The Lord Of Darkness (Preludio)

di Lady I H V E Byron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passato - La solitudine ***
Capitolo 2: *** Presente - L'amore ***
Capitolo 3: *** Futuro - Le origini ***



Capitolo 1
*** Passato - La solitudine ***


Note dell'autrice: ehi, ehi, ehi! Come butta? Buttiamoci in un nuovo progetto! Tranquilli, stavolta sarà solo di tre capitoli. E, inoltre, è il preludio di un progetto futuro, ma avevo comunque voglia di scrivere qualcosa. Tuttavia, occhio agli spoiler.
Noterete elementi che, forse, avrete letto nelle mie storie precedenti, nei crossover "Kindgom HeartsXDescendants", solo che stavolta ci sarà un terzo crossover, con Once Upon A Time, sebbene abbia stravolto uno, forse due personaggi...
E, in questo capitolo, ho voluto mettere degli accenni a "Phenomena" di Dario Argento, film che ho visto di recente e che, da un certo punto di vista, mi ha affascinata...
Detto ciò, buona lettura!

 

Passato - La solitudine
 

Altri cinque bambini erano scomparsi.
Altre vittime del cosiddetto “Assassino degli Innocenti”.
Rapiva i bambini, senza farsi notare dalla gente.
Tre giorni dopo, i bambini rapiti venivano ritrovati, solitamente in posti periferici, lontani dai luoghi in cui erano stati rapiti. Morti.
Secondo le autopsie, erano morti annegati.
Era stato ordinato di non lasciare mai i bambini incustoditi; se necessario, non farli proprio uscire di casa fino all'arresto di questo assassino.
Nessuno conosceva il movente che spingeva questa persona ad uccidere esseri innocenti quali erano i bambini.
Alcuni genitori avevano paura di questo assassino. Altri avevano deciso di usarlo come minaccia contro i figli discoli e capricciosi, per farli intimidire.
Ma esistono bambini che non hanno genitori: gli orfani.
E gli orfani abitano tutti insieme in un unico edificio, in un orfanotrofio o in una casa-famiglia, sorvegliati costantemente dagli adulti.
Alcuni, però, non rispettavano gli ordini.
Era accaduto, infatti, in una casa-famiglia, che un gruppo di bambini approfittasse di un attimo di distrazione degli adulti per scappare e giocare nel parco.
Uno di loro restava indietro, continuando a guardarsi le spalle.
-Non credo dovremmo andarcene...- mormorò, con un filo di voce -E se poi lo scoprono?-
Uno dei bambini, il più grande, si rivolse a lui, altezzoso.
-Cos'è? Hai paura, per caso, zebra?-
Il bambino con cui stava parlando, infatti, aveva corti capelli neri, mossi, con un ciuffo grigio sul lato destro. Non era piebaldismo, altrimenti sarebbe stato bianco: era grigio, come l'argento.
Ciononostante, gli altri bambini lo chiamavano “zebra”, scordandosi di proposito il suo vero nome.
Non era solo per quel ciuffo, che veniva preso di mira: tutti i bambini che abitavano quella casa-famiglia avevano una storia, chi era stato abbandonato dai genitori, chi era stato portato via dai genitori perché gente ambigua... solo quel bambino non aveva una storia.
Nessuno sapeva il motivo per cui fosse stato portato lì.
I “genitori” della casa-famiglia lo avevano trovato sul loro uscio, avvolto in una coperta, con un bigliettino con su scritto il suo nome ed un messaggio.
Tenetelo al sicuro.”
I bambini sussurravano sempre alle sue spalle, non certo cose piacevoli.
-Secondo me lo hanno abbandonato perché è pazzo.-
-Forse è vero. Hai visto che ciuffo strano che ha? Per me è maledetto.-
Era diverso dagli altri e non aveva una storia. I primi motivi per cui veniva allontanato.
Spesso, doveva essere lui ad avvicinarsi agli altri, per giocare insieme.
I bambini più grandi ne approfittavano: lo mettevano costantemente alla prova, per verificare il suo coraggio. O per trovare una scusa per deriderlo ulteriormente.
Quella trasgressione era una di esse: volevano solo giocare a palla, nel parco vicino alla casa.
Un furgoncino stava passando proprio lì accanto.
Niente di sospetto o spaventoso. Era un semplice furgoncino di dolcetti.
L'uomo che si era affacciato dal finestrino aveva una faccia piena, cordiale, serena, simpatica, con dei folti baffi bianchi che coprivano il labbro superiore della faccia.
Aveva aperto il retro del suo furgoncino, incitando i bambini a darvi un'occhiata ed assaggiare uno dei suoi dolci.
I bambini, entusiasti, abbandonarono la loro palla e corsero verso quell'uomo simpatico.
Questi offrì loro dei lecca lecca, con un sorriso cordiale sul volto.
I lecca lecca avevano un gusto fruttato, molto saporito e dolce.
Ma anche un retrogusto molto strano, acidulo, come fosse limone.
Ma non assomigliava al limone.
Prima di poter commentare, tutti caddero in un sonno profondo.
Al loro risveglio, erano in una stanza buia.
L'uomo gentile si presentò di fronte a loro, con una maschera ed un completo da clown.
Era lui l'Assassino degli Innocenti. Ed avevano scoperto come catturava le sue vittime.
-State buoni...- sibilò, aprendo la gabbia; non assomigliava affatto alla voce rassicurante ed allegra con cui si era rivolto loro qualche istante prima; era fredda, cinica, crudele -Se fate i bravi, finirà subito tutto...-
Osservò le sue nuove vittime una per una.
Il suo occhio folle cadde sul più piccolo: il bambino dal ciuffo grigio.
-Tu! Tu sarai il primo! Avanti, vieni, c'è un bel bagnetto che ti aspetta...-
Cercò di prenderlo per un braccio, ma la vittima indietreggiava, sempre più impaurito.
Gli altri bambini non avanzarono per proteggerlo, anzi: si radunarono, lesti, in un angolo, abbracciandosi l'un l'altro, per proteggersi e per darsi forza.
-Forza! Non fare i capricci!- i passi dell'assassino diventavano più pesanti e furenti, man mano che seguiva il bambino -Nessuno si era mai lamentato fin ora! Sei un vero discolaccio! Un bambino non deve mai disobbedire agli adulti! Forza! Muoviti!-
Stava cercando di afferrargli un braccio, invano. Il bambino non voleva seguirlo.
L'uomo sospirò.
-Va bene, non mi lasci altra scelta. Dovrò usare le maniere forti...-
Dalla sua tasca aveva estratto un coltello. C'erano già delle macchie di sangue, probabilmente di altre giovani vittime.
Riuscì ad afferrare la sua vittima per la maglietta ed alzare il pugnale.
Il bambino non sapeva cosa altro fare, per scappare.
Non gli rimase che urlare, coprendosi il volto con le braccia, per non osservare quell'arma puntata su di lui.
Quell'urlo assordò i presenti: i bambini si tapparono le orecchie. Anche l'assassino era tentato, ma non doveva perdere la presa su di lui.
-Stai zitto! Mi stai assordando!-
Non si era accorto della piccola pozza oscura apparsa poco lontano dal bambino dal ciuffo grigio.
La stanza era illuminata solo con una lampadina, quindi si confondeva bene con le zone oscure.
Da questa pozza era uscito un essere: una formica gigante con enormi occhi gialli.
I bambini si strinsero sempre più l'un l'altro.
Anche l'assassino si accorse di quella creatura.
Arretrò, lasciando il bambino.
-Ma cosa...?- si rivolse a questi, sgomento, dietro la maschera -Sei il demonio!-
La creatura fece un grande balzo in avanti, verso l'uomo con la maschera da clown, facendolo cadere.
Urla mostruose, che divennero suoni agonizzanti, quando la creatura aveva affondato la zampa artigliata nel suo petto, estraendo il suo cuore.
Il bambino dal ciuffo grigio non reagì; rimase immobile, dalla sorpresa, non dalla paura.
Ma i suoi amici urlarono di terrore.
Il corpo dell'Assassino degli Innocenti svanì in una nube oscura, quando la creatura fece svanire il cuore.
Non ci sarebbero state più vittime.
Se non fosse accaduto ciò che avvenne un attimo dopo.
La creatura era rimasta ferma, dopo aver estirpato il cuore dal petto dell'uomo.
Il bambino destinato ad essere la prossima vittima si era piegato sulle sue ginocchia, osservando quella creatura, senza provare alcun timore.
-Vieni avanti, non ti faccio niente.-
Aveva allungato una mano in avanti, a palmo aperto.
Fissava quella creatura: i suoi grandi occhi gialli non esprimevano emozioni. E il corpo assomigliava davvero ad una formica gigante.
Era apparsa quando più ne aveva bisogno. Era stato il suo angelo custode.
Non sembrava terrificante, ai suoi occhi.
Essa si avvicinò a lui, con confidenza. Anzi, sembrava stesse obbedendo agli ordini.
Lasciò che la mano del bambino gli carezzasse la testa.
-Oh... sei davvero carino...-


Siamo qui per servirti, mio signore.


Il bambino sobbalzò.
Quella voce lo aveva colto di sorpresa.
Chi aveva parlato? Era sicuro di non averla immaginata.
Non era con le orecchie che l'aveva udita: era nella sua mente.
Quella creatura gli aveva parlato; e stava persino eseguendo una lieve riverenza.
Il bambino più grande lo indicò, con aria spaventata.
-Avete visto tutti?! Lo ha invocato lui! Ecco perché lo hanno abbandonato! È un mostro! Ci ucciderà tutti!-
Il citato sentì il respiro mozzargli in gola.
Quegli sguardi... prima vi vedeva solo derisione e denigrazione. Ora vedeva solo... terrore.
Cercò di fare un passo in avanti.
-Ma ci ha salvato la vita...-
-Stacci lontano, mostro!-
Scapparono tutti quanti, urlando, verso l'unica uscita di quella stanza.
Notare come quella creatura era comparsa era più importante della morte dell'Assassino degli Innocenti.
Avevano trovato la scusa per allontanarlo sempre di più. Lo avrebbero raccontato persino ai “genitori”, e loro avrebbero contribuito alla sua discriminazione.
Erano rimasti solo in due in quella stanza, dove, per anni, si erano consumati ignobili infanticidi.
-Ti hanno chiamato “mostro”.- mormorò il bambino, con tono rassegnato; sapeva che quei bambini non erano veri amici, ma odiava stare da solo -Entrambi ci hanno chiamati “mostri”. I miei amici mi hanno abbandonato.-
Osservò di nuovo la creatura negli occhi.
-Vuoi essere mio amico? Vorrei tanto avere qualcuno con cui giocare. Sono così solo...-
Allungò di nuovo un braccio, toccando nuovamente la testa della formica gigante.
Questa non si tirò indietro. Accettò la carezza.
-Io mi chiamo Neal. Da adesso siamo amici.-
Neal aveva cinque anni, allora.
Successivamente quell'esperienza, venne sempre più allontanato dagli altri bambini: era stato raccontato della creatura oscura, e di come fosse apparsa con il suo urlo.
Con la scomparsa dell'Assassino degli Innocenti, i bambini potevano finalmente giocare tranquillamente nel parco.
Tutti tranne Neal.
Si recava nel cortile, dove lo attendeva la creatura oscura che lo aveva salvato: spesso, non veniva da sola. Altre creature simili ad essa apparivano, di fronte al bambino.
Le loro forme erano strane, ed alcuni di loro avevano un aspetto terrificante, ma non sembravano aver intenzione di fargli male.
Ma il luogo più sicuro dove incontrarli era la cantina: gli altri bambini riuscivano sempre ad incriminarlo per cose che non aveva fatto.
Per punizione, veniva mandato in cantina, senza cena.
Le creature oscure, però, riuscivano sempre a rubare del cibo, e portarlo al loro padrone.
Neal li chiamava “compagni di gioco”, ma loro lo consideravano il loro padrone.
Gli piaceva giocare con le creature oscure, ed era affascinato dalle loro forme. Nessuna di esse gli incuteva timore.
Addirittura, gli piaceva ritrarli nei suoi disegni.
Disegnava spesso se stesso che teneva per mano i suoi “amici oscuri”, le formiche giganti, quelli ciccioni, quelli che sembravano cappelli cinesi colorati e quelli con la testa dentro un pesce di metallo.
Purtroppo, però, veniva spesso visto, in cortile, con le creature oscure. Gli altri bambini lo guardavano scuotendo la testa e raccontandosi altre storie cattive su di lui.
Ormai girava voce che chiunque si avvicinasse a lui, era maledetto. Neal era isolato da tutti.
La goccia arrivò quando il bambino più grande, ormai divenuto quindicenne, aveva scovato uno dei tanti disegni di Neal e lo aveva mostrato agli altri, ridendo delle creature oscure.
Non lo chiamavano più “zebra”, ma “stregone”.
Avevano deciso di fargli uno scherzo.
Era in corso un black out, quella sera.
Neal stava percorrendo il corridoio che lo conduceva verso la sua camera da letto.
L'interruttore non si accendeva più.
Lui, per fortuna, non aveva paura del buio.
-Neal...- udì, come un sibilo.
Lui si voltò: era impossibile definire da dove provenisse quella voce. Ma sentiva dei passi avvicinarsi sempre più a lui.
Notò una sagoma tutta bianca che ondeggiava.
-Sooonoo il fantasma di questa casa!- ululò, alzando le braccia; era chiaramente uno dei bambini sotto un lenzuolo -O potente stregone, sono vostro servo!-
Neal gli passò accanto, ignorandolo.
Si imbatté contro un'altra sagoma. Tante sagome. Comparivano alle sue spalle, dalle porte di ogni camera.
Erano vestiti e truccati con i propri costumi di Halloween. Tutte creature mostruose.
-Io shono un vampiro! Al voshtro shervizio, mio shignore!-
-Auuuu! Io sono un lupo mannaro!-
-Io sono un diavolo! Comandatemi, o signore delle tenebre!-
Vampiri, scheletri, fantasmi, lupi mannari, diavoli, streghe... erano tutti intorno a lui.
Neal cercò di scappare da quelle mani che continuavano a toccargli la maglia o i capelli, per metterlo a disagio.
Ma loro lo inseguivano ad ogni passo che faceva.
Giunsero tutti in salotto.
Un ultimo ragazzo, vestito da prete, lo stava aspettando: il più grande, il primo ad averlo allontanato, nel giorno in cui era stato rapito dall'Assassino degli Innocenti. Aveva un estintore in mano.
-Io sono un esorcista!- esclamò -Andatevene da questa casa, demoni!-
Attivò l'estintore contro Neal, che arretrò con un lieve urlo di sorpresa, coprendosi gli occhi.
Ridevano delle sue urla, dei suoi tentativi di fuga, dei suoi implori.
-Mio signore! Comandatemi!-
-Vi adoriamo, signore delle tenebre!-
-Siamo al vostro servizio!-
-Vi proteggeremo!-
-Vi adoriamo!-
Neal continuava a tenersi le mani sui capelli, ignorando i loro sguardi, ma straziato dalle loro frasi schernitrici.
Si prendevano gioco di lui. Dei suoi amici oscuri.
I “genitori” erano accorsi, assistendo con sgomento allo spettacolo.
-Adesso basta! Smettetela!- esclamò il “padre”, severo.
Ma loro non prestarono ascolto.
-Vi prego, basta!- implorò Neal.
Niente li avrebbe fermati: la sofferenza del bambino era la loro forza.
-Vi adoriamo! Vi adoriamo! Vi adoriamo!- continuavano ad urlare.
Qualcosa, dentro Neal, stava crescendo. Era oscuro, potente. E bruciava.
Voleva uscire. O lui sarebbe esploso.
Non ebbe altra scelta. Voleva scappare da quella situazione a tutti i costi.
Urlò.
Urlò la sua rabbia.
Gli altri arretrarono all'istante: non era un urlo normale.
Un urlo normale consisteva solo nella fuoriuscita di aria ed un sorprendente aumento del volume della voce.
Intorno a Neal si era estesa un'enorme aura oscura, che circondò l'intero salotto.
Era come se un vento si fosse esteso su di lui, dal basso, a giudicare come si muovevano i suoi capelli.
Persino i suoi occhi erano cambiati: da scuri si erano improvvisamente colorati di giallo.
Da quell'aura oscura, esse apparvero: le creature oscure, gli Heartless.
Non solo le formiche giganti, gli Shadow: ma anche Soldati, Blu Ciccio, Neoshadow, Invisibili, e Darkballs.
Tutti i presenti erano paralizzati dalla paura. Non vi era via in cui scappare.
Un solo attimo.
Le lacrime stavano scendendo dagli occhi di Neal.
Tornò a guardare in avanti: il suo sguardo era vuoto, sebbene stesse sorridendo.
-Anche io vi amo.-
La sua voce era un sussurro.
Riecheggiò nella stanza.
I corpi dei suoi “fratelli” e “genitori” giacevano per terra, privi di sensi.
Furono circondati da una nube oscura. Lentamente, stavano svanendo nel nulla.
Neal era rimasto solo. Con i suoi Heartless.
Era ad essi, infatti, cui stava parlando.
-Amo ognuno di voi.- ripeté; li guardava tutti con orgoglio -Vi amo tutti. Voi siete la mia famiglia. Siete tutto per me. Resterete sempre con me? Non mi abbandonerete mai?-
Seguì un breve momento di pausa.
Gli Heartless gli stavano comunicando la loro risposta: cieca fedeltà, obbedienza, supporto.
-Non posso più fidarmi di nessuno se non voi.- disse Neal, ancora con sguardo vuoto; i suoi occhi erano tornati scuri -Non sono più da solo. Ora ho voi. Non ho bisogno di altro.-
A dieci anni, Neal lasciò la casa-famiglia in cui era cresciuto.
Non era stato adottato.
Non aveva bisogno di una famiglia.
Aveva ottenuto molto di più...
 

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Capitolo 2
*** Presente - L'amore ***


Note dell'autrice: qui si noteranno altri collegamenti con "Once Upon A Time" e citazioni da questa storia (https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3973488)

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Erano passati sei anni dalla misteriosa sparizione dei membri di una casa-famiglia.

Erano spariti senza lasciare traccia.

L'unico sopravvissuto aveva cambiato venti case-famiglia nel giro di pochi anni.

In ognuna di esse, la sua storia si ripeteva: tutti parlavano alle sue spalle, tutti lo allontanavano, tutti lo schernivano. Di conseguenza, sparivano nel nulla.

Le uniche persone cui Neal poteva fidarsi erano i suoi Heartless.

Più di una volta richiedeva il loro aiuto: per rubare qualcosa senza farsi scoprire, per vendicarsi di un torto subito, che finiva sempre con la sparizione di questa persona, o per scatenare zizzania tra i “fratelli”.

Per quest'ultimo caso, ordinava ad uno Shadow di rubare un oggetto di valore ad un ragazzo e portarlo nella stanza di un altro. Il caso avrebbe fatto il resto.

Doveva punirli per la loro cattiveria, soleva dirsi, con un sorriso malefico sulle labbra.

Era orgoglioso del suo dono.

Non era più da solo, da quando lo aveva scoperto, ma il mondo, intorno a lui, si stava svuotando.

Tutti lo tenevano a distanza.

Si diceva, infatti, che i guai seguissero Neal.

In effetti, era così.

Se qualcuno veniva scovato a rubare, lui era presente. Se una persona veniva trovata, ferita, per strada, lui era presente. Se due persone stavano litigando, non necessariamente verbalmente, lui era presente.

A volte li attirava, i guai. Altri, li causava lui.

Nessuno voleva entrare in quel circolo maledetto. Per questo, Neal non strinse altre amicizie, nel corso di quegli anni.

Per colpa del suo potere oscuro.

Ma lui non provava colpe. O malinconia.

Anzi, sorrideva.

Un giorno, sperava, tutti si sarebbero inchinati al suo potere. Tutti avrebbero avuto paura di lui.

Ma presto scoprì di poter usare gli Heartless anche per altri scopi.

Era iniziato con l'aggiunta di un nuovo membro della famiglia.

Una ragazza dai lunghi e fluenti capelli biondi. Volto puro e sguardo sincero.

Si chiamava Emma, ed aveva quattordici anni.

Anche lei, come Neal, aveva più volte cambiato casa-famiglia.

A differenza di lui, lei sorrideva a tutti, cordialmente.

Attirò subito l'attenzione di Neal.

A prima vista, sembrava una ragazza come tutte le altre: gentile, cordiale, maniere raffinate, educata.

Non riusciva a capire il motivo per cui anche lei avesse cambiato case-famiglia. Anzi, una volta era stata persino adottata, aveva rivelato. Ma, ciononostante, era tornata in una casa-famiglia.

Era una ragazza solitaria, come Neal. Almeno, non era una di quelle persone solari che voleva a tutti i costi delle amicizie.

Sorrideva e si mostrava gentile con tutti. Ma non tutti apprezzavano i suoi modi raffinati.

I ragazzi le lanciavano delle occhiate strane, reprimendo delle risate maliziose. Le ragazze, invece, non la sopportavano.

Forse per invidia, o solo per inutile senso di inferiorità nei suoi confronti.

Ma anche Emma veniva allontanata. O peggio, bullizzata.

Specialmente dalle ragazze: le tagliavano i vestiti di proposito, definendoli “stracci per spolverare”, o le rubavano degli oggetti.

Un giorno, però, Neal era presente ad uno di questi scherzi.

-Lascialo andare.- aveva detto, con voce fredda -È di Emma.-

Quello sguardo avrebbe incusso timore anche ad un leone.

L'oggetto fu restituito alla proprietaria, ma l'atto di bullismo non era finito.

-Non ci sarà sempre lui a proteggerti.- avevano minacciato le ragazze, ad Emma, una volta che Neal era uscito dalla stanza -Ma non è finita qui. Ti renderemo la vita un inferno, principessina.-

La chiamavano “principessina” per i suoi modi di fare. Ma non era un complimento.

Neal non si era allontanato dalla stanza, quando udì quelle minacce. Provò pietà per Emma, una ragazza così simile, ma anche così differente da lui.

Ed altrettanto indifesa contro quel mondo crudele.

Doveva proteggerla.

Quella ragazza che l'aveva minacciata, infatti, nel cuore della notte, si era svegliata urlando, svegliando il resto.

Diceva di aver sognato un mostro che voleva mangiarle il cuore, se avesse continuato a bullizzare Emma.

Tutti si misero a ridere. In fondo, era solo un sogno, le avevano detto.

Ma lei sapeva che era reale: in realtà, lei era sveglia.

Sogno o no, nessuna ragazza, da quella notte, osò più bullizzare Emma.

Ovviamente, sospettarono tutti che ci fosse lo zampino di Neal, dietro a quel misterioso “incubo”. E lui, come al solito, l'avrebbe avuta vinta, in mancanza di prove.

Emma, per un po', venne lasciata in pace.

Fino ad una sera, in cui venne superato il limite.

Emma stava tornando nella casa-famiglia più tardi del previsto: nella via del ritorno dalla sua passeggiata, aveva preso un'altra strada, più lunga della solita. Era già buio, quando scorse il cancello.

Ad attenderla, vi erano quattro ragazzi. Uno di loro aveva già una telecamera in mano, accesa.

Lei indietreggiò, allarmata. Aveva intuito le intenzioni dei ragazzi.

-Le altre ci hanno stufato con i loro capricci.- aveva detto uno di loro -Ma tu farai la brava, non è così?-

-No, vi prego. Non ho soldi con me.- implorò lei, indietreggiando ancora.

-Chi se ne frega dei soldi? Non sono quelli che vogliamo da te.-

Impallidendo, Emma scappò.

Sentì dei passi in corsa alle sue spalle. La stavano inseguendo.

Erano in troppi e lei non sapeva come difendersi.

Doveva trovare un nascondiglio.

Per fortuna, era più veloce.

Trovò un vicolo e si nascose dietro un cassonetto.

-Principessina...?- sentì le loro voci; erano entrati proprio in quel vicolo -Dove sei...? Ah... vuoi giocare a nascondino, eh? Guarda, che se vinciamo noi, tu non devi più opporti, sai?-

-Io dico che dovreste rinunciare.-

Una quinta voce: Neal.

Aveva lo sguardo serio e le braccia incrociate.

-Smamma, recluso.- minacciò il più grande -La principessina è nostra. Se la volevi per te, dovevi pensarci prima.-

-E io dico che dovreste lasciarla in pace, prima che sia troppo tardi per voi.-

Emma era ancora rannicchiata dietro il cassonetto, con le orecchie tappate e gli occhi chiusi.

Continuava a pensare: “È solo un incubo. È solo un incubo. Ora mi sveglio nella mia stanza, ora mi sveglio nella mia stanza...”

Ma non era un incubo. Era la cruda realtà.

Il ragazzo più grande tentò di spintonare Neal, senza successo.

-Ehi, credi che abbia paura di te?-

-No... ma dovresti...-

Lo sguardo di ghiaccio che gli rivolse avrebbe fatto rabbrividire anche un mafioso.

Una strana aura oscura lo stava circondando.

Pur essendo notte, era ben visibile.

I quattro ragazzi indietreggiarono, allarmati.

Delle pozze si erano formate sulla strada, espandendosi dall'interno: delle creature oscure emersero.

Non erano le solite formiche giganti cui Neal amava passare il tempo, ma avevano una forma più snella, più umana. Sul corpo nero si potevano intravedere delle striature blu.

Bastò un gesto del ragazzo, che esse si avventarono sui quattro bulli.

Emma non udì le loro urla. E neppure si era affacciata dal suo nascondiglio.

Sobbalzò ed urlò, non appena una mano si posò sulla sua spalla.

-Emma...-

Non si era accorta che la voce era di Neal. Gentile e rassicurante. Non fredda e distaccata come suo solito.

Raramente si erano parlati, nella casa-famiglia. Principalmente, quando venivano trascinati all'interno di una discussione.

Ma mai si erano ritrovati soli.

-Ehi, ehi, tranquilla... Va tutto bene. Se ne sono andati.-

Definitivamente. Dissolti nel nulla. Come se non fossero mai esistiti.

Emma si tranquillizzò al tocco del ragazzo. Lo fissò negli occhi scuri.

Sembravano l'uno l'opposto dell'altra, anche nell'aspetto, oltre che nell'atteggiamento.

Lei singhiozzò istericamente, prima di abbracciare, senza volerlo, il suo “salvatore”.

-Non ce la faccio più...- disse, affondando il suo volto nel cappotto -Voglio andarmene da qui.-

Sentì la mano di Neal carezzarle la testa, sotto il berretto di lana.

-Shh... va tutto bene... va tutto bene...- sussurrò, per rassicurarla.

I singhiozzi svanirono dopo qualche minuto. Persino il battito cardiaco riprese il suo solito movimento.

E la sua presa su Neal cominciò a calare.

Lui si alzò, porgendole una mano per fare la stessa cosa.

-Su, ora andiamo.- decise lui, voltandosi verso la strada, senza lasciare la mano della ragazza.

Lei diede un lieve strattone.

-No! Io là dentro non ci torno!-

Lui le rivolse un sorriso strano, furbo, come se stesse complottando qualcosa.

-E chi ti dice che stiamo tornando in quella casa?-

Emma assunse uno sguardo confuso.

Neal ancora stringeva la sua mano.

Non sapeva dove andare. La neve stava già coprendo la strada. Ed aveva dichiarato di non voler tornare in quella casa-famiglia. E lui era della sua stessa opinione.

Decise, dunque, di seguirlo.

Camminarono per un tempo compreso tra mezz'ora ed un'ora.

Erano giunti sotto ad un ponte.

C'era un cancello di filo di ferro a bloccarli. Neal lo sollevò, lasciando libero il passaggio per Emma.

Lei entrò, curiosa, ma anche inquieta.

Superato il cancello, i due ragazzi si trovarono di fronte ad una tenda.

Bastò scostarla, per scoprire che non c'era un cupo spazio vuoto e freddo ad attenderli.

Ma un ambiente caldo e, a modo suo, accogliente.

Era comunque povero e spoglio, ma dei mobili sparsi qua e là gli davano a malapena l'aspetto di un appartamento.

Un tavolo lì, dei cerchioni là, un tappeto, una scrivania, dei materassi smessi, ma ancora buoni, ed un bidone per attizzare il fuoco.

-Non sarà come nei dormitori...- spiegò Neal, entrando e togliendosi il berretto di lana, scoprendo i fluenti capelli neri -Ma almeno saremo al sicuro.-

Emma era stupita.

-Ma come...?- mormorò, guardandosi intorno -Neal, questo posto è tuo? O lo abbiamo occupato?-

-Tranquilla. Nessuno viene qui. Approfittavo delle ore che ci davano a disposizione per passeggiare fuori per arrangiare questo posto. Non è ancora ultimato, ma sempre meglio di quell'inferno. Cielo, stai congelando. Vieni, accendo un fuoco.-

Da quel giorno, nacque la convivenza tra i due solitari Neal ed Emma.

Per fortuna, sotto quel ponte, c'era spazio a sufficienza per entrambi. C'era persino un piccolo angolo per lavarsi, ovviamente diviso da una tenda. Bastava solo raccogliere un po' di neve in un secchio, scioglierla sul fuoco ed avevano l'acqua.

Era solo Neal, solitamente, ad uscire dal rifugio; diceva di aver trovato un lavoretto che, tuttavia, lo impiegava fino a fine giornata.

Ad Emma raccomandava di non uscire, per evitare che episodi come la sera precedente si ripetessero.

Per ulteriore sicurezza, aveva posto due Heartless Neoshadow di guardia, e per proteggere la ragazza. Nessuno si accorgeva di essi: restavano nell'ombra.

Ma Emma non poteva stare con le mani in mano tutto il giorno, a parte riordinare il rifugio.

In attesa di un'opportunità lavorativa, si metteva a mendicare sul marciapiede.

Alcuni la ignoravano, altri le davano solo pochi spiccioli.

Ma riusciva sempre a tornare prima di Neal. Lui, però, sapeva delle sue “fughe” dai due Heartless.

Finché non scappava da lui, andava tutto bene. Ma decise di restare al gioco e fare finta di nulla.

Quella sera aveva portato la pizza. Calda, fumante, praticamente appena sfornata. Con due bibite.

-Ehi, piano, quella fetta non scappa mica.- aveva raccomandato Neal, notando la voracità di Emma, nel mangiare la cena.

Lei inghiottì il boccone, trattenendo una risata.

-Scusami. È che sono abituata a mangiare velocemente. Sai, nelle case-famiglia in cui sono stata, dovevo essere veloce nel mangiare quello che mi davano, prima che gli altri ragazzi si divorassero il resto.-

-Ti capisco. Capitava anche a me. Ma... poi ho adottato un altro sistema.-

Non poteva certo dirle che sfruttava gli Heartless per rubare gli avanzi.

Emma, per fortuna, non fece domande. Si goderono la loro cena. Da soli. In silenzio.

-Neal, perché hai fatto questo?-

Il ragazzo le rivolse uno sguardo serio.

-Perché mi hai difesa da quei ragazzi? Perché mi hai portata qui? Non mi conosci neanche...-

“Perché?” Anche Neal se lo chiedeva. Ma la risposta era quasi scontata.

-Perché tu sei come me.- rivelò, riprendendo a mangiare -Noi siamo simili, Emma. Ci piace stare da soli, siamo diversi dagli altri, ce la caviamo da soli. E poi, tu sei diversa dalle altre ragazze che ho conosciuto, e io ne ho conosciute molte. Tutte uguali, ochette acide che urlano per qualsiasi capriccio. Ma tu no.- le toccò il mento, con leggerezza, ma incitandola a guardarlo -Ciò che per gli altri era motivo di bullismo nei tuoi confronti, per me era ammirazione.-

Emma sorrise, lusingata da quelle parole.

-Ho sentito delle storie cupe su di te, Neal. E se davvero siamo simili, anche tu, praticamente, sei cresciuto da solo...-

Lui fece spallucce, accennando ad una risata.

-Beh, non proprio...- si stirò, cercando di non perdere l'equilibrio sul pallet cui erano seduti -In effetti, ho degli amici. Conosci la favola del calzolaio e dei folletti? Ecco anche io ho dei folletti che mi aiutano nei momenti del bisogno. Mi hanno aiutato dall'infanzia fino ad ora. Hanno fatto per me ciò che i miei coetanei o quelli che mi hanno adottato non sono riusciti a fare. Grazie a loro, non mi sento più solo.-

Una persona comune sarebbe rimasta sgomenta, a quella storia. Oltre ad aver preso Neal per pazzo. Se avesse rivelato che si chiamassero Heartless, sarebbe scappato urlando.

Ma Emma, invece, si era messa a ridere.

-Perché ridi? Non mi credi?-

-No, non è per questo! È che... eheh... anche io ho un amico più o meno di quel genere che mi segue dall'infanzia. Beh, in realtà, potresti prendermi per pazza, ma io ho un amico di sogno.-

Neal pensava che Emma sarebbe rimasta stranita dalla sua storia degli Heartless. Ma fu lui ad essere stranito dalla storia di questo “amico di sogno”.

-Amico di sogno?- domandò, infatti -Vuoi dire un amico immaginario.-

-No, no! Proprio amico di sogno. Perché... beh... noi due ci incontriamo solo nei sogni. Non so perché. Ma come te con i tuoi cosiddetti amici “folletti”, grazie a lui non mi sono mai sentita sola. Non so proprio come avrei fatto, senza di lui. Pensa che festeggiamo persino i nostri compleanni, nei sogni!-

L'amico di sogno era persino più inverosimile degli Heartless. Ma Neal le credeva. In fondo, lei sembrava credere alla storia dei “folletti”.

-Beh, abbiamo un'altra cosa in comune.- constatò lui, sorridendo -Entrambi, nelle nostre solitudini, abbiamo avuto amici invisibili che ci hanno sostenuto.-

Anche Emma sorrise.

Vissero bene, insieme.

Ogni sera, Neal tornava con un pasto caldo d'asporto e con un sacchetto della spesa con altri beni di prima necessità. Ed un regalo nuovo per Emma, specialmente vestiti nuovi e puliti.

-Neal, scusami...- aveva ammesso, un giorno, Emma, mordendosi il labbro inferiore -Ma sono uscita, in questi giorni. Mi sento sempre in colpa farti lavorare da solo, quindi ho pensato di trovare lavoro anche io. Mi hanno assunta per fare le pulizie in un bar, così potrò aiutarti.-

Neal avrebbe dovuto essere infuriato con lei, per aver disobbedito. Ma non lo fece. Anzi, sorrise.

-Emma, è una notizia meravigliosa. Così potremo dividerci le spese per la casa.-

Le aveva porto un volantino di mercato immobiliare: c'era disegnato un cerchio intorno ad un'abitazione in affitto. Un appartamento semplice per due persone.

Sarebbero scappati da quell'angusto rifugio. Era sicuro, ma le notti invernali erano insopportabili.

Emma e Neal avevano iniziato a dormire sullo stesso materasso, per stare più caldi.

Stavano instaurando un buon rapporto.

Da gratitudine si era trasformato in amicizia. E l'amicizia stava per trasformarsi in qualcosa di più grande e potente.

Infatti, quando Neal era tornato con quel volantino e la promessa di una nuova casa e di una nuova vita, Emma lo baciò.

Non fu il loro primo bacio.

Quello se lo erano scambiato la sera in cui si erano scambiati i segreti. Era accaduto per caso. Ma ad entrambi era piaciuto.

L'appartamento che Neal aveva scelto era piccolo, ma adatto per due persone.

Ed era già arredato; avevano persino un televisore.

E per la prima volta, Emma aveva visto Neal senza berretto.

Nella casa-famiglia lo aveva solo intravisto; ma ora, che abitavano sotto lo stesso tetto, da soli, notò il ciuffo grigio tra i folti capelli neri.

-E quello?- domandò, infatti, curiosa, ma anche affascinata.

-Oh, ci sono nato, in effetti. Prima mi prendevano in giro a causa sua. Mi chiamavano “zebra”.-

-Che stupidi. A me piace, invece.-

L'affitto non era caro, ma Neal, aveva sempre i soldi per pagarlo.

Emma non aveva mai compreso in cosa consistesse quel suo “lavoro”. Ogni volta che chiedeva, lui deviava la domanda.

Lei, intanto, ce la metteva tutta nel suo, di lavoro.

Era proprio mentre era intenta a pulire il pavimento che notò il suo ragazzo, all'esterno del bar.

Stava guardando indietro, ansimando. Poi aveva ripreso a correre.

Aveva qualcosa in mano. Un sacco.

E di certo non vuoto.

Avrebbe voluto che fosse solo frutto della sua immaginazione.

Ma, verso sera, quando aveva finito il turno diede uno sguardo al televisore, trasmesso sul telegiornale.

Stavano parlando di una rapina in banca dall'altra parte della città.

Un caso particolare, in cui mancavano i rapinatori.

Semplicemente, i soldi all'interno del caveau erano spariti nel nulla.

Dei rapinatori nessuna traccia.

E non era stato il primo caso.

Furono elencate le città e le banche in cui erano avvenute queste “rapine fantasma”.

C'erano un paio di elementi in comune: l'improvviso malfunzionamento delle telecamere e la scomparsa dei custodi.

Anche questi, come i soldi, erano scomparsi nel nulla, come se non fossero mai esistiti.

Solo in un caso era stato rivelato qualcosa di sospetto, dalle telecamere esterne: una formica gigante che entrava in un vicolo.

Nell'ultima rapina, invece, non dalla polizia, ma da Emma stessa era stato rivelato qualcosa: un ragazzo dall'altra parte della strada. Sapeva che si trattava di Neal, dal cappotto che indossava.

Lui era lì durante la “rapina”. Non poteva essere stata una coincidenza.

Forse era per quel motivo che Neal era sempre così evasivo, quando parlava del suo “lavoro”: era un ladro. Ecco come era riuscito a guadagnare i soldi per l'appartamento e per il cibo da asporto.

Sul come ci fosse riuscito, Emma lo scoprì non appena era tornata a casa.

-Neal... ti ho visto al telegiornale. Sui casi di rapina alle banche della città.- disse, non appena lo vide.

Lui era impallidito a quelle parole.

-Che cosa hai fatto...?-

Emma sentì il mondo caderle addosso. Sperava che le voci su Neal fossero false, che lui attirasse o, addirittura, creasse i guai.

Ma dopo ciò a cui aveva assistito e ciò che udì poco dopo le dimostrarono che erano fondate.

-Emma, lascia che ti spieghi...- iniziò il ragazzo, sedendosi sul divano.

Anche lei fece lo stesso.

-Sei un ladro.- disse lei, iniziando a piangere.

-Sì, lo sono. Lo ammetto. Ma rubo soldi solo a quelli che possono benissimo farne a meno, da quanto sono ricchi sfondati!-

-È comunque un furto, Neal!-

-E arricchirsi con il lavoro degli altri non è comunque un furto? Perché quella gente era così. Gli ho solo dato la lezione che meritano!-

-Non è comunque una cosa da fare! Così ti abbassi al loro livello!-

-Ma guarda cosa abbiamo, con i loro soldi! Abbiamo una vita! Non siamo costretti ad essere dipendenti da stupidi tutori! Non lo apprezzi solo perché lo abbiamo comprato con soldi rubati?-

-Non hai paura di essere beccato dalla polizia? Perché stavi scappando, oggi?-

-Nessuno ha mai scoperto che c'ero io dietro a quei colpi. I miei amici “folletti”, ricordi?-

Era giunto il momento di mostrarle la verità.

A Neal era bastato allungare una mano in avanti, per creare delle pozze oscure sul pavimento.

Da esse, erano comparsi gli Heartless Shadows.

Emma arretrò, pallida, abbracciandosi le ginocchia, come scudo.

-Tranquilla, non ti faranno del male.- la rassicurò il ragazzo -Se gli ordino di attaccare, loro lo fanno. Ma ora gli ho ordinato di stare fermi e di non toccarti. Seguono ogni mio ordine da quando sono piccolo. E da allora non mi hanno mai abbandonato.-

Rivelò che c'erano essi, in realtà, dietro le rapine nelle banche e la sparizione dei custodi che proteggevano i caveau. Come apparivano, così sparivano. Nessuno aveva mai notato la loro presenza e non lasciavano tracce. Ecco perché la polizia non aveva una pista chiara.

Se avessero scrutato bene le telecamere esterne, una pista l'avrebbero notata: il ragazzo dal ciuffo grigio.

E solo Emma lo sapeva.

Era sconvolta da quelle rivelazioni. Ebbe la dimostrazione che le voci su Neal erano reali, fondate.

Si alzò dal divano, ancora con le lacrime agli occhi.

-Tu sei un pazzo...- sibilò, delusa, con il cuore spezzato -Queste creature hanno distrutto la mia casa! E tu... tu le controlli?!-

Emma non aveva mai raccontato a Neal della sua casa. Quella rivelazione fu una sorpresa, per lui.

-Loro... cosa?! Emma, non lo sapevo! Io volevo solo proteggerti!-

-Stammi lontano!-

Neal si era alzato per prendere la ragazza per un polso, ma lei era scattata all'indietro, verso la porta.

-Non fatela scappare.- ordinò agli Shadows.

Essi si mossero, verso la ragazza.

Ma, improvvisamente, si fermarono. Anzi, arretravano di fronte a lei.

-Che aspettate?! Obbedite!-

Emma era sempre più sgomenta.

Quelle creature la terrorizzavano. Era stato il suo “amico di sogno” ad avergliene parlato e cosa avevano fatto ad entrambi.

Non immaginava di averle di fronte.

Il ragazzo, furioso, si avvicinò di nuovo verso di lei.

-Bene, allora, ti costringerò io a restare!-

-No!-

Emma aveva allungato le mani in avanti. Anche Neal urlò.

Era un urlo di dolore.

Persino gli Heartless iniziarono ad indietreggiare.

Era partita una luce, dalle mani di Emma. Una di esse toccò il polso del ragazzo.

Lui aveva ritratto la mano, come si suol fare con una scottatura.

Quella luce, per lui, aveva avuto lo stesso effetto di una scottatura, infatti.

Emma aveva ancora quello sguardo, sul suo volto: paura.

Lo stesso che i bambini avevano rivolto a lui, quel giorno di tredici anni prima. La prima volta in cui aveva invocato gli Heartless.

Si era sempre sentito potente, con essi, da allora.

Ma aveva intuito qualcosa, quando notò il loro strano atteggiamento verso Emma. Sembravano spaventati.

-Quella ragazza ha una grande quantità di Luce nel suo cuore, mio signore.- aveva rivelato uno di essi -Non riusciamo ad avvicinarci.-

Lo aveva sempre preso sul ridere. Secondo lui, era solo diffidenza verso un'estranea.

Ma da come si erano comportati quella sera, e dalla cicatrice che riportò sul suo polso, constatò che non era così.

Emma aveva approfittato di quella distrazione per fuggire.

Neal la seguì.

-Emma! Emma!- urlava.

Ma lei non si voltava.

Sparì nella notte.

Lui si fermò, in mezzo alla strada, cadendo sulle sue ginocchia, con le lacrime agli occhi.

-Ti prego... non abbandonarmi...-

Lei non tornava.

Il vuoto nel suo cuore tornò. Emma lo aveva riempito con un sentimento che temeva di non poter provare.

Ma con la sua fuga, si era portata via quel sentimento.

-Anche lei mi ha abbandonato per quello che sono...- mormorò Neal, fissando il vuoto -Non posso fidarmi di nessuno...-

Gli Shadow apparsi nel soggiorno dell'appartamento comparvero accanto a lui.

Carezzò le loro teste, come fossero dei cani.

-Posso solo fidarmi di voi. Non ho bisogno di altri.-

Non tornò nell'appartamento.

Temeva che Emma lo avrebbe denunciato alla polizia e, di conseguenza, il primo posto in cui lo avrebbero trovato sarebbe stato proprio il loro appartamento.

Camminò verso il parco. Si sedette su una panchina.

E scoppiò a piangere.

Il vuoto che Emma gli aveva lasciato nel cuore era insopportabile. Pur essendo cresciuto da solo, si era abituato a lei, si era fidato di lei. Si era innamorato di lei.

Tornare come prima gli creò un dolore più insopportabile della scottatura che aveva al polso. Aveva preso una forma che ricordava una mezzaluna. Sarebbe stato il suo marchio.

-Un'altra persona ti ha abbandonato per quello che sei?-

Neal sobbalzò: non si era accorto che un altro si era seduto accanto a lui.

Indossava una tunica marrone ed aveva il cappuccio alzato. Era impossibile vedergli il volto.

Ma dalla voce, sembrava un uomo anziano.

-Oh, non devi avere paura, ragazzo. Io sono dalla tua parte.-

-Sì, dite tutti così, ma poi mi pugnalate alle spalle.-

-Io so del tuo cosiddetto “talento”. Di come riesci ad invocare gli Heartless.-

Neal sentì il suo cuore fermarsi a quella rivelazione. Come era venuto a conoscenza del suo legame con gli Heartless? E come faceva a sapere degli Heartless?

-Solo perché la gente ti chiama “mostro”, non significa che tu lo sia, ragazzo.- spiegò quell'uomo; per quanto il ragazzo si chinasse, non riusciva proprio a vedere il suo volto -Sono tutti così legati alle regole imposte da altra gente superficiale, che hanno paura delle punizioni, se osano trasgredirle. Visto che l'Oscurità è un male, controllarla è un crimine. Ma il mondo ha bisogno dell'Oscurità, quanto ha bisogno della Luce.-

-D'accordo, maestro Obi-Wan.- tagliò corto Neal, sarcastico; la tunica che indossava quell'uomo, infatti, ricordava molto la tenuta di un jedi -Hai catturato la mia attenzione. Dove vuoi arrivare con il tuo discorso?-

Vi fu un lieve momento di pausa.

-Hai sempre usato gli Heartless per motivi futili, ragazzo. Per semplici marachelle. Loro possono fare molto di più, se sai controllarli bene. Devi concentrarti sull'Oscurità che hai nel tuo cuore, e potrai fare molto altro che ordinare loro di rapinare una banca o vendicarti di un torto.-

-Non sono sicuro di volerli più controllare.- ammise il ragazzo, sospirando -Gli Heartless sono stati la mia salvezza, ma anche la mia rovina. Per causa loro, ho perso la prima ragazza che ho amato.-

-Se non è stata in grado di accettare questo tuo lato, vuol dire che non ti meritava! Fidati di me, cosa te ne fai di una semplice ragazzina, quando hai tutto questo potere, tra le mani. L'amore è una debolezza, ragazzo. Col tempo sarebbe svanito. Ma il potere... quello non finisce mai. E puoi plasmarlo a tuo piacimento. Puoi essere libero. Devi solo fidarti del tuo istinto.-

Da come Emma lo aveva guardato, quello sguardo carico di paura e disprezzo, non poteva illudersi che volesse rivederlo o incrociare di nuovo la sua strada con la sua.

Nonostante avesse eliminato le sue bulle ed i suoi assalitori. Non era lui ad essere sbagliato, si disse, era lei ad essere stata un'ingrata.

Seppur grata con lui, all'inizio, lei non aveva approvato i suoi metodi. Per questo era scappata.

“L'ho liberata da quella prigione e le ho permesso di stare in una casa, senza regole o restrizioni...” pensò, colmo di rabbia e stringendo i pugni “Che importa se ho infranto la legge?”

Rivolse uno sguardo al suo misterioso interlocutore.

-Dimmi cosa devo fare...-

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Note finali: sì, lo ammetto, ho stravolto la parte che Neal ha in OUAT e gli ho quasi fatto fare la parte di Lily.

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Capitolo 3
*** Futuro - Le origini ***


Note dell'autrice: ok, in questa parte saranno presenti spoiler di un progetto corrente. Leggete a vostro rischio e pericolo.
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Un'altra sirena stava suonando.

Neal era ormai abbastanza lontano dalla polizia.

Si era rifugiato dietro un albero, per non essere visto.

Ansimava, ma stava sorridendo.

Di fronte a lui, uno Shadow gli stava porgendo delle banconote.

-Ottimo lavoro. Vedrete che nemmeno stavolta ci beccheranno.-

-Che pena... Un modo orrendo di usare gli Heartless...-

Pensava di essere da solo.

Quella voce lo aveva allarmato.

Pensava fosse un poliziotto.

Ma proveniva dall'alto.

C'era un altro albero non lontano da dove si era nascosto.

Su di esso, infatti, notò due figure, una alta e l'altra bassa.

Entrambi indossavano un cappotto nero con cappuccio.

Quello più alto lo aveva abbassato, mostrando il suo volto: era un uomo di mezza età, capelli scuri striati di grigio, cicatrice su una guancia ed una benda che gli copriva l'occhio destro. L'altro era giallo.

Quella più bassa, invece, aveva il cappuccio alzato, celando il suo volto.

Entrambi erano scesi dall'albero, avvicinandosi al ragazzo.

Lui era allarmato, ma non spaventato.

-Non avvicinatevi!- minacciò, indicando allo Shadow di avanzare. Erano apparsi un paio di NeoShadow accanto a lui, per affiancarlo.

Erano in procinto di attaccare, ma un gesto dell'uomo li fermò. E li fece voltare verso chi li aveva invocati.

Neal impallidì.

-Ma cosa...?-

-Ah, non lo sapevi, ragazzo?- spiegò l'uomo, con un sorriso schernitore sulle labbra -Gli Heartless obbediscono a chi è più forte. È la loro natura, niente di personale.-

Lo Shadow ed i due NeoShadow si avvicinavano sempre più a Neal. Lui era praticamente con le spalle a contatto con l'albero.

Gli Heartless lo avevano seguito fedelmente dalla sua infanzia. Perché lo stavano tradendo? Perché quell'uomo sembrava sapere come comandarli?

-Padre...- mormorò la seconda figura; un ragazzo, a giudicare dalla sua voce -È lui il ragazzo di cui mi hai parlato?-

-Sì, figliolo. Non ero sicuro della sua esistenza, ma da come ha invocato gli Heartless ora ne sono certo. Hai di fronte il nipote di Maestro Xehanort e di Malefica.-

Neal, come il ragazzo incappucciato, si stupì. Non aveva mai saputo nulla delle sue origini, chi fossero i suoi genitori.

Ma quell'uomo... sapeva qualcosa di lui. Sapeva chi fossero i suoi nonni. Quanto sapeva di lui?

-Cosa? Io... cosa...?- mormorò, incredulo.

-Oh, innanzitutto, le presentazioni.- si inchinò con un gesto esageratamente scenico -Molto piacere, discendente di Maestro Xehanort e Malefica, io mi chiamo Xi... ehm! Luxu. Scusa, l'abitudine di farmi chiamare Xigbar negli ultimi dieci anni mi stava quasi convincendo che fosse il mio vero nome. E lui è mio figlio Carlos.- il ragazzo incappucciato fece un cenno con la testa, a mo' di saluto -Sono stato il lacchè di tuo nonno, in questi ultimi tempi. Grande persona. Avrebbe tanto voluto conoscerti di persona...-

-Io ho un nonno...?-

-Beh, tecnicamente questo nonno è morto. Ma hai ancora una nonna, per quello che vale. Ma tutto vuole, tranne che vederti. Solo perché ancora non sa della tua esistenza. Ma questi sono dettagli. Comunque, siamo qui per portarti via da questo mondo e darti una migliore opportunità. Ci aggiungiamo anche... la tua storia? Le tue ascendenze e come queste siano legate al fatto che... puoi controllare gli Heartless?-

Una proposta immediata. Non aveva nemmeno lasciato il tempo a Neal di decidere o, tantomeno, riprendersi dalla sorpresa della rivelazione sulle sue origini.

Osservò l'uomo ed il ragazzo con aria sospettosa.

-E se rifiutassi?-

-Preferisci la prigione?-

Luxu aveva indicato alle sue spalle.

I poliziotti avevano stabilito un perimetro. Erano sempre più vicini al parco.

Da due anni, Neal era ricercato.

Emma, alla fin, lo aveva denunciato.

Veniva chiamato “il rapinatore fantasma”, proprio perché non veniva mai scoperto compiere quei furti.

La polizia si era data alla sua ricerca, senza successo.

Ciononostante, lui continuava a rapinare banche usando gli Heartless.

Non aveva altra scelta.

Non sapeva nulla dei suoi genitori. Non aveva mai chiesto.

I suoi primi genitori gli avevano rivelato di averlo trovato in fasce nell'uscio della casa-famiglia, con il bigliettino“Tenetelo al sicuro”.

Finalmente avrebbe avuto l'occasione di sapere l'identità dei suoi genitori.

-Accetto.-

L'uomo fece un cenno di vittoria.

-Sì! Ora seguici, prima che ci vedano.-

Aveva allungato la mano in avanti: si era materializzato un portale di colore nero.

-Padre, non ha bisogno di una protezione?- fece notare Carlos, indifferente.

-Nah! Ha abbastanza Oscurità nel suo cuore da sopportarla. Forza, vieni, Neal!-

Carlos fu il primo ad entrare. Luxu stava attendendo la mossa di Neal.

Questi si voltò. Pensò, in quel breve attimo, alla sua vita. Nessuno lo aveva amato, tutti lo avevano allontanato. Persino Emma, la prima ragazza che aveva mai amato.

E ora era persino un ricercato.

Ormai, non c'era più niente, per lui, in quel mondo.

Luxu gli stava offrendo una possibilità. E la promessa di divenire più forte e scoprire finalmente chi fosse. Decise di coglierla al volo.

Un sorriso soddisfatto si manifestò sul volto dell'uomo, mentre, con lo sguardo, seguiva Neal nella sua via verso il portale oscuro.

Tutti e tre entrarono in una stanza buia, illuminata solo da una grande finestra.

C'erano molti libri, intorno, quindi doveva essere uno studio. Ma sembrava esservi passato un uragano.

Finalmente, anche Carlos si tolse il cappuccio: anche lui aveva gli occhi gialli, come l'uomo. Ma i capelli erano bianchi, lunghi fino al collo, con la radice nera. Assomigliava molto al padre.

Ma non sorrideva, come lui. Aveva lo sguardo alquanto cupo.

-Benvenuto, Neal.- annunciò Luxu, aprendo le braccia, come gesto di benvenuto -Scusa il disordine, ma erano decenni che questo posto non riceveva ospiti.-

-Ho delle domande, prima che cominci a raccontarmi delle mie fantomatiche origini. Primo: chi siete? Secondo: come avete fatto a trovarmi?-

-Beh, come ti ho detto prima, io sono Luxu, e lui è il mio figlioletto Carlos. Guardalo, non è la mia copia sputata? E, in aggiunta, siamo custodi del Keyblade, come lo era tuo nonno.- allungò una mano: in mezzo a delle scintille, era apparsa una chiave gigante, nera, con l'elsa a forma di testa di capra e con un occhio azzurro incastonato sulla lama; come era apparsa, così scomparve -Quindi, ecco un'altra rivelazione su di te, mio caro! Sei anche un custode del Keyblade! E per rispondere alla tua seconda domanda, è stato appunto il tuo nonnino a chiedermi di cercarti, in caso di fallimento del suo piano.-

Neal era sempre più confuso. Suo nonno aveva chiesto di lui? Perché non era venuto a cercarlo personalmente?

Luxu, notando il suo sguardo, sospirò.

-D'accordo. Prenditi una sedia, ragazzo. Sarà una storia mooooolto lunga.-

Neal fece come richiesto, senza obiettare: prese una sedia, la meno rovinata, e prese posto.

Carlos appoggiò la schiena sulla parete, senza curarsi della polvere.

Luxu, invece, si sedette su quella che, a prima vista, sembrava una scrivania.

-Allora, da dove comincio...? Ah sì! Partiamo dalla storia della fata che divenne la strega più temuta di tutti i mondi.-

Gli raccontò la storia di due sorelle, fate, tratte in inganno da un re malvagio, che catturò una di loro per impossessarsi del suo potere. L'altra, distrutta dal dolore, decise di divenire più potente per vendicarla, arrivando persino ad uccidere un drago e divorare il suo cuore, per impossessarsi dei suoi poteri. Distrusse il regno del re malvagio, trasformata in un drago, ma, con quell'atto, venne esiliata dal regno delle fate, rea di aver ceduto all'Oscurità.

Quella fata era Malefica, la strega più temuta in tutti i mondi.

Anni più tardi, si diceva, nei regni, che avesse deposto un uovo.

Due sovrani, con l'aiuto delle fate, avevano rubato quest'uovo ed esiliato in un altro mondo.

Il figlio, o meglio, la figlia di Malefica fu data per scomparsa, ma non decedette.

Fu trovata da una coppia di coniugi senza figli, che la adottarono e la crebbero come fosse figlia loro.

Questa figlia, anni dopo, incontrò un ragazzo, con cui si sposò.

Ebbero un figlio. Ma, nessuno sapeva come, il padre del ragazzo lo venne a scoprire ed era partito alla sua ricerca.

Il padre era Maestro Xehanort.

Da chi avesse avuto il figlio, non lo sapeva neppure Luxu.

Ma aveva pianificato di proseguire la sua stirpe, insieme al suo piano di far invadere i mondi dall'Oscurità.

La prima cosa che aveva insegnato al figlio, infatti, fu come controllare l'Oscurità ed essere un bravo custode del Keyblade.

Ma il figlio non approvava il piano o la filosofia del padre; per questo, era scappato da lui.

Per anni, aveva celato la sua presenza al padre.

Tuttavia, con la nascita del figlio, suo padre era apparso.

Era alla ricerca del nipote. Aveva percepito la sua Oscurità. Era decisamente potente, essendo nato da due discendenti di persone che avevano ceduto all'Oscurità.

Ma il figlio e sua moglie lo avevano già portato via.

Il silenzio era costato la vita di entrambi.

Per un attimo, il cuore di Neal aveva smesso di battere. Aveva sempre immaginato i suoi genitori, pensiero comune degli orfani.

Non era contento che i suoi genitori fossero morti per mano del nonno paterno, ma scoprire di essere discendente di due persone potenti lo fece sorridere.

-Avevo sempre pensato di essere diverso dagli altri. Ma questo...?- si guardò le mani, sorridendo -Ora capisco perché gli Heartless mi obbediscono...-

Naturalmente, Luxu non aveva tralasciato di spiegare al ragazzo cosa fossero davvero gli Heartless.

Mai avevano avuto un padrone fisso, con l'eccezione di Ansem. Neal era divenuto il loro nuovo padrone, a quanto pare.

Ma non erano le uniche creature oscure. C'erano anche i Nessuno ed i Nesciens.

Con ogni probabilità e con un adeguato allenamento, Neal avrebbe controllato anche essi.

-Tuo nonno lo avrebbe voluto.- concluse Luxu -Dopotutto, sei sangue del suo sangue. E sarebbe stato fiero di te. Gli ho promesso che ti avrei addestrato con il Keyblade, non appena ne avresti ottenuto uno, oltre a controllare ogni abitante dell'Oscurità e, perché no? L'Oscurità stessa.-

Era una grande occasione. Finalmente Neal poteva diventare potente e temuto.

Gli ritornarono in mente dell'uomo incappucciato che aveva incontrato due anni prima: con un potere simile, in effetti, cosa ne avrebbe fatto dell'amore? Non ne aveva più bisogno.

Lui era l'unione di due Oscurità potenti. Era Oscurità pura.

Non c'era spazio per l'amore. O qualsiasi altro legame.

-Mi insegnerai a controllare la mia Oscurità? I miei Heartless?-

-Ancora meglio!- esclamò Luxu, con occhio colmo di ambizione; stava persino esibendo un sorriso malefico -Non ti ho forse detto che tua madre era un drago, come tua nonna?-

Sì, lo aveva detto.

-E se anche il loro sangue scorre nelle tue vene, quel potere deve essere passato a te. Diamine, la nostra parte sta aumentando di qualità.-

-Di che stai parlando?-

Luxu si era alzato. Carlos lo stava seguendo.

-Tuo nonno aveva previsto un fallimento, nel suo piano. Ma ogni stratega ha sempre in mente il piano B. In questo caso, tu, caro Neal. Sei pronto a ripristinare il piano di tuo nonno e concludere ciò che ha iniziato?-

Neal non aveva mai conosciuto suo nonno. Ma da come Luxu gli aveva raccontato, era un uomo ambizioso, che bramava il potere. Ed essere temuto.

Come lui.

Aveva ucciso i suoi genitori, ma ammirava comunque i suoi sforzi per realizzare il suo sogno, incurante del prezzo o delle conseguenze.

Un sorriso malvagio apparve sulle sue labbra. E un'ombra gialla passò sui suoi occhi scuri.

-Insegnami...-


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"They say I'm trouble, they say I'm bad.
They say I'm evil, and that makes me glad.
A dirty no good, down to the bone.
Your worst nightmare, can't take me home.
I've got some mischief in my blood.
Can you blame me? I've never got no love.
They think I'm callous, a low-life hood
I feel so useless, misunderstood.
Mirror mirror on the wall,
who's the baddest of them all?
Welcome to my wicked world,
Wicked world.
I'm rotten to the core.
Rotten to the core.
I'm rotten to the core, who could ask for more?
I'm nothing like the kid next door.
I'm rotten to the core."


 

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Note finali: sorpresi? Neal è il nipote di Maestro Xehanort e Malefica. Mi sono ispirata all'ultimo Star Wars, per questa rivelazione. Bene, spero che questa "demo" del mio progetto futuro vi sia piaciuta. Non la storia, ma almeno il succo. L'ho detto, è una "demo", giusto perché avevo voglia di scrivere qualcosa. Sapete quando hai qualcosa in mente ma non riesci a tenertelo? Ecco, avevo voglia di sfogarlo alla "come viene, viene". Spero abbia stuzzicato la vostra curiosità! Ciaociao e alla prossima! 

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