Un nuovo inizio

di FrancyT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21-2 EXTRA ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Premessa

• Prima che iniziate a leggere il mio elaborato, terrei a illustrarvi alcuni punti che credo sia fondamentale apprendere per evitare incomprensioni.

• La fanfiction qui presente è una rielaborazione di una vecchia storia pubblicata nel fandom di Inuyasha nel 2016. Rispetto alla versione precedente sono stati modificati alcuni eventi, tuttavia la trama di fondo è rimasta quella che ho ideato da ragazzina. Pertanto mi scuso per la sua banalità.

• In questa versione ho provato a migliorare la narrazione degli eventi, la caratterizzazione dei personaggi e le loro relazioni sociali. Ho anche approfondito un po’ la società in cui vivono cercando di far risultare il tutto il meno noioso possibile.

• Purtroppo anche in questa storia i personaggi risulteranno molto OC, pertanto mi scuso con tutti coloro che non apprezzano molto che il carattere dei nostri protagonisti venga alterato.

• La stesura della rielaborazione è stata completata, la fanfiction infatti possiede 22 capitoli che pubblicherò nell’arco di 4/5 settimane.

• Vorrei precisare che la storia non seguirà gli eventi dell’anime nonostante abbia fatto palesi riferimenti ad episodi accaduti nell’opera.

• Per ultimo, ma non per importanza, tengo a dirvi che non sono molto brava a scrivere ma ho provato a fare del mio meglio, spero apprezziate l’impegno.

Adesso vi lascio alla storia, buona lettura!

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Capitolo 1

Tutto in quel posto mi urlava che ero dove non dovevo essere. In quel momento il controllo era l'unica cosa che contava davvero. Avevo imparato che pianificando, calcolando e osservando si potevano evitare un bel po' di problemi: rischi inutili, delusioni e soprattutto sofferenze. Pianificare tutto per evitare i problemi non era però sempre facile, cosa di cui mi ero resa conto quella sera nelle luci soffuse di quella grande casa. Le numerose fotografie, i mobili nuovi, quell'odore diverso... Quella casa era cambiata e non sarebbe mai tornata come prima. Durante i sei anni trascorsi dalla separazione dei miei quella era la prima volta che ci tornavo e avrei voluto spaccar tutto. Il cambiamento non mi avrebbe fatto scordare ciò che era accaduto lì dentro. Riaffiorarono nella mia mente i ricordi di quella mattina e il mondo sembrò cadermi addosso. Era estate, ciò significava niente scuola, niente sveglia alla mattina, eppure, quel giorno mi svegliai presto. Rimanendo a rigirarmi sul letto, iniziai a pensare. Immaginavo cosa avrei fatto quel giorno, a cosa avrei giocato, se sarei andata a trovare la mia cuginetta appena nata. I miei pensieri felici furono come troncati dal suono del campanello. Aperta la porta cominciò l'inferno. Grida, pianti, bugie. Quella che mi sembrava una giornata come tante si trasformò nell'inizio del mio incubo. Fingevo di dormire, di trattenere le lacrime, di non sentire nulla. Ricordo ancora il volto di mia madre rigato dalle lacrime e il comportamento burbero e iroso di mio padre prima di andarsene via. Volevo piangere, ma qualcosa me lo impediva. Non versai una lacrima fino all'arrivo di un'amica di mia madre. In qualche modo era riuscita a leggere nei miei occhi ciò che cercavo di nascondere e, dopo le sue parole, tutte le lacrime che avevo trattenuto scesero copiosamente. Non ricordo più nulla dopo quell'accaduto, so solo che mi svegliai per la voce troppo alta di mio padre. Era tornato e avrebbe portato via me e il mio fratellino, lontano dalla mia mamma. Ricordo ancora le sue parole: "Vi porto in un bel posto e vi compro una bella cosa". Quella mattina ci portò in giro per negozi, con l'obbiettivo di comprarci delle biciclette e, come se nulla fosse, ci portò alla villetta per insegnarci a portarle, evento del tutto nuovo. Dopo un pomeriggio passato tra prese in giro e ginocchia sbucciate, ci portò in pizzeria da mio zio dove sentì mio cugino dire una cosa tipo: "Chissà come la prenderanno ora." Proprio quando pensavo che ci avrebbe riportato a casa, cambiò nuovamente via, portandoci da mia nonna e così continuò per tutta l'estate, facendomi vedere mia madre solo poche ore. In quello stesso anno, due mesi dopo l'accaduto, un'altra persona entrò a far parte della mia vita. Quella che si era presentata come l'amica di mia zia, mi sconvolse totalmente l'esistenza. In poche settimane mi ritrovavo con due famiglie e non feci più ritorno in quella che avevo da sempre chiamato casa. Nei fine settimana mio padre ci portava da mia nonna dove avrei potuto fare solo certe cose e in una certa maniera, mentre l'unico appartamento che aveva trovato mia madre sembrava una piccola topaia. In tutto questo, il primo anno di scuole medie stava iniziando male, non riuscivo a concentrarmi nello studio, avevo problemi di salute e stavo subendo una violenza psicologica. Mi fa male ammetterlo, ma mio padre mi stava mandando il cervello fuori uso. Ero da mio nonno materno quando sentì una strana conversazione. Mia madre era al telefono, urlava che qualcuno sarebbe finito in ospedale, che avrebbe avuto bisogno di alcune sedute dallo psicologo. Capì il soggetto della conversazione solo quando pronunciò il mio nome. Parlava con mio padre del fatto che tutti gli interrogatori a cui mi sottoponeva quando mi recavo da lui mi avrebbero solo creato danni psicologici. Mi avrebbero turbato. Purtroppo, quando mia mamma si rese conto dell'accaduto, si rivelò essere troppo tardi. Tutte quelle domande mi avevano segnato. Mio padre mi ha fatto sentire derisa, mi ha fatto assumere colpe, mi ha fatto sentire in gabbia. Ricordo ancora la tensione che accumulavo, la paura di guardarlo negli occhi, l'ansia che mi assaliva ogni venerdì. Tutto ciò mi ha cambiato, mi ha fatto diventare insicura, asociale, scorbutica, nervosa... Non riuscivo più a parlare con nessuno, mi si formava sempre un forte nodo in gola che mi impediva di parlare. In quei mesi, tutto sembrava andar solo peggiorando, tanto che anche la mia salute ne risentiva. Quel piccolo appartamento in cui abitavo mi stava pian piano uccidendo. Forse per questo mia madre decise di traslocare, cominciando a cercare appartamenti fin quando non decidemmo di trasferirci in quella che finalmente potei chiamare CASA. Traslocammo da mio nonno materno, dopo la morte della nonna non potevamo lasciarlo vivere da solo e, detta la verità, questo ci aiutò anche economicamente. Casa di mio nonno è un piccolo tempio che si trova a Tokyo, il tempio Higurashi, in passato molto frequentato dai fedeli, che con il trascorrere del tempo venne quasi dimenticato. Lì tutto è così tranquillo. Niente smog, niente urla, nessuna gente che si fa gli affari altrui parlando con cattiveria. Lì regna solo aria pulita e il lieve canto degli uccellini. Fra tutta quella meraviglia però, una cosa era realmente speciale, la mia stanza. Quello era il luogo dove mi sentivo realmente al sicuro, non ho mai capito se dovuto all'immenso albero di fronte la finestra o l'aria di magia che si avvertiva all'interno, l'unica cosa certa era che lì mi sentivo protetta. Tra liti del mantenimento, avvocati e sentenze giudiziarie, trascorsero anni, eppure i guai stavano appena arrivando. Pensavo di aver superato il mio blocco, che ormai avrei potuto parlare con tutti come una normale ragazzina, quando un venerdì sentì quello che non volevo sentire. La compagna di mio padre era incinta, aspettava un bambino ed io mi sentivo... non lo so a dire il vero. Non ero gelosa, non provavo rabbia, forse era solo la consapevolezza che mio padre stesse andando avanti con la sua vita o forse il fatto che avrei avuto un fratello che non sarebbe nato da mia madre, un mezzo fratello, un fratellastro. Come da ormai più di sei anni, nascosi ciò che provavo chiudendomi sempre più in me stessa, continuando a tenermi tutto dentro. Ben presto arrivò settembre e con lui, la nascita del mio fratellino. Già, nonostante tutto non riesco a provare disprezzo per quella piccola creatura. Purtroppo quella nascita portò un altro cambiamento alla mia esistenza, il ritorno in quella grande casa. Quell'abitazione che mi ha visto crescere, quelle quattro mura che hanno fatto crollare il mio essere. Sentivo già gli occhi riempirsi di lacrime, volevo fuggire via, allontanarmi da quella casa, dalla famiglia che mio padre si era creato, da quella stramaledetta città... Volevo scappare da me stessa... Odiavo il mio passato, il mio presente... speravo solo che in qualche modo il mio futuro mi riservasse qualcosa di speciale. Forse fu per questo che quella notte decisi di aprirmi apertamente ad un ragazzo conosciuto qualche mese prima grazie alla passione per gli anime che ci univa, sperando che in qualche modo mi 'salvasse' dagli incubi che mi tormentavano.

-"Kagome, tutto bene?"-

La voce delicata della mia miglior amica mi destò dal mio stato di dormi-veglia. Avevo passato la notte in bianco, rimuginando sugli eventi accaduti in quegli ultimi anni, e finendo per addormentarmi in classe.

-"Si Sango, ho solo dormito poco."-

Alla mia risposta il suo sguardo assunse una nota di rimprovero, non condivideva affatto il mio rinunciare al sonno a favore di qualsiasi altra attività. Mi ripeteva sempre che ciò non era proficuo e che mi avrebbe portato solo un disturbo dell'attenzione.

-"Hai passato nuovamente la notte a leggere? Vuoi capire che dormire è fondamentale per il corpo e la mente? Se non riposi abbastanza finirai per crollare!"-

La zittì con un gesto distratto della mano, come a sottolineare che ciò non aveva molta importanza. Non mi importava molto cosa avrebbe causato una riduzione del sonno, credevo di poterne fare a meno e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.

-"Cosa mi sono persa?"-

Guardandomi intorno vidi la professoressa Kagura intenta a scribacchiare qualcosa su un pezzo di carta, mente i miei compagni erano impegnati nelle più varie attività. Chi parlava tranquillamente con il proprio compagno di banco, chi era intento a disegnare, mentre altri erano addirittura in piedi dinanzi la finestra a parlottare e deridere qualcuno. Tutto sembrava nella norma.

-"Nulla di importante, la professoressa è entrata in aula da un paio di minuti. Ci ha avvisato che il prossimo progetto che lascerà lo dovremo fare in gruppo, ha inoltre sottolineato che sarà piuttosto particolare."-

Alla mia espressione contrariata Sango rispose con un piccolo sorriso. Odiavo lavorare in gruppo e la mia amica ne era pienamente consapevole. Preferivo dar forma alle mie idee senza il bisogno di confrontarmi con qualcuno, detestavo venir criticata, giudicata o aiutata. Il lavoro in gruppo avrebbe inoltre sminuito la mia creatività, avrebbe dato ad altri meriti che spettavano a me e mi infastidiva.

-"Bene ragazzi, ho appena terminato di dividervi in gruppi."-

Alzai lo sguardo verso la professoressa prestando la massima attenzione. Speravo con tutta me stessa di essere finita in gruppo con Sango. Non avevo particolari rapporti con la mia classe, tendevo ad interagire con gli altri il minimo indispensabile. Odiavo conversare con la gente.

-"Prima di comunicarvi le associazioni che ho fatto, vorrei esporvi il progetto. Come istituzione artistica siamo stati invitati a partecipare al concorso indetto da "Illustramente1" che prevede la realizzazione di un piccolo racconto a fumetti. Vi anticipo già che il tema sarà libero. Prima di prendere la matita in mano vi consiglio di stendere poche righe sul racconto che avete intenzione di illustrare. Potete prendere spunto dalla storia, dalla filosofia o da qualsiasi altra materia. Ho già avvisato il collega di lettere che vi terrà una lezione su lo schema narrativo che sta alla base di ogni storia."-

In preda alla sorpresa e alla felicità dimenticai per un momento il problema del lavorare in gruppo. Ero entrata in quella scuola con l'obbiettivo di imparare il più possibile del mondo del fumetto. Con quel progetto il piccolo sogno che cercavo di coltivare, avrebbe avuto una piccola speranza di diventare realtà.

-"Ovviamente ogni gruppo avrà a disposizione il bando del concorso in cui troverete le varie informazioni su scadenze, formati da utilizzare e target di riferimento. Detto ciò, credo sia giusto comunicarvi le mie scelte. Specifico che non saranno ammessi cambi nei gruppi. Le associazioni sono state effettuate con un doppio fine: rendere la classe più unita."-

Un brivido di terrore mi percorse la schiena. Avevo la netta sensazione che la sorte non fosse dalla mia parte e ne ebbi la conferma qualche minuto dopo. Ad ogni associazione il briciolo di speranza che vedeva me e Sango come compagne di progetto andava sgretolandosi fino ad annullarsi una volta che la professoressa mi comunicò il mio collega di lavoro.

-"Per quanto riguarda lei, signorina Higurashi, lavorerà insieme al signor No Taisho. Mi aspetto molto da voi, spero vi troviate bene a lavorare insieme."-

- - -

Note:

1: Illustramente è un festival dell'illustrazione e della letteratura per l'infanzia. Tra i loro obbiettivi troviamo: promuovere gli artisti, rivalutare l'illustrazione e avvicinare le nuove generazioni al mondo dell'illustrazione. Per far ciò indice spesso concorsi rivolti a scuole e giovani artisti/professionisti.

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FrancyT:

Ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a questo punto!

Spero che qualcuno di voi mi lasci un piccolo commento su questo mio primo capitolo.Come già anticipato dalla premessa, "Un nuovo inizio" è già stato nel fandom di Inuyasha sotto un titolo lievemente differente. In questa versione della storia ho eliminato e aggiunto eventi, cercando di esprimermi nel modo migliore possibile. Il secondo capitolo verà caricato lunedì mattina! Alla prossima :3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

-"Per quanto riguarda lei, signorina Higurashi, lavorerà insieme al signor No Taisho. Mi aspetto molto da voi, spero vi troviate bene a lavorare insieme."-

A quelle parole mi venne spontaneo girarmi verso il fondo della classe, puntando i miei occhi castani su quella figura. Uno strano brivido percosse il mio animo, non riuscendo davvero a identificarne la causa. Mi ritrovai ad annuire alla professoressa, intimorita e scoraggiata da quella sua scelta. Inuyasha No Taisho non era di certo un ragazzo qualunque. Nulla del suo aspetto lo avrebbe fatto sembrare "uno qualunque", in particolare quelle adorabili orecchie canine che si ritrovava fra i capelli. Esse erano frutto della sua natura ibrida, una piccola maledizione che avrebbe portato con sé fino alla morte, il chiaro segno che lo etichettava come "mezzo demone".

-"Bene ragazzi, credo sia l'ora di metterci al lavoro, quindi spostatevi di fianco al vostro compagno di progetto e iniziate a stendere qualche bozza. Entro la fine dell'ora vorrei vedere dei risultati."-

Mi ritrovai a sospirare rattaccando le mie cose. Non avevo la più pallida idea di come avrei dovuto pormi con quel ragazzo. Era arrivato in classe da poco più di un mese e sembrava piuttosto schivo ai rapporti umani.

-"Ehm... ciao?"-

Cercai di farmi spazio in quel banco che occupava da qualche tempo. Ripensando a quel breve periodo mi resi conto che il suddetto ragazzo non aveva aperto bocca se non per rispondere a qualche domanda dei professori.

-"Non ci siamo ancora presentati. Io sono Kagome, Kagome Higurashi, piacere."-

Lo scrutai attentamente. Prima di quel giorno non gli avevo prestato particolare attenzione. Indossava la divisa scolastica mentre i lunghi capelli argentati gli ricadevano delicatamente sulle spalle. Posizionate sulla testa, quelle adorabili orecchie canine che sembravano oggetto di gossip da quando aveva messo, per la prima volta, piede in quella stanza.

-"Inuyasha."-

Sembrava quasi scocciato dalla mia presenza, mi venne quasi da sorridere, questa collaborazione non avrebbe portato dei riscontri positivi.

-"Bene Inuyasha, hai già qualche idea?"-

-"Ci sarebbe qualcosa in realtà. Ma non credo affatto di volerlo condividere. Non amo molto che qualcuno mi modifichi un'idea o se ne appropri."-

Lo vidi sbuffare e scribacchiare qualcosa su un quadernetto. Sospirai alzando gli occhi al cielo. La situazione era più comica di quanto potesse sembrare. A quanto pare la professoressa era riuscita ad accoppiare due persone che preferivano lavorare da sole, disprezzando i lavori in gruppo.

-"Visto che siamo sulla stessa barca. Ti andrebbe di provare a gettare qualche idea insieme?"-

Mi sorpresi della pacatezza con cui posi quella frase. L'idea di riuscir a realizzare un mio fumetto mi aveva entusiasmato riuscendo ad accantonare ogni altro pensiero. Lo vidi annuire distratto e girarsi verso di me.

-"Per favore, niente storia d'amore per ragazzine."-

Fissai i suoi occhi color ambra, erano decisi, irremovibili. Rendendomi conto di aver appena raggiunto un punto d'accordo, mi lasciai sfuggire un sorriso.

-"Mi sembra perfetto. Che ne dici di un poliziesco?"-

Lo vidi annuire soddisfatto e tornare a prestare attenzione al suo taccuino. Mi ritrovai nuovamente a sorridere, rendendomi conto di essere stranamente felice della situazione. Mi guardai intorno cercando con lo sguardo Sango. La mia amica sembrava carica di energie, pronta ad esporre le sue mille idee. Incrociò il suo sguardo con il mio, guardandomi quasi dispiaciuta. Accennai un sorriso per tranquillizzarla prima di prendere carta e penna. Iniziai ad annotare i punti di spunto che avrei dovuto porre al mio compagno, focalizzandomi su quell’unico dettaglio su cui pareva andassimo d’accordo. Passai il resto dell'ora a segnare e cancellare ogni briciolo di idea mi venisse in mente, provando a dare anche un volto e un carattere a quello che sarebbe stato il protagonista.

-"Allora ragazzi. Avete qualcosa da mostrarmi?"-

Fu in quel momento che mi resi conto di aver lavorato da sola, escludendo il mio compagno di progetto. Mi sentì in colpa, mi sentì in difetto. In quel momento i ricordi parvero riaffiorare nella mia mente. Sentivo già le parole cariche di disprezzo pronunciate da mio padre, mi sentivo già derisa e insultata. Abbassai il volto torturandomi le mani, iniziai a tremare leggermente. Il nervosismo iniziò a guadagnare campo, permettendo lentamente alle lacrime di giungere ai miei occhi.

-"Kagome, ho appuntato qualche idea che ritengo carina, tu hai pensato a qualcosa o hai passato l'itera ora a "fare disegnini"?"-

Mi voltai verso il proprietario di quella voce. Inuyasha mi guardava con un sorrisetto divertito, compiaciuto della frecciatina rivolta al professore di matematica, del tutto inappropriata. Scossi la testa esasperata da quella frase, non riuscendo a nasconde un sorriso divertito.

-"Professore Naraku, esca da questo corpo, la prego!"-

Mi ritrovai a scherzare con lui proprio come facevo con Sango, in maniera del tutto naturale, come se lo conoscessi da una vita.

-"Fammi vedere che hai pensato scema, è un'ora che scrivi e cancelli in tutta fretta."-

Non ebbi neanche il tempo di voltarmi per prendere il povero foglio pieno di cancellature, che Inuyasha lo teneva già fra le mani, sorridendo compiaciuto. Quel suo gesto mi fece comprendere quanto il sangue demoniaco riuscisse ad influenzare la sua vita. Mi riscossi al suono della campanella.

-"Senti Inuyasha... Portati a casa le mie idee e pensaci su. Se ti va domani possiamo vederci fuori da scuola e cerchiamo di dare una prima stesura alla trama."-

Mi sorpresi del coraggio e della sicurezza con cui pronunciai quella frase. Mi sembrava tutto così naturale. Non badai neanche alla frecciatina che mi lanciò terminata la richiesta, semplicemente presi le mie cose e andai via, ancora sorpresa dal mio comportamento. Vicino la porta della classe trovai ad aspettarmi Sango, che mi fissava incuriosita.

-"Kagome com'è andata? Hai fatto tutto il lavoro da sola? Raccontami dai."-

La zittì con un gesto della testa, le avrei raccontato tutto nel pomeriggio, in quel momento ero solo desiderosa di tornare a casa e riflettere sul mio comportamento. Quella giornata aveva a dir poco dell'assurdo. Incamminandomi verso casa guardai con timore i direct del mio account Instagram. Gestivo una piccola pagina dedicata a gli anime. Adoravo creare post scemi e cercavo di distinguermi il più possibile da quell’ammasso di page tutte uguali. In essa cercavo di essere socievole e simpatica, tendendo a scambiare pareri con la gente che mi supportava. Fu grazie ad essa che iniziai a parlare con un ragazzo. Il suo nome era Shin, Shin Hajime, e con il passare del tempo iniziai ad affezionarmi a lui. Sorrisi amareggiata non trovando nessuna risposta. Quella notte, in preda ai pensieri, mi ero ritrovata a sfogarmi con lui. Avevo deciso di aprirmi con una persona sconosciuta, qualcuno che probabilmente mi avrebbe deriso. Fu in quel momento che un piccolo suono mi riportò alla realtà, avvisandomi di una notifica. Ricordo ancora quel messaggio. L'inizio di tutto.

- - -

FrancyT:

Ringrazio tutti coloro cho sono giunti a questo punto! Un ringraziamento speciale va a Lady__94 che mi ha lasciato un suo piccolo commento ^^

Tengo a precisare che questi primi capitoli servono a definire i personaggi ed in particolare il rapporto che Kagome ha con loro.

Aspetto sempre qualche piccola recensione >.>

Alla prossima :3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

-"Ehm... Ciao? Scusa se ti rispondo solo adesso ma sai, a quell’ora dormivo. Mi ha sorpreso il tuo messaggio, non mi aspettavo ti aprissi così apertamente con me, dovrei complimentarmi!” -

Rilessi quel messaggio più e più volte. Ero abbastanza incredula, esterrefatta. Non avevo la più pallida idea di cosa poter rispondere e onestamente, non avevo neanche l’intenzione di farlo. Riposi il cellulare nella tasca del giubbino che indossavo e ripresi a camminare verso la strada di casa. Decisi di ignorare la delusione e provai a distrarmi. Ripensai agli eventi di poco prima, emozionandomi ancora all’idea del concorso. Cercai di dare una spiegazione anche al mio comportamento. Continuavo a non comprendere perché ciò mi infastidisse. Ero riuscita ad interagire con Inuyasha come se i pensieri, che in tutti quegli anni mi impedivano di rapportarmi con qualcuno, non fossero mai esistiti. Anche quando stava per arrivare l’ennesima crisi, il mezzo demone era riuscito ad attrarre nuovamente la mia attenzione scacciando via quei brutti pensieri. Sbuffai, stufa della situazione. Era tutto fin troppo assurdo. Fu in quel momento che una piccola vocina nella mia mente mi pose una domanda. Quella stessa domanda che settimane prima mi aveva posto un professore.

-“Kagome dimmi, perché sei incazzata con te stessa?” -

Mandai al diavolo quella vocina maledicendo per l’ennesima volta quel professore. Sentì le lacrime cariche di nervosismo premere per uscire. Mi diedi dell’imbecille. Per l’ennesima volta mi ritrovai a detestarmi. Mi morsi il labbro per provare a sfogare il nervosismo in maniera differente dal pianto. Mi sentivo così debole, così inutile. Ero stufa di quel mio modo di fare, ero stufa di sentirmi inappropriata, ero stufa di fidarmi di qualcuno. Ero stufa di essere me stessa.

- “Perché devi metterti sempre in dubbio? Perché per una volta non lasci correre e ti godi a pieno ciò che accadrà? Credi in questo progetto? Buttati a capofitto e fregatene del resto. Perché ti preoccupi così tanto? Perché credi che tutti vogliano deriderti?” - Mi chiesi.

Ogni mio pensiero fu però trascinato via da un piccolo ciclone. Sango, non contenta della mia mancata risposta, mi aveva raggiunta tutta infuriata afferrandomi per una spalla.

- “Tu adesso mi dici com’è andata con quel tipo laggiù! Perché se quel bastardo osa prendersi i meriti per un lavoro tuo, giuro che io…” -

Bloccò la sua minaccia una volta visto lo stato in cui mi trovavo. Vidi il suo sguardo passare dal furioso al preoccupato. Gli sorrisi per tranquillizzarla un po’. Sango era proprio un tesoro e la nostra amicizia era una delle cose di cui non mi sarei mai pentita. Ci siamo conosciute al primo liceo. Ricordo ancora il mio primo giorno come se fosse ieri. Entrai in classe in ritardo, incazzata con me stessa per non aver sentito la sveglia. Tutti sembravano già così uniti, così in confidenza. Mi sentì una stupida per aver solo sperato di poter incontrare qualcuno con cui poter stringere amicizia. Ancora ferma sull’uscio della porta non mi resi conto di una figura che, piena di energie, mi prese per un braccio trascinandomi dentro quella classe. Fu allora che Sango entrò a far parte della mia vita. Fu allora che quella ragazzina mi prese sotto la sua ala protettiva, acquistando giorno dopo giorno la mia fiducia.

-“Kagome va tutto bene?” -

Alla sua domanda mi riscossi dai ricordi. Asciugai le lacrime e le sorrisi. Prendendola a braccetto ripresi a camminare.

- “Tutto bene tranquilla. Allora, vuoi sapere com’è andata con Inuyasha giusto?” -

A quella mia affermazione alzò un sopracciglio scettica. Probabilmente non credeva ad una mia parola, ma non si sarebbe intromessa. Mi avrebbe lasciato il mio spazio. Sapeva già che avrei parlato solo quando fossi pronta.

- “Già lo chiami per nome? Stai forse cercando di sostituirmi?” -

Mi guardò indignata portandosi una mano all’altezza del cuore con un gesto plateale.

- “Scema!” -

La spintonai sorridendo.

- “Quindi? Com’è andata?” -

Insistette. Mi ritrovai a sospirare.

- “In realtà è andata piuttosto bene. Anche lui pare detesti i lavori in gruppo e trovare un punto d’accordo sembrava un'impresa ma, alla fine, ci siamo accordati su qualcosa. Gli ho chiesto anche di vederci domani per iniziare a dare una base alla trama.” -

Sango si fermò di colpo costringendomi a fermare il passo. La fissai con uno sguardo interrogativo.

- “Fammi capire. Vi siete scambiati due parole e già lo hai invitato da te? Per invitare me ci hai messo un anno!” -

La vidi mettere il broncio come una bambina e risi. Quella scema stava prendendo la situazione troppo sul personale. Scossi la testa esasperata e la costrinsi a riprendere il passo. Durante il tragitto verso casa parlammo del più e del meno, non menzionando più tutto ciò che comportava il concorso a cui avremo partecipato. Salutata Sango e arrivata finalmente a casa, mi rintanai nella mia stanza esausta di quella giornata. Passai il resto del pomeriggio immersa nei libri e mi ricordai del messaggio ricevuto solo una volta giunta sera. Carica di coraggio decisi di rispondere, provando ad essere me stessa. Provando a ignorare le mille paranoie. Provando ad ignorare la delusione. Sorrisi sconsolata e iniziai a scrivere la mia risposta.

- “Ciao. Beh, non so esattamente che dirti in realtà. Credo di aver provato a scrivere questo messaggio un centinaio di volte, finendo di volta in volta per cancellarlo. Sei proprio uno stronzo sai? Non mi aspettavo di ricevere una risposta del genere. Non mi aspettavo di essere derisa da te. Sei stato proprio meschino. É stato un errore provare a fidarmi.” -

Inviai il messaggio e sospirai non del tutto convinta di ciò che avevo scritto. Mi sentivo proprio un’idiota. Mi resi conto di aver fatto una stronzata. L’istinto mi suggeriva di sparire, di bloccare quel contatto e continuare a incazzarmi con me stessa. Eppure non lo feci. Rimasi a fissare il display in attesa di una risposta. In attesa un messaggio che non tardò ad attivare.

- “Frena, frena, frena. Hai frainteso. Non volevo ferirti, davvero. Il tuo messaggio mi ha spiazzato. Nessuno si è aperto così tanto con me e non sapevo che dire. Volevo solo alleggerire la questione, mi dispiace.” -

Visualizzai senza rispondere, insicura delle mie scelte. Indecisa se chiudere o meno quella relazione. Una parte di me mi spingeva ad accettare quelle scuse. Quella stessa parte che mi riportava alla mente le sere passate a scherzare con quell’idiota. Quella parte di me che lo voleva ancora nella propria vita. Dall’altro lato però, la paura dell’ennesima delusione premeva per fermarmi in tempo. Il terrore di sentirmi un’altra volta derisa e umiliata mi attanagliava l’animo. Ritornai alla realtà per l’ennesima notifica.

-“Kagome... Il mio scopo non era quello di deriderti, davvero. Volevo semplicemente provare a tirarti su il morale. Non volevo tradire la tua fiducia. Per farmi perdonare ti parlerò un po’ di me. La cosa mi costa molto, quindi spero tu possa apprezzare. Sono un ragazzo piuttosto riservato e direi quasi che detesto la gente. Da bambino sono stato deriso per il mio aspetto e tutt’ora sentirmi al centro dell’attenzione mi irrita. Sono abituato a star da solo, ad affrontare tutto ciò che mi si presenti davanti senza l’aiuto di nessuno. É piuttosto strano che stia qua a parlarti onestamente, ma la tua presenza non mi dispiace. Mi sento apprezzato. Per favore, accetta le mie scuse e fa finta che tutto ciò non sia mai successo.” -

A quelle parole cedetti e me la presi con me stessa. Spesso mi ritrovavo ad agire per istinto, senza riflettere molto sulle conseguenze. Delusa, avevo finito per ignorare quel rapporto che si stava creando. Ferita da quelle parole, avevo provato a difendermi. Un improvviso terrore per averlo ferito di conseguenza mi fece rabbrividire. Mi ritrovai ad insultarmi per l’ennesima volta in quella giornata. Ripensai nuovamente alle parole del professore. Perché ero così tanto incazzata con me stessa? Perché mi odiavo così tanto? Perché non riuscivo a godermi a pieno ciò che la vita mi offriva? Non riuscì a darmi delle risposte. Avrei tanto voluto dar una svolta alla mia vita. Iniziare a parlare liberamente, senza ripensamenti, senza paranoie, senza paure. Volevo un nuovo inizio e fu proprio per questo che, quella sera, decisi di mettermi in gioco e perdonai il mio amico.

- - -

FrancyT:

Ringrazio tutti coloro cho sono giunti a questo punto!

Spero troviate la storia un po' carina, anche se siamo ancora all'inizio >.<

Aspetto sempre qualche piccola recensione >.>

Alla prossima :3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

- “Per riassumere il discorso che abbiamo affrontato durante queste due ore, possiamo dire che alla base della narrazione ci sta la cosiddetta struttura Ki-Sho-Ten-Ketsu. Ovvero: inizio, svolgimento, svolta e conclusione.” -

Esasperata da quella lezione così banale e scontata, smisi di ascoltare il professore. Bankotsu, il docente di lettere, era un uomo sulla trentina decisamente affascinante ma con un modo di fare a dir poco sprezzante. Era uno dei professori più apprezzati dell’istituto e di certo non per le sue esaustive lezioni.

-“Kagome ti prego, dimmi che a breve suonerà quella campanella.” -

Mi voltai verso Sango e soffocai una risata. Aveva un’espressione sofferente, oserei dire disperata. Il clima che si respirava in presenza di quel professore era asfissiante. I gridolini e i commenti poco casti a lui riferiti rendevano la lezione ancora più pesante e noiosa.

- “Dovrebbe suonare a breve l’intervallo, tranquilla.” - Sussurrai, seguita dal suono della campanella. Pochi minuti dopo la classe si svuotò e, come ogni giorno, mi ritrovai sola con la mia miglior amica.

- “Sicura di non voler andare in cortile? Non hai voglia di incontrare quel tipo dell’ultimo anno?” -

Mi alzai dalla sedia per stiracchiarmi, imitata dalla mia amica. Da qualche giorno Sango si vedeva con un ragazzo poco più grande di noi. A detta sua erano semplici amici, una cosa di poco conto.

- “Intendi Miroku?”- Annuì in risposta.

La vidi scrollare le spalle come se la cosa non avesse importanza.

- “Non importa, troverà subito qualcun’altra con cui pranzare.” - specificò.

-“Sango.”- La richiamai guardandola con aria di rimprovero.

- “Non casca il mondo se per un giorno rimango da sola sai? Sono appena venti minuti, sopravvivrò!” - le dissi seria.

- “Ma non mi va di lasciarti sola! Che amica sarei? Poi pensi troppo quando sei da sola.” -

Le sorrisi avvicinandomi. Sango era una persona fantastica e non sarei stata io la causa della sua infelicità.

- “Scema, va da lui su. Starò bene.” -

La spinsi fuori dalla classe nonostante le sue proteste. Una volta definitivamente sola sospirai, avvicinandomi alla finestra che dava sul cortile. Pochi minuti dopo la vidi uscire dall’istituto e andare incontro ad un ragazzo con il codino. Mi chiesi che tipo di relazione avessero intenzione di intraprendere. Miroku non aveva di certo una bella fama, mentre Sango non era un tipo che si lasciava abbindolare dal primo che le desse attenzioni. Mi chiesi da quanto effettivamente i due si conoscessero, sembravano fin troppo affiatati per essere una cosa di poco conto. Sentendomi un'impicciona deviai lo sguardo in cerca di qualcos’altro di più interessante.

- “È arrivata sana e salva a destinazione?” -

Una voce carica di sarcasmo alle mie spalle mi fece sussultare. Mi voltai lentamente ritrovandomi dinanzi il mio compagno di progetto. Lo scrutai attentamente. Indossava la stessa divisa scolastica del giorno precedente ma questa volta teneva i capelli raccolti in una coda.

- “Oh! I-Inuyasha, ciao.” -

Colta in flagrante arrossì per la vergogna.

- “Ciao impicciona.” - mi rispose.

Risentita per le sue parole, misi il broncio.

- “Fino a prova contraria sei tu che hai origliato la conversazione fra me e Sango. Ficcanaso.” -

Lo vidi alzare un sopracciglio scettico.

- “Mi tocca smentirti. Non mi sono affatto mosso dal mio posto. Siete voi che avete infranto la mia tranquillità.” - mi rispose.

- “Bugiardo! Non ci stava nessuno in classe!” -

Lo vidi incrociare le braccia e roteare gli occhi.

- “Non pensavo di essere trasparente. Cieca.” -

Lo mandai al diavolo mentalmente e, senza degnarlo di risposta, andai a sedermi al mio posto. Ripescai dallo zaino il piccolo contenitore in cui era accuratamente riposto il mio pranzo.

-“Onigiri?”- Inuyasha venne a sedersi al posto di Sango scrutando con attenzione il mio cibo. Sbuffai ancora irritata.

- “Si, ne voi uno?” - Scosse la testa.

-“Inuyasha, devi dirmi qualcosa?” -

Piantai lo sguardo su di lui in attesa di una risposta.

- “Oh… Beh… Ho letto i tuoi appunti.” -

A quelle parole ogni forma di risentimento svanì nel nulla. La curiosità invase la mia mente, stupendomi. Lo invitai a continuare il discorso.

- “Trovo vari aspetti molto interessanti e mi piacerebbe discuterne. Tutto qua.” -

Scrutai il suo volto provando a leggerci il segno di una bugia, ma nulla di tutto ciò accadde. Presi un onigiri e iniziai a gustarlo con calma.

- “Ripropongo il mio invito. Se ti va nel pomeriggio ci vediamo e proviamo a fondere le nostre idee.” - riuscì a dire fra un boccone e un altro.

Lo vidi annuire divertito. In quel momento mi resi conto di quanto quel mezzo demone riuscisse ad irritarmi e calmarmi nell’arco di pochi secondi.

- “Che hai da ridere?” - sbottai.

- “Dove ci vediamo?” - mi rispose.

Mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo. Scrissi su un post-it l’indirizzo di casa e il numero di cellulare.

- “Possiamo vederci da me, ti ho scritto l’indirizzo e il mio numero, in caso non riuscissi a venire.” -

Gli passai il bigliettino che prese con cura e ripose nella cover del cellulare. In quel momento la campanella segnò il termine della pausa pranzo.

-“Kagome, sei ancora vi- Ah.” - una voce ben conosciuta mi costrinse a girarmi verso la porta d’ingresso. Sango, ferma all’uscio, guardava in cagnesco un povero Inuyasha seduto ancora al mio fianco. Intimorito, o forse infastidito, dallo sguardo di Sango, il mio compagno di progetto decise di alzarsi e andare via.

- “Allora ci vediamo oggi pomeriggio impicciona.” - Pronunciò, ad una voce fin troppo alta, prima di tornare al suo banco in fondo alla classe. Mi ritrovai a maledirlo mentalmente, pronta a sorbirmi il cattivo umore di Sango.

---

FrancyT:

Ringrazio sempre tutti coloro che sono giunti questo punto!

Tengo sempre a ringraziare particolarmente Lady__94 che è stata gentilissima a lasciare un'altra recensione, mi fa davvero molto piacere leggere i tuoi commenti.

Mi spingono a continuare postare questa piccola storia ^^

Che dire, questo credo sia il capitolo più corto che abbia scritto, non avvengono eventi particolarmente importanti, però credo sia importante per gli eventi che seguiranno.

Qui veniamo a conoscenza di qualche dettaglio in più su uno dei professori dei ragazzi e ho gettato le basi per inserire Miroku nello strambo gruppo di amici.

Bhu bhu, spero mi lasciate un commento con un vostro parere! Mi farebbe piacere leggere cosa attualmente pensate.

Mh... Vi lascio, alla prossima!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Rinchiusa.

Al sicuro.

In silenzio.

Immersa in uno stato di tristezza, mi sentì sola al mondo. A farmi compagnia, solo il rumore assordante del silenzio. Mi guardai in giro sconsolata, chiedendomi perché rendessi tutto più complicato. Non riuscivo a capacitarmi dell’idea che stessi così male con me stessa. Mi chiesi cosa non andasse, mi chiesi il perché. Girovagando ancora un po’ per la mia stanza decisi di accendere lo stereo e, sulle note di “Never too Late”2, ripensai al perché di quello stato d’animo. Tutto in quel periodo sembrava procedere con tranquillità, eppure, una strana tristezza sembrava albergare in me. Presi carta e penna iniziando a disegnare qualcosa, cercando di dar sfogo ai miei turbamenti. Volevo distrarmi, non pensare, ma la cosa si rivelò più ardua di quanto immaginassi. Ripensai a qualche ora prima, quando Inuyasha, durante la pausa pranzo, aveva deciso di avvicinarsi. Sorrisi amareggiata. Stavo così bene in sua compagnia, nonostante fosse un completo estraneo. Quel ragazzo riusciva a sorprendermi e adirarmi con estrema facilità. Ero stranamente eccitata dall’idea di poterlo conoscere un po’, di analizzarlo come persona, di entrarci in sintonia. Uno strano brivido mi percorse la schiena. Ripensai a Sango, al suo sguardo adirato. Mi morsi il labbro per trattenere la delusione. Rientrata in classe non fece altro che guardarmi in malo modo, come se avessi sbagliato qualcosa. Come se l’avessi tradita. Non riuscivo a comprendere la sua reazione, non riuscivo a comprendere il suo repentino cambio di atteggiamento nei miei confronti. Mi sentì schiacciata da quel mio dolce tormento. Sango era tenera e solare, non mi aveva mai guardato con quello sguardo. Rimuginai a lungo, indecisa se chiederle spiegazioni o sorvolare sulla cosa. Fu allora che pensai alla domanda che il giorno precedente aveva pronunciato.

- “Stai forse cercando di sostituirmi?” -

Quelle parole mi colpirono come macigni. Tutto fu improvvisamente chiaro e quell’alone di tristezza divenne presto frustrazione. Sono sempre stata un tipo taciturno, raramente esponevo quello che pensavo, per paura di un giudizio o di una reazione inaspettata. Spesso però non parlare mi si ritorceva contro. Il più delle volte finivo con il peggiorare la situazione, proprio come in quel caso. Pensai a come potesse sentirsi Sango in quel momento. Mi ritrovai a sorridere. La mia amica era senza ombra di dubbio delusa e incazzata, e quel silenzio non faceva altro che sottolineare il mio pensiero. Probabilmente si sentiva messa da parte. Quasi sicuramente trovarmi a parlare con Inuyasha aveva scatenato in lei della gelosia. Era a dir poco assurda come scena e forse per questo, Sango, si era sentita esclusa. Pensava non le avessi parlato di Inuyasha, probabilmente credeva non mi fidassi più di lei. Indecisa sul da farsi pensai a come rimediare, a come farle comprendere che non intendevo rimpiazzarla ma, ancor prima di riuscire a far qualsiasi cosa, mio fratello entrò in stanza.

- “Ehi sorellina, è arrivato uno strano ragazzo. Dice di essere un tuo compagno di scuola. Devo farlo entrare?” - Guardai d’istinto l’orologio.

- “TSK! Strano a chi moccioso?” - Una voce ben conosciuta brontolò da fuori la mia stanza.

- “Oh, I-Inuyasha entra pure. N-non pensavo saresti venuto davvero!” -

Lo vidi far capolino nella mia stanza con un'espressione perplessa. Non indossava più la divisa scolastica, ormai sostituita da un paio di jeans e un semplice dolcevita nero. I capelli, ormai sciolti, contenuti in un berretto che nascondeva le sue splendide orecchie.

- “Ma ti avevo avvertito che avrei voluto parlarti del progetto, scema!” -

Incassai il colpo, sminuendo il tutto con un gesto distratto della testa. Distolsi lo sguardo e prestai attenzione al mio fratellino, ancora fermo all'interno della mia stanza. Gli scompigliai i capelli in maniera affettuosa.

- “Grazie mille di avermi avvertito Sota, ora puoi anche tornare a giocare. -”

Sorrisi vedendo il broncio di mio fratello che, senza dire una parola, tornò sui suoi passi. Nella camera calò un silenzio imbarazzante, rotto solo dal leggero fruscio del vento. Il mio compagno di progetto sembrava scrutare con attenzione ciò che lo circondava. Posò il suo sguardo su tutti gli oggetti presenti: il letto, la libreria, la scrivania.

- “Oh, carino.” - Inuyasha aveva preso in mano il disegno a cui stavo lavorando pochi minuti prima. Un ammasso di scarabocchi da cui si sviluppava una figura femminile, un obbrobrio insomma. Imbarazzata cercai di impossessarmi di quel pezzo di carta, che finì per strapparsi mentre provai a toglierglielo di mano.

- “Oh” - Inuyasha stava ancora con una parte del foglio in mano e mi fissava sorpreso. Sbuffai togliendogli di mano anche quel misero pezzo di carta straccia e buttai tutto nel cestino.

- “Allora Inuyasha, di cosa volevi discutere?” - Presi posto alla scrivania invitando il ragazzo a far lo stesso.

Lo vidi prendere qualcosa dallo zaino e fare come da me richiesto. Poggiò sul tavolo da lavoro il foglio su cui il giorno prima avevo appuntato le mie prime idee. Costatai con disappunto che aveva cerchiato alcune di esse, inserendo commenti e nuovi dettagli. Vidi anche un piccolo disegno di fianco al mio. Una ragazza con dei capelli viola.

- “Allora... Ho letto i tuoi appunti e ho trovato alcuni spunti davvero molto interessanti, inoltre adoro come hai immaginato il detective.” - Mi guardò aspettando un mio consenso per proseguire, annuì per sottolineare che seguivo il suo discorso.

- “Mi piace l’idea di rendere la vittima particolare. Ho letto che ipotizzavi una psicosi ossessiva di gelosia che porterà il suo ragazzo all’esasperazione. Però pensavo di definire meglio il tutto, mi piacerebbe rendere la storia più originale.” - Si bloccò come ad attendere una mia reazione.

- “Ovvero?” - Lo esortai, già stufa di quel giochino e del suo parere.

- “Pensavo di rendere il tutto ancora più complesso. Sarebbe fantastico inscenare un omicidio-suicidio-omicidio!” - esclamò, soddisfatto.

- “Che intendi per omicidio-suicidio-omicidio?” - Lo guardai confusa.

- “Oh.. Beh.” - lo vidi grattarsi il capo imbarazzato. Così facendo il berretto che portava sul capo si scostò, cadendo lentamente sul pavimento. Le sue orecchie iniziarono a muoversi percependo l’aria entrare in contatto con esse. Le fissai con curiosità, infastidendo il ragazzo in questione.

- “Posso toccarle?” - domandai sporgendo una mano.

- “No.” - Secco e coinciso. Chinai la testa imbarazzata. Lo senti sbuffare e percependo un movimento, lo osservai di nascosto. Stava raccogliendo il berretto dal pavimento e, gettandolo distratto sulla scrivania, sospirò.

- “Dicevo. Avevo pensato di rendere le cose più complesse. Un bel rompicapo per il nostro detective. Pensavo di approfittare del disturbo della vittima per farle inscenare il proprio omicidio. Magari, per via di questo suo problema, crede che il ragazzo della sua coinquilina in realtà sia il suo ragazzo e in preda alla gelosia elabora un piano da pazza. Tipo incolpare la sua coinquilina del suo omicidio, che in realtà è un suicidio, per rovinarle la vita. A questo punto pensavo di inserire una specie di colpo di scena, dove il ragazzo dell’amica, stufo del suo comportamento, la uccide. Pertanto un omicidio-suicidio-omicidio.” -

Ascoltai quel ragionamento contorto con attenzione. Quelle parole suscitarono in me curiosità e voglia di fare. Mi ritrovai ad alzare la testa di scatto guardando con occhi sgranati Inuyasha.

- “Io ti adoro!” - ammisi sorridendo.

- “Ti va di iniziare a scrivere qualcosa in maniera più sistemata?” - Lo vidi annuire alla mia richiesta e così passammo ben due ore a confrontarci per elaborare una trama corposa, giungendo al termine di quell’incontro con un'emicrania tremenda.

- “Beh, adesso vado. Ciao Kagome, ci vediamo a scuola!” - Lo accompagnai alla porta salutandolo con un sorriso.

- “Sorellina, ma quelle sulla testa del tuo amico erano orecchie da cane?” -

Una piccola peste sbucò della cucina una volta che la porta d’ingresso si chiuse. Annuì distratta ritornando in camera mia, pronta a chiarire con Sango. Nonostante fossi presa dal progetto, il pensiero di aver ferito la mia amica mi tormentava l’anima. Sistemandomi sul letto, cercai in rubrica il suo nome e feci partire la chiamata.

- “Che vuoi Kagome?”-

Mi ritrovai spiazzata.

- “Ehm… Ciao Sango… S-sei ancora arrabbiata con me?” -

La senti sospirare dall’altro capo del telefono.

- “Non sono arrabbiata con te, davvero.” - Era sincera.

- “Perché allora sembrava che lo fossi?” - le chiesi.

- “Kagome… Mi sono infuriata con quel tipo. Rientrare in classe e vedere lui al mio posto mi ha infastidito. So che è il tuo compagno di progetto, so che sei costretta a parlargli per via di quello stupido concorso, però… Tsk, sono gelosa.” -

Mi fece quasi tenerezza.

-“Sango, non ne hai motivo, Inuyasha non potrà mai sostituirti. Finito il progetto prenderemo ognuno la propria strada e probabilmente non ci rivolgeremo più neanche la parola.” - pronunciare quelle parole fu come ingoiare un boccone amaro.

- “Kagome, mi prometti che mi terrai aggiornata su tutto?” - Sorrisi annuendo, come se potesse vedermi.

- “Allora mettiti comoda amica mia.” -

Le raccontai tutto ciò che riguardava Inuyasha. Come mi sentissi con lui, quanto riuscisse ad essere antipatico, cosa successe quel giorno in classe e nel pomeriggio in casa. Sango mi ascoltò, intervenendo solo per insultare il nostro compagno di classe. Finito il mio monologo mi raccontò del suo incontro con Miroku. Mi confessò che il fantomatico ragazzo di ultimo anno, non era altro che un suo vecchio amico d’infanzia con cui aveva perso i contatti quando il bambino si trasferì per alcuni anni in un’altra città. Da poco avevano iniziato a frequentarsi nuovamente come semplici amici, con l’obbiettivo di recuperare gli anni che la distanza gli fece perdere.

- “Ciao Kagome, ti voglio bene.” - mi salutò una volta terminato il racconto.

- “Ciao Sango, ci vediamo presto.” -

Chiusi la chiamata gettandomi pesantemente sul materasso. Ancora non riuscivo a dirle apertamente quanto tenessi a lei. Speravo solo capisse.

- “Si, faccio schifo.” - mormorai a me stessa.

-“Kagome, la cena è pronta.” - la voce delicata di mia madre mi esortava a scendere le scale per consumare il mio pasto. Fu proprio in quel momento che il mio occhio cadde nuovamente sulla scrivania, identificando un oggetto sconosciuto lasciato lì insieme ai fogli di carta. Prendendolo fra le mani mi ritrovai a scrutarlo.

- “Che strano, Inuyasha sembrava volerlo tenere, se non gli fosse caduto probabilmente non l’avrebbe completamente tolto.” -

Riposi il berretto nuovamente sulla scrivania e mi diressi verso la cucina con una strana pulce in testa.

- “Voleva forse nascondere le sue orecchie? -

---

Note:

2: Never Too Late è una canzone dei Three Days Grace :3

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FrancyT:

Ringrazio tutti coloro che sono giunti a questo punto!

Eccoci qua con il capitolo 5, Kagome e Inuyasha hanno appena iniziato a lavorare al loro progetto, come si evolverà ora il tutto?

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Tutto in quel luogo sembrava così tranquillo, solo il dolce canto degli uccellini a farmi compagnia. Mi ritrovavo immersa nella natura, in sella ad una bicicletta, intenta a sfrecciare verso uno strano pozzo.

- “ASPETTA KAGOME!” - Uno strambo ragazzo fermò la mia corsa.

- “Ehi tu! Stai forse scappando? E la ricerca della sfera dei quattro spiriti?” -

Lo scrutai con attenzione. Sulla testa aveva delle orecchie da cane, indossava una casacca rossa e portava una katana arrugginita legata alla vita.

- “Sto tornando a casa! Prima di tutto sono una studentessa!” -

Alla mia risposta il ragazzo sollevò con estrema facilità un enorme masso, cercando distruggere il pozzo verso cui ero diretta.

- “A CUCCIA!” - il ragazzo si ritrovò schiacciato da una strana forza verso il suolo.

- “Dannata!” - Lo guardai soddisfatta, gettandomi dentro il pozzo.

Chiudendo gli occhi attesi l’impatto con il suolo, suolo che mai toccai. Un rumore assordante iniziò a far svanire tutto ciò che mi circondava. Allungai una mano verso il comodino alla ricerca del cellulare, staccai la sveglia e tornai fra le coperte.

- “Perché ho la sveglia che mi suona così presto pure di Sabato?” -

Continuai a rigirarmi fra le coperte con lo scopo di riprendere sonno ma, al ricordo di quell’assurdo sogno, ogni mio tentativo fu vano. Mi chiesi cosa potesse significare. Tutto ciò che riguardava il mondo onirico mi affascinava. Fin da piccola provavo a dare una spiegazione a tutto ciò che sognavo, finendo solo per brancolare nel buio. Si dice che i sogni non siano così tanto differenti dalla realtà, che entrambi siano frutto dell’elaborazione del proprio cervello, ma quale fosse l’origine dei sogni sembra tutt’ora essere un tabù. I sogni vengono spesso condizionati da ciò che viviamo, proviamo e pensiamo. Sulla base di questo ragionamento però, non riuscivo a trovare risposta al perché avessi sognato me e Inuyasha in quelle strane vesti. Mi ritrovai a sorridere pensando alla reazione a dir poco esagerata che il mio cervello aveva legato a Inuyasha. Pensai che in fondo, frequentarlo mi stesse condizionando un po’. La suoneria del mio cellulare mi distolse dai miei pensieri.

- “Pronto?” - Risposi con voce ancora impastata dal sonno.

-“Kagome sono lo zio! Mi volevo assicurare che stessi andando in negozio, è la prima volta che lascio il locale a qualcuno e mi sento un po’ in ansia.” -

Al suono di quella voce scattai in piedi maledicendomi mentalmente. Qualche giorno prima avevo promesso a mio zio che lo avrei sostituito per quella mezza giornata. Aveva un impegno improrogabile e gli dispiaceva dover chiudere la libreria proprio di sabato.

- “Si zio! Sto uscendo di casa proprio adesso! Ti invio un messaggio quando arrivo, ciao!” -

Chiusi la chiamata e mi fiondai in bagno per prepararmi. Uscì di casa circa mezz’ora dopo, riuscendo ad arrivare in libreria in tempo per l’apertura. Avvertito mio zio che tutto stava proseguendo per il verso giusto, iniziai a svolgere quelle piccole mansioni che mi aveva assegnato. Le prime ore passarono in tranquillità, il locale era completamente deserto. Solo in tarda mattinata, l’affluenza di gente iniziò a riempiere quella piccola libreria al centro di Tokyo. Era la mia prima esperienza lavorativa. Credevo che mi avrebbe fatto bene staccare per un po’ la spina della mia routine. Quella settimana mi ero detta che avrei provato a mettermi in gioco e quell’occasione non poteva non essere colta. Proprio mentre formulai quel pensiero mi ritrovai a pensare a Shin, il mio amico “virtuale”. Il giorno precedente, presa dal progetto e da Sango, non avevo minimamente pensato a lui. Sentendomi in colpa andai nella sua Chat Instagram con l’intento di cercarlo. Mi sorpresi trovando un suo messaggio inviato quella stessa mattina.

- “Buongiorno imbranata! Come va? Che farai in questo noiosissimo sabato?” -

Sbuffai e misi il broncio come se potesse vedermi.

- “Buongiorno Antipatico. Oggi lavoro! Tu?” - La sua risposta arrivò poco dopo.

- “Tu che lavori? Ma da quando? XD” - alzai gli occhi al cielo al suo messaggio.

- “Sostituisco mio zio in libreria, nulla di estremamente serio. Immagino che tu, al contrario mio, avrai un bel lavoro no?” -

Sentendo la porta d’ingresso aprirsi, riposi il cellulare in tasca e prestai attenzione ai clienti, cercando di aiutarli nelle loro ricerche. Mi ritrovai ad aiutare anche un piccolo demone volpe indeciso su quale libro di fiabe regalare al padre. Un piccolo stratagemma per passare un po’ di tempo con il genitore sempre impegnato nel lavoro.

- “Arrivederci signorina Kagome! Grazie mille!” -

Sorrisi vedendo quel piccolo demone allontanarsi tutto contento con in mano il libro che aveva appena acquistato con i suoi risparmi. Tornai a respirare solo una volta arrivata l’ora di pranzo. Chiuso il locale e avvisato mio zio della chiusura, decisi di indirizzarmi al giardino pubblico situato lì vicino, pronta a gustarmi il mio meritato pranzo. Trovata una panchina isolata, estrassi il Bentō dalla borsa e iniziai a mangiare. Ricordando in quel momento lo scambio di battute con Shin, presi il cellulare per leggere la sua risposta.

- “Ovvio. Lavoro nel ristorante di famiglia, è un posto molto agiato sai? u.u”-

Leggendo quel messaggio quasi sputai il riso che avevo in bocca.

- “Si, certo. Che mi racconti? Che hai fatto in questi giorni?” - Cercai di deviare il discorso, tornando intanto a consumare il mio pasto.

- “Nulla di particolare, impegni vari e lavoro. Tu?” -

Mi morsi il labbro insicura se raccontare degli ultimi eventi o meno. Mossa da un briciolo di coraggio, decisi di accennargli qualcosa.

- “Sto lavorando ad un progetto! Non entro nei dettagli per scaramanzia, però posso rivelarti che è quasi la coronazione di un sogno! Purtroppo mi tocca farlo in coppia con un compagno di scuola, però sembra tutto proseguire bene.” -

Non ricevendo risposta, terminai il mio pranzo in completo silenzio. Inspirai a pieni polmoni emettendo un lungo sospiro. Quel luogo sembrava davvero tranquillo e, dopo quella mattinata, mi ci voleva rilassarmi. Avere a che fare con persone, anche se all’interno di una libreria, si rivelò per me un'impresa ardua. Decisa a passare un po’ di tempo immersa in quel piccolo spazio di tranquillità, iniziai ad abbozzare un volto su un book che mi ero portata appresso. Pensai a come potesse essere Shin, non conoscevo il suo volto, così come lui non conosceva il mio. Mi chiesi se fosse opportuno proporgli di vederci ma non ero neanche sicura che abitasse a Tokyo. Le uniche informazioni in mio possesso erano solo il suo nome e l’età. Fu in quel momento che mi resi conto di quanto in realtà fossimo due completi estranei. Nonostante l'animo fosse ormai turbato, continuai a fantasticare sul suo aspetto. Lo immaginai come un ragazzo ben proporzionato, con gli occhi azzurri e i capelli neri. Quello stesso giorno mi ripromisi di scoprire qualcosa in più sul suo conto, a partire dal suo aspetto. Fu in quel momento di massima concentrazione che uno strano colpetto alla testa mi fece tornare alla realtà.

- “Ciao impicciona.” -

Riservai un’occhiataccia al mio interlocutore che in risposta mi guardò con aria perplessa.

- “Ciao ficcanaso.” -

Sospirai vedendolo prendere posto al mio fianco.

- “Ti do fastidio?” -

Mi scrutava con aria interrogativa. Tutto ciò mi metteva a disagio, era la prima volta che un sentimento del genere si manifestava in sua presenza. Decisi di sorvolare su ciò e scossi la testa in risposta, abbandonandomi totalmente sulla panchina. Era una bella giornata. Nonostante fossimo a febbraio inoltrato il sole predominava sulle nuvole e la temperatura era piuttosto mite.

- “Come mai qua tutta da sola?” - Sorrisi sarcastica per la domanda.

- “Mi rilasso, o almeno ci provo.” - Borbottai.

- “Con la tua amica? Ieri sembrava proprio incazzata.” - Scossi la testa esasperata.

- “Tutto bene, grazie.” -

Mi chiesi perché la sua presenza quel pomeriggio mi irritasse in maniera particolare. Fino al giorno precedente sembrava stessimo sulla stessa lunghezza d’onda.

- “Stavi disegnando? Qualche idea per il progetto?” -

Mi sorpresi di quanto quel giorno fosse in vena di conversazione. Alzai gli occhi al cielo cercando di trovare la forza per rispondergli in maniera educata. Purtroppo ogni mia buona intenzione andò a farsi benedire quando il ragazzo in questione prese il book da sopra le mie gambe, iniziando a scrutare il mio disegno e i miei appunti su di Shin. Lo guardai infastidita.

- “Potrei riavere indietro il mio sketchbook? Non c’entra nulla con il progetto.” - Sbottai.

Lo vidi chiudere il book e restituirmelo con un’espressione dispiaciuta in volto e le sue adorabili orecchie lievemente abbassate.

- “Scusa, non dovevo.” - mormorò.

Mi sentì improvvisamente in difetto. Ero frustrata, per quella giornata di lavoro, per quei pensieri su Shin, e Inuyasha era arrivato nel momento meno opportuno. Afferrai l’album che mi stava porgendo e lo riposi in borsa. Dopodiché mi alzai da quella panchina scrollandomi i trucioli di gomma dal pantalone.

-“Inuyasha, scusami tu. Oggi ho lavorato e i clienti mi hanno distrutto.” - Mi piazzai dinanzi a lui sorridendogli.

- “Senti, ti andrebbe un gelato?” - Gli proposi.

Lo vidi annuire distratto e alzarsi dalla panchina.

- “C’è un posto qua vicino che conosco, seguimi.” - Mormorò.

Arrivammo a destinazione dopo pochi minuti. Durante il tragitto nessuno dei due aprì bocca, mi limitai a seguirlo stando dietro di lui. Fissando la sua schiena fasciata da un giubbino in pelle mi chiesi se l’avessi ferito. Fu in quel momento che Inuyasha si fermò e quasi rischiai di finirci contro.

- “Eccoci arrivati.” - Disse.

Mi spostai al suo fianco osservando il locale. Era una piccola gelateria di quartiere. All’esterno di essa erano situati quattro tavolini rotondi, mentre l’interno era lasciato libero per dare spazio ai clienti.

- “Che gusto lo prendi il gelato?” - gli chiesi sorridendo.

- “Uhm… Credo fragola. Tu?” -

A quella risposta mi vene spontaneo storcere il naso in una smorfia di disgusto.

- “Cos’è quell’espressione sconcertata?” - Mi chiese.

- “Odio le fragole.” - Risposi come se fosse ovvio.

- “Di grazia, che gusto ha intenzione di prendere lei?” - Domandò alzando gli occhi al cielo.

- “Nocciola e caffè, ovvio!” -

Sorrisi vedendo l’espressione che fece al suono di quelle parole.

- “Cos’è quell’espressione sconcertata?” - Gli feci il verso, non riuscendo a trattenere una risata.

-“Tsk. Odiosa. Fa una cosa buona, sta seduta qua che vado a prendere i gelati.” - Sbuffai seguendo il suo ordine.

- “Antipatico” - Mormorai.

- “Vedi che ti sento. Scema.” - Mi rispose, ormai giunto all’ingresso del locale.

Arrossì dandomi della scema, avevo completamente dimenticato la natura demoniaca di Inuyasha. In attesa del mio gelato detti un’occhiata in giro, rendendomi conto di quanto fosse tranquillo quel luogo. Mi ritrovai a pensare che probabilmente anche Inuyasha adorava i luoghi tranquilli, mi ripromisi che avrei provato a conoscerlo un po’ meglio.

- “A lei, signorina.” -

A quelle parole mi girai verso Inuyasha, intento a pormi il mio gelato. Lo afferrai senza pensarci due volte, iniziando a gustarmelo, felice come una bambina.

-“Inuyasha, tu come mai da queste parti?” - Mi ritrovai a chiedere.

- “Abitudine. Ogni sabato per l’ora di pranzo vado a fare una passeggiata per quel giardino. Mi rilassa stare a contatto con la natura.” -

Ascoltai con interesse, riscoprendomi parecchio curiosa.

- “Beh, si sembra un posto molto tranquillo.” - costatai.

- “Tu invece? Come mai da queste parti? Dista un po’ da casa tua.” - scrollai le spalle con noncuranza.

- “Prima esperienza lavorativa!” - Sorrisi.

- “In realtà ho fatto un favore a mio zio. Mi ha chiesto di badare al suo locale per questa mattina. Una vota finito avevo bisogno di rilassarmi e quel luogo sembrava il posto adatto.” - confessai.

Passai con Inuyasha un’altra oretta, dove parlammo del più e del meno, proponendo anche nuove idee per il nostro fumetto.

- “Cazzo. Si è fatto tardi. Scusa Kagome ma devo scappare.” - si ritrovò a pronunciare tutto ad un tratto.

- “Oh, va bene, non preoccuparti. Ti sei ricordato di un impegno?” - presi la borsa poggiata sulla sedia libera accanto alla mia e iniziai ad avviarmi verso la strada, seguita a ruota dal mio compagno di progetto.

- “Diciamo di sì, se non arrivo in orario mio fratello mi uccide seriamente questa volta.” - mi ritrovai a ridere a quell’affermazione, nonostante l’espressione e il tono serio di Inuyasha.

- “Allora, ci vediamo lunedì Inuyasha!”- Lo salutai.

Mi rispose con un sorriso e un cenno del capo. Pochi minuti dopo stavamo proseguendo due strade diametralmente opposte, ognuno diretto verso la propria meta. Fu in quel momento che mi ricordai del berretto, sorprendendomi dei miei stessi pensieri. Credevo che Inuyasha lo portasse per nascondere le orecchie, ma quel giorno, lo stesso ragazzo, le esibiva in tutta la loro bellezza. Scossi la testa dandomi della scema. Ritrovandomi a pensare che probabilmente Inuyasha non si poneva problemi simili. In quell’esatto momento una notifica attirò la mia attenzione.

- “Oh! Ma è grandioso! Ora sono curioso però! Riuscirò ad estorcerti qualche informazione su questo progetto, stanne certa! Ora scusa, ma sto arrivando a lavoro, ci sentiamo domani odiosa!” -

Sorrisi a quel messaggio di Shin.

- “Si scemo, contaci!” - risposi in fretta.

Quella giornata, per quanto assurda, si era rivelata soddisfacente. Era strano sentirsi serena e felice. Con il sorriso in volto camminai spedita verso casa, desiderando che il giorno dopo non arrivasse mai.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Il ticchettio della pioggia componeva una dolce sinfonia, un’incessante discesa d’acqua che sembrava ornare con raffinatezza il mio animo. Il cielo coperto da nuvole aveva improvvisamente stravolto l’aria primaverile che si avvertiva qualche giorno prima, portando con sé un'aura di sconforto. Quella mattina alzarsi dal letto mi risultò ancora più tremendo, i ricordi di qualche ora prima mi colpirono affilati come lame. Il giorno precedente feci visita a mio padre e purtroppo mi toccò mettere piede in quella grande casa che tanto detestavo. Per la seconda volta nell’arco di una settimana mi sentì crollare. Nuovamente i ricordi parvero riaffiorare, facendomi cadere in uno stato di sofferenza. Pregai con tutta me stessa che quella domenica passasse in fretta, che tutto passasse velocemente. La giornata trascorse tranquilla e quella piccola creatura che riempiva di gioia quella grande casa stava crescendo in serenità. Il mio fratellastro aveva da poco compiuto cinque mesi e regalava dei sorrisi carichi di gioia a chiunque giocasse con lui. Mi sentì invidiosa della sua vita, sembrava così tranquillo e spensierato, speravo solo che continuasse a mantenere quel sorriso sul suo volto anche una volta cresciuto. Quando la sera riuscì a poggiare la testa sul cuscino mi lasciai andare ad un pianto liberatorio, gettai fuori frustrazione e tristezza, finendo con l’addormentarmi con ancora le lacrime agli occhi. Detestavo sentirmi debole, insicura, di troppo. La mia presenza in quella casa sembrava quasi forzata, quell’abitazione che mi aveva visto crescere non mi apparteneva più, sembrava tutto così assurdo. Mio padre quella domenica sembrava al settimo cielo, convinto che avrebbe vinto una causa giudiziaria contro mia madre, l’ennesima. Mi chiesi come riuscisse a provare soddisfazione nel rovinare la vita di mia madre, come riuscisse a condizionare ancora la nostra famiglia nonostante decise di uscirne fuori per un’altra donna. Sentendo nuovamente le lacrime giungere agli occhi, mi morsi il labbro per trattenerle. Mio padre era uno stronzo, per quanto tendesse a sottolineare che le sue decisioni fossero state prese per il bene dei suoi figli, il suo comportamento era prettamente egoistico. Non dava a mia madre i soldi che le spettavano per mantenerci, credeva che con una misera manciata di Yen riuscisse a farci vivere in maniera agiata. Stanca di quei pensieri presi un profondo respiro e mi detti coraggio per affrontare quella giornata di scuola. Il lunedì era sempre il giorno peggiore. Avremo iniziato le lezioni con due ore di matematica e di certo il professore Naraku non era uno che tollerava i ritardi. Uscì di casa una ventina di minuti dopo, portandomi appresso il cappello che avrei dovuto restituire ad Inuyasha, oggetto che probabilmente neanche ricordava di aver lasciato da me. Uscendo di casa una forte folata di vento mi fece riscuotere. L’aria pungente mi costrinse a stringermi nella sciarpa, cercando di scaldare le guance ormai rosse dal freddo. Iniziai ad incamminarmi, incurante delle gocce d’acqua che stavano pian piano inzuppando il mio cappotto. Il tempo sembrava rispecchiare il mio animo e stare sotto la pioggia sembrava calmarmi. Camminai per un po' immersa nei miei pensieri, quando un colpetto alla testa mi riportò al presente. Qualcuno mi stava riparando con un ombrello, camminandomi a fianco da un tempo indefinito.

- “Oh, allora sei viva.” - Inuyasha mi guardava imbronciato.

Annuì con il capo riprendendo il passo, incurante di ciò che mi circondava.

- “Finirai sotto un’auto se continui a camminare con la testa fra le nuvole.” - costatò.

Scrollai le spalle e, non dando peso alle sue parole, accelerai il passo cercando di mettere una certa distanza fra di noi.

- “Kagome aspetta! Prenderai un malanno camminando sotto la pioggia!” - Sbuffai a quella affermazione. Fu in quel momento che le parole uscirono dalla mia bocca senza nemmeno pensare.

- “Inuyasha, a cuccia.” - Sussurrai.

A quelle semplici parole vidi il viso del mio compagno di progetto adombrarsi. Non curandomi della sua reazione continuai a camminare, rendendomi conto solo dopo pochi minuti che Inuyasha non stava più al mio fianco. Sospirai, vedendo già all’orizzonte la sagoma ben distinta del mio liceo. Probabilmente quel giorno le classi avrebbero contenuto un numero infimo di studenti, sorrisi pregustandomi già la classe mezza vuota. Come ogni mattina, aspettai Sango sotto le scale che avrebbero portato al piano superiore, ma quel lunedì attesi invano. La mia amica infatti quel giorno non si presentò a scuola e così quelli successivi, tutto per via della febbre. Sospirai salendo lentamente quelle scale che avrebbero portato alla mia classe, sperando che quella giornata avrebbe avuto presto fine.

- “Bene ragazzi, visto che siete solo in nove, voi dell’ultimo banco avvicinatevi. Vi lascerò degli esercizi, vedete di svolgerli. A fine ora ritirerò il tutto e vedrò di correggerli.” -

Sbuffai alle parole del professore Naraku. Ero completamente negata in matematica e senza Sango a darmi una mano, avrei preso l’ennesima insufficienza. Fu in quel momento che la sedia di fianco alla mia parve spostarsi e una figura prendere posto. Scrutai di sottocchio il ragazzo al mio fianco che sembrava intenzionato ad ignorarmi. Aveva i capelli gocciolanti appiccicati alle spalle e un’espressione corrucciata ad ornargli il volto.

- “Smettila.” - Sbottò d’un tratto.

Sembrava parecchio infastidito dal mio sguardo, mi venne spontaneo chiedermi come mai avesse deciso di sedersi al mio fianco. Voltai lo sguardo altrettanto contrariata, cercando di prestare attenzione alle funzioni lasciate dal professore.

- “Allora, come prima cosa devo trovarmi il campo di esistenza. Bene, ma come si trova il campo di esistenza?!” -

Passai più di dieci minuti a fissare il primo esercizio, cercando di trovare nel foglio ogni risposta ai mei dubbi. Già stufa di quella situazione, iniziai a disegnare forme e occhi nell’angolo del foglio, conscia che la mia media ne avrebbe risentito.

- “Higurashi! Dovrebbe smetterla di fare i disegnini e svolgere l’esercizio così come stanno facendo i suoi compagni.” - Rabbrividì a quel rimprovero da parte dell’insegnante.

Il professore Naraku era un giovane uomo sulla quarantina, molto affascinante secondo alcuni, parecchio viscido secondo il mio parere. Giravano parecchie voci nei suoi confronti. Si vociferava in giro che una studentessa del mio stesso liceo, qualche anno prima, l’avesse denunciato per molestie sessuali. Il suddetto professore non si era mai preoccupato di smentire le voci e non sembrava neanche darci peso. Molto spesso il suo comportamento risultava molto ambiguo, non esitava a chiamare con il cellulare degli studenti la sua alunna preferita, così come non si curava delle occhiate che le rivolgeva. Con qualsiasi occhi vedessi quel professore, nella mia mente riusciva a formarsi solo una parola, viscido.

- “Hai bisogno di una mano?” - Inuyasha, con una mano a sorreggersi il volto, mi osservava ancora imbronciato.

Mi ritrovai ad annuire a testa china, ammettendo le mie evidenti difficoltà. - “Non voglio esserti di peso però, stai svolgendo anche tu gli esercizi.” - mormorai.

- “Ho già finito, tranquilla.” – mi rispose avvicinandosi.

- “Allora, come prima cosa dobbiamo trovarci il dominio. Guarda, devi fare così.” – iniziò a spiegarmi i vari passaggi e grazie al suo aiuto riuscì a svolgere le restanti due funzioni da sola.

- “Inuyasha, questa è giusta?”- borbottai avvicinandogli il quaderno.

Parve scrutare con attenzione il foglio, per poi annuire soddisfatto. Quella fu la prima volta che permisi a qualcuno che non fosse Sango di aiutarmi. Il pensiero di ciò mi fece sorridere, forse stava davvero cambiando qualcosa nella mia vita.

- “Hai una faccia d’ebete.” –

Quel tono derisorio mi fece storcere il naso, provocando in me un moto di stizza. Sbuffai per l’ennesima volta, prendendo la decisione di tornare ad ignorarlo. Rimanemmo ognuno nel proprio silenzio fino alla ricreazione, quando la classe si svuotò, lasciandoci da soli.

- “Hai ancora i capelli umidi. Non avevi un ombrello?” – costatai.

Ricevetti in risposta solamente un occhiata truce. Alzai gli occhi al cielo. Inuyasha era ancora incazzato con me per qualche assurdo motivo. Ripensai agli eventi della mattina, non riuscendo a trovare nulla che avesse potuto urtare l’animo del mio compagno. Uno schiocco della lingua, chiaro segno di risentimento, mi fece rizzare le orecchie.

- “Tsk. Mi hai praticamente mandato a cuccia. Ti sembra corretto? Sono un mezzo demone cane! Non è affatto divertente ciò che hai detto.” - sbottò.

In quel momento tutto mi apparve più chiaro. Pensavo non mi avesse sentito, ero convinta di aver solo pensato quella frase. Una scemenza condizionata dal sogno di qualche sera prima. Chinai la testa veramente dispiaciuta. Avevo ferito Inuyasha, si sentiva deriso da me.

- “M-mi dispiace… N-non volevo offenderti, né urtati. Scusa.” - borbottai.

Mi morsi il labbro nervosa, stanca di quel mio comportamento. Cominciai a pensare che fosse opportuno prendere le distanze da Inuyasha, che dovessi rimanere sola. Improvvisamente qualcuno mi scompigliò i capelli, generando in me un moto di stizza.

- “Anche tu hai i capelli ancora umidi comunque, nonostante ho cercato di ripararti. Sei proprio una stupida.” – mi disse con un accenno di sorriso.

Mi sorpresi del rapido cambio di atteggiamento. Stupore che Inuyasha parve cogliere.

- “Sei umana. Stare sotto la poggia potrebbe farti ammalare. Ti ho riparato nonostante ignorassi la mia presenza proprio per questo motivo. In quanto mezzo demone, un po’ d’acqua non mi scalfisce.” – spiegò.

Teneva lo sguardo lontano dal mio, mentre le sue orecchie si muovevano velocemente, quasi a voler sottolineare il suo stato di agitazione. Sorrisi, mentre una strana voglia di abbracciarlo nasceva in me. Sentì quasi il bisogno di stringermi a lui, di fiondare la testa nell’incavo del suo collo. Scossi la testa per riprendermi da quei pensieri.

- “Inuyasha, ti ringrazio di esserti preoccupato di me.” – gli dissi sorridendo.

Lo vidi arrossire lievemente e quasi provai tenerezza per lui.

- “Forse hai già un po’ di febbre.”- rispose.

- “Scemo!” – Sorrisi pizzicandogli una guancia.

- “Piuttosto, ti ho portato il cappello che hai dimenticato da me!” –

In quel momento ricordai dell’oggetto che dovevo restituirgli. Mi guardò con aria confusa, fin quando non estrassi il berretto dalla borsa. Improvvisamente il suo sguardo parve adombrarsi, come se qualcosa lo turbasse nuovamente.

- “Inuyasha, tutto bene?” – chiesi preoccupata.

Alla mia domanda il suo viso parve nuovamente rilassarsi e con un sorriso accennato cercò di rassicurarmi.

- “Mi chiedevo proprio dove l’avessi lasciato onestamente.” – spiegò.

- “Testa in aria!” - scherzai sorridendo.

Il suono della campanella ci costrinse a ritornare in religioso silenzio. Il resto della giornata scolastica passò tranquillamente. Nelle ore successive insieme ad Inuyasha, lavorammo al progetto, dettando delle linee guida per quanto riguarda il carattere dei personaggi.

- “Inuyasha, per quanto riguarda il detective, lo immaginavo freddo, svogliato, sociopatico. Uno di quei personaggi che cerca casi stimolanti, affidando ai suoi sottoposti quelli più banali. Un tipo molto riflessivo, che tende spesso ad isolarsi. Che ne dici?” - chiesi.

- “Mh, interessante. È molto in linea con lo schizzo che hai fatto. Approvato!” - mi rispose soddisfatto.

Il resto delle ore trascorse tra risate e frecciatine, rendendo l’aria stranamente leggera. Nel viaggio verso casa pensai a come Inuyasha riuscisse a farmi passare delle giornate spensierate, nonostante alle volte la sua presenza mi irritasse. Ero curiosa di conoscerlo meglio, di capire cosa lo facesse isolare a scuola. Volevo scoprire cosa nascondessero i suoi occhi color dell’ambra, quegli stessi occhi che quella mattina si adombrarono riempiendosi di tristezza. Sorridendo, promisi a me stessa, che avrei mantenuto saldo quel rapporto che si stava instaurando. Fu proprio con quel sorriso che, quella giornata iniziata nel peggiore dei modi, si concluse.

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FrancyT:

Vorei ringraziare tutti coloro che continuano a leggere la storia >.<

Ringrazio particolarmente Lady__94, che ha commentato ogni mio capitolo, e Jeremymarch, che mi ha anche dato dei consigli per la formattazione del testo (con cui continuo ad avere problemi purtroppo, avrei bisogno di alcune lezioni ^^").

Che dire, siamo arrivati al capitolo 7... Abbiamo scoperto qualcosa in più sulla vita di Kagome e andando avanti ho provato ad approfondire un po' di più il rapporto che la ragazza ha con entrambi i genitori. Che dire, ciau ciau, alla prossima.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Un timido raggio di sole cercò di farsi spazio fra le tende della mia stanza, provando a portare un po’ di calore fra quelle quattro mura. La temperatura mite di inizio Marzo sembrava sciogliere i cuori di chiunque e anch’io mi sentì quasi rincuorata. Stranamente felice sorrisi, pronta a gustarmi quella splendida giornata. Era passata poco più di una settimana da quel lunedì in tempesta eppure tutto sembrava differente da qualche giorno prima. In quel breve lasso di tempo riuscì a legare molto con Inuyasha, imparammo a conoscerci, senza però entrare nelle nostre vite private. Conoscevamo ognuno i gusti dell’altro e avevamo iniziato a comprendere le nostre espressioni, tanto che le parole alle volte sembravano quasi superflue. Nonostante il suo essere un po’ schivo ai rapporti umani, Inuyasha era un ragazzo gentile e parlare con lui si rivelò parecchio piacevole. Il nostro rapporto di amicizia si stava consolidando e la cosa mi rendeva parecchio felice. Quella mattina, arrivai a scuola allegra e spensierata, aspettando il mio compagno di progetto vicino le scale antincendio.

- “Buongiorno impicciona!” -

Alzai gli occhi al cielo a quel nomignolo. Da quando mi aveva beccato a “controllare” che Sango arrivasse integra al suo appuntamento, non faceva altro che utilizzarlo.

- “Buongiorno a te” – sbuffai, lasciandogli un bacio sulla guancia.

- “Ora andiamo dai, è già tardi!” – pronunciai afferrandolo per un braccio.

Lo trascinai fino all’ingresso, portandolo con me verso le scale che avrebbero condotto al piano in cui stava la nostra classe. Durante quei giorni anche la vicinanza fisica si era molto ridotta. Da quando aveva deciso di annullare le distanze scompigliandomi i capelli, entrare in contatto con lui era diventato quasi naturale. Sono sempre stata un tipo che odiava il contatto con altre persone, generalmente quando qualcuno mi urtava tendevo a guardarlo di sbieco, ma con Inuyasha tutto sembrava diverso.

- “Vedo che mi hai già rimpiazzato. Non è forse così, Kagome?” -

Osservai meglio quella figura che picchiettava nervosa il piede sul pavimento. Braccia incrociate, sguardo corrucciato e tono infastidito. Ritrovarmi davanti Sango mi parve quasi un allucinazione. Per via della febbre, la mia amica era stata costretta a letto per parecchi giorni e ritrovarla a scuola sembrava quasi un sogno. Corsi ad abbracciarla stringendola forte a me. Durante quei giorni andai a trovarla due-tre volte, tenendola aggiornata dei miei progressi con Inuyasha e informandola sulle attività di Miroku. La mia amica, infatti, mi aveva assunto come investigatore privato e, trascinando Inuyasha con me, quella settimana pedinammo Miroku che, dal canto suo, sembrava parecchio giù di morale.

- “Non hai idea di quanto tu mi sia mancata Sango! Non ce la facevo più ad avere quel cafone come compagno di banco!”- mormorai al suo orecchio, continuando a stringerla a me.

- “Ehi! Vedi che sono ancora qua, dannata!” –

Un Inuyasha imbronciato parve dar segno di protesta. Ignorai ogni suo commento, prestando la massima attenzione a Sango.

- “E tu! Antipatica! Ieri al cellulare mi hai detto che non saresti tornata per un altro paio di giorni!” – sbottai, allontanandomi da lei e guardandola in viso imbronciata.

- “Ehm… Sorpresa?”- mi sorrise.

Tornai ad abbracciarla un’ultima volta, staccandomi solo al suono della campanella. Conscia di essere già in ritardo, presi i miei due amici a braccetto e iniziai a salire le scale.

- “Hai un sorriso da ebete.” – Disse Inuyasha.

- “Concordo con il tuo amico, fai impressione.” – rispose Sango.

Imbronciata, continuai spedita verso la mia classe, decidendo di lasciare indietro i due guastafeste. Quando Inuyasha e Sango giunsero in classe, parlottavano fra di loro, ancora incerti se degnare l’altro di un briciolo d’attenzione.

- “Odiosi.” – Borbottai, prima di prestare attenzione al professore che aveva già iniziato a chiamare l’appello.

Le ore di lezione passarono in fretta e ben presto la ricreazione permise agli studenti di prendere una boccata d’aria fresca. Mi alzai dalla sedia stiracchiandomi, quel giorno ero particolarmente felice e non volevo trascurare nessun aspetto di quella giornata. Il dolce tepore di metà mattinata mi spingeva a stare all’aria aperta e avevo proprio voglia di uscire da quelle quattro mura scolastiche.

- “Ehi voi due! Andiamo in cortile?” - Pronunciai entusiasta rivolgendomi a Sango e Inuyasha.

I due, per conto loro, mi guardarono con un’espressione contrariata. Di raro uscivo dalla classe, a meno che non ne avessi il bisogno tendevo a rimanere ferma al mio posto.

- “Kagome, non è che hai la febbre?” - Costatò Sango.

- “Beh, sta decisamente delirando.” - Gli diede manforte Inuyasha.

Sbuffai prendendo le mie cose e uscendo fuori dalla classe. Intenta a maledirli mentalmente non mi accorsi della figura contro cui andai a sbattere. Mi lasciai sfuggire un mezzo insulto, riservando un’occhiataccia al ragazzo con cui mi ero scontrata. Il suddetto individuo, era più alto di me di almeno una spanna, aveva un paio d’occhi color dell’oceano e i capelli neri rilegati in un codino.

- “Stai bene?” - pronunciò, con un sorrisetto stampato in viso.

Prima ancora che potessi rispondergli, qualcuno mi afferrò per un braccio attirandomi a se. Improvvisamente mi ritrovavo contro Inuyasha che, per qualche assurda ragione, aveva deciso di allontanarmi dal ragazzo.

- “Oh Miroku! Come mai qua?” - la voce di Sango riempì quel corridoio quasi vuoto.

- “Nulla di che, ho sentito che eri tornata e volevo vederti.” - Rispose Miroku scrollando le spalle.

Vidi Sango arrossire e deviare lo sguardo da quello di Miroku. La scena sembrava quasi surreale. Da un lato, Inuyasha che mi teneva per il braccio che si era portato al petto, dall’altro Sango e Miroku che parlavano tranquillamente. Alzai gli occhi al cielo esasperata.

- “Volevo solo andare a prendere una boccata d’aria.” - mormorai più a me stessa che a qualcuno in particolare.

Per qualche assurda ragione, tutti si misero a ridacchiare alla mia espressione imbronciata.

- “Scusa, non mi aspettavo che arrivassi spedita verso di me! Sono Miroku, piacere! Tu dovresti essere Kagome giusto? L’amica di Sango.” – il giovane ragazzo si avvicinò a me.

Annuì, allontanandomi da Inuyasha che intanto non aveva ancora aperto bocca.

- “Piacere mio.” - borbottai un po’ contrariata.

Non avevo mai apprezzato i ragazzi come Miroku e mi infastidiva parecchio il suo modo di fare.

- “Lui invece è Inuyasha, un nostro compagno di classe.” - Sango presentò Inuyasha a Miroku. I due si scambiarono un cenno del capo in segno di saluto.

- “Stavamo andando in cortile, vieni con noi Miroku?” – continuò Sango.

L’altro annuì e insieme ci dirigemmo verso l’esterno dell’edificio. Non apprezzavo molto la situazione che si era creata. Inuyasha parve perdere l’uso della parola e, nonostante fosse con noi, stava tutto per conto suo. Sango, sembrava rapita da Miroku che, intanto, aveva abbandonato quell’aura di tristezza e solitudine che pareva circondarlo da giorni. Mi chiesi se il malessere del ragazzo non fosse dovuto all’assenza di Sango, i due sembravano parecchio in armonia e ne fui quasi gelosa. Capì finalmente come si sentì Sango qualche settimana prima e iniziai a pensare di essere di troppo.

- “Kagome, scusa per prima. Ti ho strattonato come un oggetto. Ti ho fatto male al polso?” –

Inuyasha aveva finalmente parlato, osservandomi con uno sguardo dispiaciuto. Alla sua domanda mi guardai il polso che in precedenza aveva stretto. Si notava già un piccolo alone rossastro causato dalla presa del mezzo demone. Scossi la testa sorridendogli.

- “È tutto apposto. Piuttosto, perché mi hai tirato via in quel modo?” - chiesi osservandolo.

Alla mia domanda parve arrossire lievemente e deviare lo sguardo.

- “I-Istinto credo. Quel Miroku stava per allungare le mani.” - mormorò in maniera tale che lo sentissi solo io.

Divenni rossa per l’imbarazzo e la rabbia. Ero già pronta a sclerare contro quel damerino che girava intorno alla mia amica, quando Inuyasha decise di portarmi via da quel cortile.

- “Sango, noi torniamo in classe, a dopo.” – disse veloce alla mia amica portandomi con sé verso l’istituto.

- “Inuyasha fermati! Devo dirgliene quattro!” - dissi con un espressione corrucciata ad incorniciarmi il viso.

- “Kagome, guardali.” - indicò Sango e Miroku.

- “Stanno ridendo felici e spensierati. Miroku non ha provato a toccare Sango, inoltre da quando è con lei non ha degnato nessun'altra ragazza di uno sguardo. Ricordi cosa abbiamo visto durante questi giorni?” - continuò.

Ripensai ai giorni in cui pedinammo Miroku. Quelle volte il ragazzo sembrava molto giù di morale e nonostante interagisse con numerose ragazze, a nessuna riservava lo sguardo che era destinato a Sango. Iniziai a pensare che forse, la mia amica per lui fosse davvero importante. Miroku era conosciuto per essere un tipo molto libertino, non era un segreto che ci provasse con qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro. Eppure con Sango sembrava un’altra persona. Sembrava più vero, come se fosse finalmente sé stesso. In quel momento decisi di dargli una possibilità, decisi di lasciar correre sull’accaduto. Sperai con tutta me stessa che quella fiducia che Sango stava riponendo in lui, non fosse presto tradita.

- “Torniamo in classe Inuyasha.” - gli sorrisi iniziando ad incamminarmi.

- “Dopo scuola vieni direttamente da me?” - chiesi spensierata.

Mi rispose annuendo e iniziai a sorridere, mi piaceva proprio la presenza di Inuyasha.

- “Facciamo strada insieme?” - mi chiese.

Annuì in risposta e continuai a camminare. Ero così sicura che quel pomeriggio mi sarei tanto divertita. All’epoca, credevo ingenuamente che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Tutt’ora sorge in me un sorriso amaro nel ricordare quel terribile pomeriggio.

- - -

FrancyT:

Ciau!

Eccoci con il capitolo 8! Anch'esso banale, ma va bhe, lo è tutta la storia alla fine ^^"

Ammetto che ci stiamo avvicinando alla parte di storia che personalmente mi piace di più, sarà sempre banale, però credo sia più carina ecco.

Come ogni capitolo, ringrazio tutti coloro che continuano a leggere e commentare la storia! <3

Alla prossima! :3

P.s. Cerco seriamente qualcuno che mi aiuti con l'editor di EFP, ho seri problemi....

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

- “Sango daiiii. Ritorni in pagina?” - mormorai alla mia amica.

- “Mai, mi è già bastato aiutarti questa estate, non fa per me lo sai.” - mi rispose Sango.

- “Ma i fan ti adorano!” - insistetti.

“Non mi importa! Non cambio idea Kagome.” - Sbuffai, rinunciando alla mia impresa.

Mi ritrovavo in difficoltà con la mia pagina Instagram a tema anime. Da qualche tempo non riuscivo più a gestirla da sola e avevo bisogno di un piccolo aiuto. Quel giorno, al termine della giornata scolastica, provai a convincere Sango a darmi nuovamente una mano, fallendo miseramente. La mia amica in passato era stata di grande supporto per la pagina, era un admin molto apprezzata e i contenuti che portava erano i migliori.

- “Di che pagina parlate?” –

Inuyasha, che in tutto quel tempo aveva camminato in silenzio al mio fianco, aveva deciso di aprire bocca. Mi presi del tempo prima di rispondergli ma, indecisa se coinvolgerlo o meno, fui anticipata dalla voce di Sango.

- “Kagome ha una pagina a tema anime, qualche mese fa la gestivamo insieme ma da un po’ di tempo ho perso interesse per gli anime e le ho lasciato tutto il lavoro. Almeno, lei mi rinfaccia sempre ciò. ” - disse.

- “Bugiarda.” – mormorai imbronciata.

- “Come si chiama la pagina? È piccolina?” – chiese Inuyasha.

- “Il suo nome è “Anime? La mia Salvezza”3, conosciuta anche come ALMS. È una paginetta Instagram che conta circa 10k Follower.”- mormorai un po’ imbarazzata.

La pagina era una parte di me e quel nome racchiudeva parte della mia storia. Guardai di sott’occhio il mio amico che intanto parve fermarsi di colpo e ammutolirsi. Aveva un’espressione pensierosa, come se si fosse appena ricordato di qualcosa d’importante.

- “Quindi è la tua page? La conosco da un po’. Beh, se ti va posso darti una mano io.” - disse d’un tratto.

- “S-serio?” – domandai ad occhi sgranati.

Lo vidi annuire e, felice della situazione, gli allacciai le braccia al collo stringendolo a me.

- “Grazie!” – quasi urlai.

Sentendo Inuyasha irrigidirsi, mi allontanai lentamente da lui imbarazzata, scusandomi per il gesto istintivo.

- “No Sango, non potrei mai sostituirti.” - sentì borbottare la mia amica.

Alzai gli occhi al cielo dandole mentalmente della scema. Sorrisi avvicinandomi alla ragazza in questione.

- “Dai Sango, sai che ti voglio bene no?” - le dissi tranquilla, osservando di nascosto la sua reazione.

In risposta Sango sgranò gli occhi e arrestò il suo cammino.

- “Kagome, sicura di star bene?” – mormorò.

Sorrisi nuovamente, afferrandola per un braccio e costringendola a camminare.

- “Sono solo di buonumore!” - le risposi.

Continuammo a camminare per un po’, salutando Sango qualche minuto dopo. Il resto del viaggio verso casa trascorse tranquillo. Inuyasha, come al solito, camminava pensieroso mentre io mi guardavo intorno godendomi a pieno quella giornata di sole. Arrivati sulla porta di casa ci scontrammo con mio fratello Sota.

- “Ciao sorellina! Ciao ragazzo cane! Scusate ma ho gli amici che mi aspettano!” - salutò allegro, correndo verso le scale del tempio.

- “Tsk, davvero simpatico tuo fratello.” – brontolò Inuyasha.

Alzai gli occhi al cielo entrando in casa. Non avevo voglia di litigare con Inuyasha per uno stupido nomignolo, del tutto corretto, che gli aveva affibbiato mio fratello.

- “Non farne un dramma su. Abbiamo cose più serie a cui pensare.” - dissi iniziando a salire le scale.

Quel pomeriggio in casa rimanemmo solo io e Inuyasha. Sota era in giro con gli amici, il nonno era andato a trovare i miei zii, mentre mia mamma era in tribunale. Sospirai a quel pensiero. Quel giorno ci sarebbe stata quella fantomatica udienza per il mantenimento, quella causa che mio padre era convinto di vincere.

- “Anche oggi non ci stanno i tuoi?” – mi domandò Inuyasha vedendomi salire direttamente in stanza.

Alle sue parole tornai a prestargli attenzione, scuotendo la testa in risposta. Iniziai a pensare che forse avrei dovuto rendere partecipe Inuyasha della mia vita. All’epoca il mezzo demone non era a conoscenza che i miei avessero divorziato e, nonostante frequentasse casa mia da un po’ di tempo, non aveva ancora incontrato mia mamma se non di sfuggita mentre andava via.

- “Sia la mamma che il nonno avevano degli impegni.” – mormorai entrando in camera.

- “Tuo padre?” - mi chiese, poggiando lo zaino vicino la mia scrivania.

- “Non so, credo abbia anche lui da fare.” – Sospirai.

- “Mio padre non vive con noi, i miei hanno divorziato parecchi anni fa.” – ripresi, riponendo con cura lo zaino al suo posto.

- “Mi spiace.” -

Scossi le spalle alle sue parole, non mi importava poi molto. Nonostante tutto, ero felice che i miei avessero divorziato. Durante la mia infanzia vidi più volte mio padre maltrattare mia mamma, insultarla, deriderla, picchiarla. Il divorzio aveva fatto bene a mia madre che, con fatica, si stava ricostruendo una vita.

- “Non importa. Comunque, lavoriamo al progetto o prima mi dai una mano con gli esercizi di matematica?” - chiesi, prendendo già dalla libreria il materiale di cui avrei avuto bisogno.

- “Ti aiuto prima con mate e dopo lavoriamo un po’ al progetto. Oggi dovrò andar via alle 17 e probabilmente faremo poco. Mi spiace lasciare in asso ma dopo ho un impegno.” - disse prendendo posto alla scrivania.

- “Fa nulla. Meglio poco che nulla.” – gli sorrisi.

Il tempo trascorse tranquillamente. Grazie all’aiuto di Inuyasha riuscivo a svolgere in completa autonomia buona parte degli esercizi che il professore Naraku ci assegnava e ne ero entusiasta. Neanche Sango riusciva a farmi entrare in testa quei concetti tanto semplici che Inuyasha, con pochi e chiari passaggi, riusciva a farmi comprendere. Aveva un modo di spiegare le cose molto semplice ed efficace.

- “Inuyasha, come mai hai perso un anno? Sembri così preparato, non solo in matematica, spesso fai degli interventi ottimi e l’interrogazione dell’altro giorno è stata fantastica!” – gli chiesi, veramente curiosa.

Inuyasha infatti, si era trasferito nella nostra scuola quello stesso semestre. Era di un anno più grande di noi e sembrava molto ferrato in tutte le materie. Era parecchio strano che un ragazzo così preparato perdesse un anno senza alcun motivo.

- “Per problemi personali ho deciso di mollare. Mi ha spinto mio fratello a riprendere gli studi.” - mi rispose scribacchiando qualcosa su un foglio.

Lo osservai con attenzione e compresi in quel momento di star toccando un argomento delicato. Inuyasha aveva le orecchie abbassate, mentre il suo sguardo appariva cupo, triste. Mi chiesi cosa gli fosse successo e mi sentì in colpa per aver tirato fuori quell’argomento.

- “Se vuoi parlarne. Sono qua, siamo amici no?” - gli sorrisi, poggiando una mano sulla sua spalla, come a dargli supporto. Volevo rimediare al mio errore e aiutarlo in qualche modo.

- “No.” - mi rispose secco.

Sussultai alle sue parole. Improvvisamente fra di noi si era come alzato un muro insormontabile. D’un tratto, quei giorni passati a ridere e scherzare con lui, sembravano come essere svaniti nel nulla. Scostai di scatto la mano dalla sua spalla, sentendomi inopportuna.

-“Tsk. Volevo solo comportarmi da amica. Volevo solo darti una mano.” - sbottai, infastidita dalla situazione che si era creata.

-“E ti ho già detto che non ne ho bisogno.” - mi rispose, guardandomi corrucciato.

-“Per come reagisci, direi proprio che ti servirebbe parlare con qualcuno invece!” - insistetti, ormai sicura che qualcosa non andasse.

- “Non ho bisogno di te, hai capito? Posso farcela benissimo senza nessun aiuto.” - sbottò quasi ringhiando.

D’istinto indietreggiai con la sedia, impaurita dalla sua reazione. Inuyasha era sempre stato un tipo calmo, un po’ impacciato alle volte e parecchio fastidioso delle altre. Ritrovarlo in quelle condizioni, a metà fra l’iroso e il ferito, mi terrorizzava e infastidiva contemporaneamente. Quella sua reazione esagerata provocava in me quasi dello sdegno, risentimento che non riuscì a trattenere.

- “Smettila di ringhiere cagnolino. Se sei incazzato con te stesso, non dovresti prendertela con gli altri.” - sbottai infastidita, non curandomi di quanto potessi ferirlo.

In quel momento, non mi importava molto del peso che potessero avere le mie parole. Purtroppo, quando litigo con qualcuno tendo ad agire in maniera tale da ferirlo. Possiedo il brutto difetto di agire sui punti deboli delle persone e, anche quella volta, punzecchiai Inuyasha su qualcosa che lo avrebbe turbato.

- “Va al diavolo, dannata.” - ringhiò, uscendo ad una velocità sovrumana dalla finestra della mia camera.

Mi ritrovai sola. Dentro le quattro mura della mia stanza, con lo sguardo fisso alla finestra. Improvvisamente la consapevolezza di ciò che era appena accaduto mi scosse. Sentì le lacrime rigarmi il viso e, in uno scatto di nervosismo, mi sfregai un braccio contro esso per scacciarle via. Inuyasha era definitivamente uscito dalla mia vita, portando via con sé una parte di me.

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Note:

3. ALMS è una page davvero esistente. É la mia pagina instagram a tema anime, se volete dargli un'occhiata cliccate qua :3

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FrancyT:

Ciau! Come state? Spero bene :3

Ringrazio di cuore tutti i lettori u.u

Bhu bhu, che dire, personalmente considero questo il capitolo della svolta. Nei prossimi capitoli succederanno varie cose, spero di aver attirato un po' la vostra curiosità ^^

Domani dovrei postare il capitolo 10, alla prossima u.u

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

In quella stanza ormai vuota, il rumore assordante del silenzio evidenziava con maestosa eleganza l’assenza di pensieri. Ero ancora lì, bloccata sulla sedia a fissare la finestra lasciata aperta. Ero ancora lì, intenta a scacciar via quelle lacrime che non riuscivo a frenare. Tutto sembrava come congelato, come se il tempo si fosse fermato. Mi alzai dalla sedia ancora scossa, incapace di formulare una frase sensata. Mi avvicinai lentamente dalla finestra da cui Inuyasha era fuggito e iniziai ad osservare la folta chioma del Goshinboku scossa dal vento. Mi guardai intorno nella speranza di scorgere la sagoma del mezzo demone, desiderosa di far pace con lui. Sembrava tutto così surreale, sperai con tutta me stessa che si trattasse di un sogno, chiesi al Goshinboku di farmi svegliare da quell’incubo. A quella richiesta, compresi improvvisamente quanto tenessi ad Inuyasha. Quell’evento mi fece rendere conto di quanto in realtà fossi debole, di quanta parte di me donassi alle persone. Mi resi conto della mia incapacità di creare un rapporto sano e mi detti della scema. Sorrisi amaramente ripensando al mio comportamento. Andai a rannicchiarmi sul letto, portandomi le mani fra i capelli. Iniziai a stringere i pugni e tremare in preda al nervosismo. Non riuscivo a comprendere se ciò che facesse più male fosse la razione di Inuyasha o il mio comportamento. Ero delusa da me stessa, credendo di aiutare Inuyasha avevo finito per allontanarlo. Ero amareggiata dalla sua reazione, perché credevo fossimo diventati amici. Ero infastidita perché convinta che Inuyasha non si fidasse di me.

- “Ma di che ti lamenti? Tu cosa hai confessato ad Inuyasha? Nulla. Perché lui avrebbe dovuto aprirsi con te? Tu gli avresti mai confessato come ti senti entrando in casa di tuo padre? Credi che riferirgli che i tuoi hanno divorziato, possa spingerlo a raccontarti i suoi problemi personali?” - mi dissi.

Cercai di soffocare i pensieri, cercai di scappare dalla vocina presente nella mia testa. Mi sentì derisa da me stessa, insultata da quel ragionamento. In preda al panico, composi il numero di Sango. Sperai che la mia amica potesse ascoltarmi, sperai di potermi sfogare con qualcuno.

- “Gentile cliente, la informiamo che il contatto da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La preghiamo di riprovare più tardi.” -

Sbuffai, alla voce metallica della segreteria. Con molta probabilità Sango si stava allenando e, come ogni pomeriggio, tendeva a spegnere il cellulare per non essere disturbata. Mi sentì nuovamente sola e abbandonata. L’aria in camera divenne quasi asfissiante, tutto sembrava ricordarmi quanto fossi stata stupida. Gettai uno sguardo alla scrivania, trovando in essa alcuni oggetti di Inuyasha. Le lacrime ripresero a scorrere e mi ritrovai a mordermi il labbro per provare a sfogarmi. Fu proprio in quel momento, quando la voglia di farmi del male iniziò a crescere, che decisi di scrivere a Shin, nella speranza che almeno lui mi avrebbe ascoltato.

- “Ciao Shin. Scusa se ti disturbo ma beh… Ho bisogno di qualcuno… Ho commesso una cazzata. Ricordi quando ti ho parlato del progetto di cui mi stavo occupando? Ecco, oggi credo di aver rovinato tutto. Ho litigato con il mio compagno di progetto. Ho per sbaglio tirato in ballo un argomento che lo ha molto turbato. Volevo rimediare, ma ho peggiorato la situazione. Si è incazzato con me, ed è andato via… Shin, sono un idiota, ho fatto un casino. Credevo che con lui avrei potuto instaurare un bel rapporto d’amicizia, mi sono affezionata. Mi sento uno schifo, non so che fare… Shin ti prego, aiutami…” -

Attesi una risposta per interi minuti. Osservai quella chat per un tempo indefinito, non ottenendo risposta. Come se non bastasse, a far peggiorare il mio animo già turbato, quello stesso pomeriggio ricevetti un messaggio da mio padre. Sms che confermava la sua predizione. Quel giorno, vinse la causa contro mia madre e, soddisfatto dell’esito, decise di portare me e mio fratello a cena fuori.

- “Ehi sorellona! Non sei ancora pronta? Papà mi ha detto che sta arrivando!” - pronunciò Sota entrando in camera.

Avevo passato il resto del pomeriggio rannicchiata sul mio letto, intenta ad insultarmi. Non avevo ricevuto alcuna risposta da Shin e Sango non mi aveva ancora richiamato. Inoltre, non avevo alcuna voglia di uscire e festeggiare una causa vinta ingiustamente. Una sentenza che non avrebbe portato ad un aumento di quel misero mantenimento che mio padre ci faceva avere.

- “Si si, dammi cinque minuti.” - mormorai alzandomi dal letto.

Mi trascinai controvoglia in bagno e cercai di darmi una sistemata. Avevo gli occhi arrossati dal pianto, i capelli arruffati e le labbra rovinate dai denti. Mi lavai il volto, cercando di riparare il possibile con un velo di trucco. Dopo di che, spazzolai i capelli e li raccolsi in una coda alta. Uscì dal bagno una manciata di minuti dopo, diretta in camera per indossare qualcosa di più opportuno.

- “È un ristorante importante, vestiti bene!” - recitava il messaggio di mio padre.

Optai per un pantalone nero ed una maglia più elegante, sperando che anche questa volta il mio abbigliamento andasse bene.

- “Sorellona! C’è papà!” - fui avvisata da Sota.

Presi la borsa e mi diressi verso la porta d’ingresso, dove mio fratello mi aspettava, contento di andare a cena fuori. Quasi invidiai la sua spensieratezza. Sota aveva appena due anni quando i nostri genitori si separarono. Per lui quella situazione equivaleva alla normalità e, il più delle volte, era estraneo alle situazioni che accadevano. In quel momento mi chiesi se soffrisse per quella situazione. Guardando il mio dolore, mi chiesi se non stessi trascurando il suo.

- “Sta attenta a tuo fratello Kagome. ” - la dolce voce di mia madre mi destò da quei pensieri.

Annuì in risposta prendendo per mano il mio fratellino. Lasciai un bacio sulla guancia a mia mamma e uscimmo di casa, diretti verso l’auto costosa di mio padre. Il viaggio verso il ristorante si rivelò breve e trascorse in silenzio. Arrivati all’ingresso del locale, un uomo ci aprì la porta permettendoci d’entrare. Il luogo scelto da mio padre per quella sera, era un ristorantino molto elegante posto un po’ fuori città.

- “Per riuscire a trovare un tavolo, ho dovuto prenotare il mese scorso.” - disse mio padre, facendo strada verso il tavolo che ci avevano indicato all’ingresso.

Storsi il naso infastidita da quella sua frecciatina. Era così tanto sicuro di vincere quella causa da prenotare il ristorante un mese in anticipo. Guardai mio padre con disgusto, vergognandomi di essere sua figlia.

- “Ne avrei anche fatto a meno.” - mormorai, prendendo posto al tavolo.

Mi osservai intorno, notando gente di alta classe, per la maggior parte demoni. Donne e uomini di un certo fascino, di una bellezza raffinata e irraggiungibile.

- “Ma tu vedi. Uno paga una fortuna per sedersi a questi tavoli e loro fanno servire le pietanze ad un mezzo demone. Quegli esseri non dovrebbero neanche mostrarsi in pubblico.” - brontolò mio padre.

- “Continuo a non comprendere il tuo disprezzo. Sono creature così come gli umani e i demoni.” - gli risposi infastidita.

- “Sono creature corrotte. Non si dovrebbero mischiare le razze.” – mi rispose.

Il commento sprezzante di mio padre non fece altro che far aumentare il ribrezzo che provavo verso lui. Evitai di rispondergli, stufa del suo atteggiamento. Non avevo voglia di intraprendere un discorso a senso unico, convinto dai suoi pensieri, nulla gli avrebbe fatto cambiare idea.

- “Proprio noi doveva servire? Che schifo.” - sbottò, osservando dietro di me.

Alzai gli occhi al cielo, esasperata dalla situazione. Sperai che quella cena finisse in fretta.

- “Buonasera signori. Siete pronti per ordinare?” -

Sobbalzai al suono di quella voce tanto familiare. Voltai lo sguardo incredula, ritrovandomi dinanzi proprio lui.

- “Inuyasha…” - mormorai, piantando lo sguardo nel suo.

- “Higurashi.” -

La distanza che Inuyasha stava anteponendo mi ammutolì. Chiusa nel mio silenzio, osservai mio padre ordinare le pietanze che avevamo stabilito. Sembrava così tanto infastidito dalla presenza di Inuyasha.

- “Bene signori. Il vostro ordine arriverà a breve.” - si congedò il mezzo demone.

Prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai in piedi, con il braccio proteso verso Inuyasha. Stringevo fra le mani la giacca della sua divisa, cercando di fermare il suo cammino.

- “Inuyasha, per favore… Parliamone.” - quasi sussurrai.

- “Sto lavorando.” - borbottò strattonando la mia presa.

- “Appena potrai…” - insistetti.

Puntai lo guardo sul suo, allentando la presa sul suo abito. Aveva ancora un’espressione corrucciata, chiaro segno che la rabbia non era ancora scemata.

- “Inuyasha, ci stanno problemi?” -

Un uomo sulla trentina si intromise nella discussione. Indossava un elegante abito nero mentre dei lunghi capelli argentati gli ricadevano sulle spalle. Sul volto, i chiari segni demonici sottolineavano la razza di appartenenza.

- “Ritorno subito al lavoro.” - pronunciò, scostandomi bruscamente da lui e proseguendo verso la cucina.

Sospirai, ritornando al tavolo mi chiesi se quell’uomo fosse il datore di lavoro di Inuyasha. Sembrava un demone maggiore, il portamento e l’aspetto non potevano di certo affermare il contrario. Si aggirava per la sala supervisionando il lavoro dei camerieri, fermandosi di volta in volta a scambiare poche parole con i clienti più facoltosi.

- “Lo conosci? Chi è?” - osservai mio padre pormi quella domanda.

Sembrava contrariato. Con molta probabilità era infastidito dal fatto che sua figlia parlasse con la “feccia” della società. Annuì in risposta, seguita dalla voce allegra di mio fratello.

- “Certo che lo conosce! Lui è il ragazzo cane che viene spesso a casa. Lui e Kagome devono fare un progetto insieme! È fantastico sai papà? Dovresti vedere i disegni che hanno realizzato!” – disse entusiasta.

Mio fratello cercava in ogni modo di far andar d’accordo me e mio padre. Cercava di evitare che lui alzasse la voce con me ed il più delle volte tendeva ad elogiare qualsiasi cosa positiva facessi. Era come se quella piccola peste volesse proteggermi.

- “Oh, viene da voi?” – commentò aspramente.

- “Papà, è un mio compagno di classe. La professoressa ci ha messo in gruppo per il concorso. Ho dovuto invitarlo a casa.” - sbottai, infastidita dal suo tono di voce.

- “Ora capisco perché difendi tanto gli ibridi. Vedi di cambiare amici.” – concluse.

Alzai gli occhi al cielo, decisa di interrompere quella discussione inutile. Non riuscivo a capacitarmi del perché volesse manipolare la mia vita. Non riuscivo a comprendere perché dovessi avere la sua approvazione per qualsiasi scelta avessi intenzione di intraprendere. Sospirai, cercando di distrarmi. Presi il cellulare con l’obbiettivo di girovagare un po’ su Instagram. Fu proprio una volta aperta l’applicazione, che il messaggio di Shin che tanto aspettavo arrivò.

- “Ehi Kagome. Non disturbi mai, ricordalo. Piuttosto scusa se non ti ho risposto prima ma ero occupato. Che dirti… Mi spiace che ti sia successa una cosa simile, sei una ragazza gentile e simpatica, non riesco proprio ad immaginarti a “peggiorare la situazione”. Però se tieni davvero a questo ragazzo, forse dovresti provare a parlargli, a spiegargli come ti sei sentita e, se lo ritieni necessario, chiedergli scusa. Adesso perdonami, ma scappo, sono al lavoro >.> Tienimi aggiornato, imbranata!” - Lessi quel messaggio più e più volte.

- “Se solo fosse facile parlare e spiegare la situazione ad Inuyasha.” - pensai.

- “Kagome. Il cellulare.” - mi riprese mio padre.

Sbuffai, riponendo l’oggetto in borsa. Il clima in quel tavolo era diventato per me opprimente. Sota, cercava di far ridere il nostro fratellastro con delle facce buffe. La compagna di mio padre, se ne stava in silenzio, guardandosi in torno con aria di superiorità. Mentre lui, mio padre, non faceva altro che osservarmi e trovare il minimo difetto.

- “Papà, se non ti spiace esco un po’ fuori. Non mi sento molto bene.” - mormorai, alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso l’ingresso nonostante il suo disappunto.

Uscita dal locale, presi un profondo respiro. L'aria pungente della sera sembrò penetrarmi fin dentro le ossa. Il dolce tepore che aveva scaldato la città quella mattina, aveva lasciato il posto ad una temperatura più fredda. Mi strinsi nella giacca e iniziai a girovagare un po’ per l’immenso giardino che circondava la villa. Mi guardai intorno, rapita da quello spettacolo naturale, era come se quel luogo emanasse una particolare aura di magia. Mi sedetti in un divanetto posto lontano dal locale, ed alzai gli occhi al cielo. Osservai un piccolo spicchio luna risplendere e illuminare l’ambiente circostante, fui completamente rapita dall’atmosfera tranquilla che regnava in quel posto. Improvvisamente, un colpetto alla testa mi destò dai miei pensieri, facendomi bruscamente tornare alla realtà.

- “Ti piace proprio prendere freddo.” -

Inuyasha stava lì davanti, con ancora l’uniforme indosso e uno sguardo imbronciato. Lo vidi prendere posto al mio fianco e fissare il cielo pensieroso. Lo scrutai per diversi minuti, in attesa di un segnale che non arrivò.

- “Non stavi lavorando?” - chiesi, un po’ risentita dal suo atteggiamento.

- “Era una scusa. Non avevo molta voglia di parlarti.” - ammise.

- “Cos’è cambiato da mezz’ora fa?” - mormorai chinando la testa, ferita.

- “Ho riflettuto e ho deciso di ascoltarti.” - disse tranquillo.

- “Mi dispiace per quello che è successo oggi, davvero. Non volevo ferirti né tantomeno costringerti a coinvolgermi nella tua vita. Volevo solo esserti di supporto, volevo comportarmi da amica, farti comprendere che per qualsiasi cosa puoi contare su di me.” - confessai.

- “Lo so.” - borbottò.

- “So che le tue non erano cattive intenzioni Kagome, credo di aver imparato a conoscerti e so che il tuo obiettivo non è di certo far del male alle persone. Il vero problema sono io. Ho reagito in maniera esagerata, lo ammetto e mi dispiace. Non amo molto parlare di quell’evento e vorrei tenerlo per me, non mi sento pronto ad affrontarlo.” - ammise, continuando ad osservare il cielo.

Mi ritrovai a fissarlo, indecisa su ciò che avrei dovuto dire. La paura di sbagliare nuovamente e distruggere definitivamente quel rapportò si insinuò nella mia mente. Rimasi in silenzio ad osservarlo, in attesa di qualcosa. Un gesto, una parola, un insulto. Non ci volle molto prima che Inuyasha decidesse di voltarsi verso di me. Il suo viso apparve rilassato, come se tutto il malumore gli fosse scivolato via di dosso.

- “Hai finito di fissarmi?” - Chiese, in volto un sorrisetto derisorio.

- “Antipatico!” - Sbottai imbronciata, incrociando le braccia al petto.

- “Scema. Vieni qua.” - Mi rispose, attirandomi verso di se.

- “Inuyasha, ma cosa…” - mormorai, sorpresa di essere stretta in quel goffo abbraccio.

- “Sta un po’ zitta.” – sbuffò fra i miei capelli.

- “Scusa se ti ho chiamato cagnolino.” - mormorai dispiaciuta.

- “Mi sembra di aver detto di star zitta.” - rispose.

- “Odioso.” - sbottai.

- “Non dovresti tornare a servire ai tavoli?” - chiesi imbronciata.

- “Teoricamente, probabilmente quando tornerò mio fratello mi ucciderà per davvero.” -

- “Tuo fratello?” - Domandai. Lo vidi annuire in risposta.

- “Il ristorante appartiene della mia famiglia. Così come questo giardino, appartengono a noi da secoli. Non so molto sulla storia del nostro clan, però pare che questo terreno appartenga alla mia famiglia fin dall’epoca Sengoku.” - mi confessò.

Lo ascoltai senza fiatare. Mi raccontò qualche aneddoto legato a quell’epoca e rimasi incantata dal fascino che quelle storie portavano con sé.

- “Dai impicciona, credo sia meglio tornare dentro.” - borbottò ad un tratto.

Annuì in risposta e mi scostai da quel dolce abbraccio.

- “Già, credo sia meglio. È passata mezz’ora da quando sono uscita. Sono sicura che mio padre starà al settimo cielo.” - brontolai, alzandomi in piedi.

- “Mh. Molto simpatico tuo padre. Come mi ha definito? Ah si, creatura corrotta.” - si lamentò.

- “Non darci peso. Ha una mente chiusa.” – mormorai dispiaciuta, iniziando a far strada verso l’ingresso. Speravo con tutta me stessa che per via del mormorio presente al locale non avesse sentito quelle parole cariche di disprezzo pronunciate da mio padre.

- “Già, dovrei averci fatto l’abitudine. Mi sento dire quelle parole da vent’anni!” - mi sorrise amareggiato. In quel momento mi resi improvvisamente conto di quanto facesse schifo la nostra società. Una comunità che considerava i mezzi demoni come della feccia, degli ibridi detestati sia da demoni che da umani.

- “Va beh! Io vado in cucina, ci si vede a scuola imbranata.” - mi salutò, prima ancora che riuscissi ad aprir bocca.

Fuggì via, scompigliandomi fugacemente i capelli e svanendo verso il retro del locale ad una velocità sorprendente. Mi ritrovai nuovamente sola, immersa in quel giardino magico. Sorrisi, felice di aver ristabilito un buon rapporto con Inuyasha. Mi senti finalmente sollevata ma ben presto quella spensieratezza venne sostituita da altro. Entrando in sala, le parole pronunciate in precedenza dal mio compagno di progetto iniziarono a vorticarmi nella testa e un’assurda idea iniziò a tormentarmi. Un piccolo dubbio si formò nella mia mente, un pensiero malsano che mi avrebbe assillato per i giorni seguenti.

___

FrancyT:

Ciau! Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qua u.u Eccoci con il capitolo 10! Credo sia uno fra i più lunghi che ho scritto. In esso ho provato ad evidenziare vari aspetti della vita di Kagome. Innanzitutto abbiamo una Kagome incazzata con sé stessa, delusa dal suo comportamento. Successivamente vediamo approfondito un po' di più la relazione che la ragazza ha con il padre, ho gettato le basi per descrivere la società in cui vivono i personaggi. Che dire... Mi farebbe piacere sapere cosa pensate di tutto ciò!

Ps. Ringrazio ulteriormente Lady__94! I tuoi commenti mi riempie di gioia >.<

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

La notte viene descritta come uno dei momenti più piacevoli eppure, quando le luci si spengono e il silenzio regna padrone, l’aria pare divenir rarefatta. Improvvisamente restiamo da soli con i nostri pensieri, nessun libro o film a distrarci, solo noi e il nostro io più profondo. Quella notte in particolare una frase continuava a rimbombarmi nella mente. Poche e semplici parole che parevano coinvolgermi più del dovuto. Sherlock Holmes diceva sempre: “Eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile che sia, deve essere la verità.” Eppure, in quel momento, immersa nel buio della mia stanza, non riuscivo a credere ai miei pensieri. Passai la notte in bianco, a rimuginare su pensieri pressoché assurdi, chiedendomi come potessi giungere a certe conclusioni. Spinta da una incredibile forza di volontà, quella mattina mi ritrovai a suonare al campanello di Sango, pronta a illustrarle i miei folli grattacapi.

- “Kagome, ho aperto la porta, ora puoi anche smettere di suonare.” – sbottò irata la mia amica.

Sussultai al suono della sua voce e mi fiondai in casa senza fiatare.

- “Non credevo arrivassi così presto. Quando ieri ti ho scritto per messaggio di venire da me, non intendevo in mattinata.” – continuò sbadigliando.

Osservai la mia amica. Indossava ancora la tuta maschile che era solita usare come pigiama, i capelli arruffati e un’espressione assonnata.

- “Oh… Ti ho svegliato?” – mormorai dispiaciuta, beccandomi in risposta un’occhiataccia.

- “Spero per te che sia importante.”- disse, prendendo dal ripiano un pacco di biscotti. Me ne porse uno e scossi la testa in risposta. La osservai magiare per qualche minuto, consapevole di quanto l’assenza di colazione potesse turbare la mia amica.

- “I tuoi non sono in casa?” – chiesi osservandomi intorno.

- “No, sono entrambi a lavoro, mentre Kohaku sta dormendo beatamente nella sua camera. Quindi adesso parla. Cosa ti tormenta questa volta Kagome? Ieri mi hai fatto preoccupare. Prima mi chiami e quando provo a contattarti dopo cena, mi dici che hai bisogno di parlarmi di presenza. Decidendo di non accennare nulla a ciò che ti frulla nella testolina che ti ritrovi. Adesso sei qui, quindi non tergiversare e parla.” – mi osservò seria.

Mi sentì quasi in difetto per quelle parole. Ricordai lo scambio di battute della sera precedente e sorrisi amareggiata per la mia risposta frettolosa. Rientrata in sala, in preda ai mille mila dubbi, mi ero ritrovata un messaggio di Sango, recitava:

- “Ehi Kagome! Ho acceso ora cellulare. È successo qualcosa? Ti chiamo e parliamo un po’?” –

Prima di sedermi al tavolo le risposi che preferivo parlarne di presenza e che avevo il bisogno di vederla.

- “Kagome, mi fai preoccupare così… cos’è successo?” –

La voce della mia amica mi riportò alla realtà. Preoccupata dal mio mutismo, si era avvicinata e mi toccava un braccio. Presi un profondo respiro per darmi coraggio.

- “Sono successe molte cose ieri.” – mormorai.

- “Vieni dai, spostiamoci nella mia stanza così siamo più comode.” –

Seguì Sango nella sua camera. L’ambiente era poco illuminato, le serrande ancora abbassate, il letto disfatto. Mi sentì in colpa per averla svegliata così presto quel sabato. La osservai aprire la finestra per far cambiare l’aria e sistemare il letto sul quale ci sedemmo.

- “Sono pronta ad ascoltarti adesso!” – mi sorrise.

Presi un altro respiro profondo e iniziai a raccontarle dei vari eventi accaduti. Le parlai della lite con Inuyasha, della sentenza vinta da mio padre, della cena, del contribuito di Shin.

- “Devo fare due chiacchiere con Inuyasha, non si abbraccia la mia miglior amica senza il mio permesso!” – commentò ridendo Sango, quasi a voler alleggerire la situazione. Le sorrisi in risposta.

- “Kagome, alla fine è andata bene con lui no? Perché allora ti senti così turbata? Non l’ho ancora compreso.” –

- “Sango, il punto è questo… Inuyasha non voleva proprio parlare con me! Lui dice di aver riflettuto ma credo che la verità sia un’altra.” – mormorai, vergognandomi dei miei stessi pensieri.

- “E quale sarebbe questa verità?” – chiese curiosa.

- “Credo che Inuyasha sia Shin.” – dissi velocemente.

- “Cos- Ma è improbabile Kagome! Come fai a pensare ciò?” – sospirai.

- “Non lo so… Sono stupita quanto te dai miei stessi pensieri. Fino a ieri sera non avevo avuto nessun dubbio ma… mi ha chiamata imbranata, e solo Shin mi chiama così!” – deviai lo sguardo dal suo, non riuscendo a reggere quegli occhi indagatori.

- “Ma Kagome, tu sei imbranata! Chiunque con un po’ di confidenza ti chiamerebbe così.” – mi beccai un colpetto in fronte.

- “Non far lavorare troppo questo cricetino, lo mandi in crisi.”- mi derise bonariamente.

- “Ma non è solo ciò!” – borbottai imbronciata.

- “Ti ascolto su.” –

- “Shin mi ha detto che per via del suo aspetto è stato deriso da piccolo e Inuyasha è un mezzo demone! Sappiamo entrambe come la società reagisce agli ibridi.” – ribattei, cercando di sostenere la mia tesi.

- “Kagome… Sai quanti individui di sangue misto esistono in questa società? I mezzo demoni non si nascondono più, oramai hanno pari diritti, nonostante molta gente sia cattiva con loro.” – mi sorrise, scompigliandomi i capelli.

- “Lo so, però… ho anche un terzo elemento! Entrambi lavorano nel ristorante di famiglia!” – affermai, certa che con quest’ultimo dettaglio Sango mi desse seriamente retta.

- “Ma magari i miei avessero un ristorante! E non quella piccola palestra a tre isolati da qui.” –

Alzai gli occhi al cielo esasperata.

- “Sango, sono seria. Credo davvero che quei due siano la stessa persona. So che è assurda come cosa, però esistono troppe coincidenze! Per non parlare della strana reazione che ha avuto Inuyasha quando gli ho rivelato il nome della pagina. O ancora come ha completamente cambiato atteggiamento quando Shin ha letto il mio messaggio di ieri pomeriggio e mi ha risposto!” – sbottai, stufa del fatto che stesse sottovalutando la questione.

- “Kagome, voglio semplicemente che tu non ti illuda. Ti voglio bene e non voglio che tu soffra. Ho paura che scavare affondo a questa storia ti faccia rimanere delusa e la cosa mi infastidisce parecchio. Ho cercato di sdrammatizzare proprio per evitare di sbottare per la gelosia. Da quanto mi sembra di aver capito, tieni molto ad Inuyasha e sei legata anche a questo Shin. Ma quante possibilità possano esserci che siano la stessa persona? E anche se fosse vero, non ti sentiresti delusa da Inuyasha? Secondo il tuo ragionamento lui dovrebbe già sapere la tua identità, no? Se scoprissi che ti stesse mentendo, come reagiresti?” – mi osservava seria. Le parole di Sango erano vere. Quante possibilità potevano esserci? Come avrei reagito se le mie supposizioni fossero vere? E se invece si rivelassero un abbaglio? Probabilmente, in ogni caso, avrei perso entrambi.

- “Io… Probabilmente mi allontanerei da Inuyasha. Se tutto ciò si rivelasse vero, probabilmente lo escluderei definitivamente dalla mia vita. So che è pressoché improbabile, ma Sango può esserci una piccola possibilità e io… Beh, non voglio vivere nelle menzogne.” – ammisi, più a me stessa che alla mia amica.

- “Allora taglia la testa al toro! Chiedi ad Inuyasha, parlagli a cuore aperto. Spiegagli che per te la fiducia reciproca sta alla base di ogni rapporto, che senza essa probabilmente non andrete lontano.” – mi consigliò.

- “Dopo la lite di ieri, eviterei di coinvolgere Inuyasha solo per delle supposizioni.” – brontolai.

- “Allora fa buon viso a cattivo gioco! Comportati semplicemente come se i tuoi dubbi non fossero mai esistiti e se proprio vuoi dare una svolta a tutto ciò, proponi a Shin di vedervi. Ovviamente verrei con te, non ti lascio sola con un estraneo! Oppure proponigli una videochiamata! Scelta più sensata e meno rischiosa.” – propose nuovamente.

Mi ritrovai ad annuire alla sua proposta. Non sembrava poi così male l’idea della videochiamata. Poteva essere un modo semplice e indiscreto, del resto, “via il dente, via il dolore”, no?

- “Grazie Sango. Avevo proprio il bisogno di parlare con te e scusa per esserti piombata in casa di sabato mattina.” – le dissi abbracciandola.

Ben presto la mia amica ricambiò l’abbraccio e mi sentì subito più leggera. Mi era mancato averla affianco e maledissi l’influenza per avermela tenuta lontano per più di una settimana.

- “Per farti perdonare di avermi svegliato così presto, in settimana mi accompagni al cinema! Ti va?” –

Annuì in risposta, stringendo maggiormente le braccia attorno al suo corpo.

- “Ti voglio bene Sango.” – pensai, vergognandomi di me stessa per non aver pronunciato quelle parole.

___

FrancyT:

Ciau! Con questo capitolo siamo esattamente a metà della mia piccola storia ^^ Qui Kagome espone a Sango i suoi dubbi, ma saranno davvero sensati? Anche voi credete che i due ragazzi in realtà siano due facce della stessa medaglia? Inuyasha si finge davvero un'altra persona? Non vi anticipo nulla u.u Vi lascio alle vostre supposizioni!

Ps. Riguardo al numero totale di capitoli, ho deciso di inserire un piccolo Extra che verrà postato fra il capitolo 21 e il capitolo 22. ^^

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Siamo sempre alla ricerca della verità. Ci guardiamo intorno, gridando ai quattro venti di volere onestà e sincerità prima di ogni altra cosa, quando invece il più delle volte la temiamo e le voltiamo le spalle. È sempre più comodo credere ad una dolce bugia che ad una cruda verità, eppure siamo sempre lì, pronti a cercare il bandolo della matassa. Mossa dalla voglia di smascherare una menzogna, accolsi con piacere il suggerimento di Sango e mi ritrovai a invitare Shin quello stesso pomeriggio. Immersa nella convinzione che le mie supposizioni fossero vere, ci rimasi di sasso quando lessi la risposta alla mia proposta. Credevo vivamente che il mio amico virtuale avrebbe declinato con eleganza il mio invito ma le mie aspettative vennero presto stravolte.

- “Buongiorno Shin! Sai, pensavo una cosa… Un giorno di questi ti andrebbe di vederci? Parliamo così tanto e sono molto curiosa di conoscerti di persona! Onestamente non sono neanche sicura che tu sia di Tokyo ^^” In caso non sia possibile vederci di presenza, ti andrebbe un giorno di questi di parlare al cellulare o fare una videochiamata? Sento il bisogno di vederti, di sentire la tua voce. Parlare da dietro uno schermo è come se ti rendesse irreale. Spero in una risposta positiva!” –

- “Ciao imbranata! Certo che possiamo vederci! Abito poco distante da Tokyo ma non è un problema questo, mi organizzo. Purtroppo attualmente sono un po’ impegnato ma, in attesa della giusta occasione, possiamo rimediare con una videochiamata! Ti va bene lunedì sera? So che la mattina hai scuola e beh, il lunedì è anche il mio giorno libero dal lavoro, quindi credo sia perfetto organizzarci per quella sera.” -

Lessi quel messaggio più e più volte. Parole che sembravano smontare ogni mio dubbio, una risposta che non mi aspettavo. Tutt’oggi mi chiedo cosa mi abbia spinto a proseguire la mia indagine. Non riesco ancora a spiegarmi quale oscura forza abbia alimentato quel bisogno di verità. Quella stessa domenica andai da mio padre, sorbendomi l’ennesimo discorso sprezzante rivolto agli ibridi. Un monologo a senso unico che aveva come obbiettivo quello di screditare la figura di Inuyasha. Il mezzo demone, dal canto suo, quello stesso giorno mi scrisse un messaggio. Mi chiedeva se fosse possibile passare da casa per recuperare lo zaino e gli oggetti che quel famoso venerdì dimenticò nella mia stanza.

- “Ciao impicciona! Se non si fosse capito, sono Inuyasha. L’altro giorno ho dimenticato lo zaino da te, posso passare nel pomeriggio a riprenderlo?” -

Leggere quel messaggio riaccese i miei sospetti, perché parlare con lui tramite sms aveva un ché di familiare? Ricordo che scossi la testa, cercando di scacciare quei pensieri e concentrarmi sulla risposta da dargli.

- “Ciao Inuyasha! In realtà oggi sono da mio padre, torno a casa dopo cena. Posso portarti tutto io domani a scuola, tranquillo.” – la risposta non tardò ad arrivare.

- “Domattina allora passo da te e andiamo a scuola insieme. Non dovresti caricarti anche i miei libri.” –

Il giorno seguente Inuyasha mi aspettava ai piedi del Goshinboku, quel dio albero a cui qualche giorno prima avevo chiesto di sistemare l’intera questione.

- “Scusami se ti ho fatto aspettare!” – mormorai, prima di lasciargli un bacio sulla guancia come saluto.

- “Tranquilla.” – mi rispose, continuando ad osservare e toccare la corteccia di quell’albero.

- “Sai, è un albero sacro, si dice che sia vecchio di almeno cinque secoli.” – dissi, notando il suo interesse. Lo vidi annuire e far ricadere il suo braccio verso il fianco.

- “Sai, si tramanda una storia nella mia famiglia. Si dice che molto tempo fa, un mezzo demone cane sia stato sigillato da una potente sacerdotessa in questo stesso albero.” – lo osservai parlare, curiosa di quella storia ma terrorizzata dall’idea di essere invadente.

- “Andiamo dai, o faremo tardi. Puoi farmi tutte le domande che vuoi per strada su.” – mi sorrise, scompigliandomi i capelli.

- “Non ho nessuna domanda!” – dissi imbronciata, iniziando ad incamminarmi verso la scalinata.

- “Si, e io sono quel mezzo demone che fu sigillato.” – mi derise, seguendomi verso scuola.

La storia che quel giorno Inuyasha mi raccontò, mi parse quasi surreale. Si narrava che il Goshinboku fosse il luogo in cui una potente sacerdotessa avesse sigillato un mezzo demone, sigillo che le costò la vita. Si raccontava che i due avessero una relazione e che il giovane ibrido avesse deciso di rinunciare alla sua natura demoniaca per poter rimanere al fianco della ragazza. Purtroppo però, un terzo individuo parve intromettersi nella relazione dei due. La potente sacerdotessa infatti, non era altro che la custode della potentissima sfera dei quattro spiriti e, per riempire essa di odio, un demone muta forma decise di mettere i due giovani ragazzi l’uno contro l’altra.

- “E… che fine ha fatto quel mezzo demone?” – lo vidi scrollare le spalle.

- “Nessuno lo sa. Si vocifera che la reincarnazione della ragazza l’abbia liberato dal sigillo e che insieme abbiano sconfitto il muta forma. Ma non so quanto possa essere attendibile questa fonte.” –

- “Pensi che sia diventato umano per stare al fianco della reincarnazione della donna che amava?” – chiesi curiosa. Scosse nuovamente le spalle in risposta.

- “Credo però che la ragazza avrebbe dovuto accettarlo così com’era.” – pensai a voce alta.

- “E vivere la sua vita con un mezzo demone? Anche all’epoca gli ibridi non erano visti di buon occhio.” – mormorò, tenendo le orecchie lievemente abbassate.

Una profonda inquietudine parve invadere il mio animo e mi ritrovai a fissare la strada, delusa di aver rattristato Inuyasha. Nuovamente, tornava prepotente l’idea che anche Shin fosse un mezzo demone e che le due figure in realtà non fossero altro che due facce della stessa medaglia. Il suono della campanella udita a distanza mi riscosse e prendendo per un braccio il mio compagno di progetto mi diressi spedita verso l’istituto. Arrivammo in classe con dieci minuti di ritardo, sorbendoci la ramanzina del, viscido, professor Naraku. Durante la pausa pranzo, raccontai la storia narrata da Inuyasha a Sango, attirando anche l’attenzione di Miroku, che aveva deciso di pranzare in nostra compagnia. Mentre i tre erano impegnati a discutere su quelle avventure vissute dai due ragazzi per sconfiggere il potente muta forma, posai lo sguardo su di loro e mi sorpresi di come riuscissimo a stare in completa armonia. Per qualche assurda ragione, il nostro quartetto sembrava funzionare e mi sentì soddisfatta di me stessa. Quel lunedì tornai a casa stranamente sollevata, felice di essermi finalmente integrata in un gruppo. Ben presto però, quella felicità venne tramutata in un’improvvisa ansia. Quella sera avrei visto per la prima volta il volto di Shin. Avrei finalmente definito quei lineamenti del viso che tante volte avevo immaginato. Ripensai a qualche settimana prima, quando avevo provato ad abbozzare il suo volto sul mio blocco schizzi. Anche quella volta Inuyasha era con me, quel giorno in cui il mio compagno di progetto aveva osato togliermi lo sketch book di mano, scrutando con fare indagatore il mio disegno. La paura di scoprire la verità si attanagliò nella mia mente e sperai con tutta me stessa di non aver rovinato quella complicità che si stava creando.

- “Forza e coraggio Kagome, l’hai voluto tu no?” – mi ricordò la vocina nella mia testa.

Mi avvicinai alla finestra attratta da un magnetico ticchettio. Posai lo sguardo sul Goshinboku, il dio albero aveva i rami mossi dal vento, creando una dolce melodia rotta da un rumore assordante. Sorrisi, pensando a quante verità portasse con sé l’albero sacro. La bambina che rimaneva dentro di me si chiese se lo spirito dell’albero potesse dar delle risposte a tutte quelle domande che la storia di Inuyasha suscitava. Alzai gli occhi al cielo, attratta da un'improvvisa fonte luminosa. Mi strinsi alla coperta che portavo sulle spalle, godendomi quello spettacolo naturale. Il cielo era plumbeo e le nuvole venivano illuminate da alcuni lampi che si ripetevano quasi regolarmente. Pensai ironicamente che la natura volesse imprimere con delle fotografie quella sera. Un suono proveniente dal cellulare spezzò quella sinfonia naturale che pareva cullare la mia mente. Mi ritrovai bruscamente strappata via da quella piccola bolla magica. Con mano tremante accettai quella richiesta di videochiamata e, finalmente, mi ritrovai dinanzi il viso di Shin Hajime.

___

FrancyT:

Eccomi qui! Oggi vi porto il capitolo 12 ^^ Qua il rapporto fra Inuyasha e Kagome sembra tornato ad essere alla normalità. Il nostro mezzo demone ha anche raccontato a Kagome un aneddoto a noi familiare ^^" Nel corso della storia farò svariati riferimenti agli eventi della serie, cercando di essere il più fedele possibile (non vedo Inuyasha da tanto ^^"). Che altro dire... Shin ha accettato la videochiamata, sorprendendo Kagome. Come si svolgerà la conversazione? Vi tocca aspettare venerdì per scoprirlo u.u Alla prossima! :3

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Quando un pensiero inizia ad invaderci la mente, ci soffermiamo così tanto su di esso, da iniziare a considerarlo attendibile. Iniziamo a creare ipotesi, congetture, stratagemmi. Mentiamo a noi stessi, distorciamo la realtà. Cadiamo vittime delle paranoie e delle ossessioni. Ci convinciamo che quel grattacapo nasconda in sé una verità assoluta. Spesso però quegli intrecci che progettiamo vengono spazzati via, proprio come si fa con le briciole cadute sul pavimento. Quando ci rendiamo conto che non tutto è come ci si aspetta, ci ritroviamo destabilizzati. Quando quella sera risposi alla chiamata di Shin, non riuscivo quasi a credere ai miei occhi. Stavo ancora davanti la finestra, stretta nella coperta che portavo ancora sulle spalle. Le mani mi tremavano, le tempie parevano pulsare. Il ticchettio della pioggia sembrava scandire i secondi che passai ad osservare in silenzio quel viso.

- “Ehi imbranata! Riesci a vedermi? Mi senti? Ho paura che per via del maltempo la connessione vada male.” –

Quella voce così tanto familiare sembrava stonare con il volto che mi si parava di fronte. Il ragazzo dall’altro lato del telefono pareva turbato, quei grandi occhi sembravano nascondere un velo di preoccupazione. Shin era un ragazzo sulla ventina dal volto lievemente marcato. Aveva delle labbra sottili, un naso poco pronunciato e due grandi occhi castani. Ad incorniciare quel viso dai lineamenti tanto familiari, una folta chioma nera che il ragazzo aveva cercato di domare in una disordinata coda alta.

- “Oh si, ti sento e vedo bene, tranquillo!” – sorrisi, andandomi a piazzare seduta sul letto.

- “Carina la copertina.” – mi disse con un sorrisetto derisorio.

Rimasi stupita da quel sorriso tanto familiare. Nella mia mente continuava a martellare l’idea che ci fosse qualcosa di errato. Analizzai con cura ogni singolo particolare. Cercai disperatamente in quel volto un briciolo di verità. Per quanto Shin mi ricordasse vagamente la figura di Inuyasha, i due parevano essere agli opposti. Inuyasha era di certo una figura che non passava inosservata, un mezzo demone cane con delle orecchie super carine, mentre Shin… beh, lui era un comunissimo essere umano che non portava con sé nessun segno distintivo.

- “Antipatico!” – brontolai. Lo vidi sorridere e scuotere la testa come esasperato. Osservai quelle ciocche nere ricadergli sul viso e mi resi conto che involontariamente continuavo a cercare un’attinenza con un certo mezzo demone.

- “Allora imbranata, ti sembro abbastanza reale adesso?” – Arrossì, imbarazzata da quella domanda. Per cercare di convincerlo ad accettare la videochiama avevo decisamente esagerato con le parole.

- “Odioso.” -

- “Hai intenzione di insultarmi per tutta la sera?” - Annuì in risposta.

- “Scema. Mh, vediamo.” - Si portò una mano sotto il mento con fare pensieroso.

- “Alla fine hai risolto con quel tuo amico?” - Nuovamente qualcosa parve scattare in me, una vocina nella mia testa mi suggeriva di mentire, di mettere alla prova quel ragazzo che mi si parava di fronte.

- “Con Inuyasha?” - Mi fermai qualche secondo per scrutare il suo viso alla disperata ricerca di un segnale. Una piccola parte di me continuava a suggerirmi di indagare oltre l’apparenza.

- “Per fortuna si. Non è stato facile parlargli ma alla fine abbiamo risolto.” – risposi alla fine. Ero stufa di rimuginare sopra una questione pressoché assurda.

- “Quindi adesso potrai proseguire tranquillamente nel tuo progetto.” – mi ricordò. Sorrisi e annuì portandomi una ciocca dietro l’orecchio. Si susseguirono secondi carichi di un silenzio imbarazzante. Improvvisamente mi ritrovavo senza nulla da dire, era come se quei mesi di conversazione fossero svaniti nel nulla.

- “Shin, ma tu che pensi dei mezzo demoni?” – domandai d’un tratto, come colta da un illuminazione. Tutt’oggi mi chiedo perché posi quella strana domanda. Ricordo che quell’insopportabile vocina mi spronava ad affrontare l’argomento e che, spinta dagli ultimi eventi, decisi di ascoltarla. Osservai il mio amico rimanere come bloccato a fissare un punto indefinito. Sembrava che si fosse irrigidito tutto ad un tratto, come se la mia domanda l’avesse colto di sorpresa.

- “Oh… beh, non so. E tu?” – mi rispose dopo un po’. Uscito da quello stato di trance, iniziò a massaggiarsi le tempie, come infastidito da un pensiero.

- “Sii sincero Shin, accetterò ugualmente la tua opinione, qualsiasi essa sia.” – sorrisi per incoraggiarlo.

- “È una domanda… particolare.” – mormorò.

- “Mezzo demone… Una creatura né umana né demoniaca. Onestamente, non so come potrebbero introdursi correttamente nella società odierna.” – lo osservai rispondermi. Il tono della sua voce era cambiato, aveva del tutto abbandonato ogni sfumatura di ilarità, lasciando posto a qualcosa di più cupo e malinconico. Rimasi stupida dall’udire quelle parole.

- “Sai, mio padre li considera delle creature corrotte. Feccia della società che non dovrebbe mostrarsi in pubblico.” – rivelai.

- “Forse tuo padre non ha tutti i torti.” – alzai un sopracciglio contrariata.

- “Sono degli ibridi e in quanto tali presentano delle anomalie. Forse è proprio per questo che non riescono a trovare il proprio posto nella società.” – continuò, quasi a voler giustificare il suo consenso.

- “Io invece credo che possano essere migliori sia di umani che dei demoni. Un giusto intreccio fra pregi e difetti di uno e dell’altro.” – risposi, un po’ infastidita dal suo commento.

- “Non ne sono poi così sicuro.” – un sorriso amareggiato gli ornava il volto. Ascoltai nuovamente la vocina che mi chiedeva di indagare fino in fondo.

- “Shin, conosci un mezzo demone? Sembri turbato.” –

- “Più o meno. E tu? Sembra starti a cuore quest’argomento.” – annuì sorridendo.

- “Proprio perché conosco un mezzo demone non riesco a comprendere tanto disprezzo. Ho visto con i miei occhi come quelle parole possano turbare qualcuno. Tutto ciò perché gli umani temono una figura del genere mentre i demoni la considerano inferiore. La gente fa proprio schifo.” – ammisi.

Quel lato della nostra società non riuscivo proprio a tollerarlo. Demoni e umani già da tempo avevano trovato un accordo pacifico per deporre l’ascia di guerra e convivere in maniera civile. Con il tempo le due specie iniziarono a vivere in armonia, tanto che pian piano furono legalizzate anche le relazioni miste. Umani e demoni erano liberi di sposarsi ma questa unione veniva considerata ancora inaccettabile. Raramente si vedevano due creature appartenenti a specie diverse camminare per mano ed ancor più raro era osservare un mezzo demone camminare a testa alta, fiero del sangue che scorre dentro di sé. Nuovamente, il silenzio piombò prepotente nella stanza. Shin fissava il cellulare con fare pensieroso, apriva e richiudeva la bocca come indeciso su come ribattere. Decisi che fosse meglio chiudere la chiamata per quel giorno.

- “Shin, se non ti dispiace, adesso vado.” – lo vidi sobbalzare, sorpreso da quella frase.

- “Oh, si… non c’è problema. Buonanotte Kagome.” – gli sorrisi.

- “Buonanotte Shin, ci sentiamo.” –

Chiusa la chiamata, mi abbandonai sul letto. Sospirai e iniziai a fissare il soffitto cercando di rimettere a posto le idee. Credevo che quella videochiamata avrebbe eliminato dalla mia mente ogni dubbio eppure, continuavo a rimaner scettica. Per qualche assurda ragione, non riuscivo a credere completamente a ciò che mi si era parato di fronte. Il mio istinto continuava a ricordarmi di non credere alle apparenze. Scossi la testa scacciando via quei pensieri.

- “Shin non è Inuyasha, così come Inuyasha non è Shin. Oggi ne hai avuto la conferma Kagome.” – mi dissi con fermezza.

Ricordo che dopo presi il cellulare nuovamente in mano e scrissi un messaggio a Sango. Poche e semplici parole che avrebbero avvisato la mia amica della questione. In attesa di una risposta chiusi gli occhi e senza nemmeno accorgermene mi addormentai. Quella notte, immagini confuse si susseguirono nei miei sogni. Una piccola illusione del mio cervello che rielaborava e miscelava con grande maestria, situazioni e racconti dei giorni precedenti. In quei brevi fotogrammi riuscì a distinguere la figura di Inuyasha appoggiata al Goshinboku con una freccia conficcata all’altezza del cuore, e vidi me stessa, intenta a strappare via dal suo petto quel sigillo. Nella mia immaginazione, ricostruì tutti gli eventi narrati dal mezzo demone quella stessa mattina, associando i miei amici a quei personaggi senza volto. Vidi Sango con il corpo fasciato in una strana divisa e Miroku nelle vesti di quello che somigliava un monaco buddista. Riuscì a distinguere le nostre quattro figure radunate attorno al fuoco, intenti a recuperare le forze dopo un lungo viaggio alla ricerca dei frammenti della sfera dei quattro spiriti. In questa piccola fantasia, qualcosa però mi scosse. Tra le varie immagini, una in particolare si stampò nella mia mente. Qualcosa che consideravo assurdo, ma che in quel sogno pareva la risposta a tutti i miei dubbi. Proprio come la scena a rallentatore di un film, Inuyasha pareva pian piano cambiare aspetto. I suoi occhi parevano spegnersi e i suoi lunghi capelli, dapprima argentati, parevano acquistare il color della notte.

___

FrancyT:

Eccomi qua con un'ulteriore capitolo! Oggi assistiamo alla videochiamata fra Shin e Kagome. Come vi è sembrata? Shin ha dissipato i vostri dubbi o anche voi come Kagome continuate a pensare che ci sia qualcosa sotto? Bhu bhu :3 Spero soltanto continuate a leggere per scoprirlo >.< In tutto questo, ho cercato di approfondire maggiormente la società in cui vivono. Per essa mi sono ispirata al mondo di Beastars (manga che ho adorato). Cos'altro dire... Mi piacerebbe avere un vostro parere, ma non obbligo nessuno a recensire ^^" Ringrazio sempre Lady__94, probabilmente senza i suoi commenti smetterei di postare questa storia per mancanza di" interazioni" ^^"

Alla prossima! :3

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Nella piccola aula posta al secondo piano nell’istituto che frequentavo, un fastidioso brusio diventava più intenso man mano che ci si avvicinava. Tra gridolini entusiasti e sbuffi annoiati, la voce spocchiosa del professore Naraku si distingueva particolarmente. Al pensiero di ritrovarmi dinanzi quell’essere viscido, un brivido mi percosse la schiena. L’idea di incrociare lo sguardo con quello subdolo del professore mi terrorizzava, perciò cercai di entrare in aula il più silenziosamente possibile.

- “Ben arrivata Kagome.” - mi sussurrò Sango una volta raggiunto il mio posto al suo fianco. La salutai con un gesto del capo e iniziai ad uscire il materiale dallo zaino.

- “Cos’è tutto questo frastuono?” - chiesi guardandomi in giro.

- “Il professore Naraku è piombato in classe avvisandoci che il prossimo mese andremo al museo di storia naturale.” - Spiegò.

- “Oh... Quindi tutto questo entusiasmo è per questa visita guidata?” – chiesi dubbiosa.

- “Credo sia più legato al fatto che ad accompagnarci ci saranno il professore Naraku e il prof Bankotsu.” - commentò aspramente.

- “Che idiote.”- sbottai, osservando di sott’occhio le mie compagne di classe. Erano tutte così eccitate di poter passare del tempo con quei due professori, davano il voltastomaco. Per fortuna, la voce della professore Kagura richiamò ben presto l’attenzione generale.

- “Bene ragazzi, il professore mi ha chiesto di fargli avere al più presto l’elenco con le adesioni. Pensateci bene e riferitemi la vostra risposta. Adesso avvicinatevi ai vostri compagni di progetto e continuate a lavorare sul fumetto. Oggi faremo revisioni!” –

Ben presto, vidi Sango raggiungere il suo gruppo e attesi, scribacchiando un foglio, che Inuyasha spuntasse al mio fianco. Non ci volle molto prima che il mezzo demone occupasse il posto di Sango, poggiando sul tavolo le poche tavole che avevamo abbozzato. Lavoravamo al progetto da poco più di due settimane eppure, sembrava che fossimo ancora all’inizio.

- “Inuyasha, credi che riusciremo a finire il progetto?” – mormorai, gettando la testa sul banco. Ero parecchio stanca, immersa in strani sogni, quella notte non riuscì affatto a dormire bene.

- “Dobbiamo almeno provarci.” –

- “Ma mancano due mesi alla consegna, non ce la faremo mai.” – brontolai.

- “Dai, basta perdere tempo. A lavoro, su.” – disse, scompigliandomi i capelli.

Quel giorno proponemmo alla professoressa la nostra stramba idea, mostrandole con un po’ di timore le tavole sul character design dei personaggi principali. Con nostra grande sorpresa, la professoressa Kagura si dimostrò molto incuriosita dalla trama articolata che stava uscendo fuori unendo le nostre intuizioni e ci spronò a continuare. Quando giunse la pausa pranzo, le ore dedicate al progetto erano già terminate da un po’ e, prima di poter mettere del cibo fra i denti, dovemmo sorbirci l’esaustiva lezione di storia del professor Bankotsu.

- “Per fortuna esiste la pausa pranzo, non tolleravo più tutti quei commenti.” – brontolò Sango, una volta che il professore fu uscito dalla classe.

- “Pensa che dovremo sorbirceli anche in gita.” – dissi stiracchiandomi.

- “Non so se andrò sai? Tu pensi di andarci?” – annuì.

- “Può essere interessante.” –

Equivaleva a verità. Ero attratta dall’idea di indagare un po’ sul passato della nostra civiltà, così come ero curiosa di scoprire qualche informazione in più su demoni e mezzo demoni.

- “Mh. Se ci andrai tu, penso che verrò. Chi ti farebbe compagnia altrimenti?” –

Osservai la mia amica prendere dalla borsa il suo pranzo, decisi di imitarla ed insieme iniziammo a mangiare.

- “Piuttosto Kagome, per quella promessa che mi hai fatto. La prossima settimana uscirà al cinema un nuovo film della Pixar, adiamo a vederlo?” – mi chiese Sango fra un boccone e l’altro.

- “Certo, quando andiamo?” –

- “Martedì?” – propose.

- “Dove andiamo di bello martedì?” –

Miroku era appena entrato in aula, introducendosi nella conversazione.

- “Porto Sango al cinema.” – risposi. Lo vidi avvicinarsi sempre più a noi e sedersi di fianco alla mia amica.

- “Perfetto, a che ora andiamo?” – disse, avvolgendo un braccio attorno alle spalle di Sango. La ragazza dal canto suo, sembrava guardare Miroku contrariata e, afferrando la manica della sua divisa con due dita, allontanò il braccio del ragazzo da sé.

- “Non sei invitato.” – sbottò Sango.

- “Ma come… Pensavo che fosse un’uscita di gruppo. Inuyasha tu verrai?” - continuò imperterrito Miroku.

Inuyasha intanto, sentendosi chiamare in causa, mormorò infastidito qualcosa di imprecisato.

- “Visto Sango? Anche lui è d’accordo!” – lo vidi sorridere alla mia amica, cercando di rabbonirla un po’. Alzai gli occhi al cielo e decisi di prendere la situazione in mano.

- “Bene, quindi martedì prossimo andiamo tutti insieme al cinema?” – domandai.

I due ragazzi posti al mio fianco annuirono notevolmente, mentre dal fondo della classe un brontolio attirò la mia attenzione. Mi avvicinai verso Inuyasha e lo spronai a parlare.

- “Non ti va di venire con noi?” -

- “Non è questo.” – borbottò.

- “Martedì lavoro. Posso chiedere a mio fratello se può cambiarmi il turno, ma lo vedo difficile.” –

- “Sii più ottimista su!” – gli sorrisi.

- “Non conosci Sesshomaru.” –

- “Sei suo fratello no? Ti farà questo piccolo favore.” – mai frase fu più sbagliata.

- “Per l’esattezza, fratellastro. E non gli vado poi molto a genio. Preferirebbe vedermi schiattare piuttosto che farmi un favore.” –

Inuyasha sembrava proprio infastidito dal pensiero di dover chiedere un favore a suo fratello. Mi venne spontaneo chiedermi cosa ci fosse di errato nel loro rapporto. Dalle poche informazioni rivelate dal mezzo demone, sembrava fosse stato proprio il fratello a spingerlo a proseguire gli studi. Quello stesso fratello che, quella sera al ristorante, sembrava infastidito dal mio gesto inopportuno. Perché mai allora, avrebbe voluto Inuyasha morto? Cosa nascondeva il loro rapporto? Perché Inuyasha sembrava turbato dalla situazione? Non ebbi il coraggio di chiedere chiarimenti.

- “Fa una prova e facci sapere. Andremo al TOHO Cinemas Nihonbashi, il film inizia alle 17:00. Spero tu riesca a venire.” –

Lo vidi annuire. Gli sorrisi e tornai al mio posto, in attesa che la pausa pranzo terminasse. Il resto della giornata scolastica passò in completa tranquillità e solo mentre camminavo per strada diretta verso casa ripensai alle strane immagini che si susseguirono nei miei sogni.

- “Sai Sango, ho fatto un sogno assurdo questa notte.” – rivelai, portandomi le mani in tasca.

- “Racconta su.” –

- “Credo che gli eventi degli ultimi giorni lo abbiano condizionato molto. Hai presente la storia narrata da Inuyasha?” – la vidi annuire e continuai.

- “Ho sognato Inuyasha nei panni di quel mezzo demone. Tra l’altro ho sognato anche te e Miroku, stavamo tutti e quattro attorno ad un focolare.” –

- “Dai, non è poi così assurdo come sogno. Credo però che la storia ti abbia coinvolto molto.” – rispose.

- “Non è solo questo.” – mormorai, timorosa di quello che stavo per confessare.

- “Spara su.” – sospirai.

- “Ieri sera credevo che tutti i miei dubbi su Shin e Inuyasha si fossero dissipati, ma a quanto pare l’incertezza non mi ha mai abbandonato. Ho sognato che Inuyasha perdeva il suo aspetto demoniaco diventando così umano.” – rivelai.

- “Non ti seguo.”-

- “La mia mente crede che siano ancora la stessa persona. Tanto da pensare che Inuyasha possa decidere se mostrarsi umano o mezzo demone. So che è impossibile.” – brontolai.

- “Dai Kagome, non stare a tormentati ancora. Ieri mi hai scritto che è andata bene la videochiamata no? Non pensarci più!” – mi sorrise.

Decisi di cogliere ancora una volta il suo suggerimento e accantonare ogni incertezza.

- “Ci proverò.” – mormorai.

Ripensare adesso a quel momento, mi fa sentire così sciocca. Avevo volutamente deciso di non indagare oltre per paura di quella verità che tanto dicevo di cercare. Cercavo di mettere a tacere ogni piccola traccia di incertezza. Provavo con tutta me stessa di non cadere vittima di quella piccola ossessione. Quel pensiero fisso che pian piano stava acquisendo terreno nella mia mente. Quella piccola aura oscura che riusciva a manipolarmi contro la mia stessa volontà. All’epoca, decisi di rimanere nell’ignoranza, vivendo dentro una fragile bolla di sapone. In quei giorni, cercai di seppellire qualsiasi pensiero e tutt’oggi, credo che rifarei la stessa identica scelta

___

FrancyT:

Ciau! Oggi siamo giunti al capitolo 14, dove veniamo a conoscenza di alcuni dettagli. La classe di Kagome andrà al museo di storia naturale e la stessa ragazza, insieme agli amici, ha finito per organizzare un uscita al cinema. Come si svolgeranno questi due eventi? Cosa succederà? Curiosi? Spero di sì >.< Inoltre, Kagome e Inuyasha stanno proseguendo con il loro fumetto, riusciranno a terminarlo in tempo? E cosa accadrà con Shin? Davvero Kagome riuscirà ad accantonare ogni dubbio? Bhu bhu, voi che ne pensate?

Ps. Ringrazio tantissimo Lady__94 e Funny84! Voi cosa ne pensate?

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

- “Kagome, quindi Inuyasha non verrà?” -

- “Non penso, non mi ha detto nulla onestamente.” -

Il tanto atteso giorno dell’uscita fra amici era arrivato ma del mezzo demone neanche l’ombra. Fissai la strada pensierosa, durante la settimana appena trascorsa il mio compagno di progetto non aveva accennato all’argomento e io mi limitai a non insistere. Nonostante ciò, ci rimasi male nel non vederlo arrivare insieme agli altri due ragazzi, in fondo speravo venisse con noi. Sospirai e mi guardai intorno osservando Sango e Miroku, camminavano l’uno di fianco all’altra, scambiandosi di tanto in tanto qualche sorriso. La loro complicità era palese e, passeggiando al loro fianco, mi sentì di troppo.

- “Imbecille.” – commentò Sango.

- “Poteva almeno avvisarti.” - continuò.

- “Fa nulla.” – le sorrisi e continuai a camminare verso l’edificio.

Il TOHO Cinemas Nihonbashi si andava pian piano avvicinando e, ad ogni nuovo passo, mi sentivo sempre più isolata. Presi un respiro profondo e cercai di convincermi che avrei passato una bella giornata. Quando arrivammo all’ingresso del cinema, però, ogni mio sforzo parve svanire nel nulla. In poco tempo ci ritrovammo immersi in una folla di gente. Svariati gruppi di ragazzini e bambini ridevano e si spintonavano in febbricitante attesa, vogliosi di avere fra le mani il loro biglietto.

- “Ma secondo voi riusciremo a prendere i biglietti?” – borbottai, già stufa di essere lì mezzo. Odiavo i posti affollati, detestavo le urla, disprezzavo l’ammasso di ragazzini.

- “Già presi, dobbiamo solo entrare.” -

Mi voltai verso il proprietario di quella voce, ritrovandomi dinanzi la figura di Inuyasha. Indossava un jeans scuro, una maglia bianca e un giubbino di pelle nera. In testa, il berretto nero che qualche settimana prima aveva dimenticato nella mia stanza, e in volto un sorrisetto compiaciuto.

- “Allora sei venuto!” - Sorrisi, andandogli in contro, felice di vederlo lì.

In risposta il mezzo demone mi scompigliò i capelli e, afferrandomi per il polso, mi trascinò con sé dentro il locale. Miroku e Sango intanto, cercavano di farsi spazio tra la folla, dalla quale era possibile distinguere la voce adirata di Sango. Ci fermammo ad aspettarli solo una volta arrivati davanti la sala proiezione, dove ci raggiunsero pochi minuti dopo. Sango guardava in cagnesco Inuyasha che, dal canto suo, manteneva quel sorriso compiaciuto. Incrociando quell’espressione soddisfatta, la ragazza parve diventar ancor più rossa dalla rabbia e non riuscì più a trattenersi.

- “TU! BRUTTO IDIOTA.” - Iniziò.

- “Come ti permetti a portar via Kagome così! Senza neanche aspettarmi!” -

Per qualche assurdo motivo non riuscì a trattenere le risate e mi ritrovai gli occhi irosi della mia amica puntati addosso.

- “Tu che hai da ridere?!” - Sbottò.

- “Nulla, nulla!” - cercai di articolare fra una risata e l’altra.

- “Ehm... Sango, dai credo sia meglio andarci a sedere.” -

Miroku le prese con delicatezza un braccio, terrorizzato dall’idea che la ragazza riuscisse a colpirlo.

- “Sta al tuo posto tu.” - disse, scrollandosi di dosso la sua presa.

- “Dai Sango! Sono integra no?” - le sorrisi, prendendola a braccetto ed entrando in sala. Bofonchiò qualcosa di indefinito e insieme cercammo i nostri posti. Dopo un ulteriore discussione sulla nostra disposizione, mi ritrovai seduta tra Inuyasha e Sango, che continuava a borbottare infastidita. Cercai di ignorare il suo malumore e mi rivolsi sorridente al mezzo demone.

- “Come mai hai preso tu i biglietti?” - mi azzardai a domandare, in attesa che il film iniziasse.

- “Così.” - mormorò alzando le spalle.

Lo osservai alzando un sopracciglio, insoddisfatta della sua affermazione.

- “Che risposta sarebbe “così”? - Lo vidi sbuffare e zittirmi con una mano.

- “Sei impossibile.” -

- “Sta iniziando il film, sta un po’ zitta su.” - Mi punzecchiò.

Scossi la testa e prestai attenzione allo schermo. Dopo innumerevoli pubblicità e trailer di film in uscita, riuscimmo a vedere in tranquillità il primo tempo.

- “Secondo me, quel musicista non è il suo trisnonno. É palese che in realtà sia l’altro.” - commentai, una volta che le pubblicità tornarono prepotenti sullo schermo.

- “Ma tu non sai goderti un film senza parlare?” - Domandò Inuyasha.

- “No. Fa sempre ipotesi e congetture. Il più delle volte indovina pure.” - Rispose Sango.

- “Avete finito?” - Brontolai, vedendo i due al mio fianco stufi dei miei commenti.

- “Comunque, vado al bagno. Volete che vi compri qualcosa al ritorno?” -

- “Se non ti spiace, potresti prendermi dell’acqua?” - Chiese Miroku.

- “E dei popcorn!” - Continuò Sango.

Annuì e cercai di farmi spazio fra la gente per uscire da quell’orrendo labirinto. Sentì qualcuno stringermi il polso e mi girai contrariata.

- “Ti accompagno.” - Inuyasha mi guardava serio. Annuì e ben presto uscimmo dalla sala.

- “Tu va pure in bagno, io faccio la fila al bar.” -

Al mio ritorno lo trovai in fila e mi misi al suo fianco.

- “Grazie” - mormorai. Mi guardò interrogativo.

- “Per essere venuto oggi. Credevo non riuscissi ad essere presente.” -

Lo vidi sorridere e avvicinarsi al mio viso, arrossì per la vicinanza.

- “Potevo mai lasciarti fare il palo?” – mormorò al mio orecchio.

Ridacchiai nervosa, chiedendomi se fosse così tanto palese che detestassi sentirmi di troppo.

- “Perché sei tutta rossa?” -

Mi domandò una volta riprese le distanze, in volto un sorriso derisorio.

- “Odioso.” - Borbottai.

Non ebbe il tempo di rispondere, ordinammo ciò che ci avevano richiesto e tornammo sui nostri passi.

- “É stato così difficile convincere tuo fratello?” - Chiesi, ricordandomi il vero motivo per cui Inuyasha aveva difficoltà ad uscire.

- “Abbastanza. Pensa, mi ha fatto tante storie e poi oggi mi ha fatto trovare i biglietti in salotto. Trama qualcosa.” - Disse serio, guardando dinanzi a sé.

- “Potresti aprirmi la porta? Ho le mani giusto un po’ occupate.” -

Continuò, indicando con il capo la porta di ingresso della sala proiezione. Inuyasha infatti aveva tra le mani due cesti di Popcorn, lasciando portare a me l’acqua di Miroku. Annuì e feci come richiesto.

- “Come la fai tragica. Non hai pensato che forse è un suo modo per farti capire che non l’ha con te?” - Chiesi, tenendogli la porta aperta.

- “Non conosci Sesshomaru.” - Sbottò aspramente.

Per la seconda volta nell’arco di pochi giorni, Inuyasha rifilava l’argomento “rapporto fraterno” con quella frase.

- “Prima o poi dovrai spiegarmi il tuo rapporto con lui. A forza di rimuginarci sopra impazzirò.” - Mormorai senza neanche accorgermene.

- “Tu pensi troppo.” - Mi rispose, avvicinandosi ai nostri amici.

- “Sango, a te.” - Porse il contenitore con i popcorn alla ragazza e poi si voltò verso Miroku.

- “L’acqua sta arrivando con Kagome, sempre se non la lascia riversare per terra.” - Sbuffai e, una volta raggiunti, porsi l’acqua a Miroku.

- “L’ordine è arrivato al destinatario integro. Mi sottovaluti.” - Mi rivolsi a Inuyasha, guardandolo di sbieco.

- “Rimani sempre imbranata.” -

- “Già...” - risposi, sedendomi al mio posto.

Osservai lo schermo in attesa che il film ripartisse. Il secondo tempo iniziò dopo una manciata di secondi e cercai di distrarmi. Quella frase detta da Inuyasha, aveva riportato alla mia mente la videochiamata con Shin. Sentì nuovamente nella mia testa quel tono tanto simile a quello del mezzo demone chiamarmi “imbranata” e quel pensiero fisso tornò nuovamente prepotente.

- “Kagome, va tutto bene?” -

- “Si, si. Tranquillo Inuyasha.” - Gli sorrisi cercando di rassicurarlo, non potevo rivelargli ciò che mi passava per la mente.

- “Continuo a credere che tu pensi troppo.” - Borbottò imbronciato.

Scossi la testa, scacciando via dalla mente quello stupido tarlo. Ero lì per divertirmi con i miei amici, non valeva la pena rovinarsi la giornata per uno stupido dubbio. Senza neanche pensarci poggiai la testa sulla spalla di Inuyasha e cercai di rivolgere nuovamente l’attenzione al film.

- “Kagome, fattelo dire. Fai paura. Ricordami di non vedere mai più un film in tua compagnia!” -

Il film era finito da poco più di dieci minuti. Io, Sango, Inuyasha e Miroku ci ritrovammo a camminare insieme per le strade di Tokyo discutendo su pregi e difetti dell’opera appena vista. In grandi linee, nonostante la banalità di certe scene, trovammo il film molto gradevole. Fra tutti però, quello che sembrava più perplesso era proprio Miroku. Lo pseudo pretendente della mia migliore amica, infatti, pareva sorpreso della mia perspicacia. Non riusciva proprio a capacitarsi di come, ancor prima di metà film, riuscì a comprendere la sua fine.

- “La prossima volta allora non autoinvitarti, così risolviamo.” - Gli risposi sorridendo.

In risposta mi beccai uno sbuffo, mentre Sango pareva ridacchiare divertita dalla situazione.

- “Ragazzi, io avrei un po’ di fame. É ora di cena, vi andrebbe di mangiare tutti insieme?” -

Mi girai verso il proprietario di quella voce. Inuyasha camminava tranquillamente con le mani in tasca, osservava distrattamente il cielo e pareva annusare l’aria.

- “C’è una pizzeria nelle vicinanze. Vi va dunque?” - Annuì e lo presi a braccetto.

Quella sera, cenammo tutti insieme attorno allo stesso tavolo. Senza rendermene conto, l’immagine che avevo sognato, si sovrappose alla realtà. Sorrisi, pensando che finalmente avevo ripreso la mia vita in mano. Finalmente, dopo tanto tempo, ero riuscita a rapportarmi con qualcuno ed instaurare un vero rapporto d’amicizia

___

FrancyT:

Bhu bhu, rieccomi a rompervi le scatole con un nuovo capitolo ^^"

Oggi vi porto un capitolo mooooolto banale e semplice XD

Che dire, l'uscita al cinema ha in qualche modo unito maggiormente i 4 ragazzi e finalmente Kagome è riuscita a relazionarsi tranquillamente con qualcuno senza farsi mille paranoie. Ricordate i primi capitoli no? Quando, dopo ever parlato con Inuyasha per la prima volta, si è stupita di sé stessa. Tra l'altro avendo anche una mezza crisi per via delle sue paranoie. Ma questa sua "crescita" a cosa è dovuta? Ha deciso di darsi una mossa da sola o c'è lo zampino di qualcuno? Bhu bhu.

Mh... Inoltre credo che si intuisca che Kagome e Inuyasha sono diventi più "affiatati". La ragazza c'è rimasta male della sua iniziale assenza e si è completamente ripresa una volta visto il ragazzo.

Cos'altro dire... Cosa nasconderá mai la relazione fra Inuyasha e Sesshomaru? Perché Inuyasha rifila sempre l'argomento?

Ah si! Per ultimo, ma non per importanza, Kagome ha deciso di scacciare via dalla sua mente quel dubbio, ma riuscirà davvero a farlo? Nonostante i suoi sforzi, quella piccola ossessione prenderà il sopravvento?

Alla prossima! :3

Ps. Per chiunque chiedesse, il film che vedono al cinema è Coco, non so bene perché ho inserito questo, credo perché quelle "affermazioni" di Kagome erano in realtà le mie mentre vedevo per la prima volta il film.

Angolino ringraziamenti /risposte ai commenti!

Lady__94 : Ciau! Bhu bhu, l'uscita a quattro è andata così! Molto tranquilla oserei dire. Non ti anticipo nulla sulla gita, tranne il fatto che si svolgerà nel capitolo 17! Tra l'altro credo sia uno dei capitoli più lunghi che ho scritto. Mi sono soffermata su vari dettagli ecco.

Funny84 : Ciau! Bhu bhu, già la gita ha cambiato qualcosa in Kagome e con i capitoli successivi cambierà ancora qualcos'altro. Scopriremo alcune cose che nei capitoli precedenti sono solo state accennate e spero non vi confondiate con il mix di cose che ho inserito, ma non voglio aggiungere altro >.<

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Un nuovo inizio. Ho iniziato a narrarvi la mia storia proprio partendo da questo presupposto. Volevo che il mio futuro fosse diverso dalle esperienze passate, che mi riservasse qualcosa di speciale. Ripensare a ciò che portò il divorzio dei miei genitori, tutt’oggi mi provoca un terribile brivido lungo la schiena. Qualcosa che non riesco a controllare e che mi fa salire le lacrime agli occhi. Sarei un’ipocrita a dire che avrei preferito che i miei rimanessero insieme ma è innegabile quanto all’epoca ci stessi male. Come ho più volte narrato, mio padre non è di certo un genitore modello. Fin da quando ho memoria, ha sempre avuto un atteggiamento particolare. Non è mai stato presente, ha cercato di comprarsi il mio affetto con dei regali e ha sempre disprezzato le mie scelte. Dalla separazione, tutto ciò è poi peggiorato. Giorno dopo giorno, ha iniziato a farmi domande sempre più particolari, sempre più ossessive. Ricordo che mi prendeva sempre in disparte e, proprio come si fa con i criminali, iniziava a pormi domande a trabocchetto. Cercava di farmi crollare, cercava di manipolare le mie risposte, cercava di distruggermi. Da quei momenti carichi di tensione, non è di certo uscito fuori qualcosa di bello. Ho vissuto buona parte della mia adolescenza nella paura che qualcuno potesse plagiarmi, così come aveva provato a fare mio padre. Il più delle volte decidevo di restare da sola, proprio per paura di affezionarmi a qualcuno di fin troppo simile a lui.

- “Ehi Kagome, vuoi un passaggio? Oggi vado più tardi al lavoro quindi posso accompagnarti al museo in auto.” -

La dolce voce di mia madre mi destò da quei pensieri. Stavamo facendo colazione insieme, Sota era ancora fra le coperte mentre il nonno era già impegnato al tempio. Non passavamo del tempo insieme da sole da un periodo indefinito. Mia madre... Lei al contrario di mio padre ha sempre cercato di essere presente, nonostante dalla separazione non faceva altro che lavorare tutto il giorno. Per qualsiasi problema mi affliggesse l’animo, lei era sempre lì, a darmi supporto. Mi sentì in difetto a declinare l’invito ma preferivo passasse più tempo con Sota. Quella piccola peste aveva bisogno di lei, meritava di averla affianco. Le sorrisi e scossi la testa.

- “Vado con i miei amici, tranquilla.” -

Il pensiero volò automaticamente a quelle tre persone che avevano dato una svolta alla mia vita. Erano passate tre settimane da quella prima uscita fra amici e, ad essa, se ne erano susseguite altre. Eravamo un gruppo particolare, formato da un mezzo demone, un’asociale, una sadica e un libertino, eppure insieme riuscivamo a trovare una delicata armonia. In quel breve tempo molte cose si erano evolute, come ad esempio il rapporto fra Sango e Miroku. L’affinità fra i due era infatti diventata sempre più evidente ed era palese come entrambi tenessero all’altro più di sé stessi. Nonostante questo evidente segnale, nessuno dei due si decideva a far il primo passo e ciò aveva dell’incredibile. Erano entrambi due persone abbastanza schiette, tuttavia, continuavano come se niente stesse succedendo.

- “Sono felice che tu abbia finalmente trovato degli amici.” -

Osservai mia madre sorridere. Finalmente riuscì a vedere un sorriso vero stampato su quel volto. Nessuna preoccupazione, solo felicità.

- “Non sono poi così pessima a trovare delle persone con cui passare del tempo.” - borbottai imbronciata, mentendo palesemente anche a me stessa.

- “Hai una buona intesa con loro, si vede. Perché non li inviti a cena una di queste sere? Mi piacerebbe conoscerli meglio, purtroppo ho avuto il piacere di chiacchierare solo con Sango.” -

Già, per via del suo lavoro mia mamma non conosceva i miei amici. Usciva la mattina presto e rientrava solo al tramonto, non era riuscita a conoscere neanche Inuyasha che ormai era quasi di casa. Solo Sango aveva avuto la possibilità di passare del tempo in sua compagnia. Conoscevo la ragazza dal primo liceo e, tra alti e bassi, più volte era rimasta a dormire da me. In quelle occasioni speciali mia mamma entrava in camera sempre con qualcosa da offrirle: torte, biscotti, pasticcini. Ogni volta che si presentava una situazione simile, mia mamma era sempre pronta a mettersi ai fornelli e preparare dei dolci, solo per vedermi star bene. Mi sentì un egoista, tutte quelle volte non mi presi mai la briga di ringraziarla. Vedendola entrare in stanza con quei vassoi la cacciavo via, imbarazzata dalla sua intrusione.

- “Vedrò di invitarli. Purtroppo temo che per Inuyasha sia un po’ difficile. La sera lavora.” -

- “Sbaglio o con questo ragazzo c’è un particolare feeling?” -

Arrossì imbarazzata. Inuyasha era di certo una persona particolare. Non tanto per la sua natura mista, quanto per il suo atteggiamento che il più delle volte mi spiazzava.

- “Credo di averci azzeccato.” - mi derise bonariamente mia mamma.

Deviai lo sguardo dal suo, ancora imbarazzata dall’argomento.

- “Ti sbagli.” –

- “Kagome, non mentirmi su.” - Mi lasciò una carezza delicata sul volto e mi sorrise.

- “Non mi dispiace la sua compagnia ecco. E pare che neanche a lui dispiaccia la mia.” – mormorai impacciata.

Dichiarare a voce alta quelle parole mi risultava difficile. La vidi sorridere nuovamente.

- “Chi non apprezzerebbe la compagnia di mia figlia?” –

Sorrisi alle sue parole. Mi consideravano un tipo parecchio noioso e monotono, pertanto pensai fosse abbastanza divertente come frase.

- “Senti Kagome… Vorrei dirti una cosa. Dovrei parlarne anche con tuo fratello, ma preferisco che prima lo sappia tu.” – Vidi il suo sguardo diventar serio, gli occhi carichi di preoccupazione. Annuì, per indurla a proseguire.

- “È da un po’ di tempo che mi sento con un uomo. Beh, in realtà è un demone. Stiamo provando a stare insieme e vorrei presentarvelo. Ecco, non sapevo come dirvelo e onestamente non so nemmeno come poteste prender-” –

Le posi una mano sul braccio e fermai le sue parole. Non aveva bisogno di proseguire oltre, tutto era chiaro.

- “Mamma, non devi farti problemi. È giusto che tu ti rifaccia una vita dopo tutti questi anni. Sono davvero felice di ciò e sono sicura che lo sarà anche Sota. Spero solo che sia quello giusto per te.” – le sorrisi e andai ad abbracciarla.

Era da tanto che speravo che mia mamma riprendesse in mano i cocci della sua vita e li rimettesse insieme. Volevo che fosse felice e sperai con tutta me stessa che quel fantomatico demone riuscisse a renderla serena. La osservai per bene, notando in quegli occhi un piccolo luccichio.

- “Grazie Kagome.” –

- “Ti voglio bene mamma.” –

Le sorrisi e la strinsi ancora a me.

- “Vedrai che anche Sota accetterà bene la situazione, sta tranquilla.” –

- “Va bene… Ora sarà meglio che vada a svegliarlo, altrimenti salta nuovamente la scuola.” –

Le sorrisi e la lasciai andare. La seguì con lo sguardo fin quando non uscì dalla porta della cucina. Dopodiché, finì in silenzio la mia colazione e attesi l’arrivo di Inuyasha. Quel giorno saremo andati al Museo di storia naturale di Tokyo, ed ero elettrizzata all’idea di scoprire nuovi dettagli sull’evoluzione della nostra società. Qualcosa mi portava a credere che quel giorno avrei scoperto qualcosa di importante e non volevo perdere l’occasione.

- “Kagome, è arrivato il tuo amico.” – la voce stanca di mio nonno si disperse nell’ambiente.

Annuì e, come un automa, uscì di casa, non prima di aver preso la borsa e la giacca. Inuyasha mi aspettava davanti il Goshinboku, una strana abitudine che aveva preso da un po’ di tempo. Mi avvicinai a lui e gli lasciai un bacio sulla guancia.

- “Buongiorno.” –

- “Ciao Impicciona.” –

Alzai gli occhi al cielo al suono di quel nomignolo.

- “Ti ricordo che il mio nome è Kagome.” –

- “Lo so.” – un sorriso derisorio ad ornargli il viso.

- “Adesso andiamo su. Non mi va di sentire sclerare Sango perché non ti ho portato in orario all’appuntamento.” –

Mi scompigliò delicatamente i capelli e fece strada verso le scalinate. Spinta da una grande curiosità, mi voltai verso casa, vedendo mia mamma affacciata alla finestra della mia stanza. Osservava noi e sorrideva tranquilla. Quasi incoraggiata dal suo sguardo, decisi di prendere per mano Inuyasha e, come se nulla fosse, scendemmo la lunga scalinata che portava al tempio Higurashi. Quella chiacchierata con mia madre mi riempì di energie positive, peccato che quel giorno, il tempo non era per nulla allegro.

___

FrancyT:

Ciau!

Oggi vi porto il capitolo 16! Qui ho preferito approfondire un po' il rapporto che Kagome ha con la madre, sottolineando la differenza che c'è con il padre. Dall'insinuazione della madre, pare che alla nostra Kagome, Inuyasha non sta poi così tanto indifferente, ma come si evolveranno le cose? Vi lascio fantasticare su! u.u

Che dire, il prossimo sarà il capitolo della gita scolastica, cosa scoprirà Kagome sulla società odierna? Cosa apprenderà dalle nozioni di biologia del dottor. *spoiler*? (Vi lascio fantasticare sul nome u.u)

Bhu bhu, vi resta che leggere il prossimo capitolo per scoprirlo XD

Alla prossima! :3

P.s. In questi giorni sto buttando giù qualche idea per una seconda fanfiction (non collegata a questa) spero un giorno di poter postare anche quest'altra idea stramba che mi è venuta in mente ^^

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

Con il trascorrere del tempo, la giornata diventava sempre più cupa e triste. La pioggia batteva inesorabilmente contro l’asfalto, i tuoni rimbombavano come un amaro lamento. Tutto sembrava rendere quella giornata estremamente malinconica. L’ennesimo tuono rumoreggiava in lontananza, un potente ululato, il rumore di vetri scossi. Le grandi finestre del museo di storia naturale vennero colpite dal vento. Mi strinsi nella giacca, infreddolita dagli spifferi che entravano all’interno della sala. I nostri accompagnatori sembravano discutere con quello che pareva il nostro cicerone, il resto della classe parlottava radunata in piccoli gruppi. Mi guardai intorno, cercando di imprimere nella mente più dettagli possibili di quel luogo. Le pareti erano ricche di quadri e teche, nelle quali erano posti numerosi reperti. Ciò che però attirò fin da subito la mia attenzione si ritrovava al centro della sala. Entrando al museo infatti, era impossibile non essere calamitati verso quel punto. Proprio lì, al fulcro della stanza, si ergeva l’enorme scheletro di quello che un tempo fu un potentissimo demone. Le dimensioni colossali incutevano timore, mentre l’armatura danneggiata che pareva indossare trasmetteva un senso di potere. Pensai di avvicinarmi di soppiatto, ma fui fermata dalla voce di una donna ancor prima di avanzare di un passo.

-“Buongiorno ragazzi. Io sono la signora Kaede e vi guiderò per una parte della giornata.” –

La donna in questione sembrava sulla sessantina. Aveva un'espressione indecifrabile e un tono quasi piatto. Si fermò un attimo, in attesa che qualcuno gli riservasse un briciolo d’attenzione, poi continuo il suo discorso.

-“Il percorso che affronteremo sarà dedicato all’evoluzione della nostra società. Visiteremo le sale di antropologia, dove potrete vedere le collezioni relative all’epoca Sengoku, e ci soffermeremo anche sulla natura dei demoni. Per tutta la durata del percorso, io e il mio collega qui presente, vi guideremo per illustrarvi gli eventi e rispondere alle vostre domande.” –

Un piccolo demone pulce sembrava voler attirare l’attenzione degli studenti.

-“Buongiorno ragazzi, sono il vecchio Miyoga, un biologo specializzato nell’evoluzione della specie demoniaca. Come già detto da Kaede, la supporterò in questa visita guidata.” –

-“Bene ragazzi, adesso se volete seguirmi, iniziamo il nostro percorso. Come prima tappa andremo nella prima sala di antropologia. Da questa parte.” -

Così dicendo si incamminò verso un lungo corridoio. Seguendola fui costretta a passare di fianco a quell’enorme reperto, rimanendo sempre più impressionata da quella struttura scheletrica. In breve tempo arrivammo in un’enorme stanza piena di cimeli antichi e non potei far a meno di guardami in torno entusiasta.

-“Che noia questo posto.” - Borbottò Inuyasha al mio fianco.

-“Concordo.” - diede manforte Sango, già scocciata di quell’ambiente.

Mi girai a guardare i miei due amici, rimanendo stupita di come solo io apprezzassi quella visita guidata.

-“A me piace.” - Mormorai, sentendomi quasi in difetto quando mi beccai due occhiate stralunate.

-“Bene ragazzi, guardatevi pure in torno. Quando avrete finito vi darò qualche spiegazione.” –

Osservai Kaede disporsi a fianco della porta che dava verso la stanza successiva, dopodiché mi decisi a saziare la mia voglia di sapere. In poco tempo mi ritrovai a girovagare fra quei reperti antichi, leggendo di volta in volta le descrizioni allegate. Osservai armi, ciotole e gioielli, rimanendo stupita dell’ottimo stato di conservazione. Continuai a girovagare per la stanza da sola, non curandomi della gente che fingeva di prestare interesse. D’improvviso mi fermai, davanti i miei occhi si ergeva una teca contenente due statue in cera. Quel materiale tanto particolare modellava un soggetto femminile e uno maschile ed entrambi indossavano una strana uniforme che ricordava, in maniera impeccabile, gli strani abiti che Sango portava in sogno.

-“Sono due sterminatori. Nel periodo Sengoku potevi scegliere se scendere in campo per lottare in guerra o batterti contro i demoni. In sostanza potevi scegliere se morire per mano di un umano o finire come pasto di un demone. Prospettive molto allettanti, no?” -

Inuyasha stava al mio fianco, le mani in tasca e lo sguardo puntato verso le due statue.

-“Non era noioso questo posto?” - Lo punzecchiai.

-“Infatti continuo a pensarla così. Conosco già la storia della nostra società, così come l’evoluzione dei demoni. Sono certo di sapere molte più cose di quella vecchiaccia.” -

Lo osservai in viso, leggendo solo tanta sicurezza. Scossi la testa sorridendo.

-“Sei impossibile.” - Lo vidi ridacchiare e scompigliarmi i capelli.

-“Mettimi alla prova.” –

Cercai di scovare infondo a quelle pozze dorate un segno di ilarità, ma vi trovai solo tanta risolutezza.

-“Mh... Vediamo... Quelle spade là.” -

Lo presi per mano e lo trascinai verso una teca in particolare. Conteneva tre spade, il cartolino replicava “Spade demoniache”, nulla di più né nulla di meno.

-“Dimmi qualcosa su di loro!” -

Vidi un sorriso beffardo definirgli il viso e un brivido di terrore mi scosse la schiena.

-“Sono delle imitazioni di tre delle spade demoniache più potenti al mondo. Due di esse sono state forgiate dalle zanne di Inu No Tasho, il generale cane delle terre dell’ovest. Rispettivamente sono...” - Iniziò sicuro di sé, indicando una spada, quella posta più in alto.

-“Tessaiga, una spada in grado di uccidere ben cento demoni con un solo colpo.” - Spostò il suo dito verso la spada posta più in basso.

-“E Tenseiga, capace riportare in vita fino a cento esseri in un colpo solo.” - continuò, soddisfatto.

-“E la terza? Hai detto che due di esse sono state forgiate dalle zanne di questo generale, ma la terza? Poi, come puoi essere sicuro che siano delle imitazioni? Sono appartenute ai tuoi antenati?” - Domandai, quasi sicura che si fosse inventato tutto.

-“Tessaiga e Tenseiga furono forgiate per i due figli del generale. Bakusaiga invece è l’emanazione stessa del primo genito di Inu No Taisho. Si racconta che si sia manifestata spontaneamente nella mano del demone in seguito alla rigenerazione del suo braccio sinistro.” - Si girò a fissarmi.

-“Soddisfatta?” -

-“Non mi hai ancora detto come tu faccia a sapere che siano delle imitazioni.” - Chiesi curiosa.

-“Poi ti lamenti se ti chiamo impicciona?” - Mi riprese.

-“Odioso.” - sbottai, lasciandolo in dietro e andando a chiedere informazioni direttamente alla signora Kaede. Purtroppo, anche questa volta la mia curiosità fu messa a freno dalla voce della nostra guida.

-“Allora ragazzi, per spiegarci come sia possibile che ad oggi due creature così diverse, demoni e umani, riescano a convivere, dobbiamo far riferimento ad un vecchio racconto, risalente a circa 500 anni fa. Fu proprio questa storia, ambientata nel periodo Sengoku, che segnò l’inizio della nostra società.” -

L’anziana donna iniziò a raccontare, ma poco dopo decise di aspettare che qualcuno si radunasse attorno alla sua figura.

-“L'epoca Sengoku fu un'era piuttosto lunga, segnata da profonde guerre, con caos e miseria diffusi in tutto il paese. All’epoca molti uomini iniziarono ad avvicinarsi ai demoni con lo scopo di servirsi dei loro poteri, tuttavia queste potenti creature rimasero indifferenti nei confronti degli umani, vedendoli principalmente come una fonte di cibo. Eppure, un demone riuscì a trovare interesse in quel cibo, finendo con il morire per proteggere una semplice umana. Fu proprio questo il primo passo verso la società odierna.” -

Continuò, una volta che un giusto gruppo di ragazzi si piazzò attorno a lei, in attesa di quel racconto.

-“Il grande generale cane, un demone maggiore, finì infatti per innamorarsi di una principessa umana. La loro relazione clandestina, portò alla nascita di un ibrido, un mezzo demone. Tuttavia, un samurai che prestava servizio al castello della giovane principessa finì per scoprire della gravidanza della donna, rimanendo indignato. Si racconta infatti che costui mise in pericolo la vita della donna e del suo bambino appiccando un incendio al palazzo reale. Fu proprio lì, tra le fiamme, che il potente Inu no Taisho morì, proprio per salvare la sua compagna e il frutto di quella relazione. Gli umani però non riuscivano proprio a tollerare l’esistenza di un essere misto e, purtroppo, la vita della giovane principessa non fu molto lunga. La donna infatti ben presto lasciò il figlio e quel piccolo mezzo demone dovette crescere da solo.” - Continuò il piccolo demone pulce. Sorrisi, intuendo l’ammirazione che quell’uomo provasse per il generale, e allo stesso tempo mi rattristai, pensando a quel tragico destino.

-“Fu in quello stesso lasso di tempo che, per pura casualità, si venne a scoprire dell’esistenza della sfera dei quattro spiriti. Il gioiello in questione nacque durante il periodo Heian, dalla battaglia della grande sacerdotessa Midoriko e un potente drago yōkai. All’interno della piccola sfera, il potere spirituale e quello demoniaco sono stati condensati e ciò permette sia a umani che a demoni di usufruire del suo potere.” - riprese la vecchia Kaede. Ridacchiai, pensando a quanto fosse esasperante ascoltare una storia narrata in questa maniera.

-“Ma ciò cosa centra con il generale e l’evoluzione della civiltà?” - domandò una voce femminile. Storsi il naso per quell’interruzione, ero curiosa di scoprire altri dettegli di quella storia.

-“Ci sto arrivando.” - La donna sorrise alla ragazza che le aveva posto la domanda e riprese la sua storia.

-“Proprio per questa sua caratteristica, la sfera aveva il bisogno di essere protetta. All’epoca, tra le guerre e i demoni, la popolazione si era molto ridotta. La gente viveva in piccoli villaggi e vedeva giorno dopo giorno i propri cari svanire a causa delle sventure del periodo. Odio e frustrazione dominavano quelle piccole comunità e se fossero entrati a contatto con la sfera, essa si sarebbe riempita di sentimenti negativi, mandando l’intera umanità incontro a un destino oscuro. Proprio per evitar ciò, una sacerdotessa di nome Kikyo fu incaricata di proteggere la sfera, anche a costo della propria vita.” -

Un’espressione triste adombrò il volto della donna.

-“Purtroppo quello fu il destino che la giovane sacerdotessa fu costretta ad affrontare. Un giorno infatti, un mezzo demone, il figlio di quel generale cane che sacrificò la sua vita per una donna, si impossessò della sfera. La sacerdotessa riuscì a sigillarlo con fatica, ma ciò la portò alla morte. La donna decise di farsi bruciare con il gioiello e da allora non si hanno più notizie della sfera dei quattro spiriti.” –

Storsi il naso a quelle parole. La storia narrata dalla signora Kaede entrava in contrasto con le vicende raccontate da Inuyasha. Che il mezzo demone avesse ragione? Davvero lui conosceva molti più aspetti di quella storia rispetto alla gente là dentro?

-“Continuo a non comprendere.” – ripeté la ragazza di prima.

-“Si narra che da quell’evento, umani e demoni iniziarono a collaborare per una nuova civiltà. È come se il mezzo demone, erede di Inu No Taisho, e la sacerdotessa stessa si fossero sacrificati per il bene della società.” – rispose la donna.

-“Mi scusi, ma conoscevo una storia differente. A me hanno raccontato che anni dopo la sfera dei quattro spiriti riapparve. E che la reincarnazione della sacerdotessa abbia eliminato il sigillo dal mezzo demone.” – mi intromisi. La donna non nascose un'espressione sorpresa.

-“Si vocifera infatti che cinquant’anni dopo, la reincarnazione della donna abbia liberato il giovane ibrido dal sigillo e che insieme si misero alla ricerca della sfera, finita nelle mani di un potente demone di nome Naraku.” –

Rabbrividì sentendo quel nome e non riuscì a non osservare di sott’occhio il nostro accompagnatore. Il professore Naraku stava chiacchierando, poco distante da lì, con un gruppo di ragazze. Pareva a suo agio, si dava delle aree e mostrava orgoglioso il nuovo cellulare comprato qualche giorno prima. Tornai a prestare attenzione a Kaede, ripetendo nella mia mente quanto quell’uomo potesse essere viscido.

-“Si narra che, proprio in seguito a questo viaggio, umani e demoni unirono le forze verso un nemico comune, dettando le basi per una nuova società. Ma purtroppo non abbiamo fonti certe. Gli unici a conoscere la verità sono gli eredi di Inu No Taisho ma pare non vogliano lasciare nessuna testimonianza. Sfortunatamente molte informazioni legate al clan degli InuYokai sono mancanti proprio per questa loro riluttanza a condividere informazioni.” – specificò la donna.

Mi girai verso Inuyasha, notando il suo sorriso beffardo in volto.

-“Ciò giustificherebbe anche la presenza di un imitazione di quelle tre spade?” – commentò divertito, indicando distrattamente la teca.

-“Ahimè, devo darti ragione giovanotto. Purtroppo abbiamo rintracciato solo i progetti di quelle spade, non siamo neanche sicuri dell’epoca storica.” –

-“Mh.” –

Mi avvicinai a Inuyasha, incuriosita da quel suo intervento.

-“Quindi sono davvero delle imitazioni.” – sussurrai.

-“Avevi dubbi? Non emanano nessun’aura demoniaca.” – mi risposte scrollando le spalle, come se fosse ovvio. Scossi la testa e gli sorrisi.

-“Vediamo le altre sale? Magari puoi darmi qualche nozione in più.” – lo vidi annuire.

Dopo il consenso della nostra guida, ci dirigemmo verso la seconda sala. In essa era possibile notare la riproduzione in scala dell’intero Giappone feudale. Riuscimmo a visionare villaggi e palazzi presenti all’epoca, ma una cosa in particolare mi fece sorridere.

-“Guarda qui.” – mi disse Inuyasha.

-“Quest’albero è la riproduzione in scala del Goshinboku, fa strano vederlo così piccolo no?” – continuò.

Risi a quella affermazione, chiedendomi quale assurda ossessione avesse Inuyasha per quell’albero.

-“Che ridi?” – Sbottò.

-“Nulla, andiamo su.” –

Lo trascinai con me per le restanti sale. Purtroppo, le cose interessanti da vedere finirono presto e fummo costretti a vedere gioielli e scodelle fino allo sfinimento.

-“Bene ragazzi, il mio percorso è terminato. Vi lascio nelle mani del dottor. Miyoga. Arrivederci.” –

Dopo aver visionato l’ultima sala di Antropologia e aver ascoltato aneddoti su come venivano utilizzati a quei tempi quegli oggetti, l’anziana donna si congedò, passando il testimone al suo collega. Il piccolo demone pulce ci guidò per altre sale, nettamente differenti da quelle viste in precedenza. In esse erano presenti numerose teche con statue di cera e reperti fossili. Osservando in giro era possibile notare anche pannelli illustrativi legati all’evoluzione dei demoni, ma uno in particolare attirò la mia attenzione.

-“Ragazzi vi prego, guardate ma non toccate.” – la vocina del piccolo uomo cercava di farsi spazio fra un vociare fin troppo alto.

Ignorai il tutto, dirigendomi spedita verso quella tavola. Pochi e semplici tratti, riaccesero un piccolo allarme nella mia mente. Il pannello raffigurava le fasi lunari e, a fianco di ognuna di essi, era indicata la probabilità con cui un mezzo demone avrebbe perso i propri poteri.

-“Ti ricordo che sono venuta qua per farti compagnia. Non puoi ignorarmi e stare con Inuyasha.” –

Sango mi riscosse dai miei pensieri. Le sorrisi colpevole. Aveva accettato di venire alla visita solo per tenermi compagnia ma alla fine, quella ad essere stata sola, era proprio lei.

-“Scusa…” – la presi a braccetto e ripresi a vagare per la stanza in attesa di qualcosa che attirasse la mia attenzione.

-“Ragazzi, se avete terminato di curiosare in giro, Miyoga vorrebbe darvi qualche informazione in più sui demoni.” - il professor Bankotsu parve prendere la situazione in mano. Per quanto odiassi le sue lezioni, pareva essere più professionale di Naraku in casi come questo.

-“Grazie professore.” – il piccolo demone fece un inchino per riconoscenza.

-“Non voglio annoiarvi molto, pertanto cercherò di essere breve. Come ben sapete, esistono varie specie di demoni e ciò comporta innumerevoli cambiamenti a livello biologico.” – alzai gli occhi al cielo, ricordava molto le lezioni di biologia del primo anno.

Smisi di ascoltare, gettando nuovamente lo sguardo su quella tavola. Qualcosa mi calamitava verso essa.

-“Mi scusi.” – alzai una mano, in attesa che mi dessero il permesso di parlare.

-“Prego.” –

-“Potrebbe spiegarmi questo pannello?” – domandai indicandolo.

-“Certamente. Questa illustrazione indica una condizione di cui sono vittime i mezzo demoni. Essendo una creatura a metà fra il demoniaco e l’umano, in determinate condizioni astrali queste creature si ritrovano senza alcun briciolo di potere demoniaco. Ovviamente il periodo varia da individuo a individuo, pertanto in questa tavola sono inserite solo delle probabilità.” – mi spiegò.

-“E qual è la fase lunare con la probabilità più alta?” -

-“Il novilunio.” -

----

FrancyT:

Ciau!

Questo è il capitolo più lungo e forse più noioso che ho scritto, però lo considero fondamentale per la giusta svolta alla storia. Mi scuso se ho adattato in base alle mie esigenze la storia originale, spero mi perdonate >.<

Che dire rispetto a questo capitolo... Sappiamo che Inuyasha sa molte cose inerenti all'evoluzione della società, così come pare a conoscenza di parecchie storie del suo clan, ma sarà davvero così? In fondo conosciamo così poco Inuyasha (almeno, com'è in questa FF ^^").

Cos'altro dire, Kagome è finalmente venuta a conoscenza di un dettaglio fondamentale, che prima di questo momento ignorava. I mezzo demoni tendono a perdere i propri poteri, come la prenderà la ragazza? Cosa succederà nei capitoli successivi?

Angolo ringraziementi/risposta ai commenti:

Lady__94: Ciau! :3 È finalmente uscito il capitolo della gita! Spero sia di tuo gradimento >.< Fammi sapere come ti è sembrato e se ti ha suscitato delle domande!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Il novilunio è la fase in cui la Luna si trova in congiunzione con il Sole e rivolge quindi alla Terra la faccia non illuminata. Durante la fase di luna nuova non è possibile vedere il satellite naturale. Durante quelle notti l’80% dei mezzo demoni perde i propri poteri demoniaci. Tutt’oggi un sorriso amareggiato si dipinge sul mio volto rammentando quel momento. Ricordo che, contro ogni mia aspettativa, mi riscoprì terrorizzata da quella rivelazione. Mi sentivo disorientata, confusa. Rimuginai a lungo, cercando di comprendere quale fosse la giusta scelta da prendere. Valutai i pro e i contro, finendo con il rimandare quella decisione ad un secondo momento. Scacciando via quei pensieri varcai la soglia del museo, ritrovandomi all’esterno. Quella giornata era stata fin troppo intensa e desideravo solo tornare a casa.

-“Facciamo strada insieme?” -

Inuyasha, posto al mio fianco, mi riportò alla realtà. Mi ritrovai ad osservarlo. In quei mesi il nostro rapporto si era molto evoluto, eravamo in sintonia. Mi venne spontaneo chiedermi se fossi pronta a perdere tutto ciò che avevamo costruito. Ricordo che a quel pensiero sentì le lacrime giungere agli occhi e deviai lo sguardo dal suo prima che esse potessero premere per uscire. Non riuscendo a pronunciar parola annuì alla sua domanda, dopo di che mi strinsi nella giacca, infreddolita dal vento. Colpita dall’aria gelida, mi chiesi come fosse possibile che, nonostante fossimo alla seconda settimana di aprile, il maltempo non si decidesse a lasciar il posto alle miti giornate primaverili.

-“Io vado da Miroku, pertanto farò una strada differente.” -

Annuì nuovamente, non prestando molta attenzione a quelle parole.

-“Avvisami quando arrivi a casa.” - Continuò Sango, rivolta a me. Mi ritrovai per l’ennesima volta ad annuire distrattamente.

-“Kagome tutto bene?” - Mi riscossi a quella domanda. Mi girai verso la mia amica e le sorrisi.

-“Tutto bene, ero sovrappensiero. Tu fammi sapere quando arrivi da Miroku.” - l’abbracciai per salutarla.

-“Poi voglio raccontato tutto.” - Mormorai al suo orecchio. La vidi annuire e le sorrisi nuovamente.

-“Dai Inuyasha, andiamo.” -

Presi il mezzo demone per mano e feci strada verso casa. Passo dopo passo, il pensiero a quella tavola tornava sempre più prepotente e il silenzio, rotto solo dal rumore dei tuoni in lontananza, alimentava la mia insicurezza.

-“Ti sei divertita?” –

Mi girai verso il mio interlocutore. Aveva in volto un’espressione pensierosa, preoccupata. Annuì, indecisa se lasciarmi tutto alle spalle o affrontare l’argomento che mi turbava.

-“È stato interessante.” – risposi.

Lo vidi scrutarmi attentamente, come alla ricerca di qualcosa.

-“Kagome tutto bene? Sei strana.” –

Sospirai e gli sorrisi. Ricordo che strinsi più forte la sua mano e tutt’oggi non so spiegarmi il perché di quel gesto. Da un lato cercavo il supporto di Inuyasha per affrontare insieme quella questione mentre dall’altro, volevo solo rassicurarlo mettendo a tacere i miei pensieri.

-“Tutto bene tranquillo. Pensavo solo alle informazioni che ho appreso oggi. Non sapevo che in passato i demoni vivessero così tanto a lungo.” – pronunciai, cercando di ristabilire un’atmosfera tranquilla.

-“Se non fosse per l’inquinamento, vivremo ancora così a lungo.” – precisò Inuyasha.

Ripensai alle argomentazioni scientifiche che il dottor Miyoga aveva posto durante la sua spiegazione. Quel giorno infatti scoprì che per via del potere che scorre nelle loro vene, ogni creatura con del sangue demoniaco è destinata ad una vita longeva. Purtroppo, con l’evolversi dell’umanità e l’aumento della popolazione, l’intero pianeta ha subito una mutazione e ciò ha alterato anche le caratteristiche dei demoni. Queste creature infatti, con il trascorrere dei secoli, sono state costrette ad adattarsi al nuovo ambiente. Molte specie hanno perso l’ultra sensibilità olfattiva, altri ancora quella uditiva, ma di certo, un destino che accomunava tutti i clan è la riduzione della prospettiva di vita.

-“Stiamo alterando il delicato equilibrio della natura. Poi mi chiedono perché disprezzo la gente.” - commentai aspramente.

-“Siamo un po’ tutti dei parassiti.” – continuò, con tono altrettanto grave Inuyasha.

Pensai a quanto fossero vere quelle parole. Pensai a quanto l’umanità stesse prendendo dalla natura. Mi ritrovai a condividere il pensiero del mezzo demone.

-“Già. A te è piaciuta la visita?” – domandai, lasciando cadere l’argomento.

-“È stato divertente vedere la tua espressione contrariata durante il racconto della vecchia.” - soffocai una risatina e lo spintonai un po’.

-“Odioso!” –

Sorrise e rivolse lo sguardo al cielo. Fu allora che decisi di prendermi di coraggio. Spinta da una strana forza, decisi che quello fosse il momento della verità.

-“Senti Inuyasha, anche tu essendo mezzo demone diventi un semplice umano, giusto?” – iniziai a mormorare, sicura che mi avrebbe ugualmente ascoltato.

-“Potresti dirmi quando-” -

-“Sta per piovere.” – commentò, sovrastando la mia voce.

In breve tempo mi ritrovai trascinata sotto una tettoia, mentre attorno a noi gocce d’acqua battevano insistenti sull’asfalto. Osservai Inuyasha interrogativa, accantonando momentaneamente la discussione che avevo intenzione di intraprendere.

-“Non possiamo continuare a camminare con questo tempo, ti prenderai la febbre.” – spiegò.

-“Ma non possiamo rimanere qua, fermi, in attesa che smetta. Possono volerci ore!” – sbottai imbronciata.

Lo vidi sospirare e passarsi una mano fra i capelli. Mi fissò per qualche secondo, poi deviò lo sguardo imbarazzato.

-“Casa mia dista poco da qui. Possiamo andare da me e attendere che smetta di piovere al coperto.” – propose.

-“Saremo ugualmente fradici.” – borbottai, incrociando le braccia.

-“Ma staremo sotto la pioggia solo per un paio di minuti. Per casa tua ci vuole ancora un po’ di cammino.” – alzai gli occhi al cielo, convinta che non avrebbe cambiato idea.

-“Va bene, andiamo.” – mormorai, iniziando ad uscire da sotto il nostro riparo improvvisato.

-“Aspetta. Metti anche questo.” – lo osservai porgermi il suo giubbino.

-“Non c’è bisogno, davvero.” – ignorando le mie proteste, riuscì a poggiare la giacca sulla mia testa.

-“Fidati, c’è bisogno.” – alzai gli occhi al cielo esasperata.

-“E fammi indovinare, tu puoi prendere freddo perché sei un mezzo demone?” – lo vidi sorridere beffardo.

-“Hai finalmente compreso! La visita al museo è servita allora!” –

-“Odioso.” –

-“Kagome.” – lo vidi osservarmi serio.

-“Fidati di me e non avere paura, okay?” - senza chiedere nulla, annuì.

In pochi secondi mi ritrovai caricata sulle spalle di Inuyasha che, ad una velocità sorprendente, saltava indisturbato fra i tetti dei palazzi. Stranamente tranquilla, strinsi la presa attorno al suo corpo per evitare di cadere e rimasi stupita da quanto quel contatto molto ravvicinato non mi desse fastidio.

-“Eccoci arrivati.” –

In pochi minuti, riuscimmo ad arrivare ai piedi di un enorme edificio situato nel quartiere più elegante di Tokyo. Restando in silenzio, seguì Inuyasha all’interno dello stabile.

-“Impicciona, etra su. Cerca di gocciolare il meno possibile, mio fratello tiene alla pulizia.” –

Accolsi l’invito e seguì Inuyasha all’interno dell’appartamento prestando attenzione a sporcare il meno possibile. Entrando in casa, era impossibile non notare la vista panoramica sulla città. Rimasi rapita da quello spettacolo. Per via del mal tempo, i palazzi erano coperti dalle nuvole cariche di pioggia, illuminate di volta in volta dai lampi.

-“Ti prendo dei vestiti asciutti, così ti cambi.” –

Così dicendo il mezzo demone sparì dietro una porta. Approfittai della sua assenza per osservare in giro. Situato in cima a quell’enorme grattacelo, l’appartamento appariva all’occhio particolarmente studiato. Nell’ampio open space, l’arredamento era in stile moderno e i colori dominanti erano prettamente neutri. Nonostante ciò, particolari oggetti davano un giusto contrasto a quell’ambiente raffinato. Prestando attenzione infatti, era possibile notare alcuni cimeli dall’aspetto molto antico. Fra di essi, spiccavano con grande maestria tre particolati Katane. Mi avvicinai ad esse stando attenta a non toccare nulla. Arrivata dinanzi quel muro, scrutai con attenzione le rifiniture di quei foderi, venendo a conoscenza di una particolare verità. Accuratamente disposte, le tre lame che stavo osservando somigliavano in maniera impeccabile alle tre spade demoniache presenti al museo, disposte però con un ordine differente. Più in alto era posta infatti quella che Inuyasha aveva apostrofato come “Bakusaiga”, ad essa seguiva “Tenseiga” e per finire era riposta “Tessaiga”.

-“Etcì!” –

Mi riscossi udendo quello starnuto malamente trattenuto. Resami conto di non essere più sola, mi voltai per osservare Inuyasha. Aveva una tuta fra le mani che non tardò a pormi.

-“Ecco, puoi mettere questa.” –

-“Per caso era uno starnuto quello?” – domandai divertita.

-“Macché! Va a cambiarti.” – alzai gli occhi al cielo e presi i vestiti che mi porgeva. Un secondo starnuto mi fece ridacchiare.

-“Sono un mezzo demone, non mi fa nulla un po’ d’acqua!” – lo scimmiottai, beccandomi un’occhiataccia.

-“Guastafeste.” –

Una volta indicato il bagno, andai a cambiarmi, uscendo da lì qualche minuto dopo. Ritornando nella sala principale, trovai Inuyasha intento ad asciugare le gocce d’acqua cadute precedentemente sul pavimento.

-“Ciao Cenerentola.” – pronunciai, avvicinandomi a lui.

-“Dannata.” – lo sentì borbottare e sbuffai contrariata a quella parola.

Non riuscivo proprio a tollerare quell’appellativo. Un altro starnuto, portò la mia attenzione al volto del mezzo demone.

-“Sicuro di star bene?” – lo vidi annuire.

-“Mh, okay…” – dissi poco convinta.

-“Hai avvertito tua madre che sei qua da me?” – mi chiese.

-“Si, l’ho avvertita poco fa. Tu hai avvertito i tuoi della mia presenza? Non vorrei che rientrassero e mi trovassero qua, con i tuoi vestiti addosso. Farebbe strano.” – pronunciai, un po’ impacciata.

Osservai di sott’occhio il suo viso, in attesa di qualche frecciatina che mai arrivò. Inuyasha infatti, stava a capo chino, le orecchie lievemente abbassate.

-“Inu… ho detto qualcosa di sbagliato?” – Sussurrai, provando a tendere una mano verso di lui.

Iniziai a sentirmi impotente, in difetto. La paura di litigare nuovamente con lui mi terrorizzava e non riuscivo a chiedergli cosa lo turbasse.

-“Vivo con mio fratello. Entrambi i miei genitori sono morti.” –

-“Oh… Mi dispiace, scusa ma io…” – balbettai, incerta su ciò che dire.

Non mi era mai capitata una situazione simile, non sapevo che fare, ero semplicemente un’idiota.

-“Non scusarti. Non potevi saperlo, non te ne avevo parlato.” – lo vidi sospirare e alzare lo sguardo per fissarmi.

-“Mio padre è venuto a mancare qualche mese prima della mia nascita. Mentre mia madre è morta l’anno scorso. Ho perso un anno di scuola proprio per questo avvenimento.” –

Rimasi stupita da quella confessione. Inuyasha stava riponendo in me la sua fiducia, provando a parlare di un argomento che non si sentiva pronto ad affrontare. Improvvisamente mi resi conto di quanto, il giorno del litigio, il mio comportamento fu infantile.

-“Mi spiace per essere stata invadente quella volta… Scusami, non immaginavo ciò.” – mormorai a voce bassa.

-“Tranquilla. Piuttosto vieni qua, ho intenzione di mostrarti una cosa.” –

Mi prese per mano e mi portò dinanzi le tre Katane appese al muro.

-“Ti ricordi di queste giusto?” – mi chiese. Annuì in risposta.

-“Ti presento le autentiche Tessaiga, Tenseiga e Bakusaiga. Le spade mie e di mio fratello.” –

Sgranai gli occhi a quella affermazione.

-“Ma non erano state forgiate dalle zanne di Inu no Taisho?” – domandai incredula.

-“Infatti è così. Mio padre le fece forgiare prima che morisse. Devi sapere che Inu No Taisho è il nome che si dà, ad oggi, a quel generale cane che si prende carico di mantenere saldo il trattato di pace fra demoni e umani.” – mi spiegò.

-“Oh, è per questo che le spade autentiche stanno qua e non al museo?” –

-“Ovvio. Non lascio la mia Tessaiga chiusa in una teca.” –

-“Quindi la lasci appesa ad un muro?” – ridacchiai.

-“Si, ridi pure. So usare quella lama, ricordalo.” – mi punzecchiò.

-“Scemo! Piuttosto, come mai siete restii a dare informazioni al museo?” - chiesi, ricordando le parole della vecchia Kaede.

-“Oh beh, Sesshomaru crede sia meglio tenere per noi i segreti del nostro clan. Di tanto in tanto diamo un contentino per calmare la loro insistenza, ma purtroppo la quiete dura per poco. Ad esempio, abbiamo consegnato le copie delle bozze del design delle Katane il mese scorso e già ci pressano per dare ulteriori informazioni. Sono una scocciatura. Etcì.” – lo vidi tirare un po’ su con il naso e poi sbuffare.

-“Dannazione.” – brontolò.

-“Vuoi vedere che ti sei preso il raffreddore? Fatti controllare pure la temperatura su.” – mi avvicinai al suo corpo e alzai una mano per poggiarla contro la sua fronte.

-“Non dire stupidaggini!” – scacciò via la mia mano prima che riuscissi a toccarlo.

-“Piuttosto, vediamo un film in attesa che smette di piovere?” –

Annuì e lo seguì verso il divano. Dopo non molte discussioni, riuscimmo a decidere il film da vedere e in breve ci ritrovammo seduti sul divano, rapiti dalla trama di quel lungometraggio. Quel pomeriggio, rimasi in silenzio durante tutta la riproduzione, da una parte concentrata a scoprire chi fosse in realtà il colpevole mentre dall’altra in preda ai miei pensieri. Star seduta lì, di fianco ad Inuyasha a guardare la TV, mi fece pensare a quanto fossi felice in quel momento. Contro ogni probabilità, mi sentivo serena, finalmente soddisfatta della mia vita. Non volevo rinunciare a quelle sensazioni e forse è proprio per questo, che quel pomeriggio decisi di accantonare definitivamente ogni dubbio, convinta che fosse la scelta migliore. Uno strano peso sulla spalla richiamò improvvisamente la mia attenzione. Osservai e valutai con calma la situazione. Inuyasha si era appisolato, finendo con il poggiarsi sulla mia spalla. Provai a spostarlo leggermente, cercando di ottenere per entrambi una posizione più comoda. Al mio tentativo, un suono infastidito uscì dalle labbra dischiuse del mezzo demone.

-“Shhh, sto solo cercando di farti stare più comodo.” – sussurrai, timorosa di svegliarlo.

Con un po’ di fatica e l’aiuto di un Inuyasha mezzo addormentato, riuscì a farlo stendere con la testa poggiata sulle mie gambe. Osservai il suo viso. Un’espressione rilassata gli incorniciava il volto, le labbra lievemente dischiuse e le guance arrossate. Iniziai a giocare distrattamente con qualche ciocca di capelli, finendo con lo sfiorare quelle adorabili orecchie da cane. Frenai la tentazione di toccarle allontanando le mani dal suo capo.

-“Puoi toccarle se vuoi.” – un mormorio giunse alle mie orecchie.

Chinai lo sguardo, osservando il volto di Inuyasha sempre rilassato. Mi chiesi se non mi stessi immaginando tutto ma, contro ogni aspettativa, decisi di ascoltare quella voce. Con mano incerta, iniziai ad avvicinarmi a quella meta, accarezzando delicatamente quelle orecchie canine.

-“Sei l’unica che non le disprezza.” –

Ritrassi distinto la mano, osservando il viso di Inuyasha. Continuava a tenere gli occhi chiusi, sembrava si stesse rilassando.

-“Ma quindi non dormivi?” – spostai delle ciocche ribelli dalla sua fronte, sentendola un po’ calda.

-“Più o meno.” –

Decisi di costatare la sua temperatura. Poggiai una mano sulla sua fronte, rendendomi conto di quanto in realtà scottasse.

-“Temo tu abbia la febbre.” – gli riferì.

-“Impossibile.” – borbottò, aprendo finalmente gli occhi e scrutandomi.

-“Non fare il bambino dai, credo sia meglio che tu ti metta a letto.” – gli dissi, dandogli un colpetto sulla fronte.

-“Devo prima accompagnarti a casa.” – mi rispose, alzandosi a sedere.

-“Non se ne parla proprio. Tu ti metti a letto. Ti riposi un po’. E quando tornerà tuo fratello andrò via.” – dissi convinta.

-“Shesshomaru è al ristorante e tornerà a tarda notte. Quindi adesso ti accompagno a casa e dopo, forse, mi metto a letto.” – ribatté, alzandosi dal divano. Così facendo però, finì con il barcollare e fu costretto a sedersi nuovamente.

-“Maledizione…” – lo sentì mormorare.

Rimasi stupita dall’intera faccenda. Ero convinta che creature come Inuyasha non si ammalassero così facilmente. Inoltre la perdita di equilibrio del mezzo demone era un campanello d’allarme.

-“Inuyasha, per favore, fa come dico.” – lo sentì sbuffare e annuire poco convinto.

-“Se può farti stare tranquillo chiedo a mia madre di passarmi a prendere. Ha appena finito di lavorare.” –

-“Okay, va bene.” – così dicendo, lo aiutai a raggiungere la sua stanza.

L’ambiente che ci circondava non era molto ampio ma i colori chiari e la luce che penetrava dalle due finestre riuscivano a rendere la stanza meno asfissiante. Anche qua, nonostante il numero ridotto di mobili, l’arredamento era prettamente moderno. Accompagnai Inuyasha al letto, si sedette e gli diedi un bacio sulla fronte per provare ad accertarmi della sua temperatura corporea.

-“Hai un termometro?” – chiesi, osservandolo mettersi sotto le coperte. Lo vidi scuotere la testa.

-“Tu allora riposati. Io vado a comprarlo insieme a qualcosa per la febbre e torno qua.” – dissi, uscendo da quella stanza, pronta a rendermi utile.

-“Non c’è bisogno. Domattina non avrò più nulla.” – mormorò.

Peccato, che non riuscì a sentire quelle parole. Preoccupata dalle condizioni di Inuyasha, ricordo che presi le chiavi di casa sua e uscì di corsa da quell’appartamento. Cercai in lungo e in largo per riuscire a trovare una farmacia. Dopo mezz’ora di ricerca riuscì a trovarne una e prendere il necessario per l’influenza. Nella strada di ritorno, chiamai mia mamma, raccontandole l’accaduto. Con mia enorme sorpresa, mi concesse il permesso di rimanere a badare al mezzo demone durante la notte. Permesso che forse, avrebbe dovuto negarmi. Quella sera, quando tornai in quell’enorme appartamento, una sorpresa mi accolse. Entrando nella stanza di Inuyasha, ogni mia speranza parve crollare. Proprio lì, in quel preciso momento, vidi i capelli di Inuyasha divenir il colore della notte e quelle amabili orecchie canine, che avevo finalmente accarezzato, svanire nel nulla. Quella verità che tanto cercavo mi si parava di fronte. Il bandolo della matassa era finalmente stato sciolto. Inuyasha era Shin Hajime.

---

FrancyT:

Salveee! Come state? Spero bene :3

Con il capitolo di oggi vi ho portato tante notizie! Adesso sappiamo che nella mia storia tutte le creature con sangue demoniaco hanno una prospettiva di vita ridotta rispetto all'anime. Finalmente scopriamo perché Inuyasha ha perso un anno di scuola, finalmente Kagome scopre la verità su Shin.

Bhu bhu, curiosi di scoprire cosa accadrà dopo ciò? Come reagirà la nostra Kagome? Farà prevalere l'istinto o proverà ad essere più razionale?

In fine, ma non per importanza, perché mai Inuyasha ha deciso di mentirle? Cos'altro nasconde il mezzo demone?

Se anche voi vi ponete queste domande, non vi resta che leggere il prossimo capitolo >.<

Alla prossima!

Ps. Lasciatemi un commento dai T^T In questi capitoli mi sono impegnata molto T^T

Angolo ringraziamenti/risposta ai commenti:

Lady__94: Ciau! Leggere i tuoi commenti mi riempie di gioia! Sono contenta che tu abbia trovato il capitolo precedente interessante! Cosa ne pensi di questo invece? >.<

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

Un fastidioso brusio parve disturbare il mio riposo. Mormorii mal celati e rumore di passi mi fecero cadere in uno stato di dormiveglia…

-“Inuyasha, stai giocando con il fuoco.” –

-“Fa silenzio, ho mal di testa...” -

-“Misero mezzo demone.” - Un ringhio mal soffocato.

-“Portala via.” - Duro, freddo, tagliente.

-“Shessomaru, è tarda notte. Andiamo a letto. Ne discuterete domani.” -

Un rumore di passi, una porta che si apre, richiudendosi subito dopo.

-“Grazie Rin, ma ha ragione. Non dovevo portarla qua.” -

-“Non le hai ancora detto la verità?” - Silenzio.

-“Credevo se ne fosse andata. Ritrovarla al mio fianco mi ha stupito. Ho combinato l’ennesimo casino.” -

-“Vedrai che riuscirai a trovare una soluzione. Adesso torna a riposarti, non ti sei ancora ripreso.” - Un mormorio indistinto, poi il nulla.

Tornai semicosciente quando un raggio di luce andò a scontrarsi con il mio viso. Sbuffai e tirai le coperte fino al volto, cercando di riprendere sonno. Uno strano rumore di piatti, seguito da una voce femminile mi fece però destare totalmente. Mentre i ricordi della sera precedente riaffioravano nella mia mente, aprì lentamente gli occhi, sperando che si trattasse di un lungo incubo. Osservai il lenzuolo scuro coprirmi il viso e, dopo aver costatato che non mi appartenesse, iniziai ad uscire lentamente da quella barriera. Mi issai seduta, scrutando in giro, come alla ricerca di qualcuno. La stanza di Inuyasha si rivelava molto più luminosa di quanto ricordassi. Posta diametralmente al letto, una spaziosa scrivania occupava buona parte della parete. Spostai lo sguardo alla sua sinistra identificando quello che era l’armadio del ragazzo. Continuai ad indagare con lo sguardo e, avuta la conferma di essere rimasta sola, mi rigettai nuovamente sul letto.

-“Che devo fare…” – mormorai afflitta.

Poggiai un braccio sugli occhi, cercando di rimettere in ordine i pensieri. La sera precedente, rientrata dalla farmacia, mi ritrovai dinanzi uno spettacolo sconvolgente. Assistere alla trasformazione di Inuyasha, mi aveva pietrificata. Ricordo che, imbambolata a fissare quel brutto scherzo, lasciai scivolare la busta di mano. Il fastidioso fruscio del sacchetto di plastica finito contro il pavimento fece lamentare il ragazzo. Stinsi i pugni per provare a frenare il nervosismo. In quel momento non riuscivo a pensare a nulla se non ad una semplice cosa: Inuyasha e Shin sono la stessa persona. Uscì da quella stanza in preda al panico. Con la mente annebbiata da sentimenti negativi non riuscivo a ragionare in maniera lucida. Sedendomi sul divano cercai di darmi una calmata. Mi presi la testa fra le mani e iniziai ad inspirare ed espirare grandi quantità d’aria. Non riuscivo a credere che avessi ragione fin dal principio. Non riuscivo a comprendere come Inuyasha avesse potuto continuare a fingere. Ironicamente mi complimentai con lui, era stato un bravo attore nonostante tutto. Iniziai a chiedermi cosa avessi fatto per meritarmi quella menzogna. Mi domandai per quanto ancora pensava di mentirmi. Cercai di trovare una risposta al perché Inuyasha avesse voluto deridermi. Nonostante fosse a conoscenza della mia situazione, nonostante fossimo diventati amici, nonostante tutto, lui si stava prendendo gioco di me. Sorrisi amaramente e lasciai il posto sul divano. Iniziai a camminare per il salone, cercando di frenare l’istinto di entrare in quella camera e scatenare il putiferio. Altre domande iniziarono a prendere forma nella mia mente. Perché continuavo a rimanere lì? Perché non mi decidevo a comporre il numero di mia madre e farmi venire a prendere? Perché non riuscivo a scacciar via dalla mia vita Inuyasha? Ricordo che in cerca di risposte mi avvicinai a quella grande vetrata, come se una forza estranea mi calamitasse verso essa. Una notte senza luna, a quanto pareva anche Inuyasha perdeva i poteri nelle notti di novilunio. Mi chiesi se quel pomeriggio avesse volontariamente ignorato la mia domanda, mi chiesi per quanto altro tempo avesse intenzione di mentirmi. Sorrisi amareggiata e spostai lo sguardo verso l’orizzonte. Il maltempo sembrava ormai lontano, eppure da quell’altezza era possibile riuscir ancora a distinguere la luce accecante dei lampi. Rimasi ad osservare quel susseguirsi di luci e misi in pausa il cervello. Fui avvolta dall’assordante rumore del silenzio, un potente fischio che pare sovrastare tutto. Un violento frastuono che sembra spaccarti i timpani. L’urlo dell’esasperazione.

Sospirai e decisi di darmi una mossa. Rientrai in camera di Inuyasha, pronta a sbattergli in faccia tutto il mio sdegno. Quando però raggiunsi il suo letto e vidi quel volto lievemente corrucciato per via della febbre alta, non riuscì a svegliarlo.

-“Avrei preferito rimanere nell’ignoranza…” - Sussurrai rassegnata.

-“Perché fa così male decidere di non aver più a che fare con te?” – continuai, passando una mano fra quelle ciocche nere sulla fronte.

Mi sentivo un idiota, eppure stare là, a provare a prendermi cura di lui mi rendeva felice. La compagnia di Inuyasha si era rivelata più che gradevole e non riuscivo a rinunciarvi. Mi accoccolai al suo fianco, conscia del fatto che me ne sarei pentita. Chiusi gli occhi e cercai di non pensare alla mattina successiva. Volevo soltanto che il tempo si fermasse e che quella calma prima della tempesta non finisse mai.

-“Perché la cosa giusta da fare… Non è quella che mi renderebbe felice?” – mormorai prima di cadere fra le braccia di Morfeo.

Qualche ora dopo, fui svegliata da un fastidioso brusio. Toni bassi e profondi parevano discutere al di là della porta. Provai a tornare nuovamente nel mondo dei sogni, ma strani spezzoni di frasi parevano volermi tenere in quel fastidioso stato di dormiveglia. Riuscì per qualche secondo a distinguere la voce di Inuyasha, poi di nuovo il nulla.

Il cigolio di una porta mi fece sobbalzare e tornare al presente. Mi alzai a sedere di scatto, puntando lo sguardo verso quella direzione. Cercai di tenere a bada l’ansia e provai ad ignorare il tamburellare impetuoso del cuore. Dopo attimi che parvero durare ore, la porta si aprì, rivelando una minuta figura femminile. La scurai con attenzione, cercando di comprendere chi fosse in realtà. Aveva un volto solare, spensierato. Portava i capelli legati con un bizzarro codino laterale e indossava un allegro vestitino arancione. Nonostante avesse un abbigliamento molto infantile, qualcosa mi spingeva a credere che fosse qualche anno più grande di me.

-“Oh, sei già sveglia. Ho preparato la colazione, ti va di mangiare insieme?” –

Rimasi sorpresa dal magnifico sorriso che le incorniciò il volto. Senza neanche rendermene conto mi ritrovai ad annuire, seguendola silenziosamente in cucina. Mi sedetti al tavolo guardandomi intorno.

-“Se cerchi Inuyasha, non è in casa. È uscito all’alba con il fratello.” – commentò la ragazza, porgendomi la colazione.

-“Grazie.” – mormorai pensierosa.

In quel momento non riuscivo a far altro se non pensare alle sue parole. Inuyasha era andato via. Era fuggito via da quella scomoda situazione. Pensai quanto fosse codardo.

-“Comunque dovrebbero tornare fra poco. Il loro “allenamento” non si prolunga mai oltre quest’ora.” - Riprese la ragazza. Annuì poco convinta.

-“Che sbadata, non mi sono presentata! Sono Rin, la ragazza di Sesshomaru. Tu devi essere Kagome giusto? Inuyasha mi ha molto parlato di te.” - la fissai per qualche secondo, poi decisi di parlarle.

-“Davvero ti ha parlato di me?” –

-“Certo! Sei la prima ragazza che frequenta dopo Kikyo. Mi ha raccontato praticamente tutto!” –

-“Kikyo?” –

-“Oh, non te ne ha parlato?” – scossi la testa.

-“Inuyasha è un ragazzo molto particolare. Per via della sua natura ibrida non è mai stato apprezzato dalla società. Qualche tempo fa però era riuscito a trovarsi una ragazza che sembrava tenere molto a lui. Purtroppo la famiglia di lei è un po’ all’antica e hanno obbligato la figlia a prendere le distanze da Inuyasha. Da questo evento Inu ha disprezzato sempre più la sua natura, vergognandosi del suo essere. Non voglio giustificarlo, ma se ti ha mentito sulla sua identità è anche per questo.” – lo sguardo penetrante di Rin iniziò a mettermi a disagio.

Per quanto riuscissi a comprendere le buone intenzioni della ragazza, pensai che fosse sbagliato apprendere quelle giustificazioni da qualcuno che non fosse Inuyasha. Ringraziai Rin per la colazione e mi alzai dal tavolo.

-“Credo sia meglio che vada. Quando torna Inuyasha potresti dirgli che vorrei parlargli?” –

-“Vuoi tornare a casa con quelli?” – mi domandò indicando i miei abiti improvvisati.

-“Ho la divisa scolastica.” –

-“Vieni con me, ti presto qualcosa io. Così intanto che tu ti prepari arriva anche Inuyasha e ti riaccompagna a casa.” – sbuffai, comprendendo di non aver via di fuga. Armata di pazienza, seguì Rin verso una delle stanze che il giorno prima non avevo ispezionato.

-“Che genere di abiti ti piace indossare?” – all’interno della sua personale cabina armadio, Rin spostava con grande foga le grucce alla ricerca dell’outfit giusto.

-“Va benissimo una felpa.” – mormorai imbarazzata.

-“Ho capito, ci penso io.” –

Con non molta difficoltà, riuscì a trovare qualcosa che mi andasse a genio. Cambiata d’abito e pronta per tornarmene a casa, sorrisi a Rin riconoscente.

-“Rin, ti ringrazio di tutto, ma davvero. Credo sia meglio che io vada. Quando torna digli che lo aspetto per discuterne.” –

-“Troppo tardi.” – un piccolo sorriso colpevole sembrò deformargli le labbra.

Pochi istanti dopo infatti, la porta dell’appartamento si aprì lasciando entrare due figure molto particolari. Il primo ad entrare fu quello che compresi essere il fratello di Inuyasha. Sesshomaru era senza ombra di dubbio un essere imponente ed ogni suo movimento pareva essere eseguito con una calcolata precisione. Il suo portamento era sinonimo di eleganza e aveva un ché di regale. Dietro di lui, quasi messo in secondo piano da quel potente demone maggiore, stava un Inuyasha particolarmente a disagio.

-“Com’è andato lo scontro?” – l’allegra voce di Rin spezzò quel silenzio imbarazzante.

Osservai bene le due figure, notando lo strano abbigliamento che portavano. Sembravano degli abiti tradizionali, difficilmente la gente era solita indossarli. Legate al loro fianco, le Katane che solo il giorno prima avevo osservato.

-“Kagome, ho bisogno di parlarti.” – Il tono di voce di Inuyasha mi riscosse.

Iniziai ad osservarlo più attentamente. I capelli erano tornati argentati, così come erano riapparse le orecchie canine. Sentimenti negativi iniziarono a prendere il sopravvento, scacciando via quel lato tenero che la sera precedente aveva osato sopraffarle.

-“Anch’io ho bisogno di parlarti.” –

___

FrancyT:

Ciau! Eccomi qua con il capitolo 19, ci stiamo avvicinando alla fine >.<

Prima che me ne dimentico! Ho scritto anche un piccolo Extra, pertanto i capitoli non saranno più 22 ma 23 in sostanza! Spero che questa piccola aggiunta vi piaccia >.<

Che dire di questo capitolo? Kagome alla fine è rimasta al fianco di Inuyasha, ma riuscirà davvero ad affrontare una discussione pacifica? Bhu bhu.

Inoltre, perché mai Inuyasha ha deciso di mentirle? In questo capitolo abbiamo un piccolo dettaglio in più sulla vita del giovane mezzo demone, sarà qudsto il motivo della bugia?

Bhu bhu, curiosi?

Angolo ringraziamenti/risposte ai commenti:

Lady__94: Ciau :3 Sono davvero felice che ti sia piaciuto il capitolo! Ci stiamo avvicinando alla fine e presto tutto verrà "svelato", spero solo che troviate carino come ho gestito la questione >.<

Funny84: Ciao! Grazie mille per aver commentato! Mi ha fatto devvero piacere trovare un'altro tuo commento. Ammetto che per quanto banale, ho avuto problemi per questo evento in particolare (intendo Inuyasha che si trasforma davanti a Kagome), non avevo la più pallida idea di come far accadere l'evento! Dopo che il ragazzo mente per così tanto tempo, trovavo stupido farlo tradire improvvisamente! Alla fine ho fatto susseguire una serie di strambe coincidenze per arrivare al dunque. Spero comunque che sia stato gradevole >.< Che dire! Attualmente Kagome non è fuggita, ma chi lo sa, potrebbe farlo durante la discussione, sappiamo ormai tutti che affronta le situazioni in maniera un po' infantile no?

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Nella vita di tutti i giorni ci ritroviamo a ridere e scherzare con gente che non conosciamo, affrontiamo con spensieratezza le conversazioni di tutti i giorni, celiamo i nostri problemi. Affrontiamo la vita mantenendo segreti, mentendo alle persone che ci circondano, mentendo a noi stessi. Proprio come accade nelle pubblicità, l’inganno rende il mondo più appetibile, più semplice da affrontare, più felice. Ci lasciamo ammaliare da queste menzogne, finendo con il credere che in realtà siano veritiere. Ci dimentichiamo di tutti quegli inutili proverbi che diventano parole al vento, frasi che ci ripetiamo facendo però orecchie da mercante. Le bugie hanno le gambe corte, la verità viene sempre a galla, modi di dire che giungono a noi come un mormorio lontano. Eppure, quando finalmente apriamo gli occhi e ci rendiamo conto che quel velo di Maya¹ che ci oscura la realtà è stato stracciato, cerchiamo disperatamente di ricucire quei frammenti. Ci rendiamo conto di quanto quella bugia ci stesse comoda, apprendiamo quanto sia sbagliato adagiarci su quella dolce menzogna.

- “Non volevo che lo venissi a scoprire così.” -

Quante volte abbiamo sentito pronunciare queste parole? Quante volte qualcuno a cui tenevamo ha tradito la nostra fiducia cadendo vittima di quel circolo vizioso? Quante volte avremo preferito che la realtà fosse proprio come un brutto incubo da cui potersi svegliare? Eppure quella era la realtà. Quella complicata ricostruzione che attua il nostro cervello secondo gli stimoli dati dagli organi di senso. Pertanto, quello che stavo vivendo non sarebbe svanito aprendo gli occhi.

- “E come avevi intenzione di dirmelo?” – il silenzio seguito alla mia domanda mi fece sorridere amaramente.

Mi detti della scema, credevo veramente di potermi fidare di una persona così tanto meschina? Eppure mi trovavo ancora lì, alla ricerca di una spiegazione. Intenta a scovare un briciolo di buon senso in quella menzogna. Ero lì, in camera di Inuyasha, ad indagare sulle sue intenzioni. Il suddetto mezzo demone stava poggiato alla scrivania. Indossava ancora quegli strani abiti sgualciti utilizzati per l’allenamento con il fratello. Lo osservai con attenzione, alla ricerca di un gesto, un segnale che mi facesse percepire ciò che gli passasse per la testa. Osservai il suo viso, leggermente corrucciato da chissà quale pensiero. Spostai lo sguardo al suo corpo fasciato da quell’abito rosso. Giocherellava nervoso con una penna presa distrattamente da quel piano di lavoro su cui era poggiato.

- “Tu non avevi intenzione di dirmelo. Non è forse così?” –

Non ricevetti nuovamente risposta. Quel silenzio iniziava a snervarmi e anche la parte più tenera del mio essere iniziò a smettere di giustificare quel suo comportamento.

- “È così difficile essere onesto con me?” – sbottai infastidita.

- “Sai tutto di me Inuyasha. Conosci ogni mia debolezza. Perché non mi hai detto la verità? Perché ti sei preso gioco di me?” – ad ogni parola pronunciata il mio tono di voce si andava spezzando.

Mi sedetti sul letto, prendendo la testa fra le mani. Mi ero ripromessa di non cedere dinanzi a lui e non riuscivo a comprendere il perché stessi avendo quella reazione. Me la presi con me stessa, iniziai a pensare a quanto fossi stata sciocca. Mi sentì nuovamente bambina, provai nuovamente la sensazione di essere stata plagiata. Qualcuno stava giocando con la mia persona, Inuyasha stava provando a fare proprio come aveva fatto mio padre.

- “Eri il mio migliore amico… Perché frantumare tutto così?” - mi morsi il labbro per provare a darmi un po’ di contegno. Non potevo lasciar sfogare il nervosismo con le lacrime.

- “Non era mia intenzione prendermi gioco di te.” - Un mormorio proveniente dalla direzione del mezzo demone attirò la mia attenzione.

- “Ma davvero?” - commentai risentita.

- “É complicato Kagome.” - Un sospiro, poi un rumore di passi. Sentì il materasso affossarsi al mio fianco, Inuyasha stava seduto proprio accanto a me.

- “Tutto ciò va altre te Kagome. La verità è che Shin Hajime doveva essere il mio nuovo inizio. Quando ho creato quell’account non era un bel periodo per me.” - Lo osservai di sottocchio. Massaggiava con le dita le tempie, come se quel gesto potesse allievare la tensione.

- “Ero stufo di sentirmi criticato per la mia natura. Ne avevo abbastanza di sentirmi chiamare creatura corrotta. Volevo solo fuggire dalla realtà. Avere un ritaglio di tempo dove sentirmi apprezzato.” - provò a giustificarsi.

- “Non mi sembra di averti mai fatto pesare l’essere un mezzo demone.” - commentai alzandomi da quel letto. Avevo la necessità di mettere della distanza fra noi o non avrei retto la conversazione.

- “Io ti ho apprezzato così come sei. Quindi ti ripeto la mia domanda. Perché ti sei preso gioco di me in quel modo? Che ti costava dirmi la verità?”-

Insistetti, ancora incredula. Non riuscivo proprio ad accettare quella spiegazione. Per quanto potessi immaginare come Inuyasha si debba essere sentito, non riuscivo proprio a comprendere il perché avesse portato avanti quella farsa.

- “Non volevo rovinare tutto. Non volevo perderti.” –

Quelle parole mi colpirono come macigni. Che fosse davvero quella la verità? Possibile che Inuyasha tenesse così tanto a me da aver paura di distruggere quel rapporto? Mi chiesi per un attimo a come avrei reagito se me ne avesse parlato prima ma non riuscì a darmi risposta. Sentivo solo di star sbagliando, ero consapevole che delusa, avrei combinato un macello.

- “Perfetto, ci sei riuscito ugualmente. Vuoi un biscottino adesso?” –

Non riuscì proprio a trattenere quel commento acido. Mi sentivo ferita, delusa. Volevo che comprendesse quanto quella menzogna mi avesse turbato. Un ringhio mal trattenuto giunse alle mie orecchie, quasi sorrisi compiaciuta.

- “Non voglio litigare Kagome. Per favore.” -

Presi un respiro profondo a quelle parole ed iniziai ad interrogarmi se fosse necessario abbassarmi ad un livello così infantile.

- “Voglio solo capire Inuyasha. Mi sento delusa, tradita, derisa. Non so più se crederti o meno. Ti credevo un amico sincero, credevo Shin un amico sincero, e in una notte è tutto svanito.” – Mi lasciai andare alla fine.

Mi risedetti al suo fianco, fissando il pavimento. Che senso aveva attaccarlo? Che senso aveva accusarci a vicenda?

- “Mi dispiace per tutto ciò. Non volevo ferirti, dico sul serio. Non sapevo come affrontare l’argomento. Più giorni passavano e più tutto ciò si faceva difficile da affrontare.” - Sospirò.

- “Volevo confessarti il tutto quando mi hai chiesto di aiutarti in pagina, ma poi abbiamo litigato e ho evitato.” -

- “É passato più di un mese da allora. Non hai pensato, in tutto questo tempo, che forse la scelta migliore fosse parlarmene?” -

Non riuscivo proprio a capacitarmi di come potesse sostenere quella grande menzogna. Lo vidi sospirare e passarsi una mano fra i capelli, un gesto istintivo che in quei mesi di conoscenza avevo imparato a distinguere. Quando il ragazzo si ritrovava in difficoltà, tendeva sempre a scompigliare quella chioma argentata.

- “Ho provato più volte di quante tu possa immaginare. Solo che, giorno dopo giorno, mi sentivo sempre più in colpa per quello che stavo facendo e alla fine ho cercato di convincere me stesso che Inuyasha e Shin fossero due persone diverse. Ho iniziato a pensare di non essere nel torto. Inuyasha era un mezzo demone. Una creatura che nessuno voleva nella propria vita. Mentre Shin era la mia parte umana. Quel ragazzo che salta fuori nelle notti di luna nuova. Mi dispiace davvero tanto Kagome, devi credermi. So che il mio comportamento non è giustificabile. Ma ti prego, accetta le mie scuse.” -

Mi ritrovai senza parole. Non riuscivo a credere a quella storia. Non riuscivo a fidarmi di Inuyasha. Provai ad immaginare come potesse sentirsi, ma non ebbi i risultati sperati. Cercai di perdonarlo, ma qualcosa mi fermava. Mi chiesi come potesse autoconvincersi che fosse due persone diverse, mi domandai come riuscisse a credere alla sua stessa menzogna. Attimi di silenzio si dispersero in quella stanza.

- “Kagome... Perché non sei andata via? Intendo questa notte, quando hai notato il mio cambiamento, perché sei rimasta qua?” - Sospirai stancamente, tanto valeva dirci tutto.

- “Volevo andarmene. Fuggire via e chiudere definitivamente con te.” -

- “Cosa ti ha trattenuto?” -

- “Volevo sapere il perché di questa farsa. Volevo provare a comprendere cosa ti passasse in quella testa. Credo che una parte di me volesse rimandare il più possibile questa discussione.” -

- “Perché?” - Mi voltai a fissarlo provando a darmi una risposta.

- “Perché fa male decidere di non aver più a che fare con te.” - Mormorai, forse più a me stessa che a lui.

- “Non farlo allora...” - incassai il colpo, cercando di rimanere salda nella mia decisione.

- “Ma è questo punto, credo sia la cosa giusta da fare.” -

- “Ti renderebbe felice?” - Soffocai la voce del mio cuore, facendo prevalere il raziocinio.

- “Forse, con il tempo.” -

- “Pensaci bene Kagome, ti prego.” - Strinsi forte i pugni per frenare l’istinto di abbracciarlo.

- “Ci penserò. Ciao Inuyasha.” -

Mi alzai dal letto indirizzandomi verso la porta. Mi girai un’ultima volta ad osservare la figura del mezzo demone. Stava ancora seduto sul letto a capo chino, le orecchie abbassate. Una grande sensazione di vuoto iniziò ad insinuarsi nel mio petto. In quella stanza stavo lasciando parte del mio cuore. Avevo temuto così tanto quel momento. L’attimo in cui Inuyasha sarebbe uscito dalla mia vita, l’istante in cui sarebbe morta una parte di me. Lasciai che le lacrime mi rigassero le guance. Girai i tacchi e uscì da quell’appartamento chiudendo quel capitolo della mia vita intitolato: “Inuyasha”.

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Note:

1) Velo di Maya: è il fulcro della filosofia di Schopenhauer. In breve, il filosofo pensa che il mondo non sia così come lo vediamo, lui parla del mondo come “volontà e rappresentazione”. Ciò significa che l’uomo vede il mondo come lo desidera e che il “vero” mondo si nasconde agli occhi dell’uomo, come celato da un velo. Questo velo è appunto il “velo di Maya”, dietro al quale si nasconde il reale.

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FrancyT:

Ciau! Eccomi qua con il capitolo 20, il capitolo della "discussione". Che dire... Bhe, il comportamento di Kagome è quasi infantile ed inoltre sembra non riuscire a passare sopra l'accaduto, nonostante le giustificazioni di Inuyasha.

Ammetto che personalmente considero la lite quasi irreale, forse sarebbe stato più corretto farla più animata e far reagire Inuyasha di conseguenza. Però ho ritenuto corretto dare questo atteggiamento al ragazzo. Ho ipotizzato che si sentisse in colpa per l'accaduto, che fosse consapevole di essere nel torto e che quindi ha incassato l'incazzatura di Kagome.

Come vi è sembrato il capitolo? Piaciuto? Lo avete trovato coerente con il resto della storia? E se fosse stati al posto di Kagome, voi come avreste reagito?

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Nel corso della nostra vita ci imbattiamo in bivi, in svolte, in incontri che sembrano casuali. Ci ritroviamo in coincidenze alle quali non prestiamo la dovuta attenzione, siamo costretti a prendere decisioni con le relative conseguenze. Tuttavia, nulla succede per caso. Questo continuo test a cui ci sottopone la vita contribuisce a creare il nostro vero essere. Questo subdolo giochino, condiziona in maniera particolare la nostra identità come individuo. Proprio come in quei videogiochi dove la storia del personaggio si basa sulle nostre scelte, la vita ci offre lo stesso trattamento. Tutto ciò dovrebbe farci riflettere. Dovrebbe aprirci gli occhi, farci comprendere quanto in realtà i gesti e le parole possano alterare l’equilibrio delle nostre relazioni, la stabilità della nostra mente. Purtroppo, io non riflettei abbastanza prima di compiere la mia scelta. Quando quel giorno, a casa di Inuyasha decisi di mettere fine a quel rapporto, non feci i conti con la realtà dei fatti. Inuyasha era parte della mia quotidianità. Frequentavamo entrambi la stessa classe, lavoravamo allo stesso progetto, condividevamo lo stesso gruppo di amici. Tutto questo rese i giorni successivi a quella scelta destabilizzanti. Improvvisamente mi ritrovai ad affrontare la strada verso scuola nuovamente da sola. Fuori casa la mattina, non ci stava più nessuno ad aspettarmi. Ai piedi del Goshinboku, non ci stava più quella figura che pareva venerarlo. In quei giorni cercavo di convincermi che fosse solo abitudine, che presto o tardi, quella sensazione di vuoto sarebbe andata via. Eppure, più i giorni passavano, più quella mancanza diventava difficile da tollerare. Qualsiasi cosa facessi, sembrava sbattermi faccia quella cruda verità. Non avevo più un amico a cui raccontare gli eventi della giornata. Non avevo più quel ragazzo con cui passavo i pomeriggi a lavorare per il progetto. Ero sola. Era come se il gesto di Inuyasha avesse risvegliato quella Kagome insicura e diffidente che con il tempo avevo messo a tacere. Era come se prendere le distanze da lui invece che farmi crescere, stesse distruggendo ogni mio progresso. Contro ogni aspettativa mi ritrovai incapace di reggere quella situazione. Ogni giorno pareva uguale, monotono e infinitamente lungo. Nel silenzio della mia camera mi trovai vittima di pensieri ingarbugliati. Sentimenti contrastanti che non facevano altro che confondermi. Da quanto tempo stavo chiusa là dentro? Perché invece che passare le mie giornate all’aperto, stavo nuovamente segregata in stanza? Che fine aveva fatto la mia curiosità? Domande prive di risposta che non volevano abbandonarmi.

- “Ehi Kagome, non stai con i tuoi amici oggi? É da un paio di giorni che esci di casa solo per andare a scuola. Va tutto bene?” -

La voce di mia madre mi distorse da quel turbine di pensieri. Era entrata in camera con un’espressione corrucciata. Da quel venerdì della gita al museo, il mio atteggiamento era cambiato ed era impossibile che lei non lo notasse.

- “Tutto bene mamma, non ti preoccupare.” – la vidi avvicinarsi e sedersi di fianco a me sul letto.

- “Non mentirmi su.” – mi picchiettò la fronte con la nocca dell’indice.

- “Mi ha chiamato Sango. Anche lei è preoccupata per te. Dice che durante queste settimane sei stata molto distante con tutti.” – continuò.

Mi ritrovai a sospirare. Ero riuscita a far preoccupare anche Sango. In quel momento mi chiesi se stessi facendo bene a tenere tutto per me. Non avevo parlato dell’accaduto con nessuno, neanche con la mia miglior amica. Quando il giorno dopo la lite Sango si era presentata in casa mia, felice per lo sviluppo inaspettato che stava prendendo il suo rapporto con Miroku, non ce la feci a smorzarle il buonumore parlandole dell’accaduto. Solo il lunedì seguente infatti, la ragazza venne a scoprire della frattura che si era creata con il mezzo demone. Era palese infatti che fosse successo qualcosa. Non ci rivolgevamo la parola, lavoravamo separatamente allo stesso progetto, tendevamo ad ignorarci. A quella scoperta Sango aveva provato a farmi sfogare, mi aveva chiesto di raccontarle tutto ciò che successe con Inuyasha, mi aveva proposto di vendicarmi. Tuttavia, nessuna spiegazione uscì dalla mia bocca. Non riuscivo ad ammettere a voce alta la mia decisione di troncare quel rapporto.

- “Mi manca Inuyasha.” – Sussurrai da sotto le coperte. Era inutile continuare a negare l’evidenza. Sentivo in maniera particolare l’assenza del ragazzo e la cosa pareva distruggermi.

- “È successo qualcosa?” – La mano di mia madre iniziò a scorrermi sul capo. Cullata da quelle dolci carezze decisi che forse, con lei avrei potuto aprirmi.

- “Abbiamo litigato.” –

- “Vuoi parlarne?” – Annuì, sicura che mia madre non avrebbe tradito la mia fiducia. Mi issai a sedere e mi misi al suo fianco.

- “Mi ha tenuto all’oscuro di una cosa importante e non riesco proprio a perdonarlo.” – Iniziai a giocare nervosamente con le lenzuola. Non mi succedeva spesso di rendere mia madre partecipe di quelle problematiche e la cosa mi agitava.

- “E quindi, visto che non riesci a perdonarlo, hai deciso di escluderlo dalla tua vita?” – mi prese una mano fra le sue e la strinse, come se volesse calmarmi.

- “Si…” – mormorai.

- “Non mi sembri però convinta. Hai detto che ti manca.” -

- “È solo questione di abitudine mamma, mi passerà.” – le sorrisi rassegnata. Quello era l’unico appiglio su cui potevo reggermi. La speranza che il tempo avrebbe cancellato tutto.

- “Era la scelta giusta da fare.” - continuai.

- “Kagome, lascia che ti dica una cosa. Negli anni molte persone entreranno e usciranno dalla tua vita. Molte ti segneranno e lasceranno traccia del loro passaggio. Alcune saranno difficili da lasciar andare, mentre la lontananza da altre ti farà solo crescere.” – la stretta sulla mia mano si rafforzò.

- “Pensa a me e tuo padre. La presenza di uno nella vita dell’altro ci ha segnato, ci ha fatto comprendere delle cose e la separazione ci ha fatto crescere.” -

Poggiai la testa al muro e osservai il tetto. Riflettei su quelle parole, d’altronde mia madre non aveva torto. Senza ombra di dubbio, Inuyasha aveva lasciato un segno profondo del suo passaggio. Aveva tradito la mia fiducia, mi aveva ingannata e il suo comportamento subdolo mi aveva resa nuovamente schiva e insicura. Ero sicura che fosse corretto lasciar andare via una persona del genere eppure, non riuscivo ad essere sollevata da quella decisione. Mi risultava difficile lasciarlo andare e non riuscivo a darmi una spiegazione.

- “Vorrei solo non averlo mai incontrato…” – sussurrai, veramente stufa di tutto ciò.

- “Io non so che tipo di rapporto avevi con Inuyasha, né tanto meno conosco l’argomento della vostra discussione, tuttavia mi sembravate molto in sintonia. Non posso scegliere per te cosa fare, ma vorrei farti riflettere su una cosa.” – Annuì con il capo. Tanto valeva ascoltare fino in fondo quel parere.

- “So già che potranno sembrare frasi fatte, ma in fondo sono vere. In un rapporto è fondamentale che ogni singolo individuo doni all’altro qualcosa. Due persone devono migliorarsi a vicenda, devono apprezzare i pregi e accettare i difetti l’uno dell’altro. Ricorda che nulla avviene per caso. Inuyasha è piombato nel tuo cammino per uno scopo e sta a te comprendere quale. Interrogati, rifletti sul vostro rapporto. Cerca di capire se la sua presenza ti ha fatto del bene o ha avuto solo riscontri negativi. Ragiona e, solo quando l’avrai fatto, decidi se vale davvero la pena gettare tutto all’aria.” –

- “Grazie mamma, ci penserò.” - La rassicurai. Dopodiché, mi lasciò un bacio sulla testa e uscì dalla mia camera.

Rimasta sola, mi gettai nuovamente sul letto. Presi in mano il cellulare e ripescai dai direct di Instagram la chat con Shin. Salì fino al primo messaggio, risalente all’estate precedente, e iniziai a leggere quei folli discorsi. Sorrisi pensando quanto fossimo scemi, a come entrambi avessimo mostrato il nostro vero carattere ancor prima di conoscerci. Nei panni di Shin, Inuyasha non si preoccupava di mostrare il suo lato umano. Trovai divertente pensare a quando fosse più sincero con sé stesso, celando la sua identità. Sospirai e cercai di seguire il consiglio di mia madre. Iniziai a ripercorrere le tappe che segnavano l’evoluzione della nostra amicizia, cercando di comprendere quanto la presenza di Inuyasha avesse influito in quei mesi. Grazie a Shin ero riuscita ad aprirmi con qualcuno e a trovare più sicurezza nel rapportarmi con la gente. Grazie ad Inuyasha, ero riuscita a uscire da quel guscio in cui mi rintanavo, scoprendo nuovi aspetti nelle relazioni. Entrambe le figure mi avevano fatto crescere. Far la loro conoscenza mi aveva reso un pizzico più decisa, tanto da non sottostare agli ordini di mio padre. Non mi ero lasciata terrorizzare dalla sua incitazione di cambiare amici, anzi avevo difeso con fermezza le mie relazioni. Grazie a Inuyasha avevo stranamente ripreso in mano la mia vita, avendo quello strambo nuovo inizio che tanto speravo. Con gli occhi puntati in quella chat, mi resi conto che non avevo intenzione di chiudere con Inuyasha. Che nonostante mi sentissi tradita, in fondo gli ero riconoscente. Perché senza quella sua menzogna non avrei mai conosciuto Inuyasha al di fuori del contesto scolastico e senza quella sua idea folle Shin non sarebbe mai esistito. Se una delle due identità fosse svanita, non avrei mai conosciuto fino in fondo l’altra. Scrissi velocemente un messaggio e mi alzai finalmente dal letto. Grazie a quella riflessione mi resi conto di voler vedere ancora una volta quel ragazzo impossibile, mi resi conto di essermi innamorata senza neanche accorgermene.

---

FrancyT:

Ciauuu!

Bhu bhu, manca poco alla fine della FF, fa strano dirlo :c

Comunque! Capitolo semplice in realtà e scontato, ma va bheeee!

Che ve ne pare? Mi lasciate un piccolo commento?

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Capitolo 22
*** Capitolo 21-2 EXTRA ***


Capitolo 21-2 EXTRA

Inuyasha

Accettare sé stessi è il primo passo da fare per vivere la vita al meglio. Accettarsi non vuol dire rassegnarsi, dobbiamo solo comprendere come sfruttare al meglio quello che siamo, imparare a camminare a testa alta. Quando però nell’arco della tua vita, che sia breve o longeva, ricevi solo insulti... Beh, provare ad accettarsi diviene un’operazione difficile. La gente ti attacca, se ne frega dei tuoi sentimenti, il peso delle loro parole ti schiaccia. Inizi a chiederti cosa hai fatto di sbagliato, perché non sei nato come tutti gli altri, perché sei venuto al mondo con quell’aspetto. Eppure, la verità è più semplice di quanto possa sembrare: essere un ibrido non è stata una mia scelta. Possedere parte di sangue demoniaco e parte di sangue umano non mi rende speciale, ha solo contribuito a farmi disprezzare dalla società. Ed è quando la comunità non si fa scrupoli, considerandoti della feccia, che desideri di essere qualcun’altro. Mattoncino dopo mattoncino innalzi il tuo castello di menzogne, lo fortifichi, ti ci rintani dentro. Speri di ottenere un trattamento diverso, inizi a credere di poter avere un nuovo inizio.

L’identità di Shin Hajime è nata proprio in seguito a questa mia ricerca di sopprimere le mie origini. Ricordo che da bambino mia mamma mi raccontava la vicenda del giovane mezzo demone sigillato in un albero, proprio per darmi la speranza che qualcuno mi avrebbe accettato per la mia natura. Per anni ho atteso che quella figura si manifestasse e che, come la reincarnazione della sacerdotessa, finalmente mi apprezzasse. Tuttavia, i sogni di un ragazzino sono fatti per essere infranti.

Nell’arco di un anno, ho perso tre delle persone che andavano oltre il mio essere mezzo demone. La prima ad andarsene fu proprio mia madre. Uno stupido essere alla guida di un’auto me l’ha portata via. Da allora sono passati mesi, eppure quel vigliacco non è ancora stato consegnato alla giustizia. La seconda ad abbandonarmi è stata la mia prima ragazza, Kikyo. Era molto carina e gentile, mi è stata affianco durante i giorni che si susseguirono alla morte di mia madre. Se non fosse stato per lei, mi sarei ritrovato da solo. Era diventata il mio nuovo appiglio. Credevo che avremo passato il resto della vita insieme, ero pronto a tutto pur di starle a fianco, perfino a scontrarmi con i suoi genitori ma, purtroppo, lei non era dello stesso avviso. Quando il padre le ha ordinato di dimenticarmi, senza obbiettare mi ha gettato via dalla sua vita, troppo debole per affrontare il volere del genitore.

Da quell’episodio si susseguirono vari eventi: smisi di andare a scuola, mi cacciarono di casa, conobbi Sesshomaru. Quando il padrone dell’appartamento dove vivevo con mia madre, venne a conoscenza della sua tragica fine, non ci pensò due volte prima di sbattermi fuori casa. Non ero degno di stare in quell’appartamento, meritavo di vivere sotto un ponte. Rimasto letteralmente per strada, con appresso solo un borsone e quella misera spada malandata lasciata in eredità da mio padre, mi resi conto di quanto la mia vita stesse andando a rotoli. Passai il pomeriggio seduto alla fermata di un autobus, cercando di trovare una soluzione a quell’ulteriore problema. Non avevo amici, non avevo un lavoro, non avevo più neanche una casa. Fu in quel momento, mentre percorrevo con le dita il fodero di quella katana, che ricordai del primo figlio di mio padre. Da bambino mia mamma mi parlava spesso di lui, mi ripeteva che era diventato un bel giovanotto e che a soli vent’anni aveva preso in mano le redini del ristorante di papà. Sperava che in futuro potessimo costruire un rapporto fraterno, che ci sostenessimo come una famiglia. Ma la verità è che anche Sesshomaru mi considerava uno scherzo della natura e ne ebbi la conferma quel giorno. Decidendo di chiedere aiuto a quel fratello dimenticato, iniziai ad incamminarmi verso quel famoso ristorante posto appena fuori città. Quando arrivai a destinazione rimasi ammaliato dall’immenso giardino che circondava la villa. Sembrava che in quel luogo si respirasse una certa aria di magia, sperai che tutto andasse per il verso giusto. Osservando in giro mi incamminai verso l’ingresso, ma il mio passo fu presto fermato da un imponente figura. Finalmente mi ritrovavo dinanzi l’altro erede di mio padre, mio fratello Sesshomaru. Ricordo che mi guardava con aria di sufficienza e che le sue uniche parole furono un misero “vattene”. Non aveva intenzione di ascoltarmi, né tanto meno di aiutarmi. Ero stufo di essere cacciato via, ero stufo di sentirmi un difetto. Sentivo il sangue demoniaco ribollire, stanco di venir sopraffatto da tutte quelle emozioni. Sentì di star perdendo il controllo. Tuttavia, una figura minuta, sbucata fuori alle spalle di Sesshomaru, riaccese in me un barlume di speranza. Con la sua spensieratezza e allegria, quella ragazza mi stava prendendo in considerazione. Sembrava felice di far quella conoscenza, sembrò far ragionare Sesshomaru. Rin è stata fondamentale nella “trattativa” con mio fratello, con ogni probabilità senza il suo aiuto starei vivendo ancora per strada. In qualche modo era riuscita a convincerlo che fosse giusto aiutarmi e che la cosa migliore fosse scendere a compromessi.

I mesi successivi a quell’evento furono piuttosto tranquilli. Iniziai a lavorare al ristorante di famiglia, per provare a sdebitarmi dell’aiuto che Sesshomaru mi stava offrendo, e diedi vita alla mia seconda identità. Quell’estate creai il personaggio di Shin Hajime e finalmente provai ad essere me stesso senza sentirmi attaccato da nessuno. Se avessi saputo già allora che questa mia valvola di sfogo mi si sarebbe ritorta contro, forse ci avrei pensato due volte prima di creare quel profilo. All’epoca ero entusiasta, finalmente avevo qualcuno con cui parlare, una certa Kagome conosciuta in una pagina a tema anime. Mi sentivo sollevato, sapevo che nonostante la gente continuasse ad additarmi, lì in quella Chat, potevo essere me stesso senza venir disprezzato. Fu forse grazie all’influenza di quella ragazza che accolsi l’invito di mio fratello a riprendere gli studi. Cambiai istituto, iniziai a frequentare una scuola d’arte, speravo di riuscire ad integrarmi meglio in quell’ambiente. Tuttavia, tutto andò come sempre. Messo piede in quell’istituto decine e decine di occhi si piazzarono sulla mia testa. Commenti sprezzanti e sguardi carichi di disprezzo, davano ancor più peso a quell’orrendo segno che mi etichettava come ibrido. Eppure, se non mi fossi iscritto in quell’istituto non avrei mai incontrato il mio attuale gruppo d’amici, non avrei mai incontrato lei. Kagome Higurashi è la terza persona che, nel corso di quest’ultimo anno, ha deciso di escludermi dalla sua vita e, nonostante tutto, non riesco a fargliene una colpa. Kagome non mi ha lasciato per via di un incidente, né tantomeno perché costretta dal padre. Quell’impicciona ha deciso di cacciarmi dalla sua vita per via delle mie menzogne. Le ho mentito, mi sono preso gioco di lei.

La nostra relazione è iniziata come una stramba coincidenza, il tutto perché la professoressa Kagura aveva deciso di accoppiarci per un piccolo progetto: la realizzazione di un fumetto per Illustramente. Ricordo che all’inizio ero piuttosto contrariato da quella scelta ma che, con il trascorrere del tempo, mi ricredetti. Lavorare con Kagome si era rivelato più interessante di quanto immaginassi. Apprezzava le mie idee, cercava di migliorarle e di fonderle con le sue. La collaborazione con quella ragazza è stata la cosa migliore che potesse capitarmi in quel periodo. Eravamo riusciti a legare, mi trovavo stranamente in sintonia, mi divertivo a prenderla in giro bonariamente. Ricordo che quando mi invitò per la prima volta a casa sua, avevo il terrore che i suoi genitori mi cacciassero via per la mia natura, che quella strana sintonia venisse spazzata via ancor prima di evolversi. Proprio per questa ragione pensai di indossare uno stupido berretto, nascondendo così quelle inutili orecchie. Credevo che così facendo non mi si sarebbe ripresentata la stessa esperienza di Kikyo, speravo di non perdere altre persone. Eppure mi sbagliavo.

Giorno dopo giorno, compresi una strana verità. Scoprì, inseguito a una serie di indizi, che la ragazza con cui parlavo nei panni di Shin Hajime e Kagome in realtà erano la stessa persona. Entrambe avevano lo stesso nome, tutt’e due lavoravano ad un progetto, gestivano la stessa pagina a tema anime. Fu in quel momento, quando scoprì della pagina, che mi ricordai dello strano sketch osservato giorni prima. All’epoca, in quel parco, una strana sensazione albergò nel mio corpo, un misto di vergogna e inadeguatezza. Leggere quel nome, “Shin”, affianco a quel volto abbozzato, mi aveva turbato e scoprire tutto ad un tratto che quel viso, era come lei mi immaginasse, mi sorprese. Mi credeva umano, non aveva la più pallida idea che quel ragazzo con cui si era sfogata, in realtà fosse un mezzo demone. Tutt’oggi non so cosa mi spinse a mentirle, non so perché preferì proseguire con quella farsa. Forse in fondo, preferivo lei mi credesse umano, forse credevo che così facendo l’avrei avuta a fianco per un lungo tempo. Eppure tutto ciò si è rivelato sbagliato.

Quello stesso giorno, quello della mia scoperta, litigammo per la prima volta. Probabilmente quella mia voglia di averla a fianco non riusciva a superare il dolore che tutt’ora provo per la scomparsa di mia madre. So bene che l’obbiettivo di Kagome in realtà era quello di aiutare un amico, eppure non riuscì a confidarmi. Fuggi fuori da quella stanza adirato, non so bene se più per il suo o per il mio atteggiamento. Mi diressi a lavoro e ancora corrucciato iniziai ad eseguire le mie mansioni. Durante quel pomeriggio ricevetti anche un suo messaggio, che ignorai volutamente per ore. Quando però quella stessa sera me la ritrovai dinanzi, qualcosa cambiò. Mi indirizzai verso quel tavolo per servirla e l’ascoltai mentre mi difendeva, anche se inconsapevolmente, dal padre. In quel momento compresi che Kagome non era come Kikyo. Nonostante fosse stata manipolata più volte dal padre, Kagome stava difendendo il suo pensiero. Mi ritrovai stranamente orgoglioso di quella ragazza. Quando presi le ordinazioni al suo tavolo, non si aspettava di certo di trovarmi lì. Probabilmente era consapevole che avessi ascoltato tutto, ma poco importava. La trattai freddamente, forse per non causarle altri problemi con il padre, forse perché l’avevo ancora un po’ con lei. Tornato in cucina non resistetti, lessi il messaggio che aveva mandato a Shin, compresi quanto in realtà tenesse a me e mi decisi a perdonarla. La incontrai poco dopo all’esterno del locale. Osservava la luna come se quel piccolo spicchio bianco potesse risolvere ogni cosa. Mi sedetti al suo fianco e parlammo. Le dissi che non mi sentivo ancora pronto ad affrontare quella discussione e che speravo potesse capire. Ricordo che l’abbracciai e iniziai a parlarle di quegli strani episodi raccontati da Sesshomaru durante i nostri scontri.

A proposito di Sesshomaru, il nostro rapporto non era di certo migliorato, ma quanto meno pareva tollerarmi. Con un muto accordo, avevamo iniziato a scontrarci per sfogare la frustrazione di quella convivenza forzata e di certo il mio caro fratellino non si risparmiava. In quei mesi mi fece notare quanto fossero “poco aggraziati” i miei movimenti con la spada e quanto conoscessi poco il nostro clan. Con frasi taglienti e derisorie, mi accennava aneddoti particolari, sottolineando quanto fossi inutile e misero in confronto ai nostri antenati. Le sue frecciatine però parvero spronarmi. Iniziai a migliorare la mia tecnica di combattimento e cercai di documentarmi sul passato di nostro padre. Cercai informazioni in rete, poi mi ritrovai a frugare fra i documenti in possesso di Sesshomaru, subendomi la sua ira. Scoprì l’importanza del ruolo di Inu No Taisho e come si è giunti alla società odierna. La favola che mi raccontava mia mamma, aveva un fondo di storia. Demoni e umani iniziarono a convivere proprio perché un generale cane si innamorò di un’umana, generando un ibrido. Quello stesso ibrido che venne sigillato per cinquant'anni nel Gonshinboku. Dopo ulteriori ricerche scoprì che quell’albero sacro era ancora presente nella nostra epoca e che si trovava proprio al tempio Higurashi.

Una mattina, in attesa che Kagome uscisse di casa per andare insieme a scuola, mi ritrovai a contemplarlo. Percorsi con la mano la corteccia, cercando di imprimere nella mente quel ruvido contatto, come se potessi trarre energia da esso. Quella mattina raccontai la storia alla mia amica, sicuro che le sarebbe piaciuta. Ricordo ancora la sua espressione sorpresa e affascinata, sembrava che la faccenda la colpisse molto tanto che, entusiasta, durante la ricreazione raccontò l’aneddoto a Sango e Miroku. In quel momento mi resi conto di essere sereno, avevo degli amici su cui contare, infondo stavo avendo quel “nuovo inizio” che stavo cercando quando creai Shin. Quella serenità purtroppo mi ricordò della scelta che avevo preso.

Quella stessa sera raccontai a Kagome l’ennesima bugia, il mio ennesimo sbaglio. Avevo accettato la sua proposta di fare una videochiamata solo perché consapevole che quel lunedì ci sarebbe stata la luna nuova, sicuro di far dissipare ogni suo dubbio. Con il terrore che la verità saltasse fuori, inviai la richiesta sperando di non tradirmi. Oserei definire quella sera come la più imbarazzante e falsa della mia vita. Era palese che Kagome sospettasse qualcosa, le sue domande erano precise, calcolate, sperava di farmi cedere. Aveva volutamente intrapreso l’argomento “mezzo demone”, aveva ammesso di conoscerne uno e di considerarlo una persona migliore sia di umani che di demoni. Mi sentì uno schifo. Mi sentì vigliacco, falso. Iniziai a lottare con me stesso, era giusto dirle la verità. Quando però provai a svuotare il sacco, Kagome decise di chiudere quella chiamata. Tutt’oggi mi chiedo se sia stato un bene o un male. Di certo, quella mia scelta, fu uno dei motivi per cui Kagome non riesce a perdonarmi. Ero stato misero, meschino. Da quel giorno, ogni mia scelta, ogni mia bugia, iniziò ad essere calcolata. Ero ridicolo. Credevo che fosse la scelta giusta da fare, cercavo di convincermi che Shin e Inuyasha fossero due persone diverse. Forse fu proprio questo che mi spinse ad andare avanti, ma si sa che le bugie hanno le gambe corte.

Un mese dopo quella videochiamata Kagome scoprì la verità. Era un venerdì, eravamo ad una gita scolastica al museo di storia naturale. Ero riuscito nuovamente ad attrarre il suo interesse. Quei miei racconti sembravano rapirla. Passammo una bella giornata, spensierata, almeno fino alle nozioni di biologia. Quel giorno Kagome scoprì che i mezzo demoni, in determinate situazioni astrali, perdono i loro poteri. Con ogni probabilità, quella notizia alimentò nuovamente i suoi dubbi ed io mi sentì stufo di mentirle. Durante il viaggio di ritorno iniziò a diluviare, decisi di portarla a casa mia per evitare di farla ammalare, ma non avevo fatto i conti la mia di salute. Quella notte ci sarebbe stata la luna nuova, stavo pian piando perdendo i poteri e il freddo preso mi fece salire la febbre. Se in un primo momento provai a preservare la mia menzogna, con il passare del tempo mi arresi all’idea che fosse giusto che la verità venisse a galla, poco importava come. Ricordo che Kagome mi aiutò a mettermi a letto e poi caddi fra le braccia di Morfeo, sicuro che lei fosse andata via. Quando però, nel cuore della notte, mi svegliai di soprassalto per un forte colpo alla porta, rimasi sorpreso di ritrovarmela a fianco. Aveva scoperto la verità, avevo combinato l’ennesimo casino.

Quella notte mi sorbì il disappunto di mio fratello e fu tremendo vedere lo sguardo dispiaciuto di Rin. Lei era al corrente di tutto. Più volte mi aveva suggerito di dirle la verità, di parlarle a cuore aperto, ma non lo feci. La mattina seguente successe di tutto. Lottai con Sesshomaru, parlai finalmente a cuore aperto con Kagome, ammisi le mie colpe e le chiesi di non lasciarmi. Quando andò via mi sentì vuoto, mi avevano abbandonato nuovamente e questa volta la colpa era solo mia. Iniziai a disprezzare nuovamente me stesso, non riuscivo proprio ad accettarmi.

Da allora passarono giorni, eravamo diventati come due estranei. Iniziai a sentire la sua mancanza, speravo in un suo messaggio che per fortuna, un giorno arrivò. Aveva bisogno di vedermi, voleva parlarmi. Sperai che riuscisse a perdonarmi.

- “Ho bisogno di vederti.

Ti aspetto alle 15:00 alla gelateria in centro, quella dove siamo andati insieme. Spero verrai.

~Kagome. ” -

In breve tempo mi ritrovavo seduto allo stesso tavolino di qualche mese prima, quando insieme, in quella giornata di febbraio inoltrato, avevamo mangiato un gelato. Ricordai con rammarico quel giorno e cercai di non pensarci concentrandomi sul presente.

Quante volte nella vita ci siamo ritrovati vittime dell’attesa? Ci ritroviamo a fantasticare, a pensare. A credere chissà cosa il tempo ci porterà.

Io quel giorno attesi tanto, pensai tanto, fantasticai. L’attesa è qualcosa di estenuante, non hai idea di cosa può precedere. Ti manda in confusione. Eppure, vederla arrivare, diretta verso di me, compensò quel lasso di tempo in cui mi ritrovai a rimuginare sopra.

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FrancyT:

Eccomi qua con il piccolo Extra!

Bhe... Piccolo... Credo sia il capitolo più lungo che abbia scritto...

Che dire! Oggi vi rendo partecipi del punto di vista di Inuyasha. Il nostro protagonista non ha avuto una storia tanto allegra nella mia Fanfiction. La società che ho descritto non accetta proprio gli ibridi tanto da non curarsi della fine che possano fare. In realtà, ho preso inspirazione anche dalla nostra realtà, ingigantendo la questione, ma piccoli dettagli! Dicevo, la storia che Inuyasha oggi ci narra giustifica un po' il suo atteggiamento, il suo bisogno di "mentire". Ma, questa sua scelta, era davvero necessaria? Come ci ha raccontato, il nostro mezzo demone stava avendo quel nuovo inizio che desiderava anche senza Shin. Forse, è proprio questo che lo fa sentire in colpa?

Ah si! Ho cercato di non gettare fango sopra il personaggio di Kikyo che ultimamente sto rivalutando. Ho letto tante storie nel fandom dove la ragazza viene vista sotto una specifica veste che con il tempo mi ha fatto storcere il naso. Cos'altro dire! Anche qua la piccola Rin è fondamentale per il personaggio di Sesshomaru!

Bhu bhu, mi sono impegnata così tanto per questo capitolo >.< Credo sia quello che personalmente mi piace maggiormente >.< Voi che ne pensate? Vi piace?

Angolo ringraziamenti/risposte ai commenti

Lady__94: Ciao! Ti ringrazio sempre per il commento u.u Spero che questo capitolo ti sia piaciuto >.< Il prossimo invece, bhe, sarà l'ultimo! Vedremo come Kagome gestirà la situazione e se i due zucconi si decideranno a far pace.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Perdonare una persona non è semplice. Quando qualcuno tradisce la tua fiducia, non sempre si riesce a dimenticare o giustificare quel comportamento. Eppure, perdonare non è sinonimo di giustificare, né tanto meno di dimenticare. Quando giustifichiamo qualcuno, ci rendiamo conto che colui che ci ha ferito potrebbe aver avuto un valido motivo per averci deluso e quando invece una persona perdona, identifica chiaramente il comportamento dell’altro come moralmente scorretto, eppure decide di accettare la persona in questione per via del suo valore intrinseco. Ma ancora, giustificare, dimenticare e perdonare, non hanno nulla a che vedere con riconciliarsi. Riporre l’ascia di guerra e firmare un trattato di pace, non è mai scontato. Spesso, anche se perdoniamo o giustifichiamo determinati comportamenti, non ci sentiamo in grado di riappacificarci con qualcuno, non riusciamo più a riporre in quell’individuo la nostra fiducia. Nonostante spesso riusciamo a soffocare sentimenti negativi come rabbia, rancore ed odio, non sempre riusciamo a continuare a frequentare chi ci ha deluso. Perdonare Inuyasha non è stato difficile, in fondo ho trovato più che giustificabile il suo comportamento. La parte più tenera del mio essere, aveva già dimenticato le sue menzogne, aveva già cestinato quelle bugie così come si fa con i file inutili che occupano solo la memoria dei nostri pc. Tuttavia, quando quel pomeriggio uscì di casa, pronta a far la mia parte per riconciliarci, quel sentimento di delusione, misto ad amarezza, parve voler farmi ragionare. Camminando a passo lento verso quella gelateria, dove poco più di due mesi prima mi ero fermata con Inuyasha, valutai la situazione. Era ormai palese che considerassi il ragazzo fondamentale nella mia vita, era scontato affermare che mi fossi innamorata di lui, non ero però sicura che riuscissi a portare avanti la mia missione. Avevo paura di rovinare tutto, temevo che ancora delusa da quella mancanza di fiducia avrei finito nuovamente per attaccarlo, credevo che avremo finito per litigare. Passo dopo passo, i pensieri diventavano sempre più ingarbugliati e, una volta avvistata la gelateria in lontananza, compresi di non aver più tempo per riflettere. Presi una decisione e mi diressi decisa verso quella figura dai lunghi capelli argentati.

- “Ciao.” -

Dopo due lunghe settimane, spezzai quella distanza che entrambi avevamo posto. Dopo ben quattordici giorni, gli rivolsi nuovamente la parola, provando a mantenere un tono saldo. Inuyasha, che stava seduto allo stesso tavolino in cui eravamo posti quel lontano sabato di febbraio, batteva nervosamente un piede sul pavimento e mi osservava in silenzio. Sembrava che il mio tentativo di smorzare quella tensione, non fosse andato a buon fine. Presi un respiro profondo e cercai di portare avanti la mia scelta.

- “Ti va di fare due passi?” -

Proposi. Attesi risposta mordendomi un labbro nervosamente. Avevo paura che fosse troppo tardi, che Inuyasha mi avesse eliminato già dalla sua vita. Lo vidi annuire e alzarsi.

- “Andiamo allora.” -

Mormorai iniziando a far strada verso quel parco in cui, mesi prima, avevo abbozzato il volto di Shin. Quasi sorrisi amaramente a quel ricordo. Mi mancavano quei giorni, dove ignorante di tutto, fantasticavo sul viso di quel mio amico virtuale. Arrivammo al parco senza aver pronunciato una parola. Camminavamo l’uno di fianco all’altro, come due completi estranei. Girovagammo per un po’, godendoci l’aria fresca di inizio maggio. Il giardino sembrava essere completamente differente rispetto a qualche mese prima, sembrava più vivo, più incasinato. Bambini di tutte le età scorrazzavano qua e là: alcuni inseguivano un pallone, altri sfrecciavano in sella alle loro biciclette mentre altri ancora si nascondevano dietro gli alberi in attesa di essere scovati. Guardando quei bambini ripensai alle parole di Inuyasha, alla piccola confessione che Shin mi fece mesi prima. Mi chiesi se anche lui avesse avuto un’infanzia così. Mi chiesi se non fosse stato insultato anche da bambino. Nuovamente nella mia testa, la parte più tenera di me giustificò la sua scelta di mentirmi. Per l’ennesima volta, trovai comprensibile quel suo comportamento moralmente scorretto. Decisa a parlare con lui, mi presi di coraggio e spezzai quel silenzio. Con il cuore in subbuglio e un obbiettivo da raggiungere, iniziai il mio discorso.

- “Ti ho chiesto di vederci perché ho preso una decisione.” -

Presi un respiro profondo e mi voltai a guardarlo. Al suono della mia voce arrestò il passo e mi osservò. Mi lasciai sfuggire un sorriso nel notare le sue orecchie muoversi impazzite, in attesa di qualcosa da captare.

- “In questi giorni ho sentito molto la tua mancanza. Sia come Inuyasha che come Shin.” -

Lo guardai fisso negli occhi. Volevo che comprendesse che fossi sincera. Speravo di trovare i quegli occhi un briciolo di nostalgia. Confidavo nell’idea che anch’io gli fossi mancata. Lo vidi improvvisamente deviare lo sguardo, incapace di sostenere il contatto visivo, e passarsi nervosamente una mano fra i capelli.

- “Kagome, mi dispiace davvero... Io...” -

D’istinto poggiai le dita della mano destra contro la sua bocca. Lo vidi strabuzzare gli occhi e guardarmi interrogativo. Mi affrettai a chiarire.

- “Non dire nulla. Per favore, fammi parlare prima che mi penta della decisione che ho preso.” -

Lentamente allontanai la mano dal suo viso e attesi un consenso.

- “Va bene...” -

A quella risposta consenziente, presi l'ennesimo respiro profondo e mi decisi ad affrontare le mie scelte.

- “Ciò mi ha dato molto da pensare. Mi sono sentita derisa e tradita da due persone che consideravo importanti nella mia vita ma, non riesco a dimenticarti. Ci ho provato. Ho tentato di strapparti via dalla mia vita, ma non ci sono riuscita. Tengo troppo a te.” -

Deviai lo sguardo imbarazzata. Cercai velocemente una via di fuga, una distrazione che mi avrebbe fatto sembrare meno impacciata. In ansia, riuscì a notare una panchina libera posta poco distante da noi e iniziai ad incamminarmi verso essa, incurante del mio atteggiamento infantile. Il mio tentativo di fuga fu però messo a freno da una presa salda. Dopo neanche due passi, Inuyasha mi aveva afferrato il polso, guardandomi serio.

- “Quindi cosa hai deciso di fare?” -

Il tono della sua voce era fermo. Voleva una risposta, voleva chiarire una volta per tutte la questione. Poggiai una mano sulla sua e al mio tocco la presa sul braccio si allentò. Lo presi per mano e lo portai alla panchina osservata in precedenza. Una volta seduti iniziai a giocherellare con le dita della sua mano. Mi sentivo una bambina, incapace di argomentare in maniera sensata una risposta. L’aver ammesso a me stessa di provare qualcosa per Inuyasha, aveva reso l’intera situazione più difficile da affrontare.

- “Inuyasha, anche se il mio comportamento pare affermare il contrario, non voglio fuggire via. Ti ho contattato proprio perché voglio affrontare questo problema. La verità è che sono disposta a dimenticare tutto.” - Mormorai a capo chino.

- “Davvero?” -

Il tono di voce sorpreso del mio amico, mi fece intuire che non si aspettava una risposta del genere. Mi ritrovai ad annuire alla sua domanda, finendo stretta in un abbraccio. A quel contatto così intimo, sentì il battito del mio cuore accelerare e le guance divenir rosse. Ricambiai la stretta nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.

- “Questo non vuol dire che tornerà immediatamente tutto come prima. Dovrai nuovamente guadagnarti la mia fiducia. É un po’ come se ci stessimo conoscendo adesso.” - Mormorai.

Ma in fondo, avevo ancora fiducia in lui. Se essa fosse svanita, con ogni probabilità non avrei mai deciso di riprendere a frequentarlo. Mi staccai dal suo abbraccio e puntai lo sguardo nel suo.

- “Un nuovo inizio ecco.” -

Mi ritrovai a sorridere. Tutta quella storia girava attorno a quelle tre parole accostate, un desiderio che accomunava entrambi. Forse fu proprio questa voglia di ricominciare ad averci fatto incontrare o forse era solo destino. Di certo, questa è la storia di come io e Inuyasha ci siamo conosciuti e di come insieme abbiamo costruito il nostro nuovo inizio. Tutt’oggi, ricordiamo quegli eventi con una certa amarezza, ma entrambi siamo sicuri che quell’evento ci ha solo unito maggiormente.

Ah si! Quasi dimenticavo! Poco dopo la nostra riappacificazione, consegnammo alla professoressa Kagura il nostro fumetto guadagnandoci, contro ogni aspettativa, il secondo posto al concorso indetto da Illustramente. La cerimonia di premiazione si è svolta poche settimane dopo e durante essa era possibile acquistare una copia del nostro elaborato. Da quell’evento sono passati anni, entrambi ci siamo diplomati e attualmente lavoriamo come fumettisti. Eppure, ancora oggi conservo una copia di quel piccolo progetto, è qualcosa che custodisco gelosamente. Questo perché quel fumetto non è stato solo il primo di una lunga serie, quel progetto scolastico è stato l’inizio di tutto.

FINE

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FrancyT:

Eccoci qua, questo è il mio ultimo capitolo!

Che dire! Spero che nonostante tutto la storia vi sia piaciuta. Come avevo già annunciato all'inizio di questa esperienza, non sono molto brava a scrivere però ho cercato di impegnarmi parecchio. Ho cercato di approfondire i personaggi, di dargli uno spessore maggiore. Ho cercato di pianificare il tutto, giustificando anche il perché di determinati dialoghi. Inoltre ho provato a creare un mondo partendo proprio dalla descrizione della sua società >.<

Mi sono divertita molto a scrivere questa storia e spero vivamente che vi sia risultata gradevole!

Aspetto con ansia le vostre considerazioni >.<

A presto, FrancyT!

Angolo ringraziamenti

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto questo mio piccolo esperimento. Un ringraziamento speciale va a Lady__94, che ha commentato ogni mio capitolo, e a funny84! Ancora grazie!

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