I wanna dance with somebody

di bhooo01
(/viewuser.php?uid=1162569)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era il primo ottobre, un giorno come tanti, eppure l’aria sembrava diversa. Presagiva qualcosa di nuovo ma non avrebbe saputo identificare se questo sarebbe stato un bene o un male.                                                                                                     

Scorsi pochi minuti dal suono della sveglia si ritrovò a scendere, con una certa fretta, le scale del dormitorio femminile diretta in sala grande per la colazione. Non aveva tempo da perdere, quel giorno si sarebbe tenuto il primo compito di pozioni dell’anno e andare bene sarebbe stato fondamentale per i G.U.F.O. che avrebbe sostenuto nei prossimi mesi. Decise dunque di svegliarsi prima del solito per riuscire a ripetere qualcosa dai suoi appunti. Correndo, più che camminando, iniziò a leggere il contenuto del suo quaderno ma così facendo saltò l’ultimo gradino che conduceva in sala comune e senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo si ritrovò stesa sul pavimento. O meglio, credeva fosse solo il pavimento; in realtà ben presto si rese conto di aver portato giù con sé qualcosa che a primo impatto non riusciva ad identificare nonostante ci fosse, scompostamente, sopra. La fatica di capirlo le fu risparmiata perché quel qualcosa non tardò a farsi sentire. “Hermione! Ma sei impazzita?” una voce fin troppo familiare per i suoi gusti la riscosse. “Ron, che cosa ci fai qui?” chiese mentre si rialzavano in piedi. “Ah, sai com’è” ribatté lui “adoro iniziare la giornata facendomi travolgere da pazze trafelate di prima mattina, si dice faccia bene alla pelle.” continuò lui con un sarcasmo che aumentò l’irritazione di Hermione. “Bhe, potevi stare più attento, non ce li hai gli occhi?” disse lei con le mani sui fianchi mentre le sue gote si tingevano di una preoccupante tonalità di rosso. “Adesso la colpa sarebbe mia? Mi sei venuta addosso tu, e poi che ci fai in piedi a quest’ora?” aggiunse Ron indicando il grande orologio sul camino che segnava le sei. “Potrei farti la stessa domanda.” ribatté lei. Infatti era strano trovare il rosso fuori dal suo letto così presto; la situazione era ancora più sospetta considerando che era in pigiama e che delle pergamene gli uscivano dalla tasca della vestaglia “Non dirmi che stavi ripetendo anche tu.” continuò con una mezza risata mentre faceva per prendere i fogli sospetti e svelarne il contenuto. Prontamente, però la sua mano fu intercettata e fermata dal ragazzo che, in modo più brusco di quanto volesse, disse “Non sono affari tuoi!” e se ne andò verso il dormitorio maschile, senza lasciare ad Hermione il tempo di replicare.                                                    

 Attonita e irritata dal comportamento del rosso continuò il suo cammino verso la sala grande, meditando su come fargliela pagare per tanta scortesia. Con Ron le cose erano sempre così complicate, non si capacitava di come non riuscissero a stare pochi minuti nella stessa stanza senza darsi addosso. Eppure non si odiavano, questi entrambi lo sapevano bene. Il problema era il loro orgoglio che proprio non ne voleva sapere di interrompere quella lotta di supremazia che ormai infuriava da anni.  

Senza neanche rendersene conto si ritrovò al tavolo dei grifondoro a torturare la malcapitata fetta di pane tostato che le era capitata a tiro. La sala era praticamente deserta eccetto qualche professore e uno o due studenti per casa. Almeno i suoi piani, quella mattina filavano per il verso giusto; aveva appena finito di mangiare e le avanzava un’oretta per ripetere in tutta tranquillità. Decise però di stare lontana da qualunque spazio comune, la sala grande iniziava a riempirsi e l’ultima cosa che voleva era incontrare Ron e il suo malumore. Si fiondò dunque nella prima aula vuota che riuscì a trovare sperando di incrociarlo il meno possibile quel giorno. Eppure il caso volle che il rosso si trovasse a procedere verso la sala grande proprio mentre la ragazza imboccava il corridoio opposto e senza rendersene conto si ritrovò ad osservarla con un certo dispiacere negli occhi. L'ultima cosa che avrebbe voluto, quella mattina, era iniziare la giornata discutendo con Hermione ma appena aveva provato a prendere le pergamene non ci aveva visto più niente. Era sicuro che se avesse letto quanto scritto magari l’avrebbe aiutato a trovare una soluzione; Ron però non se la sentiva di farlo sapere a nessuno, nemmeno a lei. “Ma allora, mi stai ascoltando?” sbottò una voce accanto a lui “Scusa Harry, dicevi?” disse il rosso distogliendo lo sguardo dalla ragazza che ormai non era più visibile. “Si può sapere che cosa è successo stamattina?” chiese il moro, capendo cosa, o meglio chi, avesse rubato l’attenzione dell’amico “Le vostre urla hanno svegliato tutto il dormitorio. Dallo spavento Seamus è caduto giù dal letto.” continuò. “Niente, è solo che... no, lasciamo perdere” rispose Ron dirigendosi al tavolo dei grifondoro. “Siamo loquaci stamattina.” concluse Harry assestandogli un’amichevole pacca sulla spalla. 

 

Alle otto in punto tutti i ragazzi del quinto anno si trovavano nei sotterranei pronti, per modo di dire, a sostenere la temibile prova di pozioni. Hermione, come sempre, si trovava al primo banco quando una voce alle sue spalle richiamò la sua attenzione “Pss, Hermione”. La ragazza subito si irrigidì, riconoscendo la voce del rosso, ma fece finta di niente; “andiamo, lo so che mi senti, ho visto le tue spalle irrigidirsi sai” continuò lui con una nota di divertimento nella voce. Fu proprio questa la goccia che fece traboccare la pazienza della bruna la quale si girò con così tanto impeto da far sollevare una folata di vento. “Che accidenti vuoi?” rispose con fare sprezzante. “Calma, vengo in pace.” disse lui alzando le mani in segno di resa ma questa sua nochalance fece aumentare ancora di più l’irritazione di Hermione che fece per girarsi nuovamente. “Aspetta” disse Ron, con tono serio, mentre con calma le posava una mano sulla spalla per fermarla. Questo gesto sembrava aver sortito l’effetto sperato perché la bruna iniziò a dissipare il rossore alle guance e si rivolse verso di lui senza però perdere il suo cipiglio. “Vorrei, bhe ecco...allora, il punto è...” iniziò a biascicare lui, “No, Ronald, non ti passerò neanche una risposta” lo interruppe lei, tornando nuovamente verso il suo banco. “Mi fai finire una frase una buona volta?” sbottò lui alzando il tono della voce tanto da placare il chiacchiericcio in aula.  “Signor. Weasley, se sento un’altra parola la incaricherò di rimuovere ogni singola ragnatela presente in questo castello, sono stato chiaro?” affermò Piton che in tutta risposta ricevette un frenetico annuire da parte del rosso. “Ed ora silenzio, tra cinque minuti vi darò il via.” aggiunse l’austero professore. Non contento, Ron strappò un pezzo di pergamena e intrisa la piuma nel calamaio scrisse freneticamente e lanciò il foglio sul banco di Hermione. Sorpresa, la ragazza aprì il foglio e a caratteri disordinati lesse: Scusami per stamattina, ho avuto una nottataccia ma non avrei dovuto prendermela con te. Amici?  

Ron che si scusava era un evento più unico che raro e questo le fece spuntare un mezzo sorriso mentre afferrava la piuma per rispondergli, inoltre il fatto che avesse passato una nottataccia la impensierì e si promise di indagare in seguito. Stava per rispondergli quando il professor Piton diede il via al compito frantumando i suoi intenti.  

Non appena la lezione fu finita gli studenti si catapultarono fuori dall’aula ed Hermione si avvicinò piano a Ron sussurandogli all’orecchio un flebile “Amici” che subito fece spuntare un sorriso sulle labbra del rosso. Non tardò ad aggiungersi Harry che esordì, prendendoli a braccetto, dicendo “Azzardatevi a svegliarmi di nuovo all’alba e quelle ragnatele di cui parlava Piton ve le faccio mangiare.” posando lo sguardo a metà della frase sul suo migliore amico che proruppe in un’inequivocabile espressione di disgusto. 

La giornata trascorse senza troppe sorprese, almeno finchè non giunsero a cena nella Sala grande. Prima di iniziare il tanto bramato banchetto il preside prese la parola zittendo il borbottio che si protraeva tra i tavoli. “Buonasera cari ragazzi, è giunto il primo di ottobre e mancano 30 giorni alla notte di Halloween. Come tutti ben sapete, nel mondo dei maghi questa festività ha una sua valenza alquanto, per così dire, speciale. Quest’anno, in particolare, per la ricorrenza, abbiamo deciso di organizzare un ballo.” subito un mormorio di approvazione si levò tra i tavoli per culminare nei risolini entusiasti di alcune ragazze. “Prima di gioire” aggiunse il professor Silente sovrastando le altre voci “sappiate che l’organizzazione spetterà completamente a voi.” Ed ecco che esclamazioni di dissenso e stupore si levarono tra gli studenti “Abbiamo deciso che alla luce dei pericoli incombenti” e qui gli sguardi non poterono che posarsi su Harry che cercò di nascondere l’irritazione per quegli sguardi curiosi “sarebbe l’ideale impartirvi anche una, se così la vogliamo chiamare, lezione di cooperazione. Sarà indispensabile restare uniti nei momenti di crisi e questo ci sembra un modo abbastanza stimolante per condurvi in quella direzione. Sarete divisi in gruppi, in base all’anno di appartenenza, in modo che collaboriate anche tra case diverse, cercando di sedare i vari dissapori che di solito intercorrono.” affermò volgendo impercettibilmente lo sguardo verso i serpeverde “Domani mattina, nella sala di ingresso, sarà esposto un comunicato in cui saranno indicate le mansioni per ogni divisione. Detto ciò che inizi il banchetto.” terminò. 

 

Angolo dell’autrice: 

Sinceramente non so che ne uscirà, so solo che scrivere mi ha sempre aiutato e in questo periodo ne ho particolarmente bisogno. Penso che le vicende tratteranno solo del mese di ottobre, non so quanto sarà lunga la storia, al momento mi frullano in testa mille idee e spero di non cadere in un’accozzaglia senza un filo conduttore. Chiedo scusa per errori/stile/incoerenza ma diciamo che scrivere questo capitolo ha avuto più uno scopo catartico. Spero di sortire qualche effetto positivo. Grazie mille a chi leggerà o commenterà, sarà già tanto per me. 

A presto. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Tornati in sala comune il tumulto non si arrestò. “Un ballo. Un ballo con Mangiamorte e Voi-Sapete-Chi lì fuori in libertà.” sbottò Hermione mentre si lasciava andare sulla poltrona accanto al caminetto. “Andiamo Hermione, è solo un ballo, in una scuola protetta da incantesimi di ogni tipo, cosa vuoi che sia?” rispose Ron di rimando mentre si accasciava sul divano accanto ad Harry. “Tu mi dici ‘che vuoi che sia?’? Dovremmo pensare ad ottimizzare i tempi, migliorare la nostra preparazione e non a quale festone si intoni meglio al colore delle pareti della sala grande.” ribbattè la ragazza ancora più infervorata. Ron stava per ribattere ma per la gioia dell’udito dei presenti Harry intervenne stroncando sul nascere l’ennesima discussione “Ragazzi smettetela! Silente ormai ha deciso ed io mi fido del suo giudizio, magari questo ballo servirà davvero a qualcosa di buono e non l’avrebbe mai fatto se la situazione non fosse stata sotto controllo.”. La bruna, non contenta di quanto dichiarato dall’amico, decise comunque di lasciar correre, distratta da Ginny che si sedeva ai piedi della sua poltrona. “Avrei preferito lavorare con voi, ora mi tocca stare con quei decelebrati del mio anno” esordì la rossa. “Ecco, vedi Hermione? Questa ‘collaborazione’ servirà proprio ad evitare che Ginny chiami i suoi compagni ‘decelebrati’” disse Ron con malcelata ironia e subito si ritrovò in faccia due cuscini prontamente lanciati da sua sorella e dalla sua migliore amica. “Ehi! Sto solo difendendo l’iniziativa!” disse emergendo dal divano col sottofondo dell’incontrollabile risata di Harry. “Fratellino, ma che ci fai vedere?” si introdusse George, “Messo al tappeto da due ragazze.” continuò Fred, “E dire che per una di loro è la seconda volta in un giorno.” li spalleggiò Harry scatenando l’ilarità di tutti meno che dei due interessati. “Allora ragazzi” iniziarono i gemelli “siete pronti a sapere cosa abbiamo in mente per questo evento?” terminarono. “Volete usare i vostri prodotti?” chiese Ginny in un misto tra il preoccupato e il sorpreso, “Sorellina, diciamo che sarà un Halloween esplosivo.” risposero i gemelli. “Non vorrete far saltare in aria la scuola?” chiese Hermione preoccupata, “Granger” disse Fred “per chi ci hai presi?” continuò George e i due si congedarono sotto lo sguardo attonito della bruna.  

“Forza ragazzi, andiamo a letto.” propose Harry dopo una buona mezz’ora trascorsa a fantasticare sul ballo e si accinse a salire le scale dei dormitori con Hermione al seguito. Quest’ultima, mentre si alzava dalla poltrona, riuscì tempestivamente a cogliere gli stralci di uno strano congedo tra Ron e Ginny “Sono queste.” sussurrava Ron, “Dopo controllo io.” aggiungeva Ginny. Era da quando aveva ricevuto quel biglietto che Hermione si tormentava su cosa potesse esser successo a Ron e quella strana conversazione fraterna sembrava più che sospetta. Ginny e Ron che parlavano sottovoce? Mai successo in più di quattro anni di conoscenza. Ad ogni modo il rosso li raggiunse in fretta e quando stava per imboccare le scale dei dormitori maschili fece qualcosa che né lei, ma soprattutto lui, si sarebbe mai aspettato accadesse. Infatti mentre superava il gradino che separava la biforcazione dei due dormitori, le diede, inaspettatamente, un bacio sulla guancia dicendo come se nulla fosse “Buonanotte Hermione”.  

Ma che accidenti aveva fatto? Un bacio sulla guancia? Ma come gli era potuta venire in mente un’idea simile? Anzi, magari prima gli fosse passata per la testa, sicuramente non l’avrebbe fatto. Si diresse verso il suo letto e afflitto ci si buttò a capofitto sospirando sonoramente. “Che succede amico?” chiese Dean divertito dall’entrata in scena del compagno di stanza. Ron mugugnò qualcosa di incomprensibile verso il cuscino ed Harry riprese “Ah certo, chiarissimo adesso.” accingendo a mettersi il pigiama. Sbuffando si mise seduto ed abbracciando un cuscino disse quasi in un sussurro “Ho baciato Hermione.”. In un attimo gli occhiali di Harry caddero, Seamus uscì dal bagno con lo spazzolino ancora in bocca, Dean sbattè forte contro il baldacchino e dallo stupore Neville fece volare Oscar dalle sue mani. Il tutto fu condito da un unanime “Tu hai fatto COSA?”. “Fermi” disse Ron mentre i suoi compagni si avvicinavano pericolosamente al letto “non è come credete” aggiunse con le mani in segno di resa. “Allora spiegati Weasley perché tutto l’istituto aspetta questo momento da anni” lo incalzò Dean “Avremmo anche una certa fretta di avvisare il pubblico a casa.” continuò Seamus. Ron trasse un respiro profondo e provò a spiegarsi “Non so che cosa sia successo, io ero lì, lei era lì, forse ho inalato troppo fumo del camino... e poi era quasi ora di dormire...” “Anche i fantasmi erano lì ma vorremmo arrivare al punto prima di unirci a loro.” sbottò Harry in un impeto di impazienza. “Il punto è che non so cosa mi sia preso, le ho dato la buonanotte e non so perché...le ho dato un bacio sulla guancia.” terminò il rosso. “Oh ma andiamo!” proruppe Dean “è stato solo un bacio sulla guancia” continuò Seamus un po’ deluso mentre Neville ed Harry alzavano gli occhi al cielo. “No ma voi non capite, non avevo mai fatto niente del genere prima!” affermò Ron quasi in preda ad una crisi isterica. “Buongiorno principessa, finalmente il tuo cervello ha deciso di agire a prescindere dalle tue scelte, ed era ora aggiungerei.” disse Harry andando verso il suo letto. “Che intendi dire scusa?” chiese Ron indispettito “Che tu sei cotto di Hermione da una vita e l’hanno capito tutti, persino il tuo cervello, che ha deciso di agire in autonomia, non male.” disse ridendo. “Ma dai, ho sempre saputo che mi piaceva Hermione.” disse il rosso rendendosi subito conto di quanto detto e assumendo un’impacciata espressione della serie ‘che miseriaccia ho detto?’. Le sue parole furono subito seguite da gridi di gioia e da un’improvvisazione di ‘We are the champions’ da parte di Dean e Seamus. “Basta! Finitela!” cercò di difendersi con scarsi risultati “Andate a quel paese, io vado a dormire.” continuò indispettito chiudendo le tende del baldacchino. A chi voleva darla a bere? Era vera ogni parola. Ha sempre saputo di essere innamorato di Hermione ma il suo orgoglio gli impediva di confessarlo. Forse se avesse lasciato il comando all’istinto fin dall’inizio adesso potrebbe prenderla per mano e baciarla in ogni momento senza imbarazzo. Quanto avrebbe voluto... Pensandoci bene sapeva perché proprio quella sera la situazione si fosse sbloccata. Le stesse cose che la notte prima lo avevano condotto a dormire in Sala comune continuavano a tormentarlo nel profondo. E del resto Hermione per lui è sempre stato un porto sicuro, l’amica fedele, quella che aveva sempre una soluzione per tutto. Evidentemente è questo ciò che il suo inconscio, senza avvisarlo, aveva cercato con quel tenero tocco: un momento, anche se infinitesimale, di conforto. Conscio del fatto che forse avrebbe dovuto osare di più da quel giorno in avanti, si abbandonò al sonno con una speranza nel cuore.  

D’altro canto Hermione era rimasta piacevolmente sorpresa seppur continuasse, imperterrita, a voler scoprire cosa avesse indotto un comportamento così insolito nel suo amico. Carica di apprensione, ma senza dubbio, con un sorriso a 32 denti, si addormentò decretando che forse quella giornata non era stata tanto male. 

Il mattino seguente, quando i due si rividero in sala comune, l’imbarazzo sgorgava dai loro occhi e vano fu ogni tentativo, da parte di entrambi, di celarlo. “Ehm...buongiorno” azzardò Ron. “Weasley, niente bacio stamattina?” Gli urlò Dean mentre lo superava per attraversare il buco del ritratto. Il rosso maledisse mentalmente il compagno di stanza ed iniziò a pensare a quale diavoleria di Fred e George fosse più opportuno usare per vendicarsi. “Buongiorno” provò Hermione con un timido sorriso mentre il rossore alle guance tradiva la sua falsa tranquillità. “Senti... si insomma... per ieri sera...” cercò di continuare Ron grattandosi la nuca. “E tutto apposto” lo liquidò la ragazza continuando a sorridere. Non se la sentiva di farlo finire e magari sentirgli dire che non avrebbe voluto, preferiva di gran lunga cullarsi fra le sue illusioni. Ron, di rimando, le sorrise grato di non dover continuare quella proposizione che non sapeva né come impostare né dove lo avrebbe condotto. In cuor loro, però, entrambi speravano che quello potesse essere solo l’inizio di un cambiamento tanto bramato dall’una quanto dall’altro ormai da tempo immemore. 

Presto furono raggiunti da Harry e i tre si avviarono verso l’uscita della sala comune. 

L’unico pensiero che, quel giorno, ferveva nelle menti di ogni studente di Hogwarts era relativo alla suddivisione degli incarichi, per il ballo, che presto sarebbe stata resa nota. Dunque non stupisce sapere che la folla per quel famelico foglio appeso nella sala di ingresso fosse più che egemone. Harry, Ron ed Hermione dovettero farsi largo tra primini esultanti e ragazzi più grandi visibilmente irritati. “Secondo voi, cosa ci toccherà?” chiese Ron con una nota di eccitazione nella voce. “Mi andrebbe bene qualunque cosa, purchè non si tratti di fare vestiti, non saprei distinguere lo chiffon dal tulle.” rispose Harry con nochalance. “Chiff-che?” lo riprese Ron con una faccia che assomigliava spaventosamente ad un punto interrogativo. “Tranquillo Harry, niente tulle.” disse Hermione una volta giunti davanti al foglio. Effettivamente il moro non si sarebbe occupato di abiti ma non era da escludere che non avrebbe messo mano a del chiffon. 

Primo anno: raccolta materie prime 

Secondo anno: organizzazione attività 

Terzo anno: musica e scaletta evento 

Quarto anno: realizzazione outfit 

Quinto anno: decorazione spazi interni 

Sesto anno: menu 

Settimo anno: decorazione spazi esterni 

Ma che accidenti significa ‘decorazione degli spazi interni’? Questa scuola sarà grande quanto, quanto... bhe non so quanto cosa ma di sicuro è grandissima miseriaccia.” esplose Ron mentre si dirigevano verso la Sala grande per la colazione. “Che c’è Ronald? Il ballo non era un’idea magnifica?” rispose Hermione ridacchiando. “Oh piantala.” continuò il rosso flebilmente e scivolando sulla panca accanto ad Harry. “Forza amico, non ci impegnerà più di un paio d’ore al giorno.” cercò di consolarlo Harry. Non l’avesse mai fatto. Appena si zittì una voce si levò dal tavolo dei professori “Buongiorno miei cari ragazzi, penso abbiate preso visione dei vostri incarichi per il ballo” iniziò il preside “sappiate che le vostre mansioni iniziano subito dopo pranzo e terminano intorno alle cinque del pomeriggio.” un borbottio di dissenso proruppe tra i tavoli e Ron inclazò guardando Harry “Due ore eh?”. “Ad ogni modo” continuò il professor Silente alzando il tono “per permettervi di lavorare, per questo mese, e badate bene, SOLO, per questo mese, il carico di compiti sarà parzialmente ridotto.”. “No, mi rifiuto, ridurre i compiti per intagliare zucche!” esplose Hermione. “Andiamo, sarà solo per un mese” intervenne Ginny accanto a lei “non perderemo le nostre capacità per qualche settimana più lassa.” concluse. “Inoltre” continuò il preside “terminato il pranzo resterete qui e vi indicheremo, poi, il luogo dove ogni gruppo potrà riunirsi. Per ora è tutto, buona giornata.” Detto ciò Ron si accascio sul tavolo, sconsolato, pensando a quanto tempo avrebbe dovuto sottrarre al suo riposino pomeridiano. 

La mattinata trascorse senza troppi problemi, fino allo scoccare delle 14:00, orario in cui ogni pietanza svanì dalle tavolate di Hogwarts e gli studenti furono catapultati in quell’agrodolce evento che erano i preparativi per il ballo. Al quinto anno fu assegnato, come punto di raccolta la stessa sala grande la quale fu sgomberata dai due tavoli centrali per permettere la massima libertà di movimento.  

Erano trascorsi buoni dieci minuti in cui gli studenti altro non fecero che studiarsi a vicenda con sospetto, come se si vedessero solo in quel momento per la prima volta, e forse era davvero così. I serpeverde se ne stavano seduti su uno dei due tavoli lasciati in sala mentre guardavano con diffidenza chiunque gli capitasse a tiro. I grifondoro non fecero di meglio, disposti dal lato opposto rispetto alle serpi e accanto a dei tassorosso che sembravano seguire attentamente le gare di sguardi tra le altre due case mentre i corvonero presenti giocherellavano distrattamente con nastrini e cartapesta che presto sarebbero stati usati. 

Esausta di quella situazione, che sembrava non condurli da alcuna parte, Hermione prese la parola “Ehm...bene ragazzi, direi che potremmo anche iniziare, no?”. “E chi ti avrebbe messo a capo, Granger?” tuonò dall’altro capo del tavolo un’indispettita Pansy Parkinson. Ma prima che la grifondoro potesse difendersi, intervenne Padma Patil di corvonero “Calma Parkinson, invece di attaccare briga appena puoi, vediamo di iniziare davvero a fare qualcosa.”. Alla serpeverde questo intervento piacque ben poco tanto che le sarebbe sicuramente saltata addosso se non fosse stato per Hannah Abbot che l’anticipò tempestivamente dicendo “Okay ragazzi, direi che possiamo anche iniziare a chiamarci per nome e magari...bhe...mettere mano a qualcosa.”. 

“Se queste sono le premesse ci divertiremo davvero tantissimo!” affermò Ron sottovoce in modo che potesse sentirlo solo Harry il quale subito iniziò a sgignazzare guadagnandosi una pessima occhiataccia da parte di Hermione 

“Che ne dite di iniziare ad intagliare qualche zucca?” propose Neville Paciock prendendone una in mano nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.  

 

Angolo dell’autrice: 

Ciao a tutti! Inizio ringraziando chiunque abbia trovato il tempo per leggere, recensire e mettere tra le preferite questa ff. Ad ogni modo, non pensavo di aggiornare così presto ma ormai mi è partita la vena poetica hahah. Comunque spero di riuscire ad aggiornare in modo abbastanza regolare, probabilmente potrei decidere di farlo sempre nei weekend. Passando al capitolo è effettivamente più lungo del precedente ma non riuscivo a fermarmi. Sono molto arrugginita quindi mi scuso per la forma e magari la mancata fluidità, ho sempre avuto uno scrittura ‘pesante’. 

 Ciao di nuovo e ancora grazie, spero che questa storia vi lasci un sorriso così come capita a me mentre la scrivo. 

A presto. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Pensare alla sala grande ha sempre significato figurare nella mente un luogo idilliaco e maestoso. La rappresentazione, in intonaco e cemento, della grandezza e della fierezza di Hogwarts. I lunghi tavoli in legno pregiato, gli stendardi di poliestere adornati a mano, le fiaccole alle pareti...un perfetto scenario di compostezza ed eleganza. Eppure, chiunque si fosse trovato a passare, in quel momento, dinanzi l’ingresso, altro non avrebbe visto che uno scenario ordinato e composto quanto il “Guernica” di Picasso. 

Appena ebbero messo mano ai materiali la situazione non sembrava auspicarsi tanto disastrosa. Per prima cosa iniziarono a studiare le materie prime a disposizione, portate dagli studenti del primo anno, e convennero, per rispettare le consuetudini, di realizzare, come punto sicuro, zucche intagliate da rendere sospese, verso il soffitto, il giorno del ballo. Dunque ci fu chi iniziò a pulire le zucche, chi a scavare gli occhi e chi a realizzare dei bozzetti in modo da attribuire ad ogni zucca espressioni e particolari differenti.  

Il tutto iniziò a degenerare talmente in fretta che, per molti, non ci fu neanche il tempo di metabolizzare quanto stesse accadendo. 

Neville si stava giusto alzando reggendo tra le mani un calderone, pieno della polpa di almeno tre zucche, da portare al lato opposto della stanza, quando Blaise Zabini, seduto ad una delle panche, allungò, sghignazzando con Tiger e Goyle, una gamba appena in tempo per farlo cadere rovinosamente a terra. Ad attirare l’attenzione dei presenti non fu tanto il rimbombo del tonfo quanto l’urlo emesso da Draco Malfoy quando si ritrovò l’intero contenuto del calderone sulla sua divisa. “Paciock!” tuonò, “Sei morto.” ed estrasse la bacchetta lanciandogli una terribile fattura orcovolante. “Malfoy! Come ti permetti?” propruppe Harry “Expelliarmus” pronunciò e la bacchetta del biondo volò via. Nel frattempo, però, Neville, cercando di scacciare gli esseri che gli volavano intorno, andò a sbattere contro Goyle che di rimando provò ad infliggergli una fattura gambe molli. Però, prima che potesse sortire l’effetto sperato, il grifondoro riuscì ad abbassarsi in tempo e l’incantesimo colpì in pieno Michael Corner. Dunque è facile intendere come tra una risposta ad un incantesimo ed un’altra la situazione divenne insostenibile.  

Pochi minuti dopo tre tassorosso respingevano gli incantesimi di altrettanti serpeverdi mentre Dean era impegnato in un duello con Padma, cui aveva accidentalmente scagliato una fattura tarantallegraRon era, invece, impegnato a liberarsi da dei nastri colorati che erano stati animati da Justin Flee Fletcher per avvolgerlo completamente. Ancora, Pansy, aveva preso la palla al balzo per sfogare la sua indignazione verso Hermione e le due erano nel pieno di un botta e risposta magico particolarmente preoccupante. Harry e Draco avevano lasciato ormai le bacchette inscenando un corpo a corpo che ebbe, come risultato, quello di far cadere buona parte delle zucche, dai tavoli.  

“FINITE INCANTATEM” tuonò improvvisamente la McGranitt, comparsa sulla soglia della sala grande. “Che cosa accidenti sta succedendo qui?” proruppe “Siete al quinto anno, quest’anno dovrete sostenere i G.U.F.O. e non riuscite neanche a stare un’ora nella stessa stanza senza far crollare la scuola!” Nessuno ebbe il coraggio di fiatare e, sott’occhio, iniziarono a guardarsi intorno tra divise stracciate e polpe di zucca. “Dopo tutta questa confusione adesso nessuno parla?” continuò la professoressa. “Ecco...noi...” provò Lavanda Brown, quella più vicina alla porta, “Non sappiamo cosa ci sia preso” continuò Hermione con una chioma, se possibile, ancora più arruffata del solito. “La situazione ci è...sfuggita di mano” terminò Calì. “Non esiste che la situazione vi sia sfuggita di mano signorina Patil. Il vostro comportamento è stato inqualificabile e sarete puniti per questo.” decretò. Dopo pochi secondi riprese “Se non riuscite a collaborare per più di cinque minuti passerete il resto del pomeriggio e l’intera notte, fino a domani mattina, INSIEME, nella stanza delle necessità.”.  

Un coro di “Cosa?” si levò nel gruppo , “Finiremo per ucciderci.” concluse Ron passandosi afflitto una mano in faccia. “Esatto signor Weasley” iniziò la Mcgranitt facendolo sobbalzare “o imparate a stare insieme o quest’anno i corridoi di Hogwarts saranno più sgombri. Adesso via, filate al settimo piano!” 

 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 

 

“Come è potuto succedere?” esclamò Hermione, camminando convulsamente, davanti a due attoniti Ron ed Harry seduti a ridosso di una parete. “Andiamo Hermione, è solo una notte di punizione, passerà in fretta.” concluse il moro. “No Harry, tu non capisci, la notte, in dormitorio mi serviva per portarmi avanti con lo studio. Saranno un fallimento questi esami!” continuò facendo passi sempre più accelerati. “Poi, sicuramente questa cosa influenzerà le valutazioni e non posso permettermi brutti voti, mi rovinerebbero la media e...”. “Prendi un respiro profondo.” sentenziò Ron che nel frattempo si era alzato, ponendosi difronte alla ragazza, afferrandola per i polsi facendole terminare quella camminata snervante, “Non succederà niente di tutto questo, sei la strega più brillante della tua età e non sarà una stupida notte di punizione a portarti via questo titolo. Consideralo una specie di... pigiama party.” cercò di rassicurarla. “Un pigiama party?” disse lei scoppiando a ridere “Ehi, tra le ragazze sono comuni, no?”. “Bhe sì, ma io non ne ho mai fatto uno.” ammise lei. “Infatti non ho mai pensato che fossi come le altre.” disse lui con una nota di serietà nella voce. 

Per poco tempo restarono così, fermi l’uno di fronte all’altra guardandosi negli occhi. Assaporando il peso che l’affermazione di Ron portava con sé. Non seppero decretare quanto tempo passò, probabilmente attimi e pure a loro parvero ore, persi com’erano a scrutarsi dentro. Fu la voce di Harry a riscuoterli “Ragazzi, guardate.” disse alzandosi in piedi ed indicando un punto imprecisato nella stanza.  

Proprio lì Draco infuriava contro Neville “Se tu non fossi così stramaledettamente imbranato adesso non staremmo qui rinchiusi, mezzo magonò.”. “Ehi, non ti azzardare a trattare Neville in questo modo, è sicuramente un mago migliore di te.” si mise in mezzo Dean. “Ragazzi finiamola, vogliamo restare qui una settimana?” provò Harry “Per quanto sia propenso a riempire, ancora” continuò lanciando uno sguardo di sfida al serpeverde “la faccia di Malfoy di pugni, non è la soluzione più indicata per uscire da qui.”. “Harry allora cosa suggerisci? Siamo troppo in disaccordo su tutto per evitare di scannarci prima dell’alba.” intervenne Seamus.  

“Ho un’idea.” iniziò Hannah Abbott di tassorosso “sediamoci in cerchio e prendiamo una bottiglia, la facciamo ruotare e a chi è rivolto il collo della bottiglia tocca fare una domanda a chi si trova di fronte, magari potrebbe aiutarci a conoscerci meglio.” propose. “Non intendo fare una cosa tanto stupida” esclamò Draco. “Malfoy, tu sei proprio il primo che dovrebbe partecipare.” rispose Harry sprezzante “Conoscere meglio voi sfigati non è in cima ai miei desideri, Potter.” ribattè il biondo. “Non penso che tu abbia tante possibilità di scelta.” si intromise Ron. “Babbanofilo che non sei altro...” iniziò il serpeverde. “Piantatela!” tuonò Michael Corner “Hannah, mi sembra un’ottima idea, chi cerca una bottiglia?” “La trasfiguro io!” squittì Hermione e subito una polverosa scopa che stava nelle vicinanze si trasformò in una bottiglia di vetro. 

Chi con qualche sbuffo, chi rassegnatosi all’idea, si sistemarono tutti in cerchio, pronti per iniziare. “La faccio girare” disse Hermione che ancora teneva la bottiglia in mano. “Malfoy” iniziò Harry ridendo “tocca proprio a te.” In effetti il collo era puntato sul biondo e difronte stanziava una scettica Padma. Ignorando il commento del grifondoro, Draco incrociò le braccia e domandò “Come ti chiami?”. “Mi stai veramente chiedendo questo?” proruppe l’interessata “Che c’è? Non spreco il mio tempo a ricordare i nomi di chiunque.” decretò. “Vabbè, comunque sono Padma.” detto ciò prese in mano la bottiglia e la fece girare. Il collo puntò su Ron mentre la domanda fu fatta da Justin “Mh...quando ti deciderai ad uscire con la Granger?” terminò con uno strano luccichio negli occhi, evidentemente averlo legato per bene con dei nastrini in sala grande non gli era bastato a vendicarsi. “Co-cosa?” balbettò il rosso. “Ma ragazzi, questo gioco dovrebbe servire per conoscerci meglio.” provò Hermione. “Infatti” continuò Justin “voglio conoscere meglio la vita sentimentale di Ron.” e non sembrava essere l’unico, tutti i presenti guardavano il rosso impaziente mentre Hermione altro non avrebbe voluto che sparire in quel medesimo istante.  

Il grifondoro si guardava intorno cercando una via d’uscita, qualunque cosa gli sarebbe andata bene. Se solo avesse potuto evaporare e non tornare mai più. Che cosa avrebbe mai potuto rispondere? Di sicuro non le avrebbe dichiarato i suoi sentimenti davanti a tutte quelle persone, era da matti credere di fare una cosa del genere. Ron però non brillava per la sua capacità di connettere testa e bocca, quindi pronunciò una frase i cui termini non passarono neanche per l’anticamera del suo cervello. “Uscire con Hermione? Andiamo, è l’ultima cosa che farei.”.  

Nell’esatto momento in cui ebbe pronunciato quelle parole sentì la bruna al suo fianco irrigidirsi terribilmente mentre dall’altro lato Harry scuoteva la testa, conscio del putiferio che prevedibilmente si sarebbe scatenato.  

Ron si sentiva morto dentro, consapevole che se quei giorni sembravano aver segnato un avvicinamento, tra i due, ora ogni possibilità di evolvere il loro rapporto era andato irrimediabilmente in frantumi.  

Dal canto suo Hermione cercava di allontanarsi il più possibile dal rosso, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di scorrere impetuose. Non si capacitava di come avesse potuto anche solo sperare che il loro rapporto evolvesse.  

Non appena diete vita a quella sciocca frase il grifondoro si maldisse mentalmente per la sua tremenda impulsività. Guardava la mora affianco a sé con profondo rammarico meditando su cosa fare per risolvere quell’insostenibile situazione. 

Entrambi sembravano estraniati dal reale, continuavano, per inerzia, a partecipare al gioco senza realmente ascoltare il botta e risposta che perdurava tra i loro compagni; così assolti, com’erano, nelle loro speranze infrante. 

 

Angolo dell’autrice: 

Ciao a tutti!! Sono veramente contenta che continuiate a leggere questa storia, ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che a dire il vero non mi dispiacerebbe ascolatre hahaha. Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensiate, soprattutto se avete critiche o consigli da pormi. Sono però meno entusiasta di questo capitolo che forse risulta più di passaggio che di altro ma mi sono accorta che la lunghezza era, bene o male, la stessa dei precedenti e non me la sentivo di continuare appesantendovi la lettura. Bhe, detto ciò spero a presto <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Impassibilità. Che qualità eccezionale. Cosa avrebbe dato in quel momento per poterne possedere almeno un briciolo.
Il commento di Ron l’aveva terribilmente ferita e, per quanto si sforzasse, ogni misero tentativo di nascondere la sua delusione era più che vano.
Erano passate un paio d’ore da quando Hannah aveva proposto quello stupido gioco, ed ora, seduta sul pavimento gelido, se ne stava a guardare, sovrappensiero, una coppietta di corvonero che si scambiavano tenere effusioni. Cos’aveva che non andava? Perché non poteva, anche lei, godere di quelle piccole attenzioni? Quanto avrebbe voluto, anche solo per un attimo, sentire di avere un posto nella vita di qualcuno dove si è imbattibile.
E invece, mentre sembrava che, per la prima volta, potesse davvero accendersi la remota possibilità di poter dar agio a quell’ anelito, eccolo entrare in scena, uno schiaffo di realismo che giungeva per riportarla con i piedi per terra.
“Hermione? Ci sei?”
“Mh… Come?” disse la bruna voltandosi verso il suo interlocutore. “Allora, ti andrebbe?” inaspettatamente la ragazza si trovò dinanzi l’ultima persona che avrebbe mai pensato di vedere.
Cormac Mclaggen. Alto, biondo ed imponente.
“Ti andrebbe di giocare a schacchi?” ripetette il grifondoro più lentamente.
“Bhe, io non so giocare, in realtà.” Appurò Hermione, ancora in stato confusionale.
“Dai, sei la strega più brillante del nostro anno, saprai dare due comandi a qualche pezzo di legno.”
“Stai parlando di pezzi di legno animati che se volessero potrebbero rompermi la scacchiera in testa.”
“Non essere così tragica hahaha, sarà divertente.”
“Ma perché lo chiedi proprio a me?”
“Cercavo uno sfidante e tu eri qui da sola.”
“Se lo fai per pietà passo, grazie.” Proruppe Hermione alzandosi.
“Aspetta” iniziò lui prendendola per un braccio “non ho mai provato pietà per nessuno, mi sembrava solo un’idea carina ed era evidente che tu non avessi niente da fare.” puntando lo sguardo sul pavimento dove poco prima sedeva la ragazza.
La riccia lo squadrò per un po’ e le capitò di posare lo sguardo oltre le sue spalle dove Ron, incerto e fremente, guardava verso di loro. Il suo fastidio fu senza dubbio ciò che le diede la giusta carica.
“Andata!” decretò e insieme si spostarono ad un tavolo nelle vicinanze.
 
 
“Ma che accidenti sta facendo?!”
“Eh?” chiese Harry, preso alla sprovvista “Chi?”
“Hermione, guardala, è lì che ride giocando a scacchi con McLaggen. Sai quante volte gliel’ho chiesto io? E poi arriva questo e…” incalzò Ron.
“Ma che pretese vorresti avanzare? Hai sentito quello che le hai detto?” affermò Harry.
“Sai meglio di me che non penso quelle cose.” Disse Ron, quasi in un sussurro.
“Bhe, lei no.”
Quanto era dannatamente bella agli occhi del rosso in quel momento. Le sembrava quasi eterea mentre rideva con i riccioli che le incorniciavano il viso.
L’unica nota a stonare era quel Cormac. Come aveva fatto a ritrovarsi in quella situazione? Solo ieri sera l’aveva salutata con un bacio sulla guancia ed ora non avrebbe neanche potuto farle “ciao” con la mano a tre metri di distanza. Si sentiva un verme, era tutta colpa sua e non aveva idea di cosa fare per porvi rimedio.
 
 
 
“Scacco matto! Oddio ho vinto!” esclamò Hermione ridendo come una pazza. “Ebbene sì, mi hai battuto.” Continuò McLaggen con lo stesso divertimento nella voce. “Aspetta, mi hai forse lasciata vincere?” chiese la ragazza con un sopracciglio sorprendentemente alzato. “No, fidati, sono semplicemente pessimo a giocare a scacchi.” decretò continuando a ridere. “Ma sappi che ti chiederò prima o poi la rivincita.” concluse. “Allora perché volevi giocare se non sai farlo?” chiese sorprea,“Non bisognerebbe mai evitare di fare ciò che si vuole solo perché non ci si ritiene in grado.” rispose dandole un buffetto sulla spalla con l’aria di chi la sa lunga.
Chi l’avrebbe mai detto che Cormac Mclaggen avesse un certo acume. Hermione rimase sbalordita, lei in primis non aveva mai fatto niente in cui sapeva che avrebbe potuto fallire. Ad esempio non aveva mai giocato a Quidditch alla Tana, nonostante i continui solleciti di Ginny, e non aveva mai accettato di giocare a scacchi con Ron. Aveva, sempre e fermamente, cercato di evitare di fare la figura dell’incapace davanti alle persone cui teneva ma vedendo quanto fosse stato divertente giocare con Cormac, che a malapena conosceva, si chiedeva come sarebbe stato se al posto suo ci fosse stato il rosso.
“A che pensi?” le chiese.
“Come?”
“Pensi a lui, non è vero?”
“Cosa? Ma di che stai parlando? Stavo solo mentalmente calcolando lo studio che dovrò recuperare dopo questa serata in isolamento.” Rispose indispettita avvampando.
“Non c’è bisogno che menti. L’abbiamo vista tutti la tua faccia quando ha detto…” e fece una pausa “…quello che ha detto.” Cercando di non turbarla ulteriormente.
“Non avevo nessuna faccia.” Affermò mentre stava per alzarsi ma, ancora una volta, fu fermata con un tocco sul braccio.
“Se pensavi che volessi prendermi gioco di te ti sbagli. Volevo solo dirti di non vergognarti dei tuoi sentimenti.”
“Non ho nessun sentimento.”
“Hermione…” continuò guardandola con occhio critico “Allora mettiamo caso che ipoteticamente tu ne avessi, a vergognarsi dovrebbe essere lui che non apprezza una ragazza come te.”
La bruna lo guardò con tanto d’occhi ma proprio non riusciva a spiegarsi tutto quell’interesse improvviso nei suoi confronti. “Si può sapere come mai oggi sei così interessato a me?”
“Chi ha detto che è solo oggi? Magari ho solo trovato il momento giusto.” E con sorriso sornione si alzò.
“Vado a cercare qualcosa da mangiare. Vuoi?” le chiese tendendo una mano.
“No grazie, sto bene qui.”
E sotto lo sguardo attonito di Hermione si incamminò verso un gruppo di grifondoro dall’altro lato della stanza.
 
Ron non ne poteva più di vederla lì con quell’energumeno e non appena se ne fu andato decretò “Io vado lì.”
“Lì dove?” chiese ingenuamente Harry per poi seguire la direzione del furioso sguardo del suo amico.
“Ron ma sei impazzito? Se te la cavi ti manda dietro solo un Avada Kedavra.”
“Non mi interessa, parla con lui solo per quello che ho detto prima.”
“Amico, dovresti fare un corso di autostima, vedo proprio che la tua è a terra.” Ironizzò Harry ma, noncurante, il suo amico si avviò a passo di marcia verso Hermione.
 
“Carino il tuo nuovo amico.” Iniziò. Decisamente non era il modo migliore, maledetta impulsività.
“Ma che avete tutti oggi? Parlarmi senza cogliermi di sorpresa no?” esclamò quasi spaventandosi dall’arrivo improvviso del rosso.
“E poi tu!” iniziò alzandosi e camminando pericolosamente verso di lui che seppur la sovrastasse di diversi centimetri si sentì abbastanza minacciato. “Come osi parlare proprio tu a me. Io parlo con chi mi pare e piace, sono stata chiara?” urlò avanzando di un passo per ogni parola costringendo così il rosso spalle a muro che, per tutta risposta, alzò le mani in segno di resa.
“Chiarissima”
Hermione abbassò piano il suo cipiglio e fece per andarsene ma Ron la fermò. “Aspetta, non ero venuto qui per discutere, volevo solo dirti che mi dispiace per quello che ho detto, non volevo ferirti.”
“Non me ne faccio niente delle tue scuse, e poi è solo quello che pensi.”
“Il punto è proprio questo. Non è quello che penso.”
Hermione non sapeva più che credere, con tutto quello che era successo nelle ultime ore la sua testa minacciava certamente di scoppiare ed era troppo stanca per fornire una risposta coerente e razionale.
Improvvisamente mentre i due si guardavano negli occhi, l’una carica di astio e l’altro con il rammarico più profondo, tutto nella stanza divenne buio.
Non vi era più un solo filo di luce e c’era chi iniziava a riversare nel panico temendo un attacco.
Qualcuno lanciò qualche grido stridulo mentre Ron, per istinto, tirò a sé Hermione che subito si strinse al suo petto.
Qualche “lumos” proruppe da alcune bacchette e tutte puntarono verso un unico obiettivo. Neville.
“Scusate ragazzi, ho spento per sbaglio l’interruttorre.”
Un borbottio di dissenso verso il grifondoro si levò nella stanza accompagnato, però, dal sollievo generale.
Hermione era ancora aggrappata alla camicia di Ron ma non appena rinsavì si staccò da lui guardandolo piano negli occhi. Aveva uno sguardo così indecifrabile, carico di tutto il tumulto emotivo che l’aveva spiazzata in quel poco tempo.
Cogliendo la palla al balzo, senza aggiungere alcuna parola, con Ron che la guardava impaziente di qualunque cenno, se ne andò verso gli altri, felice di aver trovato un modo per evitare quella che si sarebbe prospettata, sicuramente, come la più imbarazzante conversazione della sua vita.
 
Angolo dell’autrice.
Sono così dispiaciutaaaaaa. Non aggiorno da una vita e il capitolo non è il massimo del movimento. Mi dispiace ma ho avuto davvero tantissime cose da fare ma comunque non intendo abbandonare questa storia a cui mi sto molto affezionando. Passando al capitolo, la frase in corsivo, è scritta così perchè proviene da “Il quadro mai dipinto” di Bisotti che voglio ASSOLUTAMENTE leggere. Ancora, lo so che Cormac non è allo stesso anno del Golden Trio ma per i fini della storia mi serve qui. Proverò in tutti i modi ad evitare i clichè. Prometto! Poi ringrazio tutti quelli che hanno avuto modo di leggere e recensire. Infine vorrei rivolgermi ai lettori silenziosi: non siate timidi, ogni critica è più che benvoluta hahahaha. Mi scuso per eventuali errori o incongruenze, tenetemi presente tutto ciò che volete. A prestooooo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Erano passati due giorni da quell’isolamento forzato nella Stanza delle Necessità e, a quanto pareva, l’obiettivo della McGranitt era giunto a buon fine.
Restare chiusi una notte e poco più in quattro mura costringeva, inevitabilmente, ad instaurare una qualsivoglia relazione, anche di semplice convivenza pacifica.
Adesso i preparativi per il ballo di Halloween scorrevano, sicuramente, in tutt’altra atmosfera. Perfino Pansy Parkinson aveva iniziato a lavorare lo chiffon con qualche grifondoro e Draco aveva passato un taglierino a Dean senza esser tentato dal tirarglielo dietro.
L’unica tensione ancora in vita era quella tra Hermione e Ron, che dopo quella serata, non si erano più rivolti la parola.
La bruna evitava ogni occasione possibile per incontrare il ragazzo. Faceva colazione alle sei e durante le lezioni si metteva il più vicino possibile alla cattedra, posto che sicuramente il rosso avrebbe evitato come la peste.
Dal canto suo Ron aveva tutte le intenzioni del mondo di far pace con la sua migliore amica ma proprio non riusciva ad escogitare un modo per placare l’orgoglio di Hermione ed indurla alla riappacificazione.
Come se non bastasse c’era sempre quella cosa che irrimediabilmente lo rendeva più nervoso di quanto gli fosse umanamente possibile essere. La stessa notte sarebbe toccato proprio a lui aspettare davanti al camino della sala comune, eppure la stanchezza che lo permeava quasi l’aveva convinto a chiedere uno scambio di turni ai gemelli. Però sapeva, fin troppo bene, che non avrebbero mai accettato, così, mentre la noiosa lezione di storia della magia scorreva inesorabile, valutava seriamente l’idea di crearsi una schiera di cloni che risolvessero i suoi problemi.
“Amico, tutto bene?” gli chiese Harry, scrutando l’aria mesta del rosso.
“A meraviglia.” Rispose sarcasticamente.
“Se può consolarti, Hermione mi sembra meno irritata del solito oggi.”
“Come fai a dirlo, è di spalle!” gli fece notare Ron, in effetti della ragazza erano visibili solo i lunghi capelli castani da quella prospettiva.
“Sì, ma guarda bene.”
Ron si impegnò davvero per dar credito all’affermazione dell’amico ma proprio non riusciva a capire cosa ci fosse di diverso.
“Cosa dovrei guardare? Ti ripeto che è di SPALLE.” disse alzando così pericolosamente il tono di voce, tanto da far girare verso di lui chiunque fosse nel raggio di un chilometro.
“Signor Weasley, la prego, siamo nel piano della seconda rivoluzione dei troll, un po’ di rispetto.” Intervenne il professore per poi tornare, con tono monocorde, alla sua spiegazione.
“Certo che sei proprio ottuso! È due file più dietro del solito, non vedi?” continuò Harry.
“Spero tu stia scherzando!” aggiunse Ron diventando più rosso dei suoi capelli pur di evitare di urlare.
“Si chiama ‘linguaggio del corpo’, inconsciamente sta riducendo le distanze.” Aggiunse il moro con l’aria di chi la sa lunga.
“E da quando saresti uno psicologo?”
“Fa’ un po’ come ti pare.” Si arrese roteando gli occhi.
 
La campanella suonò e in pochi secondi Ron raccolse tutto il coraggio che non sapeva di avere e, affidandosi alle surreali supposizione di Harry, rincorse Hermione tra quell’ orda di studenti in fuga dall’aula.
“Hermione, aspetta.” Disse toccandola sulla spalla.
“Che cosa c’è Ronald?”
Proprio non sapeva cosa avesse visto Harry di diverso dato che quando lo chiamava per nome completo non c’era da presagire nulla di buono.
“Ehm… ho visto che ti sei seduta più indietro.” Gli uscì, così, strapieno di stupidità. Si maledisse mentalmente per quanto detto, e già che c’era maledisse anche Harry.
“E allora?” chiese lei con un preoccupante sopracciglio alzato.
“Vuol dire che non sei più arrabbiata con me?” disse tutto di un fiato grattandosi la nuca, ma che accidenti stava combinando?
“Come scusa?” Hermione era più che incredula, quella conversazione non aveva un minimo di logica.
“In realta… sì insomma… la colpa è di Harry.” Buttò lì
“ Dice che evidentemente il tuo inconscio non è più arrabbiato e allora hai accorciato le distanze.” Neanche lui credeva alle sciocchezze che andava dicendo.
“Dubito che il mio inconscio abbia vita propria” disse lei incrociando le braccia al petto “e comunque sono arrivata tardi stamattina, quello era solo il posto più avanti ancora vuoto.” Aggiunse avviandosi verso la porta.
“Hermione aspetta.” Proruppe Ron con tono sconfortato.
“Al di là di queste stupidaggini, vorrei davvero far pace con te.”
“Ron con te è sempre così. Sbagli, ti scusi e sbagli di nuovo. Vorrei interrompere questo circolo vizioso.” Esclamò esasperata.
Ron non sapeva che ribattere, quella risposta gli aveva inferto una consapevolezza il cui impatto per lui era stato come uno schiaffo in pieno viso.
“Hai ragione.”
“Cosa?”
“Ho detto che hai ragione.”
Era la prima volta che il rosso non provava a trovare scuse su scuse. Hermione non sapeva se considerarlo un atto di nascente maturità o rassegnazione al non voler più lottare per il loro rapporto.
“Bene. Finalmente siamo d’accordo su qualcosa.” E si voltò per andarsene.
“Ma nonostante le mille frasi impulsive, i battibecchi, la mia immaturità…” aggiunse Ron con un lieve risolino sull’ultima parte “io ci tengo veramente tanto a te. So di rovinare tutto quello che tocco, quindi non ti biasimerò se non dovessi perdonarmi ma sappi che per me sei e resterai sempre una delle persone più importanti della mia vita.”
La ragazza era ormai sulla porta ma aveva sentito ogni singola parola e rimase stupita da quanto Ron si fosse sbilanciato. In tutti quegli anni dalle sue labbra non era mai proferito neanche un ‘ti voglio bene’ ed ora questo. Fece per voltarsi ma le sue gambe inesorabilmente la condussero fuori dall’aula a metà del corridoio.
Si arresto poi di colpo, con mente e cuore in subbuglio, tentennò e poi si decise. Prese coraggio e tornò indietro.
Si affacciò dalla porta e vide Ron appoggiato ad un banco con lo sguardo basso.
“Amici” annunciò lei, affacciandosi timidamente.
Ed ecco un grosso sorriso aprirsi sulle labbra del rosso che non potette fare altro che confermare “Amici.”
 
Quel pomeriggio i preparativi per il ballo furono decisamente più animati.
Finalmente tra i due ragazzi non sembrava alleggiare più alcuna tensione e la loro leggerezza invase anche i compagni.
“Che accidenti stai combinando a quella povera zucca?” chiese Hermione ridendo.
“Diciamo che intagliare ortaggi non è proprio il mio forte.”
“Perché? Ne hai uno?”
“Zitto un po’ Seamus.” Rispose a tono il ragazzo al suo compagno di stanza lì vicino, cercando di coprire la risata di Hermione.
“Aspetta, ti aiuto.” Disse la ragazza, ancora tra le risa.
“Allora, prima disegni con la matita e poi ripassi col taglierino. Così.”
“Ah mi arrendo, continua tu.” Proclamò dopo poco il rosso afflosciandosi sulla panca.
“Andiamo Ron!” lo incalzò la ragazza lasciando cadere l’arnese sul piatto pieno di polpa di zucca.
 Non l’avesse mai fatto.
 L’impatto fu così forte che buona parte del contenuto si rovesciò sulla divisa del rosso.
La bruna iniziò a piangere incontrollabilmente dalle risate, a quella vista, e piano indietreggiò poco a poco per allontanarsi “Scusami, non volevo” provò a dire tra le lacrime.
Prima che se ne accorgesse lei stessa si trovò della zucca fra i capelli e la sua risata fu rimpiazzata da quella dell’amico che aveva ancora in mano i resti della polpa lanciatole.
Hermione, infervorata, si avvicinò, con la mano tesa, agli altri avanzi per rispondere a tono ma Ron fu più veloce e le afferrò il polso. “E no, adesso siamo pari.”
“Fossi in te non abbasserei la guardia.” Lo minacciò lei, pur non trattenendo un lieve sorriso.
“Grazie Ron eh.” Si intromise Harry, alle spalle di Hermione, con una mano sul fianco e gli occhiali imbrattati di zucca. Evidentemente il lancio del rosso aveva preso anche lui.
Alla vista dell’amico i due iniziarono a ridere incessantemente mentre, a poco a poco, iniziarono a liberarsi dei resti dell’ortaggio. “Sì, ridete. Idioti.” Biascicò piano il moro.
 
 
Quella sera, dopo cena, erano tutti riuniti nella sala comune quando arrivò il momento di avviarsi verso i dormitori. “Salgo tra poco, ho lasciato da qualche parte le riviste di Quidditch. Le cerco e poi arrivo.” Si inventò Ron cercando, complice, lo sguardo di Ginny che colse al volo gli intenti del fratello. “Dai ragazzi, andiamo.” Li spronò la rossa.
Ad Hermione sembrava sfuggire qualcosa, era come se percepisse una qualche incongruenza. Però quella sera non aveva nessuna voglia di litigare con Ron, soprattutto non ora che avevano fatto pace.
Decise dunque di sopprimere ogni intento di indagare.
Era, comunque, ancora dell’idea di fargliela pagare per la battaglia di zucca di quel pomeriggio. Quindi, una volta salita in camera, prese gli avanzi che, furtivamente, era riuscita a raccogliere e, piano, scese le scale con in mano una ciotola strapiena di polpa.
Si trovava alla base delle scale quando scorse la figura di Ron, seduto sul divano, biascicare verso il camino. Curiosa, si sporse per cogliere qualche screzio di quanto stesse dicendo.
“Mamma sì, ho capito, cosa posso fare? No, non dirmi di non preoccuparmi, non sono un bambino, accidenti.”
La ragazza proprio non riusciva ad intendere a cosa si riferisse, e soprattutto perché stesse parlando con Molly a quell’ora della notte, per di più via camino. Dunque si avvicinò ancor di più di qualche centimetro, senza farsi sentire, sperando di riuscire a fare chiarezza.
“Ma tesoro, sei ancora a scuola.”
“Ma mamma, Fred e George aiutano”
“Sai bene che è diverso.”
E poi un tonfo.
Le braccia di Hermione avevano iniziato a sentire troppo il peso della polpa e avevano ceduto con gran fracasso, richiamando su di sé lo sguardo di Ron e di sua madre.
 
Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Bentrovatiii.
Ancora una volta ringrazio enormemente chiunque abbia trovato il tempo per leggere gli scorsi capitoli. Bhe, non so bene che dire, forse sarà l’ora tarda in cui sto scrivendo ma vabbè. Come sempre fatemi sapere che ne pensate e se avete in mente consigli o critiche, mi fa solo piacere. E niente, spero sia stata una lettura piacevole e Buon Halloween anche se quest’anno ci tocca stare a casa.
A presto!!! <3 <3 <3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


“Ciao Hermione cara” provò la signora Weasley rompendo il ghiaccio.
“Ehm…salve signora Weasley, bhe io…” cercò di giustificarsi Hermione.
“Tranquilla cara, stavo andando via. E tu Ron” continuò attirando l’attenzione del figlio “non dimenticare quello che ti ho detto.”
In tutta risposta, mentre la madre svaniva tra gli zampilli del camino, il rosso le fece un breve cenno di assenso, rivolgendo poi tutta la sua attenzione alla ragazza avanti a sé.
Aveva un’espressione il cui semplice attributo di ‘indecifrabile’ non sarebbe stato in grado di descriverla neanche per un decimo.
Hermione non sapeva se scappare come reazione a quel sopracciglio spaventosamente alzato oppure se restare in virtù di quegli occhi che sembravano tanto provati.
“Cosa hai sentito?”
Gli uscì così, stanco, mentre si alzava dal divano e puntava i piedi con le braccia al petto. Per niente affine al tono disputante e guerresco che di solito accompagnava le sue insinuazioni durante i loro litigi.
La bruna non riuscì a fare altro che boccheggiare, non sapendo bene come formulare una risposta.
Era veramente surreale, Hermione Granger che non sapeva dare una risposta a Ron Weasley, quella serata sarebbe finita tra gli annali.
Quel tono così rassegnato l’aveva presa completamente alla sprovvista. Inoltre, nessuno, in quel momento, avrebbe potuto privarla della convinzione che fosse tutto collegato a quello scatto di rabbia di qualche giorno fa, quando lo aveva sorpreso di prima mattina in sala comune. Quindi non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare quella sera. In una situazione sicuramente più eloquente.
Contro un Ron urlante e fremente avrebbe saputo perfettamente cosa dire ma davanti ad uno così vulnerabile non aveva idea da che parte iniziare.
“Ti ho solo fatto una domanda. Non sono arrabbiato.”
A quell’ultima constatazione la ragazza tirò un profondo sospiro di sollievo e provò a formulare una frase il più coerente possibile.
“In realtà quasi nulla.” Del resto era la verità, di quegli stralci aveva capito meno che niente.
“Hermione…”
“Non so che cosa ho sentito, va bene? Ero scesa solo per tirarti addosso un po’ di zucca e ti ho trovato a parlare con tua madre.” Era sicuramente la frase più strana che avesse mai pronunciato.
“Tu volevi fare cosa?” rispose lui accennando un sorriso e districando la tensione.
“Volevo vendicarmi per oggi pomeriggio.” Disse lei mettendo su un finto broncio.
“Ma se hai iniziato tu.”
“Il tuo lancio è stato più intenzionale del mio. E comunque piano fallito, si è rovesciato tutto.” Concluse indicando il pavimento.
“Aspetta, ti aiuto.” Propose il rosso ed insieme si chinarono a raccogliere i resti dell’ortaggio sparsi alla base delle scale.
“Ron” iniziò timidamente la bruna.
“Sì?”
“Ne vuoi parlare?”
Il ragazzo si arrestò rapidamente guardandosi le mani, alzò poi lo sguardo verso Hermione.
“No. Forse sì. Ah, non ne ho idea.” E sospirando si diresse verso il divano su cui sprofondò con la testa tra le mani.
La riccia lo seguì piano ignorando la zucca e gli si affiancò.
“Siamo amici, lo sai che puoi dirmi qualunque cosa.”
Passarono alcuni istanti nel più totale silenzio, la scena sembrò gelarsi sotto gli occhi di Hermione, neanche un minimo movimento che le facesse scongiurare l’ipotesi che si fosse addormentato seduto.
“Mio padre ha perso il lavoro.” E poi gli uscì così, in un sussurro talmente impercettibile che se la ragazza avrebbe giurato di esserselo inventato.
Non sapeva come reagire. Cosa si poteva mai dire in una situazione del genere? Una banalità come ‘mi dispiace’ o una frase fatta del tipo ‘non tutti i mali vengono per nuocere’?
Eppure sua madre le ripeteva di continuo che certe volte un gesto, che esprimesse vicinanza, poteva risultare più efficace di qualunque parola fosse in grado di formulare. Anche se, chiacchierona com’era, soprattutto da bambina, non l’aveva mai ritenuta una buona idea. Almeno fino a quel momento.
Lentamente si fece coraggio e gli toccò, piano, una delle mani con cui il ragazzo ancora si stringeva la testa.
Gliela allontanò dal viso e l’abbassò aumentando la presa finchè le loro mani intrecciate non si posarono sul ginocchio di lui.
Sorpreso da quel gesto la guardò negli occhi e sospirando si lasciò andare con la schiena all’indietro sullo schienale, senza però lasciare la presa.
“Non so che cosa fare.” Continuò lui guardando con aria assente il camino davanti a sé.
“Voglio rendermi utile, capisci?” aggiunse con più foga girandosi verso di lei e drizzandosi improvvisamente.
“Cosa vorresti fare?” chiese lei con tono pacato.
“Lavorare. Lasciare la scuola e trovarmi qualcosa da fare.” Confessò alzandosi in piedi e camminando freneticamente avanti e indietro.
“Ron tu… tu non puoi lasciare la scuola, hai bisogno di una licenza.”
“Hermione manca troppo tempo ai M.A.G.O., non abbiamo neanche preso ancora i G.U.F.O.”
“Ragiona, sei anche minorenne. Nessuno assumerebbe un minorenne, per nessun tipo di lavoro.”
“Non capisci, non posso restare a guardare, perfino George e Fred lavorano.”
“Ma come è possibile?”
“Ma sì, fanno tipo scherzi e articoli come quelli di Zonko e li vendono.” Tagliò corto lui. “Il punto è che non ce la faccio a restare qui con le mani in mano. Mi sento così…così…inutile.”
La bruna si alzò, esausta da quella frenesia e gli si piantò avanti fermandolo per le spalle. “Tu. Non. Sei. Inutile.” Decretò enfatizzando ogni parola “Sei solo oggettivamente impossibilitato a poter contribuire, sei solo un quindicenne, non credo che Ginny stia facendo qualcosa di diverso da te, no?”
Ron la guardò per qualche secondo per poi ridestarsi “Mi sembra di parlare con mia madre.” E andò a sedersi sulla poltrona affianco al camino.
“La differenza è che tutti i miei fratelli stanno facendo qualcosa, io sono l’unico maschio a non fare nulla, l’unico idiota.”
La bruna gli si avvicinò piano chinandosi alla sua altezza e gli urlò contro con tutta l’aria che aveva nei polmoni “Ronald Weasley, smettila immediatamente di dire stupidaggini. Non sei inutile e ti aiuterò io stessa a trovare una soluzione ma smettila di pensare che il modo migliore sia lasciare la scuola. Torna in te e ascolta sia me che tua madre per una volta nella vita.”
“Sono giorni che ogni sera io e i miei fratelli aspettiamo la mezzanotte per parlare con mamma e capire come la situazione si stia evolvendo e ancora non siamo riusciti a trovare una stramaledetta soluzione, cosa ti fa pensare che potremmo riuscirci io e te?”
Ad una frase del genere, in qualunque altra situazione, Hermione avrebbe risposto alzando i tacchi e andando via. Ma non quella volta.
Il tono non era per niente da sfida ed arrogante come quello che di solito accompagnava le loro discussioni, anzi, sembrava solo tanto fragile ed abbattuto. Davvero si chiedeva come avrebbero potuto trovare una soluzione.
“Perché io e te siamo un’ottima squadra.” Gli rispose semplicemente abbozzando un sorriso.
“E poi sono la strega più brillante della mia età.” Aggiunse scherzando.
Guadagnò l’effetto di sdrammatizzare la situazione, tanto che il ragazzo prese un cuscino vicino e glielo tirò dietro ridendo.
“Dai, andiamo a dormire adesso. Domani ci toccherà cucire tra loro migliaia di pezzi di chiffon.” Concluse lei.
Però, mentre si avviavano verso le scale, le giunse, come un flebile soffio, la voce di Ron.
“Hermione, ho paura.” Detto così, con una sincerità così disarmante che ad Hermione sembrò le stessero stringendo lo stomaco in una morsa.
La ragazza si voltò verso di lui e gli andò incontro.
“Ho paura per la mia famiglia, ne hanno già passate così tante ed ora questo, non se lo meritano.” Continuò freneticamente ma Hermione lo interruppe subito.
“Non ti dirò di non averne e non ti farò false promesse dicendoti che sono sicura che passerà tutto in fretta. Ma una cosa te la prometto. Ti assicuro che ti aiuterò a fare tutto ciò che possa essere utile.”
In risposta annuì piano, con lo sguardo basso, ma lei lo costrinse ad alzare lo sguardo guadagnandosi un lieve sorriso.
“Andiamo a dormire.” Affermò lui conducendola verso le scale.
“Andiamo a dormire.” Asserì lei seguendolo.
 
“Oh no” esclamò dal nulla Hermione battendosi una mano sulla fronte.
“Che c’è?” chiese Ron allarmato e guardandosi intorno.
“La zucca!” rispose lei indicando esasperata, indicando il pavimento ancora da pulire.
 
Angolo dell’autrice:
Buonasera carissimi!! Mi scuso sinceramente per questo capitolo. Non penso sia uno dei miei lavori migliori ma avevo troppa voglia di scrivere e aggiungere un pezzettino di trama. Spero di non essere caduta nel cringe o nel banale, quindi per qualunque constatazione recensite pure, mi farebbe molto piacere. Inoltre scusatemi se non è lungo come di solito ma ho pensato che questa parte avesse bisogno di una certa attenzione senza distrazioni intorno. Ad ogni modo vi ringrazio sempre enormemente di cuore. Ogni lettura per me è un immenso regalo e non smetterò mai di dirvelo.
A presto!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Quella mattina Ron non ne voleva proprio sapere di alzarsi. Tecnicamente non ne voleva mai sapere ma quel giorno lasciare il letto gli sembrava l’impresa più difficile del mondo. Eppure era sopravvissuto persino ad una popolazione di ragni giganti, accidenti!
“Andiamo Ron!” e subito gli arrivò una pesante cuscinata alla schiena che però non sortì alcuna risposta.
“Ron ti devi alzare.” Insistevano i suoi compagni di stanza.
“Faremo tardi al compito di pozioni!”
“TARDI AL CHE COSA?” esclamò infine il rosso saltando in piedi come una molla.
“Certo che ce ne hai messo di tempo.” Esalò esasperato Harry.
“Ah e tranquillo, non c’è nessun compito.”
“Ma sei impazzito? Che razza di risveglio è?”
“Tu non ti decidevi. Si può sapere a che ora sei andato a dormire ieri sera?”
Di colpo tutti gli avvenimenti della notte precedente gli vennero alla mente. L’impotenza di fronte a quanto la sua famiglia stesse attraversando era ancora ben vivida in lui, eppure aver diviso parte di quel peso con Hermione aveva alleggerito di gran lunga il suo fardello. Però in quel momento, con Harry lì di fronte, si sentiva così tremendamente in colpa a non averne fatto parola proprio con lui, il suo migliore amico. Si ripromise mentalmente di riflettere al riguardo e, arrossendo, balbettò un “saranno state le undici” e se ne andò verso le docce sperando che così facendo cadesse quella conversazione che sicuramente non avrebbe portato a nulla di buono.
Si buttò sotto il getto caldo dell’acqua sperando che quel tepore potesse fornirgli quantomeno un piccolo sollievo.
 
 
Giunti in sala grande per la colazione Harry e Ron vi trovarono Hermione impegnata in una concisa conversazione con Ginny circa i preparativi del ballo di Halloween.
“Insomma è davvero impensabile.” Insisteva la rossa esterrefatta.
“Cosa è impensabile?” chiese distrattamente il fratello sedendosi sulla panca ed afferrando un toast. Fugacemente riuscì ad incrociare gli occhi della bruna e le rivolse uno sguardo d’intesa che lei non potette far altro che ricambiare con mezzo sorriso.
“Dover preparare i vestiti per l’intera scuola per questo stupido ballo!” tuonò.
“Andiamo, non dovrete davvero preparare abiti per ogni singolo studente?” chiese Harry ridendo.
“E invece sì! Di sicuro non ci verranno mai in mente più di duecento idee diverse.  Anche con l’aiuto della magia è infattibile.” Terminò afflosciando la testa sul tavolo e guadagnandosi qualche pacca sulla spalla da Harry.
“Ginny, per quando fari il mio, ricordati che odio lo chiffon.” Concluse il corvino.
In tutta risposta la ragazza alzò il capo di scatto e gli rivolse una delle espressioni più gravi che Harry ebbe mai visto, tanto che avrebbe tranquillamente potuto giurare di aver visto del fumo uscirle dalle orecchie.
“Ma… ripensandoci… mi fido ciecamente del tuo gusto. Fa’ come credi.” Rettificò a dir poco terrorizzato guadagnandosi l’ilarità dei suoi amici. Meno che, ovviamente, dalla rossa.
“Ragazzi è tardissimo, dobbiamo andare.” Disse Hermione guardando l’orologio e pulendosi le mani dalle briciole di biscotti.
“Mi sembra un’ottima idea.” Dichiarò Harry saltando in piedi. Qualunque cosa pur di non beccarsi una fattura orcovolante da Ginny.
Ma la ragazza sembrava aver rivolto tutta l’attenzione al fratello davanti a lei, in procinto di alzarsi “Ah Ron, dopo…” iniziò, ma lui subito la liquidò “Sì lo so vengo io.”
“Fantastica questa sinergia tra fratelli.” commentò sarcasticamente Harry.
“Potter, per oggi hai fatto abbastanza battute.” decretò Ginny con una mezza risata.
Mentre si incamminavano verso l’aula di trasfigurazione, cercando di non farsi notare dal moro, Hermione tirò Ron per la manica del mantello e gli si avvicinò all’orecchio alzandosi in punta di piedi “Ho fatto delle ricerche, ci vediamo in biblioteca all’ora di pranzo.”
Nonostante avesse dovuto prestare tutta la sua attenzione a quanto detto dalla bruna, ogni suo senso era stato inibito dal contatto così ravvicinato delle sue labbra e il suo caldo respiro che gli solleticava il collo. Riuscì comunque a cogliere indistintamente le parole biblioteca e ora di pranzo annuendo distrattamente in risposta.
 
La giornata trascorse senza troppi problemi e mentre Hermione finiva il suo corso avanzato di Rune Antiche si avviò verso il luogo prefissato per incontrare Ron. Quasi arrossiva al pensiero che lei ed il rosso stessero per incontrarsi furtivamente, come se fossero due di quegli amanti avversati dalle circostanze di cui amava leggere nei libri babbani, eppure l’entusiasmo svaniva nel momento esatto in cui la sua razionalità faceva capolino e rimembrava che quello, fra loro, altro non sarebbe stato che un meeting logistico. Quanto avrebbe voluto non fosse così. Quanto avrebbe voluto poter avere la libertà di prendergli la mano o di stringerlo semplicemente a sé senza alcuna inibizione. Invece ciò poteva aver luogo solo nella parte più recondita del suo animo. L’unico modo che aveva per stare bene era accettare la realtà e smetterla di fantasticare.
Abbracciando questa consapevolezza si ritrovò, senza accorgersene, già in biblioteca dove si avviò verso un angolo lontano da occhi indiscreti, sperando di essere trovata da Ron.
Quasi come se l’avesse chiamato con un incantesimo di Appello sentì uno “Psst” provenire da alcuni scaffali di libri lì vicino.
La ragazza si avvicinò piano “Ron, sei tu?” e provò a far capolino tra i libri.
“Shh, parla piano o sembrerà sospetto.” Affermò convinto il rosso.
“Guarda che sembra molto più sospetto così” disse la bruna ridendo e incrociando le braccia.
Timidamente il ragazzo uscì dagli scaffali grattandosi la nuca “Ehm, forse hai ragione tu.”
“Dai vieni qui.” Concluse Hermione ridendo e facendogli cenno di avvicinarsi con lei ad un tavolo.
“Ecco cosa ho trovato.” Iniziò posizionando carte e fascicoli davanti ad un attonito Ron.
“Allora, c’è questo speciale ufficio di collocamento in Scozia che in base alle dichiarazioni in merito veramente non ne sbaglia una e magari potrebbe aiutare tuo padre a trovare un impiego. Tieni questi sono i moduli” e gli piantò avanti una pila di almeno trenta pagine per poi continuare “ inoltre ho letto sulla Gazzetta del Profeta che ci sono degli annunci per dei lavoretti a Diagon Alley dove magari potrebbe trovarsi bene e poi…” “Hermione” disse con tono fermo Ron cercando di sovrastare la frenesia della ragazza e prendendole le mani per farla fermare. “Ti ringrazio per tutto il tempo che hai impiegato ma ci avevamo già pensato e non ha funzionato.” Continuò vedendo l’entusiasmo affievolirsi negli occhi della ragazza. “L’ufficio di collocamento continua a tenerlo in attesa e prima ancora di leggere le sue referenze avevano già deciso che erano ‘insufficienti per qualsivoglia mansione’ “ disse mimando le virgolette con le dita e dirigendosi verso la finestra “Poi c’è sato a Diagon Alley, è questo che ieri mi diceva mia madre, l’hanno valutato tutti troppo avanti con l’età. Miseriaccia, non ha neanche 60 anni! Cosa dovrebbe fare un uomo onesto per procurarsi un piatto in tavola se nessuno lo assume?!” Esclamò esasperato voltandosi verso Hermione. La ragazza gli si avvicinò e provò “Potremmo andare ad Hogsmede, trovare qualcosa lì o chiedere le referenze per un prestito o…” “Hermione, ascoltami, l’unica soluzione sarebbe obbligare il dipartimento a riassumerlo. Ma credo che per il modo in cui lo farei io andrei un po’ oltre il codice penale.” La interruppe Ron con tono arreso.
 Improvvisamente lo stesso vide una luce accendersi negli occhi della bruna che subito chiese “Ron, precisamente, per cosa è stato licenziato tuo padre?” “Tecnicamente il motivo è veramente assurdo, pare che tipo abbiano voluto dare il suo posto ad un nipote del capo o una cosa del genere, ma dico, ti pare giusto?”
“No Ron, non è per niente giusto, è a dir poco geniale!” proruppe Hermione correndo verso le sue scartoffie.
“Di te apprezzo sempre il tatto.” Rispose Ron incrociando le braccia al petto “Si può sapere che cosa stai cercando?” continuò.
“ECCOLO!” emerse, entusiasta, Hermione tra i suoi plichi guadagnandosi occhiatacce da chiunque si trovasse a studiare nel raggio di un chilometro. “Come ho fatto ad essere così stupida? È una delle prime cose che ho reperito.” Affermò porgendogli un pezzo di carta con qualche rigo ben evidenziato.
Ron la guardò immobile per qualche secondo per poi reagire “E allora?”
“Ah dammi qua!” disse lei infervorandosi “Secondo la Dichiarazione dei diritti dei lavoratori magici chiunque sia stato sottoposto ad ingiusto licenziamento e godente di un reddito annuo inferiore ai 20.000 galeoni avrà diritto a disporre di un giusto processo, gratuitamente, che possa rivendicare il diritto all’attività lavorativa del suddetto.” Finì di leggere.
“Stai forse dicendo che…”
“Sì Ron, tuo padre potrebbe riavere il lavoro. Con un motivo così nessuno potrebbe perdere, è a dir poco inaudito.” Concluse.
“Ma sei GENIALE!” urlò Ron esterefatto e spalancando le braccia.
“Sh Ron” disse Hermione ridendo divertita.
“Se Madama Pince ci sente ci farà appendere per i polsi da Gazza”. Continuò.
“Sì hai ragione.” Concluse lui arrossendo.
“Devo solo trovare le carte giuste e capirci meglio il resto.” Decretò lei avvicinandosi alle scartoffie.
“Ti aiuterò io, tutto quello che vuoi.” Rispose lui entusiasta.
“Quanto credi che ci vorrà?” chiese poi in tono preoccupato.
“Mh, non saprei, perché?” disse la bruna mentre distrattamente riordinava i fogli.
“Forse, sì insomma, dovrei comunque cercarmi un lavoro, non credi?” provò lui.
“Ma Ron, sicuramente da qui non puoi fare alcun lavoro e già sai come la penso sul lasciare la scuola.” Rispose lei avvicinandosi con tono serio.
“Lo so ma mi sembra…non so…di continuare a non far nulla di concreto.”
“Ron ma questo è concreto, potresti davvero far riavere il lavoro a tuo padre, è la perfetta soluzione permanente!”
“Ma potrebbe volerci un sacco di tempo, potrebbero non accettare la richiesta, oppure accettarla ma perdere il processo, è tutto così…” iniziò farneticando e diventando rosso dalla foga “Lo so.” Concluse ferma Hermione.
Gli prese le mani per farlo fermare e incatenò lo sguardo al suo. Si sforzò di trovare una qualunque cose da dire che potesse aiutarlo davvero. Non le capitava mai di restare a corto di parole, eppure cosa si poteva mai dire in una situazione del genere?
Istintivamente, come guidata da una forza esterna, gli allacciò le braccia al collo e lo strinse forte a sé, così come avrebbe voluto fare da tempo ormai immemore.
Provò ad infondergli tutta la tranquillità che potesse e sembrò sortire l’effetto sperato perché il ragazzo si rilassò sotto il suo tocco e la strinse forte di rimando. Si aggrappò a lei come si fa con un’ancora, come se ne dipendesse la sua vita.
Dopo un tempo che sembrò inquantificabile ma allo stesso tempo troppo breve sciolsero la stretta e tutto ciò che Ron riuscì a dire fu’ un sentito e carico di significato “Grazie.”
“Per favore, pensaci.” Chiese lei.
“Ci proverò” asserì infine.
Nonostante tutto Ron era sinceramente così grato della vicinanza di Hermione, ogni secondo passato con lei sembrava sedargli, la preoccupazione che lo attanagliava.
Quella ragazza aveva proprio il potere di farlo sentire come nessuno mai.
“Ma è tardissimo!” esclamò Hermione guardando l’orologio sulla parete.
“Tardi per cosa?”
“La Sala grande…le zucche…dovevamo essere lì mezz’ora fa’!” diceva lei mentre radunava le sue cose.
“Oh miseriaccia!”
 
Angolo dell’autrice:
Ehiiii, mi scuso terribilmente per il ritardo… Inoltre vorrei ringraziare ancora chiunque trovi il tempo per leggere, ve ne sono veramente super grata. Spero che continui a piacervi. Lo so che forse con gli ultimi capitoli sembra sia andata fuori tema ma vi assicuro che c’è un perché a tutto hahaha. Allora a presto e al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Neanche se fosse stata reduce da una maratona si sarebbe trovata in quello stato. Ma certamente percorrere un intero castello da parte a parte in meno di cinque minuti non era impresa da poco.
Giunti all’ingresso della Sala Grande, Hermione, appoggiatasi per un attimo alla parete, credeva che le rotule le si sarebbero esplose in mille pezzi da lì a poco e faticava a stabilizzare il respiro. Dal canto suo Ron non sembrava particolarmente sconvolto. Sicuramente l’ordine della sua divisa aveva visto giorni migliori ma fisicamente non pareva provato. Evidentemente tutti quegli allenamenti di Quidditch avevano dato i loro frutti in termini di resistenza fisica. Aveva solo i capelli in disordine e un rivolo di sudore che gli bagnava la fronte, e ad Hermione non poteva sembrare più bello di così.
“Andiamo, saranno stati due passi.” Disse il rosso esortandola ad entrare.
Non servirono parole perché Hermione lo fulminò con uno degli sguardi più eloquenti del suo repertorio e spintonandolo con la spalla si fece largo in sala grande accompagnata dalle risate di Ron.
“Ma dove eravate finiti?” chiese Harry “E perché siete così sconvolti?” continuò ammiccando poi verso l’amico.
Rossi per l’insinuazione dissero contemporaneamente “In biblioteca!” “In sala comune!” lasciando il moro ancora più allibito. Hermione trasse un respiro e, mal celando la sua insicurezza, provò “Io ero in biblioteca a studiare e mentre correvo qui ho incontrato lui che scendeva dalla sala comune.” Per fortuna sembrò convincere il corvino che fece spallucce e continuò a cucire una coccarda.
“Hermione, puoi venire a darci una mano?” chiese Lavanda qualche metro più distante alludendo a lei e a Calì.
La bruna sollevata dall’avere una scappatoia da quella situazione borbotto un “Benedetto sia Merlino.” e si dileguò verso le sue compagne di stanza.
Rimasti soli Ron prese distrattamente un taglierino e stava per intagliare una zucca lì vicino quando si fece sentire la voce di Seamus “Fossi in te non lo farei”
“E perché no?”chiese allibbito con l’arnese a mezz’aria.
“Poveri ortaggi, l’ultima volta chiedevano pietà” rispose ridendo.
“Ha ha ha, esilarante” sbuffò l’interessato.
“Sì okay ma non scherzavo” precisò Seamus sventolando le mani per evitare che iniziasse ad incidere.
“L’ultima volta hai sprecato almeno tre zucche, quindi evita di maltrattarne altre e vai a prendere le scatole.”
“Che scatole?!” chiese spazientendosi.
“Nella sala di ingresso, hanno portato tovaglie e argenteria.”
“Ma non dovrebbero andare quelli del primo anno?”
“Ron, proprio queste sono pesantissime, vuoi davvero mandare dei piccoli undicenni?” chiese Seamus. Chi l’avrebbe detto che era così empatico?
“Bhe, magari con un Wingardium Leviosa ben assestato…” continuò il rosso dondolando la testa.
“RON!”
“Stavo solo scherzando. Rilassati.” Disse lui ridendo.
“Che poi alla loro età neanche lo sapevi usare quell’incantesimo.” Continuò Seamus.
“Bhe, neanche tu.” Concluse il rosso in risposta, guadagnandosi una linguaccia.
“Harry, vieni con me?” disse poi Ron ignorando Seamus.
“Sì certo.” E insieme si avviarono verso l’uscita.
 
“Allora, adesso mi vuoi dire che cosa è successo con Hermione? La sua versione non era per nulla credibile, poi lo sanno tutti che non arriverebbe mai in ritardo.” Chiese Harry una volta soli.
Mai come in quel momento Ron avrebbe voluto aver frequentato un qualche corso di potenziamento che avesse potuto permettergli di imparare la smaterializzazione prima del tempo. Si sentiva così tremendamente in colpa a non aver parlato con Harry di una cosa tanto importante per lui, sicuramente le sue parole gli avrebbero potuto fare solo del bene. Si guardò intorno deciso a raccontargli tutto, del resto non era così grave, non aveva mica nascosto un cadavere nella foresta proibita! Eppure il fatto che il padre avesse perso il lavoro lo aveva terribilmente destabilizzato. A maggior ragione per il motivo. Si chiedeva che vita lo avrebbe atteso se a quel mondo neanche essendo onesti e tenaci lavoratori si riusciva ad esser apprezzati. Poi si aggiungeva la terribile sensazione di sembrare un peso per la sua famiglia, non riuscendo a contribuire in alcun modo alle finanze. Si sentiva in colpa per tutte le opportunità che i suoi genitori erano stati in grado di offrirgli e in quel momento, quando mai erano stati più impotenti, lui non sapeva cosa fare per ricambiare il sostegno.
Effettivamente aveva un disperato bisogno di parlarne con Harry, era un sesto fratello per lui, però farlo avrebbe significato mettere a nudo le sue angosce e Merlino solo sa quanto il suo orgoglio fosse contrario.
Constatò però che quel giorno il via vai nella sala di ingresso era troppo intenso per affrontare quella conversazione in privacy, per cui, col tono più serio che avesse, disse al moro “Non adesso, però ne parleremo presto, promesso.”
“E va bene playboy” rispose Harry con un sorrisetto.
Evidentemente non aveva colto l’antifona ma Ron, capendo le insinuazioni, acquistò un colorito decisamente concorrente con i suoi capelli ma balbettando riuscì a dire “Non è quello che pensi tu, idiota.”. “Ma a quanto pare quello che penso io non ti dispiacerebbe” continuò il moro ridendo.
 
Nel frattempo, in Sala grande, Hermione era impegnata in una battaglia con un festone di cui proprio non riusciva a cucire insieme i pezzi. “Non riesco a farli stare insieme!” diceva a Lavanda mentre la bionda teneva uniti con le mani due voluminosi pezzi di tulle “Sono troppo grandi, non riesco neanche a tenerli fermi, a chi è venuta in mente questa idiozia?” esclamò la bionda profondamente adirata.
“A Pansy, ovviamente. ‘Ad ogni festa di lusso c’è almeno un cordone di tulle che pende dal soffitto e bla bla bla’” rispose Calì scimmiottando la serpeverde, mentre era impegnata a dipingere una ghirlanda.
“Tutto questo è assurdo, non siamo mica veri decoratori!” esclamò Hermione.
“Basta, è ridicolo” iniziò Lavanda buttando a terra il tulle “se lo facesse lei, quella piccola, insulsa…”
“Dicevi?” le tre si girarono di colpo per vedere niente poco di meno che proprio Pansy Parkinson che, a braccia conserte, le guardava quasi sperando che ciò bastasse a far prendere loro fuoco.
“Dicevo che sono impossibili da fare questi cosi, non potresti avere idee meno pretenziose? È solo una festa della scuola accidenti.” Continuò Lavanda senza perdersi d’animo, ormai era partita per la tangente.
“Pretenziose? Sei tu che non riesci a cucire insieme un po’ di tulle perché hai il cervello grande quanto una nocciolina!”
Non l’avesse mai detto. La bionda stava quasi per saltarle al collo quando Hermione si mise fisicamente in mezzo alle due cercando di scongiurare il peggio. “Okay ragazze, diamoci una calmata, che dite?”
“Assolutamente no.” Decretò Pansy appena in tempo per alzare la bacchetta e cercare di legare Lavanda con il raso lì vicino. La ragazza, però, fu’ così fulminea da abbassarsi in tempo ma ciò causò che l’incantesimo colpisse in pieno Hermione che, legata come un pacco di Natale, si afflosciò al pavimento.
“Hermione!!” urlarono Calì e Lavanda in coro, distogliendo l’attenzione da Pansy che colse l’occasione per dileguarsi.
La scena non passò inosservata agli altri, soprattutto a Cormac lì vicino che accorse subito.
“Serve aiuto?” chiese retoricamente e abbassandosi per aiutare le due ragazze a slegare la bruna.
“Cosa te lo fa pensare?” chiese lei che si dimenava sul pavimento cercando di allentare la presa del raso.
“Hermione, mi dispiace così tanto.” Le disse Lavanda.
“Sta tranquilla, non è colpa tua.” Rispose sbuffando per la presa dei nodi troppo forte.
“Quella Pansy è una psicopatica; e pensare che iniziava pure a starmi simpatica.” Disse Calì incrociando le braccia.
Pochi minuti, uno strappo deciso ed Hermione fu’ libera.
“Adesso ci sei.” Disse Cormac alzandosi in piedi e porgendo la mano alla bruna affinchè facesse lo stesso.
“Grazie. Ti devo un favore.” Gli rispose timidamente lei tastandosi i polsi nei punti in cui i nastri avevano stretto di più.
“Se vuoi ripagare subito potresti aiutarmi con delle zucche, sto intagliando le ultime. Tanto direi che per oggi basta tulle, no?” chiese lui.
“Oh, puoi dirlo forte.” Proclamò Lavanda prendendo il tessuto rimasto a terra e buttandolo lontano da lei.
La bruna sembrò pensarci su ma poi decise di accettare e si avviò con Cormac ad un tavolo vicino.
Ci si trovava insolitamente bene. Sicuramente ciò non era neanche lontanamente paragonabile a come quando stava con Harry o con Ron. Ron…al confronto con lui chiunque sarebbe parso insulso ai suoi occhi. Eppure considerava, in un certo senso, piacevole passare il tempo con lui e di certo non le dispiaceva aiutarlo con un paio di zucche. Senza accorgersene iniziarono a ridere del più e del meno sviluppando una certa confidenza che non passò inosservata a chi in quel momento stava varcando la porta della Sala grande.
 
“Seamus dove vuoi che le metta queste?” chiese Ron entrando con almeno tre scatoloni in pila tra le braccia. “Lì andranno bene.” Rispose l’interessato indicando un angolo vicino all’ingresso.
“La prossima volta che mi chiedi di fare una cosa del genere giuro che…” la frase non ebbe però mai conclusione. Si stava massaggiando la schiena indolenzita dal peso delle scatole quando lo sguardo si posò su un tavolo poco distante da lì. C’era Hermione, la sua Hermione, con quel bamboccione di Cormac McLaggen. Harry avvertì la tensione dell’amico le cui nocche sbiancarono fino all’inverosimile e provò ad intervenire “Dai Ron, stanno solo…” provò ma il rosso lo interruppe alzando una mano “Non voglio sentire niente.”
 
Angolo dell’autrice:
Ehiiiiii. Sono tornata! Spero stiate bene e vi ringrazio enormemente per ogni secondo passato a leggere o a recensire questa ff. Ve ne sono enormemente riconoscente.
Mi viene da ridere se penso che volevo finire entro Halloween, ormai stiamo quasi a Natale e sono ancora qui, spero non vi stanchi hahahah non sono mai stata un tipo conciso. Ad ogni modo grazie mille a chi è arrivato fino a qui, vi assicuro che sono più grata di quanto sembri hahahah. A presto e grazie ancora <3 <3 <3.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


“No Ron, non puoi assolutamente avere questa reazione!”
“Harry, ti ho detto che non voglio sentire niente.”
Continuavano così da almeno cinque minuti, il moro che provava invano a far ragionare l’amico e il rosso che, imperterrito, non gli faceva concludere neanche una frase.
“Tu invece adesso mi ascolti.” Decretò Harry con tono pericolosamente serio costringendo l’altro ad alzare lo sguardo in attesa. “Ah, è stato facile!” sorrise il corvino mentre Ron puntava gli occhi al cielo e spazientito si accingeva ad allontanarsi. Prontamente fu’ però trattenuto per la manica del mantello. “Si può sapere cosa c’è!?” esplose divincolandosi. “Ron” iniziò Harry facendo il giro del tavolo per affiancare l’amico “la tua reazione è ingiustificata, lei non è la tua ragazza.” Terminò con particolare enfasi sull’ultima parte. “Per di più non hai mai fatto nulla per cambiare la situazione e, se proprio vogliamo dirlo, solo qualche giorno fa hai detto davanti a tutti che uscire con lei sarebbe stata l’ultima cosa che avresti fatto.”
“Ti prego, non ricordarmelo.” Rispose l’interessato passandosi una mano in fronte “è stata la cosa più stupida che abbia mai detto.”
“E ti avviso” disse il moro puntandogli un dito al petto “non hai alcun diritto di farle pesare questa cosa.” Concluse alludendo all’amicizia con Cormac McLaggen.
“Ma Harry! Guardali! Questa cosa non le porterà nulla di buono. McLaggen non va bene per lei.” decretò incrociando le braccia al petto.
“Lascia che sia lei a decidere chi sia giusto avere a fianco o no.”
“Ma lei non sa distinguere il bene dal male, pensa sempre che nessuno abbia dei difetti, rischia di finire con le persone sbagliate e non voglio si faccia male.” Ammise con sguardo basso.
“Rischia di finire con le persone sbagliate o semplicemente rischia di non finire con te?” colpì nel segno Harry mettendogli una mano sulla spalla. “Andiamo, ma perché non le dici quello che provi, davvero preferisci crogiolarti nel rimpianto?”
“Ma non posso mai dirle niente! Lei con me, sarebbe assurdo!”
“E perché?”
Ron avrebbe avuto mille motivi da elencare ma il tutto si sarebbe condensato perfettamente in una singola frase che la vocina nella sua testa gli ripeteva in continuazione ‘lei è troppo per me’. Decise però di astenersi dal rispondere e fece semplicemente spallucce. Harry però ormai, dopo cinque anni di stretta convivenza, sapeva di conoscere Ron meglio di quanto lui conoscesse se stesso e in risposta gli disse semplicemente “Amico, se non lasci andare presto il tuo orgoglio e le tue insicurezze rischi di arrivare ad un punto in cui saranno esclusivamente loro a tirare i fili della tua vita.” Sperando di averlo scosso si allontanò con l’auspicio che meditasse su quelle parole.
 Ron, dal canto suo, non sapeva davvero che fare. Harry aveva ragione, non poteva e non doveva assolutamente far sentire Hermione in colpa per un suo capriccio. Per lei voleva solo il meglio o qualunque cosa considerasse tale. Scacciò, però, dalla mente ogni pensiero che potesse indurlo a mettere a nudo i suoi sentimenti davanti alla ragazza. Proprio non se la sentiva, non sarebbe mai riuscito a digerire un rifiuto. Allo stesso modo non ne poteva più di vederla con quell’idiota mentre scherzavano e spolpavano zucche. Decise quindi che quel giorno se ne sarebbe infischiato di chiffon ed argenteria e si dileguò via.
 
“Questa era l’ultima.” Annunciò Hermione posando il taglierino.
“Davvero non so come ringraziarti:” le sorrise Cormac.
“Bhe grazie a te che mi hai slegata.” Concluse lei. Si guardò poi attorno. Solo in quel momento si rese conto di non aver visto né Harry né Ron per tutto il tempo. “Io adesso andrei” disse mentre scorgeva Harry dall’altra parte della sala. “Non ti va di tornare in sala comune, bhe insomma… insieme?” chiese il biondo grattandosi la nuca. La ragazza rimase sorpresa dal suo imbarazzo, non lo aveva mai visto così. Quel pomeriggio, in realtà, aveva visto così tanti lati di Cormac da essersi accorta di non averlo mai conosciuto per niente. Sicuramente passare altro tempo insieme non le sarebbe dispiaciuto ma avrebbe apprezzato di più recuperarlo con Harry e Ron. “Ti ringrazio ma, ehm, ho un paio di cose da fare.”
“Ah, va bene. Allora ci vediamo.” Concluse lui con un sorriso cercando di mascherare il dispiacere.
La ragazza gli fece un cenno di rimando e si incamminò verso Harry. “Ma dove siete stati?!” gli chiese con tono a metà tra un rimprovero ed una preoccupazione. “Come scusa?” chiese Harry alzando di colpo gli occhi da quel groviglio di materiali che pretendeva di chiamare ‘festone’. “Non vi ho visti per tutto il pomeriggio.”
“Pensavo fossi alquanto impegnata.” Disse Harry puntando lo sguardo verso la porta, giusto in tempo per vedere Cormac sparirci attraverso. “Harry ma cosa dici!” rispose la bruna arrossendo per l’imbarazzo. “Andiamo Hermione, con me puoi parlare. Pensi ci sia qualcosa?”
La ragazza lo guardava assorta mentre riponeva forbici e nastri e per la prima volta si interrogava veramente sulla possibilità che potesse esserci qualcosa con McLaggen.
Era senza dubbio un bel ragazzo e la sintonia tra loro era indiscutibile, eppure c’era qualcosa che non andava. Molto spesso le cose vanno così, ti ritrovi davanti quella persona che rispecchia tutte le caratteristiche che da sempre, nell’immaginario, attribuisci alla tua anima gemella però poi non ti fa’ sentire come vorresti. Sicuramente, per Hermione, pensare che potesse esserci qualcosa con Cormac era a dir poco prematuro anche perché proprio non riusciva a lasciarsi andare. Il suo cuore era troppo legato all’idea di un futuro con Ron, nonostante questa si fosse dimostrata niente più che un’utopia. Però, è risaputo, il cuore ha ragioni che la ragione non comprende e per Hermione, che era la razionalità fatta persona, sembrava troppo da sopportare.
“Harry, ci conosciamo appena, cosa vuoi che ci sia?”
Il moro la scrutò con sguardo critico, ignaro del tumulto che dentro scuoteva l’amica.
“Ron dov’è?” fece lei con malcelata nochalance.
“è andato via dopo che…” ma si arrestò subito
“Dopo che cosa?” chiese la ragazza con sguardo inquisitorio.
“Dopo che aveva scaricato un milione di scatole e gli è venuto il mal di schiena.” Provò ad improvvisare il moro. Sorprendentemente sembrò convincerla ed insieme si avviarono verso la Sala comune.
 
Varcato il buco del ritratto Ron figurava su un divanetto di fronte al camino impegnato in una solitaria partita a scacchi. “Come va’ il tuo mal di schiena?” chiese Hermione mentre si accomodava su una poltrona accanto al fuoco. “Il mio che?” chiese scettico il rosso ma un eloquente sguardo di Harry gli fece capire di stare al gioco “Ah sì, veramente insopportabile.” Mentì massaggiandosi la zona lombare. “Non ti servirebbe un compagno per giocare a scacchi?” propose dopo un po’ la ragazza.
Ron non era per niente abituato a sopprimere la sua gelosia, il non aver urlato per gli ultimi cinque minuti gli era costato uno sforzo veramente immane, non riuscì, però, a reprimere una frecciatina che sfuggì al suo controllo. “Pensavo giocassi solo con McLaggen.” Disse serrando i denti. Si guadagnò subito una gomitata ben assestata da parte di Harry ma la ragazza interessata non ebbe il tempo di replicare perché fu’ sommersa da Ginny che la travolse in un turbine di domande. “Hermione! Ho saputo quello che è successo con Pansy. Devi raccontarmi tutto.” Urlava raggiungendola. “Sì, ce-certo.” Si riprese Hermione distogliendo lo sguardo dal rosso che nel frattempo si era poggiato allo schienale incrociando le braccia. “Per Merlino! Deve essere stato terribile.” Continuava la ragazza. “Bhe Cormac è stato bravissimo, l’ha slegata subito.” Spiegava Calì che nel frattempo si era avvicinata “Sì, davvero fantastico.” Le faceva eco Lavanda.
Ron non ne potette davvero più, serrò i pugni così forte da far sbiancare le nocche fino all’inverosimile. Fece appello a tutto l’autocontrollo, che in realtà non aveva, e decise di seguire il consiglio di Harry. Evitò, quindi, di scoppiare anche se restare lì ad ascoltare come tessevano le lodi di Cormac Mclaggen non aiutava. Si alzò, dunque, di colpo e si diresse verso il dormitorio. Il movimento non passò inosservato alla bruna che, con sguardo allarmato, guardò verso Harry il quale decise di seguire l’amico su per le scale.
Lo ritrovò accanto alla finestra, nella loro stanza. “Se ti butti di sotto prendo il tuo letto. è più vicino al bagno.” Provò Harry ad allentare la tensione.
“Non sei divertente.” Disse lanciandogli un cuscino.
“Devi riconoscere però che sono stato bravo, non ho ancora urlato.” Si girò il rosso con un mezzo sorriso.
“Dovrebbe essere la normalità, idiota.” Rispose il moro restituendogli il cuscino per poi avvicinarsi.
“Cosa devo fare? Sento che ogni possibilità che potrei avere con lei mi sta scivolando fra le dita.” Confessò sinceramente turbato.
“La prima cosa è, senza dubbio, smettere di piangerti addosso. Vuoi stare con lei? Vai e diglielo. Se non metterai mai le cose in chiaro non darai neanche a lei la possibilità di scegliere.”
“Devo pensare.”
“A cosa Ron? A cosa devi pensare. Non c’è niente di più semplice.”
“E invece sì, ci sono troppe cose in ballo, la nostra amicizia in primis.” Disse sedendosi sul letto.
“Poi c’è questa cosa di mio padre, la mia testa è troppo piccola per tutte queste cose.” Concluse mettendosi le mani tra i capelli.
“Quale cosa di tuo padre?” chiese Harry.
“Quale cosa di mio padre?” chiese Ron alzando la testa di scatto con voce spaventosamente stridula.
“Tu hai detto…” continuò il moro avvicinandosi.
“Io non ho detto niente” disse alzandosi di scatto.
“Ron…”
“Avrai capito male.”
“Ron, sono il tuo migliore amico.” Concluse Harry con tono mesto.
Il rosso lo guardò e si sentì morire dentro per avergli nascosto una cosa così importante.
“No Harry” disse avvicinandosi “Tu sei mio fratello.” Si risedette poi e continuò “Perdonami se non te l’ho detto prima, fosse stato per me non lo avrebbe saputo nessuno ma poi Hermione con la zucca ha visto e…”
“Ron fermo. Respira e parti dall’inizio. Con ordine.”
Su consiglio inspirò profondamente e confessò “Mio padre ha perso il lavoro.”
“Ma come è possibile, lavorava da anni e…”
“Lo so” lo interruppe “hanno dato il suo posto ad un altro”
“E che c’entra Hermione?”
“Come Hermione?”
“Hai detto Hermione, zucca e non so che.” Lo esortò il moro.
“Ah sì, Hermione ha scoperto tutto per caso e mi sta aiutando a trovare un modo per far reintegrare mio padre.”
“Ma perché me l’hai tenuto nascosto? Sono tuo amico, potrei aiutarvi.”
“No Harry, non pensarci nemmeno.” Si alzò Ron mettendo le mani avanti. Sapeva dove l’amico voleva andare a parare ma non lo avrebbe mai permesso. Piuttosto avrebbe davvero lasciato la scuola.
“Ma Ron, potreste considerarlo un prestito.”
“Harry, per favore, no.” Affermò serio.
Non gli diede neanche il tempo di replicare che subito dichiarò “Ho bisogno d’aria.” e corse giù per le scale sfuggendo ad una conversazione di cui proprio non aveva bisogno.
 
Hermione, in sala comune, vide un turbine di capelli rossi correre veloce verso il buco del ritratto. Qualcosa non andava, stava avendo un comportamento veramente assurdo da quando lo aveva rivisto. Fece per seguirlo ma fu’ fermata da Cormac che le si parò davanti.
“Ciao Hermione, ehm, potrei parlarti un attimo?” le chiese.
La ragazza vide il ritratto chiudersi alle spalle di Ron incerta se seguirlo. Le sembrava, comunque, scortese rifiutare di nuovo il biondo avanti a lei, quindi posò lo sguardo su di lui e fece un segno di assenso.
Il ragazzo la condusse ad un divano lì vicino e si sedettero. “Stavo pensando, dato che sabato ci sarà l’uscita ad Hogsmeade, insomma mi chiedevo se ti andava di andarci insieme.”
Per Hermione fu’ una vera e propria doccia fredda. Qualunque ragazza avesse pescato nel raggio di pochi metri avrebbe detto di sì senza dare il tempo al cervello di elaborare ma lei, invece, si sentiva così combattuta. Non sapeva se lasciarsi andare a questa nuova esperienza e capire se potesse davvero esserci qualcosa con quel ragazzo oppure tener fede al suo cuore, seppur questo significasse sperare per il nulla. Ad ogni modo in quel momento l’unica cosa di cui riusciva a preoccuparsi era Ron e quel suo assurdo comportamento. Allo stesso tempo non se la sentiva di ferire Cormac, era sempre così gentile con lei. “Non serve che mi rispondi subito.” Dichiarò lui. “Facciamo che mi fai sapere.” Disse alzandosi ed Hermione gli porse un sorriso carico di gratitudine. “Grazie Cormac, ti farò sapere senz’altro.” Concluse lei.
 Si mise in piedi e si riversò fuori dalla sala comune in cerca di Ron.
Vagò per interi corridoi, sempre più convinta che qualcosa non andasse. Decise poi di uscire e si diresse verso il Lago Nero. Si ricordò di quella estate alla Tana in cui Ron aveva litigato con i gemelli perchè l’avevano usato come cavia per i loro prodotti, naturalmente senza il suo consenso. Anche quella volta il ragazzo sembrò esser svanito nel nulla ma poi lo ritrovò sulle sponde di un laghetto poco lontano, dove si accingeva a lanciare sassi verso lo spettro d’acqua. Gli spiegò, poi, che quella attività lo aiutava a rilassarsi. Quindi dove avrebbe potuto trovarlo, in quel momento, se non sulle sponde di un lago?
Per fortuna la sua intuizione si rivelò essere esatta e vide Ron che lanciava sassi con tutta la forza che aveva verso l’acqua inerme.
“Non sembri uno che ha mal di schiena.” Si introdusse la bruna.
“Che cosa ci fai qui?” disse lui girandosi di colpo.
“Volevo solo sapere se stavi bene” rispose semplicemente.
Il cuore di Ron fece un balzo. Lei si era preoccupata per lui. Però, come sempre, il suo orgoglio ebbe la meglio e rispose per lui.
“Pensavo fossi impegnata con McLaggen.” E lanciò un sasso.
“Si può sapere qual è il tuo problema?” chiese lei esausta da quelle continue insinuazioni.
“Il mio problema? Vuoi sapere qual è il mio problema?” disse lanciando le pietre che gli rimanevano a terra e avvicinandosi a lei con grosse falcate. “Il mio problema è che per te non va bene.”
“E sentiamo chi andrebbe bene per me?” continuò incrociando le braccia al petto.
“Non lui.”
“Ma ti ascolti quando parli? Non ha senso ciò che dici.”
“Ciò che non ha senso è che tu non sappia distinguere il bene dal male e quindi non riesci a capire quando una persona non è adatta a te. Sei troppo ingenua!”
“Ingenua io? Spero tu stia scherzando.”
“E invece no.” Continuava lui. “Lo penso davvero. Forse non sei così intelligente come credi”
La ragazza si arrestò per un attimo, interrogandosi se davvero avesse sentito bene.
“Sai che ti dico? Forse hai proprio ragione tu. Guarda caso continuo a stare qui a farmi insultare da te quando ci sono persone che meritano il mio tempo molto più di te.” Concluse ferma e, col cuore stravolto dall’ennesima litigata, tornò sui suoi passi prima che le lacrime divenissero visibili.
“Hermione, aspetta” provò invano Ron ma la ragazza era ormai risoluta ad andar via.
Non gli restò dunque che afflosciarsi al suolo con la faccia tra le mani, consapevole di quanto avesse irrimediabilmente sbagliato. Ancora una volta.
 
Tornata al castello Hermione era più decisa che mai. Avrebbe fatto di tutto per togliersi dalla testa quell’idiota, sarebbe andata avanti e sarebbe stata felice. Si asciugò le lacrime col dorso della mano, inspirò profondamente e si diresse verso la sala comune.
Una volta arrivata scorse il suo obiettivo tra un gruppo di ragazzi.
“Cormac, puoi venire un attimo?”
“Ehi Hermione, certo, dimmi tutto.” Rispose il ragazzo andandole incontro.
“Ho deciso. Uscirò con te sabato.”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Vi chiedo perdono per l’assenza ma sono davvero impegnatissima ultimamente. Ad ogni modo ce l’ho fatta a scrivere almeno questo hahah. Ringrazio ancora chi leggerà e vi auguro buone feste nella speranza che le passiate nel migliore dei modi.
-A presto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


“Hermione? Mi stai ascoltando?”
La voce di Ginny giungeva ovattata alle orecchie della bruna. I pensieri che le affollavano la mente erano così tanti da ostruire il passaggio delle parole dell’amica.
In meno di una settimana era accaduto il finimondo. Tutta colpa di quello stupido ballo! Prima che ne iniziassero i preparativi andata tutto bene. Sembrava, addirittura, potesse esserci un serio avvicinamento con Ron, le aveva persino augurato la buonanotte con un bacio accidenti! Se solo non fosse stato per quella punizione nella stanza delle necessità. Forse era stata proprio quella l’origine dei suoi guai. La risposta di Ron, a quel gioco demenziale, aveva spento in lei ogni barlume di speranza che riguardasse l’inizio di un qualcosa con lui. Però si sa, chi ama ha una percezione distorta della realtà, e, nonostante i litigi e le incomprensioni, Hermione proprio non riusciva a smettere di riappacificarsi con quell’idiota. Invece con Cormac era tutto così semplice. Lui si comportava costantemente bene e con gentilezza, sarebbe stato proprio il ragazzo perfetto. O almeno era quello che la ragazza continuava a ripetersi, da quando aveva accettato di uscirci insieme, per far tacere la sua coscienza.
‘Sarebbe come tradire te stessa, sai che non provi niente.’ Continuava a dirle la vocina dentro di lei.
Ostinata com’era, però, Hermione, in quel momento, dava agio solo alla sua razionalità.
Voleva stare bene, si meritava di stare bene, e mai come in quel momento era convinta che allontanare Ron dal suo cuore sarebbe stato l’unico motivo per riuscirci. Si sentiva un verme ad uscire con McLaggen per le ragioni sbagliate ma, ormai, c’era dentro fino al collo.
“Terra chiama Hermione! Devo forse spedire un gufo sul tuo pianeta?”
“Che pianeta?” sussultò.
“Ma buongiorno! Si può sapere che hai?” chiese la rossa rilassandosi sulla poltrona su cui sedeva.
“Niente ero solo…, niente.” Era veramente complicato da spiegare tutto quell’intrigo, troppo anche per parlarne con Ginny. “Dicevi?” chiese infine per cambiare argomento.
Dal canto suo la rossa non era particolarmente convinta dall’atteggiamento dell’amica ma decise che, almeno per quel momento, sarebbe stato meglio aspettare, sicuramente, mai come allora, non avrebbe ottenuto nulla.
“Dicevo, o meglio, ti chiedevo se potevi farmi da modella.”
“Da che?” Hermione per lo stupore quasi scivolò dal divano.
“Da modella. Ho un problema con un paio di vestiti e devo vederli su una persona vera. Sono stanca di quei manichini incantati. Non immagini nemmeno quanto siano saccenti! Sono solo dei pezzi di legno con un bell’incantesimo assestato e si permettono di giudicare i miei modelli!” terminò agitando teatralmente le mani.
“Okay ma perché io?” chiese sperando di poter evitare quel compito.
“è che sei la mia migliore amica, se non chiedo a te a chi dovrei?” provò la rossa facendole una tipica espressione da cucciolo alla Ginny Weasley. Con sei fratelli maschi aveva pur dovuto escogitare un modo per ottenere ciò che voleva.
“Magari alle persone per cui hai disegnato gli abiti? Mi sembra più che logico!” ribattè.
“Hermione cara, c’è un numero inquantificabile di studenti in questa scuola. Pensi davvero che abbiamo fatto abiti su misura esclusivi per ognuno di loro? Eppure sei la strega più brillante della tua età.” Concluse la rossa con una mezza risata.
“A quanto pare va di moda dubitare della mia intelligenza.” Mormorò fra sé e sé la ragazza.
“Come?” chiese Ginny senza capire.
“Niente. Ho detto che lo farò.” Si arrese.
“Davvero? Per Merlino, è stupendo.” Esultò la ragazza abbracciandola. “Sabato ti va bene? Prima devo aggiustare delle cose.”
“Sabato non posso.” Rispose l’amica diventando rossa quanto i rivestimenti del divano.
“Come mai?”
“Ho delle cose da fare.”
“Quali cose?”
Hermione era particolarmente restia a parlarne con Ginny. Forse perchè lei stessa, per prima, non approvava pienamente ciò che si accingeva a fare e temeva che se la sua migliore amica avesse manifestato disaccordo non ne sarebbe stata più in grado. Decretò che però, alla fine, tenersi tutto dentro non avrebbe portato a nulla di buono e che, magari, parlarne con la rossa le avrebbe fatto bene.
“Se te lo dico prometti di non giudicarmi?”
“Croce sul cuore.” Asserì la ragazza mimando il gesto.
La bruna mormorò una risposta ma era così inudibile che neanche ad un millimetro di distanza sarebbe stata comprensibile.
“Come?” provò l’altra.
Hermione inspirò profondamente, si fece coraggio e alla fine confessò “Esco con Cormac McLaggen. Andiamo ad Hogsmede.”
“Che cosa hai detto?” chiese la rossa con gli occhi fuori dalle orbite.
“Hai detto che non mi avresti giudicata.” Rispose Hermione puntandole un dito contro.
“Non ti sto giudicando ma, semplicemente, perché?” continuò boccheggiando.
“Me l’ha chiesto. E io ho detto di sì.” Spiegò torcendosi le mani e guardando in basso.
“Quindi lui te l’ha chiesto e tu hai detto di sì.” Ripetette Ginny quasi a voler essere certa di aver capito ben.
In risposta ottenne solo un annuire convulso.
“Ripeto. Perché?” continuò iniziando a perdere la pazienza.
“Ginny te l’ho detto. Me l’ha chiesto e ho detto di sì. È un bravo ragazzo ed è sempre gentile con me, quindi non c’era motivo per rifiutare.”
“E Ron?” chiese timidamente. Nonostante tutto sapeva quanto la bruna tenesse a quel zuccone del fratello, quindi proprio non si spiegava quella decisione.
“E Ron niente.” Si puntò la bruna alzandosi in piedi. “Con lui è come stare sulle montagne russe. Un continuo saliscendi di emozioni e io sono stanca Ginny, stanca! Continuo a salirci sperando che ogni giro sia diverso dal precedente ma a me neanche piacciono le montagne russe! Adesso voglio tranquillità.” Asserì infine.
La rossa non sapeva che pensare. Ovviamente per Hermione voleva solo il meglio ma dubitava che l’avrebbe trovato proprio in Cormac McLaggen. Maledisse mentalmente suo fratello. Era un vero idiota a farsi scappare una ragazza così, soprattutto perché era convinta che anche lui provasse qualcosa.
Ad ogni modo tutto ciò che riusciva a pensare in quel momento era la fragilità di Hermione avanti a sè. Era esausta. Ciò si evinceva chiaramente. Come poteva non offrirle sostegno? Quindi si alzò, avvicinandole, e l’abbracciò forte cercando di infonderle tutto il suo affetto e le sussurrò piano “Meriti la tranquillità ed è quello che avrai.”
In risposta la bruna la strinse più forte, lieta che avesse compreso le sue ragioni.
“Allora che ne dici di lunedì?” chiese poi Ginny per sdrammatizzare.
“Lunedì è perfetto.” Concluse la bruna ridendo.
Dopo poco scorse dal buco del ritratto due figure, fin troppo familiari, introdursi nella sala comune. L’ultima cosa che voleva era proprio vedere Ron. Non si parlavano da tutto il giornp, aveva evitato ogni occasione con cura. Si voltò, dunque, velocemente verso Ginny per inventarsi una scusa dileguarsi in fretta “Ho un tema di pozioni da finire adesso, quindi andrei.”
“Si okay allora…” ma la rossa non ebbe modo di continuare perché l’amica si era già defilata verso i dormitori femminili.
“Che si dice?” si introdusse dopo un po’ Harry mentre con Ron prendeva posto sul divano accanto al fuoco.
La rossa si voltò verso i ragazzi, poi di nuovo guardò le scale ed infine ancora una volta i due davanti a sé. Subito collegò. La fuga di Hermione poteva avere solo un movente.
“Tu!” pronunciò con aria minacciosa mentre puntava un dito verso il fratello.
“Sì, io.” Rispose il rosso con aria interrogativa.
“Che accidenti hai combinato?”
“Si può sapere cosa vuoi? Oggi non è proprio giornata.” Mai questa frase fu più azzeccata. Era tutto il giorno che provava a fermare Hermione per scusarsi e fare pace. Si sentiva malissimo dopo la litigata della sera precedente e allo stesso tempo si odiava per aver incrinato, ancora una volta, lui stesso il loro rapporto. Proprio non gli servivano anche le urla della sorella.
“Con Hermione. Che cosa le hai fatto? È sicuramente colpa tua se ha deciso di uscire con McLaggen.” Concluse la ragazza incrociando le braccia al petto per poi affatturarsi subito mentalmente. Avrebbe dovuto imparare a collegare cervello e bocca.
“Lei che cosa?” tuonò il rosso alzandosi.
“Sì hai sentito bene.” Provò Ginny cercando di mantenere il suo cipiglio e dissolvere ogni briciolo di incertezza.
“No, io vado da lei.”
“Fermo.” Intervenne Harry parandosi davanti.
“Ti ho già detto che devi smetterla con queste assurde pretese. Ora ti siedi, ci dici cosa è successo e troviamo una soluzione, da persone mature.
Sedersi e riflettere. Un combo che stonava quanto un ossimoro se accostato a Ronald Weasley. Aveva stretto i pugni così forte da credere che le unghie presto avrebbero penetrato la carne, eppure ormai aveva capito che quell’atteggiamento andava abbandonato, in quindici anni di vita non aveva condotto da nessuna parte. Decise di inspirare profondamente. Molto profondamente. Rilassò le mani e si sedette nuovamente guardando negli occhi la sorella ed il suo migliore amico.
“Abbiamo litigato. Ieri. Al Lago Nero.” Si limitò a dire.
“Se tu fossi più specifico non faresti del male a nessuno. Allora? Che è successo?” chiese impaziente Ginny che in risposta ottenne uno sguardo fulmineo dal fratello.
Ron si vergognava così tanto da non riuscire neanche a scandire una risposta udibile e tutto ciò che giunse alle orecchie dei suoi interlocutori fu un indistinto borbottio.
“Lo sai che tu ed Hermione avete proprio un brutto vizio? Parla chiaramente!” sbottò la ragazza.
“Le ho detto che non è in grado di distinguere il bene dal male perché è un’ingenua e che quindi non era tanto intelligente quanto credeva.” Esalò.
Ginny ed Harry in contemporanea si batterono una mano sulla fronte non sapendo da dove iniziare.
“Ma sei impazzito?” si ridestò Harry per primo.
“Ragazzi lo so. Sono un idiota.”
“Puoi dirlo forte. Anzi, urlalo e ballalo in mezzo al campo di quidditch!” continuò la sorella.
“Non so cosa mi sia preso. Non penso davvero quelle cose.” Confessò ignorando i commenti “Per me lei è perfetta così e amo il suo vedere costantemente del bene nelle persone, anche in me.” Aggiunse guardandosi le mani. “Vi prego, aiutatemi. Non posso perderla per McLaggen.” Chiese come una supplica.
“Ron, il punto è che non puoi farle sempre questo. Se troviamo un modo per aiutarti non puoi più buttare tutto via perché non sai tenere a freno la lingua.” Lo rimbeccò Ginny.
Ron sapeva perfettamente quanto la sorella avesse ragione e mai come dopo ieri sera era intenzionato a non commettere più colpi di testa.
“Ieri in me è scattato qualcosa.” Iniziò “Ho visto davvero i suoi occhi incrinarsi in un modo diverso mentre mi guardava e questo mi ha stretto il cuore in una morsa. Dopo che è andata via sono stato ore in riva al lago e, come un film, mi sono passanti davanti gli stralci di una vita senza di lei ed è stato orrendo. Non voglio che ciò succeda. Harry avevi ragione.” Disse poi rivolgendosi all’amico “Devo lasciare andare insicurezze e orgoglio o non vivrò mai per davvero. Vi prego, aiutatemi a mettere a posto le cose.” Concluse.
“Accidenti Ron, non ti ho mai sentito così fermo e deciso. Sono molto fiero di te.” Rispose il corvino aprendosi in un sorriso. “Ti aiuterò ovviamente.” Concluse.
“E tu? Ginny?” chiese il rosso con incertezza.
“Assolutamente sì fratellone.” Asserì gioviale.
“Bene ragazzi.” Rispose sollevato “Ma cosa facciamo? Ormai uscirà con McLaggen.”
“E se lo impedissimo?” propose Harry.
“Impossibile. È troppo risoluta.” Concluse per poi indugiare sul fratello, resasi conto della gaffe.
“Anche perché se uscissero insieme e lei capisse che non è il ragazzo adatto a lei sarebbe ancora più efficace per troncare questa frequentazione.” Si illuminò.
“Come fai a sapere che andrà così?” chiese dubbioso Harry.
“Sappiamo perfettamente che non è il ragazzo adatto a lei. Noi potremmo, semplicemente, indirizzare la verità.” Spiegò con sguardo malizioso.
“In che senso?” domandò Ron.
“Nel senso che faremo di questo appuntamento un disastro di dimensioni epiche.”
“E come intendi farlo?” continuò il corvino.
“Lo vedrai.” Concluse con un sinistro luccichio negli occhi. “E ci serviranno anche Fred e George!”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti <3 <3< 3. So che non c’è molta dinamicità ma ho pensato che servisse un intermediario di questo tipo per quello che succederà poi. Comunque ringrazio chiunque continui a leggere e a mettere tra le preferite, le seguite e compagnia cantante questa storia. Ve ne sono davvero super grata. Un bacione e buone feste a tutti.
A presto <3 <3 <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


                                                                                                                                                          All’orgoglio e alla     speranza di lasciarlo andare.
 
“Continuo a pensare che sia una pessima idea.”
“Andiamo Ronnino, non fare il guastafeste.”
Era giovedì sera, oltre il corpifuoco, e nella sala comune dei grifondoro, già da un po’, imperversava un’ardua organizzazione.
“Ma Fred! Questo è troppo anche per me!” continuava il più piccolo.
“Ron che succede? Fino a due giorni fa avresti spaccato una zucca in testa a McLaggen!” gli fece notare Harry.
“Allora” iniziò autoritario “credetemi quando vi dico che sono l’ultima persona al mondo che vorrebbe vedere quei due insieme” disse storcendo il naso sull’ultima parte “ma non sono del tutto convinto.”
“Ci hai messo circa cinque anni ad ammettere di provare qualcosa per lei. Vuoi farne passare altri cinque prima di agire?” si introdusse George.
“Assolutamente no ma ci ho pensato.”
A quest’ultima frase vide le facce dei suoi fratelli e di Harry assumere un’interessante forma a punto interrogativo.
“Tu ci hai pensato? Cioè proprio tu? Ronald Weasley, la persona più impulsiva di questo mondo si è fermato a rimuginare?” chiese il corvino basito.
“Ve l’ho detto!” esplose basito “Questa volta voglio fare le cose per bene. Dopo quella sera al Lago io…”
Proprio non riusciva a togliersi dalla mente il modo in cui Hermione l’aveva guardato in seguito a quell’ennesima litigata. Paradossalmente non era stata neanche la più funesta che i due avevano sostenuto eppure in lui aveva lasciato il segno.
Forse proprio perché era stata troppo tranquilla.
Il movente non era nemmeno estremamente tragico. Di certo c’era stato di peggio. Come quella dopo quel maledetto gioco nella stanza delle necessità. Ogni volta che ci pensava Ron si prendeva mentalmente a schiaffi da solo.
Il punto era proprio questo. Ciò che lo aveva fatto scattare, quel giorno, era stata l’arrendevolezza con cui Hermione si era sottratta alla discussione. Per il loro rapporto era un qualcosa di anomalo. Di solito si urlavano contro come pazzi ma sapevano, poi, di non potersi escludere l’uno dalla quotidianità dell’altra. Quindi, tra goffe scuse e pizzichi all’orgoglio, ci mettevano una pietra sopra.
Involontariamente Ron si era fin troppo adagiato su questo tacito rituale e, pur ripromettendoselo costantemente, non aveva mai davvero iniziato a smussare il suo carattere.
Però quella volta era tutto diverso.
Negli occhi di Hermione aveva visto qualcosa incrinarsi. Forse sarebbe stato meglio dire che era come se una luce si fosse spenta. Nonostante, più volte e in più occasioni, lei gli avesse ripetuto quanto fosse esasperata da quelle dinamiche non aveva mai mollato davvero la presa sul loro rapporto.
Non come quella volta almeno.
Ron aveva interpretato quello sguardo come un tacito voltare pagina verso un capitolo che non prevedesse uno scenario di scontri continui.
Anche se il ragazzo si fosse cucito le labbra non si sarebbero potuti impedire i battibecchi. Del resto, questi erano parte integrante del loro rapporto, se non la migliore.
Però di una cosa il rosso era certo. Non voleva più che litigassero perché la sua impetuosità non era in grado di fargli tenere a freno la lingua o che non facessero pace perché il suo orgoglio glielo impediva.
Sentire che sarebbe uscita con McLaggen l’aveva mandato in tilt. Soprattutto perché nell’ultimo periodo si erano avvicinati molto, se solo non fosse uscito quell’idiota in mezzo.
Lo sapeva bene che nella stanza delle necessità avrebbe dovuto spaccargli la scacchiera in testa. Ma no! Quel giorno la sua impulsività aveva deciso di concentrarsi solo nel pronunciare quella stupida frase ‘Uscire con Hermione? Andiamo è l’ultima cosa che farei.’
Ad ogni modo non poteva perderla. Non così e senza combattere.
“Ragazzi il punto è che” disse riprendendo il discorso “sarebbe meglio che le parlassi e basta. Da persona matura, la conosco bene da sapere che è questo che cambierebbe le cose.”
Neanche il tempo di formulare le ultime due parole che i due gemelli iniziarono a ridere sguaiatamente perché mai avrebbero pensato di accostare Ron alla compostezza mentre Ginny e Harry studiavano seriamente il ragazzo.
“Amico, credo che tu abbia ragione ma penso anche che” inizio il moro
“Che ora come ora se tu andassi semplicemente lì e le parlassi lei non ti darebbe retta.” Continuò per lui la rossa.
“Mi hai tolto le parole di bocca.” Rise il moro guardandola di sottecchi mentre lei accennava ad un sorriso.
“In che senso?” le chiese il rosso.
“Sveglia!” iniziò Fred.
“Nel senso che sono anni che fai così.” Continuò George ovvio.
“Così come?”
“Ogni volta che sei tu a scatenare il litigio vai da lei, le assicuri che non ricapiterà e poi due giorni dopo vi sento urlare dalla biblioteca.” Spiegò Ginny.
“Credi forse che invece mandarle a monte un appuntamento sarebbe più di impatto?” ironizzò il fratello.
“Questa cosa è solo per farci guadagnare tempo e soprattutto evitare che faccia una sciocchezza solo perché è fuori di sé.” Sperò di essere stata esaustiva la rossa.
“Non credi che ci si metterebbe davvero insieme. Vero?” azzardò Ron mentre un nodo gli si formava all’altezza dello stomaco al solo pensiero.
Ginny non rispose ma il suo sguardo era abbastanza eloquente.
Che ironia della sorte. Adesso era Hermione quella impulsiva mentre Ron cercava una soluzione razionale. Quei due erano perfettamente complementari, pur senza volerlo, in ogni occasione.
“Per ora non cambio idea.” Disse Ron alzandosi.
“Vi ringrazio per l’aiuto ma troveremo un altro modo.”
“Accidenti Ron! Io e Fred abbiamo preparato almeno cinque tipi diversi di pasticche vomitose.” Commentò George.
“Conservatele per i tassorosso. La prima partita di Quidditch, a dicembre, è contro di loro!”
“Ma Harry!” lo riprese Ginny.
“Stavo solo scherzando!” si difese.
Eppure, la ragazza avrebbe potuto giurare di averlo visto far un occhiolino ai gemelli mentre tutti e sei si avviarono ai dormitori.
 
“Sono molto orgoglioso di te Ron!” gli confessò Harry quando i due furono tornati in camera.
“Spero che manterrai questa motivazione.”
“In realtà ci penso da quando abbiamo parlato durante le ore di preparativi per il ballo. Non posso continuare così.”
“Sarai ripagato Ron. Ne sono sicuro.” Terminò dandogli una pacca sulla spalla con l’intento di infondergli tutta la sua vicinanza.
Ron gli sorrise riconoscente per poi proferire parola “Ora ho bisogno di dormire o domani rischio di non svegliarmi neanche per pranzo!”
 
 
Il giorno seguente Hermione si svegliò più stanca di quanto si fosse addormentata. Era venerdì e mancava un giorno. Solo ventiquattro ore la separavano dall’uscita con McLaggen. Affondò la testa nel cuscino chiedendosi cosa avesse in mente quando aveva deciso di accettare. Poi si rispose da sola.
Ron. Ecco che aveva in testa.
O meglio, i litigi con Ron.
Dopo l’ennesima discussione nel giro di pochi giorni decretò che proprio non poteva continuare così. Le faceva male dover costantemente litigare, soprattutto con lui, considerando ciò che provava. Erano giorni che a malapena lo incontrava se non durante situazioni di circostanza.
Le mancava da morire. Non solo il ragazzo di cui si era innamorata ma anche il suo migliore amico.
In cuor suo, però, credeva che quella lontananza, almeno per ora, le avrebbe fatto solo bene. Magari avrebbe imparato ad abbandonare le sue fantasie e sarebbe stata in grado di convivere con l’idea di non averlo accanto.
Che scenario raccapricciante le si presentò al solo pensiero.
Sbarrò gli occhi cercando di scacciare via le sue riflessioni, si voltò verso il comodino e decretò che era ora di alzarsi.
 
Nel frattempo, nel dormitorio maschile del quinto anno, Ron ed Harry continuavano a dormire beati noncuranti del sole ormai alto.
Dean Thomas si stava allacciando la cravatta quando notò i due ancora sommersi dai piumoni. Alzò gli occhi al cielo e prese velocemente un cuscino che prontamente colpì Harry dritto in testa. “Ragazzi sveglia! È tardissimo.”
In tutta risposta il moro mugugnò solamente per poi rigirarsi dall’altra parte.
“Ci penso io.” Sussurrò Seamus all’amico.
A piccoli passi si avvicinò al letto di Ron che dormiva a pancia in giù e, presa la bacchetta, iniziò a pizzicargli piano sulla schiena per poi urlare “Per Godric Ron! Hai un ragno enorme sulla schiena!”
In tutta risposta il rosso balzò in piedi sul letto così forte che colpì in pieno il ragazzo dai capelli color sabbia. “Dove? Dove?” chiedeva saltellando sulle lenzuola.
“Che succede?” si ridestò Harry, allarmato dalle urla, mentre con una mano inforcava gli occhiali al contrario e con l’altra sguainava la bacchetta.
“Sta’ un po’ attento Ron, a momenti mi spezzavi il naso!” si lamentò Seamus.
“Dove accidenti è questo ragno?” continuava ad urlare non curante il rosso.
“Non c’è nessun ragno, era solo per farvi svegliare.” Spiegò Neville che, ormai pronto, si accingeva ad uscire dal dormitorio.
“SEI FORSE IMPAZZITO?” chiese il rosso al compagno di stanza.
“Non ringraziarmi.” Rispose lui facendo spallucce. “Sono le otto e un quarto. Avete un quarto d’ora per cambiarvi e scendere nei sotterranei. Abbiamo pozioni.” Pronunciò il ragazzo quasi come se fosse una minaccia.
“Oh Merlino!” esclamò Harry preso dal panico.
In meno di cinque minuti i due ritardatari si ritrovarono a scendere le scale del dormitorio in uno stato pietoso.
Ron aveva una scarpa slacciata e mezza camicia fuori dai pantaloni mentre cercava, invano, di liberare la cravatta che era rimasta incastrata tra i passanti e la cintura. Harry non era sicuramente messo meglio con il gilet nella tasca posteriore mentre, con la camicia ancora slacciata, si chiudeva la cintura.
I due iniziarono a correre dritti ai sotterranei senza neanche passare in Sala grande a prendere un biscotto.
Ron aveva provato a convincere Harry a fare diversamente, l’ultima cosa che gli serviva era saltare i pasti, ma l’amico fu risoluto.
E col senno di poi fu meglio così.
Infatti i ragazzi stavano proprio svoltando un corridoio apparentemente deserto quando Ron sentì una voce che attirò particolarmente la sua attenzione. McLaggen.
Afferrò Harry per un braccio e gli fece segno di non fiatare mentre accostava l’orecchio ad un’aula dalla porta semiaperta cui attribuì la provenienza del rumore.
“Cosa fai? Siamo in ritardo!” si lamentò il corvino ma Ron lo ignorò e si mise in ascolto.
“Ragazzi domani sarà fatta!” sentì il biondo gongolare.
“Lo sai bello! Se non ottieni neanche un bacio niente ricompensa.” Gli rispose qualcuno.
Ron ed Harry, di rimando, si guardarono negli occhi capendo subito il soggetto in questione. Hermione.
Il rosso strinse i pugni in modo quasi innaturale ma si costrinse a resistere per cercare di capire il più possibile.
“Ma sì! È bastata qualche parolina e ha accettato subito, non ci sarà alcun problema per un bacio e poi…chissà.” Concluse il biondo ridendo.
Harry dovette far appello a tutta la forza che neanche sapeva di avere per allontanare Ron da lì prima che irrompesse e spaccasse la faccia di McLaggen a pugni.
“E la tua voglia di non essere più impulsivo?” gli rinfacciò Harry quando furono abbastanza lontani.
“Vale solo per Hermione. Non per gli idioti che vogliono farle del male.” Ron ribolliva di rabbia come non mai. Quando sentiva che la ragazza era sotto minaccia non ci vedeva più, avrebbe mandato a benedire ogni buon proposito.
Chiuse gli occhi ed inspirò piano. “Devo dirglielo.” Decretò fermo.
Harry non poteva che essere d’accordo, non poteva permettere che la sua amica, soprattutto nella situazione di vulnerabilità in cui riversava, fosse presa in giro così.
“Va bene.”
“Ma aspetta la fine della lezione.” Gli disse afferrandolo prima che insieme si avviassero in aula.
Per un pelo! Piton ancora doveva arrivare!
I ragazzi individuarono subito Hermione e gli si affiancarono mentre, pochi istanti dopo, Cormac e due ragazzi si fecero largo in aula.
Ron si ritrovò a pensare che si erano mossi giusto in tempo, altrimenti adesso sicuramente il biondo starebbe affiancando la sua migliore amica.
Alzò poi gli occhi sull’amica e vide come questa, invece, cercava di evitare i suoi in tutti i modi.
Quella scena gli stringeva il cuore ma si fece coraggio, inspirò e poi parlò “Devo parlarti.” Le disse.
Hermione sobbalzò. Solo allora si rese conto di quanto tempo fosse passato da quando aveva sentito la sua voce. Anche se le circostanze non erano delle migliori. Si riprese in fretta e cercò di mascherare il tremolio nella voce “Non ho niente da dirti!” dichiarò mentre Piton entrava in aula. “è importante.” Insisteva il rosso noncurante che la lezione stesse iniziando.
“Non le voglio le tue scuse.” Gli disse tagliente.
“Non voglio scusarmi.” Rispose Ron spazientito.
 Ottima mossa. Questo sì che era tener fede ai suoi buoni propositi.
“è importante, devi sapere una cosa.” La anticipò prima di qualunque altra risposta.
“Weasley! Un’altra parola e ti ritroverai nelle cucine, con gli elfi a pelare patate a vita.” Lo rimbeccò Piton.
“Scusi signore.” Rispose l’interessato.
Non ricevette alcuna risposta dalla mora accanto a sé ma non si diede per vinto.
 
Finita la lezione aspettò che l’ingombro di persone iniziasse ad uscire dall’aula per poi afferrare Hermione per un braccio.
“Ma sei fuori di testa?” sobbalzò lei.
Lui la ignorò e quando fu sicuro che fossero soli si avvio alla porta e ci si parò davanti per evitare che l’amica ci passasse.
“Ho detto che non voglio parlare con te.” Rispose lei ferma.
A Ron sembrava fredda e distaccata ma questo lo incentivò ancora di più a voler porre rimedio a quella situazione.
“Non puoi uscire con McLaggen.” Chiarì secco.
“Ancora con questa storia? Spostati e fammi uscire.” Iniziò ad infervorarsi.
Meglio arrabbiata che indifferente. Si ritrovò a pensare il rosso.
“Hermione devi ascoltarmi” iniziò lui mettendole le mani sulle spalle “ti sta solo usando. L’ho sentito mentre lo diceva ai suoi amici. Ha fatto una specie di scommessa.”
“Ma che cosa stai dicendo?”
“Te lo assicuro. E così. L’ho sentito con le mie orecchie.”
“Non sai più che inventarti.” Rispose lei cercando di scostarsi.
“Hermione perché dovrei? Ho sbagliato tutto con te, lo so. E forse ora mi odi ma io ci tengo a te e non posso permettere che un idiota qualunque ti faccia del male. Ne morirei.” Confessò sincera.
Il cuore di Hermione a quelle parole fece un sussulto ma poi la sua razionalità prese il sopravvento.
“Che ti interessa? Perché dovrebbe toccarti quello che mi succede o non con altri?”
“Perché ti amo da quando ne ho memoria.” Avrebbe voluto rispondere il ragazzo.
Ma dalla sua bocca gli uscì solo un “Perché sei la mia migliore amica.”
Non se la sentiva di aprire il suo cuore. L’orgoglio non svanisce completamente da un giorno all’altro. Sicuramente non avrebbe mai pensato di confessarsi in quel momento, soprattutto considerando lo stato emotivo in cui riversava la ragazza.
Quanto si sbagliava. Quelle sette parole avrebbero aggiustato ogni cosa.
Dal canto suo Hermione si sentì come se la realtà le si fosse, ancora una volta, spalmata in faccia inondando ogni poro di sé. Quelle parole le risuonavano in testa come un mantra. Ecco cos’era, solo la sua migliore amica. Non si può essere più chiari di così.
“So badare a me stessa.” Disse in un tono che non ammetteva repliche e lasciandolo di sasso l’oltrepassò e andò via.
Ron restò con mille frasi a mezz’aria ma nessun interlocutore.
Restava però fermo nella sua idea. Quel McLaggen non avrebbe toccato neanche un capello alla sua Hermione.
A passo spedito uscì dall’aula e si mise alla ricerca di Harry. Lo trovò in un corridoio poco lontano e gli si avvicinò più risoluto che mai.
Il corvino era già pronto a chiedere come fosse andata ma l’amico lo precedette.
“Dobbiamo rovinare quell’appuntamento. Assolutamente.” Tuonò con gli occhi cerulei che emanavano scintille.
Angolo dell’autrice: Buona serata! Allora da dove inizio… diciamo che Ron ha avuto una bella epiphany (detta alla James Joyce hahah). Sinceramente vorrei sfatare il mito di Ron che non riesce a controllare i suoi impeti. Premetto che è il mio personaggio preferito anche perché mi ci ritrovo molto in lui, soprattutto per quanto riguarda impeto ed orgoglio (ecco il perché della frase ad inizio capitolo). Comunque vorrei rassicurarvi sul fatto che anche se sembra che abbia messo troppa carne al fuoco vi assicuro che verrà fuori un bel barbecue. (Scusatemi lo squallore ma sto studiando dalle sette di stamattina e a momenti dimenticherò anche il mio nome). Infatti sarà presto chiarita la questione del padre di Ron, quella di McLaggen il ballo sarà veramente cruciale. Ringrazio chiunque legga e vi chiedo di avvisarmi se pensate che stia martoriando caratterialmente i personaggi, provvederei subito! A presto <3.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


“Allora ragazzi, è tutto chiaro?”
“Per forza, l’abbiamo ripetuto almeno dieci volte!”
“Non è colpa mia se Harry continuava a non capire.”
“Ehi!”
“Diamoci un taglio!” sbottò d’un tratto Ron richiamando l’attenzione.
Ci fu un minuto di silenzio in cui gli interessati si voltarono verso il rosso e lo guardarono con tanto d’occhi.
“Che poi ancora non ci hai detto perchè hai cambiato idea.” Gli fece notare Ginny.
Subito Ron incrociò lo sguardo del suo migliore amico. Effettivamente non aveva detto niente ai fratelli e alla sorella di quello che aveva sentito, eppure non sapeva ben spiegarsi il motivo. In uno slancio di istinto l’aveva omesso perché così facendo gli pareva di difendere Hermione. Non voleva che agli occhi degli altri sembrasse una sprovveduta e tanto meno voleva che sembrasse solo un oggetto di scherno. Quindi credeva che, per la salvaguardia della ragazza, più restasse segreta questa faccenda meglio sarebbe stato. Almeno finchè Hermione non avesse aperto gli occhi.
Proprio non si capacitava della facilità con cui l’aveva liquidato. In tutti quegli anni, nonostante le incomprensioni e i giorni passati senza parlarsi le aveva sempre dato prova di aver a cuore la sua incolumità. Come aveva potuto non credergli? Ad ogni modo avrebbe agito senza freni per difenderla, eccome se l’avrebbe fatto.
“Ho semplicemente capito che avevate ragione voi.” Disse loro, infine, senza sbilanciarsi troppo.
“Ragazzi, è ora.” Informò Harry guardando il grande orologio sul camino in sala comune.
“Ai vostri posti. Si va in scena.” Annunciò Ginny con un sorrisetto che non faceva presagire nulla di buono.
Subito, prima che la stanza potesse affollarsi, i ragazzi si dileguarono verso la sala grande, eccetto Ginny che si apprestò a salire le scale dei dormitori.
“Lo faremo crollare.” Ghignava Fred sfregandosi le mani.
 
Nel frattempo, nella stanza delle ragazze del quinto anno Hermione si accingeva a guardarsi allo specchio quando Ginny varcò la porta.
“Buongiorno!” squittì gioviale la rossa.
Di rimando la bruna trasalì e si voltò verso la sua migliore amica.
“Ciao Ginny.”
“Però…che entusiasmo!” le fece notare sarcasticamente la ragazza sedendosi su un baule lì vicino.
“Non ho dormito bene.” Le disse a mo’ di giustificazione. Ed effettivamente era vero. Aveva pensato tutta la notte alle parole di Ron, e morale della favola? Non sapeva che accidenti fare.
Fosse stato come sempre gli avrebbe creduto senza remore ma quella volta era combattuta. Sapeva bene quanto il rosso odiasse McLaaggen senza un motivo apparente e sapeva bene anche quanto fosse possessivo con i suoi affetti. Quindi non le avrebbe mai stupito una scenata, come quella cui aveva assistito, per evitare che ci uscisse insieme. Era convinta che avrebbe agito allo stesso modo anche se Cormac avesse invitato Harry ad una partita di quidditch.
Eppure, il giorno prima, le sembrava così disperato affinchè lei lo credesse.
“è oggi l’appuntamento, vero?” le chiese Ginny distogliendola dai suoi pensieri.
In risposta ottenne solo un cenno d’assenso. Era veramente troppo strano, Hermione non era mai così taciturna, a volte bisognava quasi imbavagliarla per farla tacere.
“Hermione, cos’hai?” le chiese semplicemente guardandola con preoccupazione.
La bruna alzò piano gli occhi e incontrando quelli dolci e caldi dell’amica, che tanto le ricordavano quelli del fratello, rischiava di esplodere. Avrebbe tanto voluto parlare di tutto con lei a lungo, quasi fino a perdere la voce, ma era consapevole che se in quel momento avesse espresso una sola parola sul suo tumulto interiore non sarebbe più riuscita ad affrontare quella giornata.
Provò dunque ad abbozzare un sorriso per rassicurarla, promettendosi mentalmente che a tempo debito le avrebbe parlato di tutto.
“Ma niente, sono solo emozionata per l’appuntamento.”
“Ma certo.” Ironizzò l’altra roteando gli occhi.
“Andiamo Ginny, sarà solo un’uscita, cosa vuoi che succeda?”
Che domanda perfetta da muovere a Ginny, proprio a lei che sapeva si sarebbe scatenato il finimondo di lì a breve.
“Ma tu sei proprio sicura?” le chiese in un ultimo disperato tentativo di dissuaderla.
“Ginny, te l’ho detto, sarà una prova anche per me ma credo che porti verso la direzione giusta.” Affermò cercando di sembrare convinta, eppure più si avvicinava il momento più desiderava scomparire.
“Ancora non ho fatto colazione, ti va di venire con me?” le chiese poi.
Accidenti, era troppo presto!
“Sì, certo. Però aspetta, prima accompagnami in camera, devo prendere un maglione.”
“Ma ne hai già uno addosso.” Constatò la bruna puntando l’indumento che l’amica indossava con una grossa G nel centro del petto.
“Sì ma questo è troppo caldo.” Disse sventolandosi una mano davanti alla faccia. “Dai vieni, ci metteremo un minuto.”
“Va bene.” Asserì divertita “Ma non farmi fare tardi.” La rimbeccò mentre insieme uscivano dalla sua stanza.
 
“Eccolo, è lì!”
Ron da dietro una colonna, con Harry dietro di sè, dovette far appello a tutta la sua forza di volontà per non saltare al collo di quell’idiota e rompergli la faccia seduta stante.
“Ron, calmati o manderai a monte il piano!” lo rimproverò il corvino.
“Lo so Harry ma quell’imbecille…”
“Hai ragione” lo interruppe “ma ricorda, niente colpi di testa, funzionerà.”
Ron espirò piano annuendo mentre faceva segno ai fratelli dal lato opposto del corridoio di entrare in campo.
I due sorrisero facendogli un occhiolino mentre imboccarono il corridoio, pronti per la loro messa in scena.
“Fred, fai attenzione con quel coso.” Lo riprese rumorosamente George per attirare l’attenzione.
Il fratello, intanto, si destreggiava, con finta goffaggine, con un enorme scatolone pieno di avanzi di zucca.
“Hai proprio ragione George, non dovevo offrirmi di buttare i rifiuti dopo che Angelina aveva intagliato tutte quelle lanterne.”
“Che ci vuoi fare, sei un gentiluomo!” proferì l’altro mentre, con celata casualità successe quanto avevano premeditato.
Fred finse di inciampare nei suoi stessi piedi proprio in prossimità di McLaggen per poi fargli cadere addosso un buon chilo di polpa di zucca.
Quell’ortaggio ormai era un must nel castello!
“Per le mutande vecchie di Merlino!” esclamò teatralmente Fred mentre ammirava il suo capolavoro sulla giacca del biondo.
Di rimando la vittima strinse i pugni e respirò molto rumorosamente ma prima che potesse fare qualunque cosa i gemelli furono pronti ad agire.
“Mio fratello è proprio un pasticcione.” Constatò George guardandolo con occhio critico. “Dammi la giacca così te la sistemiamo.”
“Già McLaggen, è il minimo che possa fare per un compagno di casa, ci metterò un secondo.” Recitava l’altro mentre con insistenza cercava di appropriarsi dell’indumento.
“Io penso che tu abbia fatto già abbastanza.” Esclamò l’interessato a denti stretti cercando di allontanarsi.
“Oh andiamo.” Si intromise George.
“Mio fratello è il migliore con gli incantesimi di pulizia.” Continuò riuscendo, nel frattempo, a sfilargli l’oggetto agognato.
Come da copione si parò poi davanti a McLaggen cercando di distrarlo al massimo.
“Allora Cormac, dove l’hai presa? Ha un tessuto così sublime!” iniziò.
Nel frattempo, alle sue spalle, Fred aveva velocemente sfilato dalla tasca della sua felpa un sacchettino con una polvere per niente rassicurante. Era una delle loro ultime invenzioni: Polvere pruriginosa regolabile!
Gli effetti erano quelli di un prurito insistente e senza sosta ma la parte più divertente era che con un solo colpo di bacchetta i gemelli sarebbero stati in grado di regolarne l’intensità.
“Ma allora, quanto ci vuole?” si spazientì Cormac provando a guardare oltre la spalla di George. Per fortuna, però, il ragazzo lo superava ampiamente in altezza e subito gli mise una mano sulla spalla.
“Ehi! Non si mette fretta all’arte signorino!” esclamò puntandogli un dito contro.
“Signorino?” chiese l’altro sperando di aver sentito male.
Contemporaneamente Fred era riuscito a cospargere ogni centimetro della giacca di polvere e velocemente si apprestava a ripulirne l’esterno con un Gratta e netta ben assestato.
“Basta. Adesso io…” proclamò il biondo spostando di lato George.
“Pronta e fresca di pulito!” esalò Fred con ottimo tempismo.
Cormac prese diffidente l’indumento inforcando subito le braccia per poi avviarsi verso la Sala di ingresso borbottando un qualcosa che somigliava molto ad un “Questi due sono pazzi.”
Quando il biondo non fu’ più visibile Ron ed Harry uscirono dal loro nascondiglio e si avviarono verso i gemelli che si accingevano a scambiarsi un cinque.
“Siete stati grandi!” esclamò entusiasta Harry.
“Signorino?” scimmiottò Ron in direzione del fratello con un mezzo sorriso.
“Mi serviva l’effetto disorientante.” Spiegò brevemente.
“Ragazzi mi raccomando, abbiamo un’ora di tempo, dopo l’effetto della polvere sarà finito.” Ricordò loro Fred.
“Ce la faremo.” Asserì convinto Ron “Ora andiamo a cercare Ginny, dovrebbe già essere con Hermione in sala grande.
 
“Accidenti Ginny, abbiamo fatto tardissimo!” esclamò la mora mentre si affrettava a correre per le scale.
“Scusami ma proprio non riuscivo a trovare un maglione che stesse bene con questi jeans.”
“Ma se non ti ha mai importato di queste cose.”
La rossa semplicemente rispose facendo spallucce.
“Poi quando mai hai sentito la necessità di farti spiegare da Luna ogni dettaglio sui gorgospirzzi!” aggiunse rimembrando quanto successo poco prima.
Avevano incontrato la corvonero quando finalmente Ginny si era decisa a varcare il ritratto della signora grassa. La ragazza portava con sé una copia del Cavillo con in prima pagina il titolo ‘Gorgosprizzi: evoluzione dall’età della pietra al ventesimo secolo’ e Ginny proprio non aveva resistito a farsi dire vita morte e miracoli di quegli strani esserini.
“Mi stai forse nascondendo qualcosa, Ginevra?” disse d’un tratto girandosi verso l’amica. Effettivamente, da quando era entrata in camera, il suo comportamento non la convinceva. O meglio, erano giorni che agiva in modo strano. Non faceva altro che sparire di colpo e confabulare con i suoi fratelli. Inizialmente aveva pensato discutessero per la questione di loro padre ma dopo oggi, non sapeva più che credere. Inoltre, le era appena venuto in mente di non aver mai parlato a Ron di dover uscire con McLaggen, eppure lui, il giorno prima, ne sembrava più che informato. Cosa accidenti stava succedendo?
In risposa al tono dell’amica, a Ginny si drizzarono i peli sulle braccia. Ron aveva proprio ragione, era inquietante quando usava i nomi completi.
“Assolutamente no, semplicemente mi sembrava scortese interromperla.” Provò sfoderando il suo più finto tono da innocente.
La bruna la guardò con occhio critico ma ormai riusciva a pensare solo al suo esorbitante ritardo.
“Dovrò saltare la colazione.” Disse mentre passava oltre la porta della sala grande.
“Sicura? Magari poi ti viene fame.” Provò la rossa non sapendo se i ragazzi avessero già compiuto la loro parte.
“Tranquilla, mangerò ad Hogsmeade, ti racconto tutto stasera.” La salutò l’amica senza darle il tempo di replicare.
Per fortuna Ginny scorse giusto in tempo i fratelli ed Harry poco lontani da lì con una bella faccia soddisfatta, segno che la fase 1 era stata completata egregiamente.
“Allora?” chiese lei.
“Gli faremo provare così tanto prurito da non riuscire a pensare ad altro.” Annunciò entusiasta Fred.
“Perfetto ragazzi, è il momento della fase 2!” proclamò Ron.
 
Carichi per il successo conquistato, i cinque si avviarono ad Hogsmeade, pronti per sferrare il prossimo attacco.
Per fortuna, quel giorno, una fitta nebbia avvolgeva le strade del villaggio e permetteva loro di agire più indisturbati di quanto sperassero.
Da dietro ad un albero Ginny scorse Hermione e Cormac che camminavano di fianco, in particolare si soffermò su come quest’ultimo cercava di controllare il prurito orchestrato dai gemelli.
 
“Sicuro di stare bene?” chiese Hermione tranquillamente.
“Oh sì, è l’etichetta che mi dà tutto questo fastidio.” Rispose il biondo grattandosi convulsamente il collo.
La ragazza si guardava intorno più a disagio che mai, ogni volta che aveva passato del tempo con Cormac ad Hogwarts la situazione non era stata per niente così tesa. Era tutta colpa di Ron! Anche quella volta!
Se non avesse insinuato in lei quei dubbi ora starebbe di sicuro più tranquilla. Scosse la testa come a voler cacciare il suo migliore amico dai pensieri e si autoimpose di far riuscire quell’appuntamento. O quantomeno di provarci.
Si girò, dunque, verso il ragazzo di fianco a lei e provò ad intavolare un discorso. Le andava bene qualunque cosa, di tutto purchè non fosse pensare al suo migliore amico.
Ad un certo punto sentì la mano di Cormac sfiorare la sua per poi afferrarla con naturalezza.
In un primo momento si irrigidì ma il ragazzo non parve farci molto caso, tanto che continuò noncurante a parlare del suo ultimo allenamento di Quidditch. Per Hermione fu’ una sensazione proprio strana, per di più difficile da descrivere. Da un lato sembrava quasi piacevole condividere un contatto del genere, ma dall’altro era come se mancasse qualcosa, come se quella non fosse la giusta mano da stringere.
 
“Harry? Sei pronto?” chiese Ron serrando poi i denti a quella vista.
“Puoi dirlo forte amico!”
Subito il corvino si coprì con il mantello dell’invisibilità del padre e si avviò verso il duo.
“Ragazzi, adesso voglio dei pruriti belli forti.” Ordinò poi ai fratelli.
“Non aspettavamo altro!”
Di punto in bianco Cormac iniziò a soffrire un prurito così intenso che quasi credette di esplodere ma, risoluto, non ostentava la presa sulla mano di Hermione.
Harry, ben attento a non farsi cadere il mantello, lanciò un bell’Engorgio ad un sassolino sulla strada, proprio sulla traiettoria del biondo, nella speranza che, distratto dal grattarsi, lo prendesse in pieno. Purtroppo McLaggen l'oltrepassò senza problemi e lo stesso successe per le pietre a seguire che, prontamente, Harry si affrettava ad ingrandire.
“è veramente una scena pietosa!” decretò Ginny e, quindi, decise di dare un piccolo aiuto. Prese mano alla bacchetta ed assestò un bell’incantesimo dritto sulla schiena del biondo facendolo capitombolare.
“Ginny!” sibilò Ron.
“Oh andiamo, se non avessi fatto niente starebbe ancora dritto!”
 
A causa della forza del colpo, Cormac si ritrovò a trascinare Hermione giù con sé che, ricoperta di terra, maledisse, ancora una volta, il momento in cui aveva accettato di uscire con quel ragazzo. Non faceva altro che grattarsi senza prestare attenzione alle sue parole ed ora questo! Sembrava che il destino agisse contro di loro.
“Tutto okay?” gli chiese Hermione mentre si rialzavano.
“No! Guarda la mia giacca nuova!” le disse lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lanciando gli occhi al cielo, con un colpo di bacchetta, la bruna li ripulì entrambi, sollevata però dal fatto che non si stessero più tenendo per mano.
“Tu invece, stai bene?”
Per fortuna subito dopo la sua giacca e le sue scarpe che aveva accuratamente ispezionato dopo l’incantesimo, arrivava Hermione.
“A meraviglia.” Rispose lei sarcastica.
“Ti va qualcosa ai Tre manici di scopa?” chiese lui poi.
“Sì dai, perché no.” Asserì mentre il biondo le faceva strada nel locale.
 
“Ginny, ce l’avrei fatta anche da solo!” continuava Harry incrociando le braccia.
“Come no! A momenti credevo saresti inciampato tu!”
“Ragazzi abbiamo solo mezz’ora, poi l’effetto della polvere svanirà.” Li informò George.
“Hai ragione, dai, entriamo!” lo appoggiò Ron.
Una volta dentro i ragazzi riuscirono a confondersi bene tra la moltitudine di streghe e maghi che pullulava il locale ed erano riusciti ad individuare i loro bersagli ad un tavolo che per i gusti di Ron era fin troppo appartato.
“Rischia sicuramente di baciarla!”
“Non dubitare dei tuoi fratelloni.” Lo rimbeccò Fred mentre con un annoiato colpo di bacchetta faceva agitare il biondo sulla sua sedia come un’anguilla per il prurito.
Una breve risata si dileguava fra i cinque mentre Harry faceva segno agli altri di appostarsi dietro le scale.
 
“Allora, dimmi di te, che vorresti fare dopo Hogwarts?” le chiedeva languidamente Cormac mentre le accarezzava una mano.
“Ministero, sicuramente.” Iniziò piccata lei cercando di allontanarsi il più possibile “Forse all’Ufficio di regolazione delle creature magiche.”
“Però! Ambiziosa, mi sono sempre piaciute le ragazze così.” Continuò lui avvicinandosi pericolosamente al viso di Hermione.
Di rimando la ragazza ingoiò il vuoto e non sapeva più come sviare quello che, ormai, era certa sarebbe avvenuto. Continuò ad indietreggiare ma sbattette con la testa contro il muro. Era in trappola.
 
“George andiamo! Questo prurito?” chiedeva fremente Ron mentre a momenti spezzava la balaustra tanto che la stringeva.
“Non ci riesco, si muove troppo!”
 
“E mi piaci tanto tu.” Terminò Cormac mentre con uno slancio si portava ancor più vicino alla bruna.
 
“Al diavolo!” esclamò Ron e preso dalla tasca dei jeans un paio di detonatori abbindolanti li lanciò verso il duo.
“Ron, no!”
 
Hermione, escogitava, invano, un modo per sviare la situazione quando una sonora esplosione proruppe per tutto il locale. La gente iniziò ad andare nel panico e ad incamminarsi verso l’uscita mentre Madama Rosmerta incoraggiava i presenti a mantenere la calma. Sentì Cormac afferrarle la mano e trascinarla con sé via di lì. Non aveva la ben che minima idea di cosa fosse successo ma ringraziò mentalmente chiunque l’avesse sottratta a quel bacio.
 
“Ron, ma sei impazzito?” chiese Ginny tossicchiando per il fumo.
“Rischiavi di far saltare in aria il locale!” lo rimproverò una volta che furono fuori e distanti da occhi indiscreti.
“Ragazzi, scusate, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente.”
“Si era detto che li avremmo usati solo per le emergenze.” Gli ricordò Harry.
“Per noi è stato geniale!” sorrisero entusiasti i gemelli.
“Ma ora dove sono finiti?” si interrogò la rossa mentre si ripuliva dalla fuliggine.
“Eccoli!” disse Fred indicando una panchina a qualche metro di distanza.
“Ma come è possibile che non si siano ancora stancati? Dovremmo forse farli saltare in aria per farli tornare al castello?” si esasperò Harry.
“L’effetto della polvere sta per finire, sbrighiamoci.” Concluse Ron.
 
“Mi dispiace ma non conosco nessuna formula per eliminare le bruciature dalle giacche.” Continuava a ripetere Hermione mentre il ragazzo proprio non riusciva a darsi pace.
“Tranquilla, ne comprerò un’altra.” Disse con nochalance e il pensiero di Hermione non potette che andare ai Weasley. Loro lavoravano sodo da una vita e non si erano mai lamentati per nulla. Non aveva mai visto il loro sorriso affievolirsi, neanche da quando Arthur aveva perso il lavoro ed ora questo qui si permetteva di lamentarsi per un po’ di nero su una giacchetta. La ragazza non ne potette davvero più, non era neanche lontanamente lo stesso ragazzo con cui aveva parlato a scuola. Se già quello, nel suo cuore, perdeva senza sforzo il confronto con Ron, questo qui era un qualcosa di esagerato. Il Cormac davanti a lei era decisamente più superficiale ed assillante. Sicuramente per nulla il suo tipo. Come le era venuto in mente di dargli una possibilità? Fece per andarsene e lasciarlo lì quando fu immobilizzata da un suo braccio intorno alle spalle.
Il biondo, con la mano libera, gli accarezzò una guancia sperando finalmente di arrivare al suo obiettivo ma Hermione non sembrava per nulla bendisposta.
 
“Fred, che significa che non funziona?” chiese allarmato Ron.
“Significa quello che ho detto. L’effetto è finito! Ne avremmo ancora se non avessimo perso tempo con la tua esplosione.”
“Ragazzi piantatela, sta per baciarla!”
Le orecchie di Ron stavano andando letteralmente a fuoco ed Harry gli era così vicino da poter giurare di vedergli uscire del fumo dal naso. Il rosso non ne potette più, afferrò la bacchetta e la puntò verso il biondo.
 
“Cormac, io penso che forse non sia il caso…” iniziò Hermione posando le mani sul petto di lui per respingerlo.
Nonostante ciò, egli parve far finta di non aver sentito mentre ancora non le staccava gli occhi di dosso.
 
“Confundus!” ordinò Ron e subito prese in pieno il suo bersaglio.
 
Grazie allo sbandamento Hermione ebbe il tempo di mettersi in piedi. “Grazie per l’uscita, adesso vado via.” Decretò.
“Ma come, di già?” chiese lui boccheggiando.
“Assolutamente, ho molto da fare.” Cercò di liquidarlo in fretta.
“Lasci almeno che ti accompagni.”
“No.” si impuntò lei girandosi “conosco bene la strada.” E detto ciò, si avviò verso il castello sperando di non essere seguita.
 
Ron sorrise soddisfatto per la risposta dell’amica ma Ginny subito lo richiamò alla realtà “Vieni via idiota, potrebbe vederti!”
Effettivamente, nella foga di lanciare l’incantesimo si era sporto troppo dalla fiancata dell’edificio con cui si erano nascosti.
“Oh giusto!” e svelto si protese verso il gruppo ma nel farlo calpestò molto sonoramente dei rami nelle vicinanze dei suoi piedi.
“Ron!” sibilava la sorella mentre si passava una mano in faccia per la goffaggine del fratello.
Quel suono, purtroppo, non passò inaudito a Cormac che prontamente si girò nella direzione di provenienza. Tutto ciò che vide fu un ciuffo di capelli rossi. E rosso poteva significare solo una cosa: Weasley.
 
Angolo dell’autrice: Mamma mia raga che fatica! Scrivere con il mal di testa non è per nulla il massimo ma ormai ci avevo preso la mano. Innanzitutto, colgo l’occasione per augurare a tutti voi un anno sereno e prospero! Direi che ce lo meritiamo hahaha.
Passando al capitolo, spero abbiate apprezzato i marchingegni per rovinare l’appuntamento! Ho fatto appello ad ogni briciolo di fantasia per farmi venire in mente qualcosa, spero non sia stato un fiasco totale. Grazie mille a chi ha letto e grazie mille ancora a chi ha recensito e continua a seguire questa storia.
Un bacione e a presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Camminava spedita per i corridoi del castello ma di lei, non c’era alcuna traccia. L’aveva cercata in ogni angolo più recondito eppure sembrava essersi polverizzata. Arresasi, decise di dirigersi in sala comune e, col nervosismo che continuava ad accrescere, si ritrovò davanti alla porta del dormitorio del quarto anno, nella speranza di trovarla almeno lì.
“Ma si può sapere dove si è cacciata?!” esclamò a se stessa mentre, a peso morto, si buttava sul letto della sua migliore amica, con la speranza che tornasse presto.
Evidentemente qualcuno doveva aver ascoltato le sue preghiere perché dopo poco un turbine dai capelli rossi si riversò nella stanza.
“Per Merlino, Hermione!” esclamò la ragazza portandosi teatralmente una mano all’altezza del petto.
“Era ora!” esclamò l’altra, di rimando, scattando in piedi ed allargando le braccia in segno di esasperazione.
“Si può sapere dov’eri finita?” continuò.
“Ero con Harry e Ron.” Ammise senza esitare. Effettivamente era una mezza verità.
“Ah lasciamo stare.” Iniziò la mora agitando la mano come a voler scacciare una mosca.
“è stato un disastro!” terminò risedendosi sul bordo del letto e passandosi i palmi sulla faccia.
“Come un disastro?” provò Ginny esultando interiormente per la riuscita impeccabile del suo piano.
“Guarda, non so neanche da dove iniziare.” Ammise scuotendo il capo mentre l’altra l’affiancava e le accarezzava la schiena.
“Prima di tutto non faceva altro che grattarsi” raccontò girandosi verso la rossa “pensa che ad un certo punto ha perso l’equilibrio e mi ha fatto cadere faccia a terra. Dico, ma ci pensi?!” esclamò inorridita.
“Veramente assurdo.” Commentò Ginny facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere al ricordo di quella scena.
“Poi era così…superficiale, ma anche insistente.” Aggiunse dopo una pausa mentre metteva su un’espressione corrucciata, degna manifestazione dei suoi neuroni che provavano a dare un assunto logico agli avvenimenti scorsi.
“Si preoccupava solo della sua stupida giacca ma, nonostante ciò, non faceva altro che provare a baciarmi anche se io facevo di tutto per allontanarlo.”
Adesso, per Ginny, le cose si facevano particolarmente interessanti.
“Come mai non gli hai permesso di baciarti?”
“Non era per niente il ragazzo con cui avevo parlato qui, non avrei mai potuto baciare il Cormac con cui sono uscita. Era troppo diverso da…” si arrestò di botto mordendosi nervosamente il labbro.
“Da mio fratello?” continuò per lei la rossa con un sorrisetto soddisfatto.
“Stavo per dire dai miei canoni!” ribattette l’altra.
“Quindi da mio fratello.” Terminò ridendo.
In tutta risposta Hermione si stese con la schiena, facendo penzolare le gambe dal letto, ed espirando sonoramente si coprì gli occhi con il braccio.
“Scusami ma perché non ti arrendi ai tuoi sentimenti una buona volta?!”
“Che senso avrebbe?” chiese lei scattando seduta. “Ha detto chiaramente che non uscirebbe mai con me.”
La rossa non potette fare a meno di mordersi l’interno della guancia, nella speranza che questo bastasse a reprimere la sua voglia di dirle quanto invece il fratello fosse cotto di lei, al punto da mandare all’aria il suo appuntamento.
“Credo dovresti andare da lui e parlargli.”
“Ma sei impazzita? Hai sentito cosa ho appena detto?” chiese esterrefatta con una mezza risata nervosa.
Prima che una delle due potesse aggiungere altro si udì un ticchettio insistente al vetro della finestra. Le due, simultaneamente, si voltarono verso la fonte di provenienza e videro un maestoso gufo dall’aria altezzosa picchiettare col becco nel tentativo di attirare la loro attenzione. Ginny, subito, si alzò dal letto e si diresse a passo spedito verso l’animale slacciando il carico che portava alla zampa.
“è per te.” Disse ad Hermione leggendo velocemente il nome del destinatario, mentre offriva un paio di biscotti gufici al messaggero.
La mora prese quanto le fu recapitato e comprendendo di cosa si trattasse si irrigidì sul posto.
“Io…devo andare.” Proclamò esitante.
“Tutto okay?” chiese l’altra chiudendo la finestra.
“Sì tranquilla, sono solo dei libri per un esame, ci vediamo dopo.” La liquidò velocemente mentre usciva dalla stanza e si dirigeva verso il suo dormitorio.
Tecnicamente erano dei libri ma praticamente non erano per alcun esame. Giorni fa aveva ordinato quei tomi per approfondire in merito alla questione del padre di Ron. Lì c’era tutto ciò che occorreva per far sì che il signor Weasley potesse godere di un giusto reintegro.
Nonostante i dissapori che li legavano, in quel momento, lei restava molto legata alla famiglia del rosso e, avendo garantito il suo aiuto, non si sarebbe tirata indietro per nulla al mondo.
Con un colpo secco si sedette alla scrivania che fiancheggiava il letto e subito si mise alla ricerca di quante più informazioni possibili.
 
“Hermione. Hermione.”
Le giunse alle orecchie un sussurro leggero.
“Mamma, ho sonno, fammi dormire.”
“Hermione sono Lavanda.” Rispose la ragazza con un risolino “Sono le dieci passate e tu stai dormendo alla scrivania.”
“Cosa?” fece la mora alzando la testa di colpo.
I capelli erano più arruffati che mai, il che è tutto dire, e un foglio stanziava ben attaccato alla sua guancia.
“Hai passato tutta la notte alla scrivania.” Iniziò la bionda staccandole il pezzo di carta dalla faccia “E stamattina ti ho trovato ancora qui.”
“Oh.” Fece l’altra seguendo i suoi movimenti “Grazie mille.” Le sorrise per poi alzarsi.
Si diresse poi verso il bagno, decisa a sciacquare via quella notte insonne dalle sue spalle. Sarebbe poi andata a parlare con Ron per riferirle quanto aveva scoperto durante quella estrema sessione di studio. Al solo pensiero di interfacciarsi con il ragazzo le si torceva lo stomaco. L’ultima volta che avevano parlato l’aveva implicitamente accusato di essere un bugiardo e di lì a poco le si sarebbe presentata davanti come se nulla fosse. Avrebbe avuto bisogno di raccogliere più coraggio di quanto ne avesse ma, in cuor suo, seppur non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, era impaziente di rivedere, finalmente il suo sguardo ceruleo.
Si cambiò velocemente mettendo su un maglione ed un paio di jeans chiari. Prese dalla scrivania il frutto delle sue ricerche e si diresse in sala comune.
Nonostante fosse domenica, la sala comune era quasi vuota. Evidentemente gli studenti avevano approfittato del bel tempo per godere degli straordinari scenari naturali che i terreni di Hogwarts offrivano.
Fortunatamente trovò Ron seduto sul divano di fronte al fuoco, intento a sfogliare una rivista di quidditch. Era strano trovarlo da solo, senza Harry, per di più lontano dalla prosperosa colazione della sala grande ma non ci diede troppo peso. Inspirò profondamente e si incamminò piazzandosi poi davanti a lui.
“Sono per tuo padre.” Disse semplicemente porgendo i fogli in sua direzione.
“Hermione!” sussultò lui chiudendo la rivista e balzando in piedi.
Puntò poi lo sguardo su quello che la ragazza, con mano tremante, reggeva.
“è quella cosa di cui ti ho parlato. Qui c’è tutto ciò che serve a tuo padre per richiedere il processo ed essere reintegrato.” Spiegò lasciandogli i fogli.
“Gra-grazie.” Balbettò lui deglutendo sonoramente “Non me lo aspettavo.” Confessò poi.
Di tutti gli scenari che aveva ipotizzato per riavvicinarsi ad Hermione, il fatto che succedesse per merito della burocrazia non gli era passato neanche per l’anticamera del cervello.
“Cosa credevi?” iniziò incrociando le braccia “Solo perché sono arrabbiata con te, non significa che non mi preoccupi della tua famiglia o che venga meno alla mia parola.” Terminò indispettita facendo per dirigersi verso il buco del ritratto.
“Hermione aspetta.” Iniziò Ron trattenendola per un braccio.
“Come…sì, insomma, come stai? Tutto bene l’appuntamento?” all’ultima frase non potette celare con efficacia il suo disappunto ma la ragazza non sembrò farci caso.
“Cosa ti importa?” sbottò liberandosi dalla stretta. “I ragazzi escono con me solo per fare scommesse o sbaglio?”
Finalmente dava sfogo al suo risentimento. Si era sentita così umiliata davanti alle parole di Ron che assolutamente si era rifiutata di credergli. Interfacciarsi ad una realtà del genere non avrebbe fatto bene ad alcuna dignità di donna.
“Hermione ti ho detto la verità, perché dovrei mentirti?” provò quasi come se fosse una supplica.
“Guarda che a differenza tua esistono ragazzi che uscirebbero con me.”
“Non tirare di nuovo in mezzo quella storia, ti ho già detto che non pensavo quello che ho detto.” Esalò allargando le braccia in un gesto di disperazione.
“Intanto l’hai detto.” Sputò gelida.
“Che poi non so neanche come tu abbia fatto a sapere dell’appuntamento.” Continuò infervorandosi.
“Senti, questo non importa!” disse lui scuotendo la testa “Il punto è che devi allontanarti da McLaggen, ti farà solo del male e credimi, non ti mentirei mai su una cosa del genere. Voglio solo che tu sia felice.” Terminò facendo un passo verso di lei e guardandola seriamente.
Per un attimo che parve eterno agganciarono gli sguardi l’uno a quello dell’altra in un tacito discorso che dava sfogo ad ogni loro tumulto, ma che, per rammarico di entrambi, ebbe vita effimera.
“Senti” iniziò la ragazza arretrando “io ero venuta solo a portarti le carte.” Terminò con un filo di voce.
“Hermione…” provò a ricominciare lui ma lei lo zittì con un gesto della mano.
“Lasciami stare, ti prego.” Ed andò via lasciandolo al centro della sala comune mentre, piano, la supplica per farla restare gli moriva sulle labbra.
 
A passo spedito, con il suo manico di scopa stretto tra le mani, si incamminò verso il campo di quidditch deciso a sfogare la sua rabbia nell’unico modo che conoscesse esser contemplato nei limiti della legalità.
Sfrecciò per il cielo, come se ne dipendesse la sua vita, per quelle che sembrarono delle ore. Forse erano solo minuti, addirittura secondi, ma ormai non gli importava più di niente. Proprio non riusciva a capacitarsi di come Hermione continuasse a non crederlo. E quel McLaggen poi, l’avrebbe volentieri fatto evaporare con un incantesimo bell’assestato.
Solo il freddo pungente della sera che iniziava a calare riuscì a farlo desistere dal continuare quella corsa perpetua. Planò, dunque, deciso, verso il terreno per poi avviarsi alla volta degli spogliatoi. Ignaro di ciò che lo attendeva.
“Buonasera Weasley!”
“Che cosa accidenti vuoi?” proruppe il rosso tastandosi i pantaloni alla ricerca della bacchetta.
“Stavi cercando questa?” chiese innocentemente McLaggen con l’oggetto agognato tra le mani mentre stanziava seduto su una panchina.
Ron si maledisse mentalmente per averla lasciata lì ma non abbandonò il suo cipiglio furente.
“Ho detto, che cosa accidenti vuoi?” Ripetette scandendo ogni parola con i pugni fortemente serrati.
“Ma come siamo nervosi.” Buttò lì, con nochalance, il biondo mentre si rigirava la bacchetta tra le mani.
Puntò poi lo sguardo in quello del rosso e si alzò di scatto.
“Ti ho visto ad Hogsmeade, sai?” iniziò girandogli intorno.
“Credevi davvero fossi così sciocco da non capire che c’eri tu dietro tutte quelle cose strane? Ho visto i tuoi ridicoli capelli rossi, quando Hermione è andata via.” terminò.
“Dopo aver visto con quanta facilità avevi creduto che Fred fosse eccezionale negli incantesimi di pulizia, quantificavo altamente il tuo livello di stupidità.” Dichiarò fermo Ron.
“Ascoltami bene.” Iniziò conficcandogli la bacchetta ad altezza della schiena.
“Non ti azzardare mai più ad intrometterti tra me e la Granger, chiaro?” lo minacciò con voce languida e decisa.
Sentire come parlava di Hermione, con quel fare di possessività, aveva mandato in corto circuito il rosso che, con movimento fluido, afferrò la bacchetta che il biondo gli teneva puntata e si girò, rapido, verso di lui.
“So tutto della tua sporca scommessa, prova a fare qualcosa e giuro che te ne pentirai.” Non era mai stato così risoluto in tutta la sua vita, le parole gli uscirono come lame affilate che, però, non parvero scalfire l’interessato.
“Non vorrai mica farmi incantare da qualche altro Weasley? I vostri tentativi sono stati alquanti patetici.” Terminò con un sorrisetto divertito.
“Fidati, ho strumenti molto più efficaci di un po’ di polvere pruriginosa.” Ribattette il rosso pensando a quanti modi diversi avrebbe potuto inventarsi per spaccargli quel bel faccino.
“Weasley” iniziò, con molta più foga, Cormac mentre spingeva Ron verso il muro e trattenendolo all’altezza delle spalle. “Potrai fare tutti i tentativi che vuoi ma stai ben sicuro che avrò ciò che voglio.”
“La metterò in guardia e la difenderò. Sempre. Non ti libererai di me con una squallida minaccia.” Proruppe Ron a pochi centimetri dalla sua faccia, cercando di svincolarsi.
In tutta risposta il suo interlocutore mollò la presa e fece un mezzo sorrisetto ponendo Ron davanti alla realtà con cui, a suo malgrado, conviveva da qualche giorno “Come intendi metterla in guardia? Non vuole neanche vederti.”
Si allontanò languido e mellifluo, così come era giunto e imboccò la strada verso l’uscita degli spogliatoi.
Angolo dell’autrice: Sì lo so, non è un granchè e sembra un po’ out of topic ma finalmente ho in testa ogni passaggio, ben definito, per arrivare alla fine. Spero vivamente che continui ad interessarvi. Inoltre mi aspetta un periodo un po’ particolare, quindi non so quanto presto potrò aggiornare ma mi impegnerò senza dubbio.
A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


“Hermione! Per Merlino! Ti decidi a stare ferma?”
“Ti hanno mai detto che non sei il massimo della delicatezza?” fece notare la diretta interessata guadagnandosi, prontamente, un furente sguardo da parte di Ginny Weasley.
“Scherzavo…” sussurrò con un filo di voce la bruna, temendo per la sua incolumità, mentre spostava lo sguardo sui preoccupanti spilli che la sua migliore amica teneva, poco saldamente, a mezz’aria.
Si trovavano in sala grande da quasi cinquanta minuti ed Hermione proprio non riusciva ad intravedere la fine di quel supplizio.
Aveva accettato, con non poche remore, di fare da modella per Ginny ma doveva ammetterlo, la rossa non aveva ereditato neanche un briciolo della maestria della signora Weasley nel cucire.
“Ginny scusa ma mi avrai infilzato almeno venti volte.” Confessò arresa. “negli ultimi tre minuti.” Aggiunse piano sperando di non essere sentita.
La rossa borbottò qualcosa in risposta mentre con i denti tagliava un filo sull’orlo della gonna.
“Come?” la guardò l’altra dall’alto.
“Ho detto” riprese alzandosi “che hai ragione. Ma ho quasi fatto, te lo assicuro!” continuò gioviale.
“Riesci a finire prima che tornino gli altri?” chiese Hermione guardandosi intorno.
Effettivamente erano le uniche a popolare il salone dal momento che, non appena fu scattata la tanta agognata “ora di libertà dai lavori forzati”, così come la chiamava Harry, tutti si erano catapultati il più lontano possibile da zucche e festoni.
Mancava ormai poco al 31 ottobre e i preparativi per il ballo si stavano intensificando sempre più. Quindi, ciò che più bramavano gli studenti, erano quei sessanta minuti che i professori avevano deciso di concedere durante il secondo pomeriggio. Alcuni erano disposti persino a studiare, insomma, a fare qualunque altra cosa che non implicasse la presenza di forbici e brillantini.
La pausa, però, stava volgendo al termine e l’ultima cosa che Hermione voleva era farsi ritrovare in quel pomposo abito davanti a mezza scuola.
Però, prima che la rossa potesse proferire qualsivoglia sillaba, il minore dei suoi fratelli fece un caotico ingresso attirando l’attenzione delle due.
Aveva la cravatta semi slacciata e mezza camicia fuori dai pantaloni mentre, trafelato, cercava di attirare l’attenzione della sorella.
“Ginny, ascoltami bene” iniziò senza neanche accorgersi della presenza di Hermione, troppo preso dai fogli che portava con sé. “Harry sta iniziando a lavorare ad un nuovo schema per il prossimo campionato di Quidditch e tu dovresti…” ma la rossa non seppe mai cosa avrebbe dovuto fare perché nell’esatto momento in cui Ron alzò lo sguardo e lo posò su Hermione le parole gli morirono in gola.
Boccheggiò per due buoni minuti mentre la bruna, dal canto suo, era diventata di una tonalità che faceva fortemente concorrenza ai capelli di lui.
“Hermione, sei…” proprio non aveva le parole per descrivere quella visione. Le sembrava così eterea, anche se sotto un discutibile numero di strati di tulle. Quel corpetto fasciava così bene le sue forme senza renderla volgare e i colori dei tessuti sembravano quasi un’estensione della sua stessa pelle tanto era accurato l’abbinamento.
La ragazza, altamente lusingata, non riusciva ad incrociare il suo sguardo e si mordeva con tenacia il labbro inferiore cercando di reprimere un sorriso. Per quanto fosse colpita dalla reazione di Ron era ancora arrabbiata con lui e non poteva mandare in frantumi la sua credibilità. L’orgoglio non avrebbe retto per nulla.
Ginny quasi temeva di muoversi per paura di rompere quell’idillio e, accovacciata ai piedi di Hermione, si guardava bene dal compire qualunque movimento molesto mentre, tra sé, sorrideva soddisfatta.
Il rosso, tratto un respiro, stava per concludere la frase quando la sala grande divenne fin troppo affollata per i suoi gusti.
“Hermione carissima.”
Melliflua ed irritante la voce di Cormac McLaggen gli giunse indistinguibile alle orecchie.
Ginny roteò furentemente gli occhi alzandosi di colpo e piazzandosi davanti all’amica con la scusa di sistemare l’orlo del corpetto.
Ron strinse con forza in pugno la mano libera mentre Hermione alzava gli occhi e il rossore si estingueva sulle sue guance.
“Sei magnifica.” Proruppe tentando di prenderle la mano ma la ragazza, prontamente, si guardò dal permetterglielo e gli concesse un semplice sorriso di circostanza.
Colpito dal gesto, il biondo si voltò verso Ron, considerandolo la causa di tale comportamento e, in risposta, si guadagnò un fulminante sguardo marchio Weasley.
La sua attenzione tornò poi alla ragazza davanti a sé e decise di partire con il piano B.
“Quanto. Ti. Manca. Qui?” chiese con una pausa tra una parola e l’altra mentre cercava di incrociare lo sguardo della bruna nonostante i tentativi di Ginny di frapporsi, fisicamente, tra loro.
“Ti fermi un secondo?” esalò esasperato rivolto alla rossa che, con finta ingenuità, si voltò verso di lui “Scusa Cormac, ma abbiamo ancora molto da fare.”
Lui la ignorò bellamente e fece per proferire nuovamente parola quando la bruna lo bloccò sul nascere. “Ha ragione, siamo impegnatissime.” E finse di affaccendarsi con i ricami sulla vita.
“Vorrei parlarti solo un minuto.” Continuò spazientendosi.
“Ha detto che non può.” Prese, finalmente, la parola Ron. “Quindi sei pregato di andare.” Continuò stringendo i fogli quasi fossero la gola del biondo.
“Ci vediamo fuori quando avrai finito.” Proclamò rivolto ad Hermione anche se il suo sguardo era fisso in quello del rosso.
Quest’ultimo lo osservò, con freddezza, uscire per poi ridestarsi e rivolgersi alle due “Ragazze, vado anche io.” Decretò funebre, dimenticando il perché della sua venuta e avviandosi verso la porta quando si fermò voltandosi appena “Ah Hermione” chiamò quasi in un sussurro ma abbastanza intenso da far voltare la bruna “Aveva ragione, sei splendida.” Esalò mentre spariva alla volta dell’uscio prima di metabolizzare quanto avesse detto e troppo in fretta per veder sorgere un genuino sorriso sulle labbra della ragazza.
“Quando torni tra noi fammi un fischio.” Ridacchiò Ginny lanciando un’occhiata verso l’amica.
“Smettila.” Disse l’altra scuotendo la testa e tornando seria.
“Andiamo! Si può sapere perché non fate pace?!” sbottò infilzando con troppa forza l’ennesimo spillo.
“Per Merlino Ginny!” la rimbeccò massaggiandosi il punto leso.
“E comunque non è così semplice.” Decretò mettendo su il suo tipico cipiglio da chi non vuole darla vinta a nessuno.
“Cosa c’è di complicato? Davvero non me lo spiego.”
“Cambia umore ogni due minuti e per quanto apprezzi le sue lune dritte quando gli partono i cinque minuti è insopportabile! Parla a sproposito e mi fa star male. Non ci pensa due volte al fatto che quello che dice potrebbe ferirmi!” le spiegò incrociando le braccia al petto.
“Sta cambiando e lo so che lo vedi.” Continuò a punzecchiarla la rossa sperando in un riscontro positivo.
In risposta, contrariamente alle sue aspettative, ottenne solo un sonoro sbuffo.
“Abbiamo finito?” chiese poi spazientendosi.
“Sì.” Asserì Ginny, sapeva che non avrebbe giovato a nessuno continuare a trattenerla.
“Grazie per l’aiuto.” Terminò posando ago e filo.
Hermione le sorrise frettolosamente e si liquidò decisa ad andare lontano, ignara del fatto che da se stessi non si può fuggire a lungo.
 
Senza rendersene conto si era ritrovata nei pressi della biblioteca, vicino ad uno dei corridoi che costeggiavano il cortile. Proprio lì le parve di vedere Harry, era tentata di avvicinarsi quando voltato di spalle lo vide. Ron.
Si sentiva così ridicola, ad ignorare i suoi migliori amici per delle bambinate ma proprio non riusciva a fare diversamente.
Purtroppo, la razionalità l’aveva ormai abbandonata da tempo, andava avanti solo a suon di istinto.
Un istinto abbastanza infantile… avrebbe aggiunto se fosse stata lucida.
Si guardò, quindi, bene dal farsi notare e svoltò nel primo corridoio utile.
Non l’avesse mai fatto.
“Hermione.”
Pessimo istinto…
“Cormac!” si sforzò lei di sembrare cordiale.
“Scusami ma ho molto da studiare, non posso trattenermi.” Iniziò provando a sorpassarlo.
“Aspetta.” La fermò lui con un braccio e adottando un tono per niente rassicurante.
“Volevo solo scusarmi per la scorsa uscita e chiederti se ti andasse di riprovarci.” Le propose con un po’ troppo entusiasmo.
“Ehm, ascolta…” continuò lei fortemente in imbarazzo e ancora ferma a causa della stretta di lui. “Non è successo nulla di grave.” Provò mascherando l’inquietudine nella voce “Però ultimamente sono molto impegnata, sai… il ballo e tutto.” Terminò cercando di divincolarsi dalla sua morsa.
In risposta lui aumentò la pressione sul braccio di lei e le iridi azzurre divennero cupe ed inespressive come la foschia montana.
“Ti chiedo solo un’altra possibilità.” Incalzò il biondo con il tono di chi non è disposto ad accettare un ‘no’ come risposta.
“Mi…mi stai facendo male.” Provò Hermione con la voce tremante e quasi le lacrime agli occhi.
“Allora accetta e ti lascio andare.” Concluse con un ghigno avvicinandosi sempre di più alla ragazza che si ritrovò ad indietreggiare senza accorgersene finchè con le dita non toccò il freddo muro alle sue spalle.
Di quello che successe dopo capì poco e nulla.
Angolo dell’autrice: Sono tornata!!!! Mi dispiace tantissimo per l’assenza ma ho avuto un periodo più che nero. Colgo l’occasione per ringraziare chi ha continuato a leggere e a recensire, vi ringrazio enormemente per la fiducia! Tornerò ad aggiornare abbastanza regolarmente.
Andando al capitolo, sarei curiosissima di sapere cosa credete che succederà. Mi rendo conto che è abbastanza univoca la direzione verso cui potreste dirottare la vostra immaginazione ma fidatevi se vi dico che non è così ovvio come potrebbe sembrare! Comunque mi farebbe piacere avere qualche opinione.
E niente, la smetto di scocciarvi, a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Teneva ancora le mani ferme sulla parete gelida quando Cormac si allontanò brutalmente da lei.
O meglio, quando Cormac venne brutalmente allontanato da lei.
Portatasi una mano al petto, nel vano tentativo di regolarizzare il respiro, alzò lo sguardo su una scena in cui mai avrebbe pensato di imbattersi.
“Se ti vedo ancora vicino a lei, o semplicemente nella stessa ala del castello, ti faccio volare dalla Torre di astronomia!”
Ron era lì davanti, paonazzo, intento a trattenere, con tutta la forza che aveva in corpo, McLaggen spalle al muro.
Il biondo, invano, cercava di liberarsi, mentre una macchia livida si espandeva, prepotentemente, sul suo zigomo destro.
“Weasley, levami le mani di dosso!” tuonò, impotente, con sguardo fisso in quello ceruleo del rosso.
Ron non battette ciglio, al contrario, il suo colorito acquistò una tale intensità che, volentieri, avrebbe dissipato con altre percosse ben assestate se non fosse stato per il tempestivo arrivo di Harry.
“Ron, fermati! Rischi guai seri se lo massacri. Dubito che saresti d’aiuto in puniziona vita.” Provò a farlo ragionare.
In tutta risposta non volse neanche lo sguardo verso l’amico preferendo, invece, stringere ancor più saldamente la divisa del biondo.
“Ron…”
Un sussurro, flebile ma sufficiente a destare l’attenzione dell’interessato.
Il ragazzo si voltò verso Hermione che, ancora provata, osservava la scena a debita distanza.
“Lascialo andare, sto bene.” Continuò accennando un sorriso. Harry aveva ragione, se Ron si fosse spinto oltre avrebbe potuto subire gravi conseguenze.
Il rosso, di rimando, la guardò incerto, per poi volgere un ultimo sguardo ostile al ragazzo davanti a sè.
Si limitò a confermare la presa sulle sue spalle, come ultimo avvertimento, per poi lasciarlo andare definitivamente.
Cormac, senza proferir parola, voltò solo un indecifrabile sguardo verso Hermione, prima di svoltare l’angolo e sparire alla vista. Sguardo che però la ragazza non recepì mai, troppo impegnata a studiare il disegno delle mattonelle sotto i suoi piedi.
“Hermione, stai bene?” chiese titubante il rosso cercando sostegno, con un cenno, nell’amico al suo fianco.
La ragazza alzò lievemente il capo guardandolo fissa.
Quasi non riusciva a parlare, un groppo alla gola le ostruiva qualsivoglia via fonetica e, contrariamente a quanto mai avrebbe pensato di fare, si spogliò delle difese e dell’orgoglio.
Gli occhi le se iniziarono ad inumidire mentre, scuotendo la testa, si gettò tra le braccia del Ron.
Incredulo, il ragazzo cercò, con lo sguardo, aiuto in Harry che sembrava ancor più stranito di lui. Ridestatosi ricambiò la stretta tentando di rassicurare il più possibile l’amica che, silenziosamente, iniziava ad inumidirgli il maglione.
“Avrei dovuto ascoltarti.” proclamava contro il petto di Ron.
“Sono stata un’ingenua. Solo una stupida ingenua.” Continuava affranta.
“Ma no!” iniziò il rosso prendendole il viso tra le mani mentre lei si teneva ancora stretta a lui.
La visione che invase Ron gli strinse il cuore in una morsa. La bruna era come non l’aveva mai vista, così fragile ed indifesa e con quegli occhi tanto spenti dalle lacrime da non sembrare neanche lei.
“Tu non hai niente di cui colpevolizzarti Hermione Granger! L’unico figlio di buon troll è quell’idiota di McLaggen. Non aveva alcun diritto di mentirti e tanto meno di trattarti in questo modo!” esclamò con tanta foga da mettere a dura prova la resistenza della sua giugulare.
“Non pensare, neanche per un momento di aver sbagliato qualcosa tu, mi hai capito?” continuò con ritrovata tranquillità mentre coi pollici le asciugava teneramente le guance.
“Chi sei tu? E cosa ne hai fatto di Ronald Bilius Weasley?” si intromise Harry alle loro spalle mentre i due si voltavano verso di lui.
“Ehi! Quante volte ti ho detto di non chiamarmi Bilius?” lo rimbeccò.
Inaspettato e al limite dell’udibile un risolino si levò dalle labbra di Hermione distendendo la morsa che attanagliava il petto di Ron.
“Ti prendi gioco di me anche tu adesso?” le chiese sornione.
“Giusto un po’.” Confessò lei con l’animo, sinceramente, più rasserenato.
La vicinanza di Ron, così pura e allietante, aveva scalfito paura e frustrazione, se avesse potuto sarebbe rimasta tra quelle braccia per tutta la vita, stretta a quel petto non si sentiva che al sicuro.
Purtroppo, però, la realtà chiamava e, senza dubbio, la presenza di Harry non aiutava ad attenuare l’imbarazzo per così tanto affetto improvviso. I due sciolsero, quindi, la stretta mentre il corvino, sorridendo, si avvicinava alla sua migliore amica per avvolgerle un braccio intorno alle spalle.
“Va’ un po’ meglio?” le chiese guardandola serio, dopo averle posato un bacio sui capelli.
“Con voi due” iniziò la bruna, fermando poi il suo sguardo sul rosso “decisamente sì.” Terminò con ritrovata serenità.
 
La sera stessa Ginny, dopo cena e dopo che i tre potettero fare un breve accenno su quanto accaduto, si era catapultata nel dormitorio di Hermione, decisa ad inventare quanti più insulti possibili contro McLaggen.
“Quel lurido, schifoso, sporco orco di prateria!” proclamava camminando avanti ed indietro per la stanza e cambiando direzione ad ogni parola che pronunciava.
“Ginny, non esistono gli orchi di prateria.” Le faceva notare Hermione che sedeva a gambe incrociate sul letto.
“Lo avessi tra le mani lo strangolerei.” Continuava mimando il gesto con le mani. “Come ha potuto trattarti così?! Un agguato nel bel mezzo di un corridoio! Ma dico io, che ignobile pezzo di…”
Di cosa Hermione non lo seppe mai perché, prima che la rossa potesse concludere la sua colorita espressione, la ragazza era già sprofondata con la schiena sul materasso mentre si sbatteva un cuscino sulla faccia.
Ginny si arrestò di colpo e, placata l’irruenza, le si avvicinò sedendosi sul bordo del letto e ticchettandola dolcemente sul ginocchio per riavere la sua attenzione.
“E tu come stai?” le chiese con un tono, senza dubbio, più amabile.
La bruna scostò il cuscino dalla faccia e si alzò puntellandosi sui gomiti.
“Sinceramente non ne ho idea.” Disse poi sedendosi meglio.
“Sono frustrata ed arrabbiata con me stessa per l’ingenuità con cui ho permesso che mi ingannasse.” Iniziò “Per di più sono ancora profondamente spaventata. Mi ha colto completamente di sorpresa, se solo ci ripenso io…” continuò mentre iniziava ad agitarsi.
“Sta tranquilla” provava la rossa mentre teneramente le accarezzava la spalla “è passata, adesso è tutto finito. Come minimo non si farà vedere più neanche in magifoto.”
“Sì, spero tu abbia ragione.” Le rispose sospirando e passandosi una mano tra i capelli.
“Ora dovresti farti proprio una bella dormita e spegnere un po’ quella testolina che non fa altro che frullare.” Sorrise la rossa mentre con l’indice le picchiettava la tempia.
“Va bene mamma.” La scimmiottò l’altra sorridendo ed iniziando a scostare le coperte. “A domani.” Concluse infilandosi nel suo giaciglio.
“A domani.” La salutò Ginny mentre le dava un bacio sulla guancia per poi dirigersi verso la porta.
“Per qualunque cosa” continuò prima di uscire dal dormitorio “ricorda che sono solo a qualche passo di distanza.”
Hermione le sorrise e la ringraziò con sincerità. Aveva apprezzato enormemente la sua mancata insistenza nel parlare dell’accaduto, nonostante le fossero sfuggiti di mano i vivaci commenti. Al momento, però, tutto ciò che voleva era, semplicemente, addormentarsi il prima possibile.
 
Purtroppo, i suoi piani andarono bellamente in fumo quando, stanca di rigirarsi nel letto nel vano tentativo di prendere sonno, si voltò verso il comodino per constatare, sull’orologio, che fossero le due del mattino. Sospirò affranta mentre fissava il soffitto e mentalmente ripercorreva la giornata scorsa.
Una continua analisi degli avvertimenti impediva al suo cervello di mettersi in stand by e conferirle la possibilità di riposare. Non appena, nella sua mente, faceva capolino il ricordo di quei secondi di impotenza contro il muro, ogni meccanismo di allerta le si attivava, impedendole di riposare.
Decise, dunque, che era inutile continuare, imperterrita, quel circolo vizioso ed afferrato uno dei suoi tomi, si avviò giù per le scale, alla volta della sala comune.
Aveva sceso l’ultimo gradino quando una figura, non ben distinguibile nella penombra della notte, le andò a cozzare contro.
In quel nanosecondo aveva sperato con tutta se stessa che non si trattasse di Cormac, non avrebbe retto per nulla.
Per fortuna i suoi timori furono dissipati quando una più che familiare voce le giunse alle orecchie.
“Per Merlino scusami, non volevo spaventarti!” udì mentre, con gli occhi che si abituavano alla sola luce dei fasci di luna che entravano dalla finestra, vide Ron con le mani parate avanti in segno di resa.
Non potette che sfuggirle un sorriso “Va tutto bene, ma che ci fai sveglio a quest’ora?” le chiese rabbrividendo impercettibilmente per il freddo e maledicendosi di non aver preso la vestaglia.
“Stavo parlando con mia madre.” Disse spostandosi di lato ed indicando il camino.
“Buone notizie?” chiese la bruna mentre incrociava le braccia al petto speranzosa che la situazione del signor Weasley fosse migliorata.
“Assolutamente sì!” esclamò Ron con un po’ troppo entusiasmo.
“Zitto Ron, sveglierai tutti!” lo rimbeccò la ragazza mentre lo picchiettava sul braccio.
“Assolutamente sì” ripetette il ragazzo con voce più bassa mentre si grattava la nuca dall’imbarazzo.
“Per fortuna è riuscito ad ottenere il processo, bisogna solo aspettare che si svolga. Dovrebbe esserci tra poche settimane.” Le spiegò mentre, in tacito accordo, si sedevano sul divano.
“Sono molto contenta, se lo merita senza dubbio.” Si sincerò Hermione.
“Grazie a te, è tutto merito tuo.” Continuò il rosso.
“In realtà” le ricordò la bruna “l’idea me l’hai data tu.” Concluse mentre con la mente ripercorreva quell’insolita sessione di studio in biblioteca. Con tutto quello che era passato in mezzo, le sembrava si trattasse di una vita fa.
“Facciamo cinquanta e cinquanta e non se ne parla più?” le sorrise Ron.
“Andata!” asserì lei.
“E tu? Perché sei scesa in sala comune?” chiese incerto.
“Non riuscivo a dormire.” Gli confessò semplicemente mentre iniziava ad irrigidirsi. “Appena ci provo penso a quello che è successo oggi e proprio non riesco a chiudere occhio.” Concluse mesta posando lo sguardo, distrattamente, sulla rilegatura del libro che aveva portato con sé.
“Ne vuoi parlare?” tentò il rosso nella speranza di non turbarla.
La bruna scosse piano la testa con gli occhi ancora fissi sul tomo mentre Ron la guardò per qualche istante, giusto il tempo di decretare che, quella notte, non l’avrebbe lasciata per nulla al mondo sola con i suoi tormenti.
“Perfetto” esclamò deciso, sotto lo sguardo attonito di lei “vorrà dire che dovremo trovare qualcosa da fare per far passare la notte.” Annunciò tranquillamente mentre alzandosi si dirigeva verso il tavolo al centro della sala.
“Partitina a gobbiglie? Ti va?” le chiese voltandosi nella sua direzione.
“Do-dovremo? Perché dici noi?” iniziò la bruna, ancora stranita, mentre si avvicinava al ragazzo.
“Non penserai mica che ti lasci qui da sola e insonne?” domandò lui alzando un sopracciglio.
Hermione era rimasta assolutamente senza parole e non sapeva bene come reagire.
“Hai avuto una giornataccia” continuò lui mettendole le mani sulle spalle “stai ben sicura che finchè starai così non avrò alcuna intenzione di andarmene.” Decretò mentre, rivolgendo l’attenzione al tavolo, iniziava a sgomberarlo da libri e pergamene.
La bruna sorrise sinceramente ed altro non potette fare che pronunciare un sincero “Grazie.”
“Ma figurati, per due gobbiglie.” Rispose l’altro mentre continuava nella sua opera di pulizia.
“No” lo arrestò lei scuotendo la testa divertita e fermandogli il braccio “per tutto.” Concluse guardandolo negli occhi.
“Vieni qui” la invitò lui ad abbracciarlo, allargando le braccia, dopo averle regalato un sorriso genuino.
Di rimando, la bruna non se lo fece ripetere due volte, impaziente di farsi invadere, nuovamente, dal calore che solo le braccia di Ron erano in grado di trasmetterle.
E poi, accadde quello che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato ma che, allo stesso tempo, bramavano, ormai, da tempo immemore. Ancora abbracciati, i loro sguardi si incontrarono e, sospinti da un sentimento non più arginabile, i due annullarono la distanza che li separava posando le labbra l’uno su quelle dell’altra.
 
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti! Mi scuso ENORMEMENTE per il ritardo, purtroppo lo studio mi massacra. Spero che questo piccolo regalo finale per gli amanti della romione possa essere abbastanza per farmi perdonare!! Continuo a ringraziare in modo INQUANTIFICABILE tutti quelli che continuano a leggere, seguire e recensire questa storia, mi rendete ogni volta più felice. Vi abbraccio forte e spero che, zone rosse a parte, stiate bene.
A presto!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3938090