Torneo Tremaghi (Nicole Barbier)

di Carme93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuore a nudo ***
Capitolo 2: *** Il mio porto sicuro ***
Capitolo 3: *** L'ultima prova ***



Capitolo 1
*** Cuore a nudo ***


[Questa storia partecipa al contest "Torneo Tremaghi" indetto da Artnifa sul forum di EFP]






 
Cuore a nudo
 





Il cielo era cupo, probabilmente sarebbe presto scoppiato un temporale. Rabbrividì non essendo abituata a quelle temperature, ma lo era a mantenere un comportamento dignitoso; perciò rinunciò a strofinarsi le braccia in cerca di calore o a saltellare lamentandosi, come aveva visto fare più volte alle sue compagne in quei giorni.
Compagne che le avevano a malapena augurato buona fortuna.
Mise la mano in tasca e strinse la lettera che le aveva inviato suo padre quella mattina. Sospirò appannando leggermente il vetro. Lui era fiero di lei.
«Nicole».
La ragazza sobbalzò al richiamo di Madame Maxime. Dal tono non doveva essere il primo. Le si avvicinò compuntamente, ignorando la sua occhiata severa. Fortunatamente non l’avrebbe rimproverata davanti a tutti.
Un uomo alto e biondo, dalla carnagione pallida, un tale Draco Malfoy, si schiarì la voce e iniziò a presentare la prima prova del Torneo Tremaghi.
Nicole si estraniò nuovamente: sapeva già quello che avrebbe dovuto affrontare. Era tradizione imbrogliare al Torneo Tremaghi, così le aveva detto Madame Maxime.
Ne approfittò per osservare gli altri due Campioni, che in quei giorni aveva considerato ben poco, preferendo studiare ed esercitarsi. La Campionessa di Durmstrang non le ispirava particolare simpatia: aveva un’espressione dura, furba e falsamente amichevole; al contrario il Campione di Hogwarts era socievole, simpatico e di bell’aspetto.
Madame Maxime le diede un colpetto sulla spalla e si schiarì la voce.
Monsieur Malfoy le stava porgendo un sacchettino. Lo fissò stranita per un attimo, poi comprese che doveva pescare qualcosa e agì di conseguenza. Forse le sue compagne avevano ragione a pensare che lei non era adatta a rappresentare l’Accademia di Magia di Beauxbatons. Eppure non avevano il coraggio di dirlo davanti a Madame Maxime.
Pescò il numero due.
Nicole fu sollevata quando gli adulti lasciarono la sala. Sedette su un divano, ignorando le occhiate superiori dell’altra ragazza che, per fortuna, non aveva voglia di parlare.

Fu quasi contenta quando giunse il suo turno: almeno si sarebbe tolta il pensiero. Sospirò e si diresse verso l’aula allestita per la prova. Probabilmente veniva abitualmente utilizzata dagli studenti, ma quel giorno era stata ampliata con la magia per far entrare su tre lati gli spalti per gli spettatori. Non guardò in quella direzione: lì c’erano i suoi compagni e Madame Maxime.
Prese un bel respiro e scrutò l’armadio, unico oggetto, posto in fondo alla stanza. Sbatacchiava.
Estrasse la bacchetta e la strinse con sicurezza. Si era documentata: le prove del torneo erano sempre molto pericolose, quella invece non lo sarebbe stata; avrebbe messo a nudo ogni Campione davanti a un pubblico, però. Il che era peggio naturalmente. Conosceva perfettamente l’incantesimo per sconfiggere un molliccio, l’aveva studiato al terzo anno. Il problema era in che cosa si sarebbe trasformato il suo. A tredici anni era apparsa sua nonna e non l’aveva affrontato: non aveva avuto il coraggio di renderla ridicola. Meglio beccarsi un brutto voto. Ora, però, la situazione era diversa: doveva affrontare per forza il molliccio e non era per nulla sicura che si sarebbe trasformato ancora in sua nonna. Era cresciuta e aveva imparato a sopportarla.
Strinse più forte la bacchetta quando vide l’anta dell’armadio aprirsi lentamente e pian piano uscire da lì una figura familiare.
Rimase impietrita sul posto: non se lo sarebbe mai aspetta. A primo acchito pensò che fosse assurdo: lei non aveva paura di lui! Poi, comprese.
Il molliccio con le sembianze di suo padre aveva assunto un’espressione corrucciata e la fissava deluso.
Aveva smesso di temere sua nonna, ma non avrebbe mai immaginato che la sua paura più profonda fosse quella di deludere il padre. Eppure percepiva che era vero.
Si sentì stringere il cuore osservandolo avvicinarsi a lei scuotendo la testa e oscurandosi sempre di più in volto.
Deglutì.
Come avrebbe dovuto comportarsi? Doveva sconfiggere il molliccio o avrebbe fatto cattiva figura, allora sì che suo padre ci sarebbe rimasto male. Lui era veramente convinto che lei avrebbe potuto vincere il Torneo Tremaghi. In una situazione del genere, però, avere un quoziente intellettivo al di sopra della media era inutile.
Avrebbe dovuto renderlo ridicolo, ma come?
Si mordicchiò il labbro. Il molliccio-padre era sempre più vicino.
Sollevò nuovamente la bacchetta, ignorando il chiacchiericcio che si stava sollevando intorno a lei e pronunciò forte e chiaro: «RIDDIKULUS».
I capelli del molliccio-padre cominciarono a crescere e gli legarono le gambe, finché non inciampò.
Forti risate si levarono dagli spalti e persino lei sorrise: quello non era suo padre. Non gli assomigliava per nulla. Ridacchiò addirittura quando vide il molliccio tentare di sollevarsi e inciampare nuovamente. La sua risata segnò la sua definitiva vittoria, il molliccio scoppiò.
La sala proruppe in un applauso.
Nicole sorrise leggermente in direzione degli spalti.
Aveva superato la prima prova.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Il mio porto sicuro ***





Il mio porto sicuro
 



Rabbrividì. Non solo la temperatura sembrava ancora più bassa del solito, ma l’ambientazione scelta per la seconda prova era inquietante. Dall’arrivo a Hogwarts, Nicole aveva ammirato più volte lo specchio d’acqua che lambiva il parco della Scuola. Il Lago Nero. E si era sempre chiesta come sarebbe stato in primavera. Nonostante le varie voci sulla presenza di un’enorme piovra.
La sponda del lago era circondata da nebbia, probabilmente magica perché lei non poteva né vedere gli spalti né sentire gli schiamazzi del pubblico.

Questa volta Madama Maxime le era parsa molto preoccupata, tanto che le sue compagne avevano sghignazzato, probabilmente immaginando che, presto, una creatura feroce l’avrebbe divorata in un solo boccone. Nicole, però, sapeva che non avrebbe affrontato un drago: la Preside non le aveva detto chiaramente che cosa si sarebbe trovata di fronte, ma l’aveva sollecitata a studiare l’Incanto Patronus. Lei aveva risposto altezzosamente alle sue compagne in un guizzo d’orgoglio: il Calice di Fuoco aveva scelto lei.

Il problema era che, per la prima volta in sette anni, aveva difficoltà con un incantesimo. Aveva letto moltissimi saggi nella biblioteca di Hogwarts e aveva anche compreso che era tutta una questione psicologica. Inoltre, era sicura che avrebbero dovuto affrontare un lethifold, perciò la nebbiolina che emetteva la sua bacchetta la turbava non poco.

All’improvviso la temperatura calo ancora di più. Un freddo strano che sembrò penetrarle fin nelle ossa.

Strinse forte la bacchetta. Non ce l’avrebbe fatta. Perché era partita per Hogwarts? Madame Maxime l’aveva quasi costretta, è vero. Ma lei aveva chinato il capo e aveva obbedito. Perché si doveva rendere ridicola?

Sei inutile. Non saresti mai dovuta nascere.
Le urla di sua madre sembrarono così vicine, che si sentì persa.
Inutile.
Mai nata.
Allentò la presa sulla bacchetta
Ti odio! Hai rovinato tutto!
Si accasciò sulla sponda fangosa, ricordando gli occhi rossi della madre e lo sguardo folle della nonna.
Avresti dovuto essere un maschio!
Non avrebbe mai potuto rimediare a una colpa del genere. Non sarebbe mai stata felice.

Sobbalzò leggermente ˗ il suo corpo era sempre intorpidito per il freddo ˗ percependo una presenza accanto a lei. Sgranò gli occhi e instintivamente indietreggiò.
Un enorme figura ammantata e scura si protese verso di lei.
Un senso di angoscia e d’infelicità la pervase totalmente. In quel torneo la gente era morta. Non era vero che era sicuro. Succedeva sempre qualcosa.
Una mano grinzosa fuoriuscì dal mantello.
Era un dissennatore! Deglutì.  Un essere oscuro che un tempo proteggevano la prigione inglese. Gli inglesi erano veramente pazzi.
Il suo patronus non era corporeo: non l’avrebbe mai difesa. Provò debolmente, ma si accorse di tremare troppo per pronunciare l’incantesimo.
La creatura era sempre più vicina.
«Expect- Expect…».
Era triste. Nessuno le voleva bene. Che senso avrebbe avuto difendersi? Le sue compagne non aspettavano altro che deriderla. E poi c’era Christophe, che la scherniva perché sua madre aveva provato a combinare un matrimonio tra loro ed ora era invidioso di lei perché era stata scelta come Campionessa.
Indietreggiò ancora, ma ormai il dissennatore la sovrastava.
«Papà» mormorò. Voleva suo padre.
Sei il mio fiore più bello.
La sua mano calda, il calore del suo petto. Il suo porto sicuro.
Quel ricordo la rinfrancò. Chiuse gli occhi e ripensò intensamente alla stretta, alla sicurezza provata, nonostante la madre e la nonna le avessero rivolto parole terribili.
Sei la mia ragione di vita.
«Expecto Patronum».
Lo pronunciò forte e chiaro. Non poteva abbandonare suo padre da solo in quella casa di matti.
Qualcosa di enorme e perlaceo emerse dalla sua bacchetta e si scagliò contro il dissennatore, mettendolo in fuga.
Lei si raddrizzò e l’osservò. Per un attimo pensò fosse un cervo, ma non poteva essere. E allora? Poi scomparve.
«Un’alce» sussurrò una voce roca.
Nicole si rese conto che la Preside e gli altri giudici si erano avvicinati, probabilmente pensando che non sarebbe riuscita a sconfiggere il dissennatore.
Non era poi così sola.
Un alce? Non l’avrebbe mai detto. Ma non importava.
«Ce l’hai fatta» le disse Madame Maxime, sollevata e orgogliosa.
Aveva superato la seconda prova, ma era sempre più scossa e avrebbe voluto solo un caldo abbraccio.

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Capitolo 3
*** L'ultima prova ***





L’ultima prova


 
 
 
«Sei migliorata».
Nicole sospirò e lanciò un’occhiata scettica al suo compagno: Marc Loutsch. Nelle ultime settimane aveva trascorso la maggior parte del tempo insieme a lui. Per ordine di Madame Maxime, naturalmente e la reazione delle sue compagne era stata terribile. Decisamente non aveva un momento di pace.
«Grazie per la gentilezza» borbottò.
Il ragazzo le sorrise: «Sono sincero».
Ella non replicò: non aveva mai amato troppo volare; probabilmente perché non si sentiva al sicuro svolazzando per aria. Al contrario, Marc era un vero campione, per questo la Preside gli aveva imposto di aiutarla. Il compagno era molto popolare, non solo a Beauxbatons, ma anche nel mondo del Quidditch: era il giovane Cercatore del Lussemburgo.
«Ragazzi».
I due si voltarono verso colui che era appena sopraggiunto; Nicole conosceva bene: Yves Lefebvre, migliore amico di Marc e uno dei pochi studenti che poteva vantare voti alti quanto i suoi.
«Sei venuto ad allenarti anche tu?» gli chiese Marc.
«No, non voglio rompermi l’osso del collo in terra straniera».
Nicole trattenne un sorrisetto: quei due erano molto diversi.
«E allora?».
«Nicole, dovresti tornare al castello» disse Yves, ignorando l’amico.
«Come mai?» chiese la ragazza sorpresa. Alla prova mancavano ancora diverse ore. Non potevano anticiparla, pensò spaventandosi.
«Ci sono i familiari dei Campioni. Madame Maxime mi ha chiesto di chiamarti».
«I familiari?» ripeté terrorizzata. Non era possibile che i suoi fossero lì! «C’è la mia famiglia?».
«Sì».
«L’hai vista?». Non voleva mescolare la scuola con la famiglia: erano due mondi che dovevano stare separati. Erano anni che lottava. Per quanto avesse difficoltà a stringere amicizia con i suoi coetanei, la Scuola aveva sempre rappresentato un luogo tranquillo: con i suoi compagni poteva benissimo combatterci ad armi pari; la sua famiglia era tutt’altra cosa.
«No, perché?».
«Niente» si affrettò a replicare Nicole. Deglutì e poi si rivolse a Marc: «Grazie del tuo aiuto».
«Figurati» sorrise il compagno. «Con la scusa dei tuoi allenamenti, mi sono saltato le lezioni della Preside».
Yves alzò gli occhi al cielo.
Nicole li salutò e si avviò verso il castello. Hogwarts alla fine si era rivelata molto ospitale, sebbene le mancasse il palazzo di Beauxbatons. Lì in Scozia, però, aveva evitato più facilmente alcune sue compagne più antipatiche ed era difficile che loro avessero troppa libertà di azione sotto il controllo di Madame Maxime. Il parco era molto chiassoso quel giorno: gli esami degli studenti britannici erano ormai alla fine e la maggior parte si godeva le prime belle giornate estive vicino al Lago Nero.
Il fresco della Sala D’Ingresso l’accolse prima di quanto avrebbe voluto: era sempre più agitata. Sua madre e sua nonna non approvavano che fosse stata selezionata come Campionessa, perché ruolo poco elegante e consono a una ragazza; in più aveva tolto l’onore a quello stupido di Christophe Aubert. Quelle due sarebbero state capaci di farle una scenata internazionale.
Giunta in Sala Grande, si rese conto che Yves non le aveva detto dove la stessero aspettando. E se fosse stato uno scherzo? No, Yves non era il tipo: era un ragazzo serio e sensibile; di solito si lasciava andare solo in compagnia di Marc, che non era minimamente interessato a prendersi gioco di lei. Notò alcuni compagni seduti al tavolo dei Tassorosso, ma non aveva voglia di chiedere a loro. Si guardò intorno e adocchiò un gruppo di Corvonero, la Casa del Campione di Hogwarts, e si avvicinò a loro. 
«Ciao» disse in inglese.
I ragazzi ricambiarono sorpresi, ma gentili. Rincuorata dalla reazione, chiese loro dell’incontro con le famiglie.
«Oh, sì. Devi andare nella stanza dove vi siete riuniti dopo la selezione» rispose uno di loro indicando una porta vicino al tavolo degli insegnanti.
«Grazie mille» sorrise leggermente. Si sentiva sempre più inquieta, ma non poteva rimandare: chiunque fosse venuto a trovarla, non avrebbe gradito attendere. E, comunque, sua madre e sua nonna non avrebbero dato spettacolo davanti a tutti. Doveva solo assicurarsi di non rimanere sola con loro. Non avrebbe dovuto essere difficile a Hogwarts!
Con un sospiro entrò nella piccola sala: vicino alla porta vi era la Campionessa di Durmstrang con quelli che dovevano essere i genitori e le sorelle; la guardarono male, ma si spostarono per farla passare. Il Campione di Hogwarts le fece un cenno e le presentò la madre tutto allegro, il padre lavorava al Ministero e sarebbe arrivato per la prova. Non era brava nelle relazioni, ma fu contenta di quella considerazione.
Salutati i due, si avviò verso un angolo dove troneggiava Madame Maxime. Incerta si avvicinò e salutò. La Preside si voltò e rivelò il suo interlocutore.
«Papà!».
Senza pensarci Nicole lo abbracciò. La stretta fu subito ricambiata.
«Come stai?».
«Bene, bene. Tu? Sei agitata?».
Nicole annuì anche se non aveva voglia di parlare della prova.
«Vi lascio soli. A più tardi, monsieur Barbier».
«Ti vedo bene. Allora il cibo inglese non è tanto terribile?».
Nicole sorrise. «No, non è così male». Poi le sovvenne un pensiero e tornò seria. «Come hai fatto a venire qui?».
«Ho usato una Passaporta naturalmente, pagata dal Ministero Inglese! Non potevo certo rifiutare!» ridacchiò l’uomo.
«Sì, ma… il lavoro?».
«Mia figlia è la Campionessa Tremaghi! Mi hanno subito dato qualche giorno».
Nicole lo osservò e si accorse di come la fissava: era veramente orgoglioso di lei.
«Gli inglesi hanno un lago stupendo. Vuoi vederlo?».
E così trascorsero la mattinata insieme. Fu strano sedersi a tavolo con lui e i suoi compagni. Surreale. Ma fu meno disastroso di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Quel momento di tranquillità, però, durò poco: Madame Maxime la venne a chiamare per dirigersi al campo di Quidditch.
Con il cuore in gola seguì la Preside. Non sapeva con certezza che cosa avrebbe dovuto affrontare, perché era stato organizzato un percorso a ostacoli: la prima parte si sarebbe svolta in volo, la seconda a piedi, infine, la terza, a nuoto. Non sarebbe stato semplice. In più la Campionessa di Durmstrang sembrava quella più favorita fisicamente.
Ascoltò, questa volta con attenzione, le istruzioni di Draco Malfoy e non le piacque sentirgli dire: «Fate attenzione agli ostacoli». Ecco, l’identità di questi ostacoli non era molto chiara e rendeva il tutto più incerto e temibile.
Il Campione di Hogwarts le augurò buona fortuna e lei ricambiò. La prima in classifica era la Campionessa di Durmstrang, ma tra di loro non c’erano troppi punti di distacco; perciò con quella prova si sarebbero giocati l’intero Torneo.
Gli spalti del campo di Quidditch erano affollati e rumorosi. Nicole non riuscì a trattenere un sorriso, quando si accorse che tra l’infinità di striscioni e bandiere blu bronzee, ne spiccava uno azzurro chiara: “Forza, Nicole”. Sembrava il genere di cose che faceva Marc Loutsch.
Con un sospiro montò sulla scopa e si sollevò per raggiungere la linea di partenza, una striscia di fumo rosso in aria. Strinse il manico, ma sobbalzò al colpo che diede il via alla gara, cosicché partì con qualche secondo di ritardo. Le urla degli spettatori si intensificarono, ma lei tentò di concentrarsi. Si accostò subito al Campione di Hogwarts, mentre la Campionessa di Durmstrang li aveva lasciati subito indietro. Almeno finché qualcosa non la costrinse a scartare.
 «Che cosa…?».
Un’imprecazione del Corvonero la fece voltare, appena in tempo per evitare qualcosa che schizzava verso di lei. Per poco non perse l’equilibrio.
«Attenta al quel bolide» le urlò l’avversario prima di allontanarsi nel tentativo di evitarne un altro.
Bolidi. Quelle palle pericolose del Quidditch! Lo schivò per un pelo e si guardò intorno. Erano impazziti! Perse molto tempo e quasi si lasciò prendere dal panico. Ecco perché non aveva mai giocato a Quidditch!
Fissò le fronde degli alberi in ansia nella speranza che si avvicinassero al più presto. Scartò un bolide proprio mentre si stava abbassando, perse l’equilibrio e urtò alcuni rami più alti. Gridò, ma strinse il manico come le aveva insegnato Marc e riprese l’assetto di volto. Scese più lentamente, si catapultò giù dalla scopa appena fu abbastanza vicina al terreno, ma rischiò di scivolare su alcuni rami. Troppo spaventata com’era, però, non si fermò e si mise a correre. Il percorso da seguire era segnalato dalla solita striscia rossa. Ciò le permise di raggiungere gli altri due Campioni.
«Qui bolidi no» borbottò alzando gli occhi al cielo la Campionessa di Durmstrang. Si stava prendendo gioco di lei!
Nicole, però, non aveva nemmeno fiato per rispondere e li seguì in silenzio. Percepì il gomito pulsare laddove aveva sbattuto contro i rami.
All’improvviso il terreno divenne più paludoso e i tre furono costretti a fermarsi. O almeno lei e il Corvonero; mentre l’altra ragazza continuò imperterrita. La melma le arrivava quasi fino alla vita.
«Voi paura?» li derise.
Nicole non rispose e si guardò intorno. Il Corvonero aveva un’espressione schifata. Per quanto la riguardava desiderava solo che la prova terminasse velocemente, quindi avrebbe sopportato anche il fango. Eppure, dopo i bolidi, le sembrava troppo semplice.
Il Corvonero si era deciso ad avanzare quando la Campionessa di Durmstrang gettò un urlo. Un Kappa l’aveva attaccata. Poco dopo ne apparvero altri due che si avventarono contro Nicole e l’altro ragazzo. Ed ecco dov’era l’inganno. Rimasti indietro questi ultimi ebbero più tempo per reagire ed estrarre le bacchette. Non fu per loro difficile mettere al tappeto le due creature.
«Dobbiamo aiutarla?» chiese Nicole al Corvonero, appena riuscirono ad attraversare la palude senza altre sorprese. La striscia rossa indicava ancora il cammino, quindi erano sulla strada giusta. Il ragazzo, ansimante, osservò criticamente la ragazza di Durmstrang.
«Lei non ci aiuterebbe» borbottò.
Questo era vero. Il kappa, però, l’aveva presa di sorpresa e colpita già una volta di striscio alla testa. Un’altra persona sarebbe già stata sopraffatta.
Nicole colpì la creatura e il Corvonero la aiutò a sollevare l’altra ragazza scivolata dentro il fango.
«Io fare sola» sbottò quella furiosa, divincolandosi.
«E ti pareva» sbottò il Campione di Hogwarts, avviandosi nuovamente. Nicole non replicò e si chiese perché quella ragazza dovesse essere così antipatica.
Comunque fino a quel momento erano alla pari. Che cosa sarebbe successo se fossero arrivati tutti insieme alla coppa? Avrebbero dovuto duellare?
«Oh, oh».
Nicole alzò il capo al lamento del Corvonero. Di fronte a loro si stanziavano quelle che potevano essere considerate delle porte di fuoco. Fuoco blu. Tra loro e le fiamme vi erano tre tavoli, su ognuno dei quali troneggiavano una serie di boccette e una pergamena, che srotolò e lesse immediatamente:
 
Davanti a voi è il pericolo, dietro la sicurezza
due tra di noi vi aiutano, usate la destrezza,
una sola di sette, vi lascerà avanzare,
se un’altra ne berrete, vi farebbe arretrare,
due son piene soltanto di nettare d’ortica,
tre, assassine, s’apprestano alla loro fatica.
Scegliete o resterete per sempre tra i supplizi.
Per aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi:
primo, seppur subdolamente il velen non si svela,
il vino delle ortiche alla sinistra cela;
secondo, differenti sono quelle agli estremi
ma per andare avanti rimangono problemi;
terzo, come vedete, non ve n’è una uguale
sol di nana e gigante il vin non è letale:
quarto, la seconda a dritta e la seconda a sinistra
sono gemelle al gusto, ma diverse alla vista.
 
Nicole deglutì e osservò le sette boccette. Un indovinello: doveva trovare la pozione che le avrebbe permesso di attraversare le fiamme blu. Avrebbe potuto farcela, doveva soltanto ragionare. In tutt’altra occasione l’avrebbe trovato divertente e stimolante, ora, con il rischio di morire avvelenate in una foresta scozzese, no.
Si passò una mano sul volto, ma se ne pentì subito: era tutta sporca. Rilesse la pergamena più volte e cominciò a riflettere. Non impiegò molto a individuare la boccetta giusta, ma, troppo spaventata, rimuginò più a lungo.
«L’hai trovata?» le chiese il Corvonero.
Nicole annuì voltandosi verso di lui. Quanto tempo era trascorso? Fissò le boccette sul tavolo del ragazzo e si accorse che non avevano la stessa forma e non erano disposte allo stesso modo.
«Hanno modificato l’indovinello, in modo che fosse diverso per ognuno di noi» comprese i suoi pensieri l’altro. «Sei sicura?».
«Abbastanza» replicò Nicole, per poi voltarsi verso l’altra avversaria. Lei li stava fissando, palesemente avida di comprendere. «Vuoi aiuto?».
«No!» sbottò lei probabilmente per orgoglio.
«Figuriamoci» borbottò il Corvonero. «Beh, lasciamola qui. Beviamo uno alla volta? Male che vada possiamo soccorrerci».
Nicole annuì, sollevata che l’altro avesse avuto quell’idea. Il Corvonero bevve per primo, ma non accadde nulla. Nicole lo imitò pochi minuti dopo. Anche lei non percepì alcuna differenza.
«Bene, andiamo» disse soddisfatto il ragazzo.
«Voi non lasciare me qui» sbottò la Campionessa di Durmstrang.
«Noi non aiutare te» replicò il Corvonero.
«Oh, una valere l’altra. Loro non uccidere noi. Io bere tutte se necessario».
«No!» gridarono all’unisono Nicole e il ragazzo. L’altra, però, non li ascoltò e bevve una boccetta a caso. Per qualche interminabile secondo sembrò non accadere nulla, poi la ragazza cadde in ginocchio stringendosi lo stomaco.
Nicole sgranò gli occhi vedendola contorcersi dal dolore e si voltò verso il Corvonero altrettanto paralizzato.
«Che facciamo?» lo riscosse. La sua voce era stridula e lamentosa.
«Chiamiamo aiuto… Periculum!» pronunciò il Corvonero. «Non sarà un veleno mortale. Su questo ha ragione: non rischierebbero di ucciderci».
Nicole deglutì e sperò che avesse ragione.
«Andiamo. Arriveranno subito».
La ragazza annuì e attraversò la sua porta di fuoco. Sentì una specie di solletico e si ritrovò dal lato opposto. Erano sempre nella foresta, ma poco più avanti si diradava.
«Siamo rimasti in due» le disse il Corvonero. «Giochiamoci la vittoria per la nostra Scuola».
Nicole assentì, ma ancora una volta scattò in ritardo quando il ragazzo si mise a correre. Urtò dei rami bassi e si graffiò, ma non si fermò: il Corvonero aveva ragione, dovevano giocarsi la coppa. E lei non avrebbe mollato. Quando raggiunse la sponda del Lago Nero, il ragazzo si stava già tuffando. Fortunatamente, però, in acqua sembrava a disagio e lei riuscì a stargli dietro. Improvvisamente qualcosa le attaccò le gambe e le braccia.
Colpì una creatura con la mano pur di liberarsi e si rese conto che erano avvincini. Faticosamente estrasse la bacchetta dalla tasca e cercò di incantarli.
«Relascio» pronunciò, bevendo un po’ d’acqua. Raggiunse il Corvonero che, a sua volta, procedeva lentamente. E si domandò se ci esistesse un incantesimo per allontanarli, ma non era la situazione più adatta per ragionare. Il gomito, però, iniziò a farle male maggiormente e questo la rallentò parecchio. Sentì montare la rabbia: a Scuola non si raccontava d’altro che di Fleur Delacour che, nonostante la sua bravura, era stata fregata da degli avvincini. Doveva fare qualcosa. Non poteva usare la levitazione, perché la prova prevedeva il nuoto. Di cosa avevano paura gli avvincini? I Maridi gli usavano come animali domestici. Ma dove avrebbe trovato un Maride? Si bloccò colta da un’illuminazione, si liberò il polso da un avvincino e si puntò la bacchetta addosso, trasfigurandosi in un Maride. Non aveva idea se fosse credibile, ma sicuramente sorprese gli avvincini e questo le permise di accelerare l’andatura, raggiungendo la riva. Da lì si vide la coppa. Ce l’aveva quasi fatta. Si voltò verso il Corvonero e si assicurò che fosse quasi a riva; poi si mise a correre, quasi pregustando la vittoria. Qualcosa però la trattenne per la gamba e piombò a terra. Per un attimo pensò al Corvonero. Ne aveva percepito la presenza poco distante e lui aveva le gambe più lunghe delle sue. Provò ad alzarsi ma, qualunque cosa fosse, la teneva stretta. Si voltò e vide che erano due grossi corde verdi. Un’altra la strinse al petto mozzandole il fiato. Allora comprese: era un tranello del diavolo. L’imprecazione tutt’altro che fine del Corvonero risuonò per un attimo, poi fu soffocata. Ragionò velocemente ricordandosi che il fuoco avrebbe potuto aiutarla.
«Incendio» pronunciò contrò i due tentacoli vegetali che le legavano le gambe. La pianta si ritrasse e lei corse via, finché il terreno non cambiò. La tuta si era strappata in più punti e lei si sentiva esausta, ma la Coppa Tremaghi era ormai davanti a lei. Si voltò e vide che il Corvonero, altrettanto claudicante, la stava raggiungendo.
Allora afferrò la Coppa; subito il lotto di terra si rialzò e gli spalti, presso i quali si erano spostati gli spettatori, vicino al Lago Nero, scoppiarono in un applauso.
Aveva vinto.
 
 
Angolo dell'autrice:
Eccomi, finalmente sono riuscita a concludere questa piccola raccolta! 
Questo capitolo non partecipa al "Torneo Tremaghi" di Artnifa, perché non sono riuscita a superare la seconda prova; nonostante ciò ci tenevo a dare un finale all'avventura di Nicole. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   

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