...And Justice For All

di carachiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It took me a funeral to make me feel alive ***
Capitolo 2: *** What the dead man say ***
Capitolo 3: *** It's not a blight, but a remedy ***
Capitolo 4: *** In the mirror I see a worn-out face I barely recognize ***
Capitolo 5: *** Time will kill all the pain ***
Capitolo 6: *** Say I'm not dreaming and you feel what I feel ***
Capitolo 7: *** Burden's a heavy load ***
Capitolo 8: *** I'll stay strong, I'll be fine, carry on with my life ***
Capitolo 9: *** In remembrance I relive ***
Capitolo 10: *** The silence tells us all we need to know ***
Capitolo 11: *** Could you be there, 'cause I'm the one who waits for you ***
Capitolo 12: *** So low the sky is all I see ***
Capitolo 13: *** Sick of coming undone ***
Capitolo 14: *** And in the end we're all on our own ***
Capitolo 15: *** Only hope can keep me together ***
Capitolo 16: *** But now we go our separate ways ***
Capitolo 17: *** You haven't thrown everything away ***
Capitolo 18: *** These times are sent to try men's souls ***
Capitolo 19: *** Confusion deep inside, resentment boils over ***
Capitolo 20: *** There's still a reason to fight ***



Capitolo 1
*** It took me a funeral to make me feel alive ***


...And Justice For All

It took me a funeral to make me feel alive – Ci è voluto un funerale per sentimi vivo

 

 

Disclaimer: I Metallica non mi appartengono e questa storia non ha nessun intento di risultare irrispettosa o offensiva.

 

Cliff Burton era ormai certo di essere morto. Ricordava.
Ricordava tutto, ogni dettaglio di quella dannata notte svedese.
Il rumore del tour bus che sbandava, lo schianto terribile contro il guardrail e l'orribile sensazione dell'asfalto e delle schegge di vetro contro la pelle nuda, il freddo glaciale che lo investiva e poi, il silenzio, rotto solo dall'ululato del vento e la sensazione della vita che lo abbandonava.
Era morto, per una scommessa stupida di cui non poteva razionalmente incolpare nessuno, né James, Lars né tantomeno Kirk, che aveva scambiato la propria cuccetta con la sua. Già, i suoi compagni di band... non sapeva come stessero, se ce l'avessero fatta dopo quella notte maledetta, dopo che la sua coscienza l'aveva abbandonato, forse per sempre.
Svegliati e scoprilo, suggerì una voce da qualche parte nella sua mente, una voce che razionalmente non ricordava di avere mai udito. Tuttavia, svegliarsi pareva ancora così lontano, mentre la sua mente viaggiava ancora nei meandri accoglienti dell'inconscienza.
Svegliati, ripetè la voce, stavolta più forte, o ti ci vorrà un funerale per sentirti vivo.
Sono morto, replicò a se stesso Cliff. Non servirà a nulla svegliarmi, e forse questo è solo l'Inferno o l'anticamera per esso... e tu, voce, solo un demone di come ce ne sono tanti laggiù.
Vorrai dire quassù, lo rimbeccò aspramente, e comunque non sapevo fossi conciato talmente male da metterti a discutere con la tua stessa coscienza.
Che coscienza di merda che devo avere, per riuscirci.
Ah, passiamo agli insulti, ti credi spiritoso? Stai ridendo di te stesso, te ne sei reso conto.
Comunque, è ora che ti svegli, bell'addormentato, o non vuoi scoprire cosa sta succedendo fuori da te?

Fuori da me?
Fuori dalla tua testa, esatto. Lì c'è la verità, e se ti svegli potrai scoprirla, se avrai la forza di affrontarla.
Hai ragione, voglio saperlo.
Svegliati, si ripetè quindi, mettendoci tutta la convinzione di cui era capace. Devi sapere cos'è successo.
Apri gli occhi, devi vederlo.
Aprili.
Vivi.

E in un luogo che pareva lontano, distante kilometri da quelle voci, ma che in realtà era sempre il medesimo, Cliff Burton ricominciò a respirare.


Angolo Autrice:
Ma salve, fandom Metallico (?)
Parto col presupposto che questa è la mia prima fanfic sui Metallica – e che, per quanto mi sono documentata per scrivere con un minimo di fedeltà, non sono una fan, siate gentili se ci sono imprecisioni!
Mi ha sempre affascinato Cliff e spero di rendergli giustizia ^^ – il titolo del capitolo è tratto da 'Life Is Beautiful' dei Sixx A.M., così come lo saranno anche i titoli dei capitoli seguenti, un piccolo tributo a tutte le band che mi hanno ispirato nella stesura.
Ad ogni modo, la fanfiction è già completa, sarà aggiornata ogni dieci giorni, conta 20 capitoli e... Spero vi piacerà!

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Capitolo 2
*** What the dead man say ***


...And Justice For All

What the dead man say – Cosa dice l'uomo morto



Luce.
È la prima cosa che vedi, ed è già insopportabile, per i tuoi occhi che erano stati cullati dall'oscurità, e che adesso ti appare di nuovo così improvvisamente accogliente.
Stringi gli occhi, ma non li chiudi, cercando di abituarti gradatamente.
Non sei morto: all'inferno non c'è luce. O forse quella non è luce, ma solo il riverbero delle fiamme infernali.
Comunque, qualunque cosa sia, inizia a dissolversi gradatamente in grosse manciate di stelle che pulsano dolorosamente contro i tuoi occhi esausti.

Bianco, è il colore che ti circonda, come l'inverno svedese, eppure non è neppure lontanamente così freddo.
Mattonelle bianche, tende bianche, coperte bianche. È tutto talmente pallido e slavato da provocarti un conato.
Un ospedale, osserva la parte del tuo cervello che non è stata ancora stravolta da quel vortice perlaceo di sensazioni, e una zaffata pungente di odore di disinfettante conferma la diagnosi.
Sei tentato dal tossire, ma scopri con orrore che non è possibile, dal momento che un grosso tubo nella bocca ti impedisce qualsiasi movimento del palato, rendendoti faticoso anche respirare.
Vorresti strappartelo di dosso, anche perché la gola ti brucia come un tizzone ardente, ma il tuo corpo non risponde agli impulsi, rimanendo immobile ed inutilmente inerte, finché non senti un fastidioso suono acuto che invade la piccola, asettica stanzetta sempre più forte fino a diventare quasi insopportabile.
Premi la testa contro i grossi cuscini che percepisci dietro di te e il suono si interrompe quando qualcuno entra nella stanza, unico tocco di colore in quel luogo.

Un'infermiera, a giudicare dalla divisa bianca e verde. Non ti guarda neppure, troppo impegnata a controllare qualcosa su una cartellina che tiene in mano, mentre borbotta tra sé.
"GCS* a tre, segnali stabili, pressione..."
E quando finalmente alza lo sguardo, trovando i tuoi occhi nocciola - sono ancora nocciola, vero? - emette un verso di sgomento, a cui replichi con un leggero lamento, ma che per la tua gola devastata suona come un urlo, a cui segue un altro conato.

L'infermiera fulmineamente abbandona la cartellina e corre verso un telefono attaccato al muro.
"Svegliate il neurologo di guardia! Paziente in coma, stanza 23 dell'ICU a lungo termine**, dieci anni! Il GCS è salito da 5 a 9, 10!" esclama, la voce carica di nervosismo.
ICU a lungo termine? GCS? Ti domandi freneticamente, mentre il panico si impossessa di te e la vedi scattare fuori dalla stanza, tornando seguita da un'altra infermiera più anziana. "...Si è svegliato e i suoi parametri sono -"
"Fermati." interrompe l'infermiera appena arrivata, metà rivolta alla collega, metà a te, iniziando ad armeggiare con il tubo che ti invade la bocca e la gola.
"Respira" ordina, dopo aver staccato un pezzo del tubo.
Esegui, sentendo l'aria grattare fastidiosamente contro la gola e le tue spalle alzarsi e abbassarsi al ritmo del tuo respiro, i polmoni improvvisamente più leggeri.
"Ottimo. Ora tossisci."
Obbedisci, mentre senti la gola bruciare atrocemente e il tubo scivolare fuori. Vorresti lamentarti, ma reprimi ogni suono: il dolore che quel tubo produce mentre esce dalla tua trachea riarsa è abbastanza da risultare insopportabile, e probabilmente è palese dalla tua espressione.
L'infermiera più giovane aggiorna un grafico al muro, borbottando "GCS 13, occhi aperti senza stimoli esterni."
"James... Lars, Kirk-" rantoli faticosamente mentre quei nomi emergono netti dalla nebbia caotica della tua memoria.
"Piano." ti ordina la più giovane, mentre la collega le passa un bicchiere d'acqua "Vado a chiamare il dottore, chiamami subito se noti variazioni"
L'infermiera annuisce, prendendo il bicchiere colmo, e accostandotelo alle labbra.
La sensazione di quella poca acqua che ti irrora la gola riarsa è come pioggia nel deserto, mentre bevi sempre più avidamente.

Esauriti due bicchieri d'acqua entra il dottore, un uomo alto e dai capelli brizzolati.
Ti si avvicina, per poi domandare "Mi può dire il suo nome?"
"Clifford Lee Burton" rispondi con voce arrochita, ma senza avere realmente bisogno di pensarci, sai che è il tuo nome – nonostante ti faccia uno strano effetto pronunciarlo.
"Perfetto, signor Burton..."
"Cliff, per piacere" ripeti, e la strana impressione che provi si amplifica, come se avessi già sentito quel nome, in un'altra vita, in altre circostanze. "Mi sai dire che anno è, Cliff?" domanda nuovamente.
Stavolta la riflessione ti porta via un paio di secondi, mentre cerchi di comprendere la ragione di tali domande.
"1986." rispondi, nonostante l'occhiata che il dottore si scambi con le due infermiere sia abbastanza da spogliare di ogni certezza la tua risposta.
Il dottore sospira, per poi guardarti nuovamente con aria terribilmente seria.
"Cliff, c'è qualcosa che devi sapere, e ti avviso che sarà difficile da accettare."
Con quella premessa il tuo cuore pare farsi di pietra e collassare giù, in fondo, fin nelle viscere della terra.
Dove credevi di essere, e di restare.


*GCS: Glasgow Coma Score, è un'unità di misura per stabilire l'intensità del coma, che va da zero a quindici.
**ICU a lungo termine: Sarebbe il reparto di terapia intensiva a lungo termine, dove si trovano anche i comatosi, che dopo il risveglio vengono portati in corsia.

Angolo Autrice:
Salve di nuovo con il primo capitolo! Per scrivere i dettagli medici in questo capitolo mi sono basata su ricerche online e domande a infermiere, visto che io di medicina ci capisco quanto un mietitrebbia ^^"" comunque, il titolo del capitolo è ispirato a quello del brano dei Trivium, stavolta
Ringrazio la cara Kim Winternight per il feedback – apprezzatissimo – e vi do appuntamento al 15 Ottobre per il capitolo 2~!

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Capitolo 3
*** It's not a blight, but a remedy ***


...And Justice For All

It's not a blight, but a remedy – Non è un flagello ma una cura



Sospiri di gratitudine quando ti ritrovi di nuovo da solo nella stanza, con la necessità imperante di metabolizzare quello che ti è stato testé detto.

Dieci anni.
Hai dormito per dieci anni interi. E l'idea di esserti svegliato proprio il giorno prima della vigilia di Natale suona a metà tra un miracolo a lungo atteso e uno scherzo crudele.
È... assurdo, anche per la tua mente solitamente razionale.
Certo, non più assurdo di scoprire che ti hanno dovuto ricostruire parecchie giunture con viti e placche metalliche, o che il tuo braccio destro è stato operato e sistemato con una sbarra di metallo, perché l'osso era stato completamente distrutto dall'incidente.
Ma se non altro i dottori non hanno escluso che potrei tornare a suonare, no? Non l'hanno affermato, ma non l'hanno neppure negato. ponderi, ricordando perfettamente il tuo essere un musicista – al contrario di molte altre cose –, per poi spostare l'attenzione sulle tue mani. Sono paurosamente smagrite e pallide, senza più alcuna traccia di calli sulle dita, quasi rachitiche, e ti ritrovi a domandarti se anche il resto del tuo corpo appaia in tali, degradanti condizioni.
Chi voglio prendere in giro, in queste condizioni non tornerò mai a suonare.

Cautamente la porta della stanza si apre e si affaccia l'infermiera più anziana che hai visto di sfuggita il giorno precedente.
"Signor Burton?" domanda.
"Mh?"
"È l'orario delle visite."
"Quindi?" domandi a tua volta, cercando di scavare nella tua mente annebbiata se ci sono amici che possano ricordarsi di te.
"Il primario ha acconsentito alla richiesta di suo padre di farle visita, non appena ha saputo del suo risveglio. È qui, lo faccio passare?"
La notizia ti coglie in contropiede, ma riesci a borbottare un cenno di assenso, guardando la porta come se da lì a poco vi dovesse entrare un alieno a tre teste.

Ruoti cautamente la testa dalla parte opposta e socchiudi gli occhi, improvvisamente non del tutto sicuro di volerlo vedere.
Non del tutto sicuro di volere un'altra dolorosa testimonianza del tempo che è passato, e che non hai vissuto.

"Cliff...?" la voce che pronuncia cautamente queste parole è calda e dolce, la voce che spontaneamente associeresti a quei pochi ricordi che emergono dalla tua mente confusa, e pronuncia il tuo nome con il medesimo calore, in un modo che senti essere improvvisamente familiare.
Lasci andare un sospiro tremante, per poi girare la testa, gli occhi ancora semichiusi.
"Papà" pronunci incerto, gustando il sapore di quelle quattro lettere sulle tue labbra secche.
Senti il suono di una sedia che viene spostata, e un odore di freddo mentre si siede.
"Ti ho disturbato?"
Finalmente ti decidi ad aprire piano gli occhi, mettendo a fuoco due occhi identici ai tuoi e un sorriso caldo e gentile.
E a tale vista non puoi fare a meno di sorridere a tua volta, un sorriso esausto, poco più di un lieve stirare le labbra, eppure il gesto più sincero e spontaneo che credi di aver mai compiuto.
"Non potresti mai disturbarmi." replichi, riconoscendo in quella presenza la medesima amorevole presenza che si aggirava nei meandri della tua coscienza annebbiata, assicurandosi che stessi bene e settando sveglie per poterti girare nel letto, carezzandoti e parlandoti – nonostante il pensiero che non avresti potuto sentire niente – per farti forza e raccontandoti quello che succedeva intorno.

Improvvisamente ti prende la mano tra le sue, più grandi e più calde, carezzandotela con infinita gentilezza, quasi avesse paura di poterti rompere se solo te la stringesse un poco di più.
Come se tenesse un uccellino. Non abbastanza forte da fargli del male, ma quel tanto che basta a non farlo volare via.
"Mi sei mancato, figliolo."
Sorridi ancora, mentre senti qualcosa di umido scivolarti lungo la guancia e realizzi di star piangendo.
Ma per la prima volta dopo molto tempo, finalmente ti senti a casa.


Angolo Autrice:
Solo il primo di molti capitoli sentimentali (che non mi hanno assolutamente spezzato il cuore in mille pezzi a scriverlo, nooo, ma mai... *piange disperatamente*), ma la situazione di Cliff, come preannunciato, è parecchio incasinata.
Il titolo del capitolo è tratto da The Light dei Disturbed. Appropriato, non è vero? – Detto questo, io ringrazio chi leggerà e vi do appuntamento al 24 ottobre con il capitolo 3!

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Capitolo 4
*** In the mirror I see a worn-out face I barely recognize ***


...And Justice For All

In the mirror I see a worn-out face I barely recognize – Nello specchio vedo un volto esausto che a stento riconosco




"Come stai?" ti domanda tuo padre quando, due giorni dopo, torna a farti visita.
"Sto bene, credo." ammetti, mentre cautamente sposti indietro i cuscini fino a riuscire a metterti in posizione semi seduta, per poi prendere un respiro, nonostante il tubicino di ossigeno supplementare che i dottori ti hanno infilato nel naso per evitare che il tuo cuore o i tuoi polmoni non reggano lo sforzo supplementare a cui sono sottoposti.
"Da ieri mattina riesco a stare seduto per un po' di tempo senza avere la nausea." continui, prendendo un bicchiere d'acqua per ovviare alla gola secca. La tua voce ha sempre qualche problema a funzionare, specialmente all'inizio di una conversazione suona piuttosto debole e rauca, ma se non altro le tue corde vocali funzionano ancora.
"È un'ottima notizia!" esclama, guardandoti dritto negli occhi.
Sostieni il suo sguardo per qualche secondo, per poi lasciarlo scivolare via, la sensazione che ci sia qualcos'altro che voglia chiederti, qualcosa di molto più importante di una generica rassicurazione sul tuo stato di salute.
Del resto, non hai passato questi due giorni invano e, nella lunga lista di cose che sfuggono alla tua comprensione, rientra anche il fatto che i tuoi compagni di band non si siano ancora fatti vivi. Non sai cosa ne sia stato dei Metallica, sebbene te ne ricordi chiaramente – e il fatto che le infermiere non rispondano alle tue domande ti fa sentire come se fossi rinchiuso in una bolla, dove ogni rumore giunge attutito e ogni immagine non è mai cristallina.

Prendi un altro sorso d'acqua, per poi guardare di nuovo tuo padre e gli fai segno di continuare. Hai bisogno di sapere, non importa quanto questo possa far male, se sazierà i tuoi dubbi. "Volevo sapere se posso dire ai tuoi amici che... beh, che ti sei svegliato e che in caso potresti ricevere visite."
Alzi un sopracciglio, confuso "Intendi dire i miei compagni di band?"
"Ti ricordi di loro?" ti guarda di rimando, senza riuscire a mascherare la leggera sorpresa.
"Beh, sì, un'infermiera mi ha detto che quando mi sono svegliato la prima cosa che ho detto sono stati i loro nomi. James, Kirk e Lars. I Metallica." spieghi, sorridendo leggermente alla menzione di quelli che hai sempre considerato come una seconda famiglia.
"Esatto, loro..."
"Mh?" domandi, senza comprendere il tono preoccupato nel menzionarli "Che vuol dire? Si sono sciolti?" continui, il bicchiere d'acqua che sembra improvvisamente farsi insopportabilmente pesante nella tua mano.
"No, no, santo cielo, Lars non lo permetterebbe mai, ma...."
Corrughi le sopracciglia di fronte a tale indecisione, la mente che corre agli scenari peggiori "...Ma?"
"Sono cambiate tante cose, Cliff, non li riconosceresti."
"È il minimo" replichi, ripoggiando il bicchiere e lasciandoti scivolare contro i cuscini, un po' più leggero nel sapere che la band non si è sciolta e che hanno resistito.
E del resto tu stesso non hai idea dell'aspetto che hai, in quel momento probabilmente nessuno ti riconoscerebbe.
"Hanno un nuovo bassista, lo conobbi qualche tempo dopo che fece il suo ingresso nella band, si chiama Jason. Ad ogni modo, ho qui delle foto, vuoi vederle?"
Annuisci, sinceramente curioso di vedere come siano diventati i tuoi compagni di band nel corso di un decennio.

Prende dallo zaino che si è portato dietro un plico e lo apre, mostrando un mucchio piuttosto consistente di foto e passandotele una ad una, sotto ognuna c'è scarabocchiata una data. Le scorri, per poi soffermarti sulla prima che ritrae quello che presumi sia Jason, ed è marcata 1987, il mese indica che è stata scattata circa sei mesi dopo l'incidente.
Nella foto appare evidentemente a disagio, probabilmente è stato colto di sorpresa. Ha dei capelli scuri, lunghi, e un'aria tranquilla. Ora inizi a capire perché l'hanno scelto come tuo sostituto. "Che tipo è Jason?" domandi.
"Mi è sembrato un tipo a posto, un grande fan, ma anche molto tranquillo" snocciola tuo padre.

Continui a scorrere le foto, soffermandoti su una che li ritrae su un palco enorme, circondato da una marea di persone festanti che stringono cartelli in una lingua che non riconosci. La data dice 1991.
"Che spettacolo... Dov'è stata scattata questa foto?" domandi, gli occhi che ti brillano per l'eccitazione. Ti senti un po' come un fan davanti a uno spettacolo particolarmente esaltante, mentre ricordi i primi live fatti con la band.
"In Russia, nel 1991. Mi ricordo che mi dissero che stando alle stime c'era una folla di 4,6 milioni di persone*."
"Miseriaccia" esclami, senza riuscire a non provare un pizzico di invidia in fondo al cuore.

Continui a scorrere le foto, fino a giungere a quelle più recenti. L'unico cambiamento significativo sono nei capelli, che nelle ultime foto appaiono molto più corti, e l'abbigliamento. Se le foto sono fedeli adesso assomigliano a quei ragazzi delle band che prendevate in giro negli anni '80 e ciò è abbastanza da farti sorridere – anche se in realtà non ti importa poi molto.
Vuoi solo avere la certezza che dietro quegli stivali coi tacchi ed eyeliner ci siano sempre quelle stesse persone che hai conosciuto dieci anni prima, sarebbe abbastanza.
Con un sorriso rassegnato raccogli le foto e le riordini, prendendoti ancora un attimo per domandarti se tuo padre si è preso cura dei ragazzi come ha fatto con te, in particolare di James.
Ricordavi bene il crollo che il chitarrista aveva avuto quando avevano dovuto licenziare Dave, che considerava al pari di un fratello – e qualcosa, nella parte più pessimista del tuo cervello, continua a suggerirti che probabilmente James non ha retto bene al tempo trascorso, ricordando tutti i problemi di fiducia che aveva al tempo.
Scrolli la testa, cercando di cacciare via quei pensieri molesti e cercando di mantenerti sul tuo obiettivo, ovvero quello di arrivare a riunirti con loro nella migliore condizione che ti sia possibile.

"Allora posso dirgli che ti sei svegliato, e che quando vogliono possono venire a trovarti?" domanda tuo padre riprendendo le foto.
"Certo, mi farebbe molto piacere. Ovviamente l'invito è esteso anche a Jason, mi farebbe piacere conoscerlo."
"So che ti mancano molto." replica, scansandoti gentilmente una ciocca di capelli dal viso.
"Più di quanto puoi immaginare." sospiri.


* 1991: Il riferimento è a un concerto reale, il Monsters of Rock, che i Metallica tennero assieme a molte altre band, il 28 settembre del 1991 all'aeroporto di Mosca. Fu un concerto fondamentale anche per simboleggiare il termine della censura del partito comunista, dato che Gorbaciov si dimise quello stesso anno.


Angolo Autrice:
Ed eccoci al capitolo 3 – la trama si inizia a delineare e non sarà semplice – come è ovvio che sia in una mia opera U.U
Il titolo è preso da "Here Today Gone Tomorrow" degli Harem Scarem.
Come sempre, ringrazio chi leggerà.

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Capitolo 5
*** Time will kill all the pain ***


...And Justice For All

Time will kill all the pain – Il tempo metterà a tacere tutto il dolore



"Si è svegliato...?" domandò Lars all'interlocutore, quasi senza credere a ciò che sentiva "Ne sei sicuro, Ray?"
"Certo, e vuole vedervi. Tutti, compreso Jason."
"Jason?"
"Esatto, lui."
"Ma..." tentò di obiettare debolmente il batterista.
"Niente ma, anzi, se dovessi le sue parole esatte ha detto che gli farebbe piacere conoscerlo."
"D'accordo... Ne parlo con gli altri quando arrivano in studio e ti faccio sapere." concluse asciutto, per poi ripoggiare la cornetta e lasciare andare un sospiro, tenendosi al tavolo come se non fosse stato in grado di reggersi in piedi da solo.

Cliff era sveglio.
Cliff voleva vederli.

Quella semplice considerazione fu abbastanza per far sprofondare il cuore del batterista più di quanto non fosse già successo in quei dieci anni, a cominciare dalla notte dell'incidente.
"Dannazione!" imprecò dirigendosi verso il frigo, afferrando una lattina di birra e svuotandola in un sorso, per poi accartocciarla tra le mani.
Ringraziò qualsiasi divinità esistente per il fatto di essere arrivato in anticipo in studio e di essere da solo, non sapeva come avrebbe potuto reagire se ci fossero stati presenti anche gli altri.
Iniziò a camminare avanti e indietro per lo studio, pensando a come dirlo agli altri.
"Hey, vi ricordate del nostro compagno di band che credevamo ridotto a un vegetale da un decennio a questa parte? Beh, è vivo, e a quanto pare ci vuole vedere!"
Oh, per favore. Era ridicolo. pensò, mentre sentiva qualcosa di umido scivolargli tra le ciglia, ma si costrinse a ricacciare indietro le lacrime. I suoi compagni non avevano bisogno di un altro doloroso promemoria di quell'orrenda notte svedese.
E Lars ricordava fin troppo bene le urla di James mentre correva nella notte, alla ricerca di una sola traccia di ghiaccio nero, e il rumore dei singhiozzi di Kirk mentre guardava quella che avrebbe dovuto essere la sua cuccetta.

Si riscosse quando sentì la porta dello studio aprirsi e il vociare dei suoi compagni, costringendosi nuovamente a inghiottire il dolore di quei ricordi e a concentrarsi sul presente, mentre prendeva posto nella cabina di registrazione, dietro il suo kit di batteria.
Ci avrebbe pensato dopo.

_________________________


Una volta conclusasi la sessione, mentre gli altri stavano per riporre chitarre e basso, decise di portare a galla l'argomento.
"Dobbiamo parlare" disse, gettando un'occhiata ai suoi compagni di band e facendogli segno di mettersi a sedere sul divano.
"Di che si tratta?" domandò Kirk.
"Si tratta di Cliff" replicò in tono più piatto possibile, ma senza riuscire a trattenere un sospiro, mentre avvertiva l'aria della stanza farsi immediatamente più pesante a tale menzione. Ed allo stesso modo era consapevole degli occhi di James puntati addosso come la canna di un fucile.
"Mi ha chiamato Ray, ha detto che si è svegliato tre giorni fa, e che vorrebbe vederci. Tutti quanti, incluso te, Newkid" spiegò, guardando il bassista che, al sentirsi chiamare in causa, alzò appena lo sguardo, per poi riportarlo verso il pavimento. Rimasero tutti un istante in silenzio, realizzando le implicazioni di quelle parole.
Gli unici rumori che si percepivano, in quel momento, erano quelli fuori dallo studio. Come se tra quelle mura fosse stato risucchiato tutto, non un mormorìo, nulla.
Il silenzio che intercorse fu talmente pesante e pressante che sembrò nascondere tutto il resto. Come un’enorme macchia grigiastra che si attaccava alle pareti, si espandeva inglobando al suo interno tutti gli oggetti, i mobili, gli strumenti, e tutti i presenti, ricoprendoli di una sorta di patina gelatinosa che impediva di udire e di pronunciare alcun suono.

Kirk fu il primo a rompere quell'incantesimo, quando con una lentezza esasperante si portò le mani al viso e iniziò a singhiozzare.
James alzò la testa fino ad incrociare lo sguardo apparentemente inespressivo del batterista, gli occhi azzurri spalancati in un'espressione di muto sollievo.
Jason si limitò a lasciare andare un sospiro, come se non si fosse accorto di star trattenendo il respiro, aggiungendo in tono grato "Sono felice che si sia svegliato... so che ci tenevate." e a tale osservazione per una volta nessuno ebbe da obiettare.
"È magnifico" replicò Kirk, con un lieve singhiozzo che fece contorcere lo stomaco del batterista, in quanto non era di dolore, ma di gioia.
"Non ci credo ancora" ammise James scuotendo la testa. "E ci vuole vedere tutti, compreso te, Newkid... Beh, se lo vedrai farai meglio a ricordarti chi era. E chi è" aggiunse, il tono improvvisamente cupo.
"Preferirei aspettare che lo abbiate visto voi. Lo conoscete da molto più tempo di me."
Il cantante sembrò sul punto di replicare, per poi ripensarci ed afferrare una lattina di birra, trangugiandola avidamente.
"Potrei passare da lui la prossima settimana" ponderò a mezza voce Kirk "In caso prima sentirò Ray"
Lars si ritrovò ad annuire alle parole dell'amico, il cuore improvvisamente un po' più leggero.


Angolo Autrice:
E finalmente si passa alla prospettiva dei Metallica! Hanno preso la patata bollente, ma ora come la gestiranno? Ce la faranno a riprendere in mano una situazione fin troppo delicata, considerando tutto il tempo intercorso?
Per il titolo del capitolo mi sono ispirata a Life won't wait, di Ozzy Osbourne, un titolo volutamente un po' ironico in questa situazione.
Ringrazio chi leggerà, noi ci rivediamo il 14 novembre con il capitolo 5~

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Capitolo 6
*** Say I'm not dreaming and you feel what I feel ***


...And Justice For All

Say I'm not dreaming and you feel what I feel – Dimmi che non sto sognando e che senti quello che sento io




Accogli con inaspettato sollievo la notizia della visita di Kirk, per quello stesso pomeriggio. A dire il vero è la prima persona che ti viene a trovare, a parte tuo padre.
Ed è comunque un modo per spezzare l'asettica monotonia delle tue ore che, ora più che mai, sembrano passare troppo lentamente. È sempre stato così, e tutti l’hanno sempre ripetuto fino alla nausea: quando stai facendo qualcosa di estremamente interessante, il tempo vola via in uno schiocco di dita. Quando invece la noia riempie l’aria fino a farti mancare il respiro e girare la testa, i secondi si trasformano stranamente in minuti, e i minuti in ore.
E guardando da tale prospettiva, quasi accoglieresti con piacere il non avere coscienza, non sentire il tempo scorrere fin troppo lentamente da quell'orologio appeso appeso in fondo alla tua stanza. Bianco e asettico, in accordo con tutto il resto.
Non avere coscienza, essere un vegetale, una pianta qualsiasi.
Ecco, quasi ti senti una pianta, in questo stato: con una mobilità terribilmente limitata, e che il diavolo ti porti se persino metterti a sedere è uno sforzo fisico eccessivo, e solo lunghe ore a farti compagnia.
Una pianta ben innaffiata, nutrita attraverso flebo, perché il tuo stomaco continua a vedere qualsiasi cibo solido come un nemico potenzialmente mortale. E il tutto è terribilmente svilente.
Eppure nonostante ciò, nonostante il saperti fragile, relegato a letto, è abbastanza per ricordarti che sei vivo.
Per ricordare loro che sei vivo.
Per ricominciare.

Tuttavia, malgrado il sollievo, e nonostante tutta la felicità di rivedere presto i tuoi compagni di band, non riesci a scrollarti di dosso la sensazione che possano non aver attraversato al meglio quei dieci anni, che nonostante tutto ci sarà sempre qualcosa che mancherà all'appello nei pezzi del puzzle della tua vita, ora come tra vent'anni.

Il tuo monologo interiore si interrompe quando distrattamente posi lo sguardo verso l'orologio appeso al muro, notando che mancano solo dieci minuti all'inizio dell'orario per i visitatori. Con fatica poggi le mani contro il materasso e cautamente inizi la solita manovra per metterti a sedere: appoggiarti ai bordi del letto, spingere indietro i cuscini e infine un leggero movimento del bacino. I tuoi muscoli addominali si lamentano per lo sforzo improvviso, ma il dolore, combinato con l'atrofia, ti sta dando una percezione completamente nuova di quali muscoli controllino cosa.

Un rumore ti distrae nuovamente, ritrovandoti a fissare l'infermiera di turno che scorta un Kirk a dir poco a disagio. Gli fa cenno di entrare, mentre non puoi evitare di fissare il chitarrista con gli occhi sbarrati.
Hai visto le foto più recenti, certo, ma vederlo di persona è beh... tutt'altro livello.
"Kirk." esali piano guardando il chitarrista moro. Lo osservi mentre alza millimetricamente lo sguardo dal pavimento, fino a piantare gli occhi cerchiati di eyeliner nei tuoi, facendosi avanti fino quasi a toccarti.

"Cliff...?" domanda piano, e mentre continua a fissarti vedi distintamente qualcosa nei suoi occhi spezzarsi, come la corda di una chitarra tesa fino allo stremo.
Collassa sulla sedia al tuo fianco ed inizia a piangere disperatamente, e tu non puoi che sentirti così impotente di fronte al suo dolore, perché tale reazione rientra tra le cose che non sai come gestire – e che forse non saprai mai.
Puoi solo guardare la sua fragile armatura disfarsi pezzo dopo pezzo, mentre le lacrime lavano via il trucco, lasciandoti davanti solo un Kirk tremante e spaventosamente vulnerabile.

Quando i singhiozzi si fanno un po' meno intensi lo vedi lottare disperatamente per ricostruire un minimo di compostezza, il trucco ed ogni parvenza di difesa ormai lavati via dai suoi occhi gonfi e arrossati.
"Mi - mi dispiace, avrei dovuto... m-mi dispiace, avrei dovuto essere i-io..." lo senti borbottare mentre cerca strenuamente di soffocare un'altra crisi di pianto.
Non rispondi e, non sapendo bene come consolarlo, gli prendi gentilmente le mani fra le tue.
"Non dirlo."
A tale replica perentoria alza lo sguardo, fissandolo nel tuo.
"Non dipendeva da te, Kirk. Non è stata colpa tua. E non lo sarà mai. Ho scelto io di dormire nella tua branda, e non è stata colpa tua se ce la siamo giocata a carte... quindi, per favore, non sentirti come se dovessi prenderti per sempre la colpa..." replichi, sentendo la tua stessa voce sul punto di spezzarsi.
Abbassi la sponda del letto e gli fai segno di sedersi al tuo fianco. Le infermiere impazzirebbero al vederlo, ma in quel momento nemmeno quel pensiero ti sfiora.
Vuoi solo che Kirk stia bene, che sappia che sei lì accanto a lui e che sei vivo, non importa se non è lecito.
Ti guarda per una frazione di secondo, per poi buttarti le braccia al collo e ricominciare a piangere.
Sorridi piano, spostando il braccio libero dagli aghi intorno alla sua schiena e, per la prima volta da quando sei sveglio, stretto tra le braccia di quello che hai sempre considerato un fratello, piangi liberamente.

Quando vi staccate Kirk sembra sempre un disastro, ma la sua espressione ha riguadagnato la serenità con cui dieci anni fa ti aveva sussurrato quel "Buona notte, figlio di puttana", e il fatto che il vostro ultimo ricordo comune sia quel momento frivolo ti porta un sorriso alle labbra.
Un sorriso incrinato, ma ancora presente.


Angolo Autrice:
Massalve! E iniziamo il treno dei feels con Kirk, spero di averlo ritratto in maniera anche solo vagamente realistica, dopo che ho studiato tutti i video in cui parlava di Cliff cWc (e anche perché è il mio preferito dei Metallica).
Il titolo del capitolo è tratto da "Feel What I Feel" dei GOTTHARD e a mio avviso riassume bene lo spirito del capitolo.
Come sempre, fatemi sapere che ne pensate e se vi sta piacendo~ il prossimo capitolo uscirà il 23 novembre!

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Capitolo 7
*** Burden's a heavy load ***


   ...And Justice For All

Burden's a heavy load – La responsibilità è un fardello pesante




Due giorni dopo la visita di Kirk ti viene annunciata un'altra visita, stavolta di Lars.
Anche se più che annunciata, in realtà è il batterista che irrompe direttamente nella tua stanza, fissandoti con gli occhi fuori dalle orbite e un'infermiera alle spalle che lo insegue, ammonendolo di non correre e non urlare.
Nel momento in cui si sbatte la porta alle spalle e borbotta un "Cazzo" fai del tuo meglio per non sobbalzare, anche se un'entrata del genere è così indiscutibilmente nel suo stile che in realtà ci sarebbe ben poco di cui sorprendersi.
"Benvenuto." replichi, con un sorriso leggermente ironico, mentre ti squadra con espressione spaventata – quasi si fosse appena accorto di essere nella stessa stanza con una tigre famelica, invece che con il suo ex compagno di band.

"Bene... ehm. Ti ricordi chi sono." replica, cercando di riguadagnare una parvenza di compostezza.
"Vediamo... Lars Ulrich. L'unico che conosco che sia capace di percuotere la batteria come un fabbro che batte i ferri per due ore filate, e riuscire comunque a correre a festeggiare subito dopo, certo che mi ricordo!" replichi con un ghigno.
Emette un sospiro, apparentemente grato di tale descrizione, per poi farsi avanti.
"Beh, per quanto non mi stupirei se ti fossi dimenticato di qualcosa, non mi intendo di coma e cazzate varie... non so se sia più positivo o meno." replica con un'alzata di spalle, occhieggiando la stanza come se stesse cercando in giro le parole da dire.
"Mi ricordo quasi tutto Lars, se è quello che intendi. Compreso... beh, quello." replichi piatto.
Nonostante i ricordi di quella notte abbiano smesso di fare così tanto male, non puoi pretendere che non ti disturbino.
"Beh, bel casino..." sputa fuori, poggiandosi al muro e tamburellando senza sosta le dita sul tavolino vicino al letto. "Fisicamente come stai messo?"
"Ho più di dieci anni di inattività forzata da smaltire, ma i dottori dicono che se le mie vie aeree riprendono a funzionare correttamente anche tutto il resto dovrebbe andare bene." replichi con una scrollata di spalle, indicando la cannula di ossigeno nel tuo naso. "O comunque essere più facile."
Annuisce, per poi sedersi pesantemente sulla sedia accanto a te, la consapevolezza che prende forma di sollievo sul suo viso.
Tuttavia, percepisci chiaramente che non è sereno, ed effettivamente ti stupirebbe il contrario.
E quando lo vedi aprire gli occhi, i pugni improvvisamente serrati, sai cosa sta arrivando: la tensione che il batterista emana è come un vortice di nubi temporalesche attorno a te, la rabbia e la frustrazione repressa che trovano una via di fuga.

"Sai cosa è successo in questi dieci anni?" domanda, la voce che comincia a salire di tono "Da quella fottuta notte, eh, Cliff? Perché tu ricordi, sì, ricordi, ma non sai tutto. Quando ti abbiamo trovato steso sotto il fottuto autobus, con quell'autista che continuava a balbettare scuse su una chiazza di ghiaccio nero, quando sapeva benissimo che lo avevamo visto bere quel fottuto whisky da due soldi!" ringhiò, alzandosi di scatto e cominciando a girare in tondo per la stanza.
"Mi ricordo che James era corso fuori, con indosso solo le mutande, cercando disperatamente la più dannata traccia di ghiaccio, e indovina un po', non ne trovò! Ho dovuto guardare Kirk perdere la testa mentre aspettavamo i dannati soccorsi, sperando che potessi avere solo qualche osso rotto, ma era solo una fottuta illusione...! Per mesi, da quella notte, ho visto James affogare tutto in una bottiglia, Kirk che ancora si dà la colpa per non averti fermato..."

Senti il cuore pulsare dolorosamente nella gola a quelle parole, mentre lo guardi continuare a camminare freneticamente, gli occhi nascosti dietro i palmi.
Il sangue ti si gela nelle vene, mentre con le sue parole cominci a mettere insieme i pezzi di ciò che è successo, il dolore che ti invade a ondate tali da lasciarti senza respiro.

"Dovetti fare ogni singola telefonata, scrivendo ogni singola lettera, annullando, dando spiegazioni, quando io per primo non ne avevo neppure per me stesso! Sai questo cosa significa, eh? E trovare qualcuno per rimpiazzarti, quando avremmo voluto non farlo affatto, perché non c'era NESSUNO che potesse rimpiazzarti!"

Un singhiozzo sfuggito dalle tue labbra interrompe il soliloquio del batterista, subito soffocato ma abbastanza perché si fermi a guardarti.
"Cliff..."
"Cercarmi in altre persone non mi avrebbe riportato indietro, Lars. Vi avevo chiesto io di andare avanti..." replichi piano, alzando verso di lui due occhi che sai essere colmi di lacrime. "Io... Non conosco Jason, ma quello che so è che non sono io." continui, cercando di capire il problema che hanno con questo nuovo bassista.
"Appunto, non eri tu! Non saresti mai stato tu! Tu eri il migliore!" ribatte, senza smettere di agitarsi.
"E allora forse non avresti dovuto cercare il migliore, ma il più giusto!"
E mentre esclami quelle parole ti torna in mente un filosofo che avevi studiato al liceo, una vita fa, Diogene.
Cercare sé stesso negli altri e non trovarlo.
Questo stava cercando di fare Lars, abitando botti più confortevoli, ma incapace di realizzare che ognuno era insostituibile. Lui non era Jason, non lo sarebbe mai stato, e viceversa.

"Allora è stato tutto tempo sprecato...?" domanda in tono appena udibile. Adesso è fermo, abbastanza vicino a te perché tu possa vedere i suoi occhi verdi annebbiati da una patina umida.
"No. Non finché non ti volterai indietro e quello che avrai lasciato indietro ti sarà insopportabile." sussurri piano.
"Sempre il solito coglione filosofico." replica, ridacchiando stentatamente e scivolando sul letto accanto a te. "Mi sei mancato, amico."
"Chi sei tu, e che hai fatto a Lars?" rispondi, ridendo piano a tua volta, per poi stenderti a tua volta sui cuscini vicino a lui "Mi sei mancato anche tu."


Angolo Autrice: E continuiamo il treno dei feels con la reazione pacata e tranquilla di Lars, sempre molto rilassato lui. Il prossimo capitolo uscirà il 4 dicembre!
Il titolo del capitolo è preso in prestito da The Red And The Black degli Iron Maiden ~

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Capitolo 8
*** I'll stay strong, I'll be fine, carry on with my life ***


...And Justice For All

I'll stay strong, I'll be fine, carry on with my life – Mi farò forza, starò bene, andrò avanti con la mia vita




"Alla fine sei andato a trovarlo, Newkid?" gli domandò James qualche giorno dopo, al termine della sessione.
"In realtà no, ho preferito aspettare che ci foste andati voi." replicò il suddetto, rimettendo il basso accuratamente al suo posto.
"Quando ci sono stato io stava abbastanza bene, e i dottori dicono che, beh, è praticamente un miracolato, ma la prognosi è rassicurante." commentò Kirk, alzando lo sguardo dal bloc notes su cui stava scarabocchiando degli appunti per un riff.
"Sta un inferno" riassunse Lars lapidario "anche se credo che quando l'ho visto io stesse leggermente meglio."
"Penso di sì, ogni giorno migliora un po'."
"Quindi, Newkid?" incalzò James sfilandosi la cintura della chitarra.
Il fatto era che Jason non era più così sicuro che andare a trovare Cliff fosse annoverabile come una buona idea.
O almeno, lo era stata finché quell'osservazione di James risalente a qualche giorno prima non l'aveva fatta suonare terribilmente simile a una minaccia, e non più come il solito, doloroso promemoria di vivere nella sua ombra.
"Tu non ci sei andato?" domandò, occhieggiando il biondo chitarrista.
"Penso di aver bisogno ancora di un po' di tempo."
"Oh andiamo, non avrai paura di uno che non può muoversi dal letto!" replicò Lars mordace.
"Vero, Newkid, non avrai paura...?" domandò a sua volta James, ignorando che la replica del batterista fosse rivolta a lui.
"Non è paura." ribattè "È che...–"
"È che tu non sai nulla di lui. Sai a malapena l'inizio della storia."
"James, non ho detto che lo conosco. Stavo dicendo che lo rispettavo nell' '86 e lo rispetto tutt'ora."
"Comunque sia, vai" concluse freddamente il cantante.
"Non sarebbe meglio se –"
"Cazzo, vai! VAI! Fai come se ti importasse, o quantomeno fingi di tenerci!" esplose, fulminandolo con un'occhiataccia.
Kirk balzò in piedi, allarmato, e accompagnò fuori il bassista.

"È... complicato, okay?" replicò una volta fuori.
Jason annuì, metabolizzando parzialmente la reazione del cantante: era chiaro che ci tenesse, ma doveva odiare palesarlo.
"Comunque sia, quando vai a trovarlo... non trattarlo come fosse una reliquia, santo cielo, lo odierebbe." replicò con un sorrisetto nervoso il chitarrista, lasciandolo con una pacca sulla spalla e ritornando all'interno dello studio.
Jason sospirò.
L'incertezza del giudizio di quello che era - in effetti - uno sconosciuto, non sarebbe stata peggio della condanna quotidiana dei suoi compagni di band.


Quando ti viene annunciata la visita di Jason sei quasi felice: il fatto che non ti conosca renderà probabilmente il tutto più facile – più di quanto non sia stato dover fronteggiare il crollo di Kirk e la rabbia di Lars.
E per quanto da una parte è confortante il fatto che la loro reazione sia, in una certa misura, per te comprensibile e persino prevedibile, dall'altra non riesci a scrollarti di dosso l'idea che qualcosa in loro sia cambiato, ben più in profondo dell'abbigliamento o dell'eyeliner.
E non ti è chiaro neppure quale sia il problema con questo nuovo bassista: da come ti è stato descritto non sembra un tipo arrogante o che potrebbe creare guai – almeno, non a livello di Dave, ricordi con un pizzico di malinconia.

Il tuo incessante treno di pensieri viene interrotto da un'infermiera che scorta un ragazzo dai capelli corti e ricci e l'espressione spaurita.
"Vi conoscete?" domanda l'infermiera, seguendo la prassi, e lo vedi scuotere la testa. Ovvio che non ti conosce, ma se è stato un fan probabilmente ha sentito parlare di te.
Ecco spiegato perché sembra un pesce fuor d'acqua, ipotizzi.
La porta si chiude e la paura che leggi negli occhi di Jason si centuplica.

"Senti, prima che tu possa dire quasi cosa, sappi che non ho avuto mai nessuna intenzione di usurpare il tuo posto, santo cielo, ti rispetto e tutto, avrei preferito mille volte che ci fossi stato ancora tu piuttosto che io, ma...."
Lo guardi confuso per poi decidere di provare a interrompere quel fiume di parole.
"Jason" replichi, e lo vedi ammutolirsi – nonostante la tua voce sia ancora roca e suoni decisamente strana, specialmente all'inizio di una conversazione "Calmati. So perfettamente che non vuoi usurpare il mio posto, ma sta di fatto che fai parte della band quanto me, quindi rilassati" continui, facendogli segno di avvicinarsi.
Si avvicina cautamente, come se avesse paura che potresti morderlo, per poi sedersi, gli occhi lucidi e impauriti.

A tale reazione una parte di te non può fare a meno di domandarsi se risulti davvero così intimidatorio, per aver scatenato una reazione simile persino in Lars, che normalmente non avrebbe avuto paura nemmeno del diavolo.

Esala un sospiro profondo, per poi asciugarsi gli occhi con la manica della giacca.
"S-Scusami, so di essere ridicolo, è che non mi aspettavo che mi riconoscessi come 'parte della band' o qualcosa del genere..." sussurra e non puoi fare a meno di corrugare le sopracciglia.
Riconoscerlo come parte della band? Tuttavia decidi di tenere per te le domande, almeno per il momento, e di annuire, sperando che ti dica di più.
Deve sentirsi rassicurato dalla tua risposta perché replica, ridacchiando stentatamente "Lo so, sono dentro da un decennio, ma a volte mi sembra ancora di essere dentro da un giorno, e a loro piace tanto ricordare che per certi versi sono ancora quella specie di contadino del Michigan..."
"E come sei arrivato ai Metallica?" replichi, genuinamente curioso di sapere di più su di lui.

E quindi ti racconta della sua infanzia in questa fattoria del Michigan, dei suoi primi passi nella musica, del suo essere un grande fan dei Metallica e del suo esordio nel gruppo thrash progressive Flotsam e Jetsam, la sua voce che si fa via via più convinta nel racconto, fino ad arrivare al suo esordio coi Metallica, il tono che si incrina nel raccontare che fu appena sei mesi dopo l'incidente perché erano in tour.

"E come l'hanno presa James e gli altri?" domandi, decidendo di provare a sondare il terreno.
"Un inferno, ma era prevedibile" replica, per poi mordersi le labbra e proseguire.
Accenna ai primi lavori, per poi raccontare il cambiamento fatto con il Black Album, che descrive come 'semplicemente diverso', il successo improvviso, e prosegue raccontando la voglia di sperimentare con Load, le sessioni di prove e i tempi in cui vivevano in un piccolo appartamento chiamato Metallica Mansion quando non facevano concerti e non erano impegnati con le sessioni di registrazione.
Non puoi trattenerti dal sorridere, mentre menziona quel periodo, perché è quello che tu senti più vicino, quando eravate solo quattro ragazzi appena sulla ventina con un sogno stretto in tasca e tante ambizioni.

"Tu invece cosa mi racconti degli esordi?" replica improvvisamente, guardandoti con occhi più convinti di quando è entrato.
Sorridi appena e gli racconti del tuo approdo ai Metallica, dai primi tempi fino alla cacciata di Dave, degli esordi con Kill 'Em All e del successo con Master of Puppets.
Tuttavia mentre racconti sei appena consapevole dei suoi occhi attenti, mentre la tua mente vola verso il ricordo delle prime prove con Lars, le lunghe chiacchierate con James e non puoi trattenerti dall'emettere un profondo sospiro di nostalgia.



Angolo Autrice: Ma salve~
il titolo del capitolo è tratto da Rain Song e, come usuale, il prossimo capitolo sarà pubblicato il 14 dicembre. Il capitolo immediatamente successivo, invece, dovrebbe uscire, per motivi pratici, il 23 dicembre.
Non dimenticate di recensire se vi piace!

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Capitolo 9
*** In remembrance I relive ***


...And Justice For All


In remembrance I relive – Rivivo nei miei ricordi




Il passato, i tuoi ricordi, tutto ciò che hai vissuto fino ad ora, qualsiasi cosa che risalga a ciò che razionalmente ricordi, ti appare adesso vuoto: un guscio, privato del suo contenuto a furia di essere analizzato dalla tua mente. Tutto, pur di unire i punti con quei dannati dieci anni di vuoto.
Eppure, essi sono ancora un terreno familiare quando ti trovi a dover fare i conti con la concretezza di tale vuoto, e ciò che vi affonda.

Del resto mentiresti se dicessi che il racconto di Jason non ti ha toccato affatto, consideri, ripensando al fatto che il suo crollo iniziale possa essere stato determinato dal fatto che non pensava che essere il tuo sostituto fosse abbastanza per giustificare la sua presenza – o almeno, abbastanza per non farlo sentire come se stesso compiendo il crimine del secolo.
Ma paradossalmente sei persino più turbato da ciò che non ha detto, perché qualcosa dentro i suoi occhi sembrava agitarsi, e il suo silenzio sapeva di sbagliato.

Com'è possibile che non abbia fatto il minimo cenno al primo concerto insieme, o che abbia a stento menzionato il primo album insieme?
Forse il pubblico non l'ha apprezzato, ti domandi.
Ma il pubblico non apprezzerebbe mai nessuna novità, a prescindere dal cambio. E non ti è sembrato il tipo da preoccuparsi di un tale fattore.
Eppure, più scavi a fondo, più ti appare palese come un problema effettivamente ci sia, indipendentemente da ciò che ti abbia raccontato – già l'incontro con Lars era stato abbastanza, a riguardo.
E forse Jason si è solo ritrovato a camminare in un'ombra che non gli avrebbe mai calzato addosso.

Sospiri rumorosamente, sistemandoti meglio sui cuscini.
Non sei mai stato il tipo da preoccuparti di come la tua assenza avrebbe potuto impattare sulle persone, eppure gli eventi delle ultime settimane ti hanno dato ben più che un assaggio di cosa l'incidente abbia provocato in esse.
E nonostante una parte di te voglia credere intensamente che si trattava solo della natura emotiva di Kirk e di Lars che, beh, era semplicemente Lars, la reazione di Jason ti ha colpito non meno del silenzio radio di James.

E non puoi certo negare a te stesso che probabilmente James è stato quello che più di tutti ha subìto il tutto.
Diamine, già nell'83 aveva preso male la decisione di cacciare Dave, ponderi, ricordando come era stato proprio dopo quelle settimane che il vostro legame si era fatto più stretto.
Eppure tu non sei mai stato come Dave, né potevi pretendere di capire James a un livello così profondo come lo faceva lui, e non solo per il fatto che loro due condividevano un background familiare dolorosamente simile.
Ti sei limitato a leccargli le ferite, ma non hai potuto vederle rimarginarsi.
E probabilmente adesso tali ferite sono di nuovo aperte e pronte a sanguinare.



Angolo Autrice: Ma salve! Un capitolo di passaggio, ma non del tutto privo di qualche spunto. Sul legame che univa James e Cliff ho voluto spendere due parole, dato che sarebbe potuto facilmente passare in sordina, ma io credo che meriti di essere considerato.
Il titolo di questo capitolo è tratto da The Unforgiven III~

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Capitolo 10
*** The silence tells us all we need to know ***


...And Justice For All

The silence tells us all we need to know – Il silenzio ci dice ciò che abbiamo bisogno di sapere





Una settimana dopo ti viene annunciata da una delle infermiere la visita di James per l'indomani e non puoi fare a meno di sentirti realmente sollevato alla notizia, dato che il suo silenzio radio era parso durare abbastanza - e ben oltre quello che avresti potuto sopportare da una persona come lui.
Anche se alla fine non gliene fai un cruccio, del resto l'indole di James non può essere mutata così tanto nel corso di quei dieci anni, no?
Esattamente come Kirk e Lars nonostante tutto sono ancora fedeli a sé stessi, probabilmente James avrà avuto solo bisogno di più tempo per metabolizzare il tutto, consideri fra te e te.

E, spinto da quell'involontaria idea di ricompensa, ti impegni più del solito nella sessione di fisioterapia, spingendo fisicamente il tuo corpo ai suoi limiti.
E nonostante ti venga detto che sarebbe prudente non farlo – almeno, per evitare che i tuoi muscoli poco abituati allo sforzo prolungato si strappino – non puoi farne a meno, al punto che alla sera i dottori ti somministrano un blando sedativo non appena recepiscono che i tuoi muscoli hanno lavorato più del previsto.
L'idea non ti elettrizza, considerando il fatto che da quando ti sei svegliato dal coma hai un rapporto a dir poco problematico con il sonno, ma alla fine accetti il sedativo e cerchi di non combattere la crescente stanchezza che ti spinge a chiudere gli occhi e a scivolare giù, sempre più giù nel buio e in quel silenzioso oblio.

Ti svegli di soprassalto con l'orrenda sensazione di non avere idea di quanto hai dormito, cercando velocemente l'orologio appeso al muro con lo sguardo, per poi sospirare, improvvisamente grato quando noti che l'ora dedicata ai visitatori è appena all'inizio.
Non avresti mai tollerato che avrebbe potuto venire e trovarti addormentato.
Tuttavia ora sei inequivocabilmente sveglio, quindi non trovi migliore alternativa di metterti ad aspettare, non avendo alcunché con cui occupare il tuo tempo. Ti appunti mentalmente di chiedere a tuo padre o a Lars di portarti delle riviste di musica, se non altro riusciresti ad ammazzare un po' di tempo.
O una canna, pensi con un pizzico di ironia.
Tuttavia, per il momento, decidi che cercare di ripassare ogni brano dei Metallica, a partire dai primi, quantomeno per vedere se oltre ai nomi e ai volti delle persone riesci a ricordare anche la musica.
A conti fatti, ti sarebbe insopportabile non riuscire a ricordare nulla di ciò che hai prodotto con loro: non ricordare un accordo, cosa sia un tempo, persino cosa sia una nota!
Ti renderebbe non più il famoso bassista dei Metallica, ma un semplice idiota incapace persino di ricordare cosa sia una nota, pensi storcendo le labbra in un sorrisetto sarcastico. Quindi cominci il tuo paziente lavoro di riepilogo da Kill 'Em All, cercando di ricordare man mano ogni traccia, gli accordi, la progressione armonica, persino i testi, finendo col perdere di nuovo la concezione del tempo mentre ti rimmergi nella – ormai ben familiare – nebbia sottile che avviluppa i tuoi ricordi precedenti al coma.

A riscuoterti è il rumore della porta della tua stanza che si apre, portandoti a sbarrare gli occhi, colto di soprassalto.
Tuttavia sulla porta non c'è James, noti con delusione, ma Kirk – che, a giudicare dall'atteggiamento, si vorrebbe trovare a kilometri di distanza da lì.
Ma non altro, a differenza dell'ultima volta non sembra sull'orlo di una crisi di nervi, ripensi con un pizzico di sollievo.
Gli fai cenno di avvicinarsi mentre l'infermiera chiude la porta per garantirvi un minimo di privacy.
Tuttavia, a giudicare dalla sua espressione, ciò che reca sono tutto tranne che belle notizie.
"Ecco, so che sarebbe dovuto venire James, ma..."
  "Ma?" domandi, mentre lo guardi aprire la borsa a tracolla che ha con sé, tirandone fuori una busta spiegazzata.
Te la rigiri tra le mani, notando che è chiusa.
"Non l'ho aperta, James me l'ha data già chiusa" spiega timidamente il chitarrista.
"Lo so, non saresti il tipo" rispondi, per poi aprirla e scorrerla rapidamente.

"Cliff, scusami.
So che sarei dovuto venire io, e l'inferno sa che l'ho fatto, mentre ti scrivo questo biglietto sono chiuso in macchina, davanti a questo fottuto ospedale, ma non riesco a trovare il coraggio di alzare il culo e venire da te.
Se potessi, sai che lo farei, amico. Ma ci sono cose che non riesco ad affrontare, non così.
Pensavo di aver solo bisogno di più tempo ma, evidentemente, mi sbagliavo.
Perdonami,
James"

Rivedere quella scrittura così familiare ti conforta, a differenza di ciò che c'è scritto.
Inoltre, noti, il foglio in alcuni punti è bagnato, e l'inchiostro è leggermente sbavato in corrispondenza di essi.
Lacrime, realizzi con una stretta al cuore.
Il mio ritorno deve averlo colpito in maniera persino peggiore di quanto non mi aspettassi.
E, sommando il tutto alla già preesistente paura dell'abbandono, ha senso che abbia reagito così.
Fa male, fottutamente male, ma ha senso.

Senti una mano poggiarsi gentilmente sulla tua spalla e ti rendi conto di star piangendo.
Kirk non dice niente, si limita a carezzarti la spalla per poi sospirare e ti rendi conto che probabilmente non aveva nemmeno bisogno di leggere la lettera per sapere cosa ci fosse scritto. Ci è stato dieci anni in più di te, lo sa.
Lui lo sa, e tu no.
Dieci anni di vuoto e ancora non lo sapevi, limitandoti a sperare che per James ci sarebbe voluto solo un po' più di tempo.
Come se il tempo guarisse davvero le ferite.



Angolo Autrice: Siamo giunti a metà della storia e persino in anticipo rispetto a quando pensavo di pubblicare, consideratelo il mio regalo, buon Natale!
Il titolo del capitolo è una canzone degli AS IT IS, il titolo è Silence (Pretending it's so comfortable).
Come sempre ringrazio Kim WinterNight per il feedback!

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Capitolo 11
*** Could you be there, 'cause I'm the one who waits for you ***


...And Justice For All

Could you be there, 'cause I'm the one who waits for you – Potresti essere qui, perché sono quello che ti aspetta





Dopo quel biglietto, non trovi alternativa se non quello di metterti l'animo in pace: non verrà, non ne ha il coraggio.
E nonostante tale consapevolezza abbia smesso di far male al di là dell'immediato, il tuo animo vorrebbe urlargli che è un codardo.
Eppure, sai che non hai alcun controllo sulla situazione, esattamente non lo ebbe lui quella maledetta mattina, seduti sul sedile posteriore dello scalcinato furgone con cui lasciaste Dave alla fermata.
E l'idea che la situazione odierna sfugga a qualsiasi forma di controllo razionale è sempre più radicata in te al punto che, se non hai accettato la sua reazione, quantomeno ti ci sei rassegnato.
Hai poggiato la busta con la lettera sul comodino ed ogni tanto ti sorprendi a guardarla di nuovo, come se sperassi che le lettere possano scomparire, dissolversi e formare nuove parole, nuove frasi, in cui esprime il contrario di ciò che è scritto.
Che ti voglia vedere, che voglia starti accanto, esattamente come hai fatto tu in quell'infame mattina dell'83.

Eppure, nonostante tutto, aspetti ancora.

La porta si apre, qualche giorno dopo, durante l' orario dei visitatori, mentre hai gli occhi semichiusi e sei immerso in uno stato di dormiveglia.
Ironico, pensi, a quanto la mia vita ultimamente sia scandita da questo suono.
Porte che si aprono, porte che si chiudono.
Infermieri, amici, familiari, sconosciuti: tutti passano sotto la stessa porta, indistintamente se per entrare o per uscire.

La tua riflessione viene interrotta dai passi nervosi di, beh, chiunque sia appena entrato.
Non è un infermiera, dato che sono solite entrare almeno in due, e non è affatto raro sentirle borbottare osservazioni sui valori, pressione e simili, ma anche di osservazioni sullo stato dei pazienti. Invece lo sconosciuto, chiunque sia, rimane in completo silenzio e ne senti solo i passi pesanti scricchiolare sul linoleum.
Non è tuo padre, perché ti avrebbe già rivolto la parola – o quantomeno ci avrebbe provato, indipendentemente dal fatto se stessi realmente dormendo o meno – e lo stesso avrebbero fatto Kirk, Lars, e forse persino Jason.
No, lo sconosciuto pare realmente credere che stai dormendo.
Probabilmente tra poco mi troverò un cuscino sulla faccia e la mia vita sarà finita di nuovo – che modo miserabile di andarsene, pensi.

Lo senti aggirarsi per la stanza senza parlare, e sei sul punto di urlare per la frustrazione "Senti, chiunque tu sia, uccidimi e vattene!" – e sarebbe sicuramente un bel passo avanti per le tue corde vocali – ma ti limiti a borbottarlo all'indirizzo di chiunque sia entrato.
"Perché dovrei farlo?" replica, e al sentire il suono di quella voce, improvvisamente e terribilmente familiare, spalanchi gli occhi.

James Hetfield. O meglio, ciò che ti appare davanti sembra più l'ombra del suddetto. Ha i vestiti spiegazzati, i capelli corti sporchi e spettinati e l'aria di non avere assolutamente idea di come abbia fatto ad arrivare lì, a giudicare dall'andatura incerta.
E ciò è abbastanza per farti rizzare a sedere di scatto, improvvisamente all'erta.
"Cliff" replica guardandoti, come se ti avesse riconosciuto solo ora.
"James" rispondi, cercando di suonare cordiale, nonostante ci sia qualcosa di evidentemente sbagliato in tutto ciò. "Non pensavo saresti venuto."
"Beh, sì, ecco - credo di avercela fatta, a tenere il tutto sotto controllo e a venire" replica, sedendosi a fatica sulla sedia e togliendosi la giacca, ed il tuo naso coglie istantaneamente una zaffata di alcol, sentendo la nausea risalire.

Tenere tutto sotto controllo? Di cosa sta parlando? ti domandi, ma decidi che la cosa migliore sia andare dritto al punto.
"James, che cosa è successo?"
"Negli ultimi dieci anni, intendi? Sarebbe più facile dire cosa non è successo, santo cielo" replica, passandosi la mano fra i corti capelli biondi. Ora che lo guardi da vicino, oltre all'odore di alcol noti che anche i suoi occhi sembrano diversi: appaiono... sbiaditi, le pupille sono dilatate e la sua espressione è distante, come se non fosse neppure razionalmente lì.
"Provaci" replichi, nonostante una parte di te non sia del tutto sicura di voler sapere.

"S - Sì, ecco. Come ti avranno detto abbiamo assunto Jason durante il tour – era passabile, credo. Poi abbiamo iniziato a lavorare su Justice, ma le linee di basso non erano giuste, quindi le abbiamo aggiustate. Non era come doveva essere, ecco. E poi abbiamo fatto il tour... ma nel '91 c'è stato quell'incidente, ti ricordi, eh?"
"Che...- che incidente?" replichi, sentendo la gola seccarsi e lo vedi indicarsi il gomito, dove spicca una cicatrice attorno a un segno di bruciatura ed un tatuaggio che non ricordi.
"L'incendio, a Montréal, ho quasi preso fottutamente fuoco" fa una pausa, ridacchiando come se trovasse una sorta di contorto divertimento in esso. "Ma mi hanno rimesso in sesto, circa, c'è stato un grosso casino... Jason si è preso l'incarico di cantare e alla fine credo sia andato bene così. Abbiamo lavorato al Black Album e lo stile non era più lo stesso, ma Bob Rock è riuscito a farlo funzionare, ecco. E quest'anno è uscito Load... – ma probabilmente te lo avranno già detto."

A termine di tale sconclusionato racconto sei sempre più confuso.
L'incendio? Cos'è successo con lo stile? E poi, chi era Bob Rock?
Tuttavia, di tutto quel fiume di parole, il fatto che abbia bevuto ti appare terribilmente chiaro, perché l'avevi già visto troppe volte, già al tempo in cui vivevate ancora insieme, ed una bottiglia di whisky scadente era abbastanza per divertirsi.
Eppure... stavolta non c'era divertimento, nel suo tono, ma solo disperazione.
Sta bevendo per dimenticare, realizzi.

Esali un sospiro, cercando di soffocare quanto più ti è possibile le lacrime che premono contro le palpebre.
Non è il momento per piangere, ti ripeti, decidendo di spostarti su un terreno più neutro.
"Un cambiamento di stile?" replichi "In che senso?"
"Nel senso che abbiamo cambiato genere, circa, ecco" risponde scrollando le spalle.
"Non capisco... – non abbiamo sempre fatto la stessa cosa, ovvero metal?"
"Beh, a quanto pare no!" replica alzando improvvisamente il tono.
"Che significa...?" domandi ancora.
E, in quel momento, commetti l'errore di alzare lo sguardo su di lui, e non fai in tempo a reagire che ti ritrovi le sue mani strette intorno alle tue spalle, mentre ti fissa con aria furibonda.
Pessima scelta.

"Ma tanto tu che ne vuoi sapere, eh? Tu non hai fatto altro che dormire, dormire fottutamente mentre noi ci occupavamo di portare avanti la tua fottuta eredità! Eh, come ci si sente?" ringhia, serrando ancora di più la presa attorno alle tue spalle "COME CI SI SENTE?!"
"Non... non lo so" bisbigli, mentre senti la disperazione montarti nel petto, stringerti il cuore con dita di ghiaccio.

Lo stesso ghiaccio sotto cui credevi di essere intrappolato, e che ora si sta spezzando e crepando solo per rivelarti una realtà ben peggiore, una realtà in cui non riconosci più neppure le persone che credevi ti fossero ormai familiari.

È vero, ti ripeti, tu non eri lì con loro durante quei dieci anni, non hai alcun diritto di stupirti di cambiamenti che dovrebbero essere normali, eppure che per te non cessano di apparire dolorosamente estranei.

Rimani in silenzio mentre le lacrime montano, la sua stretta ancora sulla vestaglia da ospedale che indossi ed il battito del tuo cuore talmente fragoroso da coprire persino il fischio sempre più assordante dei macchinari, finché la porta non si spalanca, James ti lascia improvvisamente andare – gli occhi fissi e spaventati – ed entrano due infermiere di corsa.
Collassi contro i cuscini, il fiato improvvisamente corto come se ti avesse portato via tutto l'ossigeno.
"Tu, che cosa ci fai qui? Non hai il pass dei visitatori!" esclama un'infermiera fulminando il cantante.
"Cliff, lo conosci?" domanda l'altra, controllando freneticamente i valori sui macchinari.
"S-Sì, lui è un amico." borbotti esausto.
Tuttavia, non deve suonare molto convincente nel momento in cui una delle due annusa l'odore di alcol proveniente da James e fulmineamente compone un numero.
Questo non prevede nulla di buono, realizzi con gli ultimi barlumi di lucidità guardando il cantante che, dopo essere stato interrotto, ha assunto l'aria innocente di chi è capitato lì per caso.

L'ultima cosa che vedi prima che la tua coscienza si spenga è James che, ubbidentemente, si fa scortare fuori, ed una cortina di nero inchiostro che cala sulle tue palpebre esauste, sfumando ogni immagine ed ogni ricordo nel vuoto.



Angolo Autrice:
Ma buonsalve e buon 2021! E con questo capitolo, con il titolo tratto da The Unforgiven II, si apre finalmente il fulcro della storia, un pezzetto alla volta!
...Ed ecco intanto il confronto definitivo – e definitivamente fallito (o forse no?) con il cantante.
James ha dato alcune informazioni utili, ma tutto ha un prezzo e adesso resta solo da affrontarne le conseguenze *nel frattempo va a piangere in un angolino buio perché ha dovuto tormentare i personaggi per averne Angst*
Il prossimo capitolo uscirà il 12 gennaio!

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Capitolo 12
*** So low the sky is all I see ***


...And Justice For All

So low the sky is all I see – Così in basso che il cielo è tutto ciò che vedo





Voci
È la prima cosa che senti quando la tua coscienza ritorna appena in superficie.
Le senti, ma non hai idea di cosa dicano finché non ti concentri abbastanza da afferrare ogni suono, ogni parola come una corda per uscire dall'incoscienza.

Ha subìto un crollo nervoso...
Sicuramente troppo stress...
Un'infezione... Controlla i valori... Il suo battito cardiaco è stabile...


Non capisci cosa stiano dicendo, e non ti è chiaro perché sia così difficile aprire gli occhi, mentre senti il tuo intero corpo addormentato e pesante, talmente pesante che potrebbe oltrepassare il materasso, il pavimento e finire sotto terra.
Sarebbe bello.
Vedere tutto il mondo da sotto, il cielo sopra di te, le persone che vanno e vengono, felicemente ignare... Forse solo allora riusciresti a dormire, perché ne senti il bisogno, il tuo stesso corpo ti urla di arrenderti, di smettere di pensare...
Eppure senti che c'è qualcosa che impedisce alla tua coscienza frammentata di spegnersi nuovamente, di disconnettersi dal casino che sei in questo momento, qualcuno che ti parla con voce rassicurante, che sa di casa.

"Cliff?"
È il tuo nome, l'unica cosa di cui sei sicuro in questo frangente, anche con la mente che sta andando alla deriva.
Una certezza, qualcosa di stabile. Un'àncora.
"Mi senti?"
Lo senti, sì, ma non riesci a raccogliere nemmeno la forza per aprire le palpebre, perciò ti limiti a borbottare qualcosa di inintellegibile, per dare un segno che ci sei, che lo stai ascoltando.
"I dottori dicono che hai un'infezione, probabilmente causata dallo stress" lo senti sospirare "Ti hanno somministrato un sedativo – ecco perché probabilmente ti senti stordito – e degli antibiotici. Ma starai bene."
Taci, pur sentendoti rassicurato da tali parole.
Starai bene. Il tuo cuore non si fermerà.
"Inoltre... mi hanno raccontato cos'è successo con James. Da come l'hanno descritto doveva essere in condizioni, beh, difficili."

A quella menzione gli eventi degli scorsi giorni si riversano su di te con la forza di un fiume in piena, portando il tuo cuore a battere più velocemente, ed il fastidioso suono proveniente dai macchinari a ricominciare.
Improvvisamente, ricordi tutto: il biglietto, il suo aspetto distrutto, il discorso farneticante che ti ha fatto... Ogni singolo dettaglio.
E la tua colpa.
Di averli abbandonati, di non essergli stato vicino, in ogni giorno, per dieci interminabili anni.

A tale pensiero la tua lingua, da impastata che era, improvvisamente riesce a formulare una risposta.
"È stata... colpa mia."
Ed è vero.
Tu l'hai provocato, domandandogli del cambiamento, di ciò che era successo, ben sapendo che stavi toccando una ferita mai del tutto sanata, e che alla tua domanda – solo apparentemente innocente – ha ripreso a sanguinare ancor più velocemente di quanto non avesse fatto in tutto quel tempo.

"No. Non è stata colpa tua. Le infermiere che erano presenti mi hanno raccontato che era completamente ubriaco, non ragionava..."
Sospiri, senza avere la forza di rispondere.
"Non devi preoccuparti" continua tuo padre passandoti una mano tra i capelli "Da un certo punto di vista, è un bene che sia successo."
"P-Perché...?" replichi faticosamente, mentre senti le parole morirti in gola.

Come può essere un bene?
Come può essere un bene averlo visto autodistruggersi, bere per non ricordare ciò che è successo? Come può esserci qualcosa di anche solo lontanamente positivo?

"È sempre stato abbastanza orgoglioso per non mostrare la parte di sé più vulnerabile a chiunque. Il fatto che l'abbia fatto con te vorrà dire sicuramente qualcosa, no?"
Annuisci, capendo il punto ed effettivamente è vero. Sei stato l'unico a restargli accanto quando Dave fu cacciato e l'unico con cui si sia lasciato andare, a riguardo.
"Dici... che starà bene?" domandi aprendo gli occhi.

Eppure, una volta formulata, non sei più così sicuro di voler conoscere la risposta.
"Non lo so. Questo... ci ha colpiti tutti quanti, a diversi livelli e probabilmente lui l'ha presa peggio di tutti. Ma fortunatamente la sua reazione, per quanto fuori luogo, non gli è costata un'allontanamento permanente. Quindi la prossima volta, se se la sentirà, verrà accompagnato da Lars o Kirk. Ma dobbiamo dargli tempo."

Tempo.
Darsi tempo.

Un concetto che per te non ha più alcun senso di essere, dal momento che hai perso dieci anni interi della tua vita – non ora senti l'urgenza disperata di ricostruire tutto quel tempo perduto, e ti appare insopportabile sprecare anche solo un briciolo di esso, alla luce di quanto hai scoperto di aver lasciato indietro.
.


Angolo Autrice: Ma salve! In questo capitolo ecco le già citate conseguenze di quanto detto e fatto nello scorso capitolo.
Il titolo del capitolo è tratto da Low man's lyric dei Metallica, e si adatta piuttosto bene all'umore generale, ma purtroppo il treno delle conseguenze non ha ancora finito la sua corsa.
Inoltre, ho deciso di spostare gli aggiornamenti di questa storia da ogni dieci a ogni cinque giorni, quindi ci rivediamo la prossima settimana, il 17 Gennaio!
Se vi piace lasciate una recensione, lo apprezzerei~ grazie!

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Capitolo 13
*** Sick of coming undone ***


...And Justice For All

Sick of coming undone – Stanco di cadere a pezzi





Non c'era sorpresa nell'espressione di Kirk Hammett quando aprì la porta, trovandosi di fronte James, in uno stato che avrebbe definito ai margini del disastroso. Tuttalpiù una vaga traccia di irritazione per essere stato svegliato nel cuore della notte, ma null'altro.
E, a giudicare dall'aspetto dimesso dell'altro, e dal forte odore di alcol, doveva essere una di quelle notti, di come se ne erano già riproposte troppe da che lo conosceva.
"Scusami, so che è notte fonda e forse stavi dormendo ma non sapevo cosa fare, dove andare, e quindi ho pensato che venire da te fosse la soluzione migliore..."
Alzò stancamente una mano per fermare il profluvio di parole del biondo "Che cosa è successo?"
Tuttavia, di fronte a una domanda così semplice e così neutrale, l'ultima cosa che si sarebbe aspettato erano gli occhi del cantante che si riempivano di lacrime.
"Ho fottuto tutto, Kirk. Ho bisogno di aiuto."
Non rispose, semplicemente si scansò e lo lasciò entrare in casa.

Venti minuti dopo erano seduti uno davanti all'altro, davanti a due bicchieri di acqua, dato che Kirk si era categoricamente rifiutato di tirare fuori qualcosa di più forte, nonostante ne sentisse disperatamente il bisogno – in particolar modo dopo aver ascoltato il frammentato resoconto di James sul suo incontro con Cliff.
Tuttavia tale assenza di bevande alcoliche pareva aver fatto stare meglio il cantante che, man mano che procedeva nel racconto pareva più lucido, eppure non meno disperato.
Il suo tono si era via via spento, fino ad arrivare ad un sussurro spezzato.

Kirk si passò le mani sul volto, elaborando l'intero riassunto riportatogli, per poi imprecare a bassa voce. Non si aspettava che James si presentasse davvero da Cliff, ed il fatto che l'avesse fatto, unito alla conclusione del racconto, significava soltanto che il bassista poteva aver elaborato il tutto in maniera molto più negativa di quanto non si sarebbe augurato Kirk.

"Dì qualcosa." replicò improvvisamente James passandosi il bicchiere vuoto da una mano all'altra.
"Che vuoi che ti dica?"
La replica calma del chitarrista era coperta da un fine velo di sarcasmo dato che, a conti fatti, non c'era modo per rassicurarlo circa il non aver gestito bene il tutto, ricadendo nell'ovvietà che non c'era più nulla da dire.
Del resto, James era sempre stato un disastro nel gestire situazioni così delicate, al punto che persino le parole abrasive di Lars talvolta erano più sincere, nella loro totale incuranza dei sentimenti altrui.
"Che adesso se si darà la colpa di tutto sarà per colpa mia" gemette, abbassando la testa "Non ho potuto evitarlo con lui... e nemmeno con te, da dieci anni a questa parte."

Suonava... sconfitto, realizzò Kirk, e non doveva essere affatto facile per un tipo orgoglioso come James, arrendersi ed ammettere di avere torto.
Scosse la testa la testa per poi prendere un sorso dal bicchiere "Non riguarda più me la questione. È passato, okay? Non voglio rivangare, qui si parla di Cliff, adesso."
James non rispose, le spalle improvvisamente curve e una mano davanti alla bocca come se potesse aiutarlo a trattenere ciò che aveva già detto.
Kirk distolse lo sguardo, portandolo sul tavolo "Comunque non penso che hai fottuto tutto. Forse avresti dovuto prendere un po' più di tempo, ma credo che al di là dello choc, credo che a Cliff abbia fatto piacere vederti."
"Ne sei sicuro?" domandò James, una pallida speranza che brillava nei suoi occhi arrossati.
"Penso proprio di sì, ed anche se non fosse così troverà un senso a tutto." replicò il chitarrista con un sorriso "Starà bene, fidati."
"Lo spero dav–..."
Non fece in tempo a concludere la frase che squillò il telefono, rompendo quel silenzioso incantesimo che aveva regnato nella stanza sino a quel momento e scaraventandoli entrambi di nuovo nella realtà.

"Pronto...–" iniziò Kirk, per poi venire interrotto dall'interlocutore.
"Pronto! Kirk, senti, amico, ho notizie su Cliff ed è urgente: sei a casa? Posso venire?"
La parte razionale del cervello del chitarrista elaborò a fatica quella valanga di parole.
"Lars?" domandò.
"No, Cenerentola! Certo! Allora, sei a casa? Perfetto, monto in macchina e arrivo!"
Kirk riagganciò confuso, e non solo per l'ora tarda, per poi voltarsi verso James, che non si era mosso dal tavolo.
"Viene pure Lars. Dice che ha notizie su Cliff" disse.
"Oh cazzo..."



Angolo Autrice: Ma salve, ed eccoci di nuovo con la prospettiva dei Metallica uwu
Il titolo è tratto da una canzone dei Citizen Soldier, Never Good Enough. Ho cercato di dare, con questo capitolo, una rappresentazione se non fedele, quantomeno credibile, dei vari stati d'animo e spero la fic risulti appassionante fino ad ora~ se vi piace lasciate una recensione ^^

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Capitolo 14
*** And in the end we're all on our own ***


...And Justice For All

And in the end we're all on our own – E alla fine siamo tutti da soli





La prima cosa che Lars vide, quando il chitarrista gli aprì la porta, fu la sua espressione stravolta, gli occhi arrossati e le occhiaie sotto di essi. Ma non del tipo 'svegliato nel cuore della notte', più come se fosse successo effettivamente qualcosa.
"Kirk, scusami per l'ora, ma questo non poteva aspettare" esordì facendosi avanti, senza nemmeno attendere che gli aprisse completamente la porta.
"Non ti preoccupare" replicò, guidandolo in salotto, dove James non si era ancora mosso dalla posizione in cui era, sembrando quasi una marionetta coi fili rotti.
"James?" domandò il batterista "Non mi aspettavo di trovare anche te."
"A quanto pare..." replicò stancamente facendo spallucce.
Sembrava distrutto, esattamente come Kirk, e Lars iniziò a domandarsi che diavolo fosse successo.

"Comunque, hai detto che hai notizie su Cliff, vero?" domandò Kirk porgendo un bicchiere d'acqua al batterista e facendogli segno di sedersi.
"Esatto, mi ha chiamato Ray, dicendo che ha un'infezione da stress o qualche cosa del genere, non ho capito bene..." replicò appoggiandosi alla sedia.
A quella risposta gli altri due si scambiarono un'occhiata che non sfuggì a Lars, dato che improvvisamente il cantante si era fatto bianco come un cencio lavato.
"...È successo qualcosa che non so?"
"È complicato" replicò Kirk in tono cauto, spostandosi tra i due e guardando James come se cercasse una conferma.
"Forse è meglio che ti siedi" continuò quest'ultimo indicandogli la sedia.


"È uno scherzo" replicò un Lars ormai sull'orlo di una crisi di nervi dopo che James aveva concluso il suo racconto.
Era la quarta volta che ripeteva tale affermazione, eppure non riusciva a fare null'altro che restare seduto a fissare il cantante che, dopo aver finito di raccontare aveva inchiodato lo sguardo sul pavimento – quasi a desiderare che il suddetto si spalancasse e lo facesse scomparire nelle viscere della terra.
Dio, sarebbe stato certamente meno imbarazzante.

"Temo di no" articolò a fatica James, senza riuscire ad alzare lo sguardo.
"Hai detto bene, prima, hai fottuto tutto" replicò Lars, passandosi i palmi sugli occhi. "Non hai detto niente, santo cielo..."
"Non pensavo che portasse a...–"
"Cosa? COSA, EH? Tu non hai pensato AFFATTO!" esclamò alzandosi in piedi di scatto e piazzandosi di fronte al cantante. "Non hai detto NIENTE a nessuno della tua idea del cazzo e poi succede questo!"

Kirk rimase in silenzio, preparato per l'ennesima sfuriata del batterista, salvo poi sgranare lo sguardo quando lo vide afferrare il cantante per la maglietta e scrollarlo come se fosse stato una bambola di pezza.
Ed il risultato sarebbe stato anche abbastanza comico, dato che James era più alto di Lars ed anche più muscoloso, se non fosse stato per l'espressione assolutamente distrutta del primo.
"Lars..." tentò di dissuaderlo Kirk mentre continuava a vomitare improperi e minacce all'indirizzo del cantante.
"Fock! Questo coglione... Skidespræller* !"
"Lars, per quanto sai che mi piacerebbe lasciartelo ammazzare poi sarebbe un casino ripulire dal sangue quindi, per favore, lascialo" replicò "Anche perché ci serve ancora vivo."
Alla fine il batterista dopo un altro paio di insulti all'indirizzo del cantante si decise a lasciarlo andare, guardandolo riafflosciarsi sulla sedia per poi sedersi a sua volta.
Per un momento nessuno parlò, nonostante Lars schiumasse ancora di rabbia.

Cadde un silenzio pesante e vischioso, come una rete da pesca che li intrappolava tutti, volenti o meno, sotto di essa e rendendoli preda dei loro pensieri più cupi.


"Sapete che cosa penso?" domandò James a bassa voce, rompendo la quiete.
"Cosa?" replicò Kirk mordendosi il labbro.
"A come sarebbero andate le cose se dopo l'incidente non avessimo proseguito, ecco insomma, se ci fossimo sciolti."
"Perché avremmo dovuto? Sai perfettamente che il desiderio di Cliff era quello che proseguissimo" replicò Lars in tono pericolosamente calmo.
"Lo so, ma –"
La frase di James fu interrotta da un manrovescio del danese, che si era alzato in piedi e ora torreggiava sopra il cantante.
Quest'ultimo boccheggiò e si portò una mano alla parte lesa, il colpo talmente forte da avergli fatto uscire alcune gocce di sangue dal naso – e che adesso gli colavano lentamente sul labbro.
"Maledetto idiota!" sibilò Lars "È a questo che è valso ogni fottuto desiderio che abbiamo espresso da quando è caduto in coma e durante questi – dieci – fottuti – anni...??" continuò abbassando la testa e chinandosi sul cantante.

Kirk si alzò di scatto, temendo un'altra sfuriata, ma rimase sorpreso quando vide il batterista fare un passo indietro e prendersi la testa tra le mani.
"E lo sai qual è la cosa peggiore? Che se Cliff ti sentisse lo... odierebbe!" continuò, la voce che si spezzò orribilmente sulle ultime parole, per poi collassare nuovamente sulla propria sedia.
James prese un respiro agitato per poi spostare lo sguardo su Kirk, che si era inginocchiato tra di loro: gli occhi del chitarrista erano lucidi ma fermi, mentre li osservava entrambi in silenzio e fu improvvisamente grato per il fatto che fosse l'unico a non aver ancora perso la calma, il suo raziocinio era una benedizione in quei momenti.

"Sentite..." iniziò Kirk, spostando lo sguardo sul batterista, che continuava a tenere il viso sepolto tra le mani, le spalle che tremavano leggermente. "So che è difficile, ma non aiuteremo Cliff standocene qui a recriminare su quello che è già successo"
Il silenzio che seguì le sue parole dovette suonargli come un segno di assenso per continuare.
"Non importa se siamo spaventati per lui, o se siamo frustrati perché è tutto così dannatamente sbagliato... Siamo ancora qui e possiamo andare avanti" concluse, cercando di mantenere nel tono una parvenza di ottimismo.
"È vero. Adesso abbiamo Jason..." replicò James spalancando gli occhi di scatto, come se avesse avesse appena realizzato qualcosa di molto importante. "Dobbiamo chiamarlo e dirgli come sta, credo... credo lo vorrebbe sapere."
Gli altri annuirono, per poi restare in silenzio.
Tuttavia il silenzio che calò questa volta era molto più confortevole, con una sorta di cameratismo insito in esso che li avvolse.

"La realtà è che siamo rimasti da soli, non mentiamoci..." disse Lars dopo qualche istante, poggiando le braccia sul tavolo per poi sospirare "Solo noi. Solo i Metallica."
Kirk si voltò verso il batterista, inarcando un sopracciglio mentre elaborava il tutto.
Ed aveva senso.
Aveva terribilmente senso, considerando la sua reazione precedente.
Lars non avrebbe mai lasciato che i Metallica si sciogliessero, perché erano il suo lavoro, la sua identità. Erano tutto ciò che aveva, e aveva il diritto di essere terrorizzato all'idea di perderli, al di là dei desideri di Cliff.
Specialmente considerando che tale proposta veniva da James.

Doveva suonare terribilmente simile a un tradimento, e non molte persone avevano l'ardire di tradire la fiducia di Lars, per quanto ingenuo potesse essere.


*in danese "Skidespræller" dovrebbe essere l'equivalente del nostro "cazzo!"




Angolo Autrice: Ma salve e bentornati alla fiera dei feels!~
Kirk, poveretto, tenta di essere positivo e di non lasciare gli altri a recriminare sugli errori commessi, ma chissà se servirà.
Il titolo del capitolo è di una canzone degli Harem Scarem, Here Today Gone Tomorrow.
Come sempre, il prossimo capitolo uscirà la prossima settimana, ringrazio chi si fermerà a recensire ^^

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Capitolo 15
*** Only hope can keep me together ***


...And Justice For All

Only hope can keep me together – Solo la speranza mi può tenere insieme





Passata una settimana, inizi a sentirti meglio. O meglio, è passata una settimana perché hai tenuto il conto dei giorni, altrimenti non ne avresti idea.
E lo stesso sarebbe per l'ora, se non fosse per quel grande orologio appeso alla parete, il cui monotono ticchettio è l'unico suono che riempie la stanza.
Ti senti rinchiuso in un guscio, in una bolla che si fa sempre più opprimente man mano che i giorni scorrono.
Sei ormai sul punto di impazzire, guardando tutto il tempo che passa, ma senza potervi prendere parte, senza poter fare null'altro che stare seduto o sdraiato.
Seduto o sdraiato, comunque che differenza fa se non sei ancora in grado di alzarti in piedi?

Ti senti sempre comunque una pianta, intrappolata in un vaso sempre più stretto – e la tua unica, minuscola conquista è stato riuscire a mangiare nuovamente da solo senza sentirti soffocare dai conati.
Sorridi appena, pensando che per quanto il cibo dell'ospedale non sia un granché, è comunque meglio del tubicino che ti nutriva nelle scorse settimane.
E, a voler trovare a tutti i costi un lato positivo nella vicenda, puoi ammettere che finora hai avuto molto tempo per pensare: a te stesso, alle persone che hai intorno, al tuo passato e al tuo futuro – ammesso che te ne resti uno, ma i dottori sono stati sufficientemente positivi al riguardo, specialmente da quando ti hanno interrotto gli antibiotici.
Ormai hai analizzato il passato, il presente e tutto ciò che hai vissuto fino ad ora, qualsiasi cosa che risalga a ciò che razionalmente ricordi: tutto pur di unire i punti con quei dieci anni di vuoto, per tentare di comprendere le reazioni dei tuoi compagni e ciò che ti sta accadendo attorno.
I racconti di tuo padre, quelli di Lars e degli altri, ti hanno aiutato, ma non riesci a scuoterti di mezzo l'idea che essi siano incoerenti, come se mancasse ancora qualcosa.
Come un puzzle a cui mancano ancora dei pezzi, ed essi sono sparsi chissà dove.

Tuo padre, il giorno prima, ha esaudito la tua richiesta e ti ha portato, con il beneplacito dei medici, delle cuffie, alcuni dischi dei Metallica e un aggeggio per ascoltarli.
Analizzi i tre CD che ti ha portato, chiusi in piccole confezioni quadrate: il primo raffigura una statua di una donna bendata con in mano una bilancia, ed è chiamato "...And Justice For All", il secondo è completamente nero, se non per la scritta "Metallica" appena visibile in un angolo e il logo di un serpente in quello opposto, e non riporta alcun nome. Se non ricordi male, è quello che Jason ha definito come 'semplicemente diverso' ed ora ti appare chiaro il perché, già solo guardandolo.
Il terzo è chiamato "Load", e in copertina ha delle strane macchie rossastre che ricordano del sangue ed è il più recente, stando ai loro racconti è uscito quello stesso anno.
Inserisci quest'ultimo e ti infili le cuffie.


Il giorno dopo, viene a trovarti Lars: ha sulle spalle una grossa custodia, che ti ritrovi ad occhieggiare curiosamente finché non tira fuori da essa il tuo basso, mostrandotelo.
"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo" replica, avvicinandosi e poggiandolo sul letto accanto a te.
"Lo avete conservato... per tutto questo tempo?" domandi, sentendo la tua voce incrinarsi mentre passi le dita sul corpo del basso, carezzandolo piano.
"Mh-mh" grugnisce Lars in segno di assenso. "Un paio di volte James ha ventilato l'idea di venire qui e suonarti qualcosa... suonare talmente male che ti saresti voluto svegliare solo per fermarlo, come farebbe un incapace."

A sentire ciò scoppi a ridere, per poi interromperti di scatto a causa del dolore ai muscoli addominali, nonostante i dottori ti abbiano ripetuto che per quanto ciò possa risultare doloroso ti fa bene – anche se nulla ti avrebbe fatto stare meglio di vedere tale scena dal vivo.
"Lo avrebbe fatto davvero, conoscendolo" replichi, ignorando l'espressione leggermente allarmata del batterista.
"Sarebbe stato capace di rompere le corde una dopo l'altra e legarle alla bell'e meglio..."
"...Ma non lo avrebbe mai fatto con la sua chitarra" concludi la frase con un sorrisetto. "Solito."
"Già, solito."
Quella breve interazione, per quanto semplice, ti rassicura sul fatto che certe cose non cambieranno mai – e forse è meglio così.

Tuttavia la preoccupazione per il suo stato dopo la vostra ultima, disastrosa interazione permane, alché domandi "Lars...?"
Il batterista si limita a guardarti, lo sguardo allertato, ma non replica.
"Devi sapere che James...–"
"Lo so" ti interrompe "Me l'ha detto lui. E vorrei ancora strangolarlo, santo cielo."
Non ti stupisci di nessuna delle due cose, effettivamente.

"È passata una settimana, come...– come sta?"
"Come vuoi che stia... È un fottuto disastro."
"Lo so. Posso chiederti di tenerlo d'occhio? Perché sai che vorrei fare lo stesso, se solo non fossi bloccato qui." replichi con un sospiro colmo di frustrazione.
"Non posso garantire nulla, ma ci provo" risponde sbuffando.
"Grazie amico."
Lars annuisce piano e ti ritrovi a fissarlo con gli occhi sbarrati "Hai appena accettato un ringraziamento...?"
"Vai a cagare, Cliff!" replica ghignando e dandoti una pacca sulla spalla.
Tuttavia, il suo sguardo cambia quando sotto le dita percepisce nitidamente l'osso della scapola e legge sul tuo viso una smorfia di dolore a stento trattenuta. Passano una manciata di secondi prima che ripoggi gentilmente le dita sullo stesso punto.
Accetti quella scusa silenziosa, del resto conoscendo l'indole di Lars era prevedibile e gli sorridi.

"Mio padre mi ha portato gli ultimi dischi che avete fatto."
"Avevo notato" replica.
"Avete fatto... beh, un bel cambiamento con quest'ultimo, suona quasi blues in alcune parti" ponderi, prendendolo e rigirandotelo tra le mani. "Mi ha ricordato Fade To Black, in alcune tracce – e inoltre sbaglio o James e Kirk hanno cambiato leggermente ruolo?"
"Probabilmente cambieremo ancora, abbiamo ancora del materiale avanzato" replica scrollando le spalle "Inizialmente l'idea era di fare un disco doppio. Comunque non sbagli, Kirk ha deciso di seguire il ritmo di James con alcune sue varianti."
"Mi fa piacere saperlo, davvero. È uscito qualcosa di bello." rispondi, per poi rilassarti di nuovo sui cuscini, e dopo qualche altro scambio di battute la voce del batterista, che continua a parlare di qualcosa, sfuma in lontananza, mentre ti abbandoni lentamente al sonno.





Angolo Autrice: Ma salve! Siamo ormai quasi nella seconda parte della storia, ma non è finita qui u.u anzi, è appena cominciata! È un capitolo di passaggio, ma non privo di qualche spunto, in attesa del prossimo (che contiene una piccola sorpresa~)
Il titolo è tratto da Message in a bottle, dei Police, mentre tutte le informazioni su Load (e tecnicismi vari), sono vere e le ho prese dai video di un ragazzo russo, Andriy Vasylenko, visto che io me ne intendo quanto un mietitrebbia ^^
Vi lascio qui il link al video in cui parla di Load e Reload: https://youtu.be/kRJQip-F7bg
(ho già detto che amo questi album? Insieme al Black Album sono i miei preferiti❤️)

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Capitolo 16
*** But now we go our separate ways ***


...And Justice For All

But now we go our separate ways – Ma adesso percorriamo strade diverse




"Mustaine."
Si voltò, riconoscendo la voce "Ulrich. Che sorpresa."
"Non pensavo saresti venuto davvero a trovare Cliff, quando mi hai chiamato" commentò, andando a sistemarsi vicino al tavolino dove Dave stava pranzando.

Era quasi ironico.
Tredici anni di silenzio, un muro di rabbia e rancore a dividerli, e poi quella telefonata, che nessuno dei due probabilmente sentiva come una buona idea.


"Eppure sono qui." replicò con un ghigno mostrando la targhetta che portava al collo e che lo identificava come visitatore "Tu?"
"Non è colpa mia se l'universo non è abbastanza grande per contenere sia me che il tuo ego nello stesso luogo" disse Lars, facendo un gesto che abbracciava l'intera caffetteria dell'ospedale dove si trovavano.
"Intendo, che ci fai qui? Non mi sembri malato, tranne che di mente, come al solito."
"Gli faccio compagnia – o da balia, credo sia la stessa cosa."
"Simpatico" mormorò il chitarrista aprendo una bottiglietta d'acqua e prendendone un sorso.
"Uh, acqua, facciamo progressi!" replicò Lars caustico "Sai Mustaine, mi hanno detto che il bere è l'anestesia con cui sopportiamo questa operazione che è la vita*."
L'altro scrollò le spalle e il batterista si sedette davanti a lui, studiandolo con aria inquisitoria.

Gli ci mancava il terzo grado, a questo punto.
"Stavi andando da lui?"
"Se ti levi di torno e mi lasci pranzare certamente sì." rispose, per poi prendere un morso del suo panino. "Ah, e non so chi cazzo li ha avvertiti, ma là fuori è abbastanza pieno di giornalisti. E per quanto mi piacerebbe siano lì per me, ma comunque..."
"Figli di puttana" replicò Lars passandosi una mano tra i capelli e guadagnandosi qualche occhiataccia da parte degli astanti "Da quando la notizia ha cominciato a circolare è difficile tenerli a freno, specialmente lontano da questa storia."
"Capisco. Comunque, sai come sta?"
Evitò di menzionargli il fatto che aveva saputo del suo risveglio grazie ad essi, lo avrebbe odiato – sia perché per una volta voleva saperlo da lui.

"Suo padre ha detto che ha avuto una brutta infezione, ma che grazie agli antibiotici sta meglio. Spero che quei giornalisti se ne stiano alla larga da lui, comunque. Sarebbe l'ultima cosa utile."
"I tuoi occhioni non sono abbastanza per metterli a tacere?" domandò prendendo un morso e sbattendo le ciglia con fare civettuolo.
Lars sbuffò "Io non sembro così coglione. Ah, e non so se ti hanno informato che esistono i tovaglioli" replicò, indicandogli il mento sporco di salsa.
"Fottiti, mi lasci mangiare?"
"Fai pure, allora" rispose "Ah e, Dave? Dopo... vacci piano con lui, okay? Non è ancora pronto a tutto." aggiunse, guardandolo con aria vagamente preoccupata.
Dave rimase stupito da tale raccomandazione, specialmente da parte di uno come Lars – noto per possedere l'empatia di un comodino – ma ingoiò una risposta sarcastica, limitandosi ad annuire, per poi finire di mangiare il suo panino.
Tuttavia sentì gli occhi del batterista puntati addosso finché non fu uscito dalla caffetteria dell'ospedale.


Quando apri gli occhi, infastidito dall'insistente bussare sulla porta realizzi due cose: la prima, che deve essere appena iniziato l'orario dei visitatori, e la seconda, che c'è un tizio roscio poggiato sullo stipite della porta che ti guarda con aria stupita e interrogativa insieme.
"Posso entrare?" domanda.
La sua voce tuttavia ti risulta sorprendentemente familiare e ti ritrovi ad annuire, mentre cerchi di ripescare dalle nebbie della tua memoria il suo nome.
Si avvicina per poi sedersi nervosamente sulla sedia vicino al tuo letto, evitando di guardarti.
"Allora... Lars mi ha accennato al coma e a tutto quello che è successo..." bofonchia, tirando fuori dalla tasca dei jeans un plettro e iniziando a giocherellarci "Non mi aspetto che ti ricordi di me, ecco..."
Tuttavia, quel plettro ti accende una scintilla nella memoria, notando il simbolo che c'è sopra. Il logo dei Megadeth.
"Dave" replichi piano, spostando gli occhi su di lui "Dave Mustaine."

Pare quasi sollevato al constatare che ti ricordi di lui.
"È... bello rivederti, Cliff." replica, cercando di non fissarti troppo insistentemente.
Il che, a conti fatti non dovrebbe sorprenderti, visto che probabilmente da un occhio esterno farai spavento. Sei appena consapevole di quanto puoi apparire smunto e smagrito, nonostante il fatto che hai ricominciato a mangiare cibi solidi.
L'imbarazzo in quella semplice constatazione tuttavia è palpabile, come una cortina calata su una realtà troppo cruda per essere accettabile, persino dopo anni.

"Senti io...–" replica, dopo qualche istante.
"Dave, non..."
"No davvero, ascoltami, perché ho bisogno di dirlo, dopo potrai pensarne ciò che vorrai!" esclama interrompendoti, alché taci.
"Io... mi dispiace che dopo anni mi sono presentato solo oggi, ma non ne ho avuto il coraggio – insomma, persino per venire ho dovuto chiedere a quel coglione di Lars! E fa schifo, okay? Cioè, insomma, dieci anni di coma e mi presento solo ora..." replica grattandosi il collo.
"Non importa" rispondi piano, pur con la voce venata di nervosismo "Cioè, davvero, mi fa piacere."
La realtà è che non ti aspettavi affatto che si palesasse, specialmente dopo i fatti dell'83 avrebbe avuto tutte le ragioni per non farlo affatto.
E certamente sarebbe stato più sincero di James, pensi con un pizzico di amarezza.

"Lo so, è che... diamine, a volte vorrei poter cambiare quello che c'è stato, ecco tutto."
Comprendi la sensazione: non siete mai stati particolarmente legati, eppure ora che siete stati separati a forza dagli eventi, rimane solo che il desiderio di poter cambiare i suddetti.
Di dargli un'altra forma, plasmandoli per cambiare se non i fatti, quantomeno il modo in cui questi si sono svolti.

"Non sono arrabbiato con te", continua "So quello che ho fatto, e avreste avuto comunque ragione, se... se potessi cambiare qualcosa di quel periodo correrei dagli Alcolisti Anonimi, entrerei in riabilitazione... Farei qualsiasi cosa pur di non perdervi."
Tale confessione ti spiazza, pur sapendola onesta, brutalmente onesta, perché di nuovo ricade tra le cose che non sai come gestire.

Ma al tempo, cosa avresti potuto dire a qualcuno che stava per perdere tutto, quando eri una delle cose che stava per perdere?

"Lo so, non darti una seconda possibilità è stata una decisione stupida" replichi.
"Sarebbe stato ancora più stupido sprecarla. Ma chi può dirlo" pondera, per poi poggiarsi contro lo schienale, le gambe accavallate "Tu cosa faresti se avessi un'altra possibilità?"

Molte cose, ammetti, a cominciare dagli inizi, troppi dettagli che cambieresti, anche se a conti fatti adesso essi ti appaiono tutti di minore importanza, secondari rispetto a due fatti che hanno influenzato la band più di qualsiasi altra cosa che ricordi, ovvero la turbolenta uscita di Dave dalla band e... l'incidente.
Per il primo, non sei sicuro se davvero potrebbe cambiare qualcosa: devi comunque ricordare a te stesso che il Dave che hai davanti agli occhi ha comunque tredici anni in più rispetto al ragazzo disastrato e perennemente ubriaco a cui eri abituato a pensare.
E, come lui stesso aveva ammesso, una seconda possibilità avrebbe potuto venire sprecata, al tempo. Avrebbe potuto anche solo ritardare l'inevitabile, considerando l'ego di Dave e le liti che avvenivano, inasprite dall'alcol.

Sull'incidente non sei ugualmente sicuro che una seconda possibilità avrebbe potuto davvero cambiare gli eventi: avreste dovuto non salirci affatto, sul bus, o aspettare che si facesse giorno per ripartire.
Tuttavia, la possibilità persisteva comunque, indipendentemente dall'ora e dal mezzo di trasporto che avreste preso.
Avreste dovuto non giocarvela affatto a carte, con Kirk.
Ma il discorso comunque non cambiava: se non eri tu, avrebbe potuto essere chiunque.
Lars, lo stesso Kirk, persino James...
Ed al pensiero il groppo che hai in gola, cresce al punto che percepisci che, se anche solo aprissi la bocca scoppieresti in lacrime.

"Cliff?"
La voce di Dave ti riscuote, scaraventandoti di nuovo nella realtà, con solo la crudele consapevolezza che se non fosse capitato a te, sarebbe potuto capitare a chiunque dei tuoi compagni di band.
Abbassi la testa, lasciando che i capelli ti coprano il viso mentre senti le lacrime scorrere liberamente.
Non vuoi piangere, non vorresti farlo, eppure il dolore è troppo per continuare a sopprimerlo.
Ora ti torna in mente ciò che hai detto a Lars settimane prima, e ti appare chiaro che è questo ad essere insopportabile: ciò che rimane indietro, il senso di colpa.

Tenti un respiro profondo – Dio mio, devo essere così patetico per Dave in questo momento – ma tutto ciò che esce dalle tue labbra sono singhiozzi sconnessi.
Senti la sua mano poggiartisi gentilmente sulla spalla, la sua voce pacata che ti calma: "So che sarebbe potuto succedere comunque. Non è stata colpa tua, è successo e basta."
Ti mordi le labbra mentre tenti di organizzare una frase coerente.
"Lo so, ma la casualità..."
"Ma sei ancora qui, no? Sei qui davanti a me ed è questo che importa. Quindi ci deve essere un senso, alla fine."

Qualcosa in quella frase ti ricorda Kirk e ti ritrovi a sorridere appena, improvvisamente più rilassato.
È lì il punto, ti ripeti.
Sei vivo. Non importa quanto tempo è passato, sei vivo, e non importa nemmeno quante cose sono successe.
Accettare il tutto non cambierà i fatti, ma sicuramente rende più facile comprenderli, persino tentare di conviverci.
"È la mia seconda opportunità" replichi a bassa voce e il chitarrista annuisce in segno di incoraggiamento. "Non sprecarla, potresti rimpiangerlo per tutta la vita" afferma.


*: liberamente ispirato a una citazione di George Bernard Shaw, testualmente "L'alcol è l'anestetico che ci permette di sopportare l'operazione della vita."

Angolo Autrice: Ma salve ^^"" *sorride nervosamente* A quanto pare non mi bastava far soffrire cinque poveri cristi, quindi buttiamoci in mezzo pure Dave Mustaine...
Scherzi a parte, ho scritto questo capitolo ispirandomi, per Dave, per lo più al video in SKOM, Some Kind Of Monster, in cui parla con Lars del passato (a chi interessa, questo qui: https://youtu.be/qvkU0J-eTWc ) quindi perdonatemi se sarà impreciso come ritratto, Dave per me è difficile da capire e altrettanto da rappresentare.

Il titolo del capitolo è tratto da una canzone dei Dragonforce, Razorblade Meltdown, e si può riferire, paradossalmente, ai Metallica e ai Megadeth o persino a Cliff e gli stessi Metallica UwU voi che ne dite?
In realtà giuro che tutto quello che vedete ha un senso nella storia ^^ non è solo Angst senza senso, e nei prossimi capitoli tutto inizierà ad averlo (e a degenerare male, ma sono dettagli)!
Inoltre, un biscotto se siete arrivati fin qui, piccola info: ho iniziato la stesura di una nuova storia sui Metallica, vi farò sapere quando sarà pubblicata e spero nel vostro sostegno!~ *distribuisce biscotti*

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Capitolo 17
*** You haven't thrown everything away ***


...And Justice For All

You haven't thrown everything away – Non hai buttato via tutto





"Hey."
Volti lo sguardo e vedi Jason che ti sorride timidamente.
"Mi fa piacere vederti, amico, accomodati" lo accogli.
Si fa avanti in modo molto meno spaesato dell'ultima volta e quasi ridi all'idea che l'ultima volta che lo hai visto sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.
"Come stai?" domandi mettendoti a sedere con le gambe incrociate, non sapendo bene cosa dire. In realtà non ti aspettavi la sua visita, ma è sempre un modo piacevole per spezzare la tua routine, che si compone principalmente di controlli, esami, chiacchiere con le infermiere e nei momenti morti in cui ascoltare musica o leggere riviste.
Non esattamente emozionante, ma sicuramente più facile quando stai meglio.

"Bene, in realtà non ho nulla di particolare da raccontare... Tu, come va?" replica mettendosi a sedere sul letto vicino a te.
"Mi hanno staccato alcune flebo, vorrei disperatamente una canna invece che gli spinaci che mi hanno propinato a pranzo... e, se il dottore non mi sta mentendo, di questo passo dovrei riuscire a camminare piuttosto presto – o quantomeno a fare qualche passo" replichi ridacchiando, ma oltre l'ironia sei sinceramente felice di tali notizie.
Del resto non hai passato le ultime settimane a fare sessioni sempre più intensive di fisioterapia per nulla e sei impaziente di mettere a frutto i tuoi sforzi.
"Beh, cazzo, è fantastico!" risponde sorridendo
"Effettivamente" commenti "In studio come va con gli altri? Come stanno?"
La sua espressione si rabbuia e capisci di aver toccato un tasto dolente.
"...Ci sono problemi?" aggiungi per cercare di rimediare.
"No, no, problemi no... È che..."
"Che?"
"È un periodo complicato, ecco. In studio parlo solo con Kirk e Bob Rock, il nostro produttore. Lars e James se ne stanno spesso in disparte."
"Ah, capisco" replichi.

Dopo qualche secondo lo sguardo gli cade spontaneamente sul basso poggiato in un angolo vicino al letto.
"Posso?" domanda.
"Certo. Lars me l'ha portato qualche giorno fa, ma non ho ancora provato a suonarlo" ammetti, guardandolo con gli occhi colmi di affetto. È un semplice pezzo di legno e plastica, ma per te è sempre stato ben più di quello, dalla prima volta che ne hai preso uno in mano.
"Beh, allora ti andrebbe di provarci?" ti domanda e non riesci ad evitare di sgranare gli occhi per la proposta inattesa.
"Tentar non nuoce, suppongo."

Lo osservi mentre lo prende con deferenza e te lo poggia in grembo, il peso – un tempo familiare – che sembra improvvisamente estraneo sulle tue gambe indebolite dalla forzata inattività.
Malamente riesci a prenderlo in mano, nonostante ti risulti insopportabilmente pesante. Tuttavia le tue dita hanno ancora insita una sorta di familiarità con esso, e ciò ti rassicura, significa che nonostante l'atrofia hai ancora una sorta di memoria muscolare.
Delicatamente provi a pizzicare una corda, e non emette alcun suono.
Sei vagamente consapevole degli occhi di Jason puntati sulle tue dita, mentre decidi di fare un altro sforzo e provare a pizzicare di nuovo le corde, sentendo solo un flebile rumore.

È svilente renderti conto di quanta forza ci voglia per suonarlo, e il fatto che il tuo corpo non ne sia in grado ti getta nella più profonda frustrazione.

"Posso provare...?" domanda piano Jason.
"Certo" annuisci spingendolo verso di lui.
Lo guardi prendere in mano il basso con deferenza, per poi tirare fuori un plettro dalla tasca e iniziare a pizzicarne le corde.
Suona un motivetto ritmato che riconduci immediatamente all'intro di N I B dei Black Sabbath, per prendere confidenza con lo strumento, e a tale suono ti sale un sorriso perché è improvvisamente qualcosa di familiare, musicalmente parlando.
"Ti piacciono i Black Sabbath vedo."
"Moltissimo. Sabbath Bloody Sabbath è il mio disco preferito, è ai margini del capolavoro" replica, gli occhi che gli si accendono.
"Vero, Butler è un genio."
"Chissà perché non sono stupito" risponde ridacchiando "Il tuo modo di suonare me lo ha sempre ricordato molto."
"Mi hai beccato" ammetti "A proposito, in tutto questo tempo che cos'hanno pubblicato? Aggiornami, devo recuperare."
"Allora... The Eternal Idol, Headless Cross, Tyr con un altro cantante, Tony Martin e Dehumanizer, di nuovo con Ronnie James Dio" snocciola rapidamente.
"Sono andati avanti" commenti, senza riuscire a reprimere la sorpresa nella voce.
"Già, credo più di quanto abbiamo fatto noi." replica, lasciando vagare lo sguardo fino a inchiodarlo dove hai poggiato i tuoi CD, per poi riprendere con voce leggermente incerta "Hai... ascoltato i nostri ultimi lavori?"
Rimani un attimo perplesso dall'intensità con cui li fissa, quasi li stia scansionando, gli occhi blu sono quasi accesi, furibondi – nonostante la sua espressione resti neutrale.

"Non tutti" ammetti "ho ascoltato solo Load e l'album nero."
"Meglio."
Lo vedi sospirare, profondamente, come se si fosse liberato di un peso.
Vorresti domandare cosa c'è nell'album restante – che dovrebbe essere "...And Justice For All" – che lo turba così tanto, ma non lo fai, preferendo spostare la conversazione su un'argomento più sicuro.

Eppure, ti ripeti, c'è qualcosa che non torna ancora.
Non tutti i pezzi stanno andando al loro posto.



Angolo Autrice: Un altro capitolo di passaggio, per riprendervi dalla tempesta di Angst, ma che spero risulti ugualmente gradevole ^^
Il titolo è tratto da Accidents Can Happen, dei Sixx:AM. Due brevi info sul capitolo: Jason è realmente un grande fan dei Black Sabbath, e l'album citato, "Sabbath Bloody Sabbath" è uno dei suoi preferiti. Su Cliff non ne ho idea, in caso prendetela come una licenza poetica!
Alla lista di album citati dei Black Sabbath tecnicamente mancherebbero Cross Purposes, del 1994, l'omonimo live del 1995 e Forbidden, del '96, ma li ho esclusi perché se no sembrava una lista della spesa! 😂
L'album che Cliff non ha ascoltato è ovviamente "...And Justice For All", album del dove il basso di Jason è stato completamente sepolto dal mixaggio, per colpa di Lars (e per cui è giustamente incazzato – nonostante fosse un'abitudine negli anni '80)
Detto questo, ringrazio chi recensirà e ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** These times are sent to try men's souls ***


...And Justice For All

These times are sent to try men's souls – Tempi simili sono mandati per mettere alla prova le anime umane





L'indomani Dave alzò la cornetta del telefono dell'hotel in modo quasi meccanico quando questo squillò, non stupendosi affatto quando dall'altra parte lo accolse la voce beffarda di Lars.
"Buongiorno. Ti ho svegliato?"
"No, affatto. Che c'è?
"Ho... bisogno di aiuto."

È una sua impressione o la voce del batterista si è incrinata appena, nel formulare quelle parole?

Comunque fosse, era un evento più unico che raro che Lars chiedesse aiuto, in particolar modo a lui, considerando i trascorsi.
"Con cosa?" replicò passandosi una mano sul volto.
"Con chi" rimbeccò.
"Con chi, allora?"
"James."
Alla menzione, il cuore di Dave sprofondò, domandandosi che problema avesse, o almeno, che fosse tale da far preoccupare Lars.
E che fosse abbastanza per chiedere a Dave di ricambiare il favore che gli aveva fatto due giorni prima, anche se del tutto involontariamente.

"È curioso, sai" continuò cinguettante il batterista, come se nulla fosse "ho pensato a te perché ieri ti ho visto bere e mi sono ricordato dei tempi in cui era una bottiglia a berti il cervello... ah, i vecchi tempi."
"Lars, che cazzo vuoi? Non bevo più come in passato e sono pulito da anni." sbottò seccamente.
"Appunto per questo credo che riuscirai a parlarci piuttosto decentemente."
Dave corrugò le sopracciglia, senza capire dove volesse andare a parare, parlando di James. Erano anni ormai che i loro percorsi non si incrociavano più.
"Lars..."
"Senti, Dave, non sparare cazzate. So quello che ti ho chiesto, ma per favore, vedi quello che puoi fare. Vieni in ospedale domani, alle tre."
"D'accordo." rispose, sentendo il nitido 'clic' dall'altra parte della cornetta.

Si ridistese sul letto, pensando a quanto potesse essere ridicola la vita delle volte: lui che chiamava Lars e viceversa, nonostante tutti quegli anni di distanza, in una situazione in cui entrambi avevano bisogno l'uno dell'altro.
Su James non sapeva cosa pensare, pur ricordando nitidamente il passato esso non pareva affatto utile per aiutarlo, non capendo la connessione con ciò che lui stesso aveva già passato.


Quando l'indomani si presentò all'ospedale, il batterista lo attendeva già di fronte all'ingresso. Il vederlo non fece altro che esacerbare i dubbi di Dave su quello che era successo a James, dato che non gli era mai parso così sinceramente preoccupato.
"Eccoti" disse quando lo vide, battendo il piede per terra.
"Qualcos'altro che devo sapere?" domandò il chitarrista.
"Solo... non menzionargli il fatto che lo hai visto ieri, okay?"
"Chiaro."
"D'accordo. Sarò comunque nelle vicinanze se vorrai far degenerare tutto, come al tuo solito" replicò, con il suo solito sorrisetto che fece venire il dubbio a Dave se l'intera faccenda fosse uno scherzo o dicesse sul serio. Tuttavia, non fece in tempo a replicare che si era già eclissato chissà dove.
Fottuto danese.
Anzi, fottuto umorismo danese.


Mise momentaneamente da parte i suoi pensieri su Lars – non che fossero granché positivi, ma non aveva importanza – e si incamminò verso la stanza di Cliff.
Trovò James stravaccato su una sedia poco distante dalla porta della stanza, in un'angolazione tale da poter vedere dentro senza essere visto. Gli si sedette accanto, ma sulle prima l'altro non diede neppure segno di averlo notato arrivare, tenendo la schiena protesa verso la porta come se non aspettasse altro che di entrare.
Tuttavia, a giudicare da come si tormentava nervosamente i palmi, doveva mancargliene il coraggio.
E a quanto pare non è il solo – mi ci sono voluti solo quanto, tredici anni, per poter essere qui accanto a lui?

Si mandò a quel paese da solo, ripetendosi che quello era l'ultimo momento utile per rivangare il passato, finché la voce di James non lo riscosse.
"Che cosa ci fai qui?" e per una volta non c'era nel suo tono la minima traccia di sarcasmo, solo sincera curiosità.
"Ero qui per visitare un ex compagno di band, tutto qui" replicò sulla difensiva – più per istinto, che per necessità.
"Dorme."
"Sai come sta?" domandò, per trovare un appiglio di conversazione.
"I dottori dicono che ha decenti possibilità di riprendersi, ma..."
"Ma?" domandò, non capendo il suo dubbio. Il giorno prima il bassista gli era parso in una forma abbastanza decente, per essere stato in coma dieci anni.
"Ma... dubito che tornerà tutto com'era."
"Non può tornare tutto com'era" replicò, addolcendo appena il tono "È passato del tempo. Troppo tempo."
Si morse la lingua per averlo detto ad alta voce. Erano riusciti dopo un decennio ad avere una conversazione decente e lui si ritrovava a rovinarla parlando troppo, che genio.
"No, hai ragione." replicò piano James "Ho passato anni... dieci anni... accanto ad un fantasma, circondato da fantasmi, ed ora credo di iniziare ad avere io stesso dubbi sulla mia esistenza."
"Non hai mai pensato..." si interruppe, cercando le parole giuste "...che questa sia la tua seconda opportunità?"
Il biondo si voltò, guardandolo con uno scintillìo malevolo in fondo agli occhi stanchi "Proprio tu mi parli di seconde opportunità, Dave?"

A tali parole sentì una familiare scintilla di rabbia divampargli nel petto, la stessa che permaneva lì da quell'infame mattina dell'83 e che interviste e domande avevano solo che contribuito a mantenere viva e furente.
Eppure, da un certo punto di vista era un sollievo che avesse mantenuto quel suo maledetto e perverso senso dell'umorismo.
"Sì" replicò, sforzandosi di apparire rilassato. Non ce l'aveva con lui, non più – non importava quanto quell'insinuazione gli bruciasse ancora.
"Come di voler tornare indietro... cambiare tutto quello che c'è stato."
Rimase in silenzio, lasciando la domanda implicita sospesa tra loro, la stessa domanda che aveva posto a Cliff. Come una promessa aperta, un promemoria che forse qualcosa poteva essere ancora salvato.

"Ogni minuto" replicò improvvisamente.
"Cosa?"
"Ho pensato ogni minuto a come sarebbero potute andare le cose. Ma è tutto così casuale..."
"Non lo è" replicò Dave di scatto, quasi "Sei qui con me, in questo istante, ci deve essere una ragione."
"Ma non siamo più nell'83."
"No, ma è meglio" rispose, improvvisamente non più del tutto sicuro di dove quella conversazione li avrebbe portati.
"Non so, a volte mi mancano i vecchi tempi" replicò passandosi una mano fra i corti capelli chiari "Dove non ci dovevamo preoccupare dell'immagine, fintantoché eravamo in grado di suonare, non importava quando fossimo fatti o ubriachi. Dove una sola stanza d'albergo era abbastanza per tutti e quattro, non importa quanto fossimo stretti..."
"James, santo cielo, non puoi pensare di continuare a guardare il mondo come era in passato, o attraverso il fondo di una bottiglia, come facevo io al tempo!" esclamò spazientito, alzandosì per fronteggiarlo. "Come facevamo tutti! Ti farà stare meglio?"

Tuttavia, lo sguardo amaro che apparve sul volto di James non appena ebbe finito di formulare la frase lo fece pentire immediatamente di quanto aveva appena detto, leggendoci più quanto non avrebbe voluto intendere.
Vergogna.
Senso di colpa.
Rabbia.
Avrebbe potuto continuare all'infinito, elencando ciò che vedeva nel suo sguardo, eppure tutto quello che fece fu darsi dello stronzo.
"Sì" disse.

Dave si sentì mancare il terreno sotto i piedi a tale risposta, sentendo tutti i pezzi tornare al suo posto. Del resto era stato un alcolizzato anche lui, avrebbe dovuto leggere i segnali.
Adesso, solo adesso, gli appariva tutto terribilmente chiaro e cristallino: anche il senso del discorso di Lars, il suo tono provocatorio nel rammentargli il passato, persino quella stessa chiamata, e l'allarme che era balenato negli occhi di Cliff quando lo aveva menzionato.

"Cazzo..." fu l'unica parola coerente che il suo cervello fu in grado di formulare, gli occhi puntati sull'ex compagno di band.
Sarebbe voluto collassare per terra, ma costrinse le sue giunture a resistere e a non cedere, ripetendosi che non era il momento.
"Da quanto?" domandò in un soffio, serrando la mascella fino a farsi male.
James non rispose subito, gettando un'occhiata dietro Dave, verso la stanza di Cliff, eppure qualcosa nei suoi occhi gli suggerì che era oltre quel luogo, razionalmente.
"Non lo so. A volte credo che sia cominciato tutto dall'incidente, altre da quando si è svegliato, altre ancora da tutta la vita... Credimi, cazzo, se avevo una seconda opportunità la sto distruggendo poco a poco."
"Gli hai parlato, da quando si è svegliato?" domandò, per poi imprecare tra i denti e distogliere improvvisamente lo sguardo. Un altro errore, qualcosa che non era sicuro di voler sapere davvero.
"Sì."
Tuttavia, il lampo di dolore che era balenato negli occhi del biondo fu abbastanza per confermare la sua sensazione.

Comunque, ciò spiegava lo sguardo di allarme di Cliff, si disse, lui lo sapeva, non era un caso.

"Ho incasinato io tutto, Dave. Ho incasinato tutto, e il peggio è che adesso non ho neanche il coraggio di sistemare il tutto" replicò James, lo sguardo basso.
"Temi che non voglia più parlarti, vero?" domandò, tornando a sedersi al suo fianco.
"Ne avrebbe tutte le ragioni. Mi sono presentato da lui completamente ubriaco, e per poco con lo aggredivo..."
A tali parole Dave fece del suo meglio per non sussultare, ma lo lasciò finire di parlare.
"È che speravo di trovare il coraggio di parlargli, ma chi volevo ingannare... Era spaventato, spaventato da me, e dire che non lo avevo mai visto così... E poi il vuoto. Mi ricordo solo sono corso da Kirk, che ho parlato con lui e Lars, e che Lars sembrava sul punto di ammazzarmi – e avrebbe avuto tutte le ragioni di farlo. E mi odio, okay, perché so perfettamente che è tutta colpa mia, ma non ho il culo di alzarmi e dirgli che mi dispiace, perché non mi crederebbe..." si interruppe, sospirando "Comunque, questo è tutto. E io sono oltre il salvabile. Ora disprezzami."

Una lunghissima pausa di silenzio e Dave alzò finalmente gli occhi, piantandoli in quelli dell'altro, nocciola contro azzurro.
Lo fissò a lungo prima di rispondere "Non lo farò. James, mi senti? Ho detto che non lo farò."
Non cedere, si ordinò nonostante non fosse neppure più sicuro se parlando a sé stesso o a lui, tieni duro, non piangere...
"...Perché?"

In quell'istante, di fronte a quella semplice domanda, si ritrovò a mandare quanto detto prima al diavolo e a stringere suo fratello tra le braccia. Non più James, non più Hetfield, non più nemmeno il suo ex compagno di band. Solo suo fratello.
"Perché non importa quanto sei uno stronzo, arrogante, oltre il salvabile e tutto... È colpa mia se ti ho influenzato così male, ma adesso l'ultima cosa che potrei fare è disprezzarti" replicò, parlando attraverso i denti serrati.
"Vale lo stesso" disse, ricambiando esitantemente l'abbraccio.

E Dave per una volta si ritrovò a dargli ragione.
Non avrebbero mai smesso di litigare, di darsi degli stronzi e di scontrarsi: erano due lati della stessa moneta, troppo simili e troppo diversi al contempo.
Ma andava bene così.
"Parlagli, James. È la tua seconda opportunità – e forse, anche la sua – e lo rimpiangesti per tutta la vita se la sprecassi."
Non replicò, ma si limitò ad annuire mentre lo teneva stretto.



Angolo Autrice: Ed ecco di nuovo la fiera dei feels, di nuovo con Dave ^^""" ammetto di non avere idea se sono andata troppo OOC con lui, ma abbiate pietà, ho fatto del mio meglio.
Il titolo del capitolo è tratto da My Friend Of Misery dei Metallica.
Non siamo ancora alla fine, ma ci stiamo arrivando, i personaggi hanno ancora molto da dire u.u e spero vorrete seguire me e loro fino alla fine~ ringrazio in anticipo chi recensirà (e mi scuso per eventuali ritardi, ho passato una settimana di inferno, sto recuperando)

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Capitolo 19
*** Confusion deep inside, resentment boils over ***


...And Justice For All

Confusion deep inside, resentment boils over – Confusione nel profondo, rancore che trabocca





"James."
La voce che lo accolse davanti alla porta della stanza di Cliff era fredda, al limite dell'asettico, e nello stesso tono pronunciò il suo nome.
Nulla più di una constatazione, una sterile presa di consapevolezza che fosse lì.
Alzò lo sguardo dal pavimento, mettendo a fuoco due occhi blu scuro che lo guardavano fisso, eppure con lo stesso grado di interesse riservato a qualcosa di infimo, di non gradito.
"Jason."
Un sorrisetto sprezzante si fece strada sul viso del bassista mentre replicava "Facciamo progressi: addirittura mi chiami col mio nome."
"Mi fai passare?" domandò, occhieggiando il pomello della porta.
"Perché?"
"Perché voglio entrare, forse?"
Era appena consapevole degli sguardi preoccupati che gli stava lanciando Kirk accanto a lui, troppo impegnato a non perdere la sua già limitata dose di pazienza.
Lui e Lars erano sempre stati i più testardi, eppure adesso anche il bassista stava dando buona prova della propria cocciutaggine.

Degna di un asino, pensò sdegnosamente, non mollerà la presa finché non lo vorrà lui.

"Perché?" rispose di rimando "Perché così potrai trattarlo con la stessa gentilezza che gli hai riservato la scorsa volta?"
C'era una sfumatura di pericolo nel modo in cui pronunciò la parola, che fu abbastanza per fargli spalancare gli occhi.
"Come lo hai saputo? Lui... no, non è possibile, non si confiderebbe mai con te."
"No, un'infermiera" replicò, fissandolo duramente. "Cazzo" borbottò, per poi decidere di non recedere comunque dai propositi e tentare di far sloggiare il bassista "Ti levi?"
"No."
"Perché? Non voglio fargli niente, cazzo! Solo... parlare!" domandò, esasperato e sull'orlo di un esaurimento nervoso.
"E chi mi garantisce che non lo toccherai?"
"Che c'è, adesso non ti fidi, Newkid?"
"Ti rendi conto che è stato un decennio in coma??"

A quella domanda Kirk, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, decise che era arrivato il momento di provare a mitigare gli animi.
"È vero, James. Dobbiamo sempre ricordare che lui ci ricorda come persone completamente diverse."
"Lo so, cazzo se lo so!" esplose "È da quando è iniziata questa storia che me lo sento ripetere! E tu puoi fare a meno di difenderlo!"
"Non lo sto difen...–" protestò il chitarrista.
"Sì, sì che lo stai difendendo! E ora, Newfag, LEVATI DI TORNO, CAZZO!" sbraitò afferrando il bassista e sbattendolo al muro.
Kirk, allarmato, guardò il corridoio circostante ma fortunatamente era deserto "James, siamo in un ospedale...–"
Jason non replicò, limitandosi a cercare di liberarsi dalla sua presa.
"Che c'è fighetta, hai paura che sparisci come lui, eh? Ma tu sei già sparito, vero? Non ci sei mai stato!" ringhiò e Kirk fece in tempo a vedere la mascella di Jason che si serrava, prima che la porta della stanza si spalancasse di schianto, quasi colpendolo.

James spalancò gli occhi mentre un ceffone si abbatteva sulla sua guancia, mollando la presa sul bassista e ritrovandosi a fissare un Cliff in piedi e, a giudicare dall'espressione, a dir poco furibondo.
"Che diavolo...–"
"Taci!" replicò ferocemente l'ex bassista colpendolo di nuovo "E ringrazia il cielo che non ho la forza di alzare il basso, altrimenti sarei più che lieto di usarlo su di te!"
Jason nel frattempo si ritrovò boccheggiante a guardare il cantante venire preso a schiaffi. Non dovevano essere molto dolorosi, eppure la sua espressione spiazzata e sconcertata era da manuale – e non capitava molto spesso.
"Che cazzo ti è preso, eh? Mettere le mani addosso a un compagno di band, devi essere ubriaco, anzi, dimmi che lo sei!"

James non aveva visto molte volte Cliff arrabbiato – quelle poche volte non era finita bene – eppure questa era una di quelle. Si passò distrattamente una mano sulla guancia colpita, osservandolo mentre continuava a vomitargli improperi reggendosi alla cornice della porta.

"Cliff!" esclamò Kirk, notando che l'ex bassista a stento riusciva a tenersi in piedi dopo un simile scatto.
"Sto bene - sto bene, sul serio" lo rassicurò quest'ultimo, ma senza staccare lo sguardo dal cantante, fissandolo con occhi furiosi.
Jason tacque, decidendo di non saturare l'atmosfera con altra ostilità, ma si spostò accanto all'ex bassista notando – non senza una certa soddisfazione – come l'espressione di James fosse rapidamente mutata.
Più che il Mighty Hetfield, adesso sembrava un gattino spaurito.

"Non posso credere che tu l'abbia fatto" replicò Cliff non appena ebbe ripreso fiato, un braccio attorno alla spalla di Kirk.
"È... È assurdo" replicò quest'ultimo.
"Io...– Io non volevo..."
"Taci" borbottò Jason imperioso e, per una volta, il cantante obbedì.
"Lui...– Lui l'ha già... fatto?" domandò Cliff al bassista.
"...Sì."
"Non ci credo."
"Nemmeno io" replicò Kirk "Io... io non riconosco più questa band, e dire che ne faccio parte da tredici anni. Mi sembra come se mi fossi appena svegliato da un brutto sogno, ecco."
"Ma non lo è... È la realtà" mormorò piano James abbassando lo sguardo sulle proprie mani, per poi crollare su una sedia, mentre gli altri tre rientravano nella stanza di Cliff.



"Come stai, Cliff?" domanda Jason scrutandoti con occhi preoccupati, spostandosi sul letto accanto a te. Sul comodino giace, dove lo hai abbandonato, un lettore cd con all'interno l'ultimo disco dei Metallica che stavi ascoltando.
"Sto bene... solo un po' agitato, ma credo sia normale. Tu invece? Ti ha fatto del male?"
"Starò bene, credo, ci sono abituato." replica scrollando le spalle. "A proposito... grazie."
"Figurati. Anche se... cazzo, ancora non credo a quello che ho visto e sentito!"
"Stavi... origliando?"
"Macché, vi avrei sentiti comunque" rispondi gettando un'occhiata al di là del vetro della stanza, verso il corridoio.
Non ne sei del tutto sicuro, ma a giudicare dal linguaggio del corpo, il cantante sta piangendo e, nonostante tutto, ciò ti provoca una fitta dolorosa allo stomaco.
"Da quanto... da quanto tempo si comporta così?"
Non sei del tutto sicuro di voler sapere la risposta, ma ti ripeti che è venuto il momento di affrontare la verità, di osare.

Kirk scuote la testa, facendo ondeggiare i corti riccioli neri "Non lo so... Di recente è peggiorato, ma...–"
"Di recente? Dall'87 lo chiami recente? Kirk, andiamo, togliti le fette di prosciutto dagli occhi, fa così da più tempo di quanto vuoi ammettere!" replica Jason, piccato.
"Era addolorato per quello che era...–"
"Lo eravamo tutti! Persino io come fan ero a pezzi! Ma ora... ora non ha più senso un tale comportamento, e io vorrei desiderare di non essere mai stato un fan di questa fottuta band"
"In una band non si dovrebbero mai risolvere le liti con i pugni. O difendere le proprie argomentazioni con essi" consideri, parlando più a te stesso che agli altri.
"Non hanno mai conosciuto i Metallica." replica il chitarrista con un vago tentativo di alleggerire l'atmosmera, ma con l'unico risultato di farla precipitare ancora di più.

L'aria pare diventata una cortina di melassa, tanto è densa e pesante, appiccicandosi ad ogni cosa e rendendo difficile respirare.
Nonostante la temperatura sia piuttosto alta ti ritrovi a rabbrividire, e per un attimo vorresti solo non essere affatto lì, scomparire.
Dimenticare di essere mai stato lì, razionalmente.
"Cliff?" domanda piano Jason strappandoti al tuo treno di pensieri "Stai bene? Sei pallido."
Più del solito, ne deduci, notando che la tua pelle a confronto con la sua è talmente bianca da parere traslucida.
"Sto...– sto bene" replichi.
Chi vorresti prendere in giro, hai il batticuore e l'unica cosa che vorresti in questo momento è un abbraccio e la promessa che andrà tutto bene, per quanto possa suonare infantile.
Eppure, guardando i tuoi compagni, ti ripeti che non importa quanto ti senti male, devi farti forza per loro.

"Sei sicuro?" ti domanda Kirk e qualcosa nel suo tono è abbastanza per spogliarti di ogni tua certezza faticosamente raccolta.
Chi vuoi prendere in giro, sei distrutto ed è abbastanza chiaro.
"È che... diavolo, è così ingiusto ciò che ha detto!" replichi passandoti le mani sul viso.
Jason sospira, sconfitto, lo sguardo che cade sul lettore cd sul comodino e il disco al suo interno " '...And Justice For All'... Suona ironico."
"Già, suona come uno scherzo..." replichi, i denti serrati. "Ed invece è tutto così ingiusto."
"Lo è sempre stato. Non esiste bene comune che regga, qui" risponde Kirk, ed il suo tono insolitamente amaro ti sorprende, dal momento che il chitarrista era sempre stato un convinto sostenitore di tesi decisamente più positive, ed era difficile che si fosse davvero rassegnato ad un momento in cui le cose stavano andando in pezzi.
Ora... suonava diverso, suonava sconfitto.
E la reazione dei due fino a questo momento è abbastanza per farti domandare, in modo appena percettibile "Dov'è finita l'unità, allora?"
Jason e Kirk, fulminei, si scambiano un'occhiata che sa di reciproco ammonimento, prima che il bassista risponda "È sparita nel momento in cui questa band ha iniziato ad essere comandata da due sole persone: come può essere giusto?"
Kirk annuisce appena, per poi mordersi il labbro, come a voler trattenere le parole che sta per pronunciare "Avrei dovuto fare di più..."
"Sai bene che questa storia era oltre te, non potevi controllare ciò che stava accadendo."

Taci, intuendo che questa è una questione che riguarda esclusivamente loro due, ma non puoi trattenerti dal posare una mano sulla spalla del chitarrista, che replica con un'occhiata colma di gratitudine.
"Io stesso non ho avuto voce in capitolo, solo una punizione immeritata e, beh, questo" replica Jason, per poi rivolgertisi "Mi dispiace che tu debba sentire questo, Cliff – probabilmente penserai che sono un'ingrato, ma il fatto è che ho camminato a lungo in scarpe troppo larghe, per usare una metafora."
"No, no, lo capisco..." rispondi, per poi interromperti quando senti le lacrime pizzicarti gli occhi. Non hai mai realizzato il peso che la tua eredità ha avuto su Jason, rendendoti conto che ha improvvisamente senso che sia stanco di vivere nella tua ombra. Di essere una pallida imitazione.
"Mi dispiace di averti lasciato una situazione così incasinata. Di avervici lasciato" sussurri.
"Non è colpa tua" interviene il chitarrista.
"Non è colpa di nessuno... non lo è mai stata" replica Jason, sbarrando gli occhi come se avesse appena realizzato qualcosa di molto importante.
Sospiri nuovamente e, prima che te ne renda conto, sei stretto tra i due in un goffo abbraccio.
"Ne usciremo, vedrete" replichi, e per una volta sei felice di parlare al plurale.
"Ce la faremo" ti fa eco il bassista.
"Insieme" borbotta Kirk, la voce spezzata.

Restate qualche minuto ancora stretti, prima che il chitarrista indichi dall'altra parte del vetro il cantante, ancora immobile.
"Dobbiamo parlargli"
Annuisci, specialmente perché non vorresti fargli la morale, in un contesto simile – eppure sai che c'è un concetto terribilmente sbagliato alla radice di tutto questo, che prevarica qualsiasi problema personale.
"Forse... Forse non dovremmo farlo" replica Jason improvvisamente.
"Perché no?" domanda Kirk.
"Perché non ne vale la pena. Ferire i nostri ego è già troppo."
"Non è questo il punto, e lo sai anche tu."
"È inutile, Kirk, santo cielo. È puro masochismo affrontare una discussione del genere con James. È troppo egoista." replica il bassista scendendo dal letto e cominciando a camminare avanti e indietro.
Perché, ti domandi non senza sarcasmo, con Lars sarebbe più semplice?
"Forse. Ma lasciare le cose come stanno le migliorebbe?"
"Dobbiamo tentare" concludi "Anche se ci saranno ripercussioni, potremmo non avere più un'occasione simile. E finiremmo per rimpiangere di non aver detto nulla."




Angolo Autrice: Il titolo del capitolo è tratto da "The Revanchist" dei Trivium e, come avete visto, le cose stanno prendendo una brutta piega, bruttissima, nonostante le intenzioni sono le più nobili (se non altro da parte di Cliff).
Jason, invece, ha da parte più ripicche di quanto non ci si aspettava, e Kirk invece, povera stella, tenta di far andare tutto bene, ma finisce solo col rimetterci CwC
E niente, per sapere come andrà a finire aspettate il prossimo capitolo!~

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Capitolo 20
*** There's still a reason to fight ***


...And Justice For All

There's still a reason to fight – C'è ancora una ragione per lottare





Quando lo vedi entrare, il tuo primo pensiero è, nuovamente, che non lo riconosci.
Nonostante sembri essersi notevolmente calmato da prima, o dall'ultima volta che lo hai visto, questo non ti impedisce di notare come sembri solo la pallida imitazione del James che ricordi.
Ha gli occhi arrossati, noti, e appare esausto, come se abbia realizzato solo ora tutto il peso delle sue azioni.
Entra scortato da Kirk e Jason, portandosi lentamente avanti fino a una manciata di passi da te: abbastanza vicino ma a una distanza che non potresti definire altrimenti se non sicura. Solo i suoi occhi mostrano tutto il terrore che prova quando la porta si chiude alle sue spalle.

Kirk e Jason riprendono i loro posti, il primo seduto sul letto accanto a te, e il secondo appoggiato al muro, ma i loro sguardi seguono come un'ombra ogni movimento del cantante.
Rimani in silenzio, guardandolo fisso – tuttavia stavolta non hai rassicurazioni di sorta da offrirgli, solo tante domande senza risposte.
"...'Spiace, ecco" borbotta sottovoce inchiodando lo sguardo sulle piastrelle crema del pavimento.
"James...–" tenti di replicare.
"Per favore, Cliff, non dire niente, è già abbastanza difficile così."
Taci, pensando al fatto che abbia appena detto 'per favore'. Due parole che per lui costituivano un'eccezione, più che una regola.

"Mi dispiace" replica infine, per poi sospirare pesantemente "Ecco, l'ho detto. Mi dispiace. Mi dispiace che mi hai dovuto vedere in modo così indecente, mi dispiace di averti aggredito perché ho dovuto bere per riuscire a sopportare tutto... Cazzo, non voglio più vederti spaventato da me, anche a costo di beccarmi un altro schiaffo."
Resti ancora in silenzio, ponderando le sue parole, per poi sorridergli.
"Andrà bene" replichi, per poi fargli segno che può avvicinartisi.
Fa un passo avanti, esitando sotto lo sguardo vigile di Kirk, fino ad arrivare quasi a toccarti – ma non lo fa, restando impalato a fissare il pavimento.
Quindi, tocca a te.
Allunghi piano una mano e la serri intorno alla sua, senza curarti di quanto un gesto così semplice possa apparire ridicolo. È solo un contatto.
"Hai le mani fredde" replica alzando gli occhi, il tono fragile.
Sembra sul punto di piangere – o di perdere il controllo, e non sei sicuro di quale opzione ti spaventi di più.
Si avvicina ancora di più, mentre Kirk lo guarda con aria allarmata, suscitando in te il vago promemoria che è ben oltre la distanza di sicurezza, fino a quando non ti abbraccia.

Impieghi una frazione di secondo a registrare il peso delle sue braccia attorno alle tue spalle, ma non puoi fare a meno di sentirti improvvisamente più leggero a tale contatto.
Perché era questo che stavi cercando: un contatto, una connessione visibile tra voi, qualcosa che vi unisse di nuovo, come era stato un decennio prima.
"Mi sei mancato" replichi stringendolo di rimando – o almeno, per quanto ti consentano i tuoi muscoli doloranti.
È un abbraccio rude, stretto, eppure così indiscutibilmente 'James' che non ti sorprende affatto.
"Anche tu" sussurra, la voce poco più di un bisbiglìo contro il tuo orecchio "Tanto."

Quando ti lascia finalmente andare noti come sembri molto più rilassato, anche quando Jason decide di portare l'attenzione sul soggetto principale.
"...Mi dispiace rompere le uova nel paniere, ma è un argomento serio e vorremmo discuterne con te."
"Uh... capisco" replica, per poi guardare Kirk distrattamente "Non dovremmo parlarne anche con Lars, quindi? Posso chiamarlo e–"
"Non ce ne sarà bisogno, andrà bene anche solo noi quattro" risponde piatto il chitarrista e ti ritrovi ad annuire del tutto involontariamente. Normalmente non avresti mai escluso Lars, ma in simili circostanze il suo temperamento diventa eccessivo da sopportare.
"Dite, allora."
Prendi un respiro e decidi di tirare fuori la fantomatica 'patata bollente'.

"La questione, James, è che da quel che ho capito da un po' di tempo le cose non vanno nel modo giusto nella band."
"Che... intendi?" domanda, mentre il suo sguardo corre istintivamente verso Jason.
"Che è inequo" risponde Kirk alzando le sopracciglia.
"Non capisco di cosa state parlando."
Eppure sai bene che è a conoscenza di cosa state parlando, non è uno sciocco. È solo una difesa.
"Che è esattamente come una seconda possibilità non data, ecco tutto" completa Jason e a tale replica vedi le sopracciglia del cantante aggrottarsi.
"Una seconda possibilità a chi?"
"È solo una metafora...–" replica il chitarrista ma viene zittito dalla risposta piccata di Jason.
"Ma non lo so, a tante persone, a tutta la band, persino a te stesso! Di fare la cosa giusta, nel modo giusto!"
Ti guardi attorno nervosamente perché sai che il discorso sta scivolando lungo una china rischiosa e non sei sicuro di poterlo evitare.

James sembra pericolosamente irritato, ora, e qualunque problema ci sia tra lui e il bassista, beh, sta per degenerare.
"Lo so che ho una seconda possibilità! Che la abbiamo tutti!" sbotta infine, anche se stavolta tale cedimento pare più dettato semplicemente dal nervoso accumulato "Me l'ha detto, quello stronzo, e il peggio è che aveva ragione!"
"Aspetta, gli hai parlato?" domandi improvvisamente, notando a malapena gli sguardi interrogativi di Kirk e Jason.
Non ti aspettavi che Dave si palesasse anche con lui, in particolar modo perché era plausibile che fosse troppo da affrontare, per entrambi.
"Certo, e odio doverlo ammettere, ma aveva ragione!"
"Di chi state parlando?" domanda Kirk innocentemente.
"Di Dave" replichi.
"Dave... QUEL Dave, Dave Mustaine?" ripete con gli occhi sbarrati, guardando alternativamente te e James.
"Sì, perché, è un reato?" replichi grattandoti il collo.
Non ti è chiaro il motivo per cui sembri così sconvolto ma, a giudicare dall'espressione furiosa di Jason e dallo choc di Kirk, ci deve essere di mezzo qualcosa di terribilmente grosso.
"Lo è" conferma il bassista alzandosi in piedi, l'espressione al margine tra lo sconvolto e il furibondo "Mi sembra che proprio qualcuno avesse rimarcato fino allo sfinimento quanto Dave – fottuto – Mustaine fosse pazzo, instabile e pericoloso... O sbaglio?" conclude, il tono a metà tra lo scherno e il disprezzo, piantandosi in piedi di fronte al cantante.
"James... Ma era il tuo migliore amico!" esclami, ritrovandoti a sgranare gli occhi, pensando che James possa aver davvero parlato in toni simili di quello che, almeno fino all'83, non avrebbe esitato a definire come tale.
E che a te è parso essere esattamente il contrario di tale descrizione – indipendentemente da quante cose possano essere cambiate.
Il cantante si limita a tenere lo sguardo saldamente inchiodato a terra, del tutto incurante del fatto che Jason gli sta puntando un dito al petto.
"L'ho fatto, sì." replica alla fine, in un tono talmente basso da essere appena percettibile. "E lo pensavo fino a quando non l'ho visto."

Un ramoscello di ulivo, ponderi tra te e te, questo deve avergli offerto Dave.
Tuttavia ti risulta ancora strano che qualcuno orgoglioso come James abbia accettato una simile offerta di non belligeranza – se non di pace vera e propria.
Tuttavia quei due avevano ed hanno in comune più scheletri nell'armadio di quanto non fossero stati disposti ad ammettere razionalmente – e probabilmente da questo punto di vista ha senso.

"Ah. Quindi ora hai cambiato idea" replica piano Kirk, pur mantenendo nella voce una sfumatura sarcastica.
"Pare incredibile, vero? Il potente Hetfield che cambia idea su quello che fino a una settimana fa era il suo peggior nemico." concorda Jason con un sorrisetto.
"Non spingerti più avanti, Newkid." risponde James alzando due occhi freddi e incolleriti "Consideralo un avvertimento. Tu non sai cosa è successo..."
"Credi davvero che non lo sappia? Sono stato un fan di questa band, per quanto l'idea non ti garbi."
"Jason..." tenta di richiamarlo Kirk mentre lo vede proseguire imperterrito.
E a te non serve una sfera di cristallo per sapere che la conversazione sta – di nuovo – prendendo una piega pericolosa.
"Invece no! Io sono solo quello che non sa, che deve restare nell'ombra di qualcun altro, non importa di chi!"
"Allora era per questo che avete imbastito questa pagliacciata? Lamentarvi di quanto sia ingiusta la gestione della band, su quanto non riceviate la vostra parte!"
"Sai che non è questo il problema" replica Kirk con un sospiro.
"Allora è un tuo problema, Newfag" sentenzia James fulminando il bassista "Dimmi, vuoi restare in questa band o no?"
"No, non penso proprio se devi essere un tale stronzo con manie di controllo!"
"Non oserai..." replica seccamente, ma suona genuinamente colpito da tale risposta.
"Jason, non c'è bisogno di arrivare a tanto, e poi sai che non era questo il punto!" rispondi.
"Non mi importa!" sbotta.
"E allora perché dovrebbe importare a me?" domanda il cantante in tono irritato, alzandosi in piedi di scatto e indicandovi "Anzi, per quanto mi interessa potete andarvene tutti e tre!"
"Non ho detto di volere questo!" esclami, la voce talmente tesa che minaccia di spezzarsi da un momento all'altro.
"E allora cos'è che vuoi? Perché a me non importa di questa puttanata e non dovrebbe importare nemmeno a te! Tu sei solo l'ex bassista, non sei più parte della band, quindi non vedo perché preoccupartene!" esplode Jason.

Senti un'ondata di sensazioni contrastanti che ti invade, un misto di rabbia, dolore e orgoglio ferito che ti scorrono improvvisamente nel sangue annebbiandoti la vista.
Serri i pugni e ti obblighi a prendere un respiro – e quando parli la tua voce è fredda, ma calma.
"Forse è vero. Non sono più parte della band... Ma so perché mi importa. E so anche che, esattamente come tu vuoi riconoscimento per i tuoi sforzi – senza dover vivere per sempre nella mia ombra e tu, Kirk, vuoi solo fare musica, e James vuole smettere di vivere nel passato..." prendi un respiro tremante ed alzi lo sguardo "Io voglio usare la mia seconda opportunità. Ecco perché mi importa che sia giusto, per tutti, anche se magari in passato non lo è stato!"

La stanza piomba nel silenzio più totale mentre senti che il ghiaccio sotto cui eri intrappolato è finalmente rotto, e puoi finalmente vedere i tuoi compagni di band per ciò che sono.
James lascia andare un sospiro e, pur non volendo fraintendere la sua momentanea mancanza di lotta con una resa, ammetti che paia esattamente questo.
"D'accordo" mormora in tono appena percettibile, tornando a sedersi. Jason si sistema davanti a lui e Kirk alza appena lo sguardo.
"Lo ammetto, forse non è tutto giusto."
A tali parole emetti un altro sospiro di sollievo mentre lasci che tali parole vi scivolino addosso. Jason prende nuovamente la parola, tuttavia dal suo tono è percepibile il sollievo.
"Voglio solo un compagno di band invece che un dittatore, ecco. Qualcuno che mi renda partecipe delle decisioni."
A tali parole Kirk si agita, improvvisamente a disagio, ma tace – scegliendo un'alternativa meno dannosa alla ripicca di ciò che sai essere, con tutta probabilità, un decennio e rotte di taciti accordi di non belligeranza.
James tace a sua volta, mentre la consapevolezza che la band sia ormai diventata un mostro a due teste si insinua e prende forma.
E tu non puoi evitare di considerare che, nonostante tale situazione non sia delle migliori, né venga gestita come tale, finalmente siete arrivati a una specie di punto di svolta.

Forse le cose possono davvero cambiare, da qui in poi.




Angolo Autrice: Provo un misto di sensazioni a cliccare il bottone "Conclusa" con questa storia e, a questo punto credo sia doverosa una spiegazione o due.
Il finale non è dei migliori, anzi, nei piani originali doveva essere molto differente e anche comprendere un breve epilogo. Tuttavia, a causa di problemi personali, di tempistiche, sia per il fatto che questo tema è diventato a me molto caro, ritengo giusto concludere qui e non farvi attendere oltre.
La descrizione del mostro a due teste è una descrizione che ho sentito spesso associata ai Metallica, per le dinamiche che ne venivano fuori, specie riguardo Lars e James (anche se, a mio avviso, l'unica vera testa è Lars, in quanto possessore del nome 'Metallica'). Sul resto, non so quanto ci sia realmente di vero, ho mixato notizie di gossip, interviste e semplice fantasia.
Il titolo del capitolo è tratto da "Reason to fight" dei Disturbed ^^

Ricordo che non posseggo i Metallica (per quanto sarebbe bello, mi farei fare un concerto privato~) nè alcuna delle canzoni citate, che appartengono agli artisti originari. Detto questo, spero che questi 20 capitoli vi abbiano intrigato e tenuto compagnia e che abbiate trovato interessante la storia e la tematica che ho deciso di raccontare~! Grazie per aver letto e per le bellissime recensioni che ho ricevuto❤️ e ringrazio i Metallica, anche se non lo sapranno mai, perché sono stati per me, con la loro musica, di importanza titanica, da Agosto scorso che ho cominciato a scrivere questa storia

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