Sly: battaglia per il futuro

di Iron_Captain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Non appena riprese i sensi, Sly Cooper vide il suo bastone dalla punta uncinata di metallo davanti ai propri occhi, per terra. Dopo averlo preso, lo usò per rimettersi in piedi. Dopo essersi finito di sistemare, cominciò a guardarsi intorno: la macchina del tempo era ridotta in mille pezzi, sparsi intorno a sé.
Nonostante fosse riuscito a sconfiggere Leparadox, era sicuro di essere stato catapultato in un’altra epoca; e non appena vide le piramidi, capì immediatamente di trovarsi nell’antico Egitto, anche se non sapeva in quale preciso periodo si trovasse.
Oltre alle tre piramidi affiancate tra loro, vide anche una specie di edificio più piccolo. A giudicare dalla scalinata posta davanti l'entrata e dalla raffigurazione particolare di un volto canino sopra il tetto, sembrava essere un tempio dedicato a una qualche divinità egizia. Non sapeva chi fosse, poiché non aveva mai avuto la possibilità di studiare la storia.
Nonostante fosse nel bel mezzo del deserto, e sembrava non ci fosse nessuno, il procione decise di avviarsi verso quella struttura, poiché era l'unico luogo che si trovava nei paraggi e che sarebbe riuscito a raggiungere camminando. Era l'unica scelta sensata da fare, poiché se avesse provato ad incamminarsi e a sperare nella fortuna di trovare un centro abitato o un qualche accampamento di nomadi nel bel mezzo del deserto, sarebbe sicuramente finita con la propria morte sicura: e poiché non aveva acqua e cibo, le possibilità di poter sopravvivere calavano drasticamente.
Sly impiegò cinque minuti per raggiungere il tempio; e non appena fu davanti all'ingresso, il procione lo varcò senza esitare; tuttavia mantenne viva la prudenza.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

La passione preferita di Bentley, nell’ultimo periodo, era quella di passare parecchio tempo al computer. Da quando Sly si era smarrito in qualche angolo remoto del tempo, aveva dato anima e corpo per scoprire dove si trovava; e aveva anche usato ogni tipo di invenzione tecnologica che conosceva. Ma non era servito a nulla. Passava giorno e notte, senza fermarsi, sul computer per fare le ricerche. Gli mancava il suo migliore amico. Insieme a Murray, loro tre avevano formato una banda…ed erano diventati una famiglia. Erano amici sin dall’infanzia, quando vivevano in un orfanotrofio. Dopo tante avventure vissute insieme, la banda si era momentaneamente sciolta; tuttavia erano pronti a riunirsi non appena sarebbe riuscito a trovare anche solo una sua traccia.
La settimana scorsa, per di più, mentre stava cercando Sly tramite il computer, Bentley aveva risentito la mancanza della sua ex, la topolina Penelope. Dopo averla ricontattata e averle chiesto di avere modo di vedersi per poter chiarire i loro malintesi, si erano incontrati in Cina. Era riuscito a riconquistarla, mentre lei era stata in grado di perdonarlo per averla trascurata dal punto di vista sentimentale. Erano tornati insieme in Francia, ma lei venne arrestata, in quanto era latitante ed era evasa dalla prigione più sicura d'Europa. Quando aveva provato a fermare gli agenti che la stavano per portare in prigione, lei gli disse di non fare nulla, e che era giusto che scontasse la sua pena…e che alla fine si sarebbero ritrovati e avrebbero vissuto di nuovo insieme, ma stavolta come due veri fidanzati.
Aveva perso due delle tre persone a cui teneva più di qualsiasi altra cosa: Sly e Penelope; il suo migliore amico e la sua fidanzata.
Era frustrato, anche se non lo dava a vedere, e l'unica cosa a cui pensava era riavere coloro che aveva al momento perduto. Aveva persino cercato, sia al computer, sia in giro per la città, un bravo avvocato che potesse prendere le difese di Penelope: alcuni non avevano intenzione di accettare il caso, altri non li riteneva abbastanza bravi per assumerli. Insomma…per la topolina la situazione era davvero complicata. Neanche il commissario Fox aveva intenzione di aiutarla a trovare un ottimo avvocato, né di ridurre la sua pena, dal momento che la riteneva responsabile della scomparsa di Sly. Era praticamente da solo…sia nella ricerca di Cooper, sia nell’aiutare la propria fidanzata. Era disposto a fare qualsiasi cosa pur di riaverli al proprio fianco; e nel caso di Penelope, anche di farla evadere di prigione. Ma non era la cosa giusta da fare, soprattutto se avessero avuto dei figli da dover crescere: avrebbero passato la loro vita a scappare, viaggiando all'estero, ma soprattutto, se fosse arrivato il giorno in cui sarebbero stati arrestati, si Servizi Sociali avrebbero tolto loro l'affidamento dei loro figli, che sarebbero stati accuditi da un’altra famiglia, o peggio, rinchiusi in un orfanotrofio. Al solo pensiero di immaginare il loro futuro destino se avesse fatto evadere Penelope, Bentley si sentì più deciso che mai a ricorrere alla legalità per farla uscire di prigione.
Non appena guardò l’orologio, la tartaruga si accorse che tra qualche ora sarebbe potuto andare a trovare la propria amata in carcere. Pensando a lei, il rettile aprì e attivò un programma all’interno del computer che aveva creato insieme a lei, quando lavoravano sul progetto della macchina del tempo, ossia un sistema di rilevazione spazio temporale, che serviva a rilevare la posizione di una persona attraverso il tempo e lo spazio. Loro lo avevano usato per essere certi che si potesse viaggiare nel tempo senza rimanere intrappolati in un loop temporale e arrivare indenni in un'epoca prestabilita. Bentley decise di usarlo per localizzare Sly, apportando però qualche modifica.
Ti prego, portami fortuna, amore mio, disse tra sé il rettile.
Una volta impostato il computer, la tartaruga andò a vestirsi per bene per prepararsi a incontrare la propria fidanzata all'interno del penitenziario. Prese anche dei documenti falsi, poiché era anche lui un ladro ricercato…anche se non allo stesso livello di Penelope.
Quando uscì di casa, Bentley promise a se stesso che il giorno in cui la topolina sarebbe uscita di prigione dopo aver scontato la pena, avrebbe rigato dritto anche lui trovandosi un lavoro onesto, scontando anche lui la pena dei propri crimini, ma soprattutto avrebbe pensato a metter su famiglia e pensare a far crescere bene i futuri figli, ai quali non avrebbe fatto mancare nulla.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Il procione cominciò a riprendere pian piano i sensi, dovuto soprattutto a causa di un suono assordante che riempiva l’aria circostante. Quando i propri sensi cominciarono a funzionare di nuovo, Sly si accorse di trovarsi disteso su un lettino. Non appena si rimise in piedi, iniziò a guardarsi intorno: era dentro a una piccola camera con pareti di metallo, provvista di lettino, gabinetto e un piccolo tavolo; e dove si trovava l'uscita, c'era una specie di parete laser che impediva a chiunque di entrare o uscire. Tuttavia ciò non impedì al procione di vedere cosa c'era dall'altra parte della barriera laser; c’erano altre stanze simili disposte in serie su vari piani. Capì di trovarsi in prigione. Ma non riusciva a ricordare come ci era finito dentro; poiché l'ultima cosa che ricordava era che aveva raggiunto quella specie di tempio, nell'Antico Egitto, ed aveva iniziato ad esplorarlo. Ma ora…sembrava trovarsi in un'epoca diversa, ma non sapeva in quale; a giudicare dal tipo di prigione in cui era rinchiuso, doveva essere nel futuro, anche se non sapeva di preciso in quale anno. I vestiti che indossava erano di un tessuto simile alle tutte da ginnastica; erano di colore blu, con delle righe fine arancioni. Ma sembrava avessero una particolarità: erano sintetici, e sembravano emanare sia aria calda, che fredda. Forse erano termici, a giudicare dal fatto che si sentiva a proprio agio.
Decise di avvicinarsi alla barriera per vedere meglio come era la prigione. C'erano in tutto tre piani provvisti di celle, ed erano sorvegliati da alcune guardie, che indossavano una specie di armatura di metallo di colore blu che ricopriva tutto il loro corpo. Erano anche armati di grossi fucili d’assalto. Ad un tratto le barriere sparirono in tutte le celle, dando la possibilità ai detenuti di uscire fuori.
“Si prega di mantenere l’ordine e di recarvi nella mensa.”
Non appena Sly uscì dalla propria cella, sulle pareti sbucarono fuori delle torrette laser che mirarono ai criminali per far sì che non potessero scappare; mentre al piano terra, dove non c’erano prigioni, arrivarono numerose guardie che, una volta in posizione, presero i loro fucili e li puntarono verso i criminali.
Cavolo, neanche ad Alcatraz hanno un livello di sicurezza così alto, pensò il procione, che considerava la presenza di tutte quelle guardie e delle torrette una vera e propria esagerazione. A meno che non si trovava in un carcere di massima sicurezza.
Mentre il ladro si apprestò a seguire i detenuti verso la mensa, incominciò a guardarsi intorno per vedere se aveva la possibilità di poter evadere da quella prigione. Nonostante la presenza dei vari condotti di areazione, iniziò a pensare che probabilmente erano anche quelli dotati di un qualche sistema di sicurezza…magari dai laser. Non era certo, ma di sicuro non erano dei semplici condotti come volevano apparire. Ogni volta che doveva mettere a segno un colpo, c'era sempre Bentley al proprio fianco, che pianificava ogni cosa e lo metteva al corrente di tutti i sistemi di sicurezza presenti in ogni struttura, e gli diceva sempre come doveva superarli. Qualche volta interveniva lui stesso per disattivarli. Ma adesso era solo, perciò non poteva mettere in pratica un’evasione da solo: aveva bisogno dei propri amici, della propria banda. Ma non sapeva neanche in quale epoca si trovava, e non sapeva perciò, come poterli contattare. A quel punto decise di aspettare ad evadere, e pensò di fare l'unica cosa che permetteva a ogni criminale di sopravvivere: allearsi con qualcuno e pianificare una possibile evasione. Pensando ciò, il procione cominciò ad osservare i detenuti attorno a sé. Aveva bisogno di complici ben preparati e desiderosi di evadere, e che fossero collaborativi. Non appena il gruppetto di detenuti arrivò di fronte all’ingresso della mensa, bloccato da uno di quei campi di forza, si fermò di fronte ad esso. Sly ebbe la possibilità di vedere come una delle guardie effettuò su un piccolo display il riconoscimento digitale della sua mano e degli occhi. Non appena il campo di forza sparì, i detenuti cominciarono a entrare, in fila indiana, dentro la mensa. Le guardie erano quattro, e si trovavano ai fianchi dell’ingresso, con i fucili in mano. Sly notò che nessun criminale osava fare casino o prendeva l’iniziativa di provare a correre scappando. Notando questi particolari, capì subito che quella prigione era decisamente a prova di fuga convenzionale. Forse le guardie e le torrette avrebbero sparato a vista chiunque avesse tentato di evadere. Non conoscendo appieno l’ambiente e come era difesa la struttura in cui era rinchiuso, decise di rispettare la routine e di studiare con calma ciò che lo circondava.
Una volta dentro, la barriera laser rossa si attivò nuovamente, sbarrando l'unico accesso alla sala. Sempre in fila indiana e in modo ordinato, i prigionieri si diressero verso il macchinario che consegnava il cibo. Quando cominciarono a comparire i primi vassoi, tramite il carrello scorrevole, i detenuti ritirarono il loro pranzo andarono a prendere posto tra i banchi, che erano dotati di sedie digitali: una volta seduti bisognava finire il pranzo, altrimenti non c'era possibilità di alzarsi. Il macchinario era costruito in modo tale che ogni animale di qualsiasi dimensione potesse ritirare senza problemi il cibo; infatti ciò permise a Sly di prendere la sua razione senza effettuare un balzo in alto, o fare altre cose particolari.
Dopo aver preso posto in un tavolo dove non c'era nessuno, il procione iniziò a consumare il proprio pranzo. Mentre faceva ciò, si guardò intorno per osservare i criminali che lo circondavano; la maggior parte di loro erano di grandi dimensioni, mentre gli altri erano di piccole dimensioni, ed erano di varie specie. Alcuni stavano in silenzio, mentre gli altri parlavano tra loro. Era già riuscito a capire che c'erano tre piccoli gruppi alfa di criminali, ossia coloro che si occupavano di tenere in riga i cosiddetti “solitari” facendo abbassare loro la cresta e ricorrendo anche a gesti di bullismo per sottometterli, obbligandoli a unirsi a loro. Doveva essere furbo: doveva preoccuparsi di averli come alleati per non avere problemi… ed avere una possibilità di convincerli a escogitare un piano per evadere dalla prigione.
Ad un tratto il procione vide che uno di quei detenuti che faceva parte di una delle tre bande si era alzato dalla sedia per andare da lui. Sly, che aveva notato il bisbigliare di quel gruppetto di criminali di cui faceva parte quella donnola, con la quale avrebbe fatto una chiacchierata o una zuffa, seguì con lo sguardo i suoi movimenti. Nel momento in cui il piccolo predatore andò a sedersi di fronte al ladro, iniziò a proferire parola.
“Bene bene: finalmente il sorvegliato speciale si fa vedere in mezzo a noi.”
“Ti stai riferendo a me?” chiese Sly facendo finta di non aver capito…anche se era sorpreso di essere stato considerato un criminale speciale.
“È ovvio, mezza calzetta: sei rinchiuso qui da circa un mese, e nonostante la tua presenza, non ti hanno mai smosso dalla tua comoda branda come succede a noialtri detenuti.”
Sly ascoltò attentamente alla sua spiegazione, ma allo stesso tempo era pronto a reagire nel caso qualche suo amichetto avesse tentato di aggredirlo alle spalle.
“Perché non vieni al sodo, e mi dici cosa vuoi realmente da me?” chiese diretto il ladro, capendo benissimo che quella donnola maschio si era avvicinata per un motivo.
Riflettendo a quella domanda, il criminale rimase per qualche istante in silenzio, poi parlò…
“Mi piacciono i tipi diretti come te, anche perché se ne incontrano pochi in giro al giorno d'oggi…Comunque: la tua presenza, in questo carcere, è sospetta.”
Intuendo subito dove voleva andare a parare, il procione non tardò a rispondere.
“Credi che io sia una qualche specie di informatore e che vado a fare la spia alle guardie della prigione per qualunque vostro comportamento scorretto dico bene?”
Il predatore sorrise alla sua lesta risposta.
Sly ricambiò il suo sorriso.
“Io e le Forze dell’ordine siamo come l'acqua e l'olio: non ci vado per niente d'accordo. E poi mi conviene avere come alleati voi detenuti.”
La donnola valutò attentamente la sua risposta.
“E perché vorresti avere come alleati noi detenuti?”
“Perché posso aiutarvi a evadere da questa prigione.” fu la risposta di Sly.
Il detenuto si fece improvvisamente serio, e strinse le sue mani a pugno in segno di ansia.
“Stai dicendo sul serio? Sei in grado di farci uscire tutti da qui?”
“Sono molto bravo con le mie doti; e se mi metti alla prova, potrò dimostrartelo.” fu la risposta di Sly, che aveva bisogno di conoscere meglio la prigione e le guardie; e l’unico modo per farlo era un’approfondita “perlustrazione”.
La donnola lo squadrò sospettoso e severamente.
“Se tu sapessi dove ci troviamo, non diresti queste cose.” disse il detenuto divertito. “E l'unico motivo per cui non verrai pestato da me e dai miei compagni è perché la mensa è provvista di quelle torrette laser stordenti che si attivano nel momento in cui qualcuno provoca una rissa.”
“Quindi non credi alle mie parole?” chiese Sly senza scomporsi minimamente, anche se era stato sorpreso del fatto che quella donnola avesse voluto ascoltarlo fino adesso.
La donnola sorrise maliziosamente, e avvicinò leggermente il proprio volto al procione affinché potesse intimidirlo con lo sguardo minaccioso e potesse ascoltare ogni parola che stava per dire.
“Diciamo che le tue capacità possono tornarmi utili; e che per questo motivo…ho intenzione di assicurarmi la tua lealtà verso la mia banda in ogni modo.”
Proprio in quel momento, sul soffitto, apparvero le torrette laser, che sarebbero state pronte ad aprire il fuoco sui detenuti, i quali si misero composti sulle loro sedie. Nel momento in cui il predatore le notò, si affrettò ad allontanare il proprio volto dalla sua preda.
“La tua salvezza è temporanea; perciò non credere che sia finita così.”
Dopo aver seguito con lo sguardo il detenuto, che era andato a raggiungere i suoi compagni, Sly tornò a concentrarsi sul cibo rimanente nel vassoio, sbrigandosi a finire di mangiare prima dello squillo della campanella.

Come avevano fatto prima, i detenuti uscirono dalla mensa in fila indiana e in modo ordinato, senza alcun tipo di schiamazzo. Sly non sapeva se ci sarebbe stato il cosiddetto “tempo libero" o qualche altra attività, ma aveva intenzione di preparare la propria fuga: non aveva ancora elaborato un piano studiato nei minimi dettagli, ma non intendeva starsene fermo a guardare e non fare niente. C’erano quattro guardie: due a sinistra, e due a destra della fila di detenuti. Erano di grandi dimensioni, impugnavano un fucile, e indossavano una tuta interamente blu che li faceva apparire più muscolosi; e il loro volto era coperto da un elmo. Sulla cintura di tutti e quattro c'era una carta magnetica.
A quel punto Sly si staccò dalla fila e andò alla propria destra, passando in mezzo alle due guardie, dopodiché iniziò a correre.
“Attenzione: detenuto in fuga!” disse una delle guardie con voce metallica.
Il procione ebbe la possibilità di constatare che quelle guardie erano dei robot, e ciò spiegava il motivo della loro impassività e silenzio che avevano mostrato fino a quel momento.
Purtroppo la corsa del predatore fu bruscamente interrotta dal laser stordente sparato da una torretta posizionata sul soffitto del corridoio, che gli fece perdere i sensi nel momento in cui venne beccato da quell'unico colpo proveniente da uno di quei numerosi sistemi di difesa della prigione. Quando arrivarono le guardie, Sly venne portato nella sua cella, dove sarebbe rimasto rinchiuso finché non avrebbe ripreso i sensi; mentre gli altri detenuti andarono nel campo a godersi il cosiddetto “tempo libero".
Tuttavia nessuno poteva immaginare che era andato tutto come aveva pianificato Sly. Quando aveva cercato di scappare, era riuscito a prendere da una delle guardie quella chiavetta magnetica, e aveva usato il pessimo tentativo di fuga disperato come diversivo per nascondere il vero scopo del ladro. Ora che aveva quella chiave magnetica, aveva bisogno di capire come usarla per evadere. La prima mossa era stata fatta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Il commissario di polizia Carmelita Montoya Fox aveva ancora una volta catturato un altro pericoloso criminale in circolazione: si chiamava Samantha Le Fojes, era un puma, ed era coinvolta nel cosiddetto traffico della prostituzione. Non era soltanto un'ottima intermediatrice con i boss malavitosi e i locali che facevano richiesta di giovani e belle ragazze coinvolte, o che sceglievano di entrare, nel giro; era anche maledettamente brava a ricattare gli altri, ed aveva anche conquistato il grado di cintura nera nel karate. Per riuscire ad acciuffarla, aveva impiegato tutte le energie e la forza fisica che possedeva per riuscire a stenderla, rischiando di dire per sempre addio ad alcuni arti del proprio corpo e alla coda…ma ad avere la peggio era stata proprio Samantha: l'azzuffata con quella volpe le aveva procurato tre costole rotte, il polso destro rotto, un occhio nero, numerosi lividi, qualche dente caduto, e un gran dolore alla mandibola. Anche Carmelita non era uscita tanto indenne…ma si sentiva meglio della criminale.
“Quando uscirò di qui, ti verrò a cercare, dannata volpe poliziotta.” la minacciò il puma femmina.
Senza scomporsi minimamente, Carmelita la fulminò con uno sguardo altrettanto minaccioso.
“Se non vuoi che ai tuoi crimini aggiunga anche minaccia a un pubblico ufficiale, è meglio che rimani in silenzio.” fu la risposta della volpe, che oltre ad avere una gran voglia di continuare a gonfiarla di botte avrebbe voluto che fosse condannata all’ergastolo: quando era sotto copertura aveva avuto modo di vedere in che modo trattava e torturava quelle povere ragazze, di cui la maggior parte di loro avevano soltanto 18 anni, o meno. Se fosse dipeso da lei, le avrebbe anche negato il diritto di avvalersi di un avvocato e l’avrebbe messa in una cella d’isolamento per tutta la durata della sua pena.
Una volta che la porta a sbarre si aprì, Carmelita, insieme a due guardie, portarono la criminale dentro la sua cella, che si trovava in uno dei tanti corridoi a due piani in cui si trovavano in entrambi i lati le numerose celle, nelle quali erano imprigionate le delinquenti, poiché si trattava di un carcere femminile. Dopo averla rinchiusa, la volpe venne accompagnata dalle guardie verso l'uscita.
“Ecco a lei, commissario.” disse l’addetto all’accoglienza, un'iguana verde femmina, mentre diede a Carmelita dei fogli da firmare.
Una volta fatto ciò, la predatrice fece per andarsene; ma quando vide un rettile di sua conoscenza che si trovava su una sedia a rotelle, si fermò per rivolgergli la parola.
“Dimmi che non sei venuto qui per incontrarmi e insistere su quell’argomento.” disse il canide con tono serio quando Bentley fu vicino a lei.
“Sono qui per vedere Penelope, e non mi aspettavo di incontrarti.” fu la risposta della tartaruga.
Il commissario lo squadrò, dopodiché parlò di nuovo.
“Ci sono novità riguardo la ricerca di lui?”
La tartaruga scosse la testa e la abbassò.
“Sto facendo di tutto per trovarlo.” si limitò a dire Bentley.
Nonostante fosse dispiaciuta di sentire quella risposta, Carmelita non lo diede a vedere, dal momento che non le piaceva mostrare le proprie fragilità.
“Tienimi aggiornata sui futuri sviluppi.” disse infine la volpe prima di avviarsi verso l’uscita.
Anni fa aveva dato anima e corpo per acciuffare quel procione e la sua banda; ma da quando erano accaduti quegli eventi legati ai viaggi nel tempo, in cui era stata trascinata insieme a Sly e al resto della banda, aveva deciso di sospendere la caccia e le ostilità nei loro confronti: con Sly era accaduto anche prima, circa qualche anno fa, quando aveva deciso di interrompere per un periodo la sua carriera di ladro e si erano messi insieme. Il loro rapporto era andato abbastanza bene, nonostante Carmelita, nel profondo, aveva capito che il procione non era effettivamente cambiato…ma oltre a mentire a lei, aveva mentito anche a se stesso. Nonostante fosse arrabbiata e ferita da lui, sentiva la sua mancanza e gli voleva bene.
Dopo aver visto la commissaria Fox andarsene, Bentley rivolse l’attenzione all’addetta dell’accoglienza e le consegnò i propri documenti, che aveva falsificato talmente bene da riuscire a superare qualsiasi controllo in ogni posto.
“Sono qui per vedere Penelope.”
Dopo aver fatto il controllo, l’iguana li riconsegnò alla tartaruga.
“Vada pure, signor Vander.”
A quel punto il rettile si diresse nella stanza degli incontri. Era enorme, con un lungo banco che separava la stanza, e sopra di esso c'era un lungo pezzo di vetro talmente alto da impedire a chiunque di oltrepassarlo, alternato da alcune piccole colonnine della stessa altezza e che davano modo di garantire un po’ di privacy nei colloqui tra i detenuti e i visitatori. Bentley notò che quel giorno non c’erano altri visitatori, ed era consapevole di essere probabilmente l’unico animale che andava a trovare ogni giorno la propria amata rinchiusa in prigione.
Ad un tratto, alle spalle del bancone, davanti a sé, comparve un coccodrillo con la divisa blu della polizia che camminò fino a raggiungere una delle postazioni centrali.
“Ricordati: hai solo dieci minuti.”
“Lo so bene, Michelle. Non fai altro che dire la stessa cosa ogni giorno.”
Non appena Bentley riconobbe la voce della detenuta, si affrettò ad andare a sedersi sulla sedia ribassata di fronte al banco; dopodiché la rialzò. Nel momento in cui raggiunse la cima poté finalmente vedere, dall’altra parte del vetro, la propria amata con la divisa arancione che avevano i detenuti.
“Penelope.”
“Ben…tesoro mio.” disse la topolina rosa, che essendo abituata a chiamare la tartaruga con il suo vero nome, finiva per dimenticarsi spesso che era ricercato dalla legge; e poiché non sapeva quale nome falso usava quando si vedevano, si limitò a chiamarlo “tesoro mio".
“Stai bene?”
“Si, sto bene…e non c'è bisogno che mi vieni a trovare ogni giorno con il pensiero che mi sia accaduto qualcosa.” rispose Penelope, che nonostante era felice di vedere il proprio amato, era allo stesso tempo scocciata. “Capisco che tu sia preoccupato per me, ma non ce n’è bisogno: mi trovo in un carcere ben curato, e le guardie sono gentili e disponibili. Sto bene…”
“Io voglio che tu stia bene e a tuo agio, ma soprattutto che ritorni presto da me! E sto anche cercando un avvocato abbastanza bravo e coraggioso che possa prendere le tue difese!”
Penelope sospirò.
“Devi stare tranquillo!...Vedrai che presto o tardi avrò un avvocato che riuscirà a difendermi; e poi sto facendo la brava, perciò potrei anche ricevere uno sconto di pena per questo…” provò a tranquillizzarlo il roditore.
“Io ti voglio al mio fianco…Non riesco a stare senza di te!” disse la tartaruga sconvolta, finendo per appoggiare la propria mano sinistra sul vetro.
Anche la topolina toccò il vetro con la mano destra per far sì che i loro palmi potessero combaciare su entrambe le estremità.
“Da quanto tempo non dormi e passi tutto il tuo tempo al computer?”
Bentley scosse la testa.
“Ho perso il conto…” ammise il rettile, che aveva al centro dei propri pensieri riavere indietro il proprio migliore amico, e la propria amata.
Il roditore scosse la testa e sospirò.
“Apprezzo tutto quello che stai facendo per me, amore mio, ma non è necessario: io sto bene, e le guardie mi trattano bene, e oltretutto mi sto comportando bene. Non c’è bisogno che fai i salti mortali per farmi stare meglio, o per procurarmi un avvocato che riesce a fare miracoli impossibili…”
“Io non voglio vederti un minuto di più rinchiusa in questa prigione!” esclamò Bentley.
A quel punto Penelope sbuffò, e assunse un’espressione severa, come se fosse stata offesa.
“Quando alla fine avevo deciso di seguirti, sapevo bene che alla fine avrei dovuto scontare in prigione la mia pena; era logico. E se ho deciso di tornare con te in Francia è perché ti amo, e ho scelto di affrontare insieme a te le difficoltà per avere la possibilità di ricominciare tutto da zero; e avere la possibilità di cambiare vita e avere una famiglia, un giorno...”
In quel momento sopraggiunse la guardia che aveva accompagnato Penelope al colloquio.
“Il tempo a disposizione è finito.”
La topolina rosa rivolge rapidamente lo sguardo verso il coccodrillo femmina, e si limitò ad annuire.
“Vedrai che si risolverà tutto: devi solo avere pazienza e fede. Non devi diventare matto. Ti amo.”
Dopo aver sentito ciò, Bentley vide la propria amata andare via, accompagnata da quel coccodrillo femmina. Dopo aver abbassato anche lui la sedia per raggiungere il pavimento, la tartaruga fece per andarsene via; continuava a sentirsi in colpa per le condizioni del roditore, che nonostante fosse giusto che scontasse la sua pena per i crimini che aveva commesso, era però consapevole del fatto che era stato a causa della propria ambizione per la scienza e dell’egoismo personale se Penelope lo aveva tradito ed era diventata latitante. Nonostante fosse riuscito a riappacificarsi con lei, adesso si trovava in prigione, e non c’era giorno in cui non si dava da fare per cercare di aiutarla e liberarla dalla detenzione. Lo faceva pensando agli errori che aveva commesso: e questa volta si era prefissato l’obiettivo di rimediare ai torti che le aveva inflitto.
I pensieri rivolti verso la propria amata, e a come liberarla di prigione con mezzi legale, il rettile si ritrovò fuori dal carcere senza neanche rendersene conto. Improvvisamente sentì un suono che lo riportò alla realtà. Quando prese quello che sembrava essere un mini tablet, la tartaruga fu sorpresa e felice di vedere ciò che credeva non si sarebbe mai realizzato: era riuscito a localizzare Sly. Mentre si affrettò a tornare di corsa a casa, prese il proprio cellulare e chiamò a Carmelita.
“Che c'è Bentley?”
“L'ho trovato! Affrettati a venire da me.”
Dopo aver detto ciò, chiuse la chiamata e si diresse verso la fermata dell’autobus.

Angolo Autore
Perdonate il mio ritardo nell'aggiornamento di questa fanfiction, ma avevo avuto qualche problemino a proseguirla. Ora che ho trovato il modo, ho approfittato per aggiornarla, ed ho intenzione di portarla a termine.
Perdonate la lunga attesa, e buona lettura.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

All’interno degli spogliatoi, Murray si stava togliendo i vestiti per andare a farsi una doccia: l’incontro a cui aveva partecipato poco fa, contro un enorme elefante, era stato molto tosto. L’avversario era molto forte, e per di più determinato, spietato e disposto a fare di tutto per vincere; se avesse combattuto contro un avversario meno robusto, meno motivato e non tanto forte, sarebbe stato capace di rompergli le costole e di mandarlo in ospedale. L'ippopotamo ci aveva messo l’impegno e il cuore per vincere il match. Ma non era in vena di festeggiare e di essere felice: gli mancava il suo migliore amico Sly Cooper. Rimase per ore sotto la doccia, lasciandosi investire dall'acqua calda che gli bagnava il proprio corpo per mandare via il sudore, mentre i propri pensieri erano rivolti verso il procione: era disperso, ma nonostante ciò non intendeva accettare che potesse essere morto. E a confermare le proprie convinzioni fu il fatto che il suo corpo non era stato trovato; e ciò bastava a fargli sperare e credere che era ancora vivo. Tuttavia era triste: gli mancava il suo migliore amico, che lo aveva affiancato sin da quando erano piccoli. Aveva deciso di dedicarsi al wrestling per trovarlo e proteggerlo meglio…per non lasciare che gli altri glielo portassero di nuovo via; e questa volta ci sarebbe riuscito a impedire ciò.
Dopo aver finito di farsi la doccia ed essersi cambiato, Murray prese il borsone, dentro il quale c’era il completo che indossava quando prendeva parte a un match, e uscì dagli spogliatoi. All’esterno dell’edificio c'era una persona ad attenderlo.
“Murray Muro di Pietra.”
L’ippopotamo si voltò per vedere chi era quella persona.
“È così che il pubblico ti chiama, adesso?”
“Tu.” disse Murray quando riconobbe il commissario Fox. “Che ci fai qui?”
“Bentley ha trovato Sly; dobbiamo assolutamente raggiungerlo.” fu la risposta di Carmelita.
“Dici sul serio?! Sly: sto arrivando!” esclamò Murray sorpreso e allo stesso tempo entusiasta.
A quel punto l’ippopotamo seguì la volpe fino alla sua auto, dopodiché andarono verso la casa della tartaruga.

Anno imprecisato del futuro, nella prigione di massima sicurezza…

Pur non essendo un tecnico, e nonostante si trovasse in una prigione di massima sicurezza in chissà quale anno del futuro, Sly aveva osservato il proprio migliore amico Bentley lavorare con la tecnologia a lungo, riuscendo ad imparare qualche piccolo trucchetto, e che aveva poi “combinato” con le proprie tecniche da ladro scassinatore. Grazie alla tessera magnetica che aveva rubato a quella guardia robotica, il procione riuscì a manomettere la console, disattivando così il campo di forza che gli impediva di uscire dalla cella. Uscì rapidamente, evitando di rimanere di nuovo rinchiuso nella prigione: quando notò che quella barriera laser stava per riattivarsi, il ladro ebbe i riflessi pronti e il giusto tempismo per uscire dalla stanza. Aveva superato un ostacolo, ma sapeva che ce ne erano altri davanti a sé; a cominciare dalle guardie robotiche che pattugliavano i livelli della prigione. Erano in tutto quattro, e facevano lo stesso percorso come un trenino radiocomando sopra i binari. Poiché era certo che erano programmati per fermare chiunque cercava di evadere, Sly usò tutta la prudenza e scaltrezza che aveva a disposizione; dopo essersi tolto gli scarponi che gli erano stati forniti dalle guardie della prigione il procione iniziò a correre con passo svelto, ma silenzioso, stando attento a non farsi notare da quei robot o dai detenuti che si trovavano all’interno delle loro celle. Fortunatamente i robot non erano in grado di notare la fuga di un detenuto allo stesso modo di un vivente, in quanto non possedevano l'intuito, l’attenzione, e i riflessi che permettevano di notare se c'era qualcosa che non andava.
Quando raggiunse la porta blindata scorrevole la aprì con la tessera magnetica; a quel punto varcò la soglia del corridoio. Dopo averlo percorso per qualche passo, Sly notò davanti a sé delle telecamere. Facendo ricorso all'angolo sporgente, Sly si appiattò contro la parete alla propria destra per non farsi vedere. Con cautela si affacciò per vedere le telecamere e studiare il loro movimento, affinché potesse provare a cercare di eluderle al momento giusto. Quando vide che si erano fermate e la loro visuale era rivolta verso l’alto, si insospettì: poiché non credeva alla fortuna e alle coincidenze, escluse da subito che fosse a causa di un guasto tecnico. L’unica ipotesi che gli venne in mente fu che si trattava di una trappola, fatta apposta per fregare i detenuti che cercavano di evadere. Se le cose stavano così, e poiché non era un vigliacco, si sentiva pronto a farla scattare. Una volta uscito allo scoperto, Sly andò dritto per il corridoio, prestando attenzione alla presenza di altre guardie robot che pattugliavano i corridoi.

Angolo Autore
Salve a tutti. Ci tengo a precisare che questo capitolo è il sequel de Fino all’ultimo respiro, che sarebbe una mia flashfic.
Cosa accadrà a Sly? Riuscirà a fuggire dalla prigione senza problemi? Riuscirà a non cacciarsi nei guai? Tutto questo…lo scoprirete nel prossimo capitolo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Mentre aspettava l’arrivo di Carmelita e Murray, Bentley continuava a lavorare sulla nuova macchina del tempo: questa volta sarebbe stata migliore della precedente, e anche più precisa. Secondo le coordinate ricevute, doveva trovarsi nell'Antico Egitto, durante il periodo del Medio Regno. Secondo il Thievus Racconus, in quell'epoca si trovavano due antenati di Sly Cooper: uno era Sly Tankhamen Cooper I, e suo figlio Sly Tankhamen Cooper II. Erano vissuti in due epoche diverse dell’Antico Egitto; perciò non avrebbero incontrato entrambi. Sarebbero andati nel 1350 a. C., e questo significa che avrebbero conosciuto Sly Tankhamen Cooper I, ossia il creatore del Thievous Racconus, che altro non era che il libro ereditato ad ogni Cooper di generazione in generazione, dove era appuntata l'intera genealogia della famiglia Cooper, le loro tecniche segrete, e le loro rapine più famose che avevano effettuato nella storia. Ma non stava mandando lì Carmelita e Murray per conoscere l’antenato di Sly Cooper, ma per salvare il loro migliore amico intrappolato nel passato…sperando che stesse insieme a Tankhamen: in questo modo le probabilità di riuscire a ritrovarlo sarebbero state alte.
Dopo aver finito gli ultimi ritocchi, la tartaruga andò verso la console e avviò la macchina per verificare che funzionasse: aveva apportato alcune modifiche per migliorare la sua precisione e il sistema di alimentazione. La propria invenzione iniziò a produrre un fastidioso rumore sordo, simile al motore di un’automobile da corsa appena messa in moto. Anche dopo averla attivata, il rettile continuava a rimanere incollato al computer per controllare e regolare i valori della macchina per impedirle di esplodere mentre era in funzione, o che avesse portato i viaggiatori che l’avrebbero usata verso un’altra epoca. Tutto sembrava funzionare a dovere, e i parametri sullo schermo del computer erano regolari. Era tutto a posto…ma non voleva ancora usarla: voleva eseguire altre modifiche e test…e non perché c’era un problema. I pensieri, infatti, erano rivolti ancora verso la propria amata Penelope: non riusciva a darsi pace per ciò che aveva fatto in passato, e nonostante fosse riuscito a fare pace e a riconciliarsi con lei, desiderava con tutto il cuore riaverla accanto a sé…e questa volta non era per lavorare insieme sulle invenzioni; ma perché voleva creare insieme a lei una famiglia. A distogliere l’attenzione della tartaruga verso quei pensieri fu un suono ripetuto proveniente dal computer. A quel punto Bentley aprì la schermata che mostrava la visuale della telecamera installata sopra l’ingresso della porta di casa. Quando vide che di fronte all’entrata c’erano Carmelita e Murray, la tartaruga li fece entrare. Dopo aver fatto ciò, Bentley si diresse verso la propria camera per andare a cambiarsi e rendersi presentabile ai suoi amici e informarli sui risultati ottenuti dalle ricerche su Sly Cooper.

In un'epoca molto distante dal presente…

Ciò che Sly trovò davvero strano fu il fatto che le telecamere di sicurezza si disattivavano soltanto in alcuni corridoi: era chiaro che qualcuno sembrava volesse guidare il prigioniero attraverso un percorso preciso e ben studiato. Gli unici ostacoli, minimi, che il procione incontrava durante il tragitto erano le guardie robotiche, alte due metri, ben robuste e armate di fucili laser pesanti. Fu una passeggiata riuscire ad aggirarle, in quanto gli bastò nascondersi sfruttando gli angoli posti agli svincoli dei corridoi; e il suo passo veloce e allo stesso tempo furtivo, lo aiutò ulteriormente a non farsi notare dai robot, che a differenza degli esseri viventi non erano dotati di udito e intuito, perciò non erano in grado di accorgersi della presenza di una persona scaltra e abile a passare inosservata.
Quando Sly percorse con prudenza l’ennesimo corridoio dell'enorme prigione (il quinto, per la precisione), si acquattò contro il muro non appena vide passare due guardie all'ennesimo incrocio a quattro dei corridoi: non vennero verso la sua direzione, ma proseguirono verso la propria sinistra; e ciò gli permise di notare che le telecamere davanti a sé erano attive.
Quando iniziò a pensare a come evitarle, e capire quale svincolo avrebbe dovuto imboccare, sentì un suono che gli ricordava quello di una serratura appena sbloccata. Quando volse lo sguardo a sinistra, notò che le luci rosse della porta a fianco a lui erano diventate improvvisamente verdi; e nel momento in cui le porte si aprirono scorrendo ai lati, il procione poté vedere una delle cose a cui era particolarmente attaccato: il suo bastone dalla punta uncinata, appoggiato su uno degli scaffali di un mobile in metallo, insieme ad altre cose. Quella era lo strumento che aveva ereditato dalla propria famiglia, e usata dai propri antenati nel corso dei secoli. Grazie a quello strumento avrebbe avuto possibilità più alte di poter evadere dal carcere e affrontare i nemici se fosse stato necessario. Entrò immediatamente in quella stanza: era consapevole del fatto che stava sicuramente cadendo in una trappola, ma se fosse riuscito a recuperarlo avrebbe potuto tirarsi fuori dai guai più facilmente, visto che senza il proprio bastone si sentiva completamente vulnerabile. Facendo affidamento alla propria agilità e abilità di ladro, Sly raggiunse con facilità lo scaffale in cui si trovava il bastone; una volta preso, balzò giù. Nel momento in cui si apprestò ad uscire dalla stanza una figura comparve davanti la sua via di fuga: era vestita con un’uniforme blu notte con delle strisce rosse illuminate dai led, un casco con visiera nera che gli copriva il volto, e due manganelli neri appesi ai lati della cintura.
“Sapevo che la mia fuga non sarebbe stata così semplice.” disse Sly con tono deciso, ma allo stesso tempo ironico.
“Quando ti avevo visto rinchiuso in quella cella, avevo dedotto che non sei così sprovveduto. Non mi hai affatto deluso, Sly.”
Lo sguardo di Sly si fece serio, e squadrò sospettoso il mammifero che gli ostruiva la via d’uscita.
“Se sai chi sono, saprai anche che non è facile catturarmi.” disse il canide mettendosi in posa per combattere.
Il mammifero mascherato si avvicinò di qualche passo, senza minimamente scomporsi, rivelando un particolare che aveva nascosto al ladro: la coda da procione, che faceva movimenti da destra a sinistra.
“Ti ho fatto uscire dalla tua cella pochi minuti fa, e ti ci riporterò senza compiere enormi sforzi.”
Dopo aver detto ciò, l’altro procione prese i manganelli e attivò le lame laser alle estremità, poi si mise anche lui in posa da combattimento.
A lasciare sorpreso Sly non fu il fatto che stava per fronteggiare un procione, ma fu quando vide che la forma di quelle lame laser era simile alla lama dorata del proprio bastone: si era imbattuto in un Cooper…e sembrava collaborare con le Forze dell’Ordine.

Angolo Autore
Eccomi qui…a proseguire questa fanfiction!
Mi dispiace averci messo tanto, ma avevo bisogno di recuperare la mia ispirazione, poiché mi ero proprio bloccato. Ma ora che sono tornato, farò di tutto per completare questa storia.
Spero che questo colpo di scena vi abbia…sopreso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

“Credevo di averle viste davvero tutte, ma devo ammettere che vedere un mio parente futuro che è diventato un piedipiatti le batte tutte.” constatò Sly con una punta di sarcasmo.
“Sempre meglio che continuare la disonorevole tradizione della tua famiglia.” fu la risposta dell'altro procione, che non riuscì a controllare il disprezzo per la professione di Sly e dei suoi antenati. A quelle parole, il prigioniero assunse un'espressione offesa.
“Io e i miei antenati avremo anche infranto diverse volte la legge e saremo anche dei ladri, ma abbiamo un nostro Codice d'Onore e rispettiamo sempre chiunque; e alle volte collaboriamo anche con le Forze dell'Ordine!”
Dopo aver stretto i manici dei manganelli, il canide andò alla carica verso il prigioniero; mentre con uno di essi neutralizzò la difesa di Sly deviando il suo bastone, con l'altro inchiodò il proprio avversario sul muro e lo immobilizzò tenendolo appoggiato sulla sua gola.
“Definisci onorevole il fatto che io sia stato abbandonato da mio padre quando non avevo neanche un anno?” disse il predatore furioso. “Sono stato cresciuto da una famiglia che mi ha dato tutto e che mi ha salvato da una morte certa!...Ed è da quel momento che ho dato tutto me stesso per arrestare i criminali e consegnarli alla giustizia!”
Dopo aver sentito ciò ed essersi reso conto quanto era arrabbiato, Sly buttò a terra il proprio bastone.
“Anche se non mi credi, capisco la tua rabbia...e anch'io sarei arrabbiato se fossi al tuo posto.”
“Tu menti!” ribatté l'altro procione spingendo di più il manganello appoggiato alla sua gola. “Vuoi che io molli la presa per poter scappare via!”
“Lo farei con altri...ma non a un membro della mia famiglia, specie se è stato trattato male.” disse Sly sperando che il proprio parente potesse credergli...e magari far sì di poter colmare la sua rabbia.
Dopo qualche secondo di riflessione, il predatore mollò la presa sul proprio simile, che per tutta risposta emise qualche colpo di tosse e ne approfittò per riprendere fiato; a quel punto ripose i propri manganelli sulla cintura e mise una mano sul collo.
Quando il casco del proprio familiare si ritirò nella sua tuta, Sly ebbe la possibilità di vedere il suo volto: era giovane, circa sui 26 o 27 anni, con una cicatrice che gli attraversava l'occhio destro; la sua espressione era seria, ma allo stesso tempo racchiudeva il dolore...e non soltanto per essere stato abbandonato; e il colore delle sue iridi era un verde smeraldo scuro.
Il ladro riconobbe in quel ragazzo i tratti distintivi di un Cooper, ma allo stesso tempo vedeva qualcosa di doloroso e oscuro. Senza conoscerne la ragione provò pena per lui...ma allo stesso tempo sentiva che c'era qualcosa di molto familiare in lui; come se fosse più di un futuro antenato.
“Come ti chiami?”
Prima che potesse essere data una risposta, alle spalle dell'altro procione comparvero due guardie robotiche che puntarono i loro fucili verso Sly. Non appena il furfante notò ciò, iniziò a riflettere su cosa potesse fare: avrebbe cercato di evadere, ma oltre al fatto di trovarsi in un’altra epoca dove la tecnologia era all’avanguardia, non c’erano i propri migliori amici ad aiutarlo; né aveva la minima idea di dove potesse andare…e poi gli bastò sapere che all’interno del carcere lavorava un suo futuro parente, che per qualche strano motivo era stato abbandonato dai suoi genitori biologici…dalla propria famiglia. Non aveva intenzione di deluderlo, ma piuttosto di aiutarlo e di guadagnarsi la sua fiducia, dal momento che era anche lui un Cooper.
Il procione evaso si mise in ginocchio, appoggiò a terra il bastone e mise le mani dietro la testa.
L’altro canide squadrò sorpreso colui che aveva fatto evadere che si lasciava ammanettare dalle guardie robotiche, che lo avrebbero riportato in prigione.
“Mi chiamo Damian.” rispose a Sly non appena camminò a fianco a lui.
Per di più il ragazzo, con un gesto lesto, recuperò la tessera magnetica che quel predatore aveva rubato a uno dei robot. Una volta rimasto solo, ripose i manganelli nella cintura e andò a prendere il bastone di Sly. Lo osservò per qualche minuto con espressione turbata, ricordando ciò che il proprio genitore adottivo gli aveva raccontato: era stato abbandonato per strada dalla propria famiglia quando aveva meno di un anno a morire di freddo e di fame. Il cobra che lo aveva salvato da quella brutta situazione gli aveva dato una casa in cui poter crescere, l'educazione tramite professori privati, da mangiare...e nonostante non andasse d'accordo con lui, si sentiva in dovere di rispettarlo per tutto ciò che aveva ricevuto da lui, incluso l'amore paterno, anche se apparentemente dimostrava di essere severo e distaccato. Si era spesso chiesto chi fosse il proprio papà biologico...e si era sempre sentito arrabbiato per ciò che aveva fatto.
Dopo aver scosso la testa il procione andò a mettere il bastone di Sly nello stesso punto in cui si trovava prima; dopodiché uscì dalla stanza e chiuse la porta aggiornando i codici. Nel momento in cui si preparò a percorrere il corridoio, Damian sentì suonare e vibrare il proprio comunicatore al polso. Quando lo attivò, sullo schermo comparve l'immagine di tizio molto alto che aveva una maschera di ferro a forma di cane con il muso allungato.
“Dove ti trovi Damian?”
“Al penitenziario di Forgsville, Signore.” rispose il predatore con tono scocciato.
“Mobilita la tua task force: ho un compito molto importante da affidarvi, e non ammetto contraddizioni.”
Quando la comunicazione terminò, e lo schermo si spense, il canide sbuffò, poiché odiava ubbidire a degli ordini in cui non poteva esprimere la propria opinione. Ma era proprio questo che i soldati facevano: eseguivano gli ordini. Anche quando non erano d'accordo.
Con sguardo rassegnato e contrariato, Damian si incamminò verso l'uscita del penitenziario per raggiungere i propri compagni d'arme...che erano anche i suoi amici.

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