Il ritorno di Papillon - Ensemble contre le monde Vol.03

di LadyHeather83
(/viewuser.php?uid=150644)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 1

*

Hai tutti quello che hai sempre desiderato.

Una bella casa, un lavoro stabile che ti dà mille soddisfazioni, anche se le difficoltà che devi affrontare ogni giorno sono enormi, e a volte sei sul punto di mollare tutto, una famiglia che non cambieresti per niente al mondo: i tuoi tre figli, Louis, Emma e Hugo, e si, anche il famigerato criceto, amico inseparabile del più piccolo della famiglia.

E poi ci sono loro: Adrien e Marinette, che per arrivare dove sono, hanno dovuto affrontare mille ostacoli che la vita gli aveva messo davanti in tutti questi anni.

Avevano relegato in cassaforte, dietro il quadro del loro matrimonio, la miracle box e a malincuore i due kwami: amici, consiglieri e per qualche tempo parte della loro famiglia.

Di comune accordo, e dopo la nascita della più grande, avevano svestito i panni di Lady Bug e Chat Noir, per dedicarsi ad una vita più tranquilla e all’insegna della carriera e della famiglia.

Insieme agli altri possessori di miraculous, avevano combattuto grandi battaglie per liberarsi del male che attanagliava la città di Parigi, però erano giunti ad un punto, in cui per costruire una vita insieme, dovevano mettere da parte qualcosa, rinunciando purtroppo ad una parte di loro, quella che li aveva accompagnati per tutta l’adolescenza, fino a raggiungere una certa maturità.

Avevano vissuto un periodo anche a New York, per completare al meglio gli studi.

Marinette aveva ottenuto ottimi risultati con il master all’Accademia della Moda, ed Adrien, dopo aver attaccato al chiodo la carriera di modello, si era dedicato alla facoltà di Economia e Commercio, un percorso che l’avrebbe portato a condurre gli affari della Casa di Moda.

All’occorrenza, e se Parigi ne avesse avuto il bisogno, avrebbero usato il miraculous del cavallo, che grazie alla creazione di un portale, sarebbero arrivati a Parigi in un batter d’occhio.

Adrien aveva suggerito di usarlo anche per gli spostamenti delle loro vacanze, ovviamente scherzando, ma Marinette, da brava guardiana, aveva considerato il fatto che sarebbe stato profitto personale, quindi bisognava accantonare l’idea, anche se era molto allettante la cosa.

*

“Si, Gabriel, la sala è stata prenotata e i vestiti sono già nel back stage” Sospirò Marinette, mentre entrava in cucina per la colazione tenendo il cellulare sull’orecchio.

Salutò con un cenno del capo i tre figli intenti a fare la colazione.

“No, Marcel, quelle fatture andavano pagate entro ieri.” Anche Adrien entrò in sala nella stessa identica maniera.

Sua moglie appoggiò il telefono sulla spalla e con la testa inclinata cercava di non farlo cadere, mentre amorevolmente annodava la cravatta rossa al marito.

Poi entrambi, chiusero le conversazioni nello stesso momento, sotto gli occhi divertiti delle loro creature.

“Ecco, sono appena le 7.30 e sono già stanca.” Sospirò Marinette imburrando una fetta di pane fresco e appena sfornato.

Suo padre non aveva perso l’abitudine di passare ogni mattina presto a portare la colazione, che Madame Lefleur, portava in tavola.

Da qualche anno, dopo la nascita di Emma, ben dodici anni fa, avevano deciso di assumere una governante che l’aiutasse nelle faccende domestiche, anche perché duecentocinquanta metri quadri di casa, non erano semplici da pulire da una persona sola, se poi ci mettiamo un lavoro a tempo pieno, un marito e tre figli, la cosa si complica ulteriormente.

Gabriel Agreste, non aveva badato a spese, quando aveva deciso di regalare a suo figlio e a sua nuora quella modesta residenza, leggermente fuori Parigi e lontani da occhi indiscreti.

Ai due novelli sposi, sarebbe andato bene anche quell’attico di cento metri quadri, che avevano acquistato quando avevano deciso di iniziare la loro convivenza.

Avevano bellissimi ricordi in quella casa e fu per questo, che avevano deciso di non venderlo, ma di tenerlo come seconda residenza, nel caso in cui ne avessero avuto bisogno per esigenze lavorative, o per qualsiasi altra cosa, una fuga d’amore per esempio.

Non era raro che i due piccioncini, all’ora di pranzo, soprattutto, si recassero lì per restare un po’ da soli.

La villa, tutta arredata in chiave moderna, aveva stanze ampie e luminose.

Una cucina con elettrodomestici di ultima generazione, con annessa sala da pranzo che poteva ospitare ben trenta persone attorno al tavolo lungo di legno scuro, un bagno di servizio e un salotto con caminetto.

Al piano superiore si trovavano le quattro camere da letto con un bagno per stanza, lo studio di Marinette e uno studio per Adrien.

All’ultimo piano, come se il giardino piantumato che delimitava tutta la casa non fosse sufficiente, si trovava un ampia terrazza, adiacente ad una soffitta.

“A me servirebbe un altro Adrien, non faccio a tempo ad alzarmi che il telefono squilla in continuazione”. Sospirò facendo lo stesso.

“Questo è il prezzo da pagare per dirigere una famosa casa di moda, mio caro”.

“Buongiorno, eh!” La figlia più grande attirò la loro attenzione.

“Avete ragione. Buongiorno tesori miei.” Marinette si era alzata per stampare un sonoro bacio sulla guancia di ognuno, compreso Adrien, che le aveva allungato il viso in attesa di quel gesto.

“Chi ci accompagna a scuola oggi?” Chiese la biondina.

“L’autobus”.

“No, mamma, è sciopero, te lo sei scordata?”.

Si, se lo era dimenticato, ma cercò di non darlo a vedere “Certo che no, vi accompagna papà” Rispose guardando in direzione del marito. “Vostro nonno mi aspetta alle otto in punto, e sapete che si arrabbia se faccio tardi”.

“Ma io alle otto ho una riunione con gli azionisti” Protestò il biondo.

“Arriverai in ritardo, dov’è il problema? Guarda il lato positivo, non verrai licenziato.”

Non era di certo quello che preoccupava Adrien, gli sarebbe bastato una telefonata a Nathalie, per avvertire che avrebbe ritardato per esigenze famigliari, il problema più grosso era affrontare le mamme fuori dalla scuola, soprattutto quelle single che cercavano una qualsiasi scusa per attaccare bottone, nell’attesa che i cancelli si spalancassero.

Eppure a Marinette non succedeva mai, arrivava a scuola un attimo prima che i cancelli si chiudessero, li scaricava giù dalla macchina e ripartiva verso la maison.

“Non è questo…”

“Ritieniti fortunato che le medie, elementari e asilo, sono sulla stessa strada”. Era un unico complesso privato, suddiviso per fasce d’età.

“Non è un problema accompagnare i miei figli a scuola…” Adrien cercava un modo per dirglielo, ma non ebbe il tempo, perché lei si alzò dalla tavola, lo salutò con un enorme bacio sulla guancia, e lo stesso fece con i suoi figli.

“Allora? Di che ti preoccupi? Ci vediamo in ufficio. Buona scuola bimbi.”

*

Marinette arrivò in ufficio alle otto in punto.

Poggiò la cartella nera con all’interno dei modelli disegnati sulla sua scrivania ed accese il computer.

Si guardò attorno e gettò un’occhiata fugace sullo studio di fronte, quello del suocero, non c’era.

Tirò un sospiro di sollievo, forse avrebbe avuto un po’ di pace per qualche altro minuto, era raro che Gabriel fosse in ritardo, soprattutto quando la sfilata di moda si stava avvicinando.

Al contrario, Nathalie era già seduta sulla sua scrivania e rispondeva con estrema cortesia alle chiamate che stavano arrivando.

Una di queste, era di Adrien, lo potè capire dalla sua risposta.

Rise sotto ai baffi, pensando a quanto fosse stata cattiva ad averlo gettato nella tana del lupo, ma questo era il prezzo da pagare, per essersi addormentato prima che lei potesse uscire dal bagno e fargli una sorpresa, indossando un intimo molto provocante, che lei stessa aveva ideato e disegnato apposta.

Sapeva quanto lui amava sfilarle di dosso certi pizzi, prima di farla sua.

“Lo trovi divertente?”

Marinette alzò lo sguardo, ed incontrò quello serio e torvo dello stilista.

“Sei in ritardo.” Osò dirgli.

“Ti prego, non farmelo notare.” Si tolse gli occhiali per massaggiarsi il naso, quanto odiava in quel momento quei quattro minuti segnati dopo le ore otto, sull’orologio.

“A proposito, ho fatti i ritocchi ai modelli.”

“Andiamo nel mio ufficio” Le fece cenno con il capo si seguirla.

Marinette prese l’album e obbedì all’ordine.

“Dov’è mio figlio? Lo sa che ha una riunione alle otto?”

“Ha accompagnato i tuoi nipoti a scuola” Gli rispose mentre chiudeva la porta.

*

Adrien scese dalla berlina nera che aveva parcheggiato nello spazio dedicato alla sosta breve delle auto, aiutando i suoi tre ragazzi a scendere e ad indossare lo zaino.

Hugo frequentava l’ultimo anno di asilo e fu il primo a varcare l’ingresso della sua scuola, accolto dalla maestra che amorevolmente lo accompagnò all’armadietto.

“Ora mi prenderò cura io del piccolo, signor Agreste”.

“Grazie, mi scusi, ma sono terribilmente in ritardo”

“Non si preoccupi, buona giornata” Lo salutò mentre scendeva le scale.

La prossima da accompagnare era la piccola Emma, che frequentava la quarta elementare.

Come si avvicinarono nei pressi del cancello, un bambino, presumibilmente della sua classe, si era accostato a lei donandole un fiore raccolto nel prato lì vicino.

“Per la mia dolce Emma”.

Lei arrossì e lo accettò.

Ad Adrien per poco non partì un embolo, era la sua dolce Emma, e non di quello sdentato lì.

“Mathias, grazie”.

Il biondo stava per cantargliene quattro, quando Louis, il più grande, aveva richiamato la sua attenzione dicendogli che non serviva che lo accompagnasse all’ingresso della scuola media, ma ci avrebbe pensato da solo in quanto, era appena arrivato Andrè, il figlio di Nino e Alya.

“Vai pure.”

E quando Emma entrò a scuola, assieme ai compagni, scortati dalla maestra, anche lui potè riprendere l’auto per raggiungere l’ufficio.

*

Nel parcheggio della scuola, una dopo l’altra, le auto lasciavano la sosta.

Tutte tranne una rossa fiammante, un’utilitaria, che aveva parcheggiato vicino l’auto di Adrien.

La donna al volante, indossava enormi occhiali da sole neri e in testa teneva un fazzoletto viola per non farsi riconoscere, faceva finta di truccarsi, giusto per non attirare l’attenzione.

Guardò dallo specchietto retrovisore la macchina nera che si stava allontanando e digrignò i denti.

“Goditi questi momenti Adrien Agreste, presto avrò la mia vendetta.”

*

Continua

*

Angolo dell’autrice: Ciao a tutti e buona domenica! Come promesso, ecco a voi il primo capitolo della terza e ultima parte di questa serie.

Vi ricordo che gli altri racconti sono: Best Friends e Le Ali della Farfalla.

Per la lettura di questa long, non è necessario leggere le precedenti, ma se lo vorrete fare, giusto per capirci qualcosa in più, mi farebbe piacere, come mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, sia di quelle che di questa.

Ringrazio chi le sta continuando a mettere tra le Preferite, Seguite e Ricordate.

Grazie davvero di cuore.

Non mi dilungo altro, e vi aspetto nel prossimo capitolo che pubblicherò sempre domenica.

Un abbraccio, Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 2

*

Vent’anni.

Erano trascorsi circa vent’anni, da quando Lila Rossi aveva lasciato Parigi.

Non aveva più niente e nessuno che la trattenesse in quel luogo.

Eppure pensava di aver trovato anche l’amore durante la festa del diploma, cercando di sottrarre Adrien, alla sua amata Marinette.

Aveva frainteso.

Lila, era stata salvata dal prode cavaliere, prima che questa potesse ruzzolare giù dalla scalinata della scuola, mentre stava cercando di  raggiungere la palestra allestita a festa, al piano terra.

Il suo cuore aveva iniziato a battere forte quando i loro occhi si erano incrociati, forse per la prima volta, e lì, lo aveva baciato, senza dare il tempo a lui di potersi spostare, e ovviamente al bacio non aveva di certo risposto.

La scena, era stata vista da Marinette, la quale, con il cuore spezzato, era scappata in lacrime, inseguita dal suo fidanzato, che le spiegò che si trattava solo di un malinteso e che non capiva perché Lila aveva compiuto un simile gesto.

Tornata alla festa dopo il chiarimento, Marinette prese da parte Lila e gliele cantò quattro, l’aveva condotta in un corridoio dove non c’era nessuno, non era da lei fare scenate di gelosia in pubblico.

Una parola di troppo detta dalla serpe rossa, per cercare di giustificarsi, con quella tipica aria spocchiosa che la caratterizzava, e Marinette non riuscì a trattenersi, le diede un sonoro ceffone sulla guancia.

“Sta lontana da me e da Adrien!”

“E’ solo questione di tempo, prima o poi si accorgerà di me.” Lila si teneva la guancia mentre lasciava la festa.

“Lo vedremo!”

*

Dopo quell’avvenimento, Lila aveva cercato altre volte il biondo, aspettandolo fuori dalla Maison, oppure sul set di un servizio fotografico.

Eppure, lui era stato ben chiaro, non provava alcun sentimento per lei, se non quello di ripudio nei suoi confronti, per tutto il male che aveva causato durante la permanenza a scuola in quegli anni.

Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Umiliata e sminuita davanti a Marinette.

Se ne era andata così, un giorno, senza lasciar detto dove andava nemmeno ai suoi genitori.

Mentre si recava all’aeroporto con solo una sacca beige contenente giusto quattro stracci, aveva incrociato un cartellone pubblicitario con la foto di Gabriel Agreste.

Si ricordò subito di un’altra offesa ricevuta da quella famiglia.

Usata e poi gettata via come fosse un sacco della spazzatura.

“Questo è troppo!” Aveva esclamato digrignando i denti, attirando l’attenzione dei passanti, che si erano fermati a fissarla.

“Che avete da guardare?” Si rivolse a loro in maniera acida, che li costrinse a volgere lo sguardo da un’altra parte e farsi gli affari propri.

Lila varcò poi le porte scorrevoli dell’ aeroporto, volse lo sguardo al tabellone posto in alto della reception e si presentò al gate indicato con il biglietto di sola andata.

*

Adrien arrivò in Maison con una strana sensazione addosso, come se qualcuno lo stesse osservando da molto lontano e non avesse buone intenzioni.

E non erano di certo tutte quelle mamme pettegole poste fuori dalla scuola.

La cosa, non sfuggì a Marinette, conosceva benissimo tutte le sue espressioni, e notava subito se c’era qualcosa che lo preoccupava.

Non era la riunione con gli azionisti, questo era certo; l’andamento della società andava più che bene in quel periodo, e le vendite erano sempre in continuo aumento, complice anche la nuova linea di intimo per donne, che Marinette aveva ideato.

Sobria, ma sensuale allo stesso tempo.

Salutò suo marito con un cenno del capo, prima di vederlo sparire dietro la porta, e dalla vetrata della sala riunioni, lo vide sistemarsi la cravatta e liberarsi della giacca, la corvina pensò a quanto fosse sexy.

“Marinette, sono arrivate le stoffe che avevi ordinato.” Ma ci pensò Nathalie a distoglierla da quei pensieri non proprio dei più puri.

“Grazie, vado giù in sartoria a dare un’occhiata.” Si era portata due mani sulla bocca per coprire uno sbadiglio.

“Tutto bene?” Le chiese la donna.

“E’ solo stanchezza, la sfilata si sta avvicinando e non abbiamo ancora iniziato a confezionare il modello di punta.”

“Ce la farete come sempre e la sfilata sarà un successo come al solito.” Nathalie aveva sempre una parola di conforto.

“Ne sono sicura.”

*

Marinette era nello stanzino semi buio, stava controllando quella stoffa con enorme soddisfazione: colore, tessuto e morbidezza, erano semplicemente perfetti.

Poteva vedere il modello di punta della collezione, avvolgersi e prendere vita sul manichino.

Un paio di braccia la cinsero da dietro, e lei sussultò dalla paura.

Non se lo aspettava.

Anzi, non si aspettava che suo marito osasse tanto nel luogo di lavoro.

“Cretino, mi hai fatto prendere un colpo!”.

Lui non parlò, ma le scostò i capelli dal collo ed iniziò a stamparle dei baci dolci e sensuali, fino ad arrivare alla spalla.

Marinette chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quelle piacevoli sensazioni che non provava da giorni.

Dio quanto le mancavano quelle attenzioni.

“Mi farò perdonare” Adrien insinuò le sue mani sotto la camicetta bianca partendo dal basso, fino a fermarsi sul suo seno generoso, modellato dalle gravidanze.

“E se venisse qualcuno?” Ansimò inerme.

“Sono tutti in pausa, ci siamo solo noi qui” Rispose palpandole entrambi i seni.

Ma Marinette non ne era convinta, e cercava di farlo desistere dal suo intento, non che le dispiacesse, anzi, ma la paura che potessero beccarli mentre si lasciavano andare, non la faceva impazzire, specie se magari a beccarli fosse stato proprio il padre di lui o Nathalie.

Sarebbe morta dall’imbarazzo.

“Ho fame anch’io, Adrien.” La corvina non riusciva ad aprire gli occhi, lui sapeva benissimo cosa fare per farla cadere ai suoi piedi.

“Anch’io…ma il cibo potrà aspettare” Le alzò la longuette nera, rivelando un intimo di pizzo nero che le metteva in risalto quei glutei sodi.

Suo marito si stava chiedendo come potesse avere un fisico così perfetto dopo ben tre gravidanze.

“Adrien…” Sospirò mentre si voltava.

Il biondo alzò le mani in segno di resa, se milady non voleva, non l’avrebbe costretta.

“Chiudi la porta” Le ordinò con un sorriso malizioso.

E questo a lui bastò per farla sua per la prima volta in quello stanzino.

*

Lila Rossi era scesa dall’aereo e la prima cosa che l’aveva investita, era stato il fetore di letame e animali da soma, oltre che a sudore e a delle essenze puramente orientali.

La prima tappa del suo viaggio, era l’aeroporto di Marracash, poi da lì, avrebbe preso una serie di bus e dei passaggi di fortuna, per arrivare nel cuore dell’Africa, in uno dei villaggi che i suoi genitori le avevano parlato che avevano trovato durante i loro viaggi.

La sua intenzione era quella di sparire per un po’, fare nuove esperienze, imparare qualcosa di nuovo.

Non se n’era andata per puro piacere personale o per conoscere il mondo.

La sua partenza era dettata dall’umiliazione, che ben presto si sarebbe trasformata in vendetta.

Vendetta verso la famiglia Agreste, e primo tra tutti: Gabriel.

Lui l’aveva usata per i soli suoi scopi malvagi, e lo avrebbe ripagato con la sua stessa moneta, ma prima avrebbe dovuto impossessarsi del miraculous della Farfalla.

Non sapeva dove lo nascondesse, era certa in qualche posto sotto chiave e ben sorvegliato.

Un luogo dove nessuno potesse sospettare che lì si trovasse qualcosa.

E per farlo, avrebbe avuto bisogno o dell’akumizzazione in Volpina, in modo da poter creare illusioni, oppure ancora meglio del miraculous della Volpe, ma chi fosse Lady Bug, o la sua portatrice, le era tutt’ora un mistero.

*

A bordo di un pick up, seduta sul cassone dietro assieme a un paio di capre che il suo proprietario avrebbe venduto a caro prezzo al mercato, Lila stava viaggiando verso il villaggio della sua destinazione.

Lì, avrebbe incontrato alcuni stregoni, che le avrebbero insegnato le tecniche illusorie e forse qualcos’altro.

*

Marinette e Adrien si stavano ricomponendo, raccogliendo i vestiti dal pavimento.

“Tu vuoi farmi morire!” Gli disse.

“Lo devo prendere come un complimento?” Chiese sghembo lui mentre si abbottonava la camicia.

La corvina arricciò le labbra in modo malizioso.

“Direi di sì” Rispose stampandogli un bacio sulle labbra.

“Abbiamo così poco tempo per stare assieme” Sospirò affranto.

“Lo sai che il periodo della sfilata è il più faticoso.”

Adrien le sorrise  e le accarezzò una guancia “Certo che lo so, ed è per questo che appena sarà finita, andremo tutti e cinque in vacanza.”

Marinette mancò un battito.

Una vacanza? Tutti insieme? L’ultima volta era stata prima che rimanesse incinta di Hugo, ben sei anni prima.

“E dove ci porti?” La corvina si infilò la giacca nera dopo averla ripulita con le mani.

“Pensavo alle Maldive!” Fece una pausa “…o in qualche altra isola se le Maldive non vanno bene”.

“Qualsiasi va benissimo, basta che ci siete voi, con me”

“Andata?”

“Andata. Maldive arriviamo!”

Ma l’entusiasmo di Marinette, venne frenato dall’espressione preoccupata del marito.

Non si era sbagliata questa mattina, c’era qualcosa che preoccupava Adrien.

“Mi dici che cosa c’è che non va?”

“N-niente” Balbettò abbassando lo sguardo.

Chaton, ormai ti conosco…da quanto? Più di vent’anni?” Gesticolò lei facendolo sorridere, era proprio vero, a lei non sfuggiva niente.

Il biondo non era ancora pronto a vuotare il sacco, credeva quella sua sensazione così stupida che non era il caso di parlarne.

Ma lei non demordeva, doveva assolutamente sapere, e non lo avrebbe fatto uscire da quella stanza se lui non glielo avesse detto.

“Non è niente di importante” Fece spallucce con tono più serio.

“Significa che lo è, allora” Insistette Marinette.

Adrien sospirò in segno di resa “Ho avuto la strana sensazione che qualcuno mi stesse spiando oggi a scuola” Le disse guardandola negli occhi con espressione preoccupato, anche se erano anni che non portava il miraculous del gatto nero, certi atteggiamenti e certi sensi, li aveva assorbiti da Plagg.

“Chi?”

Il biondo scosse la testa “Non lo so…quella donna…mi sembrava di conoscerla”

“Quale donna?”

“Era parcheggiata accanto la mia macchina, ma non sono riuscito a vederla bene, ma potevo sentire i suoi occhi puntati su di me, come se potesse scavare dentro la mia anima”.

“Non potrebbe essere una tua ammiratrice?” Ipotizzò, non era raro trovare ancora sue fan che lo rincorrevano per tutta Parigi, sebbene non fosse più un modello, quando era più giovane, aveva fatto breccia sul cuore di molte ragazzine, lei compresa.

“No. Marinette, per la prima volta ero terrorizzato”.

*

Continua

*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 3

*

Il mozzicone di sigaretta bruciava tra le sue dita, e il fumo che saliva, avvolgeva il suo volto quasi a renderlo misterioso.

Lila Rossi aveva abbassato il finestrino quel tanto che basava per togliere l’eccesso di tabacco ormai incenerito.

Inspirò un’ultima boccata di quel veleno e poi buttò via il filtro facendolo capitombolare tra le unghie laccate di rosso, fino a finire la sua folle corsa dentro un bombino dalle grate aperte.

Guardò il suo orologio da polso d’oro, quando la berlina grigia di Gabriel Agreste varcò il cancello per ritornare a casa.

Lei d’istinto si era abbassata appena aveva visto i fari avvicinarsi, per non essere vista.

Le 19.26.

Scese dalla macchina ed aprì infine la portiera all’altro passeggero, la signora Nathalie, ormai diventata un membro a tutti gli effetti di quella famiglia da qualche anno.

Marito e moglie salirono i gradini della residenza a braccetto, mentre il gorilla riprendeva la strada di casa.

Lila, prese la sua penna di Swarovski e annotò qualcosa sul taccuino, di seguito agli altri appunti presi alla rinfusa.

*

Ore 6.00 la governante prende servizio.

Ore 7.45 gli Agreste escono di casa.

Ore 9.00 stesura del bucato in giardino con relativa porta aperta.

Ore 10.39 la governante esce per la spesa.

Ore 11.47 rientra con il bottino.

Ore 14.09 la governante ritira il bucato asciutto e pulisce il plateatico

Ore17.12 la signora esce. FINE TURNO???

Ore 19.26 gli Agreste rincasano.

*

Rimase ancora un po' nascosta sul sedile anteriore della macchina, sempre con quel foulard in testa e dopo aver annotato l’ultima cosa, gettò con noncuranza il block notes, la penna e anche il foulard sul sedile del passeggero.

Infilò la chiave sulla serratura e la girò per accendere la macchina, per poi sfrecciare a gran velocità per le strade di Parigi.

*

Ore 22.42 si spengono le luci nella camera da letto.

*

Gabriel Agreste osservava quella scena da dietro una tenda e dalla serranda semi abbassata.

La macchina appostata a qualche metro da casa sua, lo aveva insospettito, soprattutto perché il posto che aveva scelto, non era nemmeno un parcheggio.

Nathalie rientrata in camera dopo un bagno caldo e rilassante, notò che suo marito non era ancora sotto le coperte, ma sembrava osservare il nulla con un cipiglio serio e preoccupato.

“Tutto bene?” Quella domanda lo destò.

“Si, si. Mi ero fermato a guardare la luna piena.” Le disse la prima cosa che gli era venuto in mente.

Nathalie si chiuse un po’ di più sulla vestaglia rossa di seta e lo raggiunse per ammirare anche lei quella bellezza notturna.

“Peccato sia stata coperta ora dalle nuvole” Sbuffò e si mise a letto, non era il momento di fare domande a cui non avrebbe avuto risposta.

Sapeva comunque che quella sarebbe stata una notte lunga.

Lui non avrebbe chiuso occhio per quel sospetto che gli attanagliava il cuore, lei, perché suo marito le stava nascondendo qualcosa.

*

La domenica seguente, Marinette  e Adrien avevano accompagnato i nipoti da nonno Gabriel e nonna Nathalie, nonostante la donna non fosse la nonna biologica dei bambini, loro la chiamavano così, e ad Adrien, la cosa non dispiaceva affatto, dopotutto faceva sempre parte della famiglia, nulla a togliere alla compianta Emilie, scomparsa prematuramente, ma che il biondo non mancava di raccontare ai propri figli di quanto sua madre, fosse stata una donna straordinaria.

Marinette e Adrien, avevano quel pomeriggio in programma un treno per Londra, che li avrebbe tenuti lontani da Parigi per un paio di giorni, giusto il tempo di controllare che nella sede distaccata londinese, tutto filasse liscio e che la produzione dei nuovi abiti, con relativo bilancio, fosse in ordine.

Ci sarebbe potuto andare tranquillamente Gabriel, ma era meglio che i due ragazzi, iniziassero a camminare con le proprie gambe, anche perché l’anno prossimo, Monsieur Agreste, se sarebbe ritirato, e la maison più famosa di Parigi, sarebbe passata a loro.

Quella sagoma all’apparenza invisibile, osservava i due coniugi Agreste, mentre salutavano Gabriel e gli affidavano i nipoti.

Marinette si era abbassata al livello del più piccolo e dopo averlo stretto in un abbraccio, gli aveva anche dato un tenero bacio sulla guancia.

“Fate i bravi con i nonni” Si era raccomandata, mentre li salutava uno ad uno.

“Grazie per esserti offerto di badare a loro mentre saremo via” Continuò Adrien verso suo padre.

Gabriel gli sorrise “E’ un piacere trascorrere del tempo con loro”.

“Avremo potuto chiedere ai miei genitori…la sfilata si avvicina e c’è ancora tanto lavoro da fare.”

“Lo sai che posso lavorare da casa, e poi è solo per un paio di giorni, non sarà la fine del mondo”.

Hugo, il più piccolo era stufo di tutto quel cicaleccio “Nonno giochiamo ancora a Lady Bug e Chat Noir che sconfiggono Papillon?”

Gabriel deglutì rumorosamente e volse lo sguardo verso Marinette e Adrien, che a sua volta si guardarono con aria interrogativa.

Da quando lo stilista si prestava a certi giochi?

“Siii! Io sono Lady Bug” Emma prese dal suo zaino uno yo-yo giocattolo che aveva personalizzato con il colore rosso ed attaccato dei cerchietti neri.

Lo lanciò sbadatamente in testa al fratello più grande, che si massaggiò la parte lesa.

“Ahio! Sta più attenta, Emma”.

“Io ovviamente sono Chat Noir” Disse Hugo toccandosi il cerchietto con le orecchie di gatto. “Tu nonno sei Papillon!”

A quella richiesta del piccolo Agreste, Gabriel iniziò a sudare freddo e la sagoma trasparente iniziò a ridersela sotto i baffi.

Sapeva benissimo chi era o per meglio dire chi fosse stato in passato Gabriel Agreste, non che ne fosse certa o che avesse qualche prova a riguardo, ma qualcosa di strano quell’uomo la nascondeva.

“Louis tu fai quello che viene akumizzato” Hugo si rivolse al fratello più grande, che incrociò le braccia al petto in segno di disappunto.

“Sempre io!” Aveva protestato.

Quella conversazione stava diventando un po’ troppo imbarazzante, e l’orario della partenza si avvicinava sempre di più.

Il gorilla li attendeva alla macchina.

“Allora noi andiamo!” Disse Adrien, che ricevette un abbraccio di gruppo dai suoi figli.

“Quando torni papà…giochiamo anche noi così, tu farai Chat Noir, però” Le aveva detto la piccola Emma.

“Certo” Annuì con il capo, per poi avvicinarsi a lei e sussurrarle all’orecchio che porta sempre con se il kwami nero di nome Plagg che le aveva disegnato.

“Ti voglio bene, papà”

*

Dopo che i loro genitori avevano lasciato la residenza, i tre bambini, seguiti dal nonno, entrarono in casa, c’era un gioco che li attendeva, un gioco che tutti e quattro amavano fare.

Ovvero rivivere le avventure di Lady Bug e Chat Noir, eroi acclamati di Parigi, che nessuno vedeva da anni.

“Ma nonno, Lady Bug e Chat Noir dove sono finiti?” Chiese curiosa Emma.

“Hanno avuto bambini?” Continuò Hugo con gli occhi luccicanti.

“E Papillon che fine ha fatto?” Emma pose un’altra domanda senza che la prima venisse soddisfatta.

“Ma che cosa volete che ne sappia lui!” Rispose Louis un po’ infastidito sprofondando sul divano di pelle bianca con il libro di storia tra le mani.

Gabriel non badò al nipote più grande ormai in fase preadolescenziale.

“Vedete bambini” Fece segno ai due più piccoli di sedersi accanto a lui “…Lady Bug e Chat Noir, una volta sconfitto Papillon, hanno continuato la loro attività di super eroi, poi non si sono più visti. Non so dirvi se hanno avuto bambini o no”.

“Mamma e papà dicono che vivono in un’isola deserta e mangiano solo frutta”.

Louis si spostò dal viso il libro che stava leggendo “Non essere ridicolo Hugo, nessuno può mangiare solo frutta, morirebbe per il troppo zucchero”.

“Sei noioso Louis” Grugnì la sorella.

“Tu sei noiosa che credi a queste fandonie. Lady Bug e Chat Noir non stanno insieme e non hanno figli, forse non sono mai esistiti”.

Hugo si mise a piangere “N-non è vero. S-s-sei un bu-bugiardo”.

“Se sono un bugiardo, mi vuoi dire perché non li abbiamo mai visti?”

“Mamma e papà dicono che non abitano qui.”

“O forse perché non sono mai esistiti, è il frutto della fantasia di qualcuno, oppure a qualcuno piaceva vestirsi da coccinella e gatto nero a Carnevale”.

“Stai esagerando, Louis. Vai in camera tua!” A Gabriel faceva male vederli litigare, gli sarebbe piaciuto dirgli la verità, non proprio tutta, ma magari che i super eroi idolatrati e ammirati in passato, erano proprio i loro genitori.

Ma se non lo avevano fatto Marinette e Adrien, non era il caso di lanciare una simile bomba.

“Bene!” Il più grande pestò i piedi ed andò a chiudersi in quella che una volta era la stanza da letto di suo padre.

*

Gabriel abbracciò il nipote più piccolo ancora scosso dalle parole del fratello.

“Non intendeva ferirti” Ma avrebbe voluto dire di portare pazienza che erano gli ormoni che lo facevano parlare in quel modo.

“E’ cattivo!” Tirò sul col naso dopo essersi passato sotto di esso, il dorso della mano.

“Forza, andiamo a giocare!” Gabriel si alzò in piedi per distrarre i due più piccoli, a cui bastarono quelle parole per far tornare di nuovo il buon umore.

Hugo cercò lo zainetto vicino il divano, ma probabilmente lo aveva dimenticato fuori nella fretta.

“Vado a cercare la mia sacca nonno, forse è fuori!”

“Va bene”.

Uscì di casa e trovò l’oggetto rosso che cercava proprio infondo la scalinata, e senza pensarci, iniziò a scenderle, per poi fermarsi impietrito, quando lo zaino iniziò a fluttuare in aria ed avvicinarsi sempre di più a lui.

“E’ tuo?” Chiese una voce che lo costrinse a guardarsi attorno.

“C-chi sei?” Balbettò ancora più impaurito.

“Sono un’amica dei tuoi genitori e di tuo nonno.”

“Come ti chiami?”

“Non ha importanza” Si passò una mano sul volto e si mostrò per qualche secondo.

“Come hai fatto?”

“Uhm…diciamo che conosco qualche trucco di magia”

“Anch’io, voglio” Disse entusiasta il piccolo.

“Va bene!” Gli soffiò qualcosa sulla faccia e Hugo chiuse d’istinto gli occhi, quando li riaprì, era come ipnotizzato, come se stesse aspettando degli ordini.

L’entità gli prese la mano e lo condusse giù dalla scalinata, insieme percorsero il vialetto ed aprì il cancello.

“Ora, attraversa la strada!” Gli ordinò quando vide una macchina che stava arrivando.

*

Tutto il tuo mondo si può fermare in un solo istante, se non fai niente per impedire una tragedia.

Ti basta che il tuo istinto ti faccia muovere velocemente la gambe, per evitare alla fine di versare lacrime e di pentirti di non aver avuto il coraggio di agire, se avessi usato il cervello.

“Hugo!!!” Aveva urlato Gabriel correndo verso di lui e fermandolo appena in tempo, prima che la macchina lo investisse.

“Nonno?” Era quasi sorpreso di vederlo.

“Ma che ti è preso? Perché hai aperto il cancello e sei uscito?” Gabriel era sconvolto, sarebbe potuta accadere una disgrazia, e a farne le spese sarebbe stato proprio il suo nipote più piccolo.

Hugo sembrava come in trans e come se non fosse consapevole di cosa stesse facendo o del perché si trovasse lì.

“E’ stata quella strana signora ad aprire il cancello”.

Lo stilista aveva inarcato un sopracciglio “Quale strana signora?” Si guardò attorno in cerca di qualcuno di sospetto, ma le uniche persone che gli erano attorno, sembravano gente per bene e preoccupate per l’accaduto.

“Noi non abbiamo visto nessuno” Rispose un testimone “…l’unico che ho visto era il bambino, però sembrava come ipnotizzato”.

“Vuole che chiami un’ambulanza?” Aveva chiesto un altro passante.

Gabriel scosse la testa “Non è necessario, grazie.”

E dopo aver ringraziato i presenti per essersi fermati, prese suo nipote e lo portò in casa, dove i suoi fratelli lo aspettavano in ansia.

*

Gabriel aveva lasciato i bambini in sala a fare merenda, mentre lui si dirigeva verso il suo studio, in cerca di consigli da Nooro.

Lo custodiva al solito posto, dietro il quadro di Emilie nel suo studio, dentro la cassaforte.

La porta era stranamente semi aperta, la spinse un po’ di più per entrare e ci trovò Nathalie svenuta sul pavimento, davanti il quadro e quella cassaforte aperta.

Vuota.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 4

*

La prima cosa che fece Gabriel, fu quella di soccorrere la moglie.

“Nathalie” L’aveva chiamata più volte e scossa leggermente perché riprendesse conoscenza al più presto, senza rincorrere all’aiuto medico.

Ma è quello che in ogni caso avrebbe fatto, visto l’enorme livido e bernoccolo che aveva sulla tempia destra.

Tossì un paio di volte e si tenne la testa dolorante.

“Stai bene?” Le chiese in tono pacato.

“S-si” Ma una smorfia di dolore aveva tradito le sue parole.

Gabriel l’aiutò a sollevarsi e a sedersi poi sulla poltrona poco distante, mentre i suoi nipoti lo cercavano.

“Nonno? Sei qui?” Chiese la biondina aprendo la porta.

“Si” Aveva risposto.

La bimba si portò le mani sulla bocca, quando vide la nonna con quell’enorme tumefazione.

“E’ caduta” La precedette lo stilista prima che potesse dire qualcosa “…e ha sbattuto la testa sullo scalino”.

“Sono inciampata” Aveva aggiunto la donna.

Emma, e Louis si avvicinarono ai nonni con un espressione alquanto preoccupata in volto.

Il quasi incidente di Hugo, che non sembrava affatto scosso, in quanto stava mangiando un panino al cioccolato, mentre si godeva il suo cartone preferito; e ora la nonna Nathalie che cade.

Non poteva essere una coincidenza, si ritrovò a pensare Louis, il più grande dei fratelli, e anche se era solo alle media, la sua intelligenza gli permetteva di capire che quella era una situazione alquanto bizzarra.

“Vuoi che chiami il dottore?” Aveva chiesto io moro sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Non è necessario” Gli aveva risposto il nonno.

Intanto Emma, abbracciò la donna “Un bacino e passa la bua”.

Nathalie sorrise all’innocenza di quella dolcissima bambina.

“Andate di là, alla nonna penso io” Ordinò lo stilista.

*

Attese che chiudessero la porta prima di parlare, sapeva che la moglie non gli avrebbe detto che era stato compito di ladri, ma che c’era sotto dell’altro.

“Che è successo?” Le aveva chiesto tenendola tra le braccia amorevolmente.

“Ricordo solo che mi hai chiesto di aprire la cassaforte, il che è strano, visto che conosci anche te le combinazione” Spiegò la donna reggendosi la testa.

“Io?” Domandò sorpreso “Ero con i nostri nipoti, sono entrato ora in casa”

Nathalie scosse la testa e farfugliò qualcosa, il suo racconto era confuso e a tratti non aveva senso.

Diceva che in cuor suo sapeva che chi aveva di fronte a lei, non fosse il marito, ma non riusciva a dire di no, come se fosse ipnotizzata e il suo corpo si muovesse da solo, manovrato come un burattino.

“Sembri scosso, Gabriel.”

“Hugo stava per essere investito poco fa.” Soffiò come vergognandosi di non riuscire a badare a un bambino di sei anni.

Nathalie ebbe quasi un mancamento apprendendo quella notizia terribile.

“Come? Cosa? Quando?” Si era alzata di scatto, ma il braccio dello stilista l’aveva trattenuta e riportata alla stessa posizione di prima.

“Sono riuscito ad evitare il peggio!”

“Dobbiamo dirlo ad Adrien e Marinette” Soffiò come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Sono a Londra, lasciamoli tranquilli finché non scopriremo qualcosa di più.” Sarebbero tornati senz’altro immediatamente, e questo non poteva di certo permetterlo.

Gabriel allungò alla moglie un bicchiere d’acqua che gli aveva chiesto qualche attimo prima.

“Chi pensi ci sia dietro?”

“Un’idea me la sono fatto, ma non se sono sicuro.” Si avvicinò alla porta finestra e con uno sguardo accigliato osservò le auto che passavano sfrecciando sulla strada.

Non sapeva bene cosa si aspettava di vedere, forse ancora quell’auto sospetta fuori dalla sua proprietà per l’ennesima volta.

“Pensi sia tornata?” Incredibile come quella donna riuscisse a leggere così bene tra le righe e a capire cosa pensasse quell’uomo in ogni singolo istante.

Nathalie aveva preso posto accanto a lui, sembrava stare meglio, la testa non vorticava più, anche se il bernoccolo pulsava, ma era un dolore abbastanza sopportabile, che andava sempre più scemando.

Gabriel increspò un labbro “Non saprei chi altro” Scosse il capo in segno di disappunto, se Lila Rossi era tornata dal suo lungo viaggio, se avesse rubato il miraculous della farfalla e se fosse stata lei a provocare il quasi incidente di Hugo, sarebbe un bel guaio.

Maledisse il giorno che stinse quell’alleanza con lei, e tutto per la sua smania di riportare in vita la sua amata Emilie, perché non si dava pace per averla persa per sempre, perché si era sempre addossato la colpa per aver perso la madre di suo figlio.

Lei voleva di più, ma non glielo poteva dare.

*

Adrien guardò fuori dalla finestra della sua cabina di quel treno, che tra qualche minuto si sarebbe fermato alla stazione ferroviaria di Londra.

Sprazzi di nuvole bianche, continuavano a susseguirsi una dopo l’altra.

Sospirò.

Qualcosa lo preoccupava, e la cosa ormai era evidente anche a Marinette, che fino a quel momento se ne era stata zitta e buona, attendendo che il marito sputasse fuori il rospo.

Un’ora era passata da quando si erano imbarcati, e per un’ora Adrien non aveva spiaccicato mezza parola.

Stava per aprire bocca, quando il controllore irruppe nell’abitacolo e controllò loro i biglietti e documenti di viaggio.

Dopo essersi assicurato che tutto fosse in ordine, si congedò ai presenti con un semplice “Fate buon viaggio, signori Agreste”.

E dopo tutto questo tempo, a Marinette faceva sempre uno strano effetto essere chiamata con il cognome di Adrien.

“Grazie” Avevano detto all’unisono.

Quando il controllore chiuse la porta, l’espressione serena del biondo scomparve, lasciando posto alle nuvole, che aveva appena oscurato il cielo.

Qualche minuto e avrebbe piovuto.

Pioveva sempre a Londra, per questo Marinette e Adrien non amavano particolarmente quella città.

“Vuoi dirmi che cos’hai?” Gli aveva chiesto.

Adrien si morse un labbro, non voleva dirglielo, soprattutto perché era una cosa stupida, una sensazione infondata, non voleva farla preoccupare per niente.

“E’ tutto apposto, mi mancano i miei figli” Aveva inventato una scusa, in parte però, perché i suoi figli gli mancavano veramente.

“Li abbiamo lasciati da neanche un’ora” Marinette si sedette vicino a lui e gli prese la mano, costringendolo a guardarlo negli occhi.

Lei gli sorrideva.

Chaton” Da quanto non lo chiamava così, forse da quando avevano deposto le loro armi da battaglia dentro quella cassaforte “…a me puoi dire tutto.”

“E’…e’ una cosa stupida” Balbettò distogliendo lo sguardo.

“Non credo, ho fatto o detto qual…”

“No” L’interruppe prima che potesse continuare, prima che si addossasse una colpa che non aveva “…tu non c’entri.” La discolpò subito “…ho una terribile sensazione, come se dovesse accadere qualcosa di brutto. E credimi, non mi capitava dai tempi che indossavamo la maschera.”

“Da cosa è dipeso secondo te?”

“L’altra mattina, quando ho accompagnato i ragazzi a scuola, ho avuto la percezione che qualcuno mi spiasse”

“Un paparazzo? Ce ne sono tanti in giro” Azzardò alzando le spalle.

“No, non erano fotografi in cerca di uno scoop. Potevo sentire il suo sguardo attraversarmi la pelle, come se fosse di ghiaccio. Volevo solo andarmene via.”

Marinette dopo quella confessione, iniziò a preoccuparsi anche lei, aveva promesso ad Adrien che una volta ritornati a Parigi, avrebbero approfondito il discorso, ora non era il caso di parlarne.

*

Continuò a rigirarsi tra le dita quella spilla a forma di farfalla, come se fosse la sigaretta che teneva nell’altra mano.

Non aveva fretta di usarla, anzi a dire il vero, non conosceva nemmeno quale fosse il suo reale potere.

Sapeva che Papillon, ovvero Gabriel Agreste, usava delle farfalle come principale vettore di quel veleno che annebbiava la mente umana, e gli costringeva ad agire per conto suo.

Anche lei era una vittima, ma una vittima che voleva esserlo.

In tutti quegli anni, aveva sempre pensato a come impossessarsi di quel gioiello magico, di spiare ogni mossa di Gabriel Agreste, per capire dove fosse nascosta.

Strano che non l’avesse consegnata al guardiano dei Miraculous, la cui identità era un mistero per lei, anche perché non era interessata a sapere chi fosse o se si trovava a Parigi, o in qualche altro posto isolato o abitato; o che quest’ultimo gli abbia permesso di tenerla.

Troppe domande, troppi dubbi.

Ma che al momento non aveva intenzione di sbrogliare.

Aveva altro a cui pensare e tante cose da fare.

Appuntò la spilla al petto, da cui ne uscì un animaletto con le ali viola.

Espirò una boccata di fumo, che finì addosso al malcapitato kwami.

Tossì convulsivamente, e quando la nuvola grigiastra si diradò, il volto della persona che gli stava davanti, si palesò e divenne più nitido.

Non era il suo solito padrone.

“Ciao, io sono la tua nuova portatrice.”

“B-buongiorno” La salutò balbettando, capì subito che la donna che gli stava davanti, possedeva un’aura malvagia e crudele, lo poteva capire dai suoi occhi, oltre che sentirla, perché lui sentiva le emozioni negative, le persone più vulnerabili al suo potere.

Nooro non era affatto un kwami cattivo, ma attraeva molte persone che possedevano quella indole.

“Tu mi darai un grande potere” Disse in un ghigno sadico, facendolo rabbrividire e spaventare ancora di più di quanto non lo fosse.

“Non si possono usare i poteri per scopi personali e nemmeno per vendetta”.

“Ma Gabriel Agreste lo faceva”

“Gabriel Agreste ne ha pagato le conseguenze”

“Balle” Battè i pugni sulla tavola di legno facendolo sobbalzare “…è ancora in libertà, doveva marcire in galera, solo per aver akumizzato mezza Parigi.” Si alzò dalla sedia facendola stridere “…e per essersi preso gioco di me” Aggiunse digrignando i denti dalla rabbia.

*

In redazione il telefono continuava a trillare insistentemente.

Una mano mulatta con unghie lunghe laccate di rosso, alzò la cornetta.

“Alya Cesaire” Rispose irritata, stava lavorando al prossimo servizio, un importante servizio, e aveva detto alla sua assistente di non disturbarla per nessun motivo.

“So chi è il famigerato Papillon”.

*

continua

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 5

*

La voce metallica e camuffata dall’altro capo del telefono le stava offrendo su di un piatto d’argento la notizia della sua vita.

Quella a cui nessuno fino ad ora, era riuscito a fare chiarezza, nemmeno la stessa polizia, che per anni aveva ipotizzato chi si potesse nascondere dietro la maschera del famigerato Papillon.

“Come ha detto prego?”

“So chi è Papillon.” Ribadì non aggiungendo altro.

“Senta, non ho tempo da perdere, arrivederci.” Stava per chiudere quella conversazione, quando udì il nome di Gabriel Agreste, pochi istanti prima di appoggiare la cornetta.

Alya non approfondì il discorso e troncò quel colloquio sul nascere, ma credere o non credere a quella notizia?

Che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto?

La carriera di Gabriel Agreste stava giungendo al termine, e presto avrebbe lasciato il posto a Marinette come capo stilista della casa di moda, non si sapeva bene ancora il momento preciso che Agreste avrebbe sganciato la bomba.

Ma la bomba stava invece per essere sganciata su di lui.

Il telefono trillò di nuovo ed Alya rispose con il classico “Pronto?”.

Ancora quella voce metallica.

“Io ti offro lo scoop della tua vita e tu che fai? Mi metti giù? No, no, non si fa così Alya Cesaire.” Il modo in cui lo disse, ad Alya sembrò di stare dentro un film dell’orrore, quella voce era alquanto inquietante, e la paura di venire presto squartata da un maniaco qualsiasi che si trovava dietro di lei, aveva preso il sopravvento.

Si voltò di scatto, ma oltre all’appendiabiti e al suo soprabito con il cappello, non c’era altro.

Sospirò e cercò di tranquillizzarsi.

“E io dovrei credere a un pazzo?” Aveva dato per scontato che si potesse trattare di un maschio.

“Puoi fare quello che vuoi…o pubblichi te la notizia, oppure ti prometto che Gabriel Agreste verrà arrestato molto presto.”

“Io non pubblico un bel niente.” Non solo perché lo stilista era il padre di uno dei suoi migliori amici, ma anche perché quella voce dall’altro capo del telefono non gli stava dando prove concrete di quello che stava dicendo.

Se il tutto non si fosse rivelato vero, sarebbe stata licenziata e mandata a dirigere qualche giornaletto di quint’ordine, se le fosse andata bene e i legali di casa Agreste non l’avessero rovinata per quella calunnia.

“Ti do l’ultima possibilità…

“Non ci sono prove che Gabriel Agreste sia in realtà Papillon.”

“Ho un video che lo dimostra. Se vuoi te lo mando.”

Alya scosse il capo, anche se la notizia si fosse rivelata in qualche modo vera, non l’avrebbe mai pubblicata, e non aveva intenzione di scoprirlo.

“Ti ho già detto che non sono interessata, e non chiamarmi mai più.”

“Hai fatto la tua scelta, Alya Cesaire”.

Dopo quelle parole, non udì più niente, se non il classico suono del telefono libero.

La ragazza si portò le mani sui capelli, appoggiando i gomiti sulla scrivania.

Sbuffò un paio di volte.

Non era raro ricevere in redazioni notizie simili.

C’era chi diceva di aver visto il mostro di Lochness nella Senna; chi era sicuro di aver intravisto fluttuare un ufo sopra la Tour Eiffel;  e così discorrendo.

La segreteria della giornalista, era piena di assurdità, ma l’ultima telefonata ricevuta, l’aveva un po’ spiazzata, forse perché era quasi mezzanotte, e lei si ritrovava ancora in ufficio a lavorare sul menabò del giornale, oppure perché il nome fatto, era alquanto conosciuto e la toccava in maniera personale.

Alya pensò che per la giornata poteva bastare così.

Spense il computer e anche la luce dell’ufficio.

*

Marinette si era alzata tardi quella mattina.

Erano quasi le otto.

Di solito, non si svegliava più tardi delle sei, e alla vigilia di una sfilata, era capace di trovarsi già in piedi alle quattro e trenta del mattino, a lavorare sugli ultimi dettagli degli abiti e dell’organizzazione.

Scostò le tende rosse del lussuoso albergo dove avevano pernottato, uno dei tanti di proprietà della famiglia di Chloè Bougeois.

E oltre al suo riflesso, poteva godere della splendida giornata che stava regalando Londra, il tutto contornato dal Big Beng in bella vista.

Indossava una camicia bianca, raccolta per terra, e dalla lunghezza si poteva intuire che fosse di Adrien.

Il biondo, senza fare rumore, si era avvicinato a lei, spostato dal collo i lunghi capelli neri e baciato sensualmente quella parte sensibile di lei.

“Buongiorno, principessa.”

Era nudo dietro a lei, non aveva avuto la decenza di mettersi qualcosa addosso, non che a Marinette questo dispiaceva, anzi, ammirare suo marito come mamma lo aveva fatto, la mandava in estasi.

Da quando si erano messi insieme, non guardava più il suo fisico statuario sulle riviste, e aveva avuto il privilegio di vederlo modellarsi nel corso di quegli anni, dal vivo.

“Buongiorno a te, mio principe!” Lasciò cadere all’indietro la testa, che venne accolta dall’incavo della suo collo.

Adrien l’abbracciò e la cullò per qualche secondo.

“Ti sei rilassata ieri sera?” Le sussurrò malizioso.

Mmmm…non sai quanto! Ci vorrebbero più serate così”.

“Scappiamo via, io e te!”

Lei sogghignò “Dimentichi un particolare…tre piccole pesti che ci aspettano a casa.”

Lo riportò alla realtà in men che non si dica, facendogli sciogliere quell’abbraccio.

“Uffa!” Si gettò sul letto, affondando la faccia sul cuscino.

Però…una fuga d’amore, con la scusa di controllare qualche negozio o sede distaccata, la si può sempre fare.” Si sedette vicino a lui iniziando a massaggiargli la schiena muscolosa e perfetta “Abbiamo quattro nonni che non vedono l’ora di passare più tempo con i loro nipoti.” Gli sussurrò all’orecchio continuando il suo lavoro.

“E’ da ieri che non li sentiamo, che sia il caso di fargli una telefonata?” Chiese Adrien alzando la testa e guardando lo smart phone appoggiato sul comodino.

Mmm, no…Marinette sempre più sensuale, si mise a cavalcioni dietro di lui, in una posizione migliore.

“Cerchi guai, ragazzina?” Con un colpo di anca, Adrien si girò e trasse a se Marinette, baciandola appassionatamente.

“Io volevo solo farti un massaggio per scaricare un po’ la tensione.” Disse maliziosa passandosi inumidendo le labbra con la lingua.

“Ho un’altra idea per scaricare la tensione.” Il telefono del biondo iniziò a trillare “…ed è questa.” Disse in tono rassegnato rispondendo alla chiamata di suo padre.

Se si trattava di un’altra persona, con molta probabilità non avrebbe risposto, anzi, lo avrebbe gettato fuori dalla finestra per evitare di essere disturbato di nuovo, mentre lui e la sua signora si stavano intrattenendo con altro.

Anche il cellulare di Marinette suonò.

Alya? Ciao, come stai?”

Marinette…” Disse con voce preoccupata che cercò di camuffare sembrando contenta, ma la corvina conosceva bene quella ragazza, erano amiche da sempre, e se c’era qualcosa che la preoccupava, lo poteva captare da kilometri di distanza. “…possiamo vederci oggi pomeriggio?”. Chiese con voce tremante.

“E’ successo qualcosa con Nino? Ai ragazzi?” Domandò senza dirle che non era in città.

“No, no, stanno bene. Anzi stiamo bene. Ma c’è una cosa di cui ti devo assolutamente parlare.”

“Non sono a Parigi. Sono a Londra con Adrien, torniamo domani. La cosa può aspettare o vuoi che ne parliamo per telefono?”

“Per telefono no. Va bene se ci vediamo di persona domani.”

“Ti chiamo quando arriviamo.”

“A domani, Marinette.”

“A domani, Alya”.

L’espressione di Marinette non prometteva nulla di buono e Adrien se ne accorse subito, impossibile non notare quello sguardo perso e pensieroso.

“Tutto bene?” Le aveva chiesto.

“Non lo so, Alya non mi ha detto niente, solo che mi voleva parlare, e ho avuto l’impressione fosse qualcosa di importante”.

“Anche papà mi sembrava strano, però ha detto che i ragazzi stanno bene”.

Non aveva accennato del fatto che Nooro era stato portato via e del quasi incidente di Hugo, ma sicuramente Gabriel, glielo avrebbe detto una volta ritornati a Parigi.

*

Controllò più volte le videocamere di sorveglianza, senza cavarne un ragno da un buco.

“Maledizione” Aveva imprecato lo stilista, e per poco, non fece volare lo schermo per pc.

Continuava ad esaminare quei filmati, quei dieci minuti in cui si vede chiaramente Nathalie aprire la cassaforte e sembra stia parlando con qualcuno che le sta accanto, ma di fatto la telecamera non aveva ripreso niente.

Che fosse stato un kwami?

Ne dubitava, non ne esistono di cattivi o di cinici, anzi, sapeva da Marinette che erano piuttosto indisciplinati e come bambini piccoli, tranne Tikki e Wyzz, i più saggi del gruppetto di animaletti.

“Niente?” Nathalie era entrata nel suo studio con un vassoio d’argento contenente un the al limone e dei biscotti secchi.

Gabriel scosse il capo rassegnato e si massaggiò la cima del naso, poi prese la tazza fumante e ne bevve un sorso, il vapore gli fece appannare gli occhiali.

Ahah. Nonno non ci vede” Cantilenò Hugo apparso dietro la nonna.

“Spera di non dover mai indossare gli occhiali.”

“Perché? Loius li porta e anche nonna Nathalie” Fece spallucce il piccolo, come se il fatto di portare quell’oggetto, fosse la cosa più naturale del mondo.

Gabriel si era alzato per prendere un panno per pulire le lenti.

“Chiedi se sono contenti di averli.”

Ma il piccolino non fece caso a quella frase, perché la sua attenzione venne catturata dalla cassaforte aperta, dietro il quadro di Emilie.

Si avvicinò in maniera innocente e cercò di prendere il libro al suo interno, poteva leggere chiaramente la parola TIBET, accanto ad una effige della mamma di suo papà.

“Posso prenderlo?” Chiese indicando il volume.

“No tesoro, mi dispiace, è un libro antico.” Negò amorevolmente Nathalie portandosi alla sua altezza.

“E’ per questo che si trova in cassaforte?”

“Esatto”

Hugo sembrava dubbioso e pensieroso.

“La mamma e il papà hanno una scatola ovale rossa, è antica anche quella?”

Nathalie e Gabriel si guardarono stupiti, sapevano che stava parlando della Miracle Box, e deglutirono in contemporanea.

“Si, anche quella è antica.” Rispose l’uomo.

“La mamma dice che ci sono i suoi gioielli dentro.”

“Hugo! Eccoti dov’eri finito!” Arrivò Emma a salvarli da quella situazione imbarazzante “…meno male che sei qui, ti ho cercato dappertutto.”

I due bambini stavano giocando a nascondino e il più giovane se ne ricordò solo dopo aver visto la sorella, così corse più veloce di lei per schiacciare il punto della tana.

Gabriel doveva dire assolutamente a Marinette e ad Adrien della scomparsa di Nooro, visto e considerato che i suoi figli sapevano della scatola rossa, o almeno Hugo era quello che sicuramente sapeva, non poteva rischiare che anche gli altri miraculous venissero portati via.

Se qualcuno avesse preso sia Tikki che Plagg, sarebbe stato un disastro, in tutti i sensi possibili e immaginabili.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 6

*

Si erano date appuntamento al bar dove erano solite ritrovarsi per un aperitivo dopo lavoro, oppure in pausa pranzo.

Non era molto distante ne dalla Casa di Moda e ne dalla redazione dove lavorava Alya.

Si trovava esattamente al centro, così nessuna delle due, poteva arrancare delle scuse del tipo “è più vicina dove lavori te”, se si fosse presentata in ritardo.

Non era il caso di Marinette, che questa volta era in anticipo di ben dieci minuti, ed aveva già ordinato il suo solito cappuccino con caffè doppio e tanta schiuma, accompagnato da un paio di pasticcini fatti in casa dalla padrona del locale, una signora sulla settantina, ma ancora in gamba, che di andare in pensione e lasciare tutto in mano ai due figli maschi, non ne aveva ancora intenzione.

Marinette guardò l’orologio sul display del telefono, non c’erano chiamate perse, oppure messaggi di scuse di Alya che era in ritardo.

Ticchettava nervosamente le unghie sul tavolino.

Ruppe la bustina dello zucchero di canna e lo versò dentro la tazza.

La schiuma era talmente densa, che il cumulo di dolcificante, ci impiegò qualche secondo prima di affondare completamente, e permettere a Marinette di addolcire il cappuccino.

Il tipico tintinnio della campanella posta sopra la porta di legno bianca, annunciò l’arrivo di un nuovo cliente.

Alya Cesaire entrò come un uragano, salutando con la sua solita allegria i proprietari dietro al bancone, e qualche persona conosciuta seduta ai vari tavoli.

Vide la sua amica accomodata al solito tavolino riservato a due persone, posto vicino al finestrone contornato da una tenda rosa.

Da quella posizione, potevano godere di un bellissimo panorama, ma non era su quello che si sarebbero soffermati in quel momento.

“Ciao, amica mia. Fatto un buon viaggio?” Assottigliò gli occhi in maniera maliziosa.

“Ciao! S-si.” Rispose balbettando distogliendo lo sguardo.

Alya si accomodò di fronte a lei togliendosi la giacca di jeans blu, per appoggiarla sulla sedia libera accanto a lei, assieme ad un paio di buste di plastica.

“Come stai?”

“Solito. Si lavora tanto e non ho mai tempo per me!”

“Ma se sei un incanto!” Si era complimentata Marinette. “Hai la fortuna di farti gratis trucco e parrucco tutti i giorni, che vuoi di più?”

“Passare un po’ di tempo con mio marito” Sospirò venendo interrotte dal cameriere, che era arrivato a prendere la prenotazione dell’ultima arrivata.

“Vuole ordinare, signora?”

“Un caffè doppio nero, con latte caldo a parte, e un bignè. Grazie”

Il cameriere appuntò tutto sul suo taccuino e si congedò, arrivando poco dopo con il vassoio contenente quanto chiesto.

Addentò avidamente il dolce, sporcandosi la bocca di crema; Marinette rise, in tutti quegli anni, non era cambiata poi molto, sempre la solita tenera, incostante e svampita Alya.

“Tutto bene con Nino?” Aveva osato chiederle, sapeva che era in tour con una band molto famosa, da qualche anno a questa parte era il deejay che apriva i loro concerti.

“Si, si. Torna domani. Finalmente tour finito.” Sospirò.

“Vuoi che ti tenga i bambini?” Sogghignò sapendo che domani ci sarebbero state scintille in camera da letto, e non era il caso che i loro figli fossero testimoni di quello.

“Ma smettila” Le aveva sorriso e dato una pacca sul braccio.

“Louis sarebbe contento di giocare con Andrè, di fare un pigiama party con il suo amico. Ti ricordi quando lo facevamo noi?”

Alya sospirò, era passato così tanto tempo “Già…sarebbe bello tornare indietro di qualche anno. I quarant’anni si stanno facendo sentire” Aveva preso un cucchiaino d’argento e si era specchiata, giusto per controllare che le zampe di gallina attorno gli occhi, fossero sparite e quella crema che spalmava ogni giorno mattina e sera, stesse dando l’effetto desiderato.

“A chi lo dici…

La castana la guardò torva “Parli tu che hai lo stesso aspetto e fisico di vent’anni fa” Disse con una punta di invidia.

Mmm…fisico proprio no. Ti ricordo che ho avuto tre figli e credimi…è tutto merito dei giusti vestiti” Ammiccò.

“Comunque sei sempre bellissima, amica mia” Si complimentò sorseggiando l’ultima goccia di caffè rimasta.

“Tu mi lusinghi…ti serve forse qualche esclusiva?” Aveva chiesto ridendo.

“Sai che non ho bisogno di elogiarti per averne una, basta chiedere.”

Le due amiche andarono avanti così per una mezz’ora buona, chiacchierando del più e del meno, rivangando anche il passato, per poi passare a parlare dei bambini.

Avevano bisogno di parlare come ai vecchi tempi, quando bastava solo una cioccolata calda e un pomeriggio spensierato per scacciare via i pensieri cattivi e ritornare ad essere più rilassate, pronte per affrontare una nuova giornata.

Ma da quando erano diventate mogli, madri e donne in carriera, quel tempo scarseggiava sempre e diventava sempre più difficile riuscire a far combaciare tutti i tempi.

E il tempo si accorciava ancora di più se c’era di mezzo una sfilata di moda.

Per Marinette era quasi impossibile terminare il lavoro prima delle otto di sera, per Alya invece era la stessa cosa, doveva organizzare i servizi, le notizie e cercare i giusti accrediti e pass per la sfilata, non poteva trovarsi di certo in ultima fila, o a dover intervistare per ultima i protagonisti indiscussi.

Sapeva anche che Marinette o Adrien, non avrebbe mai permesso che accadesse, per questo Alya Cesaire era stata inclusa in una lista speciale, diciamo pure che era l’addetto stampa della casa di moda Agreste.

*

Quando smisero di parlare, Alya si portò le mani dentro i capelli sospirando, era giunto il momento di parlare ci cose serie, non che le argomentazioni trattate prima fossero da meno.

Ma quello non era il luogo adatto.

Fare una passeggiata, godendosi il tramonto sulla Senna, lontano da occhi e orecchie indiscrete, era la cosa più sensata da fare.

Dopo essere uscite dal locale, attraversarono la strada e poi scesero giù per la scalinata, che le avrebbe condotte entrambe sulla sponda del fiume.

Individuarono poi una panchina verniciata di verde poco distante.

Presero posto guardando l’orizzonte.

“Ho ricevuto una telefonata in redazione la scorsa notte” Alya ruppe il silenzio ricevendo l’attenzione di Marinette, la quale era abituata a quel tipo di confessioni, non era strano che l’amica ricevesse chiamate di informatori anonimi che l’avvisavano di un possibile scandalo.

Fresca fresca, il mese scorso, si vociferava di una relazione extraconiugale di Adrien, smentita poi dallo stesso alle telecamere con una dichiarazione d’amore alla moglie, non che Marinette avesse creduto alle malelingue.

“Sentiamo, di che si tratta sta volta” Sospirò.

“Di Gabriel”

“E perché vieni da me? Di solito vai dal diretto interessato, non hai nessun problema a parlare con…

“E’ Papillon?”

Quella domanda arrivò come un secchio d’acqua gelida e a Marinette si rizzarono i capelli, per fortuna non era visibile la cosa e la corvina, cercò di fingere un’espressione tra le più meravigliate, anche se lo era veramente.

“Cosa?”

Marinette…te lo richiedo un’altra volta: Gabriel Agreste è o era Papillon?” Era seria e la stava guardando dritta negli occhi.

Non poteva farsi scoprire.

Non poteva mettere in pericolo lei, Adrien o i kwami.

Doveva mentire.

“Certo che te ne dicono di cose strane, eh? Cioè tu credi che Gabriel sia il famigerato Papillon? Colui che più di vent’anni fa terrorizzava Parigi?”

“Pensaci bene. Da un giorno all’altro non si è più visto. Puff…sparito e dissolto…Ti ricordo che Adrien era anche venuto a stare da te un periodo perché aveva litigato con suo padre, può darsi che lo avesse scoperto.”

“E tu calunnieresti una persona solo in base a questo?”

Alya era mortificata, sapeva che aveva appena sganciato una bomba, ma era evidente che Marinette era sorpresa quanto lei, di apprendere certe notizie.

“Certo che no, per chi mi hai presa?”

“Scusami, è che sembra tutto così assurdo!”

“Lo sai che prima di pubblicare qualcosa, devo esserne sicura, in particolare cose che riguardano voi.”

“Non hai mai pubblicato nessun scandalo su di noi, Alya.”

“Non c’è mai stato nessun scandalo, siete le persone più importanti della mia vita, non vi farei mai del male, anche se questo significa essere degradata o peggio ancora perdere il mio posto di lavoro.”

Marinette aveva gli occhi lucidi, sapeva che poteva contare su di lei per qualsiasi cosa.

“Chi ti ha dato questa notizia?”

Alya scosse il capo “Non lo so. Capita di ricevere delle informazioni da persone anonime, ma di solito non camuffano la voce in quel modo.” Era spaventata  e glielo poteva leggere negli occhi.

“Sarà stato uno scherzo di cattivo gusto. Gabriel Agreste non è Papillon.”

“Ne sei sicura?”

“Fidati di me!”

“Ha detto che se non pubblicherò la notizia, Gabriel verrà arrestato.”

“Con quali prove? Nessuno è venuto da noi a minacciarci, di solito vogliono soldi”

Alya sbuffò ancora una volta, si sentiva stupida a dire alla sua migliore amica quelle cose.

In altri casi, avrebbe lasciato perdere certe informazioni, ma questa volta sentiva che doveva indagare più a fondo, non per il fatto di scoprire se in realtà il padre di Adrien nascondesse un segreto, ma chi era stata a darle quella notizia, soprattutto perché aveva appena appreso che nessuno aveva contattato direttamente la famiglia Agreste, con delle prove in mano, avrebbe potuto spillare un bel po’ di quattrini.

“Forse cercava un po’ di attenzione, magari è una persona sola che non ha di meglio da fare.”

Ci aveva preso ancora una volta, peccato non sapesse che la telefonata gliela aveva fatta proprio Lila Rossi.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 7

*

La battaglia continuò per un tempo indefinito.

Lady Bug e Chat Noir, non potevano nulla contro il famigerato Papillon, che li aveva costretti all’angolo.

Sui tetti di Parigi, aveva preso vita la battaglia del secolo, e sembrava che il portatore del miraculos della farfalla avesse la meglio.

“Arrendetevi, e consegnatemi i vostri miraculous!” Allungò una mano guantata grigia per prendere ciò che voleva.

“Non te li daremo mai!” Grugnì Lady Bug, la quale aveva ancora il suo potere speciale da usare.

Lucky Chaaarm.” Aveva urlato lanciando in aria lo yo-yo magico, materializzando un cuscino rosso a pois neri che atterrò tra le sue braccia.

“Hai sonno?” Aveva detto Chat Noir schernendola.

“Ah-ah Lady Bug e Chat Noir! E’ giunta l’ora di farvi dormire.” Aveva urlato Papillon avvicinandosi con il suo bastone, pronto per colpirli e farli precipitare dal tetto divenuto campo di battaglia.

“Sarai tu a dormire, nonnetto!” Chat Noir si avventò su di lui invocando il suo potere distruttivo “Catalisma”.

Lady Bug si schiaffeggiò la faccia “Ma no Hugo! E’ Cataclisma, no catalisma” Aveva sottolineato la differenza di pronuncia in maniera saccente.

Papillon, ovvero Adrien, si era levato la maschera viola “Sareste stati eliminati tutti e due”.

I tre sentirono la porta dell’ingresso principale chiudersi.

“E’ arrivata la mamma!” Urlò contento Hugo correndo al piano inferiore ancora travestito da Chat Noir, seguito a ruota dalla sorella  Emma che vestiva i panni di Lady Bug.

“Aspettami, Hugo!”

Louis, stava studiando in camera sua, per modo di dire, in quanto il baccano che stavano facendo quei tre, era enorme e ogni tanto sospirava seccato quando sentiva qualche oggetto cadere, facendogli perdere la concentrazione.

Spostò la sedia girevole con un colpo di bacino, era arrivato il momento di fare una pausa e di andare a salutare sua madre che non vedeva da qualche giorno.

Poggiò la matita che teneva in bocca, sulla scrivania, e si avviò all’ingresso.

*

Mammaaa!” Aveva urlato il più piccolo della combriccola andandola ad abbracciare, superando tutti.

“Ciao piccolo!” Marinette passò i cartoni della pizza calda ad Adrien, che li portò poi in sala da pranzo, già con la tavola imbandita e pronta per la cena.

“Sta bene zia Alya?” Aveva chiesto la biondina.

“Mi ha detto di salutarvi e di abbracciarvi, poi quando torna zio Nino, andiamo a pranzo da loro, e ci prepara i suoi famosi hamburgher”.

Urla di gioia uscirono dalla bocca dei tre pargoli, seguiti da qualche saltello dei più piccoli.

“Forza, a mangiare finchè è ancora calda.” Ordinò Adrien, ritornato all’ingresso per aiutare la moglie a togliersi il cappotto e raccogliere le altre buste di plastica e carta, Alya e Marinette ne avevano anche approfittato per fare dello sano shopping.

*

“Mamma, mi hai preso la pizza con il Camembert che ti avevo chiesto?” Aveva domandato Hugo annusando il cartone che era stato messo al suo posto, accomodandosi.

Adrien sorrise divertito “Conoscevo qualcuno che andava matto per quel formaggio puzzolente.” Non si era nemmeno accorto di averlo detto a voce alta mentre tagliava uno spicchio della sua ortolana.

“Chi, papà?” Gli occhi di Hugo si puntarono su di lui.

“Un amico!” Aveva balbettato facendo quasi finta di niente.

“Lo conosco?”

Perché i bambini sono sempre così maledettamente curiosi?

“No, tesoro” Intervenne Marinette.

Hugo alzò le spalle e finì quella baby pizza che sua madre gli aveva appena tagliato.

Emma, seduta vicina al fratello più piccolo, era stata costretta a spostarsi, perché l’odore di quel latticino le dava il volta stomaco.

“Che puzza!”

Sia ad Adrien, che a Marinette, mancava quell’odore in giro per tutta casa, e si scambiarono un’occhiata complice e malinconica.

Ma un patto è un patto.

Non avrebbero più evocato i loro kwami, a meno che non fosse strettamente necessario, il che valeva a dire, se non comparivano nuovi nemici, anche perché avevano già abbastanza da fare con quei tre in giro per casa.

“E’ profumo, non capisci niente, Emma”

Bleah! Quello è un insulto al cibo.”

“Smettetela, e mangiate la vostra pizza in santa pace.” Intervenne la mamma a placare quella lite.

*

Marinette rimboccò le coperte al piccolo Hugo, erano già le nove passate e lui era già molto stanco.

Sbadigliò e si stropicciò gli occhi.

“Buonanotte, piccolo” Gli stampò un tenero bacio sulla fronte e gli tolse il cerchietto con le orecchie da gatto che lei stessa aveva cucito.

Lo appoggiò sul comodino, e fece per spegnere l’abatjour, quando suo figlio le porse una domanda.

Mamma…pensi che Lady Bug e Chat Noir abbiano avuto dei figli?”

Lei deglutì rumorosamente.

“Perché me lo chiedi?”

“L’ho chiesto a papà, ma non mi ha risposto.”

“Se non lo sa papà, perché dovrei saperlo io?”

Hugo sbuffò seccato, in un’espressione crucciata, che fece molta tenerezza a sua madre. “Uffa, nessuno mi dice niente”. Incrociò anche le braccia al petto.

Marinette gli scompigliò la testa nera “Non saprei”

“Si amavano?”

A lei mancò un battito e anche ad Adrien che origliava fuori dalla porta.

“Tanto, e sono sicura che si amano ancora.”

“Sono fatti l’una per l’altra, vero?”

“Chi ti ha detto questa cosa?”

“Papà!”

“Sai cosa penso? Che Lady Bug e Chat Noir, anche se non si vedono più in giro, sicuramente sono insieme da qualche parte. E mi piace pensare che abbiano avuto dei gattini e che li stanno crescendo nei migliori dei modi.”

“Ma vegliano anche su di noi?” Sbadigliò e chiuse gli occhi abbandonandosi al sonno.

“Sempre, piccolo mio. Sempre”.

*

Adrien si era soffermato a guardare Marinette mentre era intenta ad infilarsi il pigiama.

Era incredibile come quella ragazza risultasse sexy anche con quella tenuta da notte un po’ larga.

Lui era già sotto le coperte da un pezzo e la stava aspettando per chiederle com’era andata con la sua amica, in quanto per tutta la cena, era rimasta in silenzio e con un’aria pensierosa.

Non poteva essere per la sfilata di fine settimana, era sempre abbastanza tranquilla e sapeva che ormai ai preparativi mancavano solo dettagli, ai quali ci avrebbe pensato l’ufficio competente.

Adrien…” Aveva esordito guardandolo, ma non aveva il coraggio di proseguire, doveva però dirgli che cosa si erano dette lei ed Alya quel pomeriggio.

“Che cosa ti turba” Le aveva preso la mano.

Non c’erano mezzi termini per parlare di ciò, doveva essere semplice e diretta, come lo era stata la sua amica.

“Qualcuno deve avere scoperto che tuo padre in realtà, vestiva i panni di Papillon”.

“Impossibile!”

“Hanno chiamato in redazione di Alya, chiedendole di far uscire la notizia. Ma lei non lo farà, non crede all’informatore anonimo.”

“Senza prove non lo farebbe mai, e prove non ce ne sono.”

Marinette sospirò “Quello che ho pensato anch’io. Però ha detto anche se Alya non avesse pubblicato lo scoop, sarebbe andata direttamente dalla polizia.”

“Una calunnia del genere, se infondata, le potrebbe costare il posto di lavoro. Gli avvocati di mio padre sono strapagati e lo tireranno fuori anche da questo. Non è la prima volta che…

“Lo so bene.” Lo interruppe “…Alya non pubblicherà niente. Ma non è questo di cui mi preoccupo.” Fece una breve pausa “…se i kwami venissero scoperti, sarebbe un disastro…

“Non accadrà” Adrien era sempre stato molto positivo, e trovava sempre il modo per consolare tutti.

“Ho una terribile sensazione in merito”

“E io ho un’idea per scacciare via questi pensieri brutti”.

Iniziò a baciarle il collo fino ad arrivare alle labbra morbide.

*

Erano le due di notte quando Sabrina Raincomprix terminò un turno massacrante.

Quella mattina, era riuscita, grazie ad una soffiata anonima e alla sua squadra migliore, a catturare una banda di malviventi, che erano soliti fare razzia di gioielli e denaro.

Quella settimana avevano rapinato due oreficerie della città e un paio di ville nella periferia di Parigi.

Erano settimane che la polizia li cercava e sempre per un soffio riuscivano a sfuggirli, lasciandoli sempre con un pugno di mosche in mano.

Ma non era il caso di quel giorno.

Dopo aver radunato la sua squadra migliore e un paio di cecchini, indossato il giubbotto antiproiettile, spolverato la sua pistola di servizio, si erano diretti in un casolare abbandonato e diroccato, nelle campagne parigine.

Il profumo di lavanda regnava sovrano, ma Sabrina non poteva fermarsi ad annusare l’aria.

Prima il dovere e dopo il piacere.

Era questo che gli aveva impartito suo padre.

Non fu difficile buttare  giù la porta, non c’era nemmeno bisogno dell’ariete, tanto era marcia e mangiata dalla tarme quella porta di legno.

“Fermi tutti!” Aveva urlato puntando l’arma contro quei quattro teppisti, intenti, in quello che una volta doveva essere un salotto, e lo si capiva dal sofà lercio e odorante di piscio, a dividersi il bottino della giornata.

Gli era andata male.

Erano bastati delle telecamere di sorveglianza e un paio di testimoni lungo la strada per inchiodarli.

L’interrogatorio poi, proseguì per tutto il pomeriggio, e Sabrina, aveva dovuto assistere anche al processo per direttissima.

Una volta tornata in centrale, stilò il rapporto, che la costrinse in ufficio fino a tardi.

Non aveva figli.

Non aveva marito.

La carriera era tutto ciò che al momento possedeva.

Sbadigliò e si stiracchiò, e quando vide l’orario sull’orologio da parete, decise che era ora di prendere armi e bagagli e uscire da lì.

Soddisfatta e con un enorme sorriso dipinto sulla faccia.

Mentre indossava il cappotto beige, notò una busta gialla imbottita in cima alla pila di documenti tra le pratiche da evadere.

Incuriosita, la prese e se la rigirò tra le mani.

Nessun indirizzo del mittente, solo il destinatario “Al commissario di poliziaInformazioni riservate”, non si erano nemmeno sprecati ad indicare il nome.

“Che stronzi” Aveva pensato mentalmente.

Tastò il contenuto e al tatto, sembrava contenere una memory card, l’aprì di fretta strappando la carta.

Aveva ragione, all’interno c’era proprio quell’oggetto.

Era stanca, ma la curiosità di cosa contenesse, era troppo grande.

Senza pensarci troppo, la infilò nel lettore e premette il pulsante di accensione, quello che vide, la lasciò a bocca aperta e meravigliata.

Si doveva trattare per forza di un falso, non c’era altra spiegazione, oppure di uno scherzo di cattivo gusto.

Tolse la schedina e spense il computer, infine la gettò nella pattumiera.

Sbuffò irritata per aver perso del tempo, che invece avrebbe potuto dedicare al riposo.

E ne aveva bisogno.

Eccome se ne aveva bisogno.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


ATTENZIONE: salve a tutti miei fedeli lettori, i scrivo questa postilla all’inizio per avvertirvi, che all’interno di questo capitolo, ho aggiunto un piccolo spoiler, una riga proprio, ma per correttezza con chi non vuole rovinarsi la sorpresa, avviso qui, e comunque ho scritto in grigio la frase incriminata e segnalata.

*

Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 8

*

Una sfilata di moda è un evento importantissimo per chi lavora in quel settore.

E’ un momento, in cui lo stilista mostra al monto intero chi è, si mette a nudo davanti a tutti.

Marinette osservava quei vestiti addosso alle modelle, e più li guardava, più pensava che aveva fatto un ottimo lavoro.

E tutto senza l’aiuto di Monsieur Agreste, lui, si era solo preoccupato dell’ingaggio delle modelle e della location, assieme a suo figlio.

Colori, forme, lunghezze, stoffe, pizzi, merletti, dettagli, tutto era perfetto.

Anche Gabriel era orgoglioso del lavoro svolto dalla nuora, aveva sempre pensato che quella ragazza avesse del talento, soprattutto da quando parecchi anni prima aveva partecipato al concorso per stilisti, e vinto il primo premio con la bombetta.

Da quella volta, le piume erano divenute un must, che ogni stilista includeva nella propria collezione, ricevendo anche gli elogi della Regina della Moda in persona.

L’aveva invitata anche a New York, ma sarebbe stato difficile stare lontano dalla sua famiglia, dai suoi amici, e soprattutto da Adrien.

L’aver declinato l’invito, si era rivelata una mossa azzardata, ma in fin dei conti, non si era pentita della decisione presa, perché comunque aveva potuto studiare all’Accademia della Moda di Parigi, ed essere seguita dal più grande stilista del mondo.

Glielo doveva.

Insegnarle qualcosa in più, era il minimo che Gabriel Agreste potesse fare nei confronti di Marinette.

Anche se lei non gli aveva mai chiesto niente.

Una dopo l’altra, le modelle si posizionavano sopra il piedistallo, sotto lo sguardo attento di Marinette, che controllava minuziosamente, per l’ennesima volta, ogni singola cucitura, la lunghezza e la movenza dell’abito.

“Questo va riportato in sartoria” La corvina appuntò un foglietto bianco con un puntaspilli, un po’ più sotto la cintura.

C’era scritto “Cambiare bottone, rotto!!!”.

La modella scese, con l’aiuto dell’assistente di Marinette.

Era già il quinto abito che trovava un difetto, ma anche se minuscolo e insignificante, ogni dettaglio andava curato, e ne mancavano ancora venticinque.

“Nessuno lo noterà!” Aveva incalzato Adrien, mentre assisteva alla prova abiti.

Sua moglie sbuffò “E’ la mia prima sfilata senza l’ausilio di tuo padre. Sai che mi metteranno alla gogna appena troveranno dei difetti. E ne troveranno. Eccome se li noteranno. Non vedono l’ora quelli.” Riferendosi ai giornalisti e ai paparazzi.

Il biondo si avvicinò a lei e le mise le mani sulle spalle “Andrà bene, e io ho fiducia in te. Sempre.”

Marinette era agitata, eccome se lo era.

Ma Adrien sapeva sempre cosa fare per tranquillizzarla e che parole usare.

“Ritorno nel mio ufficio, chiama se hai bisogno” Ammiccò complice.

*

Sabrina entrò nel suo ufficio che aveva lasciato appena poche ore fa, dopo essersi trattenuta con un ufficiale, che le stava illustrando le segnalazioni appena ricevute.

Un gatto su un albero che non riesce a scendere.

Una vecchietta derubata al supermarket.

Una macchina parcheggiata in doppia fila che ostruisce il passaggio.

Erano appena le otto del mattino, e lei doveva ancora bere il suo caffè doppio in tazza grande, macchiato solo con della schiuma di latte e due cucchiai di miele per addolcirlo.

“Manda una pattuglia per controllare.” Si avviò sulle scale di legno che troneggiavano al centro della Centrale di Polizia, scortata dal trillare insistente dei vari telefoni.

Le salì nascondendo ai suoi sottoposti la stanchezza, che però si poteva notare dalle borse sotto gli occhi, semi nascoste dagli occhiali dal fusto rosso.

Aprì la porta e sospirò di gioia quando vide il contenitore di cartone sopra la sua scrivania, che lo stava aspettando ancora fumante.

“Grazie, signore!” Alzò gli occhi al cielo quando ripose il trench beige e il basco dello stesso colore, sull’appendiabiti accanto la porta di legno.

“Mmm…veramente sono stato io, e non dio a portarti il caffè stamattina” Il collega di Sabrina le appari’ alle spalle, spaventandola.

“Ma che cazzo ti dice il cervello?” Inveì facendo dei lunghi respiri profondi per cercare di calmarsi.

Giusto un mese prima, un malintenzionato, si era intrufolato nel suo ufficio con un’arma tagliente, con lo scopo di farle del male, doveva pagare per averlo sbattuto in galera, ma per fortuna quella volta era stata aiutata da un poliziotto che era entrato per puro caso nel suo ufficio.

Ma se l’era vista proprio brutta.

“Scusa.” Alzò le braccia in segno di resa. “Ehi, Sabrina, perché hai buttato questo video? Non hai visto cosa conteneva?” Il vice del comandante, aveva notato quel pacchetto quando la signora delle pulizie lo stava gettando nell’enorme sacco nero.”

“Si, l’ho visto ieri sera” Biascicò controllando la posta che le era stata messa sopra la scrivania.

“Che cos’è?”

“Uno scherzo di cattivo gusto” Rispose scoperchiando il contenitore e sorseggiando un po’ di caffè.

Non ne era proprio del tutto convinto.

Prese la memory card al suo interno e la infilò nella fessura del suo pc, quello che vide, lo lasciò basito e senza parole.

“Cosa stiamo aspettando? Andiamo ad arrestare quel criminale”.

Il collega di Sabrina, aveva più o meno la sua età, quindi ricordava bene degli avvenimenti di Parigi di quei tempi, di come Papillon akumatizzava la gente, lui stesso ne era caduto vittima, ma del perché era successo, non rammentava molto.

“E’ sicuramente un falso, qualcuno che si diverte e che vuole rovinare quella famiglia”. Aveva acceso il suo portatile e digitato la password per accedervi.

“Dici così solo perché conosci il figlio e sua nuora”.

“La mia amicizia con Adrien e Marinette, non c’entra nulla. Il mio compito è quello di far trionfare la giustizia, anche se questo significa arrestare persone conosciute e amiche”. Gli aveva puntato gli occhi addosso e si era maledetta mentalmente per non aver fatto sparire meglio quella memory card, magari tagliandola o nascondendola infondo al cestino.

Ma quello che Sabrina non sapeva, era che il suo collega, quella stessa mattina, aveva ricevuto una soffiata, dicendo di controllare il cestino del comandante, perché conteneva qualcosa di interessante.

“Allora andiamo ad arrestarlo” Battè i pugni sulla scrivania di legno e la fecero sussultare.

Quell’uomo era più tenace di quanto non sembrasse.

“Manda il video alla scientifica, devo assicurarmi che non sia un falso. Non voglio ritrovarmi a dirigere il traffico. S” Parole ci quanto me, che quella famiglia ha un esercito di legai che paga profumatamente.” Parole che costarono molto care a pronunciarle.

Prese la memory card e si avviò verso il laboratorio, quando chiuse la porta, Sabrina si infilò le mani dentro i capelli, sperava con tutto il cuore che quel video non fosse autentico.

*

*attenzione spoiler*

Conosceva bene i miraculous, anni prima, fu la stessa Lady Bug ad affidarle il kwami del Cane,

* fine spoiler*

*

e sapeva bene anche che cosa avrebbe comportato la loro scoperta, oppure venire a conoscenza di chi fossero realmente gli stessi super eroi.

Le sembrava strano che Gabriel Agreste, ammesso fosse il vero Papillon, venisse allo scoperto in quel modo.

*

Lila Rossi rimase appostata sopra il tetto un tempo indefinito.

Sperava che Adrien rincasasse molto prima delle sei e mezza di sera.

Ma sarebbe andata bene comunque.

L’importante era che Marinette non fosse con lui.

Lo seguì con gli occhi, e quando notò la luce della camera da letto accendersi, invocò il potere dell’illusione.

Si era akumizzata da sola in Volpina.

Aveva aperto la finestra, appena il biondo si chiuse in bagno e attese la fine della doccia buona buona sdraiata sul letto.

Adrien uscì da bagno con solo un asciugamano sul bacino.

“Marinette! Non ti ho sentita entrare.” Esclamò vedendo sua moglie in un intimo rosso molto provocante, che lo stava aspettando vogliosa e peccaminosa, come non lo era mai stata.

“Dai, vieni qui!” Lo invitò muovendo l’indice verso di lei.

“Ci sono i bambini di là” Disse cercando di fare l’indifferente, si avvicinò al comò per prendere un paio di boxer e una tuta di cotone.

Marinette gli avvolse le mani attorno al bacino ed iniziò a baciargli la schiena nuda e ancora umida.

C’era qualcosa che non andava nei suoi tocchi, nei suoi baci, ma Adrien sembrava come ipnotizzato e attratto da lei in maniera quasi meccanica, più la sua mente gli diceva di fermarsi, e più le sue mani e la sua bocca si muovevano nella direzione opposta.

“Dimmi che mi vuoi, Adrien” Gli sussurrò all’orecchio mordendoglielo.

“T-ti voglio” Biascicò trasportato da quelle sensazioni.

Marinette lo trasse a sé ed insieme caddero nel letto dietro di loro.

Adrien la sovrastava e le sue mani accarezzavano il suo corpo e ad ogni parte esplorata, abbassava l’intimo rosso, assaporandone il profumo.

Odorava di rosa selvatica.

Da quando aveva cominciato ad usare quel profumo?

L’ex modello, non ebbe il tempo di pensarci o di porle quella domanda, che la corvina lo aveva liberato dell’asciugamano, pronto ad accoglierlo dentro di lei.

La porta si aprì lentamente.

“Adrien!!!”

Marinette svenne quasi per lo shock.

Suo marito.

Nudo.

In camera da letto.

Sul loro letto, che si apprestava a fare sesso con…lei???

“Che diavolo sta succedendo?” Urlò così forte che i bambini allarmati, iniziarono a salire velocemente le scale.

“Oh! Che palle!!” La falsa Marinette aveva dovuto dire addio alla sua sveltina con il bel modello.

Si era alzata dopo averlo spostato e dopo aver agitato la mano sul volto, spezzò la magia, rivelando il suo vero volto.

“Volpina!!” Esclamarono all’unisono sconvolti.

“Non potevi rimanere ancora un po’ al lavoro??” Chiese con disprezzo salendo sul balcone.

I tre bambini erano arrivati ansimanti.

“Va tutto bene qui?” Chiese Louis.

Volpina guardò i tre pargoli e sorrise cinica “Non è finita qui”.

Balzò sul tetto vicino e Marinette la seguì con lo sguardo.

Peccato non indossare l’anello del gatto nero in quel momento, l’avrebbe inseguita e sicuramente Volpina sarebbe stata distrutta dal Cataclisma.

“Chi era quella?” Chiese interrogativo Hugo.

Marinette stava per rispondere una figlia di buona donna, quando Adrien la precedette “Volpina”.

*

Il suo piano era sfumato.

Avrebbe sedotto il bel modello.

Avrebbero fatto sesso.

Avrebbero, forse, avuto un figlio.

Illegittimo.

E avrebbe rovinato la vita degli Agreste una volta per tutte.

Gabriel Agreste, avrebbe pagato in questo modo una parte del suo debito.

Per l’altra, ci avrebbe pensato la giustizia, non divina, ma la mano forte della legge.

Adrien Agreste si sarebbe separato da Marinette e andato a vivere con lei.

Suo padre gli aveva promesso il suo cuore, gli aveva promesso tanto tempo fa, che Adrien sarebbe stato suo se lo avesse aiutato a tenere Marinette lontano da lui.

E invece non è andata così, ha sposato la Dupain-Cheng.

Umiliata, tradita e usata, aveva giurato vendetta.

Quale giustificazione avrebbe potuto trovare, se tutte le prove lo ritenevano colpevole di tradimento?

Marinette non gli avrebbe creduto, se lui avesse sostenuto di non essere mai andato a letto con Lila Rossi, però i due avrebbero avuto un figlio, riconosciuto dal DNA, quelle cose non sbagliano.

Il suo piano però, era sfumato.

Ma non tutto era perduto.

*

Continua

*

Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, vi ringrazio per essere arrivati fino a qua, spero vi sia piaciuto questo capitolo di rivelazioni, abbiamo scoperto perché Lila Rossi ha del rancore verso la famiglia Agreste (è solo una mia teoria comunque).

Ringrazio anche chi continua a inserire tra le preferite, le seguite e le ricordate questa storia, e anche ci continua a farlo con le altre precedenti a questa.

Con l’occasione, vi auguro di passare una BUONA PASQUA!

*

P.s: mi è capitato di vedere due nuovi episodi della quarta stagione: Verita’ e Mostro Fu!

Se volete sapere che cosa ne penso, possiamo sentirci in privato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 9

*

Basta un niente perché il tuo cuore si frantumi in tanti piccoli pezzettini.

Una parola, un gesto.

Ma quello che avevano appena visto gli occhi di Marinette, era un tradimento in piena regola.

Inconsapevole, certo, ma pur sempre un tradimento.

In un secondo, tutte le sue certezze, tutte le parole e i gesti amorevoli di Adrien, erano andati a farsi benedire.

Quando Volpina aveva lasciato la loro stanza da letto, si era inginocchiata a terra, fatto dei bei respiri profondi, ed aveva intimato alla prole di uscire da quella stanza.

“Ma mamma, perché?” Aveva obiettato il più piccolo, che era solito indossare le orecchie da gatto, tipiche del suo super eroe preferito: Chat Noir.

Non se ne separava mai, solo a scuola non le portava, però teneva sempre agganciato allo zaino, il portachiavi dalle sembianze di Plagg, che le mani amorevoli di sua madre, avevano cucito a mano.

Era il suo portafortuna.

Marinette si era alzata e la sua espressione non prometteva niente di buono.

Si era avvicinata incalzante ai tre bambini, prese il cerchietto dalla testa di Hugo e lo ruppe, gettandolo poi dalla finestra.

“Ho detto di uscire da qui!” Lo disse in tono fermo e deciso, in un grugnito che le corde vocali le vibrarono così forti, da desiderare di uscire dalla gola e andarsene in giro per la stanza, finchè l’incazzatura e la delusione, non fossero svanite.

Ci sarebbe voluto del tempo.

Hugo rimase di stucco a quel gesto, non era da sua madre prendere e rompere le cose a caso, a meno che suo padre non l’avesse combinata grossa, e dal suo comportamento, doveva essere di certo così.

“Hai rotto il mio cerchietto” Tirò su con il naso prima di lasciarsi andare ad un pianto nervoso e adirato.

“Davvero? E se non ve ne andate subito, sarà qualcos’altro che romperò!” Riferendosi alla maschera nera che aveva in mano.

Marinette!” Incalzò Adrien che ne frattempo si era coperto le parti intime con l’asciugamano con il quale era uscito dalla doccia.

Marinette un corno! Tu devi stare solo zitto” Alzò un indice vicino al suo viso, non l’aveva mai vista così.

Adrien deglutì pensando di essersi messo proprio in un bel pasticcio.

La corvina sospirò cercando di reprimere la rabbia, non doveva comportarsi così con i suoi figli, non c’entravano nulla e si era pentita subito di aver rotto quell’oggetto tanto prezioso per il suo cucciolo.

Pazienza, gliene avrebbe di certo costruito subito un altro.

“Andate di sotto, ragazzi. Io e vostro padre dobbiamo parlare” Cercò di essere più calma possibile e soffocò un singhiozzo mentre stringeva i pugni lungo i fianchi.

I tre bambini, ubbidirono.

Louis, fu quello che trascinò i fratelli più piccoli in salotto, non prima che Hugo si rivolgesse alla madre dicendole che era cattiva e lo sguardo stizzito che le lanciò, spezzò per l’ennesima volta il cuore della donna.

Era davvero cattiva?

*

Quando la porta si chiuse, Adrien fu pronto a ricevere un sonoro ceffone sulla guancia, che gli lasciò un bel segno rosso, mentre la mano di sua moglie sfrigolava.

C’era andata giù pesante, ma se lo meritava.

Marinette, non essere arrabbiata!” Esclamò mortificato Adrien mentre si rivestiva e si massaggiava la guancia.

“Non sono arrabbiata” Disse guardandolo mentre tirava un sospiro di sollievo, sperando di essersela cavata con uno schiaffo “…sono furibonda!” Urlò indurendo ancora di più lo sguardo, e le pupille dilatate le davano un aspetto quasi demoniaco, Adrien si aspettava che alla moglie spuntassero delle ali nere dietro la schiena.

Il biondo sussultò.

“Come hai solo potuto pensare che quella potessi essere io??”

Fortunatamente avevano spedito i ragazzi di sotto, litigare davanti a loro, soprattutto parlando di certe cose, non sarebbe stato il massimo, anche se le orecchie dei più grandi, erano rivolte sulle scale.

Nella loro breve vita, non li avevano mai visti litigare tra loro, quella era la loro prima volta, ma avevano potuto assistere alla loro ira con altre persone.

Ma cose da niente, incomprensioni.

Sentivano spesso litigare la mamma per telefono con i fornitori perché non le avevano consegnato la stoffa per tempo, oppure papà, con i ragionieri perché il bilancio mensile non era ancora pronto, ma era solo fine mese, bisognava dare il tempo a loro di registrare le ultime fatture e pagamenti.

“Sapevo che non eri tu, ma non riuscivo a fermarmi.” Cercò di giustificarsi ed essere i più convincente possibile.

“Dovevi” Marinette aveva le lacrime agli occhi, amava Adrien, da sempre.

Sapeva che anche lui l’amava e che non le avrebbe mai fatto del male, che Volpina aveva usato il suo potere dell’illusione.

Ma perché proprio Adrien?

Si, il motivo era facilmente intuibile, nessuno poteva resistere al fascino dell’ex modello, ma Marinette pensò che ci fosse sotto dell’altro, e lo avrebbe scoperto.

Quello che non si capacitava, era il fatto che Volpina, alias Lila Rossi, non possedeva miraculos, e quella era la sua forma akumatizzata.

Ma Gabriel Agreste, non poteva esserne la causa.

“Io ti amo, Marinette.” Le aveva preso le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi per provare che non stava mentendo, distogliendola dai suoi pensieri.

“Scusami, ma ho bisogno di tempo”. Aveva sciolto quella posa restituendogli le mani e scesa nel suo studio, avrebbe cenato lì, e forse anche dormito.

Se sarebbe riuscita a chiudere occhio.

Stava esagerando?

Forse.

Ma aveva bisogno di tempo per sbollire la rabbia, e lo avrebbe fatto da sola, non c’era Tikki o l’esercito di kwami pronti a consolarla e consigliarla.

*

La cena non fu delle più felici.

I bambini continuavano a rivolgere domande un tantino scomode al papà, del tipo:  “Ora tu e mamma divorzierete?” Aveva chiesto Hugo.

“Ti vedremo una volta ogni due settimane e il fine settimana?” Continuò la biondina con l’aria triste.

Ma lui li aveva rassicurati.

“Mamma e papà non divorzieranno. Io vi vedrò tutti i santi giorni in questa casa.” Addentò un pezzo di manzo che masticò lentamente “…e poi come sapete tutte queste cose?”

“Nella mia classe ci sono due compagni che fanno così” Spiegò Emma ingenuamente.

“Mi spiace per loro. Ma io amo tua madre e farò di tutto perché resti qui con noi.”

“Ma tu che cosa hai fatto con quella sgualdrina?”

Adrien inarcò un sopracciglio “Dove hai sentito quella parola?”

Emma deglutì il boccone che teneva in bocca “Da mamma, lo ha detto quando ha sbattuto la porta del suo studio”.

“Non ho fatto niente con lei. Era solo entrata in camera perché voleva rubare qualcosa…

“Quindi era una ladra!” Hugo si portò due dita sul mento “…peccato che Lady Bug e Chat Noir non ci fossero stati, ci avrebbero pensato loro con calci, pugni e…

“Hugo! Lady Bug e Chat Noir non esistono” Lo interruppe Louis, stufo di sentire quelle idiozie.

“Si che esistono!” Replicò il più piccolo.

“Allora perché non si sono fatti vedere?” Chiese con aria di superiorità.

Hugo non seppe cosa rispondere, sua madre gli aveva detto che vegliavano sempre su di loro, allora perché non si sono presentati ad aiutarli?

“Smettila, Louis” Adrien battè le posate sulla tavola, facendo scontrare le porcellane nel tipico tintinnio.

“E’ vero!”

“Va in camera tua!” Gli intimò.

“Io non vado da nessuna parte!”

“Chiedi scusa a tuo fratello e vai in camera tua.”

Il maggiore si era alzato seccato.

“Tanto non avevo fame.”

Adrien sospirò, odiava quella situazione.

Odiava litigare con sua moglie, e odiava comportarsi così con i suo figli.

Amava la sua famiglia più di qualsiasi altra cosa al mondo, e non avrebbe lasciato che Lila Rossi la rovinasse.

*

Entrò nello studio di Marinette dopo aver bussato, e senza ottenere nessuna risposta.

La luce fioca sopra la scrivania era accesa.

Il suo computer era acceso, ma lei non c’era.

La finestra, era aperta, e le tende bianche svolazzavano mosse dalla brezza serale.

Il quadro del loro matrimonio era semi aperto, ma la cassaforte che racchiudeva la Miracle Box, era chiusa.

Digitò il codice d’accesso, pronto a prendere l’anello del gatto nero e vestire i panni di Chat Noir, sicuramente lei aveva invocato il potere di Tikki per cercare Volpina.

Senza di lui.

Era una questione tra lei e lei.

No.

Era una questione tra loro tre, anche lui era coinvolto in tutta quell’assurda faccenda.

Aprì la Miracle Box e notò subito che mancavano all’appello gli orecchini della coccinella.

Non aveva tempo da perdere.

Prese l’anello, ma non riuscì ad infilarlo perché venne interrotto da sua moglie.

“Non li ho indossati” Era comparsa dietro di lui e non aveva nessun dubbio che fosse lei, una fragranza di vaniglia e biscotti gli inebriò le narici.

“Stavo per invocare Plagg, per venirti a cercare.” Si voltò verso di lei.

“Mi sono girata e rigirata tra le dita gli orecchini fino a pochi attimi prima che arrivassi tu, se non lo avessi fatto, probabilmente sarei lì fuori a cercare quella puttana.”

“Andiamo!” Propose “Scopriamo che intenzioni ha.”

“No, i ragazzi sono in casa, non li lascio da soli, magari non aspetta altro.”

“Hai paura che possa tornare?”

“Non lo so” Scosse la testa.

Per Adrien però era giunto il momento di non parlare di Lila, ma di loro due.

Marinette era più tranquilla, e sembrava più propensa al dialogo.

Doveva sistemare quella situazione, perché quella notte non avrebbe dormito in un letto freddo.

“Ti amo, Marinette!” Le aveva preso le mani e guardato intensamente negli occhi.

Non poteva non credergli, era consapevole della magia di quella strega.

La corvina accennò un mezzo sorriso, poi scoppiò a piangere e trovò riparo nel suo petto forte e mucoloso.

Le aveva fatto male, e il sol vedere suo marito con un’altra donna, le aveva spezzato il cuore in tanti piccoli pezzetti.

“E mi ero accorto subito che qualcosa non andava. Ma la sua magia era forte, mi sembrava di essere un marinaio attirato dalla voce di una sirena.”

“Dimmi la verità” Tirò su con il naso e asciugato con la mano le lacrime che gli stavano bagnando le gote. “Ti piaceva quella biancheria audace che stava indossato?”

Mmm…lo sai che preferisco altro” Catturò con la bocca l’ultima lacrima che le stava rigando il volto.

“Una certa tuta rossa a pois?” Oh! se quello lo eccitava.

“Abbiamo deciso di non trasformarci più” Le baciò delicatamente le labbra.

“Ma lo sai che posso sempre cucire un abito identico” Marinette ricambiò il bacio, spostandosi poi sul collo.

“Ti prego, non dirmelo, che poi mi vengono strane idee.” Adrien iniziò ad accarezzarle la pelle sotto la camicetta, ed inebriarsi del suo profumo, quello si che era della sua Marinette.

Una dolce e calda essenza rilassante.

“Ti conviene togliertele subito, perché dobbiamo chiedere scusa ai ragazzi.” Sul volto della corvina, si materializzò un ghigno soddisfatto, una piccola vendetta l’aveva avuta.

*

continua

*

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 10

*

Lila Rossi iniziò a spogliarsi e a gettare vestiti e biancheria un po’ dove le capitava in giro per casa, un piccolo appartamento situato in un quartiere malfamato, dove le sirene della polizia e il continuo via vai di ambulanze faceva da sottofondo oltre alle urla e schiamazzi dei vicini non proprio raccomandabili.

A volte si potevano udire degli spari, forse qualche regolamento di conti, e non era raro che la polizia passasse ad interrogarla.

Se la trovava in casa.

Era tornata a Parigi qualche mese fa, ma di dirlo ai suoi genitori non se ne parlava, infatti, nell’ultima telefonata fatta a sua madre la settimana scorsa, aveva detto di essere ancora impegnata nel suo volontariato in India, quando era già atterrata nel paese che le aveva dato i natali.

L’appartamento, o come lo chiamava lei il tugurio, era composto da tre stanze piccole, buie che odoravano di muffa e di chiuso, il muro era rivestito da dei listelli di legno, non proprio nuovi, anzi doveva stare attenta a non attaccarsi per non rovinarsi i vestiti costosi che indossava.

Nell’ingresso c’era un attaccapanni e poi di lato della porta, iniziava la penisola della cucina.

Un divano a due posti di pelle invecchiata dall’odore nauseabondo, forse qualcuno lo aveva usato come latrina, o per pisciarci dentro o per vomitarci stando alle macchie di colore indefinito che affioravano sulla superficie di alcantara, era stato messo per coprire un buco nel muro.

Al centro della stanza c’era un tavolo rotondo marrone, anche quello logoro, con sopra un piccolo vaso di cristallo e un fiore secco, vicino, ci aveva gettato con noncuranza la spilla della farfalla, come se quella non fosse un oggetto prezioso a cui prestare la massima attenzione.

Infine, l’appartamento era dotato di una camera da letto, con un armadio a due ante e un letto matrimoniale, con bagno annesso, se quello si poteva chiamare bagno.

L’unico modo per togliersi da dosso quella sensazione di fastidio e sconfitta, era fare un bel bagno caldo e rilassante.

Magari a lume di candela e con in mano un buon calice di rosso.

Immerse il suo corpo nell’acqua profumata e schiumata di rosa selvatica, stando attenta a non far fuoriuscire il liquido dalla vasca, poi a pulire avrebbe dovuto pensarci lei, e non le governanti che era solita avere.

Sorseggiò sensuale quel liquido rubino, mentre tramava la prossima mossa facendosi cullare dalle bolle dell’idromassaggio.

Almeno quel lugubre luogo aveva quel confort, quando funziovana.

Il piano per rovinare Gabriel Agreste stava prendendo forma, non aveva avuto molta fortuna con Alya Cesaire, ma infondo era prevedibile, la giornalista è molto amica di Marinette e Adrien, non andrebbe mai incontro i suoi principi morali.

Anzi, con molta probabilità, erano già a conoscenza da quanto appreso dalla reporter.

Bene, non aspettava altro.

Se Marinette e Adrien, non sapevano che Gabriel vestiva in passato i panni di Papillon, probabilmente ora ne staranno discutendo apertamente e a pochi giorni dalla sfilata del secolo, un allontanamento, è la cosa che ci vuole per far naufragare la carriera della Dupain-Cheng.

In caso contrario, i sospetti che ha sui coniugi Agreste, potrebbero ritenersi fondati, ma sempre con il senno di poi.

Marinette e Adrien potrebbero essere Lady Bug e Chat Noir.

Quell’imbranata una super eroina? Ma fatemi il piacere.

Lila si passò un dito sulle labbra, ormai il sapore di Adrien, era svanito e sostituito con il gusto più forte del vino.

Peccato!

Era stato bello finchè era durato.

Quei baci, quei tocchi. Da quanto un uomo non la toccava con tanta riverenza, forse nessuno lo aveva mai fatto.

Quando si fa del sesso occasionale è così.

Non c’è amore, non c’è affetto. Solo sesso.

Puro sesso selvaggio, solo per sfogare un istinto.

Invece con Adrien era stato diverso, e non erano nemmeno andati al sodo.

Presto sarai mio.

*

Gabriel e Nathalie continuavano a guardare i filmati di sorveglianza in cerca di qualche indizio che gli facesse scoprire chi aveva rubato la spilla della farfalla.

Quella del pavone non era stata nemmeno toccata, sembrava che al ladro non conoscesse il potere di entrambe la spille combinate insieme.

Forse pensava che quella della farfalla fosse la più potente di tutte, oppure semplicemente voleva sottrarre qualcosa al proprietario.

“Niente!” Imprecò battendo i pugni sulla scrivania bianca e facendo sobbalzare il monitor, la tastiera ed il mouse.

“Dobbiamo dirglielo.” Suggerì Nathalie affranta.

Gabriel si sistemò gli occhiali sul naso e si diresse verso la porta finestra, osservò ancora una volta il via vai di macchine e persone che percorrevano la strada.

Non era un’arteria principale, quindi di solito poco trafficata, ma i lavori alla strada vicina faceva deviare il traffico in quella direzione.

Alcuni curiosi fotografavano la residenza, i turisti per altro, che riconoscevano quella dimora come la casa del famoso stilista Gabriel Agreste.

Per questo era solito a tenere tende pesanti sulla finestra che rabbuiavano le stanze, e nel giardino che la delimitava, le siepi erano alte.

Sperava di tenere a bada i più curiosi, ma si sbagliava.

Per fortuna Adrien e Marinette abitavano un po’ più distanti dal centro, in una zona tranquilla e non di passaggio, almeno così la loro privacy sarebbe stata al sicuro, anche se non mancavano paparazzi appostati in cerca di uno scoop.

“Domani c’è la sfilata, non possiamo distrarli così.” Deglutì il nulla, e l’unico sapore che attraversò la gola era quello del caffè appena trangugiato. “…appena sarà terminata e con il dovuto successo, glielo comunicherò”.

“Hai qualche sospetto?” Chiese avvicinandosi di più mettendogli le mani sulle spalle ed appoggiando il viso sulla schiena.

“Spero di sbagliarmi”.

“Lila Rossi?” Osò fare il suo nome.

Mmm…” Un mugugno che sembrò significare si.

“E’ passato molto tempo ormai dall’ultima vola che l’abbiamo vista, pensi che sia tornata dopo anni per vendicarsi?”

“Il quasi incidente di Hugo e il furto del miraculous, non può essere una coincidenza, o che faccia pensare a lei, e poi come avrebbe fatto? Incantesimi?”

Gabriel sciolse quella posa ed iniziò a camminare su e giù per lo studio con aria pensierosa, le braccia le tenne dietro la schiena.

“L’ho tenuta d’occhio in questi anni” Esordì lo stilista facendo inarcare un sopracciglio alla moglie “…conosco la sua mente instabile e manipolatrice. Quando ero Papillon la sentivo, sentivo la sua rabbia, la sua frustrazione, il suo non essere considerata da nessuno l’aveva portata a farsi molti nemici per il suo carattere. Quella ragazza è in cerca di attenzioni.” Ancora qualche passo prima di voltarsi e guardare Nathalie con uno sguardo sadico “…ma si è messa contro la famiglia sbagliata, e se oserà solo fare del male ad Adrien e Marinette, dovrà vedersela con me.”

“Pensi userebbe tuo figlio o la sua famiglia per vendicarsi di un fatto accaduto più di vent’anni fa?” Nathalie si versò la camomilla che di solito assumeva prima di coricarsi.

Gabriel abbassò lo sguardo e il riflesso delle lampade al neon colpì le lenti degli occhiali da vista schermandoli.

“Chi lo sa cosa potrebbe fare una mente malata.”

“Più che altro mi sto chiedendo come abbia fatto ad ingannarmi” Nathalie si portò due dita al mento.

“Lo sai che è stata in Africa? Quel continente e le sue popolazioni nascondono oscuri segreti, stregoni e sciamani delle tribù indigene conoscono cose che noi non possiamo immaginare, avrà usato senz’altro qualche fungo allucinogeno o roba simile.”

La donna sorseggiò della camomilla e tenne per qualche istante la tazza ancora calda e vuota tra le mani, non faceva freddo quella sera, erano le supposizioni del marito che le stavano facendo venire i brividi.

“Mi chiedo perché agire adesso, dopo tutto questo tempo”.

Gabriel si massaggiò il mento con due dita “Una femmina incazzata e ferita è molto pericolosa, se ha giurato vendetta nei miei confronti sicuramente troverà un modo per colpirmi. Quello dell’altro pomeriggio potrebbe essere stato solo un avvertimento.”

“Io comunque continuo ad insistere perché ne parli con Adrien e Marinette, soprattutto lei, ha il diritto di sapere che Nooro è stato rubato.” Lo disse mentre metteva in un vassoio di argento il servizio di porcellana.

Lo stilista sospirò, sperava di poter risolvere quella faccenda da solo e senza mettere in mezzo figlio e nuora.

*

Lila Rossi si era alzata di buon mattino, anzi diciamo pure che non aveva dormito per niente.

Aveva passato la notte a vomitare l’intera bottiglia di rosso che si era scolata mentre faceva il bagno, pensava e ripensava al piano da mettere in atto e per poco non era affogata.

Molti lo avrebbero voluto.

Molti avrebbero voluto leggere della sua prematura scomparsa sui vari necrologi dei quotidiani e i più scettici, o quelli che la conoscevano bene, avrebbero sicuramente storto il naso e pensato che aveva inscenato la sua morte.

Chissà cosa avrebbe scritto Alya a riguardo, si sarebbe occupata lei di redigere l’articolo, oppure avrebbe incaricato qualche suo subordinato di scrivere giusto qualcosa?

Si era buttata sul letto sfatto, nuda, con solo una vestaglia di seta rossa addosso, e il fatto che non avesse asciugato i capelli non giocava a suo favore, infatti erano un cespuglio ingarbugliato che sarebbe risultato difficile districare senza farsi del male ad ogni colpo di spazzola.

Si guardò allo specchio.

Aveva un aspetto orribile, e le ore di sonno perse erano ben visibili in due grosse borse poste sotto gli occhi messe in risalto dalla pelle pallida.

Doveva darsi una sistemata e alla svelta.

Per prima cosa strofinò energeticamente i denti, sperava così di togliere quel sapore di succhi gastrici misti a vino che aveva in bocca, poi districò quell’ammasso informe di capelli, ed infine cercò di nascondere come meglio poteva la stanchezza.

Fu un’impresa titanica, perché quando accese il phon per cotonare i capelli, il rumore assordante iniziò a martellarle la testa.

Si preparò un rimedio post-sbornia, ormai era diventata maestra indiscussa su questo, e alcuni trucchi li aveva appresi dai suoi amici sciamani in Africa.

Aprì la porta ancora con una tazza fumante in mano quando sentì il garzone gettare il quotidiano addosso.

Sperava di leggere della cattura di Gabriel Agreste visto che la talpa all’interno del commissariato le aveva comunicato l’esito dell’analisi del video che aveva inviato anonimamente a Sabrina.

Autentico.

Assolutamente autentico.

E non poteva essere più contenta.

Però lo scoop non era ancora uscito. Peccato.

Ma qualcosa le diceva, mentre leggeva che con la giornata odierna si apriva la settimana della moda a Parigi, che ci sarebbe stato da divertirsi.

Preventivamente, era riuscita a procurarsi, sotto falso nome, l’inserimento sulla lista di ospiti illustri.

Lila aprì il suo armadio che conteneva qualsiasi tipo di abito, trucco e parrucco.

Con un sorriso sadico iniziò a scegliere l’outfit più adatto per presenziare alla sfilata.

La prima casa di moda che avrebbe presentato la sua collezione, era proprio quella Agreste.

In prima pagina c’era una foto di Marinette e una sua intervista.

Preparati…Marinette Dupain-Cheng”. Sogghignò.

*

Continua

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 11

*

La settimana della moda di Parigi era finalmente arrivata, e la prima collezione che sarebbe stata presentata era proprio quella curata dalla casa di moda Agreste.

Si vociferava che Marinette Dupain-Cheng Agreste aveva realizzato l’intera sfilata, scegliendo personalmente stoffe, pizzi, merletti, perle, tagli, colore e gioielli.

Quindi su di lei erano puntati i riflettori e le sarebbero state rivolte le peggiori critiche.

Si spettegolava anche sul fatto che la dichiarazione che avrebbe fatto il capostipite di Casa Agreste, era proprio quella che si sarebbe ritirato dalla scene, ma ormai era da qualche tempo che realizzava collezioni a quattro mani, e non più a due come si era abituati a vedere.

Ospiti illustri stavano arrivando da ogni parte del mondo.

Grandi imprenditori del settore che cercavano di accaparrarsi l’offerta migliore per l’acquisto degli abiti e l’esclusiva nei loro negozi, stavano facendo il loro ingresso nella sala, chi accompagnato dai rispettivi partner, chi da soli.

Tra la folla c’erano anche curiosi.

Attraversavano il lungo tappeto rosso uno dopo l’altro, posando anche per le riviste dei principali giornali mensili e quotidiani.

Alcuni di prestavano anche ad autografi e a qualche selfie con in fan.

L’invitata più acclamata fu Audrey Bourgeois, nota critica di moda e direttore del New York magazine; sua figlia Chloè non aveva potuto presenziare, purtroppo era dovuta rimanere nella grande mela a badare agli affari di famiglia, comunque aveva detto alla madre di portare i suoi saluti alla famiglia Agreste.

Anche Lila Rossi arrivò nella location, scese dal suo taxi giallo e con nonchalance camminò sul tappeto.

Venne acclamata come una diva anche se nessuno la conosceva, o meglio, nessuno l’aveva riconosciuta così conciata, nemmeno Alya Cesaire che si trovava in prima fila proprio dietro la transenna.

Lila indossava un vestito bianco e nero lungo e con uno spacco vertiginoso senza spalline e lo scollo a cuore le metteva in risalto il decolté generoso, fu quello che fu fischiato dai più arrapati, oltre che per il suo sedere alto e sodo.

Ai piedi indossava un paio di sandali con tacco dodici a spillo neri, e sui pezzo di cuoio vicino le dita c’erano incollate due piccole farfalle viola glitter.

Per completare il look, aveva indossato dei gioielli neri, un paio di occhiali da sole grandi e i capelli biondi erano lasciati sciolti e morbidi alle spalle.

La parrucca s’intende.

In mano reggeva una clutch viola glitter.

Si atteggiava a diva, ma di quelle con la puzza sotto il naso, nessun sorriso, il suo volto non esprimeva nessuna emozione. Non guardava nessuno.

Non le interessava farlo.

Voleva solo entrare, sedersi al suo posto, sorseggiare un drink che le veniva offerto dai valletti e godersi lo spettacolo.

Si, lo spettacolo del declino di Gabriel Agreste, perché era sicura che sarebbe capitato oggi, in quel luogo.

“Grazie!” Disse al valletto che le aveva offerto il flute con dello champagne.

*

Dietro le quinte la tensione si poteva tagliare con il coltello.

Mancava poco più di un’ora all’apertura della settimana della moda e alla conseguente presentazione della collezione di Marinette ed i problemi non erano ancora finiti.

I truccatori e i parrucchieri erano arrivati tardi sul set, colpa del rifacimento del manto stradale che aveva provocato degli enormi disagi e grossi ingorghi.

Gli abiti per fortuna erano arrivati la sera prima e con ben dieci guardie del corpo a sorvegliarli.

Gli Agreste non avevano badato a spese.

Alcune modelle erano state rimpiazzate all’ultimo perché non si sentivano bene, e Marinette aveva dovuto fare delle modifiche in loco agli abiti, quelle nuove ingaggiate erano un po’ più alte e dovevano indossare degli abiti lunghi, sarebbe stato un disastro se si fossero presentate in passerella con l’orlo più ridotto rispetto la propria altezza.

Gabriel Agreste osservava tutta con la massima attenzione.

“Va tutto bene?” Aveva domandato Adrien avvicinandosi al padre, era da qualche tempo che lo vedeva strano, più del solito, sembrava turbato, e non doveva essere per la sfilata.

Marinette sta facendo un ottimo lavoro, e poi c’è Nathalie che la sta aiutando” Rispose spicciolo mentre osserva le donne immerse nel loro compito.

La moglie di Gabriel continuava ad annotare appunti sul tablet seguendo le indicazioni di Marinette.

“I bambini?”

“Arriveranno con Tom e Sabine” Scostò la tenda pesante nera per osservare il pubblico e li vide seduti tutti e cinque in tiro in prima fila, impazienti di vedere gli abiti sul quale anche per loro c’era il massimo riserbo. “Sono già qui”.

“Allora li vado a salutare”.

Di solito non faceva mai così, non andava mai a scambiare quattro chiacchiere con i suoi ospiti, che fossero amici o parenti poco importava.

Ci doveva essere per forza qualcosa che lo preoccupava, ma quello non era nemmeno il momento per chiederlo a Nathalie, sua moglie stava avendo una crisi di nervi e doveva intervenire per calmare gli animi prima che licenziasse la truccatrice.

*

Un colpo di cannone sparato fuori dalla location e alcuni fuochi d’artificio, sancirono l’inizio della settimana della moda e appena la presentatrice, ovvero Alya, aveva terminato il suo monologo elogiando i pregi della Casa di Moda Agreste, Nino avviò la base musicale e gli abiti disegnati da Marinette avevano iniziato a prendere vita sulla passerella.

Lei osservava da dietro le quinte come si muovevano.

Tremava ancora e solo il tocco di Adrien che le stringeva forte le spalle l’aveva calmata.

“Sono stupendi.” Le sorrise.

“Tu sei di parte” Rispose sorniona assottigliando gli occhi.

“Dico solo la verità, non mentirei mai alla donna che amo.”

“Lo sai che ti amo tanto anch’io!”

Stavano per scambiarsi un bacio quando Alya aveva annunciato l’arrivo in passerella del modello di punta della collezione, e l’agitazione fece mancare un battito a Marinette.

Tutti i migliori critici non aspettavano altro, quell’abito sarebbe stato pagato ingenti somme di denaro, doveva essere semplicemente perfetto.

Fotografi e giornalisti erano già pronti con flash e registratori a piena batteria, pronti a scattare e a registrare audio appena la modella avrebbe fatto il suo ingresso.

La base musicale cambiò da tecno a più armoniosa, i bambini di Marinette e Adrien riconobbero la melodia come quella che il papà suonava al pianoforte ogni sera.

“Sai nonna che l’ha scritta il mio papà questa canzone?” Aveva detto Emma con gli occhi che le brillavano.

Ogni sera prima di coricarsi, si accomodava al piano vicino ad Adrien e lo ascoltava suonare.

Le piaceva molto cullarsi in quel modo, vicino a suo padre che pigiava quei tasti con molta maestria.

Quando partì la musica chiuse gli occhi ed iniziò a far ondeggiare la testolina bionda a ritmo.

Sabine le accarezzò la testa amorevolmente mentre Tom le sorrideva.

*

La sfilata fu un successo enorme, e tutte le aspettative che i più noti critici avevano, si erano rivelate vere.

Marinette Dupain-Cheng era la degna erede del grande stilista di alta moda Gabriel Agreste.

Tutti applaudivano.

Tutti si erano alzati per acclamare la regina indiscussa di quell’evento.

Tutti tranne una persona, che continuava a sorseggiare champagne ben nascosta dagli occhialoni da sole neri.

“Goditi il trionfo finchè dura.” Disse a denti stretti.

Marinette è incredibile, stanno già arrivando gli ordini, pazzesco!” Il cellulare di Adrien e Nathalie scottava da tante richieste appena ricevute.

“Sapevo che avresti fatto un ottimo lavoro” Intervenne sempre con la solita rigidità che lo caratterizzava.

“Ho avuto il mentore migliore che si potesse avere” Disse con le lacrime agli occhi.

E Gabriel fece un gesto inaspettato: l’abbracciò.

Forse l’unica volta che avevano avuto un contatto così stretto è stato al matrimonio, quando Marinette aveva insistito per un ballo con lui.

“Ti voglio bene come fossi mia figlia, Marinette”.

A quelle parole la mora si strinse ancora di più cercando di non piangere, se il trucco le fosse colato sarebbe stato un disastro, anche perché avrebbe rischiato di macchiargli la giacca beige.

“Se non fosse stato per te, per la tua tenacia, probabilmente non sarei qui a godermi il tuo successo.”

“Non avrei mai permesso che lasciassi Adrien da solo.”

Un’orda di applausi e la voce squillante di Alya pretendevano la sua presenza sul palco interrompendo quel momento stupendo tra nuora e suocero.

“Vai a prenderti il merito” Le disse sorridendole.

Lei annuì e dopo essersi ricomposta raggiunse l’amica al centro della sala.

*

Adrien si avvicinò al padre informandolo di tutti gli ordini appena ricevuti.

“Non avevo dubbi che sarebbe stata un successo!”

“Nemmeno io. Marinette non ci dormiva la notte. In pratica mi sembrava di vedere te quando dovevi presentare la nuova collezione.” Il biondo sorrise a quei ricordi.

“Tu e lei siete una squadra imbattibile, Adrien. Non dimenticarlo mai. Vi capite con uno sguardo e ognuno di voi conosce i pensieri reciproci. E’ questo il segreto del vostro successo: la sintonia.” Gabriel si sistemò per l’ennesima volta in quella giornata, gli occhiali sul naso.

Sospirò. Doveva dirglielo e non ce la faceva più a tenere quel segreto dentro di se.

Sapeva che non era il momento giusto, ma pensò che forse non ce ne sarebbero mai stati.

“Devo dirti una cosa”.

A quelle parole Adrien ruotò il capo verso di lui, distogliendolo da quello sorridente e fiero di sua moglie sopra quel palco.

Era bella come la prima volta che l’aveva vista, si era tolta, nel corso degli anni, quell’aria da ragazzina, trasformandosi in una donna perfetta.

I capelli erano più lunghi e lasciati sciolti, non portava più quei codini di cui si era innamorato.

“Mi fai preoccupare così.”

“Non so veramente come dirtelo, ma…il miraculous della farfalla è sparito” lo disse d’un fiato, senza fare nessuna pausa.

Adrien rimase senza parole e con un espressione di terrore dipinta sul volto.

“Cosa? Il miraculous della farfalla è sparito? E me lo dici solo ora?” Adrien era furibondo, ma cercò di parlare a bassa voce, in modo da non dare un pretesto, alle persone vicino, di origliare.

“Speravo di risolvere la cosa da solo” Spiegò mortificato.

Papà…dovevi dircelo subito, ci avremo pensato noi.”

Alya aveva appena finito di intervistare sul palco, la protagonista indiscussa di quella sfilata, e ora sarebbe stato il turno di Gabriel di fare il suo grande annuncio.

“E ora chiamiamo sul palco il grande Gabriel Agreste” Aveva annunciato Alya.

Lo stilista si era avvicinato con fare elegante e raffinato, illuminato dai flash delle macchine fotografiche, che cercavano di immortalarlo nella sua posa migliore.

“Buongiorno a tutti, e grazie per essere a tutti per essere qui”.

“Signor Agreste, so che avete un’importante annuncio da fare” Alya passò il microfono allo stilista.

“Si, esatto…” Si sistemò gli meglio gli occhiali sul naso.

 “Un momento!” Sabrina Raincomprix, ovvero il comandante della polizia, aveva interrotto l’intervista e i festeggiamenti.

Salì sulla passerella, sotto gli sguardi attoniti dei presenti.

Si avvicinò a Gabriel Agreste e tirò fuori le manette.

“Gabriel Agreste, ti dichiaro in arresto!”

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 12

*

Telecamere e macchine fotografiche stavano riprendendo la scena in diretta e in tempo reale.

Adrien e Marinette si guardarono attoniti.

“Che cosa significa, Sabrina?” Aveva chiesto la corvina venendo subito raggiunta da Adrien.

“Ci dev’essere senz’altro un malinteso” Aggiunse lo stilista algido e sicuro di se.

“Nessun malinteso. Andiamo, non mi costringa ad usare la forza” La rossa scosse il capo.

“Mio padre non si muove finché non ci dite cosa sta succedendo”. Adrien era irremovibile, e bloccò Sabrina per un braccio.

La ragazza lo guardò di traverso e gli sussurrò di lasciarle andare subito il braccio, in quanto le telecamere stavano riprendendo tutto, altrimenti avrebbe rischiato anche lui di essere incarcerato  con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale.

“Venite in centrale, ne parleremo lì”.

Entrambi annuirono.

“La festa è finita!” Aveva annunciato Marinette, scendendo dal palco, i gorilla avrebbero fatto uscire i presenti.

L’ultima persona ad essere stata allontanata, era una donna con capelli biondi che indossava un paio di occhiali neri e un ghigno sadico stampato in volto.

Poggiò sulla panchina il flute di champagne vuoto e se ne andò via soddisfatta.

*

Gabriel Agreste aveva dismesso i suoi costosissimi abiti, per indossare una tuta arancio di seconda mano.

Era stato condotto nel carcere di massima sicurezza, ed era pronto per l’interrogatorio, in una stanza fredda, puzzolente, senza finestre e con uno specchio enorme sulla parete, sapeva già che dall’altra parte, qualcuno poteva osservarlo.

“Ci vuoi dire che cos’è questa storia, Sabrina?” Aveva chiesto Marinette dall’altra parte del vetro, mentre osservava suo suocero seduto che attendeva di essere sottoposto all’interrogatorio.

“Ho ricevuto un video sulla mia scrivania, un pacchetto anonimo. Si vede chiaramente Gabriel trasformarsi in Papillon”.

Per poco Marinette non svenne.

Le gambe di Adrien iniziarono a tremare e la gola gli si seccò di colpo.

“Non potevi chiamarci prima di arrestarlo?” Fu sempre la corvina a parlare, il biondo era pietrificato e gli faceva male vedere suo padre ridotto in quello stato.

E con alta probabilità non ne sapeva nemmeno il motivo.

“In verità ho pensato subito che il video fosse uno scherzo e lo avevo gettato nella pattumiera. Il mio collega però l’ha trovato e l’ha visto. Non ho potuto fare altrimenti.”

Nathalie a quelle parole svenne, ma venne prontamente sorretta da Adrien che le stava vicino.

Sabrina gli aveva suggerito di farla sdraiare sulla panchina di legno poco distante mentre lei avrebbe chiamato i sanitari.

S-sto bene” Biascicò Nathalie riprendendo conoscenza. “Acqua, datemi dell’acqua” Prontamente Marinette gli passò un bicchiere di plastica preso dal boccione lì vicino.

“Vi lascio due minuti da soli” Mortificata, Sabrina lasciò la stanza dove di solito sostavano i testimoni.

“Dobbiamo assolutamente tirarlo fuori di li” Esordì Adrien.

“Il video è un falso, non c’è altra spiegazione.” Continuò Marinette convinta.

Poi si ricordò delle conversazione avuta con Alya qualche settimana prima. “Mi aveva avvertita” Strinse i pugni dalla rabbia.

“Chi?” Domando Adrien inarcando un sopracciglio e nel frattempo controllava le condizioni di salute di Nathalie che sembrava aver avuto un altro capogiro.

Marinette si morse un labbro e si voltò verso il vetro. “Alya

Alya?” Fece di rimando. “Cosa centra lei?”

“Non ti ricordi quello che ti avevo detto?”

Giusto…lo avevo rimosso perché ero assolutamente tranquillo. Ora tutte le tessere del puzzle stanno andando al suo posto”.

“Che intendi?”

Nooro è sparito!”

“Cosa???? E quando pensavi di dirmelo?”

Shhh…parlate piano” Gli suggerì Natahlie.

“L’ho saputo poco prima che mio padre venisse chiamato sul palco.”

“E’ una tragedia! Nessuno ha mai perso un miraculous!”

Adrien la guardò storta ricordando di quella volta che aveva smarrito Pollen sulla Tour Eiffel e trovato da Chloè.

“Non è detto che l’abbia perso.”

“Pensi che qualcuno lo abbia rubato?”

“Ne siamo sicuri!” Parlò Nathalie per la prima volta.

Marinette cercò di stare più calma possibile e di non inveire contro la donna, ma quando la moglie di Gabriel aveva confessato anche il quasi incidente di Hugo, sempre quel giorno, non ci vide più.

“E quando pensavate di dircelo? Siamo i suoi genitori!”

Nathalie era mortificata e il suo attuale stato di salute non aiutava molto.

La testa le girava e l’idea che suo marito potesse passare il resto della sua vita rinchiuso in un carcere, da solo, si stava facendo sempre più strada dentro di lei.

“Mi dispiace…

“Nathalie abbiamo bisogno di sapere che cos’è successo il giorno che il miraculous è stato rubato.” Domandò amorevolmente Adrien, non era il caso di infierire.

La donna raccontò tutto quello che ricordava e quello che gli era stato riportato dal marito, dei dubbi e dei sospetti su Lila Rossi.

“Lila Rossi? Perché non sono sorpresa che dietro a tutto questo ci sia lei?”

Sabrina rientrò nella stanza.

“Se volete lo potete vedere, poi ve ne dovrete andare quando ci sarà l’interrogatorio. Vi chiamo io.”

*

Nathalie, Adrien e Marinette si diressero verso la stanza dove si trovava Gabriel.

Un piccolo luogo senza finestre, illuminato da una luce fioca appesa al soffitto, senza lampadario.

Le pareti erano state dipinte da un verde petrolio.

In centro un tavolo di legno e due sedie dello stesso materiale.

“I bambini?” Fu la prima cosa che lo stilista chiese a suo figlio quando entrarono.

“Sono da Tom e Sabine” Aveva risposto.

Sembrava più preoccupato per quei tre marmocchi che per il reale motivo fosse finito in carcere, non gli importava nemmeno che fosse stato arrestato in diretta e davanti all’intero pianeta.

Se c’era davvero Lila Rossi dietro a tutto questo, presto avrebbe colpito anche suo figlio e i suoi nipoti.

“Mi spiace Marinette per averti rubato la scena!” Si scusò con sua nuora perché sicuramente nei giorni avvenire quei parassiti, come li chiamava lui, avrebbero parlato per mesi del suo arresto e non della collezione di Marinette.

“Pensiamo a capire che cosa è successo e a tirarti fuori di qui”.

“Gli avvocati stanno arrivando, papà” Lo informò Adrien che si era prodigato a chiamare la sua schiera di legali.

“Non so se riusciranno a fare molto.” Scosse la testa.

“Se non ti tireranno fuori loro, ci penseremo noi. Ma abbiamo bisogno di sapere per filo e per segno che cosa è successo.”

Gabriel guardò sua moglie.

“Si, sanno anche di Hugo” Disse la donna come se avesse capito da quel sguardo che cosa intendesse dire.

“Penso ci sia Lila Rossi dietro a tutto questo.”

“Potrebbe essere.” Disse Marinette “E’ stata anche da noi l’altra sera. Si era finta me per sedurre Adrien.”

Gabriel deglutì il nulla, uno dei suoi sospetti era vero allora, avrebbe colpito anche Adrien, batté infine i pugni sul tavolo.

Sabrina bussò alla porta e fece entrare la schiera di avvocati dello stilista.

“Mi dispiace, dovete andare.” Aveva detto a malincuore.

*

Usciti dal carcere, Adrien aveva invitato Nathalie a casa loro, non era sicuro ritornare nella residenza e non l’avrebbe lasciata per niente al mondo da sola.

L’aveva accompagnata a casa a prendere alcuni effetti personali mentre Marinette era andata a casa dei suoi a riprendere i bambini.

Sua madre però aveva insistito perché pernottassero da loro almeno quella notte, in modo da essere tranquilli per sistemare la vicenda di Gabriel.

Ne Tom e ne Sabine avevano fatto domande in merito, sapevano che si trattava solo di un malinteso, e che non poteva essere lui il famigerato Papillon.

E non avevano continuato ad insistere perché i bambini rimanessero lì.

“Tienici aggiornati tesoro”

“Certo, nemmeno a dirlo.”

*

I bambini erano seduti nel sedile dietro e confabulavano sull’arresto nel nonno.

“Wow, nonno Gabriel è Papillon!” Disse Hugo gasato.

Non capiva che quella era una cosa terribile, come invece comprendeva il più grande, Louis.

“Non è una bella cosa, sai? Qui non si sta giocando. Se realmente nonno Gabriel è Papillon, significa che è un criminale.”

“Vedremo Lady Bug e Chat Noir?” Intervenne Emma.

“Smettetela!” Esclamò Marinette stringendo di più il volante e zittendo i tre là dietro. “Nonno non è Papillon e presto verrà scagionato. E da ora in avanti non voglio più sentire una parola in merito. Anche perché nonna Nathalie verrà ad abitare da noi.”

Tutti e tre esultarono di gioia.

*

Dopo aver dato la buonanotte a Nathalie che si era sistemata nella grande stanza degli ospiti, avevano messo i bambini a letto.

Hugo si era addormentato appena Marinette aveva chiuso la porta della cameretta, invece Emma e Louis, non riuscivano a chiudere occhio, e senza volerlo ascoltarono la conversazione che stavano avendo i loro genitori.

“E’ ora di chiedere aiuto a Tikki e Plagg!” Sospirò la corvina.

“Ne sei sicura?” Domandò Adrien allontanandosi dal corridoio.

Emma e Louis si alzarono dai rispettivi letti quando non sentirono più le voci di Adrien e Marinette provenire da fuori della porta e la luce si era spenta.

Lentamente avevano aperto la porta della camera e rimasero di sasso quando incrociarono i loro sguardi.

“Vai a letto!” Louis aveva rimproverato la sorella.

“Vacci prima tu” La biondina gli fece una linguaccia.

“Hai sentito anche tu che parlavano di Tikki e Plagg?”

Emma annuì saltellando, se avevano capito bene, con molta probabilità i loro genitori erano i fantomatici Lady Bug e Chat Noir.

*

“Che vuoi fare ora?” Chiese Adrien seguendo la moglie nello studio.

Marinette aprì il quadro che li raffigurava nel giorno del loro matrimonio e digitò la combinazione della cassaforte.

Tirò fuori la miracle box e la poggiò per terra.

Chiuse gli occhi e sospirò prima di premere il dito sul pulsante in cima.

Si aprirono tutte le porticine, ma lei prese l’anello del gatto nero e lo porse ad Adrien, liberando così Plagg, e lei indossò gli orecchini della coccinella, liberando così Tikki.

Entrambi i kwami furono risvegliati dal loro lungo sonno, comparendo davanti gli occhi di due ragazzi, leggermente cambiati dall’ultima volta che li avevano visti.

“Dov’è il mio formaggio?” Aveva chiesto Plagg guardandosi attorno.

“Sei sempre il solito” Lo rimbeccò Tikki.

Adrien tossì per attirare la loro attenzione, conosceva molto bene quei due, e se non li avesse interrotti, probabilmente avrebbero continuato a battibeccare all’infinito, e loro non avevano tutta l’eternità.

Gabriel Agreste non aveva l’eternità a sua disposizione.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 13

*

Emma e Louis spinti dalla curiosità di sapere dell’arresto del nonno, avevano seguiti i genitori cercando di non farsi scoprire.

Rimasero per tutto il tempo dietro la porta ad origliare, ma quello a cui avevano appena assistito aveva dell’incredibile.

Avevano appena appreso che nella cassaforte si nascondeva la miracle box, quella dei racconti della favola della buona notte, e di conseguenza, loro erano la coppia di super eroi Lady Bug e Chat Noir.

“Andiamo in camera mia” Aveva sussurrato all’orecchio della sorella, meglio andare via da là prima che i due genitori uscissero dalla stanza.

“Mamma e papà sono Lady Bug e Chat Noir” Aveva sospirato Emma cadendo sul letto di Louis.

“Sembrerebbe” Accese il pc e sul motore di ricerca, trovò il sito internet di Alya, il famoso LadyBlog, per fortuna non lo aveva ancora cancellato, ma gli sarebbe bastato andare su you tube, per trovare video inerenti ai super eroi.

Il banner iniziale riportava una foto dei due super eroi ancora giovani, forse una ventina d’anni prima.

“Non assomigliano per niente a mamma e papà però” Aveva constatato Louis squadrando ogni angolo di quella foto.

“Sono più giovani in quelle illustrazioni e in quei video. Mamma ha i codini, mi pare che alla tua età li portasse, mi ricordo alcune foto a casa di nonna Sabine.”

Louis fece partire dei video che si trovavano ancora nell’archivio del sito.

“Sono forti, vero? Si vedono che si amano” Biascicò Emma fantasticando, e per puro caso avevano visto il video di quando Ladybug e Chat Noir avevano combattuto contro Oblivio.

“Se lo dici tu…a me non sembrano innamorati, piuttosto stanno discutendo.”

Poi alla fine della battaglia era stato ripreso anche il bacio.

“Visto?? Che ti dicevo! Sono loro, non ci sono dubbi”

“Se sono davvero loro perché non ci hanno mai detto niente?” Louis spense il computer, tutta quella storia gli stava facendo venire l’emicrania, e scervellarsi su chi nascondesse dietro quelle maschere non faceva altro che alimentare il suo malessere.

“Perché un super eroe non rivela mai la sua vera identità” Disse saccente riprendendo le parole che la madre le aveva detto una volta.

“Noi siamo i loro figli, lo dovremo sapere. E secondo me nonno Gabriel era davvero Papillon.”

“Cosa te lo fa credere?”

“Le loro facce.” Le lanciò uno sguardo preoccupato.

“Si tratta del nonno, e’ ovvio che siano nervosi.”

Louis scosse la testa “Hanno una schiera di avvocati che pagano profumatamente, non avrebbero avuto bisogno di chiedere aiuto ai kwami.”

“Forse hai ragione tu…che cosa intendi fare? Glielo chiederai?”

“Perché io?” Si puntò un dito al viso.

“Perché sei il più grande” Rise la sorella.

“Non gli chiederò niente, e mi raccomando Emma, non facciamoci scappare niente con Hugo, sai che è peggio di un paparazzo.”

*

“Allora? Il mio formaggio dov’è?” Chiese un seccato Plagg incrociando le zampette sul petto continuando a guardarsi attorno, come se aspettasse che quel latticino piovesse dal cielo.

“Mi sei mancato anche tu Plagg” Gli aveva detto Adrien tirando fuori un triangolino di Camabert che gli portò sotto il naso.

L’espressione del kwami nero della distruzione cambiò da seccato a meravigliato, lo mangiò in un sol boccone, lasciandosi andare ad un rutto liberatorio con conseguente uscita di bolle verde fluo.

“Sei un porco, Plagg” Lo rimbeccò Tikki disgustata.

“Senti zuccherino, sono secoli che non metto qualcosa sotto i denti” Cercò di giustificarsi.

“Guarda che non sono passati molti anni” Precisò Marinette molto suscettibile alla sua età, non che fosse vecchia, questo era certo, ma da quando avevano iniziato a chiamarla con l’appellativo di signora sembrava che gli anni passassero più velocemente, complice qualche zampa di gallina attorno agli occhi, ma erano appena percettibili.

“Là dentro il tempo non passa mai” Sospirò.

“La vuoi smettere Plagg, se Adrien e Marinette ci hanno chiamato significa che è importante o che è successo qualcosa di grave. A proposito…” Si rivolse a Marinette…i bambini come stanno?”

“Stanno bene, grazie. Ma non è per loro che chiediamo il vostro prezioso aiuto”.

L’espressione della sua portatrice si fece di colpo seria e Tikki deglutì il nulla in attesa di spiegazioni più dettagliate.

“Il padre di Adrien è stato arrestato. Qualcuno lo ha incastrato e siamo sicuri che chi è l’artefice di questo fatto, ha anche Nooro”.

Tikki e Plagg spalancarono la bocca “Nooro!” Esclamarono all’unisono, sapevano entrambi che Marinette aveva lasciato Gabriel Agreste come custode del miraculous della farfalla.

“La polizia è in possesso di un video dove si vede chiaramente lui trasformarsi, e non è un falso. Almeno così ci ha detto Sabrina.” Spiegò Adrien a grandi linee.

“Ma come si fa a trasformarsi davanti alle telecamere!” Bofonchiò il kwami della distruzione sempre molto critico.

“Crediamo ci sia Lila Rossi dietro a tutto questo”

Tikki inarcò un sopracciglio “Cosa? E come avrebbe fatto?”

“Non lo sappiamo di preciso, ma in qualche modo deve aver appreso qualche tecnica illusoria prima di impossessarsi del miraculous della farfalla, altrimenti non si spiega”.

 Adrien si lasciò cadere sul divano di pelle nera con le mani dentro i capelli biondi.

“Questa storia puzza di formaggio andato a male. E sentiamo, come avrebbe fatto a sapere che il miraculous ce l’aveva lui?”

Il biondo sospirò affranto “Diciamo che in passato ha tentato di collaborare con lei”.

Tikki e Plagg si schiaffeggiarono il visetto con una zampetta.

“Cercare altre amicizie tuo padre no?” Sentenziò acido Plagg.

Adrien si alzò ed iniziò ad arrotolare le maniche della camicia azzurra.

“Credimi amico mio, me lo stavo chiedendo giusto anch’io. Ma è stato molto tempo fa, e mi meraviglio del fatto che ha serbato rancore per tutto questo tempo”.

“E’ una donna. Può serbare rancore per sempre. E credimi amico mio, io le conosco bene!”

Quella frase fece inarcare un sopracciglio ad Adrien e arricciare le labbra.

“Basta!” Esclamò Marinette cercando di non urlare, se avesse parlato più forte avrebbe rischiato di svegliare i bambini, sarebbe stato un grosso guaio se li avesse scoperti. “Il punto non è quello che ha fatto Gabriel in passato, dobbiamo pensare a cosa fare ora per tirarlo fuori di lì”.

Tikki si avvicinò alla sua portatrice e le mise una zampetta sulla guancia com’era solita fare quando a Marinette serviva una spalla su cui piangere.

“Mi spiace, Marinette. Ma se la polizia ha prove schiaccianti su Gabriel noi possiamo fare ben poco.”

“Potremo parlare con Lila, che ne pensi?” Propose ingenuamente Adrien.

“Io non ci parlo con quella, mi fa schifo solo a guardarla” Marinette gettò al marito un’occhiataccia che non sfuggì a Plagg.

“Oh! Oh! Che cosa hai combinato, moccioso?”

“Io? Niente!” Fece spallucce ricevendo in cambio un’occhiata torva da Marinette.

*

Lila Rossi si lasciò andare ad una risata liberatoria quando lesse il giornale quella domenica mattina.

I titoli in prima pagina parlavano dell’arresto del famoso stilista, ma nulla sul reale motivo della sua cattura.

E questo fece imbestialire la rossa che stracciò il quotidiano e lo lanciò dritto il primo bidone che aveva trovato per la strada.

“Incompetenti!” Urlò attirando l’attenzione di una coppia che le era appena passata accanto. “Che avete da guardare?”

La ragazza non aveva risposto e girò subito lo sguardo.

Lila pensò che i giornalisti erano soltanto un branco di incompetenti, lei puntava allo scandalo vero e proprio.

Si immaginava già i titoli a caratteri cubitali “Papillon: arrestato” – “Il mostro che akumizzava la gente” – “Gabriel Agreste e i suoi segreti”.

E così discorrendo, ma niente di quello che aveva in mente si era realizzato, almeno per il momento.

Una cosa però aveva attirato la sua attenzione, in nessun giornale compariva il nome di Alya Cesaire alla fine dell’articolo.

*

“Sei licenziata!” L’uomo grosso, basso e con la testa pelata, aveva consegnato ad Alya una busta che lei avrebbe accuratamente firmato.

“Cosa?” La ragazza occhialuta rimase di sasso “E perché?”

Il capo redattore inspirò una boccata di sigaro prima di scolare la cenere in eccesso proprio sopra la lettera.

“Sei un incompetente! Dovevi scriverlo tu questo articolo. Tu eri in prima fila alla sfilata Agreste. E per colpa tua il giornale non sta ricevendo il dovuto compenso.” Continuava ad inveire contro la ragazza, a sbattere in continuazione la cattedra e a spaventare i suoi dipendenti che si trovavano al di la della porta.

Tutti i colleghi della giornalista avevano smesso di lavorare, incuriositi dalla lavata di testa che si sarebbe beccata Alya.

In tutti quegli anni non aveva mai peccato, ed ogni articolo scritto da lei aveva fatto guadagnare prestigio e popolarità a quel giornale.

Tutti rimasero di sasso quando udirono le parole “sei licenziata”, si sarebbero immaginati una settimana di punizione, la stesura di qualche articoletto da quattro soldi, ma arrivare addirittura a lasciarla a casa, stava sicuramente esagerando.

“Ma signore io” Cercò di giustificarsi.

“Non me ne fotte un cazzo se sei amica degli Agreste! A me interessano i soldi! Anche se questo significa rovinare la vita di qualcuno”

Alya rimase impietrita a quelle parole.

“Beh! Signore, a me non interessano i soldi o farmi bella rovinando la vita di un uomo…

“La sua vita l’ha rovinata la polizia, non di certo noi scrivendo cose vere”. Gesticolò con il quotidiano tra le mani accartocciandolo dal nervoso.

“E’ questa la differenza tra me e lei. Io vado oltre le apparenze e sono sicura che c’è stato un malinteso: Gabriel Agreste è innocente. Qualcuno lo ha incastrato.”

“Questo è compito della polizia non tuo! Tu devi scrivere notizie e se verrà scagionato, scriverai anche dell’errore.”

“Non infango il nome di un buon uomo solo per denaro”

“Scriverai quell’articolo se vuoi continuare a lavorare qui! Oppure quella è la porta e tanti cari saluti”.

Alya si trovò di fronte un bivio: rovinare la vita a Gabriel e magari anche l’amicizia con Marinette ed Adrien, oppure prendersi una pausa finchè questa storia non sarebbe finita?

Deglutì il nulla e strinse i pugni lungo i fianchi, poi quando prese la decisione iniziò a rilassare le mani e un sorrisetto comparve sul suo volto.

“Se lo scriva da solo il suo articolo” Alya prese la giacca di jeans, la borsa ed uscì dal suo ufficio.

Infondo non era difficile prendere una decisione, e non avrebbe voltato le spalle ai suoi migliori amici, anche se avrebbero capito la situazione.

Era il suo lavoro scrivere articoli sui fatti della giornata, ma non poteva farlo se prima non conosceva la verità.

*

“Reporter, per ora non mi servi più! Sei stato inutile”

“Mi dispiace, Papillon”

Un’akuma uscì dalla penna che teneva nel taschino, lasciando il caporedattore spaesato mentre leggeva la lettera di dimissioni della sua miglior giornalista.

Nooro, che le ali della notte cadano” Lila ritornò normale e diede da mangiare al suo kwami.

“Mia signora, non è andata come sperava?” Chiese curioso e affranto.

“Sono solo un branco di incapaci. Ma almeno quella scema di Alya è stata licenziata! Ora mi manca solo una cosa da fare” Lila prese una foto che ritraeva i tre figli di Adrien e Marinette.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 14

*

La curiosità di un bambino non ha limiti.

Sono sempre pronti a guardare il mondo con circospezione e con grande interesse, soprattutto quando davanti a loro si palesano delle novità.

“Noi usciamo” Avevano detto all’unisono Adrien e Marinette lasciando un velo di mistero sul luogo dove si sarebbero diretti.

Al lavoro? No, era sabato, e di sabato non mettevano mai piede in Maison, almeno che non ci fossero degli eventi, ma piuttosto si fermavano di più al venerdì in quelle occasioni.

Da Gabriel? Probabile. Anche se Nathalie sarebbe rimasta a badare ai bambini.

In ogni caso non aveva importanza, perché Louis ed Emma aspettavano solo che i genitori si fossero allontanati per raggiungere lo studio di Marinette.

Dopo la colazione in giardino e coccolati dai raggi solari, Nathalie aveva chiesto a tutti e tre i nipoti se volevano giocare con lei in quell’immenso spazio aperto.

Un po' di svago le avrebbe servito per svuotare la mente e non pensare a come aiutare il marito, ci avrebbero pensato Adrien e Marinette, almeno così le avevano detto, senza sapere come.

Il piccolo Hugo ne fu entusiasta, non vedeva l’ora di sfidare nonna Nathalie a nascondino, aveva già in mente un paio di posti dove si sarebbe potuto nascondere senza essere trovato con facilità.

I due ragazzi più grandi, invece, si erano guardati e arrancarono la scusa di dover fare i compiti per salire e raggiungere il loro obiettivo.

Salirono velocemente le scale con il cuore in gola, Louis davanti ed Emma subito dietro di lui.

“Sei sicuro, Louis?” Aveva chiesto col fiatone.

“Si”

“Non è che ci metteremo nei guai?”

Mmm…forse, ma devono scoprirci prima” Ammiccò spingendo poi la porta che stranamente era rimasta socchiusa, di solito sua madre la chiudeva anche a chiave.

Tutto era perfettamente in ordine.

Generalmente c’era sempre un gran casino là dentro: stoffe buttate sopra il divanetto, bozzetti sparsi qua a là sul pavimento, matite colorate gettate come capitava sopra la scrivania, palle di carta accartocciate e gettate malamente dentro il cestino, oltre al manichino con addosso qualche abito o accessorio.

“Non credo sia una buona idea!” Esclamò sussurrando al fratello mentre si apprestava ad aprire il dipinto, rivelando dietro una cassaforte elettronica con la scritta LOCK che lampeggiava di rosso.

“Vuoi stare zitta?” La rimproverò guardando i tasti posti a lato con le dieci cifre e una sola combinazione possibile per aprire quell’armadio blindato.

“Conosci la combinazione?” Chiese debolmente.

Louis sospirò, no non la conosceva affatto, avrebbe tirato ad indovinare, sperando di non fare casini e soprattutto di non essere scoperto.

“Sarà la data del loro matrimonio…sai che la mamma non ha molta fantasia il merito” Fece spallucce iniziando a digitare tremolante le sei cifre.

Un bip sordo echeggiò nella stanza e la scritta continuò a lampeggiare.

Louis sospirò e imprecò mentalmente.

“Che altro potrebbe essere? La data del suo compleanno? Quella di papà?” L’adolescente iniziò a spremersi le meningi mentre Emma sostava spazientita sul divanetto e le gambe penzolavano nervosamente, pensando che quella non era una buona idea.

Sarebbero stati beccati e messi in punizione, ma la cosa che faceva più paura, sarebbe stato spiegare il motivo che li aveva spinti ad aprire quella cassaforte.

Si vedeva già in castigo.

Castigo?

Non ricordava nemmeno se ci era mai stata, se sua madre la sgridava le bastava fare gli occhi dolci al papà perché tutto tornasse alla normalità.

“Basta! Ci rinuncio!” Louis si era accomodato accanto alla sorella con le mani dentro i capelli e lo sguardo rivolto al pavimento di legno.

“Hai provato i nostri giorni di nascita?” Emma ebbe un’illuminazione.

“E’ l’ultimo tentativo, se sbagliamo mi sa che incasiniamo tutto”

“La mamma darà la colpa a papà, non ricorda mai le combinazioni”

“Andata!” Batterono i pugni e poi insieme digitarono i cinque numeri, quando toccò all’ultimo, Louis sospirò e si asciugò velocemente la fronte grondante di sudore.

Un bip e la porta quadrata di aprì, la parola LOCK non lampeggiava più, ma al suo posto si accese la spia verde di OPEN.

“Grande, Emma. Avevi ragione, avrai un futuro da scassinatore di casseforti!”

La biondina inarcò un sopracciglio e lanciò al fratello un’occhiataccia.

Louis prese in mano quella palla rotonda “Accidenti se pesa”.

“Non farla cadere!” Gli urlò Emma mentre gli stava scivolando tra le mani.

E dopo aver capitombolato un paio di metri, la miracle box finì sul divano.

“Atterraggio morbido!” Esclamò il corvino “Per fortuna non si è rotta”

“Eh! Guarda qua!” Emma gli fece notare due porticine aperte e il miraculous del gatto nero e quello della coccinella sparpagliati nel pavimento.

“Accidenti! Ci ammazzeranno!”

Ci? Vorrai dire ti, è stata tua l’idea di vedere che cosa c’era qua dentro” Constatò la biondina con aria saccente sottolineando il fatto che fosse tutta colpa di Louis se erano in quella bizzarra situazione.

“Si, ma tu mi hai aiutato”

“Avresti solo combinato casini!”

“Non è vero!”

“Si che è vero” Emma gli fece una linguaccia e continuarono con il loro battibecco per un minuto buono, quando vennero interrotti da un colpo di tosse.

I due bambini spalancarono gli occhi ed iniziarono a sudare freddo.

Nei loro occhi il terrore.

“Sapete…anche i vostri genitori litigavano sempre così alla vostra età…era così frustrante” Un Plagg irritato aveva fatto capolino davanti ai loro occhi sperando di placare quella lite prima che scoppiasse.

“Tu…sei…sei…”

Plagg!!!” Finì la frase del fratello la piccola Emma andandolo ad abbracciare e strofinare sulla guancia.

“Mettimi subito giù ragazzina!” Se l’era scordato quanto appiccicosa era quella piccola copia di Adrien.

Plagg si era scordato di tutte le volte che usava lui e Tikki come bambole attorno ad un tavolo rotondo ed erano costretti a far finta di sorseggiare del tè e a mangiare dei pasticcini di plastica.

“Quanto sei carino!!” Anche lei però, lo aveva scordato, invece Louis aveva dei ricordi confusi che ora più che mai stavano riaffiorando, facendogli ricordare momenti felici della sua infanzia.

Era tutto vero.

Plagg e Tikki erano veri.

Aveva sempre pensato fossero due cagnolini che non c’erano più, invece eccoli lì davanti a loro.

Plagg! Sii gentile con loro! Non li vediamo da tanto tempo” Tikki aveva i cuoricini al posto degli occhi, adorava quei bambini in tutte le loro sfumature e non vederli per tanto tempo dopo che Adrien e Marinette avevano deciso di comune accordo di rinunciare ai Miraculos per il loro bene, le aveva spezzato il suo cuoricino.

Tikki apparve dietro di loro, era più pacata rispetto a Plagg.

“Solo se mi danno il mio formaggio” Replicò lui incrociando le zampette.

“Formaggio?” Chiese interrogativa Emma.

“Camembert!” Rispose Plagg.

“Louis…non è quello che mangia sempre Hugo?” Si rivolse al fratello.

Al kwami della distruzione prese un colpo alla notizia che un altro in quella casa divorasse e rubasse il suo prezioso latticino.

“Si esatto!” Annuì con il capo.

“Ma puzza da morire! Fa venire il vomito quella cosa!” Emma si tappò il naso con due dita ed ebbe quasi un conato.

“Ehi! Ehi! Ragazzi!” Plagg attirò la sua attenzione svolazzando davanti al suo naso “Badate bene a come parlate di quel nettare degli dei se non vuoi che ti distrugga con un cataclisma”

Plagg!” Lo rimproverò Tikki.

Emma si portò le mani sui fianchi “Non puoi controllare il tuo potere senza un portatore, distruggeresti tutto” Scimmiottò.

“Beh! Non per vantarmi ma Atlantide e la scomparsa dei dinosauri è opera mia!” Poi cambiò espressione “E tu come lo sai questo?”

“Me lo ha detto papà. Sai una volta giocando Hugo aveva cercato…”

“Aspetta…aspetta un attimo!” La fermò il kwami nero “Tu mi stai dicendo che tu e tuo padre giocavate a Lady Bug e Chat Noir?” Plagg scoppiò a ridere mentre Emma annuiva “…avrebbe potuto chiamarmi, sarebbe stata più realista la cosa!”

Plagg!” Lo ammonì per l’ennesima volta la kwami rossa.

“Senti, è già stata dura scoprire che mamma e papà erano o sono…come volete…Lady Bug e Chat Noir…spero solo che la storia che nonno Gabriel non sia vera!” Louis si rabbuiò.

Tikki si avvicinò all’adolescente come era solita fare con Marinette quando aveva bisogno di aiuto.

“Che cosa vi hanno raccontato i vostri genitori?”

“Niente!” Fece spallucce “Non ci dicono niente”.

“Avranno le loro ragioni per lasciarvi fuori da questa storia…e ad essere sinceri non possiamo aiutarli nemmeno noi”. Gli rivelò Tikki.

“Si…ma noi vogliamo sapere se è vero che nonno Gabriel era il famigerato Papillon!” Sospirò Louis affranto.

I due kwami si guardarono non sapendo cosa dire.

“Vi prego, voi dovete saperlo” Insistette Emma unendo le mani in segno di preghiera.

“Ecco…vedete…” Mormorò Tikki imbarazzata.

“Volete dire che ci avete invocato solo per questo?” Intervenne Plagg irritato.

“N-no…” Disse all’unisono i due piccoli Agreste in attesa di una risposta.

“In realtà si” Rispose Plagg.

“PLAGGGG!!” Inveì Tikki “Perché glielo hai detto???”.

“Lo volevano sapere…” Spiegò con naturalezza non pensando a quali conseguenze avrebbe portato quella rivelazione.

Louis ed Emma si guardarono dapprima con uno sguardo di terrore, poi mutarono espressione in meravigliata e sorpresa.

“FICO!”

“Cioè nonno era un super cattivo???”

“Non dovevate saperlo così, c’era un motivo se vi è stata nascosta la cosa!” Sentenziò Tikki sospirando, già si immaginava Marinette che inveiva contro di lei con gli occhi rossi e un paio di corna del medesimo colore posto sulla testa, e Adrien che proibiva a Plagg di mangiare il suo adorato latticino per il resto dell’eternità.

“GRANDE!” Esclamò Louis saltellando assieme alla sorella, sembravano non capire la gravità della situazione e i due kwami dovevano intervenire subito prima di finire anche loro nei guai.

“RAGAZZIIIII!!!” Urlò Tikki calmando l’entusiasmo e quando ebbe l’attenzione dei due bambini, si avvicinò al loro viso “Non dovete parlare con nessuno. Soprattutto del fatto che ci avete invocato”

“Ma sul serio non potete salvare il nonno?” Chiese Emma affranta “…a me manca tanto, e non mi importa se era un super cattivo, io gli voglio bene e voglio continuare a giocare con lui.” Piagnucolò la piccola copia di Adrien, e una lacrima iniziò a rigarle il volto.

Plagg scosse la piccola testolina nera “Mi spiace ragazzi…questa volta non possiamo esservi d’aiuto. I vostri genitori dovranno cavarsela senza di noi.”

*

continua

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 15

*

Lila Rossi rientrò nel suo appartamento.

Levò gli enormi occhiali da sole e li appoggiò nella mensola di legno sbilenca posta al lato della porta, quando vi appoggiò anche le chiavi questa cadde rovinosamente a terra.

“Maledizione” Imprecò lasciando tutto dov’era, inutile sistemare, tanto tra qualche giorno avrebbe dato al padrone di casa il ben servito.

Si assicurò solo che quei costosissimi occhiali non si fossero rotti, ci soffiò sopra le lente solo per togliere la polvere e con la manica della maglietta lucidò il marchio Agreste.

Tolse con un gesto i tacchi rossi e li sistemò con estremo ordine sulla scarpiera, s’infilò poi le pantofole per coccolare i piedi che urlavano pietà dopo quella lunga mattina a passeggiare su e giù.

La rossa accarezzò con un gesto la spilla che teneva dentro la borsetta e la indossò.

“Mia signora” La salutò Nooro con riverenza.

“Eccolo, il mio migliore amico” Gli accarezzò la testolina.

“Abbiamo del lavoro da fare”

Nooro deglutì rumorosamente, non conosceva le sue intenzioni e il perché lo stava facendo, lei non era come il suo precedente padrone Gabriel, lei era cattiva e meschina, tutto quello che fa, lo fa solo per compiacere sé stessa e rovinare la vita alle altre persone.

“Posso chiederle a cosa le servo io?”

“Devo vendicarmi!” Esclamò con sguardo sadico senza tanti giri di parole. “E tu mi aiuterai a raggiungere il mio scopo.”

“Ma padrona i miraculous non andrebbero usati per i propri scopi, ma solo per servire un bene superiore” Cercò di spiegare in tono calmo e pacato facendola ragionare come meglio poteva.

“Smettila! Ho già sentito abbastanza stronzate per oggi.” Lila batté i pugni sul tavolino di legno facendolo sobbalzare e spalancare gli occhi dal terrore.

Si, Lila Rossi lo spaventava a morte.

“Tu mi aiuterai a mettere in atto la mia vendetta finale.” Gli puntò il dito contro facendolo sbattere la sua unghia affilata laccata di rosso contro il suo tenero pancino viola “…Gabriel marcirà in prigione e ora mi manca solo avere Adrien al mio fianco”

“Adrien ama Marinette, non si metterà mai con una come te.”

“Zitto!” Si avvicinò a lui puntando il suo sguardo avvelenato, era ben consapevole che il rampollo di casa Agreste non avrebbe mai lasciato la moglie, a meno che non fosse costretto per salvare i suoi figli. “Ho un piano in mente, e tu mi aiuterai a realizzarlo”.

Nooro non poteva scappare, ora era lei la sua portatrice e avrebbe dovuto obbedire al suo volere qualsiasi esso fosse.

“Come desidera…padrona” Abbassò la testa in segno di resa, inutile anche provarla a fare ragionare.

“Bene, così mi piaci piccoletto” Gli batté la testolina un paio di volte, poi volse lo sguardo a terra dove c’era una rivista di moda e sulla copertina il volto di Adrien.

Bello ed invitante.

Lila mancò un battito e sentì un calore attraversarle tutto il corpo, strinse quell’ammasso di carta al petto ripetendosi nella mente che un giorno sarà al suo fianco e che Marinette Dupain-Cheng sarà solo un ricordo sfocato.

Prese quel giornale e si diresse in camera da letto dopo essersi spogliata ed indossato una camicia bianca prettamente maschile, un souvenir che aveva preso dall’armadio di casa Agreste ed appartenente ad Adrien con ancora il suo profumo addosso.

Si sdraiò sul materasso dopo aver richiamato Nooro dentro la spilla, non era il caso che quell’innocente insetto fosse testimone di cose che non avrebbe potuto capire e sicuramente avrebbe approfittato della situazione per scappare ed avvertire qualcuno.

Ma chi? Anche se fosse ritornato dal suo precedente portatore, questi non si sarebbe potuto trasformare perché il miraculous l’aveva lei, e per quello che ne sapeva Lady Bug e Chat Noir era una vita che non si facevano vedere, con alta probabilità avevano anche lasciato Parigi.

Però meglio esserne sicuri e non farsi scappare l’unica possibilità di vittoria certa e facile.

Sentiva l’eccitazione crescere sempre più in lei, ed il tutto solo guardando quegli splendidi occhi verdi, non immaginava cosa avrebbe provato se la mano che la stava accarezzando in quel momento fosse di Adrien.

Anzi un po' lo sapeva…peccato essere stati interrotti.

Con la mano libera, Lila si apprestò a coccolare il suo corpo soffermandosi prima sui seni torturandoli un po', poi scese sempre più in basso, alzò il lembo della camicia ed infilò la mano dentro le mutandine.

Chiuse gli occhi e ad ogni scossa di piacere soffiò il nome di Adrien.

*

Adrien e Marinette si erano diretti alla prigione di stato dov’era detenuto il noto stilista Gabriel Agreste.

Nessuno dei due durante tutto il tragitto aveva avuto il coraggio di proferire parola.

Marinette era assorta nei suoi pensieri e Adrien preferì non disturbarla, sicuramente stava pensando ad un piano per scagionare il suocero, ma con quella sfilza di accuse, e in particolare una, ovvero essere il Papillon che aveva terrorizzato Parigi, le sembrava difficile potergli far mettere anche solo il naso fuori da lì.

Avevano appena parlato con la schiera di avvocati che difendevano lo stilista, ma il tutto si era rivelato inutile, non c’era nessun cavillo burocratico a cui avrebbero potuto far appello per colpa di quel video assolutamente autentico.

Era stato controllato più e più volte.

“Siamo arrivati” Aveva annunciato Adrien alla moglie distogliendola dai suoi pensieri, che prontamente aveva preso i documenti di identità a posti al piantone della cabina all’ingresso della prigione, e una volta controllati e schedati, aveva assegnato loro un paio di pass da visitatori ed alzato la sbarra.

Parcheggiarono la berlina nera nel garage sotterraneo vicino ad una fonte di luce.

Scesero dalla macchina ed indossarono i badge.

Il rumore dei suoi tacchi e il tintinnio dell’acqua che gocciolava dall’angolo del soffitto, erano gli unici rumori, oltre al doppio bip che avvertì Adrien della chiusura dell’auto.

Adrien teneva la testa abbassata e lo sguardo puntato sul pavimento, infilò le mani dentro le tasche anteriori dei jeans e sospirò.

“Lo tireremo fuori di lì” Soffiò lei alzandogli il volto con una mano.

“Non so se sarà possibile” Scosse la testa.

“Te lo prometto, Adrien. Non permetterò che tuo padre resti in prigione”

Adrien e Marinette si fermarono vicino una colonna grigia per scambiare due parole, per sfogarsi prima di incontrare Gabriel ed essere il più sereni possibile, non dovevano far trasparire nessuna forma di preoccupazione altrimenti avrebbero rischiato che lo stilista potesse deprimersi ancora di più.

“Forse è dove deve stare per il male che ha fatto”

“No!” Esclamò lei posandogli le mani sulle braccia “…lo abbiamo perdonato tanto tempo fa, e credimi Adrien, è tuo padre che non si è mai perdonato per quello che ti ha fatto passare.”

*

La nascita di un bambino è sempre un evento che dà gioia.

E ancora Adrien ricorda i volti di suo padre, di Nathalie e dei suoi suoceri quando era uscito da quell’enorme porta a scomparsa del reparto maternità con il piccolo Hugo tra le braccia.

“E’ un maschio” Aveva annunciato porgendo il piccolo in modo che potessero vederlo.

Erano le due e un quarto della mattina e nella sala d’attesa dell’ospedale c’erano solo loro.

Stanchi, ma sollevati.

Marinette era rimasta in travaglio quasi venti quattro ore, e di conseguenza i nonni e i fratelli avevano atteso l’arrivo del più piccolo in quella stanza, alternandosi per accudire gli altri due nipoti, inutile dirgli che sarebbero stati chiamati appena il piccolo fosse venuto al mondo.

“Come sta marinette?” Aveva chiesto apprensiva Sabine.

Adrien le sorrise “Sta bene, stanca, ma sta bene”.

*

Il giorno seguente, Gabriel si era presentato in ospedale in tarda mattinata con un mazzo di rose.

“Sta riposando!” Gli aveva comunicato l’infermiera a cui aveva chiesto se poteva entrare nella stanza.

“Le faccia trovare nella sua stanza” Le disse porgendole il mazzo di fiori, ma non fece a tempo perché venne richiamato dalla voce di Marinette.

“Sono sveglia, entra pure”.

Lo stilista fece come ordinatogli dalla nuora allettata.

Aveva un aspetto magnifico nonostante quello che aveva appena passato, e sicuramente durante la notte non aveva avuto il privilegio di un sonno rigenerante.

Marinette scostò le coperte e fece per alzarsi e Gabriel l’aiutò.

“Non dovresti sforzarti, hai appena partorito”

“Sei peggio di tuo figlio, lo sai?” Gli sorrise protestando come una bambina.

“A proposito, dove sono?” Chiese guardandosi attorno.

“Adrien l’ho spedito a casa, aveva bisogno di riposare e farsi una doccia. Hugo lo stanno visitando e lavando, credo che arriverà tra…” Non fece tempo a terminare la frase che l’infermiera entrò nella stanza con la culla di vetro e il piccolo che piangeva perché voleva la sua mamma “…come non detto”.

“Tutto apposto signora, ha messo al mondo un bambino forte e sano.”

“Certo, è di mio nipote che sta parlando.” Intervenne fiero Gabriel congedando il sanitario.

Marinette sorrise sotto i baffi prendendo il piccolo in braccio che smise di piangere appena sentì il suo tocco amorevole.

“Complimenti Marinette, è un bambino bellissimo.”

“Assomiglia ad Adrien, non trovi?”

Gabriel lo squadrò tutto “Direi ad entrambi”. Si sistemò gli occhiali sul naso e poi sospirò.

“Tutto bene?” Gli aveva domandato notando il suo sguardo triste.

Lo stilista si avvicinò alla finestra con le mani incrociate dietro la schiena.

“A volte mi chiedo se è giusto che sia felice”.

“Certo, perché non dovresti esserlo?” Chiese con naturalezza e come se quella domanda fosse fuori luogo, ma Marinette sapeva già dove voleva andare a parare.

Non era raro che il suocero le confidasse le sue insicurezze al lavoro.

Insicurezza che riguardavano la sfera privata.

“Per il male che ho causato a Parigi. Dovrei essere a marcire in galera e non qui a godermi questi momenti di gioia e felicità”

“Non dovresti più pensare al passato, ma goderti il presente. Ti abbiamo perdonato e avevamo promesso che non ne avremo più parlato. Anzi, devo dirti una cosa…”

Gabriel si era voltato verso di lei.

“…io e Adrien abbiamo deciso di rinunciare ai nostri miraculous”.

Una rivelazione che lo aveva spiazzato così tanto da fargli strabuzzare gli occhi.

“Ma…ma rinuncerai anche ad essere guardiana…sai che cosa comporterebbe questo”.

Marinette scosse la testa “Rimarrò guardiana della miracle box, ma non useremo più Tikki e Plagg, credo che a questo punto e con l’arrivo di Hugo non avremo più tempo per correre sui tetti di Parigi”.

“Ti darò anche la spilla della farfalla. Ogni volta che la guardo sto male al sol pensiero a cosa involontariamente avrei potuto farvi. E se fossi uscito pazzo per la storia di Emilie non so…non so…”

La nuora gli mise una mano sopra la sua “Va tutto bene, Gabriel. Non devi più tormentarti. E la spilla la puoi tenere, ti nomino guardiano ufficiale del Miraculos della farfalla.”

“Ti ringrazio Marinette, Adrien è fortunato ad averti nella sua vita, non potevo chiedere compagna migliore per lui.”

“Non dire così che mi fai piangere” Singhiozzò.

“E’ la pura verità.”

“E comunque quelli fortunati siamo noi ad avere una persona come te su cui poter contare.”

“Grazie” Incurvò un labbro “…spero un giorno di riuscire a dimenticare tutto.”

“Vuoi intanto tenere in braccio tuo nipote?” Gli chiese porgendole il bambino.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 16

*

La domenica mattina di solito era una giornata di festa e non c’era pranzo senza la famiglia riunita, di entrambe le fazioni s’intende.

L’enorme tavolo di mogano della sala da pranzo di casa Agreste, era sempre bandito a festa e i bambini attendevano sempre con trepidante attesa l’arrivo dei nonni.

Già i loro genitori li vedevano sfregarsi le mani quando si avvicinava la fatidica ora aspettando che il campanello suonasse, li avrebbero accolti con baci ed abbracci e loro li avrebbero ricoperti di doni.

Ma non quella domenica.

Quella era diversa.

Ne i nonni Gabriel e Nathalie e ne i nonni Tom e Sabine avrebbero banchettato assieme a loro.

Anzi, con il clima che regnava in quella giornata piovosa non sapevano nemmeno se gli sarebbe stato servito il pranzo almeno a loro tre.

Dalle otto di mattina, sia Adrien che Marinette, furono intrattenuti dagli avvocati al telefono.

Erano le dieci, e i tre pargoli erano riusciti a contare quindici telefonate, prima suonava il telefono della mamma e poi quello del papà, si alternavano così.

Nonna Nathalie riposava ancora sedata nella sua stanza, troppo forte lo shock dell’arresto del marito e il medico che l’aveva visitata quella notte dopo un malore, per precauzione le aveva prescritto assoluto riposo con dose di tranquillanti.

I coniugi Agreste, si erano dimenticati di chiedere alla signora LaFleur se fosse disponibile a guardare i bambini e a preparare qualcosa di commestibile da metter sotto i denti per loro tre.

Ma per fortuna, potevano contare su Tom e Sabine, che fino al momento in cui nel display del telefono di Marinette non era comparsa la chiamata in arrivo della madre, non avevano pensato a loro.

“Mamma!”

“Finalmente Marinette, è tutta la mattina che provo a chiamarvi” Aveva detto apprensiva la signora Dupain.

“Lo so mamma, ho appena visto i tuoi messaggi, siamo stati impegnati con gli avvocati” Spiegò lasciandosi cadere sul divano di alcantara grigio.

“Cosa dicono? Ci sono novità? Ancora non posso credere a quello che è successo!”

“Nemmeno noi. Comunque nessuna novità, dicono che quel video sia autentico e che ci siano poche possibilità di tirare fuori Gabriel di prigione.” Sospirò portandosi una mano sulla fronte, la testa le doleva e a complicare tutto si era messo anche il tempo, Marinette stava sempre male quando la pressione atmosferica si abbassava.

“Possiamo fare qualcosa tesoro mio? Avete bisogno che i bambini vengano qui?”

“Magari, mamma. Sarebbe davvero di aiuto. Nathalie si è sentita male stanotte e sta riposando”.

“Ma è terribile! Prepara i bambini, mando papà a prenderli. Dormiranno da noi questo fine settimana.”

“Ti ringrazio mamma.” Disse con voce rotta dal pianto.

“Amore, che cosa c’è? Non fare così!”

“Sono una cattiva madre. Non so badare ai miei bambini” Singhiozzò asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.

“No, non lo sei. Hai bisogno di staccare la spina un attimo. E lo sai che io e tuo padre ti aiuteremo. Scaccia via quelle lacrime e prepara i miei nipoti.”

“Grazie mamma. Ti voglio bene!”

“Anche io tesoro”.

*

Marinette non fece a tempo a chiudere la chiamata che il telefono squillò di nuovo.

Sbuffò senza nemmeno guardare chi era, sicuramente l’ennesimo avvocato o giornalista da strapazzo che voleva intervistarla.

Aveva passato una decina di minuti a bloccare il numero di telefono dei reporter, non aveva voglia di rispondere ancora e ancora no comment, e poi riagganciare subito dopo.

Guardò il display: era Alya e non poteva assolutamente ignorare la telefonata.

Alya” L’aveva chiamata più volte perché la sua amica non si decideva di parlare, dall’altro capo del telefono sentiva singhiozzare e doveva assolutamente saperne la causa.

Che avesse litigato con Nino? Improbabile, in vent’anni non li aveva mai visti arrabbiati, almeno in pubblico.

M-ma-marinette!” Balbettò tirando su con il naso.

“Che succede amica mia?” La corvina pensò che quella domenica era partita con il piede sbagliato, le brutte notizie si susseguivano una dietro l’altra e lei sarebbe crollata prima o poi.

Già la notte l’aveva passata in bianco, anzi, erano più di una notte che trascorreva così, ma doveva essere forte, soprattutto per i suoi figli e per Adrien.

Fece un bel respiro profondo e si concentrò sulla sua migliore amica, ora era lei che aveva bisogno d’aiuto.

M-mi hanno licenziata!”

Marinette strabuzzò gli occhi, la sua amica, la sua impeccabile giornalista sempre in prima linea, quella che otteneva premi a destra e a manca, colei che in prima serata era record di ascolti: licenziata.

Puff…gettata via come fosse immondizia.

“Stai scherzando spero!”

“No, in redazione mi hanno dato il ben servito perché non ho pubblicato la notizia di Gabriel.”

Marinette chiuse gli occhi e fece una breve pausa, non sapeva cosa dire, in pratica era stata licenziata a causa sua, per la loro amicizia.

Già una volta aveva rischiato il posto per una cosa del genere, ma quella volta la notizia non era rimbalzata su tutti i giornali, era più un pettegolezzo, una voce falsa messa in piazza da una casa di moda concorrente e subito smentita dalla stessa.

Amica…mi dispiace! Ma lo sai che non dev…

“Non dirlo, ti prego. Vi voglio bene e non scriverei mai qualcosa che vi possa danneggiare. Gabriel è innocente, lo so”

Marinette sospirò ancora e strizzò gli occhi, odiava mentirle, odiava non poterle dire tutta la verità, ma qui non si trattava di lei, ma bensì di un’altra persona.

Una persona che in passato ha sbagliato, ma che si è pentita subito quando aveva capito che stava perdendo un figlio, accecato da un amore perduto che non riusciva a trovare la giusta consolazione.

“Grazie, amica mia, il tuo sostegno significa molto per me. Ti prometto che quando Gabriel verrà scagionato, quel grassone si pentirà amaramente di averti ferita e capirà l’errore commesso nel licenziare una persona di valore come te.”

*

“Andremo dai nonni, yuhuuuuu!” Esultò Hugo prendendo il trolley a forma di gatto dal suo armadio riempiendolo di tane cose, ma non quelle che servivano veramente, tipo cambi di abito e biancheria pulita.

“Hugo! Staremo via solo un giorno, pendi la sacca più piccola” Lo rimbeccò il più grande che si trovava sulla soglia della sua cameretta già pronto per andare, e poco dopo lo raggiunse la piccola Emma con la sua valigia rosa pastello.

“Ehi! Perché Emma ha la valigia grande e io devo prendere quella piccola?” Chiese lagnandosi il piccolo Agreste.

“Perché io sono una signora e devo essere sempre pronta ad ogni evenienza!” Gli rivolse una linguaccia ed alzò il mento in segno di offesa.

Louis alzò gli occhi al cielo, quello sarebbe stato un lungo week end.

“Andiamo dai nonni, non a fare una vacanza. Ci servirà solo della biancheria pulita e il pigiama.”

Emma guardò il più grande torva “Beh! Se a te piace tenere lo stesso abito per più di un giorno accomodati pure. Io sono una Agreste, e un Agreste deve essere sempre impeccabile”.

“E questa dove l’hai sentita?” Sbuffò per l’ennesima volta il più grande.

“Nonno Gabriel” Rispose con semplicità incrociando le braccia sotto al seno.

“Eccomi, sono pronto!” Disse Hugo mettendo fine a quel piccolo litigio tra fratelli, presentandosi con una sacca più piccola come ordinatogli dal fratello più grande.

“Bene, andiamo!” Louis aiutò Hugo portandogli la sacca.

Louis ed Emma erano davanti a lui mentre attraversavano il corridoio e si accorsero che mancava all’appello solo quando la biondina gli aveva chiesto se l’avrebbe aiutata ad impastare i biscotti.

Si fermarono anche loro e guardarono indietro.

Hugo si trovava al centro del corridoio con lo sguardo rivolto al pavimento di legno scuro, in mano stringeva il pupazzo di Chat Noir.

“Tutto bene?” Gli aveva chiesto amorevolmente la sorella.

“Credi che Lady Bug e Chat Noir aiuteranno il nonno Gabriel? Lui è innocente e non merita di restare in prigione”.

Emma gli sorrise abbassandosi alla sua altezza, sapeva che non avrebbero potuto aiutarlo in alcun modo.

“Lady Bug e Chat Noir non possono fare nulla per il nonno, ci penseranno mamma e papà a lui.” Spiegò Louis in tono pacato anticipando Emma.

“Ma loro non sono Lady Bug e Chat Noir” Piagnucolò battendo i piedi a terra.

Louis deglutì, non voleva mentirgli, ma era anche consapevole che non avrebbe mai mantenuto il segreto, era ancora troppo piccolo per capire certe cose.

“Lo dovranno essere. Anche se non indossano maschere, mamma e papà sono e saranno sempre i nostri super eroi, no?”

“Ben detto Louis!” Annuì la biondina dandogli man forte e convincendo Hugo.

*

Lila Rossi fu costretta a stare nel suo appartamento quel pomeriggio.

La pioggia non accennava a placarsi e rendeva i suoi spostamenti difficili, anche se le sarebbe bastato rimanere a casa per controllare le persone con le sue farfalle nere e viola.

Ma non poteva esporsi più di tanto, altrimenti Gabriel avrebbe avuto una possibilità di uscire di prigione, non poteva permettere di esporsi più di tanto, già aveva rischiato con l’akumizzazione del capo di quella reporter odiosa, per lei.

La castana era seduta sulla sedia di legno con le gambe sopra il tavolo, teneva in mano una penna stilografica nera che agitava tra le dita.

Aveva già spuntato quasi tutta la sua lista dal titolo “azioni malvagie”, ne mancava una, quella più importante.

Quella che avrebbe finalmente cadere ai suoi piedi Adrien.

Picchiettò la penna un paio di volte sul quel foglio e ne smangiucchiò il tappo pensando a come attuare il suo piano.

Aveva bisogno di Volpina, era l’unico modo per passare inosservata creando un illusione dietro l’altro.

Si alzò dalla sedia di legno e si stiracchiò, la camicia bianca che indossava si era alzata leggermente scoprendole i glutei nudi, non indossava l’intimo.

Dopo la sua breve avventura in solitaria si era scordata di metterle.

Afferrò poi la bottiglia mezza piena di gin e ne bevve un sorso, poi un altro e un altro ancora.

Lila scosse leggermente la testa perché la vista per qualche istante le si era annebbiata a causa dell’alcol, si avvicinò all’altra sponda del tavolo dove teneva delle freccette.

Prese tre di quegli oggetti appuntiti e le tirò sul muro andando a centrare perfettamente le teste dei tre mocciosi, poi ne prese altre due e centrò il cuore dei genitori ritratti ai lati.

Il viso di Adrien era incorniciato da un cuore rosso, mentre quello di Marinette era stato coperto da una X nera e marcata.

“Ancora un po’ e staremo insieme amore mio” Gli soffiò un bacio con la mano.

Lila fece una smorfia di disgusto e disapprovazione quando il suo cellulare squillò.

“Che hai da rompere?”

“I topini hanno appena lasciato la tana”.

Perfetto…sai dove stanno andando?”

“A casa Dupain”.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 17

*

Adrien e Marinette avevano visto l’auto di Tom svoltare l’angolo e allontanarsi sempre di più da loro.

Non era raro che i tre micetti passassero il fine settimana dai nonni, anzi, era un modo per i tre ragazzini di comportarsi come volevano ed ottenere tutto ciò che desideravano, anche se erano tre, i nonni, sia materni che paterni, li accontentavano in tutto, al contrario dei genitori che ogni tanto erano costretti a dire di no.

Marinette ebbe una stretta al cuore e mai come in quella giornata avrebbe voluto averli accanto, anche solo per sentirsi dire dal più piccolo “ti voglio bene” o “sei una roccia mamma” mentre l’abbracciava, ma le loro continue telefonate con i legali e il buttare giù una strategia per far uscire di prigione Gabriel, non li faceva concentrare sui loro bisogni, e in più si era messa anche Nathalie con le sue crisi di nervi.

Sia chiaro, la presenza della donna non dava nessun fastidio ai due coniugi Agreste, era solo un problema che si era aggiunto alla lunga lista.

E Marinette stava per avere un crollo psicologico, troppa pressione sulle sue spalle e troppi problemi da risolvere, compreso quello di Alya, le aveva promesso che quel grassone del capo non l’avrebbe passata liscia e che presto o tardi si sarebbe accorto dell’enorme sbaglio commesso.

Nel tardo pomeriggio la villa era stata presa d’assalto dai giornalisti e i due si erano visti costretti a chiudere a chiave porte, finestre ed attivare l’allarme per evitare spiacevoli incursioni.

Il campanello suonava continuamente, così Adrien lo staccò.

Erano in trappola finché quegli sciacalli non se ne sarebbero andati, ma non l’avrebbero fatto senza ottenere il tanto agognato scoop e la conferma che dietro la maschera di Papillon in realtà si nascondesse il famoso stilista.

“Sono una pessima madre” Sospirò Marinette portandosi le mani sul volto fino a coprirlo completamente una volta seduta sulla sedia dell’enorme tavolo di mogano in sala da pranzo.

Adrien le si avvicinò con circospezione e comprensione, le aveva messo le mani sulle spalle e avvicinata al suo petto, infine le aveva fatto appoggiare la testa proprio dove c’era il battito del suo cuore.

Lo poteva sentire tamburellare e quel suono  infondeva in lei pace e tranquillità.

“Non è vero Marinette, sei un’ottima madre, i nostri figli non potrebbero chiedere persona migliore”.

“Non so nemmeno badare a loro, li ho dovuto spedire da mia madre.” Singhiozzò.

Adrien le tolse le mani dalla faccia molto provata dal momento di crollo.

“Se pensi di essertene liberata ti sbagli. E i nostri figli non penserebbero mai una cosa del genere, sanno quanto li amiamo e quanto teniamo a loro. E poi vedrai, domani quando li andremo a prendere ci racconteranno dei casini che hanno combinato in pasticceria. Ti ricordi l’ultima volta che li abbiamo lasciati lì? I tuoi dovettero chiudere il negozio il lunedì solo per sistemare il disastro combinato”. Le sorrise e lei incurvò leggermente il labbro inferiore asciugandosi le lacrime.

Tirò su con il naso e fece un bel respiro profondo “Andiamo a parlare con Lila.”

“Non sappiamo dove abita.”

“Chiamo Sabrina, è un poliziotto, sa trovare le persone.” Prese dalla tasca dei jeans il cellulare, ma Adrien la fermò.

“Vai a farti un bel bagno rilassante, la chiamo io Sabrina”. Adrien le stampò un dolce bacio sulla fronte.

*

Adrien e Marinette attendevano nell’area ristoro della prigione l’arrivo di Gabriel, era giornata di visita e i due ragazzi dovevano assolutamente vederlo per aggiornarlo sugli ultimi sviluppi, o anche solo per parlare.

Da quanto avevano appreso, lo stilista si trovava in una cella di isolamento lontano da altri detenuti, anzi,non gli era nemmeno permesso vederli.

Le uniche persone con cui poteva interagire erano i famigliari stretti e gli avvocati e sempre continuamente sotto stretta sorveglianza.

Il piantone però, non ascoltava le conversazioni, si limitava solo a controllare la situazione.

Si alzarono appena lo videro varcare la soglia della porta: sciupato e con quell’orrenda tuta intera arancione di seconda mano.

“Ciao ragazzi” Li salutò abbracciandoli non appena la guardia gli tolse le manette.

“Ciao papà!”

“Ciao Gabriel”

Lo stilista si massaggiò i polsi e i due notarono subito i lividi lasciati dalle manette.

“Le stringono sempre troppo” Aveva detto. “Che novità mi portate?” Chiese andando subito al sodo, non era un uomo da tanti giri di parole.

Fu Adrien a parlare dopo aver lanciato un’occhiata alla moglie “Niente di buono, mi spiace”.

“Non potete parlare con i vostri kwami?”

“Già fatto, non possono aiutarci.” Sussurrò il biondo.

Gabriel si tolse gli occhiali e si massaggiò la faccia.

Buffo…sembra che dovrò marcire in prigione”.

“Non lo permetteremo” Intervenne Marinette…però prima devi dirci chi secondo te c’è dietro tutta a questa storia.”

Lo stilista sbuffò dal naso, ci pensò su qualche secondo “Lila Rossi” Soffiò fuori senza troppi preamboli.

“In passato diciamo pure che avevo stretto un patto con lei. I miraculos di Lady Bug e Chat Noir in cambio di…te” Si rivolse ad Adrien che strabuzzò gli occhi.

“Cosa?”

“E’ stato tanto tempo fa e io volevo quei gioielli ad ogni costo”

“Sacrificando me?”

“Non parlerei di sacrificio, gliel’ho detto solo per raggiungere il mio scopo. Poi non ti avrei lasciato nelle sue mani.”

“Si però lei ci credeva.”

“Santo cielo! Mai far incazzare una donna” Marinette si era alzata e gli stava dando le spalle.

“Lo so, non dovevo, è solo che…

“E’ solo che un corno!” Marinette aveva sbattuto i pugni sulla tavola d’alluminio attirando l’attenzione della guardia che aveva allungato la testa.

“Va tutto bene?”

S-si non si preoccupi! Sono scivolata” Balbettò la corvina sedendosi composta e cercando di mantenere la calma.

“Lo sai che ci ha fatto visita l’altra sera e ha sedotto tuo figlio?” Gabriel poteva vedere le fiamme dentro quegli occhi azzurri, deglutì perché era mortificato e non sapeva più cosa dire “…me lo vuole portare via e non si fermerà finchè non avrà ottenuto ciò che vuole.”

“Nessuno mi porterà via da te” Adrien strinse la mano alla moglie.

“Lo sai bene che Lila è subdola e manipolatrice e non si arrenderà facilmente. Ha uno scopo in testa e nessuno glielo toglierà.”

*

Quartiere San Martin, 47 Rue Derui. “Ma siamo seri?” Adrien lesse il messaggio da parte di Sabrina con una smorfia di disgusto.

Che quella ragazza fosse imprevedibile lo sapeva bene, ma addirittura vivere in un quartiere squallido come quello lo aveva sorpreso, doveva ammetterlo.

“Abbiamo una pista?” Aveva Chiesto Marinette uscita dal bagno tamponandosi i capelli con un asciugamano.

Adrien le mostrò il messaggio appena arrivato da parte di Sabrina, non le era stato affatto difficile trovarla.

Marinette arricciò le labbra “Che schifo…” Le venne quasi da vomitare, in quella parte di Parigi vivevano tutte persone malfamate e la criminalità era tutta concentrata in quell’area, le sembrò strano che ad una così non le fosse ancora capitato nulla di spiacevole.

“Che facciamo?” Domandò Adrien serio.

“Me lo chiedi anche? Se vuoi ci vado da sola a darle una lezione” Marinette si tolse l’accappatoio ed iniziò ad infilarsi la biancheria intima accuratamente selezionata dal suo cassetto personale.

Il biondo la osservava e la gola gli si seccò di colpo, ma non poteva farsi distrarre da certe cose e soprattutto da qualcuno che chiedeva di uscire dai suoi pantaloni.

“Scordatelo!” Lo anticipò sua moglie avvicinandosi pericolosamente a lui.

N-non è c-come pensi?” Mise le mani avanti balbettando imbarazzato.

Marinette inarcò un sopracciglio “Ah no?” Gettò uno sguardo fugace più in basso all’altezza dei suoi pantaloni.

“Colpa tua!”

“Beh! Sono felice di apprendere che mi trovi ancora attraente, ma abbiamo una missione ben precisa.”

“Come comandi, milady…mi prenderò la mia ricompensa più tardi” Adrien si leccò le labbra.

“Ecco, bravo micettoMarinette gli diede un buffetto sul naso “Andiamo!”

“Dove?” Le chiese prima di vederla sparire oltre la porta per poi vederla ricomparire.

“Da Tikki e Plagg…è arrivato il momento di indossare i nostri costumi”

*

Marinette aprì la porta dello studio con Adrien al seguito e notò subito che qualcosa non andava.

Il quadro del loro matrimonio non era chiuso alla perfezione, ma la cassaforte sì, digitò la combinazione e tirò fuori la Miracle Box che sembrava essere messa in modo differente.

“Stai bene?” Le chiese notando la sua espressione stranita.

“Credo di si. Hai per caso toccato la Miracle Box?”

“No!” Fece spallucce.

“Forse ricordo male io.” Schiacciò il pulsante posto in alto, liberando così gli orecchini della coccinella e l’anello del gatto nero.

Li indossarono facendo fuoriuscire i kwami.

“Ancora qui, mocc…ioso!” Si corresse Plagg trovandosi davanti Adrien e Marinette.

“Sono anni che non mi chiami più così” Incalzò il biondo.

“Oh! Sai…ritorno ai vecchi tempi. Che ci fate qui a proposito?”

“Come hai detto tu vecchio mio…ritorno ai vecchi tempi”

“Dovrete aiutarci ad essere ancora Lady Bug e Chat Noir” Spiegò Marinette guardando prima Tikki e poi Plagg.

“E’ successo qualcosa, Marinette?” Chiese Tikki preoccupata.

La corvina sospirò “Andiamo da Lila a riprenderci il miraculous della farfalla…speriamo solo che il vestito mi stia ancora!” Sospirò infine.

“Ma se viene modellata in base al tuo corpo!”

“Si, ma tu non hai avuto tre figli!” Gesticolò con le dita.

“Vuoi dire che non sono miei?” Scherzò lui.

“Sai cosa intendo…

“Lo scopriremo presto…Plagg trasformami” Il kwami nero fu risucchiato nel suo anello e cucì addosso al suo portatore una tuta di spandex nera, un po’ diversa dal solito, il campanello era sparito per lasciare il colletto più aperto fino ad arrivare quasi ai pettorali, il bastone era raddoppiato e incrociato dietro le spalle.

“Speriamo bene…Tikki, trasformami”

Marinette venne avvolta da una luce rossa e anche il suo outfit aveva subito una trasformazione, in vita era accennata una leggera gonna in tulle e anche nel suo caso il colletto era aperto mostrando sul collo una collana con il simbolo della coccinella.

“Wow!” Esclamò Chat Noir fischiandole.

“Smettila!” Incrociò le braccia sotto il seno in segno di offesa.

“Sei una favola!” Le si avvicinò per baciarla, ma lei sciolse quella posa rigida per avvicinarsi alla finestra.

“Ti sei forse scordato la missione?”

*

Lady Bug e Chat Noir arrivarono in n batter d’occhio all’indirizzo indicato dall’amica Sabrina saltando di tetto in tetto come ai vecchi tempi.

Entrarono da una finestra lasciata aperta e quando varcarono quella soglia, Marinette fece una smorfia di disgusto.

L’appartamento era in disordine, sembrava che Lila non pulisse da mesi, a terra erano state lasciate bottiglie vuote di birra e super alcolici, oltre che a biancheria intima.

Lady Bug e Chat Noir ispezionarono ogni stanza e ogni singolo angolo notando le foto dell’ex modello tappezzare le pareti.

“Te la farò pagare Lila” Sibilò a denti stretti Lady Bug stringendo i pugni dalla rabbia.

“Lady Bug” La chiamò Chat Noir con voce tremante e lei lo raggiunse nella sala principale.

Il micetto indicò il loro ritratto di famiglia: c’era una X sulla faccia di Marinette, una freccia conficcata nel cuore di Adrien e un enorme cerchio rosso sui tre ragazzi, i due genitori non ci misero molto a fare uno più uno.

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 18

*

Lady Bug e Chat Noir setacciarono da cima a fondo quell’appartamento, e a parte il lerciume lasciato a terra che fece storcere il naso alla coccinella quando lo stivale fu bloccato dal chewing-gum rosa, non c’erano altri indizi utili.

Lady Bug controllò anche l’armadio e la vista di quegli abiti di alta moda le fece strabuzzare gli occhi, alcuni capi li aveva disegnati lei stessa, le venne il vomito al sol pensiero che quella donna potesse indossare una sua creazione.

C’erano abiti, profumi, parrucche e qualunque tipo di trucco, non poteva di certo dire che Lila Rossi non avesse dello stile e buon gusto, a parte per l’appartamento, era ovvio.

“Niente di utile?” Chiese Chat Noir palesandosi dietro di lei.

Lady Bug chiuse entrambe le ante dell’armadio e si voltò verso il gattone.

“No, a parte qualche tua foto sparsa di qua e di là, che devo dirtelo, è davvero inquietante, non vedo nulla di strano.”

Chat Noir sorrise “Beh! Non è la sola ad aver tappezzato la sua camera con i miei ritratti.” Le lanciò quella frecciatina assottigliando gli occhi e di tutta risposta ricevette un pugno sulla spalla destra.

“E’ stato tanto tempo fa, ero una ragazzina e innamorata di te.” Fece una breve pausa “…non mi dà fastidio il fatto che in questa casa ci siano tue foto, ma le nostre? Che cosa avrà in mente quella megera?” Si portò due dita sotto il mento ed iniziò a pensare.

Chat Noir si sedette a bordo letto, era sfatto e c’era biancheria sparsa qua e là.

“Io non lo farei se fossi in te, non vorrei che ti beccassi qualche malattia venerea”

Il gattone si alzò di colpo.

“Sappiamo che vuole me. E non si fermerà finché non raggiungerà il suo obiettivo.”

Lady Bug digrignò i denti ed iniziò a mordersi il labbro inferiore con i denti, non serviva che suo marito glielo ricordasse, era ben consapevole di cosa volesse Lila Rossi e sapeva anche che non si sarebbe fermata fino a quando non avesse raggiunto il suo scopo.

“La smetti di fare la prima donna per dieci minuti? Sto ragionando!” Era irritata ed arrabbiata e questo le impediva di pensare lucidamente.

“Scusa, Milady…lo sai che straparlo quando sono nervoso, e se devo essere del tutto sincero, questa situazione non mi piace per niente.”

Era da tanto che non usava quel nomignolo, in realtà era da tanto che non vestivano i panni di Lady Bug e Chat Noir.

“Nemmeno a me, Chaton, e ho un brutto presentimento.” Sbuffò affranta.

Chat Noir le prese le mani e la guardò dritta negli occhi “Ce la caveremo come sempre. Io e te insieme contro il mondo.”

Lady Bug gli sorrise, amava quella frase, quel loro grido di battaglia che gli dava forza ogni volta che la sentiva pronunciare sia quando erano i super eroi di Parigi sia quando vestivano i panni di semplici civili.

Controllò per l’ennesima volta la foto della loro famiglia attaccata al muro di legno con una gomma da masticare alla fragola, la stessa che aveva calpestato qualche attimo prima, un brivido percorse la schiena di Lady Bug e lo stomaco iniziò a contorcersi e a farle mancare l’aria.

Respirò affannosamente per qualche secondo inspirando ed espirando direttamente dalla bocca, sbiancando improvvisamente.

Chat Noir s’accorse subito del suo disagio. “Tutto bene?”

Lady Bug negò con il capo e strabuzzò gli occhi “I BAMBINI!!” Urlò lanciandosi dalla finestra senza dare troppe spiegazioni.

*

Lady Bug e Chat Noir saltarono da un tetto all’altro, dovevano raggiungere in fretta la residenza Dupain.

Milady vuoi dirmi che sta succedendo?” Domandò Chat Noir continuando ad inseguire la sua compagna.

“Ho un brutto presentimento, Chaton. Ma spero vivamente di sbagliarmi. Dobbiamo andare a casa dei miei genitori.”

“Credi voglia fare del male ai nostri figli?”

“Per colpire me e portarti via da me? Allora sì”.

Arrivarono dopo solo cinque minuti, la corsa era stata talmente sfrenata che dovettero attendere qualche minuto per riprendere fiato, e nel frattempo avrebbero controllato la situazione da dietro il camino difronte.

Sia il piano inferire che quello superiore erano illuminati, l’orologio della chiesa poco distante segnava le otto in punto.

“Noti niente?”

Lady Bug osservò più attentamente, dalle finestre si potevano scorgere delle ombre che si muovevano, al piano inferiore c’erano Tom e Sabine intenti a preparare la cena, al piano superiore i bambini che giocavano.

Ma erano solo ombre ai loro occhi.

“Qualcosa non va…” Lady Bug osservava i movimenti di quelle ombre, Tom e Sabine sembravano più naturali mentre erano intenti ad apparecchiare la tavola in sala, mentre quelle dei pargoli più meccanici, e quello che la fece sospettare erano che non stavano litigando.

Di solito quando si trovavano tutti e tre nella medesima stanza succedeva il putiferio.

“Per una volta che sono tranquilli ti lamenti” Incalzò Chat Noir con normalità facendo spallucce.

Lady Bug gli volse uno sguardo rassegnato, era incredibile come suo marito a volte fosse così ingenuo.

“Io vado!” La coccinella non aspettò un minuto di più ed entrò dalla finestra aperta in soggiorno causando un quasi infarto a Sabine.

“Oh mio dio!” Esclamò la donna cadendo all’indietro quando si trovò la super eroina davanti, stava canticchiando ed era sovrappensiero, non si aspettava di certo quell’incursione.

Anche Tom accorse nella stanza non appena sentì le urla della moglie brandendo un paio di padelle e pronto ad usarle, non su Lady Bug era chiaro, ma su quella figura nera che gli stava accanto, che non appena lo aveva visto deglutì rumorosamente.

Che il padre portasse ancora rancore per quanto successo anni prima era chiaro, chissà che cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che sua figlia se lo era addirittura sposato.

Con molta probabilità le avrebbe tolto la patria podestà, ma ora non era il caso di pensare a queste cose ora.

Chat Noir irrigidì la posa scattando come un soldatino e cercando di non incrociare il suo sguardo inquisitore non appena vide quelle armi improvvisate, per quanto conoscesse Tom e lo adorasse, riusciva sempre a mettergli un certo imbarazzo.

“Lady Bug. Chat Noir. Che ci fate qui?” Chiese Sabine alzandosi aiutata dal marito.

Mam…signora Dupain, dove sono i suoi nipoti?” Domandò Lady Bug.

Sabine rimase un po' sorpresa a quella richiesta e anche Tom, si scambiarono poi un’occhiata interrogativa.

“Stanno giocando su.” Aveva risposto la donna in modo naturale indicando la botola.

“Andiamo a controllare!” Senza attendere replica la coccinella si avviò su per le scale di legno.

“E’ successo qualcosa, Lady Bug?” L’aveva fermata la piccola donna prendendole una mano.

“Abbiamo motivo di credere che i tre bambini siano in pericolo.” Deglutì non fornendo ulteriori spiegazioni.

“Nessuno farà dal male ai miei nipoti, li proteggerò al costo della mia vita”

Lady Bug sorrise al padre guardandolo con occhi di ammirazione e lo stesse fece Chat Noir, entrambi sapevano che avrebbero dato la loro vita per quei tre scriccioli, li amavano più di qualsiasi cosa.

Aprirono la botola ed entrarono nella ex camera di Marinette ormai adibita a stanza degli ospiti, prima Lady Bug, seguita da Sabine, Chat Noir e Tom.

Diedero un’occhiata veloce in giro e quel siparietto sembrava essere perfetto e allo stesso modo sospetto.

Louis leggeva un libro di avventura sul divanetto nero di alcantara, Emma giocava con due bambole di pezza e Hugo con addosso una maschera nera saltellava sul letto.

Nessuno dei tre guardarono i quattro adulti appena entrati.

Lady Bug mosse appena l’aria attorno a sé e quel teatrino svanì in una nuvola di fumo rivelando invece uno scenario ben diverso: luce accese e il pupazzo di Chat Noir lasciato a terra vicino la finestra spalancata, Lady Bug lo raccolse e lo strinse forte al petto.

Dei bambini non vi era nessuna traccia.

Sabine ebbe un mancamento, ma venne sorretta da Chat Noir “Si sieda Madame Cheng”, l’aiutò a sdraiarsi nel divanetto lì vicino.

Tom si diresse a grandi falcate vicino alla finestra lasciata aperta e si affacciò urlando disperato e con le lacrime agli occhi i nomi dei tre nipoti guardando prima a destra poi a sinistra ed infine in basso.

“I…i miei nipoti…s-spariti…” Sabine faticava a tenere aperti gli occhi “…Marinette e Adrien…s-sa-saranno i-in coll-lera con me…” Annaspò alla ricerca di aria.

“Non si agiti Sabine…sono sicuro che capiranno. Ci siamo noi qui e risolveremo la situazione”. Chat Noir cercò di stare più calmo possibile, quando invece tremava.

I suoi figli erano spariti e non sapeva da che parte cercarli.

“Ma chi è stato? Perché?” Tom iniziò a disperarsi e s’inginocchiò a terra con le mani davanti al viso.

“Stia tranquillo Monsieur Dupain, gli riporteremo quei tre scriccioli. Stia vicino a sua moglie e al resto penseremo noi.” Lady Bug pensò bene di non abbattersi anche se dentro di lei urlava, avrebbe voluto spaccare tutto, ma doveva contenersi e rimanere con la mente lucida.

Doveva anche controllare quella stanza in cerca di qualche indizio utile.

“Io chiamo la polizia.”

“Ci penseremo noi ad avvertirla.” Replicò Chat Noir rivolgendosi a Tom.

E all’uomo non restò altro che annuire con il capo perchè Tom scorse nello sguardo del gattone un velo di tristezza e disperazione, come se quella vicenda lo toccasse nel profondo.

*

Lady Bug e Chat Noir misero a soqquadro tutta la stanza, ma sembrava che il rapitore non avesse lasciato tracce.

La coccinella continuava a tenere in mano il pupazzo appartenente al figlio più piccolo e quando fece per lasciarlo sopra il comodino notò un bigliettino giallo avvolto nel bastone di legno del fantoccio.

Lo srotolò in fretta dopo aver attirato l’attenzione del suo compagno.

*

“Vecchia fabbrica chimica Rouge et Noir, quartiere industriale. Niente polizia. Sai cosa voglio.”

*

Lady Bug digrignò i denti e appallottolò quel pezzo di carta gettandolo in un angolo buio della camera, dove la luce dell’abatjour non arrivava.

Si portò le mani sulla faccia e Chat Noir le sussurrò di essere più discreta e che non era quello il momento per farsi prendere dalla disperazione.

Avevano una pista.

Sicuramente una trappola, ma dovevano almeno verificare se i loro figli erano stati portati lì da quella megera.

“Scusateci per l’incursione…ma ora dovremo congedarci, abbiamo una missione da compiere.” Lady Bug cacciò via le lacrime che le stavano velando i bellissimi occhi azzurri.

“D’ora in poi ci penseremo noi. E vedrete che riporteremo i tre gattini sani e salvi” Chat Noir fece un inchino ai due coniugi e balzò sul balcone in attesa che la sua lady lo seguisse.

Lady Bug non resisté ed andò ad abbracciare i due genitori “Marinette e Adrien non vi odiano, non potrebbero mai farlo”. Poi raggiunse il compagno ed insieme balzarono in direzione della vecchia fabbrica.

Tom e Sabine si avvicinarono al balcone e si strinsero in un abbraccio.

“Pensi che…” Osò dire Tom buttando giù un po' di saliva lungo la gola diventata improvvisamente secca, avrebbe riconosciuto quell’abbraccio e quel calore sprigionato tra mille.

La sua bambina divenuta ormai donna.

“Credo di sì.” Sabine gli completò la frase stringendosi di più al marito guardando quelle due figure scomparire dietro un tetto poco distante.

“Starò in pena finché tutti e cinque non torneranno incolumi, lo sai questo?”

“Lo so, Tom. Ma chi potrebbe mai voler a loro così male?”

*

continua

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 19

*

La testa doleva e girava così forte da fargli venire il vomito.

Louis aprì gli occhi e ci mise un po' per mettere a fuoco quel liquido verde e acido che ribolliva sotto di lui, sotto di loro.

I tre fratelli Agreste erano incatenati e appesi in aria come salami penzolanti e i fumi che salivano da quel bidone arrugginito e logoro gli davano alla testa.

Strizzò gli occhi un paio di volte per togliere il velo di lacrime che si era formato, aveva bisogno di soffiarsi il naso ed asciugarsi le guance, ma non poteva e non riusciva a liberarsi nonostante i suoi sforzi.

Forse, vista la situazione era meglio non farlo per evitare di cadere in quella vasca dai liquami mortali e dove vi era ben impressa un’etichetta con una X nera, anzi più grigia che nera.

Tirò su con il naso, ma l’acido gli salì più in profondità facendolo stare male, molto male.

Vomitò un po' di bile e inevitabilmente perse i sensi ancora.

“Patetico!” Berciò il suo aguzzino che aveva svestito i panni di Volpina per indossare quelli di Papillon: una tuta di raso color lilla corta, allacciata dietro il collo che metteva in risalto un fisico perfetto ed asciutto, con scollo vertiginoso che arrivava fino all’ombelico, dove al centro del seno troneggiava il Miraculous a forma di farfalla, sulle spalle portava una giacca viola scuro lunga fino ai piedi aperta e rigida come fosse un abito inamidato.

Ai piedi un paio di stivali grigi in pelle, bassi e alti fino a metà coscia, il volto era semi coperto da una maschera nera che imitava le ali di una farfalla, i capelli castani erano sciolti e ricadevano morbidi sulle spalle, labbra rosse e peccaminose.

Papillon camminò su e giù in quel magazzino abbandonato, una volta ospitava una fabbrica di vernici che poteva contare più di duecento dipendenti addetti alla produzione, ma ahimè, una volta morto il proprietario quell’attività venne chiusa perché nessuno voleva più rilevarla nonostante gli affari fossero fruttiferi, complice il fatto che l’anziano magnate non aveva nessun parente.

Il comune qualche mese fa, aveva ottenuto la proprietà, e l’indomani sarebbe stato pronto per essere demolito per far spazio ad un centro commerciale, infatti i bulldozer erano già pronti per essere azionati all’esterno dell’edificio.

L’enorme locale era già stato sgombrato dalle apparecchiature che servivano in passato da catena di montaggio probabilmente quando l’immobile era stato messo all’asta, era rimasto solo un carrello trasportatore attaccato al soffitto difficile da smantellare, lo stesso nastro dove ora si trovavano appesi i tre bambini.

Il pavimento era un accumulo di polvere, mozziconi di sigarette, bottiglie di alcolici e super alcolici vuoti, calcinacci, vetri rotti e in alcuni punti era cresciuta della vegetazione.

Della serie l’erba cattiva non muore mai.

E nelle parti più buie si potevano vedere dei piccoli topini correre veloci e nascondersi nelle proprie tane.

Il super cattivo sbuffò e digrignò i denti mentre calciò un vecchio foglio di giornale strappato “Ma quanto ci mettono ad arrivare?”.

*

Tom e Sabine sprofondarono sul divano in salotto l’uno nelle braccia dell’altro.

Dalla cucina proveniva un forte rumore di bruciato.

“LA CENA!” Esclamò Sabine alzandosi di corsa per aprire e spegnere il forno da cui fuoriusciva del fumo nero.

Repentinamente aprì la finestra per arieggiare la stanza e spense anche il fuoco sul fornello, il sugo si era completamente rappreso ed aveva iniziato anch’esso a bruciare per poi attaccarsi alla pentola.

Tutto da buttare.

Tutto da rifare.

Ma nessuno dei due coniugi Dupain aveva fame, non dopo quello che avevano appreso dai due super eroi che altro non erano Adrien e Marinette.

Sabine lo aveva capito dai loro modi preoccupati sulla sorte dei tre bambini.

Una madre lo capisce.

E ora tutti i nodi venivano al pettine e d’un tratto le passarono davanti gli ultimi vent’anni.

Tutte le volte che Marinette era strana, delle sue continue arrancare scuse, di quando saliva in camera sua la notte e non c’era, però magicamente la ritrovava l’indomani.

Non era la tipica mamma che faceva delle domande scomode alla figlia, si fidava di lei.

E forse anche il suo viaggio in Cina di un paio d’anni con Adrien con la scusa per entrambi di un master, non era la verità.

Ora poco importava, la cosa a cui teneva era saperli al sicuro e che questa brutta faccenda finisse presto.

Sabine ritornò dal marito.

“Ho buttato la cena, se hai fame ordino una pizza”

Il silenzio in quella casa era diventato quasi nauseante.

“Non riuscirei a mangiare. Devo fare qualcosa!” Scattò in piedi come un soldatino.

“Calmati Tom! Ci penseranno loro.”

“Non posso starmene qui con le mani in mano sapendo che i miei nipoti, mia figlia e mio genero sono lì fuori e rischiano la vita.” Il signor Dupain aprì l’armadio ed iniziò a selezionare dei capi di abbigliamento oltre che a mazze da baseball ed armi ruderi improvvisate.

Poi si fermò d’un tratto, aveva appena realizzato che Chat Noir era Adrien.

“Ma porca...”

“Non è il momento, Tom.” Lo fermò Sabine “…e dove credi di andare conciato così?”

*

“Sento forti emozioni negative…rabbia, rancore, delusione…ma non posso agire ora o salterò la condanna di Gabriel Agreste.” Papillon aveva liberato la farfalla bianca che si era posata nella sua mano dopo essere stata richiamata dal suo padrone, non poteva rischiare di farsi scoprire, se avesse liberato l’akuma e preso possesso della volontà di qualcuno, probabilmente lo stilista sarebbe stato scagionato e scarcerato e questo non poteva permetterlo.

“Lo sapevo che nonno non poteva essere un super cattivo!” Emma aveva ripreso i sensi e sentito il monologo del suo rapitore.

Papillon increspò un labbro “Mmm…in realtà sì. Io lo sono diventata solo ora” Spiegò gesticolando.

“Questo perché sei solo un’imbranata! E presto arriveranno Lady Bug e Chat Noir a salvarci!” Anche Louis si era risvegliato dopo aver sentito la sorella agitarsi per cercare di liberarsi.

Papillon si portò due dita sul mento “Lady Bug…Chat Noir…è un secolo che non si vedono…saranno vecchi e arrugginiti…chissà…” Il suo piano non prevedeva l’arrivo dei super eroi, ma sarebbe stato interessante una loro improvvisata, forse sarebbe riuscita a mettere le mani sui loro Miraculous, cosa che non gli era riuscita al vecchio Gabriel, un vero smacco se si fosse avverato.

“Come lo sei tu…megera e zitella” Emma le fece la linguaccia e al nuovo Papillon ballò un occhio per l’insolenza appena ricevuta.

“Tua madre dovrebbe lavarti la bocca con il sapone sai? E dovrebbe insegnarti ad essere più rispettosa.”

“Io lo sono con chi lo è con me…” Si pavoneggiò la biondina tirando fuori un caratterino niente male.

*

Lady Bug e Chat Noir rimasero appollaiati per una decina di minuti sul tetto di fronte la fabbrica.

Potevano vedere la fila di finestre lerce e alte che ne delimitava tutto il perimetro.

Non riuscivano a vedere bene, quindi decisero di spostarsi in un punto dove potevano osservare la scena da un punto strategico, e soprattutto dove il vetro era rotto.

“I miei bambini…” Sospirò Lady Bug quando li vide lì attaccati a quella catena grossa e pesante, sospesi in aria con sotto quella vasca dai liquami velenosi.

Fece per agire, ma Chat Noir la fermò in tempo “Non farti sopraffare dalle emozioni, Milady…o non riusciremo a portarli in salvo.”

Lady Bug deglutì pensando che il suo compagno avesse ragione.

Ora i ruoli si erano invertiti, era lui quello più razionale e lei quella impulsiva, Lady Bug non si capacitava di come riuscisse a stare calmo in una situazione del genere, erano sempre i suoi figli quelli.

“Ma…ma io…” Farfugliò guardandosi le mani e improvvisamente sentendosi impotente.

Chat Noir le mise le mani sulle spalle e la guardò negli occhi “Marinette…” Fu la prima volta che si rivolse a lei chiamandola per nome nelle sue vesti di Lady Bug “…io li voglio salvare come lo vuoi fare tu, ma dobbiamo essere ancora più uniti se vogliamo liberarci di quella…di quella…”

“Puttana?” Fu Lady Bug a completargli la frase.

“…si ecco…comunque, dobbiamo pensare ad un piano che possa funzionare.”

Lady Bug ci pensò a lungo e anche Chat Noir, poi ad un tratto si guardarono negli occhi con una luce nuova, finalmente avevano capito come agire.

La coccinella aprì il suo yo-yo e prese il Miraculos della Volpe, poi pronunciò la formula per fondersi con Trixx.

*

Papillon digrignò ancora in denti infastidita, la sua virtù non era di certo la pazienza e giunti a questo punto pensò che il suo piano stava vacillando, impossibile comunque che nessuno di fosse ancora accorto dell’assenza dei tre bambini in casa Dupain-Cheng.

A questo punto avrebbero anche già dovuto trovare il messaggio ed essere già arrivati.

Aspettò ancora…ma la voglia di farli cadere tutti e tre e farli sciogliere nell’acido era tanta, soprattutto perché non li sopportavano più.

Tutti quei discorsi di quanto la loro madre fosse meravigliosa, che sarebbero arrivati preso Lady Bug e Chat Noir a salvarli e lei sarebbe finita in prigione, Gabriel che veniva scarcerato, e del loro padre che avrebbe trovato una soluzione come sempre, le facevano venire il volta stomaco e quelle vocine petulanti e odiose rimbombavano nella sua mente come mosche fastidiose.

Stava per premere quel pulsante rosso posto sulla parete quando una voce famigliare catturò la sua attenzione.

“Non farlo!” Le aveva intimato facendola voltare ed illuminare lo sguardo.

“Adrien!” Esclamò andandogli incontro “Sapevo che avresti capito e che avresti fatto la scelta giusta!”

“Voglio stare con te Lila…” Quella frase e il solo prenderle le mani costò al biondo una grandissima fatica e il tutto sotto lo sguardo esterrefatto dei suoi figli che non potevano credere alle proprie orecchie.

“P-papà??!” Urlò Hugo con le lacrime agli occhi.

“Finalmente hai lasciato quella!”

“Ho capito di amare te…” Avvicinò il suo volto al suo e chiuse gli occhi.

“Non lo fare, papà! Tu ami la mamma!” Hugo non poteva credere a quello che stava per assistere, mentre gli altri due avevano già notato Lady Bug e Chat Noir entrare nell’edificio.

“Com’era possibile?” Sembrava che lo sguardo che si erano scambiati Emma e Louis dicesse proprio quello, sapevano che suo padre era Chat Noir e non capivano come potesse essere presente in quella stanza due volte.

“…vivremo finalmente felici io, te e i bambini” Continuò lui non badando i suoi figli.

Papillon si schiarì la voce “Possiamo evitare i tre marmocchi?”

“Tutto quello che vuoi amore mio!”

Mentre le loro bocche si stavano per toccare e Papillon era presa dal momento, Lady Bug tentò di liberare i figli, ma l’innocenza di Hugo aveva avuto il sopravvento, aveva urlato il nome della super eroina, e di tutta risposta ricevette una ramanzina dai fratelli.

“LO SAPEVO! NON POTEVA ESSERE VERO!!!” Sbraitò Papillon stringendo i pugni e facendo indietreggiare Adrien che cercava un qualunque nascondiglio per trasformarsi, così che Lady Bug potesse far svanire la sua illusione in versione da super eroe.

“Mi hai scoperto!” Disse ammiccando il biondo prendendosi gioco di lei “…ma come potevi pensare solo che avrei lasciato Marinette per stare con te?”

“Io…io…” Iniziò a dire abbassando la testa per aiutare le lacrime nel suo naturale corso “…io ti ho sempre amato Adrien, da quando andavamo a scuola assieme. Non puoi minimamente immaginare che cosa ho provato quando ti sei fidanzato con quella”.

Quella ha un nome: Marinette, ed è la persona più meravigliosa che conosco, non potrei pensare a non averla nella mia vita. Mi spiace se ti ho fatto soffrire, ma non ci posso far niente, Lila”.

“PAPILLON!” Lo corresse alzando lo sguardo che non prometteva niente di buono “…e se io non ti posso avere, potrò distruggere le vostre vite!” Premette il pulsante rosso senza pensarci due volte e la catena iniziò a scendere molto velocemente.

*

Continua

*

N.d. ringrazio la mia carissima amica summerlover per il consiglio sul vestito di Lila/Papillon.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 20

*

La sua risata malefica e sadica echeggiò per tutta la fabbrica e fu coperta dalle urla dei tre bambini mentre avevano iniziato a precipitare.

Ancora qualche secondo e sarebbero stati immersi in quel liquame verde che ribolliva e sciolti in pochi istanti.

Tutto questo sarebbe accaduto se Lady Bug non li avesse legati con il suo magico yo-yo e tirati a sé sopra quella trave di metallo.

“S-scusa Lady Bug” Disse mortificato il più piccolo mordendosi il labbro inferiore ed iniziando a singhiozzare, indossava ancora il suo pigiama nero con impresse zampette di gatto verde fluo.

Lady Bug non potè non notare di quando fosse adorabile il suo micetto.

“Non fa niente scricciolo” La super eroina gli arruffò i capelli “Piuttosto, state tutti bene?”

Emma e Louis spalancarono la bocca, quella che avevano davanti era l’eroina dei loro racconti della buonanotte, protagonista indiscussa della sua adolescenza, nonché la loro madre, Marinette.

“Cos’è? Il gatto vi ha mangiato la lingua?” Continuò lei.

“S-sei davvero tu? C-cioè Lady Bug?” Balbettò la biondina ancora con gli occhi spalancati dallo stupore.

Ne avevano solo sentito parlare e visti qualche video ancora on line sul Lady Blog ormai andato nel dimenticatoio e surclassato da altri con argomentazioni del momento.

“In carne e ossa!” Si indicò con il pollice rivolto verso il suo petto.

Hugo l’abbraccio d’istinto “Sapevo che saresti venuta, ma dov’è Chat Noir?”

Lady Bug guardò un po' più in basso cercando di scorgere il marito visto che l’illusione che aveva creato poco fa era svanita quado accidentalmente l’aveva sfiorata con il braccio.

Lo vide nascondersi dietro un muretto, non poteva trasformarsi perché Papillon stava avanzando verso di lui, doveva escogitare qualcosa e in fretta.

“Quella era un’illusione vero? Ti sei fusa con Trixx?” Quante domande le poneva Emma con entusiasmo.

“Ehm…al momento non credo sia reperibile…ma credo arriverà” Lady Bug si grattò la testa, doveva trovare un modo per far trasformare Adrien al più presto, altrimenti lei senza un compagno di battaglia non sarebbe andata da nessuna parte.

In alternativa avrebbe dato un miraculous a suo figlio Louis…ma non sapeva bene quale.

Ci avrebbe pensato poi.

“Voi bambini state qui e non muovetevi, queste travi sono ancora ben salde.”

I tre pargoli annuirono con il capo e obbedirono come avrebbero fatto con la loro mamma.

*

“LILA!” Attirò la sua attenzione chiamandola con il suo nome di battesimo e non con quello di battaglia apposta per farla infuriare.

Papillon volse lo sguardo in alto e la intimò di non chiamarla più così.

“Lascia stare Adrien!”

“Mai! Lui è mio!” Papillon richiamò sul palmo della sua mano una farfalla bianca a cui iniettò il suo veleno, poi la liberò in aria.

“Vola da Adrien mia piccola akuma e fallo prostrare a me!”

Lady Bug fece un balzo e atterrò vicino ad Adrien prima che la farfalla nera si avvicinasse a lui e provasse ad infettarlo.

La coccinella unì le mani e pronunciò una formula magica in una lingua sconosciuta che le fece materializzare una barriera dai contorni violacei e neri, includendo anche Adrien.

La farfalla aveva provato ed entrare, ma si era trovata un muro davanti.

Rassegnata se ne era andata e sarebbe svolazzata libera nella città di Parigi se Lila non l’avesse schiacciata sotto i suoi piedi.

“L’avrei purificata!” Esclamò Lady Bug disgustata da quel gesto ignobile.

Mmm…” Fece spallucce.

“Sei un essere spregevole, Papillon.” Continuò Adrien sempre al fianco della coccinella.

“Vattene, Adrien. Qui ci penso io…e credo tra un po' arriverà Chat Noir a darmi man forte.” Gli strizzò un occhio.

Il biondo obbedì ed iniziò a correre verso l’uscita seguito dallo sguardo di Papillon, che di lasciarlo andare non ne aveva nessuna voglia.

Come si era voltata per inseguirlo e catturarlo, Lady Bug fece la sua contromossa, prese il flauto magico e lo suono “Miraggio!” Invocò il potere di Trixx così da materializzare un centinaio di Adrien nella stanza, confondendo il suo nemico in modo che quello vero potesse nascondersi e trasformarsi in Chat Noir.

Dovevano chiudere in fretta quella faccenda prima dell’arrivo della polizia, allertata dagli stessi supereroi.

Tra meno di mezz’ora sarebbe arrivata Sabrina con la sua squadra, i più fedeli, assieme ad Alya pronta per scrivere il suo scoop e riprendersi la rivincita su chi aveva osato farle del male.

Non meritava di essere licenziata ed umiliata così.

Avrebbe scritto un grande articolo e proposto ai principali quotidiani, quello che avrebbe sborsato di più sarebbe stato il vincitore, però a lei piaceva il suo vecchio posto di lavoro, le sarebbe bastato delle scuse da parte di quell’uomo grasso.

“Maledetta!!” Berciò Papillon rincorrendo le illusioni, ma appena le toccò, com’era prevedibile, sparirono, ma anche il vero Adrien era sparito.

Digrignò i denti dalla rabbia.

Con un balzo felino e leggero, Chat Noir apparve vicino ai tre ragazzi “Mi raccomando, non muovetevi!”

“Si, ce lo ha già detto ma…Lady Bug” Si corresse la piccola Emma.

Poi volse lo sguardo verso Hugo che lo stava guardando con occhi di ammirazione, il suo super eroe preferito era lì in carne ed ossa, non più un racconto delle favole, ora avrebbe avuto anche lui qualcosa da raccontare a mamma e papà.

“Ciao ometto! Sei un mio fan?” Chiese pavoneggiandosi.

“S-si signore…cioè vo-volevo dire signor Chat Noir” Balbettò nello stesso identico modo di Marinette e il gattone non potè non notare di quanto fosse adorabile.

“Dopo ti faccio un autografo. Ora se volete scusarmi, ho una damigella da salvare” Fece un inchino prima di balzare vicino a Lady Bug.

“Ma di solito non è lei che salva te?” Aveva chiesto curiosa Emma.

Mmm…dettagli” Fece spallucce.

“Emma non sei carina a dire certe cose, abbiamo un super eroe difronte a noi” A Hugo mancavano i cuoricini negli occhi.

*

“Alla buon’ ora” Incalzò Lady Bug come se non sapesse il reale motivo di quel ritardo.

“Perdonami, Milady. Sono stato trattenuto”

“Cos’è? Non sei più in grado di usare un cellulare? Oppure ti sei arrugginito?”

Dovevano far finta di non conoscersi per niente anche perché Papillon aveva iniziato a sospettare qualcosa a riguardo delle loro vere identità.

“Ero con una bella ragazza, ma questa non voleva proprio lasciarmi andare…” Parlò per metafora.

“Volete piantarla con i vostri battibecchi inutili?”

“E tu ci vuoi ridare il miraculous della farfalla? Appartiene alla Miracle Box e non a te” Disse Lady Bug tendendo una mano.

“MAI! E’ mio e me lo sono guadagnato.”

“Rubato, direi.” Precisò Chat Noir.

“E tu che cosa ne sai?” Chiese algida l’ex compagna di classe beccandosi un’occhiataccia da Lady Bug, se Chat Noir avesse parlato ancora avrebbe messo a repentaglio le loro identità, e questo non poteva permetterlo, soprattutto non davanti ai loro figli, coinvolti in questa storia fin troppo.

Si rese subito conto della gaffe che le orecchie da gatto sulla sua testa si affievolirono.

“Beh! Prima di te, Papillon era un uomo, e non una donna…” Cercò di rimediare “…così ho supposto che l’avessi rubato a qualcuno.” Salvato in calcio d’angolo.

Papillon incurvò verso l’alto l’angolo della bocca “Si, è stato facile” Fece una piccola pausa “…così ho avuto la mia vendetta!”

“Perché lo hai fatto?” Chiese Lady Bug cercando di andare a fondo a quella faccenda e per prendere tempo.

Papillon strinse i pugni e gli occhi si velarono improvvisamente di lacrime “Mi ha umiliato!”

“Chi?” Chiesero all’unisono.

“Gabriel Agreste! Mi aveva promesso l’amore di suo figlio se lo avessi aiutato a prendere i Miraculous di Lady Bug e Chat Noir, ma un giorno senza preavviso mi aveva detto che non gli servivo più” Camminò su e giù per la stanza vomitando addosso a loro tutto il rancore che portava per lo stilista, Lady Bug e Chat Noir osservavano ed ascoltavano tutto con la massima attenzione e senza distrarsi, avrebbe potuto attaccare senza preavviso  “…mi ha gettato via come un sacco della spazzatura, e della mia ricompensa tanti cari saluti.”

“L’amore di una persona non si può comprare” Precisò la coccinella.

“E’ tutta colpa di quella Marinette, se non fosse arrivata a prendergli il suo cuore ora starebbe con me!”

“Ehm…ne sei proprio sicura?” Domandò perplesso Chat Noir.

“SI!” Rispose secca senza nessun dubbio “…se quella Dupain-Cheng non si fosse intromessa, ora sarei io felicemente sposata con lui”.

“Io non ti avrei voluta come mamma! Sei cattiva! La mia mamma è la migliore e il mio papà non avrebbe mai scelto una persona brutta come te.” Intervenne Hugo facendo una linguaccia stando ben attaccato al palo che sorreggeva il trave.

“Si è vero! La mia mamma è buona e il mio papà la ama tanto!” Anche Emma aveva voluto dire la sua.

“I nostri genitori per noi sono due super eroi e sono fatti l’uno per l’altra. Tu sei solo un insetto da schiacciare. Vattene via!” Continuò ad infierire Louis.

Lady Bug e Chat Noir si guardarono per un istante pensando che avevano messo al mondo delle splendide creature e che non potevano desiderare figli migliori.

Erano una famiglia molto unita e il loro amore li avrebbe portato sicuramente ad avere la meglio su di lei.

La rabbia di Papillon, no Lila Rossi, cresceva sempre di più, poteva sentire le sue emozioni prendere il sopravvento, ma come le avevano insegnato gli stregoni durante il suo viaggio in Africa era riuscita ad incanalarle sotto forma di energia, in pochi istanti, Papillon fu avvolta da una luce scarlatta.

I super eroi avevano visto Papillon mutare il suo aspetto e per la prima volta tremarono.

Non si erano mai trovati davanti ad una cosa del genere durante le loro avventure.

Gli occhi si erano allungati e diventati rosso fuoco, come i capelli, lunghi e vermigli, due lunghe antenne nere le erano spuntate sulla testa, l’abito viola era stato sostituito da una tuta attillata dello stesso colore e sulla schiena erano cresciute due enormi ali di farfalla dai colori rosso e arancio che l’avevano resa in grado di volare, sulle punte dei piedi enormi pungiglioni intrisi di veleno.

La sua ira e il suo risentimento l’aveva trasformata in una farfalla tossica, pronta a scatenare tutta la sua furia su chiunque gli capitasse a tiro.

Lady Bug e Chat Noir avevano sentito parlare dai guardiani del tempio di questa trasformazione, ma mai nessun portatore del Miraculous della farfalla era stato in grado di eseguire quella mutazione, si sapeva poco di questo nuovo potere, così poco che nel Gromorio non era nemmeno citata.

I Guardiani pensavano fosse solo una storiella nata per spaventare i bambini, tramandata di generazione in generazione, e come contrastare quel nuovo potere, nessuno lo sapeva.

Per la prima volta Lady Bug e Chat Noir si trovavano in una situazione pericolosa, più pericolosa rispetto alle altre volte, non avevano più a che fare con una persona, ma con un mostro vero e proprio.

**

Continua

*

Angolo autrice: ciao a tutti! E grazie per essere giunti fino qui. Purtroppo ancora un paio di capitoli e metterò la parola FINE a questa trilogia, mi viene da piangere.

Una piccola precisazione…Ho ipotizzato che Marinette nel periodo che precede il matrimonio abbia effettuato insieme ad Adrien un viaggio a Shangai, ma in realtà insieme sono andati ad addestrarsi in Tibet nel tempio dei monaci, se la ritenete una buona idea, mi piacerebbe scrivere una long a riguardo. Che dite?

Poi per la trasformazione di Papillon ho pensato che potesse avere un power up legata alle sue emozioni negative, vedremo nel prossimo capitolo come se la caveranno i nostri super eroi.

Fatemi sapere.

Vi mando un abbraccio, Erika.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 21

*

Lady Bug e Chat Noir deglutirono rumorosamente il nulla mentre osservavano il power up di Papillon e d’istinto quando iniziò a sbattere le sue enormi ali si schermarono gli occhi per evitare che la polvere alzata li accecasse.

Leggermente iniziarono a spostarsi all’indietro perché il vento provocato era molto vigoroso ed era difficile rimanere ben saldi.

Anche i tre bambini dovettero attaccarsi forte alla trave per non cadere sospinti dal vento.

“Ho paura!” Esclamò Hugo reggendosi con tutte le sue forze alla vita della sorella Emma che a sua volta aveva stretto di più la presa al bacino di Louis, incollato al palo arrugginito.

“Stai tranquillo, Hugo, ci siamo noi qui” Lo confortò la piccola biondina.

“Voglio la mamma e il papà!” Continuò il piccolo.

“Sono qui con noi! Non devi preoccuparti.” Emma avrebbe voluto abbracciarlo, ma farlo avrebbe comportato l’essere scaraventati a terra tutti e due.

“Zitta, Emma!” La rimproverò il maggiore guardandola torvo, ancora una parola in più e l’ultimo nato della famiglia avrebbe scoperto tutto, e questo non era contemplato.

La punizione che gli avrebbero riservato Adrien e Marinette per aver ficcato il naso in affari che non gli riguardavano sarebbe stata ben peggiore della loro attuale avventura, una volta tornati a casa.

Sempre se ci fossero ritornati.

Per come si stavano mettendo le cose, quell’ipotesi era sempre più lontana.

In ogni caso sembrava che Hugo non avesse dato importanza all’ultima frase pronunciata dalla sorella, o meglio, non ne aveva colto il senso.

Per fortuna.

Lady Bug e Chat Noir non riuscivano a rimanere fermi, dovevano attaccarsi presto a qualcosa prima che quell’uragano scaturito dalle ali di Papillon li facesse volare via, lontano da quella fabbrica.

L’enorme porta dietro di loro si era spalancata, un varco perfetto per liberarsi dei due super eroi.

Anche pezzi di vetri e calcinacci stavano cominciando a volare e a cadere a terra.

“Dobbiamo allontanarci da qui!” Cercò di dire Lady Bug al suo compagno che fece fatica a sentire quello che aveva detto.

“Come??” Chiese continuando ad arretrare involontariamente.

Lady Bug volse lo sguardo verso i tre bambini e lanciò subito lo yo-yo vicino a loro prima che la trave che in quel momento li stava sorreggendo, potesse staccarsi e farli precipitare.

Chat Noir la seguì puntando il bastone.

“Prendi i due grandi, io prendo il piccolo.” Gli urlò avvolgendo un braccio attorno alla vita di Hugo che si attaccò più stretto che poteva alla coccinella.

Uno strano profumo gli entrò nelle narici.

Conosciuto.

Di casa.

Si inebriò di quell’essenza e chiuse gli occhi immaginando il tepore della sua mamma.

Quello era il profumo che usava sempre Marinette, lo avrebbe riconosciuto tra mille.

“Mamma…” Sussurrò senza farsi sentire.

Chat Noir e Lady Bug atterrarono sul pavimento dietro un muretto insieme ai bambini.

“Dobbiamo portarli in un luogo sicuro!” Disse Chat Noir “…è troppo pericoloso per loro.”

“E’ rischioso anche per voi…dateci un miraculous, vi aiuteremo a sconfiggere quella strega!” Propose entusiasta Louis.

Le ciglia di Lady Bug sfarfallarono un paio di volte “Non se ne parla!” Berciò “…i miraculous non sono giocattoli.”

“Dai per favore, non li romperemo” Insistette Emma facendo gli occhi dolci verso Chat Noir, quella piccoletta sapeva che per ottenere qualcosa da parte di suo padre le sarebbe bastato rivolgergli quello sguardo.

“Suvvia, Milady…dagliene uno!” Fece spallucce.

“Se non la smetti ti abbandono davanti la porta di Lila”

“Ritiro tutto…” Chat Noir alzò le mani in segno dir resa.

“Ma io voglio Pollen” Piagnucolò di nuovo Emma.

Chat Noir le si avvicinò e si abbassò al suo livello, quella bambina era adorabile quando metteva il broncio.

“Facciamo un patto, ok? Voi tre restate qui, lasciateci sconfiggere quel mostro laggiù e ti prometto che Lady Bug ti darà in prestito il miraculous dell’ape.” Le strizzò un occhio in segno di complicità e le porse il dito mignolo com’era solito fare nelle sue vesti civili quando gli strappava una promessa.

Emma gli sorrise e avvinghiò il mignolo al suo.

“Brava bambina!” Le scompigliò la testolina bionda.

*

Papillon continuava ad avanzare con fare lento e calmo, aveva visto dove si erano nascosti e in ogni caso era facilmente intuibile visto che quel muretto era l’unico posto dove sarebbero potuti andare.

“Venite fuori e non vi sarà torto un capello!”

“Hai un piano, Milady?” Chiese Chat Noir.

“A dire il vero no” Scosse la testa, quella nuova trasformazione l’aveva colta del tutto impreparata e di dare dei miraculous ai suoi figli non se ne parlava proprio.

Sentivano i suoi passi sempre più vicini.

“Ragazzi, voi state qui. Cercheremo di distrarla e quando vi darò il segnale uscirete di qui” Indicò la porta a pochi metri da loro.

Hugo iniziò a singhiozzare “Io…io non vi lascerò!”

“Nemmeno io.” Disse Emma

“Nemmeno io.” Fece eco Louis con determinazione.

Lady Bug avrebbe voluto dirle quanto era fiera dei suoi ragazzi e lo stesso Chat Noir, ma non dovevano farsi scoprire.

“Avete sentito vostra ma…eroina? Allora fate come dice!” Chat Noir cercò di essere il più fermo possibile, ma quella situazione si stava facendo più difficile del previsto.

“Ho paura. Non andare!” Hugo si attaccò al corpo della coccinella impedendole di muoversi.

“Stai tranquillo, piccolo, presto questa storia sarà finita. I buoni vincono sempre, non dimenticartelo!”

“Me lo dice sempre anche la mia mamma!”

Lady Bug sussultò.

“E’ la migliore del mondo!” Continuò lui sorridendole.

“Ne sono sicura, scricciolo! E credo che questo sia tuo!” Prese dallo yo-yo il fantoccio di Chat Noir che aveva lasciato nella camera a casa dei nonni.

“Il mio pupazzo! Me lo aveva preso quella strega!” Le confidò stringendolo forte al suo petto.

“Lo abbiamo trovato nella cameretta quando i vostri nonni ci hanno chiamato.” Spiegò Lady Bug raccontando una bugia, ma solo in parte, non era vero che Sabine e Tom li avevano allertati, a dire il vero non si erano nemmeno accorti che mancavano.

“Grazie, Lady Bug! Quando torno a casa dirò alla mia mamma di cucirmi anche il tuo!”

Chat Noir sospirò “Nessuno pensa a questo povero gatto?” Una manina gli strattonò un paio di volte la coda attirando la sua attenzione.

“Ricordati la promessa!”

“Certo, piccola lady!” Ammiccò.

I passi di Papillon erano sempre più vicini.

“State giù e non muovetemi, aspettate il segnale” Sussurrò Lady Bug alzandosi e mostrando la sua figura e lo stesso fece Chat Noir.

“Scusa, Lila. Dovevamo mettere a letto i bambini!”

“PAPILLON!” Grugnì lei “PAPILLON!” Ripeté.

A Lady Bug piaceva punzecchiarla e farla incavolare.

“Ehm…Milady…meglio non farla arrabbiare…sai…non vorrei si trasformasse di nuovo…”

“Dovresti ascoltare quel tipo pulcioso che ti sta accanto…è molto intelligente”

“Modestamente!” Chat Noir si passò una mano tra i capelli per pavoneggiarsi, e di tutta risposta ricevette una gomitata da Lady Bug dritta sullo sterno che gli tolse il fiato.

“Non è il momento di fare il cretino!” La coccinella balzò dietro a Papillon lasciando il compagno di fronte a lei.

Il suo piano era quello di distrarla per permettere ai figli di raggiungere l’esterno, a breve sarebbe arrivata la polizia che li avrebbero tratti in salvo.

“Consegnaci il miraculous, Papillon” La intimò la coccinella.

Papillon si voltò di scatto “Mai! E’ mio!” Batté le ali con forza facendo volare Chat Noir dalla parte opposta “MIO!!!” Insistette continuando con quel movimento.

Lady Bug fu costretta ad aggrapparsi con lo yo-yo ad un pilone d’acciaio per non librarsi in aria.

E in tutto quel trambusto sperava solo che i suoi ragazzi rimanessero al sicuro dietro quel muro.

“Arrendetevi inutili insetti! E consegnatemi i vostri di miraculous!” Papillon si avvicinò a Lady Bug e allungò una mano per prenderle gli orecchini.

Lasciò andare lo yo-yo e con un movimento veloce la coccinella riuscì ad uscire da quel vortice atterrando su un grosso tubo traballante.

“LUCKY CHARM!!” Invocò il suo potere speciale e lo accolse nelle sue mani.

Rimase perplessa qualche secondo guardandosi attorno per capire come poter utilizzare quella video camera.

“E’ uno scherzo, vero?” Chiese Chat Noir “…cos’è vuoi riprenderci mentre combattiamo?”

Lady Bug vide illuminarsi i bambini, Chat Noir, il pilone e il miraculous della farfalla.

Le era tutto chiaro, unico problema sarebbe stata la sua realizzazione.

“Il tuo potere ha un grande senso dell’umorismo! Ahahahahah!” Quella risata malefica echeggiò in quel luogo isolato e vuoto “…ahahahah! Hai perso il tuo smalto Lady Bug! Non ti resta altro che arrenderti!” Papillon batté di nuovo le sue ali contro la super eroina e questa volta riuscì a metterla in un angolo senza darle la possibilità di muoversi.

“Sei in trappola!” Berciò sadica e più si avvicinava a lei e più vedeva il suo sogno diventare realtà.

Un sassolino.

Un altro e un altro ancora colpì la testa dell’insetto gigante costringendolo a voltarsi e a smettere momentaneamente il suo accanimento contro la super eroina.

“Lascia stare Lady Bug!” Gridarono i tre bambini all’unisono mentre lanciavano sassi racimolati qua e là, dando la possibilità a Chat Noir di recuperare la coccinella ed insieme elaborare il piano.

*

“Sei sicura?”

“Si” Asserì con il capo lei.

“Non li metteremo in pericolo?”

“Non se ne andranno mai, e poi c’erano anche loro nella mia visione.”

Chat Noir sogghignò “Vedremo cosa ci racconteranno più tardi!”

“Solo più tardi? Credo che questa storia andrà avanti per mesi…se non anni”.

“Giusto! Ora andiamo, prima che Papillon possa far loro del male”.

I bambini continuavano a lanciarle sassi, il più scatenato era Hugo che riusciva a centrarla sempre in pieno.

“Arrenditi brutta strega! Il mio papà non ti vorrà mai! Nessuno ti vorrà mai! Sarai per sempre zitella!” Le fece una linguaccia.

“Che insolenza! Ora ti darò io una bella punizione!” Papillon non fece a tempo a battere le ali che Chat Noir la distrasse.

“Che fai ora? Te la prendi con dei bambini? Non è da te!” La stuzzicò così che Lady Bug potesse consegnare la telecamera al più grande.

“Mi raccomando, da ora in poi riprendi tutto. Ricorda! Se ognuno fa la sua parte, facile che riavrete anche vostro nonno Gabriel”.

“Come fai a sapere del nonno?” Chiese curiosa Emma.

“Noi super eroi sappiamo tutto” Ammiccò “…mi fido di voi” Detto questo balzò in posizione.

Louis accese la telecamera ed iniziò a riprendere tutto mentre i suoi fratelli gli indicavano dove puntarla.

Nei cinque minuti successivi Louis riprese una battaglia senza precedenti, Lady Bug e Chat Noir balzavano da una parte all’altra facendo uscire di senno Papillon che non sapeva più da che parte guardare e quando fece per scagliargli addosso l’ennesima folata di vento, Chat Noir usò il suo potere speciale per far crollare il pilone addosso alla farfalla gigante.

Questo non la ferì, ma il grosso palo serviva solo a tenerla ferma mentre Lady Bug le sfilava la spilla da dosso.

In meno di un secondo, Papillon ritornò ad essere semplicemente Lila Rossi, e prima che potesse scappare, Chat Noir la legò stretta allo stesso palo con la sua cintura.

I due super eroi recuperarono la telecamera e la memory card che Lady Bug aveva precedentemente aggiunto, così non avrebbe rischiato che il video si cancellasse una volta riportato tutto alla normalità con il Miraculous Lady Bug.

“Ben fatto!” Cinque pugni si toccarono.

“Siete stati bravi e coraggiosi!” Si complimentarono i due super eroi abbracciandoli tutti e tre.

“Wow! Abbiamo aiutato Lady Bug e Chat Noir! Chissà cosa diranno mamma e papà!” Si gasò il più piccolo che non vedeva l’ora di raccontare il tutto ai genitori.

E a tal proposito erano appena arrivati la polizia e un’ambulanza a sirene spiegate.

I poliziotti fecero irruzione nella fabbrica pronti a catturare Lila Rossi.

La donna iniziò a ridere istericamente mentre veniva ammanettata, una risata che mise molta paura ai presenti.

“TORNERO’! E questa volta Adrien Agreste sarà mio!!! MIO PER SEMPRE!!!!”

“Quella donna è pazza!” Biascicò Emma abbracciando d’istinto Chat Noir.

“Nessuno porterà via il tuo papà, piccola lady!” La rassicurò il super eroe in nero.

“Forza! Ora andate, i vostri genitori saranno sicuramente fuori ad aspettarvi!” Disse Lady Bug indicando l’uscita.

*

Adrien e Marinette si precipitarono ad abbracciare i loro bambini una volta fuori dall’edificio, erano rimasti tutto il tempo vicino a Sabrina, o meglio è quello che la rossa aveva raccontato ai tre bambini.

“State bene? Volete che vi facci visitare?” Chiese il commissario di polizia.

“Stiamo bene, grazie. Il video? E’ stato utile?” Domandò il più grande.

“Benissimo, piccolo! Domani avvieremo le pratiche per scarcerare vostro nonno!”

Una frase che arrivò alle orecchie di Lila mentre veniva caricata sull’ambulanza pronta per essere condotta al più vicino ospedale psichiatrico.

“Che cosa??? Gabriel Agreste è Papillon! Non io. LUI!!!” Ci vollero ben tre paramedici per tenerla ferma mentre uno le iniettava una dose massiccia di sedativo in vena.

“Smettila, Lila. Sei stata smascherata!” Mormorò Sabrina.

*

Continua

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Epilogo ***


Ciao a tutti! Eccoci arrivati al capitolo finale della terza e dell’ultima parte di questa serie che mi ha tenuta impegnata per quasi un anno…un po' mi dispiace, ma a settembre prometto che tornerò con un racconto sempre legato a questa, vi posso anticipare che si svolgerà nel periodo antecedente a questa terza parte e che vedrà impegnata Marinette nell’addestramento da Guardiana (ovviamente ci sarà anche Adrien XD).

Passiamo ai doverosi ringraziamenti: per prima cosa ringrazio chi ha letto ed ha inserito questa serie tra le PREFERITE/SEGUITE e RICORDATE, siete in tantissimi, non immaginavo un simile successo, e se volete potete lasciarmi una vostra impressione, mi farebbe davvero molto piacere.

*

Summerlover: amica mia carissima, non posso che ringraziarti per essere sempre presente in ogni mia storia e grazie per il supporto che mi dai sia qui che al di fuori.

*

Teo5Astor: carissimo Teo! Grazie davvero per esserti letto questa serie anche se non conoscevi i personaggi, sono contenta di essere riuscita a suscitare interesse, e sai che ti aspetto anche su altre storie in questo fandom (se mai vorrai, sia chiaro!!)

*

Narusaku_94: grazie mille anche a te per seguire la storia con interesse, spero mi farai sapere che cosa ne pensi di questo finale.

*

Ora vi lascio al capitolo. Un abbraccio a tutti

*

Il ritorno di Papillon

*

Epilogo

*A

Le voci cristalline risuonavano lungo il corridoio di Villa Agreste.

Erano state settimane davvero difficili per tutti, in cui ogni membro di quella famiglia si era trovato a gestire situazioni differenti.

Il problema era uscirne indenni.

Ma con un po' di fortuna e caparbietà alla fine Lady Bug e Chat Noir erano riusciti a portare tutto alla normalità.

E per festeggiare, Gabriel aveva riunito tutta la famiglia attorno al tavolo lungo, anche perché non si era ancora omaggiata Marinette come meritava.

La festa per la sua premiazione si sarebbe dovuta svolgere dopo la sfilata, ma a causa di un imprevisto, questo non era potuto accadere.

Gabriel si era alzato dalla tavola e aveva richiamato tutti i commensali, compresi i nipoti a fare silenzio perché aveva un annuncio importante da fare.

Si schiarì la voce con un colpo di tosse “Sono davvero felice che siate tutti qui, non potevo immaginare persone migliori seduti accanto a me. Per prima cosa volevo ringraziare mia moglie Nathalie per essere sempre al mio fianco e per aver creduto in me...” La guardò con occhi amorevoli e lei ricambiò con un sorriso “…mio figlio e mia nuora per non aver mai mollato e per essermi rimasto sempre accanto anche quando non c’era una via d’uscita…” anche a loro aveva riservato una riverenza “…ai signori Dupain per essersi occupati dei nipoti e per essere attorno al mio tavolo” Alzò il calice di champagne in loro onore “…e i miei scriccioli, per volermi bene”.

Tutti e tre si alzarono contemporaneamente per abbracciare il nonno.

“Siamo felici di averti qui, nonno” Gli disse la piccola Emma, quanto le ricordava la sua amata Emilie quella bambina.

“Io direi che è il momento del dolce, che ne dite?” Propose Tom entusiasta rovesciando il calice di bollicine.

“Ci penso io, caro.” Sabine sistemò come meglio poteva la tovaglia bagnata mentre l’uomo si scusava per il disagio.

“Ti aiuto!” Marinette si alzò e si diresse in cucina assieme alla madre dopo aver pregato Nathalie di rimanere seduta, per quella serata aveva già fatto troppo, era arrivato per lei il momento di stare tranquilla.

*

Marinette aprì il frigo e prese l’enorme torta mentre Sabine si apprestava a prendere i piatti da dolce con annessa forchetta.

“Quanto pesa!” Sospirò la corvina poggiando il vassoio sul piano da lavoro dov’erano ancora presenti stoviglie, cucchiai e mestoli ancora sporchi.

Sabine non rispose e a Marinette quel silenzio non piaceva affatto, a dire il vero era preoccupata per lei, per tutta la serata non aveva detto una parola.

“Mamma…vuoi dirmi che cosa c’è che non va?” Le domandò avvicinandosi a lei.

Sabine la guardò negli occhi “Lo so!” Esclamò dopo una pausa.

“Che cosa sai?” La voce di Marinette era tremolante e la gola le si seccò di colpo in attesa che sua madre le rispondesse.

Che cosa aveva scoperto?

“Non mentirmi…tu sei Lady Bug?”

Marinette strabuzzò gli occhi ed iniziò a ridere istericamente “Mamma, ma…ma, cosa dici? I-io L-lady Bug? Ma nooo! Ti sbagli”

“Una madre riconoscerebbe sua figlia ad occhi chiusi anche se fosse in una stanza con delle copie identiche!” Lo sguardo di Sabine era serio e richiedeva con urgenza di sapere subito la verità.

“E-cco…io…” Marinette fece un bel respiro profondo, sua madre aveva tutto il diritto di saperlo.

“Mi basta così!” Mormorò Sabine accarezzandole il volto delicatamente.

“Non sei arrabbiata?” Chiese con l’aria di una bambina che aveva appena combinato una marachella.

“Grazie, per aver protetto Parigi. A tutti e due.” Non servì dire, se non abbracciarsi per confortarsi, ma quello non era il momento giusto per chiarirsi, lo avrebbero fatto l’indomani con calma.

“Ci conviene ritornare di là, altrimenti penseranno che ci stiamo pappando questa meraviglia.”

*

*

Adrien e Marinette spensero il televisore della loro camera da letto dopo aver visto la replica del servizio di Alya Cesaire in prima serata che parlava della cattura del vero Papillon e della scarcerazione di Gabriel Agreste.

Aveva ottenuto un posto in una emittente nazionale di grossa importanza, ed era stata Marinette in persona a raccomandarla.

“Tutto è bene quel che finisce bene!” Sospirò Adrien andando sotto le coperte, nonostante non fosse tardissimo, quelle erano state lunghe settimane di ansia e stress e il sonno con annessa stanchezza si stava facendo sentire.

“Finalmente quella pazza è in prigione e non dovremo più preoccuparci di nulla.” Anche Marinette raggiunse il marito a letto, nonostante avesse del lavoro da sbrigare, non aveva voglia di mettersi al computer a correggere i bozzetti, ci avrebbe pensato l’indomani.

“Ne sei sicura?”

“Cioè?” Nei suoi occhi lesse preoccupazione.

“Non vorrei che questa storia avesse sconvolto i ragazzi…è da quando che mio padre è stato portato in prigione che non parlano più molto.” Sospirò mettendosi seduto.

“Si, l’ho notato, per questo volevo portarli da Rose domani.”

“Da una psicologa?”

“Prima di essere una psicologa è anche una cara amica, lo sai. Ma non in studio da lei, andrò a casa sua nel pomeriggio.”

“Certo, mi sembra una buona idea!” Le sorrise e poi i suoi occhi verdi si fermarono sulla scollatura della camicia da notte rosa confetto di raso.

Deglutì un po' di saliva e si voltò di scatto prima che gli balenassero per la mente strane idee.

Troppo tardi, più ci pensava e più nel basso ventre un istinto primitivo si faceva strada in lui, e il tono seducente di sua moglie non aiutava.

Marinette decise di giocare un po', si inginocchiò dietro di lui ed iniziò a massaggiargli le spalle, oltre che a strusciare il seno contro la sua schiena.

“Mar…no…fa…re…così” Abbandonò la testa all’indietro chiudendo gli occhi, era in preda al suo tocco e al suo profumo.

Mmm…così come…” Disse con aria da finta innocente continuando a provocargli brividi che gli stavano mandando in pappa il cervello.

Marinette iniziò poi a baciargli il collo e ad infilare una mano dentro la maglia toccando i suoi muscolosi pettorali.

Ma fu quando lei spostò l’elastico dei pantaloni che Adrien perse ogni inibizione.

Con un colpo d’anca e in una frazione di secondo la portò sotto di lei.

La osservò in tutta la sua bellezza, quelle gambe nivee e lunghe, il ventre piatto nonostante i tre figli e il seno gonfio e pieno che s’intravedeva dalla vestaglia corta, ora cortissima.

“Tu stai giocando con il fuoco.” Le alitò sulla faccia.

“Lo sai che mi piace!” Marinette si sporse un po' per catturagli le labbra e mordicchiarle.

Gli cinse poi la schiena con le braccia facendo aderire il suo corpo a quello di lei.

Marinette divaricò un po' le gambe in una posizione più comoda per entrambi.

Baci, carezze e singulti si facevano sempre più audaci.

“Ci sentiranno!” Sospirò Adrien, ma fermarsi era praticamente impossibile giunto a quel punto.

“Ti preoccupi troppo, chaton!” Marinette gli abbassò il pantalone di cotone, giusto quel po' per liberarlo da quella oppressione.

Adrien le spostò le mutandine ed entrò in lei con un colpo deciso.

Marinette soffocò un gemito sulla sua spalla e poi riprese a baciarlo mentre sincronizzava con Adrien i movimenti che si facevano via via sempre più intensi, fino a farli arrivare al culmine del piacere.

Quando si guardarono negli occhi ansimavano ancora.

“Ti amo, Marinette.”

“Ti amo, Adrien” Lo trasse a sé per baciarlo di nuovo e poi Adrien posò la sua testa sul petto di Marinette, proprio dove le batteva forte il cuore.

“Quanto mi sei mancata, milady” Sospirò mentre ripensava all’amplesso.

“Lo stesso vale per me…però, possiamo recuperare, che dici?”

Adrien alzò lo sguardo verso quei bellissimi occhi azzurri pieni della voglia di sentirsi amata, ed iniziò a percorrere il suo corpo partendo dal basso ventre camminando con le dita.

“Dico che è una splendida idea…come sempre insettina.”

La baciò di nuovo, in modo più sensuale e calmo, questa volta si sarebbe goduto appieno il momento e non in modo rozzo e animalesco come prima.

Toc…Toc…

Qualcuno aveva appena bussato alla loro porta timidamente.

Si guardarono negli occhi terrorizzati con lo stesso pensiero, forse avevano svegliato i ragazzi.

“Mamma, papà!” Era la voce di Louis che li chiamava da dietro la porta.

Adrien si sistemò alla meno peggio e si schiarì la voce, Marinette invece si fiondò in bagno.

“Avanti!”

Louis abbassò la maniglia ed aprì la porta, diede una breve occhiata alla stanza e capì subito di aver interrotto qualcosa.

“E’ successo qualcosa?” Gli aveva chiesto suo padre che se ne stava seduto a bordo del letto.

“Vi disturbo? La mamma?”

“Nessun disturbo, la mamma è andata un momento in bagno. Stai bene figliolo?”

“Volevo parlare con voi.”

In quel momento Marinette era uscita dal bagno e si stava legando i capelli.

“Che c’è che non va?” Gli aveva chiesto anche lei.

Adrien gli fece segno di sedersi in mezzo a loro due.

“Ecco…” Doveva dirglielo, doveva togliersi quel peso dallo stomaco “…grazie!”

Adrien e Marinette si guardarono in modo interrogativo.

“Per cosa?” Fu sua madre a chiederglielo.

“Per averci salvato!”

“Amore, hanno fatto tutto Lady Bug e Chat Noi…”

“Appunto!” Aveva interrotto sua madre prima che potesse dire altro “…lo so che siete voi due.”

Adrien sogghignò “Non dire assurdità, come possiamo essere noi?” Non poteva averlo dedotto, entrambi sono coperti dal mascheramento quantico, quindi per lui sarebbe stato impossibile averlo scoperto.

“Che mi dite della Miracle Box custodita nella cassaforte del tuo studio, mamma?”

Marinette strabuzzò gli occhi ed iniziò a sudare freddo e a balbettare.

“Ma…ma…io…non…non potrei…insomma…ti sembra che…io…Lady Bug, che assurdità”

“Abbiamo parlato con Tikki e Plagg!” Louis abbassò lo sguardo dalla vergogna, non era solito a mentire o a ficcanasare tra le cose dei genitori, per questo quella confessione gli faceva male.

“Abbiamo???” Chiesero all’unisono scattando sull’attenti.

“Io ed Emma!”

Marinette si schiaffeggiò la faccia “Oddio!”

“Hai lasciato la cassaforte aperta?” Adrien lo chiese alla moglie.

“No, io…non credo. Sto sempre attenta a chiuderla!”

“Abbiamo scoperto per caso la combinazione!”

“Lo sapevo!” Marinette si alzò in piedi e guardò Adrien “…questa è colpa tua, perché ti dimentichi sempre tutto!”

“Sei tu che scegli sempre password complicate!” Il biondo incrociò le braccia in segno di offesa.

“Io non scelgo password complicate, sei tu che sei distratto e non riescono ad entrarti in testa!”

“La colpa è nostra, non litigate per favore.”

Per un attimo si erano dimenticati di non essere soli.

“Scusa…” Marinette gli scompigliò i capelli neri “…è che non volevamo lo scopriste così, ma non potevamo dirvelo.”

Louis sospirò “Lo so, e capisco anche perché lo avete fatto.”

Nel frattempo una testolina bionda era sbucata e poi scomparsa sull’uscio della porta, Adrien addolcì lo sguardo e andò a recuperare quella grande curiosona della figlia.

“Quante volte dobbiamo dirti che non è educazione origliare?”

Emma che era rimasta seduta con la schiena ben attaccata alla parete bianca, avvicinò le ginocchia al petto e nello spazio libero creato ci ficcò dentro la testa dalla vergogna.

“Su, vieni dentro” Le prese la mano e la fece sedere sempre sul bordo del letto accanto al fratello.

Marinette si era alzata con lo sguardo duro “Che avete da dire a vostra discolpa?” Incrociò poi le braccia sotto il seno.

Emma iniziò a singhiozzare e a puntare il dito contro il fratello più grande “E’ stato Louis! Io non volevo…” Vuotò il sacco in nemmeno trenta secondi di interrogatorio.

“Spia!” Berciò il più grande riservandogli una bella linguaccia.

“E’ colpa tua se siamo in questa situazione, io non volevo spiare dietro il quadro!”

“Però la combinazione l’hai scoperta tu!”

“Era facile…lo sai che papà dimentica tutto!”

“Eh?” Fece eco Adrien divertendo la moglie che trattenne a stento una risata.

“I tuoi figli ti conoscono!”

Adrien indispettito incrociò le braccia e si voltò dalla parte opposta.

“Ora basta!” Esclamò Marinette, se avessero continuato a litigare e ad alzare la voce probabilmente avrebbero svegliato Hugo “…andate in camera vostra, ne riparleremo domani.” Non fece però a tempo a finire la frase che un nanerottolo era apparso sulla soglia, assonnato mentre si stropicciava gli occhi.

In mano teneva sia il pupazzo di Lady Bug e Chat Noir.

“Che succede?” Aveva chiesto sbadigliando.

“Niente tesoro, torna a letto” Gli disse la mamma con voce calma e amorevole.

Hugo invece andò ad abbracciarla “Non riesco a dormire, se provo a chiudere gli occhi mi appare sempre quella strega con le sue ali grande, io ho paura.” Affondò la testolina sul petto di Marinette “…posso dormire con voi stanotte?” Chiese con un filo di voce.

Marinette e Adrien si scambiarono uno sguardo rassegnato e il biondo vide sfumare in pochi secondi la possibilità di un secondo round.

“Si tesoro, certo!”

“Io me ne torno a letto” Disse Louis lasciando la stanza dopo aver abbracciato entrambi i genitori.

Emma invece aveva voluto che ad accompagnarla nella sua stanza fosse suo padre, non aveva dimenticato una promessa che le aveva fatto.

“Avanti, sotto le coperte!” Le ordinò dopo averla aiutata a sistemarsi.

Adrien le stampò poi un tenero bacio sulla fronte e lei di tutta risposta lo abbracciò stringendolo più che poteva.

“Ho avuto paura vi accadesse qualcosa.”

“Tesoro, mai quanta ne avevamo noi.”

“Guarda che non mi sono dimenticata della promessa.”

Lui si invece, e deglutì quando ricordò in quel momento cosa le aveva giurato: il Miraculous dell’Ape.

“Ehm…non so se potrò tener fede a quello…la mamma non credo sarebbe molto d’accordo.” Le accarezzò la testolina bionda.

“Ma…ma…tu mi hai detto che me lo avresti dato”

Non poteva di certo dirle che lo aveva fatto solo perché collaborasse, e poi Adrien aveva sempre mantenuto fede ai suoi patti.

“Non possiamo dartelo ora, ma vedrai che quando crescerai e avremo bisogno di Queen Bee sapremo a chi consegnare il pettine.”

“D’accordo!” Sospirò non molto convinta.

*

Marinette e Hugo si coricarono, e lui come era solito fare, posizionò la testa nel torace della madre, cullato dal suo battito cardiaco, sul petto stringeva i due pupazzi.

Dopo qualche minuti li aveva raggiunti anche Adrien, diede un leggero bacio sulla fronte del figlio e lo chiuse in un abbraccio.

Hugo non riuscì lo stesso a chiudere gli occhi, ma non per paura che il ricordo di Papillon infestasse i suoi sogni, ma perché sentiva che qualcosa era di troppo.

Prese i due pupazzi e li portò sopra la poltrona.

“Non te ne separi mai!” Gli fece notare sua madre mentre si riposizionava.

“Non mi servono più!”

“Come mai’” Chiese Adrien.

Hugo abbracciò entrambi come poteva “Perché gli originali in carne ed ossa sono sicuramente meglio di un pezzo di stoffa”.

*

*

Le luci del corridoio iniziarono a spegnersi una dopo l’altra lasciando al buio le stanze chiuse ermeticamente da una porta pesante blindata d’acciaio inossidabile.

Una guardia passava a controllare che ogni ospite fosse già a letto e chi iniziava a fare casino con urla e schiamazzi vari, lo sistemava con il suo manganello picchiandolo addosso alla porta per intimorirlo.

Arrivò alla cella infondo al corridoio e trovò la sua ospite seduta a bordo del letto con le gambe nude incrociate, addosso la camicia di forza lercia, i capelli castani arruffati che le coprivano il volto e che muoveva il busto avanti e indietro biascicando parole al momento incomprendibili.

La guardia poggiò l’orecchio per ascoltare meglio.

“Sei…mio…Adrien…Agreste!”

*

FINE

*

Angolo dell’autrice: Eccoci qua per i saluti finali, purtroppo questa volta ho messo davvero la parola FINE a questa serie, io spero vivamente che vi sia piaciuta e come sempre vi invito a lasciarmi un commento con una vostra impressione.

Chiedo venia se il capitolo è risultato più lungo rispetto agli altri, sono stata indecisa fino all’ultimo se lasciarlo così o dividerlo in due.

Comunque…ancora mille grazie a chi è arrivato sino a qui…per il momento mi fermo, anzi termino RICORDATI DI ME e poi mi prenderò una piccola pausa fino a dopo l’estate, ho tantissimi progetti in mente che metterò nero su bianco con calma.

Vi abbraccio uno per uno, Erika

*

Le altre storie della serie:

+


Best Friends - Ensemble contre le monde Vol. 01

*

Marinette: divisa tra i sentimenti che prova per Adrien e quelli che stanno nascendo per Chat Noir.
ESTRATTO CAP. 1
“Non è che sei un bell’ esempio se Lady Bug ti continua a dire di no” Lo prese in giro divertita.
“Però ho avuto il coraggio di dichiararmi” La canzonò.
“Sei sicuro di averglielo chiesto veramente, cioè, non è che pensava che scherzassi? Se io avessi ricevuto svariati no da una persona che mi piace, avrei il morale a terra”
“L’importante è non darlo a vedere, prima o poi si accorgerà di me e quando verrà il giorno, staremo insieme per sempre” Disse fiero tornando accanto a lei con un solo balzo.
“E anche se riuscissi a farla innamorare di te? Cosa succederebbe? Hai pensato nel caso andasse male che ne sarebbe della vostra partnership? Se si hanno dei dissapori si rischia di non lavorare bene. Per non parlare delle vostre identità, a quel punto dovreste svelarle, non sarebbe brutto se ti accorgessi che non è la persona che credevi?”
Chat Noir sbuffò, Marinette aveva perfettamente ragione, tranne per l’ultima domanda.

 

Pubblicata: 17/09/20 | Aggiornata: 03/12/20 | Rating: Arancione
Genere: Angst, Fluff | Capitoli: 15 | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug

*


Le Ali della Farfalla - Ensemble contre le monde Vol. 02

*

Marinette ed Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ma c'è qualcosa che turba la mente della ragazza, in particolare il ricordo di Chat Blanc, questo influirà nel loro rapporto visto che Papillon non è ancora stato sconfitto?
E Papillon riuscirà a scoprire chi si cela dietro le maschere di LadyBug e Chat Noir?

*

Autore: LadyHeather83 | Pubblicata: 07/12/20 | Aggiornata: 31/01/21 | Rating: Arancione
Genere: Angst, Erotico, Generale | Capitoli: 14 | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3965412