Dark Paradise

di damnslyth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A te, fra tre anni ***
Capitolo 2: *** Il Sentiero ***
Capitolo 3: *** Verso l'albero su quella collina ***



Capitolo 1
*** A te, fra tre anni ***


 

Dark Paradise


 
 
                                                                   
                                                                      

 
    All my friends tell me I should move on
I’m lying in the ocean singin’ your song
Lovin’ you forever can’t be wrong
even though you’re not here,
I won’t move on.
And there’s no remedy for memory
your face is like a melody
it won’t leave my head
Your soul is haunting me
and telling me
that everything is fine
but I wish I was dead.
 
 
 

Sono passati tre anni da quando te ne sei andato, Eren. Dal momento in cui ti ho perso, come ho sempre temuto, tutto è stato difficile. Occuparmi di me è stato difficile. Semplicemente alzarmi e lavarmi il viso mi sembrava un’impresa straordinaria. Armin mi è sempre stato accanto, anche Annie e gli altri, ma soprattutto lui. Ho passato giorni senza dire niente, a sentirmi un’ombra intrappolata in un corpo che provava un dolore insopportabile. Stava lì, costante, sulla bocca dello stomaco. A volte saliva in gola e mi sembrava di soffocare, altre riuscivo ad abbandonarmi e piangere. Ho pianto tanto. Abbiamo pianto tanto. Non ci fosse stato Armin probabilmente non ce l’avrei fatta, o forse sì, il mio istinto Ackerman pare essere rimasto anche dopo che grazie a te il potere dei giganti ha smesso di esistere.
Non sono mai riuscita a farmene una ragione. Mi sono posta mille domande, ogni giorno, senza avere mai una reale risposta. Ero così logorata da non essere in grado di stare in mezzo agli altri; per me era inconcepibile festeggiare la gioia di essere vivi e finalmente liberi, mentre la mia sola presenza ricordava loro di te e li rattristava rovinando l’atmosfera conviviale. So che non dovrei ammetterlo, ma spesso provavo rabbia nel vederli ridere insieme attorno a un fuoco caldo o alla tavola di qualche locanda. Mi sembrava fosse arrivata la felicità meritata per chiunque, tranne che per me. E anche per te. Riesci a capirlo, Eren? Ho sacrificato i miei sentimenti, offrendo il mio cuore, e tu la tua umanità per regalare una vita a tutti ma non a noi. Tornassi indietro lo rifarei, certo, io voglio bene ai nostri amici, ai nostri compagni, e quando non sono troppo impegnata a essere amara vederli sereni è come un balsamo per le mie ferite. Ma è così dura sopravvivere. Parlo di sopravvivere perché… è questo che sto facendo. Non riesco a tenere fede alla promessa fatta a me stessa, quella di vivere pienamente, quella volta che ho pensato di stare per morire e tu sei venuto a salvarmi appena trasformato in gigante.
<< Mikasa, Eren non si è sacrificato per vederti così >>.
E’ stato questo che mi ha detto Armin nei momenti più duri, quando a malapena mangiavo e mi alzavo dal letto. E’ stato come uno schiaffo che mi ha permesso di agire. Ma non è che da lì io stia vivendo come vorrei o come avresti voluto tu. Non ce la faccio, non ancora. Così ho scelto di non rimanere con loro a Marley, ma di tornare nella nostra isola. Sono andata a vivere in una casetta piccola molto simile a quella che abbiamo entrambi sognato, vicino all’albero in cui ti ho sepolto e dove tutto è iniziato. Historia si è occupata di ridare una casa a quelli che, come me, non ne avevano più una.
 
Eren… dopo averti ucciso, ho stretto a me la tua testa per interminabili chilometri. Ho percorso vallate, attraversato fiumi, sofferto la sete, la fame e il freddo per arrivare fino a quell’albero oltre la collina. Come un’anima in pena. Quando ho costruito la lapide non mi ricordo quanto tempo abbia passato a piangerci sopra, forse l’intera notte, forse anche la mattina dopo. Fu Armin a prendermi tra le braccia e portarmi via, dopo avermi raggiunta, con la sua premura rispettosa che noi bene conosciamo. Non volevo andarmene da lì.
Mi ha portato con sé a Marley, dove c’erano gli altri. Stavano in tendoni improvvisati dato che dopo la Marcia dei Colossali, cessata allora da pochi giorni, non c’era più traccia di niente, solo distruzione e cadaveri. Hai dovuto spingerti davvero a così tanto?
Quando siamo giunti insieme mi hanno accolta tutti con tanto affetto. Connie mi ha sorprendentemente abbracciata, Annie è rimasta in disparte ma con gli occhi visibilmente lucidi. Reiner non ha detto nulla e Jean… stava seduto a fissare il vuoto e a scuotere la testa. Credo stesse pensando Sei stato solo un dannato con tanta fretta di morire.
Come già ti ho accennato, sono rimasta lì per quasi tre settimane. Nel letto, inerme. La sera del giorno in cui Armin mi ha scrollata con quella frase mi sono unita a loro a cenare attorno al fuoco per la prima volta, ma a metà serata mi sono allontanata. Proprio come hai fatto tu, Eren, al congresso di Liberio quando hai deciso di abbandonarci definitivamente. Armin mi ha seguita.

<< Mikasa, dove stai andando? >>.
L’ho guardato negli occhi e ha capito, supplicandomi preoccupato: << Non devi stare da sola, ti prego, rimani qui con noi >>.
<< Armin, io… ti prometto che mi prenderò cura di me, ma ho bisogno di tornare all’isola e riordinarmi un po’. Ci rivedremo >> ho risposto, stringendogli le mani con convinzione. << Grazie per esserti occupato di me >>.
E l’ho lasciato. Li ho lasciati.
 

   - - -


Ho preso questa casa, l’ho ordinata con cura, l’ho pulita e addobbata. Sistemare lei era come sistemare la mia testa e il mio cuore. Qualche volta sono pure riuscita a provare un senso di… serenità. Ricavare il mio spazio personale, riscoprirmi dedicandomi ad attività nuove mi faceva bene. Ma poi, una volta finita e pronta, quel tremendo dolore è tornato a risucchiarmi. Soprattutto le notti da sola erano difficili. Ti ho sognato spesso, ti sogno spesso. Ti vedo in lontananza in quello che sembra essere il Sentiero, allungo la mano verso di te, tu fai lo stesso, ma non riusciamo a toccarci. E mi sveglio.
Allora ho preso e sono andata da Historia. Ha avuto una bambina e l’ha chiamata Ymir, sai, è molto carina. Avresti dovuto conoscerla.
Quando mi ha vista si è come pietrificata. Non ho saputo decifrare bene cosa le passò per la testa.
<< Mikasa… tu, qui? >>.
 Mi ha invitata a bere un tè dentro e ci siamo raccontate un po’ di cose. In realtà, ora che ci penso non abbiamo parlato molto, le ho detto cos’era successo, che eri morto, che Armin e gli altri erano a Marley, poi siamo rimaste pressoché in silenzio a guardare oltre la finestra. Ci destava dai pensieri la bambina. Giocare con lei mi ha ricordato da piccola quando avevo una famiglia e una vita normale, prima che i miei genitori venissero uccisi e tu, Eren, arrivassi e mi salvassi dai briganti. Ho pensato per un momento di poterla riavere, una vita.
Historia non era sorpresa dal mio racconto su com’erano andate le cose e dall’annuncio della tua morte. Sembrava aspettarselo.

<< Ascolta, Mikasa, posso aiutarti in qualche modo? Puoi chiedermi qualunque cosa >>.

I miei occhi hanno incrociato i suoi, azzurri limpidi ma velati di tristezza, forse come dovevano apparirle i miei. Non so cosa mi ha preso, ma in quel momento gliel’ho chiesto spontaneamente.
<< Vorrei lavorare per voi, Vostra Altezza. Potrei aiutarvi a tenere a bada gli Jaegeristi, proteggervi, io… >> ho abbassato la voce, un po’ insicura, e anche lo sguardo << potrei addestrare nuove reclute. So di non eguagliare i Capitani dei vecchi distretti ora non più esistenti, ma potrei diventare il nuovo comandante >>.
Due secondi dopo mi sono resa conto di avere Historia addosso. Mi stava abbracciando mentre piangeva silenziosamente. Sono rimasta sorpresa e l’ho stretta piano.
<< Oh, Mikasa, è un’idea meravigliosa >> si è staccata per guardarmi e sorridere in un modo che ho trovato caldo e sincero, alla Historia, mentre si asciugava le lacrime << mi sono sentita così inutile e sola, in tutto questo tempo. Pensavo nessuno di voi sarebbe tornato così presto a Paradis; l’idea di averti accanto a proteggermi mi fa sentire tranquilla. Sei l’unica persona che conosco davvero e di cui mi posso fidare >>.
Mi sembrava quasi impossibile, ma a pensarci bene era così. Aveva sposato un vecchio amico di infanzia ma che per lei era pressappoco uno sconosciuto e nell’isola erano rimasti solo i tuoi compagni più estremisti. << La tua presenza e forza potrà aiutarmi a tenere le cose sotto controllo. Dobbiamo essere pronte a tutto, non farci cogliere alla sprovvista. Un giorno l’umanità oltre le mura potrebbe decidere di fare una rappresaglia, come no, oppure i cittadini dell’isola agire per vendetta verso Eren. Non so cosa ci aspetta, ma non abbassiamo la guardia >>.
 Mi sono ripresa e alzata, facendole eseguire lo stesso.
<< Allora è deciso, mi presenterò domattina >>.
Ha annuito veemente. Ho salutato entrambe e sono tornata a casa a prepararmi la divisa e una piccola valigia, avrei soggiornato per un po’ a palazzo. Non so se ho fatto la scelta giusta, ma essere un soldato e indossare la divisa contribuivano a mantenere salda la mia identità e a darmi un nuovo scopo per tirare avanti e non abbandonarmi alla disperazione. Non volevo credere alla teoria di Historia di una nuova e futura guerra, in questo modo la tua morte, Eren, sarebbe stata vana, ma la mia presenza accanto a lei avrebbe indotto a mantenere la pace ottenuta.
Quella sera ho camminato e sono arrivata all’albero, sedendomi accanto alla tua lapide, appoggiata al tronco.  << L’ho fatto anche per te, Eren. L’hai sempre voluta proteggere, ora lo farò al posto tuo >>.
 

- - -

 
I miei tre anni come comandante sono stati un diversivo al dolore che mi trascinavo dietro ovunque. Ho addestrato qualche nuova recluta, ricordando i miei momenti con te, ma soprattutto sono stata accanto a Historia. A volte mi sembrava di rispecchiarmi in lei, così provata, piena di pensieri, infelice. La bambina era l’unica cosa che le procurava gioia e le scaldava visibilmente il cuore. A volte provavo invidia nel vederla avere accanto una persona che amava con ogni cellula del suo corpo, mentre io se non ero in una delle stanze del campo, da sola, ero nella casa, sempre sola, o seduta accanto a te.
Aggiornavo Armin e gli altri da lontano tramite lettere e piccioni viaggiatori. Tenevo a bada gli Jeageristi. Ah, Eren, hai impersonificato il demone e sei morto, ma un’ideologia è dura a morire. Se solo sapessero la verità, chissà che magari non smetterebbero di volerti vendicare. Spesso immagino i pochi superstiti oltre le mura credere tu sia stato davvero un mostro e nient’altro. Sicuro in parte lo sei stato per sterminare tutte quelle persone innocenti, ma non eri solo quello. Eri molto di più, ma loro forse non lo sapranno mai.
Armin veniva a trovarmi di nascosto nell’isola, qualche volta. Mi portava rifornimento di cibo buono di Marley; mi aggiornava sui loro piani come ambasciatori di pace, stava qui tre giorni, poi ripartiva. Cercava di convincermi in tutti i modi ad andare con lui.

<< Presto torneremo anche noi, è questione di tempo. Dobbiamo organizzare meglio la diplomazia, i vari trattati, poi verremo a vivere qui >> mi ha detto uno di quei pomeriggi, mentre pelavamo insieme le patate che la nostra Sasha amava particolarmente.

<< Appunto per questo vi aspetterò. Devo proteggere Historia e spianarvi la strada con gli Jaegeristi, serve io rimanga qui >>.

<< Mikasa, non… ti pesa continuare a essere un soldato? Non vorresti vivere finalmente in pace? Magari, trovare qualcuno? Provare a frequentare qualche ragazzo. Ahi >> si era tagliato il pollice. Ho preso a bagnare la ferita con un po’ di alcol e a bendargliela. Ha fatto un piccolo sorriso imbarazzato: << Non mi sono ancora abituato al fatto che i tagli non mi si rigenerano più. Dovresti vedere Reiner, è così spericolato da rischiare spesso di morire dissanguato; non ci fossimo noi a fermarlo lui continuerebbe a fare cose con il sangue che zampilla >>. Ho provato a immaginare la scena e ho sentito una leggera loro mancanza.
<< Ecco fatto >> e ho ripreso a pelare patate e tagliare le verdure. Armin mi ha continuato a guardare in silenzio.
<< Mikasa, ecco, io… >> è diventato rosso e si è messo a toccarsi la nuca << voglio chiedere ad Annie di sposarmi >>.
Ho esitato un attimo e preso un bel respiro, ferma, prima di proseguire con quello che stavo facendo. << Armin, sono davvero felice per te >>.
In parte era vero, in parte no. Sembrava sottolinearmi di nuovo come fossi condannata a essere infelice e bloccata mentre tutti gli altri proseguivano nelle loro vite. Ma lui si meritava tutto questo.

<< Mikasa >> mi ha fermata e obbligata a guardarlo << se lei accetterà, ci sposeremo quando saremo qui. Verremo a vivere accanto a te o tu verrai a stare accanto a noi. Se riusciamo ad avere una casa grande puoi… direttamente venirci a stare anche tu, finché lo vorrai >> l’ho guardato negli occhi, sorpresa e intimamente commossa. << Sei come una sorella per me, ti voglio accanto anche se avrò una nuova famiglia >>.
Ho annuito e sorriso in modo sincero. Armin sembrava più sollevato e felice e ha ripreso ad aiutarmi. Quando abbiamo finito ha guardato l’ora appesa alla parete, assaggiando una carota. << Passiamo a dare il solito saluto a Eren? >>.
Mi sono asciugata le mani e diretta verso il bagno.
<< No, non stasera >> e mi ci sono chiusa dentro per un po’. Non ho avuto il coraggio di guardare la sua espressione. Non era mai successo io rinunciassi a porgerti un saluto, Eren, specialmente se ero con lui.
Avrei voluto poterti sposare anche io.
 

 - - -
 

Io e Armin non ci siamo mai detti che cosa tu ci abbia passato in memoria attraverso il potere del Fondatore. Io immaginavo l’avessi incontrato nel Sentiero, e forse lui pensava la stessa cosa di me. Quando se n’è andato sapevo che l’avrei rivisto a breve. Sarebbe arrivato insieme a tutti gli altri nel tuo terzo anniversario di morte e avrebbero provato a trattare con Historia e gli Jaegeristi. Historia li tiene a bada fingendo di concordare con la loro ideologia. Perlomeno credo sia così, è difficile capirla, è diventata così ermetica, anche se sembra agire sempre e solo di testa sua senza influenze esterne.
Ho compreso che c’erano tante cose che non sapevo quando ho accidentalmente origliato una sua conversazione con Onyankopon, venuto a Paradis tre giorni prima degli altri. Erano in una delle sale e dovevo avvisarla di un presunto cadetto sospetto. Stavo per aprire la porta, ma la frase mi ha come congelata.
<< Io incontrai Eren poco prima dell’attivazione del boato. Concordammo insieme che fare un figlio era l’unico modo per salvarmi. Mi disse tutte le sue intenzioni per porre fine a questa storia. Provai a fermarlo, ma alla fine pensai anche io lo sterminio fosse l’unica soluzione. Sono stata una nemica dell’umanità come lui >>.
Dopo ha aggiunto questioni sui probabili avvenimenti successivi, su come gestire l’isola, cose che avete discusso voi due, ma non ho sentito oltre perché in quel momento avvertivo le orecchie fischiare e la mente annebbiata. Davvero, Eren, hai condiviso le tue vere intenzioni solo con lei? Perché?
Mi sono diretta verso casa, frustrata, nonostante avessi dovuto lavorare altre tre ore. Ho usato la scusa del non sentirmi bene. Una volta dentro, ho sfilato la sciarpa e l’ho lanciata a terra. Poi sono uscita e ho iniziato a urlare al cielo, spaventando gli uccelli appollaiati su un albero:

<< PERCHE’! PERCHE’, EREN? DIMMELO! >> gridavo e mi sembrava, in qualche modo, di poterti parlare davvero. Come se potessi sentirmi. Ma mentre all’inizio strillavo sorniona, lentamente la mia voce ha iniziato a incrinarsi. << Perché… non hai coinvolto me e Armin. Perché non hai provato a parlarcene… perché… hai scelto di non condividerlo con noi e di morire >> ed ero di nuovo a terra, in singhiozzi, le mani sul viso. Ancora dolore, mille dubbi, poche risposte. Mi sono alzata, sono tornata dentro e mi sono avvolta nella tua sciarpa, rannicchiandomi in posizione fetale sul divano. A volte vorrei potesse avere ancora un briciolo del tuo profumo. Mi manchi da morire, Eren.

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Capitolo 2
*** Il Sentiero ***


 
All my friends ask me why I stay strong
tell them when you find true love, it lives on
that's why I stay here.
Every time I close my eyes,
it's like a dark paradise.
No one compares to you,
I'm scared that you won't be waiting on the other side.
Every time I close my eyes,
it's like a dark paradise.
No one compares to you,
but there's no you, except in my dreams tonight.



E’ il giorno del loro ritorno. Ho pulito a fondo la casa e preparato una torta. Sono andata nel giardino a bagnare le campanule violette che, non so perché, mi ricordano te. Ho raccolto delle rose e sono venuta a compiangerti, seduta al solito tronco.
<< Eren, presto saranno tutti qui per incontrarti. Sei felice, giusto? Vorrei… vorrei poterti vedere di nuovo >>.
 
<< Eren, mi hai avvolta in questa sciarpa. Grazie >>.
 
Eri tu, Eren, quell’uccello? Dove sei? Ancora rinchiuso nel Sentiero? Oppure sei diventato vento? Ti sei dissolto tra le stelle e l’universo? Sei libero di volare dove vuoi?

 
<< MIKASA!!! >>
Sono i ragazzi. Oh… sono passati tre anni. Ci sono tutti: Armin, Connie, Jean, Reiner, Annie, pure Pieck. Mancano Levi, Falco e Gabi. Chissà come sono cresciuti.
Armin mi abbraccia per primo, seguito da Connie. Pieck mi fa un cenno con il capo, anche Reiner. Jean arrossisce e si guarda intorno, distratto. E’ vestito elegantemente con i lunghi capelli laccati indietro: << Ti sei fatta ricrescere i capelli. Stai bene >>.
<< Grazie >>.
<< Ehi Mikasa, vivi qui? Non è un po’ troppo isolato? Come procede nell’isola? >> mi chiede Connie, curioso. << Il villaggio dove Historia ospita mia madre è molto bello e popolato >>.
<< Si, io… sto bene, qui. Dopo vi porto a vedere la mia casa >>.
Reiner si avvicina per primo alla tua lapide. La guarda in silenzio, gli altri lo seguono. Appoggia un fiore a terra, sopra i miei, poi si accovaccia e posa la sua mano sopra, guardando le scritte: << Eren, noi siamo uguali. Spesso mi chiedo perché io abbia avuto una seconda possibilità e tu no. E’ ingiusto, ma mi sto sforzando di vivere. Cerco di vivere bene per entrambi. Non sprecherò il dono che ci hai fatto >>.
Mi sembra di invadere una conversazione intima tra voi. Sembra a tutti così. Reiner si scosta, e Connie aggiunge: << Sì, ti ringrazio tutti i giorni. Anche mia madre lo fa. Ci manchi, Eren >>.
Jean posa un altro fiore e rimane in silenzio alla tua altezza, sedendosi di fronte. Il suo pensiero per te è privato, non lo condivide con noi. Sussurra solo un finale << Grazie, dannato >>.
Annie rimane lì dov’è, dicendo con tono quasi di rimprovero ma velatamente affettuoso: << Volevi fare il martire, ve’? Pensavo di averti insegnato qualcosa. Dovevi fare il vero egoista e pensare solo a te stesso. Lasciarci marcire tutti, peccatori come te, e viverti la tua di vita e felicità. I nostri crimini sono come i tuoi, non è il numero delle morti a peggiorare le cose, il valore di una vita tolta è uguale a quello di cento vite sottratte e schiacciate. Salvando noi hai condannato due persone, o forse direi che ne hai condannata più una che te stesso, la quale adesso deve imparare a vivere senza di te >>.
<< Annie… >> Armin la ferma e tutti rimangono in silenzio. Pieck mi fissa profondamente, da mettermi a disagio. Il discorso di Annie è tanto crudo quanto vero. Ha dato voce a ciò che una parte di me spesso pensa e reprime. Abbasso gli occhi di nuovo pieni di lacrime. Armin mi prende una mano, Annie fa lo stesso. Jean si stende nel prato accanto a te, Connie lo segue. Pieck si lancia poco più in là a fissare le fronde dell’albero. Sento per un attimo il cuore riscaldato dalla loro presenza. Mi sdraio anche io in mezzo ad Armin e Annie. Reiner bofonchia un: << Ah, fanculo >> e fa lo stesso. Rimaniamo tutti a fissare il cielo, in silenzio, godendoci la presenza reciproca.
Uno stormo di uccelli vola sopra le nostre teste, lento. Poco dopo una folata di vento piacevole e calda, come una carezza, ci sfiora. Ci godiamo quel saluto, sentendo che ci sei anche tu con noi. Hai visto, Eren, quante persone ti vogliono bene?
 
 
-  -  -

 
<< Questa torta è strepitosa! >> Jean sembra apprezzare particolarmente. Sono tutti seduti attorno al mio piccolo tavolo, si sono fatti stretti. Li guardo, non abituata ad avere qualcuno in casa, ma è una sensazione piacevole… di famiglia. Di affetto. Di amore.
<< Ho saputo che sei diventata comandante >> osserva Pieck dopo aver finito di masticare.
<< Esatto, racconta! Hai sempre spaccato, Mikasa! >> esclama Connie, entusiasta più di me.
<< Il capitano Levi sembrava orgoglioso. Ci chiede spesso di te >> aggiunge Reiner. Arrossisco imbarazzata, guardandomi le mani in grembo.
<< Non è stato nulla di che, una piccola cerimonia. Ho addestrato qualche recluta e tenuto a bada dei ferventi estremisti >>.
Armin sorride addolcito: << Non essere così modesta, io c’ero alla tua nomina. Sei stata acclamata da tutti! E hai salvato Historia più volte sventando dei complotti interni alla corona >>.
Rimango un po’ in silenzio prima di domandare: << Quali sono ora i vostri piani? >>.
Mi risponde Annie, seria: << Proporremo la pace tra Marleyani e Jeageristi, dato che qui nell’isola i cittadini sono rimasti tutti dell’ideologia di Eren. Diremo la verità su quello che è successo quel giorno. Non so come la prenderanno. Qui devi entrare in gioco tu, Mikasa >>. Annuisco.
 
Trascorriamo il resto del pomeriggio a prepararci la cena. Il chiasso dei nostri vecchi compagni mi ricorda i tempi del nostro addestramento e mi fa sorridere.
<< Mikasa >> è Reiner che si avvicina a controllare lo stufato mentre asciugo i bicchieri. Lo facevo sempre con la zia, Carla. Lo guardo, ha la solita espressione dura ma anche fragile. Ha ripreso qualche chilo. << Come fai a essere così forte? Io ho creduto di impazzire. Pima quando Bertholdt è morto, poi quando ho avuto i sensi di colpa per ciò che avevo fatto. A volte ho pensato di… >> non finisce la frase. Lo guardo e leggo nei suoi occhi una grande sofferenza. Intuisco dove voleva arrivare. Poso un bicchiere e ne prendo un altro. << Ho continuato solo perché c’erano Gabi e Falco. Dovevo prendermi cura di loro e dare a entrambi un futuro migliore. Tu come ce la fai? >> me lo chiede come se cercasse una risposta a qualche altro suo dolore.
<< Io… >> la verità è che non me lo sono mai chiesto. E’ vero… tu non ci sei più. Cosa mi spinge a rimanere?
Guardo oltre la finestra e il tuo ricordo mi fa sorridere. << Provo a tenere fede a quello che Eren mi ha insegnato: vivere. Penso che il mondo sia crudele, ma anche bellissimo. Crudele perché mi ha tolto la persona che più amavo al mondo, bellissimo perché non tutti hanno la fortuna di incontrarla >>. Arrossisco.
Sento una tazza frantumarsi a terra. Ci voltiamo entrambi.
<< Ah, dannazione. Scusami, Mikasa >>. E’ Jean. Gli è scivolata dalle mani mentre sistemava. Mi avvicino e accovaccio accanto a lui per raccogliere i pezzi. << Stai tranquillo, è una normale tazzina >> lo rassicuro, ma lui si alza bruscamente ed esce a prendere una boccata d’aria. Lo guardo un po’ confusa, e noto anche Pieck dissolversi infastidita da un’altra parte. Butto i cocci di vetro e guardo Reiner che mi fa spallucce prima di tornare a occuparsi dello stufato, come se fosse soddisfatto della mia risposta. Sorrido un poco. Grazie, Reiner. Mi hai ricordato perché sono ancora qui.
 
 

 
-  -  -


Historia sta annunciando pubblicamente che sono tornati i membri del vecchio Corpo di Ricerca e che riveleranno la verità su ciò che è successo esattamente tre anni fa. Ci sono tantissime persone. La guardo, poi scruto in ogni direzione. Sono nervosa. Gli altri sono alla nostra destra che attendono di salire ed essere interpellati.
Mette subito in chiaro che saranno sempre i benvenuti nell’isola e che non ci saranno ulteriori questioni da discutere.
Armin sale e di istinto faccio un passo per essergli più vicina. Spero nessuno decida di attaccarlo.
Sta facendo il suo discorso chiaro e giusto su ciò che è accaduto, omettendo la mia parte e dichiarando che ti ha ucciso lui, Eren. La folla rimane come pietrificata. Non sapevano chi ti avesse dato il colpo di grazia. Continua dicendo che l’umanità oltre le mura è sopravvissuta solo al 20% e che nessuno ha intenzione di intraprendere una guerra. Sono consapevoli sia accaduto tutto ciò perché loro hanno fatto la stessa cosa a noi Eldiani. Il Potere dei Giganti si è dissolto per sempre. Propone ora la pace a nome di tutti i superstiti. C’è silenzio.
Sento una voce dal fondo.

<< CI ATTACHERANNO DI NUOVO! >>.

<< SE VINCIAMO, VIVREMO. SE PERDIAMO, MORIREMO >>.

<< SE NON COMBATTIAMO, NON VINCEREMO >>.

<< COMBATTI! COMBATTI! >>

<< SI!!! >>.
 
Stringo i denti. Dannazione. E’ cambiato così poco in questi tre anni. Non pensavo si tornasse a questo pensiero.
 
<< LA REGINA NON PUO’ CONSENTIRE LORO DI RESTARE QUI LIBERI! SONO DEI TRADITORI! >>. Faccio per sfoderare la spada. Historia mi ferma con lo sguardo e prende parola.

<< La mia decisione è presa. Chi farà loro del male sarà considerato nemico della corona. Noi ci terremo sempre pronti al peggio, ma gli abitanti al di fuori dell’isola in questo momento non possono più essere considerati dei nemici. Cercate di capirlo >>.
Sembrano acquietarsi le acque. Historia è sempre molto rispettata, anche se qui si è generato il malcontento.

Mi rilasso un poco, ma nel momento in cui Armin scende le scale seguito dagli altri e Nicolò gli si avvicina per salutarlo, alle loro schiene uno dei più ferventi tuoi seguaci fa per attaccarlo. Intervengo prontamente e lo ferisco, ma scatta una rivolta. Mi attaccano e puntano ai nostri compagni. Inizio a combattere, rapida e scaltra nonostante la mia generale inattività dalla “Battaglia tra Cielo e Terra”. Non riesco più a essere lucida, attacco senza sosta chi mi si para davanti. Quasi non vedo niente. Urlo, attacco e combatto. E piango arrabbiata mentre lo faccio.  
Colpisco con la spada, sento i lembi di carne saltare, insieme al sangue. Smettetela, dannazione, di pensarla in questo modo! Smettetela di voler uccidere i miei amici! Smettetela di vedere nemici ovunque! Il tuo sacrificio non può essere stato così vano, Eren! Non posso averti perso per niente… Eren.
Mi ritrovo con le lacrime attraversare le guance e l’espressione feroce, finché non sento qualcuno fermarmi alle spalle, trattenermi: sono Armin e Reiner. Forse nella furia ho colpito per sbaglio entrambi.
<< FERMATI, MIKASA!!! >> mi urla il primo, e in quel momento mi riprendo. Mi guardo intorno: non conto quanti ne ho uccisi. Gli altri hanno indietreggiato, nessuno più osa fare un passo verso di me. Mi portano via, nell’ufficio della regina. Sento il cuore battere all’impazzata, l’adrenalina a mille.


La porta alle mie spalle si chiude. E’ Historia. Si avvicina all’enorme vetrata mentre stringe il mantello su di sé.
<< Hai agito di impulso, ma forse ricordare loro la tua forza servirà a non farci attaccare più, almeno per un po’ >>.
Fisso le mie mani posate sulle gambe. C’è qualche goccia di sangue. Sembra che… il potere degli Ackerman sia rimasto. E’ possibile? Ho agito per quello? Lo sguardo di Historia è puntato su di me.
<< Mikasa, devi vivere a testa alta. Iniziare a pensare a te stessa e basta. Smettila di devastarti per una persona che ha scelto il suo concetto di libertà personale sopra di te >>.

Alzo gli occhi. Non posso crederci. L’ha detto sul serio? << Eren… si è sacrificato per tutti noi! Ha fatto ciò che ha fatto per poterci dare un futuro!!! >>
Mi interrompe, secca: << Ne sei così sicura? Sei sicura sia stato spinto solo da quello e non da altro, come dal desiderio di vendetta personale? Dalla rabbia? Sei sicura non abbia goduto neanche un po’ a schiacciare quelle persone? >>.
<< NON TI PERMETTO DI PARLARE COSI’ DI LUI! >> alzo la voce mentre sono in piedi, con gli occhi colmi di lacrime e i denti stretti.
<< Sii lucida, Mikasa! Conoscevi Eren. Non è mai stato solo quello che volevi vedere. La rabbia che lo accecava era spesso più forte di qualsiasi altra cosa. Il mondo oltre le mura era un nemico, IL nemico, che gli toglievano la sua preziosa libertà personale. Non avrà avuto altra scelta? Forse. Non è stato in grado di controllare il suo potere? Probabile. Fatto sta che ha massacrato milioni di persone. Ha continuato ad avanzare anche dove poteva fermarsi, come se non desiderasse altro che radere al suolo l’intero continente e poterlo riformare da capo! Tu l’avresti fatto? Per poter garantire un futuro a noi, avresti schiacciato così civili, bambini e innocenti? Rispondimi!!! >>.

La fisso in silenzio, ammutolita. Le sue parole mi feriscono come centinaia di pugnali affondati nel mio corpo. Sto male. Sento le lacrime cadere a fiotti dal mio viso. Io… no, non l’avrei fatto.
Historia mi posa le mani sulle spalle. In questo momento mi ricorda te, Eren, quando mi hai ferita dicendo di avermi sempre odiata, ma con la determinazione da condottiero di Erwin. << Giuste e sbagliate che siano, Eren ha fatto le sue scelte e queste scelte hanno portato a delle conseguenze. E le conseguenze hanno sempre in qualche modo coinvolto te, Mikasa. Anche adesso, a pagarne per la sua morte sei solo tu >>.
Non voglio pensare a niente, ma la ascolto. Tu sei sempre stato per me la cosa più importante, Eren. Tu e Armin. Sarei morta per proteggervi, ma soprattutto per poterti avere accanto per sempre. Non avrei voluto altro che vivere con te, come nel nostro sogno condiviso… il sogno. Volevi anche tu restarmi accanto. Ma allora… perché non hai cercato un modo? Perché non ce ne hai parlato? Hai davvero agito solo per noi? O Historia ha ragione? Credo entrambe. Ma è vero, a pagarne le conseguenze sono di nuovo solo io. Ho mal di testa. Vorrei… vorrei solo dormire e non svegliarmi più.
 
 
 -  -  -
 
<< EREN!!! >>.
Mi sveglio nel bel mezzo della notte, sudata. Di nuovo lo stesso sogno. Io che ti vedo, allungo la mano verso di te per toccarti, tu fai lo stesso, ci siamo quasi… poi il vuoto.
Guardo l’ora: 3.33. E’ presto. Fuori è buio, ma i raggi della luna illuminano un po’ la mia stanza. La tua sciarpa è sopra la cassettiera. Mi alzo, la prendo e la indosso. Mi sembra di impazzire. Non ce la faccio più, e non so cosa fare.
 
 

 
-  -  -

 
E’ passato un altro anno. Gli altri stanno sistemando le loro nuove abitazioni. Mi hanno chiesto di raggiungerli per aiutarli, ma non sono andata. Non li vedo da qualche giorno. Annie e Armin stanno preparando i festeggiamenti per le nozze ormai prossime. Historia, dopo la discussione, si comportò con me in egual modo. Io le chiesi scusa. Non avrei dovuto alzare la voce con lei, né rivolgermi in quel modo. E’ una mia amica, ma prima di tutto la Regina.
Prendo Ymir per mano e la intrattengo mentre la sua mamma discute con il resto del Consiglio. Sembra ci sia una missione pacifica e preventiva da intraprendere a Marley. Durerà due anni. Si tratta di infiltrarsi e vedere l’andamento delle cose. Eventuali solite ideologie di vendetta, estremismi… mi sembra tutto un disco rotto.
Ymir mi desta dai pensieri. << Chi te l’ha data quella sciarpa? >>. Mi coglie alla sprovvista. La tocco e la avvicino al mento. << Me l’ha data una persona a me cara >>.
<< La conosco? >> i suoi occhi azzurri brillano di innocenza e curiosità.
<< No… questa persona non c’è più >>.
<< Oh >>.
<< Ma gli saresti piaciuta molto >> mi affretto a dire, cercando di smorzare. Sì, ti sarebbe piaciuta, Eren. In un certo senso se è venuta al mondo è anche grazie a te.
Lei prende due bambole di pezza e continua a giocare. Ora il suo tono sembra… strano, quasi adulto. E consapevole. << Vi rivedrete, un giorno >>.
<< Come? >>.
<< Tutti si rivedono. La mamma mi dice sempre che niente finisce davvero, cambia solo forma. E’ che le persone che si appartengono sono destinate a ritrovarsi >>.
Sento un groppo in gola. Chissà se Historia glielo dice riferendosi alla “sua” Ymir, morta per aiutare Reiner e Bertholdt restituendo il potere al loro amico Porco.
Eppure, in quell’istante, mentre guardo gli occhi di quella bambina, mi sembra di vedere la donna apparsa quando ti ho baciato dopo averti ucciso, Eren.
 

 
 -  -  -

 
Sento la porta bussare. Deve essere Armin, ultimamente corre da me per pormi domande come “secondo te i fiori sono meglio blu o bianchi?”. Vive a dieci minuti distante da me.
Apro la porta e rimango sorpresa: è Jean.
<< Ciao, Mikasa, io… ero qui nei dintorni, mi chiedevo come stessi, così ho pensato di passare >>.
Lo faccio entrare e gli offro del tè. Sembra imbarazzato. Ha la barbetta leggermente più folta, i capelli sempre lunghi e chiari. So che da un po’ di tempo ha iniziato una relazione con Pieck o almeno, così giravano le voci.
<< Come stai? >> cerco di rompere il ghiaccio.
<< Oh, bene! La casa è finalmente a posto. Trascorro le giornate con Connie e Nicolò, esploriamo i dintorni, ogni tanto andiamo al mare. Sono entrato a lavorare nel comune del distretto come rappresentante del popolo >>.
<< Davvero? Ti ci vedo >> ammetto sincera. Jean sa farci con le parole e con le persone. E’ sempre riuscito a motivarle, rimanendo schietto e coerente.
<< E Pieck? >>.
<< Ah sì, bene anche lei >> taglia corto, e non insisto oltre.
Ci dilunghiamo ancora poco in chiacchiere di convenienza, poi se ne va. Esita un po’ dalla porta, come preoccupato e sincero: << Se hai bisogno di qualsiasi cosa fammi un fischio >>.
<< Certo. A presto >>.
Dopo l’episodio della piccola rivolta, e il mio agito, ha cominciato a passare a trovarmi. Usava spesso scuse improponibili, a volte veniva con Connie come per non farmi sentire nessun tipo di pressione, altre mi portava della frutta e della verdura fresche. Poi ha smesso, suppongo quando ha iniziato a frequentare Pieck, o quando ho dimostrato palese fastidio al suo esordio nel dirmi che gli ho ricordato te, Eren, durante la mia rabbia cieca contro gli Jaegeristi.

Qualche minuto seguente sento bussare di nuovo la porta: apro, è lui. Con una grossa… cacca di uccello tra i capelli, le spalle, la faccia e il cappello.
<< Ehm… ho bisogno di pulirmi >>.
Rimango un po’ esterrefatta dalla scena che mi si affaccia e lo lascio rientrare. Vorrei ridere, ma mi trattengo. E’ una scena divertente. Lui lo coglie e diventa rosso. Vado a prendere un panno, lo bagno e glielo porgo. Si pulisce disgustato mentre impreca. Gli rimane qualcosa tra i capelli e mi avvicino a toglierglielo piano. Mi sembra di vederlo ancora più rosso.
<< Ecco fatto >>.
<< Grazie >>.
Cala il silenzio, e butto il panno nella roba da lavare.
<< Mikasa >> il suo tono è rigido, leggermente incrinato. Sembra agitato.
<< Mh? >> mi volto a guardarlo e lui distoglie lo sguardo.
<< Tu… hai qualcuno? >>.
Ci metto un po’ a realizzare il senso della sua domanda. Mi risiedo imbarazzata e scuoto la testa. Rimaniamo di nuovo in silenzio.
<< E’ una cosa che proprio non ti interessa? Ci hai mai pensato? >> mi chiede, stavolta guardandomi a lungo. Ricambio per poco, sentendo come una fitta al cuore, lui capisce.
<< Io e Pieck ci siamo lasciati. E’ durata otto mesi… breve, certo, però piacevole. Ma non ha funzionato. Avevo altro per la testa, lei lo sentiva. Quindi sì, in verità fai bene a stare da sola e a non cercare un ripiego. Ti capisco >> si passa una mano sul volto.
Lo osservo, un po’ sorpresa.
<< Aaah, dannazione >> scuote ora la testa, come in conflitto, e guarda oltre la finestra.
<< Mikasa, io…penso tu sia sprecata a condurre una vita così, da vedova eterna. Hai solo 23 anni >>.
La sua frase mi colpisce. Continuo a guardarlo.
<< Potresti avere chi vuoi. Lo so, non proprio chi vuoi, ma Eren… Eren non tornerà >> lo dice sinceramente dispiaciuto e affranto, come se a nominare il suo nome sentisse per un istante quello che io invece provo tutti i giorni.
Io lo so che non tornerai, ma… non riesco ancora ad accettarlo. Dentro spero ingenuamente di poterti rivedere. Sento di appartenerti, e che tu mi appartieni. Siamo legati da un filo che porta a due realtà che viaggiano in parallelo: la mia, e quella dove invece ci sei tu. Come se ci fosse un impercettibile varco a dividerci, che non so in che modo squarciare, ma io ti sento accanto, Eren. Lo so che ci sei.

<< Mikasa, >> mi riprendo e torno a osservarlo << io so di non essere lui. So che non potrò mai esserlo, e che non potrai mai guardarmi come guardavi lui, né amarmi come ami lui. Ma… ti chiedo di pensarci, Dammi una possibilità. Prova a uscire con me >>.
Cosa… davvero? Me lo sta chiedendo davvero? Lui, che ha sempre saputo cosa provassi per te, glielo sto pure ripetendo ora tra le righe, me lo chiede sul serio?
Fa un sospiro e si morde leggermente il labbro: << Non dico con certezza che riuscirò a renderti felice, ma vorrei mi lasciassi provare. Vorrei alleviare le tue pene, farti soffrire un po’ meno. Ci sono tanti tipi di amore, alcuni non li hai nemmeno sperimentati >> arrossisce di nuovo, fervidamente << altri certo, non saranno forti quanto il primo, ma non per questo non vale la pena viverli >>.

Non so cosa pensare. Non so se sono pronta, o interessata. In fondo sto bene così, a lavorare per Historia, a stare con i nostri amici, a ricordarti e compiangerti.
Ma cosa dico… forse non conosco altri modi per stare bene, e non piangere per un giorno mi sembra la massima felicità realizzabile. Inoltre, quello che mi ha detto Historia mi ha portato a riflettere a lungo. Forse non sono mai stata la tua priorità, Eren, come tu, invece, sei stato e sei per me. Mi guardo le mani sul ventre.
<< Sei un bravo ragazzo, Jean. Sei oggettivamente carino, affascinante, adesso circondato dalla fama di eroe, potresti tu avere chi vuoi >> alzo gli occhi per guardarlo << allora perché ti ridurresti a stare con una donna che non ti amerebbe come prima scelta? >>.
<< Per lo stesso motivo per il quale tu non vuoi provare a stare con me o con qualcun altro >> mi sento irrigidire, spiazzata << tu sai che non ci potrà essere nessun altro come Eren, io so che non ci potrà essere nessun’altra come te. Quando negli anni guardavi Eren in silenzio, io lo facevo con te >>.
E’ una dichiarazione forte. Davvero… mi vuole a tal punto? Da pensare che valga la pena essere “un ripiego” pur di starmi accanto? Che non troverebbe nulla di meglio di me? Jean… non posso spezzarti il cuore così.
<< Mia madre dice sempre che il tempo lenisce tutte le ferite. Magari un giorno arriverai ad amarmi, scalino dopo scalino, anno dopo anno. Non voglio subito una risposta, solo… pensaci su >>.
Si alza, rimettendosi il cappello ancora sporco. Fisso il vuoto. Mi sento strana. Non posso tradirti così, Eren. Non posso sforzarmi di amare qualcuno, ma forse non posso neanche passare la vita a essere un’ombra.

Quando mi accorgo che sta per uscire mi alzo di scatto, come inebetita, e lo accompagno alla porta. Jean è sempre stato così diretto e destabilizzante.
<< Allora io vado >> mi guarda dalla sua altezza, con gli occhi un po’ addolciti. Ricambio lo sguardo, imbarazzata. Si avvicina lentamente. Mi sale un po’ di ansia. Sta davvero per baciarmi? Sento il suo viso accanto al mio. Non posso farlo. Non sei tu. Avrei voluto baciare te per la prima volta, Eren. Un bacio vero, non quello che ti ho dato. Sentire le tue labbra, il loro calore e sapore. Le tue mani sul mio viso.
Jean è più vicino, indugia. Avverto il suo respiro. E’ una sensazione strana. Ha un buon profumo. Mi sposta una ciocca di capelli dietro le orecchie. Ha le dita affusolate. Mi sento come accaldata e nervosa al contempo. Sta per posare le labbra su di me…

TAC!
TAC!
TAC!

Sussultiamo entrambi. Lui si ritira in fretta, imbarazzato. Guardiamo alla nostra sinistra: un uccello sta beccando contro il vetro della finestra che dà sulla cucina. Ci guarda torvo. Sbatte le ali minaccioso, sembra andare verso Jean, poi vola via rumoroso.
<< Ma che cazzo hanno gli uccelli contro di me, oggi? Stupidi idioti! >>.
Eren…? Sei di nuovo tu?
 
-  -  -
 

Busso forsennatamente alla porta di casa di Armin. Lui apre dopo qualche istante, visibilmente sorpreso di vedermi ma anche felice: << Mikasa?! >>.
<< Armin, ho bisogno di parlarti >>.
Entro senza neanche lasciargli il tempo di aprirmi la porta. Mi guardo intorno per assicurarmi non ci sia nessuno.
<< Dimmi >> si avvicina e mi guarda, leggermente preoccupato. Noto sul tavolo un quaderno ricoperto della sua calligrafia slanciata e ordinata: credo stia scrivendo un libro, probabilmente sulla nostra storia. Sulla tua, Eren. Armin è ora il simbolo della pace, vorrà esporre la sua versione dei fatti, quella vera. Riscattare la tua figura.
<< Io credo Eren esista ancora >>.
Mi fissa, prima di distogliere lo sguardo come se il tuo ricordo gli provocasse ancora dolore. Sistema i fogli, dandomi la schiena.
<< Cosa te lo fa pensare? >>.
<< Lo sento >> ammetto, con gli occhi leggermente lucidi << non hai… mai avuto la sensazione che fosse un uccello che veglia su di te? >>.
Rimane in silenzio per un po’, poi si passa le dita di una mano tra gli occhi, voltandosi verso di me, in conflitto. << Sì, ma ciò non cambia che è morto >>.
<< Armin, lui è entrato in possesso di un enorme potere, proprio come la Progenitrice Ymir. E lei in un certo senso non è mai morta, è rimasta intrappolata nel Sentiero per duemila anni. Sei stato tu a dirmi che… ha aspettato me per liberarla, per qualche strana ragione >> sento il cuore battere all’impazzata. Mi guarda in un modo particolare. Annuisce piano.
<< Non sappiamo in cosa consistesse quel potere, ma sappiamo che Eren ha annullato tutto. Non esiste più il Sentiero, non esistono più i giganti, noi Eldiani non siamo più interconnessi >>.
<< E se non fosse così? Se il Sentiero fosse ancora presente ed Eren intrappolato? Spiegherebbe perché riesce a manifestarsi attraverso i volatili. Armin, lui… ha preso questa sciarpa con il becco e me l’ha avvolta ancora una volta!!! >> il mio tono ora è tremante, i miei occhi lucidi, il mio cuore… vivo. Lui mi guarda, ulteriormente turbato. So che sta processando le informazioni come solo lui sa fare.
<< Se tu avessi ragione, cosa possiamo fare? Non esiste nessun modo di poterlo contattare, ora che ha eliminato per sempre il potere dei giganti >>.
<< Magari non tutto è andato perduto. Parliamo di un potere immenso e a noi sconosciuto. Ti prego, Armin, aiutami >> gli prendo le spalle e lo guardo negli occhi, supplicante << non posso andare avanti sapendo che lui potrebbe essere lì ingabbiato. Ho bisogno di parlargli ancora una volta, voglio essere sicura sia davvero libero e che riposi in pace >>.
<< Mikasa, sei sicura tu non stia solo facendo del male? >> mi chiede con enfasi, stringendomi le braccia che sono posate sulle sue spalle mentre mi guarda con i suoi occhi color del mare.
Tolgo lentamente le mani da lui, abbassando lo sguardo: << Non lo so. Ma se mi aiuterai, prometto che qualunque sia il responso della nostra ricerca me ne farò una ragione definitiva e andrò avanti per la mia vita >>.
Esita ancora un momento, poi sospira e scuote la testa: << E va bene >>.
Sorrido sollevata e mi asciugo gli occhi.
 
Mi siedo accanto a lui e passiamo tutta la notte a fare ipotesi, parlare, scrivere, appuntare. Lui mi dice ciò che sa su Ymir la Fondatrice e io rimango sorpresa. Mi rivela anche di aver incontrato Zeke nel Sentiero.
<< Tu credi lei abbia aspettato me perché voleva vedere se sarei stata in grado di uccidere la persona che amo per il bene comune, come non è riuscita a fare lei? >>.
<< Si >>.
Dannazione. Povera ragazza… duemila anni ad aspettare me e te, Eren. Davvero?
Mi appoggio allo schienale della sedia a pensare. Lo so, il tempo nel Sentiero è relativo, ma quanto deve aver sofferto?
Armin ha una mano affondata tra i capelli biondi, un po’ teso, come se cercasse di venirne a capo. Sbadiglio assonnata ma serena. Otterrò qualcosa, me lo sento.
<< A proposito, i tuoi mal di testa? >>.
Lo guardo. E’ vero, me ne sono dimenticata. Non li ho più avuti da quando sei morto. Ma ricordo l’ultima volta e arrossisco.
<< L’emicrania finale c’è stata quando Eren mi ha passato un ricordo >>. Non proseguo oltre e Armin non mi chiede. Quanto è strano. Per me quello è stato come un lungo sogno, non una visione o un ricordo, se contiamo che noi Ackerman non potevamo farci manipolare dal Fondatore.
<< Armin, io ho avuto la sensazione la Progenitrice fosse dentro la figlia di Historia >>.
<< Che intendi dire? Come se si fosse reincarnata? >>.
<< In un certo senso… >>.

Si appoggia anche lui alla sedia, osservando il soffitto. Lo guardo e penso che mi è mancato passare del tempo insieme. Quando tu ci hai lasciati per rimanere a Liberio come infiltrato, io e lui ci siamo uniti molto. Compensavamo insieme la tua mancanza.
Si alza e va a riempire due bicchieri di acqua, corrucciato e pensoso: << Ci stiamo addentrando in questioni troppo complicate da comprendere, non so cosa riusciremo ad ottenere >>.
<< Lo so >> ammetto.
<< Si potrebbe… >> il suo tono è ora tipico di quando ha un’idea geniale e risolutiva << andare a Marley. So che lì ci sono degli studi fatti e raccolti da un certo signor Xavier, colui che Zeke considerava come un padre. Gli fece ereditare il Bestiale >>.
Lo ascolto. Come fa a saperlo? Ora che ci penso anche tu, Eren, ci dicesti che Zeke ti aveva passato molte informazioni. Tra cui quella degli Ackerman.
Potrei andare a Marley con la scusa di partecipare a quella missione pacifica di cui parlava Historia l’altro giorno. Oh, Armin, sei sempre stato così geniale.
<< Mikasa, perché adesso dopo quattro anni? Cosa è successo da portarti a intraprendere questa pista di ricerca? >>.
Mi alzo e stiracchio, avvicinandomi per prendere l’acqua. << Jean stava per baciarmi e un uccello ha beccato la finestra, interrompendoci, poi l’ha quasi attaccato >>.
Gli va l’acqua di traverso e tossisce: << Che… CHE COSA? >>.
Sussulto per la sua reazione e arrossisco, pensando sia per Jean: << Non c’è niente tra di noi >>.
Lui cambia espressione. Si paralizza come se ricordasse qualcosa e poi, lentamente, incupisce rigido. Quasi mi fa paura.
<< Ritiro tutto quello che ho detto. Continuare è inutile >>.
Armin, che stai dicendo?
Prende i fogli e li strappa, buttandoli nel cestino. Seguo i suoi movimenti mentre resto senza fiato. << Ma cosa… >>.
<< Mikasa, Eren è morto. MORTO! Per sempre. Smettiamola con questa farsa. Non lo rivedremo mai >> sbotta. Rimango inerme, iniziando a sentirmi ferita.
<< Armin, no! L’hai detto anche tu, è possibile! Perché cambi idea proprio ora? >>.
<< PERCHE’ E’ TUTTO INUTILE!!! >> urla paonazzo, con gli occhi lucidi. << E’ una mera illusione, lo capisci? E’ controproducente, non serve a niente! Devi lasciarlo andare, Mikasa >>.
<< No… no >> scuoto la testa e inizio a piangere in silenzio, indietreggiando. Armin, perché mi fai questo?
<< Mikasa, ti prego. Smettila di insistere e vai avanti, te lo stanno dicendo tutti >> mormora incontestabile, guardando il suo quaderno.
<< Come puoi arrenderti adesso? Come riesci a vivere pensando che Eren potrebbe essere intrappolato come Ymir? >>. Di nuovo appare quel dolore che inizia dal cuore e si striscia in tutto il mio corpo come un lento, fluido, veleno caldo e letale.
<< Eren non ha nessun conto in sospeso, dunque non ha motivo di essere rimasto lì. Il Sentiero non esiste più >>.
<< Armin, io… io pensavo tu potessi capirmi >> singhiozzo in lacrime, profondamente ferita, mentre raccatto veloce il cappotto e lo zaino << ma la verità è che nessuno può farlo, voi alla fine state riuscendo a essere felici, e tu stai per sposare la persona che ami >>.
Esco di casa sua sbattendo la porta. Sento solo un “MIKASA!!!”, seguito da un calcio dato al punto dove sono uscira.
Lo so che lo fai per il mio bene, Armin, ma mi hai fatto male.
 

 
-  -  -
 
 
<< Eren, questo non avresti dovuto farglielo! Lo so che mi stai sentendo! >>.
Che freddo.
E’ tutto così… bianco.
Vedo tanta luce intorno a me.
Oggi mi sento stanco. Ho attraversato forse troppi continenti in breve tempo.
<< Sei il solito egoista! Devi lasciar andare Mikasa! >>.
Mikasa? E perché dovrei lasciarla andare?
I suoi racconti sono così… vivi. Mi sembra di riuscire a sentire quello che provate voi che ancora respirate.
La sua voce mi tiene cosciente, mi fa sperare.
Il suo amore per me mi scalda in mezzo a questo freddo. Lo sento.
In che epoca siamo?
Quanti anni sono passati?
<< EREN! CAZZO, SMETTILA! >>.
Presto, Armin, presto. La smetterò. Non adesso… ne voglio ancora un altro po’.
In fondo,
non sono uno schiavo,
non sono un Dio,
sono solo un uomo.
Ora torno a dormire.

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Capitolo 3
*** Verso l'albero su quella collina ***


 


There's no relief,
I see you in my sleep
and everybody's rushing me,
but I can feel you touching me.
There's no release,
I feel you in my dreams
telling me I'm fine.




 
<< Mikasa, voglio aiutarti >>.
Annie mi ha aspettata fuori dal palazzo reale. E’ vestita elegante, ha qualche colore vivace addosso. E’ più bella del solito. I capelli sono sciolti e lunghi.
Mi fermo e la guardo. Ha le mani in tasca e non capisco se sembri dispiaciuta o imbarazzata. Forse entrambe.
<< So che tu e Armin avete discusso. L’ho trovato in un angolo della stanza a fissare il vuoto alle prime luci dell’alba >>.
La ascolto. La strada è deserta, si avverte solo la brezza fredda che fa risalire la polvere delle strade e gelare le ossa. Da quando le mura non ci sono più l’isola è meno calda e le correnti d’aria forti.
<< Ha sbagliato, lo so. Ha le sue motivazioni per non voler continuare quello che avete iniziato, ma io voglio aiutarti. Voglio sdebitarmi con Eren per avermi concesso di vivere e avere mio padre accanto. Armin. Voi. Se davvero lui in qualche modo è ancora presente e posso aiutarlo a riposare in pace, lo farò. Con te >>.
Annie, tu… sei dalla mia parte. Sospiro, sentendo il peso scivolarmi lentamente addosso.
<< Salperò domattina. La nave partirà alle 06.00 spaccate. Inizierò a cavalcare verso il mare tra poco >>.
<< Sarò a casa tua tra un’ora >>.
 
 
-  -  -


<< Mikasa, ho saputo che parti in missione >>.
Jean entra nelle scuderie dove sto preparando il mio cavallo. Caspita… sono successe così tante cose in pochi giorni che non ho più pensato alla risposta da dargli.
Lui non sembra sorpreso dalla mia imminente fuga. Solo affranto.
Finisco di pulire gli zoccoli e mi rialzo, guardandolo. Arrossisco imbarazzata quando ricordo il nostro ultimo incontro.
<< Jean, non starò via molto. Io… ho bisogno di capire alcune cose che solo Marley potrà rivelarmi. Quando sarò tornata ti darò una risposta, ma nel frattempo promettimi che ci penserai seriamente anche tu. Puoi meritarti di meglio di un’anima in pena come me >>.
Mi fissa, forse comprende. Sicuramente accetta. Lo trovo più maturo. Gli porgo la mano sperando me la stringa in segno di patto. Me la guarda, poi la afferra piano e stringe le mie dita delicatamente. Sorrido e sorride anche lui.
<< Prometto che ci penserò anche io. Ne riparleremo quando torni >>.

Te ne sono così grata. La verità, Jean, è che non mi sono mai chiesta davvero che cosa io desideri dalla vita. Per diciannove anni il mio unico scopo è stato combattere e sopravvivere, un futuro non era contemplato. Una famiglia non era contemplata. Dei figli. Una casa, un lavoro, una rassicurante quotidianità. Non ho idea di cosa siano queste cose, quindi non so se le voglio. Tutto quello che conosco sono perdita, dolore, rassegnazione e ancora dolore. Non riesco a vedere nient’altro che questo. Perciò ho bisogno di rifletterci ancora.
Sto per uscire, ma lui mi chiama ancora una volta.
<< Mikasa… quando tornerai sarò qui. Sai dove trovarmi >>.
Mi fermo un attimo. Alzo gli occhi al cielo, limpido di stelle. E’ così bello e immenso. Quello che dice Jean è inaspettato e a me incomprensibile. Sapere dove trovarlo, che sarà sempre lì.
Ho passato anni a non sapere mai dove fossi davvero, Eren. A inseguirti, mentre mi scivolavi inesorabile via dalle mani come la sabbia che ho raccolto per la prima volta quel giorno al mare. Ho sempre avuto la consapevolezza che non saresti rimasto a lungo al mio fianco, che ti avrei perso per sempre. Anche adesso non so dove sei. Ma ciononostante, non ho mai smesso un istante di amarti.
 

 
-  -  -


La cabina della nave è stretta e il mare mosso. Annie ha la nausea e cerco di occuparmi di lei. Il viaggio non è stato così godibile.
Scendiamo, è una giornata di sole. E’ tutto così nuovo. Hanno ricostruito case, strade, negozi. Macchine. Non mi abituerò mai a queste.
<< Attenta, Mikasa! >>.
Annie mi trascina indietro mentre una sfreccia ad alta velocità. Ci è mancato poco.
Ci incamminiamo e mi fa impressione vedere ancora poche persone in grandi quartieri. E’ strano rimettere piede qui. L’ultima volta che ci sono stata ho dovuto ucciderti. Passiamo per quella che era la piazza principale della città, ne riconosco lo scheletro: lì ti aiutai contro il Gigante Martello.
<< Vieni, Mikasa >>.
Annie mi afferra di nuovo mentre mi perdo in ricordi. Tre bambini ci corrono in mezzo, inseguendosi, con gelati in mano. Vorrei ci fosse anche Armin qui con noi.
Io capisco, Eren, la tua disperazione. Sapevi troppe cose, il tempo lineare non esisteva nella tua testa, ogni cosa era conosciuta e vista. Pure un semplice gelato non era per te una novità: lo avevi già assaggiato attraverso i ricordi di tuo padre.
Anche la mia risposta di quel giorno, Eren, la sapevi da prima? Avrei voluto dirti tutto ciò che provo per te, ma non ne ho avuto il coraggio. Avevo paura. Non so di cosa, forse di un rifiuto. Non sono mai riuscita a decifrarti davvero. Ma così facendo si è realizzata la mia paura più grande e ti ho perso. Ti ho perso senza averti potuto esporre a parole quello che sento. Se solo avessi insistito e ti fossi stata più vicino, forse avresti condiviso quell’enorme fardello insieme a me…

<< Mikasa, guarda. Ci sono Gabi e Falco. Li ho avvisati del nostro arrivo >>.
I ragazzi che mi si avvicinano sono ormai a tutti gli effetti un uomo e una donna, non più dei bambini. Gabi è incantevole, pure Falco. Anche se non fanno niente di particolare, si sente una sintonia forte tra loro. Sembrano felici.
Gabi mi saluta energicamente, Falco in maniera più timida. Andiamo insieme a prenderci qualcosa da bere e ci raccontiamo i reciproci ultimi eventi. Loro ci aggiornano sulla condizione di Marley: per ora ogni cosa è tranquilla. La gente vive in pace e non desidera altro che passare il tempo con i propri cari, come se tutti avessero rivisitato le priorità.
<< Che cosa cercate qui? >>. Falco mi ricorda il motivo del mio viaggio.
<< Delle informazioni sul potere del Fondatore >> accenna Annie, senza specificare oltre. Gabi ci tormenta di domande a cui Annie svia seccata. Falco cerca di tenerla a bada, prima di aggiungere: << Vi aiuteremo. So dove portarvi >>.
Ci dirige verso quello che sembra un municipio. Dentro dovrebbe esserci una grande biblioteca. Passiamo davanti a un ospedale. Si ferma e lo guarda, soffermandosi su una panchina.
<< Lì… è dove incontravo Eren quando pensavo fosse un semplice soldato ferito >>. Mi accingo a guardare quello scorcio con lui, provando a immaginarvi.
<< Era così comprensivo >> mormora, abbassando lo sguardo. << Eravamo diventati quasi amici. Mi dava consigli utili, mi ascoltava quando gli rivelavo le mie preoccupazioni per Gabi. Volevo ereditare il Corazzato per proteggerla e farla vivere il più a lungo possibile >>.
Mi volto a guardarlo. Davvero sei stato così carino con lui, Eren? Eppure, dopo, hai ucciso i suoi amici e distrutto il suo quartiere.
Ora sembra imbarazzato: << Mi disse che aveva una famiglia che avrebbe voluto rivedere, ma che probabilmente non lo avrebbe accolto bene. Riuscì a capire subito che il cadetto che volevo proteggere era una donna forte e conosciuta per le sue abilità belliche >>.
Mi si incrina il cuore. Pensasti a me, Eren? Vedesti te stesso in Falco?
<< Siamo vicini >> Gabi ci interrompe ed entriamo nel municipio. E’ sfarzoso. Saliamo le scale e attraversiamo saloni. Ci sono quadri che rappresentano scene storiche, ce n’è anche uno incentrato sul combattimento tra te e Armin in versione colossale. Fa così impressione pensare che siete voi. Una scritta didascalica in basso cita:

 
“Grazie al coraggio degli Eldiani, Marley fu salva”
854

 
Entriamo nell’immensa biblioteca e ci dirigiamo verso il fondo. Ci sono delle teche di vetro con oggetti antichi e preziosi. Sono sopravvissuti fino ad ora.
Falco tratta con la bibliotecaria che sembra conoscere. E’ seccata, ma poi gli porge un vecchio quaderno ben conservato e ce lo porta. In cima ci sono nome e cognome di questo Xavier. Mi sento strana. Lo apro lentamente e trascorriamo almeno un’ora a leggere tutti i contenuti, saltandone alcuni e soffermandoci su altri. Non mi sembra di leggere nulla di rilevante, perlomeno ai miei occhi. Ci fosse Armin ne sarebbe riuscito comunque a ricavare qualcosa.
<< Mikasa, guarda >>. Annie mi indica una sezione: “Gli Ackerman”.
Fisso il mio cognome, prima di leggere ad alta voce. Spiega il motivo delle nostre straordinarie capacità di combattimento, come siamo nati, il nostro compito negli anni. Parla del legame di Kenny con il Re Fritz. Nulla che non sapessi già… non c’è nessun accenno ai mal di testa. Quindi è vero, Eren, quel giorno mentisti sulle mie origini.
<< Kenny è lo zio di Levi >> introduce Gabi, e io la guardo. Lo zio? Ci riassume in breve la sua storia. << Ce l’ha raccontata il capitano in persona >>.
Levi… devo incontrarlo. Chissà come sta.

Rimaniamo ancora un po’, poi io e Annie seguiamo i due ragazzi. Ci portano dentro una struttura dove saremo accolti per le notti. E’ all’interno del municipio sontuoso, un’altra sezione, verso l’ala Est.
Cammino sotto i portici, finché vedo una persona seduta su una panchina a prendere il sole e rimango indietro rispetto agli altri. La guardo in lontananza. Accanto c’è una stampella appoggiata.

<< Bentornata >>. E’ la voce di Levi, flemmatica e inconfondibile.
<< Capitano…? >> chiedo sorpresa. Mi avvicino e lo riconosco. Non lo vedo da quattro anni. E’ sempre lo stesso, ma l’occhio destro è compromesso permanentemente e una lunga cicatrice gli attraversa il volto. Incontrarlo mi mette soggezione come se fossi ancora una cadetta sotto il suo comando.
<< Siediti >>.
Faccio come mi dice e mi accomodo poco più distante da lui. Rimaniamo in silenzio a guardare il cielo luminoso, gli uccelli, le nuvole, i dirigibili.
<< Ho saputo che dei diventata Comandante >>.
<< Sì >>.
<< Congratulazioni >>.
<< Grazie >>.

Non so perché, mi viene da piangere. Non mi aspettavo di vederlo adesso. Mi affiorano alla testa tutti i nostri ricordi insieme a lui, la speranza di un futuro, di una salvezza. Speranze che avevi anche tu prima che un potere più grande ti affogasse. Forse mi viene da piangere perché Levi è l’unica persona in grado di capirmi: nessuno più di lui sa il dolore di perdere le persone che si amano. Sembra quasi percepire i miei pensieri.
<< Io comprendo perché hai deciso di continuare ad arruolarti mentre invece tutti i tuoi amici si sono fermati >> mi dice, guardando le sue gambe << non ti rimane nient’altro a farti sentire viva se non l’adrenalina del campo di battaglia >>.
Lo ascolto e mi ritrovo le lacrime serpeggiare lente e mute attraverso le mie guance.
<< Perché fermarti, d’altronde, se c’è qualcosa che sai fare bene e che ti distrae dal vuoto che provi quando rimani da solo? >>. Chiede più a se stesso che a me.
<< Io sono stato obbligato a farlo. E ho capito una cosa: stare in solitudine con il proprio vuoto è una grande merda >> si volta a guardarmi, ma io non ricambio. Mi vergogno un po’ di star piangendo proprio accanto a lui. Prosegue: << Perciò fai tanto bene a proseguire se è l’unico modo che hai trovato per sopravvivere. Ma mi sento anche in dovere di dirti che il combattimento assopisce il dolore solo temporaneamente, poi il vuoto torna a inghiottirti >>.
<< Non ci sono modi di riempirlo se non riavere le persone perse >> rispondo, asciugandomi il viso con un fazzoletto che avevo in tasca.
Lui non risponde, sembra concordare. Come hai fatto fino ad adesso, Levi?

<< Puoi compiangere i cari per sempre e tirare avanti comunque. Noi sopravviviamo fino all’ultimo, Mikasa. Devi fartene una ragione. Potresti anche essere l’ultima a morire tra i tuoi compagni: sembra una condanna degli Ackerman. Viviamo fino alla fine, ma a che prezzo >>.
Mi volto piano a guardarlo. << Che cosa ti spinge ora a sopravvivere? >>.
<< La voglia di vivere e non più di sopravvivere >> risponde, incrociando il mio sguardo. << Finalmente posso riposarmi e fare pace con me stesso. Conoscermi. Si nasce e si muore in fretta, ci sono ancora così tante cose da scoprire, persone da incontrare. E’ tutto un gioco. Erwin era solito sostenere che la storia si ripete. L’esistenza è un labirinto senza via di uscita. Si perpetuerà tutto come prima, forse un po’ diverso, ma il concetto è quello. Ho imparato a essere egoista al punto giusto da volermi godere questa momentanea pace. Devi metterti al di sopra di ogni cosa, pure del tuo innamorato ormai andato. E giocare bene la tua occasione di essere qui >>. Arrossisco, come se mi imbarazzasse ancora quando qualcuno capisce i miei sentimenti per te, Eren. Mi sento un po’ meglio. Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anche io.

<< Disciplina le tue emozioni e i tuoi sentimenti come fai quando combatti. Non lasciarti fagocitare, devono essere in tuo potere, non viceversa >> aggiunge ancora mentre si alza piano grazie alla stampella. Non immaginavo avesse ancora problemi alle gambe.
Sono grata per questa conversazione. << Lo sai perché sono qui? >>.
Mi guarda di sbieco, con il viso leggermente inclinato, e ci pensa: << No, ma lo intuisco. Fa’ quello che ritieni giusto, ma sappi discernere il momento in cui devi lasciar andare una persona >>. Lui l’ha saputo fare con Erwin Smith, salvando Armin.
Si allontana lentamente, sorretto dall’ausilio, e attraversa il cortile. Quando giunge al portico opposto, fa qualcosa che mi lascia sbigottita: posa la stampella e prosegue a camminare con le sue gambe e la sua solita andatura.
 

 
-  -  -


La mia permanenza a Liberio non ha sortito alcun risultato. Ho imparato molte cose interessanti sui Giganti, sui vari poteri, sui predecessori, su Ymir. Nulla di caratteristico riguardo al Sentiero e al Gigante che Avanza. Su di te c’è quasi nulla, Eren, quindi io e Annie decidiamo di tornare. Allontanarmi dall’isola mi ha fatto bene all’animo.
Saluto Gabi e Falco, ma poi li vedo accomiatarsi tra di loro. Non capisco, ma mi precede Annie: << Falco viene con noi. Vuole porgere i suoi saluti a Eren e rivedere Nicolò, Reiner e gli altri >>.
Volto lo sguardo dall’altra parte quando si baciano per non violare quel momento intimo e unico che condividono. Quanto li invidio.
<< Mi assento un attimo >> avverto, e decido di andare da Levi. Non devo nemmeno mettermi a cercarlo, lo trovo subito a passeggiare per i portici. Gli vado incontro.
<< Volevo ringraziarti per le parole che mi hai dedicato l’altro giorno. Sto per tornare a Paradis >>.
Lui non risponde, come se non sapesse bene cosa dirmi. Proseguo: << Spero passerai a trovarci. Sei… l’ultimo parente che mi è rimasto >> concludo in un sussurro flebile. Sento che mi sta fissando e si irrigidisce un po’, prima di accennare un sorriso enigmatico: << Ci rivedremo presto >>.

 
 -  -  -


Ad accoglierci al ritorno ci sono tutti. Non si aspettavano la visita di Falco e ne rimangono entusiasti. Ringrazio Annie e come al solito decido di non unirmi a loro a cena, ho bisogno di tornare a casa e riposare.
Sento il mio nome venir chiamato. E’ Armin. Mi fermo e volto a guardarlo, lui è affranto e con gli occhi velati: << Perdonami, Mikasa. Non volevo ferire i tuoi sentimenti >>.
<< Non importa. Avevi ragione: non ho trovato nulla. Eren è morto >>.
Dirlo ad alta voce è amaro, un suono distorto. Una dissonanza tra mente e cuore. Non indugio oltre e mi incammino verso casa, lasciando Armin lì inerme. Non provo più niente, Eren. Né dolore, né speranza. Solo vuoto.
 

 
 -  -  -
 
 
<< Faccio sempre lo stesso sogno >>.
Io e Falco siamo davanti alla tua lapide. Il sole sta tramontando, quel pomeriggio è particolarmente tiepido. Non c’è un filo di vento, una calma insolita.
Falco ha posato un’enorme margherita bianca su di te. E’ bella, delicata. Un po’ come il suo animo.
<< Sogno un albero. Alle radici più profonde di questo albero c’è un lago sotterraneo. Dentro il lago c’è una larva. Sembra diventerà un insetto… e vedo dei fili neri, lucenti, come capelli, che pian piano si allungano e cercano di raggiungerlo, attirati >>. Posa piano la mano sul tronco. Quando lo fa percepisco una strana scossa. << Assomiglia a questo >>.
 
 -  -  -
 

<< EREEEN! >>.
Falco se n’è andato da mezz’ora. Non ho spiaccicato parola dopo quello che ha detto, sono rimasta pietrificata. Penso di averlo spaventato.
Sto battendo i pugni contro l’albero. Non so cosa spero di ottenere oltre alle nocche insanguinate. Forse mi immagino che si libererà una magia e puf, tu tornerai da me.
<< Eren lo so che ci sei! >> singhiozzo disperata e appoggio la fronte al tronco, stremata, non riesco nemmeno più a darci colpi. << Voglio vederti ancora una volta >> alzo gli occhi al cielo mentre mi lascio cadere alle radici. << Ti prego… se mi puoi ascoltare, se ancora ci sei, ti chiedo un’ultima volta >>.
Sento le tempie scoppiarmi. Una fitta lancinante mi attraversa il cervello. Che… che mal di testa insopportabile.
 

 
Dove… dove sono?
Mi guardo intorno. E’ tutto così… luminoso. Il cielo sopra la mia testa è stellato. Vedo qualcosa che assomiglia a delle aurore boreali.
Io… sono nel Sentiero?
Cammino nella sabbia. Arranco. Ce n’è tanta. Sono morta?
Giro a vuoto. Torno al punto di partenza.
Appare una farfalla blu. E’ bellissima. Provo a toccarla, ma svolazza.
Decido di seguirla.
Ho capito. Sono di nuovo nel mio sogno. Ora cercherò di toccare la mano di Eren e non ci riuscirò, svegliandomi sudata.
Guardo alla mia sinistra. C’è un albero, uguale a quello in cui ti ho sepolto. Solo, è un po’ più strano. Ha tanta luce che scorre.
Mi avvicino.
Ci… ci sei tu. Appoggiato. Stai dormendo.
Mi inginocchio e provo a toccarti. Lo so, sparirai, come accade sempre.
Allungo lenta la mano verso la tua spalla. La appoggio sopra.
Ora svanirai.
<< Eren >>.
Ma tu, stavolta, apri i tuoi occhi verdi.

 
-  -  -
 
 
Socchiudo gli occhi. Vedo le labbra di Mikasa che pronunciano il mio nome, ma non la sento.
Sto ripercorrendo il passato, di nuovo?
E’ un ricordo lontano?
Mi chiama più insistentemente. Sta piangendo. Posa le mani sul mio volto come farebbe una persona che vuole assicurarsi sia tutto reale. Quel contatto mi sveglia. La vedo meglio. Sembra così vero. Ha la cicatrice sotto l’occhio destro che le feci durante la mia prima trasformazione. Un marchio che in qualche modo le ho impresso. Sapere che grazie a quel segno non si dimenticherà mai di me mi rasserena egoisticamente.
Ha i capelli più lunghi del giorno in cui sono morto, raccolti in una coda scombinata. I miei anche sono cresciuti. Li ho sciolti, lisci, scuri. Forse ricordo Frieda Reiss.
Indossa la sciarpa. Ha una camicia bianca, stretta, e una gonna rosa antico.

<< EREN! >>.

Stavolta urla, e mi alzo di soprassalto, come se le mie orecchie e percezioni si fossero improvvisamente stappate.
<< M-Mikasa? >> la fisso, quasi terrorizzato.
Cos’è successo? E’ morta? Perché è qui?
E’ spaventata e incredula quanto me. Indietreggia lentamente, pronta come al peggio da un momento all’altro. Credo ora si sveglierà.
Rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi. Non riesco a capire.
Allungo piano le dita verso il suo viso, perplesso: voglio sincerarmi se sia reale o solo l’ennesima visione.  La tocco. La sento. I miei polpastrelli la sentono. Ha la pelle morbida. Sussulta leggermente al mio gesto, con le labbra schiuse, e io ritiro la mano.
Poi mi sorride. Sembra in pace.
<< Eren, io ti vedo >>.
Non so cosa dire. Mi sembra passata un’eternità e al contempo solo qualche minuto dall’ultima volta che ho interagito umanamente con qualcuno.
<< Ti prego, dimmi qualcosa >>.
Mi guarda con gli stessi occhi di sempre. Uno sguardo caldo, affettuoso.
Sono impacciato, lei pure. E’ assurdo, non sappiamo quasi come muoverci.
<< Eren, io >> prende coraggio, e inizia a parlare << devo dirti tante cose >>.
La interrompo: << So tutto, Mikasa. Ti sento quando mi parli. Sempre. A volte ti vedo anche >>.
Avvampa. Qualche momento dopo mi dice veemente: << Eren, ti porterò con me. Se non potrai venire, chiederò a Ymir di lasciarmi qui >>.
<< NO! >> scatto di impulso. << Mikasa, cosa stai dicendo? >>.
<< Lei mi deve un favore! Ho preso la mia decisione. Rimarrò qui con te, non ho mai voluto nient’altro che questo. Me lo concederà >>.
<< Mikasa >> stringo i denti, arrabbiandomi, e alzo la voce con rimprovero << non sono morto per darti un mondo in cui vivere e poi vederti rimanere intrappolata qui >>.
<< Allora verrai con me! Ymir può ricostruirti il corpo con la sabbia come ha fatto con Zeke, me l’ha detto Armin >>.
<< No! Mikasa… >> scuoto la testa, prima di tornare a fissarla << Ymir non è più qui e anche se ci fosse un modo non posso. Devo espiare le azioni commesse. Ho massacrato l’umanità, non puoi essertene dimenticata! >>.
Sembra non voler pensare in modo lucido. << Te l’ho detto, Eren. Voglio prendermi carico dei tuoi peccati. Li espieremo qui, insieme >>.
La guardo. E’ sempre stata così ostinata quando si tratta di me. Ma arrivare a tanto…

Non te lo permetterò ma sì, Mikasa, sì. Una parte di me vorrebbe tu rimanessi qui per sempre. Non voglio restare ancora da solo per chissà quanto Tempo come è accaduto a Ymir. Non voglio più poter godere della vostra compagnia solo attraverso gli occhi di un uccello. Voglio tornare a bere, a mangiare, a ridere, a piangere. Voglio fottutamente tornare a provare emozioni e sensazioni umane! Sentirmi vivo! Sei così fortunata, Mikasa… sei libera di fare tutto ciò. Eppure vuoi ancora ingabbiarti per me. Non posso lasciartelo fare. Non ti trascinerò nel mio oscuro paradiso.
Ma perché… perché Jean può toccarti, baciarti, averti e io no? E’ così ingiusto.
<< Mikasa, lo sai che non è possibile. Devi dimenticarti di me >>.
E’ tutto così eternamente uguale.
Piange, e non riesco a vederla così. Sei il mio rimpianto più grande. Avrei voluto non mi incontrassi mai, almeno ora la tua vita sarebbe più semplice.
Mi avvicino piano e la abbraccio. Sento il suo mento poggiarsi sulla mia spalla, il suo profumo che mi ricorda le montagne, i fiori delicati, il legno appena battuto. Percepisco il suo corpo, la sua gabbia toracica che compie spasmi di singhiozzi. E’ una sensazione così piacevole. Terrena. Vorrei viverla per sempre. Perché, Mikasa, ti ostini ad amarmi ancora dopo tutto quello che ho fatto?
Chiudo gli occhi e mi godo il momento. Forse rimaniamo così per qualche minuto, forse un’eternità. Sento le mie pene farsi come più leggere. La tua capacità di amare ha salvato l’umanità e ora quel tuo stesso amore sta salvando me. Sei così tanto da non poterlo descrivere, Mikasa. E io sono grato eternamente di questo istante.
Ti lascerò andare, ma una cosa devo farla. Non può essere Jean il primo a sfiorare le tue labbra, dannazione! Ti sposto il volto dalla mia spalla solo per poterlo prendere e baciarti come non ho mai stupidamente fatto nei miei brevi diciannove anni di vita.
 

 
-  -  -

<< Eren, portami a casa. Nella nostra casa, ancora una volta >>.
Ha le gote rosse, gli occhi limpidi e felici. Mi guarda innamorata. E’ per me fonte di piacere e soddisfazione essere soggetto di suo interesse.
Voglio esaudire ciò che mi chiede, ma non so come farlo.
Chiudo gli occhi e immagino di portarla con me dove avrei voluto essere se avessi scelto lei e non il boato.
Percepisco il vento scompigliarmi i capelli. Sento il profumo dei fiori. Il prato è coronato da bellissime campanule violette. I raggi del sole mi baciano scaldandomi le ossa. E’ una sensazione che mi manca da impazzire, quella di poter godere delle piccole cose che quando siamo in vita diamo per scontate. E le sto vivendo ancora una volta grazie a te, Mikasa. Chissà come sei riuscita a raggiungermi. Riesci ancora a sorprendermi, dopo tutto questo tempo.
Mi prende la mano e mi porta dentro la casa, come se fosse il gesto più naturale del mondo, come se fosse un giorno qualunque di una monotona e rassicurante vita. Una vita che non abbiamo mai avuto, ma di cui ora tu potrai godere.

<< Ti preparo una tazza di caffè >> mi dice, muovendosi in cucina disinvolta. Sa esattamente dove sono le cose: caffettiera, zucchero, acqua, cucchiaini, tazzine.
La guardo e ricordo i momenti insieme alla mamma e al papà. Ho pensato di poter vivere questa scena per tutta la mia esistenza. Ho sperato di poterla riavere un giorno con lei, quando sarei riuscito a sterminare tutti i giganti che ci tenevano rinchiusi come animali in cattività. Quando ancora non sapevo che il nemico più grande dell’umanità ero io stesso.
Ma questo mio sogno e desiderio si è perso tra i miei meandri più reconditi dal momento in cui il potere del Fondatore mi ha rivelato il futuro e quello del Gigante d’Attacco mi ha spinto ad avanzare e combattere per la libertà. Sono sempre stato condotto, alla fine, da una volontà non mia… o forse no. Non sono mai riuscito a fare chiarezza su ciò, ma quando ero dentro le mura ed ero un bambino libero dai condizionamenti di mio padre, con una vita tranquilla, mi sentivo uno schiavo e invece proprio nel momento che ci sono andato oltre a quelle dannate mura, credendomi libero, sono stato prigioniero di qualcosa di più grande di me.
<< Tieni >> mi porge la tazza mentre sorride e io bevo. L’odore pungente del caffè amaro mi risveglia l’olfatto. Grazie, Mikasa, per questo regalo. Vorrei ci fosse anche Armin qui con noi. Vorrei poter vivere altri anni e svegliarmi tutte le mattine con te qui.
 
Mi alzo e stavolta la prendo io per mano. La conduco fuori, davanti all’albero. Mi sdraio nel prato a guardare il cielo e gli uccelli volare. Questa prospettiva è incantevole. Non me la ricordavo più. Rimembro le pennichelle che ero solito fare qui da piccolo.
Lei si appoggia al tronco. Sento il suo sguardo su di me. Alzo il mio e i nostri occhi si incrociano in silenzio. Sei… serena. Hai il volto rilassato. Respiri lenta, come a goderti ogni istante. Hai la stessa espressione dolce e consapevole di quando hai preso coraggio e mi hai ucciso: so che ora riuscirai a fare la cosa giusta e mi lascerai andare.
Mi allungo e poso la testa tra le sue gambe. Inizia ad accarezzarmi i capelli e io mi lascio cullare dalle sue attenzioni. Non vengo toccato con dolcezza da quando ero un bambino. Chiudo gli occhi, e a tratti passa a sfiorarmi i lineamenti del viso. Penso voglia imprimerseli nella testa per sempre, questo è quello che percepisco dal suo tocco delicato. Il mondo intorno è ovattato, lento, come se non esistesse nient’altro che noi due.

<< Eren >> mi chiama poco dopo, con tono certo ma timido, e io riapro pigramente gli occhi << un giorno ci ritroveremo. Forse sotto un’altra forma, forse in un altro Tempo, non lo so, ma riusciremo ad avere la vita che abbiamo sempre sognato insieme >>.
Le sue parole sono particolari: mi sorprendono, risuonano dentro e danno speranza, ma anche tristezza. Chissà se hai ragione, Mikasa. Vorrei tanto fosse così.
La sento piangere di nuovo, stavolta senza singhiozzi. Solo un dolce commiato. Un addio. Mi alzo piano e la guardo, trattenendo quello che penso. Non voglio andarmene, Mikasa… non voglio lasciarti.
<< Le persone che si appartengono sono destinate a ritrovarsi >> aggiunge, asciugandosi le guance bagnate. Mi sorride, e io la fisso con gli occhi lucidi: ho paura, Mikasa. Non voglio tornare a stare da solo. Non voglio rimanere senza il tuo calore. Ti prego, non lasciarmi. << Io e te, Eren, siamo legati da un filo che nemmeno la Morte ha potuto distruggere >>.
Hai ragione. Mi avvicino e le asciugo le ultime lacrime, poi la stringo di lato e mi appoggio all’albero con lei, lasciando che la sua testa corvina si accovacci all’incavo del mio collo. Prendo la sciarpa rossa e ci avvolgo entrambi.
Sii libera e felice. Ma…
<< Fino ad allora, Mikasa, non arrivare ad amare Jean più di me >>.
La sento ridere. Sorrido anche io. Chiudo gli occhi e immagino di far percepire forte, in qualche modo, la mia presenza ad Armin e ai nostri compagni. Mi mancate.
Mi mancheranno questi momenti, Mikasa. Li terrò dentro al cuore che non ho mai saputo ascoltare.
Grazie.
 
 
-  -  -


<< Mikasa!!! >>.
Apro gli occhi: è Armin, inginocchiato davanti a me. Ha il respiro affannato, deve aver corso.
Sono appoggiata al tronco. Guardo i suoi occhi e lentamente mi riprendo. Porto le mani al collo: ho la tua sciarpa, Eren, e profuma di te come quando mi ci avevi avvolta la prima volta.
Guardo il nostro amico e gli sorrido dolcemente.
<< Appoggiati qui, Armin, c’è Eren in mezzo a noi >>.

Lo invito a sedersi alla mia sinistra. Mi osserva perplesso, ma poi fa’ come gli suggerisco. Lascia uno spazio in mezzo, esattamente come se ci fossi anche tu. Sembra teso, ma poi lentamente si rilassa, prendendo a guardare il cielo. Qualche momento dopo lo avverto piangere in silenzio. << Io… io lo sento, Mikasa >>.
Mi volto a guardarlo, lui fa lo stesso, poi lentamente allunga la sua mano al centro e mi invita ad afferrarla. La stringo subito, e lui fa altrettanto. Incrociamo le dita e ci sorridiamo entrambi, commossi. Siamo tutti e tre insieme.
<< Stasera verrò a cenare con voi alla locanda >> sussurro. Lui mi guarda sorpreso e felice annuendo con entusiasmo.
<< E’ grandioso >>.
Poi appoggia la testa contro l’albero e ammira gli uccelli planare placidamente nel cielo. Credo stia intimamente conversando con te.
Una bellissima piuma bianca fluttua lenta fino a posarsi leggera sopra le nostre mani unite.
E’ un istante che rimane impresso eternamente.



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Ciao a tutti! :)
Spero questa piccola storia scritta dal punto di vista di Mikasa -e in parte anche di Eren- vi sia piaciuta.
L'ho creata perché avevo bisogno di elaborare il mio lutto personale per la fine di quel capolavoro che è Attack On Titan, e quale altra occasione se non esorcizzare attraverso Mikasa, in lutto invece per la morte del suo amato Ereh?
Grazie a voi che avete letto. Grazie al fandom di un manga che, negli anni, mi ha fatto provare un turbinio di emozioni.
Grazie a Isayama.
E grazie al ragazzo che cercava la libertà. 
Lasciate una recensione se volete, mi farebbe piacere.

See you later,
Jessica.

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