Just a piece in their games

di Deb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capture ***
Capitolo 2: *** Awake ***
Capitolo 3: *** Doubts ***
Capitolo 4: *** Divergences ***
Capitolo 5: *** Message ***
Capitolo 6: *** Losing ***
Capitolo 7: *** Bombing ***



Capitolo 1
*** Capture ***


Just a piece in their games
Capture

Sento un pizzico sul collo, non riesco ad aprire gli occhi e, l'ultima cosa che ricordo, è Katniss urlare il mio nome.
Non so dove mi trovo né chi ci sia con me. Sono ancora all'interno dell'Arena?
Il mio corpo non risponde, ha un tremito ed anche i pensieri cominciano a diventare confusi. Muovo i polsi, ma sono bloccati da qualcosa. Apro gli occhi, ma intorno a me è tutto sfocato.
Un senso di nausea si irradia nel mio corpo, vorrei sporgermi per poter rigettare qualunque cosa io abbia nello stomaco.
Poi non sento assolutamente più nulla, soltanto il vuoto.

100 Parole




NDA SCRITTE NEL 2013 (PENSOH): Raccolta di flash fic – se escludiamo questo che è una drabble – dedicate a Peeta depistato. Scritta durante le ferie estive 2013, abbandonata perché il depistaggio è un argomento che ho provato a scrivere e non mi porta, quindi mi sono bloccata. Avevo scritto persino la scena finale della fic, ma nulla. I pezzi centrali, che sono proprio quelli che non mi portano, non sono riuscita a scriverli. :/
Quindi, per non buttare a male un lavoro nel quale ci ho messo comunque impegno perché questo è un argomento che mi piace, ho deciso di pubblicare ugualmente la fanfiction assemblandola in una raccolta di flashfic, dove troviamo Peeta e vari momenti durante la sua permanenza a Capitol City.
Il titolo è la citazione stessa di Peeta nel libro The Hunger Games, prima di entrare nell'arena. Pensare a Mockingjay e poi a quella frase mi spezza sempre il cuore. Povero Peeta T_T Nella versione originale ovviamente dice “I'm more than just a piece in their Games.”, ma visto che parlo del depistaggio... Peeta è diventato proprio una pedina nel loro gioco. :(
Ringrazio tantissimo Gabry che mi ha aiutato con tutta la raccolta, perché questa raccolta mi ha fatto salire l'ansia (?) e non mi convinceva fino in fondo xD Grazie ♥

Questa è la Deb del 2021 che vi parla, invece. Ho ritrovato questa raccolta a capitoli (12 per l’esattezza) all’interno del mio Drive. Sono anni ed anni che non scrivo su HG, ma mi dispiaceva lasciare questa raccolta là dentro, probabilmente me ne sarei scordata nuovamente l’esistenza… Mi è tornata alla mente questa raccolta grazie a Delfina46, parlando con lei di fanfiction. Quindi grazie, cara ♥
Spero che vi piaccia e vi intrattenga, personalmente il mio stile di scrittura ad oggi è cambiato, ma non voglio modificare questo lavoro anche perché, purtroppo, non sono dentro i personaggi di HG ultimamente (ormai è così da annih… hai scritto troppo su di loroh! xD) e quindi ho deciso di lasciarla inalterata. Probabilmente se la scrivessi adesso verrebbe fuori qualcosa di totalmente diverso.
Auguro a tutti una buona domenica! ♥
Baci
Deb del 2021




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Capitolo 2
*** Awake ***


Just a piece in their games
Awake

Quando riapro gli occhi, sono disteso su un letto che non conosco, in una stanza che non è la mia. Provo ad alzarmi in piedi, ma un capogiro mi obbliga a rimanere ancora su quel materasso.
Mi guardo intorno ed i miei pensieri non possono che essere per Katniss. Dov'è? Sta bene? Cos'è successo nell'arena?
Chiudo un attimo gli occhi cercando di ricordarmi gli ultimi momenti all'interno dell'orologio, ma sono sfocati.
Poi la vedo, Katniss che mi punta l'arco addosso, che mi guarda minacciosa, pronta a scoccare, come se fossi il nemico.
Schiudo gli occhi velocemente. Non è possibile che Katniss mi abbia attaccato, no. Devo avere qualcosa che non va per aver immaginato questa scena. Magari un incubo che mi è tornato alla mente.
Mi alzo in piedi e questa volta la stanza non si mette a roteare e la mia gamba, anche se duole, riesce a sostenere il mio peso, aiutata dalla protesi. Zoppico fino alla porta di metallo, nella quale c'è un oblò, e cerco di scrutare l'esterno.
Non vedo nulla, se non un corridoio bianco, fin troppo bianco. Mi fanno male gli occhi, ma cerco di concentrarmi e captare qualche movimento.
Busso e chiamo qualcuno, ma non arriva nessuno e vado in panico. Anche Katniss si trova in una stanza come quella? Avrà paura, devo trovare il modo di uscire da qui, trovarla e confortarla.
«Katniss!» Urlo il suo nome, sperando che qualcuno mi senta, sperando che lei mi senta.
Non so effettivamente quanto tempo passo a gridare ed a prendere a pugni la porta. Smetto nel momento in cui la gola comincia a bruciarmi.
Mi passo le mani tra i capelli, terrorizzato da ciò che potrebbe essere accaduto. Ogni volta che chiudo gli occhi vedo Katniss cercare di attaccarmi, ma so che non è possibile.

300 Parole

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Capitolo 3
*** Doubts ***


Just a piece in their games
Doubts

Ogni volta che mi sveglio nel letto di quella camera, ho sempre più bisogno di convincermi che Katniss non è cattiva, che io la amo e che l'unica cosa che fa è proteggermi. Ogni volta ci sono dei pensieri che mi mandano in panico, concetti discordanti da ciò che so effettivamente.
Mi hanno fatto vedere un video, o almeno credo che lo sia, non ne sono sicuro, in cui Katniss bombarda il Distretto 12. Vedo la mia famiglia morire, vedo la panetteria distrutta e vedo Katniss sogghignare.
Non è Katniss, non è la mia Katniss. Lei non farebbe mai una cosa del genere. Nascondo il viso tra le mani, seduto sul letto, distrutto.
Vorrei solo addormentarmi per non svegliarmi più, non voglio più pensare alla sua cattiveria, alle sue azioni così disastrose.
Katniss sta distruggendo ogni cosa.
Ma come è possibile? Lei non lo farebbe mai. Lei non attaccherebbe il Distretto 12, o forse sì?
Forse la ragazza di cui mi sono innamorato è solo un impostore? Lo sapeva fin dall'inizio, voleva che mi innamorassi di lei così da distruggermi? Era questo che voleva?
No.
Sono diventato una pedina nelle loro mani, nelle mani di Capitol City. Vorrei urlare, ma non avrebbe senso. Ormai sono diventato un loro ibrido. Sono diventato ciò che non avrei mai voluto essere. Mi hanno cambiato, in qualche modo l'hanno fatto.
Non avrei mai voluto che accadesse una cosa del genere, non voglio perdere il mio io. Non voglio essere una persona che non sono.
È colpa di Katniss, è tutta colpa sua.
Avrei dovuto ucciderla durante i settantaquattresimi Hunger Games per non ritrovarmi in questa situazione. Non avrebbe cercato di annientare il Distretto 12 solo per far cadere Capitol City.
Katniss l'ha fatto apposta, era un piano ideato dall'inizio.
Come poteva però essere così lungimirante? C'è qualcosa che non quadra in tutto questo, ma non riesco a capirlo quasi più.
Di chi è la colpa? Di Katniss che è cresciuta solo con le sue forze? Di Capitol City che mi sta usando come cavia?
Mi distendo nel letto e mi rendo conto che, da quando sono lì, non ho mai mangiato nulla, eppure non mi sembra che mi manchino le forze.



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Capitolo 4
*** Divergences ***


Just a piece in their games
Divergences

Più passa il tempo e meno penso a Katniss, o almeno, la penso sempre con costanza, ma non come prima. Non mi importa se sta bene o meno, non del tutto.
Una parte di me vorrebbe correre da lei, mentre un'altra la vorrebbe vedere morta.
Il problema è che la parte innamorata si sta affievolendo sempre più eppure mi sembra che sia quella che mi tiene più a galla.
«Cosa ha fatto Katniss?» Tiene un quaderno sulle sue gambe per appuntarsi le mie risposte, io vorrei strapparglielo dalle mani per poter disegnare il suo volto, magari avere un suo ritratto potrebbe riuscire a farmi tornare da lei, in qualche modo.
Lo guardo vacuo, «ha bombardato il Distretto 12 e ne è andata fiera, ha cercato di attaccarmi, nell'Arena, e sogghignava». La mia voce è fredda e lontana, come se mi sentissi parlare all'esterno del mio corpo, anche se non è possibile.
«Katniss è responsabile di tantissime morti, deve morire, così potremo tornare alla normalità», aggiungo senza riflettere, anche se non lo penso davvero, o forse sì?
«Sei pentito di non averla uccisa?»
«Sì. Avrei dovuto ucciderla, è il mio rimpianto più grande». Parlo lentamente con voce fredda e distaccata, quasi annoiata.
«Se ora l'avessi davanti?»
«La ucciderei», rispondo senza esitazione, ma non è vero che la ucciderei, non è la verità, non riuscirei mai ad uccidere Katniss, l'unica cosa che voglio è proteggerla. Perché mi sto comportando così? Perché devo sempre pensarci per capire che non odio Katniss?
Avrebbe dovuto uccidermi, invece di voler a tutti i costi mangiare quelle bacche con me, così Capitol City non avrebbe avuto vincitori. Era una tattica, una tattica per far avviare la rivoluzione e io ero stato la pedina di quella strega!
«Bene», afferma il dottore, alzandosi in piedi e lasciandomi nuovamente da solo.
Mi ha lasciato un mazzo di carte, così, visto che non ho nulla da fare e non voglio assolutamente pensare, comincio a creare castelli. Non mi riesce molto bene, all'inizio. Le mani tremano e devo cominciare da capo più volte, ma alla fine riesco a crearne uno con la metà del mazzo.
«Vieni», qualcuno apre la porta e mi ordina di seguirlo.
«Dove?» Domando curioso inarcando un sopracciglio, non mi fido di quel tipo.
«Vieni e basta».
Sospiro, ma faccio quello che mi è stato detto. Sono nelle loro mani, non posso fare altrimenti. Probabilmente mi tortureranno, ma stranamente non ho paura. Non mi importa più di nulla. Non mi è rimasto nulla, nemmeno Katniss. Non c'è nemmeno lei. Non ho nessuno da cui tornare. Possono fare di me ciò che vogliono.
«Mettetelo a lucido. Deve essere magnifico. In splendida forma».
Sgrano gli occhi nel vedere davanti a me Portia ed il mio staff di preparatori.



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Capitolo 5
*** Message ***


Just a piece in their games
Message

La luce mi dà fastidio agli occhi, ormai sono abituato alle luci al neon. Non avrei mai creduto di aver potuto rivedere il sole, mi ero rassegnato al fatto che sarei rimasto lì dentro per sempre; come non posso immaginare che mi abbiano portato a farmi intervistare.
Sono seduto su un divano, Caesar è al mio fianco, con il sorriso sempre sulle labbra. Mi hanno detto di rispondere alle domande che mi vengono poste, di essere sincero.
Comprendo che mi hanno riempito di domande su Katniss, quella stessa mattina, proprio per avere la certezza che non avrei dato ai ribelli il motivo di attaccare.
Io e Caesar cominciamo a chiacchierare.
Il mio corpo vuole urlare di far cessare il fuoco, di non continuare con questa guerra inutile; allora, forse, mi rimanderanno a casa, anche se non ce l'ho più. Tornerò nel Distretto 12 e continuerò a guardare gli Hunger Games, forse facendo anche da mentore. Vorrei soltanto tornare ad essere quello che ero un tempo.
Ceaser mi chiede dell'arena.
«Non appena sei nell’arena, il resto del mondo si fa molto lontano. Le persone e le cose che amavi o alle quali tenevi smettono quasi di esistere. Il cielo rosa e i mostri nella giungla e i tributi che vogliono il tuo sangue diventano una realtà definitiva, l’unica che conti davvero. Per quanto ti faccia star male, dovrai uccidere qualcuno, perché nell’arena hai un solo desiderio, che costa molto caro».
«Ti costa la vita», conclude Caesar.
«Oh, no, ti costa molto più della vita. Assassinare persone innocenti? Ti costa tutto ciò che sei».

Non è stato facile esprimere l'ultima frase. Una parte di me cercava di bloccarmi, di non mandare quel messaggio, ma l'ho dovuto fare. Per Katniss. Lei capirà e saprà che mi stanno facendo qualcosa, che non sono totalmente me stesso perché ne abbiamo parlato. Lei sa che io non voglio essere una pedina, che voglio continuare ad essere me stesso e che mai avrei acconsentito a tutto questo se non mi forzassero.
Katniss capirà e ricorderà di quella sera sul tetto. L'unica cosa è che spero che questo ricordo sia vero perché ormai non sono più sicuro di nulla. Katniss è buona o cattiva? Sono suo amico o nemico?
Non lo so più nemmeno io, ma una parte di me è convinta che lei sia colei che mi dà la spinta per non annegare.



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Capitolo 6
*** Losing ***


Just a piece in their games
Losing

Dal giorno dell'intervista, le cose sono cambiate. Non nascondono più quello che mi fanno.
So che perderò tutto ciò che sono. Katniss mi tiene ancora a galla, anche se ormai diventa sempre più difficile concentrarsi su di lei, su ciò che abbiamo vissuto insieme. Quello che credo sia reale, forse non lo è. Non sono più sicuro di nulla.
Mi fanno tornare alla mente un ricordo, poi mi iniettano nel collo una sostanza ed io comincio a vedere tutto in modo confuso.
Cercano di manipolare i miei ricordi? Forse, ma va bene così, perché se lo fanno è per una buona ragione.
Katniss ha sempre cercato di ucciderti. Non è mai stata tua mia amica, ha sempre finto. È un'attrice, una manipolatrice.
Ogni tanto, cerco di divincolarmi, non collaboro, allora mi torturano. Un giorno mi hanno appeso per i polsi ad una catena e mi hanno lasciato lì per parecchie ore, altre volte mi picchiano, senza mai colpirmi il volto.
Ho capito che dovrò tornare in superficie, ma poi mi trovo sottoterra oppure è solo una mia sensazione?
«Deve collaborare, signorino Mellark».
È la prima volta che il Presidente Snow mi viene a fare visita. Lo guardo negli occhi, senza paura, non abbasso lo sguardo e credo che questo lo diverti, ma non posso esserne sicuro al cento per cento. Perché mi sta facendo questo? Glielo vorrei chiedere, ma so già la risposta, quindi sarebbe una domanda inutile.
Deve capire che non riuscirà a colpire Katniss come vuole. Lei non mi ama, non sono nessuno per lei, se l'attaccassi per ucciderla, si difenderebbe e ucciderebbe me. Mi ha solo usato, quindi tanto vale che mi uccida ora. Sarebbe meglio.
Sputo a terra e non gli rispondo, aspetto che sia lui a parlare, io non ho nulla da dirgli.
«Vorrebbe essere con Katniss? Per proteggerla?»
Socchiudo gli occhi. Perché dovrei essere con lei? Perché l'amo, lo sento in fondo al cuore. È la mia ragazza? Impossibile, ho aperto finalmente gli occhi, non sento assolutamente nulla per quell'ibrido.
Katniss non è umana. Non lo è più. Capitol City l'ha trasformata. Non l'ami.
«Allora?» Mi incita.
«Che ti importa?»
«Oh, era mera curiosità», afferma, facendo qualche passo nella mia direzione.
Se non fossi così stanco, potrei darmi uno slancio per colpirlo allo stomaco con un calcio, ma non mi muovo nemmeno di un millimetro.
«Vorrei essere con Katniss, sì», rispondo infine, godendo nel vedere di averlo preso in contropiede. Sgrana gli occhi ed io vorrei ridergli in faccia, ma continuo, «vorrei essere con lei per ucciderla». La mia voce esce fredda e tutto ciò che sento successivamente è la risata agghiacciante, ma divertita, del Presidente.
Non parla più, semplicemente, gira i tacchi ed esce dalla cella.
Io rimango ancora appeso, con il torace dolorante a chiedermi se sia la verità quello che ho detto. Vorrei essere con Katniss per ucciderla? Dopo tutto il tempo che ho passato nel volerla proteggere? Perché avrei dovuto farlo? Ah, già. Ne ero follemente innamorato per qualche arcano motivo.
Stupido, stupido Peeta. Ti ha giocato proprio un brutto scherzo quella strega manipolatrice.



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Capitolo 7
*** Bombing ***


Just a piece in their games
Bombing

Nei giorni successivi, mi hanno fatto assistere alla morte dei senza-voce che lavoravano per me e Katniss al centro di Addestramento.
Tutto ciò soltanto perché sono riuscito a colpire in faccia il dottore e per aver provato a scappare, senza riuscirci. Mi vogliono far capire che sono loro che comandano e che io devo sottomettermi. Non sono nessuno e mai lo sarò.
Fortunatamente, la ragazza è morta subito. Hanno sbagliato il voltaggio e ne hanno utilizzato uno troppo elevato. Darius, invece, ha sofferto parecchio. È morto soltanto dopo due giorni ed io sono sempre rimasto lì ad assistere.
Comincio a perdere la ragione, o più probabilmente la sto ritrovando.
È tutto inutile, lo sono io, lo è la guerra e Katniss Everdeen dovrebbe arrendersi e farsi uccidere, come è giusto che sia.
Le torture sono diventate più frequenti e mi fanno sempre più iniezioni.
Alla fine, li ho lasciati fare. Non ho provato più a scappare, come a dimenarmi. Non mi legavano nemmeno più, anche se delle volte, senza volerlo, mi difendo e loro mi picchiano, sempre più forte, ma mai sul viso. Non che farebbero qualche danno visto che le occhiaie sono più scure dei lividi. Non ho di certo un bell'aspetto.
Stringo i braccioli della sedia con forza, fino a che le mani non mi fanno male e chiudo gli occhi, vorrei riposare, ma credo per oggi non abbiano ancora finito.
È tutta colpa di Katniss.
«Si è addormentato?» Domanda qualcuno, spostandomi il volto che lascio cadere come se fossi davvero svenuto.
«Così sembrerebbe».
«Domani lo riporteranno davanti alle telecamere, sarebbe meglio se non lo picchiassimo più».
«Poi l'hanno deciso?», ascolto la loro discussione con interesse, cercando di non far trasparire il fatto che sono sveglio.
«Cosa?»
«Bombarderanno il Distretto 13?»
Sgrano gli occhi, pensando che mi hanno detto che Katniss si trova lì. No. Non possono ucciderla loro, lo voglio fare io. Non mi possono togliere questa soddisfazione. Chiudo nuovamente gli occhi, sperando che non mi hanno notato, troppi impegnati a parlare tra loro.
«Sì, domani notte».
Se domani mi riportano davvero davanti alle telecamere devo avvertirla. Devo avvertire Katniss. Deve salvarsi. Non può morire così, devo proteggerla. La proteggerò e poi, quando ce l'avrò davanti – perché accadrà – la ucciderò io stesso.
Scatto involontariamente quando il pensiero di Katniss senza vita mi fa mancare l'aria. Perché dovrei stare male pensandola cadavere? È giusto che muoia. È un ibrido. Un dannato ibrido, quindi deve morire. Non può continuare ad essere il mio punto debole.
Io la odio, la voglio morta, eppure non riesco a fare meno di non soffrire pensando solamente ad una sua eventuale morte. Non sono normale. Voglio che mi iniettino quella sostanza. Voglio dimenticare l'ibrido. Voglio che esca dalla mia vita.
Stringo ancora più forte il bracciolo della sedia e, questa volta, perdo davvero i sensi, pensando che salverò Katniss sempre e comunque perché io ho lei e lei ha me e sarà sempre così.



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