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ATTENZIONE!!! Questo primo
capitolo contiene uno spoiler della quarta stagione di Miraculos,
più precisamente riguardante l’episodio 6: Monster
Fu! Se non volete rovinarvi la sorpresa, passate direttamente al paragrafo 4,
comunque si fa solo accenno ad un nome e a un ruolo. Niente di più.
Per correttezza, vi
avviso. Buona lettura.
*
Ricordati di me
*
Prologo
*
Alla
fine Lady bug aveva commesso un errore.
Un
errore imperdonabile.
Uno
di quelli che non ammette seconde occasioni.
Sperava
che il Grande Guardiano, Su Han, non se ne fosse accorto, che magari in quel
preciso istante stesse guardando da un’altra parte.
Ma
si sbagliava.
Sciolta
la trasformazione nella sua camera da letto, se lo ritrovò davanti con aria
severa e con già la Miracle Box in mano, pronto per
riavere anche gli orecchini della coccinella, poi sarebbe andato a recuperare
anche l’anello del gatto nero.
Nelle
sue mani sarebbero risultati inutili, perché perdendo la memoria, non avrebbe
più ricordato né Tikki e ne di essere stata una super
eroina e guardiana dei Miraculous.
Una
lacrima iniziò a rigarle il volto, e cercò di dissuaderlo a prendere quella
scatola che aveva custodito con tanta cura in tutti quei mesi.
“La
prego!” Unì le mani in segno di preghiera.
Ma
il cuore del Grande Guardiano non si scalfiva facilmente e doveva adempiere al
suo compito, ad ogni costo, anche se gli dispiaceva, aveva già avuto modo di vedere
in azione quei ragazzi, e nonostante la loro tenera età e senza un
addestramento a cui si sottoponevano portatori di Miraculous
e Guardiani, portavano a termine sempre il proprio lavoro.
Del
resto, Marinette era già stata avvertita.
“Mi
dispiace, devi consegnarmi Tikki”. Allungò la mano
verso di lei.
La
piccola kwami rossa di strinse di più alla sua
portatrice, per lei, Marinette, era molto di più di
una semplice padroncina, era la sua migliore amica.
La
corvina abbassò lo sguardo e strizzò gli occhi per liberarsi dell’opacità che
l’abbondanza di lacrime, le stava causando.
“Mi
lascia un secondo sola conTikki?”
Il
Guardiano asserì con il capo ed uscì in terrazza.
C’era
un bel sole.
*
Poco
dopo, Marinette lo raggiunse con una scatolina in
mano.
La
aprì per assicurarsi che non si stesse prendendo gioco di lui.
Il
Guardiano accennò un sorriso.
“Devi
pronunciare le parole”.
Marinette deglutì il
nulla, non era ancora pronta a rinunciare al suo ruolo di guardiana, non era
ancora pronta a perdere la memoria, ma soprattutto non aveva ancora detto addio
a Chat Noir.
Sicuramente
se fosse stato lì, avrebbe combattuto per i suoi diritti e l’avrebbe spronata a
non farsi portare via la Miracle Box così facilmente.
Ma
lei era stanca.
Era
stanca di avere tutte queste responsabilità.
Era
stanca di non riuscire ad uscire con le sue amiche.
Era
stanca di non poter avere una vita normale.
Era
stanca di non poter rivelare ad Adrien i suoi
sentimenti.
Già…Adrien. Si sarebbe
ricordata di lui?
No,
non credeva.
Ne
aveva avuto la prova con Maestro Fu.
Avrebbe
perso ben sedici anni di vita, ma era pronta a ricominciare.
“Che
ne sarà di Chat Noir?” Aveva domandato.
“Dopo
che avrò recuperato la Miracle Box, andrò a
riprendere Plagg.”
“Le
dia questa, per favore” Marinette gli allungò una
busta e lui annuì con il capo. “Non ho avuto modo di dirgli addio, spero mi
possa perdonare.”
“Mi
dispiace, Marinette. Ma non posso sorvolare sul tuo errore. Non avevi solo i
miei occhi puntati su di te, ma quelli di tutti i Guardiani dell’ Ordine.”
La
corvina, cercò di non piangere.
“Io,
MarinetteDupain-Cheng,
rinuncio ad essere guardina della Miracle Box.”
Subito levitò in aria la luce rossa che l’avvolse, andò poi a racchiudersi
dentro la scatola ovale che il Grande Guardiano teneva in mano.
Una
volta che i suoi piedi toccarono il pavimento della terrazza, svenne.
*
Non
fu difficile localizzare Plagg.
Furtivo,
si era intrufolato in quell’enorme casa, e se già la camera di Marinette lo aveva spaventato con tutta quella tecnologia,
quella per lui, doveva sembrare la casa di un film dell’orrore.
La
camera di Adrien, pullulava di aggeggi di ultima
generazione, uno schermo da sessantacinque pollici troneggiava in mezzo la
stanza, e stava trasmettendo l’ultimo concerto di Jagged
Stone, la musica era talmente assordante da spaccargli i timpani.
Lo
attese seduto sul comodo divano.
Plagg quando vide il
Grande Guardiano si spaventò e andò ad avvertire il suo portatore che stava
facendo la doccia.
Ma
lui aveva frainteso, credeva che ci fosse Lady Bug in camera sua.
“Che ci faceva
lì?”
Ne
era uscito da bagno pulito, profumato e con aria da seduttore, ma davanti a lui
non c’era la sua lady, ma il Grande Guardiano Su Han.
“Ciao
Chat Noir!” Aveva esordito alzandosi in piedi.
Adrien spense la tv,
ottenendo la sua approvazione.
“A
cosa devo la sua visita?” Chiese in tono cordiale.
“Sono
venuto a riprendere Plagg. Lady Bug, mi ha detto di
darti questo” Gli allungò una busta biancae sotto braccio notò la Miracle Box.
“Con
tutto il dovuto rispetto, la guardiana è Lady Bug.”
“Lady
Bug ha rinunciato al suo ruolo!”
Se
gli avessero trafitto il cuore con una lama, probabilmente avrebbe sentito meno
male.
La
bocca di Adrien si aprì, ma non ne uscì nessun suono.
Era
stato colto alla sprovvista.
Schioccò
la lingua e si inumidì la bocca che si era seccata all’improvviso.
“Non
è possibile. E’ stato per quell’errore?”
Il
Guardiano annuì.
“Ma
abbiamo rimediato!” Cercò di giustificarsi gesticolando nervosamente con le
mani.
“Non
è questo il punto. E ormai non è più affar vostro.” Allungò la mano verso di
lui “L’anello, per favore.”
“Eh?
Nooo!” Aveva cercato di replicare Plagg,
non era ancora pronto a separarsi da lui, e senza preavviso, senza dare il
tempo di salutarsi come si deve.
Adrien guardò il suo
amico negli occhi.
“Fammi
leggere prima la lettera!”
L’aprì,
poche righe, ma concise.
*
Chaton, perdonami!!
*
Lo
aveva fatto sul serio, aveva rinunciato al suo ruolo.
Perché
non l’aveva interpellato? Avrebbero combattuto insieme.
Del
resto il loro motto era “Io e te, insieme
contro il mondo”.
No,
non era più così.
Lo
aveva condannato alla vita di prima: in una prigione di vetro, facendo finta di
essere il figlio perfetto.
Anche
se avesse combattuto per tenere con se Plagg, non ne
avrebbe cavato un ragno da un buco, il Guardiano, lo aveva già affrontato,
conosceva la sua forza e che non c’erano speranze di vittoria.
Affranto
e con il cuore spezzato, si levò dal dito quell’anello, e mentre lo faceva,
aveva chiesto scusa a Plagg.
“Addio,
Adrien” Biasciò il piccolo kwami
della distruzione mentre veniva relegato nella Miracle
Box, accanto agli orecchini di Tikki.
“Ci
occuperemo noi guardiani di Papillon ora”.
“Spero
avrete più fortuna di noi!” Era stato il suo modo per dirgli in bocca al lupo.
Il
Grande Guardiano fece un balzo ed uscì dalla finestra.
Adrien lo vide sparire
pochi camini più in là.
In
mano, teneva ancora quel pezzo di carta.
Lo
appallottolò e lo gettò nel cestino, insieme ai poster che teneva attaccato in
camera.
Lei
non c’era più, e non aveva più ragione per tenere cose che le appartenevano.
Non
conosceva la sua identità segreta, e scovarla tra la popolazione di Parigi
sarebbe risultato impossibile, tenendo conto che ora non aveva più i suoi
poteri da super eroe.
La
doveva dimenticare e in fretta.
*
Adrien sospirò mentre
varcava l’ingresso della scuola.
Quando
entrò nello spogliatoio per prendere il libri, fu investito dai pianti delle
sue compagne di scuola.
“Che
è successo ragazze?” Domandò avvicinandosi a loro.
“Non
lo sai?” Singhiozzò Alya con il cellulare in mano.
Lui
scosse la testa e notando che all’appello mancava Marinette,
le budella avevano iniziato a contorcersi e una terribile sensazione lo aveva
avvolto.
Le
altre ragazze non sapevano cosa dire, persino Chloè e
Sabrina erano rimaste in silenzio e avvilite, ma non si stavano disperando come
le amiche più strette di Marinette.
“M-Marinette è in ospedale. Non ricorda più nulla.”
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti! So che vi avevo detto che sarei
tornata con una nuova storia una volta terminata l’altra, ma non ho saputo
resistere.
Non sarà molto
lunga, prevedo per questa una decina di capitoli, non di più (le ultime parole
famose!!!).
Comunque vi
avviso già, che ne ho un’altra che sto scrivendo, però conterrà alcuni spoiler
della quarta stagione, quindi sto cercando di pubblicarla il più tardi
possibile, giusto per dare tempo anche a voi di vedere gli episodi, anche se in
Italia mi sa che non arriverà prima di settembre L
Spero che questa
storia vi abbia incuriosito…chissà cosa farà Adrien, visto che Marinette ha
perso la memoria, riuscirà a fare due più due???
Alya aveva visto la
madre di Marinette, Sabine Cheng,
entrare dall’ingresso principale con le mani giunte, la testa abbassata e un
espressione in volto che non faceva trasparire niente di buono.
Aveva
anche notato che la pasticceria dietro l’angolo, era stranamente chiusa, di
solito pullulava di studenti che alla mattina si fermavano prima di entrare a
scuola per prendere degli sfiziosi panini o dolcetti da consumare durante
l’intervallo.
La
migliore amica di Marinette, l’aveva braccata dopo
che questa era uscita dalla stanza del preside.
“Sabine!
Sabine!!!” L’aveva chiamata a gran voce alzando anche la mano per farsi notare
tra l’orda di studenti che continuava ad entrare.
La
piccola donna cinese si era voltata verso di lei.
“Alya!” Scoppiò poi a piangere.
“Che
cos’è successo? Mi fa preoccupare così!” L’espressione di Alya
cambiò radicalmente quando Sabine fece il nome di Marinette.
“E’
in ospedale…sta male! Non ricorda più nulla!”
“Come
non ricorda più nulla, le ho parlato ieri pomeriggio.”
*
Erano le otto di
sera quando Sabine era salita in casa dopo aver chiuso la pasticceria e
lasciato Tom a sbrigare le ultime faccende.
Di solito a
quell’ora tra le scale, si poteva già sentire il profumo della cena che
ribolliva in pentola.
Marinette preparava la cena quando i suoi genitori
rincasavano tardi il martedì.
Ma non quel
martedì.
Sabine pensò che
sua figlia stesse ancora studiando e che non si fosse accorta dell’orario,
succedeva.
Entrò in casa e
quello che iniziò a farla insospettire, furono le luci spente e uno strano
silenzio che aleggiava.
Di solito, e non
sapeva il motivo, la camera di Marinette era sempre molto chiassosa, colpa
della tv a tutto volume.
La chiamò un
paio di volte senza ottenere risposta.
Sembrava non
essere in casa, ma non ricordava di averla vista uscire.
Salì
nervosamente le scale che portavano alla botola della mansarda e l’aprì.
La stanza era
buia e fredda, e i brividi che le percorsero le braccia, la costrinsero a
sfregarsele.
Nonostante fosse
quasi aprile e le giornate si facevano sempre più miti, alla sera la
temperatura scendeva vistosamente.
Notò la luce
filtrare dal lucernario lasciato aperto e un braccio di Marinette
disteso.
Subito Sabine si
precipitò da lei, e com’era prevedibile la trovò distesa sul pavimento.
La scosse un
paio di volte chiamandola.
Si svegliò
mugugnando qualcosa di incomprensibile.
La testa le
doleva ed aveva freddo.
Si spaventò
quando vide la donna minuta toccarla.
“C-chi sei?”
Sabine rimase
impietrita “Come chi sono, Marinette? Sono tua
madre!” Le disse in tono pacato “Hai battuto la testa per caso?” Le controllò
amorevolmente la fronte in cerca di bernoccoli o ferite.
Non ce n’erano.
“Davvero non sai
chi sono?” Domandò ancora preoccupata.
Marinette si sentiva un pesce fuor d’acqua, non ricordava
nulla, la sua mente era come svuotata del tutto.
Continuava a
guardarsi attorno e non riconosceva ne la sua terrazza dove passava pomeriggi
interi con album di disegni e matite colorate, ne la donna che continuava a
farle domande a cui non sapeva dare risposta.
La testa
continuava a vorticarle e a farle male, addosso sentiva anche un senso di
nausea e smarrimento.
Non riusciva ad
alzarsi dal pavimento, ma continuava a rimanere seduta con le gambe allungate
da un lato.
“Vieni dentro”
Le aveva intimato sua madre “…stai congelando qui
fuori”.
“M-mamma”La chiamò con voce tremolante e rotta dal pianto.
“Io non ricordo più niente!”
Una rivelazione
che fece raggelare il sangue nelle vene alla donna.
*
“Che
dicono i medici?”
Sabine
sospirò mentre gli amici di Marinette si radunavano
attorno a lei.
“E’
tutta la notte che fanno esami, controlli e tac. Sembra tutto apposto. Non
hanno trovato traumi o segni di lesioni”.
“I
medici sono incompetenti!” Aveva urlato Kim “Possibile che lei non ricordi
nulla e gli esami non evidenziano nessuna anomalia??”
“Calmati,
Kim!” Lo rimproverò Ivan “…e sentiamo la signora Dupain cos’ha da dirci”.
“La
terranno qualche giorno in osservazione, poi decideranno cosa fare.”
“La
possiamo venire a trovare?” Chiese Alix.
Sabine
asserì con il capo comunicando poi il numero di stanza e il piano.
*
“Alya!! Che cosa vuol dire che Marinette
ha perso la memoria?” L’espressione del biondo cambiò radicalmente quando venne
a conoscenza di quel dettaglio.
Insignificante
forse per gli altri, ma non per lui.
Che
fosse lei la sua milady?
Che
l’avesse avuta sotto il naso tutto questo tempo?
“Adrien! Mi fai male!” Senza accorgersene le aveva stretto
troppo le spalle e la stava scuotendo con forza.
“Lasciala,
amico” Intervenne Nino che gli staccò le mani.
Il
modello parigino rinsavì e si scusò immediatamente con i suoi amici, non era
solito a comportarsi in quel modo e fare del male alle ragazze.
Andò
a chiudersi in bagno come faceva ogni volta che doveva chiedere consiglio a Plagg.
Chiuse
la porta con due mandate e si sedette sulla porcellana bianca che odorava
ancora di candeggina mista al profumo di lavanda del pavimento.
Si
portò le mani dentro i capelli quando i gomiti toccarono le ginocchia.
Plagg, il suo amico e
confidente più intimo non c’era più al suo fianco.
La
sua milady, la ragazza con cui condivideva sempre buona parte della giornata,
non c’era più, o meglio era da qualche parte lì fuori smemorata e senza
identità.
Adrien chiuse gli occhi
per non piangere.
A
chi avrebbe chiesto aiuto?
A
chi avrebbe confidato i suoi dubbi?
A
nessuno.
Certo,
c’era Nino, ma a lui non poteva raccontare niente della sua ex vita da
supereroe.
Non
poteva.
Era
solo ancora una volta.
D’un
tratto pensò a Marinette, non a Lady Bug come di
solito gli capitava, ma alla sua amica che giaceva in un letto di ospedale con
attorno due persone che non conosceva e che le dicevano di essere i suoi
genitori.
Non
poteva essere la sua milady, sarebbe troppo facile scontato, sicuramente si è
trattata di una coincidenza.
Magari
ha un’amnesia momentanea dovuta ad un scivolone che ha fatto, era così sbadata
quella ragazza che prima o poi se non fosse stata attenta gli sarebbe capitato
qualcosa.
Adrien sorrise per la
sua goffaggine e quel pensiero gli scaldò improvvisamente il cuore.
I
suoi amici sarebbero andati nel pomeriggio a trovarla, anche lui ci sarebbe
andato, ma da solo.
Purtroppo
lui aveva già l’agenda piena di impegni, ma terminata la lezione di scherma e
il servizio fotografico, prima di andare a casa si sarebbe fatto accompagnare
dal Gorilla in ospedale, poco importava se sarebbe arrivato oltre l’orario di
visita consentito, suo padre donava regolarmente del denaro alla struttura, non
gli avrebbero fatto di certo storie.
La
campanella suonò annunciando l’inizio della lezione.
*
Marinette osservava il
profilo della Tour Eiffel, in piedi e di fronte l’enorme finestra.
La
signora cinese che le aveva detto di essere sua madre le aveva comunicato che i
suoi compagni di classe e le sue migliori amiche le avrebbero fatto visita.
Era
felice, perché questo significava che era una persona amata.
Un
medico col camice bianco e un’infermiera,
entrarono nella sua stanza con i suoi genitori al seguito.
“Avete
buone notizie?” Chiese voltandosi.
Il
dottore brizzolato e dagli occhi azzurri scosse il capo “Gli esami del sangue sono
tutti nella norma, e la tac non ha evidenziato lesioni nella zona cranica dove
viene controllata la memoria, solo un piccolo ematoma dovuto alla caduta, ma è
irrilevante, guaribile in pochissimi giorni. Sei sicura, Marinette
di non aver subito uno choc? Questo potrebbe spiegare la perdita della memoria”
“Mi
scusi, dottore, ma come faccio a ricordare se ho perso la memoria?”
“Bene.
Il ragionamento c’è.” L’infermiera appuntò qualcosa sulla cartella clinica che
teneva su con un braccio.
Era un test? Superato
con solo una domanda?
Dopo
quell’apparente insignificante domanda, il medico e l’infermiera si congedò,
lasciando soli i tre membri della famiglia.
“Che
cos’ho, mamma?” Chiese scoppiando a piangere.
Sabine
si precipitò a sorreggerla e anche Tom fece lo stesso.
“Tesoro,
i medici non si sanno spiegare perché tu non ricordi nulla.” Fu suo padre a
risponderle perché anche Sabine iniziò a piangere con sua figlia.
“Ti
terranno qui una settimana e ti faranno degli altri esami. Se il quadro clinico
non cambierà, ti manderanno a casa.”
Sabine
si scostò da sua figlia e con un fazzoletto si asciugò prima le lacrime e poi
si soffiò il naso.
“Non
preoccuparti bambina mia, ti aiuteremo noi a ricordare”.
*
I
suoi amici se ne erano andati da un’ora buona, e nella sua testa avevano
lasciato più confusione che altro.
Tutti
continuavano ad abbracciarla e a presentarsi, perché lei non conosceva il nome
di nessuno di loro, però poteva benissimo leggere l’espressione affranta di Alya, Mylene, Rose, Alix e Juleka, le sue migliori
amiche, e non aveva bisogno della memoria per saperlo, i loro gesti e i loro
sguardi amorevoli valevano più di mille parole messe insieme.
Si
sentiva benissimo con loro e a suo agio, e quando i ragazzi più casinisti le
avevano lasciate da sole, avevano iniziato a parlare come niente fosse.
Alya raccontò la
giornata di scuola appena trascorsa e del brutto voto preso da Kim, contro
quello eccelso di Adrien in fisica.
E
a quel nome, Marinette cambiò espressione.
“Va
tutto bene? Ti stai ricordando qualcosa?” Le chiese Alix.
“Sai
che sei innamorata di Adrien?” Continuò Alya.
“A-Adrien Agreste?” Balbettò, sua madre le aveva raccontato
che le foto di questo ragazzo tappezzavano mezza camera da letto, e per non
farsi mancare nulla, proprio nel tetto dall’altra parte della strada, c’era una
gigantografia del bel modello.
“Si,
lui” Se si guardava con attenzione negli occhi di Rose, si sarebbero potuto
scorgere due teneri cuoricini rosa.
“No,
mi dispiace” Marinette abbassò lo sguardo, e la speranza delle sue amiche che
almeno scattasse qualcosa nominandolo, si disperse come una nuvola di fumo.
“Un
passo alla volta, Marinette. Vedrai che ricorderai tutto. Sarà sicuramente una
cosa temporanea.” Disse Mylene con naturalezza “…e ritornerai a tempestarci con le tue mille paranoie e i
tentativi di confessargli i tuoi sentimenti andati a vuoto”.
Tutte
risero, anche lei.
“Sono
davvero così imbranata?”
“Se
si tratta di Adrien, si” Alya
si asciugò con un dito la lacrima di gioia che le era appena uscita dall’angolo
esterno dell’occhio.
“Balbetti
sempre e dici cose a caso quando c’è lui” Continuò Alix.
“Ma
non quando devi difendere noi o qualunque altro dai continui dispetti di Chloè o dalle cattiverie di Lila.”
Marinette si tenne la
testa quando una scossa lo aveva attraversato ed un tratto comparvero nella sua
mente i colori rosso e nero.
“Oh
mio dio, Marinette” Urlò Alya
sorreggendola quando l’amica ebbe un mancamento.
Ad
Adrien tremavano e sudavano le mani, era già la
quarta volta nel giro di dieci minuti che le frizionava sui pantaloni blu per
cercare di asciugarle.
Tra
poco l’avrebbe incontrata.
Non
era la prima volta, questo era certo, ma finalmente, poteva dare un nome a quel
volto semi nascosto da una maschera rossa a pois neri.
Come
aveva fatto a non accorgersene prima?
Troppo
accecato dall’amore che provava per Ladybug per non
capire che invece quella ragazza timida e impacciata che sedeva dietro di lui
al banco di scuola in realtà era la donna della sua vita, la stessa che
inseguiva da quasi un anno.
Non
poteva essere una coincidenza l’amnesia di Marinette
il giorno stesso che lui era stato privato del suo miraculous,
e sicuramente avrebbe di certo fatto notizia il fatto che due ragazze della medesima
età avessero perso la memoria lo stesso giorno.
Perché
l’unica cosa certa che conosceva di Ladybug era
l’età, gliela aveva rivelata durante una delle tante conversazioni durante una
ronda, per sbaglio, solo perché l’aveva tratta in inganno.
Erano
rimasti entrambi sorpresi nell’apprendere di essere coetanei.
Adrien
osservava lo scorrere dei palazzi nel finestrino della sua berlina grigia, poi
volse lo sguardo alla rosa rossa che teneva in mano.
Un
piccolo pensiero acquistato nella fioreria vicino la scuola dopo la lezione
quotidiana di scherma.
Suo
padre gli aveva sempre detto di non andare mai a far visita a qualcuno a mani
vuote.
Ancora
un centinaio di metri e il gorilla avrebbe parcheggiato nello spiazzo
dell’ospedale riservato alla auto, Adrien poteva vedere l’enorme palazzo in
lontananza e quella croce rossa che si era appena accesa.
Non
era ancora buio, anzi, le giornate primaverili si stavano allungando, ma si
vede che il timer per l’accensione delle luci non era ancora stato regolato.
“Aspettami
qui, faccio presto” Aveva detto chiudendo la portiera.
Si
avviò verso l’ingresso e le porti scorrevoli si aprirono appena avvertirono la
sua presenza.
Alla
caffetteria vide Sabine intenta a sorseggiare un tè caldo, era sola.
“Buonasera
signora Dupain-Cheng.”
Era
evidente dalla sua espressione e dalle sue occhiaie che non riposava dalla sera
prima.
“Oh!
Adrien!” Lo salutò sorpresa “…cosa ci fai qui?”
“Sono
venuto a trovare Marinette. Posso andare in camera
sua, oppure non è un buon momento?”
“Non
so se ci sarà mai un buon momento.” Sorseggiò dell’altro tè.
Adrien
la guardò in cerca di informazioni più dettagliate. “Immagino che Alya vi abbia detto che ha perso la memoria.”
Il
biondo annuì con il capo.
“O
meglio, non ricorda persone e avvenimenti. Però conosce formule matematiche,
storia, insomma tutte le cose apprese nel corso degli anni”
“I
medici non sanno dare una spiegazione?”
“Purtroppo
no. Tutti gli esami sono apposto. Ha solo un piccolo ematoma sulla tempia, ma
non è quella che ha causato l’amnesia.”
“Vorrei
vederla, posso?”
Sabine
annuì con il capo “Adrien…non prendertela se non ti riconosce.”
“Ci
mancherebbe.” Fece spallucce sorridendole.
*
Adrien
fece un bel respiro profondo.
La
vide di spalle mentre era in piedi difronte la finestra.
Bussò
alla porta già aperta per attirare la sua attenzione.
Lei
si voltò.
Era
bella, bellissima.
Anche
se indossava un camice bianco lungo fino le ginocchia che non metteva in
risalto la sua perfetta forma fisica, teneva i capelli sciolti che le
ricadevano morbidi fino le spalle, notò subito che mancavano ai lobi i suoi
soliti orecchini neri.
“Adrien!”
Fece lei sorprendendolo.
“T-ti
ricordi di me?”
“No,
magari.” Con un cenno del capo indicò il mega cartellone pubblicitario posto in
bella vista davanti la sua finestra.
“Oh!”
Fece di rimando “Che stupido!”
“Non
ti preoccupare. Piuttosto che ci fai qui? L’orario delle visite è finito da un
pezzo”.
Marinette non balbettava
ed era molto sicura di sé.
“Ci
tenevo a salutarti”
“Non
stare lì impalato, vieni qui” Fece cenno con la mano di accomodarsi alla
poltrona verde smeraldo di alcantare mentre lei si sistemava al bordo del letto
con le gambe penzoloni.
“Tieni”
Le allungò la rosa.
Marinette rimase
interdetta, sapeva che nel linguaggio dei fiori il rosso simboleggiava la
passione, ma da quello che le risultava non aveva un ragazzo, e men che meno un
modello di fama internazionale.
Non
disse nulla, si limitò solo ad accettarla.
“Grazie,
non dovevi disturbarti”
“Nessun
disturbo per te Mil….Marinette.” Si corresse subito
come se usando la parola milady lo avesse potuto scoprire o capire che
lui era Chat Noir.
Si,
era.
“Comunque
scusa se non sono venuto assieme agli altri, ma avevo una lezione di scherma e
se non ci andavo, mio padre si sarebbe arrabbiato. E poi…ci tenevo a vederti da
solo.”
“Come
mai?”
Adrien
si morse un labbro, aveva sbagliato a pronunciare quell’ultima frase, sapeva di
alimentare la sua curiosità, e ora Marinette era
curiosa più che mai.
Aveva
bisogno di informazioni sulle persone che non ricordava, doveva assolutamente
sapere di tutti i bei momenti condivisi con loro e perché no, anche con lui.
Perché
stare con lei, non solo in veste di super eroe, ma anche in quelli civili, era
la cosa più bella del mondo.
Il
suono delle sue risate, la sua voce, di come battibeccava con Chloè in classe per far valere i suoi diritti, e perché no,
anche il suo imbarazzo, il suo continuo incespicarsi davanti a lui, lo facevano
stare bene.
“Perché
s-siamo a-mici e…” Ora era lui quello che balbettava imbarazzato.
“Non
devi essere impacciato davanti a me. Non ti mangio mica!”
Risero
all’unisono.
“S-si scusa è che ho paura di dire o fare qualcosa che
potrebbe turbarti, del resto non ti ricordi di tutti i bei momenti che abbiamo
condiviso.”
Ecco
per l’appunto.
Marinette si rabbuiò d’un
tratto.
Anche
a lei sarebbe piaciuto ricordarsi di lui, del perché sentiva le farfalle allo
stomaco e del perché non riusciva a smettere di guardare quegli occhi verdi.
“Scusami
te”
Adrien inarcò un
sopracciglio “Per cosa?”
Marinette deglutì un po’ di
saliva e schioccò la lingua “Per essermi dimenticata di te, sembra che abbiamo
un rapporto speciale io e te.”
“Si,
in effetti…” Il biondo si grattò la testa in cerca
delle parole giuste, non poteva permettersi di fare casino o di incasinarle
ancora di più la testa.
Nessuno
aveva detto a Marinette che era innamorata perdutamente
di lui, che la sua camera era tappezzata delle sue foto.
Ironia
della sorte, l’avevano fatta accomodare nell’unica stanza dove quel cartellone
pubblicitario era ben visibile.
In
realtà non le avevano detto un bel niente, aveva passato l’intera notte e la
mattina tra ambulatori, prelievi ed esami vari.
Solo
nel pomeriggio la madre le aveva detto che sarebbero arrivati i suoi amici a
trovarla, ma non aveva di certo accennato ad un ipotetico fidanzato, forse non
lo sapeva nessuno.
“S-siamoforse…”
“Oh!
No, no.” Rispose Adrien agitando le mani.
Marinette tirò un sospiro
di sollievo “Meno male, sarebbe stato imbarazzante…cioè…nel
senso che…non è che non voglia…lovoglio…no non lo voglio…oddio
scusami” Si coprì la faccia per la vergogna.
Adrien scoppiò a
ridere e le tolse le mani dal viso riscoprendolo più rosso di un peperone.
“Non
ti preoccupare, non fa niente. So che cosa intendevi dire.”
Eccola
lì la tenera, incostante e svampita Marinette, la
ragazza che era stata capace di rubargli il cuore.
Anche
se non ricordava più nulla, aveva lo stesso mantenuto il suo carattere.
“Che
vergogna! Che figura pessima!” Si ricoprì la faccia “Davvero scusami!”
“Un
giorno rideremo di questo!”
“Perché?
Non lo stai già facendo?”
Adrien sogghignò.
“Sai,
Marinette…” Iniziò a dire con voce calma e calda, in
un tono che metteva sicurezza, ed era così che si era sentita la sua amica, si
levò le mani dalla faccia per non sembrare ancora più stupida, intenzionata ad
ascoltarlo. “…ero molto teso mentre venivo qua. Stavo
male sapendo che tu non ti saresti ricordata di me, che sarebbe stato difficile
parlarti, perché non sapevo come prenderti, avevo paura di dire o fare qualcosa
che potesse metterti in difficoltà o in imbarazzo. Ma mi è bastato guardarti
per capire che sbagliavo. Tu sei la solita Marinette,
si…solo smemorata” Le accarezzò dolcemente il volto e
Marinette sentì la sua pelle bruciare, un calore che
la fece subito sentire bene, come se a quel ragazzo, a quell’amico potesse
affidare la sua vita.
La
corvina ci appoggiò sopra la sua per bloccarla, avrebbe voluto che quel momento
non finisse mai, si gustò quel contatto chiudendo gli occhi.
Sentiva
che tra loro non c’era solo una semplice amicizia, ma il loro rapporto andava
ben oltre a quello che i loro occhi potevano vedere.
Si
lasciò cullare da quel tocco ancora un po’, poi i suoi occhi si fecero d’un
tratto umidi e alcune lacrime iniziarono a rigarle il volto.
“Non
piangere, Milady.”
“Milady?” Fece eco lei non chiedendo
spiegazioni e rimanendo sempre con gli occhi chiusi.
Lui
sembrò non dar peso a quella domada.
“Ti
prometto una cosa Marinette” Le prese le mani, la
guardò dritta negli occhi e Marinette si sentì
avvampare per l’ennesima volta “…ti farò ricordare
ogni cosa. Ti farò ricordare di me.”
ATTENZIONE!!! Questo
capitolo capitolo contiene uno spoiler della quarta
stagione di Miraculous.
Buona lettura.
*
Ricordati
di me
*
Capitolo 3
*
Marinette
entrò nella sua stanza e niente di quello che vedeva sembrava essere famigliare,
tranne le foto appese nella sua bacheca che ritraevano lei e i suoi amici, non
ricordava però quando erano state scattate.
Poggiò la valigia ed
iniziò a guardarsi attorno.
Tutto era in perfetto
ordine e il letto appena rassettato.
Si buttò con la
schiena all’indietro nel morbido materasso ed iniziò a guardare quelle foto in
cerca di una scintilla, anche di un semplice fischio come le era capitato di
avere qualche volta durante la permanenza in ospedale.
E ogni volta che
succedeva, poi vedeva nella sua mente dei brevissimi frame, a volte anche solo
delle immagini.
Niente.
Sbuffò seccata e
scese le scale iniziando a frugare tra i bauli (cosa ci facevano tutti quei
pacchetti?) e tra i cassetti, fino a quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Sembrava un libro
dalla copertina morbida e rosa a pois, lo aprì e fu sorpresa di constatare che
quello fosse potesse essere il suo diario segreto.
*
31 Agosto
Caro
diario,
le
vacanze estive sono quasi finite, e oggi sono andata con mamma alla libreria
infondo la strada ad acquistare i libri per un nuovo anno scolastico.
Quest’anno
inizio il liceo.
Mi
viene già l’ansia a pensare che sicuramente capiterò in classe con ChloèBourgeois.
*
16 Settembre
Caro
diario,
il
primo giorno di scuola è andato bene, ho conosciuto una ragazza fantastica, si
chiama Alya.
Credo
diventeremo ottime amiche, ci capiamo con uno sguardo.
Unica
nota negativa, e come immaginavo, sono capitata nella stessa classe di Chloè.
Oggi
andava in giro per i corridoi dicendo a tutti che Adrien
Agreste avrebbe frequentato la nostra stessa scuola.
Ma
chi è?
Di
Agreste conosco solo il famoso stilista, non avevo idea avesse un figlio.
*
17 Settembre
Oh
mio dio!!
Oggi
di cose ne sono successe, e di roba grossa anche.
Andiamo
con ordine però.
Finalmente
ho conosciuto il famigerato Adrien Agreste, niente di
che, il solito ricco snob, era ovvio che una persona così non potesse essere
altro che amico di quella sciacquetta di Chloè.
Sai
che cosa ha fatto?? L’ho beccato mentre attaccava una gomma da masticare nel
mio posto. Ti rendi conto?? Lo odio.
Ma
passiamo alla cosa più incredibile che mi è successo.
Oggi
in camera mia ho trovato una scatolina con dentro degli orecchini, e quando l’ho
aperta è uscito un topo rosso gigante e parlante!! Aiuto che paura.
Parlante!!!
P-A-R-L-A-N-T-E!!!
Pensavo
volesse uccidermi.
Mi
ha detto che poteva trasformarmi in una super eroina di nome Lady Bug.
Lady
Bug!?
Così
spinta dalla curiosità e sperando svanisse subito dopo, ho fatto come mi ha
detto.
(Ancora
mi chiedo perché).
Mi
sono trasformata e insieme a Chat Noir abbiamo salvato Parigi.
Chi
è Chat Noir? Non ne ho la più pallida idea.
Tikki, questo è il
nome del kwami della creazione, mi ha detto che non
dobbiamo svelare a nessuno le nostre vere identità, nemmeno all’altro.
*
18 Settembre
Caro
diario,
credo
di aver fatto un enorme casino, non sono tagliata per la vita da super eroe.
Dopo
aver salvato il mio amico Ivan che era stato trasformato nel cattivo “Cuore di
pietra”, la città di Parigi è stata attaccata nuovamente per un mio errore, non
ho catturato e purificato l’akuma, ma ho rimediato.
Sono
inutile, e non valgo niente come super eroina.
Devo
trovare qualcuno più qualificato di me.
*
19 Settembre
Caro
diario,
dopo
aver parlato a lungo con Tikki, ci ho ripensato e
credo che con un po' di pratica potrò diventare brava.
Oggi
sono riuscita a non legare me e Chat Noir come due salami com’era invece
successo la prima volta.
Avrà
pensato che sono un disastro.
Ormai
è quello che pensano tutti.
*
20 Settembre
Caro
diario,
credo
di essermi innamorata!!
Oddio,
se penso ai suoi capelli di seta biondi, ai suoi occhi verdi, al suo sguardo magnetico…
Ok,
ok, mi ripiglio!
Vuoi
sapere chi è? Adrien Agreste.
Si
proprio lui, lo so che ti avevo detto che lo odiavo, ma oggi è successo una
cosa che ha cambiato tutto.
Abbiamo
chiarito il malinteso della gomma, non era stato lui ad appiccicare quello
schifo sulla mia seduta, ma Chloè (grr…sempre lei!!!), lui la stava solo cercando di togliere.
Mi
ha confessato di non essere mai andato a scuola prima e di non aver avuto mai
degli amici, mi ha fatto una pena povero ragazzo.
Aveva
iniziato a piovere e lui mi ha dato il suo ombrello, che com’era ovvio, si era
richiuso subito dopo sulla mia testa.
Lui
è scoppiato a ridere, io mi sarei volentieri scavato una fossa da sola,
desideravo sparire.
Però
quella risata era la cosa più bella del mondo.
*
04 Marzo
Caro
diario…
Oggi
ho perso il Maestro Fu…
Oggi
ho perso Adrien…credo che Kagami
sia la persona adatta a lui, è una persona forte, coraggiosa e che non esita
mai.
Al
contrario di me.
Adrien non mi
rivolgerà mai quello sguardo, non mi pulirà la guancia se me la sporcherò di
gelato.
E’
meglio così…io probabilmente lo avrei fatto solo
soffrire ora che sono diventata la guardiana della miracle
box e che ho sulle mie spalle il peso di questa responsabilità, non potrò più
condurre la mia vita di prima.
Ma
in compenso ho Luka che mi sostiene, sai ha scritto
anche una canzone per me…
Ed
io e Chat Noir siamo una squadra fantastica!
*
15 Marzo
New York!!! New
York!!
Ci
pensi caro diario, domani parto per la Grande Mela e ci sarà anche Adrien, sono riuscita a convincere suo padre a mandarlo in
gita con noi per la settimana dell’amicizia.
Perché
è questo che siamo: solo amici!!!
*
Marinette continuava
leggere e rileggere quelle pagine del suo diario segreto cercando di capire un
po' di più della sua vita privata, dei suoi amici, dei suoi genitori.
Fu
sorpresa nell’apprendere di essere una super eroina di nome Lady Bug, e finché
non si era documentata nel Lady Blog, il sito internet gestito da Alya, pensava fosse tutto frutto della sua immaginazione.
Nessuno
le aveva detto di avere dei poteri, e andando sempre più avanti nella lettura,
aveva anche capito perché.
Era
il suo segreto e di Alya, perché nonostante tutto,
per evitare di crollare psicologicamente lo doveva dire a qualcuno, qualcuno
degno di fiducia, e la sua migliore amica sarebbe stata l’unica persona in
grado di comprenderla.
*
02 Aprile
L’ho
detto ad Alya.
Era
l’unica in grado di capirmi.
L’unica
persona che non mi avrebbe giudicata.
*
Da
quel giorno in poi si interrompe la scrittura.
Nella
testa di Marinette c’erano molti dubbi e domande,
voleva riavere i suoi ricordi.
Rammentare
tutti le volte che salvava Parigi insieme al suo compagno di mille avventure,
che però a quanto pare non si era fatto più vivo e nemmeno quel Papillon
menzionato tra le righe.
Puff…spariti entrambi.
Dissolti
come una bolla di sapone.
Eppure
stando al suo diario sembrava che Papillon attaccasse tutti i giorni, e poi
dov’era finiti Tikki? I suoi orecchini? Che la sua
perdita di memoria avesse a che fare con questo?
Non
poteva essersi inventata tutto, anche perché ci sono video nel web che li hanno
ripresi in azione.
Oppure
quello che aveva trovato non era il suo diario, ma una sorta di appunto per
qualche storia che stava scrivendo su Ladybug?
L’unica
persona che poteva darle una risposta era appena arrivata a casa sua.
“Marinette, sono arrivate le tue amiche” Sabine aveva
bussato alla botola di camera sua.
“Scendo
subito!”
Era
tornata a casa da una settimana dall’ospedale dopo una permanenza di quasi due.
Non
ricordava più il quantitativo di sangue prelevato, le radiografie e le tac a
cui si era sottoposta.
Ogni
esito era negativo, lei stava bene, e nessun medico e specialista era riuscito
a capire il motivo della sua amnesia, se questa era solo temporanea o
definitiva.
Un
caso più unico che raro, e alla domanda di uno specialista che era stato
incaricato di seguire l’evolversi della situazione, Tom aveva risposto che sua
figlia non farà mai da cavia per esperimenti di alcun tipo, che ci avrebbe
pensato lui alla sua bambina.
Marinette non era ancora
tornata a scuola, ma seguiva delle lezioni i DAD di un paio d’ore giornaliere,
come indicato dai medici.
Era
meglio non sovraccaricare il cervello di informazioni, ma avrebbe fatto un
ritorno graduale.
Ogni
pomeriggio riusciva a vedersi con le sue amiche, e oggi sarebbero andate a casa
di Juleka per sentire suonare i KittySection, con guest star Adrien alla pianola.
Aveva
indossato un abitino variopinto con gonna ampia lunga fino alle ginocchia, una
giacca di jeans azzurra e anfibi neri ai piedi, i capelli erano stati raccolti
in una coda alta e i ciuffi più cortile cadevano sul volto, un leggero velo di
trucco era stato applicato sul viso.
Ripose
il diario dove lo aveva trovato e scese giù.
“Sei
bellissima, Marinette” Le aveva detto Alya rimanendo a bocca aperta, era abituata allo stile
della vecchia Marinette, molto più timida che osava
poco con i vestiti.
“Grazie.
Ieri sono andata con mamma a fare shopping e mi sono letteralmente innamorata
di questo abito.”
“Stai
benissimo! Andiamo che facciamo tardi” Alya la
trascinò via per un braccio dopo aver salutato la signora Dupain-Cheng
intenta a sistemare la cucina, con Alix e Mylene al seguito.
*
15 Aprile
Caro
diario,
oggi
sono stata al concerto dei miei amici, i KittySection.
Sono
stati fenomenali e Rose ha una voce che spacca di brutto.
Hanno
detto che stanno lavorando ad un nuovo album, e non vedo l’ora di curare la
grafica della copertina, ho già un paio di idee al riguardo.
Ci
hanno presentato delle nuove canzoni e anche qualche brano vecchio, beh! Per me
erano tutte nuove.
Alla
fine di tutto abbiamo fatto una piccola festa a bordo della Liberty, e la madre
di Luka e Juleka è stata
molto ospitale, ci ha offerto la pizza.
La
mia preferita è senz’altro quella con pancetta e scamorza, o forse lo era anche
prima? Boh! Non importa.
L’importante
è che mi sia divertita e che i miei amici mi abbiano fatto sentire a mio agio
non facendomi pesare il fatto dell’amnesia, nei giorni scorsi mi sentivo come
un pesce fuor d’acqua, ma piano piano sto imparando a
conoscerli e ad amarli per come sono.
Ho
passato quasi tutto il pomeriggio a parlare con Luka
e Adrien, e finalmente ho dato un volto vero a questo
mio ex ragazzo.
Mi
sono sentita davvero in imbarazzo per averlo fatto soffrire, non meritava tutto
il male che gli ho causato, ma non potevo dirgli che ero io Lady Bug.
Forse
un giorno ne parlerò con lui e so che potrà capirmi, lo sento.
L’ho
visto molto contento di constatare che stavo bene e mi ha fatto i complimenti
per il mio vestito, prima di scusarsi per non essere venuto a trovarmi in
ospedale, ma era partito per una piccola tournee con suo padre, Jagged Stone.
Mi
ha raccontato che Jagged è spettacolare e che gli ha
parlato del motivo del suo abbandono, si sono chiariti subito.
Piccola
domanda…Ma mi vestivo così male prima??
Forse…ahahahaha!
Comunque
Alya mi ha detto che Adrien
non riusciva a togliermi gli occhi di dosso e che mi guardava come se mi
volesse mangiare.
L’ho
visto timido e impacciato, mentre Luka sembrava
essere proprio a suo agio accanto a me, sono davvero due ragazzi diversi.
Ah!
Ho scoperto che il padre di Adrien è in Tibet per lavoro…in Tibet?? Da quel che so ci sono solo montagne e
non mi sembra il luogo ideale per andare ad aprire negozi di moda, è stato
molto vago su questo.
Avanzò
in quel luogo bianco e asettico, e ad ogni passo sollevava una nuvoletta dello
stesso colore.
Sentiva
freddo, così si chiuse in un abbraccio e continuò ad andare avanti, in cerca di
una via d’uscita.
Ma
più continuava il suo cammino e più le sembrava di girare in tondo.
Davanti
a lei il nulla, o meglio una coltre di nebbia fitta che non lasciava
intravedere cosa ci fosse dall’altra parte.
Solo
bianco.
Paura.
Smarrimento.
Marinette sospirò e
continuò fino a quando non sbatté contro uno specchio.
Cercò
di arginarlo, ma più provava a vedere la sua fine e più questo aumentava la sua
superficie.
Rassegnata,
guardò il suo riflesso farsi sempre più nitido.
Indossava
una tuta rossa a pois neri, eppure vestiva un paio di jeans e una maglietta
rosa.
Controllò
di nuovo e rivide sempre la stessa persona, allora pensò che quella mascherata
non fosse lei.
“Ciao,
io sono Marinette!”
E
lo disse anche il riflesso nello specchio.
“Non
copiarmi” Continuò portandosi le mani sui fianchi, un gesto che fece anche Lady
Bug.
Marinette si avvicinò di
più ed iniziò a toccarsi la faccia, ma quando fece per levarsi la maschera,
l’immagine cambiò di colpo.
Apparve
un vecchio con pizzetto e bastone, con accanto a lui una donna della stessa età
più o meno.
La
corvina alzò una mano in segno di saluto e la stessa cosa fecero anche loro.
“Chi
siete?”
“Chi
siete?” Fecero eco loro prima di svanire lasciando il posto ad una scatola
ovale rossa con degli strani simboli che continuava a girare.
Ne
uscirono circa una decina di animaletti strani spaventandola e le sue urla
riempirono quel luogo.
“Aiutatemi”
“Non
possiamo, Marinette” Disse quella rossa con un punto
nero enorme sulla testa prima di essere assorbita dalla scatola che poi esplose
come un fuoco d’artificio, lasciando il posto ad una figura austera.
Vestiva
molto elegante ed indossava una maschera bianca che gli copriva tutto il volto,
quando la tolse, il suo volto era senza naso, senza occhi e senza bocca.
Marinette indietreggiò e cacciò
un urlo che echeggiò in quel luogo misterioso.
La
figura fece un passo in avanti ed uscì dallo specchio “Dammi il tuo miraculous” Protese poi la mano in avanti attendendo che il
suo ordine venisse svolto.
La
corvina gli volse le spalle e cercò di correre via, ma più ci provava e più le
sue gambe sembravano essere incollate al pavimento e trattenute dalla nebbia.
Cascò
in avanti, e quando alzò lo sguardo vide un eroe mascherato di nero.
“Ci
penso io qui, Marinette! Scappa” Le disse parandosi
davanti a quel mostro uscito dallo specchio.
“Chi
sei?”
“Chat
Noir!” Le fece un inchino.
Marinette sentiva che lasciarlo
da solo a combattere quella battaglia non era la cosa giusta da fare, lo
avrebbero fatto insieme, anche se lei non aveva super poteri.
“Non
posso andarmene. Lo affronteremo insieme!”
Chat
Noir si tolse la maschera, ma non riuscì a vedere bene chi c’era dietro tranne
le sue labbra sottili “Io e te insieme contro il mondo, milady”.
“Sempre”
Gli disse stringendogli la mano.
Il
suo sorriso era la cosa più bella che aveva visto fino ad ora e riusciva a
metterla a suo agio, quando all’improvviso venne colpito da un akuma, trasformandosi in Chat Blanc.
“Mi
spiace, Milady!” Chat Blanc venne avvolto da una luce accecante che esplose
poco dopo.
*
Marinette si svegliò
ansimante e tutta sudata.
Scostò
le coperte e si mise seduta sul letto portandosi le mani dentro i capelli.
Il
cuore le batteva forte nel petto.
Sospirò
cercando di mettere in ordine le idee, ma più si sforzava e più la testa
iniziava a dolerle, e l’ansia e la preoccupazione scaturito da quell’incubo
stava passando in secondo piano.
Aveva
bisogno di sapere che cosa significasse quello che aveva appena vissuto e dal
suo diario l’unica persona che poteva aiutarla era Alya.
Lei
conosceva il suo segreto e con molta probabilità avrebbe potuto essere utile a
risvegliare qualche ricordo, anche se in cuor suo sapeva che anche Adrien
avesse una parte in tutto questo.
Ma
non le era chiaro il suo ruolo.
Quando
era andata a trovarla in ospedale, ebbe la sensazione che il rapporto che
intercorreva tra di loro fosse più di una semplice amicizia, eppure non era
riuscito a darle più informazioni, o semplicemente glielo avevano impedito.
“Marinette, è ora di andare a scuola!” Annunciò sua madre
palesandosi in camera sua, e fu sorpresa di trovarla già pulita, profumata e
vestita.
“Sono
pronta mamma!” Annuì convinta.
*
Marinette si fermò ai piedi
della scalinata.
Improvvisamente
si sentì spaesata e l’aria le aveva iniziato a mancare quando cercò di mettere
il piede sul primo gradino.
Quell’edificio
era un luogo sconosciuto, come erano sconosciuti i ritardatari, come lei, che
si apprestavano di corsa a salire le scale e cercavano di evitarla per non
andarle addosso.
Sabine,
le aveva chiesto se voleva essere accompagnata per il suo primo giorno, ma lei
la liquidò dicendo che era abbastanza grande per attraversare la strada e
raggiungere il liceo.
Si
sbagliava.
Non
era ancora pronta ad affrontare gli sguardi inquisitori degli studenti e le
occhiatacce delle studentesse più grandi di lei.
Già
le vedeva negli angoli a giudicarla e sussurrare tra loro frasi del tipo “E’
quella la smemorata” oppure “Verrà promossa solo per compassione”.
Strinse
di più i libri che teneva tra le braccia e si sforzò per non piangere.
Per
quanto fosse forte, Marinette, stava per crollare e
non sapeva nemmeno lei perché.
Si
sentiva sola e si era pentita di non aver accettato l’aiuto della madre.
Improvvisamente
quell’edificio le sembrò un mostro gigante che l’avrebbe divorata se avesse
varcato la sua soglia imprigionandola in una dimensione parallela senza dare la
possibilità di tornare indietro.
Forse
era questo che le era successo, ed ecco perché non riusciva a ricordare le
persone.
Deglutì
il nulla e girò i tacchi.
Marinettesbattè la fronte contro il mento di qualcuno.
“Ahio!” Aveva esclamato aprendo poi gli occhi e trovandosi
davanti Adrien.
Bello
come il sole, illuminato dal sole mattutino già alto nel cielo.
“Ti
sei fatta male?” Le aveva chiesto amorevolmente massaggiandosi il mento.
“N-no.
Anzi, scusami se ti sono venuta addosso”.
Adrien
notò subito che il suo tono di voce era strano, come se fosse spaventata.
“Non
è un problema, ultimamente sono distratto anch’io” Le sorrise.
La
campanella suonò, quello era l’ultimo avvertimento, dopo le porte si sarebbero
chiuse. “Entriamo?” Le chiese porgendole la mano.
Marinette esitò, abbassò lo
sguardo come se si vergognasse o come se non volesse.
“A-adrien, è che…”
“Marinette…ci sono io qui. Non ti accadrà nulla” Per lei
quella ragazza era come un libro aperto e poteva capirla solo guardandola negli
occhi.
Era spaventata
e lui l’avrebbe aiutata a superare il primo ostacolo. “E poi non vorrai andare
in punizione il primo giorno di scuola”.
La
corvina accennò ad un sorriso “No, no”.
Adrien
le prese la mano ed insieme varcarono la soglia.
“Hai
visto? Non è stato poi così difficile. Io e te contro il mondo”
Marinette si tenne la testa
e si inginocchiò a terra.
“Che
hai??” Chiese spaventato abbassandosi al suo livello cercando di capire che
cosa avesse scatenato quel malessere.
“La
mia testa!”
“Chiamo
aiuto!” Si alzò e si guardò attorno, ma l’atrio era deserto, nemmeno il
personale ATA stava transitando di lì.
Adrien
venne bloccato per un braccio “Sta passando.” Ansimò tenendo aperto un occhio.
“Sei
sicura?”
Marinette annuì con il capo
cercando di alzarsi.
Barcollò,
ma Adrien riuscì a sorreggerla.
“E’ stato solo un
capogiro.”
“Vieni”
Il biondo la condusse nella sala degli armadietti e si sedette sulla panchina.
“Resta
qui, adesso arrivo, vado ad avvisare la signorina Bustier
che siamo qui”.
*
Marinette sospirò e ripensò
al sogno che aveva fatto quella notte: lei e Chat Noir che combattevano contro
Papillon sui tetti di Parigi.
Era
tutto molto offuscato e confuso, alcune immagini non erano nitide e anche io
suono della voce era ovattato e incomprensibile.
Quello
che però era riuscita a captare erano le parole di Chat Noir, o almeno sembrava
lui, che le diceva la stessa cosa di Adrien poco fa.
*
Io
e te insieme contro il mondo. Io e te insieme contro il mondo.
*
Si
tenne la testa per la rabbia, voleva ricordare.
Marinette voleva ricordare
tutto, e non sprazzi o fermi immagine.
*
Rosso.
Nero. Pois. Io e te insieme contro il mondo. Chat Noir che si toglie la
maschera. Adrien.
*
Adrien
era ritornato nello spogliatoio annunciandole che era riuscito a convincere la
professoressa a stare fuori per la prima ora.
La Bustier avrebbe terminato di interrogare gli studenti
mancanti, quindi non avrebbero perso molto della lezione.
“Grazie!
Non devi per forza stare con me, me ne sarei tornata a casa”
“Non
è un problema, davvero! Mi piace trascorrere del tempo con un’amica come te”
“Amica…certo!”
Esclamò Marinette affranta come se quella parola la
odiasse a tal punto da doverla cancellare per sempre da ogni dizionario.
“Qualcosa
non va?”
Marinette deglutì un po' di
saliva “Dimmi la verità…che cosa siamo noi?”
Adrien
sbattè più volte le palpebre e si morse un labbro.
“Ecco…noi…”
Balbettò iniziando a sudare freddo, non poteva di certo dirle che erano in
realtà i due super eroi di Parigi e che lui era da sempre innamorato di lei,
non sapeva come avrebbe reagito, e non s’intende la sua reazione, ma bensì al
suo stato di salute.
I
medici erano stati molto chiari: evitare gli shock! E darle le informazioni un
po' per volta.
L’amnesia
è una brutta bestia e se avrebbe recepito un’informazione di troppo, le sarebbe
potuta essere fatale.
Ci
sono casi documentati di gente morta a causa di un aneurisma, o di gente in
coma o sotto shock.
“Oh!
Eccovi qui!” Intervenne Alya uscita dalla classe per andarli a cercare.
Ricordare tutti gli scivoloni a causa della mia goffaggine (che sembra
essere sparita) e conseguente caduta tra le braccia di Adrien.
Ricordare delle uscite in compagnia nei pomeriggi dopo scuola.
Ricordare della mia vittoria al concorso per stilisti di Gabriel Agreste e
della sfilata di Adrien con la mia bombetta, dei complimenti ricevuti dalla
madre di Chloè.
Ricordare dei miei appuntamenti con Luka e del motivo per cui ho rotto con
lui.
Sembra un ragazzo d’oro, di quelli che non si incontrano tutti i giorni e
che ti trattano come una principessa.
Non l’ho detto a nessuno, ma mi batte forte il cuore quando sono vicino a
lui e mi sudano le mani.
Che mi stia innamorando o che in realtà sono innamorata da sempre di lui?
Però…però stando a quanto scrivevo prima di perdere la memoria dovrei
essere innamorata di Adrien, quanto vorrei ricordarmelo.
Si, è un bel ragazzo, nulla da dire, e sembra anche interessato a me.
Alya mi ha detto che non la smetteva di osservarmi oggi al pontile quando
mi ero appartata con Luka, come se mi stesse portando via da lui.
Le sembrava che i ruoli si fossero invertiti.
E’ frustrante sentire i
tuoi amici parlare di cose anche passate e non sapere a cosa in realtà si stavano
riferendo.
Io sorrido e faccio finta di nulla, ma non sto bene anche se agli altri non
danno peso alla mia amnesia.
*
Ieri sono ritornata in ospedale per l’ennesima visita di controllo, è
venuto dall’America un noto luminare, bravissimo nel suo campo, a detta
dell’ospedale il migliore, ma neanche lui ha saputo aiutarmi.
Dice che la mia testa non ha niente che non vada, che è solo una questione
di blocco.
Quale blocco?
Non so se ridere o se piangere, perché certe cose le vedi solo nei film.
Il Professore mi ha detto che vorrebbe provare un esperimento che al cento
per cento funzionerà, e già alla parola “esperimento” a mio padre si erano
rizzati i capelli, il tentativo che vogliono fare è quello di spegnere il mio
cervello e farlo ripartire come fosse un computer.
Che???
Non ti dico le cose che mio padre gli ha urlato e se avesse potuto lo
avrebbe preso volentieri a pugni.
“Nessuno oserà trattare mia figlia come una scimmia” Aveva detto.
Scimmia…perché mi è famigliare questa parola?
Sai, ho sentito come un tintinnio e il mio compagno di scuola Kim che si
era trasformato in quel primate brandendo un bastone e urlava all’impazzata
“Confusione”, facendo comparire oggetti degni di un circo.
Ho riso.
Eccome se ho riso.
Da quanto ridevo la pancia aveva cominciato a farmi male.
Non riuscivo a fermarmi ed io e mia mamma siamo state costrette ad
allontanarci dalla stanza finchè non mi fossi
calmata.
Alla spiegazione del perché mi sono messa a ridere, ho visto mamma
rabbuiarsi, chissà che cosa ha pensato in quel momento.
Forse che sono pazza? Probabile.
Sta di fatto che mi sono intristita anch’io perché sembrava che nessuno
capisse che erano cose vissute, lo sentivo.
Io avevo visto sul serio Kim trasformarsi davanti a me in King Monkey. Si ricordo bene il suo nome, ma qualcosa mi dice
che non dovevo dire a nessuno quella cosa.
*
Sto impazzendo…ne devo parlare subito con qualcuno.
*
Marinette raggiunse la sua amica
Alya nel pontile dove il giorno prima si erano incontrato con i loro amici.
Era stranamente vuoto e silenzioso.
Alya agitò una mano per segnalare meglio la sua posizione appena la vide
arrivare di corsa.
“Scusa, i miei mi hanno trattenuto in pasticceria” Ansimò mentre si
accomodava sulla panchina.
“Tranquilla, tanto sono abituata ai tuoi ritardi”
“Sono una pessima amica, vero?” Chiese affranta.
Alya le mise le due mani sulle spalle “Sei la mia migliore amica, e non
potrei chiedere di meglio. Non fa niente se sei sempre in ritardo, le cose tra
noi non cambieranno mai, e sai perché? Perché io ci sarò sempre per te e sei la
persona più affidabile che conosca”.
A Marinette scesero un paio di lacrime prima di
abbracciarla e ringraziarla per le bellissime parole, anche lei sapeva che di
lei poteva fidarsi ad occhi chiusi e non le serviva di certo la memoria per
capirlo.
La corvina si asciugò velocemente le guance con il dorso della mano e cercò
di ricomporsi come meglio poteva sfoggiando il suo miglior sorriso.
“Alya…ho bisogno che tu mi racconti tutto.”
“Ma i medici…” Obiettò lei gesticolando con le mani e trovandosi in serio
imbarazzo, Sabine le aveva raccomandato di non parlare troppo del suo passato,
perché questo avrebbe potuto essere dannoso per la sua salute.
“Al diavolo i medici, Alya. Ho bisogno di risposte, sto impazzendo e non
riesco a capire cosa sia reale e cosa no. Comincio a vedere cose. Ricordi
confusi, credo. Non penso siano frutto della mia immaginazione.”
“Cosa vuoi sapere” Soffiò rassegnata, se Marinette
aveva mantenuto la sua testardaggine sicuramente non l’avrebbe fatta rincasare
prima di aver avuto le sue risposte.
Non sapeva da cosa partire, forse la prima cosa da sapere era il perché tra
lei e Luka non aveva funzionato, forse quella era la parte facile.
“Luka!”
“Pensi sia la parte facile?”
Annuì con il capo.
“Mmm diciamo che non è proprio così. Poi che
altro?”
“Adrien e Lady Bug”
Alya fischiò con la bocca pensando che avrebbe avuto bisogno più di un
pomeriggio per spiegarle, o meglio per cercare di essere più esaustiva
possibile.
Deglutì prendendo del tempo, e pensò che parlare per prima di Luka e Adrien
sarebbe stata la scelta giusta.
Raccontò di come lei si era innamorata di Adrien in un giorno di pioggia e
lì venne interrotta perché sapeva bene il come, lo aveva letto nel suo diario,
quello che non riusciva a capire era perché il nome di quest’ultimo non compariva
mai tra quelle pagine anche se stavano insieme.
“Vedi Marinette…io non so darti questa
spiegazione, però posso intuirla. E’ un po' complicato
da spiegare e metto le mani avanti dicendo che sono solo mie teorie.”
“Ti ascolto” Marinette era attenta come una scolaretta
il primo giorno di scuola.
Un alito di vento mosse i capelli delle giovani amiche.
“Credo che in realtà non amassi Luka, e che hai accettato di uscire con lui
solo per dimenticare Adrien che nel frattempo stava con Kagami”.
Un campanello suonò nella sua testa e la vista iniziò a svanire facendo
comparire delle piccole stelline, poi immagini sempre più nitide.
“… solo una persona non voglio ferire, Marinette.
Ma non posso rinunciare ad Adrien, nemmeno per amicizia”
“Che significa Alya!” Le aveva ripetuto questa frase che continuava a
risuonarle nella mente.
La castana scosse la testa, non era sicura che fosse una frase pronunciata
dalla stessa Kagami e in che occasione le avesse
rivolto quelle parole.
Marinette si tenne la testa, quel
fischio non voleva smettere.
“Ti accompagno a casa” Alya si era alzata e le aveva teso una mano.
“No, dobbiamo continuare”
“Ma stai male”
“Sei l’unica che mi può aiutare!” Soffiò con gli occhi lucidi, e questo
bastò ad Alya per intenerirsi e continuare con la spiegazione.
“Ti avverto, un altro malore e chiamo i tuoi”.
Marinette annuì poco convinta.
“Hai lasciato Luka perché continuavi a nascondergli il fatto che fossi Lady
Bug, e non poterglielo dire a lui, a nessuno, ti ha fatto crollare. Stavi per
perdere anche la nostra amicizia.
Ricordo come fosse ieri il giorno che me lo hai rivelato…ammetto che è
stato uno shock, ma sono contenta che ti sei liberata di questo peso. Solo che
questo non ha cambiato il rapporto tra te e Adrien, nel senso che non gli hai
mai detto che ti piaceva proprio per questo, temevi che avrebbe sofferto per
eventuali tue bugie e che non potesse capire.
Ma secondo me, questo avrebbe devastato te.”
Marinette iniziò a singhiozzare
improvvisamente ed Alya fu costretta a interrompere il racconto.
“Non fare così, Marinette”
“Perché non provo più niente per lui?”
“E’ normale. E’ come fosse una persona appena
conosciuta….” L’abbracciò cercando di calmarla “…certo
che però, avete un tempismo perfetto voi due. Prima eri tu che correvi dietro a
lui, e ora è il contrario…”
Scoppiarono a ridere tutte e due.
“Non ti preoccupare amica mia, ti aiuterò a ricordare quanto lo amavi”
*
22 Aprile
Caro diario,
Sono proprio fortunata,
nonostante non ricordi i momenti passati con la mia migliore amica, sento che
posso fidarmi di lei al cento per cento.
Alya è una di quelle
persone che s’incontrano una volta nella vita e guai a farle scappare via.
Sai…oggi è successa una
cosa…
Ero in mensa che chiacchieravo
con Nino e Alya, quando Adrien si è avvicinato e ha proposto un’uscita a quattro
per domani al cinema.
Ho accettato, sarà
interessante vederlo anche fuori dalla scuola, voglio proprio vedere che cosa
mi ha fatto innamorare di lui, immagino che sarà come essere da soli visto che
l’altra è già una coppia consolidata.
Purtroppo però quando era
stato tutto deciso, persino il film da vedere, Adrien ricevette una chiamata
dalla sua governante Nathalie…
Uscì di corsa dalla sala
mensa, non voleva che ascoltassimo la conversazione, ma da quanto avevano potuto
capire Alya e Nino si trattava di suo padre, forse qualcosa di grave, perché quando
rientrò, Adrien aveva annunciato che domani sarebbe partito per il Tibet, ma
non ha detto altro, mi ha dato come l’impressione che Gabriel non si trovi lì
per un viaggio di lavoro come inizialmente mi aveva spiegato.
Non so perché, ma credo ci sia dell’altro, e che sia successo qualcosa di
grave…
*
La testa continua a farmi male, immagini confuse continuano a sovrapporsi
una sopra l’altra.
Il jet privato di Adrien atterrò alle quattordici e quattro minuti.
Anche se era primavera inoltrata, in Tibet faceva ancora freddo e man a
mano che sarebbero saliti sulle montagne l’aria si sarebbe fatta sempre più
gelida.
A complicare il tutto era la tempesta di neve totalmente fuori stagione che
stava arrivando.
Nathalie era partita prevenuta e aveva fatto mettere sia nella sua valigia
che in quella di Adrien abiti molto pesanti.
Adrien alzò gli occhi al cielo quando un primo fiocco di neve si posò sulla
sua testa, osservò l’imponente montagna poco distante, tutta bianca e con la
cima nascosta da una nuvola che non prometteva nulla di buono.
Lui e Nathalie erano scesi dall’aereo e ai piedi della scala c’erano un
paio di guide ben coperte ad attenderli, si potevano vedere solo gli occhi dal
taglio orientale.
“Ben arrivati!” Avevano detto nella loro lingua.
Nathalie fece da interprete con somma sorpresa di Adrien, il quale si stava
chiedendo dove avesse imparato quella lingua, che suo padre costringesse anche
lei a lezioni private?
Inutile cercare risposte ore.
Si avviarono tutti e quattro all’interno di un taxi posto fuori la pista di
atterraggio.
“Dovremo arrivare tra circa mezz’ora, una volta arrivati ai piedi della
montagna alloggeremo in un rifugio in attesa che la tempesta si plachi.” Spiegò
uno Shepard a Nathalie sempre nella sua lingua.
“Chiedigli quando potrò vedere mio padre” Adrien tirò la manica della
giacca rossa a quella che attualmente era la sua tutrice legale.
“Se il tempo migliorerà, già domani in tarda mattinata riusciremo ad
arrivare al tempio” Lo anticipò la guida parlando perfettamente il francese
lasciando il biondo attonito.
“Grazie!” Si era limitato a dire, avrebbe riservato ulteriori domande a
Nathalie una volta arrivati all’alloggio a loro destinati.
*
Adrien si era sistemato nella sua stanza e dopo aver riposto gli abiti
dalla valigia all’armadio, si lasciò cadere all’indietro sul morbido materasso.
Nathalie bussò alla porta e quando ebbe il permesso di entrare aprì la
porta chiedendo al biondino se avesse bisogno di qualcosa.
“Tutto apposto, grazie.” Ma il suo tono di voce l’aveva tradito, non stava
bene per niente.
“Adrien, lo sai che con me puoi parlare” Chiuse la porta dietro di sé e si
sedette ai piedi del letto.
“Non lo voglio vedere” Aveva detto portandosi il cuscino bianco sopra la
faccia ovattando la voce.
“Ha bisogno del tuo perdono per andare avanti. Il grande guardiano ha detto
che è in una fase dove ha bisogno di sapere che le persone che ama gli sono
vicine” Gli tolse il guanciale per vederlo meglio e per rivolgergli uno sguardo
apprensivo.
“Mi ha mentito Nathalie.” Si alzò raggiungendo la finestra, fuori nevicava
e alcuni fiocchi di neve si erano accumulati sul balcone formando una piccola
montagnola.
“L’ho fatto anch’io, eppure mi hai perdonata”
“Tu non avevi scelta. Lui si.”
“Lo ha fatto per proteggerti”
“E da cosa? Sai come mi sono sentito quando ho scoperto che stavo
combattendo contro il mio stesso padre? E in più la ragazza che amo ha perso la
memoria e non si ricorda più di me. E tutto per colpa mia, se non…”
Nathalie si era alzata e avvicinata a lui “L’amore vince sempre Adrien, se
sarà destino, troverete un modo per stare insieme.” Lo abbracciò, perché era di
quello che aveva bisogno in quel momento.
*
“Non pensi sia un azzardo, Milady?” Le aveva chiesto Chat Noir inarcando un
sopracciglio.
“Penso sia l’unico modo per scoprire dove si trova Papillon” Lady Bug
strinse i pugni dopo aver illustrato il suo piano al suo collega.
Chat Noir scosse la testa più volte, non era convito che il suo piano
avesse potuto funzionare, ma si fidava di lei e sicuramente aveva pensato anche
ad un piano B.
Avevano chiesto quello stesso pomeriggio un incontro con il maestro Su Han perché
avevano bisogno anche del suo aiuto, o meglio, l’aiuto del suo bastone, l’unico
arnese in grado di localizzare la Miracle Box.
“Voi siete pazzi!” Inveì alzando le mani al cielo “…non potete farlo. Non
darò mai il mio consenso e nemmeno le altre cariche”.
“Volete o no recuperare il Miraculous della
farfalla e quello del pavone? Beh, io non vedo altro modo”.
“Certo che lo vogliamo recuperare, ma non sconsacrando una Miracle Box”
“Farà solo da esca, la recupereremo poi. Abbiamo bisogno di sapere chi si
nasconde dietro la maschera di Papillon e Mayura” Spiegò
Marinette.
Il Grande Guardiano incurvò le labbra e digrignò i denti, nessuno aveva mai
osato trattare in quella maniera secoli di storia, quei ragazzini dovevano
mettersi in testa che quello non era un gioco e che se il loro piano fallisse,
tutto il mondo sarebbe stato in pericolo, la Miracle
Box non doveva assolutamente cadere nelle mani sbagliate, e Lady Bug e Chat
Noir stavano servendo la vittoria a Papillon su di un piatto d’argento.
“Va bene. Va bene, non c’è bisogno di arrabbiarsi” Chat Noir s’intromise
separando i due guardiani prima che si potessero scannare tra loro. “Grande Guardiano
Su Han, ci perdoni per averla disturbata, non capiterà più” Gli fece un inchino
per congedarlo e dopo avergli lanciato un’occhiata torva iniziò a saltellare
tra i tetti fino a che non lo videro più.
“Ma che ti salta in mente?” Gli aveva chiesto Lady Bug.
“Tranquilla insettina…” Chat Noir tirò fuori da
dietro la sua schiena il bastone del grande guardiano e lo porse a Lady Bug “…ora
possiamo mettere in atto il tuo piano”.
*
Il silenzio e la tensione mentre camminavano per quel sentiero innevato si
poteva tagliare con il coltello.
Adrien non osava proferire parola, ma continuava a camminare con la testa
bassa assorto nei suoi pensieri.
Nathalie non sapeva cosa dire, la sera prima avevano chiacchierato a lungo arrivando
alla conclusione che Adrien al momento non era pronto a perdonare suo padre, la
ferita era ancora fresca e il colpevolizzarsi della perdita di memoria di Marinette lo stava devastando.
“Siamo quasi arrivati” Aveva annunciato uno Sheppard che continuava a
immergere il suo bastone nella neve fresca.
Adrien aveva alzato lo sguardo e poco distante poteva vedere il tempio dei
Guardiani ben visibile.
Gabriel era stato portato lì dal Grande Guardiano Su Han prima di fare
visita a Marinette e farla rinunciare al suo ruolo di
guardiana, e poi di conseguenza si era recato da Adrien per prendergli il suo
di miraculous.
*
“La mente di tuo padre verrà purificata. E quando sarà pronto, potrà
lasciare il tempio” Gli aveva detto Su Han dopo aver tramortito lo stilista.
“Quanto tempo ci vorrà?” Chiese Adrien non lasciando trasparire nessuna
emozione.
“Non lo sappiamo, ognuno reagisce al percorso in maniera diversa. Dipende anche
da quanto tempo ha usato il miraculous. Il potere di Nooro è grande e nei soggetti deboli può dare alla testa e
se non è usato saggiamente…” Sospirò “…può portare alla pazzia”.
*
Gabriel Agreste sorseggiava il suo te in una tazza di finissima e
pregiatissima porcellana cinese bianca dai bordi cobalto.
Il vapore che saliva da quel liquido caldo gli appannava gli occhiali e
scompariva appena abbassava la tazzina.
Indossava una tunica arancione e dei sandali marroni ai piedi mentre era
seduto sulla poltrona di pelle bianca, Adrien quando lo vide ebbe un tuffo al
cuore.
Di solito era abituato a vedere suo padre vestito in maniera elegante e
fine mentre indossava il suo solito sguardo serio e accigliato.
Rimase sulla soglia di quel salottino qualche minuto prima che suo padre si
girasse verso di lui e lo invitò ad entrare.
Poggiò la tazzina ormai vuota sul tavolino di cristallo e Adrien prese
posto nella poltrona difronte a lui salutandolo con un sorriso.
“Adrien, vuoi del tè?” Gli chiese prendendo la teiera ancora fumante.
“Si, grazie” Accettò solo per cortesia non che ne avesse davvero voglia.
“Sono contento che sei venuto, sai…dopo quello che è successo.”
“Non ho voglia di parlarne” Si sbrigò a dire per tagliare corto il
discorso.
“Sto cambiando, Adrien. Alla fine del percorso sarò un uomo nuovo”
“Non sarà più come prima tra noi” Gli occhi di Adrien iniziarono ad
inumidirsi, non lo aveva ancora perdonato per tutto quello che aveva fatto.
*
“Si” Lady Bug strinse un pugno quando vide che il suo piano stava
funzionando, lei e Chat Noir si erano nascosti dietro una colonna dopo aver
collocato la Miracle Box sopra la Tour Eiffel.
L’akumizzato di turno aveva preso quella scatola
ovale e la stava portando a Papillon.
Lady Bug controllò subito il bastone e l’ago della bussola segnava la
direzione esatta che stava prendendo quello scimmione.
“Andiamo!” Aveva ordinato a Chat Noir saltellando tra i tetti tenendo
sempre sotto controllo la direzione.
Lo scimmione si era fermato poco distante, nell’ingresso di casa Agreste.
Sia a Lady Bug che a Chat Noir era preso un colpo quando videro uscire
dalla porta principale Papillon.
Chat Noir non aspettò istruzioni da Lady Bug, ma si fiondò sul nemico con
gli occhi iniettati di sangue.
“Tuuu!” Aveva esclamato ingrossando la voce.
“Aspetta, Chat Noir!” Cercò di fermarlo Lady Bug.
“Dì la verità…sei Gabriel Agreste?” Lo stava strattonando per la giacca.
Papillon fece un ghigno sadico “Complimenti ragazzo, hai scoperto chi sono”
Chat Noir lo lasciò andare mentre il suo mondo gli stava per crollare
addosso e Lady Bug capì che dietro la maschera di Chat Noir in realtà si
nascondeva Adrien.
“Perché?” Fece una pausa “Perché lo stai facendo?” Alzò il tono della voce
in attesa di una risposta.
“Per lei…Adrien”.
*
“Ho bisogno del tuo perdono, Adrien. Ho bisogno di te”
“Tu hai bisogno di me?” Fece di rimando guardandolo di traverso e con gli
occhi pieni di collera.
“S-si” Balbettò lo stilista asserendo con il capo e lo sguardo da cane
bastonato.
Si era pentito questo era certo, ma le sue azioni non potevano venire
cancellate con poche parole.
“E tu dov’eri quando avevo io bisogno di te?”
Gabriel stava per dire qualcosa, ma Adrien lo anticipò “…te lo dico io dov’eri:
a prendermi a calci per poi giocare alla famiglia felice, come se tutto quello
che ho passato potesse venire cancellato con un desiderio.”
“Non volevo ferirti, non avrei mai voluto farti del male” Era affranto e
pentito e Adrien lo aveva capito, ma questo non lo fermò di certo nel
vomitargli addosso tutta la sua rabbia repressa.
Gabriel doveva capire che aveva sbagliato a tenerlo all’oscuro del suo
piano.
“Lo so, ma questo non cambia le cose. Io ho perso molte più cose di te.”
“Ti stai riferendo a Lady Bug? Su Han mi ha detto che la portatrice degli
orecchini della coccinella ha perso la memoria in quanto è stata costretta a
rinunciare al suo ruolo di guardiana.”
Adrien chiuse gli occhi che si stavano inumidendo e non gli avrebbe dato la
soddisfazione di vederlo piangere, doveva sembrare forte davanti a lui, ma
tutte le sue sicurezze vennero meno quando Gabriel tirò in ballo la sua lady.
“Si, ha perso la memoria, e per colpa tua non si ricorderà più di me”
“Su Han mi ha detto che ci potrebbe essere un modo”.
*
Continua
*
Angolo autrice: ciao a tutti carissimi e grazie per essere arrivati
fino a qui, in questo capitolo abbiamo finalmente capito che cosa è successo e perché
Marinette ha dovuto rinunciare ad essere guardiana.
Spero abbiate apprezzato
questa spiegazione che mi è venuta in mente guardando Furious Fu.
Fatemi sapere nei
commenti che cosa ne pensate e se qualcosa non vi dovesse essere chiaro non
preoccupatevi perché nei successivi ci saranno altri sviluppi.
Un ringraziamento va anche
a chi segue questa storia rimanendo in totale anonimato.
Quando tutto sembra perduto e il tuo mondo inizia a fare schifo, arriva uno
spiraglio che ti fa ben sperare.
Adrien aveva appena udito dalla bocca di suo padre che forse c’era una
speranza per Marinette, avrebbe riacquistato la
memoria.
Forse.
Ma la speranza è l’ultima a morire e lui non si sarebbe arreso finché la
sua lady non fosse tornata quella di prima, non che questa nuova versione
smemorata non gli piacesse, il problema era che non ricordava tutti i bei
momenti passati con lui, sia nelle vesti di Chat Noir che in quelle di Adrien.
“Che cosa significa papà?”
Gabriel si sistemò gli occhiali sul naso “Non è niente di certo, diciamo
che è un percorso sperimentale, se così lo vogliamo chiamare.”
“I medici che la stanno seguendo le hanno detto che non c’è nessuna
possibilità che ritorni a ricordare, anche la cura che le hanno proposto non è
sicura al cento per cento.”
Rimasero in silenzio qualche secondo.
“Questa non è una cosa che si cura con la medicina moderna.” Li aveva
interrotti il Grande Guardiano Su-Han che li aveva costretti a voltarsi dalla
loro parte.
“Grande Guardiano!” Adrien si inginocchiò al suo cospetto in segno di
rispetto. “Volevo ringraziarla per quello che sta facendo per mio padre, non
eravate obbligati a farlo.”
“Alzati, portatore dell’anello del gatto nero” Gli ordinò tendendo la mano
“…è solo colpa nostra quello che è successo, se il miraculous
della farfalla non fosse andato perduto tuo padre non l’avrebbe mai trovato e
di conseguenza il suo potere non gli avrebbe consumato l’anima. Ci vogliono
anni e anni di addestramento prima di poter usare la spilla senza che questa ti
distrugga. Come del resto qualsiasi altro Miraculous.”
“Chiedo ancora perdono, Grande Guardiano.” Sibilò Gabriel inchinandosi con
riverenza e rispetto.
“Sta facendo un ottimo lavoro e presto la sua anima verrà purificata. Non
dimenticherà. Questo è certo, ma potrà condurre una vita normale senza più
pensare a farsi annebbiare la mente dal potere.”
“Che cosa intendeva dire con la frase di prima?” Adrien sembrava più
interessato allo spiraglio che aveva dato per Marinette
piuttosto che agli ottimi risultati che stava ottenendo suo padre con il
percorso spirituale.
Non lo aveva ancora perdonato, questo no.
Ci vorrà del tempo, molto tempo.
*
“Per lei…Adrien” Aveva sibilato Papillon al figlio che gli stava per
sganciare un destro.
Chat Noir lo teneva a terra con il suo peso sul petto, una mano gli teneva
la giacca viola e l’altra invece brandiva un pugno, era pronto a tirarglielo
dritto in faccia, ma la mano guantata di Lady Bug si posò sopra quel pugno con
delicatezza.
“Non ne vale la pena, Chaton.” Aveva appena
realizzato che l’amore della sua vita si nascondeva dietro la maschera di Chat
Noir e si maledì per non averlo capito prima.
“Mi ha sempre mentito, mi ha lasciato solo.”
“Hai ragione, ma…è tuo padre…parlatevi.”
“L’ho fatto per avere ancora tua madre con noi, Adrien.” Tentò di
giustificarsi, ma non si spostò di un millimetro, forse ricevere quel pugno gli
avrebbe fatto solo che bene, probabilmente avrebbe aperto finalmente gli occhi
e rendere conto che la sua impresa era un totale fallimento, se lo meritava
infondo.
“STA ZITTO!!!” Gli urlò Chat Noir.
“Calmati!” Gli ordinò Lady Bug spostando la sua mano dal pugno alla spalla,
poi si rivolse a Papillon “Gabriel Agreste, in qualità di Guardiana ti ordino
di restituirmi il Miraculous della farfalla e del
pavone.” Gli tese la mano pronta a ricevere i due oggetti.
Papillon si arrese, non avrebbe potuto fare altrimenti, in quel momento
aveva realizzato che grazie alla sua smania di potere stava perdendo molto di
più, o forse lo aveva già fatto, ma doveva dare delle spiegazioni a suo figlio.
Tolse le due spille e le posò sulla mano di Lady Bug.
“Non fare sciocchezze, Chaton. Mi fido di te” Gli
rivolse uno sguardo amorevole e compassionevole prima di sparire tra i tetti di
Parigi con la Miracle Box tra le mani.
*
Adrien e il guardiano Su-Han passeggiavano tra i sentieri del giardino zen.
Era incredibile come facesse dannatamente caldo anche se il tempio si
trovava quasi sulla cima della montagne e reduci da
una tormenta di neve, ma il freddo non sembrava toccare minimamente quel posto
che sembrava essere messo sotto una campana di vetro ed isolato dal resto del
mondo.
Fiori variopinti erano sbocciati lungo il percorso e sugli alberi
cinguettavano felici gli uccellini tra le foglie verdi.
Tra i cespugli verdi sbucava una rosa rossa.
Adrien chiuse gli occhi e vide la sua mano porgere quel fiore a Lady Bug
per la prima volta.
“Come stai?” Gli aveva chiesto il guardiano.
Adrien sbuffò dal naso “Potrei stare meglio, grazie”.
Su-Han incurvo un labbro “Capisco, ma non devi temere per tuo padre.”
“Non è per lui che mi preoccupo, ma per la mia amica Marinette.”
“Hai scoperto che era lei Lady Bug, vero?”
“Difficile non notarlo…non credo sia mai capitato che due adolescenti
perdessero la memoria nello stesso giorno, avrebbe fatto notizia, non crede?”
Il Guardiano scosse la testa. “Non so molto di queste notizie, ma mi
sto documentando sul mondo moderno grazie a tuo padre. Lo vedo disegnare ogni
giorno su un monitor e non credevo fosse possibile, io sono
abituato a carta e calamaio.” Gli fece un sorriso appena accennato.
“La può aiutare?” Chiese fermandosi con le mani giunte in segno di
preghiera e con gli occhi lucidi che brillavano con la luce del sole
riflettendo tutto il suo dispiacere nel vedere la sua amica ridotta in quello
stato.
Adrien voleva ad ogni costo che Marinette
ricordasse.
Che ricordasse delle loro avventure nei panni di Lady Bug e Chat Noir.
Che ricordasse di quanto fosse straordinaria e coraggiosa.
Che ricordasse delle cose passate.
E soprattutto che si ricordasse di lui e del suo amore per lei.
“Forse…ma i guardiani delle Miracle Box sono
destinati a perdere la memoria per proteggere il mondo magico dei kwami e l’incolumità del tempio.”
“Marinette non vi metterebbe mai in pericolo. La
prego Su-Han” Si mise in ginocchio e lo supplicò di aiutarlo.
Su-Han lo guardò torvo alzando un sopracciglio “Sembra ci sia dell’altro
ragazzo.”
Adrien annuì “La amo” Gli rispose senza tanti giri di parole e parlando con
cuore aperto.
“Diglielo.”
“Non servirebbe a niente, non mi conosce.”
“Non lo puoi sapere”
“Con tutto il dovuto rispetto signore, lei non sa come mi guarda ora. Il
riflesso nei suoi occhi è cambiato.”
Su-Han gli portò una mano sulla spalla “Ragazzo…”
Adrien lo guardò attendendo che continuasse “…certe cose non si
cancellano.”
“Cioè?”
“Non posso dirtelo io, Adrien. Devi guardare oltre alle apparenze.” Gli
mise una mano sulla spalla sperando capisse cosa intendesse.
“Naaa…il moccioso non brilla di acume.” Il
biondino avrebbe riconosciuto quella voce petulante tra mille.
“Plagg! Eravamo d’accordo che non ti saresti
fatto vedere.” Lo rimproverò il pelato con il solito cipiglio mentre osservava
quel piccolo dio volteggiargli davanti la faccia dopo essere uscito dalla dietro
la sua schiena.
“Suvvia! Non ho violato nessuna norma del codice, Adrien non ha perso la
memoria e si ricorda ancora di me.” Protestò alzando il mento in segno di
offesa “…e poi volevo vederlo.” Questa ultima frase la sussurrò rattristandosi,
gli mancava il suo portatore come gli mancava il suo formaggio preferito.
Adrien sorrise, era felice di vedere il suo amico e fidato consigliere, poi
assottigliò gli occhi “Non dire bugie, Plagg. Tu sei
qui solo per vedere se ti ho portato il Camambert”.
Le pupille del piccolo dio della distruzione si dilatarono e la bocca si
spalancò dallo stupore quando Adrien tirò fuori dalla camicia quel triangolino
bianco e puzzolente.
Persino il Guardiano Su-Han fece una smorfia di disgusto.
Plagg prese quella fetta di formaggio e la ingurgitò senza masticarla, poi si
leccò i baffi.
“Sublime!” Sospirò godurioso.
“I kwami non dovrebbero nutrirsi di certe cose,
lo sapete che dovete seguire la vostra dieta.” Lo rimproverò il Guardiano.
“Maestro Fu era meno noioso di te” Scimmiottò Plagg
riservandogli anche una linguaccia.
“Mi scusi, non ne ero al corrente.” Adrien si grattò la testa in segno di
imbarazzo.
“Ma Plagg si.”
Il biondo gli lanciò un’occhiataccia e di tutta risposta ricevette un solo quel
che è fatto è fatto.
“Senta, mi potrebbe dire come Marinette potrebbe riacquistare
la memoria?” Plagg lo stava distraendo dal suo
obiettivo principale, lui era volato in Tibet solo per vedere, controvoglia,
suo padre ed invece stava ricevendo informazioni preziosissime. Da qualche
minuto quel viaggio era diventato interessante e non vedeva l’ora di tornare a
Parigi per informare Marinette, e finalmente
raccontargli tutto.
“Dovrebbe venire qui e fare un percorso con il nostro sciamano. La perdita
di memoria della tua amica è legata al mondo magico, quindi va curata con la
magia e non con le moderne tecniche mediche.”
Adrien si stava spremendo le meningi in cerca di un modo per portarla lì,
la cosa più semplice da fare era quello di raccontarlo ai suoi genitori, ma gli
avrebbero creduto? Scosse la testa pensando che avrebbe dovuto rivelare a loro
che sua figlia era Lady Bug, troppo pericoloso, metterebbe a rischio la loro
incolumità.
Portarla di nascosto e farla sparire per qualche giorno era fuori
discussione.
Poi ebbe un’illuminazione.
“Se usassi Kalkki e Trixx?”
Su-Han inarcò un sopracciglio “Eh?”
“Kalkki mi aiuterebbe a creare un portale e Trixx l’illusione che Marinette è
a Parigi invece che qui in Tibet. Che ne pensa?”
Il Guardiano lo scrutò torvo e con aria impostata “Non darò mai il permesso
di usare i kwami a scopo personale.”
“Ma…” Tentò di dire lui.
“Niente ma. Ormai ho deciso. E sappi solo che il percorso non sarà
facile, Marinette soffrirà, molto, sia fisicamente
che mentalmente. E non è detto che questo la possa aiutare. Quindi pensaci bene
quale strada vuoi intraprendere.”
Seguì un momento di silenzio che venne rotto dalla voce di Nathalie che
avvertiva il ragazzo che era ora di andare, tra qualche ora il jet privato
sarebbe decollato riportandoli a Parigi.
Solo loro due, per Gabriel era ancora presto, ma il Grande Guardiano non
aveva negato che la prossima volta sarebbero stati in tre.
Prima che Adrien scomparisse, Plagg lo raggiunse
dopo il benestare di Su-Han.
Strofinò il suo muso contro il suo viso e gli sussurrò all’orecchio “Lei
ti ama. Dal primo momento che ti ha visto”.
*
Una volta ritornato ai piedi della montagna, nel rifugio, Adrien afferrò il
telefono da dentro la tasca dei pantaloni e fu sollevato nell’apprendere che
ora riusciva ad avere linea, doveva parlare con Marinette
e dirle che forse la poteva aiutare a risvegliare i suoi ricordi.
Una volta tornato a Parigi le avrebbe raccontato ogni cosa e anche che l’amava,
si era deciso finalmente a dichiararsi.
Controllò i vari social e le applicazioni di messaggistica istantanea in
quanto continuavano ad arrivargli diverse notifiche.
La sua mascella sembrava si potesse staccare dal suo volto da un momento
all’altro e i suoi occhi sarebbero schizzati fuori dalle orbite se gli avesse
aperti un po' di più.
Una foto in particolare nella sua home page gli aveva fatto crollare il
mondo addosso.
Spense il telefono di fretta schiacciando il display, poi lo gettò con
rabbia ai piedi del letto.
Da qualche giorno Adrien era volato in Tibet e Marinette
sentiva dentro di lei un enorme vuoto, sembrava che la sua assenza la
destabilizzasse, ma non riusciva a capire perché.
Non aveva tolto le sue foto dalla parete della camera, perché se le aveva
appiccicate lì, in quel preciso ordine un motivo c’era sicuramente.
Sapeva da quanto appreso dal suo diario segreto che Adrien le piaceva e
anche molto, ne era innamorata, ma ad un certo punto era apparso questo
ragazzo, Luka, che era riuscito ad insinuarsi nella sua mente e in parte nel
suo cuore.
Lo dipingeva come un ragazzo amorevole, sincero e dolce, di quelli che ti
capita di incontrare una volta ogni cento anni.
Ma lo amava? Questo non viene specificato, quello che traspariva era
l’enorme affetto che prova per lui.
Quello che Marinette non riusciva assolutamente a
capire da quelle poche righe, era il motivo che l’aveva spinta tra le braccia
di Luka se il ragazzo che le piaceva e amava era Adrien.
Si faceva accenno ad una ragazza, Kagami.
Lei non esita mai, c’era scritto in una scrittura più marcata e sottolineata un paio di
volte preceduta da un paio di punti esclamativi.
Possibile che fosse stata così imbranata da non riuscire a spiccicare due
parole e farselo portare via?
Quella risposta l’aveva ottenuta dalla sua migliore amica Alya qualche
pomeriggio prima, anzi aveva ottenuto tante risposte a milioni di domande che
le aveva posto, ma era come se quelle vicende non le avesse mai vissute in
prima persona, potevano benissimo venire paragonati a racconti di altri.
Marinette chiuse il diario e lo mise al solito posto, poi prese l’album da disegno e
si diresse verso la terrazza, disegnare qualcosa l’avrebbe rilassata un po'.
Iniziò ad abbozzare il profilo di una modella a cui disegnò poi un abito,
una tuta intera rossa a pois.
Marinette sorrise quando accanto raffigurò anche il ragazzo con una tuta nera e
sembianze da gatto.
“Non sapevo fossi così brava con le matite.” Quella voce la fece sussultare
e volgere lo sguardo sulla ringhiera sulla sua destra.
“Chat Noir!” Esclamò allibita guardandolo nella sua posa ben salda con mani
e piedi.
“Allora ti ricordi di me!” Saltò giù e si avvicinò a lei tendendole una
mano. “Ti va di ballare, principessa?” Sussurrò dolcemente facendole un inchino
da vero gentiluomo.
Marinette non rispose verbalmente, ma con i gesti, afferrò la sua mano e si tirò su
dallo sdraio.
Chat Noir l’avvolse con le sue braccia forti ed iniziarono ad ondeggiare a
ritmo di musica, una melodia immaginaria nella testa di entrambi, Marinette si lasciò cullare dal battito del suo cuore.
“Perché sei venuto qui?”
“Mi mancavi, principessa”
“Anche tu.”
“Questo vuol dire che ti ricordi di me?”
“Non lo so…” Alzò il suo volto per specchiarsi meglio nei suoi occhi
smeraldo così simili a quelli di Adrien.
Il cuore di Marinette sussultava e il cervello fu
invaso da una miriade di scariche elettriche quando Chat Noir abbassò la testa
per avvicinare le loro labbra.
“Chat…” Sussurrò chiudendo gli occhi e dischiudendo la bocca.
“Non dire niente principessa.” Chat Noir le stava sfiorando le labbra
quando il trillo del suo cellulare la fece destare dal suo sogno.
Marinette aprì un occhio e prese il telefonino “Luka!”
“Ciao Marinette, ti disturbo? Hai una voce?”
“M-mi ero addormentata in terrazza.” Spiegò cercando di stare più calma
possibile, il suo cuore batteva ancora all’impazzata e la scarica di adrenalina
era ancora presente nel suo corpo.
“Ah scusami, non volevo disturbarti” Rispose rammaricato.
“Ma tranquillo, anzi grazie per avermi svegliata, forse sarei andata avanti
fino a sera rischiando di non chiudere occhio stanotte e passare la notte in
bianco…”
“Marinette…” La richiamò interrompendo il suo
monologo.
“Scusami, parlo troppo.”
Luka sorrise, era felice che non avesse perso quel lato imbranato.
“Senti…ti va di andare al pontile oggi? Sono bloccato con una canzone e ho
voglia di svariare un po'…e chissà magari parlare con un’amica mi farà venire
l’ispirazione”.
E’ solo un’amica.
“Marinette…Marinette ci
sei?”
Ma lei stava pensando a chi potesse averle mai detto quella frase
osservando l’orizzonte quasi pietrificata e per poco il cellulare non le cadde
dalle mani, lo salvò in extremis quando sentì per l’ennesima volta la voce del
suo interlocutore chiamarla per nome.
“S-si Luka, s-scusami. Allora al-al pontile. Ti va bene tra dieci minuti?” Balbettò
tornando per pochi secondi la vecchia Marinette.
“Ottimo. Ci vediamo lì allora. Ciao!”
“Ciao!” Chiuse la telefonata guardando il salvaschermo del sul smartphone.
Adrien.
Marinette aveva come l’impressione che ci fosse qualcosa tra loro che andasse ben
oltre alla semplice amicizia.
Lei lo amava, ormai anche i muri glielo avevano detto, quello che non era
chiaro e che nemmeno Alya era riuscita a dirle, era quello che effettivamente
Adrien provava per lei, anche se al momento era facilmente intuibile e anche
ingannevole visto che l’indole del bel modello era quello di aiutare sempre la
sua amica se si trovava in difficoltà.
Al momento però, poco le importava perché aveva un appuntamento con quello
attualmente era il suo ex ragazzo.
Si sistemò alla meno peggio e cercò di coprire con un filo di trucco due
grosse borse sotto gli occhi, pettinò i capelli lasciandoli sciolti.
Baciò sua madre intenta a servire un cliente e la salutò con un “Ci vediamo
dopo, io esco”.
*
Luka si stava chiedendo se fosse giusto vedere Marinette
in quel momento, da soli, infondo non era passato molto tempo da quando si
erano lasciati.
Salì i gradini di legno con lo sguardo basso e le mani in tasca e pensò che
non gli importava, per una volta voleva fare l’egoista e pensare a sé stesso.
Gli avrebbe fatto male vederla? Probabile.
La ferita della loro rottura era ancora fresca, ma Luka non poteva
rischiare di perdere un’occasione del genere, del resto lei aveva un segreto
che ora probabilmente non ricordava nemmeno più, come non ricordava l’amore per
Adrien, quindi perché non provarci nuovamente?
Stupido. Come poteva sperare che ricordasse invece l’amore che provava per lui?
Sempre se di amore si potesse trattare, in cuor suo Luka aveva sempre saputo
che finchè il centro dei pensieri di Marinette fosse Adrien, non sarebbe stata al cento per
cento sua.
Ormai era troppo tardi per tornare indietro e dirle che aveva avuto un
impegno improvviso (nel giro di cinque minuti dopo la loro chiamata?!?), Marinette agitò una mano in aria quando lo vide dalla parte
opposta e lo raggiunse avanzando a passo spedito.
Arrossì quando lo vide e diventò ancora più cremisi quando la salutò con
due teneri ed innocenti baci sulle guance.
“Ciao Luka!”
“Ciao Marinette, ci sediamo?” Gli indicò la
panchina vuota vicino al lampione “…o ti va di passeggiare? A me non cambia” Le
disse notando la sua espressione confusa.
“Non ho preferenze, decidi tu. Facciamo ciò che ti darà ispirazione per la
tua nuova canzone.”
Già la canzone, che stupido, se ne era completamente dimenticato che aveva
usato quell’espediente per strapparle un appuntamento.
Luka si grattò la nuca imbarazzato.
“Stai bene?” Gli chiese notando il suo disagio.
“Certo.” Luka pensò che doveva essere sincero con lei come lo era sempre
stato, nascondere le cose non avrebbe portato a nulla, anche se fosse stata una
bugia a fin di bene “In realtà Marinette” Continuò
prendendole le mani “…volevo stare un po' da solo con te”.
La corvina strabuzzò gli occhi e il cuore iniziò a battere più forte
“S-so-solo co-con m-m-e?” Balbettò dallo stupore.
Luka annuì con il capo sorridendole.
“Da quando è successo…si insomma…della tua perdita di memoria, non abbiamo
avuto molte occasioni di stare soli. Volevo assicurarmi che stessi bene e dirti
che puoi contare su di me per qualsiasi cosa.”
Marinette prese posto accanto a lui “Grazie, per me è importante. E sono felice di
vedere che siamo rimasti in buoni rapporti.”
Luka strizzò gli occhi come per chiederle il perché di quella affermazione,
ma si rispose da solo quando pensò che la sua amica Alya le avesse raccontato
di loro due.
“Non so bene che cosa ci abbia fatto rompere, ma…”
“Adrien”
“Adrien?” Fece eco lei meravigliata arrossendo.
“O almeno credo. Sapevo dell’amore che provi per lui, ma non era questo che
mi disturbava, volevo solo sapere la verità, ma tu non me la volevi dire.”
Marinette si rattristì d’un tratto, era chiaro che non poteva dirgli di essere la
super eroina di Parigi, la priorità era proteggere quel segreto per non mettere
in pericolo le persone che amava, ma non era quello che aveva attirato la sua
attenzione, ma bensì il fatto che fosse consapevole che il suo cuore batteva
per un altro ragazzo.
Si diede della stupida mentalmente per averlo fatto soffrire.
“Mi dispiace, Luka. Non lo meritavi” Gli occhi della corvina si stavano
facendo lucidi e trattenere le lacrime era diventato difficile, ma doveva
assolutamente farlo, si portò le mani a pugno sulle ginocchia.
“Diciamo che un po' me la sono cercata.” Sospirò volgendo lo sguardo al
cielo.
“Non meritavi di soffrire, ma non potevo dirti tutta la verità. Non perché non
mi fidassi di te, ma per proteggerti.” Parlò come se ricordasse tutte le
dinamiche le avevano portato alla loro rottura, come se pendesse ancora su di
lei quello sguardo deluso e malinconico.
“Lo capisco, Marinette. E non pretendo che tu me
lo dica ora, ho come l’impressione che non assumerebbe lo stesso significato.”
Luka la capiva molto bene, gli bastava uno sguardo per sapere se c’era
qualcosa che non andava, forse era per questo che aveva accettato di restargli
amico.
“Tu sei una ragazza fantastica, chiara come una nota musicale e sincera
come una melodia. Sei la canzone che suona nella mia testa la prima volta che
ti ho incontrato”
Marinette deglutì il nulla ed arrossì, nella sua testa risuonava quella dolce
dichiarazione d’amore che la fece isolare e risultare sorda a quello che Luka
le stava dicendo in quel preciso istante.
“Mi stai ascoltando, Marinette?” Le chiese
interrogativo notando il suo sguardo perso nel vuoto e sognante.
“Eh? Che…sisi…hai
detto che sono sincera come una nota musicale…”
Luka sorrise e si meravigliò a quelle parole pronunciate da Marinette, ricordava bene la sua prima dichiarazione d’amore
e poco importava quello che le aveva appena detto, le cose ben diverse da
quelle, che iniziasse a ricordare?
“Marinette…quelle erano parole che ti ho detto
molto tempo fa…”
“Davvero?” Si meravigliò pure lei.
“Daì, facciamoci una foto, giusto per ricordare
questo momento e sono sicuro che un giorno rideremo di questo.” Luka prese il
suo smartphone e attivò la telecamera frontale, nell’istante in cui scattò, Marinette non si sa bene come, ma scivolò e da com’era
angolata sembrava che gli stesse stampando un bacio sulla guancia
abbracciandolo.
Luka la guardò e rise “La devo pubblicare, è troppo bella.”
“No, dai sono venuta malissimo” Protestò.
L’intenzione di Luka quel pomeriggio era quella di poter avere una seconda
occasione con lei, ma tutto quello che aveva capito quel pomeriggio spensierato
e di chiarimenti, era che per Marinette poteva essere
solo un buon amico e sperava un giorno potesse tornare a ricordare quanto bello
fosse averlo accanto.
Adrien e Nathalie si erano imbarcati sul jet privato della famiglia Agreste
da qualche ora, ancora una ventina di minuti e sarebbero atterrati
all’aeroporto di Parigi dove avrebbero trovato il Gorilla ad attenderli
per riportarli entrambi a casa e a condurre una vita normale per quanto
possibile.
Il biondo non aveva detto una parola per tutto il viaggio e Nathalie era
visibilmente preoccupata dal suo comportamento.
Da quando Gabriel era partito con i monaci in Tibet, Adrien si era chiuso
sempre più a riccio e senza esternare i suoi sentimenti, passava gran parte delle
sue giornate chiuso in camera da letto quando non usciva con i suoi amici,
oppure aveva impegni di scherma e lavorativi, perché si, sebbene Gabriel non
fosse in Europa, il marchio Agreste continuava a pubblicizzare nuovi capi di
abbigliamento e profumi, sempre partoriti dalla sua mente.
Per fortuna esisteva internet, anche se non era stato facile spiegarlo ai
monaci del tempio, abituati ad una vita di solitudine, pace e tranquillità, ma
con Gabriel erano giunti all’accordo che una volta andatosene dal monastero si
sarebbe portato via tutto quel groviglio di cavi e apparecchiature diaboliche.
L’aver scoperto del nascondiglio di Emilie e il conseguente smascheramento
di suo padre come Papillon, lo aveva fatto precipitare in un baratro senza
fine, almeno lei pensava fosse per quello il suo problema.
Invece, il ragazzo era molto provato per la perdita di memoria di Marinette e conseguente confisca dei Miraculos
per colpa sua.
Si, perché Adrien si addossava la colpa per tutto quello che era successo,
del resto era stata sua l’idea di prendere in prestito il bastone di
Su-Han senza che lui se ne accorgesse, in modo da mettere in atto il piano di
Lady Bug e attirare Papillon nella loro trappola.
C’era cascato e sembrava avesse filato tutto liscio, ma un piccolo
particolare gli aveva fatto perdere del tempo.
*
“Che cosa significa ‘per lei’?” Gli aveva urlato Chat Noir sbattendolo più
volte a terra.
“Adrien…io…”
“CHAT NOIR! Sono CHAT NOIR adesso!!!” Puntualizzò lui con gli occhi
iniettati di sangue lasciandolo andare poi quando la rabbia iniziò a scemare
come il formicolio sulla mano destra causata dall’invocazione del suo potere,
dopo averlo usato sul vialetto di casa.
Ormai Papillon si era arreso ed aveva consegnato il suo Miraculous
a Lady Bug lasciando di lui solo un ricordo e un’amara verità, difficile da
digerire, ma Chat Noir doveva rimanere lucido, non poteva farsi sopraffare
dalle emozioni, soprattutto dopo le parole della sua lady che gli rimbombavano
ancora nella testa “Mi fido di te”.
Il gattone andò a sedersi sugli scalini attendendo il momento in cui
sarebbe ritornato Adrien, avrebbe fatto prima a pronunciare quella parola, ma
quei minuti che lo separavano dalla de trasformazione sarebbero stati cruciali
per raccogliere un po' di idee e calmarsi.
Fece un bel respiro profondo.
“Lasciami spiegare.” Insistette Gabriel sedendosi vicino a suo figlio che
non lo degnò di uno sguardo.
“Non ci voglio parlare con te”. Gli diede le spalle mentre il timer del suo
anello lo avvertiva che mancava solo un minuto prima di ritornare un semplice
ragazzo.
Chat Noir pensò che qualsiasi chiarimento al momento non gli importava, i
fatti parlavano per suo padre, nessuna giustificazione plausibile avrebbe
portato al suo perdono.
L’ultimo bip e una luce verde lo avvolse accogliendo Plagg
tra le sue mani tremolanti.
Gli passò una fetta di formaggio al volo ed entrò in casa seguito da suo
padre.
Gabriel gli mise una mano sulla spalla costringendolo a fermarsi “Devi
vederla!”
Adrien aveva capito a chi si riferiva e i suoi occhi iniziarono a velarsi
di lacrime.
“Ti prego…devi sapere perché l’ho fatto!” Continuò non ricevendo risposta.
“Nessuna giustificazione porterà al mio perdono…o al suo. Non sarebbe
contenta.”
Lo stilista sospirò, suo figlio aveva ragione.
“Vieni con me…diciamole addio.”
*
Padre e figlio entrarono nell’ascensore, in un silenzio quasi spettrale,
solo il rumore del motore azionato e i loro respiri echeggiavano
nell’abitacolo.
Quando furono arrivati a destinazione, le porte scorrevoli si aprirono dopo
il tipico suono di campanella.
Fu Gabriel ad andare avanti per primo e a voltarsi quando notò suo figlio
non seguirlo.
Adrien era pietrificato dal luogo, gli sembrò di trovarsi in una chiesa
gotica con la sola differenza che le pareti erano attraversate per tutta la
loro lunghezza da piante arrampicanti e che il clima era caldo-umido.
Quando fece il primo passo fu accolto da una decina di farfalle bianche che
gli svolazzarono davanti il viso, le stesse a cui Papillon iniettava il suo
veleno malvagio e che Lady Bug puntualmente purificava dando a loro una seconda
possibilità.
Oltrepassarono il ponte d’acciaio e Adrien volse lo sguardo più in basso
quando udì il rumore di un fiumiciattolo scorrere sotto di loro.
Un’ ecosistema sotto casa in piena regola e senza destare alcun sospetto,
eppure credeva di conoscerne ogni angolo, ogni sistema di allarme installato,
ma era chiaro che si sbagliava e che gli scheletri nell’armadio di suo padre
erano di più di quanto immaginasse.
Continuarono a camminare fino a che non raggiunsero una specie di altare incorniciato
di verde dove al centro troneggiava una capsula chiusa illuminata da un rosone
ben piazzato.
Gabriel prese un telecomando e azionò l’apertura dell’involucro di legno.
Adrien pensò ad uno scherzo di cattivo gusto, che suo padre non poteva aver
tenuto il corpo di sua madre per tutto questo tempo sotto il suo naso.
Dopo il funerale aveva visto personalmente il suo feretro lasciare la villa
per dirigersi verso la cremazione, e le sue ceneri erano state recapitate in
sua presenza un paio di giorni dopo e seppellite in giardino, dove una statua
di marmo bianca modellata in suo onore gli avrebbe ricordato il luogo preciso del
suo eterno riposo.
Invece era lì davanti a lui.
Bella come il sole.
La sua espressione era beata e tra le mani stringeva una rosa rossa.
“Tutto quello che ho fatto…” Iniziò Gabriel con tono calmo e di
rassegnazione “…è stato per lei. Per riaverla con noi.”
“E’…” Adrien non aveva il coraggio di proseguire, gli faceva troppo male
vederla così e le parole gli morirono in gola trascinate dalla saliva
immaginaria che cercava di buttare giù.
“Si” Rispose Gabriel “…dovevo impossessarmi dei Miraculous
di Lady Bug e Chat Noir per riportarla in vita.”
“Perché non me ne hai mai parlato?” Adrien indurì lo sguardo.
“Volevo farlo…ma tu ne eri uscito con la storia di Nathalie…”
“Non provarci…non addossare la colpa a me.”
“Non lo sto dicendo…ma sai come sono fatto se qualcuno mi contraddice…poi
improvvisamente era arrivata tua zia Ameliè, Felix….e non c’è stata più occasione di tirare fuori
l’argomento”
“Se solo ti degnassi di parlarmi ogni tanto, forse avremo trovato una
soluzione e ne avrei discusso anche con lei.”
“Lady Bug? Tu sai chi è?” Improvvisamente nei suoi occhi si era accesa una
speranza, se Adrien fosse riuscito a convincere Lady Bug a dargli il suo Miraculous, forse il suo piano avrebbe avuto ancora una
speranza di essere realizzato.
Adrien negò con il capo “No” Soffiò poi rammaricato.
“Potresti…”
“Non osare chiedermelo! E poi siamo qui per dirle addio no?” Non era pronto
per farlo di nuovo, già una volta era stata dolorosa e aveva rischiato di farlo
andare fuori di testa, perdere un genitore giovane e alla sua età non dovrebbe
accadere, ma di fronte alle malattie si è impotenti e si può solo vivere
assaporando ogni momento come fosse l’ultimo, fino a quando non giunge il
momento di lasciare il corpo fatto di carne e ossa.
Adrien girò i tacchi e attese che fosse suo padre a staccare la spina, ci
avrebbero pensato in un secondo momento a seppellirla nel giardino di casa,
sarebbe stato bizzarro chiamare le onoranze funebri e far tumulare per la
seconda volta il corpo di Emilie Agreste, anche se alla famiglia sarebbe
bastato sborsare un ingente somma di denaro per mettere tutto a tacere.
Adrien non riusciva ad essere arrabbiato, ma provava pietà per suo padre,
un uomo innamorato della propria moglie e pronto a far di tutto per riaverla
ancora al suo fianco, non curandosi delle conseguenze.
Sospirò ed iniziò a dirigersi verso l’ascensore, non serviva che assistesse
al suo dolore, Adrien aveva avuto già la sua occasione per elaborare il lutto e
una seconda volta sarebbe stata troppo.
*
Plagg aveva aspettato per tutto il tempo nella sua camera da letto ingurgitando
formaggio come se non ci fosse un domani.
Diceva sempre che era fame nervosa, anzi, ogni occasione era perfetta per
tirare fuori quella scusa e far fuori tutta la sua scorta.
Quando il suo portatore chiuse dietro di sé la porta, Plagg
gli volò incontro.
Adrien si lasciò scivolare giù e ficcò la testa dentro le ginocchia portate
precedentemente vicino al petto.
“Adrien…” Lo chiamò il kwami “…che è successo?”
“E’ tutto finito, Plagg.” Adrien alzò gli occhi
al cielo in un’espressione quasi sollevata.
“Stai bene?” Osò chiedergli, sentiva che il suo portatore gli nascondeva
qualcosa. “Mi vuoi dire che è successo laggiù?”
Adrien iniziò a ridere istericamente lasciando il kwami
interdetto, una risata dal sapore amaro e quasi spettrale.
“Sai che esiste un mini mondo qua sotto? Mio padre ci coltivava le sue
farfalle magiche e al cospetto di chi? Di mia madre! Faceva tutto sotto i suoi
occhi…si se fosse stata viva…”
Plagg si spaventò da tanta naturalezza e pensò che l’aver scoperto che suo padre
era Papillon, del suo nascondiglio e del suo diabolico piano, lo stava mandando
fuori di testa, doveva chiedere aiuto a Lady Bug.
Adrien stava impazzendo, non c’era altra spiegazione e l’unica che in quel
momento poteva dargli il supporto e il sostegno che aveva bisogno, era lei, la
sua lady.
“Senti, perché non ti fai una doccia…così ti calmi un attimo?” Avrebbe
usato quei minuti per andare da lei e portarla lì, non avrebbe corso pericolo,
Lady Bug sapeva già chi si nascondeva dietro la maschera di Chat Noir, non era
necessario che lui conoscesse la sua.
Ma i piani non erano andati proprio così, e il destino si sovrappone
sempre.
*
“Stai bene?” Gli chiese spezzando il silenzio rotto solo dal rumore dei
motori del jet in funzione.
Adrien la guardò come se si fosse destato da un lungo sonno.
“S-si. Credo!” Balbettò volgendo lo sguardo fuori dall’oblò e osservando la
campagna sotto di loro.
“Lo sai che se vuoi parlare, lo puoi fare. Io ti ascolto” Nathalie cercava
di essere una brava tutrice per lui e ora che aveva dismesso gli abiti di Mayura.
“Ora non mi va!” Le aveva risposto facendo spallucce.
“Sono preoccupata per te, Adrien, e un po' è anche per colpa mia, non
dovevo spalleggiare il folle piano di tuo padre”.
“Che altro potevi fare…lo amavi”.
Nathalie a quelle parole sentì una morsa al cuore e allo stomaco, lo amava
certo, e lo ama tutt’ora.
*
Continua
*
Angolo autrice: ciao a tutti! Ed eccoci
giunti ad un capitolo di spiegazioni, probabilmente avete storto il naso quando
avrete letto la reazione di Adrien, però dovevo ricollegarmi con quanto emerso nel
prologo, ovvero il ragazzo per niente preoccupato per non creare troppe
incongruenze.
Purtroppo quando avevo ideato la storia, non sapevo ancora bene cosa far succedere
per giustificare la confisca dei Miraculous, poi mi è
venuta in mente questa cosa, ma ormai era tardi per rimediare…
Spero apprezzerete in ogni caso, e comunque se volete leggere una reazione
diversa, vi invito a leggere “Le ali della farfalla – Ensemble contre le monde Vol. 02”, così mi farete sapere
se avete apprezzato di più quella versione o questa.
Vi mando un forte abbraccio e vi do appuntamento alla prossima volta, credo
aggiornerò lunedì.
La suoneria della sveglia impostata nel cellulare iniziò a rimbombare per
tutta la stanza quando furono le sette in punto.
Tirò fuori svogliatamente una mano da sotto le coperte e con un gesto la
spense, di solito era Plagg ad occuparsene.
Volse uno sguardo malinconico verso il piccolo cuscino bianco grande quanto
una mano, posto sul comodino dove il dio della distruzione era solito riposare.
Non ci fu il tempo per girarsi dalla parte opposta che Nathalie aveva già
fatto irruzione nella stanza perfettamente cambiata, profumata e pronta per
iniziare una nuova giornata.
Adrien non potè non notare quanto fosse ogni
giorno impeccabile quella donna.
Forse l’aveva vista poche volte spettinata e con addosso abiti casual
nonostante abitassero nella stessa casa, ma suo padre le aveva ordinato di
mantenere sempre una dovuta distanza.
Non mangiare mai con Adrien, niente manifestazioni d’affetto, accompagnarlo
a scuola, a scherma e ai servizi fotografici, avrebbe potuto vedere i suoi
amici ogni volta che voleva ma sempre in orari ben stabiliti e mai oltre le
sette di sera.
Nathalie a volta trasgrediva a certe regole, e quella più gettonata era la
colazione, pranzo e cena, dove il ragazzo le aveva espressamente chiesto di non
lasciarlo da solo.
Già era stata dura superare la perdita di sua madre anni fa, poi si era
messo suo padre con la sua smania di potere, e ora non poteva sopportare di
essere solo e soprattutto senza lei.
Certo aveva un sacco di amici su cui poteva contare e che gli volevano un
mondo di bene, ma nessuno di loro avrebbero mai colmato il vuoto lasciato improvvisamente
da Lady Bug.
Nathalie spalancò le tende bianche ed azionò il meccanismo per l’apertura
delle tapparelle facendo entrare il sole.
Era metà maggio ed era una calda giornata di primavera.
“Buongiorno, Adrien. La colazione sarà servita tra un quarto d’ora, hai
tutto il tempo per farti una doccia e vestirti adeguatamente.”
“Cinque minuti, Nathalie” La pregò affondando la testa nel guanciale e
coprendo la voce.
“Non abbiamo cinque minuti. L’auto che ti porterà a scuola partirà tra
mezz’ora, non vorrai arrivare tardi.” Disse in tono impostato e autoritario
puntando i piedi.
In realtà non aveva voglia di andare a lezione quel lunedì mattina, non era
preparato ad affrontare lo sguardo di Marinette anche
se doveva dirle che forse aveva trovato un modo per farla guarire dalla sua
amnesia.
Era sicuro che l’avrebbe incontrata tra i corridoi entusiasta mentre
raccontava alle sue amiche di quanto straordinario fosse Luka.
Sapeva che una foto non significava nulla e che con molta probabilità aveva
frainteso la situazione, ma conosceva anche i sentimenti che il chitarrista
provava nei confronti della sua amica, come lo era lui, e non escludeva che
durante la sua assenza ci avesse provato con lei.
Non era stata pubblicata solo quell’istantanea, ma nei profili social dei
suoi amici erano comparse molte altre storie dove Marinette
e Luka erano sempre l’uno accanto all’altro.
“Non voglio andare a scuola oggi” Disse con voce semi ovattata dal cuscino.
Nathalie si sedette a bordo del letto e gli tolse il guanciale scoprendo il
suo viso triste.
“Mi vuoi dire perché?” Domandò con voce calma e materna.
Adrien si mise seduto e si passò una mano sui capelli biondi
scompigliandoli ancora di più.
“Non mi va.” Incrociò le braccia e s’imbronciò come un bambino piccolo, la
sua tutrice pensò di quanto fosse adorabile.
Nathalie ipotizzò che fosse a causa della situazione di suo padre, era
chiaro che quel viaggio in Tibet lo doveva aver scosso anche se non aveva idea
di che cosa fosse successo al tempio, sapeva solo che si era intrattenuto anche
con il Grande Guardiano Su-Han, ma non le sembrava avesse ricevuto cattive
notizie, anzi, Gabriel tra un paio di mesi avrebbe fatto ritorno a casa.
Quando le capitava di sentire lo stilista lo vedeva sempre sereno e non più
con quel velo di cattiveria negli occhi e anche il tono della sua voce era
cambiato.
Si era pentito di tutto quello che aveva commesso, di aver portato
scompiglio alla città di Parigi, e soprattutto per aver ferito suo figlio, se
forse gli avesse raccontato tutto fin dall’inizio tutto questo non sarebbe
accaduto.
“Senti, Adrien. Se c’è qualcosa che ti turba…” Gli posò una mano
delicatamente sulla sua.
“Lo so, Nathalie.” Le terminò la frase sorridendo “…ho solo voglia che
questa storia finisca”.
“Finirà! Te lo assicuro, e resterà solo un brutto ricordo. Poi…” Fece una
piccola pausa in modo che Adrien la guardasse “…per l’altra questione…ti
conviene parlare alla tua amica prima che qualcuno te la porti via”.
Incredibile come quella donna lo conoscesse bene.
*
Mancavano pochi metri prima che la berlina grigia si fermasse proprio ai
piedi della scalinata della scuola.
Adrien osservava dal vetro oscurato tutti gli studenti che lentamente si
apprestavano a salire i gradini, in alcuni riconobbe le sagome di Alix, Max e Mylene, dietro la sua macchina invece, c’era quella di Chloè.
Il biondo saluto l’autista e non attese minimamente che la sua amica d’infanzia
scendesse dalla sua auto per fare la strada assieme, anzi aumentò il passo perché
già gli dava fastidio il cinguettio della sua voce mentre rimproverava la
povera Sabrina per non averle aperto la portiera.
Quando fu in cima le scale diede un’occhiata veloce dall’altra parte della
strada, per la precisione verso la pasticceria di Marinette,
poteva vedere all’interno la signora Dupain servire dei
croissant a dei suoi coetanei.
“Buongiorno, amico mio!” Lo salutò da dietro Nino dandogli una leggera
pacca sulla spalla.
“Buongiorno, Nino” Ricambiò con un sorriso tirandosi su la spallina della
cartella che era caduta.
“Fatto buon viaggio? Com’era il Tibet?” Lo investì con le sue innumerevoli
domande mentre varcarono la soglia dell’istituto per dirigersi verso gli
armadietti.
“Freddo…molto freddo!” Rispose spicciolo per non entrare nei particolari.
“Proprio non capisco che cosa ci trovi tuo padre in un posto così…”
“Dice che è d’ispirazione…io volevo solo tornare a casa invece, troppa pace
e tranquillità.”
“Naaa…mi sa che un poco di pace e tranquillità ci
vorrebbe anche qui.” Quando arrivarono agli armadietti, le loro orecchie vennero
colpite dalle voci da oche starnazzanti delle loro amiche.
Stavano ridendo di gusto ricordando di come quella domenica Chloè era scivolata sulla buccia di banana e le era poi
caduta in testa imbrattandole i capelli appena lavati e frizionati alla
perfezione da qualche serva.
Marinette stava imitando la sua voce alla perfezione quando ripeteva le parole “Ridicolo.
Assolutamente ridicolo” e le sue amiche ridacchiavano a crepapelle.
Chloè era entrata nella stanza digrignando i denti dalla rabbia, sapevano perché
stavano sogghignando, prese i suoi libri dall’armadietto e senza degnarle di
uno sguardo si diresse verso la classe.
“Come stai Chloè?” Le aveva chiesto Adrien appena
venuto a conoscenza dell’accaduto.
“Una meraviglia!” Berciò acida alzando il mento mentre si teneva l’anca.
“La tua pomata, Chloè!” La inseguì Sabrina con il
tubetto tra le mani pronto per essere spremuto.
Adrien guardò entrambe allontanarsi di fretta e furia.
“Vedo che mi sono perso parecchie cose mentre ero via.”
“E non è solo questo…vero Marinette?” Alya le
lanciò un’occhiata all’amica assottigliando gli occhi.
Il biondo deglutì rumorosamente, forse infondo non aveva interpretato male
il significato di quella foto con Luka.
“C-cioè?” Chiese timidamente strabuzzando gli occhi pronto a ricevere la
mazzata.
Marinette si era alzata “Ecco…c’è una cosa che dovrei dirti”.
Il cuore di Adrien mancò un battito e di colpo la casa sull’isola deserta,
il criceto e l’enorme quantità di frutta, svanirono come fumo dietro di sé lasciando
solo una tela bianca su cui dipingere una nuova storia.
L’aveva persa e quel serpente aveva approfittato della sua assenza
per agire alle sue spalle.
Marinette agitò una mano davanti al suo volto.
“Stai bene? Hai lo sguardo perso” Gli chiese facendolo rinsavire.
“I-io? S-si si certo. Va tutto bene.” Farfugliò grattandosi la testa “…di
cosa mi volevi parlare?” Non che fosse pronto a ricevere quella bastonata, ma
doveva cercare di far finta di niente anche se non era per niente facile.
Saperla tra le braccia di un altro mentre le sussurrava parole dolci e
poteva metterle le mani ovunque volesse, assaporare le sue labbra rosa e piene
dal sapore di fragola, non era contemplato.
Si, le labbra di Marinette avevano il gusto di
fragola, ricordava bene il sapore che gli aveva lasciato la sua bocca quando si
erano baciati mentre erano sotto l’incantesimo di Oblivio.
Anche in quel caso entrambi avevano perso la memoria, ma cosa li avesse
spinti a compiere quel gesto rimase un mistero.
Forse che nonostante tutto erano destinati a stare insieme? Chi può dirlo…ma
ora sembrava non aver più importanza, nella sua vita c’era Luka.
“Si, ecco…è una cosa da nulla, però…” Iniziò lei bloccandosi poi quando la
campanella annunciò l’inizio della lezione “…ne parliamo dopo scuola, ti va?”
Gli stava chiedendo un appuntamento?
“Intendi io e te da soli?” Lo chiese con una certa esitazione e con il
cuore in gola.
“Si, cos’è ti vergogni a restare solo con me?”
Adrien sussultò “No, no assolutamente no…è che mi sembra strano che mi
chiedi di uscire quando stai con un altro”.
Ecco glielo aveva detto.
Marinettesbattè le ciglia un paio di volte “Scusa chi ha
messo in giro questa voce?”
Figuraccia…ma necessaria.
“Ehm…nessuno, l’ho solo dedotto da delle foto sui social” Balbettò
gesticolando nervosamente con le mani.
“Solo perché ho una foto con un amico non significa che ci stia assieme.”
“Non sembrava solo un amico dalla foto pubblicata da Luka.”
Improvvisamente Marinette scoppiò a ridere
ricordando a quale diapositiva si potesse riferire.
“Glielo avevo detto di non metterla! E’ solo un
malinteso…ha scattato nell’esatto momento in cui sono scivolata, ha detto che
quella foto era bellissima perché gli ricordava tanto la vecchia me”.
Adrien tirò un sospiro di sollievo, non stava insieme a Luka, per lei era
solo un amico e basta.
Si diede mentalmente del cretino per averlo solo pensato, ma con tutti quegli
indizi, quel gioco di sguardi, sfidava chiunque a pensare il contrario.
“Ah! Che scemo!”
“Allora? Ci vediamo dopo la scuola?”
Lo vide esitare per qualche istante.
“Scusami, forse sarai già pieno di impegni” La seconda campanella avvertiva
i ritardatari come loro di entrare in classe e Marinette
girò i tacchi ed iniziò a camminare, ma dopo qualche passo Adrien la bloccò per
un polso.
“Vediamoci dopo la scuola, anch’io ho qualcosa da dirti”.
“Ci vediamo dopo scuola” Erano le parole di Marinette
che gli sono rimbombate in testa per tutta la mattina distraendolo
ripetutamente dalle lezioni.
Di solito scriveva pagine e pagine di appunti, oggi invece nel quaderno era
riuscito solo a scrivere la data e anche malamente.
Si erano dati appuntamento ai giardini pubblici alle 16.00 in punto, un
luogo tranquillo dove poter parlare senza il rischio di venire continuamente interrotti,
entrambi sapevano che i loro amici invece, si sarebbero dovuti vedere da
un’altra parte.
Adrien arrivò in anticipo di qualche minuto, la sua lezione di cinese era
terminata prima del previsto, quindi ebbe tutto il tempo di arrivare tranquillamente
a piedi, ed una buona passeggiata lo avrebbe potuto preparare mentalmente sul
discorso da fare a Marinette.
Ma pensava veramente che sarebbero bastati pochi passi per essere pronto a
quell’incontro?
Mise le mani in tasca cercando di asciugarle, e non era per il caldo,
quello lo sopportava benissimo, quello che non reggeva era la tensione.
Oddio quanto gli mancava Plagg in quel momento e
non poteva di certo parlare con il suo migliore amico di tutta quella storia.
Prese posto su una panchina di metallo bianco, un po' isolata rispetto alle
altre.
Curvò leggermente la schiena per appoggiare i gomiti sulle ginocchia e i
pugni sulle guance.
“Ce la posso fare, è Marinette” Si ripeteva mentalmente.
Appunto…non è soloMarinette, è la ragazza
di cui è perdutamente innamorato.
Sospirò osservando il lago che brillava sotto la luce solare pomeridiana e
alcuni pesciolini rossi nuotavano felici vicino la superficie.
Una leggera brezza gli mosse i capelli e il profumo di pane appena sfornato
e burro gli entrò nelle narici.
Era arrivata.
“Scusa il ritardo!” Disse una voce dietro di lui.
Adrien la osservò imbambolato per qualche istante, era incantevole in quel
vestitino rosa scuro e con i capelli legati in una treccia laterale.
“Sei in perfetto orario, Milady” Le fece cennò con la mano di
sedersi accanto a lui.
Milady…la gola le si seccò di colpo e il cuore iniziò a batterle forte, poteva
sentirlo martellare nel petto fino a che non si sarebbe fatto strada sullo
sterno per poi uscire e andare chissà dove.
Marinette deglutì cercando di inumidire l’esofago.
“Va tutto bene?” Le chiese Adrien notando il suo nervosismo, lui invece lo
nascondeva benissimo.
“S-si ce-certo! E’ solo che quell’appellativo mi
ha fatto sentire strana.” Farfugliò stringendo l’orlo del vestito tra le mani
guardandosi le punte delle scarpe.
Adrien le alzò il mento con due dita “Non devi sentirti a disagio con me.”
“Non lo so…forse…” Fece spallucce ritornando nella stessa posizione di
prima distogliendo lo sguardo dai suoi bellissimi occhi verdi brillanti.
“Perché dici così?”
Forse perché sapevo di essere innamorata di te? No, meglio non dirgli
questo.
“Perché non so cosa pensa la gente che prima mi vede con un ragazzo e poi
con un altro a distanza di pochi giorni.” Fece riferimento al suo appuntamento
con Luka dimenticando che fosse stata lei per prima ad uscire quel pomeriggio.
“Se ti senti a disagio per questo possiamo andare dagli altri, ma a quel
punto mi diventerebbe difficile parlarti. E la cosa che devo dirti è molto
importante.” Sarebbe però stato disposto a rimandare quella chiacchierata ad
un’altra volta.
Marinette continuò a torturarsi il vestito e solo quando Adrien gli posò le mani
sulle sue lo lasciò andare scoprendolo sgualcito.
“No” Soffiò, doveva sentire che cosa aveva da dirle di così fondamentale e
anche lei avrebbe fatto la sua parte. “…scusami, non volevo essere scortese.”
“No, tranquilla. Vuoi cominciare prima tu? Se non sbaglio anche tu mi
volevi dire qualsosa.” Se lo era chiesto tutta la
mattina mentre continuava a girarsi e rigirarsi la penna tra le dita.
Marinette tirò fuori dalla sua borsetta il portafortuna che le aveva regalato
Adrien.
“Oh!” Fece lui guardandolo penzolare davanti al suo viso.
Lei sorrise quasi commossa “L’ho trovato in una borsetta e d’improvviso mi
sono ricordata che me lo hai regalato al mio compleanno. Eravamo vicino ad un
albero quando me lo hai dato, era buio e avevo appena spento le candeline sulla
torta.”
“Ricordi anche quello che era successo prima?”
Marinette scosse la testa “No, niente. Zero totale”
Adrien sospirò e dalla sua espressione sembrava qualcosa di importante.
“Dimmelo te che cosa è successo prima.” Suonò come una supplica e il biondo
non potè negarle quel desiderio.
*
Seguì un racconto dettagliato e ricco di particolari.
“E così mia nonna era stata akumizzata da
Papillon e mi cercava, però era arrivato Chat Noir e mi aveva aiutata…”
Ricapitolò in poche righe lei.
Adrien asserì con il capo “Esatto.”
Marinette volse per l’ennesima volta lo sguardo verso il laghetto brillante, c’era
qualcosa in quel racconto che non quadrava, ma non perché non credeva alle
parole di Adrien, ma per il fatto che le sue descrizioni, le movenze di Lady
Bug e Chat Noir, il piano raccontato nei minimi dettagli, lo potevano conoscere
solo i due super eroi, e se lei, da quanto appreso nel suo diario e da Alya era
Lady Bug, questo significava che Adrien era Chat Noir.
Fu come se Marinette fosse stata colpita da una
doccia gelata.
Rimase con la bocca spalancata e lo sguardo perso nel vuoto.
“Marinette! Marinette!”
La chiamò per qualche istante scrollandole leggermente le spalle.
Lei si riprese e il cuore iniziò a martellarle ancora nel petto, le mani
tremarono e diventarono sudaticce.
Lo guardò negli occhi “Chaton…sei tu?”.
Adrien rimase impietrito a sua volta, non si aspettava di certo che Marinette lo capisse da poche frasi, oppure lo sperava?
Si, lo sperava con tutto sé stesso in effetti.
Le prese amorevolmente le mani “Ti ricordi di me?” Chiese con un barlume di
speranza negli occhi, che si spense pochi istanti dopo quando lei negò con il
capo e sciolse quella posa.
“M-mi spiace!”
Seguì un minuto di silenzio rotto solo dalle grida felici di alcuni bambini
che stavano correndo proprio vicino a loro con i loro aquiloni che svolazzavano
alti nel cielo.
“Le avventure che abbiamo vissute assieme le ho potuto leggere solo nel mio
diario e vedere su qualche foto o video nel blog di Alya.”
“Capisco…” Sospirò affranto da una parte, però dall’altra era felice perché
qualcosa nella mente di Marinette si stava muovendo e
forse non avrebbe fatto così male se si fosse sottoposta al trattamento dello
stregone in Tibet.
La corvina sorrise “Finalmente ti ho trovato, ho un sacco di domande da
farti.” Sgambettò felice come una bambina.
“Posso fartene una io prima?”
Marinette lo guardò sorridendo “Ovvio!”
Adrien si portò due dita sul mento, sorrise sghembo “Che cosa scrivevi nel
tuo diario di me?” Le sorrise a trentadue denti, non riuscendo a tenere a bada
il pagliaccio che era in lui.
Le ciglia di Marinette sfarfallarono per qualche
istante ed arrossì vistosamente, il cuore iniziò a batterle all’impazzata e la
gola le si seccò di colpo.
Non poteva averglielo chiesto veramente, e lei non sapeva cosa
rispondergli, o meglio, conosceva il suo diario a memoria, quindi rispondergli
sarebbe stato facile, ma era giusto metterlo al corrente dei suoi vecchi
sentimenti adesso?
“Intendi te Adrien o te Chat Noir?”
“Immagino che di me come Adrien avrai scritto di quanto sono elegante e
fine, che mi muovo in passerella come se stessi danzando, avrai parlato delle
ultime collezioni di mio padre, e così via, così discorrendo…”
Questo significava che non sospettava minimamente che lei ne era
perdutamente innamorata, nonostante Plagg glielo
avesse detto espressamente, ma al momento se lo era scordato.
“Quindi voglio sapere di cosa pensavi di me come Chat Noir!” Affermò con
convinzione.
Marinette si portò due dita sul mento ed iniziò a pensare “Mmm…vediamo…Che
sei divertente, simpatico e adoro le tue battute. Era uno spasso combattere al
tuo fianco.”
Adrien si alitò su una mano e la strofinò poi sulla maglietta
pavoneggiandosi “Modestamente, Milady, ero un partner di tutto rispetto.
Non ti capiterà di trovarne più come me.”
Marinette scoppiò a ridere così forte da farle venire i crampi alla pancia “Tu sei
tutto scemo!”
“Perché? E’ la verità!” Adrien invece cercò di
rimanere il più serio possibile, ma la risata di Marinette
fu talmente contagiosa che anche lui poco dopo scoppiò a ridere fino a far venire
ad entrambi le lacrime agli occhi.
Marinette si fermò per qualche istante ad osservarlo.
Era bellissimo, perfetto e più si soffermava nei dettagli dei suoi
lineamenti del viso, degli occhi, quei bellissimi occhi verdi, quella bocca, e
più dentro di lei sentiva un calore salire dallo stomaco fino alla testa.
Si sentiva più leggera e da un momento all’altro avrebbe preso il volo
cullata dal quel melodioso suono.
Chiuse gli occhi d’istinto per imprimere in lei quel ricordo, ma vide il
buio.
Per un’istante.
Alzò poi l’ombrello che le si era chiuso avvolgendo la sua testa e lo vide
in una giornata uggiosa che d’improvviso divenne colorata, la guardava con
quegli occhi magnetici.
“Marinette!” La richiamò serio.
Aprì gli occhi.
“Stai bene?” Era la seconda volta che si imbambolava in quella maniera quel
pomeriggio, forse per loro sarebbe stato meglio tornare a casa e rimandare
quella conversazione.
Marinette aveva provato forti emozioni e ricordato cose, tante cose, non era il caso
di continuare, i medici erano stati chiari: non doveva subire emozioni forti, o
incanalare troppe informazioni tutte in una volta.
La scena che aveva appena vissuto l’aveva letta nel suo diario, era la
volta in cui si era innamorata di Adrien.
Incurvò leggermente le labbra verso l’alto accennando ad un sorriso mentre
si perdeva dentro i suoi occhi.
Stava provando gli stessi identici sentimenti di quella volta.
Ci si può innamorare della stessa persona per ben due volte? Se è quella giusta
anche tre.
Gliel’ aveva detto Alya, e aveva ragione.
Dio se aveva ragione.
“S-si tu-tutto sei apposto. Tutto apposto volevo dire.” Farfugliò tremando,
una sensazione nuova per lei, ma non per Adrien che era abituato alla sua
timidezza, quella parte di lei che amava così tanto.
Non potè non notare quanto fosse adorabile Marinette in quel momento con le guance arrossate e lo
sguardo timido ed insicuro.
“Mi fai prendere un colpo ogni volta, non voglio che ti senta male per
qualcosa che dico o faccio.”
Gliel’ho chiesto, e non so nemmeno come abbia fatto quella domanda uscire
dalla mia bocca.
In passato, che poi tanto passato non è, non riuscivo a spiaccicare due
parole in croce davanti a lui, figuriamoci chiedergli che cosa prova per me.
Che poi…quale motivo mi ha spinto a farlo? Forse perché la vecchia me era
riuscita ad avere il sopravvento e a manovrare i fili dei neuroni che
controllano la parola?
Un gesto involontario quindi…ma non è questo il punto, ormai la frittata
era stata fatta, tanto valeva aspettare la sua risposta.
Lo so, sei curioso di sapere che cosa Adrien pensa di me, di cosa prova.
Lo vorrei sapere tanto anch’io giunti a questo punto.
D’un tratto mi sento stupida e vorrei tanto non avergli posto un simile
interrogativo.
Nei suoi occhi ho letto ansia, terrore, paura e smarrimento.
Un po' quello che è successo a me mentre ricordavo la prima volta che
c’eravamo incontrati e stando a quanto scritto relativamente a quella giornata,
innamorata perdutamente di lui.
Diario…ci si può innamorare due volte della stessa persona?
Perché credo sia quello che è successo a me oggi.
E se ci penso ancora, dentro di me ho ancora quella sensazione di
leggerezza che non mi lascia andare, come il viso di Adrien che continua ad
apparirmi nella mia testa ogni volta che provo a chiudere gli occhi.
Mi volge quello sguardo magnetico e non riesco a staccargli gli occhi di
dosso, sono rapita da lui, come una falena attratta da una fiamma.
Ho paura di scottarmi, ma ormai credo sia tardi…
Che cosa devo fare?
Io voglio RICORDARE! Sapere il perché non ho potuto confessargli
apertamente i miei sentimenti.
Ricordare di tutti i momenti felici passati insieme.
Ricordare delle nostre avventure come Lady Bug e Chat Noir.
(Si Diario…Adrien era Chat Noir!!!)
Ma più vado avanti e più mi rendo conto che questo sarà impossibile, ho
degli sprazzi ogni tanto, solo frammenti che non riesco a collegare tra di loro.
A volte mi chiedo se sono solo sogni, se ho vissuto per davvero quelle cose
oppure uno scherzo del mio subconscio.
*
Marinette in preda ad una crisi di rabbia e disperazione gettò il diario in un
angolo della sua stanza provocando un tonfo sordo.
Portò le ginocchia vicino al petto e le cinse con le braccia, infilando poi
la testa al loro interno.
Pianse.
Ormai lo faceva quasi tutti i giorni.
In silenzio. Da sola.
Rannicchiata in quell’angolo della sua camera.
Senza che nessuno la potesse sentire, a volte soffocava i singhiozzi dentro
il cuscino e non solo, spesso liberava al suo interno delle urla.
Quelle lacrime erano tutte per Adrien.
Aveva capito di amarlo. Di nuovo. Ancora.
Nonostante la sua mente avesse cancellato i suoi ricordi, l’amore che
provava per quel ragazzo era risalito a galla.
Questo a prova che il destino e l’amore vincono sempre, anche se al momento
sembrava che non fosse proprio così.
Aveva dimenticato il cuscino sulla chaise long, quindi le sue urla furono
udite da sua madre Sabine fin giù in pasticceria.
Si era precipitata subito al piano di sopra senza nemmeno togliersi il
grembiule cucito dalle sapienti e abili mani di sua figlia per il suo
compleanno, con il quale serviva i clienti.
Aveva chiuso con due mandate la porta principale e appeso un cartello con
scritto “TORNO SUBITO”.
Tom non aveva potuto sentire la disperazione di sua figlia, fortunatamente
stava aggiungendo degli ingredienti all’impasto che girava e rigirava
nell’enorme planetaria.
“Salgo un attimo, tesoro!” Gli aveva detto, ma lui non aveva ascoltato,
canticchiava a mezze labbra una melodia, un motivetto che piaceva molto a Marinette e che intonavano insieme quando lo aiutava con le
ordinazioni.
*
La trovò con le mani nei capelli, gli occhi gonfi e rossi, e appena Marinette la vide aprire la botola corse ad abbracciarla e
a singhiozzare ancora più forte.
“Mamma…”
“Amore mio, che cos’è successo? Ti ha fatto qualcosa Adrien?” Non lo
pensava in grado di farle del male, ma glielo chiese d’istinto, senza pensarci.
Lei negò con il capo mentre strofinava il volto nel suo petto “No, n-no, l-ui è è sempre gen-gentile
co-con me!”
Sabine le accarezzò amorevolmente la testa scompigliata e la cullava tra le
sue braccia com’era solita fare quand’era ancora in fasce per placare il suo
pianto.
In quel caso era facile, bastava dondolarla e coccolarla qualche minuto
prima che si riaddormentasse e dimenticasse…ora era arrivata per lei la parte
più difficile.
Un’adolescente in preda alle crisi esistenziali, amorose e in più
smemorata.
“Scusami, lo so. Non dovevo chiedertelo.” Le alzò poi il volto con due dita
“…ti va di parlare davanti ad una cioccolata calda?”
Marinette tirò su con il naso e volse lo sguardo all’orologio attaccato alla parete
“Sono quasi le sette di sera…non mi rovinerò la cena?” Quella raccomandazione
se la ricordava bene però.
“Giusto!” Sabine aveva perso la cognizione del tempo. Fuori il cielo era
ancora chiaro, complice le giornate che si stavano allungando “…allora un tè o
una camomilla?”
La ragazza annuì con il capo, quello era un buon compromesso.
*
Sabine prese la teiera che fischiava sopra il fornello dopo averlo spento.
Versò il liquido chiaro in una tazzina bianca con decori blu di finissima e
pregiatissima porcellana cinese, un regalo di matrimonio dello zio Wang.
Marinette prese quella chicchera tra le mani.
Scottava.
Attese un paio di minuti e quando non sentì più i palmi andarle a fuoco ne
sorseggiò un po'.
Non singhiozzava più, ma i segni della sua disperazione erano ancora ben
visibili sul suo bellissimo volto, doveva farli sparire prima che suo padre
chiudesse il negozio e salisse per la cena, ma questo non sarebbe successo
prima di un’ora o un’ora e mezza, quindi le due donne avevano tutto il tempo
per parlare e forse ci sarebbe stato anche il tempo per un bagno rilassante per
Marinette.
Sabine invece aveva già pronta la cena frigo, sarebbe bastato riscaldarla
un po' al forno e il gioco era fatto.
Entrambe si erano accomodate attorno al tavolo della sala da pranzo, l’una
difronte all’altra.
Sorseggiarono della camomilla nello stesso momento.
Fu Sabine la prima a rompere il silenzio appoggiando la tazzina mezza piena
sul piatto.
“Tesoro, ti va di dirmi come stai?”
Marinette sbuffò dal naso e continuò a tenere la tazza tra le mani e nascondendosi
dietro di essa.
“Mamma…io non so cosa mi è preso…sto bene, quello di prima è stato solo uno
sfogo. Sto bene non preoccuparti” Continuò a ripeterle.
Ma era evidente che Marinette non stesse bene,
era impossibile che lo fosse.
Era stata privata dei suoi ricordi, di tutti i suoi momenti tristi e
felici, di tutte le sue esperienze fatte da un giorno all’altro, senza
preavviso.
Sabine le prese una mano, calda. “Sono tua madre, piccola, e sento se
qualcosa non va. Parlamene. Togliti questo peso”
“Non cambierebbe niente” La ritrasse infastidita “…rimarrei senza memoria
in ogni caso”
Sabine la guardò amorevolmente e con compassione “Marinette…lo
so cosa provi in questo moment…”
“NO! Non lo sai! Nessuno lo sa!” La corvina si alzò trascinando la sedia
all’indietro facendola stridere.
“Calmati tesoro!” Le disse avvicinandosi e notando il suo nervosismo.
“Tutti sono gentili con me! Tutti mi amano, ma non la persona che vorrei!
Tutti mi trattano bene! Tutti credono di sapere come mi sento” Marinette straparlava e non dava modo a sua madre di
replicare o di dire qualsiasi cosa “...la verità è che nessuno sa proprio
niente su di me! Nemmeno TU, mamma” Le puntò il dito indice.
Sabine strabuzzò gli occhi per una frazione di secondo, poi addolcì il suo
sguardo, era chiaro che Marinette avesse bisogno di
sfogarsi e di parlare con qualcuno e le sue spalle erano pronte a ricevere
tutto quello che poteva uscire dalla bocca di sua figlia, anche se alcune
parole erano pronte a ferirla come lame taglienti di un rasoio.
“Io so che sei una persona buona e che sei provata da questa situazione. Ti
aiuteremo con il tempo a impossessarti dei tuoi ricordi, te lo prometto,
bambina mia.”
“E’ stata la prima cosa che mi ha detto Adrien quando ero in ospedale.”
“Vedi cara, tante persone tengono a te, e ti aiuteremo!”
Marinette scostò sua madre con il braccio mentre cercava di avvicinarsi “Nessuno può
farlo!” Scoppiò a piangere perché le venne in mente un trafiletto del suo
diario dove spiegava che se avesse rinunciato al ruolo di Guardiana dei Miraculous, avrebbe perso totalmente la memoria, proprio
come è successo al maestro Fu.
“Non devi abbatterti o arrenderti. Troveremo una soluzione.”
“Non c’è soluzione.”
“Non lo puoi sapere, le amnesie…”
“C’è una ragione se ho perso la memoria.” L’interruppe prima che potesse
dire altro portandosi i pugni sul volto.
“I medici non…”
“I medici non possono trovare risposte a tutto, mamma!”
Sabine rimase in silenzio, era chiaro che Marinette
aveva qualcosa da confessarle.
“Io, mamma…”
“Tesoro, qualunque cosa hai nel cuore, buttala fuori, ti sentirai meglio.”
“Io…ero…Lady Bug! E ho perso la memoria perché ho rinunciato al mio ruolo
di Guardiana dei Miraculous.” La guardò con mestizia
cercando in lei parole di conforto.
Sabine si portò la mano alla bocca dallo stupore e rimase in silenzio per
qualche secondo, il suo cuore iniziò a battere forte e a tremare.
Era sconvolta.
Non aveva idea della doppia vita di sua figlia, anche se pensandoci un po',
tutto tornava: le sue continue fughe senza spiegazioni logiche, le continue
assenze a scuola e i strani rumori che provenivano da
camera sua quando lei non c’era.
“Dì qualcosa mamma, ti prego!” La supplicò perché quel silenzio che si era
sovrapposto tra loro due la feriva.
“Io…io…” Balbettò e poi le diede un lungo abbraccio “…perché non me lo hai
detto prima?”
Marinette si asciugò con il dorso della mano quelle poche lacrime che le erano
uscite dagli occhi blu.
“Non potevo…non potevo mettervi in pericolo”
“Certo, capisco. Dev’essere stata molto dura tenerci all’oscuro di tutto. Senti…ma
come mai ora non sei più Lady Bug? Cioè voglio dire, perché hai rinunciato a
tutto?”
Marinette fece spallucce “Non ne ho idea…forse ha a che fare con Adrien…naaah non lo so” Scosse velocemente la testa.
“A proposito di Adrien, com’è andata il vostro incontro? Ti ha detto
qualcosa?” Sabine era rimasta in ansia tutto il pomeriggio e l’aveva vista
ritornare così velocemente che non aveva avuto modo di chiederle nulla a
riguardo.
“Diciamo che non abbiamo parlato molto e quando stavamo entrando nel vivo
della conversazione, siamo stati inseguiti da un’orda di fan” Sospirò
rassegnata.
“Senti tesoro, vuoi farlo venire qua Adrien, così parlate tranquilli?”
Propose Sabine.
“Mmm…meglio di no, non vorrei mai che papà
venisse akumizzato come l’ultima volta per causa
sua!” Marinette rise ricordando quella volta che Chat
Noir aveva accettato di venire a pranzo da loro sotto invito di Tom.
“Marinette…che stai dicendo? Era stato a causa di
Chat Noir…” Si fermò per qualche istante iniziando a fare due più due “…o mio
dio!” Guardò sua figlia sbalordita “…era lui! Cioè Adrien era Chat Noir!”
Adrien
chiuse la porta di camera sua dietro di sé e si lasciò cadere sul suo letto a
peso morto con la faccia rivolta sul materasso affondandola nel morbido cuscino.
Se ci fosse
stato Plagg in quel preciso momento, sicuramente gli
avrebbe detto di aver combinato un bel disastro quel pomeriggio e si sarebbe
fiondato sul formaggio che custodiva gelosamente sotto chiave nell’armadietto
ai piedi del letto, come niente fosse.
Come se i
suoi continui tormenti non lo toccassero minimamente, e invece, avrebbe solo
voluto abbracciarlo e dargli una dimostrazione d’affetto migliore di quella che
si meritava.
Ma il
piccolo dio della distruzione non c’era più.
Mancava da
parecchie settimane e la sua assenza si sentiva ogni giorno sempre di più.
Per quanto
quell’esserino nero fosse petulante e a volte fastidioso, aveva sempre una
parola di conforto per tutto ed era soprattutto in grado di rendergli le
giornate meno pesanti e frustranti.
Gli bastava
anche solo averlo seduto accanto mentre giocava ai videogiochi o studiava, una
presenza costante che lo faceva sentire meno solo.
Sospirò quando
si rigirò a pancia in su ed osservò l’alto soffitto.
Sembrava non
finire mai.
Nella sua
testa rimbombava ancora la domanda che gli aveva rivolto Marinette
a cui non era riuscito a dare risposta, e tutto perché aveva esitato.
Ne seguì poi
una lunga corsa per sfuggire alle sue fan più accanite, com’erano riuscite a
scovarlo in quel luogo appartato per lui rimaneva tutt’ora un mistero.
Adrien si
guardò intorno attendendo che qualcuno facesse capolino davanti al suo viso
facendogli incrociare gli occhi per metterlo meglio a fuoco.
Questo
sarebbe accaduto qualche settimana fa.
Non lo
avrebbe mai ammesso con lui, ma Plagg gli mancava
tanto.
Gli mancava
la sua voglia irrefrenabile di formaggio Camembert.
Gli mancava
come lo scherniva.
Gli
mancavano i suoi consigli.
Gli mancava
quell’aria saccente che non aveva timore di usare.
Gli mancava
trasformarsi in un super eroe solo per incontrare lei sui tetti.
Gli mancava
Lady Bug.
Gli mancava Marinette.
Si sedette a
bordo letto e si massaggiò il collo, poi si avviò verso il pianoforte ed iniziò
a muovere le dita sinuosamente sui tasti cercando di comporre una melodia
qualsiasi.
Sbagliò una
nota, poi un’altra e un’altra ancora.
Non era il
momento giusto per suonare, gli mancava la concentrazione.
“Maledizione!”
Aveva imprecato chiudendo il pianoforte.
Nathalie che
fino a quel momento era rimasta in silenzio sulla soglia della porta tossicchiò
per attirare la sua attenzione.
“Sono un
disastro!” Piagnucolò.
“No. Devi
solo rimanere concentrato mentre ti eserciti.” Non si mosse di un millimetro.
“Pensavo che
suonare mi liberasse la mente.”
“Dipende da
chi occupa i tuoi pensieri…”
Adrien
abbassò lo sguardo.
In realtà
all’interno della sua testa c’era un groviglio ingarbugliato di situazioni
differenti che necessitavano al più presto di essere sbrogliate prima che
queste lo portassero alla pazzia.
Da una parte
c’era la situazione di suo padre, ma quella sembrava ormai essere risolta, ci
stavano pensando al Tempio a rimetterlo a nuovo, ancora poche settimane e
sarebbe ritornato alla vita di sempre.
Senza
vestire i panni di Papillon s’intende.
Una domanda
però gli attanagliava il cuore: sarebbe rimasto tutto come prima o Gabriel
avrebbe cambiato atteggiamento nei suoi confronti? Aveva capito che stava
sbagliando con lui? Gli avrebbe lasciato più libertà o sempre confinato in una
prigione d’oro?
Nonostante
in quel momento lo odiasse con tutto sé stesso, Adrien non vedeva l’ora che
tornasse a casa, non che prima fosse una presenza costante, ma almeno sapeva
che c’era. A suo modo, ma c’era.
Dall’altra
parte, Marinette.
Doveva
assolutamente trovare un modo per parlare con lei e convincere i suoi genitori
a lasciarla partire, ma quale scusa avrebbe potuto mai usare?
Dire la
verità era la cosa migliore da fare, ma avrebbero capito?
Sapeva che i
signori Dupain erano persone di larghe vedute e
lasciavano molta libertà a Marinette, nei limiti,
ovvio, ma temeva che tutta quella situazione, il dover confrontarsi spesso con
medici venuti da ogni parte del mondo per studiare il caso della figlia, li
avesse destabilizzati e portati a rassegnarsi del fatto di non riavere con loro
la vecchia Marinette.
Avrebbe
fatto un tentativo l’indomani, con Sabine almeno, le sembrava una persona più
aperta al dialogo e disponibile allo scambio di idee.
“Tante cose
a dire la verità.”
“Qual è
quella che non ti fa dormire la notte?” Si, perché nonostante ci siano quattro
stanze che li separano, Nathalie riusciva a sentire Adrien singhiozzare la
notte, a volte percepisce i suoi movimenti mentre continua a rigirarsi nel
letto.
“Marinette…rivoglio la ragazza di cui mi sono innamorato.”
*
Marinette addentò quel panino di segale con
tacchino e insalata di controvoglia.
Non aveva
fame, ma doveva mettere qualcosa sotto i denti se voleva rimanere in piedi.
Fuori faceva
caldo e la scuola era quasi finita.
L’anno
scolastico si sarebbe concluso quello stesso venerdì.
Oggi era
martedì.
Non temeva
affatto di ripetere l’anno anche perché i suoi voti erano tra i più alti,
insieme a quelli di Adrien, Max e Sabrina, e le ultime verifiche lo avevano
confermato.
In mensa, il
vociare degli studenti era alto e a Marinette iniziava
ad infastidirsi.
Tutti quei
ragazzi che ridevano, che scherzavano ricordando momenti divertenti e a volte
imbarazzanti, mentre per lei era tutto nuovo.
Per quanto
ne sapeva poteva essere stata benissimo catapultata in una sorte di realtà
parallela senza via d’uscita.
Si alzò
prendendo il suo vassoio, il giardino sarebbe stato un ottimo posto dove finire
di consumare il pranzo in santa pace e godersi un po' di sole.
Alya la
fermò “Amica dove stai andando?”
“Scusami
Alya, non mi sento bene, ho bisogno di aria fresca”
“Ti
accompagno!” Glielo disse senza pensarci un secondo di più, era chiaro che non
stesse bene, mentalmente s’intende.
Marinette stava per dire qualcosa quando
intervenne Adrien “L’accompagno io, Alya”.
La sua
migliore amica non se lo fece ripetere due volte, riprese posto vicino a Nino
senza obiettare, ma limitandosi ad un accenno con il capo.
Marinette le aveva messaggiato del suo
incontro avvenuto il pomeriggio precedente, omettendo però la fatidica domanda,
e il suo istinto da reporter le diceva che avevano lasciato in sospeso qualcosa
quei due.
Non si
sbagliava.
*
Adrien seguì
Marinette fuori all’aperto e presero posto all’ombra
di un albero.
La brezza
primaverile muoveva le fronde degli alberi liberandoli dalla calura che si
stava abbattendo su Parigi.
L’estate era
alle porte e presto sarebbe scoppiato il grande caldo.
“Per quanto
riguarda ieri…” Iniziò lui rompendo il silenzio.
“Non è
necessario che lo fai ancora…ti ho detto che non è colpa tua.”
Adrien
l’aveva sentita appena ritornata a casa e si era scusato per l’orda di fan che
li aveva inseguiti, lui era abituato, ma non era mai senza la sua guardia del
corpo, di solito ci pensava il gorilla a tirarlo fuori da quella
situazione spiacevole.
Si sentiva
mortificato perché Marinette doveva avere una
risposta sincera alla sua domanda e anche venire a conoscenza dell’altra
questione.
“Marinette…” Mormorò con voce calma e suadente, un tono che
fece subito perdere un battito alla corvina che volse subito lo sguardo da
un’altra parte per evitare di incrociare nuovamente i suoi bellissimi occhi
verdi.
Adrien le
prese la mano e Marinette la guardò.
Nell’anulare
destro era ancora presente il segno dell’anello del gatto nero, Marinette l’accarezzò delicatamente con il suo pollice.
“Ti manca
essere Chat Noir?” Gli chiese con un filo di voce.
Adrien
inspirò ed espirò dal naso “Si, milady. Mi mancano le nostre avventure”
Rispose incrociando le loro dita.
“Almeno tu
le ricordi” Sciolse quella posa quasi seccata, ma doveva ammettere che il
contatto con lui è stato bellissimo.
“Ti ho fatto
una promessa quando sono venuto a trovarti in ospedale: ti avrei aiutato a
ritornare quella di prima.”
Marinette si portò le ginocchia più vicine al
petto “Nessuno può. Se nemmeno i medici possono…”
“Smettila!”
Berciò in un tono del tutto inaspettato “…lo sai benissimo che i medici non
risolveranno un bel niente e che la situazione ai tuoi problemi non si trova in
un maledetto ospedale. Tu hai perso la memoria solo perché eri la Guardiana dei
Miraculous e hai dovuto rinunciare per causa mia!”
La corvina
strabuzzò gli occhi, non si era mai rivolto a lei con quel intensità, anzi con
nessuno che lei sapesse.
Adrien si
pentì subito di averla aggredita in quel modo, ma era stanco di sentirla
parlare in quella maniera come se non ci fosse una via d’uscita “Che ne è stata
della Marinette coraggiosa e fiduciosa? Che ne è
stato della ragazza pronta ad aiutare sempre gli altri e che trovava soluzioni
anche laddove non c’erano? Che ne è stato della ragazza di cui mi sono
innamorato?” Le chiese infine non staccandole gli occhi dai suoi.
I battiti
del cuore di Marinette iniziarono ad accelerare in un
ritmo che le fecero tremare le mani.
Possibile
che Adrien le avesse veramente detto di essere innamorato di lei? Della goffa e
svampita Marinette? Eppure i suoi appunti erano molto
chiari a riguardo: Chat Noir era innamorato di Lady Bug e Chat Noir era Adrien,
quindi Adrien era innamorato di Lady Bug.
Un
ragionamento contorto e ripetitivo che le martellava nella testa provocandole
dolore, Marinette fece una smorfia e si portò i pugni
a tenersela.
Adrien non
sapeva bene che cosa aspettarsi dopo quella rivelazione, sta di fatto che
quando la sua amica gli disse che non poteva essere innamorato di lei
perché lo era di Lady Bug, lui sorrise e le tolse quelle mani che le coprivano
il suo bellissimo volto.
“Tu sei Lady
Bug!” La tipica frase che le avrebbe detto la sua kwami
e amica Tikki.
“Non più!”
“Lo sei
dentro…ricordi? Ti ho definita la nostra Lady Bug di tutti i giorni”.
Lo sapeva
solo perché lo aveva letto nel diario.
“Non serve
indossare una maschera per esserlo.”
“Adrien,
io…” Per un attimo si perse nei meandri di quegli smeraldi che risplendevano
alla luce del sole riscaldandole il cuore, ma fu quando improvvisamente si
trasformarono in zaffiri freddi, terrificanti e vuoti, e lo scenario dietro di
lui cambiò drasticamente rivelando un mondo totalmente distrutto, velato di
bianco e coperto d’acqua, che Marinette fece marcia
indietro.
*
Il nostro
amore ha fatto questo.
*
“…mi
dispiace!” Marinette si alzò e fece per andarsene
quando la mano calda di Adrien la bloccò per un polso.
“Aspetta!”
“Non…non
possiamo!” I suoi occhi erano ancora azzurri e inquietanti.
“Cosa non possiamo?”
Anche Adrien si alzò.
“Stare
insieme!” Tagliò corto senza troppi ma e se.
“Perché?”
Marinette non aveva il coraggio di guardarlo
“Perché…”
“Mi ami, Marinette?” Ora era lui che aveva bisogno di sentirselo
dire, la sua esitazione lo stava ferendo e forse averle rivelato così
apertamente i suoi sentimenti in quel momento non era stata una buona idea.
La corvina
deglutì il nulla, avrebbe voluto rispondergli che nonostante la perdita di
memoria le avesse strappato via tutti i ricordi, quello che non si era potuto
portare via era l’amore immenso che provava per lui.
Ma prima di
rivelargli tutto questo doveva prima capire perché quando stava con Adrien, una
sensazione di disagio si faceva strada nel suo cuore ed appariva lui, il gatto
bianco dallo sguardo di ghiaccio.
Adrien
rimase ad osservare Marinette qualche istante, dopo
che gli aveva posto quella domanda a cui non sapeva dare nessuna risposta, chiedendosi
a sua volta chi fosse quell’individuo appena menzionato.
Continuava a
vedere i suoi cambi d’espressione ogni secondo che passava, e più trascorreva
tempo e più il suo volto pareva rassegnato.
Marinette, dopo la prima volta che le era
apparso in sogno il gatto bianco dagli occhi blu ghiaccio, cercò nel suo diario
una qualsiasi forma di testimonianza a riguardo.
Tutto
inutile, sembrava che di Chat Blanc non voleva che ne rimanesse traccia.
Sempre che
non si fosse trattato di un frutto della sua immaginazione.
“I-io non lo
so.” Balbettò il biondo chiedendosi se la sua lady gli avesse tenuto nascosto
qualcosa.
Ma ormai era
anche inutile chiederglielo, e se mai questo famigerato Chat Blanc fosse
esistito, Adrien pensò che ci fosse sicuramente un motivo più che valido per
tenerlo all’oscuro di ciò.
Anche se la
cosa gli dava enormemente fastidio.
Ma non
glielo avrebbe mai detto, un giorno, forse.
Marinette sospirò affranta chiedendosi se
fosse stata una buona idea sparare a freddo quella domanda.
Adrien era
l’unico che poteva aiutarla visto che i suoi sogni ultimamente erano infestati
dal gatto bianco dagli occhi glaciali quando si intratteneva un po' di più con
lui durante il giorno, e chiedere ad Alya se ne sapeva qualcosa era fuori
discussione.
Che ci fosse
un nesso tra i due?
Probabile.
Ma il fatto
che lei non gli avesse mai parlato di Chat Blanc, forse significava che non
fosse poi così rivelante come cosa.
Oppure lo
voleva solo proteggere?
Che Chat
Blanc fosse in qualche modo legato a Chat Noir?
Un parente,
o qualcosa del genere.
Un suo alter
ego?
Tutto poteva
essere.
“Perfetto!
Quindi nemmeno tu puoi aiutarmi.” Berciò acida facendogli credere di avercela
con lui quando in realtà odiava solo sé stessa per non aver lasciato nessuna
testimonianza.
E se fosse
che Chat Blanc l’avesse talmente scossa da voler cancellare ogni traccia di
lui?
Perché?
“Ti giuro, Marinette. È l’unica cosa che voglio. Per questo dovresti
venire con me in…Tibet.” Deglutì il nulla attendendo una sua risposta.
“Ti-Tibet?”
Fece lei di rimando alzando leggermente il tono della voce. “E credi che la
soluzione la troveremo lì?”
Adrien annuì
con il capo “E’ solo un tentativo, ma il Grande Guardiano mi ha dato buone
possibilità di successo…”
A Marinette iniziò a girare la testa “Aspetta…aspetta…aspetta”
Mise le mani avanti per arrestare quel fiume di parole che la investì come un
fiume in piena.
“Che stai
cercando di dirmi, Adrien?”
Il modello
iniziò a giocare con le mani sudaticce “Ecco, vedi…non è sicuro, ma…” Balbettò
buttando giù un po' di saliva tra una parola e un’altra “…forse un modo c’è per
farti tornare la memoria e non torturarti più con il tuo bisogno di sapere”.
Marinette strabuzzò gli occhi e sfarfallò le
ciglia un paio di volte.
Aveva capito
bene?
Cioè quelli
che l’avevano privata dei suoi ricordi, potrebbero essere gli stessi che
potrebbero restituirgliela?
Logica come
cosa.
“Come?”
“Su-Han non
è entrato nei particolari, ma dice che ci sono buone probabilità di successo,
il percorso non sarà facile, ma…”
“Facciamolo!”
Esclamò convinta senza attendere ulteriori spiegazioni.
Inutili
ormai giunti a questo punto.
Quello che
premeva a Marinette era il fatto di ritornare quella
di prima, con i suoi ricordi e i suoi sentimenti.
“N-ne sei
sicura? Marinette ti devo avvertire…”
“Non mi
importa.” Scosse il capo, dall’espressione di Adrien capiva che non sarebbe
stato semplice, ma tra riavere la sua vita di prima (forse!!) e il vivere
sempre con una continua sensazione di vuoto e smarrimento, avrebbe scelto
sempre la prima opzione.
Gli prese la
mano “…se sarai al mio fianco, non avrò paura, chaton.
‘Io e te insieme contro il mondo’, ricordi?”
Sul volto di
Adrien si materializzò uno dei sorrisi più belli che Marinette
potesse mai ricordare.
Si avvicinò
di più a lei con la voglia incontrollabile di assaggiare quelle labbra rosee e
invitanti, Marinette rimase immobile e impietrita
intuendo le sue attenzioni.
Le farfalle
nello stomaco di entrambi presero vita una volta che ci fu quel contatto e il
loro cervello fu investito da scosse di puro piacere.
Casto, autentico,
innocente.
Anche se non
approfondirono il bacio, quella fu un’esperienza meravigliosa per entrambi, e
la voglia di continuare era parecchia, così tanta da fargli dimenticare per un
attimo dove si trovavano e che da un momento all’altro l’ora del pranzo sarebbe
finita, scandita dalla campanella che li avrebbe richiamati in classe.
“Sempre, milady”.
Le disse alitandole addosso ancora con le loro labbra a pochi centimetri di distanza.
“Il problema
sarà cosa dire ai miei, non penso mi lasceranno partire con te senza fare
troppe domande.”
“La verità!”
Lo disse senza troppi giri di parole.
Marinette mosse le labbra convulsivamente
senza che uscisse nessuna parola, Adrien aveva ragione, la verità era l’unica
via perché la lasciassero partire, i suoi genitori non avrebbero mai acconsentito
a quel viaggio senza sapere il reale motivo, soprattutto perché sarebbe partita
da sola con Adrien.
Nemmeno se
gli avesse detto che ad attenderli ci sarebbe stato Gabriel.
Erano pur
sempre due ragazzi di sedici anni.
E poi quale motivazione
avrebbero inventato?
“Ho paura!”
Disse poi stringendo i pugni.
“Non devi”
Le disse con voce calma e rassicurante accarezzandole la schiena prima su e poi
giù.
“Ho detto a
mia madre il reale motivo per cui non ricordo più niente. Avevo trovato degli
appunti nel mio diario.”
“E come l’ha
presa?”
Marinette sbuffò dal naso “In un primo
momento era rimasta sconvolta, ma poi ha capito”
“E tuo
padre?” Chiese con voce tremolante.
“Abbiamo
preferito non dirgli nulla, è già abbastanza sconvolto così. Non ha bisogno di
sapere che sua figlia era una super eroina, questo lo manderebbe fuori di
testa. Più di quanto non lo sia già.”
“Certo…beh!
Diciamo che se tua madre sa già del tuo segreto, non sarà difficile
convincerla.”
“Mamma è più
razionale e mi sembra molto di larghe vedute, mio padre invece è troppo
impulsivo e a volte reagisce in maniera esagerata.”
“Già…lo
bene” Le sorrise.
“Guarda che
non ha ancora dimenticato di quando sei venuto a pranzo a casa mia sotto
mentite spoglie.”
“Già, per
causa mia è stato akumizzato”
Marinette sogghignò divertita “Mamma mi ha
raccontato nei dettagli che cos’era successo quel giorno, io ricordavo solo che
era stato akumizzato perché arrabbiato con Chat Noir.
E a proposito di questo…” Fece una breve pausa “…sa anche che Chat Noir eri tu.
Scusami” Marinette si portò entrambe le mani sul
volto a coprirlo per la vergogna.
A causa di
una sua leggerezza aveva fatto scoprire anche lui.
Adrien le
tolse le mani dal suo bellissimo volto affranto e le portò una ciocca di
capelli neri dietro l’orecchio pensando a quanto le donasse quel nuovo look.
Aveva
abbandonato i classici codini per lasciarli scioli e liberi di caderle sulle
spalle.
“Non fa
niente, milady. Non devi sentirti in colpa, tanto lo avrebbe scoperto
prima o poi.”
“Mi giuri
che non sei arrabbiato?” Parlò come fosse una bambina che aveva appena
combinato un guaio.
“Croce sul
cuore!” Mimò il gesto da bravo scolaretto.
Marinette sorrise di nuovo, in maniera più
sollevata adesso “Grazie!” Biascicò stampandogli un bacio sulla guancia e
abbracciarlo.
Sarebbe
rimasta per sempre in quella posizione, tra le sue braccia forti si sentiva
sicura e protetta e non più un pesce fuor d’acqua o l’unico pesce in mezzo ad
un vasto oceano.
Sentiva che
a lui avrebbe potuto raccontare tutto senza freni e Adrien l’avrebbe ascoltata
e confortata.
Lo baciò.
Questa volta
fu lei a prendere l’iniziativa e a lasciarlo interdetto.
*
La lezione della
signorina Bustier era ricominciata da un quarto d’ora
circa e Marinette continuava ad accarezzarsi le
labbra con un dito, c’era ancora il sapore di Adrien.
Adrien dal
canto suo pensava e ripensava a tutto quello che si erano detti e nella sua
testa continuava a rimbalzargli un nome solo: Chat Blanc.
Doveva
assolutamente venirne a capo e sbrogliare quel caso, e l’unico modo era far
tornare la memoria a Marinette, ma non era solo
quella la motivazione che lo spingeva ad insistere sotto quel punto di vista.
Se Marinette avesse riavuto i suoi ricordi sarebbe stata
meglio con sé stessa.
Niente più
sbalzi d’umore.
Niente più
continui svenimenti ogni volta che gli ingranaggi del cervello mandavano una
pallina di cristallo all’interno della camera che controlla i suoi momenti più
belli o dolorosi.
Vederla
stare male senza poter fare concretamente qualcosa lo mandava fuori di testa.
Ma la fine
di quella assurda faccenda era quasi vicina, terminata scuola sarebbero andati
entrambi a parlare con Sabine e l’avrebbero messa davanti ad una scelta: se
fare un tentativo con chi l’aveva ridotta in quello stato, oppure rimanere
così, sperando che un giorno avrebbe riacquistato da sola la memoria.
Sarebbe
stata una scelta ardua e difficile.
Adrien si
portò le mani giunte sotto il mento e ci appoggiò la testa che si fece d’un
tratto pesante.
Si morse il
labbro inferiore con gli incisivi superiori cercando la maniera più dolce per
parlare a Sabine, sapeva che sarebbe spettato a lui quel compito.
“Tutto bene,
amico?” Gli sussurrò Nino accanto a lui.
Adrien fece sì
con la testa.
“Da come ti
comporti non sembrerebbe.” Incalzò il suo migliore amico. “Da quando sei
rientrato dalla pausa pranzo sei strano. Sicuro che con Marinette
non sia successo niente? Anche lei ha la tua stessa espressione accigliata”
Due mani si
posarono pesantemente sul loro tavolo “Signor Laiffe
e signor Agreste! Siete pregati di seguire la lezione se non volete fare una
visitina all’ufficio del preside”.
Adrien posò
lo sguardo sul pancino della professoressa e si stava chiedendo per quale
motivo stesse ancora lavorando.
“Ci scusai
prof! Colpa mia!” Nino si grattò la testa.
“Ricordatevi
che al prossimo richiamo vi sbatto entrambi in presidenza!” Da quando aveva
detto della gravidanza a tutta la classe sembrava essere cambiata, il suo
carattere angelico e sempre disponibile, aveva lasciato posto ad uno un po' più
severo.
“Saranno gli
ormoni!” Fece spallucce il mulatto sistemandosi gli occhi sul ponte del naso.
*
Continua
*
Angolo
autrice: ciao a
tutti, oggi mi prendo due minuti giusto per ringraziare tutti voi per seguire questa
storia, siete davvero tantissimi e se potessi vi abbraccerei fisicamente uno ad
uno.
Detto questo…com’era
prevedibile Adrien non ha potuto rispondere alla domanda posta alla fine dello
scorso capitolo e spero sia stato di vostro gradimento come ho gestito il
tutto; e anche il momento fluff (piccino piccino) XD.
Io vi do appuntamento
al prossimo capitolo che se tutto va bene potrei già pubblicarlo giovedì o venerdì.
Come Adrien
fosse riuscito a convincere Sabine Cheng a far intraprendere quel viaggio a Marinette con lui in Tibet, rimase un mistero.
Gli
bastarono pochissime parole per far uscire dalla bocca della donna un sospirato
“Va bene” e non ci fu nemmeno bisogno l’intervento di Tom, ci avrebbe pensato
lei ad inventare qualcosa di plausibile per giustificare l’assenza della figlia
quelle settimane, forse in quei mesi estivi.
Sabine
odiava nascondere le cose al marito, ma in quel caso non avrebbe capito la
situazione e avrebbe finito col non guardare più di buon occhio Adrien.
Da buon
padre protettivo, sarebbe partito lui per il Tibet e preso a calci i monaci del
monastero, o peggio ancora avrebbe setacciato tutte le strade di Londra o
Parigi alla ricerca di chi aveva donato il Miraculous
della Coccinella a sua figlia e resa guardiana senza il suo consenso.
Troppo
giovane e troppo innocente per portare un tale peso sulle spalle.
Ma ormai
quel che è fatto è fatto e questo Sabine lo aveva capito fin troppo bene.
Razionale e
raziocina.
Aveva
abbracciato amorevolmente la figlia mentre si apprestava a preparare le valigie
in camera sua, Marinette aveva sistemato con cura
magliette, pantaloni, biancheria intima ripiegata sopra la chaise longue da
riporre nel bagaglio rosa a pois bianchi che teneva aperto a terra, insieme a
spazzole, laccetti, profumi e bagnoschiuma, e perché no, anche qualche foglio
da disegno con annesse matite colorate.
“Bambina
mia…” Mormorò Sabine con le lacrime agli occhi.
Non sapeva
bene come sarebbe andato a finire quel viaggio, Adrien era stato chiaro a
riguardo ‘un tentativo’, ma Sabine avrebbe fatto qualsiasi cosa per sua
figlia, sempre se ne fosse stata convinta lei e se negli occhi di Marinette avrebbe captato l’ombra dell’esitazione avrebbe
detto di no.
E Marinette era convinta più che mai.
Questo le
bastava per accordarle il permesso di partire dopo la conclusione dell’anno
scolastico.
“Andrà tutto
bene, mamma. Non piangere.”
Sabine
sospirò cercando di cacciare all’interno degli occhi quelle goccioline salate.
“Non so se sto
facendo la cosa giusta!”
“E’ l’ultima
spiaggia, mamma. Dopo di questa credo che ogni altro tentativo sarà inutile e
io dovrò rassegnarmi a vivere sapendo di aver perso i miei ricordi più belli.”
Quello
stesso pomeriggio, i coniugi Dupain, avevano visto
Adrien portarsi via la loro bambina.
Tom le urlò
un semplice ‘in bocca al lupo’.
Poi quando
l’auto aveva svoltato, l’uomo con aria sognante entrò in negozio canticchiando “La
mia bambina diventerà una stilista famosa”.
Già, perché
con la scusa di uno stage all’estero e con la complicità di Gabriel Agreste in
persona, o meglio con una video chiamata dello stilista, erano riusciti a
convincere Tom a far partire Marinette, anche se al
padre non gli sarebbe affatto dispiaciuto averla tra il suo staff in pasticceria.
Ma per lei
era un’occasione troppo succulenta e Gabriel le aveva offerto quell’opportunità
in un piatto d’argento.
Almeno era
quello che credeva.
“Tom, è solo
uno stage. Non ti sembra il caso di correre un po' troppo?”
“Se glielo
ha chiesto Gabriel Agreste in persona non può che essere una cosa importante.
Sono fiero della mia bambina.” Il pasticcere iniziò a tirare fuori dalla
credenza degli ingredienti e riporli con cura sul banco da lavoro “…inventerò
subito una ricetta speciale per un dolce dedicato a mia figlia. Così quando
tornerà potremo festeggiare.”
Sabine
sospirò, suo marito era fatto così, e lo amava per questo.
Infondo
aveva ragione, o meglio sperava ce l’avesse.
Quando Marinette sarà di ritorno, ci sarà qualcosa da festeggiare.
Ma cosa?
*
Nathalie
attese la berlina grigia giù dalle scale dell’aereo privato della famiglia
Agreste, sempre con la solita aria impostata e con i capelli perfettamente
raccolti nella consueta crocchia bassa.
Era arrivata
all’aeroporto un’ora prima per assicurarsi che tutto fosse in ordine e pronto
per la partenza.
Gabriel non
le avrebbe mai perdonato un ritardo o una sbavatura.
Il gorilla
fece scendere prima Marinette e poi Adrien,
successivamente aveva imbarcato le valigie dei due ragazzi, quelle di Nathalie
erano già state riposte precedentemente nel vano bagagli.
“G-grazie!”
Aveva biascicato la mora contro la guardia del corpo, lui annuì con il capo
senza proferire parola.
Nathalie
salì sul jet per prima facendo segno ad Adrien e Marinette
di seguirla.
Il biondo si
mosse per primo e dopo qualche passo s’accorse che la sua amica non lo stava accompagnando,
si girò e la guardò trovandola con lo sguardo basso.
“Tutto
bene?” Le chiese dopo averla raggiunta.
“Ho paura”
Gli rispose con la voce rotta dal pianto.
Adrien
l’abbracciò forte “Non devi farlo per forza, ti riporto indietro se lo desideri.”
Marinette poggiò la sua testa nell’incavo del
suo collo inebriandosi di quel profumo e d’un tratto si ricordò perché lo
doveva fare, perché stava rischiando la sua vita.
“Starai per
tutto il tempo con me, Chaton?”
“Milady,
non ti lascerò mai.” Intrecciarono le loro mani e Adrien le baciò delicatamente
il dorso, quel contatto leggero le fece vibrare la colonna vertebrale.
A Marinette bastò.
Bastò per
salire passo dopo passo fino in cima alle scale, dove una Nathalie spazientita
li stava aspettando con una cartellina in mano picchiettando la penna
stilografica sulla carta.
Erano in
ritardo.
E Gabriel
avrebbe senz’altro dato la colpa a lei.
*
Erano in
viaggio da qualche ora ormai.
Avevano
optato per un volo notturno, così sarebbero arrivati alle prime luci dell’alba
in Tibet.
Marinette non era riuscita a chiudere occhio
e a riposare a dovere.
Nella sua
testa risuonavano ancora le parole di Adrien alla sua domanda ‘dimmi cosa mi
aspetta’.
Lui era
rimasto un po' interdetto perché aveva tentato più volte nei giorni precedenti
alla partenza di metterla in guardia riguardo agli effetti di quella cura.
Marinette non aveva voluto sentire ragioni a
proposito, perché se solo Adrien avesse accennato al fatto che sarebbe stato
doloroso e un percorso irto di ostacoli, probabilmente non avrebbe acconsentito
al trattamento, mandando all’aria anche l’unica possibilità che aveva di
ritornare quella di sempre.
*
“Guarda che
è tardi per tornare indietro.”
“Lo so, per
questo te lo sto chiedendo ora.”
Erano seduti
l’uno difronte all’altro e per Adrien non fu difficile accarezzarle il volto,
lei chiuse gli occhi facendosi cullare dal suo calore.
“Non lo
sanno nemmeno i Guardiani con certezza, ma ti prometto che rimarrò con te e ti
guiderò in questo tuo viaggio.”
*
Si
stiracchiò e si alzò dal suo posto sbadigliando, cercando di non fare rumore.
Adrien
accanto a lui dormiva beatamente, pensò a quanto fosse adorabile in quella
posizione e sarebbe rimasto ad osservarlo a lungo, ma aveva bisogno di
sgranchirsi le gambe.
Ma la
tentazione di assaggiare quelle labbra carnose e morbide la stava facendo
impazzire.
Si inumidì
con la lingua le sue di labbra, sbuffò dal naso e si tolse dalla mente quel
pensiero, le sue gambe avevano più bisogno della sua bocca.
Passeggiò su
e giù lungo il piccolo corridoio e quando il formicolio agli arti inferiori
passò, si fermò davanti l’oblò rischiarato dal sole che stava sorgendo.
“Ti ricorda
qualcosa questa situazione?” Chiese una voce dietro di lei che le cinse la vita
con le sue braccia.
Lei scosse
la testa “Dovrebbe?”
“La gita a
New York di qualche mese fa.”
“Oh!” Fece
lei “…mi dispiace, ne ho sentito parlare ma non mi dice nulla”
Adrien
s’incupì “Scusa, non avrei dovuto chiedertelo.” Sciolse l’abbraccio quasi
d’istinto, ma Marinette gli bloccò le mani
costringendolo a richiuderla nella sua presa.
“No, ti
prego. Rimani!”
“Quanto
avrei voluto sentirtelo dire quel giorno!” Sospirò cullandola a sé, osservando
i raggi del sole farsi ogni minuto sempre più forti ed intensi.
Fuori era
una bella giornata e il contrasto tra luce e buio era meraviglioso.
“Raccontami”
Lo invitò lei chiudendo gli occhi perché quel movimento oscillatorio era dolce
e rasserenante.
A dire il
vero tutto le suscitava quelle emozioni quando gli stava accanto.
Adrien le
baciò dolcemente la tempia, non sapeva con precisione se stavano insieme o no,
sta di fatto che le effusioni amorose e le reciproche attenzioni non le
rifiutavano mai.
Ma solo
quando rimanevano da soli.
Non erano
rari baci sulle guance, sguardi pieni d’amore, abbracci e passeggiate brevi
mano nella mano.
Purtroppo
queste cose erano accadute di rado in quelle giornate, per smorzare la tensione
e tenere occupata la mente, entrambi avevano preferito le uscite con gli amici,
avrebbero avuto tempo nelle settimane a venire per rimanere soli e di chiarire
i loro sentimenti una volta per tutte.
Il biondo
comunque rimuginava notte dopo notte di chiederle di ufficializzare la cosa,
una volta finita questa storia.
“Ero a pezzi
quel giorno. Avevo appena rinunciato al mio Miraculous
perché credevo di non essere un degno portatore, in più tu mi avevi
rimproverato per non averti avvisata che mi sarei dovuto assentare da Parigi,
lasciandola senza un protettore.
Ho combinato
un disastro con Uncanny Valley, e tu come al solito
hai rimediato a un mio errore.
C’eravamo
incontrati davanti l’ostello nella nostra forma civile, all’ora non sapevamo
l’uno dell’altro, e mio padre aveva mandato la macchina a prendermi per
riportarmi a casa dicendomi che New York era diventata troppo pericolosa per me.
Ti ho
guardato, tu mi hai guardato. Desideravo solo che pronunciassi quelle parole.”
“Non lo
feci, vero?”
“No…”
“Tu stavi
con Kagami, non potevi pretendere che ti chiedessi di
rimanere. E poi che avremo fatto?”
“Si, stavo
con Kagami, ma…ma…E’
complicato da spiegare…” Respirò più profondamente “…ma quel viaggio mi aveva
aperto gli occhi su cosa provavo veramente per te, ho amato il momento in cui
abbiamo ballato insieme incorniciati dalla luna, stavo bene tra le tue
braccia…” Poi Adrien si fermò di colpo perché si rese conto di parlare da solo.
Il respiro
di Marinette si fece più pensante proprio come il suo
corpo.
La prese tra
le sue braccia sorridendo e la condusse in un posto più comodo dove avrebbe
potuto riposare un paio d’ore prima dell’atterraggio a Kathmandu.
“Me lo
sono meritato” Pensò tra sé e sé mentre meditava se baciale quelle labbra
rosa e morbide.
*
Continua
*
Angolo
autrice: ciao a
tutti! E buon pomeriggio, anche oggi vi lascio delle
note, diciamo più una mia precisazione:
-quel “me
lo sono meritato” è riferito a quando Adrien dice a Marinette
la famigerata frase “tu hai qualcosa” sull’aereo nello speciale di New
York, burlandosi di lei indirettamente, quando le toglie il pezzo di carta
igienica che aveva tra i capelli…diciamo più che altro è stata una mia vendetta
personale XD
Il percorso
per arrivare al tempio dei Guardiani non sarebbe stato semplice, soprattutto
compierlo con valige pesanti al seguito.
Nonostante i
miraculous non si potessero usare per scopi
personali, il Grande Guardiano Su Han, aveva chiesto l’intervento di Kaalki per trasformarsi in Pegasus
e creare un portale tra il tempio e l’aeroporto per condurre i suoi ospiti il
più velocemente all’interno dell’edificio.
Infatti fu
la prima cosa che gli fece notare Adrien.
“Mmm…diciamo che ho aiutato voi e che vi ho risparmiato una
grande fatica. De trasformami.” Si era giustificato prima di ritornare nelle
sue vesti civili.
Marinette si nascose spaventata dietro la
schiena di Adrien quando Kaalki uscì dagli occhiali
di Su Han.
“C-che cos’è
quel coso?” Chiese indicandolo con un dito tremolante.
Adrien
sorrise, un po' meno il kwami del cavallo che non le
risparmiò tutto il suo disappunto per averlo definito ‘coso’.
“Scusami!” Disse posso mortificata prendendolo tra le
sue mani e cambiando totalmente atteggiamento, gli allungò un macaron sotto
suggerimento del suo compagno di viaggio.
“Delizioso” Si complimentò una volta terminato.
“Mi fa piacere!” Gli sorrise.
Su Han non perse tempo e rimise subito a posto il Miraculous dopo che questi aveva assorbito il kwami.
“Benvenuti al tempio!” Li salutò come meritavano visto
che prima erano stati prelevati velocemente all’aeroporto senza dargli il tempo
di ambientarsi al fuso orario o all’ambiente che li circondava.
Marinette si guardò attorno e
rimase meravigliata di quell’angolo di paradiso, la pace e la tranquillità che
si respirava in quel luogo era inimmaginabile.
Uccellini che cinguettavano felici nascosti tra le
fronde degli alberi verde e fitte, farfalle variopinte che svolazzavano
spensierate posandosi di fiore in fiore.
Il sole le baciava la pelle e la leggera brezza estiva
le faceva ondeggiare i capelli sciolti.
Adrien notò un particolare sul lobo del suo orecchio.
Le spostò una ciocca di capelli e prese tra le dita
quell’insetto: una coccinella rossa dai pois neri.
“Credo ti abbia riconosciuta” Mormorò soffiando per
farla volare via.
“Tu dici?”
*
Su-Han gli fece fare un giro veloce del tempio
indicando le loro camere, Marinette e Nathalie
avevano le due stanze infondo al corridoio, una di fianco all’altra, mentre
Adrien avrebbe dovuto fare una rampa di scale in più, erano pur sempre due
ragazzi adolescenti nel pieno di una tempesta ormonale e quel luogo era sacro e
inviolabile.
“Alle 12.00 verrà servito il pranzo in sala grande,
poi il tè alle 17.00 in giardino sotto grande statua, ed infine la cena alle
19.30. Le luci si spegneranno alle 21.00.” Spiegò piatto il Grande Guardiano ai
tre ospiti congedandosi, prima di venire bloccato da Marinette.
“Quando iniziamo?”
“Domani…lo stregone ha già preparato tutto, ma oggi è
in ritiro tra le montagne.”
“Va bene, la ringrazio”
Su-Han le fece un inchino ed andò a congiungersi con
gli altri monaci lasciandoli liberi di circolare nel monastero e godersi un po'
di aria fresca e tranquillità.
“Vado a sistemare i bagagli, ci vediamo dopo!” Marinette si congedò dagli altri due che fecero lo stesso.
*
Marinette aveva preso il suo
album da disegno e l’astuccio con i colori, dopo aver messo in ordine i suoi
abiti e gli effetti personali in giro per la stanza, si sentiva ispirata per
delle nuove creazioni, forse era l’aria di un posto nuovo e per la tranquillità
attorno a lei.
Si diresse verso l’enorme giardino dalle sembianze di
un labirinto per quanto alte erano le siepi ai lati del percorso fatto di
ciottoli candidi e immacolati.
Sorrise quando una piccola farfalla bianca si posò
sulla sua spalla e poi volò via “Ciao, ciao farfallina” Le sussurrò
vedendola sparire al di là di quell’ostacolo.
Teneva ben saldo l’album tra le braccia mentre
percorreva il sentiero obbligato.
Si fermò all’improvviso quando vide un uomo di spalle
seduto sopra una panchina di marmo vestito con una tunica arancione che si
apprestava a dipingere.
Gli sembrava di conoscerlo, o meglio aveva
riconosciuto lo stile inconfondibile dell’abito che aveva messo addosso alla
modella immaginaria.
Quello era il padre di Adrien.
Le aveva detto che si trovava in ritiro dai monaci e
che con alta probabilità lo avrebbero incontrato.
Gabriel aveva sentito una presenza dietro di lui e
l’aveva guardata con la coda dell’occhio.
“Puoi avvicinarti se vuoi, non mordo mica”
D’un tratto le ginocchia di Marinette
iniziarono a tremare e a sudare freddo, una strana sensazione le attraversò il
corpo mentre metteva un piede davanti all’altro e avanzava lentamente verso di
lui.
Lo stilista continuava a disegnare senza curarsi di
lei.
Le sue mani tremavano perché sapeva che era arrivata
la resa dei conti.
Non era stato Adrien a rivelargli che Marinette portava la maschera di LadyBug,
ma Nathalie nell’ultima sua visita, dopo che aveva saputo che lui era
intenzionato a tornare al monastero con lei per farle riavere la memoria.
Gabriel non le aveva mai chiesto scusa, ma in realtà
non l’aveva chiesto nemmeno ad Adrien, aveva solo cercato delle giustificazioni
per quello che aveva fatto.
Marinette prese posto vicino
lo stilista e lo guardò terminare il disegno in silenzio.
Poi Gabriel preso da un raptus lo strappò, non era
venuto come voleva lui, si era giustificato, ma in realtà era la presenza della
ragazza che lo metteva a disagio.
“Era perfetto, perché l’ha fatto?” Aveva chiesto
meravigliata.
Lo stilista sospirò “Il colore non aveva la tonalità
giusta”
“Era solo un disegno, poi la stoffa sarebbe stata
un’altra cosa!”
Marinette era in gamba e aveva
ragione, non importava se il disegno era rosa confetto, era la stoffa con cui
sarebbe stato realizzato quello che contava veramente.
Ormai era tardi, e il suo nervosismo era percettibile
anche per lei.
“Mi scusi, non avrei dovuto disturbarla!” Marinette si alzò in cerca di un altro posto più
tranquillo, era immenso quel giardino, quindi non avrebbe fatto difficoltà a
trovarne uno.
“Aspetta” La fermò lui, dove a parlarle anche se in
cuor suo sapeva già che non avrebbe fatto nessuna differenza, e anzi ora che ci
pensava, non sarebbe stata una buona idea farlo ora che era senza memoria
“Devo…devo parlare con te!”
Marinette strabuzzò gli occhi
“C-con me?”
“Accomodati, per favore!” Gli indicò il posto dov’era
seduta poco fa e lei ubbidì senza obiettare, in cuor suo sapeva che doveva
ascoltarlo.
“Adrien ti ha detto il vero motivo per cui sono qui
rinchiuso?”
Rinchiuso? Lei pensava fosse in
ritiro spirituale e che si trovasse lì per trarre ispirazioni per le sue
prossime creazioni.
Marinette scosse il capo e arricciò
le labbra in segno di disappunto.
“Lo immaginavo!” Sospirò riprendendo in mano la matita
delineando sul foglio di carta bianco il contorno abbozzato di una figura
femminile.
“Doveva?” Chiese curiosa non distogliendo lo sguardo
da quello che stava facendo.
Per quanto ne potesse sapere, non aveva mai potuto
osservare così da vicino il lavoro di un artista del suo calibro e quell’occasione
le era stata servita su di un piatto d’argento.
Impossibile non approfittarne.
“Forse si vergogna di me” Seguì una breve pausa “…come
biasimarlo. Ha tutte le ragioni di questo mondo.”
“Signor Agreste, qualsiasi cosa abbia fatto in passato
sono sicura che non sarà così grave da non ricevere il perdono di suo figlio”.
Lo sguardo dello stilista andò a posarsi sopra la sua
figura ingenua.
“Non mi parleresti così se sapessi la verità.” Ritornò
a disegnare i contorni del pantalone a sigaretta.
“Me lo dica, la prego”.
Gabriel strizzò gli occhi, ricordare il suo passato
gli faceva ancora male, soprattutto perché ha ferito persone che ama
attualmente, e vedere negli occhi di suo figlio tutto il rancore e disprezzo
che porta tutt’ora, è pari a mille lame che gli attraversano lo sterno,
andandosi a conficcare dritti al cuore facendogli mancare l’aria.
Soprattutto perché in Adrien rivede la sua amata
Emilie.
Lo stilista aveva pregato tutti gli dei presenti nel
mondo perché lo aiutassero a dimenticare com’era successo a Lady Bug dopo che ha
rinunciato al suo ruolo di guardiana.
“Ti aiuteremo solo a conviverci e ad eliminare ogni
traccia di male che ha lasciato in te il Miraculous
della farfalla”. Queste erano state le parole dei monaci.
“Marinette…” Esitò qualche
secondo cercando le parole giuste.
“Speravi forse che glielo avessi detto io?” Domandò
una voce dietro di lui che lo fece voltare di scatto.
“Adrien…io…”
Marinette si alzò indispettita
guardando prima il figlio e poi il padre.
“Qualcuno mi dia una spiegazione, subito!”
*
Era arrivato il momento anche per Gabriel di tirare
giù la maschera per la seconda volta, la prima, Marinette
non poteva ricordarla sebbene fosse stata presente al suo smascheramento.
Lo stilista di alzò ed iniziò ad avanzare verso la
siepe più bassa con le mani incociate dietro la schiena, poi raccolse nella sua
mano una farfalla nera dai riflessi violacei da un fiore.
Quel gesto provocò un mal di testa tremendo alla
corvina che ebbe bisogno dell’aiuto di Adrien per sedersi di nuovo.
“Sto bene!” Lo rassicurò togliendosi la mano dalla
tempia, poi guardò Gabriel.
“Non posso crederci!” Mormorò dopo che dei brevi frame
di quel fatidico giorno le passarono nelle mente riflettendosi nei suoi occhi.
“Mi dispiace, Marinette.”
“Perché?” Lo guardò strizzando gli occhi perché il
dolore non era ancora passato del tutto.
“Per Emilie. Per Adrien. Rivolevo la mia fam…”
“TACI!” Lo zittì pieno di rancore suo figlio. “…se ti
fosse importato veramente di me, mi avresti raccontato subito la verità. E non
avresti fatto tutto questo casino per niente.”
“Ti ho già detto perché…non ho bisogno di
giustificarmi ancora”
“Per favore! Vuoi forse farmi credere che ti sei già
pentito? Che se tornassi indietro non faresti di nuovo tutto?”
“I-io…” Sospirò “…ero sotto l’incantesimo del Miraculous, il potere della farfalla è molto grande e
potente.”
“Dalla tua esitazione deduco che è un sì.”
“Deduci male, figliolo. Ti faccio una domanda. Tu che
cosa avresti fatto se avessi perso lei?” Indicò Marinette
e Adrien sbiancò.
Probabilmente sarebbe morto con lei.
“Non devi rispondergli” Intervenne Marinette.
“Devo invece.” Poi guardò suo padre “…avrei trovato
sicuramente un altro modo di gestire la situazione, senza bugie e senza
inganni.”
“La fai sempre facile tu. Pensi che non abbia provato
a parlartene?”
Adrien fece una faccia meravigliata, suo padre non c’era
mai, o meglio da quando sua madre non c’era più si era chiuso sotto una campana
di vetro uscendo solo pochi minuti al giorno per prendere una boccata d’aria, e
se lui per caso si trovava a casa magari incrociava il suo cammino in orari
stabiliti e ben precisi, senza mai sforare il tempo limite a loro disposizione.
“Sul serio? No! E ora se vuoi scusarmi, io e te
abbiamo già parlato abbastanza per oggi!”
Era chiaro che ad Adrien non fosse ancora passata la
collera che aveva nei suoi riguardi e preferì cambiare luogo prima che la
discussione degenerasse o che questa potesse portare scompiglio all’interno del
monastero, del resto loro erano semplici ospiti e non sarebbe stato giusto nei
confronti di chi voleva rimanere raccolto in preghiera continuare a disturbare
o dare qualsiasi motivo di chiacchera, anche se tutti sapevano il suo segreto.
Marinette senza pensarci due
volte raggiunse Adrien bloccandolo per un polso.
Adrien non
le aveva risposto, si era limitato a dirle di lasciarlo in pace e che presto
avrebbe avuto tutte le spiegazioni di cui aveva bisogno.
Era
arrabbiato.
Non aveva
ancora dimenticato o rimosso dal suo cuore il rancore che portava per il
genitore dello stesso sesso, troppo forte la delusione per essere superata con
delle semplici scuse.
Sebbene
fossero passati ormai dei mesi. Lunghi. Terribilmente lunghi.
Adrien non
si era mai sentito più solo e i suoi nervi stavano cedendo.
Si era
ritrovato di punto in bianco senza una madre, senza un padre e con una ragazza
che conosceva il suo nome solo perché lo aveva riconosciuto in un cartellone
pubblicitario.
Impossibile
non crollare o impazzire.
Per non
dimenticare che aveva perso la sua guida, l’unico che in quei mesi, per quanto
petulante e odioso a volte, aveva sempre una parola di conforto e lo aiutava a
superare i momenti più difficili con le sue battute.
Percorse
quel labirinto da solo, con le mani in tasca e lo sguardo abbassato, avrebbe
voluto piangere, e dio solo sa quanto ne aveva bisogno in quel momento.
Si accomodò
su una panchina di marmo lungo la sponda di un ruscello, all’ombra di un albero
da frutto.
Sospirò
mentre guardare l’acqua scorrere vicino a lui ed un pesce saltellare felice
assieme ad altri.
Una mela
rossa gli cadde dritta sopra la testa.
“Aho!” Esclamò mentre si massaggiava la parte lesa.
“Naaa…non ci siamo, moccioso.” Avrebbe riconosciuto quella
vocina tra mille.
“Plagg!” Mormorò quando alzando gli occhi lo vide che
divorava un frutto per sputarlo qualche attimo dopo.
“Hai del
formaggio?” Gli chiese insinuandosi dentro la sua camicia per cercare quel
frutto proibito.
“Che ci fai
qui? Non dovresti essere dentro la Miracle Box?”
Adrien pensò che quello fosse frutto della sua immaginazione, i guardiani non
lasciavano mai liberi i kwami, e Marinette
era stata rimproverata anche per questo da Su-Han quando la prima volta l’aveva
incontrata per sottrarla dal suo ruolo di guardiana.
“Mmm…lo sai che noi kwami non
ubbidiamo mai, e poi sono qui, non vado da nessuna parte.” Si giustificò.
Adrien
assottigliò gli occhi “Non è che per caso avevi voglia di vedermi?”
Plagg incrociò le zampette al petto e si
voltò perché l’espressione del suo volto non lo tradisse “Volevo il mio
formaggio. Punto. E’ frustrante mangiare solo frutta e
verdura.”
“Ok, ti
concedo il beneficio del dubbio.”
“Piuttosto…stai
bene? So che domani Marinette incontrerà lo
stregone.”
“E tu come
fai a saperlo?”
“Mmm…voci di corridoio.”
“Quindi se
lo sai tu, lo saprà anche Tikki.”
“Tikki è già con Marinette. Su-Han
ha deciso di farle incontrare e io ne ho approfittato per prendere un po'
d’aria.”
“Si
arrabbierà molto quando scoprirà che non sei al tuo posto.”
Seguì
qualche attimo di silenzio, poi fu il piccolo kwami a
parlare.
“Mi manchi
molto, Adrien.”
Il biondo
sussultò a quella rivelazione, non si aspettava una simile confessione, troppo
smielata per essere uscita dalla sua piccola bocca, ma Plagg
era sincero e questo lo poteva leggere dai suoi occhi grandi di smeraldo.
“Plagg, non devi disubbidire per me. Abbiamo visto che cosa
accade se commetti un errore, non te lo perdoneranno mai se scoprono che sei
con me.”
“Non me ne
andrò via, volevo solo salutarti, non me lo avrebbero permesso se glielo avessi
chiesto.”
“Questo non
lo puoi sapere, dalla mia ultima visita mi sembrava che i monaci fossero
diventati un po' più tolleranti verso i vostri confronti.”
“Sono fatto
così, non ci posso fare niente!” Continuò spicciolo il kwami
della distruzione “…senti piuttosto…come va tra te e Marinette?
Vi siete finalmente messi insieme?”
“Da quando
sei diventato così sentimentalista?”
“Ehi! Non
saprò molto dell’amore, ma certi sguardi li so riconoscere. Ho molta esperienza
in merito” Si vantò, e dal mondo in cui lo aveva detto, Adrien scoppiò a
ridere. “Eh? Che ho detto?”
Adrien si
asciugò con un dito due piccole goccioline salate che si erano formate ai lati
degli occhi.
“Sei troppo
divertente, Plagg.” Poi si fece serio “…ma io e Marinette non stiamo insieme...almeno credo.”
“Che
significa quel credo?”
Un piccolo
pesce d’acqua dolce sbucò fuori dall’acqua e saltò un sasso ritornando a
nuotare con gli altri della sua specie.
“Ecco,
vedi…non ne abbiamo mai parlato apertamente, però sappiamo quello che proviamo
l’uno per l’altro. Temo che quando Marinette
riacquisterà la sua memoria si dimenticherà di me.”
“Tu sei
pazzo, lasciatelo dire. Credo di non aver mai visto una persona più innamorata
di codini” seguì un attimo di silenzio “…tu le tieni testa però.” Plagg gli svolazzò davanti al volto “…non devi mai avere
dubbi su questo. Vi amate. E pensaci un attimo, lei senza memoria si è
innamorata di nuovo di te vorrà pur dire qualcosa no?”
“Hai
ragione, Plagg.” Adrien non dubitava dell’amore che
provavano l’uno per l’altro, ma che succedesse qualcosa che li dividesse per
sempre, sarebbe potuto andare storto qualcosa nel rito per farle ritornare la
memoria e magari cancellare i sentimenti che provava per lui.
Adrien
confessò anche questo al piccolo dio.
“E allora?
Siete destinati a stare insieme, e il fatto che tu sia riuscito a risvegliare
in lei dei sentimenti che non sapeva di avere ne è la prova.”
“Dici, Plagg?”
“Ma che è
questo pessimismo, ragazzo! Su con la vita! Hai una ragazza che ti ama più
della sua stessa vita e tu stai qua a piangerti addosso??”
“Non è per
quello” Gli rispose affranto attirando la sua attenzione.
Plagg attendeva la spiegazione buono buono accomodandosi accanto a lui.
“…vorrei anche
che le cose con mio padre si sistemassero. Per quanto odi ammetterlo, ma mi è
rimasto solo lui.”
“Ragazzo…solo
tu hai il potere di perdonarlo e ricominciare. Non sarà facile, perché ogni
volta che lo guarderai penserai a quello che ha fatto, ma tu sei forte e con la
tua Lady Bug accanto supererai tutto.”
Adrien aveva
gli occhi lucidi e dentro di lui lo stomaco era in subbuglio.
“Sai qual è
la cosa che mi ha spaventato di più?” Volse lo sguardo al kwami
“…che mi ha chiesto cosa avrei fatto se avessi perso lei.”
“E tu che
hai risposto?”
“Plagg…sono una persona orribile!” Si portò le mani nei
capelli ed iniziò a tremare “…gli ho detto che avrei cercato un’altra
soluzione, ma in cuor mio ho pensato che avrei fatto la stessa cosa.”
Plagg deglutì e non pensava affatto che
il suo ex portatore fosse una persona orribile, anzi.
*
Marinette osservava i fiori variopinti
prendere vita in un angolo di quel giardino, che dall’ampiezza doveva essere
immenso ed infinto, perché più di addentrava all’interno di quello che all’apparenza
sembrava essere un labirinto e più le sembrava di allontanarsi, invece il
monastero era sempre lì in tutta la sua maestosità.
Svoltò
l’angolo e vide il grande guardiano Su-Han raccolto in preghiera, seduto sul
manto erboso in posizione zen.
Non fece
alcun tipo di rumore mentre girava i tacchi per non disturbare, ma Su-Han la
richiamò lo stesso.
“Ti prego
non andartene, vieni qui e siediti”
Marinette non obiettò e fece come
impartitole.
Non disse
nulla.
“Vi lascio
sole!” Su-Han si alzò lasciando la corvina interdetta mentre si guardava
attorno esterrefatta, non c’era nessun altro oltre a loro due, oltre a lei ora.
“Ma…ma…”
Tentò di dire.
“Ciao, Marinette!” La salutò una vocina non del tutto nuova dietro
di lei.
Si voltò
cercando quel suono, ma non vide nessuno.
“Sono qui!”
Insistette la voce richiamandola verso di lei.
Fu allora
che osservando quei fiori più attentamente vide quella creatura rossa con un
enorme macchia nera sulla testa che la salutava con una zampetta, seduta
tranquillamente sulla corolla bianca di una margherita.
Marinette sobbalzò all’indietro cadendo con
il sedere.
“No, non
spaventarti. Sono io, Tikki”
La stessa Tikki che nominava sempre nel suo diario?
“T-tikki?” Marinette sospirò e
raccolse quell’animaletto rosso tra le sue mani preventivamente unite, poi se
la portò sulla guancia per poterla abbracciare ed accarezzare come era solita a
fare.
“Come stai?”
Le chiese il piccolo essere notando un velo di tristezza nei suoi occhi.
Marinette posò la kwami
sopra lo stesso fiore di prima e si sedette sul prato lì vicino.
Accarezzò
con le dita i sottili fili d’erba.
“Non lo so, Tikki. E’ strano.”
“Che cosa, Marinette?”
“Tutta
questa situazione. Non vedo l’ora che finisca.” Seguì una breve pausa dove Tikki aveva provato diverse volte ad aprire bocca, ma ogni
volta che lo faceva, le sembrava che quello che aveva da dire fossero cose a sproposito
“…anche se devo confessarti che ho un po' paura per quello che andrò ad
affrontare”.
La kwami aveva sentito parlare nel corso della sua vita di
questa pratica tramandata di generazione in generazione, e nessuno era mai
riuscito a raccontare per filo e per segno che cosa succedesse nelle mente, gli
stregoni parlavano di urla e lamenti strozzati, di cambi personalità, di febbre
e dolore, tanto dolore.
La paura di Marinette era per questo giustificata.
“Non devi,
Adrien ti starà accanto.”
“Tu come fai
a saperlo?” Domandò meravigliata, quello era un dettaglio che solo lei poteva conoscere.
“Me lo ha
detto Plagg, che glielo ha detto Adrien.”
“Le buone
notizie vedo che vanno veloci” Mormorò con una punta di amarezza.
“Non prendertela
con lui, è preoccupato quanto te. E si addossa la colpa per quanto ti è
successo.”
“Il piano lo
avevamo ideato insieme, ma questo gliel’ho già detto e ne avevano abbondantemente
parlato sia nei giorni scorsi che sull’aereo per venire qui.”
Tikki pensò bene di cambiare argomento
per evitare che Marinette potesse avere un
ripensamento.
“Posso
chiederti di te e Adrien?”
“Hai un’altra
domanda di riserva?” Sogghignò “…no, scherzo.” Aggiunse notando la sua
espressione perplessa “…vedi Tikki…scusami non è facile
per me” Non sapeva bene da dove cominciare.
“Tranquilla,
Marinette, sono abituata ai tuoi racconti confusi!”
“Uh! Quindi
vuol dire che non è una conseguenza della perdita di memoria?”
La kwami negò con il capo.
“Lo amo, Tikki!”
“E dove
starebbe la novità?” Chiese con sarcasmo, sapeva che si sarebbe re-innamorata
di lui nonostante la sua amnesia, l’amore che provava per quel ragazzo prima di
questa sua situazione era troppo forte per venire spazzata via, anche se ci
fosse passato sopra un uragano.
Al cuore non
si comanda e i sentimenti non si cancellano, possono solo venire assopiti, ma
prima o poi ritornano a galla senza poter più affondare.
“Ci siamo
scambiati qualche bacio e…” Confessò stringendo i pugni.
“E…” Fece
eco lei invitandola a continuare.
“…ed è stato
bellissimo, lui è bellissimo, perfetto…oh Tikki bacia
così bene!” In un nano secondo alla kwami sembrò di
essere ritornata a qualche mese fa, quando a Marinette
bastava solo essere sfiorata da Adrien che lei perdeva il senno.
“Ma state
insieme?”
“No…cioè…non
ne abbiamo mai parlato apertamente, sappiamo che cosa proviamo l’uno per l’altro,
ma…non lo so, Tikki, qualcosa ci frena…”
*
Continua
*
Note: ciao a tutti e buon giovedì…e come
sempre grazie per essere arrivati fino a qui! Spero che questo capitolo sia
stato di vostro gradimento e vi invito come sempre a farmelo sapere, se volete
ovviamente.
Non si erano
visti tutto il giorno, e nemmeno alla cena Adrien c’era.
Nathalie
aveva detto a Marinette che non si sentiva bene e che
avrebbe preferito cenare in camera sua.
In fondo era
abituato a farlo, anche se da quando suo padre era rinchiuso nel monastero
spesso e volentieri teneva la compagnia di Nathalie sia a pranzo che a cena.
Ma lei
sapeva che la stava solo evitando per sfuggire alle domande scomode che le
avrebbe posto riguardo alla reale situazione di suo padre.
Aveva
scoperto che in realtà che lo stilista Gabriel Agreste era niente di meno che
il famigerato Papillon dei racconti del suo diario.
Un duro
colpo.
E se il
rospo da buttare giù era pesante per lei, non immaginava come potesse essere
stato per Adrien scoprire quella scomoda verità.
Solo, e
senza nessuno a cui poter esternare i suoi sentimenti, senza essere capito e
compreso del tutto.
Marinette doveva assolutamente chiarire
quella situazione e parlare con il biondino, altrimenti non sarebbe stata in
grado di affrontare l’indomani quel viaggio mentale a cui si sarebbe
sottoposta.
Quel
pomeriggio aveva anche incontrato lo stregone, presentato dal Grande Guardiano
Su-Han e immaginandosi di vedere una persona di colore malandata con capelli
arruffati e sporchi, con un osso all’interno del naso e che puzzava.
Invece si
era trovata davanti una persona composta e gentile, un monaco.
Elegante nel
portamento e che era riuscita a toglierle quell’ansia addosso che si portava
dietro da giorni, per la precisione da quando sua madre Sabine aveva accettato
a quel viaggio.
“Ci vediamo
domani, Marinette. Dormi sonni tranquilli” Le aveva
detto sorridendole.
Ma per farlo
e esaudire la sua richiesta avrebbe dovuto avere il cuore leggero e parlare con
Adrien.
Lo stregone
le aveva comunicato l’importanza di stare bene con sé stessi in quel preciso
momento, altrimenti la cerimonia non avrebbe sortito gli effetti desiderati.
Così quella
sera prese coraggio e quando le luci si spensero e anche l’ultimo guardiano era
passato per il corridoio per controllare che tutto fosse in ordine, e che tutti
i monaci e gli ospiti fossero nelle loro stanze, aprì la porta e di soppiatto
salì le scale buie, illuminate solo dal chiarore della luna alta nel cielo e
che filtrava timidamente dai tendaggi delle finestre lasciate semiaperte.
*
Ricordava
che l’alloggio di Adrien era la prima a porta destra.
Bussò.
Nessuno
rispose.
Marinette pensò di aver sbagliato e che da un
momento all’altro si sarebbe ritrovata davanti uno dei tanti monaci in ritiro nel
monastero, così girò le spalle e fu in quel momento che la porta si aprì.
“Stai bene, Marinette?” Le chiese Adrien con aria comprensiva.
“Potrei
farti la stessa domanda.” Il biondo la prese per un braccio e trascinata con
forza nella stanza prima che i due monaci che stavano salendo le scale li
beccassero a parlare.
Non stavano facendo
niente di male, ma in quel monastero vigevano delle regole molto severe.
Adrien le
posò l’indice sulla bocca facendole segno di non parlare.
Quando i due
non udirono più il mormorare nel corridoio poterono tirare un sospiro di
sollievo.
“Perché sei
venuta qua?” Le domandò sedendosi sul bordo del letto.
La stanza
era piccola, ma c’era l’essenziale per pernottare in tutta tranquillità.
Un letto
comodo, un comodino con annessa abatjour, una scrivania ai piedi del letto, al
muro un armadio a due ante e un terrazzino.
Marinette si avvicinò alla porta finestra
osservando la luna e l’aprì.
L’aria
fresca che proveniva dalle montagne la investì facendola rabbrividire per
qualche secondo.
Adrien si
avvicinò a lei e le frizionò le braccia nude cercando di riscaldarla.
“Freddo?”
“Ora non
più” Usò le sue braccia come una coperta.
Adrien non
si staccò dall’abbraccio, ma rimase in quella posizione che gli dava pace e
serenità.
“Perché sei
qui, Marinette?’” Le domandò di nuovo.
La corvina
si voltò, e le braccia di Adrien continuavano a cingerle le spalle.
“Per te.”
Avvicinò il volto al suo ancora di più finché entrambi potevano sentire i
reciproci respiri e Marinette appoggiò le sue labbra
contro quelle morbide e invitanti di lui.
Una scossa
di piacere gli partì dal cervello fino a morire nel basso ventre.
Adrien
rispose al bacio stringendo Marinette ancora di più e
costringendola a far aderire il suo corpo meraviglioso a quello di lui.
Marinette infilò le mani dentro quei fili
d’oro manovrandogli la testa esattamente come voleva.
Adrien
continuava ad accarezzarle la schiena fino a fermarsi quasi d’istinto sul
gluteo sodo e perfetto, aveva sempre sognato di farlo, sin dal primo momento
che l’aveva incontrata.
La tuta da
combattimento aveva il potere di lasciare poco spazio all’immaginazione, ma mai
avrebbe pensato che un giorno avrebbe potuto mettere le mani sul suo corpo con
tanta audacia.
Marinette sorrise e lui lo percepì.
“Scusami,
non so cosa mi è preso, milady!” Si staccò dal bacio e di conseguenza da
lei facendole emettere un grugnito di disappunto.
La corvina
si portò di nuovo le braccia di Adrien dietro la schiena, dove dovevano stare.
“Non
scusarti, chaton…” Riprese il bacio, e questa
volta dischiuse la bocca e con la lingua accarezzò le sue labbra.
Anche Adrien
fece lo stesso continuando ad accarezzare ogni centimetro del corpo di Marinette.
Non riusciva
a fermarsi, e i singulti della ragazza non aiutavano, anzi, gli dava la carica
per continuare e la percezione che quella era la direzione giusta.
Adrien si
staccò dalla bocca per continuare a lasciarle scie infuocate sulle guance e sul
collo, risalì nuovamente quando si accorse di stare scendendo un po' troppo, e
la linea dei seni di Marinette era troppo vicina,
invitanti nonostante tutto.
Marinette spostò la testa per lasciargli
campo libero mentre con infilava una mano ancora dentro i suoi morbidi capelli.
Voleva di
più, ma si vergognava a chiederglielo.
Adrien la
sollevò da terra prendendola per i glutei, un gesto che la sorprese, anzi che
sorprese entrambi, perché ormai il corpo del bel biondino, preso dalla frenesia
del momento si muoveva da solo.
Si
guardarono per un breve momento negli occhi.
Nessuna
esitazione, ma solo un sorriso sghembo e malizioso su entrambi i volti.
Marinette abbassò la testa a livello di
Adrien e lo baciò per l’ennesima volta, ormai non contava più quanti gliene
avesse dati.
Adrien
l’adagiò sul materasso in una posizione più comoda e più consona al momento che
stavano per vivere.
Infine la
sovrastò con il suo peso sempre continuando a baciarla, non si sarebbe fermato
per niente al mondo.
La
desiderava troppo e lei desiderava troppo lui.
Le mani di
Adrien percorrevano ogni lembo di pelle fino ad arrivare alle spalline nere e
sottili del pigiama bianco a pois rosa di Marinette,
gliene abbassò una con le dita e la stoffa che fino a quel momento copriva il
petto della ragazza, venne lievemente scoperto rivelando il reggiseno di cotone
bianco che indossava, spostato leggermente a causa dei movimenti rivelando
quella rosellina così invitante per lui.
Adrien
avvampò e deglutì a quella visione.
Marinette si accorse del suo disagio, gli
prese la mano e gliela posò sopra continuandolo a baciare.
Adrien si
irrigidì improvvisamente, nemmeno nei suoi sogni più reconditi immaginava che Marinette fosse così audace a capace di fargli provare simili
emozioni.
Sicuramente si
aspettava che certe cose fatte con lei sarebbero state strabilianti, ma addirittura
così abile da fargli perdere qualsiasi inibizione facendosi trasportare dal
turbinio di emozioni provate, quello non era stato messo in previsione.
E se quello
era l’antipasto, figuriamoci che cosa avrebbe provato con la portata
principale.
Ma Adrien
rinsavì e in un momento di lucidità si allontanò da lei in maniera brusca
andandosi a rannicchiare ai piedi del letto.
“Ho-ho fatto
qu-qualcosa che non va?” Balbettò Marinette spaesata
toccandosi nervosamente i capelli e sistemandosi la spallina della canotta e il
reggiseno.
“No, no. Sei
fantastica milady. E’-è solo che…che…” Adrien
abbassò lo sguardo, quando aveva appreso che sarebbe partito con lei per il
Tibet non aveva pensato all’eventualità di dover finire a letto assieme, la
situazione tra di loro non era del tutto chiara, e quindi quell’ipotesi non gli
era passata per l’anticamera del cervello.
“Scusami,
sono stata troppo avventata.” Per non parlare di lei, che era andata da lui solo
per vedere come stava, ma non ha resistito al suo richiamo.
Era stata
attratta da lui come un navigante che segue imbambolato la voce della sua
sirena.
“Non è colpa
tua, Marinette…è che…si insomma…io…”
Marinette gli mise la mano sopra la sua.
“Va tutto
bene.” Gli sussurrò con voce calma mentre il suo respiro si regolarizzava
sempre di più “…è anche la mia prima volta lo sai?” Gli sistemò i capelli
biondi come riusciva.
Adrien
ancora non riusciva a guardarla “Non è come pensi, è che…io…non pensavo di…di…si
insomma...”
“Oh!” Fece
lei quando capì che il reale motivo non era l’imbarazzo, ma il fatto di non
avere precauzioni con sé, questo non fece altro che alimentare in lei il
sentimento di amore nei suoi confronti, sapeva che Adrien non era uno
sprovveduto e se non avesse avuto il coraggio di fermarsi, forse a quest’ora
sarebbe stato troppo tardi.
“Ti amo
tanto, Adrien” Era la prima volta che glielo diceva, era la prima volta che lui
se lo sentiva dire.
La guardò
con occhi colmi di amore.
Era sincera.
“Non mi
serve la memoria per sapere cosa provo per te.” Continuò lei incurvando verso l’alto
le labbra imitando un sorriso appena accennato.
Adrien strizzò
gli occhi come se qualcosa fosse entrato nel loro interno.
“Ho già
sentito questa frase, ma non riesco a capire quando e dove!”
“Mmm…smemorato anche te?” La ragazza sorrise di gusto.
“Non credo…”
Si portò due dita sul mento per pensare, ma quello che ne ricavò fu la
consapevolezza di non aver risposto alla sua dichiarazione d’amore e l’entusiasmo
negli occhi di Marinette stava sempre di più
scemando.
Adrien le
prese entrambe le mani e la guardò.
Si specchiò
in quei bellissimi occhi azzurri rischiarati dalla luce della luna, le
accarezzò il volto “Ti amo, Marinette! E vorrei stare
insieme con te per tutta la vita.”
*
Adrien a Marinette rimasero sdraiati uno accanto all’altro parlando
di molte cose.
Abbracciati,
non staccandosi mai.
Marinette poteva sentire il cuore dell’amato
battere in contemporanea al suo e il profumo di Adrien salirle dentro le narici.
Adrien le
aveva confidato molte cose e raccontato aneddoti più o meno divertenti girando
sempre attorno alla questione di suo padre, ma non affrontando mai veramente l’argomento.
Fu Marinette a fargli una domanda diretta che lo aveva
spiazzato.
Tikki le aveva raccontato quello che era
successo, anche dettagli che Plagg aveva confidato
alla piccolo kwami della creazione.
“Riuscirai
mai a perdonarlo?”
Adrien
rimase in silenzio qualche secondo ad osservare il soffitto, poi la guardò di
nuovo e le sorrise nuovamente “L’ho già fatto, ma lui non lo sa ancora”.
questo
potrebbe essere l’ultima testimonianza della mia esistenza.
Lo so, lo
so, sono molto drastica, ma ho paura che mi succeda qualcosa di brutto.
Lo stregone
ieri mi ha detto che non sarà un viaggio facile e che molte persone si sono
risvegliate in condizioni peggiori rispetto a com’erano arrivate da lui.
Ma…si c’è un
ma…c’è speranza data la mia giovane età e anche del fatto che ogni tanto
ricordi qualcosa.
Frammenti
più che altro, immagini per me senza alcun senso logico, frasi sconnesse e
apparentemente fuori contesto.
Spero che
questo viaggio valga la pena di essere affrontato, anche se fino ad ora ha dato
i suoi frutti.
Ieri sera ho
finalmente chiarito la mia situazione con Adrien e…ci siamo messi insieme, ci
amiamo, questo è innegabile e siamo fatti l’uno per l’altra.
A volte
capita nella vita di perdersi, come nel mio caso, ma l’amore che ci unisce
troverà sempre un modo per farci avvicinare.
Lo amo
immensamente…e non posso credere di non essere mai stata in grado di
confessargli quello che provo per lui, anche se qualcosa dentro di me, non so
bene cosa, mi impedisce di lasciarmi andare del tutto.
Non sto
parlando di ieri sera…cavolo…se non si fosse fermato…ma è stato meglio così, ti
immagini cosa sarebbe successo se poi per qualche strano motivo questo ricordo
mi fosse stato rimosso?
Sarebbe
stato un disastro…
Però devo
confessarti che ho avuto un po' di paura, e forse ce l’avrò quando compiremo il
grande passo, si dice che per una ragazza la prima volta sia molto dolorosa e
per niente piacevole, ma allora perché ogni tocco, ogni carezza, ogni bacio di
Adrien mi mandava in estasi?
Te l’ho già
detto che lo amo?
*
Mi ha
parlato anche di suo padre e del reale motivo per cui è stato rinchiuso nel monastero.
Era lui il
famigerato Papillon, il super cattivo che ha terrorizzato nei mesi addietro la
città di Parigi, divorato dal senso di colpa per aver perso l’amore della sua
vita.
Aveva usato
talmente tante volte il miraculous della farfalla che
alla fine questi gli aveva divorato l’anima facendogli perdere il senso logico
delle cose, facendogli quasi perdere Adrien.
Non è stato
facile per lui perdonarlo, e credo che in cuor suo ci sarà sempre qualcosa che
prima o poi gli rinfaccerà durante una litigata.
Sai…non
biasimo il signor Agreste per quello che ha fatto e non lo condanno del tutto.
Forse
anch’io se avessi perso la persona che amo avrei fatto di tutto per riportarlo
da me e se con i miraculous di Lady Bug e Chat Noir
c’era la speranza di riaverla nella mia vita gli avrei dato la caccia.
Non lo
condanno del tutto, ma come dice Adrien, avrebbe almeno potuto parlargliene.
Sicuramente
insieme lo avremo fatto ragionare e trovato un modo per farlo andare avanti e
lasciarsi alle spalle il dolore per la perdita della moglie.
Usare i due miraculous fusi insieme sarebbe stato un pericoloso, non è
un bene distogliere la realtà e modellarla a proprio piacimento, soprattutto se
non si conoscono le reali conseguenze.
Tempo fa
scrissi che il Maestro Fu era stato molto chiaro su questo punto, e che
l’universo ha sempre bisogno di equilibrio.
Quindi,
ammettendo che Gabriel fosse riuscito nel suo intento di riportare in vita
Emilie, questo significava che qualcun altro doveva spirare…e se fosse toccato
ad Adrien??
No, non ci
voglio pensare…e credo che il signor Agreste non abbia preso in considerazione
questa eventualità.
*
Hanno appena
bussato alla mia porta.
E’ Adrien che è venuto a chiamarmi per
la colazione.
Devo
andare…dimmi in bocca al lupo.
*
Marinette aprì la porta, e come sospettato
era Adrien con in mano una rosa rossa.
“Buongiorno,
milady. Dormito bene?” Gliela porse da vero gentiluomo.
La corvina
sorrise “Buongiorno a te, chaton. Diciamo che
avrei dormito meglio se ti avessi avuto al mio fianco.”
Adrien
gonfiò il petto “Mmm…sai bene che non avresti chiuso
occhio perché saresti stata tutta la notte ad osservare incantata il mio
fisico.”
Colpita e
affondata, ma questo Marinette non lo avrebbe mai
ammesso davanti a lui, e di sicuro non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
Marinette si avvicinò pericolosamente al suo
volto “Ma se quello che non mi staccava le mani di dosso eri tu.”
“La colpa
era solo tua, sei così…così…” Adrien non riusciva a trovare un aggettivo
adatto, gli sembrava che ogni parola non andasse bene e che non esprimesse
appieno la bellezza della sua ragazza.
La sua
ragazza.
“Vuoi forse
continuare da dove abbiamo lasciato?” Gli stampò un bacio sensuale a fior di
labbra.
Un bacio
all’apparenza insignificante, ma che gli mandò subito lo stomaco in subbuglio
facendogli scoppiare le farfalle che fino a quel momento se n’erano state zitte
e buone.
“Tu scherzi
con il fuoco, ragazza…” Le sussurrò dolce e sensuale ad un orecchio facendo
diventare di gelatina le ginocchia di Marinette.
Marinette si staccò da lui con velocità
rovinando quel momento magico che si era creato.
“Hai
ragione…dobbiamo concentrarci su altro oggi.” Iniziò a percorrere quel
corridoio ondeggiando sui fianchi, poi si voltò di scatto “…ma finita questa
storia ti prometto che non mi sfuggirai.”
Adrien la
guardò con la bocca spalancata dallo stupore “Quanto amo questa ragazza!”
Sospirò al soffitto.
*
Adrien e Marinette dopo la colazione si diressero verso l’ala
indicata da Su Han il giorno prima, mano nella mano.
Entrambi
tremavano, solo che Adrien lo nascondeva meglio della compagna, tutto merito
delle doti di attrice ereditate dalla madre prematuramente scomparsa.
Arrivarono
davanti ad una porta alta, marrone di legno intarsiata di illustrazioni di
vario genere.
Tirarono i
pomi d’ottone verso di loro quando ebbero l’autorizzazione a passare da parte
dello stregone al suo interno.
“Benvenuti”
Li accolse con un’espressione seria e austera mentre con circospezione si
avvicinava a loro.
Entrambi i
ragazzi si guardarono intorno.
La stanza
non era grandissima, ma era ben illuminata da quattro porte finestre
drappeggiate di rosso.
Attaccate
alle pareti bianche c’erano dei dipinti molto antichi che raffiguravano
esorcismi e guerre.
In uno
Adrien riconobbe Plagg e Tikki
ed in mano avevano una sfera bianca e nera, simbolo dello yin e lo yang, dietro
di loro una fortissima luce, quasi bianca.
Tutto
attorno correvano dei divanetti di velluto rosso, sembravano nuovi.
In centro
della stanza c’era un calderone nero acceso che ribolliva e intorno erano stati
posizionati dei puff scarlatti e uno della grandezza
di Marinette.
Nell’aria
aleggiava odore di patchouli, incenso e qualcos’altro di indefinito.
“Sei pronta,
Marinette?” Le domandò il Grande Guardiano Su-Han
facendole segno di accomodarsi al suo posto.
Lei non
rispose, ma volse uno sguardo spaventato verso Adrien che la guardò a sua volta
volgendole un bellissimo sorriso.
A dire la
verità tutti i suoi sorrisi, tutte le sue espressioni, erano bellissime.
Marinette esitò qualche istante, ma fu quando
Adrien le disse che non l’avrebbe lasciata da sola nemmeno un secondo che prese
coraggio e si sdraiò su quel talamo.
Il biondo si
accomodò accanto a lei.
Lo stregone
infine le porse una tazza di legno con dentro un liquido dalle sembianze di
thè.
“Bevi, per
favore”
Marinette lo portò alle labbra e storse il
naso quando il vapore e conseguente odoraccio le entrò nelle narici, ma obbedì
buttando giù tutto d’un sorso.
La ragazza
svenne poco dopo sorretta da Su-Han che si preoccupò di adagiarla più
comodamente.
Adrien si
era alzato di scatto per aiutarla a sua volta.
Non sapeva
bene cosa aspettarsi, o cosa con precisione le avrebbero fatto, sapeva solo che
aveva promesso a Marinette che sarebbe stata al suo
fianco.
Per questo
quando lo Stregone aiutato da Su-Han gli aveva comunicato che doveva
assolutamente uscire da quella stanza, il biondo iniziò a sbraitare che non
aveva intenzione di andarsene, che lo aveva promesso.
“Ci
dispiace, ma la tua presenza non è necessaria” Gli comunicarono.
“Perché?”
Aveva bisogno di una spiegazione immediata e plausibile.
Non gliela
diedero, solo quando intervenne Plagg sbucato da
chissà quale angolo Adrien ubbidì senza obiettare nulla.
Aveva notato
in lui uno sguardo strano, come se volesse dirgli qualcosa.
*
Quando
Adrien chiuse la porta, questa svanì nel nulla senza lasciare alcuna traccia.
Il biondo
toccò la parete convulsivamente in cerca di un marchingegno per aprire un
varco.
“E’ tutto
inutile moccioso!”
“Vuoi stare
zitto e darmi una mano…hanno imprigionato Marinette!”
“Se mi
ascoltassi una volta tanto” Plagg gli porse una
collana con un oggetto a forma di corno nero.
“Che cos’è? Marinette me ne ha dato uno simile, mi ha detto che è un
regalo che Tikki le aveva fatto durante il loro
incontro” Mise mano dentro una tasca frugandola per bene e tirando fuori un
oggetto uguale identico ma di colore rosso.
“Un kawatama!”
“Kawa…che?”
Plagg sbuffò rassegnato.
“Kawatama.” Precisò “…è un oggetto potentissimo che ti
permette di aprire varchi in altre dimensioni”
“Lo può fare
anche Bunnix questo”
A Plagg servì una grande forza di volontà per non
schiaffeggiare Adrien con un cataclisma.
“Bunnix può andare avanti e indietro nel tempo.”
“Pegasus allora” Fece spallucce.
“Pegasus apre portali, non dimensioni. NON DIMENSIONI! La
sai la differenza tra le due cose?” Scimmiottò il piccolo dio della
distruzione.
“Adesso che
hai urlato si!” Adrien dovette tapparsi le orecchie per non ascoltarlo, anche
se qualcosa gli diceva che doveva farlo “…quindi mi stai dicendo che unendo i
due kawatama posso varcare questo muro.”
A Plagg stava per partire un embolo, sapeva che il suo ex
portatore non brillava particolarmente di acume e che la verità o la
spiegazione gliela devi mettere sotto il naso.
“Che cos’hai
promesso a Marinette?”
“Che l’avrei
mai lasciata da sola durante questo suo viaggio”
Adrien
sbarrò gli occhi mentre ripeteva quella frase “…quindi significa che…”
Nota dell’autrice: ciao a tutti! Oggi vi lascio
questa piccola nota così da spiegarvi un po' meglio come leggerla da ora in poi.
Le frasi in
corsivo sono i ricordi di Marinette, e se in mezzo a queste trovate delle frasi
scritte normalmente sono le sue movenze all’interno del ricordo.
Visto che ci
sono…neapproffitto per
ringraziarvi per tutti i bellissimi commenti che sto ricevendo e un GRAZIE
immenso a chi ha inserito questa storia tra le PREFERITE, SEGUITE e RICORDATE.
Fatemi
sapere come sempre se vi piace e se c’è da migliorare qualcosa.
Un
abbraccio, Erika
*
Ricordati
di me
*
Capitolo 20
*
Marinette
annaspò alla ricerca di aria.
Si trovava
in un luogo bianco con una fitta nebbia che ne faceva da padrona e che non
lasciava intravedere niente ad un palmo dal naso.
Si alzò e fu
molto sorpresa di ritrovarsi con una
lanterna nella mano sinistra, vuota.
“Adrien?...Grande
Guardiano?” Chiamò timidamente cercando di adirare come meglio poteva la coltre
davanti a lei con le mani.
Non ottenne
risposta da nessuno se non un eco.
“Ma dove
sono?” Si chiese avanzando in direzione di una luce gialla che mano a mano si
faceva sempre più forte rivelando quello che sembrava essere un edificio
altissimo suddiviso in quadrati con solo porte, nessuna finestra.
Una
sensazione di vuoto e smarrimento si stava facendo strada dentro di lei.
Scale.
Scale
altissime per arrivare fino a in cima, contorte, a chiocciola, di marmo, di
legno e che a volte si muovevano in varie direzioni.
Deglutì il
nulla e prendendo coraggio iniziò ad aprire una porta marrone abbassando la
maniglia di vetro.
Una luce
fortissima e bianca la invase, si schermò il volto con il braccio e quando la
luce si diradò lo abbassò e si ritrovò dentro la sua pasticceria.
“Mamma!
Papà!” Chiamò a gran voce non ricevendo risposta.
Avanzò
all’interno e di diresse verso il laboratorio da dove sentiva provenire delle
voci e delle risate cristalline.
*
“Vedi Marinette, il segreto per una buona crema pasticcera è
mettere solo i tuorli e non le uova intere.”
“Ho capito,
papà!” La bambina che indossava un graziosissimo vestitino rosa con sopra un
grembiule più grande di lei di qualche taglia si apprestava a rompere le uova
come le stava insegnando papà Tom.
Marinette si limitò ad osservare la scena semi nascosta dallo
stipite della porta.
Sabine le
era appena passata accanto con un vassoio di cornetti pronti per essere farciti
e non aveva fatto caso alla ragazza.
“Amore,
quante volte ti ho detto di non entrare in laboratorio.” Prese in braccio
quella bambina che avrà avuto sì e no sei anni. “Rischi di sporcarti il tuo bel
vestitino e fare tardi il tuo primo giorno di scuola.”
“Scusami
mamma…ma la crema che fa papà è troppo buona e voglio essere una brava
pasticcera come lui.”
La lanterna
iniziò ad illuminarsi e quando la luce svanì, al suo interno comparve una sfera
fluttuante, Marinette sorrise, quel ricordo era
appena tornato al suo posto, e anche la sensazione di disagio mentre le veniva
in mente che quel giorno era stato particolarmente traumatico per lei.
Aveva
conosciuto Chloè e la loro prima interazione non era
stata delle migliori.
La bella
biondina si atteggiava a diva di Hollywood e ogni insegnante era ai suoi
ordini.
Strinse i
pugni dalla rabbia mentre un’altra sfera comparve all’interno a far compagnia
all’altra.
Marinette si portò la lanterna più vicina al volto e così
facendo poteva benissimo sentire la voce stridula di Chloè
dirle che quella era la sua bambola e che gliela aveva rubato.
Sorrise.
Iniziava a
ricordare e a capire che quel posto bizzarro fatto di scomparti, scale e porte
era niente che di meno la sua mente.
E ogni porta
rappresentava un ricordo.
Sospirò e
tirò un’altra maniglia, ma mentre lo faceva una mano guantata di nero l’aiutò.
Marinette si voltò verso di lui con fare sorpreso.
“Chat Noir”
Mormorò meravigliata. “Che ci fai qui?” Scosse il capo perché non era quella la
domanda che gli voleva porgere “…volevo dire come fai ad essere qui?”
“Milady, ti
aveva promesso che questo viaggio lo avremo compiuto insieme.” Le sorrise
amorevolmente e il cuore di Marinette scoppiò di
gioia.
Non sapeva
che cosa avrebbe trovato dietro quelle porte: felicità, rabbia, dolore,
delusioni, soddisfazioni, e affrontarle da sola sarebbe stato frustrante.
“Come fai ad
essere qui, Chaton?” Glielo chiese di nuovo
perché mentre si stava addormentando in quella stanza, aveva sentito
chiaramente sia lo Stregone che il Grande Guardiano invitare Adrien a lasciare
la stanza.
Le sorrise
sghembo roteando gli occhi “Diciamo che ho avuto una mano da un certo kwami!”
“Si, ma
perché sei trasformato?”
“Ah questo
non lo so…comunque ti ricordi il ciondolo che ti ha dato Tikki
e che mi hai chiesto di conservare per te?”
Marinette annuì.
“Plagg me ne ha dato uno di uguale identico, solo nero, me
li ha fatti unire e voilà eccomi qua.”
La ragazza
non capì un bel niente di quella spiegazione e Adrien
lo vide dalla sua faccia stranita e smarrita, più di quanto non lo fosse già.
“E’ un kawatama e questo oggetto apre portali in altre dimensioni,
l’ho unito al tuo per trovarti.” Chat Noir le prese le mani stringendole alle
sue.
“Sei sicuro
di voler continuare? Siamo nella mia testa e non so cosa potrei trovare!”
“Per questo
sono qui. Per starti accanto.”
A Marinette, dopo quelle parole, iniziarono ad inumidirsi gli
occhi e il cuore le stava scoppiando letteralmente nel petto.
Gli prese il
volto e lo baciò.
“Grazie!”
Gli sussurrò dopo essersi staccata leggermente da lui.
“Non devi
ringraziarmi.”
Marinette deglutì e una strana sensazione di disagio si fece
strada in lei.
“Tutto
bene?” Adrien le alzò il volto con due dita.
“E’ quella
porta, non so spiegartelo, ma quando ho toccato la maniglia…è stato strano.”
“L’apriamo e
scopriamo cosa contiene?”
Marinette annuì con il capo e abbassò di nuovo la maniglia.
Entrarono
insieme in quella stanza mano nella mano.
Si
ritrovarono in un parco giochi, entrambi lo avevano riconosciuto perché da
bambini ci giocavano spesso anche se non si erano mai incontrati.
“Ahi! Mi fa
male!” Sentirono
una bambina lamentarsi, e dopo aver girato l’angolo ed essersi nascosti dietro
un albero videro Marinette bambina seduta per terra
con un ginocchio sbucciato.
Era appena
caduta dalla bici a causa dei ciottoli del sentiero del parco, almeno era
quello che credevano entrambi.
“Stai
tranquilla, Marinette. E’ solo un graffio” Incalzò
Sabine mentre si apprestava a medicarla con una garza pulita che teneva sempre
in borsa.
La bambina
piangeva disperatamente non per il ginocchio, ma perché aveva rovinato la bici
nuova.
“La
bicicletta si aggiusta Marinette” Continuava a
ripeterle Sabine mentre chiudeva con un fiocchetto la fasciatura e l’aiutava a
rialzarsi.
“Ricordo
questo momento, i miei mi avevano appena regalato la bicicletta e io sono
caduta per evitare il gatto nero che mi aveva attraversato la strada” Marinette si portò una mano sulla bocca dallo stupore.
“I gatti
neri sono nel tuo destino Milady, devi fartene una ragione” Si pavoneggiò Chat
Noir schernendola, ricevendo poi un’occhiataccia.
“Dov’è
finito quel gattino? Si è fatto male?” Chiese poi innocentemente alla madre che
guardò al di là della siepe, ma non trovandolo.
“Sarà
scappato tesoro, si sarà spaventato.”
“Lo voglio
trovare per aiutarlo.” Puntò i piedi dimenticandosi del ginocchio sbucciato.
“Sarà lontano
ora.”
“Devo
aiutarlo se sta male.”
“Che tenera
che ti preoccupi per un povero gattino!” Esclamò sorpreso con una punta di
scherno.
Marinette gli diede una leggera gomitata “Smettila, scemo!” Seguì
qualche secondo di silenzio.
“Se non
ricordo male lo avevo poi trovato dietro quel cespuglio” Lo indicò con un dito “…lo abbiamo portato dal veterinario perché aveva una
zampetta ferita e una volta guarito lo avevamo adottato.”
“Che
successe poi?” Chiese curioso.
“Scappò…e non lo abbiamo più rivisto” Fece spallucce
tristemente.
Chat Noir
sorrise “Beh! Mi hai ritrovato dopo qualche anno no?” Ammiccò facendola
sorridere.
“Mmm…Hai ragione!”
La lanterna
si illuminò nuovamente e un terzo ricordo ritornò al suo posto facendo tornare
Marinette un po’ più serena.
*
“Se tutte le
porte sono così, non vedo perché il Grande Maestro era un po’ restio nel
sottoporti al trattamento.”
“Non saprei,
chaton…forse
dipende dalla persona e dal suo inconscio.”
Marinette e Chat Noir si trovarono davanti all’ennesima porta e
il gattone si era prodigato per aprila, ma come toccò la maniglia questa sparì
lasciando i due ragazzi attoniti.
Chat Noir
aveva appena distrutto un ricordo senza la possibilità di tornare indietro.
Marinette avvertì un forte mal di testa che la costrinse a
sedersi ed ansimare.
“Forse…è…megliose…le…porte…le
apra io” Disse tenendosi la testa.
Chat Noir si
era sentito terribilmente in colpa, lui la voleva solo aiutare ed essere
gentile, non intendeva di certo distruggere definitivamente il passato di Marinette.
“Mi spiace, milady…i-ionon…non volevo” Biascicò in preda al panico.
“Lo so, non
devi preoccuparti…speriamo solo sia stato una cosa di poca importanza.”
Chat Noir si
limitò a sorriderle di circostanza, ma in cuor suo avrebbe tanto voluto sparire
o nascondersi.
“Non capisco
perché sia successo.”
“I ricordi
sono i miei e non i tuoi, forse è tipo un antifurto, se hai capito cosa
intendo.”
“Si certo,
ma allora perché prima sono entrato?”
“Forse perché
sono stata io a farlo e inconsapevolmente ti ho dato il mio permesso, cosa che
non è successo con la porta di adesso, non conoscevo la tua intenzione di
galanteria e il mio inconscio ha interpretato il tuo gesto come un tentativo di
invasione della mia privacy.”
Chat Noir si
portò due dita sul mento e ci pensò un attimo, il ragionamento di Marinette filava liscio ed era molto plausibile come cosa “Sei
sempre stata molto astuta e intelligente, milady. Per questo mi sono innamorato
di te.”
Marinette avvampò vistosamente ed abbassò lo sguardo per
sfuggire al suo pieno di amore ed ammirazione in un momento di imbarazzo.
“…e non riesco a capire come hai fatto ad innamorati di uno
come me…so combinare solo disastri.” Confessò affranto.
“Per i tuoi modi…e poi non è vero che combini solo disastri, anche se…” Gli scompigliò i capelli facendogli alzare lo sguardo
ed incontrare i suoi occhi azzurri “…forse il più
grande che hai fatto è stato quello di innamorarti di me.”
Chat Noir la
baciò senza nessun preavviso e lei lo ricambiò subito dopo dandole la carica
per andare avanti.
“Se questo è
un disastro…sono contento di averlo combinato.”
Marinette appoggiò la fronte alla sua cingendogli il collo con
le braccia “Starei ore a baciarti.”
“Potremo
farlo!” Sussurrò malizioso approvando la sua idea.
“Le
convulsioni si sono calmate!” Mormorò lo stregone tenendo con una mano la
fronte di Marinette e con l’altra le sue mani giunte.
Il Grande
Guardiano osservò il calderone che ribolliva più del solito e un fumo denso e
rosso ne stava fuoriuscendo riempiendo la stanza rendendo quasi impossibile
vedere all’interno.
Solo quando
il corpo di Marinette non venne più percorso dalle
scosse, quella nebbiolina cremisi si diradò e smise di fuoriuscire dal
pentolone.
“Che cos’è
successo?” Domandò con grande preoccupazione il Grande Guardiano tossendo perché
quel fumo tossico gli era entrato fin dentro i polmoni rendendogli difficile
respirare.
Lo stregone,
che seguiva con grande apprensione gli eventi che si susseguivano sulla
superficie cristallina del calderone, sbuffò seccato quando aveva notato la
presenza di Chat Noir all’interno della mente di Marinette.
E si irritò
ancora di più quando vide il guaio che aveva appena combinato.
Aveva cancellato
inavvertitamente un ricordo.
“Chat Noir
ne ha combinata una delle sue!” Rispose togliendo le mani da Marinette ora che era riuscita a calmarsi e anche la sua
espressione era più distesa e rilassata, il respiro era ritornato regolare “…e
la ragazza ha avuto una reazione. Doveva essere importante se ha reagito così, fortunatamente
ha superato lo shock, altrimenti ora staremo vegliando un cadavere.”
Su-Han
sfarfallò le ciglia un paio di volte “Sapevo che era pericoloso questo rito, ma
non fino a questo punto.”
“Il guaio è
se qualcuno interferisce, per questo motivo non avevo voluto Adrien qua dentro,
anche la sua sola presenza avrebbe potuto metterla in pericolo, ma…si vede che
a questi giovani non è stata insegnata l’obbedienza.”
“Adrien è
fin troppo diligente, forse se gli avessimo spiegato i rischi invece che
mandarlo via senza troppi complimenti, ora Plagg non
sarebbe intervenuto.”
“Io non devo
spiegazioni a nessuno del mio operato” Berciò irritato.
“Non volevo
mancarle di rispetto.” Su-Han fece una riverenza scusandosi.
“Speriamo
solo che abbiano capito la lezione, altrimenti non riusciranno ad uscire da lì
rimanendo intrappolati per sempre nella mente di Marinette.”
“Cioè?”
Lo stregone
si alzò ed iniziò a camminare su e giù per la stanza incrociando le mani dietro
la schiena.
La sua
espressione era tesa e preoccupata, come se nascondesse un segreto non ancora
rivelato.
“Vedi,
Grande Guardiano…c’è un motivo se questo rito è pericoloso e molti non ne
escono vivi…”
“E’ lo
stesso per cui non lo hai fatto a Gabriel Agreste?”
“Con lui
sarebbe stato diverso, cancellargli la memoria non sarebbe stata una soluzione,
per lui c’era solo la purificazione dell’anima, non sarebbe stato giusto
eliminare tutto il male che ha fatto…troppo semplice così.”
“Capisco.”
Su-Han si preparò del tè nel frattempo con delle erbe coltivate nell’orto
personale del monastero.
Le infuse
nell’acqua bollente appena versata nella porcellana, e quando il liquido
divenne più scuro lo sorseggiò. “…in ogni caso, mi sembra pronto per lasciare
il monastero.”
“Si, ha
risposto bene. Si vede che la sua anima è buona e quello che ha fatto è stato
solo il gesto di uomo disperato per amore.”
“L’amore fa
fare cose stupide…” Sospirò porgendo allo stregone una tazza di tè.
“Tipo
questa?” Chiese facendo cenno con il capo sul calderone dove venivano
proiettate le immagini della testa di Marinette.
Su-Han
sospirò pensando che in tutti quegli anni non aveva mai conosciuto due
portatori di Miraculous così ingenui e giovani,
soprattutto che senza un adeguato addestramento erano riusciti a fronteggiare egregiamente
i propri nemici.
*
Marinette salì le scale a chiocciola bianche
seguita da Chat Noir, ormai avevano ispezionato tutte le porte dei primi due
piani e ricordi più o meno importanti erano venuti alla luce.
Si trattava
più che altro di momenti vissuti da bambina: la prima volta che aveva imparato
ad andare in bicicletta, la prima torta fatta interamente da lei e bruciata con
grande rammarico e delusione, ma non di Chat Noir che aveva sorriso teneramente,
Marinetta da bambina era molto graziosa e dolce, proprio come ora.
Non era
cambiata per niente.
“Senti, d’ora
in poi lascia andare avanti me, ok?”
“Come milady
comanda!” La schernì facendole una riverenza.
“Non
prendermi in giro, sto solo evitando che mi incasini ancora di più la mente.”
Chat Noir
s’incupì abbassando le orecchie poste sulla sua testa, non era di certo sua
intenzione distruggere un ricordo di Marinette,
magari era anche importante per lei.
Ma cosa
stava pensando…ogni ricordo era importante.
Ogni
esperienza vissuta era importante.
E lui
l’aveva dissolta come neve al sole, in una frazione di secondo, senza
possibilità di tornare indietro.
Perduto per
sempre.
E se quel
ricordo rappresentava la prima volta che si erano incontrati?
Il rimorso
in Chat Noir lo stava logorando da dentro.
“Mi
dispiace, principessa. Non era mia intenzione causare disastri.”
Marinette gli mise le mani sulle spalle ed
essendo sullo scalino più alto lo poteva guardare negli occhi senza tanti
problemi.
“Lo so, chaton. Non te ne faccio una colpa. Solo che
dobbiamo stare più attenti…anche perché in tutta sincerità non ho ancora capito
come si esce da qui dentro.” Gli sorrise nervosamente.
Lui fece
spallucce “Per quanto mi riguarda devo solo riunire il kawatama”
Rispose con semplicità.
“E mi
lasceresti qui da sola?” Inarcò un sopracciglio maliziosamente.
“Non sia mai,
principessa!” Negò con il capo.
“Mmm…pensavo ti fossi già stufato di me.”
“Secondo te
ti ho aspettata per tutto questo tempo e ti lascio andare via così? No, milady,
sei totalmente fuori strada. Ora che sei con me nessuno ostacolerà il nostro
amore.”
Quelle
parole riempirono il cuore il Marinette che mancò un
battito e una scossa le attraversò la spina dorsale quando Chat Noir la baciò
facendole perdere ogni inibizione.
“Ti amo,
Adrien.” Gli sussurrò sulle labbra riprendendo da dove avevano lasciato.
Poi si
staccò di colpo perché un pensiero negativo si era insinuato nella mente
facendo preoccupare anche lui notando il suo disagio.
“Qualcosa ti
turba?” Le domandò con riguardo accarezzandole una gota alzandole poi il volto
abbassato.
“Non voglio
più continuare…”
Chat Noir
spalancò gli occhi dallo stupore, non poteva credere a quello che stava
sentendo e ad un primo acchito pensava si trattasse di uno scherzo.
“Ma che stai
dicendo? Ti stai forse burlando di me?” Mormorò cercando di convincerla del
contrario.
“No. Sono
seria.”
“Perché
questo cambio di rotta? Me ne vado se la mia presenza ti turba.”
“Resta!...ma è proprio per te che mi devo fermare.”
Chat Noir
continuava a non capire il senso di quella strana decisione.
“Ti sembrerà
stupido” continuò lei “…ma ho ora ho paura…cioè più paura di prima.”
“Non devi
temere niente, ci sono io al tuo fianco. E supereremo le avversità insieme.” Le
prese le mani per cercare di trasmetterle tutto il suo amore.
“Non è
questo…”
Lo sguardo
di Chat Noir la invitava a continuare la spiegazione.
“…e se
aprendo una porta scoprissi che in realtà l’amore che provo per te non è così
grande come immagino?”
“Che cosa
provi in questo momento per me?” Lo chiese in tono calmo e caldo capendo
benissimo il suo timore.
“Quando ti
sto vicino mi batte forte il cuore e ti bacerei ogni secondo.”
“Questo a me
basta per non dubitare dei tuoi sentimenti, un ricordo non può influenzare un
sentimento, la cosa che conta è quello che provi in questo momento. Non ho
alcuna paura di quello che troverai dietro le porte perché so che il nostro
amore è forte e che niente e nessuno ci separerà. Siamo fatti l’uno per
l’altro, ne sono certo…” Fece una breve pausa “…io e te insieme contro il
mondo.”
“Sempre”
Mormorò lei scacciando finalmente via quei sentimenti negativi che si stavano
insinuando dentro il suo cuore senza nessun motivo apparente, per lui.
Ma Marinette sapeva che aprendo una porta in particolare si
sarebbe trovata davanti ad un problema grande da affrontare, e la doveva
assolutamente scovare.
*
Il corpo di Marinette ebbe un sussulto che fece allarmare lo stregone.
Si precipitò
da lei lanciando la tazza di tè in aria, ma grazie ai riflessi di Su-Han gli
evitò di infrangersi a terra.
“Che
succede?”
“Niente, è
passato…sembrava avesse avuto un ripensamento” Ormai l’esperienza dello
stregone gli aveva fatto capire i segnali che lanciava il corpo della ragazza.
“A questo
punto mi sembra un po' inutile no?”
“Mio caro
Guardiano, la mente umana è vasta e ricca di sorprese, per questo manipolarla è
complicato e soprattutto pericoloso.”
“Ma non
stiamo manipolando niente.”
“Marinette sta aprendo i suoi cassetti della memoria,
scoprirà che alcuni era meglio tenerli ben chiusi, per questo noi certe volte
dimentichiamo avvenimenti più o meno importanti della nostra vita. Non lo
facciamo apposta o come il mondo moderno ci dice che per ricordare abbiamo
bisogno di fosforo, ma è il nostro meccanismo di difesa.”
“Come farà
ad uscire da lì, le basterà svegliarsi semplicemente?”
Lo stregone
incurvò le labbra “Questo è il difficile…dovrà apire ogni singola porta”
Sospirò facendo sussultare il Guardiano.
“E quella
distrutta?”
“Bella
domanda…Marinette dovrà trovare il tassello
mancante.”
“Ma…ma
questo sarà impossibile…”
“Niente è
impossibile. Però…” Quell’avversativo non prometteva niente di buono. “…dovrà
fare in fretta, perché ogni ricordo impresso nella sua mente si trasferisce
nella lanterna che tiene in mano, e solo una volta riempita potrà sprigionare
il suo potere e farla tornare tra noi. Fino ad allora rimarrà in uno stato
comatoso, senza possibilità di ritorno.”
*
Chat Noir
mentre saliva si guardò indietro, tutte le caselle che avevano aperto erano
sparite e al momento solo uno scomparto di cemento era rimasto lì.
Quello senza
porta, quello sbadatamente distrutto da lui, dalla sua superficialità, dalla
sua stupidità.
Il gattone
non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di disagio quando guardava
quel blocco di cemento bianco.
Tutto
attorno aleggiava un’aria di mistero e inquietudine, ma forse era solo una sua
percezione per aver bloccato un ricordo di Marinette,
e il senso di colpa gli attanagliava il cuore.
Si fermò, ma
poco dopo venne richiamato da Marinette che lo prese
per la mano “Non è il momento di riposare, se vogliamo uscire di qui dobbiamo
proseguire.” Gli sorrise.
Un’
espressione che gli riscaldò il cuore, ma la sua mente era ancora rivolta a
quell’unico blocco al piano terra.
Marinette sospirò e con estrema decisione
tirò la maniglia della porta.
Si ritrovò
d’un tratto in camera sua e con un suo alter ego alquanto spaventato, nascosto
dietro la chaise long mentre lanciava le prime cose che le capitavano a tiro:
libri, penne, matite, album da disegno.
“AHHHH…cos’è
un topo, un topo insetto?? Qualcuno mi aiuti”
“No, no, non
urlare. Io sono Tikki, la kwami
della creazione.”
Chat Noir
non poté fare a meno di ridere a quella scena che si era presentata molto
diversa rispetto alla sua di quando aveva visto Plagg
la prima volta, ma perfettamente in linea con i canoni di Marinette.
“Non sei
stata molto coraggiosa.” La schernì sogghignando, difficile trattenere l’ennesima
risata.
“E smettila
di ridere.” Incalzò irritata tirandogli un pugno in testa facendogli abbassare
le orecchie nere.
Quello era
un momento importante per lei e Chat Noir lo stava rovinando.
“Scusami…”
“Io sono Tikki, il tuo kwami…ti basterà
dire trasformami per essere Lady Bug.”
“Tikki…” Sussurrò Marinette mentre
una lacrima le rigava il volto e un’altra sfera luminosa andava ad aggiungersi
alle altre.
Chat Noir le
mise le braccia attorno al collo “Plagg manca molto
anche a me sai…e mi manca essere Chat Noir, mi mancano le nostre avventure.” Le
sussurrò dolcemente cercando in qualche modo di consolarla.
Marinette non disse nulla, ma si chiuse in un
abbraccio ancora più stretto bagnando la tuta nera del suo partner.
“Scusa!” Gli
disse asciugandola alla meno peggio con una mano, fortunatamente era
impermeabile e quindi le lacrime evaporarono quasi subito.
Poi
d’improvviso iniziò a cadere la pioggia e a bagnare i loro volti.
“Ricordo
questo giorno…il mio primo giorno di scuola!” Mormorò Chat Noir osservando la
scena davanti a lui.
Aveva voglia
di andarsene da lì, quello infondo era un ricordo intimo e personale di Marinette che riguardava lui, soprattutto perché, e non si
sa precisamente per quale motivo, ma i sentimenti che stava provando la ragazza
in quel momento si erano trasferiti all’interno del suo cuore.
Poteva
sentire tutto il suo imbarazzo, quel muscolo che le batteva forte dentro il
petto, le guance arrossarsi in maniera vistosa mentre gli passava
quell’ombrello.
“Wow!”
Esclamò.
“Cosa?” Fece
lei di rimando arrossendo quando quel momento venne impresso nella sua mente e
il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti.
Marinette d’istinto abbassò lo sguardo, ma
ormai erano una coppia a tutti gli effetti, quel momento di leggero imbarazzo
che provava era totalmente fuori luogo.
“L’ho
sentito!” Mormorò portandosi una mano sul petto.
“Cosa?” Ripetè nuovamente.
“Il tuo
amore per me.” Le sorrise baciandola, venendo poi catapultati fuori da quella
porta sospinti dal vento che li aveva investiti.
*
Chat Noir si
rabbuiò quando staccò le labbra da quelle calde e morbide di Marinette.
“Sei strano,
chaton, stai bene?”
“Credo di
sì, ma non credo continuerò ad entrare con te.”
Marinette rimase per qualche secondo
interdetta con comprendendo il senso di quelle parole, forse avendo assistito a
quella scena patetica stava facendo marcia indietro sul loro rapporto.
Ma che stava
pensando? C’era anche lui e se la ricordava benissimo, quindi era praticamente
impossibile che stesse pensando a quello.
“Perché?”
Gli domandò comprensiva.
“Perché
ho…ho sentito…il tuo cuore, milady”
Marinette continuava a non capire “Spiegati
meglio.”
“Quello che
intendo dire è che ho sentito tutto l’amore che provi per me, e…non l’ho
trovato giusto…è come se mi avessi trasferito quelle sensazioni, non so come
spiegare. Mi è sembrato di essere un ladro.”
“Chaton, c’eri anche tu, non hai rubato proprio
niente…sei sicuro che non avessi provato la stessa cosa quel giorno e non te ne
eri nemmeno accorto?” Azzardò quell’ipotesi.
Chat Noir
pensò che forse Marinette aveva ragione, del resto in
quella giornata lui si era innamorato di lei nella sua versione da super
eroina, magari il fato gli ha giocato uno scherzo rendendosi conto che era
sempre stato innamorato di lei, solo che era stato troppo cieco per vederlo.
*
Marinette passò di porta in porta e ogni
volta che il blocco di cemento spariva una sfera di luce entrava nella
lanterna.
Si trattava
di ricordi legati alla sua vita scolastica nei primi mesi, di qualche uscita
con le amiche del cuore e di qualche confidenza rivelata alla sua migliore
amica Alya, e queste in particolare riguardavano Adrien.
Quanto aveva
sofferto non potendogli rivelare il suo amore a causa della sua goffaggine e
dovuto soprattutto dalla sua vita da super eroina.
Si era
persino iscritta al suo stesso corso di scherma per stargli più vicino, ma si
era rivelato un enorme buco nell’acqua visto che aveva poi lasciato il posto a Kagami.
Quei mesi si
erano rivelati piuttosto intensi, ma in compenso aveva guadagnato un amico in
più, un partner, una persona su cui contare: Chat Noir.
Lo stesso
Chat Noir che l’attendeva puntuale al di fuori e sempre pronto a tenderle la
mano aiutandola a scendere dallo scalino.
Marinette passò alla prossima porta sempre
uguale alla precedente.
“Sei sicuro
che non vuoi entrare?” Gli chiese al suo compagno che se ne stava dietro di lei
e che non stava muovendo un passo.
“Sono
ricordi tuoi, Marinette. E’
giusto così.”
“D’accordo…ma
non sarà la stessa cosa senza di te.” Ammiccò.
“Io ti
aspetto qui! Come sempre.”
Marinette annuì con il capo prima che l’uscio
marrone si chiudesse dietro di lei e si ritrovasse investita da una folla
impazzita, per fortuna non poteva farsi male, altrimenti ora avrebbe un enorme livido
sul posteriore.
“Adrieeeeen!!” Urlava un ragazzo impazzito con in mano una
sua gigantografia.
“E’ nella
fontana con una ragazza!” Gli indicò un passante.
Marinette vide lei e Adrien correre via mano
nella mano, che bel momento e soprattutto che imbarazzo! Indossava un pigiama e
le sue foto sarebbero state pubblicate sui principali social network alla mercè
di tutti.
Voleva
sparire all’istante, ma non vedeva nessuna porta che l’avrebbe condotta fuori
da quella spiacevole situazione, poco importava se non lo avesse custodito come
ricordo, certe figuracce meglio dimenticarle.
Troppo
tardi.
Man mano che
la sua permanenza aumentava e più in lei scorrevano le immagini di quella
giornata.
Non del
tutto imbarazzante…o forse si…lei e Adrien al cinema,
in pigiama, con un asciugamano in testa e gli occhialini da piscina, ma anche
lui non era stato da meno quel casco da moto in testa.
Sorrise
divertita.
Peccato che
Papillon avesse deciso di colpire anche quel giorno, sarebbe stato un
bellissimo primo appuntamento improvvisato nonostante tutto, del resto lei
aveva anche salvato Adrien dalle grinfie della guardia del corpo.
Uscì poco
dopo da lì sospirando di gioia e ridendo come una pazza.
“Milady
sono felice che tu abbia ricordato un episodio divertente.”
“Già…ahahaha…io e te al cinema…ahahah…”
“AHHH!
Quella volta che sono scappato di casa per andare a vedere il film di mia
madre…”
“Mi spiace
che siamo stati interrotti! Tu ci tenevi tanto a vederlo” Disse abbassando un
labbro addolorata.
“Tranquilla!
Anzi non smetterò mai di ringraziarti per quel pomeriggio, anche se non abbiamo
visto il film mi ha fatto piacere almeno provarci con te.”
Marinette lo guardò stranito “Ci-cioè quel
pomeriggio ci avevi provato con me? E io non me n’ero accorta?”
Chat Noir
mise le mani avanti “N-no..non
ci ho provato con te in quel senso…intendevo che ho provato ad andare al
cinema.”
“Ah…ok!”
Rispose spicciola alla sua spiegazione.
“E poi…alla
fine il film lo avevo visto con mio padre quella sera stessa quando il gorilla
mi riaccompagnò a casa.”
“Ne sono
felice, almeno hai passato una serata diversa.”
“Si, ed è
stata la prima volta dopo molto tempo che passavo del tempo con mio padre.”
*
Marinette si sedette sullo scalino della
prossima porta che le metteva un’ansia tremenda addosso, probabilmente dietro
di essa si nascondeva qualcosa di brutto ed insidioso, ma nonostante la sua
voglia di continuare a salire le scale lasciandosi alle spalle quel ricordo,
Chat Noir insisteva perché l’aprisse.
Lui non
poteva farlo, esperienza insegna.
“Prima o poi
dovrai farlo” Le disse sedendosi accanto a lui.
“Lo so…ma
non mi va di assistere a qualcosa di spiacevole.” Marinette
sbuffò portandosi le mani al volto dopo aver appoggiato i gomiti sulle
ginocchia.
“Episodi
negativi ci fanno crescere come quelli positivi, non saresti la splendida
persona che sei senza quelli.”
Sapeva
sempre trovare la parola giusta in ogni occasione, l’amava anche per quello.
“Già…” Ma
non le andava di soffrire, ne aveva aperte anche fin troppe di porte tristi
fino ad ora, solo che era sempre riuscita a nascondere bene il suo disagio.
“Dai…” Le
tese la mano dopo essersi alzato.
“Mi
accompagni?” Suonò come una supplica, non le importava se viveva i suoi
momenti.
“L’ultima
volta!” Rispose non molto convinto.
*
Marinette e Chat Noir si trovarono
catapultati nella terrazza di Marinette, lei era
appollaiata sulla ringhiera e sospirava affranta, accanto a lei Chat Noir con
la medesima espressione.
“Ero andata
a prendere il gelato da Andrè con gli altri, e tu non
sei venuto.” Fu Marinette la prima a pronunciare
quella frase prima che Chat Noir potesse dirle qualcosa.
“Avevo
preparato una sorpresa per te, e tu non ti sei presentata.”
“Siamo due
cretini?”
“Confermo!”
Abbozzò un sorriso prima di vedere sparire entrambi e saltellare sui tetti.
“Mi ero
sentita una principessa Disney.”
“Mi hai
stretto forte e…mi hai fatto stare bene.”
“Eravamo
innamorati l’uno dell’altro e nemmeno lo sapevamo.”
Marinette sorrise “Io ero sul punto di
rivelarti il nome del ragazzo che mi piaceva e credimi lo avrei fatto se solo
non ci fosse stata quella stupida regola che non dovevamo sapere le nostre
rispettive identità.”
“Già, anch’io
l’ho sempre trovata inutile…” Fece spallucce.
“Perché poi
quando sono diventata guardiana non ti ho detto chi ero?”
“Non chiederlo
a me.”
“Non
possiamo sapere tutto l’uno dell’altro, le nostre identità devono rimanere
segrete.”
“Non è che
posso intervenire e farle cambiare idea?” Chiese Marinette
con scherno.
“Non ci
possono vedere, figurati se puoi intervenire, ma credimi che se lo potessi fare
avresti il mio totale appoggio.”
“Chat Noir…non
mi hai mai chiesto chi fossi veramente?”
Il gattone
si morse un labbro “No” Scosse la testa “…non mi importava chi ci fosse dietro
la maschera, sapevo che in ogni caso ti avrei amato sopra ogni cosa.”
Ancora
qualche blocco e sarebbero potuti uscire da lì.
Marinette acquistava ricordi su ricordi e la
lanterna che teneva stretta nella mano destra si riempiva sempre di più
lasciando ormai pochi spazi liberi.
Entrava e
usciva da quelle stanze, dai suoi cassettini della memoria, a volte con il
sorriso sulle labbra, a volte con gli occhi colmi di lacrime.
Come per
l’ultima porta chiusasi dietro di lei.
“Che c’è milady?
Ricordo triste?” Le domandò notando la sua espressione rabbuiata.
Certo che
era un brutto momento, aveva praticamente buttato il suo attuale ragazzo tra le
braccia di Kagami pur di vederlo felice.
Con lei non
sarebbe stata la stessa cosa, apparentemente non avevano niente in comune, Marinette non era brava come lei a fare le cose e
soprattutto non era forte e decisa come invece lo era Kagami.
Lei
balbettava ed era sempre distratta, sarebbe stata una palla al piede per
Adrien, se mai fosse riuscita a confessargli ciò che provava per lui e Adrien
avesse accettato lei come una possibile compagna.
“No, è…è che
mi sembri manchi qualcosa…una strana sensazione…non so spiegartelo.” Anche
quello era il motivo per cui in quel momento aveva gli occhi lucidi.
Chat Noir
notò che oltre al blocco senza porta c’erano meno di una decina ancora da
aprire e da scoprire che cosa ci potesse essere al loro interno.
Casette
colorate collocate sopra a delle scale, altre sulla cima di alberi di pesco,
messi in obliquo…se quella collocazione è frutto della mente di Marinette, una ragazza apparentemente tranquilla, non
immaginava che cosa ci potesse essere nella sua di testa.
Sogghignò
portandosi un dito sulle labbra cercando di trattenere quella risatina.
“Perché
ridi?” Sgamato subito.
Impossibile
non farlo, anche se Marinette gli stava dando le
spalle in quel momento aveva percepito l’aria vibrare in maniera strana.
Chat Noir
sospirò “Non ti si può nascondere proprio niente…comunque ridevo da solo.”
“Fa ridere
anche me…in due sarà più divertente, a meno che…” Marinette
assottigliò gli occhi in maniera sospettosa “…non stessi pensando qualcosa su
di me!”
Chat Noir
scattò come un soldatino a quella frecciatina “Ma…ma no, no, cosa vai a
pensare…” Si grattò la testa in modo imbarazzata scompigliando la chioma bionda
“…stavo solo riflettendo su come si presenterebbe la mia testa se provassi ad
entrare.”
“Sicuramente
sarebbe allestita a mo’ di circo…ne sono sicura!”
“Mi credi un
pagliaccio?” Chiese seriamente facendo scomparire il sorriso sulle sue labbra.
“No,
intendevo che sei una persona divertente e che adoro le tue battute. Sei un
ragazzo solare, che cosa ci potrebbe essere di così strano? Hai visto la mia,
contorta e piena di insidie.”
“Ho anch’io
momenti no, non credere perché sorrido sempre che dentro di me non
succeda niente, anzi…cerco sempre di mascherare il dolore…”
Marinette gli appoggiò la mano sopra la sua
“Lo sai che non me non hai bisogno di fingere niente, se vuoi ridere…ridi, se
hai bisogno di piangere…fallo. Supereremo assieme le avversità.”
Quando era
con Marinette ad Adrien non serviva rivolgerle
sorrisi finti o di circostanza come se fosse davanti un obiettivo fotografico e
mostrare al mondo quello che volevano vedere soltanto.
Con lei
poteva mettersi completamente a nudo e lasciarsi andare, non lo avrebbe
giudicato.
“Lo so, milady.”
*
Su-Han
camminava in lungo e in largo con circospezione guardandosi i piedi mentre
teneva le mani incrociate dietro la schiena.
Era
preoccupato e lo si poteva notare dalla sua espressione pensierosa.
“Cosa ti
turba?” Gli chiese lo stregone mentre cambiava la benda bianca sulla fronte di Marinette con una più fresca.
Sembrava
avesse la febbre e il suo respiro si era fatto affannoso.
“E’ normale che stia male?”
“Si, sta
facendo uno sforzo enorme e il carico di informazioni che sta ricevendo in poco
tempo non aiuta…in pratica le si sta sovraccaricando il cervello.” Spiegò
strizzando l’acqua in eccesso dal fazzoletto nel catino che era quasi vuoto
“…però se ti può consolare là dentro non si sta accorgendo di nulla…”
“Ne sei
sicuro?”
“Guarda che
ne ho eseguite più di un centinaio di questi riti, potrò saperlo con assoluta
certezza o no?” Berciò spazientito lo stregone.
Su-Hau sussultò non aveva nessuna intenzione di mancargli di
rispetto, il guardiano non aveva esperienza in merito ed era la prima volta che
assistiva a questo tipo di rito.
Di solito
chi rinunciava ad essere guardiano della miracle box
accettava la sua condizione e non si era mai trovato a dover fare marcia
indietro, pensava che questo non fosse possibile.
Ma Marinette era giovane e Adrien era un ragazzo determinato,
non se ne sarebbe andato di lì se prima la ragazza non avrebbe riavuto indietro
quello a cui era stata costretta a rinunciare.
Non gli
importava di ritornare ad essere Lady Bug e Chat Noir, gli interessava solo che
Marinette ritornasse ad avere i suoi ricordi.
“Mi scusi!”
Esclamò facendogli una riverenza. “Posso fare una domanda?”
“Certo!”
Annuì anche con il capo.
“C’è un modo
per aprire quel cassetto senza più la sua porta?”
“Un modo c’è
sempre…”
“Chat Noir
potrebbe usare il suo cataclisma per buttare giù la parete!”
“NO!” Si
alzò in piedi urlando “NEL MODO PIU’ ASSOLUTO! Se lo facesse distruggerebbe per
sempre quel ricordo e Marinette non si sveglierebbe
mai più rimanendo intrappolata dentro in un’altra dimensione!”
Su-Han
spalancò la bocca dallo stupore.
“Quell’incosciente!”
Digrignò i denti sperando che a Chat Noir non gli venisse in mente quella
malsana idea.
*
“Senti, milady…mi
è venuta in mente un’idea geniale per aprire il blocco senza la porta…”
Chat Noir
ebbe tutta la sua attenzione dopo aver pronunciato quella frase.
“Userò il
mio cataclisma per buttare giù la parete!” Disse convinto.
Stavano
salendo delle scale in obliquo e Marinette dovette
attaccarsi forte a lui quando queste iniziarono a muoversi per spostarsi
inavvertitamente verso un’altra destinazione.
“Era il tuo
modo per dirmi di non fare niente?” Chiese in tono ironica facendo divertire Marinette che scoppiò a ridere.
“La useremo
come ultima spiaggia…non credo che distruggere una parete sia il modo migliore
per entrare, potresti provocare l’effetto contrario, ovvero disintegrare tutto
il blocco.”
“Sono sicuro
che avrai un’idea migliore della mia” Disse portandosi le mani dietro la nuca.
“Diciamo che
al momento ho la testa in confusione…però manca ancora un po'…quello lo voglio
lasciare per ultimo…chissà…” Alzò le spalle “…magari sparisce da solo.” Marinette sfoggiò il suo miglior sorriso.
Sapeva che
quel blocco non poteva sparire da solo, lo stregone era stato molto chiaro in
merito, ogni singolo ricordo doveva essere rivissuto per alimentare la lanterna
che le avrebbe permesso di uscire da lì.
*
Marinette si sentiva più leggera.
Era stato
bello ritrovare finalmente tutti i suoi ricordi perduti, rivivere quei momenti,
anche se alcuni sarebbe stato meglio cancellarli definitivamente, ma purtroppo
non aveva potuto, rendendosi conto anche delle scelte sbagliate che aveva fatto
in precedenza.
Dopo aver
ispezionato l’ultimo cassetto posto in cima ad un albero dalla chioma verde e
vaporosa, questo sparì come tutti gli altri assieme alla scala che l’aveva
portata fino lassù, e dopo qualche altro secondo anche l’arbusto.
Marinette cadde tra le braccia di Chat Noir.
“Hai messo
su peso, milady!”
Di tutta
risposta ricevette un colpo col suo bastone argentato.
“Ahio! Che male!” Si lamentò lui tenendosi la parte lesa.
“Così
impari, gattino”
“Scusami,
non lo farò mai più.”
Il tutto era
una tecnica per distrarla dalla loro prossima tappa. L’ultima tappa quella con
la U maiuscola.
Osservarono
quella lanterna ormai piena, le rimaneva solo un minuscolo spazio libero.
Pulsava come
se stesse aspettando l’ultima sfera per sprigionare la sua energia.
“Sai…è
davvero inquietante quella…cosa” La indicò con un dito artigliato.
“Questa…cosa…ci
farà uscire da qui.”
“Parla per te,
a me basta usare il kawatama!”
“Vorresti
dire che mi lasceresti qui da sola?”
“Intendo che
se anche tu dovessi rimanere intrappolata qui, io rimarrei al tuo fianco, non
posso immaginare una vita senza di te, Marinette.”
Per la prima volta da quando erano là dentro l’aveva chiamata per nome
riempiendo il cuore della sua ragazza che gli buttò letteralmente le braccia al
collo impossessandosi avidamente delle sue labbra.
“Ti amo,
Adrien” Nonostante la maschera di Chat Noir, Marinette
non aveva resistito a non chiamarlo per nome.
Durante quel
viaggio, la corvina si era resa conto di quanto amore avesse per lui, un amore
che traspariva dalle pagine del suo diario, ma rivivere quei momenti non era di
certo la stessa cosa che leggerli in poche righe scritte anche di fretta.
“Ti amo anch’io,
Marinette.”
L’abbraccio
che si scambiarono sembrava quasi interminabile e nessuno dei due accennava a
staccarsi per primo.
“Lo dovremo
fare prima o poi!” Gli sussurrò all’orecchio facendogli venire la pelle d’oca
intendendo ben altro.
“C-cosa?”
Voleva esserne sicuro.
“Cercare un
modo per aprire quel blocco di cemento bianco ruvido.” Si staccò di
controvoglia da lui e con circospezione lo circumnavigò cercando di trovare
qualcosa di utile per buttare giù quel muro invalicabile.
Un vento
forte li investì all’improvviso facendogli chiudere gli occhi.
Marinette lì aprì a fatica e vide un vortice
poco lontano risucchiare il bianco di quel luogo lasciando al suo posto solo il
nero.
“Fatti
venire un’idea, milady e alla svelta, se il blocco viene risucchiato, non
potrai più uscire.” Disse Chat Noir balzando sopra il blocco per osservare
meglio la scena.
Marinette si stava spremendo le meningi
ripercorrendo mentalmente i ricordi appena vissuti mettendoli a confronto con
le pagine del diario.
“Presto, Marinette! O userò il mio cataclisma sulle pareti” La
incitò.
“Distruggeresti
tutto!”
“Ho un’idea,
tu eri la portatrice del miraculous della creazione,
prova a ricreare la porta che è andata perduta.”
“Non ho più
i miei poteri, non posso!”
Chat Noir le
mise le mani artigliate sopra le spalle “Cercalo dentro di te quel potere!”
Marinette annuì e provò a disegnare una porta
delineando un profilo sulla parete.
“Non
funziona così…”
“Marinette…hai una vaga idea di quale ricordo manchi?”
“Ci stavo
pensando…ma è difficile così sotto pressione!” Marinette
si stava per far travolgere dalle sue emozioni.
“Una volta
mi hai fatto una domanda…chi fosse Chat Blanc…tra i tuoi ricordi lo hai
visto per caso?”
“N-no, non
mi pare…” Balbettò cercando quell’unica frase apparsa nel suo diario in merito.
“Occhi color
ghiaccio, vestito di bianco candido e sguardo letale…”
Una porta si
materializzò all’istante quando a Marinette venne in
mente quella frase.
La ragazza la
aprì e senza pensarci due volte prese Chat Noir per un polso e lo trascinò lì
dentro prima che il blocco venisse risucchiato dal nulla.
Infilò nella
valigia l’ultima maglietta bianca in modo ordinato.
Era pur
sempre uno stilista e non sarebbe stato giusto nei confronti di quel capo
accanirsi gettandola dentro alla rinfusa e con non curanza.
Aveva
imparato il rispetto di ogni tipo di stoffa fin da piccolo, da quando la sua
passione per il disegno, taglio e cucito si era fatto strada dentro di sé, non
importava se era un abito elegante o semplicemente un paio di mutande, ognuno
doveva sempre essere trattato nella giusta maniera.
Ripose anche
le ultime due toghe color arancio dentro l’armadio, sospirò quando lo chiuse,
segnando la fine della sua prigionia, o liberazione.
Era finita.
I guardiani
del tempio avevano dato finalmente il via libera e poteva tornarsene a casa con
la sua famiglia.
Lui e Adrien
avrebbero potuto ricominciare a vivere, o meglio ad andare avanti con la loro
vita.
Gabriel,
liberato dall’influenza negativa del miraculous della
farfalla, avrebbe affrontato la vita con un’ottica diversa ripromettendosi di
essere più indulgente con il figlio e concedendogli quella libertà che si confà
ad un ragazzo di sedici anni.
Adrien, si
era ripromesso che non avrebbe mai più rinfacciato al padre le azioni commesse
in passato e che lo perdonava per tutto, inutile continuare a portare rancore,
la mamma questo non lo avrebbe voluto, avrebbe semplicemente detto “il
passato è passato, l’importante è saper perdonare per continuare a vivere.”
E avrebbe
avuto ragione.
L’unica che
questo non lo aveva ancora capito era Marinette.
Da quando
avevano aperto quell’ultima maledetta porta, era cambiata.
E una volta
che anche quell’ultimo ricordo era stato aggiunto alla collezione e che la
lanterna aveva sprigionato il suo potere catapultandola nel suo corpo custodito
dallo stregone e da Su-Han, non aveva voluto vedere Adrien per ben due giorni.
A nulla
erano valsi i tentativi di Tikki, mandata lì per
parlare con lei, a farla rinsavire per dirle che ormai era tutto finito.
Il timore
che in qualche modo Chat Noir si ritrasformasse in Chat Blanc, era ancora vivo
dentro di lei.
“E se un
giorno Papillon tornasse?” Le aveva detto con la voce rotta dal pianto.
“Papillon
non esiste più, e i miraculous verranno tutti
custoditi dai guardiani, non permetteranno che nessuno li porti via.” Le
rispose Tikki con la solita calma pronta a farla
ragionare.
“Si, ma...”
“Si, ma…un
bel niente Marinette, hai fatto di tutto per avere
Adrien nella tua vita, e ora che lo hai lo vuoi lasciare? E per cosa? Per una
situazione che si è verificata in un futuro che non esisterà mai?”
“E’ complicato da spiegare, Tikki.”
“Ascolta, Marinette…io non potrò più essere la voce della tua
coscienza, e l’unica cosa che ti posso dire è quella di fare la scelta giusta,
una scelta di cui non ti dovrai mai pentire.”
*
Adrien aveva
bussato alla porta del padre, pronto anche lui con le valigie a lasciare quel
posto.
Un paio di
settimane fa probabilmente si sarebbe dato del pazzo solo a pensare di voler
scappare da quel luogo di pace, ma ora ne sentiva proprio il bisogno.
Era stata
una buona idea andare al monastero insieme a Marinette,
almeno aveva riavuto i suoi ricordi e l’aveva aiutata come promesso.
Lui il suo
lavoro lo aveva eseguito e mantenuto fede ad un impegno, ora era lei quella che
doveva fare la sua mossa, una definitiva però.
Le aveva
concesso il suo giusto spazio dopo che si era rintanata nella sua stanza giorno
e notte senza mai uscire.
Eppure
rimaneva ora lì fuori ad attenderla seduto sul pavimento di legno con la
schiena appoggiata alla parete bianca, la sentiva piangere, disperarsi, e ogni
suo tentativo per entrare in quella camera risultava vano.
Voleva solo
parlare con lei, dirle che l’amava e che il futuro apocalittico a cui aveva
assistito non si sarebbe mai verificato perché non era stato il loro amore a
causare tutto quello, non lo poteva credere possibile e poi ufficialmente non
erano più portatori di miraculous, perciò il problema
non persisteva.
“Marinette?” Aveva chiesto lo stilista mentre percorrevano
il corridoio.
Adrien
deglutì “E’ ancora in camera sua.”
“Il nostro
volo parte tra un po'.”
“Lo so e lo
sa.” Rispose spicciolo.
“Non posso
credere che una cosa impossibile l’abbia potuta influenzare così.”
Adrien fece
spallucce “Non vuole parlarmi, e non so cosa fare. La voglio aiutare, ma non me
lo permette.”
“Forse so
come sbloccare la situazione. Aspettami all’aeroporto.”
“Non vuole
ascoltare me, come puoi pretendere che lo farà con te?”
“So essere
persuasivo, e questo tu lo sai.”
*
Non aveva
avuto bisogno di bussare perché quando Marinette
aveva visto Adrien andarsene dal monastero uscì dalla stanza trovandosi l’uomo
austero davanti.
“Oh! Ha
mandato lei, vedo…” Disse in tono quasi seccato.
“Marinette, parliamo un po'…” La invitò a seguirla nel
giardino dove passava sempre la maggior parte del tempo durante la sua
permanenza.
La ragazza
non aveva potuto sbattergli la porta in faccia, ma le era rimasto fare quello
che le aveva ordinato.
Si
accomodarono nella panchina di marmo bianco e dal perfetto stato di cui godeva
sembrava essere stata appena scolpita e laccata, all’ombra di un salice
piangente dove volteggiavano diverse farfalle bianche.
Rare a
Parigi visto l’inquinamento che cresceva ogni anno.
Una le si
posò sopra una spalla.
“Perderà il
volo così.”
“Lo
perderemo in due, e lo sai che non è un problema, basta una telefonata e
ritornano a prenderci.”
“Non voglio
che lo faccia per causa mia.”
“Marinette…è il minimo che possa fare.” Sospirò, ora che
aveva riacquistato la memoria gli era più facile parlare con lei, almeno poteva
capire cosa realmente stesse dicendo “…e grazie per non aver detto niente a
nessuno.”
“Non potrei
mai farlo. Se lo facessi Adrien perderebbe anche suo padre, e non voglio che
accada, non sarebbe giusto. Quindi signor Agreste, sa che da parte mia non
uscirà una parola, e non userò il suo passato per ricattarla o cose simili.”
Gabriel le
sorrise “Non avevo alcun dubbio su questo.”
“Non ho
intenzione né di far del male a lei e né ad Adrien.” Marinette
arricciò le dita delle mani iniziando a tremare dall’imbarazzo.
Lo stilista
le posò una mano sopra le sue per calmarla.
“Marinette…lo so e lo sa anche Adrien.”
“Mi starà
odiando in questo momento.”
“Se c’è una
persona che conosco che non è capace di odiare è proprio mio figlio.”
“Già…”
“Ti vuole
molto bene, Marinette…perché lo stai evitando?” Le
chiese in tono calmo e amorevole e si sorprese lui stesso della sua modulazione,
di solito avrebbe affrontato quella conversazione con la solita espressione
autorevole ed accigliata pretendendo che tutti facessero quello che lui
comandava, si vede che l’aria del monastero gli aveva fatto bene al suo
spirito.
Marinette non rispose.
“Lo sai che
Chat Blanc non potrà mai esistere…”
Marinette sussultò, era chiaro che Adrien gli
avesse parlato del suo alter ego akumizzato, del
resto in quella realtà era stato lui l’artefice di tutto.
L’unica cosa
era capire come si era arrivato a ciò, e fino a che non l’avesse scoperto,
meglio restare alla larga da lui.
“N-non è
detto…la causa di quel disastro è solo colpa nostra, Chat Blanc ha detto
chiaramente che è stato il nostro amore l’artefice di tutto e io non voglio che
questo accada.” Una lacrima le rigò il volto.
“Marinette…” Sospirò lo stilista pronto a confortarla e a
dissipare qualsiasi dubbio in lei come fosse sua figlia “…i miraculous
resteranno lontani da noi e non potranno arrecare più nessun danno, quindi il
futuro che hai visto, che tu e Adrien avete visto, non potrà mai realizzarsi.
Anche se per qualche strana ragione questi gioielli dovessero ritornare tra le
nostre mani, io non farei mai del male a mio figlio e sono sicuro che il mio
alter ego lo abbia fatto per impossessarsi dei tuoi orecchini e del suo anello
solo per riavere Emilie…tuttavia lo so, questo non mi giustifica per niente.”
Gabriel si alzò ed iniziò a camminare su e giù “…in ogni caso, Marinette, ti chiedo di parlare con Adrien, chiaritevi…poi
qualsiasi cosa deciderete di fare per me va bene, l’importante è che siate
felici entrambi, anche se preferirei vedervi insieme sia chiaro, penso che
formiate una bella coppia. Si, che siete fatti l’uno per l’altro.”
Quella sua
benedizione le aveva riempito il cuore, non si aspettava una simile dichiarazione
da parte sua, Marinette aveva sempre pensato che
Gabriel avrebbe ostacolato la loro relazione perché figlia di un panettiere,
non apparteneva al loro rango sociale e questo per lei avrebbe comportato
qualche problema in più a farsi accettare da lui come possibile membro della
sua famiglia.
Si
sbagliava, oppure se la loro relazione fosse venuta a galla prima di tutto ciò
sarebbe stato un emerito disastro, ma ormai non si poteva più dire.
“Ne è
sicuro? Voglio dire…non le dà fastidio che i miei gestiscono una panetteria?”
Ecco glielo aveva chiesto, doveva esserne sicura.
“Voglio solo
la felicità di mio figlio, e se sta con una persona amabile e rispettosa come
te, non mi importa di che ceto sociale è. I tuoi genitori sono grandi
lavoratori e non devi vergognarti se fanno i panettieri o qualsiasi altro
mestiere, ricordati Marinette…ogni lavoro è nobile e
dignitoso.”
*
Adrien era
seduto sul posto che usava sempre durante gli spostamenti con il jet privato,
fila centrale vicino l’oblò.
Ed era
proprio da quello che stava osservando la scena che gli si presentava davanti.
Marinette e suo padre che ridevano mentre si
apprestavano a salire sull’aereo.
“Siamo
pronti a decollare, signore” Annunciò Nathalie facendogli una riverenza.
“Grazie, io
vado nella mia cabina, e gradirei che mi seguissi.”
“Signore.”
Deglutì il nulla.
*
È occupato?”
Chiese Marinette ad Adrien facendo finta di non
conoscere la risposta.
“Mmm…sì” Rispose con non curanza facendo spallucce e
continuando a guardare fuori dal finestrino in segno di offesa.
Se lo
meritava. Punto.
“Ok.” Cercò
di passare oltre, ma non fece a tempo a muovere un passo che Adrien l’aveva
bloccata per un polso.
“Intendevo
che è occupato da te.” La trascinò giù lentamente facendola sedere accanto a
lui.
“Specifica
la prossima volta.” Disse in tono quasi seccato, ma quel mezzo sorrisetto l’aveva
tradita.
“Colpa mia.”
Alzò le braccia in segno di resa.
Non erano
saliti da nemmeno cinque minuti che l’insegna con scritto a caratteri cubitali “ALLACCIATE
LE CINTURE” aveva iniziato a lampeggiare e lo Stuart invitava i passeggeri
a sedersi comodi al proprio posto che tra qualche minuto sarebbero decollati
con direzione Parigi.
“Appena in
tempo eh?” Constatò Marinette soffiando in segno di
sollievo.
“Già…” Ma
avrebbe voluto dire altro.
“Mi
dispiace, Adrien! Davvero. Non meritavi che ti trattassi come ho fatto. Ho
avuto paura e non so che cosa mi abbia preso.”
Adrien la
guardò serio “No, non lo meritavo. Ho cercato di aiutarti come ho potuto e poi
mi hai letteralmente chiuso la porta in faccia.”
“Ti sto
chiedendo scusa e se potessi tornare indietro di certo non innalzerei quel muro
tra di noi. L’ho buttato giù, ma vedo che ho trovato solo gelo al di là.”
“Come
speravi che reagissi?” Adrien cercò di non alzare mai il tono della voce perché
forse suo padre stava riposando e non voleva svegliarlo e se non fosse stato
così, non voleva in ogni caso disturbarlo o renderlo partecipe dei suoi drammi
adolescenziali “…forse credevi che ti bastasse chiedermi scusa perché cadessi
di nuovo tra le tue braccia?”
“N-no…Adrien…i-io
ti sto dicendo che-che ho esagerato. Lo ammetto. Ti s-sto chiedendo scu-scusa se ti ho deluso. Non è stato semplice riavere
così tante informazioni in poco tempo e quell’ultimo ricordo mi-mi ha
devastata.” Balbettò portandosi le mani sul volto facendolo sentire
terribilmente in colpa.
Era chiaro
che Marinette soffrisse e lui al posto di concederle
il giusto spazio era rimasto lì fuori ad aspettarla per tutto quel tempo.
Adrien
l’abbracciò “Non tormenterà più i tuoi sogni finché ci sarò io accanto a te. Te
lo posso assicurare.”
“Lo so, chaton.” Le sussurrò all’orecchio facendolo
rabbrividire, era da parecchio che non si rivolgeva a lui con quel nomignolo.
Adrien alzò
il mancolo del sedile che li divideva e l’avvicinò a lui finché i loro corpi
non aderirono perfettamente.
“Però…milady…potrei
tormentarti…di baci” Appoggiò le sue labbra a quelle morbide di lei “…mi hai
lasciato senza per troppo tempo” La baciò di nuovo.
“Questa
tortura mi piace decisamente di più.” Convenne lei ritornando ad assaporare
quella bocca così perfetta per la sua.
*
Qualche mese
dopo…
*
La cena era
proseguita nel migliore dei modi a Villa Agreste, cibarie di ogni tipo erano
state servite e l’unico che era riuscito a buttare giù tutto era stato
l’impavido Tom.
“Cena
squisita, signor Agreste, deve fare i complimenti alla cuoca…o cuoco.” Gli
sorrise l’omone.
“La prego,
mi chiami Gabriel.” Lo corresse lo stilista.
Se fosse
stato per Tom, nel ringraziarlo, gli avrebbe dato anche una pacca sulla spalla,
ma bastò che Sabine tirasse gli occhi per capire che non era un gesto che
avrebbe sicuramente gradito.
“Certo,
certo, Gabriel. Ormai i nostri ragazzi si frequentano da un po', è giusto che
ci prendiamo alcune confidenze…” Gli allungò il gomito ammiccando.
Marinette avrebbe voluto iniziare a scavarsi
la fossa da sola perché sapeva che prima o poi una gaffe suo padre l’avrebbe
fatta, soprattutto quando era agitato e quando si trovava in una situazione
importante come quella, ovvero la prima cena di famiglia, dove i rispettivi
genitori s’incontravano ufficialmente.
Non era di
certo una cena dove Adrien e Marinette si sarebbero
scambiati qualche promessa per il futuro, anche perché erano ancora giovani e
tutta la vita davanti, però al momento era giusto fare quel passo.
In realtà
era stato lo stesso Gabriel a chiedere ad Adrien di invitare a cena a casa loro
Tom e Sabine per ricambiare la cortesia dei dolci squisiti che gli facevano
arrivare tramite Marinette.
“Andrà tutto
bene!” Le aveva sussurrato all’orecchio Adrien prendendole una mano da sotto la
tavola tremolante, ormai conosceva Tom e sapeva anche che non faceva apposta a
straparlare, ma era l’agitazione a fargli dire cose a volte inopportune.
Adrien nel corso
di quei mesi era riuscito a conoscerlo e sorridere di circostanza quando
capitava.
Marinette sospirò, sarebbe stato un disastro
invece.
“Gabriel non
l’abbiamo ringraziata ancora abbastanza per l’opportunità che ha dato a Marinette a Shangai” Prese la parola Sabine prima che Tom
iniziasse a blaterare cose senza senso “…e grazie per averla riportata a casa
subito!”
Lo stilista
sorseggiò del vino e poggiò poi il calice “Ho trovato semplicemente giusto che Marinette vedesse la sua famiglia dopo aver riacquistato la
memoria, anche se questo ha comportato un soggiorno più breve, però sono già d’accordo
che quest’estate mi affiancherà alla casa di moda qui a Parigi, ovviamente
sempre che voi siate d’accordo.” Mise le mani avanti prima di confermare quanto
detto.
Tom si alzò
di scatto entusiasta ed andò ad abbracciare la figlia alzandola da terra “Questa
sì che è una notizia, congratulazioni bambina mia!!”
“Papà
smettila ti stai rendendo ridicolo!”
“Marinette, tuo padre non deve vergognarsi di volerti bene e
di essere felice per te.”
Era chiaro
che Gabriel e Tom non avessero nulla in comune, uno era anche fin troppo
composto, l’altro più grezzo, ma questo non significava che non amassero i loro
figli allo stesso modo.
“Scusami cara,
è che tendo ad andare su di giri quando sono felice, specie se la cosa riguarda
la mia bambina. Ma guardati…eri alta più o meno così l’altro giorno…” Con la
mano indicò qualche centimetro da terra “…e ora sei qui una giovane donna,
pronta a lavorare per la più importante casa di moda con affianco un ragazzo
come Adrien.” A quest’ultimo non risparmiò la pacca sulla spalla, il problema
era che l’acqua che stava bevendo gli andò per traverso.
“Scusa, figliolo!...un bravo ragazzo! E non come quel gatto rognoso”
L’espressione di Tom cambiò radicalmente quando pensò a Chat Noir “…voleva
mettere gli artigli addosso alla mia bambina e per colpa sua quell’abietto di
Papillon mi ha akumizzato.”
Adrien per
la prima volta in sedici anni osò versarsi del vino rosso sul bicchiere e suo
padre gli chiese di fare altrettanto trangugiando tutto in un sorso.
Tom non si
era reso conto dell’espressione dei commensali, troppo impegnato a recitare il
suo monologo denigrando Chat Noir e Papillon.
“Ma per
fortuna è arrivata Lady Bug, lei si che merita di essere chiamata super eroina,
mi ha salvato.”
“Ha salvato
anche tua figlia!” Incalzò Sabine precisando quel particolare.
“Marinette si era salvata da sola, se aspettava quel
randagio sarebbe ancora intrappolata lassù.” Senza accorgersene sbattè i pugni contro il tavolo facendo rimbalzare le
stoviglie.
“Chissà che
fine avranno fatto…è quasi un anno che non si vedono più” Sabine si portò due
dita sul mento.
Adrien,
Gabriel e Marinette si scambiarono un’occhiata, nessuno
avrebbe mai più scoperto le loro identità e quel segreto sarebbe stato
custodito gelosamente da tutti e tre.
Marinette prese la parola “Credo che non
dovremo più preoccuparci di quei tre, sono sicura che saranno da qualche parte
a godersi la vita e ormai di loro resterà soltanto il ricordo.”
*
FINE
*
Nda: Ciao a tutti…volevo ringraziare
infinitamente chi è arrivato fino a qui a leggere, e a chi mi ha sempre
supportata con commenti e inserendo la storia tra le PREFERITE, SEGUITE e
RICORDATE, rischio di ripetermi, ma grazie davvero di cuore.
Marinette ha finalmente riacquistato TUTTI i suoi ricordi ed è
tornata la ragazza di prima con al suo fianco Adrien, un Adrien che è riuscito
a perdonare suo padre nonostante tutto.
Come al
solito aspetto le vostre impressioni in merito e ringrazio fin da ora chi lo
farà.
*
Vi avviso
già che non sparirò dal fandom, ma ci rivedremo a settembre con una nuova storia,
sarà ambientato in un universo alternativo dove i kwami
non esistono, anzi, ne esiste solo uno, ovvero Plagg…e
qui mi fermo.
Vi mando un
grosso abbraccio e vi auguro buone vacanze.