Shinjuku Gyoen- Tokyo in love

di EcchanEcchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Page 00 ***
Capitolo 2: *** Page 01 ***
Capitolo 3: *** Page 02 ***
Capitolo 4: *** Page 03 ***
Capitolo 5: *** Page 04 ***
Capitolo 6: *** Page 05 ***
Capitolo 7: *** Page 06 ***



Capitolo 1
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Piccola postilla che vorrei leggeste: ciao a tutti! Non so quanti si ricorderanno di me, probabilmente i miei vecchi lettori non saranno nemmeno più su questo sito ma… ecco, sono tornata! Ultimamente, dall’alto dei miei ventitré anni suonati, sono tornata a leggere le fanfiction e ho riscoperto il piacere di scrivere. Questa idea mi è venuta leggendo tante AU dove Kikyo è delineata sempre nello stesso modo. Non che mi disturbi (continuo a odiarla :3), ma ho voluto provare a reinterpretarla. Non temete, sarà una classica AU InuyashaxKagome come piacciono a me e, spero, a voi. Non so ogni quanto aggiornerò, penso una volta a settimana ma vedremo poi.
Vi lascio alla lettura, un bacio. EE.

Shinjuku Gyoen- Tokyo in love
 
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Era in ritardo, di nuovo. Sango l’avrebbe sgridata anche stavolta. “Non è colpa mia” pensò la giovane, maledicendo quei trampoli infernali chiamati tacchi.
Kagome Higurashi, venticinque anni, era una ritardaria cronica e i suoi amici lo sapevano bene. Quel giorno era stata costretta a vestirsi elegante, la sua amica Sango aveva insistito tanto e l’aveva infine convinta. “Sicuramente non è la solita cena nella bettola di fiducia” si disse mentre correva verso il ristorante dove la stavano aspettando Sango, Miroku e Koga. Già, Koga. Stavano insieme da quanto, quattro anni forse? Chi può dirlo? Si erano incontrati nei corridoi dell’università e non si erano più lasciati. All’inizio era bello, ma gli anni e il carattere difficile del ragazzo non giovavano alla relazione. Litigavano spesso, come quella mattina, quando lui le aveva fatto una scenata pazzesca perché aveva parlato qualche minuto di troppo con un collega. Nonostante questo avevano deciso di seppellire l’ascia di guerra per qualche ora, giusto il tempo di salutare Kikyo e conoscere il suo nuovo ragazzo.
Kagome, Sango e Kikyo erano amiche dai tempi delle elementari e questo non era cambiato nemmeno quando quest’ultima aveva deciso di frequentare l’ultimo anno di università a Kyoto. Lì aveva incontrato un vecchio amico di Koga e si era perdutamente innamorata. Quella sera, dopo un anno, Kagome avrebbe rivisto una delle sue migliori amiche.
Erano straordinariamente simili, eppure tanto diverse. Avevano entrambe i capelli e gli occhi scuri, la pelle chiara e l’espressione fiera. Kikyo era alta e minuta, elegante e molto composta. Kagome era più bassina, con qualche forma in più ed era un completo disastro: imbranata e irascibile.
 
Finalmente Kagome arrivò davanti al ristorante e sorrise trionfante. “Solo venti minuti di ritardo” pensò mentre riprendeva fiato e si sistemava la frangetta.
Entrò nel locale e sorrise quando vide la sua amica Sango, affiancata dal suo fidanzato storico, Miroku. Sango era bella, meravigliosa, con i suoi lunghi capelli castani e il fisico allenato. Certo, il suo compagno non era da meno, quegli occhi azzurri lo avevano aiutato a conquistare tante fanciulle, donandogli anche una certa fama da sciupafemmine. Era cambiato solo quando aveva conosciuto Sango, e menomale.
“Ciao ragazzi” sorrise “non ditemi che gli altri se ne sono già andati”
Miroku soffocò una risata, guadagnandosi una gomitata da parte della sua ragazza. “Tesoro, non sono ancora arrivati. Ci siamo dati appuntamento alle 20.30”
Kagome la guardò accigliata “Nel messaggio hai scritto –Alle 20.00 davanti al ristorante-“
“Ops, mi sarò sbagliata” rise Sango.
Kagome non ebbe il tempo di rispondere perché qualcuno prese posto alla sua destra.
“Ciao amore” disse, lui rispose con un grugnito infastidito.
“Oh oh” sussurrò Miroku all’orecchio della fidanzata “tira una brutta aria qui”. Sango annuì preoccupata, era già la quarta volta in una settimana.
Un gridolino di gioia spezzò il silenzio imbarazzato che aleggiava nell’aria.
Kikyo, leggiadra pur indossando dei sandali gioiello dal tacco vertiginoso, corse verso le sue amiche, raggiante. Kagome le corse incontro e l’abbracciò forte, quanto le era mancata. Mentre gli altri davano il bentornato alla ragazza, Kagome notò un giovane che si avvicinava al loro tavolo. Kami, era bellissimo. I lunghi capelli bianchi cadevano sulle spalle larghe, mentre i suoi occhi ambrati scrutavano l’ambiente. Era alto, e la camicia bianca lasciava intendere un fisico niente male.
“Lui è Inuyasha, il mio fidanzato” lo presentò Kikyo. Il giovane fece un cenno con la mano, mostrando i lunghi artigli.
Kagome arrossì, mentre Koga si apprestò a dare un cinque al vecchio amico. “Come andiamo mezzodemone?” rise. Inuyasha lo guardò torvo per poi sorridere “Alla grande, lupastro”.
La cena proseguì tranquilla e Kagome si ritrovò più di una volta ad osservare di sottecchi il nuovo arrivato, arrossendo.
“Kagome tutto ok?” chiese preoccupata Kikyo “Ti vedo un po’ rossa”.
“Sarà il vino…” si, era decisamente colpa del vino. “Beh Kikyo, cosa ci racconti? Come vi siete conosciuti tu e Inuyasha?” intervenne Sango, capendo la situazione.
“Ah questa è una bella storia! Koga mi aveva accennato a questo suo amico, che avrebbe frequentato il mio stesso ateneo e ho voluto incontrarlo. Sapete, sola in una nuova città… Avevo bisogno di conoscere qualcuno, e il resto è storia. Vero tesoro?”
Inuyasha annuì, senza staccare lo sguardo da Kagome. “E’ carina” pensò mentre la osservava sistemarsi la scollatura del vestito. Pensieri poco casti attraversarono la mente del mezzodemone, mentre si stupiva di sé stesso. Era fidanzato, che diamine!
“Quindi Kagome, mi dicevi che stai cercando casa”
“Si Kikyo, vivere insieme a tre matricole sta diventando un pochino stretto. Un coinquilino mi serve, non potrei permettermi un affitto qui a Tokyo da sola, ma tre sono decisamente troppi.”
Koga sbuffò “Ti ho già detto che puoi stare da me finché non ti sistemi”
“Ne abbiamo già parlato, amore” disse la giovane a denti stretti, cercando di non far trasparire il fastidio.
“Se ti interessa da Inuyasha c’è una stanza libera” sorrise Kikyo.
“Non vivete insieme?” chiese Miroku mentre seguiva con lo sguardo il sedere della cameriera.
“Per il momento no, è ancora presto e io vorrei stare qualche tempo dai miei. Comunque Inuyasha sta cercando un coinquilino, per questo ho chiesto a Kagome”
La giovane incrociò lo sguardo con Sango. L’espressione dell’amica era chiara “non fare stronzate”.
“Ci penserò Kikyo, ti ringrazio”.
Inuyasha si versò un bicchiere di vino e disse “domani mattina puoi venire a vedere la casa, ragazzina
Kagome diventò paonazza “Scusa?”
“Ho detto che domani mattina puoi venire a vedere la casa, sei sorda per caso?”
“Oh Kagome ti prego scusalo, è un po' burbero ma sono sicura andrete d’accordo” asserì Kikyo pizzicando la mano del mezzodemone.
“Non credo proprio” pensarono i due all’unisono, guardandosi storto a vicenda.
 
 
Kagome non vedeva l’ora di togliersi quella roba di dosso, e accettò ben volentieri la t-shirt che Koga le aveva passato. Si legò i capelli e si mise subito sotto le coperte, cercando di prendere sonno.
“Senti, non mi va” sussurrò la ragazza sentendo il giovane demone lupo accarezzarle la coscia nuda.
“Nemmeno stanotte? E’ un mese che dormiamo e basta” sbottò il ragazzo.
“Koga non mi va, sono stanca e non mi hai ancora chiesto scusa per stamattina.”
“Al diavolo, vai pure a vivere da quel botolo ringhioso e non rompermi i coglioni”.
Kagome si mise seduta sul letto e osservò il ragazzo girarsi e darle le spalle.
“Cos’è questa storia adesso?”. “Lo sai benissimo, perché cazzo hai accettato di vedere la casa? Puoi stare qui con me, come una coppia!”
“Senti Koga, ne abbiamo già parlato. Litighiamo ogni giorno, una convivenza ci farà solo peggio”
“O forse potrebbe aiutarci, non scopiamo nemmeno più”
“Come sei volgare”
“Certo certo, poi non lamentarti” e chiuse gli occhi, mettendo fine alla conversazione.
Kagome sentì un brivido lungo la schiena, cosa voleva intendere con quella frase? Pensò al peggio, ma decise che continuare a discutere non li avrebbe portati a nulla, perciò chiuse gli occhi e provò a dormire.
 
Inuyasha accarezzava i capelli di Kikyo, addormentata profondamente sul suo petto. “Ho fatto faville stanotte” si autocongratulò con sé stesso. Anche se un pensiero fastidioso gli inondò la mente. Per un secondo, un solo ed innocuo secondo, al posto di Kikyo gli sembrò di vedere quella ragazzina fastidiosa. “Impossibile” si disse, chiudendo gli occhi.
 
 
 
EE’s corner:
Ok, ce l’abbiamo fatta. Non saprei onestamente cosa dire. Non riesco a fare di meglio per il momento, magari più avanti la sistemerò. Non ho un’idea chiara in testa, lascerò che siano i personaggi a guidarmi e vedremo cosa ne uscirà fuori. Un bacetto <3

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Capitolo 2
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Kagome si alzò dal letto con poco entusiasmo. Koga dormiva ancora e non aveva intenzione di svegliarlo o di parlarci, non dopo la discussione della notte prima almeno. Decise così di alzarsi, raccolse i vestiti della serata precedente e indossò un paio di leggings che aveva lasciato da lui qualche settimana prima. Scrisse un veloce bigliettino per avvisare il demone e non farlo preoccupare troppo.
Sono tornata a casa, alle dieci vado dal ragazzo di Kikyo. Ci sentiamo stasera. K.
Sospirò, Koga si sarebbe decisamente arrabbiato.
Quando arrivò davanti al suo appartamento capì subito che qualcosa non andava, fuori dalla porta vide svariate bottiglie di birra vuote. Se possibile la situazione all’interno dell’alloggio per studenti era ancora peggio. Il soggiorno puzzava di alcol e fumo, la moquette era invasa da cicche di sigarette e bicchieri di plastica. Come se non bastasse continuava a sentire un insopportabile ronzìo provenire da qualche parte in casa. Kagome guardò l’orologio, erano solo le 8.00. Aveva giusto il tempo di farsi una doccia e uscire.
Kikyo potresti mandarmi il numero del tuo ragazzo? Non ricordo come il suo nome ahaha. Vorrei confermare la visita della casa per stamattina
La giovane non fece in tempo a posare il telefono che sentì il suono della notifica
Ciao bellissima, certo! Si chiama Inuyasha comunque. Spero che la casa ti piaccia bacii
Kagome sorrise e si diresse verso la sua camera mentre maledetto ronzio si fece sempre più intenso.
La ragazza spalancò la porta e per poco non le venne un infarto. Nel suo letto sonnecchiava (e sbavava) tranquillo uno dei suoi coinquilini, Jakotsu.
“Ma che diavolo ci fa qui e come fa a dormire con questo suono fastidioso” pensò Kagome infastidita.
Un urlò squarciò la quiete della palazzina. Il ragazzo si svegliò di soprassalto, quasi cadendo dal letto.
“Che diavolo stavi facendo nel mio letto?!” tuonò la giovane
“Oh zuccherino sei tu, pensavo avessero ammazzato qualcuno” biasciò Jakotsu, tentando di coprire le sue grazie.
“No, forse non ci siamo capiti brutto imbecille. Perché sei nudo nel mio letto e perché diavolo hai quel coso gigante tra le braccia?!”
“Prima di tutto non è un coso, ma è Herbert, il mio fidato dildo. Secondo di tutto, Bankotsu aveva bisogno di privacy e siccome le nostre camere sono attaccate ho pensato di dormire qui.” Sorrise il giovane, sistemandosi meglio sul letto “e ti dirò di più. Herbert ha ben quattro velocità di vibrazione e la modalità turbo.”
“Sparisci”
Una treccia nera fece capolino dalla porta “Ehi Kacchan, Jakotsu ti ha presentato Herbert?”
“Buongiorno fratellone, hai castigato la bionda?”
“Ovviamente” rispose il giovane con un grande sorriso.
 
Jakotsu e Bankotsu erano fratelli, ma non si assomigliavano poi tanto. Il primo portava i capelli corti, raccolti in un codino e amava truccarsi in modi improbabili. Lavorava come performer in un locale di Drag Queen, oltre a frequentare un’Accademia per Makeup artists. Il secondo, invece, teneva i lunghi capelli raccolti in una treccia e aveva uno stile molto più simile a quello dei rapper disastrati che ascoltava di solito. Formalmente era iscritto a Scienze motorie, in realtà passava le sue giornate a bere e fare da spalla a suo fratello quando voleva rimorchiare qualche bel manzo.
“Voi due mi state esasperando. Vi voglio fuori di qui subito, devo prepararmi per vedere una casa”
“No Kacchan, non puoi abbandonarci così” piagnucolò Jakotsu saltando sul letto della ragazza.
“Jakotsu ti scongiuro, sono solo le otto del mattino e non ho voglia di vedere te nudo che ti dimeni sul mio letto. E la cosa più raccapricciante sono le tue ciglia finte mezze staccate.”
Al suono di quelle parole, il giovane corse in camera sua a sistemarsi. Nudo si, ma le ciglia in disordine manco morto.
Bankotsu rise, seguendo con lo sguardo il fratello, per poi rivolgersi a Kagome. “E così hai deciso di lasciarci”
“Si Ban, ho bisogno di tranquillità. Vi adoro ma ho una tesi da preparare”
“Certo, capisco. Ayame non tornerà prima di stasera, ha farfugliato qualcosa su un turno improvviso a lavoro ed è scappata poco prima che tu tornassi”
“Va bene, la avviserò più tardi. Anche se penso mi stia evitando ultimamente”
Bankotsu non fiatò e tornò in camera sua. “Strano” pensò la ragazza “di solito avrebbe commentato in maniera oscena”
Kagome sospirò, i suoi coinquilini le sarebbero mancati davvero tanto, ma non poteva continuare a vivere e studiare facendo slalom tra alcol, erba e preservativi lasciati in giro.
Dopo essersi fatta una doccia veloce iniziò a vestirsi. Scelse un paio di jeans chiari e una canotta rosa cipria, non aveva proprio voglia di agghindarsi. Un filo di mascara, converse bianche basse e uscì di casa.
Mentre si dirigeva alla stazione Kagome digitò il numero che Kikyo le aveva mandato. Uno, due, tre squilli e finalmente qualcuno rispose.
“Mh chi è?” una voce impastata dal sonno giunse attraverso lo smartphone.
“Ciao! Sono Kagome, l’amica di Kikyo. Ti disturbo?”
Il ragazzo sembrò sorpreso, poi si schiarì la voce e rispose “Ciao… Kagome, giusto? Mi chiami per la casa?”
“Si esatto, ti ho disturbato? Pensavo di venire a vederla tra poco. Se mi dai l’indirizzo ti raggiungo.”
“Ti mando la posizione”
Kagome guardò incredula lo schermo del suo cellulare. Le aveva chiuso la chiamata in faccia quel maleducato!
Il GPS la condusse in un quartiere piuttosto carino, nei pressi dello Shinjuku Gyoen, un meraviglioso parco considerato uno dei più belli di tutta Tokyo. Kagome era estasiata, si immaginava mentre passeggiava sotto i fiori di ciliegio in primavera o faceva shopping nei negozi del quartiere il fine settimana.  Nel suo sognare ad occhi aperti arrivò finalmente al palazzo dove abitava Inuyasha. Sembrava abbastanza moderno e aveva un’ottima posizione rispetto alla stazione dei treni, una comodità non da poco visto quanto spesso aveva bisogno di recarsi all’università.
Arrivò al settimo piano, si trovò davanti la porta dell’interno 193 e suonò il campanello.
Quando la porta si aprì, lo stomaco di Kagome fece una capriola. Inuyasha stava in piedi davanti a lei, con indosso solo un pantalone sportivo nero; con una mano artigliata cercava di sistemare i capelli argentei, mentre l’altra teneva spalancata la porta. I suoi addominali sembravano essere scolpiti nel marmo, e i suoi occhi ambrati, leggermente lucidi a causa di un recente sbadiglio, la scrutavano con attenzione.
Un ghigno canzonatorio comparve sul viso del bel mezzodemone. “Beh che hai da guardare, ragazzina?”
Kagome si ridestò all’improvviso. “Emh… ecco io… Buongiorno Inuyasha” cercò di nascondere l’imbarazzo, ma il rossore delle sue guance la tradiva.
Inuyasha continuò ad osservarla –Decisamente gnocca- pensò.
“Prego, entra. Sei qui per vedere l’appartamento dopotutto” il mezzodemone si fece da parte per farla passare.
Kagome notò subito quanto fosse spazioso quell’appartamento, rispetto agli standard giapponesi.
L’ingresso era modesto, con una piccola scarpiera sulla destra. Il corridoio principale portava ad un soggiorno arredato in stile moderno, con enormi vetrate e un divano bianco sorprendentemente comodo. La cucina era direttamente collegata con il soggiorno, anch’essa arredata in modo simile, aveva un’ampia isola centrale, alla quale erano accostati quattro sgabelli in pelle. –Ideale per la colazione- pensò la ragazza mentre ammirava la vista sullo Shinjuku Gyoen.
“Ti faccio vedere le camere e il bagno” disse il mezzodemone indicandole un secondo corridoio.
Il bagno era completamente in stile europeo, con i sanitari in ceramica perlata e le mattonelle nere e lucide.
“Wow, doccia e vasca. Questo è un lusso” esclamò la ragazza sorpresa.
“Si, da quanto ne so è stato ristrutturato di recente. Andiamo a vedere la tua stanza, sempre se deciderai di venire a stare qui”.
La camera da letto sembrava abbastanza spartana; vi era un letto a due piazze, appoggiato al muro e sopra di esso una grande finestra. L’armadio pareva spazioso, mentre la scrivania era decisamente piccina per gli standard di Kagome, da sempre abituata a tenerci sopra qualsiasi cosa.
“Ci sono pochi mobili, ma con un po' di attenzione potrebbe diventare accogliente” sentenziò la giovane.
“Mh si, comunque la mia stanza è esattamente davanti alla tua”
“Oh bene. Posso chiederti perché cerchi un coinquilino?”
“Parliamone davanti a un caffè, ti va?”
Kagome annuì e tornarono in cucina, dove Inuyasha accese la macchina per il caffè.
“Non che mi serva davvero un coinquilino, io da solo sto bene” disse il mezzodemone mentre appoggiava la tazzina sull’isola “Ma Kikyo era preoccupata che potessi isolarmi troppo in una nuova città.”
“Perché non siete andati a vivere insieme?” chiese la giovane, mentre sorseggiava l’espresso
“Per lo stesso motivo per cui tu e Koga non avete ancora fatto il grande passo” sorrise amaramente.
“In che senso scusa?” Kagome quasi si strozzò. Come diavolo faceva a saperlo quello lì?
“Ieri la tensione tra voi due si tagliava con il coltello. Dovreste imparare a recitare un po' meglio.”
Kagome non voleva parlarne, perciò cambiò discorso. “Senti, ho visto che l’affitto è abbastanza basso rispetto ai prezzi della zona. Come mai?”
“Oh la proprietaria voleva affittarlo in fretta, quindi ha fatto un prezzo di favore. Cosa te ne pare?”
“Mi piace molto, penso proprio che lo prenderò. Anche se mi ci vorrà un po' per portare qui tutta la mia roba”
“Ragazzina vedi di non colonizzare troppo il mio regno”
Kagome lo guardò interdetta, era davvero insopportabile.
“Per una convivenza civile dovresti smetterla di chiamarmi così”
“Certo certo” Inuyasha alzò le mani in segno di resa.
“Credo mi ci vorrà almeno una settimana per traslocare, forse meno con l’aiuto di Miroku e Koga”
“Si va bene, domani ti faccio avere il contratto e una copia delle chiavi”
“Ti ringrazio Inuyasha, ora vado. Ci vediamo!”
Così Kagome uscì dall’appartamento. La giovane si prese tutto il tempo di ricomporsi, la vista prolungata di Inuyasha a petto nudo le aveva annodato le viscere. –Ma che diavolo pensi, è il fidanzato di una delle tue migliori amiche, sei proprio in astinenza deficiente!- si disse mentre si dirigeva verso il suo bar preferito in zona, dove Sango la stava già aspettando.
 
Nello stesso momento Inuyasha stava ritirando le tazzine, ma i suoi pensieri non facevano altro che indugiare sulle generose forme di Kagome. –Dannata ragazzina, non può mettersi certa roba attillata e ancheggiare per la casa!-
Il mezzodemone sospirò, cercando di scacciare quei pensieri scomodi.
 
 
Kagome addentò la sua ciambella mentre Sango la guardava contrariata.
“Sei stupida? Ma cosa ti salta in mente! Kagome sei la mia migliore amica, ma non posso essere d’accordo sulla tua scelta.”
“Non capisco perché, la casa è bella e Inuyasha sembra decente.”
Sango sbuffò, irritata. “Kagome, lui è il ragazzo di Kikyo. E’ un po' sconveniente abitarci insieme”
“Boh sarà, in ogni caso non potevo più tollerare i ragazzi e i loro giochini erotici”
“Jakotsu ti ha presentato Herbert?”
Kagome guardò sgomenta la sua amica “Tu come fai a sapere di Herbert?”
Sango sospirò “Ha caricato un selfie insieme a lui su Instagram”
 
 
 
EE’s corner:
Ciao bellezze! Come va? Piaciuto il capitolo? Qui sono le 03:08 e io sono esausta. Ho cercato di delineare Jakotsu in un modo abbastanza singolare e comico, senza alcuna cattiveria o stereotipo di sorta. Semplicemente mi sembra andare d’accordo con il personaggio descritto nell’anime. Voglio prendermi i miei tempi per raccontarvi le cose, ma non voglio esagerare con i capitoli. Vedremo un po' con il passare del tempo
Un bacetto

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Capitolo 3
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Kagome tornò nel suo appartamento, consapevole di dover passare il resto della giornata a impacchettare la sua roba. Sango si era dileguata nello stesso momento in cui l’amica le aveva chiesto una mano.
-Poco male- pensò-almeno non dovrò sorbirmi la sua ramanzina-
Quando l’ultimo degli scatoloni fu riempito, Kagome si accorse che fuori era buio pesto. Prese il cellulare ma nessun segno di Koga, solo una mail di Inuyasha con allegato il contratto della nuova casa. Erano quasi le dieci di sera e l’unica cosa che aveva mangiato era stata una ciambella mentre chiacchierava con Sango.
Sospirò e decise di scendere al conbini sotto casa, sperando di trovare ancora dei nikkuman caldi. La fortuna non era decisamente dalla sua parte, perciò arraffò una busta di patatine e chiese all’anziano titolare un bubble tea. Andava in quel negozietto da quando aveva iniziato l’università e ormai conosceva bene il proprietario, il signor Totosai; era uno strano vecchio, ingobbito dagli anni, che portava il pizzetto e i pochi capelli rimasti legati in un codino sulla cima della sua testa. Al suo fianco era sempre presente un gatto marrone, così grasso da sembrare una mucca.
“Stai preparando un esame Kagome?” le chiese porgendole la bevanda.
La ragazza scosse la testa, mentre guardava attentamente dei cioccolatini al burro di arachidi, indecisa se mandare del tutto al diavolo il suo reflusso. “Ho finito con gli esami, sto preparando la tesi ma oggi ho preparato la mia roba per il trasloco” rispose arraffando due o tre dolcetti.
“Capisco, non stressarti troppo giovinetta”
“Non si preoccupi. Grazie mille!” disse prendendo la busta con la sua imbarazzante cena e il bicchiere di boba.
Le porte scorrevoli del conbini si chiusero con un leggero scampanellio e Kagome rientrò a casa. Uscendo dall’ascensore vide una figura minuta davanti alla sua porta d’ingresso, che cercava di entrare in casa senza fare rumore.
Kagome accese le luci del pianerottolo, insospettita. “Ma che cazzo” bofonchiò la figura misteriosa.
“Ah sei tu!” il tono divenne più nervoso alla vista della ragazza dai capelli corvini.
“Ayame mi spieghi cosa stai facendo? Sembri un ladro”
“No… è che… si insomma, è tardi. Non volevo fare casino.”
Kagome la osservò meglio. I capelli rossi erano completamente spettinati, del mascara rimaneva solo un pallido alone sotto i grandi occhi verdi, mentre i vestiti erano completamente sgualciti, come se fossero rimasti accartocciati sul pavimento per ore.
“Sei un disastro, giornata movimentata a lavoro?”
“A lavoro? Ah! Emh… si, un vero merdaio oggi”
“Strano, sono venuta a fare colazione con Sango e non ti ho vista.” Rispose Kagome sempre più sospettosa. La sua coinquilina non gliela raccontava giusta.
Entrarono in casa e Ayame si defilò velocemente in camera sua, senza neanche augurare la buonanotte.
Kagome sospirò, era circondata da persone veramente particolari. La sua attenzione andò al cellulare, quando si illuminò segnalando un messaggio di Koga.
Ehi scusami, ho avuto una giornata impegnativa. Vorrei farmi perdonare per la storia del tuo collega e della casa, domani andiamo in un posto fantastico. Ti amo
 
-Almeno ci prova- disse a sé stessa mentre gettava il pacco di patatine ormai vuoto e si dirigeva a letto. Era davvero esausta.
 
La mattina dopo il cellulare iniziò a suonare prima del solito. Kagome lo cercò a tentoni sul comodino, con la faccia ancora schiacciata sul materasso.
“Pronto?” mugugnò con la voce impastata dal sonno.
“Kagome? Ma che cazzo, stavi ancora dormendo?” rispose con un tono infastidito il suo interlocutore.
“Buongiorno anche a te, Koga.”. Incredibile come il ragazzo riuscisse a farle venire il nervoso di prima mattina.
Dovevamo andare in un posto o sbaglio?”
-Merda- pensò la ragazza saltando giù dal letto. “Scusami, ieri sono crollata.” Disse la giovane cercando di assumere un’aria colpevole. “Inizia a salire, intanto mi preparo”
Ti aspetto giù” e chiuse il telefono.
-Che razza di problemi ha? - si chiese Kagome mentre entrava in doccia. Cercò di fare in fretta, per una volta; non sapendo dove volesse portarla il suo ragazzo decise di mettersi un paio di jeans skinny a vita alta, una t-shirt rosa cipria e le sue fidate converse bianche.
Mentre usciva di casa incrociò la sua coinquilina in cucina. La rossa era stranamente silenziosa e, appena la vide, si immusonì.
“Buongiorno Ayame, tutto ok?”
“Ciao, si. Dove vai?” chiese cupa. “Oh Koga mi porta a fare un giro” le sorrise incerta mentre infilava le chiavi nella borsa. Ayame non rispose, si limitò ad annuire e si chiuse in camera sua sbattendo la porta.
 
“Scusa il ritardo”
“Ci sono abituato” rispose il demone lupo accennando un sorriso sghembo. Kagome prese posto sul lato del passeggero, mentre il ragazzo si mise alla guida della sua Nissan nera.
“Dove mi porti?”
Il demone non rispose, troppo occupato a inveire contro qualunque povero automobilista gli si parasse davanti.
Dopo una mezz’oretta Kagome intravide il cartello di benvenuto nella città di Yokohama. Sorrise, Koga voleva davvero farsi perdonare.
Kagome aveva trascorso gran parte delle sue estati a Yokohama, dai nonni paterni. Tornava a Tokyo solo poco prima dell’inizio della scuola, e ogni anno era la più abbronzata tra tutte le sue compagne di classe visto che sua nonna adorava portarla all’Umi no Koen.*
Questo avvenne fino al suo quindicesimo compleanno, quando i suoi genitori divorziarono e i rapporti tra le famiglie peggiorarono in un batter d’occhio. La giovane andò a vivere con sua madre e suo fratello Sota nel tempio gestito da suo nonno materno, mentre suo padre aveva deciso di tentare la fortuna in Europa. Certo, continuava a sentire ogni tanto i nonni, ma le sue visite si fecero via via più rare. Erano tre anni che non li vedeva.
Koga posteggiò l’auto nei pressi di una villetta tradizionale, circondata da un bel giardino curato. Accanto al portone figurava una targa in legno, con inciso il nome della famiglia. Tetsuo. La ragazza sorrise, il suo vecchio cognome le faceva sempre un certo effetto. Aveva deciso di cambiarlo a diciassette anni, quando suo nonno le aveva offerto in eredità il tempio Higurashi.  Nonostante l’anziano fosse ancora in perfetta salute ripeteva sempre quanto fosse importante “sistemare le carte prima di lasciare questo mondo”.
 
La giornata trascorse piacevole insieme ai signori Tetsuo, incredibilmente attivi nonostante l’età avanzata. Avevano preso in simpatia Koga e non facevano che lodarlo e rimpinzarlo di caramelle all’anice.
-Se solo sapessero- si ritrovò a pensare la giovane mentre sua nonna serviva l’ennesimo vassoio di dolcetti.
“Tesoro ti vedo dimagrita, stai mangiando come si deve?” esclamò il signor Tetsuo accendendosi la decima sigaretta nel giro di un’ora.
“Si nonno, sono solo un po' stressata per via del trasloco” sorrise Kagome “tu piuttosto, dovresti smetterla di fumare alla tua età”
“Ma che dici ragazzina, io sono in formissima.”
“Certo certo, tesoro hai deciso di cambiare casa? Fai bene! Quei tuoi strani coinquilini… per non parlare di quella volgare ragazzina. Come si chiama… Ayame, giusto?” sentenziò la nonna paterna, dando dei colpetti sulla schiena del marito, a cui era andato di traverso il fumo per la troppa enfasi.
Koga scattò in piedi, con un’espressione indecifrabile in volto “Vado in bagno, scusatemi.”
“Oh cielo, troppi dolcetti?”
Kagome annuì, cercando di non far trasparire il nervosismo. C’era qualcosa che non le tornava, ma non sapeva spiegarsi cosa.
 
A pomeriggio inoltrato i due giovani salirono in macchina per tornare a Tokyo, ritrovandosi sommersi di pacchetti pieni di cibo.
“Sai Kagome, i tuoi nonni non ti assomigliano per nulla.” Disse il giovane demone lupo mentre guidava.
La ragazza ci pensò su, e si ritrovò a dargli ragione. I signori Tetsuo, da giovani, avevano entrambi i capelli chiari e sua nonna aveva gli occhi grigi. Kagome, invece, era la copia di sua madre, con tratti morbidi e fanciulleschi rispetto al fascino spigoloso e austero dell’altro lato della famiglia.
“Ti fermi a dormire da me?” chiese Kagome aprendo la portiera dell’auto.
“No, domani ho una giornata pesante. E anche tu dovresti riposare, non deve passare Miroku per aiutarti a portare gli scatoloni da Inuyasha?”
“Hai ragione, mandami un messaggio quando arrivi a casa.”
Kagome entrò in ascensore con un nodo allo stomaco, che diavolo stava succedendo alla sua relazione?




EE’s corner:
*una località balneabile entro i confini cittadini (l’unica) è Umi no Koen, che letteralmente significa Parco Marino: è aperta al pubblico, gratuita, e l’orario è limitato soltanto nei mesi di novembre, dicembre e marzo. Si trova all’interno del Nojima Pak, nella parte sud di Yokohama, e anche grazie alla vicinanza con la città, è molto vivace e fornita: postazioni per il barbecue, campi da calcio e rugby, attrezzature per altri sport.
 
 
Maccciao! Scusatemi, ci ho messo tantissimo ma ho avuto delle giornate un po' particolari. Diciamo che passare dalla zona bianca a quella arancione è stata tosta. Non che abbia fatto party hard in giro, sia chiaro ahahah. Però mi sembrava di vedere una luce in fondo al tunnel e invece niente. Ci hanno inchiappettati di nuovo. Coooooomunque, spero vi sia piaciuto.
Un bacetto <3
 

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Capitolo 4
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Kagome chiuse la porta alle sue spalle con un gran sospiro, la situazione con Koga era ormai insostenibile ma l’idea di gettare al vento quattro anni non la attirava particolarmente. Decise di bere una camomilla per rilassarsi. Posò la borsa vicino all’ingresso e si diresse in cucina, trascinandosi come se avesse un macigno addosso.
 Ayame stava seduta a fissare il telefono, con un’espressione contrita. “Ehi, tutto ok?”, la rossa sobbalzò.
“Oh Kagome, scusa non ti avevo sentita.” Mormorò senza staccare gli occhi dal suo smartphone.
“Si, ho notato”
Nel momento in cui Kagome le si affiancò lo schermo si accese, segnalando l’arrivo di una chiamata. Ayame lo nascose in fretta, guadagnandosi lo sguardo interrogativo della sua coinquilina.
“Sei sicura che sia tutto ok?” domandò Kagome.
“Si certo, ehm… vado in camera, deve essere mia madre” rispose velocemente prima di dileguarsi tenendo lo schermo del telefono nascosto.
Kagome sospirò per quella che doveva essere la centesima volta quel giorno, anche se un sospetto le attraversò la mente. Rinunciò alla camomilla e si chiuse in camera per chiamare l’unica persona che sarebbe stata disposta ad ascoltarla in quel momento, Sango. Due, tre, quattro squilli e infine una voce affannata rispose.
“Umpf… Ciao Kagome, c’è qualche… mmmh… problema?”
Kagome si passò la mano sul viso per l’imbarazzo. “Volevo parlarti di una cosa ma credo tu sia impegnata”
“No tranquilla, ho appena finito” urlò una voce maschile fuoricampo.
“Che schifo” biascicò la ragazza, dopodichè si sentì un frastuono e dei lamenti di dolore accompagnati da qualche frase incomprensibile ai più, tipo “piccola era uno scherzo”, “scusa non volevo”, “ti prego non uccidermi”, “facciamo il secondo round”.
“Scusami amica, dicevi?” riprese Sango con un tono di voce decisamente poco calmo.
“Non importa, ne parliamo domani dopo il trasloco. Non fargli troppo male, buonanotte.” E chiuse la chiamata.
Sango e Miroku erano così felici insieme, anche se litigavano ogni cinque minuti non sembrava che questo intaccasse la loro vita di coppia.
“Beati loro” pensò Kagome mentre si addormentava.




 
La mattinata trascorse frenetica con un continuo su e giù di scatoloni e buste. Volò anche qualche bestemmia quando Miroku, nel tentativo di evitare le botte di Sango ruzzolò giù per le scale, rovesciandosi in testa la scatola con l’intimo di Kagome.
A mezzogiorno, finalmente, il furgone del trasloco era pronto per dirigersi verso il nuovo appartamento.
Kagome appoggiò le vecchie chiavi sul tavolo della cucina per poi abbracciare Bankotsu.
“Grazie Ban, questi anni con voi sono stati fantastici. Mi mancherete!” disse mentre si asciugava una lacrima.
“Grazie a te, Kagome. Se non ci fossi stata tu probabilmente saremo morti di stenti” sorrise il giovane, cercando di mascherare la tristezza.  Suo fratello, invece, nemmeno ci provava. Jakotsu, infatti, piangeva disperato sul pavimento, riempiendo la moquette di lacrime e muco, mentre abbracciava Herbert.
Kagome lo guardò indecisa se sentirsi commossa o schifata, in entrambi i casi le sarebbero mancate le battute sconce e gli outfit improbabili del suo coinquilino. Ayame non si fece vedere, Bnakotsu provò ad accampare qualche scusa poco credibile e Kagome fece finta di crederci. Ormai era chiaro, c’era sotto qualcosa e avrebbe fatto di tutto per scoprirlo.
 
 
“Alla fine mi hai incastrata eh” disse Sango mentre sistemava i vestiti nel nuovo armadio di Kagome.
“Scusami, ma Koga è sparito. È da ieri che non si fa sentire.” Rispose Kagome senza smettere di riordinare i libri.
“Cosa devi dirmi?”
Kagome sospirò, non poteva nascondere nulla alla sua amica. “È da un po' che Koga è strano, è sfuggente, non vuole mai salire a casa, sparisce per ore… e Ayame mi evita. Quando io entro in casa lei esce, tipo qualche giorno fa. Mi ha detto che doveva lavorare, ma quando io e te siamo andate al bar lei non c’era. Oh! E ieri ho visto che ha ricevuto una chiamata subito dopo il mio rientro. Sullo schermo c’era una K con un cuore vicino. Non so cosa pensare…”
Sango lasciò cadere un paio di pantaloni a terra per lo stupore e un ricordo le inondò la mente. Era successo poche settimane prima. La ragazza era andata a trovare suo fratello Kohaku, da poco uscito dall’ospedale a causa di un infortunio subìto durante un allenamento di judo. Si trovava abbastanza lontana dalle zone che solitamente frequentava, e le parve di vedere Koga insieme ad una ragazza rossa sfrecciare in macchina. Non diede troppo peso alla cosa, dopotutto era assurdo pensare che il ragazzo della sua migliore amica fosse così lontano dall’ufficio e in pieno orario lavorativo.
Scosse la testa, era sicuramente una coincidenza. Koga era troppo innamorato di Kagome per fare una simile stronzata, quindi decise di calmare l’amica, anziché rafforzare le sue paranoie con qualcosa di cui non era nemmeno sicura. “È meglio così” si disse, mentre tornava a piegare i vestiti.
Kagome stava rannicchiata sul divano a guardare un film, quando sentì il rumore delle chiavi nella serratura. Sango e Miroku si erano dileguati da ore e lei aveva finito di sistemare le ultime cose, per poi concedersi un po' di riposo.
Inuyasha fece il suo ingresso in casa con un’enorme busta di carta scura tra le mani.  La ragazza lo osservò bene; i lunghi capelli argentei erano raccolti in una coda ordinata, indossava un paio di jeans attillati grigi e una t-shirt nera.
“Ehi, non sapevo cosa potesse piacerti quindi ho preso tutti i tipi di hamburger che c’erano”
Kagome lo osservò interrogativa “Il mio nome non è ehi”
Inuyasha sbuffò “Va bene Kagome, sapevo di trovarti in casa e sono passato al Mc Donald’s per la cena. Purtroppo dovrai aspettare per provare le mie fantastiche doti culinarie”
La ragazza arrossì, era stato carino. “G- grazie, non c’era bisogno… Aspetta, ti do i soldi” disse mentre si alzava dal divano per recuperare la borsa.
“Non c’è bisogno, consideralo un regalo di benvenuto. Piuttosto, prendi la Coca Cola dal frigo”
Inuyasha si diede il cinque mentalmente, era riuscito ad avere una conversazione normale, senza fare pensieri sconci e quindi mettere a rischio la sua relazione.
“Andrà tutto bene” disse a sé stesso ghignando. Tuttavia il sorriso sghembo gli morì in viso quando notò Kagome allungarsi per raggiungere il ripiano più alto del frigorifero. Gli shorts neri erano decisamente troppo corti e la maglia con i panda viola lasciava intravedere le fossette di Venere e la pelle chiara della ragazza.
Il mezzodemone deglutì rumorosamente, sentendo il cavallo dei pantaloni farsi più stretto.
“Umm… Kagome?”
La ragazza, dopo aver finalmente raggiunto la bottiglia, si girò verso il ragazzo con sguardo interrogativo.
“No niente, lascia stare, mangiamo” mormorò senza osare guardarla in faccia.


 
Inuyasha non fece altro che rigirarsi nel letto per tutta la notte. I suoi pensieri erano dannatamente sbagliati e fuori luogo. Va bene, Kagome era molto affascinante e divertente, a giudicare dalla conversazione avuta a cena. Avrebbe anche potuto definire la sua compagnia piacevole, ma lui stava con Kikyo, che diamine! Non che andassero particolarmente d’accordo in quel periodo e l’idea di averla seguita fino a Tokyo non lo rendeva felice, ma rimaneva comunque la sua ragazza e le due ragazze erano come sorelle, non poteva certo creare casini in quel modo.
Inuyasha sbuffò per l’ennesima volta.  Era solo attrazione fisica, nulla di più. Il mezzodemone si accese una sigaretta soddisfatto dalla conclusione a cui era arrivato, tutto da solo per giunta. Era solo attrazione fisica momentanea.
 
 
 
EE’s corner
Beh ciao… umm… scusatemi, davvero. L’università è stata terribile ultimamente, ho tanti esami da dare e poco tempo a disposizione per scrivere. In ogni caso, da qui fino a dicembre dovrei avere un po’ di tempo libero da dedicare alla scrittura, quindi sto valutando di aggiornare, quando riuscirò, anche due volte a settimana, per recuperare il tempo perduto!
Non vi posso dare delle scadenze precise, ma vi prometto che non lascerò questa storia incompiuta. Il quadro si sta piano piano delineando nella mia mente, quindi preparatevi perché ne vedrete delle belle!
Vi ringrazio anche per le recensioni sempre positive e per la bella accoglienza che mi avete riservato. Siete meraviglios* <3
Un bacetto <3

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Capitolo 5
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Page 04
 
“Kagome devi imparare a difenderti!” esclamò risoluta la bambina mentre cercava di togliere le foglie rimaste nei capelli dell’amica. “Sango, io non ci riesco proprio” mugolò tra le lacrime “vorrei solo fare amicizia” concluse per poi lasciarsi andare a un pianto disperato.
Kagome aveva cinque anni ed era stata smistata nella sezione dei coniglietti, mentre la sua migliore amica Sango era finita in quella dei gattini. “L’asilo è tremendo!” si lamentò la piccola Ka-chan. Non era mai stata particolarmente timida, specie se poteva contare sulla vicinanza della sua migliore amica; tuttavia quell’anno le maestre avevano giocato sporco, separandole. Sango si era subito adattata, non aveva problemi a farsi rispettare, forte del fatto che la sua famiglia possedesse un dojo molto famoso. Era una piccola guerriera che non si faceva alcuno scrupolo a proteggere i più deboli, come in quel caso.
Kagome, invece, era stata presa di mira da alcuni compagnetti, che non facevano altro che darle il tormento per qualsiasi cosa, a partire dal suo stesso nome. Si divertivano a sbucarle alle spalle cantando la famosa canzoncina dell’uccellino in gabbia o, come quella volta, la spingevano nei cespugli per poi fuggire ridendo. Sapevano che se Sango li avesse presi per loro sarebbe finita.
Alle elementari e alle medie la situazione non era poi così diversa, Kagome era stata costretta a indossare gli occhiali da vista e il suo fisico si era ammorbidito; questo e la sua timidezza erano terreno fertile per le prese in giro degli altri studenti. Le risatine e le battute cessarono solo quando, in seconda media, al gruppo delle due ragazze si aggiunse Kikyo. Nessuno riusciva a spiegarsi come la bellissima nuova arrivata avesse preso in simpatia le due giovani, e per cercare di guadagnarsi la sua amicizia tutti quanti smisero di tormentare Kagome, almeno in apparenza. Iniziò quindi un nuovo periodo della vita della ragazza, le persone iniziarono ad avvicinarla solo per chiederle di mettere una buona parola con Kikyo. Di questo non ne fece mai una colpa all’amica, si limitò sempre a ricacciare indietro le lacrime e sorridere.
Al liceo i giganteschi occhiali tondi sparirono, in favore di lenti a contatto decisamente più discrete e il fisico si snellì, lasciando comunque delle generose forme. Ciò che non mutò fu il carattere di Kagome, sempre timido e poco incline alla vita sociale. Il punto di rottura arrivò quando, una mattina, la ragazza ricevette una dichiarazione d’amore da parte di Akitoki Hojo, un senpai del secondo anno.
Kagome non poteva crederci, finalmente si sentiva un’adolescente come tutte le altre. Certo, le sue migliori amiche avevano ricevuto la corte di molti più ragazzi e sicuramente Hojo non era il suo tipo, ma era troppo felice per badare a certe piccolezze. Peccato che poco dopo la ragazza si ritrovò a origliare la conversazione di un gruppo di ragazzi. Hojo si era dichiarato solo per fare bella figura agli occhi di Kikyo e, magari avere una chance di avvicinarsi a lei.
Sango e Kikyo trovarono Kagome in lacrime nel bagno delle ragazze. “Tesoro lascialo perdere, nemmeno ti piaceva e anche se fosse uscito con te, non lo avrei mai guardato in quel modo.” Disse Kikyo cercando di calmarla.
“Lo so Ki… però ero così contenta, non pensavo arrivassero a tanto per avere la tua attenzione.”
“Per quanto mi riguarda potrebbero anche smetterla, non mi importa nulla di loro… ma dove diavolo… Trovato!” esclamò tirando fuori dalla pochette rosa un rossetto.
Sango dal canto suo ribolliva di rabbia; se fosse stato possibile il pavimento intorno a lei si sarebbe sciolto. Non poteva sopportare che Kagome subisse un simile trattamento, era fragile e sicuramente non se lo meritava. La giovane donna, quel giorno, seduta sulle piastrelle del bagno delle ragazze fece una promessa a se stessa: non avrebbe mai più permesso a Kagome di stare male, anche a costo di farsi odiare e comportarsi come una mamma apprensiva, non avrebbe mai più permesso alle lacrime di solcare il volto della sua migliore amica, avrebbe allontanato da lei ogni possibile sofferenza o situazione spiacevole.
 
Sango, ormai adulta, sorrise amaramente al ricordo di quella promessa. Nonostante i suoi avvertimenti Kagome si era comunque gettata a capofitto in quella bizzarra convivenza e nonostante avesse minacciato Koga almeno tre volte al giorno per tutti quegli anni, lui stava facendo qualcosa alle spalle della sua amica. Non poteva starsene con le mani in mano, ma non poteva nemmeno parlare a Kagome di ciò che aveva visto. Se fosse stato vero, la ragazza ne sarebbe uscita distrutta; ma se fosse stato solo un abbaglio? Sango non voleva far piangere Kagome inutilmente e la avrebbe protetta a qualsiasi costo.
Miroku sentì la sua ragazza mugugnare nervosamente e si mise a sedere, guardandola divertito.
“Ti ho svegliato? Scusami…” sussurrò la ragazza mordicchiandosi le unghie per il nervoso.
“Dovresti dirglielo” sentenziò il ragazzo sistemando il cuscino e rimettendosi a dormire.
Neanche a dirlo, Sango non chiuse occhio per tutta la notte.
 
 
Chi dormiva tranquilla, invece, era Kagome. Il nuovo letto era comodo e il suono del deumidificatore la rilassò così tanto da farla addormentare con il libro che stava leggendo ancora in mano. Subito dopo cena Inuyasha era uscito per andare da Kikyo e non sapeva quando sarebbe tornato, o almeno così aveva detto.
In realtà la sosta a casa della sua fidanzata fu molto breve, giusto una birra e una sigaretta per raccontarle del primo giorno in compagnia di Kagome. Kikyo era morbosamente curiosa di sapere cosa si fossero detti e cosa avessero fatto, non per gelosia o insicurezza, ma per accertarsi che quel testone del suo ragazzo la avesse trattata bene. Gli chiese di rimanere da lei, ma Inuyasha si sentiva a disagio sapendo che nella camera a fianco riposavano i suoceri, ignari della sua presenza. Liquidò la giovane con una scusa per poi dirigersi verso un conbini, arraffò quello che aveva tutta l’aria di un superalcolico in lattina, un pacchetto di sigarette e partì alla volta del Rainbow Bridge. Da lì poteva godere di una vista mozzafiato sulla baia di Tokyo e gli aerei che decollavano e atterravano nel vicino aeroporto. Era un vantaggio che fosse così vicino a casa.
“Bleah, questa roba sa di diserbante” disse schifato dal retrogusto chimico del drink. Trascorse lì molte ore, seduto in macchina a pensare.
Aveva solo undici anni quando, dal quartiere di Minato, si era trasferito a Kyoto con la sua famiglia. Toga, suo padre, era un demone maggiore a capo di un grande studio legale; da lui aveva preso gli occhi ambrati e i capelli argentei. Sua madre, invece, Izayoi, era una donna bellissima, dai lunghi capelli castani e dal viso gentile. Si erano trasferiti per questioni puramente lavorative di suo padre, o almeno così gli avevano detto.
La verità era un’altra, suo fratello Sesshomaru aveva bisogno di un posto dove stare. Sesshomaru era il primo figlio di Toga, avuto da un precedente matrimonio con un altro demone maggiore, Irasue. Essendo un matrimonio di convenienza non era durato poi tanto e i due si erano separati presto.
La donna aveva preferito stare a Kyoto, con il piccolo Sesshomaru, di soli sei anni, mentre Toga aveva preferito spostarsi a Tokyo per concentrarsi sul suo lavoro. Lì aveva conosciuto Izayoi e l’amore li aveva travolti. Erano convolati a nozze dopo solo due mesi dal loro primo incontro e lei era subito rimasta incinta di Inuyasha. Fu quando Sesshomaru compì diciassette anni che Irasue decise di riprendere in mano la sua carriera di modella; dopotutto essendo un demone aveva potuto conservare la sua giovinezza. Sesshomaru si rifiutò di seguire sua madre in giro per il mondo e fu così che Toga, già sentendosi colpevole per aver abbandonato il suo primogenito, decise di spostare la sua vita e la sua nuova famiglia a Kyoto. Voleva dimostrare a suo figlio di essere disposto a tutto per lui. Sesshomaru non accolse troppo bene la nuova moglie di suo padre e quel tappetto con le orecchie strambe che doveva essere suo fratello. Ci volle qualche anno perché i furiosi litigi e le offese appena sussurrate si trasformassero in un tacito accordo di tolleranza reciproca.
Inuyasha prese una grossa boccata di fumo, e sorrise al pensiero della sua infanzia. L’ amore che i suoi genitori gli avevano dato non aveva fine, e anche la convivenza forzata con Sesshomaru aveva avuto qualche momento decente. Tornare a Tokyo gli aveva messo addosso una certa malinconia, si era lasciato convincere da Kikyo ma non ne era mai stato troppo felice. Sapeva che in quella città non avrebbe trovato nulla, se non un posto ben pagato nello studio legale di suo padre.
“Oggi ho fumato troppo” disse a sé stesso contando le poche sigarette rimaste.
 
La mattina dopo Kagome si svegliò presto, aveva voglia di fare una corsetta nel parco vicino casa, lo Shinjuku Gyoen. Si stirò e si guardò intorno cercando di fissare ogni angolo della sua nuova camera. Indossò la sua tenuta da jogging, un biker short nero, un top sportivo bianco e le sue Nike da corsa, legò i capelli in una coda alta e uscì di casa. Avrebbe fatto colazione una volta tornata. Non le era parso di aver sentito Inuyasha rientrare e pensò si fosse fermato a dormire da Kikyo. “Poco male” pensò “avrò la casa tutta per me”.
Il parco era meraviglioso, la vegetazione, seppur imbrunita dalle prime avvisaglie dell’autunno, regalava uno spettacolo mozzafiato. Le prime foglie cadute galleggiavano nel laghetto creando piccole onde. Kagome si beò di quella vista, sorridendo al pensiero di doverci fare l’abitudine quanto prima.
Corse qualche chilometro finchè non vide uno Starbucks. Non era il massimo della salute ma aveva voglia di viziarsi, almeno quella mattina. I giorni successivi sarebbero stati un inferno, aveva accumulato molto lavoro da svolgere per la tesi e non poteva certo rimandare la discussione. Le era sempre piaciuto studiare ma l’università le aveva prosciugato tutte le energie, il suo pensiero fisso era concluderla il prima possibile per poter finalmente iniziare a lavorare e costruire qualcosa di concreto. Prese un Iced Caramel Macchiato e iniziò a sorseggiarlo mentre rientrava a casa.
 
Inuyasha era a pezzi, la gola gli bruciava per tutte le sigarette fumate la notte prima e gli occhi gli si chiudevano a ogni respiro. Era tornato a casa alle quattro del mattino, ma non aveva comunque chiuso occhio, troppi pensieri affollavano la sua testa. Stufo di rigirarsi nel letto decise di andare a fare colazione, forse un caffè e una barretta proteica lo avrebbero aiutato a far funzionare il cervello per qualche ora.
Mentre usciva dalla sua camera, sentì la porta di ingresso aprirsi, istintivamente si girò per controllare. Kagome, decisamente poco vestita e con la coda leggermente sciolta per la corsa, tentava di sfilarsi le scarpe con una mano, mentre nell’altra reggeva un bicchiere di starbucks.
“Oh buongiorno Inuyasha, pensavo avessi dormito da Kikyo” sorrise lei. Inuyasha deglutì rumorosamente, era troppo da sopportare con così poco preavviso. “No… emh… io non…” bofonchiò grattandosi la nuca.
Kagome lo guardò interrogativa. “Se avessi saputo che c’eri anche tu, avrei preso un altro caffè” disse andandosi a sedere in uno degli sgabelli in cucina. “Non importa, non bevo quella robaccia zuccherosa” rispose storcendo il naso. Quel profumo stucchevole di vaniglia gli stava perforando le narici.
“Sempre meglio dell’odore di sigaretta che hai addosso” lo rimbeccò la ragazza. “Non è piacevole da sentire”.
Inuyasha arrossì fino alla punta delle orecchie canine. “Beh sai che c’è? Nemmeno a me piace il tuo odore. Kikyo si che ha un buon profumo!”
“Come se potesse fregarmene di meno” rispose Kagome ormai troppo presa dallo scorrere Instagram.
Inuyasha prese ad armeggiare con la macchina del caffè, tentando di non lasciarsi distrarre dalle gambe nude della ragazza. “Non pensare al suo culo, non pensare al suo culo” ripeteva a se stesso non troppo convinto. “Non immaginarla nuda, non sei un adolescente” pensò ancora, cercando di darsi un contegno.
La sua missione fallì quando Kagome annunciò di star andando a farsi la doccia mentre scioglieva i lunghi capelli ebano.
Inuyasha ringhiò, bevendo il caffè tutto d’un fiato. Era stata una pessima idea la convivenza con quella ragazzina.
 
Nel tardo pomeriggio Kagome, ormai esausta dall’organizzare documenti e bibliografia, pensò di fare una pausa. “Potrei fare una sorpresa a Koga” sorrise. Tuttavia non sentiva il suo ragazzo dal giorno prima; non che fosse particolarmente strano, lui era solito sparire per giorni senza spiegazione. All’inizio Kagome se la prendeva a morte, ma con il tempo ci aveva fatto il callo. Sapeva che Inuyasha e Koga fossero amici, quindi decise di bussare in camera del suo coinquilino per estorcere qualche informazione.
“Avanti” rispose una voce svogliata. Kagome aprì la porta, il ragazzo era sdraiato in modo scomposto sul letto a due piazze, aveva addosso dei pantaloncini sportivi grigi e una canotta nera.
“Dimmi… oh porc… sei orrenda” rise il mezzodemone. Kagome indossava un buffo pigiama extralarge tutto rosa, con degli elefanti marroni, i suoi vecchi occhiali tondi e un paio di pantofole pelose a forma di unicorno, mentre i suoi capelli sembravano un nido. “Coglione!” sbuffò lei.
“Dai ragazzina scherzavo, hai un look… particolare, ecco!”
“Taci imbecille. Sono venuta solo a chiederti se sai dove sia finito Koga, vorrei fargli una visita a sorpresa.”
“Beh, mi auguro che tu decida di cambiarti o farai venire un infarto al lupastro.” Provocò ancora il mezzodemone, ignaro della vena pulsante sulla fronte della ragazza. Mise a freno la lingua solo quando Kagome lo centrò in pieno viso con una delle mega pantofole che indossava.
“Ma sei stupida? Ew ho la bocca piena di peli!” disse mentre sputacchiava peli rosa e azzurri in giro.
“Così impari a tenerla chiusa la prossima volta!” rispose piccata.
“In ogni caso il lupastro ieri mi ha detto che sarebbe andato in ufficio a finire del lavoro arretrato, probabilmente è ancora lì visto che dovevamo berci una birra ma non mi ha fatto sapere niente”
“Bene, grazie” disse la ragazza sbattendo la porta.
 
 
 
 
EE’s corner
Ma ehi bellezze! Come state? Oggi capitolo un po' più lungo, mi sentivo ispirata, anche se sappiamo che durerà poco. Il blocco dello scrittore è sempre dietro l’angolo. Ahi ahi la vecchiaia.
Cooomunque, come promesso cercherò di essere un po' più costante con gli aggiornamenti. Come ho detto l’altra volta, vi prometto che non lascerò questa storia incompiuta. Mi sono voluta concentrare un po' di più sul passato dei nostri protagonisti, anche se avremo modo di vederlo più nel dettaglio nei capitoli futuri.
Un bacetto <3

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Capitolo 6
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Page 05

 
Koga sembrava nervoso, quasi irritato dalla presenza della sua ragazza. Appena mezz’ora prima, Kagome si era presentata a lavoro da lui senza preavviso. Agli occhi di un estraneo il ragazzo sarebbe sembrato felice della sorpresa, ma all’occhio attento di Kagome sembrava che fosse stato preso in contropiede, come se lei gli avesse appena rovinato i piani per la serata. “Sto vaneggiando, sono solo paranoie” pensò mentre sorseggiava il suo frappè a guardava il suo compagno digitare freneticamente sul cellulare. “A chi scrivi?” disse a mezza voce, quasi impaurita dalla possibile reazione. “Roba di lavoro piccola” abbozzò un sorriso. “La tua sorpresa ha scombussolato la mia tabella di marcia e sto riorganizzando la riunione di domani.”
Kagome sospirò, era plausibile dopotutto. Koga era sempre stato uno stakanovista, si era laureato a tempo di record, con una media di tutto rispetto e aveva iniziato subito a lavorare per un’azienda informatica in qualità di supervisor del team di sviluppo software. I suoi assistenti, Ginta e Hakkaku, sembravano venerarlo. Ogni sua parola era legge e loro gli scondinzolavano dietro come bravi lupacchiotti.
“Senti” Kagome si risvegliò dai suoi pensieri e diresse la sua attenzione verso Koga, che aveva finalmente abbandonato il telefono sul tavolo con lo schermo rivolto verso il basso. “Io devo proprio andare, ti accompagno a casa, ok?”.
“Ma come? Pensavo di cenare con te” sussurrò irritata Kagome, non amava fare scenate in pubblico. “Dai piccola, sono sommerso dal lavoro”. Più che dispiaciuto sembrava infastidito. Kagome sbuffò rassegnata e si alzò per andare a pagare. “Faccio io” provò il ragazzo, guadagnandosi un’occhiata tagliente.
Kagome rifiutò categoricamente il passaggio che Koga le stava offrendo, non voleva stare un secondo di più in compagnia di quello stronzo. Sapeva che sarebbe esplosa se fosse rimasta in macchina con lui.
Inuyasha stava stravaccato sul divano, in tuta, a ingozzarsi di popcorn al cioccolato. “Questa merda è strepitosa” disse a sé stesso mentre si riempiva le guance come uno scoiattolo. Sentì la porta di ingresso sbattere e passi pesanti avvicinarsi. D’istinto si mise seduto, cercando di scorgere la sua coinquilina.
Quando la testa bruna di Kagome sbucò in soggiorno, Inuyasha la fissava interdetto. L’appuntamento doveva essere stato un disastro se era tornata così presto. Con le guance ancora piene del suo nuovo snack preferito bofonchiò qualcosa tipo “Ehi tutto ok?”. Kagome alzò lo sguardo di scatto e gli occhi le si riempirono di lacrime. Inuyasha balzò in piedi agitando nervosamente le mani come per scacciare quella visione. “No no ti prego, non piangere, perché piangi? No domanda stupida, ti prego non mi piace vedere le donne piangere” la sua voce si fece ridicolmente acuta mentre sputacchiava in giro pezzi di popcorn.
Kagome, senza riuscire a fermare le lacrime, lo guardò “Sei veramente disgustoso”. Le orecchie canine del mezzodemone scattarono al suono della voce della ragazza, rotta dal pianto. La abbracciò senza dire nulla. La ragazza non sapeva bene cosa fare, lasciò cadere mollemente le braccia lungo i fianchi e si beò di quel calore che sembrava così familiare. Il profumo di Inuyasha le invase le narici, sapeva di pulito, di sigarette e di cioccolato. Probabilmente si era pulito le mani sulla t-shirt mentre mangiava.
Il mezzodemone le accarezzava i capelli, non aveva intenzione di lasciarla andare finchè l’odore delle sue lacrime non fosse svanito. Rimasero così per pochi minuti, che sembravano infiniti.
Continuando a tenerla stretta, Inuyasha la scortò sul divano, facendola sedere. Non sapeva come comportarsi, così le offrì la ciotola con i pochi popcorn dolci rimasti. Kagome fece un mezzo sorriso, rifiutando.
“Avresti una sigaretta?” Inuyasha la guardò scioccato, non se lo sarebbe mai aspettato. Le allungò il pacchetto e l’accendino.
Kagome prese una grossa boccata di fumo. Erano almeno tre anni che non ne toccava una. Koga, quando si erano messi insieme, le aveva imposto di togliersi quel vizio da adolescente. Certo, il primo periodo ne fumava qualcuna di nascosto, rubandole a Miroku; poi aveva davvero smesso.
“Ho preso il vizio quando avevo quindici anni” sospirò Kagome. “Pensavo di sembrare più adulta”. Inuyasha la osservò di sottecchi “Si, ma non penso sia questo il motivo del tuo crollo poco fa”.
Anche lui si accese una sigaretta, per farle compagnia disse a sé stesso, anche se in realtà cercava di togliersi di dosso il profumo dolce di lei. Inutile, visto che la casa ne era impregnata da quando ci aveva messo piede per la prima volta.
“Sono andata da Koga” mormorò mentre sputava il fumo “Non era per niente contento di vedermi. Sembrava di fretta, irritato”
Inuyasha lanciò maledizioni irripetibili al lupastro, nella sua testa almeno. “Ma no, magari era solo stanco. Ti avevo detto che aveva molto lavoro da sbrigare.” Provò il mezzodemone.
“Sappiamo entrambi che c’è qualcosa sotto” sorrise amaramente lei. Inuyasha deglutì rumorosamente, quando un’idea folle gli si palesò nel cervello. Rivolse un sorriso sghembo alla ragazza, mostrando i canini aguzzi. “Ubriachiamoci”
Kagome lo guardò interrogativa. “Senti, so che non abbiamo grande confidenza e che probabilmente preferiresti mangiare gelato sottomarca con Sango mentre guardate Le pagine della nostra vita o simili” fece una pausa “Però in mi sento di doverti aiutare e immaginarti mentre ti sbrodoli di gelato, lacrime e muco mi disgusta un po'. Quindi” battè le mani “io ora vado a comprare una stecca di sigarette e… vediamo” sembrò studiarla “e due bottiglie di vodka alla pesca, la redbull la abbiamo già in casa.”
La ragazza sembrava scioccata “Come hai…?”
“Oh andiamo, te lo si legge in faccia che bevi solo roba dolcissima, come il tuo profumo.”
Kagome si sentì avvampare.
 
“COME?” urlò “Maledetto demone idiota, io lo uccido”. Kagome allontanò un poco il telefono dal suo orecchio. Sango era appena venuta a conoscenza del comportamento del demone lupo e non riusciva a contenere la rabbia. Utilizzò diversi improperi che avrebbero fatto impallidire anche il più volgare degli scaricatori di porto. “Adesso mi vesto e usciamo” esordì l’amica.
“No, io… umh… Inuyasha” bisbigliò Kagome. Il silenzio dall’altra parte del telefono valeva più di mille parole. “Mi ha vista piangere e si è offerto di stare con me… insomma, è andato a comprare alcol e sigarette.”
“Kagome” sibilò “Kikyo non ti ha detto nulla? E hai ripreso a fumare signorina?”
La ragazza scosse la testa, come se Sango avesse potuto vederla. L’amica capì al volo, non aveva certo bisogno di averla davanti. “Stamattina hanno discusso per messaggio, Inuyasha da quando è tornato a Tokyo è lontano dice lei. Si sono presi una pausa.”
Kagome spalancò la bocca. “Si, anche io sono rimasta senza parole. Non mi ha voluto dire i motivi, c’è sicuramente altro dietro. Probabilmente non ti ha avvisata visto che vivi con lui e non voleva creare casini. Non hai risposto alla mia domanda comunque, se scopro che fumi ti prendo a schiaffi”
La ragazza mugugnò in segno di assenso. “Senti Sango, devo salutarti. Inuyasha è tornato, ti scrivo dopo, ok?”
Sango provò a replicare qualcosa, ma Kagome aveva già attaccato. Dall’ingresso fece capolino una chioma argentea e un bel sorriso soddisfatto. La ragazza rise vedendolo alzare con orgoglio la busta con l’alcol.
 
“Bene” esordì il mezzodemone iniziando a preparare i drink, piuttosto arrangiati. “Facciamoci male, anche io ho bisogno di staccare la spina.”
Un’ora dopo il soggiorno era attraversato da una sottile coltre di fumo bianco e grasse risate si spargevano per la stanza. “Sai” biascicò Kagome ormai al quinto drink e molto ubriaca “Pensavo fossi uno stronzo pallone gonfiato, però sei simpatico” e si accasciò sul tappeto.
“Oh anche tu sei simpatica, ma sei proprio irritante e bacchettona” si accese quella che doveva essere la quindicesima sigaretta. Kagome mostrò un broncio infastidito. “Scherzavo dai, sei proprio carina quando fai quella faccia”
La ragazza arrossì fino alla punta dei capelli, guadagnandosi una risata di scherno.
Le ore passarono e, alle 3.45, l’ubriachezza molesta lasciò spazio a quello che Inuyasha chiamava “il confessionale”. Di solito ci arrivava dopo molti litri di alcol e, qualche volta, una canna. Tuttavia quella sera era particolarmente in vena di “confessarsi”.
“Sango mi ha detto di te e Kikyo” prese coraggio Kagome. “Oh… ecco… al diavolo. Lei vuole convivere, figli, famiglia e queste stronzate. Io non sono pronto! Lei mi piace eh… forse non nel senso che vorrebbe lei.”
“Perché sei venuto a Tokyo con lei?” disse mentre si avvicinava a carponi al tavolino dove erano poggiate le sigarette. Inuyasha deglutì. “Allora, prima cosa, non metterti in quella posizione con quei pantaloncini inguinali.” Si beccò l’accendino sul naso. “Ahi! E seconda cosa non lo so, pensavo fosse la cosa giusta. Poi sono arrivato qui e non ho capito più nulla. Mi aveva promesso che ci saremo andati piano, ma appena ha messo piede qui ha iniziato a parlare di matrimonio. Vuole cambiarmi.”
“La ami?” l’alcol rendeva Kagome molto audace. “No” sussurrò “non la amo. Le voglio bene, scopa da Dio…” Non finì la frase perché la ragazza gli aveva tirato un cuscino addosso.
“Non voglio saperle certe cose, è comunque una delle mie migliori amiche!”
Inuyasha sbuffò “Sei troppo violenta”.
Passò un’altra ora in cui parlarono di tutto, la loro infanzia, i sogni e le paure. Kagome non si era mai sentita così tanto in sintonia con qualcuno, era tutto perfetto. Finchè la vibrazione del suo cellulare non la ridestò dal quell’incanto. Era Koga.
“Scusami per oggi piccola, so che non dormi perché vedo l’ultimo accesso. Ti va se passo da te?”
Kagome assunse un’espressione corrucciata, probabilmente stava cercando di inquadrare la tastiera dello smartphone per rispondere. Inuyasha sbirciò lo schermo e osservò la ragazza, come per capirne le intenzioni.
“Puoi startene dove sei razza di imbecille col culo moscio” urlò Kagome lasciando andare il tasto della registrazione e guardando Inuyasha soddisfatta. Lui di tutta risposta iniziò a ridere così forte da ruzzolare per terra. La chiamata di Koga non tardò ad arrivare. “Si può sapere che cazzo ti prende?” urlò “Hai bevuto? Dimmi dove sei, vengo a prenderti!”
Kagome rise “Non ti preoccupare sto bene, ho bevuto e sono a casa al sicuro”. Koga continuava a imprecare dall’altra parte del telefono, ma la ragazza già non lo ascoltava più. Era troppo concentrata a guardare Inuyasha che si toglieva la maglietta. “Cazzo” la ragazza si ridestò dai suoi pensieri e chiuse la chiamata, senza dare ulteriore spazio a Koga. Inuyasha stava armeggiando con l’indumento che si era appena levato, cercando di trovare il buco causato dalla cenere bollente della sigaretta.
Kagome si ritrovò a pensare che la cenere non era l’unica cosa bollente in quella stanza. Provò ad alzarsi ma un capogiro la fece cadere a peso morto sul divano. Inuyasha, ancora mezzo nudo, le corse incontro.
“Ehi tutto bene?” chiese preoccupato. “Mhm, si ho solo fumato troppo.”
Il mezzodemone sospirò di sollievo, nessuna corsa in ospedale quella notte, o forse mattina, visto che erano ormai le cinque.
Si caricò la ragazza in braccio, deciso a metterla a letto. “Per stanotte basta baby, abbiamo dato abbastanza” disse ironico. La mise giù davanti alla porta della sua camera, attendendo che lei dicesse qualcosa. QUALSIASI cosa.
“Umh Inuyasha? Grazie” biascicò lei, ancora troppo ubriaca per tirare fuori qualche frase di senso compiuto.
Inuyasha prese a osservarla. Le gambe magre completamente nude, la canotta bianca che le fasciava il seno, lasciando intravedere il pizzo del suo intimo nero, i capelli scarmigliati che le incorniciavano il viso.
Le labbra leggermente dischiuse e quegli occhioni marroni che lo fissavano. Inuyasha non resistette, complice l’alcol. La schiacciò contro il muro, prendendole i polsi e alzandoli sopra di lei. Incollò le sue labbra a quelle di Kagome, in un bacio che di romantico aveva poco. Le succhiò il labbro inferiore, come a chiederle il permesso di entrare e esplorare la sua bocca con la lingua.
Kagome dal canto suo non capiva più nulla, la lingua di Inuyasha era calda e sapeva di vodka. Si lasciò andare a quel bacio pieno di passione e fame, forse.
Poi il buio totale.
 
 
 
EE’s corner
Maccccccciao babiesss
La situazione è spinosa, i personaggi mi stanno sfuggendo dalle mani e fanno tutto loro. Avrei voluto aspettare un altro po' per il loro primo bacio, ma stavano esplodendo entrambi.
Che dire, non sono un asso nelle scene erotiche o pseudoerotiche, ma prima di arrivare al dunque cercherò di migliorare! Grazie per le recensioni, siete sempre così gentili che vorrei abbracciarvi tutt* <3
Un bacetto <3

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Capitolo 7
*** Page 06 ***


Page 06
L’autunno lasciò ben presto spazio all’inverno e alle prime nevicate della stagione, Tokyo aveva qualcosa di magico in quel periodo. La convivenza tra il mezzodemone e la giovane procedeva, non benissimo, ma procedeva. Inuyasha era terribilmente testardo e irascibile, soprattutto quando non aveva nicotina in circolo, mentre Kagome tendeva a frignare un po' troppo spesso per i gusti del suo coinquilino.
Sbuffò, mescolando la cioccolata calda. “Sango, io te lo giuro, è davvero insopportabile” piagnucolò.
“Oh andiamo, non può essere così male. Sappiamo entrambe che ti piace lamentarti, e non è mica colpa sua se ha quei capelli lunghissimi, in questo periodo è normale perderne a mazzi! Io sto praticamente diventando calva.” Ridacchiò l’amica. “Piuttosto… Koga?”
Kagome alzò gli occhi al cielo “Oh non me ne parlare, un altro che non sopporto. Secondo me ha due personalità, prima è romantico e attento e un secondo dopo fa lo stronzo.” Assaggiò la cioccolata “Come vorrei che questa roba fosse corretta con del whisky”. Sango sorrise mentre osservava l’amica, sembrava proprio una bambina con quell’espressione corrucciata. Uno scampanellio le distrasse dalla loro conversazione e si girarono verso la porta del locale. Fece il suo ingresso Kikyo, con una faccia completamente stravolta, il mascara le colava sulle guance e sulle labbra era rimasta solo un’ombra del suo amato rossetto rosso. Si sedette vicino a Sango, tenendo una faccia da funerale. “Cosa è successo?” si allarmò Kagome, dimenticando completamente il suo umore lamentoso di pochi istanti prima.
Kikyo la osservò con sospetto, i rapporti tra loro due si erano un pochino raffreddati quando, tempo prima, lei e Inuyasha si erano presi una pausa. Tuttavia, quando erano tornati insieme, avevano ripreso a frequentarsi anche le due ragazze. Nessuna menzionò mai quel breve allontanamento, era bastato uno sguardo durante una serata al bar. “Non è che se te lo dico andrai a raccontarlo al tuo coinquilino?” disse acida, per poi tirare fuori dalla borsa griffata uno specchietto e un pacco di salviettine. “Ma che ti salta in testa, sei diventata idiota tutta insieme?” ringhiò Sango. Kikyo non si degnò di rispondere, si limitò a sistemare il disastro che aveva in viso come meglio poteva.
“Abbiamo litigato, di nuovo”. Sango alzò gli occhi al cielo “ma non mi dire, stavolta cosa è successo di così terribile? Si è forse dimenticato di venerarti come la dea che sei?”.
Kagome ridacchiò, Sango adorava provocare Kikyo. “Sango sono felice che le cose tra te e Miroku siano una favola da sbandierare al mondo, ma qui parliamo di cose serie. A quanto pare sono una primadonna irritante che non sorride per non farsi venire le rughe, secondo quell’imbecille di un mezzodemone.”
Sango per poco non si soffocò con il caffè, Inuyasha non sapeva proprio dosare la quantità di verità che una persona può sopportare. Erano amiche da anni, e la ragazza sapeva quanto Kikyo fosse piena di sé. Frequentarla non era stato un problema semplicemente perché né lei, né Kagome, l’avevano mai fatta sentire in competizione. Durante le feste non si mettevano mai in mostra prima che lo facesse lei e non provavano nemmeno a soffiarle il titolo di “reginetta del ballo”, non perché fossero intimidite -beh forse Kagome un pochino si-, ma perché non volevano ferirla, sapevano bene che lei avesse bisogno di quelle attenzioni per placare almeno un minimo l’eco dei suoi pressanti genitori.
“Si ma perché ha fatto questa sparata?” chiese Kagome mentre guardava con disappunto la poca panna montata rimasta nella tazza. Kikyo distolse per un attimo lo sguardo dal suo riflesso, osservò l’amica e girò la testa in segno di stizza “a quanto pare non sono accomodante come la sua coinquilina”. Kagome squittì, guardando Sango allarmata, la quale fissava prima una e poi l’altra con occhi spiritati. “Cosa intendi?”
“Umpf… gli ho detto che dopo otto mesi insieme sarebbe il caso di venire a cena a casa dei miei genitori. Non era molto contento ma mi stava assecondando, ha dato di matto quando gli ho detto che, come minimo, avrebbe dovuto fare qualcosa per quelle orecchie” fece una pausa per sistemarsi il rossetto “e per quei capelli… e non parliamo del modo di vestire e il comportamento rozzo!” schioccò un bacio in direzione del suo riflesso e sorrise compiaciuta, labbra di nuovo perfette.
“Non si può certo dire che tu sia stata molto gentile. Se ti danno fastidio tutte queste cose perché ci stai insieme, scusa?” sentenziò Sango. “Beh lo hai visto? Ha quel fascino un po’ da bad boy ribelle, con traumi familiari alle spalle. Ed è un bravo ragazzo, però non basta per fare colpo sui miei genitori… sapete come sono. Non lo accetteranno mai così com’è.”
Kagome osservava le due ragazze davanti a lei battibeccare, sempre più frastornata. Non poteva certo contraddire del tutto Kikyo. Inuyasha era una bella gatta da pelare, ma non aveva certo bisogno di cambiare solo per dare il contentino a qualcuno. “E tra l’altro ha pure detto che ai suoi genitori non piacerei… figurarsi, me li immagino proprio come lui, antipatici e irascibili.”
“Da quanto so suo padre è una persona importante a Kyoto e non solo… e sua madre è molto gentile” azzardò Kagome.
“E tu che ne sai scusa?” sibilò Sango. “Beh abbiamo chiacchierato qualche volta, e Izayoi-sama di recente gli ha fatto recapitare una scatola piena di dolcetti fatti in casa.” Sorrise Kagome.
“Sai pure come si chiama sua madre?” sbuffò Kikyo “assurdo, la mia migliore amica sa più del mio ragazzo rispetto a me. Non ce la posso proprio fare.”
 
Kagome rincasò quasi all’ora di cena e vide il suo coinquilino intento a borbottare qualcosa, mentre faceva avanti e indietro per il soggiorno. “Se continui così ci lascerai un solco” disse lei mentre si sfilava il cappotto bianco. “Ti prego, non è giornata”
“Beh ti ho visto così e ho pensato avessi bisogno di parlare con qualcuno abbastanza accomodante” sorrise.
Inuyasha si fermò e la sua testa scattò in direzione della ragazza, scrutandola con i suoi grandi occhi ambrati. “Cosa ti ha raccontato quella maniaca del controllo?”.
“Oh nulla, so che avete litigato ma mi ha fatto giurare sulla sfera dei quattro spiriti che non ne avrei parlato con te, ma se vuoi raccontarmi la tua versione ti ascolto” disse sedendosi sul divano.
“Cosa diavolo è la sfera dei… oh accidenti, ma che mi importa di queste stronzate. Mi vuole far conoscere il suo vecchio e insiste per conoscere i miei. Assurdo, non trovi? Ma siamo nel Sengoku che devo avere l’approvazione della famiglia per farmela?” si accomodò anche lui sul divano, con decisamente meno grazia rispetto a Kagome.
“Punto primo, stai comunque parlando della mia migliore amica, perciò modera i termini o ti do una cucchiaiata sui denti. Punto secondo, pensi che non lo sappia? È sempre stata così, fissata con la perfezione e la disciplina. Sta cercando di farti capire che l’opinione che avranno i suoi genitori è importante, perché tu sei importante per lei. Trovate un compromesso, e non tirarmi in mezzo alle vostre discussioni.” Sospirò
“Quand’è che sarebbe questa cena?”
“Domani” brontolò il mezzodemone. “Sai già cosa indosserai?” lei lo osservò con un mezzo sorriso. Inuyasha la guardò di sottecchi, con le orecchie canine abbassate “no”.
“Allora deciditi e quando ti pettinerai i capelli, ti prego di passare la dannatissima aspirapolvere”
“Oh andiamo! Ancora con questa lagna? Sei noiosa, ragazzina”
Kagome gli fece una linguaccia, per poi andare a stendersi in camera sua. Era esausta, fare da paciere tra quei due era snervante.
Inuyasha rimase a rimuginare stravaccato sul divano. Erano passati mesi da quella sera e Kagome sembrava non ricordare assolutamente nulla, ma lui sì. Eccome se ricordava. Quel bacio continuava a fare capolino nei suoi sogni più di quanto volesse ammettere. “Al diavolo, sono stato un totale idiota.”
Prese il cellulare e inviò un messaggio a Miroku, aveva troppa voglia di bersi una birra in compagnia di qualcuno che prendesse le sue parti.
“Kagome sto uscendo, vado a bere qualcosa con Miroku” urlò dal soggiorno, sperando che la sua coinquilina lo sentisse. Nessuna risposta, probabilmente stava leggendo o qualcosa di simile ai suoi soliti passatempi da secchiona noiosa.
 
“Ehilà amico” il giovane gli arrivò alle spalle, circondandogliele con un braccio “ti ho spaventato?”.
“Figuriamoci, ho sentito il tuo odoraccio a chilometri di distanza. Piuttosto, in che postaccio mi hai fatto venire?”.
Miroku rise e scosse la testa “non saprei, ci vengono spesso le ragazze. Di giorno è un locale noioso, ma quando cala la notte…”. Si beccò un pugno sulla spalla. “Sei un idiota”
Presero posto in un tavolino in fondo al locale e ordinarono due birre. “Sentiamo, la tua ragazza è una dittatrice e la tua coinquilina la difende, vero?” disse, mentre osservava non troppo distrattamente il sedere di una delle cameriere. “Sango ha vuotato il sacco, eh?”
“Oh no, mi ha messaggiato mentre ne stavano parlando”
Pazzesco pensò Inuyasha sono proprio due vecchie comari. “Che dire, ho il mondo contro.” Disse sconfitto il mezzodemone.
“Ahah ma che dici amico, io sono dalla tua parte. E anche Sango, a dire il vero. Conosciamo tutti quanti Kikyo e sappiamo quanto a fondo sia infilata la scopa che ha nel culo.”
Inuyasha abbozzò un sorriso, grato di aver conosciuto quello strambo tizio che in poco tempo era diventato suo amico. Si ritrovò a pensare a quanto fosse stato solitario durante la sua vita, mai relazioni profonde o durature; questo era finito quando aveva incontrato Kikyo. All’inizio era bello, lei non si era avvicinata con irruenza, ma aveva capito ed era entrata in punta di piedi nella sua vita, ma dopo poco erano arrivate le richieste e la pretesa di cambiare, di diventare “più umano”, come diceva lei. L’aveva persino seguita a Tokyo, convincendo sé stesso che andava bene così. Certo, lei lo voleva cambiare, però era stata anche l’unica ad avvicinarsi senza timore e con rispetto. In più, grazie a quel trasferimento, aveva legato anche con persone nuove. Qualcosa di positivo doveva pur esserci in quella relazione.
I suoi pensieri vennero interrotti da un’esclamazione di stupore. Inuyasha dava le spalle alla porta, perciò non poteva vedere l’oggetto della sorpresa del suo amico, ne dedusse che fosse appena entrata qualche ragazza, anche se l’odore che gli era arrivato alle narici era incredibilmente familiare e molto poco femminile. Si voltò e vide Koga. Il demone lupo non li guardò nemmeno, e andò dritto verso il bancone, dove una ragazza dai folti capelli rossi preparava dei cocktail.
Miroku fece per alzare il braccio, cercando di attirare l’attenzione del demone al bancone, ma Inuyasha lo fermò. “Ehi ma che fai?”
“Sssh, Kagome mi aveva detto che stasera lui doveva lavorare.” Bisbigliò il mezzodemone. “E quindi? Avrà finito prima e sarà venuto a bere qualcosa.”
“Non ci metterei la mano sul fuoco, quei due sembrano in confidenza.” Li scrutò con attenzione, poteva percepire un certo legame tra i due, ma con la confusione, la musica e la moltitudine di odori diversi i suoi sensi erano disorientati.
“Beh credo che anche lei sia un demone lupo, magari sono cugini!”
Inuyasha alzò gli occhi al cielo, o il suo amico era un idiota o sapeva qualcosa che non poteva rivelare.
Miroku era abile a nascondere i suoi veri pensieri, sapeva benissimo che quella non era la cugina di Koga, così come ricordava ancora meglio ciò che Sango gli aveva raccontato tempo prima. Capelli rossi, non poteva certo essere una coincidenza. Cambiò discorso, cercando di distrarre Inuyasha, ma tenne sempre un occhio addosso a quei due, non si sarebbe certo lasciato scappare un’occasione del genere.
Era mezzanotte passata e decisero di tornare a casa; quando si avvicinarono al bancone per pagare, Koga finalmente si accorse di loro e la sua espressione mutò. Il sorriso che aveva stampato in viso fino a due secondi prima lasciò spazio a stupore e disagio.
“Ehi ma che ci fate qua?” era nervoso e non erano certo necessari i sensi super sviluppati di Inuyasha per capirlo. Miroku dissimulò, sentendo la voce di Koga distolse la sua attenzione dal cellulare e si guardò intorno, fintamente spaesato. “Oh ma guarda chi abbiamo qui, il nostro stakanovista preferito, hai lavorato pure oggi fino a tardi?” sorrise.
“Oh umm… si certo, sai ho un progetto da finire entro la settimana prossima” deglutì pesantemente.
“Capisco” disse tagliente Inuyasha “noi ce ne andiamo, peccato non averti notato prima, avremmo potuto bere qualcosa insieme”
“No ma sono appena arrivato!” rise nervosamente il demone lupo. Bugiardo pensò il mezzodemone sei qui da due ore buone.
Uscendo dal locale Miroku non si staccò nemmeno per un secondo dal cellulare, intento a scrivere chissà che cosa.
“Bene, io vado. Tu torna dritto a casa, niente deviazioni per strip club o simili”. Miroku annuì e alzò una mano in segno di saluto, senza guardarlo. Aveva ancora la testa china sullo smartphone. Inuyasha scrollò le spalle e si voltò, iniziando a camminare verso la sua macchina, era stanco e voleva solo fumare una sigaretta nel suo letto.
“Oh” Inuyasha si voltò al richiamo dell’amico “non una parola con Kagome, eh?”
Inuyasha annuì, dubbioso. Non capiva perché quell’avvertimento.
 
Le parole di Miroku gli furono chiare quando tornò a casa e vide Kagome rannicchiata sul divano, completamente addormentata. Sul tavolino una tazza di thè ormai fredda e il cellulare della ragazza.
Il suono dei passi di Inuyasha la fece svegliare e sorrise nella sua direzione, con lo sguardo ancora assonnato.
“Che fai?” chiese lui. “Sto aspettando…” sbadigliò “… che Koga mi chiami, era a lavoro.” Prese il cellulare in mano “oh mi ha mandato un messaggio poco fa… peccato, volevo sentirlo almeno cinque minuti al telefono”
“Che dice?” Inuyasha era curioso come una scimmia. “Ehi quante domande stanotte! Nulla comunque, è ancora bloccato in ufficio e non vuole che aspetti sveglia, si farà sentire lui domani mattina” si alzò dal divano e si stiracchiò. “Vabbè, vado a dormire. Buonanotte!”
 
Il mezzodemone restò a fissare il punto in cui Kagome era appena sparita. Avrebbe voluto farle almeno cenno a ciò che aveva visto al locale, ma le parole di Miroku fecero di nuovo capolino nel suo cervello. Decise che, per una volta, avrebbe dato retta all’amico, non sapeva spiegarsi perché, ma sembrava la cosa più sensata da fare.
 
 
EE’s corner
GUARDA CHE FACCIA GUARDA CHE FACCIA NON SE LO ASPETTAVA
Ok basta. Ciao gente! Come va? Io demmerda (dalla redazione mi dicono che è proprio il termine scientifico che descrive la mia situazione attuale). Non lo so, sono triste e scoraggiata ultimamente, quindi ho deciso di scrivere perché Inuyasha e Kagome mi danno sempre un sacco di soddisfazione e amore. Non so quando aggiornerò di nuovo, dipende da quanto ci vorrà perché la mia insonnia sparisca e io la notte torni a DORMIRE anziché cercare anime, manga, manhwa e fanfiction che sazino la mia voglia di enemies to lovers.
Divagazioni inutili a parte, spero che il capitolo vi piaccia almeno un pochino… capitemi, lo sto scrivendo alle quattro del mattino dopo la terza (?) notte insonne di fila.
Un bacetto.

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