Redenzione

di Xine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sopravvissuto ***
Capitolo 2: *** Dovere ***
Capitolo 3: *** Tentativo ***
Capitolo 4: *** Polvere e macerie ***
Capitolo 5: *** Gratitudine ***
Capitolo 6: *** Leggero ***
Capitolo 7: *** Inaspettato ***
Capitolo 8: *** Perfetta ***
Capitolo 9: *** Casa ***
Capitolo 10: *** Hyuga ***
Capitolo 11: *** Carina ***
Capitolo 12: *** Carina - II ***
Capitolo 13: *** Solo ***
Capitolo 14: *** Prendersi cura ***
Capitolo 15: *** Camelie ***
Capitolo 16: *** Lui ***
Capitolo 17: *** Idiota ***
Capitolo 18: *** Nindo ***
Capitolo 19: *** Per tutta la vita ***
Capitolo 20: *** Facile ***
Capitolo 21: *** 21 Agosto ***
Capitolo 22: *** Risposta ***
Capitolo 23: *** Traditi ***
Capitolo 24: *** Amore ***
Capitolo 25: *** Redenzione ***
Capitolo 26: *** Fallimento ***



Capitolo 1
*** Sopravvissuto ***


I. Sopravvissuto


La porta dell’ufficio si spalancò.
Il ninja mascherato continuò imperterrito ad esaminare i documenti che lo tenevano occupato da ormai diversi giorni. Kakashi non aveva bisogno di guardare chi fosse, né tanto meno gli servì percepire il chackra dell’indesiderato ospite. Era stato sufficiente sentire gli schiamazzi provenienti dal corridoio per avere la certezza che si trattasse di Naruto.
“Kakashi-sensei, si è svegliato!” gridò il giovane entusiasta sbattendo le mani sulla scrivania.
Kakashi sollevò lentamente il capo osservandone le braccia abbronzate. Era stata un’ottima intuizione di Tsunade quella di voler sfruttare la capacità rigenerativa delle cellule di Hashirama Senju. Se non avesse visto con i suoi stessi occhi il suo allievo privo del braccio, stenterebbe a credere di avere davanti una protesi.
L’Hokage si appoggiò allo schienale della poltrona di pelle, incrociando lo sguardo impaziente del biondo. Un sorriso divertito gli affiorò sulle labbra mascherate. Naruto non avrebbe mai smesso di preoccuparsi di Sasuke.
“Ho saputo” disse il grigio dopo qualche istante.
“Che ne sarà di lui, ora?” domandò l’Uzumaki.
Kakashi incrociò le braccia al petto e lo osservò. Era cambiato. Non v’era traccia in lui del bambino che aveva conosciuto. Somigliava sempre di più a suo padre, soprattutto ora che i lunghi capelli biondi gli cadevano ribelli a coprire la fronte. I suoi occhi azzurri erano estremamente seri e maturi, sembravano aver perso il bagliore che li aveva caratterizzati per tutta la giovinezza.
Naruto era un uomo ormai.
“Kakashi-sensei?”
“Sarà detenuto ed interrogato fino a quando il consiglio non avrà deliberato” spiegò con calma alzandosi in piedi.
“Ma il consiglio deve rimettersi alla decisione dell’Hokage!” il biondo sgranò gli occhi.
“Sono troppo coinvolto perché la mia sola decisione risulti imparziale, Naruto. Sasuke agli occhi del Villaggio è ancora un traditore ed un assassino...” aggiunse Kakashi.
“Non saremmo qui se non fosse per lui!” commentò a denti stretti Naruto.
Il ninja dai capelli argento lo affiancò poggiandogli una mano sulla spalla. Lo sentì irrigidirsi e avvertì il suo chakra fremere nervosamente.
“Ci sto lavorando” garantì il ninja copia.
“Cosa dovrei dire a Sakura-chan? Non-”
Il bussare deciso sulla porta interruppe lo sfogo del ragazzo.
“Hokage-sama, Hyuga-san è arrivato!” lo avvertì Shizune.
Kakashi annuì e con la mano destra fece cenno di farlo entrare.
“Naruto, devo chiederti di andare” lo avvisò serio.
“Ma Kakashi-sensei-” il biondo lo guardò sorpreso.
Il ninja copia gli lanciò uno sguardo eloquente. Non avrebbe ammesso repliche.
“Hokage-sama, avete chiesto di vedermi?” domandò Hiashi Hyuga entrando nella stanza con le braccia incrociate al petto.
Sentendo lo sguardo freddo ed accusatorio dell’uomo, Naruto si voltò verso di lui. Improvvisamente, una fitta gli attraversò il petto. Il sacrificio di Neji era una ferita che ancora doveva rimarginarsi. Con che coraggio avrebbe potuto guardare Hiashi negli occhi, sapendo di avergli tolto un amato nipote?
“Hiashi-san” Naruto inchinò il capo imbarazzato e si congedò lasciando la stanza.
Superò i corridoi, senza prestare davvero attenzione al mondo circostante.
Avrebbe voluto parlare con Sasuke, ma non gli era permesso. A nessuno lo era. In fondo si trattava di un traditore, un assassino della peggior specie. 
Ma nessuno conosceva davvero Sasuke, nessuno lo vedeva per quel che realmente era: un uomo distrutto dal dolore, accecato dalla vendetta, soffocato dal senso di colpa. Sasuke Uchiha era un sopravvissuto, nient’altro.
Improvvisamente urtò contro qualcosa. Si guardò intorno, sorpreso di trovarsi davanti ad Ichiraku. Gli sfuggì un sorriso malinconico nel ricordare come fosse stato distrutto nell’attacco di Pain e poi ricostruito.
“Oh. Naruto-kun… per-perdonami”
Solo allora il ragazzo rivolse la sua attenzione alla cosa, o meglio, alla persona con cui si era scontrato.
Hinata teneva il capo chino. Il suo viso pallido era coperto dalla frangetta ed il vento ne faceva ondeggiare i lunghi capelli scuri. Indossava un abito nero, lungo fin sotto il ginocchio, e stringeva convulsamente al petto un mazzo di fiori bianchi.
“Hinata-chan, scusami tu! Ho sempre la testa tra le nuvole…” Naruto si grattò il capo imbarazzato.
“E’ stata solo colpa mia!” insistette lei mortificata.
“Non essere sciocca, Hina-chan! Stavo pensando troppo…” le sorrise incoraggiante.
Forse fu la voce tremante a tradirlo, o forse il guizzo improvviso del suo chakra, ma Hinata sollevò la testa di scatto.
“Naruto-kun… stai bene?” gli domandò con gli occhi bianchi velati di preoccupazione.
Naruto la guardò intensamente per poi distogliere lo sguardo dopo pochi minuti. Non sarebbe mai stato in grado di mentire guardandola in viso.
“E’ tutto ok!” cercò di tranquillizzarla.
Il ragazzo sobbalzò quando la mano fredda di lei gli si poggiò delicatamente sul braccio.
“Uchiha-san?” chiese Hinata timidamente.
Naruto sgranò gli occhi per la sorpresa. Era così facile da decifrare?
Annuì rassegnato e si ritrovò a sospirare.
“Sasuke è molte cose, ma non quello che dicono. Non è giusto che debba essere trattato così! Non dopo tutto quello che ha passato!” il biondo strinse i pugni.
“Non preoccuparti, Naruto-kun. Sono certa che andrà tutto bene. Uchiha-san è un eroe di guerra, dopotutto…” Hinata gli sorrise dolcemente.
Naruto rimase incantato da quegli occhi bianchi e, per un momento, in mezzo alla strada trafficata e ai rumori del villaggio, sembrò trovare la pace.

 

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Capitolo 2
*** Dovere ***


II. Dovere

 

“Nii-san” singhiozzò Hinata accarezzando con la punta delle dita pallide la lapide bianca.
Ricalcò lentamente gli anagrammi che componevano il nome. Neji Hyuga.
L’eterna dimora di un eroe di guerra, il cimitero di Konoha. Una lapide tra le tante. Un sacrificio tra i sacrifici.
Lui non sarebbe dovuto essere lì, metri e metri sotto terra.
Non avrebbero dovuto essere castani i lunghi capelli sparsi sul cuscino funebre, ma blu.
Non avrebbe dovuto esserci un sigillo maledetto sulla fronte, ma solo bianca pelle.
Non avrebbe dovuto esserci lui, Neji, il genio Hyuga, ma lei, Hinata, ereditiera debole e miserabile.
Si portò le mani alla bocca, cercando di soffocare i rumorosi singhiozzi. Il dolore che le attanagliava il petto non faceva che crescere. Giorno dopo giorno il senso di colpa la logorava.
Ma quel giorno, la ferita, bruciava più del solito.

“Hinata-sama, Lord Hiashi vuole vedervi” la voce autoritaria di Ko la fece sobbalzare.
L’ereditiera sbattè le palpebre incredula, lasciando cadere la pietra che teneva in mano. 
Era piuttosto strano che suo padre la convocasse, negli ultimi giorni lo aveva visto a malapena. La guerra aveva provocato danni ingenti al Clan Hyuga. Molte vite erano state sacrificate e il quartiere era devastato, specialmente l’ala est. Hiashi cercava abilmente di preservare l’antico splendore prebellico, supervisionando personalmente gli affari esteri del Clan e reinvestendo gli utili nella ricostruzione. Se normalmente le pressioni dell’essere capo erano piuttosto gravose, in quella situazione suo padre e il consiglio degli anziani sembravano costantemente in allerta.
Hinata annuì e si alzò in piedi, pulendo i pantaloni dalla terra accumulatasi sulle ginocchia. Cercava di rendersi utile nel ripulire il quartiere dalle macerie. Forse, almeno in quello, non avrebbe fallito.
Sospirando si fece strada attraverso il complesso, salutando con un sorriso stentato i membri del clan che le si inchinavano rispettosi. Arrivò alla dimora principale, dove le venne segnalato che Hiashi l’attendeva nella sala del consiglio. Uscì nuovamente, superando il laghetto artificiale e sorridendo nel notare come i pesci Koi sfiorassero la superficie nella speranza che fosse gettato loro del cibo. Le piaceva pensare che la riconoscessero. Tutti i giorni lanciava loro una manciata di cereali e li vedeva emergere boccheggiando. Erano buffi. Ma non quel giorno. Quel giorno non c'era tempo.
Una volta giunta a destinazione aprì il shoji sul porticato anteriore e si stupì nel constatare che suo padre non era solo. Seduti in semicerchio, al lato destro e sinistro di Hiashi, c’erano tutti i membri rimasti del consiglio Hyuga. I sei anziani. Sembrava aspettassero qualcuno però, poiché alla destra del padre c’era un posto libero.
“Hinata. Vieni dentro” ordinò Hiashi con un’espressione imperscrutabile.
Silenziosa come sempre, Hinata entrò nella stanza, inchinandosi rispettosamente davanti agli anziani e al Capo Clan. Dopo un breve cenno della mano di Hiashi, ottenne il permesso di prendere posto sul tatami e si inginocchiò mantenendo la schiena dritta e il capo chino.
Una dolorosa stretta allo stomaco la fece trasalire. Qualcosa dentro di lei urlava di andarsene.
“Hinata, la guerra non è stata clemente con questo Clan” iniziò suo padre.
“Il quartiere è in via di ricostruzione e gli affari con gli altri paesi stanno risentendo della miseria causata dalla guerra. Abbiamo perso tanto, molto di più del povero Neji” Hiashi si interruppe in quello che sembrava un momento di silenzio per i fratelli caduti.
Hinata strinse convulsamente la stoffa dei pantaloni tra le mani.
L’immagine del cugino, che le aveva fatto scudo con il suo corpo, le tornò alla mente con un intensità tale che le venne a meno il respiro. Avvertì il familiare pizzicore degli occhi che preannunciava le lacrime, ma si sforzò di trattenerle. Non aveva il diritto di piangere, non quando era lei la causa della morte di Neji.
“La lealtà di questo Clan va a Konoha ed è per Konoha che i nostri fratelli si sono sacrificati. Ora viviamo in pace, ma lo sforzo che ci è stato richiesto non può essere vano.” sentenziò Hiashi.
Hinata annuì inconsciamente, mossa da un profondo senso del rispetto e dell’educazione.
Il rumore del shoji che si apriva catturò l’attenzione dei presenti.
“Perdonate il ritardo!” esclamò Kakashi.
Hinata sgranò gli occhi, confusa dalla presenza del Sesto.
“Hokage-sama” si inchinarono i presenti.
“Hyuga-san, Hinata-chan” salutò l’Hokage prendendo posto accanto ad Hiashi.
Hinata osservò i due uomini di fronte a sé.
Suo padre sedeva compostamente, l’espressione severa sembrò ammorbidirsi per un attimo quando i loro occhi bianchi si congiunsero. 
L’Hokage, invece, le riservò uno sguardo dispiaciuto, quasi colpevole.
Hinata Hyuga poteva essere definita in molti modi, ma non era certo una stupida. 
Non si sarebbe nascosta, non questa volta. Neji non l’avrebbe salvata, nessuno l’avrebbe fatto. Era arrivato il momento di rendere onore alla sua memoria. Si sarebbe assunta finalmente la responsabilità di essere una kunoichi. Era pronta ad accogliere il suo destino.
“Come posso rendermi utile, padre?” domandò Hinata con voce decisa.
Un pesante silenzio piombò nella stanza. Era così opprimente che iniziarono a fischiarle le orecchie.
“Sposerai Sasuke Uchiha”

Hinata sfiorò con delicatezza i gigli bianchi che aveva sistemato ordinatamente nei vasetti in bronzo, nella parte inferiore della lapide. Li guardò bagnarsi delle sue lacrime, come impreziositi da gocce di rugiada. Accese l’incenso, respirandone l’odore delicato e legnoso.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal ricordo del sorriso rassicurante di Neji. Per questo aveva scelto quella fragranza, perché gli ricordava lui, perché aveva il potere di farle sentire la sua presenza. Ne aveva bisogno più che mai.
“Non lasciarmi Nii-san” pregò congiungendo le mani al petto.
Hinata aveva accettato.
Lo aveva fatto per il villaggio, perché era stata richiesta dall’Hokage e dal consiglio una garanzia che tenesse legato l’Uchiha alla Foglia. Era pur sempre il secondo shinobi più potente in circolazione.
Lo aveva fatto per il suo Clan, perché la controdote sarebbe stata pagata con parte dei fondi Uchiha sequestrati ed avrebbe permesso alle finanze Hyuga di rimettersi in sesto dignitosamente. Il prezzo di un ereditiera era davvero considerevole.
Lo aveva fatto per Hanabi, perché se non avesse accettato il dovere sarebbe passato alla secondogenita. Meritava di succedere al padre più di quanto lei non avesse mai fatto.
Lo aveva fatto per Neji, perché il suo sacrificio per lei e il villaggio non fosse vano.
Lo aveva fatto per Naruto-kun, perché Sasuke era la cosa più vicina ad una famiglia che avesse.
Lo aveva fatto per dovere, per amore.
Eppure non smetteva di fare male.



 


Cari lettori,
so che l'inizio di questa storia può sembrare lento, in verità è tutto un esperimento. Spero abbiate la pazienza, la voglia e la curiosità di proseguire, facendomi sapere effetttivamente cosa ne pensate! Ringrazio 
ecila94hina per aver commentato, oltre che chi ha letto e chi ha aggiunto la storia tra le seguite! 

A presto!

Xine

 

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Capitolo 3
*** Tentativo ***


III. Tentativo

 

Hinata camminava silenziosamente.
Teneva la testa bassa e seguiva Hiashi osservandone i piedi. Il fruscio della stoffa preziosa del kimono viola sembrava l’unico rumore oltre il rimbombo dei passi nel lungo corridoio.
Quel dolore all’altezza del petto non si era ancora attenuato.
Aveva cercato di convincersi che sarebbe stato come portare a termine una missione. Una missione lunga una vita. D’altronde era una kunoichi, aveva combattuto in guerra e il sacrificio non avrebbe dovuto spaventarla.
“Hyuga-san, l’Hokage vi aspetta”
La voce di Shizune sembrò riportarla al mondo reale. Si accorse di essersi fermata inconsciamente, proprio dietro la schiena di suo padre.
Lo vide annuire e lo seguì all’interno dell’ufficio del Sesto.
Kakashi non doveva essere un uomo ordinato, pensò. La scrivania ed il pavimento erano pieni di libri, cartelle e documenti. D’altra parte sembrava una persona semplice, proprio come l’arredamento della stanza.
“Hiashi-san, Hinata-chan. Bentrovati.”  li salutò educatamente l’Hokage.
Hiashi accennò un breve inchino.
“Hokage-sama” salutò rispettosamente Hinata, imitando il padre.
“Sedete, prego” il ninja copia indicò loro le poltrone dinnanzi alla scrivania di legno scuro.
I due Hyuga obbedirono senza perdersi in inutili convenevoli. Hiashi non era un uomo di molte parole ed Hinata, dal canto suo, non aveva nulla da dire.
“Sasuke è un uomo libero, ora. E questo lo dobbiamo a te, Hinata!” Kakashi guardò la giovane kunoichi che accennò un timido sorriso.
“Il contratto di matrimonio è stato stilato da me e Hiashi, dunque i termini sono già stati pattuiti.” l’Hokage estrasse una pergamena da un cassetto della scrivania e la porse ad Hinata.
La ragazza allungò la mano tremante, afferrando il contratto. Osservò la carta ingiallita e la scrittura elegante che immaginò appartenere all’Hatake. Deglutì e trattenne il respiro iniziando a leggere.
Giunta alla seconda riga dovette interrompersi. Una fastidiosa sensazione di nausea la costrinse a chiudere gli occhi.
Era orribile pensare che le vite di due persone si riducessero ad un foglio di carta.
“Hinata” la richiamò severamente Hiashi.
La ragazza sobbalzò, arrossendo lievemente per l’imbarazzo di essere stata ripresa davanti all’Hokage. Afferrò la penna, poggiandone delicatamente la punta sulla linea apposta sotto il suo nome. Esitò per un momento, un momento in cui le parole divennero sfocate a causa delle lacrime che silenziosamente le stavano riempendo gli occhi.
Doveva farlo. Lo meritava.
Hinata firmò, sentendo improvvisamente sulle spalle il peso delle sue azioni.
“L’accordo rimarrà segreto fino al momento opportuno. Il Clan Hyuga si riserva di sciogliere il contratto nel caso in cui Sasuke non dovesse rispettare le disposizioni cautelari impostegli.” spiegò Kakashi.
“La sua reputazione?” domandò Hiashi.
“Ristabilita. I fondi e le proprietà del Clan Uchiha sono già stati sbloccati” rispose pratico l’Hokage.
“Per quanto sarà sotto osservazione?”
“Tre mesi”
Il Capo Clan Hyuga annuì.
“Hinata si trasferirà al quartiere Uchiha il prima possibile. Ho preparato un incarico di sorveglianza formale che ne giustifichi la presenza. Sasuke è convalescente, momentaneamente cieco ed ha rifiutato la ricostruzione del braccio, perciò ha bisogno di assistenza” Kakashi guardò la ragazza.
“Hai!” annuì Hinata.
“E’ tutto?” domandò Hiashi incrociando le braccia al petto con aria di superiorità.
L’Hokage fece cenno con la testa in segno di assenso.
Il Capo Clan si alzò, seguito da Hinata.
Kakashi li accompagnò alla porta e strinse la mano ad Hiashi per suggellare l’accordo e, al contempo, ringraziarlo. Sasuke era pur sempre il suo pupillo.
Hinata si inchinò rispettosamente davanti all’Hokage.
“Hinata, vorrei scambiare con te due parole” disse il ninja copia.
“In privato” guardò Hiashi per chiederne il permesso.
L’uomo annuì, intimando alla figlia che sarebbe rientrato al composto Hyuga per sbrigare degli affari. Con un impercettibile gesto della mano Hiashi si congedò.
Hinata lo guardò incedere deciso lungo il corridoio. Non sembrava minimamente turbato da quello che era appena accaduto in quella stanza. E perché avrebbe dovuto? Si era tolto dall’impiccio di avere un'ereditiera mediocre e l’aveva sposata all’ultimo membro dell’unico Clan che avrebbe potuto rivaleggiare con gli Hyuga per antichità e stima. Senza tener conto della controdote.
“Hinata…” la chiamò dolcemente Kakashi, interrompendo le sue considerazioni.
La giovane sollevò gli occhi chiari nella sua direzione.
“Sasuke è schiavo del suo passato, non riuscirà mai a sbarazzarsi del dolore che porta con sé” spiegò cauto.
Hinata osservò l’Hokage. Sembrava quasi volersi scusare per averla legata a lui.
“Non so nemmeno se tutto questo sia la cosa migliore, né se funzionerà” aggiunse Kakashi, passandosi stancamente una mano sulla fronte. Aveva un gran mal di testa.
La ragazza strinse i pugni. Allora era questo? Un tentativo. Stava rinunciando a tutto per un misero tentativo. Sasuke era così importante per loro da valere il sacrificio della sua vita, a quanto pare.
Ma chi era lei per giudicare? Aveva causato la morte di suo cugino per amore di Naruto.
“Andrà bene, Hokage-sama” Hinata sorrise incoraggiante all’uomo mascherato, tentando di infondere coraggio ad entrambi.
“Merita di trovare un po’ di pace. Forse tu riuscirai a farglielo capire…” le accarezzò affettuosamente il capo.
Hinata arrossì per il gesto inaspettato e regalò un sorriso timido all’Hatake, prima di congedarsi. Lasciò la torre del Kage, camminando lentamente per le vie trafficate di Konoha.
In ogni dove gli abitanti si davano da fare per ricostruire le loro vite.
Era buffo come il mondo stesse andando avanti mentre lei sarebbe rimasta indietro.


 


Carissimi,
mi fa molto piacere che vi siate appassionati alla storia. Cercherò di mantenere gli aggiornamenti ravvicinati, anche se non posso garantire la regolarità che sto facendo ora.  Ringrazio tantissimo 
 RedSunshine e echila94hina che hanno commentati, riservandomi parole gentilissime. Ringrazio anche chi ha messo la storia tra le seguite, tra le preferite e tra quelle da ricordare. 

A presto.
Xine

 

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Capitolo 4
*** Polvere e macerie ***


IV. Polvere e macerie



Hinata osservò i resti del composto Uchiha.

Un intero quartiere svuotato, caduto in rovina come il prestigioso Clan che lo aveva popolato. La vegetazione aveva invaso gli edifici, nascondendone l’antico splendore e soffocando la memoria del massacro che era stato consumato. Una vita passata ricoperta di polvere e macerie.
Negli anni la storia del Clan Uchiha sarebbe diventata una leggenda. Una leggenda su uomini spietati dagli occhi color sangue che avevano tradito il loro villaggio accecati dal potere.
Hinata scosse il capo.
Non sarebbe dovuta essere una leggenda, in fondo. Sasuke era vivo ed era la prova vivente che il Clan Uchiha era esistito.
“Hinata-chan!” chiamò Naruto correndole incontro.
“Buongiorno, Naruto-kun” arrossì, abbassando lo sguardo timidamente.
“Lascia che ti aiuti!” il ninja biondo le sfilò di mano il pesante borsone che portava con sé.
Si sarebbe trasferita quel giorno stesso per potersi prendere cura di Sasuke. E per cercare di gettare le basi per un matrimonio quantomeno civile.
“La casa è di qua, vieni!” le disse il ragazzo facendo strada nel quartiere.
Hinata lo seguì silenziosamente, attivando d’istinto il Byakugahn per studiare la sua futura abitazione. Sembrava una piccola casa tradizionale, probabilmente appartenente ad una famiglia secondaria. Non si avvicinava lontanamente alla dimora principale degli Hyuga, piuttosto a qualche edifico cadetto.
Non che le importasse davvero, era solo sorpresa che nessuno avesse ancora provveduto a sistemare i resti del quartiere Uchiha. 
D’altronde, chi avrebbe potuto farlo? Da tempo quel posto era stato dichiarato maledetto e gli abitanti del villaggio temevano e disprezzavano Sasuke.
“Hinata-chan… grazie per quello che stai facendo per il Teme!” Naruto parlò con una voce così dolce che per poco Hinata non scoppiò a piangere.
Avrebbe voluto gridargli che non lo faceva per lui. Avrebbe voluto chiedergli di salvarla, ancora una volta, dal suo destino.
“S-se Uchiha-san è importante per te, lo è anche per me…” gli sorrise timidamente.
Naruto si fermò e prese a guardarla con un intensità tale che fu costretta ad abbassare il capo.
Arrossì, pentendosi di essere stata così diretta. Aveva già confessato i suoi sentimenti a Naruto anni prima e, nonostante il suo silenzio, non si sarebbe dovuto stupire nel sapere che per lei era importante. Eppure era ancora così difficile stargli vicino e comportarsi come se niente fosse, come se per lui non avrebbe rinunciato alla vita. Come se per lui non stesse rinunciando alla vita.

“Hinata io-”
“Naruto! Dove diavolo ti sei cacciato?!” una voce femminile piuttosto alta lo interruppe.
“Siamo qui Sakura-chan!” disse il biondo agitando un braccio nella direzione della compagna di squadra.
“Siamo?” Sakura guardò oltre la spalla del biondo, riuscendo a scorgere la figura minuta di Hinata.
“Ah Hina-chan! Sei arrivata!” le sorrise la ragazza dai capelli rosa avvicinandosi loro.
“Buongiorno Sakura-chan” ricambiò cortese Hinata.
“Entriamo, forza!” affermò Sakura facendo strada.
I tre raggiunsero l’abitazione che Sakura e Naruto avevano ripulito al meglio per l’arrivo del loro compagno. Era un edificio in legno scuro, leggermente rialzato da terra a mezzo di corte palafitte, circondato da quello che una volta doveva essere un piccolo giardino, ora completamente incolto.
Si fermarono nel genkan e tolsero i calzari, poi si addentrarono tra le stanze. La casa era spoglia e fredda, ma luminosa. Non vi era quasi alcun mobile a decorarla. Evidentemente il Clan Uchiha era molto legato alla cultura tradizionale.
Hinata si sforzò di sorridere. Forse non sarebbe stato così diverso da casa.
“Come sta Uchiha-san?” domandò delicatamente la Hyuga.
“Si sta riprendendo. La vista dovrebbe tornargli in qualche settimana, dovrà fare riabilitazione perché il suo fisico si è indebolito, ma per il resto… è il solito Sasuke!” Sakura sorrise malinconica.
“Eccetto il braccio!” aggiunse Naruto.
“Naruto!” Sakura lo colpì sulla testa.
“Che cosa ho detto?!” sbuffò lui massaggiandosi dolorante il punto colpito.
“Vieni Hina-chan!” la rosa accennò con il capo al corridoio.
Hinata la seguì.
“Qui c’è il bagno. Ho lasciato un kit per la medicazione nel mobile sotto il lavabo” Sakura indicò una porta sulla sinistra, mostrandole la stanza.
Era pulita ed ordinata, conteneva solo gli elementi essenziali. I materiali predominanti erano quelli del resto della casa: legno e pietra naturale.
“Hai” annuì Hinata.
Sakura riprese a camminare elencando le varie stanze man mano che venivano superate. Al termine del corridoio si fermò, passando dolcemente le dita sul fusuma.
Hinata capì che si trattava della stanza di Sasuke.
Un terribile senso di colpa la costrinse ad abbassare il capo. Che egoista era stata. Non aveva pensato che quel matrimonio avrebbe distrutto anche i sogni di Sakura-chan.
“Forza!” Naruto posò una carezza gentile sulla spalla dell’amica per infonderle coraggio. 
Sakura  fece un cenno con il capo ed aprì la porta.
Hinata distolse lo sguardo. Faceva ancora male quell'attenzione, quella dolcezza, non riservata a lei.
“Sasuke-kun siamo tornati!” la rosa sorrise entrando nella stanza seguita da Naruto.
“Hei Teme! Come ti senti?” domandò con voce allegra il biondo.
Hinata trattenne il respiro e, un passo dietro l’altro, avanzò lentamente nella camera, attenta a fare il minor rumore possibile. Tenne il capo basso, incapace di trovare la forza di guardare il volto del suo futuro marito.
“Chi sei?”
Una voce profonda e severa la costrinse ad alzare lo sguardo.
Sasuke Uchiha sembrava avere il potere di trapassarla da parte a parte nonostante gli occhi bendati. I capelli corvini ricadevano ribelli sul viso, erano lunghi e tremendamente in contrasto con la carnagione pallida. Sedeva compostamente sul letto, coperto dal lenzuolo all’altezza della vita. La maglia nera ne risaltava la magrezza, probabilmente dovuta ai mesi di ricovero in ospedale, ed era impossibile non notare l’arto mancante.
Era stato un bel ragazzo ai tempi dell’accademia ed era innegabilmente un uomo attraente ora. Eppure Hinata non sentiva niente, se non un lancinante dolore all’altezza del petto.
“Non essere scortese Teme!” lo rimproverò il biondo.
“Non posso essere più scortese di qualcuno che entra in casa mia senza presentarsi!” commentò lapidario l’Uchiha.
Hinata arrossì per la vergogna.
“So-sono mortificata Uchiha-san. Sono Hinata Hyuga, piacere di rivederti” istintivamente la ragazza si inchinò, dandosi poi della stupida data la sua impossibilità di vederla.
“Hn”
“Sasuke-kun, vorresti mangiare qualcosa?” gli domandò Sakura seduta al suo capezzale.
“Andatevene.” ordinò Sasuke.
“Ma, Sasu-” provò a farlo ragionare la rosa.
“Fuori”
“Hei Teme, non fare lo stronzo!” Naruto fece per colpirlo sulla spalla, ma la sua mano venne prontamente bloccata da quella del moro.
“Esci da qui, Dobe” lo liquidò sprezzante.
Naruto sospirò, alzando le mani in segno di resa. Era ormai abituato al caratteraccio del suo migliore amico. E non poteva davvero biasimarlo, vista la situazione. Quello che non poteva tollerare era come si ostinasse a ferire Sakura.
“Andiamo…” il biondo si avvicinò alla compagna di squadra, afferrandole delicatamente il braccio per tirarla in piedi.
Gli occhi verdi di lei, improvvisamente lucidi, gli fecero stringere i pugni.
“Tornerò a trovarti domani per controllare che tutto vada bene!” esclamò il ninja medico ostentando una forzata allegria.
Sasuke l’ignorò.
I tre ragazzi fecero per lasciare la stanza, quando la voce dell’Uchiha li fermò.
“Hyuga”
La mora si irrigidì. Poi si voltò lentamente nella direzione del suo interlocutore.
“U-uchiha-san?” domandò lei esitante.
“Resta.” la voce di Sasuke non lasciava spazio a repliche.



 





Carissimi,
come sempre colgo l'occasione per ringraziare chi legge e continua a farlo, siete davvero tanti!
In particolar modo ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo: LNZ_nh e naruhina3; e chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite o quelle da ricordare!

Xine.

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Capitolo 5
*** Gratitudine ***


V. Gratitudine

 

Hinata sciacquò il riso con estrema cura, fino ad assicurarsi che l’acqua fosse trasparente. Lo mise poi in una ciotola ricolma d’acqua, lasciandolo in ammollo.
Prese a tagliare minuziosamente le verdure in striscioline, impegnandosi perché fossero tutte della stessa dimensione. Non che contasse veramente, Sasuke non sarebbe comunque stato in grado di vederle.
Sasuke.
Suppongo di doverti ringraziare, Hyuga.
Sentì gli occhi pizzicare e una lacrima le rigò la guancia. L’asciugò con un rapido gesto della mano, cercando di cancellare, insieme ad essa, il ricordo della giornata precedente.

Perchè lo hai fatto?”
Sasuke Uchiha era un uomo diretto, crudelmente diretto. Non gli importava che si fossero a malapena parlati due volte nell’arco dell’intera vita, né che la domanda potesse richiedere un certo tatto nell’essere posta.
Aveva chiesto e basta. E ora pretendeva una risposta.
Per un attimo le parve di avere davanti la figura autoritaria di Hiashi.
Come un automa replicò quello che aveva fatto ormai innumerevoli volte dinnanzi a suo padre: si inchinò profondamente, in segno di scuse.
Mi dispiace” sussurrò flebilmente.
Mi dispiace per aver accettato, mi dispiace per avere rovinato i tuoi sogni, per non essere all’altezza’, avrebbe voluto dire.
Mi dispiace non poterti amare’, avrebbe voluto gridare.
Sentì le lacrime rigare le guance pallide e scivolare lentamente lungo il collo.
Suppongo di doverti ringraziare, Hyuga”
Hinata alzò il capo, impreparata a quella dichiarazione.
U-uchiha-san ?” domandò confusa guardandolo.
Il ragazzo teneva il viso rivolto alla finestra. I raggi del sole ne accarezzarono i lineamenti regolari e virili, colorando lievemente l’incarnato chiaro.
Vattene” ordinò Sasuke dopo qualche istante di silenzio.


Hinata scosse il capo, scacciando l’immagine dalla mente.
Sollevò il coperchio della pentola, verificando la cottura del pesce. Non era ancora pronto.
Si guardò intorno, accorgendosi di non sapere dove si trovassero le stoviglie. Rovistò tra gli scaffali della cucina, rinvenendo poche cose e apparentemente nuove. La colpirono delle ciotole colorate, rosse con decori blu. Sorrise. Sakura-chan aveva pensato a tutto.
La casa era fredda, come il suo proprietario, ma, nascosti qua e là, Hinata aveva trovato piccoli oggetti che testimoniavano una presenza femminile. Dettagli colorati che simboleggiavano la voglia di un nuovo inizio.
Un inizio che non sarebbe mai arrivato.
Suppongo di doverti ringraziare, Hyuga.
Doveva davvero?
Si accorse che le sue mani erano scosse da violenti tremori. Per paura di romperli, posò i piattini sul bancone della cucina, attendendo qualche istante perché le scosse cessassero.
Una volta riacquistato il controllo su sé stessa, mise il riso nella vaporiera e accese il fornello.
Suppongo di doverti ringraziare, Hyuga.
Sospirò.
Non era riuscita a togliersi dalla mente quella frase, l’aveva tenuta sveglia tutta la notte. Poi, finalmente, il sorgere del sole le aveva fornito la scusa per lasciare il futon immacolato e fare una passeggiata. Il quartiere Uchiha era spettrale nelle tenebre, ma il colore rossastro dell’alba riusciva a colorare gli edifici e le strade deserte donando loro una sfumatura placida, quasi confortevole. Non erano ancora le sette quando aveva iniziato a cucinare.
La sera precedente si era sentita più leggera quando Sasuke l’aveva liquidata dicendo che non avrebbe cenato. Non aveva insistito, si era rintanata codardamente nella sua stanza con un nodo allo stomaco. Poi il rimorso aveva cominciato a tormentarla e così si era sentita costretta a rimediare preparandogli la colazione.
Non aveva trovato molto da cucinare. Sicuramente più tardi sarebbe dovuta andare a fare spesa.
“Hyuga”
Hinata si voltò di scatto, trovando l’Uchiha appoggiato allo stipite della porta. Si accorse che doveva essersi tolto le bende dagli occhi, ancora chiusi e leggermente nascosti dalle lunghe ciocche di capelli corvini.
B-buongiorno, Uchiha-san” lo salutò timidamente.
Il moro non rispose.
“Hai fame? La colazione sarà pronta a breve…” continuò Hinata educatamente.
Sasuke fece qualche passo nella sua direzione, apparentemente non affaticato dallo sforzo di essersi alzato in piedi. Dopo neanche un metro si arrestò con un’espressione diversa. Quasi infastidita.
Hinata capì che doveva essere confuso rispetto allo spazio circostante. La casa era nuova anche per lui e il fatto che non ci vedesse lo rendeva probabilmente insicuro.
Gli si affiancò silenziosamente, notando per la prima volta quanto fosse più alto di lei. Gli arrivava a malapena alla spalla. Avvolse con delicatezza le mani intorno al suo braccio. Lo sentì irrigidirsi al contatto, ma non disse nulla, anzi la seguì quando lo guidò al tavolo. Prese poi la sua mano, posandola sullo schienale della sedia per permettergli di capire di quale oggetto si trattasse.
A quel punto Hinata si allontanò richiudendosi nel cucinotto imbarazzata. Era pur sempre uno sconosciuto per lei.
Stranamente agitata riprese da dove era stata interrotta, sbirciando in direzione dell’Uchiha per assicurarsi che non avesse bisogno di aiuto. Sorrise nel vederlo studiare la sedia, poi sollevarla con l’unico braccio come a volerla pesare. Era buffo.
Il viso di Sasuke si voltò nella sua direzione e, se non avesse avuto la certezza della sua cecità, avrebbe giurato di essere stata scoperta ad osservarlo.
Arrossendo tolse il pesce dalla pentola, poggiando le porzioni su due piattini e sistemandovi a fianco verdure e riso. Posizionò i manicaretti su un vassoio, insieme alla teiera e ai bicchieri, e lo portò in tavola.
Sasuke era già seduto.
Mi dispiace, non ho potuto fare molto con quello che c’era in casa. Oggi farò la spesa” si scusò timidamente sistemando il piatto davanti al ragazzo.
“Hn”
Hinata gli versò il té nel bicchiere, attenta a non farvi cadere alcuna fogliolina dell’infuso. Era particolarmente meticolosa quando si trattava di cucina e tradizioni.
Lo vide passare in rassegna il tavolo con la mano, all’evidente ricerca delle bacchette. Quando le trovò, le sfiorò con le lunghe dita nell’intento di studiarle. Dopo alcuni minuti di esitazione, le afferrò ispezionando con la punta di esse il tavolo, fino a quando non si scontrarono con la porcellana del piatto in un leggero ticchettio.
Con le bacchette valutò la consistenza del cibo, provando a capire di cosa si trattasse.
Hinata si diede mentalmente della stupida.
“Uchiha-san, partendo da destra ci sono riso, pesce e verdure” gli disse.
Sasuke ripercorse con le bacchette i tre alimenti, soffermandosi sul salmone. Ne prese un pezzo, sollevandolo in direzione di quella che pensava essere la bocca, ma che presto si rivelò il mento.
Il corvino strinse le labbra in una linea sottile. Era infastidito.
Ripetè nuovamente l’operazione, questa volta incontrando la guancia sinistra e facendo cadere sul tavolo il pesce raccolto.
Hinata lo sentì imprecare.
Rimase immobile, non sapendo come comportarsi. Avrebbe voluto aiutarlo, ma aveva paura di poter ferire il suo orgoglio. Volendo evitare che si sentisse sotto pressione, data la poca familiarità che avevano, si alzò in piedi decisa a lasciarlo solo.
“Uchiha-san, consumerò la colazione in giardino”
Sasuke non disse nulla, la sua espressione rimase impassibile.
Eppure, se Hinata avesse sentito, senza ascoltare, ne avrebbe potuto cogliere chiaramente la gratitudine.

 



Carissimi, 
vi ringrazio come sempre per l'attenzione che riservata a questa storia, nata per caso. Siete tantissimi e non me lo aspettavo proprio!
Ringrazio le mie commentatrici: Hinata55, naruhina3, ecila94hina, Ziulii. 
Ringrazio moltissimo anche chi ha messo la storia tra quelle preferite, seguite o da ricordare. 
Mi riempite d'orgoglio. Spero di non deludervi!

Xine

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Capitolo 6
*** Leggero ***


VI. Leggero

 

Hinata lasciò il quartiere Uchiha alla buonora.
Con il passare dei giorni aveva imparato che Sasuke si sentiva più a suo agio a consumare i pasti da solo. Così li preparava e li lasciava sul tavolo della cucina, avvisandolo, attraverso la porta chiusa della sua stanza, che era pronto.
Quella comunicazione di servizio era l’unica che si scambiavano in tutto il giorno. Da quando era arrivata si erano dati a malapena il buongiorno e la buonanotte.
L’Uchiha difficilmente lasciava la stanza, eccezion fatta per consumare i pasti e per andare in bagno. Nonostante non lo desse a vedere, era ancora debole e si affaticava facilmente. Hinata aveva notato che, ad ora di cena, prima di prendere posto a tavola, si poggiava per qualche secondo allo stipite della porta, come in cerca di un sostegno momentaneo.
Dal canto suo lei cercava di disturbarlo il meno possibile, trascorrendo il tempo a rassettare la casa o a leggere sul porticato. Era comunque sempre vigile e, appena sentiva scricchiolare le assi di legno del pavimento, attivava il Byakugan per accertarsi che Sasuke non avesse bisogno di aiuto.
Estranei, era la definizione perfetta per descriverli.
Sorrise stancamente. Sarebbe stato sempre così tra loro?
Scuotendo il capo, si avvicinò alla folla rumorosa accalcatasi per le vie del villaggio. Era giorno di mercato e, con la scusa della spesa, si era allontanata dall’opprimente silenzio di casa.
Abituata alla quiete del composto Hyuga e poi Uchiha, per un attimo si sentì spaesata dal turbinio di suoni e colori. Si fermò, stringendo tra le mani il cestino in vimini che aveva portato con sé per riporvi gli acquisti. Fece un bel respiro e si incamminò tra le bancarelle, osservando attentamente la frutta e la verdura in esposizione.
Salutò cordialmente la signora Izushi, da cui abitualmente faceva spesa.
“Hinata-sama, è bello vedervi!” le sorrise la donna.
“Anche per me, Izushi-san” ricambiò teneramente Hinata.
“Vi preparo il solito?” domandò pratica l’ambulante.
“Hai” annuì la mora.
Mentre la signora Izushi raccoglieva il cibo e lo riponeva in sacchetti di carta marrone, Hinata si guardò intorno. Si sentiva osservata. In effetti la gente sbirciava nella sua direzione borbottando. Solitamente era trattata con rispetto, quasi venerazione, per via delle nobili origini.
Non capiva il perché di tanto brusio. Qualcosa forse non andava nel suo vestiario?
Esaminò attentamente la gonna bianca e la maglietta lilla. Tutto sembrava pulito e ben stirato.

“Hinata-sama, non fateci caso!” la rassicurò Izushi pulendo con cura gli yuzu.
La Hyuga la guardò sorpresa. Allora non era un impressione.
“N-non capisco, Izushi-san. Ho qualcosa che non va?” le chiese preoccupata.
“Si dice che stiate vivendo a casa Uchiha” le spiegò cauta.
Hinata sgranò gli occhi, distogliendo poi lo sguardo in preda all’imbarazzo. Doveva immaginare che la voce si sarebbe presto diffusa.
“Non preoccupatevi, signorina. È ovvio che una brava ragazza come voi non potrebbe mai sistemarsi con un traditore!” Izushi le porse il sacchetto.
Hinata deglutì.
“U-uchiha-san è un eroe di guerra, proprio come Naruto-kun…” Hinata parlò timidamente, allungando la mano tremolante per prendere la spesa.
Izushi ritirò la borsa.
“È per l’Uchiha questa roba?” domandò con voce severa.
“È per me… e Uchiha-san” sussurrò la ragazza, incapace di mentire.
Un improvviso silenzio calò sulla strada. Tutti avevano interrotto le loro attività per osservare attentamente la scena.
“Sono spiacente Hinata-sama, ma questo negozio non vende niente agli assassini!” decretò Izushi prendendo a scartare la spesa che aveva preparato.
Hinata sentì il viso farsi caldo. Certamente era arrossita.
Non seppe dire, tuttavia, se si trattasse di vergogna o di rabbia.
Sasuke non meritava quel trattamento, non quando aveva combattuto a fianco di Naruto ed era stato fondamentale per la vittoria.
Intorno a sé cominciò ad udire i mormorii della gente. Traditore, assassino, maledetto, bastardo.
“Guardate! C’è Naruto-kun!” urlò qualcuno.
Il frastuono del mercato riprese allora come se non fosse mai stato interrotto. Gli abitanti si sbracciavano per salutare l’eroe di Konoha.
Hinata strinse i pugni.
Che ipocriti. Fino a ieri avevano disprezzato e temuto quel bambino, emarginandolo dalla società perché vittima di un crudele destino: essere il portatore del Kyubi. Ed ora eccoli lì, ad acclamarlo come un dio. Sì, Naruto li aveva salvati innumerevoli volte e meritava la loro stima e gratitudine.
E Sasuke?

Decise di tornare a casa, ma solo dopo essersi fermata in un negozietto di alimentari in una strada secondaria. Era piccolo, a conduzione familiare. Avevano tutti i generi alimentari tradizionali, ma non c’era molta scelta di frutta e verdura. I prodotti, però, sembravano freschi e belli, in particolare i pomodori. Difficilmente se ne trovavano in circolazione. I proprietari, due dolcissimi vecchietti, non potendo contenere la gioia di servire una nobile Hyuga, si erano addirittura proposti di consegnarle la spesa a casa, perché non si addiceva a una signora come lei fare certe fatiche. Una volta ringraziati, rifiutando cortesemente la loro offerta, Hinata aveva lasciato il negozio con la promessa di tornare.
Sentì il cuore più leggero.
Camminò a passo deciso fino a quando non intravide gli edifici diroccati del quartiere Uchiha. Allora, il ritmo si fece più lento e le spalle si rilassarono man mano che si avvicinava a casa. Casa.
Entrò decisa e superò il genkan, togliendo i sandali e sistemandoli ordinatamente sulla sinistra. Si diresse quindi in cucina, notando come sul tavolo ci fossero ancora i piatti vuoti della colazione. Sasuke doveva aver gradito. E, ad occhio e croce, stava prendendo più confidenza con il cibo, dal momento che i resti sul tavolo erano sempre meno.
Appoggiò il cesto sul bancale in legno, tirando fuori i vari sacchetti e disponendoli uno accanto all’altro. Prima di sistemare la spesa, raccolse i piatti utilizzati e li portò in cucina, dove prese una pezza umida che utilizzò per ripulire i rimasugli della colazione.
“Sei tornata”
Hinata sobbalzò impreparata, lasciando cadere il pomodoro che teneva tra le mani e guardandolo rotolare sulla superficie in legno.
Non lo aveva sentito arrivare. Era un fallimento come kunoichi, suo padre aveva ragione. Era logico che volesse sbarazzarsi della vergogna che avrebbe portato a lui e al Clan con la sua inettitudine.
Sasuke si avvicinò al tavolo con sicurezza, nonostante gli occhi chiusi. La sua cognizione dello spazio era evidentemente migliorata. Allungò la mano sfiorando la superficie scura, fino a trovare l’oggetto che le era scivolato di mano.
Per un momento Hinata pensò che glielo stesse per porgere, poi, improvvisamente, avvicinò il frutto al naso. Sembrò annusarlo e aggrottò le sopracciglia incuriosito.
“È un pomodoro, Uchiha-san. Mi sono fermata in un negozietto e sembravano belli, così li ho comprati” gli spiegò imbarazzata.
Sul volto di Sasuke, per la prima volta da quando era arrivata, Hinata scorse qualcosa di simile ad un sorriso compiaciuto. Era...bello.
Lo guardò attentamente, desiderosa di imprimere l’immagine nella memoria. Chissà quante altre volte sarebbe capitato…

Quando lo vide portarsi alla bocca il pomodoro, pronto ad addentarlo, gli corse incontro, togliendoglielo di mano agitata.
Sasuke tornò serio. Le labbra si strinsero in una linea sottile e la testa venne inclinata pericolosamente di lato.
“U-uchiha-san, d-devo ancora lavarli” disse cautamente Hinata, prima di sparire in cucina.
Tornò dopo alcuni istanti, reggendo in mano un piattino con il pomodoro tagliato a spicchi.
“Ecco!” Hinata lo appoggiò sul tavolo, in modo che fosse alla portata dell’Uchiha.
Sasuke allungò l’unico braccio, riuscendo a trovare il piatto facilmente. Lo percorse con le dita, fino a raggiungere una fettina.
Hinata l’osservò curiosa, sorridendo nel notare i suoi progressi.
Traditore. Assassino. Maledetto. Bastardo.
Distolse lo sguardo in preda all’agitazione. Sentì crescere dentro di lei quella rabbia che era riuscita a soffocare un’ora prima. 
Sasuke si voltò nella sua direzione con i sensi in allerta. Doveva aver avvertito un turbamento nel suo chakra.
“Andrò a fare la doccia” lo avvisò la ragazza per poi superarlo.
Non fece in tempo ad affiancarlo che Sasuke l’afferrò per il polso. Si aspettava una spiegazione.
Hinata boccheggiò in difficoltà. Non sapeva cosa fare. Non voleva ferirlo o farlo arrabbiare, non voleva che sapesse quello che la gente diceva di lui. Non dopo tutto quello che aveva fatto per il villaggio.
“Mi dispiace…”
“Sono solo nervosa” aggiunse dopo qualche istante.
Il ragazzo rimase muto, immobile. Poi lasciò la presa, riportando la mano al piattino ed afferrando una fetta di pomodoro.
Hinata si allontanò silenziosamente.
Traditore. Assassino. Maledetto. Bastardo.
Scosse la testa.
Si fermò sulla soglia della porta, stringendo i pugni.
“Uchiha-san” lo chiamò dolcemente, vedendolo fermare il braccio a mezz’aria.
“Se  non fosse stato per il tuo aiuto, non potremmo vivere in pace ora… Arigatō!”
Senza aspettare la sua reazione, Hinata corse in bagno.
Per la seconda volta nella giornata, sentì il cuore farsi leggero.

 



Carissimi,
come al solito vi ringrazio dal primo all'ultimo per leggere la storia. Grazie in particolare alle mie tre fedelisseime naruhina3, Hinata55 e ecila94hina. Siete preziose, quasi delle amiche, ormai! 

Un ringraziamento speciale anche a chi ha aggiunto la storia tra quelle seguite, preferite o da ricordare. 

Xine

 

 

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Capitolo 7
*** Inaspettato ***


VII. Inaspettato

 

Si era svegliata di buon umore. La conversazione con Sasuke della mattina precedente aveva, in qualche modo, alleviato il peso della convivenza. Quanto meno lui ora sapeva che non lo riteneva un traditore o un assassino.
Poteva essere un punto di partenza.
Hinata riempì la tinozza d’acqua, portandola poi in giardino con fatica. Era piuttosto pesante.
Una volta sistemata accanto ad un’altra identica, versò all’interno dell’acqua tiepida un bicchierino di sapone neutro.
Afferrò un capo dalla cesta del bucato, osservandolo attentamente. Era una maglia a maniche lunghe di Sasuke, rigorosamente nera e con lo stemma Uchiha ricamato sul retro.
Sorrise divertita. Sembrava che il ragazzo avesse soltanto capi in serie: magliette a maniche lunghe nere o blu scuro e pantaloni neri.
In effetti, pensò, sarebbe stato buffo vederlo indossare colori più vivaci. L’arancione, ad esempio. 
Ridacchiò tra sé e sé, immergendo la maglia nella tinozza ed iniziando a lavarla.
Le piaceva fare il bucato a mano, aveva il potere di rilassarla. Iniziò a canticchiare un motivo inventato lì per lì. Nascosti sui rami degli alberi o sui cornicioni degli edifici circostanti, gli uccellini sembravano farle il coro. 
“Hyuga”
Hinata si voltò, trovando Sasuke, appoggiato al shoji, che teneva il capo rivolto in quella che presumeva fosse la sua direzione.
Sollevò le sopracciglia incredula. Era strano che la chiamasse. 
Uno strano senso d'inquietudine le attanagliò lo stomaco. Sicuramente doveva essere successo qualcosa.

“Uchiha-san, qualcosa non va?” gli domandò avvicinandosi a lui preoccupata.
“È ora di pranzo” le disse.
Hinata lo guardò confusa.
Sapeva perfettamente che ora fosse. Non a caso la tavola era apparecchiata per lui.
“Sto facendo il bucato, Uchiha-san. Mangerò più tardi…” gli confermò allora.
Forse, non sapendo dove fosse, aveva pensato di avvisarla per assicurarsi che non si incrociassero. Annuì convinta al suo stesso ragionamento.
“Bene”
Sasuke le diede le spalle e rientrò in casa, chiudendo il shoji dietro di sé.
Hinata rimase qualche istante a fissare la porta chiusa.
Sospirò tristemente.
Era un uomo complicato. Troppo per lei.

Solitamente era brava a capire le persone, eppure con lui faceva estremamente fatica. Ai suoi occhi sembrava impassibile a qualsiasi cosa gli si parasse di fronte. Non era in grado di interpretarne le espressioni, i gesti. I silenzi. Non aveva la più pallida idea di cosa pensasse di tutto questo, del matrimonio. E non era nemmeno sicura che, chiedendo, avrebbe risposto. Sempre poi che riuscisse a trovare il coraggio di farlo.
Per Hinata Hyuga, Sasuke Uchiha era imperscrutabile. Ed anche un po’ spaventoso.
Ritornò alla sua occupazione, recuperando la maglia e passandola poi nell’altra tinozza per risciacquarla dal sapone. Ripetè l’operazione con il resto degli indumenti, provvedendo poi a stenderli accuratamente. Il sole era alto e sicuramente si sarebbero asciugati entro sera.
Osservò il cielo, limpido. Azzurro. Ricordava gli occhi di Naruto.
Sorrise tristemente e sentì il desiderio di piangere.
Naruto-kun sarebbe stato per lei come il cielo: bellissimo e irraggiungibile.
Rientrò in casa con un groppo in gola. Le era passato l’appetito.
Superò il soggiorno, diretta in cucina. Non avrebbe mangiato, ma, quanto meno, avrebbe pulito le stoviglie e riordinato il tavolo.
Quando aprì la porta della sala da pranzo, rimase paralizzata.
Sasuke era seduto compostamente a tavola. Davanti a lui i piatti erano ancora perfettamente intatti.
Sbattè le palpebre più volte, incredula di quanto sembrava accadere. La stava forse aspettando?
“U-uchiha-san?” sussurrò incerta.
Il giovane non rispose, ma afferrò le bacchette di legno in muta risposta alla sua domanda.
Hinata arrossì imbarazzata ed abbassò il capo. Il cuore aveva preso a martellare nel petto ad un ritmo incontrollato. Quel gesto era così inaspettato.
Quando il battito cominciò a regolarizzarsi, guardò l’Uchiha.
Era ancora immobile, ma la testa era leggermente inclinata di lato. Allora Hinata capì che assumeva quella posizione quando era in attesa di qualcosa.
Sorrise entusiasta. Forse, se avesse prestato maggior attenzione, avrebbe imparato anche lei a decifrare i suoi comportamenti.
Improvvisamente si rese conto che stava continuando a farlo aspettare.
“Perdonami, Uchiha-san!” si scusò correndo in cucina e tirando fuori dal frigo il pasto che aveva preparato per sé.
Recuperò le posate dal cassetto e prese posto a tavola, alla sinistra di Sasuke. 
“Itadakimasu!” esclamò Hinata educatamente.
Il corvino fece un breve cenno con il capo.

I due presero a consumare il pasto silenziosamente.
Hinata cercò di concentrarsi sul suo pranzo, ma la curiosità ebbe la meglio e si ritrovò a sbirciare in direzione del ragazzo. Era davvero migliorato. Individuava la posizione dei piatti apparentemente senza sforzo e portava il cibo alle labbra con sicurezza. Non un chicco di riso era ancora caduto sul tavolo.
Era come se volesse farle vedere i suoi progressi, come se cercasse la sua approvazione.
"Sei migliorato, Uchiha-san!" gli disse leggermente imbarazzata.
"Hn" 

Mentre addentava una polpetta di pesce, Hinata sorrise contenta. 
“È buono” commentò Sasuke.
Hinata lo guardò, arrossendo fino alla radice dei capelli. Inaspettato.
“A-arigatō” balbettò.
Il pranzo continuò nel silenzio più assoluto, senza tuttavia risultare pesante. Erano entrambi abituati alla quiete e trovavano in essa serenità.
Non erano poi così diversi, Hinata e Sasuke. Avrebbero soltanto dovuto imparare a conoscersi, a guardarsi.
“Uchiha-san, sono sazia. Vorresti i miei pomodori?” gli domandò con gentilezza.
Hinata, col passare dei giorni, aveva imparato che il ragazzo sembrava andare matto per i pomodori. Aveva capito anche che non amava i cibi dolci, li lasciava immancabilmente nel piatto, e che preferiva il pesce alla carne, e in particolar modo il tonno.
Sasuke allungò il piatto, spingendolo sul tavolo nella sua direzione. Hinata vi trasferì le fette di pomodoro.
“Arigatō!” gli sorrise rendendogli il piatto.
“Non dovresti dirlo” commentò Sasuke.
Il suo tono era duro. Aveva l'aria di essere un rimprovero.
Hinata abbassò il capo mortificata. Non pensava di aver fatto nulla di male, lo aveva ringraziato perché in quel modo il cibo non sarebbe andato sprecato.
“Mi dispiace” si scusò.
Strinse tra le mani il tessuto leggero della gonna. Ancora una volta era risultata inadeguata.
Aveva rovinato tutto. I piccoli progressi fatti con il ragazzo si erano dissolti in un battito di ciglia.

Sasuke continuò a mangiare i pomodori, senza degnarla di alcuna attenzione. Una volta terminato, si alzò lentamente dalla sedia.
La ragazza rimase immobile, in attesa che se ne andasse per scoppiare a piangere liberamente. Non voleva che la vedesse ancor più debole. Trattenne il respiro fino a quando non sentì il fusama scorrere. Una lacrima rigò silenziosamente la guancia, incapace di attendere che i passi si fossero allontanati.
“Hyuga, non dovresti ringraziare al posto degli altri”
Le parole di Sasuke le fecero sgranare gli occhi.
Alzò il capo, guardando nella sua direzione. Le dava le spalle e teneva la testa leggermente inclinata di lato, l’unica mano era stretta sul fusama.
“Kochira koso” disse l’Uchiha prima di lasciare la stanza.
Hinata sentì il cuore iniziare a battere più velocemente. Le lacrime che spingevano per essere liberate, si dissolsero come se non fossero mai esistite.
Un sorriso timido affiorò sulle labbra rosee, espandendo il velato rossore alle gote.
Inaspettato.


 



Carissimi lettori, 
oggi voglio dirvi soltanto GRAZIE.  
In particolare a Ziulii, naruhina3 e ecila94hina.

A presto.
Xine


PS: kochira koso, è utilizzato tipicamente in risposta a frasi come "scusami" o "grazie" e significa sostanzialmente "sono io che dovrei dirlo". In questo caso, ad esempio, sarebbe più o meno da interpretare così: "grazie" "no, grazie a te"




 

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Capitolo 8
*** Perfetta ***


VIII. Perfetta

 

Sakura arrivò al quartiere Uchiha, camminando con sicurezza tra gli edifici.
Negli anni in cui Sasuke era lontano, aveva ripercorso innumerevoli volte quelle strade nella speranza di vederlo riapparire o, quanto meno, di capire perché se ne fosse andato.
Nei suoi sogni più reconditi immaginava che un giorno quegli edifici sarebbero stati ricostruiti, che le strade si sarebbero ripopolate. 
Vedeva lei e Sasuke, mano nella mano, ridare vita a un Clan dichiarato ormai estinto.
Arrossì imbarazzata, pizzicandosi leggermente un braccio per tornare alla realtà.
Guardò la valigetta che aveva portato con sé per visitare il corvino.
Avrebbe dovuto esserci lei in quella casa.
Era lei che lo aveva aspettato, nonostante tutto, nonostante tutti.
Era lei che lo aveva salvato da morte certa dopo lo scontro con Naruto.
Era di lei che avrebbe dovuto avere bisogno.
Eppure Kakashi-sensei aveva chiesto ad Hinata di farlo.
Ora c’è bisogno di te altrove.
Sospirò. Non era affatto giusto.
Ma lo aveva accettato, e capito. L’ospedale era allo stremo delle forze, il più delle volte doveva fare doppi turni per riuscire a fornire tutto il supporto necessario. Probabilmente non avrebbe avuto nemmeno il tempo di accudire Sasuke-kun.
Si accorse di essere arrivata a destinazione, così bussò alla porta.
Sentì dei passi aggraziati divenire via via più vicini. Poco dopo il shoji si aprì, rivelando la figura minuta di Hinata.
Sembrava sorpresa di vederla, gli occhi erano leggermente sgranati.
“Buongiorno Hinata-chan!” la salutò sorridente.
“Buongiorno” ricambiò la mora facendosi da parte per farla passare.
“Come va? Sasuke sta bene?” domandò la rosa togliendosi i sandali e lasciandoli all’ingresso.
Hinata annuì.
Le due rimasero qualche istante in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri. Era buffo come avrebbero voluto essere una nei panni dell’altra.
“Come va all’ospedale, Sakura-chan?” Hinata cercò di smorzare la tensione, facendo poi strada nella sala da pranzo.
“C’è molto da fare” ammise guardandosi intorno.
La casa era ordinata, i pavimenti lucidi. Al centro del tavolo c’era persino un vaso di fiori di campo
“Vado a chiamare Uchiha-san. Torno subito!”
Hinata si congedò con un breve inchino, poi scomparve dietro la porta.
Sakura, nell’attesa, posizionò i vari strumenti sulla superficie in legno. Poco dopo avvertì dei passi avvicinarsi alla stanza ed il cuore prese a battere più velocemente. Lisciò le pieghe sulla maglia rossa e la gonna bianca, passandosi poi una mano tra i capelli per sistemarli. Chissà se Sasuke l’avrebbe trovata carina.
Il fusama si aprì lentamente, rivelando agli occhi verdi le figure di Sasuke ed Hinata. Stavano silenziosamente uno accanto all’altra, senza nemmeno sfiorarsi.
Eppure faceva male.
Una fitta al petto l’obbligò a distogliere lo sguardo. Strinse tra le mani lo schienale della sedia in legno, non accorgendosi della forza con cui lo stava facendo fino all’inconfondibile crac.
“Ops” mormorò imbarazzata osservando la reazione di Hinata.
“Non è successo nulla, Sakura-chan. Era già rotta…” le sorrise dolcemente.
Hinata era perfetta, sapeva sempre cosa dire.
“Non lo era” commentò duramente Sasuke.
Sakura lo guardò mortificata, confortata dal solo fatto che quegli occhi ossidiana non avrebbero potuto squadrarla con sufficienza.
Aggrottò le sopracciglia in confusione, notando però come non portasse più le bende.
“Ti è già tornata la vista?” gli domandò sorpresa.
Sasuke scosse il capo, prendendo posto a tavola.
Sakura rivolse allora l’attenzione ad Hinata.
“Hinata-chan, non avresti dovuto togliergli i bendaggi!” la ninja medico rimproverò la ragazza che abbassò la testa mortificata.
“Mi dispia-”
“Non è stata lei” la interruppe Sasuke.
La rosa sgranò gli occhi incredula. La stava difendendo? Non era il tipo da prendersi le colpe per gli altri, men che meno per una sconosciuta.
Sakura rimase in silenzio, incapace di dire qualsiasi cosa. Per un istante le mancò Naruto. Lui avrebbe saputo cosa fare.
“Preparo del tè” Hinata si congedò, rintanandosi in cucina.
L’Haruno sembrò risvegliarsi improvvisamente.
Come al solito stava facendo la figura della stupida davanti a Sasuke. Era adulta, dannazione. Era un medico ed avrebbe dovuto comportarsi in modo professionale.
“D’accordo Sasuke-kun. Vediamo come sta andando!” la rosa afferrò il fonendoscopio, avvicinandosi a lui.
Gli sollevò la maglietta, arrossendo nel vedere l’addome definito ed il petto muscoloso. Era pur sempre il ragazzo di cui era innamorata.
Non era ancora al pieno delle forze, anche se sembrava aver messo su un po’ di peso dall’ultima volta. Anche l’incarnato pareva meno malaticcio e più roseo.
Hinata stava facendo un buon lavoro.
Oscultò il cuore, sentendone il battito regolare e deciso.
“Sembra sia tutto ok” gli sorrise, abbassando la maglia.
Posò il fonendoscopio sul tavolo, prendendo una piccola torcia. Portò una mano sulla guancia del corvino, sentendolo irrigidirsi al suo tocco.
“Voglio solo controllare gli occhi” lo tranquillizzò.
Sasuke aprì gli occhi dopo tanto tempo e Sakura si ritrovò a trattenere il respiro. Non vedeva quelle gemme onice e viola dallo scontro con Naruto.
Sentì le lacrime pizzicare, ma strinse i denti e proseguì la visita. Puntò la torcia da un occhio all’altro velocemente, osservando la reazione della pupilla. Tutto nella norma.
Lasciò malvolentieri la presa sul viso di Sasuke.
“Cosa vedi?” gli chiese.
“Ombre” rispose lui.
Sakura annuì.
“Non sforzarti, tornerà gradualmente. Sarebbe meglio che tenessi le bende, però…” gli provò a dire.
Sasuke non rispose.
“Il tè è pronto!” Hinata entrò nella stanza con un vassoio in mano.
Posizionò la teiera sul tavolo e riempì tre tazze. Lo faceva con una precisione e una cura maniacali. Sakura non pensava potesse essere così importante, era solo tè.
“Perdonami Sakura-chan, non ho potuto fare molto altro. Non ti aspettavamo così presto…” la mora si scusò indicando i biscotti d’avena.
Erano evidentemente fatti in casa ed avevano un aspetto e un profumo delizioso.
Perfetta.
“Uchiha-san, sono senza zucchero” disse Hinata con naturalezza.
Sakura li guardò infastidita. In così poco tempo avevano legato al punto tale che Hinata conosceva i suoi gusti? Strinse i pugni nel vedere Sasuke allungare una mano ed addentare un biscotto.
Per l’ennesima volta si diede della stupida.
Era logico che Hinata avesse imparato quel che piaceva al ragazzo. D’altronde gli preparava i pasti da ormai più di una settimana. Chi non avrebbe imparato?
Eppure faceva male. Voleva andare a casa.
Buttò giù d’un fiato il tè che la Hyuga aveva amabilmente preparato. Non aveva sbagliato nemmeno quello. La temperatura era perfetta, non così calda da bruciarsi, ma abbastanza da sentire il piacevole tepore.
“Devo andare! Scusatemi…” si alzò in piedi velocemente, rimettendo gli strumenti nella valigetta.
“Sakura-chan, non vuoi restare un altro po’?” domandò Hinata.
“Non posso. Dovrei già essere in ospedale a quest’ora…” mentì afferrando la valigetta.
Hinata rimase in silenzio, poi annuì alzandosi da tavola per accompagnarla alla porta.
“Sasuke-kun, se vuoi puoi tornare ad allentarti. Ovviamente senza esagerare” concluse la rosa.
Il corvino non rispose.
Di nuovo la sua indifferenza riuscì a ferirla. Sospirò tristemente.
“Sakura-chan” la chiamò Hinata.
Dagli occhi bianchi traspariva la sua preoccupazione, il suo dispiacere.
“Vado”
La rosa lasciò la stanza, seguita educatamente dalla Hyuga. Una perfetta padrona di casa non lascerebbe mai che l’ospite uscisse senza accompagnarlo alla porta.
“Sakura-chan” Hinata le posò delicatamente una mano sul braccio.
Sakura la guardò.
“Sono certa che Uchiha-san non volesse essere scortese. Lui è solo-”
“Conosco Sasuke” la interruppe acidamente.
La vide spalancare gli occhi ed abbassare lo sguardo mortificata, stringendo le mani al petto.
Il ninja medico si sentì tremendamente in colpa. Stava sfogando su Hinata le sue frustrazioni, quando anche per lei non doveva essere una situazione piacevole. Sasuke non era un uomo semplice, soprattutto se non lo si conosceva. E poi Hinata era innamorata di Naruto e certamente lo stava facendo solo per questo.
“Mi dispiace Hina-chan. Sono solo stanca…” si scusò allora.
La mora scosse il capo e le regalò un timido sorriso.
“Buona giornata Sakura-chan!”


 



Carissime,
eccoci all'ottavo capitolo. In questo caso c'è un cambio di POV. Mi piace utilizzare questo espediente! 
Chiedo scusa alla mia carissima Hinata55 perchè so che non apprezzerà. Prometto di farmi perdonare. 
Ringrazio come sempre le mie naruhina3, Hinata55 e ecila94hina.
E grazie anche a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare.

Xine


 

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Capitolo 9
*** Casa ***


IX. Casa

 

Hinata osservò Sasuke.
Aveva la fronte imperlata di sudore e continuava ad agitarsi tra le coperte.
Lo sentì mormorare qualcosa di incomprensibile e gli portò una mano sulla fronte per accertarsi che non avesse la febbre. La temperatura sembrava normale.
“Madre”
Hinata sgranò gli occhi. Stava avendo un incubo, un incubo sulla sua famiglia.
“Uchiha-san” gli accarezzò lievemente la spalla, sperando di svegliarlo.
“Madre” ripetè con voce roca, iniziando a tremare sotto le sue mani.
La ragazza prese a scuoterlo con più forza.
“Uchiha-san, svegliati per favore” lo chiamò Hinata preoccupata.
Improvvisamente gli occhi di Sasuke si aprirono.
Nell’occhio destro, brillante come un rubino, splendeva lo Sharingan, nel sinistro il tetro colore violastro e le iridi concentriche con tre tomoe, segnalavano l’inconfondibile presenza del Rinnegan.
Hinata attivò istintivamente il Byakugan. Non conosceva abbastanza bene Sasuke da avere la certezza che in quel momento non fosse pericoloso.
L’Uchiha allungò una mano verso di lei, afferrando delicatamente una lunga ciocca di capelli scuri.
“Mamma” sussurrò dolcemente prima di richiudere gli occhi e ripiombare in un sonno profondo.


Hinata, accovacciata sul porticato posteriore, ascoltava il rumore della pioggia che cadeva incessantemente da alcune ore.
Gli occhi bianchi, fissi su un punto indefinito del giardino, parevano inesorabilmente vuoti.
Nella sua testa non faceva che rimbombare la voce di Sasuke che invocava sua madre. Una voce intrisa di dolore, disperata. Una voce sorda, a cui non sarebbe arrivata risposta.
Hinata non conosceva personalmente Mikoto Uchiha, ne aveva sentito parlare come di una donna dall’indicibile bellezza. Suppose che fosse, inoltre, una madre premurosa ed amorevole, perché l’agitazione di Sasuke si era placata quando, nel dormiveglia, l’aveva scambiata per lei.
Strinse le ginocchia al petto, nascondendo la testa tra le gambe. Iniziò a singhiozzare. Il dolore di Sasuke aveva toccato un nodo scoperto.
Quanto le mancava sua madre.
Dopo tutti quegli anni, nonostante tutto. Non passava mai.
Forse lei e Sasuke non avevano molto in comune, però condividevano un’assenza pesante.
Continuò a piangere, sentendo le forze abbandonarla pian piano. Si addormentò così, raggomitolata su se stessa, in balia del vento freddo e della pioggia.
Si svegliò dopo un paio d’ore, beandosi del piacevole tepore che sembrava averla cullata. Aprì gli occhi lentamente, notando che era avvolta da una coperta blu.
Sasuke.
Si alzò immediatamente guardandosi intorno. Il shoji era chiuso e fuori la pioggia continuava a scendere incessante. Di lui non vi era traccia.
Attivò il Byakugan e perlustrò l’abitazione, fino a trovarlo impegnato in quello che sembrava essere un allenamento. Faceva delle precisissime e regolari flessioni, ad un ritmo sostenuto.
Sorrise contenta ed entrò in casa, dirigendosi in cucina.
Quando vide l’orario, si accorse di essere tremendamente in ritardo con i preparativi della cena e si infilò in men che non si dica il grembiule bianco.
Mise a bollire la zuppa di miso, recuperando contenta il dashi che aveva trovato nel negozietto dei due anziani. Sasuke avrebbe apprezzato.
Tirò fuori dal frigorifero l’hangiri contenente il riso che aveva preparato ad ora di pranzo, lasciandolo a temperatura ambiente perché fosse più facile da lavorare.  Posizionò l’alga nori sul tagliere di legno, facendola in rettangolini precisi.
Quando avvertì la porta aprirsi, non sobbalzò come era solita fare. Si era abituata a questa loro routine. Sapeva che alle diciotto e quarantacinque Sasuke sarebbe entrato in sala da pranzo e avrebbe posto a capotavola, in modo che alle diciannove in punto fosse servita la cena.
Hinata continuò a dargli le spalle, incapace di voltarsi nella sua direzione dopo la premura che le aveva riservato nel pomeriggio.
Sentì le gote farsi rosse e mescolò la zuppa per calmare l’improvviso batticuore.
Non sapeva se ringraziarlo o se ignorare il fatto.
“U-uchiha-san, sono in ritardo con i preparativi!” si scusò Hinata, optando per la seconda scelta.
Il ragazzo non rispose, ma, dal rumore della sedia che veniva spostata, capì che si sarebbe seduto ed avrebbe aspettato.
Sorrise contenta, compattando il riso in forma triangolare e apponendovi l’alga per formare degli onigiri. Quando ne ebbe preparati quattro, si voltò per posarli sul tavolo e permettere a Sasuke di mangiarli nell’attesa che la cena fosse pronta.
Rimase immobile nel constatare che aveva gli occhi aperti e la stava guardando con un espressione indecifrabile. Gli era forse tornata la vista?
“Stai bene?” gli domandò preoccupata.
Sasuke si irrigidì e la mano che teneva le bacchette si serrò con una forza tale che le spezzò.
Hinata sussultò. Non capiva cosa stava accadendo.
L’Uchiha si alzò in piedi di scatto, facendo cadere la sedia che toccò terra con un boato. Poi lasciò la stanza senza dire niente.
La ragazza assistette alla scena impotente, timorosa di fare qualsiasi cosa, compreso respirare. Doveva averlo terribilmente infastidito senza volerlo. Ma cosa aveva fatto di così sbagliato? Non aveva mai suscitato in lui una reazione simile.
Sospirò.
Non sapeva come comportarsi. Avrebbe dovuto chiedergli scusa o sarebbe invece stato meglio se lo avesse lasciato in pace?
Scosse il capo. Non avrebbe chiuso occhio se non avesse, quanto meno, tentato di fargli sapere che non era certo il suo volere irritarlo.
Attivò il Byakugan per vedere dove fosse, sorprendendosi di non trovarlo in casa.
Improvvisamente si accese dentro di lei una strana preoccupazione. Fuori stava ancora piovendo e lui era convalescente.
Uscì di casa velocemente, afferrando un ombrello all’ingresso e riparandovisi sotto. Cercò di raggiungerlo, ma lui era più veloce. Continuava a camminare nel quartiere con estrema sicurezza. I vestiti scuri gli si erano appiccicati addosso, così come i capelli corvini. Sembrava uno spettro, una sagoma nera con l’emblema Uchiha sulla schiena.
“Uchiha-san, fermati!” gridò Hinata.
Sasuke proseguì imperterrito, imboccando una strada sulla sinistra e scomparendo dalla sua vista.
Hinata iniziò a correre, attivando ancora una volta l’abilità oculare.
Lo vide fermarsi davanti ad un edificio tra i più malridotti. Le vene sporgenti sul viso sparirono e la visuale tornò normale.
Raggiunse il ragazzo, coprendolo con l’ombrello, non appena gli fu abbastanza vicina.
“Mi dispiace” gli disse mortificata, senza nemmeno sapere per cosa si stava scusando.
Sasuke non rispose. Teneva lo sguardo fisso sull’insegna Uchiha di quella casa.
Hinata gli sfiorò delicatamente il braccio, cercando di attirarne l’attenzione.
“Uchiha-san, per favore torniamo a casa. Ti ammalerai...” lo pregò sinceramente preoccupata.
Niente.
La Hyuga sospirò, consapevole che non l’avrebbe ascoltata.
Poco importava. Sarebbe rimasta lì, sperando che la misera protezione. che l’ombrello poteva fornirgli. fosse sufficiente ad evitargli un malanno.
Passarono i minuti ed il silenzio continuò a regnare imperterrito tra i due. Stava calando il buio e la temperatura si faceva via via più bassa.
“Somigli a mia madre”
La voce di Sasuke fu poco più di un sussurro.
Hinata dovette guardarlo per assicurarsi che avesse parlato davvero.
Ne osservò il profilo, la fronte alta, il naso dritto e le labbra sottili. Sembrava così triste, così spaesato. Proprio come la notte precedente.
Gli occhi bianchi di Hinata ritornarono all’edificio che avevano davanti.
Era una grande abitazione tradizionale, sviluppata su un unico piano. Era simile a quella in cui abitavano, ma evidentemente più imponente. Ai tempi dell’antico Clan doveva sembrare maestosa, potente.
Hinata si irrigidì.
Era la casa di Sasuke e della sua famiglia.
La casa in cui aveva costruito i suoi affetti, in cui probabilmente aveva giocato con suo fratello, in cui aveva riso con sua madre e si era allenato con suo padre.
La casa in cui, tornando, aveva trovato i genitori brutalmente assassinati dal suo Aniki.
“Mi dispiace tanto, Uchiha-san” mormorò tristemente abbassando il capo.
“Non voglio la tua pietà” la liquidò bruscamente, facendo per allontanarsi.
“Non è pietà, Uchiha-san!” lo afferrò fermamente per il braccio.
Sasuke si voltò verso di lei, osservando ironicamente la mano pallida della ragazza stretta sulla stoffa bagnata della maglia.
Hinata arrossì, lasciando la presa e guardando per terra.
“So cosa significa perdere qualcuno di caro” sussurrò allora lei.
Il ricordo di sua madre che le accarezzava il viso e quello di Neji che le sorrideva orgoglioso, le fecero rallentare pericolosamente i battiti del cuore. Lasciò cadere l’ombrello dalle mani, improvvisamente privata di qualsiasi forza.
Sentì che le lacrime calde, che avevano iniziato a rigarle il viso, venivano spazzate via dalle gocce insistenti della pioggia.
Ognuno si perse nei propri ricordi, sentendo riaffiorare tutto l'amore vissuto. Come un pugno nello stomaco arrivò però anche il dolore della perdita, la consapevolezza della solitudine. Il peso delle loro esistenze. Due binari paralleli che il destino aveva unito senza nessun motivo apparente, ma che forse avrebbero potuto dar vita ad una nuova, impensabile, meta.

Il tempo sembrò fermarsi a quell’istante, l’istante in cui due mondi estranei venivano in contatto per la prima volta.
“Avevo ragione” Sasuke interruppe per primo il silenzio.
Hinata lo guardò, in attesa di spiegazioni.
Sussultò, sgranando gli occhi bianchi per la sorpresa, quando l’Uchiha tese la mano verso di lei e afferrò, con un gesto estremamente delicato, una ciocca di lunghi capelli scuri.
“U-uchiha-san?” balbettò.
“Somigli a mia madre” disse, prima di voltarle le spalle e cominciare a camminare.
Hinata rimase immobile.
Il cuore aveva iniziato a martellare nel petto furiosamente, le lacrime si erano fermate.
“Hyuga” la chiamò Sasuke arrestandosi sul posto.
La ragazza trattenne il respiro.
“Andiamo a casa


 



Carissimi,
sono super di fretta stasera. Vi lascio questo capitolo e vi auguro un buon weekend! 
Un grazie di cuore a chi ha commentato: naruhina3, ecila94hina, Hinata55 e Ziulii. Siete meravigliose!
Un grazie a chi ha messo la storia tra le preferite, le seguite e quelle da ricordare: aumentate sempre più! 

A presto!

Xine

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Capitolo 10
*** Hyuga ***


X. Hyuga

 

Sasuke si svegliò all’alba, spalancando gli occhi e respirando a pieni polmoni.
Non ricordava una notte in cui gli incubi non lo avessero perseguitato. Incubi o ricordi? Che differenza faceva ormai.
Sospirò rumorosamente, passandosi la mano tra i capelli infastidito. Erano diventati lunghi, più di quanto non potesse ricordare.
Si alzò lentamente dal futon, avvicinandosi alla finestra per osservare fuori. Riuscì a distinguere nitidamente le forme ed i colori del paesaggio. Il cielo era limpido ed il sole si intravedeva prepotentemente tra gli alberi. L’acquazzone del giorno precedente sembrava un ricordo lontano. 
Si incamminò silenziosamente in bagno, aprendo l’acqua della doccia perché si riscaldasse. Iniziò a spogliarsi, imprecando ogni qual volta i movimenti risultassero complicati dall’utilizzo di una sola mano.
Avrebbe potuto fare come Naruto e risolvere il problema. Ma, a differenza sua, lui meritava quella menomazione. Era dilaniato dal dolore e quel braccio mancante non era altro che un promemoria per sé stesso e per gli altri.
Si ritrovò davanti allo specchio e, dopo mesi, fu in grado di vedere il suo riflesso.
Sembrava invecchiato. La carnagione pallida metteva in risalto le occhiaie profonde. I capelli corvini erano decisamente troppo lunghi, quasi gli coprivano gli occhi. Non sarebbe stato in grado di tagliarseli da sé, e nemmeno ne aveva voglia. Gli ricordavano quelli del suo Aniki.
Entrò sotto la doccia, lasciando che l’acqua calda alleviasse il peso della sua esistenza vuota.
A volte si chiedeva perché avesse accettato quell’accordo, perché non avesse chiesto di essere giustiziato. In fondo, era quello che volevano praticamente tutti.
Poi si rispondeva che lo aveva fatto per Naruto, perché, dopo aver lottato per lui tutto il tempo senza mai perdere la speranza, non sarebbe stato giusto provocargli altro dolore. Perchè una volta diventato Hokage avrebbe avuto bisogno di lui come braccio destro e come leader di uno dei Clan più potenti del Villaggio.
Lo aveva fatto anche per Itachi, per onorare il suo sacrificio e portare a compimento il suo desiderio di vedere rinascere il Clan Uchiha.
Kakashi era stato scaltro, aveva toccato i punti giusti. Bastardo.
Rimase sotto il getto dell’acqua per diverso tempo, poi uscì, si asciugò velocemente e si vestì, indossando i soliti indumenti neri.
Lasciò il bagno, deciso a fare una passeggiata in attesa che Hyuga si svegliasse e preparasse la colazione.
Hyuga.
La sera precedente era affaticato. Aveva sforzato gli occhi per tutto il giorno, sfruttando il ritorno alla normale visuale. Così, quando si era seduto a tavola aspettando la cena, la curiosità sull’aspetto della sua futura moglie aveva prevalso e si era scoperto ad osservarla, nonostante la vista annebbiata.
Per un istante aveva pensato che si trattasse di sua madre. I capelli lunghi e scuri, la pelle chiara, il grembiule. Gli onighiri. Quante volte Mikoto li aveva preparati per lui, sapendo che erano i suoi preferiti.
Era stato bello. E doloroso, contemporaneamente.
Camminò tra le vie del distretto, osservando come fosse caduto in rovina. L’antico splendore di quel quartiere era un ricordo ormai lontano. Le insegne Uchiha erano state cancellate dal tempo. O dalla gente, chissà.
Si ritrovò nuovamente davanti a quelle che un tempo erano state le mura domestiche e, come la sera precedente, rimase a guardare in silenzio quel che era rimasto della sua famiglia. I resti di un crollo.
Rientrò a casa quando l’altezza del sole faceva presagire che fossero circa le otto e trenta. Aprì il shoji e percorse lentamente il corridoio, sentendo un invitante profumo di zuppa di miso solleticare il suo olfatto delicato.
Hyuga.
Entrò nella sala da pranzo, aprendo il fusama silenziosamente.
Restò fermo sulla soglia della porta, studiando la stanza per la prima volta. Era ordinata, essenziale e pulita. Il tavolo di legno era lucido e ben apparecchiato.
Un leggerissimo rumore metallico gli fece spostare lo sguardo sulla cucina, dove la Hyuga stava preparando il té. Non si era accorta della sua presenza e continuava a dargli la schiena.
La guardò curioso.
Quel giorno indossava un abito di un viola molto tenue. I lunghi capelli le coprivano la schiena, arrivandole fino alla vita, dove si intravedeva il fiocco del grembiule. Erano blu scuro, quasi neri, lucidi e lisci. E morbidi, pensò ricordando la sera precedente. Le spalle, leggermente scoperte dalla scollatura del vestito, lasciavano scorgere frammenti di pelle porcellana.
La ragazza si voltò e, nel notare la sua presenza, rimase immobile, con la teiera tra le mani.
Sasuke continuò ad osservarla.
Non era certo attraente come Yamanaka.
O particolare come Sakura.
Era elegante, semplice. Tradizionale.
Hinata Hyuga era bella. Molto bella.
“U-uchiha-san, ti è tornata l-la vista?” balbettò arrossendo e sgranando gli occhi.
Sasuke aveva sempre pensato che gli occhi degli Hyuga avessero un aspetto spettrale, vuoto. Invece li trovò espressivi, fin troppo. Lasciavano che trasparisse la sua evidente emotività, cosa insolita per una kunoichi.
“Uchiha-san?” lo richiamò con le mani tremanti.
Sasuke annuì.
“V-vado a chiamare Sakura-chan!” gli disse appoggiando sul tavolo la teiera.
Si slacciò velocemente il grembiule, appoggiandolo ordinatamente sullo schienale della sedia. Si avvicinò a lui, ancora immobile sulla porta, con l’evidente intento di uscire.
Era piuttosto bassa, gli sfiorava a malapena le spalle.
Sumimasen” mormorò timidamente.
“Non c’è bisogno di avvisare Sakura” le disse allora.
La vide irrigidirsi.
“Uchiha-san, sarebbe meglio che ti visitasse un medico” lo guardò con una strana espressione.
Sembrava preoccupata.
Somigli a mia madre
Sasuke chiuse gli occhi, passandosi una mano tra i capelli.
“Ho fame” cercò di sviare il discorso.
Hinata serrò le labbra, poi ritornò in cucina senza ribattere. Sentendo che preparava i piatti, si accomodò a capotavola.
Per fortuna non era insistente.
Poco dopo riapparve, portando con sé un vassoio ricolmo di cibo. Gli si affiancò, sfiorandolo appena, e posò davanti a lui una ciotola di zuppa di miso e un piattino con riso, uova e pesce. Tutto era impiattato con estrema cura e precisione.
Il cibo era buono, ormai Sasuke lo sapeva. Ma non pensava che potesse essere anche bello.
La ragazza prese posto alla sua sinistra, come era solita fare tutti i giorni.
Itadakimasu!” disse educatamente Hinata prima di iniziare a mangiare.
Sasuke rimase in silenzio, degustando a sua volta la zuppa. Era veramente ottima.
“Oggi andrò a fare la spesa, Uchiha-san. Ti serve qualcosa?” domandò lei.
No” rispose portando alla bocca un pezzo di pesce.
Hinata ricominciò a mangiare in silenzio e lui fece altrettanto.
Era strano vivere con qualcuno.
Aveva passato la maggior parte della sua vita da solo, badando a sé stesso. Non era più abituato ad avere qualcuno che si prendesse cura di lui. E non sapeva nemmeno se voleva farlo, se voleva lasciare cadere le barriere ed affezionarsi ad una persona, vivendo nella paura che gli venisse portata via. Di nuovo.
Sentì la fastidiosa sensazione di essere osservato, così alzò lo sguardo incontrando due occhi bianchi che sbirciavano nella sua direzione.
La vide arrossire ed abbassare la testa, concentrandosi sul riso come in contemplazione di un opera interessantissima.
“Cosa c’è?” domandò Sasuke.
La voce gli uscì più dura di quanto non volesse.
Hinata scosse il capo, mormorando un ‘niente’ e rimettendosi a giocare fastidiosamente con il cibo.
Hyuga” la richiamò con un tono più gentile.
La ragazza sospirò.
“Mi piacerebbe che ti facessi visitare da un medico, Uchiha-san” lo guardò con decisione.
Sasuke ricambiò lo sguardo.
“Sei forse preoccupata, Hyuga?” le domandò con un’espressione divertita.
“Sarebbe così sbagliato, Uchiha-san?” ribatté seria.
Somigli a mia madre
Sasuke si zittì.
Finì di mangiare, ignorando completamente Hinata, poi fece per alzarsi e portare le sue stoviglie al lavabo. Ora che vedeva correttamente, gli sembrava il minimo.
“Ci penso io, Uchiha-san” cercò di bloccarlo lei.
Il corvino non le diede ascolto, si allontanò dal tavolo e posò la roba da lavare nel lavello. Passò nuovamente in sala da pranzo, notando come la ragazza sembrasse abbattuta. Continuava fastidiosamente a giocare con il cibo.
“D’accordo Hyuga” cedette Sasuke, vedendola sorridere contenta e riprendere a mangiare.

 

 



Carissimi,
primo giro di boa, ecco il capitolo X. Spero vi piaccia!
 Avevo in serbo per voi il POV di Sasuke già da un po'...  
Come sempre ringrazio le mie fedelissime commentatrici naruhina3, ecila94hina, Hinata55, Ziulii e mareluna. Grazie di cuore! 
Ringrazio anche chi legge e chi ha inserito la storia tra quelle preferite, seguite e da ricordare.

Xine

 

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Capitolo 11
*** Carina ***


 

XI. Carina - Parte I

 

“Hina-chan!” gridò una voce familiare.
La ragazza si voltò nella direzione da cui proveniva il suono con un dolce sorriso sul volto. Agitò la mano in segno di saluto vedendo Kiba ed Akamaru correrle incontro.
“Buon pomeriggio Kiba-kun!” salutò contenta.
Il ragazzo la tirò in un abbraccio, scompigliandole i capelli con una mano, mentre l’enorme cane le spingeva affettuosamente il capo contro il fianco, in cerca di carezze.
“Akamaru-kun, ciao anche a te!” sorrise Hinata accarezzando la testa dell’animale, che mugugnò soddisfatto in risposta.
“Come stai, Hina-chan? È un secolo che non ti vedo!” le disse l’Inuzuka. lasciando la presa su di lei per poterla guardare.
“Sto bene!” annuì con un mezzo sorriso, distogliendo lo sguardo.
La cosa non passò inosservata al compagno di squadra. La conosceva come le sue tasche.
“Cosa succede?” domandò facendosi improvvisamente serio.
“Niente, Kiba-kun!” lo guardò lei, cercando di suonare convincente.
“È quel bastardo di Naruto che ti fa star male?” ringhiò infastidito.
“No!” gridò Hinata agitando le mani davanti a sé.
Kiba sembrò rilassarsi, ma negli occhi scuri rimase evidente la sua preoccupazione.
“Sto bene, davvero” la Hyuga sorrise, accarezzandogli teneramente il braccio come faceva ogni volta per calmarlo.
Il ragazzo annuì poco convinto. Poi il suo viso si illuminò.
“Shino torna domani da una missione. Potremmo fare una rimpatriata da Yakiniku, con Kurenai-sensei e Mirai! Cosa ne dici? Proprio come ai vecchi tempi!” Kiba le strizzò l’occhio ed Akamaru abbaiò a sostegno della proposta del padrone.
Hinata li guardò. Scoppiò in una risata contenuta, coprendosi la bocca per mascherare il divertimento. Non sarebbe stata in grado di dirgli di no, non davanti a quei quattro occhioni speranzosi.
“Mi piacerebbe, Kiba-kun”


Hinata si guardò allo specchio.
L’abito bianco si adattava perfettamente alle sue forme, scivolando morbidamente sui fianchi e sul seno senza risultare volgare. Portava i capelli sciolti, come sempre, e non si era truccata. Non ne era capace ed aveva la sensazione di sembrare ridicola.
Lisciò le pieghe immaginarie della gonna ampia, prese una giacca lilla, poi, dopo un ultimo sguardo al suo riflesso, uscì dalla camera alla ricerca dell’Uchiha.
Chissà se l’avrebbe trovata carina.
Arrossì al suo stesso pensiero, dandosi della stupida per aver immaginato una cosa simile. Uchiha-san non era il tipo da perdersi dietro a certe stupidaggini.
Scosse il capo, cercando di zittire quella vocina che continuava a chiedersi se il suo fidanzato l’avrebbe mai vista come una donna attraente. Carina era sufficiente!
Sospirò abbattuta.
Dai rumori provenienti dal cortile capì che, molto probabilmente, Sasuke si stava allenando. Lo raggiunse sul retro di casa, avendo conferma di quanto ipotizzato. Stava esercitandosi nel taijutsu, piazzando agilmente calci e pugni contro un tronco d’albero. Era veloce e preciso, aveva il volto serio e concentrato.
Sebbene non lo desse a vedere, si era certamente accorto di lei. A differenza sua, non gli sfuggiva mai nulla, i suoi sensi erano perennemente in allerta. D’altronde era il secondo ninja più abile in circolazione.
“Uchiha-san” lo chiamò timidamente.
Il corvino interruppe l’allenamento, voltandosi lentamente nella sua direzione. La squadrò da capo a piedi con un’espressione indecifrabile, poi inclinò la testa di lato in attesa che parlasse.
“Cenerò da Yakiniku stasera” lo avvisò, stringendo tra le mani la giacca.
Non sentendolo rispondere si sentì in dovere di spiegarsi meglio.
“Saremo noi del team otto e Kurenai-sensei”
Sasuke rimase in silenzio.
“Ti ho lasciato la cena in frigo, Uchiha-san. Sarà solo da scaldare” alzò lo sguardo.
Gli occhi bianchi incontrarono quello onice di lui per un secondo. Poi il ragazzo le diede le spalle, riprendendo il suo allenamento.
Senza che ci fosse un motivo reale, Hinata si sentì ferita. Sembrava non importargli nulla.
Sospirò delusa, riaprendo il shoji per rientrare in casa.
Credeva forse che le dicesse quanto era carina?
“Non fare tardi”
Hinata si immobilizzò.
Lo aveva detto con tono perentorio, ma sapeva che era il suo modo per dirle di stare attenta, che gli importava.
“Hai!” annuì.
Con il sorriso sulle labbra, Hinata lasciò il quartiere Uchiha. Yakiniku era dall’altra parte del villaggio, almeno a quindici minuti di strada da lì. Camminò lentamente, osservando come le vie si fossero ripopolate. La gente si godeva la pace per cui molti ninja si erano sacrificati.
Arrivò davanti al ristorante, dove Shino e Kiba stavano già aspettando.
“Hinata!” la salutò l’Inuzuka agitando un braccio nella sua direzione.
La ragazza sorrise nella loro direzione e li raggiunse.
“Yo Hinata” Shino fece un cenno con il capo.
“Shino-kun, come è andata la missione?” si interessò la mora.
“Bene, grazie. Era una semplice missione di recupero. La nipote di un mercante era scappata di casa...” scrollò le spalle indifferente.
“Era carina?” domandò Kiba dandogli una pacca sulle spalle.
Hinata non riuscì a trattenere una risata divertita. Certe cose non sarebbero mai cambiate.
“Entriamo!” esclamò Shino esasperato.
“Non aspettiamo Kurenai-sensei?” chiese Hinata curiosa.
“Non è riuscita a trovare nessuno che potesse tenere Mirai ed è ancora troppo piccola per portarla in locali così affollati” spiegò l’Aburame entrando nel locale.
“Oh, non ci avevo pensato!” Kiba si grattò il capo imbarazzato, seguendolo.
Il team otto salutò la proprietaria del locale, che aveva riservato loro il solito tavolo. Stavano per sedersi quando una voce femminile li richiamò.
“Ragazzi!”
I tre si voltarono e si avvicinarono alla biondissima ragazza che si sbracciava per farsi notare. Ino, Shikamaru e Choji, clienti abituali, sedevano comodamente sul lato sinistro della stanza. Mentre i ragazzi prendevano a parlare tra di loro, Ino osservò la Hyuga.
“Hina-chan! Come sei carina stasera!” si complimentò sincera.
Hinata arrossì.
“G-grazie, Ino-chan” balbettò imbarazzata.
“Sedetevi con noi! Così ci sarà della carne in più…” propose Choji.
“Che bella idea!” la Yamanaka batté le mani entusiasta.
Shino e Kiba guardarono Hinata, come a chiederle il consenso. La ragazza annuì sorridente.
“Siediti qui, Hinata!” Ino la tirò per un braccio, facendola sedere tra lei e Shikamaru.
Senza volerlo la Hyuga colpì il Jounin con il gomito.
“Perdonami Shikamaru-kun!” si scusò mortificata.
“Non preoccuparti Hinata” fece un cenno con la mano.
Gli amici iniziarono a mangiare, accompagnando la grigliata con un’abbondante quantità di saké.
“Hina-chan, avanti! Bevi con me!” la pregò Ino riempendole il bicchiere.
“Veramente io-” cercò di scusarsi Hinata.
“Non accetterò un no come risposta!” la bionda, leggermente alticcia, le puntò contro un dito.
Hinata, incapace di contraddirla, buttò giù l’intero contenuto del bicchiere in un solo sorso, vedendola applaudire contenta.
Cominciò a sentire la testa farsi leggera. Non era poi così male quel saké.
“Hina-chan, è vero che vivi con Sasuke-kun?” domandò Ino, catturando l’attenzione di tutto il tavolo.
“Cosa vai blaterando, Yamanaka?!” rise Kiba, un po’ sbronzo.
Hinata si sentì gli occhi puntati addosso e, per colpa dell’alchool, si ritrovò a parlare senza nemmeno rendersene conto.
“Sto vivendo da Uchiha-san da alcune settimane. L’Hokage mi ha affidato la sua riabilitazione e il suo controllo per un periodo di tre mesi” spiegò omettendo la parentesi matrimonio.
“Ecco perché Fronte Spaziosa è più acida del solito!” rise Ino versando altro saké a lei e alla Hyuga.
“Hinata, perché non ce lo hai detto?” la rimproverò Shino.
“Era tanto che non vi vedevo, Shino-kun” si scusò imbarazzata.
Si sentiva così male nel mentire ai suoi compagni di squadra e migliori amici su Sasuke.
Bevve un altro bicchiere.
“Hinata-chan ci vai giù pesante!” esclamò Choji ridendo.
“Da quando bevi?” la guardò curioso Kiba.
“Kiba le mangi quelle salsicce?” domandò l’Akimichi allungando le bacchette verso il suo piatto.
“Certo che sì!” gli scacciò la mano lui avviando un battibecco.
“Allora, com’è vivere con Sasuke-kun?” si informò Ino ormai ubriaca.
“Ino, lasciala stare” la rimproverò Shikamaru.
“Oh, sta zitto Shika!” fece un cenno la bionda.
Hinata cercò di farsi piccola, sperando di passare inosservata.
“Dico con te Hina-chan!”
La mora afferrò la bottiglia di liquore, riempendosi il bicchiere. Avrebbe fatto meglio a bere.


 



Carissimi,
grazie ancora di tutto. Siete tantissimi! 
Questa è la prima parte del capitolo, domani vi aspetta la seconda! 

Un bacio
Xine.


 

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Capitolo 12
*** Carina - II ***


XI. Carina - Parte II

 

Sasuke guardò l’orologio.
La mezzanotte era ormai passata da un pezzo e la Hyuga non era ancora rientrata.
Si domandò se fosse il caso di andarla a cercare.
A quanto aveva detto era in compagnia dei suoi compagni di squadra e del suo sensei, perciò non poteva essere in pericolo. Non c’era motivo di preoccuparsi.
Riportò gli occhi sul libro che stava leggendo, riprendendo da dove aveva interrotto.
Non passarono nemmeno cinque minuti che il volume venne chiuso e lanciato sul pavimento con stizza.
Non riusciva a concentrarsi. L’immagine di lei nel suo dannato abito bianco continuava a ronzargli intesta, infastidendolo.
Imprecando lasciò il futon, dirigendosi all’ingresso e indossando le scarpe e il mantello nero. Si addentrò con sicurezza tra le strade del quartiere, avvertendo su di sé gli occhi dei due ANBU di turno.
Sbuffò infastidito. Non sopportava avere la babysitter.
Oltrepassò il composto, rendendosi conto che non sapeva dove fosse il ristorante menzionato dalla Hyuga. Non viveva a Konoha da anni e faticava a ricordare dove si trovassero alcuni locali.
Con un ghigno divertito, decise di fare assaggiare ai due ninja speciali uno dei poteri del Rinnegan. Si concentrò sulla giacca che Hinata aveva portato con sé e, un istante dopo, si ritrovò in un vicolo secondario del villaggio.
Avvertendo uno spostamento d’aria, attivò istintivamente lo Sharingan e schivò un kunai. Si voltò nella direzione del suo aggressore, trovando l’erede del Clan Nara che si parava davanti alla Hyuga con un braccio teso in posizione difensiva.
“Uchiha, sei tu” commentò il Jounin, abbassando la guardia.
“U-uchiha-san?” balbettò confusa Hinata.
Sasuke l’osservò. Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi.
“È ubriaca?” domandò il corvino rivolgendosi all’altro.
Shikamaru scrollò le spalle, infilandosi le mani in tasca.
“Non sono ubriaca!” esclamò la ragazza facendo un passo verso di lui traballante.
“Te ne occupi tu?” Shikamaru accennò alla ragazza con il capo.
Sasuke annuì.
Il Nara prese a camminare nella direzione opposta, salutandoli con un breve gesto della mano.
“Grazie Shikamaru-kun!” gridò Hinata vedendolo scomparire imboccando una strada laterale.
L’Uchiha si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, sentendola sobbalzare al contatto. Aveva la pelle liscia e, nonostante l’alchool, profumava di vaniglia.
“Riesci a camminare, Hyuga?” chiese pratico.
“Mi chiamo Hinata!” gli disse lei con un’espressione serissima.
Alzò un sopracciglio, osservandola divertito. Un accenno di sorriso gli increspò le labbra.
“Riesci a camminare, Hinata?” ripeté, calcando sul nome.
La vide arrossire, impreparata alla sua accondiscendenza.
“I-io… credo di sì” annuì allora.
“Bene”
Sasuke si guardò intorno, riconoscendo la zona. Si incamminò allora verso casa, sentendo dietro di sé i passi instabili della kunoichi.
Alzò gli occhi al cielo. Dall’avere la babysitter all’esserlo era stato un passo piuttosto breve.
“Uchiha-san, sei arrabbiato?” mormorò timidamente Hinata.
Lo era? No. Non era arrabbiato.
Era infastidito dal fatto di dover essere andato a prenderla, quando gli aveva assicurato che sarebbe rientrata presto? Nemmeno.
Era seccato perché era ubriaca e lo riteneva da irresponsabili? Neanche.
La verità era che Sasuke Uchiha era terribilmente irritato perché ne aveva sentito la mancanza durante la cena. E perché si era preoccupato per lei tutto il tempo restante.
“Mi dispiace” si scusò Hinata, scambiando il suo silenzio per una conferma.
Poco dopo Sasuke avvertì il rumore di due passi più scoordinati di quanto non avrebbero dovuto e, prima che potesse fare qualcosa, un tonfo sordo gli segnalò che la Hyuga era caduta.
La ritrovò seduta a terra, con la testa china e il viso coperto da una cascata di lunghi capelli scuri. Le mani pallide tenevano saldamente la stoffa del vestito bianco.
Con due falcate la raggiunse.
“Mi dispiace, Uchiha-san. Sono un disastro…” sussurrò con voce spezzata.
“Hyuga” la richiamò severo.
Non era capace di rapportarsi con le donne, figuriamoci con quelle ubriache e sull’orlo del pianto.
“Mi dispiace!” scoppiò a piangere coprendosi gli occhi con le mani.
Sospirando, Sasuke si inginocchiò davanti a lei. Incerto sul da farsi, le posò la mano sulla testa, lasciandovi una carezza lenta ed impacciata.
“Andiamo a casa, Hinata” le disse con dolcezza, prima di tirarla a sé ed attivare il Rinnegan.
In un batter d’occhio si ritrovarono nella stanza di Sasuke.
“U-uchiha-san?” la ragazza si guardò intorno, sbattendo le palpebre incredula.
Sasuke si allontanò dal corpo caldo di lei, alzandosi in piedi di controvoglia.
“Uchiha-san” lo chiamò imbarazzata.
“Hn”
“Cr-credi che io s-sia carina?”
Sasuke riflettè per un istante.
“No, Hyuga” affermò vedendola fissare terra e mordersi il labbro.
Sembrava sul punto di piangere.
Quanto poteva essere sciocca quella ragazza? Era evidente che non era semplicemente carina.
Sbuffò, leggermente imbarazzato.
“Credo che tu sia bella” concluse guardandola.
La vide sgranare gli occhi ed arrossire, tenendo il capo basso e prendendo a giocherellare con gli indici delle mani.
Gli passò davanti agli occhi, come un flash, l’immagine di una bambina dai capelli corti e scuri che balbettava imbarazzata, compiendo lo stesso gesto. Accanto a lei un bambino con due segni rossi sulle guance e un cagnolino bianco sulla testa, chiacchierava con un altro, apparentemente della stessa età, con gli occhiali da sole. Inuzuka ed Aburame.
“Nara non è un tuo compagno di squadra” affermò allora.
Perché questa constatazione sembrava dargli fastidio?
Hinata sollevò lo sguardo perlaceo nella sua direzione e scosse il capo.
“Shikamaru-kun era nel team Asuma” gli spiegò dolcemente.
“Abbiamo incontrato la squadra dieci al ristorante. Shino-kun ha dovuto accompagnare Kiba-kun a casa perché era troppo ubriaco e così Shikamaru-kun si è offerto di portarmi a casa” Hinata parlò a raffica. L’alchool sembrava averle sciolto la lingua.
Sasuke rimase in silenzio.
Non che gli importasse, ma era stata carina a fargli sapere perché non fosse stato uno dei suoi compagni a riportarla a casa.
Hinata osservò la stanza, notando che si trattasse di quella del ragazzo. Arrossì imbarazzata e cercò goffamente di alzarsi in piedi.
“Resta” le ordinò l’Uchiha perentorio.
“Ma è la tua stanza!”
Sasuke ignorò la sua osservazione, avvicinandosi lentamente al fusama e lasciando la camera.
Averebbe dormito sul divano. Per le poche ore che riposava non faceva davvero differenza dove si trovasse.
Recuperò una coperta leggera dall’oshiire, prima di entrare in soggiorno e prendere posto su quello che sarebbe stato il suo temporaneo giaciglio.
Si sdraiò e chiuse gli occhi, coprendosi il viso con il braccio.
Poco dopo sentì dei rumori provenire dalla camera da letto e dei passi traballanti lo avvisarono dell’arrivo della Hyuga.
Era testarda.
“U-uchiha-san, sei sveglio?” domandò con un fil di voce entrando in salotto.
“Hn” grugnì infastidito.
“Per favore torna nella tua stanza. Io sto bene!” gli disse.
Decise di non rispondere.
Ormai si era sdraiato.
“Uchiha-san, il divano non è il posto adatto per dormire…” continuò imperterrita.
Sospirò rumorosamente, sperando che capisse di lasciar perdere.
“Mi dispiace” si scusò prima di abbandonare la stanza.
La sentì rientrare nella propria camera, lasciandolo libero di tornare quando volesse nel suo letto.
Non lo avrebbe fatto.
Non certo per orgoglio, ma perchè non avrebbe fatto alcuna differenza per lui.
Era buffa, la Hyuga.

"Tsk, carina..."

 

 

 


Ecco la seconda parte!
Oggi sono super di fretta, ma volevo assolutamente caricare la II parte. 
Grazie a tutti!

Xine

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Solo ***


XII. Solo

 

Sasuke si asciugò la fronte imperlata di sudore con la manica della maglia.
A quell’ora il sole era rovente e allenarsi, probabilmente, non era la scelta più azzeccata. Eppure eccolo lì. D’altronde cos’altro poteva fare? Si fece una nota mentale: avrebbe dovuto parlare con Kakashi per capire quando avrebbe potuto riprendere a fare qualche missione.
Gli mancava combattere. Era l’unica cosa che, in passato, gli procurava qualche emozione. Se si escludeva il desiderio di vendetta, s’intende.
Sentì avvicinarsi una fonte di chakra impressionante.
Un ghigno divertito gli increspò le labbra.
Attivò lo Sharingan e tirò una serie di kunai nella direzione in cui sapeva sarebbe apparso lo sventurato ospite.
“Hei Teme, sei diventato scemo?!” urlò il biondo schivando senza difficoltà le armi.
Sasuke gli diede le spalle, nascondendo il sorriso nato spontaneamente alla vista del portatore della volpe a nove code.
“Cosa vuoi?” gli domandò secco.
“È così che tratti il tuo migliore amico?” rispose Naruto avvicinandosi e tirandogli una pacca sulla spalla.
“Sta zitto, Dobe!”
“Oh avanti! Non mi dici che ti sono mancato?” lo prese in giro.
“No”
Sasuke si spostò una ciocca di capelli corvini dal viso. Erano troppo lunghi.
“Ti trovo in forma! Sakura-chan ha fatto un ottimo lavoro, non trovi?” gli disse sedendosi su un tronco tagliato.
“Hn”
“Sei un vero bastardo con lei, lo sai?!” lo rimproverò con un tono piuttosto serio.
Sasuke gli diede le spalle, ignorando volutamente la sua affermazione.
Certamente la rosa non aveva perso occasione per riferire a Naruto quanto era stato cattivo nei suoi confronti. Quella ragazza non cambiava mai. Considerava il biondo solo per riversargli addosso i suoi problemi adolescenziali, che, per giunta, includevano sempre lui.
“Mi auguro che tu non abbia trattato allo stesso modo Hina-chan…” commentò Naruto.
“Hinata” lo corresse l’Uchiha.
“Eh?!” il biondo lo guardò stralunato.
Sasuke scrollò le spalle indifferente, non intenzionato a ripetersi.
Che diavolo di nome era Hina-chan?
Naruto rimase in silenzio.
“Cosa sei venuto a fare, Dobe?” domandò il corvino.
Il biondo sembrò risvegliarsi dalle riflessioni che gli ronzavano in testa. Saltò in piedi e gli si fece vicino.
“Che ne dici di un combattimento?” gli sorrise divertito.
“Vuoi che ti dia una lezione, Uzumaki?” Sasuke lo guardò ironico.
“Puoi provarci, Teme” il biondo si scrocchiò le dita.
L’Uchiha ghignò.
Finalmente avrebbe fatto un allenamento serio. Naruto era l’unico con cui avrebbe potuto combattere in una sfida degna di essere definita tale. Nessun altro era al loro livello.
“Al campo di addestramento!” gridò l’Uzumaki alzando il pugno al cielo euforico.
Sasuke scosse il capo.
Non sarebbe mai cambiato. E, in fondo, ne era contento. Era il suo migliore amico, suo fratello. Era l’unico che riusciva a non fargli ricordare quanto, in realtà, fosse solo.
Quando vide il biondo iniziare ad incamminarsi, gli piombò in mente l’immagine di Hinata.
“Devo fare una cosa prima” lo avvertì il corvino.
Naruto si fermò e si girò nella sua direzione, osservandolo con gli occhi azzurri colmi di curiosità.
Sasuke rientrò in casa, cercando la ragazza. Non fu difficile trovarla. Solitamente stava in cucina o nel cortile, ma aveva notato che ultimamente si dedicava alla lettura di un romanzo comodamente seduta sul divano. A conferma della sua ipotesi, intravide i capelli scuri della Hyuga far capolino dallo schienale del sofà. Era immobile e dal respiro regolare e tranquillo poteva affermare con certezza che si era addormentata.
Avanzò nella stanza, raggiungendo un mobiletto di legno scuro ed aprendone il secondo cassetto. Tirò fuori un foglio di carta ed una penna e vi scrisse velocemente una nota.

Sarò fuori per qualche ora con Naruto
S.


Attento a non fare rumore, ripose gli oggetti e si voltò nella direzione di Hinata.
Dormiva profondamente. I capelli lunghi le cadevano disordinati sulle spalle, contrastando nettamente con il colore tenue della maglietta. Le labbra, rosee e carnose, erano leggermente socchiuse. Sembrava serena.
Sul suo grembo giaceva il libro ancora aperto. Doveva essersi sopita mentre leggeva.
Sasuke si avvicinò alla ragazza, afferrando delicatamente il libro e posandolo sul tavolino accanto al divano. Vi depose sopra la nota che aveva scritto, in modo che potesse leggerla non appena sveglia.
“Uchiha-san?” lo chiamò con la voce impastata dal sonno.
Il corvino la guardò. Teneva gli occhi aperti a fatica.
“Riposa” le ordinò.
Senza sapere come, né perché, si ritrovò ad accarezzarle il viso lentamente. La sua pelle era liscia e morbida. Calda.
La sentì rilassarsi sotto le sue carezze e la vide poi ricadere in un sonno profondo con il sorriso sulle labbra.
Era bellissima.
Sasuke ritirò la mano, come scottato. Cosa diavolo gli stava prendendo?
Afferrò il mantello ed uscì di casa, dove il biondo lo stava aspettando seduto sulla veranda.
“Ce ne hai messo di tempo!” sbuffò Naruto.
“Sta’ zitto” lo liquidò, iniziando a camminare.
“Parlavi con Hina-chan?” domandò il biondo curioso.
“Hinata” lo corresse con tono severo.
“E io cosa ho detto?!” sbuffò l’altro.
L’Uchiha lo ignorò, spiccando un salto e muovendosi agilmente tra i tetti. Naruto gli fu subito alle calcagna, facendogli la linguaccia e superandolo. Ghignò divertito aumentando la velocità.
Arrivarono al campo di allenamento poco dopo, toccando terra pressoché nello stesso istante.
“Vediamo cosa sai fare Sasuke!” lo provocò il portatore del demone a nove code.
“Guarda e impara, Dobe!”
Sasuke si lanciò contro di lui, dando inizio al combattimento.
Due ore dopo i due si fermarono stremati ed ansanti, uno sdraiato a terra e l’altro appoggiato al tronco di un albero. Avevano consumato molte energie ed il calo di adrenalina iniziava a fare sentire loro la fatica del combattimento.
“Allora… come va?” domandò Naruto sistemandosi le braccia sotto il capo e guardando il cielo.
“Hn” grugnì l’Uchiha chiudendo gli occhi.
Aveva sforzato l’abilità oculare più di quanto avrebbe dovuto.
“Kakashi-sensei dice che hanno intenzione di togliere le guardie in poco più di un mese!”
Sasuke non rispose.
“Così Hinata-chan potrà tornare a casa e non dovrà vedere il tuo brutto muso ogni giorno” rise Naruto.
Il corvino rimase in silenzio, incerto se parlare o meno con Naruto della questione matrimonio.
Kakashi gli aveva imposto il segreto. C’erano dietro dinamiche piuttosto complesse e Naruto, per quanto animato da buone intenzioni, avrebbe combinato sicuramente qualche guaio sapendolo.
“Come va con Hina-chan? Sakura dice che andate d’accordo!” continuò imperterrito il biondo.
“Sakura dovrebbe farsi gli affari suoi”
“Sai che è innamorata di te...” Naruto si alzò a sedere, piantando gli occhi azzurri in quelli dell’amico.
“Pensavo avessi smesso di correrle dietro” commentò Sasuke.
Naruto sospirò, tornando ad osservare il cielo.
“Vorrei solo che fosse felice, Sasuke” sospirò.
“Non è con me che lo sarà” disse severamente l’Uchiha alzandosi in piedi e mettendo fine al discorso.
Il biondo lo imitò, scrollandosi la polvere dai pantaloni e infilandosi la giacca.
I due presero a camminare nella boscaglia, imboccando la strada per tornare al villaggio.
“Non hai risposto…” ribadì Naruto.
Sasuke lo guardò con un sopracciglio sollevato.
“Come va con Hina-chan?” domandò nuovamente.
“Hinata”
“Ma che problemi hai? Lo so che si chiama Hinata!”
“E allora perché diavolo non la chiami così?” lo fulminò irritato.
Naruto si fermò, guardando il suo migliore amico con gli occhi sgranati.
“Lei… ti piace!” esclamò.
“Non dire stupidate” lo liquidò, spostandosi i capelli dal viso.
“Non posso crederci!” Naruto cominciò a ridere.
Il corvino sbuffò infastidito.
“Me ne vado” decretò Sasuke superando il biondo.
“Eddai, Teme… Stavo solo scherzando!” Naruto lo raggiunse grattandosi il capo a disagio.
L’Uchiha lo ignorò.
“Sasuke non fare il bastardo, ti ho già chiesto scusa!” si lagnò il ninja.
I due arrivarono nei pressi del quartiere Uchiha.
“Ci vediamo!” si congedò Sasuke con un cenno della mano.
“Hei! Che ne dici di riprovare a battermi venerdì?” lo sfidò Naruto.
“Nei tuoi sogni Dobe”
“E’ un sì?”
Sasuke annuì con un ghigno divertito, entrando poi nel distretto.
“Salutami Hinata-chan!” gridò il biondo.
L’Uchiha scosse il capo.
Arrivò davanti a casa. Lasciò i calzari nel genkan e si tolse il mantello, imboccando il corridoio diretto in cucina. Come immaginava Hinata stava preparando la cena. Si muoveva aggraziatamente nel cucinotto, passando dal mescolare la zuppa al tagliare accuratamente le verdure.
Sembrava una scena così… normale.
“Tadaima” si ritrovò a dire.
La vide sobbalzare, voltandosi nella sua direzione con un sorriso timido in viso.
“Okaeri” ricambiò arrossendo leggermente lei.
Forse non era più solo.



 



Carissimi eccoci con l'aggiornamento.
Grazie di cuore per tutto. Ad ogni capitolo qualcuno di vuoi mi lascia un commento per farmi sapere che anche se non commenta sempre, segue la storia appassionatamente. Io.. poso solo dirvi grazie e continuare ad aggiornare con regolarità. 
Grazie speciale a chi ha messo la storia tra le preferite, quelle seguite e quelle da ricordare. 
E grazie alle mie fedelissime Hinata55, naruhina3, ecila94hina, Ziulii e RedSunshine. Siete speciali!

Un saluto a tutti

Xine

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Capitolo 14
*** Prendersi cura ***


XIII. Prendersi cura

 

Hinata si sistemò l’abito nero lisciando le pieghe immaginarie. Poi si legò i capelli in una morbida coda bassa con un nastro dello stesso colore del vestito.
Ripiegò accuratamente un panno di stoffa bianco, inserendolo all’interno di una piccola borsa di carta. Controllò il contenuto di essa, passando in rassegna gli oggetti che vi aveva riposto. Una bottiglia d’acqua, il pannetto, l’incenso profumato.
Annuì soddisfatta. C’era tutto.
Afferrò la borsa e lasciò la sua stanza, indossando i sandali prima di uscire di casa. Raggiunse il cortile posteriore, dove pensava di trovare l’Uchiha sulla veranda.
Rimase sorpresa di vederlo invece in giardino, appoggiato al tronco di un grosso albero. Sembrava godersi il fresco dell’ombra, mentre ripuliva minuziosamente la sua katana. Nonostante lo facesse con un’unica mano, i suoi movimenti erano precisi. Doveva averlo fatto innumerevoli volte.
“Parla” le ordinò senza distogliere gli occhi dalla spada.
Hinata sobbalzò, arrossendo per l’imbarazzo di essere stata colta nell’intento di fissarlo.
“U-Uchiha-san, andrò al cimitero…” gli spiegò giocherellando con le dita.
“Hn”
La ragazza rimase lì, stringendo la borsa al petto.
Voleva chiedergli una cosa, ma non aveva il coraggio. Era terrorizzata che lui la trovasse invadente o che si arrabbiasse.
“C’è altro, Hyuga?” le domandò.
Hinata sobbalzò. Alzò il capo lentamente, incontrando i suoi occhi magnetici.
“I-io…” balbettò.
Sasuke rimase in silenzio.
“I-io mi c-chiedevo s-se per te andasse bene se mettessi q-qualche fiore alla tua f-famiglia” disse abbassando la testa e chiudendo gli occhi.
Si ritrovò a trattenere il respiro, come in attesa di una sentenza.
Passarono i minuti e l’atmosfera si fece tesa.
“Fa’ come credi” la liquidò ad un tratto Sasuke, tornando a dedicarsi alla katana.
Hinata annuì.
Si inchinò rapidamente in segno di congedo, e se ne andò.
Non era andata così male. Certo, era difficile dire se la cosa gli aveva dato fastidio o meno, era sempre così criptico. Tuttavia avrebbe potuto dire semplicemente no e non lo aveva fatto. Uchiha-san non si sarebbe fatto scrupoli nell’essere diretto, a costo di risultare crudele. Forse semplicemente non gli importava.
La giovane si lasciò il quartiere alle spalle, camminando tra le strade di Konoha con sicurezza. Si fermò davanti al negozio di fiori della famiglia Yamanaka, tappa abituale che precedeva il cimitero.
Entrò nel negozietto, facendo tintinnare la campanella che segnalava l’ingresso dei clienti. Il bancone era vuoto.
“Buongiorno, come posso aiutarla?” disse una voce femminile.
Hinata si girò nella direzione da cui proveniva, vedendo Ino sbucare da dietro una porta intenta a legarsi il grembiule.
“Ah Hina-chan! Sei tu!” le sorrise la bionda.
“Buon pomeriggio, Ino-chan” ricambiò la mora educatamente.
“Il solito?” le domandò dolcemente.
“Hai” annuì Hinata.
Ino si allontanò dal bancone, ritornando poco dopo con un mazzo di bellissimi gigli bianchi. Li posò sul piano, avvolgendoli delicatamente con della carta colorata.
“Sei a posto così?” le porse i fiori.
“Ino-chan, che fiori potrei portare in dono a qualcuno che non conosco?” chiese la Hyuga prendendoli.
“Dipende da cosa vuoi comunicare, Hinata-chan” le si avvicinò.
“Rispetto” rispose senza rifletterci.
La bionda le sorrise, avvicinandosi a dei delicati fiori bianchi.
“Il narciso, allora” Ino raccolse alcuni steli, tornando al bancone e ripetendo l’operazione fatta poco prima con i gigli.
“Grazie” Hinata afferrò il mazzo, stringendolo al petto insieme all’altro.
“E’ un piacere, Hina-chan” le fece l’occhiolino.
Hinata pagò il conto, dirigendosi all’uscita.
“Salutalo da parte mia” le disse Ino con un sorriso triste.
“Hai” annuì la mora, prima di lasciare il negozio.
Camminò per dieci minuti buoni. Il cimitero era in una zona periferica del villaggio, immerso nel verde e circondato dalla natura. Entrò cercando di fare meno rumore possibile, rompendo comunque con il suono dei passi l’eterno silenzio che si respirava in quel luogo. Non c’erano che una manciata di persone, per lo più anziani che visitavano regolarmente le tombe di figli o nipoti caduti in guerra.
“Hinata-sama” la salutò un vecchietto rispettosamente.
“Buon pomeriggio Kenshi-san” ricambiò con un breve inchino.
L’uomo si dedicò nuovamente alla tomba di quella che Hinata sapeva essere una delle sue figlie. Era morta durante l’attacco di Pain combattendo per il villaggio. Proprio come Neji.
Hinata proseguì, muovendosi sicura tra le varie pietre funebri. Sarebbe stata in grado di raggiungere Neji-nii anche ad occhi chiusi.
Arrivò finalmente a destinazione, inginocchiandosi davanti alla lapide bianca.
“Buon pomeriggio Nii-san” sorrise sfiorando dolcemente la pietra fredda.
Tirò fuori dalla borsa il panno, pulendo meticolosamente la lapide senza che in realtà ce ne fosse bisogno. Osservò i vasetti di rame, uno conteneva gigli bianchi e l’altro graziosi fiori rossi. Tenten. Era un tacito accordo, il loro. Un vaso per ciascuna, per dimostrare quanto entrambe si prendessero cura di lui, seppur in modi diversi.
Hinata lasciava dei gigli bianchi ad ogni visita, simbolo di nobiltà e purezza.
Tenten dei garofani rossi, simbolo di amore, passione e fedeltà.
La Hyuga sostituì i gigli con quelli appena comprati, sistemando i primi all’interno della borsa di carta. Non erano ancora da buttare, ma desiderava che la tomba del suo Nii-san fosse come un prato sempre fiorito. Desiderava che, anche per chi non lo conoscesse, fosse evidente quanto fosse amato.
“Devo raccontarti così tante cose, Neji-nii” affermò estraendo la bottiglia d’acqua dalla borsa.
“Mi sono trasferita a casa di Uchiha-san, sai? E’ ancora un segreto, ma ci sposeremo presto” continuò versando il liquido dentro i vasi di fiori.
“All’inizio il solo pensiero mi faceva stare male, ma ora… credo che vada bene” Hinata sorrise.
“Uchiha-san ti somiglia, a volte. Non è molto loquace ed è piuttosto autoritario…” spiegò prendendo l’incenso.
Un sorriso le increspò le labbra al pensiero del corvino.
“È anche buono e molto premuroso” frugò nella borsa alla ricerca dell’accendino.
Eppure pensava di averlo messo.
Uno strano senso di inquietudine le attanagliò il petto. Non voleva lasciare il cugino senza l’incenso. Non voleva perché aveva il suo profumo e l’aiutava a sentirlo vicino.
“I-io pensavo…” balbettò rovistando ancora con le mani che tremavano.
Tirò fuori tutto il contenuto del sacchetto, non trovando tuttavia l’oggetto cercato.
Scoppiò a piangere.
Doveva sembrare così sciocco piangere perché non sarebbe riuscita ad accendere l’incenso. Eppure faceva così male. Delle volte non bastava sapere che Neji era in pace e che vegliava su tutti loro, delle volte c’era bisogno di qualcosa di più concreto. E quello stupido odore di incenso le faceva sentire il suo abbraccio.
Improvvisamente l’incenso che teneva in mano si accese, innescato da una piccola fiammella.
Hinata sgranò gli occhi.
Una mano le si posò sul capo dolcemente.
Non ebbe bisogno di guardare per sapere chi fosse.
“Grazie Uchiha-san” sorrise tra le lacrime.
Chiuse gli occhi pallidi, respirando a pieni polmoni il profumo legnoso tanto bramato.
Le guance si bagnarono di lacrime silenziose.
Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito.
“Ora devo andare, Neji-niisan. Tornerò presto” accarezzò in saluto la lapide, prima di riporre tutta la roba nella borsa ed alzarsi in piedi.
Sasuke rimase in silenzio, poi prese a camminare per le vie del cimitero.
Hinata lo seguì.
Era stato dolce da parte sua raggiungerla. Chissà se aveva sentito tutto il suo discorso con Neji. Arrossì al pensiero, giocherellando con i lembi della borsa.
Si ritrovò a sbattere contro la schiena del ragazzo, che si era fermato senza che nemmeno se ne accorgesse.
“Perdonami, Uchiha-san” si scusò.
Il corvino non proferì parola.
Se ne stava immobile, rigido, davanti ad una lapide che aveva evidentemente sofferto dell’incuria e del tempo. Non un fiore era riposto nei vasi, né un incenso votivo. A Hinata si strinse il cuore.
Senza domandare si inginocchiò davanti alla lapide, estraendo il pannetto ed imbevendolo di acqua. Lo passò sulla superficie granitica, sfregando con decisione per riportare alla luce il colore originario. Impiegò diverso tempo per ripristinare l’antica bellezza. Pulì anche i vasi, che tornarono a risplendere rivelando l’ottanio di cui erano fatti. Vi versò all’interno l’acqua rimasta e posizionò i narcisi bianchi che aveva comprato.
“Piacere di conoscervi Mikoto-san, Fugaku-san” Hinata si inchinò rispettosamente.
“Perchè lo fai?”
La voce di Sasuke risuonò nel silenzio. Era aspra, dura.
“Non ti risponderanno, Hyuga.” continuò severo.
“Non lo fanno mai…” sussurrò Sasuke con tristezza.
“Il fatto che non rispondano, Uchiha-san, non significa che non possano ascoltare” gli rispose dolcemente, estraendo l’incenso.
Quando Sasuke lo accese, come aveva fatto precedentemente, Hinata lo posò sulla lapide.
Poi si alzò in piedi e si sistemò timidamente accanto al corvino. D’istinto cercò la sua mano, abbandonata rigidamente sul fianco, accarezzandone con le dita il dorso. Non sentendo da parte sua alcuna reazione, arrossì e fece per ritirare la mano, ma delle dita grandi e callose si intrecciarono con le sue.
Si ritrovò a sorridere.
“Le saresti piaciuta” disse Sasuke.
Mikoto-san.
Il suo sorriso si allargò ulteriormente.
Appoggiò dolcemente il capo sulla spalla del ragazzo, chiudendo gli occhi in preghiera.
Mikoto-san, Fugaku-san, Itachi-san, prometto che mi prenderò cura di lui


 



Carissimi, eccoci qui con un nuovo capitolo.
Faccio solo alcune specifiche: il significato giapponese del narciso (Suisen) è rispetto. Idem del garofano... I sigificati dei fiori cambiano molto spesso di cultura in cultura... è molto interessante! 
Per il resto cosa posso dirvi? Solo grazie, grazie e grazie!
E grazie alle mie ragazze che commentano sempre, siete fantastiche!

A presto 

Xine




 

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Capitolo 15
*** Camelie ***


 

XIV. Camelie


Hinata si avvicinò silenziosamente a Sasuke.
Era seduto sulla veranda con le spalle appoggiate al muro e gli occhi chiusi. Sembrava riposare.
Era strano vederlo così, apparentemente sereno. Solitamente aveva un’espressione severa, che si rifletteva sulla postura rigida del corpo.
Si inginocchiò davanti a lui, allungando una mano per spostargli una ciocca di capelli corvini, ricaduta ribelle sugli occhi. Erano belli così lunghi, gli stavano bene.
Sasuke era un uomo attraente.
Arrossì al suo stesso pensiero, ma non ritrasse la mano. Anzi, sfiorò con la punta delle dita la pelle chiara del viso.
Aveva sempre creduto che, per essere attraente, un uomo avrebbe dovuto avere i capelli biondi e la pelle abbronzata, un sorriso genuino e gli occhi blu come il cielo. Insomma, avrebbe dovuto essere Naruto Uzumaki.
E negli anni, questa sua teoria, non era mai stata smentita dalla vicinanza di altri ragazzi. I suoi compagni di squadra, ad esempio, erano carini. Ma non riusciva a vederli in una luce diversa da quella di migliori amici.
In quel mese trascorso al quartiere Uchiha, però, aveva dovuto ricredersi.
Sasuke Uchiha era attraente.
Nonostante i capelli e gli occhi scuri come la notte.
Nonostante la pelle chiara.
Nonostante non sorridesse mai.
Sorrise timidamente, ritirando la mano dal suo viso.
Sentì il polso essere stretto in una presa forte, ma non costrittiva. Sgranò gli occhi bianchi, ritrovandosi faccia a faccia con due iridi profonde. Nero e viola.
Avvertì le guance farsi carminio.
“M-mi dispiace, Uchiha-san!” si scusò tremendamente imbarazzata.
Il ragazzo mantenne la presa, senza staccarle gli occhi di dosso.
“Non volevo svegliarti” mormorò abbassando lo sguardo.
Sasuke portò la mano della ragazza sulla sua guancia, proprio dove era stata pochi minuti prima.
Hinata sollevò il capo, incapace di proferire parola.
Il corvino liberò il polso, lasciando che decidesse volontariamente se mettere fine o meno al contatto.
Lui voleva le sue carezze, ma desiderava che fosse una scelta.
Sentì il cuore iniziare a battere velocemente nel petto, così velocemente che pensò si potesse sentire dall’esterno.
Trattenendo il respiro, gli accarezzò il volto e lo vide chiudere gli occhi, beandosi delle sue carezze.
Era così bello.
Poco dopo, Sasuke l’afferrò per un braccio tirandola a sé.
Hinata rimase immobile, con la testa sepolta sul suo petto e le mani aggrappate alla maglia scura.
Il cuore sembrava un tamburo.
Si sentì avvolgere da un profumo inebriante, virile. Univa le note del muschio, del legno e della terra. Avrebbe potuto respirarlo per sempre.
Si sistemò meglio, accovacciandosi accanto al ragazzo senza lasciare la presa sulla sua maglia.
Si sentiva al sicuro.
Si sentiva a casa.
“Cosa dovevi dirmi?” domandò Sasuke.
“Oh” la Hyuga rimase sorpresa.
In effetti lo stava cercando per un motivo.
“Volevo solo chiederti il permesso di sistemare il giardino…” gli spiegò ritirando le mani dal suo corpo e prendendo a giocherellare con le dita.
“Il permesso?” le chiese con tono divertito.
“Sì... Insomma, è pur sempre casa tua Uchiha-san” disse timidamente.
“Sasuke” la corresse.
Hinata sobbalzò. Voleva che lo chiamasse per nome?
“È pur sempre casa tua, Sasuke-san” ripeté allora.
Suonava così strano. Così bene.
“Solo Sasuke”
La ragazza arrossì, accoccolandosi però contro il suo petto.
“Potrei sistemare il giardino, Sasuke?” domandò con voce tremula.
“Non devi chiedere” le passò una mano tra i capelli teneramente.
Hinata sorrise.
“Mi piacerebbe farci un laghetto con i pesci koi” gli spiegò.
“E piantare anche qualche fiore…” continuò imperterrita.
Il ragazzo rimase in silenzio.
“Le camelia rosa simboleggia il desiderio di ricongiungersi con le persone care…” mormorò timidamente.
Sentì le dita di Sasuke fermarsi tra i suoi capelli.
Forse era stata troppo invadente.
Non voleva rovinare quel momento magico. Le era venuto naturale pensare alle persone che amavano ed avevano perso. Era una cosa che condividevano.
“Mi dispiace” si scusò, sciogliendosi dal suo abbraccio.
Sasuke la bloccò, ritirandola a sé con decisione.
“La camelia significa anche sacrificio, Hyuga” le disse con voce seria.
Hinata sgranò gli occhi. Non pensava che l’Uchiha si interessasse di fiori.
Sasuke non parlava mai a sproposito. Era un uomo di poche parole, ma ricche di significato.
In effetti, comunemente, la camelia rappresentava l’impegno e la dedizione ad affrontare ogni difficoltà in nome dell’amore.
Sembrava volerle dire che avrebbe preso sul serio la loro unione, che non temeva la rinuncia o la fatica. Lui era pronto.
Arrossì, nascondendo il viso sul petto del corvino.
Una strana sensazione all’altezza dello stomaco la costrinse a portarsi una mano sull’addome. Era come se uno stormo di farfalle impazzite l’avesse preso d’assalto.
Si sentiva felice.
Dopo tanto tempo.

Toc – toc

Un bussare inaspettato la fece sobbalzare.
“V-vado ad aprire” si scusò, alzandosi.
Rientrò in casa e raggiunse l’ingresso, aprendo il Shojii con il sorriso sulle labbra.
“Nee-chan!” urlò Hanabi abbracciando di slancio la sorella.
Hinata sgranò gli occhi sorpresa, poi strinse amorevolmente a sé la bambina.
“Hanabi-chan, cosa fai qui?” le accarezzò i capelli.
“Sono venuta a salutarti, Nee-chan! E’ tanto tempo che non ti vedo...” gli occhi bianchi brillarono di felicità.
“Perdonami… sono stata molto impegnata” le spiegò arrossendo al pensiero del ragazzo.
“Con il tuo fidanzato?” ridacchiò maliziosa.
“Hanabi!” la rimproverò.
La bambina scoppiò a ridere, sciogliendosi dall’abbraccio e superando la sorella per entrare in casa.
“Carina la casa… mi aspettavo di meglio dal grande Sasuke Uchiha” commentò Hanabi ficcanasando in tutte le stanze.
“Hanabi-chan!” la richiamò Hinata, scuotendo il capo divertita.
“Ho fame, Nee-chan! Mi mancano i tuoi manicaretti…” le disse entrando in sala da pranzo e sedendosi al tavolo.
Hinata rise, coprendosi la bocca con la mano.
“Non ho molto da offrirti con così poco preavviso” si scusò imbarazzata.
“Non hai biscotti? Panini alla cannella?” domandò sporgendosi verso di lei.
“No… A Sasuke non piacciono i dolci!” si scusò entrando in cucina per rovistare nella credenza.
“Sasuke?” la guardò ironica la bambina.
Hinata arrossì, ignorando il commento della sorella.
Tagliò due fette di torta alle carote, posizionandole su un piattino blu. L’aveva fatta il giorno precedente, non conteneva tanto zucchero ed era salutare. Sasuke la mangiava in piccole quantità. Mise sul fuoco anche la teiera.
Tornò nella sala da pranzo, servendo alla bambina la torta.
“Il tè sarà pronto a momenti” le accarezzò il capo, sorridendo nel vederla abbuffarsi.
Le era mancata.
In quel momento il fusama si aprì, rivelando la figura alta ed intimidatoria dell’Uchiha. Il corvino passò in rassegna la stanza, osservando Hanabi e riportando lo sguardo su Hinata in attesa di una sua spiegazione.
“Sasuke, questa è mia sorella Hanabi” disse la Hyuga timidamente.
“Hanabi-chan, lui è Sasuke” continuò la presentazione.
“So chi è il tuo fidanzato!” Hanabi le fece la linguaccia, prima di alzarsi in piedi.
“Uchiha-san è un piacere conoscerti” si inchinò rispettosamente.
“Hyuga-san” ricambiò lui altrettanto educatamente.
“Vuoi del té, Sasuke?” domandò Hinata, piuttosto imbarazzata.
“No. Devo andare, ho alcune faccende da sbrigare” spiegò.
Hinata gli sorrise calorosamente.
Le stava lasciando del tempo con la sua sorellina.
“Tornerai per ora di cena?” chiese pratica.
Il moro annuì.
“A più tardi” disse lei, sedendo a tavola.
L’Uchiha fece un ceno con il capo in direzione di Hanabi, pronto a lasciare la stanza.
“Tutto qui?!” la bambina li guardò confusa.
“Niente baci o abbracci?” continuò imperterrita.
“Hanabi!” squittì Hinata diventando bordeaux.
“Cosa ho detto? Tutte lo coppie lo fanno…” scrollò le spalle rimettendosi a sedere.
“Non pensi di essere scortese?!” la rimproverò la sorella.
“Volevo solo essere gentile. Immagino che vi stiate trattenendo per causa mia! Ma a me andrebbe bene… voglio dire, sarebbe strano vedere la mia sorellona con un uomo, ma suppongo che sarebbe ok!” sbuffò incrociando le braccia al petto.
“Hanabi-chan, per favore”
Hinata sentì una presenza alle sue spalle. Sollevò il capo notando che Sasuke le si era avvicinato silenziosamente.
“S-sasuke?”
L’Uchiha le lasciò un bacio sulla guancia.
“Contenta, Hyuga-san?” ghignò Sasuke prima di lasciare la stanza.
Hanabi strillò emozionata.
“Il tuo fidanzato è così carino!” mormorò con gli occhi a cuoricino.
Hinata non stava più ascoltando.
Si portò la mano al viso, sfiorando il punto in cui le sue labbra avevano toccato la pelle impercettibilmente. Sembrava andare a fuoco.Sentì il cuore battere più velocemente.
Un sorriso le si aprì sulle labbra.
Più tardi avrebbe dovuto comprare quelle camelie.
Era pronta ad amare anche lei.

 




Carissimi,
solo grazie mille per tutto!! Oggi sono di fretta, è il mio compleanno, ma volevo aggiornare!
A presto!

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Capitolo 16
*** Lui ***


XV. Lui

Hinata passò delicatamente le dita pallide sulla carta blu scuro del pacchetto.
Aveva impiegato giorni per decidere cosa fosse più appropriato, poi si era ricordata di come Sasuke tenesse alla sua katana, così gli aveva comprato un kit per la pulizia al negozio di armi.
Sperava con tutto il cuore che il regalo gli piacesse.


Hinata stava sfogliando un libro di cucito, incerta se acquistarlo o meno.
Hinata-chan!” la chiamò la voce inconfondibile di Sakura.
La mora si voltò nella sua direzione, vedendo l’altra avvicinarsi sorridente.
Buongiorno, Sakura-chan” la salutò educatamente.
Ti stavo cercando!” esclamò la rosa.
Me?” la guardò con gli occhi bianchi colmi di confusione.
Hai!” annuì l’altra.
Come posso aiutarti, Sakura-chan?” le sorrise allora.
Giovedì sarà il compleanno di Sasuke-kun. Io e Naruto stiamo organizzando per l’occasione una piccola rimpatriata del team 7 con Kakashi-sensei…” le spiegò euforica.
Hinata si zittì.
Non aveva idea che Sasuke compisse gli anni. Vivevano sotto lo stesso tempo ormai da più di un mese e non sapeva ancora niente di lui.
Sentì una fitta leggera allo stomaco.
Non meritava una fidanzata pessima. Era sempre premuroso nei suoi confronti e lei non avrebbe fatto altro che deluderlo.
Hinata-chan?” la richiamò Sakura.
Perdonami” si scusò la Hyuga.
Nessun problema! Dicevo… riusciresti a portare Sasuke-kun da Ichiraku con una scusa? Poi subentriamo noi, prometto!” le domandò il ninja medico con uno sguardo
speranzoso.

Hinata osservò gli occhi verdi della ragazza. Erano pieni di speranza, di tenerezza. Erano occhi innamorati. Sasuke meritava un amore come quello di Sakura.
Ci proverò, Sakura-chan” annuì infine.

Sospirando nascose il pacco nel comodino.
Uscì dalla sua stanza, percorrendo pochi metri fino a raggiungere la camera di Sasuke. Aveva finito di allenarsi e, come ogni giorno, avrebbe fatto una doccia prima di cenare.
Bussò timidamente alla porta.
Sentì dei passi avvicinarsi e, poco dopo, il fusama si aprì rivelando la figura alta dell’Uchiha, intento a tamponarsi i capelli corvini con un asciugamano. Non indossava la maglietta. Il suo fisico era muscoloso, ma proporzionato. Il petto era ampio e gli addominali definiti. La sua pelle era pallida, sembrava avorio, costellata da numerose cicatrici rosastre.
Era bello.
Hinata arrossì fino alla radice dei capelli.
Aveva visto numerose volte i suoi compagni di squadra a torso nudo, ma con Sasuke era diverso.
Lui era il suo futuro marito.
P-perdonami. Tornerò dopo” farfugliò la ragazza, inchinandosi per congedarsi.
“Cosa c’è?” le domandò lui.
“No-non importa” scosse il capo facendo per voltarsi.
Sasuke le afferrò delicatamente il polso.
La Hyuga sgranò gli occhi bianchi, alzando il capo nella direzione del ragazzo. Nel sollevare lo sguardo notò una fasciatura all’altezza della spalla sinistra, che proseguiva per tutta la lunghezza del moncone. Era la prima volta che lo vedeva scoperto.
Per un istante le venne il desiderio di toccarlo.
“Hinata” la richiamò l’Uchiha con tono serio.
Hinata scosse il capo, riportando l’attenzione al viso del corvino.
T-ti andrebbe di m-mangiare fuori?” balbettò rossa in viso.
Suonava come un appuntamento.
Lo vide piegare la testa di lato, come faceva ogni volta che era confuso.
“No-non ho fa-fatto in tempo a p-preparare la ce-cena e-”
“D’accordo” la interruppe.
“D’accordo?” ripeté incredula.
Sasuke annuì, lasciando la presa sul suo polso.
“Ti aspetterò fuori” gli disse prima di allontanarsi.
Corse fuori di casa, indossando i sandali e sedendosi sulla veranda come aveva promesso al ragazzo.
Si portò una mano al petto. Batteva furiosamente.
Non pensava che accettasse al primo tentativo.
Non era un’esperta di ragazzi, ma con Naruto-kun tutto sembrava difficile. Parlargli, stargli accanto, chiedergli di uscire. Persino la sua dichiarazione non aveva funzionato, non le aveva mai risposto.
Sasuke era un uomo molto popolare, ogni ragazza avrebbe pagato per avere un appuntamento con lui. Ma a lui non sembrava interessare niente di tutto ciò. Ai tempi dell’accademia ignorava tutte, persino Ino-chan e Sakura-chan, le più carine del corso.
Eppure era stato così facile con lui.
Lui… capiva sempre.
“Andiamo?”
La voce profonda di Sasuke sembrò riscuoterla dai suoi pensieri.
Annuì alzandosi in piedi ed affiancandolo con un timido sorriso. Superarono il distretto, camminando uno accanto all’altra.
Hinata lo osservò di sottecchi. Notò che sembrava essere più elegante del solito. Indossava pantaloni neri e una camicia grigio scuro a maniche lunghe, con il colletto alla coreana alto e lo stemma Uchiha sul braccio destro.
Era bello.
Sorrise contenta, giocherellando con le dita delle mani.
Era la prima volta che uscivano insieme per le vie del villaggio. Era strano. E bello.
“Dove vuoi andare?” domandò Sasuke.
Improvvisamente si ricordò che non era un appuntamento, ma una missione. Doveva accompagnare il ragazzo al chiosco del ramen dove lo avrebbero atteso i suoi migliori amici e il suo sensei.
Le mancò un battito.
Scosse il capo e si sforzò di sorridere in direzione dell’altro.
“Ichiraku ti piace?” chiese.
Il corvino annuì evidentemente indifferente.
I due proseguirono fino ad arrivare a destinazione. Davanti al chiosco tre figure conosciute sembravano attenderli.
“Hyuga” ringhiò l’Uchiha infastidito.
La ragazza abbassò il capo colpevole.
“Hei Teme!” urlò Naruto agitando un braccio nella sua direzione.
Sasuke-kun siamo qui!” gli fece eco Sakura contenta.
Hinata e Sasuke, costretti, si avvicinarono ai membri del team sette.
“Ragazzi è un po’ di tempo che non ci vediamo!” salutò Kakashi.
“Kakashi” ricambiò Sasuke.
“Hokage-sama, è un piacere vederla” Hinata si inchinò rispettosamente.
“Almeno qualcuno conosce le buone maniere…” sospirò l’Hatake.
Hinata arrossì.
“Si può sapere cosa sta succedendo?!” domandò il corvino infastidito.
“Vogliamo festeggiare il tuo compleanno, Sasuke-kun” gli sorrise Sakura.
“È domani” la liquidò lui.
“Aspetteremo la mezzanotte tutti insieme! Come ai vecchi tempi…” spiegò dolcemente la rosa.
“Si, Kakashi-sensei offrirà la cena!” aggiunse Naruto con un sorriso a trentadue denti.
“Io non l’ho mai detto…” sospirò il ninja copia.
“Oh avanti, sei l’Hokage!” gli diede una pacca sulla spalla il biondo.
Hinata si sentì di troppo.
“Ehm” cercò di attirare l’attenzione su di sé.
Sei paia di occhi si fissarono sulla figura minuta della Hyuga.
“Io vado. Vi auguro una buona serata” sorrise timidamente.
“Grazie Hinata-chan!” la ringraziò Sakura.
“Si Hina-chan! Grazie!” Naruto si slanciò verso la ragazza abbracciandola.
Hinata si irrigidì, diventando completamente rossa.
“N-naruto-kun” balbettò imbarazzata.
Strizzò gli occhi terrorizzata, sicura che sarebbe svenuta da un momento all’altro. Eppure niente.
Sentiva solo un gran disagio.
La stai soffocando, Baka!” gridò Sakura tirandogli un pugno in testa.
“Mi hai fatto male, Sakura-chan” piagnucolò il biondo massaggiandosi la parte lesa.
Entriamo, forza!” esclamò la rosa pratica, prendendo posto nel chiosco.
“Hinata, è stato bello vederti” si congedò Kakashi.
“Anche per me Hokage-sama” si inchinò rispettosamente.
“Vuoi che ti accompagni a casa, Hina-chan?” domandò gentile Naruto.
Hinata arrossì, poco abituata alle attenzioni del biondo.
Scosse il capo.
Non era necessario. Era la festa di Sasuke e lei non avrebbe recato nessun disturbo.
“D’accordo! Vado ad ordinare! Prenderò una doppia porzione di ramen, alla faccia di Kakashi-sensei!” sghignazzò il biondo entrando nel chiosco.
Tra i due ragazzi rimasti calò il silenzio.
“Mi dispiace aver mentito” si scusò mortificata.
Non lo avrebbe fatto se non avesse promesso a Sakura di non dire nulla.
“Resta”
Hinata sollevò lo sguardo, ritrovando gli occhi magnetici dell’Uchiha su di sé. Sembrava così serio.
Sentì il cuore accelerare.
Lui la voleva lì.
Con un lieve rossore sulle gote gli sorrise, pronta ad annuire.
“Sasuke-kun?” la voce di Sakura fece cadere tutti i suoi buoni propositi.
Non poteva.
Era la loro serata.
Era la serata di Sakura.
E lei sarebbe stata un egoista a rovinarla con la sua presenza.
“Ci vediamo a casa, Sasuke
Hinata si allontanò silenziosamente, camminando tra le vie affollate del villaggio. Arrivò al quartiere Uchiha e tornò a casa. Era buffo come quel posto così tetro ed ostile si fosse impregnato del dolce significato della parola casa.
La serata passò tranquilla, monotona, e presto arrivò la mezzanotte.
Andò in camera, recuperò il pacchetto e si sedette sul divano in attesa che Sasuke tornasse. Poco dopo avvertì il suono distinto del shoji che si apriva. Immaginò il ragazzo togliere i calzari e incedere lungo il corridoio con sicurezza.
Hinata si alzò e gli si fece incontro con il dono stretto tra le mani.
Si fermarono uno davanti all’altra.
“Okaeri” mormorò timidamente lei.
Il corvino rimase in silenzio.
“Questo è per te!” gli disse imbarazzata, allungando il pacchetto verso di lui.
Rimase nella stessa posizione per alcuni minuti, trattenendo il respiro.
Forse era arrabbiato per come se ne era andata.
So tutto”
Hinata alzò il capo e sgranò gli occhi.
Sei innamorata di lui, non è vero? È per lui che l’hai fatto!” continuò Sasuke con un tono duro.
Stava parlando dell’accordo di matrimonio.
La prima volta che si erano visti le aveva chiesto il perché di quella scelta. Ora era arrivato alla conclusione.
Quel che non sapeva era che Naruto non era l’unico motivo.
Quel che non sapeva era che forse tutto era iniziato così, ma ora teneva davvero a lui.
Sa-sasuke, io-” cercò di spiegarsi.
“Buonanotte Hyuga”

 

 



Carissimi,
come sempre non posso che ringraziarvi, ormai seguite la storia da ben 15 capitoli e siete sempre più numerosi! Grazie di cuore!
Specialmente alle mie feledissime ragazze delle recensioni e a chi ha inserito la storia ra quelle seguite/preferite/ricordate. 

Grazie davvero!

Xine

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Capitolo 17
*** Idiota ***


XVI. Idiota

 

Sasuke si scagliò contro Naruto colpendolo in pieno viso e facendolo volare contro un albero poco distante. Il biondo si alzò, pulendosi il rivolo di sangue uscito dalla bocca con la manica della giacca.
“Hei Teme, ci stai andando giù pesante…” commentò stranito.
Il corvino attivò lo Sharingan con un ghigno divertito.
“Amaterasu”
Improvvisamente delle fiamme nere avvolsero l’albero su cui il biondo era stato schiantato. Il portatore della Volpe si spostò appena in tempo.
Sasuke si voltò leggermente a sinistra, consapevole che il ragazzo sarebbe riapparso lì in pochi istanti. Sfoderò la Kusanagi, sferrando un fendente nel punto in cui Naruto si materializzò. Fortunatamente la modalità eremitica gli permise di schivare l’attacco dell’amico.
Il biondo si distanziò di diversi metri atterrando con un balzo a terra.
“Che diavolo ti prende?” gli gridò sgranando gli occhi azzurri.
Sasuke guardò il suo migliore amico.
Si stava comportando da idiota.
Ripose nel fodero la katana e disattivò l’abilità oculare. Si lasciò cadere a terra, appoggiando la schiena al tronco di un albero e chiudendo gli occhi. Sentì dei passi farsi vicini e, poco dopo, con un tonfo, un corpo si adagiò accanto al proprio. Spalla contro spalla.
“Sasuke” lo chiamò Naruto.
Era preoccupato.
“Va tutto bene?” domandò con voce seria.
“Hn”
I due rimasero in silenzio per alcuni istanti, ognuno perso nei propri pensieri.

“Sasuke-kun, sembra che tu e Hinata-chan andiate molto d’accordo!” commentò Sakura mentre rigirava le bacchette nel ramen.
“Quindi?” la guardò con un sopracciglio alzato.
“N-niente!” balbettò la ragazza agitando le mani davanti a sé imbarazzata.
Il corvino riprese a mangiare.
La rosa prese a sbuffare.
“Sakura, se devi dire qualcosa fallo e basta” la riprese Sasuke con tono infastidito.
“Sono solo stupita, ecco tutto. Insomma sono certa che lo fa per Naruto ma-”
“Naruto?”
“Beh si, è innamorata di lui da sempre. Non ti ricordi all’accademia?” piegò il capo di lato, piantandogli gli occhi verdi addosso.
Ancora una volta nella mente del corvino apparvero diverse immagini di una bambina dai corti capelli scuri. Si nascondeva dietro un cespuglio, arrossiva alla vista del biondo, sveniva.
“Tu non c’eri allora, ma stava per sacrificare la vita contro Pain per lui”
Sasuke voltò la testa verso il suo migliore amico, intento a rubare il ramen ad un Kakashi esasperato.
“E se non fosse stato per Neji che ha fatto loro scudo con il suo corpo, sarebbe morta in guerra proteggendolo” continuò lei.
“Non vedo perché dovrebbe interessarmi” Sasuke scrollò le spalle indifferente.
Dentro di lui sembravano bruciare le fiamme eterne dell’Amaterasu.
“Lei lo ama… dopo così tanti anni, nonostante tutto” sorrise Sakura.

“E io so come si sente, Sasuke-kun” abbassò il capo tristemente.

Sasuke sospirò, passandosi una mano tra gli occhi stancamente.
Non dormiva da giorni. Dal suo compleanno, precisamente.
Quando era tornato a casa l’aveva trovata ad aspettarlo con le guance rosse e lo sguardo felice ed un grazioso pacchettino tra le mani.
Eppure lui non faceva che vederla arrossire alle attenzioni di Naruto.
Come poteva essere stato così idiota da aver pensato di far entrare qualcun altro nella sua vita. Non imparava mai, dannazione!
“Sasuke” lo chiamò il biondo, posandogli una mano sulla spalla.
Il moro rimase in silenzio.
“Hei, lo sai che con me puoi parlare…” gli sorrise incoraggiante.
Sasuke annuì.
“Si tratta di Hinata?” gli domandò.
Si. Ultimamente si trattava solo di lei.
“No”
Si alzò in piedi, avvicinandosi ad un grande masso su cui aveva appoggiato il mantello e indossandolo.
“Te ne vai?” gli domandò il biondo.
Sasuke fece un cenno del capo .
“Ti va di mangiare un boccone?” Naruto gli si affiancò, tenendosi lo stomaco che iniziò a brontolare.
Sasuke si spostò nervosamente una ciocca di capelli corvini dagli occhi.
Sarebbe dovuto tornare a casa, quanto meno per avvisarla di non aspettarlo per cena. Ma non lo avrebbe fatto nemmeno quel giorno.
La stava evitando. Lasciava il quartiere all’alba e rientrava solo a tarda sera, quando era certo di non trovarla più alzata.
Si sentiva maledettamente in colpa nel trovare, ogni sera,  il tavolo apparecchiato. Eppure la consapevolezza che amasse un altro uomo, per giunta il suo migliore amico, gli faceva più male di quanto avrebbe dovuto.
Era un fottuto matrimonio combinato e lui c’era rimasto in mezzo come un idiota.
“Teme?” lo richiamò Naruto.
Il corvino annuì, iniziando a camminare.
“Che ne dici di Ichiraku?” gli fece un sorriso innocente.
“Scordatelo” lo fulminò.
“Eddai!” piagnucolò incrociando le braccia al petto.
“Abbiamo mangiato ramen persino al mio compleanno” gli ricordò il corvino.
Naruto si grattò il capo imbarazzato.
I due lasciarono i campi di allenamento, passeggiando per le vie affollate della città fino ad arrivare al ristorante Yakiniku. Una volta entrati fecero per sedersi quando il biondo notò un gruppetto conosciuto.
“Ragazzi!” urlò avvicinandosi loro, seguito da un Sasuke esasperato.
“Yo Naruto, Sasuke!” li salutò Choji, imitato dagli altri ragazzi del Rookie 9.
“Festeggiate senza chiamarci?!” li guardò l’Uzumaki offeso.
“Te l’ho detto due giorni fa, Naruto…” sospirò Shikamaru accendendosi una sigaretta.
“Ah… Ehehehe” arrossì imbarazzato.
“Sei il solito idiota!” commentò Kiba.
Sasuke voltò la testa nella sua direzione, osservando dopo tempo i compagni di squadra di Hinata. Erano cresciuti, anche se non sarebbe stato difficile riconoscerli. Specialmente l’uomo cane, con quei segni ridicoli sulle guance.
“Volete sedervi?” domandò educato Choji.
“Ovviamente! Fatti in là Shikamaru!” Naruto spinse il Jonin.
“Uchiha-san” Shino indicò con un cenno del capo il posto accanto a lui.
Sasuke si sedette silenziosamente, pensando che in fin dei conti Aburame era il male minore, se si escludeva Nara.
“Allora, Uchiha, come va?” domandò Kiba versandogli del sakè.
“Bene”
“Stai trattando come si deve Hina-chan?” gli disse con un sorriso provocatorio.
Sasuke lo guardò con il sopracciglio alzato. Con chi credeva di aver a che fare quel sacco di pulci?
“Kiba” lo ammonì Shino.
“D’accordo” sbuffò il castano.
“Hei, ragazzi! Ino ci obbligherà a venire al festival sabato… Ditemi che ci sarete!” li pregò Choji.
“Sarà soltanto una scocciatura…” sospirò Shikamaru.
“Non potrei mai perdermelo! È pieno di belle ragazze in kimono…” fece la linguaccia l’Inuzuka.
“Perché non ci troviamo tutti quanti, come ai vecchi tempi?” propose Naruto.
Sasuke alzò gli occhi al cielo.
Naruto lo avrebbe stressato per andare fino a quando non avrebbe ceduto per esasperazione.
Ci mancava soltanto un fottuto festival a peggiorare il suo umore.



 




Carissimi,
eccoci con il prossimo capitolo! Moltissimi di voi avevano capito che c'era lo zampino di Sakura... Le donne innamorate sanno essere crudeli a volte. D'altronde in amore, come in guerra, non esistono regole! 
Grazie di cuore a tutti per seguire la storia e grazie alle mie ragazze che recensiscono. Grazie speciale a
 LuNoKuni che è stata dolcissima a scrivermi in privato e anche ad AlessiettaE che mi ha mandato delle immagini SasuHina splendide! 
Siete speciali.

Grazie!

Xine

 

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Capitolo 18
*** Nindo ***


XVII. Nindo

 

Hinata osservò di sottecchi la figura alta e slanciata davanti a sé.
Sasuke camminava lentamente al fianco di Naruto, muovendosi disinvolto tra la folla che accalcava le strade del villaggio. Teneva la testa alta e lo sguardo dritto. A differenza di tutti gli altri, non pareva minimamente interessato ad alcuna delle bancarelle che animavano il festival dei fuochi d’artificio.
“Hina-chan, il tuo yukata è splendido!” si complimentò Tenten distogliendola dai suoi pensieri.
“Grazie, Ten-chan” le sorrise timidamente.
Aveva indossato uno yukata bordeaux con delicati fiorellini bianchi e rosa sulle estremità delle maniche e sul bordo inferiore, chiuso in vita da un obi bianco.
“Anche il tuo è molto bello!” ricambiò sinceramente Hinata ammirandone l’abito tradizionale bianco con un drago rosso e oro.
“Qualcosa non va Hinata?” le domandò preoccupata la giovane.
Hinata scosse il capo, abbozzando un sorriso.
Non voleva mentirle, ma non voleva nemmeno parlare di Sasuke. Che cosa avrebbe potuto dire, per altro? Non sapeva bene nemmeno lei quello che era successo.
Di una cosa, però, era certa: lui le mancava.
Le mancava consumare i pasti insieme a lui, le mancavano i suoi grugniti d’assenso, il modo in cui piegava la testa di lato in attesa di risposte, la sua rara espressione divertita, il tic che aveva di spostarsi i capelli dal viso infastidito. Le mancavano le sue attenzioni, le sue premure, il suo chiamarla ‘Hyuga’.
Era così stupida.

“Ten-chan!” Rock Lee chiamò la ragazza con gli chignon, attirandone l’attenzione.
Hinata, approfittandone, si allontanò dai due silenziosamente.
Tutto intorno le strade erano piene di vita: i colori brillanti dei kimono, le voci gioiose degli abitanti, il profumo del cibo.
Eppure quel turbinio di gioia non aveva alcun effetto su di lei. Non riusciva proprio a sentirsi felice. Continuava a sbirciare nella sua direzione nella speranza di sorprenderlo a guardarla. Ma non accadeva mai.
Sospirò, sentendo gli occhi inumidirsi.
Era riuscita a rovinare anche il prezioso rapporto con Sasuke e questo perché era soltanto una fallita. Non meritava nient’altro che biasimo e disprezzo.
“Tieni, Hina-chan!” Kiba le apparve accanto porgendole un dango.
Hinata sobbalzò per la sorpresa, osservando il giovane nel suo yukata blu cobalto.
“Kiba-kun, stiamo andando a cenare!” lo rimproverò dolcemente.
“Che sarà mai!” scrollò le spalle l’Inuzuka, mangiucchiando.
Hinata rise divertita, accettando lo spiedino ed addentandone una pallina. Non ricordava nemmeno il sapore dei cibi dolci. Non li mangiava da quando viveva insieme a Sasuke.
Inevitabilmente lo sguardo tornò su di lui.
Sakura lo affiancava con un’espressione dolce ed innamorata, ignorando le attenzioni del biondo che le proponeva di provare la pesca dei pesciolini rossi.
Più di un mese prima l’immagine l’avrebbe distrutta. Ora invece non faceva che pensare all’Uchiha.
“Finalmente siete arrivati!” sbuffò Ino che li stava aspettando davanti a Yakiniku.
“Non rompere, Maial-Ino!” la zittì Sakura.
“Vedo che sei di buon umore Fronte Spaziosa…” la provocò la bionda sistemando lo yukata viola, prima di entrare nel locale.
“Ti ho sentita!” urlò la rosa seguendola.
“Cominciamo bene…” sospirò Tenten portandosi una mano alla fronte.
Il gruppo di ragazzi entrò nel locale, dove era stato riservato loro un grosso tavolo. Choji e Shikamaru erano già seduti e chiacchieravano tra di loro.
“Hinata” la chiamò Shino indicandole il posto accanto a lui.
“Siediti Hina-chan!” Kiba la spinse leggermente.
Hinata sorrise.
I suoi compagni erano gli unici in grado di strapparle un sorriso sincero.
“Grazie di averci tenuto il posto, Shino-kun” ringraziò accomodandosi di fianco a lui.
“Meglio non capitare vicino a quelle due” commentò l’Aburame indicando con il capo Sakura e Ino che stavano bisticciando.
La mora si ritrovò a ridacchiare.
Kiba, sedutosi alla sua sinistra, le passò un braccio intorno al collo, tirandola sul suo petto e lasciando un bacio tra i suoi capelli profumati.
“Finalmente sorridi” le sussurrò.
“Hei Kiba! Non ci starai mica provando con Hina-chan!?” rise Naruto.
Tutta l’attenzione del gruppo si concentrò sulle due figure abbracciate.
Hinata arrossì, diventando tutt’uno con lo yukata, e si allontanò dal petto dell’amico. Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce di Naruto, interessata tuttavia al suo vicino di posto. 
Sasuke la stava guardando con un’espressione glaciale.
Abbassò il capo, incapace di sostenere il suo sguardo. Non era quel tipo di attenzioni che sperava le riservasse.
“Pensa alla tua Sakura-chan” lo beffò l’Inuzuka.
“Che cosa dici Inuzuka?!” si intromise la rosa sporgendosi sul tavolo.
“Non stavo parlando con te!” sbuffò il castano incrociando le braccia al petto.
“Sei la solita egocentrica…” commentò Ino rivolgendosi a Sakura ed innescando un altro battibecco.
Hinata sospirò sollevata.
“Kiba-kun, non dovresti provocare in questo modo” Hinata osservò il suo compagno di squadra.
“Hinata ha ragione” le diede man forte Shino.
“Avanti, era solo una battuta…” si lamentò Kiba versandosi del saké.
“Lo verseresti anche a me?” domandò Tenten allungandogli il bicchiere.
“Uh Ten-chan! La giovinezza scorre potente in te, ma anche l’alchool!” rise Rock Lee.
“È solo il primo bicchiere Lee!” scosse il capo lei.
“La carne è per voi?” domandò una cameriera portando un enorme vassoio di carne di diverso tipo e taglio.
“Si! Finalmente si mangia!” esclamò Choji con il suo vocione allegro.
La cena proseguì tra gli schiamazzi e le risate del gruppo.
Hinata non toccò praticamente cibo, incolpando imbarazzata, alla richiesta di spiegazioni di Shino, il dango che Kiba le aveva offerto prima di cena.
Non aveva fame.
L’indifferenza di Sasuke la feriva più di qualsiasi altra cosa, le faceva contorcere dolorosamente lo stomaco.
Non le importava nemmeno che gli occhi azzurri di Naruto avessero seguito la rosa per tutto il tempo, osservandola con ammirazione. Non faceva più male, ormai.
Quando terminarono, si ritrovò a seguire gli altri tra le strade del villaggio. Avrebbero aspettato i fuochi d’artificio nei pressi del fiume Naka, come facevano ogni anno.
Hinata si guardò intorno.
Il Naka era circondato dal verde della boscaglia. In alcuni punti i rami degli alberi si protendevano verso le acque scure, increspandole leggermente. In ogni dove gli abitanti di Konoha stavano prendendo posizione, chi appoggiato agli alberi, chi in piedi sulle rive, chi seduto su delle trapunte da pic-nic portate per l’occasione. Numerosi gruppi di amici, proprio come loro, aspettavano gioiosi l’inizio dei fuochi. Più appartate, invece, le coppiette si scambiavano tenere effusioni.
Quanto avrebbe voluto tenere la mano in quella di Sasuke, mentre i fuochi d’artificio infiammavano il cielo con i loro colori.
Sentì un’enorme voglia di piangere.
“Shino-kun” Hinata chiamò il ragazzo al suo fianco.
Il giovane occhialuto la guardò in attesa che parlasse.
“Tornerò a casa. Non mi sento molto bene” abbozzò un sorriso.
“Ti accompagno”
“N-non c’è bisogno, Shino-kun! Non potrei perdonarmi di averti allontanato dalla festa” balbettò.
E non mentiva. Non voleva rovinare a nessuno quella bella serata.
Shino l’osservò. Hinata sapeva che non si era bevuto la scusa del malore, ma conoscendolo era certa che, a differenza di Kiba, avrebbe capito.
Infatti l’Aburame annuì.
Gli sorrise grata, prima di voltargli le spalle ed allontanarsi.
Ripercorse le vie del villaggio che sembravano essersi improvvisamente svuotate. L’irreale silenzio le fece tirare un sospiro di sollievo. Si avviò verso il distretto Uchiha, raggiungendolo dopo diversi minuti. Una volta oltrepassate le mura di cinta si sentì immediatamente meglio.
Conosceva a memoria ogni singolo edificio e, seppur fosse stupido, si era affezionata al quartiere. Era maestoso, silenzioso, cupo, a tratti fragile. Sembrava che gli edifici potessero crollare da un momento all’altro. Eppure rimanevano lì, rovinati e instabili, resistendo al tempo, all’odio.
La facevano sentire al sicuro. La facevano sentire a casa.
Hinata scosse il capo. Stava ancora parlando degli edifici?
Si avvicinò silenziosamente a casa. Non voleva entrare. Girò intorno all’abitazione, raggiungendo il cortile sul retro. Si avvicinò scioccamente al bucato che aveva steso poco prima di uscire, accarezzando una camicia nera con mani tremanti. Lì, su quel filo sottile, i capi di lui si mischiavano con i suoi. Proprio come era successo alle loro vite.
Scoppiò a piangere, incapace di trattenersi.
Sentì il rumore del shoji che si apriva e si voltò di scatto.
“Uchiha-san” sussurrò vedendolo fermarsi sulla soglia della porta.
Era così bello.
Indossava lo yukata nero con estrema eleganza, sfoggiando fieramente il simbolo del Clan Uchiha sul petto. Una folata di vento spostò i ciuffi di capelli corvini che gli cadevano disordinati sul viso, scoprendogli gli occhi. Nero e viola.
Lo vide avanzare verso di lei e si ritrovò a chiudere gli occhi e trattenere il respiro.
Poco dopo li riaprì, constatando con delusione che il ragazzo l’aveva superata come se fosse stata invisibile.
Sentì le lacrime scorrere sulle guance.
Mikoto-san, Fugaku-san, Itachi-san, prometto che mi prenderò cura di lui
Si asciugò le lacrime con il palmo della mano e sorrise determinata.
Non si sarebbe rimangiata la parola data. Era il suo nindo.
Si voltò, correndo in direzione di Sasuke e raggiungendolo.
“Uchiha-san!” lo chiamò con voce ferma.
Il corvino si fermò, continuando però a darle le spalle.
“Mi hai chiesto se ho accettato per Naruto-kun e la verità è che in parte è così” spiegò.
“Era già piuttosto evidente, Hyuga” le rispose ironico.
“Però non è stato solo per Naruto!” fece un passo nella sua direzione.
Sasuke si voltò verso di lei.
“Non dirmi che lo hai fatto per compiacere il tuo Clan…” la guardò sprezzante.
“Non ho mai voluto compiacere nessuno. Non ne sarei capace, comunque.” abbassò il capo tristemente.
Ed era vero. Amava il suo Clan e sapeva che l’unico modo per rendergli giustizia sarebbe stato quello di togliersi di mezzo e lasciare il posto ad un ereditiera degna di tale nome.
“E allora perché?”
“Per Hanabi-chan. Se non ti avessi sposato, sarebbe toccato a lei. Non volevo che nessuno le imponesse chi amare. Farei qualsiasi cosa per saperla felice” sorrise.
“E per Neji-niisan. Lui ha sacrificato la vita per proteggermi e ho pensato che fosse giusto per me vivere senza l’amore che lo ha fatto uccidere” continuò imperterrita.
Sasuke rimase in silenzio.
“Naruto-kun è una persona molto importante per me” Hinata si avvicinò di un ulteriore passo all’Uchiha.
“Gli devo tanto, Uchiha-san” lo vide chiudere gli occhi.
“E ha sempre avuto ragione su di te” gli disse quando fu a pochi centimetri dal suo petto.
Il corvino sgranò gli occhi.
“Tu sei qualcuno per cui vale la pena lottare” mormorò sentendo le lacrime bagnarle il viso.
Hinata portò una mano tremante alla sua guancia, accarezzandola dolcemente.
“Io non voglio arrendermi, Uchiha-san. Non voglio perderti!” gli sorrise nel pianto.
Calò un profondo silenzio tra i due e l’aria sembrò farsi pesante.
“Pensavo di averti già detto di chiamarmi Sasuke” la rimproverò serio, portandole la mano al collo ed intrecciando le dita tra i suoi lunghi capelli scuri.
Hinata lo guardò confusa.
“U-uchiha-san-”
“Sta’ un po’ zitta, Hyuga”
Sasuke l’attirò bruscamente a sé, e la baciò.





 




Ragazzi, ce l'abbiamo fatta!!! Ahahah scherzo! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. 
Come sempre un grazie di cuore a tutti voi.

A presto!

Xine

 

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Capitolo 19
*** Per tutta la vita ***


XVIII. Per tutta la vita

 

Hinata mugugnò, infastidita dalla luce del sole che penetrava dalla finestra. Si accoccolò meglio contro la fonte di calore alle sue spalle, sentendo un grugnito irritato soffiare sul proprio collo.
Spalancò gli occhi bianchi.
Arrossì furiosamente nel notare un braccio muscoloso e decisamente virile che le circondava la vita.
La sera precedente lei e Sasuke avevano assistito allo spettacolo dei fuochi d’artificio dal tetto di casa e l’ultima cosa che ricordava era di aver appoggiato il capo sulla spalla del ragazzo e chiuso gli occhi colta da un’improvvisa stanchezza. Non rammentava però che fossero rientrati in casa e, precisamente, nella camera del ragazzo.
Sasuke.
Si sciolse dal suo abbraccio il più silenziosamente possibile, cercando di non svegliarlo. Contrariamente alle aspettative sembrò riuscirci e, dopo un ultimo sguardo al viso sereno dell’Uchiha, sgattaiolò fuori dalla stanza. Recuperò dalla sua camera un abito pulito e la biancheria, rintanandosi in bagno per potersi fare una doccia.
Posò accuratamente i vestiti su un mobiletto di legno, slacciando l’obi e sfilandosi di dosso lo yukata ormai stropicciato. Prima di entrare sotto la doccia, si guardò allo specchio.
I suoi occhi sembravano così vivi.
Portò una mano tremante al viso, sfiorandosi le labbra con le dita.
Il cuore iniziò a palpitare veloce, poi perse un battito.
Forse aveva immaginato tutto, forse quel bacio era soltanto un bellissimo sogno.
Poi sentì, così chiara e nitida, la sensazione delle sue labbra sulle proprie.
Sasuke.
Il suo primo bacio.
Si buttò sotto il getto caldo dell’acqua, chiudendo gli occhi.
Scoppiò a ridere e un secondo dopo si ritrovò a piangere. Era così felice che faceva male. Non era sicura di meritarselo.
Si lavò con cura, dedicandosi in particolar modo ai lunghi capelli scuri. Era stato così difficile farli crescere negli anni. Chissà se Sasuke li preferiva corti.
Sorridendo uscì dalla doccia, avvolgendosi il corpo con un asciugamano. Si asciugò i capelli, legandoli in una morbida coda bassa, ed indossò l’abito lilla che aveva portato con sé.
Lasciò la stanza, raggiungendo la cucina per preparare la colazione. Era tardi, dovevano aver dormito più del solito.
Hinata si infilò il grembiule e cominciò a pulire il riso, canticchiando allegramente e procedendo con gli altri preparativi. Mezz’ora dopo era tutto praticamente pronto. Girò orgogliosamente la zuppa di miso, prima di voltarsi ed andare in sala da pranzo ad apparecchiare la tavola.
Stava posizionando i bicchieri quando il fusama si aprì.
Il cuore prese a battere incontrollabilmente e le mani tremarono. Era così imbarazzante. Cosa avrebbe dovuto fare?
Prese un bel respiro e sollevò il capo in direzione dell’Uchiha.
“Buongiorno, Sasukegli sorrise imbarazzata, trovandolo a pochi centimetri da lei.
Quando si era fatto così vicino?
Senza preavviso due labbra calde e familiari si impossessarono delle sue, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa.
Sasuke si staccò da lei, osservandola divertito.
“Buongiorno, Hinata” le sussurrò all’orecchio, prima di superarla ed entrare nel cucinotto.
Le ci vollero alcuni minuti per riprendersi da quel contatto. Sasuke aveva il potere di farle perdere la cognizione del tempo e dello spazio, oltre che l’uso delle gambe.
Lo seguì curiosamente in cucina, trovandolo piegato sul frigorifero alla ricerca di qualcosa.
“Posso aiutarti?” gli domandò timidamente.
“Ho sete” disse prima di afferrare una caraffa d’acqua e portarla in sala da pranzo.
Hinata rimase immobile. Era tutto così strano.
Finì di preparare la colazione, servendo sul tavolo le varie prelibatezze.
L’Uchiha cominciò a mangiare in silenzio, come avrebbe fatto in una qualsiasi mattina.
Hinata cercò di imitarlo, ma le mani continuavano a tremare e la sedia sembrava improvvisamente così scomoda da costringerla ad agitarsi in cerca di sollievo.
“Hyuga” la richiamò Sasuke infastidito.
“Mi dispiace” si scusò imbarazzata, mettendosi in bocca del riso forzatamente.
Il corvino continuò a degustare tranquillamente la zuppa di miso.
“Andrò a fare alcune commissioni” affermò dopo qualche minuto la ragazza, alzandosi in piedi e portando le sue stoviglie nel cucinotto.
Non sarebbe riuscita a fingere che tutto fosse normale.
Svuotò i piatti ancora quasi pieni, inserendo gli avanzi in un contenitore, e li posò nel lavandino, sciacquandoli velocemente. Si asciugò le mani sul grembiule e si girò per tornare in sala da pranzo.
Serve una mano, Hyuga?” domandò Sasuke con un ghigno sarcastico, appoggiato sullo stipite della porta.
Dio, perché era così bello?
Hinata abbassò il capo, arrossendo ed iniziando a giocherellare con le dita delle mani.
N-no, grazie” balbettò imbarazzata.
Lo sentì avvicinarsi e, istintivamente, fece un passo indietro, sbattendo contro il bancone della cucina. Era in trappola.
Vide Sasuke farsi sempre più vicino, fino a quando non si ritrovò davanti il suo petto, coperto dalla solita maglietta nera.
Il corvino si abbassò alla sua altezza. Poteva sentirne il respiro caldo sul collo.
“Scappi?” sussurrò al suo orecchio.
Hinata scosse il capo.
“Meglio così”
Sasuke portò la mano alla sua nuca ed afferrò una manciata di capelli scuri, attirando la ragazza a sé e baciandola appassionatamente. Hinata si lasciò trasportare dal bacio, accarezzando impacciata le sue spalle e facendo aderire il corpo a quello di lui.
Hyuga” ringhiò l’Uchiha, sollevandola con il braccio ed adagiandola poco aggraziatamente sul bancone della cucina.
La ragazza continuò ad esplorare il suo corpo imperterrita, intrecciando le dita tra i capelli scuri. Non capiva più nulla. Sapeva soltanto che voleva che Sasuke continuasse a baciarla.
Improvvisamente il corvino si staccò. L’occhio destro brillava di rosso.
Hinata gli accarezzò la guancia, osservando lo Sharingan incuriosita. Non capiva come mai avesse attivato l’abilità oculare.
Sei arrabbiato?” gli domandò innocentemente.
Sasuke sollevò un sopracciglio, guardandola divertito. Poi scosse la testa e si allontanò da lei, tornando in sala da pranzo.
Hinata scese dal bancone e si tolse il grembiule. Non era un esperta di uomini, ma aveva imparato a conoscere Sasuke e quel suo sguardo ironico era una chiara conferma che non fosse irritato. Questo però non spiegava come mai avesse attivato lo Sharingan.
Scrollò le spalle, certa che non lo avrebbe mai capito fino in fondo.
Lo raggiunse nell’altra stanza, notando che aveva ripreso a mangiare. Come faceva a comportarsi così? Lei si stava logorando dentro.
Era decisamente meglio andarsene.
Andrò a fare la spesa, tornerò in un paio d’ore” disse superandolo.
“Verrò con te” l’avvisò il corvino.
“No-non ce n’è bisogno, Sasuke… Finisci pure di mangiare e -”
“Non te l’ho chiesto, Hyuga” la guardò addentando un onigiri.
Hinata sorrise, sentendo le gote farsi rosse.
Era così strano pensare di uscire a fare delle commissioni con Sasuke. Eppure avrebbe dovuto abituarsi, sarebbe diventato presto suo marito. Il solo pensiero le fece battere il cuore. Non avrebbe mai creduto di poter essere felice di un matrimonio combinato.
“Vado a prepararmi” si congedò, lasciandogli il tempo di terminare con calma la colazione.
Tornò in camera sua, osservandosi allo specchio.
La morbida coda che aveva fatto era stata spettinata dalla mano del ragazzo ed anche il vestito si era spiegazzato. Non poteva certo uscire in quel modo.
Afferrò dall’armadio un semplice abito a maniche corte color giallo pastello. Lo infilò e si pettinò i capelli, liberandoli dalla coda.
In cuor suo, nonostante dovessero semplicemente fare la spesa, era come se fosse un appuntamento. Avrebbero passeggiato insieme per le vie del villaggio, forse si sarebbero tenuti anche la mano.
Arrossì, nascondendo il viso tra le mani. Quanto era sciocca.
Uscì dalla camera, raggiungendo l’Uchiha che la stava aspettando all’ingresso. Indossava già il mantello.
Mi dispiace per l’attesa” si scusò la ragazza, infilandosi i sandali.
Un Uchiha non si scusa” la riprese Sasuke.
Hinata sgranò gli occhi alla velata allusione del ragazzo, sentendo le guance andare in fiamme.
“Andiamo”
Quando Sasuke iniziò a camminare, Hinata lo seguì. Notò che il ragazzo adattava la sua andatura alla propria. Non era abituata a questo genere di premura, solitamente suo padre procedeva spedito, incurante di lasciarla indietro.
I due si allontanarono dal distretto Uchiha, passeggiando tranquillamente per la strada. Talvolta, casualmente, le loro spalle si sfioravano ed il suo cuore faceva una capriola.
Hinata si accorse che la gente sembrava fissarli, ed in particolare l’Uchiha. Sospirò sconsolata. Avrebbero mai smesso di disprezzarlo ingiustamente? Osservò di sottecchi il ragazzo. Non pareva minimamente turbato, continuava a guardare dritto davanti a sé, a testa alta. Invidiava la sua sicurezza. Eppure, una voce dentro di lei, non smetteva di dirle che quel biasimo lo feriva. Sasuke aveva messo a repentaglio la vita per il villaggio, in fin dei conti.
“Andiamo di qua” Hinata gli accarezzò impercettibilmente il braccio, indicando con il capo una via secondaria.
Il corvino annuì seguendola.
La strada era meno affollata e l’Uchiha parve apprezzarlo. Non doveva essere facile.
Arrivarono alla bottega dove Hinata era solita far spesa, entrando silenziosamente nel negozio.
“Hinata-sama, che bello rivedervi!” si inchinò rispettosamente l’anziana signora.
“Anche per me, Rukia-san” ricambiò educata.
La vecchina osservò Sasuke, sgranando gli occhi.
“Masashige! Vieni qua!” gridò la donna sbracciandosi in direzione del marito.
“Cosa c’è cara?” arrivò un anziano signore, sostenuto da un bastone.
“E’ l’ultimo Uchiha!” bisbigliò la moglie.
Hinata trattenne il fiato.
“Uchiha-sama! È un onore incontrarvi!” il vecchio si inchinò davanti a Sasuke.
La ragazza tornò a respirare. Temeva che li cacciassero a male parole.
“Ci avete salvato Uchiha-san! Questo villaggio deve così tanto a voi e al vostro povero fratello!” continuò la donna.
Sasuke fece un breve cenno con il capo.
“Hinata-sama, è il vostro fidanzato?” domandò Rukia coprendosi la bocca con la mano per farsi vedere solo da lei ed abbassando la voce. Ovviamente non a sufficienza da non essere sentita dai due uomini.
Hinata arrossì.
“Rukia-san, n-noi-” iniziò a farfugliare gesticolando nervosa.
“Si” intervenne Sasuke.
Hinata lo guardò sorpresa, trovandolo estremamente serio.
Certo, era la verità, ma non si aspettava che lo dicesse. Per altro avrebbero dovuto mantenere il segreto fino all’annuncio ufficiale.
La vecchia per poco non si mise a ballare entusiasta, afferrando il povero marito per un braccio.
“Cara, lasciamo che i ragazzi facciano la spesa…” la spinse lui, allontanandola dalla coppia.
I due ragazzi restarono in silenzio, impalati sul posto.
“P-prenderò un cestino” mormorò lei rompendo il ghiaccio.
Senza attendere una risposta che probabilmente non sarebbe venuta, si incamminò fino all’ingresso del negozio, prendendo il cestello con le ruote.
Si ricongiunse con il corvino, che, non appena la vide, posò la mano sulla sua che stringeva il manico del cestino, nell’intento di farle capire che ci avrebbe pensato lui. La ragazza obbedì, arrossendo al contatto inaspettato.
Sasuke la superò, iniziando a camminare tra le corsie.
Hinata lo guardò e si ritrovò a sorridere.
Era così bello passare il tempo con lui, avrebbe potuto farlo per tutta la vita.
Il sorriso si allargò.
Beh, in effetti, sarebbe stato proprio così.

 



Baci a tutti e grazie!

Xine

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Capitolo 20
*** Facile ***


XIX. Facile

 

Hinata scagliò un calcio contro il tronco dell’albero che Sasuke aveva utilizzato nei mesi di convalescenza per praticare il taijutsu. Era così tanto che non si allenava, né faceva missioni. Da quando era venuta a casa Uchiha, per la verità. Le mancava l’adrenalina che scaturiva dai combattimenti.
Non che fosse una fanatica degli scontri. Aveva combattuto, certo, ma lo aveva fatto sempre per necessità. Aveva ucciso pochissime volte, sebbene il suo tocco fosse potenzialmente sempre fatale. Al suo team affidavano per lo più missioni di spionaggio, localizzazione o recupero. Si era ritrovata davanti a dei nemici davvero potenti per la prima volta contro Pain ed aveva dimostrato quanto poco fosse all’altezza della situazione.
Non era tagliata per essere un ninja d'élite, non lo sarebbe mai stata. A lei sarebbe bastato semplicemente continuare a svolgere qualche missione di basso rango, oppure insegnare all’accademia. Ma non era quello che ci si aspettava da una ereditiera.
“Vuoi compagnia, Hyuga?”
Sobbalzò per la sorpresa, persa nei suoi pensieri non l’aveva sentito avvicinarsi. Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce. Sasuke la stava guardando con un sorriso divertito.
Hinata abbassò il capo timidamente.
“Non sono alla tua altezza. Ti annoieresti…” mormorò imbarazzata.
Problemi di autostima, Hinata?la canzonò.
“Sasuke dav-”
Hinata fece appena in tempo ad abbassarsi per schivare il calcio che Sasuke le aveva sferrato di sorpresa.
I riflessi mi sembrano buoni” si complimentò lui con un ghigno, balzando ad alcuni metri di distanza.
La ragazza rimase stupita.
“N-non vorrai f-fare sul s-serio!” balbettò incredula.
Non si aspettava certo che Sasuke perdesse del tempo a battersi con lei. L’unico in grado di tenergli testa era Naruto e lei, nemmeno in mille anni, avrebbe mai potuto nemmeno avvicinarglisi.
Niente ninjutsu. Ci stai, Hyuga?” propose il corvino.
Hinata si ritrovò a sorridere.
Era dolce da parte sua. Se avesse utilizzato l’abilità oculare, lo scontro sarebbe finito senza neanche iniziare davvero. Che usasse lo Sharingan o il Rinnegan non avrebbe cambiato nulla. Aveva sconfitto Madara Uchiha.
“Hai!” annuì allora mettendosi in posizione difensiva.
Non voleva dargli l’impressione di una fallita. Avrebbe fatto del suo meglio, per quanto poco sarebbe valso. Di una cosa era certa: non si sarebbe arresa. E poi, in fin dei conti, era agile e poteva reggere bene il corpo a corpo.
Quando guardò Sasuke, lo vide piegare il capo di lato, con un sorriso furbo sulle labbra, prima di sparire. Avvertì il leggero spostamento dell’aria che anticipava l’arrivo di un colpo e si ritrovò a schivare un attacco dall’alto. Era impressionantemente veloce.
Balzò indietro con una capriola, abbassandosi per sferrare un calcio a raso terra al suo avversario, che lo evitò facilmente. Il corvino si scagliò contro di lei piazzando un potente calcio. Hinata fece appena in tempo a pararlo con l’avambraccio sinistro. Si sarebbe certamente ritrovata un livido in quel punto l’indomani.
Decisa a non darsi per vinta, approfittò della situazione, afferrando la stoffa dei pantaloni che gli coprivano la gamba tesa e strattonandola per fargli perdere l’equilibrio. Sasuke si sbilanciò in avanti, evitando però di colpire terra grazie al braccio che si era prontamente poggiato sul terreno, che utilizzò anche come leva per slanciarsi in avanti.
Atterrò in piedi, osservando la ragazza con un sopracciglio alzato ed un messo sorriso di compiacimento. Non se lo aspettava.
Hinata gli corse incontro, innescando uno scontro ravvicinato apparentemente piuttosto equilibrato. Sferrava con grazia calci e pugni, ai quali lui rispondeva prontamente. Era velocissimo e previdente, nonostante non avesse attivato lo Sharingan. Anticipava i suoi colpi e contrattaccava. Se non fosse stata così agile, si sarebbe ritrovata schiantata contro un albero ormai diverse volte.
Poi, in una frazione di secondo, Sasuke mise fine al combattimento.
Senza nemmeno sapere come, Hinata si ritrovò schiena a terra con il ragazzo, inginocchiato tra le sue gambe, che le teneva la mano serrata delicatamente attorno al collo. Aveva un espressione soddisfatta e, a differenza sua, non sembrava minimamente affannato dal duello. Non un rivolo di sudore gli copriva la fronte.
Fine dei giochi, Hyuga” decretò facendo risalire la mano dal collo al viso di lei in una lenta carezza.
Hinata arrossì, distogliendo lo sguardo da lui.
Non voleva dargliela vinta. Non si sarebbe arresa!
Un sorriso furbo le increspò le labbra. Attivò il Byakugan e colpì due punti d’uscita del chakra secondari, cogliendolo impreparato. Ne approfittò per ribaltare la situazione, ritrovandosi presto a cavalcioni del ragazzo.
Adesso è finita, Sasuke” gli disse divertita.
Lo vide sollevare un sopracciglio ironicamente.
“Pensavo avessimo escluso i ninjutsu”
La ragazza scrollò le spalle.
“Non avevo capito bene” mentì.
Sasuke le portò una mano alla nuca, facendo pressione perché si abbassasse con il busto su di lui.
Non credevo fossi capace di barare, Hyuga” le sorrise canzonatorio.
Hinata si sporse verso il suo viso, ridendo divertita.
Un Uchiha non chiede scusa” affermò prima di lasciargli un bacio a stampo.
Quando si separò dalle sue labbra, notò che la stava guardando con un espressione indecifrabile. Forse non aveva apprezzato il bacio.
Si allontanò da lui come scottata, facendo per alzarsi in piedi e liberarlo dal suo peso. Il ragazzo però le afferrò il polso saldamente.
“M-mi dispiace” balbettò diventando completamente rossa.
“Per aver imbrogliato o per avermi baciato?” le domandò lasciando la presa.
“Per entrambi?!” si coprì il viso con le mani imbarazzata.
Sentì il corpo del ragazzo muoversi sotto il suo e, poco dopo, la sensazione del petto duro di lui che sfiorava il proprio, le confermò che si era messo a sedere.
Hyuga”
Hinata sbirciò nella sua direzione attraverso le dita delle mani.
“Hai avuto il coraggio di barare e ora non sei capace di guardarmi in faccia?” la rimproverò sull’orlo dell’esasperazione.
La ragazza si sentì costretta a togliere le mani e guardarlo.
I suoi occhi profondi la stavano fissando con un intensità tale che sentì la testa girare.
“Non stavi andando male, come Uchiha” ghignò prima di attirarla a sé e baciarla.
Hinata ricambiò, sentendo il bacio approfondirsi di minuto in minuto. Era così facile lasciarsi travolgere dalle emozioni. Le loro lingue si accarezzavano inebriate dal sapore dell’altro ed i corpi bramavano un contatto sempre maggiore.
Avvolse le braccia intorno al collo di Sasuke, mentre la mano di lui si insinuò scaltramente sotto la sua maglia, lasciando scie di fuoco al suo passaggio. Le sembrava di stare bruciando viva.
Quando l’autocontrollo stava ormai per abbandonarla, il corvino si staccò da lei.
Ancora una volta lo Sharingan brillava nel suo occhio destro.
“S-sasuke?” gli occhi bianchi lo osservarono confusi.
Il braccio di Sasuke si strinse attorno alla sua vita e, in un battito di ciglia, si trasportarono all’interno di casa, più precisamente sul futon della stanza del ragazzo.
“C-cosa…?” si guardò intorno sbalordita.
Amenotejikara. Non si sarebbe mai abituata.
E poi perché l’aveva portata in camera da letto? Che volesse…
Sasuke, approfittando del suo sgomento, ribaltò le posizioni portandola sotto di sé e fiondandosi nuovamente sulle sue labbra morbide.
Hinata, in preda all’agitazione, gli poggiò le mani sul petto, allontanandolo leggermente con il viso color cremisi. Al suo sguardo perplesso, lo vide alzare gli occhi al cielo.
“Gli ANBU, Hyuga” le spiegò.
La ragazza divenne, se possibile, ancora più rossa.
Dio, aveva scordato che due ninja speciali sorvegliassero Sasuke. Sicuramente avevano visto tutto e avrebbero riferito l’accaduto all’Hokage. E forse anche a suo padre.
Sbiancò, irrigidendosi sotto il corpo dell’Uchiha che, esasperato, la liberò del suo peso, stendendosi accanto a lei sul futon.
“C-credi che l-loro…?” Hinata si coprì il viso con le mani.
“Si”
“M-ma-”
“Hinata” la chiamò dolcemente.
La ragazza rimase immobile, trattenendo il respiro.
“Siamo a casa nostra. Sono loro che non dovrebbero essere qui” le spiegò per farla tranquillizzare, accarezzandole il capo.
In effetti, quelle parole, la fecero sentire meglio. Insomma… era normale che tra fidanzati si scambiassero dimostrazioni di affetto.
Dimostrazioni parecchio affettuose
Hinata scosse il capo, scacciando la vocina che aveva iniziato a tormentarla.
Poco dopo sentì il fruscio del lenzuolo, seguito dalla sparizione della sensazione di calore emanata dal corpo di Sasuke al suo fianco.
“D-dove vai?” gli domandò mettendosi a sedere.
“Ho bisogno di una doccia, Hyuga” le disse senza mezzi termini, prima di sparire dietro la porta.
Si zittì, adagiandosi nuovamente sul futon.
Dal festival dei fuochi d’artificio era passata quasi una settimana e i contatti fisici con Sasuke diventavano sempre più frequenti e mettervi fine era quasi impossibile, non aveva pienamente il controllo di sé quando capitava. E poi sembrava così… giusto.
Persino facile.
Facile.
Per lei, Hinata Hyuga, che arrossiva con niente, scambiarsi effusioni appassionate con Sasuke Uchiha, il ragazzo più ambito dai tempi dell’accademia, era facile.
Il mondo stava decisamente girando al contrario.


 



Grazie a tutti quanti per l'attenzione che state dedicando alla storia. 
Grazie di cuore a chi continua a leggere, a chi ha messo la storia tra quelle seguite/preferite/ricordate. 
E un grazie speciale alle mie commentatrici che sono meravigliose! naruhina3, Hinata55, ecila94hina, mareluna, Ziulii, AlessiettaE, lovelyhinata, Saretta18taby, Hinata_in_love ... GRAZIE 




 

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Capitolo 21
*** 21 Agosto ***


XX. 21 Agosto

 

Hinata strappò un ciuffo di erbacce da terra.
Era dalla mattina presto che cercava di ripulire al meglio il giardino di casa. Erano passate ore da allora e finalmente si cominciavano ad intravedere i primi risultati.
Si asciugò la fronte imperlata di sudore. Faceva davvero caldo.
Ma non avrebbe mollato, era intenzionata a piantare quelle camelie prima del ritorno di Sasuke dall’allenamento con Naruto.
Al solo pensiero arrossì.
Quel ragazzo stava facendo crollare tutte le misere certezze della vita che aveva, stravolgendo le carte in tavola in maniera inaspettata.
Quello che provava per lui era così diverso da ciò che per tutti quegli anni l’aveva legata a Naruto. Per il biondo sentiva gratitudine, ammirazione, stima. Aveva creduto di esserne innamorata al punto da sacrificare la vita per lui. Ma lo era davvero?
Scosse il capo.
Sasuke faceva tremare il mondo, trattenere il respiro, battere il cuore incessantemente. Eppure, tra le sue braccia, si sentiva protetta. Niente le avrebbe fatto del male, lui non lo avrebbe permesso.
Non riusciva a spiegare a parole quello che stava vivendo. Sapeva soltanto che era felice, felice come mai prima d’allora.
Per anni si era riempita la bocca del nome di Naruto, ed ora eccola lì, con testa e cuore pieni di immagini di Sasuke.
Hinata avvertì un movimento d’aria improvviso, si girò in posizione difensiva attivando l’abilità oculare.
Poco dopo si palesò uno dei due Anbu di guardia.
“Hinata-sama” si chinò rispettosamente il ninja speciale.
“Buongiorno” salutò educatamente, disattivando il Byakugan.
“L’Hokage richiede la vostra presenza” spiegò conciso.
“Oh. Andrò immediatamente!” la ragazza si alzò, pulendosi i pantaloni sporchi di terra.
“Deve venire anche l’Uchiha” specificò allora l’ANBU.
Hinata annuì e il ninja speciale si congedò, sparendo alla sua vista in uno sbuffo di fumo.
Se l’Hokage li convocava insieme poteva significare soltanto che doveva comunicare qualcosa riguardo l’accordo.
Rientrò in casa e si fece una doccia veloce per rendersi presentabile alla presenza del Sesto. Era pur sempre la massima autorità del villaggio e la sua rigida educazione le imponeva di comportarsi e vestirsi in maniera consona alle occasioni.
Si infilò la solita felpa larga, abbinata ai pantaloni blu, e si diresse al campo d’addestramento certa di trovarci l’oggetto dei suoi pensieri.
Come previsto, i due amici si stavano scontrando. Alcuni tronchi erano distrutti e per terra giacevano dei rami anneriti da quelle che dovevano essere state fiamme.
Li osservò battersi, replicando colpo su colpo con tecniche di altissimo livello. Liberavano una quantità di chakra esorbitante.
Era incredibile quanto fossero forti.
I ninja più potenti dell’intero mondo shinobi.
Il suo passato e il suo presente.
“Hinata-chan!” urlò Naruto mentre parava un calcio.
Sasuke, con un agile salto all’indietro, si allontanò dall’altro, girandosi poi nella sua direzione.
Appena i loro occhi si incrociarono Hinata si ritrovò ad arrossire.
“Perdonatemi, ma l’Hokage desidera parlarci” spiegò imbarazzata abbassando il capo.
“Wow, forse vogliono liberarti prima Teme!” saltellò l’Uzumaki contento.
Hinata si morse il labbro.
Continuava a sentirsi così in colpa. Odiava mentire.
“Andiamo” ordinò Sasuke, apparendo accanto a lei.
“Hai” annuì.
“Stasera partirò per una missione! Ci vediamo in un paio di giorni ragazzi” li avvisò il biondo.
Il corvino fece un cenno con la mano in segno di saluto e spiccò un salto.
“Arrivederci, Naruto-kun! E buona fortuna” gli sorrise la Hyuga seguendo l’altro.
I due ragazzi raggiunsero la Torre dei Kage passando attraverso i tetti, atterrando davanti all’ingresso principale con un balzo.
Percorsero silenziosamente i corridoi, stranamente non molto affollati.
Hinata si guardò intorno incuriosita. Probabilmente, ora che le missioni stavano riprendendo con maggior regolarità, il palazzo si era svuotato ed i lavori d’ufficio sarebbero calati.
Improvvisamente si sentì afferrare delicatamente per il polso e si ritrovò con la testa immersa nel petto di Sasuke. Sorrise, arrossendo leggermente. Poi prese coraggio e circondò la vita del ragazzo con le sue braccia sottili, sentendolo passare le dita tra i capelli lunghi. Lo faceva sempre.
Hinata alzò il capo per poterlo osservare e allungò la mano, sfiorandogli delicatamente il viso. Era così bello.
Sarebbe stato suo marito.
Sentì il cuore martellare freneticamente nel petto.
Si alzò sulle punte dei piedi, sporgendosi verso di lui e posandogli un dolce bacio a fior di labbra.
Sasuke sorrise divertito prima di baciarla appassionatamente, attirando il suo corpo sinuoso a sé in una ferrea presa.
Si staccarono dopo un tempo indefinibile. Fronte contro fronte, il respiro corto.
“Concluderemo questo discorso a casa, Hyuga” le disse prima di prenderla per mano e riportarla sul corridoio principale.
Non si era nemmeno accorta che si fossero appartati.
Non poté godersi a lungo la sensazione della sua mano nella propria, perché poco dopo dovettero separarsi viste le due fonti di chackra in avvicinamento. Il terzo piano sembrava decisamente più affollato, ovunque c’erano Jonin e piccoli Chunin che girovagavano tra le stanze.
Finalmente arrivano all’ufficio di Shizune, impegnata a strigliare due ragazze che dovevano aver mischiato, a suo dire, i documenti sulla sua scrivania. Non appena li vide, la castana ordinò loro di entrare sbraitando poiché l’Hokage li stava attendendo da un po’ e non aveva tutto il giorno da perdere dietro a delle sciocchezze. A volte aveva degli scatti d’ira simili a quelli di Tzunade.
Hinata bussò educatamente alla porta, sentendo Sasuke grugnire infastidito. Dovette trattenersi dal ridere. Era certa che lui sarebbe entrato senza tante cerimonie.
“Avanti” si sentì l’inconfondibile voce del ninja copia, oltre la porta.
Hinata e Sasuke entrarono silenziosamente nell’ufficio del Sesto. Ad attenderli trovarono anche Hiashi, seduto compostamente davanti alla scrivania dell’Hokage.
“Hokage-sama. Padre.” Hinata si inchinò rispettosamente davanti ai due uomini.
“Hinata” la squadrò il padre con disprezzo, prima di osservare il ragazzo al suo fianco.
La Hyuga abbassò il capo. In tutto quel tempo trascorso al quartiere Uchiha aveva dimenticato come ci si sentiva ad essere una fallita.
“C’è qualcosa che mi deve dire, Hyuga-san?” domandò il corvino.
Hinata sollevò il capo, notando come i due uomini si guardassero in cagnesco.
“Sei sfrontato, Uchiha. Proprio come tuo padre” commentò il Capo Clan Hyuga con un sorriso provocatorio.
Hinata sentì il chakra del giovane guizzare improvvisamente e, senza pensare, afferrò con la mano la stoffa della sua maglietta nera. Lo sentì calmarsi
gradualmente al suo tocco.

“Hinata, Sasuke, sedetevi…” li invitò Kakashi, smorzando la tensione.
I due obbedirono, accomodandosi sulle poltroncine libere davanti alla scrivania.
“Perchè siamo qui, Kakashi?” sbottò l’Uchiha visibilmente infastidito.
“Sasuke” lo richiamò l’Hokage con uno sguardo severo.
“Hokage-sama, come possiamo renderci utili?” riformulò Hinata, cercando di correggere il tiro del ragazzo.
“Hiashi-san ha chiesto di rivedere il contratto” spiegò allora il grigio.
“In che termini?” si interessò Sasuke lapidario.
“È necessario anticipare il matrimonio” affermò Hiashi.
“Cosa?” balbettò Hinata.
Non se lo aspettava. Insomma, non mancava poi molto, perché non aspettare?
“Si sta diffondendo per il villaggio e nei dintorni la voce per cui tu ed Uchiha state intrattenendo una relazione” illustrò freddamente lo Hyuga.
“Si preoccupa dei pettegolezzi, Hyuga-san?” lo sfottè il corvino.
“È in ballo la reputazione di mia figlia e conseguentemente del mio Clan, Uchiha. Suppongo che tu non possa più capire di cosa sto parlando…” gli sorrise l’uomo.
“Padre!” Hinata sgranò gli occhi.
“Sta’ zitta!” la fulminò lui.
Sasuke attivò lo Sharingan guardando Hiashi negli occhi. Lo avrebbe potuto ignorare se solo non avesse parlato in quel modo ad Hinata.
“Hyuga, cerca di moderare i termini quando ti rivolgi ad un Uchiha” Sasuke abbandonò le formalità, rivolgendosi ad Hiashi con tono pungente.
“Posso rapportarmi a te come voglio, ragazzo” restituì lo sguardo lui.
“Sto parlando di Hinata”
Hinata guardò Sasuke, arrossendo alla sua nemmeno tanto velata allusione al fatto che sarebbe diventata sua moglie.
“La somiglianza con tuo padre è evidente” Hiashi sorrise divertito, incrociando le braccia al petto.
“Lo prenderò come un complimento” il corvino rivolse nuovamente l’attenzione a Kakashi.
“Vi prego di moderare i termini.” ordinò quest’ultimo osservando i due capoclan.
“Q-quando sarà il matrimonio?” domandò Hinata.
“Il 21 agosto” decretò il padre.
Mancavano meno di tre settimane esatte.
“Come faremo ad organizzare tutto in tempo?” si preoccupò la ragazza.
In pochissimo tempo sarebbe diventata la moglie di Sasuke. Il cuore cominciò a battere all’impazzata.
“I preparativi sono già stati ultimati. A breve manderemo gli inviti” aggiunse pratico Hiashi.
Ad Hinata si gelò il sangue.
“C’è altro?” Sasuke osservò il suo maestro che scosse il capo.
 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Risposta ***


XXI. Risposta

 

Hinata si accoccolò meglio sul petto di Sasuke.
Da quando avevano avuto l’incontro con l’Hokage e suo padre, uno strano senso di irrequietezza l’accompagnava costantemente. Non era l’agitazione per il matrimonio, quella era normale per una sposa. Piuttosto il terribile senso di colpa che la stava consumando di giorno in giorno.
Sospirò affranta.
“Parla” ordinò Sasuke.
Hinata arrossì imbarazzata.
La conosceva così bene ormai che non aveva bisogno di parlare perché capisse. D’altra parte, era sempre stato così tra loro.
“Pensavo che dovremmo dire agli altri del matrimonio” si sciolse dal suo abbraccio, mettendosi a sedere.
“Hn”
“Non vorresti che Naruto-kun lo sapesse da noi?” gli domandò giocherellando con gli indici. Era pur sempre il suo migliore amico, la cosa più vicina ad una famiglia che avesse.
Il corvino rimase in silenzio, coprendosi gli occhi con il braccio apparentemente disinteressato dalla conversazione. Come poteva essere così insensibile?
“D-dovresti dirlo a Sakura-chan” balbettò dopo alcuni secondi.
“Hyuga” la richiamò, avvisandola di stare per perdere la pazienza.
“Dico davvero Sasuke. Merita di saperlo da te e non da un invito” non si fece intimorire.
Il ragazzo scoprì gli occhi e si mise a sedere a sua volta, avvicinando il viso a quello di lei.
“Hinata” sussurrò ad un soffio dalle sue labbra.
Hinata si irrigidì.
“S-si?” balbettò sentendo il cuore accelerare.
“No”
Sasuke si alzò in piedi, lasciando la veranda ed entrando in casa.
Hinata si portò una mano al petto, aspettando che il battito tornasse regolare. L’aveva piantata in asso come una allocca.
Scosse il capo. Non gliela avrebbe data vinta.
Lo raggiunse all’interno di casa e, grazie al Byakugan, scoprì che si trovava in camera sua. Percorse il corridoio, arrivando con poche falcate a destinazione. La porta era aperta, così entrò imperterrita.
“Sasuke, per favore”
Hinata si zittì, notando che il ragazzo rovistava a petto nudo tra i cassetti dell’armadio. Abbassò lo sguardo imbarazzata.
“Scordatelo” le disse lui afferrando una camicia nera.
“Tu non sai cosa significa non avere una risposta!” alzò leggermente la voce, stringendo i pugni ed osservandolo.
Lo vide alzare un sopracciglio, stupito dalla sua reazione.
“Lei ha avuto la sua risposta numerose volte” le rispose, buttando l’indumento sul letto.
Hinata sbuffò.
Non lo avrebbe mai convinto. Era testardo come un mulo quel ragazzo.
“Perchè ti cambi?” gli chiese incuriosita dopo qualche minuto.
“Dobbiamo andare alla stupida festa della Yamanaka, non ricordi?” si avvicinò nuovamente all’armadio prendendo dei pantaloni neri.
“Oh” mormorò lei.
In effetti si era dimenticata. Ino-chan aveva organizzato una piccola rimpatriata perché, così aveva detto, in tempo di pace le occasioni per festeggiare non erano mai troppe.
“Hai intenzione di rimanere, Hyuga?” le domandò Sasuke con voce maliziosa.
La ragazza sollevò il capo, osservandolo con gli occhi bianchi pieni di confusione.
Il corvino in risposta portò la mano all’altezza dei pantaloni, avvicinando le dita all’asola che chiudeva il bottone.
Hinata diventò bordeaux e, per non svenire, corse fuori dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle. Si poggiò al fusama, bisognosa di un sostegno. Le gambe si erano fatte molli.
Riusciva sempre ad averla vinta lui, alla fine.
Andò nella sua stanza, aprendo l’armadio alla ricerca di qualcosa di carino da mettere. Tutte le ragazze sarebbero state sicuramente bellissime, non avrebbe certo potuto competere.
Chissà cosa ci trovava Sasuke in lei. Il fatto che non ricambiasse Sakura non lo avrebbe mai capito. Era la kunoichi più abile e promettente della loro età, era forte, simpatica, grintosa. Spesso aveva invidiato i suoi caratteristici capelli rosa e i suoi brillanti occhi verdi, soprattutto perché avevano fatto innamorare Naruto. E lo faceva anche in quel momento, guardandosi allo specchio e biasimando i suoi banalissimi capelli scuri.
Sospirò, volgendo nuovamente l’attenzione ai vestiti.
Trovò un vecchio abito rosso, regalatole da Tenten alcuni anni prima. Non lo aveva mai messo perché segnava troppo le sue curve. Decise di provarlo, sperando di vedersi diversa. Lo indossò velocemente guardandosi allo specchio. Il vestito era molto semplice e bello, aveva le spalline sottili e le fasciava il seno, allargandosi in una gonna morbida che terminava poco prima del ginocchio. Se solo non avesse avuto quel grosso problema, sarebbe stato perfetto.
Un bussare leggero la distolse dai suoi pensieri.
“Ti aspetto fuori, sbrigati” l’avvisò Sasuke da dietro la porta.
Era terribilmente in ritardo.
Si pettinò i capelli, lasciandoli sciolti sulle spalle, e, non avendo più tempo, indossò una giacca larga sopra al vestito.
Uscì di casa, infilando i sandali nel genkan e raggiungendo Sasuke. Lo affiancò e si incamminarono, uno accanto all’altra, fino all’ingresso del distretto Uchiha. Era già calato il sole e le strade del Villaggio si stavano riempiendo del brusio e della vivacità dei giovani.
I due ninja si avvicinarono al bar indicato loro da Ino, un locale piuttosto affollato che ospitava un gran viavai di persone. Riconobbero la figura slanciata di Shikamaru, appoggiato ad una colonna nell’intento di fumarsi una sigaretta, e gli si fecero incontro.
“Buonasera, Shikamaru-kun” lo salutò Hinata.
“Yo Hinata, Uchiha” ricambiò, infilando una mano in tasca.
“Ino-chan e gli altri sono già dentro?” domandò la kunoichi.
Il moro annuì.
“Con permesso” si congedò educatamente Hinata prima di entrare nel locale.
Sasuke e Shikamaru si fecero un semplice cenno di saluto, completamente disinteressati dallo scambiarsi convenevoli.
L’interno del locale sembrava carino, anche se, per il suo gusto, la musica era troppo alta e le persone stipate. I tavoli erano sistemati ai bordi della sala ed al centro c’era una grande pista per ballare.
“Sasuke li vedi?” si informò Hinata.
Era troppo bassa e la folla la sovrastava.
L’Uchiha le afferrò delicatamente il polso, facendo strada tra la gente. Mollò la presa poco dopo, quando ormai erano visibili agli altri ragazzi.
“Teme! Stavo per venirti a prendere!” urlò Naruto fiondandosi sul suo migliore amico e dandogli una pacca sulla spalla.
“Hina-chan!” Ino si sbracciò facendosi notare.
Hinata, dopo essersi scambiata una rapidissima occhiata con Sasuke, si avvicinò alle altre ragazze. Come immaginava erano tutte splendide nei loro vestitini. Si strinse nella giacca.
“Hina-chan non hai caldo?” domandò Tenten vedendo la sua pesante felpa.
In effetti faceva davvero caldo. Tra la stagione, la calca e le poche finestre, probabilmente sarebbe svenuta di lì a poco. Certo, niente di paragonabile al togliere la giacca.
“S-sto bene” le sorrise imbarazzata.
“Ma stai sudando…” constatò preoccupata Sakura, mettendole una mano sulla fronte.
“Cos’hai sotto Hinata-chan?” le si avvicinò Ino.
“Un v-vestito, ma-” provò a dissuaderle.
“Ah perfetto allora! Togli la felpa, vedrai che ti sentirai meglio!” la incoraggiò la rosa.
“Non p-posso” scosse il capo la Hyuga.
“Perchè?” la guardò curiosa la ragazza con gli chignon.
“Beh…” abbassò la testa rossa in viso.
“Vieni con me Hina-chan! Andiamo in bagno così mi farai vedere qual’è il problema di questo vestito!” Ino afferrò la kunoichi per mano, trascinandola alla toilette.
Una volta dentro, la bionda chiuse la porta a chiave.
“Vediamo!” disse incrociando le braccia al petto.
“Ino-chan, questo vestito mi sta male!” piagnucolò Hinata.
“Come faccio a dirlo se non lo vedo, Hinata-chan?” le sorrise incoraggiante.
La bruna sospirò, iniziando ad aprire la zip della felpa. Una volta terminato osservò Ino in attesa di sentenza.
“Toglila, non vedo niente!” sbuffò esasperata.
Hinata obbedì, sentendosi improvvisamente meglio. Con la felpa faceva davvero troppo caldo. Alzò il capo e trovò la bionda a fissarla con gli occhi azzurri sgranati.
Fece per rimettere la giacca, terrorizzata del suo giudizio, quando la Yamanaka le strappò di mano la felpa.
“Non osare coprirti!” esclamò euforica.
“Hina-chan sei uno schianto! Farai impazzire tutti i ragazzi!” battè le mani entusiasta la bionda, prima di riaprire la porta.
“C-cosa fai I-ino-chan?” balbettò sgranando gli occhi bianchi.
“Andiamo!” gridò spingendola fuori.
Hinata si ritrovò in mezzo alla gente.
Sarebbe rimasta immobile, confondendosi con l’arredamento, se solo Ino non l’avesse trascinata al tavolo.
“Wow Hina-chan!” la voce di Naruto le fece sollevare lo sguardo.
Il biondo la guardava con ammirazione, indugiando lungamente sul suo seno.
Sasuke, accanto a lui, lo colpì duramente alla testa, prima di riservarle una strana occhiata.
“Hina-chan! Non ti avevo vista! Sei bellissima!” Kiba l’abbracciò, stringendola al petto.
“Kiba, la stai soffocando” intervenne Shino.
“Ops” lasciò la presa l’Inuzuka grattandosi la guancia in imbarazzo.
“Grazie, Shino-kun” Hinata ringraziò l’amico, che le posò una mano sulla spalla con un mezzo sorriso.
“Hinata-chan! E’ il vestito che ti ho regalato?” domandò Tenten curiosa, strappandola dai due ragazzi.
La Hyuga annuì.
“Lo sapevo che ti sarebbe stato alla perfezione!” le accarezzò la testa dolcemente.
“Lo credi davvero, Ten-chan?” le guardò timida.
“Certo! Neji avrebbe già dato di matto!” le fece l’occhiolino.
Hinata l’abbracciò istintivamente, sentendosi avvolgere dalle braccia gentili della castana.
“Non vorrai farmi piangere!” la rimproverò staccandosi.
La Hyuga scosse il capo.
“Finalmente si mangia!” urlò Choji, applaudendo nel vedere arrivare il cibo.
Si misero tutti a sedere, separandosi in due tavoli vicini, uno per i ragazzi ed uno per le ragazze. La cena trascorse tranquilla, tutto sommato.
“Signorina, questo è per lei!” arrivò una cameriera, portando un drink e porgendolo alla Hyuga.
“M-ma io non ho ordinato niente!” si affrettò a dire lei.
“Lo offre il ragazzo laggiù!” la ragazza indicò un giovane seduto al bancone che le fece un cenno con la mano.
Kiba, dall’altro tavolo, iniziò a fischiare, seguito a ruota da Naruto e da Choji che prese a battere le mani divertito.
Hinata arrossì fino alla radice dei capelli
“Hai fatto colpo Hina-chan!” rise Ino.
“E’ carino!” si complimentò Sakura.
“E sta venendo qui!” le tirò una gomitata Tenten.
La ragazza chiuse gli occhi, sperando di non essere vista. A lei non importava niente di questo ragazzo, si stava per sposare con Sasuke!
“Ciao” sentì dire da una voce sconosciuta.
Hinata trattenne il respiro, incapace di guardarlo.
“E’ solo un po timida!” disse Ino.
“Dai Hinata!” le sussurrò Sakura all’orecchio.
“C-c-c-i-i-ao” balbettò continuando a guardare il piatto.
Non si era mai trovata in una situazione così imbarazzante: uno sconosciuto che le offriva da bere, un vestito che esponeva le sue generose forme e un fidanzato al tavolo accanto che osservava la scena. Sarebbe morta di vergogna.
“Come ti chiami?” le domandò gentile il ragazzo.
“Si chiama Hinata!” gli suggerì la bionda.
“Ti andrebbe di parlare in un posto meno rumoroso, Hinata?” le propose porgendole la mano.
Improvvisamente si sentì un rumore di vetri frantumati. Tutti i ninja si voltarono nella direzione da cui proveniva, trovandovi Sasuke che stringeva nella mano i resti di quello che una volta doveva essere un bicchiere. Incurante del sangue che aveva iniziato a colare dalla mano, fissava il malcapitato con uno sguardo omicida.
Hinata sgranò gli occhi. 
Non voleva risultare irrispettosa, eppure doveva esserlo stata se si era tanto arrabbiato.
“C’è qualche problema?” chiese il ragazzo castano.
“Vattene” gli ordinò l’Uchiha.
“Scusa?!” domandò l’altro sollevando un sopracciglio ironico.
“Non intendo ripetermi” il corvino si appoggiò contro lo schienale della sedia, sfidandolo a replicare.
Evidentemente sfacciato, il civile si rivolse nuovamente al tavolo delle ragazze.
“Allora, Hinata-”
Il poveretto non fece mai in tempo a finire la frase, che si ritrovò a sgranare gli occhi come inghiottito da un’improvvisa allucinazione. Poco dopo crollò in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani e scuotendola forsennatamente.
Sasuke, con un espressione neutra, faceva bella mostra dello Sharingan.
“Teme! Che cazzo fai?!” Naruto lo prese per il braccio, trascinandolo fuori dal locale.
Mentre le ragazze soccorrevano il castano che stava lentamente tornando alla realtà, Hinata, rimasta paralizzata dalla scena, venne afferrata poco delicatamente dalla ninja con i capelli rosa e portata all’esterno.
“Cosa diavolo è successo?” ringhiò Sakura.
La Hyuga non spiccicò parola. Non avrebbe saputo cosa dire. Non poteva certo dirle che Sasuke si era arrabbiato con lei perché, come fidanzata, non aveva chiarito
subito la sua posizione.

Il ninja medico scosse il capo in segno di disapprovazione, sparendo dalla vista di Hinata per seguire i due compagni di squadra.
“Hina-chan, stai bene?”
Kiba e Shino le si fecero incontro.
La ragazza annuì.
“Ma cosa è preso a Uchiha-san?” domandò Tenten.
“Sembrava… geloso” balbettò incerta Ino.
Hinata spostò l’attenzione sulla bionda. Che fosse davvero… geloso? Il cuore iniziò a battere più velocemente ed il viso avvampò in un lampo. Era così… romantico.
“Dov’è quell’idiota?” Shikamaru si precipitò alla ricerca di Sasuke con un espressione terribilmente seria.
Tutti i ninja del gruppo lo seguirono, raggiungendo i membri del team sette. Naruto stava imprecando contro l’amico, cercando, insieme a Sakura, di strappargli dalla bocca qualche informazione. L’Uchiha, invece, li guardava con la solita espressione impassibile. Non c’era traccia di pentimento in lui.
Hinata lo osservò ed i loro occhi si incatenarono.
I loro amici meritavano una risposta.

Non si tornava più indietro ora.




 



Carissimi eccoci qui.
Grazie come sempre a tutti voi che leggete e soprattutto a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate. E alle mie commentatrici di fiducia, che dire? Siete speciali!
Un abbraccio

Xine.

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Capitolo 23
*** Traditi ***


XXII. Traditi

“Si può sapere cosa diavolo hai nella testa?” gridò Naruto.
Il corvino continuava a fissarla.
“C-c’è forse qualcosa tra te e Hinata?” gli domandò la rosa a bruciapelo.
Hinata sentì una dolorosa fitta al petto.
Odiava mentire. Odiava fare del male alle persone che amava.
Aveva chiesto lei stessa a Sasuke di rivelare la storia del matrimonio agli amici, ed ora non era giusto lasciarlo in balia di quella situazione da solo.
Prese un bel respiro e fece un passo nella direzione dei tre membri del team 7. Li raggiunse e, sotto lo sguardo incredulo di tutti, si posizionò a fianco dell’Uchiha.
Guardò Sakura negli occhi.
“Mi dispiace, Sakura-chan” si scusò.
“C-cosa?” balbettò la rosa guardandoli.
Ad Hinata si spezzò il cuore alla vista di quegli occhi verdi terrorizzati.
“Hina-chan?” la chiamò Naruto confuso.
“Hinata, che succede?” si avvicinarono a loro anche Kiba e Shino preoccupati.
“Mi sembra evidente” sbottò infastidito l’Uchiha.
Hinata si irrigidì.
“State insieme?” domandò Shino, facendosi portavoce dei pensieri del gruppo.
“N-noi v-veramente-” provò a spiegare la mora.

“Ci sposiamo” la interruppe Sasuke, impaziente.
 

Hinata si rigirò tra le coperte.
Il sole era ormai alto in cielo e non aveva ancora trovato le forze per alzarsi dal letto.

“Hina-chan… è uno scherzo?” Kiba la guardò con gli occhi sbarrati.
Si ritrovò a scuotere il capo, mantenendo lo sguardo basso per non essere travolta dalla delusione che sarebbe inevitabilmente arrivata dai suoi migliori amici.
“Hinata” la chiamò con voce severa Shino.
Si sentì costretta a guardarlo. Lo poteva percepire anche attraverso gli occhiali scuri che era estremamente in pena per lei.
“Va bene se tu e Uchiha-san state insieme. Ma non è forse prematuro sposarvi?” le chiese con tatto.
“Sei uscito di testa Shino? Uchiha è pazzo, non hai visto?” sbraitò l’Inuzuka.
“Kiba-kun, Shino-kun” ne attirò l’attenzione Hinata.
I due membri maschili del team 8 si voltarono verso di lei. L’Aburame teneva le braccia incrociate davanti al petto, mentre l’altro fremeva nervosamente con la testa piegata di lato in attesa di risposte.
“E’ un matrimonio combinato” spiegò allora, sperando che avrebbero capito.
Li vide rimanere impietriti per qualche istante. Poi avvertì oscillazioni pericolose nel loro chakra.
“Cosa?!” urlò Kiba mostrando i canini affilati.
“Kiba-kun, per favore…” Hinata gli posò una mano sul braccio per calmarlo.
“Perchè non ce lo hai detto?” il castano l’afferrò per le spalle, scuotendola.
“Inuzuka” una voce pericolosamente tagliente li fece voltare.
Sasuke, nel bel mezzo della discussione con Sakura e Naruto, osservava minacciosamente le mani del castano, posate poco delicatamente sulle spalle nude di Hinata.
Shino, cercando di evitare ulteriori problemi, allontanò l’amico da lei, prendendolo per il colletto della giacca. Kiba stava già per saltare addosso all’ultimo Uchiha, quando la mano della ragazza lo fermò. Hinata aveva gli occhi lucidi e lo stava pregando silenziosamente di ascoltarla.
“Kiba-kun, non potevo parlarne con nessuno. L’Hokage ci ha imposto riservatezza sul contratto!” si scusò la ragazza.
I due ninja rimasero in silenzio.
“E’ stato quel bastardo di tuo padre, non è così?” sbottò nuovamente l’Inuzuka.
Era più forte di lui, quando si trattava di Hinata perdeva la testa.
“Ha perfettamente senso.” mormorò il ninja dagli occhiali annuendo.
Non era uno stupido. Per quanto fosse ingiusto, sapeva che la ragazza non era apprezzata dal suo Clan come ereditiera e darla in mano a una figura di spicco avrebbe significato togliersi dall’impiccio, traendone massimo beneficio.
“I-io… sono felice con Sasuke” sussurrò la ragazza timidamente.
“Non dire cazzate Hinata, lo sappiamo tutti che ami Naruto!” la rimproverò Kiba facendola arrossire a disagio.
“Credimi, Kiba-kun!” lo guardò rossa in volto.
“Come faccio a crederti? Non hai fatto che mentirci!” sbottò con gli occhi pieni di rancore.
Lo aveva ferito.

“Avresti comunque dovuto parlarcene, Hinata” la rimproverò Shino, prima di prendere l’altro per un braccio e trascinarlo via.
 

Hinata scoppiò a piangere, soffocando i singhiozzi nel cuscino.
Aveva deluso i suoi migliori amici ed ora la odiavano. Kiba non si era mai comportato così prima d’allora. E nemmeno Shino. Avevano costruito il loro rapporto di squadra su una semplice parola: fiducia. E lei era stata capace di rovinare anni di amicizia.
Li aveva traditi.

“Come hai potuto, Sasuke?” domandò Sakura prendendo a pugni il petto di Sasuke, che rimaneva indifferente.
“Sakura…” la chiamò preoccupato Naruto, afferrandola delicatamente per un braccio.
“Lasciami!” urlò singhiozzando.
“Sakura” il biondo la strinse tra le braccia, dove lei si abbandonò in un pianto disperato.
Hinata guardava la scena con il cuore a pezzi. Come aveva potuto ferire le persone che le volevano bene?
Poco dopo, la rosa si sciolse dall’abbraccio e scattò nella sua direzione.
“Proprio tu dovresti sapere più di tutti!” le puntò contro il dito.
“Sakura-chan mi dispiace…” fece un passo verso di lei.
“Sei solo una bugiarda! Hai passato anni a dirti innamorata di Naruto e alla prima occasione-”
“Basta così” intervenne Sasuke, frapponendosi tra le due.
“Smetti di difenderla!” ringhiò Sakura, tirando un pugno ad un muro e facendolo crepare.
“Ti stai rendendo ridicola” la rimproverò tagliente.
Il ninja medico crollò in ginocchio, coprendosi il viso con le mani.
“Sakura!” le si avvicinò Ino, avvolgendola in un abbraccio.
“Perchè? Cos’ha più di me?” singhiozzò tra le braccia della amica.

Hinata sentì le lacrime rigarle il viso.

Continuò a piangere tenendosi lo stomaco.
Le pareva di avere una voragine dentro, il senso di colpa la stava consumando lentamente.
Improvvisamente il fusama si aprì, rivelando la figura imponente di Sasuke. La guardava con la mascella contratta e lo sguardo severo.
Abbassò il capo.
Non ce la faceva a leggere la delusione anche sul suo viso. Se lui, l’unica ragione che fino a quel momento le aveva permesso di non crollare, l’avesse disprezzata, si sarebbe frantumata irrimediabilmente in milioni di pezzi.
Si sentì afferrare per un braccio e tirare in piedi.
“Sasuke?” domandò stupita.
Il corvino la trascinò in cucina, facendola sedere poco aggraziatamente sulla sedia del tavolo da pranzo.
Osservò il mobile di legno davanti a sé, sui cui erano appoggiati diversi contenitori di cartone per cibo da asporto.
Le si strinse il cuore. Non aveva nemmeno preparato il pranzo.
Si era crogiolata nel suo dolore, dimenticandosi dei suoi doveri di fidanzata e, soprattutto, ignorando lo stato d’animo di Sasuke. Non doveva essere stato facile nemmeno per lui.
Era soltanto un’egoista.
“Mangia” le ordinò il ragazzo, prima di sedersi e recuperare uno scartoccino ed aprirlo.
Il solo odore del cibo la nauseava, ma non voleva offendere il suo gesto così premuroso.
Afferrò un contenitore e lo scartò, notando che conteneva Ramen. Inevitabilmente le piombò dinnanzi al viso lo sguardo amareggiato di Naruto.

“Cosa diavolo è questa storia?” il biondo guardò i due ragazzi difronte a lui.
“Te l’ho già spiegato, Dobe” rispose Sasuke con i nervi tesi.
“Perché non mi hai detto niente?” lo rimproverò.
“Credi sarebbe cambiato qualcosa?”
“Avremmo potuto cercare una soluzione che non vi rovinasse la vita, Teme!” gli urlò.
Hinata pensò che la sua vita non era mai stata perfetta come lo era fino a qualche ora prima. Insieme a Sasuke, a casa loro.
“Parlerò con Kakashi-sensei domani, sicuramente c’è un altro modo” scosse il capo Naruto, incapace di rassegnarsi.
“Naruto-kun, per favore, lascia stare. Va bene così...” Hinata gli prese un braccio delicatamente.
Lei… lo voleva quel matrimonio.
Il ragazzo la osservò con gli occhi azzurri colmi di dispiacere.
“Pensavo avessi smesso di arrenderti, Hinata” le fece un sorriso triste.

Ad Hinata si fermò il cuore.

“Hyuga se non ti vedo mangiare, ti assicuro che do fuoco a questo maledetto villaggio!” ringhiò a denti stretti Sasuke risvegliandola dalle sue riflessioni.
La ragazza lo guardò. Sembrava così preoccupato.
Si alzò in piedi, aggirando il tavolo e raggiungendolo. Gli si affiancò ed avvolse le braccia esili attorno alle sue spalle, facendogli appoggiare il capo sul suo petto.
Lo sentì irrigidirsi e prese ad accarezzargli i capelli corvini. Non sapeva esattamente chi dei due avesse più bisogno di quel contatto. Contava soltanto quanto lì, stretta a lui, finalmente tornasse a respirare.


 


Carissimi, siamo quasi alla fine di questa storia... tenete botta! 

Un bacione e grazie di cuore.

Xine

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Capitolo 24
*** Amore ***


XXIII. Amore

 

Hinata si guardò allo specchio con un leggero rossore sulle gote.
Il kimono bianco in tessuto broccato era meraviglioso, si adattava elegantemente alle sue forme generose, rimanendo rigoroso e perfettamente in linea con la tradizione.
La faceva sembrare più adulta dei suoi diciassette anni.
La faceva sembrare una donna.
“Nee-chan sei bellissima!” saltellò eccitata Hanabi.
“Hanabi-sama ha ragione! Siete un incanto Hianta-sama” le sorrise la sua vecchia cameriera.
“Grazie” mormorò imbarazzata la ragazza.
L’abito le sembrava perfetto, ma doveva capirne veramente poco in fatto di moda, perché la sarta e le sue assistenti continuava a piantare spilli da tutte le parti, correggendo difetti invisibili ad occhio inesperto.
“Hai già scelto come acconciare i capelli?” le domandò la sorella.
Hinata scosse il capo. Non ci aveva neanche pensato, in verità.
Le saltò alla mente l’immagine di Sasuke che, ogni qualvolta portasse i capelli acconciati, li slegava passando le dita tra i lunghi fili scuri.
“Li terrò sciolti!” decise improvvisamente.
“Sciolti? Ma li tieni ogni giorno…” la guardò delusa la bambina.
La maggiore scrollò le spalle, ridendo nel vedere la sorella sbuffare.
“Abbiamo finito, Hinata-sama” proclamò la vecchia sarta, alzandosi finalmente in piedi.
“Grazie” sorrise educatamente.
“Vi calzerà alla perfezione!” annuì orgogliosa la donna.
“Ti conviene, vecchia! Con tutto il tempo che ci hai impiegato…” borbottò Hanabi incrociando le braccia al petto.
La sarta sgranò gli occhi scuri in preda alla vergogna.
“P-perdonatela!” si scusò da parte sua Hinata, imbarazzata.
“Avete avuto fin troppa pazienza con me!” continuò la corvina posando una mano sulla spalla della vecchia.
“Siete un angelo” le rispose lei.
Hinata sorrise.
“Le mie collaboratrici l’aiuteranno a svestirsi in modo che non rischi di farsi male, Hinata-sama. Io sono vecchia ormai ed ho bisogno di sedermi…” sospirò stanca la sarta.
“Ma certo… Fatevi offrire un té nel frattempo!” Hinata fece un cenno alla sua cameriera che annuì, scortando la signora anziana fuori dalla stanza.
Le collaboratrici, con l’aiuto di Hanabi, svestirono la futura sposa, lasciandola in una leggerissima sottoveste. A quel punto Hinata si rivestì, indossando il solito abito lilla.
“Ti fermi a cena, Onee-chan?” domandò la sorellina.
“Non posso. Non vorrei lasciare Sasuke da solo…” le rispose con un lieve rossore sulle gote.
La ragazzina prese a sbuffare.
“Uffa! Da quando sei fidanzata con Uchiha-san sembra che esista solo lui! Niente dolci, niente più tempo per la tua sorellina…” incrociò le braccia al petto, buttando fuori il labbro inferiore in un broncio.
Hinata scoppiò a ridere.
“Non essere sciocca, Hanabi-chan! La prossima volta che verrai a casa, prepareremo insieme i panini alla cannella. Ti va?” le sorrise Hinata per farsi perdonare.
“D’accordo. Ma guai se vedo che cucini qualcosa anche per lui!” le puntò il dito contro con un‘espressione serissima.
La maggiore annuì.
“Bene, ora devo andare!” si scusò Hinata.
“Vengo con te. Devo andare a comprare dei fiori per far visita a Neji-niisan!” le sorrise Hanabi orgogliosa.
“Sono certa che gli farà piacere!” le accarezzò la guancia.
Le due Hyuga lasciarono la stanza e, successivamente il quartiere. Hanabi non faceva che parlare del matrimonio. Era certamente una bambina loquace, tutto il contrario di lei che amava il silenzio. Sasuke probabilmente avrebbe zittito sua sorella con uno dei suoi sguardi omicidi, anche se Hanabi, la sfacciataggine in persona, non avrebbe fatto una piega. Immaginò i due alle ricorrenze familiari che si prospettavano futuramente. Ci sarebbe stato da ridere.
“Lo sai quanti invitati ci saranno?” le disse ad un tratto Hanabi con l’aria di chi la sa lunga.
Hinata scosse il capo divertita.
“Ho sentito dire da papà che si aspetta non meno di trecento persone!” abbassò la voce come se fosse un segreto.
La corvina scoppiò a ridere.
“Non credo nemmeno di conoscerle trecento persone!” esclamò la bambina.
Hinata alzò gli occhi al cielo.
La sua sorellina non sarebbe mai cambiata. Il suo nome, Hinata, significante un posto soleggiato, sarebbe stato certamente più adatto a lei. Era lei il sole di quel Clan così freddo. Era lei che sarebbe stata in grado di far sciogliere il ghiaccio che aveva ibernato i cuori algidi degli Hyuga.
“Kiba-kun!” urlò Hanabi.
Hinata alzò il capo, puntando gli occhi in quelli del suo migliore amico e leggendovi solo delusione.
Si sentì prendere per un braccio e trascinare dalla sorella verso di lui.
“Ciao Hanabi-chan!” la salutò il castano, scompigliandole i capelli con un sorriso.
La bimba sbuffò, borbottando di non essere più una mocciosa.
Kiba si voltò poi verso Hinata, che si ritrovò a trattenere il respiro.
“Hinata” le disse freddamente.
Non Hina-chan, non Hinata-chan. Solo Hinata.
“Ciao, Kiba-kun” abbassò il capo.
Improvvisamente tutta la gioia e l’emozione provate qualche ora prima nei preparativi del matrimonio, vennero soffocate.
“Kiba-kun, verrai al matrimonio di Nee-chan, vero?!” domandò la bambina euforica.
Un improvviso silenzio da parte del loquace Inuzuka, le fece trattenere il respiro.
“Verrà mia sorella a rappresentare il Clan” spiegò con un’alzata di spalle.
Hinata lo guardò incredula. Era così arrabbiato da non venire al suo matrimonio?
“Ora devo andare!” si congedò il ninja, allontanandosi dalle due Hyuga velocemente.
“Wow è stato strano…” borbottò Hanabi, incapace di interpretare il comportamento del ragazzo.
La sorella maggiore rimase in silenzio.
Un familiare pizzichio alle estremità degli occhi le segnalò l’imminente arrivo delle lacrime. Se Kiba-kun, uno dei suoi migliori amici, non sarebbe venuto al matrimonio pur conoscendola da tutta una vita, non osava immaginare gli altri.
Sentiva di aver fallito su tutti i fronti: come ereditiera, come figlia, come ninja, come amica. Non pensava di poter cadere tanto in basso. Suo padre aveva sempre avuto ragione su di lei.
“Nee-chan, mi hai sentita?” le domandò la bambina.
“Perdonami Hanabi-chan, devo tornare a casa” disse prima di allontanarsi velocemente da lei.
Non voleva farla preoccupare.
Camminò spedita, senza alzare mai il capo per impedire che qualcuno vedesse le sue lacrime. La vista era così appannata dal pianto che non si rese conto di essere finita addosso a qualcuno.
Sobbalzò.
“M-mi di-dispiace” balbettò mortificata.
Non sentendo alcuna risposta, alzò il volto e si trovò davanti due iridi verdi come smeraldi. Sembravano colme di tristezza, di dolore.
“Sakura-chan” sussurrò piano.
Il ninja medico si ergeva di fronte a lei, il viso pallido e spento e gli occhi segnati da profonde occhiaie. Aveva quasi paura che si potesse sgretolare da un momento all’altro.
“Hinata” la salutò a fredda.
“Sakura io-”
“Ti prego, risparmia le tue bugie” le disse tagliente.
“Per favore, devi credermi, non avremmo potuto dirvelo prima…” allungò una mano per toccarle il braccio, che lei prontamente scansò.
“Pensi che a me sarebbe importato uno stupido pezzo di carta? Pensi che io lo lo avrei messo davanti ai miei amici, all’uomo che amo?” la rimproverò.
“Ne andava della vita di Sasuke, come puoi non capirlo!” Hinata sentì lacrime di frustrazione bagnarle le guance.
“Se per salvarlo serviva un matrimonio, avrebbero dovuto scegliere me!”
“Sakura-chan sono state scelte politiche…” sospirò abbattuta.
Se a garantire per Sasuke fosse stato un Clan meno prestigioso degli Hyuga, probabilmente il matrimonio non sarebbe stato sufficiente agli occhi del consiglio.
“Intendi dire che le mie origini non sono abbastanza nobili?”
“Non è quello che volevo dire...” 
Ma era esattamente ciò che significava.

“E allora- Sakura l’afferrò per il colletto della felpa – dimmi perché” le ringhiò a pochi centimetri dal viso.
Hinata distolse lo sguardo, cercando di trattenere i singhiozzi.
La rosa mollò la presa.
“Mi dispiace” ripeté la mora.
“Il tuo mi dispiace non basta! Io lo amo!” le gridò Sakura.
“Credo di amarlo anche io, Sakura-chan…”
Le parole scivolarono fuori prima che se ne accorgesse. Si portò le mani a coprire la bocca, vedendo l’altra sgranare gli occhi, impreparata a quella considerazione.
“Tu non sai evidentemente cosa significhi la parola amore. Hai quasi sacrificato la vita dicendo a Naruto che lo amavi, hai lasciato morire tuo cugino per amore di Naruto… e adesso ti dici innamorata di Sasuke?” sbottò furiosa.
Hinata rimase paralizzata.
“Dov’eri tu quando lui se n’è andato la prima volta? Dov’eri quando abbiamo fatto di tutto per riportarlo a casa? Dov’eri quando lui e Naruto hanno rischiato di morire scontrandosi l’uno contro l’altro?” le puntò il dito contro.
La Hyuga abbassò il capo.
“Tu non hai alcun diritto su di lui! Non sarà un pezzo di carta che lo legherà a te!” concluse la rosa con voce stremata.
Silenzio.
“Neji sarebbe disgustato”
Sakura la superò prendendo volontariamente contro la sua spalla.
Hinata si portò una mano al cuore. Dovette appoggiarsi ad un muro laterale, sentendo le gambe farsi deboli. Le lacrime inondarono il viso, rigando la pelle candida come marchi a fuoco. Incapace di reggere altro dolore, cadde in ginocchio.
Sakura aveva ragione.
Non meritava la felicità che Sasuke poteva darle.
Non meritava il perdono dei suoi amici.
Non meritava niente.



 

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Capitolo 25
*** Redenzione ***


XXIV. Redenzione

 

Sasuke si passò la mano tra i capelli bagnati, sentendo l’acqua calda della doccia lenire i muscoli tesi delle spalle.
Non sapeva cosa fare.
Pensava di avere dimestichezza con il dolore.
Pensava di aver già toccato con mano le fiamme ardenti degli inferi.
In tutti quegli anni la sofferenza era stata sua fedele compagna di avventure, non una volta aveva abbandonato il suo fianco.
Ma quel dolore, quella sofferenza, erano sue. Soltanto sue.
Sapeva gestirle, sapeva conviverci.
Era la disperazione negli occhi bianchi di Hinata che non sarebbe mai stato in grado di sopportare, il suo piangere ogni notte in preda ai sensi di colpa e, probabilmente, all’infelicità a cui era stata condannata per salvare lui, che di speranze di essere salvato non ne aveva quasi nessuna.
Si sentiva impotente.

“Teme!”
Sasuke si alzò di scatto dal divano. La voce di Naruto sembrava preoccupata.
Un’improvvisa sensazione d’angoscia gli attanagliò lo stomaco. Hinata non era ancora rientrata.
Si precipitò all’ingresso di casa con il cuore in gola, trovandosi davanti Naruto che teneva in braccio la ragazza dai capelli scuri. Era immobile.
“Cos’è successo?!” domandò nervoso facendolo entrare.
Gliela avrebbe strappata volentieri dalle braccia, ma con quel suo stupido moncone non sarebbe stato in grado di sostenerla a peso morto.
“Non lo so! L’ho trovata per strada!” spiegò il biondo agitato, posandola sul divano.
Sasuke le si avvicinò.
Aveva il viso rosso e gonfio, le guance erano rigate dai segni delle lacrime.
Il respiro però era regolare e la temperatura, constatò posandole una mano sulla fronte, sembrava nei parametri.
“Credo che dorma…” gli disse goffamente Naruto dandogli una pacca sulla spalla per tranquillizzarlo.
“E perché diavolo dormiva in mezzo ad una strada?!” sbottò guardandolo.
Doveva essere successo qualcosa e sarebbe impazzito se non lo avesse saputo subito.
“L’hai svegliata, sei contento?!” sbuffò Naruto indicando la ragazza che aveva preso ad agitarsi.
Hinata si sollevò lentamente a sedere, guardandosi intorno spaesata. Quando notò i due, gli occhi le si riempirono di lacrime e, con una scusa, scappò via, chiudendosi in camera senza nemmeno dare loro il tempo di chiederle cosa fosse capitato.


Sospirò, stanco, prima di chiudere il rubinetto della doccia.
Si asciugò velocemente il corpo e si rivestì, andando in cucina dove sperava di trovare Hinata. In effetti era lì, seduta al tavolo, con gli occhi bianchi vacui, fissi su un foglio di carta rigida. Lo teneva tra le mani tremanti, girandolo e rigirandolo.
Sasuke si avvicinò a lei, notando che si trattava dell’invito al matrimonio.
Era molto elegante, in fiero stile Hyuga. La carta era color avorio e le scritte dorate, rigorosamente a mano, risplendevano ad ogni impercettibile variazione della luce.
“È arrivato con la posta” gli spiegò con voce tremula.
“Hn”
La vide abbandonare il cartoncino sul tavolo e alzarsi in piedi con un sorriso forzato.
“Preparo subito il pranzo” gli disse prima di accarezzargli il braccio teneramente.
L’afferrò delicatamente per il polso, impedendole di allontanarsi.
“Cosa sta succedendo, Hinata?” le domandò.
Voleva sapere.
Non riusciva più a guardarla mentre si consumava lentamente.
La giovane abbassò il capo, nascondendo con la frangetta scura gli occhi perlacei al suo sguardo.
“Non è niente. Sono solo un po’ agitata per il matrimonio…” mentì.
“Sei una pessima bugiarda, Hyuga”
Hinata lo guardò supplice, pregandolo silenziosamente di non domandare di più.
Sasuke mollò la presa. L’avrebbe voluta stringere a sé, ma non lo fece. Era evidente che la fonte del suo malessere fosse il matrimonio. Ed era altrettanto evidente che, il fatto che fosse stato anticipato, unito alla reazione sconvolta degli amici, la stava portando a rendersi conto dell’enorme errore che stavano commettendo.
Naruto aveva ragione, quel matrimonio avrebbe rovinato le loro vite.
La sua perché avrebbe avuto una famiglia, di nuovo. E non lo meritava, non dopo tutto il sangue che aveva sparso.
Quella di Hinata perché avrebbe perso la libertà di amare, il suo Clan, forse anche i suoi amici.
Osservò mentre entrava nel cucinotto, muovendosi aggraziatamente da una parte all’altra della stanza per recuperare l’occorrente.
Somigli a mia madre
Sasuke si passò la mano sugli occhi.
Sembrava un’eternità fa.
Eppure somigliava davvero a Mikoto, ogni giorno ne aveva la conferma.
Ma non voleva facesse la sua stessa fine: uccisa per le decisioni di suo marito, che aveva appoggiato incondizionatamente. Annullata.
“Andrò fuori” disse improvvisamente.
Hinata si voltò verso di lui. Gli occhi perlacei divennero tristi ed abbassò il capo come faceva ogni maledetta volta.
“Mi dispiace se non ho fatto in tempo a preparare il pranzo Sasuke” mormorò mortificata.
Era così sciocca, a volte. Credeva davvero che se ne andasse perché non poteva aspettare un pasto? Non era mica Naruto.
Le si avvicinò lentamente, lasciandole una carezza sul capo.
“Ho un impegno di cui mi ero scordato” inventò sue due piedi.
La vide annuire e, con le gote leggermente arrossate, si sporse verso di lui, alzandosi sulle punte dei piedi, e gli lasciò un bacio a fior di labbra.
Per un attimo pensò di mandare all’aria tutti i buoni propositi e di rimanere lì, insieme a lei. Di baciarla fino a perdere la ragione e di sposarla.
“Tornerai per ora di cena?” gli domandò timidamente.
Ritornò in se.
Annuì, prima di allontanarsi e lasciare la stanza. A differenza di lei, era un abile bugiardo.
Una volta raggiunto l’ingresso, afferrò il mantello e si mise i calzari, uscendo di casa. Camminò per le vie di quel quartiere un tempo insigne per la sua maestosità, di cui erano rimasti soltanto ruderi diroccati e pericolanti.
Almeno suo padre aveva potuto offrire a Mikoto una vita degna, una posizione sociale di prestigio. Ad Hinata sarebbe toccato un cumulo di macerie.
Percorse le strade del villaggio, notando su di sé più attenzione del solito. Doveva essersi diffusa ufficialmente la notizia del matrimonio. La gente borbottava i soliti epiteti. Traditore. Assassino. Bastardo.
Non li biasimava. Erano tutti appellativi che gli si addicevano. Anzi, probabilmente non rendevano nemmeno giustizia alle sue stragi. Aveva più sangue lui sulle mani che la maggior parte dei ninja d'élite del villaggio messi insieme.
Ad un tratto, però, gli giunse all’orecchio qualcosa che non avrebbe dovuto sentire.
Puttana Uchiha
Si ritrovò ad attivare lo Sharingan, voltando il capo con pericolosa lentezza nella direzione di colui che aveva osato tanto. Un civile. Erano sempre loro.
Lo sfidò con lo sguardo a ripetersi e questo, spaventato, abbassò gli occhi. Il lato vendicativo degli Uchiha era noto a tutto il mondo, ninja o no.
Fu dunque costretto a rettificare il pensiero fatto poco prima.
Ad Hinata non sarebbe toccato soltanto un cumulo di macerie. Ad Hinata avrebbe potuto donare in matrimonio anche l’appellativo di puttana Uchiha.
Che futuro promettente!
Proseguì per la sua strada passeggiando per le vie trafficate, e si ritrovò davanti ai cancelli del cimitero senza nemmeno essersene reso conto. Entrò silenziosamente, non vi aveva più messo piede dalla volta con Hinata.
Camminò tra le lapidi, raggiungendo quella dei suoi genitori. La ragazza doveva essere tornata perché i fiori erano freschi ed il marmo lucido. Rimase qualche istante a guardare la pietra bianca, sperando in qualche consiglio. Gli scappò un mezzo sorriso mentre scuoteva il capo. Non erano i suoi genitori che avrebbero saputo dargli le risposte giuste.
Aveva bisogno del suo Aniki.
Con un balzo lasciò il cimitero, raggiungendo il fiume Naka. Si inginocchiò davanti alle acque che scorrevano imperterrite, increspandone la superficie con le dita. Osservò il suo riflesso e poi chiuse gli occhi.
Una folata di vento gli smosse i capelli corvini e si ritrovò a sorridere.
Lui c’era sempre.
Si beò per qualche minuto della brezza, stranamente fresca per la stagione. Poi sgranò gli occhi.
Aveva capito.
Si alzò in piedi, ripercorrendo pigramente la strada che portava al villaggio, accorgendosi che stava calando il sole. Incurante, ripercorse le vie del centro, decisamente meno affollate rispetto a quando era uscito, e, dopo un po’, arrivò finalmente a destinazione. La Torre dei Kage si presentava imponente davanti ai suoi occhi. Entrò nell’edificio, superando velocemente i corridoi ed arrivando all’ultimo piano, sede ufficiale del Sesto.
La sua segretaria non c’era più, così si avvicinò alla porta dell’ufficio di Kakashi, spalancandola senza esitazione. Hinata sarebbe diventata di tutti i colori se fosse stata lì, ben educata com’era. Gli scappò un mezzo sorriso.
Quando entrò nella stanza rimase sorpreso di vedere il suo vecchio maestro in compagnia del Nara.
“Sasuke… qual buon vento!” gli disse Kakashi appoggiando gli avambracci sulla scrivania.
“Devo parlarti” gli disse ignorando le sue parole.
Il grigio annuì improvvisamente serio, facendo cenno a Shikamaru di uscire. Il Jonin si congedò e, con le mani in tasca, superò l’Uchiha lasciando l’ufficio. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, i due uomini si guardarono rimanendo in silenzio.
“Ho saputo della festa” parlò per primo il ninja copia.
Sasuke alzò gli occhi al cielo, annoiato della ramanzina che sarebbe arrivata.
“Sai bene che mezzo mondo ti vuole morto e l’altra metà cerca una scusa per fare lo stesso...” lo rimproverò l’Hokage.
Il corvino lo guardò con un sopracciglio alzato e un sorrisetto divertito.
“Usare le arti illusorie sui civili non è certamente il modo giusto per marcare il territorio…” Kakashi lo osservò con un’espressione ironica.
“Non ti facevo un tipo geloso… D’altronde Hinata-chan è proprio una bella ragazza…” continuò l’Hokage, stuzzicando l’allievo.
“Kakashi” ringhiò l’Uchiha spazientito.
Il girgio scosse il capo, soddisfatto della reazione del suo pupillo. Non avrebbe mai sperato in un risvolto tanto positivo in quell’unione.
“Come posso aiutarti, Sasuke?” gli domandò appoggiandosi contro lo schienale della poltrona.
“Hai tu il contratto di matrimonio?” chiese serio.
Il Sesto annuì e, dopo aver frugato a lungo tra i cassetti della scrivania, estrasse la pergamena in questione, porgendogliela.
Sasuke lo afferrò, rileggendolo velocemente.
Non aveva prestato poi tanta attenzione, quando aveva firmato. Ora però, con la mente lucida, si rendeva conto di quanto, da quel pezzo di carta, trasparisse come lui ed Hinata non fossero altro che burattini. Lei nelle mani di un padre che poco l’amava, lui in quelle di un consiglio che già una volta aveva rovinato la sua famiglia.
Si soffermò sul margine inferiore della pagina, dove il suo nome e quello di Hinata si affiancavano elegantemente scritti.
Gli sovvenne l’immagine di lei, eterea e bellissima, ma dannatamente infelice accanto a lui.
Sasuke Uchiha aveva paura di poche cose. Non temeva la morte, la perdizione, la solitudine. Ma era fottutamente spaventato dall’idea di toglierle il sorriso, il rossore sulle gote, l’innocenza dagli occhi perlacei. Era terrorizzato di strapparle la vita dalle mani.
Era quello il significato dell’amore, saper sacrificare la propria felicità per proteggere l’altro?
Era quello che Itachi voleva insegnargli con l’esempio della sua vita?
Era quella la via della redenzione?
Sicuramente era quello che avrebbe fatto per Hinata.
“Katon”
Il contratto prese fuoco tra le sue mani.



 



Ragazze/i scusatemi il ritardo di oggi! Il lavoro mi ha letterlmente inglobata! 
Perdonatemi anche se non riesco a rispondere oggi alle vostre recensioni apprezzatissime! Comunque......
Vi ringrazio tutti di cuore! Siete speciali davvero!

Un bacio

Xine

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Capitolo 26
*** Fallimento ***


XXV. Fallimento

 

Toc - toc
Hinata si svegliò di soprassalto.
Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno. Si era addormentata sul tavolo della cucina aspettando il ritorno di Sasuke e doveva aver trascorso la notte lì.
Osservò i piatti ancora sul tavolo, intatti ed ormai freddi. Non era tornato a casa.
Uno strano senso di angoscia le attanagliò il petto. Che gli fosse capitato qualcosa? Non era da lui non rientrare, soprattutto senza preavviso.
Toc – toc
Si alzò di scatto dalla sedia e si diresse all’ingresso, massaggiandosi il collo che doleva per la posizione innaturale assunta durante la notte. Aveva un terribile mal di testa.
Mentre si avvicinava alla porta, notò che doveva aver iniziato a piovere. Il rumore inconfondibile delle gocce che battevano imperterrite contro il legno dalla veranda, alleviò per un attimo la dolorosa morsa che le stringeva lo stomaco.
Sospirando aprì il shoji, venendo colpita da una gelida folata di vento.
Sgranò gli occhi nel riconoscere l’ospite.
Il Sesto Hokage si ergeva imponente dinnanzi alla porta di ingresso, con un’espressione triste in volto.
Hinata si portò una mano al petto, stringendo dolorosamente la stoffa del tessuto viola.
“Gli è successo qualcosa?” domandò con il cuore in gola.
Kakashi rimase in silenzio, posandole delicatamente una mano sulla spalla.
“Hokage-sama, la prego, gli è successo qualcosa?” ripeté smarrita.
Il grigio scosse il capo, stringendo leggermente la presa su di lei per infonderle coraggio.
“E’ vivo, se è quello che vuoi sapere…” le disse.
Hinata rilasciò un sospiro di sollievo.
“M-mi dispiace, Hokage-sama. E’ solo che stanotte non è rientrato e-” cercò di scusarsi per la poca formalità utilizzata.
Non si era nemmeno inchinata al suo arrivo.
“Hinata” la chiamò, interrompendola dolcemente il ninja.
La ragazza l'osservò stranita.
Quella voce l’aveva usata con lei soltanto in occasione della firma del contratto.
“Andiamo dentro, ti va?” le fece un mezzo sorriso da dietro la maschera.
Hinata annuì, mettendosi da parte per farlo entrare.
Il cuore continuava a martellare furiosamente nel petto, lo sentiva in gola. L’Hokage non era venuto portando buone notizie, era evidente.
Allo sguardo d’attesa dell’uomo, si risvegliò e fece strada come un automa verso la cucina per offrirgli un tè da brava padrona di casa. Divenne completamente rossa quando, entrata in sala da pranzo, notò i piatti ancora sul tavolo.
“S-sono mortificata, Hokage-sama!” si scusò correndo a sparecchiare.
Posò le stoviglie in cucina e, cogliendo l’occasione, mise il bollitore sul fuoco. Tornò poi in sala da pranzo, pulendo con un panno il tavolo e le sedie.
“Prego!” lo invitò ad accomodarsi indicando una seduta.
“Grazie” annuì il grigio prendendo posto.
Hinata tornò in cucina, preparando un vassoio con biscotti e frutta fresca, che poi posò aggraziatamente sul tavolo di legno.
“Mi dispiace, Hokage-sama. Sasuke non mangia dolci…” si scusò imbarazzata.
“Hinata, siediti per favore…” le ordinò lui.
Il suo cuore perse un battito. 
Cosa stava succedendo?

Si accomodò rigidamente difronte al Sesto, richiudendosi in un forzato mutismo. 
“Hinata, come puoi immaginare non sono qui per una visita di cortesia…” le disse serio.
Annuì istintivamente.
“Non mi piacciono i giri di parole, perciò ti dirò cos’è successo.” posò le braccia sul tavolo, congiungendo le mani.
Il ninja copia si prese qualche istante per pensare, soppesando evidentemente le parole da dire.
“Sasuke ha sciolto il contratto di matrimonio”
Crac
Hinata avvertì chiaramente il suono del suo cuore mentre si spezzava.
Le mancò per un attimo l’aria.
“P-per-perchè?” balbettò incredula.
“Non ha dato spiegazioni. Mi dispiace…” rispose sincero l’Hokage.
Rimase in silenzio.
Questo spiegava perché non era tornato a casa.
Cosa lo aveva spinto a rompere l’accordo? Pensava fossero felici. Pensava fossero… innamorati.
Improvvisamente si ricordò che il contratto era l’unica cosa che gli aveva evitato una condanna a morte per i numerosi crimini commessi.
“Senza l’accordo lui sarà…?” chiese disperata.
“No, non preoccuparti” Kakashi si alzò, avvicinandosi a lei.
“Ma com’è possibile?” lo guardò confusa.
“Il consiglio ha valutato che non fosse più pericoloso, grazie ai mesi già trascorsi” le spiegò cauto.
La sua espressione ancora smarrita lo costrinse a proseguire.
“Il matrimonio era per loro un modo per tenere legato il suo potere a questo villaggio, ma non ha più alcuna rilevanza dal momento che Sasuke ha accettato di combattere al servizio della foglia”
“Perchè non gli è stato chiesto sin dall’inizio? Avrebbe potuto evitare il matrimonio e-”
“Era ancora troppo arrabbiato e ferito per quello che era successo ad Itachi per proporgli una cosa del genere”
“E mio padre? Non accetterà che il contratto venga sciolto in questo modo!”
Per una volta pregò che Hiashi facesse il diavolo a quattro per preservare quell’unione. Non lo avrebbe certo fatto per la sua felicità, ma soltanto per l’affronto che sarebbe derivato al Clan.
“Sasuke ha pagato la tua controdote come risarcimento”
Hinata si costrinse a poggiarsi allo schienale della sedia, sentendo le forze abbandonarla.
Non si era accorta di nulla in tutto quel tempo.
Non aveva fatto che piangersi addosso, dispiaciuta per aver ferito i suoi amici, e non aveva prestato attenzione a lui.

Lo doveva aver reso infelice, lo doveva aver deluso.
Era soltanto un'egoista.
“Hinata” la chiamò Kakashi posandole una mano sulla testa.
Scoppiò a piangere, ricordando quante volte quel gesto lo aveva fatto Sasuke.
“Hinata, io non so cosa sta succedendo, quel ragazzo sfugge costantemente dal mio controllo, ma forse tu puoi fermarlo!” le disse dolcemente.
“F-fermarlo?” lo guardò.
“Sta lasciando il villaggio” spiegò serio.
Hinata si alzò di scatto.
“Hokage-sama-” fece per congedarsi formalmente.
“Va’” le sorrise da sotto la maschera, intimandole di non perdere tempo in convenevoli.
Hinata uscì di casa, lasciando il quartiere Uchiha con un grosso peso sulle spalle. Corse verso le porte del villaggio, incurante del temporale che si stava abbattendo feroce sul paese.
Le lacrime le rigavano le guance, confondendosi con le gocce di pioggia che colpivano il paesaggio.
Tremava ed aveva freddo, ma non poteva fermarsi.
Doveva trovarlo.
Doveva sapere perché.
Raggiunse finalmente l’entrata di Konoha, dove due Jonin sorvegliavano la porta.
“Hinata-sama?” l’osservò uno di loro sorpreso di trovarla lì, bagnata come un pulcino.
“Sasuke è stato qui?” domandò.
Sentiva il cuore in gola.
“Uchiha-san ha lasciato il villaggio qualche ora fa”

 

Hinata sfiorò il tessuto prezioso del Kimono sposalizio. Non aveva ancora avuto il coraggio di liberarsene da quando era tornata in pianta stabile al quartiere Hyuga.
Lo teneva lì, in bella mostra, appeso all’armadio della sua stanza come monito del più grande fallimento: il suo matrimonio.
Non aveva mai raggiunto Sasuke.
Non aveva mai saputo il perché se ne fosse andato.
Si era detta che la colpa fosse soltanto sua.
Forse perché era una stupida egoista.
Forse perché non era abbastanza.
Forse perché non lo aveva mai capito.
Un milione di forse che riempivano le sue notti agitate, togliendole il sonno.
Non sarà un pezzo di carta a legarlo a te
Alla fine aveva avuto ragione Sakura.
D’altra parte lei lo conosceva bene e non era riuscita a trattenerlo nonostante fosse la persona, insieme a Naruto, più vicina a lui.
Toc-toc
“Avanti” disse con voce mesta.
La porta si aprì, rivelando la figura rassicurante dalla sua cameriera.
“Hinata-sama” si inchinò rispettosamente.
“Dimmi, Hikari-san” le sorrise gentile.
“I suoi compagni di squadra la stanno aspettando al piano di sotto” spiegò la donna.
“Arrivo subito”
La cameriera si congedò inchinandosi, prima di lasciare la stanza.
Hinata chiuse lo zaino che aveva preparato. Avevano una missione di recupero da portare a termine, proprio come ai vecchi tempi. Con un sorriso triste si caricò lo zaino in spalla e, tirandosi dietro la porta, uscì dalla camera.
Era il 21 agosto e la sua vita aveva ricominciato a scorrere come se quella parentesi non fosse mai esistita.



 



Ragazze/i... è finita. 
Finalmente direte voi!! Ahahahah! E' stata durissima negli ultimi capitoli nascondervi la pessima piega che stava prendendo la storia. Ad alcuni avevo detto che ero un po' una drama queen, cercando di dare degli indizi...
Ho deciso di far concludere così questa storia per vari motivi:
1) è venuta così. Io sono una che lascia la storia prendere il sopravvento e in questo caso è stato così. 
2) ho pensato che Sasuke e Hinata, così simili, hanno un problema a comunicare le loro emozioni che una conoscenza di due mesi, per quanto intensa, non riesce a valicare. Per questo il naruhina o il sasusaku mi sembrano più facili, il polo opposto aiuta in alcune dinamiche di coppia. Alcune di voi mi hanno detto che non condividono, che secondo loro avrebbero potuto parlare e risolvere... ma onestamente non ce li vedevo. 
3) sono ancora troppo giovani per sposarsi con i loro 17 anni. Mancano delle esperienze di vita che li rendano adulti!
Però.... sto scrivendo un sequel! Se mai a qualcuno potesse interessare... 

Ora vi ringrazio veramente per tutto.
Da chi ha solo letto, a chi ha messo la storia tra quelle preferite/seguite/ricordate.
Un grazie speciale a voi, che mi avete accompagnata per tutto il viaggio: naruhina3, ecila94hina, Hinata55, hinata_in_love, mareluna, AlessiettaE, Saretta18taby, Ziulii, Heavensan, LuNoKuni... Grazie davvero. Siete come delle amiche! 

Un bacio grande a tutti!

Xine

 

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