DRINK, DRANK, DRUNK

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Las Vegas ***
Capitolo 2: *** Finchè sentenza non ci separi, con amore, R&M ***
Capitolo 3: *** Game Over, whit love ***



Capitolo 1
*** Las Vegas ***


 
La stanza in cui Ryo aprì gli occhi quella mattina assomigliava tremendamente a quella che giusto giusto 72 ore prima aveva notato sulle pagine di una rivista strappata alle mani di una Kaori -placidamente distesa sul divano- solo perché in copertina vi era la solita maggiorata procace con sguardo languido di ordinanza.
 
Si: è proprio simile pensò Ryo.
Disteso su quel letto a baldacchino, osservò bene tutto ciò che lo circondava: colori chiari alle pareti e poi oro, tanto oro:  mobilio, l’imbottitura della porta principale, le maniglie…i lampadari e perfino il bagno possedevano dettagli di questo colore! …certo, nulla di chè rispetto ad alcuni angoli pittoreschi di Shinjuku, tuttavia…risultava comunque un tantino eccessivo.
Riprese e collegate alcune sinapsi, lentamente, Ryo scostò il lenzuolo leggero dal suo corpo  liberandosi  dapprima le gambe e poi tutto il resto; si grattò la pancia, la testa e si stropiccio il viso poi, ancora addormentato  ma spinto dall' impellenza di trovare un bagno, scese da quella sorta di trappola molleggiata ad acqua e si avviò alla ricerca di una toilette.
Fece dunque alcuni passi e aprì le prime porte che gli capitarono a tiro ma non fu accontentato subito:  in una vi era una sorta di ufficio, nell' altra una cabina armadio. Saltellando e trattenendo il respiro, proseguì e finalmente oltre  la  terza  trovò ciò che cercava: quasi pianse di gioia nel momento in cui riuscì a liberarsi…si mise perfino a canticchiare, allegro.
Fatto ciò che doveva, si portò al lavandino e si lavò le mani, alzando il suo viso ed osservandosi al contempo nello specchio ( dorato). Si portò un po' di acqua fresca al viso e si beò di quanto vide riflesso nello specchio: un uomo affascinante dal fisico decisamente scolpito, capelli naturalmente spettinati ,senza un solo filo argenteo…e poi un sorriso da fare girare la testa ed ancora…segni di rossetto sul collo, bicipiti lucidi… mani possenti sulle quali faceva capolino una fede dorata, brillante. 
Sorrise compiaciuto guardandosi la mano;  l’oro risultava davvero bene sulla sua pelle. Liscia, semplice….quel piccolo cerchio d’ oro brillava, lucido.
 
Alt un attimo….Una fede? Una….fede? disse tra sé iniziando a sudare freddo. Appoggiò entrambe le mani sul bordo del lavandino mentre le gambe iniziavano a farsi molli come gelatina.
 
“Una fe…una fe…una ffffefe…una feeeDEEEEEE? COSA CI FA AL MIO DITO UNA FEDE?” urlò, sbiancando come se lo avessero appena accoltellato, osservando la sua mano e poi i suoi occhi nello specchio.
 
Cosa ho fatto ma…soprattutto….con chi? Perché? Quando? Pensò, in preda alla disperazione.
Veloce come una saetta, uscì da quel bagno ed a grandi falcate cercò di tornare al letto per scoprire l’ arcano… ma ad un certo punto, terrorizzato, si fermò in mezzo alla stanza: non aveva io coraggio di andare oltre.
LUI non ne aveva il CORAGGIO.
Peccato, però, che il suo cellulare decise di suonare in quel momento. 
Alzò gli occhi al cielo.
“ACCIDENTI!” disse, costretto suo malgrado ad avvicinarsi al letto; stava per recuperare il telefono disperso tra le coltri quando vide una mano grande, affusolata spuntare dalle coperte.
Istintivamente, ritrasse la mano.
Osservò l’altra mano e poi risalì con lo sguardo oltre le dita ed il dorso; vide un avambraccio, dai bicipiti….
 
Glabri.  
 
Chiari. 
 
Muscolosi. 
 
 
Ryo sudò freddo.
 
Il telefono, che continuava a vibrare, mostrava a display l’ immagine di una donna  appena uscita dalla doccia, una foto rubata qualche settimana prima, di nascosto: l’ avesse vista la protagonista sicuramente lo avrebbe ammazzato. 
 
Era Kaori. 
 
Guardò ancora il telefono, per qualche secondo. 
 
Ok,se qui compare il numero del distretto di Tokyo ed il prefisso internazionale…io dove diamine mi trovo? Che ci faccio all’ estero? Dunque…non mi sono sposato con Kaori? disse tra sé.
Guardò ancora il display.
Rispose.
 
“Dove diavolo sei finito, Ryo?” chiese la voce che lui conosceva fin troppo bene.  
“Dolce Kaori io…io sono impegnato in un caso molto importante e riservato…perdonami se sono uscito di casa senza dire nulla" disse girando le spalle all' altra persona con cui condivideva il letto ed al contempo passandosi la mano, quella mano, tra i capelli. 
“ …e perché io non ne so niente?” domandò la donna. In sottofondo,il traffico di Tokyo.
Lui, preso dal panico, non seppe più che scusa inventarsi. Blaterò alcune frasi senza senso e fece uno dei suoi soliti giochi: finse che la linea del telefono fosse disturbata, gracchiò qualche parola sconnessa e chiuse la conversazione, spegnendo il telefono.
 
Dannazione! Pensò.  Ora…che faccio? Mi ammazzerà, al mio ritorno…sempre che abbia il coraggio di tornare !  pensò, quindi posò il telefono dietro di sé, sospirando.
Fissò le tende davanti a sé; lasciavano intravedere lo skyline di una città ed insegne, moltissime insegne colorate.
 
“…ehi…cosa ci fai nel mio letto? “ 
 
La voce di un uomo ruppe il silenzio , facendo sobbalzare Ryo che, al ralenti e con una certa difficoltà a respirare, voltò il suo viso verso quella voce maschile e conosciuta. Mick.
 
“MICK! Cosa…cosa ci fai tu, nel mio letto?” domandò a sua volta, sotto shock.
 
I due sweeper, nudi e crudi e nello stesso letto, si fissarono negli occhi per un po'; infine Ryo, balzando in piedi come morso da una tarantola, puntò il dito verso l’ amico.
 
“Dai, dove l’ hai nascosta? Ti sei divertito a farmi questo scherzo, è? Proprio ora…proprio ora che ti ho confidato la mia volontà di fare sul serio con Kaori!!! A proposito, dove mi hai portato? “ chiese.
Si, deve essere così: quando l’ altra sera siamo usciti a bere qualcosa insieme…quel bastardo aveva già organizzato tutto!!!  pensò Ryo al contempo,ghignando tra sé e continuando a fissare Mick che…diventava sempre più pallido.
 
L’americano di alzò.
Infilò un paio di boxer e si alzò in piedi: lo sguardo interrogativo si posò dapprima per terra dove vi erano disseminate bottiglie di whisky, perizomi…dorati, fogli di carta.Poi tornò in quello di Ryo.
 
“..io…io non…NON HO ORGANIZZATO PROPRIO UN BEL NIENTE” urlò, quasi in preda alla disperazione: Ryo allora lo raggiunse scavalcando il letto parandosi davanti.
 
“Mick, ti do CINQUE MINUTI CINQUE per spiegarmi tutto, poi giuro che ti farò così tanti buchi che non capirai più la differenza tra l’essere UN UOMO ED UNO SCOLAPASTA! “ gli urlò. Infine, mostrandogli la mano sinistra, chiese lumi anche su quello.
 
“ COME ME LO SPIEGHI?” chiese; Mick iniziò a ridere, istericamente…ed andò avanti fichè Ryo non prese la sua mano, mostrandogliela.
I due si fissarono.
Basiti, si guardarono negli occhi per un tempo infinito….finchè il suono di un campanello non li riportò alla realtà.
“ Servizio in camera” disse la persona fuori dalla porta; Mick recuperò la pistola dal cassetto del comodino accanto al letto ed aprì.
“mi….mi scusi” disse quando notò il giovane cameriere trasalire davanti a due uomini seminudi, uno dei quali con una pistola tra le mani.
“…la colazioni, signor Angel, così come avete lasciato detto ieri sera” balbettò il ragazzo; Mick annuì, socchiuse la porta, recuperò alcune banconote stropicciate dalla tasca dei pantaloni appoggiati su una sedia e rientrò con carrellino e vivande; i due, ancora, ripresero a guardarsi.
Ryo si avvicinò al carrello, alzando la cloche.
Vi era una serie di pietanze ed un biglietto:
 
 
CON I MIGLIORI AUGURI, DA PARTE DELLA DIREZIONE.
f.to: DIR. REV. Marc Gustavsson,
 
 
Mick guardò Ryo, Ryo guardò Mick.
Entrambi guardarono le proprie mani, come fossero presi all’ improvviso dallo stesso dubbio; infine Mick tornò vero i suoi pantaloni e prese una pallina di carta che poco prima aveva sentito tra le dita mentre cercava i soldi, aprendola.
 
Ryo osservò Mick diventare sempre più pallido.
Ancora un attimo e sarebbe svenuto.
Allungò la mano e strappò quel foglio di carta dalle mani dell’ amico leggendolo, avidamente.
 
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e lasciò cadere quel pezzo di carta; poi cadde anche lui, svenuto, con una leggera bavetta alla bocca e gli occhi fuori dalle orbite: aveva appena letto il suo nome e quello di Mick su di un certificato di matrimonio.
 
Il loro!

 

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Capitolo 2
*** Finchè sentenza non ci separi, con amore, R&M ***


wedding-LA-01 “Non ce la faccio più, mi serve una scatola di aspirine…quando apre sto negozio?” domandò Ryo sempre più nervoso. Mick se ne stava appoggiato al muro , gambe incrociate e giacca appoggiata su di una spalla, fumandosi una sigaretta: alzò gli occhi al cielo quando sentì per l’ ennesima volta la voce dell’amico.
“Dovresti ricordartelo, visto che hai vissuto in America per un po'…ti assicuro che le abitudini sono rimaste le stesse….” Rispose Mick, apparentemente tranquillo.
 Ryo sbuffò.
“Sono sicuro che è tutta colpa tua” disse.
Mick spense la sigaretta nel contenitore accanto; decise di non dar più retta all’ amico che pareva un bambino dell’ asilo e cominciò a camminare avanti ed indietro spostando la giacca da una spalla all’ altra, fischiettando. Si sentiva addosso gli occhi di Ryo ed a stendo riuscì a trattenere una risata:tra le centinaia a loro capitate, quella era decisamente la situazione più assurda capitata loro.
“Ridi anche…” lo rimbrottò Ryo; andarono avanti per un bel pezzo , tra sbuffi, sghignazzate e borbottii…andarono avanti finchè finalmente il negozio  aprì ed i due entrarono, facendo incetta di aspirine, snacks,bibite energetiche e sigarette. Fatta la spesa, decisero di andare a sedersi sulla panchina di un parchetto li accanto; non era il massimo ma – forse- avrebbero potuto pensare e ragionare con lucidità sull’ accaduto.
“Senti Ryo….” Esordì, ad un certo punto, Mick “ secondo te…meglio un cognome unico o doppio?”
La testa reclinata all’ indietro e la schiena appoggiata al supporto di quella panca in legno, Mick osservava il cielo azzurro; Ryo al contrario era chino in avanti con le braccia appoggiate alle sue gambe e nelle mani teneva la lattina di una bevanda. A quella domanda, voltò il viso verso Mick e lo guardò con aria interrogativa.
“Che stai dicendo?” domandò, onestamente confuso dalle esternazioni dell’ amico.
“…mi chiedevo se… se dovessimo avere dei figli, che cognome  diamo? Il mio, il tuo, entrambi? E la nazionalità? Se dovessero nascere in Giappone sarebbero problemi…*”.
Ryo si accertò di aver sentito bene. L’istinto di prendere la Phyton fu forte, ma si trattenne. A proposito…ma come abbiamo fatto ad entrare negli Usa con le nostre piccoline nella fondina? si domandò, per poi tornare a cose più serie…
“…Mick, vedi di sparire dalla mia vista per almeno un paio d’ ore perché le mani iniziano a prudermi e potrei anche mettere fine alla tua vita…” rispose, serio. Mick iniziò a ridere, ancora; Ryo a quel punto si alzò ed iniziò a rincorrerlo, attirando l’ attenzione dei presenti e purtroppo anche di un paio di poliziotti che, ligi al loro dovere, li fermarono. Braccia conserte sulla tenuta estiva, i due ragazzotti che nulla avevano da invidiare alla stazza dei due sweeper chiesero i documenti ma, ancora prima di riceverli, Mick si diede da fare.
“Lascia parlare me e ….” mormorò rivolto a Ryo  “ ….e soprattutto non fare nulla, stai fermo. Non voglio che ci perquisiscano…con le bambine che portiamo nella fondina  una notte in gabbia non ce la toglie nessuno”
Ryo annuì. Stranamente , rimase zitto, ricomponendosi.
 
“Qualche problema?” chiese il più giovane degli agenti.
“Nessuno, agente… Peels” rispose Mick lanciando un occhio alla targhetta “ io e mio…marito abbiamo avuto una divergenza di vedute…ci siamo sposati ieri sera e….”
“…capisco ma…dica a suo…suo marito di…contenersi, per favore…” rispose questo cercando di mantenere un filo di serietà “ non vogliamo problemi…” rispose. Ryo lo fissò, Mick fece finta di nulla e lo ringraziò iniziando a parlare della squadra di basket; come previsto, nel giro di mezz'ora tutto si risolse con due pacche sulle spalle. Infine, prima che i poliziotti si allontanassero, Mick afferrò la mano di Ryo e se lo portò via, ringraziando ancora gli agenti.
“Lasciami” sibilò tra i denti lo sweeper giapponese
“Piantala, CRETINA!! “ rispose Mick con un sorriso di circostanza “ stai al gioco e andiamo via di qui, bellezza!!! …e ringraziami! La polizia americana di solito non è così gentile!!!!”
“…Me le pagherai tutte” disse Ryo sempre più furente, allungando il passo “ora però torniamo in hotel, ho un mal di testa che mi sta spaccando e voglio trovare chi ci ha sposato e…e far annullare questa cosa!!!”
Mick si fermò e  lasciò la mano di Ryo; poi, appena questi si girò riprendendo la strada   dell’ hotel, allungò la stessa mano …tirando una sonora pacca sui glutei sodi di Ryo.
“Va bene, puledrina” rispose; Ryo iniziò a correre, rosso in viso, sudato e sempre più nervoso; ben presto distanziò Mick e la sua proverbiale flemma.
 
 
....un attimo più tardi, in hotel ....  
 
“…quindi…voi vorreste annullare il tutto?”
Il direttore dell’ hotel nonché reverendo era seduto di fronte a loro nell’ elegante studio in cui una carta da parati disseminata di pink flamingo la faceva da padrone; le mani intrecciate sul ventre prominente, fissava i due sposini alternando il proprio sguardo tra gli occhi azzurri di Mick e quelli grigi di Ryo, sempre più nervoso.
“si, Reverendo… è stato uno sbaglio, un vezzo, uno scherzo” disse, serio.
Marc Gustavsson aggrottò la fronte. Guardò oltre le teste dei due, tornò con lo sguardo  ai fogli disseminati sulla scrivania, fissò Ryo e Mick e ancora, osservò il soffitto…poi d’ un tratto aprì un  cassetto e ne prese un tomo.
Mick fissò Ryo, questi scosse la testa.
“…Crede si possa fare qualcosa?” chiese l’ americano. Il reverendo non alzò nemmeno lo sguardo da ciò che stava facendo, inumidì il dito indice ed iniziò a sfogliare le pagine di quel tomo. Ryo osservò la scena e  trattenne a stento una espressione di ribrezzo…il suo pensiero in quel momento era altrove: da Kaori. Dovette prendere un profondo respiro e togliersi dalla mente quel wurstel che aveva dinnanzi e…il suo pensiero andò a Tokyo, da lei.
Chissà cosa sarebbe accaduto, al suo ritorno.
Questa era davvero grossa da farsi perdonare…insomma: sparire, andare a finire in un altro continente … spegnere il telefono qualche ora prima poi…aveva firmato la sua condanna a morte, definitiva e senza appello. Proprio ora…proprio ora che – lo sapeva – sarebbe riuscito a lasciarsi andare….
 
“..dunque” esordì il reverendo dopo una decina di minuti in cui ognuno andò per i prorpi pensieri “ in base al diritto internazionale in materia, il matrimonio è valido…e per annullarlo dovreste appellarvi al Paese di residenza” .
Mick guardò Ryo.
I visi di entrambi iniziarono a cambiare colore , virando dal bianco panna al verde acido per poi tornare su un color rubino intenso.
“….ne è certo….?” Chiese Ryo, deglutendo a fatica. Le dita della sua mano destra iniziarono a tamburellare nervosamente sulla scrivania di Mr. Gustavsson.
“…si. L’ unico modo per annullarlo è il non aver presentato i certificati richiesti o dimostrare di averlo contratto ioci causa, per gioco….”
“…ma certo che è stato per gioco !!!” urlò Ryo a quel punto, balzando in piedi con così tanto fervore da ribaltare la sedia sulla quale era seduto. Mr. Gustavsson lo guardò malissimo.
“…ok, ok… stia calmo…ora…controllo il vostro fascicolo” rispose l’ uomo, alzandosi ed andando a rovistare nei cassetti di uno schedario; dopo alcuni attimi, finalmente, se ne tornò al tavolo con una vistosa cartelletta giallo canarino. Ryo tornò a sedersi.
“….ecco…” disse estraendo un foglio “ qui…qui dovrebbe esserci ciò che mi serve…mi dispiace ragazzi, ma il matrimonio è valido a tutti gli effetti. Conviene sentiate un avvocato e dimostrare che sia stato tutto…una burla”.
Per la prima volta, Ryo provò un senso di sconforto senza eguali…quel matrimonio era valido…ed ora? Seriamente…non gli fregava nulla delle risate che si sarebbero fatti lucciolone e compagnia bella ma…Kaori, la sua Kaori…cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe detto?
“Ryo? Tutto a posto? Stai tranquillo…vedrai che troveremo un modo…lascia fare a me. Ho ancora un discreto numero di amici e avvocati, sia a New York che a Dallas…vedrai che ci toglieremo dalle scatole questo….problemino e tra un paio di giorni atterreremo a Tokyo…” . Mick pareva serio, una volta tanto; Ryo non disse nulla, prese la porta e cominciò a camminare verso la hall dove, alla reception, chiese di poter fare un paio di telefonate urgenti: una alla questura di Tokyo e l’ altra a Kaori.
 
* se un neonato nasce in Giappone da genitori di etnie diverse non esiste scelta di doppia nazionalità, lo stesso vale per chi decide di viverci che è tenuto a scegliere tra la nazionalità di nascita e quella del Paese che lo ospita

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Capitolo 3
*** Game Over, whit love ***


lat L.A.
Mick uscì dallo studio del direttore un po' più sollevato: certo non era semplice ma, un colpo al cerchio ed uno alla botte, avrebbero risolto quel gran casino in cui si erano infilati.
Subito andò a cercare Ryo; attraversò la hall , si recò nella zona piscine, lanciò una occhiata ai vari bar disseminati fuori e dentro il sontuoso hotel ma nulla; probabilmente l’ amico era tornato in camera e voleva starsene per i fatti propri. Accaldato, maniche della camicia arrotolate e un paio di bottoni slacciati, Mick cercò un angolo fresco e soprattutto riservato ed, una volta individuato, si lasciò andare su di una poltrona      dall’ aspetto morbido, rilassandosi.Chiuse gli occhi , si passò una mano tra i capelli e cercò di riposare…il mal di testa che gli faceva compagnia da quella mattina lo stava finalmente lasciando ed il sollievo fu tale che, ad un tratto, finì per sonnecchiare beatamente ma…questo relax non durò molto: una voce lo riportò alla realtà.
“Mr. Angel….”
Era un sogno o qualcuno lo stava davvero chiamando? La voce sembrava lontana, ovattata….
“Mr. Angel…posso disturbarla?”si sentì chiedere, ancora.
“Mr. Angel…”
Mick aprì gli occhi.
 
Un uomo in un elegante completo di lino scuro e panama in tinta fece la comparsa davanti agli occhi celesti dello sweeper; i modi affettati e la presenza di quelle che dovevano essere due guardie del corpo suggerivano…guai, forse? Mick si ricompose, per ogni evenienza.
“…Buongiorno, posso fare qualcosa per voi?” chiese; al contempo, il suo cervello iniziò improvvisamente  a produrre flashback, immagini di questa persona, una festa, una piscina ed un nome: Paul Van Gaal.
“Buongiorno, Mr…Van Gaal” rispose, augurandosi che Dio o chi per esso potesse aiutarlo in quel momento. Van Gaal sorrise e con il capo fece cenno alla poltrona di fronte a Mick, per poi accomodarsi.
“Noto con piacere che vi ricordate il mio nome…dopo la sbronza colossale che lei ed il suo compagno vi siete presi, credevo non ricordaste nemmeno il  vostro nome” rispose, ridacchiando. La mano destra, ingioiellata, passò tra i capelli mossi e rossicci dell’ uomo.
Mick si sentì tremendamente in imbarazzo. Per quanto fosse ancora in tilt, la sua mente inziò a collegare i pezzi di un puzzle…era forse un loro committente, erano forse arrivati in America per lui? si domandò.
“…Le porgo le mie più sincere scuse” disse allora Mick, portando le mani avanti; Van Gaal sorrise, ancora.
“Ero passato per comunicare a lei ed il suo compare i miei più sentiti ringraziamenti e per consegnarvi , oltre al compenso, un piccolo cadeau…ma credo che prima abbia bisogno di un piccolo riassunto, esatto?” disse.
Mick, imbarazzato, annuì.
“…le sarei infinitamente grato…” rispose.
Van Gaal si liberò dei suoi due angeli custodi con una scusa; fermò un cameriere e ordinò per entrambi del succo d’ arancia ed alcuni snacks poi, con molta semplicità iniziò a raccontare quanto accaduto. Mick, sempre più imbarazzato, avrebbe voluto nascondersi ma il magnate – perché di un uomo ricchissimo si trattava – lo fece tutto sommato sentire a suo agio ed alla fine di quella lunga chiacchierata l’ animo di Mick era decisamente più sollevato e….la tasca sinistra dei pantaloni , dove vi era l’ assegno per il loro lavoro, decisamente gonfia. Inoltre, Mr. Vaan Gaal aveva offerto loro il personalissimo  jet privato e pagato il conto della suite
Dopo aver salutato l’ uomo ed essersi messo d’ accordo per il volo di ritorno, quindi, Mick decise di andare in camera dove probabilmente di trovava Ryo e  si infilò nel primo ascensore disponibile.
 
“Ryo, Ryo…tieniti forte, ho una bellissima notizia da darti” disse spalancando la porta della camera.
Ryo, che aveva appena posato il telefono cordless sul letto, si alzò e si girò. Aveva una faccia scura, cupa.
“Che succede?” chiese Mick avvicinandosi.
“Kaori è andata via” rispose Ryo, atono, facendo alcuni passi verso una delle finestre della suite e scostando le tende.
“…Kao…Kaori cosa? Come fai a saperlo? Cosa è successo?” chiese Mick, preoccupato.
Ryo si voltò.
Mani in tasca, sguardo serio…si girò verso il suo migliore amico e ripetè la frase.
“...Ho chiamato Saeko…le ho chiesto di darci una mano e poi…ho chiamato Kaori, a casa e sul cellulare, ma nessuno ha risposto. Così ho chiamato al Cat’s Eyes e Miki mi ha detto che…che al momento sta da loro, ma nei prossimi giorni tornerà nel vecchio appartamento che divideva con Hide” rispose Ryo. Il tono e lo sguardo, tristi e cupi, preoccuparono Mick oltre ogni dire.
Non era uno scherzo.
Kaori era andata via.
Ryo, per la prima volta nella sua vita, era completamente a pezzi.
“Tu che mi volevi dire?” chiese poi Ryo, quasi per gentilezza, andandosi a sedere sul divanetto poco distante. Mick lo raggiunse.
“…Innanzitutto…tieni questo” disse estraendo dalla tasca l’ assegno da due milioni e mezzo di dollari e posandolo sulle gambe di Ryo.
“Co…cosa è?” chiese quest’ ultimo.
“Il compenso per il nostro lavoro” rispose Mick. Ryo, sempre più perplesso, fissò Mick negli occhi.
“Mentre ero nella hall, sono stato interpellato da un uomo…inizialmente non l’ ho riconosciuto e ho fatto davvero una figura meschina…poi, parlando…insomma,        quest’ uomo mi ha spiegato cosa è successo ieri sera e perché siamo qui….” Disse.
Ryo sgranò ancora una volta gli occhi.
“Piantala di scherzare, Mick” rispose.
“Mr. Van Gaal…dice nulla questo nome?” domandò l’ americano. Dopo averci pensato…Ryo balzò in piedi, come fosse morso da una tarantola.
“Van ….Van Ga….oddio! La festa! Ricordo che c’era un sacco di gente, ricordo di avere inseguito una donna bellissima che poi…ecco, che poi si è rivelata essere un uomo…” rispose.
“Esatto! Van Gaal ci ha interpellati un paio di settimane fa a Tokyo, durante il party all’ ambasciata americana… noi siamo arrivati qui ieri mattina con il suo jet privato, lo abbiamo accompagnato ad un incontro con quel magnate russo, Ivanciu…Invancu….Ivanciuk* e poi…poi siamo andati a casa sua ed, a quanto pare, ci abbiamo dato dentro con l’ alcool….” Esclamò Mick, prendendo Ryo per le spalle.
“…Mio Dio, ecco perché abbiamo ancora le pistole con noi ma soprattutto…ecco perché nessuno ha mai domandato nulla riguardo ai miei documenti….Mick…dobbiamo davvero avere esagerato se ci siamo ridotti a non capire più niente e…sposarci!!!” rispose Ryo mentre i suoi occhi , sull’ ultima parola, tornavano tristi.
Mick lasciò che l’ amico si allontanasse.
“…Non so come spiegarti questa cosa ma…le notizie buone non sono finite qui!!!  Van Gaal può aiutarci anche in questo: il nostro…ehm….MATRIMONIO verrà annullato entro sera. Prima della nostra partenza, stasera alle 21, saremo liberi” gli disse.
 Infine, si avvicinò a lui e, presa la propria fede dalla tasca, la posò in quella di Ryo.
“Ryo, promettimi una cosa: appena arriveremo a Tokyo tu scenderai da quell’ aereo , prenderai la prima macchina disponibile e andrai da Kaori e le chiederai di sposarti. Promettimelo, dannazione!” esclamò Mick. Ryo si voltò e lo fissò, stupito; stava per aprire bocca quando l’ amico lo interruppe.
“…no, non trovare scuse. Siete fatti l’ uno per l’ altra, inutile negarlo. Vivete insieme da quanti anni, 7?8? Troppi, senza mai essere stati chiari! Ora basta giochi, Ryo. Non siamo dannati, siamo uomini…e abbiamo tutto il diritto di vivere una vita…normale” concluse. Ryo, attonito, non disse nulla ma…Mick ha ragione ! pensò; quante promesse aveva fatto a Kaori, quante volte le aveva fatto capire qualcosa salvo poi ritrarsi all’ ultimo minuto?
Mick rimase in silenzio. Ryo, davanti a lui, anche…poi andò verso il telefono e compose il numero di Saeko.
“Torniamo a casa, tutto risolto” disse non appena la donna rispose; poi, senza ulteriori spiegazioni, posò il ricevitore e si stese sul materasso ad acqua fissando il soffitto del baldacchino con un bellissimo, dolce, solare sorriso sulle labbra e negli occhi.
 
 
TOKYO
Il viaggio di ritorno portò riposo e soprattutto ricordi.
Durante le ore di quel volo che non sembrava finire mai soprattutto per Ryo, da sempre in pessimi rapporti con quelle scatole di ferro sospese in aria, i due riuscirono non solo a riposare, ma piano piano affrontarono tutti i ricordi di quell’ assurdo viaggio di lavoro, e ne uscì anche qualche grassa risata; nelle tasche i documenti del…divorzio e le rispettive parti del compenso. Rilassati, finalmente, passarono l’ ultima ora di volo racchiusi nei loro pensieri; soprattutto, Mick osservava Ryo, il suo viso preoccupato. Tra poco forse sarebbe riuscito a incontrare Kaori…tra poco, la sua vita sarebbe cambiata…così, almeno, sperava.
L’aereo atterrò in orario.
Confusi ancora dal fuso orario e dal volo piuttosto lungo, i due scesero la scaletta        dell’ aereo ancora mezzo rintronati; attraversarono quindi la piccola pista privata e, senza ulteriori controlli, guadagnarono l’ uscita da una porticina laterale: Van Gaal aveva pensato a tutto e laddove non era arrivato lui ci aveva pensato Saeko che li attendeva appoggiata con le terga alla sua fuoriserie.
“Benvenuti” disse dissimulando malamente uno sbadiglio. I capelli raccolti con alcune forcine e l’ abbigliamento stranamente raffazzonato e sportivo fece intendere che non si era svegliata molto tempo prima.
“Buongiorno Saeko e…grazie…” rispose Mick.
“Allora, come è andato il viaggio, signori….ehi, che congnome avete scelto? Saeba o Angel?” chiese, ridendo. Ryo la fulminò con lo sguardo.
“Non cominciare anche tu !” le rispose, continuando a borbottare.
“Suvvia, scherzavo” disse la donna aprendo le portiere dell’auto nella quale vi si infilò prontamente Ryo.
“Ehi, che fai?” domandò Saeko.
“Scusami tesoro…devo fare una cosa urgente. Tu e Mick potrete tornare a casa in taxi” rispose , sorprendendo tutti.
 Mick e Saeko lo osservarono, basiti, senza dire nulla. Il volto di Mick si allargò in un sorrriso.
“Ehi    ! la mia macchina   !” urlò Saeko.
Troppo tardi. Ryo era partito come un razzo.
Saeko osservò Mick ridacchiare.
“…Tu ne sai qualcosa, vero?” gli chiese, mettendo il broncio; Mick si avvicinò, la prese sottobraccio e si avviarono poco distanti. Alzò la mano, chiamò uno dei taxi fermi ad aspettare e, una volta saliti, si rivolse alla donna.
“Hai già fatto colazione?” chiese.
“No…non ancora” rispose lei, accomodandosi.
“Per favore, ci porti a Shinjuku” disse Mick, allora. Saeko lo fissò, sorrise a sua volta e guardò la strada, mentre il taxi partiva.
 
 
Ryo, nel frattempo, macinava chilometri su chilometri; il respiro costantemente in affanno ed i riflessi leggermente rallentati spinse la macchina al suo limite, sorpassando e rischiando incidenti ad ogni manovra; solo quando arrivò nei pressi del Cats Eye riuscì a tirare il fiato.
Parcheggiò il mezzo ed infilò le chiavi in tasca e avviandosi verso l’ ingresso; il locale avrebbe aperto nel giro di una mezzora quindi decise di ciondolare nei dintorni per un po' e ciò gli servi a capire come…come  affrontare la sua Kaori. Assonnato, confuso, emozionato Ryo cercò, disperatamente, di tenere sotto controllo tutto ma…non vi riuscì: quella frase detta di Miki, il pensiero di non avere più Kaori nella sua vita…lo avevano mandato in tilt.
Da troppi anni teneva chiusi a chiave, nei recessi di fondo di un cassetto, i suoi sentimenti; da troppi anni negava ad entrambi la felicità.Conosceva i sentimenti di Kaori da parecchio tempo, li aveva sfuggiti, ne era stato colpito.Questa volta, però…questa volta lo avevano decisamente messo ko.
Ryo passeggiò avanti ed indietro per una ventina di minuti. Quando le sue orecchie ascoltarono il rumore della porta che si apriva e la voce suadente di Miki dare il buongiorno alla coppia con il bambino nel passeggino allungò il passo e si mise in fila dietro di loto.
Miki lo notò; non disse nulla, ma il suo sguardo valeva più di mille parole.
“RYO! E TI PRESENTI COSI’?” gli urlò in faccia incurante dei clienti una volta ritrovatasi davanti a lui, che avvampò ma nemmeno la degnò di uno sguardo.
“Dove è Kaori?” chiese spiando oltre le spalle della donna; di lei nessuna traccia, né dietro il bancone né all’ interno del locale.
“Deve ancora scendere…” rispose Miki con rassegnazione.
Ryo si fece da parte e attese che tutti furono entrati, poi fece lo stesso. Andò ad accomodarsi al solito sgabello.
“Per favore, Miki… non dire nulla, non metterti in mezzo stavolta. Sono qui per Kaori e sto facendo sul serio” le disse Ryo. La donna, indaffarata a preparare le prime colazione, fece un cenno con la testa.
 
Kaori si fece attendere. Forse aveva sentito le urla di Miki ed aveva deciso di starsene al piano di sopra o forse…forse era fuggita…Ryo si appoggiò al bancone, sorseggiando in silenzio il caffè che senza alcuna richiesta Miki gli aveva preparato; era agitato, la mano tremò nel sollevare la tazzina.
Accidenti sembro proprio un liceale disse fra sé, osservando il liquido scuro. Sorrise fra sé, si diede i più improbabili improperi…poi fu distratto da un rumore: una porta che si apriva.
Kaori.Kaori era li, davanti a lui. Quando lo vide il suo sguardo indugiò negli occhi di Ryo, ma dopo un attimo, si spostarono verso Miki. Presto, troppo presto.
“Scusa se sono scesa ora, Miki. Dovevo sistemare alcune cose da portare                    nell’ appartamento” disse. Miki guardò Ryo, Ryo guardò Miki: l’ unica a non entrare in quel gioco di sguardi fu Kaori che, a quanto pare, aveva deciso di fare finta di nulla.
Ryo non reagì.
Non si alzò in piedi, non fece lo stupido.
Non prese in giro Umi nel vederlo rientrare colmo di sacchetti per la spesa e nemmeno disse nulla quando due ragazze, forse due universitarie, fecero la loro entrata. Niente di niente: Ryo rimase fermo, li.
A guardare Kaori con infinita dolcezza.
Morto dal sonno, in preda alla solita agitazione e leggermente nervoso, Ryo rimase nel locale per ore ed ore. Ci rimase anche se pareva invisibile, ci rimase quando il sole tramontò e i suoi amici iniziarono a sistemare piatti e tazzine, ci rimase quando Kaori passò lo straccio sul pavimento e si degnò di rivolgergli la parola.
“Spostati, per favore….anzi, vai a casa: il locale sta per chiudere, sono quasi le otto” disse la donna mentre, con movimenti veloci e con fare meticoloso, procedeva nella pulizia. La sua voce era calma e senza alcun tono particolare.
“Kaori, ti prego…” le disse Ryo prendendole il polso “ ascoltami…vorrei che tu…che noi…si tornasse a casa insieme….”.  
Ryo osservò la donna; si era svincolata da quella presa e, con lo sguardo cupo, aveva ripreso a lavorare senza nemmeno degnarlo di una risposta.
“Ti prego Kaori, posso spiegarti tutto” disse , anora, Ryo. Scese dallo sgabello e le si parò davanti; lei si  fermò, rialzò lo sguardo da terra e alzò la sua mano: un sonoro schiaffo arrivò in pieno viso all’ uomo. Uno schiaffo talmente forte che gli voltò perfino il viso.
Miki  passò in mezzo ai due per andare a chiudere la porta del negozio; c’era aria di tempesta e la sua intenzione era quella di ritirarsi al piano superiore prima che iniziassero a tirarsi i piatti. Non disse nulla, non li salutò; fece ciò che doveva e poi si ritirò oltre  la porta mentre Ryo e Kaori, uno di fronte all’ altra, si sfidavano silenziosi.
“Non puoi presentarti qui come se nulla fosse, Ryo, dopo essere sparito senza avermi detto nulla!!!” urlò Kaori, il viso paonazzo, all’ improvviso.
“Kaori, davvero, posso spiegarti tutto” rispose lui cercando di prenderle la mano. Il suo sguardo era…si, lo sguardo di Ryo era cambiato ma…Kaori era ferma nelle sue decisioni.
Lo fissò a lungo, silenziosamente, prima di appoggiare secchio e stracci;  poi, finalmente si decise. Lasciò ciò che stava facendo e andò a sedersi al divanetto più vicino; Ryo la seguì con lo sguardo finchè lei non gli fece cenno di sedersi e lui prese posto, proprio di fronte alla donna.
 Il cuore gli batteva forte.
Aveva paura.Aveva davvero una fottuta paura, stavolta.
Si maledisse, Ryo, per avere aspettato tutto quel tempo..si maledisse per tutto.
“…Kaori, devo dirti una cosa imp-“ provò a dirle sfuggendo con lo sguardo qua e la, giocando nervosamente con la saliera posta nel mezzo del tavolo; provò a parlare, ma lei lo fermò.
“…No, non voglio sentire nulla. Ryo, io pensavo che saresti cambiato, mi avevi promesso tante cose…. Invece? Invece fai come al solito!!! Io ti ho aperto il mio cuore e non ti ho mai chiesto nulla in cambio, tu…tu…tu invece ti comporti ancora come un cretino ed io..non posso sopportare più questa cosa. Non più.”
Ryo la osservò.Cercò i suoi occhi, colmi di rabbia e lacrime; quando li trovò, non volle più lasciarli.
Non rispose, Ryo; si perse in quegli occhi nocciola che sostenevano fieri lo sguardo senza dire nulla, quasi trattenendo il fiato.  No, non può essere, non può finire così disse fra sé; abbassò lo sguardo, sospirò e poi si giocò il tutto per tutto.
Lo sweeper si alzò, fece alcuni passi senza una mèta precisa sotto lo sguardo interrogativo di Kaori poi, d’ un tratto si voltò.
“Sei sicura, Kaori? Lo so…so di averti fatto disperare…so di averti fatto del male, so di avere sbagliato. Sono un essere umano anche io: dietro la mia maschera da clown, come ben sai, c’è sofferenza, timidezza, paura. Del futuro, soprattutto. Di morire, anche se a te sembra impossibile. Di perderti…di vivere la mia vita senza di te”.
Gli occhi grigi di Ryo erano infinitamente tristi ed altrettanto sinceri. Kaori chinò il capo lasciando uscire le lacrime che rigarono ben presto il suo volto.
“…non ti chiedo di credermi, ma solo di ascoltarmi” disse, quasi sottovoce come fosse un segreto solo loro “ io ti amo, Kaori. Ti amo da molto, moltissimo tempo….e odio il pensiero di perderti.  Sai….avrei voluto fare una delle mie solite scene, avrei voluto fare una delle mie solite piazzate, chiedendoti di sposarmi ma… credo che forse…forse ti ho perso davvero quindi…. Ora uscirò di qui e dalla tua vita. Se non mi dirai nulla, me ne andrò, accettando la tua decisione”.
Kaori sgranò gli occhi.
Ryo…Ryo se ne sarebbe andato, se non avesse detto nulla…ma…ma lei…lei non poteva cedere, questa volta.
Provò a parlare, Kaori. Provò a dire qualcosa, quasi bisbigliando, fissando il tavolo; pensò e ripensò alle sue parole, al suo orgoglio finchè, finalmente, non si decise: in quel preciso istante, però, Ryo uscì dalla porta.
“RYO….ASPETTA! “ gli urlò, mandando a quel paese tutti i suoi pensieri; ma lui era già dall’ altro lato della strada e stava salendo sull’ auto. Kaori si alzò e corse, corse a perdifiato; lui però sparì, dietro la curva.
“…stupida…STUPIDAAAAA!!!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre le ginocchia le cedevano facendola crollare nel bel mezzo della strada.
“…NO KAORI, NON SEI STUPIDA! LO SIETE ENTRAMBI, E SIETE ANCHE DEI TESTONI! ORA MUOVI IL CULO, SALI SULLA MIA MACCHINAE RAGGIUNGILO!” sentì urlare; alzò lo sguardo e vide Miki alla finestra ed un mazzo di chiavi cadere a pochi passi da lei.
Kaori si alzò.
Asciugò le lacrime con il collo della camicetta e si chinò per afferrare le chiavi; una rapida occhiata ed individuata la macchina dell’ amica vi salì sopra, partendo a tutto gas. Sarebbe tornata a casa, sperando di trovarlo li; si infilò dunque lungo l’arteria principale e in un misto di lacrime e sorridi raggiunse quella che era casa sua.
Come prevedibile, la macchina di Ryo non era presente e lei si perse un po' d’ animo; tuttavia decise comunque di parcheggiare e salire. Lo avrebbe aspettato, nel caso…e poi, il destino avrebbe fatto il resto.
Con cuore e passi pesanti la donna fece dunque quanto pensato;  uno scalino dopo           l’ altro raggiunse l’ appartamento ed entrò. Ryo non c’era: provò a chiamarlo ma nessuno rispose. Cercò la sua borsetta per prendere il suo telefonino e si ricordò di averla lasciata in macchina; ridiscese, stanca, controvoglia, e raggiunse la macchina.
“….Kaori…”
Una voce, conosciuta la sorprese alle spalle. Ryo.
“…io… Ryo, ascol-“ provò a dire.
“NO…” rispose, lui, avvicinandosi a lei e cingendola, da dietro, appoggiando il viso sulla spalla “ non ho intenzione di ascoltarti….hai già detto troppe cazzate”.
Kaori chiuse gli occhi.
“Mi dispiace…” sussurrò, posando le proprie mani sopra quelle di Ryo che la stringevano sul ventre “..sono una stupida , Ryo…”.
L’ uomo non disse nulla.
Con un rapido movimento se la caricò sulle braccia e si avviò verso le scale di casa. Kaori appoggiò il viso contro il petto dell’ uomo.
“Basta parole, Kaori. Non pensiamoci. Ripartiamo da zero, ripartiamo da qui, da noi….” le disse, facendo cadere qualsiasi difesa “ non importa cosa ne sarà, se vorrai sposarmi o meno…ora pensiamo…a noi. Ti amo, Kaori, e non ho intenzione di lasciarti per il resto dei miei giorni” le disse.
Una porta, pesante, si chiuse dietro di loro; nella notte di Tokyo, arrivati su quel terrazzo che tanto amavano, si aprì invece il loro nuovo mondo, la loro  nuova vita, tra sospiri, sguardi e stelle ma soprattutto una magnifica luna che rendeva ancora più brillanti le due fedi uscite dalla tasca di Ryo, appoggiata poco distante dai loro corpi avvinghiati.

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