Creature Dell'Ombra

di PrimbloodyBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - parte 1 - ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Playlist ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXV ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVI ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVII ***
Capitolo 29: *** Capitolo XXVIII ***
Capitolo 30: *** Capitolo XXIX ***
Capitolo 31: *** Capitolo XXX ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXI - parte 2 - ***
Capitolo 33: *** Capitolo XXXII ***
Capitolo 34: *** Capitolo XXXIII ***
Capitolo 35: *** AVVISO!!! ***
Capitolo 36: *** Capitolo XXXIV ***
Capitolo 37: *** Capitolo XXXV ***
Capitolo 38: *** Capitolo XXXVI ***
Capitolo 39: *** Capitolo XXXVII ***
Capitolo 40: *** Capitolo XXXVIII ***
Capitolo 41: *** Capitolo XXXIX ***
Capitolo 42: *** Capitolo XL ***
Capitolo 43: *** Mappa del Regno ***
Capitolo 44: *** Capitolo XLI ***
Capitolo 45: *** Capitolo XLII ***
Capitolo 46: *** Capitolo XLIII ***
Capitolo 47: *** Capitolo XLIV ***
Capitolo 48: *** Capitolo XLV ***
Capitolo 49: *** Capitolo XLVI ***
Capitolo 50: *** Capitolo XLVII ***
Capitolo 51: *** Capitolo XLVIII ***
Capitolo 52: *** Capitolo XLIX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - parte 1 - ***


[PARTE 1 - Danza coi Lupi]

[PARTE 1 - Danza coi Lupi]        

~ * ~

Skye Carter. Questo fu il nome datole quando nacque in quella gelida notte d'inverso. I suoi occhi azzurri riflettevano lucenti la luce lunare e i suoi cappelli neri come la pece erano nascosti dal morbido telo che l'avvolgeva. Una donna dalla chioma corvina come la sua, la teneva affaticata tra le braccia, mentre sul suo volto si allargava un sorriso.

"Sei un miracolo amore mio." le disse con un filo di voce, "La mamma ti proteggerà sempre."

Ma c'era dolore nei suoi occhi. La consapevolezza che il loro tempo insieme era limitato, che non l'avrebbe vista crescere, che non avrebbe avuto la possibilità di ammirare la donna che sarebbe diventata.

"Figlia mia, ti darò il mio fardello, ma tu sarai forte perché sei parte di me. Ti cederò la mia forza perché tu possa annientare il male con la tua luce e ti donerò il mio cuore così che tu possa vivere."

Con le sue labbra morbide e rosate baciò la fronte della piccola e come se avesse paura che potesse dissolversi davanti a lei la abbracciò con più intensità cercando di trasmetterle tutto l'amore che provava. "La mamma ti ama e mi dispiace."

17 anni dopo

Quella mattina d'estate, per Skye doveva essere un giorno come tutti gli altri, passato a leggere libri su luoghi che non avrebbe mai visitato o ballando nella sua stanza su melodie da lei cantate. Si prestava come un qualunque giorno. Lucas, suo padre, era come suo solito nel suo studio a sistemare le ultime carte prima della sua partenza. Molte volte il re gli aveva offerto degli alloggi per lui e Skye al castello, così da evitargli ogni volta il viaggio, ma lui ha sempre preferito vivere in periferia ed isolato dal resto della civiltà. Intanto Skye girava senza una meta per la casa, ricordandosi che quel giorno sarebbe arrivata la nuova governante, una donna giovane aveva sentito dire. Lei ci sperava veramente, le ragazze sono più facili da ingannare rispetto a donne di una certa età con varie esperienze. Non sapeva perché Lucas avesse scelto una donna giovane, se fosse stato vero, aveva ipotizzato che forse l'aveva fatto per lei, così da interagire con una persona vicino la sua età. Più che sperarci voleva crederci ciecamente che il padre avesse finalmente fatto una cosa per lei. 

Era già passata un ora da quando la nuova governante sarebbe dovuta arrivare e l'agitazione di Lucas stava salendo. Non voleva assolutamente partire prima che fosse arrivata così da poterle esporre le regole della casa. Dopo un attesa di altri venti minuti, Skye seduta su uno dei tre divani della sala, sentì il rumore di una carrozza avvicinarsi. Chiuse il libro e poggiandolo al tavolino davanti a lei si alzò per affacciarsi alla finestra. Finalmente era arrivata.

Quando la donna scese Skye notò subito la formalità con cui era vestita. Indossava una stretta giacca nera che ne metteva involontariamente in risalto il grande seno e una gonna lunga e blu che le copriva completamente le gambe, tanto che si vedevano a malapena le scarpe nere opache. Teneva i capelli biondo cenere legati in una cipolla, scoprendole il viso e mostrando i suoi alti zigomi e le sue lunghe ciglia. Uno dei servitori la accolse dentro la casa mentre un altro era andato a prendere i suoi bagagli. Si chiamava Emilia ed era la sua prima esperienza. Skye gioì silenziosamente nel sentirglielo dire. Si era messa ad origliare dietro la porta mentre lei parlava con il padre, ormai troppo in ritardo per perdere altro tempo. Si affrettò a dirle che Skye aveva spesso momenti di follia e che non era autorizzata ad uscire. Assicuratosi di questo l'uomo si sbrigò a prendere le sue valige e a raggiungere la sua carrozza con fretta e furia. Ma la nuova governante non aveva davvero dato peso alle sue parole. È solo una ragazzina in preda a fantasie amorose. Pensò la donna.

Ma Skye era più che una ragazzina innamorata come credeva lei. Durante i quindici anni di prigionia aveva avuto modo di conoscere più affondo quei visi sporchi e segnati dalle rughe che si aggiravano per la casa. La cuoca della casa, Lucinda, le aveva insegnato a cucinare, il vecchio Harald le aveva insegnato ad usare l'accetta, ma Lucas li aveva scoperti e licenziato l'anziano uomo. Ancora lo rimpiange. Poi l'anziana Ruth, che spesso andava a farle visita, le aveva insegnato un po' di medicina. Era particolarmente affezionata a Skye in quanto era stata la sua levatrice. Ma la cosa che più amava era cavalcare. Lucas glielo aveva sempre negato in quanto donna, ma quando si recava dal re, di nascosto chiedeva sempre agli stallieri Colin e Omar di farla cavalcare. Il padre vantava di una grande stalla con almeno una decina di cavalli. A volte invitava alcuni suo amici di corte e si divertivano a fare della gare di corsa. Skye se ne stava sempre lì a guardare attraverso la finestra la figura del padre che sprigionava felicità da ogni dove. Poi quando tutto finiva si ritingeva di quell'aura scura che a lei faceva paura.

Ma per quanto lei lo temesse non aveva mai smesso di sfidarlo. E fu così che ebbe uno dei suoi momenti di follia, come diceva lui. Da una parte le dispiaceva per Emilia, era appena stata assunta e per colpa sua avrebbe presto perso il lavoro. Ma almeno lei è libera, si diceva.

Quella stessa notte, quando Emilia e gli altri servi della casa andarono a dormire lei si preparò. Controllò se il portone fosse stato chiuso a chiave come il padre aveva ordinato di fare, ma inutile dire che lo era, così come tutte le finestre. Ma Skye sapeva che c'era una porta inutilizzata che non veniva mai chiusa e che lei aveva ormai varcato una decina di volte. Per questo sgattaiolò in cucina ed entrò nel ripostiglio dove c'era il cibo. Lì una porta vecchia e rovinata dava al giardino. Senza esitazione girò il pomello e si ritrovò davanti ad una lunga distesa verde. Quando si girò per vedere la casa, non riuscì a percepire quel calore che un tempo sentiva. Provò disprezzo e rancore e la notte profonda faceva apparire la casa ancora più morta.

Io non appartengo a questo posto...

Poi si diresse verso la stalla da Leila, una puledra bianca che lei aveva proclamato come sua. Fece molta difficoltà a salire in groppa, non c'era più Colin ad aiutarla. Con grande sforzo riuscì a salire e dopo aver esultato per la sua impresa si ritrovò fuori al cancello della sua dimora.

Non posso andare in città, rischierei di essere riconosciuta come l'ultima volta. Non mi resta che attraversare il bosco e cercare un villaggio in cui restare. Almeno fino a quando non avrò una meta precisa.

Ma subito una grande paura la attraversò per tutto il corpo facendola rabbrividire. La levatrice durante le sue visite le aveva raccontato alcune storie su come alcuni cavalieri del re si erano spesso persi nei meandri di quel bosco. Tanto che prese il nome di Il Bosco delle Anime Perse. Le leggende dicevano che una volta un re in visita dal nord, durante il suo viaggio dovette passare attraverso il bosco. Durante la notte tutti i cavalli e alcuni dei servi furono uccisi brutalmente da un'entità maligna. Dopo l'accaduto alcuni esploratori curiosi si insidiarono nelle sue profondità, e non fecero più ritorno.

"È tutto vero signora Ruth?"

"Certo che no piccolina." la rassicurò accarezzandole il viso." Sono solo delle storie risalenti a tantissimi anni fa"

"Ma c'è ancora qualcuno che va nel bosco?" chiese curiosa.

"No non ce né alcuno motivo. Adesso ci sono le strade e poi le carrozze come quelle di papà non riuscirebbero a passare, sono troppo gradi" ridacchiò l'anziana.

"Ah giusto sono tanto grandi" rise Skye e facendo un gesto con le braccia per mostrare la loro grandezza.

Erano solo storie per spaventare i bambini ma lei ne era sempre e comunque rimasta affascinata. Si sentiva attratta da quel posto. Era come se fosse vivo e la chiamasse. A volte di notte sentiva il bisogno di affacciarsi alla finestra della sua camera e guardare verso quella fitta rete di alberi. Era come se qualcuno la osservasse nell'ombra. Anche adesso che aveva difronte quel bosco sentiva come se una forza sovrannaturale la stesse spingendo al suo interno.

Con il cuore in gola tirò fuori la torcia e con il fuoco che le mostrava la via, si addentrò nel bosco. La luna era così luminosa quella notte che se anche lo torcia si fosse spenta sarebbero riuscita benissimo a vedere. Più si addentrava e più era affascinata da ciò che vedeva. Scorse più di una volta qualche volpe e ne rimase meravigliata. E non gli fu difficile seguire il sentiero, era privo di ostacoli e la presenta di Leila un po' la rassicurava. Dopo quella che le sembrò un'ora si fermò e si sedette su un albero caduto. Non era abituata a cavalcare così tanto e ciò la stancava. C'era un silenzio tombale, a volte si sentivano dei fruscii in mezzo alle foglie cadute ma Skye aveva constatato che erano solo scoiattoli e altri piccoli animali. 

Non si era mai sentita così bene. Era come quando da piccola si sbucciava le ginocchia. Inizialmente c'era spavento ma poi grazie alle premure della madre si rasserenava e si abbandonava all'abbraccio di quest'ultima. Adesso era come se quel bosco la stesse proteggendo. Proteggendo dalle manie possessive di Lucas. Lei lo amava ma provava anche del risentimento nei suoi confronti. Lo provava anche per la madre Margaret perché l'aveva abbandonata, ma non voleva ammetterlo.

Era così rilassata che per poco non si addormentò. Sgranò gli occhi non appena vide che era circondata da piccole lucine che si illuminavano ad intermittenza.

"Delle lucciole! Che meraviglia" disse entusiasta. "E guarda quante sono!"

Restò ferma immobile per non spaventarle. Era quasi ipnotizzata. Fu la rottura di quella quiete che la fece tornare il se. Notando degli strani movimenti e animali che correvano. Poi senti in lontananza un ululato straziato. Si alzò all'improvviso e le lucciole sparirono nello stesso modo in cui erano comparse. Leila iniziò ad avere un atteggiamento strano, era infastidita da qualcosa.

"Shh... Va tutto bene" disse la ragazza avvicinandosi al cavallo. Grazie a quel contatto la puledra si calmò ma Skye era ancora turbata da ciò che aveva sentito. Stava cercando di valutare se tornare indietro ma il terrore di dover ritornare in quella casa la fece desistere. Risalì sul cavallo e continuò a seguire il sentiero incurante del doloroso destino che si era appena scritta da sola.

 

|revisionato: 29/06/2020|

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Quando risalì a cavallo non fece molta strada, perché il sentiero era bloccato. Non era un albero e nemmeno una roccia. Skye si avvicinò di più per cercare di capire cos'era quella grande cosa che ostruiva la strada. Allungò il braccio puntando la luce verso la sua direzione e vide questo gigante animale bianco ricoperto di sangue accasciato a terra, ma ancora non riusciva a comprendere cosa fosse. Ansimava e gemeva silenziosamente finché la luce della torcia non attirò la sua attenzione. Girò il muso e finalmente Skye poté vedere che aveva un aspetto canino. Aveva degli intensi occhi gialli segnati dal dolore e non appena vide la ragazza le sue pupille si allargarono e si agitò improvvisamente. Skye indietreggiò con il cavallo vedendo il repentino movimento dell'animale che aveva tentato di rimettersi in piedi ma invano. Ricadette a terra lanciando uno stridulo di dolore. Adesso era rivolto con il corpo verso Skye e la ragazza sbigottita riuscì a capire per la prima volta cose fosse, un lupo dalle mastodontiche fattezze. L'animale continuava a guardarla gemendo, non riuscendo più a muovere. Skye da parte sua era paralizzata, non riusciva a comprendere come potesse esistere una creatura di tale portata. Aveva letto centinaia di libri durante gli anni e nessuno riportava di una creatura simile ad un lupo e di quella grandezza. E allo stesso tempo si chiedeva cosa avesse potuto ridurlo in quel modo. Ma per quante temesse di avvicinarsi all'essere, sentiva una tale empatia che le fu impossibile rimanere ferma a guardare. Nonostante il suo corpo tremava anche se non faceva freddo, scese da cavallo e prese dalla sacca attaccata alla sella i medicinali che fortunatamente aveva portato. Si avvicinò con cautela, a passo lento per non sembrare una minaccia. L'essere rimase fermo a guardarla in silenzio cercando addirittura di non digrignare i denti per il dolore. Skye lo capì e sorrise per il fatto che le stava permettendo di avvicinarsi senza opporsi o ringhiare.

"Non preoccuparti, non ti farò del male." Sapeva che l'essere non poteva capire cosa stesse dicendo, ma sperava che il suo tono di voce potesse rassicurarlo in qualche modo.

Adesso che gli era difronte poté capire da dove veniva tutto quel sangue. Aveva un profondo taglio sul dorso e altre ferite superficiali che non necessitavano di punti. Con cautela si inginocchiò cercando di evitare quei occhi gialli che la fissavano. Prima ricoprì con un unguento curativo le ferite minori toccando delicatamente la pelle, poi con indecisione e timore prese l'ago. Non appena il lupo lo vide sbuffò ma rimase fermo come ad invitarla a fare quel che doveva.

"Non l'ho mai fatto ma... meglio di niente giusto?" Nonostante era la sua prima volta sapeva come fare. I libri di Ruth e i suoi insegnamenti erano finalmente tornati utili e anche se aveva paura che l'essere facesse qualche strano movimento, affondò l'ago con decisione.

Il lupo non emise alcun suono per tutto il tempo, tanto che Skye pensò fosse svenuto o peggio, perché il sangue sul terreno era davvero tanto. Al contrario i suoi occhi erano più vivi che mai e non smettevano di guardarla.

"Non pensavo di piacere così tanto agli animali." disse ad alta voce, "effettivamente un giorno un gatto si era intrufolato dentro casa e non faceva altro che seguirmi. Era un batuffolo nero." raccontò con il sorriso sulle labbra. "Quasi fatto." si avvicinò con la bocca e tentò di tagliare il filo con i denti ma al contrario lo tirò e lupo gemette. "Scusa!" esclamò. Con più cautela tentò una seconda volta e ci riuscì.

Adesso dovrei fasciare la ferita, ma come faccio? Dovrebbe alzarsi.

Come se avesse intuito, l'essere cercò di alzarsi e riuscì a mettersi seduto. Adesso che non era più sdraiato era di gran lunga più alto di Skye ma fortunatamente la ragazza riuscì ad arrivare alla ferita e a fasciarla circondandolo più volte.

"Finito, dovresti essere apposto adesso." disse sorridendo e soddisfatta del suo operato. Alzò gli lo sguardo verso la creatura, che tranquilla la guardava e per un attimo si perse in quello sguardo. Sentiva qualcosa di strano, la stessa sensazione che sentiva quando guardava verso il bosco, adesso la provava difronte a quella bianca creatura comparsa dal nulla. "Che cosa sei tu?" mormorò e come se la sua mano si muovesse da sola cercò di raggiungere il suo muso.

D'improvviso degli ululati in lontananza ruppero la quiete e la pupilla della creatura si rimpicciolì e si voltò di scatto dietro di se. Skye non capiva il perché sembrasse così agitato, credeva che quello fosse il suo branco. La creatura tentò di mettersi su quattro zampe ma aveva perso troppo sangue e ricadde a terra stremato. Nuovamente degli ululati si udirono, ma sta volta erano più vicini. La creatura più agitata che mai continuava a guardare la ragazza e dietro di se. Preoccupata Skye cominciò ad indietreggiare, ma quando l'ultimo ululato si diffuse nell'aria, più vicino che mai qualcosa successe.

"Vattene!" Nel sentire quella voce femminile nella testa Skye trasalì e si girò attorno impaurita. "Te ne devi andare!" disse nuovamente la voce, solo in quello momento capì che era la creatura a parlarle. Se poco prima era impaurita adesso era sia terrorizzata che affascinata. "Stanno arrivando i miei compagni, se ti trovano qui potrebbero ucciderti!"

Con quella minaccia Skye indietreggiò correndo verso Leila. Solo ora si era accorta che la puledra stava fremendo e con il cuore i gola salì sul cavallo. "Vai!" gridò calciando. Leila cominciò a correre più che mai mentre Skye si girò per un ultima volta a guardare quella lupa che sparì nell'oscurità della notte.

Che cosa è successo?!

 

Lucas tornò a casa dopo una settimana dall'accaduto. Skye era tornata immediatamente a casa dopo quello che era successo e fortunatamente nessuno aveva notato la sua assenza. Ma era distratta, continuava a perdere la concentrazione ripensando in continuazione a quello che era successo. A Lucas non passò inosservato ma decise di non indagare, quello che a lui importava era che non fosse scappata come tutte le volte che partiva e come premio gli fece un regalo.

"Skye come sai domani c'è una festa in città e dato che ti sei comportata bene vorrei portarti." lo disse con tono serio, privo di affetto, ma a Skye non importava, finalmente poteva uscire, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti senza avere paura di doversi nascondere.

"Grazie padre!" disse abbracciandolo. Forse sta cambiando, pensò ingenuamente.

Ogni solstizio d'estate si festeggia in tutta Omernia l'Avvento del Mago. Circa 150 anni fa il regno stava soffrendo un'enorme siccità e si stava impoverendo come non mai. I campi si seccavano e gli animali morivano. Però si dice che un giorno un uomo proveniente dalle Lande Desolate dell'Est si presentò al re dicendo di poter far risorgere letteralmente il regno. Il re accettò e l'uomo lanciò un incantesimo. In circa un mese il regno era più prospero che mai. Ogni anno è quindi tradizione festeggia la prosperità del regno. Nonostante è solo una leggenda, gli anziani dei piccoli villaggi sono convinti che il mago sia veramente esistito e lo venerano come un dio.

Quel giorno il padre aveva invitato a casa la sarta del re che creò per Skye uno dei vestiti più belli che lei aveva mai visto. Era di un rosso scarlatto con piccole pietre preziose sul petto e sul corsetto e un bellissimo scialle color carminio. Era perfetto sulla sua pelle bianca e sui suoi capelli corvini. Era così entusiasta che quasi dimenticò gli avvenimenti della settimana prima.

Arrivato il giorno tanto atteso, Skye stava morendo dalla gioia. Quando una sfarzosa carrozza li venne a prendere alla loro dimora, si senti come una di quelle principesse delle storie di Ruth. La ragazza però non poté godere il viaggia come voleva, Lucas le aveva impedito di togliere la piccola tenda nera che copriva il finestrino.

"Non è un bello spettacolo." le aveva detto. La ragazza sapeva bene a cosa si riferiva.

I bassi fondi della città pullulavano di poveri e vagabondi dalla pelle vecchia e nera segnata dalle più disparate malattie. Ma era anche la via più veloce per arrivare nella parte sontuosa e ricca della città abbellita dal possente castello che si ergeva davanti la piazza principale. Con poco più di mezz'ora erano giunti alla loro destinazione e finalmente Skye poté guardare ciò che la circondava. Erano in coda ad altre carrozze di lusso come la sua, mentre altri nobili passeggiando si dirigevano all'entrata del castello.

"E' tutto così... Bello!"

"Non abituartici troppo." disse lui scorbutico ma lei era troppo felice per lasciare che la sua negatività la ferisse.

Dopo una breve attesa poterono finalmente uscire dalla carrozza e Skye si sentì rinascere una seconda volta. Il padre con lei sottobraccio, come se fosse la sua dama, la portò dentro il castello per fare i loro servigi al re. Il vecchio re fu entusiasta nel conoscere la donna che dava continui capogiri al suo uomo di fiducia.

"Sire," disse chinando il capo, Skye seguì i suoi movimenti. "Queste è mia figlia."

"Lucas, vecchio mio" lo chiamò ridacchiando dal suo trono fatto d'oro e diamanti, "Su non ce n'è bisogno." gli disse dato che si erano visti solamente il giorno prima.

"La ringrazio maestà."

"Quindi questa fanciulla è tua figlia, è una bella donna." disse posando i suoi occhi vivaci su di lei. Nonostante l'età, la robustezza del suo corpo, i capelli grigi e la barba lunga, sembrava avere lo spirito di un giovane "Non sarà difficile per lei trovare marito."

A quelle parole Lucas rimase impassibile, ma Skye sapeva che dentro lui stava crescendo la rabbia. "Ha ragione sire." rispose con freddezza.

"Suvvia Lucas!" esclamò notando il gelo nei suoi occhi. "Tu stesso mi ha detto che tra qualche mese compirà diciotto anni."

"Come ho già detto mio re, ha ragione." disse fissando il vecchio, che invece sembrava divertito. Era un uomo che amava stuzzicare, notò Skye. Già le piaceva.

"Va bene vecchio mio, adesso lascia spazio agli altri invitati." disse ridendo "E' stato un piacere Skye." la ragazza gli sorrise con imbarazzo. Non sapeva minimamente come doveva comportarsi difronte ad un re, anche se l'aveva studiato.

Quando Lucas si inchinò per congedarsi, Skye non aspettandoselo chinò la testa goffamente generando le risa del re. Credo di aver fatto una figuraccia...

La serata proseguì meravigliosamente per la ragazza, non si fermò mai, ballò e mangiò il cibo più squisito che avesse mai assaggiato. La musica era leggiadra così come gli invitati con i loro vestiti eleganti che ondeggiavano mentre danzavano. Lucas non la lasciò mai per un secondo ma a lei andava bene, già trovarsi lì le destava un enorme gioia. Spesso si fermava a guardare le guardie e i cavalieri reali, così affascinanti e risoluti. Avevano delle armature argentate e un mantello rosso scuro. Il tutto emanava un'aura così regale. Per un secondo Skye si sentì gelosa. Voleva anche lei essere come quei cavalieri, le donne soprattutto erano così affascinanti e non avevano per nulla perso la loro femminilità, anzi sembravano delle dee e Skye voleva essere come loro, forte e indipendente.

Durante il tragitto per tornare a casa realizzò che doveva tornare nel bosco, capire cosa era successo. Doveva essere coraggiosa come un cavaliere e scoprire cosa si celava nell'ombra. Voleva di nuovo incontrare quella creatura.

 

|revisionato: 01/07/2020|

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Skye aspettò finché il padre non dovette ripartire. Sarebbe ritornato dopo soli due giorni ma a lei bastavano. Questa volta si sarebbe inoltrata di giorno in quanto più sicuro, ma avrebbe rischiato di più. C'erano alte probabilità che l'avrebbero scoperta ma lei aveva l'incessante bisogno di tornare lì. Come ogni mattina la governante Emilia le faceva da insegnante preparandola sulla teologia e sulle arti, che fornivano un preparazione di base fondata sullo studio della lingua attuale ed antica e le arti del Trivio. Le piaceva studiare, ha sempre creduto che il conoscere fosse un arte. Tra le varie materie avrebbe dovuto studiare anche geografia ma per paura Lucas glielo aveva impedito. Ma ciò non l'aveva fermata, lo studio di Lucas era pieno di libri e mappe e ogni volta che partiva si metteva lì a studiare. Era affascinata dalla vastità del mondo e più era rinchiusa più voleva conoscerlo. 

Omernia è solo un puntino in confronto a tutto Eran'rot , aveva pensato mentre toccava delicatamente la vecchia e rovinata cartina. Per non parlare del regno stesso in confronto al mondo intero.

Ma adesso era davvero convinta ad abbandonare tutto. Al mondo esistevano cose che ne i libri ne le cartine spiegavano e lei voleva conoscere ogni cosa.

Dopo la lezio di Emilia si ritirò in camera sua per preparare una sacca con lo stretto necessario e dei soldi per poi comprare dei vestiti più comodi e meno appariscenti. Quando mise in borsa i medicinali notò che su una delle bende c'era una piccola goccia di sangue e si fermò a fissarla.

"Scoprirò cosa sei anche se dovessi metterci tutta la vita." E fu così che la ricerca per una libertà mai avuta divenne una ricerca di conoscenza, segnata dalla curiosità e da quella strana sensazione che aveva sempre sentito ma che da quando aveva incontrato la creatura era accresciuta più che mai. "Ti troverò."

Come aveva previsto Emilia, dopo il pranzo, si era andata a riposare nella sua camera, il che significava che aveva poco più di un'ora. Non poteva assolutamente passare per la cucina perché Lucinda era ancora impegnata a preparare il cibo per la servitù. E nemmeno poteva uscire dal portone dove tutti l'avrebbero potuta vedere con la sacca in spalle. Fu così che uscì rapidamente dalla finestra della sala, così bassa che fece solo un piccolo salto e neanche tanto rumore. Si diresse verso la stalla e nascose la sacca dietro una siepe e con aria tranquilla e poco sospetta si avvicinò ai due gemelli intenti pulire e a gettare fieno ai cavalli.

"Salve signorina Skye." la salutò Colin che la vide per primo.

"Buongiorno signorina Skye!" esclamò Omar alzando lo sguardo e fermandosi del rastrellar. "Ha già parlato con Emilia?"

"No, e poi non sono venuta qui per cavalcare." rispose sorridendo, "Ho qui qualcosa per voi." disse porgendo un fogliettino.

Colin lo prese e con il fratello accanto lo lessero. Skye sapeva che quel giorno c'era un mercato che vendeva oggetti utili per il maneggio e aveva sentito più volte i due giovani lamentarsi per i vecchi attrezzi che erano costretti ad utilizzare.

"E' di vostro padre?"

"Certamente, e questi sono i soldi." disse porgendo un piccolo mazzetto rubato a Lucas qualche giorno prima. "Mio padre ha detto di comprare qualsiasi cosa vi sia di utilità, ma di non spendere troppo. Compratevi anche un buon pranzo già che ci siete."

Entrambi si guardarono con con un grande sorriso stampato sulle labbra e senza mettere in dubbio le parole della ragazza, andarono a cambiare i loro sporchi abiti nei piccoli alloggi vicino alla stalla e prendendo la carrozza dei servi si diressero in città. Ormai lontani, con Emilia che si riposava e gli altri servi che attendevano il pranzo ebbe finalmente un via libera. Riprese la sacca e andò da Leila. Per salire su Leila si aiutò con uno sgabello e senza guardarsi indietro raggiunse il cancello e si inoltrò nel bosco. Come quella notte anche adesso si sentiva come spinta da qualcosa. Per tutto il tragitto si sentì perennemente osservata, la cosa la turbava ma neanche troppo. Questa volta non segui il sentiero ma il suo istinto. Inizialmente pensò che fu una sciocchezza ma pian piano quella sensazione aumentò a dismisura, tanto che non era più una 'sensazione' ma... Qualcos'altro. Lentamente l'ambiente intorno a lei cominciò a mutare. Non riusciva a capire cosa, ma era decisamente diverso. Piante mai viste prima dai colori bizzarri, alberi dalle forme più disparate, piccoli animali strani di cui non sapeva il nome. Finché non vide qualcosa sfrecciarle davanti. Si girò di scatto per capire cosa fosse ma non c'era nulla.

Forse è uno di quei scoiattoli che volano?

"Ma è un umana!" sentì bisbigliare.

"C'è qualcuno?" chiese spaventata. "Fatti vedere!" disse fermando il cavallo e stringendo le redini.

"Come ha fatto ad arrivare sino a qui?" disse un'altra voce.

Skye cerco di girarsi con lo guardo nel punto in cui sentiva bisbigliare ma non vedeva nulla.

"Ma che bella pelle" si sentì dire direttamente all'orecchio.

La ragazza si girò di scatto intravedendo una piccola creatura che si dissolse in un lampo.

"Chi siete? Cosa volete?"

"La vera domanda è cosa vuoi tu." e tante voci risero all'unisono.

"Cosa voglio io?" chiese tra se e se la ragazza. All'improvviso si sentì stanca e confusa. "Perché sono qui..." Era completamente stordita e non riusciva a capire cosa stesse succedendo intorno a lei. La vista le si annebbiò e per un attimo si sentì mancare. Tentò di stringere la criniere della puledra per non cadere ma stava combattendo contro il proprio corpo. riuscì a vedere delle piccole figure umanoidi avvicinarsi a lei.

Delle fate... ?

Poi un potente ululato si sentì nelle vicinanze e le piccole creature dall'aspetto quasi tenero con un ghigno di rabbia si dissolsero.

Skye riuscì a sentire qualcosa correre con grande velocità verso di lei, ma il corpo le diventò pesante e perse la presa. Stava per cadere da cavallo se non fosse stato per due braccia che la sorressero. Prima di vedere il volto di quella persona chiuse gli occhi cadendo in un sonno profondo.

Quando lentamente riprese coscienza, sentì intorno a lei delle grida, ma era ancora troppo stordita per riuscire ad aprire gli occhi.

"È umana! Ma lo vuoi capire?!" sentì una voce rauca gridare.

Umana? Che... significa?

Ma poi una voce familiare rispose con insicurezza ed agitazione, "Lo so ma stava per essere attaccata dalle Ariel! Cosa dovevo fare? Lasciarla morire? E poi... "

"Cosa?" chiese insistente, ma Skye non sentì alcuna risposta.

Skye sentì i passi dell'uomo fare avanti e dietro, finché non si fermò, "Non solo la scorsa settimana ti sei spinta oltre il limite del bosco, adesso ti porti dietro pure le umane. INCOSCIENTE!"

"Mi dispiace." rispose la ragazza accennando a del nervosismo.

Finalmente Skye riuscì a riprendere il controllo del suo corpo e ad aprire gli occhi. Vedeva ancora sfocato ma intravide la figura di un uomo e di una ragazza. L'uomo era bordò per quanto era agitato mentre non riusciva ancora a mette a fuoco il volto della ragazza.

"Adesso sta zitta." le disse. "Devo parlare con la ragazza."

"Si è appena svegliata lasciala respirare!" si intromise non appena lo vide avvicinarsi a lei.

"Fa silenzio ho detto" le ringhiò scorbutico e poi rivolgendosi a Skye, "Mi senti?" chiese cambiando tono di voce, ma la ragazza era impaurita e fece uno scatto cercando di allontanarsi. Guardò l'uomo cercando di capire le sue intenzioni. Era un uomo basso, anzi, un anziano dai pochi capelli, la barba rasata e due grandi occhi marroni che la guardavano in cerca di risposte.

"Si" disse tastandosi le tempie, che con le urla e lo stordimento le era venuto un leggero mal di testa.

"Cosa ci facevi nel bosco?" chiese facendo qualche altro passo verso il letto, ma Skye non rispose. "Non ti faremo del male." la rassicurò, ma quei occhi bramosi di sapere la spaventavano, del resto si trovava in un letto che non era il suo e difronte a due persone che non aveva mai visto.

"Una passeggiata...?" rispose insicura con un sorriso imbarazzato. Non posso dire che sono scappata o mi riporteranno da mio padre.

"Umana non mentire!" disse spazientendosi. Con quell'urlo Skye strinse le coperte e cercò di allontanarsi fino andando a sbatte contro la spalliera del letto.

"Ehi!" gli gridò la ragazza dietro di lui, ma il vecchio la ignorò e continuò a fissare Skye.

"Io..." tentò di ricordare. "Ho visto delle cose ed ho deciso di saperne di più." l'anziano spalancò gli occhi. "Tutto qui."

"Cosa hai visto precisamente?" disse con un tono di voce decisamente preoccupato.

Fu in quel momento che Skye posò gli occhi sulla ragazza, ignorando l'anziano. Rimase a fissare quegli occhi verdi come se fossero l'unica cosa che esistesse al mondo. Ne rimase incantata e anche l'altra sembrava sostenere il suo sguardo. L'anziano accortosi di quel contatto si agitò.

"Thalia?" la chiamò voltandosi ma la ragazza distolse lo sguardo e uscì velocemente dalla stanza. L'anziano scrutò Skye un ultima volta ed uscì anche lui.

Ho... visto lei...? Pensò confusa.

~ * ~

 

"Spiegami che cos'era quello!" chiese imperativo.

Non era un uomo stupido, Thalia lo sapeva ma si era fatta sfuggire quell'espressione. "Niente..."disse cercando di sviare, ma la brillantezza nei suoi occhi indicava tutt'altro.

"Mi sembra molto più di niente'." ma la ragazza continuava a tacere. "Conosco quella faccia, se non parli ti obbligherò."

"Lei mi ha salvata." confessò. l'anziano la guardò con curiosità. "La settimana scorsa quando io e gli altri stavamo inseguendo l'Arpia, ero rimasta gravemente ferita e lei mi ha aiutata." l'anziano batté le palpebre più volte cercando di processare quello che aveva appena sentito.

"Ma è un umana come ha fatto ha superare la barriere due volte?" domandò riflettendo "Forse non è veramente umana."

Thalia si soffermò a riflettere, cercando una soluzione a quel quesito, i suoi ricordi erano sbiaditi, confusi... ma quello che sapeva è che la ragazza doveva rimanere, era il suo istinto che lo diceva, una sensazione. "Forse non è veramente umana." osò dire, ma non era ancora sicura di voler dare una falsa supposizione. "Forse..."

"Cosa?" la incoraggiò l'anziano.

"Potrebbe essere la figlia di una Si'lah, ecco perché è riuscita ad entrare." non sapeva perché stesse mentendo ma sentiva che andava fatto. Non avrebbe giovato portare in ballo il nome di una Si'lah, ma era l'unica creatura che se facesse un figlio con un umano, sarebbe potuto nascere o interamente magico o interamente umano.

L'anziano si mise le mani sulla testa, cercando di processare tutte quelle informazioni. "Se è una vera Si'lah, ti rendi conto che cosa hai fatto? Hai portato una creatura oscura nel villaggio!"

"Glielo dovevo!"

"Da quand'è che ti importa delle creature oscure Thalia?" disse furioso. "Ne hai uccise due proprio ieri e oggi fai la difensora?"

"Non è come credi!" esclamò avanzando minacciosa verso di lui.

Ma il vecchio invece di minacciarla sorrise, "C'è di più non è così?" ci era cascata e con rassegnazione abbassò lo sguardo. "Sono tuo nonno, con me puoi parlare."

La ragazza sospirò, "E' complicato."

"Spiegamelo."

"Non capiresti." disse girandosi di spalle. "E' una cosa... profonda." Quello era tutto quello che avrebbe detto perché lei stessa non capiva. Era un segreto che non aveva mai detto a nessuno.

"Thalia hai avuto l'imprinting?" chiese sconvolto.

"Non lo so." ma tentare di ricordare le faceva solo male e si strinse le spalle. "Ero piccola, molto piccola..." gli occhi le divennero lucidi. "Non ricordo."

"Come fai a non ricordare?!"

"Non me lo ricordo e basta!" e l'anziano sbuffò.

"Non so che pensare... devo riflettere. Ne parlerò con il Gran Maestro. Sta di fatto che non può più tornare nel mondo degli umani."

A quell'ultima frase Thalia sorrise. Non sapeva la causa di quel sentimento ma sapeva cosa voleva e finalmente l'aveva ottenuta. Finalmente quel dolore sarebbe scomparso, ora che Skye era lì.

 

|revisionato: 06/07/2020|

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Skye venne lasciata da sola nella più totale confusione.

Quella ragazza io l'ho già vista.

"Cavolo che mal di testa." disse massaggiandosi le tempie. "Mi sembra di impazzire."

Si guardò attorno. Era una stanza molto ricca di erbe e medicinali. Vi era una scrivania in legno, così come le pareti. Tutto in legno. Quando vide che accanto al letto c'era una finestra, si affacciò e vide sotto la casa una strada che brulicava di persone intente a comprare al mercato. Cercò di trovare qualche punto di riferimento per capire in quale città del regno si trovasse, ma non c'era nulla, ne uno stemma, ne un monumento che le desse qualche indirizzo. Poi sentì la porta aprirsi.

"Ehi!" vide una testa sbucare dalla porta. "Come stai?" chiese entrando nella stanza.

Eccola di nuovo, pensò Skye, quella ragazza. La cosa che la colpì fu il fatto che indossava una strana armatura in cuoio. Questa le proteggeva le spalle e il seno destro, lasciando la pancia e la maggior parte della schiena vulnerabili. Indossava anche una cintura nel quale doveva essere appesa una spada che al momento non c'era. Teneva i capelli castani raccolti in una scombinata treccia, fatta sicuramente velocemente e poco prima. La pelle abbronzata mostrava chiari segni di combattimento, come la cicatrice sul sopracciglio che quasi raggiungeva l'occhio, qualche altro graffio sul viso, e specialmente altre cicatrici più o meno evidenti sulle braccia.

"Stordita, confusa e con il mal di testa." rispose tranquillamente. Voleva cercare in tutti i modi di instaurare un dialogo con lei. Voleva sapere dove si trovava, se sapevano chi era e se l'avrebbero riportata a casa.

"Be' " sorrise, "sembra che va bene allora" disse la ragazza ridendo.

Di nuovo Skye si perse in quello sguardo ma cerco di continuare la conversazione. "Dove mi trovo?"

"Ti trovi a casa mia a Border Leaf." rispose avvicinandosi al letto. Skye ritirò i piedi così che la ragazza potesse sedersi. "Grazie."

"Non ho mai sentito parlare di questa città." disse curiosa.

"Questo perché ci troviamo all'entrata del bosco del... regno fatato" disse lentamente per farle capire che era seria. Ma Skye rise non credendo alla sue parole. "Non sto scherzando" disse seria. "Capisco che può sembrarti strano, ma non ti trovi più nel tuo mondo."

"Che cosa?" disse la ragazza perdendo il sorriso. Si guardò nuovamente a torno e ignorando Thalia si affacciò nuovamente alla finestra. Fu in quel momento che notò qualcosa, una lupo di mastodontiche dimensioni camminava tranquillo tra la gente. "Che cos'è quello?" chiese tenendo la voce bassa, come se avesse paura che potesse sentirla.

"Esattamente quello che vedi." rispose, "ma non devi avere paura." le sorrise rassicurandola.

"Io non capisco," bisbiglio mettendosi le mani in testa, "come ci soni arrivata qui?"

"Attraverso il bosco, il nostro villaggio ha il compito di sorvegliarlo per impedire alle creature maligne di entrare nel nostro regno." le spiegò cercando di sembrare più razionale possibile. Ma Skye rimase in silenzio scioccata con la bocca spalancata.

Poi dopo aver elaborato quelle informazioni rialzò gli occhi sulla ragazza e disse "Io vi ho già vista non è così?"

Thalia senza rispondere si alzò la maglietta mostrando una fascia che le circondava tutta la schiena. "Ti ringrazio per quello che hai fatto."

"Eravate voi... Sono tornata nel bosco per voi! " esclamò, "Cioè voglio dire... " diventò rossa per l'imbarazzo e Thalia se ne accorse.

"Puoi darmi anche del 'tu', tranquilla." la rassicurò con un sorriso. "Mi chiamo Thalia."

"Io sono Skye."

"Bene Skye," si alzò, "ti porto la cena e poi potrai farmi tutte le domande che desideri."

Skye la seguì con gli occhi finché non chiuse la porta. Si sentiva strana, ma non in modo negativo, e questo la spaventava. Si sentiva in dovere di aver paura, ma non era così. Era preoccupata perché si trovava in un posto che non conosceva, ma provava questa strana sensazione di benessere a cui non riusciva a dargli una spiegazione.

Dopo aver cenato con della strana carne e verdura, una miriade di domande le giravano in testa ma diede voce solo ad una. "Tu sei un lupo?"

"Si, sono un Licantropo della classe Mutaforma." già con quella frase, Skye entrò in confusione. "Siamo metà umani e metà lupi." le spiegò. "Tutti quelli del villaggio lo sono. È la nostra maledizione."

Skue corrugò le sopracciglia con quell'ultima frase e curiosa chiese, "Cosa intendi per maledizione?

"Secoli or sono venne attuato un'esperimento, far entrare nel regno fatato degli umani e vedere se la convivenza era possibile. Alcuni di noi facevano parte di un credo, convinti nell'esistenza di un entità superiore e regolatrice. Praticamente quello che voi chiamate Dio." Skye annui accondiscendente. "Ma era mal visto dalla regina, ci ritenne degli stregoni che invocavano forze maligne. Ovviamente non era così ma lei non diede ascolto." disse con un velo di rabbia. "Ci maledisse tutti. Ci diede questi corpi e ci diede il compito di impedire a qualsiasi entità maligna di oltrepassare il bosco. Inoltre siamo obbligati a vivere lontani dal regno in quanto siamo stati banditi."

Skye rimase in silenzio ad ascoltare incredula cosa Thalia le diceva. Conosceva bene quel sentimento asfissiante, di non poter andare dove si voleva, rinchiusa in un unico luogo.

"Mi dispiace. Ma posso capire cosa significa sentirsi in trappola." disse comprensiva.

"So bene che lo sai." mormorò distogliendo lo sguardo. Skye la guardò confusa. "Nulla lascia stare." disse sorridendo.

"Quando sono entrata nel bosco ho provato una sensazione. Era come se il mio istinto mi dicesse dove andare." le disse cercando delle spiegazioni.

È colpa mia... È stato davvero l'imprintinig allora, Pensò la Thalia.

"Ne parleremo più avanti." disse alzandosi cambiando umore. "Pensa a riposare. Domani incontrerai l'Alpha e il Gran Maestro. Spero che dormirai bene."

"A domani allora" disse con un velo di tristezza. Improvvisamente allungò la mano per afferrare quella dell'altra. Stupita dalla proprio reazione, si ritrasse e chiese scusa. 

Thalia fu esitante ma poi disse "Se vuoi resto con te."

Gli occhi della ragazza si illuminarono "Si mi farebbe piacere" 
Skye sentiva un gran legame con quella persona. Un legame che neanche lei riusciva a spiegare. "Finché non mi addormento."

Thalia si sedette a terra, appoggiando la schiena contro il letto, e la testa sul materasso. Skye si infilò nuovamente sotto le coperte, coprendosi quasi tutto il viso. Era imbarazzata ma si sentiva al sicuro. Al contrario Thalia era preoccupata, si sentiva in colpa. Sapeva che non sarebbe finita bene, a causa dell'imprinting sarebbero rimaste legate per sempre. E aveva paura per Skye, che si trovava al centro di qualcosa che neanche conosceva. Tutti quegli anni lontane l'avevano distrutta fin nell'animo. Aveva provato un gran dolore fisico e mentale che con gli anni era riuscita a gestire. Ma adesso Skye era lì, e lei da segugio qual era non avrebbe mai permesso alla sua preda di scappare.

 

|revisionato: 06/07/2020|

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


I'm building this house, on the moon
Like a lost, astronaut
Lookin' at you, like a star
From a place, the world forgot
And there's nothing, that I can do
Except bury my love for you

-Jaymes Young (Moondust)

Tutti quegli anni lontane avevano distrutto Thalia fin nell'animo. Aveva provato un gran dolore fisico e mentale che con gli anni era riuscita a gestire. Ma adesso Skye era lì, il legame che le univa la rendeva completa e da segugio qual era non avrebbe mai permesso alla sua preda di scappare.

Quando Skye si alzò dal letto la donna lupo era già andata via. Sentiva un dolore al petto che non riusciva a spiegarsi. Aveva sempre sentito quel vuoto, che qualcosa mancava, ma non aveva mai capito la causa. Anche adesso si sentiva confusa. Ma fu subito distratta dalla figura che entrò nella sua camera. La donna che entrò senza bussare era un anziana minuta con la veste sporca di cibo e i capelli grigi tenuti fermi da una bandana.

"Tieni" disse appoggiando i vesti sulla sedia della scrivania.  "Il bagno è qui fuori, la porta a fianco." ma Skye non aveva ancora mosso un muscolo, voleva semplicemente aspettare che la donna uscisse ma lei aggiunse "Sbrigati, ti stanno aspettando."

A Skye non piacque quel tono scorbutico ma annuì in silenzio. Era rimasta con gli stessi vestiti con cui era partita di casa, quindi si fiondò subito nel bagno, si lavò in fretta e ritornò in camera. Rimase a fissare i vestiti poggiati sul letto con sguardo incerto.

Non sono abituata ad indossare abbigliamenti del genere...

Era molto simile a quello che aveva indossato ieri Thalia. Una camicia color crema sbiadita e dei pantaloni marroni attillati.

Non avrei mai creduto che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei indossato dei veri pantaloni.

Con grande imbarazzo indossò quegli abiti. Se il padre l'avesse vista così, pensò lei, l'avrebbe creduta pazza e l'avrebbe rinchiusa in un convento per correggere la sua devianza. Quando uscì dalla stanza sentì delle voci provenire dal piano inferiore. Scese le scale e si ritrovò davanti ad una sala. C'era una signora piuttosto anziana, dalla carnagione bianca e rugosa, con i grigi capelli raccolti in una cipolla. Sedeva a capo tavola con vicino una donna. Questa osservò Skye scendere dalle scale con occhi che avrebbero intimorito chiunque. Aveva i capelli di un marrone scuro che le arrivavano alle spalle. Aveva dipinti sul viso, appena sotto l'occhio, due linee doppie azzurre, un cerchio sulla fronte e una linea sempre azzurra che divideva il mento. Indossava un'armatura in cuoio che invece di nascondere le sue forme, le accentuava ancora di più. Anch'ella portava dei pantaloni a cui era allacciata una cinta con un pugnale con il manico fatto d'ossa. Poi posò lo sguardo su Thalia che era seduta alla destra dell'anziana. Teneva i lunghi capelli nocciola sciolti, solo quelli che si trovavano vicino alle tempie vennero raccolti in delle trecce e portati dietro la nuca, lasciando il viso  scoperto. Non si era accorta che Skye le stava raggiungendo, quando alzò lo sguardo, le sorrise in un modo che sembrava rassicurante, ma la donna con l'armatura la ammonì con lo sguardo e lei riprese ad essere seria.

"Buongiorno." disse Skye tra imbarazzo e preoccupazione.

"Siediti cara," disse l'anziana. Skye fece come detto. Ma l'anziana donna non aspettò un attimo e saltando le formalità chiese subiti ciò che le interessava. "Allora, come hai fatto ad arrivare fin qui? Un semplice essere umano non può superare così facilmente il muro magico che si trova nel bosco"

Anche il vecchio uomo dell'altro giorno le aveva posto la stessa domanda e di certo in una notte non avrebbe saputo cambiare la sua risposta. "Io non so come ci sono arrivata." disse cercando di essere convincete più che poteva. "Ho solo seguito il mio istinto."

"Istinto... capisco." Poi rivolgendosi all'altra ragazza " Thalia, tuo nonno mi ha detto che sei stata tu a salvare la ragazza e che hai legato con lei." disse accentuando la parola legato.

"Sì l'ho trovata io." disse annuendo con incertezza nei suoi occhi. "Ma... non so se l'altra cosa sia vera."

"Va bene," disse l'anziana. "Ragazza tu sai perché sei riuscita a superare il muro?" non le diede neanche il tempo di rispondere che sentenziò "Perché non sei completamente umana."

A quella affermazione Skye venne presa dal panico. Cercò di chiedere aiuto a Thalia con lo sguardo ma questa sembrava fissare il vuoto.

"Ragazza non devi avere paura. Noi ti aiuteremo, siamo qui per questo." ma anche se l'anziana donna sorrideva, a Skye quello sguardi faceva paura, le era difficile fidarsi.

"Se non sono umana allora cosa sono?" chiese imperterrita.

"Secondo la nostra Thalia sei una Si'lah, una creatura demoniaca mangia uomini. Ma non ne siamo ancora del tutto certi." disse sospirando.

Creaura demoniaca! Gridò nella sua testa, e pure mangia uomini! Queste sono pazze.

Skye ancora una volta cercò di incrociare lo guardo di Thalia senza trovarlo. Poi quest'ultima si alzò in piedi e disse "Gran Maestro e Alpha, mi occuperò io di lei." disse cercando approvazione nei loro sguardi. "Cercherò di istruirla e cercheremo insieme di capire quale sia la sua vera natura."

Finalmente la donna che per tutti il tempo era stata in silenzio annuì a Thalia e disse quasi con rimprovero, "Hai ragione figlia mia, questo è un tuo problema."

Quella è sua madre? Di sicuro Thalia ha preso dal padre. Non c'è niente che accomuna queste due.

Poi l'anziana signora si alzò e strinse la mano della ragazza come per rassicurarla. Skye la guardò stupita non aspettandosi quel gesto. Lasciando la mano della ragazza si avviò verso l'uscita seguita dall'Alpha. Ma prima di andarsene si rivolse a Thalia "Spero che questo inconveniente non ti distragga dalla gara. Ho scommesso molto su di te." e con il sorriso sul viso uscì dalla porta lasciando le due ragazze sole.

Troppe cose erano successe, troppe notizie da apprendere. Umana... Non umana... Skye si sentì soffocare. La testa le girava, cercò di reggersi al tavolo ma cadde a terra.

"Cavolo! Stai bene? " domandò Thalia agitata, poggiando una mano sulla sua schiena.

"Io... Diamine!" si copri il viso con le mani e scoppiò in un pianto liberatorio. "Non ci sto capendo più niente!"

Thalia, sorpresa e avvilita la abbracciò più forte che poteva. Sentì il suo dolore. Lo percepiva come se fosse il proprio.

La solitudine gli era stata sempre una cosa famigliare ma adesso si sentiva veramente da sola. Il mondo era contro lei e non riusciva a reagire.

Ma quando finirà?, si chiese. Quando potrò vivere una vita normale?

Thalia continuò a stringerla forte finché Skye non si abbandonò a quell'abbraccio. Quel calore che le trasmetteva le faceva ricordare la madre Margaret. Quel sorriso dolce che lei le rivolgeva ogni mattina quando la svegliava e ogni notte quanto la portava a dormire. Era riuscita a superare il dolore della sua scomparsa, aveva affrontato il padre innumerevoli volte. Aveva lottato contro la solitudine e l'aveva dominata.

Supererò anche questo...

"Ehi," disse guardandola negli occhi. "se vuoi ti porto a vedere il villaggio. Così ti distrai un po'."

"Va bene..." annuì la ragazza

~  *  ~

"Credi che sia una Si'lah?" domandò l'Alpha.

"Potrebbe." disse perplessa "Ma ricorda, se le Si'lah si accoppiano con un umano, se vogliono, posso partorire esseri umani ed io infatti non ho percepito alcuna aura negativa in lei."  la donna annui, ma subito il suo pensiero si focalizzò su un'altra questione.

"Per non parlare che ha l'imprinting con mia figlia." disse sospirando. "Credi sia possibile?"

"Questo è un'altro dilemma che dobbiamo risolvere al più presto." 

 

Salve bella gente ho messo in alto una canzone che rispecchia perfettamente il personaggio di Thalia. Si chiama Moondust di Jaymes Young, dategli un ascolto, merita davvero. 
Inoltre da qui in poi inizierò a mettere ad inizio capitolo alcuni testi di canzoni che rispecchiano la situazione o i sentimenti di un personaggio, spero appreziate l'idea. 
Al prossimo capitolo~

|Revisionato: 9/07/2020|

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Forever in my mind
only you
The pieces in my life 
go away with you
You're my first love... 
-Yuna (Lullabies)

 

Thalia la portò a visitare i punti principali del villaggio, che in realtà era molto più simile ad una città. 
Skye noto con grande meraviglia che era situato sulle sponde di un grande lago, con palafitte e uomini che pescavano con delle umili barche di legno.
Sulla riva, pieni di sabbia dalla testa ai piedi, c'erano due bambini che giocavano cercando di catturare dei piccoli pesci. Non riuscendo a prenderli, mutarono in piccoli lupetti, entrambi con il manto marrone. A quella vista Skye rimase sorpresa ma ben presto capì che questa era la normalità in quel mondo.

"Sai, qui è piuttosto normale trasformarsi." le disse Thalia, come se l'avesse letta nel pensiero, "Ci sono alcune persone che addirittura decidono di restare un lupo a vita."

"La mia vita è stata sempre troppo monotona." confessò con malinconia. "Desideravo che qualcosa la cambiasse radicalmente, ma questo non era esattamente ciò che mi aspettavo." disse ridendo. "Però credo che mi piaccia."

"Bene." le sorrise, "è buon inizio." Mentre camminavano in lontananza cominciò a comparire una grande struttura circolare. "Qui vicino c'è l'arena, vuoi vederla?"

"D'accordo." esclamò curiosa.

Durante il tragitto Thalia le raccontò come ogni luglio venivano fatti i Giochi della Caccia. Essendo la fine del mese di giugno, l'arena sarebbe stata piena di cacciatori pronti ad affilare le proprie abilità prima del grande giorno. Ogni cacciatore avrebbe scelto il numero e il tipo di creatura magica che avrebbe affrontato da solo nell'arena. Questi due fattori gli avrebbero dato dei punti che avrebbero stabilito una classifica. I primi 20 avrebbero avuto accesso alla fase successiva, la caccia nel bosco. Le creature da cacciare sarebbero state due Ippogrifi. I due cacciatori che sarebbero stati in grado di domarli sarebbero passati alla fase finale. Avrebbero combattuto poi l'uno contro l'altro fino a dichiarare un vincitore. Il premio sarebbe stato la possibilità di tenere l'Ippogrifo domato.

"Tu parteciperai?" chiese elettrizzata.

"Si, certo." rispose con entusiasmo.

"Hai mai vinto?" domando curiosa, sperando di poter vedere la creatura di cui Thalia parlava.

"Qualche volta." le rispose con un sorriso soddisfatto.

"Cosa ne fate di loro?" disse riferendosi alla creatura.

"Li teniamo. Una volta che sei riuscita a domali questi si sottomettono alla tua volontà. Possiamo utilizzarli per andare a caccia, per combattere o anche per delle semplici passeggiate."

"Quanti ne possiedi?" 

"Tre." disse con un ghigno.

Skye la guardò con occhi pieni di eccitazione "Fantastico! E pensare che tutti credono che sono solo frutto di fantasia. La mia levatrice quando veniva a farmi visita mi raccontava sempre di queste creature. Ed io ogni volta ne rimanevo affascinata."

"Se lo desideri posso farti fare una cavalcata."

"Dici sul serio?" chiese nuovamente con euforia. La lupa annuì. "Aspetta un secondo," esclamò improvvisamente, ricordando adesso per la prima volta della sua cara amica. "Il cavallo con cui sono venuta, dov'è?"

"Non è qui," confessò a malincuore vedendo l'espressione della ragazza. "l'ho mandato indietro. Non è una creatura di questo mondo, era impossibile farlo entrare"

Poi realizzò una cosa. Se Leila fosse riuscita a tornare a casa, il padre avrebbe sicuramente sospettato che si fosse inoltrata nel bosco. Forse avrebbe pensato che fosse morta. 
Non riusciva a capire se la cosa la rendeva felice o triste. Lucas aveva già perso una moglie, cosa avrebbe fatto se anche la figlia fosse morta?

"C'è qualcosa che non va?" chiese allarmata.

"Probabilmente mio padre penserà che sono morta o chissà dove."

"La cosa ti rattrista?"

"Forse," sospirò. "Non lo so."

Thalia storse il naso. Era dell'idea che quell'uomo non meritasse nulla buono. Sapeva come Lucas la trattava, perché l'aveva sorvegliata da lontano tutti quegli anni. Sconfinava nel territorio degli umani e si posizionava sull'albero più alto. Non era lei che lo voleva, ma quella sensazione che l'aveva sempre accompagnata. Se ne stava lì su un ramo ed osservava la casa.  Skye stava sempre affacciata alla finestra e lei se ne stava nascosta  a vegliare su di lei. Ogni volta che succedeva qualcosa, la lupa lo percepiva, si agitava, ma non poteva fare nulla. Quello non era il suo mondo, non aveva il diritto di intervenire. Ma adesso Skye era lì e si sentiva in dovere di stare al suo fianco. Se lo era sempre chiesto perché, forse l'imprinting, forse altro. Ma lei non ricordava quasi nulla della sua infanzia. Se soffre per la perdita di Skye allora avrebbe dovuto darle la libertà che le apparteneva. Che marcisse!

Finalmente dopo qualche minuto si ritrovarono davanti alla mastodontica struttura circolare. C'era molta gente e presto Skye si ritrovò con i loro occhi addosso. Si sentì a disagio, come un pesce fuor d'acqua. Poi senti la mano di Thalia sulla spalla, come per rassicurarla e si diressero verso l'entrata sud. Si sentivano fendenti di spada, gente che esultava e urlava. Salirono delle scale per arrivare al primo piano dei tre. Da lì poterono vedere tutto. Le espressioni facciali, la tensione dei muscoli, il sudore ma soprattutto la grinta. C'erano due ragazzi che si stavano scontrando, uno moro, alto e robusto, l'altro, con i capelli rasati, più minuto ma decisamente più agile. Non c'era un momento di respiro, continuavano ad attaccarsi senza sosta. Finché il più piccolo non si trasformò in lupo dal manto grigiastro con sfumature nere. Questi lo attaccò con ferocia facendogli balzare la spada. Con un ghigno sul viso anch'egli si trasformò. Il pubblico esulto come non mai. Anche Thalia sembrava non pensare ad altro. Aveva lo sguardo fisso sui due ragazzi. Skye vedeva i suoi occhi seguire ogni minima mossa per poi accennare ad un sorriso.

"Quello con il pelo grigio si chiama Ciril, ci siamo addestrati insieme." disse indicandole il ragazzo. "L'altro invece è Basil, suo fratello maggiore."

Nonostante erano fratelli, sia il loro aspetto che il loro stile di combattimento era differente. Basil, che si concentrava sulla difesa, aspettava che il suo avversario si fosse stancato per poi attaccare con tutta la forza in corpo. Ciril invece si basava solo sull'attacco lasciando scoperte alcune parti del suo corpo che avrebbero dato vantaggio all'avversario. Si vedeva che mancava di esperienza ma se la cavava bene. 
Ciril, infatti, stremato dal continuo sforzo, diede al fratello campo libero per attaccarlo. Questi gli sferrò una morsa al fianco gettandolo atterra. 
Il pubblico applaudì entusiasta e soddisfatto dell'incontro. Basil aiutò il fratello, ormai con aspetto umano, ad alzarsi e uscirono dal campo.

"Andiamo a raggiungerli, voglio presentarteli."

Dopo che l'incontro ebbe fine, molte persone cominciarono a muoversi dalle loro postazioni. Thalia dovette prendere la sua mano per evitare che venisse portata via dalla folla. Skye non era mai stata abituata al contatto fisico e quel gesto la scosse un po',  ma alla fine la strinse a sua volta per non sembrare infastidita. Con un po' di difficoltà riuscirono a scendere le scale e a raggiungere i due ragazzi.

"Ciao!" disse Basil, grondante di sudore.

"Bello spettacolo, mi dispiace essere arrivata alla fine." disse Thalia con un saluto.

"Oh! Ciao Thalia" disse girandosi sorpreso il più piccolo. "Hai visto come lo attaccavo?" chiese entusiasta.

"Si, stai migliorando, ma dovresti concentrarti di più sulla difesa. Sarà la centesima volta che te lo ripeto." lo rimproverò con un gentile pugno alla spalla.

"Questa testa vuota non impara mai." aggiunse il fratello. "E chi è questa signorina?" chiese sporgendosi, guardandole attentamente il viso.

"Lei è Skye, la stavo portato a visitare il villaggio." ma quando vide lo sguardo incuriosito dei due aggiunse, "È arrivata solo ieri."

"È l'umana intrusa?" chiese serio il ragazzo.

"Io ho sentito che era una metà demone" disse il più piccolo mostrando poco tatto. Thalia lo ammonì con lo sguardo.

"Vedo che le notizie girano in fretta." disse infastidita, "Scusali Skye a volte riescono ad essere gentili. Ma è raro." Skye rise.

"Piacere di conoscervi." disse ai ragazzi con un po' di imbarazzo.

"Il piacere è tutto nostro. Era da un po' che non succedeva qualcosa di interessante." disse Basil, "Comunque stasera volevamo incontrarci alla taverna, volete venire?"

"Certo" rispose subito Thalia. "Per te va bene?" chiese rivolgendosi a Skye.

"Si, ne sarei felice." rispose ancora timidamente.

"Bene ragazzi, allora a stasera." Basil allungò la mano verso Thalia e dopo aver fatto una mossa bizzarra agli occhi di Skye, si salutarono.

Tornate a casa, trovarono il tavolo già pronto. Thalia ringraziò l'anziana governate e si sedettero a mangiare.  Il cibo era squisito, cento volte più buono di quello che servivano a casa sua. Mangiò con foga e una volta finito ringraziò l'anziana. L'aveva giudicata male la prima volta, forse era solo nervosa per la presenza di quelle altre due donne.

"Il cibo era buonissimo." disse dolcemente Skye.

"Grazie mille. Spero che rimarrai così potrai assaggiare tutte le prelibatezze che preparerò la prossima settimana per l'inizio dei giochi." disse con una grande lucentezza negli occhi. "Inoltre sono contenta che farai un po' di compagnia a questa qui."

"Ehi!" esclamò Thalia scocciata. L'anziana rise e ritornò in cucina.

Skye si sentiva bene in quel posto, non si sentiva fuori luogo, bensì parte di qualcosa. E poi sentiva questa sensazione che la tratteneva lì, come una morsa al petto ma allo stesso tempo piacevole ma imprevedibile. 
Sentiva dentro di sé che non avrebbe mai lasciato quel posto mai e poi mai, anche se l'avrebbe voluto. Si girò a guardare Thalia, scrutò il suo viso fin nei minimi dettagli. Quella piccola cicatrice sul sopracciglio sinistro, a parere di Skye, la rendeva ancor più affascinante. Aveva della labbra rosse come le rose pensò lei. E quegli occhi in cui si perdeva sempre, quei bellissimi occhi verdi che le ricordavano il bosco in cui si erano incontrate. Quello che non sapeva era che la lupa provava lo stesso. 
Quando si alzò da tavola, Skye tornò in sé, maledendo se stessa per quello che sentiva.

Riprenditi, tu non sei così! si rimproverò da sola.

"Tu vai a riposarti, io devo vedermi con un'amica." disse sciogliendosi la coda per poi farsi una treccia. "Tornerò presto comunque, quindi non preoccuparti." Skye sentì una strana tristezza. "Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure a Agnes."

"Torna presto... " voleva dirle, ma sarebbe sembrata possessiva, a tratti anche disperata considerando la situazione. Non voleva essere compatita, benché meno voleva far pena.

"D'accordo a dopo." e la salutò un con sorriso.

 

Thalia si avviò verso la spiaggia del lago. C'era molta gente quel pomeriggio nonostante era molto presto. Trovò la ragazza distesa sulla sabbia e la salutò sedendosi accanto a lei.

"Ciao Iris," disse con sguardo malinconico.

"Da quanto tempo." disse offesa, "non ti sei fatta più sentire."

"Scusa sono stati dei giorni impegnativi e i prossimi saranno anche peggio." disse poggiando la testa sulla sua spalla.

"Si tratta della nuova arrivata?" chiese seria.

"Si... Ho avuto l'imprinting con lei o almeno credo."

"Cavolo, allora è seria la cosa." disse girandosi di scatto a guardarla, costringendo Thalia ad alzare la testa. "In una situazione diversa avrei esultato per te ma..." fece una faccia afflitta e iniziò a giocherellare con i lunghi capelli biondi.

"Iris c'è una cosa," disse insicura. Conosceva Iris da quando era piccola, ma nonostante tutto aveva paura di dare voce ai propri timori e paure. "Io... non so se è veramente l'imprinting."

"Che intendi?

"Non lo so è complicato... e poi non sappiamo nemmeno cosa lei sia." sospirò. "Una semplice umana non può superare la barriera e che sia la figlia di una Sil'ha è un evento più impossibile che raro." Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si mise le mani tra i capelli. "Non so cosa fare, voglio proteggerla ma non so da cosa. Forse addirittura da me... " disse cominciando ad agitarsi.

"No non dire così! Non è colpa tua," la rassicurò, "Se è l'imprinting allora è un processo naturale che non può essere controllato. Le hai parlato o ne è all'oscuro?"

"No, non sa ancora niente," confessò "vorrei farlo ma ho paura."

"Di cosa? Che si allontani da te? Anche se ci provasse non ci riuscirebbe." disse quasi ridendo.

Ci fu un minuto di silenzio, poi per allentare la tensione e per pensare ad altro, Thalia chiese alla ragazza se quella sera sarebbe venuta anche lei alla taverna e lei con eccitazione rispose di sì. "Così avrò modo di conoscerla!"

 

|revisionato: 09/07/2020|

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***



And all along I believed
I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I'll love you for a thousand more
I have died everyday waiting for you
Darling don't be afraid I have loved you
For a thousand years
I'll love you for a thousand more

-Christina Perri (A Thousand Years)

 

Quando tornò a casa trovò Skye assopita sul letto. Si sedette su una sedia lì vicina e iniziò a guardala.
Contemplò quei bellissimi capelli corvini che le ricadevano sul viso, quella pelle così bianca che la faceva appare come una dea e il viso dolce era puntinato di piccole lentiggini quasi invisibile.

Sei la creatura più bella che abbia mai visto...

Poi la ragazza iniziò a muoversi bruscamente e quel viso tranquillo venne sostituito da smorfie e lamenti.

"Ehi Skye! Svegliati!"

La ragazza aprì gli occhi e ancora con il fiatone si mise seduta.

"Ho avuto un incubo"

"Cosa hai sognato? "

"Non lo ricordo, è tutto frammentato e sfocato" mentì

Thalia si alzò e andò verso la credenza che conteneva dei barattoli in vetro di medicine.

"Tieni" disse porgendole un barattolo contenente della sabbia azzurra.
"Questa è la sabbia del Sandman. È un uomo che gettando questa polvere sugli occhi delle persone che dormono dona loro sogni felici"

"Grazie mille. Hai incontrato quell'uomo?"

"Non io, ma il Gran Maestro. È lei che me l'ha regalata"

"Ne avevi bisogno? "

"Si. Ma ora non più. Puoi usarla tranquillamente, posso confermare che è efficace, forse anche troppo"

"Ho un po' paura sinceramente. E se il sogno dovesse piacermi così tanto da non volermi più svegliare?"

"Basta rendere quel sogno una realtà"

Quelle parole la colpirono fin nel profondo del suo cuore. Cosa voglio io? La stessa domanda che si era fatta quando aveva incontrato quelle fate nel bosco. Anche se all'ora non lo sapeva, forse adesso aveva trovato la risposta. Ma aveva paura. Paura di essere abbandonata o maltrattata ancora. I ricordi del suo passato erano ancora vividi e chiari. E non l'avrebbero mai abbandonata, doveva essere lei ad abbandonare il passato e a pensare al presente, a Thalia, a Border Leaf, erano questi i pensieri su cui doveva concentrarsi e ci provava, con tutta sé stessa, ma i sui demoni ritornavano, sempre, anche nei suoi sogni.

"Grazie, per tutto quello che stai facendo per me."

"Ricordati che sei stata tu quella a salvami, da tutto... " mentre lo diceva si girò nascondendo il suo viso dagli occhi di Skye, occhi perplessi per quell'ultima frase.

Ci fu un momento di silenzio, nessuna delle due sapeva cosa dire. Thalia voleva con tutta sé stessa dirle dell'imprinting ma era troppo presto. Aveva paura che dopo il cambiamento di vita radicale, parlare anche di questo l'avrebbe destabilizzata ancora di più.

"C'è qualcosa che vuoi dirmi?" disse poggiando la mano sulla sua spalla. A quel contatto Skye percepì un gran calore. E lei pensò che essendo un lupo la sua temperatura corporea era nettamente più elevata rispetto alla propria.

Poi Thalia si girò, apri la bocca come per dire qualcosa ma le parole non uscivano. Poi fece un grande respiro e quasi con costrizione disse "C'è una cosa che devo dirti ma non so se sei pronta. Neanche io lo sono, quindi vorrei che aspettassi un po'. Voglio che prima ti abitui a questa vita."

"Va bene" le disse con occhi dolci.

"Vieni ti faccio vedere la tua camera, non puoi continuare a stare nella camera medica"

La camera era accanto a quella della lupa. Era spaziosa, bella ed elegante con un bellissimo letto con tende e delle enormi finestre da cui penetrava  tantissima luce.

     

"Non so che dire... Grazie mille!"

"Di niente, non potevo farti dormire in una stanza piccola come quella.
E c'è un'altra cosa che voglio farti vedere."

Scesero le scale arrivando alla sala principale, scesero ancora fino a ritrovarsi davanti ad una grande porta ridefinita con tante incisioni floreali. Quando la aprì, Skye si trovò davanti ad un enorme sala piena di libri.

"Una biblioteca!" esclamò meravigliata.

"Non solo, è anche ottima come sala da ballo." dicendo questo si avvicinò al giradischi e inserì un disco in vinile. 
La stanza si riempì di suoni leggiadri e a Skye sembro di sognare.

"Mi concede questo ballo?" disse Thalia inchinandosi.

"Con piacere"

Entrambe unendo le loro mani, si lasciarono trasportare dalla musica. Skye si sentiva leggera, viva e libera. Per la prima volta realizzò cosa fosse davvero la libertà e riuscì a comprendere la parola amore. Perché era questo che provava, affetto per la persona che aveva difronte. 
Thalia le fece fare una giravolta e vendo l'altra al massimo della contentezza glie ne fece fare una seconda, poi una terza e una quarta. 
Ritornata ferma sul posto barcollò e cadde, ancora con il sorriso sulle labbra. Thalia la afferrò e la strinse a se. Rimasero abbracciate per un paio di minuti, Skye era sorpresa ma allo stesso tempo le piaceva quel tepore. 
Poi si scansò un pochino giusto per guardarle il viso, fece per dirle qualcosa ma la porta si aprì, era Agnes.

"Scusate il disturbo ma sua madre è qui, vuole vederla. "

"Grazie Agnes, arriviamo subito."

Thalia la prese per mano e insieme salirono le grandi scale a chiocciola.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


A stone to break my back,
The chains I carry 
Won't cut me any slack, 
Imprisoned by fear, 
No room for my heart, 
My only hope
Only you can heal the scar.

-Fireflight (Stay Close) 

 

Appena l'Alpha vide la figlia tenersi per mano con quella che per lei era una creatura maligna, trattene a stento un smorfia. Entrambe le ragazze vedevano l'occhio torvo che la donna stava lanciando ad entrambe. Skye fu la prima a mollare la presa, lasciando Thalia con un senso di sconfitta.

"Coma stai?" domandò a Thalia, tentando di mettersi la maschera della buona madre.

"Bene," disse secca, "hai bisogno di qualcosa?" Dal suo tono di voce era palese che la presenza dell'Alpha non era gradita.

"Devo parlarti in privato," disse alzando lo sguardo verso Skye. La ragazza si sentì subito a disagio, quella donna le faceva paura.

"Skye," la chiamò Thalia, la ragazza si voltò verso di lei. "Vai in camera, ti raggiungo dopo."

Agrid fissò con intensità ogni movimento di Skye, come con preoccupazione aveva lasciato la lupa, come saliva le scale, finché non sparì dalla sua vista. Non si era accorta però che Thalia stessa stava fissando lei.

"Sediamoci," suggerì. Thalia fece come detto, accomodandosi sulla sedia del tavolo difronte alla madre. La lupa era ansiosa, intuiva cosa Agrid stava per dirle, e non le sarebbe piaciuto. "Ho parlato con il Gran Maestro e gli Omega," disse nascondendo un ghigno, "sono tutti d'accordo che finché la natura della ragazza rimane ignota, tu devi rimanere a distanza."

"Santo cielo," esclamò roteando gli occhi.

"E' pericolosa," continuò, "potrebbe farti del male."

"Hanno detto davvero questo madre?" domandò spazientita. Non solo era entrata in casa sua blaterando dicendo cose assurde, ma si sentiva anche violata nella sua intimità. Non avrebbe mai creduto che Skye potesse fare del male a qualcuno, non solo per il suo fisico esile, ma perchè prima di tutto non sapeva combattere e specialmente sembrava innocua. "Non ne sarebbe capace," L'Apha negòcon la testa, "Ma l'hai vista almeno?!" esclamò alterandosi, "Almeno le hai parlato?"

"Thalia non si può mai sapere,"

Thalia rimase muta, con le braccia conserte. Non aveva altro da dire e sicuramente non voleva stare più a sentire alle follie della madre. Fece solamente un gesto con la mono, indicando con l'indice la porta per andarsene.

"Te ne pentirai," disse alzandosi, il suo tono offeso. "Quando sarà troppo tardi io non potrò fare più niente." continuò con la speranza di convincerla. "Tu potresti essere la successiva Alpha, devi prenderti le tue responsabilità e mettere da parte i sentimenti!"

Thalia sentì un improvvisa ira crescere, si alzò in piedi di scatto facendo cadere all'indietro la sedia e con potenza sbatté le mani contro il tavolo. "IO HO AVUTO L'IMPRINTING CON LEI! SAI COSA SIGNIFICA?" grido perdendo la ragione. I suoi occhi erano diventati di un giallo acceso.

L'Alpha piegò il labbro mostrando tutto il suo dissenso. "Sei una delusione, proprio come tuo fratello."

Quelle parole la trafissero peggio di una spada, "Non permetterti mai più di parlare mai di lui!"

Stava per replicare nuovamente, quando la sua lingua affilata si fermò alla vista di Skye sulle Skye. La ragazza scese lentamente, mettendosi al fianco della lupa. "Tutto bene?" le domandò. Thalia si girò a guardarla. I suoi occhi erano ancora impregnati d'odio, ma quando poggiò il suo sguardo su di lei tentò di tranquillizzarsi e si maledisse per aver perso il controllo così facilmente.

L'Alpha le guardò, e in quel breve secondo, qualcosa si accese in lei, un senso di realizzazione. "E' ora che vada," disse infastidita. "Ne riparleremo." disse guardando per lì'ultima volta la figlia. Si recò immediatamente verso la porta e se ne andò con il fragore di quest'ultima alle spalle.

Ora che la tensione era calata, Thalia fece un respiro di sollievo. "Finalmente..." sibilò.

"Scusami," disse Skye, la lupa si girò a guardarlo con sguardo interrogativo, "Non volevo intromettermi è che... stavate urlando e..." per l'imbarazzo iniziò a gesticolare e nonostante la situazione Thalia trovò buffo quel suo modo di fare.

"Tranquilla," rise, "siamo spesso in disaccordo."

Skye aveva intuito che la conversazione aveva come tema principale lei e con sentite scuse chinò la testa, "Non voglio essere un peso per te."

"No no," disse, non voleva assolutamente che si sentisse in colpa perché la madre era un idiota, "E' una cosa che ho deciso io e poi ad Agrid non è mai piaciuto nessuno," Ma l'umore di Skye non era cambiato, si sentiva responsabile. "Vieni in camera mia, hai bisogno di un abbigliamento più adatto." disse per cambiare discorso.

"Per fare cosa?" domandò con entusiasmo.

"Per cavalcare, te ne sai scordata?"

Thalia prese dal suo armadio due tuniche adatte per montare. Sembrava delle vere e proprie armature ma erano in realtà imbottite di piume. Da come il tessuto era usurato, erano decisamente vecchie. Thalia spiegò come queste erano utili per l'addestramento e che i due ganci posti ai fianchi servivano per legare la persona al suo Ippogrifo in caso di caduta. Skye andò in camera sua a cambiarsi ed una volta pronte raggiunsero le stalle. Una volta arrivata Skye rimase meravigliata della maestosità e dalla bellezza di quei Ippogrifi. Avevano il muso simile a quello di un aquila, il corpo da cavallo e due enormi ali.

"Quella nera è Kalisia," disse indicandola, "quello completamente bianco è Byal e quella con macchie grigie è Yun. Scegli pure chi montare, sono delle brave creature e molto intelligenti.

"Sono bellissimi," disse a bocca aperta. Thalia rise, per lei vedere creature simili era normale ma per un umana come Skye vedere cose del genere nel suo mondo è impossibile.

Dopo essere tornata in se stessa osservò attentamente le tre creature, ma una in particolare aveva colto subito la sua attenzione. "Vorrei lui," disse guardando Byal. Una velo di malinconia le ricoprì il viso, "Il suo pelo mi ricorda molto quello di Leila.

"Certamente." Quando prese le selle, una la mise su Byal e l'altra su Kalisia. "Tranquilla," disse rivolgendosi a Yun, "Anche tu ti farai un giretto con noi." Thalia fece uscire le tre creature dalle stalle, ma prima di aiutare Skye a salire su quelle bestie. la invitò ad avvicinarsi e a creare contatto visivo con lui. "Stai tranquilla, fino adesso non hanno fatto male ad una mosca." la rassicurò vedendola timorosa.

"Per te è facile dirlo," fece una risata nervosa. Thalia invece rise divertita.

"Adesso devi avvicinarti di più e posare la tua fronte sulla sua."

"Cosa?!" esclamò guardandola.

"Fallo," la incoraggiò, "se non ti fidi di lui, lui non si fiderà mai di te."

La ragazza si avvicino con timore al muso della creatura. Questa si abbassò verso di lei e si lasciò accarezzare, poi Skye poggiò, un po' esitate, le sua fronte contro quella dell'Ippogrifo. D'un tratto una miriade di immagini si proiettano nella sua testa, erano i ricordi della creatura. Vide come nacque, come imparò a combatte e a sopravvivere, quando lo catturarono e lo portarono nella foresta per la gara. Vide lei, Thalia, vestita con l'armatura che risoluta si avvicinava all'animale porgendogli la mano. Questi, intimorito, inizialmente la attaccò, ma lei riuscì sotto forma di lupo a domarlo. Ritornata umana, anche lei fece ciò che Skye stava facendo, poggiò la fronte contro la sua e si scambiarono i ricordi. Poi la creatura si mise in ginocchio permettendole di salire sulla sua groppa e volarono fino all'inizio del bosco dove li aspettavano una grossa folla esultante. I ricordi proseguirono fino a quell'istante e Skye si svegliò dalla trance. Quando aprì gli occhi si girò immediatamente verso Thalia.

"È stato fantastico!" esclamò come una bambina.

"Non ne avevo dubbi." disse ridendo "La prima volta che lo feci ero sia meravigliata che inquietata. Condividere i propri ricordi, anche quelli più reconditi, non è facile ma è questo che crea un legame solido tra te e la creatura che hai davanti. Lui avrà cura delle tue memorie come tu delle sue. Ecco perché prima ho parlato di fiducia."

"Trovo che sia una cosa eccezionale, sarebbe bello se potessimo farlo anche noi umani," disse accarezzando il muso dell'animale. "condividere emozioni e ricordi per creare un legame con gli altri. Sì... sarebbe stupendo."

L'Ippogrifo si chinò subito dopo, invitandola a salire. Gli ochhi di Skye si illuminarono. Thalia la aiutò a salire, anche se la creatura era chinata era comunque di grande stazza. Quando fu su poté vedere da vicino le grandi ali bianche. Le tastò con la mano e la sentì affondare nella più completa morbidezza. "È così morbido!"

In quel momento si ricordò la prima volta che salì su un cavallo. Il padre era partito come suo solito e aveva appena assunto questi due ragazzi, i gemelli. Non fu per lei difficile fare amicizia con loro, erano simpatici e disponibili, soprattutto Colin. Dopo qualche giorno di suppliche si convinsero a farle cavalcare una bellissima puledra bianca. Non aveva un nome, come tutti gli altri cavalli, del resto erano solo degli oggetti di svago per padre. Così la chiamò Leila e da quel momento divenne la sua migliora amica e lei grazie ad un semplice animale si era sentita un po' meno sola.

Nel frattempo anche Thalia era salita su Kalisia, "Sei pronta?" chiese afferrando le redini.

"Sì," rispose dopo aver controllato che le corde fossero ben legate. "Ma cosa devo fare?"

"Nulla, Byal e Yun mi seguiranno, tu pensa a tenerti forte."

Poi diede una leggera botta al fianco dell'animale e questi volò senza esitazione seguito subito dietro da Byal e un' euforica Skye che se non fosse stata legata alla sella sarebbe sicuramente volata via. Volarono fin su in alto nel cielo, fino a toccare le nuvole, videro il villaggio sotto di loro e poi il grande lago.

"Andiamo al lago!" esclamò la lupa.

Le due creature scesero in picchiata e Skye gridò pervasa da una miriade di emozioni. La creatura avvicinò le zampe all'acqua e al loro contatto arrivarono delle gocce d'acqua sul viso della ragazza.

"Piaciuto?" gridò per fasi sentire.

"Assolutamente! Non avevo mai volato prima d'ora. E il villaggio è così grande!"

Stavano ancora volando lentamente sul lago mentre si godevano l'orizzonte. Skye era felice, era felice di aver intrapreso quel sentiero, di aver curato quel lupo e di essere ritornata. Non si pentì di nulla, il suo unico rammarico è il non essere stata capace di cambiare Lucas, di non essere riuscita a renderlo un uomo migliore. L'incapacità di creare una famiglia felice, il dover fare tutto di nascosto e continuare a scappare di casa l'avevano distrutta emotivamente. Ogni volta era obbligata a rialzarsi da sola, ad asciugare le lacrime e ad andare avanti, giorno dopo giorno, anno dopo anno. E adesso aveva di nuovo paura. Paura che questa felicità gli venisse strappata e portata via in un posto lontano ed ignoto, che tutto intorno a lei in realtà è solo un sogno e che presto si sveglierà tra le grida stridule e contorte dell'uomo che l'aveva cresciuta ma anche uccisa.

La ragazza si voltò verso Thalia e vide in lei il suo futuro, un futuro felice fatto di sorrisi e amore. Non lasciarmi mai ti prego. Gli occhi le divennero lucidi, ma trattenne le lacrime. Devo smettere di pensare a cose negative. 

"Skye," la chiamò la lupa.

"Si?"

"Voglio che tu sappia che io ci sarò sempre, in qualunque momento potrai contare su di me." disse come leggendole la mente.

Skye abbassò lo sguardo imbarazzata. "Se avessi saputo che oltre quel bosco avrei trovato questo, sicuramente l'avrei fatto anni fa. Ho sempre sentito che mancava qualcosa e adesso mi sento finalmente completa. Non credo che avrei superato un'altro anno in quella casa."

La lupa le rispose con uno sgargiante sorriso. Poi vendo che stava facendo buio, suggerì a Skye di tornare in dietro. Una volta a casa Thalia le diede dei vestiti puliti e una volta cambiate si avviarono verso la taverna. Skye era ansiosa, non era mai entrata in un locale e non sapeva come si sarebbe dovuta comportare. Davanti all'entrata c'erano i due ragazzi ad aspettarle e con loro c'era anche Iris che indossava un semplice e casual vestito azzurro.

"Ciao Thalia!" esclamò quando le due si avvicinarono.

"Ehi, lei è Skye."

Ognuno di loro si presentò ma fu Iris quella che prese subito confidenza, "Spero tu ti stia trovando bene qui, soprattutto a casa di questa donzella." disse con un ghigno.

"Sempre la solita," disse Thalia mascherando una risata.

"Si mi trovo bene."

Iris non si aspettava una risposta così schietta, da come Thalia le aveva raccontato, aveva intuiti che era una ragazza timida. A quanto pare mi sono sbagliata. 

Quando entrarono dentro la taverna, Skye notò che era un locale davvero grande, con arredamenti tutti in legno. Quando si sedette poté sentire la morbidezza del cuscino posato sulla sedia. Thalia si sedette vicino a lei seguita da Iris, mentre i due ragazzi andarono ad ordire qualcosa da bere.

" Allora..." disse Iris per iniziare una conversazione, " Cosa avete fatto oggi? Vi vedo stanche."

"Abbiamo volato con un Ippogrifo" rispose la ragazza.

"Bello! Quest'anno cercherò di battere questa furia." disse guardando Thalia.

"Non è colpa mia se sei debole," la punzecchiò lei.

"Non è colpa mia se sei infame," replicò e Thalia rise sonoramente. "Oggi sei davvero su di giri, ma che ti è successo? Quando abbiamo parlato eri così tranquilla."

"Ma stai zitta," disse asciugandosi le lacrime.

Ignorando Thalia si volto verso Skye e con fare scherzoso disse, "Skye mi dispiace davvero che tu debba vivere con lei, sappi che se avrai bisogno potrai stare da me."

"Grazie per l'invito ci penserò" disse ridendo.

"Ehi non darle corda sennò non la finisce più!" esclamò la lupa infastidita.

Erano arrivati da soli pochi minuti e già Skye si stava divertendo come non mai, anche Thalia che stava tenendo il muso lungo, in realtà era divertita dalla situazione che si era creata.

Quando i due ragazzi arrivarono Iris si sposò per fare spazio anche a loro. Lasciarono sul tavola cinque brocche di birra. Skye rimase perplessa.

"Hai mai bevuto?" chiese Thalia.

"No," disse sia tra la curiosità e la preoccupazione.

"Tranquilla non sei obbligata a farlo," le dice con tono serio e rassicurante.

"In realtà vorrei provare."

Tutti e cinque presero le loro brocche e brindarono. Skye bevve un gran sorso, al contatto con il palato le sembrò buona ma fu subito seguita da una grande asprezza.

"E brava la nuova arrivata," esclamò Ciril.

"Cavolo se è aspra!"

"Ma dai!" esclamò Basil, "Se non riesci a bere quella..." disse sarcasticamente.

Skye fu subito colta dalla sfida. Non era un sapore insopportabile, era sicura di potercela fare. Tutti erano già a metà bicchiere, lei aveva bevuto solo un sorso.

"No," disse Thalia, le prese il bicchiere prima ancora che potesse staccarsi dal tavolo. "Non dare retta a quell'idiota." Lo disse girandosi verso di lui. Lei seria come non mai, Basil con un ghigno sul volta.

Ma nonostante la disapprovazione della lupa, Skye accettò la sfida e si portò la brocca alle labbra. Era mezzo litro e riuscì a finirlo. Tossì un po' e si colorò il viso di rosso, Iris esultò e Ciril si allungò per darle della pacche sulla spalla.

"Ne vuoi ancora?" chiese Basil. "Offro io," ma Thalia rispose al suo posto rifiutando. "Eh dai, ha bisogno di divertirsi!" esclamò mentre anche le sue di guance si tingevano di rosso.

"Smettila," disse autoritaria.

Il ragazzo la ignorò e volse la sua attenzione di nuovo a Skye, allungò il braccio verso di lei, nel tentativo di sembrare più persuasivo, ma prima che potesse raggiungere la ragazza, Thalia glielo afferrò. "Ho detto basta. Non cambi mai eh?"

"Dai ordiniamo la cena!" esclamò Iris nel tentativo di rompere la tensione.

Skye non comprese quello scambio di interazioni tra i due, ma non sembrava qualcosa nato sul momento, c'era del risentimento in entrambi.

Il resto della serata fu tranquillo, cenarono con una grande bistecca, ordinarono altra birra e brindarono in nome dei giochi. Un ragazzo sbronzo chiese ad Iris di ballare sui toni jazz, lei accettò e regalò al gruppo una delle scene più comiche. Il ragazzo, che si teneva a stento in piedi, fece capolino su un tavolo di cacciatori che si alzarono e iniziarono a spintonarlo divertiti. Tutti i presenti risero, anche il ragazzo stesso, poi uno dei cacciatori lo prese e Iniziarono a ballare insieme tra le risa generali.

"A quanto pare ha trovato una compagnia migliore della mia" disse Iris tornando al tavolo.

"Chiunque troverebbe una compagnia migliore della tua" le disse Thalia ridendo.

"Thalia sbaglio ho quelli che hai difronte sono due bicchieri vuoti?"

La lupa roteò gli occhi al cielo,"Dai, fammi la battuta."

"Skye è meglio se dormi da me stasera" disse Iris scherzando.

"Che cosa stai insinuando cretina" disse dandole una spintone, facendola quasi cadere dalla sedia. Skye scoppiò a ridere seguita dei due fratelli.

"Bene ragazze," disse Ciril alzandosi. "noi andiamo che domani mattina dobbiamo allenarci."

"Non fatte a botte eh?" disse Basil. "Alla prossima Skye, spero che tornerai a vederci all'arena."

"lo farò." promise ad entrambi.

Mentre se ne stavano per andar via, Thalia si alzò e lo richiamò dal tavolo. "Non ti conviene," disse riferendosi a qualcosa di specifico, "o dovrai batterti con me."

Basil compre subito, sgranando inizialmente gli occhi e poi annuendo. Era palpabile l'astio che i due provavano l'uno per l'altra.

"Thalia, la chiamò Iris. La lupa si girò e poi si risedette guardando l'amica. I ris scuotè il capo invitandola a smettere.

"E' lui che inizia sempre."

"Lo so," disse comprensiva, "Lascialo perdere."

Dopo un po' anche le ragazze se ne tornarono a casa, Iris nella parte opposta alla loro. Skye cominciò a sentire gli effetti dell'alcol e inziò a camminare in modo strano e buffo, quasi barcollando. Thalia le sorrise divertita. La fece fermare e la ragazza non oppose resistenza, la prese sulla propria schiena e cominciò a camminare.

"Posso camminare!" esclamò imbarazzata.

"Casa non è lontana, non è un problema." disse, sentendo il respiro di Skye sul collo. "Tranquilla."

Durante il tragitto Skye si addormentò sulle sue spalle, senza accorgersene, Thalia si trasformò e si ritrovò a sprofondare sul suo morbido pelo bianco.

Questo capitolo è uscito davvero lungo, prometto che dai prossimi ci sarà un po' d'azione e anche un po' di drammaticità. Ho in serbo per questi personaggi una lunga e tortuosa strada. Ditemi se la storia vi sta piacendo e lasciate un commento.

 

|Revisionato: 02/09/2020|

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


I can feel you all around me
Thickening the air I'm breathing
Holding on to what I'm feeling
Savoring this heart that's healing

(Flyleaf - All Around Me)


Quando si svegliò si ritrovò sul suo morbido letto, si accorse che i suoi vestiti erano stati cambiati e arrossì, la lupa stava ancora dormendo nella sua stanza e Agnes non era in casa. Decise allora di preparare una semplice colazione a base di uova e glie la portò in camera. Aveva il viso rilasso, un po' di cappelli spettinati, era di fianco e portava le mani al petto. 

E' davvero carina, sembra innocente, come una bambina.

Poi le si avvicino, posò il cibo sul comodino e si sedette sul letto vicino a lei. Guardò con intensità il suo viso, con gli occhi che le brillavano, sentiva l'impulso di stringerla e abbracciarla, desiderava stare lì accanto a lei, a dormire insieme ogni notte. Si risvegliò dai sui pensieri non appena la lupa aprì gli occhi. Inizialmente fu sorpresa di trovarla lì, poi le sorrise e si sedette.

"Hai dormito bene sta notte?"

"Si. E... grazie per avermi cambiata" disse imbarazzata.

"Oh... di nulla" disse lei arrossendo.

"Ti ho portato la colazione. Agnes non era in casa quindi ho pensato di farla io."

"Grazie mille, sai cucinare?"

"Me la cavo"

Diede un boccone e i suoi occhi parlavano da se, era buonissimo. Si girò verso di lei e le mostrò il suo bellissimo sorriso.

Quella mattina come tutte quelle successive e i pomeriggi, sarebbe andata ad allenarsi nel campo che si trovava nella bosco. Skye fu costretta a stare da sola per l'intera settimana, anche Thalia ne era dispiaciuta ma non poteva fare altro, avrebbe voluto portarla con se come aveva pianificato ma l'incontro con la madre aveva cambiato tutto.  La ragazza era costretta a stare in casa, avvolte uscivano la sera a fare un passeggiata nel bosco dove nessuno le avrebbe viste. Durante un sera fu circondata nuovamente da delle lucciole e rimase immobile per non spaventarle. Thalia lo trovò molto dolce, ma aveva anche paura che questo carattere non le avrebbe giovato. La Madre poteva essere capace di qualsiasi cosa, così come il consiglio degli Omega. La notte seguente con gran stupore di entrambe si ritrovarono difronte un unicorno che beveva in un ruscello. Aveva il pelo argentato con un unicorno che brillava a contatto con la luce lunare. Era bello e possente e irradiava un'aura eterea, tanto che Skye ne rimase quasi ipotizzata.

"Possiamo avvicinarci?"

"Si, non sono pericolosi"

Le due si erano avvicinate lentamente così da non spaventare l'animale, ma appena le vide, fuggì via.

"Peccato!" disse Skye avvilita.

"Avremo altre occasioni. Mettiamoci sedute qui."

L'erba era soffice e Skye si sdraiò completamente con Thalia seduta accanto. 
Iniziò a fissare la luna, la trovava
bellissima e affascinante. 
Essendo privo di abitazioni e di lanterne, erano illuminate solamente da essa. Si vedevano benissimo le stelle e la ragazza riconobbe l'orsa maggiore e minore. Le uniche costellazioni che conosceva. La madre Margaret era profondamente affascinata dal cielo e cercò di trasmetterle le sue conoscenze ma essendo piccola aveva imparato ben poco.

"C'è qualcosa che mi inquieta. Ogni volta che alzo lo sguardo al celo mi pervade una grande angoscia. Mi sento piccola... Mi sento come se quelle miriade di stelle fossero lì pronte a schiacciarmi."

"A me succede il contrario invece. Noi siamo esseri notturni, ci piace l'oscurità e la notte, soprattutto quando c'è la luna piena. Ma non siamo feroci come ci descrivono le leggende di voi umani. Sembriamo, sotto un punto di vista, come affetti da alcol. Il ragazzo che ha chiesto ad Iris di ballare, probabilmente non lo avrebbe fatto se era lucido. Così facciamo noi, se ci piace una persona tendiamo ad essere espliciti e probabilmente tenderemo a provarci con lei. Ovviamente come si più essere eccessivamente affettuosi, si può essere anche estremamente violenti contro le persone che non si sopportano."

"Beh questo si che è interessante, lo terrò a mente"

C'era un venticello calmo e i rami degli alberi creavano un fruscio molto rilassante. Stava per addormentarsi quando Thalia si sdraiò accanto a lei. I loro visi erano vicinissimi, ma stranamente non si sentì imbarazzata, anzi, pensò che quella vicinanza fosse la cosa più normale. La lupa alzò il braccia e con la mano le accarezzò la guancia. Skye sussultò non aspettandosi quel gesto.

"Scusa non volevo" disse girando la testa verso la parte opposta.

"No va tutto bene" disse prendendole il viso tra le mani. 
"So che è strano ma a me piace questa... Vicinanza tra di noi."

La lupa le prese i fianchi avvicinandola più a se. Poggiò la testa sul suo petto e la strinse forte, poteva sentire battito cardiaco della ragazza aumentare, per poi diventare regolare, si stava rilassando. Poi Skye ricambiò l'abbraccio, poté sentire il suo calore, il suo profumo, il suo corpo. Si addormentarono entrambe, con uno sguardo sereno, in quanto entrambe sapevano che qualsiasi cosa fosse successa ci sarebbe stata sempre l'altra.

Il giorno dopo, quando Thalia tornò a casa dagli allenamenti mattinieri, dove era arrivata con netto ritardo, portò a Skye un regalo.

"Aprilo!"

"D'accordo, d'accordo."

Era una scatola di legno, con sopra dei ricami e simboli a lei sconosciuti. 
Quando l'aprì vide al suo interno una bellissima collana il cui pendente era fatto di quarzo rosa.

Senza dire nulla le mise le braccia al collo e l'abbracciò forte. Quando si staccò, Thalia prese la collana e glie la mise.

Il quarzo rosa significa "amore"...

"Anch'io ti voglio bene Thalia"

"Vedo che ne conosci il significato"

"Grazie è molto bella" disse tastandola con le dita. "Mi fai sentire in debito"

"Sono io quella che si sente di debito, sei costretta a rimanere chiusa in casa quasi tutto il giorno"

"Ci sono stata tutta la vita, qualche giorno in più non mi ucciderà" disse ridendo

"Tra qualche giorno inizieranno i giochi, quindi poi potremo passare più tempo insieme. Inoltre ho parlato con mia madre, potrai assistere alla gara, ma dovrai stare sempre vicino a lei."

"Per forza lei?"

"Si mi dispiace"

"Va bene, meglio di niente"

I giorni passarono e arrivò il giorno dei giochi della caccia. Il villaggio era in fremito, c'era un via vai continuo, Skye vedeva dalla finestra ragazzi in armatura e armati, alcuni che passeggiava anche sotto forma di lupo, c'era davvero tanta vita in quel posto.
Quella mattina Thalia era andata ad iscriversi alla gara, avrebbe gareggiato quel giorno stesso e fremeva per l'eccitazione. 
Quando tornò a casa portò con sé anche Iris che fu felicissima di vedere di nuovo Skye.

"Ma ciao!" urlò abbracciandola.

"Ciao anche a te!"

"Vedi di non essere troppo invadente" disse Thalia sedendosi sul divano.

"Sei sempre così possessiva" disse fingendo di essere offesa.

"Da quando sono un oggetto scusate?" disse ridendo Skye.

"Iris smettila di far sentire Skye un oggetto" disse con sarcasmo.

"Guarda che si riferiva a te, testa di fagioli" ribatté la bionda.

"Skye?" dissero all'unisono.

"Cosa?"

"A chi ti riferivi?" chiese Iris.

"Io... Ehm..."

"Vedi che la metti a disagio"

"Ok. Meglio finirla qui!" sentenziò Skye.

Le due ragazze iniziarono a ridere di crepa cuore.

Che stupide.

"Siete proprio delle cretine!" disse Skye ridendo.

Le due si fermarono e tornarono serie.

"Hai sentito cosa ha detto?" Chiese la lupa con fare minaccioso.

"Si, cosa dovremmo fare ora?"

"Punirla!"

Le due le saltarono a dosso e le fecero il solletico su tutto il corpo tanto che cadde a terra.

"Chiedo perdono! Chiedo perdono!"

Rise, rise tantissimo tanto da lacrimare.

"Farò tutto ciò che volete!"

Le due si fermarono e si lanciarlo uno sguardo divertito.

"Sei sicura?" chiese Thalia.

"Si ma basta!"

"Allora Skye..." Cominciò Thalia. "Se nella gara di oggi arrivo almeno terza, dovrai darmi un bacio" disse lei osando. Anche Iris rimase sorpresa, ma la faccia di Skye era letteralmente un pomodoro in fiamme.

"Allora? Qual'è la tua risposta?"

"Dì di sì! Dì di sì! " la incitò sottovoce Iris.

"D'accordo" disse nel più completo imbarazzo. "Ma ad una condizione. Voglio dire addio a mio padre."

Iris si girò verso Talia facendole di "no" con il capo cercando di dissuaderla.

"Vedrò cosa posso fare, ma non posso assicurare nulla"

"Grazie"

"Thalia, non puoi" intervenne Iris. 
"È contro le regole!"

"Da quando segui le regole tu"

"Per favore pensaci, non fare cose di cui puoi pentirti"

Con quelle parole le ritornò in mente la discussione con la madre.

"Iris! Posso decidere per me stessa!"

"Lo sto facendo per te idiota"
poi rivolgendosi a Skye "Ci vediamo più tardi..." e andò via.

"Scusa non volevo farvi litigare"

"No tranquilla... Non so se potrò realizzare questo desiderio ma ci proverò"

"Va bene non c'è alcun problema. So che quello che ho chiesto è tanto, non voglio metterti in una condizione sfavorevole. Davvero dimenticalo."

Giunto il momento tanto atteso, Thalia si mise addosso la bellissima armatura. Assunse immediatamente un'aura maestosa, sembrava una guerriera pronta ad uccidere chiunque gli si ponesse davanti.

"Adesso ci sarà la sfilata dei partecipanti, partiremo dalla piazza principale fino all'arena. Agnes starà con te per tutto il tempo quindi stai tranquilla. Poi ti porterà da mia madre e una volta che ho gareggiato verrò a prenderti"

Poi bussarono alla porta e Agnes gridò che era arrivata Iris.

"Falla salire!"

Quella che entrò nella stanza non era Iris, era una persona completamente diversa.

"Sei sicura che vuoi gareggiare così? Non avrai caldo?"

"Tesoro tu non capisci nulla, la pelliccia la leverò quando dovrò combattere"

"Ma non saresti troppo scoperta in quel caso, non hai alcuna protezione"

"Infatti quest'anno adotterò una tattica diversa, mi sono molto allenata sotto forma di lupo. Stavolta voglio puntare tutto sulle mie zanne rispetto che sulla spada."

"Siete entrambe favolose!"

Thalia abbassò lo sguardo arrossendo e la bionda le lanciò una sguardo malizioso.

"Ciril e Basil sono già in piazza, meglio se ci sbrighiamo."

Quando scesero in piazza, Skye si trovò meravigliata difronte alla bellezza che emanava ogni partecipante. C'era chi aveva un'armatura in ferro, chi in cuoio e chi come Iris non aveva alcuna protezione. C'erano donne e uomini, ognuno con uno stile diverso, chi aveva la spada, chi l'arco o la lancia. 
Thalia le aveva spiegato che la maggior parte delle armi utilizzate erano magiche. La sua spada per esempio era impregnata con polvere di fata, il che la rendeva molto efficace contro le creature oscure.

"Skye vieni con me, non possiamo stare qui" disse Agnes sottolineando che si trovavano in mezzo ad una folla di guerrieri.

"Buona fortuna, ad entrambe!"

"Sappi che farò di tutto per arrivare terza, quindi preparati" disse lasciando Skye senza parole.

"Da quando sei così sfacciata?" chiese Iris.

"Da quando ho iniziato ad uscire di nuovo con te"

Iris le fece una smorfia e salutò Skye seguita da Thalia.

Che i giochi della caccia abbiano inizio!

Che i giochi della caccia abbiano inizio!      

THALIA OCCHIO DI FALCO

THALIA OCCHIO DI FALCO

IRIS DELLA SFINGE

AGRID L'ALPHA (precedentemente chiamata DEL SANGUE)      

AGRID L'ALPHA (precedentemente chiamata DEL SANGUE)

In questo mondo, o meglio, nei villaggi è caratteristico mettere un aggettivo a seguito del nome, che può identificare una caratteristica peculiare della persona.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


One misstep, you're mine
And you better stay clever if you wanna survive
Once you cross the line
You'll be wishing you would listen when you meet your demise

(Ruelle - Monsters)

"Agrid ne sei sicura?" chiese
preoccupata l'anziana.

"Si. Thalia è brava, qualsiasi cosa succederà riuscirà a cavarsela."

"Se davvero dovesse succedere qualcosa, intendo... Con la ragazza, ella verrà giustiziata. Sai cosa significa?"

"Thalia lo supererà, è una ragazza forte."

"Anche Nader era forte, ma non ha retto la morte della moglie ed è morto"

L'Alpha la fulminò con gli occhi e la sua ira iniziava ad aumentare.

"Se la ragazza muore, Thalia muore con lei."

"Come fai a non capire che c'è un mostro nelle nostre mura!"

"Non è un mostro! È solo una ragazzina. Per adesso non ha fatto male a nessuno."

"Ma lo farà... A mia figlia!"

"Agrid fa come vuoi, ma non avrai il mio sostegno." 

_______________________________________

Agnes portò Skye dall'Alpha che si trovava già all'interno dell'Arena, in un punto riservato a lei, al gran maestro ed ai sui cacciatori personali.

"Vieni Skye, siediti qui accanto a me"

La ragazza timorosa si fece largo tra i cacciatori e si sedette vicino alla donna. Era bellissima, sembrava una regina, era elegante e posata, ma il suo sguardo privo di emozioni la rendeva allo stesso tempo terrificante.

"Sai il tuo arrivo ha destato l'interesse di alcuni cacciatori dei villaggi vicini, di solito ci sono al massimo cinquanta partecipanti, ma quest'anno siamo arrivati anche a cento. Ci stai rendendo famosi sai?"

"Allora farò il tifo per Thalia con ancora più foga" disse quasi cercando di provocarla.

Ma la donna restò in silenzio ammiccando uno sguardo torvo.

Poi i partecipanti entrarono nell'arena e Skye riuscì a scorgere Basil e Ciril nella folla. Entrambi con un'armatura, il più grande aveva una mazzafrusta a due teste, mentre il più piccolo aveva uno scudo ed una spada storta.

"Benvenuti a tutti voi. Per chi è venuto da fuori spero abbiate fatto un buon viaggio. Quest'anno come avete saputo abbiamo un ospite speciale, avrete modo di conoscerla nel cenone di stasera. Vi auguro buon divertimento. Che i giochi della caccia abbiano inizio! "

Tutti i presenti esultarono per l'eccitazione, solo Skye adesso sembrava preoccupata.

Che diavolo ha detto?!

Poi riuscì a vedere Thalia, non sembrava per niente entusiasta e guardava con occhio maligno verso di lei, o meglio, verso la donna che le sedeva accanto. Quando i loro sguardi si incrociarono la lupa le sorrise e Skye si tranquillizzò. Si sentì di nuovo sicura e cercò di concentrarsi sulla gara.

Thalia sarebbe stata la prima a gareggiare in quanto favorita del villaggio e figlia dell'Alpha.

"Thalia Occhio di Falco. Qual'è la tua scelta?" gridò la donna.

"Tre Manticore!" disse lei decisa.

La donna inizialmente stupita, diede l'ordine di liberare le creature.

"Sono tutti un po' perplessi qui, ha esagerato?"

"Decisamente, che le è passato per la testa a quell'irresponsabile?!"

Thalia non dirmi che lo stai facendo per la scommessa...

Quando le tre creature entrano in campo, la folla si zittì improvvisamente. Thalia si mise in posizione, la gamba destra piegata in dietro e la sinistra distesa in avanti, il braccio destro che teneva la spada era piegato e portato dietro, tanto che la lama le sfiorava il volto, mentre il braccio sinistro come la gamba era disteso in avanti. Le tre creature la circondarono, ne aveva una davanti, una a sinistra e un'altra a destra. 
Le guardò una ad una, poi con fare schivo attaccò quella di destra. Fu così veloce che riuscì subito a colpirla alla spalla. Sentendo dei passi pesanti arrivare da dietro, estrasse la spada e si scanzò velocemente. La seconda creatura perdendo il controllo era andata addosso a l'altra. La terza la attaccò immediatamente dopo senza darle tregua. Sembrava più forte ed agile e la lupa sembrò in difficoltà, in mezzo secondo gettò la spada a terra e si trasformò in un enorme lupo bianco, grande quanto la creatura che aveva difronte. La morse immediatamente al collo e quasi con furia la trascinò fino alla fine dell'Arena e la fece sbattere contro la parete. La teneva ancora stretta tra le fauci, si poteva vedere facilmente il sangue che sgorgava dal collo lacerato della creatura.

Iris non scherzava quando l'aveva definita una furia... Pensò Skye che guardava la scena con occhi sbalorditi.

Lasciata la creatura agonizzante a terra, la lupa si giro verso le altre due che si stavano avvicinando. Ringhiò con una tale brutalità che rimbombò per tutta l'arena ma le creature non erano intimorite. Una le corse incontro, Thalia saltò con le grandi zampe ed atterrò dietro di essa e ignorandola completamente attaccò l'altra dietro dandole uno spintone che la sollevò da terra. Si avvicinò alla spada che aveva gettato e tornò umana. 
La Manticora che aveva morso stava ancora a terra e cercava di rialzarsi ma ormai era spacciata, l'altra che aveva evitato, ancora senza un graffio le corse in contro nuovamente. Era ad centimetro da lei, la lupa si scansò di lato all'ultimo secondo e le trafisse il fianco con una facilità tale che fece sgranare gli occhi della folla. Ma non era ancora morta, si girò con fare minaccioso verso la lupa e con un veloce slancio se la ritrovò sotto le grandi zampe. 
Thalia, distesa a terra, portò la spada davanti alle fauci della creatura che cercò di azzannarla. Gli artigli dell'essere le ferirono le braccia, da cui si staccò un pezzo dell'armatura. Vedendo che la situazione stava peggiorando si trasformò nuovamente e ribaltò la situazione, ma l'essere con la sua coda a pungiglione riuscì a colpirla al dorso. Thalia saltò subito via, non era una ferita grave ma le fece un male cane.

"Thalia!" gridò Skye alzandosi dal posto.

La lupa si girò a guardala e prese coraggio. Ormai il bel manto bianco si era tinto di rosso così come i suoi occhi e con rabbia attaccò l'essere che l'aveva ferita. Aprì le grandi fauci, le afferrò la zampa posteriore e si mise a correre trascinando l'essere con se. La zampa della Manticora a contattato con la morsa si ruppe ed essa ringhiò di dolore. Thalia non la mollò, bensì con tutta la forza che aveva in corpo la fece girare per poi lanciarla contro l'altra che le stava correndo incontro. Senza neanche prendere fiato si gettò addosso alle due, con gli artigli ferì il ventre di quella con la zampa rotta e poi morse il collo all'altra. Mentre la azzannava iniziò con tutte e quattro le zampe a lacerare la carne dell'essere, che morì circondato da una pozza di sangue. 
In fine, tornata umana, riprese la spada, si avvicinò all'altra creatura ancora viva, le salì sopra, impugnò la spada con entrambe le mani e la trafisse. 
Tutte e tre le creature erano morte a terra, la folla era in silenzio, Thalia estrasse la spada e la portò in alto in segno di vittoria. Tutti esultarono e lei sorrise per l'impresa che aveva appena compiuto, poi si girò verso Skye e le fece un sorriso malizioso. 
La ragazza rise imbarazzata e le mimò con la bocca "Sei stata grande!".

"Thalia Occhi di Falco, hai vinto la prima prova! Considerando il tempo, il tipo di creatura e il numero di esse, hai guadagnato 130 punti, complimenti!" gridò la madre.

Dopo vari incontri, fu il turno di Iris che scelse di combattere contro un cerbero e due arpie che con grande difficoltà riuscì a sconfiggere, guadagnando 70 punti. 
Basil invece volle affrontare due Ammit guadagnando 92 punti e Ciril uccidendo quattro arpie guadagnò 66 punti. 
Ma il punteggio di Thalia non fu il migliore, venne superata da un ragazzo, del villaggio vicino. Aveva osato ancor di più di lei ed era riuscito a guadagnare 143 punti. 
La gara sarebbe durata un'altro giorno a causa dell'enorme numero dei partecipanti. Dopo essersi diretta infermieria andò da Skye anche se ancora dolorante.

"A quanto pare la nostra scommessa dovrà aspettare un'altro giorno" disse Thalia raggiungendo Skye.

La ragazza le corse incontro abbracciandola "Sei stata grandiosa!" 
Ma quella stretta le fece male alla ferita e lanciò un lamento.

"Scusa non volevo!"

"Tranquilla, non è messa tanto male" poi rivolgendosi alla madre "Ti è piaciuto lo spettacolo?"

"È stato... Come dire... Da irresponsabili! Non dovevi spingerti così oltre."

"D'accordo ho sbagliato ma ce l'ho fatta, mi alleno apposta per questo sai?"

"Meglio se te ne vai prima che ti costringa io con le cattive"

"Benissimo, andiamo Skye"

"Ricordati che tra poco c'è il cenone!" le gridò mentre correva via con la ragazza.

"Ti prego dimmi che tua madre stava scherzando" disse una volta uscite dall'Arena.

"No... Ma non appena ti avrà presentata ce ne andremo via immediatamente"

"Senti ma ti fanno molto male le ferite?"

"No tranquilla, dico davvero"

"Ma se quella volta che ci siamo incontrate avevi una ferita simile e neanche ti reggevi in piedi" disse imbronciata.

"Si ma non potevo permettermi un sonnellino stavolta" disse avvicinandosi di più.

Skye volse lo sguardo dietro la lupa e guardando il cielo notò una luna piena.

Luna piena... Adesso è chiaro.

"Thalia c'è la luna piena stanotte"

"E quindi? Mi so controllare molto bene io"

"Guarda che ti tengo d'occhio eh!"

"Tranquilla non farò nulla di stupido" disse alzando le braccia. 
"Adesso andiamo a fare una passeggiata, che tra poco dovrai subiti gli occhi di cento persone addosso" 

Spero di non aver esagerato con la descrizione del combattimento, avrei voluto fare di peggio ma pensandoci bene Thalia non è un personaggio violento quindi mi sono limitata. Qui in basso troverete le immagini delle creature che sono state menzionate in questo capitolo e ATTENZIONE alcune immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità!
 

Manticora

Manticora     

Arpia

Ammit


Ammit

Cerbero     


Cerbero

Cerbero

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Who's in the shadows?
Who's ready to play?
Are we the hunters?
Or are we the prey?
There's no surrender
And there's no escape

-Ruelle (Game of Survival) 
 

Agrid era seduta al suo tavolo, circondata dagli anziani del concilio. Si guardava impazientemente intorno chiedendosi dove fosse finita la sua sconsiderata figlia. Ormai i tavoli erano stati riempiti da ogni partecipante del torneo, ma un posto rimaneva ancora libero, così come quello accanto alla donna, riservato unicamente per Skye. "Dove diavolo si sono cacciate?!" imprecò tra sé la donna. E mentre continuava a scrutare ogni volto e ad osservare la porta principale, catturò lo sguardo del Gran Mastro. L'anziana e posta in un angolo a distanza, come se stesse cercando da isolarsi dalla massa di persone che entra, usciva e si sedeva. Quando le fece un cenno con la testa, Agrid si alzò in piedi. Era qualcosa di importante, e l'aveva capito dallo sguardo della vecchia donna.

Quando si incontrarono, il Gran Maestro le prese il polso e avvicinandosi ulteriormente a lei bisbigliò. "Devo mostrarti urgentemente una cosa." disse alzando l'altra mano che impugnava una lettera. "Ha lo stemma reale."

"Credo che abbiano saputo della nostra piccola intrusa."

"E' normale, le voci girano." disse riflettendo. "Me lo sarei dovuto aspettare,"

Agrid si guardò intorno e poi suggerì all'anziana di seguirla in un posto più appartato. Prima di uscirono dalla porta posteriore della sala per intraprendere un lungo corridoio che dava all'esterno, Thalia e Skye entrano.

"Ne parleremo più tardi." disse prendendo con sé la lettera.

~ * ~

Quando le due entrarono, si sentirono entrambe gli occhi puntati addosso, l'una per aver raggiunto un buon punteggio nella battaglia di quel pomeriggio, e l'altra per evidenti motivi.

"Mi stanno guardando tutti," mormorò intimorita.

"Ce ne andremo via il prima possibile."

Chi era in piedi finalmente si sedette al proprio posto, lasciando modo di passare anche a loro due. Thalia accompagnò Skye fino al tavolo di Agrid, lasciandola con un sorriso rassicurante, per poi dirigersi verso il tavolo di Iris, Basil e Ciril. Skye non si era mai così tanto in imbarazzo in vita tua. Non era abituata ad avere tutti quei occhi puntati addosso. Sentiva la pressione di tutti e le salì quella sensazione di disagio, come se fosse fuori luogo.

"Bene miei cacciatori," esclamò Agrid alzandosi in piedi, e aspettando che tutti gli altri si girassero a guardarla, "Quest'anno abbiamo notato un grande aumento nei partecipanti dei Giochi della Caccia ed è facile capire chi dobbiamo ringraziare." Per un momento Agrid le rivolse un'occhiata, Skye rabbrividì. Quella donna la spaventava più che mai. "Quasi tre settimane fa abbiamo trovato quella che sembrava una ragazza nel bosco," Con un gesto della mano indicò a Skye di alzarsi, lei lo fece, ma le gambe le tremavano. Si sentiva in pericolo in presenza di tutte quelle persone e specialmente al fianco di Agrid. "Questa ragazza di ignota razza e venete dal mondo degli umani, è riuscita a oltrepassare la barriera e a raggiungere il nostro villaggio." Innumerevoli mormorii si diffusero in tutta la sala. Neanche l'immenso cibo che sarebbe presto arrivato sarebbe riuscito a fermare i pettegolezzi e le teorie che sarebbero circolate in ogni tavolo. "La presenza della nostra sembra non minare alla stabilità della nostra comunità." disse mentendo, lei era convinta che Skye fosse una minaccia, e chiunque la conosceva sapeva i suoi veri pensieri. "Potete dire ai vostri Alpha che io adempio ai miei doveri e che se la ragazza dovesse rappresentare un pericolo, allora avrà lo stesso trattamento delle bestie oscure che noi cacciamo."

Skye si girò con occhi sgranati verso la donna. Aveva capito che provava dell'astio verso di lei, ma annunciare davanti a tutti cosa le avrebbe fatto... quello non lo avrebbe mai immaginato. Quando si voltò a guardare verso il tavolo di Thalia, la lupa aveva già assunto una posizione in tensione, pronta ad intervenire se fosse stato necessario.

Finalmente l'Alpha si sedette e annunciò l'arrivo delle pietanze. "Buon appetito!"

Skye seguì con lo sguardi i movimenti dei camerieri, facendo anche cadere l'occhio molte volte vero Thalia e il gruppo. La lupa la ricambia sempre con un sorriso. Sapeva che lo faceva per farla sentire meno a disagio, ma l'intera situazione comprometteva il suo benessere e voleva andarsene il prima possibile.

"Bella collana Skye."

Lei si girò velocemente verso Agrid e con un gesto istintivo si toccò il petto prendendo tra le dite il pendente in quarzo rosa. "Cosa..?"

"Ne conosci il significato?"

"Certo." rispose mostrando fermezza.

L'alpha si avvicinò al suo orecchio e la ragazza si sentì a disagio per quella strana vicinanza. Con un ghigno sulle labbra disse, "Tu non meriti quell'affetto da parte di Thalia."

"Perchè prova tutto questo astio nei miei confronti?" disse ritrovando il coraggio.

"Ho già perso mio marito e mio figlio per delle donne, non permetterò che qualcuno si porti via anche mia figlia."

Questa situazione mi è fin troppo familiare... non permetterò che lei passi quello che ho passato io. "Sappia che io non me ne andrò solo perché lei ha qualche problema interiore da risolvere." rispose sfacciata.

"Tu non sai il potere che detengo ragazzina."

"Allora me lo dimostri"

Agrid si alzò di scatto dalla sedia, presa dalle provocazioni involontarie di Skye. Neanche lei sapeva cosa le era passato per la testa, non era mai stata così sfacciata in vita tua, ma da una parti si sentiva orgogliosa di se stessa.

"Madre!" esclamò Thalia, in piedi dal suo tavolo.

"Non intrometterti, non hai voce in capitolo qui, hai capito?"

Ma la lupa senza darle ascolto le raggiunse, "Io c'entro eccome madre."

Agrid era pronta a controbattere con ogni arma possibile mai poi si rese conto che stavano dando spettacolo e rimase in silenzio, lasciando Thalia fare quel che voleva. Ma la sua rabbia non si era placata. Si girò verso il Gran Maestro, con uno sguardo più cinico che mai, cercando di far parlare i suoi occhi invece che la sua bocca. L'anziana comprese, ma nonostante il suo sguardo era contrariato, annuì debolmente e con incertitudine

"Noi ce ne andiamo." sbottò Thalia.

Una volta fuori e soli, la lupa scoppiò dalla rabbia.

"Non posso crederci!" esclamò con aggiunta di grido soffocato. "Non c'è un momento in cui non riesce a non farmi perdere la testa!" iniziò a fare avanti e indietro presa dal nevoso. Inizialmente Skye lo trovò buffo, poi capì quanto fosse seria la situazione. "Ho fatto ogni cosa che mia abbia mai chiesto, sempre! Ho seguito ogni allenamento, sono diventata cacciatrice, sono promessa Aplha, sono diventata la figlia perfetta solo per lei... Cosa altro vuole da me?!"

Skye era lì immobile, non sapendo cosa fare. Anche lei aveva provato quei sentimenti di rabbia frustrazione a causa di Lucas, suo padre, e si era ritrovata in ogni singola parola che la lupa aveva detto, ma il suo modo di processare le cose era diverso. Non aveva scoppi di rabbia o perdita della ragione, per lei era più un qualcosa di interiore. Se si sentiva di urlare, il suo era uno strillo interiore, che raramente si mostrava all'esterno e alla luce del sole. Per questo è sempre sembrata molto pacata.

"Potremmo andare nel mondo degli umani e restare lì. Potresti salutare tuo padre come desideravi."

"Thalia..."

"Lì potremmo fare quello che vorremmo."

"Stai delirando, devi calmarti."

"Tu non capisci!" esclamò. "Quella donna è capace di tutto. Lei- lei farebbe ogni cosa per ottenere ciò che vuole."

"E' tua madre, non credo che farebbe qualcosa che potrebbe ferirti."

"Skye tu hai avuto un padre che ti ha tolto tutto, quindi sì! E' possibile che possa fare qualcosa che potrebbe anche uccidermi." Le vennero in mente i peggiori scenari, gli occhi le divennero rossi e il suo corpo cominciò a diventare più caldo del solito.

"E' la luna che ti rende così suscettibile." disse stringendole le spalle, "Torniamo a casa."

"No, vai tu." disse scansando via le sue braccia. "Io ho bisogno di sfogarmi ancora un po'."

Quando si trasformò in lupo, si lasciò Skye alle spalle. Aveva tanta rabbia repressa dentro di sé, come quelle persone che avevano sempre subito soprusi, ed era vero. Agrid non era mai stata la tipica madre modello, sempre fredda e distaccata, la sua psiche era notevolmente peggiorata dopo il suicidio del marito Naeder, e la fuga improvvisa del figlio maggiore, Aruel. Aveva riposto inconsciamente tutte le sue frustrazioni su Thalia, sottoponendola ai peggiori degli allenamenti, che le fecero guadagnare le più gravi cicatrici sul suo corpo. Voleva che Thalia fosse la migliori dei migliori, il prossimo Alpha. Aveva anche rischiato di perdere la vista all'occhio destro a causa di un momento di rabbia di Agrid. I segni di quella lotta erano ancora evidenti sul suo volto, con una cicatrice che partendo dalla fronte, le attraversava il sopracciglio, mancandole di poco l'occhio. La mise sotto forte pressione psicologica, attraverso incantesimi e magie, con l'unico scopo di farla crescere senza paura. A quindici anni Thalia era una delle cacciatrici più giovani, e grazie al suo spirito d'osservazione e perspicacia, ottenne il nome "occhio di falco", nonché anche il soprannome "furia" tra amici e conoscenti.

Scusami Skye... pensò correndo tra i rovi e gli alberi, illuminata solo dalla luna.

Andò nelle profondità del bosco, nelle zone proibite e pericolose, dove sorgevano le creature oscure. Fece a brandelli ogni cosa che si muoveva, il manto si colorò di rosso, lasciando solo qualche chiazza bianca che ne rivela il vero colore. Sapeva che non sarebbe tornata presto a casa.

Skye ormai aveva imparato ogni via di quel villaggio, e dopo cinque minuti di cammino, arrivò davanti il portone di casa. Quando entrò, c'era Agnes che stava cenando in silenzio.

"Oh!" esclamò. "Siete tornate presto." Poi non vedendo nessuno accanto alla ragazza, chiese dove si trovasse Thalia. Skye non rispose e le mostrò il suo viso accigliato. "Cara cos'è successo?" Si alzò e si pulì le mani con uno straccio.

Non avrei dovuto lasciarla andare. "Era infuriata, è fuggita nel bosco." Agnes si mostrò subito comprensiva, non era la prima volta che accadeva. "Ha discusso con Agrid per colpa mia."

"Tesoro non preoccuparti," disse abbracciandola.

Ma mentre stava per ricambiare la gentilezza dell'anziana donna, il suo cuore batté più forte che mai, come se volesse uscire fuori dal suo petto e per poco non le cedettero le gambe.

"Tutto bene?!" domandò preoccupata.

Si staccò da Agnes e fu travolta da un'orribile sensazione. Cominciò ad ansimare e fu pervasa da ansia e angoscia.

Che mi succede?!

"Skye?" la chiamò, ma lei non rispose, continuava a fissare un punto vuoto.

Che significa?! Improvvisamente fu presa da una forte stretta al petto che la fece contorcere su se stessa. Qualcosa non va, non capisco. Poi di nuovo quel forte battito la travolse, e qualcosa in lei si risvegliò.

"Lei è in pericolo!" Corse verso la porta senza neanche preoccuparsi di Agnes, che da parte sua, presa dall'agitazione le afferrò il polso per fermarla. Skye si girò di scatto, "Thalia! Posso sentirlo!" L'anziana donna la lasciò e lei corse via, guidata da quella nuova sensazione.

 

|Revisionato: 16/10/2020|

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Where can I go?
When the shadows are calling
Shadows are calling me
What can I do?
When it's pulling me under
Pulling me underneath

Ruelle (Deep End) 



 

 

 

 

Appena uscì dalla casa vide un gruppo di sette lupi che correvano a gran velocità verso il luogo dove stavano avvenendo i festeggiamenti.

Stanno andando dall'Alpha! Deve essere successo qualcosa!

Uno di loro le rivolse una sguardo fulmineo, rallentò il passo ma si decide a proseguire, adesso non era lei la minaccia ma... Qualcos'altro.

La ragazza continuò a correre, con tutta la forza che aveva in corpo. Il cuore le batteva forte, ansimava per la fatica e i piedi iniziarono a farle male. La grinta che aveva in corpo però era più forte che mai e stremata arrivò all'inizio del bosco. Non sapeva dove andare ma il suo "istinto" sì e senza pensarci lo segui con il cuore in gola. Più sentiva quella sensazione avvicinarsi, più sentiva dolore e sofferenza.
Rumori assordante si sentivano a poca distanza e un ruggito fece trasalire la ragazza.

Che sta succedendo?!

Poi vide una figura, un lupo... Thalia.
Correndo minaccioso verso la sua direzione, un essere grande quanto un toro con il muso di uno scheletro con due occhi rossi che uscivano dalle  due fessure del cranio. Intorno a lui vi era fumo nero, come se fosse il suo corpo ad emanarlo.

Si gettò con tutto il possente corpo contro la lupa, che riuscì a malapena ad evitarlo.

"THALIA!"

Si girò improvvisamente e io loro occhi si incrociarono, entrambi tremanti.

"Scappa!" le gridò nella mente.

La creatura la caricò nuovamente e Thalia contrattaccò ritrovando la forza. I due saltarono, si scontrarono con ferocia e caddero a terra. Thalia cercò di azzannarlo al collo ma la creatura si rimise in piedi e fu lui a morderla con le grandi fauci. La scaraventò a terra con una violenza tale che Skye si sentì svenire a quella vista. Aveva la spalla lacerata, emise un lamento straziato e lentamente tornò umana. Era distesa a terra, ricoperta di sangue, posò lo sguardo impaurito su Skye, ma non aveva paura per sé stessa ma perché se lei veniva uccisa, sarebbe morta anche lei, la persona che amava.

"Skye..." disse quasi sussurrano.

La creatura si avvicinò a passo lento verso la lupa. Aprì la grande bocca e del fumo uscì fuori da essa. 
Thalia non aveva armi con sé, né aveva la forza di trasformarsi. Riuscì a stento a mettersi in piedi. Alzò lentamente la schiena, poggiò una mano dietro di sé e si tirò su. Trattenne dei lamenti e cercò di rimane in piedi appoggiandosi all'albero dietro di sé.

Devo resistere fino a quando non arrivano i rinforzi... Pensò la lupa, ma dentro di sé sapeva che era spacciata.

Il cuore di Skye batteva forte non sapeva cosa fare, sentiva un gran calore in corpo, i suoi sensi aumentarono, poté percepire il battito cardiaco della creatura, più si avvicinava alla lupa, più aumentava, era pronto ad uccidere. 
In lontananza si sentirono degli ululati, ma erano troppo lontani, il tempo di arrivare e Thalia sarebbe già stata tra le fauci della creatura.

La ragazza si circondò di una luce più  intensa e forte, il terreno a contato con i suoi piedi iniziò a diventare nero ed ad emanare un odore simile alla zolfo. Non aveva più controllo di sé, la sua coscienza stava lentamente svanendo, l'unica cosa che riusciva a vedere are la creatura che stava per uccidere la persona a lei più cara. 
Sentì un enorme energia pulsare sotto la sua pelle, era distruttiva e violenta. 
Lanciò un urlo non appena tutta la potenza che aveva dentro ebbe libera uscita annebbiandole la vista. Thalia alla vista di quell'enorme luce, ne rimase stordita e svenne. In quel momento un orda di cacciatori si ritrovò sul posto e guardò sbalordito la scena che aveva dell'incredibile. La creatura venne polverizzata e ne rimase solo un ammasso informe, nero e bruciato. Thalia, poco distante da lì, aveva assunto un colorito chiaro, si stava dissanguando. 
Davanti a tutti i cacciatoti, L'Alpha corse verso di lei, la prese in braccio e sentenziò "prendete la creatura e portatela nelle celle, domani pomeriggio verrà giustiziata" 
 

"... mostro"

"Sei un mostro!"

            "Come hai potuto?!"

"Ho dovuto!"

                                       "Hai rischiato di ucciderla!"

"Sarebbe morta con lei"

"Non hai scusanti!"

 

Aprì lentamente gli occhi, circondata tra grida. Ancora con la vista sfocata cercò di guardarsi intorno, riuscì a intravedere due figure.

Mamma...? E...?

Si accorse di trovarsi nella casa materna, cercò di alzarsi ma una fitta atroce le percorse tutto il corpo facendole cacciare un grido.

"Sta zitto è sveglia!" disse la madre.

Si avvicinò al letto e le strinse la mano con premura, sorrideva e aveva delle grandi occhiaie.

"Ma-" non riusciva a far uscire le parole, era profondamente stanca, si sentiva come se non fosse più dentro il suo corpo. Non riusciva a muovere un muscolo e teneva a stento gli occhi aperti.

"Tranquilla tesoro, va tutto bene..." disse accarezzandole il viso.

La figura dietro la donna iniziò a farsi più nitida era il nonno che frettolosamente disse "Torno stasera"

Voleva dirgli di restare ma le parole non uscirono.

"Tesoro... Quanto di dispiace... Non siamo riusciti ad arrivare in tempo. Fortunatamente stai bene!"

"Mamma..." disse con fatica. "Sk-" iniziò ad ansimare per lo sforzo.

"Lei... È viva, ma non per molto"

La lupo sgranò gli occhi in cerca di risposte.

"Si è rivelata per quello che era veramente... Un mostro!"

"No..." gli occhi le diventarono lucidi.

"Verrà giustiziata oggi pomeriggio..."

Le lacrime iniziarono a scendere come un ruscello e iniziò a singhiozzare ininterrottamente.

"No tesoro... No..."

"Non puoi... Farmi questo! Io n-..."

"Non sforzarti!"

"Non lo permetterò"

La donna assunse di nuovo il suo sguardo rigido "Mi dispiace ma nelle tuo condizioni non potrai fare un bel niente. Adesso riposa." si avviò verso la porta e senza voltarsi la chiuse alle sue spalle. 

"No! No..." iniziò a piangere, a gridare con la poca forza che aveva, strinse i pugni con tutta la rabbia in corpo.

"IO TI UCCIDERÒ!" quelle grida attraversarono tutta la casa come un tuono. Senso di angoscia e impotenza la pervasero ma riprese subito il controllo.

Io sarò anche immobilitata ma ciò non significa che qualcuno non farà la mia parte!

Era buio, il pavimento era freddo sporco. Si alzò da terra, aveva la testa che le scoppiava. Si accorse che era incatenata alle braccia e alle gambe.

Come un animale eh? O peggio...

Ripensò a ciò che era successo, aveva la memoria offuscata, si ricordò di Thalia e...

"Thalia!" gridò

"Ehi sta zitta!" urlò una guardia che lei non aveva notato.

Si avvicinò velocemente alle sbarre e gli gridò "Come sta Thalia?!"

"Sta bene si!"

La ragazza cacciò un sospiro di sollievo.

"Perché sono qui?! Cosa vogliono farmi?"

"Verrai uccisa" disse schietto.

"Ma... Io non ho fatto nulla!"

"E invece si. Hai ucciso un Grim da sola, senza neanche un arma. Tutti i cacciatori erano lì e ti hanno vista. È normale che ti consideriamo una minaccia."

"Io non sono una minaccia, ho salvato una persona"

"Non devi dirlo me ma all'Aplha. È lei che l'ha deciso"

"Quella bastarda!"

"Ehi attenta come parli!"

"Sennò cosa?! Tanto volete farmi fuori no? Quindi se mi sfogo un po' non è un problema giusto?" 

"Ehm... Be'..."

"Bene!"

Devo trovare un modo per uscire da qui... Ma come? Potrei provare a sedurlo... Oddio ma che sto pensando!
La cella è completamente vuota, non ho nulla.

"Ehi tu!"

"Cosa?"

"Ma non ti fai schifo? Assumere sembianze umane per entrare in un villaggio."

"Io non ho cattive intenzioni, perché nessuno lo capisce? E poi questo è il mio vero corpo. "

"E allora perché sei qui? Per ammaliare la figlia dell'Alpha?"

"No... assolutamente no! Perché lo pensi?"

"Potrebbe essere la futura Alpha, quindi impossessandoti di lei avrai tutto il villaggio alla tua mercé"

"È davvero questo quello che pensate di me?"

"Sennò perché sei tanto attaccata a lei? Mostro." disse ridendo

Perché? In realtà non lo so nemmeno io... Fin dalla prima volta che l'ho vista ho sentito una sorta di connessione...

"Io non lo so. Ma una cosa è certa, non le farei mai del male."

Il ragazzo sbuffò e si rimise accanto alla cella con sguardo vigile.

Potrei provare a rifare ciò che ho fatto nel bosco... Ma potrei uccidere questo cretino e tutto mi si ritorcerebbe contro. Non ho via di fuga.

"Che ore sono?"

"le due"

"E quando verrò..."

"Alle quattro"

Tra due ore... Morirò.

Si sedette a terra appoggiata al muro, le lacrime iniziarono a bagnarle il viso, si copri la bocca con la mano per evitare che uscisse qualche suono. 
Poi si sentirono dei passi che si avvicinavano, erano molti ed ebbe paura che erano venuti per giustiziarla.

"Chi siete?... EHI!" si sentì un tonfo e poi davanti alle sbarre si mostrarlo  tre persone con il viso coperto. 
Skye aveva paura ma una volta che vide i loro volti si rincuorò.

"Iris... E ragazzi!"

"Ehilà come te la passi?" chiese Ciril

"Ho avuto momenti migliori" disse scherzando.

"Tranquilla sarai fuori di qui il prima possibile" disse il maggiore aprendo la cella con le chiavi che aveva appena rubato alla guardia.

"Skye... Abbiamo parlato con Thalia e ci ha detto cosa è successo. Ti porteremo nel bosco e tornerai nel mondo degli umani."

"No non posso lasciare Thalia."

"Lei ti raggiungerà non appena si sarà ripresa. Skye... era gravemente ferita ecco perché ha mandato noi"

"D'accordo..."

"Ora tieni. Metti questi vestiti così sarai meno riconoscibile."

I tre si girarono e la ragazza con velocità si spogliò e mise la tunica da combattimento. Aveva un gran cappuccio largo che le copriva tutto il capo e una maschera in cuoio da mettere sulla bocca. In quel modo si potevano vedere solo i suoi occhi azzurri stanchi e feriti.

"Adesso andiamo, ci abbiamo messo troppo tempo" disse Basil.

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Musing through memories
Losing my grip in the grey
Numbing the senses
I feel you slipping away

Digital Daggers (Still Here)

 

 

Aveva lo sguardo rivolto verso la finestra, uno sguardo triste segnato dal pianto. Gli occhi rossi come se non avesse dormito una settimana intera.

"Che cosa hai fatto?" gridò l'Alpha.

Nel sentire quelle parole si risollevò e sorrise.

Ci sono riusciti.

"Ho fatto ciò che dovevo fare"

"Sei impazzita?!"

"Ancora non lo capisci eh? Io la amo e farò di tutto per proteggerla..." 
Disse guardandola dritta negli occhi.

"Dovrei ucciderti per tradimento!"

"Fallo pure, l'importante è che lei adesso è al sicuro"

"Thalia renderò la tua vita un inferno sappilo!"

"Lo è sempre stata tranquilla"

La donna uscì dalla stanza con furore, si trasformò in lupo e andò nella sala della guerra dove si stava svolgendo una riunione tra gli Omega.

"Agrid"

"Consiglio..."

"Agrid hai scoperto chi è stato? È stata tua figlia? " domandò un uomo.

"Lei è stata la mandante ma non sono ancora sicura chi l'abbia liberata, ma contatterò tutti gli Alpha e li informerò della situazione. Finché la ragazza si trova nel mondo degli umani non possiamo fare nulla. Ma ho un piano."

"Va avanti"

"Ci basterà seguire le manovre di Thalia. Come sapete le due hanno l'Imprinting e come ben sapete non potranno stare lontane a lungo. Prima o poi una delle due farà un passo falso."

"Ma Thalia e la ragazza sono state separate per più di dieci anni, cosa ti fa credere che non accadrà di nuovo?"

"Per il semplice fatto che hanno sperimentato cosa significa stare insieme. Senza l'altra si sentono incomplete, ecco perché cederanno."

"E sapendo questo vuoi ancora uccidere la ragazza?" chiese una donna anziana.

"Si e abbiamo tutti dei buoni motivi. Inoltre ho gettato su Thalia una pozione localizzatrice, quindi saprò sempre dove si trova. "

"E dell'attacco del Grim ne sai qualcosa? È strano che ne sia comparso uno."

"No, ma ho mandato dei cacciatori a setacciare la zona"

"Bene, dobbiamo essere prudenti" 

~~~~

Uscita dalla prigioni, la ragazza si rese conto che la struttura era isolata e lontana dal villaggio. Durante il cammino trovò guardie accasciate a terra, ma non c'era sangue sul terreno.

"Che gli avete fatto?"

"Pozione soporifera. " Ridacchiò Iris. 
"Non è stato facile. Uno di loro ci ha visti e siamo stati costretti ad utilizzare le maniere forti, ma non abbiamo ucciso nessuno, se questo è ciò che ti spaventa."

Skye annuì. Per un secondo aveva veramente pensato che avessero fatto una strage, poi tornò in sé rendendosi conto dell'idiozia a cui aveva pensando.

I tre ragazzi, arrivati all'inizio del bosco, con scaltrezza riuscirono a evitare i cacciatori che stavano setacciato la zona.

"Ehi voi! Dove andate? " gridò uno di loro.

Basil gli corse in contro estraendo la grande spada.

"Tu di sicuro nel mondo dei sogni!"

Si avvicinò velocemente, riuscì a schivare due colpi di spada e con agilità riuscì ad aggirarlo e a trovarsi dietro di lui. Impugnò la spada e lo colpì alla nuca con il manico.

"Una passeggiata" disse trionfante.

"Andiamo non perdiamoci in chiacchiere. Siamo quasi al confine!" Esclamò Iris

Fecero qualche altro passo e poi si fermarono.

"Skye noi non possiamo proseguire oltre" disse la bionda.

"Ragazzi non sapete quanto vi sono riconoscente"

Poi Ciril sfilando dalla cinta un pugnale disse "Tieni potrebbe servirti, consideralo un souvenir."

"Grazie." Dissi ridendo. "Grazie a tutti e tre... È stato bello avervi conosciuti."

Iris si avvicinò e la strinse tra le sue braccia. "Spero che questa non sarà l'ultima volta che ci vediamo."

"Certo che no. Per favore dì a Thalia che l'aspetto ma di non rischiare troppo."

"Glielo dirò ma adesso vai o potrebbero trovarci. Vai sempre dritto e ti troverai davanti al sentiero, così ti sarà più facile tornare a casa."

"D'accordo... Addio"

Corse il più veloce possibile per allontanarsi da quel posto. Pian piano riuscì a riconoscere la vegetazione e l'albero caduto sul quale si era seduta durate la sua fuga. 
Riuscì a trovare il sentiero e ci mise due ore prima di arrivare alla fine del bosco. Era stremata dalla fatica. 
Un senso di inquietudine la pervase. Stava per ritornare nella casa paterna, nel posto più tetro che aveva mai conosciuto. D'un tratto anche la cella nella quale era imprigionata le sembrò più confortevole.

Cosa dovrei fare o dire? Come diavolo faccio giustificare questi vestiti? 
Mi sembra di impazzire.

L'ansia prese il sopravvento, come avrebbe reagito il padre dopo che era stata via per più di una settimana? 
L'ultima volta che era fuggita era riuscita ad ottenere la libertà per un solo giorno e una volta trovata il padre le aveva dato uno schiaffo così forte che era caduta a terra stordita. Le rimase il graffio delle sue unghie mal curate per tre giorni.

Adesso cosa mi succederà?

Pervasa dalla paura e dalla tristezza gli occhi le divennero lucidi e le fu impossibile trattenere le lacrime. 
Continuò a camminare a passi lenti, finché a poca distanza non vide la sua casa, o meglio, la sua fine.

C'erano quattro carrozze all'entrata, il portone si aprì, vide un due uomini uscire seguita dal padre. Questi gli diedero una pacca sulla spalla e il padre accennò ad un sorriso, che si spense subito dopo che i due gli avevano dato le spalle. 
Skye era lì immobile, in bella vista. Non sapeva cosa fare, il cuore iniziò a battere forte per l'agitazione. Inizio a camminare lentamente verso il cancello, si abbassò il grande cappuccio e si tolse la maschera. I due uomini si bloccarono alla sua vista, il padre lanciò un gridò e si precipitò verso di lei. La strinse forte, ma non era un abbraccio, sembrava più una morsa agli occhi della ragazza.

"Piccola mia! Dove sei stata?!"

Si staccò da lei e iniziò a toccarle il viso quasi in modo maniacale.

"Mi hai fatto spaventare sai?! Ero terrorizzato all'idea di perderti tesoro mio" la strinse di nuovo a se è Skye si sentì soffocare.

"Tesoro per favore parlami! Che cosa è successo?!"

"Padre io..."

Devo mentire...

"Padre non mi sento molto bene..."

"Si certo tesoro ti porto dentro."

A sua sorpresa la prese in braccio e lei come una fogliolina tremante si fece portare dentro la casa.

"Signori miei, informate il re, domani faremo una festa in onore del ritorno di mia figlia"

L'uomo appena entrato in casa urlò "È tornata" e senza aspettare la portò nella sua camera.

"Ecco amore mio, scommetto che ti è mancato il tuo letto"

"Si padre..."

"Tesoro ma dove hai preso questi orrendi vestiti?"

"Padre è una storia lunga..."

"Non ne ho dubbi! Su spogliati!" aprì l'armadio di scatto è tirò fuori qualche vestito e li lanciò sul letto.

"Sbrigati spogliati e vestiti"

La ragazza con lentezza si tolse la tunica, fortunatamente aveva l'abbigliamento intimo. Sentì il cuore bruciare di vergogna e disgusto.

Perché mai ho pensato di volergli dire addio?

Skye in quel momento ringraziò Iris per aver destato Thalia dal mandarla a dire addio al padre. Ma alla fine non era servito a nulla, adesso si trovava lì davanti a lui inerme e spoglia.

Si vestì con grande velocità e rimase in piedi senza sapere cosa dire. L'uomo era seduto sul letto, allungò la mano afferrandole la gamba trascinandola a sé e lei di risposta posò le mani sulle sue spalle come per allontanarlo.

"Padre..." disse con occhi sgranati.

"Siediti sulle mie gambe, come quando eri piccola ti ricordi?" disse sorridendo.

"Certo" disse lei ricambiando il sorriso, ma l'unica cosa che voleva era morire.

Nonostante l'età, l'uomo aveva mantenuto intatto il suo fascino a la sua giovinezza. Molte dame erano d'accordo sul fatto che fosse un bell'uomo. Non era raro che ricevesse lusinghe da quest'ultime e non erano rari i vari tradimenti che ne seguivano. Nonostante la vergogna che provava Skye era felice di questo. Aveva paura che se non avesse appagato il suo desiderio di lussuria le conseguenze si sarebbero riversate su di lei. Ormai non era più l'uomo dolce che conosceva. Quei occhi dolci e paterni furono sostituiti da occhi morti, privi di luce e colore.

"Skye il fatto che tu non abbia mai visto la luce del sole ha reso la tua pelle di un candito chiaro. Dovresti ringraziarmi no?"

"Grazie padre"

"Mi sei davvero mancata. Ho sofferto tanto sai? Dovrai farti perdonare..."

"Certo padre" disse con voce tremante.

"Sei una figlia davvero ingrata. Ti ho dato tutto e tu mi ripaghi sempre così. Ne ho abbastanza delle tue fughe." disse con il sorriso stampato in viso. Un sorriso che non avrebbe portato a nulla di buono.

"Io...  Sono mortificata"

"Dovresti tesoro, dovresti! Ho chiesto addirittura aiuto al re. Ho setacciato ogni città e villaggio, ho anche cercato di rintracciare il percorso che hai fatto con quel maledetto cavallo ma niente. Non volevi proprio farti trovarle eh?"

"Ma adesso sono qui, insieme a te..."

"Eh già sei qui!" l'abbracciò è posò la testa contro il suo petto.

"Ti voglio bene" disse ricambiando l'abbraccio. Ma i suoi occhi mostravano altro che amore.

Odio
                                 Disgusto
                Dolore
                                                   Solitudine

Vendetta
                                              

Qualcuno bussò alla porta e neanche in quel caso l'uomo la lasciò.

"Entrate pure!"

"Con permesso!"

Era Lusinda, la cuoca. Rimase sorpresa dalla scena. I suoi occhi parlavano da sé.

"Mi scusi non volevo interrompere"

"Non importa, cosa c'è Lusinda?"

"Volevo solo vedere come stava la ragazza" disse sorridendole.

"Ciao Lusinda" disse con tono dolce sentendosi adesso più al sicuro.

"Tesoro se vuoi ti preparo qualcosa da mangiare sembri affamata, su vieni." la intimò la donna.

Anche se titubante Skye si alzò ma l'uomo l'afferrò per un braccio "Devi chiedermi il permesso"

"Posso andare con Lusinda a magiare per favore?"

"Vai" esclamò con voce fredda

"Su vieni tesoro" disse la signora prendendolo la mano dolcemente.

Non appena andarono in cucina la donna assunse uno sguardo più rilassato ma era comunque preoccupata.

"Skye va tutto bene?"

"Si" disse sorridendo.

"Tesoro a me puoi dire tutto. Se ti ha fatto qualcosa puoi dirmelo"

"No non ha fatto niente... Per adesso. E comunque non resterò a lungo"

"Perché sei tornata allora?"

"Per delle circostanze avverse."

"Ti ho vista quando siete entrati, che cos'erano quei vestiti?"

"Sarà passata anche solo una settimana ma troppe cose sono successe"

"Ti hanno cercata ovunque dove eri finita?"

"In un luogo che nessuno conosce, tranne me. Un luogo dove mio padre non potrà tormentarmi."

"Sembri molto decisa e ne sono felice. Lui non è più l'uomo di un tempo, potrebbe farti del male. Infatti gioivo ogni volta che riuscivi a mettere piede fuori da questa casa"

"Quindi mi aiuterai se ne avrò bisogno?"

"Certo e può contare anche sugli altri, le vogliamo tutti molto bene."

"Grazie Lusinda" disse abbracciandola.

"Adesso prepariamo qualcosa, starai morendo di fame vero?" disse ridendo.

"Abbastanza" dato che mi hanno rinchiusa in una cella senza cibo e acqua...

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


I wanna break out
I need a way out
I don't believe that it's gonna be this way
The worst is the waiting
In this world I'm suffocating

Skillet (Rebirthing)

 

"Thalia come stai?" chiese il nonno.

"Molto meglio"

"Sei stata tu a far fuggire la ragazza?"

"Ovviamente" e l'anziano come risposta rise.

"Ah Thalia, nonostante la situazione credo che tua madre sia in torto."

La lupa sgranò gli occhi, non poteva credere che finalmente lui le avesse dato ragione.

"Contenta che te ne sei reso conto."

"Thalia non sto parlando solo del fatto che vuole uccidere la ragazza, ma del fatto che è stata lei a mandare il Grim."

Rimase a bocca aperta nel sentire quelle parole. Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di dividerle, ma non avrebbe mai pensato che quella donna, sua madre, sarebbe stata capace di mettere a rischio la vita della propria figlia.

"Ne sei sicuro?"

"Mi rammarica ma sì. Voleva vedere come avrebbe reagito Skye se tu fossi stata in punto di morte"

"Ah... Io... Non posso crederci. Ho rischiato di morire a causa sua, sia io che Skye!"

"Lo so, ma mantieni la calma."

"Come faccio a mantenere la calma?! Lei voleva per forza risvegliare i poteri di Skye così avrebbe avuto una scusa per ucciderla!"

"Thalia devi capire che lei è l'Alpha e deve proteggere il villaggio contro ogni minaccia"

"Per favore non ricominciare con i tuoi discorsi"

"Almeno c'è una buona notizia" disse Iris entrando nella camera.

"Nonno per favore lasciaci sole."

L'anziano scrutò la ragazza in modo perplesso.

"D'accordo, sappi che avrai sempre il mio sostegno, ti voglio bene ricordatelo. Ah... È bello che tu sia riuscita a trovare amici così leali."

Si avvicinò a Iris e le diede una pacca sulla spalla. Stava per uscire quando Thalia mormorò, "Lo so bene e... Anch'io ti voglio bene."

L'anziano uscì dalla stanza con il sorriso sul volto e chiuse la porta.  Iris con un sorriso sgargiante si avvicinò al letto.

"Ce l'abbiamo fatta!!!" disse tutta eccitata.

"Siete dei... Non so neanche come definirvi!" disse ridendo.

"Premetto che non volevo origliare ma ho sentito la conversazione. Cosa intendi fare?"

"Non lo so, non ho prove. E poi devo pensare a rimettermi in sesto, provo una brutta sensazione, Skye non è al sicuro."

"Ma come? È tornata a casa, come fa a non essere al sicuro?"

"È questo il problema infatti. Perché pensi si sia avventurata nel bosco? Stava scappando dal padre."

"E noi l'abbiamo riportata nel bocca del diavolo. Che macello." disse mettendosi le mani in testa.

Improvvisamente sentì il cuore battere forte, come se volesse uscire fuori dal petto.

"Ehi che succede?" domandò preoccupata vedendo l'amica assumere un'espressione allarmante.

"Le è successo qualcosa lo sento. Percepisco la sua paura... Diamine stare qui a letto mi uccide!"

"Cosa pensi le stia accadendo?"

"Ti giuro che se quell'uomo prova solo a sfiorarla lo uccido con le mie stesse zanne!"

Pervasa dalla rabbia cercò di rimettersi in piedi, ma la rapidità le causò una fitta alla spalla.

"Stai giù! Peggiori solo le cose così!"

Le posò una mano dietro la schiena e con l'altra la spinse giù con lentezza.

"Senti... Ho un idea, ma sarà pericoloso."

"Non mi interessa, dimmi di che si tratta."

"Teletrasporto spirituale"

Gli occhi della ragazza si illuminano e una goccia di speranza crebbe in lei.

"Iris ti adoro! Sai come fare?"

"C'è una pozione. Dovrebbe averla il Gran Maestro a casa sua. Più precisamente nella sula camera alchemica, nello scaffale delle pozioni proibite."

"Ce la fai a recuperarla?"

"Ovviamente!"

"Aspetta ma come fai a saperlo?"

"Ognuno si diverte a modo suo" un sorrisetto compiaciuto le si impregnò sul viso. "Tranquilla, tornerò prima di quanto immagini!" corse via in preda all'eccitamento, le piace fare la ribelle e le riesce bene.

Ma quella sensazione che aveva provato non la lasciava, adesso si sentiva irrequieta ma soprattutto impotente. Cercò di mettersi seduta, la spalla le faceva ancora male, era piena di punti, così come la ferita sul fianco che le aveva procurato la Manticora, in quanto durante la lotta con il Grim l'enorme sforzo le aveva fatto riaprire la ferita.

Fortuna che non hai nulla di rotto dicevano... 
Fortuna che non sei incenerita dicevano... 
Be' 'ste ferite compensano tutto...

"Dai... Dai!" 
Riuscì a mettersi in posizione eretta ma fu colpita da un capogiro.

"Ora mia cara dobbiamo metterci in piedi" disse parlando da sola.

Si scoprì le gambe dalla coperta e con lentezza si posizionò a destra del letto. Sporse le gambe fuori e tocco con la punta dei piedi nudi il pavimento, poi poggiò la mano sulla sedia difronte a lei e spingendo si alzò.

"Be' pensavo peggio!"

~~~~

Skye era sola, in camera sua. Aveva appena mangiato la buonissima carne di vitello che Lusinda le aveva amorevolmente cucinato. Dopo si era subito diretta in camera sua, non aveva neanche la forza di andare a salutare i servi della casa, né tanto meno i due gemelli.

Si era infilata velocemente nel caldo letto e lentamente iniziò a metabolizzare ciò che le era successo in questa bellissima ma allo stesso tempo terrificante settimana.

Già mi manca. Ormai mi ero abituata alla sua presenza e adesso non posso farne più a meno. Ma sono bloccata qui, in questo incubo. Spero che si rimetta presto e che mi raggiunga qui.

Del resto mio padre non mi farà più mettere piede fuori dalla casa, non mi stupirei se domani svegliandomi mi ritrovassi la porta della camera chiusa a chiave. Adesso spero soltanto di rivederla, non ho potuto nemmeno salutarla.

E pensare che la prima volta che l'ho vista ho sentito una forte e inspiegabile connessione tra noi. Quei bellissimi occhi mi avevano incantata, quasi ipotizzata. Si è affascinante, ma è anche gentile e premurosa. Se ripenso a quella volta che le ho affermato la mano... Che vergogna! Era così preoccupata che alla fine si è messa a dormire insieme a me. Quella volta quando mi risvegliai sentii una fitta al petto non trovandola vicino a me.

Sepevo che era sbagliato quello che provavo, la conoscevo da solo un giorno e già...

La ragazza arrossì violentemente al solo pensare a quello che stava per dire dopo. Era sempre così, ogni volta le batteva forte il cuore, era irrefrenabile, aveva vita propria.

È vero... Non posso negare il fatto che le voglio bene. Anche se sono debole farei qualsiasi cosa pur di proteggerla. Anche da me se fosse necessario...

C'è una cosa che però mi sfugge. In tutti questi giorni non ho visto nemmeno l'ombra del padre. Neanche quando c'è stata la battaglia nell'arena. Forse è morto?  Sta di fatto che non voglio chiederglielo, potrebbe starci male.

La sua mente iniziò a vagare, ripensando a momenti belli che aveva passato lì. Quei momenti in cui si era sentita felice e libera. Libera da tutto, dalla sua tristezza, dalla sua angoscia e rabbia.

Se ripenso a quando abbiamo ballato! 
Sarà la prima cosa che le chiederò quando tutto questo sarà finito. 
Era tutto così bello, lei, la musica, noi due che ballavamo... Sembrava una favola. Ma è stata bruscamente interrotta da quella... Ahh che nervi!

Ha osato parlare male di me, ha osato urlare contro di lei. Ripensandoci... Aveva detto una cosa strana, in un altra lingua... Impri- qualcosa. Anche quando avevo incontrato il Gran Maestro, ella aveva chiesto conferma a Thalia se noi avevamo "legato"...

Sinceramente non so cosa pensare, quando ci rincontreremo chiederò delle spiegazioni. Del resto c'è ancora tanto che devo scoprire su quel mondo.

Finalmente gli occhi le divennero pesanti. Si addormentò con l'immagine di Thalia impressa nella mente. Thalia era la sua speranza, il suo futuro. 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Give these ghosts a new home
And let's bury our past 
And our fears 
And all these bones
And let's go

EDEN (Circles)

"Thalia ce l'ho fatta, sono riuscita a prenderla" disse con il fiatone. 
"C'era tua madre. Lei è il Gran Maestro stavano discutendo. Ha detto all'Alpha che è riuscita a rintracciare Skye e a capire dove abita. Ha anche detto che faranno una festa per festeggiare il suo ritorno nel palazzo reale."

"Quando ci sarà la festa?"

"Domani sera. Tutti i nobili sono invitati."

"Grazie Iris. Mi dispiace averti messa in mezzo a questa faccenda"

"Thalia. Siamo amiche e ti voglio bene, sono felice che tu ti fidi me." la guardò dritta negli occhi, con decisione e fermezza.

"Quindi puoi anche chiedermi di andare al cospetto della regina e ruttargli in faccia ed io sarai pronta a farlo" disse ridendo e Thalia le diede un pugno sulla spalla.

"Attenta che poi te lo chiedo davvero!"

Poi il suo sguardo divenne cupo e con voce spezza disse, "Iris che cosa dovrei fare? Una volta che sarò in grado in raggiungerla cosa faremo? Non possiamo tornare qui! Darebbero la caccia a lei perché pericolosa e a me in quanto ho oltrepassato il confine. Non possiamo restare nel suo mondo perché anche lì ci darebbero la caccia. Dovremmo andare in un altro regno, il tempo di farlo e già ci hanno catturate. "

Gli occhi erano lucidi e trattenne a stento le lacrime.

"Thalia, una volta insieme saprete cosa fare. Non bisogna mai scrivere il finale senza sapere cosa può accadere durante il percorso. Thalia può accadere qualsiasi cosa, cose che nemmeno potresti immaginare. Ma sono sicura che voi due, insieme, riuscirete a superare tutto"

Le accarezzò premurosamente il viso poi si alzò dalla sedia e andò verso la porta, "È tardi, devi riposare. Ti vengo a trovare domani insieme a Basil e Ciril. Buona notte."

"A domani. Buonanotte Iris"

____________la notte del ballo__________

"Thalia c'è una cosa che devi sapere, quando il tuo spirito si separa dal corpo, questo attira Sýllipsi Psychís."

"I che cosa?" la interruppe lei.

"Dammi tempo! Allora... Questi Sýllipsi Psychís sono facilmente riconoscibili in quanto sono dei piccoli uccelli con il pelo blu. Non appena si avvicinano devi immediatamente tornare nel tuo corpo o ti prenderanno e porteranno nell'oltre tomba. Tutto chiaro?"

"Si sei stata, limpida... Chiarissima. Cavolo non pensavo che esistessero degli esseri del genere. "

"Questo perché non sei mai stata attenta alle lezioni di Mol Flower!"

"Chiedo scusa se ero impegnata ad allenarmi."

La ragazza sospirò e poi le sorrise. 
"Ti auguro buona fortuna." 
L'abbracciò forte e poi le diede la posizione. "Un'ultima cosa, quando ti teletrasporterai non avrai vestiti addosso. Ma tranquilla ti basterà usare l'immaginazione e compariranno da soli. Ma stai attenta ogni cosa che crei, una volta che si è separata fisicamente da te svanisce."

"Quindi se faccio comparire tipo un pugnale e lo lascio cadere a terra svanisce?"

"Esatto."

"Bene..." Disse riluttante. "È tempo che le danze inizino."

Non appena il liquido le toccò le labbra corrugò la fronte per la grande asprezza.

"Cavolo, peggio degli intrugli e facevamo da picc..." Non fece in tempo a finire la frase che il suo corpo ricadde sul letto e una figura pian piano iniziava a materializzarsi accanto ad esso.

"... Piccole. Oh cavolo che figata!" 
Era ancora ancora leggermente invisibile ma con velocità quella strana figura cominciò ad assumere un forma.

"Bene sta funzionando ah-" 
La bionda si girò di spalle completamente imbarazzata. Ormai la lupa aveva assunto la normale forma di ogni persona, anzi sembrava un vero e proprio clone. Iniziò a guardarsi il corpo, con le mani si tastò braccia e gambe che avevano effettivamente massa muscolare.

"Posso girarmi?"

"No!" Si affrettò a dire. "Dammi un secondo devo concentrarmi."

Chiuse gli occhi e iniziò con tutte le forze di ricreare nella sua mente un abito adatto ad una festa sfarzosa piena di nobili. Inizialmente pensò ad un vestito, ma lo ritenne banale. Non volevo ammetterlo a se stessa ma l'unica cosa a cui stava pensando in quel momento è come avrebbe reagito Skye nel vederla lì. Cercò, quindi, di ricreare un abito un po' fuori dal comune, non proprio adatto ai costumi di quell'epoca. Ma lei non interessava, in realtà voleva semplicemente apparire bella difronte alla persona a lei più cara. 
Alla fine quando aprì gli occhi il suo abito venne a crearsi da solo sul suo corpo. Era un completo elegante prettamente maschile, che però non le faceva perdere la sua femminilità.

"Puoi girarti."

"Cavolo, hai davvero buon gusto amica mia! E ti sei anche sistemata i capelli!" Disse avvicinandosi velocemente e togliendo il cappello per tastare lo chignon.

"In realtà ho aperto gli occhi e c'è lo avevo addosso, senza pensarci. Stessa cosa per i capelli."

Si avvicinò allo specchio che si trovava sulla sua sinistra, vicino al l'armadio di legno pregiato.

"Wow" Disse guardandosi attentamente.

"È stato il tuo subconscio. Probabilmente se ti dovessi trovare in una situazione di pericolo non devi neanche pensare a quale arma far apparire che ti comparirebbe automaticamente tra le mani."

"A quanto pare il mio subconscio ha stile!" Disse continuando a fissarsi.

"Adesso vai o farai tardi" 
Le diede un pugno amichevole sulla spalla e l'altra la ringraziò profondamente.

"Da oggi in poi potrai chiedermi qualsiasi favore tu voglia!"

"Buono a sapersi, ho già in mente qualche scherzetto da fare." Disse con una finta risata malefica.

"Bene." Disse tornando seria. "È ora che vada."

Con immensa concentrazione cercò di ricreare nella sua mente il bosco e la casa di Skye. Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti al cancello della casa della ragazza.

Non c'è alcuna carrozza, devono essere già partiti.

Poi realizzò che non sapeva dove si trovava il palazzo reale e neanche aveva un mezzo in trasporto. 
Poi si ricordò che Skye era venuta con un cavallo e che probabilmente suo padre possedeva una stalla. 
Nel mentre stava lì a pensare su come risolvere la situazione uno dei servi la notò. Aveva delle grandi forbici, il viso e le mani sporche di terra, e qualche fogliolina sui capelli grigi. Si stava recando sul retro quando la vide.

"Buona sera, i padroni di casa non sono presenti al momento."

Thalia colta alla sprovvista si schiarì la gola e si avvicinò di più al cancello per parlare meglio all'uomo.

"Buona sera. Ero venuta qui per salutare la signorina. Ho saputo che era fuggita ma adesso è ritornata. Volevo porgere i miei omaggi."

"È la prima volta che la vedo, non deve vivere qui vicino."

"Si ho fatto un lungo viaggio, volevo partecipare alla feste in onore del ritorno della signorina Skye ma durante il tragitto sono stata attaccata da dei briganti che mi hanno rubata il mio prezioso cavallo."

"Mi disp-"

"Curtis! Perché non hai fatto entrare la signora?!" Urlò una donna con voce stridula.

Thalia si girò improvvisamente. Sul ciglio del portone c'era una donna di mezza età, con capelli castani e ricci che le arrivavano sulle spalle. Aveva un fisico robusto e un espressione fulminante. 

"Lo scusi, la faccio entrare immediatamente." La donna corse dentro la casa per poi uscire con delle chiavi in mano. Aprì velocemente il cancello per non far aspettare Thalia che con risolutezza la ringraziò.

"Io sono Brenda la nuova governate."

"È un piacere Brenda. Io sono Thalia... Watson."

"Venga pure dentro, devo scusarmi ma il signor Carter non è in casa."

La portò nel grande salotto e la fece accomodare sul morbido divano di pelle.

"In realtà ero venuta per salutare la signorina Skye e attendere insieme a lei alla festa. Ma sono arrivata in ritardo."

"Mi dispiace signora Watson..."

"Velevo chiederle un favore Brenda." Disse prendendole la mano. La signora lusingata fece un sorriso imbarazzato, "Dica pure."

"Ha per caso una carrozza o un cavallo con cui posso andare alla festa?"

"Si che sbadata, dovevo proporlo subito. Ci sono due stallieri, possono accompagnala loro. Fortunatamente abbiamo un'altra carrozza degna di portare una donna rispettabile come lei."

"Oh così mi imbarazza. La ringrazio molto per la vostra disponibilità."

"Vado a chiamarli subito, aspetti qui."

La donna uscì dalla sala quasi correndo e fece scappare una risata alla lupa che da tempo si stava trattenendo.

Credo che da oggi mi dedicherò al teatro.

Si guardò attorno, notò che la sala era piena di quadri raffiguranti Skye e il padre. Una persona qualunque penserebbe che fosse una cosa normale, ma Thalia sapeva che non c'era nulla di normale in tutto quello che vedeva. C'era specialmente un quadro, posto sopra il camino, che li raffigura quasi come marito e moglie. La lupa fece una smorfia, e nonostante tutto quello che era successo era felice che Skye era scappata da quel posto. Poco dopo la governate tornò con i due stallieri, due gemelli. Erano vestiti in modo pressoché elegante ma nulla comparava con il vestito della ragazza.

"Signora Watson. Questi sono Omar e Colin, saranno loro ad accompagnarla."

Sembrerò anche più grande vestita così ma essere chiamata "signora" proprio non mi va giù.

"Benissimo, grazie mille per la sua generosità, non verrà tralasciato quando starsera parlerò con il signor Carter."

La donna di risposta le sorrise e l'accompagnò alla porta seguita dai due ragazzi.

"È stato un piacere, torni a trovarci più spesso."

"Lo farò sicuramente."

La donna rimase sulla porta finché la figura di Thalia non sparì sul retro della casa. I due fratelli andarono verso la stalla e presero due cavalli. Con velocità li legarono alla carrozza e invitarono Thalia a salire.

"Le serve una mano?"

"No grazie." Disse decisa.

Apprezzo la premura ma essere donna non significa essere un incapace. Cavolo questo mondo quanto è fatto male!

Intanto era calata la notte e non appena entrò in città la trovò illuminata di lanterne. Con tristezza guardò il degrado della parte bassa della città. Uomini e bambini in strada in cerca di cibo, donne disperate che chiedevano soldi per vendere il proprio corpo.

Questo mondo è davvero sbagliato.

Poco dopo la città sembrò cambiare drasticamente. Sontuose case sostituirono quei borghi malfamati. Uomini e donne con abiti eleganti si aggiravano per le strade e nobili carrozze dominavano la strada.

"Ci scusi se siamo passati nella parte più povera della città, ma era la via più veloce per arrivare."

"Si certo non importa."

"Siamo quasi arrivati."

L'ansia iniziò a prevalere su di lei. Era felice di poter rincontrare Skye ma adesso provava solo una profonda agitazione.

Stai tranquilla andrà tutto bene. Disse tra sé.

"Eccoci arrivati."

Distratta dai propri pensieri non aveva notato che si trovava nella grande piazza centrale su cui si affacciava il palazzo reale.

"La dobbiamo aspettare qui o..."

"Non ce n'è bisogno, tornerò con il signor Carter." Disse mentendo.

"Arrivederci signorina, si godi la serata."

"Grazie mille."

Scese della carrozza con grande grazia. Le dame e signori si girarono a guardarla. Era estremamente insolito che una donna indossasse abiti del genere per questo destò l'attenzione anche per chi era lì solo per noia.

"Bene... Adesso andiamo a cercare la festeggiata!"

Scusate il ritardo ma la scuola mi ha davvero tenuta occupata.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


And I feel life for the very first time
Love in my arms
and the sun in my eyes
I feel safe in the 5am light
You carry my fears 
as the heavens set fire

Oh wonder (Technicolor Beat)

Si avvicinò con fermezza alla grande entrata da cui entravano e uscivano gli invitati. Quando oltrepassò il portone una sensazione di inferiorità la travolse. Si sentiva così piccola difronte alla maestosità della struttura. Rimase senza parole vedendo l'enorme lampadario in oro e cristalli pendere dal soffitto. La sala era davvero grande riempita dai tanti colori degli abiti delle dame e dei gentiluomi. Si girò intorno per cercare quella figura che tanto la agitava. Soffocata dalla presenza di così tanta gente si scansò verso un lato della sala. C'erano dei tavoli pieni di cibo ed altri dove i nobili si sedevano per discutere o per bere qualche bicchiere di vino. Per curiosità la ragazza si avvicinò per prendere dei bicchierini di trifle. Quando lo assaggiò poté assaporare perfettamente i frutti di bosco e il liquore.

Che buono! Quindi poso anche percepire i sapori.

Stava per prenderne un'altro, quando una dama con la maschera le rivolse la parola.

"Inusuale vedere una donna in simili costumi."

"Detto da una dama con il viso nascosto..."
La donna rise divertita e si portò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio.

Aveva un lungo vestito color crema fin troppo ricamato. Aveva le spalle scoperte su cui ricadevano delle ciocche di capelli castani mentre tutti i restanti erano legati dietro la nuca con una forcina decorativa.

"È la prima volta che venite qui? Non vi ho mai vista."

"Si, sono una vecchia conoscente della famiglia Carter."

"A me sembrate piuttosto giovane e bella per essere una vecchia conoscenza." Disse sorridendo.

"Un'amica d'infanzia va meglio?" Chiese la lupa ridendo.

"Decisamente."

Quando la dama si spostò per prendere un bicchiere di punch, in quel momento Thalia si accorse di avere molti occhi curiosi puntati addosso.

"Il brutto della corte è che i pettegolezzi sono pane quotidiano."

"Cosa intendete? Non credo di aver fatto qualcosa di sbagliato."

"Parlare con la figlia del re con atteggiamento così amichevole non è cosa da tutti."

"Mi perdoni, non lo sapevo." Disse con un imbranato mezzo inchino.

Diamine la prossima volta mi informerò sulle maniere cortesi dei nobili.

"È la maschera vero?" Disse lei prendendola in giro.

"Probabilmente." Disse lei imbarazzata.

"Adesso devo andare, mio padre sta per arrivare, deve fare uno dei suoi inutili discorsi." Poi addolcendosi, "Può dirmi come si chiama?"

"Thalia."

"Thalia?"

"Ehm... Watson."

"Interessante. Io sono Annie, ma questo già lo sapeva." Disse scherzando. "Spero che mi concederà un ballo stasera signorina Watson."

"Certamente." 
La ragazza si inchinò e attraversando la folla di invitati e entrò nel corridoio sulla destra.

Devo trovare Skye.

"Ci scusi se la disturbiamo."

Come non detto...

Altre due dame le si avvicinarono, incuriosire per la scena di poco fa.

"Buonasera." Disse la lupa.

Erano due ragazze, molto giovani, probabilmente sui quattordici anni. Avevano gli occhi pieni di vita e eccitamento.

"Lei conosce la figlia del re?" Chiese la ragazza con il vestito rosa.

"È sua amica?" Chiese l'altra, vestita di verde, subito dopo.

"Ehm... Io..."

Improvvisamente la musica si fermò e gli invitati smisero di parlare e rivolsero lo sguardo sopra la scalinata, dove vi erano due troni con un alto schienale e altri due più bassi. A sinistra e a destra di questi c'erano due corridoi e da quest'ultimo entrò un uomo, alto, snello con capelli ricci e castani schiacciati dalla pesante corona. Dietro di lui la bellissima moglie con i due figli, un ragazzo ed una ragazza, seguiti da un'altro signore di bell'aspetto ed elegante.

"Oggi siamo qui per festeggiare il ritorno della figlia scomparsa del mio caro amico Lucas Carter, la signorina Skye Carter." Alzò il braccio sinistro per indicare di entrare.

Thalia sgranò gli occhi alla vista di quella splendida figura. Il vestito bianco, perfettamente ricamato, il corpetto che ne definiva le curve, la collana e la maschera puntinata di diamanti la rendevano una dea. 
La ragazza fece un'inchino e si mise al fianco del padre. Nonostante la sue estrema bellezza Thalia notò che c'era qualcosa che non andava.

"Inoltre vorrei fare un annuncio molto importante. Mio figlio Kurtis prenderà in sposa la signorina Skye. Le nozze avverranno tra due settimane!"

La folla applaudì entusiasta, il ragazzo e Skye si misero davanti ai due troni, si presero per mano e le alzarono. Nonostante il ragazzo emanava gioia, dall'altra parte Skye teneva lo sguardo fisso a terra. 
Thalia voleva andare lì, abbracciarla e portarla via ma non poteva e ciò la uccideva. In quell'esatto momento realizzò che sarebbe stata pronta a tutto pur di averla vicina e la tristezza nel suo sguardo si trasformò in decisione e coraggio.

"Ora che i balli abbiano inizio!"

Gli invitati si spostarono ai lati, lasciando uno spazio libero nel mezzo. Kurtis e Skye scesero le scale e andarono al centro della sala. La musica iniziò a sovrastare le voci degli invitati e i giovani ragazzi iniziarono a ballare.

La lupa attraversó la folla per mettersi il più davanti possibile. Alcuni invitati si unirono ai giovani ragazzi, impedendole di farsi notare. Ormai i due si erano spostati sul lato opposto al suo e a rompere la visuale c'erano almeno dieci coppie. Sentì improvvisamente una mano toccarle la spalla.

"Di solito è compito dei gentiluomini ma... Posso avere l'onore?"

"Certamente principessa." Dopo che Thalia si inchinò e la dama fece la sua riverenza e si unirono al ballo.

"Potrei sapere il motivo per cui è qui?"

"Vi ho già detto la ragione."

"Essendo la figlia del re devo conoscere le famiglie più importanti del regno e la vostra mi è nuova."

"Vengo da un'altro regno." Si affrettò a dire.

"Va bene, continuate a fare la misteriosa ma prima o poi lo scoprirò." Disse la ragazza divertita.

Se le facessi conoscere Iris diventerebbero migliore amiche...

"A che cosa state pensando?"

"Mi ricordate molto una mia amica. "

"Ne devo essere felice?"

"Più o meno."

"Sapete, da là su si ha vista vista completa della sala. E... Cos'era quel viso triste?" Thalia tornò subito seria.

Cosa è quanto sapeva erano le uniche domande che le giravano in testa.

"Ho toccato un punto dolente?" chiese con sorriso soddisfatto. "Oh... Il cambio, ne riparleremo dopo se vorrete."

La ragazza si staccò con grazia da Thalia e si avvicinò al gentiluomo davanti a lei. I due cominciarono a ballare, l'uomo sembrava pienamente compiaciuto dalla presenza della principessa e lei non faceva altro che rispondere con risatine e sorrisi. Non furo poche le volte che si girò verso la lupa per osservarla con conseguente disagio e preoccupazione da parte di quest'ultima. Un'altra dama si unì al ballo con lei, inizialmente sorridente, poi stupita.

"Ma lei è una donna?" disse in tono sgradevole.

"Si e voi signorina come vi chiamate?" impostò il tono di voce nel modo più dolce e sensuale possibile e ci riuscì.

"Scusate il mio comportamento ma il mio accompagnatore è stato un pessimo ballerino."

"Oh mi dispiace sentirlo. Voi invece sembra un eccelsa ballerina." La dama arrossì e abbassò lo sguardo.

In quel momento Thalia si guardò attorno cercando la figura di Skye. 
Era stata continuamente distratta e non aveva realizzato che la ragazza si trovava a poca distanza da lei. Continuò a guardarla come se la stesse chiamando. Stava parlando con il principe, aveva un finto sorriso sul suo volto e occhi che gridavano aiuto. 
Quasi come un magnete, i suoi occhi si spostarono vero la figura di Thalia.
Quando i loro sguardi si incrociarono la lupa mostrò il suo bel sorriso e a stento la ragazza trattenne un sibilo. 
Si potevano intravedere infinite emozioni, stupore, felicità ma anche dolore. I suoi occhi divennero rossi e cominciarono a bruciarle. Lacrime iniziarono a rigarle il viso ricoperto da trucco.

"State bene signorina Skye?" chiese il ragazzo preoccupato.

"Sì." si affrettò a dire. "Sono solo un po' emozionata."

"Si anch'io, capisco cosa stiate provando. A stento sto trattenendo il mio entusiasmo. Sono felice di avere al mio fianco una giovine bella come lei."

Skye rispose con un sorriso, ormai suoi pensieri erano altrove.

"Mio principe..."

"Si?"

"Potrei uscire e prendere un po' d'aria fresca?"

"Ma certo andiamo."

"In realtà vorrei stare un po' da sola... Per pensare."

"Va bene, come preferite. Se avrete bisogno di me non esitate a chiamarmi."

"Certo, grazie mille per la vostra comprensione." 
Lanciò un'occhiata a Thalia che capendo annui sorridendo. 
Si allontanò dal ragazzo e si diresse verso il cortile del palazzo reale. 
Sentì improvvisamente una mano afferrarle violentemente il braccio.

"Dove stai andando?!"

"Io..."

"Io cosa Skye? Rispondi a tuo padre!"

"Volevo solo andare fuori al cortile, per respirare un po' di aria fresca..."

L'uomo anche se riluttante le lasciò andare il braccio e con sguardo feroce le disse, "Se non torni tra dieci minuti ti vengo a cercare io stesso, capito?"

"Si."

Più che camminare, sembrava stesse correndo via. I tacchi eccheggiavano nel lungo corridoio, servi e camerieri che facevano avanti e indietro ininterrottamente. Una volta uscirà respirò profondamente e per un secondo si sentì come se fosse nel bosco. Davanti a lei c'era una lunga strada che finiva con un cancello. Sui due lati due prati con delle panchine facevano da entrata ai due labirinti. 
Skye si sedette su una delle panchine di marmo coperta da un albero.

Se per un qualche motivo fossi costretta a passare la mia intera vita qui, questo prato, questi alberi e labirinti diventerebbero il mio personale posto segreto. Sarebbe bello avere una casa con lei, isolata da tutto e tutti ed immersa nel verde, magari con un ruscello o un lago.

La quiete fu interrotta da dei passi, quando si girò e la vide si alzò immediatamente. Senza pensare le corse in contro, le saltò addosso e strinse le sue braccia intorno al suo collo. La lupa la strinse a sé, il braccio sinistro per sostenerla e la mano destra amorevolmente sulla sua testa.

"A quanto pare ti sono mancata." disse lei felicemente.

Skye annui e iniziò a singhiozzare nella sua spalla. La lupa le accarezzò la testa, poté percepire il battito del suo cure aumentare sempre di più.

"Stà tranquilla..."

La ragazza lentamente si calmò e mormorò qualcosa nella sua spalla.

"Cosa?" chiese lei non avendo capito.

Skye si staccò dall'abbraccio ma teneva le mani ben serrate sui bracci della lupa. La guardo intensamente negli occhi e ci fu un momento di silenzio. Thalia allungò la mano per asciugarle una lacrima dal viso ma lei gliela afferrò e la spinse verso di se. Ormai a pochi centimetri di distanza, la ragazza si alzò con la punta dei piedi, raggiunse il suo viso e premette le sue labbra contro le sue. La lupa inizialmente stupita, ricambiò il bacio e la strinse di nuovo a se.

"Ho detto che... Ti amo." disse la ragazza interrompendo il bacio.

"Anch'io ti amo Skye Carter." 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Since I was young
I knew I'd find you
But our love was a song 
Sung by a dying swan
And in the night 
You hear me calling
And in your dreams 
You see me falling

M83 (Oblivion) 

 

Non avremo mai potuto immaginare che un sentimento puro come quello, avrebbe poi scatenano una tempesta di dolore e sofferenza. Ancora ricordo quel giorno. Le urla della folla, il suo corpo accasciato a terra. I capelli bianchi come la neve e gli occhi argentei che lentamente si chiudevano. Nonostante la sua distruzione, ai miei occhi sembrava un angelo. Ma in realtà era uno di quelli che, a contatto con la terra, aveva perso tutta la sua purezza... È tutta colpa mia...

La mano della ragazza si posò sul viso della lupa non appena iniziò a sgorgare una lacrima.

"No... Thalia" sussurrò tristemente la ragazza.

"Non posso lasciarti adesso. Non ora che..."

"Andrà tutto bene. Riusciremo a uscire fuori da questa situazione. Insieme."

"Ma..." Cercò di dire tra un singhiozzo e l'altro.

"Mi fido di te. Okay?"

Skye prese tra le mani il viso della lupa e avvicinando a sé, fece congiungere le proprie fronti.

"Sei rossa come un peperone." disse Skye cercando di cambiare discorso.

La lupa rise è subito rispose "Ah si? Tu non sei da meno."

Erano felici ma c'era tensione nell'aria. Ora che quello che provavano era chiaro ad entrambe e la situazione attuale rendeva tutto più doloroso.

Dopo essersi ripresa, asciugò le poche lacrime sul suo volto e ancora tremante per l'eccitamento, prese trala sua mano quella di Skye posò l'altra sul suo fianco.

"Riesci a sentirla?"

"Cosa?"

"La musica!" esclamò.

Skye alzò un sopracciglio e le sorrise. La lupa si avvicinò al viso della ragazza e quasi sussurando le chiese, "Madam vuole concedermi questo ballo?"

"Si vede proprio che non conosci le buone maniere." disse allungandosi verso il suo orecchio. La lupa arrossì e allentò la presa, tanto che la ragazza con fare autoritario e divertito esclamò, "Guido io!"

Portò la propria mano dalla spalla di Thalia al fianco e si concetrò sulla musica. Chiuse per un secondo gli occhi, poi spostò la gamba in avanti, poi a sinistra, indietro e dinuovo in avanti. Senza accorgersene le due ragazze stavano volteggiando libere sulle classiche note musicali. Il vento faceva scrosciare le foglie degli alberi, la poca luce rendeva il tutto più intimo.

Quando la musica smise di eccheggiare le ragazze si fermarono e si guardarono tristemente negli occhi.

"Skye devo andare..." disse accarezzandole il viso.

Era da un po' che quei uccellini le giravano intorno ma non voleva rovinare il momento.

"D'accordo... Si. Spero di riuscire a sopravvivere a queste due settimane. Fortunatamente la camera di mio padre è nella parte opposta del castello rispetto alla mia. Almeno non lo vedrò spesso. "

"Quindi resterai qui al castello..." La ragazza annuì e abbassò lo sguardo. 
"Non devi preoccuparti. Ho un piano per portarti via da qui." Sky l'abbracciò nuovamente posando la testa sulla sua spalla.

"Vorrei stare così per sempre."

"Quando ti farò uscire da qui potremmo fare qualsiasi cosa tu voglia."

Si staccò dall'abbraccio e la guardo decisa negli occhi. Con un sorrisetto disse "Ma per farlo ho bisogno di conoscere alla perfezione il castello e caso ha voluto che ho ballato con la principessa." Skye alzò un sopracciglio e la lupa rise per la sua reazione. "Mi dispiace ma devo farlo. È rimasta incuriosita da me e devo approfittane."

"Va bene ma se fai qualcosa di stupido ti uccido."

"D'accordo. Proverò a avenire domani."

"Domani?!"

La lupa fece spallucce e con il sorriso stampato in viso, fece finta di correre verso il cancello.

"Ti amo." Gridò. Sky, imbarazzata si girò e si diresse verso l'entrata.

Non appena vide Skye rientrare nel castello, la lupa con la forza del pensiero cercò di ritornare dentro il suo corpo. Neanche il tempo di aprire gli occhi che sentì il corpo pesante e continue fitte provenire dalla schiena.

A quanto pare c'è l'ho fatta.

"Iris spostati! Sono sua madre, ho diritto di vederla. E poi questa è casa mia." Si sentì un tonfo e poi la porta si aprì violentemente, tanto che andò a sbattere contro il muro.

"Thalia cos'hai?"

Thalia guardò dietro la madre e vide Iris scaraventata a terra che tentava di mimarle qualcosa.

"Ehm... Si avevo un po' di mal di testa e senso di vomito. Ecco perché non volevo vedere nessuno."

Iris la guardò sorridendo è gli fece un vivace pollice all'insù.

"E tu alzati." disse la donna girandosi.

"Si subito!"

"Mamma?"

"Si?"

La lupa fece finta di aggrottare la fronte, si tastò la testa e cercò di impostare la voce in modo sofferente. 
"Potrei stare da sola... Per favore. E vorrei salutare Iris."

"Va bene, come vuoi." disse la donna sbuffando. Si girò, guardò la bionda in cagnesco e uscì dalla stanza. La ragazza si avvicinò all'amica e sarcastica disse, "Tua madre mi adora proprio!"

"Ama tutti quelli che mi circondano..."

"Allora..." Si sedette sul letto e con tono preoccupato chiese, "Com'è andata?"

"È andata bene, più o meno."

"Cos'è andato storto?" chiese acciliata.

"Deve sposarsi con il principe."

"Che cosa?!"

"Tra due settimane, ma ovviamente la porterò via di lì il prima possibile. Fortunatamente ho trovato uno sbocco. Ho catturato l'interesse della principessa e la userò per entrare nel palazzo. "

"Be' mi sembra un'ottima idea. Ma rischiosa. "

"Infatti dovrai aiutarmi. Secondo le loro usanze, se il gentiluomo e la dama hanno gradito la reciproca compagnia durante il ballo, egli può invitarla ad un uscita. Voglio quindi spedirle una lettera in cui le chiederò di vederci."

"E quindi ti serve il mio quinquern?"

"Si."

"Da uccello della musica a postino, mi dispiace mio adorato Ank." disse drammaticamente.

"Dai non scherzare!" esclamò ridendo. 
"Non posso mica mandare un semplice uccello viaggiatore nel mondo degli umani senza che mia madre o gli Omega lo vengano a scoprire."

"Thalia tranquilla, non c'è alcun problema." Poi con un sorriso smagliante chiese, "Come ha reagito quando ti ha visto?"

"Puoi immaginarlo... Ha pianto dalla gioia. Poi ci siamo viste fuori il palazzo, in una sorta di giardino."

"E..."

"Sei davvero inopportuna. Lo sai?"

"Voglio tutti i dettagli, sbrigati!"

"Mi ha baciata." disse arrossendo.

"Oddio sono così felice per te!" quasi non le saltò addosso per la contentezza.

"Ehi vacci piano, scema. Però non le ho detto che in realtà non ero fisicamente presente. Ha bisogno di una figura forte in questo momento. Non potevo dire che stavo ancora su un letto dolorante."

"Hai fatto bene. Ma non so che conseguenze ha quella pozione se usata in continuazione."

"Devo comunque rischiare."

"D'accordo, la lettera te la scrivo io, te la porto domani mattina e mi dirai se va bene. Così gliela mandiamo subito."

"Grazie Iris, ora vai o mia madre ti uccide."

"Volo!" Disse correndo via.

La lupa nuovamente cercò di rialzarsi. La crema che le aveva dato il Gran Maestro e i medinali, stavano facendo grande effetto. Non le fu difficile mettersi in piedi e non ebbe bisogno di reggersi. Si tolse con cautela la maglietta e le fasce che coprivano le due ferite. 
Si avvicinò spoglia alla specchio e guardandosi la ferita sul fianco notò che era quasi guarita, cosi come quella sulla schiena. Sorrise con grande gioia e i suoi pensieri tornarono subito sulla figura di Skye.

Ancora non aveva pienamente realizzato cosa era successo. Si portò una mano sulla bocca ancora incredula del gesto della ragazza. 
Il cuore iniziò a battere forte nuovamente ripensando alla scena. 
La sua mente cominciò a vagare su ciò che avrebbero fatto in futuro, finalmente poteva toccarla e abbracciarla, senza avere la paura di essere allontanata. In quel momento che erano distanti realizzò quanto la sua presenza fosse importante per lei. Averla accanto era ciò che le importava, più di tutto. Non le importava se doveva fuggire dal villaggio o dell'intero regno. Ormai non le faceva neanche più paura la figura materna, né tanto meno la reazione della regina. Il vero nemico, pensò lei, è effettivamente la regina.

Il gran problema sarebbe stato sfuggire dalle sue grinfie. Aveva poteri illimitati, con il solo alzare un dito avrebbe potuto issare contro di loro un'intera armata. Ma a lei ormai non importava più.

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


The sun goes down
The stars come out
And all that counts
Is here and now

The Wanted (Glad You Came) 

 

Si aggirava nel castello senza una meta, andando da una stanza all'altra. Avvolte le serve le chiedevano di cosa avesse bisogno, ma era un qualcosa che non potevano procurarle.
Il matrimonio era stato deciso poco dopo la sua fuga. Una volta scoperto, il padre, insieme al re, avevano impegnato tutte le truppe sulle sue ricerche. Vari indizi facevano presupporre che si fosse avviata verso il bosco, in cerca di un villaggio vicino. Ma niente, si era dissolta nel nulla, nello stesso modo in cui era comparsa. Ma sfortunatamente nessuno si ricorda quella fatidica notte in cui tutto era iniziato. In cui tutto era stato già deciso. Un destino già scritto fin dall'inizio dei tempi.

Così piccola, destinata a grandi cose ma anche a grandi sofferenze. Ma ci sarà lei a proteggerti quando tu non potrai. Quando l'oscurità prevarrà su di te, lei ti farà riscoprire la luce, piccola mia. Non avere paura... Ho pianificato tutto.

"Sorella!" ancora persa tra i suoi pensieri si girò.

"È possibile che non mi senti mai neanche quando urlo?" esclamò le ragazza ridendo.

"Scusami Annie. È che sono emozionata per il matrimonio." disse mentendo.

È vero, da quando è uscita fuori la faccenda del matrimonio non fa altro che chiamarmi "sorella". Non mi dispiace, è una ragazza davvero dolce, ma ogni volta mi fa ricordare a quale destino sto andando incontro.

"Ti capisco, tra poco toccherà anche a me e già sono in ansia."

"Tuo padre ha già scelto con cui dovrai sposati?"

"No non ancora. Mia madre vuole aspettare che sia più matura. Ma io mi sento pronta." disse con tono tranquillo.

Skye cercò di sorridere, ma le fu difficile. La ragazza che aveva davanti voleva sposarsi ma non aveva l'approvazione, mente lei tutto il contrario.

"Sai, quando mio padre mi ha rivelato che ti saresti sposata con mio fratello ero davvero felice. Erano già tre anni che faceva pressione a tuo padre ma ha sempre desistito. Ma finalmente adesso farai parte della famiglia."

Fece qualche passo, un po' titubante. Allargò le braccia e la strinse a se. 
"So che tuo padre ti ha sempre tenuta chiusa in una bolla di cristallo ma adesso sei libera."

Skye cercò di ricambiare quel gesto d'affetto, ma ancora una volta le fu difficile.

"Ti sbagli... Ora sono ancora più incatenata." avrebbe voluto dirle ma non poteva.

"Grazie." si limitò a dire allontanandosi da lei.

"Bene, adesso devo andare che-"

"Signorina Annie!" La chiamò una delle serve.

"Si?"

"È arrivata una donna, ha detto che è qui per lei."

"Finalmente!" Disse sprizzando gioia. 
"Scusa Skye, ma adesso devo andare, È venuta a trovarmi un'amica, si chiama Thalia Watson. Ti dice niente?"

Skye cerco di placare il suo entusiasmo capendo di chi si trattava. Aveva la faccia rossa e cercò di nasconderla girandosi di spalle.

"Vai pure, io continuo a fare il mio giretto."

"Se ti annoi puoi stare con noi, staremo nella sala dove c'è il camino."

"D'accordo a dopo." cercò di dire in tono indifferente.

La sentì allontanarsi sbattendo i tacchi per la felicità.

Un pizzico di gelosia iniziò a farsi strada nel suo cuore. Sapeva che era lì per lei, ma si sentiva comunque ferita. 
Con imprudenza decise di raggiungerle. Cercò di mantenere un passo lento, senza dare nell'occhio. Scese lentamente le scale, i suoi tacchi non facevano il minimo rumore. Più si avvicinava più il suo cuore batteva forte, non era più la felicità a darle vita, ma adesso l'ansia. 
Si avvicinò alla sala, sentiva Annie parlare e fare qualche risatina. Decise di entrare solo quando sentì la sua di voce.

"Buona sera." disse lei entrando.

"Buona sera." disse la ragazza alzandosi.

"Thalia, questa è Skye Carter ma già la conoscete ovviamente."

"Si, i nostri genitori era molto amici" disse la lupa.

"A proposito, come mai non sono venuti alla festa?" disse la ragazza reggendole il gioco.

"Come già saprai, i vari impegni politici li portano sempre a viaggiare. Ma ti augurano un prospero matrimonio."

"Certo, sono sempre così premurosi!" Disse con un finto sorriso.

"Ma erano anni che non ci vedevamo, posso dire con convinzione che vi siete fatta più bella."

La lupa si avvicinò disinvolta e senza battere ciglio le prese la mano baciandola.

"Anche voi non siete da meno." disse imbarazzata. La lupa le sorrise facendole l'occhiolino.

Skye diventò rossa dalla testa ai piedi e nessun suono riuscì ad uscire dalla sua bocca.

Una serva entrò nella stanza con un vassoio di tè e biscotti.

Grazie al cielo! 
Esclamò la ragazza tra sè che si era pietrificata.

"Thalia a voi piace il tè?" chiese la principessa.

"Certamente."

La serva versò nelle tre tazzine il tè. Sbadatamente fece cadere qualche goccia sul completo grigio della lupa.

"Mi scusi mia signora." stava per correre in cucina per prendere uno strofinaccio ma la lupa le afferrò la mano.

"Non c'è bisogno, non si preoccupi." disse con il suo solito sorriso.

La giovane donna presa alla sprovvista arrossì e fece un profondo inchino congedandosi.

"Si vede proprio che il vostro animo è gentile, signorina Thalia." Disse Annie sorridendole.

Stavano sullo stesso divano, la principessa, involontariamente o meno, tendeva ad avvicinarsi sempre di più alla lupa.

potrebbe anche parlare con me però! 
Disse Skye tra se infastidita.

"Perché? Voi come trattate le vostre serve?" chiese la lupa confusa.

"Be'... Io al massimo le sgrido, ma..." 
Era insicura, lo si vedeva nei suoi occhi. Abbassò lo sguardo e inizio a guardare il pavimento, quasi in cerca di risposte.

"Ma?" cercò di spronarla la lupa, ormai incuriosita e preoccupata.

"Vengono semplicemente punite." disse infine.

"Come principessa? Sono curiosa."

"Non lo so, ci pensano mio fratello o mio padre." disse agitandosi.

"Va bene ho capito." disse sorridendole. Poi guardo Skye, che aveva uno sguardo cupo. "Mi piacerebbe vistare il castello, vi dispiace?"

"Ma certo!" esclamò allegramente la ragazza.

"Sono curiosa di vedere le vostre stanze, saranno sicuramente degne di due principesse come voi."

"Questa vostra curiosità mi sorprende." disse sorridendo e alzando un sopracciglio.

"Voglio solo accertarmi che state trattando bene la mia cara amica." 
Disse con sarcasmo.

Si... Certo.

Le mostrò le principali sale del castello, come la sala dei ricevimenti, quella reale, la grande sala da pranzo per eventi ugualmente importanti. Accennò alla sezione dove erano ospitati i servi e la cucina.
Salendo ulteriormente le scale si trovavano le innumerevoli stanze. Mostrò per prima la stanza Skye, davvero per una principessa, così come quella di Annie.
Thalia si stupì dello sfarzo che circondava il palazzo. Una sola stanza, se venduti gli oggetti e arredamento avrebbe potuto sfamare l'intera città.

"Principessa, signorina Skye. È stato davvero un piacere, ma è tempo che io vada."

"Può restare per la cena e per la notte se vuole, ci sono molte stanze per gli ospiti."

"Grazie per la vostra generosità, ma devo proprio."

"Ha bisogno di una carrozza o qualsiasi cosa?"

"No grazie, ho portato il mio cavallo alla scuderia."

Si avvicinò alle due baciò le mani di entrambe e uscì dal grande portone.

"Sperò che ci farà visita un'altra volta!" le urlò Annie.

"Con piacere."

Fece finta di avviarsi verso la stalla ma la in realtà aveva in mente altro.

 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 

Skye, frustrata si recò in sala pranzo dove la stavano aspettando.

Non capisco perché mi ha ignorata in questo modo... Proprio non lo comprendo. Del resto facevamo la parte di "amiche d'infanzia"poteva pure parlarmi, dirmi qualcosa.

"Finalmente ci hai degnato della tua presenza." esclamò il padre seduto a tavola.

"Mi dispiace ma ultimamente non mi sento molto bene."

"Ricorda che quando ti faccio venire a chiamare devi venire, hai capito?"

"Va bene, non accadrà più."

"Su, amico mio, non essere pesante con lei, sappiamo come sono fatte le donne." gli disse il re. Il suo sguardo si ammorbidì un po' e le fece segno di sedersi accanto a lui.

Il re si trovava a capo tavola, alla sua sinistra il signor Carter, alla sua destra la moglie e i suoi figli, seguiti da altri persone di importanza che la ragazza non aveva ancora avuto modo di conoscere approfonditamente, come i tre fratelli del re. Claus, Il più giovane aveva qualche anno di più del padre ed è conosciuto come un gran bevitore. La prima notte che Skye era arrivata al castello, l'uomo l'aveva scambiata per una serva e voleva portala in camera sua, fortunatamente il secondo fratello che era con lui, Straus, era riuscito a fermarlo. Era un tipo taciturno ma le era sembrato fin da subito gentile ed era, inoltre, il capitano delle guardie. Il terzo invece, Bergoglio oltre ad essere il consigliere del re aveva a carico le spese pubbliche. Al suo fianco, Skye aveva, le moglie dei due fratelli laboriosi e i figli. Le due ragazze avevano più o meno la sua età, i tre ragazzi erano poco più grandi e sembravano già dei veri e propri uomini. Skye non aveva mai avuto modo di parlare con nessuno di loro, troppo occupata a deprimersi nel letto fingendosi malata.

La cena proseguì tranquillamente, la ragazza mangiò in silenzio, persa in chissà quale mondo. Il re e il padre parlarono di impegni politi, le giovani ragazze si confrontavano sui giovani che avevano incontrato durate la festa di Skye e i ragazzi stavano organizzando un uscita in cavallo. 
Molto spesso si ritrova a gli occhi del padre puntati addosso. Anche se con riluttanza tendeva a sorridergli. Si ripeteva continuamente che doveva comportarsi bene, sia per lei che per la riuscita del piano di Thalia.

"Allora Skye, ti aggrada la vita da palazzo." Domando il re posando il calice di vino.

"Oh certamente!" rispose convinta la ragazza.

"Non è come casa tua, ma si sà, lo sfarzo non fa mai male!" Disse ridendo da solo. 
"E comunque, non preoccupatevi." disse rivolgendosi ai due futuri sposi. "Vi regalerò una casa tutta vostra."

"Grazie mille Padre." disse felicemente il giovane.

"Non vedo l'ora di avere dei nipoti. Te lo immagini Lucas, dei nipoti."

Il re rise per la contentezza e Skye trattenne a stento una smorfia. Con la coda dell'occhio vide la mano del padre chiudersi in un pugno. Iniziò a tremare finché tutto ciò che era sul tavolo cadde non appena colpì la superficie del tavolo. Si alzò di scatto facendo cadere a terra la sedia e con la bocca serrata e la fronte corrugata uscì dalla stanza.

La tranquillità di un attimo prima era sostituita da una grande tensione. Il re non sembrava stupito, Annie guardò immediatamente Skye preoccupata. 
Il resto dei presenti erano abbastanza sconvolti in quanto non abituati alle sfuriate dell'uomo.

Il re sospirò, dopo aver bevuto un'altro po' di vino si schiarì la voce e si girò verso Skye.

"Tranquilla, prima o poi si abituerà all'idea."

"No invece." disse immediatamente con voce tremante. "Ecco perché sono scappata." abbassò lo sguardo per non far vedere il bagnato sulle sue guance. Si alzò da tavola goffamente con gli occhi di tutti puntati su di lei. "Con permesso."

"Skye!" Le gridò Annie, ma ormai era già corsa via.

Camminò così velocemente che per poco non inciampò sul proprio vestito. I suoi tacchi echeggiavano al contatto con le scale in marmo rompendo il silenzio. 
Corse in camera sua. Si strappò il vestito di dosso. Gli occhi lucidi le avevano oscurato la vista e non aveva notato la figura seduta sul suo letto. 
Questa le corse incontro abbracciandola, circondandola di un confortevole calore. Non le serviva la vista per riconoscere da chi proveniva quel profumo e tepore.

"Ti prego portami via da qui."

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


You roam around 
seeking victims to strangle 
You're searching subjects 
to devour and to mangle 
Leaving no light left to confuse Directing pieces to fit to ensure
you're not to loose

Euzen (Phobia)

 

Le accarezzò dolcemente i capelli, mentre lei affondava il viso nel il suo petto.

"Andrà tutto bene." le sussurrò lei all'orecchio.

"No invece..."

"Ce la faremo-"

"Perché non scappiamo adesso?" chiese la ragazza guardandola dritta negli occhi. 
La lupa distolse lo sguardo e assunse un'espressione affranta.

"Che c'è Thalia, qualcosa non va, non è così?"

La lupa senza guardarla annuì in silenzio.

"Cosa? Ti prego dimmelo."

"Io... " sospirò.

La ragazza la prese per la nuca e spingendola fece toccare le rispettive fronti. Chiuse gli occhi, cercò di calmarsi e poi sussurrò, "Se vuoi che io mi fido di te, tu devi fidarti di me, okay?"

"Non è un fattore di fiducia Skye."

"Allora di cosa si tratta?"

"Io, la me che vedi è solo un ologramma."

Skye si staccò furtivamente dall'abbraccio stupita dalle parole della mora.

"Che cosa stai dicendo?"

"Ho usato una pozione. In realtà sono ancora ferma a letto, ma sto migliorando. Tempo due giorni e starò bene."

Skye, incredula, iniziò a toccare il viso della ragazza, poi le sue spalle, le sue braccia.

"Ma... Sembri fatta di carne e ossa!"

"sorprendente?" chiese un po' insicura.

"Assolutamente!" esclamò sgranando gli occhi. 
"Perché non volevi dirmelo?"

"Non lo so, avevo paura che avresti reagito male..." disse gesticolando.

"Thalia," Disse lei prendendolo il volto. "Non è colpa tua se sei rimasta ferita e poi c'è ancora tempo."

"E invece no Skye. E la ragione è la stessa che ti ha fatto correre fino a qui piangendo. Non posso rimanere in disparte e lasciare che tutto questo ti accada."

"Lo so..." disse sospirando. 
"A peggiorare tutto c'è anche il dilemma su cosa sono." disse facendo cadere le braccia ai propri fianchi.

"A quello penseremo dopo. E poi fattelo dire, sei stata davvero sexy quando hai annientato quel mostro!" 
Disse con un sorriso provocante.

"Dai!" la spinse via con la mano e del rossore ricoprì le sue guance. 
La lupa trovando dietro di sé il letto si lasciò cadere. Allungò la mano e afferrò Skye che perdendo l'equilibrio le cadde sopra.

"Che cosa stai facendo?" chiese sorridendole.

"Rimedio per oggi. So che ti ho ferita, ma in quel momento non potevo fare nulla."

Spostò con la calda mano un ciocca di capelli dietro l'orecchio della ragazza, il cui viso era poco distante dal suo.

"E poi c'è un motivo per cui mi sono fatta mostrare la tua camera. Non ci hai pensato principessina?" disse sfiorandole le labbra.

"Quanto sei scema." disse cercando di alzarsi.

"Eh no! Non mi scappi!" la spinse di lato e la fece ricadere sul letto. Le salì sopra e velocemente le diede un bacio a stampo.

"Verrai a trovare nuovamente la principessa?"

"Ti ingelosisce il fatto che mi vedo con lei o ti piace avere una relazione segreta nel castello?" 
Chiese lei alzando un sopracciglio.

"Entrambe." disse prendendole il viso tra le mani e baciandola timidamente.

"Puoi restare finché non mi addormento?"

"Certo." disse con il suo caldo sorriso.

Skye alzò la coperta e le due si misero dentro il letto abbracciate. La lupa la stringeva forte come se non la volesse più lasciare andare. La ragazza si appoggiò sul petto dell'altra e con le braccia le strinse i fianchi.

"Buona notte Skye."

La mattina seguente quando si svegliò sentì una stretta al cuore vedendo il letto vuoto. Tutto intorno a lei non aveva senso. Quando si alzò trovo il vestito della sera prima strappato a terra, con indifferenza lo spostò con il piede accanto al muro. Prese un semplice vestito giallo dell'armadio e si diresse nella biblioteca del palazzo. 
Era l'unico posto che la tranquillizzava e che le faceva ricordare il breve tempo che aveva abitato a casa dell'amata.

"Skye?" disse qualcuno in tono sorpreso.

La ragazza un po' tra lo spavento e la sorpresa si girò velocemente.

"Oh!" esclamò stupita. "Siete voi."

"Scusatemi non volevo spaventarla." disse il ragazzo sorridendo.

"No non è colpa vostra principe. È solo che... Pensavo che qui non veniva nessuno." 
Aveva lo sguardo rivolto verso il basso, come per paura di affrontare la realtà.

"Potete chiamami Kurtis se volete."

Alzò gli occhi verso di lui e fece un piccolo sorriso. Non perché era felice, ma per ironia. Quel ragazzo che le sembrava tanto gentile, era anche lui destinato a soffrire.

"Certo. Anche voi potete chiamarmi solamente Skye." 
Gli occhi del ragazzo si illuminano e soppresse una piccola risata per la gioia.

"Scusatemi." disse imbarazzato. "È che sono felice di dover sposare voi invece che la figlia del duca."

"Vi riferite a Elise?"

"Esattamente." disse sospirando. "La conoscete?

"No, non di persona. Ma mi hanno detto che è una ragazza... Particolare?"

"Lei..." disse diventando serio. "Lei non ha la stessa vostra luce. È frivola, ignorante e... Impura. Voi invece... Voi avete un qualcosa dentro di voi signorina Skye, del potenziale!" si avvicinò velocemente a lei, le afferrò le mani e le portò davanti al petto. Il suo viso a poca distanza dal suo.

"E io farò in modo di portarlo alla luce!"

In quel momento qualcosa si accese dentro di lei, una consapevolezza. Riuscì a vedere oltre quegli occhi verdi. C'era qualcosa di più profondo che andava oltre la conoscenza umana. Ma lei non era umana, non del tutto. Una piccola scintilla, impercettibile. Vide qualcosa nei suoi occhi, follia? Cupidigia? Non lo sapeva. Forse era solo un'impressione.

Questi occhi, sono davvero tuoi o di qualcun altro?

"Skye? C'è qualcosa che non va?"

Si riprese dai suoi pensieri e si allontanò da lui notando l'eccessiva vicinanza.

"Skye... Volevo invitarvi a stare con me stanotte, vorrei mostrarle una cosa. Ne vado molto fiero." 

"Kurtis, non credo sia il caso."

"Vi prego! Ne rimarrete soddisfatta, ve lo giuro. Ho fatto tutto con le mie mani... E i soldi di mio padre" disse ridendo.

Ci stette a pensare. Non sapeva cosa fare.

Forse è maglio accontentarlo, devo fargli credere che questa cosa del matrimonio piace pure a me. Devo farlo credere a tutti.

"D'accordo va bene."

"Fantastico! Vi faccio venire a chiamare da una delle serve."

Si girò verso lo scaffale, prese un libro a caso solo per farsi vedere acculturato da lei. Sventolò il libro salutandola, ma prima che si potesse girare la ragazza ridendo gli disse, "Vi piaccio i libri sull'anatomia maschile, principe Kurtis?"

Il ragazzo imbarazzato, guardò stupito il libro è furtivamente lo riposò da dove lo aveva preso.

"Ehm... Volevo prendere quest'altro." disse afferrando quello accanto.

"Botanica? Mi piacciono i fiori!" esclamò lei trattenendo una risata.

"Io..."

"Che dite? Vene consiglio uno io?"

"Si grazie, sono davvero imbranato oggi."

Skye scrutò attentamente ogni scaffale, finché non ne trovò una prefetto. Il ragazzo lo afferrò e non appena lesse il titolo si sentì preso in giro.

"La Peste?"

"Esatto, così quando sarai il futuro re farai un lavoro migliore di tuo padre." lo disse con gentilezza, mascherando tutto il suo disprezzo.

"D'accordo." disse un po' incerto. "Forse è davvero giusto informarsi su queste cose."

"Esattamente. Una volta su quel trono avrai un grande potere. Non sprecarlo."

"Se avrò voi al mio fianco, sono sicuro che andrà tutto per il meglio."

Il ragazzo gli fece un sorriso e mentre se ne stava per andare, si giro velocemente e gli diede un bacio sulla guancia. Skye, stupita, rimase immobile e lui disinvolto se ne andò.

"Questa si che non me l'aspettavo. Ahia!"

Un bruciore improvviso e breve la colpì sul punto il cui le sue labbra si erano poggiate. Skye spaventata si massaggiò la guancia. Corse verso lo specchio più vicino, ma nella biblioteca non c'è ne erano. Alla fine corse in camera sua. Impaurita di guardare, si avvicinò lentamente all'oggetto. Alla fine sulla guancia non c'era nulla.

Cosa diavolo è successo?! 

 

Non per mettere hype ma vi chiedo già scusa per ciò che accadrà nel prossimo capitolo. XD
Si può intuire anche dalla canzone che ho messo all'inizio. Bye bye.

        

 

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


I am the violence
I am the sickness
Won't accept your silence
Beg me for forgiveness

Grandson (blood water)

 

Era circondata dagli Omega. Aveva delle manette alle mani come se fosse un essere pericoloso. Continuava a guardarsi intorno e l'unica cosa che vedeva erano visi maligni. Sapeva che l'avrebbero schiacciata ma non poteva rinunciare non adesso. Doveva resistere, doveva tornare da lei.

"Thalia Occhio di Falco, figlia di Agrid, l'Alpha." Disse l'uomo difronte a lei. "Ti trovi qui in questa corte in quanto accusata di aver liberato una pericolosa prigioniera, la presunta umana di nome Skye. Come intendi discolparti?"

"Non voglio." disse con voce ferma.

L'uomo confuso, corrugo la fronte. "Cosa intendi dire?"

"Sono stata io. Ma è davvero inutile che io lo dica, sennò non sarei qui, giusto?"

Con quella risposta, l'aula si riempì di bisbigli.

"Silenzio." disse l'uomo. "Silenzio!" 
Poi ricomponendosi disse "Si Thalia, eravamo quasi certi che eri stata tu. Ci è noto il tuo legame con la ragazza. Ciò che non sappiamo è chi ti ha aiutato."

"Non vi aspetterete di certo che io ve lo dica."

Dietro di lei, la madre sospirò e schiarendosi la gola, con tono seccato si rivolse all'uomo.

"Andate dritto al punto che non sta capendo!"

"Va bene." disse lui infastidito. "Andate a prendere la ragazza."

Cosa? Quale ragazza?

"Mamma?" si girò lei impaurita.

"Tra poco capirai."

Due uomini annuirono e uscirono dall'oscura aula.

"Dimmi che cosa sta succedendo, adesso!"

Ma la donna restò in silenzio, con le braccia incrociate. Vedendo lo sguardo imperterrito della figlia, una grande senso di rabbia e delusione si fece strada in lei.

"Thalia non sai quanta voglia ho di tirati uno schiaffo per tutto il casino che hai creato. Sei fortunata che siamo in pubblico!"

"Tanto ci penserai dopo, no?" disse con tono affranto.

Poi la porta si aprì. I due uomini tenevano sotto braccio una ragazza che la lupa conosceva molto bene.

"Thalia!" Le gridò piangendo.

"Iris!" gridò incredula. "Perché lei è qui?!" Disse con furia guardando gli Omega.

"Questo c'è lo devi dire tu."

"Lei è innocente!" i suoi occhi, ormai colmi di rabbia e frustrazione, erano diventati di un giallo acceso.

"Allora... Ti faccio un offerta. Se tu ci dici che lei è una tua complice e i nomi degli altri due sarai libera. Verrai assolta da ogni accusa."

"E cosa succede a loro?"

"Be'," disse ridendo. "loro verranno mandati al campo, sono dei traditori dopo tutto."

"Thalia..." disse la donna poggiando la mano sulla sua spalla.

La lupa con uno scatto si allontanò. "Non provarci!" Poi girando si verso l'uomo, "mi assumo tutte le colpe."

L'uomo fece un ghigno e rivolgendosi a tutti "Signori-" 
"Aspetta!" urlò Iris. "Sono stata io, lasciate andare lei!"

"Iris che cosa stai facendo?!"

"Bene bene!" Disse l'uomo.

"Ti sto dando un'opportunità e non solo a te." disse sorridendole.

"Iris non puoi farmi questo."

"Ho organizzato tutto io. L'ho proposto a Thalia e lei ha accettato. Alla fine lei non c'entra niente. Gli altri due che erano con me in realtà erano un'illusione procurata dalla pozione stordente e soporifera che ho lanciato."

Avevi già previsto tutto ciò, non è così?

"Be' questo cambia tutto. Faremo altri ricerche per confermare ciò che hai appena detto." Poi rivolgendosi a Thalia "Ammetto che hai un'ottima amica. Peccato che sarà l'ultima volta che la vedrai."

Lo sguardo impaurito della lupa si trasformò in terrore sentendo quelle parole. Lacrime iniziarono a rigare il viso di entrambe.

"Thalia..." disse tristemente la ragazza.

"Portatela via." ordinò l'uomo alle guardie.

"No!" gridò la lupa. Con scatto felino tentò di raggiungere l'amica. Tre guardie le corsero in contro per fermarla. Rabbia e frustrazione animarono il suo corpo. Una guardia riuscì a bloccarla mentre l'altra le diede un colpo al collo facendola svenire.

"Perdonami Thalia." mormorò mentre la portavano via.

*~*

Guardò con ansia l'orologio appeso al muro. Erano le undici di sera e Kurtis ancora non si era fatto vivo. Istintivamente si recò alla scrivania in legno. Aprì uno dei tanti piccoli cassetti che lo costituivano. Affondò la mano in profondità dal quale tirò fuori una stoffa rossa avvolta su se stessa. Si sedette sul letto e l'appoggiò lì davanti a lei. Quasi con timore l'aprì. Al suo interno, il pugnale che le era stato regalato da Ciril. Tremò al solo pensiero di volerlo portarlo con sé. 
Ma... Non posso rischiare. Lo avvolse nuovamente nella stoffa. Si alzò il lungo vestito e lo infilò nella calza. Fece un profondo respiro e cercò di pensare ad altro e iniziò a leggere il libro che aveva preso nella grande biblioteca.

"Il Diario di Lady Arisa." disse quasi bisbigliando. Accarezzò la copertina in pelle del libro. Quando lo aprì le pagine era gialle segnate dalla muffa.

"La notte era fredda, il vento si era fermato, tutto intorno a me sembrava non avere più vita. Stavo gelando e come la vegetazione intorno a me, caddi a terra stremata. Non avrei mai immagino che avrei potuto incontrare una creatura tanto bella in un posto così morto. Emanava una grande energia, la vidi allungarmi la mano e sorridermi. Cercai di raggiungerla ma il mio corpo non me lo permetteva, ero troppo debole. La vidi guardarmi intensamente come se stesse guardando dentro di me, dentro la mia anima. E poi prima che tutto si fece buio le sentii dire - ti ho trovato amore mio-."

Improvvisamente sentì qualcuno bussare alla porta.

" Signorina Skye? "

" Avanti. "

Quando la porta si aprì vide una piccola ragazza entrare, avrà avuto la sua stessa età.

"Il principe Kurtis mi ha mandata a chiamarvi. Spero di non avervi disturbata."

"No." disse posando il libro. "Lo stavo giusto aspettando. Andiamo."

La piccola serva l'accompagnò al grande salone del castello. Tutto sembrava deserto e non c'era alcuna anima che camminava nelle sue mura, il silenzio faceva da padrone. Si sentivano solo le loro scarpe che poggiavano sul terreno. 
Poi vide un ragazzo su una poltrona, intento a leggere.

"Kurtis!" Disse salutandolo.

"Oh Skye!" esclamò alzandosi maldestramente. "Perdonatemi non vi avevo sentite arrivare."

"Nessun problema." disse lei sorridendo. Poi poggiò gli occhio sul libro che stava leggendo.

"Il libro che ti ho consigliato! Mi fa piacere." 
Alla vista del suo sorriso il ragazzo arrossi e non riuscì più a parlare.

"Signore." disse timorosa la serva. "Avete bisogno di altro?"

"No no. Puoi andare." disse ancora imbarazzato.

La ragazza fece un profondo inchino davanti al ragazzo e poi a Skye, che non essendo abituata bisticciò "Va bene così tranquilla." Quasi la tirò su lei per l'imbarazzo. La serva le sorrise e si congedò.

"Andiamo. Le voglio mostrare il mio posto preferito."

Il principe passò in delle parti del castello che Skye non aveva mai visto, quasi le sembrò che stesse allungando il percorso. Destra, sinistra, avanti e poi indietro e ancora un'altra volta. Sembrava essere un labirinto. Finalmente arrivarono davanti ad una porta d'acciaio. Il ragazzo prese delle delle lanterne appese al muro e con una chiave aprì il lucchetto che teneva la porta chiusa. 

Devo stare attenta, tutto ciò non mi piace per niente.

"Avete paura Skye? Vi vedo un po' tremante." le chiese sorridendole.

"Ho solo un po' di freddo." o almeno cercava di convincersi. Neanche lui le credette.

"Non c'è da preoccuparsi" disse avvicinandosi a lei. "Qui non ci viene mai nessuno a parte me! Quindi non abbiate timore. Non siate spaventata da ciò che non conoscete. Avvolte il mistero è ciò che rende la vita una grande avventura. Andiamo?"

"Si..."

Perché avvolte è così enigmatico, a tratti quasi poetico e avvolte... Arrossisco  per un semplice  scambio di sguardi.

La porta nascondeva delle buie scale a chiocciola.

"Volete appoggiarvi a me? Mi farebbe molto piacere." disse guardandola dritta degli occhi.

"No non c'è n'è bisogno."

"Insistito." disse sorridendo. "Le scale sono ripide, potreste cadere."

Alla fine anche se con riluttanza, gli prese il braccio. Scesero lentamente, le scale erano effettivamente ripide e per poco non scivolò.

"Va tutto bene?" la ragazza annui. "Siamo quasi arrivati."

Qualche altro scalino e trovarono nuovamente davanti una porta di ferro con un lucchetto.

"Avete un tesoro qui dentro o cose simili?" disse lei scherzando ma lui non rispose. Aprì la porta e a differenza di prima il tutto era illuminato da torce e candele.

"Ero già passato prima ad accendere tutto."

Difronte a loro si aprivano tre corridoi, uno davanti, uno a sinistra e uno a destra. Il principe mettendo una mano dietro la schiena di Skye la spinse in vanti. "Da questa parte."

"Dov'è che avete preso tutta quest'audacia principe Kurtis?"

Il ragazzo rise, ma a Skye qualcosa non quadrava. Passando per il corridoio c'erano file di porte in legno chiuse con un lucchetto. Erano datate considerando le ammaccature e i piccoli fori causati dagli insetti. Il legno sembrava ormai marcio e da buttare. Ma c'era qualcosa che stonava. Ogni porta vecchia o nuova aveva dei segni. Skye sgranò gli occhi quando capì che non erano semplici scalfiture ma veri e propri graffi di unghie con dei schizzi marroni.

"Quello..." disse lei arrestandosi. Le parole non riuscivano ad uscire. L'angoscia e la paura presero il sopravvento, mette il ragazzo manteneva uno sguardo pacato.

"Che c'è Skye?"

"Tu..." disse indietreggiando. "Avevo capito che qualcosa non andava. Chi sei?"

"Sono Kurtis, vostro futuro marito e padre dei vostri futuri figli." disse avvicinandosi di più a lei.

"Stai mentendo! Cosa c'è dietro queste porte."

"Skye ma è una sorpresa." disse addolcendo la voce. "Non ti piacciono le sorprese?"

La ragazza indietreggiò, si guardò intorno e poi posò gli occhi sul ragazzo. Non sembrava avere armi con sé, ma il suo comportamento ambiguo non la tranquillizzava. Con la coda dell'occhio cercò di capire se la porta alle sue spalle era aperta. Se fosse riuscita a correre abbastanza velocemente sarebbe riuscita a uscire e chiuderlo dentro. Il tempo è troppo poco.

"Che c'è Skye?" disse sorridendo.

La ragazza lo fissò con sguardo fermo e autoritario, non poteva mostrarsi debole, non ora che c'era in ballo la sua vita. Su fatti vedere. So che sei lì da qualche parte.

"Vieni." disse porgendole la mano. "Continuiamo il nostro giro."

"Grazie ma no." ora o mai più. 
Si girò velocemente dando le spalle al principe. Incominciò a correre verso la porta, che pian piano si avvicinava sempre di più. Non sentiva passi dietro di lei e si tranquillizzò. Allungò la mano, afferrò la maniglia e in quel momento senti il piccolo ingranaggio al suo interno fare uno scatto. La porta non si aprì. C-cosa?! Violentemente cerco di aprirla ma nulla.

"No no..." mormorò. Ancora voltata, sentì i sui passi avvicinarsi. 
"Non è possibile." disse rivolgendogli lo sguardo. "Tu... Quando siamo entrati non era chiusa." disse  sconvolta.

"Infatti." rispose lui. "Vieni ti mostro cosa c'è dietro queste porte." 
Nuovamente le porse la mano e con passi lenti si avvicinò. 
"Vieni... Vieni... Viene... Vieni... Vieni..."

"Stai lontano da me..." non si sentì più le gambe. Era in preda alla paura, gli occhi le si fecero lucidi, le mani tremanti ancora tenevano stretta la maniglia.

"Vieni... Vieni... Vieni... Vieni." disse tra una risata e l'altra.

"Non avvicinarti!" gridò lei tendendo gli occhi serrati. 

"Vieni... Vieni... Vie-" Si bloccò. Spalancò gli occhi e poi corrugò la frotte. Portò la mano al collo e cominciò a toccarsi maniacalmente finché non sembrò prendergli un conato di vomito. Cadde per un ginocchio. Aveva lo sguardo spaesato, sembrava stesse per rigettare ma invece uscì del liquido nero denso dalla sua bocca. Si contorse in avanti per il dolore. Mise la mano sulla pancia per poi prendersi a pugni da solo. 

"Piccolo bastardo!" Rigettò nuovamente quel liquido nero ricoprendo il pavimento. Skye guardava scena sconvolta, pietrificata da ciò stava vedendo. 

"Skye..." disse sofferente. "Mi dispiace." lo sguardo straziato fu subito sostituito da un'espressione severa. Il principe era ancora a terra e faceva fatica ad alzarsi ma i suoi occhi erano più vivi che mai. 

In  quel momento Skye vide una possibilità, non le piaceva ma doveva, anche per lui o di quello che ne restava. Si alzò il vestito e prese il pugnale estraendolo dalla stoffa. 

"Cosa vuoi fare?" disse ridendo con la bocca impastata di nero.

La ragazza era lì in piedi, a pochi passi da lui.

"Stai tremando, ragazzina." disse continuando a ridere. "O forse dovrei dire... mia signora."



 

Scusate l'attesa! premetto che il capitolo doveva essere più "disgustoso" ma tranquilli ci penserà il prossimo capitolo. fatemi sapere se vi è piaciuto. Alla prossima!


 

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Capitolo 21
*** Playlist ***


Main song: Oblivion - M83
 

Da sentire durante i capitoli:
Catharsis - Aether
Dear Lillie - Aether
Let go - Enja
Closer - Nauges
0:59 - Danger
LoveHate Thing (Remix) - ARVFZ
Escapade - Skrux
Elysium - mendum 
Eternal youth - Rude
Night Trouble - Petit Biscuit 
How Did I Get Here - ODESZA
Intro (thinking) - Mounika
 

Soudtrack:
All we do - Oh Wonder
I Found - Amber Run
Circles - EDEN
Deep end - Ruelle
Anachronism - Crywolf 
Black Out Days - Phantogram 
Dark Doo Wop - MSMR
Dynasty - MIIA
Tragedy - DIGY
Holy - PVRIS
Infinity - Jaymes Young 
Louder Than Thunder - The Devil Weres Prada
Into The Past - Nero
Push - Fog Lake
 

Considerando che quando leggo sento sempre un po' di musica, ho pensato di dare qualche consiglio su cosa ascoltare durante la lettura di questo libro. La main song è la canzone che ho scelto per rappresentare il libro, mentre le soundtrack sono la colonna sonora. Le altre da sentire durante la lettura sono semplici melodie, non hanno un testo così da non distrarre quando si legge (Ps sono tendenzialmente tristi sorry). Con il tempo ne aggiungerò altre. 
Spero che l'idea vi piaccia.

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI ***


My innocence
How it always seem to get lost
In violence
We always seem to get caught
It's no coincidence
That we're running from the past
Forgiveness wasn't something 
that we have

(Limitless - Adventure Club)

Teneva con una ferrea stretta il pugnale. Il viso arrossato e gli occhi lucidi non davano credibilità a quello che era convinta a fare. Mentre il ragazzo lentamente si alzava e riacquisiva una postura eretta. La guardava con un sorriso, come se avesse appena visto un bambino nascere.

"Mia cara." sussurrò. "Noi non vogliamo farvi del male."

La ragazza, con la schiena appoggiata alla gelida porta in acciaio, sussultò. 
"Noi?" ripeté.

"Erano anni che vegliavamo su di voi, pronti a ricevere la vostra chiamata."

"Che cosa stai dicendo?" disse con voce tremante.

"Quella notte, ci avete risvegliati, tutti noi. I vostri poteri ci hanno permesso di venire al vostro cospetto."

"V-voi chi? Di che cosa stai parlando?! Non capisco!"

"È normale che non capiate, ma presto, tutto sarà più chiaro." Il principe nuovamente le porse la mano, ma la ragazza desistette.

"Perché dovete rendere tutto così difficile?" disse sospirando. 
"A ME!" Gridò allungando la mano come se la stesse afferrando.

Skye sentì una stretta al collo, il corpo lievitò e con uno scatto si ritrovò ad un centimetro dal suo viso. Il respiro iniziò a mancarle, il pugnale le cadde dalle mani, mentre la coscienza la lasciava lentamente . "Dobbiamo sbrigarci, prima che arrivi la vostra protettrice!"

Sentiva il corpo pesante, non sapeva quanto tempo era passato né che cosa stava accadendo intorno a lei. C'erano dei rumore confusi, qualcuno che ansimava, qualcosa che strusciava atterra. Aprì lentamente gli occhi mentre un forte odore le riempì le narici. Cercò di alzare la testa ma tutto intorno a lei era sfocato e distorto. Vide una figura avvicinarsi a lei. Lui. Quando il suo sguardo folle si avvicinò sempre di più, cercò di muoversi ma era bloccata. Si accorse che le sue braccia erano legate a delle catene, così come le gambe.

"Come state appesa lì?" disse ridendo.

"Bastardo." disse debolmente.

"E io che pensavo foste una signorina di altra società." Poi si avvicinò al suo orecchio e sussurrando disse "Guardate tutto ciò che ho fatto per voi." Si spostò di lato mostrandole un'orrenda visione.

"C-cosa..." mormorò sbigottita.

Carcasse di corpi informi erano ammassati l'uno sull'altro. La pelle, vecchia e rancida, sembrava quasi staccarsi da sola da quei gusci ormai vuoti. Sangue che colava da ogni parte del corpo, naso, bocca, orecchie e anche occhi rendevano il pavimento un lago rosso. Skye sbiancò alla vista di tale atrocità, voleva coprirsi gli occhi, voleva che tutto quello fosse soltanto un'incubo. Nonostante i volti lacerati, riconobbe alcuni servi della casa, ma niente la turbò di più nel vedere la povera serva che poco tempo prima l'aveva accompagnata. Anche lei, gettata atterra, come se non fosse nulla. Le orbite degli occhi, ormai bianche, rendevano il suo aspetto ancora più terrificante. Il rumore delle mosche rintuonava nelle sue orecchie e quell'odore la fece quasi svenire.

"Vedete Skye? Guardate il giochetto di prima cosa ha comportato!" esclamò indicando la serva. "Tutto ha un prezzo. Se uso energia, in qualche modo devo riprendermela, giusto?"

"Ti prego, lasciami andare!" Disse tra le lacrime.

"Cara Skye, ve l'ho già detto, noi non vogliamo farvi male, a meno che voi non ci obblighiate." 
Allungò la mano sporca di sangue e le accarezzò il viso. Disgustata si ritrasse provocando nel ragazzo una smorfia.

"Passiamo al punto." disse iniziando a camminare nella stanza. "Quello che noi vogliamo da voi, è la libertà. Ciò che intendo dire è se voi restate in vita, o meglio, la vostra parte non umana, noi non potremmo riacquistare la nostra forma fisica."

"Ma che cosa siete?" disse con un filo di voce.

"Meglio se ve lo mostro." disse con un sorriso beffardo. Si mise in ginocchio, il pantalone al contatto con il terreno si tinse di rosso, poi chiuse gli occhi e iniziò a concentrarsi. Il viso iniziò a diventare bordò e a tremare. Cadde in avanti come se spinto da qualcuno, si contorse con la schiena, il respiro iniziò a diventargli affannoso e iniziò a gemere per il dolore. Un qualcosa di nero iniziò a formarsi sulla sua schiena. Da semplice fumo iniziò a crearsi una forma, prima il busto, poi le braccia e la testa. Due occhi bianchi e lucenti, privi di pupille fissavano Skye, che spaventa tentò di chiudere gli occhi.

"Questa è la correte forma che abbiamo assunto dopo la vostra nascita." disse con un tono di voce molto profondo. "Quando vostra madre vi ha partorito, ha creato un essere mai visto prima, un ibrido metà umano e metà demoniaco. Nostra signora ha donato tutta la sua forza energetica per permettere ad un essere innaturale come voi di nascere. Una vita per un'altra. Di conseguenza la nostra esistenza fu relegata alla vostra. Ma a causa della vostra natura anche noi ci siamo frammentati e abbiamo perso la nostra natura fisica. Come vi ho già detto, quando avete attivato i vostri poteri ci avete risvegliati ma siamo obbligati a vivere dentro degli ospiti e per sopravvivere, nutrendoci della loro energia vitale."

La ragazza era sul punto di crollare emotivamente. Non riusciva a pensare ne a muovere un muscolo.

"Sapevamo che sarebbe rimasta sconvolta. Nostra signora ha modificato i vostri ricordi e quelli di vostro padre per una ragione."

"Perché?!" gridò. "Mia madre si chiamava Margaret ed era umana, è morta pochi anni dopo la mia nascita a causa di una malattia. Tutto ciò che stai dicendo non ha senso!" Disse tra le lacrime che le avevano offuscato la vista. "Aspetta un secondo... Thalia... Lei aveva accennato ad una cosa simile, pensava fossi una Si'lha."

"Ah!" esclamò l'essere. "Il licantropo, ha svolto bene il suo compito, nostra signora sarebbe stata fiera di lei. Ma comunque no, voi siete qualcosa di ancora più potente. Ci dispiace molto che non potrete approfondire le vostre capacità, sarebbe stato interessante vedere fino a dove sareste potuta arrivare. " 
Skye tra confusione e sofferenza chiese "Cosa c'entra Thalia in tutto ciò? "

"Niente è lasciato al caso Skye. Ma adesso basta parlare, il tempo è prezioso e spero che voi abbiate vissuto al meglio questi giorni. Adesso mostraci la tua altra forma, prometto che non farà male."

"I-io..." disse scuotendo la testa. "Non so lo." L'essere inclinò la testa di lato in segno interrogativo. "Non so come è successo quella notte, è solo... Capitato."

"Allora dovremmo passare alla maniere forti." La figura cominciò a dissolversi mentre il ragazzo cominciò a tossire. Tirò indietro la testa con uno scatto e fece un respiro profondo. "Così va meglio!" Disse alzandosi. "Non volevo usare metodi bruschi, del resto voi siete sempre parte di nostra signora, ma... Non abbiamo scelta."

"Ti prego, deve esserci un'altro modo!"

"No." disse avvicinandosi al tavolo accanto a lei. Non l'aveva notato ma c'era ogni tipo di arma da taglio tra cui il suo pugnale.

"No! Ti prego!" gridò.

L'essere afferrò l'arma a lei famigliare. Con il dito tastò la punta della lama e con espressione soddisfatta esclamò "Questa basterà." Si avvicinò a Skye e si posizionò difronte a lei. "Essere torturati dalla propria lama... Deve essere difficile per voi. Ma giuro che farò del mio meglio per far sì che sia..."

"No!"

"... Veloce!"

Questo è il capitolo in cui scopriamo un po' di più sul passato di Skye. Vi ricordo che Thalia non le ha ancora parlato dell'imprintig, ve lo dico perché la questione comparirà più avanti, non mi sono dimenticata è solo un po' più complicato di quanto sembra. Fatemi sapere che ne pensate!!!

 

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Capitolo 23
*** Capitolo XXII ***


How could we not talk about family when family's all that we got?
Everything I went through you were standing there by my side
And now you gonna be with me
for the last ride

(Wiz Khalifa - See You Again) 

Urla e pianti riempivano le mura dei sotterranei. Un'altro grido di sofferenza e dolore uscì risonante dalla sua gola non appena sentì la lama tagliare l'abito e solcare nuovamente la pelle. Era passato solo un quarto d'ora ma le sembrava un'eternità, era come se l'inferno l'avesse inghiottita con le sue fiamme. Non aveva neanche il coraggio di guardare quel corpo grondate di sangue. Non ebbe neanche più la forza di supplicare quell'essere, che con sguardo impassibile continuava a colpirà con qualsiasi sorta di arma.

"Se solo evocassi il tuo alter ego... Tutto questo avrebbe fine."

"Per favore..." disse tra le lacrime.

Gli occhi le divennero pesanti e il corpo allentò la tensione. Se ne avesse avuto la forza avrebbe sorriso, felice che quella tortura stava per finire.

"No no." disse lui dandole qualche schiaffo. "Non ancora cara mia, la notte è ancora lunga."

"Perché non mi uccidi e basta." disse con un filo di voce.

"Skye..." disse ridendo. "Se ti uccidersi così, con questo misero corpo umano, il tuo potere si incarnerebbe in un altro essere vivete. E tutto questo sarebbe inutile." disse accarezzandole il volto bagnato dalle lacrime.

"Thalia..." mormorò.

"Oh il licantropo." esclamò.

"... Lei mi troverà, lo so." disse facendo ricadere la testa per la stanchezza.

"Certo che ti troverà!" Disse con felicità. "Gli altri la stanno aspettando, lei fa parte del piano. A meno che tu non ti mostri in tutta la tua bellissima oscurità."

"Che significa?!" Disse quasi riacquisendo lucidità. "Dimmi cosa cetra lei. Adesso!"

"Non è una cosa che ti concerne mia cara." disse avvicinandosi ad un armadietto. "Adesso..." disse aprendolo. "... Ci siamo solo io e te qui."

La ragazza sussultò appena vide tra le mani della creatura una frusta puntinata di spine.

"Non preoccuparti, userò la parte liscia."

3 ore prima ~

Impaurita venne trascinata via mentre l'amica cadeva atterra incosciente. Venne presa con la forza, avrebbe voluto liberare il suo istinto primario e fuggire  dalle braccia dei due uomini che con potenza la trascinavano fuori dall'aula. L'avrebbero portata via, in un posto lontano e sperduto, isolato dal resto del mondo per fare ammenda delle sue azioni. Si sentii in colpa, aveva trascinato in tutto ciò anche i due fratelli e pregava veramente che due non venissero scovati. Ma soprattutto aveva paura che Thalia non se lo sarebbe mai perdonato. 
Passarono con passo veloce tra i vari corridoi della struttura. C'erano guardie ovunque. Cercò di escogitare un piano velocemente ma cercare di fuggire, in quel momento, era davvero da sciocchi. Si guardò intorno, lentamente iniziò a metabolizzare cosa era successo. Gli occhi le divennero umidi, non aveva mai pensato che sarebbe finita così. 
Improvvisamente tirò su il volto. Un odore familiare la circondava, c'era fin da prima ma solo ora ci aveva fatto caso. Girò la testa in cerca di quei due visi a lei cari.

Li hanno presi?!

Continuò a guardarsi intorno, destando l'attenzione di alcune guardie.

"Ehi!" esclamò uno di loro.

Una delle guardie che la tenevano si girò con sguardo severo facendo trasalire il collega.

"Che c'è?" domandò con tono duro.

"La ragazzina," disse indicandola. "È un po' agitata."

La guardia alzò un sopracciglio e lo guardò dall'altro verso il basso in segno di superiorità.

"Fatti gli affari tuoi." rispose, per poi girarsi e continuare a camminare. "Pivello." mormorò ma abbastanza forte da farsi sentire.

L'altro uomo digrignò i denti, ma ritornò al suo posto e fece un grande respiro per placarsi.

In condizioni normali Iris avrebbe applaudito all'uomo e si sarebbe fatta anche una risata, ma non era il momento, la sua testa era in subbuglio ed era terrificata al pensiero che i due fratelli fosse lì. 
Continuò ad osservare i volti intorno a lei, ma stavolta con cautela. L'odore sembrava inseguirla e ciò le dava dando alla testa.

È una punizione questa? Pensò ingenuamente lei. Erano quasi arrivati all'uscita e stranamente la presa dei due sui suoi bracci iniziò ad allenarsi. Potrei provare a scappare.

Mentre la guardia alla sua desta continuava a mantenere un andatura autoritaria, l'altro sembrava agitato da qualcosa. La bionda noto uno scambio di sguardi sospetti ed iniziò ad avere paura di che cosa le aspettava fuori da quella porta. Se i due avessero potuto sentire i suoi pensieri avrebbero risposto, la libertà. Ma lei non sapeva cosa c'era nella testa dei due, così come loro non potevano sapere cosa stava pensando giovane lupa.

Il portone era sempre più vicino, pochi metri e poi sarebbe stata priva della sua vita e del suo nome. Sarebbe stata solo un numero tra i tanti esseri che si erano macchiati dei peccati più gravi. Si domandò quanti della sua specie si sarebbero trovati lì, si chiese come avrebbe fatto a guadagnarsi il rispetto di tutti per sopravvivere. Un milione di domande in un mezzo secondo, un milione di "e se..." a mezzo metro dall'uscita.

Le guardie apostate sulla porta, disinteressate, li fecero passare, mentre i due uomini spingevano le verticali maniglie. Si inquietò nel vedere oltre la porta un nero pece, ma era solo la vista che le giocava brutti scherzi. Era quasi notte, ma le lanterne illuminavano tutto il luogo. Posti del genere sono leggermente posti più in lontananza rispetto al centro del villaggio per questioni di sicurezza. Ciò evitava  l'eccessiva presenza di persone comuni, che sarebbero a rischio se un soggetto pericoloso riuscisse a scappare.

Iris continuò ad osservare ciò che la circondava, in cerca di una falla per fuggire. La strada sterrata portava ad un carro con una gabbia, trainato da due cavalli pirotecnici d'acciaio. La ragazza sobbalzò nel vedere tali creature. Di solito venivano impegnate solo in situazioni ad alto rischio. Per un momento si sentì lusingata ma allo stesso tempo era rattristita dal fatto che la consideravano così pericolosa. Era un semplice lupo capace di combattere e con conoscenze alchemiche, abbastanza limitate direbbe lei, ma non una minaccia.

Più le due guardie la portavano vicina al carro, più la sua agitazione saliva. 
Iniziò a dimenarsi, cercando di far allentare la presa su di lei, stranamente lenta.

"Sta ferma." disse in tono amichevole l'uomo che era sempre stato in silenzio.

"Contaci!" esclamò. Con uno scatto riuscì a sfilare il braccio dalla mano sua mano intenta a colpire  compagno sul viso, ma egli prevedé il colpo e le riprese il braccio sotto la sua ferrea stretta.

"Iris!" disse alzando la voce. La ragazza rimase stupita da tale confidenza e aggrottò la fronte. "Ancora non ci arrivi?" aggiunse vedendo la confusione negli occhi della ragazza.

"Che diavolo..." disse smarrita. Si voltò verso l'altro, ma si sentì ancora più confusa nel vederlo sorridere. Poi capì, il motivo per cui l'odore dei due ragazzi la inseguivano, era perché erano sempre stati con lei.

"Sono io, Basil." disse il ragazzo sottovoce.

"Che idiota che sono..." disse spalancando la bocca.

Ciril sulla sua sinistra cercò di sopprimere una risata.

"Aspetta!" disse afferrandogli il braccio. "Dobbiamo aiutare Thalia!"

"No," disse affranto, "È troppo tardi, se torniamo lì dentro un'altra volta, non riusciremo più ad uscire."

"Non ci vorrà molto prima che trovino le due guardie svenute." aggiunse il più piccolo.

"No! non posso lasciarla lì." disse intenta a tornare indietro.

"Che diavolo stai facendo?" Il ragazzo la prese per il braccio e la spinse verso di lui. "Sai quanto ci è costato venire in tuo soccorso?" disse stringendo la presa. "Siamo dovuti entrare furtivamente nella sala alchemica del Gran Maestro per rubare le pozioni e poi siamo venuti qui, abbiamo messo fuori gioco delle guardie, abbiamo preso i loro vestiti e il loro aspetto. Tutto questo per cosa? per farti catturare di nuovo?"

Non si era mai comportato così, tanto da stupire Ciril. Di solito era calmo, avvolte anche taciturno, raramente mostrava questo suo carattere.

"Mi stai facendo male." disse con voce sottile, quasi spaventata dall'amico.

"Andiamo!" disse lasciandola. Il gruppo ricominciò a camminare, ormai a pochi passi dalla vettura.

Iris si portò la mano sul punto in cui l'aveva stretta. Aveva il capo chino, con la testa in subbuglio, era emotivamente instabile e l'aveva capito anche lei. "Scusa" disse sottovoce, ma fu così debole che i due lo interpretarono come un lamento.

Alcune guardie di pattuglia comparvero fuori dal nulla. Ciril le osservò agitato, ma si ricompose subito dopo, cercando di non attirare la loro attenzione. 

"Restate calmi." disse il maggiore. 

"Basil, la tua faccia!" esclamò il ragazzo.

"Merda!" disse quando sentì il suo corpo cambiare forma.

Poi sentirono qualcuno gridare e si girano di scatto tutti e tre. Una guardia, correndo, raggiunse le altre indicando nervosamente verso di loro.

"Andiamo!" Gridò Basil. 

Si affrettò ad aprire la cella per fare entrare iris mentre Ciril saliva sul sedile per due.

"Basil, dai!" gridò vendendo le guardie correre a quattro zampe verso di loro.

Fece un veloce sorriso alla ragazza cercando di rassicurala e si posizionò accanto al fratello. Entrambi presero le redini e le due creature partirono spedite con i loro zoccoli in acciaio che  battevano veloci sul terreno lasciando dei solchi.

La bionda dalla cella continuava ad osservare affranta l'edificio dove aveva lasciato la sua più cara amica. Avrebbe avuto bisogno di lei adesso più che mai, ma come avrebbe potuto aiutarla più di così. Cercò di convincersi che non c'era altro che poteva fare, perché sapeva che effettivamente era così. Era impotente, l'unica cosa che era capace a fare era rubare.

Forse adesso le mia abilità serviranno a qualcosa, oltre che al divertimento.

Si trascinò su fondo della cella, con il viso in giù appoggiato sulle ginocchia.
Per la fretta si erano scordati di toglierle la catena ai piedi. Tentò di massaggiarsi le caviglie, ormai rosse dal continuo sfregamento del metallo sulla pelle.

Pian piano si allontanavano sempre di più. Non c'era nemmeno un posto chiamato casa di cui avrebbero sentito la mancanza. C'erano solo loro tre, fin dall'inizio.

Sedici anni or sono un orda di grim attaccò un villaggio, portando con sé dolore e distruzione. Le urla della popolazione riuscivano a coprire il ringhiare degli esseri, che lentamente uccidevano i poveri malcapitati. Le abominevoli creature dal pelo nero, unto di sangue e polvere, si scagliarono in moltitudine sulla folla, travolgendo chiunque avessero davanti. Le loro zampe pestavano incuranti le membra delle loro vittime, mentre le strade diventano laghi di sangue.

All'epoca Iris e Ciril avevano solo 8 anni, mentre Basil ne aveva appena compiuti dodici. Così piccoli e già soli.

In un modo o nell'altro riuscirono a salvarsi e per sopravvivere nella nuova realtà dovettero combattere con tutte le loro forze. Nonostante avevano perso tutto, le loro famiglie e le proprie case, riuscirono ad andare avanti. Vennero portati a Border Leaf, insieme agli altri superstiti. Crebbero insieme, come una famiglia, tenevano l'un l'altro, si proteggevano l'un l'altro, non era importante il legame di sangue, non era importante l'imprinting, perché quelle erano cose marginali. Prima venivano loro e poi il resto del mondo, e così fu.

Lentamente il complesso sparì così come i lupi. La ragazza osservò le piccole case che delineavano la fine del villaggio. Ma non sentiva nulla, né rimorso, né dispiacere nel lasciare quel luogo, perché la sua famiglia era lì con lei... Nonostante mancava una persona. Era l'unico motivo per cui si sentiva ancora ancorata a quel posto.

"Thalia..." mormorò. Si sdraiò, nel modo più confortevole che poteva. La carrozza continuava traballare al minimo contatto con la breccia, ma stremata finì per addormentarsi stremata

 La carrozza continuava traballare al minimo contatto con la breccia, ma stremata finì per addormentarsi stremata

Basil Lama d'Argento (24 anni)

Ciril Pugnale Gemello (18 anni)

Ciril Pugnale Gemello (18 anni)

 

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIII ***


Our love is six feet under
I can't help but wonder
If our grave was watered by the rain
Would roses bloom?

(Six Feet Under - Billie Eilish)

 

Stordita, poggiò le mani in avanti cercando di alzarsi. Vide Iris che veniva portata via in lacrime, ma non poteva fare nulla, la struttura era piena di guardie, sarebbe stato impossibile per lei aggirarle tutte.

Rabbia, rancore e angoscia la colpirono tutta insieme, lasciandola senza respiro. Le guardie l'avevano circondata intente a bloccarla. I ricordi più dolorosi lentamente affioravano, la morte del padre Naeder, la scomparsa del fratello Aruel, gli abusi da parte di Agrid, Skye quasi giustiziata a morte e adesso Iris. Iniziò a piangere come un torrente in piena, travolta dal dolore. Piegata a terra, aveva le mani intrecciate al petto e la fronte appoggiata al pavimento. 

"Thalia," la chiamò preoccupata l'Alpha.

Non appena senti la sua voce, diede l'impressione di essersi calmata, ma in realtà era tutto il contrario. Smise di singhiozzare e alzandosi lentamente disse "Ti odio." la pupilla si espanse così tanto che coprì tutto l'occhio, adesso completamente nero.

Le guardie si guardarono tra di loro sconcertante, mentre la madre le si avvicinò. "Thalia?"

"Ti odio!" esclamò nuovamente la ragazza mentre un'aura negativa cominciò a circondarla.

"Uscite tutti!" gridò la donna agli Omega. Poi si girò alla sua destra e ad una giovane guardia disse, "Vai chiamare il Gran Maestro e porta il maggior numero di cacciatori, veloce!". Il ragazzo annui e cominciò a correre svelto. Lupa non lo fermò, non era lui il suo obiettivo.

"Mi hai portato via tutto." disse lei. "TUTTO!" gridò con voce demoniaca.

"Preparatevi!" urlò la donna ai suoi uomini.

"Questa è una questione tra me e te!" 
La lupa scattò in avanti con un salto ritrovandosi davanti alla madre. "TI UCCIDO!" gridò.

L'Alpha non fece neanche in tempo a spostarsi che la lupa spalancò la mano e la colpì in pieno viso. Con tutta la potenza che aveva in corpo la spinse  facendole schiantare il capo a terra. Le guardie basite, non riuscirono a muovere un muscolo. La ragazza, adesso sopra la donna, si preparò a colpirla nuovamente, ma un delle guardie le puntò la spada dietro il capo. "Ferma!" la intimò. Ma non ebbe  neanche il tempo di inalare un'altro respiro che la ragazza si girò di scatto, colpendo con un calcio la spada dell'uomo. L'arma gli volò dalle mani e con un altro calco lo colpì alla testa facendolo cadere a terra.

Furiosa si girò verso le altre guardie. 
"Non sono affari vostri!" gridò.

Ormai era fuori di sé, la ragione l'aveva abbandonata lasciando spazio ai sentimenti più tetri. Un istinto omicida si fece largo in lei, mentre la donna che più odiava al mondo si rimetteva in piedi pronta a combattere.

"Thalia calmati, non voglio farti del male."

"Sarò io farti male!" le sue unghie si trasformarono in artigli affilati e i suoi canini si allungarono.

Qualcosa cominciò ad affiorare in lei, mentre combatteva violentemente con l'Alpha. Dei ricordi, offuscati, incoerenti, che si scontravano con ciò che la lupa credeva vero e indubitabile.

Mentre la donna parava i colpi della figlia, questi pian piano si indebolirono e gli occhi di Thalia si riempirono nuovamente di lacrime e le sue pupille tornarono ad essere umane.

"Io..." disse sconvolta.

Agrid, non appena la ragazza si fermò, fece un grande respiro, stremata dalla fatica. Intanto nella strutta irruppero i cacciatori e il Gran Maestro, che scese dalla groppa di un lupo.

"Che mi succede?!" Disse premendo le mani sulla testa.

Il Gran Maestro si avvicinò alla donna, ma non fece domande, continuò ad osservare la ragazza che pareva perdere cognizione della realtà.

"È tutto diverso... Tutto così confuso. " disse sottovoce.

"Thalia?" disse l'anziana tentando di avvicinarsi. Quando allungò la mano per raggiungere la ragazza, un forte dolore la trafisse, facendola quasi collassare. "Questa..." disse sconvolta. "Non si avvicina neanche lontanamente alla magia oscura."

"Di che si tratta?" chiese l'Alpha.

Ma la risposta dell'anziana rese l'atmosfera ancora più tesa. "Non lo so."

"È stata quell'intrusa, quel mostro, lei l'ha corrotta, ne sono certa."

Era tutto così veloce e intenso. Troppi flash che non riuscivo a capire, si sovrapponevano l'uno con l'altro, andando a mescolarsi con i miei stessi ricordi. Riuscii a scorgere la figura di una donna, ma era annebbiata. Portava in mano un bambina, Skye? 
Io piangevo, coperta nel fango. Ero triste perché colei che avrebbe dovuto amarmi più di ogni altra cosa mi aveva appena abbandonata. La donna si inginocchiò e mi porse la mano e disse qualcosa che non riuscii a capire. Io la presi e...

"Thalia!" gridò l'Alpha scuotendola, ignorando le fitte, conseguenza di quel contatto.

Non si era resa conto che si trovava inginocchiata a terra, davanti a lei la madre, affiancata del Gran Maestro. 
La spintonò via non appena riaquisì lucidità.

"Non posso crederci." disse la ragazza con dolore. "Tu mi ai abbandonata." aggiunse con voce sprezzante.

La donna spalancò gli occhi. Aprì la bocca per replicare, ma alla fine si morse le labbra e rimase in silenzio.

"Non ricordavo il motivo per cui stavo nel bosco quella notte, ma adesso... L'ho visto. Tu mi hai gettata via!"

"Posso spiegare!" esclamò.

"Cosa vuoi spiegare -aah!" un dolore su tutto il petto la travolse.

Un'altra visione? Si chiese, quando tutto intorno a lei cominciò a sfumarsi e a cambiare forma. Come seguendo il vento, la sua vista cominciò a vagare nel villaggio a velocità sovrumane. In pochi secondi attraversò il bosco e arrivò al confine. Andò nel mondo umano e percorse le vie cittadine fino ad arrivare al palazzo reale. Andò nei vari corridoi finché non arrivò in un posto a lei sconosciuto, oscurato e ombroso. Ma i suoi occhi continuavano a viaggiare velocemente fino ad arrivare ad una porta che sorpassò. Vide lei, Skye. Si avvicinò fino a combaciare la propria vista con quella dell'altra. Poté vedere ciò che lei vedeva e rimase sconvolta.

Ritornata dalla trance spalancò gli occhi come se trafitta da una lancia. Finirà per farsi uccidere! Pensò disperata.

"Va tutto bene? Thalia?" ma in quel momento non riusciva neanche a guardare il viso dell'anziana. Si sentiva tradita da tutti, l'unica persona a cui riusciva a pensare era Skye.

Senza pensarci due volte, scattò verso l'uscita ma guardie e cacciatori le bloccarono la strada.

"Dove stai andando?" gridò Agrid.

Senza neanche girarsi le rispose, "A salvare la persona che amo." poi rivolgendosi ai suoi vecchi compagni, "Fatemi passare."

Guardarono l'Alpha per ricevere ordine e la donna fece cenno di no.

"Voi non immaginereste mai cosa questa donna ha fatto!" gridò.

"Non mettere in mezzo i nostri problemi personali Thalia!" gridò in risposta l'Alpha.

"No madre, sei stata tu." disse voltandosi verso di lei. "Tu hai portato un Grim qui solo per sbarazzarti di Skye e hai messo in pericolo la vita della tua stessa figlia e dell'intera comunità!"

"Che diavolo stai dicendo Thalia? Ti rendi conto quali accuse mi stai lanciando?" disse infuriata l'Alpha.

Ma le sue parole rimbombarono nelle orecchie di tutti presenti, lasciando i cacciatori perplessi.

"Sapete, quella ragazza che avete condannato a morte mi ha salvato la vita quella notte uccidendo quel Grim, ha salvato la vostra di vita." esclamò indicandoli. "Se non fosse stato per lei adesso saremmo tutti morti. Tutto a causa di quella donna che voi definite Alpha e che io, da adesso non definirò più madre. Adesso Skye è in pericolo e io devo andare da lei."

Detto ciò si trasformò in lupo, mostrando il suo sfavillante pelo bianco.

"Lasciatemi passare, lo chiedo per l'ultima volta."

Improvvisamente la porta protetta dai guerrieri dell'Alpha si aprì. Una guardia correndo affannosamente si fece spazio tra gli uomini e rivolgendosi a l'Alpha gridò, "Sono scappati, i tre traditori!" 
 

Scusate se era da un po' che non aggiornavo, ma la scuola mi ha tenuta davvero impegnata considerando che ci sarebbero state le vacanze. Ammetto che non sono soddisfatta di questo capitolo... Ma vabbè... A parte ciò, ditemi cosa ne pensate. Alla prossima :)

 

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Capitolo 25
*** Capitolo XXIV ***


Turn your face towards the sun
Let the shadows fall behind you
Don't look back, just carry on
And the shadows will never find you

(Towords The Sun - Rihanna) 

Non aveva più forza, a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Nel momento in cui il suo corpo non reagì più ai colpi inflitti, la creatura si fermò, senza perdere quel suo ghigno.

"Sei noiosa." disse infastidito. "Non sei per nulla come la nostra vecchia padrona."

Era seduto su una sedia in legno, che per quale fortuna si teneva ancora in piedi. Giocava con le dita con il pugnate di Skye, facendolo roteare. Avvolte bisbigliava, ma lei non riusciva a sentire ciò che diceva. Inizialmente pensava che stesse solamente parlando a sé stesso, ma avvolte si rivolgeva al plurale e ciò la preoccupava.

Aveva il viso rosso, per i continui schiaffi ricevuti. Una goccia di sangue pendeva dalla sua bocca, mentre il vestito, ridotto ad uno straccio, aveva tutt'altro che il suo colore originario. 
Non riusciva a pensare a niente, le era bastata quell'unica volta che era svenuta e aveva sognato i suoi genitori, il volto del padre sorridente, mentre la madre pareva lentamente dissolversi.

Quella che si sta dissolvendo sono io, pensò la ragazza non appena si era svegliata.

"Ah!" esclamò l'essere alzandosi. "Finalmente." Skye alzò lo sguardo.

"Un po' di azione!" disse strofinandosi le mani. Poi si voltò verso la ragazza con un sorriso assai inquietante. "La tua amata è arrivata."

Intanto nel castello, una guardia dalla sguardo spento, si aggirava per i corridoi. Camminava a passo veloce nel buio, con un piano preciso.

"Mio signore!" gridò lui iniziando la recita. "Mio signore!" disse continuando a bussare alla porta.

Dopo qualche minuto essa si aprì, rivelando il viso stanco e assonnato del signor Carter.

"Cosa c'è? Parla!" disse con gli occhi ancora socchiusi.

"Mio signore." disse agitato. "Vostra figlia è scomparsa e alcune delle guardie sono state uccise." l'uomo spalancò gli occhi. "La prego di chiudersi a chiave, non sappiamo ancora cosa sta succedendo."

"Avete avvertito il re?"

"Certamente, ci sono delle guardie a proteggerlo. Manderemo qualcuno anche da voi, non si preoccupi."

"D'accordo." disse scosso. Ma non appena la guardia annuì e corse via, si affrettò a prendere la spada, appena lucidata. Al diavolo!

Nel frattempo la guardia si imbatté in uno dei giovani nipoti del re. Correva affannosamente e con le lacrime che gli rigavano il tondo viso.

"Aiuto!" disse abbracciando la fredda armatura dell'uomo. "Ho visto..." ma terrorizzato non riusciva a parlare.

"Stai calmo e respira."

Il ragazzo fece un profondo respiro e si staccò dalla guardia.

"Dimmi cos'è successo."

"Dalla finestra della mia camera ho visto un essere bianco ed enorme aggirarsi fuori dal castello." dopo aver detto quella frase si guardò intorno per accertarsi che fosse al sicuro. "Volevo andare da mio padre ma poi ho visto del sangue per terra e una... Una guardia con la gola tagliata."

"Non preoccuparti." disse accarezzandogli il viso con la gelida mano. "L'inferno è solo iniziato e tu avrei l'onore di assistere a tutto."

Fece un passo indietro e tirò fuori dal fodero una pugnale. Con un sorriso sulla bocca portò l'arma al proprio collo.

"No!" gridò terrorizzato il ragazzo alla vista del sangue.

La guardia cadde in ginocchio e ridendo agonizzante continuò a guardare il suo padroncino. Mentre i suoi occhi si spegnevano una figura nera si andava definire dietro di lui. 
Il ragazzo traumatizzato da tale visione, rimase immobile. La creatura si sollevò in aria e con uno scatto attraversò il corpo del giovane nobile.

"Ah!" esclamò scrocchiandosi le ossa. "Se mi avessero detto che sarei dovuto morire così tante volte, avrei optato per torturare la figlia di nostra signora."

Poi posò lo sguardo sul cadavere davanti a lui e quasi con tristezza esclamò, "Peccato, aveva un bel fisico."

Fece un ghigno non appena sentì dei passi veloci verso di lui insieme al chiassoso rumore dell'armatura.

"Signorino!" gridò una della guardie. "State bene?"

L'essere oscuro, ormai sotto forma di giovane, cominciò a piangere abbracciando la guardia, imitando il gesto che il ragazzo aveva fatto prima.

"Dio mio!" esclamò quando vide il proprio compagno a terra in una pozza di sangue.

"Ho paura!" sighiozzò il giovane.

"Va tutto bene." disse la seconda guardia appoggiando la mano sulla sua spalla.

Con quel contatto, i due esseri si riconobbero e si sorrisero a vicenda.

"Non si preoccupi adesso è al sicuro." la guardia gli arruffò gentilmente i capelli e gli asciugò una lacrima.

Il ragazzo allargò il suo sorriso non appena vide indietreggiare il suo alleato, posizionandosi dietro la guardia, ormai distratta. Velocemente mise una mano sul suo mento e l'altra sulla testa storcendogli il collo fino a romperlo. Fu così rapido che cadde a terra ancora con il sorriso sulle labbra.

"Ben fatto!" disse lui dando il cinque al ragazzo. "Adesso andiamo a catturare la mutaforma."

"Dobbiamo fare in modo che tutti vedano la trasformazione o sarà inutile." lo avvertì serio.

"Quanti siamo in totale?"

"Dieci, più Tormund nel segrete."

"Bene, sembrava più complicato da come Elia ce lo aveva spiegato."

"Il suo piano sarà anche difficile, ma era certa del successo, quindi diamole fiducia."

"Certo." disse quasi con un dolce sorriso. "Non vedo l'ora di riavere la mia forma." disse guardandosi le mani speranzoso.

* * *

Non aveva tempo per i convenevoli. Quella visione l'aveva terrorizzata ed aveva paura che se avesse perso altro tempo l'avrebbe persa per sempre. Cercò qualche modo per entrare ma a meno che non avesse trovato casualmente una chiave, non sarebbe mai riuscita ad aprire nessuna porta.

A quanto pare dovrò usare le maniere forti.

Si trasformò in lupo, aggirò il castello per raggiungere il giardino. Le venne un balzo al cuore pensando che quello era il luogo in cui avevano confessato i reciproci sentimenti.

Questa volta il cancello era chiuso, ma grazie alla sua natura inumana, riuscì a balzare oltre. Dovette affrontare due soldati che erano di guardia, ma erano troppo sorpresi e terrorizzati per reagire. Non ci fu sangue, solo qualche livido. Corse per tutto il viale, illuminato da delle fiaccole, fino a raggiungere l'entrata.

Come ricordavo. Il portone a due ante, nonostante la grande stazza, aveva le cerniere fisse debolmente ad un muro con delle crepe.

La lupa alzò la zampa e spinse contro la cerniera inferiore.

Con un po' di pressione potrebbe cedere.

Indietreggiando fece un gran respiro.

Ora o mai più!

In tutto il palazzo echeggiarono gli incessanti colpi della lupa, finché una della ante cadde pesantemente a terra, allertando le guardie.

Velocemente e senza riflettici due volte, corse verso le scale che la visione le aveva mostrato. Il cuore le batteva forte e più guardie atterrava, più l'adrenalina saliva.

"Attenzione!" gridò l'uomo ai suoi compagni. Si lanciò verso la parete per non essere travolto dal possente lupo, che non esitava a fermarsi.

La lupa con il suo udito sviluppato poté sentire tutta l'agitazione che aveva causato. Poté sentire delle donne gridare, uomini che sguainavano la spada e chi scappava nella direzione opposta alla sua. Non si era resa conto fino a quel momento quanto il palazzo fosse grande, si sentiva come se fosse in un labirinto.

"Oh madre di Dio." esclamò una delle anziane cameriere, che con una mano sulla bocca guardava pietrificata quel fantasma bianco che correva pesantemente nel corridoio.

Dov'è? Dove diamine è?!

All'improvviso, nell'oscurità Thalia percepì un'immobile figura. Era pronta a scaraventare via la guardia ma quando fu abbastanza vicina notò che era una donna. Spalancò gli occhi, tentò di fermasi ma era troppo vicina. A quel punto annullò la trasformazione e travolse la malcapitata.

Quando aprì gli occhi si rese conto che si trovava sul colpo della donna e tra preoccupazione ed imbarazzo si alzò velocemente.

"State bene?" si affrettò a chiedere, ma quando la guardò meglio rimase sbigottita. Annie!

la ragazza tirò su la schiena con in gomiti, ma rimase sdraiata a terra dolorante. Si massaggiò la testa per poi bloccarsi e ricordarsi cosa fosse appena successo. Alzò lo sguardo e colta dallo sgomento cominciò a balbettare. "S-signorina...Watson?" chiese come conferma. "Perché è qui?"disse cominciando ad agitarsi. "Cosa sta succedendo?"

Thalia subito le si lanciò addosso, tenendo le mani strette sulle spalle della principessa. "Dove sono le segrete?" gridò scuotendola. "Rispondimi subito!"

"Thalia che sta succedendo? mi state spaventando" piagnucolò.

"Non ho tempo da perdere, rispondimi!"

La principessa guardò dritta negli occhi della lupa. Erano occhi gialli che brillavano ma erano anche arrossati quasi come se stesse per piangere. Non capiva cosa stava accadendo, ma guardandola capiva che era grave. Fece un respiro profondo e riordinando la mente le rispose, "Andate fino alla fine di questo corridoio, poi giri al secondo corridoio di destra e andate sempre dritto, vi ritroverete davanti ad una porta. Ma solitamente è chiusa a chiave quindi-"

"La butterò giù se necessario." disse interrompendola. "Va avanti."

"Oltre la porta ci sono delle scale, alla fine queste di queste c'è un'altra porta ma d'acciaio o ferro, non lo so di preciso. Una volta superata anche quella, ti troverai nelle segrete."

La lupa annui e velocemente si alzò, ma prima che potesse ritornare a correre, la ragazza la afferrò per il polso. "Mi stavo dirigendo nella stanza di Skye, ma una volta arrivata l'ho trovata vuota. Sai se sta bene?"

"Lo scoprirò presto." rispose lei accigliata. Tirò verso di se il braccio liberandolo dall'eccessiva stretta della ragazza.

Che forza... pensò massaggiandosi il polso e con sguardo interrogativo guardò la ragazza. In lontananza cominciò a sentire una moltitudine di passi che la convinsero ad affrettarsi. "Meglio che vada."

 

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Capitolo 26
*** Capitolo XXV ***


Fire on fire, we're normally killers
With this much desire, together, we're winners
They say that we're out of control and some say we're sinners
But don't let them ruin our beautiful rhythms

(Fire On Fire - Sam Smith)

 

Era seduta accanto alla scrivania, il gomito poggiato sul legno levigato e la mano che reggeva il mento. Guardava oltre la finestra, nonostante l'unica cosa che potesse vedere era un cielo nuvoloso. Aveva lo sguardo perso e non riusciva a pensare ad altro.

Mi ha abbandonata anche lei...

Una lacrima le rigò il viso, ma quel momento di riflessione fu immediatamente interrotto quando qualcuno bussò alla porta. Si asciugò il viso e tirò su col naso.

"Avanti."

La porta si aprì lasciando vedere la figura di un'anziana donna minuta.

"Gran Maestro." sospirò. "C'è bisogno di me?"

L'anziana non rispose. Chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò alla donna. Le accarezzò il volto e lei sorrise.

"Agrid mi dispiace."

"Non devi. Ha fatto la sua scelta."

L'anziana si accigliò. Si guardò intorno, prese una sedia e la posizionò davanti all'Alpha. Era lenta nei movimenti, oramai la vecchiaia l'aveva segnata. Dopo essersi seduta incrociò le braccia e guardò fissa la donna, aspettando che iniziasse il dialogo.

"Agrid?" la chiamò.

La donna sospirò nuovamente e la guardò con espressione interrogativa.

"Vuoi rimane seduta lì o hai intenzione di fare qualcosa. I tuoi uomini stanno aspettando di ricevere ordini."

"Ho già detto loro di andare a cercare i tre fuggiaschi. Che altro vuoi che ordini?"

"Non lo sò. Magari puoi chiedergli di andare a cercare anche tua figlia?"

"Non scherzare, è proibito andare nel mondo degli umani." disse in tono aggressivo.

"So che sei triste, ma..."

"Non sono triste, sono arrabbiata con me stessa."

"Ogni genitore commette degli sbagli."

"No, tu non capisci."

L'anziana corrugò la fronte e notò un leggere tremolio nella mano di Agrid.

"Quel giorno non avrei dovuto portarla nelle profondità della foresta e lasciarla lì." gli occhi le divennero lucidi ma la sua voce mostrava ira. "Sarebbe stato meglio se l'avessi data in pasto alle chimere dell'arena."

Il Gran Maestro che prima aveva poggiato la sua mano sulla gamba della donna per confortarla, si ritrasse disgusta.

"Che cosa stai dicendo?"

L'Alpha interruppe il contatto visivo e chiuse gli occhi, come per reprimere le lacrime. Allo stesso tempo strinse i pugni e il viso si colorò di rosso.

"Sapevo che mi avrebbe delusa anche lei."

L'anziana si alzò con la bocca spalancata dallo stupore. Non avrebbe mai immaginato che una madre potrebbe volere la morte di un suo figlio.

"Meglio se ti lascio riposare."

Si avviò con pesantezza verso la porta ma prima di uscire si volse. Un senso di rimorso la travolse e pensò a quanto sciocco sia stato assecondarla per tutto questo tempo. Sbatté con forza la porta dietro di sé e si recò a casa sua, per riflette e decidere il da fare.

* * *


Non riusciva più a capire quanto tempo fosse passato, ore o addirittura giorni. Ogni volta che riapriva gli occhi sperava di ritrovarsi nella sua camera da letto, avvolta dalle profumate coperte che Agnes aveva appena lavato. A volte immaginava se stessa, distesa su un fianco, abbracciata a l'unica persona che riusciva farle mantenere ancora un po' di sanità mentale. Era convinta che se tutto ciò fosse successo senza mai aver conosciuto Thalia, si sarebbe lasciata andare. Si sarebbe arresa ad una facile morte, ma nonostante tutto continua a desistere e a dire all'uomo incappucciato di nero "Non ancora!" e allora lui allontanava da quell'anima così viva la sua tagliente falce.

Per quei pochi minuti in cui era ancora cosciente, anche se per poco, vide sbucare dal nulla un altro uomo. Credette di essere svenuta e di star sognando nuovamente, ma quell'uomo dagli abiti luminosi e scintillanti, sembrava avere una mucchio di chiavi in mano. Prima le tolse la catena ai polsi, che la sostenevano in posizione eretta, poi alle gambe, che la tenevano ferma. Il suo corpo cadde a terra per volere dell'uomo, che sembrava essersi rifiutato di afferrarla. Per la prima volta dopo tutto quel tempo, Skye poté muovere braccia e gambe anche se debolmente. Ma le sue condizioni la obbligavano a restare a terra, con il viso sul terreno, impregnato del suo stesso sangue. Poté sentirne l'odore e per un momento si fece pena da sola. Ma quel sentimento di vergogna venne subito sostituito da un grande punto interrogativo. Tentò di sollevare lo sguardo con l'intento di guardarsi intorno. Doveva capire cosa stava succedendo, il perché quella guardia era lì, per poco si illuse di essere salva. Davanti a lei, a poco distanza c'era lui, quella creatura, seduto su una sedia e a gambe incrociate. Si stava rivolgendo all'altro uomo ma lei, stanca, non riusciva ad ascoltarli, né tanto meno sentiva qualcosa, tranne il battito del suo cuore. Poi l'essere puntò un dito su di lei e gesticolò. Un piccolo grido uscì fuori dalla sua bocca quando l'altro intruso la sollevò per i fianchi. Era snello sotto tutto quel ferro, ma mostrava comunque gran forza, non umana pensò lei. Con facilità e senza resistenza la prese in braccio e la mora colta da un momento di stanchezza, chiuse gli occhi e la sua testa andò a poggiati sulla fredda armatura sulla spalla. Senza volerlo cadde nuovamente in un sonno profondo dal quale aveva paura di non risvegliarsi.

Poco dopo che i due sparirono nell'oscurità, dei passi veloci si sentivano oltre la porta del corridoio. La lupa in fatti con estrema velocità e agitazione stava scendendo le scale, con la speranza di mettere fine a tutta questa follia. Quando riuscì a sfondare la porta vide il principe a debita distanza da lei. L'uniche cose che conferivano un po' di luce erano le fiaccole sulla parete.

L'essere le frecce un applauso e sorridente esclamò "Finalmente, era da tanto che aspettavo."

Ma ragazza lo guardava con uno sguardo assassino. Gli occhi gialli pieni di furore brillavano lucenti nella fioca oscurità. La cicatrice che le attraversava il sopracciglio e parte dell'occhio sembrava essere ancora più evidente. Aveva i capelli castani legati in una treccia scompigliata. Indossava una semplice camicia bianca fatta di cotone, con una larga scollatura. Le lunghe maniche che arrivavano fino ai polsi, erano bloccate da dei cinturini in cuoio. Aveva un corpetto di pelle marrone scuro come unica protezione. A circondarlo c'era una cintura, la quale aveva legata una sacca vuota. I pantaloni allo stesso modo erano in pelle ed aderenti, così come gli stivali. Ad attraversarle il petto c'era un'altra cintura che avrebbe dovuto sostenere una spada, ma l'unica arma che aveva era un piccolo pugnale legato alla coscia.

Ma mentre lei era più agiata dal suo vestiario, il principe indossava ancora i vestiti regali che tanto gli limitavano il movimento.

"Benvenuta." disse con un inchino. "Thalia, giusto?"

La lupa non rispose, anzi estrasse il pugnale. Il suo nemico era davanti a lei e non voleva perdere tempo in simili chiacchiere.

"Dov'è lei?"

L'essere sbuffò vedendo un simile comportamento e cominciò a provocarla.

"Sai perché sò il tuo nome?"

Alzò la spada che aveva in mano mettendo in mostra il sangue che la imprimeva. Lentamente passò l'indice sopra lama e guardando la ragazza disse compiaciuto "Non faceva altro che gridare il tuo nome."

Thalia sussultò ma si riempì ancor più di ira quando quel mostro assaggiò il sangue sulle sue dita mostrando gran piacere.

"Bastardo!"

Fece un veloce scatto raggiungendo con immediata ferocia l'essere oscuro. Con il pugnale in mano, mirò senza ritegno alla gola scoperta del ragazzo. 
Egli non si mosse, rimase immobile e sorrise. Come se ci fosse stato un muro, la ragazza anche se ad un millimetro dal colpirlo, non riuscì ad affondare il colpo. Rimase ferma in quella posizione e in tensione con tutto il corpo continuando a spingere contro una barriera invisibile. Delle piccole crepe si formarono sul pavimento dove poggiavano i suoi piedi, indicando con quanta forza stesse cercando di far penetrare la lama in quello scudo magico.

"Sei debole."

Semplicemente alzando un mano riuscì a scaraventare via la ragazza che si rialzò da terra tossendo.

"Che cosa sei tu?!" l'essere fece un ghigno. "Ti appropri di un corpo altrui e poi fai questo senza neanche muovere un muscolo o pronunciando incantesimi. Quale creatura è in grado di fare una cosa del genere?"

"È vero, non sono la tipica creatura oscura che voi licantropi cacciate, né tanto meno sono un mago o una creatura fatata. Sono qualcosa mai creato prima. "

"Una nuova specie?" disse aggrottando la fronte. "Perché sei qui nel mondo degli umani, come è possibile?"

"Te l'ho detto, non siamo come le altre normali specie, nostra madre ci ha creati così, lei era una creatura molto speciale."

"Che intendi dire?"

"Vedo che adesso hai voglia di parlare." esclamò ridendo. "Ma invece a me non piace perdere tempo con qualcuno che presto morirà."

"Pensi davvero che mi farò battere da te?" la ragazza si rimise in posizione. "Ho giurato che l'avrei..."

Si bloccò improvvisamente. Nuovamente si sentì la testa in subbuglio, cercò di scavare nei suoi ricordi ma c'era solo confusione. Più cercava di vedere tra quelle immagini sfocate, più veniva travolta da un mal di testa atroce.

"È brutto quando è così." disse cominciando a giocare la spada. "I ricordi sono davvero una scocciatura." esclamò facendo degli affondi. "Quando ne riaffiora uno, tutti gli altri vengono a galla."

"Tu che ne sai? Centri qualcosa?" iniziò ad agitarsi. "È colpa tua se mi succede questo?!"

"Oh no!" Disse offeso. "È tutta opera di nostra signora. Sai lei confidava molto in te, a quanto pare si sbagliava."

"Chi è questa tua signora e che vuole da me?"

"Lei, nostra madre, la vera ed unica regina." disse con devozione.

Regina... Regina delle fate?

"Ma invece di lottare per ciò che le apparteneva, si è macchiata." aggiunse con disprezzo. "Ed è stato a causa di quella macchia che tutto ha cominciato a deteriorarsi. Prima di tutto noi, i suoi primi figli."

Si girò alla sua destra, verso la sua stanza della torture. "Tutto per colpa di quella mezza umana!" gridò.

"Skye?" disse scioccata. "Anche lei è una di voi?!"

"No." disse disgustato. "È qualcosa di molto più riprovevole. Lei è la causa di tutto il nostro dolore, per questo dobbiamo uccidere la parte oscura che la lega a noi. Così che possiamo ricominciare a vivere. È da questo nostro desiderio che nostra signora ha deciso di affidarla a te, pensava che l'avresti tenuta al sicuro da noi e invece guarda come è ridotta... Ad un cumulo di brandelli."

Thalia strinse i pugni. Doveva mantenere la calma se voleva raccogliere più informazioni possibili.

"Quindi Skye è metà umana e metà cosa?"

"Non abbiamo un nome noi. La nostra esistenza è stata tenuta all'oscuro dalla tua falsa regina."

"Non riesco a capire, chi diavolo è la tua signora e cosa ha a che fare con Skye?"

"Allora sei davvero stupida, è sua figlia."

 

^^^
Salve ragazz*, siamo arrivati quasi alla fine della prima parte. Pian piano arriveranno sempre più spiegazioni riguardanti queste nuove "creature". Se avete qualche dubbio non fatevi problemi a farmi delle domande, tanto rispondo sempre. Per quanto riguarda Iris e gli altri due fratelli, la loro storia continuerà nella seconda parte, con l'aggiunta di un'altro personaggio principale (forse pure due).Quindi ci saranno due fili narrativi diversi. 
Scusate eventuali errori di battitura.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima~

 

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVI ***


I'm ready to fly
I survived through 
rainstorm, sandstorm 
I fought the war
Now is time to go home

(Journey - Natasha Blume)

 

Correva tra i corridoi. L'uomo la teneva stretta a sé, macchiando l'armatura di sangue. Era completamente buio, ma lui riusciva comunque vedere. Tutti coloro che abitavano nel castello, nobili e servi vennero messi al riparo, ed è proprio lì che stava portando la ragazza, al sicuro. Ma mentre lei riposava, una voce si fece largo nella sua testa. Inizialmente lontana ma poi sempre più forte.

"Svegliati... Svegliati!"

Skye si svegliò di soprassalto e confusa si guardò intorno. C'erano le donne della servitù che discutevano, mentre due soldati facevano di guardia alla porta. Alla sua destra e sinistra c'erano una fila di letti occupati da alcune guardie gravemente ferite. Poi si rese conto lei stessa di essere avvolta da calde coperte. Si scoprì velocemente e tale motivo le arrecò una scarica di dolore al braccio e notò a suo dispiacere che era coperta di fasce.

Una delle serve la notò, "Signorina!" gridò accostandosi al letto, seguita dalle altre. "Come vi sentite?"

La ragazza stava ancora metabolizzando cosa le era appena successo e le ci volle un po' per comprendere cosa le stavano dicendo. La prima cosa che vide di quella donna furono i suoi occhi lucidi e rossi. Aveva i capelli biondo cenere completamente scompigliati, indossava ancora la bianca veste da notte ma non indossava nulla per proteggere i suoi piedi.

"Dottore!" chiamò lei. "Dr. Smithlane!"

Tra di loro si fece spazio un uomo di mezza età, alto, con pochi capelli grigi e gli occhi sporgenti. Aveva uno sguardo serio e le rughe lo facevano apparire ancora più severo.

Skye continuava a vagare con lo sguardo finché il dottore non la smosse.

"Signorina Skye, mi sente?"

Ma lei corrugò la fronte e si toccò la testa, dando l'impressione di provare dolore.

"Allontanatevi, fatela respirare." consigliò alle donne.
Poi si girò e prese una sedia trascinandola accanto al letto. "Vediamo..." disse aprendo la sua borsa. C'era ogni tipo di attrezzo per la chirurgia come forbici, siringhe e altri strumenti di cui lei non sapeva il nome.

"Non provare a toccarmi." disse cambiando completamente espressione, tanto che il dottore rimase perplesso. "Da quanto tempo sono qui?"

Il dottore posò la borsa sul letto e sospirò. "Forse venti minuti. Come mai?"

Devo andarmene da qui e raggiungere Thalia.

"Adesso stai ferma che devo visitarti."

Ma quando lui posò la mano sulla sua per rassicurarla, quello che lei sentì era altro che protezione. Era come se potesse percepire la sua energia o aura, anche lei non riusciva a trovare il termine esatto. Ma quello che percepì era ambiguo, c'era del bene in lui, ma allo stesso tempo c'era qualcosa che non andava. A quel punto non le ci volle molto per capire.

"Sei uno di loro, non è così?"

Il signor Smithlane fece una risata nervosa e si voltò verso le domestiche. 
"Per favore, la paziente non si sente bene, potete prendere la mia borsa e portarla nell'altra camera?" la donna di prima annuì e afferrò la borsa, mentre il finto dottore sollevò Skye  e seguito dalla donna si recò nell'altra stanza. 

"Così abbiamo un po' di privacy." disse sorridendole.  "Allora," si schiarì la voce. "Come l'hai capito?"

"Le domande le faccio io. L'uomo che mi ha portata qui, era anche lui uno dei vostri?" lui annuì.

"Perché mi ha portata qui? Non avete fatto altro che torturarmi per ore. Perché sono qui?!"

"Stiamo solamente seguendo il piano. Tu sei solo un'esca."

"Esca? È Thalia quella che volete?"

L'essere fece spallucce e Skye lo prese per il colletto spingendolo verso di lei.

"Quello schifoso non ha fatto altro che dirmi che dovevo liberare la mia vera natura e che poi tutto sarebbe finito. Oltre al fatto che non so minimamente come farlo, cosa centra lei adesso?"

Lui le afferrò il polso stringendolo così forte che lei dovette lasciare la presa della camicia. "Presto lo scoprirai."

Skye ritrasse il braccio e in un momento di follia o di rassegnazione disse, "Un'ultima domanda. Cosa succede alla persona che possedete?"

"E complicato da spiegare, puoi ucciderli dall'interno. I ricordi, i loro sentimenti o emozioni restano, per questo ci è facile recitare. Oppure possiamo semplicemente rimanere nascosti e prendere qualche volta il controllo."

"Abbiamo bisogno di un ospite per sopravvivere, ma abbiamo due modi per farlo, o rimaniamo latenti e li uccidiamo lentamente, oppure prendiamo completamente il controllo, ma entro un anno dovremmo trovare un nuovo ospite, ma è comunque l'opzione che preferiamo."

"E tu? cosa hai deciso di fare?"

"Mi sembra ovvio." rise.

Nonostante il dolore inferto dalle ferite, afferrò con uno scatto la forbice che sporgeva dalla borsa e lo piantò nella gola dell'essere. Sangue cominciò a sgorgare dal collo del dottore. Il suo viso diventò rosso e invano provò con le mani a premere  contro la ferita.

"Tu o il principe... Non mi interessa, mi vendicherò su tutti voi, per tutte le persone che hanno sofferto per mano vostra."

Con queste ultime parole diede un calcio all'uomo che cadde all'indietro agonizzante.

"Non puoi vincere ragazzina." disse mentre la sua bocca si riempiva di sangue.

"Già essere qui in piedi difronte a te morente mi rende vincitrice."

Con una nuova fiamma dentro di lei,  lasciò alle spalle l'essere. Come se non fosse successo nulla aprì la porta e la richiuse dietro di sé. Passò in mezzo alle file di letti, diretta verso l'uscita, sorvegliata da due guardie. Una delle domestiche la chiamò ma lei la ignorò. Arrivata davanti alla porta, si aspettava resistenza da parte dei due uomini, ma al contrario uno le sorrise e aprì la porta per lei.

Questi schifosi sono ovunque.

Una volta fuori poté notare che si trovava ancora nei sotterranei e che da un'altra porta si potevano sentire voci famigliari, i nobili.

Non sanno che in realtà i fatti si stanno svolgendo qui e non sopra.

Il corridoio era leggermente illuminato e quando cominciò a correre era troppo tardi per notare l'oscura figura che andava verso la sua direzione. Per un momento si fermò, insicura di continuare o tornare indietro ma prima ancora di decidere, tale figura le si rivelò sotto la luce di una fiaccole.

"Skye" disse entusiasta.

"Padre! Esclamò tra stupore e felicità. Finalmente un viso familiare, pensò.

L'uomo corse verso di lei e la strinse in un abbraccio. Skye gemette per il dolore e lui si ritrasse con uno scatto. Quando la guardo meglio notò le macchie di sangue sulla bianca veste e fasce che circondavano le sue braccia.

"Che ti è successo?" chiese sconvolto, ma la ragazza abbassò il capo e non rispose. Egli le prese il viso tra le sue mani e guardandola dritta negli occhi disse "Sono felice che tu stia bene, ti ho cercata ovunque." ma la sua voce fu strozzata dal dolore. "Pensavo che ti fosse successo qualcosa."

Qualcosa? È successo molto più di quello.

"Adesso vieni, devo parlare con il re." disse afferrando la sua mano. Ma lei con uno strattone si liberò dalla sua presa.

"Che c'è Skye?"

"Io... C'è una cosa che devo fare."

"Assolutamente no, staremo insieme agli altri, è pericoloso."

La ragazza fece dei passi indietro e guardandolo con un misto di dolore e decisione disse "ho visto la morte davanti ai miei occhi padre, se sono sopravvissuta una volta ce la farò nuovamente sicuramente." poi distolse lo sguardo e fece un lieve sorriso. "E poi non sono sola."

L'uomo sospirò ma guardandola più attentamente, vedendo la sua determinazione, si decise ad assecondarla. "Se proprio vuoi andare allora io verrò con te, non permetterò che mia figlia sia uccisa dalla sua stessa follia."

In quel momento Skye vide in lui una luce che non aveva mai visto prima, qualcosa di caldo e amorevole, ed era esclusivamente rivolto a lei. Non c'era possessivi o gelosia ma protezione, la paura di perdere una persona cara.

"Allora andiamo."

*  *  *

L'essere continuava ad affondare potenti colpi e più il tempo passava e più la lupa diventava meno agile. Ogni minuto equivaleva ad un'altra ferita da taglio e l'energia che le rimaneva era davvero poca. Aveva avuto la possibilità di ucciderlo innumerevoli volte, ma ogni volta riusciva a fermare l'attacco con la sua presunta magia. Ormai la lupa aveva il respiro affannoso, la vista offuscata. Fu facile per lui trovare un punto scoperto. Riuscì a colpirà alla gamba, tagliando il pantalone che si tinse di sangue. Per il dolore cadde in ginocchio e in quel momento di debolezza, l'essere la colpì al mento con il manico della spada, facendola cadere a terra. Con il pugnale ancora in mano, tentò di affondargli un colpo nel polpaccio, ma egli con un calcio riuscì a farle scivolare via l'arma.

"Bastardo!" sibilò.

"Vuoi che ti taglio la lingua?"  disse mettendo pesantemente il piede sul suo petto, facendola tossire. "Sei tenace, non come la nostra Skye."

"Ti ucciderò!"

"Vedi! Lei non lo avrebbe mai detto. Avrebbe continuato a subire ogni tipo di tortura finché non si sarebbe spenta."

"Non provocarmi!"

L'essere sorrise e si tolse da sopra di lei. "Su alzati." la incitò. "Voglio darti un regalo." si diresse verso la sua stanza delle torture e con un ghigno ritornò dalla lupa. Teneva qualcosa stretto nel pugno e lo porse direttamente nella mano della ragazza.

Quando vide cosa aveva in mano per un momento le vennero le lacrime.

"Non l'hai mai tolta per tutto il tempo che è stata qui. Devi tenere davvero a te."

La collana con il ciondolo di quarzo rosa che le avevo regalato.

"Se non sbaglio il quarzo rosa tra i tanti significati, ha anche quello di protezione, giusto?" disse con un ghigno.

Se quello che prima provava era rabbia e odio, ora era arrivata ad un nuovo livello. Sentiva la sua pelle bruciare, gli occhi spalancati, non riusciva a pensare. Si gettò addosso a lui e tutto quello che vide furono i suoi occhi tremanti. Sentì qualcosa di appiccicoso sulla mano destra, aveva afferrato qualcosa. Poi qualcuno gridò, ma lei era troppo stordita. Fu quando abbassò la testa che capì cosa aveva fatto, qualcosa che non scorderà facilmente. Con orrore sfilò la mano dal petto di quel corpo ormai morto. Lasciò cadere il cuore sui suoi piedi con disgusto. Il pavimento era pieno di sangue fresco e quell'odore nauseante aveva coperto le pareti del corridoio. Realizzò solo pochi minuti dopo che non era sola. Con la coda dell'occhio vide una lama affilata sfiorare il suo collo. Voleva girarsi e vedere chi era folle che la stava sfidando ma gli con voce salda la intimò di restare ferma.

Ma poi una voce familiare a lei la chiamò. Pensò che era solo una scherzo che la sua incasinata testa le stava facendo.

"Thalia?" la richiamò.

La lupa si girò di scatto mettendo in allerta l'uomo che era pronto a ricevere un eventuale attacco.

"Non preoccuparti padre." bisbigliò la ragazza.

"Skye," sorrise. "stai bene." disse con sollievo prima che cadde in ginocchio e tutto intorno a lei diventò nero. 

Siamo quasi alla fine della prima parte, penso altri due capitoli e questo arco narrativo sarà finito. Ditemi cosa ne pensate! in questo capito sono successe due cose cruciali, sia Thalia che Skye hanno fatto la loro prima uccisione (più o meno) che chissà a quale cammino le porterà. Ci vediamo nel prossimo capitolo...

 

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVII ***


Screaming out with concrete sounds, I'm losing all control
And I could be the fire inside of your collapsing home
I could be the storm that tears down
Everything you hold

(Anachronism - Crywolf)

Non ricordava molto di quello che era successo quando era collassata. Aveva sentito molte mani premere sul suo corpo e l'assordante rumore delle armature che sfregavano le une sulle altre. Aveva sentito la voce di Skye, gridava e implorava, ma nulla poteva impedire che la portassero via. Agli occhi di tutti lei era l'artefice di quel massacro, lei era il nemico, il cattivo da uccidere, il mostro che aveva ammazzato il futuro regnante e che aveva torturato sua futura moglie.

"Non è stata lei!" gridava, "per favore..."

Lei si era gettata addosso alle guardie in un invano tentativo di fermali, ma Lucas l'aveva afferrata e stretta a se con le braccia. Scalciava, gridava, piangeva, ma era inutile. Lui la portò in camera sua e la chiuse a chiave fino al mattino successivo. Aveva passato l'intera notte a sbattere i sui pugni contro la porta, ma nessuno venne. Si era sempre sentita debole e impotente ma non come in quel momento, non poteva fare nulla e lo sapeva.

Ma mentre lei era divorata dai sensi di colpa, Thalia non le addossava nulla. Una volta sveglia, nell'oscurità,  si guardò intorno per capire dove si trovava e la prima cosa che vide erano le sbarre. Una cella, fantastico... Poi capì che non riusciva a muoversi. Era in ginocchio, dietro la schiene due assi di legno si incontravano formando una T capovolta. Alle due parti sporgenti erano legati i polsi, mentre all'estremità dell'altra asse era presente un disco metallico che le circondava il collo, ulteriormente legato, attraverso un lucchetto, ad una catena fissa nel terreno. Le caviglie era sempre bloccate da delle catene, ma comunque le permettevano di muoversi. In più fuori c'erano un mucchio di guardie, pesantemente armate, che facevano la guardia. Nonostante i rischi tentò di trasformarsi, ma era troppo debole e finì per affaticarsi solamente di più.

Sono fottuta!

Una delle guardie si girò guardandola storto e mormorò qualcosa. Non le fu difficile capire l'odio che queste persone provavano per lei. Dovevano aver frainteso, pensò.

Dopo mezz'ora un anziano uomo entro nella cella, affiancato da due guardie. Si inginocchiò davanti a lei, le alzò il mento e le puntò al collo una siringa.

"Che cos'è?!"

"Sedativo,"

Sentì la punta entrare dentro la pelle con violenza. Ma dopo pochi secondi il dolore sparì, tutto intorno a lei cominciò a muoversi velocemente, finché non vide più nulla.

"Potete prenderla." ordinò.

I due senza esitazione la presero con aggressività e la portarono fuori. La tracinavano tenendola per l'asse verticale, con i ginocchi che le strusciavano a terra. Ma più si avvicinavano all'uscita più le grida della folla si facevano forti. Lentamente ricominciò a prendere riconoscenza, i farmaci per gli umani faceva poco effetto su creature come lei. Quando le due guardie se ne accorsero la lasciato e lei cadde con il viso sul terreno. Fu abbagliata dalla luce del sole e poi le sentì, tutte quelle urla contro di lei.

"Alzati e cammina!" gridò.

Lei fece come detto, ancora non capiva cosa stesse succedendo.  Poi vide un palco in legno e su di esso un uomo robusto con il cappuccio nero e una lancia in mano. Di fianco a lui aveva riconosciuto il re, il padre di Skye ed altri ragazzi nobili, c'era anche Annie. In quel momento si arrestò e finalmente realizzò.

Merda!

*  *  *

Quando una delle domestiche ruppe la serratura, Skye era addormentata appoggiata alla porta. Aveva le mani rosse e il viso stanco.

"Ehi svegliati!" Disse dandole un colpetto sul viso.

"Cosa?" mormorò.

Poi spalancò gli occhi quando vide la donna.

"Dobbiamo sbrigarci!"

La ragazza si alzò velocemente e senza neanche pensare corse dietro la serva.

"Chi sei? Perché mi stai aiutando?"

Lei si girò e la guardò con un ghigno. "È passata una notte e già ti sei dimenticata di me! Che ingrata!"

"Tu!" esclamò bloccandosi.

"Si tesoro, ora andiamo." Le prese il polso ma lei rimase ferma. "Skye quello che sto facendo aiuterà a salvare anche Thalia quindi vieni!"

"Non mi fido."

"Allora affacciati alla finestra."

Il corridoio dove si trovavano aveva un'ampia vetrata che aveva una vista perfetta su tutta la grande piazza. Quando si avvicinò e vide cosa stava accadendo impallidì.

"Convinta?"

"Qual'è il piano?"

"Il piano è che ti liberavo, il resto tocca a te."

Non lo sapeva neanche lei come, ma in un attimo si trovava già ai piedi del palazzo, alcune guardie tentarono di fermarla ma riuscì ad aprire il portone e a uscire. Inseguita da quest'ultime, raggiunse la piazza. Quando vide Thalia salire le scale gridò il suo nome ma c'era troppa confusione. Allora continuò a correre attirando l'attenzione della folla e poi quella di Lucas.

"Skye?!" esclamò lui.

La lupa sentendo il suo nome si voltò, ma le guardie dietro di lei la spinsero e cadde nuovamente.

"Padre basta!"

"Sbrigatevi, portate quel mostro qui!"

Le guardie la presero con la forza, le diedero un calcio alle gambe e fu costretta mettersi in ginocchio, poi la forzarono a poggiare la testa sul masso di fronte a lei. Finalmente riuscì a vedere Skye.

"No padre! Tu non capisci! Non è stata lei!" Ma prima che potesse salire, una guardia l'afferrò. "No! Lasciami!"

"Fallo!" gridò Lucas al boia.

Egli possente alzò lascia, seguito dal grido di incitamento del popolo.

"Non farlo!"

"Ti amo." mormorò la lupa.

"No!" urlò quando vide la lama ormai sfiorare il collo. Venne travolta da una luce bianca, similmente a quando aveva ucciso il Grim. Tutti furono abbagliati da tale energia. Ma sentiva che questa volta era diverso. Tutta quella potenza che le pulsava sotto la pelle si riversò tutta su Thalia, che ne fu investita. Alzò la testa dal blocco di marmo, mostrando a tutti come i suoi occhi erano completamente neri. Cominciò a gridare sprigionano tutta quella forza che era sempre rimasta sopita, ma che adesso era pronta ad esplodere. Un enorme vento si innalzò scaraventando via il boia e gli altri presenti. Il nero pece nei suoi occhi cominciò a rimpicciolire come una spirale, lasciando spazio ad occhi d'argento. L'asse e le catene che la bloccavano furono spezzate dalla sua forza distruttiva. I suoi capelli si tinsero di bianco e poi il suo corpo mutò. Un lupo bianco si manifestò, scatenò il panico. Con un enorme ruggito si riversò sulla folla.

"Che è successo?" disse riprendendo conoscenza. "Thalia?!"

Poi vide Annie correrle in contro con fare minaccioso. "Che cosa hai fatto?!" le gridò prendendola per il collo. "Non è così che doveva andare!"

"Non dirmi che anche tu..." balbettò.

"Si! Te la faremo pagare Skye!"

"Io credo di no!" un uomo con la veste nera ed una maschera bianca comparse dietro la ragazza, le lanciò una strana polvere e lei improvvisamente svenne.

"Chi sei tu?"

"Non c'è tempo." disse prendendo in braccio la ragazza. "Dickens!"

Dal nulla comparve un altro uomo, più in carne e vestito uguale a lui. "Si signore?"

"Prendi." disse mettendo nelle sue braccia la ragazza svenuta. "È una di loro."

"Finalmente!" esclamò l'altro.

"Prendi anche lei!" indicò verso Skye. "Io devo pensare a mia sorella."

"No, io resto!" disse imperterrita.

"No, tu vai! Dickens adesso!"

L'uomo le posò una mano sulla spalla e come risucchiata da un vortice si smaterializzò.

Che diavolo sta succedendo!

Era da quando avevo creato la storia che avevo pianificato una scena del genere e dopo 27 capitoli sono riuscita a farla XD. Al prossimo capitolo...

 

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Capitolo 29
*** Capitolo XXVIII ***


Forget the horror here
Leave it all down here
It's future rust and it's future dust

(Spanish Sahara - Foals)

 

Ero sola, circondata dal nulla. Con il viso nascosto tra le gambe e rannicchiata su me stessa. Non sentivo niente, ne dolore ne frustrazione, ma neanche ciò che un tempo mi faceva stare bene. I ricordi erano sbiaditi. Chi sonno io? perché sono qui? Ho un nome?!

Era strano sentirsi così, con tutto questo vuoto che un tempo racchiudeva la vera me stessa. le mie memorie erano ciò che facevano di me quella che ero. Ed ora? se non ricordo... cosa sono? Un fantasma o sono io stessa un ricordo sbiadito di qualcuno? Sono almeno reale?!

"Si che lo sei..." disse dolcemente una voce.

Alzai la testa e mi guardai in torno, ma non c'era nessuno, solo io e l'oscurità. Mi rattristai nuovamente. C'è una cosa però che mi è famigliare... la solitudine. Ora capisco, mi ha fatto sempre paura. È questo il dolore? Però non sono stata sempre sola... qual'era il suo nome?

"Mamma!" gridò felice una bambina.

Mi alzai immediatamente in piedi e vidi questa bambina corrermi davanti. Vedevo... gioia? Aveva un sorriso sulle sue piccole labbra e improvvisamente allargò le braccia. Dal nulla comparve una donna, che accolse nelle sua braccia la bambina. Sembravano così felici. Ma nonostante stessi sorridendo una lacrima mi rigò il viso. È questa la nostalgia? Una stretta al cuore che sembra non scomparire mai. È questo il rimpianto?!

"Non piangere cara..." disse di nuovo quella voce.

Le due figure scomparirono e quella visione piena di felicita, si trasformo in quello che poi sarebbe stata la fine di tutta la fiaba.

Sentii una mano accarezzarmi il viso, era piena di calore e affetto.

"Inizio a ricordare..." le dissi.

"Mi dispiace per questo." rispose.

"Chi sei tu?"

"Presto lo scoprirai." disse con la sua voce che si dissolveva.

Nuovamente quella bambina apparve ma stavolta non correva per la felicità.

"Non sta correndo... scappa."

Dietro di lei, comparve quella donna, che con aria minacciosa la inseguiva. D'istinto mi strinsi le braccia e un brivido mi percorse tutta la schiena, ero come paralizzata. È questa la paura?

Improvvisamente la bambina cadde. La donna la prese con violenza e gridò, "È tutta colpa tua!" Poi la scaraventò di nuovo a terra e lei rimase lì, rannicchiata su se stessa. Non piangeva, aveva uno sguardo vuoto, non provava nulla. Anche quando la donna prese la frusta e la colpì, lei restò immobile.

Io caddi a terra in ginocchio, ansimavo e poi cominciai a piangere. "È questa la disperazione?!"  Sentivo che mi mancava il respiro, ansimai e mi strinsi il petto. "Voglio dimenticare!" gridai.

"Ne sei sicura?" io annuii. "Guarda, alza il viso."

Con timore alzai lo guardo, per vedere quella donna gettare via il corpo inerme della bambina, nelle profondità del bosco.

"Basta non voglio più vedere!"

"Ti prego, continua a guardare."

Feci come mi disse e guardai come tutto ebbe inizio. Una donna di estrema bellezza si avvicinò alla bambina. Aveva dei lunghi capelli neri, la carnagione chiarissima ed emanava una strana energia. Aveva un sorriso gentile ed degli occhi neri come la pece. Ma attraverso essi potevo vede la pietà che stava provando per la bambina. "Piccola..." disse accigliata. Poi dietro la donna sbucò una piccola bambina che si reggeva al vestito della donna in nero.

"Quella bambina... la conosco?" dissi rivolgendomi a quella voce. "Mi sembra familiare."

"La conosci più di quanto immagini." mi rispose. "È mia figlia." disse orgogliosa.

Poi la donna nella visione allungò la mano alla bambina ferita. Lei la afferrò e la donna la strinse a se. Si guardò intorno e avverti delle strane minacce. Prese entrambe le bambine in braccio e si allontanò in un posto sicuro. "Come ti chiami?" disse alla bambina. "Thalia..." rispose affannosamente. "Da adesso in poi ti affiderò un compito speciale." sorrise accarezzandole la guancia. Poi una luce abbagliante le circondo e il legame fu creato.

"Infondo l'hai sempre saputo, ecco perché non hai mai voluto dirglielo."

"Io e Skye..." dissi cercando di fare mente locale. "Quello che avevamo noi non era l'imprinting, sei stata tu!"

"Esatto." la donna della visione si mostrò davanti a me in tutta la sua onnipotenza.

Ancora una volta allungò la mano per accarezzarmi il viso, ma indietreggiai.

"Puoi fidarti di me. Ti ho osservata per tutto questo tempo, sia te che Skye. Ti amo come una figlia, non a caso ho scelto te."

"Perché io? non capisco."

"Ti ho dato una ragione per vivere..." disse tristemente. "Potevo sentire tutto. Il tuo dolore e la tua sofferenza. Io avevo bisogno di qualcuno che proteggesse Skye quando me ne sarei andata e tu qualcuno per cui vivere."

È questo l'amore? No...

"Thalia..." disse abbracciandomi. Ero troppo sconvolta. " Tranquilla, quello che provi per lei è vero."

"Dici la verità?"

Lei mi strinse di più a se, non avevo mai sentito un tale calore. "Sì"

Questo è amore.

"Adesso..." disse allontanandomi. "Dobbiamo parlare di questioni di famiglia!"

Io annuii. C'erano molte domande a cui volevo che mi rispondesse, ma adesso non erano la priorità. "Dimmi tutto."

* * *

Improvvisamente il suo corpo si smaterializzò. Quando riaprì gli occhi si accorse di trovarsi dentro una casa, in legno e molto arredata. Intorno a lei un gruppo di persone la guardavano, chi con sguardo interrogativo, chi invece contento. Fu subito spintonata via dall'uomo che l'aveva forzatamente portata lì. Tra le sua braccia c'era Annie incosciente.

"Prendetela!" Lasciò la ragazza nelle mani di un signore che confuso corrugò la fronte.

"Chi è costei?"

"E' posseduta da uno dei primi figli, Jago."

Il signore per poco non si strozzò con la propria saliva, "Cosa?! perché hai portato un mostro del genere qui!"

l'uomo con la maschera sbuffò, poi guardò nella direzione di Skye. "Dov'è Anaan? Deve occuparsi di lei."

"Cos'è tutto questo chiasso?!" gridò un'anziana signora. Si fece spazio tra i presenti e sussultò quando vide Annie. "Che diavolo è successo?"

Nonostante la minuta statura e l'età avanzata, i suoi occhi neri erano pieni di vita ed entusiasmo. La sua pelle era scura e coperta di talismani. Piacque subito a Skye.

"Anaan, io devo andare ad aiutare Aruel." poi indicando Skye, " Lei é la chiave!"

Chiave?

L'anziana signora la scrutò poi si volse nuovamente verso l'uomo mascherato, "Mi avevate detto che era una cosa di pochi minuti, che è successo Dickens?"

"Te lo spiegherò più tardi, devo sbrigarmi!"

"Aspetta!" esclamò Skye afferrandogli il braccio. "Vengo anch'io."

"No ragazzina tu resti qui." disse l'anziana.

"E' pericoloso, fai come detto!" aggiunse l'uomo.

Skye lasciò la stretta e fece finta di assecondarli.

"Io vado!" disse deciso.

Con uno scatto, Skye riuscì a sfiorargli la mano e con lui anche lei svanì.
 

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Capitolo 30
*** Capitolo XXIX ***


I watched you change
Into a fly
I looked away
You're on fire

(Change - Deftones)

 

Non appena il suo corpo si materializzò, la quiete fu subito spezzata dagli ululati disperati della giovane lupa bianca. Skye guardò accigliata l'amata disperarsi e distruggere ogni cosa che aveva davanti. Era completamente preda della follia. In quel momento quasi pensò di averla persa e si maledisse per aver permesso che una cosa del genere le accadesse.

Poi improvvisamente da dietro di lei sentì una raffica di vento seguita da un'enorme e possente licantropo grigio. Quando le passò accanto correndo, Skye sussultò e si tenne con le mani il largo vestito che indossava.

"La prossima volta, ricorda di vestirti più comodamente." disse scorbutico l'uomo mascherato.

"Dickens giusto?" lui annui. "Chi è quel lupo?" chiese ancora spaventata da quel soprassalto.

"Aruel, il fratello di quella bestia bianca." 
Il suo tono era preoccupato e a stento riuscì a nascondere le sue tremanti labbra. 
"Tu adesso resta qui!" Disse mettendosi in ginocchio. "Io ho del lavoro da svolgere." chiuse gli occhi e congiunse le mani davanti al suo viso.

E prima che la ragazza potesse ribattere, cominciò a pronunciare delle parole a Skye sconosciute. Intanto in lontananza il lupo di nome Aruel aveva appena caricato Thalia, scaraventandola via. Lei ringhiò con rabbia e gli si lanciò addosso, con le fauci spalancate. Il ragazzo riuscì a schivare il colpo per un pelo. Senza dargli tempo di riacquistare l'equilibrio, la lupa con la spinta delle sue zampe anteriori si lanciò nuovamente su di lui, azzannandolo al collo. Il colpo lo fece cadere a terra in agonia. La lupa mantenne ferrea la stretta dei suoi denti sulla carne del fratello, che sotto di lei si disperava.

"Thalia sono io!" le gridava, ma era inutile, non lo lasciava. A quel punto cominciò con le zampe a graffiarle lo stomaco, tagliando la pelle con i suoi artigli.

"Fai qualcosa!" gridò Skye a Dickens.

Ma lui se ne stava immobile a pronunciare parole sconosciute, finché non spalancò gli occhi. La sua iride era viola così come l'aura che lo circondava. Dal terreno cominciò ad innalzarsi una cupola violacea che lentamente coprì tutta la zona in cui stava avvenendo il combattimento.

"Che cos'è?"

"Una barriera. Non possiamo permetterle di provocare altra distruzione." Si alzò in piedi senza distogliere lo sguardo dai due combattenti. "Nessuno entra o esce finché non lo decido io."

"Cosa sei tu?" chiese la ragazza curiosa.

"Sono un mago di 2nd ordine." dichiarò con orgoglio.

"Un mago..." ripeté lei affascinata.

"Si e adesso potrai vedere con i tuoi occhi cosa è capace di fare un veterano."

Un momento prima che Thalia attaccasse Aruel, il suo corpo si bloccò, lasciandole un'espressione truce. Il ragazzo, esausto, tornò umano e si accasciò a terra riprendendo fiato. Gettò a terra la maschera, che gli copriva i suoi piccoli occhi marroni, mostrando sul viso tutto il dolore che lo trafiggeva, dalla schiena dolorante, al collo sanguinante. Si voltò verso l'amico e chinò il capo in segno di ringraziamento. Come di risposta, lui gli sorrise, ma fu immediatamente colpito da una scarica di dolore che gli attraversò tutto il corpo e gemette.

"Stai bene?!" chiese Skye sorreggendogli le braccia.

"Prendi!" gridò di dolore.

La ragazza afferrò dalle sue mani tremolanti una piccola boccetta contenete della polvere e guardò con sguardo interrogativo l'uomo.

"Corri dai lei e gettagliela addosso. È un soporifero." la ragazza annui. "Sbrigati, non resisterò molto!" Le vene sul suo viso e sulle sue braccia si gonfiarono mostrando tutto lo sforzo che stava sopportando.

Skye guardò titubante cosa stringeva tra le mani, incerta se quella polvere potesse davvero abbattere un essere di tale portata.

"Cosa... Stai..."

Ma ignorando l'uomo si girò verso verso Thalia e la guardò dritta in quei occhi vuoti, in quel momento capì cosa doveva fare.

"Non è così che deve essere." sentenziò gettando a terra la polvere.

"Sei... Impazzita?!" si sforzò tra il dolore.

La ragazza cominciò a corre decisa, andando in contro alla lupa. Non voleva ammetterlo a sé stessa ma era travolta dalla paura. Però nonostante ciò si disse che doveva essere forte, almeno per lei.

"Che stai facendo?!" gli gridò Aruel pian piano che si avvicinava. "Vattene via!"

Ma lei prima lo guardò con la coda dell'occhio, poi si voltò verso l'amata. Ora erano l'una difronte all'altra. Sollevò lo sguardo per guardarla nei suoi occhi ormai spenti, così come lei dall'alto la fissava. Erano argentei e freddi, non erano per nulla pieni di amore e affetto come una volta. Skye ne rimase pietrificata.

"Skye!" continuò a gridare Aruel.

Ma poi Dickens cadde in ginocchio. Dal suo naso cominciò a colare del sangue, digrignò i denti soffocando delle grida. Alzò il viso, puntando gli occhi verso Aruel. Non poteva parlare, ma bastò il suo sguardo per fare capire all'altro che non c'era più tempo. La lupa cominciò a ringhiare, mentre lentamente acquisiva possesso del suo corpo.

"No!" ma il ragazzo era troppo distante e non poteva fare nulla.

Skye allargò le braccia invitandola a venire verso di lei. Immediatamente la lupa si lanciò su di lei, ritrovandosi il suo muso a pochi centimetri dal suo volto.

"Ora basta..." Sentiva un gran calore su tutto il corpo che aumentava, ancora e ancora, finché non sentì la pelle bruciare.

Thalia spalancò le sue fauci per azzannare la ragazza, ma prima ancora che la lupa potesse sfiorarla, Skye rilasciò tutta l'energia che le ribolliva in corpo e furono entrambe inondate da una luce bianca.

Quando Skye aprì gli occhi, era circondata dall'oscurità. Sapeva di non trovarsi più nella piazza cittadina, o meglio, non spiritualmente. Cominciò a vagare nel nulla finché una voce sconosciuta non la chiamò. "Skye..." le disse, la ragazza si guardò a torno agitata. "Dietro di te." Si girò di scatto, ma non c'era nessuno. Poi in lontananza notò qualcosa che si confondeva con le tenebre di quel luogo. La ragazza socchiuse gli occhi, per poi capire che era la figura di una persona. "Vai!" la incoraggiò la voce e lei prese a correre più che poteva. Sentiva il corpo cederle per tutta la stanchezza e lo sforzo che aveva messo per arrivale lì, ma continuò nonostante le mancava il fiato.

Più si avvicinava più il suo sorriso si allargava, "Thalia!" gridò mentre la ragazza se ne stava ferma di spalle. Era ad un passo da lei, ma per quanta gioia potesse sentire in quel momento, c'era qualcosa che non andava. Aveva allungato il braccio per raggiungerla e un momento prima che il suo indice potesse sfiorarle la spalla, Thalia si girò mostrando occhi scoccati, ma non perché Skye era lì, ma per la verità che gli era sta rivelata. Quando la toccò una luce le circondò ancora una volta e i loro corpi si dissolsero. 

Capì immediatamente che era tornata. Il fruscio del vento era forte, il sole era oscurato dalle nuvole ed un aria fredda si era alzata. Era distesa a terra, con al suo fianco il corpo immobile di Thalia. La prima cosa che vide furono i suoi capelli bianchi, che la accigliarono. Sentì il rimorso travolgerla. Per un momento pensò che sarebbe stato meglio non averla mai conosciuta.

"Skye!" quando si girò vide il ragazzo raggiungerle con apprensione. "State bene?"

Skye annuì mettendosi seduta, mentre lui si inginocchiò e tenne stretto a sé la lupa incosciente,  guardando con occhi mortificati la sagoma della sorella.

"Thalia?"  le accarezzò il viso.

La lupa gemette per poi aprire lentamente i suoi occhi argentei. Era confusa e disorientata. Un'attimo prima era al patibolo ed ora era distesa a terra e tra le braccia di qualcuno. Le ci volle un po' per definire l'immagine che aveva davanti. Inizialmente corrugò la fronte, per poi piangere dopo la realizzazione.

"Fratello..." disse debolmente allungando la mano verso il suo viso.

"Si!" esclamò con occhi lucidi.

"Io... Mi sento strana..."

"Non preoccuparti." disse stringendola più a sé. Subito dopo la lupa si staccò dall'abbraccio finalmente conscia di cosa era successo poco prima in quel luogo oscuro.

"No fratello... siamo tutti dannati." di nuovo il suo viso fu rigato dalle lacrime. "Una guerra incombe e non possiamo vincere."

Il ragazzo la guardò sconcertato mentre lei ansimava per far uscire ogni parola. "Andrà tutto bene." gli disse. "Ora sei qui con me." la cullò tra le sue braccia finché non chiuse gli occhi dallo stremo e cadde in un sonno profondo.

Skye non ebbe il coraggio di avvicinarsi e nemmeno di proferire parola. Ma c'era una cosa che l'aveva colpita. Sembra un angelo...

*  *  *

Quando riprese coscienza, si sentì smarrita e nella più completa oscurità. Anche se pervasa dal dolore, si scoprì dalle lenzuola e tentò di alzarsi. Quando poggiò i piedi nudi a terra fu percorsa da un brivido su tutta la schiena. 

"E' gelido!"  Fu in quel momento che notò di avere una semplice e larga veste bianca che nascondeva le sue forme.

Si guardò attorno e vide alla sua destra una finestra socchiusa che faceva filtrare un filo di luce. Quando aprì le vecchie persiane in legno, vide davanti a se uno spettacolare gioco di colori, con sfumature rosse e blu. Tramonto... Chissà da quanto tempo è che dormo.  Poi una leggera brezza le smosse i lunghi capelli argentei. La lupa trasalì non appena li vide, facendola quasi sussultare. Che diavolo?!  Prese con il cuore in gola e l'agitazione che saliva una ciocca di capelli e li portò davanti al suo viso, per accertarsi di aver visto correttamente e che non era uno scherzo che i suoi occhi le stavano facendo. Cadde in ginocchio e scoccata si coprì la bocca sopprimendo un grido. 

"Che mi succede?" disse con un filo di voce, mentre i sui occhi si arrossavano.  

Ma poi si ricompose non appena sentì delle risate provenire da fuori la stanza. Tra curiosità e anche shock si rimise in piedi e raggiunse la porta. Anche il rumore della maniglia arrugginita e lo stridio della vecchia porta in legno che si apriva, le incutevano una brutta sensazione. In realtà era solamente angosciata e impaurita da tutto quello che le era successo, così tanto che non riusciva a processarlo neanche da sola. Si sentiva come se fosse in un buco nero fatto di agonia e senza possibilità di uscita. Poi un'altra risata ruppe il silenzio. Si fece coraggio e uscì dalla stanza, trovandosi in un buio corridoio ai cui lati c'erano altre vecchie porte. Fece un lungo respiro e prese coraggio, camminando ancora una volta nel buio. Le parole di quella donna in nero le risuonarono nuovamente in mente. "La pace è finita." le aveva detto. "Dovete prepararvi, la guerra è vicina e la regina farà tutto ciò che è in suo potere per schiacciarvi."  Venne travolta dai brividi solamente pensando a quelle parole. Ma poi le voci si fecero più vicine pian piano che arrivava alla fine del corridoio. Erano voci a lei sconosciute, così come quel luogo. Poi sulla destra c'erano delle scale e nella sala sottostante notò che c'erano delle luci accese. La stanchezza faceva battere pesantemente i suoi piedi su ogni gradino scricchiolante e non ci volle molto per notare la sua presenza. Ansimò arrivata alla fine, ma c'era altro che la agitava di più. Le bastava voltarsi a destra e fare qualche altro passo in avanti e poi avrebbe scoperto da chi provenivano quelle voci. Ma prima ancora che potesse muovere un'altro muscolo, sentì dei passi veloci e leggeri venire verso di lei. Per la paura indietreggiò andando a sbattere con il tallone contro l'ultimo gradino in legno. Chiuse gli occhi e incrociò le braccia davanti al suo viso in segno di difesa ma la figura davanti a lei era tutt'altro che minacciosa.

"Thalia!" disse con una voce piena di sollievo.

La lupa aprì gli occhi nel sentire quella voce e abbassò le sue difese.

Skye...

Indossava dei pantaloni neri attillati con una camicia bianca ormai ingiallita e le maniche alzate fino al gomito. Il viso era pallido e stanco, di chi non aveva mangiato e dormito.

Rimasero qualche minuto in silenzio a guardarsi, come se le parole non potessero spiegare ciò che provavano in quel momento. Qualcuno nella stanza la chiamò, ma Skye non poté neanche sentirlo, perché la sua mente era già oltre. Ma non appena tentò di fare un passo verso di lei, la lupa indietreggiò nuovamente perché nella sua testa riaffiorò il ricordo di quando la stava per azzannare. Skye si accigliò vedendo quella reazione e con il cuore in gola le chiese, 

"Sai chi sono vero?"

"Certo!" esclamò con eccessiva enfasi. "Skye..." le disse abbassando la voce per l'imbarazzo. Intanto nella stanza c'era un silenzio tombale. 

"Perché sei..."

"Non voglio farti del male!" esclamò impaurita.

"No non mi farai del male." disse dolcemente con il sorriso sulle labbra. 

Nuovamente si avvicinò per accoglierla in un abbraccio. Dapprima la lupa abbassò la testa cominciando a fissare il pavimento per l'agitazione, poi cominciò a tremare non appena la avvolse con le sue braccia. 

"Va tutto bene." le disse quando le sue gambe cedettero. La strinse più forte che poteva, come se avesse paura che potesse scapparle dalle mani da un momento al'altro. 

La lupa finalmente si lasciò andare a quel caldo abbraccio. Poggiò la testa sul suo petto mentre Skye passava la mano tra i suoi capelli. La cullò tra le sue braccia proprio come aveva visto fare ad Aruel. Dietro di loro comparve proprio il ragazzo, seguito da alcune facce curiose.

"Aiutami." gli chiese intenta a rialzarsi. "Non sta ancora bene, dobbiamo riportarla in camera."

Entrambi si misero accanto a lei e sostenendola salirono lentamente ogni gradino. Con la coda dell'occhio la lupa notò la presenza di una bambina, che curiosa la guardava dalla fine delle scale. Avrà avuto cinque anni, aveva i capelli ricci e biondi e un viso paffuto.

"Amore," disse Aruel. "Vai di là con gli altri."

Thalia si giro verso il fratello corrugando la fronte, lui le sorrise imbarazzato.

"Ti racconterò tutto dopo stai tranquilla."

"Mi devi un bel po' di spiegazioni." disse sbuffando.

Arrivati davanti la porta Aruel lasciò sole le due ragazze. Skye le prese la mano la portò verso il letto. Si sedettero sul duro materasso, entrambe incerte su cosa dire. Ma poi la ragazza travolta dalle emozioni le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra. La spinta le fece cadere sul cuscino, ma nonostante ciò non si staccò da lei.

"Skye..." disse riprendendo fiato.

Ma quando riaprì gli occhi si accigliò nel vedere Skye con gli occhi lucidi e sul punto di piangere. Le labbra le tremavano e quando le lacrime cominciarono a scendere, affondò il viso tra il collo e la spalla della lupa. Cominciò a singhiozzare, liberandosi di tutta l'agitazione e la paura che l'avevano divorata quei giorni.

Thalia sentì il corpo tremate della ragazza premere contro il suo e la circondò con le proprie braccia più che poteva.

"Pensavo di averti persa."

"Non ti libererai di me così facilmente." disse ridendo.

Ormai dalla finestra non entrava più luce, solo la luna alta in cielo illuminava leggermente la stanza. Mentre un vento gelido si alzava.

"Voglio rimanere così, per sempre, giorno e notte." disse girandosi per guardarla.

"Allora stiamo così, tutta la notte."

Si avvolsero tra le coperte e rimasero sempre vicine, senza mai perdere contatto fisico con l'altra.

Avevo dimenticato questa sensazione... Si dissero entrambe prima di addormentarsi vicino alla persona a loro più cara. 


 

 

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Capitolo 31
*** Capitolo XXX ***


[FINE PARTE 1 - Danza coi Lupi]

You rise, I fall,
I stand, you crawl 
You twist, I turn, 
Who's the first to burn

(Black Sea - Natasha Blume) 
 

Erano passati due giorni da quando Thalia si era risveglia, era ancora debole ed erano frequenti le volte in aveva un capogiro e cadeva a terra. In compenso Skye cercava di restare forte, nonostante quel rilascio di energia durante il giorno dell'esecuzione l'aveva lasciata stordita.

Aruel una volta assicurato che la sorella stesse fisicamente bene, decise di andare via con la bambina.
"Non è più un posto sicuro." aveva detto ad Anaan e l'anziana aveva risposto, "vai pure, tra non molto vi raggiungeremo."
Skye come al solito non fece domande, per lei il concetto di casa era relativo, Thalia era la sua casa e non le importava di altro. Inoltre la vecchia signora passava quasi tutto il giorno a meditare senza neanche prendersi una pausa, mentre Dickens, il vecchio e scorbutico Jago e gli altri quattro maghi si alternavano tutto il giorno per mantenere viva  la barriera magica che rendeva invisibile la casa.

A lei invece era stato dato l'incarico di sorvegliare Annie, posseduta da un entità che non aveva ancora rivelato il suo nome. Ogni ora doveva scendere giù in cantina e assicurarsi che l'effetto dell'incantesimo soporifero fosse ancora attivo. Inoltre Anaan era quasi sicura che la ragazza non potesse essere posseduta, sennò sarebbe già accaduto.

Quando le furono poste delle domande, Skye era stata abbastanza superficiale nei dettagli. Le faceva male ricordare tutto quello che era successo e per questo l'anziana aveva creato un contatto mentale per accedere ai suoi ricordi e in quel frangente capì che qualcosa non andava.

"I tuoi ricordi..."

"Cosa?"

"Sono stati riscritti." esclamò "e con una magia che non conosco."

In quel momento l'unica persona che poteva saper la verità era l'unica che aveva predetto il futuro. Le rimbombavano ancora in testa le inquietanti parole che Thalia aveva detto al fratello.

"Prima di svenire ha detto di aver visto delle cose, una guerra, contro la regina." gli aveva confessato Aruel.

Ma era troppo presto per metterla sotto uno sforzo del genere, Anaan lo sapeva, ma la situazione era sia rischiosa che anomala. Con il consenso e l'appoggio di Skye decise di andare a chiedere chiarimenti alla lupa, ma come aveva immaginato non era pronta e si rifiutò di parlare.

~ * ~

"È così distante..." disse afflitta gettandosi sul divano. "Non capisco cosa abbia."

"Le devi dare del tempo Skye." suggerì sedendosi anche lei. "Non sappiamo cos'è che la turba, deve decidere lei quando parlare."

"Non potresti creare un contatto mentale anche con lei?" suggerì speranzosa.

"No." rispose schietta. "Non credo sia giusto ingannare qualcuno. Inoltre la persona deve essere consenziente o non potrei entrare nella sua mente."

"Capisco..."

Ma poi sentirono dei passi scendere le scale. Si sarà decisa? Sperò Skye.

Si era raccolta i capelli in una coda lasciando scoperto il suo viso pallido. Il suo sguardo puntava verso il basso, mentre camminava per raggiungere la porta d'uscita.

Indossava una giacca marrone di velluto a causa della bassa temperatura e degli scarponi impermeabili, tutto datogli dal fratello.

"Dove stai andando?" chiese la ragazza.

"Vado a fare una passeggiata."

"Non allontanarti troppo." esclamò l'anziana.

Thalia annuì ed uscì fuori dalla vecchia casa, investita da un freddo gelido. Essendo un licantropo la sua temperatura corporea era molto più elevata rispetto alle normali creature e riusciva a sopportare il freddo più facilmente.

Seguì il sentiero e dopo essersi allontanata abbastanza, si inoltrò nella fitta vegetazione. Non c'era neve, ma l'erba era bagnata come se avesse piovuto tutta la notte. Ironicamente pensò che il suo nuovo look si abbinava molto ad un ambiente  invernale e per un momento sorrise.

Camminò finché non trovò uno spazio aperto ed isolato. Si guardò intorno, si sfilò la giacca e la gettò alla base di un albero. Sentì il freddo attraverso la camicia, strinse i dente e fece un profondo respiro. Si concentrò, focalizzò tutta la sua forza in un unico punto, ma non sentiva più quel calore nel petto che l'aveva accompagnata da quando era nata. Strinse gli occhi, si sforzò nuovamente, gridò per la frustrazione ma nulla cambiava. Si guardava e il suo corpo era ancora lo stesso.

"Perché?!" gridò cadendo in ginocchio. "Perché?! Perché?! Perché?!" Continuava a gridare sbattendo i pugni contro il terreno. Poi si alzò di scatto andando contro ad un albero, non smise di colpirlo finché le mani non le sanguinarono.

Dopo due ore, con l'aiuto di Dickens e la sua magia, la trovano seduta a terra che guardava il vuoto. Skye la raggiunse correndo, si inginocchiò e le sollevò il viso, guardando quei occhi bianchi e arrossati. La circondò con le sue braccia e la sentì ammorbidirsi.

"Non so cosa fare..." balbettò. "Non lo sento più." disse singhiozzando.

"Thalia," la chiamò l'anziana. "dove andremo c'è una comunità di licantropi, loro ti aiuteranno."

La lupa annuì e una piccola speranza si riaccese in lei. Il sapere che c'erano dei suoi simili, la rincuorò. Ultimamente si era circondata di un alone negativo e non si sentiva più appartenente a qualcosa. La sua stessa famiglia l' aveva abbandonata e il sapere che poteva ricominciare la sua vita da capo la rendeva davvero felice, magari in un luogo dove non doveva preoccuparsi delle sue responsabilità o della sua stessa e violenta madre.

Mentre si alzava da terra, Skye la reggeva per paura che potesse cadere per la stanchezza. Invece Anaan le appoggiò premurosamente sulle spalle la giaccia e le fece un sorriso di conforto.

"Da questa parte." esclamò Dickens.

Camminavano a passi lenti e più erano vicini alla casa e più Thalia si agitava. Voleva dire a Skye tutto quello che sapeva, tutto quello che sua madre le aveva rivelato, ma aveva paura. Aveva paura di come avrebbe reagito e temeva anche di non riuscire ad esserle di supporto ora come era. Aveva ancora i suoi demoni da sconfiggere, come posso aiutarla adesso? Si diceva. Sono inutile... Non faccio altro che creare problemi. A mia madre, a mio fratello, a lei, a... Iris. Non sono neanche in grado di proteggere me stessa, non doveva scegliere me come sua guardiana.

"Prendete tutto quello che avete, ce ne torniamo a casa." disse Anaan varcando la soglia dell'abitazione. 
"Mi dispiace tesoro," si voltò verso Thalia. "So che stai male, ma siamo qui fin da troppo tempo e quel tracciatore che avevi addosso potrebbe crearci problemi."

"Cosa?!" esclamò stupita e arrabbiata.

"Qualcuno ti aveva gettato una pozione, te l'ho tolta non appena sei arrivata."

La lupa strinse i denti sopprimendo tutta la rabbia che stava insorgendo in lei.

"Pensavo di aver fatto in tempo, ma è da stamattina che sento delle strane vibrazioni, quindi è meglio andarsene."

"Pensi siano stati i primi figli?" chiese Dickens alla donna.

"No," disse Thalia, "è stata mia... L'Alfa del mio villaggio."

L'anziana la scrutò notando un certo tremore nelle sue parole, non dovuto dalla stanchezza.

"Ne sei sicura?"

"Sicurissima, non è la prima volta che lo fa."

L'anziana annuì e con fare frettoloso si rivolse al mago "Dickens informa gli altri e poi andate a prendere la ragazza, deve essere una cosa veloce non sappiamo ancora come funziona la possessione."

L'uomo correndo andò in cerca dei suoi compagni.

"Avete qualcosa da prendere voi due?"

Thalia scrollò il capo, così come Skye. Pochi minuti dopo Dinkens tornò con Annie tra le braccia ed incatenata, seguito dagli altri uomini.

Si misero tutti in cerchio per mano, nessuna parola venne detta, nessun movimento. La vista della lupa cominciò ad annebbiarsi, per un momento pensò di star svendendo. Si girò con occhi sgrani a guardare Skye, ma la ragazza le sorrise per rassicurarla. Improvvisamente la realtà intorno a lei cominciò a svanire, lasciando spazio a nuove forme e suoni. Chiuse gli occhi frastornata e nauseata da quelle immagini ancora distorte, finché i suoni non si fecero distinti. Sentiva il fruscio delle poche foglie ancora attaccate agli alberi e quelle sotto i suoi piedi, ma si decise ad aprire gli occhi solo quando la chiamò Skye.

Si trovavano in uno spazio aperto, davanti a loro un gran cancello senza inferriata si trovava in mezzo al nulla. Sulla destra di esso un cartello recitava "Che i viandanti e gli sperduti possano riposare sotto la protezione delle nostre braccia".

Anaan fu la prima a rompere il cerchio, poi tutti gli altri la seguirono. Il cancello si aprì non appena si avvicinò ad esso ed invitò gli altri a precederla. Uno ad uno varcarono il cancello sparendo nel nulla, lasciando Skye stupita, Thalia un po' meno.

"Un portale?" chiese la lupa.

"Più o meno," rispose Anaan. "Su venite!"

Ma Thalia non faceva altro che guardarsi indietro, incerta se fosse stata la scelta giusta. Provava ancora del rimorso, stava abbandonando tutto in nome in un futuro incerto. Nonostante tutto quello che era successo provò nostalgia per la sua casa e per le persone che aveva lasciato durante il suo cammino. I sui pensieri si fermarono nuovamente su Iris, Ciril e Basil. Li ho abbandonati... Si ripeteva in continuazione, ancora e ancora. Per non parlare che adesso doveva avere a che fare col fratello e la sua nuova famiglia.

"Thalia... C'è qualche problema?" chiese premurosa e quasi bisbigliando.

"No. Andiamo."

Non appena gli passarono attraverso sentirono un brivido su tutto il corpo e poi i loro occhi si illuminano per le bellezza che vedevano. Non era un ambiente desolato come quello in cui erano pochi attimi prima, anzi sembrava un vero e proprio villaggio abitato da ogni tipo di creatura immaginabile.

"Non ho mai visto così tante creature diverse!" esclamò stupita Skye. "non è per nulla simile a Border Leaf!"

La strada era affollata. Tra tutta quella gente Thalia riuscì a scorgere un incendiaria che con la sua abilità di creare e modellare il fuoco stava facendo dei trucchi a dei piccoli Puck. 
Ma più osservava gli abitanti di quel posto, più si sentiva minacciata. Non era un posto abitato da semplici creature magiche, c'era ogni tipo di essere anche quelli che lei uccideva durante i suoi giorni da cacciatrice.

"Anaan che cosa significa questo?!" chiese cercando di contendersi.

La donna si volto con sguardo interrogativo, anche Skye aveva corrugato la fronte.

"Perché questi esseri sono..." disse alzando il braccio per indicarli, ma si bloccò all'improvviso, fermando il suo sguardo su una figura in lontananza.

"Che c'è?" chiese la ragazza.

Era un essere giovane di sesso maschile, di colore verde chiaro ed alto due metri. Aveva il muscoloso petto scoperto e sulla schiena una pesante spada. Gli occhi neri erano sporgenti e le labbra erano grandi e marroni, non aveva sopracciglia ed i capelli erano raccolti in una lunga treccia ed erano di un verde così scuro che da lontano sembravano neri. Inoltre aveva delle evidenti cicatrici sporgenti su tutto il corpo che rendevano evidente che era un guerriero.

Quando l'anziana comprese a cosa stava puntando Thalia si parò davanti a lei.

"Tranquilla," cercò di rassicurarla.

"Spiegami perché quella cosa è qui?! Gridò con rabbia attirando l'attenzione di qualche passante.

"Qui nessuno è una minaccia!"

"Perché c'è un Goblin qui?!

Ma più la lupa inveiva, più veniva notata, finché anche quel essere se ne accorse.

"Thalia smettila!" esclamò, "Andiamocene!"

Ma la lupa resto immobile, trasformando la sua espressione infuriata in un espressione composta e di sfida quando il Goblin cominciò a camminare nella sua direzione.

"Vieni schifoso." disse tra sé.

"Thalia non osare ingaggiare una lotta qui!" la intimò Anaan.

Ma che sta succedendo? Si chiese Skye.

Quando l'essere si avvicinò sorrise all'anziana che ricambiò, "Buongiorno Hok!"

Thalia la guardò con sguardo assassino, sconcertata dalla gentilezza nelle sue parole.

"Buongiorno a lei!" disse sorridendo. "C'è qualche problema?" chiese guardando verso Thalia.

"Nulla, è solo che la ragazza è nuova e..."

"E non si aspettava la presenza di un Goblin?" disse ridendo, ma la lupa mantenne sempre quel suo sguardo farcito d'odio. "Senti... Non so perché mi stai guardando con tanto disprezzo  ma non sono in cerca problemi."

Ma lupa non vedeva ragione. Con uno scatto alzò il braccio con la mano che impugnava un coltello. Tentò di colpirlo al collo ma l'uomo le bloccò il braccio prima che potesse affondare la lama nella pelle.

"Dove l'hai preso?!" gridò Anaan tra stupore e paura.

"Sei agile, te lo devo." disse con un sorriso compiaciuto. "Ma la prossima volta cerca cerca di colpirmi dritto alla gola, sarebbe stato più difficile bloccarti invece che di lato al collo."

La lupa alzò un sopracciglio e l'uomo la lasciò.

"Vedi, l'errore che hai fatto è stato l'aver creato un semicerchio muovendo il braccio. Facendo così dai tempo all'opponente di individuare l'attacco e fermarlo."

Le prese le mano che stringeva ancora il pugnale e senza il minimo timore lo avvicinò dritto e davanti alla sua gola. "invece se mi colpisci così, con l'intero braccio disteso in avanti, non avrei neanche il tempo di capire cosa sta succedendo."

Thalia guardò sbalordita la disinvoltura dell'uomo, tanto che non sapeva come reagire.

"Comunque piacere mi chiamo Amon Hok, voi?"

"Thalia,"

"E cosa sei... Thalia?"

"Un Licantropo." disse con un sorriso di superiorità.

"Adesso si spiega tutto." disse serio, "E tu?" si volto verso Skye ancora spaventa per l'attacco inaspettato.

"Skye, piacere!" sorrise.

"Anche tu un Licantropo?"

"Non sono affari tuoi, andiamo Skye." si intromise la lupa.

L'uomo aggrottò la fronte, incapace di comprendere quel comportamento.

"Allora arrivederci,"

"A presto Hok!" lo salutò l'anziana. "E scusala non pensavo l'avrebbe fatto,"

"Stia tranquilla, avrà avuto le sue ragioni." l'anziana annuì dispiaciuta.

"Anaan!" la chiamò Thalia per sbrigarsi.

"Arrivò arrivò!" disse raggiungendole.

"E benvenute a Utopia!" esclamò da lontano il Goblin, mentre Thalia trascinava via Skye.

"Allora, dove stiamo andando?" chiese la lupa.

"Dovrai scusarti con lui, hai capito?"

"Nemmeno sotto tortura!" ribatté.

"Senti signorina!" disse bloccandola, "Qui non siamo a Border Leaf o in un'altra qualsiasi città del regno! Ogni persona, di qualsiasi specie sia, viene accolta per una ragione. Dovresti ringraziarmi per essere qui, perché ricorda che se non fosse stato per noi, ora saresti morta! Te e anche lei!"

Il viso dell'anziana ribolliva e le vene sul collo e sulla fronte erano più in risalto che mai. Una volta vista l'espressione a disagio e quasi mortificata di Thalia, ricominciò a camminare, battendo i piedi sul terreno polveroso.

"Andiamo," sospirò Skye, per poi prendere per mano la lupa.

"Stiamo andando nella nostra sede, siamo vicine." disse dopo una decina di minuti.

Dopo aver superato il mercato e qualche altra piccola via, si trovarono davanti ad una casa più grande e più bella delle altre. Era l'unica ad essere fatta in marmo e con un portone d'ossidiana con incisa la stessa scritta che stava al cancello.

"Benvenute nelle Creature Dell'Ombra ragazze!" esclamò l'anziana mentre camminava verso la porta. "La vostra nuova casa,"

Ma prima di fare qualche altro passo, Thalia si girò verso Skye e con un atto di coraggio dichiarò, "Skye dobbiamo parlare, c'è una cosa che devo dirti." 

 

Finalmente la fine della prima parte! La 2° parte si intitolerà utopia ma non come il nome della città ma come sostantivo. A proposito della città, non si pronuncia Utopìa, bensì Utopia senza l'accento sulla i (tipo "pianta"). Appare ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto, avevo in mettere di aggiungere anche altro ma poi sarebbe uscito troppo lungo. Scusatemi per eventuali errori.

 

 

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Capitolo 32
*** Capitolo XXXI - parte 2 - ***


[PARTE 2 - Utopia]

[PARTE 2 - Utopia]         

~ * ~

 

Bones sinking like stones
All that we've fought for
Homes, places we've grown
All of us are done for
-Coldplay 

1 anno prima

 

Era mattina presto, il sole bollente entrava attraverso la finestra illuminando tutta la minuscola e misera stanza. Era dotata solamente di un letto, una sedia in legno rosicchiata dai topi e un piccolo tavolo circolare. In essa si muoveva una ragazza, con carnagione leggermente scura e i capelli neri ed unti, legati in una bassa coda. Raccolse da terra il proprio vestito, se così poteva essere chiamato. Era fatto con un tessuto ruvido e giallastro che lasciava interamente scoperte le cosce. Le maniche corte erano così larghe che quasi mostravano cosa c'era sotto. C'era anche una corda come cinta da annodare intorno ai fianchi per mostrare sempre e comunque quanto quel corpo fosse slanciato e desiderabile all'occhio. Non aveva nulla sotto di esso, né una fascia per reggere il seno, né delle mutande per coprire la propria nudità. Lei era un oggetto del resto, per divertirsi e svagarsi, non era un essere vivente di cui bisognava preservare il pudore.

Uscì fuori da quella sudicia stanza, lasciandosi alle spalle quell'uomo atletico sdraiato sul letto, che la notte prima aveva fatto uso di lei. Quando attraversò il corridoio poté sentire da oltre la porta di una delle stanze, sentì qualcuno gridare di dolore, ma non poteva fare nulla. L'ultima volta che aveva tentato di aiutare una ragazza, l'avevano gettata in una stanza buia, lasciata senza cibo per tre giorni e a marcire nella puzza. Ancora si ricordava il fetore che portava addosso, dovette farsi la doccia per un giorno intero. Volevano punirla anche per quello, ma decisero che aveva patito abbastanza e la lasciarono andare. E poi c'era bisogno del suo servizio, non potevano permettersi di perdere altri soldi per una sgualdrina ribelle.

Era ormai un anno che l'avevano costretta lavorare in un bordello, non che il suo precedente incarico fosse stato più pulito. Ha passato la sua intera vita ad essere venduta da un signore all'altro. C'era chi l'aveva trattata con rispetto e chi la considerava un oggetto.

Odiava quel posto più di qualsiasi altra cosa al mondo e si dava pena per tutti i giovani che erano costretti a servire, giorno e notte, uomini e donne privi di ritegno, degli spudorati. Aveva cercato più volte di mantenere le distanze dagli altri schiavi, aveva paura che la sua benevolenza ed il suo affezionarsi troppo alle persone non avrebbe portato a nulla di buono. Ma eventualmente anche lei cedette. In un mondo del genere dove  le relazioni umane erano calpestate in nome di un piacere comprato, aveva anche lei bisogno di legarsi a qualcuno che non la vedeva come un misero oggetto ma come una persona.

"Sai Taly" disse una ragazza mentre lavava i propri vestiti al lavabo. "Mia madre mi raccontava sempre che le migliori storie cominciano con una fuga, tu ci credi?" le chiese sorridendo. 
Si trovavano l'una difronte a l'altra. Sotto il loro sguardo, due lavandini pieni d'acqua ed una cesta con i vestiti di tutti gli schiavi della casa.

Si, un tempo anche lei ci credeva, in un periodo in cui la sua innocenza non era stata macchiata e la sua vita era piena di amore.

"No" disse schietta.

L'altra ragazza, con i biondi capelli spettinati e le occhiaie per il mancato sonno, corrugò la fronte.

"Perché?" chiese ancora con un tono di voce speranzoso.

"Devi smetterla di sognare," le rispose, ma più che un riproverò sembrava un sincero consiglio. "A proposito di sogni, devi riposare di più."

La ragazza sospirò. "Lo so, ma ultimamente non faccio che lavorare e..." face un'altro profondo respiro. "È stancante."

"Chiederò a Madame Stock se stasera più lasciarti fuori dalla lista,"

"No, si arrabbierà"

"Emily ti sostituisco io," esclamò seria. "Nessun problema."

La ragazza sorrise, "davvero?" lei annui. "No, non posso chiedertelo..." scrollò la testa ritornando alla realtà. "Col fatto che sei una Succube vieni già sfruttata troppo."

"Non me lo stai chiedendo, te lo sto imponendo io."

Ha sempre pensato di essere la più forte lì dentro, non lo aveva mai dubitato. Con la stessa convinzione credeva anche che sarebbe stata l'unica a rimanere in vita in quel posto. Vedeva come erano le ragazze, emotivamente deboli, pronte ad un crollo nervoso in ogni momento. Così come i ragazzi, privati del loro orgoglio e del loro potere. Ma anche lei nel profondo era fragile. Aveva tentato più volte di spegnere le proprie emozioni, ma non era semplice come spegnere una candela. 

Condivideva la piccola stanza da letto con Emily, la conosceva da quando era arrivata lì. Erano diventate subito amiche, ma non perché provavano simpatia l'una per l'altra, ma perché entrambe avevano bisogno di calore e contatto umano. 
La bionda si infilava spesso nel letto dell'altra. Lei si scansava e le faceva spazio, ma non parlavano, rimanevano schiena contro schiena in silenzio, finché non si addormentavano. Emily aveva anche smesso di chiederle il permesso. Era quasi diventata un'azione spontanea per lei e a volte si chiedeva se anche la compagnia prima o poi l'avrebbe fatto o se le rimaneva indifferente. Ma Emily non sapeva quanto anche per lei quel gesto era importante, soprattutto in un luogo dove la fisicità era qualcosa più simile allo sporco che ha qualcosa di candido. Ma lei doveva mostrarsi forte, doveva essere forte, non poteva permettersi di cadere proprio in piccolezze del genere. Anche quando era al limite, quando non ce la faceva più, rimaneva da sola nel suo piccolo spazio, a trattenere le lacrime e a mordersi le labbra per la frustrazione.


Quella sera come aveva promesso, aveva eseguito il turno al posto Emily. A volte si convinceva che il suo stesso corpo non aveva valore o importanza, in questo modo riusciva a superare il trauma. Si chiedeva se anche gli altri facevano così, ma non chiese mai, neanche ad Emily, era un argomento troppo duro da affrontare.

Ma quella sera fu diverso.

Madame Stock la obbligo ad indossare un vestito più ricamato e decisamente più morbido al tatto rispetto al suo solito abito. Era quasi trasparente ma non la imbarazzava, del resto il suo corpo era già noto a tutti. Aveva una collana color oro, probabilmente era solo ferro e dei bracciali con lo stesso colore, dai quali pendeva una piccola catena, che simbolicamente rappresentava la sua posizione. Aveva anche delle catenine alle caviglie, ma la turbavano, gli ricordavano quando era piccola e di quando con la forza la separarono da suoi genitori. Gli era ancora vivida l'immagine di quando le incatenarono le piccole gambe per non farla fuggire, a mala pena riusciva a camminare. 
Dopo che finì di vestirsi, fuori dalla porta la aspettava la sua signora. Per quanto la odiasse, non poteva negare quanto Madame Adelaide Stock fosse bella ed elegante a suo modo. Aveva circa cinquanta anni, ma la sua pelle non era invecchiata, forse per il continuo uso di pozioni e magia. Emily le aveva spesso raccontato delle sue teorie, secondo cui un ingente parte dei soldi guadagnati venivano spesi per la cura della sua pelle, ma era soltanto una supposizione.

Quando uscì dalla stanza, la donna la guardò dalla testa ai piedi con un sorrido soddisfatto. Aveva le mani congiunte vicino al petto, come se volesse applaudire.

"Il mio gioiello!" esclamò. "Sono davvero contenta che hai voluto partecipare di tua spontanea volontà Talema."

È la prima volta che pronuncia il mio nome...

In realtà non sapeva cosa ci fosse di speciale quella notte, ma si limitò ad annuire con un finto sorriso.

"In realtà ti avrei comunque aggiunta alla lista, ma hai ragione, la povera Emily sta lavorando duramente." disse con voce dispiaciuta. "Merita di riposare."

"Si era davvero stanca." aggiunse la ragazza, per non far sembrare alla donna che il suo silenzio fosse una mancanza di rispetto.

"Adesso vai e aspetta con le altre ragazze, i ragazzi non sono ancora pronti." poi mentre se ne andava, con la sua voce stridula aggiunse, "e poi dicono che noi donne siamo quelle ritardatari!"

Quando scese le scale per raggiungere la sala di accoglienza, notò che non era l'unica ad essere ben abbigliata. 
Si avvicinò ad una delle ragazze, che sembrava essere in disparte. Sapeva che si chiamava Naya ma non avevano mai parlato.

"Ehi!" la chiamò per attirare la sua attenzione. La ragazza si girò con sguardo interregativo. 
"Che succede? Ho appena parlato con madame Stock e fremeva dalla gioia. "

"Non lo sai?" chiese l'altra.

Ovvio che no, sennò non avrei chiesto, disse tra se.

"Alcuni soldati della regina stanno ritornando dal fronte e passeranno da queste parti, Madame Stock è convinta che ci faranno una visita."

"Astuta la signora." disse sarcasticamente, Naya ammiccò un sorriso.

Dopo dieci minuti, dalle scale arrivò una fila di ragazzi guidati dalla padrona. Erano tutti a petto nudo e indossavano degli ornamenti diversi gli uni dagli altri. C'era chi portava delle grosse collane che ricadevano sui pettorali, chi invece indossava dei bracciali che sembravano manette. L'unica cosa che avevano in comune erano dei pantaloni color crema attillati che delineavano ogni muscolo... E anche altro.

Uno di loro sembrò guardare nella sua direzione, con un sorriso provocatorio, per poi alzare il braccio e salutare. Lei corrugò la fronte, ma prima che potesse fare qualche commento dispregiativo, Naya ricambiò imbarazza il saluto.

"Scommetto che vi conoscete molto bene." disse scherzosamente. 
L'altra abbassò lo sguardo per coprire il rossore sulle sue guance.

"Si... C'è dell'intesa." disse infine ridendo.

"Deve essere faticoso tenerlo nascosto..."

"Oh no!" esclamò felicemente. "A madame Stock va bene finché svolgiamo al meglio il nostro lavoro."

"Meglio per voi..."

Il loro discorso fu subito interrotto dalle parole di un'altra ragazza, "Sono qui vicino!" esclamò affacciata alla finestra.

Non ci volle molto prima che il portone si aprì. Uomini e donne, di diverse specie, con armatura scintillante, comparvero sulla soglia, lasciando tutti gli schiavi a bocca aperta. Molti di loro avevano spesso sognato di ritrovarsi in quelle vesti, ma non avranno mai la possibilità di farlo.

Madame Stock li raggiunse quasi correndo, facendo battere i tacchi sul pavimento.

"Benvenuti miei cari!" disse con un gran sorriso.

La ragazza rimase un po' stupita, solitamente è uno o più servitori che accolgono i clienti, illustrando i prezzi delle stanze e dei singoli servi.

"Vuole estorcere più soldi possibili secondo me." pettegolò.

Talema rispose con una smorfia, che rappresentava più che bene quello che provava.

"Accomodatevi pure!" poi girandosi verso i suoi sottoposti esclamò " Cria, Lyria, Keem, Hacyn, Garred! Aiutatateli a disfarsi delle loro armi e armature."

"Non c'è bisogno" esclamò una donna togliendosi l'elmo, liberando i lunghi capelli verdi, così scuri da sembrare neri.

Avrà poco men di trent'anni, pensò la ragazza.

"Insisto!"

Naya dovette soffocare una risata quando Talema esclamò, "Wow si è anche imparata i nomi, deve tenerci davvero tanto!"

Non vedo l'ora di raccontarlo ad Emily! Pensò, già ridendo immaginando la sua l'espressione.

I servitori fecero come ordinato, nonostante le protesti di alcuni soldati.

"Garred prendi tutto e riponilo nell'altra stanza" ordinò la donna. Poi rivolgendosi a suoi ospiti, addolcì la voce e cominciò a listare i prezzi della stanze, invitando i soldati a scegliere chi li avrebbe accompagnati in quell'avventura di una notte. Talema catturò lo sguardo della donna che prima aveva rifiutato l'offerta di Madame Stock. Aveva la pelle di un verde molto chiaro con degli occhi color ghiaccio che mettevano in risalto la pupilla verticale, delle labbra carnose tendenti al marrone e delle lentiggini verdine che le ricoprivano il viso.

Talema le sorrise per attirare la sua sua attenzione. La donna sembrò ricambiare e senza ripensamenti si avvicinò a Madame Stock indicando la sua scelta. La padrona si girò verso Talema e con un movimento della mano la invitò ad avvicinarsi.

"Talema accompagna la signorina nella stanza 1."

La ragazza deglutì nel sentir pronunciare quella stanza, era la più costosa della casa, non che la più bella. Era davvero raro che qualcuno la affittasse.

Come suo solito porse la mano alla sua cliente, ma notò con stupore la timidezza della donna, come se avesse paura o fastidio di afferrarla.

"C'è qualche problema?" chiese gentilmente.

"No, fammi strada" e le affermò la mano.

Dopo due piani di scale, raggiunsero la tanto famosa stanza numero 1. Solo alcuni dei servi avevano avuto il piacere, o il dispiacere, di poterla utilizzare. Quando entrarono Talema notò con quanta cura era stata arredata. C'erano due gradi finestre da cui si poteva intravedere la luna. Queste erano per metà coperte da delle tende di un rosso intenso, il colore preferito di Madame Stock. Il letto matrimoniale aveva una coperta morbidissima al tatto, tanto che la ragazza cominciò ad accarezzarla insistentemente, senza rendersi conto che era osservata.

"Scusami," disse mortificata.

"Non sei abituata a un lusso del genere vero?" Talema scrollò la testa.

La donna cominciò a guardarsi attorno finché una porta non catturo i suoi occhi. La ragazza intanto si era seduta comodamente sul morbido materasso.

"Vado a farmi una doccia, sono tre giorni che siamo in viaggio senza mai fermarci."

"Vuoi che ti preparo il bagno?" chiese alzandosi immediatamente in piedi.

"Si, mi faresti un piacere."

La ragazza zampettò verso la porta, per poi dirigersi verso la vasca.

"Comunque mi chiamo Sienna, tu sei Talema giusto?" disse sfilandosi i vestiti.

Prima che potesse rispondere, gemette per il dolore quando le sue dita toccarono l'acqua bollente.

"Va tutto bene?" chiese lei nell'altra stanza.

"Si, puoi venire, ormai l'acqua è bella calda."

Ogni cosa era già stata preparata, asciugamani, accappatoi, shampoo.

Madame Stock ha davvero pensato a tutto eh?

"Eccomi!" disse facendo battere i suoi talloni sul pavimento.

Quando entrò era completamente nuda, ma Talema non batté ciglio. Era così abituata a vedere corpi nudi, che ormai la nudità stessa era diventata un indumento.

Nel frattempo che si immergeva nell'acqua calda, fece un sospiro di sollievo.

"L'ultima volta che ci siamo fermati, era ad un osteria con degli alloggi. Sembrava magnifico dopo una settimana di viaggio, l'unico problema era l'acqua. Era gelida!" esclamò con enfasi.

La ragazza sorrise sinceramente e Sienna addolcì lo sguardo.

"Vedi, quello è un sorriso, non come quello di prima per farti notare."

La ragazza sussultò, non avrebbe mai immaginato una tale affermazione.

"Puoi andare nell'altra stanza se vuoi," chiese cambiando discorso.

Talema tornò in sé e con incertezza domandò "Vuoi che io esca?"

"Ti sto chiedendo se è quello che vuoi tu? Ribatté.

"Scusami..." disse aggrottando la fronte. "Ma non capisco..."

La donna sorrise, cercando con le sue parole di innescare qualcosa in quella ragazza. "Ti sto dando una scelta, puoi rimanere qui o sdraiati su letto."

"Sarebbe meglio se restassi qui, nel caso ti servisse qualcosa, a meno che tu non voglia."

Sienna sospirò e cominciò a sciacquarsi togliendosi le sporco di dosso. L'acqua diventava sempre più scura ogni  volta che strofinava la spugna sulla sua pelle verdastra. Talema inconsciamente non riusciva a distogliere lo sguardo, seguendo ogni movimento della donna.

"Quanti anni hai Talema?" chiese freddamente.

"Quasi diciotto, ma non preoccuparti so quello che-" Sienna emise un suono disgustato con la bocca, cambiando espressione. Non era più uno sguardo gentile, ma tra lo schifato e l'accusatorio.

La ragazza alzò il sopracciglio, non riuscendo a capire cosa stesse pensando la sua bizzarra cliente. 
Poteva vedere, da come stavano muovendo le sue labbra, che voleva farle altre domande, ma alla fine restò in silenzio.

"Puoi passarmi l'accappatoio per favore?" disse alzandosi.

Talema lo prese intenta ad avvolgerglielo intorno, ma il braccio ben disteso verso di lei e la mano aperta, facevano presupporre che volesse evitare qualsiasi contatto. Alla fine glielo porse e lei lo afferrò.

Molte domande vagavano nella sua testa. Non riusciva a capire l'atteggiamento di Sienna, che non solo aveva pagato la stanza più costosa, ma aveva anche speso dei sordi per usufruire di lei. Sapeva che c'era un solo modo per capire cosa stava pensando e fece la cosa più stupida, ma anche la più sensata ai suoi occhi.

Quando la donna le passò davanti per uscire, lei le afferrò prontamente la mano e la fece poggiare sul suo petto. Ci fu un momento di silenzio, segnato da continui sguardi.

"Che stai facendo?"

"Il mio lavoro." disse con sincerità.

"Io non ti ho chiesto niente." sfilò via la mano e uscì fuori dal bagno.

Nuovamente la ragazza si trovò in uno stato di smarrimento, era la prima volta che non sapeva cosa fare con un cliente. Quando uscì la trovò sul letto che si rotolava a destra e a sinistra con un sorrisetto beato.

"Proprio come lo volevo!" esclamò con entusiasmo. "Ma quello di casa non lo batte nessuno."

Poi si tirò su e rivolta verso Talema esclamò "Non fare quella faccia o rovinerai il mio entusiasmo."

"Tu hai intenzione di non fare nulla, vero?" chiese schietta.

Sienna tornò seria, "Esatto"

"Perché?" insistette.

"Perché qualcuno a me caso si è trovato nella tua stessa condizione." confessò la donna. "Io non sono un soldato ufficiale della regina, noi tutti siamo dei volontari, non eravamo obbligati ad andare al fronte."

"Continuo a non capire..."

"Ho accettato questo lavoro perché, per quanto fosse rischioso, era l'unico modo per guadagnare un ingente quantità di soldi in modo onesto."

In quel momento un unica cosa le venne in mente, tutto aveva senso, 
"Hai comprato uno schiavo."

"Esatto... Mio fratello." disse sorridendo. "Sei perspicace" Talema sorrise, è il primo complimento sincero che un cliente le abbia mai detto. "È a casa adesso, da un mese ormai."

Per Talema fu inevitabile sorridere ad una notizia del genere, ma provò un po' di malinconia. Avrebbe tanto voluto che qualcuno avesse fatto lo stesso per lei, ma quel qualcuno non esiste. Sono sola.

"Attraverso lui, so cosa si prova e non sarei mai venuta qui se non fosse stato per i miei compagni. E allora ho cercato di trarne il meglio, una bella stanza e una povera ragazza a cui donare la libertà per una notte."

Le sue parole erano più sincere che mai, così come era altrettanto puro il suo gesto per invitarla ad avvicinarsi. La strinse in forte abbraccio e sussurrò "Avete entrambi la stessa età, nessuno di voi due merita di soffrire."

C'era però esitazione in lei, voleva tanto ricambiare quella gentilezza, ma le sue braccia rimanevano rivolte verso terra come se la gravità fosse cento volte più potente e le impedisse di reciprocare il gesto.

"Grazie... Credo." fu l'unica cosa che riuscì a dire in quel momento.

"Ora..." disse staccandosi dall'abbraccio, "andiamo a dormire che è tardi."

La mattina seguente, fu Talema la prima a svegliarsi. La stanza era inondata di luce grazie alle grandi finestre. Dovette battere le palpebre più volte, prima di riuscire ad aprire bene gli occhi. Quando si girò vide che Sienna era ancora lì alla sua destra. Aveva arrotolato la coperta spingendola con i piedi alla fine del letto, Talema invece, nonostante la temperatura non fosse bassa, si era coperta fino al collo, per poterne godere appieno la morbidezza, almeno una volta.

Rimase a letto, finché la donna non si svegliò. Solitamente dopo un determinato orario poteva tornare nella sua stanza, ma quel giorno decise di aspettare.

"Buongiorno," disse sbadigliando. "Dormito bene?"

"Abbastanza." 

La donna si stropicciò gli occhi cercando di capire che ore fossero.

"Le dieci." intervenne la ragazza vedendola in difficoltà. "Vuoi che ti porto la colazione?"

"Quanto costa?" disse con voce addormentata.

"Nulla, è compresa con la stanza." ma non riuscì ad annuire perché fu presa da un'altro sbadiglio. "Vuoi riposare un'altro po'?" 

"No sto bene," disse cercando di assumere un po' di compostezza. "Comunque sì, mi piacerebbe mangiare qualcosa."

"Bene," disse la ragazza scoprendosi dalle coperte. "Te la porto subito!"

"Grazie"

Quando la sera prima aveva accettato di prendere il posto di Emily, non si sarebbe aspettata un risvolto del genere. Credeva che sarebbe stata un'altra notte orribile priva di sonno e invece aveva fatto una delle dormite più rigenerative di tutta la sua vita. Il che era stranamente contraddittorio. La sua natura da Succube le permette di assorbire l'energia sessuale delle persone e attraverso essa ne ricava energia. Paradossalmente parlando, il lavoro che lei tanto odia è l'unica cosa che la tiene in vita. Non deve però necessariamente nutrirsi tutti i giorni, a differenza degli altri Succubi, lei può farlo a distanza di giorni, anche settimane, è questo che la rende diversa dagli altri.

"Ha mai pensato di fuggire?" chiese dopo essersi ripulita la bocca. "Dico seriamente."

"Assolutamente no." si affrettò a dire.

"Perché?" insistette, "Voglio dire... con i tuoi potere puoi soggiogare la mente delle persone, perché non l'hai mai fatto?"

"E' ovvio, mi punirebbero!" esclamò cominciando ad agitarsi. "E prima che tu lo dica, no! non posso manipolare Madame Stock perché è protetta da una barriera, non è una sciocca."

"Va bene, scusami" disse sincera. "Non voglio che ti senti frustrata per le mie parole."

La ragazza teneva la testa bassa, con il viso incupito e la mente in subbuglio.

"Forse è meglio che vada," si alzò dal letto, "sta iniziando a farsi tardi."

Ma quando tentò di fare un passo, sentì qualcosa. Una mano avvighiata alla sua maglietta le impediva di camminare. Si girò e vide quella ragazza, tanto audace la sera prima, guardala con occhi disperati che gridavano aiuto. Ritirò subito la mano, dispiaciuta che i suoi sentimenti avevano preso il controllo di lei.

"Scusa... È che... Quando varcherai quella porta tutto tornerà come prima e..." non riuscì a finire la frase, tante emozioni troppa confusione.

La donna guardò accigliata quei occhi viola inumidirsi, ma nessuna lacrima cadde. Riuscì a vedere quanto Talema si stesse sforzando e provò ulteriore dispiacere.

"Aspetta un attimo." la donna si voltò incamminandosi verso la sacca che aveva risposto davanti al comodino vicino al letto. Prese qualcosa di luccicante tra le mani e tornò sorridente verso la ragazza. 
Si inginocchiò davanti a lei, così da  poterla guardare perfettamente negli occhi.

"Dammi la mano." Talema fece come chiesto e Iriel fece cadere sul suo palmo tre monete d'argento. Lei la guardò con occhi sbigottiti ma prima che poté ribattere Sienna insistette, "Voglio che tu le prenda." disse stringendo la mano sulla sua. "Il cambiamento avverrà solo se ci sarà volontà da parte tua, hai capito?" la ragazza annuì. "Inolte c'è un posto che la regina sta cercando da ben dieci anni e ancora non c'è riuscita. È un luogo per persone un po' particolari come te."

"Che intendi dire?" chiese sperando di aver capito male.

"Emani calore quando dormi, molto calore." Talema sgranò gli occhi. "Ma non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro con me, parola di elfa!"

Come ha fatto a capirlo così facilmente?! Nemmeno Emily se n'è mai accorta.

"Questo posto... Come lo trovo?"

"È nascosto, nessuno lo sa, ma sono sicura che in modo o nell'altro riuscirai a trovare una casa migliore di questa."

In quel momento non le venne in mente di dire "grazie" o "Ti sono grata...", del resto non è mai stata brava con le parole, ma fece quello che le riusciva meglio, esplicare i sui sentimenti attraverso il corpo. Si gettò su di lei abbracciandola, riconoscente per quello che aveva fatto.

"Stai diventando calda di nuovo."

"Lo so."

"Potresti bruciarmi i vestiti sai?"

"Non è mai troppo tardi". Sienna rise.

"Sono conteta di aver potuto fare la differenza per una volta." 
 

Ecco la seconda parte con un nuovo personaggio. Riprenderemo anche la storia di Iris, Ciril e Basil che era rimasta in sospeso. Spero che questo lunghissimo capito vi sia piaciuto, il prossimo sarà sulla rivelazione di Thalia. Al prossimo capitolo~

 

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Capitolo 33
*** Capitolo XXXII ***


So stand in the rain
Stand your ground
Stand up when it's all crashing down
You stand through the pain
You won't drown
And one day, whats lost can be found
-Superchick

 

"Quindi tu hai sempre saputo tutto..." disse la lupa sedendosi sul divano, davanti a lei l'anziana Anaan.

"Si" confessò, "Ho costruito questo posto proprio per volere di sua madre." la lupa si sporse in avanti incuriosita. "Ero a corte quando tutto iniziò, facevo parte di un gruppo di maghi a servizio della regina, non per vantarmi ma ero la sua preferita." disse con un sorrisetto soddisfatto.

"Cosa ti ha fatto cambiare idea? Eri a corte!" esclamò con enfasi.

"Durante i mie anni di soggiorno al castello reale, ho avuto il piacere di servire due regine." disse con un tono reminescente. "La prima regina che servii era buona, amava il suo popolo, c'era sempre una politica repressiva dei rapporti interrazziali, ma non era come oggi. Adesso gli ibridi vengono catturati, seviziati, trucidati..." disse con un profondo respiro, per un secondo la bocca le tremò, come se l'argomento le riguardasse personalmente. "Comunque sia, la seconda regina che servii era diversa da tutte le altre, c'era qualcosa di strano in lei, infatti sai come alla fine andarono le cose."

"Si," sospirò, "La madre di Skye mi ha mostrato tutto con una visione, quindi eri tu quella giovane donna che l'ha aiutata a fuggire..."

"Esatto."

"Non sei invecchiata molto bene!" disse ridendo, Anaan sbuffò cercando di nascondere un piccolo sorriso.

"Come pensi reagirà Skye? chiese, "Tra poco sarà qui, come pensi di gestire la cosa?"

"Non lo so, credo sia troppo da processare per lei... voglio dire, come le spiego che è la legittima erede al trono?"

Poi l'anziana corrugò la fronte e chiuse gli occhi. "Sono tornati!" disse improvvisamente. "Usa le parole giuste Thalia, hai capito?" la ammonì.

Subito dopo si sentirono alcuni passi al di fuori della casa, finché la serratura del portone non si aprì. Thalia si alzò immediatamente in piedi cominciando a sudare freddo. Tutta la sicurezza che aveva, ogni volta che si trattava di Skye, le crollava addosso, soprattutto se doveva parlare di un argomento così serio. Quando la ragazza entrò teneva una busta della spesa, mentre Aruel, dietro di lei, portava una valigetta in cuoio.

"Siamo tornati!" disse il ragazzo.

"Chi l'avrebbe mai detto!" esclamò Anaan verso Thalia. La donna le sorrise in modo malevolo e la lupa alzò gli occhi al cielo.

Osservò Skye posare a terra la pesante busta che le aveva indolenzito la mano. Intanto pensava a cosa fare, cosa dire. Si girò verso Anaan in cerca di coraggio, lei le sorrise e le mimò che poteva farcela.

"Scusa se sono andata via senza dirtelo" disse mentre raggiungeva Thalia. "Non volevo svegliarti." disse dandole un bacio sulla guancia.

A Thalia piaceva quando lo faceva. Adorava che ogni volta che Skye doveva baciarla era costretta ad alzarsi sulla punta dei piedi ed appoggiare le mani sulle sue spalle. Pensò che forse Utopia potesse dare davvero una svolta alle loro vite, ma aveva anche timore che una volta confessata la verità Skye non sarebbe stata più la stessa.

"Ti ricordi che ti avevo detto che dovevamo parlare?"

"Certo" rispose con tono sconsolato, "Qual è il problema?"

"Meglio se ci sediamo." disse volgendosi verso la cucina.

le due ragazze andarono a sedersi, intanto Anaan si rivolse ad Aruel, "è quello che penso?" disse indicando la valigia. Il ragazzo annuì. "Bene"

Erano tutti seduti intorno al tavolo, Thalia difronte a Skye, Aruel e Anaan ai lati. Si poteva percepire la tensione che c'era in aria. Thalia era quasi più agitata di Skye e più il tempo passava, più non riusciva a trovare le esatte parole.

"Thalia" la chiamò l'anziana.

La lupa tornò in sé cercando di ricordare tutto ciò che la donna le aveva rivelato. Cominciò a battere le unghie contro la superficie in legno, creando un suono fastidioso.

"Da cosa cominciò?" chiese ad alta voce a sé stessa.

"Dall'inizio" suggerì l'anziana.

"Allora... Skye," sospirò. "Sarà difficile per te capire, dato che sei nata nel mondo degli umani."

"Ormai mi sono abituata Thalia"

Thalia schiarì la voce. Quando cominciò a parlare, le parole cominciarono a scivolare via senza fermarsi. Le spiegò come la loro regina, Shanti, era una creatura unica nel suo genere. Ogni cinquanta anni, ella partoriva, senza alcun compagno, un nuovo essere, che altri non è che la sua reincarnazione. In questo modo, le memorie di tutte le regine vengono trasmesse a quella nuova, così che possa continuare il suo operato.

Skye sembrò stupita, ma non quanto la lupa pensasse. Ormai aveva capito da tempo che quel mondo viveva sulle proprie regole e tutto ciò che sapeva sul proprio non aveva utilità lì.

"Fin qui ci sei?" Skye annuì.

"Bene, perché questa parte non ti piacerà." dichiarò sospirando.

"Riguarda me?" suppose con incertezza. Thalia lanciò un'occhiata veloce a Anaan, poi rivolse lo sguardo sulle sue mani cercando di evitare il contatto visivo con Skye.

"Sì Skye, ma principalmente tua madre."

"Che c'entra mia madre?" chiese confusa

"Lei non è la donna che tu conosci." la ragazza corrugò la fronte.

"Che intendi dire?" chiese quasi con aggressività.

Thalia si alzò, si avvicinò a Skye e si inginocchiò. "Meglio se te lo mostro." la ragazza si girò difronte alla lupa, dando le spalle ad Aruel. Thalia le prese il viso tra le mani, cercando di spingerla verso di lei, con delicatezza, senza forzarla. Lei si avvicinò lentamente, finché le loro fronti non si sfiorarono.

Lentamente sentì che le calde mani di Thalia svanivano. "Skye apri gli occhi" lei fece come detto. Sussultò quando, guardandosi attorno, capì che non si trovava più nella loggia. Era un sfarzosa stanza da letto, con mobili in legno pregiati, su cui poggiavo gioielli inestimabili, con incastonate le pietre più preziose. I colori che regnavano erano il bianco e l'oro, ad eccezione del soffitto, colorato da un immensità di dipinti, confinati in delle volte. Raffiguravano regine, maghi, elfi, guerrieri e soldati.

Ma tale luogo non le era affatto sconosciuto, avendo vissuto in un palazzo reale, conosceva bene l'architettura di un castello. "È la camera di un reale" disse ad alta voce.

"Esatto" confermò Thalia comparendo al suo fianco.

Improvvisamente delle persone irruppero nella stanza aprendo in modo violento la grande porta a due ante. Avevano sguardi segnati dalla paura o dall'emozione. Skye si spaventò ma prima che potesse fare o dire qualcosa Thalia le prese la mano e le disse "non possono vederci."

Dietro a quei uomini e donne, comparvero due guardie che portavano in braccio una donna urlante. La poggiarono sul letto facendola sdraiare. La donna gridò nuovamente quando le doglie la colpirono. Strinse la coperta con i propri pugni, quasi intenta a strapparla.

"Stia calma." cercò di dirle quello che sembrava un medico.

La donna si alzò per guardare l'uomo con occhi assassini e quasi ringhiando gridò "Mai dire ad una donna incinta di stare calma! TANTO MENO ALLA REGINAAAA" gridò sopraffatta dal dolore.

"La... regina?" ripeté Skye. "Non dovrebbe avere cinquant'anni?"

"Esatto... 'dovrebbe'" sottolineò, "Invece ne ha venticinque."

"Perché mi fai vedere la regina? Che centro io?"

Ma Thalia non le rispose, in quanto la risposta era davanti ad i suoi occhi. Dopo qualche minuto gli urli della regina furono sovrastati da quelli di un neonato. Tutti esultarono.

Ma la regina sembrava ancora sofferente, finché non gridò con stupore e paura. "Ce n'è un' altraaa!" digrignò di nuovo i denti e inarcò la schiena.

"Com'è possibile!" gridò il medico vedendo la testolina della neonata. Si sbrigò a posare l'altra bambina nella culla e tornò correndo dalla sua regina "Eccola!" gridò quando la vide uscire.

Ci fu un momento di silenzio nella stanza. Il medico prese tra le braccia la neonata, voltandosi verso i presenti. Aveva la bocca mezza aperta per lo stupore e due occhi spalancati.

"Fatemele vedere..." disse la regina con un filo di voce. Ma il medico troppo scosso non la sentì.

"Com'è possibile?!" si fece avanti una dei presenti. Aveva un lungo vestito viola con gioielli dello stesso colore. Aveva la pelle scura con ricci capelli neri raccolti in una cipolla e sembrava avere almeno quaranta anni.

"Anaan" la chiamò la regina. "Portarmele!" disse con più convinzione. La giovane donna annuì. Andò dalla bambina nella culla, la prese in braccio, ancora sporca di sangue e la portò da sua madre. La regina allargò il bracciò e strinse la bambina a sé.

"Quella sarebbe la nostra Anaan?" chiese Skye sbigottita.

"Si" disse ridendo la lupa.

La maga si volse verso il dottore e con fare imperativo disse "Valon anche tu"

L'uomo, ancora scioccato, si avvicinò lentamente alla sua regina porgendole la bambina, che abbracciò con l'altro braccio.

"Uscite tutti..." ordinò poi, "Uscite tutti!"

I presenti si affrettano ad uscire, quasi correndo, dalla stanza.

"Tranne te Anaan" impose.

La maga chiuse la porta e si avvicinò al letto della regina.

"Perché questo?!" disse con voce spezzata.

"Non me ho idea mia signora." disse scuotendo la testa. "Va oltre le mie conoscenze."

"Tra ventiquattro ore la mia anima lascerà questo corpo per entrare in uno nuovo... Come è possibile che abbia partorito due bambine invece che una?!" gridò disperata. Guardò entrambe le sue bambine, una con i capelli biondi, quasi bianchi quanto la sua carnagione, e l'altra sempre bianca come la neve ma con i capelli corvini. Quest'ultima la guardava, volgendo la testa all'indietro. Dei bellissimi occhi come il cielo la osservavano, curiosi e vivi.

"Che cosa devo fare?" chiese con rassegnazione.

"Mi dispiace non lo so." confessò abbassando il capo.

"Tu..." disse afferrandole la mano "Quando nacqui eri la mia protettrice, la Guardiana Della Rosa, avevi il compito di crescermi, di istruirmi, di darmi amore, proprio come una madre. Per questo devo chiederti questo... Qualsiasi cosa succeda, proteggile..."

"Certo" esclamò stringendole le mani "Ucciderei chiunque pur di tenerle al sicuro."

"...L'una dall'altra" concluse la regina, la maga corrugò la fronte.

"Che intendete con 'l'una dall'altra'?"

"Non lo so, un presentimento forse..." disse guardando il vuoto. "Promettimelo!"

"Lo giuro!" esclamò con convinzione.

"Bene" bisbigliò, "Ora, non posso dare il mio nome ad entrambe, per questo lei" indicò la corvina "si chiamerà Mor." poi volgendosi verso l'altra, "Lei invece Shanti."

Lentamente la scena si offuscò lasciando le due ragazze nell'oscurità.

"Thalia, quanto tempo fa è successo?"

"Quarantaquattro anni fa..."

"Da quanto ho capito la regina al trono è una sola ora, perché?" disse confusa.

"Te lo mostro subito."

Tra il buio che le circondava iniziarono a formarsi delle immagini, inizialmente sbiadite, poi sempre più nitide. Mostrava due ragazze, due gemelle. Litigavano, si picchiavano, basta immaginare cosa successe quando entrambe impararono l'arte della spada. Ma era evidente in ogni ricordo come Shanti riuscisse sempre a sopraffare la sua metà, in ogni cosa. Di carattere forte ed autoritario, a tratti impassibile difronte ai dolori degli altri. D'altra parte c'era invece Mor, una ragazza sognatrice, che teneva al proprio popolo a differenza della gemella. Vedeva il buono anche dove non c'era, per lei la parola malvagio non esisteva, "tutti nascono buoni" diceva "è il mondo che poi li cambia, per questo dobbiamo cambiare il mondo." Non amava le vecchie leggi che le sue precedenti reincarnazioni professavano, era disgustata che la vecchia se stessa avesse fatto certi atti. L'unica cosa che voleva era la pace fra i popoli, la fine dell'esilio dei Licantropi, la fine della guerra contro gli Orchi e i loro alleati. Sua sorella non condivideva le sue idee. Di natura spietata, amava reprimere i più deboli, amava il sangue, la guerra, i cadaveri ammassati gli uni sugli altri, ma più di tutto odiava il mescolamento del sangue. 

Finché un giorno le sue intenzioni uscirò alla luce.

"Anaan!" la chiamò Shanti.

"Si mia signora, sono nella vostra stessa stanza, non c'è bisogno di urlare." disse irritata.

"C'è una cosa di cui vorrei discutere con te, è molto importate."

"Mi dica."

"Si tratta di mia...sorella" disse con un velo di disprezzo.

"È successo qualcosa con Mor?"

La giovane donna, seduta davanti al suo specchio, si girò per guardare negli occhi quella che professava essere la sua Guardiana Della Rosa.

"Anaan, ricordi cosa ti disse, anzi, ti dissi dopo il parto anni or sono?"

"Certamente che lo ricordo, ho fatto un giuramento."

"Ricordi anche le esatte parole che ti dissi?"

"Di proteggere lei e sua sorella ad ogni costo, da chiunque e da qualsiasi cosa."

"Dissi anche un'altra cosa, ricordi?"

La maga deglutì con nervosismo, sapeva benissimo a cosa la giovane regina si stava rivolgendo e da donna perspicace quale era, sapeva già cosa la regina voleva. Conosceva l'odio che lei nutriva verso la gemella, era noto a tutti.

"Allora Anaan? Se non lo ricordi significa che questo giuramento non aveva molto significato per te."

"No mia regina, lo ricordo"

Shanti la guardò sorridendo ma non c'era nulla di buono in quell'espressione.

"Quel giorno di ventisette anni fa," raccontò la maga con capo chino, "lei mi disse di avere un brutto presentimento e forse avrei dovuto proteggere lei e Mor l'una dall'altra."

"Esattamente." disse con un grande sorriso ed occhi spalancati. "Sai ultimamente mia sorella ha assunto un comportamento sbagliato, del resto c'eri anche tu quando mi ha costretta ad annullare la condanna a morte a quei due uomini di due specie diverse. Disse che non c'era bisogno di ucciderli, utilizzando la scusa che non avrebbero potuto procreare." sbottò.

"Mia regina, capisco il suo punto vista riguardante il mescolamento delle razze, ma non c'è bisogno di uccidere."

"Anaan," disse alzandosi. "Io sono un essere immortale, ho vissuto milioni di vite, è per questo che sto al trono. So quello che faccio, so quello che dico."

"Anche sua sorella!" ribatté.

Shanti fece un passo indietro, inizialmente stupita per tanta insolenza e poi disgustata.

"Dillo che ami più Mor che me!" alzò la voce.

"Qui non stiamo parlando di amore e famiglia Shanti, ma del futuro del nostro popolo. Se continui ad uccidere innocenti solo perché non rientrano nei tuoi gusti, questo mondo andrà in macerie."

"Esci!" gridò, "VATTENE!"

Anaan corse verso la porta, sbattendola con forza. C'era delusione sul suo volto, ma anche rimpianti e sensi di colpa.

Skye e Thalia guardarono in silenzio la regina che, ormai sola nella sua stanza, diede sfogo a tutta la sua frustrazione. Cominciò a lanciare oggetti, a strappare coperte, cuscini, qualsiasi cosa che le capitava sotto mano. Alla fine ritornò davanti al suo specchio. I capelli biondi scompigliati, gli occhi castani che gridavano rabbia. Si guardò per qualche secondo, poi lei ultime parole "Allora la ucciderò io stessa"

L'immagine pian piano svanì, lasciando le due ragazze di nuovo sole.

"La regina rappresenta la morte e la rinascita, il ciclo della resurrezione che porta alla perfezione il nostro mondo. Quel giorno quelle'essere così finito, che dovrebbe rappresenta l'utopia, aveva generato un impurità."  

Si voltò verso Skye con uno sguardo triste, ancora tentennando a dire quella fatidica frase. 

"Mor era diversa, era speciale, i suoi poteri andavano addirittura oltre l'utopia. Aveva il potere di creare la vita semplicemente pensando." 

Si girò di nuovo a guardare l'oscurità, chiuse gli occhi e una serie di immagini cominciarono ad apparire, mentre continuava a raccontare.

"Quando Shanti tentò di ucciderla, inconsciamente fu in grado di creare un essere che la salvò."

Skye vide come Shanti, con odio negli occhi stava per pugnalare la sorella. Non aveva armi, aveva solo una vestaglia a dosso, nulla con cui proteggersi o contro attaccare. Skye guardò la scena con occhi spalancati ansiosa di capire cosa sarebbe successo. Mor si coprì spontaneamente il viso con il braccio per proteggersi e gridò non appena vide la lama davanti al viso. I suoi occhi cambiarono colore, erano di un nero pece. Una luce intensa invase la stanza stordendo Shanti.

Anche Skye chiuse gli occhi per non rimanere accecata, senza rendersi conto che non aveva effetto su di lei, perché era un semplice fantasma.

Quando la regina aprì gli occhi, vide davanti a sé una figura nera, posta davanti a Mor per proteggerla. Aveva mani e braccia come un normale essere umano, il colore della pelle era più scuro della notte. Non aveva capelli né organi genitali. Aveva due occhi con l'iride bianca e labbra nere. 
Con la sua postura imponente e lo sguardo minaccioso, spaventò la regina.

"Che diavolo..." balbettò scioccata, "Cos'è quell'essere? Cosa sei tu?!"

L'ho creato io? Penso Mor.

L'essere si girò a guardarla, fece un piccolo inchino con la testa, per poi rivolgere di nuovo lo sguardo alla regina.

Shanti gridò e corse verso di lui con il pugnale in alto. Forse più per paura che per rabbia, e attaccò l'essere.

"Non farle male!" urlò Mor alla creatura da lei creata.

L'essere bloccò Shanti per il polso, impedendole di colpirlo. Tentò allora con la mano libera di colpirlo con un pugno allo stomaco, ma anche quell'attacco fu parato. 
La creatura si girò nuovamente verso sua madre, la guardò intensamente per poi fare uno strano verso con la bocca.

"Grazie..." disse la ragazza.

Shanti la guardò con la coda dell'occhio correre via e con furore le strillò "Dove vai?! Non scappare!"

Ma aveva ormai chiuso il portone alle sue spalle. I soldati che erano di guardia erano riversi a terra, ma non c'era sangue.

Skye e Thalia continuavano a guardare quella figura correre tra i corridoi finché non bussò insistentemente ad una porta. Dopo qualche secondo, Anaan comparì sulla soglia, con i capelli spettinati ma con un'armatura leggere. Prese la ragazza per il polso e la trascinò nella sua stanza. 

"Stai bene?!" chiese agitata mentre le teneva il viso tra le mani.

"Io... Non lo so" balbettò

"Sento la presenza di qualcosa," disse preoccupata. "Che cosa è successo?"

"Lei... mi ha attaccata e..." gli occhi le diventarono lucidi.

La donna fece un sobbalzo, d'improvviso gli occhi le diventarono viola e rimase con la bocca aperta "Ha assoldato una strega!"

"Cosa?!" esclamò, "Ma... Ma..." la vista lentamente le si annebbiò e a stento riuscì a tenersi in piedi. 

"Ehi!" Anaan la sorresse per le braccia, ma la ragazza ormai incosciente cadde a terra. 

La visione si frammentò nuovamente e svanì.

"Quel fascio di luce..." disse Skye con fatica, "assomigliava tanto al mio"

Thalia annuì e abbassò la testa evitando il contatto visivo.

"E quella creatura... Non dirmi che..." gli occhi cominciarono ad inumidirsi e le parole non riuscivano ad uscire.

"Quello era il primo esemplare dei suoi figli." confessò la lupa.

Le lacrime cominciarono a rigarle il viso e si accasciò a terra in ginocchio. "È tutta una bugia" disse mentre si copriva il viso con le mani. Una valanga di pensieri la travolsero. Capì che la sua vita era stata un inganno quando la lupa le disse che sua madre aveva la capacità di modificare i ricordi. "L'ha fatto anche con te e tuo padre." le disse con freddezza o quasi con lucidità, come di chi ne aveva passate tante.

"Vuoi continuare?" le chiese con gentilezza.

Skye rimase in silenzio. L'unico suono era il suo singhiozzo sofferto.

Thalia si chinò, le posò una mano sulla testa e l'accarezzò. Si ricordò come suo fratello era solito farlo quando era giù di morale. Non la faceva sentire meglio ma almeno capiva che c'era qualcuno al suo fianco su cui poteva contare e con cui condividere il proprio dolore.

Skye alzò il viso, le sorrise tra le lacrime. Non era un sorriso sincero, sorridere era l'ultima cosa che riusciva a fare in quel momento. Ma si sentì quasi in dovere di farlo, non sapeva perché, ma pensava fosse giusto, specialmente nei confronti di Thalia che le era sempre stata accanto.

"Si" disse infine. Tirò su col naso e si asciugò le lacrime con le maniche della maglietta. "Fammi vedere."

Thalia le perse la mano e l'aiutò ad alzarsi. "Come desideri"
 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! eh si la storia della regina è parecchio bizzarra ma considerando che è un mondo fantasy tutto può accadere. Ditemi cosa ne pensate e al prossimo capito!

 

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Capitolo 34
*** Capitolo XXXIII ***


You will grow all you need to grow inside my spine
And then take what you need to take, what's yours is mine
And then just give all you want of it 
to some new thing
I'll stay here, 
the provider of that constant sting
they call love
-Daughter

 

Skye non sapeva come elaborare ciò che aveva visto, figurati se c'era ancora altro da vedere. Ma Thalia l'aveva rassicurata "Abbiamo quasi fatto" le aveva detto, anche se quello che avrebbe visto dopo le avrebbe fatto più male.

La regina spodesta era riuscita a fuggire grazie all'aiuto di una più giovane Anaan, che era riuscita a far perdere le sue tracce grazie ad un incantesimo. Neanche le Falcidie, esperti segugi, erano riuscite a tracciarla e ad eliminarla.

"LA VOGLIO MORTA!" Aveva gridato la regina ai suo fedeli sottoposti. Ma per quanto fosse forte il suo desiderio, di vedere la testa della sorella avvolta da un panno rosso, nessuno l'aveva più trovata.

Erano passati anni da quella fuga e nessuno aveva più sentito parlare di lei. La popolazione e la corte l'avevano dimenticata, come se non fosse mai esistita. E se nessuno si ricorda di una regina scappata, allora non esiste alcuna regina.

"Vai dove nessuno sa chi sei." le aveva detto la maga, e così lei fece. Aveva varcato il confine che divideva i due mondi. Non sapeva i costumi degli umani, né le loro usanze, aveva provato ad integrarsi, ma quel mondo era così diverso del suo, si sentiva minacciata e non al sicuro come credeva. Era rimasta in solitudine per per qualche anno, perfezionando i suoi poteri. Si era rifugiata in una piccola catapecchia abbandonata, che lei aveva reso la sua nuova casa. L'uniche volte che andava in città era per comprarsi del cibo. Tutti la conoscevano come la Donna con il Velo Nero, perché i suoi capelli erano così lunghi e neri come la pece che sembravano coprirla come una veste. La maggior parte delle persone pensava o che era una povera vedova o un orfana senza famiglia. C'era chi addirittura credeva fosse un messaggero di morte, a causa della sua pallida carnagione, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di chiedere a lei stessa la sua storia. Poi una notte, qualcuno busso alla sua porta. Non le era mai successo in due anni che qualcuno le facesse visita, pensava fossero dei forestieri o dei banditi. Accese la piccola candela e con cautela si avvicinò alla porta. Qualcuno bussò nuovamente, sta volta più insistentemente. La donna prese un piccolo tronco non bruciato da dentro il camino e aprì con uno scatto la porta.

"Che... Cosa?" non riusciva a pronunciare alcuna parola. I suoi occhi si inumidirono, bagnandole le candide guance.

La figura davanti a lei le sorrise con sguardo infantile ed esclamò "Finalmente ti ho trovata mamma." L'essere che al momento del tradimento della sorella l'aveva salvata, era lì dinanzi a lei.

"T-tu!" balbettò Mor. "Come hai fatto?" disse finalmente sorridendo. Ma l'essere non rispose, bensì rimase lì a guardarla con un dolce sguardo. Dopo qualche secondo di silenzio, la donna lo invitò ad entrare in casa sua.

Fu così che cominciò a creare la sua prima stirpe, i cosiddetti primi figli, esseri soprannaturali di nessun sesso, ne maschi, ne femmine. Avevano la capacità di cambiare forma e di assumere fattezze umane. Riuscirono a cambiare quelle pelle nera come la notte in una più umana, compresi i capelli. Ma la maggior parte di loro volevano rimanere fedeli a sé stessi e alla propria natura. Con il tempo quella piccola catapecchia fu popolata di persone e c'era bisogno di una casa più grande. Si misero tutti a lavoro e da soli riuscirono ad ingrandire la casa e a renderla più abitabile. Inizialmente erano solo in sette, poi aumentarono, ancora e ancora. Con il passare degli anni quell'isolamento divenne sempre più duro. Volevano tutti conoscere il mondo degli umani ed in generale scoprire il mondo. Cominciarono tutti a cambiare forma, cominciarono a fare esperienze, amicizie, amori, ma non furono gli unici, anche Mor si era affezionata a qualcuno. Un nobile uomo che ogni tanto faceva passeggiate nei boschi con il suo cavallo. Il loro primo incontro fu abbastanza semplice, si incontrarono in un sentiero mentre la donna ritornava a casa. Si erano scambiati uno sguardo, ma nulla di più. I loro casuali incontri diventarono così frequenti che un giorno l'uomo non riuscì a frenare la sua curiosità.

"Qual è il vostro nome signorina?" le aveva chiesto con garbo.

"Margaret" disse d'impulso, un nome tipicamente umano. "E voi?"

"Lucas Carter mia signora." disse chinando il capo "Al suo servizio". La donna rise, non più abituata a tali galanterie.

"Dove eravate diretta signorina Margaret?"

"A casa, signor Carter"

"Vuole che l'accompagni?"

"No ma vi ringrazio, i miei figli mi stanno aspettando, non vorrei dilungarmi troppo."

"Quindi ha dei figli, non sembra sapete? Suo marito deve essere un uomo fortunato per avere una donna così bella al suo fianco."

"In realtà non ho marito signor Carter." ammise con un velo di malizia. "Ma adesso devo veramente andare, arrivederci."

"Senz'altro!" disse lui galoppando nella direzione opposta a quella della donna. "Non vedo l'ora."

Quindi è così che i miei si sono incontrati, papà sembra così felice...

Poi improvvisamente ci fu un susseguirsi di scene, incontri amorosi, sfociati poi nel matrimonio. Era evidente che a lui non interessasse il suo rango, era innamorato e così anche lei. Anche i suoi figli non avevano nulla da ridire, la loro madre era felice, quindi loro erano felici. Tutto cambiò quando la ribattezzata Margaret rimase incinta. La bambina, non creata come la tradizione, ma concepita come segno del legame che univa i due.

Skye guardò con occhi serrati la sofferente scena del parto, dove lei venne alla luce. Vide la sua levatrice aiutare sua madre in quella che sembrava quasi un impresa impossibile. Quando i suoi strilli invasero le mure della casa, Lucas irruppe nella stanza nonostante le proteste di Ruth. Ancora una volta vide il suo stesso padre sprizzare di gioia, come non lo aveva mai visto.

Le venne quasi da piangere, non aveva mai ricevuto un tale sguardo da lui, mai. In quel momento si chiese cos'è che fosse andato storto, cos'è che l'ha reso l'uomo che è adesso.

La risposa alla sua domanda era però difronte a lei.

Con il tempo Margaret cominciò ammalarsi e ad indebolirsi, sentiva come se le sue energie le venissero assorbite. Perché effettivamente era proprio quello che stava accadendo. Lei era andata contro la sua stessa natura e adesso ne stava pagando le conseguenze. I suoi figli cominciarono a vedere a malo modo la presenza della loro sorellina più piccola, ormai una minaccia per la stessa esistenza della loro cara madre. Ma questo cambiamento nei cuori dei suo figli non le rimase sconosciuto. Sapeva che prima o poi, in ordine di far vivere la piccola Skye lei sarebbe dovuta morire.

"Amore" disse un giorno a Lucas. "C'è una cosa che devo dirti." e come se quel dono fosse stato trasmesso da madre in figlia, la donna prese tra le sue mani il viso del marito. Quando le loro fronti si toccarono, lei gli trasmise tutti i suoi ricordi, i più dolorosi, i più felici, i più intimi, ogni cosa. E fu così che lui scoprì che sua moglie era la regina di un mondo lontano e che aveva creato altri esseri che la consideravano come una madre.

Skye guardò con silenzio ed attenzione ogni cosa. Teneva gli occhi fissi, quasi non sbattendo le palpebre. Si mordeva le unghie insistentemente, Thalia la osservava preoccupata.

La visione mostrò poi ciò che aveva più segnato la lupa. Desiderava davvero che Skye non la vedesse, ma era inevitabile. Allora Thalia si girò di spalle lasciando la ragazza sola a guardare.

"Thalia?" la chiamò, ma lei rimase voltata.

Skye guardò sconcertata e con occhi lucidi la scena. Mentre Thalia ad ogni fragore si stringeva le spalle.

"Mamma!" aveva gridato con voce stridula mentre fuggiva.

La lupa si mise lentamente in ginocchio per poi coprirsi le orecchie. Skye si girò e si piegò abbracciandola, circondandole i fianchi. Ma girando il viso continuò a guardare cercando di capire cosa avesse a che fare Thalia con sua madre. Ma neanche il tempo di farsi quella domanda che vide comparire lei da piccola con Mor.

Quindi mia madre ci ha... Connesse. Pensò stringendo ancora di più la lupa. E le ha dato un frammento del suo potere per proteggermi...

Successivamente vide Mor andare da Lucas, lo baciò senza preavviso ed esclamò "Perdonami". I ricordi che possedeva, sulla vera identità della donna, vennero completamente cancellati. "Addio" disse baciandolo sulla guancia. L'uomo cadde a terra svenuto, inconsapevole che la donna che amava lo avrebbe presto lasciato.

Con le sue ultime energie lanciò un potente incantesimo di protezione intorno a tutta la casa, così che nessuno dei suoi figli sarebbe potuto entrare. Fu in quel momento che di lei ne rimase solo il vestito e una rosa bianca appena sbocciata.

Skye poté così vedere come era realmente morta sua madre. Per far vivere lei, aveva dato via la sua stessa vita.

"Stai bene?" le chiese Thalia.

"Si, ma dovrei essere io a farti questa domanda." rispose. "È tutto?"

"Si"

"Allora andiamo, non voglio stare qui più a lungo del necessario e so che lo stesso vale per te."

La lupa annuì. Entrambe si alzarono e prendendosi la mano uscirono da quel mondo illusorio.

Finalmente ho finito questa cosa del Flashback, perché ho molte idee per i prossimi capitoli che non vedo l'ora di metterle per iscritto. Ho già fatto qualche bozza, motivo per cui ci ho messo una vita a pubblicare questo capitolo, continuavo a distrarmi.
Da notare però i parallelismi tra Agrid, amore ossessivo, e Mor, vero amore materno. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e alla prossima~

 

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Capitolo 35
*** AVVISO!!! ***


Per tutti quelli che stanno seguendo questa storia e non la vedono aggiornata da molto è perché la mia piattaforma principale è wattpad, vi consiglio caldamente di andare lì in quanto sto revisionando i capitoli e qui modificarli è molto difficile. Continuerò comunque ad aggiornare anche se non molto frequentemente. Questa scelta è dovuta anche al fatto che qui ho poco seguito rispetto all'altro sito. 

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Capitolo 36
*** Capitolo XXXIV ***


Can anybody hear me 
I'm hidden under ground
Can anybody hear me 
Am I talking to myself
-Melanie Martinez

 

1 anno prima

Quella mattina Talema tornò in camera sua con un umore decisamente positivo. 
Trovò Emily che faticosamente stava sistemando il proprio letto, quasi con affanno.

"Ehi" la salutò la succube. "Ti serve una mano?" chiese preoccupata.

"Oh!" si girò sorpresa. "Ciao Taly!" esclamò per poi voltarsi nuovamente e sistemare la coperta. "Allora com'è andata?"

"Molto bene." disse sorridendo.

La bionda lo notò con la coda dell'occhio e la guardò con un ghigno. "Cos'è quel sorrisino?" disse sbattendo le mani l'una contro l'altra, indicando che aveva finito.

"Nulla." disse guardando al cielo con un piccolo sorriso.

"Tu non me la racconti giusta!" disse avvicinandosi e raggiungendo le sue mani. Ma nel momento in cui le sfiorò la succube si scansò con un violento scatto. "Che c'è?" chiese perdendo il sorriso. "Ho fatto qualcosa..."

"No." si affrettò a dire. "È che..."

È che ho ancore le monete in mano!

"Cosa?" chiese agitandosi. "Ti hanno fatto male?" la succube non rispose. "Fammi vedere." le ordinò pensando che avesse qualche problema ai polsi, ma quando guardò più attentamente vide che la ragazza stringeva qualcosa nella mano destra. Il suo sospetto si ingrandì quando l'amica la nascose dietro la schiena. "Talema." la richiamò, gli occhi dell'altra spaventati. "Fammi vedere." ordinò quasi con rabbia. "Adesso."

Talema finalmente dopo le pressioni dell'elfa, mise in vista la mano, ancora restia nell'aprirla. "Perdonami." disse mostrando le monete. Abbassò lo sguardo per paura di fronteggiare lo sguardo dell'altra. Ma quando ci fu solo silenzio, si decise a guardarla negli occhi, in quel momento si rese conto che la guancia era in fiamme e che aveva perso l'equilibrio. Tutte le monete caddero a terra sul pavimento in legno. Talema alzò di istinto la mano e si toccò la mandibola, scioccata dalla reazione di Emily.

"Sai che cosa hai fatto?" gridò l'elfa. "Che cosa hai in testa?" continuò a rimproverarla. "Tu-" soppresse un lamento diventando tutta rossa in viso.

"Mi dispiace," disse mortificata. "Me le ha messe direttamente in mano, non sapevo cosa fare." disse giustificandosi, ma Emily non sembrava essersi calmata.

'No' dovevi dire!" esclamò, "Un semplice, stupidissimo 'no'!"

Era la prima volta che la vedeva così arrabbiata, non pensava che avrebbe fatto suscitare in lei una tale reazione.

Ma prima che facesse altro raggiunse la porta e la chiuse a chiave, così avrebbe potuto inveire contro la ragazza più che poteva. "Se sanno che hai preso dei soldi, sai cosa ti faranno? Lo sai?!" la rimproverò con ancora più foga.

"Lo so!" esclamò. "Ho capito basta!" disse guardando sempre verso terra.

Emily sbuffò e si piegò a terra intenta a raccogliere le monete, seguita subito dopo da Talema. "Faccio io!" le disse, prima ancora che mettesse mano a terra. "Quante sono?" chiese ancora china.

"Sei." rispose e Emily continuò a cercare.

"Ne manca una." disse guardando per l'ultima volta sotto il letto. "No, non c'è. Sicura che non sono cinque?" la succube annui, dando un'occhiata anche lei sul pavimento.

"Merda!" esclamò con sconforto.

"Senti, se non la troviamo noi, nessun altro la troverà." le disse fiduciosa la bionda. "Okay?" ma la sua espressione preoccupata la tradiva, le mani sudate, il respiro veloce e gli occhi che continuavano a scrutare insistentemente il pavimento, facevano presupporre che era molto più che agitata.

"Si." annuì. "hai ragione." disse cercando di convincere se stessa.

"Comunque, per adesso queste le terrò io." disse mettendole in un sacchetto preso dal comodino. "Le metto qui," e lo infilò nella fodera del cuscino. "Non osare prenderlo." Talema annuì con vergogna. "E prega che nessuno trovi la sesta." L'elfa aspettò che Talema annuì, poi aprì la porta, "vado a fare il bucato, è il mio turno oggi. Non fare altre sciocchezze."

Ma nel momento in cui oltrepassò la soglia un'alta figura maschile le bloccò la strada. "Ciao." le disse il ragazzo con un sorriso.

"Cosa vuoi?" chiese scorbutica lei, ancora reduce dall'accesa discussione.

"Io volevo parlare con Talema." disse indicandola con il dito.

L'elfa con uno sguardo tra l'incuriosito e lo stressato chiese, "Che significa?" ma Talema alzò la mani. Allora Emily si girò di nuovo verso di lui,  con uno sguardo minaccioso e prima di uscire spingendo il ragazzo disse, "se ci sono problemi non esitare a chiamarmi."

Il ragazzo si avvicino a Talema con passo insicuro e imbarazzato. Aveva dei capelli ricci e neri come la pece, una pelle bianca e una bellezza innata, ma la cosa che colpì la ragazza erano i suoi occhi di un blu profondo come il mare, proprio come i suoi.

"Ciao." disse imbarazzato strofinandosi le mani con disagio. "Mi chiamo Galan." disse sorridendole.

"Piacere." rispose anch'ella con un sorriso, "ti ho già visto?" chiese corrugando la fronte cercando di ricordare.

"Si, ieri eri con la mia ragazza." 

"Oh," esclamò, "Si, Naya." il ragazzo annuì. "È successo qualcosa?"

"No," disse scuotendo la testa. "Volevo solo chiederti un favore." Talema lo guardò attenta e il ragazzo proseguì. "Sai Naya non ha molte amiche, in realtà era la prima volta che la vedevo parlare con qualcuno." disse con lunghe pause, come se avesse difficoltà o disagio a parlare di qualcosa che riguardava i fatti di qualcun altro. "Tra dieci giorni sarà il suo compleanno ed io," disse tirando fuori da una tasca dei pantaloni una scatola di piccole dimensioni, "le ho fatto questo." disse porgendolo alla ragazza. "Dentro c'è un bracciale," con imbarazzo aggiunse "in realtà l'ha dimenticato una delle mie clienti."

"Certo." gli disse comprensiva. "Guarda cosa siamo ridotti a fare." disse tra se ad alta voce. "Cosa vuoi che faccia?"

"La padrona mi ha venduto." disse accigliandosi. "Come sai noi Incubi siamo molto voluti." Talema guardò il ragazzo con sconforto. "Dopodomani verranno a prendermi. Voglio che dai a Naya questo regalo da parte mia, puoi farlo?"

"Certo," rispose sorridendogli. "Mi dispiace che tu te ne vada."

"Anche me," disse con occhi pieni di tristezza. "Grazie." e con un timido abbraccio la lasciò sola nella stanza.

Rimase immobile dove era, a guardare quella scatola, chiusa da un semplice spago che formava un fiocco. In quel momento si chiese chi fosse lei, quale fosse lo scopo della sua esistenza e se lei morisse chi l'avrebbe  ricordata. Difronte ad un atto d'amore, si sentiva completamente spaesata. Voglio essere amata anch'io, si disse, come se fino a quel momento non avesse mai capito la causa di quel malessere. Per tutta la giornata sentì quel magone in gola, peggiorato anche dal teatrino pomeridiano per intrattenere gli ospiti. Era sempre stata apatica, era abituata a avere degli occhi su di lei, ma per la prima volta quei occhi rozzi che fissavano ogni suo movimento mentre ballava con le altre ragazze, la disgustarono al tal punto che fece una smorfia. Esattamente quando tutte le sue compagne sorridevano, lei aveva incurvato il suo labbro involontariamente. Ma nessuno degli spettatori lo notò, troppo concentrati a guardare le dolci mosse del bacino e delle braccia, solo uno si accorse di quel cambiamento di espressione, una persona di cui preoccuparsi.

Quando le ragazze uscirono dalla stanza, qualcuno afferrò il braccio di Talema. Era una stretta forte e violenta, la presa di un uomo infuriato. Lei si girò di scatto, guardando dritta negli occhi verdi del suo presto carnefice. Sapeva perché era lì, sapeva cosa le avrebbe fatto. L'uomo dalla carnagione chiara e dalla pelle giovane, aveva i capelli neri, una corta barba delle stesso colore e dei baffi. Indossava un completo elegante viola e il suo profumo aveva inondato completamente Talema, tanto da arrecarle fastidio. Lui con un cenno del capo invitò le altre ad andare avanti e non badare a loro. Poi trascinò la ragazza nella vuota stanza accanto a quella in cui era appena stata e la strattonò così fortemente che per poco non inciampò.

"Chi ti credi di essere?!" esclamò lui. Si chiamava Gideon, uno degli assistenti di Madame Stock, cosa che lo rendeva automaticamente uno dei suoi padroni. Il suo compito come braccio destro era quello di sorvegliare e assicurarsi che ogni performance andasse bene, nonché occuparsi di soddisfare i piaceri dei clienti, offrendo incontri privati, di gruppo o qualsiasi cosa che potesse venir in mente. "Che cos'era quello di prima?" chiese gridandole contro.

"Nulla." mormorò Talema abbassando il capo. Ma si pentì subito dopo, perché ciò che tutti quei anni di prigionia le avevano insegnato era che non bisognava mai mentire, ne tanto meno dire la verità, ma dire solo ciò che i padroni vogliono sentire. Per questo l'unica via che vedeva davanti a sé era quella della sottomissione. Così si inginocchiò a terra, posando le mani sulle sue lucide scarpe e implorò. "Perdonatemi." e lo ripeté una seconda volta e poi una terza, una quarta, cercando di sembrare più disperata possibile. "Non accadrà più!"

Poi sentì l'uomo sbuffare. "Va bene." le disse, ma lei rimase piegata ai suoi piedi. "Va bene." disse più alta voce. "Su!" esclamò e Talema fece come ordinato. Si alzò lentamente, tenendo il viso basso, mostrando zero volontà di combattere. "Come posso punire un faccino come il tuo." le disse accarezzandole il viso. Le sue dita sfiorarono lentamente e con delicatezza la sua guancia, finché con l'indice alzò il suo mento obbligandola a guardarlo. Lei gli sorrise come le avevano insegnato, e lui rise afferrandola per il collo."Non osare fare mai più una cosa del genere." disse digrignando i denti, mentre le mani della ragazza stringevano in vano la sua. "Annuisci se hai capito!" e con occhi spalancati Talema annuì.

Quando la presa diminuì la ragazza riprese a respirare. "Grazie." disse ansimando. "Padrone."

"Ricorda che non è la prima volta che ti riprendiamo," disse camminandole intorno. Talema riusciva a sentire gli occhi di Gideon scrutarla dalla testa ai piedi, finché non sentì il suo respiro sulla sua pelle liscia. "Accetta la tua posizione." bisbigliò dietro il suo collo. La succube rabbrividì, il suo cuore cominciò a battere all'impazzata, avrebbe voluto correre fuori da quella stanza, chiudersi alle spalle quella porta che adesso era davanti a lei, ma che le sembrava così lontana. Ogni secondo, che si moltiplicava in minuto, vedeva quell'uscita sempre più come un miraggio e la vedeva svanire per poi diventare una parete e scomparire del tutto. "Adesso vai!" furono quelle le parole a rompere il silenzio. Talema guardò di nuovo davanti a sé, fece un piccolo passo con la gamba destra e poi sinistra, fino a farle alternare così velocemente che senza accorgersene uscì correndo, così che lui non avrebbe più avuto l'opportunità di afferrarla nuovamente.

Quando raggiunse la sua stanza, era così persa nei meandri del suo cervello che non notò Emily sdraiata sul suo letto con occhi chiusi. La bionda quando sentì la porta della sua stanza aprirsi e chiudersi, si sedette in allerta. Con sguardo confuso cercò di mettere a fuoco chi era appena entrato così bruscamente in camera sua.

"Ma ti sembra il modo?" si lamentò riconoscendo Talema. Capì che qualcosa non andava pochi secondi dopo, quando la ragazza sembrava non reagire, rimanendo immobile tra i due letti. "Ehi?" la chiamò afferrandole la mano. "È successo qualcosa? " chiese alzandosi per guardare meglio il suo viso e capire cosa stava succedendo. "Tal-" ma prima che poté pronunciare il suo nome, la succube le circondò il collo con le sue braccia e affondò il viso tra i suoi capelli. Non voleva piangere, non voleva farsi vedere debole, ma in quel momento, non riuscì a trattenersi e diede sfogo a quello che aveva sepolto per ben dieci anni. Emily la strinse a sé, con sguardo sconcertato cercava di pensare a cosa fare o dire, ritrovandosi per la prima volta ad essere lei a confortare l'altra. Talema cominciò a singhiozzare in modo convulsivo ed Emily riusciva a sentire il corpo della ragazza tremare incessantemente contro il suo. Le posò una mano sulla testa cercando di far sentire la sua presenza il più possibile. "Shh..." le bisbigliava. "Che è successo?" ma a quella domanda la succube scuoté la testa.

"Nulla." disse alzando la testa dalla sua spalla, mostrando all'amica i suoi occhi rossi. "Sono solo stanca."

"Ehi, basta." cercò di rimproverarla. "Devi smetterla di comportarti così." e prendendole il viso tra le mani aggiunse, "Non seppellire i tuoi sentimenti, mai più. Tu ci sei sempre stata per me anche quando non te lo chiedevo. Adesso, per una volta, permettimi di ricambiare."

Emily non la lasciò mai, rimasero immobili in mezzo alla stanza finché l'incessante fiume di lacrime e gemiti non si trasformò in silenzio.

"Va meglio?" la succube annuì velocemente evitando il contatto visivo.

"Andiamo a letto che è tardi." disse voltandosi.

"Vuoi... Che dormo con te stanotte?" Talema sussultò, non si era mai trovata dall'altra parte, ad essere quella bisognosa.

Ma in quel momento vide quella richiesta non come un aiuto, ma come una condanna. I primi segni di crollo si erano mostrati e se avesse accettato sapeva che non sarebbe più potuta tornare indietro. E che quel crollo sarebbe potuto diventare in futuro una valanga.

"No. Buonanotte."

 

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Capitolo 37
*** Capitolo XXXV ***


One foot in the grave
Other on the ground
I can't process what
I'm feeling now
-PVRIS

 

Avevano oltrepassato il confine che divideva il territorio mannaro dal regno da quattro giorni, erano praticamente alla mercé di qualsiasi soldato della regina, ma sempre meglio fuggire che andare nei campi. Ma l'iniziale adrenalina era ormai scemata, dando spazio alla preoccupazione e alla paura. I licantropi erano stati banditi per ordine della regina secoli addietro, dovevano per forza passare inosservati. Lo sconforto aumentò quando dovettero abbandonare il carro, troppo grande per attraversare la Foresta Della Sorte, l'unico posto dove nessuno avrebbe mai provato a cercarli. Era una foresta fitta e pericolosa che si allargava fino al confine del territorio dei Giganti Dell'Ovest. Era la loro unica opzione, non potevano semplicemente passare sulla strada sferrata sperando di non incappare in nessuno. Sapevano che Agrid aveva già mandato una lettera per avvertire della loro fuga, sapevano che presto le strade sarebbero state piene di soldati e se così non fosse stato, significava che avevano ingaggiato dei mercenari. Andavano molto in voga in quel periodo, come se fosse un mestiere rispettabile.

Passarono il loro primo giorno nella foresta con occhi spalancati, pronti a rispondere al minimo pericolo. Neanche la notte fu facile, nessuno dei tre riusciva a dormire e alla fine il compito di fare la veglia divenne futile.

"Potremmo fare delle tappe in piccoli villaggi."

"Sei matta Iris?!"

Da quando erano partiti Basil aveva assunto un atteggiamento più autoritario. Era convinto di essere l'unico in grado di prendere delle decisioni. Ma la pressione si faceva ormai sentire ed essere gentili era l'ultima cosa a cui pensava.

"Senti, qua non troveremo altro che delle bacche da mangiare. Non c'è cibo," disse la ragazza "non c'è nulla che possiamo cacciare qui."

Basil restò in silenzio, tentando di non pensare a quanto la ragazza avesse ragione.

"Anch'io ho fame." disse sottovoce Ciril, come se avesse paura di sfidare la volontà del fratello. "E non riuscirò mai ad addormentarmi in un posto come questo."

Il silenzio tombale non li stava aiutando affatto. Non c'era alcun suono intorno a loro, né un cinguettio né uno squittire. Anche i rami degli alberi erano immobili e nessuna foglia aveva intenzione di cadere.

Nessuna creatura oscura viveva lì, anche loro erano troppo intelligenti per viverci. Sapevano che quella foresta portava più morte di quanto loro avrebbero mai potuto. 
Durante la Guerra dell'Offesa avvenuta centinaia di anni prima tra i potenti dell'ovest e l'armata della regina, milioni di soldati con l'ordine di conquistare quei territori furono uccisi. La guerra durò anni finché i Giganti Dell'Ovest, enormi creature, abomini ancora più orrendi dei Grim, non ne posero fine. Le scritture narrano che hanno diversi aspetti, ma il più conosciuto è quello di un essere antropomorfo, con il corpo e le corna simili a quelle di un cervo, affilate come lame. Il busto ricorda quello di un umano, ma il suo corpo è senza pelo, perché fatto di un metallo scintillante, ancora più bello e impenetrabile dell'argento. Il viso è privo di bocca e naso, solo due orbite bianche si intravedono nel suo enorme volto privo di espressione. Ma gli scritti ricordano solo lui, forse perché era stato il Gigante che aveva messo fine alla guerra, il martire che aveva impedito agli invasori di impossessarsi delle loro terre. Su ogni libro c'è scritto che con un affilato artiglio della mano si era reciso il viso, creando uno squarcio che assomigliava ad una bocca. Da lì uscirono dei miasmi che annientarono ogni forma di vita, piante, animali, ma soprattutto l'armata nemica. La leggenda dice che il suo corpo si trovi ancora lì, accasciato a terra e circondato da steppa. La Foresta Della Sorte confina proprio con quel territorio, la puzza del miasma è ancora così potente che ha costretto ogni essere vivente ad abbandonare la foresta.

"Voglio andarmene via di qui." sentenziò la ragazza "da domani mattina."

"No."

Ciril si voltò verso il fratello e nonostante la poca luce emessa dal fuoco quasi spento, riuscì a vedere un enorme e gonfia vena attraversagli verticalmente la fronte. "Basil" lo riprese sottovoce ma lui non lo sentì.

"No, Iris." ripeté alzandosi in piedi.

"Cosa?" si alzò a sua volta. "Che c'è? Vuoi fatte a botte? Non siamo più ragazzini."

Ciril guardò con agitazione gli sguardi di morte che i due si lanciavano.
"Ragazzi dai..."
Anche se era la prima volta che mostravano un tale atteggiamento, quella tensione non gli era affatto nuova. Lo aveva notato da qualche anno, come se una mattina all'improvviso avessero cominciato a provare astio l'uno per l'altra. Non se lo era mai spiegato e nonostante le continue domande, nessuno gli aveva dato una risposta.

"Mi dispiace dirtelo così, ma, ti stai comportando proprio come una ragazzina."

"Ah io?" disse avvicinandosi. Alzò il mento per guardarlo meglio, gli arrivava al petto. "Vuoi sempre fare il capo, quello che sa tutto. Non ti è mai piaciuto essere al secondo posto non è così?" Gli occhi del ragazzo tremarono a quelle parole e se prima era solo nervoso, ora era su tutte le furie.

"Chi ti credi essere?" disse con una incontrollabile smorfia.

"So che non riesci più a guardarmi, non come un tempo." disse calmando un po' il tono.

"Credi davvero che io ce l'abbia con te?!" poi quasi con tristezza mormorò "Iris."

La bionda alzò le sopracciglia. "Già."

"Perché non ci sto capendo nulla?" bisbigliò Ciril nel suo piccolo angolo. Gli altri due continuarono senza fare caso a lui.

"E non solo, credo che nel profondo odi anche lei."

"Iris!" sbottò incredulo. "Ti rendi conto che stai dicendo? Sembri pazza."

"Allora perché ci volevi provare con Skye? Se non per farle sfregio."

"Io-" ma la ragazza lo bloccò prima ancora che potesse fare un altro respiro, vomitando parole su parole, accuse, senza rendersi conto di quanto dolore avrebbero causato.

"Sei stato proprio tu a dirmi di testimoniare contro di lei, per salvarmi il culo!" gli gridò, mentre Ciril guardava con sguardo impressionato e incredulo il fratello. "Volevi che la tradissi!"

"Sai che non è così." disse con voce tremante, vicino al cedimento. I suoi occhi di un marrone chiaro si inumidirono difronte alla presenza del fuoco che finalmente si spegneva, circondati nella tenebrosa oscurità della foresta sibilò "Tu sei la mia famiglia." come se si vergognasse a dirlo.

"Lo è anche lei." ribatté con un sospiro affranto. "Non dimenticarlo." 
Nonostante il buio della notte, i suoi occhi da lupo si incrociarono un ultima volta con quelli del ragazzo, prima che si gettasse pesantemente a terra con la schiena contro un albero. 
"Vado a prendere della legna." disse voltandosi verso Ciril. "Pensa tu a lui." il ragazzo annuì ed un secondo dopo Iris era già sparita nella fitta vegetazione.

~ * ~

Quella mattina Skye non ebbe un risveglio roseo come si era immaginata. Aveva aspettato con impazienza il giorno in cui Thalia si sarebbe ripresa, illudendosi che tutto sarebbe rimasto immutato, come se non fosse successo nulla. Invece nel momento in cui aveva più bisogno di lei, la lupa se ne era andata. "Starò in camera mia da adesso." le aveva detto la notte prima. In quel momento si era sentita trascurata e non voluta. Dopo tutto quello che aveva visto nella visione si aspettava del conforto, e quando pensò che Thalia stesse facendo troppo la vittima, si pentì immediatamente dopo. Si maledì per il suo egoismo, ma allo stesso tempo si sentiva giustificata. Sapeva che la lupa stava soffrendo, ma era troppo concentrata sul suo dolore per capirlo appieno.

Quando si alzò dal letto si spogliò dalla vestaglia e il freddo la percorse per tutta la schiena.
Devo cominciare a mettere roba più pesante.
Quando aprì l'armadio cercò tra i vestiti che Anaan le aveva gentilmente procurato. Alla fine affondò la mano tra le magliette e prese la prima che le capitò tra le mani, così come i pantaloni. Mentre si cambiava qualcuno bussò alla porta.

"Avanti." disse non appena si abbottonò i pantaloni neri.

La porta si aprì lentamente mostrando sulla soglia Thalia. Quando Skye si voltò a guardarla, per un attimo rimase perplessa dalla sua incapacità di capire in quale stato d'animo fosse la ragazza. Aveva un espressione così neutra, quasi apatica.

"Facciamo colazione insieme?" chiese senza entrare.

"Si, ora arrivo." disse infilandosi la pesante maglietta di lana sopra la canottiera che già aveva. "Thalia," la chiamò vedendola per un momento assente. Voleva parlarle, desiderava che la lupa le parlasse più apertamente. Ne avevano passate tante, ma non si erano mai confrontate, non avevano mai condiviso ciò che le turbava o ciò che le rendeva felici. E la situazione attuale stava creando una spaccatura ancora più grande. "No, nulla."

Ma poi la lupa corrugò la fronte, si voltò per un attimo dietro di se e poi rivolgendosi alla ragazza disse "C'è molto rumore giù." disse concentrata. Ma Skye non riusciva a sentire nulla, poi si ricordò, Thalia aveva un udito più sviluppato del suo.

"Perché?" chiese seduta sul letto mentre si allacciava le scarpe. Thalia fece spallucce. "Fatto."

Uscita dalla camera, anche Skye cominciò a sentire molte voci e presa dalla curiosità cominciò a scendere velocemente le scale, mentre Thalia la seguiva a passo lento.

Non appena si affacciò a vedere cosa stesse succedendo, tutti si ammutolirono e con sguardo curioso si voltarono verso di lei. Era un gruppo di una quindicina di persone, ammassati intorno all'anziana Anaan che li guardava con uno sguardo premuroso. Skye guardò il viso di ognuno di loro, vide che per la maggior parte erano dei giovani ragazzi, forse sulla ventina, e qualche adulto in età avanzata. Avevano tutti dei tratti fisici particolari, chi con le orecchie a punta, chi con la pelle verde o celeste, chi invece aveva addirittura delle corna affilate. Anche Thalia si bloccò dietro di Skye a guardare gli arrivati.

"Thalia, Skye" esultò l'anziata. "Ragazzi loro sono le nuove arrivate." 
Un sorriso imbarazzato comparse sul volto della ragazza.

Poi due figure entrano dal portone già aperto. La grande statura dell'uomo rese impossibile non capire chi fosse, anche se la vista di Skye era coperta da altrettante figure. Il gruppo esultò alla vista dei due giovani, tutti tranne Thalia che con uno scatto di furia si voltò e risalì le scale correndo.

"Come stai Hok?" chiese una ragazza dalla carnagione scura abbracciando il grande e robusto Goblin. "E tu Aruel? Cavolo ragazzi stare senza di voi in missione è difficile!"

E mentre erano distratti con i loro festeggiamenti, Skye raggiunse la stanza di Thalia. Non bussò neanche la porta, si fiondò direttamente nella camera. La lupa era in mezzo alla stanza e si voltò di scatto verso l'intrusa.

"Perché non hai bussato?"

"Da quand'è che devo bussare per vederti?"

Ma non rispose, si limitò a guardarla con lo sguardo mezzo chino, incerta su cosa dire o fare.

"Tu puoi parlarmi di tutto, lo sai vero?" chiese facendo qualche passo verso di lei. Ma la lupa invece di annuire abbassò lo sguardo e guardò il pavimento. Il suo silenzio fece trasalire Skye che rimase ferma, bloccata a fissarla. "Parlami." le disse seria, lasciando spazio alla rabbia piuttosto che al dispiacere. "Perché ti comporti così?" insistette. "Se non c'è comunicazione io non posso aiutarti." esclamò alzando di poco il tono della voce, ma abbastanza tanto per farle capire che era adirata.

"Non hai il diritto di arrabbiarti." rispose con disprezzo. Skye sussultò e guardò preoccupata quei occhi pieni di odio e risentimento.

"Perché fai così?" chiese accigliandosi.

"Perché?" esclamò con voce spezzata. "Perché?!" ripeté facendo un passo in avanti. "Mio padre è morto, mio fratello mi ha abbandonata." gli occhi divennero umidi e una lacrima le bagnò il viso. "mia madre mi ha tradita, gli unici amici che avevo sono stati catturati e portati chissà dove e poi..." serrò la bocca cercando di trattenersi ma tutta quella ira era così potente e travolgente che nel momento in cui gridò "Io!" i suoi occhi argentei scomparirono sotto il nero devastante della sua pupilla che si allargava, ricomprendo l'intero occhio e la sua voce impetuosa e distorta rimbombò in tutta la stanza. Sentì un intenso bruciore in tutto il corpo e cadde a terra ansimando. Fu in quel momento che vide la sua immagine riflessa nello specchio verticale appoggiato al muro. Si fece paura da sola. "Perché a me..." Non aveva neanche il coraggio di guardare negli occhi Skye, ma in quel momento sperò che la ragazza avesse finalmente compreso lo stato in cui stava e perché stava cercando di mantenere le distanze.

"Thalia," disse cercando di avvicinarsi. "io non avevo capito..."

"Non toccarmi." ordinò rimettendosi in piedi. "Ho bisogno di stare da sola."

"Non posso!" esclamò tremando dalla preoccupazione. "Non ora."

"Ti prego..." mormorò piangendo. "Vattene."

"Ma-"

"Ora!" si sforzò di gridare con rabbia. "E non farti vedete fino a domani, stanotte c'è la luna piena."

"Va bene." annuì accigliata. "Qualsiasi cosa, la mia stanza è qui di fianco. Chiamami se hai bisogno."

La lupa annuì e una volta che Skye chiuse la porta alla sue spalle, Thalia si sedette sul letto, premendo i gomiti contro le ginocchia e la testa contro i palmi delle mani. Si scostò per guardasi allo specchio, finalmente i suoi occhi erano tornati come prima, non verdi come tanto sperava, ma quel bianco ghiaccio che le ricordava ogni volta quanto male dovrà ancora sopportare.


Bene ragazzi/e finalmente sono riuscita a scrivere un capitolo su Iris, Basil e Ciril. Vi ricordo che la storia di Talema si svolge un anno prima alle vicende narrate, lo dico perché presto ci sarà un time skip che farà convergere la sua storia con quella degli altri protagonisti. Tra l'altro ho in programma certe robe che Beautiful mi fa un baffo (ma ci vorrà ancora molto e poi devo ancora decidere certe cosette). Ricordatevi di lasciare un commento se volete. Al prossimo capitolo!!! 
ps: sì Thalia è una drama queen

 

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Capitolo 38
*** Capitolo XXXVI ***


 No light in your bright blue eyes
I never knew daylight could be so violent
A revelation in the light of day
You can't choose what stays and what fades away
-Florence Welch

Si era sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi e le braccia distese ai lati. Cercò di non pensare a nulla, di annullare completamente la sua coscienza. Tentò di concentrarsi sul rumore dei carretti che passavano per strada, le voci dei passanti, l'odore del cibo che entrava dalla finestra e il cinguettio degli uccelli. Era ancora tesa perché continuava a sentire i nuovi arrivati ridere ed esultare al piano di sotto, ma quando finalmente quel rumore fastidioso cessò e si spostò sulla strada, sentì il proprio corpo ammorbidirsi e rilassarsi sopra la morbidezza del materasso. Non c'era bisogno che si guardasse allo specchio, sapeva che i suoi occhi erano tornati normali. 
Fece un lungo respiro ma prima che cominciasse ad appisolarsi qualcuno bussò alla porta pronunciando il suo nome. Non era Skye, la sua voce era molto più delicata. Ma quando la mano batté nuovamente sulla porta e la chiamò, capì che era la voce di Anaan ed alzando gli occhi al cielo, scese dal letto per raggiungere la donna.

"Che c'è?" chiese accostando l'orecchio, senza ancora aprire, volendo prima capire cosa l'aveva portata a raggiungere la sua stanza e chiedere di lei.

"Thalia apri." esclamò con un tono più imperativo. Non volendo suscitare altre discussioni, aprì la porta, ma il suo sguardo scocciato non passò inosservato. "Non guardarmi così." disse entrando e guardandosi attorno. "Allora?" chiese mentre la lupa chiudeva la porta dietro di sé. "Che è successo?"

Ma Thalia rimase in silenzio, sperando che anche quella fosse una risposta. Odiava il fatto che ci fosse un Goblin e odiava ancora di più il fatto che in quel luogo c'erano creature da potersi considerare oscure, creature oscure. Sapeva che Anaan era a conoscenza del motivo del suo stato d'animo e per questo si rifiutò di parlare.

"Senti," si sedette sulla sedia vicino alla scrivania, poggiandosi sulle gambe in bastone che fino a poco fa la sosteneva. "Skye mi ha detto che hai avuto uno dei tuoi momenti."

"Adesso è così che li chiamiamo?" si innervosì, incrociò le braccia e si poggio al muro. Le sembrava come se l'anziana avesse sminuito tutta la sua situazione. "Momenti?" Avrebbe gioito se quelli erano semplici episodi.

"Sai che non è ciò che intendevo." la lupa alzò nuovamente gli occhi al cielo e prima di riuscire a dire di sì, la donna continuò, "Siamo preoccupati, tutti noi."

"Non voglio la vostra preoccupazione," disse sporgendosi in avanti. " ciò che voglio è che tutti i miei problemi spariscano così che io possa ricominciare a respirare." confessò mettendo da parte la rabbia e lasciando intravedere un po' di dolore.

"È così quindi?" incalzò. "Ti senti oppressa?"

"Anaan," sospirò, mettendo in luce quanto la risposta fosse ovvia.

Sapeva che la donna era lì per aiutarla ed in fondo ne era grata. Ma l'unica cosa che voleva in quel momento era silenzio. Non voleva gente a torno che le ricordasse che non stesse bene, perché le faceva solo peggio. Si sentiva un peso e quella era l'ultima delle cose che voleva. Preferiva che gli altri facessero finta di nulla, che non le lanciassero quei sguardi interrogativi o preoccupati, voleva sopportare il dolore da sola. Ed era stanca di doversi sforzare di sorridere quando era con Skye per non farla preoccupare. Le pesava troppo la maschera che aveva indossato quei giorni, così tanto che aveva allontanato l'unica persona che le importava, l'unica a cui voleva veramente bene.

"Thalia." la chiamò così che la lupa tornasse a posare gli occhi su di lei. L'anziana si alzò lentamente dalla sedia, poggiando il peso sul bastone, e dopo aver farfugliato su quanto stesse invecchiando, si diresse verso la porta, "Seguimi."

Anche se con riluttanza seguì Anaan. Scesero le scale lentamente e prima di raggiungere il portone Thalia scorse la figura di Skye in cucina. Era seduta al tavolo intenta a bere qualcosa che dall'odore che si era diffuso nella casa sembrava essere del tè. Notò immediatamente la sua presenza e non appena alzò lo sguardo, Thalia distolse il suo. Si vergognava per quello che aveva fatto prima ma si promise che avrebbe fatto ammenda. Una volta uscita si ritrovò su strada e come aveva sentito prima dalla sua camera, era pieno di persone. C'erano piccoli carri che trasportavano cibo e acqua ai vari venditori posti ai lati della strada, intenti a vendere i loro prodotti ai passanti, che con buste piene non si lasciavano sfuggire nulla. Aveva sentito che Utopia contava almeno centotrenta abitanti, senza contare le nascite di quell'anno. Era stupita da quante persone vivessero lì, quante specie odiate dalla legge avevano trovato la pace e la stabilità in quel posto sconosciuto al mondo se non ai suoi abitanti. 
E mentre seguiva l'anziana donna attraverso le strade e le piccole vie, poté conosce meglio i visi degli abitanti. Era pressoché gente giovane, pochi erano gli anziani. Erano tutti di specie miste, solitamente i loro tratti conservavano le caratteristiche di due specie, facendo dedurre che i loro genitori avevano sangue puro. Più di rado incontrò bambini con fattezze di più di due specie. Le rimase impresso un bambino che giocava con il padre con un pallone. L'uomo aveva due corna che ricordavano quelle di una capra, ma la sua pelle era verde ed aveva delle orecchie a punta, era metà puck e metà elfo, più precisamente elfi degli alberi, chiamati così appunto per la loro carnagione. Il figlioletto come il genitore aveva le orecchie a punta, le corna, ma la pelle sicurissima. Il che faceva dedurre che la madre era un incendiaria. Un perfetto esempio di tribrido.

"La regina non li disprezza." disse l'anziana, notando gli sguardi curiosi che lanciava la lupa. "Ne ha paura."

"Perché?" chiese confusa.

"Immagina quanto possa essere potente una creatura che ha in sé i geni di tutte le altre specie." Thalia annuì consapevole. Aveva subito afferrato cosa Anaan intendesse.

"Una creatura che possiede il controllo mentale di incubo o succube, l'abilità mutaforma di un licantropo, il controllo del fuoco di un incendiario e la magia di un mago, non sarebbe niente male." le disse fantasticando.

"Hai dimenticato una cosa." disse Anaan con un ghigno, Thalia la guardò con un profondo interesse. "E la forza di una creatura oscura."

In quel momento la lupa corrugò la fronte, ripetendo nella sua testa le parole dell'anziana. "Che significa?" chiese quasi con aggressività.

"Non tutte le creature oscure sono così oscure come pensi."

"Devastano villaggi, uccidono, mangiano bambini," disse con enfasi. "A me basta questo per classificarle come specie da annientare."

"Non tutte sono così, posso assicurartelo." disse con un sorriso convincente. "O questo villaggio sarebbe un cumulo di macerie." La lupa alzò un sopracciglio.

"Vai a dirlo al Grim che l'anno scorso ha devastato Tundra."

Tundra era una delle poche città che si trovava vicino ai territori dei licantropi. Era l'unica città del regno in cui era permesso alla sua specie di entrare, ma sempre con un permesso speciale. Era la principale distributrice di armi, contando la presenza dei migliori fabbri della zona. Da quando metà città era stata distrutta, Border Leaf e gli altri villaggi si sono dovuti appoggiare a città più lontane, mettendo a rischio i cocchieri e il carro perché spesso attaccati dai banditi.

"I Grim non sono creature oscure." disse dopo qualche minuto, cauta nel dare informazioni. La lupa si girò corrugando la fronte in attesa di continue spiegazioni. "Non ne sappiamo molto, ma... Non sono normali creature."

"Che stai insinuando, non capisco."

Anaan rimase un attimo a pensare, incerta se parlarle o meno delle nuove scoperte che avevano fatto. Aveva inquadrato Thalia, sapeva come reagiva quando le certezze che ha sempre avuto cominciano a vacillare. Ma allo stesso tempo sapeva che la ragazza aveva diritto di sapere, perché tanto, prima o poi sarebbe dovuta andare anche lei in missione.

"Un gruppo dei miei è riuscito ad atterrarne uno due mesi fa." disse cercando di sceglie cosa dire e cosa doveva rimanere nascosto, moderando ogni parola. "Hanno fatto delle veloci ricerche." Thalia annuì invitandola a continuare. "Era impregnato di magia." disse infine, "Tanta magia."

"Mi stai dicendo che sono un prodotto di un mago?" chiese incredula.

"Quello che sto dicendo è che questo spiega perché compaiono dal nulla, perché non hanno un branco o un luogo specifico da cui provengono." Thalia non rispose, bensì lasciò parlare il suo sguardo. "Ma adesso basta," si sbrigò a dire l'anziana, notando un incremento di agitazione, "non è per questo che ti ho fatta venire con me."

Per quanto volesse pensare ad altro, dopo quella nuova informazione la sua mente si fissò su Agrid, La donna che l'aveva quasi uccisa portando un Grim nel villaggio. Ma la domanda che adesso le circolava in testa era come? Se non hanno un luogo di nascita, come ha fatto? l'ha trovato per caso e poi ne ha approfittato?

I Grim erano comparsi da circa trent'anni nel regno. Il primo attacco era avvenuto proprio a Bristone, la capitale. Non si sapeva nulla, ne che specie fosse, ne il luogo di provenienza, tanto meno si sapeva come mai era comparso dal nulla. Tre mesi dopo ci furono altri attacchi nei villaggi dei licantropi e nelle città limitrofe. Gli attacchi furono così numerosi che per un lungo anno tutte le città più importanti chiusero le proprie mura, nonostante non fossero mai state attaccate.

"Ehi, non pensarci troppo." le disse con un sorriso rassicurante. "Sono solo supposizioni."

Cercando di scostarsi dai suoi pensieri, tornò a posare gli occhi sull'ambiente circostante e si fece scappare un, "Quanto manca ancora?" anche se l'immagine del Grim di quella notte continuò a comparirle nella mente.

"Eccoci, sei già stanca?" le domandò scherzando Anaan, facendo credere alla lupa di essere una debole.

"No." rispose imbronciata.

"Ti stai rammollendo Thalia?" continuò a stuzzicarla. Ma prima che la lupa poté ribattere, Anaan con il suo bastone in legno la colpì fortemente dietro il sedere facendola sobbalzare.

"Ahia!" esclamò. "Per essere una vecchia non sei poi così debole." borbottò. Anaan rise.

Mentre camminavano la lupa scorse da lontano una struttura che si distingueva per grandezza ed altezza dalle altre case. Era decisamente più grande della dimora in cui viveva adesso, ma più grezza. A differenza della sua nuova casa, era priva di decorazioni esterne. Era una struttura semplice con delle finestre ed una grande porta. Era leggermente più distanziata dalle altre abitazioni, come se fosse una zona privata, riservata ad alcune fortunate persone. Si trovava in un punto più alto, su una piccola collinetta distante dalle altre case di mezzo chilometro. Thalia era convinta che da lì avrebbe potuto vedere la maggior parte del villaggio.

"È lì che mi stai portando?" chiese incuriosita. La donna annuì. "Perché sembra isolata?"

"Non è isolata." la corresse. "È che a voi lupi piace rimanere in branco."

"Lupi?" chiese eccitata, accennando finalmente ad un sorriso. Anaan annuì.

"Te l'avevo detto che c'era una comunità qui." le disse sorridendo.

Con tutto quella che era successo se ne era completamente dimenticata. Adesso che ci faceva caso, notò qualche lupo che con le sue quattro zampe si aggirava intorno alla casa insieme ad altri suoi compagni. Ce ne erano molti sdraiati a terra sul prato. C'era chi giocava con delle carte, chi invece combatteva per gioco.

"In quanti sono... Siamo?" si corresse, mentre entrambe cominciarono a percorrere la piccola salita.

"Ventisei se non erro. Ma nel villaggio ce ne sono altri, per non parlare degli ibridi."

La ragazza sorrise nuovamente, entusiasta all'idea di poter sentire di nuovo quella sensazione di casa, che da quando se ne era andata dalla sua comunità aveva perso. Non si pentiva assolutamente di aver abbandonato Border Leaf, ma avere vicino persone come lei la rincuorò un po'. Forse era la prima volta da quando era arrivata che era felice per qualcosa, e se ne sentì quasi in colpa pensando a Skye. Sapeva che non le stava rendendo le cose facili e le dispiaceva, più di quanto lasciava intravedere. Si sentì indegna di poter stare al suo fianco.

Anaan notò quell'improvviso cambio di umore nella lupa e le strinse il braccio in segno di conforto.

"Anaan ti ringrazio per quello che stai facendo."

"E' un piacere."

Erano finalmente davanti alla grande casa. Tutti i lupi che erano fuori si girarono a guardarla incuriositi. Uno di loro, un ragazzo con capelli neri e ricci e la pelle olivastra si avvicinò.

"Javier, vai a chiamare Hector." gli disse Anaan. "Ho portato la ragazza." il ragazzo, che sembrava essere vicino ai vent'anni, annuì seriamente all'anziana e si fece scappare un piccolo sorriso quando guardò Thalia. Fu così veloce che lei non poté neanche ricambiare con un saluto, tanto che Javier era già entrato in casa.

Anaan, con una mano dietro la schiena di Thalia, la spinse leggermente, facendole intendere che dovevano entrare. Evitando il contatto visivo con tutti i presenti, entrò nella casa, molto più bella di quanto sembrasse all'esterno. Si trovano difronte ad un enorme sala, dotata di poltrone, divani, qualche tavolo con sedie ed alcune librerie. C'era una ragazza con i cappelli lisci e biondo cenere che sdraiata sul divano si dilettava a leggere. Non staccò gli occhi dal libro neanche quando entrarono. Altri due ragazzi che invece stavano chiacchierando tra loro, si voltarono incuriositi, così come tutta l'altra decina di persone che erano lì.

Finalmente dopo qualche minuto di silenzio e di imbarazzo generale, dalle scale alla loro sinistra si sentirono dei passi. Il primo a scende fu Javier che sorrise nuovamente alla lupa e con un leggero inchino del capo salutò l'anziana, per poi lasciar passare l'uomo che era dietro di lui.

"Hector." lo salutò l'anziana.

"Anaan."

Era un uomo sulla quarantina, con i capelli rasati e senza barba. Aveva molte cicatrici sul viso, ma quella più sporgente era decisamente quella sullo zigomo, lunga almeno cinque centimetri. Aveva degli occhi calati, di un celeste così chiaro che quasi si vedeva solo la pupilla. Ma nonostante i suoi occhi sembravano stanchi, la sua postura diceva tutt'altro. Con le braccia conserte e il viso privo di qualsiasi emozione, scrutò il viso di Thalia, come se potesse rivelargli ogni segreto che nascondeva. La cosa la metteva a disagio, si sentiva stranamente esposta.

"Tu sei Thalia?" la ragazza annuì. "Adiamo sopra, così da poter parlare più tranquillamente." disse lanciando un occhiata  ai presenti, tutti si voltarono nella parte opposta. Qualcuno addirittura ridacchiò.

"Va bene." rispose la lupa.

Ma non appena Anaan tentò di seguirli, l'uomo si fermò. "Non tu Anaan." l'anziana donna annuì e sorrise dolcemente a Thalia, che lasciava intravedere dal sul sguardo della preoccupazione.

"Puoi fidarti. Vai pure." la lupa annuì e insicura seguì Hector.

L'uomo portò Thalia nel suo studio, caratterizzato da una scrivania, una sedia su cui sedersi, una libreria ed una poltrona. Era una stanza molto semplice.

"Tieni." disse posizionando una sedia davanti alla scrivania.

Thalia si sedette, così come lui. "Anaan ti ha parlato di me?"

"Sì, Thalia." disse con il suo tono di voce serio. "Mi ha detto che hai avuto dei problemi, ma non è andata nel dettaglio. Ti dispiace parlarmene?"

"E' una storia lunga." disse quasi ridendo ma l'uomo non si scompose.

"Ho tutto il tempo." la rassicurò.

"Okay."

Thalia cominciò a raccontargli del suo legame con Skye e di come sua madre le aveva dato il compito di proteggerla. Hector non sembrò sorpreso da nessuna cosa che gli raccontò, facendole credere che fosse già a conoscenza di tutto.

"E' successo che dopo quella trasformazione in cui ho perso il controllo, non sono più riuscita a trasformarmi. I miei capelli un tempo erano castani e di sicuro non avevo gli occhi argentei." Hector annuì invitandola a continuare. "E ogni volta che le mie emozioni prendono il sopravvento..." si bloccò non trovando le parole. " Non so come spiegarlo, non so cosa mi sta succedendo, non voglio perdere il controllo un'altra volta, non come è successo nel mondo degli umani." abbassò il capo e mormorò "Non voglio fare del male a nessuno."

Dopo qualche secondo di silenzio l'uomo annuì. "Va bene, ho capito."

"Davvero?" chiese un po' allibita dal fatto che per tutto il tempo avesse avuto la stessa espressione facciale.

"Se cerchi aiuto, noi faremo il possibile, non lasciamo i nostri simili indietro." A quelle parole la ragazza si lasciò andare in un profondo sospiro di gioia. "Abbiamo ancora delle stanze libere." disse alzandosi. "Te le mostro."

"No, aspetta." disse confusa. "Non ho mai detto di voler restare."

"Anaan ne era convinta." disse riposizionandosi sulla sedia, Thalia alzò un sopracciglio e il suo sguardo interrogativo lo fece continuare. "Il gruppo tornato dalla missione tornerà ad alloggiare nella magione." 

In realtà Thalia lo aveva già sospettato, c'erano molte stanze vuote nella casa ma piene di effetti personali. Non essendo chiuse a chiave aveva dato una veloce sbirciatina ed aveva ipotizzato che qualcun altro vivesse lì. 

"Anaan mi ha detto che hai avuto qualche incomprensione con alcuni soggetti del villaggio. Crediamo entrambi che tu possa trovarti meglio qui."

Lo credeva anche lei, ma non voleva ammetterlo. Se rimaneva lì significava mettere ancora di più a repentaglio il rapporto con Skye, che già vacillava. Non voleva che pensasse che non le importava nulla di lei. Sarebbe stato il colpo finale.

"Pensaci." disse gentilmente, mostrando finalmente un po' di simpatia per la ragazza. "Questa è casa tua."

"Lo so." annuì, "Grazie per la tua gentilezza." disse alzandosi.

"Prima che te ne vada, volevo informarti che dato che ci sarà la luna piena sta notte, sei invitata a stare con noi, così potrai conoscere il branco."

"Certo," annuì sorridendo. "Ci sarò."

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, il prossimo dovrebbe uscire molto presto.
Tra l'altro sto avendo molta difficoltà a trovare citazioni da mettere ad inizio capitolo, quindi se avete qualche suggerimento è ben accetto. Non devono essere per forza testi di canzoni, basta una bella frase che rispecchia un po' la situazione.

Alla prossima~

 

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Capitolo 39
*** Capitolo XXXVII ***


Lord, I no longer believe
Drowned in living waters
Cursed by the love that I received

-Sufjan Stevens

 

Quando Thalia se ne andò con Anaan, Skye stava ancora facendo colazione. Si era presa del semplice tè per cercare di calmarsi. Sentiva il proprio petto esplodere ai continui rintocchi del suo cuore. Teneva la tazza ancora piena tra le mani, mentre fissava il vuoto, nel vano tentativo di svuotare la testa da tutti quei brutti presentimenti che percepiva. Ma la quiete intorno a lei si spezzò quando sentì dei passi lenti e stanchi avvicinarsi. 

"Buongiorno." la salutò Dickens con voce roca quando entrò nella cucina.

"Buongiorno." disse ritornando nel mondo reale.

Intanto Dickens aveva già cominciato a rovistare nei cassetti e sportelli in cerca di cibo, come faceva ogni mattina appena doveva iniziare il suo turno di guardia.

"Il pane è lì," gli indicò Skye vedendolo in difficoltà.

"Si, grazie."

Nonostante la prima volta che si incontrarono il mago aveva fatto un entrata in scena magnifica, Skye non poteva fare a meno che pensare che fosse un uomo buffo. Ogni mattina si svegliava come un morto vivente e con gli occhi mezzi chiusi si muoveva nella cucina senza la minima idea di cosa fare. 

"Dormito bene?" chiese trattenendo una leggera risata.

"Si, il solito." era di spalle mentre tagliava qualche fetta di pane, ma del tono della voce, Skye capì che aveva fatto ben due sbadigli. Quando si girò aveva tra le mani un semplice panino, non perse tempo e diede subito un grande morso. "Mi mancherà questo silenzio." disse con la bocca piena, dando un suono strano a quelle parole. Skye non sapeva bene a cosa si riferisse, ma intuì che forse stava parlando dei ragazzi arrivati quella mattina.

"Forse un po' di vivacità non farà male..." sbuffò la ragazza. 

Dickens corrugò la fronte, non l'aveva mai vista in quell'umore. "Percepisco parecchia energia negativa." disse agitando la mano verso la ragazza.

"Te lo dice la tua magia?"

"Non ho bisogno della magia, te lo si legge in faccia." disse dando un altro morso.

"Fantastico," Skye finalmente bevve un sorso del tè, quando notò che ormai era tiepido alzò gli occhi al cielo. Quella mattina ogni minima cosa le stava dando fastidio. "Allora dovrò allenarmi di più a nascondere i miei sentimenti come fa una certa persona." 

"Adesso percepisco della rabbia repressa."

Si alzò da tavola e si diresse al lavandino. Dickens fu costretto a scansarsi, così che Skye poté rovesciare la tisana nel lavandino.

"Lo sai che non si spreca nulla vero?" le disse con tono leggero, sorridendole.

"Scusami." disse abbassando la testa e poggiando le mani sul mobile "Non mi parla più," disse all'improvviso, " anzi ora che ci penso non l'ha mai fatto, non so niente di lei." disse rattristata.

"Non conosco Thalia, ma Aruel mi ha parlato di come era prima." disse pulendosi le mani dalle briciole sui pantaloni. "Quando erano ancora tutti insieme." aggiunse, "Non è mai stato facile, per nessuno dei due." Skye sollevò lo sguardo per guardarlo. Lo fissava con occhi curiosi, quasi sicuri che le sue parole l'avrebbero aiutata a capire. "Mai io non posso dirti nulla, sono cose personali." Skye sbuffò amareggiata, "Ma sono sicuro che se chiederai ad Aruel, lui te ne parlerà."

"Grazie." disse ammiccando un sorriso.

"Vedi, sei molto più carina così che con quel broncio." disse stringendole dolcemente la guancia con le due dita.

A Skye piaceva quel contatto. Dickens e il padre avevano più o meno la stessa età, anche se il mago presentava qualche ruga in più. Non avevano mai parlato molto, perché sempre ed unicamente concentrata a pensare a Thalia e soltanto a lei. E cominciò a credere che adesso fosse il momento perfetto per conoscere più a fondo l'uomo che aveva contribuito al suo salvataggio.

"Perché sei qui Dickens? Sono curiosa."

"Perché eh?" ridacchiò. "Non penso sia una cosa bella da raccontare."

"Mi piacerebbe sapere." disse guardandolo fisso negli occhi. "Solo se vuoi."

"Va bene." disse incrociando le braccia. Schiarendosi la voce cominciò "Io ho servito la regina per quindici anni. Ero uno dei venti più prestigiosi maghi a corte. Ero un mago di secondo grado, in totale ce ne sono cinque e il quinto è il più basso." Skye annuendo lo invitò a continuare. "Io avevo l'incarico di addestrare dei talentuosi maghi, che avrebbero avuto la possibilità di entrare nelle armate delle regina."

"Armate della regina?" chiese preoccupata. "Quanti anni avevano?"

"No tranquilla," la rassicurò. "I giovani maghi devono prima superare tutti i corsi dell'Accademia. Si può entrare a diciott'anni e se c'è volontà riescono a finire il percorso a trent'anni. Solo dopo aver finito l'Accademia possono partecipare agli addestramenti per entrare nell'esercito e servire come Maghi dell'Ordine."

"Cos'è che ti ha spinto venire qui allora?" a quella domanda diventò più serio. "Non mi sembra poi così male."

"Sai cosa fanno agli ibridi o a chi li sostiene Skye?"

"No, non me l'hanno mai detto, ma mi sono fatta più o meno un idea."

"Chi è fortunato viene pubblicamente deriso e poi ucciso al patibolo, chi invece non lo è, viene dato a maghi e alchimisti come cavia per esperimenti." Skye fu percorsa da un brivido su tutta la schiena. "All'inizio della mia carriera non mi importava molto, avevo la stessa mentalità dei miei coetanei. Ma quando scelsero me un giorno e vidi per la prima volta cosa facevano a quelle creature, non ce l'ho fatta."

"Sei scappato?" disse a bassa voce, turbata e con i brividi sul corpo.

"Non proprio. Ho lasciato la corte, ho vissuto una vita modesta in una piccola cittadina, mi sono sposato, ho avuto una figlia." nel pronunciare quelle parole Dickens sorrise, ma c'era un visibile dolore nei suoi occhi. "Era una bella vita tutto sommato." tirò su col naso ma si ricompose subito dopo. "Finché non ho visto il boia uccidere mia figlia con il mio nipote ibrido in grembo."

Skye guardò l'uomo con occhi sgranati, incredula e senza parole. "Mi dispiace." disse qualche secondo dopo. "Non te lo avrei mai chiesto se..."

"Non preoccuparti. E' successo molti anni fa, ora sono qui e ho la possibilità di aiutare madri come mia figlia." ma la ragazza era così sconvolta e rattristata che lui gli diede una pacca sulla spalla per ravvivarla. "Scusa non volevo impressionarti."

"No, è solo che... è orribile quello che fanno." disse quasi tremando, con la consapevolezza che ella stessa non è di sangue puro, ma un abominio, come avevano detto i primi figli.

"Lo so..." poi con sguardo più rilassato, guardò Skye negli occhi e le disse, "E' per questo che devi prenderti cura di ciò che hai e non lasciare mai che quei sentimenti ti impediscano di amare qualcuno, perché un giorno, non lo saprai mai, potrebbe succedere qualcosa e sicuramente non vorrai passare il resto dei tuoi giorni a rimpiangere ciò saresti potuta essere o quello che avresti potuto fare". Skye sapeva a cosa si riferiva ed era pronta a lasciare alle spalle quei ultimi giorni, l'avrebbe fatto veramente, ma non era sicura di Thalia. Avrebbe tanto voluto che le cose tornassero come un tempo, a quando la lupa la portava in giro per il villaggio, a quando aveva capito che il sentimento che provava per lei andava oltre ogni cosa. Rimpiangeva quei giorni, quei momenti, con l'amarezza di chi sapeva che non in futuro non ce ne sarebbero stati altri.

"Vorrei che fosse così semplice."

"Lo è invece." rispose subito. "Almeno provaci, così da non avere rimpianti."

"Lo faro." disse sorridendogli. "Comunque non pensavo fossi il tipo per queste cose." 

"Devo prenderlo come un complimento?" Skye fece spallucce ridendo e il mago le sorrise a suo volta. Poi con un improvviso senso di consapevolezza sgranò gli occhi ed esclamò "Il turno di guardia! Devo fare il cambio con Niklay!" e senza guardarsi indietro scappò dalla cucina correndo verso il portone.

"Aspetta!" gridò Skye e i passi si arrestarono.

"Cosa?" chiese velocemente affacciandosi in cucina.

"Posso venire?" chiese.  Ormai non aveva nulla da fare, non doveva più preoccuparsi di Thalia allettata e nemmeno ora perché la lupa non voleva avere a che fare con lei. Si sentiva in un certo senso... inutile. Il mago ci stette a pensare per un attimo, ma prima che potesse darle una risposta Skye disse frettolosa "Lo sai che ho già sorvegliato Annie quando stavamo in quella vecchia casa vero?"

"Lo so." rispose, "E' solo che sarebbe meglio se utilizzassi questo giorno per svagarti un po', invece di passare metà mattinata con me nel seminterrato."

"D'accorto." sbuffò con disapprovazione.

"Bene." disse, ma prima di andarsene aggiunse "Se proprio non sai cosa fare, vai nel campo di allenamento, fai pratica o aiuta nell'infermeria. C'è sempre qualcuno che si fa male."

La ragazza annuì con un nuovo entusiasmo, principalmente per il fatto che avrebbe avuto la possibilità di brandire finalmente un arma. A Border Leaf le era stato severamente vietato, anche se qualche volta di notte Thalia la portava nel bosco per farla armeggiare con l'arco. Quel ricordo le fece battere di nuovo il cuore. Rimpianto... era questo quello che provava. Ma poi all'improvviso provò un grande fervore, della forza e testardaggine improvvisa che divampò in lei. Non poteva continuare a rimurginare. Se non l'avrebbe fatto Thalia, allora l'avrebbe fatto lei, passare all'azione.

"Dickens dov'è Thalia?" chiese alzandosi improvvisamente dalla sedia.

"Non lo so minimamente e poi adesso dovrei proprio andare."

"Allora andrò a cercarla."

~ * ~

Finito il colloquio con Hector uscì dal suo studio, l'asciando l'uomo a leggere una fila di lettere che aveva sparpagliato sulla scrivania. "A stasera." aveva detto, anche se non era certamente sicura di presentarsi. Desiderava moltissimo divertirsi ma a quale scapito? Sapeva che Skye stava soffrendo per colpa sua e non voleva sbizzarrirsi mentre l'altra era chiusa in casa.

Persa nei suoi pensieri non fece caso a quanti occhi la stavano guardando. Occhi di lupi curiosi di sapere se lei sarebbe stata parte del branco e di conseguenza se avrebbe vissuto sotto il loro stesso tetto. Quando uscì da Casa Omicron, così la chiamavano, sentì una mano trattenerla e stringerle la spalla. Non appena si voltò Javier mollò la presa.

"Ciao." lo salutò con un po' di esitazione. Il ragazzo le sorrise con i suo denti bianchi, dotati di canini decisamente appuntiti. "Hai bisogno di qualcosa?"

"Mi chiamo Javier." disse allungando il braccio verso di lei. Thalia gli porse la mano stringendo il suo avambraccio con imbarazzo. Di solito tali gesti vengono fatti in segno di alleanza tra due potenti capi o comunque in situazioni serie, ma il ragazzo sembrava abbastanza a suo agio e sicuro di se da renderlo un semplice gesto di amicizia. Era un ragazzo particolare e adesso Thalia era piuttosto interessata a conoscerlo.

"Gesto insolito." lo punzecchiò. 

"Capelli strani."  replicò il ragazzo senza mai perdere il sorriso. La lupa rise.

"Mi chiamo Thalia." disse, mentre entrambi fecero cadere le braccia ai propri fianchi.

"Vuoi fare una passeggiata Thalia?" chiese gentilmente, "Solitamente sono io che mostro il posto ai nuovi arrivati."

"Va bene," Tanto non ho di meglio da fare. 

Il ragazzo per prima cosa le mostrò quello che loro consideravano un campo di combattimento. L'erba era stata tutta estirpata lasciando solo terra asciutta. Non c'era nient'altro. Javier le spiegò che quello veniva utilizzato solo in caso ci fossero delle lotte tra lupi, mentre per allenasi con armi e attrezzi c'era un apposito campo vicino al villaggio, dotato anche di una capanna per curare ferite accidentali. 

"Da quanto sei qui?" Domandò lei cercando di andare più sul personale.

"Un anno mi sembra," rispose riflettendo "Lo scorso autunno."

"Da dove vieni?"

"Da Sancta Mir a nord-est."

"Quella Sancta Mir?" chiese con stupore. Il ragazzo annuì e per la prima volta perse il suo sorriso. "Mi dispiace per quello che è successo." disse ricordando gli eventi che si erano susseguiti nel nord l'anno scorso. Le incursioni degli Orchi e dei loro alleati Goblin si erano fatte decisamente più violente. Più gli anni passavano più acquisivano nuovi territori, spargendo sangue ovunque. L'anno scorso era toccato ai villaggi che confinavano nel nord-est. "Ma perché sei qui?" chiese confusa riguardanti le sue motivazioni.

"Per combattere la regina ovviamente." disse con un tocco di disprezzo. "E' normale che tu non lo sappia, ma l'attacco al mio villaggio era già stato intercettato da ben una settimana. La regina ha permesso a quei barbari di attaccarci solamente per coglierli in un imboscata e nonostante questo sono riusciti comunque a uccidere e catturare i soldati reali." disse digrignando i denti. "La regina li ha lasciati distruggere il mio villaggio e poi ha pure perso." Ma poi con un respiro profondo cercò di calmarsi anche se il fuoco dentro di lui continuava ad ardere.

"Non sapevo che le cose fossero andate così, ovunque si racconta un'altra versione."

"Ovviamente."

Rimasero in silenzio qualche altro minuto. Thalia si sentiva a disagio ed era dispiaciuta per aver riportato a galla la ferita di Javier, ma al ragazzo adesso non sembrava pesare più di tanto, dato che era ritornato a sorridere. Che ragazzo strano...

"Te da dove vieni invece?" chiese rompendo il silenzio.

"Border Leaf, nel sud."

"Si," disse sorridendo, "Ci sono stato. Una volta hanno mandato me e il mio ragazzo a rappresentare il nostro villaggio nel torneo."

"Aspetta," esclamò pensandoci. Capelli ricci e neri, carnagione scura, faccia d'angelo... "Eri tu quello che hanno squalificato tre anni fa?" chiese trattenendo una risata. Javier non rispose ma quando scoppiò a ridere Thalia scoprì la risposta. "Che avevi combinato? non ce l'hanno mai detto."

"Ho gettato una pozione puzzolente negli alloggi degli Omega."

Thalia scoppiò in una fragorosa risata, "Ma perché?"

"Avevo accettato una sfida." esclamò cercando di giustificarsi. "Non avevo scelta, ne valeva il mio onore."

"Si perché farti espellere dal torneo è meno onorevole che rifiutarsi di intossicare di puzza le camere degli Omega." disse asciugandosi le lacrime. "ben fatto però, non mi sono mai piaciuti quei tizi."

"Posso assicurarti che ne è valsa la pena." 

"Certo, certo, avrei voluto vederlo con i miei occhi però, sarebbe stato divertente."

"Tranquilla, stasera sarà il nostro momento. Ci divertiremo come non mai."

Giusto, la luna piena. Forse partecipare alla festa sarà un buon modo per distrarsi.

"Hai detto che hai un ragazzo, è qui anche lui?" chiese curiosa.

"Si, si chiama Tobeo, siamo venuti qui insieme. Tu invece hai qualcuno?" Improvvisamente l'espressione di Thalia cambiò e Javier con tono serio e comprensivo aggiunse. "Non devi rispondermi se non vuoi."

"No, non è quello." lo rassicurò, credendo che avesse capito che la sua metà fosse morta. "E' solo complicato. Siamo venute insieme anche noi, ma in circostanze decisamente diverse dalle vostre."

"Ha a che fare con quei strani capelli che palesemente non sai pettinare?"

"Ehi! Faccio del mio meglio." disse imbronciata e sfruttando l'occasione per cambiare discorso "Possiamo tornare indietro? Sto iniziando ad avere fame."

"Non hai fatto colazione?" chiese girandosi e riprendendo il sentiero.

"Non oggi."

Quando tornarono indietro, Thalia salutò il ragazzo con la promessa che quella sera si sarebbero visti per festeggiare. Ma prima ancora di intraprendere la strada per tornare nella magione, Javier guardò oltre la lupa e con uno sguardo perplesso disse "Per caso è lei?" A quella domanda la lupa si voltò di scatto e vide Skye in lontananza che si avvicinava sempre più velocemente e a passo decisamente arrabbiato. "Se vuoi scappare ti copro io." disse divertito.

"No, è inutile." disse con rassegnazione, "Basta rimandare l'inevitabile."

Più la ragazza si avvicinava con sguardo truce più le gambe della lupa avrebbero voluto correre nella parte opposta. Fortunatamente non c'era più nessuno a parte Javier ed una persona affacciata alla finestra. L'ultima cosa che voleva era dare spettacolo. In quei pochi secondi che rimanevano tentò di pensare a cosa dire, ma la sua mente era vuota e l'unica cosa che vedeva davanti a se era una donna arrabbiata e la cosa le faceva più paura di quanto avrebbe mai immaginato. Ma in quel momento si promise che qualsiasi cosa sarebbe successa avrebbe preso tutto, senza reagire.

Adesso Skye era distante di qualche passo e la lupa serrò gli occhi aspettandosi uno schiaffo, perché era quello che percepiva dal suo sguardo. Ma non vide come il suo viso si addolcì.

"Ehi" la chiamò. Quando Thalia aprì gli occhi, vide Skye sorriderle anche se vedeva tutto il dolore che provava sul suo viso. Ma non ebbe tempo di guardarla ulteriormente perché la ragazza prese velocemente il suo viso tra le sue mani e alzandosi leggermente la baciò con forza. La teneva stretta a se per paura di essere rifiutata, con il terrore di ricevere una spinta ed essere allontanata un'altra volta. Quando la lasciò andare e poggiò le mani sulle spalle, la guardò negli occhi con la speranza di non trovarvi rabbia. Ma al contrario, Thalia la guardava con sguardo spaesato, ancora processando cosa era appena successo. "Scusa non dovevo." disse, ma nel momento in cui stava per voltarsi e aumentare la distanza tra loro, Thalia le afferrò la mano e la ripoggiò sulla sua spalla. In quel momento Thalia capì quanto le era mancata e quanto era stata stupida tutto quel tempo che l'aveva respinta. La baciò e la strinse a se come non aveva mai fatto, andando in cerca di quel calore perduto. 

"Pensavo che tu... volevi..." disse con dolore.

"Tu lo sai che non ti farei mai del male." disse dispiaciuta, "Lo sai vero?" la lupa annuì bagnando di lacrime le mani Skye. "Io voglio che ti confidi con me," disse cercando di trattenere le lacrime. "Lo so che sei ferita e lo sono anch'io."

"Lo so, mi dispiace." disse singhiozzando. "Mi dispiace..."

"Non devi." disse abbracciandola e accarezzandole la testa. Anche se con lentezza sentì il respiro della lupa sul suo collo diventare più calmo e anche il leggero tremolio del suo corpo era cessato. "Anche se quello che abbiamo noi non è l'imprinting, riesco comunque a percepire le tue emozioni, quindi non fare più la testarda."

"Va bene." disse con un filo do voce.

"Andiamo a casa."
 

 

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Capitolo 40
*** Capitolo XXXVIII ***


I'm slowly drifting to you
The stars and planets are calling me
A billion years away
From you
I'm on my way

-M83

1 anno prima

Era una giornata soleggiata e calda come tutte le altre. Talema al contrario di Emily amava l'estate e il sole cuocente sulla pelle. Dopo una boccata d'aria si sentiva sempre rigenerata. A volte si chiedeva se fosse dovuto alla sua natura da metà Infuocaria o perché effettivamente non aveva mai vissuto in una parte del regno particolarmente fredda d'inverno da faglielo amare. Avrebbe voluto almeno una volta lasciare il caldo nord e andare ad est nelle Terre Fredde, ma era una cosa su cui non sperava molto. 

Come ultimamente accadeva ogni mattina Talema dovette svegliare Emily, era una settimana che si comportava in modo insolito. Per un momento Talema pensò che fosse stata colpa sua, per aver accettato dei soldi o per aver rifiutato quel gesto d'affetto giorni prima, ma ripensandoci era strana da molto. Aveva smesso di intrufolarsi nel suo letto e aveva perso il sorriso, sua caratteristica peculiare. 

"Svegliati è tardi." disse smuovendola. Non vedendo nessuna reazione la toccò un'altra volta "Ehi Emily." Finalmente l'elfa mormorò qualcosa tra il sonno ma non era ancora del tutto sveglia. "Sono le otto e mezza alzati." insistette. 

Emily finalmente aprì gli occhi. Cercò prima di mettere a fuoco chi avesse davanti e poi chiese con voce rauca e stanca  "Che ore sono?"

"Otto e mezza," ripeté, "Hanno già fatto tutti colazione."

"Cavolo." disse stropicciandosi gli occhi con le dita.

"Tranquilla te l'ho portata."

"Cosa?" chiese stupita guardando Talema. La ragazza mosse gli occhi nella direzione del comodino e Emily seguì il suo sguardo. "Grazie." le disse vedendo il vassoio con il cibo.

"Di niente," disse sorridendole, ma dentro di se sperava che quella sarebbe stata l'ultima volta. Il cibo non può essere portato nelle camere, anche se è per un amica che non ha ancora mangiato. E' considerato rubare e Talema aveva già infranto più di una regola. Ripensare al viso di Gideon la fece rabbrividire. Non voglio più aver a che fare con quell'uomo. 

"Hai sentito quello che è accaduto tre giorni fa?" Talema negò con la testa e con sguardo curioso la invitò a continuare. "Alcuni Orchi hanno sconfinato e attaccato Sancta Mir."

"Ma... È a soli cinquanta chilometri da qui." disse stupita e preoccupata alla stesso tempo. "Pensi che verranno anche qui a Ethios?"

"Non lo so, è impossibile da dire. Fortunatamente siamo in periferia." disse sospirando.

Per quanto però la notizia l'avesse colpita, il suo era semplice stupore. In realtà se fossero venuti non le importava. Certamente avrebbe avuto paura ma era convinta che essere fatta prigioniera da quei mostri, fosse meglio che rimanere una schiava del sesso a vita.

"Ehi," la chiamò Emily vedendola distratta. "Non pensarci troppo okay?"

Talema ricambiò il rassicurante sorriso dell'elfa, ignara dei sui veri pensieri.

"Aspetta," disse cambiando discorso. "Non è oggi il compleanno di Naya?"

"Si, l'ho incontrata poco fa e le ho dato il regalo di quel ragazzo." disse non ricordandosi il nome di quell'Incubo. 

"Ne è rimasta contenta?" chiese bevendo un sorso di latte.

"Si non faceva altro che sorridere e poi ho visto che le sono spuntate le deidi."

"Le corna?!" esclamò stupita, "Povera deve essere davvero innamorata." 

Talema annuì e nuovamente i suoi pensieri caddero sul quell'argomento che lei tanto odiava. Non ho mai avuto delle deidi. Pensò rattristandosi e involontariamente si toccò la testa.

"Prima o poi accadrà anche a te," le disse la bionda con un sorriso rassicurante. Talema arrossì così violentemente che il suo imbarazzo fece ridere Emily. 

"Stupida." disse voltandosi ma anche a lei scappò un sorriso a quell'idea. Mai poi un rumore di coccio che si frantumava la spaventò facendola voltare di scatto. "Emily?" Vide il letto dell'elfa cosparso di latte e la ragazza con gli occhi chiusi. "Ehi!" gridò con panico. Si avvicinò al letto cominciando a scuotere Emily che non sembrava reagire. Poi avvicinò il suo viso al suo e sembrava ancora respirare anche se debolmente. "Non ci provare nemmeno!" disse con occhi lucidi. "Aiuto!"

La sua immagine le si era impressa nella mente. Quel viso pallido, gli occhi chiusi, la bocca semi aperta. Adesso era accanto a lei seduta su una sedia con le braccia incrociate e che fissava il vuoto spaventandosi da sola per le cose che immaginava, i peggiori scenari possibili. Non appena aveva chiesto aiuto un ragazzo si era affacciato alla camera e senza pensarci due volte era corso verso di loro prendendo Emily in braccio. L'unica cosa che Talema ricordava di quel momento era il braccio che pendeva senza vita dell'elfa mentre la portavano nell'infermeria. 

In quel momento si rimproverò per non aver capito prima il suo malessere. Aveva visto che era dimagrita, ma non gli aveva dato peso. Sono un idiota! pensò stringendo la testa tra le mani. Maledendosi ancora e ancora. Finché non fu distratta dalla porta che si apriva.

"Talema," disse Madame Stock autoritaria. 

Talema si alzò immediatamente dalla sedia e con impazienza chiese, "Che cos'ha?"

Ma la donna con sguardo serio e impassibile disse "Dovresti essere a lavoro."

La ragazza rimase un attimo stupita non aspettandosi una tale risposta. "Ma..."

"Muoviti!" esclamò muovendo il capo verso la porta.

Avrebbe voluto dirle di no, che lei sarebbe rimasta lì al suo fianco fino a quando non si sarebbe svegliata. Ma con un inchino e con insicurezza esclamò, "Subito Madame Stock." 

"Brava ragazza." disse avvicinandosi al letto di Emily mentre invece Talema si allontanava. Aveva un brutta sensazione e non voleva lasciarla. Indietreggiò così lentamente che la donna si innervosì, "Vuoi una punizione esemplare Talema?"

"No mia signora," disse aprendo velocemente la porta, "Perdonatemi."

Perché sono così debole maledizione!

La mattina dopo Emily riprese coscienza. Talema dovette aspettare la pausa pranzo per poterla vedere. Aveva ancora la pelle pallida ma sembrava star acquisendo nuovamente colore. Quando la ragazza si sedette le strinse immediatamente la mano e con preoccupazione le chiese, "Come stai?"

"Meglio," disse con voce rauca, "Hai pranzato?" Talema scuoté la testa ad Emily con rimprovero le diede un debole colpo sulla mano "Allora vai."

"No."

"Non voglio che salti i pasti per colpa mia."

"E io non voglio che rimani sola."

"Che c'è hai paura che io muoia?" chiese ridendo, ma il suo sorriso scomparve non appena vide lo sguardo serio e preoccupato che Talema le rivolgeva. "Scusa, era meglio se non lo dicevo."

"Madame Stock non mi ha detto cos'hai."

"Non devi preoccuparti."

"Invece si!" esclamò. Emily spalancò gli occhi per quella reazione e l'ibrida distolse lo sguardo per la vergogna, "Scusa." 

Era raro che perdesse il controllo e questo fece capire all'elfa che l'amica era seriamente preoccupata, anche di più di quanto dava a vedere. Emily non aveva mai avuto occasione di vedere quello sguardo, ora nascosto e segnato dal pentimento. E' per questo che le afferrò delicatamente la mano, ma troppo debole per stringergliela. Talema si voltò, ancora con il capo chino senza guardarla negli occhi.

"Guardami," la incoraggiò, "Per favore." Talema alzò gli occhi con sforzo. "Starò meglio, te lo prometto." lo disse con il sorriso, anche se neanche lei sapeva cosa il futuro le avrebbe riservato.

Talema annuì con incertezza, ma non poteva fare altro in quel momento, solo sostenerla. "Okay."

"Bene, ora vai a pranzare così mi faccio una bella dormita." 

"Va bene," disse sospirando, si alzò dalla sedia ma prima di andarsene si sporse in avanti e la baciò sulla fronte. "Rimettiti." disse voltandosi e con un piccolo sorriso lasciò la camera.
 

~ * ~


Iris si era ormai allontanata dall'accampamento. Borbottava e inciampava, alternando anche imprecazioni. "Non lo sopporto!" diceva. La sua vista da lupo le permetteva di vedere meglio, ma non era lo stesso come di giorno. Cercò di raccogliere quanto più rametti possibili, analizzandone uno ad uno per perdere più tempo possibile. "Idiota egoista!" continuava ad esclamare. Ormai non riusciva più ad udire i due in lontananza perché si era spostata troppo in là. Invece di preoccuparsene era proprio quello che voleva. Stare lontana e perdere tempo, con la speranza che quando fosse ritornata li avrebbe trovati entrambi addormentati. Sapeva che era impossibile, quel luogo era troppo inquietante per riuscire a far prendere sonno a qualcuno. Anche il più temerario dei guerrieri sarebbe rimasto in allerta. Invece lei era troppo distratta a rimuginare per accorgersi di ciò che la circondava, degli strani movimenti nell'aria, prima statica e poi improvvisamente in moto o di quel odore quasi fittizio che il suo olfatto aveva cominciato a recepire ma a cui lei non stava dando peso. E poi eccolo, un improvviso vento che svegliò i sensi della ragazza. Iris sgranò gli occhi per l'improvvisa fronda e si guardò attorno spaesata. Com'è possibile? disse scrutando ciò che la circondava, con l'occhio di chi  cercava segnali di pericolo. Qui non c'è mai un filo di vento. E poi l'improvvisa realizzazione. Quest'odore... questo tanfo quasi impercettibile... Sta arrivando del miasma!

Improvvisamente l'asciò tutto quello che aveva in mano, corse con le sue quattro zampe verso due fratelli, non prima di aver ululato per metterli allerta. Li raggiunse in pochi minuti, già con le spade sguainate. "Correte!"

"Che succede?" gridò Basil agitato. Ma poi qualche secondo dopo capì. Quell'odore era già arrivato lì e anche Ciril l'aveva percepito.

Entrambi si trasformarono e più velocemente che poterono, cercano tutti e tre di scappare da quell'odore. Iris era in testa, con il suo manto cremato, che guidava gli altri verso l'uscita. Il bosco era grande, fortunatamente avevano seguito lo stretto sentiero, ma prima di uscire ci sarebbero volute ore e non avrebbero resistito.

"Che cosa facciamo?" domandò Ciril.

"Per adesso corri e basta!"  sbottò l'altro.

"Ci inventeremo qua-" improvvisamente Iris si ritrovò sottosopra in un battito di ciglia, lanciando un ululato straziato nel momento in cui la corda legata alla zampa la fece sbattere di schiena e di testa per poi tirarla su quasi lanciandola.

"Iris!" gridò Basil, ma la ragazza era svenuta con l'impatto, portandola ad assumere la sua normale forma umana. 

I due fratelli cominciarono allora a guardarsi attorno ringhiando con la speranza di incutere paura. Le loro zanne affilate ben in vista, la loro paura nascosta. Non c'era ancora nessuno, o almeno nessuno ancora visibile. Ma loro sapevano che c'erano e il fatto che non riuscivano a trovarli li terrorizzava ancora di più. Finché qualcosa non afferrò Ciril per il collo. La corda era lenta e il ragazzo ingenuamente tirò credendo che a sostenerla ci fosse qualcuno ma quando lo fece questa si strinse violentemente al suo collo. Non lo stava strozzando, ma se fosse rimasto in quello stato a lungo forse non ce l'avrebbe fatta.

"Ciril!"

Velocemente Basil tentò di capire da dove venisse e il suo sguardo salì fin sopra l'albero. Ma non c'era nessuno. La corde era strettamente legata ad uno dei possenti rami. In quel momento capì che era stato tutto programmato. Quello che avevano sentito non era vero miasma, era una trappola e loro c'erano cascati come dilettanti. Merda!

Prima ancora che se ne accorgesse fu colpito da un potente attacco di magia che lo scaraventò contro il tronco di un albero lasciandolo stordito. Batté le ciglia più di una volta cercando di riprendersi e finalmente uno degli uomini si mostrò davanti a lui. L'ultima cosa che vide fu il suo volto mascherato, per poi essere calciato sul viso, ormai umano, fino allo svenimento.
 

Quando Iris si svegliò sentì il corpo pesante e stanco. Sentiva il terreno tremare e un respiro caldo dietro il collo. Era tutto buio intorno lei e quando cercò di alzarsi sentì come se qualcosa la bloccava. Tentò di girarsi, capì subito che c'era qualcuno dietro di lei. Poi vide una fiaccola accesa, poi un'altra e un'altra ancora. Erano su strada e lei si trovava su un carro. Ancora stordita pensò di trovarsi sulla vettura che avevano rubato a Border Leaf. Poi la vista si fece più netta, lentamente si stava abituando all'oscurità della notte. Sentì nuovamente quel calore dietro al collo e cercò di girarsi per quanto poteva. Un'altra fiaccola illuminò il carro e finalmente poté vedere il viso del ragazzo. Spalancò gli occhi, capendo in quale situazione spiacevole si trovava.

"Ciril!" disse a bassa voce, "Ehi!" 
Voleva dagli una botta con la mano, ma fu in quel momento che capì che era circondata da una stretta corda. Anche le gambe erano in trappola. 
"Svegliati!" continuò. Ma il ragazzo sembrava respirare profondamente e non dava alcun segno di volersi svegliare.

"Iris?" la chiamò una voce. La ragazza si mosse cercando di capire da dove o da chi provenisse. "Iris qua!" 
Sentì qualcosa toccarle la testa, quando alzò lo sguardo vide che era un piede.

"Basil?"

"Si" rispose. "Sono intrappolato non riesco ad alzarmi." disse bisbigliando.

"Come ci siamo finiti qua, te lo ricordi?"

"Ci hanno attaccati." sospirò. "Non te lo ricordi?"

"Fantastico" disse sarcastica, non prestando attenzione alla domanda. Tentò di dimenarsi un'altra volta ma era inutile. "Che facciamo?"

"Aspettiamo."

"Cosa?!" esclamò.

"Abbassa la voce!" la intimò stringendo i denti. "È notte, aspettiamo l'alba e poi dovremmo pur fermarci qualche volta, no?"

La ragazza sospirò e si girò nuovamente a guardare il viso addormentato dell'amico. "Non posso credere che stia dormendo in un momento simile..." sbuffò.

"Probabilmente ci hanno dato qualcosa, ricordo poco e niente."

Non erano più nella foresta, bensì su strada. Questo fece agitare ancora di più i due ragazzi e ad entrambi saltarono in mente tre parole: soldati, mercenari o cacciatori di taglie. In qualunque dei casi erano spacciati, sarebbero stati consegnati alle forse dell'ordine e poi condannati per chissà quale pena. Al pensiero di essere condannata alla pena capitale Iris sbiancò. "Non voglio morire." bisbigliò con voce tremante.

"Non moriremo idiota!" la rimproverò, "Sempre a pensare al peggio..." sbuffò.

"Almeno mi preparo psicologicamente prima." rispose acida.

"Iris non è il momento!"

"Come ti pare..." disse roteando gli occhi.

Dovevano essere quasi le sei di mattina perché il sole era quasi sorto e Basil era sicuro che se i loro rapitori non si erano fermati prima del loro risveglio, allora presto avrebbero fatto una sosta. La stessa strada era stata priva di intoppi e neanche una volta il carro aveva traballato. Il che significava che era una zona trafficata e vicino una città. La città più vicina al bosco era Cinatit. Non è molto conosciuta, c'è poco commerciò ed è per di più una città di passaggio per i viaggiatori. Non ci sono molti soldati, ne scuole di milizia o postazioni, il che significava niente soldati, ma molti mercenari. Per questo Basil era convinto che non si sarebbero fermati ma che era una semplice tappa, a meno che i loro rapitori non erano appunto mercenari pronti a venderli al primo acquirente.

Come presagito, dopo mezz'ora di viaggio il carro oltrepassò le mura di una città. Nessuno dei due riuscì a vedere lo stemma e a capire quale città fosse, ma Basil ne era abbastanza sicuro. Il carro aveva cominciato a rallentare e molti passanti incuriositi avevano fatto cadere l'occhio all'interno della cella. C'ere un uomo che sputò in segno di disgusto facendo adirare la ragazza.

"Questi qui non sanno neanche chi siamo e passano alle conclusioni." ringhiò lei.

Quando il carro si fermò accanto ad un osteria, almeno cinque persone scesero. Iris si affacciò tra le sbarre per osservare i loro rapitori. Avevano dei vestiti da combattimento molto particolari e pregiati, caratterizzati da un grande cappuccio e una maschera che lasciava scoperti solo gli occhi. Erano tutti vestiti allo stesso modo tranne per qualche piccola eccezione. Cominciarono a discutere tra loro su come organizzare la giornata. Tutti avrebbero mangiato e riposato ma doveva esserci sempre qualcuno di guardia.

"Il primo turno lo faccio io." disse una ragazza. Nonostante la difficoltà nel vedere, Iris notò che aveva un tatuaggio sulla mano. Sembrava una "E" abbellita da quelle che sembravano foglie e ornamenti floreali. Per un momento crebbe che fosse un indizio utile, che forse era lo stemma del gruppo, ma poi vide con dispiacere che era l'unica ad averlo.

"Sei sicura?" chiese un uomo. Era quello con la stazza più grande, la cui mano era il triplo di quella di un normale essere. la sua pelle era di un nero ebano, come quella di un Incubo Noctis, ma i suoi capelli bianchi e le sue orecchie a punta facevano pensare ad altro. Era un Drow, un essere appartenente alla famiglia degli elfi, una specie antica di secoli e quasi estinta. Erano elfi appartenenti all'isola Ragnarok, protagonista di uno dei fenomeni più catastrofici del regno. Una terra la cui energia magica era così potente che l'isola era implosa su se stesa, rilasciando una portata immane di magia oscura, che fece fratturare la terra e che invase le menti dei suoi abitanti. E' l'unica specie di Elfi capaci di utilizzare magia nera tanto che non vengono riconosciuti dagli altri elfi come tali.

"Sì Mug ho già dormito durante il viaggio."

"Bene, ti portiamo qualcosa da mangiare."

Quando il gruppo entrò nell'osteria, la ragazza si diresse verso il carro. Iris si allontanò dalle sbarre e si mise seduta accanto al corpo ancora incosciente di Ciril. Quando passò accanto al carro si girò per un breve secondo e Iris catturò il suo sguardo. Aveva dei profondi occhi blu che facevano contrasto con la sua pelle olivastra.

Una Succube Solis forse? Suppose Iris guardandola con occhi rabbiosi, tentando di sembrare minacciosa, ma come se nulla fosse la loro rapitrice si voltò dando loro le spalle. Dietro la schiena aveva due khopesh che incrociate formavano il segno del toro.

Se ne restava lì immobile evitando che gli abitanti si avvicinassero troppo al carro. Non sembrava temere i tre licantropi dietro di lei. Anche se erano legati bastava loro trasformarsi per liberarsi e sfondare le sbarre o semplicemente il lucchetto che li teneva rinchiusi come cani rabbiosi. Basil ci aveva pensato, ma per quanto tentasse non riusciva a trasformarsi.

"Iris," bisbigliò e la ragazza si voltò, "Non riesco a trasformarmi." Allora è vero, ci hanno drogati.

In quel momento anche lei tentò, tanto che la faccia era diventata bordò. "Nemmeno io."

Poi improvvisamente la ragazza davanti a loro finalmente parlò, ma senza voltarsi, "Ti fa male la testa?" In un primo momento non ci fu risposta poi ripeté, "Allora?" si voltò a guardare Iris.

La bionda prima la guardò spaesata, poi ricordò, "No, non molto." disse mormorando.

"E tu?" domandò a Basil. Il ragazzo distolse lo sguardo e si rifiutò di rispondere. "Come preferisci." disse tornando alla sua postazione.

"Chi siete?" domandò lui.

"Adesso parli?"

"Rispondimi." insistette.

"E' importante?" replicò lei.

"Abbastanza."

"Cacciatori di taglie." rispose secca.

Non è una di molte parole, si disse il ragazzo.

"Dove ci state portando?"

Prima di rispondere la ragazza si prese del tempo, forse per capire fino a dove volesse arrivare il ragazzo con le sue domande estremamente dirette. "Mortuda."

"Mortuda? Ma è lontanissima," sottolineò. Era una piccola città adiacente alla capitale e distava almeno una settimana di viaggio, senza soste. "E non ci sono campi lì."

"Ci è stato richiesto di portarvi lì," poi girandosi disse con tono seccato, "Non ho fatto domande e anche tu dovresti smetterla." Basil la guardò torvo.

Anche Iris si era irrigidita. Bizzarro...

Dopo venti minuti la ragazza mascherata si voltò verso l'osteria, i suoi occhi ammorbidirono e probabilmente la maschera stava nascondendo un sorriso. "Grazie Frya." disse quando una sua compagna le porse una sacca.

"Di nulla," le sorrise, "Tra mezz'ora farai il cambio con Mug."

La ragazza annuì e quando la compagna se ne andò si tolse finalmente si il cappuccio liberando i suoi capelli neri e la maschera. "Ehi!" esclamò rivolgendosi ai prigionieri.

Iris la stava già osservando. Non voleva farsi scappare alcun dettaglio, ogni cosa era fondamentale per capire come agire. Quando la ragazza si avvicinò alle sbarre, Iris la guardò con sguardo curioso, e quando tirò fuori dalla sacca tre panini incartati, nei suoi occhi c'era solo stupore. Li fece passare tra le sbarre e poi invitò i due a mettersi di spalle contro la cella. Iris aveva già capito e senza pensarci due volte fece come ordinato, seguita subito dopo da Basil.

La ragazza estrasse un pugnale dal fodero che teneva sulla coscia destra. Lo impugno e con decisione cominciò a tagliare la corda che avvolgeva i loro polsi, poi il busto e le caviglie.

Iris la guardava con sguardo interrogativo, non capendo perché li stesse liberando con un tale tranquillità. Non potevano trasformarsi, ma senza mani e piedi legati avevano più possibilità.

"Guarda i miei occhi." disse invitando Iris. "Se tenterete di fare qualcosa mi basta guardarvi e farete quello che dirò io."

Per quanto esistano tre tipi diversi di Incubi e Succubi: il Solis, il Noctis e l'Alabastro, tutti e tre avevano gli stesse poteri, tra cui il controllo mentale, anche se richiedeva forte allenamento e dispendio di energia. L'unica differenza era il colore della pelle, i Solis hanno la pelle che può variare di pigmentazione, dall'olivastro allo scuro, i Noctis sono neri come la pece e la loro pelle brilla leggermente sotto la luce solare come la spectrolite, e gli Alabastro sono bianchi come la Luna.

"Farò lo stesso quando si sveglierà l'altro."

"Perché ancora dorme?" domandò il fratello.

"Uno dei miei ha sbagliato la dose e ci vorrà un po' di più prima che si svegli." Poi con un cenno del capo e con i suoi occhi puntati sui panini, invito i due a mangiare.

"Grazie." le disse Iris.

"Non ringraziarmi vengo pagata per questo." disse prendendo il suo panino dalla sacca.

"Ehi," disse per riavere la sua attenzione, "Come ti chiami?"

"Talema."
 

Finalmente nel presente due delle storie si sono intrecciate, adesso bisogna vedere cos'è successo nel passato per far arrivare Talema a dove è adesso (l'avevate capito fin da subito che era lei oppure no?). Se il capitolo vi è piaciuto e avete qualche considerazione lasciate pure un commento! 

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Capitolo 41
*** Capitolo XXXIX ***


How a flower in the rain 
Only grows more when it's grey
You just shined on brighter, 
Making gold out of the pain
-Bring Me The Horizon


Skye tentò in tutti i modi di deviare l'attacco di Thalia. Per quanto i colpi della lupa fossero deboli, per un inesperta come Skye era difficile anche impugnare la spada in modo corretto. Nel momento in cui si sbilanciò per schivare il fendente, perse l'equilibrio. Quando credette di star cadendo per la quinta volta, Thalia le afferrò la mano e con una spinta la tirò su. Ma la lotta non era ancora finita, la lupa si rimise subito dopo in posizione e lasciando di proposito alcuni punti scoperti, issò la spada in aria per poi mirare verso Skye. La ragazza riuscì con un movimento repentino a parare il colpo con la lama, ma la lupa continuava a spingere, tanto che la ragazza stava soccombendo sotto la sua pressione. Mettendo tutta la forza sulle sue gambe cominciò ad opporre resistenza e riuscì a rialzarsi. Senza pensarci diede a Thalia un calciò sullo stomaco che la fece traballare.

"Scusa!" esclamò vedendola dolorante.

"No, hai fatto bene." Le sorrise riprendendosi dalla botta, "Per essere il primo giorno te la stai cavando."

"Altro round?" Chiese impugnando la spada nella sua direzione. "Magari vuoi la rivincita." La stuzzicò con un ghigno.

"Certamente."

Skye si mise in posizione per ricevere l'attacco e Thalia scattò verso di lei. La ragazza capì dal suo sguardo che questa volta non le avrebbe permesso così facilmente di colpirla. Le due spade si scontrarono ed entrambe si guardarono desiderose di vittoria. Quando la lupa tentò di colpirla con un altro fendente, Skye si scagliò a sua volta su di lei. Thalia schivò come suo solito e la spada di Skye si piantò nel terreno. 

"Ti arrendi?" la stuzzicò.

"Mai!" Esclamò soffiando su dei ciuffi che aveva sul viso. Aveva il viso sporco di terra e sudore, ma non si sarebbe fermata.

"Come vuoi, vieni pure." Disse divertita, "Facciamola finita."

Skye le corse incontro nuovamente e Thalia, decisa a porre fine al match, si scagliò su di lei con una velocità tale che Skye se la ritrovò davanti in un mero secondo. 

"Presa." Disse puntando la lama al suo collo. 

Skye fece un ghigno e sporgendosi diede alla lupa un veloce bacio sulle labbra. Con un ghigno esclamò, "Vinto!" E corse via.

"Cosa?!" Esclamò mentre la ragazza fuggiva via. "Eh no Skye non funziona così!" Cominciò a rincorrerla, "Vieni qua!" 

Cercò di correrle dietro più velocemente che poté. Nonostante Skye fosse già lontana, l'allenamento l'aveva pesantemente stancata e dopo qualche minuto si fermo ansimando, "Sto morendo..."  Intanto Thalia arrivò come una saetta e la travolse buttandola a terra. "Ah!" esclamò dolorante con la lupa sopra di lei. "Sì hai vinto tu, decisamente!"

La lupa rise sinceramente, "Non osare più sfidarmi o perirai!" disse guardando l'altra divertita.  Quando si tirò su, liberando Skye dal suo peso, le porse la mano e lei l'afferrò. Adesso erano entrambe sporche di terra dalla testa ai piedi,  "Sei stata brava, seriamente."

"Veramente?" domandò entusiasta e la lupa annuì contenta.

Skye avrebbe voluto fare molto di più, ma si tratteneva. Avevano appena fatto pace, ma voleva comunque darle spazio e tempo per abituarsi. Le sembrava strano come i loro ruoli si fossero invertiti, come adesso era lei che doveva sostenere l'altra ed aiutarla. Thalia era stata la sua ancora di salvezza e adesso lei avrebbe ricambiato. L'amava davvero, ma capiva che doveva darle i suoi spazzi e aspettare che fosse lei a fare il primo passo. Sentì come se il bacio scherzoso di prima fosse stato un azzardo, ma in quel momento si era sentita così bene, come se tutto quello che era successo non fosse mai accaduto. Era sicura che anche Thalia per quella breve ora si era lasciata andare e ritrovò dopo tanto tempo la persona che lei aveva salvato nel bosco e che sua volta aveva salvato lei. Finalmente l'aveva vista sorridere e anche lei dopo tempo riuscì a non sentire quel senso di irrequietudine.

"Stasera ci sarai?" Chiese la lupa speranzosa. Skye sorrise a quella che sembrava una semplice domanda ma che date le circostanze sembrava tanto. Anche se lentamente, le stava dando il permesso per avvicinarsi nuovo. Ma per quanto ne fosse felice, la risposta che l'avrebbe dato, non l'avrebbe fatta contenta.

"Non posso," rispose dispiaciuta, Thalia storcé subito il naso. Skye la vedeva la delusione nei suoi occhi, l'ostilità che sarebbe nata da quel rifiuto. Fu così che intuì che la lupa non lo sapesse. "Non te l'hanno detto?" Lei corrugò la fronte e negò con la testa. "Solo voi lupi e ibridi potete uscire stanotte."

"No, non lo sapevo," disse intristita, "Vuoi che resto?"

"No." Rispose sorridendole e dandole una leggera spinta, "Devi divertirti." La lupa ridacchiò e quando una goccia di sudore le scese lungo il viso, entrambe capirono che era ora di tornare a casa. Anche il sole ormai tramontato faceva presupporre che era ora di cena. Fu così che Skye porse la sua mano alla lupa, senza afferrargliela, ma dandole una scelta. Voleva darle i suoi spazi e così avrebbe fatto. "Andiamo?" La lupa sorrise, le stava per prendere la mano, le loro dita si sfiorarono, ma poi si bloccò. Skye la vide perdere il sorriso, e i suoi occhi cambiare direzione. La ragazza si girò dietro di lei, dove lo guardo di Thalia puntava, ed in lontananza vide la figura di un uomo. Aruel. "C'è qualche problema?" si volse verso di lei.

"No," deglutì. "Vai avanti, fatti una doccia." Disse passandole accanto. "Ci vediamo tra poco."

Ma il suo sguardo non la convinceva e con un gesto impulsivo le afferrò il polso. "E' davvero tutto okay?" la lupa annuì in modo convincente, ma nonostante la preoccupazione la lasciò andare. Da quando erano arrivate, fratello e sorella non avevano mai parlato, solo qualche accenno e saluto. Aveva capito quanto ormai per la lupa fosse difficile esprimere i propri sentimenti e forse trovarsi lì Aruel ad aspettarla l'aveva impaurita. 

Chissà di cosa parleranno, si domandò con ansia. Spero vada tutto bene.
 

Thalia cercò di mascherare la propria preoccupazione camminando con passo fiero e testa alta. Aruel l'accolse con un sorriso, lei non ci riuscì. "Come va?" domandò con tono calmo.

"Bene. Andiamo a fare una passeggiata." Disse voltandosi subito dopo.

"Preferirei di no, sono stanca." Aruel la guardò per un attimo, cercando leggere oltre le righe, di andare oltre lo sguardo pacato che lei gli rivolgeva.

"Okay..." disse un po' titubante, "Come preferisci." Si appoggiò con le braccia sul recinto in legno del campo, Thalia fece lo stesso. Per qualche minuto nessuno dei due parlò, Thalia cominciò a giocherellare con un pugnale per alleviare i nervi tesi e Aruel osservava due guerrieri combattere cercando di capire come riempire quella momento imbarazzante. "Combatti bene." Disse schiarendosi la voce.

Thalia posò il pugnale pronta a ricevere ogni cosa che le avrebbe detto. Ecco che si comincia.

"Anche Skye è stata brava per essere la sua prima volta." La lupa annuì rimanendo in silenzio. "Okay..." disse con un velo di imbarazzo. "Non vuoi nemmeno provarci," domandò girandosi verso di lei, ma Thalia continuava a guardare in lontananza, "A instaurare un minimo di dialogo con me?"

"Perché dovrei?"

"Perché sei mia sorella!" esclamò avvilito.

La lupa finalmente si voltò, con i suoi occhi argentei che fissavano i suoi. Lo guardò così profondamente e con sguardo così furente che l'uomo si tirò indietro, "Ora sono tua sorella?"

"Thalia..."

"Tu sei venuto solo perché c'era Skye!" Inveì lei.

"No, non è così," rispose dispiaciuto, ma la furia nella ragazza sembrava non volersi placare.

"Scommetto che neanche sapevi che ci fossi anch'io!" Aruel abbassò lo sguardo sentendosi colpevole. "Oppure mi sbaglio?!"

"Thalia è molto più complicato di quanto pensi." Cercò di dire, ma lui lo sapeva e Thalia anche. Non era andato per lei.

"Mi hai lasciata sola!"

"Avevo una famiglia!"

Avrebbe voluto gridare con tutta la forza in corpo che era lei la sua famiglia. Lo guardò quasi con sguardo dolorante cercando di tenere dentro tutta quella rabbia e quella delusione. E poi il suo sguardo si ammorbidì lasciando spazio solo ai suoi stanchi occhi lucidi. Non voglio più perdere il controllo, pensò facendo un respiro profondo.  "La bambina," sottolineò cercando di mantenere la calma, "Te ne sei andato per lei?" disse con voce spezzata ma comprensiva. Voleva davvero cercare di comprendere, voleva davvero provarci.

"Si."

"Quando è successo?" Si sforzò per non far tremare la voce.

"Nella mia prima missione da novizio." Disse facendo una pausa. "Ci avevano portato in questo piccolo villaggio che era stato attaccato da un arpia. Siamo rimasti per tre giorni."

"Con chi?" Chiese diretta.

"Una strega," disse con il sorriso sul volto. "Lianna."

Thalia annuì, capiva le motivazioni di Aruel ma non voleva ancora lasciare andare la rabbia. Si sentiva tradita dal suo stesso fratello, una persona che avrebbe dovuto proteggerla, ma non infierì oltre. Avrebbe voluto dirgli tutte le cose che aveva passato a causa di Agrid per farlo sentire in colpa, ma non lo fece. Voleva essere migliore anche se la tentazione era tanta. Lui aveva vissuto una vita al sicuro con la sua famiglia, mentre lei tutto il contrario e la sua unica colpa era quella di essere stata l'ultima rimasta.

"Voglio perdonarti, ma non lo farò," disse voltandosi un'ultima volta, "Per ora." Lei non lo vide, ma lui sorrise. Era certo che in fondo lei lo amava e che non aveva mai smesso di farlo, neanche quando se ne era andato.

Lo lasciò lì solo, mentre lei tornava a casa. Non si girò mai, continuò dritta per la sua strada e lui non cercò di trattenerla. Non voleva perdere qualcun'altro ma allo stesso tempo Aruel non era niente. Non sono cresciuti insieme, non sanno nulla delle reciproche vite, ne tanto meno Thalia ha molti ricordi di lui, lei aveva a mala pena cinque anni quando lui sparì. Era un nessuno ma allo stesso tempo tutto, l'unica cosa buona del suo passato. Lei doveva solo capire se lasciarlo entrare nuovamente nella sua vita.

Tornò a casa con passo veloce, cercando di evitare di guardare le persone attorno a lei focalizzandosi solo sui suoi passi e sul suo respiro. Il campo da allenamento fortunatamente si trovava vicino alla magione e non ci mise molto ad arrivare. 

Come solito il portone non era chiuso a chiave e le basto girare l'enorme pomello geoidale per ritrovarsi dentro la sua nuova casa. Passò per il salotto e guardando alla sua sinistra notò che in cucina Anaan stava cucinando e che al lungo tavolo a forma di "u" erano apparecchiati soli otto posti, per lei, Skye, Anaan e gli altri cinque maghi che non solo abitano lì, ma che hanno anche il compito di sorvegliare Annie.

"Anaan?" la chiamò Thalia affacciandosi alla porta aperta.

"Si?" chiese senza distogliere lo sguardo dalle pentole.

"Scusa ma i ragazzi di oggi non si fermano a mangiare neanche a cena?" Domandò incuriosita.

"No, tutt'oggi staranno con le loro famiglie." Disse gettando un po' d'olio nella padella rilasciando nell'aria odore di fritto. "Poi domani pomeriggio ci riuniremo tutti quanti, dovete vedere una cosa."

"D'accordo." Rispose, ma prima di andarsene domandò con preoccupazione, "Riguarda Annie? Perché non ne abbiamo più parlato."

"Si, riguarda lei." Le rispose volgendole lo sguardo, per rassicurarla le disse, "Sta tranquilla."

Facile da dire, è colpa mia che l'ho coinvolta.

"Va bene," picchiettò insicura sul legno della porta. "Quando è pronto chiamateci per favore." L'anziana donna fece un mormorio per indicare che aveva capito e riposò le sue attenzioni sul cibo.

Quando salì le scale per andare in camera a lavarsi, si bloccò davanti la porta della stanza di Skye. Era tentata dall'entrare, non aveva una vera motivazione per farlo, semplicemente voleva vederla. Bussò delicatamente, come se si vergognasse.

"Avanti," disse una voce dall'altra parte. Quando Thalia aprì la porta trovò Skye in accappatoio che contemplava il letto pieno di vestiti. Skye la salutò con un sorriso per poi riporre la sua attenzione su ciò che aveva davanti.

"Ti vedo concentrata," rise, "Torno dopo?"

"No resta," le rispose velocemente. "Secondo te farà freddo?"

"Diciamo che stamattina e oggi pomeriggio non ha fatto proprio caldo," la prese in giro. Nel frattempo si era seduta a bordo letto quasi davanti a lei.

"Si hai ragione," disse pensosa. "Aiutami a scegliere. Anaan vuole portarmi a casa di alcune persone per farmi conoscere alcuni ragazzi della nostra età e voglio essere presentabile."

Thalia la guardava, non prestava neanche attenzione ai vestiti. L'accappatoio le ricopriva ogni forma lasciando visibili solo le gambe, il collo e una piccola parte del petto. Aveva i capelli neri bagnati che le gocciolavano sul viso o sul pavimento. Quando una goccia le attraversò il petto la lupa deglutì. Arrossì violentemente quando lasciò la sua mente vagare su pensieri non adatti al momento.

"Stai bene?" Chiese Skye vedendola rossa, Thalia annuì con goffaggine. Ma lei le posò comunque una mano sulla fronte per assicurarsi che non avesse la febbre. "No, la temperatura è giusta," poi le chiese, "Puoi farti la doccia qui se vuoi, così il bagno è già caldo."

"Sì-" con disagio si chiarì la voce, "Cioè, no." Si alzò di scatto, "Vado in camera mia, ci vediamo dopo." 

Senza neanche dare a Skye il tempo per fermarla, Thalia sfrecciò via e andò a rifugiarsi in camera sua, tenendosi il rosso viso tra le mani e mordendosi le labbra per non gridare dalla frustrazione e l'imbarazzo. 

Ma quanto sono stupida! Un idiota. "Imbecille!" Si insultò da sola. "Adesso mi lavo e faccio finta di niente. Si si farò così!" Disse mentre dentro di se stava urlando. "Meglio non pensarci." Disse cominciando a spogliarsi. "Speriamo che sta sera non faccio qualche cazzata."

Nonostante ci sperava, neanche lei sapeva che effetti avrebbe avuto la luna su di lei, irascibilità? Gioia estrema? Spericolatezza? Ferocia? Eccitazione? Le andava bene tutto, tranne l'ultima cosa. Stavano lentamente ricostruendo il loro rapporto, non voleva rovinare tutto un'altra volta.
 

Al prossimo capitolo ragazze 👀

 

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Capitolo 42
*** Capitolo XL ***


Attenzione: contenuti sessuali

I don't know what to do
To do with your kiss on my neck
I don't know what feels true
But this feels right so stay a sec
-Billie Eilish

 

Avevano appena finito di cenare. Dickens e Anaan erano riusciti ad intrattenere la serata parlando delle imprese del passato e della fondazione di Utopia come rifugio per ogni creatura bisognosa. Anaan aveva spiegato che come ci fosse un interconnessione non visibile tra il mondo degli umani e quello magico, anche l'isola dove avevano costruito Utopia era un mondo a parte al quale ci si può accedere solo attraverso dei portali dall'aspetto di enormi cancelli. Per questo non appare nelle mappe, perché un luogo distaccato dalla realtà e motivo per cui dopo anni la sua localizzazione, nonché la posizione dei portali, è ancora sconosciuta alla regina.

In quel momento Skye rimase sia perplessa che affascinata dalla possibilità che esistano modi di cui nessuno sa la conoscenza e a cui nessuno può accedere. Del resto neanche lei sapeva che il bosco che tanto la attraeva era un portale che l'avrebbe condotta ad un mondo inimmaginabile.

"È possibile che la regina riesca a trovare questi cancelli?"

"Sì è possibile," confessò e volto di Skye si oscurò, "ma sono posizionati negli angoli più sperduti del regno." la rassicurò l'anziana.

"Quello che abbiamo attraversato noi era nelle Terre Fredde?" domandò la lupa. Nonostante anche in Utopia in quel periodo dell'anno è inverno, nulla si avvina al gelido e perenne freddo che caratterizza le terre dell'Est. Sia la lupa che Skye ricordavano bene le freddi notti che avevano passato in quella vecchia casa priva di un camino.

"Sì, esattamente." confermò, "Ma ogni tre giorni cambiano la loro posizione seguendo uno schema preciso."

"Quanti ce ne sono?" domandò Skye.

"In totale ce ne sono cinque più quello che abbiamo noi qui che è fisso, mentre le postazioni sono ventidue."

Entrambe le ragazze annuirono ma Skye non si sentiva per nulla rassicurata. Tutto quello che stava accadendo era al di sopra di lei e non ne aveva alcun controllo. Ricorda la sensazione che provò quando a Border Leaf le dissero che non era umana, ma questo andava ben oltre ogni cosa. Non avrebbe mai immaginato che la sua ennesima fuga avrebbe portato ad eventi di tale portata. L'unica cosa che la fa sperare ancora è la presenza di alleati come le Creature dell'Ombra. Mor le aveva lasciato un eredità alquanto scomoda, e più di una volta si era chiesta perché mai le avesse dato un compito così importate. Aveva la paura che volesse lavarsene le mani, che il suo desiderio di avere una figlia era invece un atto egoistico per non affrontare le conseguenze del suo passato.

"Tutto okay?" le domandò la lupa bisbigliando. Le poggiò una mano sula gamba cercando di darle conforto. Non era mai stata brava a leggere le persone, ma Skye era un libro aperto per lei. Non sapeva se era per il loro legame o perché la ragazza assumeva uno sguardo così vuoto da quasi sembrare inquietante ogni volta che qualcosa la preoccupava.

"Sì," annuì sforzandosi di sorridere.

"Comunque è ora." si alzò Anaan. Come la donna aveva appena predetto, il suono rumoroso ed echeggiante di una tromba si diffuse nell'aria, richiamando a se i Mutaforma e incitando l'allontanamento di chiunque non sia un lupo o un ibrido con se i geni di un licantropo.

"Allora io vado," annunciò la lupa alzandosi. Spostò di lato la vecchia sedia di legno pregiato e si chinò per dare a Skye un bacio sulla guancia,  "divertiti," le sorrise.

La ragazza si toccò sul punto come se non si aspettasse di ricevere tale affetto e dopo un breve momento di spaesamento esclamò, "Anche te." Anche se era un piccolo gesto, quasi una cosa così insignificante, per lei era importante. Perché nonostante i recenti accadimenti vedeva il miglioramento ma anche lo sforzo di Thalia nel tentare di tornare alla normalità di una volta. Si chiese come fosse possibile che una madre crudele come Agrid sia riuscita a crescere una persona senza la minima briciola di crudeltà che caratterizza la donna.

"Su Skye," la incitò l'anziana, "vai a prepararti, abbiamo poco tempo."

Parla come se là fuori ci sarà una fine del mondo, pensò ridendo tra sé.

E mentre Thalia raggiungeva i suoi nuovi compagni, Skye con ansia ed emozione si apprestava a darsi un'ultima sistemata nella sua stanza, mentre Anaan sbuffava da sotto le scale con impazienza. 

"Finalmente!" esclamò quando la vide scendere, "pensavo ti stessi preparando per una serata di ballo in un castello." disse osservandola dalla testa ai piedi. In realtà aveva deciso di indossare qualcosa di carino ma soprattutto comodo e caldo. Un giacchetto cotonato di pelliccia dalle sfumature grige e bianche, e  dei lunghi pantaloni neri pesanti che terminavano con l'uso di scarponi di pelle impermeabili.

"Sarebbe bello, dato che l'unico a cui ho partecipato è stato fatto apposta per annunciare il mio matrimonio con un uomo." Nel solo ripensarci un brivido la percorse su tutta la schiena e rabbrividì all'idea che avrebbe dovuto necessariamente procreare per continuare la linea reale con una persona che non amava, e che in cuor suo sapeva non avrebbe mai amato. Si accigliò nel pensare che Kurtis era morto per colpa sua, e poi quel dottore... Aveva tentato di non pensarci per così tanto tempo.

"Credevo fosse Thalia quella che cambiava umore in pochi secondi." rise Anaan, ma quando Skye non accennò nemmeno ad un minuscolo sorriso, l'anziana si pentì di aver fatto quel commento. "A cosa stai pensando?"

"Mi chiedo quante altre persone verranno ferite a causa mia." Alzò lo sguardo.

"Tante," disse schietta la donna. "Non aspettarti nulla di pulito Skye."

"Ma io non voglio che persone che nemmeno conosco si battano in mio nome rischiando la vita. Non voglio avere vite di innocenti sulla coscienza."

"Non siamo in una fiaba, le persone muoiono. Perderemo tanto, ma il risultato ne varrà tutto. La sofferenza e il dolore, la perdita e l'abbandono ci accompagneranno sempre, ma anche la gioia e la gratitudine ci saranno vicine." le disse con la sua voce rauca e decisa. 

Di nuovo sentì quell'opprimente sensazione di soffocamento, il peso del mondo era su di lei, su una ragazza che cinque mesi prima era sdraiata sul suo morbido letto, circondata dallo sfarzo e dalla ricchezza, che fantasticava sul futuro e le sue possibilità. Come avrebbe mai potuto immaginare di ritrovarsi in mezzo ad una guerra e stare dalla parte di un piccolo gruppo di ribelli che in confronto ad un'armata sono degli scriccioli.

"Ehi," si avvicinò e le strinse le spalle. "Queste persone sono tutte pronte a combattere e a sacrificarsi purché tu riesca a salire sul trono. E' vero, combattono in tuo nome, ma solo perché sanno che tu puoi dare loro e ai loro figli un futuro migliore," Skye la guardò, occhi mai così terrorizzati. Non voleva essere il Messia di nessuno, voleva solo fuggire e vivere una vita semplice in una piccola casa di campagna, lontana da castelli e principi, e invece si maledice per essere entrata in quel maledetto bosco. "Sei la loro speranza." la scuoté un'ultima volta Anaan.

"Possiamo andare?" domandò tagliando il discorso. Cercò in tutti i modi di mantenere la calma ma la sua voce quasi aveva tremato. Tutta questa responsabilità, pensò, io non la voglio.

L'anziana annuì, e con una mano sul bastone e l'altra sul braccio di Skye, percorsero lentamente le strade quasi vuote del grande villaggio. Ogni casa era staccata dall'altra e nessuna era uguale, dando ad ognuna un senso di unicità e bellezza. C'erano case in mattoni con un solo piano, case in cemento a due, o altre semplicemente in legno. Alcune erano abbellite con delle particolari piante o rampicanti, altre invece erano ricche di produzioni simboliche come talismani e amuleti, simili a quelli che spesso indossava Anaan.

"È una cosa di voi maghi?" domandò indicandole la casa. Anaan annuì con un sorriso.

"Skye la sai la differenza tra un mago e uno stregone?" La ragazza scuoté la testa e la guardò con interesse. "Una strega e uno stregone traggono energia dall'ambiente circostante, questo significa che per utilizzare un incantesimo devono rubare energia a un essere vivente."

"Quindi loro uccidono?" chiese confusa.

"No," rise, "Se rubano così tanta energia rischiano loro di morire, ne prendono solo un frammento. E poi solitamente sfruttano piante o animali, sennò è reato."

"E voi maghi invece cosa fate? L'unica volta che ho visto un mago in azione è stato Dickens nel mondo umano." 

"E cosa hai visto?"

Con la mente tornò indietro a quel giorno, le urla delle persone ancora le rimbombavano nelle orecchie, così come gli ululati e le feroci ringhia della lupa. Come avrebbe mai potuto dimenticare. "I suoi occhi erano diventati viola e il suo corpo aveva cominciato ad emanare una luce dello stesso colore."

"Quella è la manifestazione della nostra energia, o come piace a noi chiamarla, la Virtù. Noi non abbiamo bisogno di rubare nulla perché è la nostra aura a fornirci della forza necessaria per fare incantesimi. Ma da una parte è svantaggioso perché una volta esaurita ci vogliono ore prima di riprodurla."

"E gli stregoni invece non hanno questi problemi," rise Skye. "E' quasi come se barassero, siete enormemente svantaggiati."

"Non me lo dire..." sbuffò l'anziana. 

Mentre camminavano per raggiungere la casa che Anaan aveva descritto come 'caotica' e 'disordinata', cominciarono ad udire degli ululati provenire dall'abitazione dei licantropi. Nonostante Skye non era rimasta per molto tempo a Border Leaf aveva quasi cominciato a sentire delle differenze tra i diversi ululati, e quelli che aveva sentito erano decisamente di gioia. Fece un sorriso spontaneo e naturale che non passò inosservato.

"Mi fai rimpiangere essere giovane."

Skye era già pronta a fare una miriade di domande. Si chiedeva cosa una donna della sua età avesse passato dopo tutti quei anni. Sapeva che dopo il tentato assassinio da parte della regina nei confronti di Mor, anche lei era dovuta scappare. E poi la fondazione di Utopia , il reclutamento, le missioni di salvataggio... Voleva sapere tutto di quella donna che lei vedeva quasi come un mentore.

"Siamo arrivate," annunciò a Skye. 

Nonostante gli avvertimenti di Anaan, quella sembrava una casa come tutte le altre. Dalle finestre si vedevano delle luci accese e del movimento. Ad illuminare l'entrata c'era una lanterna con una candela accesa e a metà della sua vita. Senza esitazione e con confidenza Anaan bussò fortemente alla porta e ci fu subito una risposta. Sentirono qualcuno gridare di aprire la porta e dopo qualche secondo un piccolo bambino si affacciò al portone. Non appena vide Anaan un enorme sorriso si allargò sul suo piccolo volto. Aveva i capelli così ricci che gli circondavano tutto il viso come un pallone ed erano di un castano scuro come la sua pelle. Fu subito dopo raggiunto da un'altra ragazza con gli stessi capelli ricci ma legati e la pelle di un tono ancora più scuro. Forse sui venticinque anni.

"Sono arrivate?" domandò al piccolo, che annuì con contentezza. La ragazza posò subito gli occhi su di loro. Aveva un largo sorriso, il viso fine e gli zigomi alti.

"Sono loro?" gridò una voce in lontananza. "Falle accomodare!" disse subito dopo senza aspettare una risposta.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, "No mamma, adesso le lascio fuori!" replicò con sarcasmo. Skye nascose una risata.

Stringendo la spalla del bambino lo fece scansare lentamente, "Yoha facciamole entrare," mormorò. Il bambino si girò verso la ragazza facendosi da parte. Appena Skye mise piede nella casa un odore di cibo la travolse. Avevano probabilmente appena finito di cenare, ma Skye non lo capì solo dal profumo, ma anche dal rumore dell'acqua che scorreva e dai piatti che si scontravano. 

"Yoha la mamma è in cucina?" Il bambino annuì. Anaan aveva avuto la stessa intuizione.

"Su andiamo in sala," disse la ragazza. "Comunque piacere," si volse verso Skye con il braccio disteso e la mano aperta, "mi chiamo Latifah."

"Skye," le sorrise stringendole la mano.

Latifah fece loro strada, anche se Anaan sembrava già conoscere le mure di quella casa. Quando entrarono in sala, ad aspettarle in piedi c'era un'altra ragazza, più giovane di Latifah, con un viso dolce, le guance piene e labbra carnose. I capelli mossi e così chiari da sembrare bianchi, erano corti e arruffati, con un vano tentativo di tenerli da un solo lato grazie alla rasatura laterale sulla sinistra. La sua pelle era di un celeste chiaro e anche se Skye non era ancora un esperta nel riconoscere le varie razze, intuì che forse era una ninfa d'acqua, ma non sapeva di preciso quale. Sul divano e non curante delle persone attorno, sedeva quasi sdraiato un ragazzino. Skye notò che aveva delle evidenti cicatrici sulle orecchie, come se una parte gli fosse stata recisa e qualcosa che gli spuntava dietro la schiena, ma da come era posizionato il ragazzo non riusciva a vedere. Quando finalmente si girò, mostrò il suo volto vispo. I suoi occhi a mandorla erano di un verde scuro, e suoi capelli come la pece e doppi gli sfioravano le palpebre.

Anaan  salutò prima la ragazza con un abbraccio chiamandola Kubra, e al quale la ninfa rispose con uno strano verso della voce. Quando alzò i suoi occhi neri e profondi verso Skye, si staccò dall'abbraccio e rivolse la sua attenzione sulla ragazza. Si avvicinò con la mano tesa e un sorriso speranzoso sul volto. Skye gliela strinse e quando disse il suo nome Kubra annuì e batté le palpebre come ad indicare che avesse capito.

"Kubra non può parlare." disse una nuova voce nella sala. 

"Jamila," la chiamò l'anziana. Era esattamente identica alla figlia Latifah, solo con molte rughe in più. Ma il fisico era ancora slanciato e forte.

"Come stai mamma?" domandò abbracciandola. "Non vieni quasi più a trovarci."

Mamma? Anaan non mi aveva parlato di una figlia, o di una famiglia.

"Ho avuto da fare," guardò con la coda dell'occhio Skye.

Addolcendo la voce invitò tutti a sedersi. Portò dalla cuna alcune bevande biscotti che finirono non appena il patto toccò il tavolino.

Il ragazzino continuava a rimanere in silenzio limitandosi ad osservare. Si mise finalmente dritto quando Kubra diede l'intenzione di volersi sedere accanto a lui. Skye continuava a posare gli occhi su di loro e più volte aveva incrociato lo sguardo  della ragazza. Non voleva assolutamente sembrare inappropriata ma era curiosa del perché la ninfa non riuscisse a parlare. Sapeva che sia le ninfe di acqua dolce che salata avevano l'abilità di generare suoni così acuti da riuscire a mettere a tappeto chiunque.

"Immagino tu non sia venuta per una riunione di famiglia," disse Jamila cercando di mascherare l'asprezza nelle sue parole. Skye la vedeva, l'autorevolezza che circondava la donna. Il busto dritto, la schiena mai rilassata, le braccia posate su entrambi i braccioli della poltrona e le gambe incrociate.

"Infatti," confessò Anaan, ma non si irrigidì, anzi sorrise per l'acutezza della figlia. "Sai già tutto sulle miei ragazze?"

"Le voci girano," poi guardando Kubra, "la mia ragazza non avrà la voce, ma le sue orecchie sentono ogni cosa." disse con un sorriso mai così soddisfatto.

"Bene, allora evito le spiegazioni," Era palpabile la tensione tra le due e Skye per qualche momento si era sentita a disagio. Era come vedere una copia di Anaan, e una già le bastava. 'Tale madre, tale figlia' non le era sembrato mai così azzeccato. "Ho già parlato con Hector della casa Omicron. Lui ci aiuterà nell'addestramento, ma ho anche bisogno di una maga potente di cui fidarmi. I miei uomini sono tutti occupati, ma," si voltò a guardare la nipote, "Latifah è abile, e mi fido."

Quindi era questo lo scopo di quest'incontro... Pensavo che per una volta sarei riuscita a distrarmi, lasciando da parte, per qualche ora tutti i miei stupidi problemi e invece... tutto ruota attorno alla stessa identica cosa.

Gli occhi della ragazza si illuminarono, era evidente che volesse accettare l'incarico. Jamila però abbassò lo sguardo pensosa. La sua preoccupazione era chiara e nemmeno poca. Le persone di questo posto hanno perso molto, le loro case le loro vecchie vite, Skye non sarebbe rimasta stupita se molti degli abitanti avessero perso anche qualcuno a loro caro.

"Lo so che ti avevo promesso che non avrei più coinvolto nessuno della famiglia, ma ho bisogno dell'aiuto di Latifah."

"Ti serve per forza un mago?" domandò più aggressivamente. Anaan annuì serrando gli occhi e piegando la bocca, le sue rughe ancora più visibili.

"Mamma io-" tentò la ragazza, ma la donna la zittì con un gesto della mano.

"Ho permesso a Latifah di addestrarsi solo per difesa personale nel caso questo posto-" si fermò, aveva paura di dare voce ad una delle sue più grandi paure.

"Jamila, Latifah è un prodigio." Al suono di quelle parole gli occhi della ragazza brillarono, così come il suo largo sorriso. "Non la metterò in pericolo, deve solo aiutarmi."

La donna digrignò i denti e anche se sapeva che quello che stava facendo era giusto, non lasciò passare inosservato il suo dissenso dal tono della voce, "Lascerò che ti aiuti nell'addestramento, ma non permetterò che entri a far parte del tuo gruppo."

"D'accordo," disse con sollievo, "mi sembra giusto."

Come sempre io rimango una semplice spettatrice delle decisioni che coinvolgono la mia stessa vita. 

Sono stufa.

~ * ~

Rimasero a casa di Jamilia fino a mezzanotte, quando finalmente la confusione causata dai licantropi passò dalle strade e i locali del villaggio, alle spiagge dell'isola dove un fuoco rovente di un falò saliva in cielo riscaldando l'aria.

Nonostante il nervosismo di Skye per l'atteggiamento di Anaan, le fu facile mitigare la sua rabbia grazie alle distrazioni che le proponevano continuamente i nipoti della vecchia donna, tutti adottati tranne Latifah, la primogenita. Tutti e quattro sapevano chi fosse, anche il piccolo Yoha, abbreviazione di Yohance, sapeva da dove provenisse, ma nonostante tutto la riempirono di domande chiedendo qualsiasi cosa passasse loro per la mente. Anche Xun, il ragazzino taciturno, era notevolmente disposto al dialogo raccontando alla ragazza delle sue ali di Fae ereditate dalla madre, e le sue ormai recise orecchie a punta dal padre. Kubra invece dialogava attraverso le mani. Grazie ai movimenti che faceva, i sui fratelli riuscivano a capirla e di conseguenza traducevano a Skye quello che diceva. 

Le piacque che momento che condivisero. Fu come un tuffo nel passato, raccontando ai ragazzi dei costumi e delle usanze del mondo degli umani, per lo più apprese attraverso i libri, un particolare che nascose. Poi raccontò di come era finita a Border Leaf, poi di nuovo a nella corte reale del re Albert a Omernia, di come l'avevano aiutata a fuggire e ad arrivare sana e salva ad Utopia. Tutti ascoltavano attentamente assorbendo ogni parola e ogni emozione che lasciava traspirare. Era travolgente. Per la prima volta aveva davvero ripercorso tutta la storia della sua vita, ridendo nel raccontare le cose più sciocche, e pena narrando le cose più dolorose. In quel momento realizzò che non fu mai sola, ogni volta c'era qualcuno ad aiutarla ad affrontare le difficoltà. I suoi pensieri si spostarono nuovamente su Shanti. L'aveva visto nella visione di cosa era capace quella donna, sapeva della sua crudeltà. E se perdessi qualcuno a me caro?!

Quel pensiero la perseguitò per il resto della notte. Anche con Anaan aggrappata a lei per tornare a casa, la sua mente continuava a ripensare ai peggiori scenari possibili. L'anziana la vedeva, ma aveva deciso di non infierire oltre, perché sapeva che le sue parole avrebbero solo sortito l'effetto opposto.

Una volta dentro, lei si era diretta in camera sua. Si era spogliata, messa la veste da notte bianca, e si era infilata sotto le pesanti coperte. Aveva il volto rivolto verso la finestra. Gli alberi le impedivano di vedere la luna nella sua completezza e in quel breve secondo i sui pensieri finalmente si spostarono su altro, su qualcuno che nonostante tutto le trasmette ancora calore e pace. Lentamente il tempo passò e neanche i suoi pensieri riuscirono a tenerla sveglia. Si addormentò pesantemente, così tanto non appena sentì un frastuono alla finestra e poi un pesante tonfo, si alzò immediatamente in piedi, sveglia e reattiva con due occhi spalancati. Si affacciò immediatamente dopo per capire la causa di quel fragore. Ma non vide nulla, decise poi di aprire le ante e controllare più approfonditamente. Non appena lo fece un lamento dolorante le fece abbassare lo sguardo. Sgranò gli occhi vedendo la lupa a terra. Era solo il primo piano ma subito il suo sguardo stupito fu sostituito dal panico.

"Stai bene?" gridò, "Thalia!"

La lupa alzò lo sguardo e cercò di farle un sorriso segnato dall'imbarazzo. Alzò il braccio facendole il pollice all'insù e Skye fece un sospiro di sollievo.

"Ma che ti è preso sei pazza?!" gridò nuovamente nonostante stessero tutti dormendo. Era arrabbiata ma non poteva far vedere che stava nascondendo una risata. "Ma entra dalla porta dai!"

La vide alzarsi lentamente, poggiando una mano prima sul fondo schiena e poi sulla testa massaggiandola. Quando vide che finalmente girò l'angolo anche lei si alzò, ma non fu l'unica. Dei passi pesanti e lenti e del borbottio si sentivano dal corridoio. Quando aprì la porta vide Anaan scendere il primo scalino delle scale con uno sguardo non poco seccato. Decise di andarle dietro, ma dal suo umore nero, decise che sarebbe stato meglio rimanere in silenzio. Si stavano dirigendo verso la portone. Non era chiuso a chiave, per questo lo videro aprirsi e la figura di Thalia oltrepassare la soglia, o almeno provarci. Una potente scarica viola la fece balzare via prima che riuscì a mettere piede in casa.

"Che idiota," sbuffò l'anziana alzando gli occhi al cielo.

"Che cos'era?" domando Skye agitata, tenendosi ben lontana dalla porta.

Anaan si avvicinò, nessuna scarica la colpì. Skye si mise di fianco a lei nel tentativo di vedere quali fossero le condizioni di Thalia. A quanto pare bene, dato che aveva cominciato a ringhiare contro la casa.

"Ora puoi entrare," disse la vecchia.

"Cosa hai fatto?" le domandò Skye con la fronte corrugata, ma Anaan non rispose, era concentrata su Thalia, come se volesse assicurarsi di qualcosa. E' vero che durante la luna piena i licantropi diventano irascibili, ma Thalia era innocua.

La lupa si avvicinò timorosamente guardando quello spazio che divideva il dentro e il fuori come se fosse un cerchio di fiamme pronte a travolgerla.

"C'è una barriera, si può entrare solo su invito," disse seccata, "muoviti."

Si sbilanciò in avanti e poi allungò di scatto il bracco come per vedere se qualcosa l'avrebbe atterrata per la seconda volta. Ma nulla. Finalmente con un po' di coraggio fece un passo, il suo volto ancora segnato del timore e dall'incertezza. Una volta dentro fece un lungo sospiro di sollievo.

"Ma che diavolo era?!" chiese di nuovo tutta agitata. "Mi ha fatto un male cane!"

"Non dare la colpa a me," disse Anaan voltandosi, "Sono barriere protettive che impediscono a voi di entrare e non causare danni." Dal mondo in cui lo disse e il fatto stesso che ci fosse una barriera fece capire a Skye che ci furono dei precedenti, forse anche gravi considerando che dopo il suono della tromba nessuno può più uscire di casa.

"Quella vecchia..." borbottò, "poteva anche dirmelo."

Ma all'anziana importavano ben poco le sue lamentele, cominciando lentamente a salire le scale e ricongiungersi con il suo amato letto che aveva lasciato con tanta seccatura.

"Andiamo sopra," le disse Skye ridacchiando, "così puoi spiegarmi perché volevi entrare dalla finestra," la punzecchiò.

"Volevo farti spaventare."

"Be' ci sei riuscita," replicò,  "pensavo ti fossi fatta male."

Uno sguardo di sfida si formò sul suo volto e stuzzicandola esclamò, "Stai dicendo che sono debole?"

"Io-" non riuscì neanche a formulare una frase che la lupa con le ultime forse che le erano rimaste la sollevò da terra mettendola in spalla, "Ehi!"

"Non fare troppo rumore o sveglierai gli altri," rise sentendola dimenarsi.

"A me lo stai dicendo!?" Sarebbe scoppiata in una risata se non si fosse tappata la bocca da sola. Thalia aveva ragione, era davvero tardi, l'orologio segnava le due passate.

La lupa la tenne stretta a se quando salirono le scale. I suoi occhi argentei quasi brillavano nell'oscurità della notte e Skye ebbe modo di ammirarli non appena la gettò sul letto. La lupa la guardò per un attimo con il suo sguardo pensoso. Poi si lasciò cadere sopra di lei, priva di energie. Affondò il viso nel suo collo come se fosse la cosa più confortevole al mondo e chiuse gli occhi, come se non volesse mai più staccarsi da lei. Tentò di abbracciarla infilando le mani sotto la sua schiena. Skye a sua volta la avvolse con le sue. La ragazza poteva sentire il suo respiro contro la sua pelle e il calore che emanava. Aveva a lungo aspettato quel contatto, l'aveva desiderato, quasi bramato.  Quando Thalia le sfiorò leggermente la pelle, Skye sorrise per il solletico e si lasciò sfuggire una lieve risata. Sentì Thalia sorridere sotto il suo collo con divertimento. La lupa le diede un leggero bacio per vedere la sua reazione, per testare qualcosa. Skye non la spinse via, né sussultò. La lupa si spinse leggermente di lato per guardarle meglio il volto. Skye non stava sorridendo, ma arrossendo di sicuro, con quelle guance rosee illuminate dalla luna piena. Riportò le labbra sulla sua pelle chiara, ma non riuscì a smettere di sorridere e alla fine Skye parlò, "Fa solletico."

"Oh veramente?" Non rispose, girandosi dall'altra parte per nascondere il viso. "Voglio che mi guardi." Ma il suo tono non erma imperativo. Skye non si mosse, Thalia tolse via le mani da sotto la sua schiena per poi mettere forza sulle braccia. Quando si alzò, Skye fu costretta a lasciarla andare, e ovviamente non ne rimase affatto contenta. Ma neanche Thalia voleva lasciarla andare. Mise il peso sugli avambracci e guardò Skye. Ora non puoi nasconderti, avrebbe voluto dire, ma le parole non le lasciarono mai la bocca perché aveva intuito che Skye sapeva esattamente quello che stava pensando, ma c'era qualcos'altro che la fermava. Gli occhi di Skye si aggrottarono non capendo perché Thalia avesse assunto all'improvviso uno sguardo così ferito. "Ti amo," disse poi. Gli occhi di Skye tremarono come se avesse sentito per la prima volta quelle parole. "e mi dispiace se i miei problemi hanno creato della distanza tra di noi."

Da un momento di quasi shock, il suo sguardo si ammorbidì. Allungandosi verso di lei, le prese il viso nella mano. Poi si spinse avanti e lentamente, facendola attendere. "Non mi interessa se il tuo corpo è cambiato," le disse Skye, i loro nasi quasi arricciati. Le fece un sorriso rassicurante per poi baciarle le ciglia. Al tocco Thalia chiuse i suoi occhi argentati, trattenendo il più possibile le lacrime. Quello era un momento d'amore e non voleva sprecarlo in uno di quei brutti pianti che avrebbero potuto rovinare il tutto. "Vieni qui," disse Skye avvolgendole le braccia intorno al collo e spingendola di nuovo verso il basso. Nel momento in cui lo fece, Thalia decise di continuare quello che prima aveva iniziato, lavorando di nuovo sulla sua pelle, Iniziando a lasciarle lunghi baci. Skye chiuse gli occhi per concentrarsi su ogni sensazione. Stava arrossendo fortemente e anche se la stanza era fredda, era così calda che non poteva importarle di meno. La lupa si avvicinò lentamente al mento facendola rabbrividire su tutto il corpo per l'anticipazione, e poi le loro labbra si sfiorarono.

"Posso fermarmi se non vuoi andare oltre."

Riaprì gli occhi solo per cadere nei suoi. La guardò con amore e prese le sue labbra. Quando la distanza fu di nuovo tra loro, e l'altra la guardò con devozione.

"Togliti la giacca," Skye sussurrò. Era sicura di ciò che desiderava veramente e desiderava ardentemente lei. Non lasciò che la sua paura la controllasse, voleva di nuovo la sua vita nelle sue mani, voleva fare di nuovo delle scelte, come la ragazzina che era un tempo e che si è sempre ribellata alla tirannia che regnava in casa sua. Sapeva di essere cresciuta, ma sapeva anche che adesso avrebbe dovuto dare ancora di più. Alzare la testa, farsi valere e proteggere le persone che ama e che a loro volta la amano.

Quando Thalia gettò via la sua giacca a terra, si lanciò di nuovo in avanti a lei con la fame di un animale ma la dolcezza di un angelo. Accarezzandola e baciandola appassionatamente finché non ansimò per più aria.

"Sei proprio sicura?"

"Sta 'zitta," ordinò sedendosi sui suoi fianchi e zittendola di nuovo con le sue labbra.

"Così esigente," ghignò liberandosi dalla sua presa. "Sei sempre stata così o ..."

"Solo quando qualcuno è un po' fastidioso," la prese in giro.

"Cosa- Non posso crederci!" Thalia esclamò incredula. Emettendo un pesante sbuffo.

"Devo zittirti di nuovo?" rise.

"Be'... non sarebbe male in realtà." disse con un ghigno, "oppure..." guardò le sue labbra e poi di nuovo i suoi occhi, "potresti lasciar fare a me." Con occhi seducenti si adagiò di nuovo su di lei.

"Sicura di riuscire a mantenere il ritmo? Sembri stanca," la prese in giro di nuovo con un sorriso innocente.

"Sei davvero irritante adesso," Ovviamente Skye aveva finto delle scuse, ma Thalia le aveva comunque prese per buone.

Era così felice di vederla sorridere di nuovo. Ricorda in che stato era Skye quando si era svegliata per la prima volta quella notte. Il giorno in cui il suo stesso corpo l'aveva tradita facendola sembrare un mostro dal manto bianco. Skye era dimagrita, stanca e pallida, ma ora anche se le cose andavano ancora male, entrambe stavano combattendo per superare ciò che stavano affrontando: sentimenti, emozioni, persino battaglie interiori.

Thalia sapeva come fare, l'aveva già fatto prima, ma aveva capito che era la prima volta per Skye. All'inizio era attenta e premurosa, quasi titubante. L'ultima cosa che desiderava era che Skye si pentisse di tutto. Pensava che sarebbe stato più complicato di quanto si immaginasse, ma è venuto tutto molto naturale, per entrambe. 

La lupa lasciò che le sue mani scorressero sulla pelle, sotto la vestaglia, per abituarla al suo tocco. Il vestito era tutto arrotolato fino ai fianchi, lasciando scoperte le cosce.

"Permettimi," chiese Skye guardandole il petto.

Si alzò un po' per lasciare che Skye le sbottonasse la camicia. Le sue braccia  tese ai lati del cuscino di Skye, mentre la ragazza cercava di aprirle la camicia verde chiaro, solo per poi ammirare quanto fosse scolpito il suo corpo. Non era nemmeno una sorpresa per lei, ma comunque, guardarlo sotto una luce completamente nuova ebbe un enorme effetto su di lei. Si riprese abbastanza velocemente da non farlo sembrare strano. La fece sedere in modo da farle scivolare via la camicia dalle braccia, con un'impazienza che non era da lei. Era così concentrata che non si accorse del ghigno sul viso di Thalia e della mano che la stava raggiungendo. Stava per toglierle anche il top nero quando ansimò per il tocco inaspettato. Con occhi arrabbiati, cercò di sembrare intimidatoria o almeno irritata per il sorprendente attacco. Ma Thalia si limitò a sorriderle, facendo più pressione. Skye divenne rossa dappertutto e cercò di nascondere il suo volto compiaciuto sulla spalla di Thalia. Non era necessaria alcuna parola, i loro corpi parlavano già da soli, entrambe godendosi cosa stava accadendo. Quando quel movimento superficiale cambiò improvvisamente in qualcosa di più intimo, la sua testa scattò in alto e il suo corpo si inarcò alla nuova sensazione. Thalia rallentò per un breve momento, preoccupata di aver esagerato. Quella pausa catturò l'attenzione di Skye che guardò confusa l'amata. Immediatamente colse la sua espressione pensierosa e con un movimento veloce la baciò inumidendole le labbra facendole sapere che andava tutto bene. Rilasciò un gemito soffocato nella sua bocca quando l'altra ricominciò a muovere le dita. La guardò stordita e prima che cadesse di nuovo sulla sua spalla, Thalia riuscì a darle un affettuoso e orgoglioso bacio sulla guancia. Skye la avvolse con le braccia, tenendola sempre più stretta con il lento passare del tempo, anche le sue gambe si erano ormai intrecciate al suo busto con una tremante e ferrea morsa.

Non riusciva neanche più a capire che ore fossero, quanto tempo fosse passato da quando erano entrate in camera. Ma nonostante i visi affannati e i capelli scombinati sembrava che nessuna delle due avesse intenzione di fermarsi. Nel momento in cui Skye si tolse finalmente la sua vestaglia, fu anche il momento in cui Thalia si liberò di tutto quello che le ricopriva il corpo. 

Per la prima volta si sentiva davvero come se stessero diventando un tutt'uno l'una con l'altra. Stava diventando sempre più debole sotto il suo tocco, e anche se la spaventava tutto quel potere che la lupa aveva su di lei, non poteva fermarla, perché in fondo, questo è tutto ciò che ha sempre voluto, Thalia è tutto ciò che ha sempre voluto. Lasciò che si muovesse sopra di lei, la sua volontà si spense mentre lei continuava a toccarla sempre di più, finché ancora una volta non riuscì più a trattenere il respiro. Ha cercato di non arrendersi, ha cercato di far durare più a lungo quel momento tra loro. Ma la lupa non glielo aveva permesso. Ma il sentimento era reciproco. Anche lei voleva che ogni singolo momento contasse, che ogni sussulto si trasformasse in un'esplosione di emozioni. E sapeva che anche Skye lo desiderava. Voleva darle tutto ciò che aveva perché se lo meritava, le avrebbe donato fino l'ultima goccia dell'amore che provava e che sempre avrà per lei.

Era tardissimo, il buio della notte sovrastava ogni cosa. Skye poteva sentire l'aria fredda che colpiva la sua pelle nuda, ma non le importava perché aveva qualcosa di persino più caldo delle lenzuola per coprirla, qualcosa di ancora più sorprendente dei sogni a cui aveva rinunciato quella notte. Non si era mai sentita più amata in tutta la sua vita e avrebbe scommesso che Thalia avrebbe detto lo stesso.
 

Permettetemi la battuta ma questo è davvero un capitolo XL in tutti i sensi. Se è stato di vostro gradimento lasciate un commento, tra l'altro ci ho messo quasi una settimana a scrivere quella parte e inizialmente neanche ne avevo l'intenzione, ma fortunatamente ho cambiato idea. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 43
*** Mappa del Regno ***


 

Questi sono un paio di appunti che mi ero scritta per ricordarmi le posizioni e alcuni dettagli delle città, li condivido nel caso dovvessero tornare utiliti per qualcuno        

Questi sono un paio di appunti che mi ero scritta per ricordarmi le posizioni e alcuni dettagli delle città, li condivido nel caso dovessero tornare utili per qualcuno.

 

Nord= estate - primavera
-Invasione orchi

SudOvest e centro = 4 stagioni

EstAutunno - inverno
-Terre Fredde= inverno perenne

Bristone= centro
-Capitale

¶Mortuda = centro
-Seconda città più importante

¶Border Leaf = Sud
-Villaggio licantropi

¶Tundra = Sud
-Città metà distrutta da i Grim

¶Sancta Mir = Nord-est
-Villaggio licantropi invaso dagli Orchi

¶Ethios= Nord
-Città di Talema

¶Yoruba = Nord
- Città abitata principalmente da Incendiari e infuocari

¶Cinatit= Ovest
-Città dove si stanziano i mercenari

¶Ragnarok= Ovest
-Isola da dove provengono i Drow

 

Mondo Umano:
¶Regno di Re Albert : Eran'rot
¶Capitale : Omernia

 

La mappa sarà in continuo aggiornamento

(Probabilmente in futuro farò anche un bestiario) 

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Capitolo 44
*** Capitolo XLI ***


I wanna hold you 
till the break of dawn
Hear the crickets sing a
riverside love song

-Randy Houser

 

Si svegliò al suono dei passi dietro la sua porta. Era confusa inizialmente, poi si ricordò che Anaan l'aveva informata che il gruppo di guerrieri, dopo un giorno libero con le proprie famiglie, sarebbero tornati ad occupare le camere. La vecchia donna le aveva raccontato che erano stati via per più di due settimane alla ricerca di un gruppo di ribelli nell'est, ma una volta trovati erano già stati tutti uccisi.

Stava dormendo di fianco, con il viso rivolto verso la finestra. C'era così tanta luce nella stanza che le ci volle un minuto per abituarsi ai fasci di luce che le colpivano gli occhi. Quando provò a girarsi dall'altra parte non ci riuscì. Aveva un braccio intorno alla vita che la teneva stretta, e che quando si muoveva leggermente la stringeva di più. In quel momento realizzò e sorrise chiudendo gli occhi nuovamente. Poteva sentire la sua fronte contro il collo e il suo respiro caldo sulla pelle, il suo petto nudo contro la schiena e le sue gambe intrecciate con proprie. Non voleva alzarsi, non voleva muoversi affatto. Ma poi sentì un lieve cambiamento nel respiro di Thalia, che si lasciò sfuggire un lieve mormorio. Aveva appena alzato leggermente la testa. Era sveglia. Skye smise di fingere e si voltò velocemente per guardarla. Thalia sbatté le palpebre ancora e ancora come se il suo corpo le stesse dicendo di addormentarsi ma lei glielo stava impedendo. Skye sorrise per la faccia scontrosa e assonnata che stava facendo, e premette un veloce e leggero bacio sulle sue labbra.

"Svegliati!" esclamò.

"Zitta!" protestò, serrando gli occhi e premendo metà faccia contro il cuscino, "Sono stanca," mormorò con voce roca, "ed è colpa tua."

"Sì, dai la colpa a me," le disse per poi darle un debole pugno sullo stomaco. Lei si raggomitolò su se stessa per il dolore ma aveva comunque un sorriso sul volto.

"Grazie, ne avevo davvero bisogno."

"Non esagerare," rise, "o sei davvero così rammollita?"

"Smettila di provocarmi!" si lamentò, "Stai diventando una stronza,"

"Mi dispiace," disse sarcastica.

"Fottiti," replicò, ma se ne pentì subito dopo. Skye alzò un sopracciglio e le sorrise con una tale malizia che capì subito cosa stava per dirle. "SMETTILA!" le urlò spingendola via. "Da quand'è che sei così? Diamine!"

"Va bene, va bene," si riavvicinò, "non dico niente."

Si guardarono per un attimo, Thalia con il suo viso ancora segnato dal sonno, e Skye con i suoi occhi vispi. Le mise un braccio intorno alla vita e con un sorrisetto iniziò a tracciare con le dita la pelle. Poteva sentire ogni cicatrice e ferita che non era ben guarita, ogni muscolo. Fece tutto questo mentre la guardava chiudere gli occhi e addormentarsi di nuovo.

"Ti amo." sussurrò, "Sei stata brava, grazie."

La teneva stretta, con entrambe le braccia intorno alla schiena. Appoggiò la testa contro il suo petto e si riaddormentò con i rintocchi del suo cuore.

Si svegliarono entrambe con il persistente bussare della porta. Si guardarono disorientate, ancora mezze addormentate. Si girarono verso la porta che sembrava pronta a cadere giù sotto la forza di quei pugni che la colpivano.

"E' ora di pranzo," gridò Anaan con la sua voce raschiosa. 

Thalia si lasciò scappare un lamento disperato affondando di nuova la testa nel cuscino, "Voglio dormireeee..."

"Arriviamo!" gridò Skye.

"Nooo..." continuò Thalia, con la sua voce ovattata dal cuscino.

"Dai," la incitò, ma la lupa continuava a rimanere nelle calde coperte. Skye si alzò, dirigendosi come un fulmine verso l'armadio combattendo il freddo. Ancora non si spiegava perché non ci fosse un camino in ogni camera ma solo in salotto e in cucina. A quanto pare uno di questi giorni morirò di ipotermia. Prese i vestiti necessari e entrò in bagno. Una volta sistemati i capelli decentemente e vestita, alzò gli occhi al cielo vedendo Thalia ancora tra le calde e comode coperte. E poi le venne un idea. Si avvicinò con un ghigno sul volto e a passa felino. Ancora non indossava le scarpe e le rimaneva facile non fare rumore. Una volta lì, afferrò le coperte e con forza gliele sfilò via. "Forza!" esclamò ridendo. L'altra urlò rotolandosi nel letto. Finalmente aprì gli occhi, ora più svegli che mai. La guardò minacciosa, ma i suoi capelli completamente arruffati e il broncio che aveva fecero l'effetto opposto. Skye scoppiò a ridere e la invitò, anzi, costrinse ad alzarsi prendendola per le mani.

"Va bene, va bene," ripeté, "dammi qualche minuto." disse grattandosi la testa e impigliando ancora di più quel cumulo di capelli bianchi.

"Oggi ci saranno anche gli altri," disse ricordandoglielo, "fatti vedere socievole."

"Sarò socievole solo se non c'è quel Goblin." disse dal bagno. "E poi io sono socievole," ribatté come se Skye avesse accennato al contrario. 

Skye la guardò pettinarsi i capelli con una spazzola in legno. I suoi movimenti erano violenti e scattosi. Skye sapeva quanto Thalia odiasse quei capelli ed era palese che non le importava se quel continuo tirare le faceva male, lei stringeva i denti e continuava.

"Voglio tagliarli," disse poggiando la spazzola sul lavandino con violenza.

Skye le si avvicino, poggiò il mento sulla sua spalla e le circondò il collo, "No che non vuoi," poi lasciò una mano scivolare sul suo braccio, le toccò la mano e le prese la spazzola, "Faccio io." Prese delle ciocche di capelli e delicatamente cominciò a districare ogni minimo nodo. "Magari puoi farti le treccine." propose, "Te le ho viste fare molte volte, non tutti i capelli, ma ti stavano comunque bene."

"Forse, ci penserò," disse prendendo tutti i capelli e mettendoli sul lato sinistro, "Per adesso mi faccio la solita treccia."

Una volta uscite dalla camera e arrivate in cucina, il tavolo era già riempito di cibo, e tutti seduti pronti a mangiare. Quando le videro arrivare, tutti i ragazzi si girarono, incuriositi nel vedere le due nuove aggiunte al gruppo. La maggior parte di loro sorrisero, gli altri erano solo scocciati perché ancora non avevano addentato nulla. C'era anche Aruel e fortunatamente per Thalia non c'era alcun segno della presenza di Amon Hok. Il fratello aveva tenuto due posti liberi per loro due, e Skye si sedette tra la lupa e Dickens, mentre Thalia era ancora a disagio nello stare acconto a Aruel. La prima cosa che fece fu schiarirsi la voce, per poi salutarlo con un cenno. Anche Hector era presente al pranzo, sempre con il suo sguardo impassibile.

"Finalmente," ruppe il silenzio Annan, "Pensavo di dover buttar giù la porta." C'era della seccatura nella sua voce, ma il sorriso che fece dopo era più che esaustivo. "Buon appetito a tutti!"

il cibo era tanto, ed era vero che erano una ventina, ma Skye era convinta che non sarebbero mai riusciti a finirlo tutto. Si sbagliava. In pochi minuti i piatti erano già vuoti e tutti ricominciarono a riempirli a poco a poco, finché non c'era più nulla da prendere. La prima cosa che pensò fu quanto fossero famelici ma riflettendoci più a lungo dedusse che durante le missioni non c'era chissà quanto cibo, forse avevano anche digiunato qualche volta. Aveva tutti un volto stanco, segato da ferite leggere e lividi, ma si davano energia a vicenda, con sorrisi e risate, battute e scherzi.

Lo stesso Dickens se ne era uscito con una domanda che per poco fece strozzare Skye, "Ma che cos'era tutto quel rumore ieri notte?" chiese con la bocca ancora piena di cibo, come se gli fosse venuto in mente in quel momento e che non poteva trattenersi dal domandare.

"Quest'idiota ha superato la barriera due volte senza invito," lo informò Anaan indicando la lupa.

Entrambe fecero un sospiro di sollievo, ma subito dopo Thalia realizzò cosa l'anziana avesse detto e si voltò verso di lei. "Parla l'invalida," sbuffò. Tutti trattennero una risata, Anaan era solo scioccata per l'inaspettato contrattacco.

"Sono anziana!" replicò sbattendo il pugno sul tavolo per protesta. "Tu che giustificazione hai?"

"Sì, come se ci vuole tanto a camminare dritta." Tutti sussultarono, Thalia fece un ghigno.

Era tutti pronti a sentire come l'anziana avrebbe risposto, ma Skye le diede un piccolo schiaffo dietro la nuca, "Maleducata," la rimproverò. Thalia si girò offesa, perdendosi la silenziosa e soddisfatta risata di Anaan, seguita da tutte le altre. "Ti ho detto di essere socievole," le bisbigliò.

"Ha iniziato lei!" sibilò.

"E tu hai continuato,"

"Bene." disse Aruel alzandosi in piedi, "Dopo quest'abbuffata e qualche risata, dobbiamo parlare di cose serie," disse catturando l'attenzione di ognuno. "Come sapete, proprio sotto i vostri piedi, c'è un soggetto che è stato posseduto dai una dei primi figli. E' in nostra custodia da quasi due settimane e più il tempo passa, più la situazione può diventare critica per il soggetto. Siamo riusciti a farla addormentare sotto incantesimo ed è circondata da una barriera che ne limita il movimento, oltre alle catene e a tutto il resto." Poi si girò dietro di lui, spostò la sedia che gli ostruiva il passaggio e afferrò una valigia. Skye la riconobbe subito, era di quando l'aveva accompagnato a fare compere. "In questa valigetta ci sono dei particolari bracciali," spostò via da davanti a se piatti e bicchieri, per poi poggiarla sul tavolo. L'aprì mostrando il contenuto a tutti. Due bracciali scintillanti come l'argento. Entrambi con una brillante pietra incastonata, uno ce l'aveva verde, l'altro un blu sprofondo. "Questi bracciali sono di un importanza che non potete immaginare. E oggi li testeremo in presenza di tutti voi," C'era della preoccupazione unisone, e una grande incertezza negli occhi di tutti. "Entrambi questi bracciali, se indossati dall'ospite, impediscono alla creatura di uscire. Ma nel momento in cui ci deve essere uno scambio, il bracciale con la pietra blu deve rimanere al polso del posseduto e l'altro al polso del nuovo ospite. Una volta avvenuta la possessione, il bracciale blu deve essere tolto e messo al successore. Chiaro?"

Tutti annuirono. Sapevano di quanta fondamentale importanza fosse questa nuova arma, ma c'era timore. E se la creatura fuggisse? E se possedesse qualcuno senza che nessuno se ne accorga? E se uccidesse qualcuno? Era un grande rischio che a quanto pare Aruel e Anaan erano pronti a correre, ma non tutti.

Uno dei ragazzi a tavola si alzò in piedi. Aveva le tipiche corna arricciate di un Puck, così come le orecchie appunta, ma più lunghe rispetto a quelle elfiche, e un paio di zoccoli al posto dei piedi. Sembrava un puro sangue e non un ibrido. "Cosa farai allora? Farai entrare una di quelle creature dentro di noi per vedere se quei cosi di ferro funzionano?" replicò il Puck.

"No Damian, non metterò la vostra vita a rischio. L'unica cosa che testeremo è se effettivamente riescono a bloccare la creatura all'interno del corpo. Così da poterla finalmente interrogare. E mi servite tutti voi perché se succede qualcosa riusciremo subito a limitare i danni in quanto siamo tanti. O dobbiamo almeno essere la metà se avete timore."

Aveva senso come cosa. Annie non poteva rimanere addormentata a vita e prima o poi il suo corpo avrebbe ceduto. Ma quando Skye si girò a guardare Thalia, il sentimento non sembrava essere condiviso.

"Quindi volete lasciare quella cosa dentro quella ragazza?" domandò in tono accusatorio la lupa.

"Non sappiamo ancora nulla su queste creature, per adesso è meglio tenerla intrappolata."

"Ma è solo un umana! Non sappiamo nemmeno se il suo corpo regge quanto il nostro!"

"Dobbiamo rischiare." insistette.

"Lui ha ragione, Thalia." Si intromise Anaan. "Ma noi non siamo assassini e ucciderla è l'ultima delle cose che vogliamo."

Thalia si tirò indietro con la schiena, colpendo violentemente lo schienale della sedia, in segno di protesta. Skye forse sapeva il motivo. Thalia si sentiva in colpa per aver coinvolto Annie, quando la colpa in realtà non è di nessuno. Avrebbero potuto possedere lei come avrebbero potuto scegliere qualcun altro dei reali.

"Allora possiamo andare,"

Raggiunsero tutti il seminterrato, alla fine nessuno rimase indietro. La prima cosa che Skye vide fu Jago seduto su una sedia, con gli occhi viola per il continuo utilizzo di magia. Poi notò lei. Annie era seduta a terra, con polsi e caviglie incatenate. Indossava un collare al collo incastonato nel muro, che la costringeva a restare in posizione eretta nonostante il suo corpo era addormentato. Non sembrava essere cambiata di una virgola, il suo viso non mostrava segni di dimagrimento, così come il suo corpo, coperto solamente da una lunga veste pesante che la riscaldava fino ai piedi nudi.

"Dickens, per piacere." gli disse Aruel.

Il mago si avvicinò al vecchio e gli diede il cambio. Immediatamente si circondò di un aura viola, mantenendo ancora viva la barriera. Poi annuì ad Aruel. Il ragazzo prese i bracciali e quando si avvicinò, Dickens creò una frattura che gli permise di metterli intono ai polsi della ragazza. Per ultima cosa, prese una boccetta contenete della polvere e gliela lanciò a dosso.

Tutti erano in attesa che succedesse qualcosa e quando finalmente Annie aprì gli occhi, tutti fecero un passo in dietro, ad eccezione di Aruel e Anaan che si erano messi di fronte alla ragazza. Annie si guardò intorno e non appena vide i due davanti a lei e le catene che la bloccavano, entrò nel panico. 

"Che cos-" iniziò a dimenarsi e a guardare i sue presunti rapitori. "Che significa?!" cominciò a piangere. "E' una congiura contro mio padre questa?!"

"No Annie," disse Skye facendosi avanti. "Sta calma,"

"Skye! Che succede?" poi notò la figura dietro la ragazza, "Signorina Thalia..."

La lupa abbassò lo sguardo, e invece di farsi avanti come Skye, si tirò indietro, quasi con l'intento di nascondersi.

"Che succede?!" gridò, "Io-" ma il suo voltò fu improvvisamente segnato da un'espressione sofferente e lancinante. Digrignò i denti e serrò gli occhi, tanto che Aruel stesso fece un cenno di allerta. Poi il suo volto si rilassò, fece un sospiro e aprì lentamente gli occhi. 

"Preparati," disse a Dickens. "Ora," gli ordinò, e la barriera intorno a lei si dissolse. Tutti si irrigidirono.

Annie si guardò nuovamente intorno, adesso con un espressione calma e concentrata. Prima di parlare analizzò ogni volto, facendo una smorfia quando incrociò lo sguardo di Skye.

"Vedo che stai bene," le disse, "E anche tu,"  guardò tra i ragazzi. Thalia uscì finalmente dall'ombra affiancandosi a Skye. "Vedo che hai cambiato look però." le sorrise, "ti si addice." 

"Anche a te quei bracciali," replicò con disgusto.

"Sì carini..." disse sorridendo, "ma non sono proprio il mio stile."

"Certamente," mormorò la lupa.

"Allora," disse guardando Anaan e Aruel, "a cosa devo tutta questa attenzione?"

"Perché non incominci nel dirci il tuo nome?" chiese Anaan, "Penso sia un buon inizio, no?"

"Posso prima chiedere dove mi trovo?"

"No," rispose secco Aruel, "rispondi alla domanda,"

"Antipatico." disse con un ghigno, "Preferisco sia lei a farmi le domande," si voltò verso Skye, "Ti va bene? Sorella?"

Aruel si voltò verso Skye. Il volto della ragazza era in fiamme per la rabbia. "Da quanto tempo è che ospiti il suo corpo,"

"Da quando sei arrivata a castello." rispose onestamente, "Ti abbiamo seguita, tutti noi."

"Tutti noi?" ripeté, "Quanti siete?"

"Non so," rispose sorridendo.

"Siete una trentina," rispose Skye al posto suo, il volto della ragazza diventò subito serio, mentre Skye fece un sorriso soddisfatto. "Anche se ti pongo delle domande, non significa che io non sappia già la risposta. Adesso te lo richiedo, in quanti siete?"

"Una trentina," disse lei mormorando.

"Bene," sorrise, "Chi è chi il capo? Immagino ce ne sia uno." Annie la fissò senza dare una risposta e Skye continuò a sostenere il suo sguardo. "Rispondi, o morirai insieme a quel corpo." Non aveva mai e poi mai minacciato qualcuno in tutta la sua vita, me le era sembrato così spontaneo. L'odio che provava nei confronti di quei esseri era rimasto celato fino a quel momento, ma adesso avrebbe buttato tutto fuori. Non poteva dimenticare cosa avevano fatto a lei e a Thalia.

Annie si irrigidì. Lo si vedeva dai suoi occhi che non sapeva cosa fare. "Non.. posso dirlo," disse distogliendo lo sguardo. 

"Perché?" Ma continuò a non rispondere. "Vi ho visti, tutti voi." Quella frase catturò immediatamente l'interesse di Annie. "Me l'ha mostrato mia madre."

"Tua madre..." disse ridendo, "Ancora non lo capisci sorellina?"

"Cosa?" fece un passo in avanti. 

Amelie rise compiaciuta. I suoi occhi illuminati per la soddisfazione e il suo sorriso sgargiante che metteva in luce il suo divertimento. "Oh Skye!" esclamò, "Tu non sei nata dall'amore, sei il frutto dell'egoismo." Skye sgranò gli occhi. "Nostra signora ha ingannato tutti, anche te." disse con un ultima risata, più amara delle altre. "Ci ha preso tutti in giro," disse seria. "Nel momento in cui ha avuto te, ha abbandonato tutti noi come se non fossimo più nulla per lei. Lei non ama, vuole possedere e basta."

Quella era l'ultima delle cose che Skye voleva sentirsi dire. L'aveva sospettato e forse adesso aveva avuto una risposta. Sapeva però che non poteva abbassare la guarda e che non poteva prendere tutto come vero. E' normale che un prigioniero menta per salvarsi la pelle o forse vuole solo portare l'attenzione su altro per evitare le vere domande scomode. E c'era riuscita.

"Tu," disse Thalia, "Sai perché sono diventata così?"

"Thalia!" la ammonì il fratello, "non è importante adesso."

"No invece," si intromise Annie, "è inerente eccome."

Thalia si avvinò, schivando anche la mano di Skye che voleva fermarla. Si mise in ginocchio, così vicina alla prigioniera che anche Anaan si innervosì e la richiamò. La lupa fissò Annie intensamente come se volesse leggerle il pensiero. La ragazza, o creatura, fece lo stesso. Fissò quei strani e innaturali occhi a lungo e Thalia non si mosse mai di un muscolo. Era una tomba lì, tutti erano in silenzio, analizzando la situazione e pronti ad agire in qualsiasi momento. 

Poi Annie finalmente vide qualcosa, o meglio, capì cosa non andava, il motivo per cui quei occhi erano così innaturalmente terrificanti e famigliari. "C'è una scintilla in te..." disse sconcertata. Distolse lo sguardo e angosciata bisbigliò tra se e se, "Questo cambia tutto."

"Che significa?" domandò spaventata Thalia. Le prese il viso tra le dita e la obbligò a girarsi e a guardarla, "Parla!" la intimò.

Annie riposò lo sguardo su di lei, aprì la bocca pronta a parlare, ma ne aveva quasi paura. Il piano che avevano escogitato, e poi il nuovo piano, questo avrebbe cambiato tutto. Le parole che avrebbe scelto, sarebbero state fondamentali. Ma quale risposta era quella giusta da dare? 

"Lei non ti ha dato una ragione per vivere," le disse, Thalia traballò nel sentire quelle parole a lei familiari, "ti ha dato un motivo per morire." 

La lupa le lasciò il volto poggiando la mano a terra per riprendere equilibrio. Quella è la stessa frase che Mor mi ha detto quando l'ho incontrata. Poi si ricordò cosa disse la donna, che era meglio spostarsi e parlare altrove perché aveva percepito qualcosa, la presenza di qualcuno. Annie- no, quest'essere, era lì che ci spiava. E che significa che devo morire?!"

"Tu sei sempre stata il pezzo mancante," disse avvicinando le proprie mani al suo volto e sfiorandole la pelle, Thalia rabbrividì, "e noi non l'avevamo capito."

"Thalia allontanati!" la avvertì Anaan.

"E pensare che eravamo andati così vicini dall'ucciderti, senza neanche sapere che se l'avessimo fatto avremmo per-"

Thalia vide con la coda dell'occhio il fulmineo attacco che colpì Annie dritta alla testa. Si alzò immediatamente e si girò per vedere chi lo avesse lanciato con una tale rapidità e violenza. "Perché?!"gridò ad Anaan con il bastone ancora puntato contro la ragazza. Anche Aruel si era distanziato da lei, preso alla sprovvista e skye la guardava con occhi sgranati. "Stava per dire qualcosa!"

"Ti saresti dovuta spostare, il contatto fisico è vietato Thalia! Avrebbe potuto farti qualcosa!"

"Stava parlando!" ripeté con rabbia. Ma poi il suo viso mutò passando allo stupore. "Tu lo sai," la accusò.

"No Thalia, non so niente," scattò.

"Perché non l'hai fatta finire?" Anaan la guardò torva.

"Faremo le domande a debita distanza la prossima volta." disse tentando si sembrare più calma possibile, "D'accordo?"

La lupa la guardò con sguardo disgustato, e dopo aver rivolto un ultima occhiata ad Annie, corse via dal seminterrato.

 16 anni prima 

Bosco delle Anime Perdute - 

"Quando il momento sarà arrivato, sceglierò qualcuno che la porti da te. Ma fino ad allora dovrete rimanere nell'ombra. Solo dopo il loro arrivo, potrete dare inizio alla vera guerra."

"Sai già chi sarà questa persona?"

"No, ma diventerà suo il suo protettore, il suo scudo, la sua spada. E una piccola garanzia." disse con un ghigno sul volto.

"Quindi volete utilizzare questa persona."

"Anaan questa è guerra, ci sono dei sacrifici da fare, e questo include anche sacrificare qualcuno se è per un bene superiore."

"Se lo dite voi, ci credo."

"Ma non pensare che io lo faccia con leggerezza. Ogni creatura merita di vivere in un mondo libero. Ma se farlo può salvare la vita di Skye e rovinare i piani di mia sorella, allora... sono pronta ad andare anche contro la mia morale. Ma non è detto. Chiunque sia spero sopravviva fino in ultimo, perché se lo meriterebbe. Non devi rivelare questa cosa a nessuno, neanche ai tuoi più affidabili alleati e soprattutto non a Skye. Quella è l'ultima risorsa in caso le cose finissero male, non voglio che Skye ne senta il peso."

"Certamente, mia unica e vera regina."

 

Al prossimo capitolo con Talema!

 

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Capitolo 45
*** Capitolo XLII ***


The beginning of wisdom
Is found in doubting
By doubting 
We come to the question
And by seeking 
We may come apon the truth
-Peter Abelard


 

Quando tutti e tre erano scappati da Border Leaf non avevano minimamente pensato alle provviste, non si erano preoccupati dell'imminente inverno che stava arrivando, e non avrebbero mai immaginato che dei cacciatori di taglie stavano dando loro la caccia. Adesso che erano rinchiusi dentro il loro carro, con i vestiti sporchi di terra per il combattimento nel bosco, leggeri e strappati, stavano finalmente iniziando a sentire gli effetti del freddo vento di prima mattina. Nonostante c'era il carro a proteggerli, il gelo dell'aria si faceva sentire e lentamente i loro corpi cominciarono a tremare per l'assenza di calore.

"Vieni qui," la invitò il ragazzo. Basil vedeva Iris stringersi su se stessa e affondare più di qualche volta la bocca della maglietta e darsi calore. Quando lui allargò il braccio, lei mise da parte tutta la discussione che avevano avuto e la sua arrabbiatura, e si sedette accanto lui. Basil le circondò le spalle e la strinse a se sperando che quel contatto potesse riscaldare un po' entrambi.

"Non dovevo reagire in quel modo," disse sottovoce, "mi dispiace."

"Scusa, non ti ho sentita." fece finta lui.

"Non è il momento." replicò seriamente e il ragazzo si ricompose.

"Anch'io sono stato uno stronzo." confessò. Iris alzò la testa per guardarlo, aveva un'aria basita, ma lui era più serio che mai. "Non mi sono mai propriamente scusato per quello che è successo."

"Potremmo essere morti a fine giornata per ipotermia quindi è il momento giusto," disse la bionda con un ghigno, "sono tutta orecchi."

"Pensavo che quelle fossero già delle scuse," replicò ridendo, "mi sono letteralmente offeso da solo."

"Okay, okay questa volta lascio passare." sorrise.

Era passato molto tempo da quando avevano parlato con tale spontaneità e sincerità l'uno con l'altra e tutto per un malinteso vecchio di tre anni. Come sempre con la luna piena, più che essere una notte di libertà e di sfrenata gioia, è anche la causa delle più stupide incomprensioni e dei più orribili degli atti.

"Credi ancora a ciò che hai visto quella notte?"

"No."

"Bene, per me Thalia è come una sorella e non potrei mai vederla in altro modo." disse rassicurandolo, anche se sapeva che quello che avrebbe detto dopo non gli sarebbe piaciuto. "Ma lo stesso vale per te."

Si girò verso di lui per vedere la sua reazione, ma lui sorrise. La avvicinò più a sé e poi la strinse nelle sua braccia, "Lo so, puoi stare tranquilla."

Fu in quel momento che Iris capì quanto fosse maturato. Il vecchio lui non avrebbe ragionato e avrebbe continuato ad insistere che aveva visto il vero. Quella notte lui ed un altro gruppo di ragazzi avevano rubato delle pozioni che mescolate in una certa maniera e con combinazioni particolari, potevano dare effetti psichedelici e allucinogeni. Basil ne fece ampio uso e cominciò a vedere cose non vere, forse le sue paure più grandi.

Ma in un momento simile, non potevano permettersi di rivangare il passato o a discutere per delle sciocchezze. Lo sapevano entrambi e Basil si sentì sollevato per la veloce riappacificazione, normalmente ci sarebbe voluta una settimana.

Dopo qualche minuto Ciril aprì finalmente gli occhi. Ma non fu un buon risveglio per lui, aveva mani congelate e i piedi intorpiditi.

"Forza..." mormorò Basil aiutandolo a mettersi seduto.

Sia Iris che Basil potevano vedere le sue labbra tremare, e le corde che lo tenevano immobile stavano ulteriormente impedendo la circolazione del sangue. La Succube di prima aveva ormai fatto il cambio con il Drow, ma senza pensarci due volte Iris si avvicinò all'uomo e cercando di sembrare il meno aggressiva possibile, richiese che Ciril venisse liberato.

"No." rispose schietto, non si girò neanche.

"Perché?" domandò con irruenza incontrollata.

"Avvicinati un'altra volta alle sbarre e te ne pentirai." la intimò guardandola con la coda dell'occhio, lei non desistette. "Ti ho avvertita, torna infondo."

"Per favore!" insistette.

L'uomo si girò di scatto, lei non ebbe nemmeno modo di ritrarsi per la velocità con cui le afferrò il collo. "Non capisco perché la mia compagna vi abbia liberati, forse vi crede innocui," digrignò i denti e Iris ansimò quando strinse più forte, "ma io non sono lei."

"Iris!" esclamò Basil pronto ad intervenire.

"Fermo!" disse lei.

"Sicura?" chiese mentre si protendeva verso di lei.

"Si-" disse con voce strozzata. Il suo volto era premuto tra due sbarre e sentì il metallo congelarle il volto. Gli afferrò il polso con entrambe le mani per fagli allentare la presa, ma era troppo forte per lei. "Per... favore-" A quell'ultima richiesta si decise finalmente a lasciarla e Iris tornò nuovamente a respirare. Tossì violentemente e si massaggio la gola con la mano.

"Siete fortunati. Se fosse stati le tipiche persone che cacciamo, non saremmo stati così gentili." disse tirando fuori un pugnale. "Avvicinami il ragazzo."

Basil trascinò il fratello, ancora frastornato dalla droga, alle sbarre e lo aiutò ad allungare braccia e gambe vero Il cacciatore.

"Grazie." gli disse Iris.

Sapeva della situazione in cui si trovava e non poteva, assolutamente no, dare spazio all'impertinenza e sfacciataggine che l'hanno sempre caratterizzata sin da bambina. Neanche Agrid, come sua Alpha, era mai riuscita a placare la sua aria strafottente e a separarla da Thalia. Non è mai stata alle regole, ha sempre voluta fare quello che si sentiva e non quello che gli altri le imponevano. Ma adesso non poteva sbagliare. Il minimo errore, una parola di troppo, e forse non avrebbero neanche più avuto la minima possibilità di fuggire. Sapeva che sarebbe stato difficile, ma doveva almeno provarci. Non si è mai arresa difronte a nulla, e non l'avrebbe fatto ora.

Dopo che Ciril fu libero, cominciò a mordicchiare il panino. La sua presa era debole, perché le sue dita congelate, ma disse ai due con voce rauca e stanca di non preoccuparsi. Si stava lentamente riprendendo, e anche i giramenti di testa cominciarono a placarsi.

A peggiorare le cosa fu la pioggia. Nonostante erano coperti, le larghe crepe del soffitto in legno facevano filtrare l'acqua e non ci volle molto prima che si ritrovarono piedi a gambe bagnati. Ma anche i cacciatori, con i loro posti a sedere all'aperto non potevano viaggiare in quelle condizioni.

Dopo qualche minuto in cui il Drow era rimasto sotto la pioggia, qualcuno finalmente uscì dall'osteria. Iris riconobbe la Succube e la ragazza Oreade che da quanto aveva sentito si chiamava Frya. Inconfondibili erano infatti le placche che rivestivano parte della sua pelle, come gli zigomi, il mento, le dita e probabilmente, anche se coperti dei vestiti, l'intero avambraccio e le ginocchia. Sembravano quasi squame di drago, pensò Iris e si avvicinò di più alle sbarre per ascoltare la conversazione.

"Che facciamo?" disse il Drow quando le ragazze arrivarono.

Talema fu la prima a parlare, "Abbiamo chiesto al proprietario, ma non c'è alcun punto al coperto per il carro e non ci sono stanze disponibili nel caso volessimo rimanere finché non spiove."

"Cos'hanno detto gli altri?" disse con le labbra inumidite dalla pioggia.

"Non sappiamo cosa fare," rispose Frya, "e loro," indicò i prigionieri, "rendono le cose più difficili."

Iris nascose un sorriso. Più ci mettevano a portarli alla loro destinazione, più intoppi incontravano, più sarebbe stato facile per loro trovare occasioni favorevoli per fuggire. Iris lo sapeva, Basil lo sapeva, ma anche i loro rapitori, e la risolutezza del gruppo di cacciatori stava già diminuendo. Del resto erano tre licantropi, uomini in grado di trasformarsi in bestie inarrestabili, erano più pericolosi di quanto loro stessi credevano.

"Non c'è un altro posto dove fermarci?"

"Non che io sappia." rifletté la Succube. "Frya tu vivevi qui, conosci una locanda dove possiamo fermarci?"

"Si ce ne sono un paio, ma non sono sicure."

"I mercenari..." mormorò lei, Frya annuì. "Lo sapevo che non dovevamo fermarci qui."

"Proviamoci comunque." suggerì il Drow, "Non possiamo sostenere un viaggio con questo tempo."

Nonostante Frya era visibilmente titubante, non poté far altro che accettare quella decisone. E mentre lei tornava dentro, probabilmente per avvertire i compagni, Talema e Mug salirono sul carro per metterlo su strada. Iris poté sentire da dentro le frustate che il Drow stava dando alle sfortunate creature che li stavano trainando. Il carro si era leggermente impantanato nel fango e quelle povere creature stavano tirando più che potevano. Dopo qualche minuto riuscirono ad uscire fuori dal pantano, e i loro compagni li raggiunsero. I tre lupi sentirono il carro traballare sotto il peso dei cacciatori che salivano, erano un gruppo da sei ed ognuno era di una specie diversa. Gli unici di cui dovevano preoccuparsi erano Mug con la sua oscura magia, Talema con i suoi poteri da Succube e poi il ragazzo che aveva steso Basil nel bosco. Lui era convinto fosse un Mutaforma e se lo fosse davvero, allora sarebbe stato difficile scappare, perché sarebbe riuscito a rintracciarli attraverso il fiuto.

Il carro traballò sopra il terriccio, delineando l'arrivo ad una umile locanda. I tre ragazzi sentirono alcuni dei cacciatori scendere e cercare riparo nel locale. Intanto Mug continuava a portare il carro dietro la struttura, dotata di postazioni al riparo, alcune già occupate, non erano stati gli unici ad aver avuto quell' idea. Quando anche l'ultimo cacciatore scese, zuppo dalla testa ai piedi, i tre fuggitivi finalmente si rilassarono. I gelo ancora regnava, ma almeno erano al riparo e al sicuro dalle forti volate di vento.

"Allora," iniziò subito Iris, "come vogliamo fare?"

Ciril era ancora intontito dalla droga e non rispose, e poi da come muoveva insistentemente la gamba sembrava avesse davvero bisogno di andare al bagno, del resto come tutti. La paura e l'asia gli avevano fatto dimenticare anche i lori bisogni primari.

"Non saprei." confessò il maggiore. "Siamo nello schifo più totale e sinceramente non vedo vie di uscita."

"Non posso credere che ti stai arrendendo così facilmente." controbatté con nervosismo.

"Iris, tu non comprendi la gravità della situazione."

"La comprendo eccome," rispose con massima serietà, "è per questo che voglio andarmene."

"Senti, lo so che il fatto che ci stanno portando a Mortuda ti turba, ma non pensare che io sia tranquillo. E poi tre teste sono meglio di due," disse guardando il fratello, "aspettiamo che almeno si riprenda del tutto."

"Va bene, voglio solo uscirne viva."

~ * ~

Era appena scesa e aveva lasciato Mug a mettere a posto il carro. Entrò insieme ai sui compagni nella locanda, sperando di riscaldarsi un po' e di approfittarne per riposare. Da quando avevano accettato l'impresa di ricatturare quei tre licantropi, avevano a stento dormito in un letto vero e proprio. E a Talema mancava davvero sprofondare in un morbido materasso che non le uccidesse la schiena. Mentre si guardavano tutti intorno, cercando di abituare l'occhio a quell'atmosfera calda e accogliente, Frya si era diretta verso il balcone e aveva salutato il proprietario con un sorriso genuino. Rimase a parlarle per qualche minuto e poi l'uomo dalle orecchie a punta e la pelle candida le diede tre chiavi.

"Allora?" esclamò il Drow comparendo dietro il gruppo.

"Pare che Frya è riuscita a farsi dare tre stanze." lo informò Talema con un sorriso, "A saperlo prima venivamo direttamente qui." Ma quando si girò a guardare il compagno, l'entusiasmo sembrava non essere molto condiviso. Era decisamente di malumore e il volto ingrugnito rivolto al proprietario non lasciava spazio alle supposizioni. "Ti prego, per una volta evita."

Erano tutti a conoscenza del cattivo sangue che scorreva tra Elfi e Drow. Nonostante erano passati secoli, queste due specie appartenenti allo stesso ceppo, continuavano ancora a farsi la guerra. Talema lo trovava stupido ed inutile ed ogni volta che si incontravano per strada con un Elfo, faceva di tutto per fermare Mug dallo sputare cattiverie inutili con il solo scopo di provocare. Lo faceva con chiunque, con persone che conosceva o anche persone che incrociava per caso e che non aveva mai visto prima, era più forte di lui. Una vera testa calda.

Frya tornò con un viso soddisfatto, stringendo tra le mani la loro fonte di riposo. Talema prese subito una delle chiavi, e senza neanche guardarlo in volto prese il Drow per un braccio e lo trascinò con sé. "Così ti tengo d'occhio." gli disse, e lui non protestò. Ma non riuscì a non lanciare un'occhiata al gentil proprietario, che lo riguardò di rimando, lasciando parlare i loro sguardi che le loro bocche. "Muoviti!" lo scosse lei.

"Va bene," sbuffò, "sempre la solita." Ma nonostante cercasse di sembrare irritato dal gesto delle Succube, non poté che sorridere di fronte alla mascherata gentilezza della ragazza. Ne era quasi divertito, come se in realtà gli importasse più di suscitare una reazione in lei, che in quelli che provoca.

Quando arrivarono in stanza, Mug era pronto a gettarsi sul letto matrimoniale nonostante i vestiti bagnati, ma prima che lo fece fu fulminato dalla sguardo di Talema, "Non osare."

"Scusa," disse velocemente con un sorriso innocente.

"Accendi il camino, così facciamo asciugare i vestiti, io intanto vado a farmi una doccia."

Lui fece come ordinato, e mentre i suoi vestiti bagnavano il pavimento, si mise pazientemente ad accendere il fuoco. Poi si spogliò di ogni cosa che aveva a dosso e misi i vesti sulla sedia che aveva appositamente posizionato davanti al fuoco, accanto ad essa un'altra per Talema. Quando la ragazza uscì dal bagno, con una mano si teneva stretta al petto l'asciugamano che nascondeva le sue forme, dall'altra teneva i suoi panni.

"Vai pure." disse lei mettendo la sua roba ad asciugare. Fu in quel momento che notò che il compagno non indossava nulla.

"Bene," disse alzandosi da terra e rinunciando al confortevole calore del camino.

"Non dovei per forza spogliarti tutto." lo rimproverò con sguardo torvo.

"Pensavo fossi abituata a vedere persone nude." disse recandosi verso il bagno.

"Non sono più in un bordello, quindi cerca di evitare." lei sapeva a cosa stava puntando il suo fidato compagno, ma non glie ne dava una colpa, era così per tutti quelli della sua specie. Era un loro tratto distintivo. Ogni volta che avevano bisogno di prendere energia, era come se emanavano qualcosa che attirava a loro le persone. Lei sperava che con lei le cose sarebbero state diverse data la sua natura da ibrida, ma era esattamente uguale a ogni normale Succube.

"E dai!" protestò con tono giocoso mentre lasciava che l'acqua riempisse la vasca. "Non ti ricarichi da una settimana, e poi chiedi sempre Frya e raramente a me."

"Questo perché lei non è altezzosa come te." disse sdraiandosi sul letto con l'asciugamano avvolto intorno, "E poi sono io a chiederglielo e non il contrario."

"Ti prego, oltre a ricaricarti ti farò sentire davvero-."

Talema rise, ma era normale, lui non poteva capire i suoi sentimenti. "Non ci riusciresti mai, non funziona così con me."

"Allora spiegamelo." disse uscendo dal bagno e rivolgendo uno sguardo serio verso di lei. "Voglio veramente capire."

Talema si alzò e si mise seduta, rimase un attimo a riflette, forse per scegliere le parole giuste o se era sicura di volerglielo dire. Alla fine fece un profondo respiro e alzò gli occhi su di lui, che pazientemente stava aspettando una risposta. "Io penso che l'atto di prendere energia sia diverso da quello sessuale, o almeno lo è per me. Non riesco a provare piacere quando mi ricarico, nonostante sono due cose strettamente correlate. Io credo che per me sia possibile solo se lo facessi con qualcuno che veramente amo."

La fermezza e la convinzione con cui lo disse fece desistere Mug da fare altre domande o richieste. Poteva vedere la delusione nel suo volto, ma c'era altro, fosse un accento di soddisfazione. Quando il suo viso mostrò un ghigno, lei lo guardo con sguardo interrogativo. "Sono felice che me l'hai detto, solitamente sei sempre chiusa, mi fa piacere che ti sei confidata." Si girò e tornò in bagno lasciando Talema spaesata. Lei stessa era felice che era riuscita a parlare con tale sincerità con qualcuno, e sorrise per il miglioramento che aveva appena fatto.

Si gettò di nuovo sul letto facendo attenzione che l'asciugamano non lasciasse scoperto niente di intimo. Ormai come aveva detto lei stessa, non si trovava più in un bordello, il suo corpo era veramente suo e di nessun altro, solo lei e chi voleva lei potevano guardarlo e toccarlo.

Dalla camera sentì Mug immergersi nell'acqua bollente e rilanciare una grande esclamazione soddisfatta e finalmente zittirsi. Le invece cominciò ad osservare il soffitto, non che avesse nulla di speciale, ma guardare un punto fisso la aiutava a riflettere, e quel momento di calma era perfetto per processare cosa era successo. Si chiedeva, come mai dobbiamo portare i tre licantropi a Mortuda? Oppure, perché sto facendo tutto questo? Io avevo un ideale. Ogni volta che finivano un incarico, chiedevano all'informatore del luogo una nuova preda da cacciare. Lui dava le indicazioni, dove era stato visto l'ultima volta, perché era in fuga, dove andava consegnato, ma soprattutto chi fosse tale persona. Talema, con il consenso dei suoi compagni, aveva sempre scelto di dare la caccia alle persone più spregevoli che si erano macchiata dei peccati più gravi, e veniva supportata in questo. Ma la comparsa nella lista di queste tre persone l'aveva scombussolata, ma non per ciò che avevano fatto ma perché il compenso per la loro cattura era ben superiore del normale e il luogo di consegna era al quanto inusuale. Non voleva accettare quell'incarico, voleva addirittura ritirarsi quando i suoi compagni avari di soldi avevano preso in mano quel mandato. L'unica cosa che la stava spronando a non ritirarsi fu la sua innata curiosità. Sapeva che era già un reato per dei licantropi lasciare le zone da loro designate, e il fatto che la loro colpa era un tradimento non ben specificato fece nascere un qualcosa di nuovo in lei. Tradimento e fuga? Mi suona molto familiare. Ciò che fece traboccare il vaso e la convinse a salire su quel carro il giorno della partenza, fu la breve discussione che ebbe con l'informatore. Voleva essere sicura di quello che stava per fare, e la cosa migliore a cui pensò fu confrontarsi con l'uomo che per un anno intero le aveva dato una casa in cui vivere e dei fidati compagni su cui poteva appoggiarsi.

"So perché sei qui." le aveva detto lui.

"Allora consigliami."

Ricordava cosa stava facendo quella notte. Era ancora seduto sulla sua scrivania piena di fogli e altre scartoffie che neanche gli servivano. I suoi occhiali erano poggiati su di essa e lui si stava strofinando gli occhi assonnati. Aveva appena smesso di leggere la lunga lista di tutti i nuovi ricercati in circolazione, per poi rendere pubblici i nomi a tutti i cacciatori della zona.

"Cosa vuoi che ti dica?" aveva domandato con un sorriso che mise in luce tutte le rughe del suo vecchio viso. Ma era un sorriso che lei amava, lo trovava caldo e accogliente, le ricordava molto quello della donna che era venuta al bordello.

"Sai cosa ho passato, pensi vada contro la mia morale?"

"Siediti Talema, voglio mostrarti qualcosa."

La Succube aveva fatto come richiesto, e anche se con esitazione, si era avvicinata con la sedia per sentire cosa avesse da dire. Lui aveva aperto il libro in cui ogni volta venivano appuntati i criminali catturati e quelli da ricercare. Aveva cominciato a sfogliare le pagine su cui la sua stessa mano aveva scritto, ed una dopo l'altra, finalmente si era fermato, e lo aveva girato verso la ragazza per faglielo vedere.

"Cosa?" aveva domandato lei. Lui con in suo dito aveva puntato un nome, il nome di un licantropo che lei non aveva mai sentito prima. Ma poi Talema aveva portato lo sguardo su altro. "C'è scritto che va portato a Mortuda e che- " Aveva sgranato gli occhi al compenso che avrebbe ricevuto chi l'avrebbe catturarlo. "Aspetta, c'è una X. Da chi è stato preso?"

"Da un altro gruppo, ma adesso non è importante quello."

"Invece si, potrei fare delle domande."

"Talema questo non è un fatto isolato, e nemmeno poi così raro. Sei qui da noi da solo un anno e quindi non potresti saperlo. Ma a volte capita e lo so che è stano e ne ho parlato con i miei altri colleghi ma non sembra esserci nulla di inusuale."

"Quindi posso anche non partecipare alla caccia?" Lo aveva chiesto con aggressività, presa dalla delusione. Si sentiva frustrata dal fatto che non riuscisse a trovare una ragione per cui partire, per cui la sua presenza sarebbe stata utile. Aveva sempre dato la caccia a chi lei riteneva più opportuno, a quelli che erano solo feccia e che meritavano la prigionia eterna, così da proteggere gli altri. Ma in questo caso si era chiesta chi davvero doveva proteggere. Voleva davvero partire, ma aveva paura che se le sue supposizioni fossero state errate, avrebbe semplicemente aiutato ad arrestare delle persone la cui unica colpa era stata quella di superare il confine. Si sentiva in un certo modo vicino a loro, anche lei un tempo aveva provato quel senso di prigionia, non poteva biasimarli.

"La decisione resta a te Talema. Parti e colma quel senso di irrequietezza, o resta così da non contribuire alla cattura di persone che non meritano il tuo senso di giustizia."

La mia giustizia... si era ripetuta lei nelle sue coperte. Prima di addormentarsi si era guardata il tatuaggio che si era fatta sulla mano e nonostante l'indecisione e la paura di sbagliare, la mattina successiva si era svegliata e aveva indossato la sua tutta da cacciatrice, pronta a partire. "Facciamolo."

Adesso come in quel giorno, si ritrovava a pensare se aveva fatto la scelta giusta. Aveva impressi nella mente i volti di quei tre ragazzi e quanto erano rimasti sbalorditi e riconoscenti per il semplice fatto che li aveva slegati e dato loro del cibo. Quelli non erano volti di criminali, si era detta e ora continuava a ripeterselo nella testa nel tentativo di trovare una soluzione. E come quella notte, si ritrovò a guardare il tatuaggio che con tanto amore si era fatta fare. La lettera di un nome, per lei era diventata un simbolo che le ricordava perché aveva intrapreso quel cammino, il motivo stesso per cui lei era lì. "Farò giustizia, per quelli come te... come noi."
 

C'è ancora qualcosina che non mi convince di questo capitolo a livello di lessico e fluidità quindi probabilmente ritornerò a modificarlo per renderlo migliore, ma ci tenevo comunque a pubblicarlo quindi eccolo qua. Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 46
*** Capitolo XLIII ***


When there's madness
When there's poison in your head
When the sadness 
Laves you broken in your bed
I will hold you 
In the depths of your despair
And it's all in the name of love
-Bebe Rexha

 

1 anno prima

Erano passati un paio di giorni da quando Emily era chiusa nell'infermeria. Talema le faceva visita ogni volta che ne aveva la possibilità, rinunciando al sua tempo libero per lei. Non le dava una colpa, ne si sentiva in obbligo, voleva solo starle accanto. Era la prima volta che si preoccupava veramente per qualcuno, era quasi un sentimento nuovo per lei. Ogni cosa che aveva fatto nella sua vita era perché gliela avevano imposta, ma nessuno le aveva detto di rimanerle vicino, eppure lei l'aveva fatto, con spontaneità e cura. Era come un impulso, un istinto innato scaturito dall'affetto, un temine che lei non ha mai conosciuto, eppure si ritrovava a provarlo. Ma per quanto ora facesse parte di lei, Talema lo rifiutava, era convinta che l'avrebbe fatta sprofondare, aveva la paura che affezionarsi a qualcuno le avrebbe solo fatto male, perché finché era sola, avrebbe potuto fare ciò che voleva, ma se c'era qualcuno che amava, le conseguenze sarebbero ricadute anche su di loro. L'aveva visto fare tante volte, un padrone che sfruttava le relazioni tra i propri schiavi per trarne dei benefici. Non vuoi che qualcuno si ribelli? Allora ferisci la persona a cui tiene di più, così finalmente ubbidirà. Era una storia vecchia e conosciuta eppure la vedeva ripetuta ogni volta.

Quel giorno era andata a dormire più tardi del previsto per farle compagnia, anzi non dormì affatto per la preoccupazione. La mattina seguente non riusciva a tenere gli occhi aperti e arrivò a sera con un briciolo di forza in corpo, le sue prestazioni ne risentirono notevolmente e fu punita per quello. Ma era abituata al dolore fisico, e gli schiaffi di Madame Stock non le provocavano più così tanto male. Per quanto il suo corpo potesse subire danni, le ferite sarebbero eventualmente guarite, come la cicatrice sulla sua schiena, un marchio inciso a fuoco per dimostrare il suo status sociale. Una prova che lei era una schiava e che lo sarebbe rimasta a vita. Si era sempre chiesta come sarebbe stato vivere da persona libera, o addirittura da puro sangue.

Aveva poca conoscenza della geografia, le nozioni principali le aveva imparate da piccola grazie alla madre, ma quei ricordi erano scemati con il tempo. Sapeva che gli Incubi e le Succubi vivevano in piccole comunità, isolate dai villaggi o dalle grandi città, mentre le Infuocarie e gli Incediari vivevano pressoché al nord, a Yoruba, o sparsi per il regno. Aveva a lungo sognato di visitare quei luoghi, e a volte se aveva fortuna, qualche suo cliente le raccontava di quei posti a lei così lontani. Era forse una o l'unica cosa che le piaceva di quel lavoro. Rimaneva ad ascoltare con il sorriso sul volto, finché il suo cliente non decideva che era abbastanza, e lei ritornava a fronteggiare la realtà che la confinava. Ma in certo senso, sentire quelle storie le faceva ancora più male, ma non poteva smettere, perché la sua curiosità era più grande del dolore che avrebbe provato dopo.

Si ripeteva, "...e poi questo è l'unico modo che posso conoscere il mondo...e se ne convinceva.

Aveva a lungo denigrato Emily per le sue fantasie, quando lei non era poi così diversa. Me era normale desiderare la libertà, esiste nella natura di tutti.

Ma in quei giorni i suoi pensieri erano solamente concentrati su una persona e soltanto lei. E come se quella ragazza fosse un magnete, Talema si ritrovava sempre lì, anche quando Madame Stock la obbligava a rimanere in camera sua. Lei non poteva farci nulla, la paura di perde qualcuno era così forte che a volte non ragionava nemmeno.

"Che ti è successo al volto?" le aveva chiesto Emily, ma Talema non poteva dirle che era stata la padrona a farlo, non voleva che pensasse fosse colpa sua.

"Un cliente, nulla di serio," aveva risposto vagamente, e così continuò per i giorni successivi, finché non dovette fronteggiare le conseguenze.

Madame Stock la fece venire a chiamare. Talema fece ogni passo con il cuore in gola, finché non raggiunse lo studio della donna, davanti la porta fece un profondo respiro, e poi bussò.

"Avanti," sentì dire. E lei con quel permesso entrò.

Non era la prima volta che si ritrovava lì, era già accaduto in precedenza, ma adesso sentiva come se fosse colpevole di qualcosa. Si guardò a torno, era uguale come sempre. Le pareti erano rivestite da un tessuto ruvido al tatto, di un rosso profondo. Lo trovava molto fastidioso alla vista. Era una stanza molto arieggiata con una grande finestra alle spalle delle donna, che sedeva difronte la sua scrivania in legno. Gli scaffali adesso erano pieni di oggetti che prima non c'erano, come vasi in miniatura di coccio con una bella fantasia, ma pressoché inutili. Talema non era esperta in piante ma era certa che qualsiasi cosa avesse tentato di crescere, sarebbe subito morta. Poi c'erano delle statuine in coccio, sempre inutili. Era come se stesse cercando di riempire dei spazzi vuoti con la spazzatura che trovava in giro. Talema lo trovò buffo, quasi rise, ma Madame Stock la fissava con intensità, come se sapesse cosa stesse pensando.

"Accomodati," dissi freddamente, quasi con un accenno di fastidio, notò la Succube. "Allora," disse spostando delle cose dalla sua scrivania, lasciando alle sue braccia lo spazio per poggiarsi. Talema si sedette con evidente disagio e quel giorno Madame Stock sembrava particolarmente irritata. "non voglio perdere troppo tempo, quindi ti dirò cosa devi fare." Prese un foglio che aveva messo in disparte e lo allungò verso la ragazza, "Sono i tuoi nuovi orari, non accetto obbiezioni." si sbrigò a dire.

Talema non fece neanche in tempo a vederlo che la donna voleva già cacciarla dal suo studio, "Aspetti," aggrottò la fronte, "no, non posso." disse ribellandosi, la donna neanche la guardò in volto, la ignorò completamente.

"Vai Talema."

"Non posso fare questi orari!" si alzò in piedi di scatto, si accorse subito dell'errore che aveva appena fatto, "Mi perdoni," chinò il capo e tornò seduta.

"Ho detto vai, non farmi ripetere."

Talema si alzò nuovamente, stavolta non con rabbia, ma con sconfitta. Madame Stock l'aveva costretta a prendere anche i turni dell'Elfa. Non sapeva come fare, non solo perché non avrebbe mai avuto un momento per sé, ma anche il suo stesso corpo non avrebbe retto. Ma non c'era modo di controbattere, Madame Stock era la sua padrona, l'aveva comprata, e lei doveva fare ogni cosa che lei le diceva, anche puntarsi un coltello al collo se lei l'avrebbe ordinato. Finché avrebbe vissuto quelle vita nulla le sarebbe mai appartenuto, nulla era suo, nemmeno la sua stessa esistenza. Lei era solo un prodotto, una merce da dare a qualcuno in cambio di soldi, non una persona. L'aveva capito fin da giovane, e continuava a vederlo negli occhi di ogni padrone che con gli anni aveva servito. Non c'era giustizia in quel mondo e non c'era nessuno che combatteva per persone come lei.

Si domandò se anche i suoi sentimenti un giorno sarebbero stati una merce, tanto ormai si erano comprati il suo corpo, perché non anche ciò che provava?

Tornò nella sua stanza con furia e rabbia, i suoi stessi polmoni stavano bruciando. Quando si sedette sul letto e affondò le sue dita tra i capelli, fece un profondo respiro che si tramutò in fumo. Si tappò subito la bocca presa dalla spavento e della paura, era la prima volta che i suoi poteri si manifestavano in un modo così visibile.

Devo calmarmi... non è da me fare così.

Ha sempre pensato di essere migliore degli altri, più forte. Lo credeva davvero, ma adesso stava cominciando a comprendere che non era poi così diversa da tutti gli altri, era debole, fragile, era stata solamente brava a nasconderlo, soprattutto a se stessa.

Con l'andare dei giorni, la sua mente stava lentamente raggiungendo il limite. Si svegliava ogni mattina con qualcuno vicino, una persona che non conosceva, a cui lei non teneva. La giornata continuava con lei a lavoro, con solo due pause, a pranzo e cena. E poi arrivava la parte che lei più odiava. Per quanto fosse paradossale era come se le stessero letteralmente succhiando via tutta l'energia. Non le piaceva quello che era obbligata a fare, non lo sopportava, lo trovava crudele nei suoi confronti, e più il tempo passava più si ritrovava indebolita e fragile. Non sapeva perché e non lo comprendeva, forse se avesse mai vissuto con qualcuno della sua specie avrebbe avuto modo di sapere molte più cose su se stessa.

Ma ci fu questa notta, quest'unica notte in cui non riuscì più a sopportarlo e abbandonò quella stanza piena di persone addormentate. Camminò, lentamente e silenziosa nei bui corridoi. Poteva ancora sentire ragazze e ragazzi chiacchierare nelle proprie stanze, e poi ancora altri intenti a sperimentare il giorno più bello della loro vita. Prese le scale, ogni scalino diventava sempre più difficile e quando raggiunse la cima respirava affannosamente. Voleva solo dormire in un posto più caldo e con qualcuno di famigliare. Così giunse all'infermeria. Entrò spingendo lentamente la vecchia e cigolante porta, e quando vide la sua amica dormire serenamente, esitò. Si chiese se fosse la cosa giusta. Se Madame Stock avrebbe scoperto che lei non era rimasta con i sui clienti fino al mattino, ne avrebbe pagato le conseguenze. Ma ne valeva la pena? Lei credeva di sì. Quindi prese la coperta e si infilò nel letto. Emily si mosse, dandole più spazio, senza nemmeno interrogare l'amica. Talema fece riposare la testa sulla spalla di Emily, mentre le circondava la vita con il braccio. Inalò fortemente e poi si calmò. Sentì la testa di Emily muoversi leggermente, e anche se era buio, poté poteva sentire l'Elfo fissarla con i suoi piccoli occhi marroni. Così Talema alzò la testa e la guardò con volto stanco e assonnato. Erano così vicine che Talema era quasi imbarazzata. Quasi. Perché non le importava di nulla in quel momento, voleva solo sentirsi al sicuro.

"Stai bene?" la bionda sussurrò. Talema non riusciva a rispondere, si limitò ad abbassare la testa nuovamente e a fissare le profondità oscure di quella stanza. "Rispondimi... per favore." la supplicò.

"Non volevo rimanere lì." disse chiudendo gli occhi.

"Ti puniranno se lo scoprono."

Ma lei non voleva ascoltare, e non ne aveva nemmeno la forza, "Non mi interessa..." mormorò, la sua mente già in un altro posto. Cominciò a respirare più lentamente, perdendo la forte presa sulla maglia dell'Elfa, e si addormentò.

 

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Capitolo 47
*** Capitolo XLIV ***


I could pull you from the fire
When you're standing in the shadows
I could open up the sky
And I could give you my devotion
Until the end of time
-Hurts

Guardava attraverso le fessure della persiana. Teneva la mani poggiate contro il davanzale mentre con lo sguardo fissava l'esterno. Il cielo era oscurato dalle nuvole e non cerano segnali che il tempo volesse migliorare. Provava una strana irrequietudine di cui non capiva la causa, forse perché ce ne erano troppe. Si trovavano in un territorio dove la legge non era proprio amata e le strade erano affollate da mercenari e schiavisti, pronti a vendere la loro merce nella parte più diroccata della città, al mercato nero. Odiava quel posto, rappresentava tutto ciò che più detestava al mondo, e adesso era bloccata lì, con tre fuggitivi che lei aveva contribuito a catturare.

"Cinatit," disse la voce dietro di lei. "La città senza regole." Talema si girò. Mug era disteso sul letto, finalmente con i vestiti asciutti, i lunghi capelli sciolti sparsi sul cuscino e le sue dita che giocherellavano con un pugnale. "Ci sei mai stata prima d'ora?"

Sì "No."

Mug la guardò confuso. Lei sapeva a cosa stava pensando. Cinatit è il posto perfetto per vendere schiavi, lui lo sapeva, lei ancora di più. Ma non voleva nutrire la sua curiosità, non voleva pensare al passato. Tutti del gruppo sapevano che era una schiava, ma non sapevano altro, non ce ne era motivo. Solo Ulrik, il loro informatore, ne era a conoscenza, era l'unico che meritava la sua totale e assoluta fiducia. L'aveva accolta senza volere nulla in cambio. Ma nonostante tutto nemmeno lui sa che è un ibrida, era un segreto troppo grande da condividere e un peso troppo forte per lui da sopportare, non glielo avrebbe mai permesso. 

"Io sì," disse sorvolando sulla questione di Talema,"non con il gruppo però."

Adesso Talema era completamente rivolta verso di lui. Seduta sul davanzale e la schiena contro la finestra. La sentiva tremare contro le sue scapole. Rivolse un ultimo sguardo tra le fessure delle tapparelle per poi chiuderle. Il vento si stava alzando ancor più del previsto.

"Dimmi di più," lo incitò per la noia.

"Perché invece non mi dici tu cosa ti turba?" disse alzando la schiena e mettendosi seduto. Talema sbuffò e fece cadere il suo sguardo a terra. "So che è stato Ulrik a convincerti."

Non sapeva come rispondergli e fece la cosa che ormai tutti i suoi compagni le vedevano fare quando non voleva rispondere a domande scomode. Alzò la manica e mostrò il tatuaggio con la letta. Mug annuì con fastidio e sconfitta. Nessuno di loro sapeva il significato di quel tatuaggio, lei non glielo aveva mai detto, neanche sotto esplicita richiesta, e loro non avevano infierito oltre. Avevano capito che il passato di Talema non poteva essere conosciuto da loro. Quel tatuaggio con il tempo però era quasi diventato una risposta, e tutti annuivano accondiscendenti alla sua vista. Solo Mug rimaneva irritato, ma non poteva di certo strapparle una vera risposta con le forze brute, ci aveva provato una volta, quando lei era appena arrivata, e aveva perso. Nessuno l'aveva mai preparato ad affrontare una Succube, anche se per metà. Sono una specie che vive isolata, in comunità proprie e lontane dalle grandi città, è raro che qualcuno riesca ad avere un contatto con loro, a meno che qualche folle non entri dentro un loro villaggio, cosa vietata.

"Tutti noi abbiamo avuto una vita di merda, perché nessuno con giudizio farebbe un lavoro come il nostro."

"Quindi? Non capisco perché devo essere un libro aperto, solo per te. Non voglio essere letta come una pagina. Sono una persona ed è per questo che alcune cose voglio tenerle per me. Cose preziose per me."

"Non è quello che sto dicendo. Ti abbiamo accolta senza fare domande e tu continui startene per conto tuo, anche in situazioni del genere hai altro per la testa."

"Non ho intenzione di protrarre oltre questa discussione, Mug," disse lei a braccia conserte. "Sei l'unico che ancora cerca di tirarmi fuori le parole, sai che non funziona."

Capisce che è difficile fidarsi di qualcuno il cui passato è all'oscuro, anche lei avrebbe dei dubbi e sarebbe più accorta, ma dopo più di anno credeva davvero di aver istaurato un rapporto così forte con gli altri che non ce ne sarebbe stato bisogno di raccontare più di quello che aveva già detto, si sbagliava. Ma non sentiva tristezza, e nemmeno era stupita, Mug è una testa calda a cui piace litigare, era più che altro arrabbiata con se stessa e con le suo abilità orribili di comunicare. Sapeva che c'erano cento modi migliori per far capire agli altri che lei aveva dei punti dolenti di cui non voleva parlare, e lei aveva utilizzato il peggiore, il mutismo. E questo Mug lo odiava più di ogni altra cosa. Lui era per lo scontro diretto, per le parole chiare, non sopportava tutto ciò che si trovava tra le righe, i doppi densi, i sospiri. Talema lo sapeva, ma non avrebbe di certo cambiato il suo modo di fare per qualcuno che vuole solo provare cosa significa andare a letto con una Succube, per qualcuno così spudorato con le parole, che non riesce a tenersi dentro le cose, che preferisce il litigio rispetto al confronto.

"Pensavo fossimo amici," disse in ultimo, "a quanto pare non siamo nemmeno quello." Si alzò dal letto e uscì dalla stanza sbattendo la porta. 

Talema rimase lì nell'indecisione, se fermalo e chiedere scusa o rimanere lì e fregarsene. Ormai la pioggia dirompeva, il vento sbatteva forte contro la finestra. Sì, Talema uscì da quella stanza, ma non per raggiungere Mug. La sua camera si affacciava proprio davanti alle scale che portavano alla locanda, piena di tavoli e sedie. E' lì che aveva visto Mug andare. Lei invece proseguì verso la sua sinistra e controllò i numeri sulle porte, e dopo aver passato quattro camere, si fermò davanti alla porta occupata dai suoi due compagni. Bussò non troppo forte.

Ad aprire fu Vic. "Ehi," bisbigliò il Mutaforma. "Fai piano che Frya dorme." 

Aveva un asciugamano avvolto ai fianchi e un altro poggiato sulla testa, nonostante avesse i capelli biondi rasati fino alla pelle. Talema lo scrutò, da cima a fondo. Era un suo difetto, le era da sempre piaciuto osservare i corpi altrui, le forme armoniose delle donne, la muscolatura degli uomini e tutto ciò che era nel mezzo e nell'infuori. Lei incolpava la sua natura da Succube per questo, o forse la usava solo come scusa. Notò che da quando lo conosceva, il suo fisico non era per nulla cambiato. Rimaneva il solito ragazzo pallido e scheletrico di sempre, nonostante è un portento quando si trasforma.

Quando Talema entrò vide la compagna rannicchiata su se stessa sul letto. Si era addormentata con l'accappatoio addosso e i suoi vestiti erano ancora appesi ad asciugare davanti al camino, anzi a prendere fuoco. Vic seguì lo sguardo di Talema e come se le avesse letto la mente prese e portò in salvo i vestiti dell'Oreade.

"Ti serve qualcosa?" domandò tornando da lei.

"Potresti darmi il sacco di carne, è da ieri sera che i Drake non mangiano."

"Sì!" disse agitato. "E' compito mio e mi sono scordato."

Lei aspettò sulla soglia della porta. Sentì il ragazzo aprire il baule che conteneva in sacchi il cibo per i Drake. Malgrado siano creature perfettamente addestrate quando sentono l'odore di carne diventano particolarmente aggressive, quindi viene avvolta e messa dentro un baule pieno di spezie in grado di ricoprirne l'odore. Ogni due giorni e in coppia si va a caccia di bestie per sfamare quei grossi animali, perché se lasciati liberi priverebbero di fauna ogni bosco, non a caso non ce ne sono più di liberi in circolazione.

"Posso andare io, mi sbrigo a vestirmi."

"Non ce n'è bisogno," disse avvignando la mano ad uno dei sacchi da cinque chili e poi anche l'altro con evidente sforzo. 

Solitamente quando devono fermarsi in qualche osteria il baule rimane sopra sopra il carro per evitare lunghi viaggi e braccia indolenzite, ma considerato il luogo dove si trovano, una città piena di malfamati, criminali e ladri, sarebbe stato da sciocchi lasciare i propri averi a disposizione di chiunque. 

Talema scese le scale con evidente fatica, poggiando ogni tanto la carne sugli scalini facendo riposare le braccia. Poi si fece forza, con sguardo deciso e passo svelto si diresse verso l'uscita. Alla sua destra c'erano numerosi tavoli occupati da qualsiasi tipo di persona che si possa trovare in una città come quella. Sentì qualche sguardo puntato addosso e qualche bisbiglio. Quando erano arrivati la locanda era completamente vuota, ora invece metà dei tavoli erano occupati.

"Guarda là," disse qualcuno.

"Una cacciatrice di taglie?" si chiese un altro. "Chissà chi hanno catturato sta volta," aggiunse ridendo insieme all'amico.

Talema era orgogliosa della sua tunica invernale, la riteneva importante quanto un cavaliere la sua armatura. Era un segno contraddistintivo, del resto non tutti vanno in giro con un equipaggiamento costoso e armati fino al collo. Ma a differenza dei suoi compagni, lei non indossava alcun tipo di protezione, ne di metallo ne di pelle. Combatteva basandosi sulla sua agilità e non sulla forza, e del metallo addosso le avrebbe solo limitato i movimenti. Indossava, invece, un lungo cappotto cucito con un misto di nero e blu che la lasciava scoperta davanti alle gambe per permetterle movimenti veloci senza intoppi, ma la copriva dietro fino all'incavo del ginocchio. Rimaneva aderente al suo corpo grazie alla presenza di fibbie che permettevano la chiusura del cappotto lateralmente.  Stretto ai pantaloni, di un blu profondo, c'era legata una giarrettiera in pelle nera con un pugnale scoperto. E poi, anche se non aveva portato con sé le sue khopesh, indossava comunque il tahalì doppio dietro la schiena. 

A volte non riusciva a decidere se impaurire gli altri era un pregio o un difetto, ma in questo caso sperava davvero che la sua presenza fosse intimidatoria abbastanza da evitarle futuri fastidi o faide con quelli del posto. Ovviamente i cacciatori di taglie non sono ben visti in città depravate come Cinatit ma solitamente vengono ignorati dalla popolazione per evitare problemi. Non saranno guardie della regina o soldati ma hanno allo stesso modo una certa rilevanza nella stabilità e nell'ordine comune.

Con qualche occhio curioso puntato addosso o su quello che stringeva, uscì fuori dalla locanda grazie alla gentilezza di un cliente che le tenne la porta aperta. Rimase davanti all'entrata, protetta dalla pioggia dalla copertura in legno dell'osteria. Altre persone erano bloccate lì sotto a causa del temporale. La pioggia non era diminuita, ma almeno si manteneva su un ritmo stabile ancora non troppo preoccupante. Talema si tirò su il cappuccio. Le dava fastidio che si era appena lavata e aveva fatto asciugare i vestiti per poi imbrattarsi nuovamente con fango e pioggia sporca, ma sempre meglio che rimanere in camera a fissare un muro, tanto, pioggia o no, domani sarebbero comunque ripartiti. Fece un passo oltre la piattaforma in legno aspettandosi una valanga d'acqua addosso, sorprendentemente non accadde. Si voltò per capirne il motivo. Si ritrovò alle sue spalle Mug, in una mano un ombrello in legno un po' ammaccato e vecchio, e nell'altra un bicchiere in legno mezzo pieno di birra.

"Prima cosa," disse lei, "dove hai preso quell'ombrello e secondo avevamo deciso niente alcol durante il giorno."

"Allora," disse già pronto a giustificarsi, "questo l'ho trovato tra gli oggetti dimenticati e pensavo sarebbe tornato utile, mentre la birra me l'ha offerta il proprietario in segno di pace, ovviamente l'ho accettata."

"Almeno qualcuno ha un po' di buon senso qui, spero tu l'abbia ringraziato."

"Non averlo insultato era già un modo per dire grazie," disse con serietà.

"Sempre il solito," disse sbuffando. Si voltò in avanti, e senza aspettarsi nulla da lui Talema proseguì per la sua strada, Mug la seguì tenendo l'ombrello per la maggior parte su di lei. "Pensavo fossi arrabbiato con me."

"Lo sono," disse, Talema era in attesa che continuasse il discorso, ma si fermò con quella mezza frase. In realtà si aspettava che le chiedesse di cedergli una delle buste, lei avrebbe immediatamente rifiutato, ma il fatto che non accadde le fece capire che la calma mostrata in quel momento era solo una facciata superficiale. Ormai lo conosceva troppo bene e forse era l'unica. Non è una cattiva persona, a volte è irruento ma non è così male una volta che lo si conosce e capisce.

Una volta raggiunto il carro i tre ragazzi si irrigidirono, ma i due cacciatori di taglie non erano lì per loro. A quel punto Talema di sua volontà diede a Mug uno dei due sacchi, lui la guardò sorpreso e poi contraddetto.

"Quei due cosi mi odiano."

Era vero, quei due Drake si facevano avvicinare solo da Vic, probabilmente perché un Mutaforma, e da lei. Avevano provato a farli abituare alla presenza degli altri, ma con scarsi risultati. Soprattutto Mug, che per i suoi modi di fare per poco non si faceva bruciare i capelli dal fuoco prodotto da quelle creature.

"Muoviti," disse tirando fuori la carne, a quella vista i Drake da sdraiati si alzarono immediatamente su quattro zampe. Erano creature appartenenti alla famiglia dei draghi, era l'ultima specie draconica ancora in circolazione nel regno, tutte le altre specie se ancora non si erano estinte si erano andate a rifugiare ad Ovest, nelle Terre dei Giganti, nemmeno la regina portava più le sue truppe in quelle parti. I due Drake avevano una muscolatura pesante, la pelle squamata e spessa e una coda lunga e appuntita che aveva lasciato molti squarci sulla parte anteriore del carro. Erano però una specie priva di ali, con zampe rettiliane ed un muso lungo ed appuntito, entrambi di un rosso scuro sfumato da nero.

"Non rimanere lì fermo," disse gettando la carne davanti alla creatura, "Gliela devi solo lanciare, mica accarezzarlo."

"Certo, certo," disse fingendo del coraggio. I Drake saranno anche alti un metro e mezzo, con costituzione davvero grossa e robusta, tanto da fare invidia ai Licantropi che sono il doppio di loro, ma rimangono comunque legati al carro. Non appena Mug tirò fuori la colazione, il Drake si voltò subito verso di lui con fare impaziente. Lui gliela lanciò a debita distanza colpendolo sul muso, ma alla creatura non sembrò importare.

"E' per questo che non ti sopportano."

"Non l'ho fatta apposta."

Rimasero lì, guardandoli mangiare con gusto. Quando Talema si accertò che tutto era a posto, decise che adesso era il suo di turno. "Torniamo dentro, ho fame anch'io."

"Sono ancora incazzato per prima." disse pensando fosse un invito.

"Non ho mai detto che dovevamo fare colazione insieme." E si allontanò, se ne sarebbe andata se non fosse stato per una voce. Quando si voltò capì che la voce proveniva dalla ragazza dentro il carro. "Cosa?" domandò infastidita.

"Noi," disse con disaggio, "dobbiamo andare al bagno."

"Oh!" esclamò con sorpresa, quello era un particolare di cui lei e gli altri si erano dimenticati. Ci pensò qualche secondo, si prese il mento tra il pollice e l'indice e quando l'idea arrivò fece un ghigno. "Ci penso io." Ritornò dentro la locanda correndo. Si rifiutò di prendere l'ombrello lasciato da Mug, lui non era l'unico ad essere arrabbiato. Si rivolse al proprietario con un sorriso gentile che lui ricambiò.

"Cosa posso fare per te, cacciatrice?"

"Ho bisogno di brocca in metallo, non troppo piccola." Lui la guardò corrugando la fronte. "Pagherò ovviante," disse tirando fuori qualche moneta.

"Uhm, sì, certo."

Una cameriera le portò quello che aveva richiesto e l'uomo prese tutti i soldi dal bancone, Talema in quel momento capì che avrebbe prima dovuto chiedere il prezzo invece di fare l'austera. Mug comparì dietro di lei, oppure era lì da tempo, lei non ci aveva fatto caso.

"Non dirmi che è quello che penso."

"Esattamente," disse seria.

"Non ne saranno felici," disse ridendo, "soprattutto la biondina."

"Lo accatteranno perché di sicuro non li farò andare in un vero bagno."

"Ovvio, sennò te lo avrei impedito." 

"Come se ci saresti riuscito," disse con sguardo di sfida, lui sorrise.

"Ora vai, non vorrei che pisciassero nel carro," disse cercando di mascherare il rossore con la volgarità.

"Linguaggio!" lo rimproverò. "Vai in camera e controlla il camino, o moriremo di freddo."

"Va bene..." disse svogliato.

Talema trovava divertente come l'umore di Mug aveva la capacità di cambiare velocemente. Non era la prima volta che litigavano, ma nonostante è sempre lui a mettere il muso, è comunque il primo che cerca di tornare nuovamente ad un clima sereno. Non dice mai esplicitamente: "Ho sbagliato, scusami." Ma tenta di dirlo con piccoli gesti, come il coprirla con l'ombrello, cercare di scherzare e strapparle un sorriso, o semplicemente fare quello che le dice. Come le sue sfuriate nascono dal nulla, allo stesso modo il nervosismo gli passa velocemente. Talema lo trovava davvero particolare, non aveva mai conosciuto qualcuno con un emotività così incontrollata, ne era incuriosita, ma allo stesso tempo spaventata. E' capace di azzuffarsi con uno sconosciuto solo perché l'ha fissato troppo a lungo, ma allo stesso tempo è qualcuno su cui si può fare affidamento. In molte occasioni Talema aveva avuto l'impulso di dargli delle spiegazioni su quello che le era accaduto, ma la sua parte razionale l'aveva sempre fermata. Non poteva rischiare di perdere la fiducia di un compagno come lui e nemmeno quella degli altri.

Quando tornò al carro, nuovamente correndo e con il cappuccio sulla testa, il sorriso della ragazza bionda si spense davanti agli occhi di Talema. Stava guardando inorridita quello che Talema aveva tra le mani.

"Mi dispiace ma non posso fare altro," disse facendolo passare attraverso le sbarre.

"Stai scherzando vero?" domandò disgustata.

"Poi svuotate il tutto fuori," disse ignorando la ragazza. "Tanto se non avesse piovuto ci sarebbe stato comunque un rivoltante odore di escrementi animali."

"Non osare paragonarci ad degli animali!" inveì.

"Non era mia intenzione," rispose seria, "perdonami."

"Non posso crederci..." borbottò tornando dagli altri due ragazzi. Si sedette dando le spalle a Talema, mostrava tutto il suo dissenso con una grande tensione muscolare, sembrava volesse esplodere. Il ragazzo più giovane le posò una mano sul ginocchio e glielo strinse affettuosamente, invece il più grande le rivolse un sorriso gentile. A quel punto Talema decise di lasciarli da soli e tornò dentro la locanda. Nuovamente si chiese cosa li avesse portati a quel momento, quali scelte avevano fatto, quali decisioni drastiche aveva preso per farli finire dentro un carro di cacciatori di taglie. La sua curiosità, il suo domandarsi, la stavano quasi logorando da dentro con un persistente fastidio che aveva paura non se ne sarebbe mai andato. Voleva conoscere di più quei volti che si guardavano gentili l'uno con l'altro, ma che quando si perdevano di vista si trasformavano in abbattimento. Lo stesso sguardo che lei aveva sempre rivolto ad Emily.

 

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Capitolo 48
*** Capitolo XLV ***


nota: questa parte iniziale vi suonerà famigliare perché è del cap XXXIII e l' ho spostata a questo per dare più coerenza alla linea temporale.

 

The last mistake, the choice I made

Staring in the mirror with myself to blame

Sometimes I'm afraid of the thoughts inside

Nowhere to hide inside my mind

-Icon For Hire

 

 

 

Agrid se ne stava seduta nella sua stanza, a pensare e a fissare il vuoto. Non sapeva quanti giorni erano passi da quando Thalia l'aveva lasciata. Non l'aveva ancora realizzato. Non avrebbe mai pensato che l'allontanamento della figlia le avrebbe procurato un tale dolore che quasi era più forte della rabbia che avrebbe dovuto provare. Sentiva che quelle emozioni che l'avevano divorata alla morte di Naeder e alla fuga del figliastro, stavano tornando a galla per ucciderla dall'interno. Si domandava come fosse potuto succedere. Era una donna diversa da quella del passato, non era più la madre violenta e abusiva di un tempo. Questo era quello che credeva lei. Aveva tentato di cambiare, di essere una persona migliore, e si era convinta di esserci riuscita. Ma migliorare non implica essere perfetti e questo Thalia glielo aveva sempre rinfacciato. Ma la donna nella sua fragile mente, non riusciva a capire. 

Agrid l'aveva sempre incolpata di tutto, ingiustamente. Era diventata il suo capro espiatorio e Thalia lo aveva passivamente accettato, del resto non conosceva altro. Forse perché anche Agrid non ha mai avuto una famiglia e non ne ha mai appieno capito il significato. L'unica cosa che faceva era allenare la lupa fino allo sfinimento, nessun abbraccio nessun bacio, solo sudore e sangue. "Lo sto facendo per te," le diceva, "ricordatelo." Eccome se avrebbe ricordato. Ma al tempo la lupa non capiva, come poteva? Non conosceva altro, non fino a quando Skye non si mostrò difronte a lei. E Agrid lo percepiva. Capiva che lentamente si stava allontanando da lei per avere qualcosa di più caldo e confortevole. Agrid non lo avrebbe mai accettato, essere sostituta, no, doveva esistere solo lei, soltanto lei e nessun altro. "La farò sparire!" E quando fallì la sua rabbia si fece più accesa. Ma qualcosa di più grande si svegliò, qualcosa che neanche lei poteva immaginare. Ricorda ancora le parole che pronunciò Thalia con quei occhi neri come la pece. "Ti uccido," le aveva detto la lupa, così convincente che Agrid aveva quasi messo in dubbio la sua sicurezza. Quella ragazzina ha corrotto mia figlia! Fu quello che pensò. 

Ora non sapeva nulla di Thalia, né come stava né dove si trovava. La magia di rintracciamento era svanita in modo innaturale, sapeva la sua ultima posizione, ma ormai era passato troppo tempo. Non sapeva cosa fare.

Adesso c'era solo lei a darsi compagnia, rinchiusa dentro la sua dimora, le era stato vietato di uscire a causa degli ultimi avvenimenti. Tutti i soldati e cacciatori avevano sentito le accuse mosse da Thalia, che era stata lei a mandare il Grim. Anche Agnes aveva testimoniato contro di lei presa dal rimorso. Doveva solo aspettare la decisione degli Omega. Si erano presi una settimana di tempo per decidere, ma il tempo era scaduto. In realtà nessuno sapeva cosa fare.

L'unica cosa che la smosse da quel limbo di pensieri fu il pugno che batté contro la porta. "Agrid," una voce familiare la chiamò. 

Si alzò dal letto. Quando girò la maniglia si ritrovò una donna alta e robusta, dalla carnagione scura e i capelli rasati e un uomo dalla muscolatura prorompente. "Cosa c'è, Anya?" chiese a quella che un tempo era sua allieva e adesso una fiera Beta.

"Devi venire con noi," disse con serietà professionale, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Ma era agitata, lo si vedeva dal suo respiro affannato. Erano venuti lì correndo.

"Parla," la incoraggiò. "Si tratta della sentenza?"

"No. Ci sono le truppe reali."

La donna spalancò gli occhi. Senza battere ciglio lasciò i due Beta sulla porta e cominciò ad indossare l'armatura. Poi con velocità felina schivò i due e corse fuori casa.

"Deve restare con noi Agrid!" gridò l'uomo mentre le correvano dietro.

Quando si trovò fuori, corse per qualche metro e scorse da lontano una folla che circondava delle persone a cavallo. Cominciò a camminare verso di loro in modo calmo e posato, cercando di nascondere la sua agitazione. Uno dei soldati, con armatura argentata e dorata, con lo stemma reale sul petto, la vide e avvisò gli altri suoi compagni. La folla cominciò a disperdersi non appena i cavalli cominciarono ad avanzare.

"A cosa devo questa visita? Generale?"

l'uomo dall'armatura scintillante, posò i suo occhi cremisi su di lei. Il suo volto era scuro e rettangolare, pulito e liscio senza l'ombra di sudore. La esaminò con lo sguardo di chi aveva il potere di decapitare qualcuno semplicemente alzando un braccio. Agrid si sentii intimidita dalla sua presenza.

"Augustin, mia signora," disse chinando leggermente il capo. "C'è una stalla dove io e i miei soldati possiamo lasciare i nostri cavalli?"

"Certamente, seguitemi."

Durante il tragitto Agrid cercò in ogni modo di estrapolare qualche informazione dal Generale, ma invano. "Le diremo tutto una volta sistemati i cavalli." 

Agrid aveva annuito nervosamente, sapeva perché erano lì, quello che non sapeva è se erano a conoscenza di tutta la storia.

Una volta arrivati alle stalle il giovane generale notò la presenza dei tre grifoni. "Che magnifiche creature, non trova? Dove sono cresciuto non ce ne sono." 

"Presumo a nord, è li che voi Infuocari preferite risiedere."

Lui annuì scendendo da cavallo. "Sono suoi?" 

"Sì." Thalia ormai se ne era andata, aspettava a lei prendersene cura. Lo faceva con piacere, le ricordava i tempi di quando era giovane e partecipava alle gare e alle sfide dei villaggi. Ne aveva vinti anche lei alcuni, morti ormai da anni di vecchiaia. La longevità non è caratteristica di queste creature.

"Comunque, immagino che la nostra presenza sia stata annunciata agli Omega ormai, quindi potrebbe farmi strada?"

"Certo," si schiarì la gola, "il Concilio è da questa parte."

~ * ~

 

Skye si svegliò lentamente, battendo le palpebre per abituarsi alla luce mattutina. Mosse prima le gambe, ma con fatica, e poi il corpo con evidente pesantezza. Non riuscì a capire, ancora tra un occhio chiuso e l'altro, cosa avesse avvinghiato a lei, che la teneva stretta all'addome e intrecciate le gambe. Abbassò la testa, forse troppo velocemente, e il suo mento andò a scontrarsi con qualcosa di duro. Skye guardò in basso e vide una lunga distesa di capelli bianchi sparsi sul cuscino del medesimo colore. Thalia mormorò sillabe senza significato, e muovendosi leggermente, affondò il viso nel petto della ragazza. Skye fu colpita dal suo calore. Solo in quel momento si accorse che anche le sue braccia erano legate al corpo della lupa. Con un movimento lento, volto a non disturbare il sonno di Thalia, prese la coperta e la riportò su, coprendo fino al naso la lupa e poi le proprie spalle.

Trovava davvero comodo avere qualcuno con cui condividere il letto in inverno, specialmente se quel qualcuno aveva per natura una temperatura corporea elevata.

Si lasciò sprofondare il quel dolce calore, circondata dalla quiete. Da quando avevano risvegliato Annie si era sentita inqueta. A differenza di Thalia, lei non aveva mostrato in modo aperto e vivido i suoi dubbi su Anaan. Celava le sue angosce nei suoi pensieri, cercando di rimanere neutra agli occhi altrui così da non poter far capire i sue veri sentimenti. Lo riteneva un suo pregio. Ma adesso, in quel momento, non stava pensando a nulla. Aveva la mente vuota, di chi non avrebbe fatto nulla per tutta la giornata, nessun impegno, nessun dovere. Thalia si mosse ancora, stringendo ciò che aveva di più caro. Inspirò profondamente nel petto di lei e si lasciò scappare un lamento.

"Sveglia?" bisbigliò Skye.

Thalia le rispose con un altro lamento, più controllato e forte.

"Volevo alzarmi," disse lei, cercando di capire cosa la lupa volesse fare.

Di risposta la strinse più forte e poi disse con voce da bambina viziata: "No!"

Skye rise. "Ho promesso ad Anaan che mi sarei allenata con Jamilah oggi."

Nel sentire il nome dell'anziana donna, Thalia fece un grugnito.

"'Sta mattina ti piace dialogare a versi?" domando col sorriso.

"Anche fosse?"

"Guarda che anche tu devi venire con me."

"Verrò più tardi," disse con la chiara intenzione di voler restare a dormire.

"Ti ricordavo più attiva, sai?"

Skye ripensò a quando erano a Border Leaf. Thalia si alzava sempre presto la mattina per presentarsi puntuale agli allenamenti e ricordava anche di quando alcune volte saltava la colazione per arrivare in tempo. Skye credeva si comportasse così perché amava quello che faceva, ma forse era solo per la presenza asfissiante di Agrid.

"Devo andare."

Thalia la liberò dalla sua trappola con riluttanza e fastidio. Fosse per lei l'avrebbe incatenata al letto. Se lo immaginò.

"Perché stai ridacchiando?" domando sospettosa.

"Nulla." Finalmente si sforzò di aprire gli occhi. "Ti raggiungo tra un ora."

Trovava divertente che ormai, da quando aveva lasciato casa sua, non teneva più traccia dei giorni o dei mesi passati. Erano le stagioni ad indicarle il tempo trascorso. Chissà se il suo diciottesimo compleanno era passato senza accorgersene. Fuori si gelava, anche se indossava dei vestiti pesanti sentiva il freddo penetrare la pelle. C'era un po' di ghiaccio per terra. A quanto pare ha nevicato stanotte. Si allontanò dalla casa con passo velocesperando che potesse riscaldarla almeno un po'. Girò le vie e le strade, e per quanto Utopia non fosse grande quanto una città, era piena di vicoli e in alcune zone c'erano case quasi attaccate le une alle altre. Una volta uscita si affacciò alla strada principale, una lunga strada che portava fin sopra agli alloggi dei licantropi. Come ogni mattina, c'era il mercato, con persone di ogni specie che compravano il cibo più adatto al loro palato. Skye si tenne ai lati della strada, lontana dai carretti in legno che trasportavano cibo e viveri, e ogni tanto si fermava a guardare cosa quelle bancarelle avevano da offrire. C'era chi vendeva vestiti, chi gioielli, altri che invitavano persone a comprare i propri amuleti per cacciare via la sfortuna. Skye si chiese se in un modo magico come quello, accessori simili funzionassero davvero. Ma non poteva tentare, non aveva ancora monete proprie, a parte qualche soldo che Anaan lasciava a lei e a Thalia. Superato il mercato, girò sulla sinistra. Ricordò a se stessa che il campo di allenamento si trovava dopo la fine delle case di quella strada. Camminò per un'altra decina di minuti, nel frattempo si scaldò le gambe, ma i suoi piedi erano ancora gelidi. Notò da lontano un gran movimento. C'erano molte persone intente a costruire qualcosa. Sembrava stessero montato un enorme capannone che ricoprisse l'intero campo. Skye lo trovò logico, del resto non ci si poteva allenare con quella temperatura. Guardò se tra quelle persone c'era qualcuno che riconosceva, magari qualche viso familiare che potesse indicarle dove trovare Jamilah. La sua ricerca non durò a lungo. Qualcuno picchiettò con la punta del dito la sua spalla. Quando si girò vide il sorriso di Kubra, con i suoi boccoli di un bianco tendente all'azzurro, e i suoi occhi gentili e neri. Prese la mano di Skye, senza neanche aspettare la domanda che voleva porlə, e la trascinò con sè. 

Skye da ragazza che aveva sempre vissuto da sola, senza mai avere contatti con gli altri, si ritrovò imbarazzata a tenere la mano di un'altra persona che non fosse Thalia. Kubra non la mollò mai, portandola lontano dal capannone che stavano montando verso l'infermeria. Dietro di essa, quasi nascosto alla vista, c'era un  piccolo chiosco in legno. Skye notò subito la figura di Jamilah che parlava al proprietario.

"L'hai trovata," disse a Kubra sorridendo, per poi fare a Skye un cenno. 

Kubra finalmente lasciò libera la mano di Skye e si sedette sulla sedia accanto alla maga. Parlò con il proprietario facendo una serie di genti con lei mani, lui lə capì al volo e cominciò a preparalə qualcosa. 

"Scusami se ti ho fatta scomodare, mi ero scordata che oggi avrebbero cominciato a montare il capannone." 

"Non importa," disse sedendosi accanto a lei. "Posso avere anch'io qualcosa?" 

"Certo," rispose l'uomo, aveva delle corna come quelle delle capre.

Un Puck, pensò Skye. Pian piano stava cominciando a riconoscere e a ricordare i nomi e le caratteristiche di ogni specie.

"Cosa vorresti?"

Skye si trovò un po' in imbarazzo, non conosceva i tipi di cibo o bevande, ne il nome e nemmeno se erano adatte a lei. Aveva sentito che lo stomaco degli umani, streghe e stregoni, maghi e maghe e dei licantropi era identico, qualsiasi cosa potesse mangiare uno, era perfetta per l'altro, ma Jamilah non aveva preso nulla, quindi non poteva nemmeno dire: "Quello che ha preso lei, grazie." 

Intanto Kubra beveva il suo drink beatə e indisturbatə, leccandosi le labbra. Il Puck guardò Skye attendendo una riposta, notò la sua insicurezza e lanciò un occhiata nella direzione di Kubra.

"Quello che ha preso ləi è molto buono, è latte di kruvit e miele."

"Cos'è un kruvit?"

"Oh, è un piccolo animaletto peloso," le rispose Jamilah, "cicciottello con il muso carino."

"La loro carne è rimane dura e insapore quando è cotta, ma il loro latte è ottimo."

"Meglio così, sono davvero pucciosi."

Anche Kubra espresse il suo amore verso quella specie di animale stringendosi le spalle e mimando un abbraccio. Forse più una stritolata d'affetto.

"Il bosco ne è pieno, si riproducono in fretta."

Improvvisamente Kubra smosse con energia la spalla della maga. Con entusiasmo ed il sorriso sulle labbra fece qualche mossa con le mani. Jamilah le rispose che era un ottima idea.

"Non sei mai entrata nel bosco, vero?"

"No," e poi realizzando cosa stava per dirle Jamilah aggiunse, "ci andiamo?"

~ * ~

Thalia riuscì ad alzarsi dal letto dopo il decimo tentavo. L'ultimo perché Anaan era andata a bussarle con prepotenza alla porta. Si era presa il disturbo di andare a svegliarla con le sue maniere poco gentili. Thalia l'aveva sentita andarsene subito via e scendere pesantemente le scale con le sue ginocchia deboli. Si tirò su tra un grugnito e l'altro e imprecò scrocchiandosi la schiena.

Devo riprendere gli allenamenti.

Aprì un po' la finestra per fare entrare dell'aria pulita, sentendo il gelo colpirle la pelle nuda. Si diresse in bagno, Inciampando su qualche vestito: la sua maglietta, i pantaloni e tutto il resto che aveva gettato a terra la notte prima. Disse ad alta voce che non avrebbe sistemato la stanza nemmeno sotto tortura.

Lavata e pulita, rimase a fissarsi allo specchio chiedendosi cosa avrebbe fatto a quei capelli. Le era passato per la testa di tagliarli. Le davano l'impressione di essere malata, anche se Skye continuava a dirle che a lei piacevano. Abbandonò l'idea e si fece una treccia. Gli occhi invece non la turbavano. Del resto quando un tempo poteva trasformarsi in lupo i suoi occhi prendevano sfumature quasi dorate, averli argentei ora non le dava troppo fastidio. Ma per quanto potesse accettare il suo aspetto, non riusciva ancora a capire perché fosse cambiato in quel modo. Stress, le aveva detto Anaan, per i capelli. Aveva suggerito che forse la sua ultima trasformazione era stata troppo per lei. Ma la vecchia donna non capiva il perché degli occhi e nemmeno aveva indagato oltre.

Da quando aveva parlato con l'essere dentro Annie non riusciva a smettere di pensare a Mor. E più ci provava, più non capiva. Non poteva fidarsi di Anaan, di quello era certa. Aruel? Su di lui provava profonde incertezze. Ma voleva provare ad avere un contatto con lui, doveva, era l'ultima persona della sua famiglia.

Quando uscì dalla stanza fu quasi colpita da due ragazzi. Da quando questo gruppetto era tornato dalla missione non aveva più avuto un momento di pace, a meno che non se ne restava in camera. Non era abituata ad abitare con altre persone, le mancava la sua bella casetta, le mancava anche Agnes, che faceva le pulizie di casa mentre lei era fuori ad allenarsi. Il pensiero che ce ne erano altri fuori in missione, in procinto di ritornare e affollare ulteriormente quella casa la irritò. Non era affatto sorpresa quando vide Skye emozionata. Del resto aveva vissuto sempre rinchiusa in casa senza mai avere contatti con nessuno.

"Scusa," disse uno dei due. L'altro non la guardò nemmeno e continuò indisturbato.

Scese le scale, con loro due davanti, e poi si lanciò fuori la porta ignorando gli sguardi degli altri. Inspirò l'aria gelida come se fosse stata appena strozzata. Non le piaceva stare con loro, erano tutti così... diversi. Lei era un mutaforma, un Licantropo, un essere designato a stare con altri Licantropi, per sempre, senza contatti con altre specie. Non era abituata a tutto quello. Per un attimo prese in considerazione l'offerta di Hector. Ma non poteva andare ad abitare con gli altri lupi, o forse sì? Skye avrebbe compreso il suo disagio?

E lei avrebbe capito che non c'era nulla di cui sentirsi in colpa nel volere andar via?

Non voleva pensarci in quel momento. Non voleva pensare a nulla in realtà.

Si diresse verso il mercato, con l'intenzione di raggiungere Skye al campo. Attraversò a passo repentino quella strada affollata, fermandosi di tanto in tanto a vedere la bigiotteria. Era un'amante degli accessori, anche se d'inverno non indossava nulla per comodità.

Si fermò davanti una bancarella con degli ornamenti tipici della sua specie, con anche della pittura rossa, bianca e nera in vendita. Si rese conto che era da molto tempo che non si dipingeva il viso. Ci fece un pensiero. Allungò la mano verso il piccolo contenitore non più grande della sua mano. Si concesse quel piccolo piacere di tornare alle vecchie tradizioni. Pagò con i pochi soldi che Anaan ogni tanto le concedeva.

Non si accorse che di fianco a lei una donna la stava osservando. Le sorrise, Thalia rispose altrettanto ma prima che potesse andarsene la donna cominciò a parlarle.

"Posso vedere cosa hai comprato?"

La prima cosa che Thalia fece  fu portare intuitivamente la mano dietro e nascondere la pittura. Si domandò se fosse una ladra, un pensiero sciocco, ma sempre meglio essere prudenti con chi non si conosce, soprattutto se quel qualcuno ha la pelle segnata da delle venature nere e punta delle dita grigiastre.

"No," disse ridendo la strega. "Ho solo bisogno di aiuto."

Thalia rilassò le spalle, la guardò con sguardo interrogativo e la donna continuò.

"Mio marito mi ha chiesto di comprargli della pittura, solitamente lo fa lui. Ce ne sono troppe e non so quale prendere."

Thalia guardò verso il venditore impegnato a servire altri clienti. Non era un Licantropo e sembrava un semplice aiutante inesperto. Sospirò e si voltò verso la donna.

"Questa è biacca," aprì la piccola scatola circolare in metallo, "va bene per il mio colorito di pelle. Ti ha detto che tipo di colore preferisce?"

"Non proprio."

"Solitamente che pittura usa?"

"Non la usa," disse la donna fissandola. Il suo sguardo era gentile e il suo sorriso caldo.

"Allora..." Thalia si sentiva quasi messa alle strette, voleva solo andarsene e incontrare Skye. "Questa bianca, è l'unica che mi viene da consigliarti. Diciamo che è quella basilare." 

La strega annuì, finalmente Thalia era libera di andare e uscire da quella situazione di disagio. Questa interazione le fece ricordare quanto non era abituata a parlare con persone di un'altra specie. Vivendo all'estremità del regno, al difuori di tutto, non aveva mai imparato le usanze altrui, o davvero in modo superficiale. Era piena di pregiudizi, non le piaceva questa parte di lei.

"Prenderò questa allora." La donna chiamò l'aiutante e il ragazzo le disse gentilmente di attendere un attimo. Thalia stava per andare via quando la donna le afferrò il polso. La lupa già in allerta, pronta a spingerla via se avesse tentato qualcosa di strano. La strega la guardò e le sorrise un'altra volta. "Sei sempre la benvenuta."

Thalia spinse via la mano e la strega la lasciò. Capì subito di chi si trattasse. Lianna, la donna di cui Aruel le aveva parlato. Sfacciata, la signora.

"Porta la tua ragazza se ti rende più sicura."

"Apprezzo l'offerta, ma-"

"Prenditi il tuo tempo. Voglio solo conoscerti, anche tua nipote."

Quella parola le sembrò così distante, come se non le appartenesse. Io non ho una nipote, le diceva la testa. Ma i fatti dicevano altro, dicevano che suo fratello l'aveva abbandonata e che aveva creato una famiglia escludendola. Cercò di scacciare via i brutti pensieri. Aveva parlato con Aruel, si erano chiariti, non doveva più vederla in modo così negativo. Lui ha fatto quel che doveva fare.

"D'accordo," sforzò le parole come se la sua bocca fosse pietra.

"Bene," sorrise, "vieni quando preferisci, non devi avvertire."

La strega era, in modo davvero genuino, felice. Ma Thalia non lo era, desiderava tempo. Tempo per metabolizzare il tutto. Thalia sapeva che non c'era Aruel dietro, che probabilmente era stata lei a prendere l'iniziativa senza consultarlo. Lui le avrebbe detto sicuramente di attendere, che non era ancora il momento, che Thalia non era ancora pronta. Glielo avrebbe detto, giusto? Erano passati anni da quando si erano visti, si poteva presupporre che Aruel non conoscesse in realtà la sorella?

La lupa se ne andò via nel momento in cui la strega fu distratta dal venditore. Camminò a passo veloce. Se fosse esistita un tipo di pittura che significava "lasciatemi in pace" sarebbe stata più che entusiasta di mettersela in faccia. 

Raggiunse il campo e si domandò come avrebbe trovato Skye in tutta quella confusione. Probabilmente non è lì. Si avvicinò all'infermeria, caso mai fosse andata lì per dare una mano. Non c'era. Rimase un attimo bloccata non sapendo cosa fare. Se solo potessi trasformarmi avrei potuto trovarla con l'olfatto. Si innervosì. Si sentiva così incapace. Era forte, certo, ma da lupo la sua forza era il triplo, così come la sua vista, la sua agilità, il suo olfatto, il suo udito. Adesso con la sua forma umana non aveva più nulla, non si sentiva più lei. E allo stesso tempo non voleva più trasformarsi perché aveva paura di impazzire come l'ultima volta.

Mentre la sua mente vagava ancora una volta in spazi bui, che ogni volta si prometteva di non esplorare mai più, qualcuno la chiamò. Si girò da una parte all'altra finché non vide una ragazza con i capelli neri e sciolti che la salutava alzando il braccio. Thalia sorrise e le andò incontro.

Dopo una breve presentazione che si trasformò presto in un'esaminazione corporea da parte di Jamilah su Thalia, il gruppo si diresse verso il bosco. Seguirono il percorso che li portò a Casa Omicron. Thalia notò due ragazzi combattere, uno era Javier mentre l'altro era un ragazzo biondo di carnagione bianca, leggermente più scura di Skye. Thalia era convinta che non avrebbe mai incontrato una persona più chiara di Skye, ad eccezioni degli Incubi e Succubi di tipo Alabastro. Javier era troppo concentrato per notarla. Ma più che essere focalizzato a combattere il proprio opponente, sembrava invece provocarlo, riempiendo l'aria di risate invece che di tonfi.

Entrarono in un sentiero. Thalia si sentì nel suo ambiente naturale circondata da tutto quel verde. Almeno qui poteva camminare indisturbata, senza rischiare di andare troppo in profondità e incontrare creature oscure, o invece troppo a sud e superare confine con il mondo di Skye.

"Non c'è nulla di pericoloso, giusto?" domandò Skye.

"No, tranquilla. Al massimo possiamo incontrare qualche Arpia."

"Non abbiamo armi," sottolineò Thalia.

Jamilah rise. "Infatti non ci servono, a meno che tu non voglia prepararti la cena."

Thalia rimase in silenzio tenendosi la presa in giro. Questo posto, tutto, la confondevano. Si domandò se anche Skye si fosse sentita in questo modo quando era arrivata a Border Leaf. Probabilmente. Eppure non lo aveva dato a vedere, non più di tanto. Del resto Skye odiava casa sua, ma Thalia amava Border Leaf e... i suoi amici. L'immagine di Iris il giorno della sua condanna la colpì violentemente. Si era fin troppo sforzata di non pensarci.

"Eccone uno," Jamilah circondò le spalle di Skye con li braccio e con l'indice puntò in mezzo all'erba, "là."

Thalia si mise vicino a loro cercando di capire a cosa si riferissero. "Cosa?" bisbigliò scrutando tra foglie e cespugli.

"Kruvit."

"Che carino!" disse Skye con entusiasmo.

Lo sono eccome, pensò Thalia, non sarei mai capace di mangiarne uno. 

Ne videro molti altri quando continuarono per il sentiero. 

Skye le prese la mano, e le sorrise. "Sembra il bosco di Border Leaf."

Ma quella era l'ultima cosa che Thalia voleva sentire. Non era come il bosco di Border Leaf, Utopia non era affatto Border Leaf. Sentì il bisogno di incontrare qualcuno della sua specie. Avere Skye al suo fianco non era abbastanza. Avrebbe voluto che lo fosse, ma voleva stare con persone come lei, con un branco. Skye non era un lupo, non era maledetta, non ne aveva un bisogno. Gli esseri umani sono persone semplici, pensò Thalia, prendono le cose per come sono, possono adattarsi e superare. Possono essere complicati, ovviamente, e creare legami che possono durare una vita o morire nel corso degli anni. Ma i Licantropi hanno l'imprinting, creano legami indistruttibili, che non muoiono e possono diventare solo più forti. Ecco cosa li teneva tutti insieme, ecco cosa non li faceva impazzire. Questa è la maledizione. Stare insieme era la base della loro società. Ed essere a Utopia significava abbattere tutto, cercare di negare una maledizione che faceva parte della sua vita fin dall'infanzia, era tutto ciò che aveva sempre conosciuto. Non c'è da stupirsi che abbiano fondato Casa Omicron. E lei voleva stare con loro. Se un bosco come questo la faceva sentire nostalgica invece che confortata, significava che non era il posto giusto per lei. Odiava quanto fosse complicata.

Le strinse la mano, ma la sua agitazione cominciò farsi sentire. Deglutì a fatica. Si sentì profondamente a disagio. Pioppi ovunque, qualche robinia, pochissimi castagni e querce. No, era un atmosfera completamente diversa da quella a cui è sempre stata abituata. Non si era mai resa di quanto sconfortata si sentisse attorno a cose non famigliari. 

Ma il colpo finale fu nel vedere un corpo non uniforme avvinghiato ad un albero. Jamilah e Kubra procedevano davanti a loro due senza timore. Thalia si irrigidì, anche Skye sembrava turbata. 

Jamilah si voltò verso loro due e con un sorriso disse: "Non sempre ciò che è terrificante esteriormente è malvagio." E poi le due sorelle salutarono l'Arpia.

L'essere fece un verso gutturale e mimò il gesto della maga con goffaggine. 

Io le uccido le Arpie, pensò Thalia, tra sgomento e confusione, non gli do il buongiorno.

Più avanti ne comparse un'altra, con i suoi artigli che scavavano il legno, e le zampe poggiate su un ramo.

La maga raccontò del perché fossero così amichevoli. Qualche decina di anni prima un gruppo di Creature dell'Ombra era andato in missione. Era stato segnalato un campo in cui gli ibridi venivano torturati per condurre esperimenti obbrobriosi. I pochi sopravvissuti avevano riportato delle deformazioni corporee così drastiche che la cosa più giusta da fare era ucciderli per grazia. In quel luogo avevano trovato molti cuccioli di Arpia. Jalemah specificò che è ancora un mistero cosa accadde in quel luogo. Il gruppo decise di portare i cuccioli a Utopia e tentare di addestrarli senza tenerli troppo in cattività e dare loro delle impostazioni meno selvagge e aggressive.

"Come vedi, sono praticamente innocue. Cacciano il cibo di cui hanno bisogno, non attaccano mai, ci rispettano."

"Non avete paura che possa accadere qualcosa?" domandò Skye. "Voglio dire," si voltò verso Thalia, "l'arpia di quella volta ti ha lasciato una belle cicatrice."

"Sono qui da dieci anni e sono costantemente a contatto con noi, ci vedono parte della loro famiglia. E poi non sono dei semplici vicini di casa, hanno anche loro uno scopo."

"Immagino sia stata un idea di Anaan," disse veloce la lupa.

"Vedo che state cominciando a capire come la sua mente funziona."

Un'approfittatrice. Questo non poteva dirlo difronte alla nipote.

"Un'opportunista," disse Skye con innocenza.

Thalia soppresse una risata, Kubra lo stesso. Jamilah la guardò annuendo e sgranando gli occhi, come per dire "cavolo se hai ragione."

"Per dirla in termini carini, mia nonna non perde un'occasione. E questo suo modo di fare ci ha solo portato buone cose, quindi io non mi lamento." 

"Vuole scatenare una guerra," replicò.

Thalia guardò Skye con sorpresa. Vuole davvero parlare di questo adesso?

"Capisco che l'idea ti fa paura ma-"

Skye guardò per un attimo il cielo, non riuscendo ad esprimere a parole le sue preoccupazioni. "Dire 'paura' sembra sminuire il tutto."

"Che ti ha detto Anaan? Mia nonna non ha molto tatto."

"Molte persone moriranno -ovviamente- so come funziona la guerra, l'ho studiata. Ma davvero è l'opzione migliore?" 

"Preferisci vedere la tua gente morire per mano di un boia o in battaglia?" sbottò.

Skye sussultò. Non era quello che voleva dire. Thalia lo sentì. Si toccò il petto con preoccupazione. Skye fece un passo avanti pronta a ribattere, ma Jamilah incalzò.

"Non ci sono altre opzioni, Skye. Abbiamo tentato di assassinarla innumerevoli volte, ma come vedi il suo culo è ancora su quel trono."

"Ma-"

"Mio padre è morto per questa causa, non possiamo più fermarci dopo quello che tutti noi abbiamo perso."

Skye voleva dire di più, molto di più, ma non trovava le parole. Ricordava le forbici, il sangue. Non voleva che accadesse un'altra volta, mai più. Era davvero così che funzionava il mondo? Morte ancora e ancora. Avrebbero costruito una nuova monarchia con un trono macchiato di sangue, e lei... e lei si sarebbe seduta sopra un regno le cui fondamenta sarebbero state fatte con ossa e carne. E ogni strada e vicolo buio avrebbe dato voce a quel capitolo della sua storia, rivendicando le sue gesta e utilizzandole per i propri fini. 

Thalia sentì tutto, ogni pensiero, ogni paura. Non puoi essere così ingenua. E mentre lo pensò, si voltò a guardarla, e vide qualcosa. Una bambina che aveva appena compreso come il mondo era crudele e meschino. Doveva viverci e anche governarlo in futuro. E non voleva, eccome se non lo voleva! Stava ripudiando tutto, e si rifiutava ancora e ancora, in modo estenuante.

Thalia assorbì ogni emozione e ne fu trascinata via, in uno stato di eguale confusione e rifiuto. Sconforto crebbe in lei, ma era veramente il suo? Rabbia le prese la gola, ma era veramente la sua mano? 

E si voltò nuovamente verso Skye, verso la sua figura morbida e rilassata, solo il suo volto faceva trasparire qualcosa. Thalia percepì poi il suo corpo come un cumolo di nervi in tensione. Così pesante, con un masso pensante sulle spalle che la spingeva giu.

Non c'era nulla di normale in tutto quello, lo capì, e guardò Jamilah così intensamente che la maga storse il naso. Ma quella faccia così confusa si trasformò in sgomento. Quello Thalia non lo capì. 

Jamilah mosse mani e braccia con rapidità, tanto da spaventare Kubra. La maga si circondò di un'aura viola che colpì Thalia come fosse fumo e la circondò dal collo in giù. Non poteva più muoversi.

"Che stai facendo?!" Skye inveii.

"Lasciala fare," ribatté Thalia, "l'ho sentito."

"Cosa...?"

"Per un secondo," disse Jamilah con le braccia distese verso la lupa, mantenendo attiva la magia, "i suoi occhi hanno brillato."

Skye guardò Thalia con terrore, aspettandosi il ripetersi degli eventi accaduti nella piazza del castello.

Kubra afferrò la spalla della sorella e mosse le labbra.

"Sì, sono sicura. E forse ho capito il problema."

Forse anch'io.

 

 

 

Come avrete sicuramente notato, ho utilizzato la lettera Schwa (ə) che è una sorta di forma neutra, né maschile né femminile, quando mi riferisco a Kubra, più avanti spiegherò il perché. Sto ancora cercando di comprendere come si utilizza quindi potrei aver sbagliato qualche volta. 

Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 49
*** Capitolo XLVI ***


Never got the chance
To say a last goodbye
I gotta move on
But it hurts to try
How do I love again?
How do I trust again?
-Sasha Sloan

 

1 anno prima circa

 

Per quanto lo desiderasse, sapeva che non avrebbe mai ottenuto ciò che sognava.

Era da molto che gli incubi non l'avevano torturata durante la notte. Ogni genere di paura, colpa, tormento, veniva riportato a galla in ogni fredda notte che aveva passato nella sua stanza da sola o in compagnia di qualcuno che non conosceva. Tremava e scattava, con ogni chiusi, palpebre serrate in un misto di confusione e terrore. Ricordi di fuoco e sangue, urla e gemiti. Lame che tagliavano carne, sangue che zampillava dalle ferite mortali. Qualcuno aveva tentato di chiuderle gli occhi, qualche suo genitore forse, non ricordava. Ma le immagini di morte le aveva impresse nella sua testa. A volte se ne dimenticava, quando il sole riscaldava il cielo, ma la notte, nei suoi sogni ed attraverso gli occhi e la pelle tortuosa dei suoi clienti, ricordava. E come si sentiva? Non lo comprendeva nemmeno lei. Confusa, disorientata, forse anche un pizzico di odio. Ma nei confronti di chi? Forse aveva da troppo tempo smesso di domandarsene e ne aveva speso troppo a cercare di proteggersi nel modo sbagliato. La solitudine per lei era molte cose, stranamente era sia una pugnalata che uno scudo. 

Questa volta, quest'unica volta in cui aveva finalmente preso una decisione per se stessa, niente aveva tormentato il suo sonno. Nessun ricordo, nessun incubo ricorrente. In pace e piena di calore, e non era per via della fiamma in lei. Sorrise nel sonno. Nessuno la vide farlo, ma era accaduto veramente, le sue labbra si erano piegate in un lieve sorriso per la prima volta. Sogni di libertà e gloria la riempirono, ma poi l'avrebbero svuotata al risveglio. Voleva rimanere nel suo mondo immaginario, voleva rimanere sdraiata nel morbido letto intagliato con un semplice ma bellissimo legno, in una piccola casa circondata dal verde. Ma la realtà chiamava, prepotente e violenta.

Si svegliò di soprassalto. Il passo svelto e gli inconfondibili tacchi che scuotevano il terreno si avvicinarono prima ancora che lei potesse scendere dal letto, o per lo meno alzare la testa.

"Emily, cara." Madame Stock entrò nella camera dell'Elfa senza riguardo o delicatezza. A suo seguito c'era un suo bravo. "Oh!" Guardò Talema con stupore.

Emily si girò verso la porta, ancora mezza addormentata. Guardò prima Talema, che la osservava con la coda dell'occhio, e poi la sua padrona. Spalancò gli occhi, alzò la schiena e si mise a sedere come se il cuscino fosse diventato improvvisamente bollente. 

"Mia signora." La ragazza chinò la testa, Talema la segui subito dopo con evidente colpevolezza.

"Che ci fai qui, Talema?"

La mezza Succube alzò gli occhi, ritrovandosi difronte braccia conserte e viso severo. 

Che le era passato in mente? Così sciocca, così incosciente... 

"Chiedo perd-"

Un improvviso fuoco si accese sulla sua guancia. I suoi occhi spalancati si fissarono sulla mano ancora in aria della sua signora. Di rado veniva picchiata, ma questa volta fece particolarmente male, non solo fisicamente. Aveva per una volta fatto qualcosa per se stessa e doveva pagarne le conseguenza. 

"Gideon mi ha detto che ultimamente sei stata molto... insolente." Si passò un fazzoletto di stoffa profumato sulla mano che aveva colpito il bel volto dell'ibrida. "Non pensavo così tanto, però." Ripose il fazzoletto dentro la tasca della gonga lunga e posò lo sguardo sull'Elfa. "Emily?"

"Sì, Madame Stock." Chinò nuovamente il capo evitando il contatto visivo.

Una lunga pausa. La donna in attesa.

"Fuori dal letto!" urlò spazientita. "Entrambe."

Quasi volarono e si misero ai piedi di Madame Stock come segno di perdono.

"Alzatevi, su, non fatemi perdere tempo," mormorò sbuffando. "Emily, da oggi torni a lavorare." L'Elfa annuì frettolosamente. "Tu." Talema la fissò con la paura di chi sapeva di aver raggiunto il limite. "Vattene semplicemente via dalla mia vista." Sventolò la mano verso la porta. "Su, su."

Talema lanciò un ultima occhiata verso Emily. Aveva ancora il volto pallido e lo sguardo sofferente, ma quando i loro occhi si incrociarono la bionda si sforzò di rilassare lo sguardo. Ma Talema non era un idiota.

Se ne andò espirando aria che aveva trattenuto per troppo tempo. Non poteva permettersi di fare cose così stupide. Era stata scoperta sul fatto. In un posto dove era vietato entrare e nel letto sbagliato. Si domandò se ormai era il caso di tornare nella stanza dei suoi clienti. Se fosse stata un'altra schiava l'avrebbero già fustigata, ma qui la sua bellezza doveva essere preservata, soprattutto la sua. Quanto si sbagliava... Non erano state tante le volte in cui aveva disobbedito, ma poche erano già abbastanza, e lei sembrava averlo dimenticato. Scosse la testa. Ritornò sui suoi passi. Basta così. Ma per quanto ne fosse convinta, devo comportarmi bene, c'era ancora una punizione che non aveva scontato, quella che si sarebbe rivelata la peggiore di tutte.

I giorni successivi Emily tornò a lavorare e le ore di lavoro di Talema diminuirono. Ma se da un lato ne era estremamente contenta, dall'altro non sopportava più la vista di Emily. Era stanca, sempre. Debole e lenta. Non osava immaginare le sue prestazioni con i clienti, le venne il magone. E nonostante le continue domande: Cosa hai? Che medicine ti hanno dato? E' venuto un guaritore?

L'Elfa rispondeva sempre dei vaghi sì e dei decisi "sto bene".

"Pensi che sia stupida?" sbottò alla fine. "Parlami!"

"Lasciami!" le ringhiò spingendola via.

"Sei malata, dimmelo." 

Emily rimase in silenzio. 

"Ehi!" le prese il poso con la forza. L'Elfa rimase con lo sguardo voltato dalla parte opposta.

Aprì la bocca per dire qualcosa, oppure erano solamente le sue labbra che tremavano. Erano così assorte nella discussione che non notarono le due figure sulla porta. Un uomo basso, pelle scura, i muscoli in bella vista, un Incendiario al soldo di Madame Stock, era già entrato nella stanza. Insieme a lui un altro bravo, dalle orecchie a punta e la pelle candida, attendeva a qualche passo di distanza.

"Fuori," disse il bravo.

"Perché?" domandò scontrosa, frustrata dalla discussione appena interrotta.

"Fuori!" esclamò andandole incontro.

"Va bene, okay." Emily le prese la mano e una volta di spalle, l'uomo diede una potente spinta ad entrambe.

"Puttane," mormorò.

Talema voleva girarsi, e letteralmente mandare a fuoco quell'uomo. Senti la fiamme dentro di lei. Pronte ad ardere ed invadere ciò che c'era fuori. Lei le tenne a bada. Cosa avrebbe potuto fare?

Uscendo dalla loro stanza, notarono che non erano le uniche. Mentre il bravo scorbutico le guidava fuori, l'altro entrò e si chiuse la porta alle spalle.

"Ma che..." sussurrò.

Erano tutti riuniti nella sala centrale, l'unica abbastanza grande da accogliere tutti gli schiavi della casa. Nonostante ciò erano tutti spalla contro spalla. Era la prima volta da quando si trovava lì che si svolgeva una riunione del genere. Qualcuno a pochi passi da lei sussurrò qualcosa. L'unica parola che riuscì a capire fu "ladra". Il suo cuore sobbalzò. Non aveva nemmeno il coraggio di girarsi verso Emily e pronunciargliela. Le sue mani cominciarono a sudare, la sua fronte seguì immediatamente dopo.

"Le ho messe di nascosto dentro la sacca di un cliente," la rassicurò l'Elfa, "Quel bravo non troverà nulla."

Tutto il gruppo di schiavi era circondato dai soliti bravi che facevano la guardia, e davanti a loro Madame Stock rimaneva in silenzio. No. In attesa. Dal corridoio, sulla sua destra, compari un bravo con una ragazza tenuta per il polso. La lanciò davanti la sua padrona e cadde ai suoi piedi. Le corna appena accentuate, la pelle bianca come l'alabastro, i capelli neri a caschetto scombinati. Naya.

I versi sommessi della ragazza si mescolarono con i bisbigli nella sala. E poi, sorprendentemente, qualcuno posò gli occhi su di lei. In quei pochi secondi in cui Naya si alzò e Madame Stock mostrò l'oggetto in mano, la sua mente aveva già capito. E quando Madame Stock la guardò, scoprì che il limite l'aveva già superato da tempo.

"Dove hai preso questo?" Madame Stock mostrò a Naya, probabilmente per la seconda volta, l'oggetto che aveva in mano. "Rispondi." Il bracciale riflesse la luce incontrando gli occhi blu di Talema.

La voce di Naya tremò, forse per la paura o per i sensi di colpa. "Talema," pronunciò la sua bocca.

Madame Stock già la stava guardando, prima ancora che il suo nome avesse lasciato la lingua della ragazza.

Ha fatto tutto questo per spettacolo.

Naya si girò verso i suoi spettatori, che a loro volta fissavano la mezza Succube. Senza che Madame Stock diede l'ordine un bravo si fece strada tra gli schiavi. Ma prima ancora che l'omone fosse ad un passo da lei, il bravo che era entrato nella sua camera comparì nella sala.

"Mia signora!" La sua profonda voce mascolina echeggiò nella sala e nel cuore di Talema.

"No..." disse lei, una lacrima già pronta a rigarle il viso.

Il bravo aveva il braccio alzato, tra le dita qualcosa riflesse la luce, e i suoi occhi ne furono colpiti una seconda volta. Pugnalata dopo pugnala, non riuscì a veder più nulla.

Madame Stock sorrise. Porse la mano e l'uomo fece cadere nel suo palmo la moneta, regalata, non rubata, di Sienna.

Maledetto sia il giorno in cui si era lasciata andare, maledetta lei che si era mostrata fragile difronte ad una sconosciuta.

"In una delle crepe del pavimento," disse lui contento, "una fortuna averla notata."

"Mi dispiace." Furono le ultime parole che pronunciò. Dirette ad Emily, ma senza guardarla, perché i suoi occhi non riuscivano a separarsi da quelli di Madame Stock. Il bravo la prese per la nuca, come fosse un animale da addomesticare, e la trascinò davanti la sua signora. Gli schiavi  si tirarono indietro facendoli passare, tra un sospiro ed un sussurro. Qualcuno tra la folla la chiamò sciocca. Quanto avevano ragione!

Il bravo la spinse giù, la faccia contro il pavimento. Le ginocchia piegate.

"Come hai potuto?"

Anche se non era stato suo il bracciale, era stata comunque lei a consegnarlo a Naya. Che stupida che era stata, troppo abbaglianta da quel gesto d'amore per vedere il furto. Lei l'aveva consegnata a Naya, proprio lei e non il ragazzo. Non aveva reportato un furto, questo non la rendeva meno colpevole. Giustificarsi non l'avrebbe aiutata, anche perché...

"Come hai potuto..." Gettò la moneta accanto al suo volto. Gli occhi di Talema si posarono su di essa. "Cosa dovrei farti?" La sua voce era composta, con un inquietante calma. "Suggerimenti?"

Gli schiavi erano muti, nemmeno più sussurri, solo sgomento silenzioso.

"Perché hai rubato una moneta, schiava mia?"

La sua bocca tremò. Anche quella di Naya aveva tremato. Sì, Naya aveva solo paura, pensò lei. Perché mai dovrebbe preoccuparsi per una come me, continuò a dirsi. Pensò a tutt'altro pur di non affrontare quel momento.

Cosa le sarebbe successo adesso che l'avevano scoperta non con uno ma con due misfatti. L'avrebbero finalmente torturata come è consono fare agli schiavi insolenti o avrebbero preferito una punizione mentale? Quale sarebbe stata peggio?

Poi l'avrebbe scoperto.

"È colpa mia!" gridò una voce calda e familiare. Nemmeno un briciolo di esitazione.

"Emily..." disse Madame Stock con un leggero fastidio nel tono.

"Il bracciale è stato un dono dell'Incubo da lei venduto, mia signora, per la ragazza Succube. Talema è stata solo un tramite, non sapeva. E la moneta è mia."

Telema aveva sgranato gli occhi. Voleva voltarsi e guardarla. Fissarla negli occhi fin quanto avrebbe potuto. Ma la mano ferrea suo collo la teneva a terra, la guancia premuta contro la polvere.

"Un particolare da te omesso."

Naya tremò sotto la donna.

"Perché?" domandò con voce aspra.

"Io-" La ragazza cominciò a piangere, sopprimendo i singhiozzi per cercare di parlare. "Non... pensavo fosse-" un ultima scarica di tensione "importante."

"Ma lo è."

Talema sentì gelo nel sangue. Non stava parlando direttamente a lei, ma sentiva il peso delle colpe sia di Naya che le sue sulle spalle.

"Emily," il tono di voce cambiò, quasi materno, "comprendo."

Talema corrugò la fronte, per quanto potesse farlo.

"Vieni nel mio studio."

Le scarpe lucide della donna sparirono dalla vista di Talema.

"La Succube bugiarda nelle sbarre, l'altra chiudetela a chiave in camera."

Naya continuò a piangere mentre il bravo se la metteva in spalla. Più facile portare in braccio un corpo che trascinarlo per le scale.

La presa su Talema si alleviò, seguita subito dopo da uno scatto potente che la portò sui due piedi.

"Andiamo," disse aggressivo subito dopo averla tirata su come una piuma.

Talema si mosse tra gli schiavi, Emily già scomparsa insieme a Madame Stock. Raggiunse la camera sotto lo sguardo del bravo.

"E stai buona."

La porta fu chiusa a chiave. La sua mente un miscuglio di emozioni. Calore nel petto. Gelo nelle ossa.

Rimase lì sul suo freddo letto per tutta la giornata. La porta rimase chiusa a chiave e nessuno, mai, passò davanti la sua stanza. Non le fu dato cibo, forse era questa la sua punizione. Digiuno per chissà quanti giorni. Non era raro che qualche schiavo venisse punito in questo modo, così la pelle rimaneva pulita e liscia, pronta all'uso in qualunque momento. Stava calando la sera e presto sarebbero arrivati i clienti. Nonostante il bordello è aperto per tutta la giornata, il flusso maggiore è, ovviamente, di notte, anche se delle orge pomeridiane non mancano mai.

Emily non si era ancora fatta viva e quando la serratura della porta scattò si immaginò di trovarsi l'amica sulla soglia accompagnata dal bravo di turno. Il bravo c'era, su quello ci aveva preso, ma la persona che accompagnava non era di sicuro una ragazza con boccoli biondi e aggraziata. Era un uomo, un Puck per precisare. La guardò con un sorriso strano sotto i folti baffi, come se avesse appena visto un gioiello. Era uno sguardo che in molti le avevano rivolto, non tutti hanno la fortuna di trovare un demone della lussuria in un bordello, vivono troppo emarginati per finire in un posto così. Ma c'era qualcosa di inquietante in quei occhi che la scrutavano. Era così fissata sull'uomo che non notò l'altro. 

Il Puck entrò nella stanza seguito da quello- 

Talema stava pensando ai peggiori insulti possibili, il più gentile sembrò essere "stronzo", ma molti altri le passarono nella testa avente come protagonista principale colei lo concepì.

Gideon.

Il bravo entrò per ultimo appostandosi accanto la porta. C'erano due cose che Talema non capiva: il perché stessero in camera sua e non lei in una camera affittata, e perché il bravo era dentro a sorvegliare e non fuori.

Gideon teneva la mani dietro la schiena come era suo solito fare, assumendo quella postura da nobile che tanto gli piaceva, con la sua giacca porpora e baffi arricciati.

"Lui è Garrus." 

Il Puck sorrise di più chinando il capo in segno di saluto.

"Dovrai servire questo gentiluomo stasera." Gideon sorrise con soddisfazione. I suoi occhi glaciali che fissavano quelli di Talema con malizia. "Ma, le tue danze accadranno qui."

Garrus rise, un rumore gutturale e fastidioso.

La porta era chiusa, il bravo nella stanza, Gideon nella stanza.

Non dirmi che vuole rimanere.

"Tieni, caro." Le mani dietro la schiena si sgiunsero rivelando una frusta attorcigliata. "I tuoi soldi trasformati in piacere."

"Padrone Gideon-" disse con panico. L'uomo l'azzittì con una mano alzata.

Pregare non sarebbe servito, piangere ancora meno. E poi non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. A questo porco non avrebbe dato lo spettacolo che desiderava. Non gli avrebbe regalato nemmeno la soddisfazione di gemito. Il dolore della frusta non le era nuovo, era capitato in precedenza. Un piccola botta sulle gambe per una parola di troppo, una sulla schiena per non aver parlato affatto quando interpellata. Era una schiava da anni ormai, conosceva il dolore della pelle che si apriva sotto un colpo di frusta. Ma ora era diverso, ora avrebbe subito traumi continui per un ora, forse due? Pregò che non fossero due. 

"Al suo servizio," e si chinò con una riverenza.

Aveva paura. Un immenso e abissale terrore. Ma non avrebbe soddisfatto l'ego marcio di Gideon.

"Signor Garrus," disse gentile, "non faccia il timido."

Ti farò bruciare. Un giorno. Lo giuro.

"E' tutta sua."

La notte è ancora lunga, dicono gli amanti intrecciati l'un l'altro. Sei bellissima, dice il giovane alla propria amata.

Le aveva sentite anche lei quelle parole dolci, ma a lei arrivavano taglienti come lame e aspre di sangue. La sua bocca non emetteva suoni, nessun urlo, nessun gemito, solo un leggero squittio, ma questo solo dopo la prima ora di servizio.

Era finita. Spettacolo servito. Piacere soddisfatto.

Il piacere di Garrus, ovviamente. I bisogni di Gideon rimasero insoddisfatti. Non aveva visto la ragazza rompersi, e questo lo fece sentire come se fosse in astinenza. Un fastidio incombente al petto che lo fece scattare in piedi e piegare il collo come se volesse scrocchiare le ossa. Nervoso, forse anche furioso. Che bello spettacolo per gli occhi di Talema, che piacere che provò. La sua unica soddisfazione. Forse soffrire in quel modo era valso qualcosa. Ma in lei qualcosa si era davvero rotto, un frammento di lei che ormai era caduto. Pezzi di lei sparsi in quella stanza. Aspettò che uscissero per cominciare a raccogliere se stessa. Brandello dopo brandello, e finalmente fu libera di piangere. E pianse come non aveva mai fatto.

Dormì sul letto di Emily quella notte, il suo le sembrava sporco. E come ogni volta, i terrori della notte erano venuti a farle visita e a salutarla, promettendole che sarebbe stata l'ultima. Mentivano sempre.

La mattina dopo si svegliò con dolori su tutto il corpo. La sera si era lavata con delicatezza sentendo con le dita  solchi sulla schiena, ma non aveva trovato il coraggio di guardarsi. Ma adesso sentiva di nuovo i colpi. Le faceva male stare dritta e le tremavano ancora le gambe. Voleva continuare a stare distesa sul letto, ma sarebbe stato meglio lavorare che rimanere fissa a guardare il soffitto e a pensare. Ne aveva fatte di esperienze brutte, questa era stata una di quelle. Quel Puck, Garrus, era un eunuco, e l'unico modo per lui per trarre piacere era vedere sangue che zampillava attraverso una frusta. Talema era convinta che sarebbe stato un perfetto schiavista se ne avesse avuto l'occasione.

Dopo essersi vestita si diresse in infermeria come Gideon le aveva ordinato. A quanto pare quel Puck aveva pagato anche per le sue cure mediche. Non è solito. Talema ipotizzò che fosse stata Madame Stock a fare questo compromesso. "Potrai farle quello che vorrai, ma in compenso dovrai pagare anche per le cure."  

"Deve aver pagato una fortuna, sei massacrata." 

Talema si trovava distesa su un lettino con la schiena scoperta. Il guaritore la osservava, toccandole la pelle con la punta delle dita, mentre l'infermiera della casa era lì per assisterlo.

"Non farà male, quindi stai ferma."

Con la coda dell'occhio vide le mani dell'uomo protratte sopra la sua schiena per poi circondarsi di una aura viola. L'uomo chiuse gli occhi per concentrarsi e assunse un espressione arcigna. E poi Talema lo sentì. La sua pelle si mosse, si richiuse. Era una sensazione strana, come dita che cercassero di richiudere dei tagli, che premevano per impedire la fuoriuscita di sangue. Ma Talema sapeva che non era così. Quella era la magia di un mago che si era specializzato nell'arte della guarigione. E dopo venti minuti in cui sentì il suo intero corpo toccato e ricucito da milioni di dita, finalmente quel bagliore viola scompari.

"Bene, ho finito." L'uomo si asciugò la fronte con un fazzoletto di stoffa e si sedette sulla sedia. "Un po' d'acqua, grazie." L'infermiera si mosse subito.

Talema si mise seduta, con lui difronte ancora spossato e stanco, e si rivestì. 

"Sono sorprendenti quei vostri marchi."

Come ogni schiavo, anche Taleva aveva un piccolo marchio tra le scapole. Non era nulla di speciale, tre rombi con quello al centro leggermente più grande di quelli ai suoi lati. Rappresentavo la nascita, la vita, e la morte e di come queste sarebbero sempre appartenute a qualcun altro, o più semplicemente, una catena.

"Per quanto si possa scavare nella pelle, quel marchio rimane sempre," disse ammaliato. "Che magia stupenda."

Talema sapeva che non stava glorificando la sua schiavitù o quella degli altri. Era solo un uomo di mezza età che praticava la magia ed era affascinato da essa. Ma quello le fece ricordare il dolore che provò durante la marchiatura. 

Intanto l'infermiera era tornata con un bicchiere d'acqua.

"Vai pure, ragazza," disse prima di sorseggiare.

Talema si alzò dal lettino. Quando era entrata non c'era stata traccia di Emily e l'Elfa non era tornata in camera per la notte.

"Signorina Mintie," disse rivolgendosi all'infermiera. "L'Elfa che ultimamente stava sempre qui, per caso lei sa dov'è?"

"Ti consiglio di parlare con Madame Stock, io non posso dirti nulla, Talema." Le fece uno sguardo strano. Talema sentii come se la donna volesse parlarle attraverso gli occhi. "Vai a parlarle," insistette.

Talema aveva il cuore in gola. 

Ti prego, fai che non l'hanno venduta.

Era vietato correre, ma lei non poté fare altro. Era quasi arrivata, la disperazione nello sguardo. Un bravo la fermò stringendola.

"Non si corre, sgualdrina."

"Va bene," e quando l'uomo non la lasciò, insistette, "d'accordo!"

Il bravo cominciò a soghignare divertito. Sentì una lingua viscida sul collo. Cominciò a strattonare e a scalciare finché non arrivò ad urlare. Ne aveva passate troppe per mantenere la sua solita calma. Il suo grido raggiunse la porta distante che stava cercando di raggiungere.

"Che sta succedendo?" Madame Stock squadrò i due. "È vietato molestare le schiave." Il suo tono era freddo e distaccato. Se il bravo le avesse dato dei soldi seduta stante, Madame Stock avrebbe girato i tacchi e lo avrebbe lasciato continuare. Talema ne era certa. Ma il bravo la lasciò andare trinzzandole le natiche un ultima volta. Talema fece una scatto in avanti e si girò guardandolo torvo. Lui gli fece l'occhiolino e prosegui nella parte opposta.

Madame Stock sbuffò e si voltò di nuovo verso il suo studio. Prima che la porta si chiudesse Talema la fermò e si affacciò con la testa.

"Posso parlavi?"

La donna tornò a sedersi sulla sua scrivania senza prestarle attenzione.

"Per favore?"

"Veloce."

Talema entrò. E rimase bloccata. Aveva paura di chiedere, di fare quell'orribile domanda e di ricevere una risposta altrettanto orribile. La sua voce tremò ma riuscì a scandire bene le parole.

"Emily non è tornata in camera ieri e stamattina non era in infermeria. Mi chidevo dove fosse e... cosa sta succedendo."

Madame Stock inspirò guardando dritta a sé. Fissava un punto vuoto. Talema vedeva il suo cervello muoversi e pensare, ma la donna sembrava non trovare parole.

"La prego. È stata venduta?"

A quella domanda la donna rise, breve e fortemente. Talema si sentì presa in giro. E la sua paura si trasformò in nervosismo.

"Talema," disse la donna. "Emily è sta soppressa. La salma è stata portata via questa mattina presto."

E così le fiamme in lei si spensero. Esatto, non si erano trasformate in un incendio, la sua pelle non era andata a fuoco divorando tutto ciò che c'era intorno. C'era dentro di lei un gelo penetrante che la fece rabbrividire. Non cadde a terra con la testa tra le mani, no. Rimase a fissare la donna difronte a lei con innaturale rigidità e i piedi ben piantati a terra. Non barcollò e  nemmeno aveva sgranato gli occhi. Madame Stock si trovò davanti una ragazza con lo sguardo confuso, che la guardava, ma la donna non sapeva come tradurre quello sguardo.

"Era malata. Una cosa grave. Quando l'ho comprata non mi era stato riferito," raccontò con fastidio. "Mantenerla in vita mi costava troppo denaro."

Talema era vuota e fredda, la sua mente in un baratro di emozioni, e tutto mentre era in piedi davanti alla sua padrona, bloccata, incapace di emettere un suono o di fare un qualsiasi movimento. Non c'erano lacrime che le rigavano il viso, ne queste inumidirono i suoi occhi. Non c'era nulla e non fece nulla di ciò che Madame Stock si aspettava. 

"Talema," la chiamò la sua padrona.

Talema sibilò una parola, così silenziosa che non raggiunse la donna. E su richiesta di quest'ultima lei rifece la domanda. "Perché?"

Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, tra insulti e parole disperate, l'unica cosa che la sua bocca disse fu un semplice e confuso "perché".

Madame Stock la guardò con evidente disagio. Cosa avrebbe dovuto risponderle: "Non mi serviva più?" No, troppo crudele. La ragazza difronte a lei le sembrò troppo innocente, come se fosse tornata ad essere una bambina ingenua che non conosce il mondo per come è davvero.

"Perché andava fatto. Troppo denaro in uscita e troppo poco in entrata. Ho interrotto le sue cure, e poi ho fatto la mia scelta. Devo dire che il suo furto ha avuto un discreto ruolo nella mia decisione finale." Madame Stock la fissò aspettandosi una reazione, ma nulla, nemmeno un gesto istintuale o un sussulto. Le aveva appena detto che aveva ammazzato la sua unica amica perché non gli portava abbastanza denaro e se ne stava lì ferma. Madame Stock non la capiva, e quel suo atteggiamento apatico la irritò soltanto. "Fuori di qui, Talema." La donna mosse qualche scartoffia dalla scrivania. "Ho da fare."

Talema rimase lì. Un corpo immobile, la sua mente altrove. Non riusciva a concepire quello che la donna le aveva detto. Lo negava, scacciava via il pensiero. 

"Talema." Madame Stock si alzò in piedi. "Talema!"

E fu in quel momento che la mezza Succube fece dei passi indietro, fino a raggiungere la porta. Guardava la donna con occhi vuoti senza speranza, senza ragione. Portò la mano dietro la schiena ed afferrò la maniglia e poi più sotto prese la chiave e la girò. La lasciò lì e poi tornò di nuovo davanti la scrivania della donna.

"Che cosa stai facendo?!" Gridò la donna. "Esci! Ora!"

"No."

Era stato tutto così veloce, la stessa ibrida più tardi non sarebbe riuscita a ricordarlo. Lei era sopra Madame Stock. La donna era stata scagliata a terra e Talema con la follia negli occhi le aveva infilato nel collo il tagliacarte. Non era solamente la rabbia di una ragazza che aveva appena perso l'unica persona che aveva a cuore. Quella era la furia di una ragazza che aveva perso la sua famiglia, che era stata resa schiava, torturata, violentata e che era rimasta muta per tutto quel tempo. Adesso non sarebbe rimasta in silenzio.

Con la mente in frantumi, Talema aveva associato quel momento a quando le avevano rubato la verginità. La prima volta è solitamente la più brutta e indimenticabile. Sentiva la lama bagnarsi di sangue come fosse un estensione del suo corpo. Lei aveva provato orrore e paura, era questo quello che questa donna stava provando? I suoi occhi la guardavano, verdi e vivi, e gridavano al posto della sua bocca. Tentò di reagire, proprio come Talema fece un tempo, scalciando e dimenandosi in prenda alla disperazione. Quella non era più una donna, era solo un essere che pregava per i suoi peccati, che gridava alla grazia. Ma Talema non era una santa, era più come l'uomo che aveva abusato di lei. Non si sarebbe fermata, avrebbe affondato la lama più in profondità aspettando il suo ultimo gemito. Vide la donna piangere, ma quelle lacrime un tempo erano state sue. Ma non si sarebbe fermata, no, non l'avrebbe fatto. Il sangue abbandonava il corpo proprio come la speranza e la vita. Si spense. Con i suoi occhi verdi e morti che la fissavano. Non aveva mai fatto sesso per amore, così come uccidere questa donna non era stata una scelta.

Si allontanò da Madame Stock cadendo a terra. Ricordò che l'uomo si era era alzato fiero, però. Il sangue continuava a sgorgare dalla sua gola come un fiume in piena allagando il pavimento. Talema non riuscì a trattenersi, si mise in ginocchio, il suo stomaco si contorse, e rigettò tutto quello che aveva in corpo. Tossì, lacrimò, si rialzò. Barcollò via, con le gambe tremanti e la mente in subbuglio. Non aveva mai visto tutto quel sangue, e poi le sue mani... Oh quando si guardò le mani! Ora avrebbe dovuto convivere con il resto della sua vita con quel ricordo. Ma se ne era pentita? No, assolutamente no. E per quanto l'immagine agonizzante di Madame Stock era impressa nella sua mente, in quel momento di confusione e rabbia, cominciò a frugare tra i cassetti della sua non più padrona. Macchiò tutto di sangue con le sue mani sporche, gettando a terra fogli inutili, taccuini, qualsiasi cosa che fosse ai suoi occhi inutile. Svuotò tutto e non trovò nulla. Questo finché l'occhio non le cadde sul grande libro rivestito in pelle poggiato in bella vista sulla scrivania. Era proprio davanti a lei e l'aveva notato solo ora. Quando lo aprì i suoi occhi si illuminarono. Lo prese tra le braccia come fosse un figlio, stringendolo a se, la sua unica ragione di vita d'ora in poi. Era un mattone di libro, ma quello era il peso dei peccati di quella donna. Il suo cervello cominciò a ragionare da solo. Il suo corpo si mosse come se non fosse lei a governarlo. Si spogliò nuda, lasciando a terra il vestito sporco di sangue.

Era cieca in quel momento, incapace di vedere altro. Aveva davanti a se un unica strada, le diramazioni nascose ai suoi occhi rancorosi. La vista così annebbiata da non capire cosa stava facendo un secondo dopo. Ma lei sembrava così conscia e sveglia, con i suoi movimenti e le sue decisioni. Mandò in fiamme tutto. Non se lo era solo immaginato. L'aveva fatto davvero. Poggiò la mano sulla libreria in legno e tutto andò in fiamme. Lentamente, certo, ma avrebbe inghiottito tutto. Le fiamme avrebbero mangiato tutti quei libri, avrebbero assaporato la carne marcia di quella misera donna corrotta, ma non avrebbero cancellato quello che aveva salvato lei. Corse via, e come se fosse la donna più innocente ed innocua al mondo. Tutti avrebbero visto una schiava nuda, innoqua e disperata. Urlò ad uno dei bravi lì vicino. "Va a fuoco!"
L'uomo corse verso la sua direzione, ma lei fu più veloce. "Madame Stock," gridò in lacrime e fuggì via, senza dare il tempo all'uomo di farle domande. Senza dargli tempo di vapire cosa stringesse in mano. Ma lei aveva chiuso la porta a chiave e il suo fuoco chiamava vendetta. Mentre correva sentiva l'uomo richiamare i suoi compagni e nel frattempo sbattere la porta.

Non sapeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi, per questo ci pensò lei a mandare avanti gli eventi. "A fuoco!" gridò, e poi ancora e ancora attirando l'attenzione di tutti. I primi ad uscire dalle camere furo i clienti, allarmati e nudi uscirono nei corridoi. E quando il fumo cominciò a fare a lotta con l'ossigeno, fu questione di pochi minuti prima che tutti cominciarono a scappare. E Talema era lì, amando tutto ciò che stava vedendo. No, non la paura negli occhi delle persone, amava quella confusione, quel chiasso, perché sarebbe stato l'amico che l'avrebbe fatta uscire da quella maledetta casa. E così fu la prima ad urlare: "Tutti fuori!" con aggiunta di grida disperate. "Via!" urlò ai clienti, che furono i primi a spalancare le porte della casa, proprio come voleva lei. E poi, solo dopo gli schiavi si riversarono fuori presi dal panico. Agguantò da dentro una delle stanze il vestito abbandonato di una schiava fuggita via. E lei con gioia seguì tutti gli altri.

Fuori, all'aria aperta. Finalmente. Da fuori si vedeva la camera di Madame- no, della morta e defunta Adelaide, andare in fiamme. Era irrecuperabile. Il fuoco si era espanso ancora più di quanto Talema avesse previsto. Meglio così. Nascose un sorriso. Quanto voleva ridere in quel momento, ma l'avrebbe fatto dopo, da sola insieme al suo tesoro. E poi qualcuno vicino a lei bisbigliò qualcosa ad un altro schiavo. "Andiamocene," disse. Talema si guardò attorno per capire chi avesse pronunciato quelle bellissime parole. E poi qualcun altro davanti a lei disse la stessa identica cosa. E con gioia notò dei movimenti. Qualcuno corse via dalla massa tendendo per mano qualcun altro, e poi altri cominciarono a correre. I bravi della signora Stock si erano ormai precipitati fuori, così come il bastardo di Gideon.

"Fermi!" gridò lui. "Rimanete insieme, va tutto bene," e poi bisbigliò qualcosa alle guardie. Cominciarono a circondarli. Ma qualcuno nascosto alla vista da Talema cominciò a combattere e poi un altro ancora. E quelli in fondo alla massa cominciarono a disperdersi e a fuggire. Talema riguardò davanti a sé, avrebbe voluto gridare: "Sono stata io a farlo!" Voleva che tutti sapessero. Voleva che gli schiavi fossero fieri di lei e voleva che i suoi non più padroni la maledissero per questo. Adelaide lo stava probabilmente già facendo dall'oltretomba. E Emily... be' lei l'avrebbe amata per questo. Le sarebbe saltata addosso sorridendole e l'avrebbe stretta forte, e Talema glielo avrebbe lasciato fare, per una volta forse avrebbe anche ricambiato. Per una volta forse le avrebbe sorriso. Ma la sua amica non c'era e Talema poteva solo immaginarla. Corse via insieme alla folla, almeno non era sola in tutto questo, almeno... rimase disgustata da quello che pensò. Almeno avrebbero preso gli altri e non lei con un po' di fortuna.

I bravi corsero verso di loro. Talema si domandò se fossero stati pagati abbastanza per questo. Magari si sarebbero fermati. Tanto la padrona era morta insieme alla sua casa del piacere, chi li avrebbe più pagati? Gideon? Ma le sue puttane ormai erano scappate via. Talema rise correndo. Pura gioia la invase e quasi pianse mentre inciampava. E poi rise. Il suo volto era un misto di emozioni, ma quello che prevaleva di più era la purezza del suo volto, innocente e bambino. Sembrava vedere un neonato scoprire il mondo, che si gira a destra e a sinistra fissandosi così tatto sui colori e sulle forme dimenticando anche come si cammina, inciampando e cadendo. La bambina in lei rideva, la donna in lei lacrimava, ma non capiva di preciso per cosa, forse ce ne erano troppi di motivi.

I suoi polmoni scoppiavano ed erano in fiamme, lo trovò ironico e rise di nuovo, e quella distrazione la fece inciampare un'altra volta.

Era libera.

 

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Capitolo 50
*** Capitolo XLVII ***


Beautiful poison tree
Let your power grow in me
Let your sorrow pour in me
Take away my blood and bones
Make your flowers deep inside of me
- Grouper

 

Si piegò sul pavimento con le catene che tintinnavano e la sua veste bianca sporca di polvere. Il suo sguardo si contorse mostrando la tortura. Digrignò i denti e tentò di trattenere un gemito. Strinse i pugni, le vene sul suo collo pulsavano vistosamente e i suoi occhi si macchiarono di capillari rotti. Pianse lacrime tinte di sangue e si morse la lingua con la seconda scarica di magia che la stava distruggendo. Sangue e saliva colavano dalla sua bocca macchiando la veste già sporca. Si contorse una terza volta all'indietro, sbattendo involontariamente la testa contro il muro. Urlò. Ma il dolore alla testa era solo un pizzico in confronto alla violenza mentale e fisica che stava subendo per mano di un'anziana maga.

Anaan aveva le sopracciglia corrugate ed uno sguardo trucido e cattivo. Guardava la ragazza inerme snodarsi su se stessa, sputare sangue, imprecare, maledirla. Anaan continuava a domandarle la stessa cosa, ma l'essere, dentro il corpo di un innocente ragazza umana, continuava a non parlare.

Aveva solamente detto: "Hanno spezzato la connessione."

E Anaan le aveva domandato: "Qual è stata la loro ultima postazione?"

"È inutile, se ne saranno già andati."

Questa era stata la prima ed ultima vera conversazione tra loro, poi Anaan era passata alle maniere forti.

Aveva speso ogni singolo giorno, per almeno quattro ore, a torturare quella ragazza. La prima mezz'ora l'umana cedeva sempre, la sua coscienza si assottigliava e l'essere creato da Mor emergeva. E la tortura continuava.

"Te l'ha donato nostra Signora questo potere?" aveva chiesto sogghignando con i denti macchiati di rosso e gli occhi mezzi ciechi.

Anaan non aveva replicato. Ma la risposta sarebbe stata semplice e banale. No, se l'era guadagnato da sola quel potere. Era una delle maghe più potenti del regno, e aveva raggiunto la vetta da sola, senza l'aiuto di nessuno. E poi era finita nella corte, al fianco della regina e poi ancora accanto alla due regine gemelle che nessuno rammenta. L'esistenza di Mor cancellata dalle menti di tutti. Ma non per Anaan, è impossibile per una madre dimenticare la figlia. La considerava sua. Ma questo non le faceva autonomamente amare Skye, l'avrebbe considerata una nipote solo se l'avrebbe meritato, solo se avrebbe mandato avanti il lascito di Mor.

Le grida della ragazza ormai avevano raggiunto note altissime. Era accasciata a terra come se fosse morta, l'unica cosa che si muoveva era la sua bocca urlante. Quando anche la sua bocca avrebbe ceduto, solo allora Anaan si sarebbe fermata.

Ma oggi l'essere era particolarmente tenace. L'operato di Anaan non si concluse, qualcuno era sceso giù per le scale.

Nicklay spuntò dalla porta. Tre parole. "Le nuove arrivate."

Anaan risalì lasciando il mago di guardia. Ad aspettarla c'era Kubra.

Si avviarono insieme, percorrendo la strada in modo rapido. Nonostante il suo bastone, la vecchia donna aveva un passo svelto. Forse, considerata la sua vita, aveva imparato a mettere da parte i dolori della vecchiaia e agire in modo rapido. Però il suo sguardo tradiva la velocità delle sue gambe. Krubra era preoccupatə, con la fronte corrugata e pensierosa, ma Anaan non mostrava nulla. Aveva fatto un mezzo sorriso quando aveva risalito le scale, senza nessuno che la vedesse, ma ora la sua faccia era più neutra che mai.

Kubra al sua fianco la guardava con la coda dell'occhio cercando di capire quando rallentare. Ma Anaan era più spedita che mai. Si inoltrarono nel bosco. Alcune Arpie erano avvinghiate agli alberi, altre volavano tra un albero all'altro. Una le seguì fino ad un tratto, poi si ritirò indietro. Era un bosco movimentato, pieno di creature, erano anni che cercava di far accoppiare più specie possibile, ed arrivati a questo punto il bosco era più che popolato.

"Eccoci."

Anaan annuì.

Potevano vedere tre figure in lontananza. Jamilah teneva le mani distese in avanti, una per Skye e l'altra per Thalia, ma l'unica che emanava luce viola era quella rivolta verso la lupa.

"Nonna!"

Alla vecchia donna non piaceva che venisse ricordata la loro parentela in presenza di altri, credeva che desse un tocco di non professionalità. Le raggiunse con passo moderato, poggiando per bene il bastone e bilanciando di nuovo in modo giusto il peso. Era una vecchietta curva ed in carne del resto. C'era dell'evidente affanno nei suoi polmoni, ma si avvicinò con risoluta calma.

"Qual è il problema?"

"Lei." Jamilah punto il dito contro Skye. La ragazza abbassò lo sguardo con vergogna e senso di colpa.

"A questo punto mi viene da chiederti perché hai pronta una magia restrittiva per Thalia."

"È lei, è sempre stata lei." Di nuovo Jamilah puntò Skye. "La controlla."

Anaan sorrise.

"Mi avete raccontato di tutte le volte che lei ha perso il controllo," ora i suoi occhi erano diretti verso Thalia, ma la lupa aveva uno sguardo diverso da quello di Skye, era adirata, "ma è sempre stata Skye a farla trasformare."

Anaan sorrise vistosamente alla nipote. "Ben fatto."

Gli occhi di Skye e Thalia erano puntati su di lei chiedendo spiegazioni. "La prima volta che Skye ha manifestato i suoi potere fu quando Thalia rischiò di morire per mano di un Grim. Skye l'ha incenerito. La seconda volta, Skye era sotto la prigionia dei primi figli, e sotto tortura ha attivato i suoi poteri e Thalia è corsa da lei. Poi la terza volta Thalia ha rischiato nuovamente di morire, e Skye ha usato i suoi poteri su di lei, trasformandola. Ora, ditemi, cosa è successo?"

Jamilah guardò tra le due ragazze, Thalia aveva degli occhi trucidi. Skye parlò con lentezza. "Mi sono agitata e arrabbiata, e... " alzò il braccio con stanchezza verso la lupa, "i suoi occhi brillavano."

"Mor non mi ha mai esplicitamente detto l'utilizzo pratico di questa cosa tra voi due. Ma guardando ai fatti accaduti avevo qualche sospetto. Grazie Jamilah."

La ragazza annuì soddisfatta.

"Glielo hai detto tu..." Skye mormorò. Aveva lo sguardo di una persona tradita nei sentimenti. "Le hai detto quello che mi turbava così che- ch-"

"Perdonami Skye." Chinò la testa in segno di scuse, ma non c'era alcun rimorso in lei. "Ho chiesto io a Jamilah di metterti in una posizione di disagio. Ma non pensavo ci riuscisse il primo giorno."

Invece di essere arrabbiata, di gridarle contro che non erano delle bestie su cui fare esperimenti, Skye lasciò andare via la tensione sul suo corpo e si sedette a terra pesantemente, senza energie. Si sentì una debole stupida. 

Anaan si avvicinò a lei, riusciva a leggerla come fosse un libro aperto. "Non volermi male, voglio capire quanto voi la portata di questo potere e i suoi meccanismi."

Skye la guardò per qualche secondo, l'anziana le poggiò una mano sulla spalla ma Skye la scansò via alzandosi.

"D'accordo," mormorò Annan. Girandosi verso Jamilah enunciò: "Hai il via libera per sperimentare. Non deludermi."

Questa prima lezione era riuscita magnificamente. Jamilah era l'unica nipote di sangue che aveva, e come tale riponeva enormi speranze in lei. Anaan non è mai stata una donne infedele, ma è pronta a mentire per il bene superiore. Aveva promesso alla figlia che non avrebbe coinvolto Jamilah, ma era una bugia. Jamilah meritava di stare sul campo e di mettere al servizio del nuovo regno le sue doti magiche. Il suo intuito non doveva andare sprecato.

"Bene così," schioccò le mani. "Torniamo tutti a casa a riposare." Si voltò come se nulla fosse.

"Voglio sapere che significa." Anaan si voltò verso Thalia. La lupa sembrava essere divisa su due lati, se adirarsi e mostrare tutto il disgusto che provava per la vecchia, o semplicemente essere cauta perché imprevedibile. "Per me."

"Pensavo fosse chiaro," rispose con naturalezza. "Sei la sua arma." E la sua speranza se le cose si mettono male.

~ * ~

Skye era entrata in camera, poggiandosi contro il muro a braccia conserte. Thalia aveva chiuso la porta alle sue spalle con sorprendente calma e delicatezza. Skye aveva gli occhi puntati su di lei. La lupa si sedette al limite del letto e fissò il vuoto.

"Non pensavo l'avresti presa così bene." Tentò di sdrammatizzare.

"Infatti," disse con asprezza. "Ma non sono io quella che è stata manipolata da una vecchia e sua nipote. Quindi, come stai tu?"

"Non so se mi da più fastidio essere caduta nelle sue provocazioni o il fatto che io possa in qualche modo... controllarti!" Chinò il capo. Sentiva i sensi di colpa travolgerla. Ormai era diventato un pensiero ricorrente, che sarebbe stato meglio non essere mai entrata nel bosco. L'unica cosa che il loro incontro aveva portato era sofferenza. "Mi dispiace."

"Non sei tu quella che deve scusarsi."

"E chi allora?" domandò afflitta. 

"Tua madre."

Skye alzò lo sguardo, anche Thalia aveva gli occhi puntati su di lei. La fissava con una nuova e triste consapevolezza.

"Lei ti ha salvata," disse confusa. La visione l'aveva mostrato, Mor aveva salvato una piccola Thalia da morte certa. Skye non capiva.

"Ricordi quello che ha detto la cosa dentro Annie, quando gli ho domandato cosa avessero di strano i miei occhi?"

Skye annuì titubante.

"Quella cosa aveva capito ma Anaan l'ha fermata. Aveva detto che Mor non mi aveva dato una ragione per vivere, ma per morire."

Skye fece un passo in avanti nel sentire quell'ultima parola. Morire... morire. Le mani cominciarono a tremarle.

"'ti considero come una figlia.' " Ripeté quelle parole tanto gentili come fossero lame che le pugnalavano il cuore. Si morse il labbro e poi espirò profondamente. Le labbra tremarono, era sul punto di piangere.

Skye era pronta ad andare lì e stringerla a se ma ogni volta che era pronta ad avvicinarsi, Thalia la pugnalava con le parole.

"Mi ha resa il tuo cagnolino," le disse. 

"Non è vero..." mormorò, ma Thalia sembrò non averla sentita.

"È così che si chiamano nel mondo degli umani, giusto?" Aveva alzato lo sguardo verso la ragazza con occhi lucidi, la voce stranamente calma. "Tua madre mi ha resa il tuo cane da guardia."

Skye si ritrovò a non sapere cosa dire. Non controllava il potere che era capace di esercitare su di lei, era una cosa nuova, aveva avuto solo qualche minuto per metabolizzarlo e di sicuro non voleva discuterne adesso, ora che le emozioni dell'una e dell'altra erano così fragili.

Rimase in silenzio e questo portò la lupa a dare ancora più voce ai suoi pensieri.

"Ero una bambina senza possibilità di scelta e mi ha fatto questo. Se avessi saputo..."

"Cosa?" Incalzò Skye, tutti quei 'se' tormentavano anche lei. "Che avresti fatto?"

"Non lo so." La prima lacrima era scesa, Skye attendeva le altre, sperando di non vederle mai più. "A volte sento cosa provi," confessò con un triste sorriso. "Ora percepisco solo il rimpianto."

"Ci penso sempre ultimamente, se non ci fossimo mai incontrate."

"E cosa hai concluso?" disse asciugando velocemente una lacrima con vergogna.

"Che non so più cosa è giusto e cosa è sbagliato. Cosa bisogna fare, pensare, credere!" 

Sentiva che le emozioni stavano di nuovo prendendo il sopravvento ma doveva calmarsi. Questa sarebbe stata la sua prima lezione di autocontrollo e non poteva fallire, non con Thalia in quelle condizioni.

"Skye... e se ce ne andassimo?"

Quella domanda la fece quasi barcollare.

"In un posto dove nessuno ci conosce."

"Ho delle responsabilità," disse con malinconia. Responsabilità che non voleva.

"Non voglio più stare qui," confessò. I singhiozzi si fecero più accentuati e continue lacrime bagnarono i suoi pantaloni. "Mi trovo in un posto di pieno di creature che ero solita ammazzare," disse con voce ferma e dignitosa. I suoi occhi però erano una valanga che non voleva arrestarsi. "Con un fratello che come amici ha un Goblin e una Strega come moglie. Una ragazza innocente è stata posseduta da uno dei tuoi fratelli per colpa mia e Iris-" dovette fermarsi per un secondo, "Iris non è qui con me, non so nemmeno cosa le sia successo, e adesso questo. Capisci che non ce la faccio più? Voglio andare a casa. Voglio che le cose tornino come prima."

Voleva dirle che non c'era una casa, che Border Leaf non poteva essere considerata tale, non dopo tutto quello che Agrid aveva fatto loro, a lei. Quel posto era fuori discussione, l'avrebbe portata via con la forza se solo avrebbe provato a ritornarci. Non l'avrebbe più fatta avvicinare a quella donna. 

"Mi dispiace," disse, le sue parole senza conforto. Non poteva rompersi adesso, non con lei in quello stato. Se doveva essere la più forte, che così fosse. Era pronta ad accollarsi tutto. "Questa stanza è tutto ciò che avremo per ora. Chiamala casa, chiamala prigione, ma dobbiamo restare qui. Non pensare che io lo voglia, ma è un obbligo per me ed ora è un obbligo anche per te. Perdonami, se avessi saputo non avrei mai varcato i confini di casa mia, non sarei mai entrata nel bosco." E dicendo questo, con lo sguardo di una ragazza rassegnata, uscì dalla stanza. E quel viso calmo si trasformò in una smorfia di dolore che a lungo aveva trattenuto. Aveva detto la pura e semplice verità, la loro era una libertà apparente, erano incatenate lì. Ma a Skye queste catene piacevano, Utopia le piaceva, se solo non fosse nata da una regina spodestata, forse sarebbe riuscita a godersi di più questo splendido villaggio, forse Thalia sarebbe stata felice.

 

"Non dovresti tenerti tutto dentro."

Era seduta su una panchina di marmo, appena fuori la casa. Anaan si era seduta accanto a lei.  Sembrava essere molto affaticata, tentando di nasconderlo con dei lunghi respiri, ma il suo affanno era troppo evidente.

"Potrei dire la stessa cosa."

La vecchia donna si girò a guardare il viso cupo della giovane. "Io non mento mai, Skye."

"Non ho detto questo."

"Ma l'hai insinuato."

"Nemmeno." Skye si voltò verso di lei. "Tu ometti, che è diverso dal mentire ma egualmente sbagliato."

"Ogni cosa che ho fatto," cominciò a dire Anaan, "e che farò, sarà stata per una buona causa. Non sono una donna irrazionale, Skye. Ogni cosa che penso, ogni ragionamento o piano che faccio, ha sempre uno scopo. I mezzi che uso potranno non essere sempre legittimi, ma ho un obbiettivo e per me l'importante è raggiungerlo. Farti regina è un dovere a cui non posso sottrarmi, ne posso dare a te la scelta di rifiutare. E' mio dovere portarti sul trono e sarà tuo dovere tenere il peso della corona."

"Tutto questo mi terrorizza. Ma tu questo già lo sai," disse con veleno. La vecchia lo ignorò.

"E' normale, non posso aspettarmi il contrario."

"Ma," disse alzando un po' di più la voce, "io ho bisogno di sapere. Ne ho il diritto."

"Ho promesso fedeltà a tua madre, non rendermi una bugiarda."

"Mia madre è morta!" gridò. "Ma nonostante tutto ha il pieno controllo sulla mia vita."

"Rimani calma, farai distruggere la casa."

"Odio anche questo," disse stringendo i pugni. "Devi spiegarmi il perché, cosa ci ha fatto mia madre?"

Ma Anaan rimase in silenzio, guardando avanti a sé. Aveva espresso la sua opinione, Skye l'aveva sentita, ora la vecchia aspettava solo che lei lo accettasse.

"Voglio parlare con- " si morse le labbra per la frustrazione, "voglia almeno sapere il suo nome!"

"Si chiama Elia. Mor mi aveva avvertita." Anaan sbuffò e poi accennò ad un ghigno. "Una vera testa dura, la prima creazione di Mor."

Quindi quell'essere gentile che ha protetto mia madre nella fuga dal castello era l- "E' un uomo o una donna? Dal nome non si capisce," domandò confusa. 

"Dagli del lui, dalle del lei," disse la vecchia con sufficienza. "Non ha mai scelto un sesso come la maggior parte dei suoi compagni. A Elia piaceva cambiare. Quando ancora aveva un corpo, ovviamente." Skye ne rimase colpita, facendo riemergere un doloroso ricordo. "O almeno è quello che Mor mi ha raccontato. Le persone cambiano, anche esseri come loro."

Skye si accigliò. Scosse la testa in maniera così evidente che catturò l'attenzione di Anaan. Skye non voleva pensare a quello che era accaduto nelle segrete del palazzo reale. Nel modo in cui il principe le aveva tagliato la pelle e l'aveva ricucita con la magia, continuamente, ancora e ancora, dolore e solo dolore. Si strinse su se stessa. Quell'essere l'aveva torturata con l'unico obbiettivo di far tornare la sua specie alle sue fattezze originali, con un vero corpo. Thalia si era incolpata per aver coinvolto Annie quando in realtà Skye sapeva che era lei la causa di tutto. I Primi Figli sono costretti a rubare il corpo degli altri per colpa sua, a nutrirsi di loro, ad ucciderli! E tutto perché Skye è semplicemente nata. Anche la sua stessa madre è morta a causa della sua nascita e Lucas è impazzito. Quanti altri danni avrebbe fatto prima di aver adempiuto ai suoi doveri? Quante persone sarebbero morte, quante avrebbero sofferto e pianto i propri cari?

"Ti porterò da un guaritore spirituale, allevierà le tue preoccupazioni."

Ricordò le parole di Thalia."Non ce la faccio più." E le ripeté ad alta voce, perché ora le appartenevano.

"Calma ragazza," disse alzandosi in piedi con il suo bastone. Guardò la finestra della camera delle due ragazze sperando di non vederla distrutta da un momento all'altro.

Skye fece dei respiri profondi, lo sapeva ormai cosa sarebbe successo. Ma quei respiri venivano rotti da un grande magone che le stava bagnando le guance. Continuò, cercando di liberare la mente. Sì, desiderava profondamente andare da questo guaritore, qualsiasi cosa le sarebbe andata bene, basta che avrebbe smesso di sentire qualcosa per almeno un ora. 

"Sono esausta, Anaan."

"Lo so, tesoro." Anaan si mise a canto a lei stringendole il braccio.

"Non c'è un singolo momento in cui non vengo travolta dall'ansia. Non ricordo nemmeno quand'è stata l'ultima volta che il mio cuore ha battuto regolarmente per più di ventiquattr'ore."

"Non fare la tragica," la rimproverò la donna dandole una botta al fondo schiena. "Avverti Thalia, verrà anche lei. Fatevi trovare qui fuori tra un ora," si voltò pronta ad andarsene, "io ho un ultima cosa da fare."

"Anaan, un attimo," disse cauta e con timidezza, "ho una richiesta da farti."

"Dimmi."

"Ho bisogno che mi aiuti a trovare un'amica."

 

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Capitolo 51
*** Capitolo XLVIII ***


I can't find anything to save our heart
All the pieces of my body's gone
Look at me now and tell me how I feel inside
Every pieces that I lost
- AURORA

 

 

Anaan era tornata dopo più di un'ora. Era stata affiancata da Aruel durante il tragitto, desideroso di accompagnare la sorella. I due facevano strada, mentre Skye e Thalia seguivano dietro. Ogni tanto Skye buttava l'occhia su Thalia, e ogni tanto la lupa faceva lo stesso. Quando i loro occhi si incontravano facevano entrambe scattare la testa dall'altro lato. Percepivano tutte due dell'imbarazzo ma anche un certo senso di colpa per quello che era accaduto. Thalia camminava lenta, tentando di rimanere a distanza da Aruel e Anaan. Skye cercava di restare al suo passo, anche se con fatica, era molto più vogliosa di raggiungere quella destinazione rispetto alla lupa. 

"Anaan ti ha detto chi è questo mago?" aveva chiesto mentre attendevano il ritorno dell'anziana. Thalia era in bagno, con la porta aperta, mentre si stava dando una veloce sciacquata.

"No, nulla." Era seduta sul letto, e Thalia era proprio danti a lei, con i capelli legati e la schiena scoperta. Ogni tanto si avvicina allo specchio del lavandino fissandosi il volto. Skye era convinta che non riconoscesse più il suo stesso aspetto. Si era incupita al pensiero.

"Una volta ne era arrivato uno al villaggio," aveva detto uscendo dalla sua ennesima trance. Si voltò verso Skye, velocemente, per vedere se aveva la sua attenzione. "Era un tipo strano, con i denti rotti quanto il naso, e un bastone per la gamba mezza storta. Un vecchio decrepito!" Aveva esclamato con una risata forzata. "Alla fine quel suo stato era il risultato di tutte le persone che aveva imbrogliato durante gli anni."

"Se non vuoi parlare, puoi anche non farlo," le aveva detto con tono comprensivo, interrompendo il suo risolino. "Non c'è bisogno che fai finta di nulla, io non ce la faccio."

Skye aveva intravisto dallo specchio il viso di Thalia spegnersi. "L'aria è pesante, volevo solo pensare ad altro."

Lo sapeva anche lei, ma aveva la testa troppo sommersa di pensieri per permettere all'immagine di un vecchio zoppo di formarsi nella sua testa. Era impaurita, arrabbiata e triste, e tutto questo non giovava alla loro già complicata relazione. Si era alzata e aveva guardato Thalia e poi la porta, e di nuovo Thalia. Era tornata a fissarsi intensamente, come se quei suoi stessi occhi potevano fornirle delle risposte certe. I capelli legati in alto avevano lasciato scoperte la nuca e le scapole. Skye aveva osservato la linea scavata sulla schiena, desiderando di toccarla. Aveva immaginato di avvicinarsi lentamente e silenziosa come un fantasma, per poi stringere le sue braccia intorno ai suoi fianchi e riempirla di baci ovunque poteva. Ma l'unico passo che aveva fatto, era stato quello verso la porta.

Ora che camminavano, fianco a fianco, con i le loro mani e spalle che a volte si sfioravano, Skye pensò che forse era giusto lasciarsi andare, di permette a quelle emozioni di prendere il sopravvento e di non sopprimerle. E ogni volta che le loro dita si toccavano era sicura che i loro corpi fossero come calamite, che per quanto potessero allontanarsi sarebbero sempre tornati insieme. Le bastava attendere e prendere un po' più di coraggio.

Arrivarono fin sopra, passando davanti casa Omicron. All'apparenza sembrava vuota, con una finestra aperta e la tenda che veniva mossa dal vento. Chiunque l'avesse dimenticata così si sarebbe pentito. Le temperature erano calate molto e anche un Licantropo soffriva il freddo, anche se poco. Skye vide Thalia fissare quella casa, con lo sguardo corrugato.

Disse solo questo per tutto il cammino: "Javier ha lasciato la finestra aperta. Lui odia il freddo." E si zittì subito dopo. 

A sua sorpresa, quel commento la irritò. Si chiese quanto bene lo conoscesse per parlare così certamente di ciò che lui odiava. Per la prima volta Skye aveva provato gelosia. In un momento di fragilità la sua mente l'aveva tradita facendole provare un sentimento che lei odiava. Le faceva paura, perché l'aveva vista negli occhi di Agrid e nei primi figli, ma anche in quelli di Lucas. Tentò di cacciarla via con la razionalità, ma ormai quel seme si era insediato dentro di lei.

Quando entrarono nel bosco, lo sguardo di Thalia cominciò a vagare ovunque, del resto l'ultima volta avevano incontrato delle Arpie, e Skye sapeva bene che effetto le facevano. Anaan aveva detto loro che Nante, così lo aveva chiamato, viveva dentro il bosco, a contatto con la natura e il verde. Sky lo trovò logico, del resto curava la mente e quale miglior modo della natura. Avevano preso un percorso diverso rispetto a quello della mattina. Il sentiero era più largo e le ruote dei carri avevano modellato la terra. Non c'era traccia di Arpie, ma ogni tanto la testa di Thalia scattava verso qualche fronda di alberi, mossi dal vento, e qualche rumore tra le foglie cadute. Gli alberi ormai erano quasi tutti spogli, lasciando il solo scheletro a sorreggere quel po' di neve, che ormai cadeva un giorno sì e un giorno no. Skye non aveva mai desiderato così tanto un corpo caldo a canto al suo durante quelle notti fredde, ma anche se dormivano insieme, sempre, i recenti conflitti le avevano portate a mettersi alle corrispettive estremità. 

"Eccola," disse Anaan, voltandosi verso di loro. 

Sembrava un'accogliente casetta in legno, con vasi vuoti fuori dalla finestre e qualche pianta morta qua e là ormai insalvabile. Era semplice nel suo complesso, così come anche l'interno quando entrarono.

"Accomodatevi," disse Nante. Portava una lunga ma stretta barba bianca ben curata. I cappelli segnati dalla vecchiaia erano tirati indietro. La sua pelle era piena di rughe ma aveva ancora la voce da giovane, con il suo tono per nulla roco o troppo profondo. Teneva una pipa in mano, che aveva odorato l'ambiente di una puzza di bruciato mischiata a quella della menta. Un'accoppiamento strano, pensò Skye, e fastidioso all'olfatto. Thalia sembrava soffrirci più di tutti, mentre Anaan e Aruel sembravano respirare aria fresca. Diedero tutti e due la mano all'uomo, e poi le presentarono.

"Bene, bene," disse lui guardandole con un sorriso e degli occhi gentili. "Voi sedetevi pure," indicò il divano e le poltrone. "Iniziamo con te, va bene?" Era accanto a Skye e lei poté sentire che il suo alito non puzzava affatto di fumo. "Andiamo," disse mettendole una mano dietro la schiena, guidandola leggermente verso l'altra stanza.

Si voltò un'ultima volta verso Thalia, ma Nante chiuse la porta prima che potesse fare qualcosa. Era una stanza piccola, con due poltrone e un intera libreria con più boccette che libri. Alcune contenevano della polvere, altre avevano del liquido.

"Siediti pure," disse prendendo dalla tasca una piccola fiala che tenne nella mano. Si accomodò davanti a lei, e Skye si sentì subito nervosa. "Anaan mi ha accennato qualcosa, ma le sue parole non valgono molto quando la paziente sei tu. Allora, dimmi qualcosa."

"Io..." trovò difficile trovare le parole. "E' complicato. Tutto è complicato."

"Può darsi, ma tutto si può superare."

"Lo pensi davvero, o è una cosa che dici a tutti quelli che si siedono qui?"

"Sei un po' pessimista," disse inclinando la testa, come il suo sorriso.

"Non lo ero prima."

"E come eri prima?" Si sporse verso di lei, con il gomito sulla coscia e il mento poggiato sul pugno.

Lei fece un mezzo sorriso guardando altrove. "E' facile fare una domanda del genere," disse, "quando si è dall'altra parte."

"Spiegati meglio."

 "Quando la mattina ti svegli senza aver il terrore che la persona che hai accanto possa cominciare ad odiarti da un giorno all'altro. E' bello quando ti svegli con il sorriso perché non c'è nulla che ti porta agonia, nulla che ti porta al limite della disperazione, e che-" Il respiro le si bloccò, trattenne le lacrime, respirò, e tentò di riprendere il controllo di sé. "Quando puoi esprimere liberamente le tue emozioni, senza la paura che la tua ragazza possa diventare una forza distruttiva."

"Hai paura del futuro?" domandò con una voce calma e comprensiva. Lei non rispose. "O del passato?"

A quello lei sorrise, uno di quei sorrisi pieni di sarcasmo e di commiserazione per se stessi. "Mi fa paura come..." I suoi occhi guardarono tutta la stanza, come se a cercare lettere per comporre parole, e poi frasi. Ripensò a quello accaduto durante l'assalto al palazzo reale, a quello che le avevano fatto e quello che poi lei aveva fatto ad uno di loro. "Come io sia così focalizzata su me stessa."

"Dimmi di più. Pensi di essere egoista?"

"Forse." I suoi occhi erano lucidi, ma non permetteva a nessuna lacrima di scendere. "Non lo so."

"C'è qualcosa che hai fatto di cui ti penti oppure di cui non ti penti?"

"Forse mi pento del fatto che non mi pento, se ha senso..." rispose confusa, a voce bassa, quasi roca. "Non lo so."

"Quando mi parli così, che cosa vedi?"

"In che senso?"

"Cosa visualizzi nella tua mente quando mi parli di angoscia e pentimento, oltre alle parole, ci saranno anche delle immagini, oppure per te questo non vale?"

"Io vedo i visi delle persone."

"E chi?"

Pensò a quelle scene che le erano rimaste impresse nella mente, e il volto di Thalia prima della sua condanna a morte le fece scendere la prima lacrima. Sorrise per la vergogna e la tolse con dorso della mano. 

"Hai il permesso di piangere, ne hai il diritto."

"Lo so," disse con un filo di voce, "lo so."

"Puoi anche non rispondermi, non è importante. Ciò che vorrei che mi raccontassi è come eri un tempo, prima di venire qui, prima di capire ciò che sei."

"Prima," disse portando la sua mente a quel tempo che le sembrava così lontano. "Provavo felicità nel conoscere, qualsiasi cosa," precisò, "non era mai nulla di specifico."

"Ti piaceva arricchirti."

"Sì," sorrise. " E poi mi piaceva rompere le assurde regole di mio padre, e non c'era gioia più forte di quando riuscivo a scappare di casa."

"Coraggiosa," commentò, con un leggero sorriso.

"Amavo cavalcare, perché era proibito," rise un pochino, quello la fece sentire più leggera, ma la stanchezza era sempre lì, presente. "E poi mi piaceva parlare con la servitù e farmi insegnare cose che non mi sarebbe mai servite, e entrare nello studio di mio padre di nascosto e studiare geografia in quei dieci minuti in cui lui andava al bagno o a stuzzicare qualcosa in cucina."

"Ti piaceva la tua vecchia vita?"

"Era meno complicata, ma no. Una volta avevo rubato un coltello dalle cucine e messo sotto il cuscino, in caso di-" Lo guardò sperando che carpisse da solo e lui annuì. "Non potevo mai essere certa di essere al sicuro, dovevo aspettarmi qualsiasi cosa. Soprattutto quando disubbidivo. Una delle domestica l'aveva ovviamente trovato, ma aveva deciso di lasciarlo lì e di tenere il segreto."

"E' mai accaduto?"

"No, e ora ho capito che non sarebbe mai successo, eppure quel pensiero aveva attraversato la mia mente tante volte. Mi disgusta averlo pensato."

"Se ti ha dato modo di pensarlo allora avevi il diritto di avere paura e avevi il diritto di fuggire."

"Lo so," disse annuendo. "E ora mi sento così... scollegata da tutto e da tutti. Pensavo di poter avere un futuro qui, ma le responsabilità sono troppe e io sono stanca, e sì mi sento egoista in questo, ma allo stesso tempo sono ancora qui perché so che non posso fuggire."

Tutto quel parlare l'aveva sfinita, voleva solo riposare, andare in camera e dormire abbracciata a Thalia, le mancavano le sue braccia.

Nante si rimise comodo, poggiando la schiena e divaricando un po' le gambe. "Penso che così può bastare."

"Cosa dovresti farmi ora?" domandò lei incerta. Si massaggiò gli occhi, era troppo stanca.

"Questa." Le porse la fiala. 

Lei la prese con la punta delle dita e la osservò incerta. "Dovrei berla?"

"E che altro sennò!" disse ridendo.

Si sentiva troppo spossata, forse non era il momento adatto. "Che succederà?" 

"Lo saprai quando la berrai."

Forse sarebbe stato meglio rimandare ad un altro giorno, non si sentiva al massimo delle forze. Aveva allungato la mano per ridargliela ma lui le prese la mano tra le sue.

"Se vuoi davvero migliorare, allora non scappare."

Era sempre fuggita, da ogni cosa, ne era consapevole. Era fuggita da Lucas, senza nemmeno aver provato a comprenderlo, ne era convita, se forse avesse provato di più magari... magari... E Agrid lo stesso.

"Ci sono molte cose che opprimono la tua mente, non vuoi avere il controllo su di loro?"

"Mi aiuterai?"

"Questa volta no, sarai tu stessa ad aiutarti."

In quel momento non aveva dato peso alle sue parole, non aveva notato con quale cura le avesse scelte, con quale meticolosità, così che nessuno avrebbe potuto dargli del bugiardo. Del resto lui non aveva fatto alcuna promessa, ne aveva mai detto: "ti aiuterò io, allevierò il tuo dolore..." Ma lei le aveva percepite in quelle frasi e ora mentre quel liquido nero le scivolava in bocca lasciandole asprezza su tutto il palato, provò del pentimento per quello che capì dopo, per come il suo corpo si stava comportando inspiegabilmente, e si promise che Anaan non avrebbe più avuto la sua fiducia. 

Cadde con la testa indietro contro il morbido schienale, priva di sensi.

 

Thalia sedeva sulla poltrona con le gambe incrociate, posando gli occhi su suo fratello. Portava uno stupido taglio a spazzola. Si ricordava che quando era piccolo portava sempre i capelli lunghi legati da una coda bassa, crescendo anche lei aveva portato i capelli in quel modo, voleva essere come lui, o almeno così credeva. Non sapeva che Agrid la stava lentamente plasmando in Aruel con le sue parole e i suoi gesti, ma lei è sempre stata più, in ogni cosa. Troppo avventata, troppo negligente, troppo indulgente, le diceva Agrid, ora era fiera che quei tratti non erano spariti con gli anni. Ma c'era sempre stata una cosa su cui la madre non l'aveva mai rimproverata, la sua spiccata sfiducia nelle persone, forse una conseguenza nel crescere nella stessa casa di Agrid. 

"Quanto ci metterà?"

"Poco," rispose subito la vecchia. Thalia annui. 

Qualche altro minuto di silenzio passò. Thalia sentiva a mala pena la flebile voce di Skye da oltre la porta e la voce più alta del mago. Le sue abilità le avrebbero dovuto permettere di sentire meglio, ma più i minuti passavano e più le voci sembravano un brusio lontano.

"Thalia," la richiamò Anaan.

 La sua testa si drizzò all'improvviso, non si era nemmeno accorta di essersi quasi addormentata. "Scusa, ho dormito poco ieri notte."

"Skye mi ha chiesto una cosa prima, riguardava una tua amica portata ai campi, ti aiuterò a salvarla, lo giuro." Gli occhi di Thalia si illuminarono con vigore. "Perciò ricordati di questa promessa quando tutto questo finirà. Non volermene male, lo sto facendo per tutti quanti voi."

Thalia sentì di nuovo quella stanchezza travolgerla. Si alzò in piedi di scatto, capendo ora. Aruel si era alzato a sua volta dopo che Anaan aveva scambiato qualche parola con lui. Thalia non poteva sentire le loro voci, e crollò a terra quando le gambe le cedettero. Una sola parola vagava nella sua mente e tentò di pronunciarla. Non seppe se raggiunse l'orecchio di Anaan ma di sicuro il suo sguardo infuriato le aveva fatto capire il concetto. Pensava davvero che le avrebbero aiutate, almeno a trovare un po' di tranquillità interiore, per farle vivere almeno un po' più serenamente, senza sentire quel peso sulle spalle costantemente, e invece era stata raggirata dal suo stesso fratello e da quella stupida vecchia. Desiderava stringere il suo collo tra le sue mani. Si erano presentati come i lori salvatori quel giorno, e invece, era convinta, che le avevano lentamente logorate, assorbendole e togliendo loro quel piccolo che avevamo, rovinando anche il loro rapporto. Si addolorò per Skye, che si trovava difronte a un mondo come questo che non la meritava, non meritava nessuna di loro. Perse i sensi secondi dopo, come i colori che la circondavano.

 

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Capitolo 52
*** Capitolo XLIX ***


Things aren't always what they seem to be
Do you understand the things that you've been seein'?
Come on, come on, come on
Do you understand the things that you've been dreamin'?
Come a little closer, then you'll see
- Cage The Elephant

 

"Se me lo avessi detto non ti avrei assecondata."

"Suvvia, non facciamone un dramma."

Thalia era in piedi, tenuta ferma contro un albero con la magia di Jamilah. La sua testa pendeva verso il basso, l'effetto soporifero sarebbe durato per qualche altro minuto. A qualche metro di distanza, Skye era seduta, incosciente, a terra, con la schiena appoggiata ad un tronco, libera da restrizioni.

"Tutto questo," disse trattenendo la rabbia, "sta mettendo a rischio la possibilità di ricreare un rapporto con lei. Mia figlia vuole conosce sua zia e sono costretto a dirle di no, ogni volta!"

Aruel fece un respiro profondo. Molte volte si era dovuto confrontare con la durezza di Anaan, con il suo ben nascosto cinismo. Nessuno la conosceva meglio di lui, ma nonostante tutto, la donna continuava a stupirlo, e cadeva sempre nei suoi imbrogli.

"Devi aiutarmi con una cosa," gli aveva detto la vecchia. "Vai da Hector, digli di preparare i lupi, devono nascondersi nel bosco, ah, e devi bere questo, ci rincontreremo qui." Quando il ragazzo aveva cercato di chiedere spiegazioni, Anaan lo aveva zittito con in gesto del dito. "E' per aiutare Thalia e Skye. Ora muoviti."

Cercando di mantenere un tono di voce calmo, Aruel cercò di infierire oltre. "Anche tua nipote non approva."

"Jamilah sta ancora imparando a capire ciò che è importante e ciò che non lo è, i sacrifici necessari e quelli che possono essere evitati. Questa per lei è una lezione di vita."

"Mia sorella non è un esperito, questo bosco non è una classe, e tu tanto meno una maestra."

"Non sto giocando con la vita di nessuno, Aruel. Tua sorella starà bene, non sto cercando di punirla, questa è una lezione anche per lei," dopo qualche secondo di pausa aggiunse: "e per me."

Aruel alzò un sopracciglio. La donna che era stata il braccio destro della regina dimenticata, la donna che aveva costruito questo posto, colei che è sempre stata un punto di riferimento per tutti, aveva appena ammesso di non essere in controllo della situazione.

"Costa stai cercando di capire?" chiese il ragazzo con curiosità, ma la rabbia era ancora lì.

"C'è una cosa che voglio verificare. Forse, anche più di una," disse senza aggiungere altro, tendendo come sempre i suoi pensieri per sé.

Aruel guardò la sorella muta ed immobile contro quell'albero, e l'unica cosa che riuscì a pensare fu quanto tempo avessero perso, non solo durante tutti quegli anni di separazione, ma anche ora che erano insieme, nello stesso villaggio. Sembrava che il loro cuori non riuscissero più a risonare, e forse, dopo quello che sarebbe accaduto oggi, non l'avrebbero mai più fatto. 

"E' davvero necessario?" Tentò di scacciare via le lacrime sbattendo le palpebre più volte, ma la sua voce si era incrinata, e i tentativi di nascondere il suo malessere erano falliti. Anaan lo guardò con dispiacere, forse per la prima volta da quando fratello e sorella si erano rincontrati.

"Skye deve imparare a controllarsi," disse la vecchia sospirando, "Thalia deve imparare a respingerla. Lo comprendi? Questo posto potrebbe diventare un cumulo di macerie se una delle due non impara a controllare l'altra."

Aruel rimase in silenzio, voltandosi a guardare i suoi stessi simili. Su disposizione di Anaan i lupi avevano circondato tutto il perimetro, così se si fosse scatenato il caos sarebbero riusciti a limitare i danni. Se solo non avesse rifiutato il titolo di Alfa, forse adesso avrebbe avuto un minimo di potere decisione, ma questo non lo potrà mai sapere, quello di cui era convinto, però, è che quella scelta da oggi lo avrebbe tormentato.

"È per via degli Orchi?" domandò il ragazzo. "È per questo che stai facendo tutto così di corsa?"

"Hai parlato con Hok?"

Lui annuì, e sospirò per fin troppi motivi. "Ha solo accennato a delle complicazioni, ha detto che dovevo chiedere a te."

"Le loro terre sono aride, vogliono che ci sbrighiamo. Stanno morendo in tanti."

"Quanto tempo abbiamo?"

"Sei mesi."

Lui chiuse gli occhi, ricevendo il colpo. "Troppo poco," mormorò.

"Tengo a queste persone, tengo a quelle due. Quindi quando prendo una decisione, c'è sempre una forte motivazione dietro, non voglio essere più ripresa."

"Però," tentò Aruel, "io-" Stava diventando emotivo e la vista di sua sorella stava solo peggiorando le cose. Fece un respiro profondo, Anaan lo vide in difficoltà e gli diede tempo. "Ho solo paura che potrebbe odiarmi. Me, noi, questo posto, la gente che deve proteggere."

"Non accadrà." Ma nemmeno Anaan credeva a quello che aveva appena detto, ma se avrebbe dato un po' di sicurezza ad Aruel, era pronta a ripeterglielo un milione di volte.

"Non combatteranno mai per la causa, nessuna delle due," continuò lui, le parole di Anaan non l'avevano nemmeno sfiorato. "E nonostante le responsabilità, potrebbero anche cercare di fuggire se questo diventa troppo per loro."

"Capisco le tue paure, sono anche le mie."

Aruel avrebbe voluto chiedere come si sarebbe mossa se eventualmente le sue paure si sarebbero trasformate in realtà, ma non era pronto a ricevere una risposta. Più ci pensava, più capiva, che forse, Anaan era una donna fredda per comprendere dei sentimenti così forti come i suoi, il terrore di dover perdere nuovamente parte della sua famiglia. Anaan crede che il mezzo giustifica il fine, ma non sta tenendo conto delle proporzioni delle tue decisioni. Aruel era sempre più che convinto che questo giorno avrebbe portato alla fine molte cose.

"Puoi andare se non vuoi guardare."

"Io resto," disse con voce decisa e ferma. "Non la lascerò, mai più." 

E forse, quella forte dichiarazione, intimorì un po' Anaan. E le fu inevitabile pensare fin dove quell'amore fraterno si sarebbe spinto. "Sei troppo ingenuo, ragazzo. Devi prepararti a tutto. La morte di tuo padre e di tua madre non ti ha insegnato nulla?"

Anaan sapeva essere subdola e spietata quando voleva, ma questa non era l'occasione. Quello che Aruel prese come un insulto, era in realtà un sincero consiglio. 'Impara a perdere prima che accada, così che nulla potrà farti più del male.'  Una frase che si era ripetuta molte volte prima di andare a dormire, quando ancora il villaggio non era sicuro, quando ancora aveva il terrore di poter perdere la sua famiglia e i suoi compagni. Quella frase con il tempo l'ha formata come persona, alcuni direbbero in positivo, altri, come Aruel, direbbero il contrario.

Quando vedi per anni persone morire intorno a te la tua sensibilità si inibisce, e Anaan ne aveva viste tante. Non si era mai data un nome, né ne aveva mai ricevuto uno, ma la sua posizione era simile a quella di un capo villaggio. Aveva costruito quel posto insieme a Mor, per poi andare nei posti più disparati del regno, salvando persone, aiutandole, portandole ad Utopia, e in quel processo aveva visto morire davanti a se più persone di quante ne avesse mai salvate. Anche ora, che si trovava difronte alle uniche due persone che avrebbero portato il vero cambiamento, là fuori la gente moriva. Più tardi, la sera, quando questo sarà finito, si siederà difronte alla sua scrivania, come ogni fine settimana, per leggere i rapporti dei suoi inviati, contando il numero dei giustiziati, persone che sarebbero potute essere lì, al sicuro, ma Skye non è ancora pronta e così anche Thalia. Non le poteva importava di meno dell'opinione di Aruel, né dei sentimenti di quelle due, non quando così tante persone combattono ogni giorno per sopravvivere. Anaan era pronta a morire per la causa ed era pronta anche a sacrificare gli altri. Questo, però, nessuno l'aveva ancora capito.

"Guarda," lo avvertì Anaan. 

Thalia alzò la testa, e come se l'avesse dato lei il comando, tutti i lupi si irrigidirono, erano pronti. La lupa mormorò qualcosa, Anaan non poté sentirla, ma qualche lupo più vicino si fece sfuggire una ghigno verso la sua direzione. 

"Anaan!"

Questo sì che lo aveva sentito, la lupa stava guardando proprio lei con occhi arcigni, ancora mezzi chiusi, ma la fissavano, bianchi e brillanti. 

Nel fra tempo, anche Skye aveva cominciato a muoversi con qualche breve scatto, ma a differenza di Thalia era ancora incosciente.

"Ultima occasione per andartene."

"No." Aruel aveva preso la sua decisione. Andarsene significava agli occhi di Aruel tradire Thalia.

"Bene," disse la vecchia rivolta verso Skye. "Allora afferrami." Un secondo dopo, Anaan chiuse gli occhi e mormorò parole sconosciute.

Poi cadde.

 

Ero sdraiata a terra, il buio mi aveva stretta nel suo gelido abbraccio. Sentivo di essere cosciente, presente a me stessa, ma la mia mente era un subbuglio. Non capivo dove mi trovassi, non riuscivo a vedere nulla, tranne il mio corpo, le miei mani... Ero illuminata da una luce sconosciuta, c'ero solo io in quella solitudine. Sentivo dell'inspiegabile terrore in me, come fossi nuda difronte ad una folla, spogliata di qualsiasi cosa, dei miei ricordi, della mia persona. Mi alzai in piedi, il mio corpo rabbrividì, la testa mi faceva male. Come ero arrivata in quel posto mi era sconosciuto, i miei ricordi si stavano ricostruendo lentamente, ma sentivo vivida la presenza di falle, qualcosa mancava nelle mie memorie.

"Il tuo inconscio,"  disse una voce familiare. Mi voltai verso di essa, una figura in lontananza mi guardava. Una donna bassa e vecchia mi sorrideva, ma non c'era nulla di gentile in quello sguardo. "E' lì che siamo."

"Non avevi detto che non potevi accedere ai miei ricordi?" La mia voce era potente, riempita dalla rabbia. Come ha fatto Anaan ad arrivare fin qui?

"Skye, c'è una netta differenza tra accedere ai tuoi ricordi ed entrare nel tuo inconscio."

"Sii più specifica. Non capisco perché sei qui." 

"Sono solo una mera spettatrice," poi alzò un sopracciglio e si corresse, "magari un aiutante, se vogliamo essere proprio precise."

"Quella cosa che ho bevuto, cos'era? Mi avete mentito?"

"Nessuna menzogna, stai tranquilla."

"Ma-" Improvvisamente il mio corpo si bloccò.

"E' tempo di combattere. Basta nascondersi."

Io la guardai con il panico negli occhi. I miei piedi erano incollati al pavimento. "Sei tu?! Smettila!"

Lei scosse la testa. "Guarda bene, non essere cieca."

Abbassai di nuovo lo sguardo. Due mani nere spuntate dal terreno mi avevano afferrato le caviglie. La stretta aumentò considerevolmente e cacciai un grido verso Anaan.

"Non sono io quella che devi combattere, ma i tuoi demoni interiori."

Mi abbassai cercando di staccare quelle mani. Erano serrate a me, come fossimo un tutt'uno. E quando qualcosa emerse lentamente dal terreno, a poca distanza da quelle mani, trattenni uno stridulo e mi rimisi in piedi, cercando di muovere le gambe intrise di terrore e adrenalina. La cosa emerse e mi salutò con un raggiate sorriso. Quel volto, quel maledetto volto!

"Skye," disse il principe Kurtis, "mi sei mancata." 

Spalancai gli occhi, la sua voce era così reale, mi rimbombò in testa, così come i ricordi che ci legavano. Un giovane ragazzo, ingenuo e gentile, immischiato in una battaglia in cui non aveva speranza di vivere. Il suo sorriso mi distrusse, era intriso di speranza, di affetto nei miei confronti. 

"Fallo smettere!" gridai ad Anaan, tra rabbia e paura.

"Non sono io," disse la vecchia, "sei tu."

"Skye... per favore parlami," pianse il principe. Le mani alle mie caviglie avevano assunto il colore della sue pelle. La testa di Kurtis continuava a fissarmi dal basso. "Perché non dici nulla?" La sua faccia era distorta dal dolore, la mia, invece, dal terrore. 

"Va via, ti prego..." Mi scesero le lacrime. 

"Prima mi uccidi," disse lui con voce stridula, "e poi mi chiedi di andare via?!"

"Non è stata colpa mia!" gli gridai. "Ti prego..."  Avevo cominciato a tirare via le gambe, a fare qualsiasi movimento pur di liberarmi ma persi l'equilibro e caddi a terra. 

"Perché non mi hai amato?" La sua voce tremava come quella di un bambino appena abbandonato e mi si strinse il cuore. In un angolo della mia testa non riuscii a smettere di pensare che forse avrei potuto fare qualcosa, salvarlo, aiutarlo in un qualche modo. Avevo notato che qualcosa non andava in lui, eppure era rimasta cieca all'evidenza, avevo volontariamente deciso di ignorare quei segnali, e poi avevo passivamente partecipato alla sua morte.

Prima ancora che potessi rialzarmi, le mani di Kurtis si erano poggiate sulle miei ginocchia e lui emerse dalla terra con estrema velocità. Si trascinò su di me, finché Il suo volto non fu a pochi centimetri dal mio, il suo corpo seduto sul mio. Sgranai gli occhi mentre fissavo i suoi, rossi dal pianto e così... così vivi.

"Perché mi hai ucciso?" ripeté, la voce un singhiozzo. Le sue lacrime caddero sul mio viso. "Io non volevo morire, Skye." 

"Mi dispiace," la mia voce solo flebile tremolio, "perdonami."

"Sono sempre stato gentile con te." Si avvicinò ulteriormente al mio volto, eravamo vicini, troppo vicini, e continuava a guardarmi con quei occhi bagnati e la bocca distorta dal dolore. "Non ti avrei mai fatto del male," continuò senza trovare ragione, come se non capisse perché l'avessi tradito con tanta freddezza. Distolsi lo sguardo, girando la testa da un lato e stringendo gli occhi mentre il magone si faceva più forte. Lui poggiò la sua fronte contro la mia testa, e le sue labbra sfioravano il mio orecchio. Potevo sentire ogni sibilo, ogni lamento soppresso, ogni qual volta le parole gli si fermavano in gola... "La mia regina... la mia... regina adorata..."

Avrei voluto dirgli che non avrei mai potuto, mai e poi mai avrei legato il mio cuore al suo quando era già congiunto con un altro. Ma il terrore si era dilagato in me e l'unica cosa che potevo fare era rimanere lì immobile e sopprimere ogni rumore che la ma bocca voleva produrre, qualsiasi 'basta', 'vattene', 'perdonami'.  Ma poi sentii qualcosa che mi accarezzava la mano. Aprii gli occhi e vidi una mano nera emersa dal terreno che si era appoggiata delicatamente sulla mia e fece intrecciare le nostre dita. E poi cominciò a guidarmi. Mi fece alzare il braccio e lentamente portò la mia mano verso il petto di Kurtis. In quel momento ricordai. Thalia aveva combattuto contro il Primo Figlio e il tutto si era concluso con lei che stringeva in mano il cuore sanguinolento del ragazzo. Avevo dimenticato anche quello.

"Non posso," dissi, a chiunque avesse suggerito quell'idea. La mano nera si ritirò nel terreno e scomparve, lasciandomi interdetta. 

Kurtis era ancora premuto contro di me, la sua bocca sul mio orecchio. Poggiai la mano sul suo petto, e il ragazzo sussultò, allontanandosi da me per guardarmi meglio. Il suo sguardo si alternava tra la mia mano e i miei occhi, e poi parlò: "Vuoi uccidermi di nuovo?"

"Non ho mai voluto che tu morissi." La mia voce era calma e composta. "Né tu, né tutti gli altri che sono caduti."

"Ti dispiace?"

"Molto," confessai, sbattendo gli occhi più volte per evitare le lacrime. Kurtis era stato ucciso da  Thalia, ma ero stata io a guidare la sua mano. Il dottore che avevo colpito al collo con le forbici, era stato un Primo Figlio a prosciugarlo dall'interno, io avevo solo spento il suo corpo, eppure, non mi ero domandata se forse c'era ancora un briciolo di quell'uomo, se forse il Primo figlio aveva mentito. Non mi sono curata di nulla, avevo sempre agito per puro egoismo senza nemmeno accorgermene, lasciando tracce di sangue al mio passaggio, ignorandole, dimenticandole. Quel giorno era morto un ragazzo gentile ed innocente, sua sorella era stata posseduta e poi rapita, Thalia era quasi stata giustiziata, Aruel è quasi morto per fermarla, per non parlare di tutti i nobili che sono morti quella notte. "Non avevo intenzione di ferirvi."

"Ma lo hai fatto comunque."

Mi girai di scatto, contorcendomi sotto il peso di Kurtis per vedere da dove provenisse quella voce, la voce di Thalia. E poi la vidi, distante qualche passo dietro di me. I suoi capelli erano tornati castani, gli occhi nuovamente verdi, ma non c'era alcun affetto in essi.

"Per colpa tua ho perso tutto."

Il mio viso si incupì. Quelle parole che ho sempre avuto paura di sentire erano state appena dette. Dette da lei. 

"Mi hai separa da tutto ciò che un tempo era importante per me, da tutte le mie connessioni. Sai quanto è importate per noi lupi avere un branco? Senza siamo nulla, persi... E io ora vago nel buio a causa tua."

Io l'avevo allontanata da Border Leaf, questo era vero, ma lì non poteva vivere, non in quel modo. "Non avevi alcun futuro lì," dissi con determinazione.

"Stai ancora dettando la mia vita. Pensi di conoscermi ma non sai nulla di me. Mi ami solo perché ti ho portata via da quella miserabile vita che avevi e adesso hai reso la mia ancor peggiore della tua."

Quelle parole mi fecero vacillare, mi stordirono e mi lasciarono vuota di ogni pensiero razionale. Sapevo di essere la causa di tutto, il male di questo mondo, ma quando i tuoi pensieri reconditi si trasformano in una voce, e quella voce è di chi ami di più al mondo, fa male... troppo male.

"Come puoi aspettarti che io ti ami?"

E a quel punto risposi nell'unico modo in cui avrei potuto. "Agrid non ti avrebbe mai lasciata vivere liberamente." Gridai come se dalla mia bocca fossero uscite solo delle scuse. E forse era proprio così. 

"E' questo quello che pensi? Giustifichi te stessa perché portarmi via era il male minore... per me?"

"Non mi sto giustificando!"

"Sono una proiezione delle tue paure, Skye! Non puoi mentirmi." Si avvicinò a me, e piegò le ginocchia davanti al mio volto. Mi prese il mento tra le dita e io mi fissai nei suo occhi. Nonostante non fosse reale, nonostante la situazione, desideravo che mi toccasse di più, che i suoi movimenti fossero gentili e delicati, e invece mi obbligò a girare la testa verso Kurtis, verso il ragazzo che avevo portato alla morte. "Se pensi davvero che tu l'abbia ucciso, allora fallo, ora."

"Cos-"

Thalia mi prese la mano. Al tatto la sua era diversa da quella nera pece sbucata dal terreno. Gliel'avevo stretta così tante volte che avevo memorizzato ogni cicatrice, ogni callo... Era forte, un po' ruvida per gli allenamenti con le armi e i combattimenti. Era esattamente come la sua. Il solo fatto di avere questa falsa versione di Thalia, mi fece sentire al sicuro, nella sua mano, e bisognosa di altro. Mi spinse verso Kurtis, il mio palmo contro il suo. Il mio dito medio gli toccò il petto, e poi la mia unghia si conficcò nella sua pelle tenera, troppo tenera. Thalia lasciò la mia mano, posando la sua sulla mia spalla, e guardandomi da vicino, guancia contro guancia. Anche nella mia testa continuava ad essere calda. I pensieri su di noi invasero la mia mente e persi di vista tutto il resto. Ricordai il nostro primo bacio, quanto mi sentii sollevata, come la mia speranza fosse stata ripristinata. Ricordai l'odio verso la corona, ma ingiustificato, dopotutto il re e suo figlio non sapevano che il mio cuore era in un posto diverso. Il disprezzo che provavo ogni volta che Annie mi chiamava sorella, scrivendomi un destino che speravo non arrivasse mai, che non volevo! Come mio padre mi aveva rovinato la mia vita, e l'unica volta in cui avevo avuto bisogno della sua ossessione nei miei confronti, per usarla a mio vantaggio, ha semplicemente accettato l'offerta del re, vendendomi a un bel ragazzo che non avevo mai incontrato, né avrei voluto. E poi sono arrivati ​​i Primi Figli, che hanno ucciso quelli che sarebbero diventati la mia nuova famiglia, da me indesiderata. Devo dar loro credito per questo. Ma hanno anche cercato di dare la colpa a Thalia e lei è quasi morta... Sarebbe morta per causa mia. No-

"Esatto, non tutto è colpa tua," disse Thalia con voce gentile. "Pian piano lo capirai sempre di più."

Non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi e di essermi abbandonata a Thalia. Sentii la voce di Kurtis nella mia testa, un semplice 'grazie', ma dopotutto quello non era proprio lui. Aprii gli occhi, Kurtis era scomparso e con lui il sangue sul mio vestito. Non c'era un cuore pulsante nella mia mano, erano pulite, come la mia coscienza. Ma c'era ancora una cosa che mi tormentava.

"Non puoi aspettarti di capire tutto solo con una sessione, ragazza mia. Sei stata brava."

Alzai lo sguardo verso Anaan, aveva un sorriso fermo sulla sua vecchia faccia rugosa. "Lo so," mormorai infastidita.

"Non è convinta," disse Thalia alle mie spalle. Quella vera non mi avrebbe mai tradita così. "Ma è difficile perdonare se stessi quando si è convinti di aver rovinato la vita a qualcun altro, soprattutto se si tratta di qualcuno che si ama profondamente." Sì, quella vera non è tutto questo gran parlare. Ma mi piaceva questa vicinanza tra noi, e quindi me la sarei fatta andare bene, per questa volta.

"Skye," mi chiamò con rimprovero Anaan, "Non ti accoccolare troppo, dobbiamo andare."

Sbuffai e mi alzai da terra abbandonando il calore che Thalia mi trasmetteva dietro la schiena. Feci per raggiungere Anaan, ma Thalia mi afferrò il braccio. No, non Thalia.

"Siediti per un secondo." 

Fu strano vedere difronte a me, un'immagine riflessa di me stessa. Fui tentata di toccarle- toccarmi la guancia. Ma c'era qualcosa che ci differenziava, aveva uno sguardo che io avevo di rado, sereno.

"Lo sai che io e te siamo la stessa cosa, giusto?" disse lei con la mia stessa voce, fu più strano di quanto pensassi. "Ma io sono comunque una parte più recondita di te e tendo a sapere di più. Ascoltami bene. Devi ricordarti che non sei stata padrona di quello che è successo e che non ne sei colpevole. La rabbia che hai provato, e che ancora provi, è un tuo diritto, te la meriti dopo quello che hai subito. Questi sentimenti, per quanto negativi,  non ti rendono una cattiva persona. Stai facendo fatica ad accettarlo, ma va bene così, del resto io l'ho già fatto, manchi solo tu."

"Skye," Anaan chiamò di nuovo, più insistente. A quanto pare c'è un tempo limite anche per cose del genere.

"Devo andare," dissi alla me stessa difronte a me, come se non lo sapesse già. Ma aveva ragione, la mia mente era pronta, ma il mio cuore ci avrebbe messo un po' di più.

"Se mai ne sentissi il ​​bisogno, vieni a navigare di nuovo qui, posso darti risposte che a volte non prenderesti nemmeno in considerazione." Puntò il dito sul mio petto, e aggiunse: "I sentimenti hanno la capacità di confondere." 

Annuii. Anaan mi aveva parlato di guerre e battaglie, e Thalia non era stata da meno dopo che aveva parlato con... mia madre. Forse è tempo di usa la testa, di essere più razionale, e mettere da parte i sentimenti.

Corsi verso Anaan prima che poté dire altro, e nel momento in cui mi sono messa al suo fianco, i nostri corpi scomparirono e tutto ciò che potei vedere fu completo nero. 

Il suo corpo si appesantì, la stanchezza la prevalse, e poi lo sentii. Prima un flebile fischio, poi un urlo. 

Skye era tornata nel mondo reale.

 

Lo so, ogni tanto sparisco, ogni tanto rispunto, però rispunto sempre. Cercherò di scrivere il prossimo capitolo più in fretta. 

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