Talk tonight

di NikoruChan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


-Hai proprio ragione, forse un soldato ferito come me dovrebbe stare lontano dal fronte.-

Osservò di sfuggita il moncone nascosto dalla camicia non totalmente in grado di coprirlo del tutto, Levi, come per confermargli quella frase solo con lo sguardo. Uno sguardo che Erwin aveva visto innumerevoli volte, uno sguardo che valeva più di mille parole; se consideriamo che Levi non fosse molto eloquente, voleva dire sicuramente tanto.

-Ma sai...- continuò il biondo con tono deciso -...nel momento in cui finalmente capiremo la verità di questo mondo, io voglio essere presente.-

Non era una novità vederlo così determinato, eppure Levi non riuscì immediatamente a prenderlo sul serio come faceva solitamente.

Aveva ascoltato una sola parola di quello che gli aveva detto fino a pochi secondi prima? Si preoccupava veramente così poco dei suoi arti inferiori da voler fare comunque quel cazzo che voleva?

Sbattè le palpebre un paio di volte, il corvino, al sentire il proprio sangue ribollire nelle vene all'ennesima sensazione di fastidio.

Fastidio perché non si sentiva capito, fastidio perché nonostante tutto voleva farsi capire. Voleva farsi capire dall'uomo che aveva di fronte, e avrebbe fatto il possibile pur di riuscirci.

-E' così importante per te?- corrucciò lo sguardo, Levi, al fare un passo in avanti –Più delle tue gambe?- 

L'avrebbe fatto senza problemi, anche trattandosi di lui. Gliele avrebbe pure spezzate con il sorriso sulle labbra se questo fosse stato utile al suo scopo.

-Sì.- rispose prontamente Erwin non staccando lo sguardo dal suo, lasciandolo interdetto.

-Più della vittoria dell'umanità?- insistè Levi abbassando ancora di più il proprio, come per scrutarlo da un'altra prospettiva, oppure per mostrargli quanto, quella conversazione, non stesse andando come aveva premeditato. O sperato.

-Sì.- ripetè, questa volta, in un tono che non ammetteva tante repliche, il classico tono che usava quando indossava le vesti del Comandante, un ruolo che gli si addiceva sicuramente.

Levi aveva avuto, però, il privilegio di conoscerlo in altre vesti, quindi non si sentiva minimamente scoraggiato dinanzi a tutta quella sottospecie di autorità.

"Più importante...di noi?"

Non seppe cosa lo costrinse a mordersi la lingua, in quel momento. Normalmente non era il tipo da stare zitto quando qualcosa non lo convinceva o lo infastidiva, anzi, era noto per essere la persona più sboccata e diretta del mondo.

Si trovava pure in un contesto dove poteva farlo tranquillamente, cosa lo stava fermando, quindi?

Abbassò solo lo sguardo, ammettendo indirettamente la sua sconfitta in quella conversazione che desiderava avere in pugno più di qualsiasi altra cosa.

-Ho capito...- emise con un mormorio appena udibile, evitando lo sguardo di Erwin come la peste. Si voltò dalla parte opposta in velocità e impugnò la maniglia della porta come se si fosse trattato di una sorta di ancora di salvezza, una cosa che fino a pochi anni prima non concepiva nemmeno.

-Erwin...- fece girandosi per l'ultima volta verso di lui, espressione stoica in viso per celare il più possibile quello che sentiva nel suo più intimo –Mi fido del tuo giudizio.- 

Una frase che gli aveva ripetuto così tante volte da essersi quasi stufato, una frase che voleva dire tanto, ma che voleva dire nulla. Una frase che, comunque, non avrebbe mai smesso di dirgli perché...

Perché semplicemente si sentiva di farlo.

Aprì la porta, quindi, sgusciando fuori il più velocemente possibile per sfuggire a quello sguardo indagatorio che riusciva a leggerlo più di quanto volesse.

Se c'era una cosa che Levi odiava più dello sporco, era sicuramente l'essere compatito, specialmente da chi non rientrava nelle sue "simpatie".

Se era Hanji a farlo non gl'importava, seppur a fatica, se era Erwin pure. Tuttavia, in quel momento, si sentì come se avesse dovuto nascondere il suo evidente stato d'animo a chiunque, perfino a quell'uomo che conosceva da anni e col quale aveva combattuto innumerevoli volte.

Lo stesso uomo che l'aveva visto sorridere, lo stesso uomo che l'aveva visto piangere, lo stesso uomo che l'aveva visto senza vestiti ormai troppe volte per essere contate, lo stesso uomo che era riuscito a vederlo nella sua interezza senza aprire la bocca per giudicare.

Non l'aveva mai fatto, Erwin, proprio perché si aspettava che nemmeno lui lo facesse.

 

Levi uscì dalla porta con passo svelto trovandosi Hanji ancora presente nel corridoio, precisamente davanti ad una delle tante finestre che davano sulla città.

L'uomo la ignorò completamente, abbassando lo sguardo e facendo per andare nella propria stanza. O meglio, nella stanza che lui e il comandante del Corpo di Ricerca condividevano da anni e che era stata testimone di molti episodi che avevano coinvolto entrambi.

-Ehi, perché mi hai chiusa fuori?- domandò lecitamente lei, girandosi di scatto al notare la sua presenza.

-Fatti i cazzi tuoi, Hanji.- sbottò lui scuotendo la testa. Non aveva tempo di discutere con lei: non aveva tempo nemmeno di riordinare i suoi pensieri, figuriamoci se si fosse fermato a spiegarle perché avesse chiuso quella maledetta porta lasciandola fuori dalla conversazione.

-Almeno stasera ci sarai?- insistè la donna alzando maggiormente la voce al vederlo lentamente sparire –Si festeggia mangiando carne, devi esserci!-

Seriamente erano così tanto idioti da voler festeggiare?
Cosa c'era da festeggiare, esattamente?

Il fatto che sicuramente metà esercito non sarebbe tornato a casa? Il fatto che moltissimi soldati avrebbero acquisito dei traumi dopo una spedizione simile? Il fatto che Erwin avesse disposto tutte reclute e che quest'ultime sarebbero state di sicuro le prime ad essere spazzate via?

Il fatto che ci fosse una buona probabilità che nessuno ce l'avrebbe fatta?

Perché avrebbe dovuto passare del tempo con gente che la pensava in quel modo così superficiale, così stupido, così irrispettoso nei confronti di chi aveva perso la vita sul campo di battaglia?

No, Levi non era avvezzo a quel tipo di eventi, specialmente se si trovava di cattivo umore.

 

La ignorò completamente, quindi, scendendo quel piano per potersi rinchiudere nei suoi alloggi e rimanere da solo. 

Sbattè la porta nel chiuderla, come per far capire ai presenti che fosse incazzato e che sarebbe stato meglio per tutti evitare quella stanza come se al suo interno si celasse il demone più pericoloso e crudele del mondo. Non era così lontano dalla realtà, comunque, dal momento che dentro di sé si sentiva bruciare dall'irritazione e avrebbe potuto seriamente fare del male a qualcuno se solo non si fosse trattenuto.

Fuori la totale calma, illuminata dal sole arancione in procinto di tramontare e rotta, ogni tanto, dal nitrito dei cavalli che mostravano il loro disinteresse nelle stalle poco distanti dagli alloggi dei soldati.

Levi si tolse la giacca verde militare con gesti meccanici, lanciandola sul letto esattamente di fronte alla porta ed imprecando al notare di sfuggita quanto la testiera del suddetto letto fosse piena di polvere.

"Una cosa, gli ho detto, una cosa...", si morse il labbro nel ricordarsi velocemente quante cazzo di volte gli avesse raccomandato di sprimacciare bene i cuscini, di sistemare le lenzuola e di controllare quella fottuta testiera nel momento in cui si fosse alzato dal letto ogni mattina. Ma Erwin sembrava non capire, oppure sembrava far finta di non capire.

E non era la prima volta.

Si slegò il foulard bianco trattenendo imprecazioni variopinte, sia verso sé stesso che verso Erwin. Rimase con una camicia bianca e dei pantaloni neri che non aveva la minima voglia di togliersi, quindi optò per una maglia sempre bianca a maniche lunghe che quel bastardo gli aveva regalato chissà quanti anni prima.

Aveva scoperto che compiva gli anni nel giorno di Natale e, sorprendentemente, aveva deciso di spendere dei soldi per una maglia che non ne valeva nemmeno mezzo: ma a Levi andava bene così, di certo non avrebbe frignato per un modello piuttosto che per un altro.

Cominciò a pensare a quello che gli aveva detto nel suo ufficio, poco prima, e si sentì nuovamente ardere dalla rabbia.

Perché non lo ascoltava? Perché diceva di fidarsi ciecamente di lui eppure seguitava a fare il cazzo che voleva rischiando la vita più di quanto potesse pensare?

Non era la prima volta che succedeva, e per la maggior parte delle volte era stato Levi a risultare forse troppo paranoico. 

L'ultima volta però ci aveva preso, però, dal momento che era tornato da quella spedizione senza il suo braccio destro e per poco non rimaneva secco su quel letto d'ospedale perché aveva perso troppo sangue in troppo poco tempo.

Levi gliel'aveva detto, e ci aveva preso completamente.

Bastò quel ricordo a fargli digrignare i denti, preso un'altra volta dal senso di colpa e dalla rabbia nei suoi confronti.

 

 

-Che c'è, Levi?- gli aveva domandato Erwin al notare la sua presenza sullo stipite della porta aperta dei loro alloggi. Il diretto interessato non aveva risposto, avvolto in quella giacca nera che era decisamente troppo grande e troppo elegante per lui e appoggiato a suddetto stipite con la spalla.

-Sei davvero sicuro di volerlo fare?- domandò con tono basso il corvino, chiudendo la porta alle sue spalle e zoppicando verso di lui. Erwin si stava infilando le imbragature in tutta velocità: Levi si sorprese di come fosse stato bravo a non inciampare.

-Non dobbiamo lasciare che quelli prendano Eren, quindi sì.- rispose Erwin con tono risoluto, lanciandogli un'occhiata eloquente in velocità –E poi, il Corpo di Ricerca ha comunque bisogno del suo comandante.-

-Intendo dire, sei sicuro di volerlo fare senza di me?- rettificò Levi abbassando lievemente lo sguardo. La gamba gli faceva ancora male, faceva fatica a saltare (ci aveva provato giusto un paio di volte in quei giorni beccandosi addirittura delle risatine divertenti da quella quattrocchi di merda e dallo stesso Erwin) e sicuramente non sarebbe stato al massimo delle forze se fosse partito con loro.

Qualunque fosse la sua situazione, il suo istinto gli diceva di partire e di prendere parte a quella sorta di spedizione improvvisata. Erwin però era stato decisamente chiaro su quel punto: Levi non sarebbe dovuto partire conciato in quel modo, era fuori discussione.

-Apprezzo il tuo interessamento, ma non siamo così irresponsabili come ci chiama la maggior parte della popolazione.- il biondo gli rivolse un sorriso lieve, onorato nel vedere come Levi mostrasse la sua preoccupazione.

-No, infatti.- rispose quest'ultimo incrociando le braccia al petto, trattenendo un sospiro nel vederlo allacciarsi i bottoni della camicia –Siete anche peggio di così.-

-Apprezzo anche la tua sincerità.- rinnovò il sorriso, Erwin, nel lanciargli un'occhiata bonaria –Ma è giusto che il Soldato più forte dell'Umanità rimanga qui, specialmente se è ferito.-

-Smettila di chiamarmi in quel modo, lo sai che mi dà fastidio.- Levi fece schioccare la lingua al palato al percepire una sensazione di odio profondo prenderlo dietro alla nuca –E, per la cronaca, sarei in grado di buttarti a terra anche con la gamba conciata in questo modo.-

-Sì, so che saresti in grado di farlo.- lo appoggiò il biondo andando a recuperare la sua giacca.

Levi rimase lì in piedi a fissarlo con lo sguardo più indecifrabile che avesse mai fatto in tutti quegli anni. Normalmente Erwin era in grado di capire tra le righe, ma in quel momento gli fu difficile.

-Posso...posso anche stare nelle retrovie.- suggerì il corvino con un tono quasi insistente, cosa che fece aggrottare le sopracciglia al biondo di fronte a sé –Se questo può servire a salvare più vite possibili.-

-No, Levi, tu rimarrai qui.- ripetè il comandante con tono fermo, guardandolo interamente negli occhi. Blu e grigio a scontrarsi nuovamente, in quel campo di battaglia che era nientepopodimeno che la stanza dove dormivano da anni.

Il corvino sospirò dalla rassegnazione, causando in Erwin una reazione decisamente perplessa.

-Non sei mai stato così pessimista sulle sorti di una spedizione...- osservò il biondo aggrottando maggiormente le sue sopracciglia folte, entrambe le mani intente ad allacciarsi la mantella verde sulla zona dello sterno.

-Beh, grazie al cazzo, non avevo la gamba conciata così.- sentenziò Levi grattandosi la nuca.

-Pensi che possa succedere qualcosa di grave?- domandò Erwin intimandolo a continuare con lo sguardo. Non era raro che facesse previsioni, eppure il suo sguardo gli parve quasi anomalo.

-No, dico solo che ho un brutto presentimento.- ribattè il corvino con un tono più convinto –E sarei più sicuro se potessi partecipare anch'io.-

-Per quanto la tua presenza possa essere fondamentale, la mia risposta rimane sempre "no".- rimarcò ulteriormente il biondo tornando serio –Non sei nelle condizioni di combattere, ora come ora.-

Levi capì che non sarebbe stato il caso di insistere; sebbene tra di loro si parlassero anche in modo abbastanza informale, era comunque un suo superiore, e si fidava ciecamente di lui a tal punto da lasciare che agisse come meglio credeva. D'altronde, Shadis l'aveva nominato comandante per un motivo.

-Partirete subito?- domandò Levi poco dopo con l'ennesimo sospiro rassegnato, guardandosi la gamba ferita con una sorta d'insistenza nello sguardo come per costringerla a ristabilirsi.
Voleva partire con loro, voleva essere presente a quella spedizione d'emergenza, non voleva che morisse troppa gente a causa della sua assenza.

Non voleva neanche lasciare Erwin da solo.

-No, prima dovrò incontrarmi con Pyxis, poi decideremo cosa fare.- spiegò in velocità il biondo, superandolo per poter aprire la porta e uscire.

Levi, però, fu più veloce.

-Erwin.- lo chiamò senza nemmeno girarsi, con tono fermo e risoluto. Nessun "Signore" o "Comandante", solo "Erwin".

Il diretto interessato lasciò la maniglia, per poi voltarsi di nuovo verso di lui.

-Che c'è?- lo intimò il comandante, sospirando sommessamente sul posto e poggiando le mani sui fianchi.

Anche Levi si girò verso di lui, con calma a causa della gamba dolorante, e completamente in silenzio. Aveva leggermente aggrottato le sopracciglia e teneva la bocca serrata, come se avesse voluto dire qualcosa d'importante ma le parole non gli uscissero perché bloccate in gola.

Si avvicinò, quindi, arrivandogli praticamente di fronte.

Lo guardò un'ultima volta, Levi, prima di impugnare il colletto della giacca e di trascinarlo verso di sé. Si alzò leggermente sulle punte, notando con una sorta di piacere come Erwin avesse già capito.

Lo baciò con tutta la tranquillità del mondo, come facevano quasi sempre, come ad entrambi piaceva, un semplice contatto tra le loro labbra, un gesto che valeva un sacco di cose se solo avessero avuto il tempo di approfondirle. Erwin gli sfiorò la guancia con la mano destra, come per trattenerlo, percependo dentro di sé quanto effettivamente volesse e aspettasse un momento simile.

Fu Levi a staccarsi per primo, tenendo comunque incatenato lo sguardo con il suo. Avrebbe voluto annegare in quegli occhi azzurri come il cielo senza nuvole, così profondi e intensi da sembrare quasi pericolosi, eppure così dolci e comprensivi da fare invidia ad una madre.

Una madre di cui Levi aveva pochissimi ricordi, tra l'altro.

Erwin sfiorava ancora la sua guancia, quasi ammaliato.

-Cerca di riportare qui il tuo culo flaccido.- lo raccomandò il corvino lasciando la presa sul colletto della sua giacca, tornando con i piedi per terra e lanciandogli un'ultima occhiata simil-empatica prima di superarlo e di uscire prima da quella stanza.

Sorrise leggermente, Erwin, nell'imboccare il corridoio e nel mettere piede all'esterno di quell'edificio.

 

Era tornato, effettivamente, ma a che prezzo?

Questo e altro si domandava Levi con l'espressione deturpata dall'orrore al vedere come fosse conciato su quel letto d'ospedale. Pallido in viso, i capelli che erano diventati un tutt'uno con la pelle, il braccio destro mancante e il moncone ricucito "alla meglio", sangue secco sulla cucitura, sangue su altre parti del suo corpo contuso in più punti, sangue sui vestiti.

Sangue, sangue, sangue.

Sangue che non sapeva nemmeno se fosse il suo o quello di altri soldati morti per proteggerlo, o per proteggersi.

Non riuscì a guardarlo in quelle condizioni, non dopo quello che si erano detti giusto quella mattina nella loro stanza. Non dopo non aver insistito abbastanza per partire con loro, nonostante i suoi ordini, nonostante la sua gamba gli facesse un male terribile, nonostante si fidasse ciecamente di lui.

Levi sapeva che sarebbe dovuto andare con loro, Levi sapeva che sarebbe dovuto andare con lui.

Se fosse partito avrebbe potuto evitare che perdesse un braccio, il suo braccio dominante, tra l'altro, avrebbe potuto farsi del male al suo posto, tanto non gli importava nulla della sua incolumità. Quello che importava a Levi era che quell'uomo potesse raggiungere il suo obiettivo, senza se e senza ma. Non gliene fregava nulla del resto.

Ci mise un bel po' a svegliarsi e a riprendere finalmente conoscenza, allo stesso tempo, Levi impiegò parecchio per riuscire a guardarlo totalmente negli occhi dopo l'accaduto.

Continuava a ripensare al suo braccio che, in quel momento, non c'era più, a tutto il sangue che aveva perso, ai soldati che avevano perso la vita, a come sarebbe andata quella spedizione se lui fosse stato presente con loro.

Quel gigante gli aveva staccato di netto l'arto destro, Erwin fottuto Smith era stato incredibilmente fortunato ad uscirne vivo. Ma...se quella creatura avesse piantato i suoi denti di merda poco più in alto? Se quel gigante non si fosse limitato a staccargli il braccio ma avesse deciso di fare di più?

Se Levi non fosse rimasto lì a farsi i cazzi suoi, le sorti di quella spedizione sarebbero state effettivamente diverse?

-A che pensi, Levi?- domandò Erwin con tono stanco nel sistemarsi debolmente le lenzuola che teneva perennemente fisse sul suo bacino con l'unico braccio che gli rimaneva.

Erano appena usciti Pyxis e la sua assistente, dopo essersi assicurati che andasse tutto bene, che Erwin respirasse, che sapesse ancora parlare e che fosse soprattutto ancora in grado di firmare dei documenti ufficiali che Levi non aveva fatto in tempo a sbirciare. Era costretto a scrivere con la mano sinistra, quella non dominante, uno spettacolo penoso da vedere se messo a confronto con quello che provava il corvino nei confronti del suo comandante in quell'esatto momento.

Alla domanda di Erwin non rispose apposta, per non dichiarargli veramente cosa gli stesse proponendo la sua mente in quell'istante. Si limitò ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra di quella stanza d'ospedale con lo sguardo rigido, assieme alla posa stoica che lo caratterizzava sempre e che sapeva incutere timore alle reclute.

Avrebbe potuto aiutarlo, avrebbe potuto salvargli almeno il braccio, avrebbe potuto limitare il numero di morti dando in cambio la sua vita, magari, a causa della gamba ferita.

Era sempre meglio la sua dipartita di quella dell'uomo che era nella stessa stanza con lui, sdraiato su quel letto con la barba incolta, i capelli da tagliare e il moncone bendato per non causare reazioni di disgusto o di profonda compassione nel prossimo.

-Levi.- lo chiamò ancora il biondo con lo stesso tono di poco prima –Guardami.-

Se n'era accorto nonostante tutto, pensò Levi soffocando una risatina amara che in quel momento avrebbe solo potuto rovinare le cose. 

Non ci riusciva per quanto si sforzasse, il suo sguardo cadeva o su quella parte di braccio che mancava, oppure sul pavimento. Eppure, nonostante tutto, si era offerto più e più volte di aiutarlo a mangiare oppure a fare le cose più stupide del mondo, tipo spostargli leggermente il cuscino che lo teneva sollevato, grattargli la schiena dove le bende gli davano maggiore fastidio, uccidere qualche ragnetto molesto che riusciva a causare nel comandante una reazione piuttosto divertente se solo Levi fosse stato effettivamente avvezzo a ridere.

-Vado a prendere del tè.- annunciò invece il corvino, distanziandosi dalla finestra per potersene uscire in tranquillità.

Venne bloccato dal braccio sinistro di Erwin che, con un movimento rapido ma incredibilmente silenzioso, gli cinse gli spalle per braccare l'uomo in quel punto specifico della stanza.

Quando cazzo si era alzato in piedi? Non l'aveva mai fatto in quelle settimane, o meglio, diceva di sentirsi troppo debole per farlo e quindi non rischiava mai.

La sua presa era ferrea sebbene Levi percepisse che non fosse la stessa che lo caratterizzava normalmente; nonostante tutto, conservava la stessa dolcezza e premura.

Levi sapeva che con quelle braccia (o meglio, con l'unico che gli rimaneva) Erwin non gli avrebbe mai torto un capello, e oltre a saperlo ne era pure sicuro al 100%.

Quel braccio lo aveva stretto più di quanto potesse ricordare, l'aveva accarezzato, l'aveva abbracciato con premura, aveva esplorato il suo corpo con una passione ed una bramosia che Levi non si sarebbe mai aspettati da lui.

Quindi, quella stretta così debole ma così familiare, non gli diede la tentazione di scostarsi come era solito fare quando Hanji, specialmente, ricercava del contatto fisico e andava ad abbracciarlo all'improvviso. Anzi, ebbe il potere di bloccarlo lì, su due piedi, completamente disarmato e indifeso.

-E' da settimane che non mi guardi negli occhi.- mormorò Erwin con tono rauco andando a posare il proprio mento su quel casco di capelli neri lisci come la seta –Che succede?-

"Succede che non ho potuto salvarti il braccio".

"Succede che a causa di questo non riesco a guardarti negli occhi senza sentirmi fottutamente in colpa".

"Succede che non sopporto vederti così".

Queste e tante altre osservazioni avrebbe voluto sputargli addosso con tutta la consapevolezza e il rimorso del mondo, ma le parole sembravano rifiutarsi di uscire da quella bocca solitamente tanto affilata come lo erano quelle sue spade che tagliavano nuche di giganti a destra e a manca senza alcun'esitazione. 

-Levi, guardami...- lo supplicò ancora una volta Erwin, abbracciandolo più stretto con una nota lamentosa nella voce.

Il diretto interessato si domandò come avrebbero potuto giustificarsi entrambi se qualcuno fosse entrato in quel momento, uno di quei mocciosi, magari, oppure addirittura un altro commilitone.

Nessuno sapeva di quella sorta di "legame" che era nato tra di loro, nessuno, neppure Hanji, che pareva sempre conoscere tutto di tutti.

Quel legame che Levi aveva faticato tanto ad accettare, quel legame che non avrebbe mai voluto troncare a causa di un atteggiamento superficiale da parte del suo superiore.

-Non dovresti nemmeno stare in piedi, ora come ora.- lo sgridò il corvino fregandosene altamente del fatto che quella supplica lo avesse leggermente smosso –Poi non lamentarti se ti fa male dappertutto.-

-Non m'importa.- rispose prontamente Erwin abbassando ancora di più la voce, staccandosi leggermente per fare in modo che Levi potesse voltarsi senza problemi.

Finalmente si decise a guardarlo negli occhi, labbra serrate, sguardo affilato e braccia incrociate al petto a dimostrare quanto non fosse contento in quel dato momento. Erwin si trovò a sorridere lievemente, felice e sollevato come pochi davanti a quella visione sebbene sentisse un dolore allucinante nella zona della cucitura.

Gli occhi di Levi, seppur piccoli, erano molto espressivi e riuscivano a dire tutto quello che non riusciva a dire aprendo la bocca. Riuscivano ad esprimere rabbia, agitazione, frustrazione, ma anche un minimo di gioia, compiacimento, soddisfazione, emozioni che su quel viso allungato e diafano stavano a pennello.

Gli poggiò la mano sulla guancia, delicatamente, e cominciò ad accarezzargliela mentre Levi rimaneva impassibile, ma con lo sguardo incatenato a quello dell'uomo di fronte a sé. 

-Sarebbe stato meglio se fossi venuto anch'io.- pronunciò il più basso dei due con tono sprezzante, ma non verso Erwin, solamente verso sé stesso.

Cosa che il diretto interessato non apprezzò completamente.

-Sarebbe potuto succedere a chiunque.- fece nel guardarsi il braccio mancante e bendato con un tono malinconico.

-Sì, ed è successo a te.-

-Sono ancora vivo, non è questo l'importante?- ribattè Erwin continuando ad accarezzargli il viso con una lieve risatina. Levi dovette trattenersi tantissimo per non dare di matto e per non prenderlo a calci ancora convalescente com'era.

-Vallo a dire a quel bestione di merda che ti ha staccato il braccio.- sentenziò scuotendo la testa, come se avesse voluto rifiutarsi in un certo senso di vedere quello che i suoi occhi gli proponevano. Un paio di iridi azzurre come il cielo, splendide, intense, comprensive, degli occhi che Levi non aveva mai visto in tutti quegli anni di vita.

-Sono stato io ad ordinarti di rimanere qui, non darti la colpa.- lo riprese Erwin alzando entrambe le sopracciglia, per poi chinarsi sul suo viso, lanciargli un'altra occhiata empatica e diminuire continuamente la distanza tra i loro sguardi.

Lo baciò ad occhi chiusi, trattenendolo per la nuca con l'unica mano disponibile. Levi non si tirò indietro, anzi, lasciò che le sue labbra cingessero le proprie senza lamentarsi, trattenendolo addirittura per il colletto della camicia bianca aperta che indossava.

Era lì, era lì con lui, poteva sentirlo, poteva toccarlo, poteva viverlo.
Bastarono quei pensieri a fargli sciogliere quella maledetta corazza che si portava dietro da anni e che toglieva solo in sua presenza.

Levi si staccò con un leggero ansimo, conscio del fatto che se avesse veramente potuto avrebbe continuato all'infinito con quella sorta di attività che erano avvezzi fare non in tantissime occasioni, malauguratamente per lui. Chiuse di nuovo gli occhi e poggiò la fronte alla sua, internamente felice di vederlo lì e non nella bocca fetida di un gigante qualunque.

-Ho riportato il mio culo qui, non era quello che volevi?- lo stuzzicò Erwin con un sorriso sardonico, al quale Levi rispose tirandogli un leggero calcio sugli stinchi che lo fece gemere dal dolore.

Non andò oltre con i discorsi perché pensò che soffocare le sue emozioni in un altro bacio avrebbe dato maggiori frutti.

 

 

Certo, aveva riportato indietro il suo culo, ma a che prezzo?

Non riusciva più ad utilizzare il dispositivo di manovra tridimensionale come prima, non era nemmeno in grado di abbottonarsi la camicia da solo senza imprecare ogni tot di secondi, era già tanto se riusciva a stare sopra il suo cavallo senza perdere l'equilibrio, come avrebbe potuto affrontare una missione di per sé suicida come quella che avrebbero intrapreso l'indomani?

Quanto gli costava rimanersene buono nel suo ufficio e lasciare che fossero i suoi sottoposti ad ammazzarsi al suo posto?

Domande a cui Levi non riuscì a dare una risposta immediata, specialmente perché nell'aria cominciò ad aleggiare un vago profumo di carne che riuscì, stranamente, a fargli brontolare lo stomaco e a distrarlo. Fu un'illusione, però, perché subito dopo ricominciò a pensare a lui e al suo cazzo di sogno, raccontato ormai miliardi di volte, in tutte le salse, da ulteriori punti di vista, ogni volta con un aneddoto in più che riusciva sempre a farlo sorridere.

Erwin, ovviamente, non Levi, anche perché normalmente parlava del suo passato subito dopo aver scopato, quindi quando i sensi erano ancora abbastanza inibiti da tutto quel piacere provato.

Era bello sentirlo raccontare di suo padre, ma questo non gli dava di certo il diritto di fare quel cazzo che voleva con la sua vita che era già di per sé a rischio.

Odiava chi non dava valore alla propria esistenza, odiava chi la trattava come una cosa definitiva, che prima o poi sarebbe ritornata se fosse venuta meno.

Erwin non capiva che, in realtà, nel momento in cui si fosse trovato tra i denti fetidi di un gigante del cazzo non avrebbe avuto nulla indietro, nulla. Sarebbe morto come tanti altri, basta, finito, puf!

 

Insieme al profumo invitante di carne si alzò nell'aria il suono di un urlo collettivo di gioia, segno che i soldati si fossero riuniti finalmente a festeggiare, come anticipato da Hanji poco prima.

Avrebbe potuto distrarsi un po', magari bevendo qualcosa che non l'avrebbe comunque fatto ubriacare, magari insultando quella quattrocchi di merda fino allo sfinimento, magari insultando quel coglione di Erwin, magari mandandolo al diavolo, magari rimpiangendo quella volta in cui si era lasciato sopraffare da quelle cose sconosciute che gli esseri umani normali chiamavano "emozioni" e si era lasciato toccare in punti che non sapeva di avere, magari rimpiangendo di averlo baciato e di essersi lasciato baciare così tante volte da aver ormai perso il conto.

Magari rimpiangendo di aver lasciato che gli fottesse il cuore, oltre che il corpo, con quella dolcezza e quella premura che normalmente lo avrebbero fatto vomitare, ma che con lui riusciva a metabolizzarle e accettarle.

Accettava ogni lato di lui: quello infantile, quello manipolatore, quello sadico, quello affettuoso...ma non avrebbe mai accettato il suo lato superficiale, quello che l'indomani l'avrebbe spinto a salire a cavallo e dirigere le truppe verso Shiganshina.

Tirò un pugno, Levi, andando a colpire il muro esterno di quella mensa che ospitava un centinaio di nuove reclute e non intente a gustarsi, probabilmente, le ultime ore di vita prima dell'inevitabile trapasso. Per quanto ci ebbe messo gran parte della sua forza, non sentì nulla perché era troppo occupato a inibire quella cazzo di bruttissima sensazione che sentiva all'altezza della gola e che lo faceva sentire in procinto di soffocare.

Moltissimi soldati dicevano di sentirsi così quando si trovavano davanti ad uno di quei cosi, inermi e impotenti, magari dopo aver assistito alla morte di un loro commilitone, di un loro amante, di un loro amico, proprio davanti ai loro occhi. 

Moltissimi soldati si mettevano a piangere in quelle occasioni, con tutta la forza che avevano in corpo perché poteva trattarsi dell'ultima volta, l'ultima volta in cui avrebbero potuto palesare le loro emozioni.

Levi non avrebbe pianto, no, non lo faceva mai se non in casi particolari.

L'aveva fatto da piccolo, parecchie volte, quando aveva cominciato a vedere la sua figura materna diventare sempre più debole, sempre più pallida, sempre più magra, fino a quando non la vide distesa sul letto immobile, palpebre chiuse e bocca socchiusa, come se avesse emesso un ultimo respiro profondo prima di lasciare quel mondo che non era mai stato così tanto clemente con lei.

L'aveva fatto dopo aver perso Farlan e Isabel, alla loro prima spedizione.

L'aveva fatto con Erwin, la prima volta in cui si erano lasciati andare alle loro pulsioni carnali e avevano consumato un momento lento, silenzioso, bellissimo, di passione su quel letto dove lui non dormiva mai perché dormire lo inquietava maggiormente che rimanere sveglio in quel mondo infame. Erwin era stato un signore, ma Levi non era riuscito a contenere le lacrime (un paio, non di più) all'idea che quel bastardo lo stesse baciando con una dolcezza infinita, lo stesse toccando in punti così nascosti che Levi stesso si domandò se effettivamente esistessero, gli stesse parlando con quel tono così ammaliante quando in tutta la sua vita non aveva mai dato la possibilità a nessun altro di trattarlo in quel modo.

Cosa trovava di così affascinante in uno come Erwin Smith da portarlo ad incazzarsi così tanto con lui se non rispettava i suoi desideri intrinsechi in quello sguardo che agli occhi di tutti poteva sembrare normale, ma che nascondeva più di quanto potesse immaginare?

 

Senza farsi troppo vedere, riuscì ad intrufolarsi all'interno di quella mensa per soffiare dagli occhi distratti dei suoi commilitoni qualche bocconcino di carne che, comunque, non guastava.

Si ritrovò a mangiare in silenzio, nascosto in un angolino di quel posto che era diventato anche troppo rumoroso per i suoi gusti. I mocciosi urlavano, sbraitavano per chissà cosa, si litigavano addirittura qualche salsiccia mentre quell'idiota di Hanji ridacchiava senza alcun pudore.

Tch.

La rabbia aveva ricominciato a solleticargli il cervello nel momento in cui cominciò a pensare che, se Erwin si fosse trovato lì con loro, avrebbe riso anche lui con quella quattrocchi, con gli occhi chiusi di chi se la sta proprio godendo e le gote arrossate di chi ha bevuto troppo vino in poco tempo.

Serrò i pugni, Levi, mentre il suo orecchio risaliva alle voci di due mocciosi idioti che si stavano urlando le peggio cose, causando nei presenti risatine accondiscendenti e grattate di nuca imbarazzate non indifferenti.

Eren e Jean si stavano prendendo a pugni, e la cosa gli stava dando parecchio fastidio.

Lui non si stava "divertendo" come avrebbero voluto tutti gli altri, e la cosa gli stava dando fastidio.

Erwin sarebbe partito l'indomani.

E la cosa gli dava parecchio fastidio.

 

Non rifletté nemmeno quando si avvicinò a quei due idioti e colpì con un calcio ben assestato lo stomaco di Eren e con un pugno la zona addominale di Jean. Avrebbe tanto voluto che ci fosse stato Erwin, dall'altra parte. Pensò a lui mentre affondava il suo piede e la sua mano in quei corpi insulsi e intrisi di tutta quella gioventù che lui non aveva ricordi di aver vissuto.

Ma quel figlio di puttana si era chiuso chissà dove, probabilmente per scrivere gli ultimi settecentocinquanta rapporti prima del suo inevitabile trapasso con quella mano che non riusciva ad impugnare nemmeno una forchetta.

Lo avrebbe anche picchiato a sangue se solo non si fosse trovato nella condizione di dovergli comunque obbedire, nonostante tra di loro non ci fosse più quel rapporto estremamente formale che c'era all'inizio, nonostante spesso e volentieri dormissero assieme (inteso nello stesso letto, perché Levi normalmente "dormiva" seduto allo scrittoio) e nonostante si comportassero da amanti sebbene non si fossero mai accordati seriamente a riguardo.

Era ovvio che sarebbe morto, oppure ferito gravemente, nel migliore dei casi.

Allora perché cazzo non lo capiva? Perché cazzo voleva rischiare così tanto?

Perché cazzo non voleva ascoltarlo?

-Andate a dormire.- ordinò a quei due, intenti a respirare profondamente agonizzanti per terra, e a tutta la mensa che sembrava essersi paralizzata dopo il suo intervento.

Pace, calma, finalmente, dopo minuti interminabili di urla, risate sguaiate e atteggiamenti di chi non avesse minimamente paura per la missione suicida del giorno dopo. Oppure di chi avesse effettivamente paura, ma che fosse tanto bravo a nasconderlo.

-Erwin non è venuto?- domandò Hanji nell'avvicinarsi a lui, evitando accuratamente di toccargli la spalla perché sapeva quanto gli desse fastidio.

Eppure quando era Erwin a toccarlo non sentiva quella sensazione sgradevole all'altezza dello stomaco.

Levi non rispose, andò però a recuperare un bicchiere e lo riempì d'acqua. Bevve come se avesse voluto estinguere quel marasma infinito che continuava a stringergli la gola con le sue mani affusolate e forti.

-Mi stai ascoltando?- insistè lei, mettendoglisi davanti con le braccia aperte. Hanji aveva notato la sua espressione, c'era sicuramente qualcosa che non andava in lui.

-Vuoi che prenda a calci anche te?- la minacciò lui alzando un sopracciglio e guardandola dall'alto del suo metro e sessanta d'altezza, ma che sapeva incutere timore a chiunque –Levati dal cazzo, Hanji.- la liquidò con un'occhiataccia prima di incamminarsi nella direzione opposta, sentendo quell'acqua stranamente disgustosa e pesante.

Aveva bisogno di un posto tranquillo dove stare senza che nessuno venisse a disturbarlo con ogni minima cazzata. In quel momento più stava da solo meglio era, si disse mentre si dirigeva verso una delle tante porte che davano sugli scalini che portavano in centro città.

 

-Quando ci saremo ripresi il Wall Maria e avremo eliminato tutti i nostri nemici, potremo tornare indietro?-

Riconobbe immediatamente la voce di Mikasa, e notò con la coda dell'occhio la presenza di Eren e di Armin mentre si sedeva appoggiato al muro portante, stando attento a non fare rumore.

Non seppe cosa lo spinse a rimanere lì quando avrebbe potuto benissimo andarsene.

-Li faremo tornare.- sancì Eren con tono deciso, lo stesso che aveva anche quando sapeva benissimo di aver torto –Ma non sarà tutto come prima. Proprio per questo dobbiamo fargliela pagare.-

-Non è tutto.- s'intromise Armin, con una sfumatura misteriosa e sospesa nella voce –Il mare.-

Quella parola riuscì ad accendergli un qualcosa che non riuscì a capire, Levi, mentre spalancava gli occhi e tratteneva momentaneamente il respiro.

Parlava esattamente come lui...

-Un enorme lago salato che i mercanti non potranno mai prosciugare, nemmeno mettendoci una vita.- Erwin gliel'aveva spiegato, sempre raccontandogli le teorie del suo padre defunto –All'esterno delle mura non ci sono solo i giganti.- continuò il biondino alzando maggiormente il tono di voce, palesando la sua euforia –Acque infuocate, continenti di ghiaccio, distese di sabbia...-

A Levi parve di vedere chiaramente quelle cose come se gli fossero apparse lì, davanti ai suoi occhi in quel punto della mensa che era diventato improvvisamente buio. 

Erwin gli aveva detto le stesse identiche cose, con lo stesso tono euforico, speranzoso, ricco di aspettative. Il tono di un bambino che non era mai cresciuto del tutto. Il tono di un sognatore, un aspetto che aveva avuto anche lui un tempo, quando era costretto a vedere quella fottuta voragine da casa sua che dava sulla capitale e sapeva che non sarebbe mai riuscito ad andarsene da quello schifo di posto.

Il suo sogno era di potersene andare con i suoi amici, mandando a fanculo tutta quella gente che per anni l'aveva trattato come un ratto di fogna, per respirare aria di libertà, un'aria pulita almeno, non che sapeva di piscio e risentimenti.

-Sono entrato nel Corpo di Ricerca per andare a vederli di persona!- continuò poi il ragazzino abbozzando un sorriso, a giudicare dalla voce.

Per cosa era entrato, Levi?

Ah, sì, per ammazzare Erwin e per potersi riservare un posto in superficie.

Ironico come le cose fossero cambiate anche per lui, come quell'uomo che gli avevano ordinato di uccidere fosse diventato il motivo per cui continuare a combattere, a vivere.

Levi aveva sempre bramato la libertà, fin da quando aveva ricordi, e odiava il fatto che moltissima gente potesse permettersi di uscire dalla città sotterranea mentre lui era costretto a fuggire, a nascondersi e a lottare anche per un misero pezzo di pane.

Dopo anni ci aveva fatto anche il callo, ma a che prezzo?

 

-Allora, per prima cosa raggiungiamo il mare!-

Questo aveva esclamato Armin nell'alzarsi in piedi con tutta la gioia di cui potesse disporre. La stessa gioia che aveva lui stesso quando riusciva a pulire una stanza come voleva e senza perdere troppo tempo...

La stessa gioia che aveva Erwin nel raccontare gli aneddoti che riguardavano suo padre e nel confermare le sue idee. Il fatto che fuori dalle mura ci fosse altro, che non esistessero solo loro e che fosse un segreto così grande da portarli a temere addirittura il governo.

Erwin diventava incredibilmente euforico quando gli tornava in mente qualche indizio lasciatogli da suo padre in uno dei tanti meandri della sua mente. E Levi, in cuor suo, adorava vederlo così sereno, così infantile, senza quell'aria stoica che lo rappresentava e che era costretto ad indossare come il cravattino smeraldo che definiva il suo ruolo.

-Tu ancora non ci credi, vero? Vedrai, sono sicuro che esiste!-

Anche Erwin ne era più che convinto, glielo diceva sempre.

Ma...sarebbe riuscito a vederlo con i suoi stessi occhi? Sarebbe riuscito a goderselo appieno?

O sarebbe morto prima di poterci anche solo pensare?

"Nel momento in cui finalmente capiremo la verità di questo mondo, io voglio essere presente".

Levi strinse entrambi i pugni e serrò i denti con tutte le forze che aveva in corpo, sentendosi stupido, inutile, troppo paranoico per i suoi gusti.

Non era programmato che s'incazzasse così tanto per una sua decisione, non era plausibile per uno come lui. Fino a quel momento l'aveva sempre lasciato fare senza fiatare, aveva ubbidito, aveva fatto quello che voleva...perché quel cambiamento improvviso?

Perché solo l'idea di lasciarlo partire senza un braccio e palesemente più debole riusciva a metterlo così tanto in apprensione?

E poi...era veramente solo una mera preoccupazione quello che provava dalla loro ultima conversazione avuta qualche ora prima?

Levi non capiva, e odiava non capire come odiava quel suo atteggiamento del cazzo, da menefreghista bastardo e da masochista.

Sentiva di odiarlo in quel momento, così tanto che l'avrebbe costretto a rimanersene all'interno delle mura anche con la forza, se necessario.

 

-Esploreremo il mondo esterno! E' grande mille volte più dell'interno di queste mura!- esclamava ancora Armin in sottofondo finchè cercava di fare mente locale e di dimenticarsi il suo volto sorridente mentre ribatteva le stesse identiche cose seduto alla sua scrivania con il sole che batteva su quelle spalle che avevano sopportato parecchio, ma che, a quanto pareva, non sembravano aver raggiunto il limite sopportabile.

Erwin voleva ancora combattere contro un nemico che era sicuramente più potente di lui, per una causa per era sicuramente più grande di lui. 

Chi era lui per fermarlo?

Chi era, Levi Ackerman, per poterlo trattenere al quartier generale e costringerlo a rinunciare all'inseguire il suo sogno, quella battaglia iniziata da suo padre anni ed anni prima?

Chi era per Erwin fottuto Smith?

Un compagno di battaglia? Un amico? Un confidente? 

Un amante?

Inghiottì uno dei tanti nodi amari che si portava in gola da ore, e chiuse velocemente gli occhi mentre lasciava abbandonare la testa su quel muro che, francamente, sperava fosse abbastanza pulito.

Avrebbe dovuto affrontarlo per forza quella sera, ma non voleva farlo. Non voleva e non poteva, perché sapeva che se ci avesse provato sarebbero volati solo che insulti perché non era in grado di esprimersi come voleva.
Insomma, come poteva dirgli con così tanta franchezza che quando scopavano si sentiva bene, che non aveva paura di dormire qualche ora in più con lui al suo fianco, che quando lo baciava riusciva a vedere le stelle, che la sua presenza non gli dava minimamente fastidio, anzi, che lo faceva sentire finalmente vivo?
Come avrebbe potuto, un asociale, brontolone e facilmente irritabile come lui, aprirsi così tanto e rivelargli quelle cose che per anni aveva volontariamente o involontariamente soffocato all'interno di sé per paura di ferire gli altri, ma anche sé stesso?

Come avrebbe potuto dirgli che lasciarlo partire lo spaventava di certo maggiormente di dover affrontare un gigante da solo e senza appigli abbastanza alti per poter usare il dispositivo di manovra nel modo corretto?

Non era mai stato bravo con le parole, mai, per questo motivo non si tirava mai indietro quando si sentiva di baciarlo in un certo modo o di toccarlo con una sorta di bramosia che non aveva ricordi di aver mai posseduto. Lo baciava con una certa urgenza per dirgli di chiudere quella cazzo di bocca, gemeva in modo incontrollabile per dirgli che gli stava piacendo, lo teneva stretto a sé per implorargli di non andarsene.

Avrebbe dovuto comportarsi allo stesso modo, quella sera?

O sarebbe stato meglio, per entrambi, che quella bocca l'avesse usata nel modo più convenevole?

Sbuffò rumorosamente nel tirarsi su in piedi a fatica, guardando di sfuggita all'esterno e notando che ci fosse miracolosamente un silenzio quasi tombale, rotto ogni tanto da risatine indefinite in sottofondo e dalle ultime carrozze che percorrevano la città indisturbate.

Non sapeva che ore fossero, ma sapeva che doveva tornare nei suoi alloggi.

Sperava vivamente di non trovarselo già sdraiato sul letto.

Perché in caso non aveva la minima idea di come avrebbe reagito.











Spazio dell'autrice:
Era da ben 5 anni che non pubblicavo qualcosa su questo sito e mi sento un po' arrugginita, in realtà, ma sono contenta di aver ripreso coraggio dopo tutti questi anni di completo silenzio.

In realtà era programmata per essere una semplice one-shot, ma essendo che mi dilungo troppo spesso e volentieri ho deciso di dividerla in due parti anche per ragioni di trama (?).
Non avevo mai scritto un'EruRi prima d'ora anche se shippo questa coppia da tanto tempo: semplicemente non mi sono mai ritenuta all'altezza di poterne scrivere una, anche perchè mi rendo conto di quanto possa essere complicato, soprattutto se ambientata nell'universo canonico dove l'amore, seppur esistente, non sarebbe molto contemplato.
Spero di essere riuscita a ritrarre entrambi il più fedelmente possibile (tra gli avvertimenti ho inserito anche "OOC" proprio perchè non sono sicura al 100%) e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.
Ovviamente critiche e/o opinioni varie sono ben accette, anzi, mi aiuterebbero molto a capire se sto andando per la strada giusta o se sto solo sparando cavolate allucinanti.
Vi ringrazio per aver letto questo piccolissimo delirio.
Ci si vede al prossimo capitolo!





 

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Capitolo 2
*** #2 ***


Non vide alcuna luce filtrare dalla porta chiusa, quindi si aspettò che al suo interno fosse vuota. Oltre che aspettarselo lo sperò vivamente, dato che si sentiva troppo stanco e nervoso per fare qualsiasi cosa che non fosse chiudere gli occhi per una manciata di ore e stare lontano da qualsiasi essere umano munito del dono della parola.

Aprì la porta, quindi, senza fare troppo rumore, e trovò la stanza fortunatamente vuota. Solo la minima luce esterna la illuminava quel minimo indispensabile per capire almeno dove mettere i piedi. Levi però non si fidava così tanto della sua vista notturna, così si apprestò ad accendere la lanterna che si ergeva sul tavolino, trovandola stranamente ancora calda.

Insieme ad essa, sulla superficie legnosa e leggermente ammaccata in alcuni punti, uno specchio, il rasoio in acciaio di Erwin, e un libro aperto rivolto con le pagine verso il basso di cui ignorava il contenuto.

Quel bastardo era stato lì fino a poco tempo prima, probabilmente per rilassarsi un po' prima di tornare a firmare gli ultimi rapporti per l'indomani. 

Il corvino si domandò come avesse fatto a radersi da solo quando normalmente chiedeva aiuto a lui o ad Hanji in sua assenza, ma si fece più viva in lui un'altra necessità.

Mandò a cagare quel buon proposito di riuscire a farlo ragionare un'ultima volta e cominciò a prendere le sue cose per andarsene da quella stanza che si stava facendo sempre più soffocante nonostante ci fosse solo lui. Avrebbe dormito (sempre se ci fosse riuscito) da un'altra parte, anche fuori dalla porta se necessario, tanto comunque non riusciva a beneficiare di un sonno completamente tranquillo da anni a causa degli incubi e dell'irrazionale paura di non svegliarsi più.

Avrebbe passato pure la notte insonne se questo lo avesse aiutato a distrarsi dal picchiare a sangue quel biondino del cazzo, quello stesso biondino che era in grado di fargli battere il cuore sia dalla rabbia sia per qualcos'altro.

 

Mentre si apprestò a prendere le numerose imbracature che aveva lasciato accuratamente in un lato della stanza, la porta si aprì, e Levi trasalì.

-Ah, sei qui. Pensavo fossi ancora con gli altri.- non si girò nemmeno a fissarlo da quanto si sentì ardere dalla rabbia, si limitò quindi a stringere le imbracature con la mano come per incanalare l'irritazione in quel punto.

Come se si fossero trattate del collo muscoloso e roseo di quel bastardo su cui avrebbe voluto mettere le mani per farlo tacere una volta per tutte. 

Erwin entrò chiudendo la porta nel più religioso silenzio per non svegliare gli altri soldati, andando a sistemare quello che aveva lasciato sul tavolino poco prima.

Levi non disse e non fece nulla, rimase con il corpo rivolto al muro per interminabili secondi mentre rifletteva su come scappare da quella stanza senza farlo insospettire troppo. Difficile, perché teneva comunque in mano tutte le sue cose, ed Erwin non era poi così stupido da credere che stesse solamente mettendo in ordine la stanza per la terza volta in una giornata.

Poteva anche farlo, in realtà, ma a quell'ora era abbastanza inverosimile e non da lui.

-E' stata una bella festa?- domandò quest'ultimo con tono tranquillo, quasi sorridente pareva, cosa che fece imbestialire a dir poco il corvino ancora intento a pensare ad una via di fuga.

 

Davvero gli stava chiedendo se si fosse divertito? Dopo tutto quello che gli aveva detto poche ore prima? Dopo aver palesato il suo evidente desiderio di morte in contrasto con quello di scoperta?

No, non era stata una bella festa, e non lo sarebbe mai stata per uno come Levi.

Soffocò un altro istinto simil-omicida, il corvino, prima di camminare velocemente verso l'uscita con la testa bassa e i pugni forzatamente chiusi.

-Ehi, che ti prende?- domandò Erwin con tono allarmato, bloccandosi da tutto quello che stava facendo per poterlo seguire almeno con lo sguardo. Levi non rispose, ma si morse il labbro per non dover dire quello che da ore combatteva per fuoriuscire dalla sua bocca.

-Dove stai andando?- insistè notando come tenesse in mano tutti i suoi vestiti con aria di profonda necessità, come se stesse scappando disperatamente. Levi lo ignorò ancora mentre recuperava i suoi stivali, sperando internamente che smettesse di fargli domande e che andasse a dormire come tutte le persone normali.

-Fatti i cazzi tuoi.- non era premeditato che gli parlasse, non voleva parlargli, ma in fondo al suo cuore sapeva che bene o male gli doveva una risposta. Fece uno scatto verso la porta d'uscita, finalmente, cominciando già a respirare una sorta di libertà che all'interno di quelle quattro mura sarebbe sicuramente venuta meno.

-Levi, dimmi che cazzo hai e dove stai andando.- il tono di Erwin si fece quasi esasperato, dopo aver rilasciato un tipo di sospiro che il corvino conosceva bene –E' un ordine.-

 

Un brivido familiare andò a colpirlo sulla nuca, provocando una leggera e quasi impercettibile scossa che fu in grado di donargli uno spasmo involontario sulla zona della testa non doloroso, ma comunque intenso, che lo immobilizzò davanti alla porta. In un secondo si sentì rinato, totalmente, come se le sorti della sua vita dipendessero da quell'ordine inaspettato.

Era un fremito che lo colpiva solo ed esclusivamente quando pronunciava quelle tre semplici parole, un fremito che lo portava ad obbedirgli senza alcuna possibilità di rifiutarsi, per la maggior parte delle volte.

Erwin sapeva di avere quel potere su di lui, lo sapeva benissimo, e Levi lo odiò così tanto in quel momento che quella tentazione repressa di picchiarlo a sangue stava ricominciando a farsi viva dentro di lui.

Levi si girò a fissarlo con uno sguardo che non si era mai permesso di rivolgergli, mai, in tutti quegli anni. Nemmeno quando Erwin era riuscito a bloccare la sua spada con una mano subito dopo la morte di Farlan ed Isabel l'aveva guardato con tutto quell'odio e quella rabbia repressa. Nemmeno quando Mike gli aveva infradiciato la testa in quella pozzanghera fangosa dopo un suo ordine, nemmeno quando l'aveva incrociato nei corridoi con quel sorrisetto bonario di chi non ha minimamente paura di morire, nemmeno quando era tornato senza un braccio nonostante le sue previsioni.

Si rese conto con una leggera preoccupazione che, se avesse veramente voluto, in quel momento, avrebbe tranquillamente potuto farlo fuori senza alcuna esitazione. Esattamente il motivo per cui era entrato nel Corpo di Ricerca anni ed anni prima, ma che non aveva portato a termine.

Com'erano arrivati a quel punto? Perché era bastato una semplice incomprensione e la sconsideratezza di Erwin a provocare quella palese spaccatura?

 

-Smettila di giocare con la mia testa.- sibilò Levi gettando a terra le sue cose e voltandosi completamente verso di lui, minacciandolo con quegli occhi grigi che in quel momento brillavano di una luce diversa, ardente, viva.

Sapeva quanto Erwin fosse un sadico, un calcolatore, ma non credeva che sarebbe arrivato addirittura ad ordinargli una cosa così stupida pur di giungere al suo scopo. Non credeva che sarebbe arrivato a sfruttarlo in quel modo pur di sapere cosa gli passasse per la testa.

Forse l'aveva sempre fatto, ma non se n'era mai accorto del tutto, o forse l'aveva lasciato fare perché si fidava di lui. Perché Levi si era sempre fidato di lui, in tutto e per tutto, e non avrebbe mai permesso che nel loro rapporto la fiducia venisse meno.

-Dimmi perché te ne stai andando, allora.- insistè il biondo facendo un passo verso di lui per metterglisi esattamente di fronte.

Levi si ritrovò a fissare quel rasoio con uno sguardo che internamente lo spaventò, perché sapeva che sarebbe stata questione di tempo prima che lo impugnasse e che gli ricordasse quanto fosse bravo con gli oggetti contundenti. Lo fissò ancora negli occhi, sperando che fosse abbastanza palese tutta l'amarezza che stava provando, tutto quell'odio che non avrebbe mai sperato di provare per uno come lui.

Una volta lo odiava, parecchio, così tanto da non pensare ad altro. Anche in quel momento non ci riusciva, però non dipendeva dall'odio, bensì da qualcos'altro che Levi ancora non capiva oppure si rifiutava di capire.

-Perché non voglio vedere la tua faccia di merda e non voglio parlarti, ti piace come risposta?- pronunciò quelle parole come se gli facessero male all'interno della sua bocca, sputando tutto quel veleno che si trascinava da ore infinite come una serpe in una situazione di pericolo. Erwin aggrottò lievemente le sopracciglia folte, visibilmente confuso da quell'atteggiamento che sì, era tipico di Levi, ma che in quel momento sentiva che non gli appartenesse.

Era turbato da qualcosa e quegli occhi iniettati di sangue non gli piacevano per niente; non erano gli occhi dello stesso uomo che l'aveva affrontato nel suo ufficio, non erano gli occhi della stessa persona che aveva baciato, stretto, abbracciato, consolato nei momenti più bui...

Non erano gli occhi dell'unico uomo a cui aveva dato il permesso di avvicinarglisi così tanto in tutti quegli anni, confidando le sue sicurezze e le sue insicurezze, alla ricerca solamente di qualcuno che lo ascoltasse senza fiatare. Levi era il tipo di persona che ascoltava pazientemente, ma in quel momento Erwin percepì un muro tra di loro che ricordava di aver visto subito dopo l'averlo arruolato. Avevano impiegato entrambi parecchio a distruggerlo, trattandosi comunque di due personalità molto forti e che spesso e volentieri entravano in conflitto anche per le cose più stupide.

 

Notando che il biondo non rispondeva più, Levi si girò dall'altra parte intento ad aprire la porta per uscire finalmente da quella situazione soffocante che non riusciva a farlo ragionare normalmente.

Erwin, in un lampo, si apprestò a prendergli il polso per fermarlo con l'unica mano libera, ma Levi non sembrava pensarla allo stesso modo. Erwin non fece nemmeno in tempo a sfiorarlo che il corvino si precipitò sul tavolo con uno scatto fulmineo, impugnò il rasoio con una mano e si allontanò da lui con l'oggetto in bella vista: la lama argentea luccicava a contatto con la luce fioca della lanterna assieme agli occhi chiari di Levi, intenti a fissarlo come se si fosse trattato di una preda in una battuta di caccia.

-Non azzardarti a toccarmi.- lo minacciò il corvino con tono fermo, godendo internamente dell'espressione confusa e leggermente impaurita del più grande. Erwin sapeva quanto quella visione potesse essere letale, ne aveva avuto un assaggio anni prima, ma non capiva seriamente perché si stesse difendendo in quel modo.

Non si era mai tirato indietro quando lo toccava, anzi, sembrava che gli piacesse un po' di calore umano se era lui stesso a donarglielo. Allora perché si stava allontanando in quel modo? Perché aveva preso quel rasoio e lo stava sfoderando davanti ai suoi occhi con quell'aria così minacciosa?

-Levi...- lo chiamò il biondo, iniziando a percepire dei brividi di freddo risalirgli per tutta la colonna vertebrale. Il colore della lama era molto simile a quello dei suoi occhi, fissi sui propri come se avesse voluto leggergli l'anima.

-E' da anni che non impugno un coltello, ma non ho dimenticato come si fa.- affermò il corvino nel rovesciare l'impugnatura com'era solito fare con le spade –Dimmi, Erwin, vuoi provare l'ebbrezza di cavalcare senza braccia?-

Il più grande dei due ricominciò a temere per la sua vita dopo anni, quel brivido familiare che aveva percepito nell'incrociare il suo sguardo nella città sotterranea ritornò a fargli visita con tutto il suo splendore, rendendolo molto più invulnerabile di quanto potesse sperare.

-Oppure...- continuò muovendo il rasoio in aria verso il basso, come se lo stesse effettivamente tagliando con quella lama affilata –Se ti tagliassi una gamba...- Erwin si ritrovò a deglutire sommessamente –O addirittura quella lingua di merda che ti ritrovi, così tanto brava ad ammaliare le persone, a manovrarle, ad usarle.- Levi rialzò il rasoio, portandolo davanti al suo viso in modo tale che si vedessero solo i suoi occhi.

Erwin in cuor suo sapeva, sperava, che l'altro non si spingesse a tanto, ma quell'atteggiamento di certo non portava buone notizie.

-Come farai ad impartire degli ordini senza quella lingua, Erwin?- lo stuzzicò il corvino ritornando ad impugnare quel rasoio nel modo tradizionale, senza smettere di fissarlo negli occhi.

"Guardami, guarda quanto sono incazzato con te, guarda la voglia che ho di prenderti a pugni fino a farti sanguinare".

Guardami.

-Perché vuoi spingerti a tanto?- domandò il biondino indietreggiando di un semplice passo, facendo rilassare lievemente l'altro uomo.

-Visto che minacciarti di spezzarti le gambe non ha funzionato ho pensato di alzare l'asticella.- rispose prontamente il più basso dei due non staccando lo sguardo dal suo come se avesse voluto assistere ad ogni respiro un po' più corto, ad ogni boccone amaro inghiottito a fatica, ad ogni battito di ciglia impaurito –Hai tanta voglia di morire, no? Allora perché non mi affronti, qui ed ora?- 

Era serio, era incredibilmente serio, appurò il biondo con una sorta di orrore nello sguardo. 

-Ti farò tornare quella cazzo di voglia di vivere in un attimo.-

-Levi, non stai pensando in modo lucido...- cercò di dirgli il più grande dei due mettendo avanti la sua unica mano disponibile. Sapeva che fosse un rischio, ma non voleva tirarsi indietro così facilmente.

-Potrei dire la stessa cosa di te, dal momento che stai decidendo di tua spontanea volontà di diventare mangime per giganti e allo stesso tempo vuoi scoprire i segreti di questo mondo.- ribattè prontamente il corvino alludendo alla sua incoerenza e tirando un fendente all'aria, rapido ma indolore, per fargli capire che non stesse scherzando e che avrebbe potuto scatenarsi tranquillamente in qualsiasi momento –Ti dico una cosa, comandante...- sputò quella parola come se fosse veleno –Da morto non potrai entrare in quella fottuta cantina, spero che tu te ne sia reso conto.-

Odiava non essere in grado di spiegarsi come tutte le persone normali, ma ci aveva provato con le buone quel pomeriggio senza alcun risultato, quindi si trovò costretto a cambiare metodo d'approccio.

Probabilmente con le minacce e con un realismo sfacciato Erwin avrebbe capito di più.

Quest'ultimo, infatti, alzò entrambe le sopracciglia, colpito dalla crudeltà insita in quell'affermazione che non si aspettava minimamente sebbene sapesse quanto fosse diretto e quanto se ne fregasse degli onorifici in sua presenza.

-Ti ho detto quello che penso, Levi, e non cambierò idea a riguardo.- ricordò risoluto subito dopo, andando pure a sospirare. 

-Oh, lo so che non lo farai.- annuì l'altro con un cenno del capo –E nemmeno io lo farò.- ammise subito dopo abbassando il rasoio e lanciandolo in un punto della stanza dove non avrebbe fatto del male a nessuno –Sappi solo, che se dovessi trovarti in difficoltà non verrò a salvarti il culo come faccio di solito, chiaro?- si udì poi il clangore metallico provocato dall'oggetto in caduta libera verso il pavimento, sancendo l'ennesima pausa di una dozzina di secondi.

Il tono era deciso, fermo, rozzo come era sempre stato, ma Erwin riuscì a leggergli qualcos'altro in quegli occhi che aveva visto in tutte le sfumature possibili. 

Si ritrovò a scuotere la testa in segno di diniego, distogliendo lo sguardo per un secondo e andando a fissare quel pavimento dove avrebbe pure potuto specchiarsi da quanto lucido fosse.

-Ti conosco, non saresti in grado di fare una cosa del genere.- Levi odiava le morti inutili, lo sapeva benissimo, per questo si buttava sempre in mezzo alla mischia rischiando pure la sua vita pur di salvarne altre cento. Era un uomo buono, per quanto non lo dimostrasse spesso e con tutti.

-Tu non mi conosci affatto.- ribattè con tono fermo il diretto interessato, trattenendosi dall'emettere una risata sdegnosa.

-Mi fido ciecamente di te abbastanza da sapere che se fossi in pericolo di vita tu verresti in mio soccorso comunque.- non c'era alcuna traccia denigratoria nel suo tono, solo della semplice sincerità che Levi non prese così tanto bene perché in cuor suo sapeva che avesse pienamente ragione. 

Levi avrebbe potuto anche ignorare una sua richiesta d'aiuto, ma una parte di sé si sarebbe precipitata senza alcun indugio. L'aveva vissuto talmente tante volte da aver ormai perso il conto.

-Neanche, perché se ti fossi fidato a suo tempo avresti ancora il braccio.- sentenziò percependo il proprio petto andare a fuoco, in contrasto con l'ennesima sensazione di colpevolezza per non averlo potuto salvare, mentre poggiava velocemente lo sguardo sul moncone coperto dalla camicia bianca –E se ti fidassi abbastanza accetteresti di rimanere qui a leggere qualsiasi libro di merda in attesa del nostro ritorno, ma no, tu vuoi fare l'eroe, dimostrare di essere migliore di altri che ti hanno preceduto...il problema è che non hai capito che un fottuto fantasma non potrà fare nulla di concreto in questo mondo.-

-Senti, Levi...- Erwin andò a massaggiarsi la radice del naso in attesa che l'illuminazione lo invadesse totalmente –Smettila di girarci intorno, e dimmi cosa vuoi.-

Levi andò a schioccare la lingua sul palato, palesemente stizzito.

-Allora sei veramente sordo, oppure quella volta hai perso così tanto sangue da rincoglionirti totalmente in modo permanente...- commentò con aria di sdegno, il più piccolo dei due, nello scuotere la testa.

Quanto cazzo ci voleva a capire che non voleva che partisse il giorno dopo? Doveva scriverglielo su un documento ufficiale per inculcarglielo in testa?

-Non è colpa mia se mostri le tue emozioni o le tue intenzioni solo quando...- 

 

Il tono, da forte e deciso che era, si abbassò notevolmente di volume alla fine di quella frase che aveva lasciato in sospeso. 

Erwin aveva chinato lo sguardo, abbastanza affranto, tra l'altro, portandolo verso quello stesso pavimento che aveva fatto da testimone a tante situazioni che avevano coinvolto entrambi. Dalle più belle a quelle più brutte, nessuna esclusa.

Levi aveva capito cosa intendesse, non ci voleva un genio, e gli scappò da ridere.

Una risata amara, brutta, sorpresa in negativo, una di quelle che aveva rivolto solo a quelli che avevano cercato di ucciderlo negli anni ma che non ci erano mai riusciti, prima di piantare il coltello nelle loro gole oppure prima di privare loro della vista, dell'udito o del senso del tatto.

-Non ci posso credere...- commentò con tono lieve, ma pregno di disprezzo, andando a fissarlo con tutta quella delusione che aveva accumulato negli ultimi anni –Non riesci a dire quella parola?-

Il biondo rimase zitto e immobile, ancora intento a fissare quel pavimento come se avesse voluto che lo inghiottisse. Levi non potè vederlo, ma si era formato un rossore sulle sue guance che in quel momento stonava con tutto il resto.

-Erwin Smith, il 13° Comandante del Corpo di Ricerca, che si vergogna di dire di aver scopato con un suo sottoposto?- il corvino sputò quelle parole come se si fosse trattato di un veleno in procinto di corrodergli l'interno della bocca e l'esofago.

Un veleno che in pochissimi secondi era riuscito a sciogliergli quel cuore che fino a quel momento non si aspettava esistesse. Un cuore che batteva solo per Erwin, e per nessun altro.

Levi avrebbe potuto anche vivere senza di esso, l'importante era che l'avesse lui.

Erwin non parlava, Erwin non reagiva, e questi elementi bastarono per offuscargli ancora quella vista che riteneva essere la migliore all'interno del Corpo.

-Beh, è giusto, d'altronde sono solo un ratto di fogna, figlio di una sporca puttana qualunque e di un padre sconsiderato e sconosciuto che ha vissuto per anni nella merda e che non è in grado di parlare con la gente se non porta con sé un coltello.- sapeva che i suoi superiori avessero fatto delle ricerche su di lui prima di arruolarlo, e sapeva che quelle parole erano uscite dalle loro bocche mentre si confrontavano distanti dai cadetti.

-Non ho mai detto questo.- fece il biondo con tono risoluto tornando a guardarlo negli occhi e percependo quell'enorme disgusto che provava solamente a ricordare certe frasi –So che non sei così.- sancì con tutta la sincerità di cui potesse disporre.

Sapeva che i superiori avessero speso quelle parole per lui tanti anni prima, ma aveva cercato di convincerli sul fatto che Levi fosse diverso, che celasse un'oscurità dentro di sé che era simile alla sua, che nonostante avessero vissuto in due mondi differenti avessero moltissime cose in comune e moltissimi punti di vista simili.

Levi era un uomo buono, altruista a modo suo, si preoccupava degli altri, si preoccupava per le sorti di una guerra che non gli apparteneva nemmeno, si preoccupava di preparargli sempre una tazza di tè caldo per quando si sarebbe svegliato...

Levi era uguale a lui, e allo stesso tempo l'opposto. Un contrasto che funzionava bene sia nella vita che in battaglia; sapeva che ci sarebbe sempre stato per lui, e allo stesso modo sperava che si appoggiasse a lui se ne avesse mai avuto bisogno a discapito del suo orgoglio.

 

-Tu non sai niente!- urlò il corvino facendo uno scatto in avanti, prendendolo per il colletto della camicia e tirandolo a sé per poterlo guardare meglio negli occhi. Furia, furia inesauribile in quelle iridi così piccole ma così profonde da riflettere i cieli coperti da nuvole di pioggia o il mare in tempesta. Una tempesta che stava per scatenarsi proprio lì e in quell'esatto momento.

Una tempesta che Erwin personalmente temeva perché consapevole che si sarebbe lasciato trascinare da essa.

-Non dire di capirmi o di sapere chi sono o quello che provo solo perché mi hai scopato e perché abbiamo dormito insieme!- strillò il più piccolo stringendo quel colletto come se si fosse trovato appeso ad un dirupo e stesse lottando per non lasciare la presa –Non dire di capirmi quando non hai mai dovuto dormire sotto un fottuto ponte, quando non hai mai dovuto rubare da mangiare fin da quando avevi sei anni, quando non hai mai dovuto imparare come tenere in mano un coltello, quando non hai mai dovuto imparare a sopravvivere in un'età in cui normalmente dovresti giocare con le spade di legno!-

Parole che non aveva mai detto a nessuno, parole che facevano male solo a tenerle sotto la lingua, parole che Erwin si sarebbe aspettato di sentire, prima o poi. Perché era vero, non lo capiva, o meglio, non fino in fondo. Non aveva vissuto nulla di quello che aveva provato lui fin dalla più tenera età, anzi, l'esatto contrario, quindi non poteva dire di capirlo totalmente.
Non riusciva nemmeno ad immaginarsi cosa avesse provato in quel posto, cosa avesse dovuto passare, cosa significasse per lui vivere quando per anni aveva solo potuto sopravvivere in quel mondo che non gli era mai stato amico.

-Non dire di capirmi quando...quando...- il tono si era afflosciato all'ultimo, assieme alle sue mani che pian piano stavano mollando la presa su quel colletto che oramai si era tutto raggrinzito –Quando non ascolti mai quello che ti dico, e preferisci andare a morire piuttosto di aspettare che qualcuno apra quella cazzo di cantina al posto tuo...-

Levi abbassò lo sguardo a terra, cosicchè Erwin potesse vedere solo quel casco di capelli neri come la pece ricadergli piano su quel viso tirato, stanco, provato.

Non seppe cosa dire e non seppe cosa fare quando appoggiò la testa sul suo petto in completo silenzio, come per trovare una sorta di conforto in un minimo contatto. Respirava profondamente, Levi, mentre si lasciava andare in un momento di pace che era, purtroppo, solo apparente.
Erwin si limitò a lasciarlo fare, tenendo sollevato il braccio sinistro per paura di sfiorarlo e di allontanarlo di conseguenza.

Aveva pochissimi ricordi di averlo visto in quel modo, anche molto offuscati, ma erano sempre momenti in cui si ritrovava senza parole in canna, senza la minima idea di come comportarsi per poterlo chetare. Normalmente bastava che lo abbracciasse e che lo baciasse, ma Erwin sapeva che in quel momento non sarebbe servito a nulla.

 

-Dimmi quello che ti senti.- gli disse con tono basso, mordendosi il labbro dal timore di osare troppo e di allontanarlo definitivamente –A parole tue, dimmi tutto quello che provi.-

Non l'aveva mai fatto prima perché sperava che, prima o poi, fosse lui stesso a farsi avanti. 

Non era un ordine, era un dolce invito a renderlo partecipe delle sue emozioni che con tanta cura si premuniva di nascondere agli occhi degli altri. Emozioni che da un momento all'altro sarebbero potute esplodere, com'era successo un paio di minuti prima.

Sentì Levi sospirare piano contro il suo petto, ma ancora non osò sfiorarlo.

-Ho già perso Farlan, Isabel, mia madre, tutta la mia squadra, Kenny...- mormorò il corvino con tono affranto, quasi inudibile, mentre faceva qualche passo indietro e deglutiva così tanta saliva da rischiare pure di soffocarsi. Alzò lo sguardo ed incrociò quello del comandante, del suo comandante, intento ad ascoltarlo senza fiatare con un'espressione terribilmente empatica in viso.

Per quanto fosse incazzato ancora con lui, per quanto avesse ancora voluto picchiarlo a sangue...non riusciva a vederlo sotto una luce negativa, non al ripensare che quella sarebbe potuta essere l'ultima sera in cui avrebbero potuto stare entrambi in piedi in quella stanza.

L'ultima sera in cui avrebbero potuto calare le maschere e rivelarsi per quello che erano senza paura del giudizio dell'altro.

-Non posso, non voglio, perdere anche te.-

 

La sua espressione era torva, ma era solo per nascondere il pizzicore delle sue palpebre e il leggero tremolio che aveva iniziato a percorrere la sua bocca, segno che stesse per mettersi a piangere come aveva già fatto parecchie volte da solo, lontano da occhi indiscreti, con un fazzoletto in bocca per soffocare i singhiozzi come gli aveva insegnato sua madre quando arrivava "un suo amico" ed usciva di casa dopo poco tempo lasciandola dolorante, in lacrime anche lei, spenta di tutta quella vitalità che aveva solo quando si ritrovava ad accarezzargli i capelli neri e gli cantava alcune filastrocche per farlo addormentare.

Aveva pochi ricordi di sua madre, ma aveva custodito ogni suo insegnamento come se si fosse trattato di un Vangelo intoccabile e prezioso.

Anche Erwin gli aveva insegnato molto, gli doveva anche molto, eppure non riuscì a perdonarlo per essersi comportato così egoisticamente.

-Levi...- quest'ultimo rimase senza parole, percependo un tremore all'altezza del cuore che gli era familiare perché lo sentiva solo in sua presenza. Un segno che quel cuore stesse battendo veramente per qualcuno, un segno che gli ricordava di essere effettivamente vivo.

Provò l'impulso irrefrenabile di abbracciarlo e di affondare il viso nei suoi capelli che profumavano sempre di buono, ma non sapeva come avrebbe reagito. Alzò solamente una mano, quindi, per portargliela sulla guancia con l'intento di accarezzargli quel viso provato, stanco, bellissimo, che riusciva sempre a renderlo invulnerabile in qualsiasi situazione.

Levi, però, non fu della stessa idea. 

Chiuse gli occhi e con un sospiro si allontanò di poco, per poi distogliere un attimo lo sguardo e riordinare le idee.

Erwin si propose ripetutamente quella frase in loop nella sua testa, ritenendo impossibile che quell'uomo che era conosciuto per essere molto freddo di carattere potesse esprimersi in quel modo così diretto nonostante si stesse parlando delle sue emozioni, ovvero un argomento tabù.

Non voleva che partisse, questo al biondo era chiaro, ma non aveva capito fino in fondo che si trattava solamente della paura di perderlo, una paura che non aveva mai manifestato così tanto prima di allora.

Levi odiava le morti inutili, si buttava sempre nella mischia per aiutare chi fosse in pericolo...ma non aveva ricordi di averlo sentito dire quelle cose a qualcun altro. Stava riservando quelle parole, quell'espressione affranta, quell'atteggiamento scostante ma allo stesso tempo così vero e sincero solo a lui.

 

-Quando ti sentirai finalmente soddisfatto, Erwin?- domandò il corvino nell'alzare timidamente il viso verso di lui. La voce flebile come la lanterna che aveva acceso poco prima, ovvero l'unica fonte luminosa di quella stanza che rivelava il turbamento negli occhi di entrambi.

Il tono che aveva usato non era intriso di sdegno e di rabbia, no, era il tono di chi si fosse finalmente rassegnato all'idea che Erwin non avrebbe mai ceduto nemmeno se gliel'avesse chiesto in ginocchio. Levi di suo non l'avrebbe mai fatto, ma l'idea aveva cominciato ad aleggiargli nella mente nel momento in cui cominciò ad immaginarsi un futuro senza la sua presenza in quella stanza che era troppo grande anche per due persone.

Un futuro senza i suoi ordini, un futuro senza le sue storie raccontate dopo una notte di passione, un futuro senza le sue mani che sapevano sfiorarlo con una dolcezza infinita, un futuro senza l'unico uomo a cui aveva dato il permesso di conoscere lati di lui che non aveva mostrato a nessun altro. 

Un futuro senza Erwin non l'aveva mai considerato, e lo spaventava più di quanto potesse sperare.

Il diretto interessato deglutì, sorpreso di quella domanda che non avrebbe saputo rispondere su due piedi, specialmente dopo aver notato quanto Levi ci tenesse, non alla guerra in sé, ma alla sua incolumità.

Guardò quell'uomo che in tutti quegli anni era cambiato come mai avrebbe immaginato con un'espressione quasi fiera in volto. Ricordò quando l'aveva visto volare nei cieli della città sotterranea e quanto ne era rimasto sorpreso, quando Mike aveva sollevato la sua testa bagnata e sporca di terra e fango da quella pozzanghera che aveva vissuto giorni migliori, ricordò i suoi occhi iniettati di sangue quando era riuscito a bloccare la spada impugnandone la lama con una mano e ferendosi, mentre Levi si sfogava su di lui per la morte dei suoi migliori amici.

Ricordava la prima notte in cui avevano dato sfogo alle loro pulsioni più carnali, su quello stesso letto, dopo una serata condivisa a firmare rapporti e a chiacchierare del più e del meno tra un documento e l'altro. Il primo bacio datogli, le prime carezze, le prime parole quasi dolci che si era permesso di dirgli mentre si addormentava perché consapevole che, in quel mondo, sprecare tempo prezioso con l'amore fosse inammissibile.

Erwin l'aveva visto cambiare totalmente, aveva visto tutti i suoi lati strani, tutti i suoi lati divertenti, tutti quei lati che lo spingevano a volerlo vedere ogni giorno sempre di più.

L'aveva visto ridere, piangere, scherzare, parlare nel sonno, sorridere lievemente quando gli portava del tè prezioso dalla Capitale...

Eppure non si sarebbe mai abituato a vederlo così indifeso, così impaurito, preoccupato come non lo era mai stato.

Levi era una forza della natura, non ci voleva di certo poco per piegarlo.

Eppure era bastato dirgli che sarebbe partito anche lui, il giorno dopo, per spezzare quell'equilibrio che andava avanti da anni e che non era mai stato deturpato prima.

 

-Quando l'umanità si sarà ripresa quello che le spetta di diritto.-

La libertà, la possibilità di scappare da quelle tre mura, incontrare gente sconosciuta, visitare posti sconosciuti.

Mare, deserto, montagne innevate...tutte quelle cose che aveva solo visto nei libri che suo padre possedeva.

-Chi sta parlando, il comandante, o il figlio del maestro?- domandò all'improvviso Levi, sempre con quel tono di voce basso che non presagiva nulla di buono.

Lo sguardo si era affilato ancora, ma più che arrabbiato sembrava solo essersi arreso ancora di più. Nei suoi occhi grigi la più vivida consapevolezza che sarebbe stato effettivamente inutile cercare di convincerlo a rimanere lì e a tenere salva la vita.

-Il comandante, ovviamente.- rispose prontamente l'altro, guardandolo con una sorta di ovvietà sia nel tono che nella voce.

Levi non era molto convinto, lo si notava dall'espressione di chi la sa lunga ma non vuole ammettere nulla.

Sospirò, quest'ultimo, per poi scuotere la testa in segno di diniego.

-No, non è vero.- abbozzò un sorriso triste ed amaro nel voltarsi indietro, ma non prima di aver scrutato attentamente quelle iridi blu che tanto adorava e che normalmente sapevano infondergli una tranquillità assoluta.

 

Erwin non approfittò di quell'indugio per fermarlo, perché sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo lasciò avvicinarsi finalmente alla porta, con passo svelto ma trascinato allo stesso tempo.

-Fai quello che devi, basta che non te ne penta poi.- fece Levi impugnando la maniglia con una mano e andando con l'altra a raccogliere tutto quello che aveva lasciato cadere per terra, prima, per poi girarsi ancora verso di lui e guardarlo per l'ultima volta –Mi fido di te.-

Erwin lo sapeva perfettamente, non aveva dubbi...ma quell'espressione così non da lui fu in grado di sconvolgerlo con nessuno sforzo.

L'aveva detto, ma non lo pensava, questo percepì Erwin in quelle sopracciglia lievemente aggrottate e la bocca forzatamente serrata.

Come se gliel'avesse detto per convincerlo ed autoconvincersi, soprattutto.

Levi aprì la porta, quindi, non incrociando più lo sguardo con il suo e sgusciando fuori dalla stanza il più silenziosamente possibile, sancendo la fine di quella conversazione che non aveva dato i suoi frutti.

Erwin rimase in piedi nel mezzo della stanza per un bel po', non si rese nemmeno conto che la luce della lanterna si fosse spenta a causa del colpo d'aria causato dalla porta da quanto fosse concentrato a guardare il pavimento.

 

Non era così che doveva andare, si disse mentre si metteva a posto quel colletto che poco prima era stato stretto convulsamente nelle mani di Levi e si sbottonava il primo bottone della camicia che indossava.

Non era programmato che discutessero in quel modo, soprattutto con la consapevolezza che la spedizione del giorno dopo sarebbe stata parecchio importante per l'umanità intera.

Erwin doveva esserci, non aspettava altro. Non poteva permettersi di perdere la visione di quella cantina aperta, per mano sua, circondato dai suoi soldati, dai suoi uomini fedeli e da centinaia e centinaia di cadaveri.

Era crudele pensarla in quel modo, ma Erwin in cuor suo era consapevole che qualcuno avrebbe dovuto sacrificarsi per il bene di quella causa che portava avanti da quando era riuscito ad arruolarsi nel Corpo di Ricerca. Avrebbe mandato a morire tutto l'esercito se questo avesse portato al compimento del suo obiettivo.

L'umanità, suo padre, meritavano giustizia, e lui sapeva di essere nato proprio per questo.

Andò a dormire con quel pensiero, quella notte.

Tuttavia, l'altra parte della sua testa, era concentrata su altro.

Altro più concreto, un "altro" che aveva potuto vivere in quegli anni, un "altro" che non era chiunque.

Quell' "altro" che poco prima gli aveva puntato il rasoio contro con l'intenzione (lo era davvero?) di mutilarlo pur di non farlo partire.

Si preoccupava così tanto per lui, Levi? O c'era dell'altro che non sapeva spiegarsi?

-Non mi hai detto tutto...- mormorò nel girare il fianco, mentre ricordava quando si era offerto di ascoltare tutto quello che aveva da dirgli.

Si era trattenuto, oppure non aveva nemmeno ben chiaro cosa volesse dire quel "Dimmi tutto quello che provi".

Sospirò nel poggiarsi la mano sul cuore, percependo il suo petto caldo e un dolorino che era perlopiù mentale, non fisico.

"Fai quello che devi, basta che non te ne penta poi."

Non si pentiva delle sue scelte, non si pentiva di quello che aveva fatto in passato e di quello che faceva nel presente.

Non si pentiva di aver manipolato menti, di aver mandato a morire migliaia e migliaia di soldati per un mero ed infantile desiderio che non poteva essere condiviso da tutti.

Non si pentiva di aver messo un peso enorme sulle spalle di un ragazzino di quindici anni che aveva però già visto l'inferno, esattamente come lui e come Levi, e che ci stava sguazzando dentro fino al collo.

Non si pentiva di aver avvicinato Levi, tempo prima, come non si pentiva di averlo baciato, di averlo stretto, di aver chiamato il suo nome a voce bassa per non farsi sentire dagli altri soldati, di aver fantasticato su di lui parecchie volte.

Si pentiva solo di una cosa, Erwin Smith.

Si pentiva di non averlo fermato e di non avergli chiesto di dormire assieme, quella notte.

Una notte che poteva essere l'ultima, sia per lui, sia per Levi, sia per entrambi.

 

---

 

-Credi che sia tutto...solo un mio delirio infantile?-

Gli parve di riaprire gli occhi di nuovo dopo un lungo e terribile sogno, intorno a lui polvere, frammenti di roccia, sangue rappreso sui vestiti e per terra, pezzi di legno che provenivano da delle case in lontananza.

Le urla spaventate e disperate dei soldati poco distanti da loro riuscivano in qualche modo a nascondere il rumore del lancio delle rocce attuato da quel fottuto Gigante Bestia che da minuti e minuti stava tartassando quei pochi soldati rimasti e dal loro impatto su qualsiasi superficie esistente. Quelle case abbandonate che, in qualche modo, li stavano ancora proteggendo, non sarebbero durate a lungo.

Aveva le orecchie tappate dal troppo rumore, eppure riusciva perfettamente a sentire Erwin seduto su una cassa di legno a pochissima distanza da lui. 

La polvere gli s'insinuava nei vestiti, si poggiava sul suo viso apparentemente impassibile e sembrava accarezzargli i capelli ad ogni folata di vento improvvisa. 

Levi aveva già vissuto quel tipo di situazione così tante volte da non spaventarlo nemmeno così tanto, convinto di aver visto di peggio in vita.

Quel peggio che si stava manifestando proprio davanti a lui, sempre seduto mollemente su quella cassa con l'espressione più amareggiata che gli avesse mai visto addosso.

Si sarebbe sacrificato per salvare la missione intera, quella missione che disegnava nella sua testa fin da quando era un ragazzino e che era una testimonianza diretta dei desideri di suo padre.

Erwin sarebbe partito alla carica assieme a tutte quelle reclute inesperte per distrarre quel colosso e dargli tempo di andargli addosso e di catturarlo, questo gli aveva riferito poco prima mentre si allontanavano da quei soldati, ignari dell'effettivo pericolo e del fatto che loro avessero bisogno di tempo per riorganizzarsi le idee. Non era raro che Levi si allontanasse con lui per discutere di alcune tattiche, di alcune idee improvvise o di qualsiasi cosa che riguardasse quella data spedizione.

Il corvino sapeva che, prima o poi, sarebbero arrivati ad una situazione simile, l'aveva previsto, come sempre, eppure Erwin non l'aveva ascoltato.

Gli aveva offerto di partire alla carica da solo, convinto di farcela pur di salvare lui ed Eren, le uniche vere speranze di quell'umanità che stava tanto a cuore al biondo e che aveva bisogno di quella fottuta libertà a cui aspirava da secoli.

Sarebbe partito anche bendato verso il campo di battaglia pur di lasciarli scappare, pur di lasciarlo scappare, avrebbe fatto di tutto. 

Erwin non gliel'aveva permesso, conscio che sarebbe stato l'unico in grado di stanarlo se ci fosse stata l'occasione. Avrebbe dovuto però morire insieme a tutte le reclute, mandando a fanculo la possibilità di entrare in quella cantina e di vedere la sua amata umanità libera da ogni costrizione.

Avrebbe rinunciato al suo sogno pur di tenere comunque a galla quella missione. Avrebbe rinunciato a terminare quello che aveva iniziato suo padre e che gli aveva trasmesso, chiusi in casa e con solo la luce della candela ad illuminare i loro visi assetati di conoscenza.

Mentre lo guardava cominciò seriamente a mettersi in testa che quella sarebbe stata di certo l'ultima volta in cui l'avrebbe visto, in cui avrebbe potuto annegare in quegli occhi blu che sembravano sempre "guardare oltre", in cui avrebbe potuto ammirare quel viso così provato, ma allo stesso tempo perfetto. 

Sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto inebriarsi del suono della sua voce, in quel momento incrinata a causa dell'emozione e della tristezza di cui anche i suoi occhi erano pregni, quella voce che aveva sentito così tante volte che sarebbe stato strano non udire più.

 

Assottigliò lo sguardo, Levi, nell'inginocchiarsi in automatico davanti a lui e nel tenere il viso basso.

Si ricordò il loro primo incontro, in cui era pressochè nella stessa posizione ed Erwin lo guardava con quegli occhi pieni di aspettative e con la bocca serrata, come se in attesa di sentirlo parlare al suo posto.

Due posizioni simili, ma due occasioni completamente differenti. Il loro legame era cambiato, si era rafforzato più di quanto potessero sperare entrambi.

Una volta poteva dire di detestarlo, di odiare il suo modo di porsi e di parlare troppo da perfettino; non potè dire lo stesso in quel momento, però.

Levi s'inginocchiò perché si sentì di farlo, perché glielo doveva, perché sapeva che poi se ne sarebbe pentito se si fosse tirato indietro.

Nel frattempo, parole dure, parole amare, bussavano alla porta dei suoi denti in attesa di uscire.

-Hai combattuto bene. Se siamo arrivati qui, lo dobbiamo a te.- parlava al plurale, ma in cuor suo sapeva di star parlando anche per sé stesso.

Era stato Erwin, bene o male, a trascinarlo fuori da quella fogna, era stato lui a spiegargli come funzionasse quel mondo che tanto ce l'aveva con lui, era stato lui a dimostrargli quanto fosse bello lasciarsi andare, ogni tanto.

Erwin gli aveva insegnato tutto quello di cui aveva e non aveva bisogno, senza lasciarlo indietro alla minima difficoltà incontrata (il che era raro, visto che Levi imparava particolarmente in fretta), senza giudicarlo e offrendosi di spiegarsi ancora se una cosa non era chiara.

-Sceglierò io.- sancì sentendo gli occhi pizzicare pian piano, imprecando mentalmente per essere stato costretto a scegliere nuovamente tra due fuochi che non davano moltissime possibilità di rivalsa. 

O sarebbe morto Erwin, o sarebbe morto lui, in quel momento non c'era una vera e propria via di scampo a meno che dall'altra parte del muro Eren e gli altri suoi compagni non fossero riusciti a stanare il Colossale in tempo. 
Levi avrebbe preferito di gran lunga andare al suo posto, ma per quanto vedesse la tristezza nei suoi occhi nel vedere il proprio sogno sfumarsi proprio davanti a lui percepiva, in un certo senso, che fosse stata la sua volontà a dettare quel piano, non la disperazione.

-Rinuncia al tuo sogno e muori.- il cuore cominciò a farsi sentire all'interno del suo petto, come le lacrime intente ad appoggiarsi sulle palpebre mentre alzava lo sguardo torvo, ma provato, e lo incrociava con il suo –Conduci le reclute dritte all'inferno.- non poteva permettersi, in quel momento, di fargli vedere quanto non fosse d'accordo su quella partenza suicida.

Doveva lasciarlo fare, perché si fidava di lui, perché era giusto che il comandante facesse la sua scelta esattamente come la stava facendo lui.

-Io ucciderò il Gigante Bestia.- parole che furono in grado di accendere dentro di lui una fiamma che era rimasta assopita fino a quell'istante.

 

L'avrebbe fatto fuori per lui, una promessa che non era stata totalmente sancita ma che Levi sapeva sarebbe stata l'ultima cosa a legarlo a lui nel momento in cui fosse morto per distrarre quel colosso. 

Si legò quell'affermazione in un angolo della sua testa mentre notava come gli occhi di Erwin si spalancavano leggermente per la sorpresa.

Non si aspettava che lo assecondasse in quel modo, specialmente dopo le premesse di due sere prima e dopo tutte le altre che li avevano accompagnati negli ultimi anni. Premesse che si erano consumate in un letto che era abbastanza grande per due persone, in una stanza chiusa a chiave, con la luce della luna pronta a riflettersi sui capelli di entrambi e negli occhi grigi di Levi intenti ad osservarlo con un'espressione neutra ma che nascondeva ben altro.

Erwin adorava guardarlo in quelle occasioni, spogliato dei propri vestiti ma anche di tutte le responsabilità che lo riguardavano; sembrava un'altra persona quando non impugnava le spade nel suo modo caratteristico, quando non guardava i giganti con aria sprezzante, quando non insultava le reclute per "spronarle" a fare meglio.

Era semplicemente Levi, ovvero l'unica persona in grado di capirlo e di ascoltarlo a fondo senza giudicarlo in modo troppo crudele, l'unica persona che si fidava di lui a tal punto da lasciargli fare qualsiasi cosa gli passasse per la testa. L'unica persona alla quale aveva mostrato tutti i lati del suo carattere e aveva perseguito comunque a seguirla, come se la sua personalità non fosse motivo d'interesse.

Si ritrovò a sorridere, quindi, nonostante intorno a lui si stesse scatenando l'inferno. Le urla dei soldati poco distanti da loro, il respiro contenuto di Levi a poca distanza, l'odore del sangue rappreso che riusciva sempre a disgustarlo sebbene ormai ci avesse fatto l'abitudine.

Non si sarebbe mai abituato però a quella sensazione terrificante all'altezza della gola, quella che precedeva sempre una qualsiasi azione pericolosa e rischiosa. In quel caso, oltre ad essere pericolosa, quasi sicuramente sarebbe stata mortale.

 

Lo guardò negli occhi con un lieve sorriso, azzurro contro grigio a darsi finalmente tregua in tutto quell'inferno. Levi alzò leggermente le sopracciglia, come sorpreso di vederlo così sereno in tutto quel marasma che lo circondava e lo tartassava nella testa.

-Levi, grazie.-

Due parole, due parole dette con così tanta tenerezza che riuscirono a turbare Levi come poche cose al mondo. 

-Perché mi ringrazi?- domandò col fiato corto, vedendo con orrore come si stesse tirando su da quella cassa con l'espressione più leggera, come se si fosse appena levato un peso enorme dallo stomaco.

Stava per partire, stava per dirigersi verso morte certa, e quella sarebbe stata l'unica e l'ultima occasione per vederlo, guardarlo negli occhi e annegare ancora una volta in quella marea chiara e invitante.

Erwin si fermò a pochi passi di distanza da lui, voltandosi indietro e rivolgendogli un sorriso triste.

-Lo capirai.- rispose solamente nel squadrarlo dall'alto in basso, come se avesse voluto imprimersi nella memoria Levi nella sua interezza, per l'ultima volta. Levi che, sebbene avesse sentito la sua risposta, si ritrovò ad essere più confuso di prima.

Erwin rimase a fissarlo con quello stupido sorriso a contornargli le labbra senza fiatare, senza girare lo sguardo. Levi sperò che ci stesse ripensando, che capisse che non avrebbe avuto senso morire quando era anche grazie al suo forte desiderio di scoperta se erano arrivati fino a lì.

Purtroppo, però, non sapeva quello che continuava a vorticare nella mente di Erwin da minuti e minuti, conscio che quella sarebbe stata effettivamente l'ultima chiacchierata che avrebbe avuto con lui. Certo, non sarebbero stati davanti ad una lanterna accesa in compagnia di due tazze piene di tè e con il rumore lontano delle carrozze in movimento a fare da sfondo, ma il biondo non riuscì a denigrare comunque quel momento che stavano avendo per loro, e solo per loro.

-Ci vediamo dall'altra parte, Levi.- fece il biondo nel girarsi dall'altra parte e dirigersi verso le reclute, ma Levi fu più veloce.

Lo prese per un lembo della mantella verde, fissandolo con una disperazione negli occhi che aveva visto pochissime volte e che riusciva a sciogliere quel viso normalmente rigido, stoico, serio.

-Erwin...- boccheggiò il corvino, rendendosi perfettamente conto di star comportandosi come un moccioso a cui stavano levando il giocattolo preferito dalle mani, ma era più forte di lui.

Si sentì improvvisamente mancare alla consapevolezza di perderlo definitivamente sul campo di battaglia e di non poterlo più incrociare nei corridoi del quartier generale o nel suo ufficio intento a firmare i rapporti con la sua mano non dominante. 

Il diretto interessato lo guardò con apprensione mentre si voltava ancora verso di lui. Levi levò la presa dalla mantella, abbassando lo sguardo verso terra e percependo gli occhi riempirsi sempre di più di quelle lacrime che negli anni aveva versato poco e a fatica. Lacrime che non si sarebbe mai aspettato di rilasciare per uno come lui, per un uomo come lui, così manipolatore e stronzo ma tenero e divertente quando voleva.

L'unico uomo che era stato in grado di vederlo nella sua interezza, spogliato di tutto quello che aveva accumulato negli anni e che l'aveva fatto diventare il Levi che tutti conoscevano.

Erwin l'aveva visto senza vestiti, sia letteralmente che non, e nessun altro sarebbe riuscito a fare lo stesso; Levi lo sapeva benissimo.

 

Il comandante sospirò, abbozzando un altro sorrisetto dei suoi mentre andava ad accarezzargli la testa scura con la mano, sentendolo leggermente abbandonarsi a quel tocco semplice ma d'impatto.

-So che non sei bravo con le parole, ma l'ho capito, sai?- domandò Erwin con tono calmo, facendo sì che alzasse lo sguardo interrogativo e lo incrociasse con il suo –Quello che provi, è lo stesso che provo anch'io.-

Di cosa stava parlando, esattamente? Cosa provava nello specifico da fare dei confronti anche con lui stesso? Questo si domandò il corvino mentre l'altro andava ad accarezzargli la guancia, costringendolo a non distogliere lo sguardo.

-Purtroppo siamo nati in un mondo dove questo non è minimamente contemplato, dove potremmo morire domani, o oggi stesso, dove non c'è tempo per pensare ad altro...- mormorò Erwin aggrottando le sopracciglia in un'espressione affranta, andando a soffermarsi con l'occhio su ogni piccola superficie del viso di Levi –Ma, dato che sicuramente non tornerò più indietro, mi sembra giusto rivelarti quello che non ho mai avuto il coraggio di dirti.-

Non ci credette inizialmente, il corvino, perché normalmente Erwin gli diceva tutto quello che gli passava per la testa senza farsi troppi problemi. D'altronde, Levi era anche molto più diretto di lui su certe questioni e non si scandalizzava a parlare di argomenti non proprio consoni al loro ruolo.

Cos'era in grado di donargli quell'espressione così affranta e di renderlo apparentemente più vulnerabile del normale?

"Siamo nati in un mondo dove questo non è minimamente contemplato".

Cos'era, la voglia di libertà? La voglia di distruggere quelle mura e di scappare da quel mondo crudele?

Levi non riusciva a capire e allo stesso tempo non riusciva a crederci, tanto da desiderare ardentemente che si spiegasse prima che fosse troppo tardi.

Ebbe una sorta di epifania nel momento in cui si soffermò sul modo in cui lo stava guardando negli occhi e teneva ancora la mano sulla sua guancia. L'aveva sempre fissato in quella maniera che poteva alludere a qualcosa di inquietante, ma in quel momento Levi non lo pensò assolutamente. Lo guardava come se si stesse rivolgendo a qualcosa di prezioso, nonostante non avessero mai messo in chiaro cosa fosse quello che stavano vivendo entrambi.

Sì, scopavano appena ne avevano l'occasione, si baciavano spesso e volentieri come se non avessero potuto fare altro, dormivano assieme abbracciati fino al mattino dopo...ma nessuno di loro aveva messo in chiaro a cosa quelle cose alludessero.

Era un semplice stare bene in compagnia dell'altro? O c'era dell'altro che Levi non aveva mai considerato perché troppo preso ad ammazzare giganti?

No, non poteva essere stato solo un concetto di benessere in compagnia, c'era sicuramente dell'altro che Levi non coglieva. Quello non era lo sguardo che due compagni d'armi si scambiavano, non era nemmeno lo sguardo di due amici che si conoscono da anni, non era nulla di tutto ciò. Lui non guardava Farlan o Isabel in quel modo, non guardava nemmeno quei mocciosi in quel modo.

Nemmeno sua madre, quando entrava gente "cattiva" in casa, la guardava con quegli occhi lucidi e con quel sorriso che avrebbe potuto significare parecchie cose.

Si rese conto che sarebbe riuscito a lanciare un'occhiata simile solo a lui, perché? Perché semplicemente con lui se la sentiva, si sentiva in grado di poter aprirsi in quel modo, di potergli rivelare in altri termini come si sentiva.

Con Erwin stava bene, meglio di quanto si aspettasse, quando dormivano assieme riusciva a non pensare agli incubi che lo tartassavano quasi tutte le notti, quando si lasciava toccare da lui con quelle mani così vogliose continuava a pensare di volerne ancora perché non era abbastanza, quando lo baciava riusciva a sentire sensazioni che fino a prima gli parevano sconosciute...

Era un qualcosa che aveva provato solo con lui, e che avrebbe provato solo con lui, anche se quella missione suicida non fosse andata a buon fine e si fosse lasciato investire dalle rocce lanciate da quel gigante di merda e peloso.

Non seppe dare un nome a quella sensazione, più che altro perché nessuno gliel'aveva insegnato.

Levi conosceva solo l'amore materno, quello che sua madre gli aveva impartito con premura sin dalla sua nascita, conosceva l'amore in senso di amicizia, quello che era venuto meno nel momento in cui aveva visto i cadaveri di Farlan e Isabel ai suoi piedi, sotto quella pioggia che nascondeva bene le sue lacrime.

Non conosceva quel lato dell'amore di cui tutti parlavano, ma di cui lui aveva quasi paura.

Non sapeva cosa significasse "amare" qualcuno, non l'aveva mai provato e nessuno gli aveva mai spiegato come funzionava.

Che sia amore, quello che provo per lui?

Si chiese mentre lo vedeva aprire la bocca per parlare, con l'orrore nello sguardo.

 

-Levi, io ti...- Erwin non fece in tempo a finire la frase, perché il diretto interessato si lanciò su di lui affondando la testa sul suo petto coperto dalla mantella verde che puzzava di polvere e di sangue, ma che a Levi non sembrava importare minimamente.

Il comandante si sentì sfiorare sulla schiena, segno che stesse provando ad abbracciarlo piano.

-Levi?-

-Non dirlo...- sibilò il più piccolo dei due nascondendo maggiormente il viso nei suoi abiti.

-Cosa?- lo incalzò il biondo nel sfiorargli la spalla, per poi accarezzargliela.

Aveva sentito un lieve singhiozzo, ma forse se l'era solo immaginato.

-Quello che vuoi dire...- insistè il corvino, tirando su con il naso in modo sommesso –Ho...ho capito quello che intendi, non serve chiarirlo.-

Non aveva mai detto di amare una persona e, allo stesso tempo, non se l'era mai sentito dire.

Probabilmente negli anni l'aveva solo pensato, ma l'aveva considerata una cosa futile e l'aveva tralasciata. Probabilmente l'aveva pure pensato mentre si lasciava baciare da Erwin, oppure mentre gli raccontava del suo passato e rideva su certi aneddoti, oppure quando lo aiutava a firmare i rapporti o veniva aiutato a pulire.

Sapeva che gliel'avrebbe detto, glielo leggeva negli occhi, e non potè smettere di piangere.

Lacrime amare, calde, pregne di rimpianti bagnarono il tessuto di quei vestiti mischiandosi alle gocce di sangue umano rappreso, creando un miscuglio disgustoso che Levi non notò neanche a discapito della sua fobia dello sporco.

Erwin era lì, e lo stava toccando.

Erwin era lì, e se non l'avesse fermato gli avrebbe pure detto che lo amava.

Erwin era lì...e quella sarebbe stata l'ultima volta.

Non andare...

Si ritrovò a pensare, mentre si dava del patetico per aver perso la compostezza che lo caratterizzava. Stava piangendo esattamente come quando era un bambino, inesperto della vita e totalmente orfano in mezzo a quel mondo di adulti armati di coltelli.

Ci dev'essere un altro modo...

Doveva pensare ad un'altra strategia prima che Erwin prendesse il via verso il campo di battaglia.

Doveva fare presto, altrimenti sarebbero morti tutti tranne lui.

Doveva muoversi altrimenti lui sarebbe morto.

 

-Levi, ehi...- lo richiamò dolcemente il più grande, alzando leggermente di più la voce per fare in modo che si udisse tra le urla dei soldati poco distanti da loro.

-Dovevi dirmelo prima, dovevi...- cosa sarebbe successo se l'avesse fatto? Avrebbe rinunciato alla guerra e gli avrebbe chiesto di ritirarsi? Sarebbero andati a vivere insieme sulle montagne lontani da tutto e da tutti?

Nulla di tutto ciò, e Levi sotto sotto ne era consapevole.

Le lacrime non si fermarono, anzi, parvero aumentare.

Erwin lo prese per le spalle e pian piano lo allontanò da sé, per poterlo guardare ancora una volta in quegli occhi che si erano fatti più gonfi sebbene cercasse di nasconderlo fissandolo con un'espressione sempre rigida.

-Te l'ho detto, il mondo in cui viviamo non ha posto per questo.- ripetè con tono mortificato il biondo, tornando ad accarezzargli il viso per levargli le lacrime –Se mai dovessimo ritrovarci in un'altra vita, sarà la prima cosa che ti dirò.-

Un'altra vita...

Per quanto non credesse a quella sorta di reincarnazione di cui gli aveva parlato Hanji tempo prima la considerò un'idea allettante.

Si sarebbero ritrovati in un mondo più clemente, senza giganti, senza armi, senza la morte ad attenderli maliziosamente ad ogni angolo. Avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per conoscersi, per ritornare ad apprezzare la compagnia dell'altro e per rinsaldare quel legame che pressochè tutti invidiavano.

Il suo sguardo si fece vitreo, non abbozzò un sorriso al pensiero di cosa sarebbe dovuto succedere per far sì che quella cosa si realizzasse.

-Chi ti dice che ci ricorderemmo tutto?- obiettò il corvino nel guardarlo negli occhi, notando con speranza quanto si fosse avvicinato al suo viso.

Erwin aveva gli occhi lucidi, considerò Levi nel trovarselo così vicino.

-Ti fidi di me?- non rispose completamente alla domanda, ma gli propose un'altra alternativa alla quale sapeva che Levi non avrebbe mai risposto di no.

Si trovò la sua bocca così tanto vicina alla propria da chiudere in automatico gli occhi, completamente consapevole di quello che sarebbe successo.

-Sempre.- pronunciò con tono basso all'azzerare quella minima distanza tra i loro visi che diventò quasi frustrante. Si baciarono come la prima volta, sfiorandosi appena, timidamente e con paura di osare troppo nonostante si conoscessero da anni e l'avessero già fatto innumerevoli volte.

Le lacrime di Levi continuarono a scendere, ma Erwin non le vide perché teneva gli occhi forzatamente chiusi come per isolare le urla dei soldati e il boato lontano delle rocce lanciate dal loro momento. 

Levi sapeva e profumava di buono sebbene si trovassero in quello schifo polveroso e puzzolente di sudore, sangue e disperazione. 

Si staccarono dopo qualche secondo che parve un'eternità, per poi guardarsi negli occhi per l'ultima volta, fronte contro fronte, respiro trattenuto contro uno un po' più affannoso per la paura di lasciarlo andare via.

Levi s'inebriò del suo profumo e di quello sguardo che sapeva dedicare solo a lui nei loro momenti più intimi, quando si spogliava della divisa da comandante e si mostrava per quello che era.

Parole che rimasero all'interno delle loro bocche perché consci che ci sarebbe stato sicuramente un momento migliore per dirle, lacrime trattenute ad evidenziare quanto stessero soffrendo per quel legame che non era programmato ma che era stato la salvezza di entrambi.

Erwin non era nulla senza Levi, e Levi non era nulla senza Erwin.

Erwin sarebbe morto un milione di volte se il corvino non fosse andato in suo soccorso, e Levi sarebbe morto senza mai vedere la luce del sole se l'altro non fosse comparso nella città sotterranea a sconvolgergli la vita.

Si staccarono lentamente, poi, facendo finta che non fosse successo nulla, ritornando verso le reclute disperate con le espressioni di chi avesse sicuramente vissuto giorni migliori, guardando per terra per non essere invasi nuovamente dall'ennesimo moto di tristezza.

 

Levi lo vide partire a cavallo incitando i soldati mentre si librava in volo, tenendolo d'occhio per l'ultima volta tra una collottola tagliata e l'altra. Riusciva sempre ad essere così stoico anche davanti alla morte, che uomo strano, pensò mentre affilava lo sguardo per tagliare le nuche di quei giganti con la maggior precisione possibile.

Vedeva il Gigante Bestia poco distante, intento a scaraventare altre pietre con tutta la tranquillità del mondo mentre tutti i soldati gli andavano addosso con quelle espressioni disperate che Levi aveva visto così tante volte in vita da esserci ormai abituato, ma non ci sarebbe mai riuscito.

Udì le urla dei suoi uomini al vedere come quelle rocce si stessero avvicinando, nessuno però si mosse dalla formazione e tutti si lasciarono guidare dal loro comandante verso una morte certa.

-Soldati, infuriatevi! Soldati, gridate! Soldati, combattete!-

Gli parve di sentire la sua voce prima di entrare in una coltre di fumo causato dai fumogeni e dai corpi in evaporazione dei giganti che aveva appena ucciso.

Non fece nemmeno in tempo ad associare quel tono così esaltato alla sua faccia di merda che capì che le rocce avessero impattato sul terreno e sulle case in lontananza.

Si fece improvvisamente silenzio, poi, e Levi capì.

"Ci vediamo dall'altra parte".

Gli tornarono in mente le sue parole, solo alcune, mentre si mordeva il labbro per non trovarsi costretto a piangere anche durante quella strage di giganti che stava attuando in totale silenzio e indisturbato.

Guardò il cielo pur di non guardare il terreno che sicuramente sarebbe stato coperto di sangue e di resti di cadaveri. Quel cielo che fin da piccolo aveva sognato di poter solcare quando vedeva i soldati prendere il volo nella città sotterranea alla ricerca di qualche ladruncolo da arrestare. Quel cielo che poteva essere inquietante, specialmente nei giorni di pioggia o quando s'infrangevano le saette sulla terra, ma anche dispensatore di pace e di tranquillità come quando nevicava o quando non vi erano nuvole di nessun tipo.

Ti conviene ricordarti di me, Erwin Smith. Non ho nessunissima intenzione di rischiare di ucciderti un'altra volta.

Si disse trattenendo una risata amara, per poi premere ancora di più la manopola del gas e spingersi ancora in avanti, godendo dell'aria che gli accarezzava i capelli.

Così in alto nel cielo il mondo non sembrava nemmeno così tanto crudele come tutti dicevano.










Spazio dell'autrice:
E con questo capitolo si conclude questo mio primo "esperimento", chiamiamolo così.
Non sono completamente soddisfatta di come sia uscito, dico la verità, ma essendo la mia prima volta con questa coppia così maledettamente complicata posso dire che possa andare bene comunque xD
Detto questo, spero che questa storiella senza tante pretese vi sia piaciuta, e niente, non so se tornerò a scrivere altre EruRi prossimamente, dipende dalla mia ispirazione (e dal mio masochismo, soprattutto).

Vi ringrazio per aver letto questa piccola cosina che mi frullava in testa da anni.
Se volete darmi anche un minimo feedback sappiate che mi farebbe solo che piacere!
Ciao ciao :)

 

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