Attraverso i sogni ti troverò

di 8iside8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vermiglia bolla di sapone ***
Capitolo 2: *** Il tostapane sul soffitto ***
Capitolo 3: *** Elise ***
Capitolo 4: *** Questo è ciò che sei ***
Capitolo 5: *** 5. Cosa devo fare? ***
Capitolo 6: *** I Corvi ***



Capitolo 1
*** Una vermiglia bolla di sapone ***


Emma era distrutta, voleva solo dormire. La notte era trascorsa lentamente, gli appostamenti non erano divertenti e una notte intera era stata troppo. Sperava che la sconfitta della Fata Nera le regalasse un po’ di quiete, ma non era stato così. Si trascinò fuori dalla macchina e in casa si versò un bicchiere di rum. Faceva roteare il liquido nel bicchiere e fissava il pavimento. Killian. Pensava sempre a lui. Ormai non sapeva più dove cercarlo. Suo marito. Il suo Vero Amore. Svanito davanti ai suoi occhi in una nube di sabbia. Nessun indizio. Non aveva niente da cui partire. Gli incantesimi di tracciamento non indicavano luoghi, cosa che non aveva senso, perché anche se fosse stato morto avrebbe dovuto rivelare dove fosse il corpo.
Per Emma era peggio che saperlo morto. Questo le faceva male, questa volta la speranza era anche la tortura. Mai aveva vissuto un così grande senso di incertezza. Per tutto il tempo dell'appostamento aveva controllato che il suo solo, vago, sospettato facesse qualcosa di insolito. Aveva ottenuto un frustrante niente. Terribile. Era così la sua vita, terribile in ogni senso del termine. Le cose terribili che le erano capitate le erano pesate, ma le aveva superate. Ora non sapeva come fare. Stava rendendo ogni momento votato solo alla spasmodica ricerca di Killian. Sua madre le dava sostegno e suo padre aveva interrogato ogni abitante di Storybrooke, senza ottenere altro che auguri per le ricerche del genero. Doveva farcela. Doveva trovarlo, loro si trovavano sempre.
Una lacrima scese lungo la sua guancia e buttò il rum giù, d'un solo fiato. Si stese sul divano e si coprì con un panno blu, il colore dell'oceano. Non poteva tornare a dormire in camera finché non fosse tornato Killian. Perché il capitano Killian Jones doveva essere vivo. Il sole stava facendo capolino da dietro la finestra, riflettendosi sul volto di Emma. Non aveva dormito molto, aveva preso sonno solo le prime ore del mattino. Si andò a versare del caffè e si fece una doccia. L'acqua calda neanche la sentiva. Non sentiva più niente. Lo aveva detto ad Archie, andandoci tutti i giorni. Sapeva che non avrebbe retto alla situazione senza aiuto e che Killian avrebbe voluto così. Si rivestì e scese, pronta per riprendere le ricerche. Bussavano alla porta. Emma andò ad aprire e si trovò davanti a Gold.
«Salve, signorina Swan.» la salutò con garbo.
 «Signor Gold, a cosa devo questa visita a domicilio?» chiese neutra lei.
«Forse ho una pista per trovare il pirata.» scandì lui, lentamente. Emma lo fece accomodare in salotto.
«Pare che il passato del capitano Jones sia tornato a tormentarlo.» spiegò lui «La sua fama ha radici molto profonde, ma su diverse cose avevo influito io. Ho cercato nelle strade che ho percorso e mi è tornata in mente una cosa: una giovane era in lacrime e, quando mi ha spiegato cosa le fosse accaduto, le diedi un carillon magico, dal potere di addormentare tutti coloro a cui lei pensava mentre lo teneva in mano. Voleva usarlo per avere un vantaggio sull'uomo che aveva ucciso suo fratello gettandolo in mare. Non mi disse il nome dell'uomo, e potrebbe non essere Capitan Uncino, ma forse dovremmo provare questa strada.» la fissava serio.
«Chi è la ragazza?» chiese Emma, che aveva bevuto con avidità tutte le sue parole.
«Si chiamava, nella Foresta Incantata, Elise. Non so quale sia la sua storia, ma ne vale la pena, secondo me.» rispose quieto Tremotino.
«Qual è stato il prezzo del carillon?» s'informò la Salvatrice.
«La sua voce. Aveva una voce bellissima, pari a quella di una sirena e per i miei traffici era un interessante cimelio.» spiegò lui, nella posa più rilassata che Emma gli avesse visto tenere «Signorina Swan, le ricordo che ero malvagio. Ora non faccio più queste cose, me lo sono imposto per migliorare, per mio figlio e per Belle, ma non posso rinnegare che all'epoca fu un vero affare.»
Emma prese le chiavi della macchina e corse al municipio.
Sua madre l'aspettava là, col Principe Azzurro, entrambi in ansia. Abbracciò prima Biancaneve, poi il padre. Spiegò tutto in fretta ed Henry li raggiunse dopo la scuola. Il libro delle favole, incrociato ai registri di Storybrooke avrebbero dato i loro frutti. Regina era alla cripta con Zelina, incantesimi e magie diverse valevano un tentativo. Biancaneve tolse i fogli dalle mani della figlia e la strinse a sé.
«Troveremo Uncino. Lo troveremo, perché questo fa la nostra famiglia.» le aveva sussurrato all'orecchio.
Emma aveva gli occhi lucidi.
«E se non fosse...» la frase era troppo crudele per pronunciarla.
«No!» disse Henry «No, Uncino è vivo. Ne sono sicuro. Se il nonno e la nonna sanno quando capita qualcosa all'altro, vale anche per te e Uncino. Il Vero Amore, non dimenticarlo, è un sentimento che va oltre la morte.» e abbracciò madre e nonna.
 
---
 
Il vento gli scompigliava i capelli e la vita era libertà allo stato puro. Gli occhi, blu come il mare che si stendeva davanti a lui, fissavano l'orizzonte su cui il sole si stava posando come una vermiglia bolla di sapone.
 «Capitano! Comandi!» un marinaio si era palesato dietro di lui. Il capitano Jones non si voltò neanche.
«Reginald, vai a preparare la nave per la battaglia.» aveva la voce piatta, quasi annoiata.
«Quale battaglia, capitano?» chiese Reginald sbalordito.
«Non lo so spiegare... È una sensazione, come se il mare volesse dirmi di stare attento... Come se fosse una trappola.» non riusciva a staccare gli occhi dall'orizzonte, quasi si aspettasse che il sole sarebbe esploso a contatto col mare. L'inquietudine lo permeava con invadenza.
 «Killian!»
Uncino si voltò di scatto. Una voce di donna lo aveva chiamato? Ma di donne non ce n'erano a bordo! L'ultima donna a salire sulla Jolly Roger era stata Milah, ma lei non c'era più e quella non era la sua voce. Prese la fiaschetta e bevve un buon sorso di rum. L'unico amore che poteva avere un pirata, anzi il secondo, il suo primo amore era la Jolly Roger.
«E tu cos'hai usato?»
«La Jolly Roger, naturalmente.»
Di chi diavolo erano quelle voci che sentiva? Ancora la medesima donna, poi era la sua stessa voce che aveva appena udito? Ma cosa diavolo gli succedeva? Scambiare la Jolly Roger per cosa? No, qualcosa non andava, ma non poteva dirlo all'equipaggio, non sarebbe stato saggio.
 
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«Emma!» la chiamò Regina entrando dalla porta con Zelina alle calcagna.
«Dimmi Regina!» gli occhi grandi guardavano la signora sindaco con tanta speranza.
«Forse possiamo localizzare Uncino, non è un mezzo sicuro, ma si può tentare.» iniziò Regina porgendole una mela «Una variante dell'incantesimo del sonno. In questa versione dormirai e viaggerai nei sogni. Per svegliarti non avrai bisogno del bacio del Vero Amore, ma solo di dire una parola d'ordine che attiverà la chiusura dell'incantesimo.»
«Qual è il prezzo?» chiese Biancaneve «La magia ha sempre un prezzo.»
«L'incantesimo vuole un versamento di tre gocce del sangue della Salvatrice. Funziona solo per te, infatti. Le verserai sulla mela e la mangerai. Dopo noi veglieremo su di te, mentre cerchi tuo marito.» spiegò Regina, sollevando la mela rossa fra loro.
«Killian, ti troverò.» sussurrò Emma fissando il pomo scarlatto.

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Capitolo 2
*** Il tostapane sul soffitto ***


Emma era a casa di sua madre, seduta sul letto. Aveva preparato tutto per stare comoda e Biancaneve la guardava con la speranza nelle iridi.  
«Andrà tutto bene, Emma. Lo troverai.» disse dolcemente.  
«Sì, ora mangio la mela stregata e partirò per trovarlo.» fissò il copriletto per qualche istante, poi si voltò verso la madre «E se non lo trovassi? Io come potrei andare avanti?» 
Biancaneve si sedette sul bordo del letto e prese le mani della figlia tra le sue.  
«Lo troverai. Ce l'hai nel sangue. Noi troviamo tutti e nessuno può impedire al Vero Amore di ritrovarsi, nemmeno la morte. Sei stata negli inferi per lui, questo non sarà diverso.» 
Emma annuì e l'abbracciò. Prese lo spillo dal comodino e si punse la punta dell'indice e lasciò cadere tre gocce rosse e brillanti sulla mela, che vibrò nel momento in cui la terza goccia si era posata sulla buccia.  
Le diede un solo piccolo morso, prima di cadere addormentata sui cuscini. Il viaggio era iniziato.  
 
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«Emma!» gridò il Capitano Jones, svegliandosi da un sogno strano. Era in una città, strana, con palazzi colorati e vedeva una fanciulla bionda, con una giacca di pelle rossa e dei pantaloni neri aderenti, che lo chiamava per nome.  
Era madido di sudore. Tremava. Allungò la mano e prese la fiaschetta buttando giù un sorso di rum con foga. Chi diavolo era quella donna? Come sapeva che si chiamava Emma? Doveva cercarla. Era ormai da diverse notti che la sognava, sempre in quella strana città e aveva la sensazione che quei sogni avrebbero avuto spiegazione solo una volta che l'avesse trovata. Forse era una strega. Forse era una sirena. Era impazzito a dare adito a quella donna che lo chiamava per nome? Solo i suoi familiari e Milah lo avevano chiamato "Killian", per tutti gli altri era Capitan Uncino.  
Si sedette sul bordo della cuccetta e si guardò attorno. La cabina spoglia era stata luogo di divertimento con pulzelle di facile costume, come anche di tristi notti a piangere la donna che amava, la sola donna che avesse mai amato profondamente, la sua Emma. No, era Milah! Cosa gli veniva in mente? Quel sogno lo aveva scombussolato, doveva essersi sbagliato per quello.  
Aveva dovuto combattere per due giorni con la sua ciurma, perché era stato assaltato da navi di altri pirati. L'amarezza nel suo animo era ingombrante. Ogni attacco l'aveva previsto solo per sensazioni, non gli era mai capitato prima. Forse stava impazzendo. O qualcuno gli aveva fatto qualcosa. Forse era opera del coccodrillo! Ecco, doveva essere lui. Ma no! Cosa stava pensando? No, doveva trovare quella fanciulla. Era lei la chiave, aveva troppa esperienza per non capire che, se una donzella lo chiamava in sogno, doveva trovarla.  
«Capitano!» la voce di Reginald arrivava chiara e forte, dalla porta della cabina «Si sta avvicinando una piccola barca, pare che qualcuno abbia bisogno di aiuto!»
Uncino scattò in piedi e corse sul ponte della nave. La barchetta era ormai vicina al suo vascello e il capitano vide con stupore che vi giaceva una ragazza con capelli biondi, tanto chiari da risultare quasi bianchi.  
«Killian!» si voltò di scatto. Ancora quella voce che lo chiamava. Si riscosse e ordinò alla ciurma di recuperare la ragazza e portarla sulla nave.  
Aveva un lungo abito rosa. Veniva chiaramente dalla Foresta Incantata. Doveva essere una di quelle principessina viziate e deboli. Amava le donne, come ogni buon pirata, amava farle sentire adorate, ma non le donnette di corte. Quelle proprio no. La fece portare nella sua cabina e avrebbe deciso il da farsi quando avrebbe parlato con lei.  
 
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Emma aprì gli occhi. Era in un lungo corridoio, che iniziava alle sue spalle e di cui non vedeva la fine. I muri erano quelli in pietra a vista tipica dei castelli e ai lati c'erano tante, tante porte in legno massello, tra un porta a l'altra delle fiaccole accese illuminavano fiocamente il percorso. Sentiva un tepore che contrastava con le pareti grigie.  
Non capiva che luogo fosse, ma decise di mantenere la calma e ragionare in maniera lucida.  
Si era addormentata dopo aver versato tre gocce del suo sangue sulla mela e averle dato un morso. Ricapitolò nella sua mente, mentre si guardava il dito intatto, senza il foro dell'ago.  
Stava sognando ed era in un corridoio con delle porte.  
«Le porte sono dei sogni e in uno di questi, forse, c'è Killian.» sussurrò a se stessa. Doveva mettere la voce in quelle parole, perché avrebbe reso la speranza reale e non solo un'idea. Sapeva che non stava davvero parlando, era un sogno quindi era comunque nella sua testa, ma si sentì più rassicurata. Stava facendo di più restando ferma nel letto di sua madre che in tutte le ricerche fatte fino a quel momento. Sì, aveva chiaro cosa fare. Si voltò alla sua sinistra e aprì la prima porta.  
Una luce bianchissima la investì e si coprì gli occhi col braccio, l'altra mano tesa avanti come un cieco. La luce si affievolì e trovò davanti a sè un paesaggio familiare: Storybrooke. Era illuminata di una prepotente tonalità di giallo. Non c'era nessuno per la strada e lei fece un altro passo avanti. La porta alle sue spalle si chiuse, ma rimase dov'era, all'entrata del porto. 
S'incamminò verso la città e vide in lontananza Henry. Lo chiamò e il ragazzino le corse incontro.  
«Mamma! Dov'eri? Sono scomparsi tutti!» ansimava.  
«Cos'è successo?» chiese Emma.  
«Non lo so, mi sono svegliato e mi sono trovato senza nessuno. Non c'era la mamma, la nonna, il nonno, Granny! Nessuno, mamma. Ho paura.» in effetti era parecchio agitato.  
Emma sapeva di essere in un sogno e non era certa che lo sapesse anche suo figlio. Se quello era il sogno di Henry, di sicuro non c'era Uncino, ma come poteva lasciare suo figlio nell'ansia? Quel sogno era tale, perché Henry aveva paura di perdere tutti quelli che amava.  
«Ascolta ragazzino...» iniziò Emma «Troveremo un modo per riportarli tutti qui. In genere è quello che facciamo, troviamo tutti.» gli sorrise.  
Henry annuì, rinfrancato e più tranquillo.  
Si diressero verso il centro cittadino. Nessuna traccia, solo scomparsi. Entrarono da Granny e videro il desolato vuoto che regnava. 
«Ragazzino, prova a guardare in cucina, io vado a vedere le camere.»  
Emma passò in rassegna le camere, ma avevano qualcosa di strano. Ognuna aveva le tende ben piegate sul water del bagno privato. Lo trovò bizzarro, ma di certo in un sogno non aveva senso che ci fosse logica.  
«Mamma...» la stava chiamando il figlio, incerto.  
Corse nella tavola calda e appena ebbe la visuale il sangue si raggelò nelle vene. Tutti i cattivi erano in fila davanti al bancone.  
La Regina Cattiva, la Perfida Strega, Malefica, Ursula, Crudelia, Cora, Ade, Hyde, Peter Pan.  
Henry corse accanto alla madre, che lo spinse dietro di sé.  
«Che folla...» sussurrò Emma.  
«Salvatrice, non puoi proteggerlo e sai il perché.» disse Peter Pan con un ghigno e aveva ragione. Il sogno era di Henry, quindi solo lui poteva superare le sue paure.  
«Henry, ti fidi di me?» chiese Emma al figlio.  
«Certo mamma.» rispose poco convinto.  
«Questa non è la realtà. Nella realtà loro sono quasi tutti morti e a Storybrooke stanno tutti bene.» deglutì «Siamo in un tuo sogno e loro sono le tue paure, solo tu puoi superarle e farle sparire. Tu più di tutti dovresti riuscirci, hai il cuore del Vero Credente.»  
Henry non si mosse per un minuto, poi sorrise.  
«Certo che è un sogno! Ecco perché c'è il tostapane sul soffitto della cucina! Hai ragione, mamma.» le gettò le braccia al collo e la strinse forte.  
Ursula, Malefica e Crudelia s'impallidirono fino a sparire.  
«Perché non spariscono tutti?» chiese Henry.  
Emma gli sorrideva.  
«Nessuno riesce a sconfiggere tutte le paure con la fede cieca, alcune paure svaniscono solo dopo che le ferite che le hanno generare guariscono.» 
Henry rimase in silenzio, meditabondo. I cattivi erano fermi, in silenzio anche loro.  
Il ragazzino prese il libro delle favole dalla borsa e lo aprì, ma non c'erano le favole scritte, c'era...  
«Mamma, questa è la mia storia.» sussurrò stupefatto.  
Ogni pagina raccontava e illustrava le varie fasi della vita di Henry, dalla nascita fino alla Fata Nera. 
«Lei non è qui.» notò Emma.  
«Sì,» rispose il figlio tranquillo «perché lei non mi ha mai fatto paura, sapevo che l'avresti sconfitta e sapevo che dentro di te anche tu ci credevi. Gli altri ti hanno sempre lasciato dei dubbi.» 
Emma lo strinse a sé.  
«Questo è il mio sogno.» affermò Henry «Quindi devo farcela da solo. Grazie mamma, ora devi andare.» 
«Ma tu? Come farai a sconfiggere le tue paure?» chiese lei.  
«Mamma, tu non sei qui per me, devi andare a fare quello che già stavi facendo.» le sorrideva.  
«Nessuno supera le paure da solo. Mi ci è voluta tutta la mia famiglia attorno per capirlo, ma ora lo so anche grazie a te.» obiettò Emma.  
«È un sogno, non può succedermi nulla, soprattutto perché ora so che lo è. Vai, mamma.» e le diede un bacio sullo zigomo.  
Emma si sentì strana, chiuse gli occhi un istante e, quando li riaprì era davanti alla porta di legno massello. Si guardò alle spalle e vide quella Storybrooke così luminosa e sorrise, al coraggio del figlio. Lo avrebbe portato nel cuore, come un promemoria, una spilla, per ricordarle di non arrendersi mai e che non era mai sola. Non lo era più da un pezzo.  

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Capitolo 3
*** Elise ***


Capitan Uncino entrò nella cabina e trovò la ragazza seduta sul bordo del letto, che si guardava attorno. Non era lo sguardo di una povera fanciulla indifesa, anzi, era guardingo e scrutatore. Stava analizzando tutto quello che c'era nella cabina e si fermarono su di lui.  
«Milady, vi siete svegliata. Eravate svenuta in una barchetta e vi abbiamo tratta a bordo. Come vi sentite?» la voce di Killian era gentile.  
«Sono qui per voi, Capitan Uncino.» 
«Sì...» disse Killian sorridendo «avere un uncino al posto della mano mi rivela anche quando non vorrei essere riconosciuto, ma è bello essere nei pensieri di una così bella fanciulla!» concluse malizioso.  
La ragazza aveva gli occhi color ghiaccio, quasi grigi. Si alzò e si avvicinò lentamente, continuando a fissarlo.  
«È un peccato.» affermò lei.  
«Cosa è un peccato?» chiese lui senza smettere di sorridere.  
«Siete galante e gentile. Sapete come lusingare una donna, ma siete anche crudele e spietato. Dovete morire!» così dicendo gli prese la gola e Uncino non riusciva più a muoversi né a parlare.  
«Sono dovuta venire fin qui, nel mondo dei sogni, per poterti uccidere!»  
Uncino vedeva la sua ciurma ai lati, immobile. Nessuno che intervenisse, perché? E come faceva una ragazzina a bloccarlo così?  
«Oh, non interverranno, a meno che tu non glielo ordini, ma non potrai. Per colpa tua ho dovuto rinunciare alla mia voce da sveglia e ora che ho addormentato il tuo corpo la levo a te in questo mondo dei sogni. Non posso ucciderti, ma posso tenerti imprigionato dentro ai tuoi incubi e alle tue paure.» spiegò lei, glaciale.  
«Killian!» la voce della donna! Chi diavolo era?  
«Lo so che avresti tante domande, ma non avere fretta, perché avrai le tue risposte e non te ne piacerà neanche una.» così dicendo lo spinse all'indietro e il Capitano Jones si trovò a cadere nel buio. Giungendo a cadere su una spiaggia. Aprì la bocca per imprecare, ma non uscì un solo suono. Era muto, come quella strega lo aveva ridotto.  
 
--- 
 
Emma aveva già visto gli incubi dei nani e il sogno utopico di Archie, pace e amore ovunque. Era un sogno talmente bello, che le paure neanche uscivano dalla casa del Cappellaio Matto in cui Archie le aveva confinate. Prese la porta successiva, senza smettere di sperare che fosse quella giusta.  
Il cielo era Azzurro e, stavolta, sentì che era diverso, l'aria era diversa. Sembrava tutto ovattato, come se non ci fossero rumori o suoni da udire. S'incamminò verso Storybrooke, di nuovo. Ogni sogno era ambientato nella cittadina e questo le faceva capire quanto fosse importante per i cittadini viverci.  
In lontananza vide una fanciulla, in un lungo abito elegante e rosa. I capelli chiarissimi le ricadevano sulle spalle. Non l'aveva mai vista. Il suo cuore fece un balzo di speranza: se fosse arrivata al sogno giusto? 
Si avvicinò a lei e la salutò, ma dalla sua bocca non uscivano parole, suoni o rumori. La ragazza si voltò, mostrando tratti sottili e occhi tanto chiari da sembrare argentei con venature azzurre. Era bellissima.  
Sorrise maliziosa verso di lei e le fece cenno di seguirla. Emma la vide entrare nella biblioteca e la imitò. Una volta chiusa la porta alle sue spalle vide una sala diversa da quella presente nel mondo delle persone sveglie, nella realtà: una grande, enorme lavagna occupava tutta la superficie. Guardò la ragazza, che prese a muovere le labbra senza emettere suono, ma un gessetto rosa si sollevò da solo e prese a scrivere.  
Lieta di conoscerti Salvatrice.  
 
Emma era sconvolta, ma si ricompose in fretta e provò a parlare, scoprendo che  un altro gessetto, stavolta bianco, riportò le sue esatte parole.  
Ciao, piacere mio. Come ti chiami?  
 
La ragazza piegò le labbra in un sorriso strano.  
Il mio nome è Elise, ma di certo non mi conosci. 
 
Gli occhi di Emma si spalancarono sorpresi.  
È vero, non ti conosco, ma ho sentito parlare di te.  
 
L'altra ricambiò lo sguardo sorpreso.  
Chi ti ha parlato di me?  
 
Emma fece un passo verso di lei.  
Tremotino, il Signore Oscuro.  
 
Elise fece un passo indietro.  
Cosa sai?  
Lo sguardo della ragazza era quasi spaventato.  
 
So che ti ha dato un carillon magico e che potresti averlo usato per rapire qualcuno.  
Emma la scuratava.  
 
Il Signore Oscuro ti ha detto del carillon? Quindi sai anche su chi volevo usarlo?  
Il volto di Elise era una maschera di durezza. Emma rivide un po’ di sé stessa quando era arrivata in città.  
 
Non lo sapeva, ma aveva una mezza idea.  
Spiegò la Salvatrice.  
 
Chi sarebbe questa mezza idea?  
Chiese Elise, che aveva lo sguardo altero di chi ha messo le mani nel sacco dei biscotti e non vuole ammettere l'evidenza.  
 
Capitan Uncino 
Ecco, Emma aveva lanciato il sasso.  
 
L'altra era ancora più rigida, se possibile, poi le sue guance s'imporporarono e quando aprì la bocca per parlare, sembrava che urlasse.  
Sulla lavagna si formarono simboli incomprensibili, che mulinarono e presero la forma di una televisione.  
All'interno di questo televisore, disegnato coi contorni rose del gessetto, si formarono delle immagini.  
Una casetta e sette ragazzini, una donna in dolce attesa che urlava per il dolore del parto e il marito dal volto duro e apprensivo dietro di lei.  
Vide che veniva al mondo una bambina.  
Ero molto cagionevole alla nascita e mio padre mandò uno dei miei fratelli a prendere una brocca d'acqua per me. Tutti, però, vollero andare. Mi amavano anche senza conoscermi ancora.  
Le parole si erano scritte da sole, come una didascalia dell'immagine. Sulla lavagna si compose una nuova scena: i ragazzi al fiume che litigavano e lasciavano cadere la brocca nel fiume.  
Quando persero la brocca nella corrente, ci misero molto a tornare, perché sapevano che mio padre si sarebbe infuriato. Infatti fu così.  
Adesso la lavagna mostrava il padre che puntava il dito contro i ragazzini, tutti con i capelli neri come la notte, e che li malediva trasformandoli in corvi che volarono via.  
Mio padre era distrutto, non voleva davvero farlo, ma non poteva rimediare. Mi nascosero per molto tempo la loro esistenza, poi un giorno udii delle signore che parlavano della mia famiglia e della maledizione. Chiesi spiegazioni a mio padre e mi disse tutto. Fu allora che partii, li trovai e li liberai. Tuttavia...  
Sulla lavagna prese forma un giovanotto e una nave su cui saliva. Emma ebbe un tuffo al cuore: era la Jolly Roger.  
Uno dei miei fratelli decise di recuperare gli anni persi come corvo andando per mare, ma morì. Uncino lo uccise.  
 
Emma era interdetta. Sapeva del passato di Killian, ma non poteva lasciare che la vendetta giustificasse questo rapimento. Doveva sapere di più.o. Doveva sapere di  
Come sai che è stato Capitan Uncino?  
Chiese la Salvatrice e sulla lavagna si aprì una nuvoletta che riportava la sua domanda.  
 
Era sull'Isola Che Non C'è e venne l'ombra di Peter Pan a farmelo sapere, scrivendolo su di una grande foglia verde. Mi spiegava che Capitan Uncino aveva creduto che mio fratello lo avesse tradito e lo aveva gettato in mare.  
 
Emma la guardava sbalordita.  
E tu hai creduto alla parola di Peter Pan? È la persona più bugiarda che io abbia mai incontrato! Come puoi vendicarti per sentito dire? 
 
Elise la fissava torva.  
Tu non hai mai voluto vendicare la morte di qualcuno che amavi?  
 
Emma si eresse in tutta la sua altezza, lo sguardo fiero.  
Tutti commettono degli errori, ma la vendetta è l'errore più grande di tutti. La vendetta oscura il cuore e rende impossibile vivere, perché è un'ossessione. Non fare una sciocchezza del genere. Fermati adesso!  
 
Elise non si scompose.  
Ho perso un fratello per colpa di Capitan Uncino.  
 
Emma la interruppe.  
No! Ti è stato detto che è andata così, non sai se è vero. Potresti fare del male a un innocente! Come lo erano i tuoi fratelli!  
 
Elise sorrise, un sorriso contorto, folle.  
I miei fratelli non hanno ucciso nessuno.  
 
Emma sospirò.  
Ma tuo padre credeva che saresti morta, poi li ha maledetti e se ne è pentito, ma solo dopo aver commesso un grande, grandissimo errore. Non fare la stessa cosa.  
 
Elise non perse la sua maschera e sfidò la Salvatrice.  
Se pensi di trovarlo, io non te lo impedirò, ma sono sicura che non ce la farai.  
 
Emma annuì.  
Non mi conosci abbastanza bene.  
E uscì a passo deciso dalla biblioteca degli orrori, varcando in fretta la porta per tornare al corridoio dei sogni, dove avrebbe cercato in ogni altra singola porta e avrebbe potuto parlare ad alta voce, anche se da sola.  

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Capitolo 4
*** Questo è ciò che sei ***


Killian vagava per la spiaggia. Sapeva di non essere sull'Isola Che Non C'è, come di essere in un posto in cui mai aveva messo piede. Ricordava ogni spiaggia su cui fosse arrivato, ogni porto in cui aveva attraccato.

A pochi passi dalla riva, sorgeva un bosco di alberi verdi e brillanti.

«Killian!»

Ancora la voce di quella donna, quella Emma... Chi diavolo era?

Provò ad inoltrarsi nella fitta vegetazione, sperando di trovare un indizio o qualunque cosa. La sua voce non uscì neanche mentre cercava di imprecare per un ramo che gli aveva quasi rotto il naso.

Chi era quella fanciulla demoniaca che gli impediva di parlare di tornare dalla sua Em... No, Emma non era sua. Cosa stava dicendo?

Un rametto gli bloccò la mano e la guardò per liberarla. Rimase immobile per diversi secondi, perché quello che vedeva era impossibile. All'anulare aveva una fede nunziale. Quando mai si era sposato? Liberò la mano e se la portò quasi al naso per vedere da vicino. Con fatica la levò e lesse l'incisione all'interno.

Per sempre, con tutto il mio amore. Emma

Era una scritta corsiva e minuscola. Emma era sua moglie? Rimise la fede al dito e cercò di ricordare bene il suo passato. Sì, aveva incontrato una persona che si chiamava Emma, era la figlia di Biancaneve. Aveva risalito con lei una pianta di fagioli. Come una fitta alla testa, lo colpì di nuovo un dialogo dimenticato.

«So che ti senti il peso del mondo sulle spalle, ma ad un certo punto, anche se siamo diversi, dovrai imparare a fidarti di me.»

«Pensi che sia questo il problema? Che non mi fido di te?»

«Non è questo il problema?»

«Ma certo che mi fido di te!»

«E perché continui ad allontanarmi?»

«Perché tutti quelli con cui sono stata sono morti! Neal... Graham... Persino Walsh... Io... Ho sempre perso tutti, non posso perdere anche te.»

«Tesoro, non devi preoccuparti per me. Se c'è una cosa che so fare bene è sopravvivere.»

Uncino si toccò le labbra. Sentiva ancora il calore di quelle di Emma sulle sue. Lui l'aveva amata e l'amava ancora. Non era Milah il suo ultimo amore, era Emma, il suo Vero Amore. Non ricordava altro, ma la sensazione che Emma fosse reale era diventata dirompente. Quella fanciulla lo teneva lontano dalla sua Emma. Col pollice accarezzò la fede, poi la baciò.

Sto tornando amore mio.

Pensò il pirata.

---

Emma aveva visto i sogni di Granny, di Geppetto e di Ella. Tutti belli, nessuno utile. Aprì una nuova porta.

Una Storybrooke fatta di giochi e balocchi era davanti a lei. Tutta la città era un immenso parco divertimenti.

«Emma!»

La Salvatrice aveva sempre amato quella voce.

«August!» lo abbracciò forte.

«Sei nel mio sogno, cosa stai cercando?» le chiese con la gentilezza che lo contraddistingueva sempre.

«Come fai a sapere che siamo in un sogno?»

«Emma... Faccio questo sogno tutte le volte che chiudo gli occhi. Dopo anni e anni sono sicuro che questa non è la vera Storybrooke. Ma se tu sei qui, c'è qualcosa che non va.» la scrutò, come solo lui sapeva fare. Emma arrossì un po', poi gli raccontò tutto.

«Sapevo che Uncino era scomparso,» disse lui alla fine del racconto «ma non avevo idea che lo avresti cercato così. È pericoloso.»

«Il pericolo non mi ha mai spaventata, lo sai.»

«Sì, ma questo è un mondo che non conosci, di cui non sai le regole.» spiegò lui.

Si sedettero sul prato, vicino alla porta da cui Emma era arrivata.

«Hai qualche suggerimento?» domandò lei.

«Questa Elise si sta basando su una menzogna per avere vendetta, ma qui il problema si amplifica. Nei sogni tutte le nostre emozioni sono esasperate, oltre la realtà.» la fissava con ansia.

«Nei vari sogni che ho visitato c'erano sempre le paure del sognatore... Qual è la tua?» gli chiese arrossendo un po'.

«Questo.» August indicò il parco giochi che era la città «Restare incastrato nel Paese dei Balocchi. Per questo sono qui. Lascio che il sogno faccia il suo corso e io sto in disparte. A volte la scelta migliore è non combattere.»

«Devo proseguire.» affermò Emma.

«Certo, perché tu devi combattere.» si accalorò August «Questo è ciò che sei.»

«Una Salvatrice...» disse lei.

«No! Tu sei anche la Salvatrice, ma soprattutto sei Emma, madre di Henry, figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro e moglie del Capitano Killian Jones. Sei una persona buona e bellissima, hai un cuore grande e luminoso, pronto a soccorrere e aiutare chiunque... E sei pronta a combattere per quello in cui credi. Il Vero Amore.» spiegò Pinocchio.

«Sei saggio come il tuo grillo.» gli sorrise arrossendo.

Uno scoppio fragoroso fece esplodere alcuni palazzi.

«Di solito qui scoppiano sono petardi.» disse August alzandosi. Emma lo imitò fissando la coltre di fumo nero che torreggiava sulle fiamme alte, al centro di Storybrooke.

La Salvatrice guardò l'amico, che annuì. Corsero fianco a fianco verso il pericolo. Il calore era prorompente e l'aria irrespirabile. Si coprirono naso e bocca con le braccia. Gli occhi socchiusi per proteggerli dalla polvere bruciata.

Dalla nube nera si distingueva una figura femminile in un lungo abito. Elise.

Muoveva le mani e altri palazzi saltavano in aria.

Un foglio scese lento dal cielo, ondeggiando e posandosi ai piedi di Emma, che lo raccolse con la mano libera.

Vattene dal mondo dei sogni, sennò distruggerò ogni sogno di ogni singolo abitante della tua città.

Pinocchio aveva letto di fianco a lei.

«Andiamocene!» urlò lui cercando di sovrastare il frastuono e tirandola per un braccio.

Emma annuì e corsero verso la porta di legno massello passando l'uscio in un lampo.

---

Killian usava l'uncino per spostare la vegetazione, fitta e umida. Ormai i suoi abiti erano fradici di sudore. Dove diavolo era finito? Più avanzava più si sentiva frustrato. Doveva tornare da Emma, ma come? Avrebbe voluto poter urlare tutta la sua insoddisfazione per quello che gli era capitato. Arrivò in una radura e si sedette per terra, con la schiena posata al tronco di un grande albero. Il petto si alzava e si abbassava in grandi respiri. Gli aromi umidi e balsamici di quella boscaglia lo rendevano più inquieto.

Pensava, pensava a chi diavolo fosse quella Elise. Aveva incontrato molte donne nella sua vita, degne di essere ricordate due e degne di avere delle note positive alcune, ma... Aveva avuto anche momenti negativi con alcune fanciulle... Insomma, il suo passato con Giglio Tigrato era stato burrascoso, Regina non era stata gentile con lui, poi... L'elenco era lungo, doveva pensarci. Avere carta a penna per scrivere l'elenco non sarebbe stato male! L'elenco... Erano cose che faceva Henry... Oh, quanto gli mancava il ragazzino... Non era suo padre, ma gli voleva davvero bene. Era il figlio della donna che amava e dell'amico più importante che avesse mai avuto, Bealfire.

No, doveva capire dove fosse e come tornare dalla sua Emma.

---

Ansimanti, Emma e August fissavano la porta chiusa. Elise era dall'altra parte e aveva minacciato di fare del male a tutti i sogni degli abitanti di Storybrooke.

«Cosa diavolo può fare nei sogni?» chiese Emma piegata con le mani sulle ginocchia, che riprendeva fiato.

«Non so che poteri abbia, ma se la sua minaccia non è a vuoto, può uccidere nei sogni e lasciare in coma chi sta sognando. Per sempre.» spiegò Pinocchio con uno sguardo preoccupato.

«Allora devo svegliarmi e trovare un altro modo.» disse Emma decisa.

«Sì, ma tieni presente che, se lei ti ha detto di stare lontana dai sogni, significa che sei sulla strada giusta.» aggiunse lui.

«Lo so, ma non posso mettere in pericolo tutta la città. C'è sempre un altro modo e lo troverò. Piuttosto, se mi sveglio, tu cosa farai?» chiese.

«Mi sveglierò anche io. Tranquilla Emma. Ci vediamo nel mondo reale.» le sorrise e lentamente iniziò a sbiadire, fino a scomparire del tutto.

Emma fissò il punto in cui fino a poco prima c'erano gli occhi di August, poi fece un lungo respiro.

«Tavola da surf.» era la parola concordata con Regina per risvegliarsi dal sonno incantato. Si guardò le mani e vide che stava impallidendo come l'amico. Si stava svegliando.

 

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Capitolo 5
*** 5. Cosa devo fare? ***


Emma aprì gli occhi. Henry dormiva, seduto sulla sedia, con la testa posata sulle braccia incrociate sul letto. Appena sentì Emma muoversi si svegliò.

«Mamma! L'hai trovato?» chiese subito lui.

«No.» rispose Emma mettendosi seduta «Ho visto i sogni di tante persone, ma non lui. Ho scoperto delle cose, però, che potrebbero aiutarci a capire chi è il cattivo.»

Arrivarono i suoi genitori e Regina. Ascoltarono in religioso silenzio ogni parola, ogni sogno e i dettagli su Elise.

Erano passati solo pochi minuti, quando li raggiunse anche August.

Henry cercò nel libro delle favole, la storia di qualcuna con le caratteristiche di Elise. Regina guardò Emma, seria.

«Come stai tu?»

La bionda fece spallucce.

«In un limbo. Non ho Uncino, ma so che è vivo. Per ora vivo di una speranza alla volta.»

Biancaneve abbracciò la figlia.

«Emma, andrà tutto bene. Lo troveremo.»

---

«Capitano Jones!»

Killian si era alzato e aspettava di vedere la persona che generava quella voce.

Milah.

«Milah? Ma tu sei morta, poi sei caduta nel Fiume delle Anime Perdute. Come...?» la voce, all'improvviso gli era tornata.

Lei sorrise. Era vestita come quando navigava con lui. Era bella ed energica.

«Sono un regalo di Elise. Se tu accetterai di vivere col mio ricordo, nel tuo sogno, lei non farà del male a Emma.» spiegò Milah, con fare placido.

«No, ti ho amata e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore, ma... Sei nel mio passato. Un capitano Jones che non c'è più.» spiegò con voce vellutata, quasi temesse di offendere quel ricordo.

«Quindi faresti morire la tua Emma?» chiese scettica Milah.

«No, nessuno può ucciderla. È una minaccia vana. Io credo in lei, nei suoi poteri e nel suo cuore. Sennò non l'avrei sposata. A cedere a un ricatto le mancherai di rispetto, non avendo un piano B.» aggiunse Killian, il tono un sbruffone di una volta.

Milah si avvicinò a lui.

«Quindi, non vorresti di nuovo i miei abbracci e le mie carezze? Non vorresti raggiungere la pace dei sensi, con i miei baci?» lo aveva detto con voce bassa, sensuale. Una sensualità che non aveva conosciuto prima di accettare di partire col pirata. Killian ricordava quella voce, quando diceva cose sconce al suo orecchio, mentre guardavano l'orizzonte, e più tardi nella sua, nella loro, cabina.

Biondi fili d'oro passarono nella sua mente.

«No, Milah. Emma è il mio Vero Amore, non potrei neanche volerlo. Non ti desidero più e niente può tenere separato il Vero Amore.» dire questa frase gli diede nuova energia. Si voltò e uncinò i rami, per proseguire la sua ricerca di una via di fuga o un indizio qualunque.

Milah sospirò e lo seguì.

---

Emma era entrata da Granny, sua madre le aveva detto che non le avrebbe permesso di cercare nessuno finché non avesse messo qualcosa sullo stomaco. Formaggio alla piastra, anelli di cipolla fritti e tanta, tanta acqua.

Henry era andato a chiamare il nonno paterno, doveva aiutarli a capire quale fosse la favola di Elise. Si sedettero entrambi con Emma pochi minuti dopo.

«Signorina Swan, non sono in grado di fare molto, temo.» esordì un po' triste.

«Forse, sì.» intervenne subito Henry «Hai detto che cerca vendetta per suo fratello, che è stato buttato in mare e annegato. Siamo sicuri che sia lei, perché lo ha detto nei sogni alla mamma. Ha detto anche la sua favola, che è "I sette corvi".» aprì il libro sul tavolo e lo girò in modo che potessero leggere anche gli altri.

«Parla di Uncino?» chiese Emma.

«No,» sospirò Henry «parla solo della sua favola, ma da qui possiamo scoprire chi sono i suoi fratelli restanti.»

«Credo che ci sia più di una pista da seguire.» decretò Gold «Una è questa che ha detto Henry, l'altra è Peter Pan.»

Emma sgranò gli occhi.

«Ma come facciamo a...»

Gold, sorrise appena.

«Tutti i bimbi sperduti sono figli di qualcuno e alcuni dei bimbi sapevano cosa faceva Peter Pan verso i suoi nemici.» poi il suo tono diventò pratico e diligente «Bene. Henry, tu e tua madre seguirete quella pista e cercate i fratelli. Io cercherò i bambini sperduti, partendo dai loro genitori qui a Storybrooke. Ci terremo in contatto se ci sono aggiornamenti.» e uscì dal locale.

Emma ogni tanto lanciava occhiate al bancone. Vedeva sempre lì la fila dei cattivi.

«Mamma? Cos'hai?» chiese il ragazzino.

«Niente.» rispose Emma «È solo che il tuo sogno era ambientato qui e, proprio davanti al bancone, c'erano in fila tutte le tue paure.»

«Paure?» chiese lui aggrottando le sopracciglia.

«Sì. Le avevi personificate nei cattivi che abbiamo affrontato. Stavo solo ripensando a come le hai superate.» gli sorrise.

Andarono dritti in municipio: dai registri cittadini avrebbero potuto esserci i sei fratello ancora in vita, se lo erano.

---

Killian spostò un ramo pieno di grandi foglie verdi, liberandogli la vista, e quello che si trovò davanti gli mozzò il fiato.

Un enorme cratere, grande come cento Jolly Roger si buttava verso il basso, pieno di erba verdissima. Al centro c'era un enorme nido, fatto di tronchi spezzati, rami secchi e foglie di mille colori diversi. Un puntino bianco risaltava al centro esatto del nido.

«Non credo che ti convenga andarci...» sussurrò Milah al suo orecchio.

«Perché no?» chiese spavaldo senza levare gli occhi dal centro del nido.

«Perché quello è un uovo di drago e sarà la tua fine.»

Killian si irrigidì.

«Cosa intendi?» chiese spalancando gli occhi.

«Dico solo quello che già pensi tu. Io sono un sogno, una rappresentazione del tuo inconscio.»

Milah era dritta, rigida come un automa. Killian la guardò e si rese conto che prendere coscienza che non era reale l'aveva resa meno umana.

«Cosa devo fare?» le chiese, sapendo di parlare con sé stesso.

«Devi svegliarti.» rispose lei fredda.

«Come faccio se non mi sto neanche rendendo conto di dormire?» la voce del pirata si era spezzata.

«Trovi la causa del tuo sonno.» disse la donna con lo sguardo distaccato, quasi assente.

«Dove la cerco?» domandò ancora guardandola.

«Chi può aiutarti è la sola persona che salva l'insalvabile.» scandì criptica.

Uncino guardò Milah a bocca aperta per qualche istante, poi sospirò.

«Emma.» 

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Capitolo 6
*** I Corvi ***


Emma sfogliava le pagine dei registri, Henry la aiutava seduto di fronte a lei.

Prendevano appunti su dei fogli di carta e non fiatavano da più di un'ora.

«Mamma...» il ragazzino fissava il foglio che aveva davanti e lo porse ad Emma, che lo guardò avida di notizie utili.

«Corbeau?» chiese vedendo la parola sottolineata tre volte.

«Sì.» confermò Henry «In francese significa "corvo" e sono in sei ad avere quel cognome, tutti maschi.»

«Potrebbero essere loro...» sussurrò Emma.

«Ma sono nel censimento del primo sortilegio, mentre in quello del secondo non ci sono. Che siano rimasti nella Foresta Incantata?» pensò Henry a voce alta.

«Oppure no. Andiamo a verificare.»

Era un balsamo rendersi conto di avere qualcosa da fare, muoversi per fare delle azioni. Salirono in macchina e goderono dell'aria fresca che entrava dai finestrini. Il paesaggio scorreva rapido davanti agli occhi di Henry.

«Mamma, prima parlavi delle mie paure e mi è venuto in mente che non dovrei averle. Ho il cuore del Vero Credente, il Vero Credente non dovrebbe credere e basta?» il volto del ragazzo era cupo, pensieroso.

«No, Henry.» rispose decisa Emma «Credere ti permette di avere uno strumento in più per superarle. Come la nonna con la speranza!» gli sorrise.

Henry annuì, più sereno, e ricambiò il sorriso della mamma.

Partirono subito per andare all'indirizzo dei sei fratelli Corbeau. Al loro arrivo rimasero qualche istante ad ammirare la grande villa color miele. Era lussuosa e di un bianco avorio che rifletteva la luce del sole.

Andarono verso la porta e suonarono il campanello. Nessuno rispose. Emma provò a guardare da una finestra, la casa era in perfetto ordine, ma nessuno era presente. Henry indicò alla madre una porta che sicuramente li avrebbe condotti in cantina. Emma annuì e prese la pistola dalla fondina. La porta era chiusa con un lucchetto, ma niente poteva fermare la sua magia. Pose la mano libera sulla serratura e la chiusura scattò. Aprì velocemente le due ante della porta, quasi orizzontali e fece qualche passo scendendo i gradini. Un rumore metallico veniva dal fondo buio. Avanzò ancora, lentamente.

«Elise?» chiese una voce rauca e sommessa.

«No. Io sono Emma. Tu chi sei?» rispose la Salvatrice, che nel frattempo aveva trovato la cordicella e acceso la luce.

Per terra, nell'angolo c'era un giovane uomo, con lunghi capelli neri e occhi altrettanto scuri, vestito con abiti logori.

«Io sono Dénis.» rispose a sua volta, decisamente spaventato. Emma notò che era legato al pavimento con grandi catene scure.

«Perché sei incatenato, Dénis?» Emma aveva abbassato un poco la pistola.

«Perché... Ho litigato con la mia famiglia.» spiegò fissando il pavimento lercio «Ho cercato di farla ragionare e si è infuriata.»

«Elise?» s'informò lei.

«Sì. Vuole vendicarsi.» gli occhi di Denis si erano fatti grandi e impauriti «Se lo farà il suo cuore diventerà oscuro e il suo potere la mangerà!»

«Non capisco.» Emma sentiva di essere sulla strada giusta, ma aveva bisogno di più informazioni. E più chiare! «Henry! Chiama David, dobbiamo liberare Dénis e voglio farlo con un po' di copertura.» poi si rivolse di nuovo a Dénis «Posso aiutarti, anzi aiutarci a vicenda, ma per farlo devi dirmi tutto quello che sai su tua sorella.»

---

Uncino fissava Milah.

«Cosa farebbe Emma?» gli chiese la donna.

«Lei, analizzerebbe le informazioni e le userebbe per andarsene da qui, ma nessuna delle cose che so può aiutarmi.» rispose il pirata.

«Cosa aiuta Emma, quando è arenata?» chiese ancora lei.

Un altro ricordo permeò nella mente di Uncino.

Lui era con Emma ed Henry, nel mezzo di una strada sperduta, costeggiata da alberi verdi.

«Mamma, tu trovavi le persone anche prima di venire a Storybrooke.» aveva detto il ragazzino.

«Sì, pensa di essere ancora garante per la caparra... O come si dice.» aveva detto Killian.

Emma gli aveva sorriso e...

«Devo ricordare la storia di questa Elise.» prese a camminare avanti e indietro, iniziando a scandire i nomi di tutti i membri del suo equipaggio, poi i nemici e... Coloro che aveva perso nei secoli della sua lunga vita.

---

Dénis si era lasciato liberare senza battere ciglio e lo avevano accompagnato alla stazione dello sceriffo. Gli avevano dato da bere e da mangiare, lo avevano fatto lavare e regalato dei vestiti puliti. Aveva un bell'aspetto, il classico bello e tenebroso. Sorseggiava il suo caffé, toccando di tanto in tanto i capelli raccolti in una coda.

«Va meglio?» chiese Emma sorridendo gli. Sua madre gli aveva insegnato il potere di un sorriso.

«Sì, vi ringrazio. Come posso aiutarvi in cambio?» fece un piccolo inchino col capo.

«Tua sorella ha rapito mio marito, Capitan Uncino. Spiegami come stanno le cose, per favore.» Emma aveva gli occhi spalancati per l'ansia.

«Capisco. Sì, nostro fratello Anthime si imbarcò sulla Jolly Roger poco dopo essere tornato umano. A noi mancava, ma ogni tanto ci faceva recapitare un dono o un segno che era vivo. Le ultime tre volte erano state ravvicinate di pochi giorni. Ci portò tre oggetti e una lettera scritta su una foglia verde, che ci informava che Capitan Uncino lo aveva fatto annegare buttandolo a mare.»

«Chi ve li portò?» chiese Henry.

«L'ombra di Peter Pan. Mi ero chiesto il motivo, dato che Peter Pan e Uncino erano nemici, non aveva senso che l'ombra di Peter Pan aiutasse un membro della Jolly Roger, ma nessuno dei miei fratelli mi diede ascolto.» fissava la tazza.

«Quali oggetti vi aveva portato l'ombra?» chiese Emma.

«Erano dei frammenti di una mappa, che conduceva all'Isola del Drago.»

«Cosa vuole fare tua sorella?» la voce di Emma tremava.

«Riportare in vita Anthime.»

Emma camminava avanti e indietro, senza sosta. Non riusciva a stare ferma. Lei era sempre stata combattiva, ma aveva imparato che, se si trattava di Killian, non era più capace di ragionare. Sua madre aveva provato a farla stare seduta, ma lei si era rialzata all'istante, come se ci fossero degli aculei sulla sedia.

Regina si era precipitata subito da lei, appena Biancaneve l'aveva chiamata e aggiornata. Rifletteva picchiettando le dita sul bancone della cucina di Emma.

«Troveremo un modo.» ripeteva ogni volta che il silenzio si protraeva troppo. Henry aveva il naso ben piazzato nel libro delle favole da un'ora abbondante. Sollevò il capo e chiuse il volume con un tonfo che fece trasalire tutti.

«Adesso basta! Mamma,» si rivolse a Regina «puoi trovare Elise, partendo da suo fratello. Se trovi lei...»

«Non si può, Henry...» gli rispose lei dolcemente «Ci ho provato prima di raggiungervi. La magia del sangue la protegge anziché guidarmi da lei.»

Il ragazzino si era rabbuiato.

La porta della casa si spalancò, Zelina stava entrando con un librone stretto al petto. Il suo completo verde brillava e la sua bocca, coperta di rossetto, era piegata in un'espressione che non lasciava presagire niente di buono.

«In questo libro c'è un incantesimo che ha diversi elementi che combacerebbero con i sogni di Emma e il racconto di Dénis, ma non piacerà a nessuno.» posò il volume sul bancone della cucina con aria disgustata, poi mosse una mano in un gesto secco facendo muovere le pagine. Quando si furono fermate, Regina le lesse con gli occhi sbarrati.

«In sostanza,» spiegò Regina «Elise vuole uccidere Killian non solo per vendetta. Il suo sangue è l'elemento chiave. Serve il sangue dell'assassino, versato completamente su un uovo di drago.»

«Ma se non è lui l'assassino...» sussurrò Emma

«Uncino morirà ed Elise non avrà comunque suo fratello.» concluse Zelina.

«Morirebbe per niente...» Emma si sedette, come svuotata.

«Dobbiamo tornare nella villa dei Corbeau. Lì, potrebbe esserci la mappa per arrivare all'isola dei Draghi. Lui sarà lì.» 

 

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