamente evoluto, tornò nella Pokéball e lasciò il combattimento a Drizzle.

Ma il giovane rettile non aveva lo stesso temperamento della coetanea Frogadier-Greninja. Esitò, perché voleva farsi un quadro della situazione.

La Frustata di Weepinbell lo fece vacillare.

Sedna era come paralizzata.

Aveva potuto farla franca con Lt. Surge, che non guardava. Erika però era fin troppo attenta, seppur consapevole del suo vantaggio di Tipo.

Dal canto suo, Drizzle non sapeva combattere da solo. Non faccia a faccia.

«Idrobreccia!».

Il rettile eseguì la mossa con scarso successo.

Weepinbell ebbe gioco facile nel mandarlo al tappeto.

Preoccupata, Sedna ritirò il Pokémon svenuto e puntò tutto su Lucario.

Il suo Ferrartigli ferì gravemente la pianta carnivora, tanto che gli bastò un altro colpo per esaurirne le energie.

La Roserade avversaria subì in pochi turni la stessa sorte.

Erika ritirò la Pokémon Floreale svenuta e mandò in campo il suo enorme Venusaur.

Lucario, calmo, si voltò a guardare la sua Allenatrice. Voleva avvertirla: seppur immune al veleno e resistente al Tipo Erba, sapeva capire da solo quando, combattendo secondo le regole sportive, non ce l'avrebbe fatta.

Qualcuno con più esperienza di Sedna avrebbe potuto ribaltare la situazione, a loro rimanevano soltanto i trucchi. E la Dominatrice non poteva usarli, perché Erika l’avrebbe smascherata.

Richiamò Lucario prima ancora che Venusaur decidesse come attaccarlo.

Visto che si era ritirata, salutò con un inchino e si girò per andarsene.

«Dove vai…?!» si sorprese la Capopalestra.

Forse avrebbe preferito finire con un k.o.

Sedna tornò al suo posto e mise mano alla sfera di Lucario.

Ma Erika, anche se le aveva inferto una delle più sonore sconfitte della sua carriera, le porse la Medaglia Arcobaleno.

«Il tuo Lucario sembra un’orchidea tra le margherite, ma è chiaro che punti a diventare una Specialista d'Acqua» le disse. «Una squadra d'Acqua, al vostro livello, non può nulla contro una costruita come la mia. In più, devo essere onesta: questi non sono i Pokémon che uso di solito per testarvi».

Sedna fece per prendere la Medaglia che lei le porgeva, ma la donna chiuse la mano e la ritirò.

«Se vuoi specializzarti nel Tipo Acqua, immagino che tu sia molto vicina a Misty. Ti prometto che avrai questa Medaglia, quando... quando mi dirai quale segreto si nasconde nella Grotta Celeste. Di qualsiasi cosa si tratti, Laran ne ha paura».

«Non ha tutti i torti: laggiù c'è un elemento radioattivo».

«Radioattivo...?!».

Sedna annuì. «Esatto. L'unica volta che ci sono andata, il contatore Geiger è impazzito. Sono scappata subito. Però… però ci sono i Seel, nella grotta Celeste. E i Seel non dovrebbero sopravvivere nell'acqua radioattiva… sono così vulnerabili all'inquinamento!».




*




Erika non aveva creduto alla sua teoria. A costo di mandare una ragazzina a farsi un bagno di radiazioni, le aveva chiesto di tornare laggiù in cambio della Medaglia.

Appena uscita dalla Palestra, Sedna aveva attivato a distanza la “conchiglia” Galassia, una piccola automobile-elicottero nascosta nel deposito segreto di Johto. Un sistema di specchi la rendeva invisibile all’occhio umano, e delle eliche ad asse verticale le permettevano di volare a poche centinaia di metri di altezza.

Il velivolo senza pilota l’aveva raggiunta di notte appena fuori Azzurropoli.

La sua divisa Galassia, con l’aggiunta di un casco speciale e di un paio di guanti protettivi, diventava un’efficace tuta antiradiazioni. Sedna entrò dalla calotta apribile e si cambiò nell’abitacolo, indossò un visore notturno e si allacciò le cinture. Impostò Celestopoli come destinazione e attivò i comandi manuali.

Accelerò seguendo la strada asfaltata. Superata una certa velocità, la macchina rallentò da sola. La ragazza accelerò di nuovo, la macchina le si oppose. Quando il sensore l’aveva identificata, si erano attivare le impostazioni di sicurezza.

Sedna insisté con l’acceleratore.

Suo malgrado, l’auto-conchiglia cambiò assetto e si sollevò in un decollo verticale. Superò le cime degli alberi e la portò silenziosamente sempre più in alto, fino a raggiungere i cinquecento metri.

Lei si rannicchiò sul sedile e non riuscì più a toccare i comandi.

«Non posso credere che tu non riesca a pilotare questi cosi. Andavi così bene, col simulatore!».

Era la voce di suo padre Saturno. Lui non accettava l’idea che sua figlia non riuscisse a guarire dalla fobia dell’altezza.

«Andavo bene perché era tutto finto, papà! Riportami a terra!».

«Ormai sei quassù. Cerca di prendere i comandi. Forza, questo è poco più che un giocattolo!».

«No! Riportami giù!».

«Sciocchezze! Se inganni i meccanismi di sicurezza e ti sbilanci, c’è sempre il paracadute!».

«Riportami giù!» gridò la ragazza.

«Solo quando sarai arrivata a Celestopoli. Che ci vai a fare, a Celestopoli...?».

Sedna non gli rispose né gli rivolse più la parola. Rimase rannicchiata sul sedile ad occhi chiusi.

L’elicottero atterrò proprio davanti all’entrata dalla Grotta Celeste.

La voce di suo padre suonò perplessa. «Perché proprio qui?! Ti ci manda Mercurius?».

«Sì» tagliò corto Sedna.

I suoi genitori sapevano che era una bugiarda. Se non si fosse distratto e non l’avesse colto di sorpresa, Saturno non le avrebbe suggerito la risposta. Ma non ebbe il coraggio né la voglia di indagare.

«Non portare la pistola. Non usare il Dominio. Se vedi che le cose si mettono male, buttati a terra e piangi».

«Perché?!».

Saturno si era disconnesso.

Sedna indossò il casco filtrante e i guanti e si avventurò nella grotta. I cristalli luminescenti che spuntavano dalla roccia un po’ dappertutto le permettevano di camminare senza torcia e senza visore.

Nessun Pokémon le venne addosso. I Seel non diedero segno di sé.

Sedna lasciò uscire Primarina e salì sulla sua groppa per muoversi via acqua.

Si addentrò nella grotta molto più della prima volta, ma il contatore Geiger non accennava a ticchettare.

Con la coda dell'occhio, vide quello che nella penombra scambiò per il muso di un Persian.

«Che cosa stai cercando, Comandante?».

«I Seel! Sto cercando i Seel!» urlò la ragazza, voltandosi.

Il mostro di Celestopoli si era sporto in avanti per coglierla di sorpresa. Adesso, in levitazione verticale, la sua figura la sovrastava.

Era alto circa due metri, ricordava un Persian per i suoi tratti felini, ma aveva anche caratteristiche spiccatamente umanoidi.

Il suo corpo non massiccio, ma forte, aveva una struttura da bipede. Le braccia erano più corte e sottili delle gambe, i piedi allungati lo costringevano a un appoggio digitigrado, ma delle tre dita che aveva per ogni mano, una era opponibile.

La lunga coda spessa e violacea era ciò che più lo allontanava dall'umano. L'espressione seccata degli occhi viola, così intensa, quello che lo avvicinava di più.

Parlava con la telepatia. «Stai cercando i Seel da arricchire nei laboratori Galassia per implementare la vostra riserva di materiale fissile?».

«No! Cerco i Seel non radioattivi, che scoppiano solo metaforicamente quando mangiano troppo. E poi, sarebbe interessante avere una femmina di Dewgong da incrociare con il mio Primarina».

Primarina rimase sorpreso dalle sue parole. Poi annuì, cercando di sembrare convincente.

«L'uranio, te l'avrei lasciato prendere. Ma i Pokémon... non li puoi toccare».

«Davvero? Perché... c'è dell'uranio, qui?!».

«No. Sono stato io, l'altra volta, a farti sentire questo ticchettio».

E il contatore Geiger nel suo orecchino si attivò appena mosse un dito

«Errore da principiante. Un giacimento di uranio è più interessante di me».

Primarina accennò un sorriso malizioso, socchiuse gli occhi e sbatté ripetutamente le palpebre dalle lunghe ciglia bianche.

L’altro non se ne accorse, concentrato com'era sul mettere in difficoltà l'umana che aveva violato il suo territorio.

«Oh, ma anche tu sei interessante!» gli disse lei. «A che specie appartieni?».

Non ricordava niente di simile, nel suo Pokédex piratato. Circa dieci anni prima, l’androide e Comandante Jupiter aveva lanciato nella rete globale un virus che aveva alterato o cancellato i dati relativi ad alcuni Pokémon.

«Il mio nome è Mewtwo. Se si esclude Mew, sono l'unico della mia specie».

«Davvero mi avresti dato l'uranio?».

«No».

«Peccato. Posso vedere i Seel?».

La coda di Mewtwo iniziò a frustare l’aria, il suo tono si fece seccato: «No. Lasciali in pace».

«Oh, non ti arrabbiare!».








 




NOTA AUTRICE: la verità è che scrivo a tempo perso e non riesco a fare meglio di così....

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Capitolo 6
*** Fucsiapoli ***


6. Fucsiapoli
 
 
 

«Perché non vieni con me ad Azzurropoli, Mewtwo?».

Dopo un attimo di sorpresa, il Pokémon la guardò storto. Ad Azzurropoli, proprio sotto il casinò, si trovava la sede abbandonata del Team Rocket.

«Perché vuoi portarmi laggiù?».

La prima immagine che la mente di lei gli trasmise, con la maldestra proto-telepatia involontaria tipica dei cervelli immaturi, fu quella appena distorta della Medaglia Arcobaleno.

Le sue parole andarono in un altro senso: «L’altra notte sono stata aggredita da una coppia di Qi-blockers. Mercurius mi ha negato le guardie del corpo, è convinta che non ne abbia bisogno, ma io... sono un po’ preoccupata».

«E cosa c’entra quella medaglia colorata?».

Sedna tentennò. «Quale medaglia colorata...?!».

«Vuoi scambiarmi con una Medaglia?!» le gridò lui, furioso.

«No!».

«No…?!».

«No! Erika mi ha chiesto di venirti a cercare in cambio della Medaglia Arcobaleno, ma… non voglio portarti da lei! Io… non so perché mi sia venuta in mente…!».

Era sgomenta e terrorizzata.

Mewtwo si calmò. Lasciò sbollire la collera prima di parlare. «Ho fatto di tutto perché la tua specie mi dimenticasse, Sedna. Non verrò con te. Va’ via, adesso».

 

 

*

 

 

 

Che fosse o meno il mestiere a cui il padre l’aveva destinato, Yuri era innamorato dei Fossili.

Lo zoo di Fucsiapoli ne ospitava ben due. Per lui era una tappa più importante della Palestra.

Aveva trascurato l’allenamento per recuperare e studiare dei trattati e degli articoli sull’ammonite Omanyte e il crostaceo Kabuto, il cui raro sangue azzurro si era rivelato preziosissimo per dei particolari test di laboratorio1. Poi si era accordato coi custodi per passare almeno un giorno e una notte a studiare il loro comportamento.

Erano creature virtualmente estinte, eppure non mostravano alcun problema di adattamento al mondo com’era diventato.

Yuri aveva raccolto dei fossili dal Monte Luna, ma non era ancora riuscito a mettere le mani sulla strumentazione adatta a reintrodurli in natura. Non aveva ancora i suoi Fossili personali.

Sedna non vedeva nulla di particolare o stupefacente in quei Pokémon, né nella tecnica della “rivitalizzazione”, che consisteva nel ricomporre il loro DNA in laboratorio, e inserire la sequenza completa in una cellula uovo svuotata del proprio materiale genetico. Fatto questo, alla maggioranza dei Pokémon bastava un incubatrice che mimasse le condizioni di un uovo per svilupparsi. E lo sviluppo poteva essere accelerato da particolari sostanze.

Un perfezionamento di quella stessa tecnologia aveva portato alla clonazione di Mew. Non era stato un lavoro impeccabile, Mewtwo aveva rischiato di morire prima di aprire gli occhi, ma gli errori commessi da Blaine con il suo brancolare nel buio avevano portato a risultati inaspettatamente positivi.

Se i laboratori Galassia avessero ricevuto la consegna di clonare e potenziare Mew, probabilmente avrebbero dato vita a un piccolo gattino volante con le statistiche base più alte dell’originale.

Neppure Yulia condivideva l’interesse del fratello per i fossili.

Così le due ragazze avevano lasciato Yuri allo zoo Pokémon ed erano andate ad ad addestrarsi da un’altra parte.

Il Dewott de Sedna si era trasformato un Samurott in un paio di incontri.

Di fronte a quel risultato, Prinplup e Marshtomp avevano cominciato a fare a botte per mettersi alla prova contro i Pokémon di Yulia.

Stavano ancora litigando quando Drizzle, più opportunista e furbo, passò loro avanti.

Quando se ne accorsero, la Nidoqueen di Yulia aveva già accettato Drizzle come avversario e gli aveva concesso la prima mossa.

Idropulsar andò a buon fine.

Nidoqueen, debole all’Acqua ma più grossa e forte del piccolo Drizzle, ignorò le distanze imposte dalle regole sportive ed assunse un atteggiamento intimidatorio. La legge della giungla, come quella della strada, era più dura dello sport.

Drizzle perse la calma e cominciò a scappare.

Dopo qualche disperato attacco difensivo lanciato a vuoto e qualche finta dell’avversaria, Yulia ordinò a voce alta: << Короле́ва, Morso! >>

Koroleva2 si avventò su Drizzle con la bocca spalancata, ma la mossa eseguita non fu “Morso”. Fu la più potente e avanzata “Sgranocchio”.

Yulia usava almeno un centinaio di quei messaggi in codice. Non tutti erano così semplici, e ogni tanto li cambiava. Ma i suoi Pokémon erano abbastanza svegli ed addestrati da non confondersi malgrado la concitazione della lotta.

Ferito, Drizzle si immobilizzò e cominciò a tremare.

Si buttò sull’erba e si raggomitolò.

Cominciò la sua metamorfosi in quella posizione.

I suoi arti e la sua coda si allungarono, il suo corpo divenne sottile e slanciato, e sulla sua testa ricomparve la cresta gialla che nella fase giovanile aveva perso. All’altezza delle scapole, la cresta si continuava in una membrana a mantellina bipartita che andava a lambire dai lati la radice della coda.

Inteleon si rimise in piedi con un elegante scatto da serpente.

Dal pubblico, Primplup protestò con il suo molesto canto da pinguino. Era stato sorpassato con l’inganno, ed era molto permaloso.

Marshtomp batté le pinne sull’erba, perché dopo la sua performance contro Erika meritava di evolversi almeno per secondo. Primarina ridacchiò con il suo solito fare civettuolo.

Greninja, se fosse stata una ragazzina, sarebbe svenuta.

Sedna ritirò l’oggetto del suo interesse prima che le cedessero davvero le ginocchia, o che, al contrario, diventasse troppo impulsiva. I Greninja non formavano coppie stabili e non investivano tanto tempo nel rituale di corteggiamento come i monogami Nidoqueen e Nidoking.

«Bravo!» sussurrò alla Pokéball piena.

Yulia venne verso di lei. «Facciamo una pausa» disse. Poi le accostò la bocca all’orecchio e sussurrò: «Sembra che qualcuno si sia preso una bella cotta…!».

Sedna ridacchiò. Ritirò anche Greninja, facendo finta di nulla. «Che ci vuoi fare? Sono specie compatibili».

«Non è consigliato far accoppiare i propri Pokémon tra loro…».

«Che scempiaggine! Non sono mica imparentati!».

«Già». E le pizzicò la guancia, come se la considerasse una bambina. «Certe convenzioni sono stupide».

 

 

*

 

 

La Palestra di Fucsiapoli sembrava l’armadio di un prestigiatore. Degli specchi erano posizionati per non essere visti e nascondere gli Allenatori alle loro spalle. Sedna aveva battuto la faccia contro un numero imprecisato di vetri prima di rassegnarsi a muoversi con cautela.

Con un po’ di fatica e qualche antidoto, aveva superato tutti gli Allenatori della Palestra. Adesso doveva solo sfidare Janine, ma lei non c’era.

Pensando a una prova, Sedna l’aveva cercata dietro ogni specchio, ma senza successo.

Non le restava che andarsene e tornare in un altro momento.

Mentre stava per uscire, entrò una donna in tuta scura. La sua faccia era giovanile e simpatica, ma piuttosto anonima. I capelli viola erano legati in un’acconciatura a coda di Stunky.

«Dove vai?» chiese alla ragazza che stava uscendo.

«Stavo cercando la Capopalestra. Ma non c’è»

«Sono io, la Capopalesra. Mi sono dovuta assentare un attimo perché c’è stato un altro avvelenamento accidentale. Seguimi».

Janine conosceva a memoria la posizione degli specchi che lei stessa aveva piazzato, e si muoveva con disinvoltura. Sedna riuscì a stento a starle dietro.

La perse dietro l’ultimo specchio, e la ritrovo con la Pokébal in mano e un bel Venomoth che le volava sopra la testa.

Sedna non ebbe dubbi: raccolse la sfida con Empoleon.

 

 

*

 

 

Uscì dalla Palestra con la Medaglia Anima già sistemata nel cofanetto.

Era tardo pomeriggio, e conoscendo Yulia, non le avrebbe fatto saltare neppure l’allenamento serale. Così non le telefonò e decise di fare una passeggiata.

Appena svoltato l’angolo, si trovò davanti una piccola palla di pelo viola con enormi occhioni rossi da insetto, un paio di antenne bianche sulla testa, e una piccola bocca a tenaglia. Un Venonat. La fissava come se volesse chiederle qualcosa, ma i Venonat non sapevano parlare, né pensare come pensavano gli umani.

Sedna si fermò e ricambiò il suo sguardo fisso. «Come sei carino!» gli disse.

Anche se il suo cuore apparteneva all’Acqua, un Pokémon Coleottero/Veleno avrebbe bilanciato un po’ la sua squadra.

Così gli mostrò una Pokéball libera e la attivò tenendola in mano. Lui le voltò le spalle e, dondolando sui suoi piedini tozzi, se ne andò via.

La ragazza lo seguì con la sfera in mano.

Se lo avesse picchiato per catturarlo, quando non era stato lui a proporlesi per un tentativo di cattura, Venus prima o poi lo avrebbe scoperto. Le sue prediche infervorate e le sue lagne l’avrebbero perseguitata fino alla tomba.

Venonat la portò ai margini della città. Poi ebbe la faccia tosta di sparire nell’erba alta.

Sedna mugugnò contro Venonat e Venus e rimise la Pokéball nello zaino.

Quando si voltò per tornare alla civiltà, vide un variopinto tappeto vivente di Ariados marciare nella sua direzione.

Erano Pokémon Coleottero simili a grossi ragni colorati. Erano velenosi, ma la loro principale caratteristica era la capacità di produrre un filo appiccicoso straordinariamente resistente.

Fece dietrofront, ma si accorse di essere accerchiata. Mentre lei raccoglieva acqua prosciugando l’aria e facendo seccare l’erba circostante, Empoleon e Lucario saltarono fuori dalle sfere e le fecero scudo, mentre lei si proteggeva i fianchi coi tentacoli d’acqua.

Gli Ariados non si scoraggiarono. Quelli che non furono colpiti dai loro attacchi sputarono il loro filo appiccicoso per immobilizzare gli avversari.

Uscirono anche Inteleon e Greninja, la più agile a destreggiarsi tra i fili appiccicosi

Dal cielo piovvero dei Venomoth. Alcuni, con le zampette, portavano in volo degli Ariados che sputarono contro l’Allenatrice e i suoi Pokémon dall’alto. Gli altri spargevano in aria la polvere velenosa di cui le loro ali erano cosparse.

Per non perdere l’occasione, mentre la squadra di Sedna annaspava, un puzzolente Weezing si fece avanti dalle retrovie per gassarla.

Era troppo, per catturare un solo Dominatore che non fosse l’Avatar. Era opera di qualcuno convinto che avesse ereditato i poteri di sua madre.

Sedna cominciò a tossire violentemente.

Tutti i suoi Pokémon potevano solo sperare di portarla via presto, ora che era avvelenata.

Mewtwo apparve sopra di lei e con un uragano di energia psichica respinse i ragni e le falene velenose.

Quando Sedna gli aveva raccontato dell’aggressione, lui non le aveva creduto. Poi gli era rimasto il dubbio che non se la fosse inventata: come molti spacconi della sua età, la ragazza sottovalutava il pericolo.

Ma se fosse stata ferita o uccisa a Kanto, gli altri Comandanti non avrebbero più lasciato in pace la Regione.

La Sede Galassia era come un’astronave atterrata su un pianeta di primitivi, controllata da donne e uomini viziati come bambini. Mewtwo non aveva voglia di scoprire se lui fosse in grado o meno di distruggerla da solo.

I Venomoth furono i primi a tornare all’attacco.

Impegnato contro di loro e colto di sorpresa alle spalle, inspirò il gas di uno Weezing.

Tossì, disgustato dal fetore, poi scagliò lontano l’avversario.

Approfittò di quell’attimo per prendere in braccio Sedna e teletrasportarla assieme alla sua squadra davanti al Centro Pokémon di Fucsiapoli.

Lì, nella città del Veleno, disponevano degli antidoti per una vastissima gamma di tossine. Anche lui era avvelenato, ma non poteva rischiare di affidarsi a degli umani sconosciuti.

Si teletrasportò altrove.

La ragazza, mezza svenuta, varcò la porta sorretta da Lucario ed Empoleon. In un attimo, tre Chansey urlanti le furono addosso.

 

 

*

 

 

Yuri e Yulia erano venuti a trovarla appena avevano saputo dov’era.

Anche se ormai stava bene, sarebbe rimasta in osservazione al Centro per la notte.

Le luci erano spente, il Chansey di guardia era andato a mettersi dietro al bancone, quando Mewtwo apparve accanto al letto di Sedna e quasi le piombò addosso.

Era molto provato. Si sollevò a stento da terra e rimase carponi. «Sai dov’è l’antidoto?» domandò in un sussurro sofferente.

«Sì».

Sedna corse all’armadietto dei medicinali. Quel posto era pensato per il ricovero dei Pokémon. I Pokémon non rubavano farmaci.

Lei aveva scambiato due parole con l’infermiera e aveva scoperto con cosa l’avessero curata. Prese degli inalatori, delle fiale, qualche siringa e una risma di aghi.

Quando capì che la ragazza aveva trovato tutto il necessario, Mewtwo la agguantò per una spalla e la teletrasportò via con sé.

Caddero nella Grotta Celeste.

Lì, il Pokémon si accucciò, strinse ripetutamente il pugno e le porse un braccio disteso. «Buca qui» le disse, toccandosi la piega del gomito con un dito malfermo. Avrebbe fatto tutto da solo, se non gli fossero tremate le mani.

Mentre preparava la siringa con la dose di antidoto, nella luce azzurra dei cristalli che pervadevano la grotta, Sedna ridacchiò: «Sembriamo due drogati!».

«Non essere sciocca. Buca qui. Qui… aspetta… guarda che ho la pelle dura».

Prese la siringa e si fece aiutare dalla ragazza, che gli tenne ferma la mano e continuò a iniettare lentamente l’antidoto.

«Tu non muori per questa roba, vero?».

«Per le tossine di Weezing? No. Però mi danno fastidio».

«Ti vedo malridotto, infatti». Estrasse ed incappucciò l'ago. Prese un inalatore e lo agitò. «Poi ci sono da fare questi».

«Lascia perdere».

«Oh, certo: tu preferisci la roba in vena!».

«Dovevo rapire l’infermiera...» sospirò lui, un po’ a fatica.

«Però io sono più giovane dell’infermiera!».

«Quindi…?».

«Nulla. Era così per dire».

«Lasciami riposare. Guarda: ci sono i Seel».

I due giovani Seel avevano tirato la testa fuori dall’acqua, spinti dalla curiosità. La ragazza li vide e loro si immersero di nuovo.

«Aspettate…!».

Lasciò Mewtwo sdraiato lì dov’era.

 

 

*

 

 

Quando il Pokémon riaprì gli occhi, il Primarina di Sedna stava giocando in acqua coi due Seel.

I Seel accolsero il suo risveglio con un chiasso gioioso.

«Meglio…?» gli domandò Sedna, seduta sulla roccia a guardare i tre Pokémon in acqua.

«Sì».

La ragazza si alzò e venne verso di lui. «Ti sei preso il gas per salvare me e i miei Pokémon. Se tu fossi umano, un'idea ce l'avrei su come ricompensarti. A meno che... non è che saresti interessato?».

Le sue parole erano allusive, i suoi pensieri non lasciavano spazio a dubbi.

Mewtwo sgranò gli occhi, allibito. «Sei impazzita?! No!».

«Come mai?».

«Perché non sono umano!».

Era sinceramente in imbarazzo.

«Già, non lo sei. Ma poi... sei maschio o femmina?».

«Perché me lo chiedi?».

«Perché Lucario dice che il tuo nome sembra una deformazione di “miut”, che è il femminile di “miu”, che per lui vuol dire “gatto”. Quindi… Gatta?»3. .

«Dubito che Blaine o Giovanni ne sapessero qualcosa. Mew-two significa esattamente quello che sembra, purtroppo: un secondo Mew, una sua copia. Sono geneticamente ermafrodito, ma non riesco a considerarmi una lei».

«Quindi, dovendo scegliere, preferiresti me o il mio Primarina? Ti avverto che piaci a entrambi».

«Pensi che dovrei guardarti solo perché sei femmina? La tua specie non mi interessa. Punto».

Lei non si arrese, continuò a pressarlo: «Hai intenzione di crearti una compagna in laboratorio?».

«No. Se fosse minimamente come me, mi odierebbe per averla creata. Se non mi odiasse, non la guarderei neppure, perché mi sarebbe aliena».

Sedna ridacchiò. «Quindi, perché non ti adegui a quel che c’è?».

Mewtwo non resse il suo sguardo. Parlò a voce bassa, cercando di soppesare le parole: «Hai degli interessi atipici, Sedna. Purtroppo, la tua è una parafilia. Sai che vuol dire?».

La ragazza tentennò, incredula. «Eccitazione sessuale per... creature, oggetti o comportamenti non... consoni. Sono le vecchie perversioni».

«Esatto. Pensi che il tuo interesse per me non rientri in quell'ambito?».

Gli occhi di Sedna si inumidirono. «Potrebbe essere zoofilia, ma tu non sei un animale. Io e te stiamo parlando, possiamo capirci, e non pensavo che ti sentissi violato».

«Non mi sento violato. Ma la tua mente è fragile e influenzabile, Sedna, e penso che tu stia soltanto confusa».

Lei tirò su col naso e cominciò a singhiozzare. Sapeva della relazione tra sua zia Hua e l’Hoopa di nome Halqa, che funzionava e durava da sedici anni, e si era illusa che il tabù fosse ormai superato.

«Su, non piangere...!».




 










 

1Siamo in Pokémon ma cito il test LAL perché il limulo merita rispetto, ed è una delle fonti di ispirazione di Kabuto

2Regina

3Ho cercato un po' per internet e su un paio do libri, la parola egizia per "gatto" era sicuramente onomatopeica e a seconda di dove si guarda viene traslitterata in "Mau", "Miu", a volte "Miau" perché effettivamente il gatto fa miu solo da piccolo. La "t" alla fine è desinenza dei nomi femminili (lett: colei che miagola). Fonti: il Grande Gatto di Eliopoli e la tomba della gatta Ta-Myt del faraone Thutmose V mi pare

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Capitolo 7
*** Lavandonia ***



7. Lavandonia




 





 

Noivern atterrò sul grattacielo più alto della Palestra, il più alto di tutta Zafferanopoli, e quindi di tutta Kanto.

Laran scese dalla sua groppa e si tolse il mantello leggero, perché la notte estiva era troppo calda.

La Medium Imari gli andò incontro e lo abbracciò, come avrebbe abbracciato un figlio.

«Ciao, Laran!» lo salutò.

Poi offrì una mela a Noivern. «Ciao, Luna».

La Pokémon divorò avidamente il frutto prima di ritirarsi da sola nella Pokéball.

«Non dovresti essere qui, se sei malata» obiettò il ragazzo.

«Sciocchezze! Non sono malata! Ho avuto qualche problema per colpa del veleno di un Gastly, ma ora sto benissimo! È stato Emery a mandarti da me?».

Mentre parlavano, Sabrina li osservava con discrezione.

Benché fosse la Capopalestra della città più importante di Kanto, fece un inchino formale quando i due le passarono davanti, e si lasciò consegnare il mantello.

Per lei, Imari non era nessuno.

Ma ormai aveva capito come evitare contrasti col Campione.

 

 

*

 

 

«Sei proprio una fifona».

«Non sono fifona, sono solo acrofobica!».

«I grattacieli di Zafferanopoli no, la Torre Pokémon no…».

«Sempre roba che va troppo in alto. E poi... guarda che i cimiteri non mi spaventano per niente! Non capisco neppure perché, nell’immaginario collettivo, siano inquietanti».

«La Torre Pokémon non è un semplice cimitero. È un cimitero infestato».

«I Pokémon Spettro li sfidiamo un po’ ovunque!».

Yulia accennò un sorrisetto enigmatico. «Sì, ma lassù non ci sono solo quelli. Ci sono anime in trasformazione, che ricordano ciò che erano, e che non hanno ancora accettato la condizione. Forse non la accetteranno mai. Possono andarsene, dissolversi, oppure diventare Pokémon Spettro come noi lo conosciamo. In ogni caso, sono loro che piangono e disturbano i vivi, in particolare i Pokémon vivi, e alcuni umani più di altri. A me non fanno niente, ma Laran non può metterci piede se non è accompagnato dalla Medium. Lo assalgono».

«Dovrei avere paura di cadere in depressione?».

«Ma potresti essere aggredita da un fantasma!» le ricordò rabbrividendo Yuri. «Ti accompagno io, comunque».

«No, Yura» lo fermò la sorella. «Tu lassù non ci vai».

«Ma perché?! Tu ci sei andata!».

«Io non ero un ragazzino».

 

 

*

 

 

Preoccupata per le storielle di Yulia, Sedna entrò nella torre con circospezione. Avrebbe voluto farsi accompagnare da una Medium in via preventiva, ma le Medium si facevano pagare quel servizio.

Lei non aveva voglia di foraggiare delle mezze ciarlatane.

Perciò salì al primo piano e si accinse a passare tra le lapidi per raggiungere il secondo.

Appena mise un piede all’interno della sala, udì delle grida e dei pianti.

Un Haunter le venne addosso per spingerla fuori, di nuovo sulle scale, e forse giù dalle scale.

Lei mantenne l’equilibrio e si aggrappò al corrimano.

Provò a rientrare.

Le voci, probabilmente le stesse voci che Venus percepiva dai Pokémon ancora vivi, ripresero a gridare.

La ragazza decise di ignorarle e si avventurò tra le tombe.

Degli esseri invisibili la assaltarono, non per spingerla via né per portarla con loro, ma perché lei li portasse con sé.

Alcuni di loro erano aggressivi.

Lasciò uscire dalle sfere Lucario e Primarina e gli spiriti finalmente si allontanarono, spaventati.

Se i Lucario blu dell’Estremo Oriente avevano sviluppato delle affinità con i Tipo Psico, i loro antenati mediorientali dalla pelliccia nera le avevano con il Tipo Spettro.

Primarina, mezzo Folletto, schizzò dell’acqua luminosa in giro e mise in fuga le anime più aggressive, compresi i Gastly e gli Haunter, che non sopportavano la Luce.

Continuarono camminando in fila indiana. Lucario faceva da guida, mentre Primarina seguiva l’Allenatrice. Imprimeva il proprio canto nelle bolle che faceva scoppiare per spargere acqua luminosa.

Non tutti gli Spettri si lasciavano impressionare da quella sceneggiata.

Al penultimo piano, si trovarono faccia a faccia con un Gengar.

Non era selvatico, o non si considerava ancora tale, perché faceva la guardia al piccolo mausoleo di un’anziana signora che, per sua volontà, aveva fatto portare le sue ceneri in un cimitero di Pokémon.

Nel mausoleo non c’era solo l’urna funeraria della vecchia, ma anche i suoi diari e i suoi gioielli. E visto che si trattava di una Maestra del Tipo Spettro, quei diari e il suo Gengar valevano più degli ori.

Agatha aveva lanciato ai giovani Allenatori una sfida postuma a profanare la sua tomba e catturare il migliore dei suoi Pokémon.

La tomba era ancora inviolata. Il Gengar ancora libero.

I suoi crudeli occhi rossi fissavano Sedna con aria di sfida.

Primarina e Lucario si scambiarono uno sguardo. Non sapevano come comportarsi.

Greninja uscì dalla sfera e attaccò il grande Spettro dal sorriso sardonico.

Ma il Gengar di una Superquattro era ancora pane troppo duro per i suoi denti.

Per beffarsi di lei le saltò addosso e tirò fuori l’enorme lingua per eseguire Leccata. Paralizzata, Greninja subì Sciagura e Palla Ombra e andò al tappeto.

Nessun altro Pokémon raccolse la sfida dopo di lei.

Sedna ritirò Primarina e Lucario e fuggì su per le scale.

Finalmente, raggiunse l’ultimo piano.

Ma la sua foto davanti all’altare, buona per mettere a tacere Yulia, dovette attendere.

Tra i due Ninetales di marmo bianco che sorvegliavano chi si inginocchiava in preghiera dall’alto dei loro piedistalli d’ebano, c’erano una Noivern e il suo Allenatore.

La Noivern si era posata a terra, e con le enormi ali membranacee si appoggiava al marmo bianco della tavola sacra, gemendo a lutto.

Il ragazzo era in piedi e stava un passo indietro.

Indossava un mantello scuro e degli abiti cuciti nella bottega di un sarto. Salvo per i capelli rossi rasati quasi a zero, sembrava che si fosse addormentato cinquecento anni prima e svegliato inspiegabilmente nell’epoca sbagliata.

Non poteva essere che Laran.

Sedna ebbe un bruttissimo presentimento. Rimase in silenzio, e se ne sarebbe tornata giù col passo felpato di un Persian, se lui non si fosse voltato a guardarla.

Al collo, Laran portava la croce solare di Arceus.

Quando i suoi occhi celesti incontrarono il blu marino di quelli di Sedna, la Comandante Galassia ebbe l’impressione che due lame d’acciaio ben temprate cozzassero l’una contro l’altra.

Yulia le aveva rivelato fin troppi dettagli sulla vita del Campione.

L’essere il figlio di Clair e Lance, due cugini di sangue cresciuti chiamandosi fratelli, che per primi consideravano il loro amore un incesto, gli era costato derisioni e tormento durante l’infanzia.

I maltrattamenti subiti dai bulli e l’ipocrita pietà di chi lo considerava un mostriciattolo lo avevano spinto a giurarsi che, un giorno, avrebbe fatto il bagno nel sangue di chiunque gli si fosse avvicinato con intenzioni ostili o peggio lo avesse compatito.

Sedna non voleva mostrargli ostilità né compassione, ma neppure voleva dagli l’idea di essere spaventata da lui. Decise di ignorarlo.

Lui no. «Sandali alti, minigonna e canottiera attillata. Ti vesti così per entrare in un cimitero? In un luogo sacro?».

Sedna si morse le labbra. Anche se era figlia dell’Avatar, anche se aveva davanti un bacchettone o forse un integralista, scrollò le spalle e rispose come avrebbero risposto suo padre Saturno e la Comandante Mercurius. «Ai morti e ai Pokémon non importa se e come mi vesto. E nulla è sacro».

La Noivern, offesa, ebbe un moto di stizza alle sue parole.

Smise di piangere, si staccò dall’altare e camminò verso di lei reggendosi sulle zampe da viverna. Le urlò contro: la sfidava a ripetere ciò che aveva appena detto. Il Campione si mise a braccia conserte e non aggiunse nulla.

Qualcuno applaudì dall’altare ormai libero. «“Femmine”: uno. “Maschi”: zero. Smettetela di litigare, bambini miei!».

Era la stessa ragazza del casinò di Azzurropoli, di nuovo con un vestito fuori tema. Sul cerone bianco che le copriva il volto spiccavano il rosso del rossetto, il nero delle cavità nasali e orbitarie, e i tipici ghirigori colorati dei calaveras. L’ampia gonna nera le rendeva difficile sedersi tra due candele senza prendere fuoco, perciò dopo aver rischiato un rogo involontario le aveva spente.

Dai suoi foltissimi ricci bianchi ornati di grossi fiori colorati fece capolino il Pokémon che era diventato la sua ombra.

«Mew!» miagolò allegro il gattino volante.

Anche lui era stato coinvolto in quella bizzarria. Un finto teschio di Cubone gli copriva il muso, e sul corpo aveva dipinti gli stessi ghirigori di Lunala. Non era opportuno sbandierare la sua vitalità davanti ai morti.

Laran continuò a guardare storto Sedna. «Se è venuta qui per divertirsi, infastidire gli spiriti e sfidare Allenatori e Pokémon, perché ha confuso un cimitero con un tunnel degli orrori...» disse. «…vorrà dire che, prima di andarsene, sfiderà almeno un Allenatore».

Noivern si sporse in avanti in segno di sfida, pronta a spiccare il volo, ma il giovane aveva altri piani e la ritirò.

Scelse invece un’altra sfera, una Ultraball. «Layla… diamo una lezione di umiltà a questa sfacciata» disse.

Sedna arretrò, poi sgranò gli occhi e trattenne il fiato, impietrita.

La grande sagoma scura e sinistra, i tentacoli d’ombra sulla schiena, gli spaventosi denti aguzzi e gli occhi rossi delle tre teste di drago atterrivano Allenatori più esperti e coraggiosi di lei.

Sebbene Hydreigon non fosse uno Spettro, richiamava le fattezze di Giratina. Tutti i Pokémon temevano Giratina anche senza averlo mai visto, per un istinto innato, perché così era scritto nel loro DNA.

Tutti tranne Mew, che in linea di massima non aveva paura di niente. Quell’istinto innato in lui era stato temperato, o era andato perso.

Al cenno di Lunala, andò a mettersi fra Hydreigon e Sedna.

Era veloce e agile, potentissimo in attacco e in difesa.

Se ne stava lì dove la madre gli aveva detto di stare, sorvegliando i movimenti della Hydreigon senza la minima espressione di sfida nei grandi occhi azzurri. Al primo attacco avrebbe cominciato a rispondere per le rime, pur di non disobbedire e scontentare Lunala. Non avrebbe seguito le regole perché non le conosceva.

«Layla... rientra» concluse il Campione.

La Hydreigon scomparve nella sfera.

Sedna tirò un sospiro di sollievo.

Il gattino esultò con una capriola a mezz’aria. «Mew!».

Non aveva mai voglia di combattere. Era tempo rubato al gioco.

Si trasformò tutto contento in un Cubone e mandò in malora il costume. Corse al piano di sotto agitando l’osso che teneva in mano per inseguire gli Spettri.

Laran era contrariato, perché quel ritiro aveva il sapore di una sconfitta.

Andò alla finestra, salì sul davanzale, ma prima di saltare sulla groppa della Noviern Luna, si rivolse un’ultima volta all’altra Luna, la sua “Fata Madrina”: «Non capisco come tu possa apprezzare persone come lei, Lunala. Tanto sciocche e superficiali…».

«È perché sono sciocca e superficiale anch’io» fu la sua risposta. «Ci vediamo in giro, Laran! Tieniti lontano dai guai!».

Il Campione fece una smorfia. Saltò sulla sua Noivern e insieme volarono via.

Sedna stava ancora riprendendosi dallo shock.

Se solo avesse avuto dei Pokémon potenti come Mew al suo fianco, non avrebbe dovuto temere nulla. «Mewtwo, perché non mi ami…?!» sussurrò fra sé.

Lunala la sentì per caso. Tese subito l’orecchio: «Che cosa…?!».

«Niente. Gli umani non gli interessano, ha detto».

La Pokémon Lunare scoppiò a ridere. Anche “zio Gold” avrebbe riso come lei. «Non ci credo! E così, tu ti sei pure dichiarata?! Che mattacchiona!».

Continuava a ridere come una pazza dondolando e battendo le mani sul marmo dell’altare, e il suo ridere sguaiato risuonò per pochi attimi in tutto il cimitero.

Poi rinsavì di colpo. «Ho visto ragazze finire sul rogo per molto meno. Oh, certo: ci sarai rimasta male. Beh, non preoccuparti. Una come te non resta sulla piazza a lungo. Troverai il tuo principe azzurro, bambina, purché tu non cerchi la Bestia».

La sedicenne era arrossita e aveva chinato la testa.

Girò i tacchi e se ne andò giù per le scale senza un fiato. Incrociò Mew, che le tirò i capelli nel tentativo di trattenerla a giocare con lui. Non trovando alcun compagno di gioco disponibile, si era stancato di seminare involontariamente il panico tra gli Spettri. Sedna scosse la testa e tirò dritta per la sua strada, ancora rossa in volto.

All’ultimo piano, Lunala continuava a ridacchiare.

Quando vide ricomparire il suo cucciolo, gli fece cenno di seguirla. «Vieni, Mew. Andiamo a prendere in giro quello spezza-cuori senz’anima di tuo fratello come nessuno prima di noi!».

 

 

*

 

 

La riunione sarebbe iniziata a mezzanotte, ora di Sinnoh.

Sedna indossò il visore e gli auricolari. Non poteva proiettare gli ologrammi nel bagno in cui si era appositamente rinchiusa, rischiando di rivelare l’identità di tutti i Comandanti a qualche ficcanaso.

Si ritrovò in una stanza olografica circolare senza né soffitto né pareti visibili, pervasa da una luce neutra. Non c’era una tavola rotonda al suo centro, ma i Comandanti si disponevano in cerchio lungo una Rossocatena. Non era chiaro se le loro persone la spezzassero o se fossero metaforicamente incatenati l’uno all’altro.

La prima a manifestare la sua presenza, la più chiassosa, fu Mars. «Ma perché dobbiamo esserci proprio tutti a tutte le riunioni?! Io non ne ho voglia! Ma perché a quest’ora?!».

Jupiter le tolse l’uso del microfono. Ne scaturì una discussione che fu spostata in sottofondo dal filtro anti-spam del sistema olografico.

«Sedna, perché m’è toccato sapere tutto dai rapporti giornalieri?!».

Questa era sua madre Gong, la Comandante Terra. Era tanto preoccupata quanto arrabbiata.

«Cosa è successo?» domandò, da Kalòs, il Comandante Oberon.

«Questa qui si è fatta trascinare in un agguato e gassare da un... cos’era, un Koffing...?» riassunse innervosito Saturno.

«Un Koffing…?!». Oberon, all’anagrafe il dottor Xerosic, alzò scettico un sopracciglio. Persino lui sapeva di come la ragazza inventasse una marea di frottole pur di perseguire i suoi scopi: «Perché un Koffing avrebbe dovuto gassarla...?!».

Stavolta gli rispose Venus: «Era un Weezing, molto probabilmente. Il rapporto è sbagliato, perché i Koffing non sono così velenosi. Comunque… non l’ha gassata di sua iniziativa, ovviamente. I Pokémon non si comportano così. Sta crescendo in tutto il mondo un movimento ostile al Dominio. È strano che a Kalòs tu non ne abbia sentito parlare... sostiene che crei un dislivello incolmabile, tra chi nasce con certe capacità e chi no...».

«Un movimento contro il Dominio come fattore di disparità…» mormorò sé l’uomo dai capelli rossi, come se non credesse alle sue orecchie, ma nel contempo volesse rifletterci. «È spaventoso…! E chi nasce Dominatore… a quale “trattamento” dovrebbe essere sottoposto, secondo loro, per poter essere “livellato”?».

«Blocco forzato del Dominio, Dottor Xerosic» gli rispose l’Avatar. «Non è la prima volta che un movimento del genere prende piede».

«Non è detto che la frangia moderata abbia tutti i torti...» le rispose candidamente Venus.

Mars irruppe in una risata: «Lui mi fa morire…!».

«In quel caso, Natural... anche se siamo tutti Dominatori… ricordati che dovremmo considerare noi stessi “più uguali degli altri”, purtroppo». La voce di Mercurius fu accolta e seguita da un silenzio di tomba.

Venus tentennò, e per quell’attimo di incertezza non riuscì a riprendere la parola.

«Se questa ideologia si sta diffondendo...» disse Cyrus, l’unico a cui la madre non incutesse almeno un po’ di paura, «dal momento che non solo siamo tutti Dominatori degli Elementi, ma abbiamo tra noi l’Avatar, è opportuno non disperdere le nostre risorse. Dovremmo riunirci in un’unica Sede, potenziarne le difese, e costruire un Fiore Grigio nel caso vengano superate».

«Ha ragione il Maestro!» lo appoggiò entusiasticamente il Comandante Saturno. Non lo stava adulando. Con la figlia aggredita e la compagna come bersaglio principale, era il più favorevole alla costruzione immediata dell’Arma Suprema, in codice il “Fiore Grigio”.

La Floette Kalosiana di Venus si portò sconvolta una mano alla bocca.

Il suo fiore rosso, portato con grazia come un ombrellino, le sfuggì dalla presa e cadde fuori dal campo olografico.

L’altro Mandato del Cielo, il suo omologo dell’Est, era di tutt’altro avviso. Era un Chingling e fece risuonare il suo trillo di guerra in un rabbioso giubilo.

Mercurius lo calmò accarezzandolo e provò a farlo ragionare: «Lo so, lo so... si vis pacem, para bellum”. Ma dai, non possiamo ucciderli tutti, se ci vengono contro!».

«Dipende dalla violenza con cui ci vengono contro. In ogni caso, l’arma è meglio averla pronta» mormorò il Comandante Phobos. Era il suo compagno, il mancato erede di Giovanni e del Team Rocket di Kanto e Johto, e il più pratico di tutti loro.

«Io ci sto» intervenne sua cugina Mars. «Intanto… Venere… da’ retta a Marte: abbiamo bisogno del nostro esercito, per difenderci. Possiamo contrattare ancora su Grey Flower, ma ci servono le Unità Rosse. Non essere troppo morbido verso quelli là, che non sai neppure chi e quanti sono o cosa siano disposti a fare».

Venus tacque, mentre nel silenzio teso tutti guardavano a lui. Si voltò per incrociare gli occhi di qualcuno rimasto fuori dal campo olografico, probabilmente Zekrom. «E va bene…».

 

 

*

 

 

Yulia la svegliò scrollandola. Anche se aveva un braccio solo, la forza per tirarla giù dal letto non le mancava. «Andiamo! Ma quanto dormi?!».

Sedna abbracciò il cuscino e tenne gli occhi chiusi.

«Svegliati, muso giallo! I Pokémon non si allenano da soli!».

Mezza addormentata, assorbita in un sogno, Sedna mormorò: «Piove. Voglio andare al mare».

Yulia si sdraiò accanto a lei per toglierle spazio e darle fastidio. Le tirò un poco i capelli e la baciò sulla guancia. «Ascoltami, pesciolina: la madre di un mio carissimo amico lavora nella Palestra. Può farti entrare quando è chiusa, così ti abituerai ai ponti di vetro».

«La palestra e i ponti esisteranno anche oggi pomeriggio, se qualcuno non butta una bombola nucleica a mezzogiorno. Ora voglio dormire».

«Bombola nucleica…?!».

«È linguaggio in bimbo-codice. E comunque, confermo: fanno più paura i vivi, dei fantasmi».

 

 

*

 

 

Tutti i Comandanti, tranne Sedna che sembrava attraversare una lunga fase di ribellione adolescenziale, avevano accettato di barricarsi ad Rupepoli come Cyrus aveva proposto.

Malgrado Gong e Saturno si trovassero nella vicina Evopoli, e Sird e Silver dovessero raggiungere Sinnoh da Johto, Xerosic partì da Kalos e fu il primo ad arrivare. La paura gli aveva messo le ali.

Mars lo accolse con un abbraccio e una pacca sulla spalla, perché ormai lo vedeva come uno zio. L’elisir di Tapu Fini gli aveva ridato la giovinezza, ma non gli aveva rovinato l’appetito. Oberon era rimasto una buona forchetta, e la sua uniforme era la stessa di quando era stato arruolato.

Venus si fece attendere.

Arrivò la notte successiva sulla Fregata Plasma, ormai resa invisibile all’occhio e ai radar dalla tecnologia Galassia. La nave volante era carica di Unità Rosse, e pilotata dall’androide Bryony.

Sird e Hua erano rimaste sveglie ad attendere l’esercito. Gli altri Comandanti, compreso Cyrus che ancora combatteva con l’insonnia, si erano ritirati nei propri alloggi.

Appena il Comandante toccò terra, Sird fu la prima a parlargli: «Al tuo prossimo compleanno, Venus, la navetta a conchiglia non te la toglie nessuno».

«Perché a conchiglia?».

«Lascia stare. Non è roba di questo mondo».

Eris lo salutò sorridendo e accennando un inchino formale. Andò ad affiancare l’androide Bryony mentre le Unità Rosse scendevano ordinate a passo di marcia.

«Penso che la forma perfettamente umana non sia la più congeniale a una macchina da guerra… occupa troppo spazio, tanto per cominciare» disse all’androide. Bryony si voltò verso di lei. «Desideri che siano alleggeriti?».

“Alleggerirsi” significava liberarsi di tutti i tessuti posticci che li rendevano simili agli umani, liberando lo scheletro metallico e le guaine dei circuiti.

«Ne dovrò parlare con Cyrus».

Intanto, Venus e Mercurius erano entrati insieme nell’edificio.

Le Reclute Rosse presero la via dei locali sotterranei. Le tre Scienziate entrarono dalla porta principale. Hua le seguì, e intanto richiese al sistema la posizione del Comandante Venus.

Finse di andare da tutt’altra parte, poi cambiò strada per raggiungerlo.

Appena lo trovò, corse ad abbracciarlo.

«Non ti vedo da sei mesi…!» gli sorrise.

«Beh, mi hai detto tu di non cercarti...».

Si scambiarono uno sguardo tenero, poi le loro bocche si incontrarono.

Il bacio fu interrotto da una voce inviperita: «Che fate…?! Prendo te a calci e lui a ceffoni!».

Sird aveva subodorato la tresca fin da quando riteneva fosse iniziata, ma aveva fatto finta di nulla. Una sua intromissione ne avrebbe solo ritardato la fine.

L’essere capitata lì quasi per caso e averli colti in flagrante era un fatto gravissimo: con il tempo, Venus ed Eris erano diventati sempre meno attenti.

Halqa non avrebbe esitato ad ucciderli entrambi, se li avesse scoperti insieme.

Sird venne verso di loro per una ramanzina, ma dovette correre quando vide un portale circolare aprirsi a qualche metro di distanza.

Spinse via Eris, buttò le braccia al collo di Venus e premette vigorosamente le labbra sulle sue.

Hua li fissò a bocca aperta.

Nella scena, era stata lei ad arrivare lì e trovare la madre abbracciata a qualcuno che non era Silver.

E siccome si trattava di sua madre, Hoopa reputò comprensibile il suo sbigottimento.

«Quando chiudi gli occhi, Natural, mi ricordi troppo tuo padre per piacermi» sussurrò la donna alla fine del bacio. «Non nego che fosse bello, però... se non fosse scomparso... l’avrei volentieri ammazzato. Vieni con me. E voi… voi non avete visto niente».

Lo portò via tenendogli un braccio intorno alle spalle.

Lui camminava con gli occhi bassi e non fiatava, come un bambino appena rimproverato. Dai suoi tacchi alti, Sird si chinò e gli bisbigliò all’orecchio: «Forse avrei dovuto rapirti da piccolo perché quel gran bastardo di tuo padre non ti trovasse. È per questo che mi sento in colpa nei tuoi confronti, e ti voglio bene almeno quanto odiavo lui. Ma, evidentemente... la tua famiglia è una catastrofe per la mia. Ghecis ha quasi fatto uccidere Hua quando lei aveva tredici anni. E tu, adesso, pure…».

 

 

 

*

 

 

Era notte. Sedna mosse un passo sul ponte di vetro che l’avrebbe portata a sfidare Sabrina. Chiuse gli occhi e andò avanti.

La Capopalestra la fissava senza tradire i suoi pensieri.

A Unova, Sabrina era famosa per la sua bellezza esotica e per le sue doti di attrice; a Kanto, per essere particolarmente cattiva coi giovani Allenatori.

Era così per natura, per rancore, ma anche perché i suoi Pokémon di Tipo Psico puntavano molto sulla guerra psicologica e sul logoramento mentale dell’avversario.

Appena la sfidante fu arrivata sul suo grattacielo, prese una sfera e lasciò uscire Alakazam.

Anche Saturno ne aveva uno. Sedna non aveva mai capito che cosa gli passasse per la testa.

Da bambina, l’aveva sottoposta di propria iniziativa a una serie di rompicapi giornalieri. Lei era riuscita a risolverne un po’, per colpa di altri si era sentita profondamente inadeguata. Il Pokémon non era mai stanco e gliene proponeva ogni giorno di nuovi.

A dodici anni, Sedna aveva smesso di prestarsi ai suoi giochi. Poco dopo aveva cominciato a girare il mondo in cerca degli starter d’Acqua e l’età dei rompicapi era finita.

L’Alakazam di fronte a lei aveva uno sguardo più cattivo e ostile di quello con cui era cresciuta.

Lui e Sabrina comunicavano telepaticamente, ma l’attrice non poté rinunciare alla prima battuta: «Psichico» ordinò a voce bassa.

Non urlava come una volgare Specialista Lotta.

Sabrina non si limitava a combattere: si esibiva. Stavolta, gli spalti erano vuoti, eccetto per una persona.

La presenza di Yulia metteva sotto pressione tanto la sfidante quanto la Capopalestra.

Tutte le luci erano puntate sul campo di battaglia. Una seconda figura salì in tribuna e prese posto accanto alla ragazza senza che le altre due lo notassero.

Lei si distrasse per un attimo per salutarlo: «Ciao, Laran! Emery non c’è?».

«Emery non può venire quaggiù in questo periodo. Non può abbandonare la Palestra» e poi indicò Sedna. «Sei qui con quella là…?».

«Sì».

«Ha la mia età, giusto? È troppo grande, per partire da com’è adesso e arrivare da qualche parte. Perché perdi tempo ad addestrarla?».

Alakazam svenne e fu sostituito da un gesticolante Mr. Mime.

«Scherzi?! Guarda quant'è fica!».

«Fica...?».

«È una bella ragazza...».

Superato lo stupore iniziale, Laran si rabbuiò. Guardò di nuovo la sfidante di Sabrina.

La guardò come se la volesse uccidere.

 



 









NOTA AUTRICE: so che faccio schifo a tutti (quelli che provano a seguirmi) perché pubblico troppo velocemente. ç_ç 
Il problema è che se lascio troppo lì un capitolo, poi rischio solo di cambiarlo ventimila volte e dimenticarmi cosa ho scritto, o peggio come lo volevo continuare... -_-

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Capitolo 8
*** Isola Cannella ***



8. Isola Cannella


 
 
 




Mr. Mime cadde sottolineando coi gesti il suo svenimento. Fu ritirato nella sfera.

Sabrina, che sapeva di essere osservata e di dover dire qualcosa, rispolverò l’ultima intervista rilasciata dal Professor Samuel Oak prima della sua dipartita: «Il nostro mondo sta cambiando. In questa corsa frenetica della civiltà umana, allenare i Pokémon ci permette di non dimenticare il passato».

Sedna ricevette la Medaglia Palude dalle sue curatissime mani.

Laran, seduto sugli spalti, batté le mani senza entusiasmo.

«Un’altra grande Allenatrice a tempo perso che colleziona tutte e otto le Medaglie, riesce a superare la selezione dei Superquattro, che ormai è un proforma… ma poi si tira indietro prima di sfidarmi. Che perdita di tempo e seccatura, per voi Capopalestra! Allenare i Pokémon adesso non ha lo stesso significato che aveva in passato. Ora è una moda».

Sabrina ne uscì con un diplomatico: «Probabile…» pronunciato a voce bassa.

«Guarda che tu sei solo un anno più vecchio di me, Campione!».

«Ha ragione lei» intervenne Yulia. «Non ricordi i racconti del padre di Emery? Allenare Pokémon, a Galar, era un’idiozia consumistica anche vent’anni fa. Non è una questine di tempi».

Laran ignorò le parole di Yulia.

Guardò l’altra ragazza con disprezzo. «Tu non sei un’Allenatrice…».

«Conosco una persona che considera il titolo di “Allenatore” un’offesa».

Laran aveva sentito abbastanza. «Non ti permetterò di infangare ulteriormente la nostra categoria. Se non ti presenterai all’Altopiano Blu per sfidarmi, Sedna, io verrò a cercarti».

Davanti a quello spettacolo, Sabrina appariva impassibile sotto il make-up. Ma niente le migliorava la giornata più di vedere la vita di qualcun altro complicarsi.

 


*
 

 

Due donne e un uomo in uniforme Rocket irruppero nel Dojo Karate di Zafferanopoli.

Tutti e tre avevano corte capigliature castane, lineamenti caucasici e occhi marroni. Erano così simili l’un l’altro da sembrare fratelli. Sulla giacca della divisa avevano stampata la R rossa che non si vedeva da molti anni.

Qualcosa non quadrava.

Il Maestro Cinturanera del Dojo chiese ingenuamente agli altri Allenatori presenti di mantenere la calma.

Lt. Surge, ex Rocket lui stesso, che era lì perché usava allenarsi in quel Dojo, fece cenno al suo Raichu di tenere alta la guardia.

Dall’altra parte delle telecamere installate negli occhi degli androidi, seduta davanti a uno schermo, Mars dirigeva l’operazione. Conosceva Lt. Surge per fama, conosceva la sua storia e la sua provenienza.

«Guarda chi c’è…! Ma chisseloaspettava?! Unoviani di merda…!».

Venus, seduto accanto a lei, le diede un buffetto sulla guancia. L’eterna ragazzina scoppiò a ridere. Gli prese la mano e gli baciò le dita. «Non mi distrarre, tu!».

Janine, catturata e interrogata da Sird e Saturno, aveva indicato il Dojo Karate come principale centro di addestramento dei Qi-blockers di Kanto.

Il Maestro Koichi conosceva personalmente tutti i ragazzi addestrati in quell’arte.

Perciò doveva essere preso e interrogato. Usare delle spie per carpire informazioni avrebbe richiesto troppo tempo: una lettura neurologica forzata sarebbe stata la soluzione migliore.

Il Maestro fu invitato a inginocchiarsi mentre due fucili leggeri e sottili lo tenevano sotto tiro.

Gli fu fatto indossare un casco trasparente, munito di elettrodi e collegato a distanza allo schermo di Mars.

Una delle Unità Rosse vestite da Rocket parlò, come per formulare una domanda: «I tuoi allievi…?» e lì si interruppe.

La mente dell’ignaro Maestro evocò involontariamente quella che poteva essere una bella foto di gruppo. Ragazzi e ragazze in kimono sportivo disposti in riga. L’immagine di una di loro, una tredicenne dai capelli rosa con un fermaglio a forma di Rapidash Galariano, era particolarmente nitida e arricchita di una certa carica emotiva.

«Che schifezza! Pervertito!» gridò inorridita Mars, allontanando le mani dalla tastiera sullo schermo.

«Magari è la migliore dei suoi allievi. La sua pupilla...» le fece notare Venus.

«Lo spero!».

Il Maestro Koichi non avrebbe detto una parola sui ragazzi.

Sfortunatamente, le parole erano superflue.

Non poté nascondere la sorpresa quando il casco gli fu tolto, e gli strani intrusi fecero per andarsene.

Il silenzio fu rotto dal grido di Lt. Surge: «Raichu, use Thunder!».

Le informazioni erano già arrivate a destinazione e le tre reclute erano sacrificabili come il casco. Ma questo, lui non poteva saperlo. Era inoltre convinto di aggredire degli esseri umani.

Raichu non si fece scrupoli a eseguire l’ordine, e la donna che portava via il casco fu colpita da una scarica elettrica che si era formata proprio sopra la sua testa.

Mars selezionò uno dei comandi sullo schermo e cantilenò: «Granata...».

L’androide ormai a terra parve frammentarsi, e fu risucchiato in una frattura spazio-temporale assieme al casco, e ai due compagni che si trovavano nel raggio d’azione della granata.

Raichu fu respinto e volò all’indietro per colpa della carica elettrica accumulata nella pelliccia. Le telecamere oculari dei robot mandarono l’immagine disturbata del Luogotenente Surge che si tuffava nella discontinuità prima che si richiudesse.

Poi lo schermo divenne nero.

«Quanto sarà scemo, quell’uomo…!» commentò Mars.

«Sono morti?».

«Lui sì, se non lo recuperiamo. Io lo lascerei lì».

«Ma smettila! Non possiamo neppure buttare via così due androidi. Come li troviamo, adesso?».

«Sono tutti nel Mondo Distorto. Credo. L’ultima volta che abbiamo usato un aggeggio del genere, li ha spediti tutti lì…».

Il suo Holovox suonò in quel momento. E non era una chiamata interna.

La sua Purugly, Kitty, che sonnecchiava poco distante dalla padrona, tirò su la testa e protestò con un lungo e profondo miagolio. Era stata svegliata dalla suoneria. Fissò la Comandante con aria di rimprovero, ma lei non ci fece caso.

Cyrus si sarebbe infuriato, se avesse scoperto che aveva tenuto con sé un cellulare acceso durante un’operazione.

Perciò si accostò l’indice alla bocca e sussurrò a Venus: «Tu non dire nulla…!».

Poi rispose alla chiamata: «Pronto...?».

Si alzò e si allontanò chiacchierando dal computer.

N la guardò storto, con la stessa espressione scontenta della Purugly negli occhi chiari.

Né lui né Kitty gradivano quella telefonata.


 

*

 

 

Il battello approdò finalmente all’Isola Cannella.

Sedna scese a terra ed esaminò il posto.

L’eruzione di una ventina d’anni prima aveva distrutto e poi ridato vita a una terra brulla. Il Signore dell’isola, il vulcano, dominava con il suo cono il paesaggio a nord-est.

Non era un brutto posto per una vacanza. Ma viverci doveva essere incredibilmente noioso. Gli isolani si dividevano in due categorie: quelli che gravitavano intorno al laboratorio e quelli che gravitavano intorno al turismo.

Si distinguevano a vista.

Una signora dai capelli grigi in camice bianco venne loro incontro.

Un Omanyte la seguiva con placida lentezza. Era un mollusco cefalopode azzurro con dieci tentacoli, che si portava dietro la sua conchiglia protettiva giallo ocra.

La sconosciuta non degnò Sedna di uno sguardo.

Parlò a Yuri: «Tu sei il figlio di Grigorij, non è vero?».

«Sì, Dottoressa. Sono Yuri Grigorevich. Che bell’Omanyte!».

Il Pokémon Ammonite agitò i tentacoli. Aveva capito che parlava di lui.

La scienziata sorrise appena. «Oma è con me da vent’anni, e ancora non ha imparato a riconoscermi. Se mi perde di vista, va dietro a chiunque indossi un camice».

Solo allora, la scienziata parve fare caso a Sedna.

«Tua sorella non è con te?».

«No. Laran le ha “chiesto” di fermarsi con lui a Zafferanopoli. Glielo ha imposto, diciamo».

 

 

*

 

 

Sul tetto dell’edificio Galassia, una navetta attendeva il suo pilota.

«N…?! Dove vai?!».

Venus si voltò e vide la Comandante Eris camminare verso di lui. Camminava con un’eleganza difficile da imitare. Lui avrebbe dovuto essere già partito, ma era stata l’incertezza a trattenerlo. Solo una cosa, in quel momento, avrebbe potuto allontanare Hua dai suoi pensieri. Quel qualcosa era una relazione vera con Mars, con cui aveva trascorso ogni notte dal suo arrivo a Sinnoh. Purtroppo, la sfavillante stella rossa del cielo Galassia non sembrava interessata a impegnarsi, né con lui né con nessun altro.

Innervosito anche dal comportamento di Mars, che lui avrebbe preferito persino ad Eris, N aveva esitato fin troppo a parlare: «Non è il caso che rimaniamo qui entrambi, Hua. Io torno a Unova».

«Aspetta. Tu resta qui, vado via io. Un palazzo in mezzo al deserto ha già una difesa naturale, e Hoopa potrebbe garantirmi sia protezione che una via di fuga».

«Se te ne vai, cerca di non tornare. Non voglio più vederti».

Lei piegò la testa di lato. «Adesso esageri!».

Lui era sul punto di risponderle, ma si rese conto che l’avrebbe soltanto insultata. Hua era la figlia naturale dell’umana in assoluto più vicina ad Arceus.

Lui, Natural, in fin dei conti era solo un comune mortale in grado di parlare coi Pokémon, generato da un uomo inviso ad Arceus: per Hoopa sarebbe stato molto più facile fare del male a lui e rimanere impunito, piuttosto che a lei.

Hua ci trovò da ridere. La sua era una risata piacevole e musicale, forse modulata dalla padronanza della recitazione. Gli si avvicinò e gli buttò le braccia al collo.

«Torna pure dentro. Chiederò ad Halqa di venirmi a prendere stasera».

N cercò di liberarsi dal suo abbraccio. Ma se Sird era quattro volte più forte di un uomo della sua stessa stazza, la sua fragile figlia era forte appena la metà di lei. E non lo lasciava andare.

Lui scosse la testa e cercò di non guardarle le labbra. «No. Non credo di potermi fidare di te. Se fossi tu a partire, torneresti qui a tuo piacimento, e saremmo punto e a capo. Se vorrai raggiungermi… di’ a Hoopa di portarti da me ad Unova».

 

 

*

 

 

Mentre la Dottoressa accompagnava Yuri al Laboratorio, Sedna andò dritta verso la Palestra. Era di Tipo Fuoco e lei, per la prima volta, era sicura di superarla anche senza i consigli di Yulia.

La Palestra era stata ricostruita proprio ai piedi del vulcano.

Sedna entrò tranquilla come se stesse andando al cinema. Poi le venne il dubbio di aver sbagliato edificio. La Palestra era un’unica, grande sala vuota, eccetto per una persona seduta in un angolo.

Emery, il ragazzo timido che Laran aveva protetto dai bulli, non era quello che Sedna si aspettava.

Coi suoi sedici anni appena compiuti, era un gigante di due metri e dieci.

Sulla sua fronte spiccava in rosso il tatuaggio di un occhio stilizzato. Un occhio aperto in verticale, con tre linee orizzontali che nascevano da entrambi i lati.

Sembrava un tipo silenzioso e tranquillo, ma era anche il terrore di chiunque conoscesse il sub-dominio della Combustione.

Il suo terzo occhio era il motivo per cui doveva starsene da solo: essere lì era come trovarsi disarmati in una stanza chiusa, assieme a un uomo armato di fucile.

Quando si alzò e venne nella sua direzione, Sedna fece un passo indietro. Sarebbe volentieri scappata rinunciando alla Medaglia.

«Benvenuta nella Palestra dell'Isola Cannella. Come vedi, ci sono solo io».

«Oh... e come mai...?».

Era pericoloso vivere a contatto con un mostro del genere.

Emery fece spallucce. «Quest'isola vive principalmente per il Laboratorio, tutti gli Allenatori di buon livello sono scienziati, e io non ho un grande feeling con gli scienziati... né loro con me».

«Oh... scommetto che ti sbagli...!».

Gli scienziati adoravano gli scherzi della natura, i mutanti come lui.

Il ragazzo non comprese il suo sottinteso.

Continuò a presentarle la sfida che la attendeva. «Ho una squadra di sei Pokémon, ma per superare la mia Palestra è sufficiente batterne quattro».

«Come mai questo vantaggio...?».

«Lo vedrai».

La ragazza lo seguì per prendere il posto dello sfidante.

Lui prese una sfera e mandò in campo Cinderace. L’energico coniglio bipede non sapeva stare fermo, e iniziò una corsa sul posto in attesa di conoscere l’avversario.

Sedna si sentì obbligata a mandare Inteleon.

Il coniglio bipede non nascose la sua sorpresa, ma era tra i pochi esemplari in grado di sfruttare positivamente l’entusiasmo.

Cominciò a correre con un piccolo sasso infuocato tra i piedi, evitando gli attacchi di Inteleon uno dopo l’altro e scagliandogli contro pietre circondate da fiamme.

Ma un tiratore come Inteleon, malgrado le ustioni procurate da Palla Infuocata, non poteva essere ingannato tante volte da un semplice bersaglio mobile.

Un doppio Tiromirato lo ferì rendendolo incapace di combattere.

Emery lo ritirò e mandò Magcargo, Pokémon Lava dal corpo rovente e viscoso, il guscio di roccia vulcanica, e l’aria amabilmente tonta.

Sedna ritirò Inteleon solo per far vedere quegli occhioni gialli a Primarina.

Primarina batté entusiasta le pinne, e poi lo mandò al tappeto con Cantoeffimero.

Dopo Magcargo, entrò Charizard. Era una femmina, ed Emery l’aveva avuta da adulta, quando per qualche motivo non era stata considerata più idonea fare la riproduttrice. Yulia non voleva che il suo esemplare maschio si distraesse dall’allenamento, perciò, nonostante ne apprezzasse moltissimo la specie e il carattere obbediente, l’aveva lasciata a lui.

In qualche modo, sfruttando le sue ali e le sue mosse di tipo Volante e Drago, riuscì a battere Primarina.

Sorpresa, Sedna mandò Greninja.

La Charizard precipitò colpita dal getto d’acqua al alta pressione di Idropompa.

Fu ritirata prima che toccasse terra.

La sostituì una bellissima e fiera Ninetales.

Quella scelta derivava dall’esperienza della madre Medium di Emery.

I Greninja, come altri Pokémon legati alle arti marziali orientali, soffrivano di un’inspiegabile e profonda succubanza psicologica nei confronti del grande gruppo dei Kitsune, ossia le Volpi. Fossero essi Vulpix, Eevee, Zorua o le loro evoluzioni.

Di fronte alla ruota di nove folte code della Pokémon Volpe, la Ninja rimase imbambolata.

Poco mancava che si inginocchiasse.

Sedna la ritirò e al suo posto mandò Feraligatr.

La grande Pokémon coccodrillo ruggì. Lei si sarebbe volentieri sgranocchiata le fragili ossa delle Volpi.

Dopo aver subito Idrondata e Sgranocchio, Ninetales si accasciò e fu ritirata nella Pokéball.

Era il quarto Pokémon che gli mandava al tappeto.

Sedna si aspettava di aver terminato la sfida.

Invece, il gigante Emery fece un passo avanti.

Con un movimento fluido del corpo e una smorfia spaventosa sul viso, che lo portò a sgranare entrambi gli occhi nell’atto di aprire il terzo, rilasciò dal centro della fronte il suo raggio contro Feraligatr.

La Pokémon, malgrado la stazza, fu sbalzata all’indietro da una deflagrazione appena il raggio la raggiunse. Quando la sua schiena toccò terra, era già svenuta.

Sedna corse da lei, sconvolta, per controllare come stesse. Quando Feraligatr emise un verso flebile, la ritirò nella sfera con le lacrime agli occhi.

Per qualche motivo, era convinta che quel colpo le avesse fatto più male dell’attacco di un Pokémon.

Emery non poteva nascondere di essere un Dominatore, perciò ne approfittava.

Si avvicinò per consegnarle la Medaglia Vulcano quando lei ancora era scossa.

«Il tuo Pokémon guarirà come da qualsiasi altra lotta» disse. «Loro sono molto più resistenti di noi. Non preoccuparti».

La ragazza fece saltare le tubature della Palestra e attirò a sé quanta più acqua possibile. Cominciò a frustare il mostro che aveva picchiato così duramente e, lei pensava, a tradimento una sua Pokémon.

Il ragazzo era disabituato a combattere, oltre ad essere consapevole di non poter modulare il suo Dominio come facevano gli altri Dominatori del Fuoco.

Arretrò con le mani alzate e cercò di calmarla a parole.

 

 

*

 

 

N rientrò nel suo palazzo sotterraneo di Unova, ormai completamente restaurato e ritrasformato nella reggia magnifica e deserta che era stato vent’anni prima. Dove lui vedeva un’abitazione in rovina, i Galassia avevano visto un bunker. Non avrebbero rinunciato a quel posto tanto facilmente. Anche se Venus in cuor suo lo odiava.

Credeva di aver dimenticato la luce accesa nella sua stanza, ma quello che vide lo sorprese.

Mars era seduta sul pavimento e armeggiava intorno al trenino giocattolo ormai rotto da moltissimi anni.

Posato accanto alla sua gamba c’era il modellino dell’aereo che avrebbe dovuto volare in cerchio attaccato a un’asta di ferro. Quello, l’aveva già trasformato in un drone.

«Ma quanto ci hai messo...?! Sei venuto a piedi?!».

«Non avevo idea di trovarti nel palazzo. Vengo qui soltanto per dormire. Mi sono trattenuto a Sciroccopoli».

I begli occhi color ambra della Comandante Galassia mandarono lampi.

Se fosse stata una Purugly, avrebbe inarcato la schiena e rizzato il pelo. Smise di lavorare sul trenino giocattolo: «Da Elesa? La modella?» domandò.

«No. Dalla ruota panoramica».

Mars si calmò così come si era arrabbiata.

Dette gli ultimi ritocchi al modellino e finalmente lo posò sulla ferrovia. Il trenino giocattolo ripartì.

N sorrise appena: «Grazie. Se avessi trovato la voglia, mi ci sarei messo anch’io, a riparare i giocattoli».

Lei fece un gesto di noncuranza. «Figurati!».

Dopo aver controllato che il trenino non si fermasse, la ragazza si alzò in piedi e si stiracchiò. Era stata in una posizione scomoda per troppo tempo.

Guardò distrattamente in alto e vide un anonimo soffitto grigio. «Mi avevi detto che questa stanza aveva le nuvolette sul pavimento e l’erba coi fiori sul soffitto. Dove sono?».

«Li ho cancellati».

«Ti facevano venire le vertigini?».

«Mi mettevano tristezza. Tutto, qui, mi mette un po’ di malinconia».

«Me l’hai detto...» ricordò Mars. «La prima parte della tua vita è stata in chiave minore, hai detto».

«Già. Quella volta, non avresti dovuto farmi bere».

«Mica solo quella volta! Non t’ho mai visto ridere, da sbronzo. Per questo ho più succhi di frutta che whiskey e vodka, in camera. Dov’è il carillon?».

«Quello rotto?».

«Sì».

«Non lo voglio sentire. Non ci riesco...».

«Se non l’hai buttato via, perché non provi ad aggiustarlo? È impossibile che un carillon per bambini sia stato concepito per suonare una musica inquietante. Non ti piacerebbe sapere come avrebbe dovuto essere?».



 

 

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Capitolo 9
*** Bosco Smeraldo ***


9. Bosco Smeraldo








«Hai mai usato il Dominio della Combustione su una persona?».

«No. I cervelloni del Laboratorio mi hanno convinto a sparare su un manichino da simulazione. Avrei preferito non averlo mai fatto».

Dopo che Sedna si era calmata ed Emery si era scusato per aver usato il Dominio della Combustione su Feraligatr, avevano passato il pomeriggio a chiacchierare seduti sui gradini fuori dalla Palestra.

Emery, “l’Orco” figlio di una Medium di Kanto e di un tranquillo borghese Galariano, era l’esatto contrario di Laran. Era insicuro e timido, un po’ troppo per i canoni di una Comandante Galassia, e non mostrava neppure un’ombra dell’aggressività dell’amico d’infanzia che lo aveva protetto.

Era impossibile, per un Dominatore della Combustione, usare il terzo occhio accidentalmente. Perciò era impossibile temere un ragazzo mite e obbediente come Emery.

«Hai mai baciato una ragazza?» gli domandò Sedna.

«No. A Zafferanopoli, quando avevo otto anni, una bimba ha finto di volermi dare un bacio… ma era solo una scommessa con gli amici, su quanto si sarebbe avvicinata all’Oni1».

Sedna gli passò le dita fra i capelli neri e avvicinò la bocca alla sua. Il ragazzo non si tirò indietro.

Alla fine del bacio, si voltarono entrambi a guardare una figura che, suo malgrado, aveva attirato la loro attenzione.

Yuri, con una protesi nuova di zecca al posto del piede destro, stava cercando di togliere il disturbo senza essere visto né sentito. Un crostaceo dal guscio liscio e marrone e gli occhi rossi, un Kabuto appena rigenerato da un fossile nel Laboratorio, lo seguiva come la sua ombra.

Quando si accorse di essere stato visto, il ragazzino cercò di nascondere l’imbarazzo. Ma era rosso come una fragola. «Sono sull’isola per i Fossili e il Laboratorio. Non ho un grande interesse per la Medaglia. Torno domani».

 

 

 

*

 

 

Consegnata la Medaglia Palude all’ennesimo marmocchio, Sabrina ricevette una chiamata urgente e si precipitò all’ascensore.

Dal tetto del suo grattacielo scese nell’attico, dove la attendeva un ospite inatteso e indesiderato.

Il Maestro di karate Koichi a piantonato da due energumeni che avrebbe potuto stendere in poche mosse.

Ma erano le guardie del corpo di Sabrina.

«Che ci fai nella mia zona?» gli domandò la donna.

«Due Rocket in divisa sono venuti al mio Dojo Karate. Che cosa volevi dimostrare?».

«Due Rocket? Sei disorientato: il Team Rocket è finito con Giovanni».

«Il Team Rocket ha smesso di farsi stampare la R sui vestiti, alla morte di Giovanni. Non avevo mai capito perché tu, nata con dei poteri psichici, appoggiassi la nostra causa. Ora lo so: ci hai lasciato rimanere nella tua città per tenerci d’occhio. Tu non sarai una Dominatrice, ma sei comunque una di loro».

Se c’era qualcosa che Sabrina non sopportava, era che fosse fatta di tutta l’erba un fascio. Sensitivi, Medium, Sciamani, Empatici, Telepatici, Mutaforma e Dominatori degli Elementi: tutti raggruppati insieme come se fossero un unico popolo.

«Loro” chi?! Sei un paranoico imbecille, Koichi-san! Ti ha seguito qualcuno?».

Il Maestro di karate scosse la testa: «No».

«No» gli fece eco Mewtwo, materializzandosi alle sue spalle.

Gli umani in quell’appartamento di lusso erano diventati topi in gabbia.

Sabrina liberò Alakazam e Mr. Mime. La telecinesi di Mewtwo riuscì a immobilizzarli e scagliarli contro un vetro prima ancora che le loro figure si materializzassero completamente all’uscita dalla sfera.

Ruppe il vetro e tenne i Pokémon sospesi nel vuoto.

Mr. Mime cominciò a gesticolare disperatamente finché non si tappò gli occhi con le mani, per non guardare giù. Alakazam, seppur in grado di levitare, lasciò cadere i due cucchiai d’argento che convogliavano i suoi poteri psichici. Anche se fosse riuscito ad attaccare, in quella posizione non avrebbe potuto difendere la sua padrona.

 

 

 

*

 

 

Sedna si sedette accanto a Yuri sul battello in partenza.

Emery aveva imparato la lezione, e non aveva infierito sui Pokémon del ragazzino come aveva fatto su Feraligatr. Si era coperto il terzo occhio con una innocua e folcloristica fascia rossa.

Non aveva chiesto a Sedna di restare, ma solo se sarebbe tornata sull’isola dopo aver superato la prova del Bosco Smeraldo.

Laran le aveva giurato che, se lei avesse battuto i Superquattro, allora non le avrebbe permesso di ritirarsi dall’ultima sfida, quella per il titolo di Campione.

Emery lo conosceva troppo bene per non sapere come sarebbe andata: contro di lui e le sue dragonesse, anche l’Allenatore sfidante rischiava di ferirsi.

Sedna non aveva dato una risposta chiara alla sua domanda. Aveva farfugliato qualcosa di vago in uno dei dialetti giapponesi di Sinnoh.

Lo aveva salutato con un bacio sulla guancia, poi era salita sul battello.

Yuri, dopo aver visto quella scena un po’ smielata, aveva già un po’ di nausea.

Per imbarazzo cercava di non guardarla.

Perciò fu lei a rompere il silenzio: «Tua sorella ha detto che ci sono sette Palestre, a Kanto. Però nei cofanetti c’è sempre il posto per otto medaglie. Come mai?».

«Oh, il fidanzatino non te l’ha detto? Perché le medaglie sono otto. Sette Palestre per otto Medaglie».

«Ehm, Yuri… l’ottava Medaglia cade dal cielo…?».

«C’è una strega, nel Bosco Smeraldo. Lei decide se sei pronto a sfidare i Superquattro. Se lo sei, ti conferisce la Medaglia Terra».

«E che succede, se non sei pronto?».

«La strega trattiene i tuoi Pokémon. E non te li ridà più».

Sedna scoppiò a ridere. «Che fiaba per bambini scritta male! Stai scherzando…?!».

«Se lei te li toglie e tu provi a riprenderteli, loro ti vengono contro, come se non ti riconoscessero. Non si lasciano ricatturare neppure se il resto della Squadra è al loro stesso livello. È come se fossero sotto un incantesimo che li rende più forti e più agguerriti, ma sono sempre loro».

Sedna cominciò a tormentarsi i capelli per sfogare il nervosismo. La faccenda puzzava di bruciato. «La strega è umana o è un Pokémon?» domandò.

«Umana, dicono. Ma... personalmente... non lo so».

«È mai successo che togliesse veramente i Pokémon a qualcuno?».

«Non li toglie quasi mai tutti. Ma uno o due, è frequente. A mia sorella ha tolto Blastoise».

«Blastoise?! Ma Yulia ha già un Charizard!».

«Ora ce l’ha. Ma per iniziare aveva scelto Squirtle, perché diceva che Blastoise era un duro e le piacevano i cannoni sulla sua schiena. Quando la strega gliel’ha tolto, è tornata da Green Oak e si è fatta dare Charmander. A posteriori, è stata la scelta migliore per la sua carriera».

«Quindi c’è un Blastoise nel Bosco Smeraldo?!».

«Non lo so, se è rimasto lì. Forse sì».

«Pensi che lo potrei catturare io?».

«Non per offendere nessuno… ma non t’ho mai visto catturare un Pokémon, Sedna. Non conosco la tua tecnica. Però, un Blastoise è un osso molto duro».

 

 

 

*


 

 

Furono fatti inginocchiare uno accanto all’altro, in una grande sala semi-illuminata e deserta. Erano in tre: la Capopalestra Janine di Fucsiapoli, il Maestro Koichi del Dojo Karate, e la Capopalestra di Zafferanopoli, Sabrina.

Tutti e tre indossavano dei caschi per la lettura estemporanea del pensiero, e delle manette disgiunte ma elettrificate.

L’ologramma di un uomo dagli occhi a mandorla e i capelli blu, vestito piuttosto casual, apparve di fronte a loro con un telecomando in mano e una Toxicroak accanto.

Doveva essere un vigliacco, se non si azzardava a entrare.

Vigliacco o pigro.

Non avevano idea di dove fossero, né di dove si trovasse lui, quindi poteva essere entrambe le cose.

«Janine mi conosce già. Il mio nome è Seong-hoon» si presentò. Parlava in giapponese, con l’accento di Sinnoh. «Uno dei vostri principali bersagli è la mia compagna. La ragazza che avete fatto picchiare e avvelenare, invece… lei è mia figlia. Yan Jingyi ha affidato a me il compito di rimettervi in riga».

«In riga?!» esclamò il Maestro Koichi. “Saremmo noi a dovervi mettere in riga” pensò assumendo un’espressione di sfida.

Tutti gli altri lo sentirono come se avesse parlato.

Dopo un breve avviso acustico, le sue manette rilasciarono elettricità.

Seong-hoon alzò il dito dal pulsante sul suo telecomando e la scarica cessò.

Il Maestro Koichi rimase rannicchiato su un fianco, dolorante.

“Idiota...” pensò Sabrina. Era quello che pensava normalmente di lui.

Janine balzò in piedi. Pensare con quel casco indosso era come parlare, perciò volle togliersi lo sfizio di urlarle contro a pieni polmoni: «Siamo stanchi di subire il tuo disprezzo, stronza!».

Anche il pensiero del Maestro Koichi era chiaro: in tutta la sua vita, Sabrina non aveva regalato altro che grane al prossimo. Grane, e qualche stupido film in lingua straniera.

A Zafferanopoli era invulnerabile, circondata dai suoi scagnozzi e i suoi Pokémon di Tipo Psico. In quella stanza, da sola, non aveva alcuna possibilità di difendersi da due maestri delle arti marziali.

Seong-hoon era lì da spettatore. Se ne stava in disparte. Quella era solo una riscrittura dell’esperimento dei due topi in gabbia, lui aveva aggiunto un terzo elemento senza dimenticarsi dell’elettricità2.

 


 

*

 


 

La ragazza e il bambino si addentrarono tra i primi alberi del Bosco Smeraldo, tenendosi per mano. Dall’altra parte, li aspettava Smeraldopoli.

Un Altaria, con il suo inconfondibile canto simile al suono di un flauto, intonava una melodia orecchiabile.

Yuri non l’aveva mai visto, ma sapeva da Yulia che Laran aveva perso una femmina della sua specie in quel bosco.

Perciò provò a chiamarla col suo precedente nome: «Laura...?».

L’Altaria interruppe il suo canto. Guardò giù ed esaminò il ragazzino chiudendo un occhio, per metterlo meglio a fuoco.

Non lo conosceva, credette di non riconoscerlo.

Il suo fischiò prese una nota di allarme.

«Calma! Sta’ calma!».

Troppo tardi. Venne un esercito in suo soccorso. Un esercito di Pokémon “liberati” da qualcuno che, miracolosamente, non aveva niente a che fare con Venus, né col Team Plasma, né col Team Galassia.

Se non fosse stato così, Sedna l’avrebbe saputo.

C’erano Pokémon di mille specie, molti ben addestrati. Tra loro spiccava una coppia di Venusaur, il maschio poco più grosso della femmina, con la loro cucciolata di Bulbasaur. Anche se nati selvatici, i piccoli sembravano indifferenti alla presenza dei due umani.

Non c’era nessun Charizard o Blastoise.

Una Espeon anziana si tirava dietro un Leafeon e un Umbreon più giovani, ma nelle vicinanza non c’era niente che lasciasse presagire la presenza di un Vaporeon.

Le squadre al completo dei due Allenatori uscirono dalle Pokéball non appena i ragazzi furono accerchiati.

Il Venusaur e il Nidoking di Yuri guardarono storto i maschi della loro stessa specie.

Ma nemmeno Greninja, la più attaccabrighe del gruppo, riuscì a scatenare la rissa.

Espeon, l’evoluzione di Tipo Psico di Eevee con una gemma rossa in fronte, fece capire a tutti loro che avrebbero dovuto seguirla.

E così fecero.

Sedna bisbigliò a Yuri: «Secondo te è un test di fedeltà?».

«Non credo. Se stanno con noi perché ci considerano amici e vogliono essere addestrati, ben venga. Se ci vedono come padroni a cui dare fedeltà...».

Una femmina di Pikachu si frappose tra loro due e i Pokémon che si allontanavano.

«...questo è il momento in cui ci lasciano».

 


 

*

 


 

I due Allenatori attesero fino al crepuscolo senza avere notizie dei loro Pokémon.

A fare loro la guardia erano rimasti solo l’Altaria Laura e la Pikachu. Entrambe davano segni di stanchezza.

Laura si addormentò per prima, perché da selvatica non riusciva a restare sveglia oltre il calar del sole.

Pikachu si appisolò dopo una strenua lotta con il sonno.

Sedna se ne accorse prima di Yuri.

Con passo felpato aggirò la Pikachu addormentata e si addentrò nella foresta. Yuri le fece segno di tornare sui suoi passi: le storie di fantasmi, streghe e paranormale avevano una forte presa su di lui.

Non aveva il coraggio di seguirla.

Sedna lo lasciò indietro e camminò finché non giunse in vista di una casa di legno, un cottage col portone d’ingresso illuminato da un lampioncino.

Mentre andava verso la luce come una falena, una folata di vento improvvisa la colpì da dietro e la spinse a terra.

Roba da Dominatori dell’Aria.

Quando Sedna si alzò, si trovò davanti un Weezing che era stato spinto lì dalla folata. Era diverso da quello che l’aveva avvelenata a Fucsiapoli: dalle due teste grigio scuro spuntavano due comignoli, che per la bizzarria complessiva del Pokémon ricordavano due cappelli a cilindro. Delle nubi tossiche verdastre fluttuavano intorno alle due teste, e intorno alle due bocche a formare quelli che in un volto umano sarebbero stati barba e baffi.

Il vapore bianco e pulito, depurato dalle tossine, che usciva dai comignoli a cilindro si intensificò.

Una nebbia rosata si diffuse tutto intorno. Non rifletteva la luce esterna, pareva emanare lei stessa una luce fioca.

Lo Weezig Galariano scomparve alla vista di Sedna nel Campo Nebbioso.

La nebbia naturale poteva essere influenzata dal Dominio dell’Acqua. Così lei concentrò tutte le sue energie per dissolvere o ammassare le microscopiche gocce sospese in aria.

Ma quella foschia non era naturale. L’unico risultato che ottenne fu di farle cambiare colore, dal rosa all’azzurro chiaro.

Allora udì il Canto Effimero di Primarina. Non un Primarina qualunque, ma il suo Primarina: l’avrebbe riconosciuto in una folla di suoi simili.

L’attacco che ne nacque investì lo Weezing con la potenza della Sinfonia del Mare, la mossa Z derivata da Canto Effimero.

Lo mandò al tappeto e parve disperdere un po’ della nube tossica che lo circondava.

La nebbia si diradò.

Sedna poté vedere Weezing svenuto e Primarina ringalluzzito per la riuscita del suo spettacolo.

Accanto a lui c’era un ragazzino biondo dagli occhi castani. Era poco più di un bambino, più basso e mingherlino di Yuri. Portava i capelli tagliati corti e degli abiti poveri ma comodi, degli abiti da garzone. Doveva essere l’assistente della strega. Sempre che lei non avesse deciso di mangiarlo.

La femmina di Pikachu che si era appisolata durante il turno di guardia, o aveva finto di addormentarsi per lasciar scappare Sedna, stava correndo da lui.

Ma non fu il ragazzo a parlare.

«Fantastico... ho appena perso una scommessa con Lunala» disse una voce priva di entusiasmo.

Primarina alzò il naso verso il cielo e lanciò un’occhiataccia allo spettatore che non elogiava la sua performance.

Lo spettatore era Mewtwo.

Sedna saltò tutte le cerimonie. «Che cos’hai fatto? Cos’era, quella roba? Una specie di Acquazzone Nebbioso?!».

Il Pokémon scrollò le spalle: «Non ne ho idea!».

«Non è stato lui» disse il garzone.

«È opera della strega?!».

«Non sono stata neppure io».

«Tu…?!» si stupì la ragazza. «Cosa c’entri tu?!».

Se Sedna avesse dovuto dipingere una strega, probabilmente l’avrebbe dipinta come Sird, nell’aspetto e nell’anima. Carismatica, furba e un po’ sbruffona, crudele e sadica all’occorrenza, non bella ma in qualche modo affascinante sia per gli uomini che per le donne.

La biondina in abiti da garzone era il suo esatto opposto.

«Sono Yellow del Bosco Smeraldo. Non sono veramente una strega. Sono un’Empatica e una Dominatrice... dell’Aria».

«E una Guaritrice» aggiunse Mewtwo.

«Anche, ma poco».

«L’arte della Guarigione è di pertinenza del Dominio dell’Acqua...».

Sedna annuì, e con lei Primarina. «È vero…!».

«Lei è una buona Dominatrice dell’Aria e una discreta Dominatrice dell’Acqua. Riesce a esercitare una modesta telecinesi su piccoli oggetti solidi. Il suo potere diminuisce man mano che aumenta la densità dell’oggetto, diciamo. “Empatica” significa che può percepire e influenzare le emozioni dei Pokémon, giusto perché non ha ancora provato seriamente con gli umani. Non avendo altri vocaboli più precisi, la chiamano “strega”».

 

 

 

*


 

 

Le fruste d’acqua generata da Primarina e passata sotto il Dominio di Sedna si infransero contro la barriera protettiva di Mewtwo, che passava di lì per caso.

«Oops!».

«È solo acqua...».

«Scusa..!».

«Ti ho detto che è solo acqua».

«Ma tu sei un gatto!».

«Ma tu sei pazza!».

Sedna rievocò l’acqua dalla sua cortissima pelliccia.

«Come mai stai usando i Pokémon per allenarti, e non stai allenando loro? Credevo volessi sfidare i Superquattro... e il Campione» le domandò il clone.

Sedna strinse i denti in un sorriso tirato: «Già, il Campione…».

La sua mente evocò l’immagine di un drago bipede rosso scuro, con la testa da Hydreigon, le ali e il corpo simili a quelli di un Noivern, le zampe e la coda di un Garchomp.

Mewtwo rimase spiazzato da quel messaggio telepatico involontario. «Questo sì che significa demonizzare il nemico!».

«È lui che ha deciso di minacciarmi!».

«Minacciarti…?».

«Se non sarò io a presentarmi sull’Altopiano Blu, mi verrà a cercare».

«Strano… strano che non ti conceda una via di fuga. Che cosa gli hai fatto? ».

«Nulla! Perché la cattiva devo essere io?!».

«Perché sei una Comandante Galassia. Conosco la vostra filosofia di base: superiore la tecnologia, superiori i diritti».

«Beh, invece Laran mi odia e basta. È aggressivo, e ha qualcosa che non va nel cervello».

 

 

 

*

 

 

 

Yuri le venne incontro. «Sedna! Meno male che ne sei uscita, da quel Bosco! Hai visto la strega?».

Erano dieci giorni che non la vedeva.

«Sì. Mi sono fermata ad allenarmi. Non hai avuto il mio messaggio da Chuchu?».

Aveva legato al collo della Pokémon un foglietto arrotolato e l’aveva mandata da Yuri. Giusto perché il ragazzino non guidasse nella foresta un gruppo di cittadini muniti di torce e forconi per salvare la ragazza e bruciare la strega.

«Chuchu sarebbe la Pikachu? Sì. Ho dovuto cercare un traduttore per tutta Smeraldopoli: con gli ideogrammi giapponesi ho difficoltà, ma non capisco nulla di cinese».

«Oops… hai avvisato anche Emery, vero?».

«Che nel Bosco Smeraldo il cellulare non prende? Sì. Ho aggiunto anche una parte più sdolcinata di mia iniziativa, perché altrimenti suonava come un: “ti scarico con una scusa, fattela bastare e non cercarmi”».

Sedna fece una lunga pausa di riflessione. Con il romanticismo, era messa male come suo padre Saturno. «Sì… e quanto sdolcinata? Ti ha aiutato tua sorella?».

«Mia sorella?! Non le ho detto niente! Le verrebbe un colpo! Sempre che Emery non abbia già parlato con Laran e Laran con lei».

Sedna arrossì. «Di cosa...?».

 


 

*

 

 


Il portone di legno intarsiato che separava la sala delle sfide dal resto della Palestra di Smeraldopoli si aprì lentamente.

Ne uscì una donna in abito scuro e scarpe alte, che aveva circa cinquant’anni ma non li dimostrava.

Aveva i capelli rosso scuro e gli occhi dello stesso colore, dietro un paio di occhiali da vista.

Era considerata la più tosta degli attuali Superquattro.

«Benvenuta! Lascia che mi presenti: io sono Lorelei, leader dei Superquattro, Maestra del Ghiaccio. Vedrai... una volta congelati, i tuoi Pokémon saranno alla mercé dei miei! Preparati... cominciamo...!».

Mandò in campo un bellissimo esemplare di Dewgong delle isole Spumarine. Era più snello dei cugini che vivevano nelle acque più agitate e fredde delle Isole Vorticose.

Sedna mandò Primarina.

I due Pokémon furono inghiottiti dalla nebbia rosea di Campo Nebbioso.

Lorelei sbuffò.

Avrebbe dovuto smetterla di annunciare la sua tattica a tutti gli sfidanti. Ma non riusciva ad evitare di vantarsene. Il Tipo Ghiaccio, con tutte le sue debolezze, era considerato uno dei più difficili da allenare. Lei ne era Maestra, lo aveva portato sull’Altopiano Blu.

Avvisati o no, gli sfidanti non potevano ottenere una vittoria facile.

Lorelei non vedeva più niente nella nebbia, ma confidava nell’abilità ed esperienza del suo Dewgong.




 












 

1 Orco, più o meno. Non ho tradotto perché talora gli Oni sono rappresentati con tre occhi

2Nota sadica. Sono i topi di Laborit. Esperimento con 3 scenari: scenario 1) il topo ha una parte della gabbia elettrificata e una parte libera. Quando impara a riconoscere l’allarme che preannuncia la scossa, il topo scappa nella parte libera (cosa che impara presto vista l’intensità dello stress). Risultato: al controllo, il topo non soffre lo stress, è sano. Scenario 2) il topo ha tutta la gabbia elettrificata. Quando sente l’allarme, non può fare nulla per scappare. Risultato: al controllo, il topo ha sofferto lo stress ed è malato. Scenario 3) la gabbia è completamente elettrificata e non si può evitare la scossa, ma ci sono 2 topi. Risultato: al controllo, i topi non hanno sofferto lo stress e sono sani. ← non hanno sofferto lo stress perché per scaricarlo si sono picchiati fra loro.

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Capitolo 10
*** Isole Spumarine ***



10. Isole Spumarine

 

 


Primarina e Dewgong combattevano alla cieca nel Campo Nebbioso, seguendo le dritte delle due Allenatrici.

Quel Dewgong era un osso duro. Al quarto turno, quando la Nebbia stava per diradarsi, non aveva ancora subito alcun colpo significativo.

Primarina invece era in difficoltà.

Quando svenne, una Seel prese il suo posto di propria iniziativa. Spinse un po’ più fuori la lingua rosa e agitò la coda bianca.

Era la piccola dagli occhi vivaci che nelle Isole Spumarine aveva sofferto la fame, dopo la perdita o la separazione accidentale dalla madre, ed era stata salvata e presa in custodia da Mewtwo.

Era stato il Pokémon a “catturarla” e nascondere la sua sfera nello zaino dell’ignara Allenatrice.

Vedendola in campo, il Dewgong di Lorelei ebbe un sussulto.

Lui non aveva dimora fissa nelle Isole Spumarine, non aveva un proprio harem, ma ci tornava ogni anno per la stagione degli amori. Era un esemplare molto forte e non aveva rivali: molti dei nuovi nati erano figli suoi.

Dall’altra parte, la stessa Lorelei non voleva essere costretta ad aggredire un Seel. Era un Pokémon delicato, perseguitato dai bracconieri e a rischio di estinzione. Ferirne gravemente un esemplare l’avrebbe devastata.

«Ritirala! Ritira Seel, e continuiamo!» ordinò all’Allenatrice.

Ma Seel non obbediva a Sedna.

Il portone alle spalle di Lorelei cominciò lentamente ad aprirsi mentre l’illuminazione calava.

«Se non ritiri subito Seel, dovrò squalificarti!» insisté.

«E perché mai?» domandò, alle sue spalle, il secondo Superquattro.

Già aspettava di prendere il suo posto in campo.

Si chiamava Morty, si era specializzato nel Tipo Spettro ed era considerato l’erede di Agatha, benché i due si fossero a malapena incontrati.

Era un uomo pallido e biondo originario di Amarantopoli.

Continuò a parlare con calma: «Noi non conferiamo Medaglie. Noi vinciamo o perdiamo. Tu hai perso, Lorelei. Non importa come».

I Superquattro erano appena uno scalino sotto il Campione.

Potevano osteggiare o favorire gli sfidanti senza perciò giocare sporco. Laran, con la sua aggressività patologica che gettava ombre su un inequivocabile talento, non si era guadagnato da parte loro né amicizia né rispetto.

Ma Lorelei si dimostrò irremovibile. «So bene cosa sia la lotta Pokémon nel mondo reale. Ma qui dentro... è uno sport. E ogni sport ha delle regole. Hai portato un Pokémon troppo debole per combattere con i miei: morirebbe. Se non vuoi essere arrestata, esci da qui adesso, e non ripresentarti prima di un mese».

La giovane sfidante sbiancò, poi divenne paonazza dalla rabbia.

Prese in braccio Seel, girò i tacchi e lasciò la Palestra.

 

 

 

*

 

 

 

«Che cosa caspita ti è venuto in mente?! Mi hai fatta squalificare!».

Era nel sottobosco, e già aveva cominciato a urlare agli alberi come una pazza.

«Dove sei?! Fatti vedere! Sei qui, non puoi essertene andato: ci tieni troppo alle tue pensate, devi sapere se il tuo piano ha funzionato o no!».

Le aveva dato Seel con un preciso ordine: boicottare la sfida, arrivare alla squalifica e forse persino all’arresto.

«Ma io ero certo che avrebbe funzionato. Quella Seel è molto sveglia».

«Sei perfido! Perché l’hai fatto?!».

«C’è qualcosa che non va nella rivalità tra te e Laran. Vi rovinerà entrambi, anziché migliorarvi».

«Non sono affari tuoi!».

«C’è un limite alla libertà d’azione. Tu non sai a cosa stai andando incontro. Non l’hai capito».

«E tu…?! Tu invece sì?!».

«La madre di Mew, Lunala, ha un istinto inquietante ma formidabile nel capire una cosa: come eliminare un bersaglio, facendo sì che la sua morte sembri un incidente o una fatalità. Anche Mew ha un’abilità del genere, istintiva, che a volte usa per lo scopo contrario. Io sono il clone adulto di Mew… e se non volessi figurare nel tuo assassinio, addestrerei i tuoi Pokémon tanto da renderli invincibili, e poi ti incoraggerei a sfidare Laran. La tua squadra non cadrebbe, ma tu…? Sei tu, il bersaglio. Non è affatto facile per noi Pokémon difendere un umano, anche quando la sua protezione è assolutamente necessaria. Anche quando ci impegniamo al massimo».

«Sciocchezze!».

«Che ne sai? Sono io, il Pokémon».

Sedna non seppe cosa rispondere. Insisté: «Sciocchezze...!»

«Ascolta… tu sei venuta a Kanto per ottenere uno Squirtle, non è vero? Ho scoperto che, nelle grotte delle Isole Spumarine, si trovano Squirtle selvatici».

«Degli Squirtle?! Giura!».

«Catturane uno e tornatene a Sinnoh. Dimenticati di Laran. Dimenticati di Kanto».



 

*

 

 

«Yuri…?».

Il bambino alzò gli occhi dal manuale che stava studiando. «Sì?».

«Mi hanno teso un tranello. Lorelei mi ha dato un mese di squalifica. Tu… tu non vuoi affrontare i Superquattro, vero?».

«Più che non volere, non posso. Mia sorella, ieri, è stata categorica: devo fermarmi qui. Avresti dovuto sentirla, come strillava!».

«Ti ha telefonato ieri?! Non lo sapevo! Non ti ha chiesto nulla di me?!».

«Beh… no».

«Come mai…?! Le ho fatto qualcosa? È da quando siamo arrivati sull’Isola Cannella che non la sento!».

«Tu sei la ragazza di Emery, ormai. Non si rubano le fidanzate agli amici. Non a quelli veri, almeno».

Sedna rimase sorpresa, poi aggrottò la fronte: «Rubare le fidanzate...?! Yulia è lesbica?!».

Yuri fece un gesto da presentatore. «Buongiorno e benvenuta nel Mondo dei Pokémon, Bellezza Addormentata! Santo cielo, ci hai messo più tempo di Laran a capirlo!».

«Sì… comunque è “Bella Addormentata”. Quindi… dici che tua sorella mi serba rancore? Dovrei chiamarla?».

«Per dirle “mi dispiace” o “restiamo amiche”? Detesta quel tipo di ragazze. Se la lasci perdere, le passerà tra un po’».

«Io vado alle Isole Spumarine, Yuri».

«Io posso accompagnarti per un tratto, ma penso che tornerò al Laboratorio sull’Isola Cannella».

 

 

 

*

 

 

Avrebbe potuto convincere Yuri a seguirla, ma non l’aveva fatto.

Avrebbe potuto fare tappa da Emery all’Isola Cannella, ma appena scesa dal battello, si era rimessa in mare verso le Isole Spumarine. Voleva trovare Squirtle prima del calar del sole.

Non aveva molto tempo.

Arrivata alla costa, scese dal dorso di Samurott e lo ritirò nella sfera.

Le due isole gemelle avevano in comune un sistema di grotte caratteristico del luogo. Un cartello vietava la caccia dei Dewgong e dei piccoli e indifesi Seel.

Appena entrata nel sistema di grotte, Sedna si trovò davanti un Pokémon tarchiato dalla forma umanoide e l’aria perennemente sbigottita. La sua chioma ingiallita circondava un viso rotondo dalla pelle viola, e ricadeva su un vestito rosso, parodia di un abito da donna.

I Jynx erano solo femmine. In cattività, lì a Kanto, la loro specie sopravviveva grazie alla spiccata compatibilità coi domestici Mr. Mime, dalla cui linea evolutiva Jynx sembrava essersi distaccata secoli addietro.

I movimenti fluidi e ritmici della Pokémon ricordavano a una danza, non erano disordinati e rapidi come quelli di un Mr. Mime.

Entrambe le specie avevano comunque difficoltà a stare ferme.

Nonostante l’aria poco presente, le Jynx non erano stupide.

Quella Jynx non si lasciò ingannare dall’aspetto innocuo dell’intrusa e attaccò.

Sedna si riparò dal suo ghiaccio sciogliendolo in uno scudo d’acqua.

Poi spinse verso di lei un’onda che invase tutta la frazione della grotta e la travolse.

 

 

*

 

 

«Ho bisogno di parlare con Uxie. Per favore, chiamatelo per me. Io sono…».

“Mewtwo”.

Gli Unown delle Rovine Florabeto si erano disposti a comporre il suo nome prima che lui lo pronunciasse. Lo conoscevano, lo avevano riconosciuto. Singolarmente non erano molto affidabili, ma la loro memoria collettiva durava millenni.

Tutti appartenevano alla stessa specie, ma si dividevano in sottogruppi, e ogni sottogruppo impersonava una lettera dell’alfabeto.

Facevano eccezione i due Unown, più rari, che da soli guidavano il significato e il tono del messaggio: l’esclamativo e l’interrogativo, riconoscibili nello sciame per le palpebre pesanti sull’occhio semichiuso.

Tutti gli altri tenevano il loro unico occhio spalancato.

Si riunirono a centinaia e cominciarono a vorticare. Ognuno cercava il proprio posto in un messaggio ripetuto, o tra una parola e l’altra.

Il messaggio era solo un nome, e non era quello di Uxie.

Al suo posto, apparve Arceus.

Il turbinio si dissipò. Gli Unown si ritirarono nelle pareti delle rovine.

Arceus posò gli zoccoli foderati d’oro a terra e si avvicinò a Mewtwo.

«Cosa vuoi sapere?» gli domandò.

«C’è qualcosa di strano, nella figlia dell’Avatar…» cominciò Mewtwo. «Non so spiegare cosa. Ma ho un brutto presentimento».

«Un presentimento? Visto che sei venuto proprio qui, nel Tempio della Parola… il nome “Sedna” significa… significa... “Rĕmōta et Infĕra”, “Colei che sta negli Abissi”. Lo sapevi? È questo che ti preoccupa?».

«No. Anche se lo avessi saputo… perché mai avrei dovuto preoccuparmene?».

Arceus gli passò accanto e continuò a camminare. Mewtwo lo affiancò mentre lasciava la Sala Florabeto e usciva all’aperto, incurante di essere visto.

Si fermò sulla riva e guardò l’acqua. Poi si voltò a guardare Mewtwo in faccia.

«Nuliajuk1, la Sedna del mito, era una bellissima ragazza immatura e viziata, legata da una relazione morbosa al padre e incapace di separarsene. Qualsiasi pretendente le si presentasse, lei lo rifiutava. Il padre, in un inverno particolarmente difficile, la concesse a un misterioso forestiero in cambio di una scorta di pesce. Il forestiero portò la ragazza con sé su un isolotto sperduto, e lì si rivelò per quello che era: un gigantesco volatile dalla livrea scura, simile, per fattezze, a una procellaria. Le procellarie sono uccelli che si nutrono di pesce e perciò usano seguire le imbarcazioni dei pescatori. Sedna si sentiva prigioniera e umiliata, non riusciva ad accettare la sua nuova vita. Tagliata fuori dal mondo, nutrita dal becco dell’animale, costretta a vivere nella sporcizia, le sue grida di disperazione e le sue preghiere arrivarono al padre. L’uomo si mise in mare per raggiungerla, la trovò sola e la portò via con sé. Quando la canoa era ormai in mare aperto, la ragazza vide un puntino nero all’orizzonte. Era la procellaria, che, non trovandola al suo ritorno al nido, si era lanciata all’inseguimento del kayak. Il battito furibondo delle sue ali generò una burrasca che avrebbe affondato la piccola imbarcazione. Il padre capì solo allora di aver rapito la legittima moglie dell’animale. Buttò Sedna in mare, per restituirgliela. Ma la ragazza si aggrappò disperatamente alla canoa. Il padre, in preda al terrore, batté il remo sulle sue dita e gliele mozzò».

«Cruenta. Erano queste le leggende degli umani, prima che arrivassero qui?».

«Sedna soccombette alle onde e affondò, mutilata, negli abissi. Lì perse la natura umana e divenne una divinità potente. Dalle sue dita mozzate nacquero foche, balene, e gli altri mammiferi marini».

«L’ennesimo mito della Creazione…».

«Sì, ma ora ho divagato. Il punto è: Lunala conosce questa storia. Gliel’ho raccontata io, quando eravamo nel Mondo Distorto. Come le ho parlato delle antiche divinità belliche confluite nella figura del dio Marte: il greco Ares e l’etrusco Laran».

Mewtwo scrollò le spalle. «Perché è così rilevante che Lunala conosca queste leggende? Sono come le favole...».

«Perché Lunala è un Lich2 con una spiccata propensione al vampirismo: danneggiare la vita delle vittime è parte della sua essenza, anche quando non vuole. Anche quando il pensiero la addolora. Ha ipnotizzato, forse morso, sia Sedna che Laran quando erano neonati. In un angolo della loro mente, dopo l’ipnosi, potrebbe annidarsi la convinzione di essere rispettivamente una Dea del Mare e un Dio della Guerra. Per quel poco che capisco dei poteri occulti di tua madre, Mewtwo… è possibile che abbiano operato un mutamento ancora più profondo. È possibile che quei due bambini non siano rimasti affatto umani».

Fece una pausa e di nuovo guardò l’acqua ai suoi piedi. «Dov’è Sedna, adesso?».

«Alle Isole Spumarine. Sta cercando di catturare uno Squirtle. Le ho detto io dove trovarlo».

«Lì vive Articuno...».

 

 

*

 

 

Dopo aver sistemato nello zaino la sfera di Jynx, Sedna aveva continuato la sua ricerca. Il suo istinto l’avrebbe portata a scovare e catturare tutti i Seel della grotta, solo per portarli con sé. Ma così facendo, avrebbe rovinato l’ecosistema e dato il colpo di grazia alla loro fragile vita da selvatici.

Aveva ignorato ben tre Seel, quando una tartaruga azzurra dal guscio marrone chiaro e la coda a ricciolo emerse dall’acqua.
Lo Squirtle continuò a nuotare seguendo la corrente. Sedna era alle sue spalle, non l’aveva vista.

La ragazza aveva tre opzioni: o lanciargli contro una sfera e sperare di catturarlo senza sforzo, o mandare uno dei suoi Pokémon ad attaccarlo, o manifestare la sua presenza.

Richiamò un tentacolo d’acqua e con quello gli toccò il guscio.

Il Pokémon, tranquillo, si voltò a guardare che cosa lo avesse toccato.

Vide l’umana col braccio circondato d’acqua, ebbe un sussulto e terrorizzato cominciò a scappare gridando. Era veloce nel nuoto, molto più che a terra dove risultava lento e comicamente goffo.

Sedna lo inseguì a corsa. Quando uscirono dalla grotta, saltò sulla groppa di Samurott e insieme si lanciarono al suo inseguimento. Lei doveva comportarsi come un’Allenatrice normale, ameno alla luce del sole.

Udì un grido acuto dietro di lei. Il grido di un uccello. Voltandosi vide un enorme volatile dalla livrea azzurro ghiaccio. La sua apertura alare superava l’altezza di Sedna, le penne della coda a strascico erano più lunghe del resto del suo corpo. Il becco corto e tozzo era spalancato, l’espressione degli occhi rossi infuriata.

Articuno era molto protettivo verso gli altri abitanti del suo territorio, soprattutto verso i Pokémon più giovani e deboli.

Lucario uscì dalla sfera e fu colpito dal suo Geloraggio al posto dell’Allenatrice. Rimase congelato.

Sedna e Samurott andarono sott’acqua evitando un secondo Geloraggio.

Lucario venne risucchiato nella sfera.

La ragazza tornò su con corrente ascendente. Congelò le estremità dei suoi tentacoli d’acqua multipli così che formassero degli uncini, agganciò Articuno e cercò di portarlo con sé sotto il mare.

Sorpreso e ferito dagli uncini, il Pokémon si sbilanciò e cadde giù.

Primarina lo aspettava sott’acqua. Schizzò contro di lui con la velocità di un freccia e lo colpì con una Acrobazia subacquea. Sott’acqua, era molto più veloce e forte di una creatura nata per volare.

Articuno non ebbe la forza né la concentrazione per contrattaccare. Affogava, voleva solo tornare in superficie.

L’umana era stata più veloce e lo aspettava. Generò un mulinello e Articuno ne rimase prigioniero.

Quando la forza del mulinello diminuì, lui riuscì a volare via.

Il suo secondo Geloraggio si infranse contro uno scudo di ghiaccio poggiato sulla superficie. La ragazza era sott’acqua.

Risalì in superficie imbracciando lo scudo e con la mano libera gli lanciò una Pokéball.

La sfera cadde in mare e, piena, affondò. Articuno era protetto al suo interno, ma non si rassegnò alla cattura. Divincolandosi, mandò in frantumi la sfera.

Si ritrovò in balia delle correnti, incapace di raggiungere la superficie.

Una Ultraball lo raggiunse. Dopo pochi, sfiduciati tentativi di uscirne, il Pokémon si rassegnò. Avrebbe voltato per chilometri sulle distese oceaniche senza sentire la fatica. Ma non resisteva un minuto sott’acqua.

Sedna tornò in superficie con la Ultraball di Articuno in una mano.

Un movimento repentino attirò la sua attenzione. La coda di Mewtwo frustava l’aria a destra e a sinistra. La sua espressione era dubbiosa e angosciata, e per un attimo le parve quasi spaventata.

La ragazza sollevò le sopracciglia per la sorpresa: «Che ci fai q…?!»

«Sono arrivato tardi…».

«Tardi per cosa?».

Samurott emerse così da sollevarla sulla sua schiena. Lei alzò il braccio per mostrare compiaciuta la sfera a Mewtwo. «Ho catturato Articuno!».

«Rilascialo. Subito. Dimenticati anche di lui».

«Cosa?! Ma che ti prende?! Venus 2.0!».

«Io sono Mew 2.0. Vuoi che te lo tolga con la forza?».

Sedna guardò di nuovo la Ultraball e poi alzò la testa.

Guardò Mewtwo dritto negli occhi. «Sì».

Greninja uscì dalla sfera e finì in mare. L’acqua salata non le piaceva, ma poteva sopportarla per i pochi minuti di una lotta.






 

 



 

1Nome utilizzato in inuit (comunque non è l’unico perché non è una lingua sola) della Madre del Mare, più comunemente nota come Sedna -forse- anche grazie al pianeta nano che porta il suo nome.

2 Entità non-morta, maligna, il cui nome deriva dalla parola in inglese arcaico "lic" = "cadavere"

 







NOTA AUTRICE: dedico sempre meno tempo a questa storia e mi dispiace, perché essendo più corta della prima volevo provare a fare un lavoro migliore... comunque, per quanto poco dettagliata, spero che almeno non sia pesante da leggere... cerco sempre di tagliare un po' i venti chilometri di pergamena di dialoghi che mi vengono fuori, ma oltre un certo limite non riesco ad andare... :/
 




 

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Capitolo 11
*** Laran ***


Laran




 

Mewtwo concentrò in sé tutta la sua energia psichica.

Quando fu il momento di rilasciarla per liberarsi dall’involucro angusto della sfera, esitò.

Se doveva seguirla per evitarle una brutta fine, tanto valeva farle sprecare una Ultraball.

Libero o catturato, l’avrebbe aiutata senza obbedirle.

Sedna richiamò a sé la Pokéball in un guscio d’acqua. La prese in mano come se scottasse e la guardò come se fosse una granata in procinto di esplodere.

Mewtwo era impossibile da piegare con la forza. Era spaventoso persino per chi sosteneva la sottomissione incondizionata dei Pokémon agli umani.

Aveva usato quattro sfere per tre catture in un giorno. Era venuta per trovare degli Squirtle e ancora non ne aveva uno.

Niente che Venus avrebbe approvato.

Ordinò a Samurott di riportarla a riva e lì rilasciò Jynx, proprio davanti all’entrata della sua grotta. La Pokémon non aveva nulla in comune con lei, non aveva avuto il tempo di legarlesi, quindi le girò le spalle e, libera, se ne tornò a casa.

Sedna tirò fuori dallo zaino anche la gelida sfera di Articuno.

Ma invece di premere il pulsante per rilasciare il Pokémon, la tenne in mano e rimase a fissarla.

Articuno era una cattura unica, molto ambita e invidiata. Risistemò la sua Ultraball accanto alle altre.

Infine, lasciò uscire Mewtwo.

«Ti sei fatto catturare. Non credo che sia una bella idea...».

«Non vorrai rilasciare me... e tenere Articuno! Sono più potente e più versatile di lui. Lui avrà anche il Tipo Ghiaccio, ma se davvero vuoi battere tutta la squadra di Laran...».

«Certo. La modestia non è il tuo forte. Peccato che tu ti stia impegnando per intralciarmi. Non credo che questo giocattolo cambi nulla. Non per te, che pensi come un umano».

Prese la sfera e la buttò in acqua.

«Così mi offendi…».

«Offenditi pure. Dovrai impegnarti di più per fregarmi un’altra volta, Mewtwo!».


 

 

*


 

 

Quando andò a bussare alla porta della piccola abitazione accanto alla Palestra, Emery fu sorpreso di vederla. Era notte fonda, a quell’ora non c’erano traghetti.

«Come sei arrivata?!».

«Yuri non te l’ha detto? Con il traghetto del pomeriggio, solo che sono corsa alle Isole Spumarine per una cattura importante. Volevo tornare prima che calasse la notte».

Gli mostrò una Ultraball. Anche se lei la teneva in mano come se nulla fosse, il ragazzo ebbe l’impressione che emanasse un freddo glaciale.

«Ho catturato Articuno!».

«Articuno?!».

«Sì! I Draghi sono deboli contro il Ghiaccio, giusto?».

Lo stupore di Emery divenne paura. «Non fare pazzie! Hai talento con il Tipo Acqua, ma hai cominciato tardi… e Laran è fuori dalla tua portata, come lo è dalla mia».

«Figurati! Secondo me, siete tutti troppo spaventati da quell’energumeno».

«Io non ho paura di lui. Non ho motivo di averne: è tanto leale come amico quanto implacabile come nemico. E come nemico, Sedna... pensaci: i Superquattro e i Capopalestra sono tutti contro di lui eccetto me. Sabrina finge per ingraziarselo, Surge non sopporta che un giovane gli dia ordini. Eppure, lui è ancora il Campione, e nessuno che non sia uno sfidante formale riesce ad avvicinarsi all’Altopiano Blu. Hai visto la cicatrice sulla faccia di Erika, vero? Hai visto la sua Bellossom? Non è stato un ordine diretto di Laran... ma dove non arriva lui, arrivano Layla e le altre».

«Layla è la sua Hydreigon? L’ho vista. È proprio brutta e cattiva!».

 

 

 

*

 

 

 

«Canto Effimero!».

Il bersaglio, un feticcio di pezza, fu colpito da una sfera d’acqua in cui Primarina aveva impresso il suo canto.

Man mano che si allenava, la sua voce diventava più forte e vibrante, e la mossa più efficace.

«Bravo!».

Sedna udì un rumore di ali alle sue spalle e poi una voce scettica: «Dove vuoi andare, se non alleni i tuoi Pokémon contro altri Pokémon?».

La ragazza riconobbe la voce si voltò, sorpresa. «Yulia?!».

Il suo Charizard si posò a terra e la lasciò scendere.

«Mi hanno detto che ti stai allenando per sfidare di nuovo i Superquattro. Lascia perdere quelle Primedonne. Ti dirò io se sei pronta o no. Anche se un paio di volte ci sono andata molto vicino, nelle sfide ufficiali non ho mai battuto Laran: se perderai contro di me, ti conviene tornare a Sinnoh e tentare di conquistare il titolo lì. Se vincerai, forse il Campione avrà trovato pane per i suoi denti. Mi basta una sfida tre contro tre per dirti se ce la farai».

«Certo. Non è che gli fate da scudo perché siete amici suoi?».

«Vedrai».

Scelse Shuckle, la Nidoqueen Koroleva, e infine il suo fidato Charizard.

 

 

 

*

 

 

«Hai perso, direi…».

Sedna, sconfitta, si stava ancora leccando le ferite.

Avrebbe potuto infrangere il patto e tirare dritto per la sua strada.

Ma i suoi Pokémon erano stati picchiati senza pietà.

Quello ridotto peggio, pieno di ammaccature e avvelenato, era proprio Articuno.

La Nidoqueen Koroleva aveva infierito su di lui, fregandosene sia del suo status di Leggendario, sia del suo vantaggio di Tipo.

Charizard l’aveva mandato giù.

Primarina e Greninja erano crollati poco dopo.

Sedna non era affatto pronta a confrontarsi con Allenatori del suo livello.

Perciò sarebbe tornata a Sinnoh.

Il volo in aereo era escluso.

Non era a proprio agio neppure sugli aerei Galassia, quindi non avrebbe messo piede su un catorcio volante per nulla al mondo.

Però voleva provare a viaggiare come una cittadina normale.

Così salutò Yuri, Yulia ed Emery per salire sulla nave che andava dall’Isola Cannella a Miramare, all’altro capo di Kanto.

A Miramare prese la coincidenza per Sinnoh.

 

 

 

*

 

 

 

La nave era graziosa e ben tenuta, ma di una lentezza esasperante.

Sedna si era appisolata, nel primo pomeriggio, quando udì una giovane passeggera gridare: «Cos’è? Un Noivern?».

Indicava il cielo verso sud-ovest.

Sul ponte si raccolse un crocchio di curiosi con binocoli agli occhi o telefoni cellulari alzati.

Il ragazzo in groppa a Noivern fu riconosciuto nel giro di un minuto. Il mantello scuro, gli abiti anacronistici, i capelli rasati così da lasciare un alone rosso scuro sulla testa, lo rendevano inconfondibile.

«È il Campione!».

«Laran!».

«È una trovata pubblicitaria?».

La folla di curiosi si implementò.

Tutti i passeggeri si riversarono sul ponte della nave.

Tutti tranne la persona che cercava.

Laran non si disturbò a chiedere di lei, ignorò i fan e tutti gli altri come se non li vedesse.

Chiamò a voce alta: «Sedna! Fatti vedere, se hai il coraggio! Non crederai di imbrogliarmi con così poco, con un cavillo?!».

Non si fece avanti nessuno.

In compenso, il vociare si era chetato.

«Sedna, so che ti trovi sulla nave!».

Silenzio.

«Sedna!».

«Eccomi».

Camminava con calma e si fermò in pieno sole, dove tutti potevano vederla, sul ponte affollato della nave. Per l’occasione, si era cambiata d’abito.

Indossava la divisa Galassia. Non le interessava di passare per la cattiva: non voleva né protezione né compassione.

Se lui sembrava venuto da un passato lontano, lei incarnava un futuro ancora più distante.

Lasciò uscire Articuno e gli saltò in groppa.

I due umani e i due Pokémon si allontanarono dalla nave verso il mare aperto.

Non volevano intralci né aiuti.

Su ordine di Sedna, Articuno batté con forza le ali, per generare un Ventogelato contro Noivern.

Laran rilasciò dal suo pugno una vampata di fuoco per riparare la sua Pokémon dal freddo, mentre lei provava a schivare la folata.

Sedna richiamò l’acqua sotto di loro e Articuno la congelo in spuntoni di ghiaccio.

Quella volta, Noivern rimase ferita dal colpo.

Laran si allontanò con lei e mandò in campo Layla, la sua Hydreigon.

Sedna fece abbassare Articuno e si tuffò in acqua per lasciare sulla sua groppa Lucario. Accanto a lei, a proteggerla, rimase Primarina.

Articuno sfruttò la sua abilità nel volo per portare Lucario abbastanza vicino a Hydreigon da colpirla.

Se la dragonessa rimase spaesata dalla tattica, Laran non si lasciò prendere dal panico e ordinò a Noivern di fare lo stesso, ma a copertura di Hydreigon.

Non voleva che Lucario riuscisse a saltare sulla schiena della sua Pokémon per colpirla liberamente con calci e pugni.

Usò il suo Dominio del Fuoco, elemento a cui sia Lucario che Articuno erano deboli, per tenerli lontani.

Sedna lanciò in alto la sfera di Greninja e sostenne la Pokémon su un vortice d’acqua.

Lei si occupò di neutralizzare il Fuoco con le sue mosse d’Acqua.

Per tutta risposta, Laran lasciò cadere in mare una delle sue sfere, quella di Dragapult.

«Mostra a questa criminale chi siamo, Lucy!» la incitò.

Dragapult rimase sospesa sull’acqua e fissò l’avversaria con il suo sguardo velenoso.

Primarina si mise tra loro due.

In alto, Greninja fu la prima a mostrare segni di fatica. Era in prima linea ed era stata investita due volte dall’Ondaboato di Noivern.

Layla non accennava ad allontanarsi dal riparo offerto dall’Allenatore e la compagna di squadra. Articuno e Lucario aspettavano una minima distrazione.

Quando Laran minacciò la loro Allenatrice, per un tacito accordo cambiarono tattica. Si lanciarono direttamente contro Noivern e Laran.

Il fuoco li investì entrambi, ma Lucario saltò oltre le fiamme e atterrò proprio davanti all’Allenatore. Anziché colpirlo, unì le zampe a pugno colpì la spina dorsale della Pokémon.

Lei lanciò un grido e precipitò assieme all’avversario e all’Allenatore.

Lyudmila, la Dragonite barattata per il suo maschio con Yulia, uscì spontaneamente dalla sfera, ma non riuscì ad afferrarlo.

Articuno la vide e senza attendere istruzioni sfogò su di lei tutta la potenza del suo ghiaccio. Se aveva imparato qualcosa durante la sua precedente permanenza nel mondo degli umani, era che i Dragonite non sopportavano neanche un frammento di ghiaccio sulle loro minuscole ali.

“Frustrazione” di Layla lo colpì alle spalle. La Pokémon in quel momento ardeva di collera e delusione per il colpo subito dalla compagna di squadra, ma fortunatamente la potenza base di quella mossa era, nel suo caso, molto bassa.

Lyudmila era caduta, ma Articuno subì un danno moderato e poté continuare a combattere.

La Noivern, in acqua alle prese con Lucario, riuscì a liberarsi dalla presa dell’avversiario e tornò a volare per dare man forte a Layla.

Rilasciò le onde sonore di Ondaboato contro Articuno.

L’Uccello Leggendario si sentì scuotere le ossa cave da tanto il rumore era insopportabile. Anche se la mossa era classificata come Normale, era tremenda sul Tipo Ghiaccio.

Lo lasciò debole e confuso.

Hydreigon gli si avventò addosso con le tre bocche spalancate. Lo azzannò con una violenza tale che lo mandò al tappeto. Articuno cadde in mare e lì rimase ad ali aperte.

La sua Allenatrice era impegnata a difendersi e farsi difendere dagli assalti di Dragapult.

Lucario, canide, nuotava benissimo ed era libero. Mentre cercava di raggiungere la ragazza, fu azzannato a una zampa dalla bocca di quello che, al primo sguardo, gli parve uno squalo. Era una femmina di Garchomp di nome Lilith.

Malgrado l’apparenza, i Garchomp non erano fatti per il mare.

Erano pesantissimi, privi di branchie e inadatti al nuoto.

Quell’esemplare, di nome Lilith, spendeva buona parte delle sue energie per tenersi a galla. Senza quello sforzo immane, sarebbe affondata come un’incudine.

Lucario se ne liberò con un Doppio Calcio e la lasciò a Greninja.

Greninja la mise facilmente fuori combattimento saltandole addosso e tenendole la testa sott’acqua. Poi non si fece illusioni: mentre Hydreigon e Noivern piovevano su di lei, la sua Nottesferza colpì Laran.

Layla e Luna, la Noivern, le piombarono addosso e la afferrarono, una per le braccia e l’altra per le gambe, così da tirarla contemporaneamente da una parte e dall’altra.

Dall’altra parte, il corpo di ectoplasma della Dragapult Lucy attraversò quello di carne e ossa di Sedna.

Come era successo alla madre di Emery con Ghastly, la ragazza perse il contatto con la realtà e fu scossa dalle convulsioni.

Primarina la mandò k.o in un attimo per poi dedicarsi all’Allenatrice. Doveva almeno tenerle la testa fuori dall’acqua.

Ad occuparsi di Laran era rimasta l’ultima delle sue Pokémon: Lamia, la Salamence.

Lei non aveva commesso l’errore di Lyudmila, di presentarsi finché c’era Articuno.

Anche se la battaglia era da considerarsi sospesa, due Pokémon continuavano a infierire su un’avversaria.

Con gli Allenatori fuori combattimento, Articuno era ancora in mare e stava andando alla deriva, e Garchomp giaceva sul fondale.

Inteleon uscì dalla sfera per dare il suo aiuto a Greninja, ma inaspettatamente vi fu richiamato.

Tutte le sfere dei Pokémon non ancora ritirati volarono in alto e rimasero sospese sopra alla superficie del mare.

Si attivarono, e tutti i Pokémon svegli o svenuti, eccetto quelli che stavano assistendo i due Allenatori, vi furono risucchiati.

Mewtwo, decisamente contrariato dal comportamento dei suoi simili, scese sull’acqua per prendere in braccio Sedna dalle pinne di Primarina.

Scomparve assieme a lei ignorando tutti gli altri, compreso l’Allentore avversario ferito.

Primarina si rilassò e andò a cercare e raccogliere una per una le sfere dei suoi compagni di squadra, che lentamente andavano a fondo. Solo Lucario e Articuno avevano veramente bisogno del suo aiuto. Gli altri, Pokémon acquatici, si sarebbero arrangiati da soli.

Salamence e Laran rimasero da soli in superficie.

Perplessa, la Pokémon lanciò delle grida di aiuto. Non vedeva più la nave, che aveva proseguito il suo viaggio verso nord, lasciandosi alle spalle la battaglia in corso.

Laran non accennava a riprendersi.

Lamia gridò di nuovo, sempre più angosciata.

Le rispose il verso giocoso di un delfino. Il muso bianco dell’animale fece capolino fuori dall’acqua. Da animale, si trasformò in una donna dalla pelle scura e i capelli bianchi, una donna con la coda di pesce: «Povero Laran. Persino tu avresti bisogno di riscuotere più simpatia, ogni tanto…».

 

 

 

*

 

 

 

Mewtwo era comparso di fronte ad Arceus con Sedna semi-svenuta in braccio.

La crisi epilettica era finita, ma la sua mente era ancora svincolata dalla realtà.

Poco dopo, Lunala si presentò nelle sembianze di elefantessa bianca, con Laran caricato sul dorso.

Il Pokémon Origine non si mostrò affatto sorpreso da quell’epilogo.

«Chi dei due ha vinto?» domandò.

«Lui» gli rispose Lunala. «Credo».

«Ha vinto lei» replicò secco Mewtwo. «Il ragazzo è stato ferito gravemente».

«Dai, tesoro: che differenza fa?! Perché ti interessa il vincitore?».

«Quando mai non mi è interessato?».

«Non essere rigido! Sono solo ragazzi…! E lei… lei non l’aveva neppure sfidato. È stato Laran a inseguirla, quando ancora non era pronta. Non va bene...».

Arceus guardò Mewtwo.

Lui aveva a cuore solo la sorte della ragazza, forse perché la vedeva come la vittima. Per l’altro, l’aggressore, avrebbe voluto solo una punizione. Per questo l’aveva lasciato in mare.

Forse aveva un temperamento da giustiziere con cui fare i conti.

Ma Arceus non lo stava mettendo alla prova.

«Seguitemi».

 

 

 

*

 

 

 

Si svegliò di soprassalto, sott’acqua. Istintivamente, nuotò verso la superficie.

Avvistò la costa in lontananza e prese fiato per avvicinarcisi in stile libero.

Ma né le braccia, né le gambe si mossero come voleva.

Quando girò la testa per guardarsi i piedi, vide una lunga coda blu da mammifero marino, che terminava con una pinna dorata a falce di luna.

Sedna abbassò la testa per guardarsi il torace. Non era umano, solo umanoide, con le spalle più larghe della vita e il petto appiattito e bianco.

Al posto delle braccia aveva delle pinne bianche, così lunghe e grandi in proporzione al corpo da sembrare ali. Il suo dorso era blu come l’acqua del mare in cui era immersa.

Un forte grido proveniente dal cielo la fece sobbalzare.

Un grande dragone rosso scuro planava pericolosamente verso di lei.

Aveva il muso appuntito, la cresta simile a quella di un Hydreigon, le ali come quelle di un Noivern e due zampe posteriori più grosse e forti di quelle del pipistrello.

Anche la sua lunga coda da rettile terminava in una mezzaluna dorata, ma con le punte rivolte verso la testa del Pokémon.

Le soffiò addosso un respiro rovente e acido, un Dragospiro.

Già sott’acqua, Sedna ne subì solo in parte la forza. Riemerse l’attimo che bastava per rispondere con un soffio gelato.

La viverna lo evitò, fu colpita solo di striscio.

La sua collera aumentò.

Ma in mare aperto, l’avversaria era avvantaggiata.

Dovette volare più in alto perché un’onda non lo travolgesse.

Poi avvertì alle sue spalle uno strano vuoto d’aria. Fu risucchiato e proiettato in un luogo diverso.

Ora, Sedna lo vedeva rinchiuso in una specie di lanterna dorata.

A reggere la lanterna apparve una creatura che ricordava sia il Pokémon Genio Hoopa, sia il Pokémon Gemma Diancie, e non era nessuno dei due.

Le proporzioni del corpo erano quasi umane. Lo sarebbero state del tutto, se non avesse avuto una coda di fumo bianco al posto delle gambe, e la testa rotonda simile a quella della Pokémon Meloetta, ma più grande, perché più grande era il suo corpo.

Gli occhi a mandorla, completamente azzurri e privi di pupille, erano troppo grandi per un essere umano. I capelli erano celesti come quelli di un Primarina, acconciati in una coda alta retta da due bacchette.

In mano, la Pokémon reggeva la sua lanterna ad olio in stile cinese.

Il Dragone Laran era apparentemente prigioniero al suo interno.

Dall’altra parte, Laran si vedeva libero nel cielo di Kanto.

Era Sedna a sembrargli chiusa nella lanterna, retta dalla stessa Lityajin, che era in due posti diversi e parlava a due diversi Pokémon.

La “sirena” fissò con attenzione la nuova arrivata prima di esclamare: «Zia Hua!».

Lei accennò un inchino.

«Zietta...! Ma… perché sei un Pokémon? Cosa è successo?».

«I miei giorni da umana erano finiti. Forse, erano finiti già trent’anni fa. Io faccio ciò che dice Azelf, da quando il Trio Oscuro mi ha aggredita e il Trio dei Laghi mi ha salvata. Non aveva senso continuare in forma umana. Ora, gli umani mi chiamano Lityajin. Sono il Genio della Lampada dove c’era solo il Genio dell’Anello. Ma il mio vecchio amico Sycamore mi chiama la Diancie d’Oriente».

«Sei qui per noi? Sei il nostro Capotrio interno?».

«No. No, vi ho diviso solo per dare una mano».

Laran soffiava fuoco contro il vetro e cercava di graffiarlo come un volatile impazzito.

Sedna lo vedeva nella lanterna senza sentirlo.

 

 




 






NOTA AUTRICE: mi lascio perplessa da sola perché mi sembra di non aver scritto niente... purtroppo le lotte Pokémon sono il mio tallone d'Achille perché io per prima gioco come ca* mi viene sfruttando le debolezze di Tipo e basta... il competitivo sta su Marte. Quindi non sono loro che fanno schifo a combattere, sono io che faccio schifo a descriverli - fa schifo anche come gioco perché son capace di mettermi in squadra un Pokémon appena catturato se la palestra dopo ha la debolezza, e poi lo metto nel dimenticatoio  -_-
*Scusate anche se i nomi e l'estetica dei Pokémon che mi invento fanno "andare in bagno", ma boh già non so disegnare, non riesco a tirare fuori di meglio.
Comunque... il prossimo capitolo è l'ultimo. Forse è anche per questo che mi sembra di non avrer scritto niente. L'ho già quasi finito, è abbastanza corto, penso che lo metterò alla fine della prossima settimana se qualcuno lo volesse vedere. Spero di avere ancora lettori superstiti... ''^_^
Indovinate un po' chi tirerò in mezzo? Se c'è qualche trasfigurazione di troppo in questa storia, è colpa sua che mi ci ha fatto pensare...

NOTA ULTERIORE, mi sono dimenticata di metterci il numerino: la storia di Aladino non-Disney la conoscete tutti per sentito dire, no? Trascritta nelle Mille e una Notte in un secondo tempo eccetera, le differenze principali - a parte il nome della principessa, che è Badr'al'budur, che significherebbe "Luna Piena delle Lune Piene" e suona impronunciabile, è che:
1- l'introduzione colloca la storia in "una delle città della cina" - dopo non c'è nessun riferimento al mondo cinese, è tutto rinconducibile al mondo arabo
2- i geni sono due, uno della Lampada (più potente) e uno dell'Anello - teoricamente Hoopa dovrebbe essere più ispirato a lui che all'altro, anche se c'è il
aso del Vincolo che richiama la lampada
Grazie per l'attenzione,
Chiudo



 
 

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Capitolo 12
*** Armonia ***


Armonia





 

Mars, come Zekrom, non riusciva a rimanere chiusa nel palazzo sotterraneo.

A giorni alterni, usciva vestendosi come una donna comune e si recava in una delle grandi città di Unova.

Una tra Austropoli, Sciroccopoli o la sua preferita, la Città Nera.

Era rimasta così colpita dalla Città Nera che spesso aveva parlato di spostare lì la sede Unoviana del distaccamento Galassia.

N non escludeva che andasse là in perlustrazione, e non per guardare i negozi.

Lui non la seguiva, perché al contrario di lei, non sopportava il viavai frenetico delle metropoli.

Non amava neppure l’illuminazione notturna.

Mentre Zekrom volava libero nei cieli di Unova, N assieme a Floette stava leggendo un libro nella sua camera, l’unica stanza di quel gigantesco castello che non gli trasmettesse un senso di freddo e impersonale lusso, quando una forte luce attirò la sua attenzione.

La luce divenne una lanterna d’oro, che crebbe fino ad assomigliare a una grossa gabbia.

Lo sportello di vetro si aprì e lasciò uscire la creatura al suo interno.

Era un Pokémon acquatico che si muoveva levitando, come se nuotasse attraverso l’aria. Aveva un muso umanoide, bianco e a forma di cuore, con enormi occhi blu oceano completamente colorati, in cui si distingueva a stento la pupilla nera. Una conchiglia, nera come erano stati i suoi capelli, le copriva la testa come un casco e terminava con due mezzelune rivolte in avanti ai lati del mento.

Qualcosa in lei ricordava un Primarina, qualcos’altro Cresselia, ma per proporzioni e la forma del corpo era più vicina alla classica sirena delle favole.

Floette la esaminò con attenzione prima di riconoscerla e rilassarsi.

Stupito e preoccupato, N posò il libro. «Sedna…?!».

«Venus! Ho fatto un pasticcio… e ora sono un Pokémon!».

«Come è successo? Come è... possibile?».

La “ragazza” gli raccontò ciò che Lityajin aveva raccontato a lei.

Secondo Arceus, l’ipnosi di Lunala aveva alterato la sua psiche e compromesso la sua stessa appartenenza al genere umano.

Da allora, la ruota del destino si era mossa, con la sua inesorabile lentezza, a seguire un percorso tracciato involontariamente.

Sedna era un Pokémon perché Lunala aveva “voluto” che lo diventasse.

Ed era un Pokémon marino perché portava il nome di un’antica Dea del Mare.

«Io sono così. L’altro, Laran, è diventato un Drago. Perché Laran era un Dio della Guerra, e il Drago, nella sua versione maligna, è legato al conflitto».

N le fece segno di abbassare la voce. «Shhh! Meno male che non c’è Zekrom! Ma… perché sei venuta da me? Mi sembra che tu sfrutti bene la telepatia. Stai parlando in lingua umana, non hai bisogno di un interprete».

«Non mi serve un interprete, ma qualcuno che convinca i miei genitori… che essere un Pokémon è bello ed è giusto».

«Quel qualcuno devi essere tu, Sedna. Potrei dire loro di tutto, guarderebbero solo te e il tuo stato d’animo».

«Sei sicuro...?».

N annuì. «Io sarei un estraneo, un fastidio. Hanno bisogno di constatare da soli che tu sia rimasta la stessa, e nient’altro. Io non ho figli, ma non è difficile pensare che sia così».

Sedna ci pensò un po’ su e si convinse.

Stava per rientrare nella sua gabbia dorata, quando invece tornò indietro.

«Posso farti una domanda, Venus? Hai litigato con zia Hua?»

N sgranò gli occhi azzurri e tentennò. «Perché me lo chiedi?». Temeva la risposta.

«Beh... ora è un Pokémon anche lei. Si chiama Lityajin. Questa lanterna è sua, ma lei non vuole né vederti né parlarti. Avete litigato?».

«Non… non è stato proprio un litigio…» fece una pausa, e poi cambiò frettolosamente argomento. «Tu occupati dei tuoi genitori, Sedna…».

 

 

 

*

 

 

 

La Comandante Mercurius se ne stava ad occhi aperti rannichiata sul divano.

Il suo ricevitore, integrato nei circuiti del suo chip, la avvertì di una chiamata urgente da parte di Venus. Usava quella via preferenziale, coi suoi Comandanti, perché nessun orecchio indiscreto udisse la voce che attivava dall’interno la sua corteccia uditiva. A costo di sembrare e sentirsi schizofrenici, era l’unico modo sicuro per non essere spiati dalla tecnologia in circolo nel resto del mondo. Un lettore mentale l’avrebbe smascherata.

«Venus… cosa c’è?».

«Preferirei parlarti faccia a faccia, Sird. Sempre che tu voglia vedermi...».

«Ah, hai incontrato Lityajin? È stizzita perché l’hai lasciata per Mars, è vero, però... Hua non si sarebbe schiacciata un’unghia, per amore. Niente l’ha cambiata. Qualsiasi storiella ti abbia raccontato per farti sentire in colpa… a me ha detto tutt’altro».

«Lityajin non vuole vedermi. È stata Sedna a dirmi di lei… ed è di Sedna che voglio parlarti».

«Che cosa ha combinato?».

«Preferisco raggiungerti. Dove sei?».

«Sono qui».

L’immagine della donna albina uscì da uno specchio a sagoma intera, uno dei numerosi specchi che Mars aveva sistemato in tutto il palazzo.

Aveva il suo Chingling sulla spalla, e un frammento di vetro della lanterna di Lityajin in mano.

La figlia glielo aveva regalato quando le si era presentata nella sua nuova forma.

Nel rigirarselo in mano, si era inferta un brutto taglio lungo il palmo.

Sembrava non fare caso al sangue. Aveva una forte tolleranza al dolore e ne faceva un vanto.

Floette, il Mandato del Cielo dell’Occidente, e Chingling, il suo omologo d’Oriente, si scambiarono rispettivamente un inchino e un particolare sventolio dei nastri come saluto formale. Da allora rimasero fermi nei due angoli opposti della stanza, uno che guardava ad est e l’altro ad ovest.

Mantenevano viva la tradizione, anche se i loro padroni non la rispettavano e Sird neppure la riconosceva.

N le indicò il letto. «Siediti lì. Dammi quel vetro».

Glielo tolse dalle mani a suo rischio e pericolo. Sird tollerava bene la sofferenza fisica, ma reagiva al dolore psicologico come una bestia ferita.

Era rabbuiata, di pessimo umore. Il pallore del suo viso struccato, i capelli e le ciglia bianchi e il grigio freddo degli occhi a mandorla la facevano sembrare uno spettro, un’anima in pena.

Se Gong e Saturno avessero reagito male come lei alla vista della figlia trasfigurata, N aveva commesso un grosso errore a tranquillizzarla e mandarla da loro.

La donna si sedette sul letto.

Mentre N le medicava la mano e parlava, non spiccicò parola.

Restò immobile ed evitò il suo sguardo.

In qualche modo, malgrado al telefono avesse detto il contrario, ce l’aveva con lui. Vedeva un nesso tra la sua rottura con Hua, che pure non lo amava, e la scelta di lei di lasciarsi alle spalle la vita da comune mortale per quella da Leggendaria. Lui non l’aveva trattenuta nel mondo degli umani.

D’un tratto, mentre N le raccontava di Lunala e dei suoi neonati maledetti, lei ritrasse la mano da sotto il cotone umido, come se non volesse più essere toccata.

Il ragazzo la guardò interrogativo. «Brucia? Ti ho fatto male? Ho… fatto qualcosa che non va?».

«Che cos’è che ha fatto, Lunala...?!».

«Rimodellato la psiche di Sedna e Laran, ispirandosi inconsciamente ai loro nomi. Pare che Arceus abbia detto… che potrebbe averli trasformati fin da subito in qualcosa di non umano».

Dapprima sbigottita, Sird rimase in silenzio. Non chiese altre spiegazioni.

Ognuno dei Comandanti era, a modo suo, la pecora nera del Team Galassia.

Nessuno aveva dato peso alle bizzarrie di Sedna. Come nessuno aveva dato peso alle bizzarrie di Venus.

«Io e te dobbiamo parlare, N Harmonìa...» riprese la donna.

«Di cosa...?».

Sird fece di nuovo una pausa. Sembrò soppesare le parole: «Il frattale a Spugna di Menger…».

N lo teneva attaccato con una cordicella alla divisa Galassia. «Questo? Che cos’ha che non va?».

«Apparteneva a tua madre, sì, perché sono stata io a farglielo avere. Lei non lo sapeva, ma... era imbevuto di Ultra Energia. Era un’esca per attirare l’attenzione di una nota Mormò1 su un bambino in culla. Lunala aveva appena iniziato la sua relazione con Grimsley, forse il suo preferito fra i suoi amanti mortali, quindi era spesso a Unova per incontrarlo. Si portava appresso il suo Cosmog affamato. Niente attira un’Ultra Creatura affamata come un accumulo di Ultra Energia, anche piccolo».

«Come ti è venuto in mente… di farmi rapire da una Mormò?!».

«Non è stata tutta farina del mio sacco. Io conosco poco Lunala. È stato Uxie ad indicarmela. La mia richiesta era che tuo padre perdesse le tue tracce, senza che io figurassi nel tuo rapimento. Quando sei scomparso, purtroppo, tua madre è corsa da Ghecis, nonostante lui le avesse espressamente proibito di mettere piede nel suo palazzo. Perché io vivevo lì, a quel tempo».

«Me l’hai detto. Tu eri Yù Báixīng, la “stella bianca” della dinastia Yu. Così ti eri presentata a mio padre».

«Non ero io, la cattiva! Non in confronto a lui. Sai… una Yu, una selvaggia dalla forza sovrumana travestita da signora, e per te una matrigna, avrebbe aiutato Ghecis nel suo gioco. Lo avrebbe definitivamente reso invisibile nell’attuarlo. Ogni crimine del Team Plasma, ogni tua cattiva azione, non sarebbero stati imputati al tuo povero padre, ma alla tua perfida matrigna. Non è difficile diffidare di una come me. Tua madre, una ragazza semplice e fragile, non aveva posto nel suo disegno. Ghecis l’ha cacciata in malo modo, non so cosa le abbia detto. E lei… Alder ti ha dato quel vecchio giornale, non è vero?»

«Si è annegata…».

«Già».

«Non l’hai visto neppure un po’ commosso, mio padre?».

«Commosso? No, per niente. Se non avessi saputo già della ragazza, anzi, non avrei neppure sospettato che la conoscesse. Devo aver detto qualche parola di troppo in proposito, e lui si è insospettito. Non hai idea di quanto tuo padre odiasse e temesse di essere ingannato e manipolato lui stesso. Ha capito che gli avevo nascosto di aver scoperto la sua relazione, e la sua collera è stata così esplosiva che io ho preferito togliere il disturbo. Quando lui ha saputo da Zinzolin che l’avevo imbrogliato anche sulla mia identità, e spiato per tutto il tempo… beh, la sua reazione la conosci: si è vendicato su mia figlia. Ma… bambino, non stavamo parlando di te?».

«Forse. Credo tu mi abbia detto abbastanza. Il resto, lo so già o non mi interessa».

«Davvero…?».

Sird si alzò in piedi e, guardando il ragazzo negli occhi come a voler leggere ogni sua espressione, recitò: «“Num sacer ille mea traiectus cuspide serpens… - Cadmus ait – Fuerat…?”2. Hai capito cosa ho detto?».

N aggrottò la fronte. Si aspettava una massima o un proverbio, perché così lo avevano abituato i Sette Saggi. Ciò che aveva sentito non rientrava in nessuna delle due categorie. «“Era forse sacro - disse Cadmo - quel serpente trafitto dalla mia lancia?”».

«Sai chi sono i personaggi coinvolti?».

Il ragazzo scosse la testa dai lunghi capelli verdi.

«Cadmo Agenoride era il re e fondatore di una polis chiamata Tebe3. Prima di salire al trono, aveva sposato la figlia di Ares e Afrodite: Harmonìa. Matrimonio felice, benché segnato da gravi lutti familiari. Ma la fine dei due coniugi è questa: quando Cadmo viene trasfigurato in un serpente, la moglie Armonia supplica gli Dei di condividere il suo destino. E gli Dei la assecondano».

N avvertì un brivido freddo lungo la schiena. Non per sé stesso, ma per chi avrebbe dovuto, volente o nolente, condividere la sua sorte.

Sird lo vide troppo preoccupato e cercò di correggere il tiro: «L’unica nota positiva è che… alla loro morte, i due serpenti non vengono spediti nell’Ade, ma accolti sull’Olimpo. Solo gli Dèi potevano accedere all’Olimpo».

«Perciò... se io sono Harmonia, qualcun altro con me, o prima di me, dovrà incontrare il destino di Cadmo. Mars, o magari... Whitley? Povera Whitley…!».

«La ragazza del Team Plasma coi codini chilometrici? Ti conviene ricucire in fretta con lei, se la vuoi coinvolgere».

N scosse la testa, dispiaciuto. «Non posso. No, devo trovare una via d’uscita. Per esempio… che cos’è che ha portato alla prima metamorfosi, quella di Cadmo?».

«“Num sacer ille mea traiectus cuspide serpens (…) Quem si cura deum tam certa vindicat ira, ipse, precor, serpens in longam porrigar alvum”4 ».

Azelf apparve improvvisamente alle sue spalle e le conficcò tra le vertebre quella che sembrava una punta di lancia.

Le gambe di Sird cedettero, e la donna si afflosciò su una grossa coda di serpente, che continuava a crescere.

Il suo stupore era evidente. Per un attimo, ebbe persino paura. «Cosa…?! Cosa c’entro i…?!».

La sua voce divenne un forte sibilo e anche la sua testa fu trasfigurata. Triangolare, appiattita ai lati e con il muso allungato, come quella dei Dragapult, mancava dei loculi dove alloggiavano i Dreepy. Il suo corpo grigio argenteo era solcato da poche bande rosse e nere, una grossa macchia dorata sul muso mimava una maschera. Dalla sua schiena spuntarono sei ali d’ombra simili a tentacoli. Le ritirò facendole scomparire nel suo corpo, e richiuse le membrane a ventaglio che facevano assomigliare la sua testa a quella di un enorme Dragapult.

N la fissò sbigottito, senza muoversi dal letto. Non era pietrificato dal terrore. Semplicemente, non aveva paura né di lei né dei Pokémon.

Uxie apparve alle spalle della “nuova” Sird. Recitò in metrica: «“Dixit, et, ut serpens, in longam tenditur alvum”5».

Mesprit si presentò per ultimo, proprio davanti a lei . «Lo so che è stato più violento di quanto ti aspettassi, Stella. Ma non ti avrei lasciato consumare i tuoi giorni da comune mortale, te l’avevo detto».

Chingling si guardò bene dal protestare. Cercando di fare silenzio, scivolò lungo la parete per raggiungere Floette.

La risposta di Sird fu accompagnata da un sibilo. Ancora non padroneggiava la telepatia, né il vero linguaggio dei Pokémon. Si era appiattita a terra, perché sollevandosi sull’addome avrebbe battuto la testa contro il soffitto.

Poiché la stanza era diventata più piccola, decise di acciambellarsi e aspettare.

Il Pokémon Emozione aveva con sé un’altra “punta di lancia”.

Era un oggetto simile al Cuneo-DNA che permetteva la fusione temporanea di Kyurem con Zekrom o Reshiram.

Si rivolse a N e gli parlò in lingua umana: «E tu, che vuoi fare?»

Lasciò andare la punta di lancia e la tenne sospesa in aria con la telecinesi. La avvicinò al ragazzo mentre se ne allontanava.

N tese una mano verso di essa. L’oggetto schizzò lontano dalle sue dita prima che lo toccasse, spinto dalla telecinesi, e andò a conficcarglisi tra le vertebre.

Le sue sembianze mutarono in quelle di una creatura serpentiforme, con il muso rotondeggiante e lo sguardo tranquillo di un Milotic. Squame nere ricoprivano i due terzi superiori del suo corpo, con l’eccezione di una macchia bianco-argentea sulla testa, circolare come una luna piena. L’ultimo terzo, la coda, sfoggiava in motivi geometrici i tre colori primari, e terminava in un ventaglio simile a quello che ornava la coda dei Milotic.

La stanza del castello gli divenne angusta. Sollevandosi, poteva toccare o sfondare il soffitto con la testa. Per non batterla, rimase accasciato.

Andò verso Sird, grande esattamente quando lui.

La “donna” non si lasciò avvicinare.

Allargò la membrana della testa ed esibì minacciosa le sei ali a tentacolo, soffiandogli contro. Aveva canini arcuati più aguzzi e lunghi dei suoi. Poi si accinse a provare uno Spettrotuffo, che sperava si rivelasse un Oscurotuffo capace di portarla fino al Mondo Distorto.

Il Morso dell’altro, benché inferto con poca forza, le impedì di eseguire la mossa. Stizzita, Sird gli proiettò addosso una Furtivombra. Quando appurò che lui non avrebbe reagito, parve calmarsi.

«Meglio così, almeno per voi. Ora cercate di non ammazzarvi» disse Mesprit.

Ormai appariva piccolo come un essere umano, in quella stanzetta.

Scomparve assieme agli altri membri del Trio dei Laghi.

I tre portarono con loro anche Chingling e Floette.

Passato il disorientamento e il timore iniziali, N sembrava felice quanto Sird era angosciata. Lei avrebbe pianto per aver perso la sua natura umana, lui si era unito, finalmente, al numero delle creature a cui sentiva di appartenere.

Con la testa le fece cenno di seguirlo: conosceva il palazzo sotterraneo come il palmo della sua mano e l’avrebbe guidata all’uscita.

Sird si portò a pari con lui per guardarlo storto.

Forse, presto si sarebbe dimenticato del suo palazzo, come avrebbe dimenticato le sue sembianze umane.

 

 

 





FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 La Mormò (Μορμώ) era uno spettro femminile che succhiava il sangue dei neonati

2 Ovidio, Metamorfosi, “Cadmo e Armonia” (vv 563-603)

3 Ho scritto polis perché non è la Tebe d’Egitto ma la Tebe greca

4“Era forse sacro quel serpente (…) se gli Dei si preoccupano di vendicarlo con un’ira così spietata, possa io stesso strisciare, serpente, su un lungo ventre” ← perché il serpente (drago?) che Cadmo aveva ucciso, e di cui aveva seminato i denti nell’area in cui avrebbe fondato Tebe, era sacro ad Ares.

5“disse (Cadmo), e, come un serpente, si allungò su un lungo ventre”






 












 

NOTA finale lunga dell’autrice (che chiacchiera):

Sono molto contenta di aver finito anche questa storia :) - incredibile, 2 storie concluse su 2! Io vivo nella paura di incagliarmi e detesto le cose lasciate a mezzo, piuttosto che lasciarla incompiuta avrei preferito cancellarla. Sono nevrotica ed è il motivo per cui ho messo il capitolo in anticipo rispetto alle previsioni, perché sennò poi lo riguardo e non mi va bene e lo cambio e allora non ne esco più, perché la storia va finita. Ora invece l'ho messo e mi attacco.

Ho maltrattato un po’ di personaggi, compreso uno dei più popolari... ma è stato più forte di me: c’erano le Metamorfosi che mi guardavano e Serperior che mi guardava e poi da qualche parte c’erano quelli della Game Freak che hanno scelto il cognome Harmonia, mannaggia, che se lo scrivevano Harmony all’inglese non succedeva niente… e invece niente, l’hanno scritto Harmonia alla greca… :/

Non so se la presenza di Serperior fosse studiata o semplicemente sia capitato lì per caso… voi che dite?

Comunque, arrivo al punto: Serperior non compare nel capitolo, ma il mio Serperior di Nero2 è stato la mascotte invisibile di questa storia, e si chiama Kadmos.
Salutatelo! :)

 

 

 

- questo non è lui ma uno trovato in internet che gli assomiglia, perché io non saprei dove cominciare a disegnare un Serperior.

 

Infine, ringrazio Persej Combe <3 per le recensioni e per aver messo la storia tra le seguite, e Lila May che ha fatto l’azzardo di mettere la ff quando era ancora incompiuta tra le preferite – Lila, se ci sei spero che tu non te ne sia pentita perché io sono un’autrice pasticciona :/

Grazie anche a tutti quelli che passano di qui :)

Siete anche tutti liberi di strozzarmi...

 

 

 

 







 

 

 

NOTA inutile di mitologia greca che non c’entra niente con la trama, così la leggete solo se ne avete voglia, e magari mi odiate di meno:

Cadmo (gr. Kadmos) non se lo fila nessuno, ma tanto per dare le coordinate era figlio di Agenore, leggendario re fenicio di Tiro (e a sua volta figlio di Poseidone), e fratello di Europa (la ragazza rapida da Zeus, tanto per cambiare).

È quello che uccide il drago e ne semina i denti su consiglio di Atena, e dai denti nascono dei soldati armati chiamati Sparti (gr spartoi = seminati) ← ogni tanto di questa leggenda si sente parlare tra versioni o roba varia.

In teoria Cadmo sarebbe uno dei tre grandi uccisori di mostri dell’era precedente alla nascita di Eracle – che neanche a dirlo li mette tutti un po’ in ombra.

Gli altri due sarebbero Perseo (che uccide Medusa) e Bellerofonte (che uccide la Chimera). Scommetto che questi ultimi due invece li conoscete tutti…

Come coppia, Cadmo e Armonia sono i nonni materni di Dioniso (Bacco, figlio di Zeus e Semele) e gli antenati sia del re di Tebe Laio sia della regina Giocasta, e quindi anche di Edipo – proprio quello del complesso, che senza saperlo uccide il padre e sposa la madre.

 

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