Predators

di Wild_soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1 ***
Capitolo 2: *** .2 ***
Capitolo 3: *** .3 ***
Capitolo 4: *** .4 ***
Capitolo 5: *** .5 ***
Capitolo 6: *** .6 ***
Capitolo 7: *** .7 ***
Capitolo 8: *** .8 ***
Capitolo 9: *** .9 ***
Capitolo 10: *** .10 ***
Capitolo 11: *** .11 ***
Capitolo 12: *** .12 ***
Capitolo 13: *** .13 ***
Capitolo 14: *** .14 ***
Capitolo 15: *** .15 ***
Capitolo 16: *** .16 ***
Capitolo 17: *** .17 ***
Capitolo 18: *** .18 ***
Capitolo 19: *** .19 ***
Capitolo 20: *** .20 ***
Capitolo 21: *** .21 ***
Capitolo 22: *** .22 ***
Capitolo 23: *** .23 ***
Capitolo 24: *** .24 ***



Capitolo 1
*** .1 ***


Il neo poliziotto -anche definito sarcasticamente dai colleghi “pivello”- si sedette sbuffando alla scrivania del suo ufficio, sfogliando distrattamente i vari fascicoli che una segretaria gli aveva preparato quella mattina prima del suo arrivo. Si aspettò di trovare le solite denunce per disturbo della quiete pubblica verso lo stesso gruppetto di diciottenni che, puntualmente, ogni sabato sera si divertiva ad andare in giro in macchina con musica a tutto volume. Ovviamente Stiles non giustificava il loro comportamento, ma erano comunque ragazzi!

Tuttavia, quella mattina il fascicolo che gli appariva di fronte agli occhi mostrava una notizia decisamente più interessante –“egoista”, si autovirgolettò il neo agente non appena ebbe finito di leggere l’ultimo foglio, per poi correggersi con “sadico”-. Da quel che era riportato, la sera precedente era stata denunciata la scomparsa di una donna, Victoria Argent, 45 anni, professoressa di inglese nel liceo di Beacon Hills. Il suo ultimo avvistamento risaliva alle 16.38 del 13 gennaio, il giorno prima, all’uscita del parcheggio della scuola con la sua Audi RS3 grigia. L’auto era stata regolarmente ritrovata nel vialetto di casa sua, ma della donna nessuna traccia.

Mentre si dirigeva verso l’ufficio del suo superiore per parlare del caso affidatogli, Stiles incrociò lungo il corridoio il vicesceriffo Parrish, che lo salutò con un’amichevole alzata di mano. Jordan, più grande di lui di appena sei anni, aveva ottenuto la sua attuale nomina a seguito del suo intervento durante la catastrofe della famiglia Hale. Due anni prima, infatti, per circostanze misteriose, era scoppiato un incendio nella villa, portando alla morte dell’intero nucleo familiare, tolto per un solo membro, Derek Hale, appena ventitreenne.

Parrish era stato il primo a giungere sul luogo, trovando l’intero edificio in fiamme. Dopo aver chiamato i soccorsi ed aver tentato lui stesso di entrare nella villa per salvare i vari componenti della famiglia, era stato obbligato ad uscire, gravemente ferito, avendo purtroppo constatato che non ci fosse più niente da fare. Era stato costretto in ospedale per ben due mesi a causa delle varie ustioni ed, una volta tornato, gli era stato affidato proprio il caso della famiglia Hale, oltre che la nomina di vicesceriffo.

A distanza di ormai due anni non vi era stato alcun tipo di mutamento nelle indagini, se non la molto sospetta fuga del giovane Derek, del quale non si aveva notizie da quel fatidico giorno. Erano state, poi, aperte ricerche sul giovane una volta confermata la sua assenza ai corsi universitari proprio durante lo scoppio dell’incendio. Non vi erano prove che potessero confermare la sua colpevolezza circa quell’incidente, ma risultava essere comunque il primo sospettato, e la sua fuga ne confermava le teorie.

Ma da due anni, di Derek Hale non vi era traccia. Si era volatilizzato.

Il neo poliziotto fece il suo ingresso nell’ufficio dello sceriffo subito dopo aver bussato per chiedere il permesso. L’uomo, seduto dietro ad un’ampia scrivania, distolse per un attimo lo sguardo dal pc su cui stava lavorando, gli accennò un sorriso e stese una mano come invito a sedersi, per poi puntare nuovamente gli occhi sullo schermo.

“Mi scusi se la disturbo così di prima mattina, sceriffo, ma avrei bisogno di un suo consiglio. Quello che mi ha affidato è il primo caso veramente importante…dopo le solite quattro denunce per disturbo della quiete pubblica, e vorrei dei suoi suggerimenti circa come muovermi” l’uomo puntò nuovamente le sue iridi chiare sul ragazzo, sorridendogli cordialmente.

“Nonostante sia poco più di un mese che ti trovi in questa centrale, ho notato il grande impegno con il quale lavori, per questo ho reputato opportuno affidare a te l’incarico. Per quanto riguarda lo schema di indagine, direi di iniziare con l’interrogare i famigliari e colleghi del liceo, intanto io mi farò inviare vari filmati delle telecamere di sicurezza della zona. Ti farò trovare una pennetta con i file domani mattina” sentenziò, appoggiando i gomiti sulla scrivania ed arricciando le dita sotto al mento “Credo che per oggi tu abbia abbastanza lavoro da fare, quindi”

Stiles si affrettò ad alzarsi dalla sedia –nel modo meno impacciato possibile- per poi ringraziare e salutare lo sceriffo, richiudendosi la porta dietro le spalle.

Il resto della giornata la passò, come previsto, ad interrogare i vari professori del liceo per cercare di capire se negli ultimi giorni Victoria Argent avesse mostrato atteggiamenti diversi, ma nessuno fu in grado di dare informazioni veramente degne di nota. Lo stesso si poteva dire dei famigliari, ma di questi ultimi Stiles rimase particolarmente colpito, soprattutto a causa della freddezza con cui risposero alle poche ed incisive domande che l’agente fece loro. Studiò il linguaggio dei loro corpi, in attesa di una risposta che non sarebbe trapelata dalla loro bocca, ma non riuscì a captare assolutamente nulla. -Davvero singolare- ammise a se stesso –per non dire “agghiacciante”-

Fece ritorno a casa estremamente perplesso, indeciso se mettere al corrente o meno lo sceriffo del particolare atteggiamento di quella famiglia, ma decise di pensarci l’indomani, una volta studiati i filmati. Fu seguendo questa idea che, dopo aver cenato velocemente con un panino del fast food più vicino –abitudine che si ripromise di non prendere-, si posizionò di fronte al pc per continuare il suo lavoro.

 

La mattina seguente si trovava alla sua scrivania un quarto d’ora prima del solito, impaziente di consultare i vari filmati ma, non appena aprì  la cartella contenente quelli che dovevano essere tutti i video registrati nel giorno della scomparsa, si irrigidì appena sulla sedia. Erano presenti trentasette filmati.

Stiles arricciò il naso poco convinto e, per accertarsi dei suoi dubbi, estrasse un foglio A4 dalla sua ventiquattrore, nonché frutto della sua lunga ricerca della sera prima: l’intera mappatura aggiornata delle telecamere di Beacon Hills. Fece scorrere il dito alla fine della pagina dove, da capo alla piantina, era riportata una tabella dettagliata di ogni telecamera ed il rispettivo indirizzo.

Storse ancora il naso. Sull’elenco erano segnalate trentotto telecamere.  Dopo una rapida occhiata, giunse alla conclusione che il filmato mancante appartenesse ad una delle strade che costeggiava la pineta di Beacon Hills, per essere precisi, King’s Cross Road.

 

Andando contro qualsiasi logica, decise di abbandonare le sue ricerche sulla scrivania e prendere le chiavi della jeep per andare a perlustrare la zona. Un qualsiasi agente – più sano di mente- avrebbe fatto prima capolino nello studio dello sceriffo per verificare che il filmato mancante fosse stato semplicemente dimenticato durante il trasferimento dei file, ma Stiles si ritrovò a fare questa considerazione solo una volta giunto nei pressi del bosco. Velocemente si diresse verso il lampione su cui si sarebbe dovuta trovare la telecamera e, come aveva immaginato –o temuto, doveva ancora decidere- trovò l’apparecchio con i vari cavi penzolanti e apparentemente strappati. Diede una seconda lunga occhiata alla piantina, realizzando solo in quel momento che il quartiere abitato da Victoria Argent si trovasse ad appena un chilometro da lì e che, oltre a quello messo fuori uso, non erano presenti altri dispositivi.

Chiunque avrebbe potuto attirare la donna fuori casa senza apparire nelle immagini. Ma per quale motivo avrebbe dovuto disattivare –ammesso che i due eventi fossero collegati- la telecamera di King’s Cross Road? Istintivamente Stiles si ritrovò a fare una mezza piroetta, portando di fronte ai suoi occhi l’immensa distesa verde dall’altra parte della strada. Ovviamente.

L’agente -mormorando qualcosa di incomprensibile riguardo alla sua pelle pallida ed ossa fragili- decise di inoltrarsi nel fitto della vegetazione alla ricerca di qualsiasi tipo di indizio che potesse provare il passaggio di Victoria Argent per quel tratto. Non era minimamente sicuro che quello che stesse facendo avesse un senso; la donna poteva essere entrata nel bosco, volontariamente o meno, da un'altra altezza della strada, e non necessariamente seguire il percorso che Stiles stava facendo in quel momento, ma qualcosa nella mente dell’agente lo convinse ad andare avanti.

Continuò ad avanzare per una decina buona di minuti, fino a quando non vide la vegetazione iniziare a farsi man mano più rada, fino a raggiungere uno spiazzo abbastanza ampio completamente immerso tra gli alberi, al centro del quale si erigeva quel che restava di una vecchia casa malridotta.

Stiles sgranò impercettibilmente gli occhi. Come aveva fatto a non rendersi conto di essersi avvicinato inconsciamente a quell’abitazione? Villa Hale.

Avanzò di qualche passo, notando solo in quel momento dei profondi squarci che apparivano in rilievo sulle mura esterne. Sembravano essere stati fatti dopo l’incendio, dal momento che sotto di essi appariva lo strato più chiaro di intonaco non bruciato, ma quel che stupì particolarmente Stiles fu la lunghezza dei graffi. Se fossero appartenuti a qualche orso o leone di montagna, sarebbero risultati più numerosi e più corti, mentre in quel caso si trattava di soli cinque lunghi segni che attraversavano tutta la parete. Vi appoggiò la mano, facendo coincidere le dita con i solchi, e seguì con esse il loro percorso. Poteva essere opera di vandali, certo, ma quell’ipotesi non convinse a pieno l’agente.

I cinque graffi si interrompevano di fronte alla cornice del portone esterno, già spalancato e da molto tempo esposto alle intemperie, come poté notare il ragazzo osservando un principio di edera che si era formato intorno ai cardini. Istintivamente sfiorò con la mano destra la pistola che teneva ben chiusa nella fondina. Buttò uno sguardo sulla soglia, senza entrare. Era sufficientemente luminoso da non richiedere l’uso della torcia, ma ciò non lo esortò a proseguire prima di aver preso un profondo respiro.

Un pungente odore di bruciato misto a muffa si fece prepotentemente strada nelle sue narici, costringendolo a serrare gli occhi per un secondo. Avanzò lungo l’ingresso, composto da quella che doveva essere stata una maestosa scala in legno, due porte spalancate alla sua destra e una socchiusa sulla sinistra. Strinse la presa sulla fondina, tirando un calcio alla porta accostata.

“Cazzo”

Al centro della stanza, in un bagno di sangue, vi era adagiato supino in modo scomposto il corpo di Victoria Argent. La collana di perle che portava era stata strappata, rivelando un profondo e mortale morso alla gola, mentre il bel vestito verde, lungo fino alle ginocchia, rivelava profondi squarci all’altezza dell’addome e della spalla destra.

Stiles arricciò il naso alla vista di quella scena, avvicinandosi di qualche passo prima di chiamare dei soccorsi. Mentre riferiva in centrale i dettagli del ritrovamento ed attendeva l’arrivo della Scientifica, si accucciò per quanto possibile vicino al corpo, studiando i cinque segni di graffi ben distinti sul ventre.

“Immagino riferirete che si è trattato dell’attacco di un orso o altre stronzate simili, giusto?” una voce alle sue spalle lo fece schizzare in piedi.

Si voltò di scatto, sorprendendosi alla vista di un giovane poco più grande di lui –al massimo cinque anni, si trovò a valutare- che lo osservava con la schiena appoggiata alla parete e le braccia conserte. Aveva corti capelli neri, una leggera barba e degli occhi chiari di cui Stiles, a causa della distanza, non riuscì a decifrare il colore. Ma non era necessario, aveva visto quel viso un paio di volte sbirciando tra i fascicoli di Parrish.

Derek Hale.

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Capitolo 2
*** .2 ***


“Alquanto sadico tornare a Beacon Hills e farti trovare proprio in questa villa” rispose l’agente, sfiorando per la terza volta la fondina. Vide il  suo interlocutore indurire lo sguardo.

“Interessante, la mia ipotetica fuga circola anche tra gli studenti delle medie?” chiese sarcastico, spostando gli occhi dal corpo della donna a Stiles, rimasto fieramente in piedi a qualche metro da lui. “Dunque hanno messo te alla ricerca della Argent? Seriamente, un ragazzino?” domandò per la seconda volta, alzando le folte sopracciglia.

La conosceva.

“Per la cronaca, ho ventitré anni” rispose l’agente avanzando di un passo, punto nell’orgoglio “Perché sei qui, Hale?” di risposta, il maggiore si staccò dalla parete, avvicinandosi al corpo della donna e chinandosi al suo fianco, studiandola.

“Ho sentito l’odore del sangue” rispose enigmaticamente Derek “E tu non mi hai ancora risposto: credi sul serio che sia stato un animale feroce ad attaccarla?”

“Ci sono segni di artigli ed un morso alla gola, mi sembrano prove abbastanza lampanti” affermò Stiles, sebbene fosse anche lui poco convinto di quelle parole.

“Oh, ma certo” Hale alzò gli occhi al cielo “Un leone di montagna prende in ostaggio una donna per due giorni per poi ferirla mortalmente solo per il gusto di uccidere” In ostaggio? Lo sguardo interrogativo dell’agente convinse il secondo al continuare “La Scientifica ti dirà che queste ferite sono abbastanza recenti, forse non arrivano a sette ore fa”

Stiles si mosse nervosamente da un piede all’altro “Quindi quale sarebbe la tua teoria a riguardo?” domandò automaticamente.

-Incontri il possibile colpevole di un pluriomicidio? Gli domandi quale sia la sua versione dei fatti riguardo un delitto, logico-

Derek spostò nuovamente lo sguardo dal corpo di Victoria all’agente “La prenderesti in considerazione?” chiese, alzando un sopracciglio

-Ovviamente no.-

Fece per rispondere, ma un inconfondibile rumore di sirene fece muovere meccanicamente il suo sguardo verso l’ingresso della villa. Si diede mentalmente dello stupido quando, riportando gli occhi verso il punto dove prima aveva visto Derek, lo trovò vuoto.

 

-Stiles Stilinski, agente di polizia da nemmeno un mese, ritrova il cadavere della donna che avrebbe dovuto riportare a casa viva e, nel mentre, si fa scappare da sotto il naso l’arresto di un possibile pluriomicida. Tutto questo in appena un paio d’ore. Grandioso.-

Questo era il discorso che si ripeté più volte quando, dopo essere stato intrattenuto a lungo dalla Scientifica e dai suoi colleghi per descrivere l’accaduto, era stato finalmente in grado di tornare in ufficio. Un grandissimo fallimento. Se veramente quella donna era stata presa in ostaggio, come diceva Derek, l’agente aveva avuto un intero giorno a disposizione per poter trovare Victoria Argent viva.

Ma in che senso ‘in ostaggio’, poi? Un orso non trattiene le prede vive per giorni per poi ucciderle senza neanche mangiarsele, e Stiles era più che sicuro che lo stesso valesse anche per i leoni di montagna. Tutto quello non aveva senso.

Per un attimo ipotizzò anche che la donna dalla scomparsa avesse vagato nel bosco per poi essere attaccata da un animale, ma anche quella teoria non sembrò avere un senso logico, dal momento che il suo corpo era stato ritrovato a meno di dieci minuti di distanza dalla strada più vicina.

Il suo orgoglio, ormai messo a dura prova quel giorno, ricevette un secondo colpo basso quando giunsero sulla sua scrivania i risultati della Scientifica, che avrebbe di seguito dovuto consegnare allo sceriffo insieme a tutto il resoconto circa il ritrovamento. Da quello che era riportato, l’ipotesi di Derek riguardo all’orario della morte di Victoria Argent era pienamente azzeccato. L’una di notte circa. Quindi non stava farneticando, non su quello, almeno.

Ma rimaneva ancora l’incognita del cosa fosse successo in quei due giorni di scomparsa.

“È permesso?” chiese l’agente, facendo capolino con solo la testa nell’ufficio dello sceriffo. L’uomo, occupato in una telefonata, sorrise amabilmente e gli fece gesto di accomodarsi sulla poltroncina.

“Beh, devo ammettere che si tratta di un fatto del tutto singolare” lo sentì affermare “Da quanto tempo lo avete trovato al centro di addestramento?” Stiles vide il suo superiore annuire distrattamente “Oh, andiamo Monroe, non dica sciocchezze, non si vede un lupo a Beacon Hills da anni. Si tratterà sicuramente di un pastore tedesco nero oppure un pastore belga” ci furono dei secondi di silenzio “Sarebbe interessante inserirlo nel centro di addestramento per unità cinofile. No, non sto scherzando, Monroe. Del resto mi ha detto proprio lei che sembra essere molto docile” l’agente distinse  un forte sospiro rassegnato oltre la cornetta “Tra una settimana la contatterò per sapere i risultati. Mi chiami se ci sono problemi”

Dopo aver visto lo sceriffo riagganciare, Stiles si sporse appena dalla poltroncina “Ci sono problemi al centro di addestramento?” domandò curioso, non preoccupandosi per aver appena ammesso di aver ascoltato l’intera conversazione, o almeno quello che era riuscito a capire.

“L’agente Monroe ha segnalato la curiosa presenza di un ‘lupo nero’, a detta sua, fuori dalle recinzioni” l’uomo alzò teatralmente gli occhi al cielo “Si tratterà sicuramente di qualche incrocio, ma di certo non di un lupo, tu non credi? Ho proposto di inserirlo nell’addestramento dal momento che negli ultimi mesi molti dei nostri cani migliori sono andati in pensione, quindi, perché non rifornire le file?”

“Non le sembra…ecco…una scelta un po’ azzardata quella di inserire un cane adulto? E se fosse un randagio?” azzardò il ragazzo.

“Oh, non ti preoccupare, più tardi contatterò il veterinario per fare i vari controlli. Ma cambiando argomento, hai portato il resoconto del ritrovamento?” domandò lo sceriffo, facendosi immediatamente più serio.

Di risposta, Stiles appoggiò il fascicolo sulla scrivania, schiarendosi appena la voce “In realtà, signore, ci sono dei dettagli che non mi convincono molto. Non sono ancora arrivati i risultati della biopsia, ma è abbastanza lampante che la morte di Victoria Argent sia dovuta ad un attacco animale. Eppure, questo non spiega la sua scomparsa per più giorni” l’uomo prese i vari fogli ed iniziò a leggerli attentamente, portandosi una mano sotto al mento.

“Certo, effettivamente è piuttosto singolare” affermò “Forse i risultati delle analisi ci aiuteranno a capire qualcosa in più. Hai considerato l’ipotesi che, forse, la donna non fosse in sé quando si è inoltrata del bosco? Una teoria potrebbe essere l’aver fatto uso di sostanze stupefacenti, ad esempio. Come saprai, molte di esse inibiscono i sensi e rendono praticamente nulla la capacità di orientamento.”

“Lei crede? Ma né colleghi né i familiari hanno segnalato anomalie nel suo comportamento negli ultimi giorni”

“Come ho detto, la mia è una teoria che ci può essere confermata o meno solo con l’aiuto della biopsia. Hai altro di cui dovermi parlare, Stilinski?” chiese l’uomo, poggiando elegantemente un gomito sul bracciolo.

Stiles fece tentennare appena lo sguardo, ritrovandosi inaspettatamente ad esitare di fronte a quella domanda “In realtà sì, signore” ammise, irrigidendo la schiena contro la poltrona “Proprio stamani, subito dopo aver segnalato il ritrovamento del corpo di Victoria Argent, ha fatto la sua comparsa nella villa Derek Hale”

“Derek Hale” ripeté incuriosito lo sceriffo “Ti ha parlato?”

“Sì, anche se non molto, in realtà. Mi ha anticipato quelli che sarebbero stati i risultati circa l’orario della morte della donna”

L’uomo di fronte a lui corrucciò appena lo sguardo “Molto bene, Stilinski, andrò ad informare io stesso riguardo alla segnalazione che hai fatto su Derek. Direi che per oggi puoi andare.”

 

Il resto della giornata passò fin troppo lentamente per il poliziotto. Aveva fatto il suo ingresso a casa stracarico di buste della spesa, maledicendosi per essersi fatto condizionare ancora una volta dal suo desiderio smanioso di raccolta punto. A giudicare dai suoi calcoli, altri 200$ in quel supermercato e la meravigliosa PS5 sarebbe stata sua con l’aggiunta di soli 25$. Un affarone, a detta sua. Il suo portafoglio affermava il contrario.

Posò con poca delicatezza le cinque buste sulla penisola della cucina, svuotando distrattamente sulla superficie il contenuto. Sbuffò appena, ripensando all’accaduto di quella mattina.

Villa Hale, il ritrovamento del corpo, l’incontro con Derek. Già, Stiles si definì un pazzo a fare una considerazione del genere, ma si era ritrovato a provare pena per quel ragazzo. Aveva visto quegli occhi chiari vagare tra le mura della villa. Erano spenti.

-Forse Derek Hale non era…-  

No, non poteva giungere a quella conclusione solo perché di fronte a lui si trovava un ottimo attore capace di entrare nella parte della vittima. Non vi erano prove.

-Così come non vi erano prove della sua colpevolezza, in realtà.-

Sbattè le braccia sulla penisola, tentando di dare un minimo di contegno ai suoi pensieri che ormai procedevano a ruota libera.

-Come al solito.-

E la sua mente corse ancora al giorno prima, quando aveva interrogato i familiari di Victoria Argent e, tra essi, sua figlia di cui non ricordava il nome. Quella ragazza dagli occhi così rossi dal pianto ed, allo stesso tempo, glaciali. Pensò ai poliziotti che, molto probabilmente, le avevano già dato notizia del ritrovamento del corpo di sua madre. Immaginò il suo dolore, del resto l’agente era perfettamente in grado di comprenderla. Aveva solo otto anni quando anche sua mamma era volata in cielo per colpa della malattia.

Forse, da adulti il dolore di una perdita viene assimilato in modo totalmente diverso. Stiles sperò di non dover mai rispondere a quella domanda.

-Allison, ecco il nome della ragazza.-

 

Le successive tre settimane furono angosciosamente noiose. I risultati della biopsia erano giunti in paio di giorni, rivelando fondate le teorie dello sceriffo. A quanto pare la signora Argent aveva fatto uso di sostanze stupefacenti.

-Balle- fu così che una vocina nei meandri della sua testa rispose a quella notizia, mentre l’agente si era limitato ad annuire.

Fecero il loro ritorno le solite denunce per disturbo della quiete pubblica che Stiles si ritrovò a leggere silenziosamente sulla scrivania, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo, sconfortato.

“Stiles, facciamo una pausa? Ti offro un caffè” furono quelle parole che fecero alzare il suo sguardo infinitamente grato mentre leggeva la riga che citava –continui rumori e schiamazzi accompagnati dall’uso di casse a tutto volume…-

Si era ritrovato a seguire il vicesceriffo Parrish fino alle macchinette senza neanche avergli risposto.

“Cosa ne pensi della soluzione del caso?” gli domandò il maggiore, porgendogli il caffè appena erogato. Non fu necessario specificare a quale si riferisse.

“Vuoi che sia totalmente onesto? Non mi convince minimamente.” ammise il ragazzo, prendendo a maneggiare nervosamente il bicchierino “Oggettivamente è stata sufficientemente chiarita la dinamica dei fatti, ma c’è qualcosa che non quadra.”

“Credi che siano state nascoste delle prove?”

“Mi limito a pensare che non siano state approfondite altre dinamiche, ecco tutto. Non credo che quella donna facesse uso di droghe, dopotutto doveva mantenere un profilo rispettabile anche di fronte ad i suoi colleghi ed alunni. Non pensi anche tu che, fosse stato veramente così, se ne sarebbero accorti?” all’annuire dell’altro, Stiles continuò “Le mie teorie sono due: o la signora Argent è stata drogata o quella delle sostanze stupefacenti è solo una falsa pista”

“Penso esattamente lo stesso” confermò il maggiore.

“Devo ammettere che c’è un’altra cosa che non mi convince” continuò l’agente “Perché i familiari non richiedono spiegazioni o colloqui? Sono più che convinto che anche loro non abbiano accettato la soluzione del caso”

“No, non credo, Stiles. Immagino desiderino semplicemente accettare la morte di Victoria. Non penso ci nascondino qualcosa” il minore osservò Parrish umettarsi le labbra.

-Bugia- gli sussurrò la sua voce interiore, incapace di starsene in silenzio per più di cinque minuti.

   

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Capitolo 3
*** .3 ***


“Stilinski, ci sono dei nuovi fascicoli estremamente importanti sulla tua scrivania. Un nuovo caso. Leggili il prima possibile” fu con queste parole che Stiles, un paio di giorni dopo, fu freddamente accolto nel suo ufficio mentre ancora stava poggiando la sua ventiquattrore a terra.

“Di che si tratta?” domandò ad alta voce, non appena prese a sfogliare la cartella. Da quel che era riportato, quella stessa mattina era stata denunciata la scomparsa di una seconda componente della famiglia Argent con cui Stiles aveva conversato durante l’interrogatorio, Kate Argent, 38 anni. L’ultimo avvistamento era stato fatto dal vicino di casa intorno alle 18.25 del 13 febbraio, in cui aveva dichiarato di averla vista sulla via di casa. Alle 20.30 avrebbe dovuto partecipare ad una cena di lavoro alla quale non si era presentata. “Fin troppo sospetto” mormorò di nuovo a voce alta.

Stiles abbandonò la sua scrivania in tutta fretta, afferrando la giacca che pochi minuti prima aveva lanciato verso l’appendiabiti e correndo fuori dallo studio. Mise in moto la jeep ben deciso ad andare nuovamente ad interrogare i componenti della famiglia Argent che aveva conosciuto poche settimane prima. Da una parte, la scomparsa di un secondo membro non poteva essere un semplice equivoco, dall’altra era più che convinto che Allison e Christopher -così si chiamava il padre della ragazza- avessero deliberatamente omesso delle informazioni durante l’interrogatorio del mese prima.

 

“Sarò il più chiaro possibile, signor Argent” affermò, seguendo la mano dell’uomo, che lo invitava ad accomodarsi su una delle poltrone del salotto “sono più che certo che lei e sua figlia mi stiate nascondendo qualcosa”

“È così che le forze dell’ordine si rivolgono a chi ha da poco subito un lutto, agente?” chiese gelidamente Christopher, sedendosi di fronte al ragazzo.

“Datemi informazioni che possano condurmi a vostra sorella” rispose quest’ultimo, sporgendosi appena in avanti “Perché, ripeto, so che mi state nascondendo qualcosa. Ci terrei a specificare che qualsiasi indizio potrebbe aiutarci con il caso”

“Non saprei come aiutarvi” affermò il maggiore.

“Non si finga così ingenuo, signor Argent, mi sembra stupido farle notare che la sua famiglia sia stata presa di mira” replicò Stiles, alzando appena il tono di voce, per poi rimanere in silenzio qualche secondo “Ho notato che nessuno di voi ha mai sporto denuncia se non le due per scomparsa” continuò “Ne deduco che o le avversità con il presunto assassino riguardano tematiche illegali che non possono essere esaminate di fronte ad un giudice –giacché passereste voi dalla parte del torto-, o altre cause di cui gradirei lei mi parlasse”

“Cosa le fa pensare che io mi sia creato delle inimicizie? Non potrebbero essere semplici azioni di un folle?” Stiles vide le mani dell’uomo, incrociate al petto, stringersi lievemente sugli avambracci, arricciando lo spesso tessuto della giacca di pelle.

“Ha notato che sua moglie è stata rapita esattamente un mese fa? Un “folle”, come lo chiama lei, non sarebbe così meticoloso nella sua scelta” gli fece notare, e l’agente si stupì nel vedere lo sguardo di Cristopher distogliersi dal suo. Dalle espressioni che stava facendo, era certo che si stesse mordendo la parte interiore della guancia.

“Non posso aiutarla, agente” rispose l’uomo abbandonando, per la prima volta, la sua maschera fredda e guardandolo con vero sconforto “Le assicuro che vorrei, ma non posso”

“Le ricordo solo che la prossima potrebbe essere sua figlia” affermò con voce gelida il ragazzo, alzandosi dalla poltrona e poggiando un foglietto sul tavolo in vetro di fronte al maggiore “Se dovesse cambiare idea, questo è il mio numero. Mi contatti pure a qualsiasi orario. Buona giornata”

 

Stiles sbuffò sonoramente per l’ennesima volta, ignorando i suoi colleghi che continuavano a lanciargli occhiatacce di rimprovero, e si lasciò scivolare ben poco elegantemente sullo schienale della sedia.

Era esausto.

Una volta tornato in ufficio aveva continuato le sue ricerche, monitorando le  registrazioni delle telecamere e seguendo la figura della donna che, a piedi, stava tornando a casa dopo una giornata di shopping. Come era successo per il caso di Victoria Argent, l’agente non fu in grado di verificare se effettivamente la donna avesse fatto ritorno a casa, dal momento che le riprese non inquadravano la villa. Anche il vicino, l’ultimo ad avvistarla, aveva dichiarato di averla vista lungo la strada, ma non aveva dato conferma di averla vista entrare.

  

Riavviò per l’ennesima volta la registrazione delle due telecamere che si trovavano più vicine alla villa, accorgendosi solo in quel momento di un dettaglio. Nella prima poteva vedere Shelby Cobra nera seguita da SUV bianco, mentre nella seconda faceva la sua comparsa solo la vettura bianca a cui seguiva, a una trentina di secondi di distanza, la macchina scura. Continuò a monitorare l’andamento della seconda auto, accorgendosi che fosse diretta in aperta campagna.

Scattò in piedi dalla sedia, spegnendo velocemente il computer ed afferrando, per la seconda volta, le chiavi della jeep, quando la sua attenzione fu catturata dall’affermazione di un suo collega rivolto al vicesceriffo Parrish.

“Proprio così, signore, la famiglia Churter ha sporto denuncia per atti vandalici. A quanto pare su una parete esterna del loro vecchio casale in campagna sarebbe stato danneggiato con degli squarci molto singolari. Riproducono una grande spirale.” ci fu una breve pausa in cui Stiles immaginò i due consultare il documento di denuncia “Ecco, vede l’immagine? Ha mai visto nulla del genere? Sembrano quasi degli artigli…”

Artigli.

“Sono entrati dentro il casale?” domandò Parrish.

“No, hanno scattato le foto dall’esterno e sono venuti in questura. Non andando in campagna da qualche settimana, hanno preferito non entrare per paura di trovare qualche malintenzionato.

  “Dove si trova il casale?” chiese ad alta voce l’agente, attirando l’attenzione dei due, guadagnandosi un’occhiata confusa dal collega ed una preoccupata dal vicesceriffo.

“Harrison Street, seconda strada sterrata sulla destra”

“Tenete pronta una pattuglia” mormorò di rimando il minore, schizzando via dall’ufficio prima che gli altri potessero controbattere qualsiasi cosa.

 

Stiles era più che sicuro che, una volta fatto ritorno a casa, si sarebbe ritrovato la cassetta della posta strabordante di multe a causa della velocità decisamente non consigliata con cui stava guidando.

Ma gli indizi erano troppo evidenti per essere presi con leggerezza. Quella Shelby Cobra, secondo le sue teorie, aveva caricato Kate Argent lungo la strada per poi condurla verso la campagna chissà dove. O meglio, secondo l’agente era alquanto intuibile dedurre dove fosse stata trovata, ma a preoccuparlo maggiormente era il come l’avrebbe trovata.

Chiuse forse troppo rumorosamente lo sportello della jeep e, con passo cauto, si avvicinò al vecchio casale, ritrovando subito davanti ai suoi occhi la famosa spirale che aveva tanto turbato la famiglia Churter. Distolse lo sguardo, si sarebbe preoccupato più avanti di quella faccenda. Aggirò mura, ritrovandosi di fronte al portone, lasciato socchiuso.

Fece per dargli un calcio, mentre le mani erano ben strette intorno alla beretta 92, ma il suo gesto venne preceduto, dal momento che la porta si spalancò automaticamente.

“Ce l’hai fatta ad arrivare, ragazzino” affermò la figura di fronte a sé, alzando un sopracciglio spazientito. Il robusto profilo di Derek si frappose tra l’agente e l’interno del casale. Che diavolo ci faceva lì?

“Come hai fatto a-”

“Ho sentito l’odore del sangue” lo anticipò il maggiore, alzando gli occhi al cielo e spostandosi, per permettere all’altro di entrare.

Sangue.

-Oh, no-

Stiles si avvicinò con cautela al corpo di Kate Argent, trovandolo martoriato come quello della cognata, con l’unica differenza che sul collo non era esposto un morso, bensì il segno dei quattro artigli con cui, molto probabilmente, era stata recisa la giugulare. Per il resto, erano presenti gli stessi graffi lungo tutto il torace.

Si voltò verso Derek, pronto a rifilargli un elenco imbarazzante di domande, ma venne fermato prima ancora che potesse aprire bocca da una chiamata. Lesse il nome.

-Vicesceriffo, la donna…-

-È lì?-

-Si-

-Morta?-

-Si- alla sua seconda risposta affermativa, Stiles avvertì Parrish sospirare rumorosamente.

-Tra cinque minuti arriveremo con due pattuglie. Ci penso io  chiamare la Scientifica, te resta lì, Stilinski-

-Sissignore-

Riattaccò la chiamata, fissando per alcuni secondi lo schermo del telefono su cui era segnato l’orario che indicava le 17.48.

“Puzzi di ansia”

“Come facevi a sapere che fosse qui?”  domandò ancora il ragazzo, ignorando la strana affermazione del maggiore “E non usare le tue risposte evasive. Perché. sei. qui.” per dare maggiore enfasi alle sue parole, Stiles strinse la presa sulla pistola che teneva ancora in mano, puntata sul pavimento.

L’agente attese alcuni secondi, ma notando il silenzio dell’altro, iniziò a spazientirsi. Puntò con sicurezza la pistola contro Derek il quale, a quella vista, gli lanciò uno sguardo che il minore non riuscì a decifrare “Parlerò chiaro e tondo, Derek Hale. Sei sospettato dell’omicidio della tua famiglia ed ora ti fai trovare proprio sulla scena di un secondo crimine ancor prima della polizia. Ti chiedo di seguirmi in centrale, dove verrai interrogato. Hai il d-”

“Come si è concluso il caso di Victoria Argent? Attacco di animale selvatico, ovviamente.” lo interruppe il moro “Ma tu sai che non è così. Sei il primo ad avere dei sospetti a riguardo, vero?”

“Hai il diritto” Stiles fu costretto ad alzare il tono di voce per sovrastare l’altro “di rimanere in silenzio”

“E come pensi che verrà giustificata la morte di Kate, invece? Un secondo attacco animale alla stessa famiglia? In effetti quelli sul suo corpo sono segni di artigli, hai ragione, ma non credi che risulti tutto fin troppo sospetto?” riprese il maggiore.

“Dovrebbe insospettirmi di più il fatto che tu, Derek Hale, conosca i nomi di entrambe le vittime.”  sentenziò l’agente “Ora girati e tieni le mani bene in vista” ordine al quale il moro, inaspettatamente, ubbidì subito, voltandosi di spalle per permettere a Stiles di allacciargli le manette.

Fu proprio mentre concludeva di bloccargli i polsi che il minore avvertì Derek mormorare uno “Scusami” per poi sentire uno schiocco metallico. Percepì una forte fitta alla base del collo.

Poi nulla.

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Capitolo 4
*** .4 ***


Stiles imprecò mentalmente quando, senza pensarci, era andato a grattare il sensibile lembo di pelle sotto al collarino cervicale, causandogli l’ennesima fitta di dolore lungo la schiena.

Quel Derek Hale gliel’avrebbe pagata.

Annuì distrattamente ad una dottoressa che gli stava prescrivendo un antidolorifico da prendere per le tre settimane successive, consigliandogli anche un paio di sessioni di fisioterapia a settimana per il prossimo mese.

“In teoria io suggerirei una decina di giorni di riposo” la sentì mormorare, mentre si sistemava una ciocca dei suoi capelli ricci dietro l’orecchio “ma lo sceriffo è stato irremovibile. Mi ha promesso che ti avrebbe affidato solo incarichi non impegnativi fino alla tua completa guarigione…ma non mi sembra comunque una scelta intelligente. Hai bisogno di riposo” affermò contrariata, guardandolo dolcemente con occhi materni.

“Mi hanno dato una settimana di malattia, direi che basti e avanzi” rispose il ragazzo, ridendosela poi di gusto all’occhiataccia di fuoco appena guadagnata.

“Siamo comunque esseri umani, noi” sussurrò, forse più a se stessa “Abbiamo maggiore bisogno di riposare”

“Siamo tutti esseri umani” rispose l’agente, alzando un sopracciglio scettico ed avviandosi verso l’ascensore con il borsone in mano.

 

La settimana successiva fu estremamente frustante per il ragazzo. Oltre che le visite quasi giornaliere del vicesceriffo –stava iniziando ad affezionarsi a quell’uomo poco più grande di lui-, che non mancava di raccontargli come procedessero i lavori in centrale, la sua quotidianità si alternava tra divano e poltrona. Forse il lui di qualche anno prima avrebbe esultato anche solo all’idea di poter –anzi, dover- restare sette giorni chiuso in casa, intrigato dall’allettante prospettiva di poter organizzare una fantastica maratona dei suoi film Marvel preferiti alternati da una sana partita alla Ps3.

Non che ora lui disdegnasse tutto ciò, ma era certo che non se la sarebbe goduta a pieno visti gli ultimi avvenimenti a Beacon Hills. Perché alla fine, Stiles, si sentiva in parte colpevole. Colpevole per non aver scoperto prima indizi, colpevole per non aver agito in tempo, colpevole per non aver ancora trovato la soluzione a quei maledetti casi –perché sì, per lui risultavano essere ancora irrisolti-. Colpevole per essersi fatto scappare per la seconda volta Derek Hale.

-E aggredire- aggiunse prontamente la vocina nella sua testa, maligna.

Quei noiosissimi giorni vennero scanditi ancor più lentamente quando Parrish, durante la sua abituale visita serale, si fece volontariamente sfuggire di bocca che in centrale, al suo ritorno, lo stava attendendo una fantastica sorpresa. E Stiles era riuscito a contenersi a malapena dal domandargli, con tanto di preghiere e suppliche -che viste dall’esterno, forse, sarebbero risultate un pelino infantili-, di sapere di più.

 

Dopo altri tre giorni di reclusione forzata in casa sua, l’agente fece il suo ingresso trionfale in ufficio, sbattendo fragorosamente la ventiquattrore sulla sua scrivania e sedendosi sulla poltrona, regalandosi qualche secondo per ammirare la meravigliosa vista della centrale che gli era mancata –forse fin troppo- in quei giorni.

Più o meno era così che Stiles aveva immaginato il ritorno alla sua occupazione, ma le cose andarono molto diversamente da come previsto. Si ritrovò a strisciare furtivamente tra i corridoi della centrale, pregando qualsiasi santo per non essere visto da nessuno mentre si sedeva –il più silenziosamente possibile- sulla sua poltrona che, in quella circostanza, gli parve cigolare più prepotentemente del dovuto. Ed effettivamente nessuno si accorse del suo arrivo, se non Parrish che, notando il disagio del ragazzo, si era limitato a salutarlo con un rapido ceno di testa.

O meglio, nessuno fino a quando Stiles, di certo famoso per il suo essere maldestro, non fece cadere la sua borraccia in alluminio da un litro per terra –ovviamente vinta con i punti del supermercato due mesi prima-.

   

“Mi ha fatto chiamare, sceriffo?”

“Sì, Stiles, accomodati pure” rispose l’uomo alla timida ed imbarazzata comparsa del ragazzo nel suo ufficio “Parrish ti ha messo al corrente della novità?”

“No, signore…ha accennato ad una sorpresa o qualcosa del genere…ma nulla di dettagliato”

“Molto bene, molto bene. Allora ho un incarico per te: vai al centro di addestramento per unità cinofile. Là ti aspetterà la tua sorpresa” a quelle parole, Stiles non riuscì a trattenersi dallo spalancare poco dignitosamente gli occhi.

“Al centro di addestramento?” ripeté con voce più acuta del solito “Mi ha affidato un cane?”

“Ti ho affidato un compagno, Stilinski, è molto diverso” lo riprese lo sceriffo in tono insolitamente brusco “Credo che, visti gli ultimi avvenimenti, far parte di una squadra possa aiutarti a riacquisire coraggio”

“Ma…ma io sto bene signore…”

“Questa non è una decisione che spetta a te. Al centro di addestramento ti daranno alcune carte da firmare. Mi aspetto di vederti domani in ufficio con il tuo nuovo collega, Stiles” concluse severamente il maggiore, facendo slittare la poltroncina verso lo schermo del computer, come prova che la discussione fosse ufficialmente conclusa. Tuttavia, l’agente rimase ancorato al suo posto per alcuni secondi.

“Non crede che sia fin troppo affrettato assegnarmi un…compagno senza nemmeno averlo mai visto?” tentò nuovamente, dondolandosi in avanti.

“La prima settimana, per abituarvi reciprocamente l’uno alla presenza dell’altro, lo passerai a prendere nel centro addestramento per poi portarlo qui in ufficio. Passati questi giorni, si potrà procedere con la coabitazione ufficiale” rispose l’uomo, senza staccare gli occhi dallo schermo “Puoi andare” aggiunse freddamente, notando il ragazzo ancora fermo al suo posto, estremamente contrariato.

 

-Prendi un cane, Stiles. Ma che cane, compagno, buon dio. Perché, ovviamente, se lo chiamo semplicemente “segugio”, la bestia si offende. Ma per quale stramaledetto motivo devo condividere il mio tetto con un animale pieno di pulci. Io, che ho avuto solo un pesce rosso da piccolo. E durato una settimana, per giunta. Che poi non sono in grado di badare nemmeno a me stesso, figuriamoci ad un’altra creatura… oddio e se lo perdo? Se scappa? Se mi morde? Sbrana? Se per sbaglio gli do qualcosa che non può mangiare? Se si mette a rosicchiare le custodie dei miei videogioc…no, in quel caso sarei io di mia spontanea volontà ad avvelenarlo.-

Sbuffò per la diciottesima volta in quella giornata, si autoinflisse dolore fisico sbattendo volontariamente la testa contro il volante, dopodiché scese dalla jeep, chiudendo rumorosamente lo sportello per evidenziare maggiormente che –no, io qui non ci volevo proprio venire-.

“Stiles Stilinski” disse svogliatamente all’agente che lo scrutava da dietro lo spesso vetro dell’ufficio, mostrando automaticamente il distintivo. La donna, schizzò velocemente in piedi, avvicinandosi al ragazzo e stringendogli molto energicamente la mano –o almeno così parve al minore, dal momento che la sua forza vitale era sotto le suole delle scarpe-.

“Stilinski” ripeté raggiante l’altra, sorridendogli maternamente “Molto bene. Davvero molto molto bene. Io sono l’agente Susan Walters. Ti porto subito a far conoscenza del tuo nuovo amico” esordì allegra, facendogli strada. Superarono un paio di porte per poi ritrovarsi di fronte ad un ampio giardino, munito di qualsiasi tipo di attrezzo per l’allenamento delle unità cinofile. Il ragazzo si stupì di trovare anche cuccioli intenti a lavorare con i propri addestratori.

“I cani poliziotto vengono allenati fin da piccoli?” domandò, osservandone un paio scodinzolare felici alla vista del meritato croccantino dopo un duro allenamento.

“Durante il primo anno di vita si insegnano i comandi elementari, come “seduto” o imparare a stare al guinzaglio, poi avviene la fase di formazione vera e propria, dove sono comprese simulazioni di salvataggi o pericolo” rispose la donna, camminando di fronte a lui con passo spedito.

“Avevo sentito…di un cane che era stato trovato nei paraggi dell’edificio per poi essere inserito nell’addestramento. È una procedura normale? Voglio dire, avviene spesso che un cane adulto venga sottoposto a questi allenamenti senza alcun tipo di preparazione?”

“Stai parlando di Oscar, vero?” domandò la poliziotta, voltandosi ed estendendo, se possibile, ancora di più il suo sorriso “Diciamo che il comando dello sceriffo ci è sembrato un po’ anomalo dal momento che si trattava di un randagio ma…devo ammettere che c’ha visto lungo. Oscar si è rivelato essere un cane davvero intelligente e disciplinato”

“Quindi avete davvero intenzione inserirlo nelle unità cinofile?”

Ma la donna non rispose, voltandogli nuovamente le spalle e continuando a camminare “Oscar, qui” disse improvvisamente con voce ferma, accucciandosi sul prato.

Comodamente sdraiato in un angolo del recinto, forse un pochino più distante dai suoi compagni, un cane alzò la testa nella loro direzione, per poi avvicinarsi con passo veloce.  La “bestia”, come l’aveva istintivamente nominata Stiles non appena era apparsa nel suo campo visivo, avanzò maestosamente verso i due, per poi fermarsi ad una debita distanza ed il ragazzo ebbe l’impressione che l’animale si stesse facendo ammirare.

Stiles impulsivamente fece un passo indietro.

Fosse stato lui al posto della Monroe la sera dell’avvistamento, ammise a se stesso che non avrebbe avuto il minimo coraggio di uscire dal recinto, anche a costo di rimanere a dormire nel centro addestramento. Sì, senza dubbio anche lui l’avrebbe scambiato per un grosso lupo nero proveniente da chissà quale parte del bosco.

Perché, in effetti, quell’animale aveva tutte le caratteristiche per essere scambiato per un lupo –non che Stiles se ne intendesse particolarmente-. Possedeva una stazza robusta che gli permetteva comunque un’ottima agilità, zampe possenti ed orecchie dritte che sembravano captare silenziosamente qualsiasi spostamento. Il pelo era nero non molto lungo e, dettaglio che turbò non poco l’agente, furono gli occhi dell’animale, di un azzurro quasi brillante.

Allo spostamento del ragazzo, il cane mosse appena la testa come per studiarlo.

Fu in quel momento che la donna tornò a parlare più entusiasta che mai “Molto bene, Stiles, ti presento Oscar. Oscar” l’animale si avvicinò di un paio di passi “lui è Stiles, il tuo nuovo compagno

I due diretti interessati fecero incontrare istintivamente i loro sguardi, uno apparentemente disinteressato alla situazione, mentre l’altro impiegò qualche secondo per incassare la notizia.

“Prego?” domandò, sforzandosi di non far apparire la sua voce più acuta di un’ottava rispetto al normale.

“Lui è Oscar, il cane che ti aveva incuriosito. Mi hai chiesto se fosse pronto ad il suo impiego come unità cinofila e ti ho appena dato risposta” spiegò brevemente la donna “Ora vi lascio qualche minuto per conoscervi. Accarezzarlo e fargli fare un giro lungo il perimetro del recinto lo abituerà alla tua presenza…e viceversa” continuò allegra “Buon divertimento” concluse, allontanandosi dai due.

-Sarebbe questa la parola comando per “Tieni bello, ecco il pranzo”?- si chiese Stiles, rifiutandosi categoricamente di tornare a fissare l’animale. O almeno, ci riuscì fino a quando quest’ultimo non sbuffò sonoramente, obbligando il ragazzo a voltarsi.

“Cosa vuoi?” chiese ad alta voce, non nascondendo una nota di fastidio. Di risposta l’animale si sedette tranquillamente a terra, non smettendo di fissarlo. Fu il turno dell’agente, questa volta, fare una smorfia annoiata, per poi accucciarsi ad una debita distanza dalla “bestia” e stendendo di fronte a sé un braccio. Nella sua mente, la speranza era che il cane continuasse ad ignorarlo fino a quando l’addestratrice non si fosse avvicinata delusa, affermando che il cane non avesse abbastanza coinvolgimento per avere un compagno.

Ma mai si sarebbe aspettato che quest’ultimo si alzasse lentamente ed iniziasse ad annusare, anche se con una certa diffidenza, la mano di Stiles.

-Avrei dovuto stendere la mano sinistra- mormorò mentalmente, già figurandosi l’arto strappato violentemente dalle zanne dell’animale.

Anche questa seconda ipotesi andò, fortunatamente, in fumo quando il cane appoggiò per un breve istante il naso umidiccio contro la mano del ragazzo, facendolo sobbalzare appena per la sorpresa. Preso da un inaspettato coraggio, Stiles mosse le dita sotto il collo del cane, sfiorando delicatamente il folto pelo nero. Non captando istinti omicida da parte della “bestia”, continuò quell’accenno di carezza fino a quando l’animale non tornò a guardarlo fisso negli occhi, sbuffando.

“Orrida bestia pulciosa, stai lontano dai miei videogiochi” mormorò appena, mentre allontanava velocemente le dita dal manto scuro del-secondo lui-lupo. A quelle parole, Stiles vide chiaramente la “bestia” curvare la testa e guardarlo confuso.

 

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Capitolo 5
*** .5 ***


-E ti sembra normale definirla una “normalissima sorpresa innocente proposta dallo sceriffo”?-

-Stiles, per l’ultima volta, è fantastico che tu abbia un compagno! Forse sarà stato un po’ affrettato l’ordine dello sceriffo, ma ti assicuro che in un paio di settimane non potrai non affezionarti ad Oscar.-

-Si…certo- mormorò il ragazzo, non nascondendo volontariamente il suo tono per nulla convinto –Se ti avessero detto che, da un giorno all’altro, avresti dovuto lavorare ed abitare con un lupo (e no, Jordan, non torniamo su quest’argomento. Era un fottuto lupo quello) come l’avresti presa?-

Dopo altri minuti di sbuffi, proteste, brontolii e insulti appena sussurrati verso qualsiasi oggetto capitasse nel suo campo visivo, Stiles chiuse la chiamata con il vicesceriffo, buttandosi a peso morto sul divano del salotto. Era furioso? Puro eufemismo, dannazione. Era indemoniato.

Forse ciò che maggiormente l’aveva irritato erano state le reazioni delle persone a cui l’aveva riferito. Parrish era praticamente euforico per quella notizia, nonostante lo sapesse ormai da alcuni giorno, mentre suo padre, trasferito qualche anno dopo la pensione a New York, aveva fatto giurare al ragazzo di fargli conoscere Oscar non appena fosse stato possibile. Avevano definito le sue proteste “immotivate”, “esagerate” e lui una “Drama Queen”.

Ed in più era rimasto parecchio stupito dal tono dello sceriffo di fronte alla sua opposizione. Non aveva mai visto quell’uomo arrabbiato, o meglio, non aveva mai visto sul suo volto un’espressione che non fosse il solito sorriso di cortesia. Ma quello che gli aveva rivolto quando Stiles si era opposto all’adozione di Oscar non era un semplice sguardo severo, gli era parso quasi offeso.

-Sciocchezze- si ritrovò a pensare, rotolandosi sul divano alla ricerca del telecomando della TV.

 

“Prova anche solo a mordicchiare i sedili della mia piccolina e ti stacco le orecchie, chiaro?” mormorò stizzito, non appena la bestia pulciosa saltò agilmente sui sedili posteriori della jeep

“Dovresti iniziare a creare un legame con Oscar se volete avere successo in campo.” affermò una voce alle spalle di Stiles. Voltandosi, riconobbe l’agente Susan Walters, che il giorno prima gli aveva presentato il…nuovo collega.

“Io non volevo un can…compagno”

“Credimi, l’ho ampiamente notato ieri quando hai messo piede nel centro” a quell’affermazione, il ragazzo arrossì in imbarazzo “Ma sono sicura che cambierai idea in poco tempo. Anche non volendo, gli animali sono in grado di scavare un piccolo posto nel nostro cuore, perciò ti conviene abituarti subito alla sua presenza nella tua vita” rispose la donna, sporgendosi appena per accarezzare il manto del cane. Quest’ultimo sbuffò, annoiato dalla situazione “Il centro chiude alle 19, ci vediamo stasera bello” concluse, rivolgendosi infine all’animale.

“Incredibile, si credono tutti San Francesco in questa città” mormorò il ragazzo a denti stretti, una volta che la donna si fu allontanata. Sbattè fragorosamente lo sportello posteriore –gesto al quale Oscar rispose con un basso ringhio stizzito- ed infine salì alla guida, dirigendosi verso la centrale.

 

La sua accoglienza in ufficiò risultò essere più calorosa del solito, almeno da una persona in particolare.

“Mio dio, Jordan, sei imbarazzante” sussurrò l’agente al vicesceriffo, mentre quest’ultimo era accucciato a terra intento a riempire di carezze il suo nuovo-indesiderato-compagno.

“Rispetto, Stilinski. Ricordati che rimango comunque in tuo superiore e qui non ti permetto di rivolgermi questo tono informale” rispose l’altro di rimando, mentre tornava in posizione eretta e tentava di ridarsi un contegno “Alla tua postazione è stata anche aggiunta una comoda cuccia per Oscar” sentenziò, accompagnando il tutto con un breve cenno della testa verso la scrivania dell’agente.

Le successive ore trascorsero molto tranquillamente e Stiles, alternandosi tra un rapporto e l’altro, era riuscito a fare anche qualche scoperta estremamente interessante riguardo alla famiglia Argent. Da quello che era riportato nelle dichiarazioni, ogni membro della famiglia, tranne Allison, possedeva un porto d’armi.

“Ed hanno anche un ottimo rifornimento, direi” mormorò, attirando involontariamente l’attenzione del compagno, che drizzò le orecchie incuriosito “Gli Argent, dico” rispose allo sguardo interrogativo del cane.

-Ottimo, stai iniziando anche a parlare con gli animali- gli fece notare la solita vocina nella sua testa, mentre continuava a ricambiare lo sguardo di Oscar. O almeno, quella piacevole calma durò fino a quando il-secondo lui-lupo non iniziò a ringhiare sommessamente, cambiamento che il battito cardiaco di Stiles non gradì particolarmente. L’apice del suo attacco di panico venne raggiunto a causa dell’improvviso bussare alla porta.

Il ragazzo tentò di assumere un’espressione professionale e, soprattutto, il meno terrorizzata possibile quando fece comparsa nel suo ufficio un signore sui settant’anni circa.

“Mi scusi, stavo cercando l’agente Stilinski” affermò con voce estremamente gentile, mentre avanzava con passo malfermo appoggiandosi al suo bastone.

“Mi ha trovato, direi. Prego, si accomodi” e con gesto educato, il minore si alzò prontamente in piedi per aiutare l’uomo a sedersi di fronte alla scrivania. Nel ritornare al suo posto, lanciò una veloce occhiata al cane che gli parve fin troppo attento a studiare chi fosse appena entrato nell’ufficio “Come posso aiutarla?”

“Gerard Argent è il mio nome” mormorò l’altro “Sono…ero…il padre di Kate Argent” a quelle parole, Stiles si irrigidì sulla sua poltrona “Sono tornato a Beacon Hills poco meno di una settimana fa per i funerali di mia figlia, un evento a cui nessun genitore vorrebbe mai essere partecipe…” la voce dell’uomo si incrinò appena “Mio figlio Chris mi ha raccontato cosa fosse successo…Victoria era come una seconda bambina per me, ma per motivi di salute non gli sono potuto stare vicino in un momento così delicato. Ed ora Kate, la mia piccola Kate…” le parole gli si incastrarono in gola, mentre stringeva con mani tremanti il pomello del bastone.

Stiles rimase in un rispettoso silenzio, dando tempo all’uomo di poter riprendere a parlare. Immaginava che sarebbe arrivato a parlare della risoluzione dei due casi ma, con sua grande sorpresa, così non fu.

“Chris mi ha fatto il suo nome. Oh, permettimi di darti del tu dal momento che sembri avere l’età di mia nipote Allison. Immagino tu l’abbia conosciuta, vero? Un piccolo angelo, anche se, a causa della distanza, non abbiamo quel rapporto che ogni nonno vorrebbe avere.” l’uomo sospirò nuovamente “Ad ogni modo, Christopher mi ha parlato di te. Dice di essere rimasto molto colpito dalla tua vivace personalità ed io mi fido di mio figlio, per questo ti pregherei di accettare un piccolo pensiero.”

“Un…pensiero?” chiese il ragazzo, più confuso che mai. Non appena quell’uomo si era palesato nel suo ufficio, la mente di Stiles aveva partorito numerosi scenari dove erano presenti insulti, tentativi di aggressione, denunce, ma di certo non quello. Offrire un regalo a lui…che aveva trovato i corpi di Victoria e Kate?

“Non sentirti in colpa dell’accaduto” mormorò Gerard, come se avesse letto i suoi pensieri “Sei stato molto vicino alla mia famiglia in questo periodo, e te ne ringrazio davvero. Dal viso sembri un ragazzo molto intelligente che difficilmente si fa mettere i piedi in testa, ecco perché ho deciso di portarti questo libro. È un antico cimelio di famiglia, ma l’ho letto talmente tante volte che sarei in grado di recitarti a memoria pagina per pagina.” continuò, posando il volume sulla scrivania. Considerando lo spessore del tomo, non doveva possedere più di un centinaio di pagine. La copertina era rilegata in pelle scura in alcuni punti rovinata a causa del tempo, mentre al centro era intagliato il profilo di quello che a Stiles sembrò essere un fiore.

Dopo averlo osservato attentamente, il ragazzo alzò nuovamente gli occhi verso l’uomo “La ringrazio infinitamente, ma non posso accettarlo” rispose gentilmente, accennando un sorriso alquanto imbarazzato.

“Immaginavo in un tuo rifiuto” affermò sinceramente l’uomo “Ma non sono solito demordere così facilmente, quindi ti propongo un accordo. Te lo do in prestito per un paio di settimane, in modo che tu possa leggerlo. Devi credermi, ragazzo mio, sarà anche un libro estremamente vecchio, ma gli argomenti trattati al suo interno potrebbero non essere così…antiquati” ammiccò, spingendo delicatamente il volume verso le mani di Stiles.

A quel gesto, l’agente vide con la coda dell’occhio il cane alzarsi dalla sua postazione ed avvicinarsi alla scrivania. Vide il suo sguardo alternarsi dal libro a Gerard per un paio di volte, ed infine posarsi sul ragazzo.

“Davvero non saprei…come ha detto lei, appartiene alla vostra famiglia e…”

“Ripeto, se può aiutarti ad eliminare questo imbarazzo, sono disposto anche solo a prestartelo, ma insisto davvero perché tu lo legga” proseguì l’altro, prendendo il libro in mano e poggiandolo tra quelle di Stiles. Ad interrompere il flusso di pensieri del ragazzo, che nel mentre stava tentando di escogitare una nuova scusa, fu un basso ringhio alla sua destra.

Oscar aveva poggiato le possenti zampe anteriori sulla scrivania e fissava pericolosamente l’uomo di fronte a sé con le zanne bene in vista.

“OSCAR, O MIO DIO, SCENDI IMMEDIATAMENTE” gli urlò il ragazzo, afferrando, con chissà quale coraggio, il collare del cane e tirandolo indietro fino a farlo scendere dal tavolo “Davvero mi dispiace molto, è giovane ed oggi è il suo primo giorno di lavoro…” si scusò, tenendo ben salda la presa sull’animale, che aveva smesso di ringhiare ma manteneva lo sguardo fisso su Argent. Ma, ancora una volta, la risposta dell’uomo lo colse impreparato.

“Magnifico esemplare” affermò, infatti, quest’ultimo con una strana luce negli occhi “Davvero maestoso. Che razza è?”

“Oh, ehm…il veterinario che l’ha visitato sostiene sia un incrocio tra un husky ed un pastore belga”

“Certo, quegli occhi possono solo provenire da un husky purosangue” di risposta, Oscar mise nuovamente in mostra le zanne ma senza ottenere nessun tipo di reazione da parte di Gerard “Bene” affermò, come ripresosi “Direi che ti ho fatto perdere abbastanza tempo prezioso per oggi. Ti lascio al tuo lavoro, agente Stilinski e buona giornata…ad entrambi” concluse con un rapido cenno di testa verso il cane, prima di sparire richiudendosi dietro la porta dell’ufficio.

 Accertandosi di essere ufficialmente solo, Stiles lasciò andare la presa dal collare di Oscar e sprofondò sulla sua poltrona, massaggiandosi le tempie.

“Lo sapevo, lo sapevo. Ma che diavolo è saltato in testa allo sceriffo quando ti ha permesso di entrare fra le unità cinofile. Dio, stavi quasi per sbranare quell’uomo nel mio ufficio. Non servono altri omicidi in casa Argent, te lo posso assicurare” sputò tutto d’un fiato, guadagnandosi anche un mezzo ringhio offeso da parte del cane.

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Capitolo 6
*** .6 ***


“Se quella bestia ha qualche problema a controllare la rabbia, non è un problema mio. Non è adatto come cane poliziotto, fine del discorso” urlò furibondo, sbattendo malamente il guinzaglio sulla scrivania della donna.

“Hai mai pensato che, forse, tu non abbia provato neanche per un secondo ad avvicinarti a lui?” rispose in tono calmo lei, poggiando elegantemente le mani sul tavolo e guardando fisso negli occhi il ragazzo di fronte a sé.

“Mi stia bene a sentire, signora Walters, io sono un agente, non un accidenti di psicologo canino, quindi riprendetevi Oscar. Non sono disposto ad essere il suo compagno” continuò il ragazzo, facendo per uscire dalla porta in vetro, ma questo movimento gli fu impedito “Mollami, tu, mi stai causando già abbastanza guai” sputò velenosamente verso il cane, che lo aveva bloccato afferrandolo per la fibbia dei pantaloni.

“Devi solo provare a dagli tempo…”

“Dargli tempo? Parla sul serio? È una stramaledetta settimana che lui  continua ad andare addosso al signor Argent, che è così gentile da venirmi a portare il caffè ogni mattina”

“Christopher Argent ti offre il caffè?” ripeté la donna, alzando un sopracciglio. Alla sua domanda, fu la volta di Stiles assumere un’espressione tra il confuso ed il divertito.

“Ma cos…oh no, sto parlando di Gerard Argent” ad interrompere lo strano silenzio calato nell’ufficio fu il feroce ringhio di Oscar, che, nel mentre, continuava a tenere salda la presa sul ragazzo.

“Gerard Argent” ennesimo brontolio.

“Sa, dovrebbe togliersi questo vizio di ripetere le ultime parole che una persona le dice” affermò seccato il ragazzo, alzando gli occhi al cielo.

“Cosa voleva da te?”

“È venuto questo lunedì per…ringraziarmi credo”

“Ringraziarti?”

“La può smettere, per favore?” Stiles sbracciò nervosamente, dando, senza volerlo, una gomitata ad Oscar, il quale rispose con il terzo ringhio della serata “E comunque, sì, è venuto a ringraziarmi per essere stato gentile con suo figlio in un momento così difficile…anche se, l’ultima volta che ho visto Chris, l’ho imbruttito malamente…ma dettagli”

“E ti porta regolarmente il caffè?”

“Sì, a dire la verità durante il nostro primo incontro mi ha prestato un suo libro, ma sinceramente non l’ho neanche aperto. Ultimamente non ho tempo nemmeno per respirare” ad uno sguardo interrogativo della donna, Stiles continuò “Quando torno a casa, diciamo che mi tengo abbastanza impegnato con del lavoro extra”

“Stai continuando a fare ricerche sulla famiglia Argent?”

“No, signora Walters, non su di loro” mormorò il ragazzo, dopo essere riuscito a liberarsi dalla presa del cane con uno strattone deciso “Su Derek Hale”

Di risposta, la donna di fronte a lui sospirò paziente, mentre Oscar parve non aver mai ascoltato discorso più interessante di quello “Stiles, per due anni gli agenti sono stati alle sue calcagna senza riuscire mai a cavare un ragno dal buco…ed ora tu credi di poter ottenere in tempo record delle notizie su di lui?”

“In realtà, agente Walters, ho ottenuto un paio di segnalazioni interessanti e, per sua informazione, andrò domani stesso a controllare nei luoghi indicati” rispose fieramente il minore, girando i tacchi ed uscendo dall’ufficio. Fu proprio mentre apriva la portiera della jeep, che sentì la voce della donna chiamarlo nuovamente indietro.

“Stiles” il ragazzo le rivolse uno sguardo spazientito mentre saliva alla guida “Almeno portati Oscar”

“Sta scherzando? Mi creerebbe solo problemi. Domani dovrò fare una semplice perquisizione, nulla di ufficiale.”

“Non devi darmi una risposta ora, ma ti chiedo anche solo di pensarci. Da domani sarebbe dovuta iniziare la tua convivenza con Oscar. Perché non dargli una seconda possibilità?” lo pregò nuovamente la donna.

“Come no, ci conti” mormorò tra sé e sé, mentre metteva in moto la jeep ed usciva dal parcheggio in retromarcia.

 

Stiles lesse  e rilesse la segnalazione che gli era giunta in anonimato sulla sua posta elettronica. Si era lasciato un po’ prendere dall’orgoglio quando aveva annunciato all’agente Walters di avere delle notizie su Derek Hale, ma, dopo cinque giorni di ricerca, quelli erano gli unici risultati ottenuti. Non era nulla di ufficiale, non vi erano prove, foto o testimoni oculari che potessero attestare quanto riportato da quella e-mail, eppure Stiles si ritrovò ad essere più fiducioso del previsto. Prima di andare a dormire, nonostante fosse ormai l’una passata, si concesse una mezz’ora per terminare le ultime ricerche riguardo la segnalazione.

Da quanto riportato, Derek Hale era stato visto proprio sulla porta d’ingresso di un vecchio studio veterinario, dove, secondo i dati ricercati da Stiles, lavoravano il dottor Alan Deaton e Scott Mccall come tirocinante.

La mattina successiva sarebbe andato a fare un piccolo sopralluogo giusto per controllare, anche se, in cuor suo, sperava di trovare almeno una qualche informazione che lo potesse ricondurre all’uomo che stava cercando. Giusto per dare una leggera pacca amichevole al suo orgoglio.

 

“O mio Dio” grugnì l’agente, esasperato “Muoviti a scendere dalla jeep, Oscar. Siamo in missione!” lo esortò, sottolineando l’ordine con una leggera tirata al guinzaglio. Il cane, da parte sua, sembrava non essere per nulla convinto del luogo dove i due si trovavano “Ho mandato a quel paese il mio orgoglio di fronte alla signora Walters per permetterti di venire con me. Ora muoviti!” accompagnato dal, forse, decimo ringhio della giornata, Oscar si decise a scendere dall’auto, continuando comunque a mantenere uno stato di allerta estremamente preoccupante.

I due fecero il loro ingresso nel centro veterinario, trovandolo insolitamente spoglio. Comparve immediatamente nella sala d’attesa un uomo di mezz’età in camice bianco che, dopo un primo istante di smarrimento, porse gentilmente la mano al ragazzo.

“Buongiorno agente, come posso aiutarla?” domandò quello che doveva essere il dottor Deaton.

“Vorrei fare un piccolo controllo dello studio, se per lei non è un problema” rispose Stiles senza troppi giri di parole.

“Non per sembrare scortese, ma c’è qualche problema?”

“A quanto risulta da una segnalazione anonima, è stato avvistato Derek Hale aggirarsi in questa zona. Per la sua sicurezza, vorrei fare un veloce sopralluogo” non appena pronunciato il nome del ricercato, Stiles notò per un attimo gli occhi del dottore brillare. Questione di un secondo “Se non è un problema” tentò nuovamente.

“Ma no, certamente.” e, dopo aver osservato per alcuni attimi il cane che l’agente teneva al guinzaglio, fece strada al ragazzo “Mi segua pure” fecero il loro ingresso in quella che, a giudicare dall’attrezzatura disposta ordinatamente sul balcone, doveva essere la sala operatoria. Al centro della stanza vi erano cinque ragazzi che parvero non essere particolarmente allegri della comparsa del poliziotto “Beh, oggi troverà il mio studio particolarmente affollato, dal momento che sono presenti alcuni tirocinanti”

-Interessante-

Il più alto del gruppo, un ragazzo biondo con viso alquanto spigoloso, sembrò essere improvvisamente agitato dalla presenza di Stiles. O almeno così parve all’agente fino a quando non si accorse che lo sguardo di quest’ultimo stesse puntando Oscar.

“So che può sembrare una domanda stupida dal momento che ci troviamo in un centro veterinario, ma hai paura dei cani?” gli chiese, notando il suo insano pallore.

“C-come? Oh no, la ringrazio” rispose l’altro, dopo aver lanciato una lunga ed attenta occhiata ad Oscar.

 

“Davvero strano” mormorò a voce alta, attirando involontariamente l’attenzione del cane, che automaticamente alzò la testa nella sua direzione “Il comportamento di quei ragazzi nel centro veterinario mi è sembrato un po’ sospetto”

Ed, in effetti, non gli si poteva dare torto. Oltre all’ambiguo balbettare del ragazzo biondo ad ogni domanda l’agente gli ponesse, anche le due tirocinanti del gruppo parvero essere estremamente irrequiete, per non parlare del più piccolo della combriccola, che sembrava volesse scappare da un momento all’altro. Solo un ragazzo moro era parso estremamente calmo alla presenza di Stiles ed Oscar.

“Buon pomeriggio, agente” Stiles vide, con la coda dell’occhio, il cane balzare immediatamente in piedi alla vista di Gerard sulla soglia della porta “Sono passato questa mattina, ma mi è stato detto che fossi uscito per dei controlli”

“Ed è così” rispose il ragazzo, sorridendo cordialmente ed invitando l’uomo a sedersi come al solito “Ma non crede che sarebbe più sicuro per lei rifugiarsi con suo figlio e sua nipote? La polizia sta monitorando la vostra villa giorno e notte, e sarebbe bene che anche lei vivesse lì, lo dico per la sua incolumità”

“Sei sempre molto gentile, Stiles, ma, alla mia età si cerca solo di vivere giorno per giorno quei pochi attimi di vita che mi restano, e se sarà un assassino a mandarmi all’altro mondo, ben venga. Morirò come una leggenda!” rispose sinceramente l’uomo, mentre poggiava sulla scrivania due bicchierini di caffè ancora bollenti.

“Ma di sicuro aiuterebbe la polizia nel suo lavoro se seguisse i nostri suggerimenti” affermò francamente il ragazzo, per poi tornare ad un insolito silenzio.

“Mi sembri pensieroso oggi, Stiles”  notò Gerard

“Stavo solo valutando il controllo fatto questa mattina” rispose l’agente, maneggiando distrattamente il bicchierino di caffè tra le sue mani “Ho notato dei comportamenti sospetti, ecco tutto”

“Posso esserti d’aiuto in qualche modo?”

“La ringrazio, ma non credo. Più tardi farò delle ricerche riguardo a gli studenti di Beacon Hills per avere qualche informazione in più”

“ ‘Studenti’? Quindi riguarda dei ragazzi?” domandò Gerard, sporgendosi verso la scrivania, movimento che scatenò un lungo e basso ringhio da parte di Oscar.

“Esattamente, cinque ragazzi che immagino frequentino il liceo”

“In questo caso potrei aiutarti, dal momento che mia nipote sta studiando all’ultimo anno qui a Beacon Hills. Forse…se mi fornissi i nomi…” ennesimo latrato di sottofondo.

“Capisco le sue buone intenzioni, signor Gerard, ma significherebbe trattare di dati sensibili e davvero non posso farlo” alla risposta negativa dell’agente, l’uomo parve per un attimo deluso, per poi riacquisire il suo tono cordiale.

“Oh, certamente” affermò, alzando le mani in segno di resa “Speravo solo di aiutarla, anche solo nel mio piccolo”

“La ringrazio di nuovo, ma mi arrangerò a modo mio. Come al solito, grazie per il caffè.” sentenziò il minore, alzandosi dalla poltrona e stringendo la mano all’uomo, segno che la discussione fosse effettivamente conclusa.

 

Oscar sbuffò sonoramente alla vista di quella che doveva essere la sua cuccia, per poi lanciare uno sguardo di rimprovero verso l’agente.

“Ehi, non fare quella faccia. Non era previsto che io ti tenessi anche per questa settimana, oltretutto condividendo lo stesso tetto” rispose il ragazzo, punto sul vivo non appena si accorse che la cuccia, arrangiata con tanta devozione, era stata appena rifiutata “Ingrato” mormorò a denti stretti, non appena il cane si mise a srotolare il grande giaciglio fatto con alcune vecchie magliette di Stiles. 

Di risposta, non appena il ragazzo si fu accoccolato tra le coperte, Oscar saltò sopra il letto, cominciando a rotolarsi sopra al piumone. “Oh, non ci pensare nemmeno, ragazzone. La tua cuccia è lì a terra. SCENDI IMMEDIAT-“ ed il ragazzo quasi soffocò non appena il cane si fu accovacciato tranquillamente all’altezza del suo stomaco, il che, considerando la sua massa, non fu una piacevole sensazione per il minore. Oscar continuò ad osservarlo dalla sua posizione, sovrastandolo con uno sguardo di sfida. “Va ben…solo…per questa ser…dormirai…sul lett…” annaspò Stiles, tra un sospiro e l’altro.

   



ANGOLETTO FELICE

Buonasera a tutti, belle persone. Scusate ma questa settimana ho pubblicato con un pochino di ritardo. Spero che questo capitolo vi piaccia!

 

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Capitolo 7
*** .7 ***


“Ma buongiorno bellezza” a quell’affermazione, Stiles si bloccò poco convinto, girandosi lentamente verso il suo interlocutore.

“Ehm…buongiorno, Parrish…?” di risposta, Jordan quasi si strozzò con il caffè che stava sorseggiando.

“Ero riferito ad Oscar…ma certo, un buongiorno anche a te Stilinski” ignorando l’espressione estremamente offesa che il minore aveva assunto, continuò “Sono più che sicuro che tu non abbia dormito bene stanotte”

“Oscar. Prima notte insieme. Un incubo” di risposta, il cane sbuffò sonoramente, gesto che l’agente interpretò con un ‘Stai esagerando’, tantoché si ritrovò a rispondergli “Non.sono.una.Drama.queen. Non la smettevi di muoverti”

“Non vorrei interrompere la vostra discussione” il vicesceriffo lanciò un’occhiata estremamente eloquente al ragazzo “Ma volevo dirti che sulla scrivania ci sono quei materiali che mi avevi chiesto ieri e vedi di non rovinarli, sono documenti ufficiali”

Dopo aver ringraziato con un cenno della testa il superiore, Stiles volò alla sua postazione per studiare con molta attenzione i documenti. Si trattava dei fascicoli scolastici dei ragazzi incontrati al centro veterinario, ognuno con le rispettive assenze, voti scolastici, richiami ed eventuali espulsioni. Ad una prima lettura dei fascicoli, l’agente si ritrovò ad essere estremamente deluso nel non aver scoperto alcunché di interessante, se non che Liam Dunbar, il più giovane, si fosse trasferito quell’anno nel liceo e che, a cinque mesi dall’inizio della scuola, vantasse due richiami disciplinari. Delle due ragazze, anche Malia Tate sembrava avere un carattere alquanto burrascoso, mentre l’altra, Lydia Martin, possedeva voti impeccabili in qualsiasi materia. Per terminare, i due ragazzi, Scott Mccall e Isaac Lahey, non possedevano voti brillanti, ma la loro condotta il classe sembrava essere ottima. 

Stiles sbuffò, chiudendo i documenti con fare annoiato. Cosa aveva pensato di poter trovare nei fascicoli di cinque adolescenti? Dichiarazioni o testimonianze riguardo un reato?

“Che imbecille” mormorò, lanciando da parte i fogli e appoggiandosi pigramente allo schienale “Che razza di idiota” fece vagare annoiato lo sguardo sulla scrivania, mentre iniziò distrattamente a giocherellare con la penna, disegnando piccole spirali immaginarie sulla superfice.

-Maledette spirali-

Socchiuse lo sguardo quando il suo campo visivo venne occupato da un oggetto che aveva dimenticato in ufficio da ormai una settimana. Non che gli fosse mai interessato, in realtà.

Il libro di Gerard.

Lo prese in mano con cautela. Date le sue condizioni, aveva seriamente paura che si potesse disintegrare tra le sue mani, e fece correre le dita lungo la vecchia rilegatura usurata. Aveva da sempre avuto un debole per i libri antichi. Non che fosse un gran lettore –anzi, in questo campo Stiles affermava sinceramente di essere ignorante- ma amava il profumo della carta, la sensazione dello sfogliare antiche pagine ingiallite. Sensazioni che lo affascinavano oltre ogni limite.

Si guardò intorno. Non aveva ricevuto alcun incarico e, dato il silenzio che si percepiva dal corridoio, Stiles era più che convinto che si sarebbe trattato di una noiosissima giornata. Puntò nuovamente lo sguardo sul libro.

-Perché no?-

Aprì delicatamente la copertina.

Bestiario

Stiles lesse il titolo che capeggiava al centro della prima pagina, alzando istintivamente un sopracciglio piuttosto scettico. Ok, non era decisamente quello che si fosse aspettato, ma a lui piacevano le storie fantasy. Seguì attentamente la descrizione di creature, ovviamente mitologiche, di cui non aveva mai sentito parlare, tra cui Banshee, Berserker, Darach, Druidi, Kanima, Kitsune. Era un libro estremamente ben scritto nonostante si trattasse di un racconto puramente immaginario. Ogni bestia aveva una precisa analizi delle sue caratteristiche fisiche, punti deboli e abilità particolari, ad esempio il Kanima secerneva una particolare sostanza in grado di paralizzare le vittime.

“Affascinante” affermò ad alta voce, osservando lo splendido disegno in dettagli dorati alla fine del paragrafo riguardanti una Kitsune. Avvertì un leggero spostamento alle sue spalle, fino a ritrovarsi il muso di Oscar nel bel mezzo del suo campo visivo “Togliti” affermò, dandogli una leggera pacca sul muso “Fammi leggere”  ricevette come risposta un basso ringhio di rimprovero “O mio dio” alzò gli occhi al cielo “Togliti” ripeté con tono più deciso, prendendo il cane per il collare e costringendolo a spostarsi.

Si era quasi illuso di aver vinto quella stupida battaglia, fino a quando non sentì un forte strattone sulla manica della divisa ed un cigolio preoccupante alla sedia girevole. Non ebbe neanche il tempo materiale di voltarsi che si ritrovò gambe all’aria con il muso soddisfatto e beffardo del cane ad osservarlo sopra di lui.

“Ti odio” sbuffò, liberando l’uniforme dalla morsa di Oscar e tentando di tornare in piedi.

 

“Come mai hai fatto un sopralluogo al centro veterinario, Stiles?”

“Vede, sceriffo, qualche giorno fa sono arrivate sulla mia casella postale delle segnalazioni anonime che affermavano di aver riconosciuto Derek Hale proprio in quella zona. Mi è sembrato opportuno controllare di persona”

“Non credi sia troppo affrettato dare importanza a questo tipo di voci oltretutto senza nome?” rispose l’uomo, corrugando appena lo sguardo “Ad ogni modo, hai scoperto qualcosa di interessante?”

“Non ancora, signore, ma mi sono fatto consegnare i fascicoli scolastici dei ragazzi che lavorano lì. Mi è saputo strano trovare ben cinque tirocinanti in un centro veterinario così piccolo”

“Chi sono i ragazzi?” a quella domanda, Stiles posò un foglio sulla scrivania, leggendo ad alta voce i nomi dei cinque studenti.

“…e Malia Tate. Lei è…?”

“Oh, non ci badare. È molto diffuso il cognome Tate” rispose lo sceriffo, muovendo distrattamente una mano di fronte al viso, intuendo la domanda dell’agente “Ma…tornando ai ragazzi…hai controllato le loro assenze? Se veramente lavorano tutti insieme nel centro veterinario, dovrebbero risultare assenti negli stessi giorni”

“Devo davvero indagare su questi studenti?” chiese il poliziotto, estremamente perplesso.

“Non ti ho chiesto di indagare, Stiles, ma di verificare” sentenziò l’uomo “Piuttosto, come va con il nuovo compagno?”

“Sinceramente, sceriffo…” il ragazzo si ritrovò inaspettatamente indeciso su cosa dire “Non abbiamo legato molto durante la scorsa settimana…ma vorrei provare qualche altro giorno di prova prima di giungere ad una conclusione” rispose, stupendo se stesso per l’onestà con cui si fosse appena espresso.

Già, era vero. Quella palla di pelo nero fastidiosa, brontolona e che sicuramente vantava una qualche discendenza dai lupi, iniziava ad essere meno difficile da sopportare.

 

“O mio dio” sbraitò esasperato, gettando un’occhiata di fuoco verso il cane “Non ti sopporto più” concluse, lanciando un calcio da sotto le coperte, per sottolineare la sua frustrazione. Oscar, dal canto suo, continuò ad aggrovigliarsi spensierato con la vecchia coperta in pile che Stiles gli aveva dato. Più precisamente, era stata furtivamente rubata da sopra il divano durante un momento di distrazione dell’agente, e quando quest’ultimo aveva tentato di riappropriarsene, aveva ricevuto quattro o cinque ringhi di avvertimento. Quindi il ragazzo aveva bonariamente lasciato correre la faccenda, così come ora stava ignorando il fatto che il suo adoratissimo compagno si stesse divertendo a stracciare la coperta sopra al suo letto.

Perché sì, Oscar non aveva nemmeno per un minuto preso in  considerazione l’idea di poter dormire nella cuccia quella seconda notte. E Stiles si era pacificamente arreso alla sua volontà.

Passò qualche altro minuto prima che il cane trovasse la posizione per lui più comoda e si addormentasse, mentre l’agente faticò davvero molto a trovare sonno. Dopo una buona mezz’ora spesa ad osservare il soffitto, accese la sua abat-jour e, stando ben attento a non svegliare Oscar, tirò fuori dal cassetto del comodino il Bestiario che si era portato via dall’ufficio. Una lettura lo avrebbe di certo aiutato a conciliare il sonno.

Licantropi

Quello era il titolo del nuovo capitolo. A differenza delle creature di quella mattina, aveva già sentito parlare di licantropi, soprattutto all’età di diciassette anni, quando aveva frequentato per un breve periodo una ragazza fissata con la saga di Harry Potter. Ma nulla di più.

Lesse quelle pagine una dopo l’altra, non accorgendosi di aver ormai passato le due di notte, catturato da una vorace curiosità che neanche lui sapeva di avere. Quando la sveglia sul comodino segnò le tre meno un quarto, si costrinse, controvoglia, ad abbandonare la sua lettura e a riporre il libro nel cassetto.

 

La mattina dopo si presentò in ufficio inaspettatamente sveglio nonostante non avesse dormito neanche la metà delle sue solite ore di sonno. Si sedette alla postazione e riprese in mano i fascicoli del giorno prima, deciso a seguire il consiglio dello sceriffo. Appuntò in un foglio le varie date in cui ognuno dei cinque ragazzi risultava non essere presente e notò fin da subito che tre di loro, Malia, Isaac e Liam, spesso fossero assenti o uscissero anticipatamente dall’orario scolastico. L’ultima data segnata nell’elenco delle era il 14 febbraio.

Stiles arricciò involontariamente il naso, stiracchiandosi il collo. Era più che sicuro che quella data non fosse casuale, ma non ebbe tempo di porsi altre domande, che i suoi occhi caddero sul calendario appoggiato in un angolo della scrivania. Proprio sulla casella corrispondente, lui stesso aveva scritto un nome: Kate. Era stato il giorno del ritrovamento del cadavere.

Lesse la seconda data che appariva nell’elenco delle assenze. 14 gennaio. Sapeva perfettamente cosa stesse a significare, ma afferrò comunque il calendario e sfogliò una pagina. Una seconda scritta: Victoria. Continuò a seguire il calendario, cercando la terza data, il 16 dicembre, dove, ovviamente, non trovò nessuna scritta. E poi il 16 novembre. E, ancora, Il 17 ottobre.

Lesse ancora quelle date una dopo l’altra, puntando ogni volta il dito sulla casella corrispondente del calendario. Quando ripeté questo procedimento per la terza volta, si accorse di trovare automaticamente i giorni. Non perché se li ricordasse a memoria, ma perché cadevano tutti nelle notti di luna piena, che era raffigurata da un cerchietto vuoto in basso a destra della casella.

Rimase immobile per un tempo indeterminabile, con ancora un dito sul calendario e l’altro sull’elenco delle assenze, mentre tentava di razionalizzare la sua scoperta.

-Forse quei tre ragazzi fanno parte di una strana setta…forse sono semplicemente scaramantici…-

Ma nessuna di quelle teorie gli parve convincente, non meno di quell’ipotesi che stava iniziando a premere sulla sua testa. Istintivamente cacciò fuori dalla ventiquattrore il Bestiario.

La sera prima non aveva avuto tempo di terminare il capitolo, ma in quel momento gli parve molto giusto finire la lettura sui licantropi che, a differenza delle altre creature, occupavano la maggior parte del libro. Fece scorrere velocemente il dito lungo quella carta ingiallita, fino ad arrivare alla voce “segni particolari”. Lesse poche parole.

Spirale: simbolo di vendetta, è una figura usata fin dall’antichità durante i conflitti tra branchi o, in generale, contro i nemici.

Chiuse con un tonfo sordo il libro, premendo forte le dita sulle meningi.

Oscar, guardingo, aveva osservato attentamente la scena dalla sua postazione senza emettere un suono.

     

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Capitolo 8
*** .8 ***


“Buonasera, sono l’agente Stilinski. Sarebbe possibile esaminare le foto scattate sul luogo del delitto di Victoria e Kate Argent? La ringrazio, me le invii pure per email” la voce del ragazzo era parsa estremamente rilassata durante la telefonata, ma il suo interlocutore dall’altro capo della cornetta non avrebbe mai saputo che, in quel momento, Stiles stava girando furiosamente nel suo ufficio con fogli sparsi su tutto il pavimento. Tra le mani, forse fin troppo spiegazzate, aveva le cartelle con le informazioni scolastiche dei cinque tirocinanti di Deaton.

C’era qualcosa nella testa del ragazzo che stava girando in modo estremamente rumoroso, rendendo la sua vista annebbiata: una vecchia cinepresa che gli mandava immagini nitide e sconnesse tra loro.

Gli artigli sulle pareti esterne di villa Hale, Victoria Argent in un bagno di sangue ed un morso profondo all’altezza della gola, la spirale al casale dei Churter, i segni di artigli sul collo di Kate.

E quei cinque studenti che si assentavano quasi in modo regolare alle lezioni. Una volta al mese o, per essere precisi, ogni 28 giorni. Ogni plenilunio.

E quando erano stati trovati i cadaveri delle due donne?

Esattamente il giorno dopo la luna piena, Stiles se ne era accertato poco prima di richiedere i fascicoli sugli omicidi delle Argent.

Il suo sguardo cadde nuovamente sul Bestiario.

Forse era tutto un gioco della sua mente molto provata dal poco sonno. Provò ad autoconvincersi con quell’affermazione per dieci minuti buoni, ma il suo cervello parve ridere della sua stessa strategia. Stiles sapeva perfettamente che non avrebbe mai potuto ignorare, neanche volendo, tutte le prove davanti ai suoi occhi.

E il Bestiario ne era la conferma. Forse, la conferma di un tarlo che Stiles aveva sempre sentito muoversi nella sua testa. Del resto, neanche lui era mai stato convinto delle risoluzioni dei due casi. Ma ora?

“Andiamo” disse freddamente ad Oscar, che aveva continuato ad osservarlo silenziosamente dalla sua postazione. Stiles non si preoccupò neanche del disordine che stava lasciando in ufficio, avrebbe messo apposto più tardi.

 

Il telefono nella tasca della divisa vibrò, segno che gli fossero appena arrivati i documenti richiesti pochi minuti prima. Il ragazzo distese le braccia, stringendo saldamente la presa sul volante per cercare di allentare l’adrenalina che gli scorreva in corpo.

L’avrebbero preso per pazzo. Poco ma sicuro.

Inspirò a fondo due o tre volte per poi convincersi a scendere dalla jeep, aprendo lo sportello anche al compagno. L’animale guaì preoccupato non appena ebbe riconosciuto il luogo in cui si trovavano. Quell’umano era impazzito o cosa?

Sfoggiando con un pizzico d’orgoglio il distintivo, l’agente superò facilmente i vari poliziotti di guardia al portone della villa.

“Buongiorno signor Argent” esordì non appena l’uomo gli ebbe fatto cenno, anche se con una punta di irritazione mal celata, di entrare in casa.

“Buongiorno a lei, agente. A cosa devo la sua visita?”

“Le dovrei fare delle domande…in privato” chiarì, indirizzando velocemente lo sguardo verso i due poliziotti sull’ingresso. Christopher mosse la testa di lato, esortandolo a seguirlo lungo le scale, ma Stiles non si mosse, o non propriamente lui.

“Oscar, che succede?” domandò al compagno, rimasto rigidamente immobile al suo posto “andiamo, dai” lo esortò, tirando lievemente il guinzaglio. Di risposta, il cane ancorò maggiormente le zampe a terra, accennando un ringhio appena udibile “Credo sia infastidito da…qualche odore, temo” si giustificò, guardando desolato il padrone di casa.

Ma Chris non ricambiò lo sguardo dell’agente, anzi, parve come catturato dalla vista dell’animale. “I cani non entrano qui” sussurrò con un tono quasi maligno, continuando a studiare Oscar.

“Come?” domandò il poliziotto.

“I cani non possono entrare” ripeté l’uomo, tornando a guardare l’agente di fronte a lui “Mia figlia ne è allergica” spiegò, lanciando un’ultima occhiata all’animale, rimasto con le zampe ancora rigide sulla soglia d’ingresso. Dopo aver affidato Oscar ai due poliziotti di guardia, Stiles seguì Argent al piano superiore, dove fu fatto accomodare nello studio.

Sembrava non essere particolarmente spazioso, ma vantava un’enorme libreria a muro che occupava due delle quattro pareti della stanza. I vari volumi erano disposti in modo non molto ordinato ma che, nel complesso, conferivano un’aria di vissuto all’ambiente. Al centro capeggiava una scrivania in legno con altrettanti documenti e fogli sparsi, oltre ad una piccola cornice con una bella foto di famiglia.

“Le chiederei di poter riprendere il discorso da dove l’avevamo interrotto qualche giorno fa” esordì.

“Quindi dal punto in cui mi inveiva contro, agente?” domandò l’uomo, poggiandosi contro la scrivania ed incrociando le braccia al petto.

“Per essere precisi, dal punto in cui le faccio notare che tra il ritrovamento di sua moglie e la scomparsa di Kate sono passati esattamente trenta giorni” sentenziò il minore, osservando il maggiore stringere appena le dita attorno alle proprie braccia.

“E dunque?”

“Forse lei saprebbe dirmi di più. Quel ‘più’ di cui lei stesso si è rifiutato di parlare” rispose calmo l’agente “Oggi sono qui per ascoltarla”

“I due casi sono stati chiusi. Mia moglie e mia sorella sono morte. C’è una squadra di agenti che mi sta tenendo rinchiuso nella mia stessa casa. Non credo ci sia molto di cui parlare” affermò con freddezza l’uomo, arpionando le unghie sulle maniche.

“La sua famiglia possiede un porto d’armi, dico bene?” all’annuire dell’altro, Stiles continuò “Posso chiederle di farmi vedere qualche fucile…pistola…sono sempre stato un grande appassionato” prima di muovere qualsiasi muscolo del proprio corpo, Christopher lanciò al minore una lunga ed attenta occhiata. Prevedere le mosse di quel ragazzo sembrava essere impossibile.

Scesero nuovamente al piano terra, nella zona dei garage.

“Beh, niente male” affermò sinceramente l’agente, non appena ebbe fatto ingresso nella stanza. Su ogni parete era esposta con la massima cura un numero generoso di fucili di ogni dimensione, e Stiles poté contare anche tre o quattro balestre. Su un bancone laterale erano sistemati diverse tipologie di proiettili ben confezionati  ed, evidentemente, pronti alla vendita.

“Mi occupo del commercio di armi” spiegò l’uomo, facendo vagare lo sguardo tra i suoi cimeli “Un lavoro di famiglia che portiamo avanti da anni ormai”

Gli occhi di Stiles caddero su un piccolo contenitore in legno in un angolo più nascosto del ripiano. Al centro era disegnato un minuscolo fiore stilizzato con venature viola scuro. Lo stesso che aveva visto sulla copertina del Bestiario.

“Qualche giorno fa ho fatto la conoscenza di suo padre” improvvisò, muovendosi lungo il garage e fingendo interesse per qualche fucile qua e là.

“Sì, mi ha detto di aver fatto visita alla centrale. MI scuso ma a volte Gerard sa essere…estremamente indiscreto” rispose l’uomo, afferrando una pezza da un mobiletto e lucidando alcune frecce che a Stiles erano parse già abbastanza pulite.

“Oh, lo trovo un uomo di grande cultura in realtà” continuò l’agente, avvicinandosi al bancone “Spesso capita che mi porti il caffè in ufficio e rimanga a parlare del più e del meno” afferrò la scatola in legno, approfittando del fatto che Christopher gli stesse rivolgendo momentaneamente le spalle “È una piacevole compagnia, devo ammetterlo” la aprì silenziosamente, trovandovi dentro dieci comunissimi proiettili da fucile. Ma una vocina gli suggerì di assicurarsene e così si ritrovò a nasconderne uno nella tasca dei pantaloni, mentre riponeva la scatolina al sicuro sul bancone.

Cleptomane.

“E mi ha parlato di Allison”

“Allison?” Christopher si voltò, per nulla convinto da quell’affermazione.

“Si è confidato ed ha detto di essere piuttosto rammaricato nel non essere riuscito a legarsi con sua nipote. Non posso biasimarlo, la distanza rende difficile gli affetti”

Dopo qualche secondo di silenzio, il maggiore parve rinsavirsi “Lei non è venuto qui per parlare di questo”

“No, ha ragione” ammise l’agente “Sto temporeggiando per farle trovare il coraggio di dirmi ciò che sa”

“Io non ho nulla di cui parlare” rispose l’uomo tornando nuovamente sulla difensiva.

Sospirò.

“Lei crede nelle leggende, signor Argent?”

“La mia apertura mentale potrebbe sorprenderla” Christopher lanciò al ragazzo uno sguardo indecifrabile “E lei?”

“No. Il mio lavoro è basato su calcoli, analisi, prove.” gli occhi del maggiore si spensero per un attimo “Ma mi fido molto delle parole che mio padre mi disse un giorno. ‘Il primo è un incidente, il secondo è una coincidenza’ ” prese dalla ventiquattrore il Bestiario che aveva preso dall’ufficio e lo appoggiò con un tonfo sul balcone “il terzo è uno schema

L’uomo di fronte a lui era rimasto rigidamente ancorato al suo posto ad osservare il libro. “Gliel’ha dato Gerard?” chiese con un tono che malcelava la sua preoccupazione. Ma Stiles ignorò la domanda.

“Glielo chiederò un’ultima volta, signor Argent. Mi dica ciò che sa, perché non voglio arrivare al terzo punto per scoprirlo. E neanche lei” attese ancora alcuni secondi, osservando l’uomo di fronte a sé evidentemente combattuto sul da farsi. E Stiles era davvero sicuro che se ne sarebbe andato da quella villa con delle risposte, ma così non fu quando, ormai spazientito dal silenzio del maggiore, si ritrovò ad uscire dal garage con passo nervoso, trattenendosi dal mandare al diavolo quella famiglia. Stava cercando di aiutarli.

“Agente” la voce di Christopher lo bloccò nell’intento di aprire il portone d’ingresso “Non si intrometta in questa faccenda. Lo dico per il suo b-”

“Faccenda? Lei la chiama ‘faccenda’? Non mi sono impuntato su questi casi semplicemente perché mi sta simpatica la sua famiglia, Argent, ma perché è mio dovere proteggere Beacon Hills da qualsiasi minaccia. Ora, se non ha altro di davvero importante da aggiungere, andrò alla centrale a continuare le mie ricerche per mettere fine a questa storia, ma forse queste per lei sono solo sciocchezze” e spalancò il portone, ritrovandosi Oscar che, ancora in una posizione stranamente rigida, lo osservava con orecchie dritte.

“Stilinski”

“Buona giornata, Argent” rispose seccato l’agente, senza neanche voltarsi.

“Stiles” il poliziotto si bloccò nuovamente nell’intento di accarezzare il muso del compagno, che ancora volgeva il suo sguardo al portone d’ingresso.

“Si?” domandò, ricambiando lo sguardo di Christopher.

“Fa attenzione” mormorò, dopo un profondo sospiro “Alla base di ogni leggenda c’è sempre un fondo di verità” sussurrò, consapevole del fatto che il poliziotto non l’avesse sentito. Non lui almeno, perché in pochi secondi si udì l’inconfondibile ringhio di avvertimento di Oscar.

“Smettila di aggredire qualsiasi membro della famiglia Argent” lo riprese Stiles, mentre apriva la portiera per farlo salire “Sto seriamente iniziando a sospettare che sia tu l’assassino, Oscar” concluse, e il suo compagno fu sorpreso nel non percepire vera cattiveria nelle parole dell’umano.

 

All’ennesimo sospiro dell’umano, Oscar rispose con un guaito infastidito. Quel ragazzino stava mettendo a dura prova la sua pazienza.

“Come si può essere così idioti? Dimmelo, avanti. Avevo il Bestiario, il maledettissimo libro con tutte le informazioni, e cosa faccio? Lo lascio a casa Argent. Il Bestiario. L’unico oggetto in grado di mantenere la mia salute mentale intatta” si lasciò cadere pesantemente sul divano del salotto, incrociando il suo sguardo distrutto con quello scettico del compagno “Mi ostino a parlare di sanità mentale quando è da un quarto d’ora che sto parlando con un cane” mormorò, passandosi una mano sul viso. “E sto arrivando anche a sostenere l’esistenza del soprannaturale” sospirò, abbandonando la testa sullo schienale del sofà.

D’un tratto, la sua mente parve riaccendersi e il ragazzo saltò prontamente in piedi, schizzando verso la cucina. Il cane si ritrovò, malincuore, a dover abbandonare la sua comoda posizione sul divano -sì, si era autoguadagnato il permesso di salire anche sul divano oltre che sul letto- e a seguire il suo umano.

Lo trovò chinato sulla penisola della cucina, intento ad analizzare un qualcosa che teneva tra le mani. Si avvicinò cautamente proprio mentre Stiles stava ravanando nel cassetto alla ricerca di…un coltello? Cosa diavolo stava combinando quel ragazzino? Si issò fino ad appoggiare le zampe anteriori su uno sgabello, e vide l’agente usare la lama per aprire un proiettile che aveva in mano. Un proiettile?

Dopo varie imprecazioni, Stiles riuscì a separare il bossolo dalla palla, fino a far fuoriuscire la polvere al suo interno. Rimase perplesso alcuni secondi non appena notò lo strano colore che aveva assunto alla luce, sembrava essere di un viola scuro. La sparse delicatamente sulla superficie della penisola.

“Ok, puliamo questo disastro” asserì, dopo alcuni secondi “Domani dovrò fare una ricerca anche su questa roba” concluse,  analizzando i rimasugli di polvere rimasti sulle sue dita e soffiandoci distrattamente sopra per pulirsi. Di fronte a lui, ancora alzato sulle zampe posteriori, Oscar emise un forte ringhio. “Ehi, calma ragazzone” lo ammonì, lanciandogli un’occhiata severa. Quel cane era davvero bipolare. Come risposta, il compagno emise un ringhio ancora più forte, mentre scendeva dallo sgabello e iniziava a passarsi le zampe sul muso in modo frenetico. “Ti è finita della polvere nel naso?” l’agente corse ad inumidire un foglio di carta assorbente per poi inginocchiarsi all’altezza del cane “Calmati, sto cercando di pulirti” ma, di risposta, questi si allontanò, continuando a muovere le zampe sul naso “Fermo” lo riprese Stiles in tono più duro, afferrandolo per il collare e costringendolo ad avvicinarsi.

Oscar, preso dal panico, iniziò a dimenarsi, emettendo un ringhio più forte e mordendo la mano dell’agente che ancora teneva il panno umido. Il poliziotto, scivolato a terra per la sorpresa, mollò la stretta sul collare, stringendosi la mano sanguinante e guardando l’animale incredulo “Che diavolo ti…”

Ma il cane scattò in avanti, il pelo sulla schiena ritto dalla rabbia, e Stiles per un attimo fu certo che lo stesse per attaccare, fino a quando Oscar non lo superò con un balzo, correndo nuovamente verso il salotto. L’agente si alzò in piedi, aiutandosi con una mano, ma quando fece per raggiungerlo, sentì un inconfondibile frastuono. Vetri rotti.

“O merda” mormorò, non appena si fu diretto in sala, osservando la finestra completamente distrutta. Rimase immobile per qualche secondo, con la mano che stava iniziando a sgocciolare sul pavimento, fino ad autoconvincersi a prendere la decisione più folle della sua vita. Afferrò cappotto e chiavi e corse fuori casa.

   

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Capitolo 9
*** .9 ***


Accese la jeep e partì a tutta velocità, non sapendo minimamente in che direzione andare. La sua speranza era scorgere Oscar mentre correva sulla banchina, non che gli tagliasse improvvisamente la strada con il rischio di essere investito. Lo vide attraversare sull’asfalto bagnato dalla pioggia di quel pomeriggio e dirigersi verso il bosco.

“Ovviamente” mormorò sconsolato Stiles, battendo il pugno sano sul volante e lanciando qualche imprecazione verso ‘quel dannato sacco di pulci’. Decise di compiere la seconda pazzia della serata, quindi afferrò il telefonino, attivò la modalità torcia e abbandonò la sua piccolina nel bel mezzo della strada con le quattro frecce accese.

Dopo avrebbe avuto tempo di pentirsi della scelta, ora doveva andare a prendere il suo compagno.

Si inoltrò nel fitto della vegetazione, puntando di fronte a sé il flash del telefono. Non era ancora buio, ma nel bel mezzo del bosco la luce iniziava a scarseggiare. Continuò a chiamare il cane per una decina di minuti, mentre avanzava tra gli alberi e sobbalzava ad ogni fruscio alle sue spalle. Quella era stata sicuramente la decisione peggiore della sua vita.

D’un tratto, la sua attenzione fu catturata da un guaito a pochi metri di fronte a sé e, puntando la torcia, riconobbe la grande massa di pelo nero. Fece per avvicinarsi, ma Oscar ringhiò per l’ennesima volta in quella serata e Stiles si costrinse a non avanzare. Il suo ‘non avanzare’ si trasformò in ‘scappa’ non appena incrociò lo sguardo dell’animale. Quegli occhi erano blu, e non un semplice l’azzurro ghiaccio, ma blu brillante. Stavano letteralmente scintillando al buio.

Il cane emise un forte guaito e si accasciò a terra, mentre il poliziotto non sapeva se fare dei passi indietro e scappare o avanzare per soccorrerlo. Ma i suoi occhi lo avevano spaventato troppo per potersi avvicinare. “O-osc-“ le parole gli morirono in gola non appena si accorse che il corpo dell’animale stava iniziando a deformarsi. Le zampe si stavano allungando, mentre Le orecchie ed il muso si facevano meno affusolati, fino ad appiattirsi. Anche il pelo nero iniziò, man mano a ritirarsi e, allo stesso modo, scomparve la coda.

Il corpo di fronte a sé, che Stiles si rifiutò di definire ‘umano’, prese a respirare lentamente e con fatica, fino ad alzarsi in piedi. Su due gambe.

“Non è stata una scelta intelligente soffiarmi addosso dello strozzalupo, ragazzino” e l’agente sarebbe stato in grado di riconoscere tra mille quella voce saccente nonostante l’avesse sentita parlare solo due volte. Ora gli era parsa più rauca di come la ricordasse, ma era sicuro appartenesse a lui. Alzò nuovamente il flash del telefono, che aveva istintivamente abbassato dalla paura, verso la figura di fronte a sé e i suoi pensieri vennero confermati.

Un Derek Hale molto serio –e molto nudo- si stagliò davanti alla luce, socchiudendo appena gli occhi.

Stiles fece uno o due passi indietro, sentendo il panico arrivargli a mozzare il respiro. No ok, aveva fatto decisamente più di un passo indietro, perché si ritrovò con la schiena contro il tronco di un albero.

“Siediti, devo parlarti” gli disse il maggiore, avvicinandosi con cautela.

“Cosa sei?” chiese istintivamente il ragazzo, schiacciandosi maggiormente contro la corteccia.

“Credo tu ci possa arrivare da solo”

“Sei sempre stato lui”

“Si” ci furono dei secondi di silenzio in cui Derek monitorò il battito cardiaco estremamente accelerato del minore.

“O mio Dio” gli occhi dell’agente si spalancarono e il licantropo ebbe seriamente l’impressione che stesse per svenire “Le hai uccise tu. Le hai davvero uccise tu”

Il maggiore fece un profondo respiro. Era ben consapevole che l’altro sarebbe giunto a quelle conclusioni “È proprio di questo che devo parlarti. Sono tornato a Beacon Hills due mesi fa perché mi era giunta voce che fosse scomparsa Victoria Argent”

“Ma eri già sul posto quando ho trovato Kate morta. Come potevi sapere dove fosse?” Stiles si fece coraggio e avanzò di un passo contro il moro, puntandogli contro il flash, dimenticando per un attimo che si trattasse del telefono e non di una pistola.

“Non ti ho mentito quando ho detto di aver sentito l’odore del sangue” percependo il battito cardiaco dell’agente ancora troppo accelerato, continuò “Mi sono dovuto fingere…Oscar…per avere un contatto diretto con le analisi. Speravo che in questi giorni avrebbe attaccato ancora, ma così non è stato”

“Chi avrebbe attaccato?”

“L’Alpha”

“Un altro…u-uno più forte, giusto?” domandò Stiles, ricordandosi di aver letto qualcosa a riguardo sul Bestiario “Come fai a sapere che si tratti di un Alpha?”

“La spirale, l’hai notata anche tu, e le ferite sulle Argent. Quel morso e quei graffi all’altezza della giugulare non sono stati fatti per uccidere, come potrebbe sembrare, ma per trasformarle”

“Voleva trasformarle?”

“Esatto”

“Non ha senso, per quale motivo le avrebbe uccise, allora?” domandò l’agente, per nulla convinto dalle parole del moro.

“Non lo so” ammise Derek, avanzando di un passo, percependo un distintivo aumento delle pulsazioni di Stiles “So solo che ha a che fare con l’incendio della mia famiglia”

“Villa Hale? Perché? E perché dovrei crederti? Potresti uccidermi anche ora” domandò l’altro, con voce più acuta del dovuto.

“Se ti avessi voluto morto non credi che l’avrei potuto benissimo fare in questi giorni?”

“O forse è proprio quello che vuoi farmi credere. Vuoi che io ti scagioni da tutte le accuse a tuo nome” il telefono in mano a Stiles aveva iniziato a tremare visibilmente “Sei un licantropo” sussurrò, facendo per la prima volta quell’affermazione ad alta voce.

Derek sospirò nuovamente. Era perfettamente consapevole che sarebbe stato complicato spiegare ad un umano concetti che a lui sembravano elementari, ma era anche consapevole che il poliziotto in quel momento non gli credesse minimamente. Stiles non aveva mai avuto a che fare con il mondo paranormale, era logico che il suo cervello stesse imponendo delle barriere contro quei nuovi assurdi concetti.

“So che non ti fidi di me…” 

“Perspicace” rispose il minore, con una punta di velenoso sarcasmo.

“Ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Ho bisogno di un contatto diretto con le indagini per poter continuare con le ricerche sull’alph-“

“Non è tuo compito proteggere questa città, Hale” lo interruppe nuovamente l’agente “È compito mio, mio e dei miei colleghi. Non c’è bisogno del finto gesto eroico di un…mostro come te” 

Derek incassò silenziosamente l’insulto appena guadagnato, ricacciando in gola un ringhio che aveva minacciato di fuoriuscire “Non sapete a cosa state andando incontro, vi servono le mie conoscenze”

“La polizia è sempre stata in grado di difendere Beacon Hills anche senza il tuo intervento” ma l’agente si maledisse non appena negli occhi del licantropo guizzò un lampo azzurro.

“Davvero, agente?” Derek fece un passo avanti, minaccioso “E dove era la polizia mentre la mia famiglia stava gridando in mezzo alle fiamme?” si ficcò gli artigli nei palmi, incapace di controllarli “Dove sono queste famose ricerche che gli agenti hanno fatto per trovare il piromane? Ma, sicuramente, si è trattato di un incidente, vero? Anche per le Argent si è trattato di un tragico incidente, ma state –o meglio, stai- continuando le indagini. Perché? Perché hai bisogno di risposte. Perché sei abbastanza intelligente da capire che quelle maledette aggressioni animali sono solo una cazzata” il licantropo si impose di fermarsi, troppo furioso per poter parlare o per poter mantenere semplicemente il controllo.

“Sto facendo del mio meglio per poter protegg-“

“Se questo è il tuo meglio, non mi sembra che Beacon Hills sia in buone mani, Stiles” nonostante Derek stesse concentrando ogni sua forza per mantenere l’autocontrollo, riuscì comunque ad avvertire i battiti di Stiles farsi più irregolari.

“La morte delle Argent non è colpa mia” era poco meno di un sussurro, ma il suo udito da mannaro gli aveva permesso di sentirlo.

E non si affrettò neanche a rincorrerlo quando vide il ragazzo scappare via tra gli alberi. Istintivamente il licantropo aveva ipotizzato che l’agente se ne fosse andato per paura, e non lo biasimò, ma dopo pochi secondi il suo olfatto fu colpito da un odore salato estremamente sgradevole. Alzò nuovamente lo sguardo verso dove, pochi secondi prima, si trovava Stiles. 

Lacrime. Quel ragazzo si sentiva davvero in colpa per la morte delle due donne.

 

E Stiles quella notte aveva pianto. Aveva pianto come un bambino di cinque anni. Perché Derek aveva affermato ad alta voce quelli che erano i pensieri del ragazzo da ormai settimane.

Si sentiva colpevole. Sì.

Eppure, quando aveva deciso di intraprendere la carriera del padre, Noah gli aveva spiegato chiaramente che la vita da poliziotto non fosse così avvincente come esternamente poteva sembrare. Ovviamente il ragazzo non aveva mai dato peso a quell’affermazione fino a quando non si era ritrovato di fronte al cadavere di Victoria e, a poche settimane di distanza, a quello di Kate.

E, in cuor suo, Stiles sapeva che anche le parole dello sceriffo fossero da sempre state giuste. “Ti ho affidato un compagno, Stilinski.  Credo che, visti gli ultimi avvenimenti, far parte di una squadra possa aiutarti a riacquisire coraggio” Perché lo sceriffo aveva molta più esperienza in quel campo o, forse, perché conosceva l’agente più di quanto quest’ultimo potesse immaginare. Infatti la presenza di Oscar, nonostante Stiles continuasse a negarlo, lo aveva aiutato, eccome. Forse la loro convivenza era stata più turbolenta del necessario, ma erano proprio quei battibecchi a mantenere la mente dell’agente lontana dai suoi sensi di colpa. Dal rimuginare dei suoi pensieri iperattivi.

Ma ora?

 

Erano passati circa una decina di giorni dall’incontro con Derek Hale. Era stato molto complicato spiegare il perché dell’improvvisa assenza di Oscar, soprattutto a Parrish, che gli si era affezionato particolarmente. Stiles aveva apparecchiato una delle sue solite bugie, sostenendo che quel cane fosse assolutamente impossibile da gestire come unità cinofila -il che era una mezza verità-. Sperava solo che nessuno dei suoi colleghi telefonasse effettivamente alla centrale di addestramento per accertarsi della cosa.

Sbuffò pigramente, allungandosi sullo schienale della sedia ed assumendo una posa decisamente non consona per un agente in divisa. Era veramente troppo stanco. Neanche il lieve bussare alla porta lo fece muovere da quella posizione così comoda. E Stiles imprecò mentalmente non appena vide il profilo dello sceriffo fare ingresso nel suo ufficio.

“Buongiorno, signore” farfugliò, alzandosi in piedi e tentando di darsi un contegno

“Siediti pure, Stilinski” rispose tranquillamente l’uomo, accomodandosi a sua volta alla postazione di fronte alla scrivania “vorrei parlare con te un minuto, se non disturbo” ad un flebile cenno affermativo dell’agente, l’uomo proseguì “Non ti presenti nel mio ufficio da quasi due settimane e volevo sapere se fosse tutto apposto. Parrish mi ha fatto riferito che hai riconsegnato Oscar…ci sono stati problemi?”

“Semplicemente, sceriffo, ho constatato di non essere in grado di prendermi cura di un animale e, di certo, partire con un cane non incline alle regole non è stata una saggia scelta” rispose il minore, alzando svogliatamente le spalle.

“Sarebbe questo il motivo?” la domanda dell’uomo, inaspettatamente per l’agente, non suonò come un rimprovero.

“Sì, signore” rispose prontamente. E Stiles giurò per un attimo di avere di fronte a sé lo stesso sguardo di Derek che, poche sere prima, lo scrutava silenziosamente. Gli sembrò che quell’uomo lo stesse studiando in uguale maniera.

Lo sceriffo fissò i suoi occhi azzurri in quelli del ragazzo per alcuni secondi prima di alzarsi dalla sua postazione e muoversi verso la porta.

“Comunque ti vedo molto stanco, Stilinski. Stasera vai a dormire prima, mi raccomando, anche se alcuni studi sostengono che la luna piena influisca negativamente sulla qualità del sonno” affermò il maggiore, prima di chiudere la porta dell’ufficio dietro di sé.

Stiles rimase per alcuni secondi immobile prima di comprendere le parole dello sceriffo. Afferrò istintivamente il calendario sulla scrivania –stava iniziando ad odiare quel ammasso di fogli- per confermare il suo sospetto.

Quella sera ci sarebbe stata davvero la luna piena.

 

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Capitolo 10
*** .10 ***


“Mi stai prendendo in giro, Jordan?” il diretto interessato alzò un sopracciglio di rimprovero.

“Linguaggio, Stilinski. Rimango comunque un tuo superiore”

“Cosa vuol dire che state dimezzando le pattuglie di controllo a villa Argent?” continuò il minore, ignorando lo sguardo sempre più severo che stava comparendo sul viso dell’altro.

“Esattamente questo, Stiles. La risoluzione del caso è stata ufficializzata settimane fa: aggressione di animale selvatico. Abbiamo voluto controllare la faccenda per alcuni giorni, ma non ci sono stati movimenti sospetti attorno alla villa, quindi gli Argent sono totalmente al sicuro.”

“Andiamo, non puoi essere serio” mormorò l’agente, alzando gli occhi al cielo “Tu stesso mi hai detto di non essere per nulla convinto della faccenda…non puoi-“

“Non posso lasciare che delle pattuglie sorveglino una casa dal nulla quando potrebbero essere impiegate per controlli più importanti” rispose il vicesceriffo, alzando il tono di voce “Non ci sono prove che famiglia Argent debba essere protetta da qualcuno, fine della questione”

“Due omicidi non sono considerabili come prove?”

“Ordini dello sceriffo, Stilinski. Ora vai nel tuo ufficio e non rendermi il lavoro più difficile” sospirò l’altro, lanciandogli l’ennesimo sguardo di rimprovero.

“Credimi, lo sarà quando domani riceveremo l’ennesima denuncia di scomparsa” mormorò l’agente, mentre apriva la porta dell’ufficio di Parrish.

 

Stiles si accorse di star tremando quando aprì lo sportello della jeep appena parcheggiata di fronte a villa Argent. Era riuscito a liberarsi dall’enorme montino di documenti che lo sceriffo –chissà perché proprio quel giorno- gli aveva dato da revisionare, ed era uscito dal suo ufficio quando ormai erano le nove e mezza passate. Di notte. Alzò automaticamente gli occhi al cielo. La luna era piena e luminosa come non mai, o forse la consapevolezza del soprannaturale rendeva i sensi di Stiles fin troppo in allerta.

Fuori villa Argent era appostata una sola volante, cosa che fece rabbrividire l’agente. Come avrebbe fatto se veramente l’alpha fosse arrivato? Questo era un dettaglio a cui Stiles non aveva minimamente pensato.

Bussò al portone d’ingresso. Prima ancora che potesse realizzare cosa stesse succedendo, venne afferrato saldamente per un braccio e tirato dentro la casa. Sbattè violentemente la schiena contro la porta nello stesso istante in cui , grazie ai suoi riflessi, puntò la pistola sulla fronte di Chris Argent.

“Che diavolo ci fai qui?” gli chiese l’uomo, con un tono di voce fin troppo allarmato. Stiles si liberò dalla morsa dell’altro con uno strattone, reinserendo l’arma nella fondina.

“Che domanda idiota” mormorò, accorgendosi solo in quel momento della presenza di Allison a pochi metri da lui con, in spalla, una delle balestre che pochi giorni prima aveva visto appese in garage.

“Lui sa?” chiese la ragazza, mantenendo lo sguardo fisso sull’agente.

“Sì” le rispose il padre “per colpa di Gerard”

“Dov’è?” domandò Stiles, preoccupato, non notando la sua presenza.

“Ben protetto ed al sicuro. Non sembrerebbe, ma un uomo con le sue doti non può avere paura di niente” mormorò Chris, allontanandosi dal ragazzo di un paio di passi “Perché sei qui?” ripeté, scrutando l’agente con sguardo nervoso.

“Perché è il mio dovere”

“Stiles, non sei pronto per…”

“Dammi delle armi” allo sguardo confuso dell’uomo, Stiles continuò “So perfettamente che tenete dei proiettili…specifici…quindi datemi qualsiasi cosa possa aiutarmi a difendervi”

Allison gli lanciò uno sguardo torvo “Pensi seriamente che leggere qualche pagina del Bestiario ti renda un cacciatore?”

“Un cosa?”

“Un cacciatore. Credi che a me e papà piaccia collezionare strozzalupo come passatempo?”

“Aspetta…” gli occhi del minore vagarono dallo sguardo fiero della ragazza fino a quello preoccupato del padre “Quindi voi…gli date la caccia?”

“Perché credi che questo alpha voglia ucciderci, allora?”

“Allison, basta così”

“No, no fermi” Stiles fece un paio di passi in avanti “Quindi...li uccidete?”

Chris comprese solo in quel momento i reali pensieri dell’agente, ed esitò alcuni secondi prima di rispondere “Quando ci vengono segnalati degli ‘avvistamenti anomali’ abbiamo il compito di controllare la zona, ma sono anni che non ci sono più casi”

“Quanti anni?”

“Due” e prima che Stiles potesse effettivamente realizzare, l’uomo aggiunse preoccupato “Dov’è?” allo sguardo interrogativo del minore, continuò “Il…cane…dove diavolo è?”

“…Derek Hale?” vedendo gli Argent lanciargli uno sguardo tra l’allarmato ed il confuso, spiegò “Nello stesso giorno in cui sono venuto qui alla villa, lui ha…ripreso forma umana”

“Tu sapevi che…”

“Ovviamente no” rispose ad Allison con tono brusco, non lasciandole neanche finire la domanda “Altrimenti non lo avrei fatto neanche entrare nella mia casa. Mi dispiace, ho corso un enorme rischio portandolo qua l’ultima volta”

“Non importa, avevo posizionato del sorbo di fronte all’ingresso, infatti non è riuscito ad entrare” non gli servì spiegare cosa fosse, perché Stiles ricordava di aver letto qualcosa a riguardo di una particolare polvere che indeboliva i sensi dei mannari. E solo in quel motivo ricollegò quei sintomi all’irrequietezza di Oscar –Derek- non appena lo aveva portato a villa Argent. 

“Quindi tu l’avevi riconosciuto?”

“Ovviamente, Stilinski. È il mio lavoro”

“E perché non mi hai avvisato quando eravamo da soli?” domandò il ragazzo, quasi offeso.

“Credi che non ci avrebbe sentito? L’udito dei mannari è estremamente sensibile, per questo avevo paura che, rivelandoti troppe informazioni, potesse uscire allo scoperto ed attaccarti” spiegò l’uomo, sembrando ancora più nervoso.

Quindi…aveva tentato di proteggere Stiles?

L’agente venne nuovamente condotto nel garage della villa, dove gli furono dati dei proiettili con strozzalupo giallo  per la sua pistola. Tre. “Non avete dell’altro sorbo da mettere fuori dal portone?”

“Terminato” mormorò Chris, dando una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete. Segnava le undici e mezza. Calò un inquietante silenzio fino a quando Stiles non prese di nuovo la parola.

“Victoria e Kate sono state catturate in pieno giorno” affermò, aggrottando le sopracciglia “E se l’alpha avesse deciso di non attaccare stanotte?“ alla sua osservazione, Allison accennò un breve sorriso.

“Si vede che non hai mai avuto a che fare con questa realtà” gli disse, con sguardo inaspettatamente dolce “Ma loro non interrompono mai la caccia, per nessun motivo. Siamo le loro prede, e farebbero qualsiasi cosa pur di vederci morti.”

Stiles fece per rispondere a quell’affermazione così lugubre, ma un preoccupante rumore proveniente da fuori l’abitazione fece bloccare ognuno dei presenti al proprio posto. L’agente vide lo sguardo della ragazza tornare glaciale, così quello di Chris. I due, con un cenno del dito, lo intimarono a fare silenzio mentre, senza fare il minimo rumore, ripercorrevano la strada verso l’ingresso. Il minore, accucciandosi sotto una finestra, lanciò un rapido sguardo verso l’esterno, non notando nulla di anomalo.

Solo in quel momento realizzò che, forse, avrebbe dovuto mandare via la volante con i due poliziotti ancora appostata fuori la villa. E proprio mentre completava quella riflessione, vide una macchia nera di forma indefinita sfrecciare contro la vettura e cappottarla su un fianco. Gli agenti al suo interno vennero sbalzati come bambole di pezza.

“Cos’era?” sussurrò, sentendo la presa sulla pistola farsi meno salda a causa delle mani sudate. Domanda stupida, sapeva perfettamente cosa fosse.

Vide quella macchia, veloce come un razzo, sfrecciare da una parte all’altra del giardino, fino a salire sul fianco della volante ribaltata e mostrarsi completamente alla luce della luna.

L’alpha

Stiles non aveva mai avuto paura di morire, neanche quando aveva scoperto la vera identità di Oscar. Ma in quel momento, vedendo la figura della bestia di fronte a sé, il ragazzo ne ebbe, e molta.

La stazza sembrava essere quella di un orso bruno, ma decisamente più robusta. La testa era piccola rispetto al resto del corpo, con orecchie corte e triangolari, mentre il muso rimaneva tozzo, quasi deforme. Ma furono gli occhi a rimanere ben impressi nella mente dell’agente. Erano due carboni ardenti, sembravano riflettere la luce dell’inferno.

Lo vide arrampicarsi sulla fiancata dell’auto e osservare la luna, mentre spalancava le fauci e ululava. Stiles conosceva bene gli ululati dei lupi, così come dei coyote, ma quello non era minimamente paragonabile ad un qualsiasi verso animale. Sembrava un ruggito che racchiudeva dentro di sé un urlo umano. Ma non vi era assolutamente nulla di umano in tutto ciò.

I piccoli occhi rossi saettarono verso la casa. Allison caricò la balestra mentre il signor Argent faceva lo stesso con il suo fucile.

“Mira al muso o al petto” gli disse l’uomo “ma va bene qualsiasi punto se inizia ad avvicinarsi troppo. Ricordati che hai solo tre proiettili.”

“Per me è già troppo vicino” rispose onestamente il ragazzo, mentre aumentava la presa sulla pistola.

E fu questione di un secondo. Un secondo in cui l’alpha scomparve dal loro campo visivo. Un secondo in cui avvertirono un assordante frastuono. Un attimo dopo vennero sbalzati a terra. Stiles si rialzò per primo, notando un foro alla parete là dove si trovava il portone da cui era entrato poco prima. E solo in quel momento realizzò la vera potenza della creatura.

Vide Allison, al suo fianco, riuscire ad alzarsi ed essere nuovamente gettata a terra. Caricò la pistola in tempo per vedere comparire di fronte ai suoi occhi quella bestia in tutta la sua stazza. E sparò.

Fu sicuro di averlo colpito in pieno petto, e il ringhio che seguì gliene diede la conferma. Ma non fu abbastanza veloce da sparare una seconda volta, perché, con una zampata, l’alpha lo scaraventò fuori dalla villa, facendolo atterrare pesantemente sulla schiena in mezzo al giardino. Ignorando la vista appannata, rotolò a terra fino a raggiungere la pistola, caduta pochi metri più avanti, ma appena si voltò per sparare, la creatura gli fu nuovamente addosso. E quando vide lo sguardo cremisi della bestia, più vicino del previsto, Stiles si mise l’anima in pace, felice di star per rincontrare la sua mamma.

Ebbe il desidero di chiudere gli occhi, ma uno sparo alle spalle dell’alpha gli fece capire che quella non fosse ancora a sua ora e, istintivamente, sgusciò via da sotto la bestia, barcollando di nuovo in piedi. Argent, sulla soglia di casa, con una preoccupante ferita alla testa ed una postura estremamente traballante, aveva sparato un colpo che, nonostante non fosse andato a segno, aveva appena salvato la vita dell’agente.

L’animale ruggì, se possibile, ancora più forte, avanzando minacciosamente verso l’uomo. Stiles strinse nuovamente la pistola e sparò ancora, lisciando l’orecchio dell’alpha, che, di risposta, si voltò di scatto per dargli una seconda zampata all’altezza dello stomaco. Il ragazzo rotolò su un fianco, mentre sentiva caldo sangue iniziare a colargli sulla camicia ormai squarciata, e prese nuovamente la mira, ma prima che potesse sparare, vide la bestia essere scaraventata a terra. Inizialmente non fu in grado di capire cosa stesse succedendo fino a quando una figura non si frappose tra lui e l’alpha.

Hale.

Lo sentì ringhiare. Di risposta, anche l’animale ruggì. Vide Derek, con viso inquietantemente deformato, attaccare l’animale, scaraventandolo nuovamente a terra e tentando di bloccarlo sotto di sé, ma la bestia, decisamente più grossa, riuscì a sbalzarlo via, lanciandolo contro la vettura della polizia.

-È  morto.-

Quello era stato il primo pensiero di Stiles non appena aveva visto il corpo del moro cadere mollemente a terra, quasi dimenticandosi si stesse trattando di creature soprannaturali. Qualsiasi essere umano sarebbe morto con uno schianto del genere. Umano, appunto.

Derek si rialzò a fatica, facendo brillare i suoi occhi di blu e ruggendo più forte, lanciandosi nuovamente all’attacco e riuscendo a colpire l’alpha più volte, fino a quando non venne afferrato per la gola e schiacciato di peso contro il terreno.

Stiles caricò ancora la pistola e sparò, noncurante di aver appena finito i suoi unici tre proiettili. Colpì la spalla dell’animale, che lo guardò con i suoi occhi iniettati di sangue per poi lasciare la presa su Derek ed avanzare verso di lui. Istintivamente l’agente si ritrovò ad indietreggiare mantenendo la pistola puntata contro la bestia, sperando che, per una qualche legge soprannaturale, i proiettili con strozzalupo si rimaterializzassero. Imprecò mentalmente quando avvertì la schiena scontrarsi contro la volante cappottata.

In trappola.

Vide alle spalle dell’alpha il corpo di Argent accasciarsi mollemente sul pavimento d’ingresso, svenuto. Ebbe uno spasmo di paura quando la bestia alzò una zampa al cielo per colpirlo, tanto che l’agente si schiacciò maggiormente contro l’auto. L’animale ringhiò di pura ira quando venne afferrato di spalle per la gola e sbalzato via di qualche metro. Il ragazzo vide gli occhi di Derek, di fronte a lui, brillare ancora più di prima.

Corse all’ingresso, ignorando le fitte allo stomaco che si stavano facendo più intense, e afferrò il fucile che Argent teneva ancora stretto.

L’alpha rimase immobile a terra per qualche secondo prima di rialzarsi lentamente sulle quattro zampe. Ringhiò debolmente verso il moro prima di rimettersi in posizione d’attacco, ma l’agente si avvicinò nuovamente ai due licantropi, caricando l’arma in un palese moto di avvertimento.

“Vattene” mormorò il ragazzo, senza sapere neanche lui da dove venisse quel coraggio, e mirò alla testa dell’animale, senza sparare. Questi ringhiò ancora, prima di accucciarsi sulle zampe anteriori. Sia l’umano che il licantropo temettero stesse per riattaccare, ma prima che potessero muoversi, l’alpha scomparve dal loro campo visivo. Dopo un primo attimo di incredulità, Stiles corse dentro la villa, trovando Allison cosciente abbandonata a terra con un profondo squarcio lungo tutta la spalla e altri graffi sul viso. Stava tremando.

“Sto bene” la sentì mormorare flebilmente, mentre tentava di regolarizzare i suoi respiri. Dopo essersi  accucciato al suo fianco ed aver constatato che non ci fossero altre ferite gravi, l’agente tornò da Chris, ancora accasciato a terra.

“È vivo” lo precedette la voce di Derek, seduto sui gradini fuori dall’ingresso “È solo svenuto, sento i suoi battiti. Anche i poliziotti dentro alla volante.” spiegò sussurrando con respiro ansante.

“Stiles” il richiamo di Allison gli parve innaturalmente debole “Chiama Gerard” gli mormorò, non appena l’agente le si fu di nuovo avvicinato “Lui saprà cosa fare” spiegò, porgendogli il suo cellulare. Fu una chiamata veloce, in cui il poliziotto sentì la voce dell’uomo vacillare dall’altra parte della cornetta non appena ebbe pronunciato la parola ‘alpha’. Sarebbe arrivato a villa Argent in cinque minuti.

Il minore tornò all’ingresso, avvicinandosi ad un Derek Hale non più trasformato ed estremamente pallido. Il licantropo lo osservò per alcuni attimi.

“Ragazzino, mi devi portare via” sibilò a denti stretti, mentre si teneva il fianco sinistro con le mani ormai zuppe di sangue. Ma vedendo l’agente ancorato al suo posto, continuò “Se mi vedono qui, mi fanno fuori” tentò di alzarsi in piedi, e solo in quel momento Stiles notò quanto veramente le sue condizioni fossero gravi. Aveva una ferita decisamente profonda all’altezza della vita, mentre spalle e braccia erano piene di graffi. Sul collo erano presenti segni altrettanto preoccupanti. Fu solo un piccolo lembo di tessuto della manica a fargli capire che quei brandelli di maglietta fossero originariamente bianchi, e non rossi.

Lo vide barcollare sul posto, ed istintivamente lo soccorse, mantenendolo in piedi facendogli passare un braccio sulle sue spalle. Aiutò Derek a camminare fino alla sua jeep dove, una volta aperta la portiera, lo fece salire, cercando di essere quanto più delicato possibile.

“Vo-voi licantropi avete una guarigione rapida o qualcosa del genere, giusto?” tentò, guadagnandosi un’occhiata blu elettrico dell’altro.

“Quello era un alpha, idiota”  boccheggiò, ringhiando di protesta quando il minore posizionò le sue gambe con poca grazia dentro la vettura, chiudendo lo sportello con un colpo.

“Dove dobbiamo andare?” chiese bruscamente Stiles, mentre la vista del licantropo iniziava  a farsi sempre più appannata. Il moro percepì a malapena i battiti dell’umano farsi più irregolari. “Maledizione, Hale, Gerard sta arrivando. Dove dobbiamo andare?” lo sentì urlare con tono allarmato. Solo in quel momento Derek notò i fari di un'automobile avvicinarsi velocemente a villa Argent.

“Deaton. Portami da Deaton” ringhiò debolmente, prima di crollare sul sedile.

   



    ANGOLETTO FELICE

Nelle prossime settimane, dal momento che si stanno avvicinando gli esami, non so se pubblicherò molto spesso, ma dato che sono una brava persona, vi lascio un capitolo più lungo del solito e pieno di suspense! Buona lettura!

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Capitolo 11
*** .11 ***


Stiles ebbe la premura di non rispettare neanche un limite di velocità che venisse segnalato lungo la strada. Aveva il cuore a mille e non era di certo necessario avere l’udito di un licantropo per constatarlo. Lanciò un rapido sguardo verso il corpo di Derek abbandonato sul sedile del passeggero, le braccia molli rimaste a bloccare la ferita sul fianco. Ed ebbe paura.

“Hale, devi svegliarti” quasi urlò, mentre imboccava una stradina secondaria che lo avrebbe portato al parcheggio dello studio veterinario, ma non ebbe risposta dal mannaro “Ascoltami bene, razza di idiota, non mi lascerai in questo diavolo di casino, quindi vedi di rialzarti” continuò, dopo aver inserito il freno a mano. Scese velocemente dalla jeep e spalancò lo sportello del passeggero “Derek Hale, FORZA!” gli urlò e, ad enfatizzare il concetto, gli diede un pugno in pieno viso -era più che certo che un semplice schiaffo non sarebbe bastato-, in un vano tentativo di farlo riprendere. Realizzò di aver avuto una brutta idea quando si ritrovò una mano dolorante a causa dell’impatto e gli artigli sfoderati del licantropo a serrargli il polso.

“Sei impazzito, ragazzino?” mormorò il moro con voce rauca, mentre si faceva aiutare dal minore a mettersi in piedi “Mi hai portato qui per darmi il colpo di grazia o per farmi medicare?”

Stiles non rispose al sarcasmo dell’altro, troppo impegnato a sorreggere la massa fisica del mannaro, che, a causa della fatica, gli sembrava essere quasi il doppio rispetto alla sua. Proprio mentre la sua testa stava realizzando che fosse notte fonda e che, probabilmente, lo studio fosse ormai chiuso, uno Scott Mccall abbastanza pallido in viso spalancò la porta in vetro dell’ingresso, correndo incontro ai due.

“Mio Dio, Derek. Che diavolo hai combinato?” farfugliò e, con estrema facilità, lo trascinò di peso facendosi strada fino alla sala operatoria “Chiama Deaton” ordinò al poliziotto, porgendogli il suo telefono in mano con la schermata del contatto già attivata e, anticipando la domanda di Stiles, aggiunse “Lui sa tutto, come te immagino. Non sono in grado di medicare Derek senza il suo aiuto”

In una manciata di minuti, dopo una bizzarra conversazione al telefono, il veterinario fece la sua comparsa nello studio, ordinando sia a Stiles che a Scott di rimanere nella sala di attesa. Il poliziotto abbandonò la schiena contro il muro, lasciandosi scivolare lungo la parete fino a sedersi a terra, trattenendo a stento un gemito di dolore. A quella vista Mccall, che aveva appena terminato una chiamata al telefono, si precipitò da lui.

“Anche tu sei ferito” constatò, notando solo in quel momento quel che restava della divisa macchiata di sangue e i profondi graffi sullo stomaco. Senza attendere risposta da parte dell’altro, si allontanò, per poi tornare pochi minuti dopo con un vasetto. All’interno sembrava esserci una strana ed inquietante sostanza viscosa “È un composto ricavato dalle nove erbe, ti aiuterà a guarire più in fretta” mormorò, mentre, dopo aver liberato il poliziotto degli ultimi brandelli di uniforme, iniziava a spalmargli quello strano viscidume verdastro sul ventre, per poi ricoprirlo con delle bende “Sì, ti brucerà un po’” confermò, vedendo comparire una smorfia di fastidio sul viso dell’agente.

In poco meno di un quarto d’ora, lo studio venne riempito dai famosi ‘tirocinanti’ che Stiles, durante il sopralluogo, aveva incontrato. Tutti, in particolare Malia e Isaac, lo scrutavano con sguardo molto scettico.

“Quindi, lui sa di noi?” domandò la prima, mantenendo le braccia incrociate al petto ed appoggiandosi alla parete.

“Siete…tutti mannari, giusto?” chiese conferma il poliziotto, rimanendo volontariamente a distanza dal gruppetto. Alla sua domanda, la ragazza che ricordò chiamarsi Lydia alzò gli occhi al cielo.

“Banshee” affermò, sollevando una mano in segno di presenza.

“Una…portatrice di morte?” rispose l’agente, citando le parole che ricordava del Bestiario. Dopo un primo attimo di stupore, lei gli rivolse un inaspettato sorriso.

“Non fare gli occhioni dolci al primo che non ti definisce iettatore, Martin” la rimproverò Isaac, rimasto in silenzio fino a quel momento “E poi, non sappiamo niente di questo ragazzo”

“Potrei dire lo stesso su di voi” rispose di rimando Stiles.  Lui e il biondo rimasero a fisarsi per qualche secondo, fino a quando non si udì lo schiavare di una porta e Deaton fare comparsa nella sala d’attesa.

“Derek sta benone, ma evitate di infastidirlo con troppe chiacchiere” informò il gruppo, prima di farli entrare. Vedendo i ragazzi correre nella stanza adiacente, Stiles rimase rigidamente al suo posto, sentendosi improvvisamente fuori luogo. Neanche si accorse del veterinario che si era seduto proprio al suo fianco, fino a quando non lo sentì parlare. “Credo proprio che anche lei debba entrare, agente. Immagino ci siano un po’ di cose da chiarire, visti gli ultimi eventi”

Dopo un attimo di esitazione, durante il quale Stiles si domandò per quale diavolo di motivo quell’uomo si ostinasse a dargli del ‘lei’,  il poliziotto si convinse a raggiungere gli altri. La sua entrata nella sala avvenne durante un imbarazzante tentativo di rimprovero da parte di Scott verso Derek, ancora seduto a gambe penzoloni sul tavolo operatorio con un discreto quantitativo di bende che gli fasciavano il busto e le braccia.  La scena risultava essere piuttosto esilarante, dal momento che quest’ultimo aveva qualche anno ed una discreta massa di muscoli in più rispetto a Mccall.

“Questo idiota si è lanciato contro un alpha da solo” ripeté il licantropo più giovane, gesticolando un po’ a casaccio per il nervosismo.

“Avrei anche salvato delle vite” rispose pacatamente il moro, alzando un sopracciglio infastidito “E, per la cronaca, in questa stanza c’è un idiota più idiota di me” sbuffò, lanciando un’occhiata di rimprovero verso il poliziotto.

“Prego?” domandò Stilinski, incrociando preventivamente le braccia al petto.

“Come può un umano essere così sconsiderato da attaccare volontariamente un alpha, eh?” continuò Derek, alzandosi dalla sua postazione e continuando a fissare l’agente. Cadde un imbarazzante silenzio nella sala, durante il quale Stiles meditò se attaccare in quel momento il licantropo, già ferito gravemente, oppure attendere che si riprendesse per poi stanarlo con dello strozzalupo.

“Te l’ho già detto. Sono un poliziotto. Il mio compito è difendere Beacon Hills”

“Appunto, non offrirti inutilmente come vittima sacrificale, ragazzino” rispose il licantropo, indossando una t-shirt nuova che Scott aveva appena preso da un armadietto “Ti ho già detto che abbiamo bisogno del tuo aiuto, ed il tuo cadavere non servirebbe a molto”

“Potreste mangiarlo” rispose automaticamente Stiles, sollevando le spalle.

“Come?” a parlare era stato il più giovane del gruppo, Liam “Che razza di idea ti sei fatto di noi? Non siamo cannibali” affermò, con voce innaturalmente acuta.

“Davvero? Il simpatico cucciolone incontrato questa notte mi è sembrato abbastanza assetato di sangue” controbatté il poliziotto.

“Ti è sembrato assetato di sangue perché gli hai impedito di mordere uno degli Argent, ragazzino. Era quello il suo obiettivo” rispose il moro, ignorando lo strano scambio di battute tra Stiles e Liam.

“Fermo, fermo” Lydia si intromise nel discorso gesticolando animatamente “Sei andato dagli Argent?” chiese a Derek, minacciandolo con un indice smaltato di rosso. Ebbe come risposta un muto assenso del capo.

“Seriamente?” la voce di Isaac parve quasi un sussurro “Dopo tutti i problemi che ci hanno causato, tu gli vuoi salvare la vita?” il moro non rispose, limitandosi a sostenere lo sguardo del biondo. Solo in quel momento Stiles parve ricordarsi delle parole che Allison gli aveva rivolto poche ore prima.

“Un cosa?” “Un cacciatore. Credi che a me e papà piaccia collezionare strozzalupo come passatempo? Certo che diamo loro la caccia, perché credi che questo alpha voglia ucciderci, allora?”

“Gli Argent vi danno davvero la caccia?” la domanda gli uscì quasi involontariamente, tanto che si ritrovò gli sguardi di tutti i presenti addosso, incerti se rispondergli o meno. Fu in quel momento, proprio quando incrociò gli occhi di Derek, che il pesante macigno della consapevolezza gli precipitò addosso “La tua famiglia, quindi…”

“Non lo so” sentenziò il maggiore, distogliendo lo sguardo e schiarendosi la voce “Ad ogni modo non fidarti di loro, di qualsiasi cosa ti abbiano detto” concluse.

“Ma senza di loro non avrei mai scoperto di voi. Se Gerard non mi avesse dato il Bestiario, i-”

“Frena” ad interromperlo, questa volta, era stato Scott “Perché Gerard ti ha dato il Bestiario?”

“Non lo so” rispose per lui Derek “Ma non può essere un caso. Quando è entrato nell’ufficio di Stiles per la prima volta, sono più che sicuro che mi abbia riconosciuto, anche sotto forma di lupo”

“Quindi eri davvero un lupo!” esclamò il poliziotto, dandosi un pugno su una mano con tono trionfante “Non ero pazzo a pensarlo”

“Ragazzino…sono un lupo mannaro” rispose il moro, guardandolo tra l’accigliato ed il divertito “In cosa diavolo credevi che mi fossi trasf-“

“Ma il veterinario a cui si è rivolto lo sceriffo affermava che tu fossi un incrocio tra un husky ed un pastore belga”

“Stiles” il licantropo lo fissò con sguardo spazientito “È Deaton il veterinario in questione, è ovvio che abbia falsato le informazioni per coprirmi, mentre l’addestratrice che mi ha fatto entrare nelle unità cinofile è la madre di Lydia”

“La signora Walters?”

“La signora Walters” confermò la Martin, sorridendo fieramente.

“Ma allora a cosa vi serve il mio aiuto? Avete già lei nella polizia”

“Lei non ha accesso a cataloghi e informazioni come te, Stiles. Si occupa di ben altro” lo corresse di nuovo la ragazza.

“Stiles” a richiamare la sua attenzione era stato Scott, diventato improvvisamente serio in volto “Alla prossima luna piena tutto questo si ripeterà, ma potremmo non essere così fortunati come stanotte. L’alpha potrebbe diventare più forte”

“Vuoi veramente difendere Beacon Hills?” continuò Liam “Questo è l’unico modo”

“Cosa posso fare per aiutarvi?” domandò il poliziotto, dopo lunghi secondi di esitazione. Forse quei ragazzi avevano ragione, forse l’unico modo per proteggere la sua città era seguire la pista dell’alpha, senza interferire con gli Argent.

Il moro puntò lo sguardo su Stiles, studiandolo silenziosamente “Lo vuoi fare davvero?”

“Credo che le emozioni di stanotte siano state abbastanza convincenti. Voglio che tutto questo finisca”  e, a quell’affermazione, Derek nascose un sorriso compiaciuto. Il cuore dell’agente era rimasto regolare per tutto il tempo.

 



 ANGOLETTO FELICE

Buon-qualsiasimomentodelgiornosia! Ho appena dato il primo esame della sessione e, finalmente, ho trovato un pochino di tempo per scrivere qualche riga in più su questa storiella. Ripeto che in questo periodo non riuscirò ad essere puntuale con i vari aggiornamenti. Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto!  Insulti e critiche  sono ben accette nelle  recensioni. Un bacio!

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Capitolo 12
*** .12 ***


“Credete che sia davvero necessaria questa farsa?” mormorò scettico, osservando il lupo nero di fronte a sé “Insomma, potrei semplicemente continuare le ricerche da solo e poi presentarle a voi, non  c’è bisogno che venga anche lui

“Stiles, per l’ultima volta, Derek può seguirti nel lavoro e sarebbe d’aiuto nel caso in cui dovesse…succedere qualsiasi cosa” gli rispose Lydia, alzando teatralmente gli occhi al cielo.

“Dovresti considerarti fortunato. È imbarazzante per noi mutaforma essere trattati come cani. Tutte quelle vocine e carezze…decisamente opprimenti” continuò Malia, con il suo solito tono scontroso.

“Io faccio sempre le coccole a Prada” affermò contrariata la Martin.

“Lo so, infatti non hai idea di quanto lei sia a disagio” la coyote sbuffò divertita alla sua stessa affermazione, per poi rivolgersi nuovamente al poliziotto “Non credere che questa situazione sia pesante solo per te. Ti assicuro che rimanere sotto forma di lupo per più di due giorni risulta essere molto stressante anche per noi mannari”

Stiles fece per controbattere qualcosa, ma la voce di Deaton lo precedette “Non vorrei interrompervi, ragazzi, ma sono quasi le tre del mattino, e tra meno di cinque Stilinski dovrebbe entrare in servizio. È necessario che andiate a riposare” affermò, puntando lo sguardo prima sul poliziotto e poi sul lupo.

“Dunque” continuò l’agente, incerto sul da farsi “Buonanotte”

“Buonanotte” gli risposero calorosamente Scott, Lydia e Liam, mentre gli altri due mannari si limitarono ad un rapido cenno della testa.

Il poliziotto e Oscar –Stiles sapeva perfettamente che sarebbe stato difficile non chiamarlo istintivamente con il suo vero nome, soprattutto sul posto di lavoro- uscirono dall’ufficio veterinario. Non appena il poliziotto ebbe aperto lo sportello del passeggero, Derek si irrigidì sul posto, sentendo il battito cardiaco del compagno aumentare drasticamente.

“Potrei sembrare indelicato, vista la situazione, ma avresti potuto evitare di sanguinare sul sedile” lo sentì affermare mentre, con mano tremante, sfiorava una grande macchia di sangue secco. Di risposta, il lupo non riuscì a non trattenere un ringhio seccato.

“Avrei dovuto conservare un proiettile di Argent” controbatté il minore, facendo salire Derek a bordo e chiudendo lo sportello.

 

La strada fu abbastanza breve e, inaspettatamente per entrambi, quasi noiosa. Stiles si era figurato di ritrovarsi sull’uscio di casa l’alpha, pronto a riscattarsi sulla sconfitta appena subita, e quasi fu deluso nel constatare che né fuori né dentro il monolocale ci fosse nulla di anomalo. Chiuse svogliatamente il portone.

“O Dio” mormorò, voltando immediatamente lo sguardo dal corpo appena ritrasformato di Derek “Potresti avere…un minimo di pudore?”

“La nudità è abbastanza naturale se vivi in una famiglia di licantropi” affermò tranquillamente l’altro con un cenno di spalle, seguendo l’umano in camera sua, dove immaginava gli avrebbe offerto un cambio di vestiti.

“Conosco i mannari da neanche due settimane, Hale, quindi copri il tuo glorioso spettacolo e mettiti qualcosa addosso”

“Mi hai già visto nudo quand-“

“Il mio compagno si era appena trasformato in un ricercato. La tua nudità in quel momento è stato l’ultimo dei miei problemi” rispose Stiles, lanciandogli malamente una sua vecchia polo blu e arancione.

“Ricordi di esserti cambiato di fronte a me quando ancora ero ‘Oscar’, vero?” all’affermazione del moro, Stiles, che stava aprendo un cassetto per cercare un pigiama, si bloccò di scatto.

“Seriamente hai…”

“Ripeto, la nudità è una cosa naturale per noi” notando che il poliziotto non accennava né a muoversi né a rilassare il suo battito cardiaco, Derek continuò “Hai dei ripensamenti?”

“Credimi, ne ho molti”

                     

“Buongiorno Stilinski” Stiles si bloccò sul posto non appena ebbe riconosciuto il poliziotto che l’aveva salutato. Era l’agente che, quella stessa notte, si trovava di guardia a villa Argent durante l’attacco dell’alpha. Ma che ci faceva lì?

“Brander, buongiorno a lei” rispose, incerto su cosa dire.

“Come…è andata la nottata di pattuglia?” tentò con tono vago.

“Oh, una vera noia. Rimanga tra noi, ma io e Monroe ci siamo addormentati per un’oretta…per fortuna quello di ieri sera era l’ultimo controllo. La famiglia Argent, secondo lo sceriffo, è perfettamente al sicuro” a quelle affermazioni, Stiles non poté non sbattere gli occhi un paio di volte dall’incredulità.

Colpo di sonno? Non si sono seriamente accorti di nulla? E al loro risveglio non hanno notato che la macchina fosse distrutta e…ribaltata?

L’agente fece vagare lo sguardo sull’ufficio “Parrish non è ancora arrivato?”

“Non hai saputo?” domandò l’altro, stupito “Questa mattina ha avuto un incidente”

“Come? Ma sta bene?” chiese il minore, sinceramente allarmato.

“Da quello che so, pare abbia qualche ferita non particolarmente grave, ma lo sceriffo ha preferito dargli una settimana di riposo”

Dopo essersi velocemente congedato dal suo collega, Stiles filò direttamente in ufficio, rimanendo a fissare per qualche secondo la superfice della scrivania di fronte a sé.

“Tu hai sentito il suo battito cardiaco, vero?” chiese ad alta voce, rivolgendosi a Derek. Di risposta, il lupo fece un veloce cenno di assenso con la testa “E ti è sembrato che stesse dicendo la verità?” ricevette un secondo segno affermativo “Però…è fin troppo strano”

 

“Crefi fe fiano ‘ati ‘rofati?”

“Cosa?” il mannaro gli lanciò uno sguardo scettico, trattenendo uno sbuffo di fastidio non appena vide l’umano riempirsi il piatto con la terza porzione di stufato. Stiles ingoiò a fatica il boccone che stava masticando.

“Credi che siano stati drogati?” chiese di nuovo “Brander e Monroe possono anche essere svenuti, ma dubito che siano rimasti senza coscienza per tutto il tempo in cui gli Argent hanno ipoteticamente rimesso in ordine la villa”

“Tu dici?”

“Ovvio, non dovevano destare sospetti, quindi hanno eliminato qualsiasi traccia dello scontro. Forse sono stati proprio loro a drogare gli agenti per avere maggior tempo a disposizione” rispose il minore, gesticolando animatamente.

“E che mi dici della volante? L’hanno portata dal carrozziere mentre quei due erano ancora svenuti?” ironizzò Derek, alzando un sopracciglio.

“La volante” ripeté meccanicamente il ragazzo “Cavolo, la volante” affermò, alzandosi di scatto dallo sgabello e correndo in salotto a prendere il suo portatile.

Appoggiò il computer sulla penisola della cucina dove stavano cenando e prese digitare in modo frenetico le varie password richieste per l’acceso ai dati sensibili della sede di polizia. Dopo un paio di minuti in profondo silenzio, l’umano lanciò un pugno in aria in segno di vittoria, attirando l’attenzione del licantropo.

“Guarda” affermò, inclinando lo schermo per permettere anche all’altro di vedere “Queste sono le immagini dell’auto incidentata con cui Parrish, secondo Brander, avrebbe pattugliato le strade questa notte” prese a digitare freneticamente “Cavolo, se solo avessimo la targa della volante di Brander e Monroe…”

 “29THD03” rispose di rimando il mannaro.

“Cosa?”

“La targa è 29THD03. Ho una buona memoria per queste cose”

Stiles non rispose direttamente, ma si limitò a voltare il computer nella direzione del licantropo, mostrandogli la foto che aveva appena trovato. Si trattava sempre della serie di immagini riguardo all’incidente di Parrish, tra le quali una mostrava in primo piano proprio la targa dell’auto guidata quella sera dal vicesceriffo: 29THD03.

“Sono state…sostituite?” ipotizzò Derek, osservando corrucciato lo schermo del portatile.

“Non vedrei altra soluzione…” rispose l’agente, con sguardo cupo “Ma allora Parrish ha…inscenato un incidente?”

 

“Ehi Jordan!” il ragazzo abbracciò calorosamente il suo superiore “Come stai? Non mi hai detto nulla dell’incidente” affermò offeso, rimanendo rispettosamente sull’uscio di casa.

“Alla fine non era nulla di preoccupante…solo qualche graffio, ma lo sceriffo ha insistito per farmi riposare” rispose il maggiore, sorridendogli. Fece subito segno a Stiles e a Derek, sotto forma di lupo, ad entrare in casa e accomodarsi nel piccolo salottino. “Giornata noiosa ieri?” chiese il vicesceriffo, sedendosi comodamente su una poltrona.

“Oh, niente di speciale.  Brander mi ha anche confessato di essersi addormentato insieme a Monroe durante la loro pattuglia a casa Argent” affermò Stiles, abbozzando una risata e lanciando uno sguardo complice con il lupo.

“Oh, ho sempre pensato che quei due non fossero fatti per i controlli notturni. Sono dei bravi agenti, ma hanno una capacità di concentrazione inesistente, direi” rispose Parrish, sorridendo a sua volta.

Rimasero circa una buona mezz’ora a parlare del più e del meno, durante il quale Jordan si congratulò una dozzina di volte con Stiles per aver ripreso Oscar con sé. Sembrava assolutamente entusiasta all’idea. Uscirono di casa un’oretta prima che calasse il sole, godendosi il fresco venticello che si era alzato, con la ripromessa di rivedersi in ufficio la settimana dopo. Nell’abitacolo della jeep, Derek captò nitidamente il livello di agitazione dell’umano, che si palesò apertamente non appena arrivati a casa.

“Allora?” gli chiese, lanciandogli i vestiti ancor prima che si ritrasformasse “Che cosa hai sentito?”

“Il suo battito cardiaco è rimasto stabile” mormorò il licantropo, scrocchiandosi il collo e indossando la t-shirt che Stiles gli aveva preparato “Ma c’è qualcosa di molto strano”

“Ossia?”

“Quel tuo collega ha detto che Parrish fosse rimasto lievemente ferito dall’incidente, giusto?” l’agente si limitò ad annuire “Ragazzino, non c’era odore di sangue”. L’altro rimase alcuni secondi in silenzio, metabolizzando le parole del mannaro.

“E allora come…come è possibile?”

“Forse lui potrebb-“

“NO” l’agitazione di Stiles era arrivata alle stelle “No. No. No.” negò ancora “Lui è un mio amico, non è possibile che sia l’alpha”

“Dammi una buona motivazione per non pensarlo, allora” lo sfidò Derek, infastidito dalla reazione del minore.

“Non lo è, fine della questione” sentenziò l’agente, sdraiandosi sul suo lato di letto e voltandogli le spalle.

“Dannazione, Stiles, comportati da poliziotto” sbraitò il licantropo, avanzando di un passo.

“Non hai prove che possano incolpare Jordan”

“Non ho prove?” rispose Derek stizzito “Non sappiamo che fine abbia fatto l’auto distrutta dall’alpha e lui fa un incidente proprio  con quella volante. Non ha segni di ferite sul corpo. La notte dello scontro a casa Argent lui non era in ufficio perché stava, casualmente, pattugliando la zona. Cos’altro vuoi? Che settimana prossima ti dia il buongiorno con occhi rossi e artigli ben sguainati?”

“Non hai prove che possano incolpare direttamente Jordan” si corresse in minore “Sono supposizioni”

Derek non riuscì a trattenere un ringhio innervosito “Credi che stiamo giocando a Cluedo, ragazzino? C’è un vero assassino là fuori pronto a-”

“SMETTILA” Stiles si tirò nuovamente seduto sul materasso “Solo perché non ho un passato travagliato non vuol dire che io non stia prendendo sul serio questa faccenda, Hale” iniziò a camminare per la stanza, gesticolando in modo frenetico “Conosco il soprannaturale da poco tempo e tu credi che bastino un paio d’ore per digerire tutte queste informazioni? Sono stato attaccato da un alpha, preso di mira da un branco di licantropi come infiltrato principale nella sede di polizia, il mio compagno è un mannaro con capacità di mutaforma e la mia jeep ha i sedili sporchi del tuo sangue”

Derek attese volontariamente qualche secondo prima di rispondere “Ti sto dicendo che non possiamo permetterci di escludere nessuna traccia, anche se le prove dovessero portare ad uno di noi” la sua voce era improvvisamente più calma rispetto ai ringhi di poco prima.

Stiles si guardò intorno, senza intercettare volutamente gli occhi del mannaro “Ho bisogno di un attimo” affermò, afferrando il giacchetto che si era sfilato pochi minuti prima ed uscendo dalla stanza.

Il licantropo sentì dopo pochi secondi il portone di casa chiudersi, e si permise il lusso di lasciarsi cadere sul letto.

Forse stavano sbagliando tutto. Forse l’idea, che all’inizio era parsa tanto geniale, di comprendere Stiles nelle ricerche non era così buona. Quell’agente aveva ragione, lui era solo un ragazzo. Non aveva mai pensato che intorno a lui ci fosse un mondo così grande e pericoloso.

Derek si passò una mano nervosamente sul viso.

Stiles era un umano.



ANGOLINO FELICE

Finalmente è tornato Oscar! Non so perché, ma adoro Derek versione lupo nelle fanfiction, anche se in TW è stato abbastanza violento con Kate (ma le sta bene, W Derek! )

Sono una persona molto pigra e non so inventare targhe, quindi ho inserito il piccolo riferimento al cartone Disney che amo di più in assoluto: Zootropolis.

Come al solito, spero che questo nuovo aggiornamento vi sia piaciuto. Buona estate e buon mare a tutti!

 

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Capitolo 13
*** .13 ***


Derek era convinto che la sua rabbia in quei giorni dovesse essere rivolta totalmente all’alpha, ma si dovete ricredere. I suoi istinti omicidi, quel sabato pomeriggio, erano indirizzati versi Scott Mccall e la sua empatia troppo sviluppata.

“Hai fatto piangere Stiles?” aveva domandato il minore, incredulo.

“Tecnicamente no” si era prontamente difeso Hale, alzando un sopracciglio “Non siamo in grado di comunicare, ecco tutto”

“Derek, sei tu a non saper parlare con le persone” e, dopo una breve pausa in cui stava tentando di soppesare accuratamente le parole, Scott continuò “Devi chiedergli scusa”

“Prego?” e, al ringhio di risposta dell’altro, Derek aveva fatto saettare gli occhi azzurri per il salotto, fermando in gola un’ennesima protesta che stava minacciando di fuoriuscire.

E quale modo migliore di chiedere scusa se non far trovare la cena pronta a tavola?  Il moro, ormai rimasto solo, stava guardando in modo poco convinto il cibo apparecchiato, certo di non aver mai visto alimenti più calorici di quei cheeseburgers e patatine fumanti. Nonostante reputasse l’idea dell’amico patetica, il licantropo dovette ricredersi quando vide Stiles entrare in casa. L’insolito sguardo cupo dell’umano fece prontamente posto ad un’espressione di pura gioia e meraviglia non appena sentì l’odore di fritto.

“Che cosa stai-“ l’agente posò lo sguardo sul ben di dio apparecchiato in tavola “Oh”

“Mangia. Le patatine fredde fanno schifo” si limitò ad affermare il licantropo, sedendosi svogliatamente sullo sgabello. Trattenne uno sbuffo divertito non appena percepì le emozioni di Stiles cambiare per la terza volta da quando era entrato in casa. Lo vide avvicinarsi guardingo alla tavola, tentennando qualche secondo prima di accomodarsi davanti al mannaro.

“Stai tentando di avvelenarmi per poi sbarazzarti del mio corpo?” domandò a bruciapelo l’umano, tenendo l’hamburger a pochi centimetri dalla bocca.

“Non avrei bisogno di questi stratagemmi per ucciderti” rispose freddamente il moro, addentando con poco gusto una patatina.

“Touché” Stiles accennò un mezzo sorriso, ma esitò dal mangiare il primo boccone “Sei uscito a comprare la cena?”

“No, mi è venuto a trovare Scott e ha ordinato queste schifezze al fast-food” Derek quasi si stupì nel vedere finalmente l’agente assaggiare felice il primo boccone.

“Di lui mi fido” spiegò l’umano con un breve cenno delle spalle.

“Avrei comunque potuto avvelenare gli hamburger dopo che Scott se ne fosse andato” rispose offeso il mannaro. Stiles smise per un attimo di masticare.

“Sarebbe figo” affermò il poliziotto, dopo alcuni minuti passati a mangiare nel più completo silenzio “Se tutti gli psicologi risolvessero i problemi dei pazienti in questo modo”

“Ma di che stai parlando?”

“Il cibo” spiegò Stiles, indicando la metà di hamburger rimasta tra le sue mani “Da quello che ho capito, voi licantropi avete un qualcosa che vi aiuta a dominare i poteri”

“Si chiama ancora” sbuffò il moro.

“Ecco, se fossi un lupo mannaro credo che la mia ancora sarebbe il cibo” allo sguardo interrogativo dell’altro, l’agente continuò “Se anche gli esseri umani avessero un’ancora, sarebbe molto più facile, non esisterebbero specializzati in malattie mentali o psicologi”

“Non è così semplice, ragazzino”

“Forse hai ragione, ma in ogni caso potrebbe aiutare i più piccoli a superare un dolore” Stiles si interruppe bruscamente, fissando il panino tra le sue mani. Il mannaro percepì il battito dell’umani rallentare impercettibilmente.

“In che senso?” azzardò.

“Nel senso che per i bambini il dolore di una perdita può portare grandi difficoltà durante la crescita. Se avessero la possibilità di usare un’ancora, forse non ci sarebbe questo rischio” spiegò, mantenendo uno sguardo basso.

“Avevo appena perso la mia ancora quando la mia famiglia è stata bruciata due anni fa” sospirò il mannaro “Ma, anche l’avessi avuta, non avrebbe fatto differenza, credimi”

Stiles, rimasto ancora immobile, sorrise amaramente “Invece…credo di avere avuto un’ancora, sai? Mio padre è stata la mia unica certezza subito dopo la morte di mamma” Derek rimase in silenzio alcuni secondi.

“Era malata?”

“Si, ma comunque troppo giovane per andare via. Papà sapeva che sarebbe successo, ma, a causa del dolore, ha ripiegato sull’alcool ed il cibo. Ora sta bene, ha lasciato Beacon Hills per avere un po’ di aria fresca”

“E tu?”

“Cosa?” ad un sopracciglio eloquente del moro, Stiles sorrise “Dovrei essere io a chiederlo a te, non credi?”

“Perché dovresti chiedermelo?” domandò il mannaro, improvvisamente sulla difensiva.

“Perché è evidente che tu debba sfogarti” insistette l’agente.

“Non ho bisogno di parlare con nessuno” sentenziò Derek, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso le scale.

 

“Mi dispiace”

“Smettila di assillarmi, ragazzino” mormorò il mannaro ad occhi chiusi, girandosi di spalle all’umano e tirandosi una generosa porzione di coperte sopra le orecchie. Stiles si accomodò nella sua parte di letto, mettendosi a pancia in su e prendendo ad osservare il soffitto.

“Credi che si siano incontrati?”

“Mh?”

“I nostri genitori, credi che si siano incontrati lassù? Io immagino che ci stiano osservando”

“Sarebbe inquietante”

“Non hai seriamente voglia di parlare?”

“Non di questo argomento”

“Perché, ci sono argomenti che potrebbero renderti logorroico?” domandò sarcasticamente l’agente, guadagnandosi un ringhio infastidito come risposta.

 

“Si, si Monroe. E riferisci alla dottoressa Jacklow  che il nostro appuntamento è saltato. Ho un piccolo impegno questa sera” notando la testa di Stiles fare capolino da dietro la porta, lo sceriffo sorrise cordialmente, facendogli cenno di entrare “Certamente, sono d’accordo. Domani mi farà sapere, lasciale pure il mio numero. Ora scusami, ma sono impegnato” l’uomo riagganciò la chiamata, alzando esasperatamente gli occhi al cielo.

“Sceriffo, mi dispiace disturbarla, ma-”

“Sono felice che tu sia venuto, perché devo farti alcune domande” sentenziò il maggiore.

“Ci sono stati dei problemi?” chiese automaticamente, incrociando gli occhi azzurri dell’uomo.

“No Stiles, ma sono alcuni giorni che non vieni più in ufficio e vorrei sapere se c’è qualcosa di cui vorresti parlarmi” spiegò pacatamente l’altro, intrecciando le dita sotto al mento. L’agente si stupì nel realizzare di non trovarsi a proprio agio di fronte allo sguardo dello sceriffo.

“I-io…no, non credo”

“La signora Walters mi ha riferito che sei tornato a prendere Oscar, e non posso che esserne felice. Cosa ti ha fatto cambiare idea?”

“Sinceramente non lo so…credo, in un certo senso, di essermi abituato alla sua presenza”

“E tutti quei discorsi in cui non ti reputavi adatto ad avere un compagno?” chiese ancora l’uomo, studiandolo con un leggero sopracciglio alzato. Dietro le mani congiunte, a Stiles parve di vedere un lieve sorriso fare capolino sul volto del maggiore.

“Credo che…Oscar ora sia una mia responsabilità” affermò, stupendosi nel non aver esitato ad estraniare i suoi veri pensieri.

“Ora è il tuo compagno. È vostro compito proteggervi l’un l’altro a costo della vita” sentenziò l’uomo, continuando a sorridere e facendo capire a Stiles, con un cenno di mano, che la loro conversazione fosse conclusa.

“Un’ultima cosa, sceriffo. Io…vorrei avere i fascicoli sul caso della famiglia Hale”

“E perché mai?” l’uomo parve seriamente colpito dalla richiesta dell’agente, perché fece scivolare i gomiti dalla scrivania e si accomodò meglio sulla poltrona “Se ne occupa Parrish da ormai due anni, anche se siamo sul punto di archiviare il caso”

“Io vorrei dargli un’occhiata”

Stiles era uscito dall’ufficio dello sceriffo sconsolato, senza avere tra le mani i tanto desiderati documenti. Derek stesso affermava che ci fosse un qualche collegamento tra l’alpha e la sua famiglia, ma era allo stesso tempo restio nel parlare dell’incendio con l’agente. Morale della favola, qualsiasi pista era stata automaticamente bruciata dalla riservatezza del moro.

E Stiles, ovviamente, capiva i sentimenti del maggiore, perché anche lui portava ancora addosso le dolorose cicatrici della morte di sua madre, ma era seriamente intenzionato, in un modo o nell’altro, a far parlare Derek. Sapeva che il licantropo avesse bisogno di parlare e sfogarsi, nonostante si rifiutasse categoricamente ad ammetterlo, ed era ben conscio del fatto che, probabilmente, sapere qualcosa sulla famiglia Hale lo avrebbe aiutato con le ricerche.

Stava solo a Derek.

 

“Dove mi stai portando, ragazzino?” a quella domanda, Stiles frenò la jeep con un brusco scossone, voltandosi verso le sedute posteriori.

“Perché diavolo ti sei ritrasformato?” chiese, con voce innaturalmente acuta “Siamo ancora dentro la città. Qualcuno potrebbe vederti!” continuò, muovendo freneticamente le braccia per far accovacciare il mannaro tra i sedili.

“Stavano iniziando a farmi male le ossa” mormorò Derek con voce roca, mentre, rimanendo accucciato in quella posizione scomoda, tentava di infilarsi una tuta che Stiles aveva preparato nella jeep in caso di emergenza “E tu non hai risposto alla domanda. Dove stiamo andando?”

“In un posto”

“Loquace”

“Senti chi parla” rispose l’agente, sbuffando una risata. Sentì distintamente dietro di sé il corpo di Derek irrigidirsi quando fece svoltare la jeep verso una stradina sterrata, circondata da alberi. Lo osservò silenziosamente dallo specchietto retrovisore mentre inseriva il freno a mano, fermandosi proprio al centro di una radura che il mannaro conosceva molto bene. Lo vide impiegare qualche secondo prima di scendere dalla jeep, chiudendo lo sportello con un colpo secco.

“Perché siamo qui?” domandò il licantropo. Il volto non lasciava trapelare alcuna emozione, se non profonda noia, ma Stiles era convinto che si stesse trattenendo dal saltargli alla gola. E l’agente era pronto anche a quello pur di farlo parlare.

“Sei stato tu stesso a dirmi che probabilmente l’alpha sia collegato con il caso della tua famiglia” spiegò il minore, mentre si avvicinavano a quel che restava della vecchia costruzione degli Hale. Sulla parte esterna erano ancora ben visibili i segni di artiglio che avevano tanto incuriosito Stiles durante la risoluzione del suo primo caso. Ed ora era lì, una manciata di settimane dopo, consapevole che quelli fossero graffi di un lupo mannaro.

“E credi che fare questa simpatica scampagnata possa darci degli indizi?” chiese retoricamente il maggiore, bloccandosi ad alcuni metri di distanza dalla villa.

“No, spero che me li possa dare tu” a quell’affermazione, Stiles vide il licantropo stirarsi il collo, trattenendosi chiaramente dal mostrargli le zanne.

“A che gioco stai giocando, ragazzino?”

“Abbiamo trovato il cadavere di Victoria proprio qui, giusto?” il mannaro rimase in silenzio “Dammi una qualsiasi informazione che possa aiutarci con le ricerche” tentò ancora l’agente, facendo per entrare dentro la villa, ma fu fermato sulla soglia da un basso ringhio del licantropo.

“Non entrare”

“O, per amor del cielo, sono già stato qui, Hale” affermò Stiles con tono esasperato. Fece nuovamente per entrare, ma venne afferrato saldamente per un braccio dal moro “Che diavolo stai-“

“Shh” Derek fece illuminare gli occhi di blu, studiando l’aria intorno a loro “È stato qui“ sentenziò con un basso ringhio, tenendo ben ferma la presa sull’arto dell’agente.

“L’alpha?” di risposta Stiles ottenne un breve cenno del capo. Il minore si staccò con difficoltà dalla morsa del licantropo, afferrando la pistola e puntandola di fronte a sé. Questa volta fece finta di non sentire il ringhio d’avvertimento, perché varcò la soglia senza neanche attendere il compagno “Qui non c’è nulla” affermò con un filo di sollievo, mente avvertiva l’altro raggiugerlo alle sue spalle.

“È ovvio, il suo odore risale ieri, più o meno” nonostante la penombra, Stiles vide chiaramente il moro alzare un sopracciglio.

“Beh, l’avresti potuto dire prima che preparassi la pistola” si difese il minore, lievemente in imbarazzo. “Ad ogni modo, dato che siamo qui-“

“Sarebbe meglio andarcene. Abbiamo la conferma che all’alpha piaccia visitare frequentemente queste mura, quindi non ci conviene lasciare tracce del nostro passaggio” affermò il maggiore, tentando di riafferrare il braccio dell’agente.

“Non dire fesserie. Abbiamo tentato di ucciderlo, ci riconoscerebbe indipendentemente dal nostro odore, Hale” come risposta ottenne l’ennesimo ringhio di protesta della serata “Derek” l’agente si girò verso il compagno, cercando un contatto visivo “Abbiamo bisogno di te per arrivare all’alpha, lo sai” fece per sfiorare il braccio del mannaro, tentando in qualche modo di rassicurarlo, ma fu in quel momento che il licantropo alzò gli occhi nella sua direzione.

“Non toccarmi” il blu del suo sguardo brillava al buio, dettaglio che, forse, avrebbe dovuto far demordere Stiles dal suo tentativo di persuasione. Ma l’agente aveva un concetto di autoconservazione decisamente opinabile, perché si ritrovò a sostenere quegli occhi senza batter ciglio.

“Derek” fece un passo in avanti.

”Non ti avvicinare” paradossalmente non fu il suo sguardo brillante a far vacillare il poliziotto, e nemmeno il suo basso ringhio, ma quelle parole. Quelle furono come una pugnalata che eresse l’ennesimo muro tra lui e il licantropo. Era come se i progressi fatti in tutte quelle settimane stessero crollando di fronte ai suoi occhi.

Non si guardò indietro quando ripercorse l’ingresso della villa, e non attese neanche che Derek lo raggiungesse alla jeep. Sapeva che non sarebbe venuto, in questo aveva imparato a conoscerlo. Mise in moto ed inserì la retromarcia, impedendo a se stesso di dare una rapida occhiata allo specchietto retrovisore, nella speranza di vederlo comparire sull’uscio della villa.

Non sarebbe tornato.

 


 


 

ANGOLINO FELICE

Sono tornata!!! Giovedì ho dato il mio ultimo esame, ed ora sono tutta per voi. Mi farò perdonare per il ritardo con un capitolo non molto lungo ma ben denso di contenuti! Un Derek apatico, uno Stiles che non conosce il significato di “privacy” e uno Scott costretto a mettere le paci tra i due bambini capricciosi.

Che dire, spero che vi sia piaciuto. Un bacione!

                                   

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Capitolo 14
*** .14 ***


“Derek, qual buon vent-“ le parole di Deaton si bloccarono non appena quest’ultimo non ebbe notato lo sguardo accigliato del licantropo “Tutto bene, ragazzo” ma il più giovane non rispose, limitandosi a superare l’umano dietro al bancone e a dirigersi nella sala operatoria, dove, come immaginava, trovò il resto del branco.

“Questo piano è una follia” ringhiò verso il druido alle sue spalle.

“Di che stai parlando?” domandò Scott, avanzando di un passo, preoccupato dall’innaturale agitazione del moro.

“Quel dannato agente, è una follia coinvolgerlo nelle nostre ricerche”

“Ma è stata tua l’idea di-”

“Non mi interessa di chi sia stata l’idea, Liam” ringhiò il maggiore, avvicinandosi pericolosamente al beta “Non voglio che sia coinvolto oltre”

“Perché non provi a spiegarci cosa sia successo” propose la banshee, ponendosi tra i due.

Derek impiegò ben dieci secondi prima di eliminare qualsiasi accenno di zanne e  rispondere alla Martin “Non vi deve interessare cosa sia successo. Stilinski non deve più partecipare. Fine del discorso” per più di un minuto calò un profondo silenzio nello studio, in cui i mannari tennero sotto controllo il battito estremamente accelerato del moro.

“Sei un idiota” rispose l’unica voce femminile che, fino a quel momento, se ne era rimasta ad ascoltare a braccia conserte in un angolo della stanza “Un completo ed assurdo idiota, per quanto mi riguarda” sentenziò, staccandosi dal muro da dove era appoggiata ed avvicinandosi a grandi falcate verso il cugino “Si starà trattando semplicemente di uno dei tuoi complessi da uomo duro che impedisce a chiunque di entrare nella propria vita, giusto?”

Derek arricciò il naso, infastidito, ma non emise alcun suono, limitandosi a sostenere lo sguardo strafottente di Malia.

“Fammi indovinare, Stiles ti ha chiesto di parlare ma tu ti sei rifiutato perché devi mantenere quella tua stupida aria da moro tenebroso, ed ora vieni qua a sparare cazzate sul suo conto?” un leggero lampo azzurro attraversò per un secondo lo sguardo del maggiore “Bene, notizia dell’ultima ora, ragazzone, abbiamo bisogno anche del suo aiuto per riuscire a trovare l’alpha, quindi alza le tue chiappe mannare a vai a riprendere il tuo stupido umano”

“Tu non hai idea di cos-“

“IO NON HO IDEA?” il ringhio di Malia fece impercettibilmente tremare i vetri delle finestre “Io non ho idea di cosa, Derek? Forse non l’ho mai conosciuto, è vero, ma quella notte anche io ho perso un padre, eppure non sono qui ad avere continuamente quell’espressione da vittima sacrificale”

“Appunto, non lo sai” rispose il moro. distogliendo lo sguardo e reprimendo qualsiasi istinto di ringhiarle contro.

“Hai ragione, non lo so. Non so cosa voglia dire essere una Hale con la faccia perennemente incazzata” ringhiò la ragazza, superando il cugino ed avvicinandosi all’uscita “Forse quel poliziotto non sarà un mannaro come noi, ma ti assicuro che deve avere dei superpoteri non da poco per riuscire a sopportare la tua apatia” sentenziò, sbattendo fragorosamente la porta dietro di sé.

 

Stiles svoltò svogliatamente verso il cortile d’ingresso di casa, desiderando più di ogni altra cosa di tornare in ufficio per avere la mente occupata dai mille cataloghi che gli erano rimasti da compilare per il giorno dopo. Almeno il lavoro lo avrebbe distratto dai suoi pensieri.

A causa del crepuscolo neanche si accorse di una figura che lo stava aspettando proprio davanti al portone di casa, seduta sui tre gradini d’ingresso. Istintivamente pensò a Derek, ma quell’ipotesi venne immediatamente cancellata non appena quella persona si alzò in piedi. Distinse in controluce con il lampione un profilo non troppo alto e poco armonioso, con spalle asimmetriche e, solo dopo che si fu avvicinato di qualche passo, riconobbe l’uomo.

“Signor Argent” il tono di voce non lasciava trapelare sorpresa, forse una leggera sfumatura di fastidio.

“Agente” Gerard avanzò di qualche altro passo e il minore fu in grado di intravedere un gentile sorriso sul suo volto “Mi scuso per quest’ora inopportuna, ma ho seriamente bisogno di parlare con te”

“Poteva benissimo venire a parlarmi in ufficio” affermò Stiles con tono neutro, mentre apriva il portone di casa e faceva cenno all’uomo di entrare “Ma sono settimane che non la vedo più”

“Ragazzo mio, le gambe di un povero vecchio iniziano a dare capricci, mi perdonerai” rispose con tono amorevole, accomodandosi tranquillamente sul divano. Il poliziotto si prese un buon minuto per sistemare la giacca sull’attaccapanni prima di raggiungerlo.

“Eppure” lo contraddisse l’agente, sedendosi sulla poltrona proprio di fronte al maggiore “Le sue gambe non hanno fatto capricci quando mi ha voluto deliberatamente far leggere il bestiario, sbaglio?” le ultime parole furono pronunciate con velata irritazione. A quell’affermazione, Gerard venne attraversato da un veloce lampo di orgoglio.

“Dunque, lo hai letto”

“Non si finga così stupito sapeva perfettamente che lo avrei letto e che sarei giunto ad un collegamento con gli omicidi della sua famiglia”   

“Giovane ed intelligente” affermò il maggiore, abbandonando la schiena sulla morbida fodera del divano.

“Come stanno Chris ed Allison?”

“Si sono ripresi grazie ad un particolare unguento. A tal proposito, grazie per essere intervenuto, anche se affrontare uno di quei mostri da solo senza la benché minima preparazione è un tentato suicidio” Stiles si morse violentemente la lingua per non accennare al fatto che anche Derek fosse presente. Non ne capiva il motivo, ma qualcosa nella sua testa aveva iniziato ad allarmarsi da quando aveva visto Gerard sull’uscio di casa. “Allison mi aveva detto che fossi abbastanza malconcio dopo lo scontro, ma, a vederti ora, sembra che tu stia benone, ragazzo mio. Ne intuisco che qualcuno ti abbia aiutato a medicarti” un qualcosa di indescrivibile brillò per un attimo nello sguardo di Argent.

“Di cosa mi voleva parlare?” domandò l’agente, tentando di sviare il discorso.

“Di Derek Hale” a quella risposta, Stiles strinse impercettibilmente la presa delle mani sulle ginocchia, arricciando il tessuto della divisa “Chris ti ha parlato del nostro lavoro come cacciatori, giusto?” l’gente annuì in silenzio “Sembra abbastanza chiara la tua posizione in questa guerra, agente, ma prima di poterci condannare come esseri spregevoli, vorrei che tu sapessi tutta la storia. Non sai quanti come noi siano stati uccisi da quei mostri, da quei loro istinti assassini. Tu non li hai mai visti trasformarsi, ragazzo mio, nei loro occhi sembrano bruciare le fiamme dell’inferno”

“Io ne ho visto trasformarsi uno” a quell’affermazione, Gerard parve non aver mai ascoltato discorso più interessante “E non sono stato né ferito né aggredito da quel licantropo”

“Forse un licantropo di nascita può essere in grado di domarsi, ma gli alpha, così come i beta appena trasformati, sono delle macchine assassine. Non badano se davanti a loro ci sia un amico o un figlio. Loro non vedono”

“Così come la vostra famiglia due anni fa ha sterminato un’intera famiglia, dico bene?” negli occhi di Stiles guizzò una scintilla di rabbia “Anche voi non avete badato se dentro alla villa ci fossero bambini o adulti”

“Non hai prove per confermare questa tua accusa, agente” sul volto dell’uomo comparve un sorriso sinistro che per il poliziotto valse più di mille confessioni.

 

Stiles mormorò qualcosa di incomprensibile riguardo alle poche ore di sonno e, coerentemente alle sue lamentele, si servì il terzo caffè della serata, mantenendo lo sguardo fisso sul pc. L’improvviso suonare del campanello lo fece sussultare e, con lui, sobbalzò anche la tazza bollente che si stava portando alla bocca, facendo finire parte del contenuto sulla tastiera e sulla tuta che si era infilato pochi minuti prima.

Mentre manteneva un certo decoro nel non imprecare contro se stesso –del resto la persona fuori dalla porta avrebbe potuto origliare- si affrettò a lanciare un panno pulito contro la tastiera ed a correre ad aprire. Si scoprì non essere particolarmente sorpreso quando vide presentarsi sull’uscio di porta proprio Malia.

“Ciao” la salutò, non sapendo bene cosa dire “Ti…serve qualcosa?”

La mannara impiegò qualche secondo prima di convincersi ad entrare dentro “Devo parlarti” rispose, guardandosi intorno con fare circospetto.

“Immaginavo” mormorò di risposta il poliziotto, facendola accomodare sullo stesso divano dove, un paio di ore prima, aveva parlato con Gerard.

“Hai invitato qualcuno a cena? Ti ho disturbato?”

“No, sono solo. Perché?”

“Io…” Malia continuò ad annusare nervosamente l’aria intorno a sé, fino a puntare i suoi occhi elettrici sul ragazzo “Hai fatto entrare un Argent” gli ringhiò contro

“Gerard” confermò l’agente, trovandosi a disagio di fronte allo sguardo della licantropa. Era abituato alle frequenti occhiate assassine di Derek, ma non alle sue “Me lo sono ritrovato sull’uscio di casa, non potevo cacciarlo”

“Dovevi cacciarlo, Stiles. Sta solo cercando informazioni su di noi, non lasciare che si avvicini un’altra volta. Nessun Argent si deve più mettere in contatto con te, ne vale della tua e della nostra sicurezza”

“Non ho rivelato nessuna informazione, è il mio mestiere” rispose, punto nell’orgoglio “Di cosa mi dovevi parlare?”

“Di Derek”

L’argomento del giorno.

Calò un imbarazzante silenzio tra i due, interrotto solo dai passi del poliziotto, che si era alzato dalla sua postazione per afferrare il cellulare.

“Sushi o pizza?”

“Come?” chiese la ragazza, alzando un sopracciglio scettico che a Stiles ricordò tremendamente Derek.

“Preferisci sushi o pizza per cena?”

“Seriamente?”

“Hai detto che dobbiamo parlare di quello scorbutico e, a meno che tu non abbia un hamburger a portata di mano, mi rifiuto di parlare di lui senza del cibo davanti” sentenziò, mantenendo lo sguardo fisso sullo schermo del telefono “Guai a te se lo riferisci a Derek, ma è estremamente deprimente cenare da solo”

 

Ovviamente, il giorno dopo Stiles si ritrovò ad andare da solo in centrale, maledicendosi mentalmente durante il viaggio per aver lanciato due o tre occhiate verso i sedili posteriori della jeep, immaginandosi di vedere quel maledetto lupo nero.

Compilò quanto più in fretta possibile i vari fascicoli che gli avevano fatto trovare sulla scrivania, dedicando le rimanenti ore del pomeriggio a fare le sue solite ricerche. Sperava di trovare qualche informazione sull’incendio degli Hale senza dover necessariamente risalire in qualche modo illegale ai documenti del caso. Ovviamente, speranze del tutto vane. Non era riuscito a recuperare molto, se non il nome di qualche vittima ed alcune informazioni circa i mezzi utilizzati per soccorrerli.

Un completo buco nell’acqua.

“Stiles” la voce dello sceriffo lo fece sobbalzare dalla sua postazione. Alzò lo sguardo verso l’uomo, accorgendosi solo in quel momento della sua faccia estremamente divertita. L’agente doveva essere preso da un lavoro estremamente complesso, perché non si era minimamente reso conto del bussare alla porta del maggiore né, tantomeno, del suo entrare nell’ufficio. A giudicare dal suo sopracciglio inarcato, probabilmente lo aveva anche richiamato più volte senza successo.

“M-mi scusi sceriffo, cosa posso fare per lei?” farfugliò, tentando di nascondere con fare maldestro i vari appunti presi.

Parrish ha accettato la tua richiesta sul caso di famiglia Hale” a quell’affermazione, Stiles non riuscì a nascondere un sopracciglio sorpreso “Non avrai l’accesso a tutti i documenti, ma ad una buona parte”

“Va benissimo” asserì il minore, forse con troppo entusiasmo “Quando potrò averli?” di risposta, lo sceriffo fece scivolare tra le mani dell’agente un pesante raccoglitore verde bottiglia. Non appena il maggiore ebbe lasciato l’ufficio, Stiles compose in fretta un messaggio.

 

“Ha i documenti!” esultò la banshee, sventolando come prova il cellulare davanti ai compagni, insistendo particolarmente davanti al moro. Quest’ultimo rimase in silenzio, limitandosi ad assecondare lo sguardo strafottente della cugina.

“Beh, ora ha tra le mani tutte le informazioni sulla nostra famiglia, che ti piaccia o meno. Direi che sarebbe il caso di tornare da lui, non credi?” domandò retoricamente.

“No, non credo”

“In realtà questo potrebbe essere un problema. Se gli Argent dovessero scoprire che Stiles ha in mano il caso di villa Hale, potrebbero ostacolarlo in qualche modo…ti ho detto che ieri Gerard si è fatto trovare proprio fuori casa sua?”

Negli occhi di Derek guizzò una fiamma azzurra “Gerard a casa di Stiles?” ripeté preoccupato, schizzando immediatamente in piedi.

“Il tuo umano sta benone, mi ha detto di averci solo parlato” ma Derek si era già trasformato e stava correndo fuori dal centro veterinario.

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Capitolo 15
*** .15 ***


Corse velocemente per la città, non curandosi di passare in eventuali zone troppo trafficate, perché il suo compagno era in serio pericolo. Casa di Stiles era situata agli antipodi del centro veterinario, ma Derek la raggiunse in meno di dieci minuti. Attraversò il cortile d’ingresso e si meravigliò nel trovare le luci di casa tutte spente nonostante fosse relativamente presto per i soliti orari dell’agente. Questo fece scattare alle stelle la sua ansia.

Sgattaiolò nell’ingresso di casa grazie ad una finestra che il poliziotto lasciava sempre socchiusa anche di notte –fanculo le precauzioni contro l’alpha- e corse al piano superiore. Sarebbe bastato monitorare il battito cardiaco di Stiles per capire che stesse semplicemente dormendo, ma il licantropo se ne accertò buttandosi sul letto e prendendo ad annusare allarmatamente il viso del minore.

L’urlo ben poco virile che ne scaturì non era previsto nei piani di Derek, che fu costretto a ritrasformarsi per tappare la bocca dell’agente.

“Che diavolo urli” sussurrò. Dopo avergli dato una rapida occhiata ed aver constatato che non ci fosse odore di sangue nell’aria, il licantropo lasciò andare la presa dal volto del minore “Allora stai bene” affermò, con un cipiglio alzato.

“Tu dici?” domandò l’umano con voce acuta, cercando di srotolarsi dal groviglio di lenzuola per allontanarsi dall’ingombrante peso del moro su di lui “Ho appena avuto un infarto” affermò, ignorando la loro posizione decisamente imbarazzante.

La risposta che ottenne fu una rapida alzata di occhi al cielo.

“Cosa vuoi, Hale?” chiese l’agente, accendendo la luce dell’abat-jour per evitare il pericoloso contatto visivo con il mannaro. Pessima mossa, perché realizzò solo in quel momento che Derek, essendosi appena trasformato, fosse nudo. Sopra di lui. Su un letto.

“Malia mi ha detto che ieri Gerard è stato qui”

“E…quindi?”

“E quindi spiegami che diavolo ci faceva Gerard qui e perché l’hai fatto entrare” sbottò il maggiore, alzandosi –per la gioia di Stiles- dal letto ed aprendo un’anta dell’armadio alla ricerca della sua tuta. L’agente si concesse di dare una generosa occhiata alle spalle ed alla schiena muscolosa del licantropo.

“Diciamo che non me ne ha dato la possibilità e comunque mi sembrava abbastanza brutto cacciare un vecchietto dall’ingresso di casa mia”

Derek, ancora voltato ed ignaro della lastra che il minore stava facendo al suo fondoschiena, trattenne a stento un ringhio di protesta “Sei serio, Stiles?” domandò, facendo brillare i suoi occhi di azzurro “Quell’uomo ci da la caccia da anni e l’unica cosa che ti preoccupa in questo momento è di non mancare di rispetto ad una persona anziana?”

“Diciamo che, se i vicini mi avessero visto prendere ad insulti Gerard, non sarebbe stata una situazione molto piacevole” si difese il minore.

“Logico, stanotte qualcuno potrebbe aver visto un lupo nero correre per Beacon Hills, ma i notiziari in prima pagina riporteranno sicuramente te che manchi di rispetto ad un vecchietto” sbuffò il mannaro, afferrando una tuta grigia e saltellando su un piede per infilarsi i pantaloni.

“Hai corso per Beacon Hills” ripeté l’agente “Trasformato in lupo” continuò “Noncurante di telecamere o ipotetiche macchine, ed affermi che quello imprudente sia io, razza di idiota?”

Derek aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di voltarsi e rispondere “Credevo che Gerard ti avesse preso in ostaggio per avere informazioni su di noi o qualcosa del genere”

“Carino, sei corso per salvarmi” ne dedusse l’umano, privo di entusiasmo “Lo prendo come un complimento”

“Se tu morissi, non avrei più accesso alle ricerche della polizia. Sarebbe un bel problema” si difese il licantropo, accomodandosi nel letto e tirando una generosa porzione di coperte.

“Falso, ho detto a Lydia di avere i documenti sull’incendio. Avreste tutto ciò che vi serve” rispose il poliziotto, allungandosi a spegnere la luce con il sorriso sulle labbra “Comunque grazie, lupone”

“Dormi, Stiles”



“Quindi, ricapitolando, in casa abitavate in quattro, dico bene? Te, Talia, Laura e Cora, giusto?” non ricevendo risposta, Stiles alzò gli occhi dai fogli che stava analizzando, incrociandoli con quelli estremamente contrariati del licantropo.

“Se hai i documenti sotto gli occhi, a che serve farmi domande, mh?”

“Si chiama ‘verificare l’attendibilità dei documenti’” rispose seccamente il minore, prendendo a segnare qualcosa sul block-notes. Passarono alcuni minuti di silenzio in cui Derek sentì l’agente sfogliare svogliatamente i fascicoli.

“C’era anche mio zio Peter” rispose, lasciando vagare lo sguardo per la cucina del poliziotto “Lui abitava a Canaan. Era riuscito a prendersi una settimana di ferie e ne aveva approfittato per fermarsi da noi qualche giorno. Pessima scelta” sentenziò, incrociando le braccia al petto e sospirando rumorosamente. Stiles fece scorrere velocemente i documenti, trovando, tra i nomi delle vittime, anche quello di Peter Hale.

“Quindi tecnicamente sarebbe stato il padre di Malia, giusto?”

“Esatto, ma lei ha scoperto di essere stata adottata solo quando i suoi istinti di mannara sono iniziati a svilupparsi. Era impossibile che in una famiglia di umani lei fosse una licantropa. Attraverso alcune ricerche e con l’aiuto dei genitori adottivi, sono arrivati al nome di Peter. Ma non ha fatto in tempo a conoscerlo”

“Voleva conoscerlo?”

“Si” Derek accennò un sorriso amaro “Io e lei ci siamo conosciuti in quel periodo. Aveva fatto delle ricerche su tutta la famiglia Hale, in poche parole. Avendo legato molto anche con Cora e Laura, ci aveva parlato della sua storia e le avevamo proposto di venire a cena da noi quella sera” ennesimo sospiro “Ma, per fortuna, si era rifiutata”

Rimasero in silenzio qualche minuto, mentre Stiles tentava di metabolizzare tutte le informazioni ricevute.

“E tu perché non eri in casa, quella sera? Qui è riportato anche un documento dell’università dove si attesta che tu non fossi neanche andato a lezione quel giorno”

Derek gli rivolse uno sguardo decisamente infastidito “Mi stai seriamente interrogando, ragazzino?” ma vedendo l’insistenza del minore, aggiunse “Era l’anniversario della morte della mia ragazza. Viveva fuori città, per questo sono stato l’intera giornata fuori da Beacon Hills”

“Oh…” Stiles parve esitare un momento “Hai…hai dato queste informazioni alla polizia?” al cenno affermativo del maggiore, l’agente continuò “E allora perché sei ancora considerato un sospettato?”

“Perché non ci sono testimoni che possano confermare il mio alibi” rispose seccamente il moro, alzandosi dallo sgabello e prendendo a camminare nervosamente attorno al perimetro del tavolo.

“Hai…una qualche idea su chi possa essere l’alpha?” chiese di punto in bianco l’agente “Dai due omicidi, non è chiaro se abbia a che fare con la vostra famiglia. Forse sta semplicemente vendicando una famiglia di licantropi uccisa, oppure il suo obiettivo è uccidere tutti i cacciatori ed ha deciso di partire da Beacon Hills”

“La spirale, Stiles” gli ricordò il moro, sedendosi nuovamente “È ovvio che voglia vendicarci, il punto è capire se avesse qualche rapporto con noi prima dell’incendio o no. Non ricordo che i miei avessero branchi alleati”

“Forse era un omega che i tuoi genitori conoscevano” ipotizzò l’umano, Derek alzò gli occhi su di lui, colpito.

“Inizi a muoverti bene con i termini del soprannaturale, eh?” gli fece notare, accennando quello che doveva essere un mezzo sorriso. Ma Stiles non lo stava ascoltando.

“Ho un piano, ma non ti p-“

“Oh no” rispose categoricamente il mannaro, alzandosi per la seconda volta dalla sua postazione con fare nervoso.

’Oh no’ cosa? Non ho ancora parlato”

“Ma la tua espressione ha parlato anche troppo. Hai praticamente scritto in fronte ‘Vado a parlare con gli Argent’. Scordatelo, ragazzino”

“Ho seriamente un’ipotesi, Derek. Voglio solo verificare” si difese il minore “Credo che le mosse dell’alpha abbiano uno schema. Non vogliono uccidere gli Argent ma, come dici te, vogliono vendicare gli Hale, e quale modo migliore per vendicarsi se non trasformare i cacciatori, che vedono i licantropi come mostri, in mannari? Questo vuol dire che l’alpha ha assistito all’incendio oppure sa qualcosa che noi non sappiamo. Conosce il piromane”

“Ed è per questo che vuoi andare dagli Argent? Per chiedere chi fosse il piromane e sapere se abbiano visto o meno qualcosa di sospetto la notte dell’incendio? Idea geniale” rispose Derek, senza entusiasmo.



Stiles scese dalla jeep con fare tranquillo, chiudendo delicatamente la portiera e lanciando un ultimo sguardo al lupo accomodato sui sedili posteriori. Derek lo stava squadrando con fare contrariato, ormai l’agente era in grado di tradurre le sue espressioni enigmatiche.

-Probabilmente a casa lo avrebbe sbranato- si disse mentalmente, mentre suonava il campanello di villa Argent. Ad aprirgli, differentemente dalle sue previsioni, non trovò Chris, ma Allison, che gli rivolse uno sguardo tra il diffidente ed il confuso.

“Ti serve qualcosa, agente?” gli chiese, tenendo ben salda la presa sulla maniglia ed usando un tono che non anticipava un invito ad accomodarsi.

“Vorrei parlare un attimo con voi, se non è di troppo disturbo. Possibilmente in privato”

“Papà non è in casa” affermò la ragazza, facendosi da parte per permettere a Stiles di entrare “Quindi non credo di poterti essere d’aiuto”

Il poliziotto rimase un paio di secondi ad osservarla, accorgendosi solo in quel momento di quanto sciupato e stanco apparisse il viso di Allison “Ti sei ripresa dalla…luna piena?” si azzardò a domandare. Ottenne come risposta l’ennesimo sguardo diffidente.

“Gerard ci ha portati al suo rifugio, dove ci ha medicato con alcune tecniche druide” si concesse un attimo per squadrare Stiles con quanto più disgusto potesse “E ci ha detto che ti sei fatto aiutare dai mannari”

“È così che voi cacciatori dimostrate la vostra gratitudine” il poliziotto alzò un sopracciglio infastidito “verso chi ti ha salvato la vita?”

“Il tuo aiuto è stato fondamentale quella notte, ma non avresti dovuto chiedere aiuto ai mannari. È per colpa loro che la mia famiglia sta venendo decimata”

“Sono sicuro che Derek possa affermare lo stesso” la voce di Stiles risultò essere più dura del previsto, ma non se ne scusò. Allison si leccò nervosamente le labbra, ma non distolse lo sguardo da quello dell’agente.

“È per questo che le ha uccise, vero? Per vendicarsi della sua famiglia, ma non ha prove per incolparci” le sue parole tremarono nervosamente.

“Non è lui l’alpha”

“Non ne sei cert-“

“Allison” Stiles le si rivolse con sguardo stanco “Si è trasformato davanti a me. I suoi occhi sono azzurri” Ma lo sguardo della cacciatrice parve essere ancora scettico, così l’agente decise deliberatamente di alzarsi e dirigersi verso l’ingresso di casa. “Prima ti ho dato dell’ingrata, ma non è stato per difendere me” puntò il suo sguardo severo verso la ragazza “Devi a Derek la tua vita, non a me. È stato lui a salvarci quella notte ed a combattere contro l’alpha. Dopo aver chiamato Gerard sono scappato non per cercare l’aiuto dei licantropi, ma perché Derek era gravemente ferito”

Si chiuse la porta alle spalle senza neanche attendere una risposta da parte della cacciatrice. Anche se poteva sembrare il contrario, il dialogo con Allison lo aveva aiutato ad eliminare alcuni punti interrogativi che si erano accumulati in quelle settimane.

Aprì la portiera della jeep e ci saltò dentro, non meravigliandosi nel trovare Derek nei sedili posteriori già trasformato ed intento a vestirsi. Ovviamente, sapeva che avesse utilizzato il suo udito per seguire la conversazione.

“Perché gliel’hai detto?” appunto.

“Ti farebbe così schifo avere anche gli Argent come alleati?” domandò l’agente.

“Vuoi una risposta?” a quella domanda, Stiles sbuffò.



ANGOLETTO FELICE

Ci aggrada l’idea di un Derek selvatico appena ritrasformato sul letto di Stiles. Buona serata a tutti!

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Capitolo 16
*** .16 ***


“Non mi porta un bel niente del tuo fisico da dio greco. Stasera a cena è previsto fast-food” affermò il ragazzo e, per evidenziare maggiormente le sue intenzioni, attaccò la chiamata che stava avendo con il maggiore per digitare il numero del ristorante. Quel giorno Derek non era potuto venire in centrale perché occupato, insieme al branco, a controllare villa Hale dove, alcuni giorni prima, avevano avvertito la presenza dell’alpha. Tuttavia, da quello che il moro aveva appena riferito a Stiles, le loro ricerche si erano rivelate un completo buco nell’acqua.

“È permesso?” la voce dello sceriffo fece traballare i fogli che l’agente stava per riporre nella valigetta. Come faceva quell’uomo ad essere così maledettamente silenzioso? “Non ho delle buone notizie, per te, Stilinski” la sua voce grave fece alzare un sopracciglio interessato all’agente “Parrish vorrebbe indietro i documenti, dice di aver trovato una nuova pista da seguire sul caso di villa Hale, ma per accertarsene ha bisogno dei fascicoli”

Il poliziotto mosse un paio di volte le labbra prima di decidersi a parlare “Di già?” domandò scioccamente. In quei giorni era riuscito solo a dare una rapida occhiata ai fogli, ed aveva anche scoperto mancassero alcune informazioni importanti, come le foto dei corpi, ad esempio.

“Hai avuto una settimana a disposizione, ma sei stato incaricato di altri impegni. Perdonami, Stiles” lo sceriffo poggiò una mano sulla spalla del ragazzo “Ma ritengo che forse tu sia troppo giovane per poter seguire un caso di questo livello” affermò sinceramente, guardandolo negli occhi.

L’agente rimase alcuni secondi immobile, ignorando una bizzarra voce nella sua testa che gli stava letteralmente gridando di scappare “Quindi…li devo consegnare?”
“Ora”

“Ora?” spalancò gli occhi. Non avrebbe neanche avuto il tempo di scannerizzare le informazioni più importanti.

 
 
Stiles parcheggiò svogliatamente la jeep nel piazzale di casa e diede via ad una cascata di insulti verso lo sceriffo e qualsiasi persona discendesse dalla sua famiglia. Una volta soddisfatto, lasciò andare la testa contro lo schienale e chiuse gli occhi, inspirando a fondo.
Li riaprì. Un Derek Hale molto serio era comparso fuori dallo sportello del guidatore, facendo saltare l’agente dallo spavento.

“Hai preso sotto un gatto? Che diavolo è quell’espressione?” si sentì domandare, non appena ebbe aperto la portiera.

“Non abbiamo più i documenti” affermò, chiudendo la jeep e facendo per entrare in casa. Venne bloccato per un polso dal mannaro.

“In che senso?” chiese Derek, risultando essere più preoccupato di quanto Stiles si sarebbe immaginato.

“Lo sceriffo crede che io non abbia abbastanza esperienza per fare ricerche sul caso di villa Hale, quindi i fascicoli sono di nuovo in mano a Parrish” rispose sconsolato, ritrovandosi a guardare le sue scarpe per evitare il contatto visivo con il moro. Sarebbe stato imbarazzante se l’avesse visto con gli occhi lucidi.
D’un tratto, Stiles si sentì avvolgere dalle braccia del licantropo.
Rimase alcuni istanti immobile, indeciso se ricambiare o meno quella stretta, quando il mannaro si allontanò bruscamente da lui, tenendo comunque salda la presa sulle braccia del minore.

“Dove sei stato?” chiese seccamente, con pupille innaturalmente dilatate.

“In ufficio, lo sa-” il poliziotto si bloccò non appena vide il mannaro avvicinare il viso alla sua spalla ed inspirare. Quando tornò a guardarlo, quegli occhi verdi si spalancarono, se possibile, ancora di più “Hale, va tutto bene?”

“Chi hai incontrato?” domandò, ignorando le parole del minore.

“I-io…i miei colleghi”

“Stronzate”

“Credi che ti stia prendendo in giro?” chiese bruscamente l’agente, iniziando ad innervosirsi per lo strano comportamento del licantropo “Dove credi che sia stato, eh? Ho parlato con Brander e poi è venuto in ufficio lo sceriffo per chiedermi di restituire i documenti”

L’altro non rispose, continuando ad annusare quasi in modo ossessivo la spalla del ragazzo “T-tu hai addosso un odore” fece una breve pausa in cui inalò nuovamente quanta più aria possibile, studiandola “Un odore che non sento più da oltre due anni”

“Derek di che stai-”

“Portami alla centrale” sentenziò il mannaro, salendo velocemente nella jeep senza neanche trasformarsi.

“Hale, potrebbero riconoscerti se non ti-”

“STILES” il ringhio profondo del moro fece bloccare l’agente sul posto “Portami in centrale” vide i suoi occhi brillare. Sembrava stesse per perdere il controllo, a tal punto che l’umano impiegò qualche secondo prima di autoconvincersi a salire sulla jeep. Durante il viaggio l’agente riuscì a percepire il respiro irregolare del mannaro accanto a sé. Immaginava si stesse trattenendo dal ringhiare, ma non riusciva a capirne il motivo.

Una volta giunti al parcheggio, fece per aprire lo sportello, ma una mano pericolosamente artigliata di Derek lo bloccò per un polso, senza ferirlo.
“Chiama Scott e digli che l’abbiamo trovato”

“Potresti avere la decenza di spiegarmi cosa stia succedendo?” dire che fosse irritato e, in egual misura, preoccupato per comportamento del moro sarebbe un puro eufemismo.

“Abbiamo l’alpha”

“Nella…centrale?” di risposta, il licantropo fece brillare impazientemente i suoi occhi per la seconda volta. Il branco impiegò poco più di cinque minuti per raggiungerli al parcheggio della sede, temendo che Stiles e Derek potessero essere attaccati da un momento all’altro.

“Hale, la centrale è quasi completamente vuota…sono le dieci passate e credo che dentro sia rimasto solo l-”

“Lo sceriffo, lo so” gli rispose l’altro, in un basso ringhio. L’umano venne sorpassato con una potente spallata, come chiaro invito a rimanere dietro il moro, ed i suoi occhi si incontrarono automaticamente con quelli di Malia, altrettanto confusi.

Cosa stava macchinando la mente di Derek?

Stiles non si era mai immaginato come sarebbe stato entrare alla chetichella dentro alla sede di polizia. Non che gli fosse mai venuto in mente di dare la caccia ad un fuorilegge proprio dentro un posto del genere, sarebbe sembrato così strano. Ma non aveva mai neanche pensato che proprio le sue ricerche soprannaturali avessero come epicentro il luogo che, ormai da qualche mese, poteva benissimo considerare casa.
Camminò velocemente tra i vari corridoi della centrale, mentre si impegnava ad autoconvincere il suo cervello che stesse facendo un’azione giusta. Da quando aveva parcheggiato la jeep fuori dalla sede, Stiles aveva percepito la sgradevole sensazione dei sensi di colpa farsi strada nel suo stomaco. Si ridestò da quella specie di trance solo quando quasi impattò contro la schiena di Derek, che si era improvvisamente bloccata di fronte ad una porta. L’agente dovette sporgersi di lato per poter leggere la targhetta applicata sopra la superfice di legno.

Sceriffo P. Tate

Percepì il corpo di Derek irrigidirsi contro il suo. Si prese un piccolo attimo per guardarsi intorno, tutto il branco si era trasformato ed ora aveva zanne, occhi e artigli in bella mostra per combattere. Alzò di nuovo gli occhi verso la targhetta.
“Derek, credo che tu ti stia sbagl-” la sua voce, che gli era parsa poco più di un sussurro, venne malamente zittita con lo spalancarsi della porta di fronte a loro. Vide Derek fare irruzione nell’ufficio ed osservare l’uomo che, dietro alla scrivania, lo guardava con aria stupita. Lo sceriffo gli sorrise amabilmente.

“Beh, che piacevole sorpresa” affermò, alzandosi dalla sua postazione. Fece per aggirare la scrivania, ma con un rapido movimento il moro gli fu addosso, afferrandolo per il colletto della camicia e sollevandolo.

“Tu” il ringhio era fuoriuscito così prepotentemente che Stiles non era neanche sicuro contenesse delle parole. Fece per avanzare di un passo, ma il suo compagno lanciò violentemente il corpo dello sceriffo contro la scrivania, inclinandola perfettamente a metà.

“Ammetto che avrei preferito rivederci in altre occasion-” l’uomo venne zittito da un pugno in pieno volto. L’agente, convinto di aver visto abbastanza, avanzò nella stanza, cercando di allontanare il licantropo dal suo capo.

“Derek, devi calmarti” la risposta che ottenne fu un secondo cazzotto sul viso dello sceriffo, e Stiles giurò di aver sentito il rumore del naso rompersi. L’umano tentò di nuovo, avvicinando una mano alla spalla del mannaro, ma Derek si scrollò prepotentemente da quel contatto, ruggendogli e facendo brillare gli occhi di blu.

Che stava succedendo?

“Non ora” a parlare era stata Malia che, preoccupata, lo aveva afferrato per un braccio e fatto indietreggiare di qualche passo “Credimi, non è il momento”

“Come hai potuto farci questo?” la voce di Derek non aveva più nulla di umano, era bestialità pura.

“Credimi, se tu sapess-” la risposta dello sceriffo venne intercettata dall’ennesimo pugno.

“Sapere cosa? Che hai preferito nasconderti per due anni?”

“L’ho fatto per vendicare la nostra famiglia” a quelle parole, il quarto pugno, già pronto ad essere tirato, si bloccò a mezz’aria “Io so chi ci ha fatto tutto questo”

“Derek” la voce di Scott era poco più di un sussurro “Puoi spiegarci cosa stia succedendo?”
Il moro fissò prima l’unico umano nella stanza per qualche secondo, poi puntò il suo sguardo sull’uomo che teneva ancora inchiodato a terra “È lui l’alpha” a confermare le sue parole, lo sceriffo fece brillare per un breve attimo i suoi occhi di rosso, ghignando divertito. Come previsto, entrambi avvertirono il battito cardiaco di Stiles accelerare in modo preoccupante.

Lo sceriffo…alpha?

“Hai finto la tua morte per due anni” ennesimo ruggito del moro “Figlio di p-”

“È di tua nonna che stai parlando” anche se debole, la voce sarcastica dello sceriffo riuscì comunque ad irritare Derek, che, in risposta, gli sferrò l’ennesimo pugno. Ci fu una breve pausa in cui l’alpha si portò una mano a quel che rimaneva del suo naso, ormai totalmente coperto di sangue. “I-io sono sempre stato dalla vostra parte”

“HAI TENTATO DI UCCIDERCI”

“Concordo, ma c’era la luna piena. Mi stavate ostacolando ed ho perso il controllo” si giustificò lo sceriffo, alzando la mano libera in segna di resa “Sai che non ti ucciderei mai”
A quelle parole, Derek parve allentare la presa dal suo colletto “Come hai fatto a sopravvivere all’incendio, Peter?”




ANGOLINO FELICE
Informazioni di servizio non richieste: stanotte c'è la luna piena e attendo in trepidante attesa l'arrivo di un Derek Hale selvatico.
Come al solito, scusate per il ritardo con cui aggiorno. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto (io lo amo, perchè è finalmente entrato in scena il mio personaggio preferito di TW!!!)

 

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Capitolo 17
*** .17 ***


“Come hai fatto a sopravvivere all’incendio, Peter?”
Quel nome.
Stiles avvertì la presa di Malia sulla sua spalla allentarsi notevolmente. Lo sguardo della licantropa, solitamente freddo e corrucciato, in quel momento trasmetteva mille emozioni differenti.

“Io non sono mai entrato in quella casa, Derek. Avevo preso un treno che da Canaan mi avrebbe condotto alla stazione più vicina a Beacon Hills, ma ha fatto ritardo di circa un’ora. Quando sono arrivato alla villa, l’incendio era ormai stato domato. Essendo stato appena nominato sceriffo, ho dovuto dirigere io stesso le indagini sul caso in cui è rimasta coinvolta la nostra famiglia. Nessun agente è riuscito a trovare prove che potessero colpevolizzare il piromane, tranne me” Peter fece un profondo sospiro, socchiudendo gli occhi “Intorno al perimetro della villa, in alcuni punti, erano ancora presenti le tracce del sorbo degli uccellatori. Sai meglio di me chi possa conoscere una simile arma contro i licantropi”

“Gli Argent”                                                                                                

“Una Argent nello specifico, Derek” il moro gli lanciò uno sguardo indecifrabile “Kate”

“Come fai a-”

“Tra le macerie ho trovato dei frammenti di alcune frecce che odoravano di benzina. Solo lei, che io sappia, sa usare una balestra” ennesimo sospiro dell’uomo “Sono stato io, in quanto neo-sceriffo, a fare rapporto riguardo al numero di morti. È stata in quell’occasione che ho falsato le informazioni della scientifica, aggiungendo il mio nome alla lista delle vittime. I corpi erano già stati seppelliti, nessuno sarebbe andato a controllare”

“Quindi ha modificato il suo cognome per non destare sospetti” asserì l’agente. Derek, in tutto questo, rimase ad ascoltare silenziosamente le parole dello zio, senza mai mollare la presa dal suo coletto. “Ha scelto il cognome ‘Tate’ perché facilmente falsabile con ‘Hale’?” chiese Stiles, cercando di razionalizzare cosa stesse succedendo.

“No” gli occhi di Peter caddero tristi sulla ragazza accanto all’agente “Non solo per questo”

Malia osservò l’uomo di fronte a sé con espressione seria, per poi voltare lo sguardo verso Stiles “Perché ha deciso di confessare, allora? Dubito che sia per un valore morale” affermò con tono sprezzante.

“Ho bisogno di prove” rispose lo sceriffo, dimenandosi dalla presa del nipote “Non so chi abbia veramente ucciso le due Argent”

“Seriamente?” ringhiò Derek, serrando la presa sul collo dell’altro “Pensi davvero che io possa credere ad una cavolata del genere?”

“Non è mai stato nei miei piani uccidere gli Argent”

“Alla prossima cazzat…”

“Provamelo” lo sfidò Stiles, interrompendo la minaccia di Derek. Peter osservò per alcuni secondi l’agente di fronte a sé, stupendosi di come, nonostante fosse l’unico umano nella stanza, non avesse esitato un solo secondo a fronteggiarlo.

“Il mio piano era trasformare gli Argent” ad uno sbuffo scettico del nipote, continuò “Pensaci, Derek. L’intera famiglia di cacciatori che improvvisamente vede ogni propria convinzione distruggersi. Quante volte ci hanno definiti dei mostri? Avrebbero pagato a caro prezzo la loro arroganza”

Dopo un breve attimo di silenzio, la voce di Stiles tornò a parlare per prima “Gli credo” sentenziò.

“Ti stai seriamente fidando di questo manipolatore?” le parole di Derek parvero più calme rispetto a qualche minuto prima, ma i suoi occhi dimostravano il contrario.

“No” rispose onestamente l’agente “Ma, senza di lui, io non sarei mai stato dalla vostra parte” ad uno sguardo scettico del mannaro, continuò “È stato lo sceriffo a permetterti di entrare dentro al centro di addestramento la prima volta, non la madre di Lydia. L’avevo sentito discutere al telefono con un agente” gli occhi di Stiles si puntarono in quelli del suo capo “Perché tu sapevi che fosse Derek quel lupo” Peter abbozzò un mezzo ghigno, compiaciuto del ragionamento dell’umano.

“Stronzate” fu la risposta del nipote.

“Sai perfettamente che ho lasciato di mia spontanea volontà tracce del mio odore su Stiles. Volevo che tu capissi”

“Hai sempre saputo che fosse collegato a me”

Stiles impedì l’ennesimo pugno in faccia allo sceriffo frapponendosi tra i due e allargando le braccia. Derek, a quella vista, ringhiò a pochi centimetri dal volto dell’agente, intimandogli di scostarsi.
“Basta” lo zittì l’umano, con sguardo estremamente serio “Stai solo sfogando la tua rabbia repressa da due anni. Ora fermati” le parole del ragazzo contribuirono solo a montare ancora di più l’ira del moro “Ma dopo questo, cosa avrai risolto? Non è questa la nostra priorità, ricordatelo. Il piano era trovare l’alpha, non ucciderlo” ennesimo ringhiò di avvertimento “Anche…Peter vuole sapere cosa sia veramente successo alle Argent, siamo dalla stessa parte”

“Stessa parte?” gli occhi di Derek si fecero, se possibile, più brillanti “Quest uomo è lo stesso stronzo che ha provato ad ucciderci durante l’ultima luna piena”

“Ha perso il controllo. È successo anche a te quando ti ho soffiato addosso lo strozzalupo”

“Perché ti ostini a difenderlo?”

“Perché ha sempre saputo di noi e delle nostre ricerche, ma non ci ha mai ostacolato” rimanendo in mezzo ai due, Stiles si voltò verso l’alpha “E immagino che anche Jordan sia coinvolto nei tuoi piani, giusto? Aveva il compito di ‘ripulire’ la scena dopo i tuoi attacchi”

Peter si concesse un lungo attimo per osservare l’umano di fronte a sé “Sai, Stilinski, prima ti ho mentito. Nonostante la tua età, sei estremamente brillante” accennò l’ennesimo sorriso della serata “Comunque sì, anche Parrish è coinvolto, come avrete già dedotto”

“Anche lui è un mannaro?” chiese nuovamente l’agente.

“Segugio infernale” e, notando l’espressione confusa del ragazzo, domandò “Non gli avete parlato di tutte le creature soprannaturali?”

“Non gli abbiamo detto nulla. Ha scoperto di noi leggendo sul Bestiario” rispose il nipote.

“Interessante, possiedi un Bestiario?”

“No, questo idiota se l’è fatto prestare da Gerard”

“Gerard?” l’alpha fece un verso di disgusto “Ecco perché c’era il suo odore su di te. Parrish mi riferiva che venisse spesso nel tuo ufficio”


 
 
“Siete davvero convinti che sia necessario tutto questo?”

“Taci” Derek, che stava passando un sacchetto a Lydia e Stiles, bloccò l’ennesimo accenno di proteste dello zio. I due non mannari iniziarono a camminare intorno all’alpha, lasciando cadere dai loro pugni una sottile scia di sorbo degli uccellatori. Una volta concluso il rapido lavoro, l’agente si ripulì le mani sulla divisa, osservando il cerchio scuro comparso ai piedi dell’uomo.

“Te l’ho già detto, non ho intenzione di muovere un muscolo” affermò lo sceriffo, osservando con fare divertito il volto sempre più ombroso del nipote. Lo avevano portato dalla centrale direttamente alla sede veterinaria, probabilmente perché stavano aspettando anche l’arrivo di Deaton ed un suo possibile aiuto in quella faccenda.

“E io ti ho già ripetuto che non credo ad una sola parola di quello che dici”

“Se avesse voluto scappare, sarebbe benissimo potuto uscire durante il viaggio in jeep per venire fino a qua” intervenne l’agente, facendo passare una sedia attraverso la barriera del sorbo per permettere all’alpha di stare più comodo. A quel gesto, Derek gli lanciò uno sguardo omicida.

“Seriamente, ragazzino?” ringhiò, mentre afferrava con violenza la sedia prima che Peter potesse prenderla.

“È pur sempre il mio capo” si giustificò l’agente con sguardo desolato “E non continuare con la solita storia del ‘stava per ucciderci’, perché, per quanto mi riguarda, ho rischiato più volte la vita discutendo con te che lottando contro di lui” di risposta, Stiles ottenne un ringhio a pochi centimetri dal viso che, tuttavia, non lo scompose minimamente “Sai che stai iniziando a diventare noioso con questi atteggiamenti?” concluse, strappando la sedia dalla presa del mannaro e passandola a Peter prima ancora che il moro potesse accorgersene.

“Non per fare il guastafeste, ma anche io mi sono ritrovato con tre proiettili di strozzalupo in corpo quella sera. Direi che possiamo considerarci pari” affermò lo sceriffo, sedendosi ed osservando con sguardo strafottente il nipote.

“Touché”
 
 


“Tutto ciò non ha minimamente senso” mormorò Liam per l’ennesima volta in quella serata “Perché Peter avrebbe dovuto fare tutto questo?” Avevano lasciato l’alpha bloccato nella stanza accanto, ed ora il gruppo si era riunito nella sala d’attesa per decidere sul da farsi.

“Vendetta” mormorò Malia, accucciata in un angolo della stanza con sguardo basso “E, per quanto possa sembrare assurdo, lo capisco”

“Ma in centrale hai dett-”

“So perfettamente quello che ho detto” sentenziò la mannara con tono brusco “Ma io capisco la sua rabbia. Capisco i suoi scopi. Non sto dicendo che sia innocente, ma-”

“‘Ma’ niente” la interruppe Derek “È un maledetto assassino, fine della discussione”

“Non è stato lui ad uccidere le Argent, lo sostenevi anche tu prima di stanotte”

“Beh, le persone possono cambiare idea”

“Ah, sta zitto” la voce di Stiles rimbombò nella stanza, rimasto in silenzio fino a quel momento “Tu e i tuoi complessi. Tu e la tua rabbia. Finalmente abbiamo l’alpha ed è disposto a collaborare con noi per cercare il vero assassino.”

“È lui l’assassino, lo vuoi capire, ragazzino?”

“Falla finita” al ringhio d’ammonizione del mannaro, l’agente sbuffò “Scott, hai monitorato i battiti di Peter quando ha confessato, giusto? Stava mentendo?” di risposta, il mannaro fece un cenno negativo “Perfetto, Isaac? Liam?” anche loro si limitarono a negare “Malia?”

“No, non stava mentendo. Perché avrebbe dovuto? È stato lui a farsi trovare, non noi a trovarlo” affermò la ragazza, mantenendo lo sguardo fisso sul cugino.

Dopo alcuni attimi di esitazione, Stiles continuò “Derek?”

“Ero troppo impegnato a spaccargli la faccia per prestare attenzione al suo battito cardiaco” profondo respiro “Deaton cosa dice?”

“Che arriverà qui tra qualche ora…in compagnia”

Inutile dire che il branco fu costretto a passare la nottata alla sede veterinaria, benché non fosse necessario, dal momento che Peter era ermeticamente bloccato all’interno del cerchio di sorbo. Tuttavia, Stiles era convinto che, anche se non ci fosse stato, l’alpha non sarebbe volontariamente andato da nessuna parte. Forse l’agente era troppo ingenuo, o forse aveva imparato a conoscere quell’uomo.

Si rigirò nel suo scomodissimo letto improvvisato sulle panche della sala d’attesa, e maledisse mentalmente i mannari presenti nella stanza, che erano riusciti a prendere subito sonno. Tutti tranne uno, ovviamente.
Stiles, costringendosi ad alzarsi per andare a cercare il suo maledettissimo compagno, inghiottì l’ennesima imprecazione di quella nottata. Il branco non poteva scegliere Liam o Isaac come infiltrati nella sede della polizia? Sembravano decisamente meno complessati rispetto a Derek, ed anche più propensi al dialogo piuttosto che ai ringhi. Per non parlare di Scott, che Stiles aveva trovato abbastanza buffo fin dall’inizio. Sarebbero stati un duo fantastico.
Invece no, gli era toccato il licantropo burbero, pieno di traumi e troppo figo per pensare che la sua nudità potesse creare del disagio a chi gli stesse intorno. Non che Stiles trovasse Derek figo, ovviamente…

Ma questo faceva parte della loro alleanza, alla fine -ammesso che si potesse chiamare ‘alleanza’-. Proprio per questo motivo, quando quella sera l’agente vide il mannaro a cavalcioni sul muretto fuori dalla sede veterinaria, intento ad osservare la luna, non poté fare altro che raggiungerlo e sedersi accanto a lui.
“Puzzi”

“Grande osservazione, Hale, stasera non ho avuto tempo né modo di farmi una doccia”

“-di ansia…” Stiles poté giurare di aver visto l’accenno di un sorriso fare capolino sul viso del mannaro “Va’ a dormire, Stiles. È stata una serata molto pesante”

“Vorrei, ma il tuo fantastico branco deve avere il naso deviato. Russano come una mandria di cinghiali che rincorre un camion senza marce” al sopracciglio inarcato ed allo sguardo confuso del licantropo, fu costretto ad aggiungere “Cosa?”

“Queste uscite te le prepari o ti escono così?”

“Sono particolarmente ispirato quando sono sotto stress” il sospiro rassegnato di Derek strappò un sorriso all’umano “Ormai dovresti essere abituato alle mie stranezze”

“Come il tuo continuare a difendere l’indifendibile?” domandò il mannaro con tono severo.

“Ascolta” Stiles fece un profondo sospiro, cercando di scegliere accuratamente le parole successive “Posso solo immaginare quanto tu possa esserti sentito solo negli ultimi anni, e sono d’accordo con te quando sostieni che Peter sia stato un completo egoista a mentirti per mettere in atto la sua vendetta…” incrociò per la prima volta in quella serata gli occhi con quelli del licantropo “ma non puoi permettere che la tua rabbia nei suoi confronti possa prendere il sopravvento. Sappiamo perfettamente che le ferite sui corpi delle Argent siano state fatte per trasformare, non per uccidere. Anche se non vuoi credere a Peter, credi a me. Credi alle prove scientifiche.”

Derek interruppe brutalmente il loro contatto visivo, tornando ad osservare la luna. Il cielo era particolarmente nuvoloso quella notte, ma aveva comunque ritagliato un piccolo spazio limpido per permettere al satellite di rischiarare l’aria. Ad occhio e croce, dovevano mancare circa tre giorni prima della luna piena.
“Spero per lui che sia così”
 
 



ANGOLINO FELICE
C’è un po’ di Derek in questi ringhi

 

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Capitolo 18
*** .18 ***


“Quindi eri tu la famosa ‘compagnia’ di cui parlava Deaton” affermò l’agente, vedendo scendere dalla macchina del veterinario il vicesceriffo “In effetti, credo che anche tu abbia molto da raccontarci”

Non appena l’alpha vide Parrish fare il suo ingresso nella sala, gli rivolse un breve cenno con la testa, accomodandosi meglio sulla sedia ed attendendo che iniziassero a parlare. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo di lì a poco.  

“Saltiamo i convenevoli, Jordan” asserì il poliziotto, sedendosi sul banco da lavoro e fissando il ragazzo di fronte a sé “Stanotte ho fatto alcune ricerche sul tuo conto. Peter afferma che tu sia un Segugio Infernale, ma immagino che tu abbia scoperto i tuoi poteri solo di recente, giusto?”

Dopo essersi preso una manciata di secondi per osservare attentamente l’agente, Parrish rispose “Esattamente, ho scoperto la mia vera natura solo dopo l’incendio della famiglia Hale” ad uno sguardo equivoco del minore, il vicesceriffo fu costretto a continuare “Durante quell’incidente ho fatto parte dei soccorsi e, come molti di loro, mi sono buttato tra le fiamme per cercare di salvare le vittime…inutilmente. Ho rischiato di morire anche io a causa di tutto il fumo che stavo inalando, ed è stato proprio in quel momento, totalmente circondato dalle fiamme, che ho scoperto la mia natura di Segugio Infernale”

“Come hai conosciuto Peter?” domandò Derek, che stava seguendo attentamente il discorso a braccia conserte, monitorando pedissequamente il battito cardiaco dell’uomo.

“Quella stessa sera. Appena uscito dalle fiamme sono collassato a terra a causa delle gravi ustioni che mi ero procurato -nonostante la mia natura, non ero ancora completamente in grado di dominare il fuoco-. Un attimo prima di svenire, ho visto una figura a pochi metri da me dietro un albero che osservava l’incendio. E, Stiles…” il diretto interessato guardò con maggior interesse il vicesceriffo “credimi se ti dico che non ho mai visto un uomo avere un’espressione così annientata. Dopo l’incendio sono stato costretto in ospedale per ben due mesi a causa delle ustioni. È stato in quel periodo che ho preso a fare ricerche su quell’uomo che avevo trovato riuscendo a dargli un volto ed un nome: Peter Hale.”

“In quei due mesi stavo lavorando per eliminare definitivamente qualsiasi prova che portasse alla mia vera identificazione” intervenne l’alpha “Tuttavia, quando Parrish è entrato per la prima volta nel mio ufficio, è stato subito chiaro che il mio piano fosse appena andato in fumo. Lui sapeva”

“Lui ha in poco tempo scoperto della mia vera natura e mi ha aiutato a domarla e conoscerla, in cambio io ho mantenuto il suo segreto e cooperato con lui manomettendo le prove delle indagini”

“È stato per questo motivo che hai assegnato a lui le indagini sul caso di villa Hale. Se fosse stato un altro, avrebbe potuto scoprire dettagli che avrebbero portato alla tua identificazione. Quando mi hai consegnato il fascicolo, hai volontariamente omesso le foto delle vittime, ad esempio” concluse l’agente. Fece muovere lo sguardo dallo sceriffo a Parrish un paio di volte prima di scendere dal banco di lavoro e voltarsi verso il branco “Bene, e ora che si fa?”

“Cerchiamo l’identità del vero assassino” concluse Malia, appoggiata allo stipite della porta ed intenta ad osservare di sottecchi l’alpha. “Anche se non è ben chiaro come uccida, dal momento che gli unici segni sui corpi delle Argent sono dovuti all’attacco di Peter”

Derek mosse un passo per replicare qualcosa, ma si arrestò subito dopo “Tu ti sei esposto proprio perché hai detto di aver bisogno del nostro aiuto, giusto?” chiese, evitando palesemente di guardare nella direzione in cui si trovava suo zio.

“Esatto”

“Quindi avrai una qualche pista da seguire, immagino”

“In realtà” lo contraddisse Peter “Avrei un piano, ma ho bisogno che l’umano vada a parlare con gli Argent”

“Che cosa?” gli occhi di Derek saettarono violentemente contro l’alpha, brillanti “Non se ne parla minimamente”

“Quale sarebbe il tuo piano?” intervenne Stiles, ignorando le parole del moro e guadagnandosi un’occhiata omicida da parte di quest’ultimo. Di risposta, venne afferrato non molto delicatamente per la spalla dal compagno, che lo costrinse a voltarsi per fronteggiarlo.

“Stammi bene a sentire, ragazzino. Tu non vai proprio a parlare con nessuno, sono stato chiaro?” i suoi occhi erano ben lontani dall’essere tranquilli, e trasmettevano una sfumatura che Stiles ricondusse facilmente alla preoccupazione. Aveva già visto quello sguardo quando Derek aveva fatto irruzione in casa sua, una volta scoperto che Gerard si fosse palesato fuori il portone del suo appartamento.

“Di che ti preoccupi, Derek? Ormai gli Argent non possono più essere considerati una minaccia ed hai le prove che sia stata Kate la piromane” intervenne Isaac con fare logico “E non sarebbe neanche la prima volta che Stiles vada a parlare con loro”

Ma il mannaro non aveva ascoltato la seconda parte del discorso, perché troppo impegnato a studiare l’umano che aveva di fronte a sé. “Che hai?” gli chiese, mantenendo la presa sulla sua spalla. Allo sguardo interrogativo del minore, continuò “Hai accelerato il battito per pochi secondi”

Fu Peter ad intervenire questa volta, anche lui intento a monitorare l’agente “L’ho notato anche io. Ha avuto la stessa reazione ieri notte quando ho parlato delle prove che avevo trovato contro Kate” In pochi secondi, l’umano si ritrovò con tutti gli occhi del branco puntati addosso.

“Non so di cosa stiate parlando” mormorò, scrollandosi dalla presa del moro.

“Stai mentendo” affermò seccamente Derek, captando un secondo battito che stonava con gli altri “Tu sai qualcosa” asserì, avanzando di un passo e sovrastando completamente la figura di Stiles.

“Seriamente, Hale, non so quale sia il tuo problema in questo momento, ma vedi di fartelo passare, perché stai diventando assillante” continuò l’agente, allontanandosi da quella vicinanza opprimente.

“Riguarda Kate, non è vero?”

E per l’ennesima volta quella reazione involontaria ebbe il sopravvento sull’apparente calma del poliziotto, ed il battito tornò ad accelerare per un attimo. Derek annusò l’aria e si accorse solo in quel momento di quanto fosse pregna di ansia. Era chiaro che il suo compagno stesse mentendo.

 

 

“Riguarda Kate, non è vero?” quelle parole rimbombarono nel petto del poliziotto, che si costrinse ancora una volta a fare un passo indietro, sbattendo contro il piano di lavoro dove poco prima si era seduto. Incrociò per un attimo lo sguardo dello sceriffo.

“Quali sono le prove che hai trovato quella notte?” domandò, meravigliandosi nell’aver sentito la sua voce vacillare.

“Sorbo degli uccellatori e frecce” rispose, corrucciando appena lo sguardo per studiare l’agente di fronte a sé. E Stiles aveva imparato a conoscere quello sguardo. Lo stesso sguardo che aveva ottenuto come risposta quando aveva parlato del suo non volere ‘Oscar’ come compagno. Peter lo stava studiando “Solo Kate sapeva usare una…” gli occhi dell’alpha tremarono “Allison” sulle sue pupille guizzarono per un attimo piccole fiamme rosse “Allison aveva una balestra la notte in cui ho attaccato gli Argent”

La risposta dell’agente fu un muto assenso. Per la prima volta, fu Deaton ad intromettersi nella conversazione “Non trovo realistica questa teoria. Quando c’è stato l’incendio, Allison aveva circa 16 anni”

“Ma questo non vuol dire che non abbia potuto aiutare” la risposta di Derek fu secca. Non stava guardando il veterinario, o meglio, non stava guardando nulla nello specifico. Il suo unico obiettivo era non incrociare gli occhi dell’agente “E tu lo hai sempre saputo” mormorò, rivolgendosi proprio a quest’ultimo.

“Come lo hai scoperto?” chiese, invece, Peter.

“Forse non sarò in grado di capire se le persone stiano mentendo o meno come voi, ma anche io ho i miei mezzi” rispose Stiles, imponendosi di respirare regolarmente “Linguaggio del corpo. L’ultima volta che sono andato a casa Argent abbiamo parlato della sua famiglia e, quando ho nominato gli Hale, ho percepito il suo disagio” cercò lo sguardo del moro, che non arrivò.

“E tu hai preferito difenderla piuttosto che dirmi la verità?” gli occhi di Derek guizzarono improvvisamente nella sua direzione. Blu.

“L’avresti uccisa, è solo una ragazzina”

“Davvero? Anche io ero solo un ragazzino quando mi ha ammazzato la famiglia” il ringhio che fuoriuscì dalla gola del licantropo non scompose l’agente, rimasto immobile al suo posto.

“Non è detto che sia stata lei a…”

“CAZZATE” il tavolo su cui Stiles si era appoggiato fu violentemente scaraventato via da un’artigliata del moro, che ora stava fissando il poliziotto con occhi innaturali. Istintivamente l’agente si allontanò dal mannaro, mentre questi veniva bloccato da Liam e Scott “SPARISCI DALLA MIA VISTA” urlò ancora Derek, dimenandosi dalla presa dei due beta.

Il ragazzo rimase per qualche secondo immobile di fronte a quella scena, incapace di proferir parola. Hale, il suo Hale, il suo compagno, lo aveva appena aggredito, e questa volta non era per colpa della luna piena o del sorbo degli uccellatori. Derek aveva tentato di attaccarlo.

 

 

 

 

ANGOLETTO FELICE

Ormai non perdo neanche più tempo per scusarmi dei ritardi con cui aggiorno, sono un caso disperato. Anyway, buon Natale a tutt* in ritardo con questo capitoletto non molto felice!

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Capitolo 19
*** .19 ***


Salve a tutt*! È alquanto imbarazzante rifarmi viva dopo mesi di assenza, ma finalmente ieri –appena conclusa la sessione estiva, yuppi!- sono tornata su questa magica piattaforma per condividere le mie storie senza senso. 

Ricordate dove ci eravamo lasciati? Dopo che il branco ha scoperto la vera identità dell’alpha e di Parrish –nessun Peter Hale è stato maltrattato nelle scene precedenti-, Stiles confessa di sapere che anche Allison sia coinvolta nell’incendio di Villa Hale e Derek, tradito, lo caccia via. 

Fatta questa breve sintesi, che mi sembrava doverosa visti i mesi di attesa per un nuovo aggiornamento, vi auguro ufficialmente una buona lettura! 




“Fanculo tutti. Fanculo la centrale. Fanculo il distintivo” lanciò contro la parete il bollitore che quella mattina aveva abbandonato sul fornello. Sull’intonaco -ancora miracolosamente tutto intero- ora si distingueva una macchia bagnata più scura di vernice. “E ho fatto ricerche insieme a lui. E gli ho salvato la vita. L’ho fatto dormire sul mio dannatissimo letto, e lui prova ad ammazzarmi” sbraitò, scagliando anche lo sgabello della cucina contro la parete “Sai che ti dico? Vieni pure qui ad uccidermi, sai che bella festa facciamo, bastardo di un ingrato” urlò, scaraventando il sacchetto chiuso di sorbo degli uccellatori contro il portone d’ingresso.  

E si accasciò a terra. E pianse.  

Pianse per la rabbia. Pianse per tutte le emozioni accumulate in quei due giorni. Pianse perché aveva perso degli amici. Pianse perché si sentiva in colpa.  

Perché si sentiva solo.  

E questa volta Stiles era certo di aver perso Derek per sempre. 

 

 

“Come ho potuto fidarmi di lui” Scott evitò per miracolo che una sedia lo prendesse in pieno viso “E gli ho pure salvato la vita, bel ringraziamento”     

“Anche lui ti ha salvato la vita” precisò lo sceriffo con tono divertito. 

“STA ZITTO” i suoi occhi schizzarono immediatamente blu contro lo zio, ma un basso ringhiò carico di collera lo costrinse a girarsi verso Scott. 

“Sai cosa ho sempre detestato di te, Derek? Non sai capire le persone. Tu non ti fidi di loro ma vuoi comunque che ti portino al primo posto nella lista di priorità” il minore ignorò un sussurro di Isaac che gli intimava di tacere “Per quanto io non sia d’accordo su quello che ha fatto Stiles, lo comprendo. Comprendo il fatto che lui, forse, possa essersi legato un minimo ad Allison a tal punto da difenderla” 

“Me l’avrebbe dovuto dire” ringhiò il moro, avvicinandosi di un passo al beta. “Ha appena mandato a quel paese tutte le ricerche fatte in questi mesi. Se solo me l’avesse detto…” 

“La tua famiglia sarebbe tornata indietro?” la voce di Lydia, secca, interruppe il mannaro “No, non lo avrebbe fatto. Stiles ha sbagliato a non dirtelo, ma non puoi condannarlo per questo” 

“Ma Stiles ci ha traditi” rispose l’unica mannara del gruppo “Ha tradito Derek e la nostra famiglia. Per nostro rispetto, avrebbe dovuto dircelo. Se questi mesi passati a far ricerche insieme hanno veramente significato qualcosa per lui, avrebbe dovuto farlo”  

 

 

Ebbe la premura di spargere del sorbo non solo davanti al portone di casa, ma anche sotto alle finestre di ogni stanza. Una volta terminato il lavoro, versò il poco quantitativo rimasto dentro un contenitore di vetro e lo depose infondo alla credenza. Si pulì le mani sui pantaloni, ammirando la sua opera anti-soprannaturale appena creata, e fu proprio in quel momento che il suo telefono squillò.  

Stiles” la voce profonda di Christopher colse il ragazzo di sorpresa “mia figlia ha detto che qualche giorno fa mi hai cercato, ci sono delle novità? 

“No Chris, l’unica novità è che il caso della tua famiglia non è più di mia competenza” fu la dura risposta del ragazzo. 

Qualche problema? 

“Domani darò le mie dimissioni, ecco tutto” 

Per quale motivo, Stiles?” la voce dell’uomo gli parve seriamente preoccupata. 

“Una volta mi hai detto che questa faccenda del soprannaturale è troppo grande per me. Beh, avevi ragione” sentenziò l’agente, riattaccando subito dopo la chiamata. 

 

 

Era da qualche giorno che Derek doveva fare ritorno alla villa e, in un certo senso, ne aveva sentito la mancanza. Ormai andare lì per schiarirsi le idee era diventata un’abitudine, soprattutto da quando avevano iniziato le ricerche sull’alpha. Stiles l’aveva definita essere una cosa estremamente lugubre.  

Fece scivolare lentamente le dita su una delle pareti della casa inspirando a fondo ed inalando quanta più aria possibile. Se Derek avesse potuto dare un odore alla morte sarebbe stato proprio quello, di fumo. Perché il fumo è quello che resta dopo un incendio. Il fuoco brucia la vita e ciò che rimane, i ricordi, saranno per sempre pervasi da quell’odore di bruciato, di tristezza. Perché per quanto possa essere bella una cosa, da bruciata è uguale a tutte le altre. 

Derek era convinto che ognuno vedesse la morte in modo diverso. Probabilmente per Stiles era più simile ad una malattia. È un qualcosa che ti mangia dentro e di cui ti accorgi solo quando ormai è troppo tardi. 

“Puzzi di tristezza da far schifo” il moro non ebbe bisogno di girarsi per capire chi avesse parlato. 

“Fammi indovinare, ti ha liberato Parrish?” chiese, alzando gli occhi al cielo. 

“No, Lydia. A quanto pare crede che io possa darti un po’ di buonsenso” rispose Peter, con tono indifferente. 

“Perché ovviamente tu sei dalla parte di Stiles, dico bene?”  

“Perché credete tutti che io stia proteggendo quel ragazzino come una sorta di tutore? Ho semplicemente notato che tra voi sia quello con in quoziente intellettivo più alto, insieme alla Martin” 

“Quindi il fatto che ci abbia appena tradito non ti tocca minimamente” ne concluse il minore. 

“O forse non lo vedo come un tradimento” rispose l’uomo, ottenendo di risposta uno sguardo interrogativo da parte del nipote. “Ovviamente, nessuno di voi ha mai notato quanto Allison e Stiles si somiglino?” domandò, ottenendo una seconda occhiata confusa da parte del moro “Hanno entrambi perso una madre troppo presto, sono venuti a contatto con il soprannaturale non di loro spontanea volontà e, per quanto tentino di liberarsene, ne saranno sempre perseguitati. Era ovvio che sarebbero finiti per avvicinarsi, forse non tanto da definirsi amici, ma Stiles si sente molto vicino a quella ragazza” 

“Ma questa non è un buon motivo per…” 

“Anche tu hai empatizzato con Stiles, del resto. E non mi rivolgere quello sguardo omicida, Derek, sai meglio di me quanto io abbia ragione. Quante volte hai deciso di tornare indietro sui tuoi passi dopo aver discusso con lui? Per quanti altri avresti fatto lo stesso? Nessuno.” Calò un lungo silenzio tra i due. Entrambi respirarono a pieni polmoni quell’aria così densa di fumo. 

 

 

“Che ci fai qui?” fu la voce estremamente stridula di Scott ad accogliere la nuova arrivata. 

“Devo parlare con Derek” 

“No, intendo come puoi TU essere QUI? Chi ti ha detto dove trovarci?” 

“Stiles, sicuramente” fu la risposta gelida di Derek, appena entrato nella stanza con lo zio alle calcagna. 

“No, non è stato lui. Sono sulle vostre tracce da diversi mesi e, attraverso alcuni file scolastici, sono venuta a conoscenza del vostro tirocinio qui alla sede. Alquanto sospetto” spiegò Allison, guardandosi attorno con fare diffidente. Il moro avanzò a grandi falcate verso la ragazza, ma venne bloccato per un braccio da Malia.  

“Saresti altrettanto intelligente da andartene prima che ti strappi la gola, Argent” le ringhiò, rimanendo fieramente al suo posto. 

“Ho seriamente bisogno di…” ma la voce della cacciatrice si incrinò non appena incrociò lo sguardo con Peter, che inizialmente non aveva notato “Tu dovresti…” 

“Essere morto? Un cumulo di cenere? Io risorgo come le fenici, tesoro” fu la risposta del maggiore, accompagnata dal più smagliante dei suoi sorrisi “E ti chiederei gentilmente di accogliere l’offerta di Derek, perché la luna piena è tra un paio di giorni ed il mio desiderio di sangue molto pressante” 

“Tu…” la voce della ragazza si ridusse ad un sussurro. In un attimo la sua mente ricollegò tutti i pezzi del puzzle “Sei tu l’alpha. Sei stato tu ad ucciderle”  

“Credimi, la tentazione è stata enorme, ma mi sono negato questa soddisfazione” affermò l’uomo, monitorando soddisfatto il battito della ragazza, che aveva preso ad accelerare con ritmo innaturale. 

“Io, il branco e…Stiles sapevamo che l’assassino non fosse l’alpha, ma una terza persona. Mi stupisce che lui non te l’abbia detto” fu la constatazione del moro “Ora eclissati” 

“Sono venuta per offrirvi il mio aiuto” fu la secca risposta della cacciatrice, abbastanza diretta da ammutolire tutti per qualche secondo. 




“Monroe ti ho appena detto che ho intenzione di dare le dimissioni, non puoi affidarmi un carico proprio ora” 

“Stilinski, sia lo sceriffo che Parrish al momento non sono presenti. Devi solo fare una piccola ricerca online, nulla di più”  

“Una piccola ricerca che mi terrà sveglio tutta la notte” sussurrò l’agente, riagganciando la chiamata e stiracchiandosi in modo poco elegante sul sedile dello sgabello. Prese con malavoglia il portatile e lo appoggiò sulla penisola della cucina, mormorando frasi incomprensibili anche per un licantropo.  

A detta di Monroe, il compito da svolgere era abbastanza semplice. Secondo le sue direttive, la settimana prima erano state fatte delle segnalazioni circa un ricercato di basso livello che aveva preso un aereo da New York fino a Boston. Il suo lavoro era ricercare i nomi dei passeggeri e verificare la loro identità. Un compito tanto semplice quanto noioso, insomma.  

 

 

“Io credo che tu debba seriamente andartene” fu il consiglio di Scott, che aveva avvertito il battito di Derek aumentare drasticamente “Sappiamo di te, non abbiamo intenzione di ascoltarti” 

Il cuore di Allison si fermò per un attimo “Voi…sapete?” 

 

 

Erano passate un paio d’ore dalla telefonata di Mornoe e Stiles non era neanche arrivato a metà del lavoro. Era seriamente sul punto di abbandonare tutto e consegnare l’indomani i fascicoli al suo collega intimandogli di cavarsela da solo, dal momento che ormai non era più affar suo, quando l’occhio gli cadde proprio sul taccuino che aveva lasciato qualche giorno prima sul bordo della penisola. Lì dentro teneva annotate in modo discutibilmente ordinato tutte le informazioni sull’alpha che era riuscito a dedurre nelle ultime settimane. La sua mente si bloccò. 

Consultò velocemente il calendario sul cellulare prima di riprendere a digitare freneticamente sulla tastiera del computer. La sua poteva essere anche solo un’ipotesi, ma valeva la pena controllare. Non appena vide i risultati della ricerca, alzò un sopracciglio soddisfatto.  

Lo immaginava. 

Compose un breve messaggio e lo inviò a Christopher, sperando, nonostante l’ora tarda, di ricevere risposte in breve tempo. 

 

 

“Stiles sapeva” la corresse Malia, osservandola con estrema diffidenza “E, sinceramente, non capisco perché si stia ancora discutendo sugli Argent. Sappiamo che Peter sia l’alpha, ma non è un nostro problema se i cacciatori vengono uccisi da qualcuno, dico bene? Io posso starmene tranquillamente qui a godermi lo spettacolo” 

“Voi non sapete tutto” chiarì Allison, alzando istintivamente le mani “Qualsiasi cosa Stiles possa aver capito, non è tutto” 

“Quindi non è vero che quella notte eri lì?” 

“Si, ma…” 

“Avevi una balestra?” insistette il moro, facendo brillare i suoi occhi. 

“NON HO APPICCATO IL FUOCO” sbraitò la ragazza “C’era anche Kate con me quella sera. È stata lei ad accompagnarmi” la voce le si incrinò “Io non credevo avesse intenzione di…uccidervi, aveva detto che avremmo fatto un semplice sopralluogo dal momento che c’era la luna piena” 

Allison era sul punto di aggiungere qualcos’altro, ma si bloccò non appena vide Peter avanzare verso di lei e raggiungerla in poche falcate. Non ebbe il tempo di reagire che sentì una fitta di dolore sulla nuca.  

Cadde a terra, priva di forze. 

 

 

 

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Capitolo 20
*** .20 ***


 

FLASHBACK


Si guardò allo specchio, meravigliandosi di come quella tuta di pelle le cadesse bene sui suoi fianchi esili che molte volte aveva nascosto sotto felpe troppo larghe. Si voltò di profilo e si osservò ancora, stupendosi di essere giunta ad una conclusione. Quello che vedeva riflesso le piaceva. 

Le piaceva come quella canottiera scollata scivolasse sul suo seno non molto accentuato, le piaceva come le donasse la giacca di pelle e come la facesse sentire meno vulnerabile. Le piaceva. 

“Allison” incrociò il sorriso smagliante di sua zia, appoggiata sullo stipite della porta “sei uno schianto, tesoro” la sentì affermare con sincera meraviglia. La ragazza osservò il corpo di Kate, anche lei vestita in divisa e pronta per il sopralluogo notturno. Di certo quei capi le evidenziavano le forme ben più generose delle sue, ma, per la prima volta, questo ad Allison non importò. “Pronta per partire?” le chiese la donna, muovendosi sul posto e facendo tintinnare la balestra che teneva in mano sullo stipite. 

“Cosa andiamo a fare?” domandò la minore, mentre si piegava per cercare sotto al letto anche la sua arma. 

“Un piccolo sopralluogo, te l’ho detto. Stanotte c’è la luna piena e qualcuna di quelle bestie potrebbe essere fin troppo euforica. Dobbiamo tenere sott’occhio la situazione” 

Il viaggio in macchina era stato breve, più breve di quanto Allison si fosse immaginata. Credeva che lei e Kate avrebbero vagato per le strade di Beacon Hills fino all’alba, invece il giro di ricognizione era durato meno di una mezz’ora. Sembrava che la zia avesse particolarmente fretta quella sera. 

“Dove stiamo andando?” domandò, vedendo la vettura svicolare in una stradina secondaria che dava sul bosco” 

“A caccia” fu la secca risposta della donna, impegnata a reggere il volante con entrambe le mani per non perdere il controllo dell’auto su quel percorso scosceso.  

“Ma non dovevamo semplicemente fare un giro di controllo?” insistette la ragazza. 

“Certo, ma ho portato dell’attrezzatura di riserva, potremmo fare anche una capatina a villa Hale, già che ci siamo” 

Il resto del tragitto fu alquanto silenzioso, accompagnato qua e là da qualche imprecazione della zia ogni qual volta prendeva una buca troppo profonda con le ruote. Parcheggiarono a circa un chilometro di distanza dalla villa, per evitare che i mannari le sentissero arrivare, e scaricarono l’attrezzatura. 

“Papà lo sa?” chiese Allison, con una punta di preoccupazione, mentre si affrettava prendere la sua balestra. 

“Tuo padre non deve essere al corrente di ogni mio spostamento, tesoro” rispose con indignazione la zia, mentre caricava il fucile e controllava di aver preso abbastanza munizioni.  

E ci fu qualcosa nel tono di voce della donna, o forse nel suo sguardo, che ad Allison fece venire una fitta all’altezza dello stomaco. Qualcosa non stava andando per il verso giusto.  

 

 

“Aspetta, non avevi detto che li avremmo solo catturati?” insistette la ragazza, osservando la linea di sorbo che circondava la villa. 

“Certo, per poi ucciderli” e, a rafforzare il concetto, Kate fece scoccare la quarta freccia imbevuta di benzina sul tetto della villa “Forza, ora accedi una freccia, tirala e goditi lo spettacolo” la esortò con una calma che ad Allison fece venire i brividi. 

“Loro…non hanno attaccato nessuno”  

“Non ancora”  

“Ma non è questo il codice” la mano della ragazza si strinse attorno al polso della donna. 

“Allison, per anni abbiamo lasciato che queste bestie vivessero libere, contando sulla sola speranza che avessero abbastanza buonsenso da non attaccare nessuno. Ora abbiamo la possibilità di finirli tutti” Kate si liberò con uno strattone dalla presa della nipote e incendiò velocemente una freccia, che non tardò a scoccare sul tetto della villa. 

La ragazza tentò di intercettarne la traiettoria, ma fallì miseramente. Non ebbe bisogno di voltare lo sguardo per capire che il colpo fosse andato a buon segno. Venne subito investita da una forte ondata di calore e, osservando a terra, notò come anche la sua ombra fosse contornata da un alone rosso.  

La donna, ancora al suo fianco, rideva con gusto. Una risata maligna e sguaiata che lei non aveva mai sentito e che non avrebbe voluto mai più sentire, sembrava demoniaca. Fu allora che Allison ebbe il coraggio di voltarsi e vedere il reale orrore della scena. La villa era ormai completamente in fiamme, alcuni vetri delle finestre erano esplosi e, dall’interno, con grande terrore della ragazza, non si udivano suoni. 

Forse i licantropi stavano dormendo, forse non si erano accorti del pericolo, o forse non erano in casa. Questo ad Allison non importò, perché con un calcio dissolse parte del cerchio di sorbo e si mise ad urlare con quanto più fiato in gola. Voleva che si salvassero, voleva che il piano di Kate fallisse perché non era quello il regolamento che le era stato insegnato. Non potevano ucciderli, non dovevano ucciderli. 

E urlò. 

Ma dalla villa non si mosse nulla, e questo fece accrescere ancora più il terrore di Allison.  

Non potevano essere… 

Ma prima che potesse realizzare quel pensiero, la ragazza venne colpita violentemente dalla zia con uno schiaffo. 

“Vattene, Allison” urlò la donna, con ancora il braccio teso. I suoi occhi erano innaturalmente dilatati. 

“Perché non scappano?” domandò la minore, volgendo ancora lo sguardo verso la villa in fiamme. 

“Drogati dalle frecce. Erano immerse in una miscela di benzina e strozzalupo” 

“Sono…” 

“Morti? Sì, Allison” ennesima risposta secca di Kate che fece tremare la nipote. 

No.  

Corse dall’altra parte del bosco, il più lontano possibile da quella donna, e afferrò con mani tremanti il cellulare, attivando velocemente una chiamata. 

“Villa Hale sta andando a fuoco. Queeneyes’ street, 34. Vi prego, fate in fretta.” E si accasciò contro il tronco di un albero, soffocando i singhiozzi contro la manica della felpa. Attese in quella posizione per minuti, fino a quando non fu rincuorata dal suono di una sirena che, man mano, si stava avvicinando.  

Era troppo lontana per essere notata dai soccorsi, ma abbastanza vicina da poter sentire le direttive che venivano date ai vari uomini. Anche se, a distanza di anni, forse non avrebbe mai dovuto sentire quelle parole. 

“Monroe, chiama un’ambulanza. Parrish è ferito” 

“E gli Hale? Siete riusciti a-” 

“No, Monroe. Ormai è troppo tardi” 

Allison rimase lì tutta la notte. Troppo stanca per muoversi e troppo impaurita per tornare a casa. Attese in quella posizione fino a quando non fu certa che tutte fiamme fossero state domate, che tutti i corpi -ormai non poteva più sperare- fossero stati trovati. Chiuse gli occhi quando sentì qualcuno fare il conto dei cadaveri contati e strizzò più forte le palpebre quando all’appello vennero aggiunti anche due bambini. 

 

 

Ed ora erano passati due anni da quel giorno. Era convinta di essere riuscita a superare gli eventi di quella notte, ma così non era stato. Era comparsa sulla scena una nuova figura che non si dava per vinta e che non pareva essere convinta dalle ricerche della polizia: Stiles. 

Allison sapeva che quel ragazzo fosse dalla parte dei mannari, e quando se l’era visto presentare sull’uscio di casa, aveva avuto l’istinto di chiudergli la porta in faccia. Ma quell’agente era diverso, perché stava aiutando i licantropi e sembrava voler aiutare anche gli Argent. E ad Allison questo pareva essere un controsenso. 

“È per questo che Derek le ha uccise, vero? Per vendicarsi della sua famiglia, ma non ha prove per incolparci” era stata la sua secca risposta all’ennesimo interrogatorio del ragazzo. Eppure, nella sua testa continuava a comparire l’immagine di quelle fiamme e, in lontananza, era ancora sicura di sentire la voce di un agente contare le vittime.  

E qualcosa in lei si spezzò. 

 

 

Peter estrasse con un rantolo di dolore gli artigli dal collo di Allison. La ragazza scivolò a terra tremante e Scott, anche se titubante, le passò un asciugamano per fermare il sangue dalla ferita. L’alpha, anche lui privo di forze, si era appoggiato contro la parete ed aveva fatto saettare gli occhi ancora rossi verso la figlia “Non mente”. 

“Spiegati” esordì il moro, alzando nervosamente lo sguardo al cielo.   

“Lei era lì quella notte, ma non per attaccare. Ha dissuaso Kate, ha tentato di rompere la barriera di sorbo e…Derek” il maggiore richiamò l’attenzione del nipote, che aveva preso a girare nervosamente per la stanza “È stata lei a chiamare i soccorsi” 

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Capitolo 21
*** .21 ***


Stiles, cosa vorrebbe dire quel messaggio che mi hai inviato?” 

“Un semplice scrupolo, Chris. Allora, mi sapresti rispondere?” Stiles girò e rigirò nervosamente la matita che aveva in mano. 

Il 14 febbraio” Bingo! “Non ricordavo il giorno esatto quindi ho chiesto direttamente a Gerard”  

“Tu gliel’HAI CHIESTO?” sbraitò l’agente, rendendosi conto di essersi alzato e di star camminando freneticamente attorno al divano del salotto. 

Ho chiesto perché non ne ero sicuro…mi sembrava di aver capito che fosse un’informazione estremamente urgente da darti…” notando silenzio dall’altra parte della cornetta, continuò “Stiles?” 

“Tu non hai idea del casino che hai appena combinato” sospirò il minore appena prima di riattaccare per attivare una seconda chiamata. 

 

 

“Perché non hai mai confessato?” fu la domanda stridula di Isaac “ci avresti evitato un bel po’ di casini” 

“Soprattutto a me” borbottò il moro, lanciando uno sguardo cupo verso la cacciatrice “Io continuo a non credere ad una sola parola” 

“Chissà come mai, ma la cosa non mi sorprende” rispose la cugina, per poi voltarsi verso Allison “Mi dispiace dirtelo ma la mia fiducia nei tuoi confronti rimane inesistente. Il fatto che tu non sia la piromane ti fa onore, ma non giustifica il tuo silenzio in tutti questi anni” 

“Abbiamo un codice da mantenere” fu la risposta della ragazza, che continuava a tamponarsi la ferita con un asciugamano “Non potevo mettere mia zia in pericolo, anche se da quel giorno in poi ho iniziato ad odiata” 

“Quindi il vostro codice prevede che chiunque vada comunque difeso anche se ha fatto una cazzata?” 

“Derek…” 

“Non ora, Deaton” gli occhi brillanti di Derek dissuasero il veterinario dal rimproverarlo “Ti faccio presente che, quando ho scoperto la vera identità di Peter, il mio unico pensiero è stato ucciderlo” 

“Alquanto drastico, ma confermo” rispose l’alpha, alzando una mano in segno di presenza. Il nipote fece per ribattere qualcosa, ma venne bloccato dal suono del telefono del centro veterinario. Osservò il display, leggendo il nome del numero che Deaton aveva salvato tra i contatti. 

 

 

Non è il momento, ragazzino”  

“Derek, non ho molto tempo per parlare, ma sono in una situazione di leggero pericolo e sarebbe fantastico avere il tuo aiuto” Stiles aveva il telefono appoggiato sulla spalla, e si stava preparando a caricare la pistola. 

Cos…” il mannaro fece un profondo respiro prima di rispondere “che sta succedendo?” 

“Gerard. Gerard è l’assassino. Ho le prove” 

Stiles ma di cos-”  

“Derek? Derek mi senti?” il poliziotto osservò lo schermo del suo telefono, maledicendosi per non averlo messo in carica. Ma si accorse di avere problemi ben più grandi quando saltò via la luce in tutta casa. Qualcuno aveva appena manomesso l’impianto elettrico. Non fece in tempo a correre al piano superiore per cercare una torcia, che sentì l’inconfondibile frastuono di vetri rotti. 

 

 

Derek osservò nervosamente la cornetta che aveva tra le mani prima di scaraventarla contro il muro. Non ebbe bisogno di spiegare al branco cosa stesse succedendo, era sicuro che con il loro udito fossero riusciti a seguire la conversazione. 

“Veniamo con te” si propose Malia, avanzando di un passo. 

“Nessuno si deve muovere da qui” la risposta del moro arrivò come un ringhio di avvertimento ben chiaro “Deaton, prendo la tua macchina”  

E nessuno osò muoversi dalla propria postazione o insistere sull’accompagnarlo, perché erano ben a conoscenza della potenziale letalità di Derek in quel momento. Ma fu proprio quando il mannaro fece per mettere in moto la macchina, che venne sorpreso dal rumore dello sportello aprirsi. 

“Scendi immediatamente, Argent” 

“Tutto questo riguarda anche la mia famiglia, vengo con te” 

“Non ho bisogno del tuo aiuto” 

“Non è te che voglio aiutare, infatti” rispose la cacciatrice con fare piccato “Che sta succedendo?” chiese, un pelo compiaciuta, non appena vide Derek togliere il freno a mano con fare rassegnato.  

“Stiles ha scoperto qualcosa sul tuo adorato nonnino” mormorò il mannaro, partendo a tutto gas. Allison rimase il silenzio per buona parte del tragitto, incapace di proferire qualsiasi parola, sia perché sperava per una volta che le deduzioni del poliziotto fossero false, sia perché si accorse solo in quel momento di quanto le mani di Derek stessero tremando. 

“Hai paura che sia troppo tardi?” la voce di Allison era ridotta ad un sussurro. Non aveva mai visto il moro in quella condizione, ma si corresse pensando di non aver mai visto in tutta la sua vita un mannaro tremare. 

“Lo avrei sentito” 

“Non hai un udito così potente, mannaro” sbraitò la ragazza, in preda ad una crisi. 

“Fidati, me ne sarei accorto” ribadì il moro, e con tono più basso aggiunse “È il mio compagno”  

“So perfettamente che siete compagni, Derek, ma questo non ti…” 

“Non in senso poliziesco. Lui è il mio compagno”  

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Capitolo 22
*** .22 ***


“Non in senso poliziesco. Lui è il mio compagno” ci fu un lungo silenzio in cui Derek percepì il battito della ragazza rallentare e velocizzarsi più volte. 

“Quindi se lui in questo momento dovesse…essere attaccato, tu riusciresti a sentirlo?” 

“In un certo senso, sì” 

“E…quando lo avresti scoperto?” 

“La prima volta che ho rivisto il tuo adorato nonnino in centrale. Quando Gerard si è avvicinato a Stiles i miei sensi di allerta sono arrivati alle stelle” Derek si umettò nervosamente le labbra, accorgendosi sono in quel momento di avere le mani insolitamente gelide “E no, nel caso in cui te lo stessi chiedendo, lui non lo sa e non ho intenzione di dirglielo” 

 

 

Fece un lungo e profondo respiro prima di affacciarsi sul salotto puntando la pistola di fronte a sé. Una delle prime regole che aveva imparato in Accademia era di sfruttare la zona in cui ci si trova in caso di aggressione. E lui in quel caso aveva il grande vantaggio di trovarsi a casa sua per cui, nonostante l’assenza di luce, era perfettamente in grado di orientarsi. Un tonfo dall’altra parte della stanza lo fece tornare al riparo in corridoio. Tenne le braccia tese con la pistola che puntava verso il pavimento, in silenzio. Ma quello che udì gli fece martellare forsennatamente il cuore dentro al petto. 

Non erano versi umani quelli che provenivano dal salotto, erano un misto di sibili e fruscii che gli ricordarono la sensazione di camminare con i piedi nudi sul muschio quando andava a pesca con suo padre. E rabbrividì a quella sensazione così viscida.  

Percepì i versi avvicinarsi fin troppo al corridoio, e Stiles prese la terribile scelta, ma anche unica pur di non affrontare quel mostro, di salire le scale che davano sulla camera. La sua era stata una pessima idea, perché ora era perfettamente consapevole di essere in trappola. I rumori alle sue spalle gli fecero capire che quella cosa stesse continuando ad inseguirlo e l’unica protezione che riuscì a trovare fu di chiudersi a chiave in camera e spostare davanti alla porta l’unico armadio della stanza. Protezione assolutamente inutile, si disse, dato che qualsiasi mannaro sarebbe stato in grado di farsi strada con un paio di spallate.  

Derek, ti prego. Non fare lo stronzo e vieni a darmi una mano. 

Come aveva previsto, un tonfo gli fecero intuire che quel mostro avesse appena fatto saltare i cardini della porta. Puntò nuovamente la pistola di fronte a sé e si preparò a fare fuoco alla cieca. 

Derek ti ho salvato la vita. 

Un secondo impatto decisamente più forte fu il chiaro segnale che quella cosa stesse spostando senza alcuna fatica il mobile. Stiles vide un’ombra farsi strada tra l’armadio e la parete. Fece fuoco. La risposta che ottenne fu un urlo agghiacciante e disumano che lo gelò sul posto. 

Siamo compagni. 

La creatura prese ad arrampicarsi sul soffitto e l’agente notò una lunga coda muoversi velocemente. Sparò ancora. Secondo verso stridulo e Stiles fu sicuro di averlo preso non appena lo vide atterrare di fronte a sé. Ma inerme, ovviamente. Il poliziotto non aveva armi adatte a quel tipo di caccia e i suoi colpi erano totalmente inutili. Pistole giocattolo. 

Derek, per favore. 

La figura avanzò verso di lui e Stiles sparò altri tre, quattro, cinque colpi, ma il mostro parve non averli nemmeno percepiti. Quando fu in procinto di premere per la sesta volta il grilletto, questi fece un rumore metallico non molto rincuorante e la creatura ne approfittò per balzare verso l’umano e bloccarlo a terra.  

Derek ingrato. 

Stiles sbatté la testa e, per qualche secondo, perse la cognizione di dove si trovasse. Fu solo quando sentì il peso del mostro sul suo stomaco che tentò di ribellarsi, fallendo miseramente. Troppo debole. Il poliziotto poté percepire l’alito caldo e decisamente nauseabondo della bestia a pochi centimetri dal suo collo e istintivamente chiuse gli occhi. 

Derek. 

“Stiles!” 

Percepì dei rumori sulle scale, ma gli parvero ironicamente troppo lontani per essere veri. 

Derek. 

“Stiles!” 

“Der-” con un rantolo cercò di rialzarsi, ma venne spinto nuovamente a terra dal mostro, che gli ringhiò a pochi centimetri dall’orecchio. Avvertì i suoi artigli scivolare delicatamente sul suo collo e piantarsi con decisione all’altezza del suo petto, dove strapparono la camicia e lasciarono dei solchi profondi. Urlò. 

“STILES!” un tonfo a quel che rimaneva della porta.  

L’umano percepì la creatura alzarsi e liberarlo dal suo peso, ma quando tentò di rimettersi in piedi, si accorse di essere legato. Come aveva fatto quel mostro a legarlo senza che lui se ne accorgesse? Si sentiva completamente immobilizzato. 

L’ennesimo impatto ed un basso ringhio gli dissero che Derek fosse riuscito a entrare in camera. Si permise di tornare a respirare, notando solo in quel momento di star trattenendo il fiato. Tentò di muovere la testa in direzione della porta per capire cosa stesse succedendo, ma qualsiasi movimento gli parve essere impossibile. 

Un secondo ringhio, stavolta ben udibile, riempì l’aria e Stiles riuscì a distinguere il passo veloce del mannaro avventarsi sulla creatura. Seguirono una serie di tonfi che il poliziotto non riuscì ad identificare, ma ben chiaro fu lo sparo che percepì provenire dalla porta della camera. 

E il suo cuore smise di battere per un secondo, perché tutto era diventato improvvisamente silenzioso. Fissò gli occhi, unica parte del corpo che riusciva a muovere, sul soffitto e trattenne il fiato. 

“È andato?” la voce di Allison interruppe il silenzio, e il poliziotto fu incerto se gioire della sua presenza o meno. Non era la sua voce che voleva sentire, non in quel momento.  

“Sì, si è lanciato dalla finestra” il timbro gutturale e ansante di Derek gli fecero istintivamente serrare gli occhi per il sollievo. Percepì i passi del mannaro avvicinarsi fino a quando il viso dell’uomo non occupò il campo visivo del minore “Tutto bene, Stiles?” gli domandò, mentre lo vide osservare preoccupato i segni della bestia sul suo petto. “Mi senti, ragazzino?” il mannaro lo scosse lievemente per le spalle, e l’unica cosa che l’umano riuscì a fare fu emettere un suono gutturale di assenso. 

“Era un kanima quello” Allison comparve alle spalle di Derek e anche lei studiò silenziosamente i graffi del ragazzo “Deve averlo immobilizzato col suo veleno. Non toccare le sue ferite, saranno piene di quella roba viscosa”  

“Lo porto da Deaton” Stiles avvertì il mannaro avvicinarsi per prenderlo delicatamente in braccio, ma emise un lieve sibilo di dolore non appena Derek provò a sollevarlo da terra “Resisti, ragazzino” lo sentì mormorare, mentre passavano con fatica attraverso la porta, per metà ancora barricata dal mobile, e scendevano al piano terra. Allison si posizionò davanti a loro, pronta a sparare nuovamente nel caso in cui il kanima fosse tornato, ma, per fortuna, non ce ne fu bisogno. Il licantropo prese velocemente posto nei sedili posteriori della macchina di Deaton e fece appoggiare la testa del minore sulle sue ginocchia, mentre continuava a studiare silenziosamente quel petto sanguinante. “Muoviti, alla sede veterinaria” mormorò verso la ragazza, mentre appoggiava delicatamente una mano sulle ferite dell’agente. Stiles sospirò involontariamente e socchiuse gli occhi, percependo, come per incanto, il dolore del suo corpo farsi sempre più lieve. Non appena ebbe messo nuovamente a fuoco il braccio del licantropo, si accorse solo in quel momento di alcune strane venature scure che si stavano muovendo sulla sua pelle. Gemette per lo spavento e mandò al suo corpo l’impulso di spostarsi, inutilmente. “Shh, è tutto ok, ragazzino” lo ammonì il moro, mentre dava rapide occhiate ora alla strada, ora al corpo del minore. 

Nel momento esatto in cui percepì la macchina fermarsi e il mannaro tornare a sollevarlo, Stiles realizzò quanto gli fosse difficile tenere gli occhi aperti. La testa prese a girare vorticosamente mentre sentiva il corpo di Derek correre velocemente verso la sede veterinaria. 

“Ragazzino, non ti azzardare a chiudere gli occhi” lo sentì urlare, o forse stava sussurrando. Il poliziotto non fu in grado di capirlo, troppo preso a lottare contro la luce della sala d’attesa che gli stava lentamente bruciando le retine anche attraverso le palpebre chiuse. Mugolò qualcosa, senza sapere neanche lui cosa volesse dire, e non appena si sentì adagiare su una superficie gelida, crollò. 

La voce di Derek che continuava a chiamare il suo nome lo cullò fino a quando tutto non smise di girare. E improvvisamente quel tutto si fermò. Nero. 

 

 

“Sono riuscito a pulire buona parte del veleno dalle ferite di Stiles, tra un paio d’ore dovrebbe essere in grado di muoversi normalmente. Al momento è ancora incosciente” la voce di Deaton lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare in modo ben poco virile dal muretto dove si era seduto. 

“Lo so” mormorò, dopo alcuni secondi di silenzio, facendo scivolare timidamente lo sguardo verso la finestra di fronte a sé. 

“Oh, so che lo sai. So che sei rimasto qui fuori a monitorare il battito di Stiles, ma mi sembrava più corretto venirti a informare” l’uomo sorrise amabilmente “Credo tu abbia molto di cui parlare con il branco...riguardo a Stilinski” 

Gli occhi elettrici di Derek saettarono velocemente verso il veterinario “Te l’ha detto la Argent, vero?” ringhiò, pronto a porre definitivamente fine alla vita della cacciatrice. I suoi piani vennero bloccati dall’elegante figura dello zio appoggiata sull’entrata della sede. 

“No, gliel’ho detto io, e ora tu me ne hai dato conferma” gli rispose l’alpha, sorridendo beffardo allo sguardo pieno di odio del minore “E non fare tanto il gradasso, era palese che il tuo lupo si fosse legato a quel ragazzino” 

“Sta zitto” ringhiò nuovamente il moro 

“Ogni volta che Stiles entrava nel mio ufficio, era intriso del tuo odore” affermò ancora lo sceriffo, alzando teatralmente gli occhi al cielo “Puoi negarlo o nasconderlo quanto vuoi, ma la tua natura mannara è dipendente da quell’umano, che ti piaccia o meno. Il tuo istinto protettivo nei suoi confronti è alle stelle e altrettanto fragile è il vostro legame, Derek”  

“Non un’altra parola” 

“Perché tu hai paura. Hai paura di fidarti di lui, perché sai che se mai ti dovesse tradire non sarebbe come perdere Scott o Lydia. Sarebbe perdere una parte di te. Il tuo compagno” 

L’ennesimo ringhio d’avvertimento dissuase Peter dal continuare a parlare, non perché si sentisse minacciato, ma perché era consapevole di aver detto ad alta voce troppe verità che Derek non era pronto ad accettare. 

“Sai che è così” si limitò a dire, prima di rientrare nella sede “E sarebbe bene che tu accettassi questa cosa, prima che possa rivoltartisi contro” sussurrò, in modo che solo il mannaro potesse sentirlo. 

“Derek” il moro venne richiamato dalla voce calma di Deaton “È inutile-” 

Gli occhi elettrici del licantropo saettarono verso la finestra “Si è svegliato” mormorò, prima di balzare giù dal muretto e correre dentro la sede. Ignorò deliberatamente Scott, che era saltato in piedi non appena si era accorto della sua presenza, così come il resto del branco. Erano rimasti tutti lì quella notte, in attesa di notizie di Stiles, dandosi il cambio per andare velocemente a casa a farsi una doccia e tornare alla sede. Era ormai la seconda notte che passavano lì, ma sembravano non soffrirne particolarmente, anche se le leggere occhiaie sul viso di Lydia e di Deaton provavano il contrario. 

“Derek” Scott, afferrò il braccio del moro “Riposati, non sto scherzando. Non hai chiuso occhio stanotte. Posso fare io la veglia a St-” 

Il ringhio poco amichevole del maggiore non intimorì minimamente il ragazzo, che mantenne la presa ben salda. Inaspettatamente, le mani gentili di Deaton si andarono ad appoggiare sulle spalle del più giovane “No, Scott. Non è il momento, ma grazie per la tua disponibilità” rispose con tono dolce. 

 

 

“Il veleno del kanima viene solitamente rilasciato per tagli e ferite superficiali, in modo da paralizzare momentaneamente la preda. Nel tuo caso, invece, è chiaro che l’intento fosse ben diverso da... una semplice anestesia” mormorò Deaton. 

“Mi voleva uccidere, lo so” la voce impastata di Stiles fece scorrere un brivido di preoccupazione lungo la schiena di Derek, arrivando a piantarsi al centro del cervello, dove prese a pulsare con insistenza. Il poliziotto sembrava così debole in quel momento, e il mannaro percepì il sapore amaro del senso di colpa. 

Se non lo avesse cacciato... 

Ma lo aveva tradito. 

Se lui ed Allison non fossero arrivati in tempo... 

Cacciò quei pensieri con un brusco movimento della testa, accorgendosi solo in quel momento che Stiles lo stesse osservando. 

“Ehilà, ragazzone” ancora quella voce, troppo debole e diversa rispetto al solito tono euforico dell’agente. Non appena vide Deaton uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, il licantropo si alzò dalla sua postazione e si avvicinò al lettino del minore. 

“Ehi” mormorò, rifiutandosi di guardarlo negli occhi. 

“Non prendertela sul personale, ma credo che sia io che te siamo stati appena sfrattati di casa” affermò il minore, accennando un sorriso forzato. “Credo che il kanima abbia anche distrutto il divano, mi dispiace, ti piaceva tanto” 

“Già” 

“Tu e Allison siete feriti?” quella domanda fu una pugnalata nello stomaco nel mannaro, che fece scorrere lo sguardo per tutta la stanza prima di rispondere. 

“No, sani come pesci” mormorò di risposta, sospirando debolmente “mi dispiace” sussurrò, dopo qualche secondo. 

“Oh, non ti preoccupare, Hale. Troverò un nuovo divano ancora più comodo e-” 

“Sai a cosa mi riferisco” gli occhi iridescenti del mannaro si posarono finalmente su quelli di Stiles. Il maggiore non capì il perché, ma percepì il battito del minore aumentare lentamente. 

“Derek...” il poliziotto accennò un debole sorriso “Avrei dovuto rendervi... renderti partecipe di cosa avessi dedotto dall’incontro con Allison” 

“Avresti dovuto, sì” asserì il maggiore “Ma io non avrei dovuto attaccarti” 

“È stata un’immagine poco rasserenante, in effetti” ammise l’umano.  

“Mi dispiace”  

“Va bene così, Derek, sul serio” 

“No” gli occhi del mannaro tornarono elettrici e si maledisse lui stesso per il suo nervosismo “Hai rischiato seriamente la vita stanotte e... se non ti avessi cacciato non avresti corso questo rischio” prese a camminare in modo irrequieto per la stanza, osservando le sue dita su cui stavano iniziando a sfoderarsi gli artigli. 

Merda. 

“Sicuro di stare bene?” chiese il poliziotto, guardingo “Non sembri essere in forma smagliante” ironizzò, continuando a studiare il mannaro di fronte a sé. “Dopodomani ci sarà la luna piena ma non hai mai avuto difficoltà a controllarti” 

“Non è questo” rispose il moro “È per quello che è successo stanotte” 

“Sei stato ferito dal kanima?” domandò l’umano per la seconda volta. 

“No” ennesimi lampi azzurri “È che, cazzo, ti ho quasi fatto uccidere” il ringhio di rabbia con cui proferì quelle parole dissuase Stiles dal porgergli altre domande. Si mosse pesantemente sul lettino dove si trovava, spostando di peso le gambe che ancora non davano cenni di vita, e picchiettò debolmente sul materasso, in un muto invito. 

Derek osservò per qualche secondo la mano di Stiles appoggiata sul letto. Stava avendo seriamente paura di perdere il controllo di fronte all’umano, ma il poliziotto sembrava essere perfettamente a suo agio nonostante fosse stato aggredito poche ore prima proprio dal licantropo. E quella consapevolezza fu una seconda pugnalata nella schiena del mannaro.  

Prese la sedia vicino al muro che aveva usato poco prima e l’avvicinò al lettino. Si sedette lì, difronte a Stiles, appoggiando le braccia su materasso e abbandonando la testa tra di esse. Si accorse solo in quel momento di essere stanco, maledettamente stanco. Lasciò che il tepore delle lenzuola, pregne dell’odore del suo compagno, lo cullassero e, nel momento in cui chiuse gli occhi, sentì la mano leggera di Stiles poggiarsi sui suoi capelli, senza ritirarsi. 

Si addormentò, cullato dall’odore del suo umano e dal suo battito cardiaco che finalmente aveva ripreso una cadenza regolare. E sorrise tra le lenzuola. 

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Capitolo 23
*** .23 ***


 

Non ho avuto neanche il coraggio di contare da quanti mesi io non abbia più pubblicato nulla su questa piattaforma. Potrei scusarmi dicendo che ho avuto impegni con lo studio o con il lavoro, ma la verità è che avevo perso interesse verso questa storia. All’inizio della scrittura si è sempre gasati e pieni di idee, ma giunti ad un certo punto si inizia a far difficoltà nel tirare le fila dei discorsi. 

In ogni caso, sono contenta di essere arrivata ai capitoli conclusivi!  

Buona lettura! 


 

***


“Sta fermo. Aspetta” la risposta che ottenne fu un chiaro ringhio di protesta “Stai iniziando a diventare prevedibile” mormorò, facendosi più avanti e affacciandosi appena dalla posizione dove si erano nascosti. Da lì aveva la completa visuale sulla vecchia fabbrica della città. 

“Io non ho mai voluto far parte di questo piano” si sentì ribattere, mentre la presa del mannaro sulla sua spalla lo intimava a tornare al riparo “E resta nascosto, potrebbero percepire la tua presenza”  

“Oh, ti stai preoccupando per me, ragazzone?” la voce falsamente innocente dell’umano lo portò a eliminare automaticamente quel contatto fisico. 

“Vorrei solo evitare che la tua impulsività possa mandare a quel paese il piano di Peter” ringhiò, per nulla convinto dalle sue stesse parole. 
Stiles sbuffò sonoramente, rimanendo accucciato come il suo compagno gli aveva intimato, ma sporgendosi quel poco che bastava per dare una veloce occhiata sull’entrata della fabbrica. 
Erano scattate ormai le due ore di attesa, e i continui crampi avevano iniziato a rendere ancora più lento lo scorrere del tempo. Aveva paura, ed era convinto che anche Derek fosse spaventato da tutta quella situazione. Per lui era facile capirlo, ormai. 

“Sento dei rumori” 

“Deve essere il mio stomaco. Sta brontolando da ore e io sto morendo di fame” la sua lamentela non fu ben accolta dal compagno, che gli lanciò la sua prevedibile occhiata omicida, seguita subito dopo da uno sbuffo. 

“Ti avevo detto di preparare qualcosa da mangiare prima di partire” 

“Di solito l’adrenalina mi blocca lo stomaco, ma al momento ho così tanta fame che potrei azzannare anche te” 

L’ennesimo ringhio di Derek troncò la conversazione, portando Stiles a sdraiarsi a terra, arreso. 

“Sento dei rumori” 

“Ti ho appena detto che h-” la mano del mannaro si andò a posare con fare poco delicato sulla bocca del minore, facendo quasi strozzare quest’ultimo con la sua stessa saliva. Bastarono pochi secondi ed anche all’orecchio dell’umano si andarono a distinguere dei lievi rumori che lo bloccarono sul posto. 
I suoi occhi si incrociarono automaticamente con quelli del licantropo, che stava ancora tenendo ben salda la presa sulla sua bocca. Era ora. 
Silenziosamente Stiles portò la mano nella tasca ed afferrò il telefono, visualizzando l’orario. 
Mancavano tre minuti a mezzanotte. 
Automaticamente alzò gli occhi al cielo ed il suo viso venne illuminato dal chiarore della luna. Sorrise ingenuamente, quasi avesse scordato quali tragedie quel cerchio luminoso avesse causato nelle ultime settimane. Abbassò lo sguardo solo quando percepì la mano del mannaro lasciare la presa dalla sua bocca, come se si fosse dimenticato di toglierla fino a quel momento. 
Anche il viso di Derek era illuminato dalla luna, e Stiles si perse qualche secondo per ammirare quanto fosse bello. Nonostante lo sguardo scuro e la mascella tesa dal nervoso di quello che avrebbero dovuto affrontare, l’umano trovò quel mannaro perfetto. Si accorse solo in quel momento di non aver smesso di sorridere. 

“Stiamo per andare a morire, Stiles. Cosa hai da ridere?” il sussurro innervosito del licantropo, costretto ad avvicinarsi per non farsi sentire, non lo scalfì minimamente. 

“Non so. È una bella serata” affermò, alzando le spalle con fare innocente. 
Uno scricchiolio a pochi metri da loro li costrinse ad abbandonare il contatto visivo ed a mettersi in guardia. La mano destra di Stiles saettò veloce a sganciare la custodia della pistola, mentre Derek fece illuminare i suoi occhi. 

Erano arrivati. 

 


 

Percepiva la fastidiosa sensazione di avere i capelli incollati alla fronte, probabilmente a causa del sangue e del sudore. 

Una lacrima amara solcò il viso di Allison, mentre un unico pensiero si faceva spazio nella sua mente: 

Di lì a poco, sarebbe tutto finito. 

Bastò questa semplice constatazione per farle momentaneamente dimenticare della presenza di Gerard, a pochi passi da lei, e del kanima al suo fianco. 

“Spero tu non sia risentita per questo spiacevole accadimento” affermò l’uomo con finta bonarietà “Ahimè, questo accade a chi vede nei mannari degli alleati, non si è mai in grado di prevedere le loro mosse. Ora hanno modi gentili, ora sono scossi dagli spasmi del plenilunio” 

“Non avrei mai dovuto aver paura di loro, ma di te” 

“Eppure, è stato proprio un alpha a ridurti in questo stato, mia cara. Tra pochi minuti avverrà la tua trasformazione, ma io sono accorso qui affinché tu possa morire prima che questo accada” l’uomo si accucciò a terra, prendendo a frugare dentro lo zaino nero che portava alle spalle “Fa' il tuo lavoro” ordinò al kanima. 
La bestia si avvicinò ad Allison, ancora sdraiata a terra a causa del precedente attacco di Peter, e fece velocemente saettare la coda aghiforme nella sua direzione, ferendola appena all’altezza dell’ombelico. La ragazza soffiò debolmente, mentre avvertiva la classica sensazione di intorpidimento causata dal veleno. 

“Fai schifo” mormorò, vedendo l’uomo avvicinarsi e inginocchiarsi proprio davanti a lei con un mazzo di fiori viola in mano “Ti sei portato avanti per il mio funerale?” sorrise amaramente. 

Gerard socchiuse gli occhi, accennando anche lui un lieve sorriso “Mia adorata nipote, cosa avrei potuto fare, altrimenti? Bestie immonde, vi siete fatte contaminare da quei mannari” 

“Hai ucciso mia madre per questo” 

“Gli studi di Darwin hanno una grandissima verità: selezione naturale. Ora sto facendo le veci della selezione, e tu sei troppo debole per poter sopravvivere” 

“All’inferno mi metterò a contare fino al tuo arrivo, ma credo di non dover attendere molto” sorrise ancora, celando malamente la sua reale preoccupazione. La mano gelida del nonno si andò a posare sulla sua guancia, in una ruvida carezza che ad Allison fece venire il voltastomaco.  

“Inizia pure a contare” ma il muoversi irrequieto del kanima alle sue spalle lo costrinse a ritirarsi bruscamente “Che sta succedendo?” 

 


 

 

“Cosa vorrebbe dire che Scott e gli altri sono bloccati nel traffico?” la voce irrequieta del poliziotto era decisamente troppo acuta per essere un sussurro. 

“Esattamente questo e hanno aggiunto che la tua jeep è maledettissimamente lenta” 

“Con la mia bambina ho salvato le vostre chiappe mannare più volte, irriconoscenti” 

 “Smettetela di blaterare” la voce autoritaria di Peter costrinse il moro e Stiles a interrompere momentaneamente il loro battibeccare “Non riesco a concentrarmi se continuate a fare baccano” mormorò, facendo aderire il suo profilo alla lurida parete dell’edificio.  

“Si sente qualcosa?”  

 


 

 

“Hai sentito qualcosa?” domandò Gerard, alzandosi dalla sua postazione. Il kanima continuò a fissare con insistenza uno dei muri della fabbrica, provocando nel cacciatore un brivido lungo la schiena. Pericolo.  
La mano andò automaticamente alla pistola che teneva appesa alla cintura, ma uno sparo proveniente da destra lo costrinse a fare un balzo indietro. 

Stiles entrò agilmente dentro all’edificio grazie a una delle vetrate rotte, mantenendo lo sguardo fisso sull’uomo e la presa ben salda sulla sua beretta1

“Tenga le mani a posto, signor Argent” affermò con voce sicura, mentre continuava ad avanzare. 

Il kanima si frappose tra lui e il suo padrone, gridando contro l’agente e costringendolo ad indietreggiare. La bestia fece per balzargli addosso, ma una figura scura alle spalle di Stiles la colpì, facendola rotolare a terra qualche metro più in là. 

“Grazie Derek” gli occhi del poliziotto saettarono verso il licantropo, accertandosi con una rapida occhiata che non si fosse ferito, ma quella distrazione gli costò cara.  

Quasi invisibile fu il movimento di Gerard, tanta era stata la velocità, nell’afferrare la pistola e assestare due colpi all’agente, ferendolo alla coscia e alla spalla. 
Stiles cadde rovinosamente in ginocchio, senza perdere la presa sulla beretta1 e tentò un secondo colpo contro il cacciatore, mancandolo a causa delle ferite. 
Derek si precipitò in soccorso dell’umano, ringhiando contro l’Argent e lanciandosi su di lui ormai fuori controllo, ma il kanima si era ormai ripreso e con un balzo gli fu addosso, bloccandolo a terra. 

“Non è mai una saggia idea quella di andare in uno scontro con il proprio compagno al seguito, Hale. Si rischia di essere terribilmente vulnerabili” la voce leggermente affannata di Gerard risuonò nell’edificio.  

“Non so di cosa tu stia parlando” i ringhi di Derek vennero sedati da una zampata del kanima, ferendolo sullo zigomo. 

“Sono anni che faccio questo lavoro, Hale, e sono in grado di riconoscere due compagni quando li vedo” 

Stiles stava per ribattere che non ci volesse un genio per capire che lui e DerekOscarcanino fossero compagni, ma una vocina interiore lo costrinse a zittirsi non appena ebbe incrociato lo sguardo di Gerard. 

“Mio caro agente, sa cosa si prova quando un licantropo perde il proprio compagno? Significa perdere la propria anima, una metà di sé stessi. È come se non si avesse più un’ancora che mantenga il mannaro aggrappato al terreno” come previsto, gli occhi del poliziotto assunsero la loro classica sfumatura interrogativa, il che lo portò a continuare “Non è raro nel mondo soprannaturale che il proprio animale interiore si scelga un compagno. Questa è una reazione che sfugge al controllo di un licantropo perché istintiva, e lo porta a proteggere incondizionatamente il prescelto”. 

Derek percepì l’inconfondibile sensazione dell’umiliazione. Prese a ringhiare contro il kanima che ancora lo teneva bloccato a terra, ricevendo di risposta un secondo colpo che realizzò, troppo tardi, essere intriso di veleno. 
Imprecò mentalmente non appena percepì la sostanza fare il suo effetto e il mostro alzarsi indisturbato, consapevole del fatto che di lì non si sarebbe mosso. 

“Stiles vattene” le sue parole fuoriuscirono gutturali ed estremamente deboli. L’umano si morse la lingua per non rispondergli a dovere che, anche volendo, non sarebbe potuto andare da nessuna parte a causa delle ferite, e si limitò a sospirare rumorosamente. 

“Che diavolo sta combinando, Gerard?” mormorò ad alta voce, lanciando una rapida occhiata al corpo di Allison, apparentemente incosciente a una quindicina di metri da lui.  

“Sto ripulendo questo mondo, agente, ma temo che non sia in grado di comprendere i fini del mio agire, dal momento che anche lei si è alleato con queste bestie” 

“Eppure, ha tentato di uccidermi con un kanima che lei stesso tiene al guinzaglio, alquanto ipocrita” il tono sarcastico del poliziotto, come previsto, non scalfì minimamente il cacciatore. 

“I kanima, se ben addestrati, sanno essere dei compagni fedeli e devoti, mentre loro -lanciò un’occhiata piena di disgusto verso Derek- loro sono creature furibonde e dagli indomabili istinti omicida” a quelle parole, a Stiles venne un irrefrenabile desiderio di sbattere il cranio di quell’uomo contro la parete.  

“Sa’ una cosa? Fino ad ora ho sperato di giungere ad un accordo con lei, mi sono illuso di poterle far cambiare idea e salvarla. Ora, però, voglio solo che lei muoia. Spero che le anime di tutte le sue vittime possano farle realmente capire chi sia il mostro in questa stanza” la voce del poliziotto era ridotta a un sussurro, ma la minaccia arrivò netta e chiara alle orecchie del cacciatore. Stiles diede una seconda occhiata alle spalle di Gerard, nella direzione di Allison. 

“Sono davvero addolorato, agente. Lei mi è apparso fin da subito un giovane brillante” il tono mieloso non illuse il ragazzo neanche per un istante “Uccidilo”. 

Il kanima saettò nella sua direzione e, nello stesso istante, il poliziotto fece velocemente scivolare la pistola di riserva verso la Argent, che balzò in piedi e colpì il nonno alla spalla. Stiles lanciò una scia di colpi che riuscirono solo a rallentare la corsa della bestia, permettendo comunque al ragazzo di rialzarsi in piedi ed allontanarsi.  

Percepì in lontananza Derek urlargli nuovamente di scappare, e anche questa volta decise deliberatamente di ignorarlo. 

Scappa, ragazzino 

L’umano si voltò di scatto, convinto di aver sentito la voce del mannaro proprio alle sue spalle, ma si disilluse non appena lo vide ancora immobilizzato a terra. Ennesima distrazione che gli costò una potente zampata da parte del kanima, finendo a terra non molto distante dal compagno. Soffiò di dolore non appena si accorse di essere atterrato sulla spalla ferita. 

Resisti 

Ancora una volta, la voce di Derek gli apparve inconfondibilmente troppo vicina per la distanza che li separava. Si rialzò in tempo per ricevere un secondo colpo da parte della bestia. Questa volta cadde rovinosamente a terra e non tentò di rialzarsi, consapevole del fatto che le forze lo stessero abbandonando. 

Diede uno sguardo dall’altra parte dell’edificio e vide Allison in piedi di fronte al nonno calciare con rabbia la pistola che questi tentava ancora di tenere. Fece per chiederle aiuto, ma un’ombra scura comparve nel suo campo visivo, costringendolo a fare fuoco prima ancora che questi potesse attaccarlo di nuovo. Colpo ben assestato, sicuramente, ma altrettanto inutile quando il tuo avversario è un kanima. 

Sono arrivati 

Quella notizia lo portò istintivamente a spalancare gli occhi dalla gioia, noncurante che quello che ne derivò fu un ennesimo colpo da parte della bestia, questa volta in pieno petto. Nel rotolare a terra, percepì distintamente lo scricchiolio di qualche costola, ma non ci diede troppo peso. 

D’improvviso, l’aria venne riempita dal frastuono di ringhi e spari. Le urla si mescolarono tra di loro fino a quando quelle più acute del kanima non vennero sedate. Per Stiles quel silenzio repentino aveva una sola e lucida parola: fine. 

Ragazzino 

Sentì le urla di Derek che lo richiamavano, ma non se ne curò, troppo impegnato nell’assaporare quella dolce sensazione di pace. Avevano vinto. 

Stiles 

Chiuse gli occhi, stupendosi nel sentirli caldi di lacrime, e sorrise lasciandosi cullare dal buio.  

 

 

1: Beretta M9 è una pistola semiautomatica in calibro 9x19mm prodotta dalla Beretta Usa per le forze armate degli Stati Uniti a partire dal 1985 per sostituire la Colt M1911 

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Capitolo 24
*** .24 ***


Urlò il suo dolore, lasciando che le vetrate della sede veterinaria andassero in frantumi. Scott tentò più volte di bloccarlo, ma in ognuna di queste veniva lanciato di peso dall’altra parte della stanza, accompagnato da dei ringhi di avvertimento.  

Anche Malia aveva provato a mettersi in mezzo, ma, contro ogni previsione, Derek si era dimostrato violento persino con lei, lanciandole delle artigliate che venivano prontamente schivate per un pelo. 

L’intera sede sembrava appena uscita dall’attacco di un ciclone, e nessuno dei presenti si era mostrato minimamente utile a placare quell’ira omicida. 

“Ora basta, Derek” Peter fece il suo ingresso nell’edificio proprio in quel momento. Vista dall’esterno, la scena poteva apparire ironica, in quanto l’uomo non ebbe bisogno di aprire la porta, ma gli bastò semplicemente scavalcare ciò che rimaneva dell’infisso in metallo. Tuttavia, il suo tono era ben lontano dalla comicità “Fermo. Calmati” fece brillare i suoi occhi da alpha, il che attirò per un attimo l’attenzione del beta, ma non la sua ubbidienza. 

Ricevette, come previsto, un ringhio ben poco amichevole. 

“Stai solo peggiorando la situazione, Derek” l’uomo spintonò il minore in un angolo, sperando di riuscire ad ammonirlo un minimo “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora è la tua rabbia omicida” 

“ALLORA PORTAMI QUA STILES” furono queste le prime parole del moro da dopo lo scontro con Gerard. 

“Sai benissimo che non posso farlo” l’amara constatazione dell’alpha provocò un ennesimo ringhio da parte del minore “È ferito e al moment-” 

“POTREBBE MORIRE DA UN MOMENTO ALL’ALTRO” la voce di Derek non aveva nulla di umano in quel momento “Ed è colpa tua. Tua e di quella fottuta Argent che ha proposto il piano” il mannaro fece per saltare addosso alla cacciatrice, presente nella stanza, ma venne bloccato da un pugno in pieno petto da parte di Peter. Nel mentre, Scott si era posizionato davanti ad Allison.  

“Stiles era d’accordo, tutti voi avevate accettato” mormorò la ragazza, più per convincere sé stessa che il beta. 

“Dovevi finire tu al posto suo” Derek si era appena ripreso dal pugno dell’alpha e stava osservando la cacciatrice con sguardo improvvisamente glaciale “Tu e la tua famiglia” sospirò, e Peter tremò impercettibilmente nel vedere gli occhi del nipote inumidirsi appena “Stiles non c’entrava nulla in questa storia, eppure per colpa tua sta rischiando di morire” 

“Derek” il ringhio di avvertimento di Scott non venne minimamente calcolato. 

“Se Stiles dovesse morire, ti ucciderò con le mie stesse mani, Argent” 

“Non voglio che lui muoia” l’urlo di Allison colse di sorpresa tutti i presenti nella stanza “Forse non ti è ben chiaro un fatto, Hale” la ragazza si asciugò di fretta delle lacrime che avevano iniziato a bagnarle il viso “Anche io tengo a Stiles. Sicuramente il mio tipo di affetto è diverso dal tuo, ma ti posso giurare che farei di tutto per lui. È grazie a lui se sono riuscita a vendicare mia madre, è grazie a lui se ho deciso di unirmi a voi” 

L’alpha fece per aggiungere qualcosa, ma venne anticipato da un ringhio del moro “Se vuoi fare qualcosa di utile, toglimela da davanti agli occhi. Potrei ucciderla anche adesso” 

  

 

 

Strinse i pugni, mentre quel suono acuto continuava a martellargli ritmicamente i timpani. L’odore di candeggina e disinfettante aveva mandato fuori uso il suo olfatto ed era giunto alla conclusione che gli ospedali avessero come obiettivo quello di disintegrare lentamente i cinque sensi. 

Christopher odiava quel posto.  

A causa delle continue lezioni di caccia, aveva speso buona parte dell’infanzia imbavagliato in garze, ma in quel momento avrebbe pagato oro per essere lui il ferito e non l’accompagnatore. 

Sospirò silenziosamente mentre il suo sguardo cadeva sul corpo di Stiles, compostamente sdraiato di fronte a lui. Si passò nervosamente una mano tra i capelli ed i suoi pensieri caddero alla fatidica notte di alcune settimane prima, quando aveva permesso a quel poliziotto troppo impulsivo di entrare in casa ed aiutarlo a cacciare l’alpha. 

Non avrebbe dovuto farlo. 

Eppure, Stiles gli era parso pericolosamente troppo sicuro per la sua età e, allo stesso tempo, abbastanza maturo da abbattere quelle barriere che invece, lui, non era mai riuscito a superare. 

Christopher ammirava molto Stiles. 

Abbastanza da mettere da parte le convinzioni di una vita e seguire il poliziotto al fianco dei mannari.  

Lui, un cacciatore, al fianco dei licantropi.  

Osservò di nuovo il corpo del ragazzo e realizzò solo in quel momento quanto lui, in quella situazione, non c’entrasse proprio nulla. Ne sarebbe potuto uscire ferito Derek o lui stesso, due realmente coinvolti nella vicenda che si era creata. Perché il destino era stato così crudele da volersi prendere Stiles? L’unico che, forse, aveva realmente creduto in quell’alleanza tra mannari e cacciatori? 

No, non se lo sarebbe mai perdonato. 

 

 

 

“Togliti di mezzo” la voce ben poco amichevole di Derek prese di sorpresa il cacciatore, che era appena riuscito a chiudere gli occhi dopo una notte passata a vigilare sul corpo del poliziotto. 

“Com-” ma prima che potesse rispondere qualcosa, la presa di Allison sulle sue spalle lo costrinse ad alzarsi e lasciare il posto al mannaro “Cosa sta succedendo?” 

Non ottenne risposta dal moro, che si era preso la sedia e posizionato il più vicino possibile al letto di Stiles. 

“Non posso credere di star per dirlo, ma per il vostro bene vi conviene uscire” asserì Peter, appoggiato allo stipite della porta “Derek al momento è... indisposto a qualsiasi dialogo pacifico” 

“Quale sarebbe il prob-” 

“Papà, non è il momento. Credimi”  

 

 

 

Inspirò per l’ennesima volta l’odore di quelle lenzuola. Un brivido gli percorse la schiena quando nella sua mente si insidiò l’ipotesi di non poter mai più respirare il profumo del suo compagno. 

No. 

Non doveva pensarlo. 

Strofinò ancora il naso tra quelle coperte mentre la presa sulla mano di Stiles si faceva via via più forte. Aveva passato le ultime ore ad assorbire il dolore del poliziotto e, nonostante i continui crampi, stava continuando imperterrito a dare un po’ di sollievo al suo compagno. 

Aveva paura. 

Sì, non ne aveva mai avuta così tanta. 

Resta con me, Stiles. 

Aveva ripetuto quella preghiera per tutta la notte, incapace di formare pensieri più complessi. 

Spesso si era ritrovato ad odiare e, allo stesso tempo, ammirare quell’umano e il suo continuo parlare. La sua abilità nel dire esattamente cosa pensasse era un qualcosa di alieno per la mente di Derek, eppure Stiles lo affascinava. Tuttavia, se in quel momento fosse stato il poliziotto a trovarsi nella situazione del mannaro, forse non sarebbe riuscito a proferir parola nemmeno lui. 

Perché Derek sapeva che l’agente tenesse un minimo a lui. Ne era certo. Era chiaro quanto Stiles fosse legato al licantropo. 

E, paradossalmente, per quanto fosse stato proprio il lupo del maggiore a scegliere il poliziotto come compagno, era proprio il licantropo a non saper esprimere il suo affetto. 

Proprio in quel momento, appoggiato su quel lettino, Derek si pentì di tutte le volte in cui non era stato in grado di parlare con il minore. Di tutte le volte in cui Stiles aveva dovuto rincorrerlo per avere delle risposte. 

Il mannaro si morse il labbro e affondò, se possibile, ancora più a fondo il naso tra le lenzuola. 

Mi dispiace. 

“Ti dispiace per cosa, ragazzone?” 

 

 

 

“Ti dispiace per cosa, ragazzone?” 

Derek si rizzò velocemente a sedere mentre, con gli occhi innaturalmente spalancati, incrociava lo sguardo estremamente debole del minore.  

“Ehi” mormorò, non trovando di meglio da dire. Fece per aggiungere qualcosa, probabilmente un insulto verso l’incoscienza dell’umano, ma i suoi propositi vennero ostacolati dal dolce sorriso del poliziotto. 

“Di’ la verità, ti sono mancato, eh?”  

Derek non ebbe bisogno di altre parole, né di altri pensieri.  

Il pesante macigno che fino ad allora gli stava opprimendo le spalle scomparve, così come quell’irrazionale senso di colpa. Il suo compagno era lì, accanto a lui. 

Tornò ad accoccolarsi con la testa appoggiata sul letto, lasciando che il profumo di Stiles lo pervadesse dolcemente. 

Nient'altro era necessario. 

 

 

 

Le braccia erano attraversate da una fastidiosissima sensazione di intorpidimento, ma riuscì comunque ad appoggiare lentamente una mano sulla testa del licantropo.  

Entrambi si rilassarono a quel contatto. 

A Stiles parve di essere stato catapultato indietro di qualche mese, quando le sue uniche preoccupazioni erano noiosissime denunce fatte da anziani intransigenti. Respirò, come se per tutte quelle settimane fosse rimasto in apnea. 

Nient'altro era necessario. 

 

 

 

Entrambi inspirarono a pieni polmoni la soave leggerezza della libertà.  

Stiles ignorò deliberatamente il leggero tremore delle spalle di Derek, consapevole del fatto che l’altro stesse cercando di regolarizzare il suo respiro, mentre in mannaro non si preoccupò dell’odore di lacrime che aveva inondato la stanza. 

Avevano vinto. 

Nient'altro era necessario. 

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