Spleen e Ideale

di Flami151
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO I

 
5 Luglio 1996:
 
«Cissy devi ascoltarmi, il Signore Oscuro ti ha proibito di parlare di questa faccenda, sarebbe alto tradimento! Per di più non si tratta di un Mangiamorte qualsiasi, parliamo di quel subdolo doppiogiochista».
 
«Ti ho già ascoltata Bella e ho preso la mia decisione. Parlerò con Severus. Il Signore Oscuro si fida di lui, e anche io. Risolveremo tutto». Narcissa Malfoy era decisa e continuava ad avanzare verso Spinner’s end.
 
«Non c’è niente da risolvere Cissy! Draco è stato scelto, si tratta di una benedizione! Se Draco porterà a termine il suo compito, sarà il più onorato e il più temuto tra i Mangiamorte. Sono certa che ne sarà infinitamente felice». Bellatrix Lestrange aveva preso le mani della sorella tra le sue, ma Narcissa le ritrasse.
 
«Una benedizione? Bella, ha solo sedici anni! Come pensi che potrà uccidere il più grande mago mai esistito dopo il Signore Oscuro? E come puoi pensare di sapere cosa desidera Draco? Tu non hai un figlio, non puoi capire».
 
«Se avessi un figlio, ti posso assicurare che sarei ben lieta di offrirlo al Signore Oscuro. Sarebbe un onore!». Il solo pensiero fece sorridere la Mangiamorte, e rabbrividire Narcissa.
 
«Sai bene che non c’entra l’onore qui Bella. Lui vuole vendicarsi di Lucius e del suo fallimento al Ministero. Vuole vendicarsi mandando il mio bambino incontro a morte certa». Bellatrix aprì bocca per replicare, ma Narcissa non gliene diede il tempo. «E non provare a dare la colpa a mio marito! Anche tu eri li, insieme a lui, ma la profezia è andata persa ugualmente».
 
Le parole di Narcissa avevano fatto centro e Bellatrix si prese un momento prima di parlare di nuovo. «Cissy, te lo ripeto per l’ultima volta: la decisione è già stata presa. Il Signore Oscuro non avrà ripensamenti. Rischi solo di peggiorare la situazione andando a spifferare a Severus del piano: lui non avrà più alcuna considerazione di te, se saprà che hai mandato avanti un altro Mangiamorte a risolvere i problemi di tuo figlio. Ti prego, torniamo a casa».
 
Ormai avevano raggiunto la porta dell’abitazione di Severus Piton, ma Narcissa non bussò. Qualcosa nelle parole di sua sorella la fermò. «Va bene, torniamo a casa».

 

 
Rientrata al Malfoy Manor, aspettò che Bellatrix si ritirasse nelle sue stanze per andare a parlare col Signore Oscuro. Non aveva rivelato a sua sorella che aveva deciso di tornare solo per affrontarlo personalmente.
 
Si avviò verso la camera padronale, quella dove un tempo alloggiavano lei e suo marito, ora proprietà di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Arrivata di fronte la porta alzò il pugno, ma questa si aprì prima che lei potesse bussare. Lui sapeva che lei era lì.
 
«Narcissa! Entra entra, non essere timida».
 
La donna avanzò all’interno della stanza. Era buia. La poca luce presente proveniva da un piccolo fuoco acceso nel caminetto. L’unica finestra presente era talmente ben serrata da non lasciar filtrare nemmeno un filo di luce, tanto da non poter distinguere il giorno dalla notte.
Lui non amava essere osservato, lui viveva nell’ombra, lui lasciava che fossero le sue parole, prima del suo aspetto raccapricciante, a intimorire i suoi servi.
 
Narcissa dovette aspettare che i suoi occhi si abituassero alla scarsa illuminazione per poter distinguere la sagoma dell’Oscuro Signore: era seduto sulla poltrona di Lucius, con la posa fiera di chi ha preso il posto del re al trono.
«Mio Signore, sono qui per pregarvi di riconsiderare la vostra decisione riguardo l’iniziazione di Draco e il compito a lui assegnato» disse tutto d’un fiato, inarcando la schiena e alzando il mento. Non voleva mostrarsi irrispettosa, ma era necessario che venisse presa sul serio.
 
Voldemort osservò con i suoi occhi scarlatti la figura di Narcissa. Poi parlò. «Non sono in molti a farmi domande del genere e a vivere sufficientemente a lungo da poterlo raccontare. Lo sai questo?» Ascoltando la sua voce sibilante, Narcissa si sentì accapponare la pelle, ma non si mosse. «Perché ritieni che dovrei riconsiderare la mia decisione
 
«Non mi fraintenda, sono da sempre votata alla nostra causa e se mi permetto di presentarmi davanti a voi con questa richiesta, mio Signore, è solo perché sono certa che tra le nostre schiere ci siano abili maghi ben più esperti del giovane Draco per adempiere al vostro volere. Io stessa mi offro volontaria per portare a compimento la missione» disse con convinzione.
 
«Pensi forse che Draco non sarebbe in grado di uccidere un uomo se il suo Signore glielo richiedesse?». Voldemort si era sporto in avanti, adesso guardava Narcissa dritto negli occhi.
 
«Mio Signore, Draco vi è devoto, molto devoto. Ma è ancora troppo giovane e inesperto per riuscire a sconfiggere Albus Silente, uno stregone che ha coltivato le sue abilità magiche nel corso di un intero secolo. Non credo che avrà successo… e nemmeno voi». Sperava di non essersi spinta troppo oltre. Ma che senso aveva celare i suoi pensieri ad un Legilimens esperto come l’Oscuro Signore? Riusciva a sentirlo mentre frugava nella sua mente alla ricerca della più piccola traccia di slealtà. «Inoltre, se dovesse commettere anche il più piccolo errore, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche e noi potremmo perdere l’effetto sorpresa sul quale si basa la buona riuscita della missione».
 
Voldemort rimase in silenzio per un tempo che a Narcissa parve infinito ma, alla fine, sembrava aver preso una decisione «Narcissa, nonostante l’inettitudine mostrata da tuo marito, ho molta stima di te» parlava lentamente, scandendo ogni parola. «Mi hai offerto spontaneamente la tua casa, il tuo letto e la tua completa collaborazione. Il tuo contributo non è passato inosservato: la tua abnegazione e la tua determinazione meritano di essere ricompensate. E forse non hai tutti i torti: concedere a Draco il Marchio Nero potrebbe essere… prematuro».
 
Il cuore della strega accelerò: forse non sarebbe stata in grado di proteggerlo per sempre, ma era riuscita a regalare a Draco ancora un paio d’anni di gioventù, e quello per il momento le bastava.
 
«Ciononostante». Si era illusa troppo presto. «L’incompetenza di Lucius deve essere punita».

 

 
6 Luglio 1996:
 
«Come sarebbe a dire “la tua iniziazione è stata posticipata”? E di quanto esattamente?». In piedi, nel giardino del Manor, cerco di mantenere il controllo. Lo sapevo che non dovevo aspettarmi niente di buono quando mia madre aveva proposto di farci una passeggiata all’aperto.
 
«Dovrai solamente attendere la fine della scuola Draco, non appena avrai terminato gli studi il Signore Oscuro ti accoglierà nella sua cerchia come se non fosse passato neanche un giorno».
 
Non appena avrai terminato gli studi… «Intendi dire che dovrò aspettare altri due anni? Questo è un incubo!» Senza neanche accorgermene, avevo cominciato a camminare avanti e indietro freneticamente. «Cosa gli avrà fatto cambiare idea? La decisione sembrava presa. Non può davvero pensare che due anni in più chiuso in quella topaia piena di Mezzosangue e Babbanofili potranno prepararmi alla guerra! Quello che mi serve è stare qui, insieme a voi, a combattere e ad allenarmi con i più potenti maghi oscuri del pianeta».
 
Guardo mia madre, nella speranza che trovi una soluzione, nella speranza che un mio sguardo basti per farmi ottenere ciò che desidero, come è sempre stato. Ma lei evita i miei occhi, puntando ostinatamente i suoi verso il basso. Perché non mi guarda?
 
Mi viene un sospetto. «Sei stata tu?» Ma lei non risponde. «Sei stata tu! Hai convinto il Signore Oscuro a non concedermi il Marchio!»
 
«Si Draco, sono stata io. Sei troppo giovane per diventare Mangiamorte».
 
Ora mi guarda eccome: il suo sguardo è talmente tagliente da trafiggermi in due. Ma a me non importa. La delusione sta facendo posto alla rabbia e sento di non potermi più trattenere. «Tu mi hai tradito! Hai agito alle mie spalle per portarmi via quello che desidero da tutta la vita! Ero stato scelto, sarei stato benedetto dal suo Marchio! Come hai potuto farmi questo?» Io urlo ma lei non risponde. Non sembra provare nessuna pena per me. Così urlo più forte. «So perché l’hai fatto. Per invidia. Tu non sei mai stata all’altezza di portare il suo simbolo. Lui non ti ha mai voluta! Papà invece è diverso: ha combattuto per lui, si è fatto sbattere ad Azkaban per lui! Papà sarebbe stato fiero di me». Sento di non poter più continuare: i miei occhi si stanno appannando. «Ora torna indietro! Torna da Lui e ritira quello che hai detto. Fagli cambiare idea!»
 
«No.»
 
I miei piedi finalmente si fermano ma le mie mani iniziano a tremare senza controllo. Sento il viso paonazzo e il fiato corto. Vorrei urlare. Vorrei estrarre la bacchetta ed estorcerle un “si”. Ma mi basta guardarla un’ultima volta per capire che nessuna supplica e nessuna minaccia l’avrebbe scalfita.
Giro i tacchi e torno verso il Manor, sconfitto. Lei non mi segue. Ma allontanandomi le sento dire «Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te».

 

 
13 Luglio 1996:
 
É passata solo una settimana dalla terribile notizia, ma a me sembra trascorsa una vita.
Il tempo scorre lentamente al Malfoy Manor, soprattutto se ti è fatto divieto di partecipare alle riunioni riservate ai fedelissimi. Batto forte il pugno sul muro più vicino, come mi sono abituato a fare ogni volta che penso ai Mangiamorte. Ovviamente, accade spesso.
 
Io e mamma non parliamo da quel giorno. Trascorro la maggior parte della mia giornata da solo. O insieme a mia zia Bellatrix, che mi sta insegnando l’arte dell’Occlumanzia. “Non puoi tornare a Hogwarts in compagnia di quel lurido vecchio di Silente e di quello sporco moccioso di Potter senza saper chiudere la tua mente. Sai troppe cose su di noi”. Così aveva detto. Io volevo dirle che in realtà non sapevo proprio un bel niente. Ma non si può dire no a Bellatrix Lestrange.
 
L’Occlumanzia mi è sembrata meno difficile del previsto. Il segreto sta nel liberare la mente da tutte le emozioni e i pensieri, di compartimentalizzare i sentimenti e i ricordi in camere stagne. Tutte cose che ho imparato a fare fin da piccolo.
Quando ero un bambino, papà mi diceva sempre “Draco, tu sei un Malfoy, ed essere un Malfoy significa non mostrarsi mai debole di fronte a nessuno. Vivi la tua vita camminando a testa alta e prenditi sempre ciò che desideri”. Mi dispiace papà, ti ho deluso.
 
Mi manca papà. Ormai è rinchiuso ad Azkaban da quasi un mese. Mi rincuora però pensare che la maggior parte dei Dissennatori abbia abbandonato la prigione: forse quando uscirà da lì avrà ancora la sua anima.
È in momenti come questo che mi viene voglia di parlare di nuovo a mia madre. Ma è ancora troppo presto.
 
Come se non bastasse, oggi è arrivata la lettera di Hogwarts con i risultati dei G.U.F.O.
 
 
GIUDIZIO UNICO PER I FATTUCCHIERI ORDINARI
 Voti di promozione:
Eccezionale (E)
Oltre Ogni Previsione (O)
Accettabile (A)
 
Voti di bocciatura:
Scadente (S)
Desolante (D)
Troll (T)
 
DRACO MALFOY HA CONSEGUITO:
Astronomia:                                      O
Artimanzia:                                       A
Cura delle Creature Magiche:           A
Incantesimi:                                       E
Difesa contro le Arti Oscure:             E
Rune Antiche:                                    E
Erbologia:                                          O
Storia della Magia:                             A
Pozioni:                                             E
Trasfigurazione:                                O
 
 
I risultati sono ottimi, ma certo non per merito mio. Quasi tutti gli esaminatori dell’Autorità per gli Esami dei Maghi conoscevano mio padre. Credo che li abbia convinti a sorvolare su alcune mie lacune, anche le più evidenti.
Papà si che ha sempre saputo prendersi ciò che desiderava. E lo faceva anche al posto mio. Chissà, magari se mi avesse aiutato di meno, forse adesso sarei un mago più capace e non avrei bisogno di “terminare gli studi”.
 
Continuo a fissare la lettera e mi rendo improvvisamente conto di dover scegliere i corsi da seguire durante il mio sesto anno.
Solitamente la gente prende questa scelta molto sul serio: dagli esami sostenuti durante i M.A.G.O. dipende, quasi sempre, la carriera che si potrà intraprendere. Io però a quest’ora credevo che sarei diventato un Mangiamorte e che ad Hogwarts non avrei più rimesso piede.
Quando siamo tornati a casa mi sono persino voltato per poter guardare un’ultima volta il castello. Che imbecille.
 
Nella mia mente prendono forma due importanti consapevolezze: la prima è che con quei voti posso scegliere di fare ciò che desidero; la seconda è che non ho la minima idea di cosa desidero.
Se non sono un Mangiamorte allora cosa sono?
Allora: sono un Purosangue, sono un buon pozionista, sono un giocatore di Quidditch fenomenale… discreto a dir la verità. Di sicuro odio le Creature Magiche. Oltre a questo non mi viene in mente nient’altro.
Davvero non ho alcuna capacità o interesse? Che tristezza.
 
Vado a dormire chiedendomi cosa proverei a portare il Marchio Nero sull’avambraccio.

 

 
Intanto, Lucius Malfoy si trovava nella sua umida cella ad Azkaban.
 
Tremava dal freddo e, come ogni notte, dalla paura. Ma rimaneva in assoluto silenzio. Provava disgusto per tutti gli altri Mangiamorte che, chiusi nelle celle accanto alla sua, sentiva singhiozzare e urlare. Implorando clemenza o maledicendo il nome di chi li aveva rinchiusi.
 
Inoltre, Lucius Malfoy non era stupido: sapeva che la maggior parte degli Auror che sorvegliavano la prigione erano servi del Signore Oscuro. Non gli avrebbe dato modo di riferire alcuna maldicenza su suo conto: la sua immagine era stata già fin troppo compromessa.
 
E mentre si perdeva nei suoi pensieri, chiedendosi se mai qualcuno sarebbe venuto a liberarlo, un Auror passò davanti la sua cella, lasciando cadere tra le sbarre un piccolo pacchetto.
Lucius era fuori di sé dalla gioia: se qualcosa era arrivato fin lì, allora doveva sicuramente provenire da lui. Forse il Signore Oscuro aveva ancora bisogno di lui, dopotutto. “Forse è stato clemente” pensò scartando l’involucro.
 
Ma Lord Voldemort non conosce la clemenza e Lucius Malfoy se lo ricordò quando si ritrovò tra le mani l’orecchio di Narcissa Malfoy, al quale era ancora appeso l’orecchino con l’emblema di famiglia.

 


 
Nota dell’autore:
Ciao a tutti!
Innanzitutto vi ringrazio se avete letto questo capitolo fino alla fine. Spero avrete voglia di recensirlo per farmi sapere cosa ne pensate. Accetto tutte le critiche costruttive perché ho sempre voglia di migliorarmi.

Giusto un paio di parole per raccontarvi la storia di questa fanfiction: avevo iniziato a scrivere una ff dal titolo “SPLEEN & IDEALE” circa 7 anni fa, ma non l’ho mai portata a termine.
Di recente mi è venuta una gran voglia di completarla, ma rileggendola mi sono resa conto che probabilmente non mi rispecchiava più al 100%, così l’ho cominciata da capo, mantenendo alcune cose e cambiandone altre e soprattutto… con la promessa di finirla!

Pubblicherò un capitolo a settimana, il prossimo uscirà Domenica 17!

A presto!
Flami151


P.S. Se state leggendo questa storia dopo tanto tempo dalla sua pubblicazione, sappiate che mi rende comunque molto felice ricevere recensioni. Io continuo a leggerle :)

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO II

 
3 Agosto 1996:
 
Diagon Alley è cambiata.
Ripenso con nostalgia al mio primo anno qui: era la prima volta che mettevo piede in una comunità magica e guardandomi attorno non riuscivo a smettere di meravigliarmi. Ovunque girassi lo sguardo trovavo vetrine scintillanti stracolme di libri antichi, abiti da strega, manici di scopa e paioli per pozioni.
Ora le strade sono deserte e le vetrine ricoperte di cartelloni del Ministero della Magia, per lo più annunci mortuari, istruzioni per una condotta sicura e foto dei Mangiamorte ricercati.
 
Vedo Harry digrignare i denti di fronte l’immagine sbeffeggiante di Bellatrix Lestrange e sento il cuore contorcersi. Sono certa che si stia incolpando per la morte di Sirius. Harry è fatto così.
 
Ma non ha senso pensarci adesso. Siamo qui per due ragioni: comprare il materiale necessario per il prossimo anno scolastico e visitare i Tiri Vispi Weasley, il nuovo negozio di scherzi di Fred e George. Ovviamente non in quest’ordine.
 
La nostra piccola carovana (io, Harry, Ron, Ginny, Molly, Arthur e Hagrid) si ferma. C’è una piccola folla di fronte alle vetrine del negozio Weasley, sembrano tutti paralizzati dallo stupore.
E ci credo! L’edificio è grande e cangiante, ancora più eccentrico di quanto non fossero tutti i negozi di Diagon Alley anni fa. Ma l’attenzione di tutti è sull’insegna:

 
Perché hai paura di Tu-Sai-Chi?
MEGLIO avere paura di
NO-PUPÙ-NO-PIPÌ
La Sensazione di Occlusione che Stringe la Nazione!
 
Harry scoppia a ridere, Ron lo segue e io anche non trattengo un sorriso. La signora Weasley invece non è dello stesso parere. «Finiranno assassinati nei loro letti!»
Ma Fred e George sono così: combattono la paura con le risate. E c’è da riconoscerglielo, di coraggio ne hanno da vendere. Solo quest’estate due negozianti sono stati portati via dai Mangiamorte, Fortebraccio e Olivander, mentre tanti altri hanno chiuso i battenti per non fare la stessa fine.
Sento di nuovo quella stretta al cuore. Devo smettere di pensare a certe cose.
 
Entro nel negozio. La mia bocca si apre per lo stupore: dozzine di clienti si accalcano sugli scaffali pieni di ogni sorta di chincaglieria. Tutto intorno a me esplode, lampeggia, rimbalza o strilla e tutti, proprio tutti, ridono di gusto.
Tra gli oggetti esposti riconosco le Pasticche Vomitose e le Crostatine Canarine: come prefetto, l’anno scorso ne avevo sequestrate molte. Ma credo che quest’anno sarò più indulgente.
 
Facendomi largo tra la folla, mi ritrovo davanti al banco dei filtri d’amore. Istintivamente guardo Ron.
Dopo l’esperienza al Ministero e la morte di Sirius ho fatto le valigie e mi sono trasferita dai Weasley per il resto dell’estate, ci sembrava più sicuro. I primi giorni sono stati imbarazzanti, ma Molly sa come mettere a proprio agio gli ospiti.
 
Quello che nessuno sapeva però è che la notte ero tormentata dagli incubi. Sognavo le maschere dei Mangiamorte, sognavo le urla strazianti di Neville sotto l’effetto della maledizione Cruciatus, sognavo il volto bianco di Cedric Diggory e infine sognavo i miei genitori, torturati e poi uccisi a causa mia.
Quelle notti mi svegliavo urlando, ma nessuno sembrava farci caso. Forse erano tutti troppo abituati al fracasso del ghoul di famiglia.
 
Quando succedeva, scendevo in cucina a prepararmi un the e lì trovavo sempre Ron, anche lui perseguitato dai miei stessi demoni. Ci tenevamo compagnia fino all’alba, per poi fingere davanti al resto della famiglia di esserci alzati presto.
Durante quelle notti ci siamo confidati segreti e paure, ma ci siamo anche divertiti raccontandoci a vicenda storie babbane e non. Certe volte neanche parlavamo, combattevamo i demoni in silenzio, insieme.
 
«Io ne starei alla larga fossi in te. I filtri d’amore non portano mai a nulla di buono». Ginny era comparsa alle mie spalle. Annuisco ma mi sento avvampare. Speriamo non mi abbia vista fissare Ron.
 
Faccio per seguire Ginny al secondo piano del negozio, ma un viso familiare cattura la mia attenzione.
Solo per un secondo, vedo Draco Malfoy lanciare uno sguardo curioso dentro la vetrina, per poi allontanarsi in tutta fretta a testa bassa. Non mi piace, non mi piace per niente.
 
Esco dal negozio senza farmi notare: Hagrid e la signora Weasley non mi lascerebbero mai girare da sola per le strade di questi tempi. In effetti sarebbe stato meglio portarsi dietro il Mantello dell’Invisibilità, ma non voglio che Ron e Harry sappiano che sto pedinando Malfoy: sono convinti che con suo padre ad Azkaban, ora lui sia diventato un Mangiamorte, non parlano d’altro da quando Harry ci ha raggiunti alla Tana. Non voglio alimentare questa convinzione.
 
Comunque sia, credo di aver preso un abbaglio. Non riesco a vedere Malfoy da nessuna parte.
Mi addentro nelle vie minori, quelle meno frequentate, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno stregone. Sto per rinunciare quando finalmente lo vedo: è seduto su un muretto in una via deserta, lontano dagli occhi di tutti.
Tiene la testa bassa e il cappuccio del mantello tirato fin sopra gli occhi. Sicuramente non l’avrei riconosciuto se non l’avessi cercato di proposito.
 
Non fa niente. Si limita a ciondolare le gambe e a guardare verso il basso.
Guardandolo bene, non è solo il volto coperto a renderlo irriconoscibile. Gli manca il solito portamento borioso, il sorriso beffardo e l’immancabile compagnia di Tiger e Goyle.
Forse dovrei chiedergli se sta bene.
 
Ma indugio troppo e lui si accorge della mia presenza.
Mi guarda come un animale osserva il suo predatore prima di darsi alla fuga. Ma non si muove, continua a guardarmi.
Vorrei chiedergli se sta bene, ma qualcosa me lo impedisce. Ripenso a suo padre la notte in cui Sirius…
 
Torno ai Tiri Vispi senza dire una parola.

 
 
Ci mancava solo questa.
 
Di tutte le persone che potevo incontrare li, di certo non mi aspettavo la Granger. Forse avrei dovuto dirle qualcosa. Che hai da guardare, Sanguemarcio sarebbe stato perfetto. Ma forse è stato meglio così. Lei non ha chiesto niente e io non ho dovuto rispondere.
 
In realtà nemmeno io so che sto facendo. So solo che è la prima volta che mi ritrovo a fare spese da solo e vedere Tiger e Goyle a passeggio per Diagon Alley accompagnati dalle loro madri mi ha fatto salire il sangue al cervello.
In fondo non ho motivo per essere arrabbiato: anche il padre di Tiger è ad Azkaban adesso.
 
Quando ci siamo incontrati, prima, sembravano davvero felici di vedermi. Non ho mai capito se gli piaccio sul serio o se hanno solo paura di me.
Comunque sia, mi sono liberato di loro dicendo “Ho delle faccende da sbrigare da solo”. Loro non hanno fatto domande, sembravano ammirati. Certo non immaginavano che mi sarei seduto a non fare niente. Ma con loro è sempre stato così, non ho mai dovuto fare niente di speciale, solo farglielo credere.
 
Gli altri Serpeverde pensano che io sia riservato. Girano storie su mio conto, dicono che nascondo molti segreti direttamente per conto del Signore Oscuro e io non li ho mai smentiti.
La verità è che se non parlo molto di me, è perché non ho nessuno con cui parlare, nessuno di cui mi fidi. Sono solo.
 
Ma piangermi addosso mi fa schifo.
Con un piccolo slancio scendo dal muretto e mi avvio verso casa. Cammino tenendo la testa bassa, non voglio incontrare nessun altro oggi, tanto meno il Trio dei Miracoli. Ma nessuno sembra fare caso a me: tirano tutti dritto per la loro strada, tenendo la bacchetta ben salda. Se arrivassero i Mangiamorte adesso, gli servirebbe a ben poco.
Ormai non si parla d’altro che delle sparizioni al Ministero, dei commercianti rapiti e dell’attentato al Millennium Bridge. Mi chiedo cosa si provi ad essere sulla bocca di tutti. Do un pugno al muro e proseguo.
 
Diagon Alley è davvero deprimente, fatta a eccezione per i Tiri Vispi Weasley: il negozio sembrava strapieno. E non hanno dovuto neanche finire la scuola! Se io dovessi aprire un’attività, non saprei proprio da dove cominciare.
Sto per tirare un altro pugno, ma una vetrina attira la mia attenzione. L’insegna dice:

 
Emporio Animale Vestra
 
Mi guardo intorno e mi accorgo di essere arrivato a Notturn Alley. Un negozio di animali qui è talmente insolito che la curiosità mi spinge ad entrare.
 
«Giovanotto! Benvenuto! Non sono molti i clienti di questi tempi!» Mi accoglie una signora alta, vestita con quello che sembrerebbe un abito di pelle di serpente abbinato ad una lunga stola di pelliccia. Anche se quello che attira di più la mia attenzione è l’enorme seno che fa capolino dalla scollatura.
 
«Sto solo dando un’occhiata». Mai dare confidenza ai negozianti di Notturn Alley.
 
Osservo gli animali esposti con attenzione: più li guardo, più sono convinto che abbiano qualcosa di strano.
Vedo delle civette con le ali squamate (potrei giurare che una abbia sbuffato fumo), dei rospi con otto zampe e un paio di tenaglie e dei ratti con le branchie. «Mi scusi signora, questi per caso sono ibridi?»
 
«Ibridi questi? Certo che no! Sarebbe contro la legge». Poi mi strizza l’occhio.
 
Ora ho molto più senso. Da quando Lui è tornato, qui a Notturn Alley si sentono liberi di smerciare di tutto, anche questi mostri, probabilmente nati dalla fusione forzata di animali e creature magiche. Fondere due corpi insieme non è affatto facile, richiede la mano di un mago oscuro davvero abile. Rabbrividisco al solo pensiero, questo è troppo persino per me.
 
Sto per andarmene, ma rimango catturato da una creatura in particolare. Un piccolo gatto grigio, l’unico di una cucciolata di gatti marroni e con gli zoccoli (provenienti da un Abraxan? Da un Thestral? Chi lo sa). «Sono fratelli?»
 
«Immagino di si, mi sono arrivati tutti insieme».
 
«E lui che fa?» Indico il gatto grigio.
 
«Niente, non fa niente. Non perdere tempo con lui, vieni piuttosto a vedere quest’aspide, credo che la troverai interessante».
 
Ma io non la seguo. Continuo a guardare il gatto grigio. È più magro degli altri e sta in disparte, il suo sguardo però è più vivo e vispo di quello dei suoi fratelli. Allungo una mano per poterlo toccare, ma vengo morso da uno degli altri gatti. Mi tiro indietro imprecando.
 
«Ti piace proprio quel piccolo intruso, eh? Lo tenevo solo nel caso mostrasse qualche abilità nascosta, ma visto che sembra un gatto comune te lo regalo». Mentre parla, solleva il cucciolo e me lo getta in mano in malo modo. Lui non sembra turbato. Sto per controbattere ma vengo interrotto. «Non credo che tu voglia sapere che fine farà se non te ne prenderai cura tu».
 
Mi arrendo e compro anche una lettiera, una ciotola e del cibo, sperando che una volta ad Hogwarts impari a cavarsela da solo.
 
Sulla strada verso casa, tengo il gatto nella mano destra. Lui la mordicchia fino a farla sanguinare, ma lo lascio fare.
Non posso fare a meno di pensare che oggi anche lui si allontana dalla famiglia per la prima volta, senza sapere dove questo l’avrebbe portato.
Lui però non sembra preoccupato e forse non dovrei esserlo nemmeno io.

 
 
Narcissa Malfoy si osservava allo specchio. Aveva raccolto i capelli di lato e si chiedeva se qualcuno si sarebbe accorto che, sotto i suoi boccoli biondi, l’orecchio destro era sparito. Chissà se un giorno sarebbe riuscita a guardarsi senza rabbrividire.
Ma in fondo non le importava. Suo figlio era salvo, per il momento, e la sua vita non sarebbe cambiata solo per un orecchio mancante.
 
Qualcuno bussò. «Avanti!»
 
Severus Piton entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. «Volevi vedermi Narcissa?»
 
«Si Severus, grazie di essere venuto qui tempestivamente. Oggi Draco è a Londra per le solite spese scolastiche e ho colto l’occasione per parlarti».
 
«Quindi si tratta di Draco». Piton ispirò dal naso per un paio di secondi. «Immagino non abbia preso bene la decisione del Signore Oscuro».
 
Narcissa sbarrò gli occhi. «Quindi tu…»
 
«Si, io sapevo. Nonostante alcuni mettano ancora in dubbio la mia lealtà, l’Oscuro Signore ripone grande fiducia nei miei riguardi». Fece una breve pausa. «Ma dimmi, perché hai richiesto di vedermi?»
 
«Ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Veglia su Draco, ti prego. Cerca di sembrare forte ma è fragile. E vorrei che avesse qualcuno su cui contare, ad Hogwarts». In passato, Narcissa aveva messo in dubbio la lealtà di Severus nei confronti del Signore Oscuro, ma era certa di potersi fidare di lui per questo compito. «Tu sei il suo insegnate preferito e… So che tieni a lui».
 
«Non c’era neanche bisogno di chiederlo, Narcissa». Le sue parole erano di conforto, ma il suo tono era gelido come sempre. «Ho una domanda però: Draco è a conoscenza dell’incarico che gli sarebbe spettato se fosse diventato un Mangiamorte?»
 
La signora Malfoy scosse il capo. «No, e non deve saperlo mai. Non voglio che si metta in testa certe idee. L’Oscuro Signore ha deciso che sarà Bellatrix ad occuparsene, credo sia la cosa migliore».
 
Severus Piton accennò ad un sorriso. Si, Voldemort aveva chiesto a Bellatrix Lestrange di uccidere Albus Silente, ma Severus sapeva che alla fine avrebbe dovuto farlo lui, sarebbe stata una spontanea prova di lealtà, quello di cui il Signore Oscuro aveva bisogno per fidarsi davvero di lui.
 
«C’è altro?»
 
«No, grazie Severus». Il cuore di Narcissa era più leggero, ora che sapeva che qualcuno si sarebbe preso cura di Draco. Ma la felicità durò poco. Qualcun altro bussò alla sua porta.
 
«Cissy! Lui vuole vederti».
 
 

Nota dell'autore:
Ciao ragazzi!
Ho visto che alcuni di voi hanno già inserito la storia tra quelle seguite e mi fa davvero tanto piacere!
Ho una domanda per voi... cosa ne pensate del carattere che ho scelto? Troppo piccolo? Preferireste un formato più grande? Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ci aggiorniamo la prossima settimana!
Flami151

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO III

 
1 Settembre 1996:
 
Sull’espresso per Hogwarts, mi distendo sulla mia poltrona lato finestrino.
Il giro di ricognizione è stato estenuante: dopo undici anni di attesa, i novellini del primo anno si ritrovano finalmente con una bacchetta in un posto dove poter praticare la magia, e noi prefetti dobbiamo tenerli a freno.
Cioè, dovremmo, Ron si è limitato a confiscare dolciumi ad ogni carrozza. Ora è felice come un bambino, e io per lui.
                   
Però sono stremata. Non vedo l’ora di arrivare a destinazione, mangiare il più velocemente possibile e andare a dormire. Sono talmente stanca da non aver neanche voglia di studiare.
Anche se, ad essere sincera, è più di un mese che non apro libro. Certo, non è il modo migliore per affrontare l’inizio del nuovo anno, ma siamo onesti: dopo aver visto la morte in faccia, inizi a rivedere le tue priorità.
 
Sia chiaro, amo ancora i libri, ma una domanda si è insidiata nella mia testa: a cosa sarebbero servite tutte quelle ore in biblioteca, se fossi morta nell’Ufficio Misteri?
Harry e Ron avrebbero molto da ridire. Per loro è merito mio se siamo ancora tutti vivi, per non parlare di tutti i compiti che gli ho lasciato copiare. Certo, facile così: io sputo sangue sui libri mentre loro pensano a mangiare, a giocare a Quidditch e a come rimorchiare Cho Chang.
 
Lo stomaco mi si contorce. A volte so essere proprio meschina. Di Harry e Ron non si può certo dire che abbiano avuto una vita facile.
 
Guardo fuori dal finestrino. La campagna inglese scorre rapidamente davanti ai miei occhi, un’infinita distesa verde interrotta di tanto in tanto da una casetta di mattoni dalle tegole grigie.
Forse sarebbe tutto più facile se lasciassi Hogwarts e mi trasferissi in campagna: una nuova identità, una nuova vita. Potrei trascorrere le mie giornate all’aria aperta, passeggiando e leggendo. Potrei conoscere un bravo ragazzo, innamorarmi e sposarmi. Potremmo viaggiare per il mondo. Nessun Prescelto da proteggere, nessun Mago Oscuro da sconfiggere, nessuna guerra da combattere.
 
Sarei felice. Libera. Codarda.
 
Il mio posto è questo, vicino ai miei amici, e il mio dovere è fare il possibile per proteggerli.
Sarò libera quando questa guerra finirà e, se non sopravviverò, so che qualcun altro grazie al mio sacrificio potrà vivere la vita felice che io non avrò mai.
Sento un’altra fitta allo stomaco.
 
Guardo Ron, Ginny, Neville e Luna, seduti nella mia stessa carrozza, e inizio a sentirmi a disagio. Nessuno di loro sembra sentirsi come me. Parlano e scherzano tra loro, come una piccola famiglia. Mi vergogno talmente tanto di me stessa in questo momento da volermi solamente alzare e andare a fare un giro.
 
Harry però mi batte sul tempo. «Emergenza! Non trovo Malfoy da nessuna parte!»
Ancora con questa storia? È tutta l’estate che Harry e Ron vanno avanti così. “Malfoy è un Mangiamorte”, “Ha preso il posto di suo padre”, “Se gli alzassimo la manica, troveremmo sicuramente il Marchio Nero”, “Ucciderà Harry direttamente dentro le mura di Hogwarts”. Che stupidaggine.
 
«Hermione, ti prego, vai a dare un’occhiata alla carrozza dei prefetti, io li non posso entrare».
 
Oh che palle! Ve bene, tanto stavo per alzarmi comunque.
 
Arrivo alla carrozza in capo al treno, ma non trovo nessuno. Si direbbe che i prefetti preferiscano stare con gli altri ragazzi della loro casa più che tra di loro. Comunque sia, di Malfoy non c’è traccia. Mi chiedo se Harry si sia messo a guardare anche dentro i gabinetti.
Già che sono qui provo a dare un’occhiata anche oltre la carrozza, prima del vagone del macchinista. Giusto per scrupolo.
 
Apro lo sportello e resto basita. Non pensavo che nella mia vita avrei mai visto niente del genere: Malfoy è proprio lì, seduto sulla passerella intercomunicante, e non è solo: insieme a lui c’è un… gatto?
Si, è proprio così, Malfoy sta fingendo di tirare dei piccoli snack ad un micetto grigio, per poi dargli dei colpetti con la punta della bacchetta ogni volta che si lascia fregare.
 
Sento di non riuscire a trattenermi e scoppio in una fragorosa risata.
 
Malfoy finalmente si accorge di me e si alza di scatto. Sul suo volto vedo la vergogna fare posto alla rabbia e infine all’odio. «Che cazzo hai da ridere, schifosa Mezzosangue?»
 
Succede in un attimo: estraggo la mia bacchetta e la punto in faccia a Malfoy. «Prova a ripeterlo e giuro che ti faccio saltare in aria la testa!» urlo.
 
Malfoy indietreggia terrorizzato. Ma il gatto no. Fa uno scatto in avanti e, drizzando il pelo, mi soffia.
Questo gatto è intelligente, fin troppo. Punto la bacchetta verso di lui e lancio un incantesimo detrasfigurante. Ma non succede nulla. Strano, ero sicura che si trattasse di un Animagus.
A questo punto anche Malfoy ha estratto la bacchetta, ma non fa in tempo a puntarmela contro che io mi sono già voltata per andarmene. «La prossima volta non te la caverai così facilmente, Malfoy».
 
Tornando verso il mio vagone sento le mani tremare talmente forte da non riuscire a fermarle. Sono spaventata. Non da Malfoy, ovviamente, ma da me stessa. Credo di non aver mai provato così tanta rabbia tutta insieme e, soprattutto, così ingiustificata. Che diavolo mi è preso?
Rientro nello scompartimento dove tutti i miei amici mi aspettavano trepidanti e mi lascio cadere sulla poltrona. Le mani nascoste dentro le tasche.
 
«Allora?» Chiede Harry con impazienza.
 
«Era lì». Sbuffo. «Giocava con un gatto. Non faceva proprio niente di losco. Come sostenevo io fin dall’inizio».
 
C’è un attimo di silenzio, poi uno ad uno si sbellicano tutti dalle risate. Io però non rido, anzi, inspiegabilmente inizio a sentirmi tremendamente meschina.
 
Chissà perché sta sempre da solo.

 
 
2 Settembre 1996:
 
La prima lezione di Pozioni è appena iniziata e io ho già voglia di smaterializzarmi.
Quest’anno è subentrato un nuovo insegnate, il Professor Lumacorno. Un viscido ex-Serpeverde che pare abbia già insegnato qui molti anni fa. Mia madre mi ha raccontato un po’ di cose su suo conto: pare che abbia conosciuto nonno Abraxas, a quei tempi gli piaceva organizzare delle cenette private con gli studenti più brillanti (e dai genitori più influenti), una cosa disgustosa. Sembra che i Mangiamorte lo abbiano cercato a lungo in questi anni, volevano convincerlo ad unirsi a noi, cioè a loro. Comunque sia, non sono mai riusciti a trovarlo, mi chiedo dove Silente lo abbia scovato.
 
Pensare a mia madre mi riempie di tristezza. Ieri sono partito senza nemmeno salutarla. Chissà quanto si sente sola adesso che sia io che papà siamo lontani. Non credo che Bellatrix sia molto di compagnia.
 
«Ho preparato un po’ di pozioni da farvi vedere, così per curiosità. Forse ne avete sentito parlare, anche se non le avete mai preparate. Qualcuno sa dirmi cos’è questo?»
Il professore indica un calderone che contiene chiaramente del Veritaserum.
 
Sto quasi per rispondere, ma la Granger fa scattare il suo braccio verso l’alto, più veloce di uno Zouwu. Lumacorno le fa un cenno. «È Veritaserum, una pozione incolore e inodore che costringe colui che la beve a dire la verità». Ma dai.
 
«Ah! Molto bene, molto bene! Ora, chi sa dirmi cosa contiene quest’altro paiolo?»
Una pozione densa e fangosa che bolle lentamente. Sicuramente Pozione Polisucco.
 
«È Pozione Polisucco, signore.» Ancora una volta battuto sul tempo dalla Granger.
 
Ora Lumacorno si gira verso l’ultimo calderone, che si trova proprio di fronte a me e che senza dubbio contiene Amortensia. La riconosco dall’odore di cuoio, di muschio e di…
 
«Amortensia!» Ma non è possibile! Non ha nemmeno formulato la domanda!
 
Detesto quella saputella della Granger. È riuscita a rovinarmi l’unica materia che trovavo tollerabile. Piton era molto più equo, almeno dava la possibilità a tutti di rispondere.
Certo, ieri sembrava tutto tranne che saputella. Per un attimo ho pensato che mi avrebbe incenerito. Solo per averla chiamata Mezzosangue poi, come se non lo facessi già da cinque anni. Avrei dovuto avere i riflessi più pronti e schiantarla subito, senza farla neanche finire di ridere.
Ma poi è così divertente che io abbia uno stupido gatto? Lei anche ha il suo e io non l’ho mai derisa per questo. Per il suo sangue sporco sì, ma per il gatto mai.
 
«Abbiamo ancora poco più di un’ora, nella quale dovrete mettere insieme un dignitoso tentativo di Distillato di Morte Vivente. Chi farà meglio, vincerà questa fiala di Felix Felicis».
 
Mi ricollego improvvisamente. Un Distillato di Morte Vivente? Non dovrebbe essere difficile. E un giorno fortunato mi farebbe comodo di questi tempi.
Inizio tagliuzzando il più rapidamente possibile le radici di valeriana e lasciandole riposare in acqua. Devono restarci circa cinque minuti. Io nel frattempo posso dedicarmi al taglio del Fagiolo Sopoforoso. Lo incido con la punta del coltello, tenendolo fermo sotto il palmo della mano, poi lo schiaccio facendo colare il succo nel calderone.
Mi guardo intorno: stanno tutti litigando con quell’odioso Fagiolo. Mi scappa un sorriso e riprendo la preparazione.
 
«Posso chiederti come ti chiami, mia cara?»
 
«Hermione Granger, professore».
 
Perdo la concentrazione: quel viscido verme di Lumacorno gironzola tra i tavoli sprecandosi in complimenti per quello scemo di Potter (che con le pozioni è sempre stato incredibilmente incapace), per quella secchiona della Granger e per quell’altro pallone gonfiato di Zabini.
 
«Non prendertela». Sobbalzo, Theodore Nott si è avvicinato al mio calderone mentre ero sovrappensiero. «Non considererà mai gente come noi per il Lumaclub e nemmeno per la Felix Felicis, non importa quanto ti impegni». Io lo guardo senza capire. «Non vuole avere a che fare con i figli di due Mangiamorte detenuti ad Azkaban». Mi spiega sottovoce.
 
«Sai che me ne importa». Ma ripenso con nostalgia alle lezioni di Piton.
 
A questo punto è inutile impegnarsi oltre. Finisco la pozione alla bell’e meglio e nel tempo che mi rimane tiro fuori una pergamena e butto giù due parole per mia madre.

 
Cara Mamma,
Ti scrivo per farti sapere che sono arrivato ad Hogwarts e che ho iniziato le lezioni. Alla fine ho deciso di inserire nel piano di studi Pozioni, Difesa Contro le Arti Oscure, Incantesimi, Erbologia, Trasfigurazione e Rune Antiche.
Aspetto tue notizie,
Draco
P.S. Il Professor Lumacorno è un lurido verme, proprio come avevi detto tu.


Mamma non sarà felice di sapere che ho scelto Erbologia invece di Artimanzia. Ma se dovrò passare i prossimi due anni chiuso qua dentro, voglio che i miei corsi siano quanto meno sopportabili.
 
«Il palese vincitore!» Lumacorno sventola la fiala di Felix Felicis di fronte al naso di Potter. Figuriamoci. Se l’avesse vinta la Granger mi avrebbe dato meno fastidio. Almeno se la sarebbe meritata.
 
 
Prima di spedire la lettera vado in dormitorio a liberare il micio. Lo trovo proprio sopra il mio cuscino, sembra scontento, non credo abbia gradito essere rimasto chiuso nella camerata tutto il giorno da solo.
 
«Su andiamo! Si esce». Lui si alza e mi segue.
 
Sulla strada verso la guferia guardo il gatto di sottecchi. Lui cammina accanto a me, guardandosi intorno come se fosse incuriosito dalla scuola: osserva le navate dei sotterranei, poi i quadri parlanti accanto alle scalinate e infine le vetrate colorate della Torre Ovest. Sembra proprio intelligente, bene, vorrà dire che sarà facile prendersi cura di lui.
Forse fin troppo intelligente per essere un gatto, ma d’altronde io non ne ho mai avuto uno, quindi che ne so!
 
Siamo quasi arrivati in cima alla torre quando il gatto si ferma inarcando la schiena. «Che problema hai?»
 
Dalla porta della guferia esce la Granger. Lei si ferma un attimo a guardarci. «Di’ al tuo strano gatto di stare al suo posto Malfoy».
 
Vorrei ignorarla e proseguire dritto per la mia strada, ma so di dover pareggiare i conti. Come diceva papà? “Essere un Malfoy significa non mostrarsi mai debole di fronte a nessuno”. Che strazio.
«Non dovresti andare in giro da sola Granger, non è sicuro. Dove sono lo sfregiato e il poveraccio? Nemmeno loro riescono a sopportarti più? O sei tu che non puoi sopportare di vedere Potter fregarti il primato di Grifondoro secchione?»
 
Lei mi guarda dritto negli occhi. È furiosa. «E tu Malfoy dove hai lasciato la tua scorta? Non volevi che Tiger e Goyle ti vedessero mandare lettere al tuo paparino? Purtroppo devo darti una brutta notizia: ad Azkaban non arriva la corrispondenza».
 
Come ha osato mettere in mezzo mio padre? Sfodero la bacchetta, questa volta più velocemente di lei. «Stai molto attenta Mezzosangue, ho amici potenti, io». Non mi riferisco a nessuno in particolare, voglio solo intimorirla. Si direbbe senza successo.
 
«Non ho paura dei tuoi amici Malfoy, creperanno tutti in prigione, proprio come tuo padre». Le sue parole mi trafiggono il petto come una coltellata. Le orecchie mi fischiano e sento che inizia a mancarmi l’aria. Ma non devo mostrarmi debole, non devo.
Così, proprio come durante le lezioni di Occlumanzia, prendo un respiro profondo e libero la mente da tutte le emozioni. Ora sono calmo, ripongo la bacchetta e tiro dritto per la mia strada, senza aggiungere altro. Tanto non avrei saputo che altro dire.
 
Arrivato in guferia, consegno la mia lettera ad uno dei barbagianni messi a disposizione dalla scuola e lo guardo volare via, diretto verso il Manor.
Vorrei poter scrivere anche a papà, ma la Mezzosangue ha ragione: niente posta ad Azkaban. Sospiro. Avrà ragione anche sul resto? Papà morirà in carcere? Non lo rivedrò più?
Provo a pensare all’ultima volta che ci siamo visti, ma sembra trascorsa una vita. È stato lo scorso Natale, quando sono tornato a casa per le vacanze. Non abbiamo passato neanche molto tempo insieme.
 
Ero sicuro che a questo punto lo avrebbero già fatto evadere. Perché il Signore Oscuro non lo ha già tirato fuori da quel postaccio? Forse vuole lasciarlo morire lì… per punirlo?
Sento gli occhi inumidirsi, li strizzo forte per non far uscire le lacrime.
 
Qualcosa mi tocca il polpaccio: il micio mi sta grattando la gamba con le sue unghiette. Ora che ci penso devo ancora trovargli un nome.
Si avvia verso la porta della guferia. Forse a furia di guardarsi intorno ha già memorizzato la strada del ritorno.
 
Ma si, non serve a niente darsi tanta pena per la Granger e per la sua inspiegabile aggressività.
 
 
Sono ancora ferma sulle scale della Torre Ovest, non riesco a muovermi.
Una parte di me vorrebbe andarsene e non pensare più a quella serpe di Malfoy, un’altra parte si sente in colpa. Mi sembra di avere due vocine dentro la testa:
 
“Gli ho detto che suo padre sarebbe crepato ad Azkaban. Sono orribile”.
 
“Lui però ha sempre detto cose ben peggiori. Che sono una so-tutto-io, che ho il sangue marcio, che finirò ammazzata dai Mangiamorte”.
 
“Sì, ma io sono una persona diversa, una brava persona”.
 
“Non è vero, ho detto certe cose perché le penso, perché se le merita, perché lui è come suo padre: un orrendo suprematista purosangue, che vorrebbe vederci tutti sterminati. Un Filomangiamorte con la puzza sotto al naso. Anzi, se Harry e Ron hanno ragione, un Mangiamorte a tutti gli effetti!”
 
“Non è un Mangiamorte, è soltanto un ragazzo. Un ragazzo molto solo”.
 
È vero. La scuola è iniziata solo ieri ed è già la terza volta che lo trovo da solo. Anzi, a dirla tutta, il più delle volte sono stata proprio io a cercarlo e ad aggredirlo. Ho usato Malfoy come pretesto per sfogarmi.
Forse ho davvero esagerato, dopotutto.
 
Faccio dietrofront e torno in guferia: devo chiedergli scusa.
 
«Malfoy». Appena mi vede alza gli occhi al cielo, come dargli torto.
 
«Che vuoi?» Non ha un tono aggressivo, direi più che altro seccato.
 
«Chiederti scusa. Sia per il commento su tuo padre, sia per aver riso di te sul treno». Vorrei scusarmi anche per averlo seguito di nascosto a Diagon Alley, ma questo è meglio se lo tengo per me.
 
Mi preparo a vederlo esplodere dalla rabbia. Sono anche pronta ad estrarre la bacchetta per proteggermi, se necessario. Mi sembra quasi di sentire la sua risposta “Non ho bisogno della tua pietà, schifosa Sanguemarcio”.
 
«Okay».
 
Okay? Tutto qui?
Lo guardo ancora per qualche secondo, aspettandomi qualche altra reazione, ma niente. Forse non avrei potuto sperare di meglio, tanto vale andarmene. «Beh, allora ciao».
 
Non ricevo alcuna risposta.
 
 


Nota dell'autore:

Bene ragazzi, come anticipato, ho provato a cambiare un po' la grandezza del carattere! Vediamo come va questo esperimento!
Inoltre avrete notato che ho aggiunto un'immagine come copertina della storia, che ne pensate? (E' la prima volta che ne faccio una... siate clementi!)
Spero che questo primo vero incontro tra Hermione e Draco vi sia piaciuto! Aspetto i vostri pareri!

Flami151

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO IV

 
 
14 Settembre 1996:
 
Oggi è il giorno dei provini di Quidditch, sicuramente uno dei giorni più importanti per Ron.
Quest’anno sarà Harry il capitano della squadra di Grifondoro ed è stato irremovibile: essere entrati in squadra l’anno scorso non garantirà un posto quest’anno, a nessuno. Questo significa che Ron dovrà superare le selezioni come portiere.
 
Io ovviamente sarò lì a dare il mio supporto e con l’occasione penso che mi metterò un po’ in tiro.
Chiudo le tende del baldacchino e mi siedo sul letto a gambe incrociate di fronte ad un piccolo specchio. Stappo una fialetta di Tricopozione lisciariccio e ne applico giusto una goccia sulla spazzola: dovrebbe bastare a rendere i miei capelli domabili.
 
«Sbrigati Calì o faremo tardi!» Sento la voce stridula di Lavanda Brown chiamare Calì a gran voce dalla Sala Comune. «Non voglio rischiare di perdermi neanche un secondo».
 
Sento Calì raccogliere le sue cose ed uscire dal dormitorio in tutta fretta. Poi però sento di nuovo la porta aprirsi, deve essersi dimenticata qualcosa.
 
«Hermione sei qui?» È la voce di Ginny. Vado nel panico: non deve vedermi mentre tento di farmi bella.
Troppo tardi, ha già aperto le tende e ha fatto capolino con la testa. «Andiamo! Le selezioni iniziano tra pochissimo! Non vuoi vedermi fare a pezzi gli altri Cacciatori? Ma che stai facendo?»
 
Beccata. «Niente Ginny, dammi un secondo e possiamo andare…» Ma lei fa uno scatto e acchiappa al volo la Tricopozione lisciariccio. Altro che Cacciatrice, dovrebbe fare le selezioni come Cercatore.
 
«Non dirmi che ti stai mettendo in tiro per le selezioni?» Vedo una luce maliziosa nei suoi occhi. «Allora? Chi è il fortunato? È forse McLaggen?»
 
«Cormac McLaggen del settimo anno? Certo che no! Come ti viene in mentre?»
 
«Non lo so, è il ragazzo più bello di Grifondoro, è un atleta eccezionale e ha una cotta per te!»
 
Sbarro gli occhi. «Che significa che ha una cotta per me? Tu che ne sai?»
 
«Ma dai Hermione! È talmente evidente! Non smette mai di guardarti. Non dirmi che non lo sapevi. Altrimenti per chi stai cercando di lisciarti i capelli? Per mio fratello forse?» Ride di gusto, io invece resto impassibile.
Ginny sbarra gli occhi a sua volta. «Non posso crederci… Herm! Hai una cotta per Ron?»
 
«Non dirlo a nessuno, per favore.» Bisbiglio sottovoce.
 
Ginny sembra rifletterci su un momento. «Beh, ora si spiegano molte cose». Proprio non capisco a che si riferisca. «Senti un po’, non vorrai mica rifilargli il Filtro d’Amore del negozio di Fred e George, vero?»
 
«Certo che no!» Sono quasi offesa. «Non farei mai niente del genere!»
 
Sono sincera: se prima odiavo i Filtri d’Amore, adesso ne ho quasi paura. Non posso parlarne con Ginny, ma pochi giorni fa Harry ha incontrato Silente, che gli ha mostrato alcuni ricordi legati alla famiglia di… Voldemort. Sembra che sia stato concepito sotto l’influsso dell’Amortensia. Forse è per questo che non è in grado di provare alcuna pietà, o amore.
Rabbrividisco.
 
«Dai Herm non fare quella faccia! Stavo solo scherzando!» Ride di nuovo. «Fatti dare un consiglio: lascia perdere quella robaccia lisciacapelli e vieni al campo con me. Tu e Ron vi conoscete da sei anni ormai, non hai bisogno di questi trucchetti. Solo di essere sincera con lui».
 
Decido di darle ascolto e di avviarmi con lei verso il campo da Quidditch. Sulla strada incontriamo anche Harry e Ron, bianco come un cencio. Harry tiene in mano un volume Pozioni Avanzate, sembra nuovo.
 
«Vedo che la copia che hai ordinato al Ghirigoro è arrivata! Ora puoi restituire quella strana copia tutta scarabocchiata». Da quando Harry ha trovato il volume del Principe Mezzosangue non fa altro che portarselo dietro. Non mi piace per niente, dopo il Diario di Tom Riddle ho imparato a non fidarmi dei libri di cui non conosco la provenienza.
 
«Sei pazza? Me la tengo! Anzi, è proprio questa la copia dei Principe Mezzosangue, ho solo cambiato la copertina!» Lo dice pieno di orgoglio, io invece sono costretta a mordermi la lingua per non dire niente o mi darebbero tutti della guastafeste. Devo assolutamente fare delle ricerche riguardo questo Principe.
 
Arrivati al campo ci salutiamo: loro si dirigono verso spogliatoi mentre io invece salgo sugli spalti. Lavanda e Calì sono già qui. «Te l’avevo detto che era troppo presto! Il campo è ancora vuoto e quassù si congela». Si sta lamentando Calì.
 
I giocatori escono in campo. I primi ad essere selezionati sono i Cacciatori, che devono distinguersi nel volo e nella loro capacità di schivare i Bolidi e di centrare gli anelli con la Pluffa.
Guardo Ginny sfrecciare sul campo da Quidditch, concentrata e agilissima. La invidio un po’. Io non sono mai stata brava nel volo con la scopa e mai mi è importato, ma adesso mi chiedo cosa si provi a stare lassù.
Immagino di trovarmi anche io su una scopa, col vento che mi schiaffeggia il viso e il vuoto sotto di me. Immagino di accelerare al massimo, di salire fin sopra le nuvole e di buttarmi giù in picchiata, proprio come sulle montagne russe.
Immagino di puntare la scopa dritta verso il cancello di Hogwarts e di volare via lontano, senza una meta, solo per il gusto di scoprire dove mi porterebbe.
Alla fine si riduce sempre tutto questo, a me che scappo senza guardarmi indietro.
 
Provo di nuovo quella familiare fitta alla bocca dello stomaco e tento di concentrarmi nuovamente sui provini. Ginny sta battendo il cinque a tutti, credo sia entrata in squadra. Bene, sono contenta.
 
Ora è il turno dei portieri. Sento Lavanda gridare «Vai Ron! In bocca al lupo! Ce la puoi fare!». Ron si volta verso gli spalti con aria stordita. Il suo volto è pallido, con una delicata sfumatura di verde, però alza la mano e le sorride.
Stringo forte i pugni e serro i denti. Mi sembra di essere tornata al quarto anno, quando Ron sbavava dietro quella mezza Veela di Fleur Delacour. Ma questa volta si tratta pur sempre di Lavanda Brown, non devo dargli troppo peso.
 
Nessuno dei primi cinque aspiranti portieri riesce a parare più di due gol a testa. Ma ora è il turno di McLaggen, che sembra davvero sapere il fatto suo. Riesce a intercettare quattro rigori su cinque, solo un altro e per Ron sarà la fine.
No, non posso permetterlo. Ron deve assolutamente entrare in squadra, altrimenti ne resterà distrutto. Non importa quanti sorrisi scemi rivolge a Lavanda Brown, voglio solo che vinca, desidero solo questo.
 
Confundus.
 
Non devo neanche dirlo, mi basta pensarlo intensamente agitando di nascosto la bacchetta, e McLaggen scatta nella direzione opposta, lasciando passare la Pluffa nell’anello. Ed è gol!
Ora è il turno di Ron, che para uno, due, tre, quattro, cinque rigori consecutivi! «Si!» Scatto in piedi alzando le braccia in segno di vittoria. Questa volta Ron guarda me. Mi guarda e alza le braccia anche lui.
 
Scendo di corsa a festeggiare insieme alla squadra. Corro incontro a Harry, Ron e Ginny, che però si stanno già abbracciando tra loro. Lo capisco, adesso sono compagni di squadra, loro tre.
 
«Hermione hai visto? Li ho parati tutti e cinque! Anche quella palla a effetto di Demelza!» Ron è fuori di sé dalla gioia. «Per fortuna che McLaggen ha fatto quell’errore clamoroso all’ultimo rigore! Sembrava quasi fosse stato confuso!»
Ovviamente Ron dice tanto per dire, ma io non posso fare a meno di arrossire. Sarà stato disonesto ma a me non importa, la felicità dei miei amici è sempre al primo posto.
 
Inizia a farsi tardi, devo rientrare al dormitorio, stasera c’è la prima cena del Lumaclub e ho ancora tanti compiti da fare. «Harry, Ginny io vado! Ci vediamo stasera da Lumacorno».
 
«Io non ci sarò stasera, sono in punizione con Piton». Harry si è beccato un castigo per essere stato indisponente durante l’ora di Difesa Contro le Arti Oscure.

 
 
Sono seduto sull’erba, la schiena poggiata contro un albero. Lo stesso albero dove, due anni fa, mi incontravo con Rita Skeeter trasformata in scarabeo per raccontarle qualche finto pettegolezzo su Potter.
Il mio corpo è completamente rilassato, ma la mia mente è inquieta.
 
Mamma non ha ancora risposto alla mia lettera. So di aver tirato molto la corda non rivolgendole la parola per quasi un mese, ma credevo che una volta tornato sui miei passi la questione si sarebbe risolta.
Mi mancano le lettere di mamma, ogni mese mi spediva sempre dei bei regali: quando ero al primo anno mi faceva sempre arrivare delle buste piene di dolciumi, poi crescendo della nuova attrezzatura per Quidditch e dei bei vestiti. Diceva sempre che sarei stato il mago più elegante di Hogwarts. Forse dovrei scriverle ancora.
 
Gli altri Serpeverde mi invidiavano da morire e a volte notavo che anche i ragazzi delle altre case si giravano a colazione per vedere cosa mi sarebbe arrivato via gufo. Mi piaceva da matti.
“I miei genitori vogliono solo il meglio per me” così dicevo ai miei compagni e loro mi guardavano con ammirazione.
Ora invece non riesco neanche a guardare Tiger e Goyle in faccia senza sentirmi un impostore: ho passato buona parte dell’estate a vantarmi con loro della sconfinata fiducia che il Signore Oscuro avrebbe riposto nei miei riguardi. E adesso che sono cambiate le carte in tavola mi vergogno talmente tanto da non essergli riuscito a dire la verità. Cioè che sono un fallito, un qualsiasi Purosangue mediocre senza alcun valore particolare.
 
Per questo motivo mi isolo ogni volta che posso. Per non dover sentire domande del tipo “Allora Draco, come vanno le cose da quando…?” o “Lui com’è? Parlate spesso?”, alle quali non potrei rispondere.
Comunque, per quanto ci provi, sembra che io non sia bravo nemmeno a nascondermi, visto che ovunque vada la Granger mi scova sempre. Non mi starà mica seguendo?
Mi guardo intorno, giusto per sicurezza.
 
Inizio davvero a odiarla la Granger. Lei, al contrario di me, non è una Sanguemarcio mediocre senza alcun valore particolare, è maledettamente brava in qualunque cosa faccia. Credo di averla vista fallire miseramente solo a lezione di Volo.
 
A proposito di volo: oggi dovrebbero esserci i provini per la squadra di Quidditch di Grifondoro.
Io mi ero ripromesso di lasciare la squadra quest’anno, per concentrarmi al massimo su qualunque compito volesse assegnarmi il Signore Oscuro, ma a questo punto tanto vale riprendere gli allenamenti.
Ora che Montague ha finito la scuola potrei sostituirlo come Capitano, ma ho sentito dire che anche Urquhart è in lizza per il ruolo e adesso, senza papà a comprare l’attrezzatura nuova per l’intera squadra, temo di non avere molte possibilità.
 
Torno a pensare a mia madre. C’è da dire che in effetti non sono propriamente tornato sui miei passi: non mi sono scusato con lei e non penso nemmeno di doverle delle scuse. Se adesso mi sento così da schifo la colpa è sua.

 
 
Busso alla stanza di Lumacorno. «Avanti, avanti!» Entro. «Oh Signorina Granger finalmente! Si sieda al tavolo con noi così diamo inizio alla cena».
 
«Mi scusi per il ritardo, sono stata trattenuta dal Signor Gazza che voleva sapere dove stessi andando!» Bugia, semplicemente non avevo voglia di andare e ho perso più tempo possibile nella speranza che iniziassero senza di me. Ginny lo sa e mi guarda con disapprovazione.
 
«Non si preoccupi! Bene, allora iniziamo!» Lumacorno batte le mani e degli splendidi manicaretti si materializzano sulla nostra tavola. Sembrano ancora più gustosi di quelli che vengono normalmente serviti in Sala Grande. Rabbrividisco al pensiero di Lumacorno che scende nelle cucine per assicurarsi che gli elfi lavorino come si deve a questa cena, ma faccio del mio meglio per far finta di niente e mangiare.
 
Osservo i miei commensali. Ginny Weasley, che ha attirato l’attenzione del Professore di Pozioni già sull’Espresso per Hogwarts dopo aver tirato “la miglior fattura Orcovolante che avesse mai visto”. Melinda Bobbin, la cui famiglia possiede una grossa catena di farmacie. Blaise Zabini, figlio della Signora Zabini, la cui bellezza sembra eguagliare solo la sua ricchezza, ereditata dopo la tragica e inspiegabile morte dei suoi sette mariti. E infine Cormac McLaggen, che oltre ad essere il ragazzo più bello di Grifondoro e un atleta eccezionale a quanto pare è anche ricco, Lumacorno sembra particolarmente interessato a suo zio Tiberius, che mi sembra di capire avere una certa influenza all’interno del Ministero.
 
Insomma, a conti fatti questa cena sembra più una scusa per lisciarsi dei ragazzi che un giorno nella vita potrebbero tornargli utili, tipica mossa da Serpeverde.
In realtà la serata non sarebbe neanche così spiacevole, il cibo è ottimo e tutti i ragazzi hanno tante storie da raccontare sulla loro famiglia, oggi però non sono proprio dell’umore.
 
Anzi, a dirla tutta, mi sembra di non essere mai di buonumore da quando ho rimesso piede ad Hogwarts. Mi sento sempre strana, come se fossi costantemente irrequieta. Qualsiasi cosa io faccia inizia ad annoiarmi dopo pochi minuti: non riesco a studiare, non riesco a seguire le lezioni, non riesco a chiacchierare con gli amici, non riesco a riposare e adesso non riesco ad ascoltare questa stupida conversazione. Qualsiasi cosa faccia, mi sento fuori posto.
 
È come se fossi sazia di tutte le solite banalità, come se avessi fame di emozioni forti. E non parlo dell’emozione che si prova a rischiare la vita combattendo i Mangiamorte, parlo di felicità, di libertà.
 
Ora invece mi sento tutto tranne che libera, sono intrappolata qui e il mio unico divertimento è osservare McLaggen che cerca di centrare la propria bocca con la forchetta, riuscendoci solo una volta su tre. Poverino, deve essere ancora sotto l’effetto dell’Incantesimo Confundus.

 
 
Rientro in Sala Comune senza aver cenato. Sono rimasto in giardino fino a tardi ad insegnare al micio qualche trucchetto di caccia trasfigurando delle pietre in topolini con l’incantesimo Resferàntes.
 
«Draco era ora, è tutto il giorno che ti cerchiamo!» Il mio peggior incubo: Tiger, Goyle e Pansy seduti di fronte al camino mi fanno cenno di sedersi con loro. Questa volta non posso proprio tirarmi indietro.
 
Mi siedo sull’unico posto libero, quello accanto a Pansy. «Allora? Si può sapere dove sei stato tutto il giorno?» Mi chiede iniziando ad accarezzarmi i capelli.
 
«Anzi, si può sapere dove sparisci tutti i giorni? Non ti si vede mai in giro». Chiede Goyle ricevendo una mia occhiataccia.
 
«Ho avuto delle cose da fare». Lo dico come se parlassi di una faccenda incredibilmente importante e delicata, al di là della loro comprensione. Sembra che io sia stato convincente, perché sento Tiger emettere un piccolo gemito di stupore, mentre Pansy smette di toccarmi i capelli.
 
«Capisco…» dice Goyle sottovoce «Incarichi per l’Oscu…»
 
«Zitto imbecille! Non vorrai mica che lo venga a sapere tutta la scuola!» E così chiudo la vicenda, uscendone completamente illeso e con la scusa perfetta per assentarmi in qualsiasi momento da adesso in poi. Sono fiero di me.
 
«Draco forse potremmo andare a farci una passeggiata, da quando siamo arrivati non abbiamo fatto alcuna ronda per la scuola, siamo pur sempre prefetti!» Ho il sospetto che a Pansy importi di più restare da sola con me che adempiere ai suoi doveri da prefetto, ma accetto comunque, tutto pur di evitare ancora questo interrogatorio.
 
«Draco senti prima che tu te ne vada, c’è qualche possibilità che tu ti faccia spedire di nuovo quelle bottiglie di Ogden Stravecchio dall’amico di tuo padre? Quelle che ti eri fatto arrivare l’anno scorso per Natale e che ci sono piaciute tanto!» mi chiede Tiger.
 
«Certo, ci puoi contare!» Maledetto scroccone. Quelle bottiglie mi costeranno una fortuna, inoltre l’anno scorso ero riuscito a farmele spedire da un distillatore di fiducia solo facendo leva sull’influenza di papà, ma con lui in prigione adesso non credo che sarà così facile convincerlo a spedirmi una cassa di Whiskey Incendiario imbottigliato in fiasche di Burrobirra. Mi congedo alzando gli occhi al cielo.
 
Fuori dal dormitorio, mi basta fare pochi passi con Pansy per capire di aver preso una pessima decisione. Lei si aggrappa al mio braccio e mi poggia la testa sulla spalla, contorcendosi in una posa del tutto innaturale pur di continuare a camminarmi a fianco.
 
«Quest’estate mi sei mancato molto Draco. So che hai avuto molto da fare con la tua famiglia e con le tue… cose… ma io ho pensato spesso a te».
 
Pansy ha una cotta colossale per me dal primo anno. Non ricordo di aver mai fatto una battuta alla quale lei non abbia riso, odiato una persona che lei non abbia odiato di più o fatto letteralmente qualunque cosa senza ricevere un suo complimento. Lo trovavo appagante, all’inizio, poi sempre più fastidioso.
 
Oltretutto ho il sospetto che ci sia lei dietro tutte le mie disfatte in amore. Due anni fa avevo iniziato a frequentare Cassandra, una ragazza del quinto anno timida ma incredibilmente bella. Siamo andati insieme ad Hogsmeade a bere ai Tre Manici di Scopa e poi abbiamo fatto sesso nel bagno del pub, era la sua prima volta e anche la mia. Per un po’ le cose sembravano andare alla grande, ma quando le ho chiesto di venire al Ballo del Ceppo con me ha rifiutato, dicendo che sarebbe stato meglio non vederci più.
Quella volta incassai il colpo, ma poi la stessa cosa si è ripetuta altre due volte lo scorso anno: prima con Maribel, aspirante portiere della squadra di Serpeverde, e poi con Idris, strega dell’ultimo anno con il sedere più sodo che abbia mai visto. In entrambi i casi non sono riuscito ad andarci a letto per più di tre volte e sono stato scaricato senza ricevere alcuna spiegazione.
Stavo iniziando a credere che forse non ero poi così bravo con le donne come credevo quando un giorno, tentando un approccio con una ragazza del quarto anno, mi sono sentito dire “Scusami Draco, vorrei davvero uscire con te, ma ci tengo alla mia incolumità”. Poi se ne è andata via borbottando qualcosa che suonava come “Quella psicopatica della Parkinson”.
Mi chiedo perché ancora mi ostini a darle corda.
 
«Ti prego Draco, dimmi, come sta la tua mamma? Deve essere un momento terribile per lei questo». Che domanda personale. Le dico che sta bene, sorvolando sul nostro litigo, sul fatto che è da oltre un mese che non parliamo e che sta ignorando le mie lettere.
 
Mentre camminiamo per i corridoi incrociamo più di un Auror. Dopo la battaglia dell’Ufficio Misteri, il Ministero non ha più potuto fingere di non sapere del ritorno del Signore Oscuro. Che figuraccia che ha fatto il vecchio Caramell, ha dovuto dare le dimissioni e cedere la poltrona di Ministro a Rufus Scrimgeour, che ha pensato di piazzare i suoi Auror a guardia di Hogwarts. Come se a Lui interessasse mettere le mani su una stupida scuola che cade a pezzi.
 
«Draco mi sembri così distante, a cosa pensi?» Mi chiede lei fermandosi di fronte a me e prendendomi di petto.
 
«A niente Pansy, sono solo un po’ stanco. Forse è meglio se rientriamo».
 
Lei si slancia verso di me e mi stringe in un abbraccio. «Se hai bisogno di qualsiasi cosa parlamene, ti prego, su di me puoi sempre contare, lo sai». Ora mi ricordo perché continuo a darle corda. Sarà pure psicopatica, fastidiosa e incredibilmente superficiale, ma mi vuole bene.

 
 
20 Settembre 1996:
 
Narcissa era sdraiata sul morbido letto della stanza di Draco, la seconda camera più grande del Manor dopo quella sua e di Lucius, ora usurpata da Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Aveva la febbre alta e le vertigini da giorni ormai e nessuna pozione sembrava alleviare i suoi sintomi. Tutto ciò che provava era freddo e tristezza, come se un Dissennatore vegliasse su di lei giorno e notte, derubandola del suo spirito.
 
Il Signore Oscuro non le aveva portato via solamente la sua salute, ma anche la sua dignità.
Prima di tutto le aveva reciso parte della mano sinistra, privandola delle dita dal medio al mignolo e della sua fede nuziale per spedirle in dono a Lucius.
Ma Narcissa non si era lasciata piegare, aveva indossato sulla mano buona i suoi anelli migliori e sull’unico orecchio uno splendido pendente talmente grande e vistoso da raggiungerle la spalla. Aveva raccolto i capelli sul lato destro del viso, quello sfigurato, e aveva sfilato per i corridoi del Manor come una regina.
 
Ma il Signore Oscuro non gradì. “Narcissa, perché nascondi il tuo viso?” le aveva chiesto. “Non ti vergognerai mica del tuo aspetto, vero? I segni che ho lasciato sul tuo volto, sono l’emblema della tua lealtà, perché vuoi nasconderli?”
Quel giorno ordinò a Belletrix di tagliarle i capelli, così che tutti avrebbero potuto vedere quanto lei gli fosse devota. Fu quel giorno che Narcissa si ammalò.
 
Voldemort conosceva il suo segreto e la stava punendo.

 
 

 
Nota dell’autore:
Ciao a tutti Potterheads! Come è andata la vostra settimana?
So che in questo capitolo non ci sono stati contatti tra i nostri protagonisti, ma fidatevi: anche le loro esperienze individuali siano importanti per i prossimi sviluppi!
 
E poi mi sono divertita molto a scrivere le parti di Draco. Nei libri abbiamo molte occasioni di vederlo “in azione” ma di fatto tutte le nostre informazioni su suo conto sono filtrate dalla percezione di Harry che, diciamocelo, è parecchio di parte!
Personalmente, mi sono sempre fatta un sacco di domande su Draco: in primis mi chiedo se lui consideri Tiger, Goyle e Pansy dei suoi veri amici oppure no, in secondo luogo mi domando se durante Hogwarts lui abbia mai avuto qualche storiella, infine mi chiedo come abbia reagito all’arrivo degli Auror ad Hogwarts dopo l’arresto di suo padre.
Insomma, in questo capitolo ho provato a immaginarmi le risposte a queste domande.
 
Voi invece che ne pensate? Fatemi sapere se condividete la mia versione o se nella vostra mente vi siete fatti un’immagine di Draco diversa!
 
Non vedo l’ora di pubblicare il prossimo capitolo! Nel frattempo, vi auguro una buona settimana!
Flami 151

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO V

 
20 Settembre 1996:
 
Narcissa era nata in una delle famiglia più potenti del Regno Unito. Suo padre, Cygnus Black, possedeva i più ampi latifondi di tutta l’Inghilterra: le sue terre, che si estendevano dalle campagne Londinesi fino allo Yorkshire, erano infinite distese coltivate a frumento, solcate da fiumi e torrenti, asilo di pascoli immensi e di riserve boschive destinate alla caccia.
Quello tra lui e sua madre, Druella Rosier, fu un matrimonio di convenienza tra famiglie Purosangue, dal quale nacquero lei e le sue sorelle maggiori, Andromeda e Bellatrix.
 
Alle tre ragazze non fu mai fatto mancare niente: salute, istruzione, denaro, servitù e potere. Ma tutto ciò che avevano lo pagavano al costo di una vita priva di affetto e colma di divieti e regole, di cui la più importante: Toujour pur.
Per sempre puri, ossia, il sague prima di tutto.
 
Anche sforzandosi al meglio delle sue possibilità, Narcissa non riusciva a ricordare un solo gesto amorevole nei suoi riguardi da parte di sua madre o di suo padre. Tutto l’affetto di cui aveva bisogno lo riceveva dalle sue sorelle, le sue uniche amiche e confidenti.
Bellatrix, la maggiore, era la ribelle. Insofferente ad ogni forma di regola o costrizione, capitava che scappasse di casa per settimane finendo immancabilmente nelle mani della legge: vandalismo, furti, aggressioni, qualisasi cosa la facesse sentire libera e al comando della propria vita. Ogni volta che veniva riportata a casa da qualche gendarme, Cygnus la chiudeva nel seminterrato e le impartiva punizioni severissime. Le sue urla di dolore ancora tormentano il sonno di Narcissa.
Andromeda, la sorella di mezzo, era quella brillante. Strega dalle doti magiche eccezionali, rispettosa delle regole e di rara bellezza: era l’orgoglio della famiglia. Non c’era giorno che a Narcissa e Bellatrix non fosse chiesto “Perché non cercate di somigliare di più ad Andromeda?”. Ma nessuna di loro provava invidia per la sorella, questo perché tra le sue innumerevoli doti, la dolcezza era sicuramente al primo posto: non c’era rimprovero o castigo che non fosse alleviato dai suoi poter curativi e dalle sue parole di conforto.
Infine Narcissa, la minore, era forse la più anonima delle tre. Le sue due più grandi aspirazioni erano soddisfare il padre e somigliare ad Andromeda.
 
Anche ad Hogwarts, lontano dagli abusi familiari, gli obiettivi di Narcissa rimmanevano immutati. Per questo motivo al suo primo anno supplicò il cappello parlante di smistarla nella casa di Serpverde, la stessa delle sue sorelle maggiori, e durante tutti gli anni a venire, Narcissa si impegnò a diventare la migliore strega del suo anno.
Andromeda era sempre al suo fianco: la aiutava nello studio, le insegnava a volare sulla scopa e le permetteva di trascorrere il tempo con i suoi amici più grandi, tutti rigorosamente Purosangue. È così che conobbe Lucius Malfoy.
 
Ma un giorno quell’equilibrio si spezzò. Tra i Serpeverde iniziò a girare una voce: Andromeda Black si frequentava con un Nato-Babbano di Corvonero chiamato Ted Tonks.
 
Narcissa non ci poteva credere e, una sera, affrontò la sorella di petto. “Andromeda, ti prego dimmi che non è vero, dimmi che mentono, dimmi che tra te e quel Sanguesporco non c’è niente”. Ma era tutto vero. La loro storia era iniziata due anni prima e l’avevano coltivata in gran segreto per tutto quel tempo.
 
“Ma perché lui? Proprio tu, che potresti avere chiunque, decidi di stare con uno della sua… razza? Perché?”
 
“Per amore” le disse Andromeda prendendole la mano. “Ricorda le mie parole Cissy, un giorno anche tu conoscerai l’amore e quel giorno mi perdonerai”.
 
Quello, per Andromeda, fu il suo ultimo anno ad Hogwarts, mentre per Narcissa, fu l’ultima volta che parlò con la sorella. Il suo nome fu bruciato dall’arazzo di famiglia, quello che riportava ricamato in oro il motto Tujour pur, e così la sua esistenza fu cancellata.
 
Anni dopo, Lucius chiese a Narcissa la sua mano. Lei non avrebbe potuto desiderare di meglio: un giovane e bellissimo stregone Purosangue di buona famigila. Non avrebbe mai dimenticato l’emozione che provò il giorno del suo matrimonio, quando suo padre la guardò negli occhi e le disse “Sono fiero di te”.
Quel giorno, quando all’altare pronunciò il si, pensò che forse era quello l’amore di cui parlava Andromeda.
 
Per un lungo periodo, Lucius e Narcissa vissero una vita agiata e senza alcuna preccoupazione nella villa della famiglia Malfoy, poi arrivò Lui. Si faceva chiamare Lord Voldemort, ed era il mago più potente che Narcissa avesse mai incontrato. La sua forza era pari solo al suo carisma, grazie al quale chiamò a sè i più abili maghi Purosangue del Regno Unito. Grazie a Lui il sangue dei maghi sarebbe stato ripulito e i Nati-Babbani avrebbero pagato per il potere che avevano rubato ai veri stregoni.
Lucius e Narcissa si unirono al Signore Oscuro e, insieme a loro, anche Bellatrix e suo marito Rodolphus Lestrange. Nonostante non ricevette mai il Marchio, Narcissa trovò nei Mangiamorte la sua nuova famgilia e, grazie a Lui, la sua vita ebbe di nuovo uno scopo. Si chiese se fosse quello, l’amore.
 
Poi, un giorno, una sorpresa inattesa: Narcissa era incinta.
Quando prese in braccio il suo bambino per la prima volta, Narcissa capì immediatamente che la sua vita era cambiata. Perché, da quel momento in poi, ci sarebbe stato sempre lui prima di ogni altra cosa. Non il sangue, non il Signore Oscuro, solamente lui. Quello era Amore.
 
Dopo tanti anni, anche lei aveva conosociuto l’amore e, dentro di sé, sentì di aver perdonato Andromeda. Fu per lei che chiamò il bambino Draco, come la costellazione del Dragone, nella speranza che dalle stelle lui ricevesse la stessa forza, intelligenza e caparbietà che erano state donate a sua sorella.
 
Questo era il segreto di Narcissa, questo era il motivo per cui Lord Voldemort la stava punendo. Perché sapeva che Narcissa aveva smesso di essergli fedele il giorno in cui Draco venne al mondo.
 
Era talmente assorta nei suoi ricordi da non aver sentito la porta aprirsi.
 
«Cissy sono io!» Sua sorella Bellatrix era entrata senza troppi complimenti, sventolando una pergamena. «Si può sapere perché non rispondi al mio nipotino? È la seconda volta che ti scrive e sembra preoccupato!»
 
«Questo non ti rugarda». Rispose con freddezza.
 
«Andiamo Cissy, siamo in famiglia. Non ci sono segreti tra noi, dovresti saperlo».
 
Ma Narcissa sapeva che c’era altro dietro, che era stato Lui ad ordinarle di controllare la sua corrispondenza privata, forse temendo che potesse tradirli e mettersi in contatto con l’Ordine della Fenice. Non che non ci avesse mai pensato, ma era ancora troppo presto per prevedere l’esito della guerra e, se alla fine fosse stato il Signore Oscuro a vincere, non avrebbe riservato alcuna pietà a lei, Lucius e Draco.
 
«Dammi quella lettera». Bellatrix le passò la pergamenta, compiaciuta.
 
Cara mamma,
perdonami se ti scrivo una seconda volta, ma non avendo mai ricevuto alcuna risposta alla prima lettera, ho pensato di ritentare spedendoti un altro gufo.
So di essere stato meschino partendo per Hogwarts senza salutarti, ma non puoi ignorarmi per sempre: avermi costretto a tornare in questa scuola è già una punizione sufficiente. Trascorro le mie giornate aspettando che questo incubo finisca per potermi finalmente dedicare a qualcosa di utile. Quindi, per favore, fammi sapere se stai bene, perché non ti scriverò una terza volta.
A presto,
Draco
 
La sua lettera era eclettica, come se fosse stata scritta da tre persone differenti: a tratti il tono era premuroso, a tratti aggressivo e a tratti sconsolato. Narcissa provò tanta pena per il suo Draco, così confuso e frustrato.
 
«Hai bisogno che ti aiuti?» Le chiese Bellatrix, indicando la sua mano mutilata con un cenno del capo.
 
«No, ce la faccio da sola». E così dicendo, congedò la sorella.
 
Caro Draco,
mi spiace averti fatto attendere così a lungo, ma sono stata costretta a letto per diversi giorni e solo ora mi sono sentita in grado di aprire la posta. Mi dispiace che tu sia così abbattuto, ma fatti coraggio, vedrai che presto gli studi e le partite di Quidditch ti terranno talmente impegnato da non avere il tempo di pensare a tutto questo.
Ti voglio bene,
Mamma
 
Avrebbe voluto dirgli tante cose, spiegargli le ragioni dietro la sua scelta, essere sincera con lui, ma non poteva. Lui l’avrebbe saputo e forse Draco non era ancora pronto.
 
Chiuse la lettera in una busta con l’aiuto della magia, chiedendosi cosa le sarebbe stato protato via la prossima volta. Il Signore Oscuro avrebbe ridotto le sue mani a due inutili monconi o si sarebbe dilettato con altre parti del corpo?

 
 
27 Settembre 1996:
 
Ancora una volta mi ritrovo in giro per i giardini del castello, da solo.
Oggi non ho lezione e pensavo che mi sarei dedicato agli allenamenti di Quidditch, finchè non mi sono imbattuto in una conversazione che avrei preferito non ascoltare.
 
I Serpeverde del sesto e del settimo anno si erano radunti in Sala Comune stamattina, li ho trovati a discutere animatamente. Come uno scemo mi sono incuriosito e sono andato a sentire di che si trattava. Come al solito Pansy si era premurata di tenermi un posto libero.
 
Sulla poltrona accanto alla mia, Blaise stava seduto a gambe larghe e parlava a gran voce “…Per questo studio Artimanzia” stava dicendo “Se non prendo almeno un Oltre Ogni Previsione ai M.A.G.O., la Gringott non mi assumerà mai come Spezzaincantesimi”.
 
E così Zabini vuole diventare uno Spezzaincantesimi? Che stupidaggine, quando l’Oscuro Signore sarà al potere, i Purosangue di buona famiglia come noi non avranno bisogno di darsi tanto da fare: avremo un posto assicurato nelle alte cariche del Ministero, con uno stipendio da re e un enorme prestigio.
 
Quando gliel’ho detto però mi ha riso in faccia, come se lo stessi prendendo in giro. Mi ha detto “Non ho alcuna intenzione di passare la mia intera vita seduto dietro ad una scrivania. Voglio girare il mondo e trovare antichi tesori. Il mio sogno è diventare ancora più famoso di Patricia Rakepick, è il mio idolo, dicono che nei suoi viaggi abbia ucciso una Sfinge a mani nude e che sia riuscita a strappare via la coda ad una Manticora”. Nei suoi occhi brillava la luce dell’ambizione.
 
Anche Montague aveva detto la sua “A me non frega niente dei M.A.G.O., una volta finito qui ad Hogwarts mi iscriverò agli incontri di Duello Sportivo. Me la cavo bene con gli Incantesimi Offensivi e in sette anni qua dentro nessuno è mai riuscito a sconfiggermi, sono certo che diventerò un campione nazionale”. Nei suoi occhi ho visto lo stesso luccichio.
 
Insomma, sono andati avanti così per un’ora. A quanto pare tutti hanno un sogno e dei programmi per il futuro. Tutti tranne me.
Certo, quest’anno sarei voluto diventare un Mangiamorte, ma non posso definirlo proprio un sogno. Diciamo piuttosto che da quando il Signore Oscuro è toranto l’ho dato per scontato, immagino che papà avrebbe voluto così. Mentre invece mia madre ha voluto il contrario. Nessuno ha mai voluto sapere cosa desiderassi io, e così non me lo sono mai chiesto.
 
A proposito.
 
Riapro la lettera arrivata stamattina in Sala Grande. Sono turbato, cosa può aver fatto stare mia madre così male da non permetterle nemmeno di aprire le mie lettere? Mi sento un verme per averla trattata così. Cercherò di farmi perdonare.
 
Rimetto la lettera in tasca e torno a chiedermi: chi sono, chi voglio essere?

 
 
Sono sdraiata sul mio letto e tengo le labbra serrate per non urlare.
Il coprifuoco è appena scattato e tutti gli altri Grifondoro sono rientrati in Sala Comune, posso sentirli parlare e ridere da qui. Non ho alcuna voglia di unirmi a loro anzi, è proprio per non sentire le loro stupide chiacchiere che ho finito la cena prima di tutti e mi sono nascosta in camera.
 
Ron, Harry e Ginny non fanno altro che parlare di Quidditch e del Principe Mezzosangue. Lavanda e Calì parlano di ragazzi e di appuntamenti. Mentre tutti gli altri chiacchierano solo di lezioni, di esami o dell’ultimo pezzo delle Sorelle Stravagarie.
Io proprio non riesco a capire. Con la guerra alle porte credevo che le cose sarebbero cambiate, che vedendo la morte avvicinarsi, le persone avrebbero vissuto diversamente: creando scompiglio, divertendosi di più, amando di più.
 
Invece sembrano tutti interessati a continuare le proprie vite banali. Forse perché tutti sono soddisfatti della propria vita. Tutti tranne me.
 
Mi scuoto. Non so neanche io cosa desidero dalla mia vita, ma sicuramente non voglio trascorrerla sdraiata senza fare niente. Mi serve aria, quindi mi alzo e mi copro con un mantello caldo, pronta per uscire.
Appunto la spilla da prefetto alla divisa, il mio lasciapassare notturno, e scendo in Sala Comune. Sono tutti talmente assorti nelle loro futilità da non accorgersi di me, che spingo il dipinto della Signora Grassa per lasciare la Torre di Grifondoro.
 
Cammino a passo svelto per i corridoi del castello senza una meta, ho solo bisogno di distendere i nervi. Camminando incontro diversi Auror ma nessuno fa caso a me, non è loro compito occuparsi degli studenti fuori dal letto oltre il coprifuoco. Spero solo di non incrociare Tonks o qualche altro conoscente, non sono in vena di convenevoli.
 
Il tempo passa, ma io non riesco a calmarmi. Ho la mente affollata da talmente tanti pensieri che quasi non mi accorgo di esserer uscita dal castello.
Quello che trovo frustrante è che pur disprezzando gli altri ragazzi, che non capiscono quanto sia importante quest’anno godersi la vita, è che io non sto facendo nulla per godermi la mia. Sono sempre insofferente, arrabbiata e annoiata.
Ma, d’altra parte, non appena penso di fare qualcosa per me, mi sento in colpa, come se non stessi dedicando tutte le mie energie a quello che è davvero importante: studiare per diventare la migliore strega della mia età così da aiutare Harry a distruggere Voldemort.
 
Mi accorgo di star camminando in discesa, questo significa che sto andando in direzione del Lago Nero.
Tre parole sfiorano la mia mentre: sarebbe bello tuffarsi.
 
È una vera follia, lo so bene, il Lago è pieno di Avvincini e di Maridi, per non paralre del Calamaro Gigante. Inoltre è buio e se mi succedesse qualcosa nessuno potrebbe venire ad aiutarmi. Sarebbe un modo davvero stupido di morire.
 
Allora perché ho iniziato a correre?
 
Forse proprio perché è buio e nessuno può vedermi, nessuno può giudicarmi, nessuno potrà mai sapere. Forse è per questo che allargo le braccia e ululo al vento. Questa volta non mi tirerò indietro, non perderò quest’occasione, questa volta non sarò la solita Hermione Granger, questa volta sarò folle.
 
Mi butto completamente vestita.
L’acqua gelida si fa strada tra i miei vestiti, entrando in cottato con la mia pelle e causandomi un forte spasmo. Per un istante, un solo istante, rimango paralizzata per il freddo, la paura e il rimorso. Ma ormai quel che è fatto è fatto e allora mi immergo del tutto in questa infinita distesa d’acqua nera come la pece. Quando emergo ululo di nuovo: non provo più alcun freddo e mi sento più viva che mai.
 
«Cosa diavolo fai?»

 
 
La Granger mi guarda con la bocca semiaperta. Sembra quasi più stupefatta di me, proprio lei che sta nuotando nel Lago Nero nel cuore della notte. Non mi risponde, boccheggia e basta. Ma starà bene? Forse non mi ha sentito.
 
«Ti ho chiesto che diavolo stai facendo» ripeto, avvicinandomi alla riva del lago.
 
«Ti ho sentito» risponde lei dall’acqua. Io però continuo a fissarla, aspettando una risposta. «Sto nuotando».
 
Ora sì che sono sorpreso. Che cavolo significa che sta nuotando? Forse mi sono imbattuto in qualche strana missione da Trio dei Miracoli, ma ne dubito. No, la Granger è sola, l’ho vista correre verso il Lago, allargare le braccia e tuffarsi urlando a squarciagola.
 
«Questo lo vedo, ma perché?»
 
Lei non mi risponde neanche stavolta. Si limita ad uscire dal lago senza guardarmi in faccia. Sta morendo dalla vergogna. In effetti, penso proprio che Potter e Weasley non c’entrino questa volta: devo averla sorpresa in un momento privato.
La guardo mentre cerca la sua bacchetta tra i vestiti zuppi, ma tenendo sempre gli occhi puntati a terra. Non riesco a trattenere una risata.
 
«Si può sapere cosa ci trovi di tanto divertente?»
 
«Niente, ma credo che mi ricorderò di questa scena la prossima volta che un professore dirà che sei la strega più brillante della tua età». Adesso rido ancora più forte, anche al buio riesco a vedere il volto della Granger arrossire per la rabbia e l’imbarazzo.
 
«Malfoy falla finita, oppure ti assicuro che Piton, anzi Silente stesso, verrà a sapere che te ne vai in giro per il parco in piena notte e, prefetto o no, passerai un sacco di guai». Poverina, si sta proprio arrampicando sugli specchi.
 
«Guai? Mi basterà dire che mentre facevo la mi ronda serale ti ho visto correre a braccia spalancate verso il Lago e sono venuto a salvarti!» Rido sempre di più. «E poi neanche tu dovresti essere qui. O temevi forse che una tremenda minaccia per il mondo magico si annidasse nel Lago? Se è così corri a dirlo a Silente, assegnerà almeno 500 punti a Grifondoro, più altri 50 per il tuffo carpiato con avvitamento».
 
«Ne ho abbastanza Malfoy! Aaspetta solo che trovi la mia bacchetta e…»
 
«E cosa? Mi vuoi Schiantare? Obliviare?»
 
Sto per ridere ancora, ma qualcosa mi ferma. Per un solo istante, davanti ai miei occhi scorre il ricordo della Guferia e delle scuse della Granger. Basta solo questo a far morire la mia risata.
Guardo la Grifondoro cercare la sua bacchetta freneticamente. Il suo corpo è scosso da forti spasmi per il freddo e i suoi capelli le cadono pesanti di fronte al viso, grondando acqua. Anche col volto coperto per metà, riesco a intravedere un ghigno arrabbiato e frustrato.
 
Inspiegabilmente, inizio a provare pena per lei. Se entrambi ci troviamo qui, in questo momento, è proprio per sfuggire da tutti, per ritagliarci un momento solo per noi stessi. Entrambi volevamo nasconderci e per sfortuna ci siamo incontrati.
Se questo è vero, allora sicuramente vorebbe farmi sparire in questo momento. Lo so perché anche io vorrei essere rimasto solo stasera.
 
Estraggo la mia bacchetta dal fodero.
 
«Mettila subito giù! Sei una sporca serpe sleale!» Urla la Granger alzando le braccia in segno di difesa.
 
Ma io non ho alcuna intenzione di colpirla. Punto la bacchetta verso il Lago e sussurro «Accio bacchetta».
Nel buio sento il rumore di qualcosa che emerge dall’acqua. Tendo la mano sinistra per afferrare la bacchetta. Pesa quasi quanto la mia, ma tenerla in mano mi da una sensazione spiacevole, sicuramente contiene Corde di Cuore di Drago. Gliela porgo dalla parte del manico.
 
La Granger la afferra titubante e mormora «Grazie» questa volta guardandomi negli occhi. Con un incantesimo si asciuga completamente e si incammina verso il castello.
Aspetto che la sua sagoma sia inghiottita dall’oscurità prima di avviarmi nella stessa direzione. Mi chiedo se lasciarla sola e zuppa sulla riva del Lago mi avrebbe in qualche modo appagato.
Probabilmente no.

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Allora? Che ne pensate di questo capitolo? Ce l’ho pronto da una settimana e non vedevo l’ora di farvelo leggere! Mi sono divertita tanto ad immaginare e scrivere la storia di Narcissa e soprattutto mi sono divertita ad immaginare una Andromeda un po’ diversa dal solito!
Mi piacerebbe molto avere un vostro riscontro. Vi piace come sto caratterizzando questi personaggi?
 
Ma soprattutto, vi sembrano troppo lunghi i capitoli? Perché nei prossimi potrei dilungarmi anche un pochino di più e vorrei sapere se vi vanno bene così o se preferite che li spezzi in due parti!
 
Inoltre vorrei salutare chi tra voi gioca come me ad Hogwarts Mistery e che ha riconosciuto la Patricia Rakepick di cui parlava Zabini. Mi affascina abbastanza il lavoro di Spezzaincantesimi, mi ha sempre fatto pensare ad un Indiana Jones del mondo magico!
 
Infine, una piccola considerazione: chi ha letto la nota dell’autore del primo capitolo sa che sto riscrivendo questa fanfiction per la seconda volta. La prima volta che avevo iniziato questa ff ero al liceo e mi trovavo in un periodo di forte ansia per la scelta universitaria e, forse per esorcizzare un po’ le mie paure, avevo caricato il povero Draco del mio stesso fardello.
Ammetto che riscrivere questo capitolo al giorno d’oggi mi ha fatto sorridere e anche tanta tenerezza!
 
Scusate per la nota infinita ma avevo voglia di comunicare un po’ con voi! Spero vogliate fare lo stesso con me nella sezione recensioni! Intanto, vi auguro una buona settimana e ci vediamo al prossimo capitolo!
 
Flami 151

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO VI

 
27 Settembre 1996:
 
Se prima ero paralizzata dal freddo, ora mi sento avvampare per la vergogna.
Non posso crederci: tra tutti gli studenti di Hogwarts, proprio Draco Malfoy dovevo incontrare. Chiunque altro sarebbe stato meglio, chiunque, perfino Gazza o Piton.
Cos’è che ha detto? Che mi ha visto correre a braccia spalancate? Non è possibile, allora ha assistito proprio a tutta la scena fin dall’inizio!
Mi batto forte i palmi delle mani sulla testa.
 
Sulla strada verso la Torre di Grifondoro cammino a grandi falcate, come se allontanarmi il più velocemente possibile da Malfoy potesse in qualche modo allontanare anche l’imbarazzo.
Già lo vedo, col suo solito sorriso beffardo, mentre racconta agli altri Serpeverde della Sanguesporco che si è gettata nel Lago Nero in piena notte.
 
L’ha chiamato tuffo carpiato con avvitamento. Mi viene da sorridere. In effetti devo essere sembrata davvero ridicola: a parti invertite, avrei riso sicuramente molto di più. Anzi, ad essere sinceri, ho riso di lui per molto meno sull’Espresso per Hogwarts. Possiamo dire di essere pari.
A voler essere ancora più sinceri, è stato anche più affabile del solito, direi quasi gentile. Non credevo che avrei mai visto Draco Malfoy aiutare qualcuno, tanto meno la sottoscritta. È proprio vero: quando credi di conoscere una persona è proprio il momento in cui ti sorprende. Probabilmente adesso lui starà pensando la stessa cosa di me.
 
Ma dovrei smetterla di pensare a Malfoy e al suo unico gesto gentile in sei anni di strafottente suprematisimo Purosangue.
Sicuramente tutto questo non sarebbe mai successo se invece di andarmi a tuffare nel Lago da sola in piena notte avessi affrontato i miei problemi da vera Grifondoro. Forse dovrei parlare con i miei amici di quello che mi sta succedendo. Ma con chi?
Certamente non con Harry, che tra la morte di Sirius, gli incontri segreti con Silente e la punizione di Piton ha già troppi grattacapi. Sicuramente non con Ginny, lei è una testa calda, una che affronta la vita senza farsi troppe domande, non credo che capirebbe come mi sento in questo momento. Infine c’è Ron, l’unica persona di cui mi fidi ciecamente.
 
Assorta nei miei pensieri, quasi non mi accorgo di essere entrata in Sala Comune e quasi non mi accorgo della figura seduta sulla poltrona davanti al fuoco: Ron Weasley è lì, avvolto da una coperta, che dorme con la testa china e la bocca leggermente aperta.
 
Lo prendo come un segno del destino. Questa è la mia occasione per essere sincera, per confessare le paure e i dubbi che mi attanagliano tanto da privarmi del sonno. È la mia occasione per dirgli che l’Hermione Granger che conosceva, coraggiosa e sicura di sé, si è persa e che al suo posto adesso c’è una nuova Hermione egoista e piena di rabbia, che pensa solo a fuggire lontano e che sogna una vita senza doveri o preoccupazioni. Questa è la mia occasione per chiedergli aiuto, perché odio la nuova Hermione e perché non riesco più a vivere per la vergogna di ciò che sono diventata.
Lui potrà capire, lui potrà salvarmi.
 
Mi sfilo silenziosamente il mantello e mi siedo accanto al Grifondoro dai capelli rossi, poi lo scuoto leggermente.
 
«Ciao Hermione». Biascica cercando di mettermi a fuoco. «Non riesci a dormire?». Crede che io sia appena scesa dal dormitorio. Meglio così.
 
Scuoto la testa. «No. Tu invece perché non sei in camera?»
 
«Speravo di incontrarti, come succedeva alla Tana». Mi sorride e per un istante mi perdo nei suoi grandi occhi blu, pieni di affetto e gentilezza. Il mio cuore accelera, non mi ero accorta di quanto fossimo vicini.
 
È arrivato il momento, se non confesso ora non lo farò mai più. Sto per parlare, ma lui mi anticipa.
 
«Sai Hermione…» Ruota la testa verso il fuoco, come se non stesse davvero parlando con me, ma con sé stesso. «Senza di te sarei perso. Ogni volta che mi trovo davanti ad una sfida penso a te, alla tua forza, al tuo coraggio e alla tua intelligenza e questo mi basta per andare avanti. È solo merito tuo se sono riuscito ad entrare in squadra, se non ci fossi stata tu sugli spalti, sono certo che non sarei mai riuscito a parare tutti e cinque i rigori». Sapessi dell’incantesimo Confundus, penso. «Ma Quidditch a parte, dubito che io e Harry saremmo ancora vivi se non fosse stato per te: ci hai salvati dal Tranello del Diavolo, hai scoperto del Basilisco nella Camera dei Segreti, hai impedito che Sirius ricevesse il Bacio dei Dissennatori e, l’anno scorso, hai messo insieme l’Esercito di Silente, ed è solo grazie a questo se siamo tutti sopravvissuti al Ministero. La verità è che quando sono in difficoltà io semplicemente guardo te: se ti seguo so di non potermi mai sbagliare. Quindi, beh, grazie».
 
Sono commossa, anzi, sono emozionata, non ho mai sentito il mio cuore battere così forte. Vorrei solamente stringerlo tra le mie braccia e dirgli che anche io non ce l’avrei mai fatta ad andare avanti senza di lui. Ma la mia felicità dura solo una manciata di secondi e si fa presto da parte per fare posto ad un’opprimente consapevolezza: non posso dirgli la verità.
 
Non posso dirgli di non avere più alcuna certezza, di aver paura, di non voler più combattere. Non posso dirgli di voler mollare, di voler fuggire. Devo tenere duro, devo farlo per Ron: il mio mondo è crollato, ma il suo è ancora in piedi e voglio che le cose restino così.
 
Ron mi guarda di nuovo, questa volta a lungo, senza distogliere lo sguardo. Io lo guardo di rimando; osservo le sue labbra, il suo piccolo neo sotto l’occhio destro e la fossetta che si crea sulla sua guancia quando sorride. Si, mi sta sorridendo.
E poi eccola: la stessa sensazione provata sulla riva del Lago Nero, lo stesso desiderio di tuffarsi. Voglio avvicinarmi a lui, sempre di più, voglio toccarlo, voglio sentire il suo calore.
 
«Credo sia meglio andare a dormire, è tardi e domani io e Harry abbiamo gli allenamenti la mattina prima delle lezioni. Tu stai bene?»
 
Annuisco con poca convinzione e fingo un sorriso. «Resto davanti al fuoco un altro po’, salgo in camera tra pochi minuti, non ti preoccupare».
 
Ron mi sorride, mi da una carezza sulla testa e sale in camera augurandomi la buonanotte.
Credo che qualsiasi sentimento io provi per Ron, non è ricambiato.

 
 
L’incontro con la Granger è stato strano. Camminando per le segrete in direzione del dormitorio non riesco a smettere di pensarci e a provare uno strano senso di malessere, quasi di vergogna. Eppure è lei che dovrebbe vergognarsi, non di certo io. Allora perché mi sento così a disagio?
 
Arrivo di fronte ad una parete spoglia, in fondo ad un corridoio deserto: l’ingresso per la Sala Comune dei Serpeverde. Ringrazio il cielo di non avere un quadro chiacchierone a fare da guardia al dormitorio, non potrei sopportare di dover scambiare dei convenevoli ad ogni mio ingresso.
Mormoro la parola d’ordine e la parete inizia a ruotare, rivelando un passaggio. Sto per entrare ma sento un miagolio, il mio micio sta correndo lungo il corridoio, deve avermi aspettato nei paraggi. Molto sveglio.
 
Entrato in Sala Comune scopro ahimè di non essere solo: Pansy è rannicchiata su una poltrona, con i piedi sopra uno dei braccioli, le gambe piegate, il collo poggiato sull’altro bracciolo e la testa che sporge fuori. Sopra di lei stanno fluttuando dei pesciolini luminosi, deve averli generati con un incantesimo.
L’occhio mi casca involontariamente sulle sue cosce, lasciate scoperte della sua posa scomposta. Lei mi vede, ma non fa nulla per coprirsi.
 
«Draco finalmente! È una vita che ti aspetto, mi stavo preoccupando. Dove sei stato?».
 
«È tutto apposto, non c’era motivo di preoccuparsi, e ti ho già detto di non chiedermi cosa faccio o dove vado». Dovrei iniziare a pensare a qualche scusa più credibile, di questo passo non mi crederà più nessuno. Ma stasera non ne ho voglia, voglio solo andare a letto.
 
«E dai! Come sei serio Draco, lo so che hai delle cose molto importanti da fare. Però io ti ho aspettato per più di un’ora, il minimo che potresti fare è rispondermi con gentilezza. Dai siediti». Mentre parla si libera da quella che sembrava essere una posizione davvero scomoda e si siede su uno dei due braccioli, facendomi cenno di prendere posto sulla poltrona.
 
Io sospiro. Se non la assecondo Pansy mi darà il tormento per giorni, la conosco. Accetto controvoglia, sedendomi però sul divano più distante da lei. Dalla Parkinson però non si sfugge, e lei si alza di nuovo per venirsi ad accomodare vicino a me. Davvero vicino.
 
«Oggi ci sei mancato. Abbiamo fatto uno scherzo ad una Grifondoro del primo anno che ti avrebbe fatto sbellicare. L’ho trovata mentre giocava in cortile con dei Boomerang Rimbalzatutto, una di quelle fesserie di quei poveracci dei Weasley, e le ho tolto venticinque punti della casa. La ragazzina ha iniziato a piangere a dirotto, manco le avessimo affatturato la civetta, e Blaise le ha lanciato un incantesimo Engorgio. Le sue lacrime sono diventate talmente grandi da averla completamente inzuppata. Una scena esilarante».
 
Ma l’ultima cosa alla quale vorrei pensare adesso è ad una Grifondoro fradicia. Sento di nuovo quel senso di disagio salire fino alla bocca dello stomaco. Mi sembra che qualcosa sia fuori posto, ma non riesco a capire cosa.
Forse è perché ho aiutato una Sanguesporco? Perché mio padre ne resterebbe deluso? Perché il Signore Oscuro non me lo perdonerebbe? Perché sono stato sorpreso per l’ennesima volta dalla Granger mentre mi aggiravo da solo come una patetica nullità? Perché sono una patetica nullità senza amici e senza uno scopo? Perché anche la Granger è sempre sola?
 
Sento di dover assolutamente chiudere la mente ma non ci riesco e il disagio si trasforma in panico. Devo fare qualcosa, qualunque cosa, pur di calmarmi.
Mi slancio verso Pansy e la bacio.

 
 
28 Settembre 1996:
 
Mi sveglio in preda all’agitazione ripensando alla notte appena passata: io e Pansy ci siamo baciati. Lei si è seduta a cavalcioni sopra di me e io le ho afferrato i fianchi da sotto la gonna, stringendoli tra le mie mani più forte che potevo. Lei ha fatto un verso, forse di piacere o forse di dolore, e mi ha morso il labbro, poi l’orecchio, poi il collo. L’ho sentito diventare duro ed ero talmente fuori di me che le avrei chiesto di toccarmelo anche lì, in Sala Comune. Ma poi ha detto qualcosa “Draco mio, sono così felice” e tutto è diventato improvvisamente sbagliato.
Il peso del suo corpo è diventato insostenibile e il calore del camino insopportabile. Sapevo di dovermela squagliare, ma non sapevo come, finché…
 
“Ahia!”
 
Il micio aveva graffiato la gamba di Pansy, strappandole le calze e facendola sanguinare, solo superficialmente però. “Il tuo stupido gatto mi ha graffiata” mi ha detto alzandosi furiosamente “Devi addestrarlo meglio Draco, avrei potuto rimetterci un arto!” Addirittura?
La serata si è conclusa così, per fortuna. Come premio, lo “stupido gatto” ha dormito nel letto con me.
 
Mi vesto di corsa per non perdere la colazione. In Sala Comune però trovo Pansy ad aspettarmi, come d’abitudine ormai.
 
«Buongiorno!» Trilla lei con entusiasmo, correndomi incontro. «Senti Draco» mi dice a bassa voce «mi dispiace per ieri sera».
 
Sono certo che si stia riferendo alla faccenda del graffio e all’aver chiamato il mio gatto stupido, ma intravedo l’occasione per uscire definitivamente da questo impiccio e la colgo al volo. «Anche a me dispiace molto Pansy, ieri sera non sarebbe dovuto accadere nulla. Sono contento che la pensi come me». Sono uno stronzo, lo so, lo vedo negli occhi delusi della povera Pansy. Ma è sicuramente meglio così, o perlomeno lo è per me.
 
Ci avviamo comunque insieme verso la Sala Grande. Pansy è taciturna e io pure: ho davvero fatto una cavolata. Più ci penso, più non mi capacito delle mie azioni. Sono talmente assorto da andare accidentalmente a sbattere contro qualcuno. Vorrei davvero proseguire per la mia strada e fare finta di niente, ma Pansy ha altri piani.
 
«Ehi Mezzosangue! I tuoi genitori Babbani non ti hanno insegnato l’educazione? Forse il peso dei tuoi enormi dentoni ti impedisce di camminare dritta, ma devi chiedere comunque scusa quando vai addosso qualcuno». La voce della Parkinson rimbomba per il corridoio, facendo girare tutti gli studenti e costringendo anche me a voltarmi, anche se avrei preferito non attaccare briga con nessuno: sono affamato e voglio solo liberarmi di Pansy il più velocemente possibile.
 
Di tanti Mezzosangue ad Hogwarts, mi rendo conto di aver urtato proprio la Granger: ormai non c’è angolo di questa scuola nel quale non me la ritrovi tra i piedi.
 
«Casomai è il tuo amico che dovrebbe scusarsi. È lui a non guardare dove cammina». Non sembra avercela con me quando piuttosto con Pansy. Io però so di non poter fare finta di nulla: ho una reputazione da mantenere e gli altri Serpeverde non si aspettano che io mi tiri indietro di fronte ad una provocazione.
 
«Dai Pansy lasciala perdere, non vedi che è sola? Starà correndo da padron Potter e da Pel di Carota, oppure ha un appuntamento galante con la Pince: si dice in giro che quella della secchiona sia solo una copertura per farsela con la bibliotecaria».
 
Pansy ride mentre invece la Granger, contrariamente ad ogni mia aspettativa, non reagisce. Anzi sembra quasi sorpresa, forse deve aver pensato che dopo l’incontro al Lago Nero qualcosa sarebbe cambiato.
 
La più piccola dei fratelli Weasley la raggiunge. «Andiamocene, non ne vale la pena».

 
 
Cammino pigramente per i corridoi dopo l’ora di pranzo. Dovrei sbrigarmi, tra poco inizia la lezione di Rune Antiche, ma non ne ho alcuna voglia. Soppeso l’idea di saltare la lezione e di usare il passaggio segreto dietro la statua della Strega Orba per farmi un giro ad Hogsmade, ma non posso: dopo l’incontro con Ron in Sala Comune ho promesso a me stessa di lasciar perdere certe stupidaggini e che mi sarei presa cura di lui e di Harry. Basta dubbi o ripensamenti.
 
Questo però non mi obbliga a scapicollarmi per arrivare in anticipo a lezione, o tantomeno ad anticiparmi lo studio per essere già preparata a tutte le domande dei professori.
 
La porta dell’aula è chiusa, forse me la sono presa troppo comoda. Busso ed entro cercando di non fare troppo rumore. La professoressa Babbling mi guarda con occhi di fuoco. «Signorina Granger, è il secondo ritardo questo mese. Dopo la lezione resterà qui a catalogare i nuovi testi arrivati stamattina dal Ghirigoro. E cinque punti in meno a Grifondoro».
 
In punizione? Io? Mi scuso e mi avvio verso il mio solito posto, ma lo trovo occupato. Anthony Goldstein, mio fidato compagno di banco ormai da tre anni, mi fa spallucce come a dire “scusami, non ti ho vista arrivare e non ti ho tenuto il posto”.
 
Mi guardo intorno e con orrore mi accorgo che il solo banco libero è quello in ultima fila, per giunta accanto a Malfoy. Anche lui deve essersene accorto perché lo vedo alzare gli occhi al cielo come a chiedere aiuto dall’alto. Mi siedo accanto al Serpeverde sbuffando.
 
«La prima punizione della Granger! Ti rode per caso?» Lo dice a voce bassa, continuando a guardare fisso verso la professoressa.
 
«Non rivolgermi la parola Malfoy».
 
«Non ti sarai mica offesa per l’episodio di stamattina? Voi Grifondoro siete tutti così suscettibili». Continua a non guardarmi, ma sul suo viso compare un ghigno derisorio che mi manda il sangue al cervello.
 
«Sei tu ad avermi urtato e lo sai bene. E quello che hai detto riguardo me e Madama Pince è disgustoso. Sei bravo a farti apprezzare solo denigrando gli altri».
 
«E perché questo ti sorprende tanto?»
 
Colpita nel segno. Ha ragione, lui ha semplicemente agito da buon Malfoy, come sempre. Non so perché ma ieri sera credevo di aver visto qualcosa di diverso in lui, credevo che avremmo potuto avere un rapporto più civile.
 
Rimaniamo in silenzio fino alla fine della lezione, senza guardarci. La professoressa Babbling parla velocemente e senza mai prendere fiato. «Finora avete imparato l’alfabeto runico, a tradurre i testi antichi e avete studiato la storia della Runologia. Per superare i M.A.G.O. però questo non basta, dovrete conoscerne la loro valenza magica e imparare a padroneggiarne l’uso. Chi sa dirmi in cosa differiscono i normali incantesimi dalle rune intrise di magia?»
 
Sto per alzare la mano per rispondere, ma Malfoy mi precede. «Al contrario degli incantesimi comuni, le rune intrise di magia sono in grado di durare per secoli. Sono come un sigillo capace sopravvivere anche alla morte del mago che le ha tracciate. Per questo motivo abbiamo testimonianze risalenti ai primi secoli dopo Cristo». Terminata la risposta, si volta per farmi un occhiolino. Maledetto, prima mi spintona, poi mi prende in giro e ora mi soffia le risposte.
 
A fine lezione, mentre gli altri studenti escono dall’aula, io raggiungo la professoressa Babbling alla cattedra. Dice di essere molto delusa da me e mi mostra il criterio di archiviazione dei nuovi testi, poi se ne va.
A occhio e croce questo lavoro mi porterà via il resto del pomeriggio e questo mi fa scappare un’imprecazione.
 
«Che linguaggio scurrile! Non dirmi che nelle famiglie Babbane è così che comunicate!» Malfoy è ancora seduto al suo posto, non ha nemmeno chiuso il calamaio.
 
«Perché stai lì? Non hai niente di meglio da fare?»
 
«Meglio che guardare Hermione Granger la secchiona imprecare in punizione? Non direi, no».
 
«Quindi sei rimasto qui per guardarmi». Non so nemmeno come mi sia uscita una frase del genere. Volevo dire qualcosa di pungente, per farlo vergognare, ma credo di aver esagerato. Chino la testa sui volumi del Ghirigoro come se potessero in qualche modo nascondermi.
 
«Non montarti la testa Granger, ho solo voglia di stare un po’ da solo, che c’è di strano?» Non capisco se sta cercando di giustificarsi o di intavolare una conversazione, ma trovo entrambe le ipotesi inverosimili.
 
«Nulla, anzi, è del tutto comprensibile se frequenti gente come Tiger e Goyle».
 
«Io perlomeno riesco a vivere anche senza di loro, non ho bisogno della scorta». Chiaramente si riferisce a Harry e Ron.
 
«Non sono la mia scorta, loro sono miei amici. Conosci questa parola Malfoy? O conosci solo la differenza tra incantesimi e rune?»
 
Malfoy si mette a ridere. «Oh Granger, prima Potter prepara un Distillato di Morte Vivente migliore del tuo e ora io rispondo alle domande della Babbling più velocemente di te: ti rode proprio non essere la prima della classe eh?» È la seconda volta che Malfoy coglie nel segno oggi. «Comunque sia, voi Grifondoro siete proprio noiosi con questa storia dell’amicizia. Non riuscireste nemmeno ad allacciarvi le scarpe senza un amico di fianco a sostenervi. Ma dimmi Granger, dov’erano i tuoi amici quando ti ho dovuta ripescare dal Lago Nero?» Con la coda dell’occhio noto un sorriso malizioso stendersi sul suo viso.
Si sta divertendo e anche io, credo.
 
«Non vorrei rovinare il ricordo del tuo unico gesto altruista, ma nessuno aveva chiesto il tuo aiuto, hai fatto tutto da solo».
 
«Non prendermi in giro, se non fosse stato per me a quest’ora un Avvincino starebbe usando la tua bacchetta per duellare col Calamaro Gigante, e tutto ciò che ho ricevuto in cambio è solo un grazie sussurrato a denti stretti».
 
Immaginarmi la scena mi strappa una risata, che però cerco di dissimulare con un colpo di tosse. «E per cosa dovrei ringraziarti? Per non esserti fatto gli affari tuoi?»
 
«Esattamente, e per non aver raccontato in giro della tua passione per il nuoto sincronizzato».
 
Questa volta rido apertamente. «Sappiamo entrambi che non lo hai fatto per me, ma per te stesso. Rivelare il mio segreto implicherebbe rivelare anche il tuo».
 
«E quale sarebbe il mio segreto?»
 
«Che hai aiutato una Mezzosangue». Lo dico senza peli sulla lingua, alzando la testa dai libri per vedere la sua reazione. Il suo volto resta impassibile, ma una luce attraversa i suoi occhi. Questo round l’ho vinto io.
 
«Lo vedremo…» Dice lui alzandosi. Poi si volta ed esce dall’aula senza salutarmi. Non sembrava arrabbiato, anzi, giurerei che si stesse divertendo quasi quanto me.
 
È incredibile, non solo ho avuto una conversazione con Malfoy, ma è stata anche piacevole.

 
 
5 Ottobre 1996:
 
Per il secondo incontro del Lumaclub, il professor Lumacorno ha invitato un ospite speciale: il capitano delle Holiday Harpies Gwenog Jones.
Ginny non ci poteva credere, avrebbe cenato insieme alla sua giocatrice di Quidditch preferita. Per l’occasione si è portata dietro il poster della squadra e il suo manico di scopa per farglieli autografare. Io invece ho portato una pergamena, così da poterla poi regalare a Ron.
 
Devo ammettere che anche io ero emozionata all’idea di incontrare un’atleta famosa come la Jones. Le Holiday Harpies non sono solo una delle squadre più forti del campionato, ma anche l’unica a vantare un assetto completamente al femminile. È anche grazie a loro se nel mondo dei maghi la disparità di genere è un tabù superato ormai da secoli.
La giocatrice, però, sembra molto più interessata a parlare di sé che delle disuguaglianze nel mondo degli Sport Magici.
 
«Sapete ragazzi, quando avevo la vostra età i miei genitori volevano che studiassi per diventare una Guaritrice. Nel villaggio da dove vengo, la clinica della nostra famiglia era il solo centro medico nel raggio di molti chilometri e non avendo fratelli o sorelle, era già deciso che sarei stata io ad ereditarla». Dice gesticolando freneticamente. «Io però non sono mai stata molto diligente: marinavo le lezioni, non consegnavo i compiti, dormivo in classe». Ora ammicca a Lumacorno, che le sorride bonario. «Tutto ciò di cui mi importava era il Quidditch. Mi allenavo tutti i pomeriggi senza sosta e i weekend erano destinati alle amichevoli. Quando dissi ai miei che dopo la scuola avrei dedicato il resto della mia vita allo sport andarono su tutte le furie, così presi le mie cose e lasciai la mia città natale per sempre».
 
Tutti i ragazzi ascoltano il racconto estasiati, con occhi pieni di ammirazione. Ginny sembra essere tra tutti la più coinvolta. «Signorina Jones lei è davvero un’eroina. Ci vuole fegato ad inseguire i propri sogni e un immenso talento a farli avverare. Vorrei avere almeno la metà del suo coraggio».
 
Coraggio? Lei? Ma se tutto ciò che ha fatto nella vita è stato fuggire dai suoi doveri e voltare le spalle alla famiglia! E per cosa? Per sé stessa, ecco per cosa.
Una così al mio posto di certo non si farebbe alcuno scrupolo ad abbandonare tutto e a scappare a gambe levate. No, al mio posto Gwenog Jones monterebbe sulla scopa e volerebbe via senza guardarsi indietro. Persone del genere non capirebbero il significato della parola responsabilità nemmeno se lo leggessero sul dizionario.
 
Non so perché l’ho presa così sul personale, sta di fatto che a fine cena mi dileguo senza troppi complimenti (e senza l’autografo). Sono quasi arrivata al ritratto della Signora Grassa, ma una voce mi costringe a voltarmi.
 
«Hey Granger!» È McLaggen. «Quanta fretta! Pensavo non sarei riuscito a raggiungerti».
 
Io sorrido per cortesia e mi giustifico fingendo un mal di testa invalidante. «Dimmi pure Cormac».
 
«Come ti è sembrata la cena? Io sono un po’ deluso. Resti fra noi, ma la Jones mi è sembrata un pallone gonfiato. Non trovi?»
 
Improvvisamente la conversazione prende una piega interessante. Allora forse non sono l’unica a pensarla così. Annuisco sorridendo, questa volta davvero. «Tu non sei un tifoso delle Holiday Harpies?»
 
Lui scuote la testa. «Pride of Portree. E la mia eroina è Catriona McCormack, ma non dirlo a Lumacorno, intesi?». Mentre parla, si avvicina a me di un passo. Forse è la prima volta che lo guardo così da vicino e mi accorgo che Ginny aveva ragione, è davvero il ragazzo più bello di Grifondoro. Inizio a sentire caldo. «Senti Hermione, posso chiamarti Hermione vero?» Annuisco. «Sabato prossimo c’è la prima gita ad Hogsmade dell’anno e pensavo che potremmo andare a bere una Burrobirra insieme».
 
Questa proprio non me l’aspettavo. Ginny aveva accennato alla cotta di McLaggen per me, ma onestamente credevo fossero solo pettegolezzi. Esito un istante: da una parte il pensiero di un appuntamento con un ragazzo più grande stuzzica la mia curiosità, dall’altra ho in programma di invitare Ron alla cena di Natale di Lumacorno questo sabato. No, se esiste anche solo una remota possibilità di conquistare Ron, non posso assolutamente bruciarmela uscendo con McLaggen.
 
«Cormac io ti ringrazio ma…» non riesco a terminare la frase che McLaggen mi poggia la mano su un fianco e mi tira a sé, baciandomi a tradimento.
 
«Pensaci».

 
 
18 Ottobre 1996:
 
Quella notte Narcissa non riusciva a prendere sonno.
Erano passati molti giorni ormai dall’ultima volta che era stata convocata dal Signore Oscuro e questo, invece di rincuorarla, l’aveva messa in allarme. Altre questioni stavano impedendo all’Oscuro di occuparsi di lei, questioni della massima importanza di cui Narcissa non era stata messa al corrente.
 
Era proprio questo a disturbare il sonno della strega: la diffidenza dei Mangiamorte e la riservatezza dei loro piani.
Ogni giorno in cui il Signore Oscuro non si accaniva sul suo corpo, Narcissa temeva per l’incolumità di Draco e Lucius. Per questa ragione doveva assolutamente scoprire cosa le era stato tenuto nascosto.
 
Narcissa sapeva che quella notte i Mangiamorte si sarebbero adunati nella Sala Riunioni del Manor, le era stato confidato dalla sua elfa domestica Zoury.
Zoury era un’elfa particolare: non era fedele né alla famiglia Malfoy né alla famiglia Black, solamente a lei. Narcissa sapeva di poterle affidare qualsiasi incarico e che Zoury l’avrebbe svolto con cura certosina e con la massima devozione.
 
Per poter spiare la riunione Narcissa avrebbe usato il passaggio segreto che portava dallo studio di Lucius fin dietro al quadro di Abraxas Malfoy, affisso proprio all’intero della Sala Riunioni.
Una volta in posizione, la Signora Malfoy si accovacciò dietro la tela. Non poteva vedere i Mangiamorte, ma poteva sentirli.
 
«E chi ci assicura che il piano funzionerà? Ci saranno Auror ovunque». Era la voce di Yaxley.
 
«Basta che seguiate le mie indicazioni e tutto filerà liscio. Non dobbiamo ingaggiare uno scontro, solo mandare un messaggio chiaro al vecchio». Rispose Bellatrix.
 
«E quale sarebbe il messaggio?»
 
«Che ci stiamo avvicinando, che siamo ogni giorno più forti e che non può proteggere i suoi amati studenti per sempre».
 
Narcissa si maledisse per non essere arrivata prima. Di che piano stavano parlando? Come avrebbero mandato questo messaggio? E in che modo gli studenti di Hogwarts erano coinvolti?
 
«Io invece vorrei sapere perché continuiamo a tenere in vita Narcissa, se non possiamo più fidarci di lei». Questa volta era stata Alecto Carrow a parlare.
 
«Come osi parlare in questo modo della donna che ti ha aperto le porte di casa sua? Che ha accolto il Signore Oscuro nella sua dimora come una serva fedele?» Bellatrix aveva alzato la voce, Narcissa era certa che avesse anche sfoderato la bacchetta. «Mia sorella merita la nostra fiducia e quella del Signore Oscuro. Se non è qui con noi oggi è perché io ho ritenuto che avesse ancora bisogno di riposo». Stava mentendo, era evidente.
 
«E allora perché anche il moccioso non è stato avvisato del piano? I figli di Tiger, di Goyle e di Nott ne sono al corrente o sbaglio?» Era stato Amycus a prendere parola questa volta.
 
«Tu non devi preoccuparti per il mio nipotino. C’è già chi si sta occupando di lui».

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Come vi avevo anticipato, questo capitolo era un po’ più lungo del solito! Spero di non aver esagerato (in caso, sentitevi liberi di farmelo sapere, così aggiusto il tiro), ma volevo dare ai due protagonisti un po’ di tempo per elaborare quanto accaduto.
 
Come al solito, mi sono divertita ad inventare delle piccole storie riguardo ai personaggi secondari, come Gwenog Jones. La verità è che, personalmente, non sono mai sazia di aneddoti e curiosità riguardanti il mondo magico e vorrei sempre conoscerne di nuovi! Ma dopo aver letto e riletto i libri e aver spulciato tutti gli articoli di Wizarding World (sito carinissimo se non lo conoscete ve lo consiglio) credo che mi rimanga solo l’immaginazione! È per questo che mi piace aggiungere queste piccole storielle.
 
Chiudo il mio solito sproloquio di fine capitolo augurandovi una buona settimana! Ci riaggiorniamo la prossima domenica!
 
Flami 151

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO VII

19 Ottobre 1996:
 
Oggi è il giorno della gita ad Hogsmeade. Finalmente il primo weekend interessante dopo una lunga serie di settimane deprimenti. Insieme agli altri Serpeverde, aspetto la materializzazione della colazione in Sala Comune. Oggi anche Tiger e Goyle mi sembrano meno irritanti del solito.
 
Come ogni mattina, i gufi fanno irruzione nella sala per consegnare la posta. Un barbagianni fa capolino proprio sopra di noi, lasciando cadere un pacco nelle mani di Pansy. Sappiamo tutti di che si tratta: il mescitore che avevo contattato il mese scorso è stato ben felice di spedirmi una cassa di Ogden Stravecchio, sotto lauto compenso. Per non attirare l’attenzione di Gazza, gli ho chiesto imbottigliarlo in fiasche di Burrobirra e di mandarcene una per volta, ognuna ad un diverso destinatario.
 
«Finalmente è arrivata anche l’ultima!» Tiger è estasiato. «Adesso ne abbiamo abbastanza per una festa in dormitorio».
 
Vorrei dirgli che, personalmente, non ho proprio nulla da festeggiare. Ma la colazione si è appena materializzata e io mi tappo la bocca con un’abbondante sorsata di Succo di Zucca. Poi mi stropiccio gli occhi, non ho dormito bene stanotte, come sempre.
 
«Draco stai bene?» Mi chiede Pansy guardandomi preoccupata.
 
«Si perché?» Rispondo passandomi di nuovo la mano sul viso.
 
«I tuoi occhi…» Mi dice lei porgendomi uno specchietto.
 
Osservo il mio riflesso: sto lacrimando. In effetti, inizio a sentire un leggero prurito. Anzi direi più un fastidio. Anzi no, ho gli occhi che bruciano più delle fiamme dell’inferno.
 
«Cazzo!» Urlo alzandomi di scatto. «Cazzo, cazzo, cazzo!» Ho la vista completamente annebbiata e sento gli occhi pulsare come se stessero per spingersi fuori dalle orbite. Questo è senza dubbio l’effetto di una Pozione Strabuzzaocchi.
Devo fare subito qualcosa, altrimenti Madama Chips dovrà recuperare i miei bulbi oculari dal sudicio pavimento della Sala Grande e rimpiantarmeli. No, non ci tengo proprio.
 
 
Corro a per di fiato verso l’uscita. Conosco un passaggio segreto che mi porterà dritto alla Sala Comune dei Serpeverde: nel baule ho un unguento che fa al caso mio e mi ci vorrà meno che raggiungere l’infermeria.
Mentre corro penso che, se mio padre fosse ancora in libertà, nessuno si permetterebbe di farmi scherzi del genere.

 
 
«Avete visto che scatto che ha fatto? Non l’ho mai visto andare così veloce neanche a cavallo di una scopa! Dicono che gli hanno avvelenato il Succo di Zucca». Mentre ci incamminiamo verso Hogsmade, Ron non riesce a smettere di ridere.
 
«Non è divertente. Somministrare pozioni senza consenso è un reato, Ronald. Chiunque sia stato…»
 
«Chiunque sia stato ha tutta la mia stima! Dico bene Harry?».
 
Ma Harry non ci sta ascoltando, è troppo preso a guardarsi intorno. Solo quando arriviamo ad Hogsmade e Ron si ferma ad ammirare le vetrine di Mielandia, il Prescelto si avvicina a parlarmi. «Hermione, per caso sai perché Ginny non è scesa con noi?»
 
È per questo che Harry era così distratto? Stava cercando Ginny? Non è che per caso… «Era insieme a Dean, ieri sera hanno litigato e dovevano chiarire. Harry scusa ma a te…»
 
«Sbaglio o litigano spesso? Cos’è successo stavolta?» Ma perché oggi nessuno mi lascia finire di parlare?
 
«Non saprei, tra loro ogni scusa è buona per discutere. Questa volta credo che Ginny abbia parlato di un diverbio sui manici di scopa. Dean ha detto che la Comet290 non ha rivali tra le scope commerciali, ma Ginny preferiva…»
 
«…la Cleansweep Eleven, come darle torto». Eh sì, Harry è proprio cotto, ma è chiaro che non ha voglia di affrontare l’argomento, quindi propongo di andare a berci una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa.
 
«Buona idea! Poi però Ron ed io vogliamo provare qualche incantesimo del Principe!»
 
Sospiro esasperata. «Ancora? Non ti è bastato appendere Ron a testa in giù per la caviglia con quel Levicoso? Chi spreca tempo ed energie a inventare incantesimi del genere?»
 
«È Levicorpus». Si intromette nuovamente Ron. «Ed è stato molto divertente. A te non piace il Principe perché è più bravo di te in Pozioni».
 
«Non c’entra niente!» Esclamo io entrando nella locanda. Ma ormai Ron non mi sta più ascoltando: è troppo preso a puntare gli occhi addosso alla sinuosa Madama Rosmerta. «Potresti almeno fingere di darmi retta». Commento stizzita.
 
Ci sediamo ad un tavolo con gli sgabelli alti, non troppo distanti da una coppia di ragazze di Hogwarts, Katie e Leanne.
Questo è il bello e il brutto dei Tre Manici di Scopa: incontri sempre qualche faccia conosciuta, ma stai pur certo che non avrai mai un po’ di privacy. Peccato, Harry avrebbe dovuto raccontarci del secondo incontro con Silente alla scoperta dei ricordi di Tom Riddle.
 
Nella locanda c’è anche il buon Lumacorno: sta seduto al bancone, visibilmente alticcio, ad intrattenere una conversazione con una strega dall’aria imbarazzata.
 
«Menomale che sono riuscito a evitare anche la sua ultima cena, gli ho detto che avevo degli allenamenti straordinari di Quidditch. Non so davvero come tu riesca a sopportarle Hermione». Mormora Harry guardando in direzione del professore di Pozioni.
 
Improvvisamente, sento crescermi dentro un implacabile senso di frustrazione. Non solo perché Ron non toglie più gli occhi di dosso alla locandiera, ma perché mi rendo conto che, in un tavolo composto da tre valorosi Grifondoro, l’unica integerrima sono io: Harry inventa scuse di continuo per evitare anche la più piccola seccatura mentre Ron non fa altro che pensare allo sport, alle ragazze e a quel maledettissimo Principe Mezzosangue. Mi chiedo allora perché io mi ostini a preoccuparmi sempre di fare la cosa giusta.
 
«Comunque, Lumacorno darà una festa di Natale, Harry, e non potrai evitarla stavolta, perché mi ha chiesto di controllare le tue serate libere in modo da organizzarla quando potrai esserci anche tu». Sto mentendo, ma non mi importa, se io sono costretta a sorbirmi tutte queste rogne allora dovrà farlo anche lui.
 
«Lumaclub». Bofonchia Ron con disprezzo. «È davvero penoso. Per fortuna che non sono stato invitato».
 
«In realtà Ronald possiamo portare degli ospiti. Stavo per chiederti di venire, ma se la pensi così allora lascio perdere».
 
«Stavi per invitare me?» Mi chiede con tutt’altro tono. «Beh allora…»
 
Non fa in tempo a terminare la frase che perdo di nuovo la sua attenzione, che rivolge invece a qualche tavolo più in là, dove Ginny e Dean si stanno romanticamente (o forse dovrei dire voracemente) baciando.
 
«Sembra che abbiano fatto pace!» Dico a Ron, che però non mi ascolta più. Inizio a chiedermi se per caso non sono finita accidentalmente sotto il Mantello dell’Invisibilità.
 
Ogni mio sforzo per impedire a Ron e ad Harry di andare a collaudare quei maledetti incantesimi è vano. Non appena usciamo dai Tre Manici di Scopa i due si scapicollano verso la Stamberga Strillante. Io li seguo svogliatamente a qualche metro di distanza.
 
Camminando guardo distrattamente le vetrine di Hogsmade. Passo di fronte al Negozio di Scherzi di Zonko, alla boutique Stratchy & Sons e al Negozio di piume di Scrivenshaft. Sorrido osservando le pergamene ingiallite esposte dal mio più fidato rivenditore di materiale scolastico e immaginando l’odore della carta appena acquistata.
 
Poi un’esplosione mi scaglia al suolo.

 
 
Apro gli occhi. Credo di aver perso i sensi per qualche istante. Intorno a me non riesco a sentire alcun rumore, anzi, qualcosa sento, ma ovattato e distante. Mi porto la mano all’orecchio e ho la sensazione di toccare una sostanza calda e viscosa. Provo ad alzarmi, ma un capogiro mi costringe ad accasciarmi nuovamente a terra. Mi guardo la mano, è sporca di sangue.
 
Il panico mi assale. Non so cosa sia successo, non posso sentire, non posso muovermi e ho la vista annebbiata. Tutto ciò che riesco a vedere qui da terra è una folla di maghi e streghe in fuga che corre verso di me. Verso di me?
Devo fare assolutamente qualcosa, devo proteggermi. Dov’è la mia bacchetta? Dov’è maledizione!
 
La folla si fa sempre più vicina mentre io muovo freneticamente il braccio alla ricerca della bacchetta. Finché non la vedo: è a pochi passi da me, ma troppo lontana per essere raggiunta dalla mia mano.
Capisco che devo raccogliere tutte le mie forze per slanciarmi in avanti e afferrarla prima che sia troppo tardi.
 
Ma è già troppo tardi. Il primo mago correndo inciampa sulla mia gamba, facendomi ruotare a pancia in su. Il secondo mi calpesta lo stomaco. Il terzo il viso.
Il dolore è lancinante mentre la folla di maghi e streghe corre sopra di me, calpestando ogni centimetro del mio corpo. Tutto ciò che riesco a pensare è morirò. Morirò qui e non so nemmeno il perché.
 
Rivolgo un ultimo sguardo alla mia bacchetta e tento un ultimo, disperato tentativo.
Accio, penso, tentando di canalizzare tutta la mia energia magica nel braccio, proteso verso la bacchetta. Questa schizza verso di me, giusto un attimo prima che una seconda orda di persone mi passasse sopra.
 
Protego.
 
Uno scudo mi copre completamente, proteggendomi dal passaggio della folla. Provo a riprendere fiato ma non ci riesco, mi manca il respiro. Un colpo di tosse mi libera le vie aeree, costringendomi però a ruotare su un fianco per sputare sangue. Un sapore metallico mi riempie la bocca mentre lotto con tutte le mie forze per trattenere un conato di vomito.
 
«Hermione!» È la voce di Ron. Mi ha raggiunta e adesso mi tira su da terra. Inizia a correre a per di fiato. Non so in che direzione, riesco a vedere solo il cielo sopra di me, sporcato da una nube di fumo nero e fitto.
 
«Ron, che è successo? Dov’è Harry?» La gola mi brucia e la mia domanda si spegne in un rantolo.
 
«I Mangiamorte hanno appiccato il fuoco al negozio di Scrivenshaft. C’è stata un’esplosione. Harry sta aiutando gli Auror ad evacuare la città». Sono confusa e non sono certa di aver capito bene, provo a fargli un’altra domanda ma lui me lo impedisce. «Non preoccuparti Hermione, ti proteggo io. Ti prego, perdonami, non sono riuscito a raggiungerti in tempo».
 
«Ron! Come stai? Hermione sta bene?» È la voce di Molly, allora anche l’Ordine è qui.
 
«Non lo so, devo portarla subito ad Hogwarts. Dove sono quei maledetti figli di puttana?»
 
«Si sono smaterializzati subito dopo l’attacco. Portavano la maschera e non siamo riusciti ad identificarli».
 
Ron riprende la sua marcia verso la scuola. Mi sta dicendo qualcosa, ma io non lo sto ascoltando. Ho sporto la testa oltre la sua spalla e sto osservando Hogsmade allontanarsi passo dopo passo. Quello che fino a pochi istanti fa era un Negozio di Piume, adesso è un tizzone ardente impossibile da spegnere.
 
L’ultima cosa che riesco a distinguere prima di perdere i sensi è la sagoma di due uomini corpulenti: stanno uscendo dall’edificio in fiamme e sulle loro spalle portano i corpi di Mr. Scrivenshaft e di suo figlio, carbonizzati.

 
 
La notizia dell’attentato ad Hogsmade si è diffusa nel giro di un’ora per tutta la scuola. Per l’occasione, i Serpeverde del sesto anno si sono radunati nel dormitorio maschile a festeggiare. Hanno stappato le bottiglie di Ogden Stravecchio arrivate nelle ultime settimane e i presenti hanno iniziato a raccontare l’accaduto nei minimi dettagli.
 
Sembra che l’attacco fosse in programma da giorni. Tiger e Nott ne erano a conoscenza già da parecchio tempo: a quanto pare gli era stato detto di non farne mai parola e loro hanno dato per scontato che ne fossi a conoscenza anche io, ma così non era. Ovviamente questo a loro non l’ho detto e ho finto di averlo saputo molto tempo fa.
 
So che non dovrei, ma mi sento turbato.
 
La verità è che non avevo idea che il Signor Scrivenshaft, l’uomo dal quale ho fatto rifornimento di penne e calamai negli ultimi anni, fosse un Nato Babbano.
Non l’ho mai detto a nessuno, ma tra le mie piume ne ho una che conservo solo per gli esami, diciamo che è la mia penna fortunata. L’ho avuta al mio terzo anno, in occasione della prima gita ad Hogsmade.
Quel giorno Pansy ed io siamo andati da Mielandia a fare scorta di dolci, ne abbiamo presi talmente tanti da aver finito tutti i galeoni che ci eravamo portati dietro. Non me ne ero accorto e, quando da Scrivenshaft ero in cassa per pagare la mia piuma, mi sono ritrovato col portafoglio vuoto. Volevo sotterrarmi per la vergogna: non potevo immaginare onta peggiore del dover chiedere a qualcuno dei miei compagni di prestarmi dei soldi.
Ma il Signor Scrivenshaft aveva capito tutto e mi ha lasciato andar via senza pagare con una strizzata d’occhio. Non ha voluto i soldi indietro nemmeno quando glieli ho riportati la volta successiva.
 
Due anni dopo conobbi suo figlio Bertrand. Aveva dato inizio ad una piccola rissa ai Tre Manici di Scopa, credo rovesciando dell’Acqua Allegra addosso ad un altro mago. Questo non l’aveva presa affatto bene e aveva tirato fuori la bacchetta e Bertrand, di tutta risposta, lo ha colpito in piena faccia: è riuscito a farlo fuggire dal locale senza nemmeno scomodare la magia. Se avesse frequentato Hogwarts, quel ragazzo sarebbe stato un Serpeverde perfetto.
Mi sono congratulato con lui per l’arroganza sfacciata e gli ho offerto un altro giro. Mi sembrava un modo come un altro per ripagare la sua famiglia della penna fortunata. Lui mi ha ringraziato con una stretta di mano.
 
Da quel giorno, ogni volta che scendevo ad Hogsmeade passavo a salutarlo e lui ne sembrava felice. Ma non come sono felici di vedermi Tiger e Goyle, intendo sinceramente felice. Mi piaceva il ragazzo. E adesso è morto.
 
Mi scuoto. Questi pensieri non si addicono al degno figlio di un Mangiamorte: aveva il sangue sporco, andava eliminato, punto.
Ma pensare ai Mangiamorte mi porta a sollevare diverse domande: perché mi hanno tenuto nascosto l’attentato? Perché parlarne a Tiger e a Nott e non a me? Mamma ne sa qualcosa? Stamattina mi hanno avvelenato il Succo di Zucca per tenermi alla larga da Hogsmeade? E chi è stato?
 
Prendo un forte respiro e provo a razionalizzare. Probabilmente i Mangiamorte non mi hanno voluto nei paraggi perché temevano che sarei intervenuto. Probabilmente mamma ha detto loro quanto fossi frustrato per non essere diventato un servo dell’Oscuro e credevano che avrei commesso qualche imprudenza per fargli vedere di che pasta sono fatto.
Ma il solo pensiero di prendere parte all’omicidio di Bertrand e del Signor Scrivenshaft mi fa aggrovigliare lo stomaco. Allora un altro dubbio si insinua nella mia mente: è possibile che temessero che li avrei ostacolati?
 
Devo assolutamente scacciare questi pensieri dalla mia testa. Afferro una delle tante bottiglie di Whiskey Incendiario (il nome è ironicamente adatto al contesto) ed esco dal dormitorio senza farmi notare.

 
 
Non appena rientrati dall’Infermeria, Ron ed io ci sediamo davanti al caldo fuoco della Sala Comune.
Ho dovuto bere innumerevoli pozioni per tutta la durata del pomeriggio ma mi sono ristabilita in un batter d’occhio. Peccato che Madama Chips non abbia potuto fare niente per curare la mia anima.
 
Continuo a fissare le fiamme scoppiettanti del camino, senza dire una parola. Osservo le geometrie create dal fuoco sopra la legna e tutto ciò che vedo è il vecchio negozio di Piume e i corpi decomposti dei suoi proprietari.
Ho saputo che i Mangiamorte avevano reso impraticabile la smaterializzazione all’interno dell’edificio. Immagino con orrore i due maghi vorticare su loro stessi, nel disperato tentativo di salvarsi da quell’inferno. Mi chiedo se si siano abbracciati, se abbiano chiamato aiuto, se abbiano evocato un Patronus. Non lo saprò mai.
 
A quanto mi hanno riferito, il ragazzo aveva pochi anni più di me. Chissà se aveva dei progetti per il futuro: forse aveva una ragazza, dei sogni, dei rimpianti. Dentro di me si fa strada la stessa sensazione spiacevole che ho provato sul treno: ho paura di morire, ho paura di lasciare questa vita prima del tempo, piena di rimpianti e senza sufficienti ricordi felici e spensierati.
 
Guardo Ron. Avevo giurato che avrei smesso con certe follie ma forse, dopo la giornata di oggi, entrambi abbiamo bisogno di essere un po’ folli.
 
«Ron». Lui distoglie lo sguardo dal fuoco. «Mi chiedevo se avessi voglia di fare un giro».
 
«Un giro? Dove?» Mi scruta preoccupato, forse crede che il trauma di oggi mi stia facendo delirare.
 
Io però non mollo. «Non saprei, potremmo prendere la tua scopa! Sarebbe meraviglioso volare di notte». L’idea mi entusiasma ogni secondo di più.
 
«E perché? Non ha alcun senso! Fa un freddo cane e tu hai bisogno di riposto. Fidati, è molto meglio restare qui al caldo».
 
Le sue parole spengono del tutto la mia euforia. Non ha senso? Ma è proprio questo il senso! Possibile che non riesca a capirlo? Mi sento incredibilmente stupida e fuori posto.
 
«Forse hai ragione, è meglio se andiamo a dormire».
 
Lui mi sorride e si alza, dirigendosi verso il dormitorio. Io gli do la buonanotte ma, invece di rientrare a mia volta in camera, esco dalla Sala Comune. Non sarò in grado di volare su una scopa, ma una passeggiata all’aperto non può negarmela nessuno.
 
Appena esco nel Cortile della Torre dell’Orologio il freddo autunnale accende i miei nervi, ma è esattamente ciò di cui ho bisogno per distogliere i miei pensieri dal calore delle fiamme.
Mi basta però fare pochi passi fuori dalla scuola per capire di non essere sola. C’è qualcuno seduto sotto una delle tante arcate del chiostro, e credo di sapere di chi si tratta.
 
Evidentemente, anche lui deve essersi accorto della mia presenza ed essere giunto alle mie stesse conclusioni, perché lo sento dire «Per Merlino! Granger abbi pietà di me e lasciami in pace!»
 
Francamente, Malfoy è l’ultima persona che vorrei vedere in una giornata come questa. Me lo immagino quello schifoso Purosangue gongolare al pensiero dei suoi amici Mangiamorte che trucidano senza pietà due brave persone come gli Scrivenshaft. Me lo immagino ridere guardando la folla di maghi che scappa terrorizzata, calpestandomi come se non esistessi. Me lo immagino guardarmi negli occhi e dirmi “Tu sei la prossima, Mezzosangue”.
 
Ma quando mi avvicino, mi accorgo che l’immagine che si era formata nella mia mente non corrisponde a realtà.
Malfoy non gongola, non sghignazza, non sorride nemmeno. Tiene il corpo abbandonato sulla colonna dell’arcata, il volto è più bianco del solito e gli occhi sono viola e scavati. Le sue braccia sono abbandonate lungo i fianchi e in una mano regge una bottiglia di Burrobirra, che emana però un forte odore di Stravecchio.
 
Vedendolo in quello stato, tutto ciò che mi viene in mente è una domanda.
 
«Posso favorire?»

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
 
Questa volta il capitolo è molto più carico di eventi rispetto ai precedenti, me ne rendo conto. Spero però che vi sia piaciuto e che sia riuscita a trasmettervi le giuste emozioni. Sappiate che ci tengo davvero molto a questo capitolo, quindi se vorrete lasciarmi una vostra opinione ne sarò molto felice!
Non mi dilungherò oltre, vi auguro una buona settimana e ci vediamo domenica prossima per il seguito (che come al solito non vedo l’ora di farvi leggere)!

Flami151

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO VIII

19 Ottobre 1996:
 
«Posso favorire?»
 
La Granger è in piedi di fronte a me, in attesa di una risposta. Io invece sono confuso, non solo per via della bottiglia di Ogden Stravecchio che ho prosciugato in Sala Comune, ma perché non capisco proprio dove voglia andare a parare. Perché si è fermata a parlare con me? Dopo quello che è accaduto oggi, perché trova anche solo tollerabile la mia presenza? Non capisco.
 
Lei tende la mano in direzione della bottiglia e io gliela porgo. Inutile farmi troppe domande, non sono comunque in grado di darmi alcuna risposta. E poi mi sembra quasi di doverglielo.
 
La Grifondoro si siede di fronte a me, poggiando la schiena sulla colonna del portico. Non mi sono mai sentito così a disagio, credo che me ne andrò, fanculo il Whiskey, se lo tenga pure. Cerco di tirarmi su con non poca fatica, mentre la Granger si porta la bottiglia alle labbra, buttando giù un’abbondante sorsata. Vedo il suo viso contorcersi in una smorfia di disgusto, come quella di un bambino che assaggia il limone per la prima volta. Mi lascio sfuggire una risata.
 
«Cos’hai da ridere?» Mi chiede punta sul vivo.
 
«No niente». Rispondo alzandomi finalmente in piedi.
 
Lei beve di nuovo, questa volta l’alcol le va di traverso e inizia a tossire.
 
«Forse se non provassi a scolarti l’intera bottiglia in un solo sorso non ti strozzeresti».
 
«Fatti gli affari tuoi Malfoy» Mi risponde lei, ma senza rabbia nella voce.
 
«Detto fatto». Le dico alzando le mani in segno di resa e avviandomi verso l’ingresso della scuola.
 
Inaspettatamente però il portone della Torre dell’Orologio si apre e Gazza fa il suo ingresso nel chiostro in compagnia di Mrs. Purr. Io istintivamente mi butto a terra, nascondendomi dietro i muretti del portico. Mi giro verso la Granger: anche lei si è sdraiata a terra e mi sta facendo segno di fare silenzio.
 
«Chi è la? Ti ho sentito. Esci fuori immediatamente e forse non ti appenderò per le caviglie!» Vado nel panico. Se si venisse a sapere che mi trovo fuori nel cuore della notte ubriaco e in compagnia della Mezzosangue sarebbe la fine. Non riesco neanche ad immaginare le conseguenze se una voce simile arrivasse alle orecchie di Piton e degli altri Mangiamorte.
 
Per fortuna però sembra che la Granger abbia un piano: sfodera la bacchetta e sussurra Plansvèra.
Allungando un po’ il collo, vedo uno degli arbusti del cortile trasfigurare in un disgustoso Schiopodo Sparacoda.
 
«Uno Schiopodo qui?» Urla il custode. «Questo è davvero troppo! Se quello svitato di Hagrid pensa che me ne occuperò io si sbaglia di grosso! Mrs. Purr, resta tu a fare la guardia alla Torre, io me ne vado!». E così dicendo rientra alla svelta dentro le mura della scuola, giusto in tempo per permettere al finto Schiopodo di tornare alle sue reali sembianze.
 
Mi giro di nuovo verso la Granger. «E ora come facciamo a rientrare?» Ma lei si è già avviata quatta quatta verso il ponte di legno che porta ai territori esterni del castello. «Cazzo Granger non lasciarmi qui».
 
La raggiungo circa a metà del ponte e le strappo di mano la bottiglia di Ogden Stravecchio.
 
«Che modi!»
 
«Ti ricordo che la bottiglia è mia e merito almeno un sorso. Si può sapere dove hai imparato quell’incantesimo?»
 
«L’ho letto in Teorie della Trasfigurazione Transustanziale. Lo trovi in biblioteca». Mi risponde lei col suo solito tono saccente.
 
«Secchiona».
 
«La secchiona ti ha appena salvato le chiappe. Consideralo il mio modo per ringraziarti del tuo gentile dono». E così dicendo si riprende di nuovo la bottiglia.
 
Sto quasi per replicare, ma siamo arrivati alla fine del ponte e ci ritroviamo a passare di fronte al Cerchio di Pietre, dove tre anni fa la Granger mi ha preso a schiaffi in faccia. Decido che è meglio lasciare la bottiglia dove sta.
 
«Sai, alcuni pensano che il Cerchio di Pietre nasca come luogo di culto, in realtà è una meridiana, serve a scandire l’ora».
 
Sì, lo so, ma non posso tollerare un’altra esternazione da so-tutto-io: come se non le bastasse farci passare tutti da ignorati durante le lezioni. «E tu sai che un incantesimo mette in comunicazione il Cerchio di Pietre con la Torre dell’Orologio? È per questo che le campane sanno quando devono suonare».
 
«Questa te la sei inventata, conosco Storia di Hogwarts a memoria, e non dice niente riguardo un incantesimo del genere».
 
«È tutto vero invece, me lo ha detto Piton, è lui che rinnova l’incanto ogni cinque anni. Ti sorprenderesti di quante cose si possono imparare alzando il naso dai libri ogni tanto».
 
La Granger non risponde, si limita a fare una smorfia e a proseguire diritto, sorseggiando l’Ogden di tanto in tanto. Io la seguo a pochi passi di distanza, beandomi della sensazione di euforia data dall’alcol e dall’aver messo a tacere la Sanguesporco.
Ma quella parola, Sanguesporco, evoca in me il ricordo degli Scrivenshaft e per un attimo mi manca l’aria. Per la prima volta da stamattina realizzo davvero quello che è accaduto: non rivedrò mai più Bertrand.
E se tutte le cose vanno come devono andare, se il Signore Oscuro vincerà, anzi, quando il Signore Oscuro vincerà, non vedrò mai più la Granger, o Potter. E non sarà come non vedere più dei compagni di scuola che non ho mai sopportato. Sarà… definitivo.
 
Ma io queste cose le so da tempo. Allora perché ho voglia di urlare? Perché sento il bisogno di rompere questo silenzio?
 
«Si può sapere dove stai andando?»
 
La Granger si volta per guardarmi. «Tu piuttosto si può sapere perché mi stai seguendo?» Io non rispondo, quindi lei sbuffa e riprende a parlare. «La Torre dell’Orologio è bloccata, quindi l’unica cosa da fare è passare per l’ingresso principale e sperare che Gazza non stia lì ad attenderci».
 
«L’ingresso principale? Stai scherzando spero».
 
«Hai un’idea migliore?»
 
«Ovviamente». La sorpasso, rubandole la bottiglia di mano e proseguendo spedito verso lo stadio di Quidditch. C’è una botola segreta al centro del campo che porta direttamente sotto la Torre di Astronomia. Tutti i giocatori di Quidditch la conoscono: è la via più veloce per evitare ritardi agli allenamenti.
 
Quando arriviamo il Whiskey è quasi finito ed io fatico a mantenere un’andatura diritta. Niente in confronto alla Granger però, che sul tragitto ha tirato fuori la bacchetta per precauzione, ma per quanto si sforzi non riesce proprio a tenerla puntata fissa su di me. «Smettila di agitare quella maledetta bacchetta. Finirai per dare fuoco allo stadio».
 
Lei ridacchia. «Non sarebbe la prima volta! Al primo anno ho dato fuoco al mantello di Piton, durante la partita Grifondoro-Serpeverde». Io mi giro di scatto, incredulo.
 
«Sei stata tu ad appiccare il fuoco? Abbiamo perso la partita per il tuo scherzo demenziale!»
 
«Forse non avrei dovuto dirlo». Sì, è decisamente sbronza. «Ma comunque avete perso perché Harry è un Cercatore eccezionale e perché voi Serpeverde non siete mai stati all’altezza».
 
«E da quando sei un’esperta di Quidditch? Se non ricordo male a lezione di Volo riuscivi a stento a far alzare la scopa da terra».
 
Ma lei non mi sta più ascoltando, è uscita sul campo e si è fermata a guardare lo stadio col naso all’insù.
Prima di raggiungerla prendo un respiro profondo: la testa mi gira e la nausea inizia a farsi sentire. Provo a darmi un contegno, non voglio che la Granger mi veda in difficoltà.
 
«Malfoy a te piace volare? Non parlo del Quidditch, ma proprio del volo». Continua a guardare verso l’alto, se non mi avesse chiamato per nome giurerei che stesse parlando da sola.
 
«Certamente, a chi non piace volare?»
 
«Ho proposto a Ron di farci un giro sulla scopa stasera, ma ha rifiutato. Secondo lui non aveva senso».
 
«Rifiutare un volo notturno con una ragazza, questo non ha senso». Mi pento immediatamente di quello che ho appena detto, ma la Granger non sembra neanche farci caso. «E poi che significa che “non ha senso”? Che senso deve esserci? È bello e basta, no?»
 
Questa volta sembra avermi sentito. Anzi, ha smesso di guardare il cielo e ha puntato gli occhi su di me. Sembra stupita.
 
«Puoi portarmici tu?»
 
La sua domanda suona come l’ultimo desiderio di un condannato a morte ed io, inspiegabilmente, non me la sento di rifiutare. «Va bene. Ma non stasera, non siamo in condizione. Rivediamoci qui domani a mezzanotte».
 
Con un cenno d’assenso, Hermione Granger sugella il nostro patto.

 
 
20 Ottobre 1996:
 
Alzarmi dal letto questa mattina mi sembra un’impresa impossibile. Ho la nausea e la testa che gira furiosamente: ieri sera ho davvero esagerato. Apro leggermente gli occhi, ma la luce mi abbaglia.
 
«Hermione sei sveglia! Dove sei stata ieri?» La voce acuta di Calì mi perfora le orecchie. «Mi sono svegliata per andare in bagno e tu non eri a letto!»
 
Maledizione. Ho dimenticato di chiudere le cortine.
 
«Stavo giù in Sala Comune, non riuscivo a dormire». Mento io. Ci mancava solo l’interrogatorio della Patil, avrei dovuto tenere gli occhi chiusi e fingere di dormire per almeno un’altra ora.
 
«Se lo dici tu… Tu sei Vergine dico bene?» La guardo di traverso, ma lei non se ne accorge. «Anche io lo sono. La professoressa Cooman dice che percepisce potenti vibrazioni da Mercurio, questo significa che per il nostro segno sono in arrivo grandi novità in amore!»
 
Divinazione e Astrologia? Avrei preferito se mi avesse chiesto delle mie abitudini sessuali, sarebbe stato meno imbarazzante.
 
Mi trascino con difficoltà fuori dal letto. Sul mio baule c’è un biglietto di Ginny: mi aspetta in Sala Grande per fare colazione insieme. Ieri dopo l’attentato lei e Ron mi sono stati vicini per tutto il pomeriggio e anche oggi si sono offerti di passare l’intera giornata con me.
 
Mi vesto svogliatamente ed esco. Percorrere i corridoi della scuola mi fa uno strano effetto: continuo a rimuginare sui brandelli di ricordi di poche ore fa, quando ho camminato lungo lo stesso percorso insieme a Malfoy per rientrare ai dormitori.
Sembra tutto così surreale: io e Malfoy che condividiamo del Whiskey Incendiario, che ci nascondiamo da Gazza, che passeggiamo nel parco. Non riesco a riconoscermi nelle mie stesse azioni, come se ieri nel mio corpo ci fosse stata un’altra persona.
 
Ma non ho scuse, sono stata io ad avvicinarmi a Malfoy. Avevo la possibilità di andarmene e invece gli sono andata incontro. Mi si è presentata l’opportunità di fare una follia e l’ho colta, infrangendo la promessa che avevo fatto a me stessa.
 
E cosa ci ho guadagnato? Non è stato bello né tantomeno divertente. È stato soltanto strano, ma non strano come dopo la lezione di Rune Antiche. È stato triste.
Anche se a dir la verità io non ero affatto triste ieri sera, ero confusa, spaventata, arrabbiata, ma non triste. Malfoy lo era. Perché Malfoy era triste?
 
E d’un tratto ricordo: lui ed io dovremmo vederci stasera. Perché mai ho accettato una proposta del genere?
 
Perché lui mi ha capita.
 
Ma non faccio in tempo ad elaborare questo pensiero che sono già arrivata in Sala Grande. Cerco Ginny lungo il tavolo di Grifondoro e la trovo a parlare animatamente di Quidditch con McLaggen. Non appena mi siedo però il Grifondoro del settimo anno saluta sbrigativamente Ginny e se ne va.
 
«Che ho fatto?» Mi chiede la rossa confusa.
 
«Temo sia colpa mia». Ora Ginny mi guarda con curiosità. «Un paio di settimane fa, dopo la cena al Lumaclub, Cormac mi ha baciata». Mi porto di corsa un dito alla bocca per farle cenno di non urlare. «Mi ha invitata a bere una cosa con lui ai Tre Manici di Scopa, ma io non gli ho mai risposto. Credo si sia offeso».
 
«E perché mai? Hai idea di quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto?»
 
«Perché è un pallone gonfiato e inoltre…» Lascio la frase a metà, perché Harry e Ron sono appena entrati in Sala Grande e si stanno dirigendo verso di noi. Ginny capisce al volo e cambia discorso.
I ragazzi si siedono di fronte a noi. Mi chiedono se sto bene: un modo carino per dirmi che ho una brutta cera. Provo a rassicurarli, ma non sembrano convinti.
 
«Hermione quello che è successo ieri…» Inizia Harry titubante.
 
«…Siamo preoccupati per te…» Lo incalza Ron.
 
«…Pensiamo possa farti bene parlarne con noi. Non hai ancora voluto toccare l’argomento». Termina Ginny.
 
In pratica la colazione era una scusa per incastrarmi in una seduta di terapia forzata. Ma c’è un motivo se non ho ancora parlato della vicenda di ieri: che non voglio parlarne. È troppo… spaventoso. Ma loro non capirebbero, non capiscono mai. Non come…
 
«Ragazzi sto bene. Madama Chips ha fatto un ottimo lavoro, le ossa sono ricresciute in un attimo e mi sono subito ristabilita». Cerco di dire col tono più rassicurante possibile. Dalle loro facce è chiaro che non se la sono bevuta, ma decidono comunque di fare finta di niente e cambiare argomento.
 
«Malfoy non è sceso a fare colazione?» Chiede Harry a Ginny.
 
«No, sono qui da circa un’ora e non l’ho mai visto. Tiger e Goyle invece sono passati, si sono strafogati e se ne sono andati».
 
«Non lo trovate strano?» Chiede Harry a bassa voce. «Proprio ieri qualcuno avvelena il Succo di Zucca di Malfoy e ad Hogsmade scoppia il putiferio».
 
«Dici che c’entra qualcosa con l’attentato?» Gli chiede Ron di rimando.
 
«Dico che quanto meno doveva sapere qualcosa. Per questo ha fatto in modo di non farsi trovare ad Hogsmade: per non rischiare di finire coinvolto nell’attentato».
 
«E quindi pensi che si sia somministrato da solo una Pozione Strabuzzaocchi? Hai idea di quanto poteva essere pericoloso?» Chiedo io con poca convinzione. In effetti non ci avevo pensato. E se quella che ho visto ieri non fosse stata tristezza ma… sensi di colpa? È possibile che Malfoy sia coinvolto con la morte degli Scrivenshaft?
 
Non lo so. Ma una cosa è certa: non posso assolutamente vederlo stasera.

 
 
«Svegliati testa di cazzo». Vengo svegliato da un forte colpo allo stomaco. Urquhart mi ha lanciato una Pluffa dritta sul ventre.
 
«Ma che ca…»
 
«Zitto imbecille. Hai di nuovo saltato gli allenamenti. Pensi davvero di poter fare come cazzo ti pare? Montague poteva anche chiudere un occhio su stronzate del genere ma io no, non mi interessa se tuo padre è un Mangiamorte o se Tu-Sai-Chi in persona ci ricompra l’intera attrezzatura, se mancherai di nuovo ad un allenamento sei fuori dalla squadra». E così dicendo esce sbattendo la porta.
 
«Cazzo». Non so se mi fa più male lo stomaco o la testa.
 
Per l’ennesima volta mi ritrovo a pensare che se mio padre non fosse ad Azkaban certe cose non accadrebbero. Per l’ennesima volta devo accettare l’evidenza che Draco Malfoy, senza Lucius, non vale niente.
Urquhart però ha ragione. Non ci sto mettendo neanche un briciolo di impegno nel Quidditch. Ma non perché penso di poter fare come cazzo mi pare. Semplicemente non sono dello spirito.
 
Le cose però devono cambiare: se non sarò un Mangiamorte quest’anno, come minimo sarò un Cercatore decente.
Come al solito la mia mente è tornata a vagare sul Signore Oscuro, su mia madre e sulla loro scelta di non concedermi il Marchio Nero. Ma adesso qualcosa è cambiato. Perché da ieri non riesco a togliermi una domanda dalla testa: quale sarebbe stato il mio compito come Mangiamorte?
 
Finora non mi ci ero mai soffermato troppo. Ho quasi dato per scontato che il mio lavoro sarebbe stato quello di tenere Potter sotto osservazione e di impedirgli di interferire ancora con i piani dell’Oscuro. Ora però non ne sono più così sicuro. E se mi fosse stato domandato di assassinare gli Scrivenshaft? O la Granger? O qualche altro Nato Babbano?
 
Cosa avrei fatto?

 
 
26 Ottobre 1996:
 
Ad una settimana esatta dall’attentato, Hogwarts ha deciso di organizzare una seconda gita. Geniale.
 
Onestamente, avrei preferito restare ad allenarmi in vista della prima partita di Quidditch della stagione ma Pansy ha insistito affinché andassimo insieme, e visto che è la prima volta che mi rivolge parola da quando ci siamo baciati non me la sono sentita di dire di no.
 
Dopo gli eventi della scorsa settimana, la sorveglianza ad Hogsmade è triplicata: sono stati disposti dei sigilli anti-smaterializzazione su tutto il perimetro della città, hanno aumentato il numero degli Auror di pattuglia e hanno disposto delle Passaporte di emergenza ad ogni incrocio.
 
Credo che questa gita serva a dimostrarci che noi studenti di Hogwarts non abbiamo nulla da temere. Ma non sembra che stia funzionando: sulla strada per la città mi accorgo che siamo forse quindici studenti in totale, quasi tutti Serpeverde e, ovviamente, nessun Nato Babbano.
 
«…insomma, non dico che sia facile trovare degli elfi efficienti e beneducati, ma famiglie come le nostre devono fare attenzione a chi si mettono in casa. Dico bene?»
 
Solo ora mi accorgo di essermi momentaneamente assentato. Mi ricompongo in fretta e annuisco cercando di mostrarmi interessato.
 
Pansy però storce il naso. «Draco sei strano. Che ti succede?» Ma non faccio in tempo a rispondere che lei mi prende per mano e mi trascina di forza lungo le strade del villaggio. «Ti mostro una cosa che ti piacerà».
 
Solo quando passiamo davanti al Negozio di Scherzi di Zonko mi rendo conto di dove stiamo andando. Istintivamente mi blocco, ma ormai è troppo tardi: davanti ai miei occhi si stagliano i resti carbonizzati del Negozio di Piume Scrivenshaft.
Per un istante sento mancarmi la terra sotto i piedi: ero certo che si sarebbero sbarazzati di quelle maledette macerie. Chiaramente mi sbagliavo.
 
«Volevi farmi vedere questo? Le macerie putrefatte della baracca di quei Sanguesporco?» Voglio andarmene di qui il più velocemente possibile, non mi interessa se Pansy si offende.
 
«No stupido, qualcosa di meglio!» Squittisce lei puntando un dito in avanti.
 
Seguo con lo sguardo la direzione indicata e mi ritrovo a posare gli occhi sul viale ciottolato di fronte alla bottega degli Scrivenshaft. Ha qualcosa di strano però. Sembra macchiato.
 
«È il sangue della Granger». Spiega lei.
 
«Sangue della Granger?» Non capisco.
 
«Si Draco, della Granger, quando è stata calpestata dalla folla in fuga. Te l’abbiamo raccontato in Sala Comune ti ricordi?» No, non ricordo. Forse ero troppo sconvolto dalla morte di Bertrand. «Dicono che le abbiano spaccato la faccia e che si sia fratturata non so quante ossa del bacino. Quando è arrivata ad Hogwarts era del tutto sfigurata, praticamente irriconoscibile. Madama Chips ha dovuto dare fondo a tutte le sue scorte di Ossofast per risistemarla!»
 
Pansy ride deliziata ma io rimango senza parole. Ripenso alla sera dell’attentato nel tentativo di recuperare tra i brandelli di ricordi del tempo trascorso con la Granger anche solo un segno di ciò che le era capitato: una frase, uno sguardo, un gesto. Ma niente. Non avrei mai potuto immaginare nulla del genere.
 
Mi torna in mente la sua richiesta. Voleva volare di notte. Chissà se si è presentata al nostro incontro, chissà se mi ha aspettato, chissà se alla fine è riuscita a volare come desiderava. Io, ovviamente, non mi sono fatto vivo. Non avrei mai potuto.
 
Mi accorgo di essere in silenzio da troppo tempo e che Pansy mi sta scrutando insospettita. Per fortuna un gruppo di maghi seduti di fronte alle rovine del Negozio di piume attira la sua attenzione.
 
«Che state facendo?» Chiede Pansy con voce squillante.
 
Uno dei maghi alza lo sguardo verso di noi. «Impediamo che le tracce di questo abominio vengano cancellate». Ma Pansy sembra non capire, così il mago continua. «Il Ministero voleva abbattere quello che resta della baracca, voleva nascondere ai nostri occhi il passaggio dei Mangiamorte. Ma noi di Hogsmade non dimentichiamo quando ci viene fatto un torto. Non vogliamo dimenticare. Tutti devono sapere cosa è successo qui, tutti devono vederlo. Non permetteremo che gli Scrivenshaft vengano cancellati».
 
Le parole del dimostrante sono minacciose e accendono un brivido lungo la mia schiena. Non riesco neanche a guardarlo in faccia: tengo gli occhi puntati sulle rovine annerite dal fuoco.
 
«Io lo so tu chi sei». Una strega del gruppo prende parola, mi ci vuole un attimo per capire che sta parlando con me. «Sei un Malfoy vero? Riconoscerei quei capelli biondi ovunque. Tuo padre è uno sporco Mangiamorte!»
 
A quelle parole tutti gli altri manifestanti si voltano a guardarmi con rabbia. «Vattene via di qui! Non vogliamo gente come te!»
 
Uno ad uno, tutti i maghi e le streghe del gruppo si alzano in piedi, tirando fuori la bacchetta. Nei loro occhi brucia la fiamma dell’odio. In vita mia, nessuno mi ha mai guardato così: ho imparato a ricevere sguardi di ammirazione, di invidia, di disprezzo, ma non di odio. Mai di odio.
 
Capisco di dovermene andare immediatamente di lì pima che la situazione degeneri e, dato lo squilibrio numerico, non è difficile indovinare chi avrebbe la meglio in uno scontro. Ma evidentemente Pansy ha fatto male i conti, perché urla «Morirete tutti ammazzati, traditori del vostro sangue!»
 
Succede tutto in un attimo: un mago lancia uno Schiantesimo su Pansy, che viene sbalzata via di parecchi metri, mentre un alto indirizza verso di me un Incantesimo delle Pastoie. Sento le mie gambe irrigidirsi, facendomi perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente a terra. La folla di manifestanti ne approfitta per accerchiarmi. Ho paura, mi manca l’aria. Sento Pansy urlare, ma le sue grida sono coperte dalle mille voci dei maghi e delle streghe che si accalcano su di me. Qualcuno mi insulta, qualcun altro mi sputa. Uno di loro, il primo ad aver preso parola, mi preme un piede sullo sterno, togliendomi il fiato.
 
«Pensate di poter venire qui nella nostra città e minacciarci? Pensate che il Marchio che portate sul braccio vi renda invincibili? Pensate davvero che il vostro sangue sia talmente nobile da non poter essere versato? Beh, vi sbagliate, vi sbagliate di grosso».
 
Forse è la paura a bloccarmi, o forse è la sagoma incenerita del negozio Scrivenshaft che si staglia sopra di me, giudicandomi dall’alto come una chiesa giudica un eretico. Sta di fatto che potrei raggiungere facilmente la mia bacchetta, ma non ci provo nemmeno.
Tutto quello che faccio è guardare il manifestante puntarmi in faccia la sua bacchetta senza reagire, in attesa del colpo di grazia. Per un attimo, mi chiedo se anche lei ha provato la stessa cosa.

 
 

 

Nota dell’autore:

Ciao a tutti Potterheads!
 
Che dire: di nuovo un capitolo bello lungo! Spero che vi faccia piacere e che non vi appesantiscano troppo. Purtroppo quando inizio a scrivere non riesco più a fermarmi!
Spero anche che questo “tête-à-tête” tra i protagonisti vi sia piaciuto: Hermione ha ceduto alla tentazione di fare una stupidaggine giusto per il gusto di farla e Draco ha iniziato a porsi qualche domanda.
Come avrete ormai capito sono una fan delle storie che procedono passo dopo passo e con i protagonisti che evolvono gradualmente. So che si tratta di una scelta che potrebbe non accontentare tutti, ma ho ricevuto molti incoraggiamenti e questo mi conforta!

 
A questo proposito, volevo spendere due parole per ringraziare tutte le persone che finora hanno recensito questa storia e l’hanno inserita tra le seguite: mi avete resa immensamente felice!
Alla prossima domenica!
 
 
Flami151

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO IX


2 Novembre 1996:
 
Oggi si disputerà la prima partita di Quidditch della stagione e al tavolo dei Grifondoro la tensione è palpabile.
Non è un segreto che gli ultimi allenamenti della squadra siano stati disastrosi e che la colpa sia da attribuire in buona parte alla pessima prestazione del portiere. I tempi in cui la scuola intera cantava in coro Perché Weasley è il nostro re sembrano ormai lontanissimi.
 
Harry, Ron e Ginny mi raggiungono in Sala Grande dopo un briefing pre-partita, tutti e tre visibilmente contrariati.
 
«Hey ragazzi, che succede?»
 
«Ron non vuole più giocare». Risponde Ginny con tono stizzito.
 
«Si che vuole, è solo un po’ nervoso». Interviene Harry dando al rosso una pacca sulla spalla.
 
Ron invece non apre bocca.
 
«Ron è vero?» Lui storce il naso. «Ron sai di essere il miglior portiere del campionato, lo hai dimostrato l’anno scorso. Harry non ti avrebbe mai preso in squadra se non credesse nelle tue capacità, Grifondoro non può vincere senza di te». Gli prendo la mano, ma lui la ritrae di scatto.
 
«Il miglior portiere? Strano, pensavo preferissi McLaggen. Oppure che avessi un debole per i Cercatori, tipo Viktor Krum». Sputa le parole come se fossero veleno.
 
«Come scusa?» Non posso credere a quello che ho appena sentito.
 
«Lascia perdere». E così dicendo si alza e se ne va. Harry lo segue, non prima di mettersi in tasca una fialetta di… Felix Felicis?
 
Guardo Ginny con aria interrogativa e lei mi si avvicina. «Hermione scusami, è tutta colpa mia. Dopo l’incontro con la squadra, Dean è venuto a salutarmi e mi ha dato… ehm… un bacio di incoraggiamento ecco. Ron è andato fuori di testa, mi ha detto che se qualcuno ci avesse visti così si sarebbe potuto fare idee strane sul mio conto». Ginny è paonazza, credo più per la rabbia che per l’imbarazzo. «So che era teso per via della partita, ma non ci ho visto più, gli ho detto che era un immaturo e che l’unico motivo per cui reagiva così male era perché aveva l’esperienza di un dodicenne». Inizio a capire dove vuole andare a parare, e non mi piace per niente. «Gli ho detto che non sono l’unica a darsi da fare, che anche Harry aveva baciato Cho e che tu avevi baciato sia Victor che Cormac. So che non avrei dovuto dirglielo, ti prego scusami».
 
Prendo un respiro profondo per reprimere l’impeto di rabbia: a che serve confidarsi con un’amica se poi questa spiattella tutto alla prima occasione? «Tranquilla Ginny, non ti preoccupare».
 
«So che sei arrabbiata, lo vedo, ma ti prego vieni comunque alla partita. Ho bisogno di averti lì a sostenermi».
 
Scuoto la testa senza aggiungere altro e così ci avviamo insieme verso il campo da Quidditch.
 
Prendo posto sugli spalti non troppo distante da Calì e Lavanda, che per l’occasione si sono pitturate il viso con i colori della squadra. In sei anni non le ho mai viste così prese dal Quidditch.
 
I capitani si stringono le mani e la partita ha inizio.
Guardo Harry urlare delle indicazioni al resto della squadra e poi planare lungo il perimetro del campo cercando il Boccino e tenendo d’occhio Malfoy, che sta zigzagando molto più in basso.
Mi sorprende vedere il Serpeverde alla partita. Non si è visto molto in giro dopo l’aggressione subita ad Hogsmade. La notizia ha fatto il giro della scuola in un attimo. Si dice che l’intervento di Piton sia stato provvidenziale: se non avesse fermato la folla inferocita, Malfoy non se la sarebbe di certo cavata con due fiale di Soluzione Corroborante.
 
Devo ammettere che la notizia non mi ha lasciata indifferente, ma come avrebbe potuto? Dopo quello che mi è accaduto solo una settimana prima… Secondo Ron ed Harry invece Malfoy ha avuto quello che si meritava. Sono entrambi certi che ci sia lui dietro all’attentato a Scrivenshaft. Io onestamente sono scettica a riguardo, ma chi può saperlo?
 
Inaspettatamente, la partita prosegue a gonfie vele per i Grifondoro, che dopo solo mezz’ora dal fischio sono già sessanta a zero. Ron ha fatto delle parate spettacolari mentre Ginny ha segnato quattro dei sei gol di Grifondoro.
Ma il merito non va solo ai Grifoni, la squadra di Serpeverde sta giocando una delle peggiori partite mai viste nella storia di Hogwarts, e non è difficile comprenderne il motivo: Urquhart, il capitano, non fa altro che strillare e strepitare innervosendo tutti. Montague era di tutt’altro stampo, con lui sì che i Serpeverde erano degli avversari temibili.
 
«Malfoy ma sei cieco per caso?» Lo sento strillare fin dagli spalti.
 
Urquhart sta indicando il boccino d’oro. Lo scemo però non si è accorto che Harry è molto più vicino di Malfoy, che ormai non può fare altro se non guardare la sua nemesi afferrare il boccino e portare a casa la vittoria.
 
Sono talmente contenta da correre giù negli spogliatoi per congratularmi direttamente con Ron, Harry e Ginny, ma i tre si sono già avviati alla Torre di Grifondoro dove Seamus ha organizzato una festa per la vittoria.
Mi avvio anche io verso il castello, da sola. Ad ogni passo sento il buonumore abbandonarmi per fare di nuovo posto alla rabbia di questa mattina. Possibile che quei tre se ne siano andati lasciandomi qui? Menomale che Ginny aveva bisogno del mio sostegno.
 
Ma la verità è che non sono né Harry né Ginny a farmi rivoltare le viscere per la rabbia, ma quell’idiota di Ronald. Come si è permesso di rinfacciarmi il bacio con Viktor e con McLaggen? Non vorrà mica farmi credere di essere geloso adesso? Ha avuto mille occasioni per farsi avanti e non ne ha colta neanche mezza. E dire che sono stata abbastanza esplicita con lui, l’ho perfino invitato alla festa di Natale di Lumacorno. Questa è la storia del quarto anno che si ripete: lui mi invita al Ballo del Ceppo solo dopo essere stato rifiutato da tutte le ragazze di Hogwarts e Beauxbatons, e si offende perché ho già un cavaliere.
Ginny ha ragione, Ron è davvero un immaturo.
 
Prima di entrare in Sala Comune mi asciugo una lacrima e faccio due bei respiri: non voglio che qualcuno mi veda in questo stato durante i festeggiamenti.
Ma quando varco la soglia mi ritrovo di fronte ad uno spettacolo raccapricciante: lì, davanti a tutti, c’è Ron, avvinghiato così stretto a Lavanda Brown che è difficile capire dove finiscano le labbra dell’uno ed inizino quelle dell’altra.
Rimango impietrita, mi sembra di avere le vertigini, come se sul pavimento si fosse aperta una voragine e io ci fossi caduta dentro. E continuo a cadere per metri e metri lungo la torre di Grifondoro fino a schiantarmi a terra. Un tonfo sordo che mi spacca in mille pezzi.
 
Qualcuno mi urta, trainandomi fuori con forza dal mio stato di trans. Scuoto la testa vigorosamente prima di voltarmi e correre via.
 
Uscendo, sento la voce di Harry chiamarmi.

 
 
Tra i Serpeverde c’è una regola: se si perde una partita, si finge che la partita non ci sia mai stata. Tanto più se a vincere sono i Grifondoro.
 
O almeno, questo era vero prima che Urquhart diventasse capitano della squadra. A quanto pare il nuovo rito è urlarsi in faccia a vicenda. Tiger urla a Vaisey per non aver fatto nemmeno un gol, Vaisey urla a Goyle per non aver deviato un Bolide in tempo, Goyle urla a Bletchley per aver fatto passare un tiro facilissimo e infine Urquhart urla un po’ a tutti.
Io francamente non me la sento di urlare a nessuno. Sono più un tipo da minacce e battute mordaci, non un pescivendolo al mercato.
 
L’unico modo per uscire da quella situazione è letteralmente uscire dalla Sala Comune. Non mi interessa se il coprifuoco è scattato da un pezzo.
 
Esco di soppiatto portandomi il gatto con me: forse potrebbe aiutarmi ad evitare Gazza e Mrs. Purr.
Evidentemente però non sono stato abbastanza furtivo perché Pansy mi intercetta un attimo prima che la parete si richiuda alle mie spalle. È da una settimana che non mi si scolla di dosso, credo si senta in colpa per quanto successo ad Hogsmade. C’è da dire che almeno la sua presenza mi ha impedito di rimuginare troppo sugli ultimi eventi e soprattutto di chiedermi perché mai mia madre continui a non rispondermi alle lettere, nonostante le abbia chiesto più volte perché non fossi stato avvisato dell’attentato e le abbia raccontato dell’aggressione.
 
«Dove vai Draco?» Mi chiede prendendomi a braccetto e ricevendo di tutta risposta una soffiata dal gatto.
 
«Lontano da quei mentecatti, mi stanno facendo uscire il sangue dalle orecchie».
 
Lei ride e continua a camminare al mio fianco. Onestamente stasera non sono proprio in vena di compagnia: prima di tutto i tacchetti sotto le scarpe di Pansy rimbombano esageratamente nei corridoi deserti, ed in secondo luogo sto pensando di andare giù al campo ad allenarmi un po’ e mi vergogno a dirglielo.
 
Non sapendo che scusa inventarmi per liberarmi di lei, decido di optare per la sincerità. «Pansy ti ringrazio davvero per la compagnia, ma vorrei stare solo stasera».
 
Lei mi guarda come se stessi parlando in un’altra lingua. «Ma non puoi! Non stasera! So che non vuoi parlare di quello che ti sta capitando: il succo di zucca avvelenato, l’aggressione ad Hogsmade, la sconfitta a Quidditch… ma io non voglio lasciarti da solo».
 
Sentire elencare tutte queste disavventure in fila mi deprime ancora di più. Pansy ha lo straordinario potere di trasformare una situazione già nefasta in una irrimediabilmente catastrofica.
Guardo il micio che ci segue lentamente, come se in qualche modo potesse aiutarmi ad uscire da quella situazione. Quello che proprio non mi aspettavo è che lui mi guardasse di rimando, alzasse la coda e scattasse in avanti fuggendo a zampe levate per i corridoi.
 
Per la seconda volta quella palla di pelo mi ha fornito l’espediente perfetto per darmela a gambe ed io non me lo lascio sfuggire. «Dove vai, torna qui!» Gli urlo correndogli dietro.
 
«Draco!»
 
Anche Pansy si lancia all’inseguimento, ma io sono più veloce di lei. Mi basterà salire di un piano e potrò prendere il passaggio segreto che mi porterà al campo da Quidditch. Ancora un paio di svolte e…
 
Bam!
 
Sbatto contro qualcuno, facendolo cascare violentemente a terra. Prego Merlino che non sia né Gazza né Piton, ma la divisa Grifondoro ed il cespuglio di capelli crespi non lasciano spazio al dubbio. La Granger si alza e apre bocca come se stesse per urlarmi contro, ma io non gliene do il tempo: le tappo la bocca con la mano e la scaravento dentro la porta più vicina.

 
 
Malfoy sigilla l’ingresso con un Colloportus, poi si volta a guardarmi: ha l’aria di uno appena sfuggito dalle fauci di una Manticora. Cerco di chiedergli spiegazioni ma lui mi zittisce di nuovo.
 
«Zitta! Mi sta inseguendo!» Bisbiglia lui cercando di sbirciare fuori dalla serratura.
 
Qualcosa nel suo tono di voce mi mette in allarme. Tiro fuori la bacchetta e la punto verso la porta. Chiunque ci sia la fuori sta cercando Malfoy e potrebbe fare irruzione qui in qualunque momento. «Chi ti sta inseguendo?» Bisbiglio a mia volta alle sue spalle.
 
«Pansy Parkinson».
 
«Pansy Parkinson!?»
 
«Zitta ho detto!»
 
«Non ci posso credere! Ed io che ti stavo anche prendendo sul serio. D’altronde ormai dovrei saperlo che sei un fifone!» Lo scanso poco delicatamente della serratura e puntandovi contro la bacchetta sussurro. «Muffliato». Non amo usare gli incantesimi del Principe, tanto meno davanti a Malfoy, ma onestamente non ho alcuna voglia di imbattermi in Pansy, né che Harry mi sorprenda chiusa in un’aula insieme a questo qui. «Ecco, così la tua amichetta non potrà più sentirci».
 
«Che significa che sono un fifone? E poi che diavolo di incantesimo è quello?» Suscettibile e sgarbato come sempre.
 
«Per favore! Devo forse ricordarti la punizione nella Foresta Proibita al primo anno? Ti sei divertito a terrorizzare il povero Neville e poi davanti al pericolo sei scappato a gambe levate come un codardo. Ma non fartene un cruccio: sono certa che se avessi saputo che era Voldemort il divoratore di unicorni gli saresti corso incontro a braccia aperte!». Mi scappa una risata amara, ma Malfoy non ride, anzi, il suo volto è distorto da un’espressione di sconcerto. «Oh andiamo! Non dirmi che hai paura del suo nome? Proprio tu non dovresti temere di sentir dire Vol…»
 
«Basta così! Non dirlo più. Nessuno dovrebbe mai dire una cosa del genere. Nessuno è degno di pronunciare il suo nome. Tu più di tutti dovresti…» Ma non fa in tempo a portare a termine la sua consueta esternazione razzista che una voce attira la sua attenzione, portandolo di nuovo a sbirciare dalla serratura.
 
«Draco dove sei?» È la Parkinson.
 
Rimaniamo in religioso silenzio, aspettando che i rumori dei passi della Serpeverde con la faccia da carlino si allontanino, ma una seconda voce fa eco nei corridoi deserti.
 
«Hermione!» Maledizione, è Harry.
 
«Potter che ci fai tu qui? Pensi che vincere una stupida partita di Quidditch ti dia il permesso di girare per i corridoi quando ti pare e piace?» La voce acuta di Pansy perfora le pareti.
 
«Fatti gli affari tuoi, Parkinson».
 
«Si dà il caso che io sia un Prefetto, quindi sono affari miei. Venticinque punti in meno a Grifondoro! E adesso ti porto dritto dalla McGranitt».
 
Povero Harry, è venuto fin qui per cercarmi e ora dovrà subire una lavata di capo dalla McGranitt. Spero non gli dia una punizione: gli incontri segreti con Silente e il castigo che già deve scontare con Piton sono più che sufficienti.
Malfoy però evidentemente non è in pensiero quanto me. Anzi, l’espressione di paura e sconcerto di poco fa è stata sostituita da un malevolo ghigno compiaciuto.
 
«Smettila di gongolare».
 
«Non credo di farcela». Risponde lui ridendo a denti stretti. «E poi non è di certo colpa mia se Potter è stato beccato».
 
«Vorresti dire che è colpa mia? Guarda che sei stato tu a chiudermi qua dentro».
 
«E tu hai insonorizzato la stanza». Provo a ribattere ma vengo interrotta con un odioso gesto della mano. «Tu sapevi che Potter ti stava cercando, te l’ho letto in faccia. Però l’hai comunque lasciato alla mercè di Pansy. Che vergogna, cosa direbbe di te Godric Grifondoro?»
 
«Credo che l’anima di Godric Grifondoro abbia ben altro a cui pensare. E comunque con il punteggio accumulato oggi alla partita, non credo che Grifondoro risentirà di questi venticinque miseri punti».
 
Volevo farlo arrabbiare e sono certa di esserci riuscita: lo conferma un leggero tremolio all’angolo della bocca.
 
«Questo ancora non spiega perché stavi scappando dallo Sfregiato. Scommetto che è per via di tutte quelle occhiate languide che si scambia con la Weasley sul campo».
 
«Ma come ti viene in mente una cosa del genere? Sei fuori strada, guarda che non c’è niente tra me ed Harry».
 
«Davvero? Allora come mai Rita Skeeter sul Settimanale delle Streghe ti ha definita la fidanzata bruttina ma ambiziosa di Harry Potter
 
«Perché sei stato tu a diffondere il pettegolezzo!» Urlo io stremata da questa conversazione tanto snervante quanto inutile. Se Malfoy voleva rispedire il Bolide al mittente c’è riuscito in pieno.
 
A questo punto non ha senso continuare a trattenermi qui, tantomeno per farmi prendere in giro in questo modo. Lancio un Alohomora sulla porta e mi appresto ad imboccare l’uscita senza salutare.
 
«Allora è Weasley il problema». Il suono delle parole di Malfoy, sentirgli pronunciare il nome di Ron, mi blocca.
 
«Non ho mai detto di avere un problema con qualcuno». Dico voltandomi verso il Serpeverde.
 
«Non ce n’è bisogno: sei qui la sera della vittoria dei Grifondoro a frignare come una bimbetta. Si Granger, hai ancora gli occhi rossi». Porto istintivamente il dorso della mano sul viso. «Ed in sei anni non ti ho mai vista parlare con nessuno che non fosse un professore o uno di quei due sfigati che segui ovunque. Per di più sbaglio o meno di un mese fa vagavi per i giardini del castello di notte, lamentandoti di Lenticchia che non voleva portarti in volo intorno alla scuola?»
 
Resto impietrita, non so nemmeno bene il perché. Forse perché solo ora mi accorgo che Malfoy mi ha scoperta a piangere per amore. Forse perché non mi aspettavo che rivangasse quella notte, mentre io ho finto per settimane che nulla sia mai accaduto. Forse perché non credevo che si sarebbe ricordato di ciò che avevo detto su Ron. A quanto pare Malfoy è un ascoltatore attento.
D’un tratto mi sento in colpa: Malfoy sarà pur sempre il solito Purosangue razzista e altezzoso, ma è stato gentile nei miei riguardi. E una parte di me vuole sapere il perché, vuole sapere se c’è sotto qualcosa oppure no. Ma soprattutto, una parte di me sente il bisogno di fare ammenda.
 
«A proposito di quella sera. Non ti ho mai ringraziato per esserti offerto di portarmi sulla scopa… e non mi sono mai scusata per non essermi fatta viva». Sto per aggiungere al nostro appuntamento, ma suonerebbe fraintendibile.
 
«Fai bene a scusarti. Sono quasi congelato aspettando il tuo arrivo».
 
Non posso crederci. Quindi lui davvero si è… No, aspetta. C’è qualcosa che non quadra: qualcosa nel suo viso suggerisce che… sta bluffando! «Tu nemmeno ti sei presentato, dico bene?»
 
Il Serpeverde platinato mi risponde con una risata. «Allora sei davvero sveglia come dicono!»
 
«Così sembra». Rispondo io ridendo a mia volta e uscendo definitivamente dalla stanza.
 
Mi basta fare solo un passo fuori dalla porta però per rendermi conto di una cosa: non voglio tornare in Sala Comune e non voglio continuare a vagare da sola per il castello piangendomi addosso. Ho preso la mia decisione. «Vieni?»
 
«Dove?»
 
«Mi devi un giro sulla scopa».

 
 
Non essendo in grado di venire a patti col mio lato razionale, ho deciso di ignorarlo.
 
So bene che non dovrei espormi in questo modo. Girare di notte con la Sanguesporco amica di Potter… Non so davvero che scusa potrei mai inventarmi se si dovesse scoprire. Ma la verità è che la Granger ha qualcosa di ipnotico.
Non intendo la solita Granger, la Grifondoro spocchiosa e saccente, parlo della Granger della notte. Quella aggressiva, rabbiosa, con la lingua tagliente e noncurante delle regole. Quella che mi strappa la bottiglia di Ogden Stravecchio di mano e che mi trascina al campo da Quidditch attraverso un passaggio segreto.
 
Più mi sforzo, meno riesco ad inquadrarla e questo è… interessante.
 
Ma non è la sola ragione per cui mi sono lasciato coinvolgere in questa follia. La vera ragione è un’altra. E cioè che ho una domanda alla quale solo lei può rispondere.
 
Usciamo dalla botola al centro del campo. Lo stadio è illuminato dal chiarore della luna, quasi al plenilunio. Una brezza leggera smuove le bandiere delle case posizionate in cima agli spalti. Si sta bene per essere novembre, ma sono certo che una volta in volo farà ben più freddo.
 
Vado negli spogliatoi per recuperare l’attrezzatura, lasciando la Granger sola nel campo. Mi chiedo se al mio ritorno la troverò ancora lì o avrà cambiato idea e se ne sarà andata. Sblocco con un incantesimo l’armadio delle scope e prendo la mia Firebolt Supreme, l’ultimo regalo di mio padre prima di finire ad Azkaban. Indugio qualche secondo sul manico lucidato da poco: sull’estremità c’è una piccola targa d’oro con incise le mie iniziali.
Papà si vergognerebbe di vedermi qui con lei adesso.
 
Sospiro forte e torno al campo. La Granger è ancora lì: sta guardando il cielo come l’ultima volta.
 
Poggio il manico di scopa ai suoi piedi, lei mi guarda interrogativa. «Insomma andiamo o no?»
 
«Certo, appena avrai tirato su la scopa». Lei non capisce, storce il naso con disappunto, ma si china comunque a raccogliere la Firebolt. «No, non così. Devi evocarla». Mi esibisco in un sospiro esasperato. «Sei proprio babbana di nascita».
 
«Senti, se devi insultarmi o prendermi in giro allora me ne posso anche andare». Sbotta la Grifondoro, chiaramente seccata. «Lo sapevo che era una pessima idea». Si gira per andarsene, ma io non posso permetterglielo, non prima che abbia risposto alla mia domanda.
 
«Falla finita Granger, non ti sto prendendo in giro: serve che tu lo faccia». Devo aver stimolato sufficientemente la sua curiosità, perché fa marcia indietro.
 
«Perché?»
 
«Perché è così che funzionano le scope: se non riesci ad evocarle, non sei degno di montare in sella».
 
«E così secondo te una scopa può capire se sono degna o meno da come pronuncio “su”?» Chiede con il tono più derisorio che le abbia mai sentito.
 
«Non è una questione di pronuncia Granger, non siamo mica a lezione di Incantesimi. Si tratta di convinzione: se sei incerta, se hai paura, la scopa lo percepisce. E nessuna scopa al mondo vorrebbe mai portare in groppa una zavorra terrorizzata… e nemmeno io. Per questo devi essere tu ad evocarla».
 
La Granger sembra iniziare a capire. «È per questo che a lezione di Volo Neville ed io…»
 
«Eravate scarsi? Si è per questo».
 
Mi lancia un’occhiata di fuoco. «Vabbè, quindi come devo fare?»
 
«Santa madre di Merlino! Granger questo non è un maledetto esame, non ci sono istruzioni per l’uso da imparare a memoria. Devi solo volerlo! Lo vuoi o no?»
 
«Si».
 
«Non ti sto chiedendo se gradiresti accompagnare il the con degli Zuccotti di Zucca! Ti sto chiedendo se desideri volare! Per questo sei venuta fin qui, nonostante quello scemo di Weasley non ti ci abbia voluto portare, dico bene? Perché tu lo volevi! Allora te lo richiedo. Lo vuoi o no?»
 
«Si!»
 
«Allora evoca questa scopa! Dì su!»
 
«Su!» La scopa salta immediatamente nella mano della Grifondoro, senza alcuna esitazione. Sul suo volto si apre un enorme sorriso. «Ce l’ho fatta! Non ci ero mai riuscita al primo tentativo! Grazie!»
 
Ammetto di sentirmi fiero di me. Forse, se non troverò niente di meglio nella vita, potrei ripiegare sul posto di insegnante di Volo. «Quante storie! Ogni singolo mago di questa scuola ha imparato a farlo ad undici anni, tranne forse Paciock. Ora ridammi la mia scopa, non crederai mica che la lasci condurre a te?»
 
Riluttante, mi rende la Firebolt. Montiamo entrambi in sella, una piccola spinta con i piedi e siamo in volo.
Salgo sempre più in alto, cercando di prendere le misure con il peso extra che mi sto portando dietro. La Granger non dice una parola, percepisco la sua presenza solo da un lieve tocco sulle costole: non si sta davvero reggendo, forse questo contatto la mette a disagio. A me di sicuro.
Man mano che salgo, la temperatura inizia a scendere, ed io inizio a chiedermi cosa fare. Mi metto a girare in tondo per il campo? Esco dallo stadio? Salgo più su?
 
«Andiamo verso il Lago!» Dice improvvisamente lei, come leggendomi nel pensiero.
 
Senza porre troppe obiezioni, mi dirigo dritto verso il Lago Nero. Non è la prima volta che lo sorvolo, ma sicuramente è la prima volta che lo faccio in piena notte. Credevo che col buio non sarei riuscito a distinguere il pelo dell’acqua dal cielo, ma mi sbagliavo. Di fronte a me si apre un paesaggio mozzafiato: il chiarore della luna e delle stelle si riflette sulla superficie dell’acqua, generando dei giochi di luce che illuminano l’intera distesa di argento. Il vento, che sferziamo ad alta velocità, si insinua sotto i miei vestiti, solleticandomi la pelle e facendomi rabbrividire. Anche il Lago sembra tremare: piccole onde increspano la superficie, facendo danzare il riflesso delle stelle. Non ricordo di aver mai visto niente di più bello.
 
«Più veloce!» Urla la Granger dietro di me.
 
«Va bene, ma reggiti!» Accelero di colpo, costringendola ad aggrapparsi con entrambe le braccia ai miei fianchi. D’un tratto quel contatto non mi provoca più alcun disagio. Ci siamo solo io, la scopa e l’acqua: tutto il resto non esiste, nemmeno la Granger.
 
E a proposito di acqua, sento un irrefrenabile desiderio di toccarla, come se il Lago mi stesse chiamando, chiedendomi di immergermi nel suo chiarore e di afferrare le luci che costellano la sua superficie.
 
«Tieniti stretta e allunga il braccio!» Ordino alla Grifondoro dietro di me.
 
Lei non fa domande, si stringe di più, reggendosi saldamente con il braccio sinistro e con l’intero corpo. Viro leggermente a destra ed inizio ad abbassare la quota, ruotando il busto verso il Lago. La scopa inizia ad inclinarsi ed io allungo la mano fino a raggiungere il pelo dell’acqua. Il contatto con la superficie innesca una scarica di freddo e di adrenalina che si propaga per tutto il mio corpo. Vorrei urlare, ma la Granger mi precede. Ulula. Ulula come quella notte che si tuffò in acqua interamente vestita.
 
Finalmente ricordo perché amo così tanto volare, ed il Quidditch: sento di poter restare qui all’infinito.
Purtroppo però è ora di rientrare, ed io faccio manovra per tornare al campo. Una volta atterrati la Granger sfoga tutto il suo entusiasmo. «È stato… magnifico! Ma hai visto che spettacolo? Quando hai ruotato la scopa credevo che sarei finita dritta in acqua! E poi… ma quanto corre questa Firebolt?»
 
«Fino a centosettanta miglia orari». Rispondo automaticamente io, anche se forse era una domanda retorica.
 
«Non so davvero come ringraziarti!» Un’altra frase di circostanza, ovviamente, che però decido di interpretare alla lettera.
 
«Potresti rispondere ad una domanda».
 
Di colpo la Granger si fa serissima, quasi all’erta. «Che domanda?»
 
Non ho pensato al modo migliore per poterla formulare, così gliela chiedo e basta. «Il giorno dell’attentato, quando la folla ti ha travolta, cosa hai provato?»
 
La Granger mi guarda con un misto di incredulità ed imbarazzo. «Beh, dolore, cosa credi?»
 
«Non intendo cosa hai provato fisicamente, voglio sapere come ti sei… sentita».
 
«Perché? Ti crea piacere sentire della Sanguemarcio calpestata a sangue?»
 
«Cazzo Granger no, non sono mica un pervertito. Ma non voglio dirti perché mi interessa, voglio solo sapere cosa hai da dire al riguardo. E ti ricordo che io non ti ho chiesto perché volessi volare di notte a tutti i costi, ti ho assecondata e basta».
 
Lei mi scruta attentamente. Sento gli ingranaggi del suo cervello muoversi nel tentativo di comprendere in che modo rispondere alla mia domanda possa danneggiarla. Dopo una pausa di riflessione, sembra essersi convinta. «Ho avuto paura, ovviamente, ed ogni volta che ho paura io razionalizzo: trovo un obiettivo, in quel caso salvarmi la pelle, e valuto le diverse opzioni a mia disposizione. Avevo perso la bacchetta e non sapevo se qualcuno dei miei amici mi avesse vista cadere, quindi potevo solo urlare sperando di attirare la loro attenzione o recuperare la bacchetta. La prima opzione era impraticabile, troppo rumore, quindi dovevo per forza orientarmi sulla seconda. Sicuramente non sarei mai riuscita a raggiungere la bacchetta in tempo, quindi mi occorreva richiamarla a me, e così ho fatto».
 
«Hai usato la magia senza bacchetta?»
 
«Sì».
 
«Ah». Sono sinceramente colpito. Credo che siano in pochi i maghi a possedere certe abilità, di sicuro nessuno di loro ha sedici anni.
 
«Tutto qui? Non è la risposta che ti aspettavi?»
 
«No, non è quello, è solo che… Quindi in sostanza tu non hai pensato a nient’altro se non a salvarti, giusto?»
 
«Cosa vorresti dire con questo?» Credo di averla offesa.
 
«Non volevo dire niente, sto solo cercando di capire».
 
«Capire cosa?»
 
Capire perché, al tuo posto, io non ho reagito. Perché non ho neanche provato a proteggermi. «Niente».
 
La Granger si sofferma a guardarmi ancora qualche secondo, concentrata come se stesse leggendo un capitolo di Geroglifici e Logogrammi Magici. Non so esattamente cosa sia riuscita a leggere su di me, ma di qualunque cosa si tratti l’ha convinta a smettere di farmi domande.
 
«Rientriamo al castello». Sentenzia infine prima di avviarsi verso il passaggio segreto.
 
Ma la notte non può concludersi così. La Granger non può tornare al dormitorio con impressi nella sua memoria i ricordi del volo sul Lago e delle mie strane domande. Sarebbe troppo… strano. E se dovesse raccontare di questo a qualcuno sarebbe una vera e propria tragedia.
Mi resta solo una cosa da fare. Estraggo silenziosamente la bacchetta e la punto alle sue spalle, senza pensarci troppo su pronuncio «Obliviate».
 
La Grifondoro si ferma, credo che l’incanto abbia funzionato. Adesso mi basterà riportarla al suo dormitorio e domattina non ricorderà nulla della serata appena trascorsa.
 
«Un Incanto Oblivium davvero mal eseguito». Commenta la Granger girandosi verso di me. «La pronuncia era buona, ma devi aver sbagliato qualcosa nel movimento. Comunque sia, non è prudente eseguire un incantesimo del genere se non se ne ha la padronanza, Gilderoy Allock si è giocato il cervello così. Suggerisco di limitarci a non parlare di questa serata con nessuno, che ne dici?»
 
Che posso dire? Niente, mi limito ad annuire e basta.
 
Sarà un rientro davvero imbarazzante.

 
 
10 Novembre 1996:
 
Visto dall’esterno, il maniero dei Malfoy mostrava l’aspetto di sempre. Accessibile attraversando un ampio viale ciottolato, costeggiato da alte siepi di tasso, il cancello si apriva su uno slargo adornato da fontane gorgoglianti, nelle quali bianchi pavoni dall’aria maestosa si approvvigionavano di acqua. Sopra il giardino, si stagliava l’imponente dimora gentilizia, alta oltre quattro piani e decorata con eleganti vetrate a rombi.
 
Proprio però come il legno impadronito dalle termiti, Villa Malfoy appariva intatta all’esterno pur essendo dilaniata all’interno.
Dietro lo sfarzoso portone di ingresso, infatti, la padrona di casa era tenuta prigioniera nella sua stessa dimora, incapace di muoversi dal suo letto. Non erano le ferite fisiche a costringere Narcissa Malfoy ad un costante riposo forzato, a quelle ormai aveva fatto l’abitudine, ma una misteriosa forza oscura, che si nutriva della sua anima e del suo spirito, privandola di ogni energia. Era come se gli anatemi inferti dal Signore Oscuro non si limitassero a mutilare il suo aspetto esteriore, ma la logorassero anche dall’interno, straziando il suo cuore e annebbiando la sua mente.
 
In questo modo, Narcissa diventava di giorno in giorno sempre più vulnerabile all’ira dell’Oscuro Signore, che si faceva largo tra i suoi pensieri ed i suoi ricordi, per usarli contro di lei e Lucius. Ogni notte ormai sognava i suoi genitori, che cancellavano il suo nome dall’arazzo di famiglia, sognava suo marito, che chiuso ad Azkaban riceveva in dono la sua testa, ed infine sognava Andromeda, che le intimava di tenere duro, perché finché c’era ancora amore, c’era ancora speranza.
 
E Narcissa, la speranza, non l’aveva perduta.
 
Senza volerlo, le tornò alla mente Draco, ed il giorno in cui andarono insieme ad acquistare la sua bacchetta. Dovette provare circa sei bacchette diverse prima di trovare quella giusta: biancospino e crine di coda di unicorno. Quando la agitò, dalla sua estremità si sprigionò una nube di polvere argentata, che illuminò l’intero negozio. I suoi occhi si accesero e sul suo piccolo viso di aprì un enorme sorriso. Il sorriso di Draco era sempre stato il più bello che avesse mai visto.
 
Con le poche forze che aveva, Narcissa puntò la sua bacchetta contro la sua tempia ed estrasse una densa e filiforme sostanza bianco-argentea, che depose con cura in una piccola ampolla di cristallo.
Detestava separarsi dai suoi ricordi con Draco, ma era per la sua protezione: aveva deciso di tenerlo a distanza, così forse il Signore Oscuro non se ne sarebbe servito per punire lei e Lucius.
Posò l’ampolla vicino alla pila di lettere di Draco, mai aperte.

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Perdonatemi per il ritardo nella pubblicazione: le ultime due settimane sono state piene di lavoro e non sono riuscita a dedicare troppo tempo alla scrittura. Conto però di riprendere la regolare pubblicazione domenicale!
 
Allora ditemi, cosa ne pensate di Draco ed Hermione? Vi è piaciuto leggere del loro incontro? A me sicuramente è piaciuto molto scriverlo!
 
Spero di ricevere i vostri pareri e le vostre critiche, per riuscire a migliorare di giorno in giorno come autore!
Vi auguro una buona settimana, ci aggiorniamo domenica!
 
Flami 151

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO X


3 Novembre 1996:
 
Aprendo gli occhi stamattina ringrazio di essermi ricordata di chiudere le cortine. Intorno a me c’è silenzio, non so se perché stanno ancora tutte dormendo o se perché sono già scese a fare colazione. Sta di fatto che non potrei desiderare niente di meglio che restarmene ancora a letto in silenzio. Solo io e i miei pensieri.
 
E di pensieri ne ho parecchi per la testa. Ma ce ne è uno che tra tutti svetta sugli altri: il ricordo del volo di ieri notte, quando io e Malfoy siamo diventati tutt’uno col vento, con l’acqua e con le stelle.
Io e Malfoy… Sembra assurdo solo pensarlo. Ma quello che è veramente assurdo è che non me ne importa niente: non mi importa se è figlio di un Mangiamorte, se lui stesso lo è, se odia i Nati Babbani. Non mi importa che sia Malfoy.
 
Non mi importa perché quello che è successo ieri non avrà mai alcuna ripercussione. Avevo sognato di fare una pazzia, qualcosa che mi facesse staccare dal grigiore della vita quotidiana, che mi facesse sentire viva, libera, felice e ce l’ho fatta. Nel grande libro della mia vita quella di ieri sarà al massimo una nota a piè di pagina che nessuno leggerà mai e di cui nessuno si ricorderà. Ho ottenuto quello che volevo, è stato bello, non ci saranno conseguenze e nessuno lo saprà mai.
 
O per lo meno io non lo dirò mai a nessuno, nemmeno sotto tortura confesserò di aver condiviso qualcosa con Malfoy. E lui che voleva pure lanciarmi un Incanto Oblivium, ma andiamo!
Nascosta dai drappeggi rosso-oro, sorrido divertita.
 
Faccio fatica però a non chiedermi cosa abbia spinto Malfoy ad avvicinarsi a me (o per essere sinceri, a lasciarsi avvicinare da me). Anche lui, come me, ha sentito il bisogno di evadere dal mondo reale? Cos’è che lo tormenta così tanto da spingerlo sempre a nascondersi dagli occhi di tutti? A rifugiarsi nella compagnia di una come me?
Avrà ragione Harry? Malfoy può davvero essere diventato un Mangiamorte o essere coinvolto nell’omicidio agli Scrivenshaft? E se così fosse, sarebbe per sua volontà o sarebbe stato costretto? E poi cos’era quella strana domanda? Quando la folla ti ha travolta, cosa hai provato?
 
Ovviamente non ho le risposte a queste domande. Non so cosa passi per la mente di Malfoy. Ma qualcosa la so. So che quella famosa sera, quella dell’attentato, Malfoy era a pezzi. So che di fronte al mio desiderio di volare non si è tirato indietro. So che qualunque fosse il motivo di quella domanda, era personale. Non so perché lo so, lo sento e basta, e sospetto che abbia a che fare con ciò che gli è accaduto ad Hogsmade.
 
Ma in fondo non ha senso starci a pensare troppo su. Fa svanire la magia.
 
È incredibile che da ieri sera non abbia più pensato nemmeno una volta a Ron e Lavanda. Mi basta però formulare questo pensiero per ritornare alla realtà e in un attimo torno a precipitare nel vuoto.
Ron ha baciato Lavanda. Lo ha fatto davanti a me. Perché mi ha fatto una cosa simile? Fino a poche ore prima mi teneva il muso per aver baciato Viktor e adesso…
Forse era questo il suo scopo, voleva farmi ingelosire. Ma davvero mi conosce così poco da non capire che certe cose con me non funzionano? I giochetti, gli inganni, i colpi bassi… non è questo che voglio, non lo vorrò mai. È troppo doloroso.
 
No, Ron mi conosce troppo bene per provare a conquistarmi con simili porcherie. Devo rassegnarmi alla realtà: io non c’entro niente col bacio di ieri, non sono la protagonista di questa storia. Lui non ha tentato di conquistarmi, di farmi ingelosire, di suscitare in me una reazione. Ha semplicemente baciato Lavanda. Quello di ieri era il loro film, non il mio.
 
Ma non ha senso che continui a stare qui ad affliggermi. Tanto vale alzarmi e andare in biblioteca, ho già perso abbastanza tempo ieri per bruciarmi anche un’intera domenica di studio.
Apro le tende con circospezione: sembra che in camera non ci sia nessuno, deve essere parecchio tardi. Mi vesto con calma e scendo in Sala Comune. Il primo sguardo che incontro è quello di Ginny, che spalanca gli occhi come se avesse appena avvistato un Ungaro Spinato. La rossa da una gomitata ad Harry, assorto nel libro del Principe Mezzosangue, che non appena mi vede si alza in fretta e mi corre incontro.
Non mi ci vuole molto per capire il motivo di quel teatrino: Ron e Lavanda sono seduti sulla poltrona davanti al camino, la stessa dove nemmeno due mesi fa credevo che io e lui ci saremmo…
Con uno scatto evito il maldestro tentativo di Harry di coprirmi la visuale e tiro dritto verso il buco del ritratto: non voglio restare qui un secondo di più.
 
«Hey Hermione!» È la voce di Ron. Io fingo di non sentirlo e proseguo per la mia strada, ma lui mi segue fin fuori dal dormitorio. «Hey quanta fretta! Si può sapere dove sei finita ieri?»
 
«Ah, quindi adesso mi parli?» Gli chiedo con più aggressività di quanto vorrei.
 
«Che intendi scusa?»
 
«Che intendo? Ieri, a colazione, sei stato davvero scortese. Mi hai trattata malissimo e dopo la partita te ne sei andato senza nemmeno aspettarmi».
 
«Mi dispiace Hermione, ma sono stato distratto dai festeggiamenti».
 
«Si ho visto come hai festeggiato». Mi mordo la lingua per averlo detto, ma è stato più forte di me.
 
«Lasciamo stare, ne parleremo quando smetterai di essere di cattivo umore».
 
Di cattivo umore? Lui pensa che io sia di cattivo umore? Davvero non si rende conto? Improvvisamente dentro di me sale una rabbia cieca ed un inspiegabile desiderio di ferirlo, di farlo stare male quanto lui ha fatto stare male me. «Sì, bravo, lasciamo stare. E già che ci siamo lascia perdere anche la festa di Lumacorno, non sei più il benvenuto».
 
Lui mi guarda per un istante con aria smarrita. Qualcosa, nel suo sguardo, mi suggerisce che ho fatto centro. «Benissimo, tanto non volevo venirci a quella stupida serata di lecchini!» Si volta di nuovo verso li ritratto della Signora Grassa. «Maltafinocchia!»
 
E così siamo di nuovo al punto di partenza. Ma perché con Ron deve essere sempre così difficile? Ogni volta che facciamo un passo avanti, ne facciamo due indietro. Chiudo gli occhi per un istante, concentrandomi per reprimere le lacrime.
 
«Hermione stai bene?» Apro gli occhi, è Harry, deve avermi seguita di nuovo.
 
«Sì, Harry. Sto bene grazie». Rispondo tirando su col naso.
 
«Ieri sera ti ho cercata ovunque. Pansy Parkinson mi ha beccato per i corridoi e mi ha portato dalla McGranitt, sperava di farmi beccare una punizione. Ma dopo la vittoria di ieri la prof non mi ha tolto nemmeno un punto! Tu piuttosto dov’eri finita?»
 
Penso in fretta ad una buona scusa. «In aula di Incantesimi. Volevo esercitarmi un po’».
 
Harry mi scruta apprensivo, poi mi poggia una mano sulla spalla. «Vedrai che le cose si sistemeranno molto presto».

 
 
3 Dicembre 1996:
 
È passato un mese e le cose tra me e Ron non si sono ancora sistemate. Anzi, se possibile sono addirittura peggiorate.
 
Con l’inizio di dicembre è arrivata la neve, che ha ricoperto l’intero castello come un candido mantello. Il Natale si sta avvicinando e Hogwarts si sta preparando a dovere: Hagrid ha tagliato i tradizionali dodici alberi per la Sala Grande, la professoressa Sprout ha personalmente coltivato nella sua serra le ghirlande di agrifoglio da disporre lungo le scalinate, il professor Vitious ha incantato le candele affinché brillassero senza consumarsi ed infine la professoressa McGranitt si è occupata delle armature, che adesso intonano canti natalizi al passaggio degli studenti. Anche Gazza non è rimasto con le mani in mano ed ha appeso enormi mazzi di vischio lungo tutti i corridori.
 
Onestamente, avrei preferito non lo avesse fatto. Ovunque mi giri vedo coppiette che si scambiano baci affettuosi o… passionali. Ron e Lavanda fanno parte di questa seconda categoria: sembrano quasi ritenere sprecato ogni momento trascorso senza esibirsi in pubblico con quel mostruoso spettacolino. Questo per me si traduce nell’impiegare il doppio del tempo per spostarmi da una parte all’altra del castello, nel tentativo di raggiungere le aule senza doverli incrociare.
Un destino simile è toccato ad Harry: lui non solo deve fare i conti con quella ridicola coppia di esibizionisti, ma da quest’anno sembra essere diventato una vera calamita per le ragazze, attirate da lui come uno Snaso è attirato dall’oro. Ovunque vada ampi gruppi di giovani streghe convergono sotto i rami di vischio, creando ingorghi per i corridoi e costringendolo a sfruttare tutti i passaggi segreti a lui noti per poterle evitare.
 
Tra questo e Ginny completamente assorbita da Dean, dal Quidditch e dallo studio per i G.U.F.O., mi sento davvero molto sola. Trascorro la maggior parte del mio tempo in biblioteca in compagnia dei libri e, a volte, di qualche Corvonero del mio anno come Anthony Goldstein o Padma Patil. Loro non sono male, ma certo non potrei definirli miei amici. Non come sentivo amici Harry e Ron.
 
Il mio pensiero va a Malfoy. Dopo quel famoso incontro non ci siamo più rivolti la parola. Io non ho raccontato a nessuno dell’accaduto e lui nemmeno, come da accordi. Riuscire però e sradicare dalla mia mente il ricordo dell’odore salmastro del Lago Nero si è rivelato più difficile del previsto. A volte, quando sono sola e sovrappensiero, mi sorprendo a fantasticare su quella notte: mi sembra ancora di sentire il rumore del vento nelle orecchie e di accarezzare la superficie dell’acqua con le dita. In momenti come questi mi chiedo come abbia fatto Malfoy ad andare avanti tutti questi anni avendo come unici amici Tiger e Goyle. Forse anche lui si sente solo.
 
Nonostante le numerose deviazioni fatte durante il tragitto per evitare accuratamente ogni foglia di vischio di questa scuola, riesco ad arrivare all’aula di Difesa Contro le Arti Oscure giusto in tempo per l’inizio della lezione.
Ancora non mi sono del tutto abituata al nuovo aspetto di quest’aula. Da quando Piton ha assunto la cattedra, la classe sembra più buia del solito e sulla parete sono appesi quadri di maghi e streghe mutilati da sortilegi o creature oscure. Il primo giorno di lezione ci disse che le Arti Oscure sono molte, varie e mutevoli, e che il nostro stile di difesa dovrà essere altrettanto flessibile e versatile. È stato duro, ma molto di impatto. Mi ha ricordato un po’ Harry quando dava lezioni all’ES.
 
Dall’inizio dell’anno ci stiamo esercitando con gli incantesimi non verbali. Piton ci ha insegnato numerose fatture per difenderci dai maghi oscuri e, alla fine di ogni lezione, ci fa allenare in coppia. Solitamente accoppia noi Grifondoro con qualche Serpeverde, credo ci trovi gusto a vederci prenderle di santa ragione dagli studenti della sua Casa. Ma quelli che tra noi l’anno scorso hanno preso lezioni di difesa nella Stanza delle Necessità non si lasciano certo intimidire.
 
Oggi mi batterò con Theodore Nott, Harry duellerà con Pansy Parkinson, mentre Ron se la vedrà con Malfoy. Neville invece è stato assegnato a Millicent Bulstrode, c’è da chiedersi se almeno uno dei due riuscirà a centrare il bersaglio.
Io e Nott ci posizioniamo uno di fronte l’altro, ci esibiamo in un piccolo inchino, ci voltiamo e marciamo in avanti di cinque passi, poi torniamo a fronteggiarci, entrambi con la bacchetta sguainata. Il suo sguardo è serio e concentrato, non provocatorio come quello di tutti gli altri Serpeverde. Ho sempre pensato che fosse un po’ atipico rispetto agli altri membri della sua casa: sempre isolato o immerso in qualche libro della biblioteca.
 
Un movimento della sua bacchetta e un’onda d’urto mi sbalza via.
 
«Signorina Granger si concentri!» Mi richiama la voce severa di Piton.
 
Mi alzo in piedi e mi metto in posizione di difesa. Accidenti, come ho fatto a distrarmi in questo modo? Non riesco a portare a termine questo pensiero che Nott scaglia un altro incantesimo Depulso verso di me. Questa volta riesco a pararlo all’ultimo secondo, ma perdo comunque l’equilibrio e finisco per indietreggiare di qualche passo.
Bene, Nott è molto veloce e sta adottando una strategia offensiva, per respingerlo dovrò rallentare i suoi movimenti.
 
Impedimenta”. Penso intensamente facendo scattare la mia bacchetta. Nott prova a proteggersi ma il mio incantesimo lo colpisce per primo. Il suo braccio rallenta improvvisamente, impedendogli di lanciare un contro-incantesimo: è la mia occasione per attaccare. Lo colpisco con una Fattura Sgambetto, facendolo cadere a terra. Con i movimenti rallentati ci metterà un bel po’ a rialzarsi, mi basterà un ultimo incantesimo per finire il duello.
 
Ma la voce piagnucolosa di Lavanda Brown attira la mia attenzione. I suoi denti sono cresciuti a dismisura, fin sotto il mento. Zabini, in coppia con lei, deve averla colpita con Densaugeo, la stessa fattura che Malfoy lanciò su di me al quarto anno.
 
«VonVon! Vonald!» Lavanda prova a chiamare in aiuto il suo RonRon. Peccato che i dentoni da castoro che le sono spuntati fuori le impediscano di parlare come si deve, facendo sbellicare Zabini e tutti i Serpeverde nei dintorni. La parte più infima e scorretta di me gongola vedendo la Brown tentare di coprirsi la bocca con le mani, senza riuscire però a coprire interamente la lunghezza dei denti.
 
Questa distrazione però mi costa cara: Nott mi scaglia contro un Incantesimo della Pastoia, immobilizzandomi dalla testa ai piedi e facendomi stramazzare a terra come un sacco di patate. Per fortuna non sono caduta faccia in avanti.
 
«Granger, ti fai sconfiggere davvero facilmente per una che si atteggia a salvatrice del mondo magico». Commenta Piton con disprezzo.
 
Non so cosa faccia più male, se la sconfitta, la caduta sulla schiena, il commento del professore o vedere Ron accorrere in aiuto di Lavanda, proprio come fece con me quando venni colpita dallo stesso incantesimo. Resto così, immobile, bloccata in questa spregevole posizione che mi costringe a guardare fisso in direzione dei due piccioncini. Li detesto. Detesto Lavanda, detesto Ron, detesto Nott, detesto Piton e…
 
Un lampo scaglia via Ron di molti metri.
 
«Il duello non è ancora finito, Weasley». Malfoy entra nel mio campo visivo, fiero e trionfante. Per un istante, lo vedo girarsi nella mia direzione e… sorridermi?

 
 
12 Dicembre 1996:
 
«Draco? Hey Draco?» Una voce mi sveglia con dolcezza. Pansy è seduta sulla sponda del letto, con la mano mi accarezza i capelli, come faceva mamma quando stavo male. È piacevole, è confortante. «Vieni in Sala Comune. Hai visite».
 
Mi alzo ed esco dal dormitorio in pigiama: non capita spesso di ricevere visite ad Hogwarts e sto morendo dalla curiosità. In Sala Comune vengo accolto da un familiare odore di Miele di Robinia. Non ho bisogno neanche di guardare la figura seduta sul sofà verde smeraldo, so già di chi si tratta. «Mamma!»
 
Lei mi rivolge un sorriso amorevole e mi fa cenno di sedersi accanto a lei sul divano. «Piccolo mio, quanto sei dimagrito». Mi abbraccia forte ed io ricambio con affetto. In circostanze normali non le avrei mai permesso di trattarmi come un poppante, tanto meno tra le mura di scuola, ma ora mi accorgo di quanto mi fosse mancato quel contatto.
 
«Mamma ti prego, perdonami per il modo in cui ho lasciato il Manor. Non ero in me. Ora so che volevi solo proteggermi. Non volevi che uccidessi Bertrand o il Signor Scrivenshaft, non è così? Per questo hai impedito che mi unissi a loro». Le lacrime iniziano a sgorgarmi senza freni, lavando via tutte le mie preoccupazioni. «Perché non hai risposto alle mie lettere?» Ma in realtà non mi interessa saperlo: lei è qui adesso. Quindi va tutto bene.
 
«Tesoro». Dice lei con tono rassicurante, accarezzandomi la schiena. «Hai ragione, volevo proteggerti. Pensavo non fossi all’altezza del suo Marchio. Ma le cose sono cambiate, adesso». La sua mano passa dalla mia schiena alla mia nuca, fino a raggiungere la guancia. Con il pollice mi asciuga le lacrime e scioglie il nostro abbraccio per guardarmi diritto negli occhi. «Adesso sei pronto».
 
Inizio a boccheggiare. «In che senso sono pronto? Per cosa?»
 
«Il Signore Oscuro ti ha scelto, Draco. Potrai compiere il suo volere, redimere la tua famiglia. È questo che vuoi, no?»
 
«Ma… io…» Non riesco a terminare la frase, che mia madre mi stringe la mano intorno al collo, togliendomi il respiro.
 
«Fallo. O ci ucciderà tutti».
 
Mi sveglio di soprassalto.
 
Intorno a me c’è solo il buio più nero, ma nell’oscurità riesco a distinguere i profili dei miei compagni di dormitorio, che sotto le coperte muovono il petto a ritmo regolare. Era solo un sogno.
 
Prendo tre bei respiri. Mi sembra di sentire ancora la fredda mano di mia madre chiusa sulla mia gola. Mi tocco il viso, è madido di sudore, o forse dalle lacrime. Allungo il braccio ancora tremante verso il comodino, in cerca della mia bacchetta.
 
«Lumos». Sussurro nell’oscurità. Una flebile luce si sprigiona dalla punta della mia bacchetta.
 
Mi alzo il più silenziosamente possibile e recupero la mia divisa e la biancheria. Mi vesto al buio, cercando di non svegliare i miei compagni. Per ultimo prendo i libri che ho lasciato sul comodino. Un foglio cade a terra, lo raccolgo e lo osservo sotto la fioca luce della bacchetta. È la lettera scritta da mia madre, l’unica che ho ricevuto da quando sono ad Hogwarts. La stavo rileggendo ieri sera prima di andare a dormire: ecco spiegati gli incubi.
Do un croccantino al micio prima di uscire dal dormitorio.
 
Una volta uscito dai sotterranei del castello, mi accorgo che è già mattina. Giù nella Sala Comune dei Serpeverde è difficile capire che ore siano guardando fuori dalla finestra, visto che tutto ciò che si vede sono le profondità del Lago Nero.
Decido di andare in Sala Grande per bere un the caldo e cercare di distendere i nervi. A quest’ora solo pochi studenti sono già in piedi e meno ancora vanno a fare colazione: la maggior parte di loro preferisce aspettare le 8, quando il vero banchetto si materializza in tavola. A chi invece non piace aspettare tocca solo qualche toast, delle uova, del the o del Succo di Zucca (dal quale ormai mi tengo alla larga).
 
Mi ritrovo a girovagare per i giardini del castello aspettando l’inizio delle lezioni. Il primo corso di oggi è Trasfigurazione. La McGranitt se ne sta in piedi di fronte alla cattedra, accogliendo con cipiglio i ritardatari. Gli ultimi ad arrivare sono Weasley e l’altra Grifondoro, quella che ora si porta sempre dietro. Non l’ho mai sopportata quella, ha l’aria troppo allegra. Non c’è da fidarsi di chi sembra sempre felice.
 
«Chi di voi sa dirmi chi sono i Metamorfomagi?» Il braccio della Granger scatta in alto, come al solito. «Grazie Signorina Granger, ma credo che sarebbe opportuno far rispondere qualcun altro stavolta. Potter?»
 
«Sono maghi o streghe in grado di cambiare il proprio aspetto a piacimento, senza l’uso di pozioni o incantesimi. Di solito è un potere ereditario».
 
«Eccellente! Come ha fatto presente il Signor Potter, un Metamorfomagus non deve fare uso della bacchetta per modificare le proprie sembianze, ciò implica che esistono degli incantesimi in grado di trasfigurare l’aspetto dei maghi comuni. Oggi vi introdurrò appunto al mondo della trasfigurazione umana». Sentir parlare di trasfigurazione umana mi fa accapponare la pelle, il ricordo del falso Moody che mi tramuta in furetto è ancora troppo vivido nella mia mente. «Affronteremo questo complesso argomento un passo alla volta: non vogliamo che nessuno dei presenti rimanga intrappolato sotto forma di lingerie».
 
«Perché? È successo?» Chiede quello scemo di Weasley, seguito da una risatina da parte dell’oca troppo felice.
 
La McGranitt finge di non aver sentito. «Oggi vi limiterete a cambiare il colore delle vostre sopracciglia. La formula è Crinus Muto». Dopo aver fatto pratica con la pronuncia ed il movimento della bacchetta, la prof fa apparire uno specchio di fronte ad ognuno di noi.
 
Come previsto, l’incantesimo non è affatto semplice, perfino peggio delle Trasfigurazioni Interspecie che abbiamo praticato finora. Però non mi lamento, concentrarmi sulla lezione mi aiuterà a distogliere la mente dall’incubo di stanotte. Dopo svariati tentativi riesco a portare le mie sopracciglia dal loro solito colore biondo platino ad un intenso castano scuro. Non male. Penso osservandomi allo specchio.
 
«Ottimo lavoro signor Malfoy». Guardo compiaciuto i miei compagni Serpeverde: nessuno di loro è ancora riuscito a portare a termine la trasfigurazione e mi osservano ammirati.
 
Dopo poco però mi accorgo di non aver più niente da fare, così torno a pensare a mia madre. In un primo momento la mancanza di risposte da parte sua mi aveva fatto arrabbiare, poi intristire. Adesso invece inizio ad essere preoccupato. Forse non mi sta ignorando, forse non può rispondermi. Capisco che l’unico modo per risolvere il mio dubbio è verificare di persona. Per fortuna le vacanze di Natale si stanno avvicinando ed io potrò rientrare al Manor dalla mia famiglia. E da Lui. Decido di sfruttare gli ultimi quindici minuti di lezione per scrivere l’ennesima lettera.
 
Cara mamma,
Ti scrivo per dirti che prevedo di rientrare a casa il 21, come sempre. Salvo imprevisti, il treno dovrebbe arrivare King’s Cross alle 19. Verrai a prendermi come lo scorso anno o mi farai disporre una Passaporta al Paiolo Magico?
Aspetto tue notizie e ti abbraccio,
Draco
 
Rileggo la missiva un paio di volte, ma vengo distratto dagli schiamazzi provenienti dal gruppetto dei Grifondoro in prima fila. Invece di trasfigurarsi le sopracciglia, Weasley si è fatto crescere un grosso paio di baffi a manubrio, davvero ridicolo. La Granger lo sta deridendo con insolenza, nello sguardo ha quello stesso luccichio malevolo che ha riservato a me quando eravamo sul treno per Hogwarts. Non mi dispiace quel luccichio.
Weasley però a quanto pare sa essere una bella carogna: adesso si sta esibendo in una feroce (anche se maledettamente fedele) imitazione della Granger che salta su e giù dalla sedia per rispondere alle domande della McGranitt. La Brown sta ridendo di gusto.
 
Improvvisamente vengo pervaso dallo stesso senso di irritazione che ho provato settimane fa a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Non so da cosa dipenda, se da quel pagliaccio di Weasley o dalla fastidiosa risata della sua ragazza, però sento di doverli fermare. Mi guardo di nuovo allo specchio e stavolta provo l’incantesimo trasfigurante sui miei capelli, facendoli diventare rosso fuoco. Mi volto verso gli altri Serpeverde ed inizio a fare quello che mi riesce meglio: far infuriare i Grifondoro.
 
«Hey ragazzi guardatemi! Sono Weasley! Soldi non ne ho ma sono ricco di senso dell’umorismo! Che ne dite se mi trasfiguro in un asciugamano? Così potrei guardare le ragazze mentre si lavano e contemporaneamente pulirmi dalla bava di quel Vermicolo della mia ragazza!»
 
Il risultato supera ogni mia aspettativa: i Serpeverde si sbellicano dalle risate, mentre lo straccione si alza di scatto urlandomi addosso. «Ti faccio nero Malfoy!» La minaccia gli costa una giornata di punizione con la McGranitt.
Istintivamente cerco lo sguardo della Granger. Sta sorridendo. Negli occhi quel malevolo luccichio.

 
 
15 Dicembre 1996:
 
Dopo lo spettacolino di Malfoy durante Trasfigurazione e la punizione della McGranitt ho capito una cosa: ci provo un gran gusto a vedere Ron fuori dai gangheri. Quindi mi sono chiesta cosa avrei potuto fare per mandare Ronald su tutte le furie. Dopo averci pensato un po’ su ho trovato la risposta.
 
«Ciao Cormac!» Cinguetto con finto entusiasmo.
 
«Oh. Ciao Granger, cioè Hermione». Chiaramente è in imbarazzo, ma fingo di non farci caso.
 
Decido di tagliare i convenevoli e di andare dritta al punto. «Mi dispiace se non abbiamo avuto più occasioni di parlare. Ma sai, dopo quello che è successo ad Hogsmade ho avuto bisogno di tempo per elaborare».
 
Non è una carta che sono felice di giocare, ma sembra avere effetto. «Oh si certo, certo. A proposito, mi dispiace tanto, non ti ho mai chiesto come stessi. Sai io…»
 
«Non importa Cormac». Gli poggio una mano sul braccio. «Ormai è acqua passata. Ora voglio solo guardarmi avanti e non pensarci più. È per questo che sono qui, mi chiedevo se avessi già una compagna per la festa di Natale di Lumacorno».

 
 
20 Dicembre 1996:
 
La seconda fase del mio piano prevede, ovviamente, che Ron venga a sapere dell’appuntamento tra me e il suo rivale sportivo. Non posso dirglielo direttamente, sembrerei disperatamente in cerca di attenzioni, ma non voglio che gli venga riferito da qualcuno, altrimenti non potrei godermi la sua reazione.
 
Dal momento che il ballo si terrà stasera, devo agire in fretta.
A pranzo mi ritrovo, come ormai d’abitudine, a mangiare da sola. Harry e Ron sono seduti molto più in là, parlottando tra loro e guardandomi di sottecchi, come se non me ne accorgessi. Vengono raggiunti da Calì e Lavanda che, come d’abitudine, si getta tra le braccia del suo RonRon. È arrivato il momento.
 
Mi alzo dal mio posto e mi dirigo verso l’uscita della Sala Grande, passando proprio accanto al quartetto.
 
«Oh, ciao Hermione!» Mi sorride Calì.
 
Io chiamo a raccolta tutte le mie abilità recitative per sorridere a mia volta. «Ciao Calì! Vai alla festa di Lumacorno stasera?»
 
«Non sono stata invitata… Mi piacerebbe andarci, pare che sarà proprio bello. Tu ci vai, vero?»
 
«Si, vedo Cormac alle otto e poi…» Un rumore di ventosa staccata da un lavandino otturato mi dice che ho fatto centro. Ho la completa attenzione di Ron. «…andiamo insieme alla festa».
 
«Cormac?» Domanda Calì. «Cormac McLaggen, vuoi dire? Allora stai con lui?»
 
«Oh… sì… non lo sapevi?»
 
«No!» Sembra elettrizzata dal pettegolezzo. «Ti piacciono i giocatori di Quidditch, eh? Prima Krum, poi McLaggen…»
 
«Mi piacciono i giocatori di Quidditch molto bravi». La correggo io sorridendo. «Beh, ci vediamo. Devo andare a preparami per la festa!»
 
Me ne vado senza guardarmi indietro. Non poteva andare meglio di così.

 
 
Lumacorno ha dato davvero il meglio di sé per questa serata. Il suo ufficio è molto più grande del solito, ampliato sicuramente con la magia. Le pareti ed il soffitto sono stati ricoperti da arazzi color smeraldo, cremisi ed oro. La sala è affollata, calda ed inondata dalla luce rossa di un elaborato lampadario appeso al soffitto.
Ho fatto bene a vestirmi elegante, temevo di aver esagerato. Ho scelto un vestito nero, con una generosa scollatura sulla schiena, che mi cingesse morbidamente la vita per poi ricadere dritto fino alle caviglie. Ho legato i capelli in uno chignon, lasciando poche ciocche libere di cadere studiatamente intorno al mio viso. Decisamente troppo per McLaggen.
 
Lui indossa un completo nero molto semplice ed elegante, privo dei tipici fronzoli degli abiti da cerimonia dei maghi. Molto bello, non c’è che dire, ma decisamente troppo stretto per un ragazzo della sua stazza. Ho il sospetto che abbia scelto una taglia più piccola per far sembrare le sue braccia ed il petto più grandi.
 
Davanti all’abbondante buffet cerco di intavolare una conversazione. «Allora Cormac, come proseguono gli studi?»
 
«I miei studi? Oh no io non sono una persona accademica, il mio futuro è il Quidditch! Sai, quest’estate sono stato notato da un talent scout». Mi risponde pieno d’orgoglio e facendo un passo verso di me.
 
«Ma non mi dire». Rispondo indietreggiando di un passo. Inizio a rendermi conto solo ora che invitare McLaggen alla festa significa dover trascorrere l’intera serata con lui.
 
«Ebbene sì. Ero nella mia città natale, Norwich, e giocavo un’amichevole contro un’altra squadra della contea: la più forte squadra giovanile di Quidditch di tutta il Norfolk! Non erano male, in effetti, tiri veloci e precisi. In più avevano due battitori che non lasciavano scampo. Ma nessuna Pluffa può sfuggire alla mia difesa».
 
«Immagino che per essere portiere sia necessaria…»
 
«Dovevi vedere i colpi che ho parato!» Lascio cadere la mia frase a metà. «Sembravo inarrestabile! Ovviamente sapevo che il talent scout era tra il pubblico, così ne ho approfittato per mostrargli qualche vecchio trucchetto di famiglia».
 
«Noi in famiglia invece…»
 
«Alla fine della partita il cercatore di talenti mi ha raggiunto nello spogliatoio». Io intanto abbandono l’idea di potermi inserire all’interno del suo monologo ed inizio a ingozzarmi di canapè. «Mi ha offerto un provino per i Tutshill Tornados! È fissato per la settimana prossima, questo potrebbe essere il mio trampolino di lancio!»
 
Quando Cormac sembra sazio di stuzzichini (ma non di racconti sulla sua carriera sportiva) ci spostiamo in un’ala della sala meno affollata.
 
«Certo che c’è molta gente qui!» Mi sorprendo di essere riuscita a portare a termine una frase senza essere bruscamente interrotta, così mi giro verso McLaggen, cercando di capire cosa lo abbia distratto: con orrore mi accorgo di trovarmi sotto ad un vischio.
 
Cormac mi tira a sé con le mani, ma io non ho intenzione di farmi rubare un altro bacio a tradimento. «Perdonami Cormac ma devo assentarmi un momento».
 
Mi allontano il più velocemente possibile, imbattendomi con gioia in Harry e… Luna? Giorni fa avevo suggerito ad Harry di stare in guardia da alcune ragazze di Grifondoro, come Romilda Vane, ma non credevo avrebbe portato Luna al ballo. È stato carino.
 
«Ciao Hermione!» Mi sorride lei con aria svampita.
 
«Ciao Luna! Ciao Harry! Grazie al cielo siete qui».
 
«Che ti è successo?»
 
«Cormac. È come una piovra. Prima mi sono dovuta sorbire le Cento Grandi Parate di Cormac McLaggen Non-Stop e dopo ha provato a…»
 
Ma non riesco a portare a termine la frase che la porta dell’ufficio di Lumacorno si spalanca di colpo. Malfoy fa il suo ingresso nella sala, affannato e più pallido del solido, sventolando nella mano destra una pergamena. I suoi occhi, normalmente scavati e neri, sono spalancati e traboccano panico.
 
«Devo parlare col professor Piton!»

 
 
Severus mi trascina fuori dall’ufficio di Lumacorno trattenendomi per il colletto della divisa. Credo di non averlo mai visto così arrabbiato prima d’ora, ma non m’interessa. Ciò che ho da dirgli ha la priorità.
 
«Dove stiamo andando?» Grido con tutte le mie forze. «Ho bisogno di parlarle!»
 
«Zitto moccioso! Seguimi e basta». Moccioso? Ma non capisce che è una cosa seria?
 
La testa inizia a vorticarmi mentre annaspo alla ricerca d’aria. Sento di poter svenire da un momento all’altro, ma Severus continua ad avanzare senza degnarmi di alcuna attenzione. Porto le mani al petto, come se questo potesse aiutare il mio cuore a rallentare i suoi battiti. Proseguiamo per un tempo che sembra infinito lungo il corridoio del sesto piano, fino a raggiungere l’aula di Rune Antiche. Il professore di Pozioni mi ci spinge dentro senza troppi convenevoli.
 
«Cosa ti è saltato in mente?» Ruggisce lui. «Non puoi metterti a gridare in questo modo per i corridoi e tantomeno fare irruzione nell’ufficio di Lumacorno chiedendo di me!» La sua voce è poco più di un sussurro, ma il suo tono è minaccioso ed il suo viso paonazzo.
 
«Severus è importante!»
 
Uno schiaffo mi colpisce in pieno volto costringendomi a tacere ma aumentando a dismisura il senso di panico.
 
«Ti ho detto di fare silenzio. E non chiamarmi più in questo modo: per te sono il professor Piton». Si avvicina a me di un passo, abbassando ulteriormente la voce. «Draco, quello che stai facendo è inaccettabile. Sei nervoso, isolato, sparisci per ore, salti gli allenamenti di Quidditch… Non capisci che così facendo attiri l’attenzione su di te? E dopo stasera anche su di me».
 
«Lei come sa queste cose?»
 
«Pansy Parkinson è venuta a parlarmi, è preoccupata per te». Dannazione Pansy.
 
«Stiamo perdendo tempo, io…»
 
«Draco, ascoltami bene, so che la Sua decisione ti ha sconvolto, è naturale, ma devi mantenere un profilo basso. Se mi dici cosa ti passa per la mente io posso aiutarti. Non sei solo».
 
«Le piacerebbe, vero? Che io le dicessi che sono in difficoltà, che ho bisogno di aiuto. Così potrebbe correre a riferirlo a loro, dire a tutti che non sono all’altezza della situazione. Non le basta essere il favorito, vero? O che mio padre sia in prigione. Vuole rovinarci del tutto!» Non so perché l’ho detto, le parole mi sono uscite fuori di getto.
 
«Parli come un bambino. Ti sto offrendo il mio aiuto, ma tu continui a respingermi. Non mi lasci altra scelta, Draco».
 
Senza alcun preavviso, il ricordo di mia madre il giorno in cui mi ha comunicato che non sarei diventato un Mangiamorte riaffiora alla mia mente, più vivido che mai. Quindi Piton sta cercando di leggermi la mente, eh? Bene, ha trovato pane per i suoi denti.
Chiudo gli occhi e provo a svuotare la testa da ogni pensiero, da ogni emozione. Ma l’ansia ed il panico emergono prepotenti ad ogni mio tentativo di domarli, e in un attimo un altro ricordo scorre davanti ai miei occhi: sono seduto da solo su un muretto a Diagon Alley, dopo aver visto Tiger e Goyle passeggiare per le strade con le loro madri. Sento un rumore, la Granger è lì, mi ha visto, mi guarda negli occhi prima di andarsene senza dire una parola.
 
No! Non posso lasciarlo entrare. Non può assolutamente vedere certe cose. Se solo scoprisse che… Prendo un respiro e mi rilasso, concentrandomi sui battiti del mio cuore, rapidi e frenetici. Respiro ancora, il battito rallenta, la mente si svuota, il panico si placa. Ce l’ho fatta.
 
«Ah… Zia Bellatrix ti insegna Occlumanzia, vedo. Quali pensieri stai cercando di nascondere al tuo signore, Draco?»
 
«Non sto cercando di nascondere niente a Lui, è lei che non voglio che si intrometta!» Mento spudoratamente. «Se solo mi lasciasse spiegare, non avrebbe bisogno di frugarmi nella mente come un ladro». Ora che ho riacquistato la calma, sento di poterlo convincere a darmi ascolto. Gli spingo contro il petto la pergamena che ho stretto finora nel pugno. Lui la apre senza aggiungere altro.
 
Caro Draco,
So che non vedevi l’ora di rientrare a casa, ma ritengo sia più saggio che tu trascorra le vacanze di Natale ad Hogwarts. Qui al Manor non potremmo comunque festeggiare e senza tuo padre non sarebbe lo stesso. Abbi cura di te.
Ti voglio bene,
Mamma
 
«Sarebbe questa l’emergenza?» Chiede accigliato il professor Piton.
 
«C’è qualcosa che non va, ne sono sicuro».
 
«Sai bene com’è la situazione al Manor, adesso. Perché ne sei sorpreso?»
 
«Non risponde mai alle mie lettere, professore. Questa è la prima che ricevo da mesi. Non sta bene, ne sono sicuro, per questo non vuole che rientri a casa». Evito di parlare dell’incubo di qualche notte fa, non mi prenderebbe sul serio.
 
«Draco stai vaneggiando. Narcissa sta bene, è a casa ed è al sicuro». Ma io non riesco a togliermi dalla mente il ricordo di lei in sogno che dice “ci ucciderà tutti”.
 
«Come fa a saperlo? Da quanto tempo non mette piede al Manor?»
 
«Sono ben informato sulle vicende del Manor, e se questo non basta a calmarti, sappi che mi recherò li, durante le vacanze».
 
«Mi porti con lei allora! Ho bisogno di vederla!»
 
«No!» Questa volta ha alzato il tono della voce, provocandomi un brivido di terrore. «Tu resterai qui, come desidera tua madre». Prende un respiro e si porta il pollice e l’indice all’intaccatura del naso, come se stesse meditando sul da farsi. «Quando tornerò inizieremo delle lezioni avanzate di Pozioni. Ho promesso a Narcissa che ti avrei tenuto d’occhio e sono certo che il tuo talento sia sprecato con quell’incompetente di Lumacorno».
 
«Lei ha promesso che…»
 
«La conversazione finisce qui». Apro la bocca, senza però sapere che altro aggiungere. «Ti farò avere sue notizie». Dice infine il professore di Pozioni prima di lasciare la stanza.
 
Io invece rimango lì. Immobile.

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Lo so, lo so. Questo capitolo è infinitamente lungo e con poca azione. Diciamo che da una parte sentivo la necessità di dare ai due protagonisti del tempo per riflettere con loro stessi sui recenti avvenimenti, dall’altra come ormai saprete mi piace da morire dedicare un po’ di tempo a raccontare della vita ad Hogwarts e delle lezioni.
Ad esempio, mi sono sempre chiesta… ma se il cibo si materializza sempre ad un orario preciso e gli studenti non possono uscire dal castello per andare a comprare da mangiare… che fanno se gli viene fame a metà giornata?
 
Comunque dalla prossima volta credo che ridurrò di molto la lunghezza dei capitoli… voi che ne pensate? Fatemelo sapere, è importante per me avere riscontri di questo tipo (ormai lo avrete notato, ho la tendenza ad esagerare)! Mi raccomando, non siate timidi… non mi offendo mica (ho la pellaccia più dura di un Ungaro Spinato)!
 
Infine voglio ringraziare tutte le persone che questa settimana hanno inserito la mia storia tra le seguite ed in particolare ringrazio Riccardo per i consigli e Beatrix che come me è pignola e precisina ed è fan dell’IC, mi fai sentire meno sola!


Ci vediamo domenica prossima!

Flami151


 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XI



22 Dicembre 1996:
 
Osservo il mio riflesso nello specchio del bagno dei maschi al sesto piano. Bianco, scavato, teso.
Stringo forte le mani attorno al lavandino, tentando di controllare i tremori che stanno scuotendo tutto il mio corpo. Un tempo ero bravo in questo: a controllare le mie emozioni. A chiuderle in un cassetto e a dimenticarle. È così che ho imparato a padroneggiare l’Occlumanzia. Ma sono ormai due giorni che le mie abilità sembrano svanite, ed io mi ritrovo a nascondermi nel bagno come un ratto.
Non che ce ne sia realmente bisogno, la scuola è praticamente deserta, ma qui dentro mi sento invisibile, protetto.
 
La verità è che quel cassetto, quello in cui ho rinchiuso tutti i miei pensieri e le mie preoccupazioni, si è aperto, portando alla luce angosce e ricordi che credevo di aver ormai archiviato. Tra questi, uno in particolare mi tormenta giorno e notte, rubandomi il sonno e l’appetito.
 
Era l’estate del 1995. Il Torneo Tremaghi era giunto al termine, Cedric Diggory era morto e Lui era tornato.
Io ero appena rientrato a casa per le vacanze estive quando mamma e papà hanno chiesto di parlarmi. Mi hanno portato in camera loro, mi hanno fatto sedere sul letto e si sono seduti accanto a me. Papà si è alzato la manica sinistra e mi ha mostrato il Marchio Nero: non avevo mai visto niente di così spaventoso e magnifico allo stesso tempo.
 
Ad essere sinceri, a casa mia non abbiamo mai parlato molto del Signore Oscuro: ogni volta che chiedevo di lui, i miei genitori dicevano che non ero pronto per sapere. E così ogni giorno la mia curiosità cresceva. Volevo sapere dell’uomo che aveva messo in ginocchio l’Inghilterra, che aveva saputo padroneggiare le Arti Oscure meglio di qualsiasi altro stregone mai esistito, che aveva combattuto per i diritti di nascita dei veri maghi Purosangue.
 
Per anni avevo aspettato il giorno in cui avrei sentito parlare di lui direttamente da mio padre, suo seguace e servitore, e quel giorno era finalmente arrivato. Mi raccontarono del loro primo incontro col Signore Oscuro, di quando papà e zia Bellatrix ricevettero il Marchio, della Prima Guerra Magica per l’eradicazione della feccia Babbana, di come il Signore Oscuro, venuto a conoscenza di una profezia dal contenuto misterioso, decise di far visita ai Potter e di come incontrò la morte tentando di uccidere il loro unico figlio. Mi raccontarono di come il Ministero diede la caccia ai Mangiamorte, facendo cadere in disgrazia anche le più antiche famiglie Purosangue e di come loro riuscirono a sottrarsi alla giustizia fingendo di aver agito sotto l’influenza della Maledizione Imperius. Infine, mi dissero che Lui era tornato, che aveva mostrato misericordia verso chi gli aveva voltato le spalle e che da quel giorno le nostre vite sarebbero cambiate.
 
Ricordo di non essermi mai sentito emozionato come quel giorno. Il Signore Oscuro era tornato e la mia vita sarebbe cambiata.
Quello è stato il giorno in cui ho iniziato a bramare un futuro da Mangiamorte: credevo che se avessi ricevuto il Marchio Nero, sarei diventato forte ed invincibile, sarei diventato potente, proprio come voleva papà. Non sarei più stato uno stupido moccioso bravo solo a vantarsi dei suoi genitori. Sarei diventato un adulto.
 
Forse, se quel giorno fossi stato più attento, mi sarei accorto del tono inquieto di papà e degli occhi lucidi di mamma. Ma era una verità troppo scomoda, per questo l’avevo riposta nel cassetto. E adesso non riesco a pensare a nient’altro.
 
Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te.
 
Questo ha detto mia madre il giorno in cui si è interposta tra me ed il volere del Signore Oscuro.
Fino ad oggi ho creduto che temesse ciò che sarebbe potuto accadere se avessi fallito nel mio dovere come Mangiamorte, se fossi stato rinchiuso ad Azkaban come papà. Ma adesso, pensando alla morte di Bertrand, inizio a chiedermi se non temesse piuttosto ciò che sarebbe accaduto se avessi avuto successo.
 
Guardo le mie mani strette attorno alla ceramica del lavandino: le nocche sono bianche e tese per lo sforzo.
 
Forse Piton ha ragione. Forse sto davvero vaneggiando. Forse la verità è molto più semplice di quanto non sembri: non ho ricevuto il Marchio perché non mi ritenevano all’altezza. Tutto qui.
E come avrebbero potuto? Non mi sono mai guadagnato niente in vita mia, non ho mai dovuto alzare un dito. Papà si è sempre occupato di tutto e ora che lui non c’è è mamma a tenere le redini della famiglia. Per questo non ha neanche tempo di rispondere alle mie lettere.
 
Ma come posso dimostrare quanto valgo se lei mi tiene distante? Se adesso fossi al Manor potrei rendermi utile.
Ma come farei a dare prova della mia lealtà, se il ricordo dei resti bruciati della bottega Scrivenshaft mi tormenta ancora?
 
Che confusione. La tesa inizia a girarmi ed io mi reggo con ancora più forza per restare in piedi. Prendo dei profondi respiri per riuscire a calmarmi, ma ad ogni sospiro l’aria esce dalle mie labbra a singhiozzi e d’un tratto, guardando di nuovo il mio riflesso allo specchio, mi accorgo che sto piangendo.
 
Piango senza controllo per cinque minuti, forse di più, finché una voce di donna non mi riporta alla realtà.
 
«C’è qualcuno?»
 
Viene da uno dei gabinetti alla mia sinistra. Mi volto dall’altra parte per non farmi vedere in faccia. Ma di chiunque si tratti capirà sicuramente chi sono e cosa sto facendo. Ma perché una ragazza si è chiusa nel bagno dei maschi per tutto questo tempo?
 
«Ehi ragazzo, dico a te». Resto immobile nella mia posizione. Non so cosa fare, non voglio che qualcuno mi veda in questo stato. «Cosa c’è? Non mi senti? O non vuoi guardare negli occhi la malinconica, grassoccia, occhialuta Mirtilla Malcontenta?»
 
Non faccio nemmeno in tempo a registrare quest’ultima informazione che il mio intero corpo di irrigidisce dal freddo, come se fossi stato immerso in una vasca di acqua ghiacciata. Mirtilla mi ha attraversato e ora si staglia di fronte a me.
 
«Ma tu… stai piangendo! Cosa è successo?»
 
Non provo neanche ad asciugarmi le lacrime, tanto ormai sarebbe inutile. «Niente, è complicato».
 
Il fantasma della giovane Corvonero sospira. «Ricordi me ai tempi della scuola! Anche a me capitava di nascondermi dentro il bagno a piangere. C’era questa ragazza, Olive Hornby, che mi prendeva sempre in giro per i miei occhiali. Un giorno mi sono rinchiusa nel bagno delle ragazze al secondo piano e… sono morta».
 
Non so cosa mi dia più fastidio: se il pensiero di morire dentro questo cesso o lo sguardo compassionevole della ragazza. «È diverso. A me nessuno mi prende in giro. Sono solo preoccupato, tutto qui».
 
«Cos’è che ti preoccupa?» Un sorriso si accende sul suo viso, sembra entusiasta di sentirmi parlare dei miei problemi.
 
Soppeso per qualche istante l’idea di raccontarle cosa mi passa per la mente: mi farebbe comodo un parere imparziale, inoltre ho il sospetto che non riferirebbe comunque nulla ad anima viva. «Mia madre, non risponde alle mie lettere e non mi ha voluto a casa per Natale».
 
Mirtilla mi vola intorno, squadrandomi dalla testa ai piedi. In vita mia nessuno mi ha mai osservato in questo modo e non mi piace per niente.
 
«Capisco… Preoccuparsi per i genitori fa parte del diventare adulti. Un giorno loro fanno di tutto per prendersi cura di te, il giorno dopo sei tu che vorresti prenderti cura di loro. L’ho imparato il giorno della mia morte, quando mia madre e mio padre sono stati chiamati qui ad Hogwarts. Non ho mai visto un dolore così grande negli occhi di nessuno. Avrei fatto qualunque cosa per farli sentire meglio. Ho provato a consolarli, ad abbracciarli, ma non ho fatto altro che passargli attraverso». Si osserva il corpo perlaceo e trasparente, sconsolata. «Sai, loro erano scettici su questa scuola. Nessuno dei due era un mago ed entrambi credevano che forse una scuola Babbana sarebbe stata più… sicura. Credo che si siano incolpati della mia morte ogni giorno della loro vita». La vedo perdersi per un attimo nei suoi ricordi, poi torna a scrutarmi. «Come hai detto che ti chiami?»
 
«Sono Draco Malfoy».
 
«Draco… che nome meraviglioso». Le sorrido, facendola sorridere a sua volta. «Mi dispiace, vorrei poterti aiutare, davvero, ma purtroppo non mi è permesso lasciare la scuola, ordini del Ministero. Altrimenti sarei già andata da tua madre a vedere come stava».
 
Per un attimo ringrazio mentalmente l’impiegato dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, Divisione Spiriti, che ha vietato a Mirtilla gli spostamenti al di fuori di Hogwarts: non voglio neanche immaginare cosa sarebbe accaduto se il Signore Oscuro si fosse ritrovato un fantasma ficcanaso in mezzo ai piedi.
 
«Grazie Mirtilla, lo apprezzo comunque».
 
Una lacrima argentea le cola dietro la montatura degli occhiali. «Draco tu sei diverso dagli altri ragazzi. Ti sei confidato con me e sei stato gentile. Lascia almeno che ti dia un consiglio: non fuggire dai tuoi tormenti, affrontali. Se non lo farai, questi ti terranno legato alla vita terrena per l’eternità. Fidati da chi ci è passato: io non lascerò mai questo mondo, e tutto perché non ho mai chiuso i conti con i miei demoni».
 
Non so nemmeno cosa rispondere, sono spiazzato. Apro la bocca nel tentativo di trovare le parole, ma qualcuno bussa alla porta del bagno.
 
«Malfoy sei là dentro? Devo parlarti subito!» Riconosco immediatamente la voce della Granger. Ma perché è qui? E perché mi sta cercando?
 
Porto subito il dito alla bocca per far cenno a Mirtilla di fare silenzio: se non sente alcun rumore, forse se ne andrà.
Mirtilla però si avvicina a me e mi sussurra. «Ascoltami bene Draco: non fare i miei stessi errori e soprattutto promettimi che mi verrai a trovare ancora». Poi spicca il volo per tuffarsi a capofitto nello scarico del lavandino, ma non prima di aver urlato «È QUI DENTRO!»

 
 
Quest’anno ho deciso di trascorrere le vacanze di Natale ad Hogwarts.
Con i Mangiamorte a piede libero, i miei genitori saranno più al sicuro se la loro figlia Nata Babbana se ne sta lontana da casa per un po’. A loro non ho detto così, ovviamente, ho detto che quest’anno ci avevano riempiti di compiti e che a casa non mi sarei potuta esercitare con gli incantesimi. Erano dispiaciuti, ma hanno capito.
 
Non ho detto niente neanche a Harry e Ginny: mi avrebbero sicuramente invitata a trascorrere le feste alla Tana e vista la situazione attuale con Ron, non mi sembrava proprio il caso.
 
Ho deciso di approfittare del tempo a disposizione per fare un po’ di ricerche sul Principe Mezzosangue. Al momento tutto ciò che sono riuscita a scoprire che nel mondo dei maghi non esiste la nobiltà e quindi di conseguenza non esiste alcun principe. Questo apre la strada a due diverse ipotesi: o il nostro pozionista ha ereditato il titolo nobiliare da un genitore Babbano, oppure Prince è un nome proprio. Anche se forse si potrebbe trattare solo di un soprannome.
Insomma, il Principe Mezzosangue potrebbe essere chiunque.
 
Mi massaggio le tempie con gli indici, sforzandomi di mantenere la concentrazione, ma la mia mente continua a tornare alla festa di Lumacorno e all’inaspettata irruzione di Malfoy. Chissà cosa gli è successo da richiedere l’intervento del professor Piton.
So che Piton è il direttore della casa dei Serpeverde ma non credo che il problema di Malfoy fosse di natura scolastica. No, sembrava davvero spaventato. Mi chiedo se Voldemort c’entri qualcosa.
 
Decido di uscire all’aperto, tanto ogni tentativo di concentrarmi è vano. Sfortunatamente però appena metto piede fuori dalla biblioteca mi imbatto in Pix, il Poltergeist di Hogwarts, che galleggia a mezz’aria con la sua solita aria da piantagrane.
 
«Ah! L’amica di Potter Picchiatello, dico bene?» Chiede lui facendo tintinnare il suo cappello da giullare.
 
«Ciao Pix». Mi limito a rispondere tirando dritto, meglio non perdersi in chiacchiere con un Poltergeist.
 
«Perché sei qui a fare la secchiona? Non dovresti tenere compagnia al tuo amato che è tutto solo a struggersi nel bagno due piani più su?»
 
Che strazio! Ci mancava solo Pix a sfottermi sulla mia vita sentimentale. «Si da il caso che Harry non sia il mio amato e di sicuro non si sta struggendo in nessun bagno del castello. È tornato a casa per Natale».
 
«Oh ma io non parlo del Pomposo Popolare Potty, parlo del biondino arrogante che si vanta sempre del suo formidabile paparino».
 
Se mi avesse lanciato un Incantesimo delle Pastoie mi avrebbe lasciato meno di sasso. «Cosa pensi di sapere esattamente
 
«Io non penso di sapere niente, dolce fanciulla dai denti di coniglio, io so tutto! So dei vostri giri notturni nel castello, dei voli sopra il Lago Nero, delle vostre romantiche passeggiate nel parco sbevazzando Whiskey Incendiario! So tutto cara mia!» E per sottolineare meglio il concetto, si esibisce in una sgraziata piroetta a mezz’aria.
 
Devo stare calma, qualunque cosa sappia Pix, non devo fargli credere che mi importi, altrimenti mi avrà in pugno. «Tu hai le traveggole, Poltergeist».
 
«Uhhh! Fossi in te non sarei così impertinente con me, coniglietta! Non vorrai mica che vada a spifferare tutto ai tuoi amichetti vero? Sono certo che il rosso sarà felicissimo di sapere di questa felice unione!» Non faccio in tempo a rispondere che Pix si è già dato alla fuga. La sua risata fa eco per i corridoi deserti della scuola.
 
Devo correre ad avvertire Malfoy. Dove ha detto che si trova? Nel bagno del sesto piano? Corro il più velocemente possibile e, una volta arrivata busso freneticamente alla porta. «Malfoy sei là dentro? Devo parlarti subito!»
 
Ma dal bagno è una voce femminile a rispondermi. «È QUI DENTRO!» Lo prendo come un invito ad entrare.
 
Proprio come aveva detto Pix, Malfoy è qui, intento a guardare sbigottito all’interno di uno dei lavandini del bagno. «Malfoy, ma che stai…?» La frase però mi muore a metà, quando vedo riflesso nello specchio il viso del Serpeverde: non l’ho mai visto così emaciato prima d’ora, sembra quasi abbia perso cinque kili nel giro di due giorni. «Stai bene?»
 
«Cosa vuoi Granger?»
 
«Ti ho chiesto se stai bene».
 
«Mai stato meglio, non si vede? Sei venuta a sincerarti della mia salute o hai altro da dirmi?»
 
È molto più aggressivo del solito. Anzi, si potrebbe dire che è tornato ad essere aggressivo come è sempre stato. Mi stavo quasi abituando al nuovo Malfoy. Qualcosa nella sua espressione però mi convince a non insistere ulteriormente.
 
«C’è qualcun altro con te?»
 
«Nessuno».
 
«Ne sei sicuro? Perché ho sentito una voce femminile poco fa».
 
«Sì, ne sono sicuro! Certo Granger che per essere una che ha sempre tutte le risposte pronte, ne fai parecchie di domande!» Io però continuo a guardarlo aspettando che sputi il rospo. Lui tira un sospiro. «E va bene, c’era qualcuno. Ma ora non c’è più».
 
«Non mi risulta che questo bagno abbia due porte».
 
«Granger se vuoi fidarti bene, altrimenti sei libera di andartene. Nessuno ti ha invitata ad entrare. Oltretutto si può sapere che ci fai qui?»
 
«A casa non posso esercitarmi con gli Incantesimi, quindi ho deciso di rimanere ad Hogwarts per Natale».
 
«QUI NEL BAGNO, GRANGER! CHE CI FAI QUI?» Urla il Serpeverde a pieni polmoni indicando il pavimento.
 
Non credo di aver mai visto Malfoy perdere le staffe in questo modo. Devo avergli davvero urtato i nervi.
Il suo volto è paonazzo e gli occhi sembrano quasi uscirgli dalle orbite. Vedendolo così non riesco davvero a trattenermi dal ridere. Provo a scusarmi tra le risate, temendo di venire schiantata da un momento all’altro. Malfoy però non mi schianta, anzi, contro ogni previsione, inizia a ridere anche lui. Come due babbei continuiamo a ridere fino alle lacrime, fino a svuotarci completamente.
 
«Seriamente». Dice il Serpeverde dopo aver ripreso fiato. «Che ci fai qui, Granger?» Si vede che ripetere questa domanda senza ridere gli costa un enorme sforzo.
 
«Mi ha detto Pix dove trovarti. Mi ha detto anche di averci visto insieme in diverse occasioni».
 
«Quali esattamente?»
 
«Tutte. E mi ha minacciata di spifferare tutto a Ron ed Harry. Dobbiamo impedirglielo».
 
«E cosa pensi di fare: minacciarlo, ucciderlo? Sai che i Poltergeist sono immortali vero?»
 
«Certo che lo so, ma ci sarà pure un modo per convincerlo a non dire niente, o no? O magari potremmo costringerlo a dimenticare ciò che ha visto… Secondo te è possibile Obliviare uno spirito?»
 
«Ah non lo so, sei tu l’esperta degli Incantesimi della Memoria. Ma ti ricordo che “non è prudente eseguire un incantesimo del genere se non se ne ha la padronanza, Gilderoy Allock si è fottuto il cervello così”». Mi fa il verso Malfoy usando il tono di voce più sgradevole possibile.
 
«Non ho mai usato quella parola lì. E comunque si può sapere perché sei così tranquillo?» Questa volta sono io a spazientirmi. «Dobbiamo risolvere questa faccenda, in fretta».
 
«Granger rilassati. Pix non dirà nulla, ho un piano. Ci basterà andare a parlare col Barone Sanguinario».
 
E così iniziamo a dirigerci verso i sotterranei del castello camminando ovviamente a debita distanza, lui davanti ed io dietro. Ammetto che l’idea di avere un vis-à-vis col fantasma di Serpeverde non mi entusiasma molto, ma Malfoy ha ragione: nessuno in questo castello spaventa Pix come il Barone Sanguinario. E poi sono abbastanza certa che non sia il tipo di fantasma che vada a spifferare queste cose in giro.
 
Mentre camminiamo osservo di sottecchi la schiena di Malfoy, chiedendomi cosa gli stia capitando, perché si trovi qui a Natale e cosa ci stesse facendo in quel bagno.
 
«Comunque non devi preoccuparti per la voce che hai sentito». Dice lui all’improvviso continuando a camminare senza voltarsi. «Era solo Mirtilla. Quando sei entrata tu se ne era già andata, non ha sentito nulla di quello che ci siamo detti».
 
«Mirtilla Malcontenta?» Chiedo sorpresa della sua confessione.
 
«Sì». Dice col tono di chi non ha intenzione di aggiungere altro.
 
Imboccato uno dei corridoi delle segrete, ci ritroviamo faccia a faccia col fantasma di Serpeverde. Tiene i suoi occhi grandi e neri fissi nel vuoto e sul suo corpo bianco perlaceo spiccano evidenti le macchie di sangue argentee. Capisco perché anche gli altri fantasmi lo evitino sempre: mette i brividi.
 
«Buonasera Barone». Si avvicina Malfoy con un leggero inchino.
 
Il Barone si volta verso di noi, facendo tintinnare le catene appese al suo collo. «Buonasera Draco. Cosa ti porta qui? Non ricevo spesso visite».
 
«Sono qui per chiederle un favore, Barone. Vede io e la mia amica siamo stati presi di mira da Pix il Poltergeist e ci chiedevamo se lei potesse aiutarci».
 
A sentir nominare Pix, lo sguardo del Barone Sanguinario si riempie di odio, facendo tremare perfino Malfoy, che finora era riuscito a mantenere i nervi saldi. «Non aggiungere altro». E così il fantasma del Barone sparisce attraverso il soffitto.
 
«È stato più facile del previsto!» Esclamo io con sollievo.
 
«Sì, grazie a me. Se avessimo fatto di testa tua a quest’ora saremmo in biblioteca a cercare formule per Obliviare i Poltergeist». Mi sfotte con un sorriso.
 
«Menomale che ho un amico così pieno di risorse!» Lo sfotto io a mia volta.
 
«Non montarti la testa! “Amica” era solo più veloce di “Grifondoro saputella che mi segue ovunque vada”».
 
«Se non altro io non…» Ma la mia frase viene interrotta dal un rumoroso brontolio proveniente dallo stomaco di Malfoy. Il Serpeverde si copre il ventre con la mano, come se volesse attutire il rumore. Ora che ci penso in effetti non l’ho mai visto in Sala Grande questi giorni. «Da quant’è che non mangi, Malfoy?»
 
«Non lo so, credo fosse venerdì». Risponde lui guardando in basso per la vergogna.
 
«Vieni con me». E senza aspettare una risposta mi dirigo verso le cucine.
 
Lui mi segue, lo sento camminare qualche passo dietro di me. Non so cosa mi spinga a preoccuparmi per lui. Forse mi sento in debito per avermi concesso quel giro sulla scopa che Ron invece mi aveva negato, o per tutti i dispetti che ha fatto al rosso nell’ultimo mese. E poi devo ammettere una cosa: per una volta mi è piaciuto non dover essere io quella che si applica per risolvere i problemi. Tutto sommato è vero che Malfoy è pieno di risorse.
 
Arrivati nei pressi del quadro con la frutta, chiedo al Serpeverde di coprirsi gli occhi.
 
«Perché?»
 
«Hai fame o no?»
 
Lui esegue ed io solletico la pera che, ridacchiando, si trasforma in una grossa maniglia verde. Mi faccio largo attraverso l’ingresso delle cucine per poi uscire una manciata di minuti dopo con in mano un grosso cestino stracolmo di cibo.
 
Malfoy mi guarda sorpreso. «Guarda, guarda! La Granger che si fa preparare da mangiare! Sbaglio o due anni fa distribuivi spille per la liberazione degli elfi domestici?»
 
«Te lo ricordi?»
 
«Se mi ricordo di una strega delirante che minacciava gli studenti di iscriversi al Comitato delle Cause Perse? Sì, mi ricordo».
 
«Primo, era il Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti e secondo ho un amico nelle cucine ed il cibo l’ho barattato con un mio calzino». Dico indicando una delle mie scarpe.
 
Ma non ho voglia di discutere del C.R.E.P.A. con un Malfoy adesso, voglio solo festeggiare la vittoria su Pix. Riprendo a camminare, questa volta diretta verso la Stanza delle Necessità, mentre Malfoy mi segue senza fare domande.
Arriviamo al settimo piano, all’altezza dell'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll. Ci cammino di fronte tre volte, chiedendo mentalmente un posto dove poter mangiare senza essere visti da nessuno. Sulla parete si materializza una porta e noi ci fiondiamo dentro prima che qualcuno possa passare per di là.
La stanza che si apre di fronte a noi è molto piccola, forse un quarto di quella usata per gli incontri dell’ES, ed è completamente spoglia: c’è solo un tavolo, due sedie ed una credenza con piatti e bicchieri. È perfetta.
 
Ci sediamo al tavolo ed iniziamo a scartare le leccornie preparate dagli elfi: costolette di agnello al forno con patate, sformato di verdure, una fetta di torta di melassa ed una fiaschetta di vino elfico (un gentile regalo di Winky). Malfoy osserva i piatti come se fosse a digiuno da settimane.
 
«Buon appetito!» Dice prima di addentare la prima costoletta. «Toglimi una curiosità: come avete scoperto questa stanza?»
 
«È stato Dobby a dirci dove si trovava. È lui l’amico che ho nelle cucine». Rispondo versando il vino ad entrambi.
 
«Dobby? Il mio Dobby?»
 
«Non il tuo Dobby. Dobby e basta. Ora lavora qui ad Hogwarts. Silente lo paga per cucinare». Lo dico quasi in tono provocatorio, aspettandomi forse una reazione indignata o contrariata. Malfoy invece sorride.
 
«Quel piccolo bastardo! Alla fine ce l’ha fatta, eh? Chi l’avrebbe mai detto».
 
È la prima volta in vita mia che, parlando di un elfo stipendiato, non sento dargli del pazzo. Perfino Hagrid pensa che Dobby sia uno scemo. «Non lo trovi strano?»
 
«Che un elfo desideri essere liberato? Per nulla! Vedessi come li trattiamo a casa mia. Sfido che vogliano andarsene!»
 
Gli lancio un’occhiata di rimprovero ma lui non se ne accorge nemmeno: tiene gli occhi bassi sul piatto, con lo stesso sguardo cupo che aveva in quel bagno. Pensare a casa sua deve renderlo molto triste.
 
«Malfoy, perché non sei tornato a casa per Natale?»
 
«E tu perché non sei tornata? Non vorrai mica darmi a bere la puttanata dei compiti di Incantesimi, vero?»
 
Capisco che l’unico modo per ottenere una risposta sincera, è dimostrarmi sincera a mia volta. «Ho paura. Qui ad Hogwarts mi sento al sicuro».
 
Lui non alza la testa dal tortino di verdure, ma sono certa che mi abbia ascoltata con attenzione. «Mia madre ha detto di restare qui, che tanto senza papà non sarebbe stata la stessa cosa».
 
La sua sincerità è come uno schiaffo in piena faccia. E ciò che è peggio è che il suo tono non è affatto accusatorio, solo malinconico. Sento di voler davvero fare qualcosa per farlo sentire meglio.
 
«Senti, domani mi troverai qui a preparare il regalo di Natale per i miei genitori. Raggiungimi, se vuoi. Prepareremo qualcosa anche per tua madre».

 
 
23 Dicembre 1996:
 
Non so come ci sia riuscita, ma la Granger è riuscita a coinvolgermi. Quando stamattina sono arrivato nella Stanza delle Necessità lei era già lì, ad armeggiare con una macchina fotografica.
 
«Sarebbe questo il regalo? Una fotografia?»
 
«Non una semplice fotografia, una in movimento!»
 
«Forse un regalo del genere può sorprendere i tuoi genitori Babbani, non di certo una strega come mia madre».
 
«Fidati di me, ogni genitore ama ricevere una foto di suo figlio. È un modo per dirgli che gli siamo vicini».
 
Mi guardo intorno: la stanza ha preso le sembianze di un vero e proprio studio fotografico. C’è uno sgabello, uno sfondo bianco illuminato da delle lampade ad olio, il treppiedi per posare la camera fotografica ed una piccola camera oscura dove la Granger ha posizionato un calderone.
 
«Ho lasciato accanto al paiolo la ricetta della pozione per sviluppare la pellicola. Ci pensi tu? Io intanto penso ad aggiustare le luci».
 
Entro nella camera oscura, dove non c’è soltanto un calderone, ma tutti gli ingredienti per preparare la pozione che farà muovere la fotografia: mi chiedo dove li abbia trovati. Comunque la Granger non poteva trovare compito migliore per me, mi piace preparare pozioni nuove, mi mette alla prova.
 
La pozione è piuttosto semplice, principalmente a base di acqua e di qualche siero animale. Come ultimo ingrediente, verso all’interno del paiolo la polvere d’argento, che si disperde omogeneamente nella soluzione. Questo mi fa pensare a Mirtilla e a quello che ha detto sull’affrontare i propri demoni. Non che preparare un regalo di Natale a mia madre possa realmente cambiare le cose, ma per lo meno mi tiene occupato.
È questo l’effetto che ha la Granger su di me: mi fa sentire meno in balia degli eventi.
 
«La pozione è pronta». Le dico uscendo dalla camera oscura.
 
«Perfetto! Vuoi andare tu per primo?» Mi chiede indicando lo sgabello.
 
«No, a te l’onore». Rispondo cercando di dissimulare il mio imbarazzo.
 
Lei si siede sullo sgabello, si sistema leggermente i capelli e mi indica la fotocamera. «Ho già aggiustato l’inquadratura, devi solo mettere a fuoco e scattare».
 
Io mi posiziono dietro la macchina fotografica ed inizio a ruotare la ghiera della messa a fuoco. All’interno dell’obbiettivo osservo il primo piano della Granger: è impettita, col mento in alto ed un gran sorriso che mette in risalto i suoi zigomi alti. Le guance rosse tradiscono il suo imbarazzo: almeno non sono l’unico.
 
«Qualcosa non va?»
 
Mi accorgo che sto impiegando più tempo del dovuto a scattare. «No va tutto bene». Indugio sul suo profilo un’ultima volta prima di fotografarla.
 
«Andava bene?»
 
Scuoto la testa senza aggiungere altro. Lei si alza e mi fa sedere sullo sgabello, per poi prendere il mio posto dietro la macchina fotografica. Io guardo fisso in camera ma non riesco a non pensare che in questo momento la Granger mi stia scrutando come io ho scrutato lei poco fa attraverso l’obiettivo.
 
«Prova almeno a sorridere!» Dice lei coperta dalla fotocamera. Ma l’imbarazzo è davvero troppo e invece di un sorriso mi esce solo un ghigno tirato. Lei sospira. «Malfoy, ti ricordi quella volta che Ron ha provato a lanciarti una Fattura Mangialumache ma alla fine si è affatturato da solo? Ecco, ha riempito tre secchi interi di lumaconi prima di riuscire a smettere di vomitare».
 
«Ben gli sta». Replico io ridendo. Granger ne approfitta e mi scatta la foto.
 
«Perfetta!» Dice sorridendomi malevola. Quella ragazza sa come ottenere ciò che vuole.
 
«E adesso?» Le chiedo alzandomi dallo sgabello.
 
«Adesso bisogna sviluppare il rullino e stampare le foto. Colin Canon mi ha spiegato come fare, posso pensarci io. Domattina saranno pronte per essere spedite».

 
 
24 Dicembre 1996:
 
La giornata di oggi è trascorsa molto più rapidamente delle precedenti. Ho recuperato la foto dalla Stanza delle Necessità (lo devo ammettere, la Granger ha fatto un ottimo lavoro), l’ho posizionata in una bella cornice d’argento che ho sottratto ad una delle foto sul mio comodino, ho spedito il regalo insieme ad un biglietto, mi sono preparato per la cena della Viglia insieme a Theodore Nott, anche lui rimasto ad Hogwarts per le vacanze, ed ora mi sto godendo il banchetto. Insomma, mi sento molto più leggero.
 
Il clima è festoso e spensierato, non deprimente come me lo sarei aspettato: credevo che ad Hogwarts a Natale ci fossero solo pochi sfigati malvoluti dalle loro famiglie. Invece siamo quasi una trentina di ragazzi, tutti disposti su un’unica tavolata centrale, a banchettare con grassi tacchini arrosto, montagne di patate bollite, vassoi di oleose salsicce alla cipolla, zuppiere stracolme di piselli al burro e dolci di ogni sorta. Non è una cena di classe come quella del Manor, ma può andare.
Allo scoccare della mezzanotte, Albus Silente si alza dalla sua poltrona al centro del Tavolo delle Autorità e fa tintinnare il suo bicchiere per ottenere la nostra attenzione.
 
«Ragazzi miei, non c’è niente che mi renda più felice, in questi tempi inquieti, di vedervi tutti seduti ad un’unica tavola a condividere una ricca cena Natalizia. Non potevate farmi regalo più gradito. Da parte mia, spero che nonostante la lontananza dai vostri cari, qui possiate comunque riuscire a sentirvi a casa. Vi auguro un felice Natale».
 
Il preside alza in alto il suo calice e così tutti noi. Per un’istante soltanto incrocio lo sguardo della Granger. Lei mi sorride e, involontariamente, le sorrido anche io.

 
 
27 Dicembre 1996:
 
Severus Piton, da poco giunto ad Hogwarts, osservava i quadri dei precedenti presidi di Hogwarts, mentre Albus Silente meditava sulle sue parole.
 
«Quindi Bellatrix Lestrange ha preso in carico il compito che Voldemort avrebbe voluto affidare a Draco. Capisco».
 
Severus dondolò leggermente la testa in segno d’assenso. «Purtroppo sono riuscito a guadagnarmi la fiducia dell’Oscuro Signore, ma non quella di Lestrange. Crede che io sia un traditore. Non penso che vorrà condividere con me i dettagli del piano, né che mi permetterà di intromettermi».
 
«Severus, non possiamo permettere che qualche Mangiamorte dubiti ancora della tua lealtà, è essenziale che tutti ti credano dalla loro parte». Il preside si osservò la mano destra, nera e bruciata. «Ormai non mi resta molto tempo. Se Hogwarts dovesse cadere nelle mani di Lord Voldemort, stai pur certo che l’affiderà solo al suo servitore più fedele. Severus, dovrai essere tu quella persona».
 
L’insegnate di Pozioni si sedette sulla sedia, al di là della scrivania, di fronte a Silente. «E come posso guadagnarmi la loro fiducia?»
 
Silente gli sorrise bonario. «Dovrai essere tu a uccidermi».
 
Piton tremò. Mai avrebbe pensato di sentir pronunciare al preside simili parole. Non riusciva a pensare a niente di peggio che sottrarre la vita all’uomo che lo aveva accolto nella sua casa come un padre. Che gli aveva concesso la benedizione di una seconda possibilità. Che gli aveva regalato l’occasione di redimersi agli occhi della donna che aveva amato.
 
«Vuoi che lo faccia subito? O hai bisogno di qualche istante per comporre il tuo epitaffio?» L’ironia, era sempre stata la sua miglior difesa.
 
«Oh, non ancora. Oserei dire che il momento giusto si rivelerà a tempo debito. Ma è essenziale che tu scopra cosa ha in mente Bellatrix. Se non sbaglio sei molto legato a sua sorella, Narcissa».
 
«Narcissa Malfoy al momento è… indisposta». Il preside lo osservò al di sopra dei suoi occhiali a mezzaluna, esortandolo a spiegarsi meglio. «Vedi, l’Oscuro Signore si sta servendo di lei per punire Lucius. L’ha mutilata, Albus, e sta spedendo frammenti del suo corpo ad Azkaban». Disse con difficoltà Severus Piton, costretto a rivedere nella sua mente il profilo sfregiato della donna. «Ma non è tutto. La maledizione che ha usato su di lei non si accanisce solo sul suo corpo, le sta divorando lo spirito. Si espande di giorno in giorno, nutrendosi dei suoi ricordi e della sua anima».
 
«E a tuo parere, questo cosa comporta?»
 
«La mia è solo una supposizione, ma da quel che ho visto in pochi mesi avrà lo stesso effetto di un Bacio di Dissennatore. Di lei resterà solo un guscio vuoto… poi morirà».

 


 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
E con questo capitolo si può dire che mi sono rimessa in pari con quella che era la mia fanfiction originaria. Anche se ormai è difficile a dirsi, visto che la storia alla fine ha preso una piega del tutto nuova.

Spero che questi primi undici capitoli vi siano piaciuti (ho ricevuto molte belle recensioni e ne sono davvero entusiasta) e che mi perdonerete per quanto sto per dirvi: il capitolo della prossima settimana non uscirà.
 
Ho capito che mi serve un momento di pausa per rimettere in ordine le idee sulla base di tutti i cambiamenti che ho fatto nel corso della scrittura. Non temete, non vi sto abbandonando, continuerò a scrivere tutti i giorni, semplicemente mi prenderò un po’ di tempo prima di pubblicare di nuovo!
Credo che salterò solo la prossima settimana: tra due domeniche dovrei far uscire il prossimo capitolo. Se dovesse cambiare qualcosa però pubblicherò un piccolo avviso.

 
Durante queste due settimane non fatemi sentire abbandonata e condividete con me i vostri pareri! Saranno una spinta in più!
Grazie di cuore a voi lettori!
 
Flami151

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XII


5 Gennaio 1997:
 
Questi giorni trascorsi da sola ad Hogwarts sono stati catartici. Ho riposato, studiato, passeggiato sotto la neve e ho visitato più di una volta le cucine fuori orario. In pratica è stato come ricaricare le batterie.
Sapevo che senza Ron nei paraggi sarei riuscita a distendere un po’ i nervi, ma non pensavo che avrei beneficiato anche dell’assenza di Harry e Ginny. Riflettendoci però ha perfettamente senso, perché ho iniziato a sentirmi fuori posto da molto prima che Lavanda piombasse nelle nostre vite. Quel terribile senso di smarrimento, di alienazione, quel peso che mi grava sul petto ogni volta che vedo Ron e Lavanda stretti per mano, è lo stesso che ho provato sul treno per Hogwarts all’inizio dell’anno.
 
La sensazione di essere un’estranea.
 
È la stessa sensazione che provo ogni volta che Harry e Ginny parlano ininterrottamente di Quidditch pur sapendo che non ci capisco niente. La stessa che ho provato quando Ron non ha voluto portarmi in volo sulla scopa. Ed è anche il motivo per cui non sono riuscita ad aprirmi con loro riguardo l’attentato.
 
Con Malfoy invece è diverso. Con lui non ho mai avuto bisogno di sentirmi accettata o capita, non ho mai temuto il suo giudizio. Sapevo già cosa pensava di me, in sei anni non ne ha mai fatto mistero, quindi non mi sono mai preoccupata di sembrare troppo folle, troppo rabbiosa o troppo codarda. Sono stata me stessa e, contro ogni previsione, lui non mi ha mai giudicata. E adesso ho capito il perché: perché anche lui è solo, un estraneo in mezzo ai suoi stessi compagni, ed ogni tanto anche lui ha bisogno di gettare via la maschera.
 
In realtà non abbiamo più avuto nessun contatto dalla sera della Vigilia. Lui ha di nuovo smesso di farsi vedere in giro. Mi chiedo cosa faccia tutto il giorno.
 
Comunque sia, questi giorni da sola sono stati liberatori, ma è il momento di tornare alla realtà: Harry, Ron e Ginny rientreranno da un momento all’altro. È stata una mano santa che il Ministero quest’anno abbia predisposto un collegamento alla Metropolvere per far rientrare gli studenti a scuola in sicurezza, così non dovrò giustificare la mia assenza sul treno.
 
Parlando del diavolo… Di fronte al quadro della Signora Grassa, tre volti conosciuti stanno cercando di fare il loro ingresso in Sala Comune.
 
«Harry! Ginny!» Esclamo io ignorando volutamente Ron.
 
«Hermione!» Ginny mi corre incontro, abbracciandomi. «Come sono andate le vacanze?»
 
«Oh, bene. Niente di speciale. Voi avete passato un buon Natale?» Chiedo cercando di glissare sulla sua domanda scomoda.
 
«Altroché». Risponde subito Ron. Adesso ha voglia di fare conversazione? «Pieno di avvenimenti, Rufus Scrim…»
 
«Astinenza!» Lo interrompo volutamente io urlando la parola d’ordine. La Signora Grassa si sposta pigramente di lato, rivelando il buco dietro il ritratto. Mentre passiamo la sentiamo ridere tra sé e sé.
 
«Cosa le è successo?» chiede Harry.
 
«Sembra che abbia esagerato durante le feste. Lei e la sua amica Violet hanno finito tutto il vino del quadro dei monaci in fondo al corridoio di Incantesimi. O almeno… così ho sentito dire». Che imbecille! Non riesco proprio a stare zitta se conosco la risposta ad una domanda.
 
La Torre di Grifondoro si è ripopolata: tutti gli studenti rientrati dalle vacanze si sono riversati in Sala Comune, insieme ai loro bagagli e agli animali da compagnia.
 
Cercando di sovrastare il baccano, Harry mi grida. «Ho un mucchio di cose da dirti, sediamoci!»
 
Ma non facciamo in tempo a muoverci verso un tavolo libero che l’ormai nota voce stridula di Lavanda ci raggiunge. «RonRon!» La bionda si butta tra le sue braccia. Solo adesso mi accorgo dell’enorme catena d’oro che porta al collo, dalle maglie della collana pendono le parole Amore Mio. Disgustoso.
 
Anche Harry sembra a disagio, ma ho il sospetto che dipenda da Ginny, che senza troppi complimenti ci ha lasciati per andare a salutare Dean.
 
«Allora, Harry, cosa mi devi dire?» La calma e la pace ritrovata durante questi giorni di festa si sono dissolti in un batter d’occhio.
 
«Tra un minuto te lo racconto». Dice Harry lanciando un’ultima occhiata a Ginny e Dean. «Senti Hermione, non potresti cercare di riappacificarti con Ron?»
 
«No, non posso».
 
«Pensavo che forse, sai, dopo Natale…»
 
«È stata la Signora Grassa a bersi una tinozza di vino vecchio di cinquecento anni, Harry, non io». E con questo, chiudo il l’argomento.
 
«E va bene. Allora arrivo subito al punto». Dice lui facendosi più vicino e abbassando la voce. «Ricordi quando Malfoy ha fatto irruzione alla festa di Natale di Lumacorno chiedendo di Piton?» Annuisco, certo che mi ricordo. «Ecco, li ho seguiti sotto il Mantello dell’Invisibilità. Non sono riuscito ad ascoltare l’intera conversazione, ma quel che è certo è che Malfoy era preoccupato, anzi, terrorizzato. Sembra che sua madre non abbia voluto farlo rientrare a casa per le feste, ha passato il Natale qui ad Hogwarts».
 
Io alzo gli occhi al cielo. Non solo perché non mi sta dicendo niente che io non sappia già, ma perché non capisco che gliene importi ad Harry di dove ha trascorso le vacanze Malfoy.
 
«Non fare quella faccia Hermione e stammi a sentire. Piton ha fatto accenno ad una certa situazione al Malfoy Manor. Di qualunque cosa si tratti, è il motivo per cui Draco non è potuto rientrare. Ma c’è dell’altro, Piton ha anche detto che avrebbe fatto visita a Narcissa Malfoy durante le feste, ma quando ne ho parlato con gli altri membri dell’Ordine, nessuno di loro ne sapeva niente: a quanto dicono, Piton si sarebbe dovuto trovare ad Hogwarts quei giorni. Capisci dove voglio andare a parare?»
 
«Sinceramente no».
 
«È chiaro: al Manor sta succedendo qualcosa di grosso, qualcosa che ha richiesto l’intervento di Piton, il quale ha dovuto assentarsi da Hogwarts nonostante le direttive dell’Ordine della Fenice». Forse a questo punto Harry si aspetta una mia epifania, ma davvero non capisco dove voglia andare a parare. «È ovvio, no? I Mangiamorte si sono radunati a casa di Malfoy! Forse anche Voldemort si trova lì con loro!»
 
Che idiozia. «Harry, non hai pensato che forse la “situazione” alla quale si riferiva Piton fosse l’assenza di Lucius Malfoy? In fondo è Natale e lui è ad Azkaban…» azzardo io ripensando alla confidenza di Malfoy nella Stanza delle Necessità.
 
«Da quando provi compassione per i Malfoy?» Chiede Harry indignato.
 
«Non è compassione, Harry. Dico solo che mi sembra più che naturale che la signora Malfoy non sia in vena di festeggiamenti. E se Piton si è allontanato da Hogwarts, stai pur certo che Silente ne è a conoscenza».
 
Harry è spazientito, ho il sospetto che la sua teoria non sia andata a genio nemmeno agli altri dell’Ordine. «Sì, sì, va bene. Ma non è finita qui. Piton era fuori di sé dalla rabbia: ha detto a Malfoy che sta attirando troppa attenzione su di sé, che deve fare più cautela, che troppe persone si sono accorte dei suoi comportamenti sospetti. Sembra che neanche gli altri Serpeverde sappiano cosa faccia Malfoy quando scompare per ore, per Piton era talmente importante saperlo che ha tentato di leggergli la mente».
 
Il mio cuore accelera improvvisamente. E se Piton mi avesse vista nei ricordi di Malfoy? «E…?»
 
«Non ci è riuscito. Malfoy ha preso lezioni di Occlumanzia da Bellatrix».
 
«Bellatrix Lestrange?» Non faccio in tempo a sentirmi sollevata che questa nuova informazione mi colpisce in pieno.
 
«Sì. A quanto pare Malfoy ha degli importanti segreti di famiglia da custodire. Forse addirittura per conto di Voldemort stesso. Secondo Piton è proprio a causa di una sua decisione che Malfoy è così strano quest’anno».
 
«Sei sicuro che uno dei due abbia davvero fatto il nome di Voldemort? E soprattutto, di che decisione stava parlando?»
 
«No, nessuno dei due lo ha detto esplicitamente, ma sono certo parlassero di lui. Era inequivocabile. In quanto alla decisione non lo so, Piton non ha aggiunto altro. Ma Hermione, questo potrebbe confermare i sospetti che abbiamo dall’inizio dell’anno: Malfoy potrebbe essere diventato un Mangiamorte!»
 
Il solo pensiero mi fa accapponare la pelle. No, davvero è assurdo. «Harry scusa ma fino ad un attimo fa non sostenevi che Malfoy non potesse tornare a casa a causa della presenza dei Mangiamorte al Manor? Se fosse uno di loro, che problema ci sarebbe?»
 
Lui sembra rifletterci un attimo. «Senti, io non ho tutte le risposte, ma la faccenda è sospetta, non puoi negarlo».
 
Guardo gli occhi verdi del mio migliore amico, sicuri e determinati, e non posso fare a meno di ripensare all’immagine di Malfoy dietro l’obiettivo, ai suoi occhi grigi e al suo sguardo… malinconico.
Non riesco a credere che la persona con cui ho condiviso quel pasto nella Stanza delle Necessità sia un Mangiamorte, un servo di Voldemort. Ma se è vero che ha preso lezioni di Occlumanzia con Bellatrix, l’assassina di Sirius…
 
«Sì, è sospetta».

 

6 Gennaio 1997:
 
In Sala Comune oggi c’è più baccano del solito, non sono più abituato ad avere tanta gente intorno.
 
«Draco! Vieni un po’ a vedere!» Pansy mi fa cenno di avvicinarmi alla bacheca degli annunci appesa accanto all’ingresso del dormitorio, ma io fingo di non sentirla: sono furioso con lei per essere andata da Piton a riferirgli i fatti miei.
 
«Dai Draco non fare lo stronzo! Vieni a dare un’occhiata». Questa volta è Blaise a parlare. A questo punto inizio ad essere curioso, così mi avvicino alla bacheca.

 
LEZIONI DI MATERIALIZZAZIONE
Se hai diciassette anni, o li compirai entro il 31 agosto, sei idoneo per un corso di dodici settimane di lezioni di Materializzazione tenuto da un Istruttore del Ministero della Magia.
Se desideri partecipare sei pregato di apporre qui sotto la tua firma.
Iscrizione: 12 galeoni.
 
Quasi me ne stavo dimenticando, in effetti ogni anno questo stesso annuncio appare dopo le vacanze Natalizie. Quasi ogni anno. L’anno scorso quella megera della Umbridge aveva sospeso il corso: chi ha voluto sostenere l’esame ha dovuto sborsare il doppio per prendere lezioni private a casa durante l’estate. Che donna orribile. Il suo unico pregio era quello di odiare Potter quasi quanto me.
 
Non appena la folla di studenti del sesto e settimo anno si disperde, aggiungo la mia firma al foglio di partecipazione.
 
«Prima delle lezioni io, Tiger, Blaise e Goyle andiamo a farci una passeggiata all’aperto. Vieni con noi?» Sembra davvero che Pansy non capisca quando non è benvoluta. O forse finge di non capirlo. Comunque sia Piton mi ha chiesto di vederci per la prima lezione di Pozioni Avanzate, quindi non potrei comunque andare con loro.
 
«No, ho da fare».
 
Lei abbassa lo sguardo, mortificata. Forse vuole aggiungere qualcosa, ma Blaise le passa la mano intorno alle spalle e la spinge delicatamente verso l’uscita, ma non prima di lanciarmi un’occhiataccia alla “ma che ti prende?
 
Io esco poco dopo di loro, raggiungendo l’ufficio di Piton poco distante dal nostro dormitorio. Busso. La voce melliflua dell’insegnate di Pozioni mi invita ad entrare.
 
«Sei in ritardo Draco».
 
«Mi dispiace, mi sono attardato per iscrivermi al corso di Materializzazione».
 
«Non mi interessano le tue giustificazioni. Ora siediti».
 
Ma che cazzo. In sei anni come suo studente, credo di averlo sentito rivolgersi così solo ai Grifondoro. Mi siedo su una delle poltrone accanto alla sua scrivania. La federa in velluto mi solletica la nuca.
 
«Non lì. Siediti su quello sgabello». Dice indicandomi quella che ha tutta l’aria di essere la sedia più scomoda dell’ufficio.
 
Ora davvero mi ha stufato. «Guardi che non sono obbligato a stare qui. Non è una punizione, né una lezione obbligatoria».
 
«E invece sei obbligato eccome. Ora smettila di fare il poppante e fai come ti dico». Qualcosa nello sguardo di Piton mi convince a non replicare. Così mi alzo e mi trascino verso lo sgabello che, in effetti, è scomodo proprio come sembra.
Il professore di Pozioni inizia a passeggiare avanti e indietro, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena. Questa suspence mi uccide, l’ultima volta che io e Piton abbiamo parlato, ha detto che mi avrebbe fatto avere notizie su mia madre. Adesso non so come interpretare il suo silenzio.
 
«Come sta mamma?» La domanda mi scappa, non riesco proprio a trattenermi.
 
Piton si ferma solo un istante, poi si volta verso di me. «Prima di rispondere alla tua domanda, vorrei che tu riflettessi su una cosa: secondo te perché Narcissa mi ha chiesto di tenerti d’occhio?»
 
Ecco una domanda alla quale non so rispondere. Me lo sono chiesto spesso questi giorni, senza essere in grado di trovare una spiegazione. Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te. Questo mi ha detto l’ultima volta che ci siamo parlati. Sono passati sei mesi e ancora non sono riuscito a capirne il significato. Scrollo le spalle.
 
Piton mi guarda con disappunto. «Visto che fingi di non capire ti darò una mano io: il modo in cui hai reagito alla decisione che tua madre ed il Signore Oscuro hanno preso per te è stato spaventosamente puerile; una vera e propria dimostrazione di immaturità. Narcissa temeva che una volta arrivato ad Hogwarts avresti fatto qualcosa di stupido per dare prova del tuo valore».
 
«Tipo cosa?»
 
«Tipo andare a raccontare ai tuoi compagni Serpeverde di essere diventato un Mangiamorte». Resto di sasso. Non posso credere che Pansy gli abbia detto anche questo. No, sicuramente deve averglielo letto nella mente.
 
«Non ho mai detto niente del genere».
 
«No. Ma lo hai lasciato intendere, non è forse così?»
 
Sì, è così. Da quando papà è stato rinchiuso ad Azkaban mi sono ritrovato ad affrontare la dura realtà: tutta la mia forza, la mia sicurezza, si reggevano solo sull’influenza di mio padre e sulla sua ricchezza. Dopo il suo arresto, dopo che mi è stato negato il Marchio Nero, mi sono sentito una nullità. Per questo ho fatto credere a Tiger, Goyle e agli altri Serpeverde di svolgere degli incarichi per il Signore Oscuro: perché mi faceva sentire importante. Credo che sia la stressa ragione per cui desideravo diventare un Mangiamorte.
Ora però le cose sono cambiate. La morte degli Scrivenshaft ha messo tutto sotto una nuova luce. E adesso gli sguardi ammirati e ossequiosi dei miei compagni mi mettono a disagio. Sono intrappolato nella mia stessa bugia.
 
«Draco». Mi scuoto, non so per quanto tempo sono rimasto in silenzio. «Devi smetterla di dire certe cose in giro. Stai attirando troppa attenzione su di te. Hai capito?» Annuisco, sempre in silenzio.
 
Piton sembra essersi tranquillizzato. Si sposta lentamente verso la sua scrivania, da uno dei cassetti estrae un pacchetto. «Narcissa sta bene. Come ti avevo detto, è molto impegnata e voleva che tu passassi delle vacanze serene e senza pensieri. Però ha ricevuto il tuo regalo e ti manda questo».
 
Mi porge il pacchetto, incartato magistralmente e chiuso con un sigillo in ceralacca raffigurante il blasone dei Malfoy. Io lo osservo con sospetto: mamma non si fa sentire per quasi sei mesi, mi costringe a passare il Natale da solo ad Hogwarts liquidandomi senza mezzi termini e ora mi fa recapitare un regalo da Piton senza neanche un biglietto? Non è da lei. Nulla di tutto questo è da lei.
Mi accorgo che Piton mi sta osservando, come se volesse studiare la mia reazione. Fingo di sorridere con naturalezza. «Di che si tratta?»
 
«Non lo so. Quando me lo ha consegnato, era già incartato».
 
Mi rigiro tra le mani il pacchetto e dentro di me si fa strada un’irrazionale ma limpida certezza: Piton sta mentendo.

 
 
13 Gennaio 1997:
 
Le lezioni sono ricominciate e così la mia terribilmente noiosa routine. Niente è cambiato rispetto a prima: Ron e Lavanda si muovono sempre in coppia, Ginny passa quasi tutto il suo tempo a giocare a Quidditch, studiare per i G.U.F.O. e a litigare con Dean, mentre Harry è tenuto impegnato da Silente.
 
Il giorno dopo il loro ritorno ad Hogwarts, Harry è stato convocato nell’ufficio del preside. Ci ha raccontato di aver guardato insieme a Silente due importanti ricordi: il primo era appartenuto ad Orfin Gaunt, zio di Tom Riddle, incastrato dal futuro Lord Voldemort per l’omicidio del padre, mentre il secondo era di Lumacorno. Secondo Silente, quel ricordo contiene la chiave per comprendere la vera natura di Voldemort, il segreto per poterlo sconfiggere. A quanto pare, durante gli anni di scuola, Tom Riddle ha chiesto al Professor Lumacorno delle informazioni in merito a certi Horcrux. Nel ricordo che ha visto Harry, Lumacorno si è categoricamente rifiutato di parlargliene, ma secondo Silente è un falso, una memoria manomessa per paura che il suo reale contenuto venga rivelato.
Adesso Harry ha un compito da svolgere: recuperare il ricordo originale.
 
Io a riguardo posso fare ben poco: a detta di Silente, solo Harry ha le capacità di convincere Lumacorno a consegnare il vero ricordo. Tutto ciò che ho provato a fare è stato cercare di documentarmi sugli Horcrux in biblioteca, ma nessun libro che ho consultato sembrerebbe farne accenno.
 
E così ho ripreso la mia terribilmente noiosa routine, trascorrendo quasi tutto il mio tempo da sola. Ormai sono passati più di due mesi dall’ultima volta che io e Ron abbiamo parlato e durante tutto questo tempo ho sentito i miei amici più distanti che mai. Gli unici ricordi davvero piacevoli che ho sono quelli del tempo trascorso con Malfoy.
 
Ma se quello che ha detto Harry è vero… se Malfoy sta collaborando con i Mangiamorte…
La cosa più ragionevole da fare sarebbe lasciar perdere la Serpe e continuare con la mia terribilmente noiosa routine. Eppure c’è qualcosa di così eversivo, di così irrazionale nei miei incontri con Malfoy da renderli irresistibili.
 
Questo è quello a cui penso durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, guardando di sottecchi prima Lavanda, che sotto al banco fa di nascosto il solletico a Ron, poi Harry, che copre il libro del Principe Mezzosangue dietro al manuale di Magia Difensiva Pratica ed infine Malfoy, che si rigira tra le mani l’elegante astuccio di una penna.
 
«Granger visto che hai tanto tempo per guardanti intorno, devo supporre che tu possieda già la completa padronanza dell’Incantesimo di Dispersione. Perché non ce lo mostri?» Il Professor Piton mi osserva con aria seria.
 
Mi alzo in piedi mentre avvampo per l’imbarazzo. Sento una risatina provenire dal gruppetto dei Serpeverde, che si scambia occhiate complici mentre mi osserva percorrere l’intera aula fino a raggiungere la cattedra.
 
«Malfoy, vieni anche tu, così forse ti passerà la voglia di ridere durante le mie lezioni».
 
L’aula cade nel completo silenzio mentre io e Malfoy ci fronteggiamo, ci inchiniamo e ci mettiamo in guardia. Non perdo tempo, faccio scattare la bacchetta mentre mentalmente recito Everte Statum. Il Serpeverde vola all’indietro, cadendo rovinosamente sulla schiena. Qualcuno ride.
 
«Davvero deludente…» Commenta impassibile Piton. «Dieci punti in meno a tutti e due. Se continuerete a non ascoltare, la prossima volta saranno venti».
 
Torno al mio posto, per niente soddisfatta della vittoria. L’intera classe china nuovamente la testa sul libro mentre Piton riprende la lezione. Io però non riesco ad ascoltarlo, tutto ciò che sento è la voce di Malfoy che rivolto a Tiger e Goyle sussurra «È frustrata perché la Brown fa le seghe a Weasley sotto al banco».
 
Nessuno dice niente ma vedo chiaramente tutti, Tassorosso e Corvonero compresi, sorridere sotto ai baffi.

 
 
14 Gennaio 1997:
 
Dopo le lezioni vado a sedermi sotto il porticato del Cortile della Torre dell’Orologio. A quest’ora è un posto tranquillo, la torre scherma i raggi solari, stendendo un velo d’ombra sull’intero chiostro. Solitamente gli studenti preferiscono rifugiarsi al caldo dentro al castello, o in un posto in cui batta il sole. Io invece ho sempre amato il freddo.
 
Ero seduto proprio qui la sera in cui la Granger mi ha avvicinato per chiedermi un sorso di Stravecchio. Assurdo. Ancora mi sembra surreale. Sorrido ripensando a Gazza che scappa alla vista dello Schiopodo trasfigurato dalla Grifondoro.
 
La mia beatitudine però ha vita breve. Due studenti hanno fatto irruzione nel cortile urlandosi contro, si direbbero matricole del primo anno: un ragazzino biondo con indosso la divisa rosso-oro ed uno castano con la sciarpa verde-argento. Si puntano contro le bacchette come a volersi sfidare a duello. Sembrano me e Potter con le divise invertite.
Resto incuriosito a godermi la scena.
 
«Mucus Ad Nauseam!» Urla il Grifondoro colpendo in pieno il suo sfidante, a cui inizia a colare il naso. «Pensi ancora che Henriette vorrà uscire con un moccioloso come te?» E così si battono per una ragazza. No, non sono affatto come me e Potter.
 
Il Serpeverde moro non si lascia intimidire e scaglia una Fattura Allungante. Le braccia del biondino iniziano a crescere fino a toccare terra, facendogli perdere la bacchetta. Direi che è il momento di intervenire.
 
«Stupidi ragazzini si può sapere che state facendo?» Mi avvicino sfoderando la mia spilla da prefetto.
 
I due sembrano accorgersi solo ora della mia presenza. Il Serpeverde si copre il naso, mentre il Grifondoro tenta di nascondere le braccia da scimpanzè dietro la schiena. «Niente!» Gridano all’unisono.
 
«Niente un corno. Dieci punti in meno a Grifondoro».
 
«Cosa?» Chiede il biondo esterrefatto. «E perché a lui niente?»
 
«Perché tu hai colpito per primo». E perché ci godo da morire a punire i Grifondoro.
 
«Non mi sembra affatto giusto». Questa volta è una voce femminile a parlare. La Granger ha fatto il suo ingresso nel cortile ed io non me ne sono neanche accorto. Chissà da quanto tempo è qui. «Dieci punti in meno anche ai Serpeverde. E ora andate dritti in infermeria».
 
Io e la Granger rimaniamo soli. È come se, dal giorno della foto, io stessi attendendo il nostro prossimo incontro. Mi viene quasi da sorridere, ma la Mezzosangue ha messo su uno spaventoso sguardo assassino che mi convince a desistere.
 
«Il tuo abuso di potere è disgustoso, non meriti di indossare la spilla da Prefetto». Mi dice inviperita.
 
«Abuso di potere? Guarda che quel Grifondoro se l’è cercata: ha usato una Maledizione Caccolosa in un duello d’onore! Una mossa così patetica meritava di essere punita». Replico io sogghignando.
 
«Si incredibile». Dice lei cercando di andarsene ma, senza alcun motivo, io la trattengo per un braccio. «Si può sapere che vuoi?» Mi chiede divincolandosi dalla mia stretta.
 
Che voglio? Bella domanda. Non so perché l’ho trattenuta. «Che ti prende Granger? Sei più acida del solito».
 
«Potrei farti la stessa domanda».
 
Ho bisogno di una manciata di secondi, ma finalmente capisco a cosa si riferisce. «Ce l’hai con me per la battuta di ieri?»
 
«Battuta? E quella per te sarebbe una battuta? Era solo un insulto. Una volgarità gratuita per nulla divertente». Questo dimostra che ci ho preso in pieno.
 
«In realtà gli altri Serpeverde ci hanno riso un sacco».
 
Questa volta il volto della Granger diventa paonazzo, poi sembra ricomporsi e sorride maliziosa. «Prima mi prendi in giro davanti ai tuoi scagnozzi e adesso ti accanisci contro un Grifondoro del primo anno. Deve bruciarti proprio la sconfitta, vero?»
 
«Sconfitta? Hai solo avuto un colpo di fortuna. Se fosse stato un vero duello non avresti avuto alcuna possibilità». La provoco io.
 
Lei sfodera la bacchetta, ancora con quel sorriso maligno stampato in faccia. «Mi stai forse sfidando?»
 
«Eccome. Ma non qui. Andiamo nella Stanza delle Necessità».

 
 
Io la Granger siamo uno di fronte all’altra sopra una lunga pedana che ricorda in tutto e per tutto quella usata da Gilderoy Allock al Club dei Duellanti al secondo anno. Entrambi puntiamo la bacchetta dritta davanti a noi e ci studiamo con attenzione prima di sfoderare la nostra prima mossa.
 
Come durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, la Granger attacca per prima, muovendo la bacchetta con velocità e precisione. Io questa volta però sono preparato e blocco la sua offensiva con un Incantesimo Specchio, rispedendo il colpo al mittente. La Grifondoro indietreggia nel tentativo di parare.
Colgo l’occasione per attaccare con una Fattura Orcovolante: decine di mostruosi esserini simili a insetti si liberano dalla mia bacchetta, avvolgendo la Granger dalla testa ai piedi. Lei muove la bacchetta, ben attenta a non aprire la bocca, e lancia un Incendio non verbale per liberarsi di loro.
Torniamo a guardarci negli occhi e la vedo sorridere. Sorrido anche io, ma la mia distrazione è punita con un Incantesimo Reducto che distrugge il legno sotto i miei piedi facendomi cadere dentro la pedana. Alzo lo sguardo verso l’alto e vedo la Granger sporgersi sul buco che ha creato nel pavimento, puntandomi la bacchetta dritta in faccia. A questo punto qualsiasi incantesimo io faccia sono certo che lo parerà e contrattaccherà. Sono finito. A meno che…
Lancio in Incantesimo Ventoso che alza la gonna della Grifondoro, scoprendole le mutandine sotto le calze velate. Lei strabuzza gli occhi e molla la bacchetta per coprirsi il più velocemente possibile. Ecco la mia occasione.
 
«Everte Statum!» La Granger viene sbalzata via di molti metri, cadendo a terra proprio come sono caduto io ieri a lezione. Mi tiro fuori dal buco nella pedana e raccolgo la bacchetta della Granger, aspettando che si alzi di nuovo da terra. «E abbiamo un vincitore!» Esulto alzando entrambe le nostre bacchette in aria e sparando contemporaneamente delle scintille dorate.
 
«Bravo, bravo, davvero scenico. Peccato che hai barato». Mi risponde lei colpita nell’orgoglio.
 
«Barato? Non mi sembra di ricordare alcuna regola a riguardo». Mi stringo il mento tra il pollice e l’indice fingendo di concentrarmi. «Vediamo… Abbiamo detto niente Maledizioni senza Perdono, niente Schiantesimi che possano lasciarci privi di senso… No, non abbiamo detto niente riguardo agli smutandamenti. Deve bruciarti proprio la sconfitta, vero?»
 
«Pervertito». Dice lei riprendendosi la sua bacchetta.
 
«Rilassati, non ho neanche guardato». Mento io.
 
Lei sembra sollevata, tanto che allunga la mano verso di me. «Congratulazioni. Mi sono davvero divertita». Dice sparando anche lei delle scintille dorate e sorridendo. Questa volta però il suo sorriso non è provocatorio, ma sincero e spensierato.
 
Le stringo la mano. Anche io mi sono divertito, come non facevo da tanto, tantissimo tempo. Per questo, senza rifletterci, le chiedo. «Vuoi la rivincita?»
 
«Puoi scommetterci». E con quelle due parole stringiamo un accordo. Ci rivedremo ancora.
 
Lei sta per uscire dalla Stanza delle Necessità ma io la fermo: ho un’ultima cosa da fare.
Recupero dal mio zaino un astuccio in pelle nera, contenente una penna di pavone, sicuramente uno di quelli del Malfoy Manor. Le penne di pavone sono rare e dalla fattura elegante. Indugio solo un secondo, poi glielo porgo.
 
Inizialmente sembra non capire. Prende l’astuccio e lo apre, restando a bocca aperta. «Ma è bellissima…» La vedo passare titubante il polpastrello lungo il rachide della penna, estasiata.
 
«È tua».
 
Lei alza gli occhi dalla penna per puntarli su di me, incredula. «Non posso accettare». Dice riporgendomi indietro l’astuccio.
 
«È il regalo di Natale da parte di mia madre. Non credo che l’avrei mai ricevuto se non mi avessi convinto a spedirle quella foto. Quindi diciamo che è più tuo che mio».
 
«No Malfoy, davvero, è troppo. Sarebbe praticamente un furto».
 
«Se non la prendi tu la darò via. Non la voglio comunque». È la verità. Dopo qualche giorno di considerazioni ho capito una cosa: a casa mia sta sicuramente succedendo qualcosa e di qualsiasi cosa si tratti io devo restarne fuori. Questa penna non fa altro che ricordarmelo, ogni volta che la guardo penso al giardino di casa mia e mi chiedo cosa si celi dietro le mura del Manor, la dimora del Signore Oscuro. Se la consegno alla Granger, sono certo che ne avrà cura.
 
«Grazie». E dall’emozione che emana la sua voce, capisco di aver fatto la scelta giusta.

 
 
17 Gennaio 1997:
 
Narcissa era stata portata da sua sorella Bellatrix al cospetto dell’Oscuro Signore. Il suo corpo, tremante, era avvolto in un’elegante vestaglia di raso: la donna era stata svegliata da un lungo sonno durato quasi due giorni.
Bellatrix Lestrange la sosteneva con un braccio, mentre il Signore Oscuro camminava verso di lei, osservandola e studiandola con attenzione. Narcissa poteva sentire i suoi occhi scarlatti puntati sul suo corpo, la sua mano bianca e fredda sfiorarle il visto e il suo respiro scaldarle il collo. Lui non le era mai stato così vicino e la donna, d’istinto, si ritrasse.
 
«Narcissa, mia cara, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort all’orecchio.
 
Lei non rispose. Aveva promesso a sé stessa, a suo figlio Draco, che non si sarebbe mai lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
 
«Eppure non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
 
Lei scosse la testa. Mai. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
 
«Bene». Commentò il Signore Oscuro soddisfatto. «Ora spogliati».
 
Narcissa si irrigidì e sentì la presa di sua sorella Bellatrix farsi più salda: per la prima volta nella vita, anche lei aveva paura. Però non disse niente, si limitò a stringerla più forte.
 
«Bellatrix andiamo, lasciala, sono certo che riuscirà a reggersi in piedi anche da sola».
 
Narcissa sentì le mani della donna abbandonarla e dovette contare solo sulle proprie forze per non cadere. Una lacrima le solcò il volto.
 
«Mi hai sentito Narcissa? Ho detto di spogliarti». La voce di Lord Voldemort era calma ma seria, non avrebbe ceduto ad alcun compromesso.
 
Così Narcissa prese un respiro, portò le mani alla vita e si slacciò la cintura della vestaglia, che fece scivolare lungo le spalle fino a terra. Rimase coperta solo dalla sua sottoveste, mostrando la pelle diafana e le cicatrici che il Signore Oscuro le aveva inferto.
In quel momento, al massimo della sua vulnerabilità, Narcissa capì che sarebbe sopravvissuta a tutto. Che niente avrebbe potuto impedirle di proteggere l’unica persona che aveva mai amato. Quella consapevolezza spazzò via tutte le sue paure. Smise di tremare e alzò lo sguardo: se il Signore Oscuro voleva umiliarla, l’avrebbe fatto guardandola negli occhi.
Il volto di Lord Voldemort, la dimora di quella che un tempo era stata la sua anima, ora era solo il guscio di uno spirito malvagio e privo di sentimenti. Stava sorridendo, un sorriso mostruoso e senza emozioni, che fece inorridire Narcissa.
 
«Vedi Bellatrix? L’avevo detto che sarebbe riuscita a reggersi con le sue forze». Queste furono le parole che pronunciò Lord Voldemort prima di puntarle contro la bacchetta e tranciarle una gamba.

 

Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Come state? Come avete trascorso queste tre settimane? A me è mancato tanto non pubblicare, ma sono felice di essermi presa questo tempo, perché ora ho una scaletta pronta per tutti i prossimi capitoli e non rischio di scivolare in qualche grossolano buco di trama (il mio incubo peggiore).
 
Lo so, molti di voi erano in pensiero per Narcissa ed io in questo capitolo mi sono accanita su di lei più del solito, mi dispiace tanto. Sappiate che ci tengo molto al suo personaggio, la considero una protagonista alla pari di Hermione e Draco, quindi non potrei mai limitarmi a renderla un fantoccio nelle mani di Voldemort senza uno scopo... Portate pazienza e datemi fiducia, perché anche lei avrà il suo importante ruolo! Intanto spero che lo scontro tra Hermione e Draco vi abbia fatto sorridere e vi sia piaciuto!
 
Ringrazio chi in questo periodo ha aggiunto la mia storia tra le seguite/preferite/da ricordare e che ha lasciato una recensione, spero vogliate farmi sapere che ne pensate anche di questo capitolo!
Intanto io vi abbraccio e vi aspetto domenica prossima!
Flami151

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


/* Raise your wand per Helen McCrory che si è spenta il 16 aprile dopo un'eroica battaglia contro il cancro /*
 


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XIII


19 Gennaio 1997:
 
Narcissa era avvolta dalle morbide lenzuola del letto di suo figlio Draco. Osservava le venature del soffitto a cassettoni mentre sua sorella Bellatrix le sedeva accanto tenendole la mano.
 
«Le cose stanno andando bene Cissy. Greyback sta facendo un ottimo lavoro nella comunità dei lupi mannari, stanno quasi tutti dalla nostra parte. Il Signore Oscuro era molto, molto compiaciuto. Sono certa che deciderà presto di liberare Lucius e Rodolphus da Azkaban. Andrà molto meglio, vedrai».
 
Le giornate al Manor ormai trascorrevano così: Bellatrix alternava il suo tempo tra le riunioni con i Mangiamorte e le missioni all’esterno, ma si ritagliava sempre qualche ora da trascorrere con sua sorella minore. Narcissa, da canto suo, si limitava ad ascoltare ciò che Bella aveva da dirle, continuando a guardare il soffitto sopra di lei. L’unica a riuscire a comunicare davvero con la Signora Malfoy era la sua elfa Zoury, che con amore le preparava da mangiare e le faceva sempre trovare una tazza di the caldo sul comodino.
 
Bellatrix sospirò. Per quanto ci provasse, sembrava che niente riuscisse a scuotere la sorella dal suo stato di trans. «Ricordi l’ultima estate a Villa Crabbe?» Il cuore di Narcissa sussultò, ma i suoi occhi continuarono a scrutare il soffitto, impassibili. «Ti ricordi quanto abbiamo litigato? Non ci siamo parlate per almeno… tre giorni credo».
 
Ricordava eccome.
Ogni estate lei e le sue sorelle venivano ospitate dai loro zii, Orion e Walburga Black, nella loro casa di villeggiatura sull’isola di Thanet, nel Kent. La villa era stata eredita da Walburga alla morte di sua madre, Irma Crabbe, da cui aveva preso il nome. Affacciata direttamente sul mare del Nord, l’abitazione signorile era costruita su due piani e disponeva di sei camere da letto, nelle quali soggiornavano le tre sorelle e i loro due cugini Sirius e Regulus.
 
Fin da bambini, i cinque cugini erano stati abituati a trascorrere le loro giornate leggendo, suonando il pianoforte o prendendo il sole in veranda. Non schiamazzavano, non giocavano in spiaggia e soprattutto non socializzavano con i villeggiatori, tanto meno se Babbani. Ciononostante, Narcissa ricordava le vacanze nel Kent con molto affetto: più piccola tra le tre sorelle ma più grande dei suoi cugini, condivideva il suo tempo con tutti e di ognuno conservava un ricordo speciale.
 
Le giornate scorrevano tranquille all’ombra di Villa Crabbe. O quasi.
Aveva appena terminato il suo secondo anno ad Hogwarts quando, un pomeriggio, Narcissa fu attirata in cortile dalle urla di Sirius: lo trovò sospeso in aria, rosso di rabbia, che dimenava forsennatamente braccia e gambe.
 
«Fammi scendere, brutta strega!»
 
«O altrimenti? Ti ricordo che non possiedi ancora una bacchetta!» Bellatrix gongolava, agitando il suo cuginetto a destra e a sinistra.
 
Era vero, Sirius una bacchetta non l’aveva, ma d’improvviso si era alzato un vento fortissimo e Narcissa sospettava che la responsabilità fosse proprio del giovane maghetto.
 
«Si può sapere che sta succedendo?» Chiese la più giovane delle sorelle Black.
 
«Tua sorella è una psicopatica!» Urlò ancora Sirius, adesso capovolto a testa ingiù.
 
«Hai davvero un bel coraggio a parlarmi in questo modo! Se continui così l’anno prossimo potresti anche essere smistato in Grifondoro». Commentò Bellatrix con disprezzo.
 
«Che cosa sta succedendo?» Chiese di nuovo Narcissa, questa volta alzando la voce.
 
«Succede» Rispose Bellatrix facendo roteare la bacchetta. «Che ho beccato il nostro caro cugino mentre tentava di darsela a gambe di nascosto scavalcando il cancello». Poi tornò a rivolgersi a Sirius. «Se non vuoi dirmi dove stavi andando, credo proprio che dovrò raccontare tutto agli zii».
 
«No! Non a mamma e papà!» Sembrava proprio che quella minaccia lo avesse nauseato più di tutte le capriole. «Va bene, hai vinto. Qui ci si annoia da morire, stavo andando a trovare Benjamin, il ragazzino che vive nella villa di fronte. È uno forte, mi avrebbe fatto fare un giro sulla sua bicicletta!»
 
Quella notizia lasciò le due sorelle di sasso. Fu Narcissa a rompere il silenzio. «Intendi la villa di quella famiglia Babbana? Cosa ti è saltato in testa? Lo sai che a quelli non ti ci devi neanche avvicinare. Oh Merlino, se gli zii lo verranno a sapere sarà un disastro». La giovane Narcissa iniziò a camminare avanti indietro, aveva la nausea. «Sirius, come hai potuto farci questo?»
 
«A voi? Ma cosa c’entrate voi?» Disse lui, ancora sospeso in aria.
 
«Vuoi scherzare? Siamo una famiglia Sirius, la famiglia Black. Il nome che porti è un retaggio d’onore e di virtù verso il quale devi portare rispetto. Non puoi farti vedere in giro in compagnia di certa gente! Devo ricordarti le parole riportate sull’arazzo di famiglia?» Narcissa aveva sentito pronunciare quelle parole talmente tante volte dai suoi genitori da averle ormai impresse nella memoria.
 
«So cosa c’è scritto su quel benedetto arazzo, è a casa mia! Ma io non voglio mica sposare Benjamin, volevo solo usare la sua bicicletta. È un tipo simpatico, dico davvero!»
 
«Ora basta!» Urlò Bellatrix che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione senza più aprire bocca. «Come osi parlare in questo modo della feccia Babbana! È proprio vero quello che dicono mamma e papà su di te, sei destinato a diventare un traditore del tuo sangue! E lo sai cosa succede ai traditori vero?» Una luce di follia si accese negli occhi della strega che, con un colpo di bacchetta fece apparire un fuoco sotto al cugino, ancora sollevato da terra. «Il loro nome viene bruciato dall’arazzo di cui tu parli con tanto disprezzo!»
 
Sirius si dimenò con ancora più tenacia, ma non poteva nulla contro la magia di Bellatrix, che lo teneva sospeso su quel rogo che si allargava sempre di più. «Tu sei pazza! Pazza!»
 
«Bella adesso basta, ha capito». Si intromise Narcissa.
 
«Lo dico io quando è abbastanza». Replicò lei, spostando lentamente il corpo di Sirius verso le fiamme.
 
«Ho detto basta!» Il corpo di Narcissa si mosse istintivamente. Si lanciò tra Sirius e sua sorella sguainando la bacchetta. «Protego!»
 
Uno scudo si aprì di fronte a lei, spezzando il contatto tra Bellatrix ed il cugino. Il fuoco si spense e Sirius cadde rovinosamente a terra.
 
«Cissy levati di mezzo. Subito!» Ruggì Bellatrix come indemoniata.
 
«No. Stai esagerando». Era la prima volta nella sua vita che Narcissa si opponeva ad una delle sorelle maggiori, ma sentiva di doverlo fare.
 
«Bene, se vuoi batterti, sarai accontentata!» Bellatrix alzò la bacchetta, pronta per lo scontro.
 
«Nessuno si batterà con nessuno!» Andromeda fece il suo ingresso in cortile, sconvolta. Narcissa e Bellatrix abbassarono entrambe le bacchetta. Andromeda aveva quel potere: ispirava tanta autorità quanto i loro genitori. «Sirius, rientra in casa. Bella, anche tu, non dovresti usare la magia fuori da Hogwarts! Tu Cissy invece non muoverti da qui».
 
Narcissa rimase immobile mentre sua sorella maggiore osservava Sirius e Bellatrix eseguire gli ordini. Poi Andromeda si voltò verso di lei: sorrideva.
 
«Tutto bene?» Le chiese con dolcezza.
 
«Si, tutto bene…» Ma non era vero. Si era ribellata a Bellatrix e l’aveva fatto per difendere… un traditore del suo sangue. Perché questo era Sirius, in fondo lo sapevano tutti in famiglia. «È solo che Bellatrix a volte è così… aggressiva. E da quando si è messa con Rodolphus è peggiorata».
 
«Sicura che sia solo questo il problema?»
 
Narcissa ci rifletté, soppesando le parole da dire. «Quanto hai sentito della nostra conversazione?»
 
«Tutto quanto. Non stavate proprio bisbigliando». Rispose Andromeda, strappandole un sorriso.
 
«Quindi sai che Sirius ha fatto amicizia con… quello lì
 
Andromeda scrutò la sua sorellina, cercando di capire dove volesse andare a parare. «Ti senti in colpa per averlo protetto?»
 
Narcissa scosse il capo in cenno d’assenso.
 
«Hai fatto quello che ritenevi giusto, non hai niente di cui incolparti». Le disse prendendole la mano. Il suo tocco era caldo e rassicurante. «E per quanto riguarda Bella…» Andromeda si fece più vicina a lei. «…so che quello che le hai visto fare a Sirius ti ha spaventata, è normale. Purtroppo Bellatrix ha sperimentato tutto questo sulla sua pelle talmente tante volte da essersi ormai dimenticata quanto possa fare paura, o fare male».
 
Narcissa strinse più forte la mano di Andromeda. Entrambe avevano sentito le urla di Bellatrix echeggiare tra le mura domestiche ogni volta che il padre le impartiva delle punizioni, me nessuna di loro ne aveva mai parlato apertamente.
 
Andromeda doveva aver intuito i suoi pensieri, perché le sorrise di nuovo. «A volte ho l’impressione che sia solo alla ricerca di qualcosa in cui credere. Quindi quello che possiamo fare per lei è ricordarle ogni giorno che la amiamo e che non è sola».
 
Poi l’abbracciò. Un abbraccio lungo e ricco di significati. Perché per la prima volta Andromeda le aveva parlato come un’adulta e l’aveva fatta sentire bene, meno colpevole.
 
«Dromeda senti…» Chiese Narcissa sciogliendo l’abbraccio. «Secondo te Sirius finirà davvero a Grifondoro?»
 
Andromeda rise. «Onestamente, non ne sarei affatto sorpresa!» Vedendo l’espressione buia di Narcissa però la rassicurò. «Sarebbe poi così terribile? Se vuoi la mia opinione, lo smistamento è del tutto sopravvalutato. Gli esseri umani sono creature troppo complesse per poter essere classificate in base ad una singola dote. Tu, ad esempio, sei furba e ambiziosa come una Serpeverde, ma oggi sei stata coraggiosa come una Grifondoro!»
 
«Io invece ho sempre pensato che tu saresti stata perfetta tra i Corvonero!» Entrambe le sorelle risero un’ultima volta, prima di rientrare in casa.
 
Quella fu la loro ultima estate a Villa Crabbe. Il settembre successivo, Sirius fu smistato in Grifondoro, dove conobbe James Potter. Da quel momento, la tensione in famiglia crebbe a dismisura, rendendo impossibile qualsiasi rapporto di convivialità tra i cugini. Tutto ciò che rimase fu il ricordo delle giornate trascorse sotto il sole del Kent e il profumo della brezza del Mare del Nord.
 
Narcissa ruotò lo sguardo il minimo necessario per poter osservare sua sorella Bellatrix, l’assassina di Sirius, seduta accanto al suo letto. Si chiese se Andromeda in fondo non avesse sempre avuto ragione: forse Bellatrix era davvero alla ricerca di qualcosa in cui credere, forse è per questo che si era unita ai Mangiamorte, forse adesso le cose sarebbero diverse se lei le fosse stata più vicina, se l’avesse amata di più.
 
Qualcuno bussò alla porta ed Alecto Carrow fece capolino nella stanza. «Un'altra lettera del moccioso».
 
Bellatrix si fece passare la busta e ne lesse attentamente il contenuto. «Cissy, Draco è preoccupato per te, vuole sapere se stai bene. Perché non gli mandi una bella lettera? Ti farà bene parlare con lui».
 
Ma Narcissa non si mosse. Tutto ciò che desiderava era poter dire al suo bambino quanto le mancasse, ma sapeva che il modo migliore per proteggerlo era tenerlo lontano da lei e dalla sua mente.
 
Bellatrix sospirò, rivolgendosi ad Alecto. «Così non va. Dobbiamo trovare una soluzione».

 

20 Gennaio 1997:
 
Osservo con trepidazione in gufi che volano sopra le nostre teste durante la colazione, augurandomi che tra loro ce ne sia uno che porti una lettera indirizzata a me. Purtroppo non è così.
Ormai sono passati diversi giorni da quando ho scritto a mamma, niente di speciale, solo per chiederle come stava e ringraziarla del regalo, eppure non ho ancora ricevuto risposta: nessuna comunicazione, proprio come prima delle vacanze.
 
«Aspettavi posta?» Chiede Pansy osservandomi incuriosita.
 
«È evidente». Rispondo glaciale.
 
Ieri ho avuto la prima lezione di Pozioni avanzate con Piton, che mi ha spiegato le basi della Pozione Extimulo, un elisir per incrementare la potenza degli incantesimi. Si tratta di una pozione complessa, la cui realizzazione richiederà dalle tre alle quattro settimane. Ammetto di essere stato scettico riguardo alle lezioni private con Piton, ma mi mancava darmi davvero da fare in Pozioni e adesso non vedo l’ora di mettermi al lavoro.
Di contro, è dall’inizio del mese che mi sento costantemente sotto osservazione: Piton non fa altro che ripetermi di dover trascorrere più tempo con gli altri Serpeverde, di non attirare l’attenzione e di comportarmi come sempre. Ovunque vada sento i suoi occhi puntati su di me, che scruta i miei comportamenti quantificandoli su una scala da ordinario a sospetto. Per questo ho ricominciato a mangiare insieme ai miei compagni di casa, pur non riuscendo ancora a tollerare la compagnia di Pansy, unica responsabile della mia nuova libertà vigilata.
 
«Allora, quando ricominciate gli allenamenti?» Chiede Blaise rivolto a me, Tiger e Goyle.
 
«Questa domenica». Risponde Tiger a bocca piena. «La prossima partita è tra un paio di mesi, contro i Corvonero».
 
«Una vera perdita di tempo, tanto ormai possiamo puntare al massimo al secondo posto». Lo incalza Goyle addentando una fetta di bacon.
 
«Non è detto: se Tassorosso riesce a chiudere la partita contro i Grifondoro con un vantaggio di duecentotrenta punti, potreste ancora puntare alla coppa». È stata Pansy a parlare, facendo voltare tutti verso di lei. «Che c’è? Non fate altro che parlare di Quidditch, ormai mi sono appassionata».
 
Questo strappa una risata a Blaise. «E brava la nostra Pansy!» Dice battendole una pacca sulla spalla.
 
«Comunque secondo me ti saresti dovuto presentare tu nel ruolo di capitano, Draco». Mi confessa Tiger abbassando la voce. «Urquhart è davvero un coglione».
 
Scrollo le spalle. Giorni fa mi sarei giustificato alludendo a qualche missione di fondamentale importanza assegnatami dall’alto, ma ora lo sguardo indagatore di Piton, seduto al tavolo degli insegnanti, mi convince a desistere. Forse non ha tutti i torti quando mi dice di mantenere un basso profilo: da quando è rientrato ad Hogwarts, ho beccato Potter a guardarmi di sottecchi più di una volta. Mi chiedo cosa stia tramando.
 
Finito di mangiare, ci incamminiamo verso la serra di Erbologia. Non faccio in tempo però a mettere piede fuori dal castello che un tornado in divisa Grifondoro mi investe in pieno, urtandomi con una forte spallata.
 
«Scusatemi!» Urla la Granger correndo a perdi fiato verso la serra.
 
«Era la Mezzosangue quella?» Chiede Pansy con voce disgustata.
 
«Forse ha paura di perdersi il posto il prima fila». Commenta ironico Blaise.
 
Io invece non dico niente, sono troppo concentrato a scrutare il galeone che la Granger, nel suo passaggio, ha lasciato nella mia mano destra. È uno di quelli usati dall’Esercito di Silente, ne sono sicuro. Osservo con attenzione il numero di serie riportato sul bordo della moneta.

 
000024011997
 
Venerdì, a mezzanotte.

 
 
24 Gennaio 1997:
 
Proprio come l’ultima volta, nella Stanza delle Necessità è apparsa una pedana per i duelli, illuminata da numerose fiaccole disposte lungo tutto il perimetro.
 
Io attendo pazientemente l’arrivo di Malfoy, in ritardo di dieci minuti. In verità, per maggiore prudenza, sono io ad essere arrivata con più di mezz’ora d’anticipo. Dopo che Harry mi ha rivelato i suoi sospetti sul Serpeverde ho temuto che potesse iniziare a spiarlo con la Mappa del Malandrino.
Da questo punto di vista la Stanza delle Necessità si presta perfettamente ai miei incontri con Malfoy: lo scorso anno, infatti, mi sono accorta che la Stanza è protetta da un incantesimo che la rende indisegnabile, proprio come il castello di Hogwarts. Non credo che Harry se ne sia ancora reso conto. Ciononostante, preferisco comunque arrivare con un po’ di anticipo, così da non essere vista incrociare Malfoy per i corridoi in piena notte e sparire dalla Mappa insieme a lui.
 
Se prima i miei incontri con Draco Malfoy potevano ancora dirsi casuali, adesso sono il frutto della premeditazione. In pratica ci sono dentro fino al collo. È la prima volta che infrango le regole e butto il buon senso alle ortiche solo per me stessa… e ne sono elettrizzata!
 
La porta della Stanza delle Necessità si materializza, permettendo l’ingresso della Serpe.
 
«Iniziavo a credere che non avessi decifrato il codice». Commento salendo sulla pedana.
 
«Tu mi sottovaluti. Come Leader della Squadra di Inquisizione era scontato che avrei capito il messaggio». Si pavoneggia lui.
 
«La Squadra di Inquisizione… Speravo davvero di non doverla più sentir nominare». Ripensare alla Umbridge e alla sua combriccola mi mette i brividi.
 
«Ti da fastidio quando qualcuno ti mette i bastoni fra le ruote?» Chiede salendo a sua volta sulla pedana.
 
«A nessuno piacere essere intralciato, tanto meno se da quel rospo della Umbridge e dai suoi valletti». Rispondo io mettendomi in posizione d’attacco.
 
«Che gusto c’è ad infrangere le regole se non c’è nessuno a farle rispettare? Ammettilo Granger, sono la vostra raison d’être». Anche Malfoy si prepara ad attaccare.
 
«Quindi adesso dovrei anche ringraziarti?» Chiedo sferrando il primo attacco.
 
Nessun convenevole, nessuna formalità: il duello ha inizio.
 
Malfoy para il mio colpo con maestria, contrattaccando con rapidità. «Potresti provare».
 
Riesco a schivare il suo incantesimo appena in tempo. «Grazie Malfoy per essere il Serpeverde più meschino, subdolo e calcolatore che Hogwarts abbia mai ospitato. Expelliarmus
 
Un’altra parata. «Ti prego Granger, tutti questi complimenti mi faranno arrossire. Engorgio
 
Il fuoco della fiaccola più vicina a me cresce a dismisura, invadendo il campo di battaglia e avvicinandosi pericolosamente alla mia divisa. «Aqua Eructo!» Le fiamme si spengono, lasciando una macchia scura sulla pedana. Malfoy ne approfitta per attaccarmi ancora. Riesco a parare il suo incantesimo appena in tempo.
 
Il duello prosegue a ritmo frenetico, senza lasciarci nemmeno un istante per prendere fiato. I colpi di Malfoy sono potenti ed energici, mentre i miei veloci e precisi. Nessuno dei due esita, nessuno dei due si risparmia. Dopo solo poche mosse capisco di poter dare il meglio di me senza alcuna remora. Lo sguardo del Serpeverde è agguerrito e concentrato, ma le sue labbra sono inarcate verso l’alto in un sorriso, rivelando il suo reale stato d’animo.
 
«Tarantallegra!» Malfoy mi colpisce in pieno. Un attimo dopo, le mie gambe iniziano ad agitarsi senza controllo, in una danza forsennata.
 
Maledizione, mi sono distratta! Devo impedirgli di attaccarmi ancora prima che la sua fattura svanisca, o non sarò in grado di proteggermi. «Dismundo
 
La Maledizione degli Incubi: fa apparire agli occhi dell’avversario delle visioni terrificanti. Si tratta più di un brutto scherzo che di un vero e proprio incantesimo offensivo, ma spero che riesca a farmi guadagnare abbastanza tempo.
In realtà la fattura funziona anche meglio del previsto: Malfoy si immobilizza, spalancando gli occhi attonito. Non so cosa stia vedendo, ma di qualsiasi cosa si tratti riesce a distrarlo a sufficienza da far svanire l’effetto del suo incantesimo e farmi attaccare di nuovo. «Expelliarmus
 
Questa volta riesco a colpirlo: la bacchetta di Malfoy vola via dalla sua mano, rotolando giù dalla pedana. L’incontro è terminato. Solo adesso il Serpeverde sembra rinsavire.
 
«Non credevo ti saresti lasciato fregare da un trucchetto così banale!» Dico mentre cerco di riprendermi dalla danza sfrenata.
 
«Già…» Commenta gelido lui, recuperando la bacchetta.
 
Conoscendolo, direi che la sconfitta lo ha messo davvero di cattivo umore. Ma qualcosa nel suo sguardo schivo e nella sua voce fredda mi suggerisce che ci sia dell’altro.
 
«Stai bene Malfoy?» Gli chiedo avvicinandomi.
 
«Certo».
 
«È evidente che non stai bene, vuoi dirmi perché?»
 
«No, non voglio».
 
Restiamo per un attimo in silenzio. Malfoy guarda il pavimento, mentre io guardo lui. Solo adesso mi rendo conto del leggero tremore delle sue mani, strette attorno alla bacchetta: qualunque cosa la Maledizione degli Incubi gli abbia mostrato, lo ha davvero sconvolto.
 
«È meglio che vada». Sentenzia lui senza guardarmi negli occhi.
 
Vedendo l’ingresso della Stanza delle Necessità ricomparire di fronte al Serpeverde, sento di non volerlo lasciare andare via. Ma lui non vuole parlare con me. Cosa posso fare?
 
«Ho bisogno del tuo aiuto per una missione!» Dico senza starci troppo a pensare.
 
Il Serpeverde indugia: devo aver solleticato la sua curiosità.
 
«Che genere di missione?» Chiede lui senza voltarsi.
 
«Devo entrare nel Reparto Proibito».
 
Un suo sguardo mi basta per capire di aver fatto centro.
 
Ci incamminiamo circospetti lungo i corridoi di Hogwarts, in direzione della Biblioteca. Tutta la prudenza adottata finora per evitare di farmi vedere con Malfoy sulla Mappa del Malandrino è andata in fumo e io mi ritrovo a sperare che Harry sia già andato a dormire. Fortunatamente, raggiungiamo la biblioteca senza incontrare Gazza o quale Auror.
 
«Tu resta vicino alla porta di ingresso, se senti arrivare qualcuno, accendi due volte la punta della bacchetta, così saprò di dovermi nascondere». Dico a Malfoy in tono autoritario.
 
«Mi hai portato qui per farmi fare la guardia? Perché non mi dici cosa stai cercando? Così io vado nel Reparto Proibito e tu resti qua a girarti i pollici».
 
Non posso dire a Malfoy che sto cercando delle informazioni riguardo agli Horcrux, Harry non me lo perdonerebbe mai. Il motivo per cui sono costretta a intrufolarmi di nascosto nel Reparto Proibito, è che nessun professore ha voluto concedermi l’autorizzazione per documentarmi a riguardo. Deve trattarsi di Magia Oscura molto avanzata.
 
«Tu hai i tuoi segreti, io ho i miei». Gli dico strizzando l’occhio e addentrandomi tra gli scaffali della biblioteca.
 
Raggiungo il cordone che demarca il Reparto Proibito e lo scavalco con attenzione. Ho già consultato il catalogo della biblioteca diversi giorni fa e so quali libri consultare per primi. Estraggo con cura dai ripiani polverosi Compendio dei Manufatti Oscuri e Demoniaci, Guida alla Negromanzia ed infine Delle Magie Fetide e Putridissime.
Inizio a sfogliare rapidamente i volumi, senza mai smettere di tenere d’occhio Malfoy. È incredibile che abbia accettato di seguirmi senza remore ed è ancora più incredibile che, a parti invertite, sono certa che avrei fatto lo stesso.
Nei primi due tomi leggo di evocazioni, riesumazioni, possessioni e maledizioni di cui non avevo mai sentito parlare, ma nessun accenno agli Horcrux. Faccio fatica ad immaginare l’esistenza di malefici più terribili e raccapriccianti di questi ed inizio a sospettare che anche i libri del Reparto Proibito, pur trattando di Arti Oscure, siano comunque sottoposti ad una selezione. Forse ad Hogwarts non troverò mai quello che cerco.
 
La bacchetta di Malfoy si accende: è il segnale.
 
«Nox». Sussurro nascondendomi sotto ad un tavolo e portando con me i tre tomi.
 
La porta cigola e nella Biblioteca fa il suo ingresso Gazza: riconosco il suo passo zoppicante. Prego con tutte le mie forze che con lui non ci sia Mrs. Purr, altrimenti ci troverà di sicuro. Sento il respiro pesante del custode che si muove lungo il corridoio principale, avvicinandosi pericolosamente al Reparto Proibito. Per lo meno a quest’ora deve aver già superato Malfoy. Ad un certo punto si ferma. Dalla mia posizione riesco solo a vedere la luce emanata dalla sua lanterna: è molto vicino. Trattengo il respiro mentre prego che non si accorga degli spazi vuoti lasciati sugli scaffali della libreria. Dopo un tempo che mi pare infinito, Gazza si schiarisce la gola e fa dietrofront, uscendo dalla biblioteca.
 
Tiro un sospiro di sollievo, uscendo dal mio nascondiglio ed accendendo di nuovo la bacchetta.
 
«Ci è mancato poco!» Sussulto: non mi ero accorta che Malfoy si fosse avvicinato. «Vero coraggio Grifondoro, complimenti». Mi schernisce lui.
 
«Non dovevi fare il palo?»
 
«Rilassati, ormai non tornerà più qui». Dice scavalcando anche lui il cordone e sbirciando tra i libri che ho appena consultato. «Merlino! Granger se vuoi dedicarti alle Arti Oscure basta dirlo, non ti giudico, anzi». Le sue parole però sono tradite dalla sua espressione, inorridita di fronte alle pratiche descritte in Guida alla Negromanzia.
 
Mi accingo ad aprire l’ultimo tomo rimasto quando Malfoy, con gli occhi ancora puntati sul libro, sussurra. «Ho visto mia madre, quando mi hai lanciato quel Dismundo». La sua voce è poco più di un soffio, quasi come se stesse parlando più con sé stesso che con me. Non so cosa abbia spinto Malfoy a confidarmi questo segreto, ma capisco di non dover dire nulla, di doverlo ascoltare e basta, in silenzio. «Prima di partire per Hogwarts abbiamo avuto una discussione ed io… ho esagerato. Da quando sono qui le avrò scritto decine di lettere ma non ho mai ricevuto risposta. Pensavo fosse arrabbiata ma adesso… non lo so più».
 
Continuo a sfogliare il volume, riflettendo sulla confessione di Malfoy. Ora la sua apprensione la sera della cena del Lumaclub ha più senso. Certo, adesso anche l’ipotesi di Harry prende piede: se è vero che i Mangiamorte sono nascosti al Manor, allora forse Malfoy teme che possano aver fatto del male a sua madre. Ammesso che ci siano dei Mangiamorte al Manor ed ammesso che Malfoy lo sappia.
Riguardo alla conversazione con Harry, ricordo che ha accennato ad una visita di Piton a casa Malfoy. Se è vero, deve pur sapere qualcosa.
 
«Non c’è nessuno vicino alla tua famiglia a cui poterti rivolgere?» Azzardo.
 
Lui rimane in silenzio, sfogliando le pagine del libro di Negromanzia senza però leggerlo davvero. Poi dice «il Professor Piton l’ha vista a Natale». Fa una pausa, forse chiedendosi se non stia rivelando troppo. «Loro si conoscono dai tempi della scuola, sono molto legati». Dice come per giustificarsi. «Mi ha detto che sta bene».
 
«Ma tu non gli credi, dico bene?»
 
«No, non gli credo».
 
Inizio a sentirmi malissimo: per quanto mi sforzi, non riesco a trovare nessuna soluzione che possa aiutare Malfoy. Sono del tutto impotente. Non riesco neanche ad immaginare cosa deve essere per Malfoy sentirsi così ogni giorno. Per la prima volta in vita mia non ho la risposta ma, guardando il Serpeverde, comprendo che da parte mia non si aspetta alcuna soluzione, solo comprensione.
 
«È per questo che hai lasciato a me la penna…» Lui annuisce in silenzio. «Non è molto ma sappi che, se la rivorrai, basterà chiederlo». Lui annuisce ancora, poi si allontana: il discorso è chiuso.
 
Riporto il mio sguardo sul libro. Sto quasi per rinunciare, ma una piccola nota a piè di pagina attira la mia attenzione: “Dell’Horcrux, la più malvagia delle magiche invenzioni, non discorreremo né daremo istruzione”.
Ma allora perché citarlo!? Roba da matti. Questa visita al Reparto Proibito è stata completamente inutile.
 
Guardo Malfoy, che si aggira tra gli scaffali osservando il dorso dei libri. Forse non è stata poi del tutto inutile…
 
Rimetto i tre volumi al loro posto e usciamo alla Biblioteca in completo silenzio. Sono quasi le tre di notte e, forse a causa di tutta la Magia Oscura di cui ho letto finora, sono inquieta. Mi muovo guardinga verso la scalinata principale e vedo Malfoy fare lo stesso: avanziamo a passo sostenuto continuando a guardarci intorno, come se un demone o un Inferius dovesse nascondersi dietro ogni angolo. Ma ciò che troviamo in fondo al corridoio del terzo piano è anche peggio: sotto la luce fioca delle lanterne, distinguiamo chiaramente il profilo di uno degli Auror che ci guarda sbigottito.
Ecco, è la fine. Ora ci porterà da Gazza, poi finiremo dal preside e in un attimo tutta la scuola saprà che io e Malfoy eravamo insieme a…
 
«Corri!» Non faccio in tempo a terminare il mio pensiero che la mano del Serpeverde si stringe intorno al mio braccio, trascinandomi in una fuga scalmanata.
 
«Fermi dove siete!» L’Auror si lancia all’inseguimento, ma quella manciata di secondi preziosi che ci ha fatto guadagnare Malfoy ci permettono di seminarlo.
 
Dopo poco però mi accorgo di un’enorme falla nel piano del Serpeverde. «Devo fermarmi, non ce la faccio più!»
 
«Tieni duro, manca poco!» Mi esorta lui senza smettere di reggermi.
 
Girato l’angolo superiamo l’aula di Incantesimi e ci ritroviamo nel corridoio che porta all’ingresso della Torre dell’Orologio. Malfoy però non entra, si lancia dietro all’arazzo di Cassandra Vablatsky che Svela il Futuro, appeso alla fine del corridoio, trascinandomi con sé.
 
Stretti dietro all’arazzo più alto che largo tratteniamo il fiato, sperando che l’Auror non si accorga dei nostri piedi che sbucano. Dobbiamo essere stati baciati dalla Dea Bendata, perché anche questa volta riusciamo a farla franca. Il mago, infatti, tira dritto senza accorgersi di noi. «Dannati ragazzini». Lo sentiamo dire prima di sbattersi la porta d’ingresso della Torre alle spalle.
 
Aspettiamo immobili che anche il rumore dei suoi passi si faccia lontano per poi scioglierci in una ricca ed incontrollabile risata.
 

 

 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
 
Eccoci qui con un nuovo capitolo! Questa volta abbiamo fatto un altro tuffo nel passato di Narcissa. Spero vi sia piaciuto leggere questo frammento di vita della famiglia Black, il cui scopo era di aggiungere un altro tassello alla personalità della mia Narcissa.
Vorrei fare un piccolo chiarimento: con questo capitolo non voglio assolutamente giustificare Bellatrix per tutte le atrocità che ha commesso. Lungi da me! Credo solo però (come ho specificato anche nell’introduzione di questa storia) che nella vita non esista solo il bianco ed il nero e che anche la persona peggiore al mondo possa aver sofferto molto o possa essere stata amata ed aver amato.
 
Ma passiamo al secondo arco narrativo di questo capitolo! Hermione e Draco hanno iniziato a fidarsi l’uno dell’altra e ad aprirsi. Questo è un momento di svolta importante per loro che, come ha fatto notare Hermione, ormai ci sono dentro fino al collo. Spero davvero che il loro secondo duello, la ricerca nel Reparto Proibito e la fuga dall’Auror vi siano piaciuti e vi abbiano strappato una risata! Attendo il vostro responso.
 
Buona Domenica!
Flami151

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XIV


1 Marzo 1997:
 
Febbraio è trascorso rapido e fugace, scandito dalle lezioni di Materializzazione a cadenza settimanale.
Abbiamo fatto la conoscenza del Professor Twycross, Istruttore Ministeriale: un piccolo mago dall’aria fragile e dalla carnagione chiarissima, come sbiadito dalle numerose Smaterializzazioni. Le sue lezioni sono concettualmente chiare e semplici, bisogna solo tenere a mente le tre D: Destinazione, Determinazione e Decisione. In pratica bisogna fissare con le mente la destinazione desiderata, concentrarsi sulla propria determinazione e infine muoversi con decisione per entrare nel nulla ed uscire nel punto desiderato. Io ci sono riuscita già alla seconda lezione.
Gli altri ragazzi però non sono entusiasti quanto me del Professor Twycross e delle sue tre D, che gli sono valse una serie di soprannomi poco lusinghieri come Deretano e Demente. Quest’ultimo in particolare è stato coniato da Lavanda, che in quattro lezioni è riuscita a Spaccarsi ben tre volte.
 
Però, per quanto sia stato esilarante guardare Ron correre su e giù per la Sala Grande a recuperare i vari pezzi della Brown, non sono state le lezioni di Materializzazione a rendere febbraio il mese più leggero e spensierato dall’inizio di quest’anno. Fa strano ammetterlo, ma il merito fa soprattutto a Malfoy.
Da quando gli ho dato la moneta incantata, i nostri incontri si sono fatti sempre più frequenti, arrivando anche a tre alla settimana. Il protocollo è estremamente semplice ed efficiente: se uno dei due ha avuto una brutta giornata, incanta il galeone e a mezzanotte ci troviamo entrambi nella Stanza delle Necessità con la bacchetta sguainata, pronti per un duello senza esclusioni di colpi.
Malfoy si è rivelato uno sfidante davvero forte e preparato. Con lui mi sento libera di dare il massimo ad ogni incontro, senza risparmiarmi. Tutt’altra cosa rispetto ai duelli dell’Esercito di Silente, dove mi ritrovavo quasi sempre a dover correggere gli altri ragazzi o a dosare la mia forza per non rischiare di ferire nessuno.
 
Certo, i nostri incontri non sono stati esenti da incidenti: qualche sera fa, ad esempio, Malfoy mi ha colpito con un Diffindo talmente potente da infrangere il mio incantesimo scudo, aprendomi una ferita sull’intera lunghezza del braccio. È dovuto correre in Infermeria per recuperare una fiala di Essenza di Dittamo, fingendo con Madama Chips che un suo compagno di casa si fosse ferito facendo inavvertitamente cadere una lampada a olio. Una volta richiuso il taglio si è giustificato dicendo che avevo abbassato la guardia, sono certa però che si sia sentito tremendamente in colpa.
 
A volte parliamo anche un po’. Lui mi ha raccontato della sua prima volta sulla scopa, mentre io di come sono sopravvissuta al Tranello del Diavolo. A parte questo però non si può dire che abbiamo delle vere e proprie conversazioni e nessuno dei due sembra sentirne la mancanza, le cose vanno bene così come sono: semplici, leggere.
D’altronde, di cosa dovrebbero parlare il figlio di un Mangiamorte e la Nata Babbana che ha spedito suo padre ad Azkaban?
 
«Buon compleanno, Ron!» La voce di Katie Bell mi riporta alla realtà.
 
Vedo la Cacciatrice salutare con la mano il gruppetto formato da Ron, Harry, Lavanda e Calì, che fanno colazione insieme. Ronald sorride raggiante: quando ancora ci rivolgevamo la parola, mi ha confidato che non vedeva l’ora di diventare maggiorenne, così da poter tornare a casa e ripagare Fred e George di tutti gli scherzi che gli hanno fatto quest’estate alla Tana, quando lui non poteva ancora usare la magia.
Una fitta di nostalgia mi trapassa il petto. Credevo che avremmo festeggiato insieme questo passo importante, invece tutto ciò che abbiamo condiviso oggi è stato un “auguri” detto a denti stretti ed un “grazie” ancor più freddo.
 
Guardo Ron scartare il regalo di compleanno di Lavanda, che chiaramente ha aspettato di trovarsi sotto gli occhi di tutti per poterglielo consegnare. Si tratta di un braccialetto d’oro, simile alla collana pacchiana che gli ha regalato per Natale. Questo però è decorato con una pietra nera.
 
«Io ne ho comprato uno identico al tuo. Quando ci terremo la mano, le pietre diventeranno rosse!» Le sento dire ad alta voce. Onestamente, Ron non mi pare affatto entusiasta del regalo.
 
Inizio a giocherellare con la forchetta, rivoltando le uova strapazzate nel mio piatto senza però riuscire a smettere di osservare il quartetto. Vedo Ron alzare la testa verso l’alto quando lo stormo di gufi fa il suo ingresso in Sala Grande, facendo cadere di fronte a lui quattro grandi pacchi ben incartati.
 
«Gran bel bottino quest’anno!» Annuncia il rosso mostrando un grande orologio con minuscole stelle mobili al posto delle lancette. «Mi sa che diventerò maggiorenne anche il prossimo anno».
 
Per un istante, un solo istante, Ron si volta nella mia direzione, incrociando il mio sguardo. Il mio cuore ha un sussulto. Credo voglia dirmi qualcosa, ma il frastuono di un bicchiere andato in frantumi richiama l’attenzione di entrambi, rompendo il contatto visivo. Il rumore viene dal tavolo dei Serpeverde, anzi, viene proprio da Malfoy che sbigottito si alza in piedi di scatto ed esce dalla Sala Grande sotto lo sguardo curioso di tutti.
 
La tentazione di seguirlo è grande, ma dalla mia tasca si sprigiona un forte calore: la data riportata sul galeone incantato dev’essere cambiata.

 
180001031997
 
 
Vorrei Schiantarmi da solo per aver perso il controllo in Sala Grande stamattina. Non solo perché ho attirato l’attenzione di tutta la scuola, compreso quel ficcanaso di Potter, ma anche perché Piton non smette di guardami in cagnesco e Pansy continua a farmi domande inopportune.
 
«Non puoi ignorarmi per sempre Draco. La reazione che hai avuto stamattina… perché non vuoi dirmi cosa è successo?»
 
«Perché non sono affari tuoi, Pansy». Bisbiglio io cercando di non farmi sentire dal professor Twycross o da altre orecchie indiscrete.
 
Oggi la lezione di Materializzazione è più difficile delle precedenti. Twycross ha fornito ad ogni studente un vecchio cerchio di legno ed un separé in vimini: lo scopo di oggi sarà quello di Materializzarsi all’interno del cerchio nascosto dietro al pannello divisorio.
 
«Questa volta non potrete vedere con i vostri occhi la destinazione da raggiungere, dovrete essere più concentrati e determinati del solito. Mi raccomando, ricordate di ruotare su voi stessi con decisione».
 
Odio Twycross e le sue maledette D. La Granger invece lo adora, annuisce soddisfatta ogni volta che l’istruttore apre bocca. A volte mi chiedo come faccia a non farle male il collo. La guardo scomparire con una piroetta e riapparire al di là del separé. Non ne sbaglia mai una!
 
«Certo che sono affari miei». Pansy torna alla carica. «Ti voglio bene e voglio aiutarti. So che non avrei dovuto parlare a Piton di te o delle tue responsabilità, ma tu continui a respingermi ed io non so cosa fare». Dice lei afferrandomi la mano.
 
Cazzo. Piton aveva ragione, non avrei mai dovuto vantarmi con i Serpeverde dei miei finti incarichi per il Signore Oscuro. Se Pansy continua così presto lo saprà tutta la scuola. «Smettila di dire certe cose e concentrati. Ne parliamo dopo». Provo a tagliare corto.
 
«Dici sempre così e poi fai di tutto per evitarmi. Qui invece non puoi sfuggirmi. Prova ad essere onesto per una volta e dimmi cosa sta succedendo». Insiste lei alzando la voce. «C’entra qualcosa la lettera che hai ricevuto a colazione? Cosa c’era scritto? Era da parte Sua
 
Non ci posso credere. Come ho fatto a mettermi in questa situazione? Forse la cosa migliore da fare adesso è rassicurarla, tanto tenerla a distanza non sembra funzionare. Le stringo la mano tra le mie, cercando di mostrarmi il più sincero possibile. «Senti Pansy, mi dispiace se ti ho ignorata questi giorni, non volevo farti preoccupare, però…» Prima di riuscire a portare a termine la frase mi accorgo di una cosa: Potter non si trova più al suo posto, accanto a Weasley. Dove diavolo è finito?
 
Con orrore mi accorgo che si trova proprio alle mie spalle, abbastanza vicino da ascoltare la mia intera conversazione con Pansy. Chissà cosa si starà immaginando adesso.
 
«Gira a largo, Potter». Sibilo io portando la mano alla bacchetta.
 
Lui non sembra affatto intimorito. «Non scaldarti tanto, Malfoy, mi sono solo materializzato qui per errore». Mi risponde allontanandosi con un sorriso compiaciuto: sono certo che abbia sentito tutto.
 
Cazzo. Le cose non potrebbero andare peggio di così.
Guardo di nuovo la Granger, che continua a scomparire e riapparire dentro al cerchio senza il minimo sforzo. Devo assolutamente parlarle, lei soltanto saprà aiutarmi.
 
Dopo la lezione di Materializzazione ho rassicurato Pansy che le avrei spiegato ogni cosa a tempo debito e mi sono diretto verso la Stanza delle Necessità senza perdere altro tempo. La Granger però non è ancora arrivata.
 
Osservo le sembianze assunte dalla Stanza Va-e-Vieni: al posto della solita pedana per i duelli, sono apparse due poltrone dall’aria comoda e un caminetto. Ripensandoci, avevo abbastanza freddo quando sono arrivato.
Mi accomodo su una delle due poltrone chiedendomi quale sia il modo migliore per affrontare la questione con la Granger. Non riesco però a farmi venire nessuna idea perché l’ingresso della stanza fa la sua apparizione, accogliendo la Grifondoro.
 
Lei si guarda attorno smarrita. «Non è la solita stanza». Commenta senza neanche salutarmi. Non ci sprechiamo mai in formalità.
 
«Ti ho chiesto di venire perché mi serve un favore». Le dico indicandole la poltrona rimasta libera.
 
«Intendi dire che hai bisogno del mio aiuto?» Chiede lei di rimando con un sorriso astuto: ogni occasione è buona per stuzzicarmi.
 
«Ti ricordo che hai un debito con me: sbaglio o è merito mio se Gazza non ti ha scoperta a curiosare nel Reparto Proibito?»
 
«Non credevo di essere in debito». Dice abbandonandosi sulla poltrona. Poi mi scruta attentamente. «Ha a che fare con quello che è successo stamattina in Sala Grande?» La Granger ha la capacità di tornare ad essere dannatamente seria quando ce n’è bisogno.
 
Io scuoto la testa. «Lo hai notato, eh?»
 
«Tutta la scuola lo ha notato. Si può sapere che è successo?»
 
Dalla tasca interna del mantello estraggo due buste e ne porgo una alla Granger. «Questa è arrivata un paio di settimane fa».
 
Caro Draco,
Perdonami se non ho risposto alle tue lettere ma con l’arrivo del freddo sono stata colpita da un’aggressiva forma di Influenza Velenottera. Voglio però rassicurarti sul mio attuale stato di salute: mi sto rimettendo in fretta e attendo con ansia il giorno in cui potrò riabbracciarti.
Un caro saluto,
La tua Mamma
 
Ho riletto quella lettera talmente tante volte da conoscerne il contenuto a memoria, parola per parola. Osservo gli occhi della Granger muoversi da un lato all’altro della pagina mentre arriccia un po’ il naso. Lo fa ogni volta che è concentrata, me ne sono accorto anche a lezione.
 
«Da quanto tempo non avervi notizie di tua madre?» Chiede la Granger con la stessa verve di un detective della Squadra Speciale Magica.
 
«Escludendo la lettera ricevuta a Natale, questa è la prima volta da settembre».
 
«Credi che stia mentendo? Che ti stia nascondendo qualcosa?»
 
Prendo un respiro prima di confessare ad alta voce l’idea che mi sta tormentando da settimane. «In realtà, non credo che abbia scritto lei questa lettera».
 
La Grifondoro poggia il suo sguardo su di me. «Cosa te lo fa credere?»
 
«Non lo so… una sensazione. La calligrafia è identica alla sua, come anche la carta da lettere utilizzata ed il sigillo in ceralacca che chiudeva la busta. Ciononostante, appena l’ho letta, ho avuto la certezza che non fosse stata lei a scriverla». Nella mia mente queste parole avevano molto più senso, adesso che le dico ad alta voce però temo che suonino ridicole. «Credi che sia folle?»
 
Lei sembra rifletterci su qualche istante. «Non saprei… In fondo tu conosci tua madre meglio di chiunque altro. Se dici che questo non è il suo normale modo di scrivere, allora dev’essere vero».
 
Nessun dubbio, nessuna esitazione. La Granger ha accettato la mia ipotesi senza battere ciglio: forse mi sono davvero rivolto alla persona giusta. Mi rigiro tra le mani la seconda busta, quella ricevuta stamattina. Credo di potermi fidare abbastanza da mostrargliela.
 
«Dopo aver ricevuto quella lettera» dico indicando la pergamena che la Grifondoro tiene ancora tra le mani «ho cercato di pensare al modo migliore di verificare la mia teoria. Quindi le ho spedito una nuova missiva, ringraziandola per avermi fatto avere sue notizie e augurandole di rimettersi completamente. Le ho scritto che anche Cordelia le augura una pronta guarigione e che la ringrazia ancora per la sciarpa che lei e papà le hanno regalato lo scorso Natale. A questo proposito, le ho chiesto anche se aveva notizie di papà».
 
«Non ho mai sentito di nessuna Cordelia qui ad Hogwarts».
 
«Infatti non esiste, me la sono inventata».
 
«Astuto». Commenta la Granger con un sorriso e strappando un sorriso anche a me.
 
«Questa è la risposta che ho ricevuto stamattina». Dico consegnandole anche la seconda lettera.
 
Caro Draco,
Purtroppo non sono riuscita a mettermi in contatto con tuo padre. Se avrò sue notizie, prometto che te le riferirò. Saluta tanto Cordelia da parte mia.
Baci,
La tua Mamma
 
La Grifondoro strabuzza gli occhi. Sono certo che se avesse avuto un bicchiere in mano, lo avrebbe fatto cadere proprio come è successo a me stamattina.
 
«Allora è vero! Qualcun altro sta scrivendo le lettere al posto di tua madre».
 
Annuisco. «Esattamente».
 
La Granger si passa una mano tra i capelli, mentre rilegge la missiva per la seconda volta. «Precisamente, cosa vorresti che facessi io a riguardo?» Mi chiede.
 
«Devi aiutarmi a capire da chi arrivano queste lettere».
 
Fin dall’arrivo della prima lettera sospetta ho pensato che la Granger avrebbe saputo come aiutarmi. In fondo, per quanto faccia male ammetterlo, lei, Potter e Weasley hanno affrontato molti pericoli e risolto altrettanti misteri negli ultimi anni. Non è cosa da poco.
Prima di parlargliene però ho aspettato di ottenere una prova più concreta dei miei sospetti e, nel profondo, speravo davvero di aver preso solo un abbaglio.
 
La Granger sta osservando il fuoco, immersa nei suoi pensieri. Immaginavo non sarebbe stato facile ottenere il suo aiuto. D’altronde, dopo tutto quello che le ho fatto passare negli anni, perché mai dovrebbe fare qualcosa per me? Solo perché l’ho accompagnata al Reparto Proibito? Lo so bene che non aveva bisogno di me quella sera, mi ha chiesto di andare con lei solo perché si sentiva in colpa per avermi lanciato la Maledizione degli Incubi. Si sentiva responsabile, ecco tutto.
 
«Ti pagherò». Le dico prima che possa rifiutare la mia richiesta. «Ho molto denaro con me e ancora di più a casa. È tutto tuo se riuscirai a scoprire l’identità del mittente. Anzi, anche solo se ci proverai».
 
Lei mi guarda come se mi fossero appena spuntate due orecchie da folletto. «Non voglio i tuoi soldi».
 
«Ho altro da offrire. Mio padre è molto conosciuto al Ministero. Una volta finita la scuola potrai avere l’incarico che desideri, mi basta contattare le persone giuste». Ma dal suo sguardo offeso capisco di aver fatto leva sulla ricompensa sbagliata.
 
«No, intendo dire che non voglio nulla in cambio. Ti aiuterò». Sentenzia lei.
 
«Tipico perbenismo Grifondoro». Mi esce involontariamente. Ma perché cazzo non sto mai zitto?
 
Lei però non sembra offendersi. «Una persona normale avrebbe ringraziato e basta».
 
«Va bene, ti ringrazio». Rispondo io controvoglia vedendola sorridere con soddisfazione: in fondo anche la Granger possiede un pizzico di perfidia Serpeverde.
 
«Andiamo con ordine: tempo fa mi dicesti di aver avuto una discussione con lei e che da quel momento in poi avete interrotto le comunicazioni. Di cosa avete discusso?» Chiede lei, pragmatica come sempre.
 
Ovviamente sapevo che me l’avrebbe chiesto, ma come posso dire alla Granger che la ragione per la quale io e mia madre abbiamo smesso di parlare è che io sarei voluto diventare un Mangiamorte, mentre lei me lo ha impedito? Se lo sapesse come minimo mi darebbe il ben servito, nel caso peggiore mi denuncerebbe a Silente. Mi chiedo cosa accadrebbe in quel caso: verrei espulso? mi spezzerebbero la bacchetta? E se riportandomi a casa trovassero tutti i Mangiamorte ed il Signore Oscuro ad attenderli? Non oso neanche immaginare alle conseguenze.
Inizio a pensare che parlare con la Granger sia stata davvero una pessima idea. Come ho potuto coinvolgere la migliore amica di Potter in una faccenda così delicata? Sono davvero un imbecille, un idiota, un…
 
«Se non vuoi dirmelo non importa, troveremo un altro modo per risalire al mittente». Dice tranquilla alzandosi dalla poltrona e avviandosi verso l’uscita. «Farò delle ricerche in Biblioteca e ti contatterò non appena avrò per le mani qualcosa di utile».
 
E così dicendo esce dalla stanza, lasciandomi solo.

 
 
Esco dalla Stanza delle Necessità con cautela, assicurandomi che non ci sia nessuno nei paraggi. A quest’ora dovrebbero essere tutti in Sala Comune a prepararsi per la cena: sarà meglio che rientri anche io.
 
Mi concentro per assumere un atteggiamento naturale e sciolto, ma in realtà sono divorata dall’ansia. Ho accettato di aiutare Draco Malfoy perché sentivo che era la cosa giusta da fare, ma ho un brutto presentimento a riguardo: sto ficcando il naso nelle faccende private della famiglia Malfoy e sono certa che dietro all’apprensione e la riservatezza del Serpeverde si nasconda lo zampino di Lord Voldemort.
 
Inizio a ricapitolare nella mia mente tutte le informazioni raccolte finora.
All’inizio di quest’anno tra Malfoy e sua madre c’è stata una lite di cui non conosco le cause. Di qualunque cosa si trattasse, ha fatto sì che Narcissa Malfoy tagliasse i ponti con suo figlio, smettendo di rispondere alle sue lettere. L’unica comunicazione ricevuta è stata a Natale, quando lei gli ha intimato di rimanere ad Hogwarts e di non tornare a casa. Ciononostante il Professor Piton si è recato al Manor durante le festività all’insaputa dell’Ordine della Fenice ed è rientrato ad Hogwarts rassicurando Malfoy sullo stato di salute della madre. Adesso, dopo mesi di silenzio, Narcissa scrive una lettera apparentemente innocua, giustificando la sua assenza adducendo ad una forma aggressiva di Influenza Velenottera che però, nei casi più gravi, può debilitare per due mesi al massimo. A questo punto Malfoy si insospettisce ed organizza un tranello facendo abboccare la falsa Narcissa.
 
Escludendo il motivo della lite, di cui Malfoy non vuole fare parola, sono tante le informazioni di cui non siamo a conoscenza. In primis non sappiamo in che momento la vera Narcissa è stata sostituita dalla falsa Narcissa. In secondo luogo, mi chiedo come sia coinvolto Piton in tutto questo: se è vero che è andato al Manor durante le vacanze di Natale, allora dovrebbe sapere cosa è accaduto a Narcissa e di conseguenza dovrebbe averlo detto anche a Silente, scegliendo però di tenere Malfoy all’oscuro di tutto. Ma ci sarebbe anche un’altra possibilità: forse la falsa Narcissa ha assunto le sembianze della vera signora Malfoy, proprio come fece Barty Crouch Junior con Malocchio Moody. In quel caso potrebbe aver ingannato anche Piton.
 
Ma in che guaio ci stiamo cacciando? Penso mentre attraverso il buco del ritratto.
 
Completamente assorta nei miei pensieri, mi ci vuole un po’ per accorgermi del caos in Sala Comune.
 
«Una pozione d’amore Romilda? Davvero? Ti rendi conto di quanto siano pericolose?» Ginny sta urlando a squarciagola contro una ragazza dai lunghi capelli ricci.
 
«Sai che sono stati i tuoi fratelli a vendermi l’Amortensia, vero?» Risponde lei alzando la voce.
 
«Avrebbe potuto vendertela anche Silente in persona, sai che me ne importa!» La giovane Weasley è più rossa dei suoi capelli, credo di non averla mai vista così arrabbiata in vita sua.
 
«Si può sapere che succede?» Bisbiglio io a Seamus Finnigan, completamente rapito dalla lite tra le due Grifondoro.
 
«Romilda Vane ha rifilato ad Harry dei Cioccocalderoni ripieni di filtro d’amore». Risponde cercando di trattenere le risate. «Quell’ingordo di Ron però se ne è divorati tre e ha perso la testa. Abbiamo dovuto portarlo di peso da Lumacorno per farlo tornare in sé».
 
«Era solo uno scherzo, niente di serio». Prova a difendersi la Vane. «Tuo fratello sta bene».
 
«Harry si è preso un pugno in faccia!» Continua ad urlare Ginny.
 
Seamus mi spiega ancora. «Quando Harry si è rifiutato di presentare Romilda a Ron, lui lo ha aggredito. Vedessi che furia che era diventato».
 
«Ma chi se ne importa di Harry! Questa zoccola ha irretito il mio RonRon!» Interviene Lavanda con la sua solita voce stridula.
 
«Come mi hai chiamata scusa?» Romilda estrae la bacchetta, puntandola contro la Brown, che fa altrettanto.
 
Devo assolutamente intervenire prima che la situazione degeneri.
 
«Ora basta! Come Prefetto non posso tollerare un duello in Sala Comune!» Dico mettendomi in mezzo alle due galline. «Abbassate le bacchette e non costringetemi a togliere dei punti ad entrambe!»
 
«Spostati Granger o affatturo pure te!» Mi intima Lavanda puntandomi la bacchetta dritta in faccia. «Non vedevi l’ora di trovare una scusa per punirmi, vero? Solo perché sei gelosa di me e Ron!»
 
«Falla finita Lavanda!» Questa volta è stato Ron a parlare. Il rosso si avvicina alla Brown e le strappa la bacchetta di mano. «Stai davvero esagerando: era solo uno stupido filtro d’amore ed Hermione non centra proprio niente».
 
«Adesso la difendi anche? Non ti ha rivolto la parola per settimane dopo che hai cominciato ad uscire con me! Ma immagino che voglia fare la pace, adesso che sei così interessante».
 
«Ma di cosa stai parlando? Ho solo mangiato un Cioccocalderone ripieno di Amortensia. Basta con tutte queste scenate!»
 
«Se reagisco così è solo perché sono pazza di te Ron! Ma se non lo capisci allora vuol dire che non provi la stessa cosa». Vedo gli occhi della Brown inumidirsi, credo più per la rabbia che per la tristezza. «Forse è meglio finirla qui».
 
«Forse è meglio».
 
In Sala Comune cala il gelo. Tutti i ragazzi, dal primo al settimo anno, osservano curiosi la scena senza riuscire a staccare gli occhi dai protagonisti di questa ridicola commedia romantica. La Brown si asciuga una lacrima prima di dare le spalle a Ron e salire le scale del dormitorio sbattendosi la porta alle spalle, chiudendo il sipario sulla loro breve storia d’amore.
 
Ronald si gira dall’altra parte ed esce dalla Sala Comune. Potrei giurare che stesse sorridendo.

 
 
Dopo essere uscito dalla Stanza delle Necessità sono andato a fare una passeggiata, ne avevo bisogno per schiarirmi le idee. Devo aver perso la cognizione del tempo perché rientrando mi accorgo che il castello è deserto. Comunque adesso ho il cuore più leggero: non so cosa abbia spinto la Granger a volermi aiutare senza remore, ma gliene sono davvero riconoscente. Qualsiasi cosa stia succedendo a casa, sono felice di non doverlo affrontare da solo.
 
Scendendo nei sotterranei incontro il mio micio, che ha l’aria di avermi aspettato lì per parecchio tempo. «Guarda un po’ chi si vede». Gli dico provando a carezzargli la nuca, lui però si scansa. «Si lo so, è da molto che non passiamo un po’ di tempo insieme, mi dispiace».
 
Lo seguo verso l’ingresso della Sala Comune, chiedendomi quando sono diventato il tipo di persona che chiede aiuto ai Mezzosangue e parla con i gatti.
 
«Inflamare». Dico di fronte al muro di mattoni, che ruota su sé stesso permettendo il mio passaggio.
 
Entro in Sala Comune cercando di fare il meno rumore possibile, come tutte le volte che rientro così tardi, ma qualcuno è ancora sveglio, seduto di fronte al caminetto a guardare il fuoco.
 
«Facciamo le ore piccole anche stanotte, Draco?»


 
 
 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Eccoci qui anche questa settimana, stavolta con un capitolo un pochino più corto del solito.
 
Come vi avevo detto, lo scorso capitolo ha rappresentato una svolta per Hermione e Draco, che avevano appena iniziato a fidarsi l’uno dell’altra. Stavolta Draco ha deciso di fare appello a questa fiducia per chiedere l’aiuto di Herm.
Le vicende di Hogwarts e quelle del Manor iniziano ad intrecciarsi e questo mistero da risolvere legherà i due ragazzi, che per ora hanno avuto un rapporto piuttosto superficiale, pur vedendosi abbastanza spesso.
 
Vi lascio anche io con un piccolo mistero da risolvere: chi credete che stia aspettando Draco in Sala Comune?
 
Flami151

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XV


1 Marzo 1997:
 
«Facciamo le ore piccole anche stanotte, Draco?»
 
Theodore Nott è seduto di fronte al caminetto della Sala Comune. Non mi guarda, la sua testa è immersa in un voluminoso libro dalla copertina in cuoio, si direbbe un romanzo.
Non è strano vederlo così, assorto nella lettura ed in completa solitudine, Nott è sempre stato un ragazzo solitario. Eppure qualcosa nel suo atteggiamento mi inquieta: ha l’aria di un predatore che attende con pazienza che la sua preda abbassi la guardia per potergli saltare al collo.
 
«Non riuscivo a dormire». Rispondo io guardingo, tentando di raggiungere il dormitorio il più rapidamente possibile.
 
«Succede anche me». Continua lui con tono pacato, senza staccare gli occhi dal suo libro. «Mi sveglio nel cuore della notte e non riesco più a riprendere sonno. Mi capita di rimanere sveglio per ore».
 
Mi immobilizzo, analizzando con cura le sue parole. Mi sembra abbastanza chiaro che sappia delle mie frequenti uscite notturne ma saprà anche dove vado e (soprattutto) con chi sono? Sento che la strategia migliore è prenderlo di petto. «Che cosa vuoi, Nott?»
 
Lui ride, sembra genuinamente divertito. «Rilassati, sto solo facendo conversazione! Mi sono accorto che esci spesso la notte e mi chiedevo se…».
 
«Quello che faccio non ti riguarda». Dico forse con troppa enfasi.
 
Lui distoglie finalmente lo sguardo da quel benedetto libro. «È inutile continuare con questa commedia Draco, io non sono Vincent o Gregory, non mi bevo tutte le cazzate che dici. So che non sei un Mangiamorte e so che non hai alcun incarico da svolgere per Suo conto». Sto per replicare ma lui mi blocca con un gesto della mano. «Non mi interessa sapere cosa fai quasi ogni notte quando sparisci per ore, voglio solo sapere se è tutto okay».
 
Se è tutto okay? Ma come se ne esce? Avrà bevuto dell’Acquallegra andata a male. «Come fai a sapere che…?»
 
«Che stai raccontando un sacco di palle a Pansy, Tiger, Goyle e Blaise dall’inizio dell’anno? So riconoscere un solitario quando lo vedo e tu non hai l’aria di uno che ha qualcosa da nascondere ma di uno che vuole nascondersi dagli altri». Lo vedo scrutare il mio viso in attesa di una reazione, poi ride di nuovo. «Sto scherzando, Draco! Me lo ha detto Alecto».
 
Alecto Carrow. La seconda Mangiamorte più crudele dopo mia zia Bellatrix. Si è fatta una fama tra i fedelissimi del Signore Oscuro come spietata terrorista e sadica aguzzina di Babbani. Mio padre non si è mai sprecato in complimenti quando si trattava di Alecto Carrow o di suo fratello Amycus: certo, sono entrambi Mangiamorte purosangue, ma di tutt’altro rango rispetto a noi Malfoy. Durante tutta la mia infanzia mi è capitato di incontrarli solo una volta, quando mio padre comprò da loro un antico manufatto oscuro da aggiungere alla sua collezione: ricordo che la loro sola presenza mi aveva messo a disagio. Non posso credere che Nott li chiami addirittura per nome.
 
A pensarci bene, provo un po’ di pena per Theodore. Quando era piccolo ha assistito alla morte di sua madre e da quel giorno è stato cresciuto solo dal padre, ma sembra che tra loro non corresse buon sangue. Ora che però anche Nott Senior è stato rinchiuso ad Azkaban, Theodore è stato preso in affidamento dai fratelli Carrow, con i quali ha trascorso l’intera estate.
Credo proprio che, a conti fatti, a Nott sia andata peggio che a me e a Tiger. Eppure, da quando siamo ad Hogwarts, non ha mai fatto accenno alla battaglia dell’Ufficio Misteri. D’altronde perché avrebbe dovuto parlarne con noi? In sei anni di scuola ci ha rivolto la parola il minimo indispensabile, preferendo sempre la compagnia di qualche libro alla nostra. Non che io sia stato da meno quest’anno: forse non scherzava dicendo di saper riconoscere un solitario quando ne vede uno.
 
Ma allora perché ha deciso di parlarmi proprio adesso? Vorrà davvero solo sapere se sto bene o c’è dell’altro? Forse a preoccuparmi troppo per mia madre sono finito per diventare paranoico.
Mi balena alla mente un pensiero: se Nott parla abitualmente con Alecto Carrow, forse sa qualcosa su quello che sta accadendo al Manor. Devo assolutamente scoprirlo.
 
«Molto spiritoso». Dico sedendomi su una delle poltrone vicino la sua. «E così tu e i Carrow siete in confidenza».
 
«Merlino no!» Risponde quasi con disgusto.
 
«Sono confuso». Dico sporgendomi in avanti col buto. «Mi sembrava di aver capito che tu e Alecto aveste parlato di me. Da come lo hai detto si direbbe proprio che ci sia confidenza».
 
«Forse dovrei spiegarmi meglio». Anche Nott si sporge verso di me, abbassando la voce. «Quest’estate è venuta tua zia Bellatrix a casa Carrow per informarli che i piani di Tu-Sai-Chi erano cambiati e che tu non saresti stato più iniziato. Alecto ha pensato che allora forse il Signore Oscuro avrebbe affidato a me la tua missione e per questo ha voluto informarmi».
 
«Quindi tu sei…?» Ho quasi paura a chiederglielo.
 
«No, non sono diventato un Mangiamorte. L’incarico è passato a Bellatrix. Come fai a non saperlo?»
 
Come faccio a non saperlo? Davvero una bella domanda. Per quale cazzo di ragione Nott è così ben informato su tutto quello che accade al quartier generale mentre io sono stato tenuto all’oscuro di tutto?
A questo punto non ha più senso fingere oltre, tanto vale scoprire le mie carte.
 
«E tu sai anche quale sia questo incarico?»
 
«Non sai quale sarebbe stato il tuo incarico come Mangiamorte?» Ora mi guarda come se fossi scemo.
 
«No, Nott, non so un cazzo. Ora per favore puoi smetterla di sorprenderti e rispondi alla mia domanda?»
 
«Hai ragione, scusami. No Draco, non so quale sia il compito che ha preso in carico tua zia. Come vedi, sono molto meno informato di quanto tu creda».
 
«Però tu sapevi dell’attentato ad Hogsmeade, e anche Tiger». Insisto io.
 
«Anche tu hai detto di essere stato informato. Anzi, credevo che ti fossi avvelenato da solo per non sembrare coinvolto nell’attacco».
 
«Quindi tu non sai chi ha messo la Pozione Strabuzzaocchi nel mio Succo di Zucca?»
 
«Te l’ho appena detto: credevo avessi fatto tutto da solo». Theodore si appoggia nuovamente sullo schienale della poltrona. «Se vuoi sapere la mia opinione, Draco, credo che tu sia stato baciato dalla fortuna. Quando Tu-Sai-Chi prende una decisione, non cambia idea molto facilmente».
 
Baciato dalla fortuna per non essere diventato un Mangiamorte… Davvero Nott si permette di dire certe cose ad alta voce? Mi chiedo se per caso non mi stia mettendo alla prova.
 
«Sarebbe stato un onore ricevere il Marchio Nero». Dico io senza nessun indugio.
 
«Se lo dici tu». Replica lui poggiando nuovamente gli occhi sul suo libro.
 
A questo punto non c’è altro da aggiungere. Ho l’impressione che Nott sappia molto più di quanto voglia farmi credere ma non sembra che stia cercando di tendermi una trappola, anzi, credo proprio che stia dalla mia parte.
 
Ma poi, quale sarebbe la mia parte?
 
 
8 Marzo 1997:
 
Ad una settimana esatta dalla rottura tra Lavanda e Ron, le cose tra noi sembrano essersi sistemate. O per lo meno stanno tornando al loro posto. Io e Ron non abbiamo ancora avuto occasione di parlare a quattr’occhi e, per il momento, mi sembra ancora prematuro, ma da qualche giorno abbiamo riperso a chiacchierare e a cenare insieme ad Harry.
Non avere più intorno Lavanda è un sollievo per le orecchie e per lo spirito, ma non è solo la loro rottura che mi ha convinta a riavvicinarmi a Ron, è stato il modo in cui lui mi ha difesa di fronte a tutti in Sala Comune. Ormai lo conosco abbastanza da sapere che quello era il suo ramoscello d’ulivo, il suo modo per ammettere di essersi comportato da idiota.
 
La rinnovata amicizia tra me, Ron ed Harry non potrebbe rendermi più felice, certo, ma capita anche nel momento peggiore in assoluto. Se prima riuscivo a defilarmi per ore senza che nessuno se ne accorgesse, adesso devo inventarmi una scusa ogni volta che voglio andare in biblioteca a cercare un modo per aiutare Malfoy.
Assurdo, ancora non mi sono abituata del tutto a questa paradossale alleanza. Adesso che ho ricominciato a passare le mie giornate con Harry e Ron mi sembra quasi di vivere una doppia vita: Grifondoro di giorno, Serpeverde di notte.
 
«Uno di voi due sa dirmi che problema ha mia sorella?» Chiede Ron uscendo dal ritratto della Signora Grassa e raggiungendo me ed Harry fuori dalla Sala Comune. «Le ho chiesto se voleva venire con noi da Hagrid e mi ha mandato al diavolo».
 
Per festeggiare il ricongiungimento del trio, Harry ha proposto a me e a Ron di andare a trovare Hagrid. Non ci capita di incontrarlo molto spesso da quando abbiamo scelto di non seguire più Cura delle Creature Magiche.
 
«È nervosa perché ha litigato di nuovo con Dean». Spiego io.
 
«Come mai?» Mi incalza Harry cercando, senza successo, di simulare indifferenza.
 
«Oh, Dean rideva per il pugno che ti ha dato Ron quando era sotto l’effetto dell’Amortensia».
 
«In effetti dev’essere stato buffo». Osserva Ron prima di accorgersi dello sguardo seccato dell’amico. «Scusa ancora Harry».
 
«Non importa. Comunque non era il caso che Ginny e Dean si piantassero per questo… O stanno ancora insieme?»
 
«Sì stanno ancora insieme, ma perché ti interessa tanto?» So bene perché gli interessi, ma il mio nuovo lato Serpeverde mi obbliga a stuzzicarlo un pochino.
 
«Non voglio che la squadra di Quidditch risenta del malumore dei giocatori!» Risponde Harry sulla difensiva.
 
L’argomento Ginny si chiude così, perché nel frattempo siamo arrivati da Hagrid, che ci accoglie in casa sua offrendoci del the e dei biscotti duri come pietre.
 
«Ragazzi non sapete che bello vedervi qui tutti e tre insieme! Non succedeva da… da…» Hagrid si gratta la testa pensieroso mentre intanto Ron, forse pensando di non essere notato, mi lancia un’occhiata di sfuggita. «Ah che ci importa! L’importante è che ora ci siete tutti e tre! Soprattutto tu Hermione!» Mi dice il mezzogigante dandomi una pacca sulla spalla che mi fa sputare il the.
 
«Come stai Hagrid?» Chiede Harry mentre Ron mi passa un fazzolettino.
 
Hagrid scuote le spalle. «Non molto bene, Harry. Aragog non è più quello di un tempo… credo che tra un po’ lui… lui…» Balbetta strappandomi il fazzolettino di mano e usandolo per asciugarsi un grosso lacrimone all’angolo dell’occhio. «Ricordo quando era solo un cucciolo! Io pure ero alto la metà di adesso. Praticamente siamo cresciuti insieme!»
 
Ron, solo sentendo parlare di Aragog, inizia a contorcersi su sé stesso, come se centinaia di piccoli ragni gli stessero camminando sulla schiena.
 
«Oh, mi dispiace tanto, Hagrid. Per caso sei andato a trovarlo di recente?» Insiste Harry. Francamente non capisco tutto questo interesse per l’Acromantula.
 
«Ma certo! Ma certo! Sono andato a leggerci delle storie! Lui è felice quando mi vede». Gli risponde lui con sguardo amorevole.
 
«Capisco… E per caso ti è sembrato di vedere qualcuno nascondersi nella foresta?» Ma dove diavolo vuole andare a parare Harry?
 
«Qualcuno nella foresta?» Chiede Hagrid come se non avesse sentito bene. «Impossibile! Non è mica che i professori se ne vanno in giro di notte per la foresta come se nulla fosse! No no, è fuori discussione. E anche se fosse non lo direi a voi tre!» Dice Hagrid alzandosi in piedi e andando a scaldare altra acqua. Ma cosa gli prende a tutti quanti?
 
«Non parlo di professori, Hagrid, ma di studenti. Anzi, di uno studente: Draco Malfoy». Il the mi va di nuovo di traverso e anche stavolta Ron mi passa un fazzolettino.
 
Hagrid torna a sedersi, sembra essersi tranquillizzato. «Malfoy dici? No è escluso, se si fosse nascosto nella foresta me ne sarei accorto!»
 
«Perché credi che Malfoy si nasconda nella foresta?» Chiede Ron che sembra tanto stupito quanto me.
 
«Il giorno del tuo compleanno Ron, durante la lezione di Materializzazione, Malfoy e Pansy Parkinson stavano discutendo. A quanto pare Malfoy era nervoso per una lettera che aveva ricevuto quella mattina, la Parkinson voleva sapere se arrivasse da Voldemort e se aveva a che fare con certe sue responsabilità». Vedo Ron e Hagrid trasalire sentendo pronunciare il nome di colui-che-non-deve-essere-nominato, ma Harry li ignora.
 
«Sì ma questo cosa c’entra con la Foresta Proibita?» Chiedo io cercando di dissimulare la mia preoccupazione.
 
«Ora ci arrivo Hermione. Statemi bene a sentire: Malfoy quest’estate, dopo l’arresto di suo padre, ha preso lezioni di Occlumanzia da Bellatrix Lestrange, poi è venuto ad Hogwarts dove ha iniziato a comportarsi in modo tanto sospetto da mettere in allarme perfino i suoi compagni di casa, il giorno dell’attentato ad Hogsmeade è stato “misteriosamente” avvelenato ed è sparito di scena per l’intera giornata e adesso sappiamo anche che ha qualche responsabilità nei confronti di Voldemort». Ron annuisce convinto mentre io mi chiedo come mai Harry sia così ossessionato da Malfoy. «Per capire cosa stesse tramando ho iniziato a seguirlo sulla Mappa». Prevedibile. «Ma mi sono accorto di qualcosa di strano: certe notti Malfoy non si trova in camera sua e sembra sparire del tutto dalla Mappa».
 
Cazzo. Non posso credere che Harry si sia messo a spiare Malfoy nel cuore della notte. Credevo che la sua ossessione avesse un limite. Ma perché non me ne ha mai parlato? Sarà forse che ha notato anche la mia assenza?
 
«E hai pensato si stesse nascondendo nella Foresta?» Chiede Ron con entusiasmo.
 
«Esattamente. La Foresta non è interamente riportata sulla Mappa, quindi pensavo che potesse nascondersi lì».
 
Hagrid scruta il ragazzo con la cicatrice con aria torva. «Non so di che mappa stai parlando, ma Malfoy nella foresta non ci ha messo piede».
 
«Ma se non era nella foresta, allora dove altro potrebbe nascondersi?» Chiede adesso Ron.
 
La stanza piomba nel silenzio mentre Harry, Ron e Hagrid abbassano gli occhi sulla loro tazza come se la risposta a quella domanda potesse essere nascosta all’interno del the. Inizio a chiedermi quanto tempo ci vorrà prima che a uno di loro venga in mente la Stanza delle Necessità. Devo assolutamente distrarli.
 
«Hagrid, scusami, prima per caso hai detto di aver visto dei professori vagare di notte nella Foresta Proibita?» Potrei sbagliarmi, ma sono quasi del tutto certa che prima Hagrid stesse nascondendo qualcosa.
 
Dalla sua espressione colpevole sono certa di aver avuto ragione. «Beh, ecco… No, non ho detto proprio così».
 
«Però è così, giusto?» Chiedo ancora io per metterlo alle strette.
 
«Sì, cioè no… Nel senso non credo che dovrei parlarne con voi». Bingo! Hagrid non ha mai saputo tenere un segreto in vita sua.
 
«Di cosa non dovresti parlarci?» Chiede Ron.
 
«Va bene, ve lo dico, ma acqua in bocca! L’altra sera venivo fuori dalla Foresta e ho sentito Piton e Silente che parlavano… beh, veramente litigavano. Non volevo attirare l’attenzione, allora mi sono nascosto e ho provato a non ascoltare, ma non era mica tanto facile… Era una discussione di quelle toste».
 
Harry finalmente sembra interessarsi alla faccenda. «E di cosa discutevano?»
 
«Io… ho sentito Piton che diceva che Silente da tutto per scontato e che forse lui non voleva farlo più».
 
«Fare cosa?»
 
«Non lo so, Harry, era come se Piton era un po’ stanchino, ecco. Comunque Silente ci ha detto chiaro e tondo che aveva accettato di farlo e basta. È stato molto deciso. E poi ha detto qualcosa di Piton che doveva tenere d’occhio la situazione del Manor e di un elfo».
 
Harry e Ron si scambiano un’occhiata eloquente. «Allora è vero! Piton è andato dai Malfoy durante le vacanze di Natale!»
 
«Shhh! Volete che ci sentano?» Dice Hagrid chiudendo la porta della casa con un chiavistello, come se questo potesse in qualche modo impedire a chiunque di origliare la nostra conversazione. «Sentite, so come la pensate su Piton, ma non voglio che vediate in questa faccenda più di quello che c’è, per davvero».
 
Ma ormai è troppo tardi: gli ingranaggi nel cervello di Harry si sono attivati per riuscire ad includere le nuove informazioni ai suoi già ben consolidati sospetti. Dopo questa notizia nessuno riuscirà più a toglierli dalla mente l’idea che Malfoy sia diventato un Mangiamorte. Io stessa sono senza parole: se la situazione al Manor è talmente delicata da richiedere l’intervento di Silente per mano di Piton, allora dev’essere davvero successo qualcosa di grosso.
 
Per lo meno Harry sembra essersi distratto dalla Mappa del Malandrino. Da adesso in poi devo stare più attenta.
 
 
9 Marzo 1997:
 
Stavo andando al Campo di Quidditch per un allenamento in solitaria quando una Serpeverde del primo anno mi ha raggiunto con un biglietto da parte di Piton.
 
10:30 nel mio Ufficio
 
È da una settimana che temo l’arrivo di questo momento: dovrò ricorrere a tutte le mie doti in Occlumanzia per impedire a Piton di leggere tutte le preoccupazioni insidiate nella mia mente. Per non parlare dei sospetti nei suoi confronti. Dopo averci ragionato attentamente sono giunto ad una conclusione: se è successo qualcosa a mia madre, Piton deve saperlo sicuramente. Quindi mi ha mentito quando ha detto che a casa andava tutto bene.
 
Arrivo in perfetto orario, pronto per la lezione.
 
«Oggi ti insegnerò a preparare un Elisir Tracciaveleni». Dice il Professore di Pozioni girando intorno al suo calderone, che gorgoglia da quando sono arrivato. «Si tratta di una pozione molto rara e non facilmente reperibile in commercio. Basta versarne una goccia nel proprio bicchiere per individuare eventuali tracce di veleno. Ho lasciato la ricetta accanto al tuo paiolo, quando avrai terminato dovrai versarne un po’ in ognuno di questi calici». Dice indicando dieci bicchieri sulla sua scrivania. «Tre di questi dovrebbero assumere un colore rosso acceso».
 
Senza indugio mi lancio alla preparazione della Pozione. Seguo con attenzione ogni passaggio della ricetta, mettendo in pratica tutti i suggerimenti elargiti da Piton nelle ultime lezioni. Prima che Lumacorno diventasse il nostro nuovo insegnante, non mi ero accorto di quanto Piton fosse eccezionale: fa sembrare semplici le preparazioni più complesse e i risultati sono sempre straordinari. Un vero fuoriclasse.
 
Ma tutta l’ammirazione che provo verso Piton, il professore di Pozioni, non riesce a compensare per tutta la rabbia verso Piton, il Mangiamorte.
Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a togliermi dalla mente un ricordo che mi ero sforzato di chiudere nel cassetto.
Quasi due anni fa, dopo il ritorno del Signore Oscuro e la morte di Cedric Diggory, tutti i Mangiamorte furono chiamati all’appello al Malfoy Manor. Potter era riuscito, per la seconda volta, a sopravvivere illeso ad uno scontro col più grande mago di tutti i tempi e Lui era su tutte le furie.
Quella fu la prima volta che lo vidi e ne fui terrorizzato: il suo volto era pallido, privo di capelli e di labbra, mentre i suoi occhi erano iniettati di sangue e non mostravano alcuna emozione se non una rabbia cieca e smisurata. Era riuscito ad ottenere un corpo, ma di umano non aveva più niente.
 
Tutti noi eravamo inginocchiati a terra mentre lui ci osservava uno ad uno.
 
“Il mio nuovo corpo è forte, ma il mio spirito è più debole di quello di un tempo” disse fermandosi di fronte a mio padre che, in ginocchio accanto a me, tremava. “Lucius, ricordi il diario che ti ho chiesto di custodire per me molti anni fa? Potrei riaverlo cortesemente?” Le sue parole erano cordiali, ma la sua voce imperativa. Mio padre era terrorizzato, scosse violentemente la testa senza riuscire neanche a parlare. “No? E perché no, Lucius?”
 
“Il diario non c’è più”. Disse lui con un fil di voce. Non l’avevo mai visto in quello stato.
 
“Come scusa?”
 
“Il diario non c’è più. L’ho dato alla figlia dei Weasley, due anni fa, così da introdurlo ad Hogwarts e riaprire la Camera dei Segreti, proprio come desiderava lei, mio Signore”.
 
“E ce l’ha fatta? La Camera dei Segreti è stata aperta?”
 
“Sì, mio Signore. Ma il diario… Potter… Lo ha distrutto”.
                                         
Cadde il silenzio. Nessun Mangiamorte osava emettere neanche un fiato. L’unico rumore percepibile era il sibilo del Suo serpente, Nagini, che strisciava attorno al corpo tremante di mio padre. Io avrei solo voluto allungare una mano per poter stringere la sua, ma ero pietrificato dalla paura. Sapevo che qualcosa di terribile stava per accadere.
 
“Il diario è stato… distrutto”. Ripeté il Signore Oscuro lentamente. “Capisco… CRUCIO!”
 
Tutto ciò che ricordo furono le urla strazianti di mio padre, che si contorceva a terra mosso da spasmi incontrollabili, e lo sguardo di Piton, che in ginocchio di fronte a lui lo osservava con sguardo impassibile, senza il minimo segno di pietà.
 
«Se hai finito con la pozione portala qui, la testiamo immediatamente». Piton mi osserva dalla sua scrivania, con lo stesso sguardo carico di indifferenza. Mi chiedo se mia madre gli abbia davvero affidato il compito di tenermi d’occhio, se si fidasse davvero di lui.
 
Mentre mi alzo sento la tasca dei pantaloni bruciare: la Granger deve aver cambiato la data sulla moneta.
 
 
10 Marzo 1997:
 
Io e Malfoy ci troviamo nella Stanza delle Necessità, questa volta in pieno giorno. Ho capito che l’unico modo per evitare che Harry ci scopra, è vederci negli unici momenti in cui è impossibile che guardi la Mappa: durante gli allenamenti di Quidditch. Ovviamente a Malfoy ho solo detto che i miei compagni di Casa avevano notato la mia assenza in dormitorio un paio di volte e lui ha capito.
 
«Anche io sono stato scoperto». Mi dice Malfoy con un briciolo di vergogna nella voce. «Theodore Nott mi ha sentito uscire dal dormitorio diverse volte. Vederci durante il giorno forse attirerà meno sospetti, dovrò solo riuscire a liberarmi di Pansy».
 
«Sbaglio o quella ragazza ti sta più attaccata di un Avvincino al suo scoglio?» Gli chiedo con malizia.
 
«Gelosa?» Risponde con aria tronfia.
 
«Voglio solo assicurarmi di non essere beccata per colpa delle tue spasimanti».
 
Lui sorride compiaciuto. «Di Pansy non ti devi preoccupare, piuttosto preoccupati dello Sfregiato e di Pel di Carota, visto che hanno ricominciato a seguirti ovunque».
 
«Si chiamano Harry e Ron».
 
«E io che ho detto?»
 
Probabilmente tempo fa mi sarei arrabbiata sentendo chiamare i miei amici in questo modo, adesso invece riesco a stento a trattenere una risata. Con Malfoy è sempre così: ci provochiamo continuamente. Durante i nostri duelli ci sfidavamo con le bacchette e per il resto del tempo con le parole, in una battaglia in cui può spuntarla solo chi ha la lingua più tagliente. Malfoy è un vero mago in questo: riesce sempre ad individuare i miei nervi scoperti e a stuzzicarli portandomi vicina alla soglia dell’esasperazione, ma senza mai davvero oltrepassare il limite. Io anche ho scoperto di cavarmela abbastanza bene e più tempo passo con Malfoy più scopro i suoi punti deboli: ad esempio dà di matto quando viene sminuito nel Quidditch e in Pozioni o quando viene paragonato a Harry.
 
«Allora, perché siamo qui? Hai scoperto qualcosa?» Mi chiede facendosi serio.
 
«Sì. Ho fatto delle ricerche in Biblioteca e ho scoperto che non esiste alcun incantesimo per individuare il mittente di una lettera». Malfoy abbassa gli occhi, deluso. «Però ho trovato la ricetta di una pozione che potrebbe tornarci utile». Lo sguardo di Malfoy si riempie nuovamente di speranza e si avvicina a me di qualche passo. «Si tratta della pozione Confero Scriptum, permette di determinare se due pergamene sono state scritte dalla stessa mano. Ci aiuterà a capire se la lettera che hai ricevuto è stata davvero spedita da qualcun altro… purtroppo però per identificare il mittente misterioso dovresti possedere qualcosa scritto di suo pugno».
 
Malfoy resta impassibile, concentrato al massimo sulle mie parole. La sua mano trema leggermente, come sempre quando è nervoso. Non riesco neanche ad immaginare cosa stia provando: ha passato mesi rinchiuso nella completa solitudine, senza avere notizie dalla sua famiglia, logorandosi al pensiero che a sua madre fosse capitato qualcosa di male, e adesso che si è deciso a chiedere aiuto si ritrova in mano solo un pugno di mosche.
 
«Mi dispiace, davvero, vorrei poterti aiutare di più».
 
Malfoy sembra scuotersi dal suo stato di trans e, inaspettatamente, si avvicina a me afferrandomi entrambe le braccia con decisione. «Non dirlo neanche per scherzo. Nessun altro sarebbe stato disposto a rischiare tanto per aiutarmi e senza pretendere nulla in cambio. Grazie a te adesso ho una pista da seguire ed è molto più di quanto sarei riuscito ad ottenere senza il tuo aiuto».
 
Forse sono le sue parole o forse è questo contatto così inaspettato ed improvviso, ma il mio cuore accelera senza controllo. Il mio sguardo si sposta istintivamente sui suoi occhi grigi: l’ultima volta che ho potuto osservarli così da vicino è stato attraverso l’obiettivo della macchina fotografica ma adesso, senza il filtro della fotocamera, mi sembra di vederli davvero per la prima volta. Credevo che dietro alla sua maschera di arroganza e disprezzo si celasse una profonda malinconia ma adesso mi accorgo che, ancora più in profondità, c’è ben altro: c’è risolutezza, c’è determinazione, c’è speranza.
 
Per infiniti istanti mi perdo dentro il suo sguardo, senza riuscire a rinunciare a quel contatto così deciso e al tempo stesso così delicato. È lui ad allontanarsi, quasi di scatto, con la stessa aria di un sonnambulo che, svegliandosi da un sonno profondo, si accorge di non essere più nel suo letto.
 
«Quanto ci vorrà a preparare la pozione?» Mi chiede guardando da un’altra parte.
 
«Basteranno un paio d’ore, il problema sarà recuperare gli ingredienti». Rispondo io. «Avremo bisogno di spore di Deadlyius, radici fresche di Belladonna, crine di Abraxan, olio di Symphytum e veleno di Acromantula».
 
Malfoy sembra rifletterci su qualche istante, poi dice «Credo che la professoressa Sprite stia coltivando della Belladonna nella sua serra, mentre tutti gli altri ingredienti dovrebbero trovarsi nelle riserve di Piton, tranne forse il veleno di Acromantula».
 
Incredibile, non credevo che sarebbe stato così semplice. È già la seconda volta che di fronte ad un problema, Malfoy dimostra di saper trovare delle soluzioni efficaci. Non come Harry e Ron, che danno sempre per scontato che risolva tutto io. Però mi sorge un dubbio. «Come rubiamo le scorte di Piton?»
 
«A quello ci penso io». Dice risoluto Malfoy, ma di fronte al mio sguardo interrogativo aggiunge. «Sto facendo delle lezioni private di Pozioni insieme a Piton, non dovrebbe essere difficile».
 
«Lezioni private con Piton?» Chiedo io.
 
«Sì… credo voglia tenermi d’occhio. Non so il perché. Comunque, dubito che troveremo facilmente del veleno d’Acromantula, è un ingrediente estremamente raro. Dovremo metterci in contatto con qualche fornitore a Nocturn Alley».
 
«Al veleno di Acromantula ci penso io. So dove poterne rimediare un po’». Dico strizzando l’occhio a Malfoy. «Ho i miei fornitori segreti».
 
«Mi sorprendi ogni giorno di più, Granger». Commenta lui sorridendomi e facendomi arrossire. Perché sto arrossendo?
 
Per dissimulare il mio imbarazzo guardo l’orologio: gli allenamenti di Grifondoro finiranno tra poco. «Sarà meglio uscire, vado prima io, tu aspetta qualche minuto. Ti contatterò non appena avrò recuperato il veleno».
 
«Va bene, io intanto penserò agli altri ingredienti… e troverò qualche lettera da confrontare… ho già in mente un paio di idee».
 
«Va bene». Dico io mentre la porta della Stanza delle Necessità si materializza. Mi ci vuole qualche istante però per voltarmi ed uscire.
 
Chiudendomi la porta alle spalle mi do della stupida per aver indugiato in quel modo. Chissà cosa deve aver pensato Malfoy. Respiro profondamente cercando di ricompormi e guardo di nuovo l’orologio: forse faccio in tempo ad andare a trovare Hagrid per chiedergli ancora di Aragog.
 
Non faccio in tempo a muovermi però che una voce familiare mi raggiunge.
 
«Signorina Granger! Signorina Granger!» Due piccoli elfi mi stanno correndo incontro con aria preoccupata.
 
«Dobby! Kreacher! Che ci fate voi qui?» Urlo nella speranza che Malfoy mi senta e non esca dalla Stanza delle Necessità.
 
«Signorina Granger sta bene?» Chiede Dobby con la voce tremante e gli occhi più strabuzzanti del solito.
 
«Sì Dobby, sto bene, perché?»
 
«Dobby e Kreacher hanno visto il Padron Malfoy entrare nella stanza Va-E-Vieni e ora la Signorina Granger è uscita. Kreacher ha detto che Dobby doveva rimanere nascosto ma Dobby voleva sapere se la Signorina Granger stava bene».
 
Cazzo.
 

 


Note dell'autore:
 
Ciao a tutti Potterheads e buona domenica (ormai quasi al termine)!
 
Eccoci qui con un nuovo capitolo. Prima di tutto volevo chiedervi cosa ne pensate del nuovo font e delle modifiche che ho fatto alla grafica di inizio capitolo. Non si tratta di un cambiamento eclatante ma spero non vi risulti fastidioso.
In realtà quello della grandezza dei caratteri è un cambiamento che pensavo di aver messo in pratica già dal capitolo 3, salvo però scoprire che avevo solamente aumentato la dimensione del testo per me, mentre voi altri continuavate a vedere la stessa dimensione di sempre.
Vabbe… almeno adesso sapete qualcosa di nuovo su mio conto… e cioè che sono una grandissima rimbambita!
 
Ma ora parliamo del capitolo! La persona misteriosa che attendeva Draco in Sala Comune era Theodore Nott… lo so, lo so, non avevate indizi per poter indovinare! Eheh scusatemi! Spero comunque che la loro conversazione vi abbia intrigati abbastanza.
Per quanto riguarda Draco poverino ormai si sente circondato da nemici, non sa più di chi fidarsi, sembrano tutti quanti nascondergli qualcosa (in primis Piton). Solo Hermione sembra l’unica a stare davvero dalla sua parte.
Lei da canto suo adesso dovrà riuscire a giostrarsela bene tra la sua vecchia vita insieme a Harry e Ron (il quale sembra fare il possibile per farsi perdonare) e la sua nuova alleanza segreta con Malfoy.
Come se la caverà ora che è stata colta con le mani nel sacco?
 
Al prossimo capitolo!
Flami151

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XVI


10 Marzo 1997:
 
Uscendo dalla Stanza delle Necessità, non mi sarei mai aspettato di trovarmi di fronte ad una scena simile. La Granger, il mio ex elfo domestico Dobby ed un altro elfo che non ho mai visto prima d’ora sono di fronte a me e mi stanno fissando: la prima con terrore, il secondo con disprezzo, il terzo con ammirazione.
 
«Che diavolo succede qui?» Chiedo all’improbabile trio. «Granger, hai organizzato una riunione del CREPA senza invitarmi?»
 
«Perché Draco Malfoy era nella stanza va-e-vieni insieme alla Signorina Granger?» Chiede Dobby avanzando verso di me.
 
Guardo la Granger sperando di ottenere spiegazioni. Solamente leggendo il panico nei suoi occhi capisco finalmente cosa sta succedendo: siamo stati beccati.
Osservo di nuovo Dobby, che mi scruta a sua volta con i suoi grandi occhi verdi. Le sue orecchie appuntite sono piegate verso il basso e con le mani stringe il bordo di un maglioncino color lillà. Un elfo domestico vestito da capo a piedi che si permette di indagare sugli affari di un mago non si è mai visto sulla faccia della terra, ma d’altronde Dobby è sempre stato un po’ strano.
 
«È da molto tempo che non ci si vede, Dobby!». Prendo tempo sperando che nel frattempo la Granger riesca ad elaborare una buona scusa. «So che adesso lavori nelle cucine. Vedo che ti tratti bene».
 
L’elfo mi guarda con orgoglio. «Dobby è molto felice di lavorare per Albus Silente. Dobby adesso viene pagato per il suo lavoro! Ma Draco Malfoy non ha ancora risposto alla domanda di Dobby!» Questo non molla.
 
«In realtà voi non avete risposto alla mia domanda: si può sapere perché siete venuti a ficcare il naso negli affari miei?»
 
È il secondo elfo a rispondere questa volta. «Kreacher si scusa molto. Kreacher è costretto a lavorare insieme a questo traditore della sua specie». Dice indicando Dobby con disgusto. «Ma Kreacher non mancherebbe mai di rispetto a Padron Malfoy. Padron Malfoy si muove con la nobiltà che si conviene al sangue puro ed i suoi lineamenti ricordano le fattezze eleganti della mia padrona». Questa poi!
 
Mi giro verso la Granger compiaciuto. «Questo qui mi piace un sacco!» Ma tutto ciò che ricevo in cambio è una sua occhiataccia: credo che non sia in vena di battute.
 
Finalmente anche lei sembra essersi decisa a parlare. «Dobby, Kreacher, è stato Harry a chiedervi di spiarci?»
 
Dovevo immaginarlo che c’era lo zampino di quel maledetto. Ma perché quell’elfo ha detto di avere una padrona Purosangue se risponde ai comandi di Potter?
 
«Dobby doveva solo seguire Draco Malfoy. Non pensava di trovare la Signorina Granger insieme ad un ragazzaccio come lui». Dice l’elfo afferrandosi le orecchie con le manine ossute e tirandole con forza.
 
«Anche Kreacher è sorpreso di vedere il Padron Malfoy con la Sanguemarcio». Borbotta il secondo elfo, che adesso mi piace decisamente di meno.
 
La situazione sta decisamente degenerando, vedo la Granger annaspare alla ricerca di una scusa plausibile e gli elfi farsi sempre più diffidenti. Se non facciamo subito qualcosa andranno sicuramente da Potter a spifferargli tutto quanto. La soluzione è una sola: cercando di non farmi notare, porto lentamente la mano alla bacchetta e…
 
«Stupeficium!» Senza lasciarmi il tempo di agire, la Granger schianta i due elfi, che finiscono a terra privi di sensi. Poi si volta verso di me. «Per quale diavolo di motivo sei uscito dalla Stanza delle Necessità così presto?»
 
«Non dare la colpa a me! Prenditela con il tuo amico Potter». Dico avvicinandomi ai corpicini privi di conoscenza dei due elfi. «Bel colpo, comunque».
 
La Granger non controbatte, ma la vedo trattenere un sorriso. Ormai ho imparato a riconoscere quando finge di essere arrabbiata: arriccia le labbra e storce il naso, ma le sue guance diventano rosse per lo sforzo di quell’espressione simulata.
 
«Che c’è?» Mi chiede lei. Senza accorgermene la stavo fissando.
 
«Niente». Dico cercando di nascondere l’imbarazzo. «Ora che facciamo?»
 
«C’è solo una cosa da fare…» Risponde lei puntando di nuovo la bacchetta verso i due elfi domestici. «Oblivion».
 
Due nuvole di fumo argenteo si liberano dalle orecchie degli elfi, che continuano a giacere beati e incoscienti.
 
«Notevole». Commento io guardandola riporre la bacchetta nel fodero. «Credo di aver avuto una pessima influenza su di te».
 
«Non prenderti meriti che non ti spettano». Dice lei sorridendo maliziosamente. «Ora è meglio che andiamo, si riprenderanno in fretta. Ti assicuro che indagherò sulla faccenda, tu intanto pensa a recuperare gli ingredienti da Piton».
 
 
12 Marzo 1997:
 
«Non ci troverai nulla, lì dentro».
 
Io, Harry e Ron siamo seduti accanto al fuoco in Sala Comune. Ron è alle prese con un tema per Piton sul miglior modo per affrontare i Dissennatori, mentre Harry sfoglia il libro del Principe Mezzosangue nella speranza di trovare qualche scarabocchio che lo aiuti ad estorcere il prezioso ricordo di Lumacorno.
 
«Non cominciare Hermione». Ribatte Harry.
 
«Ti dico che quello stupido Principe non ti aiuterà. Silente dice che solo tu puoi ottenere quel ricordo. Deve voler dire che puoi convincere Lumacorno mentre altre persone non possono. Non si tratta di fargli bere di nascosto una pozione, potrebbe riuscirci chiunque». Insisto io.
 
«Come si scrive belligerante?» Chiede Ron scrollando forte la piuma e fissando la pergamena. «Non può essere B-U-M…»
 
«No che non lo è». Gli dico prendendo il suo compito. «Ma che razza di piuma stai usando?»
 
«È una delle Autocorreggenti di Fred e George. Ma credo che l’incantesimo si stia esaurendo». Risponde il rosso deluso.
 
«Molto probabile». Dico scrutando la pergamena. «Perché Piton non ha chiesto come affrontare i Dimenaporci e non credo che il tuo nome sia Roonil Wazlib».
 
«Oh no! Non dirmi che dovrò riscrivere tutto!»
 
«Non ti preoccupare, possiamo sistemarlo». Lo rassicuro estraendo la bacchetta.
 
«Ti amo Hermione». Sospira lui sprofondando sulla sedia e strofinandosi stancamente gli occhi.
 
Io fingo di non farci caso, ma non è la prima volta che Ron ha uscite di questo tipo nei miei riguardi. Negli ultimi tempi è diventato eccessivamente premuroso, credo sia il suo modo per farsi perdonare per essere stato un completo imbecille per mesi.
Picchietto la bacchetta su tutte le parole confuse dalla piuma Autocorreggente. Onestamente, sono felice di essere di nuovo in buoni rapporti con Harry e Ron, ma questo genere di cose non mi mancavano per niente. Ron mi chiede sempre una mano con i compiti, mentre Harry mi ha chiesto di documentarmi in merito a due manufatti appartenuti ai fondatori di Hogwarts: il medaglione di Salazar Serpeverde e la coppa di Tosca Tassorosso. A quanto pare questi furono rubati da Tom Riddle in gioventù ad un’anziana strega di nome Hepzibah Smith e secondo Harry potrebbero avere a che fare con quei famosi Horcrux di cui non sappiamo un bel niente.
 
Insomma, mi fa piacere aiutare Harry e Ron, ma odio che rifilino sempre tutte le seccature a me. Con Malfoy invece è diverso… è più divertente, ecco. Questa domenica, ad esempio, durante la partita Grifondoro-Tassorosso, ci intrufoleremo nelle Serre per recuperare le radici di Belladonna. E a questo proposito…
 
«Harry come proseguono le tue indagini su Malfoy?» Chiedo cercando di sembrare naturale.
 
«Oh, bene direi». Dice diventando subito rosso. «Ecco, Hermione promettimi di non arrabbiarti… ma ho pensato che il modo più rapido per scoprire cosa stesse combinando Malfoy fosse quello di pedinarlo… io però con le lezioni ed il Quidditch non potevo stargli sempre alle calcagna… così ho chiesto a Dobby e Kreacher di farlo per me».
 
«Tu cosa?» Alzo la voce io fingendomi sconcertata.
 
«Ti avevo detto di non arrabbiarti». Dice lui sulla difensiva. «Senti, so che per te gli elfi domestici sono un argomento delicato…».
 
«Eccome! Non puoi costringere due elfi a pedinare uno studente. È del tutto immorale». Ma mai quanto questa finta scenata che sto mettendo su.
 
«Sono d’accordo con lei, Harry». Interviene Ron. «Secondo me stai dando un po’ i numeri con questa storia di Malfoy».
 
«Io non sto…» Prova a replicare Harry rizzandosi sulla sedia, ma Ron lo interrompe.
 
«So bene che Malfoy ha avuto degli atteggiamenti sospetti in questo periodo… però forse dovresti impiegare le tue energie a recuperare il ricordo di Lumacorno… e a farci vincere la partita di domenica!» Insiste il rosso.
 
Harry sospira. «Forse avete ragione. Dirò a Dobby e Kreacher di lasciar perdere Malfoy… tanto sono giorni che lo seguono e non sono riusciti a scoprire niente di utile».
 
Che sollievo: avere Ron dalla mia parte a volte risulta incredibilmente utile.
 
Finito di correggere il compito di Ronald e riportate ad Harry tutte le informazioni raccolte sulla coppa ed il medaglione, mi dirigo verso la capanna di Hagrid: gli ho promesso che l’avrei aiutato a nutrire Aragog, ora che non è più in grado di cacciare per conto proprio. Ovviamente con l’occasione sgraffignerò un po’ di veleno di Acromantula.
Hagrid è talmente entusiasta all’idea che anche io possa finalmente conoscere Aragog, che non si è neanche chiesto come mai mi fossi offerta di dargli una mano.
 
«Devo avvertirti che la colonia è un po’… nervosa di recente». Dice Hagrid mentre ci addentriamo nella foresta. «Le Acromantule sono fatte così… di solito i morti se li mangiano». Nonostante il buio, intravedo una lacrima scendere lungo la guancia del Mezzogigante. «Quegli avvoltoi non vedono l’ora che Aragog tiri le cuoia».
 
Capisco che siamo vicini alla tana quando vedo l’oscurità della foresta diradarsi. Raggiungiamo il ciglio di una grande cavità priva di vegetazione, illuminata dalla luce delle stelle. Il panorama sarebbe quasi suggestivo, se non fosse per le centinaia di ragni piccoli, grandi e giganteschi che, con le loro otto zampe nere e pelose e i loro otto occhi famelici, si muovono freneticamente facendo schioccare le loro chele.
Sono costretta a chiudere un secondo gli occhi e a prendere un respiro per non mostrarmi terrorizzata. Maledetta la mia empatia verso quella serpe di Malfoy! Guarda cosa mi tocca fare!
 
«Aragog! Sono io, Hagrid! Ti ho portato la cena!». Poi mi da una pacca sulla spalla, spingendomi in avanti. «C’è anche un’amica qui con me che vorrei presentarti!»
 
Solo sporgendomi sul ciglio della cavità mi accorgo che, proprio al centro, c’è una ragnatela a cupola sulla quale sta riposando un ragno dalle dimensioni di un piccolo elefante. Questo alza le palpebre, rivelando otto occhi color bianco latte. È cieco.
 
«Ciao Hagrid. Ciao amica di Hagrid». Dice Aragog facendo schioccare le chele.
 
Capisco di dover dire qualcosa. «Ciao Aragog, sono Hermione, è un piacere conoscerti».
 
«Che ragazza ben educata». Schiocca il gigantesco ragno. «Saranno passati quattro anni dall’ultima volta che uno studente ha messo piede qui». La sua voce è bassa e roca, difficile capire se sia il suo normale modo di parlare o un effetto della malattia.
 
Penso ad Harry e Ron, venuti fin qui per trovare un modo di salvarmi dalla pietrificazione del Basilisco. Solo ora capisco quanto sia stato terrificante per loro.
 
«Guarda cosa ho qui!» Dice Hagrid cacciando fuori dalla tasca una manciata di bruchi lunghi trenta centimetri. «Hermione, ci potresti pensare tu?» Mi sussurra all’orecchio.
 
Così da vicino riesco a vedere gli occhi lucidi di Hagrid. Anche se faccio fatica a comprenderlo, credo che sia un momento davvero molto difficile per lui: ho visto Hagrid regalare un orsacchiotto ad un cucciolo di drago, cantare canzoncine agli Schiopodi e giocare con quel bruto gigantesco del suo fratellino. Hagrid è fatto così. E vedere Aragog incapace di nutrirsi per conto proprio dev’essere devastante.
 
Riluttante afferro i bruchi: bianchi, scivolosi e brulicanti. Mi avvicino con cautela all’Acromantula che, sentendo i miei passi, spalanca le chele aspettando di assaporare il pasto. Inizio a passargli i bruchi uno ad uno, ben attenta a non toccare i suoi artigli velenosi. Aragog li afferra con ferocia, portandoli alla bocca e facendoli a pezzi in quattro e quattr’otto. Così da vicino mi accorgo che dalle tenaglie intorno alla bocca inizia a gocciare una sostanza ambrata: il veleno.
Senza farmi notare da Hagrid, estraggo dal mantello una fialetta di vetro, che sporgo sotto le affilatissime tenaglie di Aragog, mentre lui continua a divorare la cena. Riesco a riempirla quasi del tutto prima di nasconderla nuovamente in tasca: è fatta.
 
Malfoy mi deve un enorme favore.
 
 
15 Marzo 1997:
 
Dopo aver imparato a preparare un perfetto Elisir Tracciaveleni, oggi Piton mi ha mostrato la ricetta per un Veleno Intracciabile. In pratica, se preparato alla perfezione, la sua presenza non può essere rivelata in alcun modo. Mi chiedo se ci sia un criterio nella scelta delle pozioni da insegnarmi.
 
Come al solito devo concentrami al massimo: non solo voglio riuscire a dimostrare a Piton che non esiste pozione che io non sia in grado di preparare, ma nel farlo devo assicurarmi che lui non tenti di frugarmi nella mente. Dopo il suo tentativo di Legimanzia la sera della festa di Natale sono sempre in guardia: non oso immaginare cosa accadrebbe se sapesse di tutto il tempo che trascorro con la Granger, o se capisse che sto nutrendo dei dubbi sulla condizione di mia madre e su di lui.
 
È assurdo: fino a pochi mesi fa credevo che i Mangiamorte fossero le uniche persone di cui potermi davvero fidare, che fossero quasi una famiglia. Piton più di tutti sembrava avere un rapporto molto solido con mamma. Mi chiedo se davvero lei gli abbia fatto promettere di tenermi d’occhio.
Ora invece la mia unica alleata è la Granger. Tra tutte le persone di questa scuola, l’unica di cui posso fidarmi è quella che dovrebbe odiarmi di più. Non riesco a spiegare come siamo arrivati a questo punto: è iniziato tutto come una distrazione e adesso… non saprei dire cosa sia adesso.
 
Ma ora non devo pensare alla Granger, devo solo riuscire a sgraffignare gli ingredienti di cui ho bisogno senza farmi notare da Piton.
 
Oggi dev’essere il mio giorno fortunato, perché tra le componenti dell’Elisir Tracciaveleni c’è anche l’olio di Symphytum, di cui posso facilmente intascarmi una fiala.
Per gli altri ingredienti non sarà altrettanto facile, perché sono certo che Piton sia estremamente scrupoloso nella catalogazione delle sue scorte: temo che si accorgerà se faccio sparire qualcosa sotto il suo naso. Mi serve un espediente.
 
Guardo il mio paiolo gorgogliare: emana un odore pungente che mi dà alla testa, ma credo sia un buon segno. La ricetta dice di aggiungere delle foglie fresche di malva, ma una nota a margine scritta a mano suggerisce di usare delle foglie essiccate.
 
«Professore, le foglie di malva devono essere fresche o essiccate?» Chiedo.
 
Piton alza un sopracciglio. «Tu che dici?» Poi torna a farsi gli affari suoi.
 
Essiccate, senza dubbio essiccate. Riporto le foglie fresche nella dispensa e mi accorgo del secondo colpo di fortuna della giornata: le foglie di malva essiccate si trovano sullo stesso ripiano delle spore di Deadlyius, mentre le crine di Abraxan sono solo un ripiano sotto.
 
Mi viene in mente un’idea.
Pregando Merlino di non finire linciato da Piton, mi aggrappo con tutte le mie forze allo scaffale fino a farlo staccare e cadere rovinosamente sul ripiano inferiore, facendo rotolare per terra tutti gli ingredienti accuratamente classificati e ordinati. Tutte le fiale vanno in frantumi, liberando il loro contenuto sul pavimento, le polveri si alzano in aria, tingendola di tutti i colori, mentre lo scaffale finisce dritto sul mio piede, facendomi imprecare.
 
Con le lacrime agli occhi riesco ad infilarmi in tasca le spore di Deadlyius e le crine di Abraxan un attimo prima che Piton si affacci sulla dispensa, furibondo.
 
«Severus mi dispiace, davvero. Stavo rimettendo a posto le foglie di malva e…»
 
«Ti ho detto che per te sono il Professor Piton!» Mi urla con gli occhi iniettati di sangue.
 
«Si… Professore mi dispiace, io…»
 
«Non mi interessano le tue scuse. La lezione è finita. Vedi di mettere in ordine questo casino». E se ne va sbattendo la porta.
 
È fatta.
 
 
16 Marzo 1997:
 
Oggi si disputerà la partita Grifondoro-Tassorosso, la mia occasione per preparare la pozione con Malfoy senza rischiare di essere scoperta da Harry. Per non destare sospetti accompagno Harry, Ron e Ginny al campo e rientro al castello solo dopo avergli augurato buona fortuna. Non dovrebbero accorgersi della mia assenza, la tribuna sarà piena di gente. L’unica persona che avrebbe potuto desiderare di guardare la partita insieme a me è Luna, che però è stata nominata cronista da Vitious.
 
Come stabilito, io e Malfoy ci incontriamo davanti la serra di Erbologia.
 
«Non sarà rischioso stare qui alla luce del giorno?» Mi chiede il Serpeverde. «Qualcuno potrebbe vederci».
 
«Rilassati, sono tutti alla partita. Non ci vedrà nessuno». Rispondo io sbrigativa. «E poi mi serve che tu faccia da palo mentre io entro a raccogliere le radici di Belladonna».
 
«A cosa ti serve un palo se sono tutti alla partita?» Chiede seccato. «E poi perché devo essere sempre io di vedetta? Perché non resti tu qua fuori?»
 
«Va bene entra tu allora». Replico io sbuffando e aprendo la porta della serra con un Alohomora.
 
Malfoy entra trionfante, salvo poi riaffacciarsi un paio di minuti dopo con aria imbarazzata. «A dire il vero, non so come sia fatta la Belladonna».
 
«E menomale che ti vanti di essere un pozionista esperto». Lo sbeffeggio io entrando insieme a lui e chiudendomi la porta alle spalle.
 
Il vivaio è illuminato dalla luce del giorno, che attraversa il soffitto di vetro rischiarando l’intero ambiente. Ammetto di non aver mai amato molto Erbologia, come tutte le altre materie eccessivamente manuali, ciononostante ho sempre amato la serra: l’odore delle piante potate mi riempie di serenità.
 
«La Belladonna è una pianta di montagna, cresce in ambienti freschi ed ombrosi, quindi dovrebbe trovarsi in fondo alla serra, dove la Professoressa Sprite mantiene la temperatura intorno ai quaranta gradi Fahrenheit». Dico a Malfoy.
 
Come previsto, troviamo cinque vasi di Belladonna.
 
«Forse sarebbe meglio tagliare solo le radici». Suggerisce il Serpeverde. «Se portassimo via l’intera pianta darebbe nell’occhio».
 
Annuisco, così lui si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti e inizia a scavare direttamente con le mani intorno all’arbusto. Di solito Malfoy è sempre così elegante e snob che mi fa strano vederlo in vesti così… informale, immerso nel terriccio fino ai gomiti. Ma ormai non dovrei sorprendermi più di nulla, fino a poco tempo fa non avrei nemmeno pensato di trovare Malfoy simpatico, o addirittura piacevole. Invece eccoci qui.
 
«Taglia». Malfoy ha estratto dal vaso una radice ed io con un Diffindo ne recido buona parte. «Perfetto. Ora non ci resta che preparare la pozione».
 
Usciamo dalla serra e ci avviamo verso la Stanza delle Necessità. La scuola è deserta, ma noi cerchiamo comunque di sfruttare al massimo tutti i passaggi segreti di nostra conoscenza per evitare di essere visti.
 
«Senti Granger». Esordisce Malfoy una volta entrati nella Stanza. «Non è che per caso gli elfi di Potter ci stanno ancora spiando?»
 
«Puoi stare tranquillo, ho parlato con Harry, non dovremo più preoccuparcene».
 
Lui sembra rifletterci su. «Ma si può sapere perché mi ha messo alle calcagna quei due?»
 
Non posso dirgli che Harry e Ron sospettano che lui sia un Mangiamorte, non sarebbe davvero il caso di iniziare questa conversazione proprio adesso. «E tu che motivo hai di prendertela sempre con Harry? È così e basta». Taglio corto io. Lui scrolla le spalle con poca convinzione.
 
La pozione Confero Scriptum non è poi molto complicata da eseguire, richiede solo molto tempo e pazienza. Malfoy prende in mano la ricetta e la legge con attenzione, poi dispone con ordine gli ingredienti sul tavolo e accende il fuoco sotto al paiolo.
 
«Direi che possiamo procedere in questo modo» Dice con convinzione. «Io mi occupo della Belladonna, mentre tu inizi a sciogliere le spore di Deadlyius nel veleno di Acromantula».
 
Non trovando niente da obiettare mi metto al lavoro. Mentre prelevo col contagocce il veleno dalla fiala, non posso fare a meno di osservare Malfoy: i suoi movimenti sono veloci e precisi, lavora al massimo della concentrazione e con professionalità. In fondo credo che sia davvero un ottimo pozionista. Anche se…
 
«Guarda che la ricetta dice di affettare la radice, non di pelarla». Gli faccio notare io.
 
«Così è meglio, fidati». Mi dice lui senza distogliere gli occhi dal suo lavoro.
 
«Come fa ad essere meglio? Le istruzioni parlano chiaro…»
 
Lui però mi interrompe. «Granger, non puoi sempre seguire le istruzioni alla lettera, non stiamo mica ad Artimanzia, con le pozioni a volte ci vuole intuito».
 
Torno in silenzio, senza però smettere di osservarlo. Forse ha ragione lui, dopotutto. In fondo, per quanto mi costi ammetterlo, anche le indicazioni del Principe sono sempre corrette. Adesso che ci penso, qualcosa nel modo di lavorare di Malfoy mi ricorda tanto Harry quando…
 
«Malfoy, per caso sai niente di un certo Principe Mezzosangue?» Gli chiedo a bruciapelo.
 
«Non ho mai conosciuto alcun principe e l’unica Mezzosangue che frequento sei tu». Commenta lui spostando il suo sguardo su di me. «Che c’è? Hai paura della concorrenza?» Mi chiede con un ghigno.
 
«Per quanto io sia onorata di essere l’unica Mezzosangue della tua vita, Malfoy, non era questo il punto. Volevo solo sapere se ne avessi mai sentito parlare».
 
«No, mai sentito».
 
Dopo più di un’ora, trascorsa in silenzio a concentrarci sulla preparazione della pozione, copriamo il calderone con un coperchio. Dovremo aspettare circa mezz’ora prima di poter completare il processo.
 
«Hai portato qualche lettera da confrontare?» Chiedo al Serpeverde.
 
«Sì…» Dice lui estraendo alcune pergamene dalla tasca. «Ne ho una scritta senza dubbio da mia madre e altre due…» Si ferma un attimo per guardarmi con attenzione. «Ma preferirei non dirti a chi appartengono».
 
«Va bene». Francamente non mi aspettavo nulla di diverso. Ormai è chiaro che Malfoy sospetti dei Mangiamorte, non mi sorprendo che non voglia parlarne con me.
 
Lui però continua ad osservarmi, senza distogliere i suoi occhi grigi da me. Ogni volta che guardo quegli occhi mi sembra di cogliere una sfumatura in più al loro interno e non riesco a non restarne ipnotizzata.
 
«Granger…» Anche stavolta è lui ad interrompere il contatto visivo, abbassando lo sguardo sulle lettere che tiene in mano. «…Perché mi stai aiutando?»
 
Lo ha quasi sussurrato, come se temesse di sapere la risposta, come se da un momento all’altro io potessi accorgermi di non volerlo affatto aiutare e me ne potessi andare lasciandolo solo. In fondo è vero che da quando questo assurdo e impensabile rapporto è iniziato, io e lui non abbiamo mai davvero parlato del perché sia iniziato. Ci siamo limitati ad accettarlo come un dato di fatto e a farci meno domande possibili.
 
Però Malfoy si è esposto molto parlandomi della sua situazione familiare e credo abbia bisogno che anche io mi esponga con lui.
 
Mi prendo qualche momento prima di rispondere. La verità è che io stessa non so realmente perché lo stia aiutando. Mi sono detta che era la cosa giusta da fare, ma in cuor mio sapevo che era una bugia, che la vera ragione era un’altra.
 
«Perché credo che io e te siamo simili».
 
Sicuramente non si aspettava questa risposta. «Simili? In che senso?»
 
«Siamo entrambi soli».
 
Non l’avevo realmente realizzato fino a questo momento, ma è questa la verità. Lo so dall’inizio di quest’anno. Anzi da prima, da quando quel giorno a Diagon Alley l’ho visto nascondersi dagli occhi di tutti sotto il suo mantello e allontanarsi a testa basta per rifugiarsi in un vicolo deserto. Nessuno si sarebbe accorto di lui, nessuno l’avrebbe mai notato, solo io. E questo perché anche io, come lui, ero sola.
 
«Tu non sei sola». Commenta lui. «Hai Potter e Weasley e tutta la combriccola dei Grifondoro».
 
«Sì, è vero, Harry e Ron sono miei amici però… con loro non è più lo stesso. Io non sono più la stessa. E non credo che loro apprezzino quello che sono diventata. Per questo fingo di essere la solita Hermione di sempre: riflessiva, attenta, razionale. Tu invece mi hai permesso di essere me stessa e insieme a te mi sono divertita come non facevo da molto, molto tempo. Non avresti potuto farmi regalo più grande. Per questo ti aiuto».
 
Temo di essere andata troppo oltre. Forse si aspettava una risposta più concreta. Non sapevo nemmeno di pensarle certe cose, sono uscite d’istinto. Si sarà spaventato?
 
Ma lui non sembra affatto spaventato. «Capisco». È tutto ciò che dice, ma so che è la verità: lui davvero mi capisce.
 
A questo punto sento di volergli fare anche io una domanda. «Tu invece perché mi hai aiutata? Perché hai accettato di dividere quella bottiglia con me e di portarmi in volo sulla scopa?»
 
«Mi sentivo in debito con te».
 
«In debito? Per cosa?»
 
Questa volta anche lui si prende qualche secondo per rispondere. «Ricordi quando ti ho chiesto cosa avessi provato il giorno in cui ad Hogsmeade la folla ti ha travolta?» Annuisco. «Mi hai detto di aver fatto tutto quello che potevi per metterti in salvo, per proteggerti…» Fa una pausa, forse non sapendo esattamente come continuare. «Immagino che tu sappia dei manifestanti che mi hanno aggredito, la settimana dopo l’attentato». Annuisco di nuovo. «Ecco io in quell’occasione non ho fatto nulla per difendermi. Ero steso a terra, circondato da maghi e streghe che si accalcavano per potermi colpire, insultare, ferire, ed io non ho fatto niente per impedirlo. Continuavo a guardare le rovine bruciate del negozio Scrivenshaft e sentivo di meritare quel dolore». Gli occhi di Malfoy si riempiono di un’infinita tristezza, mentre continua a parlare tenendo la testa china verso il basso. «Sai, io conoscevo il figlio del proprietario. Era un ragazzo davvero in gamba. Se penso a quello che ha provato gli ultimi istanti della sua vita, circondato da quelle fiamme, mi sento bruciare dentro anche io. E se penso di aver augurato a te di morire per mano dei Mangiamorte, mi sento morire anche io».
 
Sono senza fiato. Non credevo che Malfoy potesse provare certi sentimenti. Non credevo che avrebbe mai messo in discussione i suoi principi da Purosangue. Invece così è stato. Il motivo per cui mi è stato così vicino, per cui ha assecondato ogni mia follia, dai duelli al volo, è perché voleva rendermi felice.
Vorrei dirgli qualcosa, vorrei ringraziarlo, vorrei che sapesse quanto sia importante ciò che ha fatto per me, ma le parole mi muoiono in gola. Così mi limito ad afferrargli la mano.
Lui in un primo momento si irrigidisce e mi guarda senza capire. Poi i nostri sguardi si incrociano. I suoi occhi hanno assunto una nuova sfumatura, calda e rassicurante, e la sua mano si stringe leggermente intorno alla mia.
 
«Grazie». Gli dico quasi in un sussurro.
 
Sento la presa intorno alla mia mano farsi più salda ed un brivido mi corre lungo la schiena. Vorrei avvicinarmi. Potrei avvicinarmi. Sto per avvicinarmi. Un odore acre però riempie l’intera stanza, facendoci tornare alla realtà.
 
«Credo sia pronta». Dice Malfoy lasciandomi la mano.
 
Ci avviciniamo al calderone e solleviamo il coperchio. La pozione ha assunto un colore rosso amaranto, proprio come descritto nella ricetta.
 
Malfoy tira fuori la lettera incriminata. «Servono almeno cinque centimetri di pergamena perché funzioni. Dovresti riuscire a dividere la lettera in quattro parti: tre le useremo adesso, la quarta la terremo in caso qualcosa andasse storto». Lui annuisce e strappa in quattro la pergamena. «Bene. Ora gettane un frammento nel calderone insieme alla lettera di tua madre: se sono state scritte entrambe da lei, la pozione diventerà blu».
 
Vedo Malfoy avvicinarsi al paiolo tremante. In mano tiene i due frammenti di pergamena. Senza esitazione, li lascia cadere entrambi nella pozione. Attendiamo più di un minuto davanti al calderone, ma la pozione rimane sempre rossa. Malfoy non sbagliava: la lettera non è stata scritta da Narcissa Malfoy.
 
Il Serpeverde sospira. «In fondo speravo davvero di avere torto». Poverino, mi dispiace tanto. A questo punto prende in mano il secondo frammento. «Bene, non ci resta che provare con le altre due lettere».
 

 

 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Come state? Io per motivi di lavoro non sono riuscita a pubblicare ieri il capitolo, ma ho fatto il prima possibile! Stavo pensando di spostare definitivamente il giorno di pubblicazione da domenica a lunedì, voi che ne pensate? Vi fa differenza?
 
Informazioni di servizio a parte, parliamo del capitolo! Onestamente sono molto emozionata… il rapporto tra Hermione e Draco ha subito un’altra svolta. Da due persone che si odiavano hanno iniziato a tollerarsi, poi a starsi simpatiche, poi a fidarsi sempre di più l’uno dell’altra, abbattendo molti dei muri che li dividevano. Per quanto tra loro ci fosse già intesa e complicità, finora non c’era ancora un vero e proprio legame, non a livello più profondo per lo meno.
Adesso entrambi si sono aperti e hanno scoperto molto l’uno dell’altra e su loro stessi.
 
Ragazzi spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto perché io ho adorato scriverlo: sia il confronto con Dobby e Kreacher, sia la ricerca degli ingredienti e soprattutto il finale.
 
Fatemi sapere che ne pensate e se vi va bene il cambio di data di pubblicazione!
 
Io, nel frattempo, ringrazio di cuore chi ha aggiunto la mia storia tra le preferite/seguire/ricordate e chi ha lasciato una recensione, soprattutto i miei recensori più fedeli Bea, Amalia e Simo ed il mio sostenitore numero 1 Riccardo.
Scusate tutta questa smielatezza, ma a volte ci sono periodi in cui mi sento sopraffatta dai troppi impegni e il vostro sostegno mi dà la carica per continuare a scrivere!
 
Al prossimo capitolo,
Flami151

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XVII


17 Marzo 1997:
 
Narcissa Malfoy era stanca.
 
Quel tipo di stanchezza viscerale che non solo atrofizza il corpo, ma paralizza anche la mente, rendendola vulnerabile. E Narcissa era esattamente così che si sentiva: indifesa ed impotente.
Tutto ciò che ancora la manteneva in vita era la fede. Fede che avrebbe protetto suo figlio, riabbracciato suo marito, rivisto sua sorella e che avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, facendo ammenda per i suoi errori passati.
 
Ormai le sue giornate le trascorreva in uno stato di quasi completa incoscienza. Solo dormendo riusciva, seppur in parte, ad alleggerirsi del peso delle sue preoccupazioni. Solo dormendo poteva rivedere il volto di Draco, sentire la sua voce, accarezzare il suo viso.
Draco: il suo bambino così forte e al tempo stesso così spaventato, così caparbio e anche così fragile.
 
Poche volte apriva gli occhi durante il giorno e, quando accadeva, faticava a distinguere il sogno dalla realtà.
Le sembrava di vedere la sua elfa Zoury, che si prendeva cura di lei amorevolmente preparandole da mangiare e aiutandola a bere. Sentiva sua sorella Bellatrix, che le stringeva la mano e le carezzava i capelli. A volte parlava con suo padre, che le chiedeva da quando l’amore fosse diventato più importante del sangue. E lei non sapeva rispondere.
 
Forse in fondo lo era sempre stato, fin da quando era piccola: quando si nascondeva nel letto di Andromeda per paura del buio o quando Bellatrix si prendeva la colpa delle sue marachelle per proteggerla.
Anche se l’aveva negato per molto tempo, la verità era che per lei l’amore era sempre stato più importante di qualsiasi arazzo di famiglia.
 
E così la mente di Narcissa continuava a vagare tra il passato ed il presente, tra il sonno e la veglia, perdendo il contatto con la realtà.
 
A volte, il suo orecchio era raggiunto da parole lontane.
 
«Come faremo quando Draco tornerà a casa?»
 
Draco. Qualcuno aveva detto Draco.
 
«Per quel giorno si sarà ristabilita completamente, vedrai». Di chi stavano parlando? Forse di lei?
 
«E se il ragazzo dovesse sospettare di qualcosa?»
 
«Non devi preoccupartene, se Draco avesse qualche sospetto io di certo lo saprei».
 
Ancora il suo nome. Ogni volta che sentiva pronunciare quel nome, il cuore di Narcissa accelerava.
 
«Come fai ad esserne così sicura? Non crederai davvero che la tua fonte sia affidabile?»
 
«Ne sono convinta. Senza il minimo dubbio. Tiene d’occhio Draco dall’inizio dell’anno: se dovesse iniziare a mostrare qualche segno di dubbio, stai pur certa che io sarò la prima a saperlo».
 
Narcissa avrebbe voluto urlare, scappare, ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi e la sua mente sprofondò nuovamente nel buio.
 
 
18 Marzo 1997:
 
Un buco nell’acqua. La nostra indagine è stata un totale fiasco.
Adesso sappiamo che chiunque stia inviando le lettere a Malfoy non è sicuramente sua madre, ma non abbiamo alcun indizio riguardo al reale mittente. I due sospettati di Malfoy, chiunque essi fossero, si sono rivelati innocenti e adesso per le mani non abbiamo più niente.
 
Questo sta facendo innervosire non poco la Serpe, che da due giorni trascorre le lezioni nel più completo silenzio, muovendo freneticamente la gamba sotto al banco e passandosi la mano tra i capelli con nervosismo. Quasi mi manca non sentirlo più sghignazzare con i suoi compagni, sbeffeggiando qualche Grifondoro.
Per fortuna nessuno sembra aver dato troppo peso al suo cambio d’umore: credono tutti che dipenda dalla vittoria dei Grifondoro alla partita di domenica, che hanno stracciato i Tassorosso con un vantaggio di 120 punti. Sono giorni che non si parla d’altro. Anche adesso, durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, sento alcuni dei ragazzi borbottare qualcosa sulla “fenomenale manovra di Porskoff della Weasley”.
 
Harry mi picchietta sulla spalla «Ehi, tutto bene?»
 
Riemergo dalle profondità dei miei pensieri, annuendo leggermente. «Sì tutto bene, grazie». Ma i nostri sussurri non sfuggono al Professor Piton, che immancabilmente si volta verso di noi con sguardo ruggente.
 
«Potter, visto che ti prendi la briga di chiacchierare durante la mia lezione, suppongo che tu conosca già la differenza tra un Inferius ed un fantasma».
 
Harry sbianca, chiaramente colto in fallo. «Ehm… beh… i fantasmi sono trasparenti…»
 
«Oh, molto bene Potter». Lo interrompe Piton con disprezzo. «È bello vedere che questi sei anni di istruzione magica non sono andati sprecati. I fantasmi sono trasparenti».
 
Sento Pansy Parkinson emettere una risatina acuta, seguita dagli altri ragazzi di Serpeverde. Malfoy invece continua a fissare il vuoto, come se non avesse nemmeno sentito.
 
Harry però non si lascia scoraggiare e continua. «Sì, i fantasmi sono trasparenti, mentre gli Inferi sono corpi morti, quindi devono essere solidi…»
 
«Un bambino di cinque anni avrebbe potuto dirci altrettanto». Risponde Piton sarcastico. «L’Inferius è un cadavere che è stato rianimato dagli incantesimi di un Mago Oscuro, mentre un fantasma è l’impronta di un’anima dipartita lasciata sulla terra e, naturalmente, come Potter ci informa, è trasparente».
 
«Beh quello che ha detto Harry è utilissimo se vogliamo distinguerli!» Interviene Ron, che di fronte agli sbeffeggi di Piton non riesce mai a trattenersi. «Quando ci troviamo faccia a faccia con uno di loro in un vicolo buio abbiamo giusto il tempo di un’occhiata per vedere se è solido, non ci mettiamo a chiedere “Mi scusi, lei è l’impronta di un’anima dipartita?»
 
In aula si leva un’ondata di risate, repressa all’istante dallo sguardo di Piton. Anche stavolta mi volto verso Malfoy, sperando di vedere in lui una reazione, ma niente.
 
«Dieci punti in meno a Grifondoro». Sentenzia Piton. «Non mi sarei aspettato niente di più sofisticato da te, Ronald Weasley, un ragazzo così concreto che non riesce a Materializzarsi quindici centimetri più in là di dove si trova». Un colpo davvero basso per Ron che, finora, si è dimostrato il meno abile del nostro anno al corso di Materializzazione. «Prima della fine dell’ora voglio una relazione su tutte le difese da mettere i atto in presenza di un Inferus!»
 
Tutta la classe estrae dalla cartella la pergamena, il calamaio e la penna. Io mi metto rapidamente al lavoro, impugnando la piuma di pavone regalatami dal Malfoy. Chissà se anche questa proviene dal mittente misterioso o se è davvero un regalo da parte della Signora Malfoy. Mi chiedo se, come per le lettere, esiste un modo per determinarlo: se avessimo la conferma che anche la penna arriva direttamente dall’impostore forse potremmo risalire tramite la manifattura all’artigiano che l’ha prodotta e chiedergli se…
Ma i miei pensieri vengono interrotti dallo sguardo indagatore di Piton, che mi scruta con attenzione come se mi vedesse oggi per la prima volta. Ma è solo un attimo. Subito dopo si volta, rivolgendo la sua attenzione a qualcun altro.
 
Finita la lezione, io e Ron ci dirigiamo in Sala Grande per il corso supplementare di Materializzazione, riservato agli studenti che, come noi, hanno già compiuto diciassette anni e potranno fare l’esame il prossimo mese. Harry ci ha salutati dicendo che avrebbe pensato ad un modo per ottenere il ricordo di Lumacorno, ma ho il sospetto che voglia ancora seguire Malfoy sulla Mappa del Malandrino.
 
«Harry non ci sta provando nemmeno!» Dico a Ron mentre scendiamo le scale. «Continua a procrastinare nascondendosi dietro la sua stupida ossessione per Malfoy! Ma mi stai ascoltando?»
 
«Piton ha ragione, vero?» Borbotta lui. «Non so se vale la pena che faccia l’esame. Non riesco proprio a capire la Materializzazione».
 
Poverino, ero talmente presa da Malfoy e dal suo stato d’animo che non mi ero accorta che, proprio accanto a me, Ron era stato annientato dalle parole di Piton. «Vedrai che con queste lezioni extra migliorerai a vista d’occhio!» Lo incoraggio io. «E se poi non sarai ancora bravo come vorresti, potrai ritentare l’esame insieme ad Harry dopo l’estate!»
 
«Grazie Hermione». Dice il rosso con un sorriso. Poi si ferma, prendendomi la mano per fermarmi a mia volta. «Senti Herm, volevo dirti una cosa… io… sono davvero felice che le cose tra noi si siano aggiustate. Tempo fa ti dissi che senza di te sarei stato perso… ed è così che mi sono sentito negli ultimi mesi. Ho bisogno della tua forza, della tua determinazione. Ho bisogno di te».
 
Silenzio. Intorno a noi sembra essere calato l’assoluto silenzio: nessuno studente che cammina per i corridoi, nessun fantasma che attraversa le pareti, nessun quadro chiacchierone. Siamo solo lui ed io.
Ron mi sta guardando con i suoi occhi blu pieni di dolcezza. Ricordo bene l’ultima volta che mi ha guardata così e ricordo come mi fossi sentita elettrizzata. Ricordo di aver passato settimane a ripensare a quel momento, chiedendomi se mai Ron mi avrebbe più guardata in quel modo, sperando che lui posasse di nuovo lo sguardo su di me. Ricordo di aver provato tutte queste emozioni per il ragazzo che adesso si trova di fronte a me, eppure adesso sono, per l’appunto, solo un ricordo. Come anche l’Hermione che mesi fa ha provato certi sentimenti è solo un ricordo.
 
La persona che ero è sfumata e la persona che sono adesso, per Ron, non prova niente.
 
E all’improvviso, il mio subconscio mi riporta indietro di due giorni quando, nella Stanza delle Necessità, ho afferrato la mano di Malfoy e l’ho stretta nella mia. La sua presa non era come quella di Ron, calda e rassicurante, ma era fredda e decisa e mi aveva scossa nel profondo.
 
Lascio di scatto la mano di Ron. «Dobbiamo andare, o faremo tardi».
 
 
23 Marzo 1997:
 
È passata una settimana da quando la Granger ed io abbiamo preparato la Confero Scriptum e da allora trascorro le mie giornate in preda all’ansia.
I miei sospetti erano reali: qualcuno si sta fingendo mia madre. Ero certo che si trattasse di Severus o di zia Bellatrix, ma quando ho gettato nel calderone le pergamene con la loro scrittura, la pozione è rimasta esattamente com’era.
 
Non so che fare. Sono bloccato in questa maledetta scuola per altri tre mesi, senza la possibilità di tornare a casa, senza che nessuno possa rispondere alle mie domande. Cosa è accaduto a mia madre? Se sta male, perché nessuno si è messo in contatto con me per avvisarmi? Perché qualcuno dovrebbe aver preso il suo posto? Perché Piton mi ha mentito, fingendo che andasse tutto bene?
 
Questo senso di impotenza mi sta facendo letteralmente impazzire e quel che è peggio è che tutto ciò che desidero, in questo momento, è nascondermi nella Stanza delle Necessità insieme alla Granger.
Non riesco a capacitarmene: la mia priorità assoluta dovrebbe essere scoprire la verità dietro la scomparsa di mia madre, ma la mia mente continua a tornare alla Grifondoro. Ogni volta che succede mi passo la mano tra i capelli, come se sfregarmi la testa riuscisse in qualche modo a scacciare certi pensieri.
 
Ma forse non dovrei neanche sorprendermene più di tanto. In fondo, la Granger aveva ragione quando ha detto che sono solo. E non solo quest’anno, in sei anni di scuola non sono riuscito a costruire nemmeno un rapporto sincero, non mi interessava: la mia famiglia era tutto ciò di cui avevo bisogno. Finché mia madre e mio padre erano a casa ad aspettarmi, non sarei mai stato davvero solo. Adesso invece mi manca la terra sotto i piedi e nessun rapporto superficiale o di sudditanza, come quello con Tiger e Goyle, può rimpiazzare quello che loro mi davano.
 
Con la Granger invece è diverso. Con la sua energia, la sua smania di infrangere le regole, la sua determinazione ogni volta che ci siamo scontrati a duello, la sua risolutezza di fronte alle situazioni difficili… Con lei la solitudine è più… sopportabile.
 
E adesso, che mi sento più solo che mai, tutto ciò che desidero è la sua compagnia e questo pensiero mi manda fuori di testa.
 
Busso all’ufficio del Professor Piton, per la consueta lezione domenicale. La sua voce da dentro mi invita ad entrare.
Faccio il mio ingresso nell’ufficio buio e come sempre mi appresto a tirare fuori il materiale alchemico, ma Piton mi blocca. «Oggi non prepareremo alcuna pozione». Dice facendomi cenno di sedere alla sua scrivania.
 
Io eseguo. «E allora perché mi ha chiesto di venire qui?» Chiedo con diffidenza.
 
«Perché vorrei parlarti, Draco». Risponde il Professore con un tono sospettosamente cortese. «Come vanno le cose?»
 
Come vanno le cose? Dove vuole andare a parare? «Bene, come sempre». Mento io.
 
«Quindi non c’è niente di cui vorresti parlarmi?» Continua ad indagare lui.
 
«No, professore. Sto mantenendo un profilo basso e mi sto concentrando sullo studio. Sto anche passando più tempo con gli altri Serpeverde, proprio come mi ha suggerito lei.». Rispondo guardingo.
 
«Lo vedo». Dice lui con tono mellifluo. «Eppure Draco ho la sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa, ed è arrivato il momento che tu sia sincero con me».
 
«Non so di cosa stia parlando. Ho fatto come mi ha chiesto: ho smesso di parlare del Signore Oscuro e di isolarmi dagli altri, sono persino venuto qui ogni settimana per seguire le sue lezioni. Non è sufficiente?»
 
Mi accorgo di aver alzato la voce, ma Piton non sembra scomporsi. «Bene, se non vuoi parlare allora mi vedo costretto a prendermi da solo le risposte che cerco».
 
Questa volta non mi faccio cogliere impreparato e, prima che lui possa scorgere anche un solo mio pensiero con la Legimanzia, riesco a chiudere la mente. Posso quasi sentirlo mentre cerca di abbattere le mie difese, come un ladro che tenta di forzare la porta di ingresso, senza riuscirci.
 
«Cosa stai nascondendo, Draco?» Chiede lui mollando la presa sui miei pensieri.
 
«Non sto nascondendo niente, ma se crede che la lasci frugare liberamente tra i miei ricordi si sbaglia di grosso». Dico io prendendo le mie cose per andarmene il più velocemente possibile.
 
«La tua tecnica di Occlumanzia è davvero patetica». Commenta Piton costringendomi a fermarmi.
 
«Però lei non è riuscito ad entrare, o sbaglio?» Gli chiedo in torno provocatorio.
 
«Non importa che io non sia riuscito ad entrare, il tuo sforzo per trattenermi fuori era evidente. A volte questo è sufficiente». Risponde lui con calma.
 
«Che intende dire?» Quel maledetto ha ottenuto la mia attenzione.
 
«Intendo dire che devi saper valutare la situazione, Draco. A volte è sufficiente chiudere la mente, altre volte invece bisogna essere più furbi, bisogna lasciar entrare il proprio avversario, fargli credere di avere il controllo, per poi mostrargli solo ciò che desideri e nient’altro».
 
Ha ragione: se solo l’avessi lasciato entrare e fossi riuscito a guidarlo attraverso i miei pensieri, senza però permettergli di accedere a quelli più privati, a quest’ora si fiderebbe di me e non mi starebbe col fiato sul collo. Ma perché mi sta dicendo certe cose?
 
«Io posso insegnarti, se lo desideri».
 
Il volto di Piton è impassibile, mi chiedo cosa stia pensando davvero. Guardo la porta e provo il forte desiderio di imboccarla e di non voltarmi più indietro, di non dover più trovarmi a tu per tu con l’uomo che, sicuramente, è coinvolto nella scomparsa di mia madre. Ma qualcosa mi trattiene: sento che l’unico modo per andare a fondo di questa faccenda è rimanere qui, lasciando che Piton mi insegni a padroneggiare l’Occlumanzia.
 
Senza aggiungere altro, torno a sedermi alla scrivania.
 
 
15 Aprile 1997:
 
Sono trascorse altre tre settimane e non ci sono stati progressi.
La Granger mi ha promesso che avrebbe continuato a cercare un modo per aiutarmi a scoprire la verità. Ha suggerito che forse anche la piuma che le ho affidato potesse essere un indizio. Le ho confessato che è stato Piton a consegnarmela: glielo avevo taciuto perché non ero certo di potermi fidare di lei, ma adesso non ha più senso nasconderlo. Per coerenza, le ho anche detto che una delle due pergamene che ho gettato nella Confere Scriptum apparteneva a lui. Concorda con me col fatto che sia sospetto.
 
Ma, per l’appunto, non ci sono stati altri progressi.
 
Rientro in Sala Comune dopo un allenamento di Quidditch estenuante: maledetto Urquhart e i suoi esercizi di prima mattina. Il dormitorio è deserto, devono essere tutti a fare colazione. Mi sdraio sul letto privo di energie, ma poco dopo qualcun altro fa il suo ingresso.
 
«Ciao Draco». Dice Nott sedendosi sul suo letto, quello accanto al mio.
 
«Ciao Theodore. Già di rientro?»
 
«Sì». Dice lui girandosi tra le mani una busta con su scritto Per Theodore Nott. «Senti, sai per caso quando sarà la prossima gita ad Hogsmeade? Alecto mi ha finalmente mandato i soldi che le avevo chiesto e ho bisogno di comprare una cosa».
 
Alecto… Se è vero che non hanno alcuna confidenza, mi chiedo come mai continui a chiamarla per nome. «Non lo so, ma lunedì Zabini ci andrà per l’esame di Materializzazione, puoi chiedere a lui di comprarti quello che ti serve».
 
«No…» Commenta lui estraendo i soldi dalla busta e riponendola nel cassetto del suo comodino. «È qualcosa che non posso delegare, che devo scegliere personalmente… Sai… È per una ragazza».
 
Ecco qualcosa che non mi aspettavo davvero di sentire: il timido, introverso e riservato Theodore Nott alle prese col gentil sesso. Mi chiederei perché ne stia parlando proprio con me, ma ho sperimentato sulla mia pelle che la solitudine ti fa avvicinare alle persone più impensabili. «E chi è la fortunata?» Gli chiedo.
 
«Tracey Davis». Borbotta lui abbassando la testa. «Il mese prossimo è il suo compleanno».
 
«Tracey Davis?» Chiedo io. «La Nata Babbana?» Che un Nato Babbano fosse stato smistato in Serpeverde era già molto strano, ma che il figlio di un Mangiamorte se ne fosse invaghito è ancora più surreale.
 
Nott però sembra caduto dal pero. «È Nata Babbana?»
 
«Sì, come fai a non saperlo? È la tua ragazza, no?» Gli chiedo io con una risata.
 
«No, no. Non è la mia ragazza. Non ci conosciamo nemmeno così bene…» Poi torna ad ammutolirsi. «E così non proviene da una famiglia di maghi… Forse potrei sorprenderla con qualche diavoleria Babbana. Chissà se la Professoressa Burbage ha qualcosa che potrebbe fare al caso mio».
 
«Se ti sentisse tuo padre, pregherebbe un Dissennatore di succhiargli via l’anima con un bacio». Commento io.
 
«Può essere». Risponde lui sdraiandosi sul suo letto. «Non me ne importa granché».
 
È la seconda volta che sento Nott lasciarsi andare a discorsi un po’… sovversivi. Mi chiedo con che coraggio gli venga anche solo in mente di pensare certe cose.
 
«Dovrebbe importanti, invece». Dico io. «La tua famiglia fa parte delle Sacre Ventotto. Non vorrai mica mandare all’aria decine di generazioni di discendenza Purosangue per una cotta?»
 
«Non prendermi in giro, Draco. Se le nostre famiglie sono Purosangue, allora io sono un Folletto della Cornovaglia! Ormai nessuno ha più in sangue completamente puro! E lo sai bene anche tu».
 
Non che io in questo momento sia nella posizione di impartire lezioni sulla purezza del sangue e sulle persone che è bene e non è bene frequentare, ma davvero mi è difficile credere che il figlio di un Mangiamorte parli della sua famiglia con questa leggerezza. «Sai che tuo padre è in carcere per difendere le famiglie Purosangue, vero? E tu è così che parli?» Non credo di suonare accusatorio, forse più curioso.
 
«Non diciamoci cazzate Draco, almeno tra noi. Se mio padre e tuo padre sono in carcere, non è di certo per difendere la finta purezza del sangue di famiglia».
 
Il suo tono saccente mi urta i nervi, come quella sera quando l’ho trovato a leggere in Sala Comune. «Allora per favore Nott, illuminami, perché mio padre sarebbe ad Azkaban?»
 
«Per il potere». Dice Nott mettendosi di nuovo seduto. «È il potere a smuovere il mondo, nient’altro. La purezza del sangue è solo un pretesto. Finché sei dalla loro parte, a nessuno gliene frega davvero con chi stai e con chi non stai».
 
È davvero come dice lui? Tutto quello che mi hanno insegnato fin da quanto ero piccolo è niente di più che un pretesto? Sono davvero così miope da non essermene mai accorto? Quante altre sono le cose di cui non mi sono reso conto? Vorrei chiedergli tante altre cose, ma io non sono stupido come Nott, che apre bocca e dice tutto quello che gli passa per la testa. «Farai bene a tenertele per te certe osservazioni, sempre che tu ci tenga a rimanere in famiglia».
 
Nott ride, una risata forzata, innaturale. «Forse dovresti pensare alla tua di famiglia, Draco».
 
Mi alzo a sedere di scatto. Di che diavolo sta parlando? Era forse una minaccia? Un avvertimento? Un consiglio? Forse era solo un modo di dire, forse sono solo paranoico. Eppure sono certo che voglia dirmi qualcosa, che sappia qualcosa. E se ho ragione, allora devono essere stati i Carrow ad informarlo.
Guardo istintivamente il comodino in cui Nott ha riposto la busta proveniente da Alecto. E se…
 
Ma non faccio in tempo a concretizzare i miei pensieri che la porta del dormitorio si apre di nuovo.
 
«Draco eccoti!» Pansy entra senza neanche chiedere permesso. «Tutta la squadra è giù in Sala Grande tranne te, stai bene?»
 
«Sì sto bene grazie». Dico col tono meno esasperato possibile. Mi sono ripromesso che avrei cercato di perdonare Pansy e di essere più tollerante con lei. «Pansy scusami potresti lasciarci soli un secondo, avrei bisogno di…»
 
«Non preoccuparti Draco, io me ne sto andando». Dice Nott alzandosi. «Grazie per la chiacchierata, ne avevo bisogno». Prima di andarsene però si avvicina a me e mi sussurra «Mi raccomando, stai in guardia» ed esce dal dormitorio senza salutare Pansy.
 
 
22 Aprile 1997:
 
La giornata di ieri ha portato con sé molte novità: io e Ron abbiamo sostenuto l’esame di Materializzazione (lui purtroppo è stato bocciato per un soffio, l’esaminatore si è accorto che aveva lasciato indietro mezzo sopracciglio), mentre Harry è riuscito a recuperare il ricordo originale di Lumacorno usando la Felix Felicis.
 
«Quindi stai dicendo che Lord Voldemort ha mutilato la sua anima? Che l’ha divisa in sette parti?» Sono inorridita, come si può anche solo pensare di voler strappare un frammento della propria anima? In sette parti poi.
 
«Urca». Aggiunge Ron ascoltando il racconto di Harry «Quindi andrai sul serio con Silente a cercare di distruggere… urca!»
 
Riuscire ad individuare i manufatti scelti da Tom Riddle per custodire la propria anima, trovare il luogo in cui sono nascosti, recuperarli e distruggerli… Sembra un’impresa titanica.
Ma a quanto pare Silente ci sta già lavorando da tempo e, se i ricordi che lui ed Harry hanno esaminato finora non mentono, il medaglione di Salazar Serpeverde, la coppa di Tosca Tassorosso e il serpente Nagini dovrebbero essere tre dei sette Horcrux. A questi si aggiungono l’anello della famiglia Gaunt e il diario di Tom Riddle, già distrutti da Silente ed Harry. Manca solo un ultimo Horcrux all’appello: che si tratti di qualcosa appartenuto a Godric Grifondoro o a Priscilla Corvonero?
 
La Sala Comune oggi sembra più cupa e mesta del solito, come se tutto intorno a noi percepisse il peso dell’enorme responsabilità gravante sulle spalle di Harry.
 
«Sfido che Lumacorno volesse tenersi questo ricordo per sé… Quale sconsiderato parlerebbe mai ad uno studente di una pratica così… malvagia?» Chiedo io.
 
«Tu non l’hai visto, Hermione. Riddle da giovane era davvero… accattivante». Si vede che dirlo gli costa un enorme sforzo. «Sarebbe stato impossibile immaginare le sue reali intenzioni».
 
Il passaggio dietro la Signora Grassa si apre, costringendoci a cambiare discorso.
 
«Ciao Dean!» Dice Ron rivolto al suo compagno di dormitorio, che però tira dritto in camera senza degnarsi di rispondere. «Ma che gli prende?»
 
«Lui e Ginny si sono lasciati ieri sera». Spiego io notando immediatamente un cambiamento nell’espressione di Harry.
 
«Come mai?» Chiede il ragazzo con la cicatrice, fingendosi il più indifferente possibile.
 
«Oh, per una cosa stupidissima: Ginny gli ha detto di smetterla di aiutarla a passare per il buco del ritratto, come se lei non fosse capace di camminare da sola. Ma erano secoli che avevano un po’ di problemi».
 
La notizia sembra sconvolgere anche Ron, che si lancia a capofitto in una filippica sul Quidditch e sul rischio che possono rappresentare i problemi sentimentali per le prestazioni dei giocatori.
Io non gli do retta, non solo perché non me ne potrebbe fregare di meno, ma perché mentre Ron parla, sento il galeone incantato bruciare nella mia tasca: Malfoy sta cercando di mettersi in contatto con me.
 
«Scusatemi ragazzi, mi sono ricordata di aver lasciato dei libri in biblioteca! Forse mi tratterrò lì per finire il mio saggio sui Sigilli di Sangue per Antiche Rune. Andate pure a letto senza aspettarmi!» Ma loro non sembrano neppure sentirmi, tanto sono presi dalle loro faccende.
 
Appena fuori dalla Sala Comune do un’occhiata al galeone:
 
223022041997
 
Malfoy mi sta aspettando.
 
Corro verso la Stanza delle Necessità: se Malfoy mi ha chiesto di vederci senza neanche un minimo di preavviso, deve trattarsi di qualcosa di grosso.
Una volta arrivata lo trovo intento ad alimentare il fuoco sotto al paiolo. Sdraiato sul pavimento c’è anche il suo gatto.
 
«Sei arrivata finalmente». Mi accoglie lui senza smettere di lavorare. «Ho già pestellato le crine di Abraxan, se mi aiuti con la Belladonna non dovremmo metterci molto».
 
«Devo supporre che tu abbia trovato del nuovo materiale da confrontare». Dico io arrotolandomi le maniche della divisa e prendendo in mano il coltello.
 
«Esattamente». Mi risponde lui. «Sono giorni che provo a mettere le mani su quella maledetta busta». Dice indicandomi un involucro poggiato accanto agli strumenti alchemici. «Ma il dormitorio era sempre pieno di gente e Pansy non mi ha lasciato solo nemmeno un istante questa settimana, per fortuna che ieri si è beccata una punizione con Vicious».
 
Prendo in mano la busta, sopra sono riportate le parole Per Theodore Nott in una grafia che non ho mai visto prima.
 
«Draco scusami, ma i genitori di Nott non sono…»
 
«Sì, la madre è morta ed il padre è ad Azkaban. Quella busta non viene da loro».
 
«E da chi proviene?»
 
Lui resta in silenzio. Se ha lasciato che io vedessi la busta allora vuol dire che era intenzionato a rivelarmi anche l’identità del mittente, ma adesso sembra averci ripensato. Dopo un minuto di attenta riflessione sembra però essersi deciso a parlare. «Da Alecto Carrow. Lei e suo fratello hanno la custodia di Theodore, adesso».
 
Ho già sentito parlare dei fratelli Carrow in passato: hanno combattuto di fianco a Lord Voldemort durante la guerra ma sono riusciti ad evitare l’incarcerazione fingendo di aver agito sotto la Maledizione Imperius, proprio come i Malfoy.
Secondo Sirius e Lupin, i fratelli Carrow erano soliti accompagnare Greyback nei pressi delle case delle sue vittime e attendere insieme a lui la luna piena per poi assicurarsi che, una volta trasformato, azzannasse i più piccoli della famiglia. Una volta trasformati, li prendevano e li portavano via dai loro genitori, crescendoli secondo la dottrina del Signore Oscuro. Purtroppo, non ci furono mai prove sufficienti per una condanna, e quei mostri sono ancora in libertà.
 
«Malfoy… perché pensi che i Carrow siano coinvolti in questa faccenda?»
 
«È una sensazione». Mi risponde lui mescolando la pozione.
 
«Una sensazione? Sai che dopo questo tentativo non avremo più scorte sufficienti per ripreparare la pozione, vero? Sei sicuro di volerci provare solo per una tua… sensazione?»
 
«Il fatto è questo». Dice lui dopo essersi preso qualche altro istante per riflettere. «Credo che Nott volesse che io prendessi questa busta. Abbiamo parlato diverse volte negli ultimi tempi e credo che ogni volta lui abbia cercato di comunicarmi qualcosa. Credo che lui sappia cosa sia accaduto a mia madre e che i Carrow siano in qualche modo coinvolti».
 
Rifletto sulle parole di Draco. Deve aver ponderato molto prima di decidere di parlarmi apertamente. In pratica mi sta confessando i suoi sospetti riguardo ai Mangiamorte e, da come ne parla, direi che l’idea che sua madre possa essersi in qualche modo invischiata con i Carrow lo preoccupa abbastanza. Evidentemente, tra i Mangiamorte ce ne sono alcuni che vengono considerati peggio di altri.
 
Ora che ci penso, mi sono talmente tanto preoccupata che il mio rapporto col Serpeverde non venisse scoperto da Ron ed Harry, che non mi sono mai realmente soffermata a riflettere su cosa potrebbe significare per Malfoy se questa storia venisse allo scoperto.
Cosa succederebbe se si sapesse che Malfoy vede di nascosto una Nata Babbana? Che le ha confessato di sentirsi in colpa per gli eventi di Hogsmeade? Che lavora con lei per dare la caccia a dei Mangiamorte che potrebbero essere responsabili della scomparsa di sua madre? Ora che Lucius Malfoy è ad Azkaban, in che modo la famiglia Malfoy è ancora coinvolta negli affari del Signore Oscuro?
 
Non ho la risposta a queste domande, ma quel che è certo è che Malfoy si sta esponendo davvero molto in questo momento, molto più di quanto non stia facendo io. Ed io sono certa di volerlo aiutare, fino alla fine.
 
Lasciamo la pozione a sobbollire come l’ultima volta e, nel frattempo, entrambi ci immergiamo nei nostri pensieri.
 
«Malfoy senti…». Dico io rompendo il silenzio. «Non potrebbe essere che forse Nott ti stia tendendo una trappola?»
 
«Una trappola?» Chiede lui.
 
«Sì… Insomma, ammesso che tu abbia ragione, che Nott sappia più di quanto dica e che abbia fatto in modo che tu trovassi questa busta… allora vuol dire che sa quello che stiamo facendo qui. Forse sa dei nostri incontri e forse voleva attirarci qui per averne la conferma».
 
«Per questo lui è qui». Dice indicando il gatto, che mi scruta con attenzione dal basso. «Non appena percepisce una presenza ostile si fa subito vigile. Come è accaduto quella volta sul treno».
 
«O quella volta in guferia». Commento io ricordando bene entrambe le volte, quando ho puntato la bacchetta contro Malfoy ed il suo gatto mi ha soffiato. «In effetti è davvero molto sveglio… sembra quasi senziente. La prima volta che l’ho visto ho creduto fosse un Animagus».
 
A Malfoy scappa una risata. «Per questo sul treno gli hai lanciato contro un incantesimo detrasfigurante? Sei paranoica Granger».
 
«La prudenza non è mai troppa». Dico io scrollando le spalle.
 
La stanza ricade nel silenzio, lasciando me e Malfoy di nuovo immersi nei nostri pensieri, finché un odore acre non ci avvisa che la pozione è pronta.
 
Malfoy osserva pensieroso il contenuto del paiolo ribollire, mentre stringe tra le mani la busta di Alecto Carrow e l’ultimo frammento della lettera di Narcissa. Al contrario della volta scorsa, quando aveva gettato con sicurezza le pergamene all’interno della pozione, vedo Malfoy esitare. Continua a fissare il calderone senza riuscire a muoversi.
 
Poi si volta a guardarmi e, contro ogni mia aspettativa, mi abbraccia.
 
Resto immobile, colta di sorpresa da questo slancio improvviso. Mi lascio stringere tra le braccia di quello che un tempo avrei giurato essere il mio peggior nemico, senza riuscire ad oppormi, senza desiderare di oppormi.
 
«Ho paura». Mi sussurra all’orecchio.
 
Queste due parole, questa confessione fatta con un fil di voce, mi riempiono di tenerezza, portandomi a ricambiare la sua stretta. Appoggio la mia fronte nell’incavo del suo collo e lo stringo a me, ispirando l’odore della sua pelle.
Sento lo stomaco in subbuglio, proprio come quella volta che, insieme, abbiamo solcato il cielo notturno a cavallo della scopa: il mio corpo trema a contatto con il suo, proprio come aveva tremato a contatto col freddo vento invernale, le mie mani si stringono intorno alla sua vita, come se avessi paura di cadere nel vuoto, ed il mio cuore fa le capriole, perché mai nella vita una cosa mi è sembrata così giusta e così sbagliata allo stesso tempo.
 
«Ti prometto che qualunque cosa accada, troveremo una soluzione». Lo rassicuro.
 
Sento la sua presa stringermi più forte un attimo prima di lasciarmi andare. Il suo sguardo è di nuovo determinato: adesso è pronto.
Lascia cadere i due frammenti di carta nel calderone che, al contrario della volta precedente, emette uno sbuffo e dopo pochi secondi inizia a rapprendersi, virando il suo colore da un deciso rosso amaranto ad un blu notte scurissimo.
 
Malfoy impallidisce.
 

 
 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads, buon inizio settimana!
Come preannunciato ho modificato la data di pubblicazione! Spero che per voi non sia un problema.
 
Vorrei cogliere alcuni spunti forniti da questo capitolo per conoscerci un pochino meglio!
Prima di tutto sono curiosa di una cosa? Voi come chiamate la fondatrice di Corvonero? Priscilla, Cosetta o Corinna? Le varie edizioni italiane hanno fatto un po’ di confusione, ma io sono affezionata alla prima traduzione!
In secondo luogo, vorrei sapere chi è il vostro personaggio preferito. Il mio è Sirius, che purtroppo in questa storia sono riuscita a nominare solo poche volte, ma al quale sono molto affezionata.
 
Infine, vorrei farvi un piccoliiiiiiiissimo spoiler e dirvi che nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle! Tutti i nodi stanno venendo al pettine e iniziamo a vedere la fine di quest’anno scolastico. Che ne pensate di come stanno andando le cose? Il rapporto tra Draco ed Hermione sta evolvendo a vista d’occhio ora che hanno buttato giù molti dei muri che li dividevano ed Hermione ha definitivamente messo la parola fine a quello che era stato il suo interesse per Ron.
 
Aspetto vostri feedback che mi rendono sempre tanto felice!
Un abbraccio a tutti e alla prossima,

 
Flami15

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XVIII


22 Aprile 1997:
 
Il calderone sbuffa, cambiando colore.
 
Credevo che sarei stato pronto ad affrontare qualunque risposta avrei ottenuto, ma mi sbagliavo: non ero pronto per questo. Guardo le lettere dissolversi nella pozione fino a svanire, le ultime parole scritte da mia madre si mischiano a quelle di Alecto Carrow, perdendosi per sempre.
 
Alecto Carrow. È lei che si è finta mia madre negli ultimi mesi, che ha preso il suo posto. Ma perché? Perché mai una dei più spietati Mangiamorte che il Signore Oscuro abbia mai reclutato dovrebbe inviarmi delle lettere spacciandosi per lei?  E soprattutto, che fine ha fatto mia madre? Lei odiava i Carrow, non gli avrebbe mai permesso di scrivermi al suo posto. Non lo avrebbe mai permesso a nessuno.
 
Per la prima volta, inizio a pensare al peggio.
 
Ma perché un Mangiamorte dovrebbe aver fatto del male a mia madre? Perché il Signore Oscuro lo avrebbe permesso? Perché avrebbero dovuto nuocere alla donna che gli ha aperto le porte della sua casa, che gli ha dato un rifugio sicuro, tutta la sua devozione e tutto il suo impegno? Perché proprio a lei che, dopo il fallimento di papà, si è prodigata senza sosta per riscattare il nome della famiglia Malfoy? Lei che è sempre stata devota al Signore Oscuro, che pur non avendo il Marchio lo ha sempre servito con onore, che ha sempre…
 
Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te.
 
Le sue parole mi colpiscono con prepotenza.
È così: lei non è sempre stata devota al Signore Oscuro, lei non gli ha sempre concesso tutto ciò che desiderava, lei non gli ha dato me.
 
Quindi è questa la verità. Sono io il responsabile di tutto questo. Il Signore Oscuro voleva che io diventassi un Mangiamorte e lei si è opposta. Era talmente importante per lei che io non ricevessi il Marchio Nero, che si è ribellata al suo volere. Per questo adesso lei è… è… oddio.
 
«Malfoy! Malfoy guardami!» La Granger mi sa scuotendo. Sono a terra. Devo essere caduto, ma non me lo ricordo. «Ti prego Malfoy guardami!»
 
La guardo: è rossa in viso e i suoi occhi sono spalancati. Mi regge le spalle tenendomi dritto sulla schiena.
 
«Oh Merlino grazie!» Dice lei abbracciandomi. «Temevo avessi battuto la testa. Come ti senti?»
 
«Mia madre…» Riesco solo a dire io. «Mia madre è in pericolo. Forse è già troppo tardi». Pronunciare queste parole mi provoca una fitta al petto.
 
«Non possiamo saperlo». Replica lei, ma non sembra convinta.
 
«Sì invece, è sicuramente così. Granger tu non conosci i Carrow, non come li conosco io. Quella gente è… spietata, davvero. Noi Malfoy siamo dei pezzi di pane a confronto». Inizio a riprendere le forze, ma non me la sento ancora di alzarmi. «Se lei stesse bene, se fosse in grado di intendere e di volere, non avrebbe mai permesso ad Alecto Carrow di mandarmi delle lettere al suo posto. Le è successo qualcosa, qualcosa di terribile».
 
«Non è detto che le sia successo qualcosa. Forse per qualche ragione i Carrow o qualcun altro non vogliono che voi comunichiate. Forse stanno intercettando le sue lettere e ne stanno scrivendo di nuove». Si riferisce al Signore Oscuro, non c’è dubbio. La Granger sa che se sto reagendo così non è a causa dei Carrow ma a causa Sua.
 
Provo a riflettere sulle sue parole: forse mamma sta bene, forse vuole dirmi qualcosa che loro non vogliono farmi sapere, forse vuole spiegarmi il vero motivo per cui ha impedito che io diventassi un Mangiamorte come papà. Scuoto la testa. «No Granger, ne sono più che certo. Mia madre non è così ingenua, se dovesse dirmi qualcosa di importante non userebbe delle lettere. Sicuramente è…» Sento mancarmi l’aria.
 
«Malfoy ascoltami bene». Dice la Granger prendendomi la testa fra le mani e guardandomi dritto negli occhi. «Se pensi che qualcuno possa aver fatto del male a tua madre, allora dobbiamo andare a dirlo di corsa a Silente».
 
«A Silente? A SILENTE?» Mi alzo in piedi come una furia. «Come cazzo ti viene in mente un’idea del genere? Quello mi odia! Odia tutta la mia famiglia da sempre! Forse per te e quei santi scesi in terra dei tuoi amichetti Silente potrebbe anche decidere di prodigarsi, ma per me? E anche se fosse, credi davvero che quel vecchio rimbambito possa fare qualcosa? Lui non è nulla, NULLA!» Colpisco il calderone pieno di Confere Scriptum, facendolo rovesciare per terra. «Mia madre è sparita Granger, lo capisci? Forse è morta! E tu pensi davvero che Silente possa farci qualcosa? Pensi davvero che potrebbe presentarsi a casa mia come se nulla fosse e chiedere di lei? Pensi che schioccando le dita potrebbe tirare fuori mio padre di prigione e farci riunire tutti come una famiglia felice? Certo che no! E neanche gliene importa! È stato lui a spedire mio padre ad Azkaban e anche tu!» Ormai non ho più il controllo su me stesso e su quello che dico. «Tu più di tutti hai goduto nel vedere mio padre dietro le sbarre e ora fingi che te ne importi qualcosa? Con quella tua aria da santarellina ti credi davvero talmente superiore da volerci aiutare? A te non frega un cazzo di noi, volevi solo una persona con cui divertirti, con cui fare la stupida. Tanto lo sai che qualunque cosa farai non cambierà niente, vero? Finiremo comunque tutti ammazzati: proprio come Bertrand, Cedric, il signor Scrivenshaft, i genitori di Potter e Mirtilla Malcontenta!»
 
Le lacrime mi annebbiano la vista. Tutte quelle vite spezzate per cosa? Per il potere? Tutti quei poveri ragazzi che avrebbero potuto vivere ancora tanti, tanti altri anni, adesso non esistono più. Anche mia madre forse non esiste più e l’ultima volta che ci siamo visti io non l’ho neanche salutata. Mio padre forse non uscirà mai più da Azkaban e non riesco nemmeno a ricordare l’ultima cosa che ci siamo detti.
 
La Granger mi stringe la mano.
 
«Hai ragione Malfoy». La sua voce è calma, le mie parole non l’hanno minimamente scalfita. «Hai ragione, potremmo morire da un giorno all’altro, non c’è nessuna garanzia sul nostro futuro. E forse è come dici tu, Silente non è onnipotente, forse non potrà aiutarti. Ma su una cosa ti sbagli: a me importa davvero di te».
 
Con la mano mi asciuga le lacrime e la sua immagine torna ad essere nitida. Mi guarda con una dolcezza che non avevo mai visto negli occhi di nessun altro e sento di doverle credere. A lei importa davvero di me e, adesso ne sono certo, a me importa di lei. Il Signore Oscuro si è portato via Bertrand, forse mia madre, e anche se sul nostro futuro non c’è alcuna garanzia, non voglio che si porti via anche lei. Non dopo tutto quello che ha fatto per me.
 
«Perdonami». Dico io con un filo di voce.
 
«Va tutto bene». Mi risponde lei. «Troveremo una soluzione, vedrai, ma non oggi. È troppo tardi e in queste condizioni non riusciremo comunque a pensare a niente di utile. Adesso c’è un’altra cosa che dobbiamo fare». Dice con un sorriso, portandomi fuori dalla Stanza delle Necessità senza mai lasciarmi la mano.
 
Io non mi oppongo. Seguo la Grifondoro per i corridoi deserti della scuola senza sapere dove stiamo andando e insieme a noi anche il micio.
Chiuso dentro la stanza Va-e-Vieni ho perso la cognizione del tempo: guardando fuori dalle finestre del castello mi accorgo che ormai è buio pesto, dev’essere notte fonda.
Scendiamo fino al terzo piano, ben attenti a non farci scoprire, fino a raggiungere la statua della vecchia strega orba.
 
«Che ci facciamo qui?» Chiedo io sottovoce.
 
La Granger mi sorride con la tipica malizia che tira fuori ogni volta che c’è da infrangere qualche regola. Quanto mi piace quel sorriso malizioso. La Grifondoro estrae la bacchetta e toccando la gobba della statua sussurra. «Dissendium». Subito la gobba in pietra si apre e la Granger si infila nel passaggio a testa in giù. «Mi aiuti?» Chiede lei con la testa infilata nel pertugio.
 
Io la spingo in avanti e poi la seguo attraverso il passaggio segreto. Sdruccioliamo per un bel tratto, lungo quello che sembra uno scivolo di pietra, per poi atterrare sul terreno freddo e umido. È buio pesto.
 
«Lumos». Recita la Granger.
 
Ci troviamo in un cunicolo molto stretto, basso, scavato nel terriccio. Camminiamo per talmente tanto tempo che ormai, senza alcun dubbio, dobbiamo trovarci al di fuori dei territori di Hogwarts. È forse un passaggio segreto diretto ad Hogsmeade?
Arriviamo di fronte ad una scala in pietra che la Granger inizia a salire senza alcuna esitazione, fino ad arrivare ad una botola. Dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno, spalanca il passaggio ed esce allo scoperto, seguita di slancio dal micio.
Ci troviamo in una cantina buia e piena di scatole di legno. Mi richiudo la botola alle spalle: combacia così perfettamente col pavimento che sarebbe impossibile individuarla. Quando mi volto di nuovo verso la Grifondoro la vedo salire circospetta una scala in legno che porta al piano superiore.
 
«Si può sapere dove siamo?» Sussurro.
 
«Ora vedrai». Mi risponde lei.
 
Saliti al piano successivo accendo anche la mia bacchetta e lo spettacolo intorno a me mi lascia senza parole: scaffali su scaffali di dolci e caramelle, i più deliziosi che si potrebbero immaginare. Blocchi di torrone cremoso, quadrotti rosa lucenti coperti di glassa al cocco, mou color del miele, centinaia di tipi diversi di cioccolato disposti in pile ordinate: siamo a Mielandia!
 
«Wow». Riesco solo a dire io guardandomi intorno.
 
«Se Ron ed Harry sapessero che ti ho mostrato questo passaggio mi ucciderebbero». Risponde lei sempre sussurrando. «Credo che Flume, il proprietario, viva al piano di sopra, quindi non dobbiamo fare troppo rumore».
 
E così dicendo, afferra una manciata di Pallini Acidi e se li schiaffa tutti in bocca.
 
«Sei disgustosa». La prendo in giro io mentre lei cerca di masticare le troppe caramelle. Poi prendo tre Piperille nere da uno scaffale. «Ehi, guarda questo!» Le butto giù in un sol boccone e sputo fuori una fiamma talmente grande da far invidia ad un Ungaro Spianto. Lei ride il più silenziosamente possibile. Adoro riuscire a farla ridere.
 
«Smettila, o darai fuoco a tutto il negozio». Poi mi lancia un pacchetto di Gelatine Tuttigusti +1. «Facciamo a gara, il primo che becca il gusto vomito perde!».
 
«Ci sto». Dico io mangiando la prima gelatina. «Fragola!»
 
«Banale!» Commenta lei avvicinandosi e prendendo un’altra gelatina. «Latte al cioccolato!»
 
«Che fortuna, a me è capitata solo una volta in vita mia». Poi mangio la terza. Disgustosa. «Fogna» Dico io cercando di reprimere l’impulso di rimettere.
 
«Quante storie mamma mia!» Replica la Granger mangiando due gelatine insieme. «Mhh… zenzero e alici. Che accoppiata terribile».
 
«Adesso ho quasi paura». Dico io mettendo in bocca l’ennesima gelatina. «Ah, che culo, menta!»
 
«Dammi qua». Dice lei afferrando di nuovo il pacchetto. «Ho bisogno di pulirmi la bocca dal sapore di alici». E così dicendo manda giù un’altra gelatina, ma dalla sua smorfia di disgusto direi che non è andata come sperava. «Mela verde!» Dice lei sperando che non mi accorga della sua menzogna.
 
«Certo come no! E Merlino portava le braghe per cappello! Hai preso vomito non è vero?»
 
La Granger annuisce rassegnata, correndo a mangiare una barretta di cioccolata.
 
Io non riesco a trattenermi dalle risate. Non credevo che stasera sarei riuscito davvero a ride, anzi, forse mi sento quasi in colpa per questo. Ma la Granger ha questo effetto su di me e come ha detto lei: troveremo una soluzione, ma non oggi.
 
«Ti concedo la rivincita». Le dico io con tono di sfida. «Ma questa volta cambiamo gioco». E così dicendo le passo un pacchetto di Api Frizzole. «Dovremo mangiare tutte le palline di sorbetto levitante della confezione e, una volta sollevati in aria, ci sfideremo: il primo che riesce a raggiungere l’altro capo del negozio vince».
 
«Ci sto». Dice lei aprendo il pacchetto risoluta.
 
Io mi verso tutte le Apri Frizzole in bocca e in un batter d’occhio sto levitando a mezz’aria, leggero come una piuma. Aspetto che anche la Granger mi raggiunga. «Tre, due, uno… via!»
 
Iniziamo a dimenarci come forsennati, sbracciandoci nel tentativo di avanzare di pochi centimetri. La Granger si aggrappa al mio braccio e si spinge in avanti facendomi retrocedere. «Ehi così non vale!» Sussurro io dietro di lei.
 
«E da quando le Serpi seguono le regole?» Mi chiede lei battendo i piedi con foga.
 
«Non le seguiamo, infatti». Dico afferrandole una caviglia e trascinandola indietro. Prima di riuscire però a raggiungere la parete del negozio l’effetto delle Api Frizzole finisce e noi cadiamo rovinosamente al suolo. «Stai bene?»
 
«Shhhh!» Mi dice lei tappandomi la bocca.
 
Rimaniamo per qualche istante in silenzio, attenti a non fare il più minimo rumore. Nessuno però sembra averci sentito quindi, senza riuscire a trattenerci, ci lasciamo andare ad una risata.
Poi la Granger si tira su a sedere e poggia la schiena contro la parete. Io la imito, sedendomi accanto a lei, e anche il gatto ci raggiunge.
 
I suoi capelli sono tutti arruffati e lei cerca di sistemarseli. Ai lati della bocca ha ancora le tracce di zucchero. Per sistemarsi meglio, poggia la bacchetta sulle sue gambe e prova a districarsi i capelli con entrambe le mani. Intanto la luce della sua bacchetta le illumina la gonna, tutta spiegazzata, che lascia intravedere quasi per intero le sue gambe, coperte solo dalle calze. Con gli occhi percorro tutta la lunghezza della sua coscia, incapace di distogliere lo sguardo.
 
«Malfoy stai sanguinando». Dice lei riportandomi alla realtà. Mi passo una mano sulla bocca: cadendo devo essermi spaccato il labbro. «Ci penso io». Dice la Grifondoro riprendendo la bacchetta. «Epismendo
 
Sento la ferita richiudersi. «Grazie».
 
«Per così poco».
 
«No, intendo, grazie per tutto». Le dico guardandola negli occhi. «Questi mesi con te sono stati i più folli della mia vita, nessuno mi aveva mai fatto stare così bene e divertire così tanto. Ti sono davvero debitore». Poi prendo un respiro, so che forse non dovrei parlarle di certe cose, ma ormai non ha più senso fingere oltre. «E grazie per essermi stata vicino, anche sapendo cosa c’era in ballo. Insomma, non ne abbiamo mai parlato, ma credo che tu sappia che… sì insomma, che il motivo per cui prima io…»
 
«Non dirlo». Mi dice lei serissima, poggiandomi una mano sulla gamba.
 
È questo il motivo per cui la Granger è la strega più in gamba della sua generazione: lei non solo ha capito che dietro la scomparsa di mia madre c’è la mano del Signore Oscuro, ma sa pure che se per caso io dovessi confessarglielo ad alta voce, potrei davvero finire in guai seri. Ovviamente lei non sa che sono diventato un discreto Occlumante tra le lezioni di Bellatrix e quelle di Piton.
 
«No, va bene. Ma ecco… grazie. Ancora non capisco perché, tra tante persone, tu abbia scelto me. Perché tu abbia deciso di aiutarmi. Ma te ne sono davvero grato».
 
Lei mi sorride, con la stessa dolcezza che mi ha riservato nella Stanza delle Necessità. «Anche io ti devo molto, Malfoy. Sai, dopo quello che è successo agli Scrivenshaft, non credevo che sarei più riuscita a mettere piede ad Hogsmeade e invece eccomi qua. A te forse sembrerà banale ma per me invece non lo è. Anzi, se devo dirla tutta, è dall’inizio di quest’anno che sono letteralmente terrorizzata. Sai quello che ti ho detto prima? Che il nostro futuro è incerto?» Annuisco. «Ecco, questo pensiero mi tormenta giorno e notte. Nonostante tutti i pericoli che ho affrontato da quando ho scoperto di essere una strega, è la prima volta che sono bloccata dalla paura. Continuo a pensare di nascondermi, di fuggire lontano da questa guerra, di non voltarmi più indietro. Mi vergogno talmente tanto da non averne mai parlato nemmeno con Harry e Ron. Un Grifondoro non dovrebbe essere così vigliacco…» Con la mano stringe un po’ più forte la presa sulla mia gamba ed un brivido mi percorre la schiena. «Ma con te è diverso: con te sono riuscita a sentirmi libera e spensierata. Mi hai dato l’energia e la forza di andare avanti. Stavo appassendo e tu mi hai fatta rifiorire».
 
Le sue parole mi emozionano. Nessuno mi aveva mai fatto sentire così importante, neanche Tiger e Goyle con i loro elogi o Pansy con le sue moine. Nessuno era mai stato così sincero con me. E adesso, sotto la luce flebile della sua bacchetta, mi sembra di vedere la Granger per la prima volta. Mi ha mostrato tutti i suoi pregi e confessato tutti i suoi difetti: e non mi è mai sembrata più perfetta di così.
 
Sento di perdere di nuovo il controllo di me stesso: passo la mano tra i suoi capelli scompigliati e mi chino su di lei, chiudendo le sue labbra sporche di zucchero in un bacio.
 
Serro gli occhi nell’attesa di una reazione, temendo di essere schiantato da un momento all’altro. Ma lei non mi schianta: risponde al mio bacio stringendosi a me e gettandomi le braccia al collo.
Io allora la stringo più forte, una mano intorno alla nuca ed una sul fianco, continuando a baciarla sulle labbra, sul collo, bramando ogni centimetro della sua pelle. Mai nella vita un bacio aveva acceso in me un fuoco come questo. Mai avrei pensato che un giorno sarebbe stata proprio la Granger a farmi sentire così.
 
«Malfoy…» Sussurra lei sulle mie labbra.
 
Ma una voce dal piano di sopra ci fa rizzare in piedi. «C’è qualcuno?» Ambrosius Flume deve essersi svegliato. «Guarda che mi so difendere bene io! Provaci solo a sfidarmi!» Un rumore di passi ci costringe a battere in ritirata, facendoci sgattaiolare giù nella cantina e via nel passaggio segreto.
 
Corriamo lungo il cunicolo buio fino a mettere abbastanza distanza tra noi ed il negozio da farci sentire al sicuro. Poi scoppiamo a ridere. Una risata a pieni polmoni con tanto di lacrime agli occhi.
Torniamo ad Hogwarts e usciamo di nuovo dalla statua della strega orba.
 
«Mi sono davvero divertita». Dice la Granger con un sorriso.
 
«Anche io». Le sorrido a mia volta.
 
Poi lei si slancia verso di me e mi bacia di nuovo. Vorrei stringerla in quel bacio per tutta la notte, ma veniamo di nuovo interrotti, questa volta dal miagolio del gatto.
 
Lei sorride. «Domani penseremo ad un piano. Vedrai, si sistemerà tutto». E scompare per i corridoi del castello.
 
Si sistemerà tutto.
 
 
«Sei proprio sicuro di ciò che dici, Severus?» Chiese Albus Silente scrutando pensieroso la sua fenice.
 
«Senza alcun dubbio: era la stessa piuma che avevo fatto fare per Draco». Rispose Piton con assoluta certezza.
 
«Capisco… Sei stato davvero incauto a regalare al giovane Malfoy quella penna. Non ti facevo così sentimentale». Commentò Silente con un filo di rimprovero nella voce.
 
«E io non ti facevo così manipolatore».
 
Severus aveva appena appreso la notizia: un frammento dell’anima di Lord Voldemort risiede in Harry e finché quel frammento resta aggrappato al ragazzo, il Signore Oscuro continuerà a vivere. Quindi Harry Potter dovrà morire.
Tutto ciò che Severus aveva fatto per Albus Silente durante quei sedici lunghi anni -fare la spia per lui, mentire per lui, rischiare la vita per lui- non era servito a proteggere il figlio di Lily Evans. La verità è che lo avevano allevato come una bestia da macello, al solo scopo di farlo morire al momento opportuno.
 
Silente sorrise. Un sorriso amaro e privo di allegria. «Non essere stupito, Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?»
 
«Di recente, solo quelli che non sono riuscito a salvare». Rispose Piton stringendo nel pugno una pergamena.
 
Era una lettera che aveva ricevuto solo poche ore prima, scritta da Bellatrix Lestrange, che lo pregava di raggiungerla al Manor. Era certo che, se addirittura Bellatrix lo aveva contattato, l’ora di Narcissa era quasi giunta.
 
«Rassegnati, Severus, Narcissa ha riposto la sua fiducia nelle persone sbagliate e ormai per lei non c’è più alcuna speranza, e nemmeno per Harry». Sentenziò infine Silente.
 
Ma Severus non poteva accettarlo: forse non sarebbe riuscito a salvare il figlio di colei che aveva tanto amato, ma poteva ancora proteggere Draco. E nessuno glielo avrebbe impedito.
 


 

 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads e buon inizio settimana!
 
Beeeeeeeh? Che ne dite? Finalmente è successo!!! Ve lo aspettavate? Lo sentivate nell’aria?
Scherzi a parte, sono davvero felice di essere arrivata fin qui. Questo capitolo, potrete immaginarlo, è davvero molto importante per me. Fantasticavo su questo momento da un pezzo e non vedevo l’ora di metterlo nero su bianco.
Ci sono voluti ben 18 capitoli ma ce l’abbiamo fatta! Io purtroppo sono un’amante delle storie in cui i rapporti si costruiscono mano a mano, un pochino per volta, per questo ci è voluto un po’ di tempo. Ma spero che ne sia valsa la pena.
 
Forse lo avrete intuito, ma anche il prossimo capitolo sarà ricco di azione! Non vedo l’ora di mettermi a scriverlo!
 
Colgo l’occasione per ringraziare ancora tutti voi lettori e tutti quelli che hanno recensito la mia storia: siamo arrivati a 50 rencensioni!!!
Sono davvero davvero felice di vedere che questa storia vi stia piacendo! A volte con gli impegni di lavoro e di vita quotidiana è difficile ritagliarsi del tempo per scrivere, ma con i vostri commenti davvero mi date la carica! Quindi vi ringrazio!
 
Alla prossima settimana!
Flami151

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XIX


23 Aprile 1997:
 
Quando Severus Piton arrivò al Malfoy Manor, trovò soltanto Bellatrix Lestrange ad accoglierlo. Ma per certi versi, neanche lei sembrava essere la stessa: il suo volto era più pallido del solito, i suoi capelli, solitamente sciolti e indomabili, erano legati dietro la nuca, i suoi vestiti erano stropicciati, come se non si fosse cambiata d’abito per giorni e le sue maniche erano tirate su fino al gomito.
 
«Finalmente sei arrivato Severus». Disse facendo entrare l’insegnante di Pozioni in casa.
 
«Ho fatto prima che ho potuto». Rispose lui osservando la dimora con circospezione. «Dove sono tutti?»
 
«Amycus e Alecto sono a casa loro, Greyback è in attesa della luna piena lontano da qui, Minus è a Nocturn Alley, mentre il Signore Oscuro è con Yaxley in sala riunioni, per parlare della sua imminente missione sotto copertura al Ministero».
 
«Capisco… E il Signore Oscuro è al corrente della mia presenza qui?»
 
«Non mi è sembrato il caso di disturbarlo per una sciocchezza simile». Mentì Bellatrix. «Ma sono certa che non avrà nulla da ridire. In caso contrario, me ne assumo la piena responsabilità».
 
Severus Piton poté giurare di vedere un lampo di terrore balenare negli occhi della Lestrange, forse al pensiero di ciò che avrebbe potuto farle il Signore Oscuro se solo non avesse approvato la sua presa d’iniziativa.
Bellatrix lo guidò fino al piano di sopra e lo invitò ad entrare nell’ex camera di Draco, ora diventata il capezzale di Narcissa Malfoy.
 
La camera era invasa da un pungente odore di incenso. «Una guaritrice mi ha detto che avrebbe tenuto lontano le maledizioni». Si giustificò Bellatrix, imbarazzata.
 
Quando Piton si avvicinò al letto in cui Narcissa giaceva, dovette resistere al desiderio di voltarsi dall’altra parte: quella che un tempo era stata una donna bellissima e piena di fascino, adesso sembrava poco più che un cadavere. Il suo volto era grigio e scarnificato, le sue ossa erano ormai coperte solo da un sottile strato di pelle, amorevolmente inumidito da Bellatrix con una pezza imbevuta di acqua calda ed oli essenziali. I suoi occhi erano spalancati, ma sembravano privi di coscienza ed il suo corpo, orribilmente mutilato, era scosso da forti spasmi e tremiti incontrollabili.
 
«Da quanto tempo è in questo stato?» Chiese Severus.
 
«Lei… Da qualche giorno…» Confessò Bellatrix. «Prima ha smesso di mangiare, poi di bere, poi ieri si è completamente irrigidita. Pensavo che fosse… ma poi ha iniziato a tremare e a contorcersi ed io… non sapevo più cosa fare».
 
Per la prima volta da quando la conobbe, Piton vide in Bellatrix una reale e profonda umanità. Per mesi aveva osservato, senza mai opporsi, sua sorella soccombere alla collera del Signore Oscuro, venire di giorno e giorno torturata fisicamente e abusata spiritualmente da colui che aveva tanto ammirato. Ma come la più devota dei suoi servitori, la sua fede in Lui non era mai vacillata. Fino a quel momento.
 
Al momento decisivo, Bellatrix non era riuscita a dire addio a sua sorella e aveva chiesto il suo aiuto. Ecco perché Severus si trovava lì in quel momento, perché per lei Narcissa era ciò che Lily era stata per lui: il limite oltre il quale neanche Lord Voldemort si sarebbe potuto spingere.
 
«Ho provato a preparare un Elisir Rigenerante». Disse la Mangiamorte indicando un calderone disposto su uno scrittorio poco lontano dal letto. «Poi anche una Pozione Rinvigorente ed un Siero Allontanamali, ma nessuno di questi è servito. Anzi, ad ogni tentativo di cura sembra ammalarsi ancora di più. C’è qualcosa che potresti fare?».
 
Piton non si sorprese: come aveva già diagnosticato da tempo, il male che stava logorando Narcissa non era di natura fisica. Il potere del Signore Oscuro la stava divorando dall’interno e l’unico modo per salvarla era estirpare anche l’ultima traccia di magia oscura da dentro di lei. Si chiese se non fosse troppo tardi.
 
«Non conta ciò che potrei fare, ma ciò che dovrei fare». Rispose Severus, impassibile. «La famiglia Malfoy ha fallito nel compiere il volere del Signore Oscuro e se lui ha ritenuto che questa fosse la punizione adeguata, allora dobbiamo accettarlo».
 
«Se il Signore Oscuro avesse voluto privare Narcissa della sua vita, allora l’avrebbe uccisa senza esitazione. Ma non l’ha fatto: questo perché sa che lei gli è devota. L’ha solo messa alla prova». Per Severus era difficile dire se stesse cercando di convincere più lui o sé stessa. «Credimi Severus, abbiamo ancora bisogno di lei, della sua casa. Cosa succederebbe se si venisse a sapere della sua morte? Dove andremmo tutti noi? Dove potrebbe rifugiarsi il Signore Oscuro?»
 
Le motivazioni di Bellatrix erano deboli: per l’Oscuro Signore non sarebbe stato difficile trovare una nuova dimora ed era evidente che dei Malfoy non avesse più alcun bisogno. Ciononostante era ciò che gli serviva per poter agire: un lasciapassare per poter far credere agli occhi della Lestrange e degli altri Mangiamorte che il suo intervento fosse motivato da esigenze esclusivamente pratiche e non personali.
 
«Va bene, vedrò cosa posso fare». Sentenziò infine.
 
A queste parole, Bellatrix prese un profondo respiro, forse tentando di trattenere le lacrime. «Grazie Severus».
 
«Non lo faccio per te». Rispose lui stizzito. «Lo faccio per Lui». Poi aprì la sua borsa da viaggio e ne estrasse degli ingredienti da pozione ed una pergamena. «Per favore, recupera gli ingredienti riportati su questa lista e portali da me il prima possibile».
 
Lei annuì con sicurezza e si congedò, ma non prima di aver rivolto a sua sorella un ultimo sguardo. «Ti prego Severus, salvala».
 
 
È inutile dire che non ho chiuso occhio per tutta la notte: quando sono rientrata in Sala Comune non ho fatto nemmeno lo sforzo di salire al dormitorio, tanto non sarei comunque riuscita a prendere sonno. Quindi mi sono seduta davanti al camino, ho preso carta e penna ed ho iniziato ad elaborare un piano per scoprire la verità dietro la scomparsa di Narcissa Malfoy.
 
Ma anche riuscire a ragionare con calma non è stato affatto facile.
 
Ogni mio tentativo di concentrazione era bruscamente interrotto dai ricordi delle ore appena trascorse. Continuavo a sentire i brividi di freddo provati nell’umido passaggio segreto verso Mielandia, la sensazione di leggerezza mentre mi libravo in aria sotto l’effetto delle Api Frizzole, il profondo sollievo di confessare per la prima volta ad alta voce tutte le mie insicurezze senza il timore di essere giudicata ed infine l’adrenalina, quella pura scarica di adrenalina che il bacio di Malfoy mi aveva infuso in tutto il corpo.
 
Forse era per via di tutti gli zuccheri appena ingeriti, forse era l’emozione di essere fuggiti fuori da scuola in piena notte o forse era la compagnia di quello che, agli occhi di tutti, era ancora il mio peggior nemico, sta di fatto che quel bacio ha svegliato in me sensazioni che non credevo di poter provare. Era stato ben diverso dal timido ed impacciato bacio di Viktor Krum o da quello preso con la forza da McLaggen; era stato un bacio ricco di significato, che racchiudeva in sé tutto ciò che Malfoy ed io siamo stati fino a quel momento l’uno per l’altra: una boccata d’aria fresca, una via di fuga da una vita che non ci rappresentava più.
Durante quel bacio, mi sono sentita me stessa per la prima volta dopo tanto, tantissimo tempo.
 
Ma soprattutto, era stato un bacio dannatamente breve. Interrotto prima dall’arrivo del Signor Flume e poi dalle lamentele di quello strano gatto.
 
Insomma, non è stato facile mantenere alta la concentrazione senza continuare a riassaporare quei pochi istanti a contatto con Malfoy ma, una volta sorto il sole, il piano era pronto.
Non volendo aspettare neanche un istante per potergliene parlare, ho deciso di rischiare un’altra punizione con la Babbling facendo tardi a Rune Antiche per potermi di nuovo sedere accanto a Malfoy senza destare sospetti.
 
«Signorina Granger, è di nuovo in ritardo!»
 
«Mi scusi Professoressa, Pix mi ha trattenuta». Dico io entrando in aula.
 
Come previsto, il posto accanto ad Anthony Goldstein è occupato da Padma Patil e l’unica sedia libera è di fianco a Malfoy, che mi segue con lo sguardo finché non mi siedo accanto a lui. «Di nuovo in ritardo, Granger». Bisbiglia facendo il verso alla Babbling. «Qualcuno ha fatto le ore piccole?»
 
«A dire il vero, non ho dormito per niente». Rispondo io a bassa voce.
 
«Ah sì? E come mai?» Mi chiede in un sussurro avvicinandosi a me senza farsi notare dagli altri.
 
La sua vicinanza, il suo calore, persino il suo odore mi accendono, distogliendomi di nuovo dall’obiettivo. Devo fare appello a tutto il mio rigore per riuscire a non muovermi di un muscolo, attenta a non farmi sorprendere dai miei compagni mentre arrossisco accanto al Serpeverde o sorrido ascoltando le sue parole.
 
«Ho lavorato per te, Malfoy». Rispondo io fingendo di prendere appunti. «Ho un piano».
 
Lui manda all’aria tutte le precauzioni e di slancio mi chiede. «Di già?»
 
L’intera aula si volta verso di noi, compresa la professoressa Babbling. «Signor Malfoy, la signorina Granger è già arrivata in ritardo, per lo meno cerchi di non distrarla».
 
La lezione riprende senza danni collaterali e Malfoy torna a chiedermi di nuovo a voce bassa. «Qual è il piano?»
 
«Non sarà facile». Dico io tenendo sempre gli occhi puntati verso la pergamena. «Ma se le tue lettere vengono intercettate e rivolgersi a Silente è fuori discussione, l’unica soluzione è andare direttamente a casa tua a controllare cosa stia succedendo».
 
«E come pensi di riuscirci?» Chiede lui dopo aver riflettuto per qualche istante.
 
«Ho pensato a due diverse possibilità: o tramite la Materializzazione o tramite la Metropolvere». Rispondo io. «Nel primo caso, dovremmo usare il passaggio segreto di ieri sera per raggiungere Hogsmeade e, da lì, andare oltre ai confini dematerializzanti, a quel punto io potrei portarti fino al Malfoy Manor».
 
«E una volta lì cha faccio? Busso alla porta dicendo “Sorpresa! Sono tornato a casa prima!”?»
 
«No, infatti questo piano è attuabile solo se ci fosse un modo di entrare in casa tua senza passare per l’ingresso principale».
 
«Non che io sappia, mi dispiace». Risponde lui sconsolato.
 
«Allora non ci resta che passare al piano B».
 
«Ma non si può usare la Metropolvere all’interno di Hogwarts».
 
«Non è esatto». Lo correggo io. «Esistono due caminetti collegati alla Metropolvere qui a scuola: uno si trova nell’ufficio di Silente, l’altro in quello della Professoressa McGranitt e quest’ultimo è quello che useremo per viaggiare al Manor. Quasi sicuramente la tua casa sarà protetta da incantesimi anti-incursione, ma se ho capito qualcosa della tua famiglia, sono certa che il tuo purissimo sangue Malfoy non avrà problemi ad attraversarli. Io invece rimarrò ad Hogwarts a fare la guardia».
 
«Ma è folle!» Dice lui attirando l’attenzione di un paio di Tassorosso seduti di fronte. Quindi abbassa nuovamente la voce. «Ammesso che riusciremo ad intrufolarci nell’ufficio della McGranitt senza farci notare -e ti ricordo che la McGranitt dorme proprio nella stanza di fianco- non potremo mai lasciare Hogwarts senza che Silente se ne accorga: due anni fa un moccioso del primo anno ha provato a tornare a casa da mamma e papà e il preside se ne è accorto immediatamente. Non so quale sortilegio ha escogitato, ma non posso sparire senza che lui lo sappia».
 
Ovviamente ne sono consapevole, ma ho già trovato la soluzione. La parte più difficile del mio piano è stata stabilire se mi fidassi di Malfoy tanto da scoprire le mie carte con lui. «Lo so bene, ma ascoltami: intrufolarci nell’ufficio della McGranitt sarà una passeggiata con la Mappa del Malandrino».
 
«La che?»
 
«La Mappa del Malandrino: si tratta di una mappa stregata che riporta ogni centimetro di questa scuola e chiunque si trovi al suo interno. L’hanno sottratta i gemelli Weasley anni fa a Gazza e adesso ce l’ha Harry. Possiamo usarla per seguire gli spostamenti della McGranitt durante il giorno ed assicurarci che non si avvicini al suo ufficio».
 
Malfoy mi guarda sbigottito. «Cioè tu mi stai dicendo che Potter possiede una mappa magica con la quale può sapere dove si trovano tutti in ogni momento e tu me lo dici solo ora?»
 
«Stai tranquillo. La Stanza delle Necessità è indisegnabile: non si vede sulla mappa». Lo tranquillizzo io.
 
«Quindi è per questo che quel bastardo mi ha fatto seguire dai due elfi? Perché la notte mi vedeva andarmene in giro per il castello?»
 
«Sì, ma adesso concentrati». Gli dico cercando di distogliere la sua attenzione da questo piccolo segreto che gli ho tenuto nascosto. «Per quanto riguarda Silente, è probabile che nel prossimo futuro si assenterà un paio di volte da Hogwarts. Quello sarà il nostro momento per agire».
 
«Perché Silente dovrebbe lasciare Hogwarts? E tu che ne sai?»
 
Sospiro. Non potevo certo sperare che Malfoy si accontentasse di informazioni sommarie senza farmi alcuna domanda. «Lo so perché lascerà la scuola insieme ad Harry». Gli confesso io. «Ma non posso dirti nient’altro. Ti prego, non insistere».
 
So bene che parlare a Malfoy della Mappa del Malandrino era un conto, ma dirgli delle missioni segrete di Silente è tutt’altra cosa. Eppure ormai ne sono certa: posso fidarmi di lui.
Il Serpeverde, infatti, smette di farmi domande, anche lui si fida di me, tutto ciò che dice è «va bene, quando sarà il momento entreremo in azione».
 
Finita la lezione di Rune Antiche mi dirigo verso l’aula di Incantesimi, nella speranza di incontrare Harry lungo la strada per indagare sui prossimi spostamenti del preside.
Camminando lungo il corridoio del secondo piano sono però talmente assorta nei miei pensieri da non accorgermi della studentessa in divisa Serpeverde che, al mio passaggio, mi blocca la strada afferrandomi per un braccio.
 
«Cosa credi di fare, Granger?» Chiede Pansy Parkinson stringendo la presa sul mio polso.
 
«Andare a lezione, Parkinson». Dico io liberandomi con uno strattone dalla sua stretta.
 
La supero senza fare troppi complimenti, non sono proprio in vena di uno scontro diretto con la studentessa più maligna e meschina che la casa di Serpeverde abbia mai avuto il piacere di ospitare.
 
«Ti sta solo prendendo in giro». Dice però lei, costringendomi a fermarmi e a tornare indietro.
 
«Di chi diavolo stai parlando?» Chiedo io, temendo di conoscere già la risposta.
 
«Secondo te? Di Draco ovviamente». Replica lei con un sorrisetto astuto sulle labbra.
 
Il mio cuore si ferma e, in pochi istanti, la mia mente viene affollata dalle domande: come fa lei a sapere di me e Malfoy? Ci ha seguiti? O forse gliene ha parlato lui? Che significa che mi sta prendendo in giro? Forse è solo un bluff? Ma come potrebbe esserlo? Come potrebbe anche solo pensare che io…?
 
«Certo che per essere una strega così brillante, ti sei fatta abbindolare davvero facilmente». Continua la Serpeverde senza aspettare una mia replica. «Come hai potuto pensare che Draco Malfoy potesse davvero provare qualcosa per te? Una lurida Sanguemarcio con i denti da castoro? Tu e quegli sporchi babbanofili dei tuoi amici avete mandato in galera suo padre, gli avete rovinato la vita. L’unico motivo per cui Draco si è avvicinato a te è perché Lui glielo ha ordinato».
 
«Stai delirando, Parkinson». È tutto ciò che riesco a dire, forse anche con scarsa convinzione.
 
«No, tu stai delirando se pensi davvero che ci sia qualcosa di vero in tutte le cazzate che ti ha propinato Draco». Dice lei avvicinando la sua brutta faccia da carlino alla mia. «Finalmente ho capito perché fosse così restio a parlarmi del suo incarico come Mangiamorte, non voleva che si sapesse che doveva sbattersi una Nata Babbana come te».
 
«Vaffanculo Pansy». Dico prima di volarle le spalle e andarmene.
 
 
Mi precipito nella Stanza delle Necessità. Non ho fatto nemmeno in tempo ad arrivare alle serre per la lezione di Erbologia che il galeone incantato nella mia tasca ha iniziato a bruciare.
 
«Sapevo che fossi in gamba, Granger, ma non credevo riuscissi a recuperare la Mappa del Malandrino in meno di quindici minuti! E col vecchio invece come la mettiamo? Ha già lasciato la scuo…» Ma la frase mi muore sulle labbra non appena vedo il volto della Grifondoro, feroce e paonazzo. «Cosa è successo?» Le chiedo avvicinandomi per prenderle la mano, ma lei si ritira di scatto.
 
«Dimmi che non è vero». Dice lei guardandomi con diffidenza.
 
«Cosa non è vero?»
 
«Lo sai di che parlo, di quello che si dice sul tuo conto».
 
«Potresti essere un po’ più specifica?» Le chiedo seccato, non mi piacciono questi indovinelli.
 
«Che sei uno di loro. Un Mangiamorte».
 
Silenzio.
 
«Allora?» Insiste lei alzando la voce.
 
«Si può sapere da dove ti è uscita questa idea adesso? Appena venti minuti fa stavamo parlando a lezione».
 
«Le cose sono cambiate». Continua la Granger.
 
«Come? Che diavolo è successo nel tragitto dal sesto piano a qui che ti ha fatto dare di matto?»
 
Il visto della Granger si contorce in un’espressione di pura rabbia, non credo di averla mai vista così. «Non prendermi in giro Malfoy! E smetti di evitare la domanda! Sei o no un Mangiamorte?» Mi urla contro.
 
«Non sto evitando niente! Prima però devi dirmi come cazzo ti è venuta questa idea!» Urlo io a mia volta.
 
So di aver oltrepassato il limite, lei infatti diventa, se possibile, ancora più rossa. «Se non vuoi dirmelo allora lo scoprirò da sola!» Dice venendomi incontro a passi decisi e afferrandomi il braccio sinistro. «Alzati la manica!»
 
Io, che fino ad ora ero riuscito quasi a mantenere la calma, mi divincolo dalla sua presa ed esplodo. «Lasciami stare Granger! Non devo provarti proprio niente! Tu piuttosto adesso mi dici chi ti ha messo questa idea in testa! Lo Sfregiato? Il poveraccio?»
 
«Non ti permettere, Malfoy!» Dice lei sguainando la bacchetta. «Non ti permettere di parlare così di Harry e Ron!»
 
Sguaino la bacchetta a mia volta. «Certo! Non sia mai che si dica niente di male su San Potter o su lenticchia! Due amici talmente leali che non ti hanno considerata per un anno intero!»
 
«ALZATI LA MANICA, MALFOY!» E con queste parole mi lancia contro uno Schiantesimo che riesco a parare giusto all’ultimo istante.
 
Ma la sua furia non si ferma e, sull’onda della collera, mi lancia contro una fattura dopo l’altra, che riesco a parare a fatica. Capisco che l’unico modo che ho per fermarla è attaccare a mia volta.
E così ci gettiamo in uno scontro efferato, ben diverso da tutti i duelli che abbiamo combattuto finora. Nessuna battutina tagliente, nessuno dispetto scherzoso, nessuna pietà. La Granger infierisce su di me senza darmi tregua e se non conoscessi già molti dei suoi trucchetti, a quest’ora sarei stato senza speranza.
 
«Ammettilo Malfoy! Tu ci disprezzi! Disprezzi me, Harry, Ron! Lo hai sempre fatto!» Mi urla colpendomi con un incantesimo di dispersione che mi scaglia all’indietro di diversi metri.
 
Faccio appena in tempo a schivare il colpo successivo. «Sì, Granger! Disprezzo Potter, Weasley e tutta la cricca di Grifondoro che ti porti appresso. Non li ho mai potuti tollerare, con quella loro aria di superiorità da santi scesi in terra!»
 
«Molto meglio i tuoi tirapiedi Serpeverde, con i quali ti vanti tanto delle tue imprese da Mangiamorte!»
 
Finalmente capisco cosa cavolo è successo. «È per questo che stai facendo la pazza? Per qualcosa che hanno detto i Serpeverde?» Le chiedo rispondendo ad uno suo incantesimo con una fattura stordente, magistralmente parata.
 
«Non i Serpeverde, ma quella smorfiosa della Parkinson! Hai detto a tutti che sei uno sporco Mangiamorte! Che ti sei avvicinato a me per estorcermi delle informazioni! Quante risate vi siete fatti alle mie spalle eh? Quella stupida Sanguemarcio della Granger che si è fatta abbindolare come un’allocca!»
 
«NO!» Urlo io a questo punto. «Non ti ho presa in giro Granger! Non l’ho mai fatto. È vero, odio Potter e Weasley e odiavo anche te un tempo ma ora… è tutto diverso!»
 
«ALLORA DIMOSTRALO! LEVICORPUS!»
 
D’un tratto mi ritrovo appeso a mezz’aria per una caviglia. La bacchetta mi scivola dalle mani e rotola per terra, lontano da me, lasciandomi completamente indifeso ed in balia della Granger. Lei si avvicina a me, tenendo sempre la bacchetta ben stretta. Anche sottosopra riesco a vedere il suo bellissimo viso, contorto in un’espressione di delusione e rancore.
 
Mi odio. Per la prima volta mi odio per aver inferto del dolore a qualcuno. Mi odio perché la persona che sto facendo soffrire è l’unica che vorrei vedere sempre felice. Mi odio perché so che, se questo rapporto folle ed inspiegabile dovesse proseguire oltre, non potrei evitare di ferirla ancora e ancora.
 
«Granger fermati». Le dico mentre lei mi afferra di nuovo il braccio sinistro, nel tentativo di alzarmi la manica. «Hermione fermati, ti prego».
 
Lei si ferma.
I nostri sguardi si incrociano. Il suo, carico di malinconia e sconforto, mi infligge una coltellata.
 
«Se è vero che non mi hai presa in giro…» Inizia lei con un filo di voce. «Se è vero che sei stato sincero… Allora perché ti nascondi?»
 
Vorrei risponderle, ma le parole fanno fatica ad uscire dalla mia bocca. Provo a parlare, ma la mia voce trema. «Perché… non importa quello che troverai sotto questa manica… non farebbe comunque alcuna differenza…» Prendo un respiro. «Cosa pensi che accadrà quando scoprirò la verità su mia madre? Se lei è stata sequestrata, o ferita, o peggio… io farò la sua stessa fine».
 
Le labbra della Granger iniziano a tremare. Quelle stesse labbra che la sera prima si erano dischiuse sotto le mie, ora sono serrate e piegate verso il basso. «Non deve finire così… Io posso proteggerti, Silente può…»
 
«E che ne sarà di mia madre? E di mio padre? So che per te sono solo dei Mangiamorte ma per me… sono la mia famiglia. Non posso abbandonarli. Per questo non importa se ho il Marchio Nero o no… finito quest’anno io tornerò comunque a casa, scoprirò cosa è successo a mia madre e le resterò accanto. Sempre che non sia troppo tardi».
 
Lei non mi risponde. I suoi occhi diventano lucidi e, una alla volta, calde lacrime iniziano a solcarle le guance, raggiungendo il collo e bagnando il colletto della camicia. Lei non mi risponde, semplicemente se ne va, chiudendosi la porta della Stanza delle Necessità alle spalle e liberandomi così dal suo incantesimo.
 
Sono di nuovo solo.
 
Ora che ho avuto lei nella mia vita, la solitudine mi sembra una punizione crudele ed intollerabile. Mi reggo la testa tra le mani e lotto contro l’istinto di gridare, di piangere.
Devo uscire da questa maledetta stanza, di cui ogni angolo mi fa pensare a lei, devo nascondermi in un luogo neutrale.
 
Raggiungo il bagno dei maschi del sesto piano, il più vicino possibile. Mi chiudo la porta alle spalle e vado a lavarmi la faccia. L’acqua fredda mi mette i brividi a contatto col mio volto bollente, ma continuo a sciacquarmi gli occhi ancora e ancora, fino a mascherare completamente le lacrime che hanno iniziato a colarmi lungo il viso sempre più copiose.
 
Mi guardo allo specchio e mi chiedo come ho fatto a diventare così vulnerabile. Come ho potuto permettere alla Granger di occupare uno spazio così importante nei miei pensieri, nella mia vita. Cosa mi sia passato nella mente per tutto questo tempo.
 
Guardando meglio allo specchio, però, mi accorgo di non essere solo. Harry Potter mi sta fissando attraverso il riflesso, sbigottito.
Senza nemmeno riflettere, estraggo la mia bacchetta e gli lancio una fattura, colpendo però una lampada sulla parete accanto a lui e mandandola in pezzi.
 
«Cosa hai fatto ad Hermione!?» Mi urla lui scagliandomi a sua volta una fattura, che riesco ad evitare per un soffio.
 
Io non rispondo. Come osa lui chiedermi di Hermione? Cosa ne può sapere lui di quello che c’è stato tra di noi? Come può anche solo pensare di potermi seguire fin qui, forse guidato da quella sua maledetta Mappa incantata e di affrontarmi? Sarà pure il Prescelto, o il Bambino Sopravvissuto, non mi interessa: se pensa di potermi spiare giorno e notte e ficcare il naso in faccende che non lo riguardano ha sbagliato di grosso.
 
Continuo a scagliare incantesimi sfogando, ad ogni colpo, tutta la rabbia accumulata in questi ultimi mesi. Ci fronteggiamo come i due rivali che siamo sempre stati ma, questa volta, c’è molto più rancore e odio di quanto non ce ne sia mai stato. I nostri colpi però vanno tutti a vuoto e, senza quasi accorgersene, il bagno intorno a noi inizia ad andare in pezzi, riversando acqua dappertutto.
Mi rendo conto che è la prima volta che affronto realmente Potter da quando ha fatto spedire mio padre ad Azkaban ma, sorprendentemente, non è per questo che desidero ferirlo più di ogni altra cosa: voglio ferirlo perché, comunque andranno le cose, lei sarà sempre al suo fianco.
Ripenso al suo viso e mi chiedo cosa deve avergli detto per farlo correre qui ad affrontarmi. Mi odia? Io fossi in lei mi odierei. Mi odio perfino da solo. Ripenso alla delusione nel suo sguardo, alle sue lacrime e alla sua piccola mano stretta attorno al mio braccio e, senza poterne fare a meno, perdo del tutto il controllo di me stesso.
 
Levo la bacchetta in direzione di Potter ed urlo. «Cruci…»
 
«SECTUMSEMPRA!»
 
Vengo investito in pieno dall’incantesimo e la mia carne viene come squarciata da decine di coltelli affilati. Il dolore si propaga su ogni centimetro del mio corpo, lancinante. Porto istintivamente le mani all’addome, facendo cadere la bacchetta. È caldo, umido… Le mie gambe cedono e cado sul pavimento bagnato.
 
Il mondo intorno a me sprofonda nella più totale oscurità e tutto ciò che riesco a sentire è un gran freddo e la sensazione di annegare: mi manca l’aria, non riesco a respirare, ma non provo più alcun dolore.
Sento delle voci, qualcuno chiede aiuto, qualcuno urla all’assassinio, qualcun altro piange, ma sono ovattate, distanti, come se io mi trovassi sott’acqua e loro in superficie.
 
Però sono stanco di ascoltare, voglio solo lasciarmi andare.
 
«Draco… Draco…» Una voce mi chiama. Diversa da tutte le altre. Non è ovattata, ma non sembra venire da alcuna direzione precisa. Come se fosse dentro di me. «Piccolo mio, fatti forza!».
 
Mamma! Mamma sei tu? Ma non riesco a trasformare i miei pensieri in parole.
 
«Draco, fatti forza, hai ancora tante altre sfide da affrontare».
 
Mamma dove sei? Non ti vedo. Non vedo niente!
 
«Non hai bisogno di vedermi, io sono sempre con te. Ti ho amato più di ogni altra cosa al mondo. Ti auguro di provare anche tu un amore così, un giorno».
 
Mamma ti prego, non lasciarmi! Non lasciarmi!
 
 
«È morta». Disse Severus Piton uscendo dalla stanza.
 

 


Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads e buon inizio settimana!
 
Beh, che dire, l’idillio è durato davvero poco. Dopo la spensieratezza del capitolo precedente vi ho catapultati in questa tragedia.
Prima di dover affrontare l’ira generale faccio le dovute spiegazioni: per quanto il rapporto maturato tra Draco ed Hermione fosse sincero, nessuno dei due si è mai davvero soffermato sulle conseguenze che sarebbero potute scaturire da una loro storia. L’intervento di Pansy li ha messi davanti a questo problema prematuramente, ma prima o poi la situazione sarebbe comunque esplosa. Perché diciamocelo, a Draco gli si può dire di tutto ma non che non sia affezionato alla sua famiglia e, messo davanti ad una scelta, si schiererà comunque dalla loro parte (almeno per come stanno ora le cose). Soprattutto perché lui spera ancora che ci sia una speranza per sua madre e per suo padre e vuole stargli vicino (alias, vicino ai Mangiamorte).
Comunque sia, come avrete ormai capito, siamo quasi alla fine dell’anno quindi aspettatevi che anche i prossimi capitoli siano densi di eventi e tutte le carte in tavola continueranno a mischiarsi e rimischiarsi.
 
Ma passiamo alle domande vere e proprie. Che diavolo ne sa Pansy di Draco ed Hermione? Cosa ha detto Herm ad Harry per farlo accorrere in quel modo a malmenare Malfoy? Cosa succederà a Draco ora che Piton non è ad Hogwarts per poter richiudere prontamente le sue ferite come accade nel libro? E soprattutto: qual è il significato dietro l’incontro “del terzo tipo” tra Draco e sua madre?
 
Siate pazienti e tutte le domande avranno delle risposte… nel prossimo capitolo!

Flami151

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XX


23 Aprile 1997:
 
I funerali di Narcissa Malfoy erano stati brevi e senza troppi fronzoli. Gli unici a presiedere erano stati Severus Piton, Bellatrix Lestrange e l’elfa Zoury, che continuava a soffiarsi il naso nello straccetto che portava come abitino. Nessuno disse nulla, non c’era molto da dire.
 
Una volta accertata la morte, si era proceduti direttamente con la sepoltura. Narcissa venne tumulata nella tomba della famiglia Malfoy, all’interno dei terreni del Manor. Nessuna lapide venne incisa per lei, su questo il Signore Oscuro era stato chiaro. Nessuno, al di fuori dei Mangiamorte, avrebbe dovuto sapere della sua morte, solo così avrebbero potuto continuare ad occupare la villa indisturbati.
 
Il sole era ancora alto nel cielo quando Piton lasciò il Manor per tornare ad Hogwarts. Bellatrix lo aveva congedato con freddezza: per lei, lui era solo l’uomo che non era riuscito a salvare sua sorella.
Piton comprendeva il suo dolore: il dolore per aver perduto una persona amata, per aver contribuito alla sua morte con l’inerzia e la frustrazione di non aver potuto fare niente per salvarla. In Bellatrix, però, Piton non aveva visto alcun desiderio di redenzione. Solo rassegnazione ed abbandono.
 
«Quello che hai fatto è stato incredibilmente rischioso, Severus». Disse Silente da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
 
«Sono abituato ai rischi ormai». Rispose lui con aria impassibile. «E questa era l’unica soluzione».
 
«No!» Disse Albus Silente alzando la voce. Raramente Severus aveva visto il preside così furibondo. «La soluzione era lasciar perdere, come ti avevo detto di fare! Hai idea di cosa sarebbe potuto accadere, se fossi stato scoperto?»
 
«Ma così non è stato. È andato tutto secondo i piani».
 
«Per ora, Severus. Per ora. Ma cosa accadrebbe se Lord Voldemort dovesse iniziare a nutrire dei sospetti? Lui si fida di te, adesso, e questa fiducia è la chiave del nostro successo. Il destino del mondo dipende da questo, te ne rendi conto? Vuoi davvero mandare in fumo tutto il duro lavoro degli ultimi anni? È così che vuoi ripagare il sacrificio di Lily?»
 
«Non osare nemmeno nominarla!» Urlò a quel punto Severus, rosso il viso. «Se c’è qualcuno che ha infangato la sua memoria, qualcuno che ha reso vano il suo sacrificio, quello sei tu, Albus. Hai cresciuto suo figlio come carne da macello, mi hai detto che se ti avessi aiutato lo avremmo protetto e invece mi hai usato solo per raggiungere i tuoi scopi. Quindi no, Albus, non avrei mai potuto permettere che il sacrificio di un’altra donna, di un’altra madre, fosse vanificato! Ho fatto ciò che ritenevo giusto e, se tutto andrà come previsto, il Signore Oscuro non nutrirà mai alcun sospetto».
 
I due maghi si studiarono a lungo. Quella complicità, quella fiducia reciproca che li legava da anni si era spezzata. Ma ormai era troppo tardi per fare marcia indietro: erano su una nave nel mezzo di una tempesta e tutto ciò che potevano fare era affrontare il vento o affondare.
 
«Come sta Draco?» Chiese Severus dopo aver ritrovato la calma.
 
«È stabile». Rispose il preside sedendosi alla sua scrivania, esausto. «Madama Chips è riuscita ad intervenire appena in tempo, per fortuna».
 
«E Potter?»
 
«È con la Professoressa McGranitt, che sta cercando di comprendere la dinamica dell’incidente. Ma vedi Severus, quell’incantesimo che ha usato contro il giovane Malfoy sembrava opera di magia oscura, qualcosa che non potrebbe aver appreso da nessuno dei nostri insegnati. Per questo vorrei che ti occupassi tu della sua punizione e che scoprissi come è venuto a conoscenza di certe pratiche».
 
«Ma certo…» Rispose Severus. «Me ne occuperò senz’altro».
 
«Te ne sono molto grato». Lo congedò il preside, recuperando dal cassetto della sua scrivania una fialetta di Pozione Corroborante e bevendone un sorso. «Ah e un’ultima cosa, Severus… Non una parola con Draco di quanto è accaduto oggi… niente di niente».
 
 
«Stavolta lo espellono di sicuro». Dice Ron tenendosi la testa tra le mani.
 
Io e Ginny non replichiamo, continuiamo a guardare il fuoco della Sala Comune in silenzio, in attesa che Harry faccia ritorno dal colloquio con la McGranitt.
 
Nella mia mente i ricordi delle ultime ore continuano ad affollarsi, senza darmi il modo di razionalizzare, di dare un senso a tutto quello che è successo. Solo stamattina mi sembrava di toccare il cielo con un dito e adesso…
 
Dopo essere uscita dalla Stanza delle Necessità sono corsa verso la Torre di Grifondoro, volevo solo nascondermi nel dormitorio e stare da sola, ma a metà strada ho incontrato Harry. Mi ha vista piangere, mi ha chiesto cosa fosse successo, cosa mi avesse fatto quel verme di Malfoy. Non sapevo come facesse a sapere che ero appena stata con lui, sta di fatto che senza lasciarmi li tempo di rispondere si è lanciato in una corsa folle, Mappa del Malandrino alla mano.
 
Io anche l’ho seguito ma non sono riuscita a stargli dietro e, nel bel mezzo della corsa, l’ho perso. Quando sono riuscita a trovarlo era già troppo tardi: Malfoy era steso a terra, in una pozza di sangue.
Harry era in ginocchio accanto a lui, senza sapere cosa fare, mentre le grida di Mirtilla Malcontenta, apparsa da uno dei gabinetti, riecheggiavano per il bagno “ASSASSINIO NEL BAGNO! ASSASSINIO!”.
 
Il tempo sembrava essersi fermato. Senza riflettere ho scansato Harry, ancora tremante, e mi sono lanciata a terra. Malfoy era freddo e non respirava. “Mirtilla chiama Madama Chips! Corri!” Ho urlato.
 
Sperando di guadagnare minuti preziosi ho messo in pratica tutti gli incantesimi di guarigione che conoscevo, ma nessuno di questi sembrava anche solo rallentare di poco l’emorragia. Le profonde ferite aperte sull’addome, il petto e il viso di Malfoy continuavano a sputare sangue, macchiandomi i vestiti. Abbandonata la razionalità, ho provato a bloccare il flusso con le mani.
 
Quando è arrivata Madama Chips, pensavo che ormai fosse troppo tardi. Lei però non si è lasciata scoraggiare, si è inginocchiata accanto a me, ha estratto la bacchetta e l’ha passata sopra le profonde ferite provocate dalla maledizione, borbottando un incantesimo che sembrava quasi una canzone: il Vulnera Sanentur, un incantesimo curativo di livello avanzato.
Il flusso di sangue era rallentato e le ferite si erano ricucite, ma Malfoy non aveva ripreso conoscenza. È stato trasferito in infermeria ed Harry convocato nell’ufficio della McGranitt.
 
Solo dopo essere rientrata in Sala Comune ho scoperto cosa fosse successo: non vedendomi arrivare a lezione Harry e Ron si sono preoccupati, mi hanno cercata sulla Mappa e mi hanno vista sparire insieme a Malfoy all’altezza del settimo piano, così Harry si è lanciato all’inseguimento. Quando mi ha trovata in lacrime ha creduto che il Serpeverde mi avesse fatto del male, così lo ha seguito fino al bagno del sesto piano, dove è iniziato lo scontro.
 
È stato Ron a dirmi tutto: la voce dell’aggressione a Malfoy aveva fatto il giro della scuola in quattro e quattr’otto e lui e Ginny mi avevano aspettata davanti al ritratto della Signora Grassa per farsi raccontare l’accaduto.
 
Dopo quasi un’ora di attesa, Harry fa il suo ingresso in Sala Comune, bianco come un cencio. Tutti i Grifondoro si voltano verso di lui, ancora macchiato di sangue.
 
«Girate a largo!» Urla Ginny, disperdendo la piccola folla di curiosi.
 
Il ragazzo con la cicatrice si siede accanto a noi. «Come stai Hermione?»
 
«Io… bene, sto bene… cosa ti ha detto la McGranitt?». Chiedo di rimando.
 
«Sarò in punizione con Piton fino alla fine del quadrimestre, tutti i sabati e… niente più Quidditch». A queste parole Ron e Ginny rabbrividiscono, ma Harry li ignora. «Ma non è questo l’importante. Hermione raccontami cosa è successo».
 
Sono in trappola. Harry, Ron e Ginny mi guardano in attesa di una risposta, forse aspettandosi il racconto di un agguato da parte di Malfoy, forse una prova che lo inchiodi definitivamente come Mangiamorte. E ora cosa gli dico?
 
«Ti ha portata nella Stanza delle Necessità? Dico bene?» Mi chiede Ginny prendendomi per mano. «Siete spariti al settimo piano, proprio in quel corridoio».
 
«È per questo che non riuscivi a vedere Malfoy sulla Mappa del Malandrino, Harry. Si nascondeva nella Stanza Va-e-Vieni». Aggiunge Ron guardando il suo amico.
 
Anche Harry mi prende la mano. «Dicci cosa è successo Hermione, non avere paura, noi siamo qui per te».
 
Guardando l’espressione amorevole ed apprensiva dei miei migliori amici, che si stringono intorno a me per farmi sentire al sicuro e protetta, non riesco più a trattenermi e scoppio in lacrime. Loro mi abbracciano, aspettando pazienti che io riprenda il controllo e che racconti loro delle cose orribili che mi ha fatto Malfoy. Ma io non riesco più a mentire.
 
«Non merito il vostro affetto». Dico io tra i singhiozzi.
 
Loro però mi stringono ancora più forte. «Non dire così. Sai che qualsiasi cosa accada noi saremo sempre dalla tua parte». Mi dice Ginny.
 
«No, non capite…» Continuo cercando di riprendere il controllo. «Io vi ho mentito, vi ho mentito per tutto questo tempo».
 
I tre amici a questo punto lasciano la presa e, senza capire, mi guardano con aria interrogativa.
Io prendo un respiro, mi asciugo le lacrime e gli racconto tutta la verità.
 
Gli racconto di quel giorno a Diagon Alley, quando ho visto Malfoy per la prima volta nascondersi dagli sguardi indiscreti della gente, di quando sul treno l’ho deriso per averlo visto giocare col suo gatto, di quando l’ho offeso perché suo padre si trovava ad Azkaban, di quando mi ha vista tuffarmi nel Lago Nero e mi ha aiutata a recuperare la bacchetta, di quando l’ho trovato a bere nel Cortile della Torre dell’Orologio il giorno dell’attentato e ha condiviso il suo Whiskey con me, di quando abbiamo sorvolato il Lago di notte a cavallo della scopa, di quando mi sentivo completamente sola e lui ha riempito le mie giornate con i duelli, le battute, gli scherzi, di quando è venuto a chiedermi aiuto, perché sua madre era sparita misteriosamente senza lasciare traccia, di ciò che avevamo scoperto su Alecto Carrow e dei nostri sospetti su Piton. Gli racconto di aver Obliviato Dobby e Kreacher. Infine, gli racconto di ciò che mi aveva detto Pansy e di come quella mattina ci eravamo ritrovati a combattere nella Stanza delle Necessità.
 
Racconto tutto d’un fiato, rivelando ai miei amici la mia seconda vita senza alcun trasporto, senza mai fare accenno ad alcuna emozione o sensazione. Questo perché sono certa che se aprissi il cassetto dei sentimenti, quello che ne verrebbe fuori mi devasterebbe. Perché raccontando tutto ciò che abbiamo vissuto io e Malfoy, non riesco a credere che alla fine di quest’anno tornerà senza battere ciglio in quel covo di Mangiamorte.
Gli racconto tutto, tranne di ciò che c’è stato ieri notte.
 
Il trio resta in silenzio fino alla fine, ascoltando con attenzione ogni dettaglio del mio racconto, ben attenti a non perdersi nessun particolare.
 
Alla fine, solo Harry parlò. «Quindi per tutto questo tempo tu hai…» Sembra non trovare le parole. «Con lui?» Lo vedo stringere i pungi, nel tentativo di controllare la rabbia. «Ti sei fatta prendere in giro come una… una… pensavo fossi più in gamba di così!» Scatta in piedi, camminando avanti e indietro un paio di volte, prima di tornare a sedersi di fronte a me. «Perché? Dopo tutto quello che ti ha detto, dopo quello che suo padre ha fatto a Ginny, dopo quello che sua zia ha fatto a Sirius!» Io non rispondo, lascio che Harry si sfoghi. «Se ti sentivi sola perché non hai parlato con me? Perché non hai chiesto il nostro aiuto? Perché ti sei rivolta a… Malfoy
 
Perché voi non mi avreste capita. E come biasimarvi? Io stessa non mi capisco. Io stessa non riesco a capire Malfoy, a far combaciare nella mia mente le numerose immagini che ho di lui: quella del Purosangue suprematista, quella del figlio devoto e premuroso e quella del servo fedele del Signore Oscuro. Chi è Draco Malfoy? Credevo di averlo capito e invece… forse ha ragione Harry, o Pansy, forse mi sono fatta davvero raggirare.
 
Rimango in silenzio.
 
«Tu… non gli hai detto niente riguardo…?» Chiede Harry avvicinandosi di più a me.
 
Io abbasso lo sguardo, senza rispondere.
 
«Hermione… c’è qualcos’altro che devi dirci? Qualcosa di cui Malfoy è a conoscenza e di cui non dovrebbe sapere niente?» Chiede di nuovo, questa volta con voce quasi sibilante.
 
«Io… Gli ho detto della Mappa del Malandrino… Gli ho mostrato il passaggio segreto per Hogsmeade…» Più parlo, più il volto di Harry si contorce in un’espressione di pura rabbia. È sul punto di esplodere. «Credo di avergli nominato il Principe Mezzosangue e gli ho… gli ho… accennato ad un’imminente partenza di Silente… insieme a te».
 
Il viso di Harry vira rapidamente da un sano color carne ad un rosso scarlatto acceso. Si alza di nuovo in piedi e tira un calcio ad un comodino poco lontano da noi, che si ribalta a terra. Tutti i Grifondoro si girano per un istante, salvo tornare poi alle loro rispettive occupazioni, vedendo lo sguardo furente di Harry.
 
«Io lo ammazzo». Dice con un filo di voce. «Mi stavo quasi sentendo in colpa per quel dannato incantesimo ma giuro che appena esce dall’infermeria lo faccio fuori!» Poi mi guarda negli occhi, con uno sguardo carico di rimorso. «E tu adesso mi dirai cosa ti è saltato per la testa! Io mi fidavo di te! Perché mi hai tradito in questo modo?»
 
Io sento di nuovo gli occhi riempirsi di lacrime. Non so che rispondere, ma la voce di Ginny mi precede. «Perché provi qualcosa per lui… non è così?»
 
Cade di nuovo il silenzio. Le parole di Ginny fendono l’aria come una spada affilata, colpendomi dritte al petto.
 
«È così, Hermione?» Chiede stavolta Ron, che fino ad ora era rimasto in silenzio. «È come dice Ginny?»
 
«Io… credevo di potermi fidare». Questo è tutto ciò che dico, perché non c’è altra spiegazione da dare.
 
«Tu mi disgusti». Dice Harry prima di andarsene, seguito dai due fratelli Weasley.
 
 
2 Maggio 1997:
 
«Senza Potter in squadra, i Corvonero gli faranno sicuramente il culo». Una voce maschile raggiunge le mie orecchie.
 
«Non sottovalutate la Weasley, l’anno scorso ha giocato bene come Cercatore e quell’altro Grifondoro, Dean Thomas, può sostituirla come Cacciatore». Risponde una seconda voce.
 
«Intendi il suo fidanzato? L’amico di quello che da sempre fuoco alle cose?» Chiede la prima.
 
«Non è più il suo fidanzato lei lo ha mollato mesi fa». Replica una voce femminile.
 
«Che schifo». Commenta una voce nuova. «Io una traditrice del proprio sangue come lei non la toccherei nemmeno con un dito».
 
«Guarda che riscuote molto successo tra gli studenti, dicono che sia… Hey! Ragazzi guardate! Draco si sta svegliando!»
 
Apro gli occhi poco per volta, cercando di abituarmi alla luce del giorno che mi brucia le retine. Ho bisogno di qualche secondo per mettere a fuoco i volti dei ragazzi che si accalcano intorno a me: Tiger, Goyle, Pansy, Blaise e Nott mi guardano come se avessi appena fatto ritorno dal mondo dei morti.
 
«Ben svegliato principino!» Commenta Blaise dandomi una pacca sulla testa.
 
«Falla finita Zabini, così gli fai male». Lo rimprovera Theodore.
 
«Ma no! Guardalo, è in forma smagliante!» Replica lui.
 
«Come ti senti, Draco?» Mi chiede Pansy stringendomi il braccio.
 
«Dove sono? Cosa è successo?» Chiedo io disorientato.
 
«Sei in infermeria. Hai dormito per dieci giorni». Mi risponde Nott.
 
«Potter ti ha proprio conciato per le feste!» Dice Tiger guadagnandosi una gomitata da Pansy. «Ma anche tu hai combattuto bene!» Prova a rimediare.
 
«Combattuto...?» E d’un tratto i ricordi vengono a galla, dolorosi. Ricordo di come ho detto addio alla Granger, dello scontro in bagno con Potter e di quello strano sogno, quello dove mia madre…
 
«Sei solo un po’ disorientato, non preoccuparti, passerà presto». Mi rassicura Pansy tirando poi su col naso.
 
«Su Pansy non c’è bisogno di fare la drammatica! Sapevamo che il nostro Draco si sarebbe ripreso in un batter d’occhio!» Dice Blaise mettendole un braccio intorno alle spalle. «Stai tranquillo amico! Abbiamo vegliato noi su di te. E abbiamo anche messo a tacere quelle orribili voci».
 
«Quali voci?» Chiedo io provando a tirarmi su, ma senza successo.
 
«Quelle secondo cui lo Sfregiato ha cercato di ucciderti perché gli hai soffiato la fidanzata, la Sanguemarcio». Mi risponde Goyle.
 
«Ma noi lo abbiamo detto a tutti che tu con certa gente non ti mischieresti mai». Lo assiste Tiger. «Tempo due giorni e nessuno ha più osato dire niente del genere».
 
«Voci di corridoio a parte». Interviene Nott. «Siamo contenti che tu stia bene!»
 
«Che sono tutte queste chiacchiere? Questo è un luogo di riposo!» Il volto di Madama Chips fa capolino da sopra le teste dei miei compagni. «Oh sei sveglio! Finalmente! Ragazzi tutti fuori devo visitare il vostro amico».
 
I Serpeverde mi salutano con un cenno della mano, con una pacca di incoraggiamento o, nel caso di Pansy, con un bacio sulla guancia. Lasciandomi nelle mani dell’infermiera.
 
«Vedo che fai molte conquiste eh, giovanotto!» Mi chiede Madama Chips alzandomi il camice bianco e osservando le mie cicatrici.
 
«Conquiste?» Chiedo io guardando i segni che la maledizione di Potter hanno lasciato sulla mia pelle.
 
«Si beh, tra la tua amica Serpeverde e la Grifondoro che è venuta a trovarti mentre eri privo di conoscenza, ho pensato che…»
 
«Quale Grifondoro?» Chiedo io intuendo la risposta.
 
«Quella che ti ha soccorso quando sei stato ferito, l’amica di Harry Potter». Risponde l’infermiera. «È un miracolo che sia riuscita a farmi chiamare in tempo. Se non fosse stato per lei, non te la saresti cavata con dieci giorni di riposo e qualche cicatrice».
 
E così ti sono di nuovo debitore, Granger.
 
 
15 Maggio 1997:
 
«Sei forse impazzita? Mandare un comunicato ad Hogwarts per avvisare della morte di Narcissa?» Il Signore Oscuro guardava Bellatrix con i suoi occhi da serpente.
 
«È fondamentale che il ragazzo torni a casa, mio signore». Rispose Bellatrix con reverenza. «Potrebbe essere la nostra sola occasione per far fuori il vecchio».
 
«E sentiamo, una volta che Silente saprà della dipartita di Narcissa cosa credi che farà? Che lascerà tornare Draco a casa senza opporre resistenza? Ti ricordo che è un minorenne e che suo padre è rinchiuso ad Azkaban».
 
«Mio Signore, tra poco Draco compirà la maggiore età. A quel punto il preside non potrà impedirgli di rientrare a casa per i funerali della madre. E poi, con il suo aiuto, le assicuro che Albus Silente non sarà più un nostro problema».
 
«E tu sei certa che Draco vorrà collaborare?» Chiese Lord Voldemort avvicinandosi alla sua serva più fedele.
 
«Ne sono sicura». Rispose Bellatrix senza indugio. «Soprattutto se qualcuno lo spingerà nella giusta direzione».
 
«Qualcuno dici? E a chi ti riferisci, esattamente?»
 
«A Lucius Malfoy».
 


 


Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads e buon inizio settimana!
 
Bene, eccoci qui. Dopo avervi lasciato lo scorso capitolo in lutto e con una serie di domande senza una risposta, ecco un’altra valanga di dubbi e domande per voi!
Cosa staranno tramando Piton e Silente? E Bellatrix e Voldemort? Tutti i nodi stanno venendo al pettine e anche Hermione adesso dovrà affrontare le conseguenze delle sue azioni.
Draco per fortuna si è ripreso, anche se con qualche acciacco in più e qualche segno permanente!

Cosa ne pensate del capitolo? E' un po' più corto del solito ma spero vi sia piaciuto ugualmente! Aspetto con ansia i vostri pareri!
Un abbraccio e alla prossima!

Flami151

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XXI


6 Giugno 1997:
 
Mi ritrovo di nuovo sola.
Dopo la mia ritrovata amicizia con Harry e Ron credevo che le cose non sarebbero potute che migliorare, invece da un giorno all’altro mi ritrovo di nuovo a vagare per la scuola senza un amico a mio fianco.
La notizia del duello tra Harry e Malfoy, ed il conseguente ricovero del Serpeverde, era giunta alle orecchie di tutta la scuola in poco tempo. Ma niente a confronto del pettegolezzo che ne è seguito, che è passato di bocca in bocca come un Bolide passa dalla mazza di un Battitore alla testa dell’avversario: è girata voce infatti che i due stessero combattendo beh… per me!
 
E in men che non si dica, sono diventata la fidanzata fedifraga del famoso Harry Potter. Tradito per giunta con il suo nemico giurato: Draco Malfoy.
Mi sembra di essere tornata ai tempi del Torneo Tremaghi e degli irritanti articoli di Rita Skeeter.
 
A dirla tutta le voci (che sospetto siano state messe in giro da Lavanda) sono circolate per poco tempo, poi i fedelissimi di Malfoy hanno minacciato di ridurre a brandelli chiunque continuasse ad insinuare che il loro amico potesse anche solo prendere in considerazione una sporca Nata Babbana come me.
Ormai però era troppo tardi e il seme del dubbio si era impiantato nella mente di tutti gli studenti di Hogwarts, attirando verso di me le ire di tutti i Grifondoro ed i Tassorosso, acerrimi nemici dei Serpeverde.
 
Anche Harry, Ron e Ginny non mi rivolgono più la parola.
Questa volta non si sforzano nemmeno di ignorarmi, mi lanciano occhiate in cagnesco ad ogni occasione. O forse sono solo io ad immaginarmele, per via dei sensi di colpa.
In fondo noi siamo sempre stati una squadra. Tutte le avventure che abbiamo vissuto insieme, tutti i pericoli che abbiamo affrontato, ci hanno resi una famiglia. Non saremmo mai riusciti ad arrivare dove siamo ora se non fosse stato per la nostra unione e fiducia reciproca.
Io invece gli ho nascosto questa parte della mia vita, ho coltivato in segreto il rapporto con Malfoy senza fidarmi abbastanza di loro da potergliene parlare ed il risultato è che ora sono loro a non fidarsi di me. E come dargli torto?
 
Ciò che mi ha fatto più male, però, è stato scoprire da voci di corridoio che Harry e Ginny si sono messi insieme.
Ricordo quando alla Tana Ginny mi aveva confidato con imbarazzo della sua cotta per lui e mi aveva chiesto consigli per conquistarlo. Vorrei davvero poter condividere con loro questo momento e invece tutto ciò che posso fare è guardarli da lontano ridere, abbracciarsi e prendere affettuosamente in giro Ron.
 
Le persone che ancora mi rivolgono la parola si contano sulle dita di una mano. Fatta eccezione per gli insegnanti, i pochi a parlarmi ancora sono Luna, Anthony Goldstein e Justin Finch-Fletchley, che è ancora convinto che Harry sia l’erede di Serpeverde e che ha colto l’occasione al volo per infamarlo un po’ gratuitamente.
 
Persino Pix mi evita per i corridoi! Ma questo credo dipenda dalla sua paura che io possa sguinzagliargli contro il Barone Sanguinario.
 
Quello che però di tutto questo mi fa davvero infuriare è che l’unica persona che vorrei vedere, l’unica con la quale vorrei sfogarmi, l’unica in grado di farmi dimenticare tutto questo, è proprio Malfoy.
Maledetto. Il suo ricordo non ha lasciato la mia mente nemmeno per un secondo. Per questo sono andata a trovarlo ogni giorno mentre era in convalescenza. Era come se una forza misteriosa mi attirasse a lui, facendomi sgattaiolare in infermeria ogni volta che potevo. Lo guardavo dormire chiedendomi quando si sarebbe svegliato, temendo che potesse scoprirmi lì seduta accanto al suo letto ma, per certi versi, sperando che accadesse.
 
È stato un sollievo scoprire che aveva ripreso conoscenza, dopo una settimana iniziavo a temere il peggio ed il volto preoccupato di Madama Chips non mi aveva rassicurata.
Da quel giorno però non abbiamo più avuto alcun contatto. E che senso avrebbe avuto? Volendo anche credere nella sua buona fede, di cui ormai non sono nemmeno più convinta, lui ha fatto la sua scelta: al momento decisivo, si schiererà dalla parte dei Mangiamorte. Questa è l’unica cosa che conta.
 
Durante questi giorni, mi sono chiesta spesso cosa avrei fatto io al suo posto: se i miei genitori fossero tra le schiere del Signore Oscuro o peggio, se fossero tenuti in ostaggio… Logica vuole che il destino del mondo magico dovrebbe essere la mia priorità assoluta, come è stata quella di Harry da quando è entrato nell’Ordine della Fenice… Però la mia famiglia…
 
Forse è vero che le persone non sono fatte di sola luce o di sola oscurità… la vita è ben più complicata di così.
 
Ieri è stato il suo compleanno… I Serpeverde gli hanno fatto trovare una torta la mattina a colazione. Di solito non è permesso, altrimenti gli elfi starebbero a cucinare torte tutti i giorni, ma credo che i professori abbiano concesso uno strappo alla regola per via delle gravi ferite che ha riportato Malfoy dopo lo scontro.
 
Mi chiedo come stia adesso, se stia pensando di mettere in atto il piano oppure no.
Spero non faccia nulla di stupido.
 
 
10 Giugno 1997:
 
Venti giorni, tra soli venti giorni potrò riprendere l’espresso per Hogwarts e tornare a casa.
 
Lo scontro con Potter mi ha lasciato delle cicatrici indelebili praticamente su ogni centimetro del mio corpo di cui, la più evidente, in pieno volto. Ci ho messo un po’ ad abituarmi al mio nuovo aspetto, ma a quanto pare arrivare ad un passo dalla morte e portarne in segni fa presa sulle ragazze. Ora capisco perché lo Sfregiato abbia così tanto successo. Dannazione, devo ricordarmi di trovare un nuovo soprannome, questo non va più bene.
 
Volendo vedere il lato positivo delle cose, tutti quei giorni in coma hanno praticamente fatto volare l’ultimo mese e adesso siamo ad un passo dalla fine dell’anno scolastico. Forse non sarà nemmeno più necessario inventarsi chissà quale rocambolesco piano per fuggire da qui, mi basterà portare pazienza per solo una ventina di giorni.
 
In teoria sembra facile, in pratica l’attesa si sta rivelando più dura del previsto.
Ogni giorno che passa inizio a temere sempre di più ciò che scoprirò una volta fatto ritorno a casa. Di giorno in giorno lo scenario che si forma nella mia mente si fa sempre più tetro e spaventoso.
 
Pochi giorni fa ho sognato mia madre incatenata dentro le segrete del Malfoy Manor, prima torturata dai fratelli Carrow e poi trasformata in lupo mannaro da Greyback. Mi sono svegliato in un bagno di sudore, terrorizzato.
Ma quello non è stato il sogno peggiore. No. Il peggiore è stato quello che ho avuto durante il coma.
 
Ti ho amato più di ogni altra cosa al mondo.
 
Questo aveva detto mia madre durante quel sogno che a tratti sembrava quasi una visione. Queste parole così dolci mi trafiggono proprio come l’incantesimo che mi ha scagliato addosso Potter e portano con sé l’irrazionale consapevolezza che mia madre ormai non c’è più.
 
Se lo dicessi alla Granger sono certo che mi direbbe di non abbandonare le speranze solo per una sensazione, che non c’è nessuna logica dietro questa mia certezza.
Eppure io ne sono certo, mia madre si è messa in contatto con me per dirmi addio.
 
Ti auguro di provare anche tu un amore così, un giorno.
 
Continuo a pensare alla Granger e al suo viso deluso quando ha creduto che io fossi un Mangiamorte.
Avrei voluto sementirla, cazzo se avrei voluto. E avrei anche potuto, ma a quale scopo?
Se è vero che mamma è stata punita per non aver permesso al Signore Oscuro di rendermi un Mangiamorte, allora cosa accadrà a me una volta rientrato al Manor? Il Signore Oscuro mi marchierà e mi costringerà ad unirmi ai suoi seguaci? O ucciderà anche me?
 
L’unico modo per uscirne illeso sarebbe dare ascolto alla Granger e implorare Silente di nascondermi ad Hogwarts. Ma se esistesse la più remota speranza che mia madre sia ancora viva, allora dovrei assolutamente tornare da lei. Non posso abbandonarla.
 
E poi diciamoci la verità, se adesso il mio braccio è ancora immacolato, il merito non è certo il mio. Se solo penso a quanto desiderassi diventare un Mangiamorte, a quanta rabbia ho provato verso mia madre per avermi impedito di seguire le orme di papà…
Solo adesso capisco a quale grande sacrificio si sia sottoposta per il mio bene, per impedirmi di diventare un assassino, il tirapiedi asservito di un padrone sadico e senza scrupoli.
 
Ripenso al sorriso gentile della Granger. La verità è che non ho mai meritato quel sorriso.
 
«Malfoy è qui?» Gazza entra in biblioteca, attirando l’attenzione mia e di tutti gli altri studenti che come me si erano imbambolati sui libri.
 
«Sì, sono qui». Sussurro io sperando di non attirare le ire di Madama Pince, che nel frattempo si è affacciata per individuare la fonte dell’improvviso baccano.
 
«Vieni con me, sei atteso nell’ufficio del preside».
 
Silente vuole vedermi? C’entrerà forse il duello con Potter? Forse finalmente hanno deciso di punirlo come si deve.
 
Seguo Gazza che si trascina silenziosamente lungo i corridoi della scuola. «Di che si tratta?» Gli chiedo aspettandomi la solita risposta burbera.
 
«È meglio che te ne parli direttamente Silente». Risponde invece lui.
 
Un brutto presentimento inizia a farsi strada dentro di me: non sarà mica che…
 
Arriviamo di fronte al gargoyle in pietra che blocca la strada per l’ufficio del preside e Gazza dice ad alta voce la parola d’ordine. «Zuccotti di zucca!» Il gargoyle prende vita e fa un balzo all’indietro, rivelando una scala a chiocciola che si muove lentamente verso l’alto.
 
Il custode mi fa cenno di proseguire, così salgo sulle scale e lascio che l’ingresso si richiuda alle mie spalle. In cima alla scalinata si presenta di fronte a me una porta di quercia lucente con un batacchio di rame a forma di grifone. Busso un paio di volte ed entro senza attendere una risposta.
 
Mi ritrovo all’interno di una stanza circolare, grande e bella, decorata dai quadri degli ex presidi di Hogwarts, garbatamente appisolati nelle loro cornici. Al centro della stanza, Piton e Silente mi osservano con un’espressione indecifrabile.
 
«Ben arrivato, Draco». Mi saluta bonariamente il preside. «Siediti». Mi dice con gentilezza indicandomi la sedia più vicina a loro.
 
Io eseguo senza smettere di osservarlo: credo sia la prima volta che lo vedo così da vicino quest’anno e mi sembra… invecchiato, come se negli ultimi mesi avesse perso dieci anni di vita. La sua pelle è grigia, i suoi occhi sono scavati e tinti di rosso e la sua mano… che diavolo è successo alla sua mano?
 
«Voleva vedermi?» Chiedo io.
 
«Sì Draco, ci è appena arrivata una triste notizia». Dice Silente lanciando una rapida occhiata a Piton e puntando poi il suo sguardo su di me. «Pochi giorni fa tua madre, Narcissa, ha contratto una grave forma di Vaiolo di Drago. La tua famiglia si è messa in contatto con i migliori specialisti per fornirle tutte le cure di cui avesse bisogno ma purtroppo non ce l’ha fatta. Ci ha lasciato poche ore fa. Mi dispiace davvero molto».
 
Guardo il volto emaciato del preside ed i suoi occhi blu, dolci e gentili, incrociano i miei, in attesa di una reazione.
Ma che reazione dovrei avere?
Mia madre è morta. Il presentimento che albergava nella mia mente da settimane è appena diventato realtà e tutto ciò a cui riesco a penare è… Vaiolo di Drago?
 
No, non è possibile. Io lo so che è successo. È stato Lui ad ucciderla. Mia madre è morta, questo lo so, ma non è stato il Vaiolo di Drago a portarmela via.
 
Quello che mi chiedo però è… anche Silente e Piton lo sanno? Sanno cosa è accaduto e fanno finta di niente? Fingono di credere alla cazzata del Vaiolo di Drago? A quale scopo? Piton sta facendo il doppio gioco per conto del Signore Oscuro, e fino a qui non ci piove, ma Silente?
Forse vuole solo evitare di indagare più a fondo. Avrebbe senso: perché mai lui dovrebbe preoccuparsi del mio destino o di quello della mia famiglia? Qualche Mangiamorte in meno non può che tornargli comodo al vecchio, non è forse vero?
 
«Ma… come…?» È però tutto ciò che riesco a dire.
 
«Tuo zio Morpheus si è messo in contatto con noi tramite la Metropolvere. Ti sta aspettando al Paiolo Magico per portarti a casa».
 
«Zio Morpheus…?» Il fratello di papà di cui non abbiamo notizie da più di dieci anni…
 
Inizio ad inquadrare la situazione: uno dei Mangiamorte, presumibilmente zia Bellatrix, deve aver usato la Pozione Polisucco per trasfigurarsi in zio Morpheus, così da contattare Silente e permettermi di fare ritorno a casa. Ma perché proprio ora?
 
«Abbiamo predisposto per te una Passaporta fuori dai confini di Hogwarts». Continua il preside. «Avendo compiuto la maggiore età, Draco, potrai spostarti in autonomia».
 
«Ma se lo desideri posso scorarti io». Interviene il Professor Piton, che solo ora mi accorgo essere visibilmente preoccupato.
 
Ora capisco… Hanno aspettato che compissi diciassette anni per permettermi di rientrare da solo, senza la scorta. Gran bel regalo di compleanno. Questo però non risponde alla mia domanda… Perché proprio adesso? Perché non aspettare la fine della scuola, quando sarei rientrato comunque al Manor senza destare alcun sospetto? E perché Piton sembra così deciso ad accompagnarmi a casa?
 
«Io… No, grazie. Andrò da solo».
 
«Non fare lo sciocco, Draco». Mi risponde secco Piton, sempre più alterato. «Lascia che io ti…»
 
«Draco ha già espresso il suo desiderio di rientrare da solo, Severus». Lo interrompe Silente. «Lascialo andare a preparare il suo bagaglio». Poi torna a rivolgersi a me. «Ti aspetteremo al cancello».
 
Senza sapere che altro dire, imbocco l’uscita dell’ufficio e mi incammino verso il dormitorio. I pensieri si affollano confusi nella mia testa. Avrò fatto bene a declinare l’offerta di Piton? Anche Silente sembrava volesse che lui restasse ad Hogwarts, per quale motivo?
Ma non riesco a trovare le risposte alle mie domande. Le parole del preside fanno eco nelle mie orecchie, impedendomi di ragionare con lucidità. Ci ha lasciato poche ore fa.
 
Arrivo in dormitorio e inizio ad infilare alla rinfusa i vestiti nel mio bagaglio. Il micio mi guarda con aria interrogativa. Che diavolo faccio con lui adesso? Lo porto con me o lo lascio qui? Non c’è tempo per ragionare, devo muovermi. Tutto ciò che desidero è arrivare alla Passaporta il più velocemente possibile. Non mi importa cosa mi aspetta dall’altra parte.
Ho bisogno di riposte.
 
Senza poterle frenare, le lacrime iniziano a rigarmi il volto, mentre premo dentro il baule i pantaloni non piegati, le scarpe ed il mantello. Mi asciugo la guancia con l’avambraccio e continuo a guardarmi intorno per assicurarmi di non aver dimenticato nulla.
 
«Draco che succede?» La voce di Theodore Nott mi fa girare di soprassalto.
 
«Me ne sto andando». Rispondo io abbassando la testa per nascondere le lacrime.
 
«Te ne stai andando? Dove? Come?» Chiede lui avvicinandosi.
 
«A casa. Mia madre è morta».
 
Mi fermo. Le parole mi sono uscite di getto, involontarie. E nonostante pensassi di essere pronto a questa eventualità ormai da mesi, solo adesso mi sembra di accorgermi davvero di ciò che sta accadendo.
Le gambe non mi reggono più ed io sono costretto a sedermi sul letto, incurante dello sguardo scioccato di Nott, che osserva ogni mio movimento con attenzione. Guardo per terra, in attesa di qualche commento di circostanza, rassegnato al pensiero che, da adesso in poi, dovrò ricevere le condoglianze da ogni singolo studente di questa maledetta scuola.
 
«Non andare». Dice invece Nott.
 
«Cosa?»
 
«È una trappola Draco, non andare».
 
Alzo il viso e mi rivolgo verso Theodore. Solo ora mi accorgo che è diventato improvvisamente pallido. Mi sta osservando con gli occhi sbarrati e la mascella contratta, come se stesse combattendo contro sé stesso.
 
«Di che cosa stai parlando?» Gli chiedo, alzandomi e avvicinandomi a lui.
 
«Non posso dirti altro». Risponde lui serrando ancora di più la mascella.
 
«No, Theodore, tu adesso devi dirmi tutto quello che sai». Insisto io cercando di mantenere il controllo.
 
«Non posso…»
 
«Parla!» Urlo io puntandogli la bacchetta alla gola.
 
Lui trema leggermente, ma rimane immobile. «Tu non mi ucciderai Draco, loro invece sì…»
 
I Mangiamorte… Ero certo che Nott sapesse più di quanto non volesse ammettere… Mi ha detto di non essere diventato uno di loro, ma sarà vero? E tutti quei discorsi su Tracey Davis e di come non gliene fregasse nulla della purezza del sangue? Erano tutte cazzate?
 
«Sei uno di loro?» Gli chiedo puntandogli con forza la bacchetta contro la pelle.
 
«Io… No, diciamo di no».
 
«Che cazzo significa?» Urlo di nuovo io. Poi un’idea mi balena nella mente. «Li stai aiutando… non è così? Non hai il Marchio Nero ma gli stai comunque dando una mano». Le vedo deglutire e ho la conferma di essere sulla strada giusta. «Il giorno dell’attentato ad Hogsmeade, sei stato tu ad avvelenarmi?» Un attimo di pausa, poi annuisce. «Perché?»
 
«Tua zia non ti voleva tra i piedi. Pensava che avresti cercato di metterti in mostra e che le avresti soffiato il titolo di favorita… ed il suo incarico».
 
«Quale incarico?»
 
«Non lo so».
 
Ora mi sono davvero stufato. Gli lancio un Incantesimo delle Pastoie e lo spingo con forza contro una parete. Nott, immobilizzato, mi guarda con un misto di paura e compassione. Uno sguardo che mi fa perdere definitivamente le staffe. «QUALE INCARICO?»
 
«NON LO SO! DAVVERO!» La voce di Nott adesso trema, è davvero terrorizzato, però non a causa mia: probabilmente teme di aver parlato troppo. Ma la sua mascella è ancora contratta, come se si stesse trattenendo dal dirmi di più.
 
«So tutto di mia madre. So che non è morta per uno stupido Vaiolo di Drago. So che Alecto Carrow ha preso il suo posto mesi fa, spacciandosi per lei tramite stupidissime lettere contraffatte». Gli dico io nel tentativo di suscitare una reazione, ma invano. «Ma tu questo già lo sai vero? Sai che indago sulle lettere da tempo. Per questo mi hai mostrato la busta che ti ha spedito Carrow, non è così? Volevi che la prendessi e che scoprissi la verità senza che dovessi essere tu a rivelarmela».
 
Tutto diventa improvvisamente chiaro: le bizzarre conversazioni con Nott in tarda notte, le sue allusioni riguardo alle mie uscite notturne, alla sua cotta per una Nata Babbana… Mi ha seguito per tutto questo tempo, spiandomi per conto dei Mangiamorte. Ha provato a dirmelo, ma io non l’ho mai capito.
 
«Sai anche di…?» Gli chiedo senza osare portare a termine la frase. Lui annuisce. «E glielo hai già detto?» Insisto io stringendo la presa su di lui.
 
Scuote la testa: i Mangiamorte non sanno niente della Granger.
Tiro un sospiro di sollievo. Per il momento lei è al sicuro.
 
Adesso però devo fargli la domanda più importante… «Lei è viva? Mia madre è ancora viva?»
 
Theodore abbassa lo sguardo. «Non lo so Draco, mi dispiace».
 
«Come cazzo fai a non saperlo?»
 
«Sono loro a spedirmi le informazioni e a chiedere aggiornamenti periodici. Io non chiedo mai nulla. Volevano solo sapere se stessi nutrendo dei sospetti su di loro».
 
«E tu che gli hai detto?»
 
«Di sì, ovviamente. Dopo quella scenata che hai fatto davanti a tutti la sera della festa di Natale, non ho potuto fare altrimenti: temevo che Piton potesse parlare e raccontargli la verità. A quel punto non si sarebbero più fidati di me. Forse mi avrebbero anche…»
 
«Cazzo…» Quindi i Mangiamorte sanno che sospettavo di loro. Dovrò ricordarmene una volta rientrato al Manor. A questo proposito… «Se non sai cosa è successo a mia madre, perché credi che i Mangiamorte mi stiano tendendo una trappola?»
 
«È solo una supposizione». Prima di continuare prende un profondo respiro. «Si sono molto esposti annunciando a Silente la morte di Narcissa e tutto questo solo per poterti riavere a casa. Se davvero Bellatrix teme che tu possa interferire con la sua missione forse vuole… toglierti di torno».
 
Ha ragione Theodore? È forse possibile che dietro a tutto questo non ci sia il Signore Oscuro ma zia Bellatrix? Davvero può aver fatto sparire mia madre solo per attirarmi da lei con l’inganno e uccidermi? E se anche fosse vero, perché non aspettare la fine dell’anno?
 
Non so rispondere a queste domande, ma di una cosa sono certo: Theodore è sincero.
 
«Perché mi stai aiutando?» Gli chiedo.
 
«Perché io e te siamo uguali». Mi risponde lui. «Nessuno di noi ha mai voluto tutto questo, non abbiamo mai avuto alcuna scelta, ed entrami pagheremo per gli errori commessi dai nostri genitori. E perché… non voglio che tu muoia».
 
Lascio la presa su Nott, che cade a terra trascinato dal peso delle sue gambe. Solo dopo averlo liberato dall’Incantesimo delle Pastoie riesce a rimettersi in piedi.
 
Chiudo il baule che avevo lasciato sul letto e afferro il micio. «Grazie per il pensiero Nott, ma devo andare… Ho bisogno di conoscere la verità».
 
Faccio per uscire, ma Nott mi blocca afferrandomi una spalla. «Prima di andare… Ti prego… Obliviami». Dice lui con un filo di voce. «Se scoprono quello che ti ho detto… mi uccideranno di sicuro. Quindi ti prego, Obliviami».
 
Guardo il suo volto supplicante. È questo che si prova a temere la morte? Dovrei sentirmi anche io come lui? Perché tutto ciò che provo io è solo rabbia e disprezzo? Forse a furia di passare il tempo con la Granger sono diventato stupido ed incosciente come un Grifondoro.
 
«E va bene». Sospiro, puntando di nuovo la bacchetta verso di lui. Esito solo un istante. «Grazie, Theodore. Oblivion». Una nuova di fumo argenteo si libera dalla bocca e dalle orecchie di Nott che si guarda intorno confuso. Ne approfitto per uscire da dormitorio.
 
Al cancello di Hogwarts, come promesso, trovo Silente e Piton ad attendermi.
 
Il preside mi porge un piccolo calderone in terracotta, un semplice pezzo di arredamento. «Quando oltrepasserai il confine della scuola, ti porterà al Paiolo Magico. Troverai un’altra Passaporta ad attenderti lì per quando vorrai ritornare ad Hogwarts». Mi scruta per un istante, poi si avvicina a me di un passo e mi sussurra, senza che Piton riesca e sentirlo. «Spero che deciderai di tornare per la fine dell’anno. Hogwarts non sarebbe la stessa, senza di te».
 
Io non rispondo. Prendo il piccolo paiolo di ceramica e supero il cancello, sparendo.
 
 
Silente osservò Draco smaterializzarsi poi, senza troppi convenevoli, si rivolse al professore di Pozioni. «Trova Harry, digli che lo aspetto nel mio ufficio».
 
«Perché non mi ha permesso di andare con Draco?» Chiese Piton senza rispondere al preside.
 
«Ho bisogno di te qui, Severus. Sto per lasciare la scuola e mi serve che tu la protegga ad ogni costo».
 
«Sta lasciando la scuola? Con Potter?» Chiese incredulo lui. «Perché adesso?»
 
«Perché c’è una cosa che devo fare prima che arrivi la mia ora e se Bellatrix ha deciso di entrare in azione, questa potrebbe sopraggiungere prima del previsto».
 
«E cosa c’entra Potter in tutto questo?» Insistete Severus Piton. «Che cosa fate tu e lui tutte quelle sere che vi rinchiudete insieme?»
 
Il preside sospirò. «Ho dovuto trascorrere del tempo con Harry perché avevo delle informazioni da passargli prima che fosse troppo tardi».
 
«Informazioni». Ripeté Piton. «Ti fidi di lui… e non di me».
 
«Non è questione di fiducia. Era fondamentale trasmettere al ragazzo abbastanza indicazioni perché possa fare quello che deve. E preferisco non affidare tutti i miei segreti ad una sola persona, soprattutto non a una che di recente ha iniziato ad agire di testa propria ignorando i miei ordini».
 
«Non volevo disubbidire agli ordine, ma non potevo lasciare che Narcissa…»
 
Ma Silente lo interruppe con un gesto della mano. «Severus, non ho tempo per discutere ancora. Devo solo sapere se posso contare su di te oppure no».
 
Severus Piton esitò, ma solo per un istante. Poi guardò negli occhi l’anziano mago dalla lunga barba bianca. «Certo».
 
 
Atterro bruscamente e riesco a restare in piedi per un soffio.
Mi ritrovo in un locale buio e dimesso. Intorno a me maghi e streghe di ogni età sorseggiano drink e fumano lunghe pipe: sono al Paiolo Magico.
 
«Sei arrivato, finalmente». Dice la voce di un uomo facendomi voltare. «Temevo non saresti venuto».
 
È un uomo alto, dai capelli biondo platino tagliati corti e con una lunga barba ben curata. I suoi vestiti sono talmente eleganti da stridere con l’aspetto trascurato dell’ambiente. Al dito porta un anello col blasone della famiglia Malfoy.
 
«Zio Morpheus?» Chiedo io incerto. L’uomo di fronte a me ricorda in tutto e per tutto mio zio, ma sono assolutamente certo che deve trattarsi di qualcun altro. Sarà forse Bellatrix? Alecto?
 
L’uomo mi poggia una mano sul collo. «È bello rivederti, figliolo».
 
Papà.
 


 

 
Note dell’autore:

Ciao a tutti Potterheads!
Perdonate il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo! La verità è che in origine erano molto più lungo di così, poi ho deciso di tagliarlo e di dividerlo in due parti. Per questo motivo questo capitolo è un pochino meno ricco d’azione.

 
Per chi tra voi aveva pensato che Nott fosse in buona fede beh… diciamo che in parte avevate ragione! Theodore si è rivelato essere un personaggio un po’ controverso. Pavido e attaccato alla vita da buon Serpeverde, ma comunque a modo suo affezionato a Draco. In fondo credo sia difficile dopo 6 anni di convivenza a scuola non affezionarsi ai propri compagni, soprattutto perché loro due condividono una storia familiare simile.
 
Draco inizia finalmente a capire come stanno le cose, anche se le domande sono ancora molte… Nel prossimo capitolo troverà molte risposte e noi scopriremo finalmente il piano di Bellatrix.
 
Anche Silente e Piton hanno il loro piano, anche se questo è ancora difficile da intuire viste le scarse informazioni che vi ho dato finora eheh.
 
Ed infine… il ritorno di Lucius! Ma avremo modo di parlare di lui nel prossimo capitolo (che credo che verrà fuori abbastanza lunghetto!).
 
Ci avviciniamo alla fine ragazziiii, che emozione! Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo e se vi ho un po’ incuriositi!
 
Flami151

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XXII


10 Giugno 1997:
 
Sono di nuovo a casa ma, per certi versi, non sembra più casa mia.
Ad accogliermi non c’è l’odore di torta di melassa che mamma mi faceva preparare dagli elfi al rientro da Hogwarts, la luce del sole non entra più dalle finestre, ora rigorosamente serrate, ed il dolce odore di lillà e biancospino che un tempo si respirava ora si è dissolto. Mi basta varcare la soglia del Manor per avere la certezza che lei, oramai, non c’è più.
 
Anche papà sembra diverso. Non è più l’uomo arrogante che negli anni ho tanto ammirato ed imitato. Ciò che un tempo rendeva Lucius Malfoy il mago più rispettato tra le famiglie purosangue - il suo portamento elegante, il suo sguardo fiero ed il suo sorriso spavaldo - adesso sembra solo un lontano ricordo.
Non so se siano stati i mesi trascorsi ad Azkaban o la perdita della mamma, ma sembra essere invecchiato di dieci anni: i suoi capelli si sono ingrigiti, così come il suo viso, mentre il suo sguardo è vuoto e privo di emozioni.
 
Non appena rientrati al Manor, siamo andati a far visita alla tomba di famiglia. È stata zia Bellatrix ad indicarci il punto in cui la mamma era stata seppellita, una tomba anonima e senza lapide che mi fece raggelare il sangue. “Insieme a lei c’è la foto che le hai spedito per Natale”. Mi ha sussurrato in un orecchio. “Così ti terrà vicino per sempre”.
 
Ma le sue parole mi avevano lasciato indifferente, non solo perché Bellatrix potrebbe essere direttamente responsabile della sua morte, ma perché subito dopo Codaliscia aveva chiamato a raccolta tutti i Mangiamorte per conto del Signore Oscuro.
 
Ed è così che, per la prima volta in vita mia, mi ritrovo seduto al tavolo della Sala Riunioni.
Molte volte ho guardato incuriosito mio padre chiudersi in questa stanza insieme ai suoi amici, ai membri del consiglio scolastico o ai maggiori esponenti dell’alta società ed ogni volta ho sognato di trovarmi lì, insieme a loro, come un adulto. Oggi il mio sogno si è realizzato.
 
«È troppo rischioso agire oggi». Dice Amycus Carrow incrociando le braccia. «Silente sta sospettando di noi, per questo ha mandato Severus a dare un’occhiata».
 
«È proprio per questo che dobbiamo darci una mossa!» Lo incalza Bellatrix. «Dobbiamo impedirgli di organizzarsi. Questa potrebbe essere la nostra unica occasione».
 
«Sì ma non sembrerà sospetto se il ragazzo farà ritorno così presto?» Chiede Rowle, un Mangiamorte che non avevo mai visto prima.
 
«Quando se ne accorgeranno, sarà già troppo tardi». Gli risponde Bellatrix con un sorriso spregevole.
 
Tra i Mangiamorte si solleva un concitato brusio, nessuno di loro sembra davvero convinto. Io ascolto con attenzione, cercando di carpire più informazioni possibili. Deduco che si stia discutendo del misterioso incarico affidato a zia Bellatrix, quello di cui mi ha parlato Theodore prima che lasciassi Hogwarts, e deduco che, in qualche modo, per poterlo realizzare è necessario il mio aiuto.
 
«Signori, signori». Interviene Yaxley, seduto alla sinistra del Signore Oscuro. «Comprendo le vostre perplessità e che il piano possa sembrarvi rischioso, ma Lestrange ha ragione: se avremo successo, prima dell’alba ci saremo liberati del vecchio».
 
Liberati del vecchio? Non avranno intenzione di…?
 
«E come la mettiamo con Potter? Se lo incontriamo dobbiamo farlo fuori?» Grugnisce il Mangiamorte di nome Gibbon.
 
«No!» Interviene il Signore Oscuro, che finora era rimasto in silenzio. «Sarò io ed io soltanto ad uccidere Harry Potter. Tutto ciò che dovrete fare voi sarà eliminare Silente e rientrare al quartier generale il più velocemente possibile. Punteremo tutto sull’effetto sorpresa. Nessuno si aspetta di veder rientrare Draco così presto e nessuno sospetterà che insieme a lui ci siate tutti voi».
 
Ora capisco. Quindi è questo il compito che avrei dovuto svolgere se fossi diventato un Mangiamorte, l’incarico ereditato poi da zia Bellatrix: uccidere Albus Silente.
Rabbrividisco al solo pensiero. Ecco da cosa mamma voleva proteggermi, ecco per cosa ha dato la sua vita.
 
«In pratica, tutto dipende dal ragazzo». Sentenzia infine Alecto, la donna che per mesi mi ha spedito lettere fingendosi la mia mamma.
 
Tutti i Mangiamorte rivolgono la loro attenzione verso di me, in attesa di una mia reazione. Cosa devo fare?
Se mi rifiutassi, sono certo che raggiungerei presto mia madre sotto terra, ma se accettassi di aiutarli, sarei responsabile dell’incursione di ben otto mangiamorte nel castello. Per un istante si proietta di fronte ai miei occhi l’immagine della Granger, addentata al collo dal Fenrir Greyback e trasformata in lupo mannaro.
 
Mai come ora ringrazio di aver affinato le tecniche dell’Occlumanzia, perché la mia esitazione ha indotto un paio dei Mangiamorte a dare una sbirciatina tra i miei pensieri. Sospetto si tratti di Bellatrix e di Yaxley.
Mi sforzo di seguire i suggerimenti di Piton, di non sbarrare la porta della mente, ma di lasciarli entrare giusto quel che basta per fargli credere di avere il controllo, ma mostrandogli solo e soltanto ciò che desidero io. Riesco a mettere da parte l’ingombrante pensiero della Granger e a concentrarmi sulla morte di mia madre, ciò che si aspettano di trovare.
 
«Draco è onorato di potersi rendere utile». Dice mio padre poggiandomi una mano sulla spalla e distraendo i miei invasori. «Non è così?»
 
Mi volto verso di lui, i suoi occhi sembrano quasi supplicarmi. Mi chiedo se sia per questo che hanno deciso di farlo evadere da Azkaban: per convincermi a prendere parte al loro folle piano omicida.
 
Il Signore Oscuro prende di nuovo la parola, questa volta orientando la sua concentrazione verso di me. Nonostante i due mesi trascorsi sotto lo stesso tetto l’estate scorsa, questa è la prima volta che si rivolge a me personalmente. Anche la notizia che sarei diventato un Mangiamorte non mi fu annunciata da lui in persona, ma da zia Bellatrix (salvo poi essere smentita da mia madre).
La sensazione dei suoi occhi dal colore del sangue che mi scrutano è la più sgradevole che abbia provato fino ad ora, perfino peggiore della maledizione che mi ha scagliato addosso Potter.
 
«Non nutro alcuna preoccupazione riguardo l’operato del giovane Draco». Sibila il più grande mago oscuro di tutti i tempi. «Le cicatrici che porta sul volto indicano che è un combattente. Inoltre, sono certo che non farebbe mai nulla per deludere suo padre, che dopo la prematura dipartita di Narcissa -che riposi in pace- è la sola famiglia che gli resta».
 
Al suono di queste parole, vedo mio padre esibirsi in un gesto che non gli avevo mai visto praticare prima: abbassare la testa.
Finalmente comprendo: non hanno liberato papà per convincermi a collaborale, ma per costringermi. Con le sue parole il Signore Oscuro vuole farmi capire che se non farò la mia parte, nessuno di noi sarà risparmiato.
 
«Farò tutto ciò che mi chiederete».
 
 
È da stamattina che ad Hogwarts si respira un’atmosfera strana, più tesa del solito.
Gli studenti non fanno altro che borbottare dicerie riguardo la Cooman ed un sinistro presagio di sventura. All’inizio non gli avevo dato peso, ma dopo un po’ è diventato difficile fare finta di nulla.
 
«Parlava di morte e di figure senza volto». Racconta una studentessa di Tassorosso ad una sua amica.
 
«Io l’ho vista, aveva gli occhi lattiginosi e la sua voce era… spettrale». Commenta il ritratto di uno stregone in sella ad un Abraxan.
 
«So che la Cooman è un po’ svitata, ma sembra che sua nonna avesse davvero il dono». Bisbigliano tra loro i fantasmi di due vecchie signore.
 
Insomma, mentre cammino per i corridoi diretta in biblioteca la mia ansia si accresce, finché non mi costringo a smettere di prestare l’orecchio a tutte queste fesserie da chiaroveggente. Ad un certo punto però, due ragazzini attirano la mia attenzione.
 
«Te lo giuro! Gazza è entrato come una furia in biblioteca e ha chiamato a gran voce il prefetto di Serpeverde. Quello stronzo che mi aveva tolto dieci punti!» Lo riconosco, è il Grifondoro del primo anno che io e Malfoy abbiamo beccato ad azzuffarsi in cortile.
 
«Intendi quello che è stato fatto a strisce da Harry Potter?» Chiede l’altro.
 
«Proprio quello! Non so che cosa abbia combinato, ma deve averla fatta grossa! Non si vede in giro da stamattina, ben gli sta».
 
Forse tutte quelle storie sui presagi della Cooman mi hanno suggestionata, ma dentro di me si accende un campanello d’allarme: è sicuramente successo qualcosa. Faccio dietrofront e mi muovo in tutta fretta verso l’aula di Incantesimi: a quest’ora i Serpeverde dovrebbero finire la loro ultima lezione della giornata. Arrivo giusto in tempo per vedere l’intero gruppo di studenti verde-argento sfilare fuori dalla classe. Anzi no, non sono tutti, manca Malfoy.
 
So che non dovrei più preoccuparmene: lui ha fatto la sua scelta ed io ho già deluso a sufficienza i miei amici per potermi invischiare ancora di più negli affari del furetto platinato… Ma non posso farne a meno.
 
Mi avvicino a Zabini, lasciato indietro dai compagni mentre si fermava a rimettere a posto lo zaino. «Dov’è Malfoy?»
 
In un primo momento il Serpeverde sembra sorpreso, poi si ricompone velocemente. «E a te che importa, Mezzosangue?»
 
Mi ero quasi dimenticata come ci si sente ad essere chiamati così, ma stringo i denti e lo ignoro. «C’è una riunione dei prefetti, mi hanno mandata a cercarlo».
 
Lui non si ferma neanche a starmi a sentire, zaino in spalla esce dall’aula senza troppi complimenti. «Non c’è, iniziate senza di lui».
 
«Non c’è? Che vuol dire che non c’è?» Insisto io correndogli dietro.
 
«Vuol dire che non verrà alla vostra stupida riunione del cazzo. E adesso gira a largo, la tua puzza di Babbana mi fa venire voglia di vomitare».
 
Questo è davvero troppo. Se pensa di potermi parlare in questo modo io…
 
«Draco ha lasciato la scuola». La voce di Theodore Nott si intromette, facendo sbuffare sonoramente Zabini, che probabilmente sperava di lasciarmi sulle spine solo per il gusto di infastidirmi.
 
«Cosa? Quando? E come?» Ripenso al mio piano per scappare da Hogwarts usando la Metropolvere e mi chiedo se sia davvero riuscito a metterlo in pratica.
 
«È tornato a casa per i funerali di sua madre. Se ne è andato stamattina». Mi risponde Nott con aria leggermente stralunata.
 
«Ora basta Nott, andiamocene». Lo sgrida Zabini trascinandolo via per un braccio. «Ma che cazzo hai oggi? Sembri fatto». Gli sento dire mentre si allontanano nei corridoi.
 
I funerali di sua madre… Quindi significa che…
 
Mi precipito alla Torre di Grifondoro il più velocemente possibile, supero il ritratto della Signora Grassa senza nemmeno salutare e faccio il mio ingresso in Sala Comune, dove trovo Harry, Ron e Ginny a parlare fitto fitto.
 
«Ragazzi per fortuna siete qui! Devo parlarvi immediatamente!»
 
«Non ora Hermione». Risponde Ginny con severità.
 
«Lo so che ce l’avete ancora con me, lo capisco, ma quello che ho da dirvi ha la priorità». Insisto io.
 
«Ne dubito». Commenta Ron acido.
 
Il desiderio di prenderli tutti e tre a schiaffi è forte, ma mi trattengo, proprio come mi sono trattenuta poco fa con quel cretino di Zabini. «La madre di Malfoy è morta. Lui è rientrato stamattina a casa per i funerali».
 
Ma Ron non sembra cambiare idea. «Sai che ce ne importa dei drammi familiari del tuo amico».
 
«Non capisci! Non si tratta di lui!» Insisto io avvicinandomi a loro. «Sentite, vi ho già raccontato delle indagini che io e Malfoy avevamo svolto: Narcissa è sparita mesi fa ed i Mangiamorte lo sapevano, per questo avevano quelle lettere false! Quindi mi chiedo, perché mai rivelargli la verità solamente adesso, a pochi giorni dalla fine della scuola?» Finalmente anche Ron sembra aver capito dove voglio andare a parare. «So bene che non è razionale ma… ho un brutto presentimento. Credo che i Mangiamorte abbiano in mente un piano».
 
I tre ragazzi si scambiano un’occhiata sbigottita, poi Ginny si rivolge ad Harry. «Non crederai che…?»
 
«Cosa? Che succede?» Chiedo allora io, che solo adesso mi accorgo di aver fatto irruzione nel bel mezzo di una conversazione importante.
 
I tre si guardano di nuovo, come per decidere se rispondermi o no. È Harry a prendere parola. «Silente ed io stiamo per partire alla ricerca di un Horcrux». Trasalisco, ma lui mi ignora e continua a parlare. «Se la tua sensazione è giusta Hermione, allora stanotte Hogwarts non sarà protetta».
 
«Certo…» Lo interrompe Ron. «È una coincidenza un po’ inverosimile… Silente parte per una missione e lo stesso giorno i Mangiamorte si riuniscono per fare qualche cosa di losco».
 
«Forse non è una coincidenza…» Ipotizza Ginny.
 
«Forse qualcuno li ha avvisati, ad esempio Piton!» Esclama allora Harry.
 
«O forse… Forse è Silente che sta cercando di anticipare la mossa dei Mangiamorte andando a recuperare l’Horcrux». Suggerisco io.
 
«Impossibile. Silente non lascerebbe mai Hogwarts alla mercè di Voi-Sapete-Chi». Replica Ginny.
 
«Non ha importanza». Sentenzia infine Harry. «Ragazzi, dovrete proteggere voi Hogwarts finché io e Silente non saremo tornati». Tira fuori la Mappa del Malandrino e la boccetta di Felix Felicis avanzata e li consegna a Ron. «Radunate l’ES e sorvegliate la scuola, soprattutto il passaggio segreto della Strega Orba».
 
A quel punto tutti e tre mi lanciano una rapida occhiata accusatoria prima di continuare.
 
«Harry tieni tu la Felix Felicis, ne avrai più bisogno di noi». Dice Ginny con apprensione.
 
«Io sarò con Silente». Ribatte Harry. «Voglio essere sicuro che voi stiate bene». Poi si volta verso di me. «Posso fidarmi? Non è vero?»
 
È arrivato il momento. Per tutti questi mesi non ho fatto altro che scappare dalle mie responsabilità. Fuggire per paura della guerra, della morte. Ho giocato a fare la detective con il nostro peggior nemico, vivendo nell’illusione che tra di noi, in fondo, non ci fossero differenze. Ma è ora di finirla. Lui ha scelto da che parte stare, e anche io.
 
«Certo Harry».
 
 
Una forza mi tira all’altezza del ventre e in un istante sono di nuovo di fronte ai cancelli di Hogwarts. Insieme a me atterrano anche due elfi domestici, che si lasciano andare a qualche imprecazione.
 
Ormai è buio pesto e in lontananza riesco a vedere le luci sfavillanti del castello. I ragazzi dovrebbero già essere rientrati nei loro dormitori. Meglio così: forse riusciremo davvero ad evitare che qualcuno si faccia del male… tranne Silente, ovviamente.
 
Mi avvicino alle sbarre. «C’è nessuno? Sono Draco Malfoy, devo entrare ad Hogwarts».
 
Nell’oscurità vedo due figure muoversi verso di me, uno dei due accende la bacchetta. Sono Auror: quella con la bacchetta in mano è una donna, mingherlina ma con lo sguardo deciso, l’altro invece è più grosso e calvo e pur avendo una corporatura più robusta ed intimidatoria, tra i due sembra essere quello alle prime armi, forse è il primo compito che riceve come Auror. D’altronde non credo che mettano cacciatori di maghi oscuri esperti a sorvegliare il cancello di una scuola.
 
«Malfoy…» Dice la donna osservandomi attraverso le sbarre. «Non ti aspettavamo prima di domani».
 
«Sono rientrato prima». Dico io controllando il tremito nella mia voce. «Non c’era niente che potessi fare, a casa».
 
«Capisco…» Risponde lei aprendo il cancello.
 
Io avanzo all’interno della scuola, superandone i confini.
 
«E quelli chi sono?» Chiede l’altro Auror estraendo la bacchetta.
 
Niente panico. Sapevo che sarebbe accaduto. Devo solo ripetere il copione che abbiamo provato al Manor.
 
«Loro sono Row e Gibby, i miei due elfi domestici, sono qui per aiutarmi a trasportare i bagagli… e il gatto». Rispondo lasciando che i due elfi avanzino per mostrare il baule che tengono in mano ed il micio.
 
«Non eravamo stati avvisati di questo». Replica il mago abbassando la bacchetta.
 
«Non credevo di dover dare avviso. D’altronde sono solo due elfi». Insisto io, costringendomi a mantenere la calma.
 
«Secondo me sono a posto». Commenta lui verso la sua collega, che però non sembra dello stesso avviso.
 
«È fuori discussione. Abbiamo delle direttive ben precise, lasciar passare solo il ragazzo». Risponde però la strega. «Sono certa che potrà portare da solo il suo baule, come fanno tutti gli studenti quando arrivano ad Hogwarts».
 
«Non ti sembra di essere un po’ troppo rigida Cordelia?»
 
«Niente affatto Claudius. Solo lui, sono gli ordini».
 
Poi una luce verde ed i due Auror cadono a terra.
 
«Che diavolo avete combinato!?» Urlo ai due elfi.
 
«La strega aveva capito tutto Draco, era l’unica soluzione». Dice uno dei due mollando a terra il baule ed il micio, che scappa via nel buio.
 
Gli elfi, o per meglio dire, Rowle e Gibbon trasformati in elfi con la Pozione Polisucco, si sporgono di nuovo fuori dal cancello e fanno un fischio. Si materializzano Bellatrix, papà, Yaxley, Greyback ed i fratelli Carrow.
 
«Avevate detto che nessun altro sarebbe morto!» Urlo di nuovo io per poi essere colpito sul collo dal bastone di papà.
 
«Cose che capitano, Draco». Commenta Bellatrix mandando in fumo i corpi dei due Auror con un colpo di bacchetta. «Bene, ricordate tutti il piano? Draco, Rowle e Gibbon entrerete dall’ingresso principale, con queste sembianze nessuno dovrebbe mettervi i bastoni fra le ruote. Noi intanto andremo al campo da Quidditch e useremo il passaggio segreto che ci porterà sotto la Torre di Astronomia. Per poter uscire allo scoperto però dovremo assicurarci che non ci siano intralci alla fine del tunnel, quindi voi tre dovrete liberarvi di qualsiasi ostacolo». Liberarvi? «A quel punto io e Draco saliremo sulla Torre e lanceremo il Marchio Nero. Silente penserà che qualche studente sia stato ucciso ed accorrerà di sicuro». Poi sorride. «E quella sarà la sua fine».
 
«Perché devo salire anche io sulla Torre?» Chiedo di impulso.
 
Zia Bellatrix si avvicina a me e mi stringe una mano sulla spalla, poi mi sussurra all’orecchio. «Se il Signore Oscuro penserà che anche tu hai collaborato alla morte del vecchio, forse sarà meno incline a liberarsi di te e di quell’inetto di tuo padre. Lo sto facendo per te, nipotino».
 
Poi mi spinge via e si incammina verso il suo obiettivo, il campo da Quidditch, lasciando me e i due Mangiamorte trasfigurati in elfi da soli. Mi giro di nuovo a guardare Hogwarts e non posso fare altro che sperare con tutto me stesso che la Granger sia al sicuro nel suo dormitorio.
 
Mi dispiace davvero, non ho altra scelta.
 
 
Io e Ginny camminiamo incessantemente avanti e indietro lungo il corridoio dei Sotterranei, in silenzio. Ogni tanto la vedo lanciarmi delle occhiate fugaci, come se mi stesse tenendo d’occhio.
Dopo la partenza di Harry, abbiamo radunato gli altri membri dell’ES e ci siamo divisi per sorvegliare la scuola. Io e Ginny siamo state assegnate ai Sotterranei, in prossimità degli alloggi di Piton. Ma più di Piton, Ginny sembra interessata a sorvegliare me.
 
«Ginny se hai qualcosa da dire, sputa il rospo». Le dico schiettamente io.
 
Per un attimo credo di averla spiazzata. «Non che questo sia il momento migliore per discuterne». Inizia lei rispondendomi a tono. «Ma sto ancora aspettando le tue scuse».
 
«Le mie scuse? Guarda che io mi sono scusata».
 
«No, non è vero. Hai detto di averci mentito, di non meritare il nostro affetto, ma non ti sei mai scusata. Soprattutto non con me. Abbiamo condiviso così tanto insieme, Hermione, sei stata la prima a cui ho confidato la mia cotta per Harry e tu invece mi hai tenuto nascosta questa parte della tua vita».
 
«Va bene, mi dispiace». Mi arrendo io.
 
«Si certo, come no. Si sente che sono scuse finte». Replica la rossa.
 
«E va bene, mi hai scoperta!» Esclamo io fermandomi. «Non mi dispiace per niente! Voi tre eravate tutti complici con il Quidditch e le vostre cotte, tutti determinati a sconfiggere Lord Voldemort appena usciti da scuola ed io mi sentivo un pesce fuor d’acqua! Hai la minima idea degli incubi che ho avuto dopo quell’esperienza ad Hogsmeade?»
 
«No, non ce l’ho, perché quando abbiamo provato a parlartene tu ti sei tirata indietro. Hai dato per scontato che nessuno di noi ti avrebbe capita e ti sei chiusa in te stessa. Anche io, Harry e Ron abbiamo paura, cosa credi? Che non vediamo l’ora di gettarci nel braccio della morte? Se fossi stata sincera con noi, se fossi stata onesta su quello che ti stava capitando, non avresti dovuto cercare la compagnia di quel filo-Mangiamorte di Malfoy!»
 
«Se voi aveste cercato di capire…» Ma non riesco a portare a termine la frase, perché sento qualcosa graffiarmi la gamba. Mi volto verso il basso. «È il gatto di Malfoy!»
 
«Cosa? Questo?» Chiede Ginny chinandosi sul micio. «Cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere col furetto?»
 
«A meno che lui non sia…»
 
Ginny mi capisce al volo e si lancia in una corsa velocissima. «Dobbiamo trovare Ron! Ha lui la Mappa del Malandrino!»
 
La seguo correndo, in direzione del portone di ingresso, che Ronald dovrebbe sorvegliare insieme a Neville. Quando arriviamo però è già troppo tardi, i due ragazzi sono stesi a terra.
 
«Ron! No!» Urla Ginny lanciandosi sul corpo del fratello e poggiando un orecchio sul suo petto. «Oh… Grazie al cielo… È vivo! È ancora vivo!»
 
«Sembra che siano stati Schiantati». Dico io auscultando il cuore di Neville.
 
Vedo Ginny prendere la Mappa del Malandrino dalla tasca di Ron, è aperta e mostra la scuola, deve aver visto Malfoy entrare ad Hogwarts ed aver provato ad affrontarlo. Ginny consulta la Mappa. «Avevi ragione Hermione, ecco Malfoy, si trova alla Torre di Astronomia, con lui ci sono anche tre tizi che non ho mai sentito nominare».
 
Mi avvicino anche io alla Mappa per dare un’occhiata. Le targhette riportano i nomi di Draco, di un certo Gibbon, Rowle e di… «È sparito! Il quarto nome è sparito!»
 
«Scommetto che si trattava di un Auror… devono averlo…» Sussurra Ginny guardando la Mappa ancora un istante. Poi la chiude di scatto. «Dobbiamo andare!»
 
«No!» Dico io. Dannati Weasley e il loro coraggio sfrontato. «Non è prudente! Hai visto che fine hanno fatto Ron e Neville? Dobbiamo dare l’allarme, chiamare aiuto. Altrimenti se anche noi venissimo Schiantate, o peggio, i Mangiamorte continuerebbero a girare per il castello senza che nessuno sospetti di nulla!»
 
Ginny sembra rifletterci su, ma alla fine si decide a darmi retta. «Va bene, allora andiamo a cercare la McGranitt».
 
 
«Sta procedendo tutto liscio come l’olio!» Gioisce Bellatrix uscendo dal passaggio segreto e ammirando il cadavere dell’Auror ucciso da Gibbon. «Bene Draco, è arrivato il tuo momento! Sali in cima alla torre e lancia il Marchio Nero! Noi resteremo qui a stregare l’ingresso, così nessun ficcanaso potrà passare. Io ti raggiungerò tra poco».
 
Eseguo, ormai è impossibile tirarsi indietro. Mentre salgo le scale a chiocciola della Torre di Astronomia ripenso agli Auror che sono morti nel tentativo di fermarci. Anche loro, come me, avranno avuto una famiglia che amavano e che volevano proteggere. Forse, se conoscessero la mia storia, saprebbero perdonarmi. Ma ne dubito.
 
Una cosa buona però l’ho fatta. Ho Schiantato Lenticchia e Paciock. Almeno così sono riuscito ad evitare che Rowle gli lanciasse contro l’anatema che uccide. Mi chiedo cosa ci facessero in giro a quest’ora, sembravano puntare proprio l’ingresso… Non è che ci stavano aspettando? Forse sanno che siamo qui, magari grazie alla mappa magica di Potter. Se così fosse, è possibile che abbiano avvisato qualcuno. Forse i Professori e gli altri Auror arriveranno presto per fermarci!
 
Arrivo in cima alla Torre più alta del castello e mi sporgo dai bastioni merlati. È talmente buio che non riesco a vedere nulla. Forte della speranza che qualcuno possa riuscire a fermare questo folle piano prima che sia troppo tardi, punto la bacchetta verso il cielo. «Morsmordre!»
 
Un lampo si libera verso l’alto, esplodendo in una nube di scintille argentee. Dalla nebbia argentata, emerge un vivido teschio smeraldo con la lingua di serpe, che si staglia nel cielo come presagio di morte.
 
Rimango ad osservarlo, ma dopo pochi istanti un dubbio si impadronisce di me: e se avessero avvisato lei?
Se Weasley e Paciock avessero avvisato Potter e gli altri loro amichetti invece dei professori? Se adesso, sulle nostre tracce, ci fosse la Granger?
 
Mi precipito giù dalle scale a chiocciola, tanto ormai il mio lavoro l’ho fatto, non hanno più bisogno di me. Posso andare a cercarla, posso… A metà della mia discesa però alle mie orecchie sopraggiungono i suoni di una battaglia: siamo stati scoperti.
 
«Draco, che ci fai qui?» Dice Bellatrix incrociandomi sulle scale. «Hai fatto quello che dovevi?» Io annuisco. «Bravissimo. Ora andiamo, non abbiamo ancora finito». Dice con un tono che non ammette repliche.
 
Mentre risaliamo, una parte di me vorrebbe tornare indietro, assicurarmi che lei non si trovi nel bel mezzo dello scontro, ma un’altra parte sa che questo decreterebbe la fine della famiglia Malfoy. Inoltre, è molto probabile che lei non stia in giro come Weasley e Paciock, d’altronde loro hanno tagliato i ponti con lei dopo averla scoperta nella Stanza delle Necessità insieme a me.
 
Ma chi prendo in giro? Stiamo parlando di Hermione Granger. Forte, coraggiosa e che adora infrangere le regole. Sicuramente sta combattendo con tutta sé stessa per impedire che qualcuno possa far male ai suoi amici, anche quelli che le hanno voltato le spalle. Ed io invece che sto facendo? Sto spianando la strada agli assassini di mia madre, scavalcando i cadaveri delle loro vittime senza guardarmi indietro. Sono un vigliacco, solamente un…
 
«Expelliarmus!»
 
È successo tutto in un lampo: aperta la porta in cima alle scale, Albus Silente era lì e Bellatrix, più veloce di una saetta, è riuscita a disarmarlo.
Non so come sia riuscito a raggiungere la Torre, non so nemmeno come abbia potuto farsi cogliere così alla sprovvista. Fatto sta che adesso il preside si trova di fronte a noi, disarmato e completamente vulnerabile. Il piano ha funzionato e ci ha condotti esattamente dove voleva Bellatrix.
 
«Buonasera Bellatrix e anche a te, Draco». Ci saluta cordialmente il preside.
 
«Sei solo, vecchio?» Chiede zia Bellatrix guardandosi intorno.
 
«Come puoi vedere, non c’è nessun altro qui con me. Sono solo. Voi invece sembrate aver portato dei rinforzi». Perché diavolo il preside non sembra affatto spaventato? Avrà in mentre qualcosa? E perché Bellatrix non l’ha ancora ucciso?
 
«Sì, siamo entrati nella tua preziosa scuola, proprio sotto il tuo naso. Gli altri sono sotto a fare fuori tutti i tuoi leccapiedi. E tu adesso farai la loro stessa fine!»
 
«Bè, allora dovreste fare in fretta. Sappiate che i miei leccapiedi potrebbero sorprendervi».
 
Bellatrix ride, di una risata sguaiata e priva di allegria. «Ti piacerebbe vero? Avere una morte rapida e pietosa! Beh, non l’avrai. Crucio!»
 
Silente si accascia a terra e si contorce in una morsa di dolore. Urla, urla ancora. Quello che conoscevo come un uomo composto, bonario ma, a modo suo, intimidatorio, adesso sembra solo un povero vecchio indifeso, incapace di proteggersi dalle torture del suo aguzzino.
Ora capisco cosa ha trattenuto Bellatrix: la vanità. Vuole gustarsi il suo momento di gloria. Vuole umiliare il preside, sentirlo implorare pietà.
 
Ma nonostante il dolore, Albus Silente non implora pietà. «È questo che hai fatto a tua sorella Narcissa? Eh, Bellatrix? L’hai torturata prima di ucciderla? State minacciando anche il giovane Draco, non è così?»
 
Rimango pietrificato. Quindi anche Silente sospettava dei Mangiamorte. E allora perché non ha fatto niente? Perché ha permesso che mia madre subisse questo orribile destino?
 
«Stai zitto vecchio! Non sai quello che dici!» Urla Bellatrix colpendolo di nuovo.
 
Il preside si piega su sé stesso in una posizione innaturale. «Draco, non farti ingannare da loro. So che tu hai dei buoni sentimenti. So che non sei un assassino. Non hai fatto del male a nessuno, vero? Pensa alle tue alternative!»
 
Le mie alternative? Io non ho alternative! Hanno già ucciso mia madre, uccideranno anche papà e infine si libereranno di me!
 
«Non starlo a sentire, Draco». Mi dice la zia senza smettere di colpire il preside. «Sai che non avrei mai fatto del male a tua madre. Siamo una famiglia, non permetterò che tu venga ucciso».
 
Guardo Bellatrix e, anche se può sembrare contro ogni logica, le credo. Non so se per via della sicurezza con cui ha parlato o per tutte le volte che l’ho vista sorridere di nascosto a mia madre, ma non mente quando dice che non le avrebbe mai fatto del male, ne sono certo.
Per quanto diversa, la nostra è davvero una famiglia: come mamma si è sacrificata per me e come io mi sono prostrato a questo inferno per proteggere papà, sento che anche zia Bellatrix non vuole che mi sia fatto alcun male.
Al contrario, non provo alcuna emozione verso il vecchio preside che per anni ha umiliato me e i miei compagni, portando sul palmo di una mano solo gli studenti verso cui provava un briciolo di simpatia. Non provo niente per quell’uomo che decanta i valori di altruismo e misericordia, ma che ha lasciato che la mia famiglia venisse torturata e decimata senza muovere un dito.
 
Eppure… Stupeficium!
 
Lancio l’incantesimo non-verbale e Bellatrix viene sbalzata via, perdendo i sensi.
 
Tremo, osservando il corpo di mia zia steso a terra. Non so nemmeno spiegare cosa mi abbia portato a questa scelta, sentivo solo che era la cosa giusta da fare. Ma a che prezzo? I Mangiamorte adesso ci raggiungeranno ed io verrò ucciso ed insieme a me anche papà.
 
Guardo Silente, troppo debole per riuscire a rialzarsi. «Dov’è la sua bacchetta?»
 
Il preside indica i bastioni: la bacchetta è caduta di sotto. È la fine. Non sarò mai in grado di affrontare da solo tutti i Mangiamorte. Vedo a terra una scopa: allora è così che arrivato fin sopra la Torre senza che lo vedessimo! Mi lancio a recuperarla, ma non riesco a fare in tempo. La porta della Torre di Astronomia si spalanca e Severus Piton fa il suo ingresso, insieme a tutti gli altri Mangiamorte.
 
«Cosa è successo qui?» Chiede Amycus, osservando il corpo di Bellatrix a terra.
 
Io apro la bocca cercando di elaborare rapidamente una spiegazione, ma il preside mi precede. «Il giovane Draco mi ha disarmato». Dice, riuscendo con non poca fatica ad alzarsi in piedi. «Lo avete addestrato bene direi. Lo stesso non si può dire della vostra collega, che ho facilmente schiantato appena entrata». Lui mi sta… proteggendo.
 
«E bravo il nostro Draco!» Commenta Greyback dandomi una pacca sulla spalla. Il contatto con quel mostro mi fa accapponare la pelle.
 
Anche Amycus di avvicina a me. «Beh, se siete tutti d’accordo, direi che spettano a Draco gli onori!»
 
Tutti i Mangiamorte scuotono convinti la testa. È deciso: dovrò sferrare io il colpo di grazia contro Albus Silente.
Guardo di nuovo il preside, che mi osserva senza un briciolo di paura negli occhi. Spero che dica qualcosa, qualunque cosa che possa riuscire a liberarmi da questa orribile posizione. La prego preside, mi salvi.
 
«Ora, Draco, sbrigati». Mi sussurra Alecto nell’orecchio.
 
Il preside non si muove, non dice nulla.
 
«Avanti, Draco, fallo!» Dice Greyback scuotendomi.
 
Nessuno mi salverà.
 
«Draco…» Dice mio padre avvicinandosi a me. «Fallo per la nostra famiglia».
 
Devo farlo…
 
«Ora basta perdite di tempo». Interviene Piton scansandomi e parandosi di fronte al preside. «Avada Kedavra!»
 
Uno zampillo di luce verde schizza dalla punta della bacchetta di Piton e colpisce Silente in pieno petto, che viene scagliato in aria. Per un istante, l’anziano stregone sembra sospeso sotto il teschio lucente, poi cade lentamente all’indietro, oltre le merlature. E scompare.
 
Io rimango imbambolato a guardare il parapetto, senza riuscire a credere a ciò che ho appena visto. «Fuori di qui, sbrigatevi». Ordina Piton prendendomi per il colletto e spingendomi oltre la porta.
 
 
Chiamare la McGranitt è stata la mossa giusta. In pochi istanti è riuscita a radunare tutti i membri dell’Ordine e a dare inizio alla controffensiva per cacciare via i Mangiamorte dalla scuola.
 
Al resto ci ha pensato la Felix Felicis. Io e Ginny ci siamo fatte largo nel cuore della battaglia, schivando agilmente tutti i colpi nemici e affiancando Bill, Tonks, Lupin ed i professori nell’assalto.
Quando abbiamo raggiunto la Torre di Astronomia, però, abbiamo trovato l’accesso sbarrato da una barriera stregata. Sia Vicious che Luna hanno provato ad attraversarla, ma entrambi sono stati scagliati indietro. Solo Piton è riuscito ad attraversarla.
 
Poi, sbucando da dietro la barriera, un Mangiamorte dall’enorme stazza e due elfi domestici si sono lanciati nella mischia, sparando fatture dappertutto con lo scopo di colpire più nemici possibili. Da quel momento in poi è stato il caos.
 
«Hermione, dietro di te!» Alle parole di Ginny mi volto, giusto in tempo per difendermi da una maledizione scagliata da uno dei due elfi.
 
«Grazie!» Urlo lanciando a mia volta un Incanto Reducto su un Mangiamorte dai tratti… ferini.
 
Senza che me ne accorgessi, gli sfidanti sono moltiplicati e la barriera magica è sparita. Devono aver concluso il loro compito. Guardandomi intorno mi accorgo che a combattere sono rimasti i due elfi, il Mangiamorte dall’aspetto bestiale, ed una donna che non ho mai visto prima.
 
Il Mangiamorte bestia si getta su Bill Weasley, mentre la donna lancia un anatema contro Lupin, che lo devia abilmente. Ginny riesce ad evitare tutte le maledizioni dei due elfi, colpendoli in pieno con una Fattura Orcovolante. Io riesco a colpire quello grosso, impedendogli per un po’ di lanciare incantesimi alla rinfusa. Posso finalmente riprendere fiato.
 
Lui dov’è?
 
Sono certa che ci sia anche Malfoy da qualche parte. Se non è qui allora può significare solo una cosa: questo è soltanto un diversivo, studiato ad hoc per permettere agli altri Mangiamorte di darsela a gambe. Ma io non lo permetterò. Non lascerò che quel verme scappi di qui come se nulla fosse, non dopo aver fatto del male ai miei amici.
 
Mi lancio lungo il corridoio, ignorando le esplosioni dietro di me ed i richiami degli altri. Non riesco a sentire altro che i miei passi ed il mio cuore martellante. Supero un gruppo di Tassorosso sconvolti in pigiama, e corro fino all’ingresso principale. Lo trovo spalancato: i Mangiamorte devono essere scappati di qui.
 
«Hermione!» Anche Harry mi raggiunge, trafelato.
 
«Harry! Che ci fai qui?»
 
Ma lui non mi risponde, mi supera e si lancia all’inseguimento dei Mangiamorte. Io lo seguo a ruota.
La fredda aria notturna del parco mi lacera i polmoni e la fitta nel petto è come fuoco, ma ne vale la pena: i profili dei Mangiamorte si delineano all’orizzonte, siamo ancora in tempo.
Questi però si dividono in due gruppi, forse per seminarci più facilmente: uno si dirige dritto verso l’ingresso, l’altro devia verso la capanna di Hagrid.
 
«Io prendo Piton, tu pensa a Malfoy!» Mi urla Harry senza smettere di correre.
 
Solo ora riesco a distinguere le sagome dei Mangiamorte. Da una parte ci sono Piton, Bellatrix, trasportata in aria tramite un incantesimo, ed un terzo Mangiamorte mai visto prima, dall’altra ci sono Malfoy e suo padre. Corro nella loro direzione, decisa più che mai a fargliela pagare.
 
Bombarda! Il mio incantesimo non verbale si scaglia sotto i piedi di Lucius Malfoy, facendogli perdere l’equilibrio e cadere al suolo. Pietrificus Totalus! Anche il secondo incantesimo lo colpisce, bloccandolo faccia a terra senza possibilità di muoversi.
 
Prima che si accorga di cosa stia accadendo, lancio un Depulso anche su Draco che però, straordinariamente, genera uno scudo che deflette il mio incantesimo. Tutto il resto accade in un istante.
 
Malfoy si volta verso di me.
 
Incrocia il mio sguardo.
 
Un movimento della sua bacchetta.
 
Ed un’intensa luce mi investe.
 


 
 
Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!

Come va? So di avervi fatto aspettare più del solito con questo capitolo, mi dispiace di aver perso un po’ della mia puntualità Svizzera con le pubblicazioni, ma si sta avvicinando l’estate e le scadenze al lavoro sono parecchie.

Inoltre ci tenevo a fare un buon lavoro con questo capitolo.
 
Allora? Che ne pensate?
Vi lascio con il fiato sospeso ancora una volta, spero mi perdonerete!
Che ne pensate delle scelte di Draco finora? Purtroppo si trova davvero tra l’incudine ed il martello, però al contrario dei libri, nella mia storia riesce, seppur in minima parte, ad opporsi al volere dei Mangiamorte. Forse proprio grazie all’influenza positiva di Hermione!
Certo, non ce lo vedevo proprio a compatire Silente o a schierarsi dalla sua parte in tutto e per tutto. D’altronde non è che tra lui e Silente si sia creato un legame come con Harry, Ron o Hermione!

 
Ma lascio a voi i commenti!
Io intanto vi ringrazio per tutte le belle recensioni e per continuare ad aggiungere la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate. Ricevere i vostri feedback mi riempie sempre di gioia ed è quello che la sera dopo una giornata di lavoro mi fa mettere seduta alla scrivania a portare un pochino avanti la storia!
Grazie davvero!
 
Flami151

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XXIII


10 Giugno 1997:
 
Malfoy si volta verso di me.
 
Incrocia il mio sguardo.
 
Un movimento della sua bacchetta.
 
Ed un’intensa luce mi investe.
 
Incapace di schivare il colpo, chiudo gli occhi, in attesa che l’incantesimo mi travolga spazzandomi via. Ma questo non accade. Apro prima un occhio, poi l’altro e vedo il profilo del Serpeverde di fronte a me, ancora con la bacchetta alzata. Non sta guardando me, ma un punto alle mie spalle.
 
Mi volto: un uomo in maschera è steso a terra. Malfoy non ha cercato di colpirmi, lui mi ha protetta.
 
«Grazie…» Dico con voce tremante. Solo adesso mi accorgo di quanto abbia avuto paura finora. Di quanto mi abbia spaventata fronteggiare da sola i Mangiamorte, senza i miei amici a coprirmi le spalle.
 
Malfoy scuote la testa. «Non merito la tua gratitudine». Dice, rimanendo in piedi a protezione del corpo di suo padre, ancora pietrificato dal mio incantesimo. «Quello che è successo… è colpa mia… è grazie a me se sono entrati… è a causa mia se…» Faccio un passo nella sua direzione ma lui indietreggia. «Non avvicinarti…» Dice tenendo alta la bacchetta.
 
Io però non demordo, avanzo di un altro passo. Scopro di non avere più alcuna paura, di aver riacquistato tutta la mia forza dal momento in cui lui ha posato di nuovo i suoi occhi su di me. Quegli occhi grigi che per anni mi sono sembrati così freddi, ma nei quali adesso riesco a scorgere un’anima che brucia viva e ardente. E, proprio come una falena, il fuoco di Malfoy mi attira verso di lui, costringendomi ad avvicinarmi ancora verso quella fonte di calore, così pericolosa e al tempo stesso così rassicurante.
 
«Draco… Ti prego, ascoltami». Faccio un altro passo verso di lui. «Avevi ragione tu: Marchio Nero o no, non fa alcuna differenza. Io so chi sei, Draco Malfoy, e questo mi basta. Sei un ragazzo che rischierebbe la vita per proteggere le persone che ama: hai impedito a quel Mangiamorte di colpirmi alle spalle e stai continuando a proteggere tuo padre da me. Per questo so che non avresti mai voluto niente di tutto questo, perché al contrario di quello che dici, tu ami questa scuola: ami sorvolarne le torri con la scopa, sgattaiolare attraverso i suoi passaggi segreti, girovagare di notte per i corridoi. So che non avresti voluto farle del male».
 
Avanzo ancora e questa volta lui non si muove, ma non smette di puntarmi contro la bacchetta.
 
«Ormai è troppo tardi…» Sussurra.
 
«No, non è vero! Sono riuscita ad avvisare gli insegnanti in tempo e loro hanno chiamato gli Auror. Ed è stato merito tuo: è stato il tuo gatto a venire da me, appena l’ho visto ho capito che eri tornato, che avevi bisogno del mio aiuto. Non è successo niente di irreparabile. Puoi ancora tornare sui tuoi passi. Noi ti proteggeremo, proteggeremo tuo padre se lo vorrà, Silente vi aiuterà se solo…»
 
«Silente è morto».
 
Le parole del Serpeverde, lapidarie, mi trafiggono come una lancia.
 
«Cosa…?»
 
«SILENTE È MORTO!» Ripete di nuovo lui indicando il Marchio Nero che risplende sopra la Torre di Astronomia.
 
«Non… non è possibile… Lui ed Harry sono partiti solo poche ore fa… Ti stai sbagliando».
 
«L’ho visto con i miei occhi. Ero lì. Piton lo ha ucciso… ed io non ho fatto niente per impedirglielo». Mi risponde lui col volto distorto da rimorso.
 
Piton? Piton ha davvero…? Quindi per tutto questo tempo lui… È per questo che Harry lo stava inseguendo? Anche lui avrà visto…? Per un istante sento la terra cadermi sotto i piedi e le forze abbandonarmi. E quest’unico momento di incertezza mi costa caro, perché Lucius Malfoy riesce a liberarsi dal giogo del mio incantesimo e ad alzarsi di nuovo in piedi.
 
«Sciocca ragazzina». Commenta lui con un ghigno sulle labbra. «Pensavi davvero che Severus fosse dalla vostra parte? Anzi, credi davvero che Draco possa mischiarsi con gente come voi? Draco sa bene qual è la sua vera famiglia, la sua vera casa, di certo non questo ammasso di ruderi che tu chiami scuola».
 
Sguaina la sua bacchetta e anche io, ma Malfoy è più veloce e si mette nel mezzo.
 
«Fermati!» Urla verso suo padre.
 
Lucius Malfoy rimane interdetto, guardando suo figlio come se non lo riconoscesse. «Draco scansati».
 
«No». Risponde lui categorico.
 
«È una Sanguemarcio! Cosa credi che dirà il Signore Oscuro quando saprà che l’abbiamo lasciata in vita?»
 
«Il Signore Oscuro? Tu davvero vuoi tornare da Lui?» Chiede Malfoy alzando la voce. «Dopo quello che ha fatto alla mamma? Sai bene che è stato Lui ad ucciderla! L’ha ammazzata e voleva fare lo stesso con te! Ti avrebbe lasciato marcire ad Azkaban se non gli fossi servito come strumento di ricatto per costringermi a sporcarmi le mani!» Il suo viso, solitamente così pallido, ora è scarlatto. «Abbiamo ucciso un uomo, stanotte! Abbiamo messo a rischio la vita di centinaia di ragazzi, dei miei amici! E l’ho fatto solo per te! Come puoi anche solo pensare di tornare da Lui?»
 
«Draco, so che sei sconvolto, questa missione ti ha provato, lo capisco… Ma quella è la nostra casa. Lì c’è la nostra famiglia…»
 
«Tu e la mamma siete la mia famiglia!» L’urlo di Malfoy è straziante.
 
Per un istante rimaniamo tutti in silenzio. Sarebbe il momento giusto per attaccare, o magari per fuggire, ma non riesco proprio a muovermi. Il pensiero del serpente argentato che striscia in cielo sopra al corpo di Albus Silente mi pietrifica, rendendomi incapace di agire.
Penso ad Harry, alla sua folle corsa dietro a Piton, e solo adesso mi accorgo che proprio lì, nella direzione in cui si è precipitato a perdi fiato, una nube di fumo si sta disperdendo nell’aria. Che sia la capanna di Hagrid?
 
«Figliolo…» Riprende Malfoy Senior. «Tua madre credeva nella nostra causa. Quello che hai fatto qui, stasera, l’avrebbe resa molto orgogliosa».
 
«Sono tutte cazzate!» Urla ancora il biondo. Non l’ho mai visto così provato. «La mamma non voleva questo per me! È per questa ragione che è stata uccisa, perché non voleva che io diventassi un Mangiamorte come te! Lei aveva capito che tutte le favole sulla purezza del sangue erano un mucchio di stronzate! Che l’unica cosa che spinge il Signore Oscuro ad andare avanti è il potere! E non appena smetteremo di essergli utili si sbarazzerà di noi, Purosangue o no!»
 
«È per questo che non possiamo smettere di servirlo! Lo capisci Draco?» Adesso anche Lucius Malfoy sta urlando. «Credi forse che io non sia arrabbiato per quello che è successo a tua madre? Che non me ne importi niente? Ma non posso permettere che accada la stessa cosa anche a te!»
 
«Se tornerò indietro, è esattamente quello che accadrà».
 
«Non dire assurdità».
 
«È così invece!» Vedo il profilo di Malfoy iniziare a tremare, forse per lo sforzo di trattenersi dal piangere. Ma la sua voce rabbiosa lo tradisce. «Quello che ha detto Silente, che sono riuscito a coglierlo di sorpresa e a disarmarlo, era una cazzata! È stata zia Bellatrix a disarmarlo, io invece le ho impedito di ucciderlo, schiantandola!»
 
Il mio cuore fa una capriola. Allora è vero… Draco non è un assassino, non è un Mangiamorte! Allora è vero che ama questa scuola… Non mi ero sbagliata su di lui!
 
Lucius Malfoy però non sembra altrettanto felice. I suoi occhi sono sbarrati e la sua mascella è tirata. «Tu… come hai osato? Attaccare il sangue del tuo sangue…»
 
«Sangue del mio sangue? Credi forse che Bellatrix non fosse presente quando la mamma è morta? Anche lei è complice, come tutti i tuoi compagni. E quando riprenderà conoscenza sai cosa ne sarà di me? Raggiungerò mia madre sottoterra, in quella squallida buca senza nemmeno una lapide!» Il sole inizia a sorgere, illuminando due piccole lacrime che si fanno strada sul viso di Malfoy. «Ma noi possiamo andarcene insieme, papà. Possiamo scappare dal Signore Oscuro, in un posto in cui non ci troverà mai. Ti proteggerò io, te lo prometto… Non posso perdere anche te».
 
Il Signor Malfoy, finalmente, ripone la bacchetta. Per la prima volta in vita mia lo vedo spogliarsi del suo solito sguardo sprezzante e indossarne uno nuovo, più dolce e umano. Si fa avanti, avvicinandosi a suo figlio e posandogli una mano sulla spalla, un gesto che negli anni gli ho visto fare molte volte, ma che questa volta in particolare sembra assumere una connotazione diversa: non autoritaria e dominante, bensì amorevole e sincera.
 
«Mi dispiace, Draco». E con queste parole Lucius Malfoy se ne va, voltando le spalle a suo figlio ed incamminandosi verso l’alba.
 
 
Papà se ne è andato. Io avrei sacrificato tutto per lui, e lui mi ha abbandonato.
 
Lo vedo smaterializzarsi oltre i confini di Hogwarts, senza mai guardarsi indietro. Il sole comincia a farsi alto nel cielo e tutto ciò che riesco a vedere ormai all’orizzonte è l’ombra di un Ippogrifo, che vola in cerchio sopra il cancello della scuola. Non mi domando nemmeno cosa stia facendo, l’unica cosa che mi chiedo è cosa sarà di me adesso. Dove andrò? Come sopravviverò? Scapperò da solo per il resto dei miei giorni?
 
Una mano calda però si stringe intorno alla mia: la Granger è di fianco a me e mi guarda con sicurezza.
 
«Io non me ne andrò via, ti prego, non farlo neanche tu».
 
La sua voce è dolce come quella sera da Mielandia e le sue parole sono come una promessa recitata in un sussurro. Di nuovo, la sua sincerità e la sua dolcezza infrangono tutte le mie barriere, facendomi sentire al tempo stesso vulnerabile e protetto.
 
«Come puoi volermi restare accanto dopo tutto ciò che ho fatto?» Chiedo incredulo.
 
«Te l’ho detto: io lo so chi sei. Mi dispiace averne dubitato». Mi stringe la mano ancora più forte e mi guarda con i suoi occhi teneri e bellissimi. «Combatti al nostro fianco. Non posso garantirti che saremo al sicuro, ma posso prometterti che non sarai mai solo».
 
Io so chi sei. E come può saperlo, se neppure io ho idea di chi io sia? Ho vissuto un’intera vita da vigliacco, nascondendomi dietro al potere di mio padre, e nell’ultimo anno mi sono sentito così perso senza i miei genitori a proteggermi… Chi sono io senza la mia famiglia? Senza il mio potere?
Sei un ragazzo che rischierebbe la vita per proteggere le persone che ama. È davvero questo che sono?
 
La guardo ancora, pronto a dirle che si è fatta un’idea sbagliata di me, pronto a dirle addio. Ma non ci riesco. Ogni centimetro del suo corpo esprime determinazione, infondendomi un senso di sicurezza e regalandomi una forza che non credevo di poter possedere.
 
Non so se sarò mai l’uomo forte, coraggioso e altruista che vede lei, ma sento di volerci almeno provare.
 
«Se è davvero ciò che desideri… Resterò al tuo fianco Hermione. Te lo prometto». Ma le parole non bastano. Con la mano ancora stretta nella sua, mi avvicino al suo corpo minuto, cingendolo con l’altro braccio. Poggio la mia fronte sulla sua, mi concedo un secondo per ispirare il suo profumo e infine sugello la nostra promessa con un bacio.
 
Lei mi stringe, rispondendo al bacio prima con timidezza, poi con trasporto, aggrappandosi con forza a me.
Sento che la morsa che mi stava attanagliando il petto fino a questo momento allentare leggermente la sua presa, permettendomi finalmente di respirare. Potrei restare così abbracciato a lei all’infinito. Però, proprio come la prima volta, anche adesso il nostro bacio non è che fugace.
 
«Harry stava inseguendo Piton, forse ha bisogno di aiuto». Mi dice lei, riportandomi con i piedi per terra. Corriamo fino alla capanna del Mezzogigante, di Potter però non c’è traccia e nemmeno dei Mangiamorte. «Oh povero Hagrid…» La casa del Custode delle Chiavi è andata in fumo e adesso non restano altro che poche travi annerite dal fuoco.
 
«Forse Potter è rientrato al castello». Suggerisco io prendendola per mano e portandola via da quel triste spettacolo che tanto ricorda la vecchia bottega Scrivenshaft.
 
Quando arriviamo all’ingresso principale, gli uccelli in cielo hanno già iniziato a cinguettare e il sole si è ormai alzato al di sopra della cima degli alberi. Nell’androne gli studenti si accalcano, stringendosi gli un con gli altri tra singhiozzi, urla e gemiti, talmente rinchiusi nel proprio dolore da non fare alcun caso a noi: il Serpeverde e la Grifondoro che si fanno largo tra la folla mano nella mano.
 
«Signorina Granger! Ti abbiamo cercata dappertutto!» Ci metto qualche secondo ad individuare la fonte della voce: il Professor Vicious si fa strada tra le gambe degli studenti, venendoci incontro. «Vieni, andiamo in infermeria».
 
«Non sono ferita». Risponde lei osservando di sbieco il Professore.
 
«Ordini della McGranitt, sono tutti lassù…» Poi si volta a guardare me. «Signor Malfoy…»
 
«Lui è con me». Interviene la Grifondoro con sicurezza, stringendo la sua presa intorno alla mia mano.
Vicious si esibisce in una scrollata di spalle, poi ci fa strada verso l’infermeria. Mentre camminiamo Hermione continua a guardarsi intorno, impensierita. «Professore… gli altri stanno tutti bene? Qualcun altro è…?»
 
«I suoi amici stanno bene, se è questo a preoccuparla». Le parole del professore sono rassicuranti, ma la sua voce è spenta e atona, ben diversa dal suo solito tono frizzante e allegro.
 
Entriamo silenziosamente in infermeria, accostando la porta alle nostre spalle. Come anticipato da Vicious, lo scontro non sembra essersi lasciato dietro molti feriti. Solo tre letti sono occupati: due da Weasley e Paciock, mentre il terzo da un ragazzo dai capelli rossi che non ho mai visto prima d’ora. Intorno a loro ci sono Potter, la piccola Weasley con i suoi genitori, la Professoressa McGranitt, l’ex insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure Lupin, una giovane donna che non riconosco, una Corvonero dai capelli biondi e quella ragazza mezza Veela che ha rappresentato Beauxbatons al Torneo Tremaghi. Mi chiedo che ci faccia qui tutta questa gente e in che modo siano collegati.
 
Nessuno sembra fare caso alla nostra presenza, sono tutti troppo impegnati a ricostruire gli avvenimenti.
 
«Voglio dire… con la storia che aveva… chiunque avrebbe dubitato… ma Silente mi disse a chiare lettere che il pentimento di Piton era sincero… e non voleva sentir dire nulla contro di lui!» È la McGranitt a parlare, premendosi gli angoli degli occhi traboccanti di lacrime con un fazzoletto scozzese.
 
«È tutta colpa mia». Interviene la donna sconosciuta. «Quando Minerva mi ha chiamata sono corsa ad avvisare Piton perché venisse ad aiutarci! Se non l’avessi avvertito di cosa stava succedendo, forse non si sarebbe mai alleato con i Mangiamorte. Non credo che sapesse che erano qui prima che glielo dicessi…»
 
«Non è colpa tua, Tonks». La consola il Professor Lupin. «Avevamo tutti bisogno di aiuto… siamo stati tutti contenti di sapere che Piton stava arrivando».
 
Tonks? Non è il nome del Nato Babbano che ha sposato la zia Andromeda? Non è che per caso…?
 
«Hermione!» La piccola Weasley si è finalmente accorta della nostra presenza. Scatta in avanti per correrci incontro, ma non appena incrocia il mio sguardo si blocca.
 
L’intera stanza piomba nel più assoluto silenzio mentre tutti i presenti si voltano a guardarmi con astio. Il primo a muoversi però è Lenticchia, che si trascina fuori dalla brandina alzando i pugni. «Schifoso Mangiamorte io ti uccido!»
 
«Ronald fermati!» Urla sua madre cercando invano di trattenerlo.
 
«Questo maledetto bastardo ha schiantato me e Neville!» Urla lui avvicinandosi pericolosamente.
 
Istintivamente porto la mano alla bacchetta, ma Hermione me lo impedisce, afferrandomi il braccio. «Ron smettila, lui ha cercato di proteggervi! Se non vi avesse schiantati gli altri Mangiamorte vi avrebbero di certo ammazzati!» Urla lei, facendomi scudo col suo corpo. Ancora una volta mi sorprendo delle abilità deduttive della Grifondoro.
 
«Proteggerci? Ha portato lui quei mostri qua dentro! È colpa sua se Silente è morto!» La rabbia del rosso è incontrollabile e, senza troppi convenevoli, sposta di peso Hermione, mi afferra per la camicia e carica un pugno diretto verso la mia faccia.
 
«Ron ora basta!» Una voce si leva sopra quella di tutti gli altri, fermando Lenticchia un attimo prima di sferrare il suo colpo. Con mia grande sorpresa, si tratta della voce di Potter. «Malfoy è uno stronzo, ma non è responsabile della morte di Silente». Sentenzia con enorme serietà. Tutti gli altri nella stanza lo ascoltano concentrati. «Io ero lì, Malfoy, pietrificato sotto il Mantello dell’Invisibilità». Dice rivolgendosi direttamente a me. «Ti ho visto schiantare Bellatrix e cercare di raggiungere la scopa per portare in salvo Silente. I Mangiamorte volevano che fossi tu ad ucciderlo, hanno minacciato la tua famiglia… Ma tu non hai voluto, per questo è dovuto intervenire Piton».
 
Sento la presa di Weasley allentarsi e lasciarmi lentamente andare. I suoi occhi però continuano a bruciare di odio. Nessuno dei presenti sembra realmente convinto della versione di Potter, che a sua volta non sembra affatto felice della mia presenza. Io stesso inizio a chiedermi che diavolo ci faccio qui.
 
È Hermione a tirarmi fuori da questa situazione, facendosi avanti con grinta. «Malfoy è qui per darci una mano. Adesso è uno di noi».
 
Ancora silenzio. Solo dopo qualche istante di taciturna meditazione la McGranitt prende la parola. «Se le cose stanno davvero così, allora vorrei che mi raccontassi tutto quello che è accaduto stanotte, prima che arrivi il Ministro della Magia».
 
Io guardo verso Hermione, che mi annuisce incoraggiante.
Uno di loro… mi chiedo se sarà davvero possibile.
 
 
13 Giugno 1997:
 
Tutte le lezioni sono state sospese, tutti gli esami posticipati. Alcuni studenti sono stati portati frettolosamente via da Hogwarts dai genitori, altri invece si sono rifiutati di andarsene prima di dire addio a Silente.
 
Ai funerali ha partecipato uno straordinario assortimento di persone: sciatti ed eleganti, vecchi e giovani. Non ne ho riconosciuta la maggior parte, ma alcuni sì, compresi i membri dell’Ordine della Fenice: Kingsley Shackelbolt, Malocchio Moody, Tonks, Remus Lupin (mano nella mano con lei), i signori Weasley, Bill sorretto da Fleur e seguito da Fred e George. C’erano anche Madame Maxime, che occupava due sedie e mezzo, Tom, il padrone del paiolo magico, la vicina Maganò di Harry, Madama McClan del negozio di vestiti di Diagon Alley, la strega che spinge il carello dei dolciumi sull’Espresso per Hogwarts e tanti altri. C’era poi Rita Skeeter con il suo odioso block notes e la penna Prendiappunti. Infine, c’era il Ministro della Magia ed il Wizengamot al completo, compresa Dolores Umbridge, che ostentava sul volto da rospo una poco convincete espressione contrita.
 
Anche le creature magiche sembravano essere in lutto: le sirene ed i tritoni sono affiorati sulla superficie del Lago Nero per cantare in onore del defunto preside, i centauri si sono affacciati al delimitare della foresta a rendergli omaggio e persino Grop, il fratellastro di Hagrid, era presente.
 
Io, Harry, Ron e Ginny non ci siamo mai lasciati, neanche per un momento. Tutti i dissapori sono scomparsi nel momento stesso in cui abbiamo combattuto nuovamente fianco a fianco. Draco invece è stato in disparte, nascosto in ultima fila. Non sarà facile riuscire a farli collaborare.
 
Terminata la cerimonia, Ron e Ginny si sono rifugiati nel tiepido abbraccio della loro famiglia, lasciando me ed Harry da soli. Il suo viso è contrito, mentre stringe tra le mani il medaglione recuperato insieme al preside quella fatidica notte.
 
«Se sono avessi bevuto io quella pozione… Forse Silente sarebbe stato abbastanza forte da difendersi. Forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse adesso lui non sarebbe…»
 
Io stringo le mie mani attorno alle sue, nascondendo il falso Horcrux alla sua vista. «Silente sapeva quello che faceva, Harry. Tu hai fatto ciò che dovevi, non hai nulla di cui rammaricarti».
 
«Non lo so Hermione… Sento di averlo deluso, che deluderò tutti voi. Non so dove sia il vero medaglione, chi sia R.A.B., quali siano gli altri Horcrux e come distruggerli».
 
«Non è così». Dico io con sicurezza. «Silente ti ha preparato per questo momento. Il diario e l’anello sono stati distrutti e, chissà, magari R.A.B. è già riuscito a distruggere il vero medaglione. E poi sappiamo che quasi sicuramente gli altri Horcrux sono la coppa di Tassorosso, il serpente e qualcosa appartenuto a Grifondoro o a Corvonero».
 
Un sorriso poco convinto si stende sul viso del ragazzo con la cicatrice. «Mi sei mancata». Dice senza guardarmi negli occhi.
 
«Anche tu mi sei mancato. Ma non c’è motivo di affliggerci per ciò che è stato. L’importante è che adesso siamo di nuovo tutti insieme». Rispondo io cercando il suo sguardo.
 
«Non è così». Risponde lui. «Io ti devo delle scuse. Sei sempre stata un’amica sincera e leale e non avrei mai dovuto dubitare di te». Respira, riponendo il falso Horcrux nella tasca. «Non credo che riuscirò mai a provare simpatia verso Malfoy… ma se tu ritieni che sia degno di fiducia… allora ti credo».
 
Io gli sorrido e lo avvolgo in un abbraccio. Anche Ron e Ginny ci raggiungono poco dopo, stringendosi intorno a noi. «Non sopporto l’idea che potremmo non tornare mai più». Dico guardando il profilo del castello. «Come può Hogwarts essere chiusa?»
 
«Forse non lo sarà». Obietta Ron. «Non siamo più in pericolo qui che a casa, no? Ogni posto è lo stesso, ormai. Direi che Hogwarts è più sicura, ci sono più maghi dentro a difenderla. Cosa ne pensi, Harry?»
 
«Anche se riaprisse, io non tornerò». Dichiara il ragazzo con la cicatrice. «Tornerò ancora una volta dai Dursley, perché Silente voleva che lo facessi. Ma sarà una visita breve, e poi me ne andrò per sempre, forse a Godric’s Hollow, dove tutto è cominciato. Potrei far visita alla tomba dei miei genitori e, chissà, forse li troverò un Horcrux».
 
Cala il silenzio, interrotto dalla risata di Ron. «E credi davvero che ti lasceremo fare l’eremita tutto da solo? Noi ci saremo, Harry. Hermione verrà a stare alla Tana, dove potremmo proteggerla, e anche tu verrai a trovarmi… se noi saremo costretti a partecipare alle nozze di Bill e Fleur, allora anche tu dovrai esserci!»
 
«Già, non dobbiamo perdercelo». Aggiungo io, ridendo.
 
«Allora, verrai?» Chiede Ginny speranzosa.
 
Harry sospira, stringendo tra le mani il falso Horcrux. Poi sorride anche lui. «Certo che verrò! E poi…» Dice avvicinandosi con aria furba all’amico. «Non posso perdermi Ron che fa gli onori di casa a Draco Malfoy!»
 
Ridiamo tutti di gusto. Tutti tranne Ronald.
 
 
14 Giugno 1997:
 
Preparato il baule mi guardo per un’ultima volta allo specchio del dormitorio e sospiro: oggi inizia la mia nuova vita.
 
Sollevo il bagaglio e prendo in braccio il micio, che nasconde il suo piccolo muso grigio nella piega del mio gomito. Averlo con me mi dà un po’ di sicurezza. Mi chiedo ancora come abbia fatto ad avvertire Hermione del nostro arrivo ad Hogwarts. «Ha ragione la Granger, sei proprio strano». Gli dico dandogli un buffetto.
 
Salgo in Sala Grande, dove gli studenti rimasti sono in fila per tornare a casa attraverso il grande camino. La Granger sta abbracciando quel gran bestione di Hagrid. Devo iniziare ad abituarmi all’idea che da adesso in poi la mia vita includerà tutte quelle persone che un tempo ho disprezzato… I Weasley, Paciock, Potter e perfino il Mezzogigante. Dubito che riuscirò ad apprezzare tutti come sono riuscito ad apprezzare la Granger.
 
Cerco con lo sguardo i miei ex compagni di avventure, ma quasi tutti i Serpeverde hanno lasciato la scuola prima del funerale. Il pensiero che forse non rivedrò più nessuno di loro mi provoca una fitta al petto. In fondo, dopo tutti questi anni, mi sono affezionato a quei due brutti ceffi di Tiger e Goyle… Per non parlare di Pansy, tanto irritante quanto caparbia, forse avrei dovuto essere più buono con lei…
 
«Sempre con questo muso lungo! Quasi mi manca il Malfoy spaccone di un tempo!» L’inconfondibile voce di Nott mi riporta alla realtà, strappandomi un sorriso.
 
«Tu che ci fai ancora qui? Credevo te ne fossi andato giorni fa». Rispondo io.
 
«Non volevo perdermi… beh, sai di che parlo…» Dice abbassando lo sguardo.
 
«Perché non ti ho visto in dormitorio?» Chiedo allora io.
 
«Beh perché… ho dormito da un’altra parte…» Ammicca lui lanciando uno sguardo malizioso verso un gruppetto di studentesse in fila per il camino.
 
Guardando meglio riesco a distinguerne una: Tracey Davis! Allora aveva davvero una cotta per una Nata Babbana! Hai capito il timido e riservato Theodore Nott!
 
«Dove andrai adesso?» Gli chiedo io battendogli una pacca sulla spalla.
 
«Tornerò a casa». Risponde lui senza alcuna emozione nella voce. «Non credo di avere molta scelta».
 
«C’è sempre una scelta». Gli dico serio io.
 
Lui sorride amareggiato. «Beh, allora credo di non essere abbastanza coraggioso. Non come te, per lo meno». E così dicendo mi afferra a sua volta la spalla e mi sorride, stavolta sinceramente. «Sono sicuro che ci rivedremo, amico mio».
 
E così se ne va, attraversando le fiamme verdi che lo condurranno di nuovo tra le braccia dei Mangiamorte. Mi chiedo se avrei dovuto convincerlo a restare. Ma d’altronde Nott non è uno che agisce d’istinto: presa una decisione, non torna indietro.
Amico mio… È la prima volta che qualcuno si definisce mio amico… Credo che non capirò mai quel ragazzo.
 
«Sei pronto?» La Granger mi viene incontro. Com’è bella…
 
«Non sarò mai pronto per questo». Le rispondo, strappandole un sorriso.
 
«Dai, la Tana non è così male. Certo, non sarà spaziosa come il Malfoy Manor e non ci saranno elfi a servirti e condividerai gli spazi con altre dieci persone e dovrai abituarti ai rumori del ghoul di famiglia…»
 
«C’è pure un ghoul?» Chiedo io con tanto sconcerto da farla scoppiare in una risata.
 
«Vedrai che andrà bene, la Signora Weasley sa come far sentire a casa gli ospiti». Mi dice dandomi una discreta carezza.
 
«Se lo dici tu». In fondo, finché ci sarà lei con me, sento di non temere nulla. Forse sto diventando davvero coraggioso come dice Nott. «Tu piuttosto… sei sicura di non voler tornare dai tuoi genitori?»
 
Lei scuote la testa. «Se mi vedessero tornare con due settimane di anticipo farebbero troppe domande… non voglio coinvolgerli. Tornerò il primo di luglio, proprio come si aspettano». Qualcosa nel suo sguardo si fa tetro, mi chiedo cosa stia pensando.
 
Non faccio in tempo a chiederlo però che il Mezzogigante ci raggiunge. «Tutti gli altri studenti se ne sono andati, è il vostro turno». Dice rivolto ad Hermione e ben attento a non incrociare il mio sguardo… No, non sarà affatto facile.
 
Ci stringiamo uno accanto all’altra nel camino sotto gli occhi attenti del Custode e della McGranitt, che salutano Hermione con un cenno del viso. Lei stringe la sua mano intorno al mio braccio mentre con l’altra afferra una manciata di Metropolvere, che fa cadere con decisione.
 
«LA TANA!»
 
Veniamo avvolti dalle fiamme. Un rombo assordante mi preme nelle orecchie e la familiare sensazione di girare vorticosamente mi trascina nello spazio e nel tempo, facendomi atterrare a destinazione. In un primo momento, lo scintillio scoppiettante del fuoco mi abbaglia, costringendomi a chiudere gli occhi: tutto ciò che percepisco intorno a me è il caldo tepore del focolare casalingo, la presa di Hermione che si fa più debole, lasciandomi dolcemente il braccio, un delizioso profumo di stufato e una voce familiare…
 
«Siete arrivati, finalmente».
 
Mamma.
 


 

Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
 
Sorpresa!!!! Chi si aspettava questo grande ritorno? Qualcuno aveva colto gli indizi? Ebbene sì, Narcissa non ci ha mai lasciati! So che molti di voi sono rimasti molto male della sua morte… non sapete che fatica che ho fatto per non spoilerarvi nulla fino a questo momento!
Se siete curiosi di sapere cosa sia successo in tutto questo tempo a Narcissa, dovrete aspettare di leggere il prossimo capitolo (che sarà poi quello “conclusivo”, ma non vi faccio spoilers sui progetti futuri).
 
Nel frattempo, sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo e dell’evoluzione di Draco.
Dopo la presunta morte di sua madre e l’abbandono del padre (che niente, anche nella mia ff si conferma essere un gran codardo asservito al Signore Oscuro), Draco non aveva più alcun motivo di restare con i Mangiamorte. Avrebbe potuto fuggire, come aveva in programma di fare insieme a suo padre, per proteggerlo, ma tutto il tempo trascorso con Hermione, alla fine, ha dato i suoi frutti!
 
Per quanto riguarda Nott, per il momento è uscito di scena, però ho in mente qualche idea per lui in futuro… voi che ne dite? Vi piacerebbe se sviluppassi di più questo personaggio? Per me ha del potenziale!
 
Fatemi sapere i vostri pensieri! Io vi prometto di impegnarmi al massimo per non far passare troppo tempo alla prossima uscita! Intanto vi abbraccio forte e vi ringrazio per la presenza costante!
 
Flami151

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XXIV


14 Giugno 1997:
 
Scaldata dal tepore di una tazza di the, Narcissa cominciò a raccontare la sua storia partendo dal principio: il suo risveglio.
 
Sono morta?
 
Queste furono le parole che aleggiarono nella sua mente quando riprese conoscenza. Quanto tempo aveva dormito? Giorni, settimane? Non ne aveva idea.
Provò ad aprire gli occhi, ma la luce del giorno la accecò, provocandole una fitta alla testa e costringendola a richiudere le palpebre. Ma non era solo la testa a dolerle: ogni centimetro del suo corpo sembrava indolenzito, sfibrato. Ogni movimento le richiedeva uno sforzo insostenibile e ogni respiro le spezzava il fiato.
 
Dove sono?
 
Pur tenendo gli occhi chiusi, sapeva per certo di non essere a casa sua: il materasso su cui era sdraiata era più rigido del solito, le lenzuola più grinzose di quelle a cui era abituata e nell’aria si respirava un aromatico profumo di spezzatino fatto in casa, ben diverso dal delicato odore di lillà e biancospino del Malfoy Manor.
 
Fu proprio quel profumo a calmarla, ad allontanare la sua attenzione dalle fitte provocate dalle sue membra doloranti e a permetterle di riordinare le idee. Ma i suoi ricordi erano confusi: ricordava la sua immagine riflessa nello specchio, profondamente sfigurata, ricordava sua sorella Bellatrix che le tagliava i capelli in silenzio, ricordava lo sguardo assassino del Signore Oscuro, il dolore, la paura, ricordava di aver trascorso giorni nel suo letto incapace di muoversi o di pensare lucidamente, ricordava la costante presenza della sua elfa Zoury, che si prendeva cura di lei con implacabile dedizione, ed infine ricordava Piton, che recitava una litania accanto al suo letto.
 
Perché? Perché a me?
 
Per Draco.
 
Finalmente ricordò. Lei si era opposta al volere del Signore Oscuro, aveva impedito che il suo bambino venisse marchiato a vita, aveva protetto il suo unico figlio, e per questa ragione era stata punita.
 
Riuscì ad aprire gli occhi, lottando contro l’accecante bagliore che penetrava dalle finestre della camera. Provò ad alzarsi ma una fitta alla gamba la riportò in posizione supina. Era bloccata. L’unico movimento che era in grado di compiere era quello di roteare leggermente il capo verso sinistra. A destra no, l’orecchio le pulsava dal dolore.
Qualcuno forse sapeva che si sarebbe potuta voltare solo in quella direzione, perché sulla sponda sinistra del letto, appoggiata su di un comodino, vi era la foto che Draco le aveva spedito per Natale. Il suo bambino, ormai quasi un ometto, la guardava da dentro la cornice e dopo qualche istante le sorrideva. Incredibile, in diciassette anni non era mai riuscita a farlo sorridere in nessuna foto di famiglia. Quella vista le scaldò il cuore e fece riempire i suoi occhi di lacrime.
 
Dove sei Draco? Stai bene?
 
E proprio quando stava per lasciarsi andare ad un pianto di frustrazione, sentì il cigolio di una porta che si apre. “Chi è la?”, avrebbe voluto chiedere, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Sentì un rumore di passi venire verso di lei e per un istante si chiese se fosse meglio fingersi ancora addormenta. Purtroppo non fu abbastanza veloce a trovare una risposta, e lo sconosciuto si chinò su di lei, guardandola sbalordito.
Era una giovane donna dalla bellezza mozzafiato, con i capelli biondi, gli occhi celesti e la pelle candida. Narcissa si chiese se fosse un angelo venuto a prenderla per portarla con sé in paradiso.
 
Poi l’angelo urlò. «Bill, dépêche-toi! Elle s’est réveillée!»
 
Un ragazzo dai capelli rossi si precipitò nella stanza. Per un istante, a Narcissa parve di riconoscerlo, ma dovette ricredersi: non l’aveva mai visto prima.
 
«Signora Malfoy, come si sente?» Chiese il giovane accovacciandosi accanto al suo letto e guardandola negli occhi. «Riesce a muoversi? A parlare?»
 
Narcissa scosse la testa.
 
«Vado a pronderle un po’ d’acqua». Disse la ragazza con un accento marcatamente francese.
 
Poco dopo rientrò nella stanza, accompagnata da una vecchia conoscenza.
 
«Ben svegliata». Disse Molly Weasley.
 
Narcissa finalmente capì perché il volto del giovane le era tanto familiare, doveva essere uno dei figli di Molly e Arthur Weasley, forse il maggiore. Quindi si trovava in casa loro. Non avrebbe saputo dire come ci fosse arrivata.
 
La Signora Weasley la aiutò a bere un bicchiere d’acqua. La freschezza dissetante la aiutò a schiarirsi la gola, tanto da riuscire a dire: «Grazie».
 
«Ricordi quello che è successo?» Le chiese la padrona di casa.
 
Narcissa scosse di nuovo la testa, poi guardò la foto di Draco e di nuovo Molly Weasley.
 
«Draco sta bene». Disse la donna dai capelli rossi. «È ad Hogwarts, al sicuro».
 
Il sollievo fu tale che Narcissa non riuscì più a trattenersi e le lacrime uscirono copiose. Si vergognava di mostrarsi così vulnerabile ma non fu in grado di fermarsi. E così pianse come una bambina.
 
«Ragazzi lasciateci sole per favore e avvertite Severus». Disse Molly Weasley aprendo la porta ai due giovani maghi, che per un attimo la guardarono con riluttanza prima di imboccare l’uscita. Probabilmente non erano sicuri di potersi fidare di lei.
 
Narcissa la guardò con gratitudine.
 
«Scommetto che vorresti farmi tante domande». Le disse la padrona di casa.
 
Narcissa annuì, ma Molly non fece in tempo a proseguire la conversazione, che la porta si spalancò di nuovo. Nella stanza si precipitò una piccola elfa con un sorriso che si stendeva da un orecchio all’altro.
 
«La mia padrona si è svegliata!» Urlò in preda all’euforia. «Zoury lo sapeva che la padrona si sarebbe ripresa! Zoury non l’ha lasciata sola neanche un istante, padrona! Sua sorella ha detto a Zoury di prendersi una pausa, ma Zoury ha detto di no! Zoury ha detto che avrebbe servito la padrona fino alla morte se fosse stato necessario!» L’elfa continuava a zampettare sul posto, incapace di trattenersi. «Zoury ha seguito gli ordini di Severus Piton! Una goccia di pozione nel the ogni giorno! Così la padrona sarebbe guarita! Quando la padrona ha smesso di respirare Zoury… Zoury…» L’elfa si tirò le orecchie con le manine, come se il dolore potesse cancellare dalla sua mente un brutto ricordo. «Zoury è scappata dal Manor ed è andata da Severus Piton a dirgliene quattro! Ma lui mi ha detto che la padrona stava bene, che era nascosta! Oh padrona non sa quanto sono felice!»
 
Molly sembrava non voler frenare l’entusiasmo della piccola elfa, però le mise comunque una mano sulla spalla e la spinse un passo indietro con dolcezza. «Zoury adesso non esagerare, Narcissa non si è ancora ripresa del tutto».
 
L’elfa divenne rossa in viso e chinò il capo. «Mi dispiace molto… Zoury non voleva disturbare… Zoury è solo molto felice di sapere che la sua padrona sta bene».
 
Narcissa si sforzò di sorridere, poi guardò la signora Weasley, in cerca di spiegazioni. Lei prese una sedia, si accomodò accanto al suo letto, ed iniziò a raccontare.
 
A quanto pare, se era ancora viva, lo doveva in tutto e per tutto al suo vecchio amico Severus Piton.
Quando le sue condizioni si erano fatte serie, Bellatrix lo aveva chiamato al Manor in cerca di aiuto. Severus sapeva però che se anche fosse riuscito ad estirpare la maledizione che il Signore Oscuro le aveva inferto, in poco tempo Lui le avrebbe sferrato il colpo di grazia. L’unico modo per poterla salvare era sottrarla al giogo dell’Oscuro Signore e farlo senza destare i sospetti di nessuno, nemmeno di Bellatrix.
 
Così preparò una scorta di Distillato di Morte Apparente e lo diede a Zoury, chiedendole di versarne una goccia nel the della padrona ogni giorno. Una mossa incauta, certo, ma Severus confidò che nessun Mangiamorte avrebbe mai degnato di uno sguardo un’elfa qualunque e tanto meno che avrebbero sospettato di lei.
E così Zoury adempiette al suo compito con devozione, preparando ogni giorno il the per la sua padrona e versando al suo interno una goccia di pozione. Il risultato fu quasi immediato: Narcissa sprofondò di giorno in giorno in un sonno sempre più profondo, finché il suo respiro si fece talmente sommesso da far credere a tutti che la sua vita fosse giunta al termine.
 
Ma a quel punto arrivava la parte più difficile: far sparire il corpo di Narcissa senza destare alcun sospetto. La fortuna però girò in loro favore, quando Bellatrix pregò il Signore Oscuro affinché sua sorella potesse essere sepolta nella tomba di famiglia. Così a Severus bastò incantare la foto di Draco cosicché, al momento opportuno, questa si trasformasse in una Passaporta, ed infine suggerire a Bellatrix di seppellirla insieme a Narcissa.
 
Tutto andò secondo i piani: non appena la bara fu chiusa e calata sottoterra la Passaporta si attivò, trasportando Narcissa direttamente alla Tana, dove Severus poté curarla al meglio delle sue capacità. Furono giorni difficili, la vita di Narcissa era appesa ad un filo e non c’era alcuna garanzia che i contro-incantesimi studiati ad hoc per poter sradicare da lei ogni traccia di magia oscura avrebbero funzionato. Ma quando anche l’ultimo residuo di maledizione fu rimosso, Severus tirò un respiro di sollievo.
 
«Ci disse che l’unica cosa da fare, a quel punto, era aspettare». Le disse Molly alla fine. «Da quel giorno sono trascorse due settimane, iniziavamo a temere che non saresti più riuscita a svegliarti. Ora l’unica incognita è scoprire se riuscirai o no a muovere la gamba».
 
Narcissa la guardò senza capire, quindi Molly si alzò e le tolse di dosso le coperte, portando alla luce una gamba di legno perfettamente levigata. La rifinitura era perfetta, sembrava una vera gamba in tutto e per tutto. Anche il colore era perfetto, diafano come quello della sua pelle.
 
«È fatta con legno di Ailanto, anche conosciuto come Albero del Paradiso». Le spiegò Molly. «Severus lo ha incantato affinché risponda alla tua volontà, con un po’ di esercizio dovresti riuscire a muoverla proprio come una gamba vera». Narcissa scrutò con diffidenza la nuova appendice. Poi si accorse che anche le dita della sua mano sinistra erano tornate al loro posto, così perfette da sembrare quasi vere. Si chiese se avesse posto rimedio anche al suo orecchio. «So che è un grande cambiamento». Continuò Molly. «Ma Severus ha detto che, purtroppo, non c’è cura per le ferite inferte con la magia. Questo è il meglio che ha potuto fare».
 
Ascoltando la voce dolce e rassicurante della Signora Weasley, Narcissa si sentì grata. Non le importava niente della gamba, sarebbe anche potuta restare così com’era, tutto ciò che importava era che Draco fosse sano e salvo e che lei avrebbe potuto abbracciarlo ancora.
 
Poche ore dopo vennero a farle visita Severus e Silente. Quest’ultimo aveva uno sguardo più duro e severo del solito. Si sedette la dove poco tempo prima si era seduta Molly Weasley e le parlò con tutta franchezza.
 
«Devo essere onesto con te, Narcissa, portarti in salvo non era assolutamente una mia priorità. Severus ha agito di sua iniziativa, ignorando i miei ordini e mettendo a rischio la sua copertura. Questo mi pone davanti ad una questione spinosa: cosa devo fare con te? Posso fidarmi o sarò costretto a cancellarti la memoria?»
 
Narcissa ponderò con attenzione cosa dire. Se voleva tenersi stretti i suoi ricordi avrebbe dovuto mostrarsi collaborativa. Forse avrebbe potuto barattare la sua incolumità con delle informazioni che a Silente sarebbero potute tornare utili. Ma se davvero Severus era dalla parte del vecchio preside, allora aveva già a sua disposizione tutte le informazioni di cui aveva bisogno. Poi si rese conto che, qualunque cosa avesse detto, l’uomo di fronte a lei non si sarebbe mai lasciato ingannare. L’unica possibilità essere completamente sincera con lui.
 
Lo guardò negli occhi e con un filo di voce gli disse «A me importa solo di Draco».
 
Silente la guardò a lungo attraverso i suoi occhiali a mezzaluna, poi le sorrise. «Allora sei più simile a Severus di quanto pensassi». Narcissa non comprese il significato di quelle parole ma capì che avevano appena sugellato un accordo. Da quel momento in poi, lei sarebbe stata tra le schiere di Silente.
Prima di tornare ad Hogwarts, il preside le disse un’ultima cosa. «Draco non sa nulla di ciò che è accaduto al Manor, non è mia intenzione dirglielo e, a quanto sembrerebbe, non è nemmeno l’intenzione di Voldemort. Loro temono che la notizia potrebbe indurlo a non tornare più a casa mentre io, personalmente, non voglio che la copertura di Severus salti prima di avere l’assoluta certezza che Draco stia dalla nostra parte». Poi si avvicinò di nuovo a Narcissa e sussurrò in modo che nessuno potesse sentirlo. «Se però le voci che mi sono arrivate su suo conto sono vere, credo che non dovremo preoccuparci di nulla». Le disse ammiccandole con un sorriso malizioso.
 
Trascorse un’altra settimana ma poco alla volta Narcissa si sentiva rinvigorita. Zoury era riuscita a tirarla su a sedere e ogni giorno le portava il vassoio col pasto, che lei assaporava con gusto. Un giorno, senza nemmeno accorgersene, davanti ad una bistecca afferrò forchetta e coltello ed iniziò a tagliare. Quasi si commosse vedendo le sue dita di legno stringersi attorno alla posata.
 
I giorni passarono e, con l’aiuto della signora Weasley, era riuscita a mettersi in piedi e a muovere i primi incerti passi. Quasi un mese dopo il suo risveglio, Narcissa si sentì sufficientemente sicura da alzarsi senza l’aiuto di nessuno e di scendere in cucina, decisa ad uscire per prendere una boccata d’aria.
Non senza difficoltà scese un gradino dopo l’altro e, arrivata in fondo alle scale, si ritrovò di fronte ad uno spettacolo di vita quotidiana al quale non credeva che avrebbe mai assistito: la signora Weasley stava mettendo in ordine la casa con l’aiuto di Zoury e, insieme, canticchiavano “Un calderone pieno di forte amor bollente” di Celestina Warbeck.
Narcissa non poté fare a meno di ridere. La sua prima risata dopo tanto, tantissimo tempo.
 
«Che cosa ci fai in piedi, sei forse impazzita?» Le corse incontro Molly Weasley rossa in volto.
 
«Sto bene». Rispose Narcissa appoggiandosi al tavolo della cucina.
 
Ma Molly e Zoury non se lo fecero ripetere due volte e in un attimo Narcissa era stata rispedita a letto. Avrebbe dovuto aspettare ancora per una passeggiata.
 
«Voi Serpeverde siete tutti così caparbi». La sgridò Molly portandole una coperta in più.
 
Narcissa rise. «Sembrerebbe proprio di sì». Prima che la signora Weasley la lasciasse sola però aggiunse. «Molly vorrei darti una cosa». Si allungò per aprire il cassetto del comodino da cui estrasse la spilla col blasone dei Black che era stata appuntata sui suoi abiti la sera in cui venne sepolta.
 
Molly Weasley si rigirò la spilla tra le mani, in imbarazzo. «È una spilla meravigliosa, ma non posso accettare». Un modo carino per dire che non voleva niente appartenente a quella famiglia.
 
«Il regalo non è la spilla, ma la pietra incastonata al suo interno. Si tratta di un talismano incantato: proteggerà te e i tuoi figli».
 
La signora Weasley guardò la spilla con occhi del tutto diversi. «Io… non posso… e Draco?»
 
«Draco è con Silente e Severus, al sicuro ad Hogwarts. Invece Bill, Charlie, Percy e i gemelli sono là fuori». Col passare del tempo, Narcissa aveva sentito molto parlare dei fratelli Weasley e, a modo suo, ci si era un pochino affezionata. Ascoltava i racconti di Molly e ripensava ai vecchi tempi, quando lei e le sue sorelle erano una cosa sola. Un legame così profondo e sincero come quello della famiglia Weasley andava preservato. «Ti prego, tienila tu».
 
La signora Weasley era commossa. «Grazie, Narcissa».
 
«Grazie a te, Molly».
 
 
30 Giugno 1997:
 
Scendo al piano di sotto, attirato dall’odore di stufato.
 
«Draco sei arrivato finalmente». Mi rimprovera mia madre. «Ron è venuto a chiamarti mezz’ora fa».
 
Lancio un’occhiata all’altro capo del tavolo, dove Lenticchia e sua sorella ridacchiano a capo chino. Ovviamente nessuno dei due è venuto ad avvisarmi che fosse pronto in tavola, ma che senso avrebbe mettersi a discutere come dei poppanti? Mi siedo accanto a mia madre e mi servo in silenzio.
 
Sono trascorse due settimane dal nostro arrivo alla Tana ma l’imbarazzo permane tale e quale a quello del primo giorno. Eccezion fatta per alcune sporadiche chiacchierate tra mamma e la Signora Weasley, non si può proprio dire che siamo riusciti ad ambientarci.
 
“Devi comprenderli Draco”. Mi ha detto un giorno mia madre. “L’unica ragione per cui siamo qui è che Severus ha garantito per noi”.
 
Era vero, se mamma era ancora in vita era solamente grazie a lui: l’uomo di cui, a quanto pare, tutti avevano faticato a fidarsi. Non c’è da sorprendersi che adesso nessuno salti di gioia ad accogliere in casa altri due Filo-Mangiamorte. Tutto ciò che gli impedisce di buttarci fuori a calci è la sconfinata fiducia che ripongono nel giudizio di Hermione, nonché la testimonianza di Potter che -purtroppo o per fortuna- quel fatidico giorno mi ha visto cercare di portare Silente in salvo.
 
Ma Potter non è qui al momento, è con i suoi parenti Babbani chissà dove, mentre Hermione trascorre gran parte della giornata con i Weasley o partecipando alle riunioni segrete dell’Ordine della Fenice.
Di loro so poco e niente, soltanto che si tratta di un’organizzazione messa in piedi da Silente già ai tempi della Prima Guerra Magica. Si riuniscono circa tre volte la settimana, per discutere degli ultimi avvenimenti e delle possibili mosse dei Mangiamorte. Non saprei dire quanti membri conti, ma ho individuato alcuni di loro. Tra questi c’è sicuramente Malocchio Moody, l’ex Auror che avrebbe dovuto insegnarci Difesa Contro le Arti Oscure al quarto anno. È stato lui ad interrogare sia me che mia madre col Veritaserum al mio arrivo. “La prudenza non è mai troppa”. Questo ha detto. Dopo un’ora di estenuante interrogatorio sembrava essersi convinto della nostra buona fede, ma ogni tanto lo becco a fissarci col suo inquietante occhio di vetro.
 
Guardo Hermione: sta dando una gomitata a Lenticchia. Credo che lo stia rimproverando per avermi lanciato l’ennesimo tiro mancino. Lui e la piccola rossa non fanno altro che farmi dispetti. Due giorni fa, ad esempio, hanno vestito il Ghoul della soffitta da capo a piedi con la mia divisa scolastica. La settimana scorsa invece hanno lanciato un Incantesimo Semprefreddo sulle tubature dell’acqua mentre mi facevo la doccia. Per non parlare di quando ho trovato un bulbo oculare nella mia minestra.
 
Ripensandoci, osservo con attenzione lo stufato che ho nel piatto. Sembra tutto a posto.
 
Hermione ha detto di non prendermela, che loro sono abituati a farsi dispetti in continuazione. Forse ha ragione, immagino che con Fred e George come fratelli maggiori gli scherzi siano all’ordine del giorno. Io però sono figlio unico, e questo genere di cretinate non le ho mai sopportate.
 
Per il resto, abituarsi alla vita della Tana non è semplice. È impossibile muoversi senza urtare continuamente qualcosa e ovunque vado c’è qualcuno che mi chiede una mano per delle faccende. Ho scoperto che chiedere a Zoury di pensarci al posto mio non è visto di buon occhio qui. Quindi mi limito a fare la mia parte in silenzio, reprimendo l’istinto di mandare tutti al diavolo.
Credo che per loro però non sia male, vivere qui. Hanno sempre compagnia, qualcuno con cui ridere, qualcuno da pungolare e da cui farsi stuzzicare a propria volta. Forse, se non fossi evitato da tutti come la peste, non mi dispiacerebbe stare qua.
 
«Draco sii gentile, aiuteresti a sparecchiare?» Chiede il signor Weasley da capotavola.
 
Ecco, appunto. Mi alzo e inizio a raccogliere i piatti, come anche Hermione, la signora Weasley e Bill, il maggiore dei fratelli.
 
In fondo però non mi lamento, posso trascorrere tanto tempo insieme a mia madre. Abbiamo avuto molte cose da dirci e tanto di cui scusarci. Da quando ci siamo ritrovati il nostro rapporto è del tutto nuovo, come se prima ci fossero stati dei filtri che adesso abbiamo potuto rimuovere uno ad uno. Ci sono giorni in cui sono infinitamente grato del tempo trascorso con lei, altri invece in cui il solo guardarla mi riempie di un bruciante desiderio di vendetta. Osservo la sua gamba di legno e sogno ad occhi aperti di poter riservare al Signore Oscuro lo stesso trattamento.
 
A proposito di mia madre: la vedo parlare fitta fitta con Tonks, che oggi è venuta ospite a cena. Qui gli ospiti vanno e vengono continuamente, ogni sera ci si ritrova seduti a tavola accanto a persone diverse. Incredibile quanto la vita al Manor fosse diversa.
 
Appena finiscono di parlare mi avvicino a mamma con aria interrogativa. «Cosa stai tramando?» Le chiedo curioso.
 
Mamma si guarda intorno un attimo. «È da un po’ che ci sto pensando Draco e… vorrei tanto rivedere tua zia Andromeda. Ho chiesto a Tonks se potesse proporle di farci visita, un giorno di questi». Mi confessa.
 
«E lei che ha detto?»
 
«Che ci parlerà. Ma ho la sensazione che non abbia molta voglia di vedermi… o di conoscerti». Risponde lei delusa. «Non posso biasimarla».
 
Finito di sparecchiare filo dritto in camera da letto. Normalmente condivido la stanza con Bill, l’unico dei fratelli Weasley che sembra tollerare la mia presenza, ma dopo cena è dovuto partire per Londra per un incarico alla Gringott. Passano diverse ore prima che la casa sprofondi nel più completo silenzio. Durante questo tempo io non riesco a prendere sonno, continuo a pensare a mio padre e mi chiedo cosa stia facendo, se sia ancora vivo, se il Signore Oscuro lo abbia accettato tra le sue schiere nonostante quel traditore di suo figlio. Provo un misto di rabbia e dolore pensando a lui e mi odio per non riuscire a cancellarlo definitivamente dalla mia mente.
 
Inaspettatamente, la porta della camera cigola, socchiudendosi leggermente.
 
«Non ci provare Weasley, sono sveglio e vigile». Dico io in attesa dell’ennesimo scherzo.
 
«Sono io stupido». Mi risponde la familiare voce di Hermione.
 
«Che sorpresa, Granger». Dico io con tono più seccato di quanto vorrei. «È così che ti chiami, giusto? È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ti ho vista che non ne sono molto sicuro». Ed ecco che tutta la frustrazione repressa nelle ultime settimane si sfoga sull’ultima persona che lo meriterebbe.
 
Lei però non fa una piega e senza chiedere il permesso si infila sotto le mie coperte, sdraiandosi accanto a me. «Fai bene ad essere arrabbiato, ti ho trascinato fin qui e poi sono stata sempre con i ragazzi dell’Ordine». Io però ho già dimenticato tutto. La sensazione del suo corpo che sfiora il mio ha preso il posto di tutti gli altri pensieri, tanto da risponderle solo con un mugugno a denti stretti. «Il fatto è che non so bene come comportarmi davanti agli altri… perché io e te siamo… cioè non siamo… e forse qualcuno potrebbe non prenderla bene, hai capito no?»
 
Sì, ho capito perfettamente cosa intende. Come può spiegare ai suoi amici cosa c’è tra me e lei se non è chiaro neppure a noi? Ci siamo baciati due volte, ci siamo promessi che ci saremmo protetti a vicenda e poi ci siamo ignorati per due settimane. Io stesso ammetto di non aver cercato troppo il contatto: già così faccio fatica a tollerare gli sguardi diffidenti della famiglia Weasley, figuriamoci se mi vedessero passare troppo tempo insieme alla loro cara Hermione. Lenticchia soprattutto… sono certo che abbia una cotta per lei.
 
«Non sono arrabbiato con te». Le sussurro io, sforzandomi di rimanere fermo nella mia posizione. «Questa casa già si regge in piedi a fatica, non serve rendere le cose ancora più strane». Lei ride silenziosamente, sollevata. Era da tempo che non sentivo quella sua bellissima risata e, vedendola più da vicino insieme ai suoi amici, mi sono accorto che si tratta di una risata riservata solo a me. «Mi sei mancata però».
 
Lei si volta a guardarmi e poi, nel silenzio, si sdraia sopra di me. Riesco a sentire ogni centimetro del suo corpo e il battito del suo cuore premermi sul petto. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e i suoi capelli ricci le cadono di lato, solleticandomi la guancia e il collo e facendomi tremare. Incapace di trattenermi ancora, la cingo con le braccia e la stringo a me, azzerando quella poca distanza che ci separa. Le sue labbra incontrano le mie e in un istante tutti i giorni senza di lei si cancellano. Mi bacia prima con timidezza, poi con trasporto, dischiudendo le labbra un pochino di più ad ogni mio bacio. Io mi sposto sul suo collo, baciandolo avidamente mentre le mie mani si spostano lungo la sua schiena. Sento la sua pelle rabbrividire sotto la camicia da notte e dentro di me si accende il desiderio di strappare via tutti gli strati che ci dividono.
 
Lei però si ferma. «Scusami, Draco». Dice scivolando di nuovo al mio fianco. «Tutte queste cose sono nuove per me».
 
Io chiamo a raccolta tutto il mio autocontrollo per riuscire a calmare i miei battiti, poi mi sdraio sul fianco per poterla guardare meglio: anche al buio riesco a distinguere il suo profilo minuto e bellissimo. «Va tutto bene». Dico io baciandole la fronte. Intanto però allontano il più possibile il mio corpo dal suo: quel contatto rischia di mandarmi fuori di testa.
 
Nel silenzio continuiamo a guardarci, baciandoci delicatamente le labbra, le guance, il naso e le palpebre. E tra un bacio e l’altro mi accorgo che, anche senza il sesso, è la prima volta che raggiungo questa intimità con qualcuno. Le carezzo il viso e poi le do un lungo bacio. «Grazie per essere venuta qui stanotte».
 
La sento sorridere. «Vorrei addormentarmi qui insieme a te». Bisbiglia lei. «Ma devo tornare in camera, se Ginny si dovesse svegliare e non mi trovasse sarebbe la fine del mondo. E poi domani devo alzarmi presto…»
 
Quasi dimenticavo, domani Hermione dovrà farsi trovare a Kings Cross dai suoi genitori. «Sei preoccupata?» Le chiedo.
 
«No, non molto. Ci siamo scambiati un paio di lettere questi giorni, non sospettano di niente. Andrò a casa e fingerò che sia tutto nella norma, poi tornerò qui alla Tana: gli ho già detto che Ron e Ginny mi hanno invitata a passare l’estate da loro, così da aiutarli nell’allestimento del matrimonio di Bill e Fleur».
 
«Ma non preferiresti trascorrere un po’ di tempo con loro? È quasi un anno che non li vedi». Insisto io, che ho di recente imparato quanto sia importante sfruttare il tempo con la propria famiglia.
 
«No, preferisco stare qui. È meglio per tutti».
 
Qualcosa nella sua voce però mi impensierisce. «Ne sei sicura?»
 
«Sicurissima».
 
 
1 Agosto 1997:
 
Mi materializzo dentro la stazione di Kings Cross e mi incammino verso l’uscita. I miei genitori sono lì ad aspettarmi. Gli corro incontro e mi lascio abbracciare e baciare. Quanto mi erano mancati.
In auto papà non smette più di parlare, mi racconta di mio cugino Alexander che si è appena laureato in Medicina, di mia zia Christine, incinta del suo quarto figlio, mi racconta perfino di un suo giovane paziente che, durante una visita di routine, gli ha quasi staccato un dito con un morso.
Mamma invece mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore e mi sorride, rimproverando di tanto in tanto papà per il troppo ciarlare. «Perché non provi a lasciarla parlare? Sono certa che avrà cose ben più interessanti da raccontare di quel piccolo hooligan dai denti cariati!»
 
Io rido di gusto. «No no, ti prego papà continua!»
 
«Tua figlia è troppo educata». Dice mamma ammiccandomi.
 
La città scorre davanti ai miei occhi mentre in radio suona Home, il nuovo successo dei Depeche Mode.
 
And I thank you
For bringing me here
For showing me home
For singing these tears
Finally I've found
That I belong here
 
All’improvviso una profonda tristezza mi assale. Guardo i miei genitori, che parlano a gran voce facendo piani per le vacanze. Quest’anno hanno noleggiato un camper per viaggiare attraverso l’Inghilterra tutti e tre insieme.
 
«Stasera parleremo dell’itinerario!» Dice papà emozionato. «Un po’ di tappe sono già decise, ma le altre vorremo le scegliessi tu!»
 
Io mi sforzo di sorridere. «Non vedo l’ora».
 
Dopo una cena tipicamente Babbana, aiuto mamma a sparecchiare e a lavare i piatti, senza l’aiuto della magia.
 
«Allora, vuoi dirmi che cos’hai?» Mi chiede mia madre strofinando un bicchiere. Con lei è sempre stato così: non sono mai riuscita a nasconderle niente.
 
«Nulla, sono solo un po’ stanca. È sempre strano tornare a casa dopo un anno ad Hogwarts». Dico io dissimulando la tristezza. «Strano ma bello, eh». Aggiungo.
 
«Non crederai davvero che me la beva?» Mi risponde lei. «Non sei voluta rientrare a casa per Natale e adesso che sei qui hai la testa fra le nuvole». Il mio cuore accelera. Non sono pronta ad affrontare questo discorso. Abbiamo ancora tutta la sera per stare insieme senza pensieri. «Per caso c’entra un ragazzo?»
 
La conversazione prende una piega talmente inaspettata da farmi scappare una risata. «Cosa!?»
 
«Ho solo tirato a indovinare». Risponde mia madre con un sorrisetto malizioso. «Per caso Ronald si è finalmente dichiarato?»
 
«Oddio mamma no!» Dico io avvampando.
 
«Va bene, va bene. Non volevo impicciarmi». Dice lei posando il bicchiere ed alzando le mani in segno di resa. «Sono solo curiosa».
 
Ma sì, in fondo perché nasconderglielo?
 
«In realtà ci sarebbe un ragazzo…» Inizio io cauta. So che mamma ha sempre tifato per Ron e non vorrei che ci rimanesse male. «Ma non si tratta di Ronald. Ecco, lui ha frequentato per un po’ Lavanda, la mia compagna di dormitorio».
 
«Capisco…» Commenta lei cercando di non mostrarsi delusa. «E quindi chi è il fortunato?»
 
«Beh ecco… lui è Draco Malfoy». Un rumore di vetri rotti rimbomba in cucina: a mamma è sfuggito un piatto. Io lo riparo abilmente con un colpo di bacchetta.
 
«Quel Draco Malfoy?» Chiede mamma con sconcerto. «Lo stesso che ti ha chiamata in quel modo spregevole?»
 
Sapevo che non l’avrebbe presa bene, perciò prendo un respiro e le racconto tutta la storia dall’inizio, tralasciando ovviamente la parte che riguarda l’arrivo dei Mangiamorte a scuola e gli ultimi giorni trascorsi alla Tana. Alla fine del racconto tutti i piatti sono puliti, integri e asciutti e mamma mi guarda con uno sguardo colmo di dolcezza.
 
«Quindi tu ti fidi di lui?» Mi chiede.
 
«Completamente». Rispondo io con sicurezza.
 
Lei mi sorride. «Allora mi fido anche io». Poi mi stringe forte a sé. Io ricambio l’abbraccio, sprofondando la testa nei suoi capelli, voluminosi e crespi quasi quanto i miei. Mi mancherà il suo abbraccio.
 
Passiamo l’ora successiva a programmare insieme l’itinerario del viaggio: partiremo da Londra e il giorno stesso raggiungeremo York, dove resteremo due notti per poter visitare la città, poi ci dirigeremo verso il Nord del Galles attraversando Chester e il settimo giorno raggiungeremo il Lake District. A quel punto valicheremo il confine con la Scozia e faremo tappa prima a Glasgow, poi al parco nazionale Loch Lomond ed infine arriveremo ad Edimburgo.
 
Sarebbe davvero bello, se fosse vero.
 
 
2 Agosto 1997:
 
Mi sveglio col rumore della televisione al piano di sotto. Mi vesto con calma e mi prendo qualche secondo prima di afferrare il baule e scendere le scale silenziosamente.
 
Mamma e papà sono seduti sul divano, guardando una sitcom in TV. È arrivato il momento.
 
Per un attimo pondero l’eventualità di abbracciarli un’ultima volta, ma sono certa che poi non riuscirei più a lasciarli andare. Senza indugiare ulteriormente punto la bacchetta alle loro spalle e recito sottovoce l’incantesimo di alterazione della memoria che ho studiato per settimane. Una nube di fumo argentata si sprigiona dalla punta della mia bacchetta e avvolge le loro teste, per poi insinuarsi silenziosa nelle loro orecchie. Non mi serve altro per capire che ha funzionato: d’ora in poi loro non saranno più i Granger, bensì il signor e la signora Wilkins, una coppia senza figli impaziente di trasferirsi in Australia.
 
Ignorando la fitta al petto, imbocco l’uscita prima che possano accorgersi di me.
Mi volto a guardare per un’ultima volta la casa in cui sono cresciuta e mi soffermo a pensare a quante cose siano cambiate nell’ultimo anno. Quando sono partita per Hogwarts, lo scorso settembre, ero talmente spaventata che non facevo altro che immaginare come dovesse essere partire lontano senza guardarsi più indietro. Adesso invece sono pronta ad affrontare qualsiasi cosa il destino abbia in serbo per me e, se sarò fortunata, un giorno potrò prendere un volo per l’Australia e abbracciarli di nuovo.
 
Chiudo gli occhi e mi Smaterializzo.
 
Quando arrivo alla Tana il sole è ancora basso nel cielo e da dentro la casa non arriva alcun rumore.
 
«Già di ritorno?» Una voce mi fa saltare sul posto per la paura.
 
«Malfoy!» Urlo io tirandogli un buffetto. «Mi hai spaventata. Che ci fai fuori a quest’ora?»
 
«Un giro». Dice alzando di fronte a me un manico di scopa decisamente malandato. «Non è come la mia Firebolt Supreme, ma può andare». Poi mi sorride. «Perché sei già tornata?»
 
«Non sei felice di vedermi?» Chiedo io con un ghigno.
 
«Certo che lo sono». Risponde lui avvicinandosi di un passo, ma senza toccarmi. «Voglio solo sapere se è tutto okay».
 
Io medito un istante sulla risposta. «Sì, è tutto okay».
 
Lui mi guarda di sbieco: ormai ha imparato a capire quando gli nascondo qualcosa. Però non fa alcuna domanda, semplicemente mi porge la mano. «Vieni con me».
 
Io non ci penso due volte, afferro la sua mano e mi lascio aiutare a montare in sella. Pochi secondi dopo ci stiamo librando in aria. Sorvoliamo alla massima velocità i campi coltivati che si stendono per diverse miglia intorno alla casa dei Weasley. Non parliamo, ci limitiamo a respirare a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e a goderci il brivido della velocità e l’adrenalina provocata dal vuoto sotto di noi. Mi stringo forte a Malfoy, chiudo gli occhi e in un attimo mi sembra di solcare di nuovo il cielo di Hogwarts, sfiorando la superficie del Lago Nero. Nei miei ricordi riecheggia il suono delle piccole onde che si infrangono sulla riva e l’odore salmastro dell’aria.
 
Dura solo pochi istanti, però. Quando riapro gli occhi, la luce del sole mi riporta alla realtà. Sotto di noi non c’è alcuno specchio d’acqua ma solo una distesa di spighe di grano, che danzano timide spinte dalla leggera brezza estiva.
 
Ma non è il panorama a rendere questo momento così diverso da quella meravigliosa notte. Sono io ad essere diversa.
L’Hermione di quella sera era solo una bambina triste e spaventata, il cui unico pensiero era quello di fuggire dall’orrore della guerra e dalle sue responsabilità. Sognavo di evadere dalla realtà, di volare lontano da tutto ciò che mi rendeva infelice.
 
Adesso invece non ho più alcuna paura e questo lo devo solamente a te, Draco.
 
Mi stringo ancora di più al Serpeverde. Se oggi ho avuto il coraggio di lasciare la mia casa è solo grazie a lui. Vedere Draco rinunciare a tutto e mettere in gioco la sua stessa vita per il bene della sua famiglia mi ha ricordato ciò per cui ho combattuto negli ultimi anni. Se oggi mi sento pronta ad affrontare ciò che il futuro ha in serbo per me, è perché lui mi ha mostrato come lottare rimanendo fedele a me stessa: perché non c’è alcun disonore nella paura. La paura ci ricorda cosa c’è in gioco, cosa abbiamo da perdere, ed è esattamente questo il motivo per cui combattiamo: per tenerci stretto ciò che a noi è più caro.
 
«Draco, devo dirti una cosa».
 
Il Serpeverde rallenta, fermandosi a mezz’aria. «Che cosa?»
 
«Io non tornerò ad Hogwarts».
 
Lui si volta a guardarmi, sconvolto. «Che significa che non tornerai ad Hogwarts?».
 
«Io, Harry e Ron partiremo per una missione. Non posso dirti altro».
 
Silenzio.
 
Draco mi guarda con un’espressione indecifrabile, come se stesse cercando di metabolizzare l’informazione. «Verrò con voi».
 
«Questo non è possibile». Rispondo io seria, ma il mio cuore ha un sussulto.
 
«Hermione, ascoltami bene». Dice lui senza distogliere lo sguardo. «Quest’anno ho rischiato di perdere la persona a me più cara, e questo mi ha fatto riflettere. Non posso continuare ad essere il ragazzino viziato che sono sempre stato, non posso permettere che altre persone care si sacrifichino per me, mentre io rimango al sicuro nelle retrovie. Tu sei sempre stata in prima linea quando si è trattato di combattere, non sai cosa significhi essere lasciati indietro, sentirsi completamente inutili e impotenti. Non voglio più sentirmi così». I suoi occhi sono illuminati dalla luce della determinazione. «Ho un conto in sospeso con Tu-Sai-Chi e, se è ancora vivo, con mio padre. Non posso rimanere inerme, lo capisci?»
 
«Io lo capisco, però te lo assicuro: l’Ordine si prenderà cura di tua madre. Non c’è alcun bisogno che tu venga via con noi. Se vuoi davvero proteggerla, resta qui insieme a lei».
 
«No, tu non capisci. È te che voglio proteggere, Hermione». Dice passando una mano tra i miei capelli, reggendosi saldamente con l’altra al manico di scopa. «Non potrei vivere sapendoti in giro chissà dove a fronteggiare chissà quale pericolo senza poter avere tue notizie. Un anno trascorso così mi è bastato. Voglio starti accanto, combattere insieme a te, so di poterti aiutare».
 
Le sue parole mi scaldano il cuore e mi riempiono di quella grinta che solo lui riesce a tirarmi fuori. Forse in fondo ha ragione: è quando stiamo insieme che io e Draco tiriamo fuori il meglio l’uno dall’altra.
 
Poggio le mie labbra sulle sue, assaporando ancora una volta quel contatto tanto dolce quanto elettrizzante.
 
«Anche io ti voglio al mio fianco».
 



 
 Fine... per ora!
 


Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Vi annuncio che questo era l’ultimo capitolo! Con questo si conclude la parte di storia che ripercorre il sesto anno!
 
Mi dispiace aver lasciato passare tutto questo tempo, ma spero che il risultato finale vi sia piaciuto!
Questo è il momento di lasciarmi una recensione per farmi sapere le vostre ultime considerazioni riguardo la storia nel suo complesso!
 
Ma ora il grande dilemma: cosa accadrà adesso?
Cosa faranno Draco ed Hermione? Partiranno insieme alla ricerca degli Horcrux? Narcissa riuscirà a ricongiungersi con sua sorella? Cosa succederà a Theodore ora che è tornato tra i Mangiamorte? E Lucius, come sarà stato accolto dal Signore Oscuro?
 
Ho in mente tante idee per proseguire questa storia e credo che il prossimo arco narrativo porterà con sé delle novità. Esploreremo meglio la vita e il passato di personaggi che finora ho lasciato un pochino in secondo piano e la storia si discosterà sempre di più da quella originale.
 
Vi intriga?
 
Ci ho riflettuto un po’ su e ho deciso che metterò un punto a questa fanfic: dopo l’estate ne inizierò una nuova, dove proseguirò la storia… sarà un po’ come un secondo volume!
Se volete sapere cosa succederà ai nostri eroi fatemelo sapere, così vi manderò un messaggio non appena pubblicherò il primo capitolo della nuova storia!
 
Per il momento vi ringrazio di cuore di avermi seguita in questo viaggio. Probabilmente lo saprete, ma questa storia aspettava di vedere una fine già da molti, moltissimi anni. Quindi sono davvero felice di aver messo, almeno per ora, un punto. Grazie per tutto l’affetto che avete lasciato nelle recensioni e a tutti i lettori che mi hanno seguita!
 
Vi auguro una magica estate e spero di rivedervi tutti!
Flami151


P.S. Se state leggendo questa storia dopo tanto tempo dalla sua pubblicazione, sappiate che mi rende comunque molto felice ricevere recensioni. Io continuo a leggerle :)

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