La folle nascita di Gil-Galad

di Merry brandybuck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piccolo incidente ***
Capitolo 2: *** Un pranzo movimentato ***
Capitolo 3: *** La stessa delicatezza di una craniata ***
Capitolo 4: *** Un matrimonio assai particolare ***
Capitolo 5: *** La legge di Murphy colpisce ancora ***
Capitolo 6: *** E vissero per sempre come una felice famigliola di dementi ***



Capitolo 1
*** Un piccolo incidente ***


La folle nascita di Gil-galad 

 

Capitolo 1: un piccolo incidente

 

… I Valar erano finalmente riuniti per discuisire sui problemi che si erano riscontrati nel lungo periodo di tempo in cui non si erano visti e che avevano afflitto i popoli sotto il loro controllo: “ Bene ragazzi, che c’è all’ordine del giorno ?” chiese Súlimo “ Siamo in bilancio negativo con le nascite degli individui a noi sottoposti” disse Vana, con la sua vocina flebile; il signore delle acque si strinse il setto nasale “ Parla in un linguaggio a noi comprensibile, di grazia” sussurrò stancamente “ Intendevo farvi presente che la popolazione dei Primogeniti sta avendo nascite molto minori a quelle previste”: stavolta fu Orome ad avere dei problemi in fatto di comprensione “ In che senso ?”. Tulkas sbuffò, infastidito “ Quel vecchio bacucco del nostro babbo ha ciccato nel fare i conti, ecco cosa !” esclamò continuando a dondolarsi sullo sgabello; il volto di Irmo si fece viola “ COME TI SEI ARROGATO IL DIRITTO DI CHIAMARE COSÌ IL NOSTRO SIGNORE ?!” ululò: l’altro gli rispose sprezzante “ Senti bell’addormentato nel bosco, vedi di andare all’inferno” “ Vi accompagno io !” Mandos era raggiante; in qualche attimo il Grande Consiglio dei Signori dell’Ovest mutò nella Grande Rissa dei Signori dell’Ovest. Amân, noto per non vederci un tubo, si consultò con la consorte per capire ciò che stava succedendo; si ritrovò in piedi ad urlare di smetterla di fare i bambinoni e di rimettersi col fondoschiena incollato alle sedie, unico modo per evitare spargimenti di sangue: si susseguì un silenzio tombale, rotto da Yavanna: “ Io avrei una soluzione: tempo fa, ho ideato un canto magico alla fertilità in caso di emergenze di questo tipo; ci sarà utile per aumentare le gravidanze” sfoggiava un sorrisetto trionfante. Il foglio di pergamena venne fatto girare fino nelle mani del Re; questi dovette stringere le palpebre e avvicinarselo alla faccia per leggerci qualcosa: “ Tesoro, però, comprateli dei dannatissimi occhiali, che stai diventando cieco come una talpa” commentò Bridil “ Guarda che Aulë te li farebbe a gratis” sapeva perfettamente che l’Ainur si sarebbe tirato il maglio sulle rotule, pur di non acconsentire alla richiesta. Senza indugiare troppo su questo piccolo particolare, i Rodyn si misero di buona lena a cantare la melodia; circa a metà, Heskil stonò in modo atroce: tutti si fermarono a guardarla storto “ Oddio, mi spiace tantissimo !” si scusò lei, con i lucciconi agli occhi e il labbro tremante. Scattò il panico: i presenti si affannarono a cercare dei fazzoletti, mentre Este declamava a gran voce “ CODICE ROSSO: NIENNA NON DEVE PIANGERE !” In tutto il marasma generale, Palúrien si attaccò alle gonne del suo signore “ Abbiamo fatto un casino enorme !” esordì ella “ Ma che vuoi che sia ! Adesso abbiamo cose più serie a cui pensare: quella roba la possiamo rifare più tardi…” le rispose lui, allarmato da tutt’altro; lei puntò i pugni sui fianchi “ Beh, si da il caso che il leggendario artefatto funzioni a dovere solo se si verifichino la completezza e la correttezza della canzone ! Quindi abbiamo lasciato a piede libero un incantesimo di concepimento menomato; per farla breve, abbiamo appena dato la possibilità a, letteralmente, CHIUNQUE di portare in grembo un figlio !” L’altro ebbe quasi un infarto e dovette accasciarsi sul suo trono: “ Mi stai, dunque, dicendo che adesso uno qualunque degli Elfi potrebbe rimanere incinto da un momento all’altro ?” Al suo cenno affermativo, sbiancò e riuscì solamente a pronunciare poche parole: “ Mi sa che abbiamo fatto una cagata” … 

Intanto, in una cucina poco sopra Tirion

 “ Mhhhh, Ohh sì, Meraviglioso, Così, Perfetto, Continua, Ahhh” “ Fin’ molla quel cucchiaio e piantala di sussurrare al barattolo; dimmi ciò che le mie orecchie vogliono sentirsi dire” “ Mae sarò sincero: la composta di lamponi che fa tua madre è una cosa fenomenale !” “ E afrodisiaca; su, andiamo di sopra” … 

La storia che sto per narrarvi ha il suo inizio in quel fantastico regno che era il Reame beato di Valinor nei giorni in cui i due Alberi crescevano ancora alti e indomiti; era una splendida giornata soleggiata e calda, perfetta per intraprendere una bellissima ed avventurosa battuta di caccia tra ragazzi: infatti era proprio quello che Aredhel avrebbe fatto oggi. Si era già vestita, preparata ed era scesa al pian terreno; lì aveva incontrato suo fratello Turgon e il “ piccolo” Argon pronti a partire: entrambi avevano indossato dei completi comodi, pantaloni e blusa da lavoro, blu notte decorati con lo stemma della casata ricamato in filamenti argentati. La chioma del secondogenito era acconciata in un mezzo-raccolto, mentre il minore portava i capelli in una coda alta, entrambe pettinature adatte all’attività fisica prolungata;  nel frattempo che la giovane stava andando in cucina a prendere un po’ di carne essiccata che i suoi genitori avevano lasciato loro per il viaggio, si stupì di vedere solo due piatti nell’acquaio e di scorgere la colazione di Findekano rimasta sul tavolo: ciò l’allarmò perché il maggiore era quel tipo di persona che ha  sempre una fame boia e raramente salta un pasto. Il silenzio che aleggiava per casa le fece venire un brutto presentimento e corse dai giovanotti: “ Ehi, avete visto Fingon per caso ?” chiese; in risposta ricevette dei cenni di diniego col capo e due occhiate preoccupate. Turukano si lanciò su per le scale ad una velocità tale che sembrava volasse, Irissë saliva quattro gradini alla volta e, infine,  Arakano praticamente si arrampicava sul corrimano; arrivarono in corridoio e udirono dei conati provenire dalla stanza del fratellone: “ Oh nonononononono” mormorò la donna, già intuendo quello che stava accadendo lì dentro. Ancora titubanti afferrarono la maniglia e strattonarono la porta; davanti a loro si presentò una scena spaventevole: il corvino era inginocchiato sul pavimento, spettinato, stravolto, mentre con una mano si reggeva lo stomaco e con l’altra si tappava la bocca per evitare di rimettere sul parquet “ PER LA BONTÀ DI ERU, FIN’ !” Gli altri eredi di Fingolfin riuscirono a spostarlo fino nel disimpegno con non poche imprecazioni e il Saggio ( si fa per dire) usò tutte le sue doti in fatto di retorica: “ Va tutto bene ?” Nessuno può dire che con questa domanda non si sia meritato il “ Crepa” che il parente gli ha indirizzato; la sorella prese un catino e gli diede una mano a non sporcare “ E meno male che non hai fatto colazione” commentò lei con un tono a metà tra lo schifato e il compassionevole. Dopo una mezz’oretta buona, il primogenito si fu ripreso più o meno ( per darvi un’immagine sembrava che fosse appena stato investito da un TIR di quelli con l’adesivo di padre pio appiccicato al cruscotto) e con unanimità decisero di rimandare la gita e di raccontare l’accaduto alla madre e al padre appena essi fossero tornati dalla grande magione del nonno Finwe. 

 

Erano passati un paio di giorni dallo spiacevole evento e tutto era tornato quasi alla normalità: Fingolfin era stato abbastanza comprensivo col figlio e gli aveva concesso un piccolo lasso di tempo per riposarsi e di riprendersi ( di conseguenza era stato riempito di male parole dagli altri ragazzi, carichi di lavoro come muli alpini da soma) mentre Anarië e si era occupata del fatto che il suo “ bimbo cresciuto” stesse al caldo e ricevesse tutte le cure necessarie. Se a tutti era sembrato un episodio che era normale potesse accadere in modo sporadico, alla Dama Bianca sembrava ci fosse qualcosa che non andava ( un po’ come quando dei parenti ti regalavano Super Mario ma ti rendevi conto di non avere la Nintendo): loro erano Noldor, il grande Dio Ilùvatar li aveva progettati appositamente per essere resistenti alla vecchiaia e alla malattia, quindi se suo fratello stava male c’era un problema ! Comunque, oggi il nostro mistico sospetto si sarebbe dovuto incontrare con il cugino Russandol e lei lo avrebbe seguito, fregandosene di tutte le normative sulla privacy che Manwë aveva promulgato dopo essere stato letteralmente perseguitato da Varda. La mattina era mite, anche se leggermente nuvolosa, e il Valoroso si era fasciato in un manto scuro per poi uscire, guardingo; la sorellina si apprestò a seguirlo: il moro continuava a evitare le strade affollate, guardarsi le spalle e fare percorsi complicati per far sì che nessuno potesse stargli dietro, ma non aveva pensato al fatto che l’altra era una cacciatrice e sarebbe riuscita a stargli attaccata ai talloni, anche se ci fosse stato un nebbione da tagliare col coltello. Quando il ragazzo giunse nel boschetto che cingeva come una cintura la costa del regno dei Valar, iniziò ad ansimare e dovette appoggiarsi ad un tronco di un latifoglie per rimanere in piedi; nel piegarsi per riprender fiato, lo scampolo di stoffa in cui si era avviluppato iniziò ad aprirsi, lasciando intravedere all’unica presente uno spettacolo alquanto bizzarro: da sotto la camicia, il petto del giovane era abbastanza gonfio, quasi da somigliare a quello di una ragazzina appena adolescente, e sembrava essere stato avvolto dentro a delle bende per nasconderlo agli sguardi indiscreti. “ Non dovrebbe essere così” disse lei sottovoce “... ma forse l’esercizio fisico ha aiutato” credo si sia capito che nessuno brilli proprio per intelligenza in quella famiglia; intanto il parente si era rimesso in cammino ed era quasi arrivato alla spiaggia dorata: la minore si avvicinò tanto quanto lo spazio le consentiva, rimandando comunque nascosta tra le frasche ma ad una distanza tale da poter sentire uno qualunque dei discorsi che i due avrebbero fatto, mentre il più grande si sedette con innata compostezza sul terreno. Dovettero attendere un bel pezzo prima di poter vedere l’alta figura di Maedhros sbucare da un sentiero laterale: era scompigliato, disordinato, con i lunghi capelli ramati al vento, le vesti spiegazzate, il fiatone, ma nonostante ciò si avvicinava cheto cheto come se avesse finalmente trovato le soluzioni a tutti i suoi problemi nel semplice atto di incontrarsi col migliore amico “ Fin’, meravigliosa giornata, nevvero ?” esordì giovialmente, ma si bloccò appena lo vide lì in terra ed ebbe un colpo “ Tutto bene ?” chiese, affiancandosi al corvino e stringendogli le spalle; l’altro annuì placidamente “ Mi mancava sentirti: la tua pelle, non riesco a farne a meno” sbuffò subito dopo, tuffandogli la testa nell’incavo della spalla: nel frattempo che il fulvo tentava disperatamente di staccarsi il compagno dall’arto, l’occulta stava riflettendo sul modo così lascivo con cui il fratello si era lasciato andare. Non era da lui essere così rilassato, anche se adesso questo fatto non era così importante: era molto più  interessante guardare la “ lotta” che i due morosi stavano facendo “ Ma sei diventato scemo ?!?” sbraitò l’Alto “ Potrebbe vederci chiunque” venne subito zittito da un bel paio di labbra carnose che si posarono sulle sue; appena si staccò da quel lungo bacio per prendere un respiro, la sua voce si addolcì: “ Eppure mi manchi anche tu; potremmo andare a casa mia, mangiare con gli altri ragazzi e poi passare il pomeriggio noi due, soli soletti, nella mia stanza …” adesso erano entrambi sdraiati in terra, abbracciati e stavano coccolandosi, intanto che si sussurravano frasi porche nelle orecchie ( cose che probabilmente la giovane non avrebbe mai voluto udire, per evitare quei traumi che dovette cancellare tempo dopo con numerosi anni di psicanalisi). Dopo circa mezz’ora d’appostamento tra le foglie, la giovine non aveva ottenuto alcun risultato se non una sciatica lombare e il fatto di essersi sporcata tutta la mise di fango; iniziò a scervellarsi per trovare una soluzione più comoda, in modo da coniugare comodità e spionaggio ( sì lo so che ve lo aspettavate, ma Aredhel non si è ancora trasformata nella bambina del Buondì Motta) e, infine, giunse ad una conclusione più che modesta: sarebbe andata a casa dei Feanorians, così che il suo migliore amico Celegorm non solo le avrebbe offerto il pranzo, ma anche le avrebbe dato la possibilità di origliare le conversazioni dei due innamoratini con tutta la calma del mondo e senza mal di schiena. In più si sarebbe divertita un sacco a passare del tempo con Ce’ce e i suoi fratelli ( per fortuna la buonanima di Tolkien ha scritto solamente dei nomi ufficiali e non dei soprannomi dei personaggi se no il clima epico del libro sarebbe andato in fumo); si mosse a carponi fino al limitare della vegetazione e poi si mise a correre verso la sua meta: nel frattempo che si precipitava iniziò a pensare a cosa gli fosse preso al Valoroso per retrocedere alla situazione di parecchi anni prima, quando era un adolescente in piena crisi ormonale, che litigava con i suoi genitori tutto il giorno, tutti i giorni. Ricordava ancora le ore passate ad ascoltare i suoi fratelli che strepitavano per motivi futili, come ad esempio un calzino fuori posto, un’occhiata sbagliata quando erano a pranzo oppure una parola di troppo a lezione; rammentava pure gli scatti d’ira che le facevano tanta paura e che la facevano scappare tra le braccia del cuginone Kano, che la stringeva fino a che non smetteva di tremare, le offriva la merenda e poi la riportava dalla mamma: lui era sempre stato un tenerone e di buon cuore. Passò un quarto d’ora a viaggiare a velocità sostenuta, fino a che non vide la grande dimora che splendeva alla luce del giorno: andò dritta al portone e bussò con convinzione; sentì una finestra aprirsi, qualcuno guardò giù dal balcone e poi si udirono dei passi che scendevano le scale. In una frazione di secondo la porta si aprì...

La tana della scrittrice 
Ciao a tutti ! Come state ? Presumendo che si sia capito che stravedo per la ship Maedhros-Fingon ( se esistessero realmente vorrei essere loro figlio XD) spero che la mia idea per questa storia vi piaccia; sono entusiasta e non vedo l'ora di pubblicare il prossimo capitolo ! Non essendoci cose da spiegare per questo capitolo vi saluto: mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento.
Saluti e baci hobbit 

Merry 

 

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Capitolo 2
*** Un pranzo movimentato ***


Piccola premessa: in questo capitolo ci sono un paio di espressioni abbastanza volgari, quindi declino ogni responsabilità da qualunque tipo di reazione indotte dal contenuto di questo testo. Detto ciò, Enjoy !

Capitolo 2: un pranzo movimentato 

 

Celegorm aveva un sorriso raggiante e doveva aver appena bevuto un’intera confezione delle tisane calmanti di Caranthir per poter essere così sciolto: come al solito portava i capelli biondi legati e le braghe enormemente più larghe rispetto alle sue gambe; quando la vide, il cugino allargò le braccia e cercò di non cascare in terra quando lei gli saltò in collo “ Ma buongiorno, adorabile e dolce dama che si presenta da noi senza alcun preavviso e cercando di uccidermi, solo per scroccare il pranzo !” Il terzogenito non era sicuramente noto per il fatto d’essere ermetico, ma tanto per fare il cacciatore non era una dote necessaria; nel grande atrio rieccheggiò un suono proveniente da un’altra stanza e che fece accapponare la pelle della ragazza: qualcuno continuava a soffiarsi il naso. “ Ba borca mideria ste’ dannade allergie !”  era Curufin, di umore nero, come al solito in primavera ed estate, per colpa di una tara ereditaria che il babbo gli aveva passato cioè una forte allergia al polline: ogni volta che arrivava la bella stagione, casa Fëanor si riempiva di fazzoletti e Maglor si ritrovava a rincorrere il quintogenito per infilargli in bocca un cucchiaio di sciroppo maleodorante. Il giovane si tirò in piedi e la guidò fino alla porta della cucina; la villa era grande, spaziosa, luminosa e particolarmente incasinata ( non poteva essere molto ordinata, visto che ci passavano molto tempo sette figli, due genitori, un cane gigante, otto cugini e un botto di operai): spesso i ragazzi si divertivano a giocare a nascondino tra gli utensili mollati dove capitava, i blocchi di marmo, gli strumenti musicali, le armi e le tende ricamate. Appena fuori dalla sala da pranzo gli amici si bloccarono e cercarono di capire come entrare e non farsi centrare da una padellata volante del quarto figlio ( uno dei peggiori modi in cui si possa morire); dopo un attimo aprirono la porta e la mora rimase a bocca aperta: Makalaurë stava cucinando mentre canticchiava, Moryo stava ricamando con il suo scialle da nonnetta sulle spalle e il mollettone casalingo che reggeva il suo chignon, intanto i gemelli stavano contando il numero di stracci con cui loro fratello cercava di liberarsi le vie respiratorie dalla muchia. “ Novantotto, novantanove e… cento ! Signori questo è un nuovo record mondiale !” Il corvino non era nelle condizioni fisiche e mentali per prenderli a ceffoni quindi si limitò a mugolare, piangente, steso sul pavimento: “ Qualcuno abbia piedà di me e mi tagli il naso, di glazia” ululò; la giovine si chinò su di lui e provò, vanamente, a consolarlo: “ Ma dai che basta prendere un po’ della giulebbe robiliatica* che ti ha dato lo zio e poi starai benissimo” il quartogenito scoppiò a ridere: “ Certo cara cugina, poi te lo smazzi tu quando è tutto rincoglionito dal sonno e va in giro per casa sbattendo contro ogni cosa” la finezza e la gentilezza erano sicuramente i punti forti di Carnastir; Kanafinwe gli lanciò un'occhiataccia, gli mise su il grembiule della madre e lo mise ai fornelli, commentando con la frase che non mancava di usare in ogni occasione: “ Metti le mani in pasta che male non ti fa”. Si prospettava un lungo pomeriggio di follia, molto bene; adesso il maggiore li aveva schiavizzati a fare la tavola, cucinare e mettere in ordine mentre lui stava lì a supervisionarli e a cambiare una corda all’arpa: il cuginone sarà anche stato gentile e premuroso, ma quando voleva diventava veramente infame. I due piccolini cercarono di prendere la tovaglia in piedi su una sedia e, come ogni volta puntualmente, volarono all’indietro, finendo col fondoschiena sulle piastrelle ( e naturalmente il Fosco si mise ad urlare, infuriato, che dovevano aspettare Maitimo perché loro erano ancora due nani e non ci arrivavano); Atarinke stava cercando di non starnutire ogni due secondi nel frattempo che levava di torno i suoi libri di testo che stavano ammonticchiati su un lato della lunga tavolata: in quella famiglia il gene del disordine era dilagato a macchia d’olio. Il cacciatore e la ragazza si erano preparati a ricevere critiche su come avevano messo a posto i piatti, ma gli altri non si curarono troppo di loro: Nelyafinwe era tornato a casa. Naturalmente i suoi fratelli gli erano corsi incontro, come da bravi figlioli, e non si erano affatto stupiti di vederlo in compagnia di Findekano: essendo cresciuti in compagnia di pochi estranei  non erano stati educati come gli altri ad avere uno spazio personale proprio ( sì la privacy non esiste in questo mondo, ma tanto contenti loro contenti tutti) quindi il piccolissimo segreto della relazione del fulvo era stato scoperto da uno dei giovani ed ormai del fatto che stessero insieme ne erano a conoscenza anche i muri; tranne i genitori degli interessati, ma ciò era la parte più divertente del gioco. Comunque ora che gli adulti non erano presenti, l’atmosfera era più rilassata e i giovani si misero a cucinare; Curufinwe andò in cantina a prendere la salsa ( così almeno era lontano dalle piante, poraccio) accompagnato da Makalaurë perché con gli occhi che lacrimavano non riusciva a vedere nulla, gli Ambarussa si misero a fare la tovaglia aiutati da Turcafinwe e dalla Dama Bianca, intanto che Russandol e il moroso preparavano il soffritto. Lei continuava a spiarli con occhiate date da sopra la spalla del migliore amico, visto che non si fidava dei due piccioncini, ma un fatto le procurò il cinquantesimo principio di malore nelle ultime due settimane: il fulvo stava tagliando a dadini le cipolle quando il corvino improvvisamente si tappò il naso, si tenne la bocca e poi, barcollante, si appoggiò al piano da lavoro; il suo amante mollò il coltello sul tagliere e tentò di sorreggerlo. Gli altri giovani tentarono di aiutare anche loro, passandogli una sedia, un catino ed un elastico; lo fecero sedere e aspettarono che i suoi conati finissero, mentre gli tenevano legati i capelli per non sporcarglieli: non appena il Valoroso stette passabilmente bene gli altri lo aiutarono a spostarsi in salotto, su consiglio di Maedhros, per tenerlo lontano da quell’odore che evidentemente gli dava il voltastomaco: “ Strano però che schifi la ricetta del mio fratellone: era la sua preferita fino ad un mese fa” Per una volta Aredhel si trovava a dare ragione al castano: c’era qualcosa che stava mutando in Fingon e che forse lo stava ammazzando dall’interno; la situazione si stava facendo troppo strana. “ Fin’ ma sicuro di stare bene ?” domandò dopo un quarto d’ora Curufin, con una voce un minimo più normale dopo aver assunto il medicinale contro i suoi malanni; l’altro gli rispose con una smorfia infastidita “ Allora sei immensamente scemo !  Io mi chiedo come abbiano fatto quegli altri idioti che stanno di là a non ammazzarti in tutti questi anni…” stava praticamente urlandogli in faccia e tutt'a un tratto, improvvisamente, si acquietò “ Comunque sia, effettivamente sono circa due settimane che continuo ad avere queste nausee, i giramenti di testa, la notte non dormo, mi stomacano cibi che adoravo e poi sono sempre stanchissimo; non ho un secondo di pace da sti’ acciacchi, mamma mia…” Caranthir gli poggiò una mano sulla spalla e sarcasticamente gli chiese: “ Ma non hai pensato all’idea di andare da un dottore ?” “ No, guarda, domani pensavo di andare da un veterinario… MA CERTO CHE CI HO PENSATO, IMBECILLE DI UN FËANORION !” A Maitimo stava letteralmente salendo la furia omicida: avrebbe probabilmente staccato la testa di quei litigiosi a morsi se non fosse intervenuto Maglor a placare gli animi: “ Calmi tutti: facciamo che ora si va a mangiare e poi avrete tutto il tempo che volete per scannarvi, ok ?” Non si riusciva a dirgli di no ( soprattutto pensando al fatto che una volta avesse avvelenato i corn flakes del bruno perché non lo aveva ascoltato e aveva fatto freddare della roba) e quindi si andarono a sedere a tavola. 

 

Kanafinwe scolò la pasta e si mise a rimestarla nel sugo; preparò i piatti tanto velocemente che i suoi fratelli si chiesero perché mamma e papà non l’avessero chiamato Flash: distribuì le porzioni e si misero a mangiare. Durante il pasto chiacchierarono di come se la passavano e Atarinkë quasi finì con la faccia nel piatto per via della stanchezza causata dal palliativo che aveva preso ( Tyleko si ritrovò a doversi, praticamente, sdraiare per reggergli la fronte prima che ciondolasse nella direzione sbagliata); provarono a tenerlo sveglio facendolo parlare del lavoro in forgia, ma con scarsi risultati. Gli altri si divertivano un mondo e continuavano a fare il bis: il Nolofinwion aveva già preso otto giri, quando gli dissero di piantarla: “ Va bene che ho preparato tanto cibo da sfamare un reggimento, ma tu stai esagerando !” gli disse il quartogenito, sparecchiando “ Non è colpa mia se ho una fame boia…” replicò l’altro, con la stessa nonchalance di quando da bambino ti beccavano con la faccia sporca di Nutella.

 

Come tutte le volte che mangiavano insieme arrivò il momento giochi di famiglia; quando gli adulti erano a casa non potevano farli perché Nerdanel sarebbe potuta uscire dalla grazia dei Valar: non le piaceva affatto che i suoi figli corressero in giro per casa con degli altri ragazzi a cavalcioni sulla schiena. Si formarono le squadre ( come sempre il secondogenito si defilò per evitare di partecipare alle garette): Russingon, Turedhel, Carufin e Ambarussa erano le squadre che avrebbero dovuto gareggiare, i più grandi avrebbero portato i minori in spalla per la prima metà del percorso e poi avrebbero fatto a cambio; spostarono le sedie, il tappeto ignifugo e prepararono il tracciato. Findekano si appese al collo di Nelyafinwe e si mise in sella con l’agilità di un procione: non si capacitava di come diamine sarebbe riuscito a resistere fino al suo turno, ma avrebbe provato comunque a farcela; gli altri erano pronti a partire e, tra gli sguardi di sfida e i ghigni al pensiero di vincere, venne dato il via. Maedhros si mise a correre veloce come il vento, facendolo rimbalzare manco fosse una molla; con l’aria che gli scorreva tra i capelli e il naso nell’incavo del collo  del compagno, continuava a seguire ogni curva e si guardava le spalle: stavano staccandosi dal resto del gruppo e lui continuava a doversi abbassare per non prendere delle craniate colossali ( se non ne fosse stato follemente innamorato probabilmente lo avrebbe ucciso a fine corsa); fra pochi metri sarebbe toccato a lui fare da destriero ed era quasi sicuro che avrebbero vinto, come sempre dagli ultimi trent’anni in avanti. Arrivarono all’uscita posteriore che dava sull’esterno e finalmente dovette scendere; Nelyafinwe si inginocchiò per consentirgli di muoversi più velocemente e poi salì con un salto sul suo groppone ( lui non dimostrava affatto i suoi stessi impedimenti): iniziò a muovere un passo dopo l’altro e prese velocità riuscendo a percorrere in poco tempo gran parte del suo tracciato. Alle ultime due curve improvvisamente le palpebre gli divennero pesanti; il ramato pesava sempre di più e il fiato gli stava diventando cortissimo: sudava manco fossero ad un matrimonio a Battipaglia un mezzogiorno d’agosto e i capelli gli si stavano incollando alla fronte, senza contare che adesso le sue gambe erano diventate squacquerone e la vista gli si stava annebbiando. Non riusciva più a calcolare le distanze e proprio davanti al traguardo non riuscì a resistere oltre: cadde lungo disteso per terra, svenuto. Rimase in quella posizione a lungo, mentre il suo fidanzato tentava di farlo rinvenire con gentilezza e Caranthir lo pigliava a battoni ( alla faccia del rispetto per gli ospiti… i Nolofinwions sono inferiori agli ospiti secondo le regole di nostro padre… Curufin sei pregato di tornatene in cantina e non rompere i cabasisi all’universo mondo, gentilmente ! N.d.a) Aredhel propose di chiamare dei barellieri e Celegorm si mise a fare lo sbruffone: “ Andate tranquilli: lo porto io” Sì le ultime parole famose: dopo due metri traballanti col degente in spalla riuscì a sbattere il naso contro il controtelaio della porta, indietreggiare fino all’attaccapanni, batterci la nuca e cappottarsi su un lato, tra le risate dei fratelli; Maitimo era l’unico con la faccia esasperata e, continuando a stringere il naso del Biondo per evitare che la stanza divenisse una scena splatter perfetta per un film horror, avvicinò Amrod e Amras: “ Andate a Tirion e portatemi qui due coppie di portantini”... 

 

Si trovavano seduti in quella saletta da una buona mezz’ora: Tylekormo aveva un pacco di ghiaccio premuto sul setto nasale che ormai era diventato viola, Atarinkë non la piantava di starnutire, Moryafinwe sbuffava come un treno a vapore, Kanafinwe suonava l’arpa e cantava un motivetto capace di essere la causa di un omicidio ( se non fossero stati in luogo pubblico lo avrebbero riempito di legnate pur di farlo stare zitto), Russandol era iperteso e sembrava un tarantolato dato che non stava fermo nemmeno a pagare, mentre la Dama Bianca era gongolante visto che avrebbe scoperto cosa determinava i malesseri del primogenito; tutt’a un tratto sentirono un tonfo provenire dall’altra parte del muro. La porta era chiusa a chiave e quindi dovevano attuare il “ PIANO CRAPIN DE’ TOR”*1: come al solito, sarebbe stato Caranthir a tirare la testata al legno ( tanto, col suo carattere a dir poco orribile, aveva già sfondato un paio di pareti con conseguenti crisi isteriche di Fëanor, quindi il cranio non gli si sarebbe rotto certamente); il ragazzo prese la rincorsa e si schiantò contro l’asse lignea, buttandola giù. Nel bel mezzo della stanza il Valoroso cercava di fare riprendere conoscenza al medico, sdraiato per terra: “ Ci spieghi che è successo, accidenti a te ?” il giovane si voltò velocemente e mollò le gambe del dottore: “ Doveva dirmi che diavolo mi affligge ed è cascato in terra; non so che gli sia preso…” I presenti erano snervati ed ormai si erano rotti di tutta sta’ situazione, quindi aiutarono il Noldor a rialzarsi e si allontanarono: sarà stato un malanno passeggero. La figlia di Fingolfin rimase ferma sul posto, a guardare l’individuo che piangeva sulle macerie della sua porta: “ Non ho mai visto una cosa simile…” mormorava; a lei venne un dubbio “ Cosa intende, mi scusi ?” lui alzò lo sguardo lentamente: “ Numero uno, non mi è mai capitato che uno dei miei assistiti mi distruggesse lo studio; e numero due, non ho mai visto un Elfo, maschio, incinto” Aredhel rincorse suo fratello, rimasto in coda al gruppo, e lo scosse per le spalle: “ Ehi, presto sarai padre !” l’altro non capiva: “ Ma io non ho una moglie… ASPETTA UN ATTIMO !” La faccia di Irissë era autoesplicativa: “ Hai voluto farti il cugino Maedhros e adesso ne paghi le conseguenze, anche se non capisco come diamine sia potuto accadere” Fingon si tenne il capo fra le mani: “ Oh Gesù… come farò ad avere un figlio, a badare a lui, a partorire e cosa peggiore… a dirlo a papà !”

 

La tana della scrittrice 

Bună ! Ce mai faci ? Parto in quarta dicendo che il primo asterisco è composto da “ giulebbe” un modo antico per dire sciroppo e da una modifica del nome Robilas, una famosa marca di antistaminici; il secondo asterisco è un'espressione che si usa dalle mie parti per dire che uno ha la testa dura ( crapin de’ tor letteralmente significa “ testina di toro” e si usa anche per definire la consistenza del cranio). Dal mio personale punto di vista questo capitolo non è venuto al massimo delle possibilità ma il prossimo vi prometto verrà una cosa da spaccarsi dalle risate; intanto ringrazio tutti voi lettori silenziosi, e in particolare tirion87, per avermi dato un motivo di continuare questa fan fiction. Mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento; Saluti e baci hobbit 

Sempre vostro 

Merry

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Capitolo 3
*** La stessa delicatezza di una craniata ***


Capitolo 3: La stessa delicatezza di una craniata

 

Fingon passeggiava su e giù per le scale, teso come una corda di violino; aveva deciso di vuotare il sacco davanti a tutta la famiglia, dopo il pranzo a casa del nonno: ebbene, il fatidico giorno era arrivato e gli altri parenti erano nella stanza a fianco. Suo fratello e il suo amante erano andati a fare un giro, mentre sua sorella aveva passato l’intero pasto a lanciargli sguardi eloquenti per spingerlo a confessare. Iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli e a guardare il quadro raffigurante suo padre e lo zio: due bambini che si gridavano contro; adesso si stava immaginando come avrebbero reagito all’improvvisa notiziona. Decise di sedersi un attimo su uno scalino a riflettere; aveva quattro opzioni: uno, poteva entrare e dire tutto (possibilmente urlando, per fare un po’ di scena) due, poteva buttarla sul ridere; infine poteva buttarla in vacca, oppure scappare lontano, aspettare sei mesi e vivere una vita da solo col futuro erede. Nah, l’ultima alternativa era un tantinello drastica: decise di provare a comunicare la novella con tono calmo e pacato, come era solito fare il capofamiglia; sperava di cuore che non si sarebbero messi a litigare, ma tanto sapeva che sarebbe successo comunque e non sarebbe riuscito a impedirlo neanche se avesse pregato in cinese mandarino. Forse a qualcuno sarebbe preso un malore, ma andava bene così: sapeva che avendo una famiglia di melodrammatici, ognuno avrebbe fatto del suo meglio per esagerare la cosa e generare un casino di proporzioni bibliche ( a essere consapevoli di ciò si poteva desiderare solo di guadagnarci qualcosa entrando a far parte di un freak show, sempre se fossero esistiti); si mise a respirare profondamente, per farsi coraggio, e decise di andare senza indugio. Si avviò per il corridoio avvolto nella penombra fino alla porta; prese un un’ultima boccata d’aria e poi la spinse con delicatezza: la luce lo travolse e anche l’aria di casa lo investì.

Nella stanza c’era già di per sé una confusione pazzesca: il capofamiglia e la consorte stavano chiacchierando con la loro solita pacatezza senile, mentre Fëanor litigava con i suoi fratellastri ( come da copione); le donne stavano parlottando con tutta la calma del mondo di argomenti abbastanza generici e, se doveva dirla in tutta sincerità, futili, tutte tranne una: la figlia di Mahtan sonnecchiava in un angolo, in bilico su solo due gambe della sedia, con le mani intrecciate in grembo e un’espressione truce piantata in volto. Non si poteva certamente biasimare la sua stanchezza, pora signora, con la prole che aveva: difatti i suoi figlioli stavano facendo un macello, seminando il panico tra i cugini; erano in cinque, ma sapevano un sacco di tecniche per generare scompiglio, quindi le loro azioni avevano conseguenze della stessa intensità di un esercito composto da cinquecento persone. Il Valoroso si avvicinò con le dovute precauzioni ai ragazzi, quando una conversazione in particolare attirò la sua attenzione; Maglor era seduto su un divano, accerchiato dalla sua piccola “ Corte dei Miracoli” e stava disquisendo con il flavo Finrod: “ Mi chiedo come sia possibile che vostro fratello venga denominato con l’epiteto l’Alto se Turgon è indubbiamente poco più alto !” disse quest’ultimo con un leggero trasporto; il feanoriano si fece pensieroso per qualche istante e poi guardò il suo interlocutore come se fosse un idiota: questi rimase un poco sconcertato, ma quando comprese la malizia nello sguardo dell’altro, storse la bocca, scioccato: “ AHHHHHHHH ! PAPÀ AIUTO ! FALLO SMETTERE” si mise a strillare correndo a nascondersi dietro la sedia del padre. L’Immortale sospirò esasperato, stringendosi il setto nasale: vedendo il suo primogenito piagnucolante decise di fare qualcosa; si alzò e si diresse verso il cantuccio dove stava la cognata. La ramata sembrava una gargoyle di granito; il biondo si inginocchiò e si mise a pregarla: “ Oh cara Nerdanel ti prego, fa qualcosa per far smettere i tuoi giovani di dire frasi oscene ai miei pargoli” “ Perché mai ?” non aveva aperto manco un occhio: “ Sei tu la madre” “ Ah, vero”. La fulva, da brava donna polivalente e con grande spirito conviviale, mise mano alla cintura, senza tirar fiato; ne estrasse un martello e con un indice sollevò la manica che copriva l’avambraccio, mostrando un bracciale di metallo: si mise a battere lo strumento sull’indumento con la stessa forza con cui lo usava per plasmare le pietre, generando un canaio assurdo. I giovini smisero di sghignazzare e si radunarono intorno alla madre, sapendo che era adirata per qualcosa: “ Mnn… Mako ripeti a mamma ciò che volevi dire” il ragazzo andò nell’imbarazzo più totale: “ Non mi sembra il caso, Maman…” “ No no no ora sputi il rospo o non ti faccio più suonare l’arpa per un mese” quello si arrese: “ Mi hanno chiesto perché Mae viene chiamato l’Alto e io ho dato a intendere che lui… beh, lui ha… lui ha…” “ Va bene, basta così: non parlare più degli attributi che Yavanna ha donato a tuo fratello e tutto andrà bene; se l’ho chiamato il “ Ben Fatto” ci sarà pur un motivo…” lo interruppe e lo mandò via con un cenno della mano: il corvino se ne andò con il morale a pezzi mentre i minori lo prendevano per i fondelli; suo padre trattenne un risolino divertito e tornò a discutere animatamente con Nolo e Fina’. Intanto Findekano era in preda allo sconforto: non sapeva se dirlo o stare zitto, ma quando scorse gli sguardi omicidi della sorella decise, che se ci teneva alla propria esistenza ( o più semplicemente se non voleva che gli arrivasse una scarpa in piena fronte), doveva dire tutta la verità e nient’altro che la verità e anche in fretta. Prese una seggiola e la spostò in centro alla sala; lo zio corvino fu il primo che si accorse della cosa e smise di contemplare i meravigliosi capelli della cugina Galadriel pur di guardarlo mettersi in ridicolo: si issò con la dovuta precauzione e provò ad attirare l’attenzione degli altri familiari: “ Parenti carissimi ! Ho una gran bella novella da comunicarvi !” La sua voce era stata così gioiosa che a sua madre erano già cominciati i trip mentali: “ Oh tesoro ! Io me lo sentivo nelle ossa, so già tutto…” Visible confusion: il giovane arrossì un minimo e provò a non andare nel panico, mentre cercava l’uscita di sicurezza più vicina: “ Sai cosa di preciso, mamma ?” Lei ormai era partita per la tangente: “ Ma come, bimbo mio, sei così strano negli ultimi tempi sei così strano che è impossibile non notarlo...” o Eru Benedetto, forse aveva capito dove voleva andare a parare: “ È normale essere un po’ tesi per una cosa simile… dopotutto non è semplice prendere una decisione importante quanto quella di sposarsi !” 

 

First reaction: shock. Nel frattempo che si rendeva conto che sua madre non era quella gran perla di intelligenza che si era immaginato, tentò di fermarla; troppo tardi: già fantasticava su che aspetto potesse avere la futura nuora: “ Con il gusto che hai sono sicura che sarà una splendida ragazza di Kôr…” il problema era che il marito le dava corda; il primogenito iniziò a capire perché il padre di Mae riteneva suo papà un deficiente. Intanto era iniziata una vera e propria coda di persone che volevano fare le proprie prolisse felicitazioni; c’erano tutti tranne lo zio Arafinwë che stava ancora svuotando la dispensa ( da Ingoldo a Ingordo è un attimo) e non sembrava intenzionato a volersi staccare da essa. Irissë era lì lì per farlo fuori e il ragazzo era immerso nell’esasperazione più nera: quando gli presentarono l’ennesima mano da stringere e quelle congratulazioni senza un minimo senso logico, gli venne quello che a Roma chiamano uno sbrocco coi fiocchi e controfiocchi: “ ADESSO BASTA ! MAMMA, PIANTALA PER GIOVE E PLUVIO; LO DIRÒ UNA VOLTA PER TUTTE IN MODO DA NON DOVERMI RIPETERE: NON MI DEVO SPOSARE !” Silenzio tombale. La genitrice rimase alquanto sorpresa e, visto che le era caduta la mascella, il marito espresse il dubbio dell’intera famiglia: “ Se non devi andare a nozze nell’immediato, che devi fare, figliolo adorato ?” Vi era un clima tesissimo e nessuno osava rompere quella coltre di imbarazzo ( manca solo il rullo di tamburi dalla regia… Merry sei na’ poraccia, non c’hai una regia… Curufinwe Jr taci una buona volta, per cortesia o giuro che ti ammazzo ! N.d.a)

 

Un respirone profondo e il moro si posò una mano sulla pancia: “ Io aspetto un bambino !” il suo babbo era piuttosto confuso: “ In che senso ?” “ Sono, come posso spiegare con un termine semplice… incinto” 

Arakano dovette reggersi a qualcosa per non finire col fondoschiena sul pavimento; sua moglie ebbe un mancamento e venne sorretta dalla figlia, mentre Argon si avvicinò al ventre del maggiore: “ Esci subito da mio fratello, essere immondo !” Ëarwen, sua zia Teleri, riuscì a mantenere una quantità di autocontrollo tale da afferrarlo per le spalle: “ Guarda che non è mica un esorcismo” “ Ah, pensavo funzionasse in modo simile” rispose questo, con tutta la sua innocenza infantile. Aredhel, dopo aver posato la madre in un luogo tranquillo, si mise appresso al primo nato ed esordì: “ Certo che sei delicato quanto una testata in diagonale ! Potevi dirlo con un po’ più di tatto” I figli della casa di Finarfin si erano rintopati in un angolino e pian piano si erano affiancati a lui: “ Non sembra che tu abbia intrapreso una gravidanza” avevano commentato, con lo stesso aplomb di prima, come non fosse successo nulla o come se il suo stato fosse perfettamente normale; gli adulti confabulavano tra loro, tutti tranne Curufinwe e la sua mogliettina: a loro non gliene fregava un gran che di tutta questa faccenda, in cui non c’entravano nimanco per sbaglio. C’era un gran trambusto, gente che correva in giro, domande, mancamenti principi di malore, urli, strepiti, pianti abbracci carezze e maledizioni; in tutto ciò i figli di Fëanaro erano rimasti in disparte e si sussurravano nelle orecchie gli uni agli altri: dopo un po’ vennero da lui e tra mille complimenti iniziarono a fargli un sacco di questioni: “ Sicuro di esser gravido ?” gli domandò Curufin, con aria sospettosa. Gli annuì e fu subito il turno di Celegorm: “ Da quand’è che non ti viene più il ciclo ?” “ Non ce l’ho mai avuto, pezzo di imbecille !” Quello non si scompose: “ Allora, quand’è l’ultima volta che ti sei sbattuto mio fratello ?” Un violento rossore sulle guance: Tyleko era sempre stato bravissimo a gestire situazioni intime e personali “ Sarà stato circa tre mesi fa”; la loro reazione fu qualcosa di inaspettato: si misero a gridare, saltellando: “ Diventeremo zii ! Diventeremo zii !” 

In quel momento Nerdanel si accorse della cosa e cadde dalla sedia; lo disse al marito e al cognato: quest'ultimo si avvicinò al figlio con aria minacciosa: “ Fingon dillo al tuo papino, chi è il padre ?” “ Non credo di poterlo dire qui…” “ CHI È IL BASTARDO ?” ululò. Mentre la consorte provava a calmarlo il giovane confessò: “ Ma-Ma-Maedhros…” Fëanor si mise a strillare correndo in giro , in preda a una crisi isterica, e inveendo contro il fratellastro: in quell’istante Turgon e Russandol rientrarono e assistettero a quel finimondo. Il ramato fu assalito da una banda di persone che si volevano congratulare e non capendone il motivo chiese spiegazione; il suo fidanzato lo abbracciò forte: “ Maitimo, stai per diventare padre !” gli disse con le lacrime agli occhi. 

Quello si emozionò così tanto da svenire senza il minimo ritegno ( ok l’emozione, ma ha scelto il momento più sbagliato per fare una cosa del genere); invece Turondo si congelò con lo sguardo perso nel vuoto: era troppo per il suo povero sistema nervoso. In quel finimondo la cugina Nerwen fu l’unica a preoccuparsi per il giovine; rubò la sedia del padre con sue proteste: “ Figliola non mi ciulare anche tu lo sgabello !”; lei non gli diede retta e fece sedere il cugino: “ Ora non resta che organizzare il matrimonio” gli disse per rassicurarlo ed effettivamente al corvino si scaldò il cuore: forse non sarebbe andata così male, dopotutto.

Ma i feanorians devono sempre portare ancora più confusione in una situazione che è già un bordello di per sé: “ La seggiola non è stata l’unica cosa a esser ciulata !” esclamarono, ridendo come iene. 

 

Nessuno biasimi la loro povera madre che si mise a rincorrerli per tutta l’abitazione con il martello levato e pronto all’impatto con le loro teste.

 

La tana della scrittrice 

Halló allir ! Hvernig hefurðu það ? Perdonatemi infinitamente, ma non sono riuscita a finire il capitolo prima della mezzanotte quindi lo leggerete dal sedici. Questo capitolo non era nulla di particolare anche se Nerdanel che usa un martello come metodo educativo mi ha fatto crepare dalle risate; provate a dirmi cosa ne pensate nei commenti. Mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento, saluti e baci hobbit 

Sempre vostro 

 

Merry 

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Capitolo 4
*** Un matrimonio assai particolare ***


Capitolo 4: Un matrimonio assai particolare 

 

Fëanor si svegliò già con la luna storta: era ancora a letto, sognando di vedere il suo prossimo consuocero esplodere, quando qualcuno iniziò a fare casino; con la stessa radiosità di Ade, il Dio greco dei morti e dell’Oltretomba, si era alzato ed era andato ad aprire la finestra per vedere chi aveva imbastito tutto quel bordello. Aveva appena spalancato le imposte nel momento in cui aveva visto il fratellastro appena fuori da casa sua in compagnia dei quattro figlioli: Finarfin lo guardava ridendo ( come un pirla, avrebbe aggiunto il primogenito) e i nipoti stringevano dei flauti con cui suonavano in modo insopportabilmente stonato il Can Can; sembravano lieti e gai nel rompergli le palle e non perdevano la loro eleganza nel prenderlo per il naso. Dopo un attimo di confusione per quella serenata orrenda fatta alle cinque e mezza del mattino, l’Erede al trono decise di ricorrere a tutta la sua dote diplomatica ed educazione: li riempì di imprecazioni ( senza mancare di bestemmie ad libitum). “ Ma porca, di quella porca, di quella Varda !” Naturalmente la moglie si svegliò e anche a lei venne uno sbotto verbale perché voleva dormire; i figli uscirono in corridoio ( tutti tranne Maedhros e Maglor che, dopo essere stati torturati per anni da innumerevoli scassa scatole ogni domenica mattina che Iluvatar metteva in terra, indossavano dei tappi per le orecchie e avevano insonorizzato la stanza) e iniziarono a chiedere perché tutti stessero gridando in giro per casa: il genitore era lì lì per svenire dalla rabbia. I gemelli, stanchi di sentirlo maledire ogni autorità e clero esistente, provarono a placarlo con tutta la calma necessaria: “ Papi invece di far sapere a chiunque quanto vorresti vedere gli zii due metri sottoterra, che ne diresti di metterti di nuovo a letto e di riposarti per la grande giornata che ci attende quest’oggi ?” propose Amrod; l’uomo fu quasi preso da un attacco d’itterizia: “ Allora…LASCIAMO DA PARTE IL FATTO CHE MI SAREI POTUTO EVITARE QUESTA “ GRANDE GIORNATA” SE TUO FRATELLO NON FOSSE STATO TANTO IDIOTA, MA ORA NON POTETE TOGLIERMI LA SODDISFAZIONE DI STROZZARE COLUI CHE MI HA MANDATO IN BESTIA DA QUANDO ERO ANCORA UN PUPO !”Amras tentò, con molta ingenuità, di sostenere la sua copia: “ Va bene, ma solo per oggi non puoi metterci una pietra sopra ?” Il suo interlocutore si mise a ridere, tagliente come un coccio di vetro: “ Gioia di papà, c’ho messo così tante pietre sopra che mi sembra di vivere a Matera” la scultrice riuscì a non far degenerare la questione in tragedia, spingendo il marito verso il bagno: “ Vai a prepararti psicologicamente a questo trauma, amore; e ricordati che nessuno può spegnere il tuo buonumore !” questi le rispose distrattamente mentre chiudeva la porta: “ Anche perché non ne ho !”

 

Intanto a casa dei Nolofinwions, anche Fingolfin stava per ammazzare qualcuno ( o ammazzarsi a scelta): la pancia del suo primogenito aveva iniziato a crescere e sin dalle prime luci del giorno quest’ultimo stava sforzandosi in ogni modo per entrare nel vestito; peccato che andava in giro per chiedere aiuto a qualsiasi membro della famiglia e aveva dovuto rispondergli picche almeno trenta volte. Quando Anarië era andata a preparare la colazione e gli aveva questionato cosa voleva, le aveva dato quasi subito un responso: “ Un caffè russo, senza caffè, grazie”; lei lo aveva guardato malissimo, ma sapendo che sarebbe stata una giornata lunga e difficile lo aveva accontentato: ecco perché adesso si trovava seduto in cucina con un cicchetto di vodka in mano. Turgon gli si avvicinò, già tirato a lucido per fare da testimone a suo fratello, e si accomodò al suo fianco: “ Carico per oggi ?” Dovette trattenersi dal tirargli un pestone: “ Ma dov’è che dobbiamo andare ?” Era proprio duro a morire; a Nolo vennero in mente due opzioni: o suo figlio era cieco o era stupido per non riuscire a vedere che era a tanto così dall’avere una crisi di nervi. La seconda gli parve più probabile, ma non si stupì: con tutte le volte che lo avevano fatto cadere dal seggiolone, non poteva certo essere Einstein; tirò un sospiro seccato. “ Dobbiamo essere ai piedi di Laurelin alle dieci e mezza; tuo nonno sarà il garante del matrimonio” il suo interlocutore sembrava sorpreso: “ Ma non dovevamo iniziare alle nove ?” “ No, perché tuo zio deve finire di costruire una di quelle sue lampadine del cavolo: non capisco manco a cosa servono” “ Intendi i Silmaril ?” “ Quella roba lì; poi io mi chiedo: se ti serve una lampadina vai all’Ikea ! Vedi sto’ tirchio” Turondo se ne andò, molto confuso: evvai che un soggetto fastidioso era stato allontanato. Il nonsense era il loro pane quotidiano fino a un certo punto; mentre era ancora immerso nei suoi pensieri, sentì una mano sulla spalla: quella mattina la pace non era una possibilità contemplabile. Si voltò lentamente, per evitare di farsi venire un infarto, ma il bicchiere gli cadde in terra comunque: Findekano era fermo, immobile ad osservarlo, fasciato in un vestito blu col logo della casata, coi capelli acconciati a festa e una mano poggiata sulla pancia. “ Papi, come sto secondo te ?” davanti a quella voce incerta e spaventata non ebbe il cuore di dirgli che sembrava un saccottino alla marmellata: “ Sei meraviglioso: se Russo avrà qualcosa da ridire giuro che gli darò un cartone” il giovane rise di gusto: “ Nah non credo muoverà obiezione” l’adulto lo abbracciò e poi gli diede una seconda occhiata: “ Con questa veste sei come l’insalata” “ Magro ?” “ Proprio così” non gli fece notare che l’insalata oltre a essere magra fa anche schifo. Lo sposino novello si allontanò, saltellando in preda al giubilo, mentre il suo genitore finiva di sorseggiare il suo tonico salvavita, visto che il liquido non si era rovesciato; la moglie glielo rabboccò una volta finito e lo scosse con dolcezza ( quasi diabetica, ma tanto l’insulina in endovena se la sarebbe iniettata lo stesso in mancanza d’altro, per dimenticare quello che l’aspettava): “ Ricorda tesoro: oggi non dobbiamo fare spargimenti di sangue che sai quanto è difficile levarlo dai vestiti” L’uomo annuì e andò lentamente a prepararsi; sarebbe sopravvissuto anche a questa giornata. Probabilmente. Forse ( bah beh abboniamogli il fatto che non era sicuro di tornare a casa con la salute mentale ancora intatta).

***

Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la posso fare: questo mantra ( molto conosciuto da coloro che erano delle teppe a scuola) costituiva lo stupido jingle che Nelyafinwe continuava a ripetere senza sosta, nel vano tentativo di calmarsi; era evidente che non ce la potesse fare. Kano era seduto in disparte e arpeggiava incessantemente per provare la marcia nuziale: tutti i parenti avrebbero voluto strozzarlo, ma c’erano troppi testimoni oculari per passarla liscia. Gli altri fratelli stavano accogliendo gli invitati ( cioè tutta l’intera popolazione di Tirion e dintorni) e già molte persone si stavano accalcando intorno al ramato per chiedergli dove fosse la sua sposa o che tipo di ragazza fosse: meno male che sia suo padre che suo zio avevano tenuto segreto il fatto che si sposassero tra cugini, se no sarebbe stata rivolta popolare. Mentre il babbo ancora smadonnava contro i suoi fratellastri, la prole che continuava a fare casino in giro e in generale tutti quelli che si trovavano nel suo raggio d’azione ( circa otto metri) Aredhel corse verso di loro, col suo vestito elegante che frusciava in terra: “ È pronto, è una meraviglia, è uno spettacolo !” “ Sì, bah beh mo’ ti stai allargando un po’ troppo” Celegorm se la rideva come uno scellerato e subito venne colpito da una zoccolata di sua madre ( anche se in abito elegante, non perdeva certo il suo pragmatismo); tutti si misero ai propri posti, in trepidante attesa per la rivelazione della sposa, futura regina dei Noldor. Maitimo stava per svenire intanto che i suoi cugini lo fissavano divertiti, tentando di trattenere le risate; l’unico a venire in suo soccorso fu Curvo, che riuscì a trascinarlo alla bell’e meglio fino all’altare: finalmente la cerimonia poteva avere inizio.

 

Se siete pratici di serie televisive Kdrama vi sarà facile capire tutto il casino che accadde a quel matrimonio: un vero e proprio pandemonio. In primis quando Fingon si mostrò ai cittadini, loro avevano un’espressione a metà tra l’atterrito e lo sconvolto; il giovane camminava disinvolto, come se la sua pancia non fosse già evidente ( e non somigliasse molto a un organo distopico) nel frattempo che il suo fidanzato sveniva in pieno stile dantesco: fortunatamente c’erano i fratelli dietro a sorreggerlo. Dopo che questi si fu ripreso un minimo, la prima parte della funzione proseguì senza intoppi fino alla richiesta del consenso: quando Finwe chiese se c’era qualcuno contrario a quell’unione, i due Ambarussa intercettarono alcuni sguardi preoccupati degli altri figli di Fingolfin e decisero di agire in modo tale che il loro adorato paparino non potesse fare disastro; gli tirarono due poderosi calci in uno stinco. L’uomo invece di alzare il braccio e dire la propria a riguardo, strabuzzò gli occhi e sbottò a mezza voce; i ragazzini recitarono la parte dei finti pentiti: “ Scusaci papi, non lo abbiamo fatto apposta” “ Se è per questo io e vostra madre vi volevamo” “ In che senso papà ?” “ E io cosa ne so ? Siete voi che avete iniziato a sparare stronzate !” I rossi tornarono a guardare gli sposi, cercando di dimenticare quello che avevano appena sentito, intanto che il loro genitore si chiedeva perché non fosse andato al cinema quella sera; arrivò infine lo scambio delle promesse: a Maedhros tremava la voce: “ Io, Maedhros Nelyafinwe Maitimo Russandol Feanorion, dichiarò di prendere te, Fingon Findekano Nolofinwion, come mio legittimo sposo nella salute e nella malattia finché avvocato non ci separi” A tutti i presenti venne in mente che macello sarebbe successo se quei due fossero andati da Starbucks: probabilmente una tragedia. Finalmente giunse il momento più atteso: i due si baciarono per suggellare l’unione; tra le imprecazioni dei padri ( che cercavano di non vomitare per quelle effusioni), l’ovazione dei fratelli e gli applausi generali i due neo coniugi si sorrisero comprendendo a pieno che era il giorno più bello della loro vita. Infatti il peggio doveva ancora arrivare.

 

La tana della scrittrice 

ਸਾਰੀਆਂ ਨੂੰ ਸਤ ਸ੍ਰੀ ਅਕਾਲ ! ਤੁਸੀ ਕਿਵੇਂ ਹੋ ? Scusatemi per il ritardo ma ho avuto l’agenda piena di impegni negli ultimi tempi; anyway, vi prego di dirmi cosa pensate di questa storia e dei suoi sviluppi nella sezione commenti ( ringrazio ancora tirion87 per il supporto): come sempre mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento, saluti e baci hobbit 

Sempre vostro

 

Merry 

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Capitolo 5
*** La legge di Murphy colpisce ancora ***


Capitolo 5: La legge di Murphy colpisce ancora

 

I mesi passarono abbastanza lisci ( tralasciando il fatto che Findekano ruppe le balle a tutti quelli che gli stavano intorno a furia di fabbricare vestitini e leggere libri sulle prime fasi di vita di un lattante) e la coppia stette piuttosto bene: Maedhros assisteva il padre alla forgia dall'alba alle sette di sera, mentre il marito stava a casa in compagnia dei cognati e poi andavano insieme fino alla loro abitazione, sopra la più grande birreria di Tirion; se ve lo state chiedendo, no non si fermavano a bere un goccetto. Comunque anche oggi il caro Nolofinwion era alla magione di Feanor, a tediare i cugini coi suoi soliti discorsi sull’importanza della supervisione sui piccoli nuovi nati, mentre questi scaricavano degli scatoloni dalla soffitta; erano sudati marci, stroncati dall’afa bestiale e infastiditi dalla vita in generale, ma continuavano pazientemente ad ascoltarlo: tutti tranne Caranthir, che avendo finito il suo flacone di Diazepam non era ben in grado di gestire la propria rabbia. “ Hai due mani, potresti usarle per fare qualcosa” “ Hai due gambe, potresti usarle per andare a fanculo” neanche Maglor era dell’umore adatto per mettersi a discutere: “ Mi è stato detto che Fin’ deve riposare, quindi lui non si muoverà da quella poltrona !” concluse, zittendo il fratello; non era mai stato tanto esplicito in tutta la sua esistenza. La prossima mamma provò ad alzarsi per dare una mano ( il senso di colpa iniziava a farsi sentire); ecco, non si potrebbe definire una delle cose più intelligenti che abbia mai fatto: infatti, fu colto da un dolore lancinante, che manco avesse sbattuto il mignolino contro lo spigolo del tavolo. Le lacrime iniziarono a scendergli copiosamente sulle guance, intanto che nessuno lo notava; provò a incespicare lentamente verso i cugini, ma riuscì solo a cadere di schiena sul pavimento, come una cimice che si schianta su una lampadina: e proprio come queste non riuscì a rimettersi in piedi nemmeno a pagare. Gli altri ragazzi continuavano a trasportare i cassoni verso l’esterno, manco avessero delle fette di salame sugli occhi; il primo ad accorgersi del fatto che fosse spiaggiato come una balena fu Celegorm: non sentendolo più blaterare, aveva buttato la testa oltre la spalliera del divano e lo aveva visto quasi morente sul tappeto. “ Oi, tutto a posto ?” Il gene dell’intelligenza particolarmente affilata doveva essersi fermato alla generazione di Fingolfin, non c’era altra spiegazione: “ O sei cieco o sei scemo… AIUTAMI, PER LA BONTÀ DI ERU !” Anche la finezza dell’erede di Nolo era andata a farsi benedire ampiamente; fortunatamente i giovani che erano fuori sul vialetto sentirono i suoi lamenti disperati e gli furono subito accanto: lo sollevarono e lo poggiarono su una seggiola con la stessa delicatezza di uno scaricatore di porto. Tutti erano pallidi e terrorizzati, tranne Curufin che appariva assai perplesso: “ Io non sono un idraulico, ma posso dire una cosa” il maggiore si strinse il setto nasale, sospirando: “ Inizio a dubitare della tua paternità: cosa diamine c’entra il fatto che non sei un idraulico ?” “ Gli si sono rotte le acque” rispose il ragazzo, con tutta la calma del mondo, indicando una macchia che si stava allargando sui pantaloni del cugino; il musicista uscì dai gangheri “ STAMMI A SENTIRE, MISTER OVVIETÀ: MI SEMBRA CHIARO CHE STIA PER PARTORIRE, QUANTO È VERO CHE TU SEI UN FULMINATO !” Intanto il Valoroso stava andando nel panico: sentiva un male caino e nessuno tra quella banda di pazzi sembrava essere in grado di aiutarlo: “ Posso alzarmi, accidenti a voi ?” lo aiutarono a reggersi sulle gambe; i gemelli vennero mandati alla ricerca di Nelyafinwe, mentre il terzogenito e il quartogenito cercarono in giro per tutta casa degli stracci per pulire il casino che il corvino si stava lasciando dietro. Man mano che il dolore si faceva più acuto Findekano perdeva la propria indipendenza: dovette lanciarsi su Curvo, prendendolo di sorpresa, e accasciarsi su di lui. Questi non riuscì a levarsi di torno in tempo e se lo ritrovò in braccio; inutile dire che si mise a imprecare come se non ci fosse un domani, visto che odiava il contatto fisico: “ VAI VIA, PER L’AMOR DEL CIELO ! E PIANTALA DI PIAGNUCOLARE; MAG, FA QUALCOSA ! “ Makalaurë, che stava correndo a preparare la stanza, si fermò un secondo a pensare, facendo oscillare leggermente lo chignon fatto alla bell’e meglio; si morse il labbro inferiore, con espressione concentrata: “ Non essere egoista come a tuo solito, fagli da supporto morale” quando Atarinke provò a replicare venne zittito all’unisono dai più grandi; non gli rimase che attenersi alle direttive, a suo modo: “ RESPIRA, BRUTTO DEFICIENTE ! A VOI FIGLI DI INDIS NON È STATO INSEGNATO A MUOVERE QUEL DIAFRAMMA QUANDO SIETE NATI ? MIA NONNA MORTA RIESCE A FAR ENTRARE PIÙ ARIA IN QUEI POLMONI” Se avete presente l’allenatore di Rocky, avete in mente l’immagine giusta; non penso che sia il tipo di supporto che Fin’ si aspettava o sperava di ricevere: respirava come se avesse appena corso la maratona e la milza gli stesse per esplodere. 

 

Dall’esterno provennero dei suoni di gente che si affannava; Moryo guardò fuori dalla finestra e vide una scena per cui non sapeva se sbracarsi dalle risate o astenersi, in sconfortato silenzio: suo fratello, ancora in tenuta da lavoro, stava varcando il cancello di casa a velocità folle mentre il suo babbo, lo zio e tre dei loro cugini gli arrancavano dietro. “ Aprite la porta prima che quel bamba la sfondi…” Appena in tempo: Amrod e Amras entrarono come dei treni e Maedhros si trovò sul primo scalino senza nemmeno sapere come; il marito si fiondò su di lui ( un parolone; diciamo, piuttosto, che si trascinò annaspando). “ Russandol, Turgon, papi… mi dareste una mano a salire le scale ?” sentendo la voce incrinata dell’innamorato, Maitimo decise che per una volta poteva anche fare l’eroe e non sempre il personaggio secondario: prese il coraggio a quattro mani e sollevò l’amato, sentendo tutti i legamenti del ginocchio che andavano in culo ai lupi, per portarlo al piano di sopra; ogni passo divenne un’agonia, ma tanto con tutte le volte che i suoi fratelli lo avevano malmenato aveva imparato a memoria il numero del CTO. Arrivò in cima alle scale che l’ernia gli era partita da tempo e depose il fardello; Fingon si guardò indietro un ultima volta prima di entrare nella stanza e vide il consorte che gli sorrideva intanto che si massaggiava la base della spina dorsale: se fosse sopravvissuto a quell’inferno si sarebbe sicuramente messo a dieta. Sua sorella e suo padre lo presero per le spalle e lo condussero dove lo aspettava già il suocero; presto ci sarebbero stati casini ben più grossi di un mal di schiena… 

 

Dopo circa un paio d’ore la porta si riaprì; Russo entrò traballando sui propri piedi manco fosse appena stato a un festino a base di “ zucchero a velo” e alcol ad Amsterdam: forse lo stracchino che trovate nel banco frigo del supermercato è più solido. Il suo ragazzo era steso sul suo letto, con gli occhietti semichiusi dal sonno, mentre Fëanor e Fingolfin erano immersi in un bagno di sudore assai ragguardevole: “ Fammelo fare un’altra volta e ti prometto, figliolo, che ti diseredo !” esclamò il maggiore dei due adulti, porgendogli un fagottino urlante; l’altro annuì stancamente: “ Assistetti a quattro parti illo tempore, ma nessuno è mai stato tanto stancante per me, parola d’onore”. Russo non li stava ascoltando: era inginocchiato a fianco del compagno e insieme stavano accarezzando il faccino del piccolo Gil-Galad: “ Ma guardalo, che amore…” sussurrò il moro: “ Ha preso tutto da te questo angioletto” disse il fulvo. “ Speriamo che il carattere lo abbia preso dai suoi zii !” disse Tyleko: i Feanorians si erano fatti avanti, stufi di non essere calcolati da nessuno, e ora ridevano e facevano casino, come sempre; il rosso sospirò: “ Ma speriamo di no ! Tu sei un matto che si alza alle tre di notte, Mako è perennemente depresso e canta a squarciagola tutto il giorno, Caranthir non riesce a stare con le mani in tasca, Curufinwe sembra una statua di granito, mentre Amrod e Amras sono due dispettosi che non sto nemmeno a dirti; ci tengo ad avere ancora una vita, io !” Tutti risero di gusto, tranne il Fosco e l’Astuto; un giorno l’avrebbero fatta pagare al loro fratello, un giorno lo avrebbero ammazzato…ma non era questo il giorno: non avevano ancora trovato il veleno da mettergli nei corn flakes.

 

La tana della scrittrice 

Бүгдээрээ сайн уу ! Юу байна ? Oggi vorrei dedicare questo capitolo a Tirion87; mi sono divertita un sacco a scriverlo e spero che sia venuto bene. Non c’è altro da dire quindi… mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento, saluti e baci hobbit 

Sempre vostro

 

Merry

P.S: per l’altra fan fiction “ Sei di picche […]” la pubblicazione viene rimandata al mese prossimo ! 

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Capitolo 6
*** E vissero per sempre come una felice famigliola di dementi ***


Capitolo 6: E vissero per sempre come una felice famigliola di dementi

 

Otto anni dopo…

 

Fingon non aveva mai corso così tanto in vita sua: quel ragazzino doveva avere in sé tutta la forza dei Valar per continuare a fuggire in quel modo. “ Gil-Galad, se non la pianti giuro che chiamo tuo padre !” Una risatina riempì l’aria; quel monello era nascosto da qualche parte: dovevano partire, non aveva tempo per i giochi. L’adulto allungò il passo verso la scala che portava al piano di sopra per andare a riprendere la peste, quando accadde l’inaspettato: battè il mignolo del piede contro lo spigolo del tavolo; mentre bestemmiava in tutte le lingue conosciute e non per essersi dimenticato di nuovo che non si gira scalzi per casa, il moro richiamò nuovamente il bambino: “ ADESSO BASTA ! GIL-GALAD, VIENI SUBITO QUI O LE PRENDI ! GLI ZII E I CUGINI CI STANNO ASPETTANDO E TU NON SEI ANCORA DEL TUTTO VESTITO; SCENDI O LA PAGHE…” “ Non c’è bisogno di scaldarsi tanto” Maedhros era apparso sulla soglia: calmo e pacato come sempre ( il marito divenne verde d’invidia per la sua imperturbabilità) si avvicinò, con un sorriso stampato in volto; lo cinse tra le braccia e gli posò un bacio sulla fronte: “ Dalla mia personale esperienza posso dirti che più userai un tono duro con un bimbo più lui farà il contrario di ciò che dici. Guarda tesoro, proviamo così…” disse, quasi con aria serafica; salì lentamente i gradini, la lunga treccia fulva che gli dondolava sulle spalle: “ Tesoro di papà, vieni giù che ci sono i tuoi cuginetti che chiedono di te” la sua voce era dolcissima, come il miele, tanto da far venire il diabete. Qualcosa gli cadde in testa e ruppe la magia dei calmanti ( quando sei genitore da un po’ di tempo ti viene da ricorrere a questi trucchetti); il fulvo cambiò espressione nell’arco di mezzo secondo: passò dal ragionevole al “ mo’ ti ammazzo, perché non sono andato al cinema quella sera ? Perché sono scemo in ultima analisi ” con la stessa facilità con cui si tracanna un bicchiere d’acqua. Non era affatto una buona cosa. Somigliava tanto a una pentola a pressione pronta a esplodere: “ Maledetto me il giorno in cui ho deciso di riconoscerti…” si strinse il naso “… ALLORA VIENI GIÙ SUBITO O TE LE DO, PORCA VARD” Il ragazzo dovette fermarsi prima di finire l’imprecazione: suo padre e suo zio lo stavano fissando come due vecchie arpie; dalle loro facce sembrava che lui avesse appena ammazzato qualcuno. Era chiaro che da bravi nonni DOC non avrebbero mai permesso che il loro nipotino fosse punito per una cosa che effettivamente aveva fatto; Fëanor si fece appresso al figlio con aria di rimprovero: “ Nelyafinwe Fëanorion ! Non azzardarti a toccare quella splendida creaturina che non ha fatto niente di male: vieni amore del nonno, fatti abbracciare” Un ragazzino moro, dalla chioma mossa, le iridi grigie e il volto ridente si fiondò giù per il corrimano e abbracciò forte forte le caviglie dei due fratellastri: “ Nonii ! Che bello che siete qui; c’è il bisnonno, vero ? E Celebrimbor ? E i cuginetti ?” la sua voce infantile suonava strana per via dei buchi lasciati dai denti che aveva perso e tutti si costrinsero a non ridere. Ricevette una tenera pacchetta sulla testa il che significava che doveva stare stare zitto ( i suoi genitori si ricordavano una sleppa mostruosa al posto di una carezza, ma va beh) e venne accompagnato fuori dove gli altri parenti li stavano aspettando.

 

A Maitimo partì una risata fragorosa alla vista dei suoi fratellini: sembravano usciti dalla serie televisiva “ The walking dead”; c’era chi dormiva in piedi come i cavalli, con le occhiaie fino al mento e il rivolo di bava che scendeva da un angolo della bocca e chi invece sbadigliava senza tregua, cercando di stare vigile e attento seppur con scarsi risultati. Da quando era nato il secondo piccolo di casa, Telperinquar figlio di Curufin, nessuno in tutta Tirion riposava più per colpa dei suoi pianti disperati; il suo dolcissimo babbo aveva occhi solo per lui e sembrava essere diventato improvvisamente un cretino: molto spesso si dimenticava persino di fare la spesa tanto era occupato a far giocare il piccino. Adesso i due ronfavano nella grossa, seduti su una panca in cortile, mentre Finwe li osservava con una malcelata compassione nello sguardo: “ Mamma mia, come mi ricorda i vostri papà: quando siete nati voi erano sempre dormienti con i fagottini tra le braccia” mormorò ai nipoti, intanto che questi passavano; era difficile credergli, ma visto che erano accaduti un sacco di fatti strani da quando erano diventati genitori non ebbero il coraggio di muovergli obiezioni. Il figlioletto si mise subito a fare casino; Tyleko gli tirò dietro un sasso del selciato: “ Taci, per l’amor di Eru !” gli urlò adirato. Sì certo, ci credevano tutti: il giovane aveva giurato e spergiurato che quel ragazzino non significasse nulla per lui, fino a quando non lo avevano trovato a raccontargli una favola alle tre del mattino; da lì tutto era degenerato. Tutte le volte che Celegorm usciva si portava dietro i due nipoti, uno per mano e l’altro in spalla, e spesso tornavano a casa con qualche regalino comprato dallo zio; stava intere giornate a sentirli sproloquiare su cose senza senso, facendosi pure prendere dai loro discorsi e proponendo idee sempre più folli da provare: Turgon li aveva trovati appesi a testa in sotto ad un albero ( il problema era che non aveva fatto nulla per fermarli, anzi li aveva incoraggiati a provare una nuova posizione !). Anche gli altri zii non scherzavano mica, cosa pensavate ? Che fossero normali ? Ahahaha no, ma quando mai: Makalaurë li aveva portati a cantare a squarciagola nella piazza principale di Kôr durante la festa del raccolto, Caranthir aveva fatto partecipare il maggiore a una rissa da osteria e lo aveva quasi fatto entrare in un bordello se non fosse stato per il nonno materno che lo aveva preso per la collottola e portato via, i gemelli li avevano portato a pescare al fiume e, nessuno pareva sapere come, i quattro erano caduti in acqua; Aredhel li aveva fatti vestire da principesse ( il motivo è ancora sconosciuto ai più) e li aveva truccati, mentre Argon li aveva istruiti all’arte dei saltimbanchi. I nonni probabilmente erano i peggiori: Anairë cucinava notte e giorno pur di poter ingozzare di cibo i bambini, Fingolfin provava a insegnare loro a combattere più o meno bene e li portava in forgia; Nerdanel li faceva lavorare alla cava e Fëanaro era diventato un essere tutto zucchero e miele, viziandoli come se non ci fosse un domani. E fu così che i due coniugi si ritrovarono in casa un ragazzetto che voleva diventare inventore e scultore, si appendeva agli alberi, pescava e cantava tutto il santo giorno, non era mai in casa e combinava più casini che altro: va beh, pensò Maitimo mentre tentava di far salire il bimbo a cavallo, cosa vuoi che ci sia di tanto strano ? Se io quando ero piccolo mi tuffavo dalle scogliere solo per vedere che faccia avrebbe fatto mio padre, chissà che cosa farà lui ( avrà preso da Fin’ il resto dei suoi problemi mentali); teniamocelo così finché dura. Speriamo solo che da grande non debba diventare un elfo dalle grandi responsabilità, se no è la fine.

 

La tana della scrittrice 

Mhoroi vanhu vese! Makadii ? Sfortunatamente questa fan fiction è giunta al capolinea: ho amato tanto scriverla quanto spero che voi abbiate amato leggerla; vi chiedo di dirmi cosa ne pensate nei commenti. Sperando che Gil-Galad non faccia lo stesso casino epocale del nonno, io vi saluto; mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento, saluti e baci hobbit 

Sempre vostro 

 

Merry

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