Walk in my shoes!

di MusicAddicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: When it takes two to make one big trouble ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: When the question is: ‘how can the other do that?’ ***
Capitolo 3: *** Capito II: When they miss their power ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: When what's mine is yours ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: When past surfaces ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: When empathy is the key ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: When it's time to take off the disguise ***



Capitolo 1
*** Prologo: When it takes two to make one big trouble ***


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Prologo: When it takes two to make one big trouble



Jessica’s POV

Come osa interromperci questo agentucolo da quattro soldi?
Cazzo, proprio ora che ero a tanto così dal convincere Clemons che sono pericolosa e vado rinchiusa nel carcere di massima sicurezza.
Di sicuro c’è lo zampino della Hogarth, certo, perché se io finisco in prigione, lei non mi può più appioppare la sua merda, io le servo libera… ma non funziona così.
“Hogarth, ti avevo detto…” sbotto, mentre esco dall’ufficio del detective ma rimango come pietrificata.

Qui al distretto sembrano tutti come impazziti: ci sono poliziotti che si puntano la pistola alla tempia, altri che la puntano contro altre persone.

Non mi piace, non mi piace per niente.

Clemons mi raggiunge.

“Che diavolo sta succedendo qui? Mettete giù le armi.” cerca di ripristinare l’ordine ma si sente il rumore di una pistola che viene caricata, prima che gli venga puntata contro.

“Brett?” lo guarda stranito Clemons.

“Chiudi il becco, non muoverti.” risponde quello, freddo come il ghiaccio.


È lo stesso agente che prima è venuto a informarlo che ero libera di andare.
Ordini del capitano, diceva.
Temo di aver capito di quale capitano stiamo parlando.

“Oh, calmatevi tutti, state rovinando l’atmosfera.” riecheggia la sua voce, con il suo accento così British, qualche secondo dopo.


Come si dice? Parli del fottuto diavolo e spuntano le fottute corna.

Da una scrivania all’angolo emerge lui, Killgrave, vestito più viola che mai.
Il colore dei miei incubi.


Sorride sornione come un gatto con il topo e il topo sono io.

“Jessica.” mi saluta e io resto immobile a fissarlo.

“Non sei sorpresa di vedermi. Sapevi che sarei venuto.” avanza verso di me.

“Non così velocemente? Io, io ammetto che ti sto tenendo d’occhio. Le spie sono facili da reclutare. Per me.” sorride sfrontato, indicando una delle poliziotte.

Si muove così a suo agio, come se questo posto gli appartenesse, se ogni cosa gli appartenesse, se ogni persona gli appartenesse.
Ed è così, lui può possedere tutto. Ha posseduto anche me… viscido ragno violaceo che tesse la sua ragnatela di controllo mentale.

Vorrei tanto schiacciarlo come un ragno, ma non posso, non qui, non ora, ci sono troppe vite in gioco.
Devo agire con cautela.

“Fai quello che vuoi a me, ma loro lasciali andare.” tento di convincerlo.

In fondo è me che vuole. Vuole vedermi crollare, vuole la mia fine.

“Beh, devo proteggere me stesso, sai…” controbatte lui, facendo il prezioso.


“E allora controlla me, non loro.” cerco di negoziare.
 

Valgo più io che dieci delle tue migliori cazzo di guardie, ci devi anche pensare, stronzo?


“Non ho nessuna intenzione di controllare te. Voglio che tu agisca di tua volontà.” mi stupisce lui con la sua risposta.

A che cazzo di gioco sta giocando?

“Agire come? Un suicidio? È per questo che continui a torturarmi?” lo affronto una volta per tutte.

Mi metterà in una situazione ‘ucciditi tu, oppure muoiono loro’, così, certo, non sarà qualcosa che mi comanda lui e otterrà comunque quello che vuole.
Ma non andrò a fondo senza prima combattere, fosse l’ultima cosa che faccio.

E ora? Perché non fa niente? Perché mi guarda così stranito?

 

“Oh mio dio, Jessica! È così triste! Certo, sapevo che eri insicura. Io non ti sto torturando e perché dovrei?” si chiede confuso lui, avvicinandosi. “Io ti amo.”

Ora la confusa sono io.
Che cazzo ha appena detto?
L’ho sognato, vero? Forse sono già morta e questo è l’Inferno.

“Tu hai rovinato la mia vita.” ribatto, acida, anche se non è che la verità.

“Tu non avevi una vita.” è la sua cazzo di risposta.

Se potessi lo strangolerei, ma non posso.

“Era tutta una malata dichiarazione d’amore?” gli chiedo, cercando di sminuirlo.

“No. Ovviamente stavo, io stavo cercando di mostrarti quello che vedo io.” replica lui, con una calma che non fa che innervosirmi.  “Che sono l’unico giusto per te. Che ti sfida. Che farebbe tutto per te.”

Questo è delirio di onnipotenza, è chiaro che non sa quello che sta dicendo.

“Questo è uno scherzo, vero? Hai ucciso persone innocenti!” gli ricordo, anche se so che è inutile, gli esseri spregevoli come lui una coscienza nemmeno ce l’hanno.

Lui sembra capire a cosa mi stia riferendo.

E vorrei ben vedere, stiamo parlando di eventi atroci che risalgono a ieri notte.

“Oh. Oooh dici quel, quel mite, timido bamboccetto? Mi ha interrotto mentre ti stavo lasciando un regalo, che a quanto pare non hai trovato.” si imbroncia lui, come se fossi io quella nel torto.

Sei solo un cazzo di serial killer, Killgrave, che non ti sporchi quelle mani perfette  da fottuto dandy Inglese non cambia certo le cose.

“Andiamo, non puoi fingere che non irritasse anche te, io volevo picchiarlo dopo solo trenta secondi.” aggiunge lui, sdrammatizzando, come fa sempre.

Sì certo, Ruben non era nella mia lista delle persone preferite, io nemmeno ce l’ho una lista di persone preferite, a parte Trish, ma non lo avrei mai preso a pugni… oh beh, non troppo, almeno.



Killgrave’s POV



 

In fondo lo sai che ho ragione io, di quel bamboccetto non può davvero importarti, tu meriti al tuo fianco solo qualcuno di speciale.

Qualcuno come me.
No, non qualcuno come. Me. E soltanto me.

 

Oh, Jessica, ho atteso questo momento così a lungo, per poterti rivelare quello che provo per te.


Oh beh, sì, certo, avrei potuto anche scegliere una cena a lume di candela, musica di violini, in un ristorante di classe… ma queste cose non fanno per te.
E poi un invito a cena da me non lo avresti mai accettato, non subito, almeno.

 

Oh, Jessica, ho tanto di quel lavoro da fare con te.

“Lo so. Lo capisco che ci vorrà del tempo, ma so che te lo proverò.” la rassicuro.

 

Forse lei è sul punto di rispondere qualcosa, ma poi si sente un telefono squillare.

“Di chi è?” chiedo, cercando di mantenere la calma, anche se il mio tono non ammette repliche.

Questi idioti stanno rovinando un momento perfetto!

Lo stra dannato telefono continua a suonare.

“Di chi è il telefono?” domando con più insistenza, poi seguo la fonte dell’odioso rumore e scopro che è nientemeno del detective che stava per rinchiudere la mia Jessica.

Gli prendo il telefono dal taschino della giacca, lo guardo negli occhi, per qualche secondo in silenzio e poi scaravento il dannato cellulare contro la parete, rompendolo in mille pezzi.

“Il prossimo telefono che suona dovrete ingoiarlo!” urlo, andando verso una scrivania.

“Luci al neon di merda, scarafaggi, suonerie fastidiose, puzza di piscio... sto cercando di professare il mio eterno amore! Volete capirlo?” sbraito, lanciando fogli inutili in aria.

Dovevo riconsiderare l’idea del ristorante.

“Verrò via con te.” mi distoglie la voce di Jessica, ma il suo sguardo dice molto di più.

“Per proteggere loro, non per tua scelta.” scuoto la testa io.

“Mi conosci bene. Il resto lo risolveremo.”

Non potrebbe essere più provocatoria di così.

Ma in fondo la amo anche per questo.

“Ooooh, ti prego, l’amore è una novità per me, ma so come funziona, guardo la TV.” mi metto sulla difensiva.

“Coglione, pazzoide. Tu non hai mai amato nessuno in tutta la tua ripugnante vi..”

Questo è troppo.
E dire che con quella bocca potrebbe fare cose più interessanti che insultarmi.

“Non presumere di sapere..” mi precipito verso di lei, ma blocco la mia frase in tempo.
Stavo per fare un errore madornale… poi lei avrebbe capito tutto.

“Prima di conoscerti avevo tutto quello che volevo e non avevo capito quanto fosse insoddisfacente finché non mi hai lasciato a morire.” addolcisco il mio tono, ma lei continua a evitare il mio sguardo.

Questa cosa è snervante, ma devo rimanere calmo.

“Sei la prima cosa, scusami, persona, che ho voluto che si è allontanata da me.” continuo e stavolta sembra guardarmi, almeno per un fugace istante.

“Mi hai fatto provare qualcosa mai provato prima. Il desiderio.”

Provo ad a portare una mano al suo volto ma lei non me lo permette e si scosta stizzita.
È ancora così spaventata dalla situazione… da me.
Questo mi fa male, ma non mi voglio arrendere.

“Mi sei davvero mancata.” mormoro a pochi centimetri dal suo viso.

Lei sembra recuperare un po’ della sua aria combattiva.
È così che voglio vederla.

“Beh, adesso sono qui. E sono tua.”

Ironica e pungente.

“No, non è vero. Spero che tu scelga me come io ho scelto te. Credo che capirai quello che ho capito io. Siamo inevitabili.” le spiego.

Come accidenti fa a non capirlo?

Tuttavia, le concedo un po’ di tregua, andando verso l’addetto della sicurezza.

Dannate telecamere.

“Hai cancellato tutto?” gli chiedo.

“Ho quasi finito.” mi conferma.

Torno a rivolgermi a Jessica.

“La memoria non la posso cancellare ma un video sì.” le spiego, ma lei non dice niente.

“Le prove che ci mostravano qui sono svanite.” commento, prendendo una certa cosa che è stata abbandonata su una scrivania, in un sacchetto.
La più schiacciante delle prove.

Non ti avrei mai permesso un azzardo simile, Jessica, non ti avrei mai fatto rovinare la tua vita in questo modo, meno male che sono arrivato in tempo.

Guardo dentro il sacchetto come farebbe un bambino che scarta i regali a Natale.
In fondo la cosa mi diverte.
Jessica mi diverte sempre.

“Decapitazione a mano. Sei piena di sorprese.” le sorrido.

È il momento che io pensi a questi poliziotti, anche per fare felice lei.
Chi prendo in giro? Solo per fare felice lei.
Dipendesse da me, si ammazzerebbero tutti.

Mediocri pedine che ormai non mi servono più a niente, ormai il mio scacco matto l’ho dato.
Però so che Jessica non approverebbe… a volte è una tale moralista!

“Fra trenta secondi vi renderete conto che questo era un simpatico scherzo e lascerete andare Jessica Jones.” ordino, prima di rivolgermi un’ultima volta a Jessica.

“Cerca il mio…”
“NO!” mi interrompe lei, urlando, e devo dire che le sono solo grato.

Le stavo dando un comando.
Innocente o no che fosse, le stavo per dare un comando, dicendole di cercare il mio regalo… e lei si sarebbe accorta di non sentire più l’esigenza di obbedirmi.

Per l’inferno maledetto! Con un passo falso del genere lei si sarebbe accorta di tutto.

 

Jessica’s POV

Non gli permetterò di azzardarsi a dirmi quello che devo fare.

 

“No, io non cerco un accidenti di niente!” ribadisco, secca.

Lui mi guarda con la sua aria da cucciolo spaurito, ma non mi incanta.

Un momento.
Incanta.

Lui stava per darmi un comando, stava chiedendomi di cercare qualcosa, ma io non l’ho fatto.

Ma certo, che stupida, non gliel’ho fatto concludere…

Ecco, potrei impedirgli di portare a termine tutti i suoi comandi... no , non funzionerebbe è stato solo un caso, lui è sempre così veloce.. solo a letto non lo era.

Cazzo, a che che cosa mi metto a pensare?

Approfitto del fatto che Killgrave sembri ancora assorto nei suoi pensieri.

“E poi hai detto che non mi avresti controllato no? Non mi sembra tu stia mantenendo la promessa.” rincaro la dose.

“Hai ragione. Ti ho promesso che non ti avrei controllato e non verrò meno alla mia parola.” mi garantisce lui, mentre lo seguo verso l’uscita.

 

Faccio solo in tempo a sentire in lontananza le risate di tutto il distretto che crede davvero che il gioco sadico di questo pazzoide sia stato solo uno scherzo.

“Davvero hai deciso di seguirmi?” mi guarda stupito Killgrave.

“Non è forse quello che volevi, mettendo in piedi quel teatrino macabro con tutti i poliziotti?” gli faccio notare io.

“A dire il vero, no. Quello è stato per dichiararmi.”

“La prossima volta limitati a dei fiori con un bigliettino che posso gettare direttamente nel cesso!” gli ringhio contro, ma lui sembra solo divertito.

“Non cambi mai, Jessie.” ridacchia agitando il sacchetto. “E va bene, avevo altri piani per noi, ma se vuoi seguirmi fa’ pure.”

“Sia chiaro, non voglio seguirti fino a dove vivi adesso… vorrei fermarmi un attimo con te a parlare, a cercare di trarre qualche vantaggio da questa situazione assurda.”

“Sono colpito. Non hai usato nemmeno una parolaccia. Allora è una questione seria!” si fa beffe di me.

Calmati, Jessica, lui ti serve vivo. Per ora.

“Hai detto che faresti qualsiasi cosa per me... sempre che quella dichiarazione fosse vera.” torno sull’argomento, mentre continuiamo a camminare.

“Certo, Jessica, era vera ogni sillaba, farei tutto per te. Basta dirmi cosa desideri. Vuoi che quella fastidiosa avvocatessa che ti dà il tormento finisca per la strada a mendicare? Sai che mi basterebbe una sola parola.”

A volte mi stupisce quanto bene mi conosca.
Sì, è vero, godrei come un riccio a vedere la Hogarth in rovina, ma non è questo quello a cui miro.

“Hope. Tirala fuori di prigione.” gli propongo.

“Oohh, ancora quella biondina petulante! Credevo saresti stata un po’ più creativa nelle tue richieste!” sbuffa lui, lanciando in aria il sacchetto e riprendendolo, come se fosse un giocattolo.

“Non posso parlare seriamente con chi gioca con una cazzo di testa decapitata!” sbotto.

“E va bene, ora la butto.”

“E dove, genio? In un cestino per la strada? È un tipo di rifiuto un po’ troppo vistoso.”

“Hai ragione, ma posso fare in modo che nessuno lo noti.”

“Per dodici ore? No, grazie.” scuoto la testa, prima che lo sguardo mi cada su un luogo non troppo distante.
 

Siamo sempre sulla West 54th street dopotutto e più avanti c’è il posto che può fare al caso nostro.

“Vieni con me!” lo tiro per un braccio in quella direzione.

“Dove stiamo andando?” si acciglia lui.

Ormai ho già forzato il cancello e il lucchetto che lo chiudeva è solo un ricordo.

Ignoro il suono lugubre e cigolante che fa quando lo apro.

Che ormai sia scesa la notte non aiuta di certo.

Anche Killgrave sembra un po’ titubante ma rimane comunque al mio fianco.

“Jes-Jessica, che posto è questo?”

“Dicono che sia una casa infestata dai fantasmi, o forse ci abitava una strega, qualcosa del genere…” spiego, mentre spingo il portone e ci addentriamo in quell’atrio buio e polveroso.

“È uno scherzo?” domanda lui, inquieto, accendendo la torcia del suo cellulare.

“Che c’è hai forse paura?” lo punzecchio io e lui mi guarda malissimo.

“Di sicuro nessuno si avventurerebbe qui, lascia pure il sacchetto con la testa in un angolo.” lo sprono io e lui accetta quel suggerimento.

“Jessica.. è meglio se andiamo via però adesso.” borbotta lui.

“Allora dillo che ti stai cagando sotto! Da piccolo ti raccontavano troppe storie del terrore?” lo sbeffeggio io.

“Da piccolo non mi raccontavano mai storie. Di nessun tipo.” taglia corto lui, con un’espressione che non saprei decifrare.

Continuo ad avanzare senza badare alle sue richieste e lui suo malgrado mi segue.

Superato l’atrio, non c’è nemmeno più bisogno della torcia.

La sala è illuminatissima e sembra quella di una reggia, lussureggiante, sfarzosa e piena di suppellettili.

“Non ha affatto l’aria di una casa abbandonata…” commenta Killgrave, ora più tranquillo, guardandosi attorno con curiosità, troppa.

“Che fai, fermo!” lo ammonisco quando lo vedo sporgersi verso uno scaffale.

“Guarda, Jessica, non trovi che queste statuine ci somiglino?”

Seguo la stessa direzione del suo sguardo e noto due statuine in bronzo, non più grandi di 50 cm, una maschile, leggermente più alta e una femminile che per corporatura un po’ ricordano noi.

“È solo una coincidenza, non toccare nulla…”

Troppo tardi.

Killgrave le ha già prese in mano e invertite di posto.

“Trovo sia meglio mettere l’uomo alla sinistra della femmina, così la protegge dalle insidie dell’atrio.” mi spiega divertito.

Dannazione, Killgrave, non è possibile che per te sia sempre tutto un gioco!

Sentiamo una leggerissima scossa, come se la terra tremasse sotto i nostri piedi e ci guardiamo confusi.
Forse è solo suggestione, infatti lascia il tempo che trova.

“Se come dici tu, lei mi somiglia, non ha certo bisogno che nessuno la difenda da niente.” commento, rimettendo le statuine com’erano.

Le scosse si moltiplicano e si intensificano all’istante, il sontuoso lampadario crolla sul pavimento, mancandoci di poco, le mensole cominciano a spaccarsi.

 

“Oh, cazzo, andiamo via di qui!” corro via con lui, finché siamo in tempo per farlo.

Riusciamo giusto a uscire dal cancello prima che la casa crolli davanti ai nostri occhi.

Di sicuro ora davvero nessuno sarà più in grado di trovare quella testa.

“Jessica, ma cosa…” borbotta lui, frastornato quanto me.

“Non lo so e non mi interessa, parleremo un’altra volta, adesso ognuno per la sua strada!” decido io, andandomene con un rapido salto.

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Sopraffatta da tutte le emozioni di quel giorno mi addormento appena tocco il letto.
Quando mi sveglio c’è qualcosa di diverso, a partire dal letto, sembra più morbido e.. non ricordavo di avere così tanti guanciali.

Non è solo questo, prima avevo dei pantaloncini e una canotta, ora mi sento più vestita, com’è possibile?

Con gli occhi ancora chiusi, mi tasto le gambe, sembrano pantaloni di seta.

Mi decido ad aprire gli occhi, ma la luce che filtra dalle finestre mi fa capire che non è la mia camera da letto.

“Ma che cazzo?”

Oddio, ma questa è opera di Killgrave, ho appena sentito la sua voce, quel suo dannatissimo accento Inglese.

Mi ha rapita… di nuovo?

Scatto in piedi, pronta a prenderlo a pugni… questo prima di rendermi conto che sono stata io a parlare.



Killgrave’s POV
 

Non so spiegarmelo, a un certo punto sembra che il letto dove mi sono addormentato abbia smesso di essere così comodo, ma soprattutto i cuscini hanno cominciato a profumare di Jessica.

E con profumo intendo anche un vago sentore di alcol… ma del resto è parte di lei.

Mi sento anche molto meno vestito, mi tocco le gambe a conferma della mia tesi ma… non le ho mai avute così lisce.

Qualcuno mi ha rapito e … depilato?

Forse è una vendetta attuata da Jessica? Ha scoperto che non la posso più controllare?

Naaah, altro che depilato, sarei morto!

Continuo a tastarmi il corpo e quando arrivo al petto faccio un’altra scoperta tanto interessante quanto sconvolgente: ho dei seni femminili, non direi affatto abbondanti ma comunque sono dei seni femminili, per l’inferno maledetto!

Mi tocco la testa, ho una cascata di capelli setosi, lunghi fino lambire le spalle e temo proprio che non sia una parrucca.
A questo punto ho il terrore di toccarmi in mezzo alle gambe e non trovare più qualcosa che mi è molto caro.

Sono stato rapito e portato a Casablanca?

La cosa non ha alcun senso.

Cerco nel buio un interruttore della luce, perchè deve esserci e quando lo trovo noto un altro dettaglio non certo irrilevante: sono nella stanza da letto di Jessica.
Questo spiega perché sentivo il suo profumo.

Tuttavia, come se già non fossi sconvolto abbastanza, quando mi guardo nello specchio che è di fronte al letto, per poco non ci cado da quel letto: lo specchio mi sta restituendo l’immagine confusa e spaesata di Jessica.

“Per l’Inferno maledetto!” esclamo, con la sua voce con quell’accento americano.

TBC

 

Questo è solo l’inizio, se vorrete restare sintonizzati .. vi assicuro che ne vedrete delle belle! ;P
 

L’ho pure cercato su Google, vicino al New York Police department di Hell’s Kitchen c’è proprio quella casa che si narra in qualche racconto del terrore  fosse stregata XD come non approfittarne?
 

Per chi è poco ferrato con il fandom, tutti i dialoghi fino al punto della svolta (quando Jessica interrompe Kevin prima che le dica di cercare il suo regalo) sono fedelmente presi dalla puntata che ho citato (ho scuoricinato senza ritegno nel rivedere quel momento <3 )
 

Non è di certo la prima J/K che scrivo (e non sarà l’ultima), ma è la prima con la narrazione coi punti di vista (dovrebbero essere solo i loro due POV (point of view = punto di vista) ma potrei fare un’eccezione a un certo punto, quando mi servirà anche un altro POV), spero di non aver fatto disastri ^^’

Se intanto vi va di dirmi che ne pensate, fate pure, in allegato troverete anche un modulo per farmi internare nel manicomio più vicino ^^’

alla prossima ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo I: When the question is: ‘how can the other do that?’ ***


Ciao a tuttiii, grazie mille per la vostra calorosa accglienza a questa mia ennesima pazzia.
Solo per stavolta (almeno credo, non lo so) , aggiornamento consecutivo ;)

 

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Capitolo I: When the question is: ‘how can the other do that?’
 



Jessica’s POV

Dannazione, sta succedendo davvero, non mi sono immaginata niente, non sto sognando e non sono nemmeno sbronza.
Ieri quando sono tornata a casa ho bevuto giusto quella mezza bottiglia di whisky, prima di dormire.
Appunto, non sono nemmeno un minimo sbronza.
A proposito di quello che mi sono bevuta stanotte… cazzo, la mia vescica… o meglio questa vescica, mi sta suggerendo che devo fare pipì.

 

Per fortuna o purtroppo conosco quel dannato damerino snob come le mie tasche, lui vuole sempre le comodità, ecco perchè so già che il bagno sarà dietro la porta che c’è più in fondo in questa camera da letto che sembra una suite.
Pure il bagno è degno di un principe, beh, non ti starà bene che adesso sei in quella bettola del mio appartamento, quanto a lungo ci resisterai?

A proposito di resistere… devo urgentemente fare pipì, solo… come?

Okay, alzare la tavola e stare in piedi, fin qui è facile. 

Mi abbasso i pantaloni e, oh, a quanto pare indosso dei boxer, grazie al cielo non viola, c’è già il pigiama che è color melazana.

A proposito di melanzana… cioè io davvero dovrei afferrare quel … coso, con le mani?
Lo faccio più che altro perché sento che se aspetto un solo secondo di più per pisciare esploderò.

Ma quando mi libero, provando un certo sollievo e cercando di mantenere la mira, mi rendo contro che è più difficile di quello che sembra.
È come reggere un tubo dell’acqua che è impazzito.
A fatica, ma poi capisco come governarlo.
Alla fine do pure un paio di scrollate.
Che resti fra me e me, ma in un certo senso è stato anche divertente.

Voi maschi avete un sacco di comodità.

Mi lavo le mani e do una sciacquata al viso… dannazione, com’è ispido, magari dopo cerco dove tiene il rasoio e provo a radermi.

Però non adesso, cazzo, ho cose più importanti da fare.
Deve avere il suo telefono da qualche parte, quello stesso telefono dove ogni mattina alle dieci in punto gli mandavo una mia cazzo di foto.

Schifoso pervertito!
Dove cazzo lo tieni il telefono?
Sul comodino non c’è, non l’hai nemmeno dimenticato in bagno, non è sulla scrivania, aspetta… dov’è quella giacca violissima che avevi ieri? Ah sì, eccola appoggiata sulla sedia.

Metto una mano nella tasca a sinistra e … bingo!

Lo chiamo subito, dovrà rispondere prima o poi, a costo di tormentarlo tutto il giorno.
Sento che la chiamata viene presa al quarto squillo 

“Ciao Jessica, meno male hai chiamato tu, stavo provando a farlo io, ma a furia di nascondermi da te fino alla mia memorabile dichiarazione io non ricordavo il mio numero e a quanto pare tu non lo hai salvato in rubrica,” mi accoglie la mia voce, pacata e contrariata allo stesso tempo.

“Non voglio avere un solo singolo dettaglio che mi ricordi te. Mi bastava già soltanto guardarmi allo specchio, figuriamoci quando lo faccio adesso!” abbaio acida.

“Può cambiare il corpo in cui ti trovi ma rimani sempre tagliente come sei, non è vero, Jessi?” ridacchia lui dall’altra parte… o dovrei dire lei, visto che ha la mia voce?

No lui, facciamo che Killgrave rimane sempre ‘lui’.
Cazzo, non ci capisco più niente, ma soprattutto, perchè lui non si sta agitando?

Ora glielo dico.

“Come cazzo fai a essere così calmo? Ti rendi conto in che situazione del cazzo siamo? Questa cosa non ha un fottuto minimo di senso e l’ultima cosa che mi serve per affrontarla è la tua cazzo di calma da cazzo di Inglese!” sbotto.

Come mi fa infuriare lui, non credo esista nient’altro.

“Jessi, Jessi.” ridacchia lui, cosa che mi innervosisce per due  motivi.

Il primo è che continua ad essere così fottutamente calmo.

Il secondo è che sa benissimo che quel nomignolo lo detesto.

“A dire il vero ora sei tu il ‘cazzo di Inglese’ e, mia cara, non stai suonando affatto calma! E poi non è gradevole sentirmi imprecare in quel modo così poco raffinato, tsk, tsk.”

“Fottiti!” ringhio, riattaccando.

No, un momento.
Ho appena detto: ‘“Fottiti!” con il potere di Killgrave a Killgrave che ora ha il mio corpo.
Oh cazzo, cazzo, cazzo.

Ricompongo febbrile il numero, sollevata quando lo sento rispondere al primo squillo.

 

Killgrave’s POV

In effetti, sono nel corpo di Jessica, nel sensuale, perfetto, impossibilmente sexy, eccitante corpo di Jessica e ancora non ho fatto nulla?

Mi sono rimbecillito tutto d’un tratto?

Sto giusto accarezzando le cosce percorrendole avanti e indietro per la loro infinita lunghezza, quando il cellulare di Jessica suona di nuovo.

E io so già chi è, per questo rispondo subito.

“Dim…”

“Non farlo, non farlo, non farlo!” mi interrompe lei, agitatissima. “Prima non intendevo quello che ho detto, quindi fermati subito.” chiarisce, un po’ più pacata, ma non ci conterei troppo.

“Jessica, non mi hai dato nessun comando, se è questo che temi.” la informo.

Lei ancora non lo sa.

“Oh beh, sì… vero, perché siamo al telefono, che stupida!”

Oh beh, no, non funzionerebbe nemmeno se me lo gridassi a due centimetri di distanza… ma avrai tempo per scoprirlo, cara mia.

“Non serve certo che tu me la comandi una cosa del genere perché io la faccia!” la provoco.

Provocare Jessica è fra le cose che più amo fare, anzi credo proprio sia il mio hobby preferito in assoluto.

“Non ti azzardare!” sbraita lei dal telefono.

“Oh, ma che belle mutandine nere di pizzo che indosso!”

“Smettila subito!” mi impone lei, invano.

Ah, ti piacerebbe comandarmi!

“Ahaha, ma io stavo solo bluffando!  Quindi ci ho preso…” le svelo il trucco e lei fa un mugugno che credo significhi che la cosa le sta bene, ma poi faccio l’azzardo e mi allargo gli shorts che ancora indosso. “Oh, ma che carine, coi fiocchetti ai lati!”

“Killgrave!” ringhia, furiosa, ma poi sembra calmarsi. “Puoi smetterla per un secondo di fare il bambino di dieci anni e cercare di parlare un po’ seriamente di questa cosa?”

Jessica, non hai idea di quanto mi facciano male certe tue frasi, di quanti ricordi rievochino. Del resto, non lo puoi sapere.

“Io sono nel tuo corpo, tu nel mio, io ho il tuo potere, tu hai il mio. E sono pressoché certo che lo scambio sia avvenuto a mezzanotte, dopo che abbiamo toccato quelle statuine, forse erano maledette, come tutta la casa.” le espongo la mia visione dei fatti.

“Ma guardati, poco più di otto ore che sei me e già ti atteggi a detective.” ridacchia lei.

“Almeno sono bravo?” le chiedo.

“Mi duole ammetterlo, ma sì, lo sei. Anche io penso che le cose siano andate così.”

“Io la guardo la TV, ci sono un sacco di film sull’argomento e queste cose succedono sempre a mezzanotte!”

Tre, due, uno…

“Dannatissimo idiota, ho detto che ne dovevamo parlare seriamente!” sbotta lei, come avevo già previsto e in più riattacca.

Poco male, posso chiamarla io più tardi, il numero me lo sono appena salvato.

Mi alzo dal letto anche perché non posso starmene tutto il giorno in pantaloncini.

Vado in bagno per usare il gabinetto e in un primo momento resto in piedi, poi mi ricordo che stavolta la cosa potrebbe giocare a mio sfavore.
Certo che sì, è decisamente più comodo fare la pipì da seduti.

Non nascondo che mi sto guardando i seni, li sto anche toccando, ma… senza Jessica non è la stessa cosa, nemmeno se ora sono lei.
Questo significa che vorrei fare delle cose a lei, che ora ha il mio corpo?
Per l’inferno maledetto, questi sono pensieri troppo complicati e contorti per essere mattino presto!

Mi lavo le mani, mi sciacquo anche il viso.
Certo che questi capelli...qualunque cosa faccia me li ritrovo sempre davanti al viso. Sono un po’ fastidiosi… devo fare qualcosa a riguardo, ma non ora.

Li pettino in qualche modo e torno in camera da letto.

Altro che calmo, sono bravo a recitare e Jessica forse è fin troppo credulona, ma la verità è che sono sconvolto da questa situazione, sono cose che accadono solo nei film!

Sarà il caso che mi vesta… coraggio Jessica, dimmi che non hai solo jeans consumati e T-shirt di qualità scadente o felpe kitch, perché il solo pensiero mi fa impazz…

Accidenti.
Volevo solo aprire l’armadio… e invece mi ritrovo con l’anta in mano… e la sento leggera come una piuma, tanto che ci palleggio un po’, tirandola in aria e riprendendola.
Oh, Jessica, il tuo è un potere meraviglioso.
L’appoggio in terra, il più delicatamente possibile, poi penserò al da farsi.
È evidente che non devo fare le cose quando mi sento arrabbiato, altrimenti non gestisco bene il potere.
Meraviglioso o no che sia, rivoglio il mio, so gestirlo con ogni stato d’animo.
Per l’inferno maledetto, Jessica come fa?

Alla fine la scelta nel guardaroba è molto esigua, mi accontento di un paio di jeans neri che stranamente non hanno strappi e di una maglietta bianca.

Esco dalla stanza e la prima cosa che sento è un forte odore di alcool.

Mi accorgo che vicino alla scrivania ci sono i cocci di una bottiglia di whisky vuota, probabilmente Jessica deve aver giocato a fare canestro, mancando clamorosamente la mira.

Oh, amore mio, è così che ti riduci ogni sera?
Non va bene.

Cerco di non pensarci per il momento e mi reco in quel cucinotto misero, aprendo il frigo, stando ben attento a dosarne la forza stavolta, e a farlo da calmo.
Niente ante divelte stavolta.

C’è del latte e aprendo armadi a casaccio trovo una scatola di cereali.

Non è giusto che io mi debba accontentare di queste cibarie da discount di quart’ordine mentre nella mia attuale casa probabilmente a Jessica staranno servendo ogni tipo di colazione continentale e…

Un’altra lezione importante per me stesso.

Non è consigliabile aprire nemmeno una cosa innocua come una scatola di cartone quando sono nervoso.

C’è una pioggia di cereali che non ha ancora finito di depositarsi sul pavimento.

Al diavolo, andrò fuori a fare colazione!

Solo che prima mi servono dei soldi. Vediamo…

Se conosco bene Jessica, e la conosco, lei non è certo da cassaforti o robe simili, è anzi più probabile che i soldi li tenga…

Mi avvicino come calamitato verso la scrivania, ci sono dei cassetti e non sono nemmeno chiusi a chiave.
Apro il secondo e … bingo! C’è una busta, probabilmente la ricompensa per una delle ultime sue indagini.

Conto i soldi, sono a sufficienza per quello che ho in mente.

 

Jessica’s POV

Sono ancora piuttosto innervosita dopo la telefonata con Killgrave, quando lascio la stanza, e non so quanto questo sia un bene.
Forse sono innervosita anche dal fatto che per forza di cose mi sono dovuta vestire con uno dei suoi sofisticati completi, meno male ne aveva uno anche blu, viola non lo metterei nemmeno se da quello dipendesse la mia vita! C’è già la camicia che è viola, mi basta e avanza.

 

“Buongiorno Mr. Killgrave, dormito bene?” mi accoglie una donna di mezza età, dai capelli rossi raccolti in un cucchetto, affiancata da un uomo alto e stempiato, probabilmente il marito e un adolescente sui quindici anni, deduco sia il loro figlio.

È inquietante quanto tutti e tre non la smettano di sorridermi.

Guardo l’orologio alla parete che indica le nove passate, se Killgrave è rientrato ieri sera, probabilmente deve aver parlato a queste persone prima di andare a dormire, poniamo che fossero le undici, undici e mezza… significa che sono ancora sotto l’influsso delle dodici ore di quel bastardo.

“Le abbiamo preparato la sua colazione preferita: quella Inglese!” mi informa il capofamiglia, con aria inorgoglita, indicando il tavolo da pranzo. “Bacon fritto, uova in camicia, toast imburrati, fagioli stufati, black pudding, funghi grigliati…” 

Se nomina anche solo un’altra fottuta pietanza, giuro che vomito sul pavimento.

“Le lucido un’altra volta le scarpe, Signore?” si offre il ragazzino, chinandosi davanti a me con un tovagliolo.

Basta, non sopporto più queste persone e le loro attenzioni soffocanti.

“Andate via!” esclamo, senza pensare troppo a quello che ho appena detto.

Vedo i tre abitanti della casa incamminarsi verso la porta e uscire come niente fosse, senza nemmeno prendere alcunché con loro.

 

Complimenti, Jessica, ottimo lavoro, stai cacciando delle persone dalla loro stessa casa.

Le rincorro sulle scale, prima che perda le loro tracce.

“Fermi!” dico e loro si immobilizzano come statue.

Dannazione, di male in peggio, ma Killgrave come ci riesce?

“No, okay, voglio dire, potete muovervi, ma non per andare via, semmai per rientrare. È casa vostra, se c’è un intruso, quello sono io.” spiego loro e finalmente li vedo fare quello che voglio, risalendo nel loro loft.

Entro anche io ma solo per prendere il cellulare che ho lasciato in camera, potrebbe servirmi.

“Ho approfittato fin troppo della vostra disponibilità, consideratevi liberi, non appena avrò lasciato questa abitazione.” spiego loro, che sembrano guardarmi piuttosto sollevati.

Sto per raggiungere la soglia, quando mi rendo conto che non posso lasciare le sue cose qui, potrebbero esserci indizi utili, prove che possono servirmi a incastrarlo, qualcosa che può aiutare Hope.

Solo che non ho alcuna voglia di mettermi a raccogliere tutto quanto, non sono nemmeno brava in questo genere di cose. Inoltre, tutto sommato, questa famiglia sembra così ben disposta ad aiutare…

Mi giro verso di loro, quando sono ancora sul pianerottolo, in attesa dell’ascensore.

“Non è che cortesemente potreste farmi trovare i bagagli con tutte le mie cose fuori dalla porta? Sarebbe una cosa molto gradita.” domando con una gentilezza che di solito non mi compete.

Il capofamiglia però non sembra più guardarmi con aria amichevole.

“Non faremo niente del genere e ora se ne vada una volta per tutte e ci lasci in pace!” bercia l’uomo in procinto di chiudere la porta.

Ma certo, ora capisco.

Ho detto che appena me ne sarei andata dalla loro casa loro si sarebbero di nuovo sentiti liberi. Tecnicamente essendo sul pianerottolo, ho lasciato la loro abitazione.
E quello che ho appena chiesto non era nella forma di un comando.

“Non così in fretta,” infilo rapida la scarpa nella porta, prima che la possa chiudere.

“Sarò di ritorno fra qualche ora, fatemi trovare tutte le mie cose in un borsone, fuori dalla porta.” ordino.

“Ma certo, Mr. Killgrave!” torna a sorridermi affabile l’uomo, prima di richiudere la porta.

È orribile quello che ho appena fatto.
Semplicemente orribile.
Tuttavia ho sentito una certa adrenalina.
Non mi piace. Questo potere dà alla testa.

 

Killgrave’s POV

Tutto sommato, me la sto cavando piuttosto bene.
Ho usato l'ascensore, senza spaccare il pulsante, ho aperto il portone senza romperlo e ora sto camminando per strada, tranquillo, senza dare nell’occhio.

 

Spero che non si presenti nessuna dannatissima situazione da eroe perché non ho affatto voglia di comportarmi da tale.

Non senza la mia Jessica.

A un certo punto incrocio una via dove c’è un edificio circondato da un muro che sarà almeno alto tre metri.
Non c’è nessuno nei paraggi e io ho un altro potere da sperimentare.
Inoltre, ho scarpe parecchio comode.
Comincio a capire perché Jessica si vesta così.

Non serve nemmeno che faccia leva sui miei piedi.
Faccio un salto in apparenza normale e in pochi secondi sono in cima a quel muro.
Fantastico!
Scendo con la stessa facilità con cui sono salito.
Chissà se anche Jessica si starà divertendo coi miei poteri.

Parli del sole ed ecco che risplende.
Suona il telefono ed è lei.

“Sì?”

“Killgrave, dobbiamo assolutamente vederci.”

Oh sì, mia cara, dobbiamo proprio.

“Stavo per dirtelo io. Io credo di essere nei pressi della casa stregata di ieri, vogliamo trovarci lì davanti?” le propongo.

“Mi sembra perfetto. Quindici minuti e sono lì.”

“Ah-ah. mia cara, ti ricordo che non puoi più saltare a destra e manca, procedi pure lentamente.” la punzecchio.

“Però posso farmi dare un passaggio da qualcuno se non trovo un taxi.” ribatte lei.

“Ah-ah, allora ammettilo che ti piace avere il mio potere!”

Per tutta risposta lei riattacca, ma a me la cosa diverte ancora di più.

In un modo o nell’altro entrambi arriviamo puntuali al nostro appuntamento.

Lei non indossa il completo che avevo ieri ma è comunque uno dei miei preferiti.
Quella camicia viola mi… le sta d'incanto e si è pure presa la briga di mettersi la cravatta. Impeccabilmente, devo dire.

“La smetti di guardarmi così?” rompe il silenzio fra noi lei, innervosita.

“Perché? Tu non mi stai osservando?” la metto in difficoltà, perché mi sono accorto eccome dei suoi sguardi.

“Il mio è un occhio analitico. Cercavo di capirci qualcosa, ma vedere te è ancora peggio… allora è successo davvero!” borbotta lei, mentre volgiamo lo sguardo verso le macerie.

Quando Jessica si gira di nuovo verso di me, c’è una luce diversa nel suo sguardo… o dovrei dire nel mio?
E quando sorrido in quel modo non c’è mai da stare tranquilli.

“Che ti prende?” le chiedo.

“Non pensavo saresti stato così ingenuo da presentarti,”

Ora lei sta addirittura sogghignando.

Se possibile, la trovo ancora più affascinante.

“Non è quello che mi hai chiesto tu?” mi acciglio.

“Appunto, chiesto. Ora però posso comandarti,” controbatte trionfante lei.

Oh, tesoro mio, stai per fare un’amara scoperta.

Recito la parte spaventata, giusto per potermi divertire di più dopo.

“Sta’ fermo immobile e non dire una parola.” ordina lei, con aria determinata.

All’inizio l’accontento, ma solo per qualche secondo.

“Naah, stare zitto e fermo non fa per me!” scrollo le spalle con aria annoiata.

L’espressione di Jessica è impagabile, mentre indietreggia.

“Ma che cazzo? Non è possibile, non sono passate dodici ore, cazzo, non sono passati nemmeno dodici secondi…” si morde il labbro, cercando di capirci qualcosa.

“Oooh, è vero, Jessi, non te l’ho detto ieri al commissariato, vero? Non ti posso più controllare, da quella notte che mi hai lasciato sotto l’autobus. Non ricordi come te ne sei andata, ignorando i miei comandi? Quello che hai fatto quella sera ha innescato qualcosa nel tuo cervellino e da allora sei diventata insensibile al fascino del mio controllo mentale.” la informo una volta per tutte.

“Tu… non mi puoi controllare più!” ripete lei, allibita.

 

“Ironico, vero? Il mio potere non funziona più su di te, ma…” e dicendolo con uno scatto rapido le serro la gola sollevandola da terra, con una sola mano. “Il tuo direi che funziona benissimo.” sogghigno.

Lei mi guarda spaventatissima.

“Ė così bello averti alla mia completa mercè. Potrei ucciderti come niente…”

Jessica ora è davvero terrorizzata.

“Se non fosse che ti amo,” preciso, rimettendola delicatamente a terra.

Non le lascio nemmeno il tempo di riprendersi e, stavolta, senza metterci troppa forza, la spingo contro il cancello, baciandola, chiedendo insistentemente accesso alla sua bocca… cioè alla mia.

Forse perchè è ancora molto confusa dalla situazione, ma quell’accesso me lo concede molto prima del previsto.
Ci baciamo per un po’, con la stessa intensità alla quale eravamo abituati.
Sarebbe più esatto dire che ci stiamo divorando a vicenda.
E Dio solo sa quanto mi era mancato tutto questo.

Jessica di colpo mi spinge via.

“Che cazzo t’è preso?” sbotta, stropicciandosi la bocca con le mani. “Cristo! Ė ancora più orribile essere baciati da... se stessi!”

“Quindi preferivi quando a baciarti ero io, nel mio corpo?” la provoco, ridacchiando.

“Non ho fottutamente detto questo!” ringhia, guardandomi furente. “E comunque non è servito a niente!”

“Come scusa?” la guardo confuso.

“Io sono ancora nel tuo corpo e tu nel mio. Se il modo per spezzare questo sortilegio è un bacio del vero amore siamo fottuti!” commenta lei.

“Beh, almeno da parte mia c’è,” mi imbroncio.

“Non certo da parte mia!” bercia lei.

“Non c’è bisogno di ribadire così aspramente il concetto!” alzo gli occhi.

“Con te c’è sempre bisogno!” ottiene l’ultima parola lei.

 

Hai solo bisogno di tempo, Jessica, io lo so, e poi cambierai idea su di me, su di noi.
 

“Allora, come sta andando?” le chiedo. “Come ti trovi nei miei panni?” 

“Le persone fanno davvero tutto quello che dici, ogni singola parola… stavo per sfrattare quella famiglia dalla loro stessa casa” mi fa ridere Jessica. “E tu nei miei panni come ti trovi?”

“Ho rotto l’anta del tuo armadio e… è meglio che non apra niente in stato nervoso!” le strappo un sorriso. 

“Non sai quanti mobili ho rotto a casa di Dorothy, i primi tempi,” ride lei. 

“Ti sistemerò tutto. O meglio, se tornassi lì con me sarebbe più facile fare sistemare tutto a qualcun altro.” le butto lì, come suggerimento.

“Scordatelo, non costringerò Malcolm a fare quei lavori!”

“Chi, il tossico? Ma io non mi riferivo a lui, pensavo più a ingaggiare un’impresa di pulizie e un falegname e poi … convincerli che li hai già pagati!”

Jessica sembra pensarci su e già questo mi diverte.

“No, non sarebbe giusto!” fa capolino la sua coscienza.

“Che progetti avevi per oggi?” la interrogo io.

“Beh, andare a ritirare le tue cose dove vivevi ora e starmene in un B&B da una stella,” annuncia lei, ma io aspetto solo che prosegua. “... convincendo il proprietario che lo avessi già pagato.” si arrende all’evidenza dei fatti.

Sto per dirle qualcosa, ma lei mi anticipa.

“‘Questo solo perchè devo ancora trovare in quale cazzo dei tuoi duecento completi firmati tieni dentro il portafogli!” sbotta lei.

“Ma certo. E, dimmi, come l’hai chiesto ai McCarthy di impacchettare tutte le mie cose?” le domando.

“A chi?!” mi guarda stranita Jessica.

“La famiglia che mi ospitava. Oh, andiamo, che sgarbata, non ti sei nemmeno presa la briga di sapere come si chiamassero!”

“Non venirmi a parlare di cortesia. Hai ridotto il loro figlio minorenne a farti da lustrascarpe!” ribatte lei con un tono d’accusa.

“Ma almeno io so il suo nome: Charley!”

Jessica mi guarda come se volesse che esplodessi, ma per me significa solo che questa diatriba verbale me la sono aggiudicata io.

Anzi, no, la mia vittoria è incompleta, lei non mi ha ancora risposto.

“Non mi hai ancora detto come li hai convinti a fare ciò che volevi.” insisto.

“Ultime notizie, psicopatico maniaco del controllo, non servono sempre  metodi estremi, a volte basta solo parlare alla gente, mostrarsi un po’ affabili e…”

“Allora, Jessica, come?” la metto alle strette con aria sorniona.

“Ha fottutamente ignorato le mie gentili richieste e allora gliel’ho dovuto ordinare!” ammette lei, sconfitta.

Vittoria su tutti i fronti.

“Facciamo che quando riesco a trovare il tuo portafoglio te lo porto e paghi impresa di pulizie e falegname come si meritano.” propone lei. “Lo so che non sono soldi onesti, ma almeno voglio sperare tu li abbia spillati a un fottuto riccastro!”

Quanto mi conosce bene.

 

“Quindi, ci rivediamo domani…” fa per andare via lei, ma io la fermo, trattenendola per un braccio, senza forza.

Non vorrei certo ritrovarmi con un suo braccio staccato come è successo con la sua anta.

Lei mi guarda interrogativa, senza parlare.

“Vuoi davvero andare in quel B&B scadente?”

“E dove altro dovrei andare? Che torni dai McCosi è fuori discussione!”

“McCarthy,” la correggo io.

“Sì, loro!” sbuffa lei. “Stare nel mio appartamento, con queste sembianze, è fuori discussione…”

“Io ce l’avrei un’alternativa…” ammicco, misterioso.

TBC

Se conoscete la prima stagione, forse potete capire a cosa si riferisca Killy ;)

Spero continui a piacervi,  questa storia comincia ad allungarsi a tradimento, pensavo che questa sarebbe stata solo la parte iniziale del capitolo e invece a momenti arrivo a quattromila parole ^^’

Vorrà dire che quello che pensavo che avrei scritto lo troverete nel prossimo, forse.

Solo che al momento la fermo qui, faccio il giro degli aggiornamenti (c’è pure una challenge pasquale che mi sta chiamando peggio delle sirene con Ulisse) e poi la riprendo ^^’

Se nel frattempo vi va di dirmi che ne pensate mi fate solo felice <3
 

Buonanotte… e buona Pasqua!

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Capitolo 3
*** Capito II: When they miss their power ***



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Capitolo II: When they miss their power

 

Jessica’s POV


“Che intendi dire?” lo guardo confusa o almeno credo come Killgrave mi guarda quando non gli è chiaro qualcosa.


“Perché dirtelo se posso mostrartelo direttamente?” si fa ancora più misterioso lui e di conseguenza più confusa la mia espressione.


“Però non adesso, io ho da fare.” aggiunge subito dopo.


“Che vuol dire che hai da fare?”

“Esattamente quello che vuole dire.” insiste lui.


Okay, è chiaro che non è facile scucirgli informazioni e non lo posso nemmeno obbligare, dannazione!


Se penso che per tutti questi mesi mi ha fatto credere di potermi controllare a suo piacimento, il terrore che ho provato, gli attacchi di panico, le…

 

“Jessica?” mi distoglie lui dai miei pensieri.

“Uh?” torno  a rivolgergli l’attenzione.

 

“Ah, lo vedi che non mi ascoltavi? Ti avevo appena rivelato quali erano i miei progetti per la mattinata… e ovviamente non lo ripeterò!”
 

Complimenti, Jessica, hai scelto il momento migliore per distrarti.


“Dimmi solo che non devasterai la città col mio potere…” temo il peggio.
 

“Non è nemmeno lontanamente nei miei piani, mia cara.”


“Dimmi anche che non mi chiamerai più ‘mia cara’!” provo a sfidare la mia fortuna, visto che sembra un po’ più collaborativo del solito.

“Su questo temo proprio di non poterti accontentare… mia cara!” rincara la dose lui.


Che bastardo!


“Del resto tu devi tirare un po’ l’orario prima di passare dai McCarthy a ritirare le mie cose, no? Quindi io direi di trovarci qui fra tre ore circa, poi prenderemo un taxi,” decide lui per entrambi, prima di allontanarsi.


Un momento, io non sculetto mai così!

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Killgrave’s POV

 

Bene ora cerchiamo di far fruttare queste tre ore… per prima cosa, mi serve un consiglio e so chi può darmelo.

 

La stazione radio di Patsy non dista molto da qui e in breve sono a destinazione.

Ok, lo ammetto, ho anche saltato un po’.

Sto per cercare di soggiogare la receptionist alla hall, ma poi mi ricordo che, dannazione, il mio potere non ce l’ho più.

Però mi ricordo anche chi sono ora.

“Ho bisogno di vedere mia sorella!” dico, con aria piuttosto scocciata, so molto bene come farebbe Jessica e ne do una copia fedelissima all’originale.


“Ma certo, Jessica, sali pure, lo sai dov’è, no? Aspettala fuori dal gabbiotto finché non ha finito o non ha una pausa un po’ lunga.” mi istruisce quella che dal cartellino che ha appuntato sulla giacca leggo che si chiama Rachel.


Jessica deve essere di casa qui.

 

Con un po’ di fortuna fermo l'ascensore al piano giusto e ci sono delle chiare indicazioni che mi portano da Patsy.


Eccola lì, tutta infervorata a fare uno dei suoi discorsi, guarda un punto fisso e nemmeno sembra accorgersi delle mia presenza.

Le picchierei sul vetro ma non credo sia una buona idea perché sono molto nervoso in questo momento, quindi potrei mandarlo in frantumi.

 

E vorrei ben vedere se non dovrei essere di pessimo umore, mi sto mettendo ad aspettare, io… questa cosa è inconcepibile, ma non posso certo far interrompere la trasmissione in anticipo usando la forza… oh beh, certo che potrei, ma darebbe un po’ troppo nell’occhio.
Mi manca troppo il mio potere!

 

Dopo minuti che mi sembrano infiniti, finalmente Patsy chiude la trasmissione e mi vede.

 

“Jessica, come mai qui? Fammi indovinare, diamo ancora la caccia a Killgrave?” mi domanda entusiasta, venendomi incontro. “Prometto che stavolta non commetterò errori.”

Come ‘ancora’? Come ‘stavolta?’
Ho capito. Quando la mia dolce Jessi mi ha teso quell’imboscata, distraendomi mentre qualcuno scagliava quel dardo nel mio collo, eri coinvolta anche tu… probabilmente dovevi essere alla guida.


“Hey, Jess? Sto parlando con te. E perché mi stai guardando così?” mi distoglie lei, sventolando la mano davanti ai miei occhi.

“Come ti starei guardando, scusa? Questo è il mio solito sguardo!” replico con naturalezza.

“Vero, scema io. Tu sembri sempre incazzata con il mondo.” ridacchia lei, mentre ci sediamo sul divanetto fuori nel corridoio.

“Comunque no, tieni a freno il tuo entusiasmo, niente caccia ai cattivoni, sono qui per un altro motivo.” le dico, poi mi accorgo che sono seduto composto, troppo composto.

Non è certo da Jessica.
Mi metto subito a gambe aperte, semi stravaccato come se il divano fosse mio.

Ora è decisamente più da Jessica, infatti Patsy non batte ciglio.

“Dimmi, allora, come posso aiutarti?”

“Vorrei dare una sistemata ai miei capelli,” spiego, mentre me li tengo indietro con entrambe le mani. “Quindi volevo un consiglio da te, che sei sempre con un look impeccabile… tu da che parrucchiere vai?”

Patsy mi guarda come se mi fosse spuntata una seconda testa.

“Oh, Jess, aspetta, fammi immortalare questo momento!” dice, poco prima di scattarci un selfie.

“Ma che cazzo?” le domando, in pieno stile Jessica.

“Mia sorella non vuole più avere questo aspetto trasandato! Sono così emozionata che potrei mettermi a piangere!” si copre il volto con le mani Patsy. 

Se ti sentisse la vera Jessica…

“Ti mando da Frankie, è favoloso, è lui che viene sempre a sistemarmi i capelli quando ho un appuntamento televisivo o un’intervista. Sta sulla Fitfh Avenue e.. anzi, sai che ti dico? Ti ci accompagno, tanto per oggi non ho più impegni urgenti.”

Uhmm, passare un po’ di tempo con Patsy, perché no? Magari riesco a carpirle qualche informazione…

“Che stiamo aspettando? Portamici subito!” approvo, sorridente, ma non troppo.

Non sarebbe da Jessica.

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Mentre sono seduto davanti allo specchio, con la vestaglietta indossata, in attesa che si palesi questo fantomatico Frankie, Patsy è accanto a me.

Non ho affrontato la conversazione mentre eravamo in macchina, ma ora c’è la giusta quiete.

“Pat...tricia,” la chiamo, correggendomi prima di tradirmi.

Dannazione, Killgrave, questo è un errore da dilettante, tu non sei un dilettante!

Lei mi guarda stranita.

“Non mi chiami mai così, a meno che non si tratti di qualcosa di importante.”

“Beh, lo è.” annuncio, prima di prendere un respiro. “Lo odio davvero così tanto Killgrave?”

“Che razza di domanda è? Lo chiami ‘rovina della mia vita’ in continuazione, qualcosa vorrà pur dire!” quasi urla lei, basita.

In effetti sì, è quello che Jessica mi ha detto anche al commissariato.

Piccola ingrata, con tutto quello che ho fatto per lei…

Eppure non voglio arrendermi, ci deve essere qualcosa di più.

“Shh, non attiriamo l’attenzione su di noi in questo modo!” l’ammonisco. “E direi che è meglio riferirci a lui chiamandolo Mr. K. d’ora in poi.”

“Okay, comunque non capisco questo tuo improvviso interesse sull’argomento, di solito parli solo di come vorresti vederlo marcire dietro le sbarre.” mi informa lei.

Oh beh, la cosa non mi sorprende.

“Sì, lo so.. ma a parte questo, mi sono mai sentita attratta?”

“Jessica, sicura di sentirti bene?” prova a misurarmi la febbre con la mano sulla fronte. “Comunque beh, sì, quando mi hai parlato del vostro primo incontro mi hai detto che a prima vista ti era piaciuto… certo, chi poteva immaginare quello che poi ti avrebbe fatto?”

Ah, bene… allora ti piacevo, cara la mia Jess.

“E quando vuoi informazioni su Mr. K., lo descrivi a tutti come un uomo affascinante e molto elegante…”

“Ferme tutte, ragazze, non si parla di uomini affascinanti senza che il sottoscritto sia presente!” ci interrompe un tizio alquanto eccentrico, con un ciuffo di capelli biondo platinato cotonato, con un completo color oro con stampa tigrata, rivestito interamente di glitter.
Tiene un pettine in mano, quindi, anche senza essere davvero detective, deduco sia Frankie.

Volta repentino la mia seggiola verso di lui, prendendomi il viso per studiarmi meglio.

“Trish, tesoro, hai fatto bene a portarmi la tua amica, ha chiaramente bisogno di me!” commenta, misurando la lunghezza delle ciocche del ciuffo da entrambi i lati. “Vediamo di far risaltare al meglio questo tuo bel visino da modella!” mi fa l’occhiolino ammiccante.

Se non avessi già capito che è Gay con G maiuscola, questo tizio avrebbe fatto una brutta fine.
Solo io posso dire certe cose alla mia Jessica!

“E mentre ti faccio lo shampoo, tesoro, puoi raccontarmi ogni dettaglio di questo Mr. K. Oddioooo, me lo immagino un figo pazzesco, irresistibile e avvolto nel mistero, un bel tenebroso come il Mr. Big di ‘Sex And The City’!”

“No, Frankie, davvero, sei fuori strada…” borbotta Trish, invitandolo a smettere con un gesto della mano, ma io sono solo divertito.

L’ho detto che guardo la TV, no? Ho ben presente di chi stia parlando.

“Oh beh, un po’ sì, lo è…” mi lascio sfuggire, con aria mezza sognante.

“Jess, mi stupisco di te!” mi rimprovera Trish.

“Vuoi forse negare che obiettivamente Mr. K. sia pieno di fascino?” la guardo con aria di sfida.

“No, ma…” la metto in difficoltà.

Il mio ego canta di gioia.

“Solo che pensavo che tu e Luke...”

Per l’inferno maledetto, fermi tutti! Chi è questo Luke? Cosa fa con la mia Jessica? Io devo sapere tutto!

“Lasciamo per conto suo quest’ingenuotta che ancora ne deve imparare in fatto di uomini e vieni con me, tesoro. Di questo Luke non ce ne importa nulla, io voglio sapere di te e Mr. K.!” esclama Frankie, che praticamente mi sta spintonando verso il lavello.

Vorrà dire che indagherò più tardi.

“Allora, dolcezza, raccontami tutto!” mi sprona Frankie, facendomi reclinare la testa e aprendo l’acqua.

“Beh sai, tutto è cominciato una sera, tanti mesi fa…” inizio il mio aneddoto.

Prende lo shampoo e poi inizia a massaggiarmi i capelli… oddio, è una goduria dei sensi, è così rilassante...

Giuro che quando e se rientrerò mai nel mio corpo lo costringo a diventare il mio barbiere!

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Jessica’s POV

È più di un’ora che passeggio così, per il fottutissimo gusto di farlo, perché non ho nulla da fare, se non tirare l’orario.
Avrei potuto seguire Killgrave, ma non ho più la mia agilità e in più questi mocassini fanno un rumore infernale, mi avrebbe sgamato subito.

Non resisterò vestita come un manichino da negozio spenna-ricconi ancora a lungo.

Avrei anche potuto ubriacarmi un po,’ ma non l’ho fatto per varie ragioni.

Sono solo le undici e mezza di mattina, persino io ho dei limiti.

Non ho il becco di un quattrino.

Usare il potere di Killgrave per bere è fuori discussione, anche se non nascondo di averci pensato per un microsecondo.

Affidandomi al mio ottimo senso dell’orientamento torno dalla famiglia che mi ospitava.
Sono stati rapidi e precisi, mi hanno fatto trovare fuori sul pianerettolo due trolley con tutte le cose di Killgrave.
Per lo più vestiti, scommetto.

Prima di andare do un’occhiata alla targhetta di fianco alla porta: ‘J. McCarthy.’ , probabilmente il capofamiglia.

Killgrave aveva ragione.

Potrei bussare e fare un saluto a Charley, ma… no, che cazzo dico? Non me ne frega niente di far bella figura e poi Killgrave è stato un incubo a sufficienza per questa povera famiglia.

Provo a sollevare uno dei due trolley e… quanto cazzo pesa? Meno male che hanno le ruote e c’è l’ascensore. In genere non avrei problemi, ma ora che sono finita nel corpo di questo mingherlino che non credo abbia mai visto una palestra, nemmeno per sbaglio, le cose sono drasticamente diverse.

Accidenti, quanto mi manca il mio potere!

Mentre esco dall'ascensore mi rendo conto di una cosa: quella cazzo di casa stregata è dall’altra parte della città e io non ho intenzione di muovere un passo.

Compongo un numero che so a memoria… perché è il mio.

“Sì?” sento Killgrave rispondere, con un sottofondo molto rumoroso, dove cazzo è andato quel bastardo?

“Cambio di programma, siccome ho due montagne di valigie, primadonna del cazzo che non sei altro, vedi di venir col taxi direttamente qui sotto casa dei McCarthy!” gli spiego, cercando di sovrastare il rumore.

“Tutto quello che vuoi tu, Principessa!” acconsente lui. “Tra una mezz’ora circa sono da te.”

Se non fosse che ne ho bisogno, spaccherei il telefono contro a un muro per come si è azzardato a chiamarmi!

 

Se non altro è di parola e circa mezz’ora dopo vedo un taxi avvicinarsi e Killgrave che scende per prendermi i suoi bagagli.

Un momento… cosa?!
Ho visto male, non può essere… no, invece è.
Quella è una frangetta. Che ne è del mio ciuffo indomabile?

“Cosa cazzo hai fatto ai miei capelli?” lo aggredisco, ma solo verbalmente, mentre lui si atteggia a sollevare i trolley come se fossero fatti di polistirolo.

Grazie al cazzo!

“Sono o non sono una favola?” si atteggia lui, muovendo i capelli ai lati, con le mani.

E quel che peggio è che si, sta… sto davvero bene.

 

Ma col cavolo che gli do questa soddisfazione.

“Bene, se tu pasticci coi miei poveri capelli, allora io mi farò rasare i tuoi in modo che formino la scritta ‘Sono un maledetto idiota!’

“E dài, Jess, io ho fatto una cosa carina per te!” si imbroncia lui.

Oddio, sono adorabile quando mi imbroncio!

In fondo, mi duole ammetterlo, ma ha ragione.

“E sentiamo, con quali soldi l’avresti fatta questa cosa carina? Per quanto possano essere belli, non credo sia stato sufficiente sbattere gli occhi… no, un momento, non avrai minacciato qualcuno con la forza, vero?”

“Naah, sta tranquilla,” mi rassicura lui, mentre andiamo al taxi. “Ho trovato la busta nel cassetto.”

“Il pagamento per l’ultima indagine risolta? Fottuto ladro, quelli erano i miei soldi!” ringhio, guardandolo con tutto l’astio possibile.

“Che sono diventati i miei!” mi fa un sorrisetto sfrontato lui, caricando i trolley nel bagagliaio.

Saliamo in macchina e il taxista parte senza dire niente.

Probabilmente a lui Killgrave deve averla già detta la destinazione, però non vuole dirla a me.

Per un po’ stiamo in silenzio e nemmeno l’autista sembra di quelli in vena di chiacchiere.

“Siamo quasi arrivati…” rompe il silenzio fra noi Killgrave, mentre guardo distrattamente fuori dal finestrino.

Strano, questo tragitto mi sembra così familiare...

Ma ora ho altro a cui pensare, un questione molto più impellente.

“Hai i soldi per pagarlo?” gli chiedo sottovoce, indicando il tassametro che ha già sorpassato i ventitre dollari.

“No. Li ho finiti dal parrucchiere.” è la risposta che decisamente non mi aspettavo da lui.

“Trecento bigliettoni per una cazzo di frangetta?!” sbotto, pur facendolo sottovoce.

“E anche per una bella spuntatina!” precisa lui in un bisbiglio.

Non mi serve la mia forza, posso strangolarlo benissimo anche con le sue stesse mani!

No, Jessica, rifletti, non puoi ucciderlo, altrimenti addio al tuo corpo e tu vuoi rientrare nel tuo corpo.

Rivoglio fottutamente il mio corpo e il mio potere!

“Oh andiamo, Jess, sono stati soldi ben spesi. Questa frangetta mi...ti sta divinamente! Sai com’è non potevo certo affidarmi a un degradante parrucchiere di Hell’s Kitchen.” argomenta lui, mentre io cerco di respirare per calmarmi, ma con lui che continua a parlare è davvero un’impresa.

“Non sia mai, Damerino!” replico sarcastica.

“Patsy mi ha consigliato proprio bene.”

“Lurido bastardo, se hai torto un solo capello a Trish, giuro che io…” ringhio, tirandolo proprio per quei capelli freschi di piega perfetta.

“L’unica cosa che ho fatto è stata passare con lei una spensierata mattinata fra sorelle, forse tu dovresti farlo più spesso!” ribatte lui, con la sua solita calma irritante.

Ok, almeno pare che Trish stia bene.

“Jessi, ti ricordo quel problemino,” mi riporta alla questione principale lui, indicando il tassametro che sta salendo a venticinque.

Cazzo!

“È tutta colpa tua, bastardo, fottuto idiota che sperpera soldi a cazzo e…” sproloquio ma lui mi chiude la bocca con due dita.

“Dovremo usare il mio potere, cioè quello che ora hai tu,” mi sussurra all’orecchio, lasciandomi libera di parlare.

“Che cosa? Scordatelo!” mi impongo.

Non userò il suo potere.
Non mi piace come mi fa sentire.
O forse ho paura che mi piaccia troppo.

“Oh beh, forse c’è un altro modo,” si fa misterioso lui, mentre il taxi gira a un determinato incrocio.

Un momento, ho letto bene? Era davvero Higgins Drive?

Devo essermi sbagliata, non può essere!

Nel frattempo Killgrave si  allunga verso l’autista.

“Mi scusi , siamo un po’ a corto di liquidi, ma se le facessi vedere le mie tette le basterebbe come pagamento?” domanda con una sfacciataggine che io non mi sognerei mai.

“Altrochè, bambola!” risponde solerte l’uomo alla guida, con fin troppo entusiasmo, a mio parere.

Quel tizio avrà almeno sessant’anni.

Non so chi fra i due sia il più viscido.

Un momento. Quindi sarebbe questo l’altro modo che intendeva?

Mi volto di scatto verso la rovina della mia vita, guardandolo scandalizzata.

“Killgrave, non t’azzardare a …”

“Troppo tardi, mi sto già azzardando!” sogghigna prima di sollevarsi rapido la maglietta e no, sotto non c’è alcun reggiseno.

Non riesco a credere che l’abbia fatto davvero, mentre lui si ricompone, guardandomi soddisfatto.

“Queste magliette sono così pratiche da sollevare, con un vestito di alta classe sarebbe stato molto più complicato; sai, Jessi, quelli che ti compravo io…”

Non lo puoi uccidere, non lo puoi uccidere. Jessica, ricordati che non lo puoi uccidere!

Come se non fosse già abbastanza degradante, quello schifoso di un autista emette pure un lungo fischio di approvazione, prima di fermare la macchina.

Evidentemente siamo arrivati.

Io scendo da una portiera e Killgrave dall’altra e mentre lui si occupa di recuperare i trolley dal bagagliaio, io cammino verso l’autista.

È più forte di me, non lo posso sopportare.

“Sei davvero un porco!” esclamo, stizzita e un secondo dopo, l’uomo comincia a grugnire, per poi scendere dalla macchina e rotolarsi in terra.

Cazzo, no, fottuto significato letterale.

Ovviamente la cosa ha attirato l’attenzione di Killgrave che ora se la ride.

“No, okay, non sei un porco, sei un essere umano, rimettiti al volante!” rettifico e l’uomo, ovviamente mi obbedisce.

“Dimenticati di aver visto quelle tette!” gli impongo.

Sto per allontanarmi con Killgrave, ma l’uomo mi afferra bruscamente il polso.

“Hey, non così in fretta, elegantone, tu  e la tua pupa non mi avete ancora pagato!” si fa ostile lui.

“Beh, Jessi, ha ragione lui, se gli hai fatto dimenticare quello che ha visto…” mi spiega, sornione Killgrave.

E va bene, non ho altra scelta per uscire da questa cazzo di situazione.

Mi volto nuovamente verso l’autista, stabilendo un contatto visivo con lui.

“Tu ci vuoi regalare questa corsa.”

Improvvisamente, lui cambia espressione.

“Ragazzi, a questo giro offro io, è stato un piacere avervi a bordo,” ci saluta sorridente, prima di ripartire.

Killgrave si fa più vicino e non mi piace affatto il modo in cui mi sta guardando.

Quello è il mio sguardo da flirt.

“Mi manca il mio potere, è vero, ma è così eccitante vederti mentre lo usi tu…” cerca di mettermi una mano sul fianco, ma io mi scanso.

Accidenti a lui, sta usando pure il mio tono da flirt.

“Chiudi quel cazzo di becco e vatti a fare una fottuta doccia gelata!” bercio, ma poi finalmente mi rendo conto di dove mi trovo.

Questa è veramente Higgins Drive, all’incrocio con Birch Street e più in là c’è Cobalt Lane.

Ma soprattutto davanti ai miei occhi c’è la casa della mia infanzia, rimessa così a nuovo che sembra che io l’abbia lasciata ieri.

“Sorpresa!” sento la mia voce divertita, alle mie spalle.

TBC

 

L’ho detto che l’avrei svelato cosa aveva in mente Killy caro.

Solo che come al solito, i personaggi hanno fatto quello che volevano, un intero capitolo solo per portarceli davanti a questa casa! XD

 L’idea della frangetta è servita a giustificare la cover, poi da cosa nasce cosa e mi sono ritrovata questo Frankie, personaggio che ho adorato  follemente, visto che shippa Jessi e Mr. K!  <3 <3 

Ah beh sì, potrebbe ricordarvi *vagamente* Federico Fashionstyle , ma almeno tutte quelle puntate de ‘Il Salone delle Meraviglie’ mi hanno portato a qualcosa.
Il trash serve nella vita XD

Quanto alla scena del taxi, ho preso spunto da una scena di ‘Notte brava a Las Vegas’ commedia che adoro e che, udite udite, nel cast in una particina ha anche la nostra Krysten adorata *O*

torna sempre tutto ehehe

curiosissima di sentire le vostre impressioni, vale anche lanciarmi roba addosso … virtualmente parlando! XD

alla prossima, anche perchè ora mi tocca fare un triplo salto carpiato in un altro fandom per aggiornare qualcosa che se le scorda le atmosfere solari di questa storia… ho un soon-to-be-vampire che scalpita XD

‘notte, comincia a essere tardino ^^’

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Capitolo 4
*** Capitolo III: When what's mine is yours ***



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Chapter III: When what’s mine is yours
 

Jessica’s POV

”Non te l’aspettavi, vero?” gongola Killgrave, “Vieni, te la mostro!” mi prende per mano.

Sono ancora così sconvolta che non mi divincolo nemmeno e mi faccio trascinare da lui e dal suo entusiasmo.

Percorriamo il vialetto e giungiamo alla porta, quando sembra accorgersi di qualcosa.

“Uh, è vero, potrei sempre buttarla giù con un calcio,” ridacchia Killgrave, recuperando uno dei bagagli. “Ma sarebbe così poco decoroso, soprattutto se hai una valida alternativa,” mi spiega, aprendo la tasca frontale del trolley.

Ne estrae un mazzetto di chiavi, una delle quali si inserisce perfettamente nella serratura.

“Benvenuta a casa tua, Jessi!” sorride lui, aprendo la porta.

Siamo solo all’ingresso e sono già assalita dai ricordi, è tutto così identico a come lo ricordavo, ogni dettaglio, ogni mobile, ogni cazzo di quadro.

Mi sembra di essere sul set di un film horror, stile ‘Le case morte viventi.’

Abbiamo giusto il tempo di percorrere un corridoio, prima che un uomo e una donna di mezza età, vestita da cameriera lei e da cuoco lui ci vengano incontro.

“Su ci sono le nostre stanze…” continua a farmi da cicerone la rovina della mia vita, incurante del loro arrivo.

“Mr. Killgrave, è tornato!” esclama la donna, con un forte accento Sud Americano.

“Ed è anche in compagnia, vedo.” aggiunge l’uomo, che il suo accento sa mascherarlo meglio.

“Alva, Laurent, lei è Jessica e sarà nostra ospite per un po’, trattatela meglio che potete,” mi presenta a loro Killgrave, con un gran sorrisone.

Un momento.

Come immaginavo, i due domestici lo stanno guardando sconcertati, ma non si azzardano a fare domande.

Mi giro anche io verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

E dire che fra i suoi pregi ho sempre riconosciuto che fosse piuttosto intelligente e perspicace.

“Cosa c’è?” si acciglia lui. “Oh, cazzo!” sembra arrivarci, finalmente.

E me ne dà prova nel mio pieno stile.

Faccio quello che non credevo di dover rifare, non così presto almeno.

Ricorro al suo potere. Un’altra, dannatissima, ma necessaria volta.


“Io e Jessica torniamo subito e mentre ci aspettate dimenticate quello che vi ha detto poco fa!” pondero bene ogni parola del comando che do a quei due sventurati.

Trascino con me fuori dalla casa Killgrave, tanto la porta principale è rimasta aperta.

 

“Idiota, ricorda che tu adesso sei me… quando mai hai visto un ostaggio presentare la sua prigione e il suo staff al proprio carnefice?” cerco di ragionare con lui.

“Hai ragione, non ci ho proprio pensato,” riconosce lui, guardando a terra con aria mesta. “Ė che non vedevo l’ora di mostrarti quello che ho fatto per te,” si rianima, guardandomi come se fosse un giocatore di Rugby che ha appena fatto meta.

E questo paragone da dove cazzo l’ho tirato fuori?
Accidenti a tutte quelle fottute partite che mi ha fatto guardare con lui!

“E comunque c’è un errore in quel che hai detto,” riprende il discorso lui. “Non sei certo un mio ostaggio, ti ricordo che tu stessa hai accettato di seguirmi.” recupera il suo atteggiamento da spaccone.

“Perchè non ho una cazzo di alternativa!” sbuffo, alzando gli occhi. “E ora torniamo dentro, ma stavolta fai parlare me. Io agirò da allegra e compiaciuta, tu vedi di assumere un’aria cazzuta e irritata quella che avrei io.” lo istruisco e lui annuisce.

 

Stiamo per raggiungere il salotto, quando mi volto verso di lui.

“Ehmm... Killgrave, come hai detto che si chiamano?” gli domando a bassa voce.

“Alva e Laurent. Jessi, tu hai un serio problema coi nomi delle persone,” alza gli occhi lui. “Ma devo dire che il mio te lo ricordi benissimo!” mi schiocca la lingua, con uno sguardo sornione.

“Difficile dimenticare la rovina della propria vita!” bercio io, prima di raggiungere i domestici.

“Mr. Killgrave, è tornato!” esclama Alva.

“Ed è anche in compagnia, vedo.” aggiunge Laurent.

Sembra che io Killgrave abbiamo usato una macchina del tempo, invece è solo l’effetto del mio comando.

Se non altro, stavolta so cosa fare.

Indico Killgrave e mi rivolgo a loro, cercando di sembrare altisonante, come fa lui di solito.

“Alva, Laurent, lei è Jessica e sarà nostra ospite per un po’,” esordisco nel suo stesso modo, mentre lui sfoggia la mia miglior espressione rabbuiata.

Ah, ma io ho in serbo una sorpresa per te.

“Trattatela.. né più né meno come se fosse una di voi; anzi, credo che non le dispiacerà nemmeno darvi una mano in cucina.”

Killgrave mi guarda come se mi volesse incenerire.

Non te l’aspettavi eh, caro il mio damerino?

“Come osi?” ringhia lui.

“Ti riservo solo quel che meriti, mia cara!” gli sorrido io.

“Ma ho i capelli freschi di piega!” protesta.

“Niente che un po’ di patate da pelare e qualche piatto da lavare possano rovinarti!” controbatto, impassibile.

Giurerei di averlo visto impallidire, ma è solo un attimo, poi sembra tornare piuttosto combattivo.

“Contento tu… ma sappi che sono molto innervosita al momento e non so quanto ti convenga lasciarmi avvicinare a una cucina, col mio potere così instabile…” borbotta e io colgo la velata minaccia.

“E va bene, snob impossibile che non sei altro, non voglio vedere andare in frantumi questa casa!” gliela do vinta, prima di riformulare le mie direttive ai due domestici.

Non ne ho il tempo, perché mi anticipano loro.

“Mi scusi se mi permetto, Signore, ma… è lei quella Jessica? Quella che aspettava con tanta fremenza?” azzarda Laurent.

“La Jessica per la quale ogni cosa doveva essere perfetta e che voleva trattare come una Principessa?” gli dà manforte Alva.

Guardo Killgrave è c’è qualcosa di indecifrabile nel suo.. nel mio sguardo.

Era davvero questo il suo piano?

“Killgrave, hai dei domestici un po’ troppo chiacchieroni!” si lamenta lui, che evidentemente non voleva essere scoperto in quel modo… oppure sì? Insomma, mi ha detto che mi ama, nemmeno ventiquattro ore fa!

“Beh, io sono liberissimo di cambiare idea e questi non devono essere affari che vi riguardano!” sbotto io. “Okay, trattatela bene… ma non troppo! E adesso portate i bagagli al piano di sopra e poi potete  andare a cucinare, qualsiasi cosa ma non la pasta all’amatriciana!” mi assicuro io e Killgrave mi guarda malissimo.

Così impari a innamorarti di me!


Killgrave’s POV

Quel tiro mancino che mi ha giocato con Alva e Laurent non me l’aspettavo.

Ma che dico? È Jessica, da lei mi dovrei aspettare di tutto.

A proposito, non è che ha approfittato delle ore in cui era senza di me per procurarsi altro Sufentanil? Del resto, ora che è me, le sarebbe estremamente facile.

Accidenti, non posso nemmeno farla perquisire dalla mia guardia, tantomeno posso chiedere a Jessica di farsi perquisire.

Un momento? E se se lo fosse procurato precedentemente? Magari ce l’ho io nel giubbino… no, non mi sembra.

Ma poi se me lo iniettasse… ora che sono lei ci vorrebbe un dosaggio molto più forte per stordirmi… vero?

“Allora, questo resto della casa me lo vuoi mostrare o no?” mi distoglie dai miei pensieri, la mia stessa voce, con tono annoiato.

 

“Huh? Ma certo, ti faccio strada…” le rispondo, avvicinandomi alle scale, poi mi volto repentino.

Non è il caso che le dia le spalle.

“Anzi, no, va’ pure avanti tu.” la esorto.

Lei trattiene a stento una risatina.

“Hai paura di ritrovarti con una siringa nel collo?” deduce, divertita.

Evidentemente è reciproca questa cosa di leggerci come libri aperti.

Non devo nemmeno annuire, lei ha già capito tutto.

 

“Puoi stare tranquillo, non è nei miei piani; è vero che non ti posso controllare ma mi servi vivo, sveglio e cosciente, questa cosa la dobbiamo affrontare in due,” gioca a carte scoperte lei.

“È lo stesso motivo per il quale non vuoi andare alla polizia a confessare le mie colpe?” la metto in difficoltà io, mentre salgo le scale con lei.

“Come, prego?”

“Suvvia, Jessi, non sono un idiota, so che miravi a strapparmi una confessione, magari registrandomi di nascosto.”

Lei mi guarda come un cerbiatto sorpreso dai fari di un'auto ed è una risposta più che eloquente.

“Beh, ora sei tu stessa la confessione, perché non torni al commissariato? Ieri scalpitavi così tanto di finire in prigione!”

“Ieri avevo i miei cazzo di motivi!” ringhia la mia detective.

“Mentre adesso l’idea di farmi finire dietro le sbarre non ti alletta più così tanto, eh?”

“Lasciando una finta super eroina con un potere così distruttivo a piede libero? Non ci voglio nemmeno pensare!” scrolla le spalle lei.

“Oh, ma il mio potere distruttivo lo userei solo per venire a liberare te!” ammicco.

“Non accadrà nulla di tutto questo. E ora ti decidi a mostarmi la mia stanza? Non ti nascondo che sono piuttosto stanca e vorrei riposarmi un po’.” sbuffa lei.

“Ma certo, la tua stanza. In questa casa quello che è mio è tuo.”

“Grazie al cazzo, questa è stata casa mia, per prima!”

Sorpasso la stanza che era del suo fratellino senza dire nulla per non destarle ricordi dolorosi e arrivo alla sua.

Non mi sfugge l’espressione del suo viso mentre si guarda attorno, il modo in cui osserva il cartello ‘Do not enter’ che c’è appeso alla porta,  i poster e i cd sulle mensole, identici a quelli che aveva quando era un’adolescente.

“Ho usato una lente per vedere meglio i dettagli delle foto che ho avuto dalle vecchia agente immobiliare.” le spiego tutto tronfio.

“Cos’è, vuoi un applauso? Solo perché una volta mi hai chiesto dove fossero i miei ricordi più felici e io ti ho risposto che erano a casa mia?”

 

“Allora te lo ricordi!” le sorrido.

“Mi stupisce che te ne ricordi tu!”

“Jessica, così mi ferisci. Io mi ricordo ogni cosa importante di te.”

Lei mi guarda senza dire nulla, ma conosco bene quello sguardo: so che mi sta prendendo seriamente.

Sento però il dovere di rompere quel silenzio fra noi.

“Ti avrei dovuto fare trovare un vestito, ma non avrebbe avuto senso, anzi, tanto vale che poi me lo metta io,” le rivelo, sedendomi sul letto.

“Hey! Okay che quello che è mio è tuo, ma levati subito da lì!” mi scaccia via lei e l’accontento, restando appoggiato al muro.

“Sai, ripensavo a quello che hai fatto prima, con quel taxista…” lancio il discorso. “Hai fatto bene. Certe visioni devono rimanere soltanto mie.”

“Se proprio ci tieni va’ davanti a uno specchio e sollevati la T-shirt quante volte vuoi, da me spontaneamente non otterresti nulla!” mi rinfaccia lei.

“Sì, è vero, potrei, ma così non c’è gusto…” borbotto.

“Fammi capire, preferiresti che cominciassi a sbottonarmi la camicia, per rivelarti un petto che è sempre stato tuo?”

Jessica non si limita a chiedermela questa cosa, comincia davvero a sbottonarsi, con una lentezza che mi uccide e ad ogni centimetro di pelle esposta che mi si palesa davanti agli occhi avverto una sensazione di calore umido nel basso ventre.

Da provocatrice nata che è, si avvicina sempre di più a me, fino ad essere a un solo respiro dal mio viso.

Tuttavia sembra accorgersi di come sto reagendo.

“Oh, andiamo, non ti può davvero eccitare… è il tuo corpo, cazzo!” si stranisce lei, riabbottonando in fretta la camicia.

“Sì… no, non lo so, dannazione! È perché sei tu a farlo, in qualunque corpo ti trovassi, mi farebbe questo effetto, perfino se è il mio, perché è diverso...arrgh, questa situazione mi sta facendo impazzire!” blatero, in evidente difficoltà.

“Un punto su cui concordiamo, finalmente!” ammette lei.

“Cosa? Che ti eccito in qualsiasi corpo mi trovi?” inarco un sopracciglio io.

“Nooo, che questa situazione ci sta facendo impazzire, idiota!” rettifica subito lei.

È già la seconda volta che mi chiama così, non che la cosa mi piaccia, però è altro a catturare il mio interesse.

Jessica si è scaldata troppo per negare quella verità, perchè sono più che certo che la stia negando.

Mi indico la maglietta.

“Vuoi un’ulteriore prova dell’effetto che hai su di me? Eccola, guarda i miei.. beh i tuoi capezzoli come sono prominenti, quasi mi fanno male. Forse è perchè tu indossi sempre quei giubbini e gli sciarponi che io non sono mai riuscito a vederli.”

“Sì, certo, è solo quello il motivo!” mi riversa addosso tutto il suo sarcasmo.

“Quindi io non ti eccito…” la guardo a fondo negli occhi.

“In nessun modo possibile, semmai mi disgusti!” abbaia lei.

“Quando stavamo insieme ti eccitavo, eccome!”

“Quando stavamo insieme mi comandavi e basta, stronzo!”

Okay, preferivo ‘idiota’.

“Certe tue reazioni non avevo nemmeno bisogno di comandarle!” la metto in difficoltà. “Secondo me ti scateno qualcosa ancora adesso…” mi faccio ancora più vicino a lei.

“Oh per favore, c’è l’ho più moscio di un peluche!” mi denigra lei.

Le afferro a sorpresa il cavallo dei pantaloni con una mano e sento una notevole e familiare rigidità.

“Bugiarda!” mi godo il mio trionfo, sogghignando.

Lei mi scosta violentemente la mano e mi spintona via.

“Tieni lontano da me le tue fottutissime mani! E poi...questo non significa un fottuto niente, semmai che ho i bollori per me stessa. So di essere uno schianto e quello è pur sempre il mio corpo!” si mette sulla difensiva.

Jessi, Jessi, questo si chiama arrampicarsi sugli specchi e non ti riesce nemmeno bene.

“Dev’essere la stanchezza a mandarmi gli ormoni in tilt,” trova una nuova scusante lei, stropicciandosi il viso con le mani. “Cazzo, è come passare le mani sulla cartavetra, ma tu come accidenti lo sopportavi?” mi domanda lei, anche se sono pronto a scommettere che sia solo una tecnica per cambiare argomento.

“Beh, è parte del mio charme.” le rispondo, sorridendo fiero.

“Puoi avere un sacco di charme anche col viso più liscio del culetto di un bebè, che cazzo mi fai dire?” sembra volersi mordere la lingua lei.

Il mio sorriso non fa che allargarsi.

“Credo proprio che prima di dormire andrò a radermi,” si lamenta lei, prima di spingermi verso la soglia.

“Ti aiuto io.” mi offro.

Lei mi guarda scettica.

“Tu?! Con la mia forza che nemmeno sai controllare? Ho detto ‘radermi’ non ‘decapitarmi’!”

In effetti non ha tutti i torti, forse non sono ancora pronto a tenere in mano oggetti contundenti.

“Facciamo così, concedimi giusto quelle due, tre ore di riposo e forse poi prenderemo un tè assieme e cercherò di essere gradevole…” mi offre come compromesso e io accetto, lasciandola sola.

Jessica’s POV

Mi accerto che Killgrave sia andato nella sua stanza, qualsiasi essa sia, e poi torno sul corridoio per trascinare i bagagli nella mia stanza.

I suoi servitori avrebbero avuto un po’ da ridire se avessi chiesto loro di portare quelli che sono i bagagli di Killgrave nella stanza della sua ospite.

Apro entrambe le valigie e ne estraggo qualcosa come dieci dannatissimi completi diversi , in ogni variante di blu, viola o grigio.
Snob elegantone che non è altro!
Un rasoio non mi sembra di vederlo, provo in una delle tasche interne e bingo: c’è un beautycase con tutto: rasoio elettrico, una lozione e dopobarba.

Esco di nuovo nel corridoio con tutto quello che mi occorre e mi chiudo nel bagno.
Cerco su internet il primo tutorial su come ci si rade che mi ispiri fiducia, faccio mie quelle nozioni e comincio, augurandomi che nel beautycase ci sia anche un kit d’emergenza se finisco per dissanguarmi.

Venti minuti e qualche taglietto dopo, posso ritenermi fiera del risultato, finalmente ho un viso liscio e levigato.
Tanto che sono in bagno ne approfitto per fare anche un doccia.

Esco solo con un telo annodato per attraversare il corridoio, una volta asciugata.

Fortunatamente non c’è nessuno che mi veda rientrare così nella mia camera, ma se anche fosse, vedrebbero un uomo a torso nudo, come ne esistono a milioni.
Okay no, magari non a milioni così belli…
Alt. Un momento. Cosa cazzo ho appena detto?
Come prima, quando ho deliberatamente detto a Killgrave che lui ha sempre charme, a prescindere, anche ora che è me? Meno male che almeno quest’ultima cosa non l’ho ammessa ad alta voce.

È stanchezza. È solo semplicissima, fottutissima stanchezza che mi fa pensare queste cose strane.

Rimetto le valigie a terra, una alla volta perché non riesco più a sollevarle insieme entrambe e mi corico, fresca di doccia, cullata dal buon profumo di lavanda del copriletto che grazie al cielo non è viola, ma a fantasia colorata su sfondo blu, come quello che avevo da piccola.

È raccapricciante come ogni dettaglio combaci … ma nello stesso tempo, in un modo molto distorto, tutto sommato è quasi... tenero?!
Povera me, ho proprio bisogno di dormire.
Corico la testa sul morbido cuscino tigrato e chiudo gli occhi.

Li riapro circa un paio di ore dopo, vestendomi in tempo prima che faccia irruzione Killgrave nella mia stanza, considerando anche il fatto che ho solo un asciugamano addosso.

Lui non si farebbe certo intimidire dal cartello che c’è appeso fuori.

Trovo la biancheria, infilo i pantaloni del completo grigio e stranamente trovo anche una T-shirt bianca, semplice, che probabilmente deve essere finita fra le sue cose per sbaglio.

Comincio già a sentirmi più me.

Scendo in sala da pranzo ed è lì che trovo Killgrave.
Come io mi sono messa più a mio agio, lui deve aver avuto la mia stessa idea.

“Sembra che tu debba andare a un gran galà conciato così.” commento a mezza bocca facendogli la panoramica di quel tubino longuette, smanicato senza spalline, con scollatura a cuore, viola glitterato.

“Tu invece sei così… semplice.” replica lui.

 

E, no, non lo intende affatto come un complimento.

“Era il mio regalo per te.” riprende il discorso lui. “Almeno ha avuto una sua utilità. Mi mancava indossare qualcosa di alta sartoria.”

“Io lo avrei fatto a brandelli se me lo fossi trovato davanti!” controbatto io, prendendo posto a capotavola, con lui che è già dall’altro lato.

Allungo una mano verso un paio di panini dolci che sono sull’alzatina, mangiandoli a morsi alternati.
In effetti, ora che ci penso, non ho nemmeno pranzato.

Killgrave deve aver il mio stesso problema, anche se predilige un cupcake triplo cioccolato e lui lo mangia in modo molto più decoroso.
Non sono abituata a vedermi così aggraziata.

“Il mio povero viso… mi hai fatto perdere tutto il mio fascino da bel tenebroso!” si lamenta lui, prima di agguantare il secondo cupcake, stavolta ai mirtilli.

“Zitto tu, tre giorni e ricresce tutto, io quella frangetta da showgirl la dovrò vedere per mesi!”

Sopraggiunge Alva che ci porta il tè, due tazze fumanti di una brodaglia dal colore poco rassicurante.

“Mr. Killgrave, ha visto? La Signorina Jessica il suo regalo l’ha apprezzato e le sta un incanto. Lei ha così buon gusto.” si complimenta con me Alva, lanciando un sorriso anche a Killgrave, prima di lasciarci.

“Di’ un po’, le hai ordinato di volerci vedere assieme?” lo interrogo con un’espressione arcigna.

“No davvero, non le parlavo da giorni, lo sai che ero dai Mc Carthy… lo hai forse fatto tu?” mi provoca lui.

Per poco non mi va di traverso il panino.

“Fossi matta!”

“Allora significa che la cara Alva sta ragionando con la sua testa e come darle torto? Tu ed io siamo una coppia favolosa, anche da scambiati!” sorride sornione lui.

“Oh, per favore, vedi di bere il tuo tè e dir meno cazzate!” alzo gli occhi, esasperata.

“Alva lo ha portato a entrambi il tè.”

“Non lo bevevo nemmeno quando ero la tua schiava e non lo farò certo ora” mi alzo da tavola, alla ricerca di un armadietto che quando avevo quattordici anni mi era proibito.

Ma quattordici anni non li ho più da un pezzo e voglio scoprire  se Killgrave ha rispettato davvero ogni dettaglio.

“Ora si ragiona!” faccio ritorno al tavolo con una bottiglia di whisky.

“Non dovresti…” borbotta lui.

“Quello che è mio è tuo!” gli faccio il verso, bevendo direttamente dalla bottiglia.

Killgrave mi guarda con aria di rimprovero, ma non deve farlo a lungo; non perché il suo sguardo abbia un qualche effetto su di me, ma perché è il mio stomaco a rivoltarsi dopo solo pochi sorsi.
Cioè il suo stomaco.

In effetti lui non è mai stato un gran bevitore.

“Cazzo, così non c’è gusto. Speravo tanto di regalarti una cirrosi epatica quando saresti tornato in possesso del tuo corpo, invece pare che questo tuo organismo da femminuccia non regga più di due bicchieri al massimo!” sbuffo io.

“Che fatto curioso, il tuo invece il tè sembra apprezzarlo senza problemi!” ridacchia lui, bevendo dalla sua tazza.

Stupido corpo traditore!

“Meglio così, almeno non ti rovinerai lo stomaco prima della nostra cena.” sentenzia lui.

“Cena? Con te?” strabuzzo gli occhi.

“Beh non ha senso far faticare il doppio i poveri Alva e Laurent facendo loro servire due cene in momenti diversi, no?” si gioca l’astuta carta della compassione.

“E da quanto in qua te ne fotte qualcosa di cosa sia più vantaggioso per le altre persone?” lo guardo scettica io.

“Da quando è vantaggioso per me. E dài, Jess, che ti costa una cena insieme? Non mi sono certo vestito così solo per prendere un tè.”

“E va bene, rompiscatole, ma solo perché muoio di fame. E non t’aspettare che io mi vesta più elegante!” mi arrendo io e lui sorride accomodante.

“Mi sembra un valido compromesso.”


TBC

Non avete idea di quanto mi stia divertendo a pianificare questa storia, spero che a voi diverta leggerla. ^^
 

Buonanotte, è tardino.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: When past surfaces ***


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Chapter IV: When past surfaces


Jessica’s POV

Mi alzo dal tavolo, in procinto di raggiungere le scale, ma lui mi ferma.

“Dove vai?”

“Mi sembra ovvio: in camera mia, ad attendere che sia ora di cena.” mi volto a guardarlo.

Di nuovo quel broncio adorabile. Il mio.

“Ma… io pensavo che avremmo aspettato insieme,” mugugna, spostandosi nel soggiorno. “Anche solo per leggere un libro, avevi una libreria piuttosto ben fornita.” continua, prendendone uno a caso e mettendosi sul divano rosso.

“E va bene, rompiscatole, posso anche rimanere con te, ma col cazzo che seguo il tuo esempio, posso fare qualcosa di più stimolante… o almeno credo, dipende da te.”

Oh, merda, mi rendo conto solo ora del modo ambiguo in cui mi è uscita questa cazzo di frase.

Infatti Killgrave mi guarda stupito, prima di buttare il libro sul pavimento e stendersi sul divano, con fare ammiccante.

Cazzo, sono davvero una bomba sexy quando mi ci metto!

“Oh, mia cara, ma se vuoi fare certe cose con me, basta chiedere…” mormora con un tono da flirt che non uso da un sacco di tempo.

Sorrido e avanzo verso di lui lentamente, i miei occhi, incatenati ai suoi, cioè il contrario… vabbè!

Quando lo raggiungo, mi chino anche verso di lui, come a volerlo baciare e lui ci casca con tutte le scarpe, sporgendosi verso di me… povero illuso.

Mi tiro indietro per tempo e proseguo per la mia strada, andando a raccogliere il libro, il vero obiettivo a cui puntavo, mentre lui mi guarda confuso e amareggiato.

“Idiota!” alzo gli occhi, lanciandogli il libro in malo modo, colpendolo a un fianco. “Non mi riferivo a quello! Continua a leggere il tuo libro…” dico, aprendo l’armadietto sotto la TV.

Oh, Killgrave, potrei quasi abbracciarti! Ho detto ‘quasi’.

“Fantastico! C’è la console della PS2 e pure una manciata di videogiochi!” esulto, voltandomi verso di lui, che finalmente capisce.

“Erano i primi anni del 2000 ed eravate due fratelli… quindi o quella o la Nintendo, ho tirato a indovinare!” fa spallucce lui.

“A dire il vero, nessuna delle due, avevamo solo un game boy sgangherato, uno solo in due per giunta!”

Meglio che non pensi a cosa ha portato quel dannato gameboy o potrei scoppiare a piangere davanti a lui.

“Felice d'aver lasciato fare al mio istinto, allora,” mi sento rispondere, mentre gli do le spalle per collegare la console alla TV.

“Vediamo un po’,” scartabello fra le proposte che mi si presentano. “Un noiosissimo gioco di scacchi, football, “ sbuffo, “Una stupida sparatoria spaziale o una fichissima battaglia sanguinolenta, cosa potrei mai volere?”

“C’era anche un gioco sulle  Principesse Disney, sai?” mi informa lui.

Mi volto di nuovo nella sua direzione.

“Te lo avrei fatto mangiare se me lo avessi comprato!” riduco gli occhi a due fessure.

Ora che ci penso, anche Killgrave voleva far mangiare il telefonino al prossimo che si fosse azzardato a disturbarlo al commissariato.

Oh cazzo, nemmeno un giorno nel suo corpo e agisco come lui? No, cazzo, no.

“Lo so che non avresti gradito,” mi distoglie lui dai miei pensieri. “Bene, allora datti al divertimento sfrenato con la battaglia sanguinolenta.”

“Tu non giochi?” gli chiedo e al tempo stesso mi domando perché, che cosa me ne dovrebbe fregare?

Da come mi guarda lui dev’essere stupito quanto me.

“Non potrei mai spendere il mio tempo libero in attività così poco eleganti… me ne torno al mio libro!” fa spallucce lui, con un’aria snob che io non ho mai sfoggiato in tutta la mia vita.

Eppure c’è qualcosa, è come se volesse farmi un favore a starsene da parte.

Okay, devo essermi ubriacata con quel pochissimo whisky che ho bevuto: Killgrave premuroso con me? Oh, non diciamo cazzate!

Mi metto seduta sul pavimento, tirando a me dei cuscini presi dal divano.

“Guarda, per non disturbarti, metterò le cuffie!” inserisco il plug in delle auricolari, prima di far partire il gioco.

Cos’è? Ora faccio la gentile con lui anche io?
Giochiamo, che è meglio.

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Il tempo sembra volare, questo gioco è appassionante proprio come lo ricordavo.
A giudicare dal livello che ho raggiunto devono essere passati già quaranta minuti abbondanti.
Ancora un’ora e ceniamo.

“Ti diverti?” mi sento chiedere da dietro.

Metto in pausa e mi giro verso la rovina della mia vita.

Anche lui ha divorato un buon numero di pagine di quel libro.

“Oh sì, praticamente ci sono le truppe Americane inviate in Medio Oriente per garantire la pace, ma la Cina non la prende bene e manda i suoi uomini e allora è guerra dichiarata,” comincio a spiegargli tutta esaltata e noto un certo interesse anche da parte sua. Mi dilungo anche a spiegargli le varie funzionalità e specializzazioni dei soldati.

“Dài, perché non provi? Mantenere la pace può essere molto elegante, tanto ci metto un attimo a modificare il numero di giocatori,” gli spiego, armeggiando con le impostazioni e consegnandogli il secondo Joystick.

Lui si acciambella con grazia su uno dei cuscini, con le gambe ben unite.
Non lo ammetterà mai ma deve trovare quel vestito scomodissimo.

“Ovviamente, solo se ti va, non vorrei mai farti innervosire e ritrovarmi con il joystick sgretolato come se fosse fatto di polistirolo.” mi accerto.

“Vedi che non ho distrutto il libro, no? Sono rilassatissimo.” mi conferma lui.

Apprende regole e comandi piuttosto in fretta e nel giro di mezz’ora ormai è intrappolato nel mio stesso vortice.
Siamo una squadra molto ben affiatata, ma mi ingoierei la lingua piuttosto che dirglielo.

“Ma… così non vale! Quel nemico era già morto, l’ho ucciso io due minuti fa, perché non è rimasto morto?” si lamenta lui.

“Dillo a me, conosco qualcuno che dopo esser stato investito da un pullman sarebbe dovuto essere fottutamente morto e invece non è sembrato di quell’opinione!” non riesco a trattenermi dal dirgli.

Per tutta risposta, lui smette di coprirmi le spalle e il nemico sullo schermo ne approfitta per uccidermi.

“Hey!” gli lancio un’occhiataccia di fuoco.

“Oops, scusa!” replica lui, con tutto il sarcasmo di cui è… di cui sono capace. “Fa male, vero, Jessi? E pensa che quello è solo un gioco!”

Decisamente non l’ha presa bene, mentre dichiariamo il gioco ufficialmente in game over.

“Se ti aspetti che io ti chieda scusa per quello che è successo quella notte puoi anche morire di vecchiaia, anche se mi auguro che tu lo faccia nel tuo fottuto corpo!” bercio, impassibile, ma lui sembra solo divertito.

“Non voglio scuse. Piuttosto, cambiamo gioco? Una partita veloce a Pro Evolution Soccer?” mi propone.

Perché no?

“Stati Uniti contro Inghilterra?” acconsento, inserendo la relativa cassetta. “Preparati, ti farò il culo a stelle e strisce!”

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Killgrave’s POV

È stata davvero un’ora di svago.

Certo, ero abituato a fare ben altre cose con la mia Jessica per svagarci,  e per un momento lei me l’ha persino fatto credere, ma anche così… è stato come tornare bambino, un bambino felice, intendo.

Del resto, chi ha mai giocato con me? Quando avevo una famiglia erano solo ferrea disciplina, ammonimenti, test e altro che preferirei dimenticare.

Oh, Jess, non sai il bene che mi fa starti vicino.

Soffermarmi troppo a guardarla mi costa farmi rubare la palla e assistere a un gol in contropiede, ma per vedere come esulta lei credo ne sia valsa la pena.

L’occhio mi cade sull’orologio che indica che è ora di cena.

Mettiamo tutto a posto, andiamo a lavarci le mani e ci avviamo in sala da pranzo.

Sto per precederla, poi mi ricordo che ha più senso sia lei a farmi strada, almeno agli occhi di Alva e Laurent.
Oh beh, avrebbe senso in ogni caso, è stata casa di Jessica per quasi metà della sua vita, se lo ricorderà dove stanno le stanze.

 Ci sediamo a tavola.

Ovviamente non manca una bottiglia di ottimo vino rosso, ma dopo la piccola disavventura che ha avuto con il whisky non credo che Jessica la onorerà più di tanto.

Io invece un bicchiere me lo riempio volentieri, è pure nel suo personaggio: Jessica non ama farsi servire.

“È esattamente quello che avrei fatto io,” mi bisbiglia, dandomi ragione.

Alva ci porta gli antipasti: tartine al foie gras.

Non c’è che dire, Laurent ormai ha imparato a conoscermi.

Mi spiace per te , cara Jessi: speravi di farmi uno sgarro togliendomi la pasta all’Amatriciana, ma non hai fatto i conti con il mio Chef che ha altre alternative per compiacermi. E comunque, a giudicare da come te le stai gustando, direi che apprezzi anche tu.
Ho davvero quell’espressione estatica quando mangio qualcosa che mi piace?

“La finisci fottutamente di fissarmi?” protesta lei, a bocca piena.

Che spettacolo indecoroso.

“Non ho potuto fare a meno. Ammettilo, in quei mesi con me ti ho raffinato almeno un po’ quel palato da cibo del discount,” la punzecchio, assaggiando la prima tartina.

“Cazzate!” bofonchia lei, prendendo la terza. “La verità è che sto morendo di fame, mangerei qualsiasi cosa!” fa di tutto per non darmi soddisfazioni.

Così tipico di lei.

“Super Forza e Controllo Mentale nella stessa casa… anche se invertiti, siamo ancora una miscela piuttosto esplosiva, non credi?” riprendo a parlare, finita la seconda tartina.

“Abbiamo detto cena insieme, okay, non si è mai accennato che si dovesse parlare per forza!’” mi fredda lei.

“E dài, Jess, un po’ di conversazione non ha mai ucciso nessuno!”

“Ma tu, con le tue parole... non si può dire altrettanto!”

Pungente, come il suo solito.

“Oh beh, riflettici hai la possibilità di farmi vedere un uso migliore del mio potere finché saremo in questa situazione!”

Mi piacerebbe così tanto vederti all’opera, Jess, potrei anche trarne insegnamento.

“Non ci avevo pensato… e comunque io il tuo potere spero di usarlo il meno possibile. Quanto a te… non t’azzardare a usare il mio per cose malvagie!” mi minaccia con la forchetta protesa verso di me.

“Oh, ma davvero hai un’opinione così pessima di me? Pensi che ora che ho la tua Super Forza punterò alla conquista del mondo? Avrei già potuto farlo col mio di potere, non credi? Non me ne importa nulla del mondo, Jessica. A me importa solo di te.” mi sporgo in avanti con un gomito sul tavolo e la mano che mi sorregge il mento, scosto via da me la forchetta che sta usando ancora come arma e la guardo a fondo nei suoi occhi, anche se sono i miei.

Lei non dice nulla per qualche secondo, poi ruba una tartina dal mio piatto e me la infila in bocca.

“Mastica di più e fai meno lo smielato del cazzo!” mi guarda truce.

Gioca pure a fare la dura, peccato per te che conosco benissimo le espressioni del mio viso, quindi so che quello che ho detto ti ha colpito.

“Oooh, Filet Mignon de porc au Roquefort!” esulto non appena arriva in tavola la seconda portata.

Era da un sacco di tempo che non ne mangiavo uno, questo Chef me lo sono scelto proprio bene.

Stavolta mi rendo conto che è Jessica che mi sta fissando, mentre tagliamo il filetto.

“Che c’è?” le chiedo. “Non è di tuo gradimento?”

“No… non è questo. Potresti ripetere il nome del piatto?” mi esorta lei e io l’accontento.

“Accidenti. Quando e se tornerò nel mio corpo, dovrò prendere lezioni di Francese. Di mio non so dire mezza parola e invece guarda ora che pronuncia!” ammette lei.

“Ti piace quando parlo Francese, ma petite?” ammicco suadente.

“Mi piace quando io parlo Francese!” mi corregge lei. “Avrei una carta in più da giocarmi quando rimorchio nei bar.”

“Come se avessi bisogno di una carta in più… un momento!” registro meglio quelle informazioni che mi ha dato e per poco non mi va di traverso il boccone. “Cos’è questa storia che rimorchi nei bar?!”

“Non ti devo nessuna cazzo di spiegazione!” replica acida lei, ma io colgo la palla al balzo.

“È lì che hai conosciuto Luke?”

Da come sobbalza e mi guarda capisco di averla punta sul vivo.

“Come cazzo fai a sapere di Luke?” aggrotta le ciglia in un’espressione arcigna.

“Patsy ha la lingua lunga. Quindi è vero, hai scambiato fluidi corporei con un altro, ultimamente.” ringhio, stringendo un po’ troppo il bicchiere, che si infrange nella mia mano, ora insanguinata.

Alva accorre subito con disinfettante e una garza per medicarmi.

“Grazie, ma è solo un graffietto, un piccolo incidente di percorso.”

“Mr. Killgrave l’ha fatta arrabbiare, Signorina?” si preoccupa la domestica.

“Come se fosse una novità!” alza gli occhi Jessica e Alva ci guarda confusa.

Dalla sua prospettiva sta vedendo il suo datore di lavoro riconoscere le sue colpe.

Tsè, come se io ne avessi!

“Super Forza e rabbia non è un gran connubio, ormai lo avrai capito da te,” mi punzecchia Jessica, non appena Alva ci lascia soli. 

“Il tuo armadio e la tua cucina ne sanno qualcosa…” la faccio sorridere io, ma torna subito accigliata.

“E comunque quello che faccio io con chi voglio io sono fottutissimi cazzi miei!”

“Tu sei mia.” affermo con un tono che non ammette repliche.

“Convinciti pure che lo sia.” mi alza il terzo dito lei.

“E tu che non lo sia.” controbatto.

Mia cara, l’ultima parola dev’essere sempre la mia, arrenditi.

Ed è proprio così che restiamo, in silenzio, finché Alva torna per sparecchiare i piatti.

Come se l’atmosfera non fosse già abbastanza tesa fra di noi, quando ci porta il dessert le cose peggiorano soltanto: è una mousse al triplo cioccolato.

Fin qui nulla di male.
Il problema è che a forma di cuore.
C’è n'è  solo una, da dividere in due.
Con una forchettina soltanto.

Per l’inferno maledetto, come è potuto accadere? Io non ho pianificato niente del genere.

Jessica intanto mi sta guardando come se mi volesse morto.

Dev’essere più o meno come io ho guardato il suo vicino bamboccione smidollato.

“Mangiatelo pure tutto, a me è passato l’appetito!” si alza da tavola, andando verso le scale.

Rimango solo con Alva che ha un’aria perplessa.

“Mi sarei aspettata l’opposto…” borbotta.

“Oh, non fare caso a lui, ha degli sbalzi d’umore così imprevedibili a volte!” agito la mano io, come se fosse una questione di poco conto.

“Oh sì, Signorina, mi creda ne so qualcosa…” borbotta lei.

Come si permette? La tiro fuori dalla strada, visto come si era rovinata col gioco d’azzardo, le do un tetto sulla testa, una seconda chance, uno stipendio da guadagnarsi di nuovo e lei ha pure da ridire?

Evidentemente deve essersi accorta che non sono contento di questa sua ultima affermazione, perchè indietreggia, un po’ impaurita.

“Scusa, non ce l’ho con te, semmai con lui!” dico col tono scocciato che userebbe Jessica, prima di cominciare a mangiare la mousse. “Mm, è squisita!”

“Mi fa piacere, è fra i dolci preferiti di Mr. Killgrave, strano che non lo abbia voluto nemmeno assaggiare…” si avvicina di nuovo la mia domestica.


“Il dolce è paradisiaco, non è per quello… solo che sai, forse il fatto di volere che ci imboccassimo a vicenda è stato un po’ troppo.” cerco di farle capire. “Forse se ne è reso conto anche Killgrave e ha preferito lasciarlo tutto a me.”

“Oh, ma, Signorina, Mr. Killgrave non ha colpa di questo, è stata tutta una mia idea e Laurent ha realizzato il dolce con quella forma su mio suggerimento.”

“L’ho immaginato… del resto nessuno vi ha ordinato cosa fare.”

“Ma lei come lo sa?”

“Intuito.” salvo le apparenze con una risatina innocente. “Più che altro questa cosa andrebbe spiegata a Mr. Killgrave…”

Mi rendo conto di come questa situazione stia diventando sempre più surreale, anche solo per come mi sta guardando la mia domestica.

“Ma lui lo sa già che non è una sua idea, mi sembra superfluo andarglielo a dire.”

“Superfluo, già.” ripeto, mentre alzo gli occhi, rassegnato.

“Mr. Killgrave non ama essere disturbato per questioni di poco conto e, mi creda, una cosa che sa già lo sarebbe di certo.” ribadisce il concetto lei, prima di andarsene.

Mangerò il resto del dessert per consolarmi.

Jessica’s POV

Inaudito, da non credere!
Cosa mi voleva dimostrare con quel dolce a cuore?
Dovevamo imboccarci come una fottuta coppietta smielata?
Mi vien da vomitare solo al pensiero.

Ma davvero crede che le cose possano cambiare così in fretta?
Solo perchè abbiamo passato un’ora spensierata a giocare ai videogiochi?
Solo perché questa situazione assurda ci ha avvicinati?
Solo perché lui è più gentile con me?
No, questa cosa è già successa prima dello scambio, al commissariato.

Ammettilo, Jessica, che non riesci a toglierti dalla mente le sue parole, le sue confessioni,  il suo sguardo…
Dannazione, forse non riesco a togliermelo dalla mente solo perché ora che ho il suo cazzo di cervello nella testa, probabilmente sta danneggiando i miei stessi pensieri.

Non posso dimenticare quello che ha fatto a me, quello che ha fatto a Hope, quello che ha fatto a Ruben.
Come ci è arrivato ad essere così insensibile, a non avere una coscienza, a non capire quali sono i confini di un fottuto comportamento etico?

Basta arrovellarmi il cervello in questo modo, sarà meglio che vada a letto.

Mi levo i pantaloni, che sono comunque scomodi.
Mentre mi osservo queste gambe insopportabilmente così virili, non posso fare a meno di ringraziare la mia buona stella di aver fatto la ceretta giusto prima di andare al commissariato, con tutti i mesi di prigionia che già mi prospettavo.

Questo mi porta a fare un altro tipo di calcoli. C’è una certa cadenza mensile prevista fra un paio di giorni, al massimo tre. Sono sempre stata così precisa in questo. Ci sarà da divertirsi.

Ma ora pensiamo a cambiarci. Frugo in una delle valigie alla ricerca di una camicia. Non viola, non viola, non viola… blu elettrico? Sì, può andare.

La mia mano viene a contatto con un qualcosa di piccolo e rettangolare, ma non è un bottone.

L’afferro e la estraggo. Una chiavetta USB gialla.
Cazzo, non una chiavetta qualsiasi.
Io questa chiavetta l’ho già vista.

Mi assalgono dei flashback orribili di quella notte, io che scavo a terra, un po’ con il piccone, un po’ a mani nude, per trovare quella cassetta di metallo, per poi aprirla e consegnarla a Killgrave.
Lui che mi guarda serio, si rigira fra le mani questa stessa chiavetta e sembra soddisfatto.

E poi… no, cazzo, no, il resto non lo voglio ricordare, non con questo corpo che non mi permette nemmeno di bere quanto vorrei!

Se ha fatto tutto quel casino per impossessarsi di questa chiavetta, deve contenere informazioni preziose, magari qualcosa che posso usare a mio vantaggio per scagionare Hope.

Setaccio entrambi i trolley e, come pensavo, c’è anche un laptop nascosto fra i vestiti.

Lo apro, ma, ci avrei scommesso, l’accesso è protetto da password.
Provo a inserire ‘Jessica’ ma non sarebbe mai così stupido da…

Oh, porca puttana, lo è!

Inserisco la chiavetta, mi si visualizzano sullo schermo diversi file da aprire, ne scelgo uno, ma non riesco nemmeno a guardarlo fino in fondo. C’è una bambina seviziata. Ne apro un altro, c’è un bambino che urla, mentre parlano in una lingua che non conosco, forse Cinese. Lo stoppo subito e apro il terzo.

Vedo un bambino, apparentemente tranquillo, mentre sta costruendo qualcosa, unendo delle forme, con degli elettrodi attaccati in testa.
Non sta giocando, non sembra aver alcuna voglia di farlo. Sembrerebbe più che lo stiano costringendo e ha l’aria così triste, non sorride mai…

Basta, non riesco più a guardare.
C’è qualcuno che mi deve delle spiegazioni e subito.

Killgrave’s POV

A parte quello scivolone con il dessert, che non è dipeso nemmeno da me, le cose non sono andate poi così male.

Questo finché non si è parlato di quel fantomatico Luke. Non so nemmeno chi sia, ma sento già di odiarlo con tutto me stesso.
Cos’ha di così speciale per attirarla? Forse gestisce il bar dove lei ama andare a ubriacarsi… ma no, non può essere così semplice, ci dev’essere di più e lo scoprirò.

La rabbia però non mi fa bene, non voglio rompere niente in questa stanza, devo cercare di calmarmi e concentrarmi sulle cose belle.

Come prima, quando, anche se solo per un istante, mi ha sorriso. Adoro farla sorridere. E non è nemmeno un comando.
Anche se lo ha fatto coi miei lineamenti. Beh, non si può volere tutto.

Per non parlare del pre-cena. Eravamo così in sintonia.

Ecco perché sono più che certo che ci lasceremo il retrogusto amaro di questa serata alle spalle e torneranno ancora momenti più leggeri fra di noi e…

Sento bussare alla mia porta piuttosto violentemente.

Solo ora mi rendo conto che, avendo da poco tolto quel bellissimo ma piuttosto scomodo abito da sera, ho solo addosso la biancheria intima.

“Un momento!” grido, infilando al volo la mia vestaglia da camera, mentre il bussare continua incessantemente.

“Apri questa fottuta porta o giuro che Super Forza o no trovo il modo di buttarla giù!” ringhia Jessica.

Non vedo perché dovrei farla attendere oltre, magari ne approfitto per ricorrere a un’altra delle mie battutine.

“Oh, tesoro, se vuoi il bacino della buonanotte ci son modi più semplici per richiederlo,” ammicco con fare provocatorio, mentre mi accorgo che lei indossa solo la T-shirt che aveva a cena e i boxer.

È sexy da mozzare il fiato, ma non ha affatto l’aria di una che vuole scherzare e nemmeno io, appena mi accorgo di quello che sta tenendo in mano.

Quello è il mio laptop e infilata dentro c’è la mia chiavetta usb.

Cambio subito espressione.

“Non avresti dovuto frugare fra le mie cose, dannata impicciona!”

“Se vuoi nascondere i tuoi sporchi, torbidi, morbosi segreti, almeno inventati una password più complicata, lurido depravato!” ringhia lei, guardandomi con il disprezzo più totale.

C’era da aspettarselo che indovinasse la password. Forse, e dico forse, sono un po’ troppo ossessionato da lei.
Un momento, se ha visto quei filmati e mi sta guardando in quel modo orribile, non penserà davvero che...

“Cristo santo, Killgrave! Sono dei bambini, dei poveri bambini torturati! Che razza di fottuto, sadico, sociopatico, immorale, bastardo senza anima sei, se provi un malsano piacere a guardare soffrire queste povere creature...”

Non posso resistere un solo secondo di più.

“IO sono una di quelle povere creature!” le rivelo, alzando la voce.

TBC

Ebbene sì, per chi conosce la serie, siamo arrivati a QUEL momento, che non vedo l’ora di affrontare *O*
Lo vedete da voi che questa storia oscilla da momenti leggeri ad altri un po’ più profondi, spero che la cosa non vi dispiaccia.

Ci tengo a precisarlo: non mi pagano né la Sony né la Nintendo XD , anzi, io nemmeno mi sarei aspettata di scrivere un giorno di Jessica e Killgrave che si divertono coi videogiochi, ma questi personaggini ormai sono quasi due anni che fanno tutto per conto loro ^^’

Ah, nella serie Killgrave espone la condizione disagiata di Laurent, prima che lo assumesse come suo Chef, su Alva non si sa niente, quindi mi son presa io la briga di darle un minimo di background, che invece dovesse diventare la loro shipper lo ha deciso lei XD ma io la sto davvero adorando...

Liberi di dirmi quello che vi va, alla prossima <3

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Capitolo 6
*** Capitolo V: When empathy is the key ***


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Chapter V: When empathy is the key
 




Killgrave’s POV


Jessica mi fissa basita, la bocca aperta, le mani che lasciano scivolare la presa dal portatile, che rapido raccolgo io prima che cada sul pavimento.

“Hai capito quello che ho detto?” mi accerto.

Non è da lei restare così in silenzio.

“Che cazzo significa che uno di quei bambini sei tu?” ringhia, diffidente.

Il punto è che non so quanti e quali di quei tremendi filmati abbia guardato.

“Di certo non la bambina seviziata, non parli il Cinese… oh, cazzo, ho capito: il bambino che non sorride mai.” si dà da sola la risposta Jessica.

“Nemmeno tu avresti mai sorriso, se ti avessero fatto quello che hanno fatto a me: in quei video avevo sette anni o forse otto, nemmeno lo ricordo.” dico con la voce spezzata, il che suona come una novità: non credo di aver mai visto o sentito Jessica sul punto di piangere, quindi scopro ora come suonerebbe la sua voce.

“Io non…” mormora lei, ma la mia voce spezzata la conosco già da anni.

“Cosa credevi, Jessica? Che io ci fossi nato con quei poteri? Che mi divertissi a privare le persone della propria volontà? Era l’unico modo che avevo per sopravvivere! L’unico tipo di comportamento che ho imparato ad adottare. Non ho mai distinto ciò che è giusto da ciò che è sbagliato perché non c’è mai stato nessuno a insegnarmi la fottutissima differenza!”

Mi rendo conto che sto urlando, mi rendo conto di aver anche usato un linguaggio che solitamente è più congeniale a Jessica.
E mi rendo anche conto di essere troppo scosso da queste emozioni che non avevo previsto e che sto tenendo ancora in mano il mio laptop.

Lo poso sul letto, prima che mi venga l’impulso di spaccarlo e poi sul materasso mi ci corico pure io.

Anche Jessica si avvicina, mi si siede accanto e inaspettatamente mi prende la mano fra le sue.

“Ti va di parlarmene, Killgrave?”

Sono certo di non aver mai usato un tono di voce così dolce e accomodante.
Né di aver mai scorto nei miei occhi una luce che sembra quasi come… empatia.

“Lo hai visto tutto il video?” le chiedo e lei scuote la testa.

“Sono arrivata al punto che stava … stavi completando delle costruzioni, ma non sopportavo più quell’espressione così triste e ho smesso di guardare.” mi informa lei.

“Io allora direi di vederlo tutto come prima cosa…” decido, selezionandolo dalla chiavetta e premendo play.

È una cosa che farà male anche a me, ma è necessaria.

Rivedo e faccio vedere a Jessica come i miei genitori insistevano che io unissi i blocchi nell’ordine corretto, per monitorare i miei miglioramenti con le attività filo motorie.

"Perché ti facevano questo?” mi domanda Jessica, intenta a guardare.

“Probabilmente perché non volevano un figlio normale, ne volevano uno perfetto, a costo di generare un mostro!” replico io, con l’amarezza che si impadronisce del mio tono.

“Quegli scienziati… sono i tuoi genitori?” mi chiede sconvolta lei.

Quante cose non sai di me, Jessi.

“E… ti chiamano Kevin?” mi guarda ancora più confusa.

 

“Killgrave è il nome che mi sono scelto io per la mia rinascita, la mia rivalsa verso il mondo che mi è sempre stato ostile, però sì… quello è… era il mio vero nome. Ma non lo voglio più sentire.” borbotto.
 

“Kevin…” ripete subito Jessica.
 

Conoscendola, direi che lo fa per indispettirmi, poi mi accorgo della sua espressione e capisco che non è così.
 

 “Ma credi che sia questa la tortura, solo perché mi vedi con la testa piena di cavi collegati? Oh, mia cara, non hai ancora visto niente…” mando avanti il filmato.

“Esami neurologici, fluoroscopia, biopsie cerebrali. E il mio preferito, estrazione del fluido cerebrospinale.” commento con finto sarcasmo, quando arriviamo al punto dove mia madre mi tiene fermo e mio padre si avvicina con quell’orribile siringa.

Jessica continua a spostare lo sguardo dal me bambino che urla di dolore al me presente che sta rivivendo quegli atroci momenti, finché poi lo vede, si rende conto dell’esatto momento in cui tutti gli esperimenti a cui mi sottoponevano hanno dato vita a quel mio potere.

Io che impongo ai miei genitori di allontanarsi da me e loro che eseguono, confusi e impauriti, perché non capiscono cosa stia succedendo.

“Tuo padre giocava con te in giardino, il mio mi preparava per il quarto intervento elettivo, che dolce, eh?” commento amaro, stoppando il filmato.

“Questo potere mi è stato imposto. Pensavo che tu potessi capirmi.” prendo con me il laptop ormai chiuso, con la chiavetta ancora inserita ed esco.

Sì, lo so che teoricamente sarebbe camera mia, ma non sopporto quel suo sguardo commiserevole… dai miei stessi occhi poi.
Non credo di aver mai guardato così nessuno.
E comunque io non vado affatto commiserato, men che meno da Jessica.
Mi siedo sul divano e accendo la TV.
Spero che né Alva né Laurent si palesino, perché non sono proprio dell’umore adatto.
È già tanto che il telecomando non mi si sia sgretolato fra le mani.

 


Jessica’s POV

Quasi un fottuto anno insieme a lui e ho sempre avuto l’idea sbagliata.
Non ho capito niente.
Pensavo fosse stato esposto a delle radiazioni, magari cadendo in una cisterna, tutti i super villain nei fumetti cadono in una cisterna!
Oppure avrei anche valutato l’opzione che fosse una persona meschina, assetata di potere e controllo fin da ragazzo, cosa che magari lo aveva portato a che so, crearsi e bersi una pozione che gli permettesse di controllare le menti… e invece scopro che gli scienziati pazzi sono i suoi stessi genitori!
Che facevano del loro figlio un esperimento, giocare a fare dio con una vita umana che loro per primi avrebbero dovuto proteggere.

Certo, questo non giustifica le terribili azioni che Kevin, no, Killgrave, ha commesso, o quelle che potrebbe ancora commettere.
Lui si aspettava che io lo capissi.
Non posso capire un cazzo di serial killer!

E allora perché mi sono alzata, sono uscita dalla sua stanza e mi sto aggirando per i corridoi?
Perché voglio vederci più chiaro in mezzo a tutta questa situazione del cazzo!
Non è in camera mia, anche perché, perché mai sarebbe dovuto andare lì?
Non è in terrazzo, sto per cercarlo in cucina, ma poi lo vedo in salotto, a guardare la televisione, senza nemmeno guardarla davvero.
Ha la mia espressione imbronciata preferita, dev’essere quella che uso quando Trish mi impedisce di bere l’ultimo bicchiere di whisky… o l’ultima bottiglia, dipende dalle sere.

Mi ha visto, ma fa finta di nulla e ha spostato lo sguardo nuovamente sulla TV.
Sento che devo in qualche modo ottenere la sua attenzione.

“Ecco cosa volevi da Reva.” dico casuale, sedendomi non troppo distante da lui.

“Era l’unica prova di come sono diventato me.” torna a rivolgermi la parola lui.

“Quindi nessuno sa che esiste, a parte i tuoi, se sono ancora vivi.” cerco di tornare sull’argomento più cruciale.

Ho un disperato bisogno di capirci qualcosa.

“Forse, erano giovani. Hanno rinunciato a una bella carriera… e al figlio di dieci anni.” mormora lui.

No, un momento, che cazzo significa?

“Mi stai dicendo che i tuoi genitori ti hanno abbandonato quando avevi solo dieci anni?” mi porto le mani al viso per nascondere il mio stupore.
 

Ho nella mente continue immagini di questo povero bambino senza punti di riferimento, costretto a chiedere aiuto a chiunque incontri nell’unico modo che conosce: controllando le menti.
Se da una parte mi terrorizza, dall’altra provo… compassione? Tristezza.
Del resto, era solo un bambino…

“Famiglia amorevole, non trovi? Mi domando perché non abbiano ricevuto il premio ‘Genitori dell’anno’!” si difende lui con la sua arma preferita, dopo il controllo mentale: il sarcasmo.

Oh no, Killgrave, Kevin o come ti chiami, non provare nemmeno a issarlo quel cazzo di muro con me.

“E quindi ti comporti male perché nessuno ti ha mai insegnato a essere buono?” gli domando.

“Spero che tu non ti prenda gioco di me.” mi guarda lui, con aria un po’ scettica.

Nel giro di un attimo le mie mani gli stanno incorniciando il viso perché mi guardi bene negli occhi.

Non c’è bisogno di aggiungere parole, ci stiamo già dicendo un milione di cose così ed è forse per questo che non si sorprende se di lì a poco lo stringo in un abbraccio.
Né tantomeno mi sorprendo io.

“Perché non me lo hai mai detto?” gli chiedo, quando mi separo.

“Cosa?” si acciglia lui, confuso.

“Tutto questo. Quello che ti è capitato. Ho passato mesi con la convinzione di essere stata rapita e abusata in ogni modo da uno psicotico, un prepotente pallone gonfiato che lo ha fatto solo perché poteva farlo, per mettersi in mostra per l’ennesima volta, per sfoggiare il suo potere così forte da soggiogare anche il mio… se invece avessi saputo come stavano le cose…”

“Cosa? Credi davvero che sarebbe stato diverso?” mi interrompe lui e riconosco la mia migliore espressione diffidente nel suo sguardo.

“Non lo sapremo mai, ma forse sarebbe stato diverso. Millanti così tanto di amarmi, beh, l’amore è fatto anche di fiducia, significa che tu non ne hai avuta in me!” gli rinfaccio.

“E tu che ne sai? Perché credi che me ne andassi in giro con quella chiavetta? Non pensi che stessi solo aspettando il momento giusto per dirti tutto? Che probabilmente avevo pianificato che sarebbe stato in questa casa, ma di certo non nel tuo corpo, parlandoti con la tua voce!” sbotta lui.

“Balle, tu non mi avresti mai detto nulla!” lo guardo torva.

“Libera di credere quel che ti pare!” controbatte lui. “Senti, Jessica, è stata una serata piuttosto provante, non so te, ma io vorrei solo andarmene a dormire.” cambia decisamente tono e atteggiamento.

È evidente che sia sopraffatto dalle emozioni.

“Sì hai ragione, e tanto vale che ti lasci il laptop e la chiavetta, visto che sono comunque tuoi. Buonanotte.” bofonchio, tornando nella mia stanza.
 

Mi sdraio sul letto e rifletto su tutte le cazzate che ho commesso una a  una.

Mentre mi confessava quelle cose non ho nemmeno acceso il cellulare per registrarlo e quella era una piena ammissione del possesso dei suoi poteri speciali, a un certo punto parlava anche del fatto che ora lui è nel mio corpo e io nel suo, il che mi avrebbe risolto tutti i problemi.

Gli ho lasciato sia il laptop, sia la chiavetta, potevano essere prove evidenti, beh, più del fatto che esistano esperimenti abominevoli, ma poi in un modo o nell’altro sarei riuscita a dimostrare il collegamento fra lui e quel bambino.

Gli ho dato la buonanotte, così, come se fosse un mio buon amico.. o qualcosa di più, è inammissibile.

Cazzo, ora che ci penso, ho fatto anche di peggio: l’ho abbracciato!

Ora chi cazzo ci riesce a dormire?

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Killgrave’s POV
 

Le confessioni di ieri hanno avuto il loro peso, è stato come dissotterrare un cofanetto pieno di dolorosi ricordi, che infatti hanno finito per popolare i miei incubi.
Stanotte, per un lasso insopportabile di tempo, sono stato di nuovo quel bambino solo, indifeso e impaurito che aveva troppe domande e nessuno che gli potesse rispondere.
Ma questo Jessica non lo deve sapere.

Mi alzo dal letto, anche se controvoglia, mi spoglio, mi lavo e quando si tratta di scegliere i vestiti tiro giù dalla gruccia un paio di jeans chiari strappati così irritato che finisco per strapparli del tutto.

Stupido potere non mio… è chiaro che così non si può andare avanti.
Ripiego su un paio di jeans grigi, sempre strappati e la T-shirt che mi sembra meno kitsch fra quelle che ho a disposizione… e non è facile selezionarla.
Afferro la felpa, per lo più per coprire lo scempio che è questa T-shirt, e scendo a fare colazione.

Trovo Jessica ad attendermi, in un completo grigio ferro che nemmeno ricordavo di avere.

Lei sembra accorgersi dei miei sguardi.

“Ho dovuto guardare fino in fondo a entrambe le valigie prima di trovare un completo che non fosse dannatamente viola,” brontola lei.

Prendo posto accanto alla sedia, la tavola è ancora vuota.

Schiocco le dita, ma non succede nulla.

“Ah già, è vero, lo devi fare tu.”

“Ma io non ho dato nessun comando.”  puntualizza lei, stranita.

“Fidati.” insisto e lei mi accontenta.

Alva e Laurent ci devono aver visto dalla finestra della cucina e ci raggiungono subito, portando in tavola ogni ben di dio.

“Ma… io non ho parlato con loro e se lo hai fatto tu in passato non dovrebbe aver più effetto, no?” ci capisce sempre meno lei.

“Non si tratta di un comando, ma di una lezione che hanno imparato, perché lo sanno bene a cosa andrebbero incontro e il ricordo della paura ha più effetto del comando mentale stesso.” le spiego, tutto tronfio, cominciando a servirmi.

“Hai innescato in loro un riflesso Pavloviano, come se fossero dei cani,” mi guarda con puro sdegno lei, ma io ricambio con indifferenza, facendo spallucce.

“Beh, sì, se vuoi metterla così…”

“Sei davvero pessimo, mi fai quasi chiudere lo stomaco!” brontola, versandosi una generosa manciata di cereali, tre abbondanti cucchiaiate di yogurt greco, frutta fresca e due pancake. “Ho detto ‘quasi’, sto morendo di fame.” precisa, prima di abbuffarsi.

“Oh, Miss Jessica, con la sua linea invidiabile può concedersi ben più di un caffè, perché non prende esempio dal signor Killgrave?” mi sorride complice Alva. “Deve fargli un gran bene averla qui con noi, di solito a malapena tocca cibo.” mi sussurra, prima di lasciarci.

Quindi Alva si preoccupa per me? Io l’ho fatta vivere nel regno del terrore per giorni, mentre preparavo questa casa e l’accoglienza a Jessica e a lei sta a cuore che io mi nutra correttamente?

“Che ti ha detto Alva?” si interessa Jessica.

“Uh, nulla di che, però… ecco, forse dovrei cominciare a incutere meno paura, almeno con lei, che dici? Mi puoi insegnare come si fa?”

Jessica mi sorride a bocca piena, mentre finisce il suo pancake.

“Te lo mostro anche subito,” risponde, appena ha finito di deglutire. “Alva, Laurent, venite qui.”

I due si precipitano subito davanti a noi e io non posso fare a meno di scorgere il terrore nei loro volti.
Perché me ne dovrei stupire? Li ho abituati io a questo.

“Rilassatevi, avete la giornata libera, purché siate di ritorno in tempo per preparare la cena.” dà loro una notizia che sorprende per primo me.

“Dice sul serio, Signore?” borbotta incredulo Laurent, rivolto a Jessica, mentre la domestica mi guarda sorniona e riconoscente allo stesso tempo, come se fosse merito mio.

Non hai idea di quanto ti sbagli, Alva.

“Sì, mi avete sentito bene, è giusto che vi godiate un po’ di meritato riposo. Andate, prima che cambi idea.” li congeda Jessica, riempiendosi il piatto un’altra volta. “Ecco, ora hai visto come si fa.” bofonchia, addentando un altro pancake.

“Si era detto solo Alva però!” protesto, allungandomi per prendere una fetta di pane tostato.

“Una persona in più con la quale essere un po’ gentile di certo male non ti fa, stronzo.”

“E chi è gentile con me, invece?” mi imbroncio.

“Muoviti a finire la colazione, che poi dobbiamo uscire, avremo il nostro bel da fare oggi.”

“Ah sì?” inarco un sopracciglio, con aria incuriosita.

“Non sappiamo ancora quanto durerà il fottuto soggiorno l’una nel corpo dell’altro e viceversa, ma almeno cerchiamo di rendercerlo il più gradevole possibile.”

Non serve che dica altro, ho già capito tutto.

“Se mi fai entrare nella tua stanza, cerco l’ultimo completo dove ho lasciato il mio portafogli, credo di ricordarmi quale sia.” la informo.

“Non serve, useremo altri metodi.” mi stupisce con la sua risposta.

“Oh-oh, vuoi usare il mio potere per chiedere soldi alla gente per strada? È divertente, può sorprenderti la generosità della gente!” ridacchio.

“No, niente estorsioni, perché di questo si tratta, bastardo!” ringhia lei, che evidentemente non approva questi miei metodi. “Sarai tu a usare il mio potere.”

“Devo costringere la gente a darci i soldi usando la violenza?” sorrido intrigato.

Amo questo lato non proprio virtuoso della mia Jessica.

“Lo saprai, quando saremo nel posto giusto, quindi smettila di dire cazzate e muoviti!” mi sprona, dandomi giusto il tempo di finire la mia fetta di pane e il mio caffè, ormai un po’ freddo.

“E comunque è un bene che andiamo a fare shopping, ho accidentalmente rotto i tuoi jeans chiari.” trovo doveroso informarla, mentre Jessica infila la giacca del mio completo.

Accidentalmente?” chiede quasi retorica lei, con le mani sui fianchi e uno sguardo che non ammette bugie.

“Beh, li ho strattonati in un momento di rabbia, non gestisco ancora bene il tuo potere e…”

“Quelli erano i miei jeans preferiti, stronzo! Se già eri sulla mia lista nera, ora è proprio una questione personale!” ringhia Jessica, con la mia migliore espressione furibonda.

“Pensavo che lo fosse già dopo quello che ho fatto al tuo vicino bamboccione, quello che ho fatto fare a Hope e, ah, già… quasi dimenticavo, l’averti spinto a uccidere una persona.” le ricordo, valutando che quello sia il momento più idoneo per andare a recuperare il giubbino di pelle che ho lasciato nella mia camera.

In realtà, Jessica, quella sera il comando che ti avevo dato non implicava in nessun modo che tu ponessi fine a una vita, lo hai fatto da sola, sempre per via di quel tuo lato molto poco virtuoso, probabilmente, ma ci tengo troppo alla mia vita per fartelo notare.

E comunque la cosa che mi rincuora di più è che tu non abbia fatto parola di quello che ti ho detto ieri notte.
Sono ricordi che fanno ancora troppo male.



Jessica’s POV
 

Sono una cazzo di deficiente, un’idiota completa.

Nemmeno la più patetica delle principianti farebbe un errore così da ingenua: Killgrave mi ha appena spiattellato un riassunto completo di tutte le atrocità che ha commesso e io non ho acceso il registratore!

Un momento… ma allora sono ancora più cretina!
Se anche lo avessi acceso, alle orecchie di tutti sarebbe la confessione di Jessica Jones.
Ma allora tanto vale che registri un vocale io adesso, confessando tutto con la sua voce e…
Lo faccio, approfittando del fatto che è su di sopra e spedisco tutto alla mia casella mail.
Così, quando ciascuno tornerà nel proprio corpo, non dovrò far altro che spedire quel file e lui finirà dietro le sbarre in un lampo.
Donna o uomo che sia ci mette una vita a prepararsi, forse perché deve specchiarsi almeno quelle quindici volte… narcisista del cazzo!

Finalmente lo vedo scendere le scale, ma del suo precedente discorso mi ricordo ogni parola.

“Grazie per avermi ricordato quanto tu possa essere spregevole.” bercio e lui ha pure il coraggio di fare l’imbronciato.

“E comunque, Jessi, io sarò anche sulla tua lista nera, ma di certo tu sei sulla mia lista viola. Tu e soltanto tu.” mi sorride sornione.

“Non ti avevo imposto di smetterla di dire cazzate?”

“Con il mio potere che su di te non funziona puoi ottenere ben poco!” mi schiocca la lingua contro i denti con fare dispettoso in un modo che io non credo di aver mai fatto.

Ogni tanto ha davvero dieci anni, potevo arrivarci anche senza la sua confessione.

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“Non credo di aver capito bene, Jess.” borbotta lui, quando raggiungo la prima delle nostre destinazioni.

“E invece hai capito benissimo: un pugno deciso, lì in basso dove c’è la cassa e il gioco è fatto.” ripeto, mentre fissa poco convinto il distributore automatico delle sigarette.

“In che modo questo è diverso dal chiedere alla gente per strada di darci dei soldi, Jessi?” mi interroga lui con un’aria fin troppo divertita per i miei gusti.

“Perché in questo caso c’è anche la tassa che si prende lo Stato e fottere lo Stato è sempre cosa buona e giusta,” puntualizzo. “E poi non vorremo di certo aiutare le Multinazionali del tabacco, no?”

Kevin sembra convinto a sufficienza, senza nemmeno troppa fatica assesta un pugno al distributore e lo sportellino ci mostra le sue ricchezze: abbiamo già raccolto un gruzzoletto che si aggira sugli ottocento dollari.

“Ti dirò, è stato divertente,” ammette Kevin, incapace di nascondere un sorriso.

Dannazione, perché continuo a chiamarlo così? Killgrave, quello è il suo nome, Kevin lo fa sembrare quasi… una persona e lui principalmente è la rovina della mia vita, nient’altro.

“Hey, Jess? Dicevo che mi sono divertito.” mi distoglie dalle mie considerazioni lui.

“Uh? Buon per te, perché ci sono dislocati nei paraggi almeno altri cinque o sei distributori, per rifare questo giochetto.”

“Da come ne parli si direbbe che tu lo faccia spesso.” ridacchia lui.

“Peccati di gioventù… e comunque non sono cazzi tuoi, mi servi e basta!” torno acida io, che non voglio lasciare nessun spiraglio di confidenza aperto verso di lui.

Non visti e indisturbati, nel giro di una mezz’ora abbondante possiamo considerarci i fieri proprietari di circa cinquemila dollari.

“E comunque hai una pessima considerazione di me, Jess: un altro modo in cui posso far soldi è giocando a poker, sono piuttosto bravo, sai?” mi sorprende lui con quella rivelazione. “Beh, sì… a volte, un po’ per noia o se mi capitano proprio delle mani sfortunate, ricorro al mio potere, ma, davvero, solo in quei casi. Ad esempio, casa tua l’ho comprata vincendo con un sette e un due.” si pavoneggia lui.

“Non è comunque qualcosa di cui andrei fiero,” sbuffo. “E ora dammi la mia parte di denaro, così ciascuno va a fare i suoi acquisti.”
 

Lui mi mostra di nuovo quel broncio, il mio.

“Ma… perché dividerci? Sai, è pur sempre il mio corpo, ho il diritto di guardare come lo rovini.” mugugna lui.

“E va bene, rompiscatole galattico, io guarderò te e tu me… in fondo una cosa del genere quando ci ricapita?” mi arrendo.

“Ottimo, allora possiamo andare da Saks sulla Fifth Avenue, lì hanno un po’ di tutto.” decide lui. “Sono certo che per i tuoi acquisti mille dollari saranno più che sufficienti.” mi allunga le banconote lui.

La cosa peggiore è che ha ragione.

“Ci sono soldi a sufficienza per un taxi che ci porti lì, senza che io mi debba alzare la maglietta!” rievoca episodi spiacevoli lui.

Il taxi ci porta a destinazione e io mi addentro con lui in quel negozio enorme dove non credo di essere mai entrata.

“Da dove cominciamo?” gli chiedo.

“Mi stupisci, gentleman dei miei stivali: prima le donne, mi sembra ovvio!” indica se stesso, trascinandomi  con sé ai piani dell’alta moda.

Kevin agguanta ogni cosa viola su cui gli cada l’occhio, mentre io leggo sui cartellini dei prezzi da capogiro che non riuscirei a pagare nemmeno con mesi e mesi di indagini.

Mi siedo su uno di quei comodissimi divanetti e mi godo lo show.

Kevin entra nel camerino e dopo qualche minuto esce con un pantalone nero largo, un top nero e una giacchetta viola melanzana corta in vita.

“Niente male, vero?” ammicca soddisfatto, rimirandosi in uno dei tanti specchi.

Purtroppo ha ragione Kevin: non è affatto male.

E devo dannatamente smetterla di chiamarlo così!

Mi limito giusto a fare spallucce e lui torna nel camerino pronto per un altro outfit: stavolta dei pantaloni viola con un maglioncino a fantasia di Missoni.

Seguono due abiti, uno corto a inizio coscia, di Versace, porpora con ghirigori blu e glicine, l’altro, di Dolce & Gabbana,  più leggero, longuette, viola scuro, leopardato.

“Bene, direi che prendo tutto!” commenta soddisfatto Killgrave, quando esce dal camerino, l’ultimo abito che ha provato gli piace così tanto che ha deciso di tenerselo addosso.

“Credo che dovrai rivedere le tue priorità, te lo ricordi il budget che hai a disposizione, vero? Ti basta sì e no per la metà degli acquisti che vuoi fare.” lo faccio ragionare io.

Lui mi guarda con una luce nel mio sguardo che non mi piace per niente.

“Oh beh, non è detto…”

Ho già capito cos’ha in mente.

“Killgrave, no! Non pensarci nemmeno!”

“Suvvia, se ci pensi anche le Multinazionali della moda vanno boicottate un po’, con tutti i messaggi negativi che danno, quel bombardamento mediatico che porta le ragazzine all’anoressia…” argomenta, con tono melodrammatico.

“E va bene, ma solo per stavolta. Muoviti, vieni con me alla cassa.” lo strattono in malo modo.

La povera sventurata di turno finisce di passare il codice a barre di tutti quegli indumenti.

“Settemila dollari e ottocentocinquantotto.” espone il verdetto.

Killgrave mi guarda e capisco che è il mio momento.

“Nancy,” esclamo, guardando la targhetta della commessa. “Guarda che è tutto scontato del 50%.” le dico, quasi controvoglia.

“Uh, ha ragione, Signore, che sbadata!” si scusa lei, desolata.

Mi faccio schifo per quello che ho fatto, mentre Killgrave paga il conto con aria fin troppo soddisfatta. 

Ci avviamo verso le scale mobili, diretti a un piano uomo, con marchi decisamente più abbordabili, quando da uno dei camerini esce Trish.

Cazzo, è vero che lei bazzica spesso i negozi della Fifth Avenue.
Oh no, cazzo, ci ha appena visti, tutti e due.

TBC


Pensavo di finire in un altro modo, che forse sarà il prossimo capitolo o quello dopo ancora (c’è un certo ciclo che deve arrivare, LOL, tranquilli, non me ne dimentico XD) , ma ormai non mi sorprendo più che questi due facciano sempr quello che vogliono è che almeno un terzo delle scene non le avevo nemmeno previste XD

Spero vi siano piaciute, specie il momento più serio, ovviamente, chi ha visto ‘Jessica Jones’ riconoscerà quella parte dei dialoghi originali ;)

Spero continui a piacervi, alla prossima ;)

p.s. Per chi la segue, direi che il momento che tornino Ineffabili e Inevitabili, che poi possa metterci una vita a scrivere il nuovo capitolo è un altro discorso ^^’

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: When it's time to take off the disguise ***


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Capitolo VI: When it’s time to take off the disguise


Killgrave’s POV


Quanti negozi di abbigliamento avrà mai New York? Centinaia?
E di tutti quelli che poteva prendere d’assalto Patsy… doveva essere proprio questo?

Beh, non gliene posso far certo una colpa, semmai quella di avere un certo buon gusto nel vestire.
Come me, ma non quanto me, ovvio.

Oh, Jessie, perché anziché trasmettere tu alla tua sorellina questa insana mania di fare l’eroina non ti sei fatta contagiare dalla sua passione modaiola?

“Cazzo, Killgrave, viene verso di noi, fa’ qualcosa!” mi bisbiglia Jessica, con una gomitata nel fianco.

Tesoro, non riesci più a picchiar duro come prima, oserei quasi dire che è solo una piacevole carezza.
Però che peccato che abbia già smesso di chiamarmi ‘Kevin’... oh, per l’Inferno maledetto, ma che vado pensando? Io quel nome lo detesto.

“Mia cara, dimentichi che ora il potere più incisivo per fare qualcosa ce l’hai tu, valle incontro e dille di dimenticare ciò che ha visto.. almeno per dodici ore non ci darà il tormento. Poi scaduto l’effetto, al limite andiamo avanti a ripeterlo.” la sprono.

“Cosa? No! Non c’è la sola minima possibilità che io provi a controllare mia sorella! Va’ tu a parlarle come se fossi me e…”

“E dirle cosa? Che mi sono follemente innamorata di Killgrave? Oh beh, qualcosa potrebbe già averlo intuito quando eravamo dal parrucchiere!”

“Non vedo l’ora che rientri nel tuo cazzo di corpo per prenderti a calci nel culo!”

“E chi lo sa? La cosa magari potrebbe pure piacermi!” schiocco la lingua con fare accattivante.

Uh, forse non è il momento più adatto per flirtare, prima dovrei seguire il suggerimento di Jessica.

Sto per andare verso Patsy ma proprio quando quell’incontro sembra inevitabile, lei scuote la testa, cambiando direzione e infilandosi nell’ascensore.

“Non ci credo. Se ne è andata?” borbotta Jessica, basita quanto me, mentre ci osserviamo meglio: io con quel vestitino viola e nero a fantasia leopardata, decoltè con tacco dodici sulle quali non avrei mai pensato di muovermi così bene e lei in anfibi e jeans neri, T-shirt dozzinale e giacca di pelle nera.

“Direi che il nostro abbigliamento ci ha salvato, avrà pensato di aver preso un abbaglio e che fossimo solo due persone che somigliavano molto a chi pensa lei.” deduco io e lei approva con un cenno del capo.

“E di chi è stata la brillante idea di andar a far un po’ di shopping per riappropriarci ciascuno del proprio stile?” si pavoneggia lei, soffiandosi sulle unghie.

“Ma guardati, qualche giorno nel mio corpo e sei già diventata boriosa più di me!”

Per tutta risposta, Jessica mi mostra il terzo dito.

“Ammetto che dà una certa soddisfazione farlo col tuo aspetto.” ridacchia lei. “Immagino che un damerino come te non si sia mai comportato così, no?”

“Abbassarmi a una così rozza gestualità Americana? Oh, Jessie, a volte mi domando se tu davvero mi conosca!” mi fingo offeso, no, un momento, forse non sto fingendo affatto

“Io dico di sì!” sogghigna lei, prima di cambiare quel gesto in uno di vittoria, con l’indice e il medio, ma col dorso rivolto verso di me.

Sorrido.

Oh sì, decisamente in tutti i mesi che ho passato con lei qualcosa gliel’ho insegnato.


“Sbaglio o dall’altro lato della strada c’è un distributore di merendine?” mi chiede lei, mentre ci avviamo all’ascensore, per uscire dal negozio.

“Sì, perché? Hai voglia di uno spuntino?”

In effetti ho un certo appetito anche io, ma gradirei più un cocktail di scampi, delle ostriche, delle tartine al caviale, non certo una dozzinale merendina confezionata che sa solo di plastica.

“No, più che altro è che siamo a secco, ci serve un taxi per tornare e… anche per altre cose da sistemare.” chiarisce lei.

“Oh, ho capito, vuoi scassinarlo. O meglio, vuoi che io lo scassini. Quindi è già finita la nostra crociata contro le Multinazionali del Tabacco?”

“L’obesità, soprattutto nei bambini, l’iperattività che causa in loro, tutte quelle carie… insomma, pensaci bene, forse l’Industria Dolciaria è il super villain per eccellenza!” mi fa ridere lei e non ho bisogno di altre motivazioni per accontentarla.

Ormai devo dire che la cosa comincia pure a divertirmi.

Un pugno ben assestato e un altro bel gruzzoletto finisce nelle nostre mani.

Io chiamo un taxi, mentre anche Jess è impegnata in un’altra telefonata, anzi, più di una, ma non capisco di che tipo.

La capisco ancora meno quando il taxi arriva e anziché a Higgins Drive lei dà come destinazione Hell’s Kitchen.

“Non ti piace già più vivere con me?” mi imbroncio.

“Oh, ma vivere con te non può smettere di piacermi,” mormora, con il tono di voce più dolce che sono solito usare. “Perché non ha mai iniziato a farlo!” aggiunge subito dopo con tutta l’acidità di cui sono ed è capace, riflessa nel suo sguardo… che è il mio.

“E comunque no, è solo una tappa che dobbiamo fare. Cioè la farei anche da sola, se non fosse che il falegname e l’addetta alle pulizie si aspettano di trovare la padrona di casa, non solo un bellimbusto che vuol farne le veci.”

“Oohh, allora mi trovi bello.” gongolo, spingendomi più verso di lei, che però mi chiude le labbra fra due dita.

“Chiudi quella cazzo di bocca!” bercia.

Quando giungiamo al suo appartamento il falegname è già sul corridoio che ci aspetta.

“È un mio vicino di casa, per quello che ha fatto così presto. Ricordati che tu sei me.” mi spiega Jess, mentre ci avviciniamo.

“Devo essere la versione più gentile di te? Sempre che ce ne sia una!” la punzecchio.

“Stronzo! Trova il modo di metterlo al lavoro e basta.” taglia corto lei.

“Oltre alla porta, che avrai già visto, c’è anche un armadio in camera da sistemare. Non badare al casino che c’è per casa, a breve arriverà anche una donna delle pulizie,” lo istruisco e l’uomo si avvia.

Sentiamo le porte dell'ascensore aprirsi, convinti che si tratti dell’addetta alle pulizie, ma non è così.

“O è Patsy che ha risposto prima alla tua chiamata, per arrotondare lo stipendio, o stiamo per avere un bel problema, mia cara.” bisbiglio a Jessica, che è già in preda al panico.

“Oh, merda!” si lascia sfuggire.

“Avevo già un dubbio quando vi ho visti in quel negozio, ma mi son detta: ‘No, ci assomigliano e basta, non può essere!’, poi però quando vi ho spiati mentre eravate al distributore non ho avuto più dubbi e vi ho seguito fin qui.” esordisce Patsy, che ha un’aria tutt’altro che amichevole.

Cerco di salvare le apparenze, pronto a rivolgermi a lei com’è solita fare Jessica, ma la mia detective intelligente ha la mia stessa idea, solo che è più veloce di me.

“Patsy, se fossi in te me ne andrei via da qui e di corsa.”

Non è un comando, ma sa quasi di minaccia, direi che è comunque nel mio stile.

Tuttavia, Patsy a quella minaccia sembra insensibile.

“Non permetterò a questo bastardo di controllarti di nuovo.” ringhia la biondina e prima che me ne possa accorgere il suo pugno carica verso la mia Jess che cade a terra, con un livido sotto l’occhio destro.

Per l’Inferno maledetto, nessuno tocca la mia Jessica!

 

Jessica’s POV


Oh, merda.
Che cazzo ci fa Trish qui?
Sto perdendo i colpi. Avrei dovuto tenere i sensi più all’erta.
Ci ha visti prima intenti fare shopping, insieme, per forza il dubbio le deve essere venuto.
Avrei dovuto preventivare che ci avrebbe potuti spiare mentre eravamo al distributore e soprattutto che poi avrebbe potuto seguire il nostro taxi.
Ma ora è troppo tardi per gli ‘avrei dovuto’, mia sorella è qui e io devo solo fare una cosa: salvare le apparenze.

“Patsy, se fossi in te me ne andrei via da qui e di corsa.” le intimo, col tono più glaciale di Killgrave che riesca a riprodurre, tanto che mi metto i brividi da sola.

Trish rimane praticamente impassibile, anzi, sembra ancora più incazzata.

“Non permetterò a questo bastardo di controllarti di nuovo.” ringhia determinata, caricando veloce il suo pugno micidiale, prima che io le possa dire anche solo una sillaba.
Ahia, cazzo, Trish ha sempre picchiato duro, ma così è pure peggio.

Quello che mi allarma di più però è che so quanto protettivo Killgrave sia nei miei confronti, infatti non mi piace affatto come sta guardando mia sorella.

Nonostante sia ancora piuttosto dolorante, mi alzo con un colpo di reni.
Il suo corpo sarà anche mingherlino, ma almeno è agile.

Lo vedo avvicinarsi a Trish, con la mano stretta a pugno.

Super forza e rabbia.
Connubio pericolosissimo.

“No!” lo fermo in tempo, prendendo le sue mani nelle mie e basta questo contatto a calmarlo. “Non mi ha fatto nulla, sto bene.”

Trish però ci guarda perplessa, senza capire.
In effetti, ai suoi occhi appare che Killgrave la stia proteggendo da una furibonda Jessica. Furibonda, perché ha provato a far del male a Killgrave.
Praticamente un mondo che va alla rovescia.

La confusione però la rende più aggressiva.

“Comodo far di lei la tua guardia del corpo, eh? Ma non te lo permetterò ancora a lungo.” ringhia pronta a colpire di nuovo.

Odio farlo, ma devo.

“Patsy, sta’ ferma.” le intimo, ma non accade nulla e schivo il nuovo colpo solo per miracolo.

Oh, merda, temo di aver capito cosa stia succedendo. Se da una parte ammiro Trish per la sua astuzia, dall’altra non posso far a meno di pensare che l’abbia mostrata nella più sbagliata delle situazioni.

Guardo Kevin e non capisco perché si stia avvicinando a me.

“Fingi che io ti tramortisca, poi fidati di me.” mi sussurra, facendo pressione su un punto del mio collo.

Nella mia carriera di detective ho dovuto recitare ruoli molto più complicati di questo, per me accasciarmi a terra è facile come bere un bicchier d’acqua.

Devo stare ferma e con gli occhi chiusi.
Ora sì che devo davvero fidarmi di lui.

“Oh Trish, scusami, ora sono tornata in me, mi è bastato vederti per trovare la forza di volontà sufficiente per oppormi a quel bastardo,” gli sento dire a mia sorella e dio solo sa quanta fatica gli costi autoinsultarsi. “Non ti farò più del male”

Sono pronta a scommettere che lui la stia abbracciando.

“Jess! Ero così in pensiero per te quando vi ho visti insieme!” mormora Trish, probabilmente ricambiando l’abbraccio. “Che facciamo con lui? Lo leghiamo, imbavagliamo e lo spediamo dritto al Raft?”

Oh, cazzo.
Forse sono stata una stupida a fidarmi.

“Non ti preoccupare di lui, so io cosa fare,” sento rispondere Killgrave. “Ma soprattutto so che questi tappi per le orecchie ormai non ti servono più.” aggiunge e credo che glieli stia togliendo.

 

“Jessica, no! Che fai…?” si allarma lei.

Ora o mai più.

“Patsy, sta’ ferma e zitta!” esclamo, riaprendo gli occhi e rialzandomi.

Anche se non può parlare, mi basta vedere il suo sguardo per capire quanto sia delusa da me… o meglio, quello che lei crede sia me.

Quel che è peggio è che non ho ancora finito con lei.
Devo parlare con Kevin e gradirei non avere un pubblico.

“Ignora tutto quello che io e Jessica ci diremo.” le impongo.

“Sono o non sono stato bravo?” gongola Killgrave, con quel fare spaccone che di solito ho io, con le braccia allargate, come ad autocelebrarsi.

“L’avevi capito anche tu che si era messa i tappi, eh?”

“Sai quante volte ho avuto a che fare con quell’invenzione maledetta? La gente pensa che basti così poco per liberarsi di me,” sbuffa lui.

“Beh, Trish stava per riuscirci… e se non fossimo in questa situazione non ti nego che le avrei concesso di dartele di santa ragione.”

Lui si imbroncia, ma poi sfodera un ghigno compiaciuto.

“Ma non le avresti permesso di uccidermi.”

“Mi servi vivo. Per Hope.” ribadisco, ma lui quel sorrisetto impertinente non se lo leva dalla mia faccia. “Ora però parliamo di cose serie: Trish ci ha visto, crede che io sia tua prigioniera. Anche se le chiedo di dimenticare tutto, poi fra dodici ore saremo punto e a capo.”

“Hai ragione. Potremmo inventarci un’alleanza, per un nemico comune che stiamo avendo.” propone lui.

“Qualcuno peggiore di te? Fatico a credere che possa esistere.” lo punzecchio.

“Mia cara, tu mi lusinghi sempre!” schiocca la lingua lui.

“Comunque, sì… io e te che collaboriamo per qualcosa, potrebbe funzionare.” approvo.

Proprio in quel momento le porte dell'ascensore si aprono di nuovo e stavolta è l’addetta alle pulizie.

“Miss Jones, mi perdoni per il leggero ritardo,” si rivolge a Kevin, prima che la sua attenzione venga catalizzata da altro.

In effetti c’è una giovane donna che se ne sta lì imbambolata, immobile, nel corridoio a fissare il vuoto.
Ammetto che sia qualcosa che un po’ l’attenzione può attirarla.

“Oh, mio dio!” si allarma la signora. “Ma è Trish Walker!”

Ah. Okay. È questo ad attirare la sua attenzione.

I fan a volte sono persone orribili, tanto che la vedo tirare fuori il telefonino per farsi un selfie con la versione zombie di mia sorella.

Vado verso di lei e le abbasso il telefono in tempo.

“No, non è lei, le assomiglia e basta. Ora fila a lavorare.”

La signora entra in casa come un’automa.

Cazzo, questo potere è micidiale.

 

Killgrave’s POV

Sexy.
Sexy in un modo quasi indecente.
Ogni volta che Jessica usa il mio potere, la naturalezza con cui lo fa, come si stupisce ogni volta, il sottile gusto che ci prova.
Perché lo so che è così.
Oh, Jessie, se non fosse che mi manca così tanto, il mio potere lo lascerei a te, quando e se ritorneremo ciascuno nel suo corpo.
Per ora però mi limito a godermi lo spettacolo.

“Beh, Jessie, se ci pensi bene non sarebbe nemmeno una bugia: tu ed io stiamo collaborando per cercare di risolvere questa situazione e il nostro nemico comune è chi ce l’ha causata.” la faccio riflettere.

“Oh sì, certo, che cosa ci vuole a dirle: ‘Sai, Trish, Killgrave e io stiamo combattendo una strega cattiva che ci ha scambiato di corpo.’!” borbotta, guardandomi con aria scettica.

Ora è lei che fa riflettere me.

“Quindi non hai intenzione di dirle la verità?”

“Perché, tu sì?” aggrotta le ciglia lei.

“Io credo che ci farebbe bene dirlo a qualcuno…”

“No, non adesso. Diciamo solo che ci siamo alleati e che tu non mi controlli più.” decide lei. “Ora la sveglio dalla sua trance.”

Ho poco da obiettare, visto che ha già deciso tutto lei.

“Patsy, rimani calma, non fare gesti avventati, ma torna a parlare e ad ascoltarci.”

Sì, ribadisco: Jessica è estremamente sexy ogni volta che lo fa.

“Ma cosa…? Jess! Tu mi hai tolto i tappi, come hai potuto?” mi guarda rancorosa Patsy.

“Te li ho tolti perché non erano necessari. Killgrave non è più nostro nemico, almeno per il momento.” le spiego frettolosamente.

“Ma soprattutto, io non la controllo più.” ci tiene a puntualizzare Jessica. “Diglielo, Jess, che non ti controllo.”

“Lui non mi controlla.” dico in modo robotico, volutamente.

Jessica infatti mi fulmina con lo sguardo.

“Killgrave, a me sembra che tu l’abbia appena controllata.” protesta Patsy, rimettendosi sulla difensiva.

Jessica comincia a innervosirsi.

“No, è solo una coincidenza, ti giuro che non è così. Ora te lo dimostro.” si impunta, per poi guardare me. “Jessica, baciami.”

Ho l’occasione di baciare la mia Jess, non importa in quale corpo si trovi.
E secondo lei io non me ne approfitto?

La tiro a me prima che abbia il tempo di dire una sillaba e le mie labbra sono sulle sue, di nuovo.
Lei inizialmente sussulta, non capendo che cosa stia succedendo.
Mi aspetto che mi allontani bruscamente da un momento all’altro, invece lei chiude gli occhi, come faccio io, forse per immaginarci l’una l’altro come siamo davvero; ma soprattutto dischiude le sue labbra, la sua lingua accarezza la mia, sento le sue mani cingere i miei fianchi, mentre io sto ben attento a non stringere lei.

Forse anche felicità e super forza potrebbero essere un connubio pericoloso.

Proprio quando il bacio si sta approfondendo, con entrambi che mugoliamo di piacere, Jessica si tira indietro, guardandomi confusa, arrabbiata, ma anche con un’altra emozione che non riesco bene a decifrare.

“Jessica! Sei impazzita? Perchè lo hai fatto?” ringhia.

“Ti ha baciato. E che bacio! Non dirmi cazzate, Kilgrave, tu la stai ancora controllando come ti pare e piace.”

“No, davvero, Trish, lui non mi controlla più… è stata la forza dell’abitudine,” faccio spallucce, con lo sguardo un po’ svampito, mentre mi passo soddisfatto due dita sulle labbra. “Killgrave sarà anche un bastardo, sadico sociopatico, ma è innegabile che sia un ottimo baciatore.” sfido Jessica con lo sguardo.

“Io credo che invece sia negabilissimo,” ribatte mordace lei. “In realtà tu non volevi baciarmi, né tantomeno io volevo ricambiare, ma, è come dici tu… la forza dell’abitudine. Una pessima abitudine che ho perpetrato per mesi, svuotandoti di ogni volontà.”

“Oh, tesoro, se fossimo andati avanti con quel bacio ti avrei svuotato di ben altro!”

L’ho già detto che il mio hobby preferito è provocare Jessica?
Oh, ma guarda, sono adorabile quando arrossisco all’improvviso.

“Smettetela, tutti e due!” sbotta Patsy. “Siete troppo strani… a partire da come siete vestiti.”

“Oh, ma quello è perché siamo in incognito, così nessuno ci riconosce.” intervengo prontamente, guadagnandomi un cenno di approvazione da parte di Jessica.

“Jess ha ragione, te l’ha detto no? Io e lei stiamo collaborando, abbiamo un nemico comune.” prosegue lei.

“Chi?” si acciglia Patsy.

“Una strega cattiva!” replico io, guadagnandomi l’ennesima occhiata di fuoco da parte della mia detective.

“Jess, risparmiami il tuo sarcasmo pungente, piuttosto dimmi ‘Fatti i cazzi tuoi’!” sbotta la biondina.

“Diciamo che meno sai di questa storia e meglio è.” mugugna Jessica. “Ti basti solo sapere che non posso più controllare Jessica, ora te lo dimostro per davvero.”

E di nuovo si rivolge a me.

“Jessica, rotola giù per le scale senza proteggerti.”

“No!” si allarma Patsy, pronta a fermarmi, ma poi si accorge che non mi sto muovendo di un passo.

“Ma… allora è vero,” ci guarda confusa Patsy, poi però scuote la testa. “No, non mi convincete, è tutto troppo strano, voi due siete troppo strani. Come vi comportate, quello che dite. Tu, Killgrave, sembravi quasi infastidito dalla prospettiva che Jessica potesse esser attratta da te e tu, Jess, gli sei letteralmente saltata addosso, senza che fosse un comando.”

“Possiamo non parlare di questo?” sbuffa Jessica.

“No, invece, cara rovina della mia vita, parliamo di come tu non mi abbia respinto.” la metto in difficoltà io.

“Ecco, vedete? Lo state rifacendo. Non è normale. Jess, mio dio, tu ci stai praticamente flirtando. E tu, Killgrave… aspetta un attimo… tu non la volevi morta o qualcosa del genere? Un po’ come volevi morta me…”

“Beh, mi hai fatto le tue scuse e le ho apprezzate, motivo per cui sei ancora viva.” replica Jessica, impersonandomi alla perfezione.

 “Semmai voleva morta te, ma poi abbiamo risolto, no? Quanto a me, ha sbollito il rancore, semmai lui mi ama.” dichiaro apertamente, guardando Jessica con occhi innamorati, ma lei sposta repentina la testa.

“Lui ti … cosa?” domanda basita Patsy.

“Sì, okay, la amo, ma non ne farei questo affare di stato, anche perché lo so per certo di non aver alcuna speranza con lei, ora che nemmeno la posso più controllare poi.” mi manda un chiaro messaggio Jessica.

“Dopo il bacio che ho visto comincerei a essere un po’ più ottimista se fossi in te.”

Oh, Patsy, stai diventando una delle mie persone preferite.

Okay, Jess, ho deciso di cambiar tattica, chissà mai che ora ti venga voglia di confessare la verità alla tua sorellina.

“Trish, la cosa importante è che ora sai che Killgrave non mi controlla più e che lui se ne sta per andare, per oggi abbiamo collaborato pure troppo.” commento. “Ti va se passiamo una serata fra noi così ti racconto meglio un po’ tutto?”

“Sì, Jess, credo di aver bisogno di capirci qualcosa in più. Ti ho lasciata che volevi sacrificarti andando a farti rinchiudere nel carcere di massima sicurezza, poi il giorno dopo ti presenti da me per cambiar look e raccontarmi di come tu abbia cambiato idea all’ultimo momento, senza accennare nemmeno per un attimo al fatto che hai incontrato Killgrave… e adesso questo?” parla a raffica Patsy, sempre più perplessa.

“No, che non vi lascio da sole!” si oppone fermamente Jessica.

Jessica’s POV

Col cazzo che lascio da sola Trish con questo sociopatico che ora ha pure la mia forza.

Sì, okay, sono già rimasti soli un’intera mattinata e l’unica conseguenza è stata una graziosa frangetta, ma … non mi fido e basta!

“Io resto sola con mia sorella quanto mi pare e piace. Se è vero che non sei più un nemico di Jessica, dimostra che non lo sei nemmeno di me e vattene.”

Ma Trish l’ha capito, vero, che il potere di Killgrave non funziona più solo se lo usa su di me, mentre sugli altri continua ad avere lo stesso tremendo effetto? Perché mi sembra si stia prendendo troppa libertà.

Guardo Killgrave, ma lui per lo più sembra solo divertito dall’intera situazione.

Bene, stronzo, guarda come te la ribalto la situazione.
Mi sa che avevi ragione tu, è meglio farle conoscere la verità.

“Trish, non vi voglio lasciare sole perchè… in realtà sono io Jessica.”

Trish mi guarda come se mi fosse spuntata una seconda testa.

“Questa è bella!” scoppia a ridere sfrontato Killgrave. “Trish, te lo ricordi il Sufentanil con cui l’abbiamo imbottito qualche giorno fa? Di sicuro fra gli effetti collaterali ritardati ci dev’essere il delirio.”

Ah, è così, quindi’ Quando voleva dirla lui la verità andava bene e ora che ho cambiato idea io lui mi rema contro?

“No, Trish, devi credermi, sono davvero Jessica. Vedi che non ti voglio controllare? L’ho fatto prima, ma solo perché era strettamente necessario. Il vero Killgrave ti avrebbe reso il suo burattino e chissà che altro.”

“Questo è vero…” mugugna Trish, facendo un passo nella mia direzione, ma Killgrave la tira a sé, grazie al cielo senza usare il mio potere.

“Tsk, tsk, sorellina, ti devo spiegare sempre tutto. Ma lo hai visto? Quello è un manipolatore fatto e finito, sia che il suo potere lo utilizzi o meno. Non farti fregare. Non so cosa voglia ottenere con questa farsa che lui sia me… il che porterebbe alla conclusione che in realtà io sono lui… ti pare possibile?” ridacchia, finendo per convincerla.

Dannazione, quello che ha detto è vero, a lui non serve il suo potere per manipolare chi vuole, come vuole.

“Killgrave, se tu fossi davvero Jessica avresti interrotto subito quel bacio e non mi sembra proprio che sia andata così.” mi rinfaccia mia sorella.

In effetti non lo so nemmeno io che accidenti mi ha preso, perché non l’ho fermato? Perché cazzo mi è piaciuto così tanto? Anche più di quel bacio che mi ha dato davanti ai resti della casa stregata.

Forse è perchè mi piaccio e lui ora  è me, forse è perchè a me piace baciare, a prescindere, o forse…

Non è il momento di farmi domande a cui non sono in grado di rispondere.
In questa situazione del cazzo, devo cercare di avere mia sorella dalla mia parte.
E forse so come fare.

Bastardo, guarda e impara.

“Trish, ti prego, posso provarti che sono io: chiedimi tutto quello che vuoi di quella nostra vacanza insieme a Miami.”

Killgrave si mette subito sulla difensiva.

“Trish, devi sapere che quando ero con lui, quel bastardo mi ha fatto raccontare ogni cosa, di me, di te e di noi… e ha pure un’ottima memoria. Tu però non gli credere, anche se risponderà correttamente.”

Ingenuotto di un ragno viola, sei finito intrappolato nella mia ragnatela.

“Oh, mio dio!” capisce tutto Trish, scostandosi da lui. “Io e Jess non abbiamo mai fatto una vacanza insieme a Miami. Allora è vero, cazzo. Non sei tu mia sorella,” lo guarda con sdegno, prima di voltarsi e venire verso di me.

“Jessica, sei davvero tu lì dentro?”

Annuisco, dopo qualche attimo di esitazione ci abbracciamo e un po’ io, un pò Kevin, a turno, ci apprestiamo a raccontarle tutto.

Abbiamo appena concluso il resoconto di cos’è avvenuto dentro quella casa stregata, quando le porte dell’ascensore si aprono per l’ennesima volta.

Perchè cazzo non ci decidiamo a levarci da questo corridoio?

Si tratta di Malcolm e quello che sta vedendo può concepirlo solo come Killgrave che abbraccia Trish, mentre Jessica se ne sta lì a guardare.

“Oh, cazzo!” si lascia sfuggire, in preda al panico, valutando se sia più saggio rientrare in ascensore o correre verso il suo appartamento, restando lì immobile nel dubbio.

Non me ne frega un cazzo se Killgrave possa essere d’accordo o meno, ho deciso che dirò la verità anche a lui.

Sto per farlo, ma qualcuno è più veloce di me.

“Malcolm, non devi aver paura. Killgrave non è più una minaccia, almeno temporaneamente, perché lui e Jessica devono collaborare. E poi lui la ama. A proposito, a causa di una specie di sortilegio di una strega Killgrave al momento è nel corpo di Jessica e viceversa.” gli spiega Trish, come se nulla fosse.

“Ho capito: siete solo un’allucinazione, i residui di un trip davvero potente dell’ultima dose che mi ero fatto e che evidentemente ancora non ho smaltito del tutto.”  trae le sue conclusioni il mio vicino, ora molto più tranquillo, raggiungendo il suo appartamento

Okay, facciamo che glielo  spiego con più calma alla prossima occasione che mi si ripresenta.

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TBC

 

Qualche cosina da dire su questo capitolo che non sapete quanto sia stato complicato da scrivere ^^’:

Il segno di Vittoria col dorso mostrato  è praticamente l’equivalente del terzo dito Americano/Italiano che sia .. e ad insegnarmelo è stato nientemeno che Spike ai tempi di BTVS XD
Non a caso pure lui dice ‘Bloody Hell!’ a profusione, che io ho sempre tradotto ‘Per l’Inferno maledetto!’ XD

Trovo canon che in passato qualche vittima di Killgrave abbia cercato di ‘fregarlo’ con dei tappi per le orecchie, ma a lui non la si fa XD
 

Amo troppo Malcolm, quindi doveva far la sua comparsa anche lui, spero non vi dispiaccia ;P

Liberi di dirmi quel che più vi pare, alla prossima ^^

 

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