Destiny

di sissi04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi inizi ***
Capitolo 2: *** Giorni a Gran Burrone ***
Capitolo 3: *** Di amore e amicizia ***
Capitolo 4: *** Partenza ***
Capitolo 5: *** Sosta a Eregion ***
Capitolo 6: *** La creatura ***
Capitolo 7: *** Sempre più a Sud ***
Capitolo 8: *** Sola ***



Capitolo 1
*** Nuovi inizi ***


~Tengo a precisare che nessuno dei personaggi utilizzati ne le ambietazioni mi appartengono ma scaturiscono dalla magica penna di Tolkien (a parte un nuovo personaggio già introdotto nella mia ff su Lo Hobbit).~

Il cinguettio degli uccellini risuonava leggiadro lungo le pareti della valle di Imladris mentre il Sole iniziava a fare capolino dalle alte cime, cacciando tenebre e oscurità.
La placida e rigogliosa valle elfica si risvegliava dal sonno notturno, salutando con dolci canti la luce eterea e calda come fuoco vivo da cui venivano investiti.
 
Anche il piccolo e riccioluto Hobbit si risvegliò, stropicciandosi gli occhi e alzando il busto con una mano sotto al petto sinistro dove la ferita ancora gli doleva; osservò la semplice ma, allo stesso tempo, riccamente decorata stanza che gli era stata concessa seppur per pochi giorni.
Ne erano passati appena cinque da quando, incosciente e ferito, era giunto alla valle in braccio all’Elfo più  bella che avesse mai visto; aveva ancora negli occhi il suo viso luminoso e le sue orecchie rimembravano il dolce suono che scaturivano le labbra rosee.

Si vestì e raggiunse i suoi piccoli amici, che già si ingozzavano di tutte le leccornìe che gli Elfi preparavano ogni mattina apposta per loro.
 
 «Oh padron Frodo siete sveglio, venite, vi ho tenuto qualcosa da mangiare» disse Samvise prendendo un piatto ricolmo di cibo, per lo più frutta caramellata, che gli aveva tenuto da parte con la tipica premura che lo caratterizzava.
 «Grazie Sam» accennò un sorriso sedendosi tra Merry e Pipino.
 «Sono tutti in fermento oggi, sono giunti Uomini, Nani ed Elfi da lontano, si dovrebbe tenere qualcosa di importante» disse ovvio Merry mordendo una mela
 «Esatto, e guarda caso Gandalf è sempre nelle stanze di re Elrond» aggiunse quell’impiccione di Pipino addentando un altro pezzo di quello strano pane elfico.
 
Frodo sapeva bene cosa si sarebbe tenuto quella mattina ma aveva l’ordine di non proferirne parola con nessuno, era un consiglio segreto per decidere le sorti della Terra di Mezzo dopotutto.
 
 
Come i piccoli e curiosi Hobbit avevano detto, quella mattina stessa erano giunti alla valle piccoli manipoli di Uomini, Elfi e Nani, ognuno dei quali guidati da un rappresentante che era quasi d’obbligo un grande e valoroso guerriero del suo popolo.
                                           
Per gli Uomini era stato mandato Boromir di Gondor, figlio del sovrintendente di quella regione; egli non era mai stato ospite della valle, non aveva mai superato il passo di Rohan in tutta la sua vita ma, nonostante la sua curiosità, osservò con circospezione e velata altezzosità ciò che aveva intorno.
Smontò da cavallo prendendo tutte le sue innumerevoli armi e seguì gli Elfi nel luogo del consiglio, accompagnato ovviamente dai suoi uomini.
 
Gli Elfi avevano invece scelto Legolas Thranduilion, o meglio conosciuto come Verdefoglia, figlio di sire Thranduil di Bosco Atro; scese dal cavallo bianco guardando quella valle che aveva tanto amato sia da fanciullo che da uomo.
 
E infine per i Nani giunse Gimli figlio di Gloìn, nano di Erebor, accompagnato da alcuni consiglieri personali del re e dal suo stesso padre che venne accolto e riconosciuto, nonostante gli anni passati, con grandi sorrisi.
 
Le tre fazioni di rappresentanti, uniti ai pochi altri autorizzati a partecipare da sire Elrond, si sedettero in cerchio e il consiglio iniziò.
 
 
 «Come ben saprete, l’oscurità è tornata nella nostra terra, di conseguenza l’Anello del potere deve essere distrutto. Non esiste altro modo per sconfiggere definitivamente l’Oscuro» dichiarò il nobile sovrano di Imladris.
Subito tutti si fecero seri, alcuni sospirarono, altri annuirono, altri ancora scossero il capo.
 
 «Per fare ciò è necessario gettare l’Anello nella bocca del Monte Fato, solo così può essere fatto» aggiunse sempre più serio Elrond.
 
Frodo lo ascoltò con attenzione poi, ad un suo cenno del capo, si alzò ed appoggiò l’Anello su una specie di piedistallo, in modo che tutti potessero vederlo.
 
 «Questo… questo è un dono, un vantaggio a noi concesso dagli dei.
Voi non avete idea di quanto sia potente l’Oscuro, le Terre Nere chiamano la landa desolata in cui egli dimora, sorvegliata da legioni di Orchi, si dice che la stessa aria inalata sia in realtà un composto velenoso e infine l’Occhio, Sauron in persona, che vede tutto, anche la cosa più piccola e lontana. È un’impresa suicida e folle cercare di attraversare quelle vette nere, per non parlare poi dei vantaggi che si potrebbero ricavare se l’Anello si trovasse nelle mani sagge di chi vuole proteggere la sua gente» disse Boromir con sguardo che, per quanto valoroso si sforzasse di essere, presentava paura.
 
 «Questa è follia, l’Anello è il male stesso, Sauron non permetterà mai che venga usato contro di lui. I Nazgul sono già da tempo sulle sue tracce, non ci metteranno ancora molto per riuscire a prenderlo, vi basti guardare ciò che è accaduto solo poche sere fa a Frodo.
Non c’è altro modo» disse concitato Gandalf.
 
 «Gondor non riuscirà ancora per molto a tenere le forze dell’Oscuro, ogni giorno le nostre vittime aumentano e il numero dei nostri soldati diminuisce. 
Chiedo che l’Unico venga affidato a Gondor; mio padre, sire Denethor, saprà utilizzarlo con saggezza per difendere il nostro popolo e tutta la Terra di Mezzo» rispose l’uomo con tono calmo.
 
 «Questo è impossibile, abbiamo già avuto prova che l’Anello corrompe il cuore degli Uomini, non possiamo più commettere questo errore» mormorò Elrond ricordandosi dello sguardo folle che aveva visto negli occhi del compagno d’armi Isildur che, con l’Anello tra le mani e il Monte Fato alla destra, scelse di tenerlo per il suo casato, finendo tragicamente ucciso anni dopo.
 
Fu allora che anche il ramingo Aragorn, che fino ad allora aveva scelto di tacere, proferì parola:
 «Quello che dice sire Elrond è vero, ed è inoltre vero e unica soluzione che l’Anello vada distrutto. Il vostro sovrintendente è avido, non saprebbe gestire il suo oscuro potere»
 «Taci ramingo, non sai di cosa parli» alzò la voce furibondo Boromir
 «Egli non è un semplice ramingo» si alzò allora in piedi Legolas, ignorando i tentativi del amico di farlo sedere
 
 «Il suo nome è Aragorn figlio di Arathorn, erede di Isildur e di conseguenza erede al trono di Gondor» terminò concitato guardando il figlio del sovrintendente con sfida.
 
Tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono allora sull’uomo di nome Aragorn che, molto umilmente, disse all’amico di sedersi senza aggiungere altro.
 «Gondor non ha un re, a Gondor non serve un re» sibilò tra i denti il capitano di Gondor stringendo i pugni, provocando un fastidioso suono con la pelle dei guanti.
 
 
 «Ora signori è opportuno decidere chi sarà portatore dell’Anello, chi tra voi è abbastanza puro e degno di portare l’Unico?» mormorò Elrond assottigliando lo sguardo, facendolo posare su tutti i presenti.
 
 «Affidatelo a noi, gli elfi sono da sempre un popolo mite e lontano dall’oscurità, sapremmo portare a termine la missione» disse ragionevolmente Legolas.
 «Sarò morto prima di vedere l’Anello tre le mani di un Elfo» sbraitò allora Gimli alzandosi in piedi con la sua ascia tra le mani, pronto a scattare.
 
 «Perché le mani di un Nano sarebbero forse le migliori?» chiese retoricamente l’uomo di Gondor.
 
 
All’improvviso tutti i componenti del consiglio si alzarono in piedi, pronti a discutere e litigare su chi fosse il più degno a portare un simile fardello.
Quel litigio non era altro che l’effetto di odio e rabbia che l’Anello espandeva intorno a se.
 
Lo sguardo di Frodo rimase fisso sull’Unico, sembrava sibilare qualcosa, come ad attirarlo, eppure lui desiderava la distruzione di quel oggetto infernale, in modo che la Terra di Mezzo potesse finalmente avere rinnovati sonni tranquilli.
 
 «Lo porterò io» disse all’improvviso lo Hobbit alzandosi in piedi.
 
Degli occhi di giada saettarono su di lui, coperti dal cappuccio della figura celata dal colonnato.
 
Tutti si voltarono verso quel piccoletto dai riccioluti capelli castano scuro, che in piedi attendeva un qualche tipo di reazione o domanda alla sua affermazione.
 «Lo porterò io» ripeté ancor più certo della sua decisione 
 «Solo non conosco la strada» a quelle parole l’espressione quasi sofferente di Gandalf, ben conscio di quello che il suo piccolo amico avrebbe passato per portare a termine quella missione deleteria per chiunque, si tramutò in un sorriso.
 
 «Rimarrò al tuo fianco mio caro amico, ti accompagnerò io fino alla fine» disse allora lo stregone guardando bonario lo Hobbit che gli sorrise intimidito.
 
 «Anch’io ti seguirò fino alla fine coraggioso Frodo» disse Aragorn inginocchiandosi davanti a lui mettendogli una mano sulla spalla
 
 «La mia spada è con te».
 
 «Hai anche il mio arco» disse l’Elfo dai biondi capelli affiancando lo hobbit 
 
 «E la mia ascia» al piccolo gruppo si aggiunse anche il nano Gimli con sguardo fiero.
 
 «Il destino di tutti noi è ora sulle tue spalle piccoletto, ti aiuterò a portarlo» disse allora l’uomo di Gondor, affiancando i compagni.
 
 «Bene, una compagnia si è allora formata…» sire Elrond venne allora bruscamente interrotto dall’entrata degli altri tre Hobbit che, tra proteste e valorose affermazioni, si aggiunsero al gruppetto intorno al loro amico.
 
 «Nove compagni… sarete allora la Compagnia dell’Anello, voi porterete l’Unico alla distruzione.
Tuttavia vi manca un ultimo tassello» disse solennemente Elrond.
 
 «La vostra via verrà illuminata verso la vittoria sulle tenebre, molti di voi non sapranno di chi sto parlando ma per noi pochi che ricordiamo il suo nome e le sue imprese…» si alzò in piedi mentre una figura incappucciata entrò nel cortile, fermandosi dinanzi alla compagnia.
 
Lo sguardo di tutti si puntò allora sul nuovo arrivato che, senza proferir parola, si tolse il cappuccio e slacciò il mantello che ricadde scomposto a terra, rivelando così una donna dai morbidi capelli ondulati e, anche se leggermente spenti, luminosi occhi verdi; le sue labbra erano carnose e rosee ma si vedeva che per lungo tempo non erano state curate, come la pelle che, anche se diafana, presentava numerose cicatrici di tagli e bruciature.
 
Indossava abiti elfici, probabilmente donatogli dal popolo di quella terra, d’altro canto le forme del suo corpo ricordavano molto quelle di un Elfo; non era alta ma neanche bassa come un nano, era muscolosa come uno di loro ma con la caratteristica leggiadria e sinuosità elfica.
 
I suoi occhi scrutavano glaciali ogni singolo componente della compagnia, posandosi e soffermandosi proprio sul piccolo hobbit che la guardava a bocca aperta.
 
 
 «La mia luce è con te Frodo Baggins, come la forza della mia spada, per portare noi tutti alla pace» disse allora la donna chinandosi in segno di rispetto verso il portatore.
 
Gli sguardi di Gandalf, Aragorn e Legolas si illuminarono gioiosi alla vista di Miriel figlia di Athror, che per lungo tempo aveva scelto l’esilio.
 
 «Mia regina» sussurrò inchinandosi con le lacrime agli occhi il nano Gloìn, incredulo che colei che aveva davanti agli occhi in quel momento fosse davvero la stessa persona che aveva visto crescere e che, custodendolo segretamente per se stesso, avrebbe chiamato regina.
 «Padre!» esclamò Gimli indignato per il gesto che egli aveva compiuto.
 
La donna si girò allora verso il vecchio nano da barba e capelli ormai ingrigiti, lo osservò inginocchiato e, nonostante la rabbia che in passato aveva provato, gli sorrise andando da lui; delicata gli prese le mani e lo fece alzare.
 «Vederti mi allieta il cuore, vecchio amico» disse Miriel sorridendo per poi chinarsi chiudendo gli occhi a baciargli la testa.
 
Dopo aver fatto ciò raggiunse i suoi nuovi compagni, guardando Elrond a mento alto, attendendo.
 «Il suo nome è Miriel figlia di Athor ed è il decimo membro della Compagnia dell’Anello. Possano gli dei e la luce delle stelle che ella rappresenta portarvi fortuna nel vostro viaggio».
 
Fu così formata la Compagnia dell’Anello.

Unknown
Miriel figlia di Athror


Angolo autore: ecco a voi il capitolo n°1!
Non riesco davvero a crederci, dopo ormai due anni dal primo capitolo di "You next to me" arriva il primo di "Destiny", seguito della mia ff su Lo Hobbit.
Qualche mese fa ho pubblicato una raccolta di flash collegate a queste due ff, se qualcuno può essere interessato, che trattano proprio dei personaggi di questa storia.
Anyway, spero che il capitolo vi piaccia e vi invito a farmelo sapere tramite recensione.✉️
Questa volta voglio prendermela molto con calma, senza troppe scadenze imminenti, quindi pubblicherò circa ogni settimana: prossimo appuntamento a DOMENICA 19 LUGLIO!📆
Un bacione😘
Sissi04✨

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Capitolo 2
*** Giorni a Gran Burrone ***


I due vecchi amici, Uomo ed Elfo, si ritrovarono a discorrere e fumare seduti su una panchina di pietra lavorata in uno dei numerosi giardini di Granburrone.
 
 «Sai, per quanto confidassi nell’unico briciolo di ragione che le è rimasto, avevo perso la speranza di rivederla e soprattutto di renderla partecipe in una missione per la distruzione dell’Unico» disse l’Elfo, che come i suoi simili non fumava, osservando la lenta migrazione di alcune formiche lungo il tronco sottile di un giovane tiglio.
 
Ed era vero, quando Aragorn gli aveva riferito del suo incontro con Miriel non aveva più avuto dubbio sul fatto che la donna fosse uscita di senno come gli uomini dicevano; certo, una follia lucida la sua, dettata dal dolore, ma pur sempre follia.
Eppur nel suo cuore qualcosa gli diceva che la grande guerriera che aveva conosciuto un tempo esisteva ancora, sepolta sotto il fango e il sangue e le lacrime che versava nelle notte insonni.
 
 «Io no, per quanto strano possa essere; conosci la natura mistica che ci lega, ella non è destinata a portare luce e pace alla tua gente, non più. Lei da sempre sa qual è il suo compito e cosa comporta, ahimè, ha scelto il re sbagliato; non intendo far ritorno a Gondor se non per stanziarvi sulla strada per Mordor» rispose l’uomo giocando con un filo d’erba nel mentre dalla pipa fuoriuscivano piccoli sbuffi di fumo dal odore acre.
 
Legolas scosse il capo sorridendo divertito dalla sua testardaggine e convinzione nel negare il proprio destino.
 «Io sarò con te Estel, fino alla fine» disse in elfico guardando l’amico sincero e serio, gonfiando il petto con una solennità che fin dalla più giovane età lo aveva caratterizzato «Anche perché con la tua stupidità e testardaggine finiresti per cadere in un dirupo pur di non salire sul trono» aggiunse poi finendo a ridacchiare con l’altro come ai vecchi tempi.
 
 
Sospirò contemplando il Sole caldo del tramonto che si rifletteva sull’acqua che scivolava via via più veloce sotto le finestre della sua stanza, cadendo poi in un’immensa cascata dalle dorate sfumature.
Le pareva così strano trovarsi di nuovo in quella terra, eppur durante il suo esilio vi aveva fatto ritorno un paio di volte, solo per nostalgia, per assorbire un po’ della pace di cui gli Elfi erano impregnati fin dalla tenera età; tutto vano.
Soggiornare lì non la aiutò mai ad alleviare il suo dolore e, nonostante ascoltasse i consigli di Elrond, non li aveva mai messi in pratica.
 
In quei lunghi e desolati settant’anni aveva perso le sembianze di donna sostituendole a quelle di una creatura spietata e senza cuore, con mani e piedi ricoperti di vesciche e il corpo maculato da croste di fango unite a macchie di sangue animale o di una di quelle malefiche creature serve del Male, dalla cui morte traeva piacere.
Tutte caratteristiche che la accomunavano appunto a quelle creature, gli Orchi, eppure lei era diversa, o almeno, si considerava diversa.
 
Uccideva per piacere sì ma pur sempre creature che alla prima occasione avrebbero ucciso a loro volta; spesso però si fermava a riflettere: che diritto aveva lei di decidere sulla vita e la morte di un altro essere vivente? Che quest’ultimo fosse buono o cattivo?

La risposta finale al suo quesito era sempre la medesima: nessuno.
Non aveva alcun diritto di scegliere per altri.
 
Allora finiva per prendere a gridare in preda al dolore e al disgusto nel rendersi conto di essere divenuta un mostro come quelli che tanto odiava, come quelli che gli avevano strappato la sua famiglia e che aveva giurato di distruggere.
Si riprometteva di non osare più così tanto, di vivere una vita grigia e priva, per quanto possibile, di violenza, ma fatta questa promessa ben presto riprendeva ad uccidere con lucida crudeltà, senza risparmiare vita alcuna tra Orchi, Goblin o altre creature serve del Male.
 
Sorrise amaramente al ricordo per poi guardare come era conciata in quel momento, o meglio, come gli Elfi l’avevano conciata nel vano tentativo di darle ancora una parvenza umana: abito lungo, bianco, bagno di latte e rose tra le più pure e profumate, particolari olii e saponi per ammorbidire e ripristinare l’antica bellezza dei suoi ormai non più tanto lunghi capelli.
Era tutt’altra persona, lei lo sapeva bene, ma aveva promesso ad Elrond che almeno avrebbe tentato di comportarsi con naturalezza e normalità.
 
I figli Elladan ed Elrohir l’avevano trovata esattamente dove la Dama Bianca aveva loro indicato, di fatto solo lei era a conoscenza del luogo di residenza della mezz’Elfo in esilio; anni dopo la morte di Thorin e la sua fuga, era andata nei candidi boschi di Lothlorien in cerca di appoggio e aiuto, come tempo addietro le aveva consigliato Gandalf.
Lady Galadriel l’aveva accettata di buon grado, prendendola per alcuni anni sotto la sua ala confortevolmente protettiva, insegnandole così anche quanto potesse fare con le sue singolari abilità.
 
Una notte poi decise che fu troppo e fuggì lasciando solamente una lettera.

Dopo quella piccola marachella, se così si può definire, nessuno la cercò più, nessuno chiese più di lei e tutti, o quasi, ne dimenticarono l’esistenza.
 
Rinnovò per l’ennesima volta i suoi sospiri per poi decidersi finalmente ad andare dall’unica persona che per anni, oltre ai suoi familiari perduti, aveva sperato e pregato di poter ricontrare un giorno: il piccolo e ormai anziano Bilbo Baggins.
 
 
 «Miriel! Che piacere rivedere infine il tuo viso» esclamò il piccolo Hobbit con voce arrocchita e capelli ingrigiti dal tempo, facendo accomodare, ospitale come sempre, la vecchia amica nei suoi alloggi.
 «Bilbo Baggins» sorrise l’altra usando lo stesso tono di voce che aveva utilizzato per l’anziano Gloìn, non desiderava che coloro che considerava amici vedessero realmente che essere era diventato, soprattutto per non lasciar loro un amaro ricordo di se prima dell’eterno riposo.
 
Si piegò all’altezza del mezz’Uomo e lo abbracciò delicatamente, sentendosi confortata in qualche modo dal suo calore e dall’odore di menta piperita, vaniglia e tabacco da pipa «Le tue ossa sono ormai vecchie ma ancora robuste amico mio» disse sorridendo rialzandosi lentamente.
 «Tu invece sei ancora più bella di quanto i miei vecchi occhi Hobbit ricordassero» sorrise con gli occhi leggermente lucidi lo Hobbit.
 
Ci fu un piccolo silenzio carico di emozioni che venne interrotto proprio dall’anziano
 «Vieni cara, sediamoci qua, mi stanco più facilmente ora» ridacchiò e la prese per mano accompagnandola ad una panchina in pietra con sopra dei morbidi cuscini posta sotto ad un arcata di rampicanti con vista sull’ormai sfumato tramonto.
 
 «Cos’è quello amico mio?» chiese incuriosita notando un librone dalla copertina in pelle 
 «Nulla di ché, solo un piccolo diario di uno sciocco vecchio. Raccontami di te adesso, sono stato così in pensiero per anni» la guardò con quella sua tipica espressione apprensiva che fece sorridere e scuotere la testa alla donna.
 
 «Ho vagato per la nostra bella terra, caro Bilbo» disse sospirando «Ho trascorso molto tempo in solitudine e altro tempo in compagnia di Elfi dell’Est» proseguì guardando negli occhi grandi del mezz’Uomo che la ascoltava con la stessa curiosità che per anni lo aveva caratterizzato e che era anche pregio e difetto di suo nipote Frodo.
 
 «Quando appresi da Dwalin che eri fuggita alla falsa custodia e tirannia di tuo cugino Daìn mi si strinse il cuore di dispiacere, eri così affezionata alla tua gente»
 «Sì, gente che non ha combattuto o protestato per farmi salire al trono che per onore e quasi legittimità sarebbe stato mio» ribatté lasciando trasparire ancora risentimento per quanto accaduto.
 «Mi hanno dato della pazza solo per farmi rinchiudere, non lo ero, stavo solo cercando un qualsiasi modo per farli tornare dal regno dei nostri padri, anche solo per salutarli, mi sarebbe bastato un momento. Ma le notti si susseguivano e così anche i miei fallimenti, tanto che non riuscii più ad aprire uno di quei tomi» ridacchiò roca prendendo fuori da una piega nell’abito una rudimentale pipa tutta annerita e macchiata, iniziando a prepararla.
 
 «Almeno ho avuto la mia vendetta» aggiunse alzando un sopracciglio con un sorrisetto iniziando a fumare, gli occhi vennero percorsi da un bagliore che non ricordava, aveva un qualcosa di cattivo e terribilmente sbagliato che fece rabbrividire l’amico di vecchia data.
 
Bilbo la osservò sospirando dispiaciuto per la vita difficile e carica di dolore che aveva dovuto e tuttora affrontava sola. Infine, dopo un interminabile pausa colma di silenzio rintronante, lo Hobbit ridacchiò leggermente per poi scuotere la testa, suscitando non poca confusione nella donna che lo osservò con le sopracciglia aggrottate.
 
 «A cosa stai pensando per ridere in questo modo?» chiese quando ormai moriva di curiosità 
 «Alle sciocche speranze che avevo quando non ero che un giovane Hobbit» disse l’altro con un sorriso che uno strano retrogusto di amarezza a vederlo «Sai Miriel, quando partì con te, Thorin e gli altri…» a quelle parole notò il pugno destro dell’amica chiudersi per poi rilassarsi con non poco sforzo «Non avrei mai creduto che la mia vita sarebbe cambiata così tanto in così poco tempo, non avevo idea che le mie abitudini, il mio modo di vedere gli altri e la vita sarebbe stato brutalmente trasformato dal mondo che fino ad allora avevo ignorato, ma più di tutto non mi sarei aspettato di innamorarmi di una strampalata compagnia di Nani» Bilbo ridacchio contagiando inevitabilmente anche Miriel; poi all’improvviso lo Hobbit si fece serio «Non mi sarei mai aspettato di provare sentimenti profondi… per te» a quelle parole la donna quasi sbiancò e si girò a guardarlo con la bocca semi aperta per l’incredulità e un’espressione completamente mutata rispetto a qualche secondo prima.
 
 «C-cosa… ma Bilbo…» boccheggiò non sapendo cos’altro dire a colui che per lei aveva sempre rappresentato un amico, nonostante gli anni di isolamento forzato.
 «Non te ne eri mai accorta Miriel, la notte in cui te ne andasti dalla Montagna per raggiungere l’accampamento di Uomini ed Elfi a Dale i-io stavo per dirtelo… ma Thorin aveva bisogno di te e io sapevo che non avresti mai potuto abbandonarlo, specialmente per me».
 «Oh, Bilbo… non ne avevo idea, avresti dovuto dirmelo, i-io… io» cercò invano le parole ma la verità era che non vi erano parole che Miriel potesse dire; erano passati ormai settant’anni da quella notte, da quell’amore che sì, l’avrebbe fatta sorridere, ma che avrebbe rifiutato.
La donna scosse la testa e la abbassò con una strana e antica sensazione a metà della gola, che però ricacciò ben presto nel fondo del suo stomaco; non c’era nulla da dire, si ripeterono entrambi nella mente.
 
Quando si lasciarono ormai Bilbo non aveva più alcun dubbio, Miriel non era la stessa persona che aveva conosciuto in una vita passata, persa e sbiadita in chissà quale angolo della sua mente, e questo non fece che farlo preoccupare ulteriormente. 
Se colei che per anni era stata la sua speranza che ci fosse ancora qualcosa di buono e bello nella terra arida in cui vivevano, che avrebbe dato una ragione per combattere fino all’ultimo ansito anche al più arrogante ed egoista dei signorotti, era perduta nell’ombra, allora tutto era inutile.
 
 
Rimasero alla dolce valle di Imladris ancora diversi giorni per prepararsi al lungo viaggio per le impervie terre selvagge. 
 
Il saggio principe silvano non si stupì di ciò che trovò in una grotta sotto la cascata; solo gli elfi era ammessi in quello che consideravano un santuario, la stessa lady Galadriel aveva occultato quel luogo recondito e placido. 
Beh… non per tutti.
 
Osservò attentamente i suoi movimenti ancora abili con la spada, nonostante le mani affusolate un po’ tremanti; aveva i capelli raccolti in una specie di crocchia anche se qualche ciuffetto raggiungeva lo stesso il viso di Miriel, imperlato da un lieve strato di sudore.
 
La spada librava come fuoco vivo a causa di alcuni raggi del sole che prepotentemente si infiltravano da piccole crepe della roccia, ferendo lo sguardo di chi si fermava a guardare.
Non aveva mai visto una coreografia simile nei suoi quasi tremila anni: era precisa, nobile, che non lasciava possibilità di movimento se si incappava nella sua traiettoria, ma rabbiosa.
Lo sentiva ovunque, quel sentimento che sì, gli era capitato di provare ma che mai aveva scatenato in quel modo; era nera, cieca e a lungo repressa.
Man mano che quella sensazione invadeva l’aria di un tanfo quasi insopportabile anche la spada scattava più forte e veloce, come a cercare di domare l’indomabile.
 
Poi all’improvviso un urlo, gli parse quasi un ringhio.
 
La spada si bloccò improvvisamente e cambiò direzione per poi venire scagliata con forza contro di lui, andando a conficcarsi per metà nel sottile lembo d’erba davanti ai suoi piedi.
 «Fuori!» gridò la donna con tutta la voce che aveva, risplendendo appena di un pallido bagliore nero, con gli occhi del medesimo colore, irriconoscibili.
 
L’Elfo la osservò sconvolto, non aveva controllo, per niente, come avrebbero fatto se uno di questi scatti d’ira si fosse impossessato di lei durante il viaggio?
 «Anche se guardassi te stessa… non potresti vedere il mostro che sei diventata» mormorò soltanto con tono freddo per poi andarsene.
 
Strinse con forza i pugni fino a conficcarsi le unghie nella pelle dura delle mani; respirò con forza, sentendosi ardere dentro, per poi sfinita crollare al suolo, rimanendo stesa ad occhi aperti senza riuscire ad emettere suono.



Angolo autore: ed ecco a voi il capitolo n°2!
Allora, non so bene cosa dire perchè mi avete davvero stupita; ho pubblicato il primo capitolo solamente una settimana fa e davvero sono felicemente colpita dal vedere che, per un primo capitolo di una storia sconosciuta, ha ottenuto un discreto numero di visualizzazioni.
Inanzitutto vi ringrazio per la piacevole sorpresa e vi informo che ora sono curiosa di vedere se con questo capitolo si farà avanti qualcuno, sono sempre curiosa di sapere la vostra opinione, per tanto vi invito a lasciare una recensione!✉️♥️
Prossimo appuntamento a DOMENICA 26 LUGLIO!📆
Un bacione😘
Sissi04✨

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Capitolo 3
*** Di amore e amicizia ***


Osservò con titubanza la punta accuratamente affilata di Pungolo, la spada che Bilbo gli aveva affidato alcune sere prima. 
Dentro di lui sapeva bene di star annegando nell’illusione che mai avrebbe dovuto utilizzarla ma solo uno sciocco lo avrebbe realmente creduto, soprattutto se non si fosse trovato alle soglie di un’avventura che sapeva bene essere suicida.
 
Venne distolto dai suoi pensieri quando qualcosa di duro gli colpì la testa, rimbalzando leggermente sui suoi capelli gonfi e scomposti, per poi atterrare vicino ai suoi piedi.
 «Andiamo Frodo, non fare lo schizzinoso e mangia quella mela! Non credo di aver mai sentito sapore più dolce, nemmeno quelle che abbiamo rubato al fattore Huck erano così» disse Pipino raggiungendolo di corsa insieme a Merry.
Frodo non poté fare a meno di sorridere divertito, lanciandogli una manciata di foglie secche, raccogliendo il frutto tra di esse caduto, addentandolo con gusto.
«Mh… che delizia per il palato! » dichiarò ridendo iniziando poi a spintonarsi giocoso con gli amici, correndo tra i giardini colmi di quiete da loro disturbata.
Gli sembrava sempre incredibilmente difficile ammetterlo, ma a volte era tutto ciò che desiderava e ciò di cui necessitava come l’aria: la spensieratezza, l’innocenza, il divertimento; tutto ciò che aveva perso quando Bilbo aveva scelto di lasciare a lui l’Anello.
«Date qua! Ci serviranno queste per la colazione di domani, quando ormai questi alberi saranno solo un dolce ricordo lontano» intervenne Sam prendendo alcune mele che quei due scansafatiche avevano lasciato in un angolo sul prato, mettendole poi dentro alla sacca da viaggio che stava preparando da almeno un paio di giorni per il suo padrone.
«Sei troppo melodrammatico Samvise, te l’ho sempre fatto notare; come pensi di conquistare la bella Rosie Cotton così impettito e severo perfino con noi due, creature angelicate?» ridacchiò Merry sedendosi sul ramo basso di un salice, osservando soddisfatto il volto tondo e paffuto dell’amico colorarsi di un rossore tendente al violaceo.
«Se mai un giorno la signorina Cotton sarà interessata a me di certo le motivazioni non saranno la mia pigrizia o sconsideratezza» ribatté con un certo orgoglio il rossiccio, scatenando subito una reazione da tutti e tre i compagni, però subito sedata dall’arrivo di Gandalf.
 
«Allora miei cari Hobbit, avete pronti i vostri bagagli? Mi raccomando non troppo pesanti, faremo provviste strada facendo» disse con un leggero sorriso bonario osservando le sacche stracolme.
«Quando partiremo esattamente? Ho il tempo di lasciare un ultimo saluto a mio zio?» Frodo guardò lo stregone mal celando il leggero nervosismo e preoccupazione che la situazione gli causava.
«Certo Frodo, alle prime luci della prossima alba partiremo e badate di essere puntuali, prima ci metteremo in cammino e meglio sarà per la nostra piccola compagnia. Dovremmo cercare di avanzare il più possibile ogni giorno e il più possibile invisibili agli occhi di chiunque» mormorò Gandalf guardando il Sole lasciare il posto alla Luna come ogni giorno.
 
Non vi furono celebrazioni, canti o balli o banchetti quella sera, a stento vennero scambiate parole tra coloro che facevano parte della Compagnia; ognuno aveva un angolo dei propri pensieri in cui immergersi ed isolarsi dal mondo.
 
«Gondor non ha bisogno di un re» queste erano state le parole fuoriuscite dalle labbra del gondoriano, prima al consiglio e poi davanti ai frammenti di Narsil; non lo intaccavano più di tanto, d’altro canto spesso aveva udito dire che Gondor era in grado di sopravvivere anche senza il suo re e lui ne era fermamente convinto.
Per buona parte della sua giovinezza gli era stato detto che un giorno il suo compito sarebbe stato quello di sedere sul trono in cima alla Città Bianca e guidare tutti i popoli degli uomini verso la sconfitta dell’oscurità celata dalle nere colline di Mordor, eppure una parte di lui continuava a sentire tutto quello come qualcosa di lontano, di troppo alto per un umile uomo come lui.
Abbassò lo sguardo sulle mani ruvide e incallite, anche se meno rispetto al solito dal momento che non aveva avuto bisogno di prendere in mano una spada da all’incirca tre settimane; come potevano quelle essere le mani di un re forte abbastanza per il suo popolo?
Un sospiro arrendevole uscì dalle sue labbra quando ecco che quelle stesse mani vennero sfiorate da un tocco ben più leggero e delicato. 
Alzò gli occhi incontrando quelli della Stella del Vespro, lo guardava senza la minima ombra di dubbio o di giudizio, facendogli ardere il cuore.
 
Sospinse fuori in uno sbuffo il fumo, stringendo appena gli occhi leggermente lucidi a causa dell’effetto irritante dell’erba stessa; alzò lo sguardo dal giardino dove un gesto tanto piccolo quanto importante si stava consumando, come l’ultima lingua di fiamma di un fuoco morente, per rivolgerlo oltre le cime dei ginepri, verso le cime delle montagne che abbracciavano la valle elfica.
Ogni volta che era sola cercava la pace e l’equilibrio in se per essere d’aiuto e non d’intralcio durante l’impresa, ma era estremamente difficile.
Il principe elfico aveva ragione, non avrebbe mai ritrovato se stessa se prima non fosse riuscita a vedere ed accettare ciò che era; come si potrebbe mai accettare di essere diventati un mostro?
Nemmeno la più insensibile delle creature avrebbe potuto sopportare la vista di una versione peggiore di ciò che era. Si sfiorò il petto attraverso la casacca, quell’orrido petto deturpato che lei aveva individuato come centro di tutta la sua esistenza, poiché tutto ciò che l’aveva sempre circondata nasceva da li, per una ragione o per l’altra.
Si forzò di interrompere i propri pensieri, sapendo bene che l’avrebbero portata solo a scavare sempre di più in un punto della sua stessa memoria che non desiderava raggiungere mai più; abbassò nuovamente lo sguardo sul giardino, osservando come i gelsomini rimanevano impregnati dei sentimenti che un semplice sfiorar di labbra stava facendo dilagare per tutta la valle.
Pensò a come doveva essere lasciarsi baciare, lasciarsi andare alla passione almeno una volta ancora nella vita; sorrise quasi divertita sapendo bene di fantasticare, lei non voleva nulla di tutto quello, non più almeno.
Svuotò la pipa e scese dal cornicione della terrazzina su cui aveva scelto di passare la sua ultima nottata tranquilla, quando però girò l’angolo si scontrò con l’altro uomo di Gondor: Boromir figlio di Denethor.
«Perdonatemi mia signora, non mi ero reso conto foste qui» disse semplicemente l’altro guardandola attentamente, nelle settimane passate l’aveva sì osservata molte volte ma mai da così vicino.
«Non vi preoccupate, stavo andando a riposarmi» fece per riprendere il proprio cammino verso la sua stanza ma una mano dell’uomo la trattene per una spalla.
«Vi prego, se non vi è di disturbo, rimanete ancora qualche minuto con me, non abbiamo avuto molte occasioni di parlarci».
Miriel sembrò rifletterci per poi annuire, ritornando con lui fuori sulla terrazzina fiocamente illuminata dalla Luna.
«Magnifica serata non trovate, questa valle rende tutto ancora più bello ma nulla in confronto al firmamento che ogni notte si disegna su Minas Thirith» disse sorridendo il gondoriano prima guardando la notte poi lei.
«Sì immagino sia così» mormorò lei continuando a guardare davanti a se indifferente al suo sguardo.
 
L’uomo scosse la testa lasciandosi poi sfuggire una leggera risata che infastidì parecchio Miriel, stava forse ridendo del suo silenzio?
«No credo di aver mai conosciuto una donna…»
«Nana o mezz’Elfo» lo interruppe leggermente scortese
«Come preferite» disse semplicemente alzando le spalle indifferente, proseguendo «Come voi comunque non ho mai avuto il piacere di incontrare nessuno, certo non abbiamo avuto molte occasioni per confrontarci, ma ai miei occhi apparite davvero una persona singolare; sembrate così forte, coraggiosa, sicura di voi ma al contempo così fragile, come una rosa» la guardò nuovamente cercando di cogliere una qualsiasi reazione nelle pieghe del suo viso freddo e distante, almeno all’apparenza.
A quel punto non resistette oltre e si girò verso l’uomo, facendosi otticamente più alta rispetto a ciò che realmente era, osservandolo con un sopracciglio alzato in un espressione volutamente critica
«Perdonatemi, voi dovete essere per forza un apprendista stregone per cogliere tutte queste sottigliezze del mio essere in un così breve tempo. Una rosa dite… non sapete che cercando di coglierle le rose si rischia di rimanere punti? Alcune possono essere anche velenose e il loro graffio non lascia scampo, tanto belle quanto mortali» disse quasi aggressivamente senza quasi rendersene conto; da tempo ormai cerca di allontanare chiunque si avvicinasse troppo.
Nessuno dovrà mai arrivarle ancora così vicino, mai più.

Boromir non sembrò scomporsi, anzi, quel piglio così arrogante lo intrigò maggiormente e lo spinse a stuzzicarla ulteriormente; d’altro canto adorava far adirare le donne, non vedeva l’ora di ammirare il loro rossore sulle gote e ascoltarle gridargli contro nella loro vera natura.
«Non se vi si presta attenzione» ribatté con un sorrisetto, avvicinandosi leggermente, girandole intorno senza distogliere lo sguardo dal suo «Ora che mi ci fate riflettere però potrei sempre utilizzare la mia spada ed estirparle alla radice, possedendole anche se per alcuni fugaci momenti, d’altro canto non sono state create per questo? Essere colte e donate alla donna più bella per un uomo?» aggiunse continuando a sorridere impertinente.
A quel punto l’espressione della mezz’Elfo si fece dura e ancora più fredda di quanto già non fosse, lo fissò intensamente per poi avvicinarsi maggiormente a lui e afferrargli il braccio all’improvviso premendo su un nervo molto delicato, facendolo gemere di dolore.
«Mettiamo subito ben in chiaro le cose: non so chi crediate che io sia o a che gioco pensiate io voglia giocare ma di una cosa sono certa, non voglio avere nulla per cui pentirmi di aver ucciso ancora, sono stata intesa? Voi non sapete cosa ho passato, cosa ho visto… non toccatemi e non parlatemi mai più in questi termini se non si tratta della missione. E ora lasciatemi in pace» lo lasciò con una leggera spinta, sorpassandolo e andandosene.
 
Digrignò i denti tenendosi il braccio ancora stordito per quella presa così indesiderata, in un attimo però si sporse dall’arco in pietra che faceva da ingresso alla terrazza su cui si trovava.
«So bene chi siete Miriel figlia di Athror, conosco voi, la vostra storia e la vostra stirpe e ciò che attanaglia il vostro cuore ora facendovi chiudere nella vostra durezza; non è più la lama di un Orco… ma la vostra paura» urlò mentre la donna, ormai lontana, svoltò per un altro corridoio e sparì alla sua vista.
 
Egli però sapeva di aver colto nel segno.


Angolo autore: ed ecco a voi il capitolo 3!
Scusate per il ritardo di un giorno ma ieri il mal di testa mi stava letteralmente uccidendo.
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate tramite recensione.✉️
Ringrazio tantissimo chi ha dedicato un po' del suo tempo a questi primi capitoli della mia ff e spero che vi continuerà a far appassionare.❣️
Prossimo appuntamento a DOMENICA 2 AGOSTO!📆
Un bacione😘
Sissi04✨

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Capitolo 4
*** Partenza ***


Ardente come fuoco vivo, il Sole fece capolino lungo l’orizzonte plumbeo, disegnando il contorno scuro dei dieci viaggiatori silenziosi che si apprestavano a lasciare alle loro spalle il loro passato in direzione del futuro più incerto che si potesse immaginare; di una cosa però erano tutti fermamente convinti: da quel momento in poi non sarebbero più stati gli stessi.
Erano partiti all’alba, abbandonando la dolce e sicura valle elfica per immettersi nelle impervie terre selvagge ed iniziare la loro missione che, pensavano dentro ai loro cuori, sarebbe stata quasi sicuramente la causa della loro dipartita.
 
Frodo Baggins camminava guardando fisso davanti a se, accompagnato da migliaia di pensieri per la testa e quel piccolo peso al petto, nascosto dai numerosi strati di vestiti e la casacca in Mithril che un tempo era appartenuta a suo zio Bilbo; non poteva nasconderlo, aveva paura, ma sapeva essere ciò che doveva fare e si ritrovò quasi a pensare che se avesse dovuto prendere quella decisione una seconda volta… avrebbe caricato nuovamente le sue gracili spalle di quel peso.
Si girò un ultima volta indietro, osservando dall’alto la valle svegliarsi lentamente allo stiracchiamento pigro del Sole.
 «Avrai il piacere di rivederla Frodo Baggins, ne sono certa» mormorò la donna senza alcun segno di sorriso, appoggiandogli una mano sulla spalla per poi farlo girare e spingerlo a proseguire, rimettendosi in fila davanti a Granpasso.
 
Decisero di fermarsi verso ora di pranzo, proprio quando il Sole era più alto nel cielo, per riposarsi e rifocillarsi accanto ad un ruscello tra alcuni alberi verdeggianti appartenenti ad un ultimo lembo di vallata.
Sam si  preoccupò subito di servire ai suoi amici e compagni un piatto degno di essere chiamato tale, mandando Boromir, Merry e Pipino a raccogliere un po’ di legna mentre lui si occupava di tagliuzzare alcune verdure e un po’ di carne che era riuscito ad infilare nella sua sacca già colma.
Miriel sospirò con un’aria quasi annoiata, non le era mai piaciuto fermarsi, soprattutto non così presto, ma era pur vero che i piccoletti non fossero minimamente abituati alle lunghe ed insidiose camminate di giorni e giorni di cui lei si era cibata per buona parte della sua esistenza.
La sua attenzione venne poi attirata da Aragorn che, dopo aver controllato insieme a Legolas che la zona fosse sicura e protetta almeno in parte, si apprestava ad allontanarsi verso il ruscello; con un’espressione curiosa lo seguì, cercando di non farsi vedere troppo interessata agli occhi dello stregone che sentiva trafiggerle la schiena.
Raggiunto l’uomo, lo osservò per un po’ in silenzio appoggiata ad un albero; si stava semplicemente abbeverando e rinfrescando. Con un sospiro decise di farsi avanti, aumentando poi il passo e quando si ritrovò alle spalle dell’altro estrasse la spada con l’intento di colpirlo.
Tuttavia la sua lama venne bloccata da quella di Aragorn che, sentiti i suoi passi veloci, si era subito apprestato a difendersi; i due si osservarono per un tempo a loro indefinito poi, con uno scatto, lasciarono entrambi scivolare le lame l’una contro l’altra per abbassarle con un sorrisetto.
 «Allora sai ancora come cavartela a quanto pare» disse l’uomo terminando di riempire la sua borraccia per poi girarsi nuovamente verso l’altra «non sei un po’ vecchia per giocare a prendere di sorpresa gli altri?» chiese poi ridacchiando all’espressione sconvolta e divertita dell’altra.
Senza alcun tipo di preavviso l’altra alzò la spada tentando di colpirlo ad una spalla, venendo però rapidamente parata, con uno scatto si riprese e lo colpì con una ginocchiata allo stomaco, osservando poi soddisfatta il suo operato.
 «B-bene… giochiamo» disse con sforzo Aragorn per poi ricambiare il suo sorriso divertito ed iniziando a battersi con lei, saltellando tra le rocce che sporgevano scompostamente dal ruscello e le radici degli alberi che preferivano le fresche acque alle dura terra.
 
Raramente durante quelle prime settimane vennero scambiate altre parole rilevanti tra i membri della compagnia, tutti troppo assorti nel cammino e nelle preoccupazioni, furono proprio i due piccoli Hobbit Merry e Pipino ad alleggerire un po’ la tensione ormai palpabile.
 «Sai Gandalf, quando tutto questo finirà dovrai assolutamente venire alla Contea e deliziarci con i tuoi fuochi d’artificio, puoi insegnarci a costruirne qualcuno? Quello a forma di drago ad esempio! Il vecchio Tuc ci rimarrebbe secco» disse Pipino ridacchiando scioccamente.
 «Uh e che ne dici il gioco pirotecnico che facesti la sera del compleanno di Bilbo?! Sarebbe bellissimo» aggiunse Merry sognante facendo ridacchiare anche lo stregone sotto la folta barba.
 «Può darsi miei cari Hobbit, esigo qualcosa in cambio però» disse con un cipiglio furbo.
 «La torta di mele di Sam? Certo non è la ricetta tradizionale ma è mangiabile». 
 «Pipino! La mia ricetta è quella presa dal libro della mia bisnonna Primula in persona, è la tradizione stessa» si intromise lo Hobbit indignato e leggermente rosso in volto per essere stato preso in causa in quel modo senza il suo consenso.
 «Può andare, per ora sarò costretto a divorarmi la mia stessa curiosità nell’attesa di assaggiare questa famosa torta» Gandalf mise una mano sulla spalla di Sam sorridendo bonario, facendogli un occhiolino divertito che rassicurò il piccolo Hobbit.
 «Voi forse allora non conoscete il vero sapore di una torta! No Valar, proprio no» disse all’improvviso Gimli, rimboccandosi leggermente la cintola, preparandosi ad un discorso lunghissimo e molto probabilmente logorroico che si tramutò nel decanto dell’intero ricettario della cucina nanica, dalla specialità più grassa e gustosa a quella considerata più insipida e dietetica, ma comunque pesante per il delicato stomaco Hobbit.
A quel discorso susseguirono diversi minuti di silenzio interrotti solamente dal fruscio del vento, quando ecco che anche l’Elfo decise di condividere la propria cucina tipica, di certo non si sarebbe fatto sfigurare da un Nano!
 «Beh solo uno sciocco non ammetterebbe che la cucina elfica è una delle più gustose ed eleganti» disse con un’espressione saccente alla quale Miriel ed Aragorn alzarono un sopracciglio guardandosi perplessi, per poi ridere piano tornando a camminare con sguardo basso.
 «Ah sì?! E sentiamo orecchie a punta, quali specialità sarebbero così rinomate come dici? Forse quell’insalata che osate chiamare cena?! Ho perso quasi una taglia dopo un mese di quella roba» esclamò Gimli puntellando la sua ascia per issarsi sulle rocce aride e polverose.
 «In effetti non ve ne avrebbe fatto male ancora un po’ a voi Nani…» mormorò Legolas facendo scatenare urla ed imprecazioni da Gimli che iniziò a mulinare la sua ascia cercando di colpirlo senza successo, dato che l’Elfo schivava i suoi colpi senza apparente difficoltà.
 
 «Calma figlio di Durin, non facciamoci provocare dai tronchi d’albero con le orecchie a punta» disse Miriel afferrando da dietro il manico dell’arma, facendo girare l’altro sorridendo leggermente divertita, guardando Legolas che la ricambiò con un cipiglio strano, era ormai certa che egli non volesse darle la soddisfazione di vederlo sorriderle.
 
All’improvviso Gimli si scostò bruscamente dalla donna, stringendo forte al petto l’ascia «Lasciami stare donna e torna al tuo posto» borbottò avanzando a grandi falcate, lasciandola indietro; Miriel sospirò abbassando leggermente lo sguardo per poi riprendere a camminare, mentre il silenzio calò nuovamente ancora più gelido ed impenetrabile dei precedenti.
 
Sapeva bene che più di tutti Gimli faticava ad accettarla in quella Compagnia, troppo fedele a Thorin figlio di Daìn per accettare altre linee di discendenza al trono sotto la Montagna Solitaria; in parte riusciva a comprenderlo ma per un attimo aveva sperato di essere in grado di inserirsi tra loro.
Più volte nelle notti precedenti a quella giornata aveva passato ore a pensare a se stessa e a ciò che il gondoriano aveva detto e spesso era giunta alla conclusione che in effetti egli aveva ragione: lei temeva se stessa e il suo passato più di qualsiasi altra cosa e ciò non le permetteva di andare avanti; così aveva deciso di sciogliersi, almeno un po’.
Ora però che ci pensava bene non vi erano altre linee di discendenza, a chi pensava? A se stessa? Una mezz’Elfo distrutta dalla vita e dal suo stesso essere, sola al mondo e con un flebile scopo che non sapeva esattamente dove l’avrebbe portata.                                                                                                    No, Gimli aveva ragione, la stirpe di Durin era morta con i suoi diretti discendenti di sangue, lei non faceva parte di tutto quello.
E mentre questi pensieri affollavano la sua mente il cielo si fece scuro sopra il loro cammino e, come tutti i giorni, il Sole tramontò.


Angolo autore: ed ecco a voi il capitolo n°4!
So che è passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento, voglio chiedervi umilmente perdono ma dovevo godermi almeno un po' di vacanze e la connessione era davvero lontana nel luogo in cui passavo placidamente spaparanzata le mie giornata.
Anyway, ringrazio tutti coloro che hanno letto i capitoli precedenti e che hanno messo questa piccola ff tra le preferite/seguite, grazie di cuore; vi invito a farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo (e anche degli altri) tramite recensione!✉️♥️
Prossimo appuntamento a GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE!📆
Un bacione😘
Sissi04✨

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Capitolo 5
*** Sosta a Eregion ***


Controllò più volte con la sua vista infallibile che non ci fossero pericoli intorno a quella radura sperduta ai piedi delle Montagne Nebbiose. 
Un tempo quel luogo era stato gioioso e allegro per il popolo Elfico ma ora non era altro che un accumulo di rocce e foglie di pietra, abbandonato perfino dagli animali, dimenticato da Uomini, Elfi e Nani, dimenticato dal mondo. 
Ideale per passare un notte al riparo dalla pioggia incessante senza dar troppo nell’occhio.
 
Da quasi due mesi erano in cammino e le difficoltà del viaggio si facevano sempre più pesanti sulle loro membra stanche, inoltre da almeno dieci giorni la pioggia non cessava di bagnare la terra e loro nemmeno per pochi minuti, continuando a stremarli.
 
Frodo si strinse di più nel suo mantello zuppo d’acqua, cercando invano di scaldarsi, ascoltando distrattamente i discorsi dei suoi compagni.
 «Credo possiamo azzardarci ad accendere un fuocherello questa sera, l’occultamento che grava su questa radura ci proteggerà per un po’» disse Gandalf scrutando il cielo plumbeo, aggrottando la fronte e le folte sopracciglia grigiastre.
 «Oh meno male! Forza Sam, fa scaldare la pentola, muoio di fame» esclamò Pipino, alzandosi per cercare qualche rametto asciutto mentre Merry e Sam si misero a scavare una piccola buca dove creare il fuoco.
 
Si avviò su un lato della radura, pronto ad infilarsi tra gli alti cespugli, quando si sentì afferrare per una spalla e la cosa lo fece trasalire e girarsi con un sussulto.
 «Vengo con te Pipino, non è sicuro camminare soli qua…» mormorò Miriel guardandosi intorno con aria circospetta; svelto il piccolo Hobbit annuì per poi incamminarsi con lei tra le fronde.
 
Camminavano l’uno affianco all’altro, Pipino quasi si divertiva a raccogliere qua e là i rametti grigiastri mentre Miriel lo seguiva in silenzio guardando costantemente attorno a loro guardinga, pronta a difenderli da qualsiasi pericolo si fosse loro presentato dinanzi. 
 «Sai Miriel, non credo ti piaccia molto stare con noi» disse lo Hobbit all’improvviso lasciando l’altra visibilmente confusa e stupita.
 «E perché mai credi una cosa simile Pipino?» chiese dopo alcuni secondi di riflessione, distraendosi un poco dalla sua vigilanza.
 
Il piccolo Hobbit scrollò le spalle continuando a zampettare qua e là, raccogliendo ogni cosa utile per un fuoco per poi passargliele tra le braccia una volta che le sue furono piene
 «Beh, semplicemente non sono stupido, vedo molte cose che non comprendo in questa stravagante compagnia. Ad esempio, perché a parte me e i miei parenti sembrano tutti avere un qualcosa in sospeso con te?» si girò a guardarla e al suo sguardo serio e freddo si preoccupò di aver esagerato e di essere entrato in un territorio di intimità che non avrebbe dovuto nemmeno vedere.
 
Miriel sospirò abbassando leggermente lo sguardo per poi annuire
 «Non ho mai pensato che tu fossi stupido Pipino, e in effetti mi hai capito più tu in un paio di mesi che centinaia di persone in anni…» sospirò nuovamente per poi ridacchiare e dare una spintarella scherzosa allo Hobbit «Non ho nulla di direttamente in sospeso con i nostri compagni, semplicemente, in un’altra vita molto lontana da questa, sono stata un’altra persona ed è quella persona che Legolas cerca; Aragorn invece cerca una persona mai esistita e che lo possa aiutare in qualche modo ad arrivare al fulcro della sua vita; mentre il nostro amico Nano cerca una traditrice da portare in ginocchio davanti al suo re» disse semplicemente lasciando Pipino estremamente perplesso così, notando il suo sguardo confuso, gli raccontò in breve ciò che era stata la sua vita prima di quella avventura, tralasciando alcuni dettagli che scelse di tenere per se stessa.
 
Non avrebbe mai raccontato della morte di Thorin e di ciò che accadde dopo, non avrebbe mai raccontato che nonostante tutto il suo cuore aveva deciso di mantenerla in vita fino a quel momento, non avrebbe mai raccontato… che aveva fallito in ogni cosa avesse tentato di fare dopo quella fatidica battaglia.
 
Lo Hobbit la ascoltò con attenzione e quando il racconto terminò di certo non ne fu sazio e le chiese il perché Gandalf avesse scelto proprio quella zona in cui fermarsi per la notte.
 
 
 «Via libera Gandalf, la valle ci protegge» Legolas fu nuovamente all’interno della radura con un salto agile e scattante, ascoltando i rumori intorno con attenzione; non appena fu certo che l’unico suono fosse il fruscio familiare dei loro amici, si rilassò ed appoggiò arco e frecce contro un tronco d’albero, sedendosi lì accanto.
 
Frodo si ritrovò ad osservare l’Elfo, che chiudette gli occhi come per riposarsi: non aveva mai visto una creatura tanto perfetta ed integra nel suo essere, completa ed imbattibile, eppure da quando lo conosceva gli sembrava come se egli fosse turbato, come se una patina scura rendesse torbidi e poco chiari perfino a lui i suoi stessi pensieri.
 
Scosse la testa, distogliendo la sua attenzione dall’Elfo per concentrarla in qualcosa di altrettanto curioso anche se infinitamente più piccolo.

Non visto estrasse l’Anello, un oggetto così piccolo eppur così prezioso, rigirandoselo tra le mani quasi con il timore di romperlo; non voleva ammetterlo ma ogni giorno ciò che portava al collo lo appesantiva sempre più; non solo le sue membra ma anche la sua mente, facendo correre sfrenati pensieri su pensieri e ciò che più lo spaventava era la natura di questi ultimi.
 
Nulla di grave, lo sapeva, solo qualche desiderio normalissimo come una razione di zuppa più abbondante o un cantuccio caldo almeno per una notte ma che fosse quella sottile fascetta dorata a provocarli in lui lo intimoriva infinitamente.
 
Cercò di farsi coraggio e lo rimise al suo posto sospirando e solo quando i suoi occhi si levarono verso i suoi compagni si accorse che il Gondoriano lo stava osservando per poi distogliere velocemente lo sguardo, facendolo sembrare un’occhiata casuale.
 
 
Quella sera, chissà per quale ragione, erano tutti molto silenziosi, quasi come non volessero disturbare gli alberi morti intorno a loro e fossero tutti intenti a venerare la prima minestra calda che mangiavano da giorni.
Fu come al solito Pipino ad interrompere quel clima con un’espressione curiosa in volto.
 «Perché non raccontiamo qualche storia? Miriel prima è stata così gentile da raccontarmi la leggenda che aleggia attorno a questo posto» tutta l’attenzione si spostò da lui alla donna appoggiata ad un albero, che sgranò gli occhi alle sue parole con una leggera patina di imbarazzo sul viso stanco.
 
 «Ah sì? E cosa ti avrebbe raccontato di così interessante la nostra cara Miriel» chiese allora Gandalf sorridendo divertito, già immaginando ciò che lo Hobbit non vedeva l’ora di sputare fuori come un fiume in piena; Miriel allora scosse la testa lasciandosi sfuggire una risata leggera per poi annuire.
 «Avanti Pipino, racconta pure anche ai tuoi amici» sospirò stendendosi meglio chiudendo gli occhi mentre il piccoletto si alzò in piedi e come un cantastorie iniziò a narrare.
 
 «Questa terra che a piedi abbiamo attraversato per quasi tre giorni un tempo veniva chiamata Eregion dagli Elfi che l’abitavano, mentre per gli uomini e gli altri popoli di Arda essa era conosciuta come Agrifogliere. 
 
Fu qua all’inizio della Seconda Era che, tra l’inganno e la brama di chi riteneva di dover esser più potente di altri, furono forgiati gli anelli del potere destinati ad Elfi, Uomini e Nani; dalle mani stesse di Sauron furono plagiati e pervasi da odio e rabbia e tutto ciò che di male è possibile immaginare. 
 
Tuttavia Celebrimbor, governante di queste terre dopo che i signori di Lothlórien furono costretti ad abbandonarle, nascose i tre anelli elfici prima che l’Oscuro li contaminasse con la sua malignità.
 
Sauron reagì con forza a questo tentativo di ostacolarlo e fu così che si scatenò la guerra tra quest’ultimo e gli Elfi. La regione venne devastata e i suoi abitanti furono costretti ad abbandonarla per rifugiarsi tra le mura di Imladris e Lothlórien.
 
Un’ ultima resistenza di Uomini, i Dunedain, ed Elfi però reagì e Sauron  venne sconfitto e cacciato a Mordor, dove preparò il suo attacco successivo.
Da allora queste terre sono tristemente ricordate per la storia che qua è arsa e per la morte gratuita inflitta per la brama di potere dei popoli tutti» concluse Merry guardando i suoi compagni con fierezza ma un cipiglio alquanto serio che stupì i suoi stessi parenti.
 
Per diversi minuti tutto tacque, facendo udire solo il lento fruscio degli aghi degli alberi dai tronchi grigi e morti mossi da una leggerissima brezza che fino a cui fino a quel momento non avevano fatto caso, nemmeno gli animali notturni accompagnavano la loro serata con il canto, forse non abitavano più nemmeno loro quelle terre.
 
Dopo alcune accortezze prima di tuffarsi nel riposo tanto ambito, si addormentarono tutti nel più totale silenzio, cosa che inquietò molto i loro cuori.


Angolo autore: ed ecco a voi il capitolo n°5!
Il viaggio dei nostri eroi inizia a farsi più pesante, così come i loro pensieri; riusciranno a rimanere uniti tra dubbi, pregiudizi e storie di altre Ere?🤷🏻‍♀️🤔
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate tramite recensione!✉️
Ringrazio davvero infinitamente
-Lone_wolf_08♥️
per l'incoraggiante recensione lasciata al capitolo 1, grazie davvero.
Prossimo appuntamento a DOMENICA 6 SETTEMBRE!📆
Un bacione😘
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Capitolo 6
*** La creatura ***


Dapprima sentì un gelido alito di vento graffiarle la pelle del viso, rabbrividì e si rigirò all'interno del suo pesante mantello cercando di non fare caso a quella fastidiosa sensazione che l’aveva svegliata nel cuore della notte. 
Dopo poco però eccolo di nuovo, aprì leggermente un occhio come una fessura, guardandosi intorno rintontita ed infastidita dalla stessa natura che non la lasciava in pace nemmeno quando si trovava beata tra le braccia di Morfeo.
Rimase in ascolto ma le sembrò tutto normale. Stava per riaddormentarsi quando all'improvviso sentì, forte e chiaro, un fruscio susseguito da un specie di sibilo, come di un animale quando esala l’ultimo respiro prima del profondo ed infinito oblio; d'istinto portò una mano all'elsa di Amdir rimanendo in attesa d’altro.
All’ennesimo rumore sospetto finalmente sentì pronunciare parole in una lingua che non conosceva. Balzò in piedi di scatto sguainando la spada e lo vide, rimanendo come paralizzata. 
 
Era una creatura dall'aspetto fisico di un fauno ma il suo volto era orrendo: più peloso di quello che normalmente caratterizzava quelle creature, piatto sul naso e con la fronte tozza, gli occhi invece erano due fessure da cui riuscì ad intravedere il colore giallastro illuminato dal bagliore fioco delle braci quasi spente del fuoco; aveva, inoltre, due grandi e lunghe corna attorcigliate, circondate fin quasi a metà dai peli castano scuro della testa. A completare il tutto era la coda, lunga e veloce, con la punta tagliente come quella di un pesce che un tempo aveva avuto l’occasione di vedere nel mare a Sud. 
 «Chi sei tu, o per meglio dire, cosa sei e cosa vuoi? Ti consiglio di parlare in fretta a meno che tu non voglia il ferro piantato nella pancia»disse Miriel cercando di fermare il tremore alla mano che la faceva sentire come una sciocca bambina, guardando quell'essere dritto negli occhi.
 «Ah… finalmente sono riuscito a raggiungervi, aveva detto che non sarei stato accolto come benvenuto» disse quello con voce sibilante che infastidii l’udito della donna «in ogni caso il mio nome è Thalos» aggiunse la creatura con un mezzo inchino aprendo le braccia che, Miriel notò solo in quel momento, erano ricoperte simmetricamente da squame di un marrone quasi verdognolo sotto i raggi lunari.
 «Aveva detto? Chi aveva detto?!» chiese Miriel sempre più confusa e turbata dalle sue parole che non comprendeva affatto, non sapendo decidere se quell’essere che aveva dinanzi fosse una minaccia da eliminare o piuttosto una bizzarria da ascoltare.
 «Colui che tutto può Miriel figlia di Athror, egli sorveglia le tue mosse da molto tempo e ha chiesto a me di mandarti un messaggio: se lascerai che il sole tramonti sul tuo cammino la stella di Amandiul cadrà e con essa la speranza per la Terra di Arda e allora non ci sarà più modo di fermare le ombre che chiedono il tuo sangue e quello di molti altri che hanno e non attraversato il tuo cammino» le girò attorno in maniera frenetica, cosa che scatenò una reazione da parte dell’altra, di fatti gli fece uno sgambetto puntandogli la lama alla gola.
 
 «Sai, non mi piacciono per niente i giochetti di parole e le frasi criptiche, inoltre adoro conoscere il mio nemico o amico. A chi appartiene la tua lealtà e il messaggio che porti?» chiese strattonandolo dagli abiti, stringendo i denti per controllare le proprie emozioni e rimanere impassibile nonostante la rabbia.
 «Il suo nome è Kerthal e scoprirai presto cosa egli è in grado di fare se non porterai a termine la missione che per nascita ti fu affidata, non lasciare che l’oscurità della Terra Nera ti sopraffaccia» aggiunse leccandosi un lato della bocca con la lingua biforcuta.
 «Quale missione?!» ripeté urlando esasperata da tutte le domande senza risposta che a poco a poco le stavano affollando la mente.
 «Tempo al tempo figlia del cielo, lo scoprirai nel tuo cammino» sogghignò per poi tramutarsi in un serpente e sparire nella vegetazione.

Rimase per diversi minuti pietrificata a pensare a ciò che quell’incontro potesse significare ma nulla di ciò che quella viscida e infima creatura le aveva sibilato risultava chiaro in lei.
Si guardò intorno e notò sconcertata che nessuno, neppure l’anziano Gandalf o il mai dormiente Legolas, si era svegliato nonostante avesse alzato la voce e agitato il fogliame sotto i suoi piedi; quell’essere doveva aver fatto un incantesimo per occultare le loro parole e suoni, voleva che solo lei avesse quel peso a carico e nessun altro sapesse o potesse aiutarla.
 
Non chiuse più occhio per tutta la notte, vedendo l’alba infiammare le colline brulle delle terre selvagge e il Sole farsi strada nel cielo; istintivamente lasciò scivolare la mano sotto alla sua casacca, stringendo il ciondolo che portava al collo da ormai secoli e che la faceva pensare ad un’unica persona, nonostante tutto.


Angolo autore: ed ecco a voi tutti il capitolo n° 6!
Scusatemi se non ho aggiornato ieri ma me ne sono completamente dimenticata, sono sulla buona strada per il pensionamento precoce😂🙈
Piu che un capitolo vero e proprio della ff è stato più introduttivo per questo personaggio di cui nemmeno Miriel sa se fidarsi.
Spero però che vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate tramite recensione!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto i capitoli precedenti e che mi supportano♥️
Prossimo appuntamento a GIOVEDÌ 10 SETTEMBRE!📆
Un bacione 😘
Sissi04✨

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Capitolo 7
*** Sempre più a Sud ***


Ripartirono non appena tutti svegli e si incamminarono sempre più verso Sud, seguendo la linea delle Montagne Nebbiose, la cui pioggiarella leggera si appoggiava fastidiosa alla pelle scoperta dei loro visi. Intorno a loro, nonostante le prime luci dell’alba colorassero il cielo di un lieve rossore, sembrava esserci acqua, fredda e mossa da leggere onde ricordate dalla brezza che pian piano sarebbe divenuta più calda e sarebbe parsa una carezza, ma che in quel momento non era che pungente.
Miriel continuava a guardarsi attorno, piena di mille domande e dubbi e preoccupazioni, come avrebbe potuto non esserlo d’altro canto? Ancora non riusciva a spiegarsi quale genere di creatura fosse l’essere che le si era presentato la notte precedente, cosa intendesse con quelle parole che l’avevano fatta tremare fino alla base della schiena, ma cosa più importante, se le sarebbe palesato ancora lungo il suo cammino e cosa ciò avrebbe potuto comportare.
Lo aveva detto, da tempo seguiva i loro passi per conto di qualcuno che desiderava conoscere ogni sua mossa, un qualcuno di nome Kerthal e di cui non sapeva assolutamente nulla e la cosa non faceva che irritarla. Esattamente, Miriel figlia di Athror preferiva conoscere ogni dettaglio di ogni potenziale nemico o amico da affrontare verbalmente o con la lama, specialmente se tale soggetto era a conoscenza di ogni particolare su di lei. Pensiero comune a molti, del resto.
 
«State bene mia signora?» chiese d’improvviso il ramingo del nord affiancandola.
«Puoi chiamarmi col mio nome Aragorn, non siamo due sconosciuti, non più, inoltre l’appellativo di “signora” di certo non mi si addice poi molto ormai.» si lasciò sfuggir un leggero sorriso a quella formalità a cui l’amico era tanto attaccato, almeno a primo impatto, «In ogni caso sto bene, sono solo preoccupata, non credo che attraversare il Passo di Rohan sia sicuro come un tempo.» aggiunse la donna osservando i propri piedi allinearsi l’uno di fronte all’altro ad ogni suo passo.
«Lo credo anch’io ma tanto vale fare un tentativo, ormai siamo vicini e nostro primo obiettivo in questi giorni più… beh, tranquilli, dev’essere conservare le forze per quando saremo nei pressi del Nero Cancello. Ho chiesto sulla tua salute perché mi sembri più pensierosa del solito; c’è altro oltre la missione a turbare i tuoi pensieri?» chiese Aragorn con tono calmo nel tentativo di non essere eccessivamente invadente, sapeva perfettamente quanto riservata fosse la donna al suo fianco e di certo non voleva farla chiudere in se stessa ancor di più.
Miriel rise leggermente con tono di voce un po’ arrocchito «Non si può nascondere nulla ai tuoi occhi amico mio… Non è nulla di importante per cui far preoccupare anche voi al momento, nel caso dovesse diventare qualcosa di più allora sareste i primi a saperlo. Non ho più intenzione di lottare da sola se significasse caricare sulle mie spalle la responsabilità della morte di qualcuno a cui tengo» si fermò un secondo ad osservare l’orizzonte e a riprendere fiato per poi riprendere a salire sulle impervie rocce grigiastre e via via sempre più polverose.
 
Si fermarono poco prima di pranzo nello spiazzo di un piccolo altopiano e finalmente poterono tutti sospirare dal sollievo nel sentire scivolare lungo il palato una buona zuppa di verdure bollite che Sam aveva preparato in quattro e quattr'otto; quelle giornate intere di cammino quasi senza riposo e cibo li sfiancavano a dir poco.
Una volta che ebbero le pance piene, Merry e Pipino si alzarono di scatto in piedi, facendo svegliare di colpo il povero Gimli che sperava in un breve riposo da aggiungere a quello notturno e protestò bofonchiando contro la folta barba.
«Perché non ci insegnate ad utilizzare la spada adesso?! Ne abbiamo tutto il tempo prima di ripartire» disse Merry entusiasta guardando principalmente i due uomini, li sentiva più vicini a lui e ai suoi compagni rispetto all’Elfo, perso in qualche andito della propria mente, al Nano brontolone impegnato non più a dormire ma nel consigliare le miglior vie che avrebbero dovuto percorrere, ed infine la donna, Miriel, lei in realtà non gli aveva mai dato occasione per non considerarla sua amica ma lo inquietava alle volte.
 
I due figli di Gondor si scambiarono un’occhiata d’intesa ed infine Boromir si alzò ridacchiando con un profondo sospiro, estraendo al contempo la propria spada      «Va bene piccoletti, vediamo cosa sapete fare» li guardò entrambi divertito ed insieme iniziarono una lenta danza di spade che assumeva un tono quasi comico se si osservavano i due Hobbit inesperti agitarsi come polli per far vedere chissà cosa.
Lentamente il ritmo aumentò e il gondoriano si stupì di dover usare un po’ di forza per parare i continui e sempre più mirati attacchi dei due avversari.
 
Legolas si ritrovò a guardare quell’insolito quadretto, scosse la testa con un leggero sorrisetto e poi si allontanò leggermente camminando sulle rocce di varie dimensioni e forme, stando attento ad ogni cosa attorno a se per captare i possibili pericoli. 
Iniziò poi a saltellare tranquillo da una pietra all’altra senza quasi guardare dove metteva i piedi, adorava la sua agilità elfica, certo cosa comune tra quelli della sua specie, ma speciale se inserita in un contesto esterno alla sua gente.
«Ti gongoli nella tua agilità Legolas Verdefoglia?» chiese con un cipiglio divertito la mezz’Elfo appoggiata ad una roccia piuttosto massiccia, intenta ad osservare ora gli Hobbit ora l’Elfo che si avvicinava man mano a lei.
«Meglio gongolarsi della propria forza che delle proprie debolezze» gli rispose con semplicità estrema Legolas, continuando a scrutare l’orizzonte senza darle la soddisfazione di uno sguardo.
Con un leggero ansito la donna saltò giù dalla roccia, atterrando su due più piccole con i piedi «Beh, a volte sono proprio le debolezze a renderci forti, non credi?» ondeggiò leggermente nel raggiungerlo per poi posizionarsi al suo fianco, scrutando attentamente l’orizzonte e in parte lui con fare più discreto.
Dopo un tempo che parve ad entrambi interminabile ma necessario, Miriel si decise a riaprir bocca «Ciò che hai visto… era il mio passato.» mormorò senza guardarlo «Non riesco a controllarlo, è come se il mio petto ardesse ogni volta ma di una luce oscura che a volte mi spaventa… e a volte mi intriga. 
Mi seduce come la più allettante delle gemme o delle proposte e quando prende il sopravvento… non rispondo più di me.» continuò per poi girarsi verso Legolas guardandolo nei profondi occhi blu che la osservavano con freddezza disarmante.
«Non mi occorrono le tue scuse Miriel, se queste possono essere definite scuse, ma ti avverto di tenere a freno i tuoi istinti; mi dispiace doverlo dire a te che consideravo una promessa di speranza e vita, ma se dovessi mai avere il dubbio che tu possa mettere a rischio la missione… non esiterò ad agire.» rispose l’Elfo con tono deciso che non ammetteva repliche, stringendo tra indice e pollice una minuscola foglia di menta che aveva avuto il coraggio di crescere tra quelle rocce aride.
Quegli occhi neri, pozzi di oscurità e odio, gli avevano insidiato un tale timore nel cuore che andava perfino oltre la sua immaginazione.

La donna sospirò ed annuì, sapeva bene cosa intendeva l’altro e se quella fosse stata l’unica via per fermarsi l’avrebbe accettata di buon grado. 
Prese un respiro come a dire altro ma il suo sguardo si bloccò, come quello dell’altro al suo fianco, puntato sull’orizzonte. 
«Ma quella…» si alzò in piedi tenendosi con una mano sporca di polvere rossastra i capelli improvvisamente mossi da un vento che pareva tutto fuorché naturale, mentre l’altra si appoggiò sulla fronte per proteggere gli occhi dal sole e vedere meglio la strana nube grigiastra che si stava avvicinando velocemente a loro.
«No, non credo sia una nuvola, presto!» anche Legolas si alzò di scatto e corse di scatto verso gli altri «Trovate un riparo! Non è una nuvola, sono uccelli servi di Saruman.» disse nascondendosi tra alcuni cespugli, imitato da tutti i compagni.
Miriel rimase imbambolata ad osservare la nube sempre più vicina e nitida, arretrando giusto di qualche passo ma finendo per scivolare e cadere col sedere tra le rocce. Sicuramente servi di Saruman, pertanto di Sauron, l’unico ed oscuro signore di Mordor, perché non chiamarli dopotutto? Non poteva uccidersi, non volontariamente almeno, non sarebbe riuscita per il semplice motivo che una parte di lei non voleva minimamente morire, ma se li avessero presi… l’intera Terra di mezzo sarebbe morta o costretta in catene. Che senso aveva ancora vivere? Che senso aveva preoccuparsi o sacrificarsi per gli altri? Meglio lasciarsi trasportare dalla corrente, era stanca di vivere e solo in quel momento vide quanto effettivamente quella missione fosse un’occasione per farla finita.
Si ritrovò a pensare a questo mentre lentamente arretrava aiutandosi con mani e piedi verso gli altri, ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti.


«Vieni qui, dannazione!» Aragorn afferrò Miriel per una caviglia e la trascinò sotto una roccia con se, stringendola contro il suo petto il più possibile per tenerla riparata sotto quel cunicolo, aspettando con il cuore a mille che lo stormo passasse sopra le loro teste.
Rimasero in ascolto per lunghi minuti ed infine sospirarono di sollievo quando li videro allontanarsi verso Sud.
«Il passo a Sud è sorvegliato Gandalf, non possiamo sperare di attraversarlo non visti e l’Agrifogliere non è più un luogo sicuro.» disse Aragorn strisciando fuori dal buco, rialzandosi e pulendosi dalla polvere per poi lanciare uno sguardo indecifrabile a Miriel che continuava a non distogliere lo sguardo da un punto fisso, come ipnotizzata.
«Concordo, se prendessimo il passo di Caradhras la via sarà sicura e fuori dalla portata delle creature del male.» disse Legolas aiutando Frodo e Sam a rialzarsi.
«Invece di prendere la via delle montagne potremmo prendere l’altra via, quella al di sotto e segreta.» propose Gimli risvegliando dal suo torpore Miriel, che lo guardò con occhi sbarrati, quel luogo non era più da lunghi anni quello di un tempo.
«Il male dimora in quelle gallerie Gimli, non le prenderemo a meno che non sia strettamente necessario.» ribatté Gandalf adombrandosi al solo pensiero di cosa si annidiasse nella seconda via per attraversare le Montagne Nebbiose.
Così fu deciso, una volta pronti, si incamminarono verso il passo tra le montagne, ignari di cosa sarebbe accaduto di li a poco.


Angolo autore: ecco a voi il capitolo n°7 (finalmente)!
Perdonate la rinnovata assenza lunghissima ma, tra io che non ero per niente convinta di questo capitolo e l'università che mi ha impegnata fino a pochi giorni fa, non ho avuto davvero tempo e a dirla tutta voglia di mettermi a scrivere. Shame on me.🥺
Spero comunque che qualcuno sia ancora interassato a questa ff senza pretese e vi invito a farmelo sapere!
Alla prossima😘
Sissi04

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Capitolo 8
*** Sola ***


Man mano che la cima innevata ed arrossata dal tramonto si avvicinava, i suoi pensieri si facevano sempre più torbidi ed incerti.
Non riusciva a spiegarsi perché, alla vista di quei corvi oscuri, servi dell’Oscuro Signore di Mordor, il suo istinto fosse stato quello di attenderli e chiamarli, avvertirli in qualche modo che il loro premio era li, tra quegli arbusti.
Il seme dell’insicurezza si insidiò in lei e più i pensieri si concentravano sulla missione e sull’Anello più il suo cuore andava in tumulto; sentiva il ritmo sordo di quel piccolo tamburo che si ritrovava ancora nel petto invaderle le orecchie, cancellando quasi ogni altro suono circostante. 

Anche per questa ragione non si accorse che Aragon l’aveva affiancata «Miriel, vuoi spiegarmi cosa ti è preso prima? Eri come pietrificata, se ti avessero vista ci avrebbero scoperti, non possiamo permetterci errori di questo genere.» mormorò piano l’uomo per non far udire quelle parole anche ai loro compagni, meglio non allarmarli inutilmente, pensava.
«Smettila di farmi la ramanzina ramingo, sono su questa terra da molto più tempo di te e ho affrontato imprese che nemmeno nei tuoi sogni più sfrenati raggiungeresti ad immaginare.» ribatté quasi con cattiveria Miriel guardandolo con un’insolita ed inspiegabile rabbia.

«Il mio non voleva essere un rimprovero ma solo un consiglio. Se tieni alla riuscita di questa impresa ti consiglio di porre da parte i tuoi pensieri.» a queste parole la donna lo afferrò all’improvviso per il bavero della casacca e lo sporse sul precipizio al loro fianco, facendo così arrestare gli altri e puntare su di loro sguardi confusi.

Subito Aragorn cercò di mantenere l’equilibrio, afferrando con forza le sue braccia e puntellando i piedi per non cadere; non appena fu un minimo stabile, il suo sguardo si inchiodò in quello dell’altra, come a cercare di leggervi cosa passava per quella mente.
«Credi che sia stupida? Che non sappia che l’unica cosa che bramate tutti è la luce della mia stella?! Beh ti delucido su questo punto» Miriel strinse di più la presa sporgendolo ulteriormente «Sono io la padrona di quella luce, io la padrona del mio cuore, io decido cosa sia meglio per me e me soltanto, non sarà certo un insulso umano a darmi ordini!» via via che parlava i suoi occhi divennero sempre più scuri, dentro di se sapeva di star esagerando e perdendo il controllo, ma non le importava, talmente era incontenibile la rabbia che sentiva crescere ogni secondo nel suo petto.

Fu a quel punto che Gandalf decise di intervenire, tirando una bastonata alla mano che teneva il ramingo, facendo aggrappare quest’ultimo all’altra estremità del bastone, per poi guardarla severamente.
«Non avrei mai creduto che tu potessi parlare in questo modo Miriel figlia di Athror, ti consiglio di tenere a freno la lingua o le tue speciali abilità non saranno di aiuto alcuno.» detto ciò lo stregone si allontanò e lentamente la compagnia riprese la sua marcia, lasciando la donna sola con i suoi pensieri e i sensi di colpa che già avevano iniziato a divorarla nell’istante in cui quel fuoco indomabile di collera aveva iniziato a scemare.
 
Camminarono per l’intera giornata fino a raggiungere le pendici del monte enorme che incuteva timore a tutti con la sua immensità.
«Ci accamperemo qui per la notte, non voglio rischiare di viaggiare con il buio per queste terre.» disse Gandalf guardando i pendii con la fronte corrucciata, sempre la stessa espressione che assumeva quando aveva qualcosa d’importante per la mente; la proposta fu accolta con un sospiro da tutta la compagnia, che finalmente poté ristorarsi.

Miriel fu la sola ad allontanarsi, non riusciva ad accettare ciò che era accaduto quella stessa mattina e non con uno sconosciuto, ma con un amico. Un amico!
Calciò con forza una pietra, che cadde dal dirupo, per poi sedersi con la testa tra le ginocchia tirandosi i capelli. 
Per un solo attimo aveva sperato che fosse il passato, che quella fame e sete di sangue, di potere, che quella rabbia odiosa fosse una parte oscura di lei che pian piano aveva imparato a dimenticare; invece no, era ritornata prepotentemente a galla, rispingendo lei sott’acqua. 
Aveva imparato a vedere il suo conflitto interno come un mare, spesso in burrasca e buio e freddo. Oh, quanto avrebbe desiderato che fosse diverso.
 
Sam sospirò pesantemente guardandosi intorno con un’espressione preoccupata; ormai erano trascorse due ore da quando Miriel si era allontanata, la notte era arrivata velocemente e quel luogo in generale non sembrava sicuro.
«Non dovremmo cercarla Gandalf? Potrebbe essere in pericolo.» disse infine allo stregone che sembrò ridestarsi dallo stato di intorpidimento in cui il fumo lo aveva avvolto; difatti si guardò intorno sbattendo più volte le palpebre.
«Vedi caro Sam, Miriel ha bisogno di schiarire i suoi pensieri e di calmarsi, ogni tanto ognuno dovrebbe farlo, stare per conto proprio, aiuta a liberare la mente. 
Se è la sua incolumità che ti preoccupa ti consiglio di dormire tranquillo, la nostra amica ha passato diversi anni in queste terre, non mi stupirei che ne conosca pietra per pietra» detto questo Gandalf ritornò a fumare e tutto il resto della compagnia sembrò rilassarsi.

Tutti tranne Aragorn.
Aveva conosciuto Miriel in un’occasione alquanto bizzarra e di certo sapeva ben riconoscere quando lasciava che quella parte malvagia del suo essere prendesse il sopravvento, tuttavia non riusciva ad essere arrabbiato con lei.
Non comprendeva a pieno la sua sofferenza ma poteva immaginare cosa significasse portarne il fardello, in qualche modo assomigliava al suo.
Entrambi soli al mondo.
Fu tentato di andare a cercarla, più volte si alzò in piedi per poi ritornare a sedere a fumare, assorto fra i suoi pensieri e dubbi.
 
Erano passate ore ormai dall’ultima volta che aveva visto i suoi compagni, il suo stomaco aveva fame ma non vi badò, la sua bocca era arida ma non era quella la sua priorità al momento.
Si sentiva terribilmente in colpa ed era indecisa sul da farsi, sul modo più adatto per chiedere scusa ad Aragorn e a tutta la compagnia, e soprattutto a Legolas; quello stupido Elfo ancora non aveva perso del tutto le speranze con lei, anche se tentava in ogni modo di non darlo a vedere, probabilmente per orgoglio, pensò Miriel.

Totalmente immersa nei suoi pensieri, venne riscossa da un tocco gentile sulla spalla, si voltò e la sua mente abbandonò subito il volto del ramingo di cui era tanto amica, rimpiazzandolo con quello di Boromir di Gondor.
«Perdonami mia signora, è da ore che sei qua sola e pensavo fosse il caso di portarti almeno la cena.» disse l’uomo porgendole un piccolo fagotto con un po’ di pan di via e un frutto; Boromir la osservò negli occhi per pochi istanti per poi sedersi al suo fianco.

«Grazie Boromir, sei gentile» mormorò l’altra accennando un sorriso per poi iniziare a mangiare sospirando.
«Non sentirti in colpa per ciò che è accaduto, è qualcosa che va al di la delle tue forze e, anche se sei in grado di controllarlo, non puoi pretendere di frenarlo sempre.» la guardò mangiare mentre si strofinava le mani per riscaldarle dal gelido vento dei monti intorno a loro. 

La donna rise e scosse la testa, giocando con una formica salita sul suo stivale
«Vedi Boromir, per quanto tu voglia essere utile e consolarmi, non potrai mai capire ciò con cui convivo giorno dopo giorno e…»
«Invece posso» la interruppe l’altro all’improvviso guardandola negli occhi «Gimli mi ha detto ciò che raccontano di te ad Erebor e, devo dire, che la maggior parte delle storie sono fandonie o già le sapevo. Ti senti debole, smarrita, vorresti aiutare ed essere di nuovo quella di un tempo ma non riesci a convivere con la parte più sfrenata del tuo essere, proprio come me…» prese un respiro profondo e proseguì «Vedi quella parte che ti rende unica come qualcosa di sbagliato e che in qualche modo ti riporta alla mente Thorin Scudodiquercia…» a quel nome la donna si irrigidì e Boromir lo notò ma preferì proseguire «Forse però dovresti accettare tutto questo… Hai mai pensato che se lo accettassi e ti lasciassi trasportare forse avresti più controllo?» le chiese con un tono di voce basso di cui Miriel si stupì.
«Molte volte ci ho pensato e provato Boromir di Gondor, ma nulla ha mai funzionato. Quando persi Thorin e tutto ciò che rimaneva della mia famiglia il mio cuore andò in frantumi. Lui era il mio punto fisso, la mia ancora, l’unica cosa che aiutava il mio spirito a rimanere equilibrato… e alla sua morte sono andata completamente fuori controllo. Ho sempre pensato che fosse stato Thranduil, il padre di Legolas, a risvegliare quella cosa ma la verità era che io l’avevo voluto.» disse per poi ridere amaramente «Beh, più che io, la parte del mio essere che sa di essere ancora viva per una ragione. Tu potresti mai accettare tutto questo?» si girò e lo guardò negli occhi marrone ramato, li trovò interessanti ora che li osservava con attenzione «Perdere tutto ciò che conosci ed eri, te stesso e la tua famiglia e ritrovarti solo a vagare per un vasto mondo che non senti più tuo ma non riuscire ad ucciderti perché sai, dentro di te, che se sei vivo non è stato solo il fato a salvarti ma qualcosa di più grande, molto più grande, e ti senti in dovere di portare a termine la tua missione, il tuo scopo… Riusciresti mai a convivere con questo?» il discorso che aveva appena pronunciato l’aveva talmente tanto infervorata e riempita di emozioni che in quel momento quasi ansimava, e una pallida luce veniva emanata dalla sua pelle, colpendo il gondoriano dritto nel cuore e nella mente.

Boromir scosse la testa senza staccare gli occhi da quelli dell’altra «Non potrei mai vivere così… ma non ti lascerei mai sola io.» mormorate quelle parole, l’uomo avvicinò di scatto il viso al suo e, prendendole il mento, la baciò con una certa foga.

Miriel sgranò gli occhi e per alcuni secondi non riuscì a muoversi nemmeno di un millimetro, poi sentì una grande rabbia montarle nel petto; era solo quello che aveva portato il suo tentativo di apertura con qualcuno di totalmente estraneo alla sua vita?!
Si scostò di scatto e si alzò, togliendosi di dosso le mani che l’uomo stava già posando attorno alla sua vita, guardandolo poi dall’alto al basso furiosa.

«P-perdonami Miriel io credevo…» Boromir tentava di pensare a mille giustificazioni ma ognuna di esse non gli sembrava che una banale scusa da sprovveduto; per un secondo aveva creduto di averla in pugno, se solo fosse riuscito a portarla dalla sua parte forse non gli sarebbe servito l’Anello per difendere la sua casa, ma ora non ne avrà più occasione.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un pugno che lo colpì in pieno volto, facendolo urlare ed imprecare dal dolore, mentre un leggero rivolo di sangue gli fuoriuscì dal naso.
«Sei solo una pazza! Che ti salta in mente?!» urlò furioso l’uomo piegato in due nel tentativo di fermare il sangue, ma i suoi capelli vennero bruscamente afferrati.

«Non osare sfiorarmi ancora anche solo con un dito, o ti prometto che sarà l’ultima volta che vedrai il mio viso.» mormorò la donna seria come la morte per poi lasciarlo con una spinta e allontanarsi nel buio della notte.

Lentamente e con la consapevolezza di essere stato uno stolto a credere che potesse essere così facile entrare nel cuore di una donna a cui il cuore sembrava fosse l’unica cosa che mancasse, Boromir tornò dai suoi compagni con il sangue secco vicino al naso; si sedette con un grugnito rabbioso e sconfitto per poi incrociare gli occhi dell’Elfo, che lo osservava rigido e freddo come al solito, non vi badò e si stese dal lato opposto per tentare di dormire.

 
Frodo si girava e rigirava nel mantello nel tentativo di trovare il sonno, ogni giorno si faceva più difficile; aprì piano un occhio e si guardò intorno, stavano tutti dormendo ad eccezione di Aragorn che era di guardia, tutto sembrava tranquillo.
Sospirò piano e richiuse gli occhi, tentando di riprendere sonno, quando all’improvviso sentì un urlo stridulo vicino, estremamente vicino.
Tutta la compagnia saltò in piedi e subito a quell’urlo se ne aggiunsero tanti altri.
«Presto! Rimanete uniti e imbracciate le armi.» esclamò Gandalf con la sua spada in una mano e il bastone nell’altra; subito tutti lo imitarono e si strinsero intorno a lui.

Frodo estrasse la sua lama, Pungolo, e osservò con terrore il colore bluastro che aveva preso; pochi secondi dopo, da dietro le rocce polverose, spuntarono una ventina di Orchi armati fino ai denti.
Legolas e Aragorn incoccarono le frecce e ne uccisero alcuni ma lo scontro fu inevitabile. 

Tutti combattevano per difendere Frodo e l’Anello e lo Hobbit lo sapeva bene, tuttavia non volle tirarsi indietro e con un urlo si gettò coraggiosamente contro un Orco, conficcandogli Pungolo nella pancia tra le urla assordanti della creatura, subito Samvise gli fu dietro e con un colpo di padella atterrò l’essere.

I due amici si sorrisero per poi stringersi a Merry e Pipino, osservando i loro compagni combattere contro gli ultimi Orchi rimasti.
D’improvviso un altro urlo squarciò la notte, non era di un orchetto, no, proveniva dalla gola di Boromir, che Frodo vide rantolare intento a tenersi il braccio disarmato; l’arma dell’Orco fece per calarsi su di lui con forza, ma un’altra si contrappose fermandola.

Velocemente, la lama che si era posta tra le due sfregò sull’altra con un suono metallico, facendo poi alzare entrambe al cielo, ma con uno scatto la nuova arrivata si abbassò e taglio da parte a parte la testa dell’Orco, il cui corpo cade ricurvo in avanti senza vita.
Miriel osservò alquanto soddisfatta il suo operato, senza degnare di un singolo sguardo l’uomo che aveva appena salvato; quando anche l’ultimo nemico fu trafitto da una freccia di Legolas, i compagni si guardarono tutti tra loro, ma lo sguardo del portatore dell’Anello era puntato sulla mezz’Elfo.
Gli occhi in genere di un color verde spento erano divenuti neri come la pece, come se la sua stessa pupilla si fosse dilata a tal punto da ricoprire tutto il resto.
Lo Hobbit aveva ancora lo sguardo putato su di lei quando la donna con fare nervo, quasi eccitato, si portò la lama della sua stessa spada alle labbra e ne lecco via parte del sangue nero appiccicato sopra.
Quel gesto così macabro non balzò solo allo sguardo dello Hobbit, tutta la compagnia si trovò ad osservarla, eppure nessuno disse nulla, c’era solo silenzio.

Fu proprio la donna in questione a proferir parola «Ebbene?» guardò ognuno di loro mentre passava un vecchio panno strappato sulla sua spada per pulirla «Avete intenzione di rimanere qua ancora per molto? Questo branco di Orchi sicuro non è solo, conviene affettare il passo, e farlo subito».
Nessuno osò ribattere a ciò che Miriel aveva appena detto, raccolsero rapidi tutte le loro cose e se le rimisero in spalla, riprendendo a camminare quando il Sole nemmeno accennava a comparire.

Per un attimo, prima di mettersi in testa al gruppo come ogni giorno da mesi, Gandalf incontrò lo sguardo di Miriel; non disse nulla, si limitò solo a guardarla, poi iniziò a camminare, lasciando l’altra indietro con i suoi pensieri. 


Angolo autore: ed ecco a voi il capitolo n°8!
Beh che dire, ricco di avvenimenti direi e abbastanza lungo (credo sia il più lungo che io abbia mai scritto finora tutta sola, sono più tipa da cose "brevi"). 😱😂
Spero vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate.✉️
A prestissimo!😘
Sissi04✨

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