~ I Was Born To Love You ~

di SkyDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


I Was Born To Love You
[BokuAka]

 

Akaashi strofina la fronte contro il ginocchio, sente la stoffa ruvida dei jeans e chiude gli occhi concentrandosi sul pavimento e sull’asse di legno contro cui è poggiato.
Non è un attacco di panico – li sa riconoscere – è più un momento di nero sconforto che rischia di inghiottirlo e portarlo in un universo parallelo. Magari all’altro mondo.
Le parole gli rimbombano in testa, sente lo stomaco in subbuglio e una voglia matta di vomitare lì, sul pavimento su cui è seduto da ormai un’ora.
Non sente freddo, Akaashi, non sente assolutamente nulla che non siano le parole che il suo capo gli ha pronunciato con un sorrisone a trentadue denti mentre gli porgeva una cartella con dei fogli.
Cartella che ora è abbandonata sul letto insieme agli occhiali, alla borsa, alla giacca e al peluche gigante a forma di gufo che Bokuto gli aveva regalato senza un motivo apparente.
Akaashi, però, nonostante sia in un momento di derealizzazione, riesce comunque a distinguere il tintinnio di un mazzo di chiavi che conosce bene.
Poi sente dei passi pesanti vicino la porta d’ingresso e il rumore di una maniglia. La voce di Bokuto gli inonda le orecchie e lo scuote dal torpore in cui era caduto, non ha il tempo di sollevare neanche la testa che si ritrova il suo ragazzo dentro la stanza, riconosce i polpacci longilinei e ben definiti e i calzini scoloriti che si intravedono da scarpe ormai consumate.
«Keiji, mi sei mancato!» la voce carica di tenerezza, di voglia di raccontare della sua giornata e di rivivere un po’ quella della persona che ama. Che ama perdutamente e senza remore.
Bokuto entra nel bagno in camera, ma non trovando nessuno esce e gira ancora un po’ con aria ora pensierosa, a tratti preoccupata.
Poi scorge un piede, si abbassa sulle ginocchia fino a identificare la figura di Akaashi sotto la sua scrivania.
Le sue labbra si curvano in una “o” e si avvicina, scivola al suo fianco e gli spettina i capelli prima di chiedergli cosa sia successo.
Akaashi lo guarda e si calma, torna sul pianeta Terra e si perde in quel mezzo sorriso che gli regala, sa che è un sorriso che riserva solo a lui e sa anche che ne è tremendamente geloso.
«Giornata brutta in ufficio?» le dita di Bokuto disegnano piccoli cerchi sulla nuca del suo ragazzo che, lentamente, finisce per scontrare una guancia contro il petto dell’altro.
«Il direttore mi ha chiesto di insegnare ad un corso serale di editoria, dovrò parlare davanti centinaia di studenti e-» E Akaashi prova ad immaginarsi dietro una cattedra a parlare con almeno duecento occhi a guardarlo e proprio no, proprio non ci riesce a rimanere lucido.
Vorrebbe scappare via urlando e lanciando tutto all’aria.
«Ma è meraviglioso!» Bokuto lo stringe un po’ a sé, non è certo comodo stare in due sotto una scrivania ma in quel momento va bene lo stesso.
Akaashi solleva di poco la testa e lo guarda fisso negli occhi, li trova colmi di gioia e – deve ammetterlo – di una punta di orgoglio.
«E’ tremendo, non ci penso proprio ad accettare. Parlare davanti tutta quella gente?».
«Parlerai con me! Non sono molto bravo, forse non capirò nulla ma sarò lì così potrai guardarmi.»
Le immagini nella testa di Akaashi cambiano, allora, mutano e all’improvviso immagina di parlare davanti centinaia di studenti e Bokuto. Gli è sempre venuto naturale aprirsi con lui, si è sempre sentito capito, ascoltato, amato.
Perché dovrebbe essere diverso?
Annuisce, sprofonda nella maglia calda del suo ragazzo e rimane lì ancora sotto la scrivania a farsi coccolare come un gatto randagio.
«Lo farai davvero?» sussurra, quasi avesse paura di aver sentito male.
«Puoi contarci, non mi perderei per nulla al mondo una lezione tenuta da un professore così.» Bokuto sorride contro i capelli dell’altro, sente un pizzicotto sul fianco sinistro e poi scivola, si avvicina alle sue labbra e lo bacia.
E Akaashi pensa che nulla potrebbe mai andare male lì, in fondo.
 
Epilogo: La lezione andrà bene, ma Bokuto dovrà letteralmente rapire Akaashi prima che un altro ragazzo si avvicini.
Ha pensato bene di marcare il territorio in vista delle lezioni successive, motivo per cui lo ha baciato di fronte l’intera aula.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


I Was Born To Love You
[BokuAka]

 
Capitolo 2


Koutaro si siede sul bordo del letto, scompiglia quella zazzera di capelli scuri che tanto ama e lascia un bacio dolce sulla fronte bollente del suo ragazzo.
Gli promette di tornare presto e Keiji non dubita di quelle parole nemmeno per un momento. Si sforza di sorridere e gli rivolge uno sguardo carico d’affetto, si lascia coccolare qualche minuto prima di sprofondare nuovamente tra i sogni confusi della febbre.
Lì, tra i ricordi più preziosi del suo passato, ritorna ai tempi della Fukurodani. Gli sembra di sentire il vento sferzargli la maglietta della divisa e i polpacci contrarsi rapidi mentre corre per riscaldarsi.
Ha la sensazione delle dita di Koutaro tra le scapole, esattamente come le sentiva ogni volta che il suo capitano lo assaliva con il solito entusiasmo, coinvolgendolo.
Ma la mente lo riporta ad un ricordo ancora più specifico, un ricordo a cui Keiji è legato in modo viscerale ed eterno – per quanto lui stesso non ne sia consapevole -.
 
Era ad un campo primaverile, poco prima della fine del suo secondo anno scolastico – dell’ultimo per colui che ai tempi non era ancora il suo ragazzo -, e la notte prima dell’ultima amichevole era stata piuttosto turbolenta.
Si erano sommati gli esami, gli allenamenti, le ultime interrogazioni da fare subito dopo il ritiro e poi la consapevolezza delle ultime partite. Keiji non voleva giocare in campo senza il suo capitano e, per quanto tentasse di nasconderlo, era davvero devastato.
Era certamente stata quella la causa di quell’improvviso malessere.
Era cominciato tutto a notte inoltrata, quando ormai – per fortuna – tutto il resto della squadra dormiva. Si era seduto sul futon e aveva sentito dei brividi di freddo passargli lungo la colonna vertebrale.
Aveva le labbra congelate e sentiva davvero un freddo innaturale, il fiato si faceva sempre più corto mentre i battiti cardiaci aumentavano piano piano.
Keiji sbloccò il telefono che il rivelò l’infausto orario. Non poteva permettersi di alzarsi e fare rumore, rischiando di svegliare i suoi compagni e compromettere la partita, doveva cercare di resistere.
Il freddo si impossessò anche delle spalle costringendolo ad accucciarsi su se stesso, allungò una mano e afferrò la felpa della squadra nel tentativo di scaldarsi.
Scivolò nuovamente sotto le lenzuola e sperò che bastasse per riposare ancora qualche ora.
Gli sforzi si rivelarono però vani, costringendo Keiji ad alzarsi dopo qualche minuto per prendere qualche respiro più profondo e riossigenare il corpo che – attimo dopo attimo – sembrava essere pervaso da un insolito calore.
«Ehi, va tutto bene?» La voce di Koutaro gli arrivò forte e chiara come un tuono, non fece nemmeno in tempo a voltarsi nella sua direzione che si ritrovò una mano stranamente delicata sulla fronte e il volto di Koutaro, corrucciato in un’espressione dispiaciuta e preoccupata.
«Ti sei ammalato, Akaashi?» Quella che doveva suonare come una domanda finì per risuonare come un’affermazione. Koutaro lo guardava intensamente negli occhi, magnetico come sempre. Sembrava volesse entrargli nella mente.
«Ti ho svegliato?» Keiji strinse parte della felpa nel pugno della mano, sentiva i sensi di colpa salire e travolgerlo come un fiume in piena. I brividi aumentarono ancora e poteva sentire il viso diventare sempre più caldo.
«Non riuscivo a dormire pensando alla partita e speravo ci fosse qualcun altro sveglio, così ti ho sentito, ma stai tremando e non stai bene».
Koutaro alzò gli occhi verso la porta pensando a come svegliare il coach per poter portare immediatamente Akaashi da un medico, ma fu fermato proprio dal suo amico.
«Anche se è solo un’amichevole, la partita di domani è troppo importante per poterla rovinare! Torna a dormire, tra qualche ora starò sicuramente meglio». Keiji cercò di rassicurarlo anche con lo sguardo, finendo per mostrare le sue iridi lucide sotto la luce della luna che entrava dalle finestre.
Aveva le guance di un rosso acceso e le labbra gonfie e fredde, Koutaro si spinse in avanti per sfiorarle – non sapeva ancora perché l’istinto gli avesse detto di fare in quel modo -.
Colto alla sprovvista da un barlume di lucidità, poggiò di nuovo la mano contro la fronte dell’altro, sentendolo sospirare pesantemente. Voleva fidarsi di lui, ma non così tanto da tornarsene nel suo futon come se nulla fosse.
Stava male in modo evidente, non poteva lasciarlo solo.
«Fatti più in là, forse questa coperta è troppo leggera per te».
Keiji stese il viso in un’espressione sorpresa e confusa, gli ci volle qualche secondo per registrare il corso degli eventi: Koutaro si stava sfilando le ciabatte e sembrava del tutto intenzionato a dormire con lui.
«Bokuto-san, ma domani mattina i nostri compagni-».
«Andrò via solo quando ti sentirai meglio, vieni qui».
Keiji si ritrovò la spalla solida del suo compagno a pochi centimetri dal suo viso, sentì il braccio dell’altro circondargli la vita e stringerlo a sé con un’inaspettata delicatezza e attenzione – e un po’ di goffaggine.
Avrebbe voluto replicare ancora, dirgli di non disturbarsi così tanto, di riposare in un posto più comodo, ma non ci riuscì. Le dita di Koutaro avevano appena raggiunto la sua nuca e la stavano carezzando lentamente finendo per ipnotizzarlo.
I brividi diminuirono e tutta la stanchezza e il fiato corto cominciarono a trasformarsi in una profonda sonnolenza.
«Akaashi?».
«Bokuto-san?».
«Domani voglio giocare con te però, se non ti senti -».
Keiji rise leggermente e poggiò la fronte ancora calda contro la sua spalla sentendo di aver trovato il suo posto preferito.
«Domani giocherò con te, Bokuto-san, lo prometto».
Dopo aver udito quella promessa, Koutaro riuscì finalmente a rilassarsi e ad addormentarsi, seguito subito dall’altro ragazzo.
Entrambi, anni dopo, a volte ripensavano a quell’evento e si chiedevano come avessero fatto a non capire immediatamente che i loro corpi fossero fatti per dormire intrecciati.
Koutaro, in quell’occasione, aveva avvertito per la prima volta la bellezza di poter stringere qualcuno al proprio petto per proteggere e amare. E, mai prima di allora, si era sentito così tanto protetto e amato a sua volta.
Keiji, invece, aveva trovato finalmente la cura per la sua febbre da stress e – anni e anni dopo – era una cura ancora ben efficace, per quanto ne fosse ormai totalmente dipendente.
 
E, anche in quel momento, steso solo nel letto nell’attesa di sentire Koutaro rientrare in casa, può cullarsi nel suo profumo, tra le loro lenzuola ancora calde, può contare sui mille baci che gli riserverà al suo rientro.
Può anche contare sulle polpette di riso che troverà sul tavolo.
Può nascondersi ancora tra le sue debolezze, può mostrarle e lasciare che Koutaro le carezzi con dolcezza senza approfittarne mai.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


I Was Born To Love You
[BokuAka]

 
Capitolo 3
 
Cielo terso, privo di nuvole.
Aria di autunno, foglie leggere e arancioni che si depositano sulle mattonelle ingrigite del cortile. Splendono sotto il sole, qualche uccellino cinguetta e zampetta di fronte l’immenso Liceo Fukurodani.
L’orologio scatta, la campana suona con i soliti quattro battiti.
Poi un fulmine.
No, no, non è un fulmine! Forse è una persona!
Un ragazzo esce dalla classe correndo come un forsennato, ha i capelli che sfidano la gravità – forse per il gel o forse per la velocità con cui sgambetta giù per le scale – e la cravatta annodata al contrario.
Derapa per un corridoio, sfiora un paio di matricole che quasi urlano al suo passaggio e si catapulta nell’ultima aula in fondo.
Probabilmente ha appena segnato il record giapponese della maratona dei cento metri, ma non importa. Non in quel momento.
La porta si apre e Akaashi non sembra minimamente stupito di vederlo lì, abbassa lo sguardo sul suo orologio da polso. Ci ha messo meno di un minuto per correre da una parte all’altra della scuola, caspita!
«Allora? Com’è andata? Eh?» Bokuto non la smette di saltellare sul posto, sembra in preda ad un eccesso di caffeina.
«Sessanta.»
«Sessanta? Hai preso sessanta?!» Lo schiacciatore sbianca, raggiunge il colorito del muro dietro di sé e sembra sul punto di avere una sincope.
«Ho preso sessanta.» conferma il più piccolo impassibile. Sembra totalmente apatico.
«Ma avevamo studiato insieme! Ci siamo impegnati tantissimo!» Bokuto porta i due pugni all’altezza del petto, proprio come un bambino e sembra abbia gli occhi lucidi.
«Bokuto-san, era il mio test, non il tuo. Perché ti preoccupi così tanto?» Akaashi solleva un sopracciglio, confuso. Ha ancora qualche difficoltà a interpretare quell’uragano del suo capitano.
«Ma, Akaashi, io volevo davvero che tu fossi il numero uno! Anzi, io credo che tu lo sia! Hai studiato tantissimo e ieri mi hai ripetuto tutto. Cosa è successo?».
Akaashi arrossisce leggermente e svia lo sguardo, lo focalizza su qualche studente che passa dal corridoio accanto e rivolge un’occhiata incuriosita a quel quadretto mezzo urlante.
«Forse… ecco, ero un po’ teso e la mia mente non ha collaborato».
«Ti sei impanicato e la testa ti si è svuotata?» Bokuto porta una mano sotto il mento e inclina appena il capo, sembra annuire.
«E’ successo anche a te?» chiede l’alzatore sgranando gli occhi incredulo. E chi se lo sarebbe mai aspettato che anche Koutaro Bokuto soffrisse di ansia da prestazione durante i compiti in classe!
«Sì, ero così in ansia per la partita del pomeriggio che ho dimenticato tutte le risposte del test e ho preso quasi zero!» E con che tono fiero lo aveva detto…
Akaashi ridusse gli occhi a due fessure e sospirò, stanco.
«Però, non sembri neanche deluso. Perché?» Bokuto era sinceramente incuriosito, aveva finalmente smesso di dondolare sui suoi piedi.
«E’ inutile sentirsi delusi per un semplice compito, no? Sono altre le cose serie per cui preoccuparsi. Da oggi stesso comincerò a studiare di più».
«No! Non sono d’accordo. Ti eri impegnato così tanto che è normale rimanerci male ed essere un po’ tristi. Lo so che non è importante, ma tu ieri non hai fatto altro che ripetere e ripetere…» Bokuto piantò i suoi occhi lucidi su quelli dell’altro.
«Se vuoi, Akaashi, posso essere io deluso al posto tuo!»
«No! No, non ho le forze per risollevare anche te, Bokuto-san! Bokuto-san!» Ma niente da fare, lo schiacciatore aveva già portato la fronte al muro e sembrava avvolto da una sinistra aria grigia.
Akaashi si avvicinò, dispiaciuto di averlo trascinato in quella disfatta.
«No, Akaashi, non provare a consolarmi! Sono così affranto che niente e nessuno potrà mai più risollevarmi!».
L’alzatore alzò un sopracciglio e quasi scoppiò a ridere. Quel ragazzo non seguiva nessun filo logico!
«Niente e nessuno? Proprio niente e nessuno, ne sei sicuro?» chiese trattenendosi ancora, un sorriso gli sfuggì dalle labbra. A che gioco stava giocando?
«In effetti una cosa e una persona potrebbero. Dopo gli allenamenti andiamo a prendere un gelato? Così ci consoliamo!» Bokuto staccò la fronte dal muro – mostrando una tacca rossa sopra le sopracciglia – e portò i pugni sui fianchi con aria fiera.
«E sia, ti concederò il gelato per riprenderti dal dolore del mio compito andato male.» il più piccolo era profondamente intenerito da quella visione, gli fu davvero grato per avergli rimesso il buon umore.
«Perfetto! Allora ci vediamo all’ora di pranzo al solito posto!» Bokuto gli afferrò le mani – ed entrambi sentirono una ventata di caldo insolito – prima di scappare nuovamente per i corridoi.
Si fermò dopo un paio di passi, rivolgendosi nuovamente verso il suo amico.
«La prossima volta ti presto il mio portafortuna!» quasi gli urlò, entusiasta.
«Quale sarebbe?».
Bokuto indicò un ciondolino a forma di gufetto attaccato al telefono.
Akaashi scoppiò finalmente a ridere.
«Quello te l’ho regalato io, Bokuto-san! Non vale!».
 
 
Erano passati quattro anni.
Bokuto dondolava di fronte un’aula con aria impaziente, una sfilza di ragazzi con dei libri a mano lo guardavano confusi.
Forse per la sgargiante felpa dei MSBY?
La porta si aprì e Akaashi – ancora – non fu minimamente sorpreso di esserselo ritrovato davanti.
«Allora? Com’è andata? Eh?».
«Ho preso la lode.» la voce monocorde, atona. A stento tratteneva un sorriso.
«La lode? Allora il mio portafortuna ha funzionato!» Bokuto gli saltò addosso quasi travolgendolo e sentendolo sorridere contro la sua spalla.
«Come sempre, Kotaro.» Akaashi rise leggermente prima di sentire le labbra del suo schiacciatore sulle proprie.
«Ora andiamo a prendere un gelato, vero?».
Akaashi annuì e lasciò che le loro dita si intrecciassero prima di uscire dall’università.
Dalla sua tasca penzolava un piccolo gufetto attaccato al telefono.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
I Was Born To Love You
[BokuAka]

 
Capitolo 4



Spogliatoio MSBY Black Jackals. Una mattina.
«Una Mini-Cooper!» Bokuto sollevò in aria una rivista automobilistica e indicò con un dito una macchina blu elettrica con annessa descrizione a tutti i presenti nello spogliatoio.
«Bro, lasciatelo dire, in queste cose sei davvero pessimo!» Kuroo, poggiato allo stipite della porta e impegnato a stiracchiarsi come un felino, gli rivolse uno sguardo divertito.
«Oh, perché dici così?» L’entusiasmo di Bokuto si spense come una candelina di compleanno. Portò la rivista sulle ginocchia e sfogliò distrattamente le pagine sulle Mini-Cooper.
«Perché nonostante tu e Akaashi siate sul punto di convolare a nozze, non hai minimamente capito che razza di pazzo scatenato lui sia.» Le parole di Sakusa, impegnato a rivestirsi di fronte il suo armadietto, colpirono lo schiacciatore come una coltellata.
«Omi ha ragione, se vuoi fare questo regalo ad Akaashi devi considerare anche la sua…mhh, indole.» Atsumu concordò annuendo alle parole del suo ragazzo e rivolgendo uno sguardo divertito al suo amico.
«Indole?» Bokuto si voltò verso Kuroo con gli occhi confusi e la rivista stretta tra le dita.
«La sua natura, com’è lui realmente. Lo hai mai visto alla guida?».
Bokuto parve pensarci un po’. Sapeva che Akaashi avesse la patente ormai da anni, ma era cosciente del fatto che guidasse molto di rado l’auto dei genitori, preferendo i mezzi pubblici e la bicicletta.
«Non sono mai salito in auto con lui.» constatò alla fine riportando gli occhi sulla Mini-Cooper.
Forse non era la scelta migliore? D’altronde era piccola e colorata proprio come Akaashi e aveva l’aria condizionata. Cosa non andava?
All’improvviso si sentì una risata soffocata. Sakusa richiuse l’armadietto davanti a sé.
«Dovresti optare per una bella Ferrari o una Porsche. Le Porsche sono ottime e i sedili sono facilmente lavabili. Soprattutto per quando ci vomiterai sopra!» Sakusa prese le chiavi della sua auto e si avviò all’uscio salutandolo con una mano.
Bokuto lo guardò confuso un’altra volta. Vomitare?
«Credo che Akaashi sia un filino più scatenato di quello che pensi. Osamu mi dice sempre che si può capire com’è un uomo a letto semplicemente guardandolo alla guida! Fai il ragionamento inverso e concludi tu, fammi sapere domani se ho ragione!» Atsumu richiuse la porta dello spogliatoio e raggiunse il suo ragazzo lasciando lo schiacciatore da solo con Kuroo.
Bokuto aveva ora raggiunto una strana e inquietante tonalità di bianco e continuava a fissare la porta con la bocca semiaperta.
«Io non sono sicuro di voler sapere la risposta, ma dalla tua faccia credo che la Mini-Cooper non sia l’auto adatta».
-
«Una Honda?».
«Lo so, ho provato a informarmi per una Ferrari ultimo modello ma il prezzo era così lungo che non sono riuscito nemmeno a leggerlo».
«Una Ferrari?».
«Dici di no? Forse un’auto da rally? Quelle con le ruote alte quanto me?».
«Amore, ti è preso a fuoco il cervello?».
Akaashi continuava a fissare la Honda nera parcheggiata di fronte la loro piccola casa. Un’auto tutta loro. Un’auto, un mezzo a quattro ruote.
Bokuto aveva acquistato una stramaledetta bellissima automobile senza dirgli nulla.
E aveva anche appeso un gufetto nello specchietto retrovisore e messo un Arbre Magique ai profumi di pino nel cambio.
«Ho pensato che vai ogni mattina in ufficio con l’autobus e ti alzi prestissimo per non fare tardi. Così la mattina potrai rimanere più tempo a letto con me! E inoltre non ti bagnerai quando pioverà!» Bokuto aveva totalmente cambiato espressione e ora sprizzava entusiasmo da tutti i pori.
«Potrò venirti a prendere agli allenamenti quando stacco da lavoro?» Gli occhi di Akaashi si fecero lucidi per la gioia. Aveva sempre desiderato fare una sorpresa al suo ragazzo o andarlo a prendere, ma gli orari dei mezzi non combaciavano quasi mai.
Finalmente avrebbe potuto realizzare quel piccolo desiderio!
«La domenica possiamo anche farci un giretto e andare da qualche parte, magari in montagna o al mare!» Bokuto lo abbracciò da dietro e gli scoccò un bacio sulla guancia mentre lo sentiva sorridere contro di sé.
«E’ davvero meravigliosa, non vedo l’ora di provarla! Andiamo!» Akaashi salì al posto del guidatore e osservò meravigliato gli splendidi interni dell’auto e il buon profumo di pino.
Bokuto allacciò la cintura e abbassò leggermente il finestrino rilassandosi contro il sedile – comodissimo -.
«Ho come la sensazione che potrei benissimo addorment-».
Akaashi mise in moto, chiuse gli sportelli e abbassò totalmente i finestrini mentre inseriva la retromarcia e usciva dal parcheggio. I piedi esperti come se pilotasse auto anziché editare manga.
Inserì la prima marcia, poi la seconda e la terza. Il motore cominciò a ruggire e il tenero sorrisino che aveva in volto cominciò a trasformarsi in qualcosa di più… diabolico!
Inserì la quarta mentre prendeva una curva a velocità e si inseriva su una superstrada superando le auto sulla corsia di destra.
Ruotò lo sterzo con una sola mano, con l’altra reinserì la terza in salita e rimise la quarta nella discesa successiva.
«Quest’auto ha una tenuta pazzesca, amore, hai fatto proprio un ottimo acquisto!».
-
Spogliatoio MSBY Black Jackals. Mattino successivo.
«Allora, Bokkun, com’è andata la sorpresa? Akaashi ha apprezzato?» Atsumu entrò tutto pimpante seguito da Sakusa, impegnato a osservare perplesso lo sguardo affranto del suo compagno di squadra.
«Non direi visto che è arrivato a piedi, non credi?» rispose ad Atsumu mentre si teneva ben lontano dal viso pallido e nauseato del loro compagno.
D’un tratto si sentirono dei passi veloci lungo il corridoio, la porta fu spalancata di botto come vi fosse un terremoto.
«Bokkun! Ho saputo che Akaashi-san ha una Honda! Pomeriggio andiamo a farci un giro? Voglio provarla!».
Gli occhi di Bokuto, vitrei e senza alcun’ anima, si sollevarono da terra e si proiettarono terrorizzati sul viso candido e innocente di Shoyo Hinata.
Vi fu un momento di silenzio.
Poi si sentì il trillo di un messaggio, lo schermo di Bokuto si illuminò e Atsumu allungò un braccio incuriosito. Lesse ad alta voce dopo aver rivolto una rapida occhiata a Sakusa.
“La macchina è all’autolavaggio, hanno detto che impiegheranno qualche giorno per smacchiare i sedili”.

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