Ragazzi normali-Stalia AU

di PhoeBeSound
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eichen House ***
Capitolo 2: *** Il gruppo ***
Capitolo 3: *** Momenti (non sono tutti piacevoli) ***



Capitolo 1
*** Eichen House ***


Devo fare una piccola premessa:
Inanzi tutto la storia verrà scritta man mano, quindi alcune caratteristiche della storia non sono sicure (es. per ora ho messo coppia Het, ma andando avanti potrei inserire anche altri tipi di coppia).
I personaggi sono ispirati, ovviamente a teen wolf, ho messo OOC ma alcune caratteristiche rimangono, per certi in parte, per altri completamente.
Il luogo (Eichen) e i personaggi non presi da teen wolf, sono ispirati a luoghi e fatti reali: Eichen è ispirata totalmente (regole, attività e aspetto) a una comunità per giovani e adulti, con lievi aspetti di un'altra comunità per ragazzi; mentre i personaggi (ad esempio Marcelle) a persone reali che ho conosciuto in questo ambito, tranne Violet che è puro frutto della mia fanatasia.
L'accenno ai segni zodicali si riferisce ai veri segni dei personaggi, annunciati da MTV suelle varie piattaforme, quindi Stiles è davvero dell'8 Aprile (Ariete), Malia del 28 Novembre (sagittario) etc...

Buona lettura, spero possa piacere:)


 

RAGAZZI NORMALI- Stalia.
 

Si guardò attorno, curioso, lo studio era abbastanza grande per essere uno studio ed era talmente pieno di oggetti da non riuscire a notarli tutti. Guardò avanti a sé, sulla scrivania vi erano altri soprammobili: piantine finte, quaderni, penne in una tazza, il computer… avrebbe voluto vedere bene anche quello, e poi la targa argentata: “Dott. A. Deaton”. Era tutto perfettamente in ordine, il che, assieme alle pareti color avorio, gli trasmetteva una sensazione di intensa tranquillità. 

Si voltò infine alla sua sinistra, dove suo padre lo osservava leggermente accigliato; si chiedeva come il figlio potesse sembrare, e probabilmente essere, così maledettamente calmo, data la situazione e il luogo.

Stiles Stilinski stava per passare un lungo e intenso periodo nell’istituto psichiatrico di Eichen House, la miglior clinica per giovani dai 14 ai 21 anni, il perché era ancora un argomento a cui lui rifiutava di pensare.

Nonostante ciò, non era assolutamente agitato, era sempre stato dell’idea di voler staccare un pò dalla solita routine, in più, il posto era bellissimo e lui amava le cose belle; quindi no, non era agitato, era esaltato. 

Andrà tutto bene pa’” gli poggiò la mano sulla spalla, sorridendogli rassicurante e l’uomo si rilassò un poco, Stiles era così, non pensava, non rifletteva… non prendeva seriamente il fatto di essere ricoverato, probabilmente la vedeva come un viaggio; ma proprio perché lo conosceva sapeva che sarebbe durata poco: sarebbe stato lì giorni, anche settimane, e poi avrebbe capito che non era una vacanza e sarebbe voluto tornare a casa,  lamentandosi e irritandosi.

Era uno dei motivi, per cui era lì, su quella sedia, deve stare meglio, deve stare bene, pensava Noah, suo padre, cercando di convincersi che l’assenza di suo figlio era per una buona causa, la sua salute.

Stiles era malato, che strano da dire…

Lo vedevi, fisico normale, viso normale, movimenti normali; ma era la testa il problema, quello che aveva dentro la testa. Ed era quello il punto, non lo definivi malato se non sapevi che lo era, soprattuto per il fatto che era una malattia senza nome, per ora: disturbo di personalità non altrimenti specificato.

E Noah sapeva come funzionavano quei disturbi, potevano essere anche più di uno, e se era uno, uno soltanto, comprendeva milioni di modi diversi di comportarsi: se hai il mal di pancia, hai male alla pancia, magari con problemi nell’andare di corpo, ma se avevi il disturbo di Stiles allora eri stressato, irritato, nervoso, irascibile, insonne, terrorizzato, traumatizzato.

E molte altre cose, che nemmeno poteva definire con un nome preciso al momento.

Il dottor Deaton fece il suo ingresso nello studio, con un mazzetto di fogli in mano e un sorriso caloroso ma abbastanza compassionevole. 

Mosse il capo in segno di saluto e si accomodò sulla sedia rossa davanti alla scrivania che li divideva. 

Quella sedia stona in mezzo all’avorio, pensò Stiles infastidito, magari gliel’ha regalata una persona importante e non la vuole cambiare, portò una mano a sostenere la testa, non credo, bastava tenerla da un’altra parte, si ricompose, stai zitto e concentrati su cosa dicono diamine!

Il dottore gli rivolse un sorriso gentile, poi afferò un documento e lesse: “allora, Miecz… Mieczysla…” lo guardò un attimo portando poi nuovamente lo sguardo sul foglio.

“Mieczyslaw” disse il padre accennando al foglio, strofinando le mani agitato, stava cercando di nasconderlo, doveva essere forte per il figlio, ma era molto difficile.

“Stiles” si intromise subito il giovane portando una mano avanti “mi chiami Stiles, è più facile, corto e molto più bello secondo me” racchiuse le mani poggiandole sulle gambe e annuendo con convinzione; Deaton annuì lasciando il foglio da parte e assumendo uno sguardo più serio: “Eichen House è una struttura valida, non lasciatevi impressionare da psichiatrica, non è un manicomio-“

“Sono chiusi dal ’78” disse Stiles soddisfatto, doveva fare una buona impressione. Aveva studiato per andare lì, ore di cultura generale: nuova vita, nuovo Stiles, e quello Stiles era quello intelligente e acculturato, proprio come Lydia Martin.

Lydia.

Deaton gli sorrise nuovamente, ignorando il suo sguardo improvvisamente perso: “gli psichiatri, o gli psicologi, non si occupano solo di pazzi” si rivolse a Noah in particolare, come per rassicurarlo che suo figlio aveva solo alcuni problemi, non era matto e lui lo ringraziò mentalmente per questo.

“Siamo qui per capire meglio la situazione…”

Se divento davvero intelligente, Lydia sicuramente mi apprezzerà di più, magari mi amerà.

… potrebbero volerci mesi come anni per la riabilitazione…”

Ti conosce, sa che lo stai facendo apposta, sarebbe inquinate, e poi sta con Jordan.

“…e non aspettatevi una data di scadenza, quando starà meglio potremo decidere…”

Ma poi, non ti era passata?

Si, ma sono stufo di essere quello single e vergine del gruppo e sicuramente non mi interesserò alla ragazza di Scott, quindi lei va bene.

…uno dei nostri educatori vi porterà alla stanza…”

Quindi sei solo disperato? Non è giusto nei suoi confronti!

“… vi illustrerà il programma e…”

Ma no, mi piaceva davvero, ma mi ignorava sempre! Questo, non è giusto! Cosa gliene importa a lei di come e perché mi-

“Figliolo tutto bene?” Alzò lo sguardo, suo padre lo guardava in un accigliata preoccupazione, con una mano posata sul suo braccio, mentre Deaton gli rivolse una carica di comprensione e Stiles fu felice di sentirsi capito e non doversi spiegare.

Successivamente il dottore premette un pulsante sulla tastiera del telefono fisso e vi si avvicino per parlare: “mi può chiamare un educatore? È arrivato il nuovo utente”. Nessuno rispose e Deaton tornò a guardarli, scrivendo qualcosa su uno dei precedenti fogli.

Utente? È peggio del tuo nome di battesimo! TI prego digli che siete nel 2021 e non nel ‘33 in un campo nazista.

Porse i fogli all’uomo, indicando uno spazio vuoto sotto alla scritta “genitore o chi ne fa le veci”, Noah guardò il dottore che ore gli porgeva una penna, poi guardò Stiles che gli sorrise incoraggiante e infine sospirò, scrivendo il suo nome sulla carta.

 

 

La clinica era davvero stupenda, sembrava quasi un college! Era una grande struttura divisa in tre parti, due zone per i maggiorenni e una per i minorenni, anche se, in alcuni casi, i minori rimanevano nella loro area fino ai 21, così aveva spiegato l’educatore che li stava accompagnando.

Ogni area aveva una sua equipe di psichiatri, psicologi ed educatori e un suo nome, riferito a tre delle stagioni annuali: Autunno e Inverno per gli adulti e Estate per i minori.

La cosa davvero entusiasmante però, oltre all’enorme giardino, erano la palestra e la piscina, era proprio come i migliori hotel di lusso!

Raggiunsero una grande porta color corallo, con varie scritte sbiadite e un foglio colorato in alto a destra che recitava il nome: “L I A M” e vari disegni di omini sullo skateboard e altre cose molto swag, Stiles rise tra se, quella parola lo divertiva; leggendo bene notò altre scritte ad accompagnare il quadretto, appena sotto al nome ma molto più in piccolo “e Theo, ma a nessuno interessa” e un altra ancora “ah ah ah, sei simpatico come un pugno sul naso”.

Il ragazzo schiuse leggermente le labbra e osservò il centro della porta, una targhetta oro di forma ovale segnava il numero 24.

È il mio numero a Lacrosse! Deve essere per forza un buon segno!

Piantala di collegare ogni cosa, è un caso…

Sbuffò, doveva sempre rovinarsi tutto!

“Bene, è arrivato il momento dei saluti” disse l’educatore, era un uomo alto e robusto, con una folta barba nera e zero capelli, eppure sembrava giovane, a descriverlo poteva sembrare un tipo burbero ma si vedeva subito che era un orso buono, con gli occhiali squadrati davanti agli occhi gentili e rilassati. “Purtroppo non è permesso l’ingresso dei visitatori nelle stanze, per la privacy degli altri utenti”.

Utenti, detestava quella parola.

Noah sorrise comprensivo e si voltò verso suo figlio, posandogli entrambe le mani sulle spalle, “impegnati e comportati bene, ce la farai figliolo”. Gli baciò la testa, scompigliandogli i capelli, voleva essere forte, doveva essere forte per lui, eppure gli veniva solo da piangere; probabilmente Stiles se ne accorse, perché lo strinse con tale forza da fargli mancare il respiro. 

“Andrà tutto bene pa’, te lo prometto” si staccarono e si guardarono qualche secondo, volevano crederci entrambi; poi l’educatore, gli sembrava si chiamasse Marcelle, si intromise, cercando di non rovinare troppo il momento: “accompagno tuo padre all’uscita, poi dovremo controllare la valigia, alcune cose qui non sono consentite” gli sorrise e si incammino seguito da Noah, che si voltò ancora una volta cercando di trasmettergli tutto l’amore del mondo con uno sguardo e infine sparirono all’angolo del corridoio.

 

 

In camera non c’era nessuno, eppure dal disegno sulla porta si capiva il contrario.

Ma non vedi che casino? Semplicemente non sono qui ora, ragiona perdinci!

Alzò gli occhi al cielo, annoiato dal suo stesso atteggiamento e posò la valigia blu sull’unico letto in ordine e, di conseguenza, libero.

La camera era sulla tonalità dell’arancione, ma lui avrebbe preferito un blu tenue o avorio, come lo studio del dottore: l’arancione lo agitava, gli trasmetteva troppa energia, esuberanza… e lui ne aveva già troppa. Anche le coperte dei letti erano su quella tonalità, con le lenzuola bianche, ben visibile dai letti disfatti avanti al suo. Sulle pareti c’erano vari poster di band, forse rock, skateboard e giocatori d Basket e Lacrosse; un filo di luci ormai consumate e un cartello bianco neon con delle lettere che formavano “get out of my way” simpatici, iniziava bene…

Non li conosci ancora per dare un giudizio…

Scosse la mano davanti al viso, per scacciare qualsiasi tipo di pensiero, e intanto la porta si spalancò.

“Sei un idiota, non funzionerà mai!” Il ragazzo dal fisico atletico, che sembrava aver usato troppo gel per capelli, gli dava le spalle, coprendo l’altro ragazzo a cui mostrava le braccia alzate in un gesto esasperato.

“Perché?!” Iniziò a dire l’altro “non mi sembra così difficile, ci intrufoliamo e prendiamo, non era nemmeno da pianificare!”

L’atletico sbuffò: “non è quello, pensaci un’attimo, credi davvero che Mal accetterà di fare da palo? Lei vuole agire, attaccherebbe con la storia del patriar-“

Si interruppe nel sentire tossicchiare: Stiles era stufo di essere ignorato, non appena gli prestarono attenzione si schiarì la gola: “Potrebbe farlo uno di voi il palo, se Mal non vuole” strinse le labbra, sorridendo impercettibilmente.

I due si guardarono con sguardo complice, nemmeno a loro piaceva essere il palo, ma forse a qualcuno di nuovo sarebbe andato bene.

 

 

Scoprì che il ragazzo atletico era Theo, mentre Liam era quello meno muscoloso, ma comunque in forma, con i capelli castano chiaro abbastanza lunghi e due occhi di un azzurro acceso.

Lo avevano ingaggiato per un attentato alle cucine quel pomeriggio, e a lui andava bene, non ci aveva nemmeno parlato per più di due minuti, ma doveva comunque trovare un modo per socializzare.

I ragazzi acculturati fanno i criminali?

Gli sorse il dubbio, ma lo scacciò nuovamente.

Poco prima la conversazione con i nuovi compagni di alloggio era stata interrotta da Marcelle, che gli aveva sequestrato il telefono, il portatile, i prodotti infiammabili (compreso il deodorante) e qualsiasi cosa in vetro, persino gli specchi. Gli aveva poi spiegato che, le cose necessarie, come profumi, collutorio e simili sarebbero stati tenuti in una specie di magazzino, in cui a certi orari era possibile andare per ritirare i determinati oggetti che dovevano essere riportati entro una certa ora finito l’utilizzo, mentre per i dispositivi elettronici, li avrebbe potuti usare dopo una valutazione e non prima di due settimane (comunque durante certi orari), stesso tempo di attesa delle chiamate a casa, che avvenivano in seguito, seguendo un calendario stabilito, nello studio del proprio educatore dal telefono fisso.

Gli educatori per l’area Estate erano due, ci si poteva rivolgere ad entrambi, ma nei giorni seguenti all’ingresso, ne veniva scelto uno di riferimento per ogni singolo, quindi, attualmente, Stiles non era ancora sotto alcuna ala protettiva.

Le giornate erano caratterizzate da colloqui, gruppi, tempo libero e, ovviamente, i pasti e per il primo mese non avrebbe potuto ricevere visite, che di solito avvenivano nel weekend. Per quanto riguardava i rientri a casa, se ne sarebbe parlato più avanti.

Attualmente passeggiava per la struttura, guardandosi attorno, non pensava che sarebbe mai riuscito a vederla tutta.

Camminò per i vari corridoi, controllando tutte le porte allegramente decorate: Andrew, Matheo, Tom, Sarah, Lucrecia, Anne… si soffermò su un foglio che attirò la sua attenzione: Malia Hale, e appena sopra alla scritta cancellata vi era: MallyMally :), subito gli vennero in mente le parole di Theo, credi davvero che Mal accetterà…, doveva essere per forza lei, nessun altro nome sulle porte poteva collegarsi al discorso del ragazzo.

È davvero un bel nome.

A quanto sembrava era assieme a una certa Violet ed era la stanza numero 8.

Io sono nato l’otto!

Non ti sarai mica già preso bene per una che nemmeno hai mai visto!

Ha sola un bel nome…

“Basta!” Mormorò per far tacere i pensieri. Non era parte di un suo possibile disturbo, semplicemente si era abituato così tanto a parlare tra sé da prenderci troppo l’abitudine, o almeno così sperava.

Proseguì, passando dalla lavanderia che era allo stesso piano del magazzino accennato da Marcelle e altre due stanze etichettate: gruppo convivenza e gruppo terapeutico. Non erano le uniche stanze così della struttura, ve ne erano altre come: movimento creativo, arteterapia, teatro… e quelle degli psicologi ed educatori nello stesso corridoio dell’entrata per la palestra e per la piscina.

Si ritrovò poi nell’area adulti ma fece subito retromarcia, non gli piaceva l’idea di adulti in una clinica psichiatrica, anche se, effettivamente, lui si trovava lì esattamente come loro, è diverso, pensò e tornò al grande ingresso, con la TV, i divani, i tavoli e il calcetto; collegato ad un’entrata ad arco coperta da due tende che portavano alla sala pasto.

Si voltò infine verso il giardino, che circondava l’intera struttura, arricchendola di alberi e piccoli sentieri, alcuni dei quali sterrati.

Sorrise soddisfatto, sembrava tutto così bello e accogliente, apparte la stanza al piano superiore, vicino all’infermeria e allo studio di Deaton, chiusa a chiave con la scritta affiancamento che non lo ispirava molto, ma era anche quella colorata, quindi non doveva essere nulla di troppo brutto.

L’atrio mostrava diverse persone, per lo più adulte, che giocavano a carte o leggevano, mentre la TV continuava a trasmettere nonostante nessuno la stesse vedendo, poi si accorse che due ragazze, all’incirca della sua età, stavano spuntando dal corridoio per avvicinarsi al calcetto: una era di media statura, ma più bassa della compagna, con i capelli neri e ricci fino alle spalle, la pelle scura e due occhietti neri e vispi, parlottava animatamente, gesticolando, con la sua amica, alta e slanciata, dai capelli color miele e gli occhi scuri che seguivano attentamente i discorsi della  più bassa.

Wow…

Teneva le braccia incrociate al petto, annuendo ogni tanto, per poi posarle sui ferri del calcetto, indossava una felpa rossa davvero enorme per lei, probabilmente da uomo, e dei leggings neri chiusi in due adorabili pantofole grigie con orecchiette da orso.

Non era abituato a vedere ragazze vestite a quel modo, non stava male, ma era abituato alle gonne e ai cappottini che Kira, Allison e soprattutto Lydia, mettevano sempre, anche solo per fare una passeggiata tranquilla.

Siete in clinica, dovrebbe farsi bella per delle sedute terapeutiche?

Fece un cenno di concordo a sé stesso pensando però che l’altra ragazza indossava comunque dei jeans attillati e una dolcevita nera che le donavano una certa eleganza tenendo conto del contesto.

“Mal! Non vale rullare!” Disse la brunetta alzando leggermente la voce e l’altra le fece il verso divertita, continuando a roteare le sbarrette senza fermarsi un’attimo.

Mal… è lei!

Rimase un attimo a guardarle, poi si decise e si avvicinò.

“Ehm, ciao” fece un cenno con la mano, portandola in seguito sulla nuca con fare imbarazzato, la bassina lo squadrò da capo a piedi, quasi con diffidenza, poi sorrise lievemente, anche se le uscì un pò male: sembrava piuttosto falso come sorriso. 

Malia ridacchiò guardando l’amica e si rivolse a lui: “Ciao! Perdonala, non ha un bel rapporto con il sesso opposto, vero V?” La guardò inclinando la testa e causandole un sonoro sbuffò, “Io sono Malia, e lei è Violet” che rilassò finalmente il viso e gli fece un cenno di saluto con il capo, senza espandersi troppo, “sei nuovo vero?” Proseguì Malia.

È così gentile!

Sorrise a quel pensiero, e annuì alla ragazza. “Mi chiamo Stiles, sono arrivato non troppe ore fa”.

“Che razza di nome è Stiles?” Aggiunse Violet alzando un sopracciglio, ma Malia la ammonì subito, facendola nuovamente sbuffare, “è molto carino invece” rivolse lo sguardo a lui “è particolare, non l’ho mai sentito, però è davvero orecchiabile” sembrava sincera, poi sembrò pensare, rivolgendo lo sguardo verso  destra e inclinando la testa di lato, Violet ridacchiò divertita e esasperata allo stesso tempo, rivolgendosi al ragazzo leggermente confuso: “Ogni volta che conosce qualcuno prova ad associarne il nome con il suo, per vedere come stanno assieme” fissò l’amica che sorrideva impercettibilmente nell’averla sentita spiegare le sue piccole manie, “ti chiederà anche il segno zodiacale, vedrai”.

Malia si ricompose con un sorriso raggiante, “sta benissimo!” Si rivolse quasi più a Violet che a lui stesso, ancora in silenzio, “Stiles e Malia” ora guardava lui, “suonano bene!”.

La confusione del ragazzo lasciò spazio a un sorriso carico della tenerezza che quella ragazza gli aveva trasmesso , e ridacchiò.

“Sono Ariete, comunque” si indicò con entrambe le mani, facendole l’occhiolino.

Gli occhi di lei si illuminarono, unì le mani portandole sotto al mento in segno di adorazione: “Amo voi Ariete! Io sono Sagittario, andremo molto d’accordo te lo assicuro!” Batté le mani entusiasta.

Diamine è davvero tenera…

É anche davvero bella, non credi?

Shh

D’un tratto arrivò Marcelle, con il solito sguardo bonario: “Violet, Mally” salutò, la brunetta accennò un saluto con la mano, mantenendo l’espressione arrogante, ce l’ha proprio con i maschi eh, pensò Stiles, mentre Malia gli sorrise, “Come stai Mars?” Mosse la testa da entrambe le parti: “più o meno” poggiò una mano sulla pancia, picchiandoci lievemente sopra “indigestione da sushi” sussurrò alla ragazza, che ridacchiò.

Si rivolse poi a Stiles: “vedo che ti stai già ambientando” gli sorrise “hai iniziato proprio dalla persona giusta, Malia è una veterana qui” guardò prima lei e poi Violet “in quanto a Violet, può sembrare scorbutica ma sei semplicemente nato uomo, questo è il tuo unico problema, si scioglierà vedrai”.

Violet gli rivolse una smorfia, ma dall’espressione che aveva fatto nel mentre, Stiles aveva capito che simpatizzava per l’educatore.

“Devo portarti dallo psicologo, non preoccuparti devi solo conoscerlo, le sedute inizieranno tra qualche giorno per te” fece un cenno di saluto alle ragazze “ve lo riporto subito signorine” e anche a Stiles non restò che salutare, tenendo lo sguardo su Malia fino all’inizio del corridoio.


N.A.
Non ho voluto terminare il capitolo in modo troppo "ad effetto" o con colpi di scena, è il primo e non so nemmeno se piacerà! 
E, come detto, non so nemmeno io, per ora, come andrà finire, la porterò sicuramente avanti ma sarà, ogni capitolo, una novità pure per me!
Grazie:)

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Capitolo 2
*** Il gruppo ***


“Bene, Stiles” sottolineò il nome, dato che il ragazzo aveva dovuto nuovamente specificare che era più comodo, “ci vediamo martedì allora” gli sorrise, congedandolo.

Lo psicologo non sembrava male, aveva una certa età, o almeno così sembrava dalla barbetta brizzolata e dalle rughe profonde attorno agli occhi. Aveva lo sguardo serio ma allo stesso tempo sciolto.

Non ha senso…

Chiamasi “ossimoro”.

Gli dava l’impressione di una persona saggia, che riusciva a trattare gli argomenti con leggerezza senza farli perdere d’importanza.

Questo intendevo.

Gli aveva dato l’appuntamento settimanale ogni martedì alle 15.00, ma poteva variare a seconda delle necessità sue e degli altri pazienti.

Poco prima, Marcelle, gli aveva spiegato che a breve avrebbero scelto anche il suo educatore e lui voleva davvero tanto fosse l’orso buono, ma c’era anche una donna tra le opzioni, alta, formosa, dalla pelle olivastra e i lunghi capelli rame, doveva chiamarsi Martha se aveva capito bene; inoltre ogni settimana, sempre di martedì, si teneva la riunione dell’equipe Estate, quindi dei minori, dove tutti, psicologi, educatori e la psichiatra, si sarebbero riuniti qualche ora per decidere se acconsentire alle richieste dei ragazzi. A detta di Marcelle doveva scrivere su un foglio, entro quel giorno, alcune richieste che aveva: avere il telefono, fare rientri a casa, ricevere visite… e poi se ne sarebbe parlato; nei casi sopracitati sempre dopo lo scadere del tempo di attesa.

“Che cosa significa affiancamento?” chiese fine Stiles ricordandosi della stanza al piano superiore, “voglio dire, so il significato della parola, ma l’ho letta su una delle porte e…”

Marcelle sorrise, come faceva sempre a ogni domanda che gli veniva posta, “alcune volte abbiamo casi di ragazzi che non possono badare a loro stessi, che rischiano di fare del male a se stessi o agli altri in momenti critici, per questo passano qualche giorno a stretto contatto con gli OSS e il personale, fino alla fine del periodo critico” Stiles annuì non troppo convinto, si massaggiò il braccio lievemente a disagio, come se si fosse sentito preso in causa, poi salutò l’educatore e tornò nell’atrio.

Si guardò attorno, ma né Malia né Violet erano più lì.

Non ti conosce, mica doveva aspettarti, che gliene importa.

“Stiles!” Si voltò immediatamente verso quella voce dolce e allegra che, andando avanti, avrebbe scandito le sue più belle giornate; Malia era all’ingresso, teneva la porta vetrata con entrambe le mani, dopo averci poggiato anche quella che aveva usato per attirare la sua attenzione; le sorrise sollevato: mi ha aspettato, e la raggiunse.

 

“Allora? Come ti sembra?” Stavano passeggiando per il cortile, nella parte di sentiero sterrata, Stiles la guardava di tanto in tanto, non riuscendo a sostenere per molto lo sguardo di lei che non sembrava a disagio nel puntare gli occhioni scuri nei suoi continuamente.

“Mi piace davvero tanto, credo che mi troverò bene” le rivolse un sorriso sincero, pensando che, con la presenza di lei, sicuramente non sarebbe mai potuto essere troppo brutto, ma Malia abbassò impercettibilmente lo sguardo a quelle parole, spostando gli occhi da lui per la prima volta dall’inizio della conversazione.

Ecco hai detto la cosa sbagliata, te pareva.

Ma si rilassò immediatamente, tornando a rivolgergli l’attenzione come se non fosse successo nulla. Effettivamente era stato davvero un gesto impercettibile ma lui lo aveva notato subito.

“Credimi sarà così” gli poggiò una mano sul braccio, in un gesto innocente che fece quasi avvampare il ragazzo, “ci saranno momenti difficili, più andrai avanti, più saranno, ma non devi mollare” si bloccò, ciò che stava per dire doveva essere davvero importante per lei perché l’espressione si fece leggermente più seria, “i traguardi più belli e duraturi sono quelli che ottieni impegnandoti giorno dopo giorno, affrontando tutto ciò che serve affrontare per raggiungerli” si sistemò una lunga ciocca color miele dietro l’orecchio, più sorridente di prima, “quindi no, non mollare mai” riprese a camminare e Stiles ebbe la sensazione che quel discorso servisse anche a lei, una specie di mantra da ripetere per motivarsi.

“Da quanto sei qui?” Chiese seguendola.

Ma ti sembrano domande da fare? Sei stupido?

Ma lei rimase tranquilla e ci pensò un attimo, portando la mano chiusa a pugno davanti alla bocca: “mh, 3 anni e… 4 mesi all’incirca?” Lasciò cadere il braccio lungo il fianco, “non conto precisamente il tempo, ne è passato troppo” ridacchiò non troppo allegramente, cambiando subito espressione in un ciglio preoccupato nel vedere il volto impallidito del ragazzo.

“Ehi aspetta, dipende da persona a persona, alcuni di noi vanno via dopo un solo mese, sono sicura che-“

È chiusa qui dentro da così tanto, ma si sta comunque preoccupando per te…

“Spero tu stia meglio, si insomma, meglio di tre anni fa” la guardò, senza alcun imbarazzo, “sei davvero une bella persona, non meriti questo” indicò la struttura con un gesto del braccio con una punta di amarezza nella voce rivolta anche a sé stesso.

Malia lo guardò addolcita, stringendo le labbra come a cercar di trattenere un sorriso troppo carico di emozioni, “non lo meriti nemmeno tu, non lo merita nessuno”.

 

 

 

“Indovina chi è sopravvissuto al gruppo terapeutico?” Theo si catapultò affianco a Malia sul divano in velluto giallo, porgendole una Goleador azzurra, seguito da Liam che le avvolse le spalle poggiandole il mento sul capo.

Stiles li guardò lievemente irritato, la conoscono da più tempo di te, smettila, ma non riusciva a tranquillizzarsi del tutto.

Anche Violet si sedette sulla poltrona accanto alla sua e davanti al divano, con la solita espressione annoiata che ormai Stiles le aveva associato.

Malia ridacchiò, scartando la caramella, “siete proprio degli eroi” disse masticando mentre passava l’attenzione da Theo a Liam, per cui dovette alzare gli occhi.

“Tu perché non c’eri? La strega verrà a farti la predica costruttiva” Violet stava imitando quella che doveva essere la voce della strega.

“Chi è la strega?” Chiese allora Stiles, di cui nessuno sembrava ancora essersi accorto.

“È una delle psicologhe Estate” rispose Malia poi si rivolse all’amica “non la mia, quindi non ha nulla da dirmi e poi ero con Stiles” tornò a sorridere a lui, “hai già conosciuto Liam e Theo?”.

Non fece in tempo a rispondere che Liam si alzò, sedendosi sul bracciolo del divano “è in stanza con noi Mally Mally, non te lo ha detto?” Si sporse verso Theo per prendere un altra caramella, passando il braccio dietro la schiena della ragazza che sembrava essersi illuminata: “un motivo in più per passare il tempo con noi!”

Violet la guardò di traverso e Liam e Theo, che stavano bisticciando per l’ultima Goleador, si bloccarono, voltandosi verso il diretto interessato.

Perfetto…

“Che avete? Dovreste conoscerlo invece di fare così, è davvero simpatico” sbuffò Malia, non davvero irritata, non sembrava potersi alterare, aveva costantemente quell’espressione… buona, a Stiles sembrava proprio la parola adatta a lei.

I tre si scambiarono uno sguardo e Malia proseguì: “molto più simpatico di voi a quanto pare!” E loro si rilassarono un poco, ricomponendosi.

“Va bene, tanto lo avevamo già assunto per la missione cucina di oggi pomeriggio” Liam alzò le spalle e Theo annuì: “e poi se piace a te, non può essere così male”.

Violet scosse la testa “i guasti di Mal sono discutibili, in realtà” ridacchiò allo sguardo ammonitore dell’amica che le tirò la carta del dolce appena mangiato.

“Beh, però è tua amica, quindi tecnicamente sei uno dei suoi guasti discutibili” scherzò finalmente Stiles “per lo più a me le caramelle non piacciono, quindi non dovreste condividerle con una persona in più” sorrise e gli altri a loro volta, “questa cosa mi piace, benvenuto nel gruppo” Liam abbassò il capo in un finto inchino e Stiles fu davvero felice in quel momento.

Stai andando bene!

 

 

“Stai rilassato e soprattutto attento okay? Non passerò il resto dei miei giorni a pulire una qualsiasi stanza di questa struttura perché ci hai fatti beccare” Theo lo stava indicando con sguardo serio e lui aveva alzato le mani in segno pacifico. 

Avrebbe fatto da palo mentre Malia, Theo e Liam sgattaiolavano nelle cucine per rubare alcuni dei biscotti che gli educatori tenevano per loro e che erano decisamente più buoni di quelli che davano a loro.

Violet aveva l’incontro con la strega, che a quanto pareva era la psicologa che le era stata assegnata.

“Il costipato si muove a venire o sta riuscendo finalmente a cagare?” Theo si stava ora rivolgendo a Malia, che lo colpì lievemente sul bicipite, “smettila! Arriverà quando vorrà, tanto non voleva partecipare interamente, ci avrebbe aspettato qui”.

Erano ancora seduti nell’atrio, aspettando il cambio turno delle OSS, che era il momento più adatto per inserirsi nelle cucine.

Stiles si chiese di chi stessero parlando, ma non disse nulla, sicuramente avrebbe capito prima o poi.

Qualche minuto dopo una donna robustina e occhialuta, dal caschetto biondo, entrò in struttura con una grande borsa rosa, si guardò attorno e li salutò calorosamente non appena li vide per poi essere raggiunta dall’OSS in turno e andarsi a rifugiare in uno degli studi.

“Andiamo!” Liam varcò le tende, entrando nella sala pasto che portava al loro obbiettivo, seguito da Theo che indicò nuovamente Stiles a mo di ti tengo d’occhio.

“Mi raccomando, se qualcosa va storto…”

“Suono il pianoforte, ricevuto” fece l’occhiolino a Malia che gli sorrise e raggiunse gli altri due.

Si sedette sulla panca dello strumento, che stava accanto all’entrata della sala pasto, dando le spalle a esso per avere una migliore visuale, quando un movimento lo mise in allerta.

Oh ma dai, non sono passati nemmeno dieci secondi!

Ma non era uno dei supremi, come li chiamava Mal, non era nemmeno un adulto: era una ragazzo della sua età all’incirca, con dei boccoli chiari e gli occhi azzurro ghiaccio; era alto e teneva le mani nelle tasche della tuta grigia, lo stava guardando in modo strano, lo stesso sguardo che riconosceva a Violet.

Gli fece un cenno insicuro di saluto, magari ti sbrana, ha la faccia un pò da assassino, ma lui si avvicinò solo, lentamente e guardandosi in giro.

“Sono Stiles” porse la mano, che ritrasse subito capendo che il ragazzo non aveva intenzione di ricambiare, “Isaac” anche la voce era piuttosto rigida.

Mi mette ansia.

La metterebbe a tutti.

“Sei amico di Mal e gli altri?”

Si inumidì le labbra, “nessuno è amico di nessuno qui, conviviamo, quindi è più un sopportarsi… Vedila come gli Hunger Games, ma senza uccisioni e con tutti vincitori, si spera”.

“Quindi definitivamente non gli Hunger Games” fece un mezzo sorriso, ma Isaac non si sciolse nemmeno un pò.

“Conosco Mally, è lei che mi ha detto di venire qui, credo che cerchi di farmi socializzare” si diresse verso una sedia poco distante, e vi ci sedette sopra.

Ci sta bene, il giallo ocra è proprio il suo colore.

Sembrava un re in tuta sul suo trono.

Si, si, decisamente il suo colore.

“Beh è una bella cosa, gentile da parte sua” sfregò le mani, si sentiva parecchio a disagio e avrebbe voluto che gli altri uscissero immediatamente. 

Al pensiero si rese conto che doveva trovarsi in compagnia del costipato di cui parlava Theo e si dovette trovare d’accordo con quella definizione.

“Mally è sempre mostruosamente gentile con tutti, troppo” posò gli occhi ghiaccio su di lui, con una certa complicità, come se si fossero intesi, ma Stiles non aveva capito un mazza, trovava il comportamento di Malia davvero adorabile e premuroso, per questo lo invitò a continuare guardandolo accigliato.

“È pervasa dai sensi di colpa, anche se, a questo punto, penso ci abbia fatto così l’abitudine da venirgli naturale”.

Ora Stiles era interessato, non voleva inserirsi nella vita privata della ragazza, ma sperava che Isaac dicesse qualcosa di più.

“Non fraintendere, lei mi piace, è l’unica che mi coinvolge in… tutto. Ma un po’ mi puzza, tutto attorno a lei è misterioso. È qui da più tempo di tutti e nessuno sa troppo di lei” alzò le spalle stendendo le gambe avanti a sé.

“E allora cosa ne sai dei suoi sensi di colpa?” La conversazione lo stava irritando, non gli piaceva che parlasse con quel tono di lei, anche se probabilmente era il suo tono per tutto, soprattutto se davvero era l’unica a interessarsi di lui.

“Informazioni base che trovi tranquillamente su internet…” ribatte con una naturalezza inquietante.

L’ha cercata su int- questo è matto da legare!

Dovresti seriamente suonare quel piano.

Non fece in tempo a pensarlo che il trio spuntò dalle tende con quattro pacchetti di gocciole al cioccolato fondente, Malia si fermò per rivolgere un sorriso ad Isaac che ricambiò il saluto accennando un gesto della mano.

Seriamente?

Va beh ma ha ben detto che gli piace, è solo scettico.

Non importa, se è così scettico allora può stare per le sue!

Ma smettila sei palesemente geloso.

Non è ve-

Un rumore proveniente dal corridoio dietro la reception li fece voltare: qualcuno stava uscendo da uno degli uffici.

“Via, via, via!” Sussurrò Mal precipitandosi al corridoio che portava alle scale e trascinando Isaac e Liam con sé, “ottimo lavoro” ammise Theo a Stiles, e raggiunsero gli altri fino al piano di sotto.

Penso che mi adatterò facilmente, sorrise.




N.A.
I capitoli possono sembrare un po' monotoni, ma mi piace che a una storia venga dedicato il tempo giusto e che sia ben studiata e fatta bene (ci si prova insomma), ma io sono decisamente una regina del drama, grande e profondo drama, man mano che la storia va avanti non lascerò tregua a nessuno, personaggi in primis.
Non so quanti capitoli ci saranno, come già accennato vado avanti di volta in volta, ma prevedo che sarà abbastanza lunga, voglio approfondire bene i personaggi che sono sempre stati la mia parte preferita in qualsiasi contesto, quindi, in realtà, non credo si possa intuire ancora niente da Malia, Stiles, Theo, Liam, Violet e da ora anche Isaac.
L'unica cosa che posso dire è che Allison, Kira, Scott, Lydia e Derek avranno un loro spazio programmato nella storia e persino Peter, ma lui forse con una percezione abbastanza diversa dalla serie.
Spero ne stia uscendo qualcosa di decente, grazie <3

 

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Capitolo 3
*** Momenti (non sono tutti piacevoli) ***


!TRIGGER WARNING!
(la storia ha già il rating arancione, ma volevo comunque specificarlo)



L’acqua pioveva bollente lungo il suo corpo. Prono a terra, con il volto rivolto a destra, Stiles teneva gli occhi chiusi, cercando di non alimentare il dolore abnorme alla testa.

Aveva paura, non sapeva di cosa, non sapeva nemmeno dove era, ma era terrorizzato. La sensazione di star per morire lo attanagliava, eppure rimaneva disteso, ad occhi serrati, come se stesse dormendo, mentre una fitta pioggia calda cadeva su di lui.

Prese possesso dei suoi sensi, in un momento di lucidità, l’aria aveva un odore acre e penetrante e l’unico rumore era quello della pioggia, ma meno forte, come se la consistenza dell’acqua si fosse addensata rallentandone il processo, infine tastò il suolo con le mani, con gesti involontariamente agitati: erba. Era l’erba sintetica del campo di Lacrosse, ci piantava spesso la faccia durante le partite, era sicuramente quella.

L’ansia si estendeva sempre più dentro di lui, attraversandogli i nervi tesi e i muscoli paralizzati, devi aprire gli occhi Stiles, aprili.

No, non posso, non ci riesco.

Non voleva vedere cosa lo circondava, impaurito da ciò che poteva presentarsi; aprì leggermente la bocca, per favorire la respirazione non del tutto regolare, e le goccioline d’acqua gli colarono sulla lingua. Solo allora si accorse che aveva davvero una consistenza più densa dell’acqua, mentre gli segnava il viso pallido, e il gusto era metallico, aspro.

Non è acqua.

Balzò in piedi urlando, la pioggia di sangue continuava a scorrere sul campo che era completamente deserto; si guardò le mani, sporche di quel liquido rosso, e in preda al panico iniziò a strofinarle sulla maglia, gesto pressoché inutile, dato che anche quella era completamente macchiata.

È un sogno Stiles è un maledetto sogno, svegliati!

Si colpì più volte, sulle gambe, sulle braccia, sulla testa, ma nulla, era ancora lì. Si accovacciò prendendosi la testa e dondolando lievemente: svegliati diamine, svegliati!

Si guardò nuovamente i palmi sporchi e la sensazione di morte aumentò, era come se sapesse che stava per succedergli qualcosa di terribile. Il sangue sulle mani era in parte secco, e questa volta non sembrava la sua coscienza a parlare, era come se provenisse da fuori, da qualcun altro: hai le mani sporche eh? Chi hai ucciso questa volta?

Si alzò nuovamente, guardandosi attorno, “non ho ucciso nessuno!” Gridava, urlava con tutto il fiato che aveva, sperando lo potessero sentire, e alla costante discesa di sangue, si aggiunsero le sue lacrime.

“Non ho ucciso nessuno! Non è stata colpa mia!”

O almeno, questo è quello che vogliono farti credere. 

Pensò stavolta lui, suo padre glielo diceva sempre, e anche i suoi amici lo ripetevano ogni volta che riuscivano a tirare fuori l’argomento: non sei stato tu.

“Non sono stato io!” Ripetè a gran voce, colpendosi ogni tanto la testa: devi svegliarti!

“E invece sei stato proprio tu”.

Si voltò, lentamente, verso quella voce che era sempre stata in grado di tranquillizzarlo ma, ultimamente, lo distruggeva.

“Mamma…” cercò di avvicinarsi, per un attimo non prestò più attenzione al sangue, c’era solo lei, sua madre, allungò una mano nella sua direzione, sembrava un angelo: i capelli lunghi e scuri, la veste bianca che sembrava immune alla pioggia circostante e il viso pallido, non pallido-malato, era più il colorito delle regine fiabesche con le gote rosee e lo sguardo… vuoto, afflitto, accusatore.

“Tu mi hai ucciso, hai ucciso me e ucciderai anche tuo padre, rimarrai da solo

Ritrasse la mano, guardandola ferito, “mamma io…” ma lei urlò, sprigionò un grido terrificante che lo spinse a terra privo di forze e poi la vide accasciarsi, esangue.

“Mamma!” Le corse affianco, piangendo sommessamente.

L’hai uccisa di nuovo.

 

 

“Stiles!” Qualcuno lo afferrò, mentre si dimenava urlando a squarciagola, “Stiles calmati! Stavi sognando non è successo nulla!” Le braccia muscolose lo tenevano da sotto le ascelle, impedendogli di muoversi troppo e quando riuscì finalmente a famigliarizzare con il luogo attorno a sé, capì di trovarsi nella sua stanza, niente sangue e niente erba sintetica; Theo teneva ancora la presa ferrea su di lui che respirava affannosamente nel tentativo di calmarsi.

A quel punto il compagno lo lasciò andare e lui dovette portarsi una mano al petto non ancora del tutto tranquillo.

“Va tutto bene Stiles, Liam è andato a chiamare qualcuno, era solo un incubo”.

Ma era così reale.

Si limitò ad annuire, deglutendo, avrebbe voluto ci fosse Marcelle o ancora meglio suo padre, ma gli educatori non facevano il turno di notte e Noah non sarebbe potuto venire.

 

 

 

Sedeva su una delle poltrone giallo ocra dell’atrio, lo sguardo basso sostenuto dalla mano, rifletteva sulle parola di sua madre: hai ucciso me e ucciderai anche tuo padre.

Non era reale.

Ma non ne era del tutto convinto, si sentiva l’unico e vero responsabile della sua morte da anni e non importava cosa gli dicessero, nulla poteva cambiare quel pensiero asfissiante ed era stufo che nessuno lo capisse.

“Come stai?” Era apparsa all’improvviso, o, semplicemente, era così concentrato sui suoi pensieri da non averla sentita arrivare: Malia era accovacciata affianco a lui con una mano poggiata sul suo braccio e l’espressione preoccupata.

“Theo e Liam mi hanno detto che hai avuto un incubo stanotte” inclinò leggermente la testa trasformando il tocco in una leggera presa, come se volesse sostenerlo.

Lui cercò di sorriderle, lasciando cadere l’avambraccio lungo il bracciolo: “va tutto bene, ci sono abituato ormai, ma ti ringrazio” poggiò la mano  opposta su quella di lei, che ancora lo teneva.

Per un attimo gli sembrò imbarazzata a quel gesto, qualcosa nei suoi occhi era cambiato ma sorrise a sua volta “e di cosa?” Sembrò esitare, ma alla fine gli strinse la mano, spostandola dal suo braccio, “è okay non stare sempre okay” aumentò la stretta, “cioè, è normale, il dolore ci rende umani”.

Stavolta le sorrise davvero e pensò che lei sentisse quella frase sua tanto quanto l’avrebbe sentita lui da quel momento in poi; tornò serio, guardando in basso: “sono terrori notturni, mi risveglio in questi…”

“Stati di agitazione intensa” dischiuse le labbra, “a una certa pensi davvero di star per morire” si mosse un pò per tornare comoda, stare accovacciata a quel modo non era il massimo, “ma sei ancora qui, giusto?” Gli sorrise, “sei vivo Stiles”.

Contrasse i muscoli attorno alle labbra, cercando di non piangere, ma gli occhi stavano già pizzicando da un po’, tornò a guardarla, sul punto di esplodere.

Trattieniti.

“Sembra così maledettamente vero” e una lacrima gli solcò il viso, arrivandogli fino al mento tremante; Malia lo strinse, alzandosi, gli circondò la testa in un gesto protettivo come a tenerlo al sicuro dal mondo intero e lui si lasciò andare, silenziosamente, poggiando la testa sul suo petto e afferrandole il braccio che lo stava avvolgendo.

“Non lo è, sei qui e andrà tutto bene” voleva crederle, ma era da troppo tempo che le cose non cambiavano, non miglioravano e non ci sperava più, ma annuì come faceva sempre quando i suoi amici gli dicevano la stessa cosa: andrà tutto bene, starai meglio, le cose cambieranno.

E non succedeva, eppure, lei sembrò capire, come se avesse sentito i suoi pensieri e si ri-accasciò guardandolo negli occhi, con ancora le mani sulla sua testa: “sarai al sicuro finché ci sono io” gli sistemò un ciuffo ribelle dalla fronte, “sarò sempre qui per te, va bene? Promesso”.

Perché sembra tenere così tanto a te? Non ti conosce nemmeno, praticamente.

Il suo sguardò rassicurante, però, era sincero, e si sentì meno perso, come una nave che viene finalmente ancorata.

“Un po’ mi puzza, tutto attorno a lei è misterioso” le parole di Isaac gli attraversarono la mente, classico della sua iper-vigilanza, ma nonostante ciò, non riusciva a non fidarsi di lei, a sospettare dei suoi atteggiamenti.

Annuì, guardandola fiducioso, non serviva rispondere, i suoi occhi erano già pieni di tutta la gratitudine del mondo.

E poi, perché cavolo dovrebbe volerti ingannare? A che scopo?

Più avanti avrebbe scoperto che Malia si rivedeva semplicemente troppo in lui: erano più simili di quanto entrambi potessero mai pensare.

 

 

 

Per un attimo ebbe paura che il getto d’acqua della doccia si trasformasse in sangue, riportandolo sul campo da Lacrosse, ma quando uscì si trovava nel bagno che condivideva con Theo e Liam e tirò un sospirò di sollievo. Si legò un asciugamano in vita e spazzolo i denti aspettando di asciugarsi un po’. Il suo riflesso era distorto: non potendo tenere cose in vetro, lo specchio era un pannello in plastica riflettente che rendeva il suo viso una macchia lievemente sfocata; distolse lo sguardo: se non poteva vedere chiaramente, preferiva non guardare, non si sa mai che la sua mente gli facesse brutti scherzi. Si vestì in fretta e saltò sul letto, Liam e Theo, insieme al resto dei ragazzi, erano a uno dei gruppi, a cui lui ancora non doveva partecipare, anche se, probabilmente, di lì a breve sarebbe stato obbligato a farli tutti, questioni di giorni, forse anche l’indomani.

Si guardò attorno, studiando gli oggetti dei suoi compagni; afferrò uno dei pacchetti di gocciole che avevano rubato e le mangiò pensieroso.

Sopra al letto di Liam c’erano una moltitudine di foto, appiccicate l’una vicino all’altra, formando un enorme quadro colorato davvero carino.

In molte foto, Liam, era con un ragazzo scuro di pelle, dai corti capelli neri e un sorriso eccessivamente luminoso, in altre era con due adulti, probabilmente i suoi genitori, altre lo ritraevano con un cane dal lungo pelo bianco e in tutte queste il ragazzo era molto più piccolo di ora, ce ne era una con un davvero-molto-giovane Liam che teneva una mazza da Lacrosse e poi c’erano quelle fatte lì dentro: lui, Mal e Theo che mangiavano un gelato appoggiati al furgone della clinica, sempre lui e Theo che si sfidavano a calcetto, una con Mal che gli dava un bacio sulla guancia mentre faceva un espressione buffa, quella con Martha, la sua educatrice di riferimento, che gli avvolgeva le spalle e in una c’era persino Violet, appoggiata a Malia che sorrideva mentre Theo alzava il pollice un pò troppo vicino alla telecamera che Liam stava tenendo.

Gli venne spontaneo sorridere, e una sensazione di nostalgia lo pervase.

Anche lui aveva degli amici a casa, a cui voleva davvero bene e che gli mancavano da morire; all’improvviso non vide l’ora che passassero le due settimane stabilite, per poterli chiamare e ricevere le loro visite.

Chissà cosa avrebbero detto del loro nuovo gruppo, Kira lo avrebbe approvato, approvava sempre tutti lei, Scott lo avrebbe stuzzicato, accorgendosi di come guardava Malia, e Allison e Lydia si sarebbero scambiate occhiate compiaciute nel vederlo alle prese con una ragazza, forse la rossa ne sarebbe stata anche un po’ sollevata: il fatto che non avesse mai ricambiato il sentimento non voleva dire che non gli volesse bene.

Stai dicendo che ti piace Malia quindi?

Pff, non esageriamo.

Beh beh beh…

Portò l’attenzione al letto di Theo, per smettere di pensare ai suoi possibili interessi sentimentali; vi erano solo due foto, una incorniciata sul tavolino, la stessa del gruppo che aveva Liam, e una attaccata con un pezzo si scotch sulla parete.

Era rovinata, stropicciata e in alcuni punti un pò strappata, non era troppo vecchia come foto, sembrava più che altro stata vittima dell’ira di qualcuno; ritraeva un Theo di qualche anno addietro con un ragazza molto simile a lui, ma visibilmente più grande, con gli occhi chiari e i capelli castani, entrambi sorridevano e lei si era abbassata leggermente per far sfiorare le loro guance rosacee.

Deve essere sua sorella, pensò, era sicuramente così, erano identici.

Il momento fu interrotto dallo squillo del telefono: quando era arrivato, Stiles, non capiva il perché ce ne fosse uno, dato che tutte le chiamate andavano fatte in ufficio sotto il controllo del personale, ma poi Mal gli aveva spiegato che erano collegati con i telefoni delle altre stanze, degli ospiti e dei supremi; insomma nessuna chiamata al di fuori della clinica.

Era Marcelle, che lo avvisava di raggiungerlo nel suo ufficio per comunicargli che educatore gli sarebbe stato assegnato e a quali gruppi avrebbe partecipato.

 

 

Era particolarmente di buon umore in quel momento: Marcelle era il suo educatore di riferimento, glielo aveva annunciato un ufficio con il suo solito sguardo bonario e Stiles aveva mosso il braccio in un gesto entusiasta, battendogli il cinque.

Era lì da poco più di un giorno, ma l’educatore gli era subito stato a cuore, facendolo sentire a suo agio e non trattandolo come un semplice utente. 

Marcelle piaceva a tutti, e Stiles si sentì un pò geloso a doverlo “condividere” con altri ragazzi, tipo Theo, l’unico del gruppo a non avere Martha.

Sei l’ultimo arrivato, non ne hai il diritto.

Ma Marcelle era la figura adulta che aveva in quel momento, e ci si era già legato. Stiles si affezionava davvero in fretta alle persone, non sapeva se definirlo un difetto, se poi erano piacevoli, allora avevano tutta la sua dedizione.

Tipo Malia.

Pensò nel vederla arrivare con Theo, Liam e Isaac, che stava leggermente più indietro, con le mani in tasca e il solito sguardo annoiato da… tutto, quel ragazzo odia tutto e tutti, pensò.

I due compagni di stanza si saltavano addosso come due bambini che giocano alla lotta, discutendo di un qualcosa che Stiles nemmeno voleva sapere.

“Ehi” salutò lui avvicinandosi, “da domani ci sarò anche io ai gruppi” sventolò il foglio con il suo programma e Theo scansò malamente Liam per afferrare il documento e controllarlo.

Malia ridacchiò e Isaac alzò gli occhi al cielo con fare infastidito.

Perché è qui se non ci vuole stare?

Prestò attenzione a Malia che gli chiese dell’educatore, “Marcelle” non potè fare a mano di sorridere e la ragazza ricambiò il gesto.

Theo alzò gli occhi dal foglio: “finalmente! Sono tutti team Martha qui, iniziavo a sentirmi escluso” scosse la testa con ironica disapprovazione verso Liam e gli altri, poi aggiunse: “sei in tutti i gruppi, benone…” rise, “appena proverai movimento creativo, arte-terapia e teatro ti farai tirare fuori” si avvicinò “sono noiose” sussurrò, ma tutti lo sentirono.

“Non è assolutamente vero!” Esclamò Mal guardandolo con disappunto e lui rise.

“Difatti solo tu e Violet li fate, e lei è stata obbligata da te” aggiunse Liam, poi guardò Isaac, “lui invece non fa nulla, nemmeno i gruppi obbligatori” alzò le spalle e il diretto interessato sbuffò, andandosene dritto verso le camere.

“Isaac!” Lo chiamò Malia dispiaciuta, ma lui non si voltò; inclinò la testa verso Liam, rimproverandolo con gli occhioni scuri, che, secondo Stiles, erano troppo dolci per incutere timore, ma il ragazzo alzò comunque le spalle, a disagio: “scherzavo!”

“A proposito, dove è Violet?” Riprese il foglio dalle mani di Theo che si stava guardando attorno: “vero, non dovrebbe aver finito il colloquio famigliare?”

Dopo un certo periodo venivano inseriti nei percorsi degli utenti i colloqui familiari, alcuni parenti venivano fino a lì anche da posti abbastanza lontani, per discutere del proprio figlio con l’equipe della clinica.

Gli occhi di Malia si spenserò lievemente: “penso non sia andata molto bene, si è chiusa in bagno e non ha voluto farmi entrare, ho insistito un po’ ma non ne ha voluto sapere, ha bisogno del suo spazio ora…”

Tutti annuirono in silenzio, anche Stiles avrebbe capito, andando avanti, che quella era una clinica psichiatrica, non una scuola, e avrebbe vissuto e assistito a momenti per niente piacevoli, anzi, come quello che li avrebbe colpiti tutti di lì a poco.

 

 

La stanza del gruppo terapeutico non era grandissima, aveva le pareti bianche e il pavimento in mogano, diverse sedie erano disposte a cerchio al centro e Ludovica, la strega, sedeva su una di esse.

C’erano tutti i ragazzi Estate, tranne Violet e Isaac, in tutto erano una quindicina all’incirca, Stiles non aveva voglia di contarli, avrebbe perso il conto per via dei pensieri che lo distraevano e si sarebbe irritato inutilmente.

Malia era seduta affianco a lui con le gambe e le braccia conserte, doveva essere abituata ai gruppi della clinica, ma non sembrava comunque contenta di essere lì.

Theo e Liam erano dall’altra parte di lei, il primo proteso in avanti, con i gomiti sulle ginocchia e l’altro stravaccato con le braccia al petto.

Nessuno sembra entusiasta in realtà, è così brutto?

Ludovica sistemò i fogli che aveva in mano e schiacciò il pulsantino all’estremità della penna blu che armeggiava come fosse un coltellino.

Effettivamente non ha l’aria di una persona simpatica.

Mi sa che non ha la laurea in regola…

“Ci siamo tutti?” Li guardò uno a uno, “ne mancano tre” assottigliò lo sguardo, ponendo una domanda implicita.

“Tom è dallo psicologo” disse un ragazzo magrolino e occhialuto, gli occhi grigi scrutavano la psicologa con disinteresse, nemmeno lui voleva essere lì, passò una mano nei ricci scuri, “Isaac non viene mai e Violet non saprei” guardò Malia che strinse le labbra ricambiando lo sguardo, stavano parlando senza parlare, a Stiles non piaceva quel modo di comunicare, anche Lydia e Kira lo facevano e non capiva mai nulla.

Violet non si era fatta vedere nemmeno quella mattina, secondo Mal era rimasta chiusa in bagno, e se era uscita lo aveva fatto mentre dormiva, perché le aveva impedito perfino di farsi la doccia. Non aveva aggiunto altro, ma sembrava davvero molto preoccupata.

Ludovica sospirò rassegnata, “Sarah, andresti a chiamare Violet? Vedi se riesci a convincere anche Isaac” la ragazza a cui si era rivolta si alzò, sistemando la felpa che si era legata in vita, mentre usciva, Stiles, si soffermò sui suoi capelli, le arrivavano sopra le spalle, biondi con la ricrescita scura.

Le stanno male, sono rovinati.

No, no, sei troppo cattivo, smettila.

“Qualcuno vuole spiegare come funziona il gruppo a Stiles? Mentre aspettiamo?”

Ci fu silenzio per qualche minuto, poi Liam parlò: “ci sediamo qui, tiriamo fuori un argomento e tutti lo commentano, ma visto che ci sei tu, che sei nuovo, bisogna fare il giro di presentazioni” si sporse per guardalo “che io odio” si riappoggiò alle schienale, “quindi grazie”.

Theo lo ammonì e Stiles ne fu sorpreso, poi notò lo sguardò di Mal verso i due e capì che era stata lei a dare quell’indicazione.

La strega annuì: “puoi iniziare tu allora” e annotò qualcosa sul blocchettoi.

Liam sbuffò. “Sono Liam, sono qui da un anno e dieci mesi… e non bevo da 12 anni, nemmeno l’acqua” sbuffò verso la donna “perché dobbiamo farlo ogni volta? Non è necessario!” Si alterò.

Lei lo scrutò di rimando: “il gruppo funziona così e nessuno ti obbliga a dire cose che non vuoi dire, anche se sai che è utile parlare il più possibile, qui tutti possiamo supportarci e aiutarci l’un l’altro quindi ricomponiti e non alzare la voce”.

Che antipatica… non dovrebbe essere più umana con noi?

Liam roteò gli occhi: “sono qui da un anno e dieci mesi per attacchi d’ira eccessivi e cose simili, va bene?” La osservò me lei non fece un piega, così lui si rivolse verso Theo, invitandolo a continuare.

“Sono Theo e sono qui da due anni e quasi tre mesi” sembrava il più tranquillo, ma dagli occhi si notava che qualcosa lo turbava, “ho un disturbo post traumatico con annessi da quando mia sorella è morta” aveva abbassato leggermente la voce e guardava basso, la cosa doveva ferirlo ancora molto e Stiles si ricordò della foto.

Possibile che sia stato lui a stracciarla?

In teoria ora toccava a Mal, Stiles posò lo sguardò su di lei, in attesa, ma lei aspettò un pò prima di rilassare il viso e parlare: “Sono Malia e sono qui da tre anni e quattro o cinque mesi, non ne sono sicura” si guardò le mani, giocherellando con un filo della felpa blu; Stiles attese me lei non andò avanti.

Si sistemò la coda alta che lasciava cadere i capelli color miele fino al fondo schiena, sembrava sapere che Ludovica si aspettava dell’altro, ma ignorò la cosa.

“Malia” disse infatti la donna, “posso anche sorvolare su chi è qui da poco, ma fai praticamente parte dell’arredo” Stiles si voltò, sorpreso dal fatto che avesse fatto davvero una battuta, non sembrava il tipo, ma riportò la sguardo, con la coda dell’occhio, verso Malia che teneva la testa rivolta al filo.

“Devi iniziare ad aprirti, anche in gruppo, ti serve” lo sguardo si era molto addolcito, non sembrava la strega in cui tutti la definivano.

“No” quasi sussurrò.

“Malia…”

“No!” Aveva praticamente urlato, puntandole gli occhi addosso, era molto infastidita e Stiles credette averla vista tremare leggermente, “non ne voglio parlare” moderò il tono, cercando di rilassarsi. Era strano vederla così, per lui, che nonostante fosse lì da tre giorni si era già abituato al suo atteggiamento pacifico, “ho detto le cose principali, come sempre, e va bene così” fissò nuovamente la felpa.

Ludovica stava per ribattere, ma la ragazza biondo-tinto, Sarah(?), si catapultò nella stanza terrorizzata, “lei…bagno…sta…sangue…” cercò di ricomporsi sotto lo sguardo, ora agitato, di tutti, “dovete chiamare l’ambulanza” ansimò, parlando finalmente in modo chiaro, “Violet si è fatta del male”.






N.A.
Dai ho un po' movimentato le cose finalmente :)
Probailmente nel prossimo capitolo, se va tutto come programma la mia testolina, ci sarà Derek e si scopriranno molte cose in più!
Non sono il tipo che chiede recensioni e cose così, anche perchè non sono un'esperta del sito e scrivo principalemte per me, ma se qualcuno vuole, in qualsiaisi modo, farmi sapere che ne pensa, è il benvenuto.
Grazie<3

 

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