Storia
2a: Paura di
perderti
Jean non si
era mai ripreso del tutto dallo shock di aver trovato Marco in
condizioni gravissime dopo la loro prima battaglia a Trost, e anche a
distanza di molto tempo gli capitava di svegliarsi la notte urlando
con il bisogno di stringerlo forte a sé per lunghi minuti
per essere
sicuro che fosse ancora vivo. Sebbene sapesse che ormai il compagno
era guarito, per quanto possibile, e che non avrebbe mai partecipato
alle rischiose missioni fuori dalle mura, la paura di perderlo non
l'aveva più lasciato e puntualmente si ripresentava insieme
all'orribile immagine del suo corpo straziato dai giganti, con tutto
ciò che era seguito.
Le prime
volte Marco si era spaventato nel vederlo così, in lacrime e
tremante, con il respiro affannoso, perché lui non era stato
in
grado di difendersi da un attacco che non riusciva a ricordare, ma
aveva finito per abituarsi presto a quella scena, e adesso, quando
succedeva, si limitava a coccolarlo e rassicurarlo finché
non lo
sentiva cedere di nuovo al sonno. Solo a quel punto si rilassava a
sua volta, mettendo a tacere a poco a poco il senso di colpa per
avergli causato un trauma così difficile da gestire.
Se Jean
riviveva fin troppo spesso, soprattutto di notte, il terribile
periodo in cui nessuno aveva saputo dirgli con certezza se il
compagno si sarebbe ripreso, questi era invece terrorizzato all'idea
di ricevere un giorno la notizia che il suo ragazzo fosse morto in
missione. Nelle sue condizioni non sarebbe mai riuscito a proteggerlo
nei momenti in cui rischiava di più, e ogni volta,
all'avvicinarsi
della partenza, una parte di lui avrebbe voluto supplicarlo di
restare al suo fianco all'interno delle mura, dove sarebbero stati
entrambi relativamente più al sicuro, ma sapeva che non
sarebbe
stato giusto. L'umanità aveva bisogno degli eroi del Corpo
di
Ricerca, sempre pronti a sacrificarsi per il bene di tutti, e da un
lato era contento che Jean avesse deciso di fare anche la sua parte
nella lotta contro i giganti, ma la paura era sempre in agguato,
rifiutandosi di dargli pace finché il compagno non tornava.
In
fondo, se era rimasto nell'esercito, era solo per stargli vicino ed
essergli ancora d'aiuto, nonostante tutto, e il suo cervello non
poteva neanche concepire un futuro senza di lui. Cosa avrebbe fatto
se un tragico incidente come il suo gliel'avesse portato via?
Una volta
capito il problema che lo faceva rabbuiare qualche giorno prima di
ogni missione, Jean non faceva che promettergli sempre più
spesso
che sarebbe tornato a qualunque costo, ma sapevano entrambi che non
bastava la determinazione per evitare i piedi e le fauci dei giganti,
e Marco ricominciava a respirare solo quando il compagno varcava di
nuovo la soglia di casa, correndogli incontro con il sorriso sulle
labbra nonostante la stanchezza e qualunque altro danno avesse
ricevuto mentre faceva il suo dovere.
A quel
punto i due si abbracciavano forte, e senza dire una parola per
parecchio tempo, iniziavano a baciarsi e coccolarsi a lungo nel
disperato tentativo di convincersi che la persona più cara
che
avessero al mondo era davvero lì; stanca e sempre
più provata dalle
terribili esperienze vissute, ma ancora viva.
Angolo
autrice:
Ciao
a tutti e grazie per aver letto anche questa storia! Spero vi sia
piaciuta e che mi farete sapere che ne pensate, se vi va. Grazie
intanto per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo. :)
La
prossima storia ha per protagonisti due personaggi della quarta
stagione, quindi occhio agli spoiler se non ci siete arrivati. Ci
vediamo in fondo, spero!
*-*-*-*-*-*-*-*
Attenzione:
spoiler stagione 4.
Storia
2b: Paura di perderti
Falco non
aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando i soldati
dell'isola avevano chiuso lui e Gabi in quella cella, ma si sentiva
stringere il cuore ogni volta che guardava in direzione della
compagna. Si era girata in modo che non riuscisse a vederla bene
dalla sua posizione, ma anche di profilo rivoli di sangue secco e
lividi sempre più scuri, ricordo delle botte ricevute sul
dirigibile, spiccavano fin troppo sulla sua pelle. Ricordava di aver
cercato il più possibile di proteggerla dalla furia dei
soldati ma a
quanto pare le avevano prese entrambi e la sgradevole sensazione che
si fossero accaniti maggiormente su di lei, esecutrice materiale
dell'assassinio di una loro compagna, non voleva lasciarlo. Avrebbe
voluto avvicinarsi e controllare i danni, medicandole le ferite, ma
non aveva con sé il materiale adatto e non osava attirare di
nuovo
l'attenzione del nemico per chiedere di procurarglielo. In caso di
danni gravi l'avrebbe fatto, ovviamente, anche a costo di farsi
picchiare di nuovo tra le inutili proteste di Gabi, che di sicuro
avrebbe cercato di convincerlo che non ne aveva bisogno, ma c'era il
rischio che li separassero se avessero deciso che insieme
disturbavano troppo, e a quel punto non sarebbe più riuscito
a
proteggerla, infrangendo così anche la promessa che aveva
fatto a
Reiner. Non poteva
permettere che
un simile scenario si avverasse, soprattutto dopo che l'amica,
poco prima di salire sul dirigibile in fuga da Marley, gli aveva
fatto capire di tenere a lui e preoccuparsi per la sua sorte.
Faticava ancora a credere di aver sentito uscire dalla sua bocca
qualcosa del genere ma aveva ancora meno voglia del solito di
litigare con lei.
Mentre era
immerso in questi pensieri, un rumore improvviso a qualche metro di
distanza e una voce sconosciuta che intimava loro di non muoversi dai
letti lo fecero voltare di scatto verso la porta della cella. Un paio
di soldati portavano un vassoio ciascuno,
contenenti forse acqua e cibo, mentre altri due facevano
da
scorta con i fucili pronti a sparare in caso di bisogno.
Falco
giudicò un buon segno per il loro futuro questa piccola
premura nei
loro confronti e subito cercò con gli occhi Gabi per
controllare la
sua reazione. L'amica non era certo famosa per il suo buon senso ma
per una volta, fortunatamente, rimase ferma al suo posto, limitandosi
a ringhiare a bassa voce qualcosa di indefinibile su cui nessuno dei
quattro alla porta decise di indagare. Uno di loro, prima di
andarsene, ordinò ai prigionieri di mangiare e il bambino
attese che
si fossero allontanati abbastanza per dare un'occhiata più
da vicino
a ciò che avevano portato. Non c'era nulla per medicare
l'amica, ma
vedendo l'acqua gli venne comunque un'idea.
«Non
mangiare il cibo dei demoni, Falco!» lo redarguì
Gabi con aria
severa, fulminandolo con gli occhi.
«Sembra
una normalissima zuppa ma non ero qui per mangiare» la
informò lui
con un lieve sospiro, bagnando il fazzoletto pulito che aveva in
tasca prima di avvicinarsi rapido a lei.
«Che stai
facendo?» domandò allarmata l'amica quando glielo
passò
improvvisamente sul viso sporco di polvere e sangue.
«Controllo
cosa ti hanno fatto. Mi sembra ovvio» rispose serio il
bambino.
«Non è
niente, smettila! Guardati tu, piuttosto!»
protestò Gabi
imbronciata, scansandogli la mano. Non se n'era accorta, fino a quel
momento, ma il volto di Falco non era certo messo meglio del suo,
anzi, e con sua grande sorpresa, lo vide fermarsi guardandola
interdetto.
Non capì
il motivo di quella strana espressione ma ne approfittò per
scendere
dal suo letto sbuffando, decisa a ricambiare il favore. I segni sui
loro visi non erano sicuramente nulla di grave, ma visto che nessuno
lì sembrava sapere che è meglio lavare e
disinfettare qualsiasi
ferita, dovevano arrangiarsi con quello che avevano e il fazzoletto
che chiunque a Marley portava sempre in tasca faceva proprio al caso
loro.
«Dove stai
andando? Non ho ancora finito» le fece notare Falco un attimo
dopo.
«Qualcuno
dovrà pensare anche alla tua faccia» rispose la
bambina in tono più
duro di quanto fosse sua intenzione. Non si aspettava da parte sua un
simile gesto a dir poco imbarazzante e le dava parecchio fastidio non
aver pensato subito alla salute dell'unico amico che le era rimasto.
«Prima la
tua» la bloccò inaspettatamente lui, spingendola
di nuovo sul letto
con più forza del solito e ricominciando a tamponare la
pelle. Non
sarebbe servito a molto, in realtà, trattandosi di semplice
acqua,
ma voleva evitare che quelle piccole ferite si infettassero per lo
sporco, facendole di sicuro ancora più male. Gabi non diceva
nulla
ma Falco sapeva che dovevano bruciarle parecchio e sperò che
i
nemici, prima o poi, si accorgessero del problema. A parte le botte
sul dirigibile, doveva ammettere che non li avevano trattati male,
anche se a Marley li consideravano demoni capaci di compiere le
azioni peggiori che mente umana potesse concepire. Era davvero strana
questa enorme differenza tra l'apparente realtà e
ciò che ogni
abitante del mondo esterno conosceva fin dai primissimi anni di
vita...
Mentre
rifletteva, finì di ripulire il viso di Gabi,
raccomandandole poi di
tenere il fazzoletto, imbevuto di acqua fredda, sul livido
più scuro
e gonfio sullo zigomo sinistro.
«Prima
devo pensare a te» rispose l'amica, scendendo di nuovo dal
letto per
versare un po' d'acqua anche sul proprio fazzoletto. Dovevano stare
attenti a non sprecarla perché non sapevano se e quando
gliene
sarebbe stata data altra.
Mentre era
china per terra ne approfittò anche per dare un'occhiata al
cibo.
Sembrava in effetti della semplice zuppa ma non aveva comunque
intenzione di mandare giù nulla preparato da quei demoni.
Tanto era
già sicura che li avrebbero uccisi molto prima che
riuscissero a
morire di fame e le dispiaceva solo di aver coinvolto Falco nella sua
idea di salire sul dirigibile. Purtroppo non poteva cambiare il fatto
che ormai fossero lì insieme e mentre attendevano il loro
inevitabile destino, avrebbe almeno cercato di migliorarne le
condizioni come poteva.
Dopo aver
strizzato il fazzoletto, tornò quindi dall'amico, facendo
del suo
meglio per imitarne i gesti delicati senza cedere alla rabbia. Non
aveva ricordi molto precisi dei loro primi istanti a bordo, ma era
abbastanza certa che
il suo
compagno di sventura, dopo essersi gettato su di lei per
spostarla dalla traiettoria di un proiettile, avesse anche provato a
difenderla dal gruppo di soldati inferociti, che chissà
perché non
li avevano uccisi all'istante. Forse avevano intenzione di
torturarli, prima, per ottenere informazioni su Marley, e per
l'ennesima volta, nelle ultime ore, maledisse se stessa e la
stupidità di Falco, che doveva sempre seguirla ovunque. Per
quanto
la riguardava, era anche contenta di sacrificarsi per la patria e per
il bene della sua famiglia, ma non voleva vedere anche la fine
dell'amico!
E poi
c'erano le ferite sul suo volto... Alcune risalivano di sicuro a
quando Eren Jaeger si era trasformato in gigante davanti a lui e
Reiner, ma altre gliele avevano inflitte i soldati quando li avevano
picchiati e si sentiva in colpa per ogni segno che vedeva. Non c'era
niente con cui specchiarsi ma aveva la sgradevole impressione che
fosse messo peggio di lei e non le andava giù. Aveva perso
il conto
delle volte che gli aveva detto di smettere di difenderla, visto che
era capacissima di farlo da sola, ma mettersi in mezzo davanti ai
demoni di Paradis era anche più pericoloso di quando lo
faceva a
Marley. Possibile che non capisse di lasciarla combattere da sola,
come avevano sempre insegnato a tutti loro nel Corso Cadetti?
«Grazie,
Gabi» la interruppe Falco dopo un po', bloccandole la mano
con le
guance arrossate all'ennesima volta che passava il fazzoletto nello
stesso punto. Non che gli dispiacessero le sue cure ma iniziava a
fargli male e la sua espressione strana lo metteva parecchio a
disagio. Che anche lei avesse paura di perderlo, anche se
probabilmente non gliel'avrebbe mai detto?
Con suo
grande sollievo, la vide alzare gli occhi verso di lui con aria
sorpresa prima di realizzare che la stava ancora tenendo.
«Hai fatto
lo stesso per me» borbottò imbarazzata,
distogliendo subito lo
sguardo mentre si liberava con uno strattone.
Calò il
silenzio mentre Gabi rimetteva a posto la scodella che si era portata
dietro per medicarlo e Falco, dopo un attimo di esitazione, decise di
seguirla per bagnare di nuovo il suo fazzoletto e passarlo all'amica,
che lo prese con un sospiro. L'acqua fresca, se non altro, avrebbe
diminuito un po' bruciore e fastidio ed entrambi si sedettero a terra
per poterla raggiungere più comodamente all'occorrenza.
«Che dici,
proviamo a mangiarne un po'?» chiese il bambino, accennando
alla
zuppa.
«Non
possiamo fidarci del nemico» rispose Gabi con la fronte
aggrottata.
Iniziava ad avere fame, in realtà, ma non voleva comunque
rischiare.
Per quel che ne sapevano, in quelle scodelle poteva esserci di tutto
ed era già stato un rischio prendere l'acqua.
«Se
avessero voluto farci del male, l'avrebbero già fatto. Che
bisogno
avevano di avvelenare il cibo?» le fece notare Falco,
rendendosi
però conto da solo che Marley era solita fare ben di peggio.
«Non
possiamo più fidarci nemmeno di Zeke... figuriamoci dei
demoni
dell'isola!» disse tristemente l'amica, ripensando
all'incontro sul
dirigibile con quel traditore. Chi avrebbe mai pensato che proprio
lui si fosse venduto al nemico per chissà cosa?
«Già...»
mormorò l'altro con un sospiro, riprendendo a guardare fuori
dalla
piccola finestra della loro cella, ovviamente chiusa con delle solide
sbarre. Il profumo della zuppa era piuttosto invitante, in
realtà,
ma forse Gabi aveva ragione a voler essere prudente e di certo non
poteva mangiare davanti a lei, rischiando addirittura di metterla in
pericolo se si fosse sbagliato.
Dovette
passare parecchio prima che decidessero di scambiarsi di nuovo
qualche parola ma entrambi erano grati, in fondo, di essersi cacciati
insieme in quell'enorme guaio. Al momento non vedevano vie d'uscita,
ma qualcosa si sarebbero inventati, e di certo la presenza dell'altro
li avrebbe aiutati a non impazzire.
Angolo
autrice:
Ciao
a tutti e grazie per aver letto anche la seconda versione del prompt!
Non so voi, ma a me piacciono molto Gabi e Falco e spero di aver reso
loro giustizia con questa storia. Fatemi sapere che ne pensate, se vi
va, e grazie a tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo
leggendo. <3
A
tra poco con la prossima storia, spero!
Un
bacio,
Ellygattina
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