Fairfarren

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un po' di tempo prima ***
Capitolo 3: *** La cicatrice ***
Capitolo 4: *** Il giuramento ***
Capitolo 5: *** L'annuncio ***
Capitolo 6: *** I preparativi ***
Capitolo 7: *** La cerimonia ***
Capitolo 8: *** I poteri ***
Capitolo 9: *** Smascherati ***
Capitolo 10: *** La prima prova ***
Capitolo 11: *** La seconda prova ***
Capitolo 12: *** La terza prova ***
Capitolo 13: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il prologo è breve, ma i prossimi capitoli saranno più lunghi...promesso! (buuuuu ancora in giro sei, buuuuu)

Salve, sono tornata in azione su questo fandom e stavolta siamo in 3!

Io (Jarmione la rompiscatole), Trainzfan (con grado di parentela mooolto stretto con Jarmione e beta della storia) ed infine...rullo di tamburi...Fiore del deserto (colei che sopporta Jarmione, le sue idee...poveretta, per supportarla vi suggerisco di passare dalla sua pagina e le sue storie)

Detto questo, vi lascio alla lettura e spero che questo prologhino-ino-ino vi lasci un minimo di curiosità (buuuuuuuu ci hai rottooooo)

A presto

 

 

 

Sarah stava ascoltando le parole del re di Goblin con la mente annebbiata.

Qualunque cosa egli stesse dicendo, lei non stava capendo assolutamente nulla.

Era rimasta alla frase precedente, quella in cui le veniva detto di andarsene.

Quella frase, era stata sufficiente per mandarle in fumo ogni cosa...compresi i suoi sogni.

Venne presa sotto braccio e trascinata qualche passo più indietro.

Jareth la stava guardando e nei suoi occhi era palpabile il rimorso, che lo divorava probabilmente da giorni.

“Fairfarren, Sarah” mormorò

“Jareth, no!”

Poi il buio.

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Capitolo 2
*** Un po' di tempo prima ***


Ecco a voi il primo vero capitolo e spero sia di vostro gradimento (buuuuu che schifo buuuuu, pussa viaaa)

Vi ricordo che siamo sempre in tre a gestire questa storia e che:

  • Fiore del deserto è una grande collaboratrice...per le descrizioni mi aggrappo a lei come un bradipo al suo ramo (grazie tesoro)

  • Trainzfan è il mio beta e, a tal proposito, se il capitolo ha errori diamo la colpa a lui XD (però lui sa quanto gli voglio bene...ihihih)

 

Buona lettura

 

 

 

UN PO' DI TEMPO PRIMA...

 

Un sole strano, se così lo si poteva definire, illuminava il mondo.

Era ormai da tempo che esso non sorgeva né tramontava; al suo posto vi era quella palla del colore della neve la quale emanava altrettanto calore.

Un velo di brina perenne aveva invaso l’intero labirinto e costretto tutti i suoi abitanti a chiudersi nelle rispettive case o tane.

Jareth chiuse nervosamente la finestra; il labirinto lo ignorava ormai da almeno cinque anni.

Esso non obbediva più ad alcun ordine che gli veniva impartito e aveva chiuso le sue mura, obbligando i suoi abitanti a restare al suo interno. Solo lui e l’eventuale suo seguito avrebbe potuto varcarne i confini; ma per quale scopo farlo? Si chiese.

Jareth, dopo la sconfitta subita, aveva perso la sua forza e tutti i suoi poteri, costretto ora a vivere perennemente con uno dei suoi più fedeli servitori al suo fianco.

Questi lo aiutava a vestirsi e a tenerlo informato sulle condizioni del popolo.

Tutte cose che, un tempo, Jareth eseguiva con la magia ed in autonomia.

Si sentiva inutile, un fallito.

Un re, senza più alcun potere, il cui regno reclamava la sua ignara regina.

Avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto come minimo immaginarlo.

Se quando aveva tolto il tempo a quella stupida umana lo avesse fatto con tre ore invece che due, forse non si sarebbe ridotto in quello stato; non sarebbe stato sconfitto e non avrebbe perso i suoi poteri.

Ogni volta che tentava di utilizzarli, o voleva controllare se per caso erano tornati, il suo medaglione si attivava ed un dolore lancinante al petto lo costringeva ad inginocchiarsi a terra senza fiato.

Erano infatti circa due mesi che non ci provava nemmeno più.

Il dolore era così insopportabile da aver superato persino la sua proverbiale cocciutaggine.

Ormai non era più nemmeno in grado di trasformarsi in barbagianni e questo lo infastidiva ancor più del non aver poteri.

Più ci pensava e più il nervoso saliva, tanto che per sfogarsi tirò un pugno al muro. Non avendo ottenuto il risultato sperato, cioè fare una bella crepa, si sfogò sulla sedia accanto al letto.

Essendo di legno, ovviamente, offrì una minore resistenza per cui si incrinò.

Non era molto, ma si accontentò.

Avrebbe preferito la crepa, così il castello, magari, sarebbe crollato e la faceva finita.

Dannato labirinto e dannate anche le leggi dell’Underground.

A causa di esse era ridotto così.

Quella dannata umana non poteva conoscerle e, volendo ben vedere, non le si poteva nemmeno imputare colpe.

Era stato lui a darle il libro e lo aveva fatto sotto ordine del labirinto.

Era stato lui pure a far sì che lei arrivasse fin lì e sempre sotto ordine del labirinto.

Ma né lui né il labirinto avevano previsto la testardaggine e la determinazione della ragazza. Il risultato era una situazione di stallo insostenibile: Jareth non poteva più governare ed il labirinto ora reclamava una regina che non sapeva nemmeno di esserlo.

Se solo avesse potuto sfogare la sua rabbia.

“Inutile dire che non risolvereste nulla così” una voce rassegnata alle sue spalle lo costrinse a darsi un contegno.

“Se hai suggerimenti, dimmi, ti ascolto” ribatté Jareth, ben sapendo che non avrebbe ottenuto risposte.

Il giovane servo sospirò, ripulì da alcuni rametti la scura camicia che indossava e si sistemò i lunghi capelli neri in una coda ordinata dietro la testa.

“Giungo ora dai confini del regno, dalla Torre del Nord”

A quelle parole, Jareth si irrigidì già presagendo di che cosa si potesse trattare.

“Gli elfi sono giunti alla barriera e chiedono di voi”

Jareth si portò una mano guantata al volto.

Il giorno che tanto paventava era giunto.

Gli elfi governavano l’intero Underground e qualunque decisione o legge in merito ad esso veniva presa da loro.

Proprio loro avevano contribuito alla perdita dei suoi poteri.

“Andiamo a raggiungerli” ordinò.

Il servitore annuì chinando il capo ed uscì dalla stanza, recandosi al portone di ingresso del palazzo.

Jareth lo raggiunse poco dopo. Aveva bisogno di studiare un piano alla svelta, ma la cosa non era così semplice.

Vista la mancanza di tempo materiale per ideare qualcosa di strutturato decise che, per il momento, avrebbe per così dire suonato ad orecchio.

Raggiunse l’ingresso e avvertì una spiacevole sensazione di vuoto dentro di sé.

Il labirinto, un tempo vivo e pieno di insidie come piaceva a lui, era ormai ridotto ad un mucchio di brina bianca che il pallido sole non riusciva mai a sciogliere. Freddo e spettrale come era diventata pure la sua esistenza.

Al posto dell’intrico di viuzze contorte che caratterizzava la città, ora vi era un unico passaggio che portava direttamente all’ingresso del labirinto.

Al posto delle urla e degli schiamazzi dei suoi goblin ora il silenzio regnava sovrano.

Sebbene fossero passati già cinque anni, ancora non si era abituato e non intendeva farlo.

Si morse le labbra, trattenendo un grido di rabbia.

Accanto a lui, in attesa, c’era un maestoso cavallo nero, la cui criniera veniva mossa dal vento sulle cui onde sembrava danzare.

Si sistemò il mantello e montò in groppa al destriero con un agile balzo, facendo emettere all’animale un nitrito sommesso, quasi scocciato.

“Non è colpa mia se ti rifiuti di indossare la sella” ribatté Jareth, facendo sbuffare l’animale, il quale scosse la testa.

Dopo essersi assicurato che Jareth fosse ben saldo, questi partì al galoppo lungo il viale che portava all’uscita del labirinto, le cui porte si aprirono automaticamente al loro passaggio.

Una volta fuori, il destriero aumentò la sua velocità, ritrovandosi in pochi minuti oltre le colline che circondavano il labirinto.

Una landa desolata si estendeva fin dove lo sguardo giungeva.

Alberi spogli e secchi delimitavano una strada sterrata che proseguiva dritta pur, ogni tanto, dividendosi in sentieri più stretti all’interno di quella che, un tempo, era una rigogliosa foresta.

Anche se si era ripromesso di non farlo, Jareth non poté fare a meno di guardarsi attorno.

Vedeva le tane cadenti delle creature che abitarono quel luogo ormai deserto. In lontananza si poteva scorgere una radura dove, tempo addietro, crescevano fiori e piante curative; solo sterpi e rovi, ormai, regnavano sovrani.

Il fiume, che sgorgava dalle montagne dell’Est e giungeva fino al centro della radura alimentando un piccolo laghetto, si era prosciugato e le povere creature che volevano dissetarsi dovevano accontentarsi della poca linfa presente nelle cortecce.

Il suo regno, il suo popolo, stava morendo e lui era inerme davanti a tutto questo.

La sua attenzione fu richiamata da un nitrito del cavallo. Scosse la testa e guardò verso la Torre del Nord, che segnava il confine del suo regno; era sempre più cadente e sembrava che potesse crollare al primo soffio di vento.

Verso la cima mancavano persino i mattoni e si poteva vedere al suo interno la scala a chiocciola che portava alla sommità dove un tempo le sue guardie avevano vegliato sui confini protetti da un potente incantesimo elfico.

Quella barriera magica era l’unica cosa rimasta intatta e che permetteva al suo regno di restare al sicuro dalle minacce esterne.

Il destriero nitrì di nuovo, sommessamente, e Jareth si accorse solo in quel momento degli elfi che già erano lì ad aspettarlo.

“Li ho visti.” Mormorò sbuffando.

Giunti alla barriera il cavallo si fermò e fece scendere Jareth, tornando poi nella sua forma Fae e sistemandosi i capelli scompigliati.

Ad attenderli un gruppo di cinque elfi, assieme al loro re, in groppa a dei cavalli bianchi corazzati con armature argentate, archi e frecce a portata di mano.

Jareth assunse uno sguardo ed un sorriso sarcastico “Re Mihal, non ci vediamo da…cinquantadue anni?” guardò i soldati al suo fianco “Vedo che non avete ancora imparato che arco e frecce sono lievemente superati”

“E tu non hai ancora imparato a portare rispetto a chi ti è superiore?” disse il re, facendo cambiare espressione a Jareth “Non sei più re, Jareth, non siamo più alla pari”

“Mi sembra corretto” Jareth fece un inchino fin troppo evidente “A cosa devo l’onore della sua visita, caro re Mihal?”

“Non cambierai mai, Jareth” il re era serio “La tua arroganza ti porterà su una strada senza ritorno”

Jareth, che comunque non aveva alcuna intenzione di modificare il suo atteggiamento, gli lanciò uno sguardo di sfida e restò in attesa che proseguisse.

“Immagino che tu sappia perché siamo venuti qui” disse il re soprassedendo alla cosa

“E immagino che voi sappiate di già la mia risposta”

Il re era contrariato “Jareth!” Disse “ti abbiamo concesso fin troppo tempo! Il tempo per rimetterti in forza, ma ora sono costretto a ricordarti quali sono le nostre leggi!”

Jareth smorzò il suo sorriso, senza però smettere di guardarlo.

Conosceva la legge e sapeva bene che nessun regno poteva stare senza che fosse retto da un re e la sua regina.

Se fosse stato vedovo o solo sarebbe stato diverso.

Il labirinto stesso lo avrebbe riconosciuto come unico sovrano e gli elfi non sarebbero stati lì ad intimargli di andarsene.

Ma la questione, in quel momento, era diversa.

Se un sovrano si invaghiva di una donna, ed essa riusciva a tenergli testa oppure lo avesse ricambiato, il regno stesso l’avrebbe considerata quale degna sovrana.

Nella maggior parte dei casi, la futura regina si innamorava dello spasimante di sua spontanea volontà oppure lo assecondava solo per la posizione che ne sarebbe derivata. Nel suo caso specifico, le cose erano andate ben diversamente ponendolo, quindi, al di fuori della legge.

“Devi abbandonare il regno!” Proseguì re Mihal “Hai esattamente tre giorni per andartene”

Jareth si sentì sprofondare. Non voleva abbandonare il suo regno.

A suo tempo lui era giunto in quel luogo in quanto sapeva che il trono era vacante da secoli. Infatti, gli ultimi sovrani erano morti durante la grande guerra di scissione dei regni avvenuta mille anni prima.

Era stato anche lui messo alla prova come tutti gli altri pretendenti che l’avevano preceduto. Il labirinto lo aveva costretto a superare le sue insidie e, alla fine, dopo le fatidiche dodici ore era riuscito a raggiungere incolume il castello.

Instaurato il nuovo sovrano tutto era cambiato ed il regno era ritornato ad essere rigoglioso e pieno di vita. Giunto nella sala del trono, il labirinto gli aveva consegnato il medaglione del potere...lo stesso medaglione che ora gli provocava dolore ogni volta che cercava di utilizzarlo.

Per la prima volta in vita sua si era sentito vivo. Era libero e con un regno tutto suo da governare e modellare come meglio credeva.

Tutto questo accadeva cinquantadue anni prima e proprio re Mihal gli aveva concesso di prendere possesso di quel regno.

Per quanto considerasse i goblin e le altre creature come feccia dell’Underground si sentiva comunque responsabile della loro esistenza.

Ancora oggi teneva al suo popolo ed in particolare al suo servitore, che da cinque anni lo sosteneva fedelmente in tutto e per tutto.

Non era fatto di pietra.

Non li avrebbe abbandonati anche se questo avrebbe comportato enormi difficoltà.

No, non si sarebbe lasciato sopraffare.

“Non prendo ordini da chi crea leggi da cui si esime” azzardò Jareth sapendo di poterselo permettere “Dove si trova la vostra regina, re Mihal? Non la reclama il vostro regno?”

Re Mihal, colpito sul vivo, scese d’istinto da cavallo e si avvicinò a lui minaccioso, ma la barriera di energia, che comunque continuava a proteggere il regno e chi vi risiedeva, resistette e costrinse il re degli elfi a debita distanza.

“Come vedi la barriera ancora resiste e riconosce di avere un sovrano” disse Jareth allargando le braccia.

“Bada a te, Jareth!” disse a denti stretti il re “Sono stato fin troppo tollerante nei tuoi confronti, questo tuo atteggiamento non è accettabile”

“Da che pulpito…” commentò Jareth sarcastico.

“Potrei dichiararti guerra e tu lo sai!”

“Minacce molto forti” ribatté Jareth “Ma so farle anche io, se voglio” fece due passi avanti, ritrovandosi improvvisamente archi e frecce puntati addosso.

Re Mihal fermò i suoi uomini e lasciò che Jareth si avvicinasse un poco. Per qualche istante si fronteggiarono a muso duro separati solo dall’invisibile ed inviolabile barriera. Poi, improvvisamente, come solo lui sapeva fare, Jareth sollevò un sopracciglio e, pacatamente, disse “Lasciamo perdere. Mi impegno entro tre giorni a sposare la regina che il labirinto reclama. Sposerò l’umana che mi ha ridotto in questo stato. Mi siete testimoni tutti che se non dovessi riuscire nel mio intento siete liberi di dichiararmi tutte le guerre che volete, perché, comunque, io da qui non mi muovo!”

Detto questo, prima che re Mihal potesse ribattere alcunché, si voltò e si ridiresse verso il suo servitore che lo attendeva poco più in là. Fatti pochi passi, improvvisamente, tornò a voltarsi verso la barriera e dichiarò “Al contrario, se dovessi riuscire a convincerla, le leggi che valgono per me dovranno valere anche per voi. Vedremo se il vostro regno sarà ancora così splendido dopo che avrà reclamato una regina che non siete in grado di dargli”

Re Mihal sgranò gli occhi “N-non oserai…”

“Oh, sì che oserò” sorrise Jareth, sapendo di averlo per ora in pugno “ho la fortuna di avere anche sangue elfico nelle mie vene e quindi posso proporre ed imporre le mie scelte, se mi va” spiegò “Sei solo fortunato che non sono interessato al tuo regno”

“Sai cosa significa questa tua minaccia?” replicò re Mihal cercando di riprendere un poco il controllo.

“Oh sì, significa morte certa se non riesco ad adempiere al mio dovere” rispose “Ma se, al contrario, ci riesco pregusto già la soddisfazione di vedere il tuo regno cadere nell’oblio”

Re Mihal avrebbe voluto ribattere qualcosa di valido ma, purtroppo, al momento non era in grado di pensare a nulla più che delle imprecazioni ovviamente non consone alla sua posizione.

“Non finisce qui!” riuscì, alla fine, a dire il re, risalendo a cavallo “Ci rivedremo presto” concluse, facendo voltare il destriero e partendo al galoppo seguito dai suoi accompagnatori.

Jareth lo osservò sparire dietro la collina rigogliosa delle terre di Elnar, governate dagli elfi.

“Lo vedremo, lo vedremo.” Rimase immobile a fissare il vuoto, rendendosi conto solo ora di quanto in là si fosse spinto.

Si morse le labbra. Ormai si era auto condannato e l’unico modo per uscirne era adempiere a quanto promesso.

Un semplice Fae non avrebbe avuto tutto quel potere decisionale e sarebbe stato cacciato subito senza troppi problemi; ma lui aveva metà sangue elfico e questo gli dava determinati privilegi.

Doveva andare nell’Aboveground e riprendere Sarah Williams alla svelta.

Ma come? Non aveva più poteri e non poteva nemmeno trasformarsi. Come sarebbe andato lassù?

Sospirò e realizzò che questo compito poteva eseguirlo solo una persona al suo posto.

“Kal!” Disse rivolto al suo fedele servitore, che era rimasto in disparte fino a quel momento “Ho un favore da chiederti”

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Capitolo 3
*** La cicatrice ***


E rieccomi con il secondo capitolo!

Spero sempre di attirarvi, ma già so che non ve ne frega nulla e che sto parlando al vento.

Vi voglio sempre bene, sappiatelo.

Vi ricordo, come sempre, che questa storia è scritta in collaborazione con:

Fiore del Deserto e Trainzfan

Un grazie ad Evelyn80 che ha la pazienza di sopportarmi in ogni mia singola pazzia, comprese quelle in collaborazione.

KISS my dear

Buona lettura

 

 

 

“L’altra notte ho fatto un sogno, ho sognato una voce che chiamava il mio nome” un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra “Era una voce fredda ma allo stesso tempo era familiare, mi sembrava di conoscerla ma non riesco ad abbinarla a qualcuno in particolare” Sarah si portò le mani alla testa e chiuse gli occhi, come a voler tentare nuovamente di dare un volto a quella voce glaciale che, nei suoi sogni, era più che un sussurro.

“Tu mi crederai pazza ed avresti anche ragione, ma…credimi se ti dico che, nel profondo, sono convinta che quella voce è collegata a questa” si passò una mano sul petto dove una grossa cicatrice dalla forma insolita, simile ad un uccello in volo, spuntava fuori dalla maglietta bianca di cotone che indossava.

Ancora ricordava quel giorno come se fosse accaduto poco prima. Stava tornando da scuola, come ogni giorno, quando all’improvviso aveva sentito un bruciore al petto che le aveva tolto il fiato e le aveva fatto emettere un grido di dolore così acuto da fare accorrere la proprietaria del negozio di scarpe sull’angolo della strada.

Dopo quell’episodio doloroso le era comparsa quella cicatrice, inspiegabile, che, con il trascorrere del tempo, aveva assunto una forma sempre più nitida.

A quante rinunce aveva dovuto sottostare per potersi permettere le visite e le analisi necessarie per capire la sua origine.

Le avevano persino ipotizzato un fenomeno di autocombustione proprio in quel punto ma era una teoria che non stava in piedi per cui Sarah era rimasta senza una risposta e con il petto che le bruciava un giorno sì e l’altro no senza un comprensibile motivo.

Adesso erano quasi due mesi che non sentiva nulla; così come erano arrivati, i bruciori erano spariti.

Nonostante questo, comunque, temeva ancora che potessero improvvisamente tornare a tormentare pesantemente la sua vita.

A volte si era chiesta come potesse una cicatrice crearle tali difficoltà di vita, ma aveva dovuto ammettere con sé stessa che questo fatto le aveva generato delle forti barriere psicologiche.

Restava anche il fatto che, ormai, dormiva pochissimo e, frequentemente, si svegliava improvvisamente, nel cuore notte, con la sensazione, fortunatamente non reale, che i lancinanti dolori fossero tornati.

Solo dopo aver fatto diversi profondi respiri riusciva finalmente a calmarsi. A quel punto, spesso, si alzava e si recava nella stanza del fratellino; si accoccolava accanto a lui che, su di lei, aveva una sorta di effetto tranquillizzante in quella crisi che ormai la perseguitava da quasi cinque anni.

Era lui che, alla sua maniera, l’ascoltava e la confortava.

Il più delle volte la obbligava a giocare con lui per distrarsi, altre volte stava semplicemente ad ascoltarla e le dava quelli che lui chiamava “suggerimenti” e, per quanto ingenui ed infantili, in alcuni casi si erano rivelati di una certa utilità.

D’altra parte si sa che un bambino piccolo, forse perché non ancora uniformato al conformismo del pensiero razionale, a volte può arrivare a conclusioni inaspettate e difficilmente raggiungibili da un adulto. Ed ora era lì, a parlare con Toby, che, dall’alto dei suoi sei anni e mezzo, stava ad ascoltare rapito le sue parole e sembrava già pensare ad una risposta da darle.

Era un bambino intelligente, bravo a scuola ed amichevole con tutti; esattamente il contrario di lei, che a causa del suo pessimo carattere, aveva fatto terra bruciata attorno a sé.

Ma poco le importava: era Toby il suo migliore amico anche, comunque, perché era l’unico che non si sarebbe sognato di giudicarla.

A volte si chiedeva come avesse potuto odiarlo quando era più piccolo, tanto da desiderare che i goblin lo rapissero. Doveva davvero essere stata una stupida anche solo per averlo pensato per non dire sognato.

E che sogno incasinato era stato.

Aveva superato un labirinto in 13 ore e sconfitto il re dei goblin per riprendere suo fratello.

Quel sogno, comunque, le aveva dato molto: le aveva insegnato il valore dell’amicizia e l’amore profondo che ora provava verso il suo Toby.

Ora non avrebbe mai potuto vivere senza di lui e, per quanto fosse strano ammetterlo, neanche senza Karen e suo padre.

Aveva superato l’avversità verso la donna quando questa aveva provato a contattare la sua vera madre per informarla dello stato di salute precario della figlia ed ella le aveva risposto, con aria pure un poco scocciata, che si trovava nel bel mezzo di una importantissima tournée e che, per almeno altri tre mesi, non se ne parlava di poter rientrare.

A quel punto era stata Sarah stessa a dirle di non disturbarsi a passare a trovarla quando fosse tornata in zona e da allora aveva chiuso con lei qualunque tipo di contatto.

Lei era riuscita a rinunciare al college, al suo sogno di lavorare in un asilo ed anche a quello di recitare in un teatro nel tempo libero.

Se era riuscita lei, che aveva ottenuto offerte dai più prestigiosi college, perché sua madre non poteva rinunciare a qualcosa per sua figlia?

Ovviamente sapeva pure la risposta a questa retorica domanda: pura e semplice mania di protagonismo. Era ovvio che se lei si fosse allontanata dal tour il suo gruppo avrebbe continuato a lavorare utilizzando naturalmente la sua sostituta e lei non poteva sopportare di essere soppiantata da qualcuno che le avrebbe portato via gli applausi altrimenti a lei destinati.

Una persona così era meglio perderla che trovarla.

Era stato nel primo mese di ospedale e controlli che aveva capito quanto avesse giudicato male Karen e quanto fosse una donna straordinaria non foss’altro come aveva cresciuto il piccolo Toby.

“Beh, è una cicatrice speciale.” disse lui tranquillamente, mentre giocava alla guerra con i peluche che gli aveva regalato Sarah anni prima tra cui anche Lancillotto, il suo preferito.

“Tu dici?” sorrise lei.

“Ha la forma di un uccello e nessuno ha cicatrici a forma di uccello, quindi è speciale” dichiarò il bambino e aggiunse “In più tu adesso sei grande e sei libera come un uccello e puoi volare ovunque vuoi”

Sarah non poté fare a meno di sorridere e dargli un bacio sulla fronte.

Poi alzò lo sguardo e notò che si erano fatte le nove “Tesoro, è ora di andare a dormire”

Toby sbuffò “Cinque minuti, sorellona, non ho sonno!”

“Ma domani hai scuola e sai come reagisce la mamma se ti addormenti di nuovo sul banco come la scorsa settimana”

Toby le fece la linguaccia, ma si ritrovò costretto ad obbedire. Per lui era meglio ascoltare Sarah che attendere la madre, in quanto quest’ultima tendeva a sgridarlo se non obbediva.

Tra sbuffi e sbadigli riuscì ad infilarsi sotto le coperte e, nonostante avesse chiesto a Sarah di raccontargli una storia, crollò addormentato nel giro di un paio minuti.

Sarah uscì dalla stanza in punta di piedi ed avvisò i genitori che Toby era sistemato e che sarebbe andata a letto anche lei.

Ovviamente, mentiva.

Ormai dormire era diventata un opzione che non si poteva più permettere. Ogni volta che chiudeva gli occhi si risvegliava dopo dieci minuti; una sola volta era riuscita a stabilire il record di ben un’ora filata!

Si sedette alla toletta e si guardò allo specchio.

Le occhiaie erano visibili, ma lei cercava di non badarci.

Sarah Williams, ambiziosa e orgogliosa, ridotta ad essere l'ombra di sé stessa e tutto a causa di una cicatrice.

Ricordava molto bene dove aveva visto quella forma, chi la indossava ma come poteva esserci un collegamento?

Scosse la testa; era impossibile!

Era stato tutto solo un sogno; come poteva un'illusione essere reale?

Non trovava risposta e forse mai l'avrebbe trovata.

A Karen e a suo padre non mai aveva detto nulla relativamente a quell'episodio e, di certo, non ne avrebbe parlato adesso.

Non le avrebbero certamente creduto oppure, se le avessero dato retta, l'avrebbero internata prendendola per pazza.

Si guardò attorno; che cambiamenti aveva fatto in questi ultimi cinque anni.

Per non gravare sulla famiglia, aveva indetto un mercatino ed aveva venduto tutta la sua roba, i suoi giocattoli e persino i suoi vestiti, rimpiazzati da quelli smessi di Karen.

Così si era potuta permettere una delle tante visite effettuate prima di ricevere il definitivo “Non c'è nulla che possiamo fare” quasi fosse malata terminale.

Ma se avesse evitato di esprimere quel desiderio, sarebbe forse andato tutto diversamente?

Probabilmente no, visto che quel desiderio si trattava in realtà di un sogno e quindi non era mai accaduto.

Si ridestò dai suoi pensieri udendo dei passi sulle scale.

Keren e suo padre stavano salendo.

Spense la luce e si mise sdraiata sul letto, fissando il soffitto in attesa di un'ispirazione.

Si passò una mano sul petto, tracciando con le dita il contorno della cicatrice e sospirando.

Due mesi di assoluto silenzio, ma il terrore che ricominciasse a bruciare era tale da impedirle il sonno nonché ogni tipo di divertimento.

Si era auto reclusa.

“Dannata cicatrice” mormorò, trattenendo altri tipi di imprecazioni.

Si mise sul fianco, la faccia rivolta al muro dove il suo amato poster di Escher ne occupava la maggior parte.

Il mobile a scomparti, dove un tempo conservava tutti i suoi pupazzi, ora era pieno di libri adatti allo studio e di favole. Questi ultimi li teneva per Toby oltre che per ricordo.

I pochi scomparti liberi, erano stati occupati da quei rari oggetti di cui non era riuscita a farne a meno.

L'unica cosa che aveva venduto con tanta soddisfazione era il carillon che le aveva regalato sua madre, con la ballerina dal vestito bianco a sbuffi.

Doveva ringraziare Karen se non lo aveva buttato.

Gli oggetti rimasti erano tutti quelli che le ricordavano il sogno avuto cinque anni prima e che le era sembrato tanto reale.

La statuetta in legno raffigurante il nano Hoggle, un pupazzo raffigurante un prode cavaliere di nome Dydimus, un altro che aveva lo stesso aspetto dei Fayries ed infine un modello raffigurante il re dei goblin.

Non sapeva perché li avesse voluti tenere, specie la statua del re; dopo tutto si era trattato di una sorta di incubo dove ne aveva dovute passare di tutti i colori.

Ogni oggetto era un ricordo ed ogni ricordo era un colpo al cuore, non sempre piacevole.

Sospirò e tentò di dormire.

Ovviamente un'ora e mezza dopo, mentre dalla camera dei genitori si udiva il padre russare, lei era ancora sveglia con il petto formicolante.

Sbuffò sonoramente, per fortuna nessuno la sentì.

Fece per voltarsi, ma udì un rumore strano, come una specie di POP.

Pochi istanti dopo, dei passi lenti avanzavano dalla porta verso di lei.

Sarah si girò di scatto con l'intenzione di gridare, ma si ritrovò con una mano sulla bocca che soffocò ogni suo tentativo.

Davanti a lei c'era un uomo, alto e avvolto da un mantello scuro.

Non riusciva a distinguere bene i suoi lineamenti o il colore dei capelli a causa del buio, ma capì che chiunque fosse non era...normale?

“La prego, non si metta a gridare” la voce calma e suadente dell'uomo non sembrò tranquillizzarla “Non ho cattive intenzioni e chiedo il permesso di poter parlare”

Sarah, seppur ad occhi sgranati, annuì e lui tolse la mano per darle la possibilità di parlare.

“C-chi sei tu?” fu tutto ciò che Sarah disse con voce tremante, accendendo la luce per vedere il suo interlocutore

Un tempo non avrebbe avuto paura di nulla ma, da qualche tempo a questa parte, se si spaventava lo notavano tutti.

Davanti a lei un uomo, giovane e alto, dai lunghi capelli neri raccolti in una coda.

Camicia e pantaloni dello stesso colore; ugual cosa per quanto riguarda gli stivali.

Sembrava uscito da un film ambientato nel medioevo e questo a Sarah non piacque.

In quel momento giunsero di nuovo nella sua mente i ricordi di quel dannato sogno e, guardando l'uomo ed il suo aspetto, iniziò a credere che, probabilmente, non si fosse trattato di un sogno e che egli fosse una conseguenza.

Oppure stava avendo allucinazioni dovute all'insonnia.

Si passò una mano davanti al volto, ma l'uomo non sparì.

I lineamenti erano fini e taglienti e lo rendevano tutto tranne che umano.

Chiunque egli fosse, lo vide inchinarsi in modo rispettoso nei suoi confronti.

“Il mio nome è Kal, signorina, vengo a nome del mio padrone” disse.

“O-ok” Sarah si alzò e superò l'uomo, andando verso la finestra e guardando fuori.

Si mise le mani nei capelli e sorrise nervosamente.

“Non so come sei entrato, non lo voglio sapere, ma questo...questo è...” non aveva aggettivi per descriverlo.

Era talmente assurdo.

Non poteva chiamare la polizia, non sarebbe servito a nulla e non poteva dirlo ai suoi genitori perché non avrebbero capito.

Provò ad immaginare la scena -Sai, Karen, ho fatto rapire tuo figlio dal re di goblin e credevo di averlo sognato, ma ora c'è qui un tizio che forse è collegato ad esso-

Sarah si vide già con la camicia di forza in qualche manicomio.

Che poteva fare?

Non voleva assecondarlo ma, allo stesso tempo, non sapeva nemmeno se poteva ignorarlo.

L'uomo nella sua stanza, questo Kal, sembrava educato e gentile nei suoi confronti.

Lo stava mandando il suo padrone, quindi ha ricevuto un ordine e doveva eseguirlo.

Ma il suo padrone chi era?

Troppe domande, troppi collegamenti e troppo caos.

Fece un profondo respiro per calmarsi e poi si voltò.

“Non è mia intenzione farvi del male, se questo vi preoccupa” la tranquillizzò lui.

Sarah annuì.

Volle ascoltarlo, anche perché, se avesse voluto farle del male, lo avrebbe già fatto.

“So che la mia presenza qui vi turba” disse Kal “Se c'è qualcosa che posso fare per porre fine ai vostri dubbi, non dovete fare altro che chiedere”

Sarah rabbrividì, era strano sentirsi dire parole simili.

Le parlava quasi fosse una regina.

Da una parte era lusingata, ma dall'altra voleva venire a capo di quella faccenda.

“Il tuo padrone...” disse “...si tratta per caso, del re di Goblin?”

Quella era la domanda più sensata che le fosse venuta in mente e, se la risposta fosse stata affermativa, da essa avrebbe tratto parecchie conclusioni.

L'uomo annuì e Sarah sentì il terreno sgretolarsi sotto ai suoi piedi come vetro in frantumi.

Si sentiva cadere sempre più giù come...come quando era uscita dall'illusione del ballo.

Era la stessa sensazione.

Allora esisteva davvero!

Il re di Goblin era reale!

“Che cosa vuoi?” domandò bruscamente.

Anche se lui era gentile nei suoi confronti, lei non riusciva a fare altrettanto.

Era troppo nervosa e spaventata per essere razionale.

“Ho l'ordine di scortarvi fino dal mio sovrano” disse “Ed ho ricevuto ordine di eseguire questo incarico a qualunque costo”

Sarah capì che c'era poco da discutere.

Qualunque cosa avesse detto o fatto, lui l'avrebbe portata comunque con sé nel regno di Goblin.

Fece un passo indietro “Se dicessi di no?” chiese “Se mi rifiutassi?”

“Vorrei non dover ricorrere alle maniere forti, mia signora” rispose lui “Ogni vostro desiderio per me è e sarà un ordine, ma in questo caso non posso permettermi di disobbedire e non posso lasciarvi qui” spiegò, indicando poi il petto di Sarah e aggiungendo “ne va della vostra salute”

Sarah si coprì la cicatrice.

Allora era vero che c'era un collegamento.

“Ma...Toby, mio fratello, i miei genitori...loro...”

“Le do la mia parola che nulla di male verrà loro fatto” cercò di rassicurarla “E che non si accorgeranno della sua assenza”

Sarah ricordava bene il suo pernottamento nel labirinto.

Il tempo sembrava non essere passato o, comunque, erano passate pochissime ore rispetto a quelle realmente trascorse.

Quel sogno, anzi... quell'incubo stava per ripetersi e stavolta chissà cosa la aspettava.

“Temo di non avere scelta” disse rivolta più a se stessa che a Kal, il quale le porse il braccio.

Lei lo afferrò e chiuse gli occhi, sentendo davvero il terreno sgretolarsi ed il suo corpo librarsi nel vuoto.

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Capitolo 4
*** Il giuramento ***


Eccomi qua!

Allora, mi permetto di chiedere scusa in anticipo per la “cattiveria” del capitolo (dico cattiveria perché l'utente Fiore del deserto ha ancora voglia di uccidermi)

Un ringraziamento, come sempre, all'utente sopra menzionata (grazie tesoro...tvb) e Trainzafan (il beta che mi sopporta)

Un grazie anche a tutti gli utenti che leggono e si soffermano su questa storia e un grazie a evelyn80 che mi segue in ogni pazzia (love you my dear)

Buona lettura

 

 

 

 

Kal la teneva ben salda, quasi temesse che le sfuggisse di mano.

Quando il terreno sotto i loro piedi riprese forma, Sarah fu colpita dalla luce del sole e dovette ripararsi con una mano per mettere a fuoco quanto la circondava.

Sentiva freddo e la pelle d'oca crescere lungo braccia e gambe.

Avesse potuto prevedere il clima che avrebbe trovato, si sarebbe premurata di procurarsi un abbigliamento più consono.

Quando riuscì ad identificare l'ambiente circostante, si rese conto di essere davanti ad un portone in legno massiccio.

Era il castello del re di Goblin, non c'era dubbio, ma lei se lo ricordava molto diverso.

Quello che stava nei suoi ricordi era tenuto meglio, anche se vi erano dei segni dovuti al tempo, mentre ora, davanti a lei, vi era un portone con i batacchi cadenti e crepe, lungo tutte le venature, dalle quali cui fuoriuscivano schegge.

Se quello era lo stato del portone del castello, come era ridotto il labirinto che aveva superato cinque anni prima?

Fece per voltarsi, ma Kal le impediva la visuale.

“Devo chiedervi di seguirmi, mia signora”

Sarah obbedì, avrebbe avuto tempo più tardi per guardarsi intorno.

Quel posto portava alla sua mente una moltitudine di ricordi, tra cui quelli connessi ai suoi amici.

Che fine avevano fatto?

Stavano bene?

Quanto avrebbe voluto rivederli, adesso che sapeva essere tutto reale, ma le toccava aspettare.

Kal la scortò fino ad un corridoio immerso nel buio in quanto tutte le finestre erano oscurate da pesanti tendoni di velluto, che impedivano il passaggio della luce.

Sarah non ricordava quella zona del castello in quanto, quando era entrata lì dentro la prima volta, era stata dalla parte opposta.

Aveva considerato il castello un luogo lugubre e pieno di insidie il giorno che l'aveva superato ma, in confronto, al tempo era messo senz'altro meglio di come si stava presentando ora.

All'epoca le pareti erano perfette, luminose e trasudavano magia da ogni pietra, mentre ora tutto sembrava sgretolarsi sotto il minimo sguardo.

Le pareti erano grige e in alcuni angoli si potevano intravedere segni di muschio e qualche scarafaggio che cercava di rintanarsi nelle fessure.

Giunsero in fondo al corridoio dove l'unica porta, ridotta nelle stesse condizioni pietosi di tutto il resto, era socchiusa.

Kal fece fermare Sarah, chiedendole di restare in attesa un istante.

Pur sempre riluttante, lei non si oppose.

Kal aveva un modo di approcciarsi così affabile che era quasi impossibile dire di no ad una sua richiesta.

Attese solo pochi secondi, ma sufficienti da farle credere di essere lì da un eternità.

Nel momento che la porta si spalancò, Kal si inchinò con fare servizievole

“Prego, mia signora” le fece cenno di entrare “Se doveste aver bisogno di me, sono qui fuori” la lasciò passare e poi uscì, chiudendo la porta alle spalle della ragazza.

Sarah si ritrovò in una stanza da letto, adornata solo con un enorme letto a baldacchino ed un armadio.

Per il resto era spoglia, cadente e sembrava che nessuno la pulisse da chissà quanto tempo.

Persino il letto era impolverato e dava la sensazione di non essere mai stato cambiato.

La finestra era coperta da una tenda come quelle del corridoio esterno e la luce faceva molta fatica ad entrare.

Con una breve occhiata panoramica si rese conto che lo stato di degrado era uguale a quello visto poco prima nel corridoio.

Ma il suo sguardo, però, fu immediatamente attirato da ben altro: Lui.

Quello che tanto temeva, quello che aveva sperato fino all’ultimo che fosse stata un’illusione, era lì, davanti a lei.

Vestito di nero e avvolto da un mantello con il collo alto, del medesimo colore.

Gli stessi identici abiti che Sarah ricordava avergli visto indosso quando, a suo tempo, si era presentato a casa sua.

Il medaglione, quel dannato medaglione dalla forma particolare che era uguale alla sua cicatrice.

Non poté fare a meno di portare una mano al petto e fare un passo indietro.

“Ciao, Sarah” salutò lui, sorridendole in modo ambiguo e parlando con un tono fin troppo amichevole.

Lei non rispose e si limitò a lanciargli uno sguardo fulminante.

Da una parte avrebbe voluto incenerirlo, dall’altra, invece, si rese conto di essere ancora succube di quanto accaduto anni prima e che si era ripercosso, successivamente, anche tramite la cicatrice.

“Gli scarafaggi ti hanno, forse, mangiato la lingua?” Domandò lui sarcastico, ridacchiando malignamente “Ti ricordavo più educata”

“N-non credo...proprio” Sarah si morse labbra e lingua.

L’unica frase che era riuscita a dire era uscita tremolante, come un pigolio spaventato...come una bambina.

Jareth non poté fare a meno di ridere “Non fare troppo la dura, Sarah Williams, non sei mai stata in grado” avanzò nella direzione della ragazza che, per non fare di nuovo la figura del pulcino, rimase immobile e lascio che Jareth si avvicinasse.

Era diverso da come lo ricordava, sembrava molto più vecchio.

I suoi lineamenti taglienti erano più marcati ed i suoi capelli, un tempo lucidi e sfavillanti, avevano perso la loro luminosità e sembravano sbiaditi.

Gli occhi, ognuno di un colore diverso, erano contornati da occhiaie molto evidenti, simili a quelle che aveva Sarah stessa.

“Sai perché sei qui?” Domandò e lei scosse la testa “Certo, come puoi saperlo? Sei solo un’umana” aggiunse con sufficienza allontanandosi da lei ma senza, comunque, smettere di guardarla diritto negli occhi.

Quello sguardo riempiva Sarah di soggezione e sentiva che Jareth era intenzionato a farle qualcosa...ma cosa?

Si era domandata già prima che cosa mai avesse voluto il re di Goblin da lei, ma non aveva trovato alcuna risposta logica.

Voleva forse lanciarle un'altra sfida? E con quale pretesto?

Lei non aveva espresso alcun desiderio né, d'altra parte, era una suddita del suo mondo, ergo non aveva motivo di sottostare alle sue richieste.

Jareth, però, aveva lo stesso sguardo di chi non aveva intenzione di ricevere un no come risposta.

Dal suo volto si poteva evincere che, di qualunque cosa si trattasse, era una questione urgente e della massima importanza.

Qualcosa la cui priorità andava ben oltre alle eventuali esigenze della ragazza.

“A partire da oggi, tu diventerai mia moglie” sparò a raffica Jareth, facendo andare di traverso la saliva a Sarah.

“Cosa!?”

“Non fingere di non aver capito, Sarah” ribatté il re “Hai sentito molto bene quello che ti ho detto”

Sarah si portò le mani alla testa ed emise una risata sarcastica.

“Non credo proprio, tu sei completamente pazzo!”

Jareth non si scompose, non proferì nemmeno parola.

Il suo volto mutò in un'espressione contratta, terrorizzata e sembrava sul punto di mettersi ad urlare.

Portò una mano al medaglione e lo strinse forte, poi alzò l'altra.

Tempo qualche istante e Sarah urlò di dolore così forte che poterono udirla fino all'altro capo dell'Underground.

Si accasciò a terra, portando le mani sulla cicatrice e sfregandola come se volesse farla scomparire.

Anche Jareth era inginocchiato a terra, le mani sul petto ed il volto contratto in un'espressione di dolore.

Emetteva dei semplici gemiti, ma dentro di sé avrebbe voluto urlare.

“È...questo...che vuoi?” domandò tra un gemito e l'altro, cessando poi il vano tentativo di utilizzare i suoi poteri e facendo smettere, allo stesso tempo, le grida di Sarah.

Lei era ancora a terra, il volto in evidente stato di dolore e la cicatrice bruciante.

Talmente la voglia di strapparla via che aveva infilato le unghie nella carne e si era creata dei graffi profondi e ancora sanguinanti.

Le lacrime che solcavano il suo volto non erano dovute solamente al dolore fisico.

Non aveva mai immaginato che fosse tutto opera di Jareth, non credeva nemmeno ci fosse un collegamento.

Adesso era tutto chiaro, purtroppo.

Jareth riprese fiato e si alzò, avanzando lentamente verso di lei.

Camminava come se non avesse subito alcun tipo di tortura, come se il dolore non lo avesse minimamente sfiorato.

Un re non si scomponeva, non mostrava la sua debolezza a nessuno se non in casi estremi.

Quella era una situazione necessaria non solo per mostrare a Sarah una realtà che avrebbe dovuto accettare, volente o nolente, ma era anche un modo per dimostrarle di cosa lui potesse essere capace e, per un attimo, aveva considerato quel gesto una piccola vendetta per la sconfitta a suo tempo subita.

Tra le lacrime, Sarah riuscì a trovare la forza necessaria per parlare “Non sarò...mai...tua moglie” disse con gli occhi socchiusi e riprendendo fiato.

A Jareth non piacque affatto quella risposta e non amava sentirsi dire di no quando c'era di mezzo la vita e l'incolumità del suo regno.

Senza troppe cerimonie, Jareth la costrinse ad alzarsi e la trascinò a fatica verso la finestra, scostando le tende e spalancandola.

Sarah non era in grado di opporsi e lasciò che Jareth la trascinasse di peso fino al davanzale.

Quando i suoi occhi si abituarono alla luce, lo spettacolo che le si presentò davanti era devastante.

Non aveva mai visto il labirinto da quella prospettiva, ma ricordava molto bene il suo aspetto.

Il labirinto, seppur pieno di insidie, era rigoglioso e le pareti delle mura dorate erano sfavillanti e sprizzanti di magia.

Ora, invece, davanti a lei vi era una landa desolata.

Il labirinto era grigio e coperto da uno strato di brina che rendeva il tutto freddo e inerme.

Il sole, altrettanto gelido, completava lo scenario rendendolo cupo e insignificante.

Un brivido percorse la schiena di Sarah e non era dovuto al freddo.

Com'era possibile?

Chi aveva ridotto così quel luogo?

I Goblin, le persone che aveva visto durante il ballo, i suoi amici...che cosa era accaduto?

“Guarda, Sarah” disse Jareth, osservando anche lui fuori dalla finestra “Questo è quello che è rimasto del mio labirinto, del mio regno e dei miei sudditi”

Sarah non riusciva a distogliere lo sguardo, era come ipnotizzata.

Sentiva un senso di vuoto dentro di se, come se quel luogo fosse suo.

Non aveva ricordi felici in merito al labirinto, ma non poteva negare che quel luogo era comunque ridotto ad uno stato... spettrale.

“Che cosa è accaduto?” mormorò.

“Questo devi dirmelo tu” Jareth richiuse le tende, costringendo Sarah a voltarsi e guardarlo “Tutto questo è opera tua.”

“Mia?” Sarah non capiva

“Ah già, che sbadato” Jareth finse di aver omesso qualcosa “Tu non conosci le regole”

Jareth assunse un aspetto solenne, come se quello che stesse per dire fosse della massima importanza e, in effetti, così era.

“Esistono delle leggi anche qui, Sarah” disse “e tra quelle leggi ce n'è una in particolare da cui si evince che è la regina colei che ha davvero il potere ed è il labirinto a sceglierla” spiegò, sottolineando bene le ultime cinque parole con tono disprezzante.

Non amava quella legge, ma doveva farsela andare bene.

“Visto che mi hai sconfitto, il labirinto ti ha ritenuta degna e, di conseguenza, ti ha conferito il ruolo di regina di questo regno”

Sarah aveva ascoltato ogni parola rapita.

Aveva capito tutto, ma allo stesso tempo non aveva capito nulla.

Non era una regina, non lo era mai stata e, di certo, non si sentiva tale in quel momento.

I Goblin le avevano giocato brutti scherzi e tante altre creature avevano impedito il suo cammino cinque anni prima, ma tutto era avvenuto sotto ordine di Jareth.

Lei non voleva che qualcuno morisse a causa sua.

Doveva pensare e alla svelta.

“I-io...”

“Si?” incalzò Jareth

Sarah fece un profondo respiro “Non intendo sposarti, questo non lo farò mai” disse e prima che Jareth potesse ribattere aggiunse “Però non voglio che il tuo regno vada in rovina a causa mia”

Jareth restò serio “Devi sposarmi, Sarah, non hai altra scelta”

“Esiste sempre una seconda scelta” ribatté la ragazza “O nel tuo mondo non esistono?”

Il re si sentì offeso.

“Non esiste che io ti sposi” gli ripeté Sarah “Ma, come ho già detto, aiuterò il tuo regno solo perché le creature che abitano al suo interno non c'entrano nulla” Nella sua mente riaffiorò il ricordo di Hoggle e dei suoi amici “Dimmi come posso fare”

Jareth ammirava la sua determinazione, ma era troppo adirato e preoccupato per poter esternare qualcosa di diverso dalla stizza.

“Devi giurare fedeltà al labirinto” le disse “E restare qui per governarlo e mantenerlo nel suo stato originale”

Ed ecco l'inghippo.

Non voleva sposare Jareth, ma doveva comunque giurare fedeltà al labirinto e restare in quel luogo che tanto l'aveva tormentata.

Gira e rigira aveva ragione Jareth, era costretta a rimanere.

Doveva abbandonare la sua famiglia, suo fratello, la sua vita e per cosa? Per un luogo che non era di suo interesse?

Per restare al fianco di un re che meno vedeva e meglio stava?

C'erano mille e ovvie ragioni per mandarlo al diavolo e dirgli di arrangiarsi, ma le tenne per sé.

Sbirciò ancora fuori dalla finestra ed il suo cuore ebbe un ennesimo tonfo.

Era uno spettacolo terribile e, per quanto una cosa simile potesse accadere in qualunque posto del suo stesso mondo, non poteva negare che quello scenario la faceva sentire in colpa.

Ma come si può essere in colpa di qualcosa che non si sa nemmeno di aver commesso? O che, se anche fosse stato commesso, era stato in modo assolutamente involontario?

Sarah era stata sfidata da Jareth a superare il labirinto e, si rese conto, la sua riuscita nell'impresa aveva portato a quello.

Erano passati cinque anni, cinque lunghissimi anni dove lei aveva patito le pene dell'inferno a causa dei tentativi di Jareth di utilizzare poteri che non gli appartenevano più.

Più lui tentava di usarli, più lei stava male.

Il labirinto la reclamava, in qualche maniera.

Da una parte avrebbe voluto solo tornare a casa, dall'altra sapeva che se fosse tornata avrebbe di nuovo subito dolore.

A Karen e suo padre non poteva dire il motivo del male e l'avrebbero di nuovo fatta andare in giro per ospedali e cliniche.

I soldi non sarebbero bastati e, sapendo la vera motivazione di quanto le accadeva, la sua vita non sarebbe mai più stata normale.

Quel dolore doveva cessare.

Ciò che però non capiva era il perché del matrimonio.

Perché costringerla a sposarlo?

Se avesse giurato fedeltà al labirinto non serviva il matrimonio.

“Io, però, non sono intenzionata a sposarti” ripeté ancora una volta “perché dovrei farlo?”

“Io ero il sovrano di questo regno, che ancora mi riconosce come tale” spiegò “ma è la regina che comanda”

“Questo non spiega perché dovrei...”

“Perché se non lo fai sarò costretto ad abbandonare il regno, i suoi sudditi e condannato alla pena di morte!” esclamò a gran voce, zittendo Sarah “Non ho intenzione di lasciare il regno come non ho intenzione di morire a causa tua!”

Sarah non aveva mai sentito Jareth arrabbiarsi e questo la terrorizzò.

“Il labirinto farà tutto ciò che tu gli dirai” proseguì il re, ormai sull'orlo dell'esasperazione “Io non potrò interferire, ma non intendo andarmene a causa del tuo stupido orgoglio”

Il silenzio che cadde nella stanza era glaciale ed entrambi avvertirono un brivido correre lungo la schiena.

Nessuno dei due riuscì a pensare in modo sensato e senza imprecazioni.

Lei non era in grado di governare, neanche aveva idea da dove iniziare e nemmeno le interessava.

Aveva deciso di restare, era l'unica soluzione, ma Jareth...non voleva che venisse ucciso, ma neanche che diventasse suo marito.

Bisogna amare per sposare qualcuno.

“Per sposare una persona bisogna amarla” disse, cercando di prendere tempo

“Credi che non lo sappia?” domandò lui in risposta “Anche se il labirinto ti reclama, non sei nella posizione per poter discutere. Non conosci le nostre leggi, ma le imparerai” i suoi occhi la scrutavano attentamente “Per ora, sappi che tra le nostre leggi ce n'è una che mi permette di prenderti con la forza, perciò è meglio che decidi alla svelta”

“Dio, non sai quanto ti sto odiando”

“È reciproco” sorrise appena Jareth.

Dopo aver sospirato un'altra volta, a Sarah venne finalmente l'illuminazione! Una soluzione che avrebbe reso il tutto meno drastico.

“Facciamo finta” disse

“Spiegati” ribatté Jareth

“Non sei costretto a sposarmi se non lo vuoi e so che è così” specificò “Non lo voglio neanche io, ma non voglio rovinare il tuo regno perciò...” si preparò a scandire bene le parole per evitare travisate “...io giurerò fedeltà al labirinto e per non farti perdere il regno faremo un finto matrimonio”

Jareth fece per ribattere, ma lei lo bloccò “Visto che sono al corrente che i sovrani si sposano per convenienza e non per amore, direi che fingere un matrimonio non deve essere difficile per te”

In effetti era qualcosa a cui Jareth non aveva pensato.

L'unica pecca era che non avrebbe potuto usare i suoi poteri o trasformarsi.

Era davvero disposto a rinunciare ai suoi poteri per l'eternità, solo perché una dannata umana non voleva fare le cose in regola?

La risposta era sì.

Sì, era disposto a farlo perché non voleva andarsene...non voleva morire.

“Molto bene” affermò, spostando il suo sguardo verso la porta “Kal, vieni qui!”

La porta si aprì all'istante ed entrò lo stesso uomo che aveva accompagnato Sarah lì.

Avanzò fino a che non fu davanti al suo re e si inchinò, lanciando uno sguardo preoccupato verso Sarah per controllare se stesse bene.

“Ai vostri ordini, altezza”

“Devi fare da testimone al giuramento della nostra ospite” disse Jareth “Giurerà fedeltà al labirinto”

“Lo farò, mio signore”

“E per concludere dovrai inviare un messaggio a chi tu sai, per comunicare le nozze imminenti”

Kal annuì e Sarah poté notare che l'uomo era molto turbato, ma non poteva parlare perché la sua posizione non glielo permetteva.

“Da questa parte, mia signora” Kal indicò la porta e la scortò lungo lo stesso corridoio da cui erano giunti.

Una volta all'ingresso, Sarah venne accolta dal freddo gelido del sole.

“C-che cosa devo fare?”

Kal schioccò le dita e fece apparire una pergamena mentre Jareth, che li aveva seguiti, le porse il medaglione.

“Mettilo” ordinò e Sarah lo guardò torva.

Non era intenzionata a prendere ordini da lui.

“Mia signora...” intervenne Kal “...dovreste indossare questo e leggere quanto scritto nella pergamena”

Sarah si morse le labbra ed eseguì, sotto lo sguardo infastidito di Jareth.

Aperta la pergamena, con voce incrinata iniziò a leggere.

“Io, Sarah Williams, giuro la mia fedeltà al regno di Goblin ed al suo labirinto...” disse “...giuro di mantenere al sicuro i suoi abitanti e le sue creature. Da oggi il mio elemento sarà la terra e sarà mio dovere preservarla. Da oggi, io, Sarah Williams, accetto il mio ruolo di...di regina di questo regno”

una luce improvvisa fuoriuscì dal medaglione che Sarah indossava e che corrispondeva perfettamente alla cicatrice.

Da essa, invece, uscì una fitta di dolore.

Sarah gridò.

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Capitolo 5
*** L'annuncio ***


E rieccomi con il nuovo capitolo.

In questa sezione devo (e dovete) ringraziare Fiore del deserto per la sua meravigliosa descrizione del palazzo.

E non dimentichiamo di ringraziare Trainzfan per avermi fatto da beta.

Buona lettura

 

 

 

Sarah si ritrovò stesa a terra, con un forte braccio che le sorreggeva il capo.

Tutto, intorno a lei, si era illuminato a tal punto da sbiadire il sole e, nel giro di poco, anche il calore di quest'ultimo iniziò ad irradiarsi ovunque.

Il suo tepore diede a Sarah un piccolo brivido piacevole, un brivido che scacciò via ogni residuo di gelo che si era instaurato dentro di lei oltre che per tutto il labirinto.

Quando riuscì a mettere a fuoco, trovò il viso di Kal che la osservava preoccupato.

“State bene, mia signora?” domandò l'uomo, aiutandola ad alzarsi.

Sarah annuì e non poté fare a meno di portare una mano al petto.

I graffi, il bruciore, la cicatrice stessa, erano spariti nel nulla.

Tutto quel dolore, che aveva subito negli ultimi cinque anni, insieme al fastidio che esso provocava, era scomparso così come era giunto.

Il suo sguardo si spostò, poi, verso il labirinto.

Un istante prima era gelido, grigio e ricoperto di brina, ora, invece, era di nuovo rigoglioso.

Una leggera brezza muoveva le foglie degli alberi, le mura della città erano tornate a splendere e sprizzare magia da ogni mattone.

Si udì il canto degli uccelli, cosa che Sarah non ricordava di aver mai udito nemmeno la prima volta che era stata lì.

In lontananza, nascosto alla sua vista, c'era il villaggio dei goblin i quali, come destati da un lungo sonno, stavano uscendo dalle loro case e commentavano il cambiamento appena avvenuto.

Sapeva che il labirinto che aveva visto cinque anni prima era modificato in modo tale da essere inquietante e invalicabile, ma ora, più lo osservava, più capiva quanto si fosse sbagliata sul quel luogo che aveva considerato tanto lugubre e insidioso.

Forse lo era o forse no, questo dipendeva dai punti di vista, ma era comunque meraviglioso vedere il cambiamento che aveva appena subito.

Jareth si guardava attorno, le braccia spalancate ed il sorriso soddisfatto che solcava le sue labbra.

Non sembrava minimamente toccato dal fatto che non poteva più gestirlo come avrebbe voluto e neppure che ora fosse Sarah a poterlo governare.

Scoppiò a ridere.

Una risata felice ma che, allo stesso tempo, possedeva una sfumatura in qualche modo inquietante.

Kal sapeva bene cosa passava per la mente del suo re, ma non osò proferire parola.

“Ecco!” esclamò Jareth “E' questo quello che intendevo, questo è il mio labirinto!”

Sarah sorrise appena.

Aveva fatto quel gesto perché non voleva che il labirinto ed i suoi abitanti avessero problemi per colpa sua e non credeva che Jareth fosse capace di averli a cuore, visto il trattamento che riservava ai goblin.

Ne rimase meravigliata.

Senza dire nulla e senza nemmeno ringraziare, Jareth entrò nel suo castello ed iniziò a contemplare ogni dettaglio.

Anche quello era totalmente cambiato rispetto a quanto Sarah ricordava.

Guidata da Kal, entrò dentro anche lei e si guardò attorno.

Quel palazzo, che lei ricordava sì magico ma anche molto cadente, aveva assunto un aspetto simile agli interni del Kensington Palace, che Sarah aveva visitato con la scuola quando era piccola grazie ad un tour privato.

Jareth era entusiasta ed il suo volto era come quello di un bambino che entrava in un negozio di giocattoli.

Erano cinque lunghi anni che non vedeva il suo amato palazzo in quello stato e non ci sperava quasi più.

Rise ancora, una risata stavolta liberatoria, poi si voltò e guardò Sarah diventando improvvisamente serio.

“Kal...” disse al suo servitore, senza però spostare lo sguardo da Sarah “...prendendo in considerazione la proposta della nostra nuova regina, sono costretto a chiederti di chiamare a raccolta i nostri sudditi e di dire loro che tra mezz'ora farò un annuncio molto importante”

Kal, per quanto fece capire che aveva qualcosa da dire, rimase in silenzio ed obbedì, uscendo fuori dal castello.

Rimasti soli, Jareth si avvicinò a Sarah con passo lento e con le mani dietro la schiena.

Aveva di nuovo un aspetto regale e le occhiaie erano scomparse.

Probabilmente era accaduto lo stesso anche a lei, ma senza uno specchio non poteva averne la certezza assoluta.

“Ho mantenuto la mia parola” disse Sarah, cercando di non emettere un pigolio al posto della voce “Ho giurato fedeltà al labirinto, mi sono concessa a questo luogo ed ho rinunciato alla mia famiglia” cercò di ricacciare indietro le lacrime che stavano gonfiando i suoi occhi “Però continuo a non vedere il motivo per cui tu debba sposarmi...anche se in modo finto”

Jareth non si scompose e non sembrava minimamente turbato dal malessere di Sarah.

“Visto che ora sei la regina di questo luogo, è giusto che io ti spieghi come funzionano le cose quaggiù.”

L'ex re iniziò a girarle intorno come fa un avvoltoio sopra alla propria preda, sia essa in stato di morte oppure sia molto vicina ad essa.

Sarah, effettivamente, si sentiva morta in quel momento... morta dentro, ma a Jareth sembrava non importare di questo.

“Nel nostro mondo sono le regine quelle che davvero regnano, il re è colui che si dedica alle alleanze, alle guerre e al commercio. Un po' di questo potere ce l'ha anche la regina, non lo metto in dubbio, ma non più di tanto.” spiegò.

Sarah continuava a non capire, ma la risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare.

“Un re, per poter restare al trono, deve tassativamente avere una regina al suo fianco. Un re può governare da solo esclusivamente in caso di morte della propria regina oppure è succeduto a qualcuno che governava prima di lui”

Sarah azzardò “Essendo ora...regina, non posso decidere semplicemente se puoi restare o no? Senza bisogno di questa dannata farsa, di cui mi pento anche solo del pensiero?”

Jareth scosse la testa “Il labirinto mi riconosce come sovrano, ma aveva bisogno della sua regina, ed ora che sei qui puoi scegliere se tenermi oppure mandarmi via” prima che Sarah potesse ribattere, lui proseguì “Non ho alcuna intenzione di andarmene, ma non ho nemmeno intenzione di ammogliarmi con te. Ergo, la tua idea del finto matrimonio è la soluzione migliore e, per quanto mi repelle dover fare tutta la cerimonia per non destare sospetti, mi tocca accettarla”

Sarah si sentì profondamente offesa ed i motivi erano parecchi.

Anche se ora era regina, Jareth le stava impedendo di scegliere qualcosa che riguardava anche la sua persona, non l'aveva ringraziata per il lavoro appena svolto e, per concludere, la stava praticamente insultando.

Ma come, cinque anni prima le aveva praticamente detto di amarla e adesso il solo pensiero di sposarla lo schifava?

Si sentiva umiliata, messa da parte e trattata come un vecchio scarto.

“Ora, se mi permetti, vado a prepararmi per l'annuncio e ti suggerisco di farlo anche tu” e se ne andò, lasciando Sarah da sola nel bel mezzo dell'ingresso.

Passarono pochi secondi, poi lei si mise in ginocchio e lasciò che tutte le lacrime represse sgorgassero lungo le sue guance.

 

*****

 

Kal, nonostante si fosse soffermato a guardare il labirinto ed il villaggio di nuovo nel loro stato originale, riuscì ad avvisare per tempo tutti i cortigiani e le creature che abitavano all'interno delle mura del labirinto.

“Kal!” una voce gracchiante alle sue spalle lo costrinse a fermarsi “Che sta succedendo?”

Kal sospirò “La mente di Jareth è più contorta di quanto mi aspettassi, Hoggle” commentò, sapendo di potersi fidare del nano “Non riesco a capire cosa gli passi per la mente”

“Ah!” rispose Hoggle “Se non lo capisci tu, figurati come possiamo capirlo noi”

Kal si sforzò di sorridere e sospirò di nuovo.

“Che annuncio deve fare?” domandò Hoggle

“Un annuncio di nozze”

Hoggle si rabbuiò “Nozze?” restò in silenzio per alcuni istanti, pensando a chi potesse essere la mal capitata di turno che aveva avuto il dispiacere di entrare nelle grazie del re.

Non le venne in mente nessuna, finché non si mise a pensare alle antiche leggi dell'Underground e a quanto è appena accaduto.

Il labirinto che torna rigoglioso, il re di goblin che annuncia le sue nozze...era tutto così strano.

Il labirinto stava reclamando una regina da tempo e quel tempo coincideva proprio con la venuta di... “Sarah...”mormorò e Kal annuì.

No, non poteva essere lei!

Sarah era troppo orgogliosa per arrivare a quel punto, non era possibile che fosse tornata e stesse per sposare quel rettile di Jareth.

“Devo andare, mi stanno aspettando” disse Kal, interrompendo i pensieri di Hoggle “Raduna gli altri e poi venite al castello”

Hoggle annuì e lo vide andare via, mentre altri Fae lo fermavano, commentavano e qualcuno faceva ipotesi a proposito di cosa potesse trattare l'annuncio.

Kal, dal canto suo, avrebbe preferito un altro tipo di annuncio piuttosto che quello che Jareth aveva in mente di fare.

Povera Sarah, così giovane e con un peso così grave sulle spalle che nessun umano aveva mai avuto.

 

*****

 

Jareth era seduto sul suo amatissimo trono, osservando i dettagli della sala dove presto si sarebbe svolta la cerimonia del matrimonio tra lui e Sarah.

Sposarla era l'ultima cosa che voleva, ma non aveva altra scelta se non voleva essere bandito e messo al patibolo.

Sapeva che l'affronto fatto al re degli elfi lo avrebbe pagato caro e salato prima o poi, ma fino ad allora non se ne sarebbe preoccupato.

Sarah era il suo biglietto d'uscita dalle grinfie di un maledetto re e dalle sue leggi.

Sposare un'umana...per gli Dei, come era caduto in basso.

Ammise, comunque, che se Sarah non si fosse sottomessa al labirinto lui non sarebbe potuto restare lì.

Costringerla a sposarlo era la parte più difficile.

Molti matrimoni erano combinati ed il più delle volte i futuri sposi nemmeno si conoscevano prima delle nozze mentre i pochi che sapevano chi fosse il futuro partner arrivano, talora, al punto di provare a “sopportare” chi avevano al proprio fianco.

Era difficile che sbocciasse l'amore fra i due coniugi e, a volte, era già tanto se venivano amati i figli nati da quelle unioni.

Per fortuna, con Sarah il problema non si sarebbe posto.

Essendo il matrimonio tutta una farsa, lui non aveva l'obbligo di giacere con lei e dare al labirinto un erede.

Avrebbero inventato la scusa che Sarah era sterile, così non destavano sospetti.

Il vero problema erano i suoi poteri, a cui aveva obbligatoriamente rinunciato pur di non andare via dal labirinto subendo, poi, quelle nozze fasulle.

In quei cinque anni gli era stato impedito in tutti modi il loro utilizzo da parte del labirinto ed ora che Sarah era lì e lo aveva “liberato” erano tornati, ma limitati.

Senza delle reali nozze, Jareth poteva a malapena cambiare il suo abbigliamento e curare qualche ferita, tutte cose che, prima, faceva senza il benché minimo sforzo.

Ciò che però detestava ancora di più era il non potersi più trasformare e Sarah, per quello, gliela avrebbe pagata.

Avrebbe pagato tutto, prima o poi, compresa l'umiliazione che lui stesso stava per subire con l'annuncio delle nozze.

Il solo pensiero gli faceva ribrezzo.

Venne ridestato dai suoi pensieri quando Kal fece il suo ingresso da un porta posta dietro al trono

“Mio signore” si avvicinò e fece un profondo inchino “Ho fatto quanto mi è stato ordinato e sono tutti qua fuori pronti ad ascoltarvi”

“Porta Sarah da me” ordinò, alzandosi dal trono “Devo fare l’annuncio e lei deve essere qui”

Kal era un semplice Fae, il cui padre era lo stalliere del re degli elfi, mai si sarebbe permesso di contraddire il suo re, nonché amico.

Ma vedere che Jareth, dopo tutto quello che aveva passato, parlava di Sarah come se fosse un oggetto invece che una persona lo infastidiva.

Se aveva rispetto nei suoi confronti, che era solo un servo, perché non averlo per colei che adesso era alla sua pari?

“Se mi permette, mio signore...” azzardò “...la signorina Sarah ha appena avuto un duro colpo, non credete che sarebbe meglio attendere almeno un giorno?”

Jareth scosse la testa “Mi ha sconfitto, mi ha ridotto senza poteri e ora mi dici che devo andarci piano?” Jareth sibilo le parole come farebbe un serpente pronto ad attaccare.

Aveva subito troppi affronti da parte di quella dannata umana e non intendeva sopportarne altri.

Se lei non voleva sottostare di sua spontanea volontà, sarebbe stata sottomessa con la forza.

Kal non seppe più cosa dire.

Da una parte lo capiva, ma dall’altra capiva la ragazza e quello che stava provando.

Si inchinò ed uscì dalla stessa porta da cui era entrato.

Percorse il lungo corridoio che lo divideva dalla stanza in cui Sarah era stata portata.

Era uguale a quella di Jareth, a differenza del letto che aveva lenzuola di seta azzurra ed una coperta blu scuro fatta ad uncinetto.

Non si era cambiata, non aveva fatto niente, semplicemente si era sciacquata il viso, bruciante per le lacrime e arrossato.

Aveva cercato di resistere, di essere forte, ma non ci era riuscita.

Era accaduto tutto così in fretta, non aveva avuto nemmeno il tempo di dire addio al suo amato fratellino, a Karen e a suo padre.

Trascinata lì per obbligo e costretta a sottostare al labirinto.

Non incolpava Kal per averla portata li, lui era stato costretto da un ordine impostogli da Jareth.

Era stato così gentile con lei che mai si sarebbe sognata di dire qualcosa sul suo conto che non fosse positiva.

Fece un profondo respiro e cerco di darsi una calmata.

Si portò una mano al petto e strinse il medaglione che le aveva dato Jareth.

Quel dannato medaglione, che le aveva provocato solo dolore, adesso doveva tenerlo con se.

Avrebbe avuto poteri, adesso?

Avrebbe potuto creare sfere magiche e cose simili?

Era tentata di provare, ma dovette reprimere il pensiero.

Temeva che quel tentativo le provocasse dolore come era successo poco prima con Jareth.

Per fortuna, qualcuno bussò alla porta.

Tento di nascondere malamente i segni del pianto, che avevano preso il posto delle occhiaie e disse “Avanti”

Kal fece il suo ingresso, chinando il capo in modo rispettoso.

“Sono qui per scortarvi alla sala del trono”

Sarah sospiro e si voltò di nuovo verso lo specchio della toletta.

“I-io...”

Kal si avvicinò lentamente

“C’è qualcosa che posso fare per voi?”

Sarah scosse la testa “Non c’è nulla che tu possa fare” rispose sconsolata “Ma ti ringrazio per avermelo chiesto”

Kal la capiva, ma non poteva fare nulla se non gli veniva ordinato.

Adesso doveva scortarla da Jareth e cercava di farlo senza aumentare il suo malessere e la sua rabbia.

“Mi permettete un suggerimento, mia signora?” Domandò e Sarah annuì “Questo annuncio è comunque importante e sarebbe più opportuno presentarsi con qualcosa di diverso”

Alludeva agli abiti.

Sarah si guardò.

Kal aveva ragione ma, allo stesso tempo, non se la sentiva di cambiare look solo perché era diventata regina.

Jareth non poteva impedirle di vestirsi come voleva solo perché era nel suo regno.

“Mi spiace, Kal, ma...”

Lui alzo una mano con l’intento di fermarla “Non dite altro, vostra altezza, sono pienamente d’accordo con voi”

Sarah sorrise appena “Ma sei d’accordo anche con lui”

Kal non poté negarlo e non poté nemmeno negare che avere due sovrani le cui idee erano così differenti lo metteva in una situazione in cui lui era la spada tra incudine e martello.

Sarah, che comprendeva la sua posizione, si alzò in piedi e gli sorrise “Non voglio metterti in difficoltà” disse “Ti prego, dammi un suggerimento”

A Kal andò la saliva di traverso e arrossì.

Non aveva mai provveduto ad abiti femminili e mai, sottolineo mentalmente MAI, qualcuno gli aveva chiesto un parere.

Il parere di un servitore contava meno di zero, anche se fidatissimo al re.

Si schiarì la voce e spostò lo sguardo verso il soffitto.

“Credo che qualcosa di poco vistoso possa andare bene, mia signora” era diventato rosso “Dovreste sicuramente trovare qualcosa di adeguato all’interno del vostro armadio e... provvederò io stesso a trovare qualcuna più adatta di me a darvi una mano con le vostre faccende... quotidiane”

Sarah gli fu grata “So badare a me stessa, ma ti ringrazio...ehm...puoi attendermi fuori per favore?”

Kal annuì e non se lo fece ripetere due volte.

Appena fuori sospiro di sollievo e scaricò la tensione con una scrollata di spalle.

 

*****

 

La sala del trono pullulava di Fae e di creature di ogni genere e le chiacchiere che circolavano erano tante.

Chi parlava del miracolo appena avvenuto e chi si domandava quale annuncio dovesse fare il re.

Jareth osservava i suoi sudditi con un enorme sorriso stampato in viso, ma sotto sotto, nel profondo, non vedeva l'ora che Sarah si sbrigasse e che tutto quel caos finisse.

Quando la porta alle sue spalle si aprì, capì che era giunto il momento di parlare.

“Amici miei!” esclamò, attirando la loro attenzione “Venite, amici, ascoltate quanto ho da dirvi!”

“Mio signore, voi state bene?”

“Che cosa dovete dirci?”

“Ci sarà una festa?”

“Calmatevi, calmatevi” li blandì Jareth “Ora vi dirò ogni cosa” si alzò in piedi e mise le mani dietro la schiena “Oggi il regno di Goblin è tornato a splendere e la nostra vita tornerà ad essere come prima”

Una serie di esulti si elevarono dalla folla e Jareth fu nuovamente costretto a placare i loro animi accesi.

“Non sarà solo il nostro regno a risplendere, oggi avremo l'occasione di festeggiare...” fece segno a qualcuno alle sue spalle di avvicinarsi.

Da dietro al trono, Kal e Sarah fecero il loro ingresso.

Un lungo abito color lavanda pallido, contornato da motivi floreali dorati tutti intorno ai bordi, scendeva fino ai piedi le cui calzature riprendevano lo stesso colore del vestito.

Una cintura, più precisamente un corda composta da perline dorate, era legata in vita ed i suoi capelli erano acconciati in una lunga treccia mescolata con un nastro del medesimo colore della cintura.

Jareth rimase piacevolmente sorpreso nel vederla avanzare con passo elegante ed un portamento degno di una reale.

Scosse la testa e tornò a sorridere ai suoi sudditi i quali, vedendo Sarah, avevano cambiato espressione.

Molti di loro avevano immaginato che il ritorno del labirinto fosse dovuto al fatto che la regina tanto reclamata era finalmente giunta, ma mai si sarebbero aspettati di vedere un umana.

Gli occhi di Jareth incrociarono quelli del nano Hoggle che si trovava in disparte, in un angolo della grande sala, in compagnia di un gigante peloso di nome Ludo e di una specie di barboncino-volpe chiamato sir Didymus il quale stava a cavallo di un altro animale peloso di nome Ambrosian.

Erano le ultime creature che avrebbe voluto vedere, ma ormai erano lì e non poteva certo cacciarli via se voleva salvare la faccia.

Attese che Sarah fosse al suo fianco e poi riprese a parlare, incurante dello sguardo basso della ragazza “Amici miei, oggi, io vi annuncio...” prese la mano di Sarah, la quale cercava inutilmente di evitare ogni contatto con lui “...le mie nozze con la vostra nuova regina!”

Nessuno fece domande, non interessava ad anima viva il perché ci fosse un'umana al posto di una Fae.

Quel che contava per loro era il fatto che il labirinto fosse tornato al suo antico splendore ed ogni altra cosa passava in secondo piano.

La sala esplose nell'ennesima esultanza.

Approfittando del rumore, Jareth obbligò Sarah a guardarlo negli occhi e le mostrò un sorriso di scherno “Tranquilla, non durerà a lungo questa farsa”

Il mondo crollò nuovamente sotto ai piedi di Sarah.

Sentì che il resto della sua vita sarebbe stato molto lungo e, soprattutto, molto...molto lento.

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Capitolo 6
*** I preparativi ***


Capitolo breve ma intenso...è l'unico dove Fiore del deserto non mi ha minacciata di morte XD

Spero piaccia anche a voi.

Buona lettura

 

 

 

“Mio sovrano, vi chiedo di ripensarci” supplicò Kal ben sapendo, vista la sua posizione, di potersi permettere qualche libertà al cospetto del suo re.

Jareth non rispose, continuando a sistemarsi il colletto della camicia bianca e passando poi alla giacca color blu notte.

La stessa giacca usata durante il suo primo ballo con Sarah.

Il suo continuo riutilizzo di abiti legati al trascorso incontro con lei gli permetteva di ottenere le sue piccole vendette contro Sarah, perché sapeva che ogni suo vestito faceva scattare un ricordo nella mente di lei e, per suo maggior godimento personale, certamente non piacevole.

Kal era troppo buono, fosse dipeso da lui Sarah sarebbe ancora nel suo mondo oppure a trattare con il re degli elfi.

Jareth preferiva lo scontro diretto.

Erano passati due giorni dal suo annuncio al popolo, due giorni durante i quali la voce di quanto accaduto era giunta fino al re degli elfi.

Questi aveva immediatamente avvisato i regnanti dei labirinti alleati e li aveva invitati al matrimonio che presto si sarebbe tenuto senza peraltro curarsi di chiederne il permesso ai diretti interessati.

Ma a Jareth non importava, lui voleva solo dimostrare che era ancora al potere e che tutti gli dovevano il rispetto e le scuse che gli spettavano.

A lui solo questo interessava.

Non badò troppo alle parole di Kal, che cercava invano da due giorni di trovare un punto di accordo fra lui e Sarah.

Jareth aveva badato alle faccende del regno per tutto il tempo ed aveva fatto sì che i suoi tempi non coincidessero mai con quelli di lei, così da non doverla vedere per alcuna ragione.

Non una parola, non un grazie e nemmeno una maledizione.

Meno la vedeva e meglio stava.

“Ho creato questo regno con fatica” disse Jareth, aggirandolo per andare al letto e mettersi i guanti neri “Ho dato tutto me stesso per far star bene il popolo e quei chiassosi dei goblin. Non permetterò certo che una ragazzina mi porti via tutto questo”

“Ma, mio signore...” ribatté Kal “ho avuto modo di ascoltare la ragazza e debbo constatare che ha molto potenziale, se solo le insegnaste, lei...”

“Lei cosa, Kal!?” Esclamò il re “Lei non è me, non è una Fae e nemmeno un’elfa per cui, finché sarò vivo, qui comando io! È chiaro?”

Kal non poté fare altro che arrendersi, pur continuando a sperare in un improbabile futuro cambiamento.

Jareth era un grande sovrano, buono e generoso, ma sapeva anche essere crudele quando voleva e questo aveva sempre messo in difficoltà il povero Kal.

Jareth tornò a guardarlo come se nulla fosse accaduto, come se stessero facendo una conversazione amichevole.

“Hai provveduto a trovare qualcuno che si occupi di lei?” Attese un poco, ma nessuna risposta venne.

“Allora?” insistette.

“Ecco, maestà, la ragazza è...”

“Che cosa?” Jareth si spazientì

“Preferisce fare da sola” spiegò “mi ha ordinato di non cercare nessuno perché, mi permetto di citare, ognuno deve saper badare a sé stesso

Jareth rimase immobile per qualche secondo, ponderando bene quanto appena udito.

Un sorriso malizioso solcò le sue labbra.

Sarah voleva il gioco duro? L’avrebbe accontentata.

 

*****

 

Le strade del labirinto pullulavano di creature che avanzavano verso il castello.

Qualcuno aveva cercato di rendersi presentabile, altri nemmeno ci avevano provato.

Anche al di fuori delle mura c’era un gran via vai.

I regnanti degli altri labirinti arrivavano con i loro seguiti.

Grazie a Kal, Sarah aveva iniziato ad imparare qualcosa di quel mondo che, da due giorni a quella parte, era diventato casa sua.

Ma, soprattutto, lei aveva cercato di imparare i nomi dei sovrani degli altri regni in quanto, a detta di Kal, le sarebbero stati molto utili.

Avere Kal era come avere un fratello maggiore per Sarah la quale, più volte, avrebbe preferito avere lui al posto di Jareth come consorte.

Sicuramente avrebbe avuto molti meno problemi.

Sospirò e si allontanò dalla finestra, chiudendo le tende per evitare di essere vista.

Non vedeva l’ora di uscire da quella stanza nella quale stava rinchiusa ormai da due giorni pur di non incrociare Jareth nei corridoi.

Per fortuna la sua camera era dotata di un sontuoso bagno ed i goblin provvedevano a portarle il cibo attraverso una porticina di servizio ad orari ben precisi.

Se quella era la vita della regina, avrebbe preferito passarla tra dolori e sofferenze dovute alla cicatrice piuttosto che in quel modo.

Ma ormai la frittata era fatta.

Mancavano meno di due ore all’inizio della cerimonia e lei non si era nemmeno cambiata.

Indossava i suoi abituali jeans e maglietta: voleva godersi ancora un po’ quei vestiti prima di doverli definitivamente abbandonare per il resto della sua vita.

Aveva pensato per tutto il tempo alla sua famiglia; oh, come avrebbe voluto averli con se.

Poter nuovamente stringere il suo amato Toby e Karen.

Tutta quella situazione, quella cerimonia e quel distacco erano solo ed esclusivamente colpa sua e lui, Jareth, lo sapeva fin troppo bene.

Ecco perché la stuzzicava, perché sapeva che lei sarebbe vissuta con quel rimorso per l’eternità e utilizzava questo come pretesto per tormentarla.

Volente o nolente, non poteva fare altro che sottostare.

Quello era il prezzo da pagare per la sua stupidità adolescenziale.

Sospirò, ricacciando indietro le lacrime e si avvicinò al manichino su cui era posato il suo abito da sposa.

Aveva sempre desiderato un matrimonio da favola, un abito bianco, una cerimonia degna di una regina.

Che ironia! Volendo vedere la stava veramente per vivere un'esperienza simile...peccato che era per sposare un re che non amava e che mai avrebbe amato.

Ad essere sinceri fino in fondo, l'unica cosa identica a come se l'era immaginata era il vestito.

Era un abito di seta color panna, contornato da pizzi e merletti e con decorazioni floreali sulla gonna. A questo si accompagnavano scarpe del medesimo colore su cui spiccava un fiocchetto argentato.

Lo indossò, cercando di fare attenzione a non rovinarlo mentre infilava le maniche.

A concludere il suo aspetto si era acconciata i capelli facendone una treccia, accroccandola in una sorta di chignon, ed infine aveva adornato la sua fronte con una coroncina di fiori freschi, colti quella stessa mattina dai goblin.

Che carini erano stati.

Si guardò allo specchio, sorridendo appena

-Ben fatto, Sarah Williams- pensò -Stai per diventare ufficialmente la regina di un luogo che non sarà mai tuo e stai per sposare...un uomo che non amerai mai-

I suoi pensieri vennero interrotti da un sommesso bussare alla porta.

Si ricompose.

“Avanti” disse e poco dopo la porta si aprì, rivelando la figura di Kal.

Si era preparato anche lui per l'occasione: camicia bianca, cotta in cuoio nera senza maniche e pantaloni neri con stivaletti bassi.

I capelli, solitamente raccolti in una coda ordinata, erano sciolti e contornavano il suo viso tagliente.

Quando gli occhi dell'uomo si posarono su Sarah, sulle sue labbra apparve un sorriso soddisfatto e si inchinò “Vostra altezza, permettetemi di esprimere la mia meraviglia nel vedervi”

Sarah arrossì lusingata “Grazie, Kal” disse “Le tue parole sono come una boccata d'aria dopo ore di apnea”

Sarah si voltò di nuovo verso lo specchio, non riuscendo a definire se si piaceva oppure no.

Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo, ma era impossibile.

Kal si avvicinò e fece apparire dal nulla una catenina dorata, il cui ciondolo era costituito da tre cerchi incastrati fra di loro orizzontalmente.

Sarah aveva visto una cosa simile sul frontale di alcune automobili del suo mondo, ma ne mancava uno per essere uguale.

Kal gliela mise al collo.

“Kal, ma...”

“Questo simbolo rappresenta la forza, sia essa interiore o esteriore” spiegò “Me lo diede mia madre prima che venissi in questo regno per servire il mio sovrano...” sorrise amichevolmente a Sarah “...desidero lo abbiate voi, altezza, voi rappresentate la forza e lo avete dimostrato”

Sarah si commosse, non aveva mai ricevuto un regalo così bello e così...di valore.

“Kal, io...ti ringrazio, ma non mi sento degna di ricevere qualcosa di così prezioso” disse “L'unica donna degna di portarlo dovrebbe essere tua moglie o la donna che ami”

Kal non poté fare a meno di ridacchiare “Mia signora, voi siete l'unica donna, oltre a mia madre, degna di portare un simbolo come questo, la vostra forza è superiore a quella di qualunque altro Fae o elfo presente nell'Underground e poi...” si passò una mano fra i capelli “...le donne presenti nel nostro mondo non apprezzano determinate... particolarità”

Sarah sgranò gli occhi sbalordita, ma alla fine sorrise.

Kal non era diverso dagli altri.

“Io... non so cosa dire” Sarah passò una mano sul ciondolo “Ti ringrazio”

“Dovere, mia regina”

Sarah rabbrividì “Me lo faresti un favore?”

“Quello che volete”

“Non darmi del voi se non strettamente necessario” ordinò “Mi fai sentire vecchia”

Kal non poté trattenere una risata

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Capitolo 7
*** La cerimonia ***


Eccomi!

In questo capitolo faremo un po' di conoscenze...qualcuna utile, qualcuna no.

Mi auguro sia sempre di vostro gradimento.

Grazie, come ogni volta, a Trainzfan per il betaggio e Fiore del deserto per le idee e, soprattuto, la descrizione della sala da ballo (poveretta, l'ho sfruttata senza pietà)

Buona lettura

 

 

 

La cerimonia si sarebbe svolta nel giardino all’interno del castello, che Sarah aveva avuto modo di vedere dalla finestra della sua stanza.

Non era molto grande, ma non era previsto che dovesse contenere al suo interno troppa gente.

Solo i sovrani con un numero ristretto di guardie potevano accedervi, più un ristretto gruppo di cortigiani di Jareth... e, fra poco, anche suoi.

Sarebbe stato Kal ad accompagnarla lungo il corridoio e consegnarla nelle mani di Jareth.

Lui stava solo eseguendo un ordine, ma sapeva molto bene che stava per dare Sarah in mano a colui che lei considerava solo un tiranno.

Kal le porse il braccio e quando Sarah lo afferrò lui le sorrise mentre con l’altra mano strinse quella di lei.

Un ultimo sguardo, un “non aver paura” sussurrato al vento ed infine iniziarono a camminare.

Sarah contava i passi che la dividevano da Jareth.

Non badava agli sguardi dei presenti e non badava ai commenti che da essi si levavano.

Non badava nemmeno agli sguardi familiari che la osservavano dai lati del giardino.

Goblin, fate, i suoi amici, erano tutti lì che la guardavano rassegnati, pregando che le venisse un lampo di genio e trovasse il modo di scappare da lì.

Ma ciò non avvenne.

Giunti alla fine del corridoio, Sarah tenne lo sguardo basso.

Poteva vedere i vestiti che indossava Jareth, ma non la sua faccia.

Non vide, pertanto, il sorriso malizioso che ostentava, un sorriso che lasciava trasparire tutta la sua soddisfazione per la vittoria che, infine, aveva avuto su di lei.

Non ascoltò niente e nessuno, nemmeno il poveretto che Jareth aveva chiamato per unirli in quel matrimonio che, se nulla fosse andato storto, mai nessuno avrebbe scoperto essere finto.

Si chiese come avesse fatto a convincere il prelato a non registrarlo, ma era una domanda la cui risposta era ovvia: lui era il re, lui poteva tutto.

“...e voi, mia regina?”

Sarah, sentendo così, alzò di scatto la testa, incrociando per la prima volta dopo due giorni lo sguardo di Jareth e poi quello del prelato.

Qualcuno ridacchiò, ma Jareth lo zittì con lo sguardo.

Il prelato sorrise e riprese “Mia regina, volete prendere come vostro legittimo re e sposo il qui presente Jareth di Goblin, in salute e malattia, in ricchezza e povertà, finché morte non vi separi?”

Sarah si sentì sprofondare, voleva fuggire.

La sua testa gridava no, il suo cuore era già in frantumi.

Jareth la guardava con aria minacciosa e Kal, dietro a quest’ultimo, le fece l’occhiolino.

“S-sì, l-lo voglio” era fatta, l’aveva detto.

Era finalmente cominciata la sua condanna ufficiale.

Le sue orecchie si tapparono e sentì il corpo diventare di piombo.

La conclusione era il canonico bacio tra i due novelli sposi.

Jareth era riluttante, ma non poteva tirarsi indietro.

Prese il volto di Sarah fra le mani e lo bacio con forza.

Non c’era nulla di romantico in quell’unione e le sue labbra premevano su quelle di Sarah come a dirle “Ecco, sono io che comando” e le facevano male.

Quello, per lei, era il primo bacio...ed era stato orribile.

Si sentiva… violata.

 

*****

 

Da quel punto tutto fu molto veloce e non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che, per mantenere le apparenze, Jareth la prendeva sotto braccio accompagnandola all'interno del castello.

Nel giro di poco si ritrovò in un'ampia sala che le risultò subito molto familiare.

Tornò a respirare, riprendendo il controllo delle proprie facoltà mentali, e solo in quel momento ricordò dove aveva visto quel luogo.

Quando aveva messo piede per la prima volta nella sala da ballo, vuoi perché sotto l’effetto dell’incantesimo dovuta alla pesca avvelenata ideata da Jareth, vuoi perché troppo giovane per interessarsi dei particolari, Sarah non aveva prestato la sua attenzione di fronte a tanta elegante bellezza.

Più avanzava e più si sentiva come inghiottita dal colore oro predominante nell’enorme sala, che lei ricordava quasi interamente tendente al bianco.

Il soffitto era decorato da bassorilievi rappresentati da figure divine in pose rilassate, le quali, per un gioco prospettico, sembravano uscire dalla doratura dello sfondo, mentre al centro si estendeva una rappresentazione affrescata di un cielo stellato, nel quale la profondità delle diverse tonalità di blu sembrava creare l’illusione ottica di trovarsi veramente sotto un reale cielo notturno.

Ad illuminare l’oro della sala, vi erano diversi lampadari in ottone fuso, da cui pendevano splendide gocce di cristallo. Ognuno di essi era adornato da dodici candele ed era sorretto da resistenti tessuti dorati che calavano dall’altissimo soffitto.

La sala, in pianta quadrata, era delimitata da verticali e oscuranti tende con mantovana del colore predominante, angolo dopo angolo, agganciate elegantemente con accessori decorativi.

Oltre ai bassorilievi, le porte si presentano di un candido colore, decorate con eleganti figure floreali dorate e, all’apice di esse, era stata allestita una coppia di figure fanciullesche che sembravano indicare l’ornamento centrale sopra ciascuna porta, ovvero un fiore d’oro stilizzato a dodici petali dipinto su di uno sfondo color terra bruciata.

Un gigantesco specchio, posto sulla parete sinistra, rifletteva la sala, dando l’illusione di trovarsi in un atrio infinito.

Su di ogni angolo vi erano dei lunghi divanetti dorati abbelliti, su una piccola sporgenza della parte superiore, da mazzi di rose bianche.

Il pavimento in marmo, infine, era molto semplice, fatta eccezione per ciò che sembrava essere una grande rosa dei venti dorata, deposta al centro di quattro cerchi concentrici dai colori che alternavano il blu ed il rosso persia.

Il suo tour panoramico durò ben poco.

Kal era giunto davanti a lei e si era inchinato, chiedendo udienza “Mia signora, i sovrani dei regni alleati chiedono il permesso di parlarvi”

Sarah non sapeva cosa dire.

A parte Jareth, era la prima volta che parlava con dei sovrani in modo formale e in un'occasione così importante.

Jareth stava discorrendo con una donna in fondo alla sala e non sembrava intenzionato a venire in suo soccorso.

Certo, come avrebbe potuto? Pensò sarcasticamente.

A lui non importava nulla di lei.

Non sapendo cosa fare, per non apparire scortese, accettò e lasciò che gli altri regnanti si avvicinassero a lei.

Un giovane Fae, vestito interamente di blu e con i capelli color turchese, si fece avanti con un profondo inchino.

“Mi permetta, mia regina, io sono re Flush, del regno di Wale e signore del labirinto di acqua e questa è la mia regina...” una donna dal vestito ed i capelli color verde acqua si fece avanti con un inchino “...siamo lieti di fare la vostra conoscenza e vi diamo il benvenuto nel nostro mondo” aggiunse il re, conoscendo la provenienza di Sarah.

“Il piacere è tutto mio, re Flush” si inchinò a sua volta la ragazza, sorridendo.

Dentro di se, ammise che fare un po’ di conoscenze importanti non poteva farle altro che bene.

Seguirono, nell'ordine, la regina Blair, sovrana del labirinto di aria e re Baelfire sovrano del labirinto di fuoco con i rispettivi consorti.

Tutti i sovrani erano riconoscibili da segni particolari, caratteristici del loro regno.

La regina Blair era un’elfa dai lunghi capelli color platino e perennemente mossi da una brezza che solo lei poteva sentire.

Re Baelfire, invece, aveva una spilla che teneva unito il suo mantello rosso, il cui simbolo era una fiammella in continuo movimento.

Sarah si sentì catapultata in un mondo di favole.

Era come leggere un libro pieno di avventure e di magia, in cui il lettore venga trasportato in un mondo nuovo e si ritrovi a vivere le stesse avventure dei suoi protagonisti.

Solo che lì, la protagonista era lei e non era felice come le eroine dei suoi libri le quali, al massimo, erano insoddisfatte.

Tornò ben presto alla realtà, quando Kal si avvicinò a lei “State attenta a questo qui!” le sussurrò repentinamente nell’orecchio.

Un elfo anziano stava avanzando verso di lei.

Armatura d’argento che si abbinava alla perfezione con i capelli e la barba, di cui alcune ciocche tendevano ancora al biondo.

Lo sguardo fiero e nessunissima intenzione di inchinarsi come avevano fatto tutti gli altri.

Doveva essere re Mihal, il re degli elfi, colui che governava l’Underground e le terre di Elnar.

Avanzava con aria di superiorità e squadrava Sarah da cima a fondo, come se avesse avuto davanti uno dei goblin di Jareth invece della sua sposa.

“Non avrei mai pensato che un’umana potesse diventare regina di uno dei regni delle mie terre” disse “devo riconoscere la tua diversità”

Sarah si sentì in imbarazzo e non solo.

Perché credeva che quell’uomo la stesse sminuendo, anche se le aveva fatto una specie di complimento?

Per non saper né leggere né scrivere, Sarah si inchinò con il rispetto che egli meritava “È un onore, per me, potervi incontrare di persona, re Mihal, re degli elfi” disse, facendo mente locale a tutte le recite scolastiche fatte ed al modo di parlare che hanno i regnanti...nonché a tutto quello che aveva letto a tale proposito in quegli ultimi due giorni.

“Vedo che qualcuno, finalmente, possiede l’educazione ed il rispetto dovuto ad un re” commentò mostrando una specie di sorriso sotto la barba.

Sarah, in realtà, stava tremando e avrebbe voluto che Kal la portasse lontano da lì.

Quell’uomo non le stava facendo niente, eppure incuteva un timore tale che persino l’erba si inchinava al suo passaggio.

Al posto di Kal, l’intervento venne da parte di una Fae, la stessa che fino a poco prima stava parlando con Jareth.

I lunghi capelli biondi, adornati da fiori, rendevano il suo viso, pur solcato dai segni dell’età, più giovane e radioso di quanto si sarebbe supposto e, decisamente, più rassicurante.

I lineamenti erano affilati e gli occhi bicolore...come Jareth.

Non ci volle una scienza per Sarah a riconoscere chi essa rappresentasse.

“Sarah Williams” sorrise la donna inchinandosi davanti a Sarah, cosa che nessuno nel regno avrebbe mai ritenuto possibile accadere “Ho sentito molto parlare di voi, è per me un onore potervi conoscere in una circostanza come questa”

Sarah deglutì e cercò con lo sguardo Kal che con le labbra mimò “Regina Elbereth”

“Regina Elbereth...” ripeté Sarah mentre Kal le faceva un cenno di conferma con i pollici in su “Vi prego, sono io che ho l'onore di conoscerla e di essere al suo cospetto”

“Visto, madre?” si intromise Jareth, ignorando re Mihal che era ancora lì ad osservare “E' proprio una degna regina, come vi avevo raccontato”

“Non ho mai messo in dubbio le tue parole” la regina allungò un braccio in direzione di Sarah e le cinse le spalle “Te la rubo qualche istante, caro, tu vedi di intrattenere gli ospiti”

Sarah venne trascinata in mezzo al resto delle persone presenti.

Con lo sguardo cercò soccorso da Kal e da Jareth, ma nessuno dei due diede segno di stare guardando nella sua direzione.

Sospirò e si lasciò guidare dalla donna, che si portò in un angolo della sala e fermandosi ad osservare le persone e le creature che danzavano.

Sarah riuscì, finalmente, a vedere anche i suoi vecchi amici, dal lato opposto della grande sala, che la salutavano.

Fece loro un cenno e poi tornò a guardare la donna al suo fianco.

“Non ti ruberò molto tempo” sorrise questa, parlandole con tono tranquillo e dandole del tu “presto potrai andare dai tuoi amici”

“Ehm...g-grazie, vostra altezza”

La donna rise, schernendosi “Ti prego, queste formalità tienile per quando saremo in pubblico e tutti ci sentiranno” specificò, scostandole una ciocca di capelli dal volto “Comprendo solo ora il perché mio figlio si sia invaghito di te, mia cara” proseguì, senza smettere di sorridere “Giovane, bella, un viso così grazioso che nasconde una donna forte e caparbia”

“E'...troppo buona”

“No, Sarah William, io dico ciò che vedo e che penso e tu sei esattamente come dico io” precisò “Sono al corrente del motivo per cui sei qui, Jareth me ne ha parlato”

Sarah si sentì sprofondare un'altra volta.

Perché? Perché Jareth le aveva detto tutto?

Si sentì mancare il fiato, ma la regina si affrettò ad aggiungere “Non temere, non denuncerò il fatto a mio marito”

Mio marito?

Sarah non poté fare a meno di spalancare la bocca come un ebete.

“E' la stessa espressione di Jareth quando gli ho detto che lo avrei sposato”

E, di nuovo, bocca spalancata con aggiunta di occhi sgranati.

“Il padre di Jareth se n’è andato due secoli fa” disse con un sospiro “re Mihal era nostro alleato e per mantenere l'unione, mi sono congiunta a lui e poi ho abdicato in suo favore per poter continuare a governare il mio regno”

C'era un velo di malinconia nella sua voce, ma la regina non smetteva mai di sorridere “E' fatto a modo suo, ma è un brav'uomo”

Sarah abbozzò un sorriso e volse lo sguardo verso Jareth, che avanzava verso di loro.

“Madre, mia regina...” disse allungando una mano e prendendo quella di Sarah “vorrei poter riavere la mia sposa per un ballo”

La regina Elbereth annuì e li lasciò andare, osservandoli immergersi fra gli elfi ed i Fae che danzavano.

Sarah si sentì catapultata nuovamente indietro di cinque anni, quando aveva per la prima volta danzato con lui e ne era rimasta invaghita.

All'epoca era sotto l’effetto di un incantesimo e non si rendeva conto di ciò che le stava accadendo, mentre adesso era in piena salute e facoltà mentali.

Non era invaghita del re e sentiva che quel ballo era solo un pretesto per tormentarla.

“Balli molto bene, non hai perso la tua capacità” cominciò Jareth, sorridendole malignamente e proseguendo “Che cosa ti ha detto?” domandò riferito a sua madre

“Nulla che possa riguardarti” ribatté Sarah, con tono di sfida

“Non osare, ragazzina” sibilò lui “Non hai alcun diritto, ricordalo”

Sarah annuì, era vero: lei non aveva alcun diritto.

“Sua maestà, la regina Elbereth, ha ritenuto opportuno riferirmi che è al corrente del motivo per cui mi trovo qui” disse e Jareth le fece eseguire una giravolta, attirandola poi a sé in modo brutale “Perché glielo hai detto?” proseguì lei “Ma, soprattutto, cosa le hai detto?”

“L'unica cosa che ho volutamente omesso è la questione del matrimonio, anche lei deve credere che sia reale” rispose il Fae “per il resto non c'è nulla che possa riguardarti” aggiunse, facendola adirare.

“Se riguarda me, ho diritto di saperlo”

“Ma te l'ho detto, tu non hai alcun diritto” Jareth amava stuzzicarla.

Amava vedere il volto di Sarah infiammarsi dalla rabbia, gli occhi assottigliarsi in uno sguardo minaccioso e la fronte corrugarsi.

“Le rughe non ti donano, mia cara” ridacchiò il Fae, mentre la musica finiva.

Smisero di volteggiare

“Sorridi, mia regina, gli ospiti ci guardano” le annunciò e lasciandola nel bel mezzo della sala, mentre una nuova musica prendeva il suo spunto iniziale e si librava nell'aria.

-Stupido, maledetto, spocchioso, dannatissimo figlio di...-

“Mi concedete l'onore di questo ballo, mia regina?” la voce di Kal, alle sue spalle, la ridestò dai suoi pensieri.

Si voltò e gli fece un sorriso “L'onore è mio” si fecero l'inchino l'un l'altro e le danze cominciarono.

“Jareth non è quello che sembra” disse Kal, guidando Sarah passo dopo passo in quel valzer in cui il attuale accompagnatore la cingeva delicatamente.

“A me sembra anche troppo, invece”

“Ha sofferto più di quanto immagini” spiegò Kal “Ci vorrà del tempo, ma sono sicuro che avrete l'occasione di chiarirvi...” la fece volteggiare “...prima o poi” aggiunse con un tono che lasciava chiaramente trasparire che fosse più probabile la seconda ipotesi rispetto alla prima.

Sarah continuò a lasciarsi guidare, ma dentro di sé si sentiva sempre peggio.

Il medaglione che portava al collo era un fardello troppo grande per lei e già meditava di abdicare in favore di Jareth pur di andarsene.

Ma non erano sposati veramente o meglio, lo erano solo per gli ospiti.

Lei, Jareth e Kal erano gli unici al corrente della verità.

Avrebbe voluto urlare.

“Sarah, va tutto bene?” era una domanda stupida, ma a Kal non venne in mente altro.

Anche se si fidava di lui, Sarah non ritenne opportuno aumentare il peso che quel povero Fae stava già sopportando a causa sua e di Jareth.

Non voleva d’altra parte nemmeno mostrarsi debole, non lì e non in quel momento.

Sorrise appena “Sì, sto bene”

Kal non proferì parola per il resto della danza.

Quando la musica si concluse, si permise di asciugare una lacrima solitaria che aveva osato sfuggire al controllo di Sarah.

“Puoi fidarti di me” disse e poi indicò a Sarah il gruppetto di creature che si stavano avvicinando “Ti lascio in buona compagnia” e se ne andò.

Sarah ci mise un attimo a realizzare, poi vide chi si stava avvicinando a grandi passi.

Il suo volto cambiò subito espressione.

“Hoggle! Ludo, Didymus, Ambrosian!”

Non poté aggiungere altro.

Nel giro di due secondi fu sommersa dalle enormi braccia di Ludo, più la sua mole, che la cingevano e le premevano il volto sul folto pelo impregnato dall’odore di terra che lo caratterizzava.

Sarah, per un istante, si sentì a casa.

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Capitolo 8
*** I poteri ***


Quanto tempo era passato? Ormai Sarah aveva smesso di contare.

Trascorreva le sue giornate a studiare quanto più possibile riguardo a quel mondo, che ormai era diventata la sua dimora, dividendosi tra compiti reali e qualche passeggiata nei giardini del palazzo assieme a Kal ed i suoi amici.

Jareth non l'aveva minimamente degnata di uno sguardo per tutto il tempo e, se casualmente gli capitava di incrociarla, erano solo parole di scherno che uscivano dalla sua bocca.

Il lato positivo, di tutta quella situazione, era che Jareth non l'aveva sfiorata nemmeno con un dito, il che fu un sollievo per Sarah.

Dopo quel bacio...quel bacio rubato il cui solo pensiero le faceva ancora male...neanche osava pensare a come sarebbe stato fare altro con Jareth.

Quel pomeriggio dopo aver pranzato, da sola come sempre, si era recata all'ingresso del castello, soffermandosi sulla soglia, ad osservare il tratto di strada che la divideva dalla città dei goblin.

Voleva dedicarsi a qualcosa di diverso, voleva dedicarsi al popolo.

Kal le aveva spiegato che per esaudire le richieste dei cittadini, doveva attendere che qualcuno andasse al castello e chiedesse udienza.

Purtroppo, le era stato anche detto che se capitava significava che era una situazione disperata.

Se davvero Jareth fosse un re benevolo, come si ostinava a dire Kal, allora sarebbe uscito e avrebbe guardato il suo popolo con i suoi occhi.

Sarah lo considerava troppo spocchioso e superficiale per fare un lavoro simile e, a detta sua, era tempo di fare cambiamenti.

Si avviò lungo il sentiero sterrato e, ignorando ogni principio che le era stato insegnato, raggiunse la città di Goblin.

Non era diversa da come se la ricordava ma, stavolta, invece che incontrare Goblin che le facevano guerra, vedeva creature di ogni genere che lavoravano, facevano mercato e persino dei cuccioli di goblin che giocavano ai lati della strada.

Spalancò la bocca meravigliata e non si accorse di essere stata notata.

“La regina!” sentì quest'esclamazione e, poco dopo, l'intera piazza si era inchinata davanti a lei.

Sarah si sentì in imbarazzo “V-vi prego, non fate così” li rassicurò, avvicinandosi al goblin più vicino a lei, che era un bambino “Sono la stessa ragazzina che avete cercato di fermare anni fa, non dovete inchinarvi a me”

“Non siete la regina?” domandò il piccolo goblin con occhi speranzosi.

Sarah sorrise e annuì

“Mamma, mamma! La regina mi ha sorriso, evviva la regina!” gridò il piccolo, correndo verso la madre, mentre il coro di “evviva la nostra regina” si levò per tutta la piazza.

I goblin, che meravigliose creature.

Sarah le aveva giudicate male.

Non erano tra gli esseri viventi più intelligenti e svegli che conoscesse, ma avevano molta sensibilità.

“Sarah!” la voce gracchiante di Hoggle richiamò la sua attenzione “Che cosa ci fai qui?” domandò, mentre avanzava verso di lei.

“Sono venuta a vedere come vanno le cose in città” rispose semplicemente “I goblin sono così diversi da come li ricordavo”

“Beh, hai fatto male” l'ammonì Hoggle “I sovrani non possono venire in città, pensavo lo sapessi”

“Sì, ma...”

“E poi i goblin non sono così carini come pensi” aggiunse il nano, alzando le braccia al cielo esasperato “Vieni con me, prima che se ne accorgano i fae di Jareth” disse, riferendosi alle persone che aveva visto al matrimonio.

Le fece cenno di seguirlo e lei obbedì.

Dalle finestre delle case si udivano rumori di stupore al suo passaggio, nonché voci femminili che chiamavano i rispettivi coniugi per mostrare anche a loro l'arrivo della regina.

Poveri goblin, così ingenui e ignari del fatto che quel matrimonio fosse tutta una finta.

Mentre camminavano, ai lati delle strade vi erano bambini che giocavano oppure donne che chiacchieravano.

Tutti si arrestavano al suo passaggio per potersi inchinare rispettosamente.

Sarah sorrideva a tutti e salutava con garbo, specialmente i bambini.

La sua attenzione, però, fu richiamata da un piccolo goblin.

Era un bambino che, giocando con il suo amichetto, era inciampato finendo per terra.

Ovviamente, scoppiò in lacrime, dovute più allo spavento che alla botta.

Sarah accorse in suo aiuto, sotto il richiamo di Hoggle che voleva impedirglielo “Tranquillo, piccolo, adesso ci penso io”

Sarah lo prese in braccio e lo esaminò, riscontrando una sbucciatura sul ginocchio.

“Non vorrai mica curarlo, vero?” domandò Hoggle, spazientito

“Perché non dovrei?” chiese Sarah di rimando “è un bambino”

“Perché i goblin non sono mai riconoscenti, ecco perché!” ribatté il nano.

In quel momento a Sarah salì “l'adolescente” che era in lei e non poté fare a meno di controbattere “Sono la regina e decido io se ho voglia di curare o meno qualcuno” specificò “Ed io voglio farlo, perciò, ti chiedo per favore di portarmi dei cerotti e dell'acqua”

Hoggle sgranò gli occhi e la fissò come se avesse appena udito una bestemmia o un'eresia “ Ma scusa, visto che sei la regina perché non sfrutti i tuoi poteri?”

“I-i miei poteri?” Sarah non capì, ma alla fine realizzò.

Quando si era sottomessa al labirinto aveva acquisiti alcuni poteri.

Erano minimi rispetto a quelli che aveva Jareth e che avrebbe ottenuto se lo sposava sul serio.

Era talmente immersa in questo ragionamento da non accorgersi di avere gli occhi di Hoggle che la scrutavano interrogativi e quelli dei goblin che la guardavano, speranzosi nel miracolo.

Sarah fece un profondo respiro e sorrise al piccolo “Come ti chiami?”

“Knegob” rispose il piccolo, tirando sul col naso e asciugandosi le lacrime

“Adesso guarirò la tua ferita” lo rassicurò e poi chiuse gli occhi, posando una mano sulla sbucciatura.

Si concentrò, cercò di fare come aveva sempre letto nei libri e visto fare nei film.

Cercò di visualizzare, nella mente, l'immagine della ferita che guariva e a gamba del bambino tornare come era prima.

Un formicolio si espanse nelle dita della sua mano ed il medaglione sul petto iniziò a vibrare.

La sua testa era diventata pesante e, anche se non stava facendo nulla di movimentato, il suo corpo reclamava riposo.

Si sentiva stanca e non aveva ancora cominciato.

Cercò di resistere finché non udì le esclamazioni meravigliate dei goblin li vicino.

Aprì nuovamente gli occhi e vide che la gamba di Knegob era guarita.

Si sforzò di sorridere “Adesso va meglio” disse, mettendolo a terra.

Dopo qualche saltello di prova, Knegob le strinse le gambe “Grazie, mia regina” e poi tornò a giocare con gli amici, vantandosi di essere stato guarito dalla sovrana ed essere stato fra le sue braccia.

Tutti applaudirono ed esultarono tranne Hoggle, che si avvicinò “Come facevi a non sapere dell'utilizzo dei poteri?”

“Non lo so...non lo sapevo...io...” Sarah emise un gemito e si portò la mano al petto, dove il medaglione si era inspiegabilmente attaccato.

Avvertì un dolore atroce, lo stesso genere di dolore avvertito prima di concedersi al labirinto.

Gridò ed infine il buio.

 

*****

 

Vi prego, mio signore”

Ho detto di no!”

E' l'unico modo” ribatté “Se la voce si sparge saranno guai seri”

Decido io quello che è meglio per il mio regno!”

 

Sarah udiva queste parole in modo confuso.

La sua testa doleva ed il suo corpo era stanco, indolenzito e si trovava adagiato su un morbido materasso.

Il profumo che aleggiava nell'aria, le fece intuire che non si trovava in camera sua...lei non usava il pino silvestre.

“Sarah!” Era la voce di Kal, che le fu vicino in un batter d'occhio “Meno male che sei sveglia” l'aiutò a mettersi seduta “Ti senti bene?”

“Razza di una troll maledetta!” esclamò Jareth, obbligando Kal a spostarsi e avvicinandosi a Sarah, prendendola per le spalle “Che cosa ti è saltato in mente, ragazzina!?”

La scosse leggermente, facendole sentire e vedere le stelle a causa del mal di testa.

“Mio signore...”

“Mio signore un emerito goblin, Kal!” sbottò infuriato, tornando a guardare Sarah.

I suoi occhi erano infiammati, ma la scrutavano da cima a fondo alla ricerca di ferite o altri traumi dovuti all'accaduto “Tu-sei-la più stupida umana che io abbia mai visto” sibilò

Sarah lo guardò impietrita.

Non sapeva se avere paura e temerlo oppure ringraziarlo per la sua preoccupazione.

Optò per restare zitta, anche perché non aveva idea di cosa realmente lo stesse preoccupando, se lei o il fatto che si era fatta una passeggiata in mezzo ai goblin.

“Perché lo hai fatto?” le domandò Kal con tono più tranquillo e venendo in soccorso a Jareth, che era sul punto di sbraitare “Perché hai deciso di curare quel piccolo goblin?”

Era quello che spaventava il re? Il fatto che lei avesse curato un goblin?

Allora erano veri i suoi pensieri, Jareth era un tiranno.

“Perché...” deglutì “...perché è questo il dovere di un sovrano” rispose, cercando di assumere uno sguardo duro “E tu non degni di uno sguardo il tuo popolo”

Sarah sapeva di aver toccato un tasto dolente, ma non le importava.

Se Jareth si mostrava insensibile nei confronti del suo popolo non era certamente colpa sua.

Al fae bastò sentire quella frase per andare in collera.

La presa sulle spalle di Sarah si fece più salda, tanto da farle male e farla lamentare.

“Sentirai molto più dolore se apri ancora quella bocca” sibilò e Sarah dovette ringraziare che la mani di Jareth erano coperte dai guanti, altrimenti le unghie di lui si sarebbero conficcate nella pelle e l'avrebbero ferita.

“Tu non uscirai da questa stanza fino a nuovo ordine!” aggiunse, alzandosi e costringendo Kal a seguirlo e chiudere a chiave la porta.

Era disposto a rinunciare alla sua stanza, l'importante era che Sarah non uscisse da lì.

“C-cosa?” fu tutto ciò che riuscì a domandare prima di ritrovarsi a colpire la porta e maledire Jareth “Aprimi immediatamente!” ordinò “Jareth, maledetto fae, aprimi!”

Jareth la ignorò, aveva ben altro per la testa in quel momento

“Perché non le hai detto dei poteri?” domandò Jareth a Kal, il quale sentiva una ramanzina in arrivo anche per lui.

“L'ho fatto, mio signore” rispose “Solo...”

“Solo cosa?”

“Non ho specificato cosa poteva fare e cosa no” disse, aggiungendo subito un “Non credevo che sarebbe andata al di fuori delle mura, era stata avvisata di non farlo”

Jareth dovette respirare profondamente almeno tre volte prima di ricominciare a parlare in modo decente e senza inveire contro il povero Kal, di cui si fidava ciecamente.

Sarebbe stato meglio se le avesse specificato ogni dettaglio.

Nel momento stesso che Sarah si è concessa al labirinto, ha acquisito parte della magia di quel labirinto.

Il problema era che si trattava di giochetti di prestigio, più che magia vera.

Se si fosse limitata a far apparire un fiore dal nulla, o farlo scomparire, avrebbe avuto meno problemi.

Per diventare una fae in piena regola e, quindi, usare la magia di guarigione, non bastava solo cedere la propria fedeltà al labirinto.

Avrebbero dovuto unirsi realmente, diventare un tutt'uno e solo all'ora lei avrebbe ricevuto il resto dei poteri.

Ma no! Lei era orgogliosa e si rifiutava di unirsi in matrimonio con lui che, comunque, su questo punto era d'accordo con la ragazza.

Piuttosto che unirsi a lei, si sarebbe trasferito nella gora dell'eterno fetore...oppure ci mandava direttamente lei, che era la soluzione migliore.

Doveva solo sperare che nessuno si accorgesse di niente o per lui sarebbe stata la fine.

 

 

NEL FRATTEMPO...

 

“Mio signore” la voce di una guardia risuonò per tutta la grigia sala del trono “Un popolano chiede udienza”

Re Mihal sospirò e fece un cenno concedendo di far accedere il richiedente, chiunque fosse.

Cambiò espressione quando vide entrare qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere: un mendicante, la cui lunga barba giungeva fino a terra anche a causa della schiena ricurva sotto al peso dell'età.

Un bastone, pieno di schegge, era il suo unico supporto e strascicava i piedi come se avesse camminato per molte miglia.

Avanzava lentamente e per questo motivo re Mihal, nonostante l'etichetta non lo prevedesse assolutamente, si alzò e gli andò incontro.

“Dannato vecchio, che cosa ci fai qui?” sibilò con tono preoccupato “Ti avevo ordinato di non venire mai a palazzo!”

Il vecchio sembrò ignorare quelle parole.

“Ho quello che mi avete chiesto” biascicò l'anziano, tirando fuori da sotto la tunica trasandata una piccola sfera di cristallo.

Re Mihal la prese subito ed osservò al suo interno.

Nel giro di poco, il suo sguardo si indurì e la collera iniziò a montare dentro di lui.

Fu ridestato dal vecchio, che allungava la mano e sfregava il pollice sull'indice e sul medio.

“Hai ragione, quello che è giusto è giusto” si voltò verso la guardia, che era giunta per avvisarlo dell'arrivo del vecchio, facendogli un cenno col capo.

Dopo qualche secondo, il soldato fu di nuovo vicino e porse al suo sovrano un sacchetto di cuoio.

“Venti monete d'oro, come da accordi” e lo diede al vecchio il quale, dopo essersi inchinato rispettosamente, si voltò e lentamente uscì.

“Seguilo” ordinò alla sua guardia “E una volta fuori, sai cosa fare”

La guardia si mise sull'attenti e poi eseguì l'ordine.

Re Mihal osservò di nuovo dentro la sfera e, senza mai voltarsi, si rivolse alle due guardie accanto al trono “Mandate un messaggero dalla regina” disse “Ditele che desidero conferire con lei al più presto” spiegò “E mandatene uno anche al re di Goblin e la sua nuova regina”

Le guardie scattarono e andarono a chiamare i messaggeri, lasciando il re solo nel bel mezzo della stanza con la piccola sfera di cristallo in mano.

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Capitolo 9
*** Smascherati ***


Perdonate il capitolo un po' lungo, ma non mi andava di dividerlo in due.

La descrizione dell'abito di Sarah (che viene nominato circa a metà) è opera di Fiore del deserto la quale, per mia stupidità e dimenticanza, non è stata ringraziata a dovere nel capitolo precedente.

Come sempre, vi suggerisco una sbirciatina alle sue storie che, sono sicura, vi piaceranno.

Un grazie anche a Trainzfan che mi fa da beta...e mi sopporta nella vita reale (poveretto, non lo invidio ihihihihih)

Buona lettura

 

 

 

Le strade della città erano deserte.

I goblin erano rintanati nelle loro case in vista di un temporale che era pronto a rovesci, tuoni, fulmini e saette.

Kal non negò che quel clima gli piaceva, ma non era il momento di fare il fenomeno e tramutarsi per correre sotto la pioggia.

Stava pattugliando le vie come ogni giorno, assicurandosi che tutto fosse al suo posto.

Che meraviglioso posto era quel regno.

I terreni erano sempre fertili, gli alberi rigogliosi e le mura che circondavano il labirinto sprizzavano magia solo a guardarle.

Persino il re era tanto amato e a Kal dispiaceva vederlo soffrire a causa di una sconfitta non prevista e di cui la vincitrice non era al corrente delle conseguenze.

Nessuno dei due aveva colpa, ma si facevano la guerra e si accusavano l'un l'altro della situazione in cui erano.

Gira e rigira, chi ne pagava le conseguenze era il popolo e il povero Kal.

Quest'ultimo era davvero fra l'incudine e il martello.

Jareth desiderava che usasse il pugno duro con Sarah mentre lei, che aveva un orgoglio smisurato, non cedeva e faceva resistenza.

Eppure, nonostante ciò, era sempre gentile con lui che, se non era per la sua particolarità, avrebbe fatto un pensierino su di lei.

Ma l'Underground non era sempre propenso ad accettare quelli come lui...forse nell'Aboveground sì, ma lì era molto difficile.

Sospirò e proseguì il suo giro fino a tornare sullo stradone principale.

Nel frattempo, il cielo aveva iniziato a far scappare qualche goccia e nel giro di poco la pioggia era cominciata.

Kal si tirò su il cappuccio e fece per tornare al castello, quando la sua attenzione fu richiamata da qualcosa.

Una figura grigia, offuscata dalla pioggia, non tanto distante da lui si stava avvicinando velocemente.

Gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco e notare che si trattava di un elfo, più precisamente un messaggero.

“Amdir, sei tu?” domandò Kal.

L'elfo si fermò a pochi passi da lui “Piacere di rivederti, Kal”

“Anche per me” insieme si spostarono verso il l'ingresso del castello e si misero sotto la volta per ripararsi dall'acqua.

“Dannazione, che pioggia” commentò Amdir “Quando comincia lo fa per bene” aggiunse, facendo sfuggire una risata a Kal.

“Non me ne parlare” disse quest'ultimo aggiungendo poi “Come mai da queste parti?”

“Ah, già” tirò fuori dalla borsa di pelle un rotolo di pergamena “Mi manda re Mihal, ho un messaggio per re Jareth” porse il rotolo a Kal “Dovrei consegnarglielo di persona, ma mi fido di te e sono sicuro che giungerà a destinazione”

“Contaci” ammiccò Kal “Sentì, la locanda del villaggio esterno ha delle stanze libere, fermati nel nostro regno stanotte”

Amdir rise “Così il tuo re mi può trucidare?”

“Spiritoso” lo ammonì Kal, ridendo anche lui “Di a Gerta, la proprietaria, che ti mando io così avrai la stanza migliore, e per il conto...non temere”

“Sei un amico, Kal” ringraziò l'elfo “Partirò domani mattina presto, spero di rivederti prima o poi”

“L'Underground è piccolo” rispose e lo lasciò andare.

Attese di vederlo scomparire fuori dalle mura, poi entrò a palazzo ed aprì la pergamena.

Lesse attentamente “Oh goblin”

 

*****

 

Recarsi al cospetto di re Mihal entro la prossima luna

per il gran ballo

Invito valido per il re di Goblin Jareth e la sua consorte

Regina di Goblin Sarah

 

“Porca banshee” mormorò Jareth

“E' esattamente quello che ho pensato anche io” commentò Kal “ma spero di essermi sbagliato”

Jareth fece un mezzo sorriso nervoso “Come ci si può sbagliare davanti all'evidenza?”

Il re iniziò a fare avanti e indietro nervosamente.

Se prima temeva l'arrivo di re Mihal per spodestarlo, adesso era terrorizzato che lo stesso scoprisse l'inganno.

E se l'avesse già scoperto?

Ma come?

Il povero “prelato” che aveva chiamato era un semplice fae della sua corte, che Jareth aveva rivestito del potere di unirli in matrimonio utilizzando una legge inesistente dell'Underground.

Questi era talmente stordito da non rendersi conto della bugia che gli era stata raccontata.

E se lo avesse scoperto e tradito? No, non era possibile.

Se Jareth e Sarah si fossero sposati davvero, lui avrebbe avvertito la magia scorrere dentro il suo corpo.

Se ne sarebbe accorto esclusivamente lui e nessun altro, quindi era scontato che re Mihal non avrebbe potuto scoprire l'inganno.

Però non si spiega perché re Mihal li avesse convocati per un ballo.

La sua testa era confusa e rimbombava di idee e pensieri di ogni genere.

Tutte le ipotesi erano buone e nulle allo stesso tempo.

“Mio sire, mi permettete un consiglio?” Jareth annuì, tanto peggio non poteva andare “E' probabile che stiamo facendo castelli in aria senza motivo” disse “io suggerirei di andare a questo ballo e vedere come si evolverà. Magari scopriamo che è semplicemente una festa e poi, se mi permettete ancora...” si avvicinò di qualche passo “...la prossima luna mi pare sia la festa del quadricentenario di re Mihal”

Jareth rabbrividì.

Quell'insulso gli stava talmente sull'anima che nemmeno si ricordava una festa semplice come il compleanno.

Kal aveva ragione, re Mihal festeggiava i suoi quattrocento anni.

Come aveva fatto ad arrivare a quell'età senza impazzire?

Jareth ne aveva appena duecentotrentasette e già voleva farla finita.

Sospirò, cercando di scrollare la tensione, poi si rivolse a Kal “Comunicalo alla regina e dille che non accetto negazioni o scuse di alcun genere”

“Mio signore...”

“Fa come ti ordino!” sbottò Jareth, costringendo Kal ad inchinarsi e poi scomparire dalla porta dietro al trono.

“La prossima luna...” mormorò Jareth fra sé e sé e fece un conto mentale.

Era fra cinque giorni.

 

*****

 

Sarah si portò le mani al volto.

Un ballo? E perché?

Non era intenzionata a rivedere quell'uomo per nessuna ragione.

E se ci fosse qualcosa sotto? Qualcosa di diverso dal ballo o dal compleanno dell'uomo?

Ma, soprattutto, perché aveva quelle brutte sensazioni?

La risposta era semplice, si chiamava coscienza sporca.

Non sapeva perché, ma era convinta che il gesto fatto a quel povero goblin l'aveva messa nei guai.

Kal le aveva detto che, vista l'importanza dell'evento e di chi invitava, sarebbe stato scortese non presentarsi e le aveva assicurato che sarebbe andato con loro.

Non era tranquilla, non era nemmeno intenzionata ad esserlo.

“Sarah, è solo un ballo” cercò di rassicurarla Kal “Nel nostro mondo sono normali queste ricorrenze in giorni di festa o in eventi particolari”

Sarah annuì e sorrise “Hai ragione, Kal” rispose “Sono una sciocca e mi preoccupo per nulla”

“Non preoccuparti” ammiccò e poi si avvicinò all'armadio “...permetti?”

Sarah annuì e Kal diede un paio di colpetti all'armadio, come se stesse bussando.

Pochi istanti dopo lo aprì “Io, fossi in te, indosserei questo e...” si avvicinò a Sarah e le tolse dai capelli il fermaglio “...così stai meglio”

 

*****

 

“Dove diamine si è cacciata!?” sbottò Jareth con impazienza, mentre attendeva all'ingresso l'arrivo di Sarah “Ha avuto cinque giorni per decidere!”

“La regina deve ancora abituarsi alle usanze del nostro mondo” intervenne Kal sistemandosi la manica della camicia perennemente nera e togliendo dei granelli di polvere dalla giacca blu di Jareth “Ma non temete, vostra altezza, sarà qui a breve”

“Me lo auguro per lei” borbottò Jareth, facendo poi congedare Kal.

Perché ci metteva così tanto? Nemmeno sua madre, quando vi erano quelle occasioni, ci metteva tutto quel tempo.

Fece un profondo respiro, maledicendo il giorno in cui aveva osato sfidarla.

Se solo si fosse fatto gli affari suoi...cercò di non pensarci, altrimenti avrebbe sbraitato.

Poco dopo fu costretto a girarsi, udendo dei passi frettolosi provenire dal corridoio degli alloggi.

Sarah stava avanzando di gran passo, per evitare di far attendere ulteriormente Jareth anche se, ammise, adorava farlo impazzire.

Considerava quel ritardo una piccola vendetta.

Jareth la osservò mentre si avvicinava e non poté non notare il suo aspetto, probabilmente c’era lo zampino di Kal.

L’abito di Sarah era lungo fin sotto i piedi, coprendoli completamente, dorato e rivestito da innumerevoli decorazioni cucite in rosso vermiglio.

Di comoda seta e dalla scollatura orizzontale frontale, dotata di una bellissima spilla in rubino a forma di stella a sei punte.

Il corpetto era sufficientemente stretto da poterle mettere in risalto le curve femminili, ma non per questo scomodo da non permetterle di respirare.

L’orlo della lunga gonna è riccamente decorato con i sopracitati ricami e copre parzialmente la sottoveste.

Ad aggiungere un altro tono principesco alla figura di Sarah, sono il diadema che le incornicia la fronte e un elegante anello al dito, fortemente abbinato alla bellissima spilla del décolleté.

Anche se stava avanzando con la stessa grazia di una semplice popolana, Jareth si ritrovò con le labbra socchiuse e gli occhi spalancati.

Quella ragazzina, tanto odiata e così tanto amata allo stesso tempo, non sembrava più una bambina intenta a giocare con i suoi costumi e le sue maschere.

Era lì, con un abito vero e dei più costosi, con l'aria di una vera regina e con l'aspetto di una persona più adulta di quello che era in realtà.

Rimase ancora più ammaliato quando le fu vicino e poté sentire il suo profumo di fiori d'arancio, abbinamento perfetto con il vestito e la sua personalità dolce e amara in contemporanea.

Jareth restò ammutolito per alcuni istanti, poi prese parola

“Era ora che tu arrivassi” disse, assumendo una posizione di superiorità “Non è cortese far attendere il proprio re e chi ti invita”

Se prima Sarah aveva un mezzo sorriso sulle labbra, dovuto al fatto che era riuscita a compiacere Jareth con il suo aspetto, ora aleggiava uno sguardo serio e fulminante.

“Forza, sbrigati” Jareth le indicò la porta e lei lo superò, ritrovandosi fuori.

Una carrozza, uguale a quelle viste nei libri e nei film, attendeva il loro arrivo.

Alla guida un maestoso cavallo nero, tutto imbrigliato d'argento e con l'aria di uno che voleva suicidarsi.

-Povero Kal- pensò Sarah -Non deve essere facile- non poté trattenere una risatina e si avvicinò.

In una delle loro passeggiate nei giardini del castello, Kal le aveva mostrato la sua forma animale e le aveva spiegato che grazie al medaglione lei poteva sentirlo e capire quello che diceva anche in forma animale.

Jareth, che non lo possedeva più, aveva smesso di sentirlo.

“Ti hanno sistemato bene” disse sarcastica, ricevendo un nitrito di disapprovazione “Ti preferisco uomo, comunque”

A chi lo dici” gli rispose Kal “Uno di quei dannati goblin mi è saltato sulla schiena” e cercò di indicarle un impronta di terra sulla zona natiche.

Sarah rise e lo aiutò a ripulirsi “Ora va meglio?”

Meglio, ma voglio finirla alla svelta” sbuffò e poi la guardo “Sei splendida”

“Grazie, Kal”

“Sarah, vedi di sbrigarti” l'ammonì Jareth, obbligandola a salire sulla carrozza e ordinando a Kal di muoversi.

Si ritrovò seduta sul sedile davanti a quello di Jareth, che faceva di tutto per non guardarla e ignorarla, sentendosi a disagio.

Non si accorse di avere lo sguardo basso e di essersi ingobbita come a cercare protezione.

Non vi era nemmeno una piccola finestra da cui poter osservare il paesaggio.

Lo considerò il viaggio più lungo della sua vita anche se, a occhio e croce, era durato a malapena un paio di ore.

Quando Kal li aveva avvisati di essere finalmente arrivati, Sarah notò che Jareth aveva iniziato ad innervosirsi.

Muoveva un piede velocemente e tamburellava le dita della mano destra sul sedile di pelle bordeaux.

Non era arrabbiato era...preoccupato.

-Il re di goblin preoccupato?- si domandò Sarah, incuriosita, -non è da lui-

Non c'erano labirinti che reclamavano regine e non c'erano pericoli imminenti.

Era solo un ballo per festeggiare i quattrocento anni del re degli elfi.

Jareth non era in quello stato quando avevano fatto il gran ballo al loro finto matrimonio.

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Jareth “Vedi di mantenere un comportamento degno di una regina” le disse “E resta il più possibile lontano da re Mihal, non gli parlare e non aprire bocca”

Sarah lo guardò con aria di sfida “Temi che possa farti sfigurare?” domandò, incrociando le braccia al petto “Non temere, ci pensa già la tua faccia a farlo”

Jareth fece per alzare una mano, ma Sarah lo fermò

“Se lo fai, urlerò così forte che ti verrà in mente di auto esiliarti nella gora dell'eterno fetore”

Jareth preferì tacere e attese che Kal si fermasse.

Il re scese dalla carrozza e, per mantenere le apparenze, aiutò la sua regina a raggiungere il suolo e poi si rivolse a Kal.

“Vai pure, Kal” gli disse “E appena puoi raggiungici”

Kal fece un cenno col capo, poi si rivolse a Sarah

Fairfarren, Sarah” e andò a parcheggiare la carrozza.

Fairfarren.

Aveva già sentito quella parola, o meglio, l'aveva letta nei suoi libri.

La si dice a qualcuno che deve affrontare un viaggio arduo.

Era un modo per dire “Che la sorte sia con te” oppure “Che la fortuna sia con te nel tuo cammino”

Una parola dolce, con un significato molto profondo.

Perché gliel'aveva detta?

Che mai poteva accadere, per dirle una cosa del genere?

Scosse la testa, probabilmente si stava facendo fantasie inesistenti per via del nervoso.

Decise di non badarci e seguì Jareth.

 

*****

 

La sala da ballo di re Mihal era simile a quella del castello di Goblin, solo molto più ampia.

Sarah si aspettava di trovare un regno totalmente diverso da quello che in realtà le si era presentato davanti.

Pensava di vedere qualcosa in stile Signore degli anelli, invece era un regno semplice come quello di Jareth.

Solo gli elfi erano come li aveva immaginati.

Entrarono sotto braccio, Sarah cercò di sfoggiare il suo miglior sorriso e cercò anche di trattenere la voglia di pestare un piede a Jareth per il solo e puro gusto di farlo.

Notò che i regnanti degli altri labirinti erano già presenti e si inchinavano al loro passaggio.

“Jareth!” la voce della regina Elbereth alle loro spalle li obbligò a voltarsi, con somma gioia di Sarah che non vedeva l'ora di mollare Jareth e fare qualcosa di diverso dallo stargli accanto.

“Ben trovata, madre” salutò Jareth con un baciamano

“Sono lieta di rivederla, regina Elbereth” salutò Sarah con una riverenza, lasciando Jareth stupito.

Sapeva proprio come comportarsi, cosa assai rara negli umani.

“Meno male che siete venuti, non ci speravo più”

“Beh, madre, purtroppo abbiamo avuto un piccolo intoppo e...”

“La colpa è mia, regina Elbereth” intervenne Sarah “Per esigenze del regno ho dovuto tardare la nostra partenza, infatti sarà mia premura porgere le dovuto scuse al sovrano per averlo fatto attendere”

Jareth cercò di non ridere, era una scusa bella e buona ed era evidente che Sarah stesse sfoggiando tutta a sua passione teatrale e le frasi lette o sentite nei libri.

Ne rimase, comunque, molto compiaciuto.

“Mia cara, non devi mai scusarti quando si tratta di esigenze di regno” spiegò la regina Elbereth, prendendo Sarah sottobraccio “Ora, mentre il caro re Jareth andrà a parlare con il sovrano, io e te andiamo a parlare altrove”

Sarah deglutì, ma acconsentì e, mentre si incamminava, cedette all'istinto e pestò un piede e Jareth che, cercando di mantenere la sua compostezza, trattenne un ringhio rabbioso e maledisse mentalmente la ragazza.

La regina Elbereth la portò al centro del salone ed insieme si misero a danzare a ritmo di una musica allegra.

Sarah si sentì in imbarazzo, ma vide che tante altre donne danzavano fra di loro per divertimento e, quindi, cercò di essere allegra come tutti gli altri.

“Mia cara, sei splendida” disse la regina Elbereth “Scommetto che è stato Kal a suggerirtelo”

“Infatti” confermò Sarah, volteggiando

“Ho ottimi gusti quel ragazzo” continuò la regina “Approposito, non è venuto con voi?”

“Sarà qui attorno, maestà” Sarah iniziò a cercarlo con lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo quando lo vide accanto a Jareth, che attendeva il suo turno per parlare con re Mihal.

Osservando meglio, rimase attratta da un gruppo di guardie reali che circondavano una donna vestita interamente di bianco.

I capelli del medesimo colore e la pelle diafana su cui risaltava il solo rossetto color rubino.

Sembrava un angelo caduto dal cielo e sorrideva con dolcezza a tutti, compreso re Mihal.

Salutò Jareth e Kal, che ricambiarono con un inchino e un baciamano.

Accanto alla donna vi era una dama di compagnia, che sembrava conoscere molto bene Kal, il cui naso molto lungo e la testa lievemente più grossa, spiccavano più dell'aspetto angelico dell'altra donna.

“Sottomondiani” disse la regina Elbereth, attirando l'attenzione di Sarah “Oltre all'Undergroud esiste anche il Sottomondo dove, credimi, sono tutti matti” ridacchiò “Quella è la regina Mirana, la più dolce e saggia regina che io abbia mai conosciuto e...” si avvicinò all'orecchio di Sarah “...se la sua dama di compagnia ti incuriosisce, dovresti vedere la sorella della regina Mirana, quella è anche peggio con il testone”

Sarah non poteva immaginare che testa avesse la sorella della regina Mirana, ma non riuscì a non ridere.

Finita la musica, la regina Elbereth e Sarah si scambiarono delle riverenze.

“È stato un onore danzare con lei, regina Sarah”

“L'onore è stato mio, regina Elbereth”

La donna ammiccò e lasciò Sarah per recarsi da re Mihal.

Quasi subito venne circondata dagli altri regnanti, che tentarono di coinvolgerla nelle loro conversazioni.

Cercò con lo sguardo Kal, ma era ancora intento a conversare con la dama di compagnia della regina Mirana.

Provò con Jareth, ma anche lui era intento a parlare con re Mihal.

 

*****

 

“Non mi aspettavo di vederti” disse re Mihal.

“Come avrei potuto mancare?” rispose Jareth, con evidente tono sarcastico.

“Jareth, bada a te o io...”

“Cosa?” domandò Jareth, zittendolo “Verrò esiliato? Verrò mandato via dal mio regno? Mi spiace dirtelo...” gli diede del tu e sottolineò bene l'ultima parola, facendo capire a re Mihal che ora erano di nuovo alla pari “...ma non puoi farlo” poi aggiunse “Volevi che sposassi la regina del mio regno? L'ho fatto, quindi non vedo cosa tu possa farmi”

Re Mihal non si scompose.

Teneva le mani dietro la schiena ostentando il suo petto, rigorosamente corazzato con un'armatura dorata.

Un pomposo pallone gonfiato, come amava definirlo Jareth.

“Permettimi di porti una domanda, Jareth” attese il consenso del re di Goblin e proseguì “Sei innamorato della tua regina?”

La domanda lo colse di sorpresa.

Sarah era una ragazza indomabile e odiosa e se avesse potuto l'avrebbe gettata nella gora dell'eterno fetore a vita.

Non poteva dire di amarla, ma non poteva negare che le parole rivoltole durante la sfida erano vere.

Lui qualcosa la provava ancora per lei, ma la sconfitta e l'umiliazione subita erano stati tali da renderlo cieco e fargli mettere in secondo piano i suoi veri sentimenti.

Lei era lì, indifesa, che cercava di destreggiarsi al meglio per non sfigurare o farlo sfigurare.

Dopo tutto quello che lui le aveva fatto, lei cercava di compiacerlo.

 

Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che io ti dico e mi renderai tuo schiavo

 

Era tutto chiaro all'epoca ed era così anche adesso, ma non andava tutto secondo i suoi piani e intanto l'odio cresceva.

Sospirò e quasi non si rese conto di essersi lasciato scappare un “Sì” in risposta alla domanda ricevuta.

“E sei tu, Jareth, disposto a fare qualsiasi cosa per la tua regina?”

A quella domanda, Jareth si insospettì.

Era normale domandare ad un altro re o regina se amasse il coniuge, visto che molti matrimoni erano combinati e, spesso e volentieri, i due sovrani non si amavano ma bensì si tolleravano.

Chiedere se lui fosse disposto a fare qualunque cosa per Sarah era un po' troppo.

Aveva avuto sin dall'inizio il sospetto che quella festa era solo una scusa e, a quanto pareva, non si era sbagliato.

“Ho tollerato la prima domanda, perché era lecita” rispose Jareth “Ma quello che io sono disposto a fare per la mia regina non lo ritengo affar tuo”

“Qui tutto è affare mio, Jareth” si chinò appena, quel tanto che bastava per non farsi sentire da nessun altro all'infuori di Jareth “Specie le menzogne”

Jareth lo guardò accigliato, ma non fece in tempo a rispondere.

Re Mihal si rimise composto e alzò un braccio in alto.

Schioccò le dita e si udì un sonoro CRACK.

Uno dei lampadari del salone posto sopra a Sarah, che si era isolata dagli altri regnanti, iniziò a muoversi e si staccò dal soffitto.

Qualche grido di spavento, qualche “oh” di stupore, restava il fatto che Sarah era esattamente sotto.

Neanche il tempo di realizzare e si ritrovò a terra a pochi metri dal lampadario.

Avvertì un dolore al braccio, ma non sembrava esserselo rotto e in più c'era Jareth, sopra di lei, che le faceva scudo.

La guardava dritto negli occhi, preoccupato.

Nella sala, era calato un silenzio glaciale.

Jareth si ricompose subito e aiutò Sarah ad alzarsi.

“Jareth!” la regina Elbereth, insieme a Kal, andò in loro soccorso e, dopo essersi assicurata che stessero bene, non riuscì a non chiederlo “Jareth, che cosa hai fatto?” domandò la donna che, purtroppo, aveva intuito qualcosa.

“Mi dispiace, madre, ho dovuto”

Sarah non stava capendo niente e si limitò ad abbassare lo sguardo.

“Lo avete visto tutti!” esclamò re Mihal, facendosi sentire da tutti i presenti “Ha violato la nostra legge!”

Sarah realizzò.

Re Mihal aveva scoperto del finto matrimonio e lo stava sbandierando a tutti.

“Ha obbligato l'umana a dichiarare fedeltà al labirinto per evitare le maldicenze e dato che lei lo ha rifiutato ancora, l'ha costretta a sposarlo per rimanere a capo del regno!” tutti i presenti ascoltavano scandalizzati quella storia “Il problema, è che quel matrimonio non è mai stato valido e questa è la dimostrazione!” poi aggiunse “Non possiede più la magia, avrebbe potuto fermare tutto con un solo movimento della mano e invece ha deciso di rischiare la vita!”

Jareth fece cenno a Sarah di restare in disparte e si avvicinò al cospetto di re Mihal “Prima di infangare il mio nome e quello della mia regina, vorrei che tu iniziassi a guardare te stesso!”

E di nuovo i presenti rimasero senza parole.

Jareth cercò di prendere tempo e proseguì a gran voce “Quest'uomo è stato costretto a sposare la regina Elbereth perché il suo regno iniziava a reclamarla come regina e lei, pur di non abbandonarlo nell'oblio ha accettato il matrimonio e poi lui l'ha costretta ad abdicare in suo favore, così che il regno non reclamasse più una regina e lui potesse restare al comando con tutti gli annessi e connessi”

Re Mihal si infervorò e, preso da un attacco di ira, caricò un pugno in pieno volto di Jareth, che cadde a terra dolorante.

“Jareth!” la regina Elbereth Sarah si avvicinarono a lui e lo aiutarono a rimettersi in piedi.

Sul volto del fae era già evidente un livido.

Dalle labbra dei presenti si levarono mormorii di sdegno, solo che non si capiva a chi erano rivolti se a Jareth o re Mihal.

“Caro, per carità, ferma tutto” lo implorò la regina Elbereth, mentre lui la zittiva con la mano.

“Smetterò solo ad una condizione...” guardò Jareth e, con un altro schiocco di dita, fece apparire dal nulla una foglia verde e nel pieno della vita “...che lui dimostri di avere la magia e che sono in errore. Io vi dimostro la mia”

Poi, dopo aver mostrato la foglia ai presenti, la fece essiccare e la stritolò fino a sbriciolarla e farla cadere a terra.

“Ora, Jareth, tramutati”

Jareth esitò e guardò Sarah, non sapendo cosa fare, poi volse lo sguardo a Kal che, pur di essere di aiuto, si avvicinò a Sarah lo incoraggiò a farlo.

“Coraggio, re di Goblin” lo incitò re Mihal “Devi solo trasformati in quella specie di volatile dorato che hai scelto, cosa ti costerà mai?”

Jareth aveva le mani legate.

Se lo faceva avrebbe fatto del male a Sarah e a stesso.

Era l'ultima cosa che voleva, ma sapeva che re Mihal non accettava un no come risposta.

Erano stati scoperti e aveva ben poco per difendersi.

Sospirò “Mi dispiace, Sarah” disse “Non ho altra scelta” mosse la mano, con l'intenzione di mutare, ma il cambiamento non avvenne.

Sarah gridò di dolore, mentre Kal cercava di sostenerla.

Jareth gemette e si ritrovò in ginocchio.

Re Mihal la considerò una dimostrazione sufficiente e gli ordinò di smetterla, dando loro il tempo di riprendere fiato e rimettersi in piedi.

Se davvero il matrimonio fosse stato registrato, entrambi avrebbero i poteri che gli spettavano:

Lui avrebbe potuto mutare di forma e lei non avrebbe avuto conseguenze.

“Avete visto tutti, non sono realmente sposati come prevede la legge!” disse re Mihal “Se davvero lo fossero lui poteva mutare come ogni re di questo mondo e lei avrebbe avuto il potere della guarigione come ogni regina dell'Underground e avrebbe potuto curare quello schifoso goblin ferito”

Sarah, che si era ripresa, spalancò la bocca. Come faceva re Mihal a sapere del piccolo Knegob?

“Il tuo affronto è tale da non renderti degno della tua posizione e per tanto...” guardò bene sia lui che Sarah “...io, re Mihal, sovrano delle terre di Elnar, condanno questi due traditori alla pena del labirinto di ombre”

Jareth deglutì e notò che la batosta non era finita.

“E condanno entrambi ad affrontarlo senza alcun tipo di potere, nemmeno quelli di base”

Alzò la mano e schioccò le dita e Sarah, che fino a poco prima era accanto a Kal, si ritrovò Jareth che la stringeva e le faceva nuovamente da scudo, mentre tutto intorno a loro svaniva.

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Capitolo 10
*** La prima prova ***


Salve salvino mio caro vicino...ok, è salito il Flanders che c'è in me.

Eccomi con il nuovo capitolo e spero sia sempre di vostro gradimento.

Ringraziamo tutti Fiore del deserto e Trainzfan (aaameeeeen) per il loro aiuto e vi auguriamo buona lettura.

 

 

 

 

Quando l'ambiente intorno a loro riprese forma, Sarah si accorse di essere in mezzo al nulla.

Un'enorme radura circondata da cipressi ed il castello di re Mihal in lontananza.

Il cielo ero plumbeo, anche se Sarah si ricordava il sole quando erano giunti nelle terre di Elnar.

Si accorse di non indossare più l'abito sfarzoso che aveva scelto Kal per lei, ma bensì gli stessi vestiti che aveva addosso il giorno che era stata costretta a scendere nell'Underground.

Jareth, che si era staccato da lei, era messo anche peggio.

Re Mihal, per sfregio, aveva cambiato anche i suoi vestiti e adesso indossava una semplice camicia bianca e dei jeans neri...umani.

Persino la calzatura, che prima si trattava di un paio di stivali alti e lucidi, era variata in paio di scarpe tipiche di un ragioniere umano.

Jareth era evidentemente infastidito, infuriato e muoveva la mano dall'alto verso il basso e più faceva quel gesto più si inalberava e lanciava imprechi irripetibili.

L'aveva fatto davvero, re Mihal gli aveva tolto tutti i poteri.

Infatti, stava cercando di utilizzare anche il più misero trucco, ma non accadeva nulla...nemmeno uno strillo da parte di Sarah.

Questo era ancora più fastidioso perché, mentalmente, avrebbe voluto vederla agonizzare ai suoi piedi.

Dopo anni di sofferenze ne aveva le tasche piene e ora era condannato a morte assieme all'umana che l'aveva trascinato in quel vortice di menzogne.

“Figlio di una banshee, testa di goblin, yeti invertebrato!” sbraitò Jareth, riferendosi a re Mihal.

Sarah lo lasciò sfogare e nel frattempo pensò al da farsi.

Stava minacciando di piovere ed il sole era coperto dalle nuvole, creando un'ombra unica sul paesaggio circostante.

Era meglio andarsene da lì.

Fece per andare verso i cipressi lì vicino, ma qualcosa di duro la colpì e lei cadde a terra.

“Dove goblin vuoi andare!?” sbottò Jareth “Guarda che non puoi uscire da qui”

Sarah si rimise in piedi e scosse la testa “Come non posso uscire? Siamo già fuori!” ribatté “Hai bevuto qualcosa mentre non guardavo?”

Jareth sbuffò, si era scordato che lei era solo un'umana.

“Dobbiamo superare il labirinto, ragazzina”

“E dove si trova questo labiri...?” e poi realizzò.

Era un labirinto di ombre, da quello che aveva capito, perciò quello che l'aveva colpita poc'anzi era un'ombra.

“Un momento...” Sarah si guardò attorno “...vuoi dire che siamo già nel labirinto?”

Jareth si voltò in direzione del castello di re Mihal “Potresti anche mostrarcelo!” esclamò “Oppure hai paura che lo superiamo velocemente grazie alla campionessa?”

Sarah lo guardò con un sopracciglio alzato “Genio, guarda che si trova ad almeno un chilometro e mezzo di distanza, come pensi che ti senta?” domandò sarcastica.

“Stai a vedere, genio” ribatté lui spazientito, indicando il cielo.

Pochi istanti dopo, un forte vento si levò ed il cielo iniziò a schiarirsi.

Le nuvole grige si diradarono lasciando spazio ad un caldo sole, i cui raggi illuminavano l'intera radura.

“Oh...” fu tutto ciò che riuscì a dire Sarah, prima di aggiungere “Ma il labirinto dov'è?”

Jareth sbuffò e con la mano l'aiutò a chinare il capo a terra.

La radura aveva assunto un altro aspetto.

Il terreno era ricoperto di linee, curve, disegni strani e tutti rigorosamente grigio scuro...quasi nero.

“No...non mi dirai che è questo?” Jareth annuì e Sarah non poté resistere alla voglia di verificare lei stessa quelle ombre.

Allungò la mano finché non sentì la parete dura del labirinto, che si trovava esattamente dove vi era un'ombra sul terreno.

“Oh, goblin” si lasciò scappare Sarah.

“Io avrei usato un altro termine” sbuffò Jareth “Hai finito di controllare il muro?”

Sarah sospirò e, finalmente, si decise a lasciar perdere il muro, tornando vicino a Jareth.

“Ok” disse appena gli fu accanto “Superiamolo” fece per avviarsi, ma Jareth la trattenne.

“Non farti ingannare, Sarah” l'ammonì “Questo non è il mio labirinto”

“Ma il percorso si vede, basta seguirlo” ribatté Sarah.

“Dannazione, Sarah!” Jareth era evidentemente spazientito “Non te l'ha mai detto nessuno che non si può superare quello che non si vede?” domandò “Non ti è bastato farmi finire qua dentro, vuoi anche farmi diventare matto?”

“Quello lo sei già, non ti serve un labirinto!”

“Tu sei...sei...” Jareth dovette richiamare tutta la pazienza che possedeva, cioè pochissima, per non mettersi a sbraitare e perdere la poca lucidità rimasta “Ascoltami, conosco questo labirinto e credimi che non è semplice come può sembrare” spiegò “Sei obbligata a darmi retta, se vuoi uscire intera da qui”

Sarah sbuffò “Se non c'è altra scelta...”

Jareth si avviò lungo una stradina sulla sinistra e Sarah lo seguì, cercando di capire dove volesse andare.

Lo seguiva, ma la domanda le sorgeva spontanea: se non si può superare qualcosa che non si vede, perché lui si addentra fra le vie di quel labirinto di ombre come se stesse ai giardini pubblici?

Jareth aveva le braccia spalancate e le sue mani toccavano le pareti invisibili del labirinto.

Le dita si muovevano delicatamente, come se stessero cercando di percepire qualcosa.

“Eccola” disse ad un certo punto, voltandosi verso la parete alla sua destra “Deve essere questa”

“Che cosa?” chiese Sarah, allungando anche lei una mano e sentendo qualcosa di duro e freddo sotto le dita.

Le spostò un poco e avvertì le striature tipiche del legno “Una porta?”

“La cosa ti stupisce?” domandò Jareth, fingendosi sbalordito “La campionessa del labirinto di terra, la regina di Goblin, si stupisce per una porta?” ghignò, ricevendo un'occhiataccia da parte di lei.

“Non sei divertente, Jareth”

“Come posso essere divertente, se sono chiuso qui dentro con te?” disse lui, esaminando la porta inesistente “Qualcosa non va”

“Che cosa?”

“Invece che fare domande, pensa!” esclamò lui “Tu hai superato il mio labirinto, mentre io...” il suo sguardo si rabbuiò e Sarah notò il braccio di lui tremare appena “Re Mihal è furbo” proseguì, come se nulla fosse “Non ci permetterà di superarlo così facilmente”

“Avrà piazzato trappole?” azzardò Sarah, ma lui scosse la testa

“Temo...che ci voglia mettere alla prova e da qualche parte troveremo gli indizi che lo dimostreranno”

Un sibilo fuoriuscì dalla porta lì vicino e, all'improvviso, una foglia elfica apparve dal nulla e rimase sospesa a mezz'aria.

Ovviamente, era attaccata alla porta che sentivano, ma non vedendola era come se fosse librata in aria.

Jareth la prese e vide che vi erano incise delle parole dorate “Elfico” disse Jareth “Come immaginavo”

“E' un indizio?”

“Una prova, dobbiamo entrare qui dentro” spiegò Jareth “Quel figlio di Banshee non vuole farci superare il labirinto”

“Come fai a dirlo?” domandò Sarah “E come fai a dire che dobbiamo entrare in questa porta?”

Jareth allungò la mano e picchiettò su una parete “Decisamente non si può proseguire”

Sarah osservò e riuscì a notare che era apparsa una nuova ombra che, giurò, poco prima non c'era.

Preferì evitare di crucciarsi in merito e guardò la foglia che Jareth teneva in mano.

“Che cosa dice?” domandò Sarah “Non so leggere l'elfico”

“Sapresti leggerlo se mi avessi sposato come ti avevo ordinato”

“Tu non mi ordini un bel niente!” ribatté Sarah “Anzi, sbrigati a dire la prova oppure io faccio un altro giro e vediamo chi uscirà per primo”

“Fa come ti pare” Jareth non badò a lei e seguitò a leggere la prova.

Sarah fece alcuni passi, con l'intenzione di andarsene e cercare un'altra strada.

Voleva mollarlo lì, fregarsene di qualunque prova re Mihal stesse cercando di dargli e mandare al diavolo tutto e tutti.

Però, dentro di sé, sentiva che c'era qualcosa che la fermava.

Jareth.

Lui stava leggendo la prova e guardando la parete inesistente lì davanti con aria preoccupata.

Sembrava aver capito cosa lo aspettava e non era sicuro di volerlo affrontare.

Sarah sospirò e decise di tornare indietro.

Jareth aveva ragione, era anche colpa sua se si trovavano in quella situazione e non poteva abbandonarlo proprio adesso.

“Scusami” mormorò appena, sperando che lui non volesse approfondire il discorso “Per favore, leggimi quello che c'è scritto”

Jareth abbozzò un sorriso e lesse

 

Entra dentro e vedrai

qualcosa per cui impazzirai

Sei spavaldo

oppure codardo?

 

Jareth assunse uno sguardo tetro, come se avesse una vaga idea di cosa lo aspettava.

Guardò per un istante Sarah, chiedendosi se sarebbe stata in grado di affrontare quella prova che aveva portato la gente alla pazzia.

Lui non era sicuro di essere in grado e questo lo preoccupava.

Cercò di non darlo troppo a vedere, non voleva mostrare a Sarah la sua debolezza.

Peccato che il suo tentativo fu vano in quanto lei si accorse dei sui continui cambi di espressione.

“Jareth...?”

Jareth sospirò “Dobbiamo entrare qui dentro” disse semplicemente, muovendo la mano fino a che non trovò la maniglia della porta.

Quando la aprì, vennero accolti dal buio più totale e Sarah si accorse che, nonostante stessero per entrare in una stanza, guardando ai lati della porta vedeva l’intero labirinto.

Era come se la stanza non esistesse.

“Faccio strada io” annuncio Jareth, prendendo la mano di Sarah e addentrandosi nel buio.

Sarah si accorse che la presa era sì salda, ma più che una presa per guidare era una presa in cerca di sostegno.

Jareth aveva bisogno di sentire qualcosa di reale, altrimenti non sarebbe mai entrato lì dentro.

Avrebbe preferito superare il labirinto alla vecchia maniera, come aveva dovuto fare da bambino per punizione dopo aver osato ribellarsi a re Mihal.

A quell’epoca aveva appena perso il padre e il re degli elfi aveva costretto la madre a sposarlo.

Aveva da sempre vantato diritti inesistenti su Jareth e aveva persino osato dire che amava sia lui che sua madre.

Ma se davvero li amava come diceva, non lo avrebbe mai spedito in quel labirinto con l’ordine di superarlo.

Era stata la più brutta, seppur formativa, esperienza della sua vita.

Non credeva di doverlo affrontare di nuovo e, stavolta, con delle prove.

Che cosa voleva dimostrare il re degli elfi con quelle prove?

E perché coinvolgere anche Sarah?

Forse perché l’idea del finto matrimonio era giunta da lei e quindi doveva pagare per quell’oltraggio.

Ma lei, alla fine, era solo una semplice umana e Jareth non riteneva normale sottoporla a quel labirinto senza un motivo.

Però non poteva dire nulla, non poteva difenderla e non poteva evitarle quel gioco.

La porta si chiuse alle loro spalle e, l’istante dopo, il fuoco di una torcia lì vicino si accese e stessa cosa fecero le altre due poste sulle altre pareti.

Al centro della stanza c'erano due specchi ad altezza persona.

“Due specchi?” Sarah non capì, ma Jareth le rispose prontamente.

“Sono gli specchi della verità” disse, senza lasciarle la mano “Devi specchiarti e loro ti diranno la tua anima com’è...ti mostreranno il tuo vero io”

Sarah annuì ed un brivido percorse la sua schiena.

Lei non aveva idea di cosa avrebbe visto, che cosa si nascondeva realmente dentro di lei, ma Jareth...era troppo teso, troppo nervoso.

Sembrava già a conoscenza di quello che lo specchio gli poteva mostrare e questo a Sarah non piacque.

Jareth era coraggioso, aveva una grinta degna di un re.

Non riusciva ad immaginarlo diverso da come lo vedeva.

“Jareth, prima di cominciare, voglio dirti una cosa...una cosa che mi ha detto prima Kal” Jareth la guardò “Firfarren, Jareth”

Quella parola lo lasciò di stucco.

Kal aveva capito tutto sin dall’inizio ma Jareth non lo aveva mai voluto ascoltare.

Quell'esperienza era come un viaggio arduo, se non anche peggio.

Sarah non poteva scegliere termine migliore per cercare di rincuorarlo.

“Fairfarren, Sarah”

Si avvicinarono, prendendo posto ognuno davanti ad uno specchio.

Sarah iniziò a specchiarsi, trovando la cosa alquanto ridicola.

Lei nella vita non era mai stata coraggiosa, ma aveva sempre cercato di nasconderlo e apparire diversamente.

Se lo specchio le avesse mostrato la sua parte debole ci avrebbe creduto, perché lei stessa sapeva che era la verità.

Forse qualche lato coraggioso lo aveva, ma a che scopo?

Quando aveva affrontato Jareth la prima volta lo aveva fatto per paura di essere scoperta dai genitori e di essere punita.

Un gesto codardo che ha cercato di nascondere donando a Toby tutto l’amore che possedeva.

Avrebbe voluto averlo lì, chiedergli scusa e cercare di dimenticare.

Ma non era semplice...non lo avrebbe più rivisto e questo ormai era diventato un tarlo fisso.

Ora era lì, a specchiarsi attendendo il risultato di una prova la cui risposta era già ovvia...ma non accadde nulla.

Più si specchiava più non vedeva altro che la sua stessa immagine, che si muoveva ad ogni suo minimo spostamento.

Si aspettava di vedere il suo riflesso cambiare e diventare qualcos’altro.

Cercò di capire come mai non accadeva nulla e solo in quel momento si accorse di alcune incisioni intorno alla cornice.

Erano scritte in corsivo ma riusciva comunque a capirle.

Spiegavano come funzionava lo specchio e, soprattutto, spiegavano che non funzionava con gli umani.

Sarah sgranò gli occhi.

Ecco perché non vedeva nulla!

Re Mihal lo sapeva! Sapeva che quella prova sarebbe stata distruttiva per Jareth e non per lei.

“Jareth, togliti da lì!” Disse voltandosi verso Jareth e cercando di spostarlo.

Ma lui aveva lo sguardo come ipnotizzato e fissava lo specchio senza dire nulla.

Sarah tentò di guardare anche lei, ma non riusciva a vedere nient’altro che Jareth imbambolato e lei stessa al suo fianco.

Qualunque cosa stesse vedendo, doveva essere orribile.

“Jareth, guardami!” Ordinò, mettendosi davanti a lui e scrollandolo appena “svegliati!”

Jareth non rispondeva.

Una piccola lacrima aveva osato solcare il volto del re di Goblin, che non si mosse nemmeno per asciugarla.

Stava muovendo appena le labbra e mormorava qualcosa di incomprensibile.

Una cosa era sicura, Jareth non stava vedendo il suo riflesso e non stava vedendo il suo io coraggioso.

Re Mihal era un maledetto.

Sapeva quanto Jareth fosse vulnerabile e, per tale motivo, stava mostrando il lato codardo e peggiore del suo carattere.

Un lato che, a detta di Sarah, non esisteva.

Ci voleva coraggio per rinunciare ai propri poteri pur di restare a capo di un regno, per sopportarla e per sfidare un re ma, soprattutto, ci voleva coraggio a mettere in gioco la propria vita a causa di qualcuno che ti rovina l'esistenza.

E quel qualcuno era proprio lei.

Non sarebbe rimasta lì a guardare mentre un re o uno specchio facevano soffrire Jareth.

“Jareth...” tento un’ultima volta di chiamarlo e finalmente udì le esatte parole che lui stava mormorando.

Vile

Codardo

Vigliacco

Indegno

Tutte caratteristiche che Sarah non aveva mai riscontrato in lui.

Certo, ogni tanto ci aveva pensato e lo aveva definito vile, ma erano pensieri di una ragazzina stupida e senza cervello.

Lei era una donna, era la regina di Goblin e doveva difendere il suo re.

“Jareth, ascoltami” prese il volto del Fae fra le mani “non so cosa tu stia vedendo, ma devi smetterla subito” il suo tono era calmo e assomigliava ad un imploro “Tu non sei così, non sei come ti descrive lo specchio, è stato lui! È il re che vuole che tu veda questo, tu non sei così, tu sei coraggioso!”

Jareth la stava ascoltando, ma era ancora ipnotizzato davanti allo specchio e non riusciva a staccarsi.

“Jareth, svegliati, ti prego”

Il primo istinto era quello di svegliarlo con il classico schiaffone, ma non era decisamente il caso...anche se avrebbe voluto farlo.

No, Jareth non stava bene a causa di quelle visioni e aveva necessità di sentire qualcosa di più vero, di coraggioso e...sincero.

“Svegliati...” si tirò su sulle punte e, dopo aver fatto una meditazione di pochi istanti, poso le sue labbra su quelle di Jareth e le chiuse in un dolce bacio.

Non sapeva perché, ma era convinta che quel gesto lo avrebbe aiutato a tornare alla realtà e spezzare la maledizione dello specchio.

Avvertì le braccia di lui cingerla e ricambiare il bacio.

Restarono stretti pochi secondi, poi Jareth spalancò gli occhi.

Sembrava terrorizzato e...scandalizzato.

Senza preavviso, si staccò da Sarah e la fissò come se avesse compiuto un’azione indescrivibile.

“Che stai facendo?” Fu tutto ciò che riuscì a domandare.

“Ma...” Sarah lo guardò senza parole.

L’aveva appena baciato, ammise che le era persino piaciuto e lui le chiedeva cosa stesse facendo?

“Mi hai baciato?” Domando nuovamente Jareth, passandosi la lingua sulle labbra.

“Ti ho svegliato!” Di tutte le frasi che Sarah poteva dire, quella era la peggiore.

Jareth si passo di nuovo la lingua sulle labbra, dove era rimasto un filo di lucida labbra “È fragola?”

Sarah arrossì e spalancò la bocca, come se volesse maledirlo.

Lasciò perdere e si allontanò da lui, recandosi verso la porta.

“Usciamo di qui, prima che gli specchi tornino in funzione”

A quelle parole, Jareth rabbrividì e convenne che era giusto seguirla.

Non smise, però, di sentire il sapore che Sarah gli aveva lasciato.

Non gli dispiaceva, anzi! Sperò di poterlo riprovare.

Sarah aveva fatto un gesto spontaneo che lo aveva risvegliato da un incubo, che re Mihal avrebbe prima o poi pagato.

Non si sarebbe dimenticato.

Ma in quel momento, onde evitare di ripensare a quanto che aveva appena sopportato, si limitò a sentire il sapore di Sarah su se stesso.

Quel sapore sarebbe stato la sua ancora da quel momento in poi.

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Capitolo 11
*** La seconda prova ***


Ooook gente, come va? Perdonate se pubblico velocemente, ma i capitoli sono già pronti e tutti revisionati da cima a fondo perciò...vabbè, spero vi faccia piacere (buuuu, fai schifo, buuuuu)

Ringraziamo Fiore del deserto e Trainzfan, grazie a tutti i lettori silenziosi e grazie super mega infinitamente alla mia stalker preferita evelyn80 (tesoro...hai una bella sopportazione...ti hanno per caso fatta santa? No? Dovrebbero!)

Vi comunico sin da ora che tra due capitoli la storia in se è finita, ma pubblicherò anche un epilogo (e quindi 3 capitoli alla conclusione vera e propria)

Speriamo di darvi le emozioni che spero...in caso contrario...i “va a ciapà i rat” sono ben accetti (qualcuno ha già provveduto...vero? Fiore del deserto, parlo di te)

 

 

 

 

INTANTO AL CASTELLO...

 

“Caro, ti prego, fermati” implorò la regina Elbereth che, assieme a re Mihal e Kal, stava guardando il percorso dei due attraverso una sfera di energia sospesa a mezz'aria.

Il resto degli invitati era stato congedato e, di fatti, lamentele, commenti e altre parole si levavano dalla folla fuori dal castello.

Scalpitii di zoccoli e ruote di carrozze segnalavano al re che stavano tornando tutti a casa.

Re Mihal era ancora infuriato.

Era stato umiliato pubblicamente, il suo nome era stato infangato da qualcuno più in basso di lui.

“Jareth deve pagare per quello che ha fatto”

La regina Elbereth non sapeva cosa fare.

Avrebbe voluto intervenire, ma non poteva fare nulla tranne che pregare il marito.

“Jareth ha sbagliato e questo non lo negherò mai” ammise la regina “Ma ha già subito le trappole del tuo labirinto e quella povera umana non deve essere trascinata in qualcosa in cui non c'entra”

“Elbereth, mia cara...” re Mihal la guardò dritta negli occhi, il suo tono era calmo e risoluto allo stesso tempo “...l'umana ha la sua parte di colpa, dopotutto è stata lei a suggerire a tuo figlio il finto matrimonio e questo la rende complice”

“Lo so, ma...”

Lui alzò una mano per zittirla “Non ho intenzione di fare del male a nessuno dei due” spiegò “Voglio che Jareth impari la lezione e, con la prossima prova, capirai il mio scopo”

la donna non era per nulla tranquilla, ma volle fidarsi.

Re Mihal non aveva mai fatto del male a Jareth e lo aveva sempre trattato come se fosse suo figlio di sangue.

Aveva un modo tutto suo di dimostrare l'affetto, ma non era cattivo e questo la regina lo sapeva molto bene.

Sperava solo che quei poveri ragazzi non riscontrassero problemi.

“Kal di Goblin” re Mihal si rivolse a Kal, che subito si inchinò in attesa di ordini “Avrò bisogno del tuo aiuto”

“Qualunque cosa per voi, maestà”

 

NEL LABIRINTO...

 

Sarah avanza lentamente, tenendo le braccia allungate per cercare di non urtare pareti o alberi.

La parete che bloccava il passaggio era misteriosamente sparita, proprio come facevano le pareti del labirinto di Jareth, che si spostavano e sparivano a loro piacimento.

Il sole si era già spostato e le ombre, dapprima perfette, si erano allungate dando l'impressione che le pareti si fossero ingigantite.

Jareth aveva ragione, non sarebbe stato semplice superarlo alla vecchia maniera.

Jareth...dannazione, l'aveva baciato! E le era persino piaciuto!

Ma che le era preso?

Lui l'aveva sfidata, l'aveva costretta a giurare fedeltà al labirinto, le aveva provocato dolori di ogni genere e...l'aveva difesa da re Mihal quando aveva cercato di farle cadere il lampadario in testa.

Jareth aveva detto di detestarla, perché difenderla?

Avrebbe dovuto desiderarla morta stecchita e invece si è prodigato a salvarle la vita.

Vuoi per interesse, vuoi per qualcosa di diverso, stava di fatto che Sarah aveva iniziato a cambiare opinione nei suoi confronti.

Rallentò un poco, lasciando a Jareth la possibilità di avvicinarsi.

“Stai...bene?” domandò, ancora evidentemente imbarazzata da quanto successo poco prima.

Jareth annuì “E tu?”

Anche lei annuì “Lo specchio con me non funzionava” confessò “Il re ha usato il gioco sporco”

“Tu dici?” domandò lui sarcastico.

Jareth era sicuro che c'era qualcosa di più sotto quella sfida, ma non riusciva ancora a capirla.

In quel momento aveva ben altro in testa.

Sarah.

Perché aveva compiuto quel gesto? Perché lo aveva baciato? E perché a lui era piaciuto?

Forse perché, in fondo, non riusciva ad incolpare a pieno Sarah di quella situazione.

Lei aveva proposto il matrimonio finto, ma tutto il resto era stato opera sua.

Volendo vedere, anche cinque anni prima era stato lui a sfidarla mentre lei lo aveva semplicemente implorato di ridarle il fratellino dopo aver pronunciato le parole.

Non aveva mai detto apertamente di volerlo sfidare.

Ed ora, a causa del suo stesso egoismo e della sua stupidità, lei era costretta a superare delle prove ignote che re Mihal stava loro lanciando.

Sospirò e cercò di concentrarsi sulla strada, evitando appena in tempo l'ombra di quello che doveva essere un sasso.

Ancora qualche passo e, all'improvviso, Sarah andò a sbattere contro qualcosa e cadde a terra “Ma cosa...?”

“Tutto bene?” Jareth l'aiutò a rialzarsi e guardò avanti.

Non c'era l'ombra di nulla, solo quella del muro allungata fino a quasi la parete opposta.

“Non vedo niente” disse Sarah

“Ma va?” ridacchiò Jareth, allungano una mano e riscontrando che al centro esatto della strada vi era qualcosa.

La sua mano stava toccando qualcosa di legno alto quanto una persona.

“Una porta” annunciò

“Un'altra?” Domandò Sarah, ben sapendo che era la domanda più stupida che poteva fare.

Avevano affrontato una sola prova, ma per lei era già stata sufficiente.

“Non so che cosa cerca di ottenere quello lì da noi, ma fino a che non lo scopriamo dobbiamo sopportare questo sopruso” Jareth fece per entrare, ma Sarah lo fermò

“Prima di entrare...voglio che tu sappia che...mi dispiace”

lui la guardò interrogativo “Per cosa?”

“Per tutto” rispose lei “questa situazione è colpa mia, avrei dovuto starmene zitta cinque anni fa e...”

Jareth, che aveva previsto uno sproloqui, la zittì mettendole il dito indice sulle labbra.

“Suggerirei di rimandare questa conversazione a più tardi” ammiccò “Ricorda solamente che le cose si fanno in due e mai da soli”

E prima che lei potesse ribattere, Jareth aprì la porta.

Di nuovo vennero avvolti dal buio più totale, che però scomparve nel momento stesso che i due chiusero la porta alle loro spalle.

Le torce sulle pareti si accesero e videro che la stanza era vuota e solo una foglia elfica aleggiava al centro di essa.

Jareth la prese e lesse il contenuto, rabbrividendo e cambiando espressione.

“Jareth...?”

“Ho capito il suo scopo” disse, porgendo a Sarah la foglia “Avrei dovuto immaginarlo”

Sarah lesse la foglia e si accorse che non era in elfico come la precedente, ma bensì capibile anche per lei.

 

Se sei forte saprai ascoltare

quel che l'anima vuol giudicare

È una questione mentale

non tutto è reale

 

“Che cosa significa?” chiese Sarah, ma stavolta Jareth non aveva una risposta.

La sua mente si era annebbiata e tutto aveva in testa tranne che la prova che Sarah stava per affrontare.

La prima prova era scritta in modo che Jareth e basta potesse capirla mentre quella era stata resa adatta anche per lei.

Nella prima prova lui era stato colpito e lei era giunta in sua difesa, ora sarebbe accaduto sicuramente il contrario.

Re Mihal voleva dare ad entrambi una lezione.

Voleva che imparassero a comprendersi l'un altro, che riuscissero a capire i loro sbagli e rimediare.

Non si sarebbe fermato finché entrambi non avessero capito i loro errori e non si fossero compresi.

Ma come poteva, Jareth, comprendere Sarah? L'emotività umana era diversa da quella di un Fae.

Sarebbe stato in grado di difenderla?

Sarah cercò di parlare di nuovo, ma non fece in tempo a proferire parola che una luce bianca illuminò la stanza a giorno e la obbligò a coprirsi gli occhi.

Quando riuscì, finalmente, a mettere a fuoco davanti a lei era apparsa la figura di Jareth, vestito con abiti umani come l'originale.

“Ti sei sdoppiato?” Jareth scosse la testa “E allora chi è lui?”

“Uno dei trucchi di re Mihal” rispose lui.

“Sarah...” il secondo Jareth iniziò a parlare e, come aveva previsto l'originale, si rivolse a Sarah “...Avvicinati”

Sarah obbedì, ma venne fermata dal vero Jareth “Non osare farle del male!” disse minacciando la losca figura.

“Rivelare la verità non significa fare del male” disse il finto Jareth “Guardami, Sarah Williams”

Sarah cercò di rassicurare Jareth con lo sguardo e si avvicinò come le era stato ordinato.

“Sai chi sono io?” lei annuì “Dillo”

“Sei Jareth, il re di goblin”

Ma questi scosse la testa “Io sono l'anima del re di goblin, quello che vive al suo interno e che nasconde i pensieri più profondi che mai oserebbe dire”

Sarah trattenne il respiro.

“Tu forse non lo sai, Sarah Williams” proseguì la figura “Ma il tuo arrivo nel mio regno ha sconvolto la mia vita”

Il vero Jareth chiuse gli occhi e ammise che era vero.

Sarah gli aveva sconvolto la vita.

Senza volerlo, certo, ma lo aveva fatto.

“L'hai resa un inferno, mi hai ferito, mi hai portato alla distruzione” disse l'anima di Jareth con tono tagliente “Tu, stupida umana, che credi di sapere tutto, che dai ogni cosa per scontato, guarda cosa hai fatto!?” Sarah cercò di tapparsi le orecchie, ma quella voce era così penetrante da riuscire a superare le sue mani “Meriteresti la morte, ma un umano non può essere giustiziato in questo mondo”

“Smettila...” lo implorò Sarah

“Smetterla?” domandò sarcastico “Ho appena cominciato” un ghigno si formò sulle sue labbra e le parole che uscirono furono ancora più crudeli delle precedenti.

“Sei solo un'insulsa e la tua idea del matrimonio finto è stata la migliore idea che tu abbia mai avuto e sai perché? Perché un vero matrimonio sarebbe stato deleterio, tu non sei degna di essere amata da me o da qualsiasi altra persona sana di mente, tu resterai sola per l'eternità e semmai usciremo da qui vivrai una vita di inferno, perché sarò io stesso a rendertela tale e questa sarà la mia vendetta per avermi fatto passare cinque anni di dolore”

“Basta!” Sarah si inginocchiò a terra.

Le lacrime scorrevano lungo le sue guance, ormai rosse e brucianti.

Era vero, gli aveva rovinato la vita e si era rovinata la sua di conseguenza.

Jareth non le avrebbe mai detto nulla, ma la sua anima parlava per lui.

Erano davvero quelli i pensieri che c'erano nella sua anima?

Jareth la odiava e lei l'aveva pure baciato sentendo dentro di sé qualcosa di totalmente diverso.

Per un attimo aveva creduto che lui ricambiasse, ma era stata solo un'illusa.

L'anima di Jareth continuava a parlarle ma erano parole cariche di odio, di rancore.

Insulsa

Stupida

Chi mai potrebbe amarti?

“Basta!” sbottò il vero Jareth parandosi davanti a Sarah “Tu non sei me, non sei nemmeno l'ombra di me!” esclamò a gran voce “Tu non sei la mia anima, perché se lo fossi davvero diresti la verità!”

Il finto Jareth sorrise malignamente “Tu dici?” lo guardò con aria di sfida “Tu che cosa le diresti?”

“Non entrerò in competizione con un'illusione”

“Sei sicuro?”

Jareth avrebbe voluto ribattere, ma sapeva che sarebbe finito a litigare con se stesso.

Con se stesso?

-Ma certo!- pensò Jareth -E' questo che vuole! Se litigo con...me stesso...risulterò egocentrico ed egoista-

Scosse la testa, Sarah non meritava tutto questo.

Si inginocchiò e cercò di far sì che Sarah lo guardasse negli occhi.

Voleva che vedesse la verità.

“Ricordi le mie parole, Sarah?” domandò Jareth “Quelle che ti dissi mentre eri nella sala di Escher?”

Lei cercò di distogliere lo sguardo.

Non voleva guardarlo e non voleva ricordare.

“Io non posso vivere senza te” le ricordò “Quelle parole erano vere, Sarah, se non ti avessi portata nell'Underground a quest'ora saresti morta ed io pure”

Sarah emise un singhiozzo e Jareth si maledisse mentalmente per quello.

Stava dimostrando di nuovo il suo egoismo e di questo si accorse anche il falso Jareth, che sembrava pronto ad attaccare nuovamente, dichiarando nulla la prova.

Ma Jareth proseguì, non gli avrebbe dato questa soddisfazione.

“Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che ti dico e diventerò il tuo schiavo” disse “Tu mi hai temuto, hai fatto ciò che ti ho chiesto e...” le prese il volto fra le mani, posandole un bacio dolce sulle labbra “...mi hai amato”

Sarah fremette

“Ed ora io, Jareth di Goblin, sono diventato tuo schiavo” poi si alzò, aiutando Sarah a fare lo stesso.

Successivamente si voltò verso colui che si spacciava per la sua anima.

Non sapeva perché, ma era sicuro che tramite quell'anima re Mihal lo stesse osservando.

“Credi di conoscermi?” mormorò “Tu non sai un bel niente e queste cattiverie te le farò rimangiare e spero che ti vadano di traverso”

Il falso Jareth sorrise di soddisfazione e fece alcuni passi indietro “Potete uscire” e scomparve nella stessa luce bianca con cui era apparso.

Jareth ebbe l'impulso di lanciare una delle sue sfere, ma non aveva la magia e di questo re Mihal doveva esserne grato perché, se l'avesse avuta, quest'ultimo sarebbe morto.

“Andiamocene via” disse, mettendo un braccio intorno alle spalle di Sarah e portandola fuori.

Attese di riabituarsi alla luce del sole e che la porta si richiudesse, tornando ad essere invisibile, poi fece voltare Sarah ed compì un gesto che non credeva essere in grado di fare: la strinse forte a sé, quasi a soffocarla.

Voleva trasmetterle quella che era la sua vera anima, il suo vero io.

Era forse quello ciò che si sentiva quando si provava amore?

E che amore era il suo?

La risposta era semplice ed era più che evidente.

Jareth avrebbe voluto baciarla così come aveva fatto lei, ma più a lungo e con più trasporto.

Avrebbe voluto fondere il loro corpi in uno e sentire quelle emozioni, che lo stavano travolgendo, per il resto della vita.

La amava, eccome se la amava, ma non poteva e mai avrebbe potuto concedersi a lei come desiderava e come, in cuor suo, sperava desiderasse anche per lei.

Finito quel calvario, quando finalmente sarebbero stati soli, avrebbe fatto quello che avrebbe dovuto fare sin da subito.

Dopo alcuni secondi, lunghi un'eternità, Jareth si staccò da lei e la guardò negli occhi “Non credere a tutto ciò che vedi o senti” le disse “Questo labirinto è più insidioso del mio, nulla è ciò che sembra”

Sarah annuì e fece un profondo respiro, sentendo il profumo di Jareth penetrare nelle sue narici.

Sembrò strano, ma si tranquillizzò.

Nei suoi occhi si poteva leggere una determinazione mai vista prima ed era come se il falso Jareth non fosse mai esistito e non le avesse mai rivolto quelle parole crudeli.

“Jareth...” disse

“Sì, mia preziosa?”

“Facciamogli vedere chi siamo”

Jareth non se lo fece ripetere due volte

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Capitolo 12
*** La terza prova ***


Ecco a voi la terza prova!

Vi vorrei comunicare, inoltre, che sono intenzionata a pubblicare questi ultimi tre capitoli (uno è l'epilogo) oggi, mercoledì e venerdì così la concludiamo e via.

Devo però valutare bene...lascio a voi la scelta

Ringraziamo Fiore del deserto e Trainzafan per la loro collaborazione (aaaameeeen)

Buona lettura.

 

 

 

Ripresero il cammino e stavolta più spediti.

Solo dopo aver eseguito un paio di svolte Sarah si bloccò all’improvviso.

“Un momento...” disse “...c’è qualcosa che non quadra”

“Spiegati” incalzò Jareth.

“Re Mihal ha uno scopo ben preciso e non credo che farci camminare serva davvero a qualcosa di concreto, se non a farci perdere tempo”

Jareth concordò con Sarah.

“Vuole farci esternare ciò che abbiamo nella nostra anima” disse lui “Vuole che impariamo a fidarci l’uno dell’altra e rispettare le nostre diversità”

Sarah si accigliò “Le prove appena affrontate...” riprese, cercando di non pensare alle brutte parole sentite dal falso Jareth “...hanno esternato i nostri lati deboli e fatto uscire ciò che realmente pensiamo l’uno dell’altro”

“Quindi?” Domandò Jareth, spazientito da tutti quei giri di parole.

“Quindi è altamente probabile che la prossima prova ci colpirà entrambi e non più singolarmente”

Jareth sorrise nervoso “Certo, perché fino ad ora che ha fatto?” domandò.

Mentre tormentava uno di loro, tormentava anche l'altro.

Sarah tentò di riprendere il discorso, ma venne interrotta da un rumore sommesso.

Il terreno iniziò a tremare sotto i loro piedi e le ombre, sempre più allungate per via del sole in continuo movimento, iniziarono a spostarsi ed aprirono un solo ed unico varco fino al centro del labirinto dove, se ne accorsero solo in quel momento, vi era un’enorme ombra scura.

Sarah notò che era l’unica a non essere influenzata dal movimento del sole.

Jareth fece un passo indietro “Il lago di Celebros”

Facendo mente locale, Sarah ricordò di aver letto quel nome in uno dei suoi libri di favole.

Celebros significa schiuma d’Argento, ma non ricordava nulla di terrificante collegato ad esso.

“Non ti avvicinare” aggiunse Jareth, come se avesse intuito i pensieri di lei.

Si chinò e prese un sassolino, lanciandolo esattamente poco distante dall’inizio dell’ombra.

Nel giro di pochi secondi questa si mosse e sormontò il sassolino, facendolo scomparire nel nulla.

Durante quel processo, Sarah poté udire come un clangore di lame che cozzavano fra loro e riuscì a realizzare il perché avevano dato a quel laghetto il nome Celebros.

Non le importava cosa fosse successo a quel sassolino, Sarah decise che era molto meglio per lei obbedire all’ordine di Jareth.

Era sicuramente lì la loro ultima prova, ma non videro nessuna porta o foglia elfica ad attenderli.

Alla fine alzarono lo sguardo e la videro.

Stava calando giù dal cielo, trasportata dalla leggera brezza, esattamente verso il centro de lago.

La osservarono scendere e quando finalmente si posò sull'acqua la videro andare a fondo.

Sarah fece il gesto di voler entrare nell'ombra, ma Jareth riuscì a prenderla in tempo.

Lo stesso rumore che avevano udito con il sassolino si era ripresentato.

“Sei impazzita, Sarah?” l'ammonì lui

“Ma la foglia è caduta dentro!”

“Se entri dentro morirai!” ribatté Jareth “E non ho intenzione di perderti, hai capito?”

“Ma...”

Il clangore, che nel frattempo era cessato, riprese nuovamente e stavolta al centro esatto del laghetto.

Nel guardare attentamente, Jareth e Sarah videro un grosso palo di legno spuntare dal nulla.

Si ergeva lentamente e, nonostante il rumore metallico dell'acqua, non presentava segni di tagli come si aspettavano.

Ciò che non potevano prevedere era quello che il palo aveva con sé.

Sempre dal nulla, iniziarono a spuntare dei capelli neri, poi una fronte, poi gli occhi ed infine la testa per intero.

“Kal!” Esclamarono i due in coro.

Kal riprese a respirare come se fosse stato lì sotto in apnea per ore.

Scuoteva la testa con l'intenzione di asciugarla dall'acqua e cercò di aprire gli occhi per mettere a fuoco Jareth e Sarah.

Era completamente fradicio ed i suoi capelli erano appiccicati al volto.

“Oh mio Dio, Kal!” Sarah voleva fregarsene della riva, voleva entrare in acqua e salvarlo, ma anche in quell'occasione Jareth la fermò.

“Nulla è come sembra” le disse Jareth “Aspetta e fidati di me”

Quando l'intero corpo gocciolante di Kal fu all'esterno, Jareth prese la parola “Sei anche tu un falso?”

Kal fece segno di no “No maestà, ma vorrei esserlo” rispose, cercando di riprendere a respirare regolarmente “Non potevo saperlo, maestà, mi ha colto alla sprovvista”

“Jareth, dobbiamo aiutarlo” disse Sarah, aggrappandosi alla manica della camicia di lui “Dobbiamo tirarlo giù”

“Se volete aiutarmi...” intervenne Kal “...dovrete superare la terza prova.” deglutì “Sono io il vostro enigma”

Jareth e Sarah lo guardarono senza capire, ma il servo iniziò a parlare

 

Sono un servo e il mio compito è ascoltare

Se davvero mi volete salvare

Insieme all’altro mi dovrete raccontare

Quel che nel vostro cuore si può celare

Ma attenzione, a non barare

Se sbagliate, più giù dovrò andare

 

I due ascoltarono impietriti le parole del povero Kal.

“Maestà, mi permettete un suggerimento?” Disse Kal “Sbrigatevi”

Quest’ultima parola risultò come un ordine, ma un ordine a cui Jareth e Sarah avrebbero adempiuto senza batter ciglio.

“Quello che nel vostro cuore si può celare” ripeté Jareth “Che significa?”

Sarah, che aveva capito molto bene cosa quell'enigma significasse, gli lanciò uno sguardo di fuoco “Voi uomini non capite niente quando si parla di amore, vero?”

“Tu dici?” Jareth incrociò le braccia e la guardò in segno di sfida “E sentiamo, Sarah Williams, cosa ti fa credere che si parli di amore in questo momento?”

“Vostra grazia...” la voce di Kal li chiamava, ma loro non sembravano intenzionati ad ascoltare.

“Lo dice l'enigma stesso! E lo hai anche ripetuto” gli ricordò Sarah “Le prove precedenti ci hanno portato ad esternare solo una parte, re Mihal vuole che facciamo l'ultimo passo”

“Sei una ragazzina ottusa, Sarah” ribatté Jareth “Kal rischia la morte e tu parli di amore!?”

“Vostra maestà!” gridò Kal, venendo finalmente ascoltato “Sarah ha ragione...” abbassò lo sguardo verso i suoi piedi, che erano già scomparsi ed il clangore dell'argento si faceva sentire “...Mi dispiace, maestà, ma non intendo tornare la sotto” spiegò, cercando di nascondere la paura che si stava facendo strada in lui “Vi prego, re Jareth, ascoltatela, ascoltate Sarah”

Jareth sospirò, portandosi il pollice e l'indice alla base del naso come se avesse un'emicrania

“Che cosa umiliante...” disse irritato “...un re non dice certe cose in pubblico”

Anche se, fino a poco prima, aveva fatto cose ben più in là di una dichiarazione d'amore...aveva baciato Sarah e per ben due volte.

E l'aveva pure abbracciata!

Si era scavato la fossa da solo.

Il clangore aumentò e Kal finì dentro fino alle ginocchia.

“Kal!” Sarah era terrorizzata di perdere il suo amico, così decise di prendere la parola “Jareth io...” si rese conto che era più difficile di quanto sembrasse.

Dire a Jareth qualcosa di così intimo e così...privato, sapendo di essere ascoltata, era veramente umiliante come lui diceva, ma se non lo faceva avrebbero perso Kal.

Cos'era più importante?

Dire ciò che prova realmente per Jareth davanti a tutti e salvare Kal, oppure stare zitta e sperare che re Mihal non facesse davvero morire Kal?

Come ragionerebbe una vera regina?

Cercò di pensare alla madre di Jareth, la regina Elbereth.

Lei era una donna così meravigliosa, amata dal popolo e con le giuste parole al momento giusto.

Le esigenze del popolo prima di tutto, le aveva detto.

Kal era parte del popolo di Goblin, del labirinto di terra e, anche se finta, lei era la regina e come tale doveva comportarsi.

Kal era suo amico, Kal era il popolo ed il popolo veniva al di sopra di tutto.

“Jareth...io non sono degna di essere qui, di essere al tuo fianco e di governare il tuo regno” disse “Sono solo un'umana che ama le favole, i libri e vivere fra le nuvole, tutte caratteristiche indegne di una vera regina” deglutì e ora partiva la parte più difficile “Se anni fa fossi stata zitta, tu ora saresti a capo del regno di Goblin e saresti il re migliore che l'Underground possa avere. Ma io ho preferito fare la stupida ed ora siamo qui per causa mia e del mio stupido orgoglio.”

Jareth la guardò meravigliato e allo stesso tempo sconvolto.

Sarah si stava davvero aprendo, stava davvero dicendo quello che pensava e lui lo poteva sentire non solo con le orecchie ma anche con il cuore.

“Questo periodo nell'Underground e queste prove sono state utili anche a me, per capire i miei errori e quanto il mio ego abbia portato un intero paese sull'orlo della rovina” proseguì “E mi hanno aiutata a capire anche altro...” prese una mano di Jareth fra le sue “...non so se un giorno perdonerai l'affronto che ho causato a te e al tuo popolo, ma desidero dirti che farò di tutto per imediare e ti confesso anche che...” esitò.

Confessare una colpa era semplice, ma l'amore...

Il lago parve accorgersene e Kal richiamò la loro attenzione, le gambe erano completamente scomparse “Sarah, dillo!” esclamò “Per l'amor del cielo, dillo!”

“Jareth io ti amo!” gridò a gran voce, chiudendo gli occhi e pentendosi amaramente di quanto appena confessato.

Lei provava davvero questo sentimento nei confronti di Jareth.

Vuoi per le prove appena affrontate o per qualche altra ragione, ma Sarah si era innamorata veramente di lui.

Lo aveva odiato, sì, ma era un odio infondato in quanto dettato dal suo orgoglio.

Se lo avesse ascoltato, se solo avesse avuto l'idea di trovare un punto di accordo...ma lei era cieca e quello che stavano vivendo era la conseguenza dei suoi errori, che Jareth era stato costretto ad assecondare.

Era proprio vero: lo aveva temuto, lo stava amando e stava facendo quello che le diceva.

Ora, non restava che verificare se anche per lui era lo stesso.

Quando sentì la mano di Jareth stringere la sua riaprì gli occhi e lo guardò sbalordita.

“Sono un re, ed essere orgoglio rientra nella mia figura” disse “Non serve che ti dica quali sono i miei lati peggiori, li conosci già e te ne hanno parlato.” fece un cenno con il capo in direzione di Kal, che distolse lo sguardo e fece finta di niente “Io ho dei doveri da rispettare e un'immagine da mantenere, ma non ho paura di perdere la mia reputazione per confessare qualcosa che si cela dentro di me”

Il rumore metallico dell'acqua interruppe il discorso e Kal si ritrovò dentro fino alla vita

“Ma cosa...?” Jareth non capiva, stava parlando e dicendo apertamente le cose, perché l'acqua inghiottiva Kal?

“Non divagate, maestà!” disse Kal “L'acqua lo sa se state girando intorno! Vi supplico, ditelo subito!”

“Ci sto arrivando, dannazione!” si lamentò Jareth, non rendendosi conto che questo fece sprofondare di più il povero Kal.

“Oh goblin!” si lasciò sfuggire Kal, dimenandosi “Ditele quello che avete detto a me, fate quello che mi avete confessato!”

Jareth trattenne un'imprecazione.

Re Mihal aveva permesso a Sarah di confessare di tutto prima di farla dichiarare, mentre con lui voleva che si dichiarasse subito.

Jareth non era un sentimentale e nemmeno un romantico, ma sapeva riconoscere quanto fosse sconveniente fare certe cose in un contesto simile.

Ma non ave altra scelta e Kal stava sempre più sprofondando.

“Sarah, credimi, è difficile parlarti in questo contesto e...”

“Maestà...” Kal era scomparso fino al collo

“Sarah, il sentimento che provi per me è reciproco...” disse “...e possiamo renderlo ufficiale, se lo desideri”

Kal era sceso ancora “Maestà, sbrigatevi!” disse, mentre la bocca veniva pian piano coperta.

Non era romantico così, ma il terrore di perdere il suo più fedele amico e di conseguenza Sarah prevalse su tutto.

“Sarah Williams io ti chiedo...di rendere ufficiale il nostro legame, di rendere valido il matrimonio e, sempre se lo desideri, di regnare al mio fianco sulla città di Goblin e sul labirinto di terra” fece un profondo respiro “Io ti chiedo di essere mia”

Sarah era rimasta senza parole o meglio, ne aveva parecchie, ma si trattava della stessa identica parola ripetuta in più lingue del mondo.

Era talmente assorta nei suoi pensieri da non accorgersi che Kal era completamente scomparso.

Per fortuna restò sotto pochi secondi.

“Sì!” esclamò Sarah “Sì, Jareth, lo voglio”

Il clangore cessò e al suo posto si udì lo scrosciare normale dell'acqua.

Kal riemerse e prese una gran boccata di aria, mentre le corde che lo tenevano legato si sciolsero e lo fecero cadere in acqua.

Anche se avrebbe voluto fare altro in quel preciso istante, Jareth si gettò nel laghetto e andò a recuperare Kal.

“Maestà...”

“Non credere che ti lasci qui a crogiolarti nell'acqua” lo ammonì Jareth con un sorriso scherzoso “Abbiamo parecchio lavoro da fare io e te e...la nostra regina”

Kal riprese fiato e sorrise “Non intendo abbandonarvi, maestà e credo di averne abbastanza dell'acqua per oggi”

Una volta tornati a riva, Sarah si fiondò fra le braccia di Kal, infischiandosene dei vestiti che si bagnavano.

“Ho avuto paura di perderti” pigolò lei, mentre tutte le lacrime fino a quel momento trattenute fuoriuscirono copiose lungo le sue guance.

“Non vi libererete facilmente di me” Kal ricambiò la stretta “State bene?” domandò, poi, rivolto ad entrambi.

Jareth annuì e stessa cosa Sarah, che si staccò e si asciugò le lacrime.

“A questo punto devo dichiarare la prova superata” disse Kal “Maestà, non ero al corrente delle sue intenzioni, ve lo posso garantire”

“Ti credo, amico mio, non temere” lo tranquillizzò Jareth, voltandosi verso il castello “Hai ottenuto il tuo scopo!” esclamò “Non sono più disposto a tollerare questo affronto!”

Il silenzio regnò sovrano per alcuni istanti lunghi quanto l'eternità e alla fine una luce dorata apparve poco distante dal trio.

“Possiamo tornare?” domandò Sarah incredula “Abbiamo davvero finito?”

“Sì, mia preziosa.” confermò Jareth “Possiamo tornare a casa”

Kal si inchinò e fece cenno ai suoi regnanti di avanzare per primi e poi li seguì.

La luce li avvolse completamente e poi scomparvero nel nulla.

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Capitolo 13
*** Ritorno a casa ***


AVVERTIMENTO! Ad un certo punto ho scritto una frase in “elfico” sfruttando il traduttore che davano su libero ( https://digilander.libero.it/Edhelaure/traduttoreEI.htm )

Potrete vedere che prima metto la frase tradotta e poi, poco più avanti la stessa in italiano.

Quello che ci sarà scritto in elfico sarà la traduzione letteraria di quello che verrà citato successivamente ed il link che vi ho dato vi aiuterà a verificare quanto da me detto.

 

 

 

Riapparvero esattamente al centro della sala da ballo di re Mihal.

Kal si rese conto di avere i vestiti asciutti cosa che, fino ad un attimo prima, non aveva e gocciolava ovunque.

Sarah era asciutta anche lei e stessa cosa Jareth che, oltre a quello, sperava di veder scomparire dalla sua vista quegli abiti scomodi e non degni di un re come lui.

Era persino disposto a rimanere nudo pur di non dover andare in giro vestito come un essere umano dell'Aboveground.

“Jareth, Kal, Sarah!” la regina Elbereth corse loro incontro e cercò di abbracciarli tutti quanti “Grazie agli Dei state bene” prese il volto di tutti fra le sue mani e li osservava proprio come una madre fa con i suoi figli.

Sarah si senti in imbarazzo ma, allo stesso tempo, anche onorata che la regina Elbereth, madre di Jareth, si preoccupasse per lei.

“Non temete, madre” la rassicurò Jareth “Noi stiamo bene e il merito è della mia regina”

“Cosa? Mio?”

“Sarah, mia cara” la regina la strinse forte a sé “grazie” mormorò “grazie per essere stata accanto a Jareth”

“Regina Elbereth, io...” sotto incitamento di Kal, Sarah si ritrovò a ricambiare quella stretta ed un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.

Quando la regina si decise a lasciarla andare, la guardò dritta negli occhi “Io, regina Elbereth e madre di Jareth di Goblin, benedico la vostra unione.” annunciò “So che tu lo renderai felice”

“Jareth!” la voce di re Mihal, seduto sul suo trono, obbligò il gruppo a guardarlo “Vieni qui”

Jareth guardò Sarah e la rassicurò con un cenno del capo per poi avvicinarsi al trono del re degli elfi.

Questi lo guardava dall'alto in basso, con un ghigno stampato in volto.

“Ti dona questo tipo di abbigliamento” commentò sarcastico, schioccando poi le dita e facendo comparire addosso a Jareth degli abiti più regali.

Più precisamente, gli fece comparire gli stessi vestiti che aveva prima di essere trascinato nel labirinto.

Jareth non poté trattenere un sospiro di sollievo nel rivederli.

“Sai perché l'ho fatto?” domandò re Mihal, assicurandosi che solo Jareth potesse ascoltarlo “Perché ti ho mandato nel labirinto un'altra volta?”

“Perché siete senza cuore e indegno di sedere su quel trono” rispose Jareth e, prima che il re potesse ribattere, aggiunse “E perché volevate che imparassi la lezione”

Anche se irritato dal commento precedente, re Mihal mantenne la calma e chiese “L'hai imparata?”

Jareth annuì “Ed ora so esattamente cosa devo fare e sono pronto a prendere la responsabilità delle mie azioni”

Re Mihal si alzò in piedi e guardò Jareth dritto negli occhi.

Non aveva mai visto tanta risolutezza, serietà e coraggio tutti insieme e, decisamente, mai se li sarebbe aspettati Jareth.

“Se lo farai non le avrai solo tu le conseguenze, questo lo sai?” Jareth annuì “Cosa ti fa credere che ci sia intenzione a seguirti?”

Jareth si morse le labbra “Nulla” rispose “Ma credo che se qualcuno ama davvero chi gli sta accanto, è disposto a tutto pur di non causargli più alcun danno e saperlo al sicuro”

Re Mihal continuava a guardarlo con serietà e fierezza anche se, senza che nessuno se ne accorgesse, un brivido gli percorse la schiena e la sua mano tremò.

“Le tue parole sono degne di un uomo e di un re” disse il re degli elfi abbozzando un sorriso “Chiama la tua regina, dille di avvicinarsi” ordinò “Sarò io stesso ad unirvi”

Jareth spalancò appena la bocca, ma non obbiettò.

Era giusto così.

Si sarebbe unito a Sarah come desiderava e poi, quando sarebbero stati finalmente sposati, l'avrebbe salvata.

Andò verso il trio e, con un inchino, prese la mano di Sarah e disse “Mia preziosa, con il tuo permesso ti chiedo seguirmi”

La regina Elbereth diede a Sarah delle piccole gomitate di incoraggiamento e dalle espressioni che faceva sembrava quasi una fangirl delle coppie.

Sarah sorrise e lo seguì fino al cospetto di re Mihal, dove si inchinò.

“Alzati, Sarah Williams” ordinò e lei subito obbedì, sotto lo sguardo divertito di Jareth “Il re di Goblin ha chiesto la tua mano ed io sono qui per aiutarti ad offrirgliela”

Sarah ci mise qualche secondo a realizzare, poi spalancò la bocca.

Fu Jareth, sussurrando nel suo orecchio, a farla ricomporre “Chiudi la bocca, Sarah, non sei un merluzzo” e lei obbedì, facendolo ridacchiare.

Guardando re Mihal non si aspettavano di certo chissà quale cerimonia nuziale, ma a loro non importava.

Sarah era disposta a tutto pur di unirsi a Jareth.

Il legame con lui e con il labirinto erano già segnati nel suo destino e, per fortuna, era un destino benevolo visto che stava per contrarre matrimonio con qualcuno che amava.

“Con i poteri conferiti dagli Dei, il re degli elfi Mihal di Elnar, dichiara valida l'unione avvenuta fra Jareth di Goblin e Sarah Williams dell'Aboveground” annunciò, mentre i due sposi tenevano il capo chino in attesa della benedizione.

Re Mihal posò entrambe le mani sulle teste dei ragazzi e proseguì “Benedico la loro unione, dichiarandoli ufficialmente re e regina del regno di goblin e sovrani del labirinto di terra”

A quelle parole, un fremito percorse il corpo di Jareth e Sarah.

Quest'ultima, senza preavviso, venne colta da una fitta al petto...lo stesso punto della cicatrice.

Per un attimo ebbe il terrore di vederla comparire un'altra volta e di sentire i dolori atroci che l'avevano accompagnata per anni.

Ma, fortunatamente, non fu così.

Il medaglione, che portava al collo da quando aveva giurato fedeltà al labirinto, si illuminò e avvolse sia lei che Jareth.

Quando la luce scomparve, tutto era ancora al suo posto...anche se...

“Finalmente...” Jareth si guardò le mani con un ghigno di soddisfazione “Finalmente!” esclamò, mutando la sua forma.

Un barbagianni dalle piume bianche e oro iniziò a volare per l'intera sala del trono, seguito dagli sguardi di tutti i presenti.

Jareth stridette di gioia ed infine decise di passare pochi centimetri sopra a re Mihal, risalire e atterrare in picchiata accanto alla sua amata.

“Non credevo di riprovare più queste emozioni” disse una volta tornato in forma fae

“Io no” commentò re Mihal

“Ancora quella storia?” ridacchiò Jareth “A mio parere è stato divertente” Sarah non capì e Jareth aggiunse “Gli ero passato sopra la testa...ma l'ho colpito”

E per “colpito” non si intendeva, di certo, essergli finito contro per un errore di traiettoria.

Sarah cercò di non ridere mentre Kal e la regina Elbereth non erano propensi ad aiutarla nel suo intento.

Continuavano a ridacchiare.

“Kal, devo parlarti” disse Jareth, cercando di tornare serio e facendo avvicinare il suo fedele servitore e amico.

Mentre i due parlavano, coinvolgendo anche re Mihal, la regina Elbereth intrattenne Sarah “Mia cara, tu non hai idea di quanto la vostra unione mi allieti” disse “Così giovane e così coraggiosa, mio figlio non poteva scegliere regina migliore”

“Spero solo di essere all'altezza delle vostre aspettative...” si voltò verso Jareth “...o delle sue”

“Lo sarai di certo”

Sarah sorrise appena e poi il suo sguardo si rabbuiò “Vorrei che la mia famiglia fosse qui”

“Sai che nulla ti impedisce di andare nel tuo mondo, se lo desideri” disse la regina Elbereth “Basta solo che tu lo chieda”

“Più che altro, vorrei scusarmi per essere sparita nel nulla senza avvisare per così tanto tempo” Sarah immaginò Karen dare di matto e chiamare polizia e vicini per cercarla in tutta la città, boschi e fossati.

Avrà già appeso la sua foto in tutta la città.

“Il tempo fra il tuo ed il nostro mondo è molto diverso e possiamo gestirlo come più ci aggrada” le spiegò Elbereth “Potresti tornare nel tuo mondo nello stesso istante in cui sei venuta qui”

Sarah si portò una mano alla fronte in segno di dimenticanza.

Come aveva potuto dimenticarlo?

Aveva già passato tredici...anzi no, undici ore nel labirinto e quando era tornata a casa era stata trasportata a circa un paio di ore dopo la sua scomparsa.

Era così strano sapere che il tempo era malleabile a proprio piacimento e non era nemmeno sicura che si sarebbe mai abituata.

Non vedeva l'ora di poterli rivedere e abbracciare e non vedeva l'ora di spiegargli cosa le era accaduto...si ma...come?

Gira e rigira la domanda che si poneva era sempre la stessa: che gli avrebbe detto?

Avrebbe dovuto riflettere molto attentamente perché era probabile che la prendessero per pazza.

Solo Toby le crederebbe, in quanto era ancora un bambino e facilmente “manipolabile”

Avrebbe atteso qualche giorno e poi sarebbe andata a trovarli, prima voleva godersi quegli attimi di pace che finalmente aveva.

“Sarah, mia preziosa, puoi venire da me?” domandò cortesemente Jareth.

Sarah si ridestò dai suoi pensieri e si avvicinò al marito.

Marito...che parola meravigliosa, ancora fremeva dall'emozione.

“Sarah Williams” re Mihal prese la parola “Ora che sei diventata la regina hai dei doveri a cui adempiere”

La regina Elbereth si stupì di quelle parole.

“Hai giurato fedeltà al labirinto, hai giurato fedeltà al tuo re ed ora dovrai giurare fedeltà al tuo regno”

A quel punto, la regina Elbereth sgranò gli occhi e si portò le mani alla bocca, ma Jareth le fu subito accanto.

“Tranquilla” disse Jareth a Sarah “Questo momento la emoziona sempre”

Sarah non era per nulla convinta, ma non riuscì ad insospettirsi.

Amava Jareth, si fidava di lui e se re Mihal parlava senza che qualcuno lo interrompesse voleva dire che era un compito obbligatorio.

“Dovrai leggere quanto scritto su questa pergamena” proseguì re Mihal, facendo apparire dal nulla un rotolo chiuso con un fiocco rosso scarlatto.

“Non temere se non capirai quello che leggi” la tranquillizzò Jareth, dopo essersi assicurato che la madre si fosse ricomposta “Provvederò io a tradurre quanto dirai”

Sarah tolse il fiocco dalla pergamena e, una volta srotolata, si rese conto che era scritto in elfico.

Non riusciva a capire niente di quanto scritto, probabilmente erano parole simili a quelle pronunciate per il labirinto.

Non si fece altre domande ed eseguì quanto richiesto e, mentre parlava, il medaglione si illuminò.

 

Hoi hiri id Goblin

awarthad i nin sad

ned helcomh en aran id Goblin

I aran lasta iuel

 

Il medaglione smise di brillare e calò il silenzio.

La regina Elbereth, accanto a re Mihal, aveva gli occhi lucidi e tratteneva i singhiozzi.

Non sembrava affatto un pianto commosso e Sarah se ne accorse.

“Che cosa ho detto?” domandò, ma nessuno dei tre uomini le rispose.

Al che si rivolse direttamente a Kal “Kal, che cosa ho detto?”

Lui era imbarazzato e non sapeva cosa rispondere.

Sarah si stizzì “Che cosa ho detto!?” esclamò e la sua voce echeggiò per tutta la sala.

Jareth intervenne e rispose al posto dell'amico “Io, regina di Goblin, abbandono il mio posto in favore del re di Goblin. Il reame ascolterà lui”

Ogni parola era una pugnalata dritta al cuore, che Sarah sentì finire in polvere e poi dissolversi.

Aveva capito bene?

Anche se con parole diverse, aveva appena detto di voler abdicare in favore di Jareth.

“Io...io non lo sapevo” disse “Non sapevo cosa ci fosse scritto”

“Ciò che è detto è detto” disse Jareth, incrociando le braccia al petto...proprio come quando gli aveva chiesto di rapire Toby.

“Tu sei...” Sarah fece per saltargli addosso e sfogare tutta la sua rabbia, ma lui la fermò alzando una mano.

“Sarah!” esclamò, facendo apparire una sfera e trasformandola in una vipera “Non sfidarmi”

Perché stava facendo tutto quello?

Perchè si stava facendo odiare di nuovo?

“Tu non puoi!”

“Oh ma certo che posso” Jareth sorrise malignamente, ma Sarah non riusciva a vedere nulla di malvagio in esso.

C'era qualcosa sotto, ne era certa, ma cosa? Perchè lo aveva fatto?

“Allora dimmi, re di Goblin...” Sarah lo guardò con aria di sfida e cercando di mantenere la calma il più possibile “Come pensi che debba reagire? Cosa dovrei fare?”

“Non voglio che tu faccia niente, non qui per lo meno” rispose lui semplicemente “Sarah, devi andartene dall'Underground”

“Prego?” andarsene? E perché?

“Tu non provieni da un regno di questo mondo” spiegò Kal

“Quando una regina abdica...” si intromise la regina Elbereth trattenendo un singhiozzo “...deve tornare nel regno da cui proviene”

Sarah ebbe l'ennesimo mancamento “Jareth, è vero?” domandò, sperando che fosse tutto uno scherzo “Jareth, ti supplico, dimmi che è uno scherzo?”

“Tu mi supplichi?” domandò lui con finto sguardo sorpreso “Non supplicavi in questo modo quando ho rapito tuo fratello”

Sarah stava ascoltando le parole del re di Goblin con la mente annebbiata.

Qualunque cosa egli stesse dicendo, lei non stava capendo assolutamente nulla.

Era rimasta alla frase precedente, quella in cui le veniva detto di andarsene.

Quella frase era stata sufficiente per mandarle in fumo ogni cosa...compresi i suoi sogni.

Venne presa sotto braccio e trascinata qualche passo più indietro.

Jarath la stava guardando e nei suoi occhi era palpabile il rimorso, che lo divorava probabilmente da giorni.

“Fairafarren, Sarah” mormorò

“Jareth, no!”

Poi il buio.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Avrei dovuto pubblicare domani, ma sono sorti degli imprevisti lavorativi (ci sono davvero) e non (giusto, Fiore del deserto????) e quindi ho anticipato.

Spero vi faccia lo stesso piacere e...vi voglio taaaanto bene e grazie a chiunque abbia avuto la pazienza di leggere fino a qui

 

LEGGETE QUI SOTTO PRIMA!!!

 

1-Comunico, innanzi tutto, che questo epilogo era pronto da almeno un mese, quindi immodificabile (almeno per me)

2-Stavolta grazie solo a Trainzfan per il betaggio in quanto Fiore del deserto sta leggendo questo capitolo per la prima volta e non lo sa cosa la aspetta (love you)

3-Se vi dicessi che è in programma un “2” evito il linciaggio? No chiedo, perchè ho già pronti i biglietti per il Tibet

 

Buona lettura e...FINE

 

 

 

Era l’alba e tutto intorno era silenzioso.

L’odore dell’acqua piovana sulla roccia inebriava le creature e le persone radunate nella piazza centrale del regno.

Nessuno riusciva a capire cosa passasse nella mente dell’altro e questo scaturiva mille domande nelle loro menti.

Chi erano i disgraziati che stavano per morire?

Era davvero così che doveva finire per questi detenuti?

Forse sì, forse no, ma ormai la frittata era fatta e non potevano più tirarsi indietro.

Il grande palco in legno massiccio era stato allestito durante la notte e la trave centrale era già pronta con i cappi e le botole.

Quando i raggi del sole superarono le mura, la porta delle prigioni si aprì e i presenti trattennero il fiato.

Al posto del solito gruppo di guardie, stavolta erano solo due, una a prigioniero.

I detenuti camminavano a passo lento, facendo attenzione a non allungare troppo la gamba per non cadere a causa delle catene che cingevano le caviglie.

Le guardie cercavano di aiutarli a non inciampare e camminare nella direzione giusta in quanto oltre ad avere le mani legate dietro la schiena e, quindi, non avrebbero potuto attutire un'eventuale caduta, i loro volti erano incappucciati, impedendo loro la vista.

Quest’ultima non era stata una loro richiesta, ma delle stesse guardie.

Non volevano far subire ai due l’ennesima umiliazione.

Il popolo non sapeva chi fossero i due malcapitati, erano giorni che se lo domandavano senza successo.

Le guardie, quando erano di riposo e andavano alla locanda a bere, facevano sempre molta attenzione a cosa dicevano e a non cadere nelle domande trabocchetto.

Questo aveva lasciato intendere che, chiunque essi fossero, era una condanna ingiusta.

I due detenuti vennero scortati fin sopra al palco, posizionati sopra le botole e messo il cappio al collo.

Non tremavano e non davano segni di cedimento, sembravano essere pronti a quel momento da sempre.

Erano in piedi, nel buio dei cappucci, con la schiena dritta e il petto in fuori.

Sembravano quasi fieri di quel momento.

Ma nessuno dei presenti sapeva cosa si celasse nel cuore dei due.

Dietro quella corazza coraggiosa si nascondeva una paura peggiore di quella della stessa morte: quella di perdere chi si ama.

Il silenzio glaciale era interrotto solo dai respiri profondi dei prigionieri, che stavano godendo ogni boccata d’aria finché potevano.

La guardia addetta all’esecuzione stava osservando l’enorme orologio della torre, in attesa del rintocco prestabilito.

Secondi lunghi come secoli dividevano la vita dei prigionieri dalla morte.

Un ultimo istante, un ultimo respiro e al primo rintocco un sussurro

 

Fairfarren

 

L’orologio rintoccò le sei.

Il cigolio delle giunture, i respiri che venivano trattenuti...

La leva venne tirata.

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