Di un treno in corsa, rune angeliche e fatture orcovolanti

di padvaniglia_EFP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Note sul contesto ***
Capitolo 2: *** L'Angelo e la Fenice ***
Capitolo 3: *** Riunioni di famiglia e Negromanzia ***
Capitolo 4: *** Things Go Wonderfully Right (Or Horribly Wrong) ***
Capitolo 5: *** Epilogo - Where we come alive ***



Capitolo 1
*** Note sul contesto ***


NOTE SUL CONTESTO 
 

Questa storia è nata un po' per caso, un po' per gioco, nei primi tempi della pandemia, poco prima di un'interrogazione di chimica (bei ricordi) e ci ho lavorato nuovamente proprio in quest'ultimo mese: chiaramente, aveva lo scopo di divertire me in fase di scrittura e i futuri lettori, senza alcuna pretesa o formale ricercatezza. È stata una sorta di esperimento creativo, per vedere come riuscissi a gestire più personaggi contemporaneamente, una corsa contro il tempo stile "Caccia al ladro", una sotto trama abbastanza scontata e la conciliazione di due universi diametralmente opposti, senza sfociare nell'OOC (ovvero: ciò che temo di più).

Di conseguenza, è opportuno fornire alcune precisazioni (superfluo specificare che gli elementi di maggior serietà saranno in netta minoranza, ma mi piace pensare che la spensieratezza sia l'ingrediente mancante di questi tempi):

1) La vicenda non ha luogo in un anno definito, e qualsiasi riferimento ad eventi o persone reali è da ritenersi puramente casuale;

2) In termini di Shadowhunters Universe, ci troviamo nel lasso di tempo compreso tra gli eventi di "Città del Fuoco Celeste" ("The Mortal Instruments") e "Signora della Mezzanotte" ("The Dark Artifices"), senza tenere conto di "The Eldest Curses": vi saranno leggeri riferimenti ad entrambe le serie, senza importanti spoiler. La protagonista, Isabelle Lightwood, ha pertanto circa vent'anni: sebbene nei primi libri possa apparire come invincibile, ho avuto modo di approfondire il suo personaggio tramite libri stand-alone, perciò vedrete una Isabelle un po' più fragile, senza alcuna maschera come difesa - il modo in cui l'ho sempre immaginata.

3) In termini di Harry Potter Universe, ho dovuto apportare qualche modifica all'età dei personaggi, in modo tale da poterla avvicinare a quella di Isabelle. Pertanto: venti anni per Lily Luna Potter, Louis WeasleyLorcan e Lysander Scamandro; ventidue per Albus Severus PotterScorpius e Rose Granger-MalfoyRoxanne WeasleyAlice e Frank LongbottomMolly e Lucy Weasley; ventitré per James Sirius Potter, Dominique Weasley e Fred Jr. Weasley. Di conseguenza, Teddy Lupin e Victoire Weasley hanno rispettivamente trenta e ventotto anni;

4) In questa storia, Rose e Scorpius sono gemelli, sotto il cognome Granger-Malfoy: essendo fan della coppia fanon Draco ed Hermione, ho sempre immaginato loro due come fratelli (un esempio più o meno calzante è la storia "Winter Rose" di  ladykirahm, che potete trovare su EFP). Sono gemelli anche Alice e Frank Longbottom, Molly e Lucy Weasley (eliminando quindi i due anni di differenza canon) e Lorcan e Lysander Scamandro (qui vi sono opinioni contrastanti: alcuni sostengono siano gemelli, altri che abbiamo tre anni di differenza con Lorcan come fratello maggiore. Io ho scelto di "adottare" la prima ipotesi);

5) In questa storia, Ron Weasley è fidanzato con Gabrielle Delacour, dalla quale ha avuto un un unico figlio, Hugo Weasley, di tredici anni e ancora frequentante il terzo anno ad Hogwarts. Secondo PotterPedia.it, Gabrielle ritornò in Inghilterra dopo la fine della Seconda Guerra Magica ed entrò a far parte del Consiglio dei Maghi: in questa storia, ha intrapreso la carriera di Medimaga all'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche;

6) In questa storia, la maggior parte dei giovani protagonisti è membro del Corpo Auror, eccetto: James Potter, Cercatore dei Cannoni di Chudley; Dominique Weasley, proprietaria di una boutique di alta moda per maghi e babbani a Parigi; Albus Potter e Molly Weasley, Medimaghi; Roxanne Weasley, Cacciatrice delle Holyhead Harpies; Lorcan e Lysander Scamandro, Custodes Silvae(specializzazione in Magizoologia); Alice Longbottom, Squadra Speciale Investigativa; Frank Longbottom, Magipsicologo; Louis Weasley, Spezzaincantesimi; Victoire Weasley, Obliviatore; Teddy Lupin, Dipendente dell'Ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica;

7) In questa storia, Harry Potter e Ronald Weasley fanno parte del Corpo Auror, mentre Hermione Granger è un Indicibile nel Dipartimento dell'Ufficio Misteri e Draco Malfoy esercita la  professione di Pozionista al Ministero;

8) Nel testo, si fa riferimento ad una Giratempo: si tratta di una piccola licenza poetica, data la mia grande passione per i viaggi nel tempo e "Doctor Who";

9) In questa storia, l'Ordine della Fenice è stato restaurato come ausilio al Dipartimento Auror nella caccia agli ultimi Mangiamorte sopravvissuti e in fuga: tutti i personaggi citati ne sono membri attivi.

Per chi preferisce leggere accompagnato dalla musica, ho scritto sulle note di:

- "Phoenix", Fall Out Boy;
- "Immortals", Fall Out Boy;
- "La paura del buio", Maneskin;
- "Follow you", Imagine Dragons;
- "Red Desert", 5SOS;
- "Dark Side", Blind Channel;

Sperando che queste piccole modifiche non vi dissuadano dal continuare la storia, buona lettura!

 

 

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Capitolo 2
*** L'Angelo e la Fenice ***


I - L'ANGELO E LA FENICE 

 

Un eroe è un normale essere umano che fa la migliore delle cose nella peggiore delle circostanze.
Joseph Campbell

«Ehi, bel tatuaggio!»

Isabelle alzò di scatto la testa corvina dal manuale che le aveva regalato Alec per il suo diciassettesimo compleanno, "101 modi per confinare a Edom un Demone Superiore". Il quinto vagone nel quale viaggiava era vuoto, ad eccezione dei tre ragazzi seduti di fronte a lei e, poco più avanti, di due uomini imbacuccati in smisurate mantelle scure, a dispetto dell'afosa estate americana. Il giovane che aveva parlato doveva avere all'incirca la sua stessa età: il volto era pallido, affilato e i capelli sottili quasi albini, in una maniera che le ricordava dolorosamente il folle fratello di Clary, Jonathan – sconfitto mesi prima. Eppure, le iridi cinerine come sbuffi di nebbia e la bocca sottile, delicata, delineavano un'espressione timida ed anche un po' fanciullesca, in contrasto con gli occhi febbricitanti di colui che aveva tanto anelato alla devastazione del mondo.

«Come scusa?» chiese con voce tagliente e cauta, non sapendo ancora con chi avesse a che fare.

«No no, non volevo offenderti, solo che amo dipingere e ne sono rimasto affascinato...» Isabelle seguì lo sguardo del giovane, incantato dall'elaborato intreccio rombico di linee scure sull'avambraccio sinistro: era una runa – che parlava di sicurezza, protezione lungo il cammino – e in quanto tale un semplice mondano non sarebbe dovuto essere capace di vederla, sebbene molti di loro possedessero la Vista. Vigile, portò la mano destra alla cintura – inguantata per nascondere la runa a forma d'occhio sul dorso – percependo sotto i polpastrelli la forma oblunga e familiare dello stilo. La ragazza che era seduta accanto a Isabelle sbuffò irritata, poggiando il libro che stava leggendo sulle ginocchia e schiaffeggiando il braccio dell'amico.

«Scorpius, ma ti sembrano cose da dire?» poi si voltò vero Isabelle. «Ti prego di scusare mio cugino, di solito non è così invadente...»

«Cosa vorresti insinuare, Potter? Io ho l'occhio da artista e l'animo sensibile all'arte, ma non mi aspetto che tu possa comprendere l'effimera bellezza del...»

«Godric Scorpius, appena arriviamo a New York ti faccio costruire una statua, che dici? Dieci metri di rottura di pluffe e un...»

«Santo Merlino, mi state facendo venire il mal di testa!»

A quelle parole il biondo si zittì, limitandosi a scoccare un'occhiataccia alla cugina. La ragazza che aveva parlato era piuttosto simile a Scorpius: i lunghi capelli bruni, intramezzati da ciocche vermiglie, erano raccolti in una crocchia piuttosto disordinata, fermata da una curiosa stecca di legno intagliato, e gli occhi color del cioccolato erano vispi e determinati. Le esili dita calzavano un anello d'argento, decorato con creature serpentine, mentre l'ampia scollatura della maglietta lasciava intravedere il disegno di un animale alato nell'incavo dei seni poco pronunciati. Emanava un'aura austera, da leader, marcata da un'espressione fiera e combattiva: il luccichio malandrino del suo sguardo, però, tradiva quell'indole giocosa che il ragazzo di Isabelle, Simon, pareva possedere innatamente.

«Cosa diamine mi è passato per la testa quando ho deciso di viaggiare con voi?» La voce era bassa, calda e venata di ironia, in contrasto con l'aspetto duro della sua figura. Isabelle, da sempre ottima osservatrice, notò che la mano della giovane – per istinto o abitudine – correva sempre a stringere quel bastoncino infilato tra i capelli, nello stesso modo in cui lei cercava costantemente l'elsa rigida del pugnale: un gesto rassicurante e familiare.

«Non fa niente, non mi sono offesa, solo... non credevo lo notaste...»

Scorpius si voltò vero Isabelle, un sorriso radioso che gli illuminava il volto: «Chi te lo ha disegnato? Mi piacerebbe studiare il bozzetto originale...»

«Ehm, mio fratello maggiore. Lui... è molto abile in questo genere di cose.» Decise di rimanere sul vago, sebbene quella versione non si discostasse così tanto dalla realtà. Alec gliel'aveva inciso poco prima della partenza di lei da Richmond, un rituale che conservavano sin da bambini. Il giovane sprizzava entusiasmo da tutti i pori, mentre la ragazza accanto a lui, che lo osservava affettuosamente, si girò verso Isabelle.

«Beh, dopo questo scambio di battute particolarmente eccitante, che ne dite di presentarci? Io sono Rosaline, ma puoi chiamarmi Rose.»

Le rivolse un sorriso affabile, ma non particolarmente espansivo: il suo sguardo indagatore la squadrava, pronto a cogliere il minimo dettaglio. «Lei invece è mia cugina Lily,» la ragazza dai capelli fulvi accennò scherzosamente il saluto militare, «mentre questa serpe qui è il mio gemello, Scorpius, l'artista di famiglia!» e gli diede un buffetto sulla guancia. Il fratello le fece una linguaccia, imbronciandosi. «Ti odio quando mi chiami così, lo sai?» L'altra rise genuina, per poi rivolgere uno sguardo interrogativo a Isabelle, che scrollò le spalle.

«Semplicemente Isabelle.» Gli altri annuirono, contenti di poter scambiare quattro chiacchiere durante quel lungo viaggio: Scorpius fissava ancora affascinato il tatuaggio sul braccio, Lily si era immersa nuovamente nella lettura e Rose la stava fissando con curiosità, per poi chiederle il motivo del suo viaggio. Era una domanda banale, ingenua, eppure Isabelle non riuscì a togliersi di dosso la sensazione che fosse una sorta di implicito interrogatorio, e un gelido brivido le corse lungo la colonna. Era arrivata a Richmond poche settimane prima, assieme a Clary e Alec, tramite un portale: ospiti di un'affabile amica dei loro genitori, avevano indagato su una serie di misteriose sparizioni di mondani e Cacciatori che si erano separati dal Conclave, senza alcun risultato. Non erano emerse attività demoniache recenti, e Isabelle si era a lungo interrogata sul perché queste scomparse fossero così importanti per il Conclave. A mani vuote, gli altri due aveva utilizzato un portale creato da una stregona del luogo per tornare all'Istituto, mentre la ragazza aveva scelto la via più lunga, la tratta ferroviaria che correva dalla stazione centrale di Richmond fino al Grand Central Terminal – un modo per staccare almeno per un giorno dalla vita frenetica e pericolosa che, dalla fine della Guerra Oscura, le pesava come un macigno.

I suoi occhi scuri e densi come la pece indugiarono su Rose e Scorpius, che stavano discutendo riguardo alcuni esami da ultimare: all'inizio non si era soffermata a studiarli, ma era inevitabile rimanere catturati dall'intimità che li univa. Erano seduti vicini, ciocche luminose come ambra e oro che si intrecciavano in un curioso gioco di luci e ombre e la pelle candida come porcellana lambita dai raggi del sole. Isabelle ebbe la tentazione di scattare una foto da mostrare a Clarissa, ma sapeva che l'amica l'avrebbe rimproverata: era sempre stata scettica nel riprodurre delle fotografie, sostenendo fermamente che, con esse, si smarrivano tutti i contrasti, i toni e l'essenza stessa dell'immagine. I due fratelli parevano vivere in una propria dimensione, estraniati dal resto del mondo e avvolti in una bolla di complicità e amore incondizionato che si manifestava dal continuo sfiorare delle pelli – un modo per sostenersi e rassicurarsi vicendevolmente. Lily, invece, era un insieme di contrasti, pura e luminosa come alessandrite: la chioma vermiglia faceva risaltare le iridi scintillanti come giada e spiccava sulla pelle lattescente, simile al sangue che istoria la neve. Miriadi di efelidi punteggiavano il naso alla francese e le gote rosee, come delicati spruzzi brunastri - a differenza dai visi cerei dei cugini, arrossati dalla prolungata esposizione al sole cocente di fine luglio.

«Quindi sei di New York, Izzy?» le chiese Lily, interrompendo le sue elucubrazioni. «È da quando sono piccola che desidero visitarla e finalmente ne ho l'occasione!» Isabelle rise e assentì.

Se solo la conosceste veramente a fondo, piccoli mondani, scappereste a gambe levate! pensò poco divertita.

«Noi invece veniamo dall'Inghilterra,» stava spiegando Scorpius, le braccia incrociate dietro il capo. «Siamo diretti nella Grande Mela per il matrimonio dei nostri cugini, Teddy e Victoire. A Richmond ci siamo separati dal resto della famiglia, loro hanno scelto di viaggiare con una pass... con l'aereo!» si corresse all'istante, imbarazzato per quel curioso lapsus, ma Izzy non ci fece caso, troppo presa a metabolizzare le parole precedenti.

«Lungi da me farmi gli affari vostri, ma in Inghilterra vi sposate sempre... sì insomma, tra cugini?»

«Oh Merlino, no!» Lily scuoteva la testa e sorrideva, persa in ricordi lontani. «Teddy non è realmente nostro cugino, al contrario di Vicky: sua nonna è la zia del papà di Rosie e Scorp, però ha sempre fatto parte della nostra famiglia, da quando...» esitò, la voce improvvisamente melanconica. «Non ha mai conosciuto i suoi genitori, sono... sono morti poco dopo la sua nascita.»

Isabelle rimase in silenzio, scegliendo non rispondere: i tre ragazzi erano così abbattuti – lo sguardo rivolto al paesaggio verdeggiante oltre il finestrino – come se fossero persi in un dedalo di dolorose memorie, perciò preferì cambiare argomento.

«Siete belli numerosi, eh?» Gli altri fecero un cenno d'assenso, mentre Rose prendeva la parola. «Non immagini che disastro le cene di famiglia! Lily ha due fratelli, James e Albus,» a quel nome, Scorpius ebbe un singulto, le gote colorate dal rossore puerile tipico del primo amore, «e sua madre – zia Ginny – ne aveva sei: non tutti hanno avuto figli, ma gli altri... formano un esercito intero!»

Isabelle finse di non aver colto i verbi volti al passato. Non sapeva niente di loro, eppure c'era qualcosa di indefinibile e inspiegabile, una sorta di legame empatico che li univa: intuiva che la vita di quei giovani, all'apparenza perfetta, era stata segnata da sofferenze indicibili quanto le sue.

«Tu invece?»

«Oh, io ho solo due fratelli: Alexander, il maggiore e Jace, della mia stessa età. Poi ci sono Magnus,» esitò per un impercettibile attimo, e continuò, «il fidanzato di Alec, e la ragazza di Jace, Clary, che praticamente vive con noi. Credo che a Clary piacerebbe incontrati, Scorpius: anche lei adora dipingere!»

Sbatté rapidamente le palpebre, per impedire alle lacrime di scivolarle lungo le guance leggermente incavate: voleva urlare fino a far sanguinare la gola, desiderava disperatamente far sapere al mondo che anche Max, il suo soldatino, era loro fratello, che lui era lì, c'era sempre stato. Ma, con una morsa allo stomaco che le mozzò il fiato, si costrinse a glissare sull'argomento, per evitare inutili sguardi compassionevoli che non lo avrebbero riportato in vita.

Non lo avrebbero riportato da lei.

«Anche tu un'amante dei serpenti, eh?» esclamò Rose, forse avvertendo la sinistra piega del discorso ed indicando il polso destro di Izzy, avvolto da un bracciale d'argento e oro.

«Passione di famiglia, suppongo,» osservò lei, notando come anche Scorpius portasse un ciondolo con le fattezze di un aspide. Quest'ultimo rise. «Spera solo di non incontrare uno dei nostri zii, allora: scapperà a gambe levate solo a vedere il tuo gioiello!»

Isabelle lo guardò confusa, ma sentendo Lily sbuffare sonoramente accennò un sorrisino. «Quando la smetterete di prendere in giro mio padre? È successo poco più di trent'anni fa!»

«Fammi pensare... mai!»

Lily si sbatté una mano sulla fronte, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e rialzò lo sguardo con un'espressione birichina. «Cari i miei cugini, vogliamo parlare dell'episodio tra zio Draco e Fierobecco? O di quella volta che...»

«Altro che nobile di cuore, Potter, sei una serpe fatta e finita,» mormorò Scorpius.

«Di chi state parlando?» si intromise Isabelle, un po' risentita di essere stata lasciata in disparte. Rose sventolò una mano in aria: «Draco è nostro padre, e Fierobecco... beh, un animale un po' selvatico con cui ha avuto un grave incidente quando era giovane...»

Lily scoppiò a ridere. «Ma per favore, non era che un semplice graffio! Zio Ron e zia Herm lo dicono sempre, e lo sai che vostra madre non mente mai!»

«Portate nomi abbastanza... ecco, particolari. Anche se non posso giudicarvi, dal momento che la sorellina di un mio amico si chiama Drusilla!»

Scorpius fece spallucce. «È una tradizione della famiglia di nostro padre affibbiare nomi di stelle ai nascituri, intendo. Il mio si riferisce alla costellazione dello Scorpione; ad esempio, il cugino di papà si chiamava Sirius – come l'astro Sirio – e suo nonno Orion...» disse, contando i nomi sulla punta delle dita.

«È affascinante, no?» osservò Isabelle, da sempre appassionata di astronomia. «Rose da dove deriva?»

A quelle parole Lily scoppiò a ridere, spalleggiata da Scorpius, mentre la cugina li rimbrottava. «Smettetela, idioti! In realtà non c'è una storia vera e propria, è stato più un... incidente ecco.»

Il fratello ululò. «Suvvia, Rosie, non vorrai privare la nostra nuova amica di un simile divertimento! Se non lo racconti tu, lo farò io!»

Amica? Isabelle, sorpresa, si sentì scaldare il cuore. A New York, eccetto la sua famiglia e il suo fidanzato, non aveva mai allacciato stretti rapporti e, consapevole dei rischi che correva ogni giorno, aveva sempre preferito non affezionarsi troppo, come anche i suoi coetanei. Vedere quei tre giovani, tanto sereni da poter donare senza timore il loro affetto a chiunque, le faceva provare una sorta di invidia maligna per la loro – apparente – spensieratezza.

Intanto, Rose aveva alzato le mani in segno di difesa, e stava raccontando di come sua madre, per ripicca contro il marito, aveva deciso di rompere la tradizione dei suoi avi affibbiandole il nome di un fiore, ma Isabelle quasi non la sentì, troppo presa dall'osservare il tatuaggio che le dipingeva la pelle, credendo di essersi sbagliata. Aguzzò gli occhi, annuendo di tanto in tanto, e... sì, eccolo! La candida maglia della ragazza si era spostata verso destra, lasciando intravedere una sottile cicatrice nei pressi della clavicola: sotto, il disegno di una fenice svettava maestoso e rubizzo, le ampie ali variopinte che avvolgevano delicatamente i due seni in una carezza dolce e sensuale. Era un debole guizzo, difficilmente distinguibile se non da un occhio esperto: e a Isabelle, che cacciava demoni e creature sovrannaturali dalla più tenera età, non sfuggì il fluido movimento delle ali, in un'esplosione di cremisi, oro e turchino, o il frullare delle piume policrome sulla pelle vellutata, come vele agitate dal vento.

Si dimenò sul sedile, irrequieta, le risate dei compagni ridotte ad un ronzio sullo sfondo: rilassò la mente, scrutando, dove riusciva, il corpo degli altri due. Proprio in quell'istante, Lily scrollò la testa, portando la folta chioma dietro le spalle: seminascosta dal colletto della camicia, comparve un'altra fenice, questa volta dal piumaggio lucente come oro bianco – simile alla sfumatura delle Rune Matrimoniali – che dalla spalla tendeva il becco affilato verso il collo pallido della giovane. Col cuore in gola, rivolse la sua attenzione verso il ragazzo, che apparentemente non mostrava alcun dipinto sulla pelle lattea – forse solo nascosto in un altro punto, pensò. Facendo cadere sbadatamente il libro, ottenne il pretesto di chinarsi sotto il tavolo senza destare sospetti: era luglio inoltrato, e con quella calura insopportabile solo un pazzo avrebbe avuto il coraggio di indossare dei jeans. Come aveva previsto, tutti e tre portavano dei pantaloncini corti fino al ginocchio, lasciando però scoperte le gambe solcate da alcune cicatrici. Sulla caviglia sinistra di Scorpius era raffigurato l'uccello d'Arabia, rannicchiato su sé stesso: come sentendosi osservato, spalancò freneticamente le ali smeraldine e si avviluppò sinuoso attorno al polpaccio. Isabelle si rialzò di scatto, il respiro accelerato come prima di una battaglia: percepiva una sensazione strana, sconosciuta, ma che non era collegata in alcun modo a una minaccia demoniaca – o i suoi sensi da Cacciatrice l'avrebbero già allertata. Quando tornò in posizione eretta, si accorse di avere tutti gli occhi puntati su di sé, seppur sembrassero ignari della "scoperta" di Isabelle.

«Finalmente! Sei andata a caccia di formiche?» le domandò sardonica Rose. Izzy la fissò allibita, incapace di proferire parola: moriva dalla voglia di sapere chi o cosa fossero, ma cercò di contenersi e di cambiare discorso, presa alla sprovvista. Venne però salvata dallo squillo del cellulare di Lily che, stranita, si mise a frugare dentro la borsa. Appena accese il display, una smorfia divertita mista a esasperazione le delineò i tratti delicati, e mentre accettava la chiamata mimò un nome in direzione dei gemelli, i quali si sporsero verso di lei per ascoltare la conversazione.

«Freddie, se mi hai chiamato ancora per costringermi a rimettermi assieme a Lysander te lo puoi scordare! Quest'estate non ho alcuna intenzione di andare a caccia di Narg... cosa? Dimmi che è uno scherzo!» Dall'altra parte del ricevitore proveniva un vociare concitato, ma Isabelle, seduta al suo fianco, colse solamente brandelli di parole – imboscata... attuare diversivo... vai con il protocollo 33... - che le parevano prive di significato. Lily invece diveniva sempre più pallida e sudata: «Maledizione... Sì, sono con me... in sei... mai visti né sentiti parlare... va bene, va bene,» poi aggiunse, quasi sussurrando: «Procediamo con il 27, siamo in presenza di babbani. Fred, cerchiamo di inviarvi le coordinate.» Riattaccò, le mani che le tremavano e gli occhi che scrutavano febbrilmente ogni angolo del vagone; Rose, impaziente, le strattonò il braccio.

«Cosa ha detto, che succede? Stanno tutti bene?»

La cugina annuì, facendole segno di abbassare la voce, frattanto che estraeva un pezzo di carta sgualcita, un calamaio e una penna d'oca dalla borsa ai suoi piedi. Rapidamente, vergò con mano sicura una serie di simboli e numeri e la consegnò a Scorpius, rimasto fino a quel momento in religioso silenzio. Letto il biglietto, egli strabuzzò gli occhi e si alzò, annunciando di dover andare in bagno, ma in quel momento i due viaggiatori solitari si alzarono e gli sbarrarono il passaggio.

Isabelle, impietrita di fronte a quelle manovre aliene e insolite, si soffermò per esaminarli: erano saliti con lei a Richmond, seguiti poi dai tre ragazzi, e per quelle prime due ore di viaggio non si erano mai mossi, tanto da far credere di essersi assopiti. Erano tutti e due alti, ma mentre il primo era slanciato e muscoloso, l'altro assomigliava di più ad una botte, tarchiato e più impacciato nei movimenti. Da sotto il capello a falda larga che entrambi calzavano, spuntavano ciocche di capelli cinerei, ma di un grigio spento e vuoto, ed una cappa scura come il manto di un corvo era adagiata mollemente sulle loro spalle larghe. Scorpius, ritto dinanzi a loro, era più basso di una buona spanna ed il suo incarnato niveo contrastava violentemente con le due figure corvine. Isabelle si rese conto che Rose non si trovava più davanti a lei, ma con un balzo l'aveva superata per raggiungere il fratello, seguita da Lily: la prima aveva estratto fugacemente la bacchetta che fermava lo chignon ed ora una cascata di riccioli ambrati le ricadeva sulla schiena flessuosa. La cugina aveva tirato fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni lo stesso bastoncino di Rose e lo stringeva saldamente, con la punta levigata rivolta verso il basso e i muscoli tesi. Izzy, pur non capendo appieno le dinamiche di quella situazione, si aggregò alle due ragazze – ritenendo però imprudente sguainare il vasto arsenale di pugnali con cui viaggiava – e chiudendo quella bizzarra colonna. Scorpius era in testa - l'espressione pacata e riflessiva di prima sostituita da una più combattiva, più adulta – che fronteggiava i due signori, anche lui con la strana verga tra le dita, nascosta dietro la schiena: sotto di loro, la carrozza ondeggiava lievemente, sferragliando lungo i binari dissestati. Isabelle, pur rimanendo vigile e allerta, si concesse un momento per analizzare quegli strani bastoncini che i giovani tenevano in mano: erano tutti della stessa lunghezza, quasi del medesimo tono – palissandro e antracite – ma differivano per le decorazioni. Quello di Rose presentava un incrocio casuale di linee in rilievo, mentre quelli del fratello e della cugina erano intagliati lungo i bordi, e la corvina si interrogò sulla loro utilità, non riuscendo però a trovare una valida interpretazione. Si riscosse solo quando sentì una voce roca ridere volgarmente di una frase pronunciata da Scorpius.

«E così il signorino deve andare in bagno, eh? Non credo però di poterlo permettere... anzi, penso proprio che tutti voi fareste meglio a tornare al vostro posto, state ostacolando il nostro cammino...» Scorpius era sul punto di ribattere, ma poi, come folgorato da una rivelazione, annuì e fece segno alle ragazze. «Avete ragione, ci scusiamo per l'intralcio... Prego, procedete pure,» e fece una risatina nervosa. Si riaccomodò, seguito da Rose e Lily che non sembravano affatto turbate dalla sua arrendevolezza: l'animo da guerriera di Isabelle, invece, ribolliva di indignazione.

«I miei compagni ed io abbiamo il diritto di passare tanto quanto voi!» esclamò con voce controllata, pronta a srotolare la frusta elettrica che si avviluppava attorno all'avambraccio. L'uomo tozzo le lanciò un'occhiata colma di disprezzo: «Non credo proprio che tu possa accampare queste pretese, carina. Ed ora fa' la brava e levati di mezzo!»

«Solo perché sono una donna non significa che io valga meno di te, verme!»

L'altro scoppiò in una risata simile ad un latrato. «Non era quello a cui alludevo.» Il compagno tuttavia, sembrava molto meno paziente: le si avvicinò tanto da sovrastarla, minaccioso, intimandole di farsi da parte, ma prima che potesse controbattere Lily intervenne, arpionandola per il gomito e pilotandola verso il sedile. Mentre gli uomini si sedevano pochi posti dietro di loro, Rose si sporse in avanti, sibilandole irritata: «Cosa diamine credevi di fare, eh? Per Godric, vuoi forse farci ammazzare?»

Scorpius le tirò una gomitata. «Smettila Ross, non la spaventare, non è colpa sua se si è trovata al momento sbagliato nel posto sbagliato!»

«Io non sono per niente impaurita!» ribatté piccata Izzy. «Ma chi vi credete di essere, gli agenti 007?»

Gli altri la guardarono con un misto di compassione e confusione – non avevano mai sentito parlare di James Bond? – poi iniziarono a confabulare.

«Lily, tu sei la più piccola e non ti metteremo a rischio. Devi cercare un modo per portare via Isabelle e contattare l'Ordine, va bene?» Rose prese le redini della situazione.

«Ora, dobbiamo pensare a come uscirne vivi senza coinvolgere l'intero treno: cerchiamo di scoprire chi siano, attacchiamoli e poi spediamoli a fare un giro con i Dissennatori!»

«Rose, non ce la faremo mai!» la contraddisse Scorpius. «Non sappiamo nemmeno se siano veramente una minaccia...»

«Scorpius, non fare l'ingenuo: Fred ci ha avvertiti di un agguato sulla tratta ferroviaria Richmond – New York e proprio quando cerchiamo di chiedere aiuto, spuntano fuori questi due!»

Lily annuì gravemente. «Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni è che le coincidenze non sono mai casuali.»

Scorpius alzò gli occhi al cielo: «Che donna vissuta, la nuova Morga... Ahi!» esclamò quando Rose gli pestò un piede. «Non è il momento di fare del sarcasmo, voglio arrivare a quel maledetto matrimonio tutta intera! Sentite, possiamo contare sull'effetto sorpresa o...»

«Tu conta sul fatto che già sanno chi siamo. Stanno solo aspettando il momento più opportuno.»

«O attendono rinforzi,» li interruppe greve Lily, «e pregate tutti e quattro i Fondatori che mi sbagli, perché se è così siamo veramente fottuti!»

A quel punto Isabelle perse la poca pazienza che gli era rimasta e, sibilando, esclamò inviperita: «Per l'Angelo, si può sapere di cosa diamine state blaterando?»

Rose la fulminò con lo sguardo, ma Scorpius intervenne tempestivo: «Ragazze, secondo me ha il diritto di sapere... comunque vada, verrà lo stesso rintracciata dalla squadra degli Obliviatori... Chiederò a Victorie di occuparsene personalmente.»

«Ma sei matto? Non abbiamo la più pallida idea di chi sia! Anzi, potrebbe essere la stessa talpa.»

Oltraggiata, Izzy serrò forte i pugni sulle ginocchia. Loro, che l'avevano definita poc'anzi come amica, avevano ora l'ardire di fare subdole insinuazioni sul suo conto?

«E no ragazzini, non vi permetto di insultarmi gratuitamente! È vero, non mi conoscete, ma sono tutto tranne che una spia. Morirei piuttosto che tradire!»

Rose non sembrò molto impressionata. «E che ci dici riguardo al tatuaggio, eh? È il simbolo di qualche setta? Ti conviene parlare adesso o giuro che...»

«Chi siete voi, piuttosto! Non dovreste essere in grado di vedere il mio Marchio. Siete dei Cacciatori in esilio, o ultimi seguaci di Sebastian?»

I tre si guardarono perplessi e interdetti, poi Lily parlò, cauta: «Di solito non ci definiscono Cacciatori, ma se proprio vuoi... sì, una specie.»

Isabelle esultò trionfante. «Siete scappati dall'Enclave di Londra? Avete infranto la Legge?»

«Ma di che cavolo stai parlando? Che diamine è un Enclave

«Non fare la finta tonta con me, signorina! Come mai non avete le rune e cosa significa il vostro tatuaggio, che sembra avere vita propria?»

Lily impallidì, cercando sostegno dai gemelli. «Come hai fatto a notarlo?»

Izzy la guardò sconcertata. «Tu ce l'hai sulla clavicola, Rose sul petto, non è proprio nascosto, eh...»

«No, no... intendo, come hai fatto a vederlo? Solo quelli come noi ci riescono...»

«Ma io sono come voi! Una Cacciatrice! Anche se continuate a negarlo!»

Scorpius fece un verso di scherno. «Ma per favore, non dire sciocchezze. Dov'è la tua bacchetta, allora?»

«La mia cosa?»

Scorpius si girò verso la sorella e alzò le spalle. «Lo sapevo che stava mentendo.»

«Ragazzi, c'è qualcosa che ci sfugge...» si intromise Lily, la più ragionevole e riflessiva.

«Il tempo prima della nostra morte prematura se non pensiamo ad un piano?»

«Smettila! Secondo me stiamo parlando di universi completamente diversi...» Fece una piccola pausa, guardandola attentamente con quei suoi occhi verdi penetranti.

«Izzy, è una situazione molto delicata questa, che potrebbe portare ancor più scompiglio nel nostro mondo... Non te lo chiederei se non fosse strettamente necessario, e capisco se tu abbia degli indugi, ma... Ci puoi rivelare la tua – vera – identità?»

La ragazza annuì seria, capendo che fosse l'unica soluzione sensata per uscire da quella singolare situazione – qualunque essa fosse.

«Isabelle Lightwood, Cacciatrice di Demoni e membro del Conclave di New York.»

Rose rise senza divertimento. «Come no, vuoi farci anche credere che esistano i vampiri e le fate?»

L'altra inarcò un sopracciglio. «In effetti, sì. Il mio fidanzato è stato un vampiro, un tempo.» Un debole sorriso le si dipinse sulle labbra carnose, al ricordo del suo Lord Montgomery.

«Stiamo perdendo solo tempo prezioso!» protestò Scorpius.

«Non ve la caverete così facilmente, adesso voglio sapere anch'io chi o cosa siete. Giù le maschere!»

Rose si scambiò uno sguardo d'intesa con il gemello, poi prese la parola: «Noi siamo i discendenti degli eroi della Seconda Guerra Magica, maghi e membri del Corpo Auror, oltre che di un'associazione segreta – seppur non più così tanto, ormai,» aggiunse con un'alzata di spalle.

Colta di sorpresa, Isabelle scoppiò a ridere, dandosi della stupida per aver dato retta a tre ragazzini con seri problemi di megalomania: le ricordavano Jace quando era più piccolo, solo che in quel caso tutto – o quasi – ciò che diceva corrispondeva al vero. Maghi e agenti segreti? Gli unici dotati di poteri magici che conosceva erano gli stregoni, ed era certa che Magnus avrebbe di sicuro accennato al loro coinvolgimento in due "Guerre Magiche". Il mondo non finiva mai di stupirla.

«Bella battuta, Rose, davvero, ma non è proprio il momento di scherzare. Da quello che ho capito dei tizi vi vogliono uccidere, no? Lasciatevi aiutare e vi prometto che ne uscirete sani e salvi: ho passato la mia intera vita a combattere!» Si complimentò mentalmente per il discorso: incoraggiante ma non troppo, sufficiente a far sì che – all'incirca – si fidassero di lei. I cugini non parevano pensarla allo stesso modo: Scorpius gemette, accasciandosi sul sedile, mentre Lily si sbatté una mano sulla fronte e Rose la guardò inespressiva.

«Isabelle, non voglio ferire i tuoi sentimenti né infrangere un futuro da Wonder Woman, ma...lo sai che il tiro al poligono non vale, vero?»

«Ragazzina, io sono andata all'Inferno!»

«Altro che Dante Alighieri...» commentò Lily, nello stesso momento in cui Scorpius esclamava: «Noi ci siamo già, nei gironi!»

«Non osare prendermi in giro, biondino.»

«Mai stato più serio di così.»

Si squadrarono inviperiti, ma prima che potessero continuare quello sciocco battibecco, Rose attirò la loro attenzione.

«Ehm, ragazzi... credo proprio che dovremmo rimandare quest'interessante conversazione a più tardi.»

 

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Capitolo 3
*** Riunioni di famiglia e Negromanzia ***


II - RIUNIONI DI FAMIGLIA E NEGROMANZIA 

 

Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.
Lev Tolstoj 

I due individui si erano alzati e sostavano al centro del vagone con le braccia stese lungo i fianchi, osservando i quattro ragazzi con dipinto un ghigno feroce e crudele, e Isabelle sentì le mani fremere dal desiderio di spaccar loro la mascella. Rose si sollevò a sua volta, le dita strette attorno all'impugnatura della bacchetta e si parò di fronte a loro, seguita dal fratello e Lily.

«Bene, bene, Potter e Malfoy...» esordì l'uomo più slanciato esibendosi in un debole inchino. «Quale soddisfazione avervi condotto in una trappola!»

«Mai quanto quella di sbattervi ad Azkaban! Il vostro giochetto è agli sgoccioli: vi conviene arrendervi... non credo che gli altri Auror saranno più clementi di noi.»

Alle parole di Lily, i due scoppiarono a ridere, ma un lampo di stizza attraversò i loro occhi vacui e gelidi come la notte più nera.

«Il giglio di Harry Potter, quale ardore! Sei più simile a tua nonna di quanto pensassi.»

«Non osare nominarla, lurido figlio di...»

«Ti consiglio di moderare il linguaggio, signorina. I nostri compagni non saranno tanto indulgenti con voi sprovveduti...» Scorpius impallidì, deglutendo vistosamente, ma Rose non sembrava intenzionata a lasciarsi intimidire: ardeva di rabbia e fierezza, un fuoco fatuo sul punto di divampare.

«Gli unici sciocchi siete voi, care serpi, oltre che codardi: temete a tal punto dei ragazzini da non rivelare la vostra identità?» fece sarcastica. Gli uomini tentennarono per una frazione di secondo, ma riacquistarono subito l'aria spavalda di prima.

«Ebbene, guardate i volti dei vostri assassini!» e calarono i cappucci. Izzy emise un gemito soffocato, e con stupore notò che anche gli altri erano trasaliti, ma più per un'amara consapevolezza che per un reale spavento. I visi dei due erano completamenti sfigurati, marchiati da sfregi e bruciature che correvano diagonalmente: erano nascosti parzialmente da una strana maschera d'argento che pareva cucita sulla pelle deturpata e che lasciava scoperte solo le iridi spiritate. L'uomo dai capelli quasi bianchi si fece avanti, procedendo con alterigia in direzione di Rose e Scorpius, e Isabelle notò come si appoggiasse leggermente ad un bastone con il pomello d'argento a forma di testa di serpente che – poteva giurarci – non aveva in precedenza. Le mani rugose e sottili si protesero in avanti, come per accarezzare l'aria: la maschera si dissolse come vapore, in uno sbuffo di polvere, rivelando la guancia destra spigolosa e incavata, in contrasto con la nebulosità degli occhi bigi. I gemelli trasalirono, come se avessero visto un fantasma e per poco non lasciarono cadere la bacchetta; Rose emise un lamento, scuotendo debolmente la testa mentre Scorpius pareva aver smesso di respirare. L'uomo si esibì in una macabra risata, gioendo nel vedere la sofferenza dipingere quei volti così giovani.

«Non mi riconoscete, miei cari?»

«Nonno...» sibilò Scorpius, prima di tirare la sorella dietro di sé. L'interlocutore rise, facendo segno all'altro di palesarsi: fu il turno di Lily di sussultare violentemente, per poi esclamare con veemenza: «Dolohov! Ma tu... voi...»

Lui scrollò le spalle. «In persona, signorina!»

«Ma che allegra riunione di famiglia, un pazzo mezzo Obliviato e il compianto Lucius... Papà ti manda i suoi auguri di morte più sinceri!» Rose si era ripresa, ma a giudicare dal ghigno velato di malinconia, quell'incontro inaspettato non l'aveva lasciata indifferente. Il fratello, al contrario, pareva volersi gettare dal finestrino da come fissava ostinatamente la campagna del New Jersey, mentre Lily era sul punto di rimettere.

«Ah, Draco... è sempre stato troppo melodrammatico.» Lucius picchiettò il bastone sul pavimento del vagone così velocemente che nessuno di loro ebbe il tempo di reagire: aveva sfoderato la sua bacchetta, foggiata a partire da un legno chiaro come l'olmo, e la puntava minaccioso contro la gola di Rose, rimasta sgomenta. Scorpius lanciò un grido e si protese in avanti per cercare di afferrare la sorella, ma Lily lo agguantò prima che fosse troppo tardi: un lampo di luce rossa aveva sfiorato il volto del ragazzo ansante ed Isabelle si immobilizzò, non terrorizzata da quegli uomini che minacciavano di compiere una strage o dal pericolo di morte che incombeva su Rose e su tutti loro, ma... sconvolta. Sconvolta da quel bagliore rossastro che, a discapito di qualsiasi spiegazione logica, era partito dalla punta della bacchetta dell'uomo che teneva sotto tiro Rose. Lucius sorrise ferino.

«Fai un altro passo, giovanotto, e la farò affogare nel suo stesso sangue.»

«Non oseresti uccidere una tua discendente...» ma la voce di Scorpius era incerta, come se non ci credesse neanche lui.

«Lei non è una mia erede, proprio come non lo sei tu. Nelle vostre vene scorre solo una minuscola parte del sangue puro dei Malfoy, oramai miscelato a quello immondo e sudicio di vostra madre...»

Rose digrignò i denti, incurante della bacchetta puntata contro la carotide: «Tu, uomo ignobile, non osare mai più...»

«Non ostentare un'audacia che non possiedi, sciocca ragazza. Sai, somigli molto tua madre, la Strega più brillante della sua età... Ricordo ancora le sue urla disperate, mentre si contorceva sotto le torture della mia rimpianta cognata Bellatrix Lestrange... Mi chied...»

L'uomo emise un gemito strozzato, puntando lo sguardo sul pugnale affilato che gli si era conficcato nella coscia, lacerando carni e stoffa. Quell'attimo di distrazione permise a Rose di indietreggiare accanto al gemello, che la abbracciò stretta, mentre Lily mormorava qualcosa d'indistinto osservando stupefatta Isabelle. Questa era accovacciata sulle gambe, il braccio sinistro proteso ancora in avanti per accompagnare il lancio millimetrico del suo coltello: non era riuscita a trattenersi, ascoltando quell'uomo insultare la famiglia dei ragazzi che, diffidenti o no, stavano pur sempre cercando di proteggerla – secondo una logica contorta e anche abbastanza mitomane. Aveva approfittato del fatto che fino a quel momento nessuno l'aveva degnata di un'occhiata e aveva sfilato con agilità uno dei tanti pugnali appesi alla cintura, sentendosi subito più protetta dopo aver stretto l'elsa ruvida. Come una gatta, si era acquattata dietro un sedile e da lì aveva cercato di mirare alla coscia – per quanto l'assenza della Runa della Precisione permettesse: immaginava che l'istantaneo spasmo avrebbe portato Lucius ad abbassare di riflesso il braccio, lasciando una via di fuga a Rose, e neanche quella volta si era sbagliata. Ora però si trovava in una sorta di vicolo cieco: davanti, i due attentatori le puntavano le bacchette contro, mentre dietro i cugini avevano sfoderato le proprie, senza più preoccuparsi di nasconderle. Si sentì un clangore metallico. Lucius aveva estratto l'arma dalla coscia ed il sangue andava raggrumandosi a terra come una cascata di rosolacci, eppure non sembrava sentire molto dolore. Quando parlò, la sua voce era intrisa di stizza e disprezzo.

«Stupida babbana, cosa credevi di fare? Le tue insulse armi non possono nuocermi, sarò sempre e comunque un passo avanti a te!» poi esclamò, rivolgendosi ai nipoti. «Non solo mio figlio si è unito con una sudicia Sanguesporco, ma perfino la sua prole coltiva sentimenti filo-babbani? Non c'è da stupirsi, frequentando tutti quei Weasley... »

«STUPEFICIUM! Prendi questo, bastardo.» Dalla punta della bacchetta di Lily partì un lampo di luce rossa, diretto verso il sadico ghigno di Lucius, ma questi con un fluido movimento della mano deviò il colpo, che si infranse contro un sedile, strappando la stoffa che lo rivestiva. Isabelle temette di svenire, ma si limitò ad alternare lo sguardo tra i due che si fronteggiavano e a balbettare frasi sconnesse. Scorpius la strattonò spazientito.

«Non è il momento per le spiegazioni, Izzy. Rimani dietro di me.»

L'altro uomo, Dolohov, scoppiò in una grassa risata: «Paladino come solo i Grifondoro sanno essere... ma dimmi Scorpius, saresti disposto a sacrificare la tua vita e quella di tua sorella pur di salvare questa... babbana? In fondo, sei e rimarrai sempre un Serpeverde... strisci nell'ombra, ti nutri della debolezza altrui per renderla una tua forza, proprio come...»

Izzy non riuscì a capire le ultime parole, persa nella confusione generale: Scorpius la stava trascinando fuori dal vagone, mentre le due ragazze, con espressione feroce, fronteggiavano gli uomini a colpi di bacchetta. Fiotti di energia luminosa – cremisi, ocra, cobalto – scaturivano sotto il comando di strane formule, parole in latino che Isabelle non riconosceva, e solo allora rimpianse di non essere mai stata attenta durante le lezioni di Lingue Antiche all'Istituto. Il biondo la scaraventò nella carrozza adiacente a quella dove avevano viaggiato; i passeggeri si stavano agitando, udendo urla e strepiti provenire dalla coda della vettura.

«Per tutti gli Angeli del Paradiso, voi fate magie! Siete una specie di... stregoni?»

«Maghi, per l'esattezza. E, se ben ricordo, abbiamo provato a dirtelo ma tu ci hai liquidati con una risata e un atteggiamento oltraggiosamente supponente!» Scorpius la teneva ferma per le spalle, mentre ispezionava l'ambiente circostante: la gente si stava accalcando intorno a loro, cercando di sbirciare oltre il ragazzo, ma lui sembrava non farci caso.

«Ascoltami attentamente Izzy,» disse greve, la voce ridotta ad un sussurro, ma non per questo meno intensa. «Hai detto di essere una... una Cacciatrice, giusto? Va bene, allora devi cercare di portare in salvo tutti i passeggeri, mentre noi attiriamo quegli uomini verso la fine del treno.»

«Ma... ma saranno almeno cinquecento persone! Siamo su un treno ad alta velocità!» esclamò Isabelle disperata. Solo perché combatteva contro demoni e altre bestie infernali, non significava che dovesse interpretare anche il ruolo di Boadicea! Scorpius non si perse d'animo: i muscoli tesi delle braccia lasciavano intendere la sua smania di precipitarsi a proteggere la sua famiglia, tuttavia non si mosse.

«Izzy, io... io non so nulla riguardo la tua identità e di certo non pretendo di averti conosciuto durante questo breve e burrascoso viaggio, però...» espirò a fondo, per mettere a tacere l'inquietudine che lo attanagliava. «Riconosco quelli come noi. Non Cacciatori, maghi o lupi mannari, ma coloro che rischiano la loro vita, ogni giorno; che lottano per un mondo migliore, più giusto, più... accettabile. Ardono di tenacia e coraggio, sfregiati dalle cicatrici dell'anima... eppure non si arrendono, mai. E quel fuoco divampa nei tuoi occhi, Isabelle. L'ho scorto quando hai difeso mia sorella, o quando hai cercato di farti valere solo perché lo ritenevi retto. Ed in nome di questa giustizia ti prego, ti supplico: portali in salvo.» Scorpius tremava, ed Isabelle con lui. «Sono solo degli innocenti, vittime ignare di un gioco d'ombre e vizi che va avanti da fin troppo tempo: è arrivato il momento di compiere l'ultima mossa.»

La ragazza annuì determinata, colpita da quel discorso intriso di durezza e tormento, le parole di un uomo conscio della gravità della situazione, pronto a sacrificarsi per un bene superiore. Non era il discorso di un fanatico, ma di un ragazzo consapevole dell'importanza della vita tanto da anteporre a sé quegli sconosciuti. Izzy, come tutti gli Shadowhunters prima di lei, conosceva il valore del sacrificio: i parabatai morivano gli uni per gli altri, i fratelli si proteggevano a vicenda, tuttavia era estraneo il concetto di morire per taluni all'infuori della loro stirpe. Sin dai tempi di Jonathan Shadowhunter, i mondani erano stati considerati inferioriprivi delle virtù che scorrevano nelle vene assieme al sangue angelico dei Cacciatori. La loro missione era quella di salvare l'umanità dalle minacce infernali, ma era addirittura impensabile perdere la propria vita per essa. Il loro sacrificio era dettato dall'importanza della missione che gli Angeli avevano affidato loro, non da quella dei mondani. Scorpius invece, la stava affacciando su una visione completamente diversa: i passeggeri di quel treno, seppur senza poteri magici o altre peculiarità, non erano meno importanti del ragazzo. Egli, come anche Rose e Lily, vedeva il sacrificio non come un atto eroico, leggendario, ma come un mezzo per poter salvare innocenti che non avevano la capacità di proteggersi da soli e che non andavano biasimati per questo.

Isabelle fece per parlare, decisa a fare del proprio meglio per proteggere quei passeggeri – era una figlia del Paradiso, una Nephilim, no? Non si faceva spaventare tanto facilmente – ma in quel momento Scorpius cadde a terra, lasciando la presa sulle sue spalle. La sua gamba era avvolta da stretti lacci che si alzavano e riabbassavano fluidamente, dotati di vita propria, lasciando strie di liquido nero e viscoso, simile al sangue dei demoni: avviticchiavano il ragazzo come radici sinuose e robuste, bloccandolo e minacciando di soffocarlo. La fenice sul polpaccio di Scorpius strepitava, sbattendo rapidamente le ali e muovendosi come per respingere la minaccia, ma per quanto magico potesse essere, era solo un disegno... o almeno così Izzy credeva. Fu con gli occhi scuri spalancati e il cuore che batteva furiosamente nel petto, che osservò l'uccello ingigantirsi ed elevarsi fino a ricoprire il corpo accasciato del ragazzo in un tripudio di pirite e smeraldo. Aprì il becco e ne fuoriuscì una vampata di fuoco verde e incandescente, rivolto contro quei ceppi che nel frattempo avevano avviluppato Scorpius, impedendogli di respirare. A Isabelle ricordavano i tentacoli del Dottor Octopus, il celebre antagonista di Spiderman, supereroe di cui il fidanzato Simon era appassionato e di cui possedeva tutti i fumetti e i poster. Le fiamme verdi bruciarono le corde, senza scalfire minimamente la pelle del giovane: esse ricaddero a terra inerti, mentre Scorpius si rialzava e tossiva, cercando di recuperare ossigeno. La fenice intanto si era ripiegata su stessa, riacquistando la forma originaria di tatuaggio; i suoi occhi dorati però scintillavano offuscati da un velo cristallino... lacrime? Possibile che l'uccello stesse piangendo per la sofferenza del suo "padrone"? La fenice si librò sulla pelle di Scorpius, sparendo sotto il vestiario e giungendo sino al collo ricoperto da segni scarlatti, dove i capestri lo avevano marchiato. Dovunque passasse, le tracce insanguinate svanivano, dissolte in sbuffi di fumo verdognolo: solo allora Isabelle si ricordò della leggenda che riguardava le proprietà guaritrici delle lacrime di fenice. Si girò intorno, certa di scorgere lo sgomento sui volti dei passeggeri accanto a loro, ma rimase stupita. Era come se nulla di tutto quello fosse successo: alcuni uomini cercavano ancora di guardare oltre le porte che lei stava sbarrando, mentre altri suggerivano loro di sedersi, giustificando la confusione che proveniva dal vagone come lo sferragliare del treno sui binari arrugginiti dalle intemperie e dall'usura. Scorpius la tirò per il braccio, chiudendo il portellone mentre la squadrava preoccupato: «Tutto bene?»

«Tu... tu sei stato aggredito da dei cappi maledetti rischiando la pelle, e mi chiedi come sto? Sono io che dovrei domandarlo a te!»

Scorpius sorrise dolcemente. «Sono salvo solo grazie alla mia fedele protettrice... in tutti questi anni non ho mai visto un incantesimo delle Arti Oscure così potente. Deve essere stata opera di Lucius... Percepivo come se la mia anima fosse strappata, dilaniata e protesa verso quei lacci che sorgevano dal pavimento... Albus mi ammazzerà...» aggiunse poi a bassa voce, come se non volesse essere udito.

La curiosità di Isabelle però non era stata sufficientemente appagata. «E il tuo tatuaggio, com'è possibile che... che si sia animato? Perché i mondani non si sono accorti di nulla?» Poi, vedendo l'espressione confusa sul volto del ragazzo, aggiunse: «I mondani sono coloro che non hanno sangue angelico nelle vene.»

Il ragazzo le fece l'occhiolino. «Noi invece li chiamiamo babbani. Comunque, sono segreti del mestiere. E poi, il Ministero si occupa sempre di...» Un grido ed un tonfo sordo lo interruppero, lasciando Izzy insoddisfatta. Scorpius sbiancò e urlò il nome di Lily correndo verso il loro vagone, con la ragazza alle calcagna. I passeggeri intorno a loro cercarono di chiedere spiegazioni, ma Isabelle si limitò a rassicurarli e a liquidarli velocemente, non sapendo che scuse inventare. Quando raggiunsero il luogo dello scontro, videro che nessuna delle due parti era in vantaggio sull'altra. Dolohov era accasciato contro un sedile, la testa sanguinante sebbene non fosse ferito gravemente a giudicare dall'espressione feroce in viso; Lily gli stava davanti, una spalla piegata in posizione innaturale e la bacchetta salda nella mano. Lo fronteggiava squadrandolo con odio e disgusto, inveendogli contro riguardo la dubbia funzionalità del suo cervello e della sua palese appartenenza alla classe dei Placozoi – che Isabelle era abbastanza certa fossero delle alghe marine. Dall'altra parte della carrozza Rose era impegnata in un duello contro suo nonno Lucius. Izzy non riusciva ancora a credere come fosse possibile che i gemelli fossero imparentati con un individuo del genere; a ben pensarci, era un po' la stessa situazione in cui si erano ritrovati Clary e Jace. La ragazza era ferita in più punti e la maglietta lacerata lasciava intravedere una profonda ferita sul fianco destro, che doveva procurarle fitte di dolore ad ogni spostamento. La fenice cremisi tra i suoi seni era avvolta da una debole aurea scarlatta e con la lunga coda piumata cercava di risanare la lesione, senza però riuscirci: il potere di quei tatuaggi doveva perciò riguardare solo le ferite più superficiali, ma Rose non sembrava farci caso, stringendo i denti e parando i colpi dell'avversario. Lucius, al contrario, era quasi del tutto illeso, sebbene zoppicasse leggermente per la ferita che il pugnale di Izzy gli aveva inferto. Il suo volto era impassibile, affilato, come un'aquila che scruta la sua preda: lampi di luce verde e rossa si sprigionavano dalla punta della bacchetta diretti verso Rose, che si difendeva con tutte le sue forze. Schivava gli incantesimi con sorprendente abilità, scartava ai lati e contrattaccava, ma pareva comunque affaticata. Dopo aver appurato che la cugina se la stesse cavando, Scorpius affiancò la sorella nello scontro contro Lucius, gridando a Isabelle di mantenere la promessa fattagli.

Izzy si guardò attorno sgomenta: entrambi i portelloni del vagone erano chiusi, per impedire ai più curiosi di ficcanasare, ma entro poco tempo anche il resto dei viaggiatori si sarebbe accorto che c'era qualcosa che non andava. Si accovacciò dietro un sedile, per evitare gli incantesimi e per cercare di pensare a un piano, ma aveva la mente vuota e annebbiata. Certo, aveva sbaragliato un intero clan di vampiri ed aveva partecipato a due battaglie mortali a soli sedici anni, ma portare in salvo cinquecento passeggeri chiusi in un treno ad alta velocità le sembrava un'impresa impossibile. Avrebbe potuto salire sul tetto, magari rompendo un finestrino e aggrappandosi alle paratie esterne: sarebbe potuta saltare oltre i binari e fuggire nella campagna del New Jersey, eppure non poteva lasciare da soli quei tre ragazzi. Sembravano poco più giovani di lei, ma da come combattevano parevano essere più allenati ed esperti. Forse un po' troppo impulsivi, con quella mania di salvare l'intero treno e il loro intento di proteggerla... Isabelle si sbatté una mano sulla fronte, colpita improvvisamente da un'illuminazione che, come tutte quelle più banali, non veniva mai presa in considerazione per prima: se avessero sconfitto quei due uomini – che parevano evasi da una prigione – prima che succedesse l'inevitabile, non ci sarebbe stato alcun bisogno di inventare chissà quale stratagemma per far scendere i passeggeri dalla locomotiva!

Si alzò, il sangue che pompava nelle vene per l'adrenalina e per l'eccitazione prima della battaglia. Srotolò la frusta, che si dispiegò dal polso destro in un bagliore d'oro e argento, colpita dai raggi del sole di mezzogiorno; non c'era tempo per disegnare altri Marchi – anche perché non era sicura avrebbero funzionato contro dei maghi – perciò si sarebbe fatta bastare la Runa di Protezione, alcuni Marchi dell'Inseguimento e una Runa della Forza, che però stava iniziando a svanire. Imprecando tra i denti, afferrò dalla cintura una daga, infilò un paio di pugnali negli stivali vellutati e agganciò lo stilo alla parte anteriore della cinta, per essere sicura di non perderlo. Se fosse rimasta ferita, quell'oggetto era l'unica cosa che le avrebbe impedito di morire. Intorno a lei volteggiavano frammenti di cristallo, derivanti dalla rottura delle vetrate, e finanche brandelli di tessuto dei sedili imbottiti; i tavolini in legno erano spezzati ed alcune schegge appuntite le si erano conficcate nel palmo della mano quando si era rannicchiata sul pavimento. Rose e Scorpius erano ricoperti di sangue in più punti per i tagli causati dai frammenti di vetro, tuttavia resistevano strenuamente, cercando i punti deboli dell'avversario. Lucius era leggermente affaticato, ma non sembrava curarsi del fatto che i due giovani davanti a lui fossero suoi nipoti: Isabelle non conosceva nemmeno uno degli incantesimi che venivano scagliati, eppure percepiva una sorta di magia oscura insita in essi. Dolohov invece si era ripreso, più spietato di prima, e Lily era sul punto di soccombere; l'uomo la stava incalzando verso il finestrino che si era rotto, pronto a spingerla fuori e la ragazza non sembrava essersene accorta, concentrata com'era sul duello. O, se aveva capito le intenzioni dell'avversario, pareva rassegnata al fatto di non avere vie di scampo.

«BOMBARDA!» gridò Dolohov e, nonostante Lily avesse parato l'incantesimo, l'urto la fece indietreggiare drasticamente; ora le ciocche ribelli della sua chioma danzavano assieme al vento che soffiava furioso, e la schiena si scontrava con uno spuntone di vetro che minacciava di trafiggerla. L'avversario si avvicinò ancora di più, poggiando le mani sul petto per spingerla e sorridendo crudelmente: Rose aveva interrotto il combattimento e si stava slanciando disperatamente verso la cugina, ma sapeva che non sarebbe arrivata in tempo... Isabelle scattò. Mosse in avanti il braccio destro e la frusta di elettro sferzò l'aria scontrandosi con il busto di Dolohov, scagliandolo a terra con forza: egli gridò di dolore, mentre scariche di elettricità lo facevano sussultare violentemente. Izzy ritrasse la frusta insanguinata, osservando l'uomo che si contorceva e sputava sangue; un colpo del genere avrebbe ucciso istantaneamente un demone, ma Dolohov si accasciò soltanto stordito, guardando con occhi stupefatti e sofferenti la donna che lo aveva colpito. Le labbra si mossero leggermente, cercando di articolare dei suoni, ma riuscì solo a sillabare delle lettere in direzione di Lucius, che alternava lo sguardo da Isabelle all'uomo per terra. Lily si lasciò cadere a terra, il volto terreo e Rose corse da lei per prenderla tra le braccia, sussurrando parole di conforto; sia lei che il fratello scrutavano la Cacciatrice sbigottiti, anche se nei loro occhi era evidente la gratitudine per aver salvato la cugina. Nel vagone era sceso il silenzio, interrotto solo dallo sferragliare del treno e dal fischio acuto e prolungato del vento.

«Isabelle...» mormorò Scorpius impressionato «Quello che hai fatto è stato... io... grazie,» riuscì a pronunciare.

Grazie per non averci abbandonati, grazie per aver rischiato la tua vita per degli sconosciuti; grazie per esserti fidata di noi, grazie per aver protetto la nostra famiglia.

«Ma che scena commovente... Voi giovani siete sempre stati troppo sentimentali!» esclamò Lucius derisorio. Si mosse verso il corpo del compagno, afferrandolo malamente: Dolohov aprì leggermente gli occhi vacui e lo supplicò con lo sguardo.

«Lucius... ti prego...»

«Un vero Mangiamorte non supplica mai. È stato un piacere lavorare con te, Anthonin,» e con un calcio in pieno petto lo scagliò fuori dalla vetrata, in un'esplosione di cristallo e sangue. Il corpo si schiantò a terra, rotolando scomposto verso un dirupo e infrangendosi contro i rami degli alberi, il cranio maciullato e le gambe piegate in posizione innaturale; si udì un urlo soffocato, un tonfo sordo, ma il treno aveva già svoltato oltre la collina e la macabra scena svanì davanti ai loro occhi.

Lucius strofinò sull'unico sedile ancora intatto le mani impregnate di sangue, la stessa espressione impassibile di chi è abituato ad uccidere senza remore né rimorso. Isabelle l'aveva vista molte volte in quegli anni, dipinta sul volto d'alabastro di Sebastian – Jonathan – mentre massacrava il corpo del suo fratellino Max, o quando tutti i Guerrieri Oscuri avevano fatto irruzione ad Idris, assieme al Popolo Fatato...

Rose esclamò: «EXPELLIARMUS!» in direzione del nonno, e la bacchetta di quest'ultimo balzò in aria verso di loro. La ragazza fece un'aggraziata capriola all'indietro e l'afferrò, prima di toccare il suolo in posizione accovacciata. Isabelle le rivolse uno sguardo ammirato di sottecchi, ma Rose doveva essersene accorta, perché le fece l'occhiolino. 

«È il momento di arrendersi, nonno. Siamo tre – anzi, quattro – contro uno, non hai più scampo.» La voce di Scorpius era controllata ma tagliente, colma dell'odio verso l'uomo che aveva minacciato la sicurezza della sua famiglia. «Ti conviene collaborare e rivelare i vostri loschi piani, o giuro che ti farò marcire ad Azkaban per il resto dei tuoi giorni!»

Agitò la bacchetta in un movimento concentrico, e dalla sua punta fuoriuscirono grosse funi che avvolsero il corpo di Lucius, immobilizzandolo.

Lucius non sembrò impressionato, anzi, sorrise con condiscendenza, scuotendo la testa in segno di disappunto: «Ah, mio caro nipote, credevo fossi più intelligente... Pensate davvero di essere più furbi di me, di poter anche solo sconfiggere gli antichi seguaci dell'Oscuro Signore?» sospirò teatralmente. «Non fate l'errore di ritenervi invincibili... tutto quello che abbiamo fatto in questi ultimi anni fa parte di un progetto ancora più grande...»

«Resuscitare per la seconda volta Voldemort? Ma che sorpresa!» commentò sagace Rose. «Speriamo che almeno adesso sia dotato di un naso.»

«Insulsa ragazza, come osi pronunciare il suo nome! Pagherete per i vostri continui affronti,» e cercò di muovere un passo in direzione di Rose, ma Isabelle fu più veloce. Fece schioccare la frusta davanti a Lucius, impedendogli di continuare.

«Sta' lontano da lei, bastardo.»

Lucius la squadrò curioso, come se fosse una cavia da laboratorio da analizzare. I suoi occhi azzurri e freddi come il ghiaccio parevano scintillare e le ricordavano quelli di uno scienziato dopo aver brevettato una nuova invenzione.

«Tu... tu non sei una semplice babbana...»

Izzy alzò il mento, fiera: «Io sono una Shadowhunter, figlia del Paradiso. La mia missione è proteggere l'umanità dai demoni, ma oggi farò un'eccezione: credo proprio che aiuterò i miei amici a distruggerti, nonnetto.»

Lily, che nel frattempo si era ripresa dall'aggressione, mormorò qualcosa riguardo ai crimini della Chiesa e Scorpius soffocò una risata, mascherandola con un colpo di tosse.

Isabelle le rivolse uno sguardo accigliato: «Noi non siamo seguaci della Chiesa, anche se è obbligata ad aiutare qualsiasi Cacciatore che chieda protezione.»

Rose alzò gli occhi al cielo, come se essere aiutati dal clero fosse un crimine, e sfarfallò le lunghe dita in aria.

«Ne riparleremo dopo. Abbiamo cose più importanti di cui occuparci,» e mimò un gestaccio in direzione del nonno.

«Una nuova razza... potente, inarrestabile, il sangue angelico che scorre nelle sue vene...» Lucius era colpito, ma in senso positivo, il tono sognante di chi cerca nuove armi per la distruzione del mondo conosciuto.

Izzy gli rivolse un sorriso sprezzante, declamando il motto che tutti gli Shadowhunters conoscevano sin da bambini: «Tutte le storie sono vere.»

Rose mormorò qualcosa che suonò come "a chi lo dici", ma il suo borbottio venne interrotto dal fratello, piuttosto impaziente.

«Che ne dici di rispondere a qualche domandina, eh nonno? Prima di tutto, cosa speravate di ottenere a Richmond? Il MACUSA ha rilevato l'utilizzo di una potente energia oscura... è per il rituale negromantico?»

Isabelle si prese la testa fra le mani. Non solo aveva rischiato di morire per mano di due folli mascherati, ma scopriva anche che praticavano la negromanzia!

«Vedo che l'alunno ha studiato la lezione, ottimo!» L'uomo simulò un applauso silenzioso. «Avevamo bisogno del sangue di... alcuni uomini per il rito di evocazione... la biblioteca di Hogwarts è molto fornita sull'argomento.»

«Come avete fatto a intrufolarvi ad Hogwarts? L'Armadio Svanitore è andato distrutto, a meno che...» rifletté Rose, assorta. «A meno che qualcuno dall'interno non abbia svolto delle ricerchi per voi. Godric

«Avete assassinato diciotto innocenti!» ribatté Lily disgustata.

Isabelle sobbalzò a quella dichiarazione: la sua missione era quella di indagare su alcune misteriose scomparse, assieme a Clary e al fratello, ma nessuno a Richmond pareva aver notato movimenti sospetti...

«Aspettate un attimo! Il Conclave aveva mandato me e i miei compagni in missione per indagare su queste stesse sparizioni, eppure nessuno le ha mai denunciate...»

Scorpius sbiancò in volto e prese la parola: «Non avete rapito quelle persone, vero? Le avete convinte a seguirvi, in cambio di denaro, o potere... Tutte le vittime erano disoccupate, oppure avevano perso recentemente il lavoro...»

Lucius sogghignò compiaciuto: «Un lavoro pulito il nostro, o almeno così sembrava all'inizio. Ahimè, ci sono state delle... complicazioni.» Spostò lo sguardo verso Isabelle. «Al momento dell'uccisione, ci siamo resi conto che alcune vittime recavano dei tatuaggi sulla pelle, ed ora che ci penso erano molto simili a quelli che ha la vostra amica.»

«Erano Shadowhunters come me, probabilmente traditori della legge fuggiti per evitare le punizioni, o magari ex-seguaci di Valentine che erano riusciti a nascondersi tra i mondani...»

Lily la guardò distratta. «Chi è Valentine?»

«Storia lunga, meglio che tu non sappia.»

I gemelli sospirarono in coro. «Abbiamo sperimentato qualcosa, credici.»

Rose però aveva un'espressione affranta e furibonda allo stesso tempo: «Non solo siete ricercati da tutti i dipartimenti Auror e dall'Ordine della Fenice, ma avete attirato anche l'attenzione di questi... di questi Cacciatori, figli di Dio, dell'Angelo e dello Spirito Santo! Morgana, dammi la forza di non ucciderlo adesso...»

«Anche perché papà ti metterebbe in punizione a vita per averlo privato del piacere di farla pagare personalmente a Lucius,» aggiunse Scorpius in tono leggero, come se parlare di vendette e parricidi fosse all'ordine del giorno nella loro famiglia. Le loro conversazioni dovevano essere molto piacevoli, pensò Isabelle, del tipo: "Ehi mamma, papà, abbiamo assassinato nostro nonno. Avete preparato lo stufato per cena?"

Okay, forse il sarcasmo non aiutava in quelle situazioni.

«Ricapitoliamo: ad Hogwarts c'è una spia che collabora con gli ultimi Mangiamorte, fornendo informazioni su macabri riti negromantici. Lo scopo finale è chiaramente riportare in vita Voldemort, eppure...» Scorpius esitò, e Lily ne approfittò per concludere la frase del cugino. «Dopo essere stato sconfitto per due volte consecutive dubito che la fiducia dei Mangiamorte, per quanto cieca, non sia vacillata... e poi perché spingersi fino in America, se la patria di Riddle era l'Inghilterra?»

A quelle parole, Rose impallidì, la linea morbida della bocca che tremava leggermente. Assomigliava alla protagonista dell'unica favola mondana che Izzy conoscesse, Biancaneve: il volto di un pallore mortale, le labbra sottili e sanguigne, la pelle candida come la neve.

«Perché, Lily, non stanno cercando di riportare in vita il Signore Oscuro.»

«No guarda, vogliono resuscitare il gatto di zia Hermione. Non esiste nessun altro Mago Oscuro così potente, eccetto... oh... oh!»

Lily si afferrò il capo tra le mani, borbottando un "moriremo vergini!" che scatenò un eccesso di risolini nervosi nella cugina; Scorpius si limitò a guardarle con occhi strabuzzati e a balbettare: «Aspettate... Salazar! Ah!»

«Stiamo per caso giocando al gioco delle vocali? Perché se è così...» commentò Isabelle, che faticava a seguire il contorto ragionamento degli altri tre.

«Non c'è niente di divertente Izzy! È un disastro colossale!»

«... mastodontico!»

«... una catastrofe universale!»

«... la terribile ira degli dei che si abbatte su di noi! No scusate, ho sbagliato contesto.»

«Okayokay, ho afferrato il concetto,» intervenne precipitosamente Izzy, ponendo fine a quella enumerazione che, a dispetto della circostanza drammatica, risultava quasi comica. «Gradirei una spiegazione, vostre maestà,» disse con tono volutamente sarcastico.

«Che ne dici se ti invitiamo al matrimonio di Teddy e tra i dolci e lo champagne ti raccontiamo l'esito di Due Guerre Magiche, della Battaglia di Nurmengard e la storia di come le nostre vite sono state rovinate? Giusto perché adesso siamo nel bel mezzo di un interrogatorio, eh,» le illustrò Lily. Le fece l'occhiolino, sebbene risultasse un po' macabro dato che la sua faccia era ricoperta di sangue, ma Izzy non era tanto sicura che stesse scherzando riguardo alle varie battaglie che avevano minacciato il loro mondo.

Rose le diede una spallata, tenendo sotto tiro Lucius con la bacchetta, e la rimbrottò: «Non spaventarla! E comunque, penso sarebbe un ottimo inizio per il discorso da testimone che, per inciso, non hai ancora scritto.»

La cugina assunse un'espressione offesa: «Contavo di elaborarlo durante il viaggio. Sai, non avevo previsto di essere attaccata da un duo di estremisti!»

Scorpius si schiarì la gola e lanciò loro un'occhiataccia: «Ma vi sembra il momento di parlare di feste e matrimoni?»

Isabelle annuì col capo, trovandosi d'accordo col ragazzo: di solito, quando ingaggiavano battaglia, era Jace che rallegrava l'atmosfera con battute di pessimo gusto, ma Alec raramente gli dava corda, al contrario di Izzy. La concentrazione era l'arma più importante durante un combattimento, e quando Isabelle o Jace parevano dimenticarlo, Alec era sempre al loro fianco pronto a proteggerli e a spronarli.

Lucius scoppiò a ridere, una risata grottesca e cruda, presagio di astuti intrighi e azioni scellerate.

«Vedo che finalmente avete capito,» esordì con studiata calma, posando i suoi occhi taglienti su ciascuno di loro. «I... fallimenti del Signore Oscuro ci hanno indirizzati verso nuovi obiettivi, diciamo... dei percorsi alternativi per poter dominare il mondo.»

Fece una pausa, e Isabelle notò come non si stesse affatto trattenendo dal compiacersi spudoratamente. Lily ascoltava attentamente, lo sguardo vispo e sfuggevole di chi è perso nei meandri della propria mente, dedita a carpire quante più informazioni possibili da usare eventualmente come... moneta di scambio.

Lucius riprese: «Dopo la Battaglia di Hogwarts è iniziata la caccia ai Mangiamorte: gli Auror avevano rinchiuso e condannato buona parte di noi, tra cui me e Dolohov. Altri però hanno trovato rifugio nel Nord dell'Europa, nascosti tra le lande desolate ed inospitali della Bulgaria; Durmstrang è sempre stata una fortezza sicura ed inespugnabile.»

Rose intervenne impetuosa: «Loro vi hanno aiutato ad evadere, non è così? Da cinque anni latitanti, con unico rifugio la scuola frequentata da Gellert Grindelwald...»

«Era dai tempi di Sirius Black che non si vedeva una simile evasione di massa!» commentò il fratello.

Lucius si strinse nelle spalle, con fare falsamente modesto, e continuò a narrare di come lui e Dolohov, parzialmente guarito dall'Incantesimo di Obliviazione – scagliato proprio dalla madre di Rose e Scorpius – si fossero uniti prima agli altri prigionieri di Azkaban e poi ai fuggiaschi in Bulgaria, trascorrendo mesi, anni, all'accurata ricerca di un nuovo leader che fosse all'altezza di Lord Voldemort. Casualmente, si erano imbattuti in una serie di scritti che narravano dettagliatamente le gloriose ed empie gesta del Mago Oscuro Grindelwald, così potente da essere temuto da Voldemort stesso e da lui ucciso: Durmstrang, seppur dedita alle Arti Oscure, non possedeva alcun volume sulla negromanzia ed i suoi effetti, mentre il Reparto Proibito di Hogwarts conteneva ciò che faceva al caso loro. Era stato facile tendere un agguato ad Hogsmeade – Izzy sospettò fosse una cittadella vicino a Hogwarts, qualunque cosa fosse – e rapire un incauto studente, scambiandolo con un Mangiamorte sotto effetto della Pozione Polisucco.

«Serve a dare ad una persona l'aspetto fisico di un'altra, almeno per un'ora. Se assunta regolarmente poi...» spiegò Scorpius ad una sempre più basita Isabelle, lasciando intendere che l'utilizzo di quel tipo di pozioni fosse pericolosissimo e la loro preparazione molto complessa. «Mia mamma ne ha preparata una a soli dodici anni! È anche per questo che è stata insignita del Primo Ordine di Merlino,» aggiunse, mentre un sorriso orgoglioso gli illuminava il volto ferito.

«Diciotto è il numero associato al Male e all'Oscurità, ed era necessaria l'uccisione di altrettanti uomini. Ma non solo...» Izzy stava cercando di ricordare quel poco che sapeva sulla negromanzia. Agli Istituti era proibito conservare scritti di magia nera – Le Pergamene Rosse della Magia, copie de Il Libro Bianco Il Volume Nero dei Morti – e per questo poteva fare affidamento solo su alcune dicerie che Magnus le aveva riferito in gran segreto: nemmeno lui, sebbene fosse estremamente potente, era mai entrato in possesso di questi trattati tremendamente pericolosi, eccetto Il Libro Bianco. Secondo la leggenda, Il Volume Nero dei Morti [1] era stato per millenni in possesso del Re Unseelie, ma pochi anni prima era stato rubato – il Labirinto a Spirale e le fate delle Corti stavano ancora indagando su quel terribile furto.

«Secondo il rituale, bisogna uccidere le vittime nei cosiddetti centri di convergenza. Ogni città presenta numerose linee di energia, che sprigionano ancor più potere nel loro punto focale.» Scorpius aveva parlato in tono lugubre, e la sorella accorse per stringergli la mano. Avevano entrambi un'espressione afflitta, e a Izzy pareva sospetta la loro vasta conoscenza del giusto procedimento per praticare la negromanzia; non osò però dar voce ai suoi pensieri, osservando come anche Lilian fosse sul punto di crollare.

«Quello che non capisco, però,» riprese Rose, rivolta verso Lucius, «è il perché vi siate serviti di questo particolare rito negromantico per riportare in vita Grindelwald e non di quello usato in precedenza per Lord Voldemort.»

«Mio padre ce ne ha parlato molte volte,» aggiunse Lily, e rabbrividì.

«Non avevamo a disposizione il suo cadavere, o quel che ne restava: il Signore Oscuro si era premurato di non lasciarne alcuna traccia, come se non fosse mai esistito,» spiegò Lucius con voce sommessa.

Pareva troppo remissivo, pensò Isabelle, per essere un famigerato omicida evaso – come aveva detto Lily – da una prigione di massima sicurezza e tenuto sotto tiro da quattro ragazzi.

Stava certamente escogitando qualcosa, e i suoi compagni dovevano aver avuto il suo stesso pensiero – a giudicare dagli occhi vigili e dai corpi pronti a combattere.

«Questo tipo di rituale, invece, richiede un solo oggetto appartenuto al morto,» continuò, raccontando di come, attraverso oculate ricerche, lui e i suoi alleati avessero trovato un medaglione appartenuto a Grindelwald, nella cripta della chiesa di St. John a Richmond. «Eravamo sul punto di scoprire quale fosse il legame affettivo che lo legava a Gellert, quando voi tre con le vostre famiglie impertinenti avete iniziato a ficcanasare in giro. Così abbiamo dovuto abbandonare la Chiesa.»

«Voi stavate indagando su quelle scomparse?» esclamò Isabelle sbalordita in direzione dei tre ragazzi. «Per l'Angelo, perché non me lo avete detto prima?»

Rose la guardò esasperata: «Sai, di solito non riveliamo informazioni della massima importanza alla prima persona che incontriamo!»

«È a causa vostra per cui nessuno degli abitanti pareva aver notato quelle sparizioni?» continuò la Cacciatrice. «E come mai non ci siamo incontrati prima, se stavano indagando quasi negli stessi posti?»

«Il Ministro della Magia Americano aveva lanciato degli incantesimi di occultamento per evitare gli sguardi indiscreti dei babbani, ed è anche per questo che non abbiamo avuto modo di incrociare le nostre indagini,» le spiegò Scorpius pazientemente. A Izzy tornò in mente la volta in cui, per scherzo, Alec aveva accennato ad "un'arcana entità più grande di loro", come spiegazione alle indagini inconcludenti. Sul momento non ci aveva dato peso, ma, alla luce delle nuove scoperte, risultava essere una macabra coincidenza.

«Sono quasi del tutto sicura che il Ministro degli Stati Uniti sia a conoscenza dell'esistenza di voi... Cacciatori. Per molto tempo, la comunità magica ha vissuto in isolamento e, specialmente dopo le tragedie del secolo scorso, non è molto incline a fraternizzare con degli sconosciuti,» aggiunse Lily. Scorpius, ancora stretto nell'abbraccio di Rose, aveva lo sguardo vacuo e inafferrabile: pareva stesse cercando un dettaglio, un cavillo all'apparenza insignificante eppure fondamentale, la chiave per scongiurare una catastrofe in arrivo. Fu la sorella a parlare come se, in quanto sua gemella, riuscisse a percepire l'inquietudine che lo attanagliava.

«Quando hai detto abbiamo dovuto... ti riferivi a te e a Dolohov, non è vero?»

Lucius sorrise, predatore famelico pronto a sbranare la propria preda. Scandagliò con i suoi gelidi occhi – intrisi di un irriverente divertimento, di una disgustosa malizia – i quattro giovani, poi spostò lo sguardo sul paesaggio che scorreva rapido fuori dai finestrini infranti.

«Oh, mia cara... per quanto bravi crediate di essere, noi saremo sempre, due passi, sette passi davanti a voi,» esordì piano, assaporando in ogni parola il gusto della vittoria. «Sapete, tutto questo era già stato programmato nei minimi dettagli, un minuscolo tassello di un enorme puzzle. Ah, che ingenui,» scosse la testa come a rimproverarli. «Avete perso solo tempo prezioso: più a lungo vi intrattenevate qui con me, più possibilità avevamo di compiere la nostra prossima mossa.»

«Di che diavolo stai parlando?» gridò Scorpius, rosso in volto.

«Vi siete allontanati da Richmond, lasciando incustodita la Chiesa di St. John: gli altri Mangiamorte hanno già recuperato il medaglione di Grindelwald. Il rituale è pronto per essere compiuto; un'altra era sta per incominciare. Ma prima,» Lucius fece una pausa, osservando i visi stravolti dei quattro ragazzi, «è il momento di eliminare qualsiasi ostacolo alla nostra gloria!»

L'uomo si alzò in piedi e con un forte strattone si liberò dalle corde che lo tenevano imprigionato. Rose sibilò tra i denti un "ma che diamine" mentre rinsaldava la presa sulla bacchetta; gli altri la imitarono e Izzy sguainò frusta e pugnale. Lily le mimò un "viaggi sempre così?" e lei scrollò le spalle, l'adrenalina che le scorreva come fuoco vivo e incandescente nelle vene. Poi, d'un tratto, il treno parve perdere velocità e la foresta che stavano attraversando lasciò il posto ad una delle immense pianure verdeggianti della Virginia.

«Ma che succede?» strillò Isabelle, scorgendo però solo confusione sulle facce dei compagni. Lucius scoppiò in una grossa risata: «La nostra vendetta, piccola Cacciatrice. Non vi ha mai insegnato nessuno che la prima regola di un grande mago è essere sempre quello più sveglio?»

E l'Inferno scese in terra.

In seguito, quando Isabelle raccontò quegli attimi pieni di terrore ad Alec e agli altri, ricordò loro dell'arduo viaggio ad Edom, della morsa di angoscia e sgomento che attanagliava la gola; la paura dell'ignoto.

Isabelle venne scaraventata a terra e sbatté il capo contro le pareti di metallo del vagone; puntini neri le danzavano dietro le palpebre, e quando aprì gli occhi vide solo l'oscurità, impenetrabile oscurità. Cercò di urlare, di chiamare i suoi compagni per accertarsi che stessero bene, ma la voce le morì in gola. Le tenebre che avevano invaso la loro carrozza si stavano condensando, delineando decine e decine di figure. Indossavano tutte l'identica maschera d'argento che ricopriva il volto di Lucius e Dolohov, le dita strette attorno alle proprie bacchette. Alcuni si erano posizionati alle spalle di Lucius, ma la maggior parte fluttuava all'esterno delle vetrate in frantumi, inspiegabilmente sospesi nell'aria come macabri fantasmi. Dalla sua destra provenivano rumori indistinti, passi e urla soffocate. Si rimise in piedi, appoggiandosi allo schienale di un sedile ancora integro: una mano le si strinse attorno al collo, e Izzy scalciò furiosa, tentando di afferrare il pugnale dalla cintola, ma era ancora intontita dal colpo ricevuto prima. Sulle labbra sentiva il sapore denso e ferroso del suo stesso sangue. La mano che l'aveva agguantata apparteneva ad una donna alta e longilinea, dai capelli lisci e castani; il suo volto era una maschera di freddezza e orrore, sfigurato in più punti e con una benda scura che copriva l'orbita sinistra. Strattonò Izzy in avanti, portandola al centro del vagone di fronte a Lucius; dei gemelli e di Lily non c'era alcuna traccia. Sentiva l'eco di voci lontane, un frastuono indefinito proveniente forse dall'altra carrozza.

«Avete trovato i ragazzini?»

«Non ancora, ma in compenso abbiamo lei. Cosa ce ne facciamo?»

«Per Salazar, siamo su un treno! Non possono essere andati lontano!»

«Io propongo di utilizzare la Maledizione Cruciatus. Ne sono passati di anni dall'ultima volta...»

«Ottimo, Shelley, così anche tutto il resto del treno si accorgerà di...»

«Silenzio!»

Le voci si acquietarono, formando un sommesso mormorio. Man mano che i minuti passavano, Izzy stava riacquistando la lucidità necessaria a capire di essere stesa sul lurido pavimento del vagone, i polsi legati dietro la schiena. Decise di non muoversi, per non attirare ancora più attenzione su di sé, e con le mani si tastò la vita con difficoltà: le dita si strinsero attorno alla sottile impugnatura dello stilo e un profondo sollievo la invase. Non aveva certo il potere di creare nuove rune come Clary, ma era pur sempre un valido strumento di difesa. Il viso di Lucius – sfregiato e paonazzo per la collera – le si parò davanti, un ghigno sadico che deturpava le labbra sottili.

«Tu, con i tuoi stupidi poteri angelici! Li hai agevolati nella loro fuga, non è così?»

«Io non ho fatto niente! E anche se li avessi aiutati, non li tradirei mai!»

Le sue parole furono soffocate dalle risate di scherno degli altri Mangiamorte.

«Ti fidi di loro, vero? I Malfoy hanno sempre avuto un irresistibile fascino...» La donna che l'aveva catturata la squadrò dall'alto in basso, e Izzy fu scossa da un brivido nel guardare le sue pupille nere come quelle di una vipera. «Tuttavia, ti hanno abbandonata. Dove sono i tuoi amichetti, piccola, ingenua ragazza? Se ne sono andati, con i loro trucchi magici e la sciocca arroganza ereditata dai loro genitori... lasciata in balìa dei loro nemici...»

«No! Loro non...» Isabelle si interruppe, sgomenta. Loro non lo farebbero mai, stava per dire. Eppure, cosa ne sapeva lei? A quelle parole, erano sorti in lei nuovi dubbi, serpi velenose instillate nella sua mente e che minacciavano di ottenebrare qualsiasi forma di autocontrollo. Li aveva conosciuti poche ore prima, e cosa le faceva pensare che non l'avessero abbandonata per fuggire e mettersi in salvo? Sin dal primo momento in cui li aveva visti, aveva compreso che tipo di persone fossero: pieni di segreti, abili nei sotterfugi... ma malgrado ciò, non riusciva a credere che le avessero mentito. Non Scorpius, che dopo aver rischiato la vita si era preoccupato per la sua incolumità; non Lily, che in silenzio e di nascosto, le aveva impedito di sfidare due uomini più potenti di lei. E nemmeno Rose, pur sospettosa e profondamente diffidente, che l'aveva nascosta col suo corpo dalla vista dei due Mangiamorte – un modo per invitarla a scappare, a salvarsi per poter tornare incolume dalla propria famiglia; ma lei aveva scelto di rimanere, contro ogni logica e buonsenso. Perché anche lei, al pari di Scorpius, riusciva a riconoscere i veri eroi: coloro che si smarrivano, fallivano miseramente, ma che avevano la forza di rialzarsi dopo ogni sconfitta, dopo ogni caduta, per quanto ardua e impossibile potesse essere.

«Loro non sono dei codardi,» parlò con voce decisa, la testa che pulsava per le dolorose fitte alla tempia. «Hanno cercato in tutti i modi di proteggermi, di farmi ritirare da una battaglia che non è la mia; ma sono rimasta al loro fianco, perché sono un soldato, una Cacciatrice. Perché sono una Lightwood. E sono certa che loro siano qui, nascosti in qualche vagone, ad escogitare un nuovo piano ancor più grandioso ed efficace del vostro; so poco e nulla riguardo a ciò che voi, sporchi bastardi, avete compiuto, ma sono sicura che, in un modo o nell'altro, adesso o fra cent'anni, vi pentirete amaramente di tutto il male che avete causato!»

Isabelle respirò affannosamente. Era tutto vero, non aveva idea di come le vite dei sui giovani amici e delle loro famiglie fossero irrimediabilmente intrecciate a quei loschi figuri; come le aveva insegnato la dolorosa storia dei suoi genitori tempo prima, il male e il bene non sono due fazioni distinte, ma sono intessute assieme, così che in ognuno di loro c'era un po' di luce e oscurità. Forse, anche i due gemelli e Lily si erano macchiati di crimini indicibili, e magari quei Mangiamorte avevano abbracciato il proprio lato oscuro solo poiché corrotti da un'entità ancora più malvagia, manipolati crudelmente a suo unico vantaggio. Nessuno poteva rivendicare la facoltà di saperlo con certezza: senza alcun dubbio però, Isabelle avrebbe sacrificato la propria vita per quei tre ragazzi fragili e ardimentosi allo stesso tempo, non per il desiderio di una morte eroica, non solamente per contribuire alla loro salvezza, ma perché era semplicemente, e meramente, giusto.

«Ma che discorso commovente... Una ragazza così pura da non essere avvelenata nemmeno dal seme del dubbio?» commentò sprezzante un Mangiamorte ala sinistra di Lucius. «Allora è attendibile quel che si dice in giro: il sangue degli Angeli è veramente miracoloso!»

Gli altri si unirono alle risa di derisione e sbeffeggio, mentre Izzy sentiva le gote arrossarsi per l'ira e l'umiliazione. Si era sentita così impotente solo quando non era stata capace di proteggere il suo innocente fratellino Max, colpita a tradimento dal finto Sebastian; una sensazione agghiacciante, quella di essere privati della propria autonomia, della facoltà di agire e reagire. Isabelle contrasse duramente i muscoli delle gambe, pronta a colpire chiunque si fosse avvicinato più del dovuto. Proprio quando l'unica donna del gruppo, Shelley, si stava avvicinando con la bacchetta alzata e una furia omicida negli occhi, un grido roco si propagò per l'intera locomotiva.

«Li abbiamo trovati, li abbiamo in pugno! Sono qui su, sul tetto!»

Il cuore di Isabelle ebbe uno spasmo, sia per il sollievo di sapere che i ragazzi non l'avevano lasciata sola, sia per il paralizzante terrore che stava provando: e se li avessero catturati? Se non fossero riusciti a scappare in tempo o a liberarla? Tra i Mangiamorte serpeggiò un'ondata di brusii eccitati. Lucius stava urlando ordini indicando le varie uscite del treno, Shelley si era arrampicata sulle paratie esterne assieme ad altri cinque uomini; il vagone ben presto rimase vuoto, fatta eccezione di un Mangiamorte basso e magrolino a guardia della prigioniera. Furtivamente, Izzy estrasse lo stilo dalla cintura: l'avevano privata di tutte le altre armi, ma suo madre, anni prima, le aveva insegnato come utilizzare il suo stilo per liberarsi o difendersi. L'impugnatura presentava una parte smussata e una leggermente più tagliente; con pazienza, la ragazza iniziò a sfregare lo stilo contro le corde che le avvolgevano le mani. Sentiva già le braccia rattrappite, il sangue defluirle dai polsi, e immaginò che oramai fossero diventati violacei; era un lavoro difficoltoso, dato il nodo stretto con cui era stata legata, ma aveva affrontato situazioni ben peggiori. Tuttavia, dopo una decina di minuti le corde non volevano ancora saperne di cedere: le dita le facevano male, e Izzy si lasciò sfuggire uno sbuffo stizzito e contrariato. Il Mangiamorte di guardia si girò verso di lei e avanzò per accertarsi che fosse tutto a posto. Isabelle rinsaldò la presa sullo stilo, anche se non sarebbe servito a molto e si preparò a respingere un eventuale attacco con solo la potenza delle gambe. Prima che potesse fare qualcosa, però, il Mangiamorte cadde con un tonfo sordo ai suoi piedi, come colpito da una forza invisibile, la bacchetta che rotolava lontano da lui. La ragazza si guardò attorno febbrilmente, nella speranza di scorgere i volti cerulei di Scorpius e Rose o le lentiggini di Lily, ma invano.

Il vagone era vuoto, e il silenzio era spezzato solo dai passi pesanti sul tetto sopra di lei e dal rintrono delle rotaie arrugginite.




 

Note:

[1] Il furto del Volume Nero dei Morti è l'evento attorno al quale ruota la serie The Dark Artifices, e perciò è da considerarsi canon nello Shadowhunters Universe.

 

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Capitolo 4
*** Things Go Wonderfully Right (Or Horribly Wrong) ***


III - THINGS GO WONDERFULLY RIGHT (OR HORRIBLY WRONG)

 

Il coraggio è resistenza alla paura e dominio della paura, ma non assenza della paura.

Mark Twain 

D'un tratto, qualcosa di freddo le sfiorò le mani congestionate. Isabelle sobbalzò, menando un colpo all'indietro col capo: un gemito soffocato l'avvisò che aveva fatto centro. Delle voci si levarono indignate da qualche parte dietro di lei.

«Per i mutandoni di Merlino, non solo cerchiamo di salvarla, ma vuole anche ucciderci!»

«Oh, Godric, sono troppo giovane, affascinante e talentuoso per morire adesso! Chi sarà il nuovo Cercatore dei Cannoni di Chudley, eh? Quell'insulso di Zabini?!»

Isabelle non sapeva se ridere o piangere: certo, la proposta di salvezza che le si presentava era allettante, ma il problema erano i suoi due nuovi – invisibili – salvatori.

«È una corda magica, resistente a qualsiasi lama, persino la più tagliente,» mormorò una voce bassa e graffiante al suo orecchio. «È per questo che non sei ancora riuscita a liberarti, piccola guerriera. Diffindo!»

I lacci scomparvero, e Izzy si massaggiò subito i polsi scorticati, per poi afferrare lo stilo e puntarlo dietro di sé; con l'altra mano, dispiegò la frusta che illuminò il vagone con una tenue luce dorata.

«Chi siete? Cosa volete? Mostratevi, codardi!»

Si sentirono dei risolini.

«Che caratterino! Un vero angioletto

«Io vorrei la nuova scopa ThunderBolt2000, con un'accelerazione da zero a trecento chilometri orari, eccellente aerodinamicità, la pendenza del manico di...» Il ragazzo – Isabelle l'aveva capito dalla sua voce greve e profonda – venne interrotto da un sonoro ceffone, terminando così l'estenuante elencazione dei pregi di... una scopa?

"Sono finita in una gabbia di matti," Izzy si arrese all'evidenza.

Poi, dal nulla sbucò una testa che fluttuava apparentemente staccata dal resto del corpo: Isabelle si trovò di fronte due iridi celesti come il cielo a primavera che illuminavano un volto candido e facevano risaltare una lunga e setosa chioma di un tenue color miele, acconciata in una cascata di boccoli. Alla sua sinistra comparve, poco dopo, un capo riccioluto e corvino; due pupille di un avvolgente e caldo nocciola la stavano squadrando divertite, a crogiolarsi nella consapevolezza di essere affascinante.

«Oh, Raziel...» mormorò Isabelle, tanto sconvolta da lasciar cadere lo stilo a terra con un debole tintinnio di adamas e argento scintillanti. La ragazza si abbassò per restituirglielo, scomparendo nuovamente; il ragazzo, invece, fece un cenno in direzione della Cacciatrice, ancora a bocca aperta.

«Io sono Bond, James Bond. È un onore...»

«James!» si sentì un sibilo proveniente dal basso. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, facendo cadere una ciocca dei capelli ribelli sulla fronte alta. C'era qualcosa, nella linea morbida della mascella, o nella forma del naso, persino nel modo in cui batteva le palpebre che ricordavano a Isabelle... Scorpius, magari? Forse Lilian...

«Oh, e va bene! Sono James Potter, ed è un piacere fare la tua conoscenza, sebbene preferirei essere ai Tre Manici di Scopa con dell'acqua viola tra le mani... ma non si può avere tutto dalla vita!» James fece un largo sorriso, ammiccando. «A proposito, so che hai conosciuto Lily, la mia sorellina... mi hanno riferito che le hai salvato la vita. Te ne sono estremamente grato.»

Isabelle si limitò a balbettare un flebile "non c'è di che", ringraziando con lo sguardo la ragazza che le aveva restituito il suo stilo, la quale si presentò con il nome di Dominique Weasley. Fu proprio quest'ultima a tirare un lieve scappellotto sulla nuca di James, osservandolo con quei suoi occhi penetranti fino a quando il ragazzo non si sbatté una mano in fronte, gesto accompagnato da una sonora – e irripetibile – imprecazione. Borbottando ancora fra sé e sé, Isabelle lo vide afferrare... il lembo di un mantello? Con un deciso strattone, James tirò la mano destra verso l'alto, il pugno che stringeva una falda di stoffa argentea e scintillante come riverberi lunari; ora sul suo braccio era drappeggiato scompostamente un lungo e pesante mantello, simile a quelli che i Nephilim utilizzavano per viaggiare. Il tessuto era leggermente opaco, tendente al nero e all'antracite; miriadi di minuscole stelle, pianeti e soli costellavano la superficie, in un ammaliante gioco di chiari-scuri e di impalpabili barbagli dorati. Intenta com'era ad osservare quel curioso mantello, Isabelle quasi non fece caso al fatto che il resto del corpo dei due ragazzi era divenuto visibile proprio nell'istante in cui James li aveva spogliati della mantella. Dominique indossava una mise tipica dell'alta sartoria francese vintage: i morbidi pantaloni a palazzo, di un pallido albicocca, mettevano in evidenza le lunghe gambe e il vitino da vespa, mentre la camicia, di una delicata sfumatura color panna, poneva in risalto i boccoli dorati; la testa era cinta da una cloche del medesimo colore dei pantaloni, abbellita da un geranio legato al lato destro del cappello. Isabelle la rimirò affascinata, incapace di muovere un solo muscolo: era insolito vedere questo tipo d'abbigliamento in un'epoca che prediligeva jeans strappati e magliette con disegni stilizzati, tanto che Dominique pareva provenire da uno di quei film francesi strappalacrime degli anni '40 che sua cugina Aline amava alla follia.

James rise divertito in direzione di Isabelle: «Fa' questo effetto un po' a tutti, per via del suo sangue in parte Veela...» poi aggiunse, in tono un po' preoccupato, «spero di non averti turbata con il mio Mantello dell'Invisibilità. Avevamo bisogno di non essere visti, sia per controllare il vagone in tranquillità, sia per constatare che non fossi realmente una minaccia.» Tossicchiò imbarazzato quando Isabelle gli lanciò uno sguardo un po' irritato, sebbene nel profondo comprendesse la loro necessità di capire di chi fidarsi. 

Dominique gli rivolse uno sguardo indispettito, corrucciando gli angoli della bocca a cuore; infilò la mano nella tasca posteriore dei pantaloni e ne estrasse una pipa in mogano scuro che portò alle labbra piene e carnose. James le si avvicinò con in mano un fiammifero e un sacchetto pieno di quello che Izzy immaginò essere tabacco, e lo porse a Dominique. La ragazza ne versò una manciata nel fornello e ripeté l'operazione altre due volte; con destrezza, accese la pipa, aspettò qualche secondo e poi aspirò brevemente. Nell'abitacolo si diffuse un piacevole aroma di lampone e cannella, mentre Dominique soffiava via il fumo in intricate volute nebulose. Isabelle non sapeva cosa intendesse James con "sangue di Veela", e per questo immaginava funzionasse come la malia esercitata dai vampiri. Era così che dovevano sentirsi i soggiogati umani dei Figli della Notte, pensò: la testa lievemente annebbiata, il corpo leggero, come se fluttuasse, l'incapacità di distogliere lo sguardo dalle movenze aggraziate e sensuali della ragazza di fronte a lei.

Si riscosse solo quando James, sempre con quel lampo divertito negli occhi scuri, la pizzicò con le dita sulla guancia. Anche lui era acconciato in maniera elegante, come se entrambi avessero partecipato ad una cerimonia a tema vintage: un tuxedo cinerino, con una camiciola candida in contrasto con la pelle abbronzata, guanti bianchi che pendevano da una tasca del pantalone e un cilindro nero come le scarpe lucide. Forse un abbigliamento troppo invernale per una giornata di metà luglio, tanto che sulla sua fronte si stava già formando una catena di goccioline di sudore.

«Sei solo invidioso per il fatto che i coniugi Legrand non abbiano avuto occhi che per me al ricevimento di ieri sera!» esclamò Dominique, espirando il fumo in direzione di quello che, almeno secondo Isabelle, doveva essere il suo fidanzato. James in tuta risposta le fece la linguaccia. «La prossima volta commissionerò loro un dipinto che ti ritragga. Lo chiamerò: L'orgogliosa ragazza che perdendo a carte ha impedito all'amato cugino di compiere il viaggio più memorabile della sua vita. Che te ne pare?»

Izzy sentì le guance tingersi di rosso all'idea di aver creduto che i due fossero fidanzati, mentre Dominique sbuffava indignata; dal tetto sopra di loro provenivano urla e strepiti, e un paio di tonfi.

«Maledizione James, tu volevi viaggiare sul Titanic! Hai presente, quell'enorme transatlantico che è affondato nell'Oceano Atlantico, portando alla morte più di mille persone?!»

«Ci saremmo smaterializzati a New York o a Londra, o in qualsiasi altro posto volessimo prima del disastro e nessuno si sarebbe accorto di noi!»

Un altro tonfo, questa volta più forte rispetto ai precedenti, interruppe la discussione tra i due ragazzi e impedì a Isabelle di porre loro le – mille – domande che la attanagliavano. Viaggio a bordo del Titanic, risalente a più di cent'anni prima? Smaterializzazioni?

James guardò l'elegante orologio da polso che segnava le due di pomeriggio. Aggrottò le sopracciglia e si girò verso la cugina, che aveva ancora dipinta in volto un'espressione contrita.

«Gli altri non dovrebbero essere già qui da almeno una decina di minuti?»

L'altra alzò le spalle. «Sai come sono fatti. Mi sorprendo però che Albus non si sia precipitato a salvare il suo fidanzato. La scorsa volta ha battuto il record di tre minuti detenuto da Alice e Lorcan...»

Isabelle si decise a parlare, piuttosto irritata con sé stessa per aver perso tempo prezioso – incantata dalla "malia" di Dominique – invece che spronare i due a correre in aiuto dei gemelli e Lily. Anzi, si meravigliava del fatto che James – essendo il fratello maggiore di Lilian – non fosse corso subito in suo aiuto. Ma, del resto, non sapeva cosa aspettarsi da un individuo che sosteneva di aver giocato a carte per vincere un biglietto per il Titanic.

«Dobbiamo aiutarli! Siete la loro famiglia, giusto? Siete maghi come loro, siete in grado di...» disse con irruenza, bloccandosi dopo aver udito un altro grido mascolino. James scosse la testa, sebbene l'aria spavalda di prima fosse stata sostituita da una più greve, più adulta.

«Il messaggio di Scorpius diceva di aspettare che tutta la squadra fosse riunita, e noi rispetteremo la sua decisione. Forse vuole contare sull'effetto sorpresa...»

«Ma quei tizi con le maschere d'argento... i Mangiamorte... non si accorgeranno dell'arrivo di questa "squadra"?» Izzy era abbastanza scettica riguardo la riuscita di quel piano. Secondo la sua esperienza, tutti i piani elaborati prima di una battaglia venivano inesorabilmente sabotati, sia dal nemico sia, a volte, dagli stessi partecipanti.

«Non credo, no,» iniziò a spiegare Dominique. «La Smaterializzazione provoca delle onde di energia molto deboli, che possono essere captate difficilmente e con la massima attenzione. Impegnati come sono a combattere, non si accorgerebbero nemmeno se trasportassimo sul treno una mandria di gnu.»

«La Smaterializzazione? Cos'è?» chiese Isabelle curiosa.

«È il nostro modo di viaggiare velocemente, in ogni momento e in ogni luogo,» parlò James, mentre si toglieva la giacca grigiastra e allentava il nodo del colletto inamidato. Dalla tasca della giacca estrasse la sua bacchetta, di un legno scuro e levigato; con un colpo della punta, il Mantello dell'Invisibilità sparì in uno svolazzo di vapore argenteo, così come anche la giacca del completo e il cilindro foderato. «La Smaterializzazione è una tecnica molto complessa, e padroneggiarla perfettamente richiede anni e anni di studio e pratica. Nostro cugino Louis si è Spaccato un paio di volte – niente di grave, solo un braccio dimenticato nella Sala Grande e tre costole rotte – mentre lo zio Ron è stato bocciato al suo primo esame per aver dimenticato il sopracciglio destro a Hogsmeade. Ah, bei ricordi!» Sorrise con aria nostalgica, rubando la pipa alla cugina e inspirando il tabacco aromatizzato.

Il Mangiamorte che fungeva da guardia era ancora steso sul pavimento, sebbene iniziasse a muoversi. Con un sospiro, Dominique estrasse da sotto la cloche la sua bacchetta – di un'adorabile tonalità cipria – e la agitò decisa in direzione dell'uomo riverso a terra. Il corpo si sollevò in aria sotto il comando della bacchetta della ragazza, e venne scaraventato più volte contro una paratia interna della carrozza fino a quando non iniziò a sanguinare dalla tempia. Isabelle guardò Dominique con gli occhi spalancati, ma quest'ultima pareva indifferente al sangue che si raggrumava copioso in una pozza ai suoi piedi; la Cacciatrice non era estranea alla violenza, ma lei era abituata a torturare e uccidere demoni, non umani o almeno, non con questa freddezza d'animo. Il Mangiamorte cadde a terra scomposto, il petto che si alzava e abbassava lentamente. James lo guardò con sufficienza e decretò che era ancora vivo; la cugina si tolse il cappello e lo gettò sul sedile alla sua destra, assieme alla pipa ancora fumante.

Attesero in silenzio un'altra manciata di minuti, con solo i tonfi e le urla a scandire il passare dei minuti; in quegli attimi Isabelle temette di svenire. Non era mai stata paziente e riflessiva come suo fratello Alec, quanto piuttosto istintiva, schiava dell'impulsività che molte volte l'aveva salvata, certo, ma altrettante l'aveva messa in pericolo. Non arrivava proprio a comprendere come James e Dominique riuscissero a restare in quel vagone mezzo distrutto a fumare la pipa e a chiacchierare come una vecchia coppia di sposini, invece di precipitarsi da Rose, Scorpius e Lily che in quel momento – per quanto ne sapeva – potevano essere finanche in punto di morte. Eppure, era consapevole del fatto che l'atteggiamento dei due ragazzi non fosse, nella maniera più assoluta, disinteressato: le dita di Dominique sfarfallavano nevroticamente mentre artigliavano il tessuto della camicetta, spiegazzandola; James, invece, alternava freneticamente lo sguardo dall'orologio sul polso destro al soffitto, da cui provenivano rumori concitati di battaglia.

La Nephilim si rese conto che quei maghi si fidavano ciecamente l'uno dell'altro: se Scorpius aveva ordinato loro di aspettare tutto il resto del gruppo, allora c'era sicuramente una valida motivazione dietro ciò e nessuno avrebbe osato mettere in dubbio la sua parola. Anche gli Shadowhunters erano costantemente divisi tra il dovere e la famiglia, sebbene il primo contasse immensamente di più agli occhi del Conclave; pochi erano coloro che disubbidivano a qualsiasi ordine impartitogli dal Console pur di non abbandonare un amico, un familiare in battaglia – e Isabelle si riteneva fortunata ad avere dei fratelli, di sangue o meno, che avrebbero rischiato tutto pur di salvarla. Accovacciata sulle fredde lastre di ferro coperte da moquette, si ritrovò a desiderare di avere accanto a sé i suoi fidati compagni. Aveva sempre sostenuto di non aver bisogno di un parabatai, di essere perfettamente autonoma in battaglia, ma ora avrebbe fatto di tutto pur di sentire la rassicurante presenza di Alec al suo fianco, la capacità di Jace di sdrammatizzare anche le situazioni più tragiche, la mente lucida del suo fidanzato e la fredda razionalità di Clary. Non aveva idea di quali sarebbero state le prossime mosse da compiere e sfortunatamente non aveva alcun suggerimento da dare; James aveva accennato ad un "effetto sorpresa", ma non sapeva a chi si riferisse quando nominava il "resto del gruppo". E non aveva intenzione di chiedere spiegazioni. Provava una sorta di velato timore verso quei due giovani che parevano poco più grandi di lei – ma con l'espressione stanca e provata di chi aveva combattuto troppe battaglie e desiderava solamente lasciarsi andare, sfinito. Li comprendeva. Dopo la fine della Guerra Oscura, la frenesia in cui aveva vissuto per quei tragici mesi era scemata, fino a quando il peso del dolore non le era piombato addosso simultaneamente: la morte del suo fratellino Max, la perdita dei ricordi di Simon – che progressivamente stavano tornando –, la Pace Fredda che minacciava di portare i Nephilim e le Corti delle Fate ad un nuovo scontro... la scombussolante sensazione di parziale instabilità, in un mondo che pareva aver dimenticato tutta la sofferenza che le due guerre combattute, e vinte con coraggio e sacrificio, avevano arrecato loro. Isabelle non avrebbe mai potuto dimenticare; la notte, imprigionata in una gabbia fatta di ricordi e oscurità, sognava le lande desolate di Edom, le lingue di fuoco che divoravano la terra, le vie di Alicante intrise di fumo, sangue e morte, il corpicino di Max riverso in una pozza di liquido vermiglio...

Uno sfrigolio scoppiettò nell'aria; Dominique aveva riacceso la pipa, che questa volta possedeva una nota acidula – di limone e anice speziato – come se il tabacco avesse captato l'amarezza dei pensieri della Cacciatrice e li avesse tramutati in aromi eterei ed impalpabili. Se solo ci fossero stati Alec, Clary e Jace lì con lei... Insieme avrebbero ideato un grandioso stratagemma, destinato a fallire per un cavillo tecnico o per colpa del fato; avrebbero cercato immediatamente di mettere al sicuro le ignare vittime di una lotta che non sapevano nemmeno si stesse svolgendo... Una sensazione di gelido terrore pervase Isabelle, che si portò una mano sulla bocca, il cuore che batteva furioso per l'agitazione. Come aveva potuto scordarsene? Lei, addestrata fin da piccola a proteggere i mondani e il resto del mondo, come aveva potuto dimenticare le centinaia di passeggeri che viaggiavano su quello stesso treno, in pericolo di morte?

Ne parlò concitatamente con gli altri due, cercando di trovare qualche espediente che potesse sopperire alla sua mancanza e rimuginando sul fatto di aver infranto la promessa fatta a Scorpius. Ti supplico. Portali in salvo.

«Potremmo fermare il treno in corsa, far scendere i passeggeri con la scusa di un guasto tecnico, oppure...» s'interruppe, la mente annebbiata dal panico che si stava facendo strada dentro di lei e le artigliava i polmoni in una stretta così forte da impedirle di respirare. Dominique le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla; profumava di rose, zenzero e cannella.

«Isabelle, devi stare calma, va bene? Ci penserà nostra cugina Roxanne, fidati... è tutto sotto controllo.» Ma dal respiro accelerato e la sfumatura pallida sul suo volto, Izzy capì che non era vero. Era apprezzabile che cercasse di tranquillizzarla, ma apprendere che non ci fosse nessun piano – o almeno, non effettivo – riguardo l'aiutare quei passeggeri non la rasserenava per niente. James era diventato piuttosto irrequieto; più il tempo scorreva inesorabile – senza l'ombra del resto del gruppo – più diminuivano le possibilità di salvare sua sorella e i gemelli.

D'un tratto, tutto intorno a loro crepitò come pervaso da un'impercettibile scintilla di elettricità. Uno sfrigolio inavvertibile – lo scintillio di una lucciola nelle tenebre, battiti di ciglia o frullii d'ali –, uno spostamento d'aria millesimale che Isabelle avvertì sulla pelle nuda delle braccia, una carezza fredda che narrava di segreti misteriosi ed enigmi nascosti, di velate illusioni e... di magia.

James balzò in piedi, il sollievo che gli inondava il volto, mentre Dominique rimase al suo posto, nell'immobilità di un'algida regina – ma le labbra leggermente incurvate tradivano la sua gioia per ciò che stava accadere. Isabelle si ricordò di come Dominique le avesse descritto gli attimi antecedenti alla Smaterializzazione – lievi onde di energia che si propagano nel raggio di pochi metri – e seguì curiosa lo sguardo dei due cugini, puntato proprio nel punto in cui era disteso senza sensi il Mangiamorte. Izzy non ebbe neanche il tempo per suggerire di spostarlo dalla traiettoria, che all'incirca una decina di ragazzi apparve nello scompartimento, centrando in pieno il corpo a terra. Avevano le mani intrecciate gli uni agli altri a formare una curiosa catena umana circolare, ed erano i tipi più bizzarri che Isabelle avesse mai visto – e lei era abituata alle stranezze (una volta era uscita persino con una fata che poteva tramutarsi in salice e con la pelle ricoperta da corteccia)!

Il gruppo era formato in maggioranza dai maschi: erano poco più alti di Isabelle, ma le restanti ragazze li superavano tutti e sei di una buona spanna. Erano molto simili tra loro, con le stesse chiome rosso fuoco e le lentiggini, perciò Izzy intuì che dovessero essere tutti imparentati; solo tre di loro avevano fisionomie leggermente diverse. Uno di loro era basso e mingherlino, con capelli scuri e lucidi come ali di corvo e due iridi verdi e limpide; aveva gli stessi occhi scintillanti, il medesimo naso alla francese e l'identica linea squadrata della mascella di Lily e James. Gli altri due erano chiaramente fratello e sorella: entrambi possedevano capelli biondi striati di castano lunghi fino al mento, occhi antracite e carnagione pallida, costellata da miriadi di efelidi come piccole stelle nel firmamento. Tutti quanti vestivano abiti sgargianti, dal rosso all'arancione, passando per il giallo e il verde; una ragazza dai capelli vermigli – acconciati in una cascata di dreads – stringeva nella mano sinistra una scopa dall'aria chiaramente usata, dato il manico di legno scheggiato su buona parte della superficie, e indossava una divisa verde prato con un grosso artiglio d'oro sul petto. Accanto a lei si trovavano due ragazzi poco più bassi e completamente indistinguibili: i lunghi capelli bruni ricadevano sulla fronte alta e gettavano ombre scure sulle iridi dello stesso colore del cielo sporcato da volute di fumo, e l'unico particolare che permetteva agli altri di riconoscerli era la diversa montatura degli occhiali – spessa e lineare per il fratello di destra, sottile e leggermente ricurva per l'altro. Sulle spalle di entrambi si trovava due animaletti villosi e così minuscoli che Isabelle dovette sforzare la vista per scorgerli; avevano la pelliccia lanosa e magenta, con occhietti neri come la liquirizia, ma la Cacciatrice non riuscì ad identificarli, sebbene le ricordassero vagamente un riccio.

La ragazza che si trovava in una posizione piuttosto centrale rispetto agli altri fece un passo avanti con le braccia spalancate: i capelli di un biondo sporco erano acconciati in quello che Isabelle definiva sempre un "taglio alla Anna Lightwood", e una collana di florilegi dai colori accesi – oblunghi gigli aranciati, assottigliate eliconie purpuree, lacrime d'angelo dalle incantevoli sfumature lunari e rigide alpinie lattee e vermiglie – adornava il suo collo bianco. Ammiccò in direzione di Dominique e James, avvicinandosi come per abbracciarli.

«Ben trovati, miei cari bohémien, le auxilia della Fenice sono giunte in vostro soccorso!» esclamò ad alta voce, incurante delle proteste di James che le faceva segno di abbassare il tono. Dominique alzò un sopracciglio e si scostò, lisciandosi le pieghe inesistenti della camicetta.

«Truppe ausiliare un corno, Longbottom! Dovevate essere qui più di venti minuti fa!» le sibilò contro, ma l'altra si limitò a scrollare le spalle in segno di scuse.

Isabelle notò – ormai senza più sorprendersi eccessivamente – che sul braccio sinistro della ragazza la coda piumata di una fenice rifletteva i bagliori dorati del sole pomeridiano che filtrava dai finestrini in frantumi.

«Hai idea di quanto sia stato traumatico per me interrompere lo speciale trattamento ultra rigenerante in Tailandia, Dom?» replicò con voce lamentosa. Dietro di lei, il resto del gruppo non riuscì a soffocare una risata. Fece per ribattere, ma James la interruppe lestamente. «Io e Dominique abbiamo dovuto interrompere una cerimonia di beneficenza, viaggiare dal 1938 fino ad oggi e Smaterializzarci in un treno sul punto di deragliare!»

«I messaggi di Fred e Scorpius mi hanno costretta a interrompere l'allenamento di Quidditch, e il Capitano ha detto che forse dovrò esercitarmi la sera stessa del matrimonio di Teddy e Vicky! Svanisce così ogni probabilità di rimorchiare qualche bel mago americano,» intervenne la ragazza con i dreads; aveva un'espressione dura e seria, ma la voce era armoniosa e musicale. Izzy non sapeva cosa fosse il Quidditch, ma immaginò che fosse una specie di sport con... delle scope. Ripensò a quello che Scorpius le aveva detto qualche ora prima: lui e la sua famiglia erano stati a Richmond alcuni giorni – per indagare su sparizioni e riti negromantici – ma aveva detto che i loro cugini avevano preso l'aereo per New York, anche se a sentire i racconti dei ragazzi sembrava una bugia. Le venne in mente che il biondo era arrossito per una gaffe fatta, sebbene non ricordasse a che proposito: c'entrava una parola, un qualcosa di cui Isabelle – in quanto non maga – non sarebbe dovuta venire a conoscenza...

Si accostò a James, l'unico in silenzio tra i giovani impegnati a discutere su chi fosse stato penalizzato di più da quella chiamata d'aiuto improvvisa. Gli sussurrò all'orecchio, esponendogli i suoi dubbi e le sue domande; James annuiva di tanto in tanto, e alla fine le sorrise bonariamente.

«Scorpius a volte assomiglia più a un cucciolo sperduto che a un guerriero formidabile,» disse con uno scintillio negli occhi. «È leale, giusto, e non sopporta raccontare falsità, nemmeno se si tratta di custodire i segreti del nostro mondo. I nostri cugini Vicky e Teddy si sposeranno fra cinque giorni e hanno scelto New York come luogo per lo sposalizio perché è stata la prima città che hanno visitato come fidanzati; abbiamo quindi colto l'occasione per seguire le tracce dei Mangiamorte a Richmond – Rose, Scorpius e mia sorella ti avranno già spiegato la situazione.»

Fece una pausa, lanciando un'occhiata ad uno dei due gemelli – con gli occhiali spessi e neri – che aveva incrociato le gambe, chiuso gli occhi, e fluttuava delicatamente all'interno del vagone. Isabelle scosse la testa, spuntando mentalmente la quarta voce "ragazzi dagli straordinari poteri che fanno yoga a due metri da terra" nella sua top ten degli AEREI (Avvenimenti Essenzialmente Rari E Imbarazzanti). Fino ad ora, le altre comprendevano, in ordine di accadimento: sorprendere Jace a correre nudo con delle corna di alce in testa lungo la Madison Avenue; andare ad un party di lupi mannari con la frangetta tagliata per un quarto; parlare con un Simon-senza-ricordi del loro gioco di ruolo su Lord Montgomery; andare al cinema con la segreteria con cui suo padre Robert aveva intrattenuto una relazione extra-coniugale molti anni prima.

«Come avrai immaginato, ognuno di noi esercita professioni diverse – Dom ha aperto una boutique a Parigi e, quando non sono impegnato con gli allenamenti dei Cannoni, le do una mano,» Isabelle lo interruppe per chiedergli cosa fossero quei "Cannoni", e il volto di James si illuminò di gioia, trovata l'occasione di poter parlare della propria passione. «È una delle squadre di Quidditch inglesi più seguite, anche se negli anni '90 hanno subito alcune batoste in campionato... io sono il loro Cercatore. Godric, che sciocco! Cosa ne puoi sapere tu!» e si lanciò entusiasmato in una dettagliatissima descrizione di quello sport che appassionava tutti i maghi, dai più piccoli agli adulti. Isabelle non era sicura di aver capito molto bene le regole di quel gioco – sette giocatori in sella ad una scopa, pluffe da lanciare in tre anelli, una pallina quasi invisibile e dorata da acchiappare per ottenere 100 punti (o erano 150?) e due bolidi da indirizzare verso i giocatori avversari per impedirgli di segnare! – e, sebbene fosse estremamente interessante, fu costretta a ricordargli del loro discorso originario (con la promessa di venire a vedere una sua partita che si sarebbe svolta di lì a un mese in Galles).

«Giusto, stavo dicendo... sì! Invece di soggiornare a New York per un'intera settimana, avevamo deciso di ritrovarci due giorni prima del matrimonio all'hotel dove alloggiamo; molti di noi avevano ancora qualche faccenda da sbrigare – sai, luglio è un mese un po' frenetico da noi – ma mia sorella e quei due scapestrati dei Malfoy erano liberi da qualsiasi impegno.» Scosse la testa con fare scherzoso. «Quelle due, anzi, tre serpi hanno ottenuto il modo di svolgere quasi tutti gli esami estivi degli Auror – una specie di Scotland Yard magica – prima della fine del mese! Scorpius, con l'espressione "gli altri hanno viaggiato in aereo", intendeva dire che abbiamo usato una Passaporta per tornare nella nostra casa a Londra, e poi ognuno si è Smaterializzato secondo le proprie necessità.» Spiegò ad un'estasiata Izzy che la Passaporta era un oggetto stregato per trasportare un gruppo piuttosto numeroso in un luogo già stabilito – dato che avevano viaggiato anche i loro genitori. La Smaterializzazione Congiunta, quella che avevano usato gli altri cugini per arrivare fino al treno, riusciva a portare solo un massimo di undici persone.

«Poi Fred,» indicò il ragazzo magrolino che si trovava dietro la ragazza con i dreads, «ha notato delle strane onde di magia oscura su questa tratta ferroviaria, e, resosi conto che si trattava dello stesso treno su cui viaggiavano Lily, Rose e Scorpius, ci ha avvisati tempestivamente. Ed ora eccoci qui, in serio ritardo sulla tabella di marcia dei soccorsi in battaglia e ad aspettarci una bella ramanzina dal Comandante Rose!» allargò le braccia, in direzione dei cugini che, frattanto, avevano trovato un punto in comune: nessuno di loro era stato penalizzato quanto il povero Hugo che, dati i suoi tredici anni, non aveva ancora il permesso di partecipare ad una battaglia così pericolosa (aggettivo che quello strano gruppo, invece, pareva adorare alla follia).

Se Isabelle, all'inizio, aveva avuto qualche remora e diffidenza riguardo al magico mondo da cui provenivano quei ragazzi, adesso, al contrario, ne era completamente affascinata: sebbene fosse la più pratica tra i suoi fratelli, aveva sempre nascosto un animo da sognatrice. Spesso, quando la luna dominava l'oscurità del cielo, si arrampicava sul tetto dell'Istituto attraverso una scaletta del lucernario di cui solo lei era a conoscenza. Il gatto persiano Church le faceva compagnia, in bilico come un vaso Ming sulla stretta ringhiera in ferro che correva lungo tutto il perimetro del tetto. Isabelle si aggrappava lì, a quel corrimano poco stabile e ancora rovente a causa dei forti raggi solari, il collo puntato in alto verso la volta scura alla ricerca delle sue stelle, che suo padre le aveva mostrato quando era più piccola e che lei a sua volta aveva indicato al fratello Max. C'erano i luminosi astri che tratteggiavano i contorni morbidi del Delfino, quelli spigolosi dello Scorpione,  l'Aquila intersecata e la delicata Andromeda; la sua preferita era tuttavia la costellazione del Serpente, il cui corpo sinuoso ed elegante partiva ad ovest con la testa a croce, procedeva in un motivo intrecciato di stelle luminose e terminava ad est con la lunga coda lineare. Da bambina, quando guardava quei puntini luminosi nel cielo, fantasticava su strabilianti viaggi immaginari tra le stelle, alla scoperta di nuovi mondi inesplorati che, ingenuamente, credeva potessero celarsi lì, dietro una cometa luccicante o un pianeta circondato da miriadi di anelli. Adesso che era cresciuta, si rifugiava in quel luogo solitario per riflettere sugli avvenimenti della propria vita – l'imminente fidanzamento con Simon che aveva terminato l'Accademia a giugno di quello stesso anno; lo straziante dolore per la perdita di Max, che ancora la tormentava nei suoi incubi peggiori o le vivide e sanguinarie memorie della Guerra Mortale – in una sorta di muta confessione alle stelle.

L'unico limite che Isabelle aveva sempre mal tollerato della sua vita da Nephilim era il non poter esercitare la arti magiche. Certo, gli stregoni possedevano la magia già insita dentro di loro sin dalla nascita, ma coloro che volevano apprendere i misteri dell'occulto ricorrevano a determinati metodi per imparare a praticarla – metodi proibiti e severamente puniti dal Conclave se riguardanti gli Shadowhunters. Isabelle non aveva ancora compreso perché quest'arte misteriosa e indecifrabile l'affascinasse tanto: forse la divertivano i giochi di luce sfavillante che gli stregoni realizzavano sapientemente durante gli incantesimi, l'atmosfera mistica e velatamente sensuale durante un rito. O probabilmente la rassicurava. C'era qualcosa di inaspettatamente confortevole, nella magia, una nota calda, e dolce, e incoraggiante – un soave torpore, una squisita sensazione di dormiveglia – che ancora non riusciva a definire, nonostante potesse diventare molto pericolosa, se nelle mani sbagliate. Ascoltava i racconti di James con crescente trasporto, misto ad una dolorosa fitta al petto: lei non apparteneva, non poteva appartenere a quel mondo, ed era consapevole che il ragazzo, parlandogliene, stesse infrangendo centinaia di regole del loro "Statuto di Segretezza". Le scope volanti, le Passaporte e le Giratempo – oggetti estremamente rari che manipolavano il tempo – sarebbero rimaste una semplice fantasia nella sua mente e nel suo cuore, avvolte da quell'alone di eccitante magia. Si poteva provare nostalgia per qualcosa che non si è mai vissuto? Isabelle non lo credeva possibile. Forse quella sensazione di rimpianto verso l'ignoto era la stessa con cui Clary aveva convissuto per sedici anni della sua vita, in un mondo che la separava dalla sua vera natura...

«Ehi! E tu chi diavolo saresti?»

Isabelle sobbalzò per la sorpresa: due occhi uguali a quelli di Dominique la stavano osservando con innocente curiosità, a un palmo dal suo viso. Appartenevano a un ragazzino dai modi eleganti e raffinati che doveva essere il fratello minore di Dom, a giudicare dallo stesso naso all'insù e dall'identica parlata un po' strascicata.

«Lei è Isabelle Lightwood, ultima discendente di angeli e demoni, perseguitata dalla bontà dell'arcangelo Gabriele e corrotta da Lucifero peccatore!» declamò a gran voce il ragazzo che James aveva indicato come Fred.

Isabelle ribatté sconcertata: «Non è propriamente così, ma, sì, nelle mie vene scorre sangue angelico.»

Fred sembrò in qualche modo deluso e, mentre gli altri scuotevano la testa esasperati, esclamò nuovamente: «Meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso

«Ha davvero citato Milton?» chiese sorpresa la ragazza con i dreads. «Se lo viene a sapere papà, ci tocca trasportarlo d'urgenza al San Mungo!»

Gli altri componenti del gruppo non sembrarono stupiti nel fare la sua conoscenza: venne fuori che Scorpius l'aveva nominata nella sua richiesta d'aiuto, e Fred, l'improvvisato Shakespeare, aveva fatto delle ricerche sul suo conto – "usando metodi a discapito della legalità", come aveva sostenuto soddisfatto, ricevendo la totale approvazione di James. Lui e Dom si occuparono delle presentazioni: i due gemelli con gli animaletti appollaiati sulla spalla si chiamavano Lorcan e Lysander; alla loro destra Roxanne con i dreads e il fratello Fred. Poi c'erano Alice e Frank, i due fratelli con i capelli biondo cenere e le collane hawaiane, Louis e Albus, rispettivamente fratelli minori di Dom e James. Due ragazzine dall'aria timida che sedevano in disparte, con i capelli acconciati in una treccia francese, erano gemelle: si chiamavano Molly e Lucy, e portavano due maglioni gialli con le loro iniziali incise in nero. Dom disse che all'appello, oltre ai due Granger-Malfoy e a Lily, mancavano solo Victoire e Teddy; le spiegò anche che non tutti erano cugini di sangue, ma, data la grande amicizia tra i loro genitori dai tempi della prima adolescenza, nessuno ci faceva mai troppo caso.

«Bene,» esordì Alice con la sua voce squillante. «Ora che si fa?»

Un silenzio imbarazzante calò sul gruppo. Roxanne si grattò a testa, Molly e Lucy incrociarono lo sguardo di Albus, che a sua volta guardò James, che osservò Dominique, che si rivolse verso Fred... Isabelle si schiaffeggiò la fronte. Possibile che nessuno avesse in mente un piano semplice ed efficace da proporre?

Lorcan – che ancora fluttuava in aria – prese la parola con un colpo di tosse. «Perché non applichiamo il piano numero 21?»

La proposta fu accolta da un gemito generale e da un paio di imprecazioni da parte di Alice – che Isabelle, ricordandosi delle parole di Dominique, inquadrò come sua fidanzata.

«L'ultima volta che abbiamo seguito un tuo suggerimento abbiamo dirottato un aereo in Nuova Zelanda!»

«Non mi sembra corretto tirare in ballo sempre la stessa storia... è stato un errore adolescenziale!»

«Errore adolescenziale?! Abbiamo rischiato di essere abbattuti dai caccia neozelandesi!»

«Che ne dite del piano 33?»

«Sì, e chi sceglierete come finto ostaggio?» ribatté Dominique indignata. «Sempre e solo me!»

«Allora proviamo col... Oh, per gli occhiali quadrati della McGonagall!» esclamò Frank, sovrastando il vociare dei cugini. Isabelle si voltò nella direzione indicata dal ragazzo, imitata dagli altri: una figura nera e incappucciata si era sfracellata contro il terreno erboso, seguita da altre due che caddero dal tetto del treno in un muto urlo di dolore. Poi, una massa di capelli bruni e vaporosi fece capolino dal finestrino frantumato, assieme a un volto arrossato e macchiato di sangue e terra. Izzy, la più vicina alle vetrate rotte, si ritrovò a faccia a faccia con il viso capovolto di Rose, che la guardava con gli occhi assottigliati e intrisi di ira; ora capiva perché James avesse accennato al suo ruolo di "spaventoso comandante".

«Si può sapere che accidenti state aspettando? La Signora del Carrello?» sbraitò arrabbiata in direzione dei cugini che parevano sia sollevati sia spaventati nel vederla. «Stiamo rischiando la pelle qui sopra, e voi chiacchierate amabilmente e fumate la pipa?! Alzate il vostro magico fondoschiena e venite ad aiutarci!»

«Stavamo decidendo che piano utilizzare,» cercò di giustificarsi Albus, ma l'occhiata fulminea della cugina gli fece chinare la testa.

«Ve lo dico io qual è il piano: impugnate le bacchette e venite ad ammazzare qualche Mangiamorte!»

Con un urlo di frustrazione, Rose si tirò su, scomparendo di nuovo sul tetto. I ragazzi si guardarono un'ultima volta, alzarono le spalle ed estrassero le loro bacchette; Dominique agitò la sua in direzione dei pantaloni a palazzo, tramutandoli in morbidi jeans blu, e lo stesso fece James con il suo tuxedo, modificandolo in una tuta da ginnastica. Quest'ultimo si elesse capo dell'operazione, in quanto il più grande d'età, e nessuno si oppose; Isabelle si scoprì piacevolmente contenta di affidarsi a qualcuno che, a dispetto del comportamento talvolta infantile, reputava (o almeno, aveva deciso di reputare) molto abile e preparato in battaglia.

«Allora, l'obiettivo principale è trovare i nostri ragazzi e proteggerli; siete autorizzati a ferire, anche mortalmente, i nemici, ma cercate di imprigionare solamente quel bastardo di Lucius Malfoy... è già destinato ai Dissennatori!» disse James, con tono grave e controllato.

«Anche se non disdegnerei una sana zuffa alla babbana,» aggiunse pensieroso. «Non abbiamo tempo per schierarci, perciò... agitate la bacchetta e attaccate!»

L'urlo di esultanza dei ragazzi fece sorridere amaramente Isabelle, ricordi delle battaglie passate che riaffioravano nei meandri della sua mente. Alice, Frank e Albus si diressero nel vagone a sinistra, Roxanne, Fred e Dominique andarono dalla parte opposta; le due coppie di gemelli si arrampicarono attraverso i vetri rotti fino al tetto, e nella carrozza rimasero solo lei e James. Izzy gli ricordò per l'ennesima volta – incominciava a credere che fosse affetto da temporanee perdite di memoria – della necessità di salvare i passeggeri, ma in risposta ottenne un semplice occhiolino.

«Questo compito tocca a noi, mio caro angelo! Appena arrivati, abbiamo lanciato un incantesimo in modo tale da proteggere i babbani dallo scontro; un altro punto a nostro favore è che il treno viaggia ad una velocità non troppo pericolosa...»

Isabelle non aveva mai creduto nel karma o in altre superstizioni spirituali, al contrario del suo fidanzato Simon: secondo lei, tutto ciò che succedeva era frutto del normale susseguirsi degli avvenimenti naturali e antropici. Solo che, quando si incontra un gruppo di maghi spericolati e scapestrati, che fanno yoga in aria e usano scope volanti, un paio di domande sul perché la fortuna ti abbia abbandonata te le poni.

Non appena James ebbe pronunciato quelle parole, i due furono sbalzati indietro da un forte scossone; un altro Mangiamorte capitombolò dal tetto. Dopo una brusca frenata, il treno ripartì sferragliando, e man mano che avanzava sui binari raggiunse nuovamente la velocità delle prime ore di viaggio: la campagna sfumò in vaghi tratti verdeggianti, e Isabelle lanciò un'occhiataccia a James, che scuoteva la testa borbottando insulti contro un certo "Salazar".

«Credo proprio che il piano sia cambiato, Izzy, Izzy, Isabelle,» le disse il ragazzo, dirigendosi verso i finestrini rotti. Isabelle lo seguì, aggrappandosi con una mano ad una sporgenza della paratia esterna. «E ora che facciamo?»

James la guardò con un'espressione malandrina dipinta nelle iridi scure, la stessa che aveva Jace quando proponeva una missione rischiosa e molto, molto probabilmente suicida.  

«Seguiamo il mio piano preferito. Improvvisiamo,» e con uno scatto si issò sul tetto del treno.

La Cacciatrice rimase impietrita per un istante, un po' confusa dall'incoerenza del mago, e si domandò se fosse una caratteristica comune a tutti i praticanti della magia, dato che anche Magnus mutava repentinamente idea così come cambiava il cappotto. Si sporse di più verso l'esterno, vedendo che James la stava aspettando accovacciato sul tetto come una sorta di Batman stregone. Con gli occhiali squadrati. E una felpa dei Rolling Stones. Il ragazzo le tese una mano e Izzy l'afferrò, facendo forza sui bicipiti e le cosce per issarsi sopra il treno. Il vento che spirava contrario le schiaffeggiò violentemente il viso, i capelli neri che le ricadevano confusamente sulla fronte; a stento riusciva a tenere aperti gli occhi, a causa delle raffiche gelide che la colpivano con la stessa potenza di una frusta. Sarebbe potuta assomigliare all'indigena Pocahontas nella celebra scena finale del film, se non fosse stata sul tetto di un treno in corsa, nel mezzo di una situazione critica e con un tasso di mortalità che superava ogni statistica immaginabile. E al posto delle foglie rosseggianti d'autunno che danzavano attorno al suo corpo, si trovava a dover schivare lampi di luce verde e rossa provenienti dalle bacchette dei loro nemici – e anche di qualche alleato. Albus la oltrepassò con un balzo che rischiò di buttarla giù dal treno, seguito da Dominique che si faceva strada utilizzando la sua bacchetta come una sferza.

«Sta' giù!» le gridò James davanti a lei, e Izzy si abbassò in tempo per evitare un lampo smeraldino che andò a infrangersi contro un tiglio alle sue spalle. Il ragazzo le afferrò la mano, aiutandola a rialzarsi e le urlò qualcosa che nel trambusto Isabelle non riuscì a comprendere; poi si allontanò, dirigendosi verso Molly e Lucy che fronteggiavano contemporaneamente quattro nemici. La Cacciatrice estrasse l'unico pugnale che i Mangiamorte non le avevano sequestrato, infilato all'interno dello stivale; in posizione di difesa, ne approfittò per analizzare la battaglia che si stava svolgendo intorno a lei.

Decine e decine di Mangiamorte incappucciati impedivano qualsiasi via di fuga dal treno – opzione in ogni modo non contemplata da nessuno, data l'alta probabilità di morire sfracellati al suolo; Isabelle riconobbe Lucius Malfoy e la donna che l'aveva catturata precedentemente, impegnati in uno scontro contro Lorcan e Louis, mentre alla loro destra Lysander e Roxanne stavano avendo la meglio su tre Mangiamorte alti e tarchiati. James, Dominique e le due sorelle con le trecce erano impegnati in una lotta senza esclusione di colpi contro cinque nemici, come anche Frank e Alice, che con la sua collana di fiori proiettava sprazzi di colore spezzando la nera oscurità dei Mangiamorte di fronte a loro. Isabelle sospirò di sollievo accorgendosi che nessuno di loro era ferito gravemente, tranne Louis che sanguinava dal braccio destro; però non riusciva ancora a scorgere Scorpius, Rose e Lily, che sembravano essersi volatilizzati dal treno. Sollevò lo sguardo in alto, verso il cielo limpido e vasto: puntini neri macchiavano il profondo azzurro del firmamento, puntando in direzione della locomotiva.

Isabelle gridò mentre indicava le figure ammantate che si dirigevano verso di loro, e un urlo di giubilo si levò dai Mangiamorte, unito a quello di frustrazione dei suoi compagni. Sentendo un fruscio dietro di lei, la Nephilim si voltò proprio nell'istante in cui un uomo la agguantava, facendole cadere il pugnale; Isabelle sferrò un colpo, centrandolo in pieno petto, e riuscì a recuperare fulmineamente l'arma. L'aggressore si rialzò, ma la ragazza fu più veloce, colpendolo con la frusta di elettro; l'uomo cadde in ginocchio, scosso da forti tremiti e con un altro calcio Isabelle lo scaraventò giù dal treno. Il cuore le batteva impetuoso e il respiro era sempre più pesante, ma non si fermò. Con la frusta pregna di elettricità si fece strada al centro del tetto, abbattendo qualsiasi nemico la ostacolasse: seguendo l'ordine di James, cercava di ferirli il più gravemente possibile in modo tale che non potessero costituire una minaccia, ma dovette cambiare strategia quando si rese conto che la loro superiorità numerica non era l'unico vantaggio di cui disponevano. I Mangiamorte erano spietati, privi d'anima o sentimento e così simili agli Ottenebrati trasformati da Jonathan Morgenstern: Izzy fu costretta a scaraventarli giù dal treno o il più lontano possibile, per evitare che attaccassero di sorpresa i suoi compagni. Parò un colpo diretto verso Frank e Alice, che combattevano schiena contro schiena contro cinque Mangiamorte e cercavano di non farsi distrarre dal resto della battaglia intorno a loro. Poi, con una capriola scavalcò il corpo svenuto di un Mangiamorte per raggiungere Lorcan e Louis che stavano per essere sopraffatti; con un colpo di frusta agganciò il polso della Mangiamorte, deviando la traiettoria del lampo verde destinato a Lorcan. La donna strillò, colta di sorpresa, ma non fece in tempo a riprendersi che Isabelle la scagliò dall'altro lato del treno, sbattendola contro una lamina sporgente dalla paratia esterna che le trapassò il busto: rimase lì, ciondolante come una bambola di pezza ormai inutilizzabile, il sangue che colava a fiotti lasciando una scia scarlatta sulla ferrovia sottostante. Isabelle barcollò leggermente a causa di un altro scossone, e si posizionò tra Louis e Lorcan, che la ringraziò con un cenno del capo; Lucius la stava scrutando con un'espressione così incollerita che la fece rabbrividire. I due cugini si scambiarono un segno d'intesa e prima che Izzy riuscisse a riavvolgere la frusta esclamarono all'unisono: «ARTIS TEMPURUS

Dalle loro bacchette fuoriuscirono vortici di fuoco che si avvilupparono attorno al corpo di Lucius, lambendolo con lingue fiammeggianti. Per un attimo Isabelle fu tentata di fermarli, ricordandosi quello che aveva detto James sul fatto di non doverlo uccidere, tuttavia il pensiero svanì velocemente così come l'aveva sfiorata. Le vampe impedivano di scorgere il corpo di Lucius, ma d'un tratto si dissolsero, arrestate da un potente getto d'acqua che si abbatté anche su Louis. Nonostante i vestiti grondanti e pesanti, il ragazzo scagliò un secondo incantesimo contro Lucius, che lo deviò divertito; il mantello era bruciato in più punti, e i pantaloni strappati poco sotto il ginocchio, ma l'uomo sembrava non accorgersene. Senza pronunciare parola, mosse la bacchetta in direzione di Lorcan che si trovò a fronteggiare un grosso pitone sibilante; Louis invece, non riuscì a parare un lampo di luce rossa che lo scagliò a pochi metri di distanza. Isabelle fece schioccare la frusta e mirò istantaneamente alla gamba di Lucius, già ferita precedentemente con il suo pugnale: il suo intento era quello di metterlo fuori gioco abbastanza a lungo da potersi occupare esclusivamente degli altri Mangiamorte, più agguerriti che mai. L'avversario però schivò la frusta con un balzo, scagliando un incantesimo contro quest'ultima, rendendola incandescente e impossibile da toccare. Isabelle la lasciò cadere con un grido di rabbia e dolore; roteò su sé stessa evitando lampi di luce rossa, scartò di lato e rafforzò la presa sul pugnale, pronta a lanciarlo dritto verso il petto dell'uomo, ma proprio mentre stava per lasciar roteare l'arma, venne colpita alla schiena. Un dolore sordo e accecante si diffuse lungo tutte le sue terminazioni nervose e Isabelle crollò a terra, senza forze, i denti serrati per lo sforzo di non urlare. La pelle le bruciava, come percorsa da miriadi e miriadi di lame affilate che si conficcavano nella carne morbida delle cosce, del ventre, spilli che le trafiggevano le palpebre abbassate, le mozzavano il respiro...

Da qualche parte accanto a lei provenne uno strepito e dei gemiti colmi d'ira; lottando fino allo stremo riaprì gli occhi, ma sopra di lei vedeva solo nero. Lucius si era chinato sul suo volto, la punta della bacchetta che le comprimeva dolorosamente la carotide e un sorriso vittorioso che deturpava le labbra sottili. Le afferrò con violenza i capelli, premendola contro di sé; Izzy scorgeva ombre sfocate che si raggruppavano dietro l'uomo, come un esercito di corvi predatori.

«Le vostre fatiche non sono bastate, mie Fenici,» esordì Lucius con voce strascicata. «È tempo di arrendersi, perché siete solo dei ragazzini che giocano a fare gli adulti. Provate a lanciare un altro incantesimo, e la vostra amica morirà.»

Isabelle mosse le labbra, per gridare di non ascoltarli, che lei si sarebbe sacrificata altre innumerevoli volte per metterli in salvo, per aiutarli a salvare il loro mondo, ma la voce rimase bloccata in gola, a dispetto di tutti i suoi strenui tentativi. Una lacrima le scivolò lungo la guancia, bagnandole le labbra, ed essa sapeva di amarezza e sconfitta: tutti i suoi sforzi di aiutare quei ragazzi – quei maghi che non conosceva ma che le erano entrati nel cuore, quei giovani combattenti che l'avevano resa parte di un universo da lei sconosciuto e amato – erano stati vani, volatilizzatisi come cenere nel vento...

Delle risate la costrinsero ad aprire gli occhi: pian piano stava riacquistando la vista, e i contorni dei suoi compagni si stavano facendo più nitidi. Erano esausti e sanguinanti, alcuni in ginocchio e altri che si sostenevano a vicenda; il treno pareva aver aumentato la velocità, sotto di loro il vociare dei passeggeri ignari dei due schieramenti che si fronteggiavano sul tetto della locomotiva.

La morte e la vita, il corvo e la fenice, e nel mezzo c'era lei, un angelo caduto senza più forze.

Attraverso le palpebre abbassate a mezz'asta, Isabelle scorse la fenice dal piumaggio turchese avviticchiata alla mano di Dominique che emanava dei deboli bagliori celesti mentre sanava la ferita che squarciava il palmo della ragazza. Non era riuscita ad ottenere spiegazioni riguardo a quel tatuaggio incantato...

«Allora è vero ciò che si tramanda da generazioni, Lucius Malfoy,» parlò la voce mascolina e roca di James. «I Serpeverde saranno ambiziosi e arroganti, ma anche duri di comprendonio!»

Altre risate che ebbero l'effetto di irritare maggiormente i Mangiamorte.

«Come puoi credere che ci interessi di lei?» proseguì il ragazzo. «Siamo leali e generosi, ma anche più astuti di voi, che vi credete tanto superiori. Non vi è mai venuto in mente che Isabelle potesse rappresentare un'esca facilmente sacrificabile? Ignara dei nostri marchingegni, così onesta da arrendersi al nemico pur di salvare quegli amabili ragazzi che l'hanno fatta sentire importante, che l'hanno coinvolta nelle loro magie...»

Isabelle temette di svenire. Le gambe le tremavano, e strinse i denti per costringersi a non emettere un suono che avrebbe tradito la sua sofferenza. Aveva rinunciato alla fuga per aiutarli, convinta di agire nel giusto, quando invece era stata vilmente raggirata per i loro scopi! Come aveva potuto essere così sciocca, così cieca da non accorgersi degli ignobili stratagemmi che i maghi stavano architettando ai suoi danni? Eppure, ancora non riusciva a cogliere quei segnali che avrebbero potuto confermare il suo colossale sbaglio. Cercò di divincolarsi dalla stretta di Lucius, menando colpi all'indietro, ma era ancora troppo debole, troppo intorpidita, troppo lenta...

Il Mangiamorte che la teneva sotto tiro sembrava sbalordito quanto lei. «È assolutamente impossibile! Siete uguali ai vostri genitori, pronti ad aiutare anche i nemici se necessario... Siete Grifondoro, sulla strada della rettitudine e della giustizia...»

Isabelle vide James scuotere la testa, le labbra contratte come se stesse trattenendo un sorriso sprezzante. «Dimentichi un piccolo, ma importantissimo dettaglio, vecchio Lucius: molti di noi hanno vissuto sotto il segno del serpente.»

In uno scatto d'ira, Lucius afferrò il collo di Isabelle con la mano destra, stringendo la morsa in modo tale da impedirle di respirare. «Stai mentendo! State tutti mentendo! Volete prendervi gioco di noi, ingannarci, eppure non sarete in grado di portare avanti questo raggiro ancora per molto!»

Isabelle soffocò un singhiozzo, rendendosi conto di poter resistere ancora per poco. Artigliò le dita di Lucius, graffiando il suo volto, la pelle scoperta della gola, sollevando il mento in cerca d'aria, ma non aveva alcuna possibilità contro di lui. Era quella la fine che l'aspettava? Una morte senza onore, intrappolata in un inganno che lei stessa non era riuscita a smascherare, il senso di amara delusione che le divorava le viscere...

James fece un altro passo avanti, seguito da Dominique e Roxanne; puntarono le bacchette contro Lucius, imitati dagli altri dietro di loro che le rivolsero verso il resto dei Mangiamorte. Questi si strinsero attorno al loro capo, in attesa di un suo ordine, e Isabelle annegò in un mare di tenebra, sentendo la vita abbandonarla.

«Gettate le bacchette,» ordinò strepitando un uomo alla destra di Lucius. «Gettatele! O vedremo se il nostro angioletto è capace a volare!»

Nessuno obbedì.

Lucius rafforzò ancor di più la stretta sul collo della Cacciatrice, oramai sul punto di perdere i sensi; aveva gli occhi strabuzzati e le guance pallide d'ira.

«La uccido!» gridò fuori di sé. «Giuro che la uccido!»

James ammiccò nella sua direzione, la bacchetta ancora sollevata e un'espressione di pura glorificazione sul volto abbronzato.

«Ma noi ti crediamo.»

La Nephilim strizzò gli occhi, il petto ormai quasi immobile, in attesa della sua fine, i battiti del cuore che deceleravano fiaccamente...  

Si udì un'esplosione, e Isabelle venne sbalzata in avanti con violenza inaudita. Annaspò in cerca di ossigeno, rotolando lungo il parapetto del treno e urlando di dolore quando uno spuntone di metallo si conficcò nel braccio destro, ma era ancora troppo debole per arrestare la caduta... Due braccia muscolose l'afferrarono un attimo prima che cadesse giù dal treno, e l'odore di menta, sangue e biancospino le annebbiò i sensi.

«Bentornata tra noi, Cacciatrice,» le sussurrò una voce calda e rassicurante all'orecchio.

«Tu...» esalò a fatica Isabelle, mentre Scorpius le sorrideva ampiamente.

«Ti sono mancato?»

«Da morire.»

Il ragazzo rise, e solo ora Izzy si accorse che aveva un occhio nero e un lungo taglio sulla guancia. Si girò dall'altra parte, in tempo per vedere una sagoma avvolta in una luce bianco-argentea che si scagliava contro le fila dei Mangiamorte, spingendoli ad arretrare; Lucius era steso a terra, un rivolo di sangue che sgorgava dal labbro spaccato. Il fascio di luce si librò in cielo, e Isabelle scorse i contorni armoniosi di una pantera, lo sguardo da predatore che puntava i loro nemici. Isabelle balbettò delle domande, sbalordita, e Scorpius la fece voltare delicatamente verso sinistra: circondata dal resto dei cugini, la maglia ridotta a brandelli e la fenice che ardeva coprendole i seni, Rose se ne stava immobile, lo sguardo concentrato sul felino che, frattanto, aveva azzannato la coscia di un Mangiamorte. La ragazza fischiò, e la pantera si diresse verso di lei, ferina, rallentando la sua corsa man mano che le si avvicinava. Si accucciò ai piedi di Rose, strofinando il muso sulle gambe percorse da escoriazioni e lividi, come in attesa di un ringraziamento. Rose sorrise, accennò un inchino e le circondò il collo massiccio con le braccia minute; la pantera ruggì, si chinò a sua volta e poi scomparve in uno sbuffo di vapore etereo.

«Quella è mia sorella!» esultò Scorpius orgoglioso, stringendo con un braccio la vita di Izzy per sostenerla e trasportandola verso il resto del gruppo.

Rose le corse incontro, impensierita e sollevata, e la abbracciò stretta, profondendosi in numerosissime scuse.

«Oh, Izzy, non credevo che James potesse essere così sconsiderato!» parlò Rose, mentre Isabelle veniva adagiata sul freddo metallo da Scorpius. «Compie queste... stronzate – scusate il tecnicismo – solo quando non è capace di gestire una situazione di pericolo: è per questo che siamo sempre io e Teddy a capo delle operazioni,» aggiunse, lanciando un'occhiataccia in direzione del cugino che, mortificato, abbassò il capo. Rose scosse il capo in segno di disapprovazione e si alzò, battendo le mani per ottenere la loro attenzione.

«Allora, il diversivo non ha funzionato, come ogni maledettissima volta, perciò dobbiamo cambiare tattica,» iniziò con voce alta e ferma. «Roxanne, Lily e gli Scamander stanno tenendo a bada i Mangiamorte, ma non resisteranno ancora per molto. Ho bisogno che Albus e Lucy curino Isabelle, mentre noi distraiamo il nemico; cercheremo di attirarli verso la fine del treno, com'era previsto nel piano originale. Su, diamoci una mossa, ragazzi!»

«Ma che fine hanno fatto i nostri nomi in codice?» chiese con voce sottile un James imbronciato; come risposta ottenne contemporaneamente uno scappellotto da Dominique e Fred. Quest'ultimo sembrava più esasperato di Rose, che stringeva il ponte del naso tra due dita e sembrava sul punto di compiere un omicidio. Roxanne prese quindi l'iniziativa e, brandendo in una mano la scopa e nell'altra la bacchetta, corse verso il punto focale dello scontro dove lampi sfolgoranti crepitavano nell'aria, seguita dal resto dei cugini.

Isabelle riuscì ad afferrare il polpaccio nudo di Scorpius mentre si allontanava, e a quel contatto la fenice dipinta sulla pelle aprì il becco come per ferirla; il ragazzo si abbassò su di lei, il petto ansante e gli occhi illuminati dal fuoco della guerra.

«I passeggeri... non sono riuscita a mantenere la promessa...» mormorò la Cacciatrice affranta. Il mago piegò il viso di lato, guardandolo con un'espressione dolce e affettuosa che le ricordò quella di suo fratello Alec.

«Coraggiosa, impavida Izzy... sta' tranquilla, ci inventeremo qualcosa. Ora pensa a riprenderti per lo scontro finale! Non vorrai di certo mancare.» Le fece l'occhiolino, prima di voltare le spalle e raggiungere la sorella, che teneva a bada tre Mangiamorte.

Isabelle si lasciò ricadere a terra. Il corpo era ancora indolenzito e respirava a fatica, ma il dolore lancinante stava sparendo lentamente, lasciando spazio all'intorpidimento dei muscoli. In quel momento si sentiva esposta, vulnerabile, stanca di combattere una battaglia che non era la sua e che non poteva vincere ad armi pari: l'impura stregoneria che sfidava l'innocenza dell'angelo, bacchette magiche contro armi mortali. Si rannicchiò su stessa, come per proteggersi dagli sguardi indagatori di Albus e Molly che stavano parlottando tra di loro a bassa voce. Cercò di afferrare lo stilo, smaniosa di ristabilire un contatto con il mondo a cui apparteneva – per diritto, perché era stata giudicata forte abbastanza da sostenere il peso dei supplizi di una vita da Nephilim; le dita le tremarono e, per quanto si sforzasse, non riusciva a mantenere una presa salda sullo stilo. Molly si girò verso di lei, le trecce dorate che catturavano i bagliori del sole infuocato, e le sottrasse gentilmente lo stilo.

«No, ti prego, ne ho bisogno...» balbettò in singulti, tentando di riappropriarsi dell'arma. «Ne ho bisogno...»

Albus le rivolse un sorriso conciliante, inginocchiandosi al suo fianco. «Sei troppo debole per usarlo, a qualunque cosa ti possa servire. Lasciaci fare il nostro lavoro, fidati di noi...»

«Me lo hanno già chiesto troppe volte, e guarda come sono ridotta...» gli rispose.

Albus ridacchiò. «Giuro che sarà l'ultima volta che dovrai farlo!»

Isabelle rilassò le spalle in tensione, annuendo, mentre il suo spirito da guerriera lasciava spazio all'animo di una donna ferita e affaticata, in attesa di essere curata da quel malessere sia fisico che interiore. Intorno a lei la battaglia infuriava più facinorosa di prima: le schiere dei Mangiamorte si erano rimpinguate, serrate ai lati di Lucius Malfoy come le ali di una falange macedone. Metà del volto di Lucius era ridotto ad una maschera di sangue, e nel cupo rosso che colava viscoso spiccavano quattro profondi solchi che scavavano la pelle fino all'osso – segni della feroce pantera che l'aveva sottratta a morte certa. Baleni di luce scarlatta, indaco ed argentea si dirigevano contro di loro, ma poco prima dell'impatto deviavano la loro traiettoria, saettando ai loro lati senza ferirli; Isabelle non tentò nemmeno di porre l'attenzione su questo fenomeno – di sicuro Albus e Molly avevano provveduto ad isolarli dal resto del conflitto in modo tale da poterla curare senza distrazioni. In realtà, la Cacciatrice non aveva idea di cosa avrebbero dovuto sanare: non presentava gravi ferite – o meglio, nulla che un semplice iratze non potesse guarire – tranne alcune escoriazioni e lividi sulla gola, nel punto in cui la mano di Lucius l'aveva portata quasi all'asfissia.

«Sei stata colpita da un incantesimo folgorante di livello avanzato [2],» le spiegò Albus. «Dovresti essere svenuta, ma credo che la particolarità del tuo sangue ti fornisca qualche protezione in più.»

Isabelle lo ascoltò assorta, pensando a come la sensazione di innumerevoli lame roventi che le ustionavano la carne e i nervi non si discostasse poi di molto da quella provata durante un interrogatorio con la Spada Mortale: conosceva due parabatai che, poco più che bambini, erano stati sottoposti alla terribile prova e rammentava di come avessero descritto la brutale sevizia necessaria a dimostrare la loro assoluta lealtà. La voce gentile e musicale di Molly la distolse dai suoi pensieri: tra le dita reggeva un'ampolla colma di un liquido scuro e denso, dall'aspetto decisamente non invitante – Isabelle si augurò di non doverla ingerire. 

«Questa è essenza di dittamo, niente di pericoloso a meno che non la getti tra le fiamme,» le disse. «Su questo punto, il nostro Teddy ne sa qualcosa!» aggiunse, ridendo leggermente. Ne versò qualche goccia sulla pelle scorticata della gola ed anche sulla spalla destra, poco sotto la Runa di Protezione, dove una lieve bruciatura – che non si era accorta di avere – le attraversava il braccio.

«Molly è una Medimaga, anzi, una delle più talentuose del San Mungo – una specie di ospedale magico!» sostenne Albus. «Ha finito il tirocinio pochi mesi fa, mentre io lo concluderò a ottobre. E non vedo l'ora di liberarmi del Dottor Carter,» aggiunse alzando gli occhi al cielo. «Cielo, quell'uomo è un supplizio vivente!»

Isabelle ringraziò Molly, la pelle che pizzicava abbastanza fastidiosamente mentre la pozione curativa faceva effetto: si sentiva ancora un po' indolenzita, ma la sua mente stava tornando lucida e razionale, già pronta a ritornare nella mischia.

«Dovete ammettere che per ogni catastrofe, voi ne siete, come dire... gli "indiretti" responsabili!» commentò Isabelle, mentre si alzava in piedi con l'aiuto di Albus.

«Che vuoi farci, siamo stati cresciuti a guai e marmellata,» commentò Molly con un'alzata di spalle. Albus le diede corda: «Come dice sempre mia madre, abbiamo una naturale predisposizione nell'attirare i guai. Pensa che il papà di Roxanne e suo fratello, ai loro tempi, erano sul punto di far esplodere la nostra scuola.»

James li aveva sorpassati per raggiungere Louis e Dominique dietro di loro, ma si fermò ritornando sui suoi passi: era immobile davanti a Isabelle, lo sguardo abbattuto di chi ha paura di non ricevere l'assoluzione, e la guardava con il volto pallido e solcato da graffi. Le lenti degli occhiali erano spaccate, e le venature del vetro creavano un curioso gioco di prismi con le sue iridi scure e macchiate d'oro. Lui schiuse le labbra, intenzionato ad esprimere tutto il suo rammarico, le sue scuse, e pronto a implorare il perdono, ma Izzy posò un dito su di esse, invitandolo al silenzio. Gli si avvicinò, lentamente, come se temesse in una sua fuga, eppure James non si mosse: posò le labbra sulla gota escoriata del ragazzo, la pelle calda che sapeva di sangue, cenere e sudore, e lo baciò delicatamente, in un gesto così semplice e genuino da essere ricolmo di amore. Gli aveva donato la sua fiducia e comprensione, perché sapeva quanto fosse difficile fare la cosa giusta, e il rischio che compierla comportava; capiva il timore di non poter salvare tutti, e la necessità di provare a farlo, anche se ciò si sarebbe potuto ritorcere contro e minare la stima tra i propri familiari. Isabelle sarebbe potuta morire, ma James aveva rischiato di perdere qualcosa di più importante: l'affetto della sua famiglia e l'innocenza della sua anima, se il suo piano avventato non avesse funzionato. Il ragazzo le strinse forte la mano, una lacrima solitaria che gli solcava il viso, tracciando lividi sentieri sulla sua pelle imbrattata di rosso; annuì lentamente, e si voltò per andare ad aiutare gli altri.

Isabelle lo guardò sguainare la bacchetta e parare un incantesimo destinato a Louis, mentre Dominique sorrideva cinicamente accanto a lui, ammiccando ferina in direzioni dei suoi tre avversari – che mise fuori gioco con poche mosse. Si abbassò in tempo per evitare un lampo di luce blu partito dalla bacchetta di Albus in direzione di un Mangiamorte che stava per attaccare Scorpius alle spalle, poco distante da lui: egli gli sorrise riconoscente, schiantandone un altro alla sua sinistra, ed Isabelle quasi perse l'equilibrio mentre osservava sbigottita Albus dirigersi di corsa verso il ragazzo, incurante di essere nel bel mezzo di una battaglia, e afferrarlo per la camicia lisa, baciandolo con impeto, mischiando sangue e lacrime.

«Vai così, fratellino!» gli urlò Rose entusiasta, facendo uno sgambetto ad uno dei suoi avversari e alzando il pollice in segno di approvazione. Dietro di lei, Lily, previdente come sempre, lanciò un Protego Maxima nella loro direzione, dato che i due amanti non avevano intenzione di separarsi; Fred scosse la testa divertito e, ironicamente, alcuni Mangiamorte imitarono il suo gesto – sbigottiti davanti a tanta ingenuità.

Isabelle si riscosse e avviluppò la sua frusta intorno alla bacchetta di due Mangiamorte, disarmandoli ed evitando a James di finire spiaccicato al suolo. Guardandosi intorno, pronta ad andare in soccorso di chi si trovasse più in difficoltà, si rese conto con orrore di due cose: i fratelli Alice e Frank Longbottom erano scomparsi, come anche Lucius Malfoy, e nella foga del momento non si era accorta di quanto fossero lontani dalla coda del treno. Schivando lo stivale col tacco di Dominique – che roteando vorticosamente fece stramazzare una Mangiamorte, colpendola proprio tra gli occhi – e scartando di lato per evitare la furia omicida di Roxanne, che usava la propria scopa come se si trattasse di una mazza da baseball, riuscì a raggiungere Rose: anche lei alternava colpi di bacchetta a calci rotanti, e Isabelle si chiese con sconcerto se fossero più pericolosi i Mangiamorte o i suoi stessi compagni. La tirò per un braccio per toglierla dalla traiettoria di una luce rossa e ne approfittò per spingere giù dal treno il suo avversario particolarmente invulnerabile.

«Dove diamine sono i due Longbottom?» Dovette strillare per sovrastare il clamore dei combattenti.

«Stanno attuando il piano 72!» le gridò quella di rimando, evocando una vampa di fuoco che divorò in poco tempo il mantello nero di un Mangiamorte; egli, colto alla sprovvista, incespicò all'indietro senza rendersi conto di non avere più spazio sufficiente per muoversi e precipitò di sotto con un macabro scricchiolio, sbattendo la schiena contro le rotaie arrugginite.

«Per noi comuni mortali...?»

«Stanno raggruppando tutti i passeggeri negli ultimi cinque vagoni: è necessario staccare le carrozze del macchinista e della motrice.»

«C'è un senso a tutto ciò?»

«Il treno sta per esplodere.» Lo disse con una tale tranquillità che sembrava stesse discorrendo sulle ottime previsioni metereologiche, invece che di un'imminente detonazione.

«Aspetta... COSA?!»

Rose liquidò la faccenda senza scomporsi, mentre aspettava con impazienza che la sua Fenice finisse di sanarle una ferita poco sotto lo sterno: «In poche parole, Lily – da grande appassionata di motori – si è accorta che qualcosa non andava nella motrice principale del treno.» Lanciò una Fattura di Ostacolo contro il Mangiamorte alle spalle di Isabelle. «Quando ti hanno catturata, col favore delle tenebre e dei mancati rinforzi, hanno piazzato un ramo di Fuoco Gubraithiano [3] accanto al motore.» Rapidamente, le spiegò che si trattava di un fuoco incantato che bruciava in eterno: solamente pochi maghi estremamente qualificati riuscivano a crearlo. «Il precedente preside della nostra scuola, a quanto dice mia madre, lo ha creato e donato in segno di alleanza al Re dei Giganti delle Montagne del Nord.» Poi aggiunse, non curante dell'espressione allibita della Cacciatrice: «Se tutto dovesse andare secondo i piani, e riuscissimo a far deragliare i vagoni con questa sorta di bomba, sarà la sezione degli Indicibili del Ministero ad occuparsene: solo loro conoscono l'incantesimo in grado di estinguerlo.»

Isabelle si accontentò di quei miseri chiarimenti, sia perché non era saggio estraniarsi troppo a lungo dal campo di battaglia, sia perché le faceva male la testa per le troppe informazioni: non solo aveva rischiato di morire per sconfiggere i fratelli di DarthVader, ma in ultimo veniva addirittura a sapere che stavano viaggiando – o meglio, combattendo – su un veicolo pronto a saltare in aria da un momento all'altro.

«E Lucius Malfoy? Lo abbiamo perso di vista!»

Rose scosse la testa, sorridendo cinica, e indicò a Isabelle un punto alle sue spalle: «Non credo proprio.»

Scorpius, che doveva essersi liberato dal bacio appassionato di Albus, stava dando del filo da torcere al vecchio Mangiamorte, con grande soddisfazione della Cacciatrice, seppur in precario equilibrio sulla paratia esterna del terzultimo vagone. Lampi di luce rossa e verde si alternavano in un prisma di colori che vorticava vertiginosamente attorno ai due combattenti, quasi celandoli alla vista. Poco distante da loro, Albus e Roxanne stavano tenendo a bada diversi Mangiamorte, impedendogli di interferire tra i duellanti, e contemporaneamente tenevano d'occhio Scorpius, pronti ad intervenire in caso di necessità.

Messi fuori gioco altri due avversari, Isabelle fece per dirigersi verso la fine del treno, ma la stretta solida di Rose sulla sua spalla la fece desistere.

«Abbiamo promesso a Scorpius di non intervenire,» le spiegò la ragazza, «si tratta di una faccenda, oltre che famigliare, soprattutto personale nei riguardi di mio fratello. Se nostro nonno avrebbe anche potuto perdonare a mio padre l'aver infangato il sangue puro dei Malfoy, non ha mai accettato il fatto che mia madre fosse rimasta incinta di due gemelli... Il primogenito maschio avrebbe dovuto essere l'unico erede del nostro casato, ma quando sono nata io per prima, seppur di pochi minuti, l'intero sistema di antiche tradizioni purosangue si è disintegrato.»

Isabelle ascoltò con interesse, apprendendo di come, anche tra i maghi, certi pregiudizi fossero duri a morire: le colpe dei padri sarebbero sempre ricadute sui figli, e nessuna redenzione avrebbe potuto riscattarli. Rose parve percepire il filo dei pensieri della Cacciatrice, perché le rivolse un sorriso mesto, prima di sospingerla verso Dominique e James – che avevano trovato il tempo di litigare anche nel bel mezzo di un combattimento potenzialmente mortale.

«E' la centesima volta che ti ripeto quanto odio farmi pagare la cena! Ho un mio dannato stipendio, saint Chanel

«Ed io chi sarei, il disoccupato di turno?»

«Mostra un po' di gratitudine, quattr'occhi dei miei stivali! È grazie a me se conosci metà delle filles françaises

«Non ho mai desiderato nessuna di loro!» esclamò James, girandosi di scatto e afferrando il polso di Dominique per aiutarla a schivare un getto di luce bianca. «Io voglio te!»

Rose mandò a tappeto il Mangiamorte contro cui i due cugini stavano duellando e batté le mani come per richiamare l'ordine, stufa di tutto quel divagare: Isabelle pensò che, con il suo atteggiamento brioso e al contempo calcolatore, sarebbe certamente piaciuta a sua madre Maryse.

«Ah, l'amour! Il dramma!» esclamò la giovane, in tono fortemente ironico. «Magari queste dichiarazioni passionali e, lasciatemelo dire, fortemente originali, le possiamo risparmiare per il matrimonio davanti ad un calice di champagne e senza individui mascherati che cercano di accopparci, che ne dite?»

Ma le sue parole non sortirono l'effetto sperato, dato che Dominique, ripresasi dallo sbalordimento iniziale e incurante della pericolosità della bacchetta tra le dita, ghermì il volto del ragazzo con entrambe le mani e catturò le sue labbra in un bacio che sapeva di nostalgia e titubanza. Si separarono quasi subito, le gote rosse per il furore della battaglia e l'imbarazzo del momento, tanto che Lily – appassionata sostenitrice del fratello maggiore – scherzò sul fatto che per un vero "bacio alla francese" avrebbero dovuto aspettare di raggiungere, al contrario, la Grande Mela. Rose si stava massaggiando le tempie nell'estremo tentativo di non farsi venire un esaurimento nervoso, mentre Fred, poco distante da loro, sembrava indeciso tra il ridere e il piangere – nel dubbio, aveva immobilizzato il suo avversario, lo aveva abbracciato nel nome dell'amore che muove un Bambi imbranato e la sua Faline [4] e poi lo aveva scaraventato giù dal treno con l'augurio di buon viaggio.

«Ah, non esiste nulla di più appagante a questo mondo del sesso rappacificatore,» declamò a gran voce il ragazzo, appoggiandosi con nonchalance sulla spalla destra di Isabelle, ancora più fermamente convinta di essere capitata in una di quelle telenovelas spagnole che il fu vampiro Raphael seguiva entusiasticamente. Il tatuaggio della sua fenice risiedeva lungo il pomo d'Adamo, di un rosso particolarmente cupo, simile alla sabbia traslucida del deserto del Kalahari, e stava sanando la ferita che correva parallela alla scapola sinistra.

Da lontano, si sentì l'urlo di approvazione di Albus e Roxanne mentre, assieme ad uno Scorpius più desideroso che mai di una vacanza, riuscivano a legare con un Incarcerarmus particolarmente potente il vecchio Lucius.

Tra chi era fuggito nel vedere i compagni perdere qualsiasi vantaggio e chi era stato spedito negli Inferi senza tanti ripensamenti, sul treno era rimasta solamente una quindicina di Mangiamorte ancora in grado di combattere, escludendo Lucius Malfoy, che giaceva in ginocchio proprio sul vagone centrale, avvolto da spessi ceppi traslucidi. Gli altri si avvicinarono minacciosi per cercare di liberare il loro capo, ma i giovani maghi furono più lesti: come una barriera umana, circondarono il prigioniero da ogni lato, impedendo qualsiasi via di fuga sia dall'interno che dall'esterno. Le espressioni di tutti i combattenti si erano incupite, presagio dell'imminente resa dei conti: le bacchette sguainate, i corpi pronti a scattare, i muscoli tesi e il respiro accelerato... Isabelle fece schioccare la frusta al suo fianco, ostile, avviluppando la caviglia di un avversario e scaraventandolo oltre la paratia, con il solo risultato di scatenare le grida di frustrazione dei Mangiamorte rimanenti.

Proprio in quel momento, dal penultimo vagone alle loro spalle, sbucarono i gemelli Longbottom, gli abiti intrisi di sudore che lasciavano scoperti lembi di pelle annerita da... fuliggine?

Mentre i due si avvicinavano al gruppo, schiantando due Mangiamorte che avevano provato ad attaccarli di sorpresa, si udì Roxanne canticchiare qualcosa di molto simile a "Cam-caminì, cam-caminì, spazzacamin", per poi essere zittita con una gomitata nelle costole da Molly.

Alice le lanciò un'occhiataccia: aveva perso la collana di fiori ed un taglio sulla fronte aveva fatto sì che gocce di sangue si impigliassero tra le ciglia chiare. Frank, al contrario, zoppicava dal lato destro, gemendo di dolore ogni qual volta che avanzava di un passo. Quando ebbero raggiunto il resto dei cugini, vennero accolti da pacche sulla schiena e parole concitate, il tutto accompagnato dal tono beffardo di Lucius e dai nuovi attacchi dei Mangiamorte, prontamente respinti dai Quattro dell'Apocalisse (da intendere nel senso più disastroso del termine) – James, Fred, Dominique e Roxanne.

Con un incantesimo non verbale, Alice zittì qualsiasi protesta del loro ostaggio e iniziò a parlare: «Allora, abbiamo una notizia buona ed una cattiva: quale volete sentire per prima?» chiese mentre si accovacciava accanto a Lucius e si apprestava a tracciare un intricato simbolo sul collo esposto. Albus e Scorpius, schiena contro schiena, espressero a voce il pensiero di tutti: «Prima quella buona.»

Alice sbuffò. «Quanto siete noiosi,» e, senza preavviso, fece comparire un marchio sulla pelle di Lucius, facendogli spalancare la bocca in un urlo silenzioso. Era di forma sferica, grande quanto una moneta etrusca e di un grigio fuligginoso quasi invisibile sull'incarnato cereo: al centro era incisa in rilievo la lettera M che poggiava su una bilancia a due bracci ed era tagliata simmetricamente da una bacchetta. Frank spiegò che si trattava del marchio di riconoscimento del Ministero della Magia Inglese, per evitare di perdere nuovamente le tracce del "prigioniero" in caso di fuga.

«Dunque,» riprese Alice, sfregandosi le mani, «la buona notizia è che tutti i passeggeri sono al sicuro negli ultimi quattro vagoni, ignari di stregoni e cacciatori vari – almeno spero – anche se l'intervento di una Squadra di Obliviatori sarà inevitabile.» Fece una pausa, lanciando una fattura verso un punto alle spalle di Izzy, impegnata a bilanciare il lavoro di attacco degli altri con uno di difesa. «La notizia cattiva.» Altra pausa ad effetto, tanto che Lily, spazientita, minacciò di colpirla con una Fattura Orcovolante. «Pace e amore, cara cugina... la pazienza è la virtù dei maghi!» L'altra grugnì in risposta e Alice alzò le mani.

«Va bene, dicevo: la notizia cattiva è che la bomba a Fuoco Gubraithiano non può essere disinnescata e, ponderando approssimativamente la potenza dell'esplosione e la nostra propensione a perdere tempo,» alzò lo sguardo al cielo terso come per cercare una calcolatrice divina, «abbiamo circa cinque minuti per staccare i primi tre vagoni dalla coda del treno prima di diventare spiedini di maghi.» Riabbassò lo sguardo, trovando svariati sguardi sbalorditi ed anche un po' scocciati. «Che diamine avete da fissare? Muoversi, muoversi, il tempo vale quanto il conto alla Gringott dei Malfoy!»

«Ehi!» fu l'esclamazione indignata dei gemelli in questione. Rose lanciò un incantesimo attorno a loro – Isabelle credette di averla sentita pronunciare Muffliato, ma non ne era sicura – e prese la parola: «La cosa più importante da fare adesso è tagliare quei maledetti cavi di congiunzione tra i vagoni.» Indicò Fred e Molly. «Voi due vi occuperete di questo e, mi raccomando, per il colpo finale aspettate che siamo tutti dalla vostra stessa parte. Scorpius e Lily, pronti ad evocare la barriera di protezione: se non diminuiremo la velocità dei vagoni coda, finiranno per deragliare. James, crea una Passaporta – non so con che cosa, usa un po' di fantasia, diamine! – e spedisci Lucius al Quartier Generale: loro sapranno cosa fare. Quanto agli altri... cercate di allontanare gli ultimi Mangiamorte il più possibile.»

Scorpius aggiunse: «Se la situazione dovesse divenire insostenibile, avete il permesso di Smaterializzarvi e, Louis,» disse rivolto al cugino che annuì, «sarai tu ad effettuare una Materializzazione congiunta con Isabelle.»

Mentre il gruppo si separava in fretta, iniziano ad adempiere ai compiti assegnanti, la voce fiera di Rose li richiamò un'ultima volta: «Ragazzi! È stato un onore combattere con voi.»

Isabelle le sorrise, osservandola voltarsi di scatto e fare lo sgambetto ad un Mangiamorte. Dietro di lei, vide James incantare uno dei sottili bracciali stretti attorno al polso, facendolo risplendere di una tenue luce azzurra: senza indugi, chiuse la mano destra di Lucius attorno all'oggetto e, in un turbinio che provocò un leggero spostamento d'aria... sparì. Risolto – o almeno così si sperava – il primo di una serie di problemi, Isabelle sentì il cuore alleggerirsi, ma non era ancora il momento di cantare vittoria: i dieci Mangiamorte che ancora resistevano stavano diventando sempre più aggressivi. Lucy venne colpita da una maledizione poco sotto il ginocchio, causandole una rovinosa caduta frenata prontamente da un Incantesimo di Arresto lanciato dalla gemella: la porzione di pelle colpita iniziò ad assumere un colorito tendente al grigio, come fosse prossima alla putrefazione. Lucy emetteva gemiti strazianti ed intrisi di angoscia mentre Albus, facendo segno a Molly di allontanarsi, la prendeva tra le braccia e, in pochi istanti, spariva come aveva fatto Lucius poco prima.

«Non distraetevi!» urlò Scorpius. «Albus è andato a chiamare rinforzi!»

«Solo adesso ci pensate?» gridò di rimando Isabelle, pugnalando una Mangiamorte alle spalle, proprio mentre Alice, dalla parte opposta, strepitava: «Tre minuti all'esplosione!»

«Ci mancava solamente il conto alla rovescia di Capodanno.» L'acido commento di Dominique fu accolto con un elegante invito a farsi gli affaracci suoi. Ecco, forse un tantino più volgare.

In quello stesso istante, constatando che l'impetuosità degli avversari fosse inversamente proporzionale al loro numero ed il tempo a loro disposizione decisamente troppo poco, Isabelle prese una decisione al contempo stupida e tremendamente coraggiosa: con due colpi di frusta, portò l'attenzione di ben tre Mangiamorte su di sé, pressandoli con affondi di pugnale e sferzate di elettro. Con un po' di fortuna riusciva a schivare i loro incantesimi, ma la concentrazione iniziava a vacillare, come anche la sua resistenza fisica: difatti, una maledizione le colpì di striscio il braccio sinistro, facendole perdere la presa sul pugnale.

«ISABELLE! Da questa parte!» sentì Lily incitarla a gran voce. Con la coda dell'occhio, la Cacciatrice si rese conto che quasi tutto il gruppo era appostato sugli ultimi tre vagoni, mentre Alice ricordava che mancavano meno di due minuti all'esplosione. Gli altri Mangiamorte dovevano essere fuggiti non appena avevano visto il loro capo essere imprigionato e spedito al fantomatico Quartier Generale – si noti la profonda lealtà che unisce i cattivi di ogni situazione! – e i presenti all'appello erano tenuti sotto tiro da lei stessa e Roxanne. Quando quest'ultima mise fuori gioco i suoi due avversari con uno Schiantesimo e un'azzardata mossa di karate, Isabelle si rese conto che l'unico modo per far sì che i suoi compagni e i passeggeri fossero in salvo era giocare d'astuzia. Ferita, con l'effetto della Runa della Forza che svaniva lentamente, prese una decisione drastica, ma che per nulla al mondo avrebbe rimpianto: si volse, dirigendosi verso il punto in cui Fred e Molly stavano per dare il colpo finale alla catena di congiunzione dei vagoni.

«Ci siamo quasi!» le gridò Rose. «Da' due frustate a quei tre idioti e salta!»

«Un minuto all'esplosione!»

«Isabelle salta! ORA!»

Isabelle scosse la testa. «Fidatevi di me.» E con un balzo, saltò in una delle voragini del tetto aperte da incantesimi non andati a segno, tra gli strepiti dei giovani ed il clangore metallico dei legami d'acciaio che venivano spezzati. L'abitacolo puzzava di zolfo a causa del fuoco che iniziava ad ardere e l'aria era satura di polvere. Come previsto, i tre Mangiamorte si erano lanciati al suo inseguimento: senza fermarsi, Isabelle raggiunse il vagone antecedente alla cabina del macchinista, ora vuota. Lì, le porte automatiche erano state bloccate, ma Isabelle non aveva tempo per forzarle: dai vetri ovali riusciva a vedere un nugolo di fiamme rosseggianti, la cui altezza cresceva a vista d'occhio, presagio dell'imminente esplosione.

«Che ironia, un angelo che brucia all'Inferno,» esclamò una voce rauca alle sue spalle.

«Non ho tempo per questi giochetti,» sibilò Isabelle inviperita, scagliando via con una sferzata la bacchetta del Mangiamorte che aveva parlato. «Morirò avendo combattuto. E mi assicurerò che voi facciate lo stesso.»

Il calore stava diventando insopportabile e l'ossigeno iniziava a scarseggiare, tanto che respirare era oramai difficoltoso. Con altri due colpi di frusta – e la fortuita coincidenza dei fumi tossici che annebbiavano la mente – riuscì a disarmare gli avversari: con una capriola all'indietro di cui Jace sarebbe stato profondamente fiero, atterrò nel vagone precedente e sigillò le porte, sperando che l'assenza della bacchetta fosse sufficiente ad impedire la loro Smaterializzazione. Con un poderoso calcio, trasformò uno dei finestrini alla sua destra in una pioggia di vetro mezzo liquefatto: sentiva il treno perdere il controllo sui binari già dissestati, tanto da farla barcollare, mentre il paesaggio, all'infuori, lasciava spazio a dolci colline. Isabelle fece un respiro profondo, sperando che Rose, Scorpius e gli altri riuscissero a tornare a casa sani e salvi. Del suo destino, era maledettamente incerta.

Si udì un boato. L'ordigno di Fuoco Gubraithiano esplose in lingue divampanti che divorarono la cabina del macchinista, un torrente inarrestabile di scintille che liquefaceva il metallo nella sua morsa.

Isabelle chiuse gli occhi – la pelle lambita da vampate vermiglie, faville che danzavano al di sotto delle palpebre – e, nello stesso istante in cui il fuoco irrompeva nell'abitacolo, si gettò nel vuoto.






 

Note:

[2] Si tratta dell'Incantesimo Concussio, insegnato agli studenti del settimo anno: permette di lanciare una scarica elettrica molto forte contro l'avversario fino a farlo svenire, se prolungata per più di cinque secondi. Il programma ministeriale invita gli insegnanti a non informare gli studenti che più saette disegneranno più durerà l'incantesimo - anche se mai permanentemente.

[3] Fuoco Gubraithiano: fuoco magico che brucia in eterno anche nelle peggiori condizioni ambientali. Rubeus Hagrid e Madame Maxime portano un ramo di Fuoco Eterno – creato da Albus Silente – in dono al capo dei Giganti, Karkus; è stato oggetto di una lezione di Incantesimi del Professor Filius Flitwick al quinto anno.

[4] L'espressione riprende – mi perdoni il Divin Poeta – la citazione di Paradiso, XXXIII, v. 145, di Dante Alighieri, "l'amor che move il Sole e l'altre stelle." Bambi è il cerbiatto protagonista dell'omonimo cartone firmato Disney, ed è riferito a James Sirius Potter, in quanto si ipotizza che il suo Patronus sia proprio un cervo, come il nonno James Potter ed il padre Harry Potter prima di lui. Faline è la sua amica d'infanzia e futura compagna e, chiaramente, fa riferimento al lungo legame d'amicizia con Dominique Weasley, destinato a diventare qualcosa di più.

 

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Capitolo 5
*** Epilogo - Where we come alive ***


EPILOGO - WHERE WE COME ALIVE 


Out of the shadows
And into the light
Bringing the unknown
This is where we come alive

Ruelle, Where we come alive

L'impatto con il terreno la lasciò senza fiato.

Sentiva i polmoni bruciare per la brama di ossigeno, ma Isabelle pareva incapace di respirare, la gola riarsa a causa del fumo tossico che aveva inalato. Tentò di alzarsi, ma una serie di fitte alle gambe la costrinsero a distendersi nuovamente, stringendo i denti per il dolore: intorno a lei erano disseminate le lamine del treno detonato ed alcune dovevano essersi conficcate nella carne, riuscendo a superare la barriera del tessuto dei pantaloni a causa della potenza dell'esplosione. Come magra consolazione, era riuscita a mantenere salda la presa sulla frusta di elettro, ma senza il suo stilo aveva poche possibilità di evitare di morire dissanguata. Forse stava leggermente esagerando, avendo affrontato di peggio, ma anche i più tosti avevano il diritto di lamentarsi delle proprie disgrazie, specialmente dopo essere scampati a dei fanatici vestiti come il Giustiziere Zorro  e ad un fuoco maledetto, no?

Il cielo sopra di lei non smetteva di vorticare ed Isabelle ebbe voglia di rimettere quel poco che aveva ingerito a colazione – un bicchiere di latte scaduto e un paio di biscotti più secchi di quelli che aveva cucinato lei stessa per il compleanno di Clary, il che era tutto dire. Man mano che riprendeva possesso di tutte le sue facoltà, si rese conto di non essere sola: un turbinio di voci concitate si levava da ogni parte, ma la sua vista era ancora sfocata, e Isabelle riusciva a scorgere solo un gruppo di uomini e donne dai lunghi mantelli neri scuri come la notte. Tremando, rafforzò la presa sulla frusta e, strisciando all'indietro, cercò di allontanarsi dai binari tranciati, su cui sostavano solamente le ruote di quella che era stata la cabina del macchinista e, più dietro, i tre vagoni coda leggermente danneggiati.

«Fermi dove siete!» esclamò Isabelle in direzione del gruppo che si stava avvicinando, sebbene la voce fosse meno salda di quello che si aspettava. «Sono armata!»

«Sì, e anche prossima allo svenimento,» ribatté una voce maschile, strascicata e dal timbro più adulto. «Non fare l'eroina oltraggiata, già abbiamo Potter che basta e avanza per questa vita.»

«Malfoy, abbi un po' di tatto.»

«Non sprecare il fiato Harry, "tatto" non è una parola presente nel vocabolario delle Serpi.»

«Oh, Hermione, come fai a sopportarlo! Tu sì che sei una santa.»

«No, Ron, sono semplicemente una Indicibile esperta nelle Maledizioni Senza Perdono.»

Delle risate coprirono lo sbuffo oltraggiato dell'uomo dalla voce strascicata.

Isabelle riuscì a portarsi sui gomiti, il dolore alla testa si stava affievolendo e, dopo aver sbattuto più volte le palpebre, fu in grado di mettere a fuoco gli individui davanti a lei: tre uomini alti e snelli, sulla trentina, ed una donna minuta ma dalla postura tipica di chi è solita impartire ordini. Il volto dell'uomo che aveva parlato per primo era affilato e spigoloso, dalla carnagione quasi albina, simile ai capelli che portava corti e tirati all'indietro; le iridi nebulose e le labbra sottili, stirate in un ghigno sarcastico, lo rendevano l'esatta copia adulta di Scorpius. Il suo braccio destro era avvolto attorno alle spalle dell'unica donna del gruppo, che doveva essere la sua compagna: i capelli ricci raccolti in un professionale chignon erano infatti gli stessi di Rose, come anche lo sguardo indagatore e rassicurante. Era avvolta da un mantello grigio fumo, su cui spiccava la lettera I ricamata in oro, ed era fermato in vita da una spessa cinta di cuoio, dove era inserita la sua bacchetta. Come lei, sebbene in nero e con il sigillo di una A scarlatta, erano vestiti gli ultimi due uomini di quello strano quartetto: uno portava un paio di occhiali, aveva le iridi verdi come quelle di Albus e la chioma corvina raccolta in un semplice codino che lasciava scoperta una cicatrice a forma di saetta sulla fronte; l'altro aveva un'espressione gioviale che ben si accompagnava ai ricci rossi spettinati e alla sua voce baritona.

«Voi siete... siete i genitori di...»

«Di quella scatenata dozzina?» la interruppe l'uomo dalla cicatrice, con voce leggera. «Purtroppo sì, ma non posso neanche rimproverarli troppo aspramente, 'che da giovani abbiamo fatto di peggio.»

«Harry, di certo non abbiamo mai fatto saltare in aria un treno,» lo redarguì la donna.

«No, infatti,» concordò quello che Isabelle aveva appurato dovesse essere un Weasley, per via dei capelli rossi, «abbiamo solo svaligiato una banca e fatto evadere un pericoloso Panciasquamato Ucraino [5]. Che vuoi che sia, roba da tutti i giorni!»

L'uomo dalla chioma platinata alzò gli occhi al cielo, borbottando a mezza voce, e si inginocchiò accanto ad Isabelle. «Va bene ragazzina, vediamo un po' come ti sei ridotta.»

«E' un vizio di famiglia chiedermi di fidarvi di gente che non conosco?»

«Draco!» sibilò la donna, che si presentò con il nome di Hermione Granger ed un sorriso materno stampato sul volto sottile. «Sii più garbato.»

«Questa l'ho già sentita,» ribatté il marito, mentre con un veloce movimento della bacchetta lanciava un incantesimo diagnostico: sopra l'addome di Isabelle si materializzò un globo luminoso nel quale gravitavano piccole sfere variopinte che cambiavano colore e dimensioni continuamente. L'espressione di Draco era imperscrutabile, attenta nel cogliere la più piccola variazione, quando una patina biancastra si sparse sulla pelle escoriata delle braccia e lungo la coscia sinistra. Draco si rialzò, parlottò velocemente con l'uomo che si era presentato precedentemente come Ron Weasley e lo spedì verso la folla che – solo ora Isabelle notava – si era radunata accanto ai tre vagoni intatti.

«Allora, come ricordo di questa entusiasmante giornata ti porterai a casa qualche ematoma,» le disse Draco in modo pratico, avvicinando la bacchetta alla pelle martoriata delle braccia. «Per le abrasioni, possiamo fare qualcosa. Ferula.» Delle bende bianche fuoriuscirono dalla punta della stecca e fasciarono strettamente i punti dove la carne era graffiata.

«Per quanto riguarda le lamine conficcate?» chiese Hermione con apprensione.

«Niente di particolarmente grave,» le rispose lui cancellando l'incantesimo diagnostico. «Ho mandato Weasley a chiedere a Gabrielle una Pozione Anestetizzante, giusto per evitare qualche fastidio, poi estraiamo le lamelle, le cicatrizziamo, e tornerà come nuova in un battito d'ali.»

«Non ci sarà bisogno di ricoverarla al San Mungo, vero?»

«Non nutri fiducia nelle mie capacità di Guaritore, strega?»

«Lo sei veramente?» si intromise Isabelle con voce flebile. «O ti stai solo pavoneggiando?»

Hermione e l'uomo dalla strana cicatrice scoppiarono a ridere di cuore, sostenendosi a vicenda mentre Draco scoccava sguardi omicida prima all'uno poi all'altra.

«Ti ha colpito in pieno, Furetto,» riuscirono a biascicare tra le risate.

«Bambini,» si limitò a commentare il diretto interessato. Poi, rivolgendosi a Isabelle: «Per la cronaca, sono il Pozionista del Ministero, non come Molly e Albus che giocano alla Medimaga e all'infermiere.»

«Ricordati del tuo umile apprendistato in un ospedale babbano, Malfoy,» lo redarguì l'altro uomo. «Per inciso, scappo al Quartier Generale per redigere il verbale, anche perché Ginny sarà qui tra poco e vorrei evitare di finire vittima della sua sfuriata.» Poi rivolse il suo sorriso gioviale alla Cacciatrice. «Isabelle Lightwood, spero avremo occasione di fare presentazioni più adeguate: per quel che vale, ti ringrazio di aver combattuto assieme ai nostri ragazzi.»

Detto ciò, si allontanò di pochi passi, ruotò su stesso tre volte, e si Smaterializzò in un lampo.

«Da quand'è che è diventato così pomposo?» esordì Draco con una mano sul volto.

«Da quando sta cercando di ottenere la promozione come Capo Auror,» lo rimbeccò la moglie.

«Che Salazar ce ne scampi.»

In quel momento ritornò Ron, con una fialetta di liquido trasparente in mano. «Gabrielle si è raccomandata di usarne solo mezza dose...»

«Puoi riferire alla tua fidanzatina che mi sono diplomato nel suo stesso ospedale, non su Marte. So come si usa una dannata pozione curativa.»

Ron roteò gli occhi, alzando le mani in segno di difesa. «Le raccomandazioni non sono mai abbastanza. Comunque,» continuò rivolgendosi ad Isabelle, «i ragazzi di là stanno diventando ingestibili, scalpitano dalla voglia di vederti.»

«Stanno tutti bene?» lo incalzò Isabelle. «Frank zoppicava, e Rose aveva una ferita sul fianco...»

«Hanno tutti la pellaccia dura, Gabrielle e Astoria li stanno rimettendo in sesto. Solo Lucy è ricoverata in ospedale, deve essere operata al crociato.»

«Posso veder...»

«Tenete lontano quella banda di scalmanati, 'che sono buoni solo a combinare guai,» minacciò Draco mentre la aiutava ad ingerire la pozione. Isabelle fece una smorfia disgustata: sapeva di ferro, alcool e... lumache avariate? «Avrete tempo per le smancerie quando riuscirai a stare in piedi ed i babbani saranno stati tutti Obliviati.»

«Oh, andiamo Malfoy, lo sanno anche i folletti che adori quei ragazzacci,» lo rimbeccò l'altro.

«Proprio come Severus ha amato voi Grifondoro.»

Hermione batté le mani con espressione sardonica, decidendo di averne abbastanza. «Auguri agli sposi! Per quanto ancora volete portare avanti questo teatrino?»

Le orecchie di Ron presero fuoco, mentre mimava un gestaccio in direzione di Draco, che gli rispose facendo la linguaccia. Hermione si limitò ad alzare le braccia al cielo come ad invocare l'aiuto di un'entità superiore. «Sono circondata da idioti.»

Isabelle scoppiò a ridere, nonostante gli spasmi scuotessero la gabbia toracica in un modo non tanto piacevole: adesso comprendeva da chi Rose avesse ereditato il suo atteggiamento reso insofferente ad arte. Dal padre aveva sicuramente preso la lingua pungente. Persa com'era nel seguire quell'esilarante scambio di battute, ed anche grazie all'effetto anestetizzante della pozione, non si rese conto del fatto che Draco aveva tagliato il tessuto dei pantaloni e stava estraendo l'ultima lamina di ferro poco sopra il ginocchio.

«Bene, il grosso è fatto,» la rincuorò. «Questo però brucerà un po'. Resùo![6]»

Isabelle serrò leggermente gli occhi, mentre un leggero pizzicore si diffondeva su tutta la coscia, ma il fastidio finì velocemente così come era iniziato: ora rimaneva solamente un dedalo di cicatrici biancastre, quasi invisibili. La Cacciatrice non se ne dispiacque: per uno Shadowhunter, ogni ferita fungeva da monito per ogni battaglia che aveva combattuto, per ogni ideale che aveva difeso, e quel reticolo di sfregi le avrebbe sempre ricordato di quando era entrata in contatto con un mondo magico ed estraneo ed era sopravvissuto all'esplosione di un treno in corsa.

Draco frugò nelle tasche della giubba nera che indossava sopra la camicia ed estrasse una piccola ampolla. Ne versò poche gocce sul palmo della mano, e con tocchi precisi ma delicati spalmò il contenuto sulla pelle ricucita. «Applicala due volte al giorno su questa zona, e in una settimana le cicatrici dovrebbero scomparire,» le consigliò, porgendole la fiala. Con un colpo di bacchetta riparò la stoffa dei pantaloni, e aggiunse: «È Essenza di Dittamo, puoi usarla anche su altri lividi e graffi che hai. A quanto abbiamo capito – Scorpius parla sempre per enigmi – sei una che affronta mostri un giorno sì e l'altro pure, perciò puoi usarla anche su altre ferite, dopo averle disinfettate.» Le tese il bracco sinistro, su cui era impresso uno strano marchio – un teschio dalla cui bocca fuoriusciva un serpente – ed Isabelle si aiutò con esso per rimettersi in piedi: la gamba era ancora insensibili, perciò si appoggiò all'uomo in cerca di sostegno. «Riesci a camminare? Bene, bene, così... fai piano, non abbiamo alcuna fretta. Raggiungiamo gli altri.»

Hermione e Ron li precedettero, oltrepassando i binari distrutti con un agile salto, Draco invece la sostenne per la vita mentre scavalcavano coperture di metallo e schegge.

«In caso dovessi finire la pozione prima del previsto, ti lascio un indirizzo a cui potrai rivolgerti a New York,» le disse Draco, armeggiando con la chiusura del taschino ed afferrando un cartoncino grigio. «Chiedi dell'Essenza di Dittamo e, se fanno storie, di' che ti manda Draco Malfoy.»

«Non so se interpretarla come una minaccia o un avvertimento.» Isabelle infilò il biglietto nella tasca posteriore dei pantaloni, ringraziandolo, ma con la mente assente: assieme alla magia curativa di Magnus, una bella scorta di quell'essenza avrebbe giovato all'inventario dell'infermeria dell'Istituto, specialmente adesso che i rapporti all'interno del Conclave erano ancora più tesi...

«Eccola! È arrivata!»

«Sparkling angel, I believe you are my savior...[7]»

«Oh, Isabelle, fatti abbracciare!»

«Zia Hermione, è un angelo angelo

«Milioni di creature spirituali si muovono non viste sulla...[8]»

«Fred, sta' un po' zitto.»

«James, smettila di cantare!»

Isabelle si ritrovò catapultata in mezzo ad una folla esultante e rischiò di finire soffocata: chi la abbracciava, chi le dava pacche consolatorie sulla schiena, chi la baciava in preda all'emozione e chi (sottinteso Rose) la rimproverava per la sua sconsideratezza ma con le lacrime agli occhi.

«Su, su, ragazzi,» intervenne Hermione, che abbracciava stretta uno Scorpius mezzo addormentato, «lasciatela respirare, da bravi.»

Draco si era dileguato ed ora Isabelle era sorretta dalle braccia muscolose di Roxanne, che non finiva più di raccontare la storia della loro eroica avventura.

«...e poi siamo stati sbalzati indietro a causa dell'esplosione giusto un secondo dopo aver evocato la barriera di protezione,» stava narrando con passione, «Louis era sceso nei vagoni per tirare i freni di emergenza, ma l'unica cosa che abbiamo visto è stato il treno esplodere e sparire dietro questa curva...»

«Ci siamo preoccupati da morire, non ti abbiamo vista saltare dal treno perciò abbiamo subito pensato al peggio,» intervenne Lily, con la faccia ancora sporca di sangue e polvere.

«Poi Albus è tornato con metà Squadra Auror ed i nostri genitori, quindi al panico si sono aggiunti i rimproveri...»

«Ed i passeggeri?» si informò Isabelle con apprensione. James, con le braccia attorno alla vita di Dominique, puntò l'indice alla sua destra, dove una folla abbastanza numerosa era circondata sui lati da uomini in divisa. Una donna dai lunghi capelli biondi come Dom stava gridando ordini con espressione severa, mentre il resto della squadra puntava le bacchette contro i sopravvissuti.

«Stanno modificando la loro memoria riguardo le ultime ore,» le spiegò pazientemente il ragazzo, «e poi li riporteranno a destinazione, così penseranno di aver trascorso un piacevolissimo viaggio in treno, non di essere sopravvissuti alla sua esplosione.»

Isabelle annuì, ma il viso le si adombrò. «Farete lo stesso con me? Dopotutto, non sono una di voi...»

«Ma non sei neanche una semplice babbana.» Hermione prese la parola. «Ne abbiamo già discusso con il nostro Ministro, puoi tornare a casa a patto che non ne farai parola con nessuno.» Isabelle cercò di nascondere un sorrisino, sapendo che non avrebbe mai potuto tenere fede a quella promessa, ma la donna la anticipò. «Siamo stati anche noi giovani ribelli – Draco, fammi la grazia di tacere dato che hai fatto perdere cinquanta punti a Serpeverde al primo anno – perciò sappiamo che non manterrai mai il segreto. Questa sera è stata convocata una riunione d'emergenza al MACUSA e temo proprio che dovremmo parlare del tuo... coinvolgimento.»

Isabelle fece un cenno di assenso, comprensiva, ma non potè fare a meno di chiederle se, d'ora in avanti, il Conclave degli Shadowhunters avrebbe dovuto temere dei controlli da parte dei maghi: già i rapporti con i Nascosti non erano ideali, se poi si aggiungevano dei maghi con i loro problemi... Hermione si fece pensierosa.

«Non credo vi sia questo rischio, anche perché, se siete innocui, il Ministero non ha motivo di intromettersi nei vostri affari. È pur vero che si renderanno necessari dei piccoli accertamenti ma, se vuoi evitare ciò – mi pare di capire che la situazione non sia delle migliori – puoi presenziare con noi alla riunione, una specie di testimone, ecco.»

La ragazza si corrucciò. «Sarà una sorta di interrogatorio?»

Ron, che fino a quel momento era rimasto in disparte a parlottare con Alice e Frank, intervenne: «Forse useranno il Veritaserum – una pozione della verità – ma non devi temere nulla: ci saremo noi con te. So che non hai avuto modo di conoscerci ma, per quel che vale...»

«Grazie, davvero,» lo fermò Isabelle, «se è il prezzo da pagare per evitare di mettere in pericolo la mia famiglia, o voi, lo farò.»

Hermione le sorrise dolcemente. «Allora è deciso: ti riaccompagnerò a casa, dovrò scambiare quattro chiacchiere con i tuoi genitori, e poi andremo al Ministero. Ti piacerà, vedrai.»

«Alle otto nell'Atrio Principale, che nessuno tardi,» parlò Draco. «Fa' attenzione.»

Proprio in quell'istante risuonò lo schiocco di una Materializzazione, che fece impallidire Ron e illuminare di gioia gli occhi di Draco. «No, mia sorella no...»

«JAMES SIRIUS POTTER! Non azzardare a nasconderti, affronta il tuo destino con coraggio!» Al suono di quella voce femminile e venata di ira, James sbiancò vistosamente e, rivolgendosi verso Isabelle, le dedicò un drammatico saluto. «Addio, mia angelica guerriera: la morte mi ha trovato, e non è più possibile ingannarla.»

Il resto del gruppo scoppiò a ridere ed Isabelle venne assalita dalla malinconia, mentre Rose la abbracciava un'ultima volta, Lily le augurava buona fortuna, Dominique le infilava in tasca l'invito al matrimonio e Fred le chiedeva di salutargli San Francesco. Gli addii non erano mai stati il suo forte, ma questa volta Isabelle non sfuggì alle proprie emozioni, lasciando che i saluti, e le lacrime, e gli abbracci dei suoi compagni saldassero un nuovo legame di amicizia. Scorpius si liberò dalla stretta della madre e si abbassò per baciarla sulla fronte: poi, scambiando uno sguardo d'intesa con la sorella ed il padre, si tolse il medaglione e lo allacciò attorno al collo di Isabelle.

«Quando sarai in difficoltà, ti basterà stringerlo, e pensare a noi. È il minimo che possiamo fare per ringraziarti.»

«Scorpius, non posso chiederti di...»

«Non si accetta un no come risposta!» la ammonì il ragazzo. Poi le sussurrò all'orecchio: «I Malfoy saranno anche alteri, ma i Granger non abbandonano mai gli amici in difficoltà.»

Rose le fece l'occhiolino, promettendole di darle il suo numero di cellulare non appena si sarebbero rincontrate.

«È stato un onore combattere al vostro fianco e non posso che esservi grata di avermi salvata innumerevoli volte. Non lo dimenticherò. Non vi dimenticherò,» disse Isabelle con la voce incrinata dall'emozione.

Afferrò la mano di Hermione, allontanandosi dal gruppo e colmando il cuore dell'immagine di un gruppo di giovani intrepidi contro il cielo terso dell'America, gli occhi lucidi per la commozione e la mani sollevate in segno di saluto.

Seguendo le istruzioni della donna, girò su sé stessa tre volte, sul volto ancora l'ombra di un sorriso nostalgico e l'eco del loro commiato che risuonava nelle orecchie.

Il mondo si rimpicciolì, vorticò, uno spostamento d'aria le fece perdere d'equilibrio, e d'un tratto le colline verdeggianti lasciarono spazio all'asfalto, al frastuono della Metropoli, e all'odore stantio delle pioggerelle estive e al profumo delle magnolie di Manhattan nel cortile dell'Istituto.

Ancora prima di riaprire gli occhi, la Cacciatrice seppe di essere ritornata a casa.





 

Note:

[5] Secondo PotterPedia.it, è la razza del drago a guardia della Banca dei Maghi Gringott, depredata da Harry Potter, Ronald Weasley ed Hermione Granger nel 1998.

[6] Incantesimo curativo di livello avanzato, che permette di ricucire tagli profondi per un massimo di quaranta centimetri di lunghezza, come se si stessero applicando dei punti. Al termine dell'operazione, rimane una lieve cicatrice eliminabile con un unguento comune come il Dittamo.

[7] I versi riprendono la prima strofa del brano "Angels", traccia numero sette del terzo album dei Within Temptation.

[8] J. Milton, Sanesi IV, 677-8, Paradiso Perduto.

 

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