Lazuli in Wonderland

di Teo5Astor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nella tana della coniglietta ***
Capitolo 2: *** Drink me / Eat me ***
Capitolo 3: *** Il laghetto sotterraneo ***
Capitolo 4: *** Un balletto asciugante ***
Capitolo 5: *** L'equivoco del pranzo ***
Capitolo 6: *** Oscuri presagi ***
Capitolo 7: *** L'Essere Piuccheperfetto ***
Capitolo 8: *** A tu per tu con la paura ***
Capitolo 9: *** Lapis e C17 ***
Capitolo 10: *** Il bambino misterioso ***
Capitolo 11: *** Lo Stregatto ***
Capitolo 12: *** Un tè da matti ***
Capitolo 13: *** L'ora del tè e l'ora di te ***
Capitolo 14: *** Il risveglio del Ghiro ***
Capitolo 15: *** Il buon non compleanno ***
Capitolo 16: *** Il pozzo di melassa ***
Capitolo 17: *** Se il mondo finisse domani ***
Capitolo 18: *** Matto come un Cappellaio ***
Capitolo 19: *** Amarsi sotto una pioggia di stelle ***
Capitolo 20: *** Le rose e le spine ***
Capitolo 21: *** 21 Il giardino della Regina ***
Capitolo 22: *** La mossa di Lapis ***
Capitolo 23: *** L'Essere Perfetto ***
Capitolo 24: *** La Finta Tartaruga ***
Capitolo 25: *** La Regina di Cuori ***
Capitolo 26: *** La Quadriglia delle Aragoste ***
Capitolo 27: *** L'Onda Energetica ***
Capitolo 28: *** Il Cell Game ***



Capitolo 1
*** Nella tana della coniglietta ***


Lazuli-Alice-Rad

 
 
1 - Nella tana della coniglietta
 
 
"Lazuli! Lazuli! Mi sta bene allora?! Eh, mi sta bene?! Non riesco a crederci che Goku mi abbia fatto davvero la proposta!"
Lazuli alzò un sopracciglio, mentre guardava l'anello di fidanzamento che Chichi le stava mostrando per l'ennesima volta in quel pomeriggio di shopping in cui si era pentita di averla accompagnata.
Voleva bene a Chichi, era una delle poche persone che poteva considerare amiche, ma, quando ci si metteva, sapeva essere piuttosto pesante. E assillante.
"Ti sta benissimo. Sono felice per voi" accennò un sorriso, evitando di dirle che aveva fuori dagli occhi quell'anello che in realtà aveva scelto lei stessa la settimana prima in collegamento telefonico con quell'incapace di Goku, che non era in grado nemmeno di scaldarsi il latte al mattino senza bruciarlo, figuriamoci scegliere un anello adatto a una proposta di matrimonio.
Anche se, più che Goku, era stato in realtà Radish a tempestarla di chiamate e messaggi per tutto il pomeriggio. Si era offerto, da bravo fratello maggiore, di accompagnarlo e aiutarlo nella scelta, ma, com'era prevedibile, benché fosse decisamente più intelligente di lui, era andato nel panico e così l'aveva tartassata fino allo sfinimento finché lei non aveva decretato quale fosse quello più adatto a Chichi.
Non avrebbe mai permesso a nessuno se non a Radish di importunarla così a lungo per una cosa che in fondo non doveva neanche essere un problema suo. E si chiedeva il perché di questo, mentre si sistemava una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio con la voce argentina di Chichi che continuava a parlare a mitraglietta come sfondo delle sue riflessioni.
"... e poi mi piacerebbe chiamare Gohan il nostro primo figlio!"
Lazuli rischiò di ingozzarsi quando captò le ultime parole della sua amica.
"Sei incinta?!" le chiese, dimostrando una partecipazione che di solito non le apparteneva.
"Ma no! Intendevo che ci piacerebbe chiamare così il nostro bambino quando ne avremo uno!" spiegò Chichi con aria sognante. "Io vorrei che diventasse uno studioso, anche se so già che Goku vorrà insegnargli a tutti i costi a combattere!"
"Forse stai correndo un po' troppo... ci penserai quando sarà il momento" propose Lazuli, riprendendo a gustarsi il suo gelato al fiordilatte.
"Hai ragione, sei sempre saggia e razionale tu, per questo mi piaci così tanto" le sorrise Chichi, mettendola a disagio con quei complimenti.
Sapeva di essere razionale, e anche di avere una mente matematica, altrimenti non sarebbe mai riuscita a laurearsi in ingegneria tre anni prima. Però non si reputava affatto saggia. Probabilmente, se lo fosse stata davvero, sarebbe stata anche felice di quella che era la sua vita. Ma le mancava qualcosa, o meglio qualcuno che riuscisse a vedere le cose da un punto di vista diverso dal suo. Che sapesse spingersi un passo più in là. Che avesse quella fantasia, quella leggerezza che lei non riusciva ad avere. E una buona dose di sana follia, un qualcosa che dentro di sé bramava per sentirsi libera.
"Sai, il nome per ora è un segreto, l'ho detto solo a te e a Radish!" continuò Chichi, e sentire quel nome fu per Lazuli qualcosa a metà tra una coltellata e una piacevole sensazione che le faceva battere il cuore più forte.
Già, che cos'erano lei e Radish?
In molti pensavano che stessero insieme, ma in realtà tra loro non c'era mai stato nulla al di là di una forte amicizia che durava dalla prima liceo, quando si erano ritrovati in classe insieme e lui aveva legato subito con suo fratello gemello Lapis, oltre che con Vegeta, uno che invece lei sopportava appena e che le toccava ancora dover frequentare anche ora che aveva ventisette anni.
Sì, perché i rapporti umani non erano esattamente il suo forte, e, in più, col passare del tempo, la sua fiducia nel genere umano era andata via via scemando, si era squagliata un po' come stava succedendo al cono gelato che si stava sciogliendo sulla mano di Chichi, visto che non faceva altro che parlare.
"Ti conviene mangiarlo..." buttò lì Lazuli, indicando all'amica il suo gelato alla fragola e distogliendo lo sguardo da lei, accavallando poi le gambe e sistemandosi meglio sulla panchina del parco sulla quale si erano sedute dopo la loro sessione di shopping in quel rovente pomeriggio di inizio luglio.
Si sentì addosso gli sguardi di un paio di ragazzi che la stavano fissando con insistenza, complice un fisico che rasentava la perfezione fasciato in una semplice canotta aderente bianca e in un paio di shorts di jeans, e forse grazie anche a quell'aria annoiata che la rendeva inconsapevolmente più sensuale. Si limitò a fare quello che faceva sempre in questi casi, cioè regalargli un'occhiata omicida e fargli capire attraverso i suoi gelidi occhi di ghiaccio l'aria che tirava, mettendoli in fuga.
"È pieno di maniaci, mi verrebbe voglia di prenderli a botte!" le diede manforte Chichi, ringhiando a voce alta apposta per farsi sentire da quei due ragazzi e frantumandosi nella mano ciò che restava del suo cono per la rabbia che stava provando.
Li guardò male mentre aumentavano il passo con la coda tra le gambe e sparivano dalla loro vista, mentre Lazuli soffocava a stento una risata e le passava un fazzoletto.
"So difendermi da sola, ci sono abituata" le sorrise.
"Tu forse non te ne rendi conto, ma sei davvero bella..." le sorrise a sua volta Chichi, facendo ondeggiare la sua coda di cavallo nera. "Potresti avere ai tuoi piedi chiunque, se solo lo volessi".
"Beh, a me non interessa nessuno" tagliò corto Lazuli, delusa da qualche esperienza andata male di troppo che l'aveva indurita ancora di più nel carattere.
Non era mai stata estroversa e nemmeno più di tanto gentile, almeno a prima vista. Solo in pochi potevano dire di conoscerla sul serio. E di capirla davvero.
Anzi, sentiva che nessuno era mai stato in grado di capirla fino in fondo. Forse solo una persona ci era riuscita, o avrebbe potuto riuscirci. O semplicemente era lei ad essere un'illusa.
Non era affatto brava a capire i propri sentimenti, figurarsi quelli degli altri.
Ai tempi della scuola la gente la chiamava "Regina di Ghiaccio" perché la reputava fredda e altezzosa. Quasi tutti la consideravano una stronza, una che pensava di "avercela d'oro". Si era attirata addosso l'invidia e l'acidità di molte ragazze per la sua bellezza, nonostante non le piacesse ostentarla. E anche la rabbia e la frustrazione di tutti quei ragazzi che aveva respinto e che la bramavano come fosse un trofeo da sfoggiare. Le cose non erano cambiate più di tanto all'università e poi al lavoro, anzi, se possibile erano peggiorate perché si era ritrovata sola, aveva perso i suoi pochi amici e riferimenti che aveva avuto alle superiori. A partire da Radish, che, con un modo di fare tutto suo, si era sempre posto come uno sorta di schermo tra lei e il mondo che la circondava. Ogni volta che si sentiva persa, lui sbucava fuori dal nulla e le tendeva una mano. Ogni volta che si sentiva triste lui se ne usciva con una delle sue idiozie e la faceva ridere. Ogni volta che qualcuno parlava male di lei, lui trovava il modo di farle da scudo e rispondere per le rime. Ogni volta che si sentiva sola, lui c'era.
"Sai, quando ci siamo conosciute ai tempi del liceo, un po' ero gelosa di te..." ridacchiò Chichi. "Perché Goku ti conosceva già e... beh, pensavo di non poter competere con te...".
"Conoscevo già Goku solo perché ero in classe con Radish. E comunque lui ha sempre e solo avuto occhi per te, te lo posso assicurare. Anche perché non è capace di mentire e quindi te ne saresti accorta da sola" spiegò Lazuli, omettendo di dirle che non avrebbe mai fatto strani pensieri su quel ragazzo gioviale con quegli strani capelli neri a forma di palma neanche se fosse stato l'ultimo uomo sulla Terra. Per non parlare del fatto che le sembrava talmente stupido che si era domandata più volte se Chichi avesse dovuto insegnargli anche dove infilarlo durante la loro prima volta.
"Poi tu eri già in terza quando io ero in prima, mi sembravi inarrivabile..." sospirò Chichi, memore del loro primo incontro da liceali. "Anche Bulma mi sembrava incredibile rispetto a me e si vedeva che era in confidenza con Goku, ma mi aveva spiegato subito che le piaceva quello zuccone di Vegeta!" aggiunse ridacchiando.
"Peccato che non sia potuta venire anche lei oggi! Aveva una conferenza alle Capsule Corporation..." continuò Chichi, pensando alla loro amica dai capelli turchini, una geniale scienziata che lavorava nell'azienda di famiglia, la Capsule Corporation.
"Già, peccato..." si limitò a dire Lazuli.
Quei ricordi di tutti loro ai tempi del liceo le provocavano sentimenti contrastanti. Un misto di nostalgia e di ricordi di momenti divertenti, ma anche la sensazione che forse aveva sprecato tanto tempo, ma non sapeva neanche bene perché.
Era forse invidiosa di Chichi e Goku che si erano messi insieme praticamente subito e lo erano ancora? O forse di Bulma che, seppur dovendo aspettare il primo anno di università, era riuscita finalmente a far capire a Vegeta quello che provava per lui? Quel testone arrogante dai capelli neri a forma di fiamma aveva dovuto rischiare di perderla per rendersi conto di quanto tenesse a lei. Però, alla fine ci era arrivato.
"Chissà se Vegeta è andato davvero a sentire la sua conferenza come le aveva promesso!" proseguì Chichi. "Quello pensa solo ad allenarsi, purtroppo è fatto della stessa pasta di Goku, anche se dice di non sopportarlo!"
"Però stanno facendo entrambi una buona carriera nella boxe, un giorno potrebbero anche farcela a diventare dei campioni..." commentò Lazuli.
"Dovrebbero prendere esempio da tuo fratello e da Radish, loro giocano e calcio ma non sono dei fanatici... e hanno anche un lavoro" sospirò Chichi, e Lazuli comprese le sue preoccupazioni e provò a porvi rimedio.
"Per Goku la boxe è un lavoro a tutti gli effetti, non solo la sua passione... sono sicura che guadagnerà abbastanza soldi per quella che sarà la vostra famiglia" si sforzò di sorriderle.
Non era molto brava a rincuorare gli altri, ma ce la metteva tutta con le poche persone a cui teneva.
Gli occhi di Chichi si illuminarono, prima di diventare lucidi.
"Sei così dolce, Lazuli!" esclamò, abbracciandola e cogliendola alla sprovvista.
La bionda si irrigidì e rimase immobile, arrossendo.
"N-no... io..." farfugliò, a disagio.
"Non sei fredda come vuoi apparire! E neanche la famosa Regina di Ghiaccio di cui parlavano tutti! Sei una ragazza davvero sensibile, lo sai? Lo dice sempre anche Radish!" la interruppe Chichi.
"Radish?" ripeté Lazuli, stupita.
Lui la reputava sensibile? Allora forse non si era illusa che qualcuno potesse capirla per quello che era... e che quel qualcuno fosse proprio lui.
"Sì, Rad" le sorrise Chichi con aria furba, cercando di scrutare una qualunque reazione nei suoi impenetrabili occhi di ghiaccio.
Lazuli distolse con stizza lo sguardo e fissò un punto indistinto davanti a sé, senza rendersi conto che stava stringendo i pugni. Faticava ad ammettere a sé stessa che le dava tremendamente fastidio quando una ragazza si rivolgeva a Radish chiamandolo con quel diminutivo, 'Rad'. E succedeva anche quando lo chiamavano così Chichi, Bulma e persino Lunch, la ragazza di suo fratello e collega di Radish nel suo lavoro di cameriere al "Wonderland", un bar vicino alla Capsule Corporation gestito da Muten, un vecchio mezzo pervertito che era stato anche il primo maestro di boxe di Goku. Per non parlare di quando erano altre ragazze che non conosceva e che ronzavano intorno a Radish a chiamarlo così o a fare le gatte morte con lui. Ultimamente c'era una certa Marion che continuava a stare addosso al suo amico e che era onnipresente al bar come cliente. Odiava quando Radish dava corda a quella mezza sciacquetta volgare e irritante, al suo fare lascivo e ai suoi vestitini striminziti che non sapeva portare con un briciolo di classe.
Era consapevole che molte ragazze gravitavano intorno a Radish, forse attratte dal suo fisico statuario, dalla sua altezza, dai suoi lunghi capelli neri legati in una coda e da quel fascino misto a simpatia che sapeva sprigionare ogni volta davanti a chiunque. Era un ragazzo affascinante e ricco di carisma. Una laurea triennale in Psicologia e una magistrale in Lettere, perché, se voleva, sapeva anche dimostrarsi intelligente. Ma non aveva le idee chiare su nulla, e così andava avanti col suo lavoro da cameriere come quando studiava. Diceva di avere un sogno, ma nessuno sapeva quale fosse. Anzi, una volta, a Lazuli, aveva specificato che i suoi sogni in realtà erano due, ma che non era pronto per confessargli quali fossero. Le era sembrato malinconico quel giorno. Erano soli, stavano guardando un film in tv, e a lei era venuto spontaneo intrecciare le dita intorno a quelle di lui.
"Ce la farai, un giorno" gli aveva detto, e lui le aveva sorriso, grato.
A lei batteva forte il cuore, si sentiva strana. E non riuscì a dire nient'altro. Persino uno come lui, che non taceva mai un secondo di solito, sembrava aver perso le parole.  Guardarono tutto il film in silenzio, mano nella mano, e Lazuli non si era mai sentita meglio. Fu il ritorno a casa di Goku a dividerli istintivamente, e non parlarono mai più di quello che era successo quel giorno.
Le era sempre piaciuto, Radish, fin dalla prima volta che l'aveva visto. Ma non aveva mai capito cosa provasse lui per lei. Si erano sempre sfiorati, ma non si erano mai incontrati sul serio. Erano un po' come un cielo terso privo di nuvole e un prato pieno di fiori, così vicini da sfiorarsi, ma incapaci di toccarsi. Passavano molto tempo insieme, stavano bene tra loro, ma era come se mancasse sempre qualcosa ad entrambi. Erano l'acqua del mare e quella sabbia sulla spiaggia che non viene bagnata neanche quando c'è l'alta marea.
Erano sempre stati tanto vicini, ma allo stesso tempo troppo lontani.
Si erano persi senza essersi mai trovati.
E Lazuli non sapeva nemmeno quello che provava per lui. Si sentiva male se lo immaginava con altre, provava gelosia se lo vedeva dar retta a ragazze che non fossero lei. E invidiava le sue amiche, anche se non glielo aveva mai detto. Chichi aveva libero accesso alla casa dei fratelli Son per via di Goku, spesso dormiva lì e forse era solo merito suo se quella casa aveva una parvenza decente. Ma non sopportava che dormisse sotto lo stesso tetto di Radish, a pochi metri da lui, e che lo conoscesse in aspetti della sua vita che a lei erano invece negati. Lunch lavorava con lui, e forse quel demente di suo fratello Lapis aveva fatto l'unica cosa buona della sua vita nel mettersi insieme a lei. L'aveva conosciuta dopo una delle partite della squadra di calcio dove giocava con Radish, e, in qualche modo, tra lui, così sbruffone e strafottente, e lei, così timida e dolce, era scattata subito la scintilla. Lapis faceva il ranger in un parco naturale appena fuori città, e quindi non avrebbe mai frequentato quel locale casualmente se non fosse stato per Radish, a differenza di Bulma, che invece ci andava spesso perché era proprio vicino alla sua casa e anche luogo di lavoro.
Lazuli invece faceva l'impiegata dall'altra parte della città in un'azienda automobilistica, un posto di lavoro che aveva imparato ad odiare e che manteneva solo perché la pagavano bene. Non sopportava il suo capo e la quasi totalità dei suoi colleghi, per non parlare delle colleghe, dalle quali si teneva volentieri alla larga.
A volte si sentiva tagliata fuori da tutto e percepiva Radish ancora più lontano. Persino Chichi lavorava come segretaria nell'azienda dei genitori di Bulma, all'interno della quale si trovava anche la palestra dove si allenavano Goku e Vegeta.
In più, ogni volta che le capitava di andare al "Wonderland", non poteva fare a meno di arrabbiarsi per la presenza di Marion e di altre oche che ronzavano intorno a Radish. Ultimamente si domandava spesso se il suo amico si fosse già portato a letto quella sgualdrina dai capelli azzurri e dal cervello microscopico. Una notte, per la rabbia, era arrivata addirittura a dare un pugno al muro così forte da farsi sanguinare le nocche.
Non si riconosceva più... amava Radish e allo stesso tempo lo odiava, perché non lo capiva. Era sempre carino con lei, era il suo punto di riferimento, la sua roccia. Perché allora con lei non si comportava come con le altre? Perché non le chiedeva di uscire? Perché non la prendeva e non la baciava? E perché, soprattutto, lei non era capace di fare lo stesso con lui? Perché non riusciva a dirgli quello che provava da una vita? Perché si sentiva stupida e anche debole quando pensava a lui? Odiava sentirsi così...
"Già... Rad..." sussurrò Lazuli, portando istintivamente la mano alla collanina d'argento che portava al collo.
Quella collana aveva due pendenti: uno rappresentava una piccola bottiglia azzurra col tappo di sughero e un'etichetta bianca con scritto sopra "Drink me", mentre l'altro era un biscotto a forma di stella, sul quale, con la glassa rosa, c'era scritto "Eat me".
Radish gliel'aveva regalata insieme a degli orecchini uguali ai pendenti quattro mesi prima, quando lei aveva compiuto gli anni. E per lei era stato il regalo più prezioso.
Si sistemò di nuovo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e questa volta cercò il contatto con uno dei suoi orecchini.
"Tu e Radish dovreste mettervi insieme!" esclamò a bruciapelo Chichi, facendola arrossire istantaneamente.
"L-lo dici solo... solo perché ormai nella nostra compagnia siamo tre coppie, più io e lui..." sbuffò Lazuli, cercando di darsi il suo consueto tono.
"Lo dico perché siete bellissimi insieme, e lo penso da quando vi conosco... cioè, io all'inizio ero convinta che voi foste una coppia!" sorrise ancora Chichi, incalzante. "E guarda che anche Bulma e Lunch la pensano come me, e persino quei tre cretini dei nostri ragazzi!"
"È... complicato..." si limitò a commentare Lazuli, giocherellando nervosamente con le mani e sforzandosi di guardare altrove e di cercare qualcosa che le permettesse di cambiare argomento o di andarsene da lì.
Odiava parlare di sé stessa e dei suoi sentimenti.
"Ma ci pensi, Lazuli?! Io e te diventeremmo parenti se tu e Radish un giorno vi sposerete!" proclamò Chichi, carica di entusiasmo, facendola arrossire di nuovo.
Come sempre correva troppo con la fantasia, e così Lazuli si voltò a sinistra, alla ricerca disperata di qualcosa che le permettesse di tirarsi fuori da quella situazione.
Tuttavia, quello che vide, la lasciò talmente di stucco che dovette sgranare gli occhi per essere sicura di aver visto bene.
"Ma... quella è Bulma?!" domandò, indicando a Chichi una ragazza dai lunghi capelli turchini che correva nel prato verso il laghetto artificiale che si trovava al di là di un gruppo di alberi a una trentina di metri da loro.
"Dove?! Bulma?!" chiese a sua volta la mora. "Non la vedo...".
"È lì, guardala! È lei!" alzò il tono della voce Lazuli, che non aveva più dubbi. "Perché è conciata così?!"
Bulma indossava un body bianco con tanto di pom pom all'altezza del sedere, delle calze a rete bianche, scarpe col tacco bianche e un cerchietto anch'esso bianco dal quale spuntavano due lunghe orecchie da coniglia.
"Io non la vedo... sei sicura di stare bene?" domandò Chichi, preoccupata.
"Perché corre verso il lago vestita da coniglietta?! E perché nessuno sembra notarla?!" chiese a sua volta allarmata Lazuli, alzandosi in piedi, notando che anche la gente intorno a loro non si era resa conto di quella presenza così insolita. "Aspettami qui, vado da lei!" aggiunse, cominciando a correre verso il laghetto.
"Ehi, aspetta! Sono piena di borse!" provò a lamentarsi Chichi, circondata dai frutti del loro shopping, senza che l'amica le desse ascolto.
Lazuli, che indossava delle sneakers basse bianche e che si teneva sempre in allenamento, in pochi secondi riuscì ad avvicinarsi a Bulma abbastanza da notare che in una mano stringeva un orologio a cipolla dorato, e nell'altra uno strano aggeggio metallico rotondo sul quale c'era un display che lampeggiava e indicava qualcosa. Sembrava un radar, o qualcosa di simile.
"Bulma!" la chiamò Lazuli.
La sua amica si voltò e sgranò i suoi grandi occhi azzurri, come se non l'avesse riconosciuta.
"È tardi, è tardi ormai, siamo tutti in mezzo ai guai!" gridò, senza smettere di correre verso il laghetto.
"Eh?!" sbottò Lazuli, interdetta.
"Devo trovare le Sfere del Drago prima che sia troppo tardi! Tutte e sette!" urlò in tutta risposta Bulma. "Dobbiamo salvare il nostro mondo, presto!"
"Ma cosa stai dicendo?!" le gridò a sua volta Lazuli, che cominciava a irritarsi.
"Il nostro mondo è in pericolo! E abbiamo bisogno di te!" rispose, fermandosi all'improvviso davanti a una buca apparsa improvvisamente a pochi metri di distanza dalla riva del laghetto e guardandola dritta negli occhi.
"Di me?!" chiese Lazuli, stupita.
"Sì, di te, Lazuli Eighteen" scandì Bulma, decisa. "L'ha detto Rad" aggiunse, prima di gettarsi nella buca e sparire dalla sua vista.
"Bulma!" urlò Lazuli, raggiungendo il bordo di quello che sembrava essere a tutti gli effetti un precipizio oscuro di cui non si vedeva la fine.
"L'ha detto Rad..." ripeté tra sé.
Diede un'ultima occhiata a quella specie di tunnel e fece un respiro profondo.
Non sapeva perché, ma sentiva che doveva andare.
Respirò ancora una volta profondamente, come se stesse cercando la concentrazione.
Dopodiché, chiuse gli occhi e si tuffò nel vuoto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: benvenuti in questa nuova avventura e grazie per aver avuto fiducia in questo primo capitolo, spero che l'introduzione vi sia piaciuta e che da settimana prossima vorrete continuare a seguire Lazuli nel suo viaggio verso il Paese della Meraviglie e dentro sé stessa.
I personaggi principali della storia sono stati citati, ma vi avviso subito che ce ne saranno anche molti altri, a partire dall'odiato "capo" di Lazuli di cui per ora non abbiamo indizi. Avete idee sulla sua identità?
 
Chi mi segue da un po' saprà che questo è il mio terzo remake di una fiaba classica, dopo "Beauty and the Beast" e "Le Sette (sfere) e una notte", dove mi ero basato principalmente sui Classici Disney de La Bella e la Bestia e di Aladdin, attingendo anche ai film live action, oltre che in gran parte alla mia fantasia. Stavolta, però, ho deciso di puntare tutto sul libro di Lewis Carrol e sulla mia immaginazione per creare questa rivisitazione di Alice nel Paese delle Meraviglie targata C18. Non aspettatevi molti riferimenti al cartone Disney o al film live action stavolta, ho deciso di usare un approccio diverso e spero vi piacerà, verranno citati anche i capitoli meno conosciuti del libro. Ho voluto tuttavia far sì che Bulma, la Bianconiglia, usasse in questa introduzione una delle battute più celebri del Bianconiglio Disney.
Ve la aspettavate Bulma in questo ruolo? So che chi ha letto "Remember me" ormai si era abituato a Lazuli vestita da coniglietta, ma stavolta ho voluto omaggiare uno dei look più iconici di Bulma della parte iniziale di Dragon Ball.
 
Passando alla protagonista, ho scelto Lazuli come Alice e non ho mai avuto dubbi a riguardo, nonostante abbiano personalità molto diverse. Cioè, questa storia poteva esistere solo se fosse stata Lazuli la protagonista, non so come spiegarlo. Alice è una bambina curiosa e allo stesso tempo piena di dubbi, si scoraggia, piange, fa gaffes una dopo l'altra, ma continua ad andare avanti e non demorde fino alla fine del suo viaggio, è determinata e si fa forza. Lazuli Eighteen ha 27 anni in questa storia, non 7 come Alice Liddel, e ha una personalità più forte, un carattere schivo, ma anche una sensibilità nascosta dietro alla corazza con la quale ha imparato a difendersi dal mondo. Anche lei ha i suoi dubbi, le sue paure, le sue speranze, i suoi sogni. Spero di aver creato una Lazuli credibile sia come Alice che come C18, questa era una sfida che mi affascinava e stimolava tantissimo perché amo questi due personaggi. Alice nel libro pensa molto, forse troppo, si pone tante domande, si tira paranoie, ha dubbi su molte cose, e ho cercato di dare questa caratteristica anche alla mia Lazuli.
 
Come avrete capito anche dal bellissimo disegno realizzato da Misatona, che ringrazio tantissimo, Radish avrà un ruolo chiave in questa storia, sebbene ci vorrà tempo per vederlo direttamente in scena. Avrete anche dedotto il suo ruolo, cosa ne pensate?
Per chi non mi conosce e non mi ha mai letto, preciso che in questi anni di EFP ho imparato a utilizzare una mia versione di Radish, detto Rad, un ragazzone esuberante, divertente, spesso eccessivo, ma dal cuore grande, sempre pronto ad aiutare gli altri e con un debole per Lazuli. Se volete conoscerlo meglio non posso che invitarvi a leggere soprattutto "Remember me", che è la storia a cui sono più affezionato e allo stesso tempo grato per tutte le belle sensazioni che mi ha dato e continua a darmi, anche grazie a voi e al vostro continuo sostegno.
La mia versione di Radish è un po' come io me lo immagino se avesse potuto avere una seconda possibilità in Dragon Ball, un po' come ce l'hanno avuta ex "cattivi" come Vegeta, soprattutto, ma anche Junior e i Cyborg, che poi si sono riscattati alla grande.
 
Gli orecchini che indossa Lazuli li ho presi in prestito da una splendida rivisitazione a fumetti scritta e disegnata dalla bravissima fumettista Elena Mirulla, che ringrazio, e dalla quale ho preso in prestito un'altra idea che vedremo in futuro, magari attraverso un suo sketch.
Settimana prossima posterò col capitolo anche un magnifico disegno di Lazuli col look di Alice con questi orecchini e la collana realizzato da Sweetlove, che ringrazio tantissimo!
Se volete mandarmi altre immagini per questa storia fate pure, ne sarei onorato! Di Lazuli o di altri personaggi, vedete voi! Io vi ringrazio in anticipo. 
 
Un grazie gigante a chi mi lascerà il suo parere, per me fondamentale, a chi ha inserito la storia nelle liste e a chi vorrà continuare a seguirmi! Ringrazio anche chi preferisce leggere in silenzio, spero che possa strapparvi qualche risata e qualche emozione questa long, magari anche qualche lacrima, chissà.
 
Ho scritto note lunghissime, quindi non mi resta che darvi appuntamento a mercoledì prossimo col nuovo capitolo dal titolo "Drink me/Eat me". Riuscirà Lazuli a trovare Bulma la Bianconiglia? Cosa sta succedendo? E perché Bulma ha chiamato in causa Radish?
 
Grazie ancora, a mercoledì!
 
Teo
 

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Capitolo 2
*** Drink me / Eat me ***


2 - Drink me / Eat me
 
 
Lazuli si ritrovò a precipitare in un pozzo buio che non sembrava avere fine, col cuore in gola e una morsa allo stomaco che le impediva quasi di respirare.
Atterrò su qualcosa di morbido dopo una caduta che le era parsa interminabile e rimase immobile per qualche istante per riprendere fiato e accertarsi di essere ancora viva. E tutta intera.
Si rese conto di essere finita su una catasta di ramoscelli e foglie secche e, soprattutto, che davanti a sé si apriva uno stretto e basso cunicolo. Laggiù la visibilità era migliore rispetto al pozzo appena attraversato, e così Lazuli poté vedere intorno a sé che quel corridoio era una via obbligata e che quindi Bulma doveva essere per forza andata in quella direzione.
Ma perché la sua amica stava scappando? Cosa ci faceva là sotto? Come mai si era vestita da coniglietta? Cos'era quello strano radar che stringeva tra le mani? E, soprattutto, perché aveva nominato Radish? Che cosa c'entrava lui?
Lazuli non sapeva rispondersi, ma sentiva che non poteva fare a meno di andare avanti. E non solo perché non avrebbe mai potuto tornare in superficie dal tunnel in cui era caduta, ma anche perché sentiva una fortissima curiosità mista ad eccitazione divorarla da dentro. Ed era tanto che non si sentiva così. Anzi, probabilmente non si era mai sentita così.
La sua vita aveva bisogno di una scossa e aveva la sensazione che là sotto, in qualche modo, l'avrebbe trovata.
Sentiva che avrebbe trovato le risposte su sé stessa che da sola non sapeva darsi.
E sapere che là, da qualche parte, doveva esserci anche Radish la rassicurava e allo stesso tempo la motivava a sbrigarsi.
Voleva vederlo.
Ma non sapeva ancora se voleva saltargli addosso perché lo amava da una vita o se voleva picchiarlo perché lo odiava. Perché faceva lo scemo con le altre e perché forse aveva già una storia con quella sgualdrina priva di cervello e di classe di Marion. Perché Bulma l'aveva chiamato "Rad" e perché la sua amica vestita da coniglietta era a conoscenza di qualcosa da cui lei invece era stata esclusa, evidentemente.
Si rese conto che voleva dargli sul serio un paio di ceffoni, le prudevano le mani. Ma anche che, allo stesso tempo, voleva che fosse suo. Suo e basta. E che non poteva più aspettare.
Si sentiva pazza ad avere sentimenti così contrastanti, ma anche libera, per una volta. Lì sotto le regole erano diverse, anche se non sapeva perché.
Il cuore le batteva forte, era questo che contava.
Si alzò, si sistemò una ciocca di capelli che era andata fuori posto dietro l'orecchio e cominciò a correre, finché non vide di nuovo Bulma in lontananza.
"Si sta facendo tardi! Devo trovarle tutte e sette!" gridava, mentre Lazuli, in prossimità di una curva a destra del corridoio, era sempre più vicina a lei.
"Bulma, aspetta!"
Appena svoltò l'angolo, però, non c'era più traccia della sua amica, e Lazuli si ritrovò in una stanza circolare, illuminata da una serie di lampadari che pendevano dal soffitto. La sala era un girotondo di porte, tutte chiuse.
Dopo aver provato ad aprirle tutte quante, invano, la ragazza notò al centro della stanza la presenza di un tavolo di vetro a tre piedi, sopra al quale si trovava una chiave dorata. La afferrò e tentò di aprire le porte una ad una, ma inutilmente, finché non si rese conto di una piccola porticina alta non più di trenta centimetri nascosta dietro una tenda bianca.
Lazuli si inginocchiò e infilò la chiave nella serratura, che subito scattò, consentendole di aprire quel piccolo pertugio. Abbassò la testa per provare a guardare che cosa ci fosse al di là di quel passaggio, rendendosi conto che conduceva a un lungo corridoio poco più ampio della tana di un topo, in fondo al quale scorse però uno spazio aperto illuminato dalla luce del sole.
Una zona desertica, delle rocce e un grande ring bianco ai cui angoli svettavano quattro colonne appuntite.
Non sapeva che cosa fosse quel luogo, ma sentiva che era quella la meta finale del suo viaggio. Nonostante le provocasse una sorta di inquietudine che non era in grado di spiegarsi.
Nonostante sapesse di morte.
 
Lazuli si rialzò e la porticina si richiuse, mentre si domandava se Bulma fosse riuscita in qualche modo a passare da lì o se, più probabilmente, avesse utilizzato una delle altre uscite misteriose. Non poteva certo essersi rimpicciolita, del resto!
Bussò energicamente contro un paio di quelle porte, provando a chiamare la sua amica, ma si rese presto conto che era fatica sprecata. Si voltò di nuovo verso il tavolino al centro della stanza e si accorse che c'era sopra qualcosa che prima non aveva notato.
Una bottiglietta di vetro con un tappo di sughero, identica a quella dell'orecchino e del pendente della collana che le aveva regalato Radish. Anche l'etichetta con la scritta "Drink me" era la stessa.
Appoggiò sul tavolo la chiave dorata e si portò istintivamente le mani al collo e ai lobi delle orecchie. Le mancò un battito, perché non c'era più traccia dei suoi gioielli. Di quel regalo a cui teneva così tanto.
Per la rabbia diede un pugno così forte al tavolo da far comparire qualche crepa nel vetro. Si guardò intorno, per terra, ma non riusciva a scorgere i suoi monili. Li aveva persi durante la caduta? Quando era atterrata su quel cumulo di foglie e rametti?
Si domandò se fosse una buona idea tornare indietro a cercarli, ma razionalmente sapeva che l'oscurità in fondo al pozzo era troppo profonda per avere qualche chance di farcela. E poi, non sapeva spiegarsi perché, si sentiva attratta da quella bottiglia.
Doveva esserci un motivo se era uguale ai suoi pendenti. E se fosse stato un messaggio da parte di Radish?
Normalmente non avrebbe mai bevuto da una bottiglietta trovata per caso in un luogo sconosciuto, per di più con un'etichetta simile. Ma quella volta era tutto diverso, sentiva che doveva farlo.
Tolse il tappo di sughero e cominciò a bere.
Era fresco, dissetante, e sapeva di spremuta d'arancia.
Le venne un flash di qualche giorno prima, quando lei e Radish erano andati a fare colazione insieme in un bar, visto che erano entrambi liberi dal lavoro e si erano dati appuntamento per andare insieme in una libreria. Lei si era presa proprio una spremuta d'arancia e aveva obbligato anche lui a fare lo stesso, dopo avergli dato uno scappellotto sulla nuca dato che aveva inizialmente ordinato un Negroni Sbagliato.
Così, alle nove e trenta del mattino, senza un senso logico. Ma l'aveva fatta ridere, come sempre. E si rese conto che stava sorridendo anche mentre buttava giù alla goccia quella bevanda misteriosa che, in fondo, sapeva di lui.
 
Appoggiò la bottiglietta sul tavolo e subito si rese conto che qualcosa non andava. Il cuore cominciò a batterle più forte, aveva freddo, si sentiva nervosa.
Si guardò intorno, ma, proprio in quel momento, le parve di precipitare verso il pavimento. Una sensazione di risucchio alla pancia e di vuoto simile a quella che aveva provato poco prima lanciandosi nel pozzo, ma acuita da una strana percezione che qualcosa stesse cambiando all'interno del proprio corpo. Poteva sentire distintamente le ossa scricchiolare ed era come se persino i suoi organi interni si stessero muovendo. Chiuse gli occhi finché quella sorta di caduta da fermo terminò e, quando li riaprì, si rese conto che accanto a sé una delle gambe del tavolo era diventata alta come un obelisco che si perdeva nel cielo.
O forse era lei che si era rimpicciolita?
Si guardò le mani, e poi i piedi, e le sembrava ci fosse qualcosa di diverso. Eppure lei era uguale, non si era mossa.
Si voltò dall'altra parte e osservò le varie porte che facevano da contorno a quella stanza, ora colossali rispetto a lei.
Non c'erano altre spiegazioni: era lei ad essere diventata più piccola dopo aver bevuto il contenuto di quella bottiglia!
Lazuli stabilì che doveva essere alta circa venticinque centimetri, ma non aveva paura, al contrario, era contenta perché con le sue attuali dimensioni sarebbe potuta passare dalla piccola porticina che conduceva al misterioso ring immerso nel paesaggio desertico che aveva visto poco prima.
Corse fino a quell'uscita, ma si rese conto con profonda stizza che era chiusa a chiave, e che la chiave era rimasta sopra al tavolo, troppo in alto perché potesse recuperarla.
Ringhiando provò ad arrampicarsi su una delle gambe del tavolo, ma, essendo di vetro, continuava a scivolare verso il basso e a dover ricominciare daccapo.
Dopo alcuni minuti si ritrovò sfinita e si sedette sul pavimento, ansimando. Per la rabbia colpì con un pugno la gamba del tavolo, e si rese conto che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime da quanto era furibonda.
Non sapeva dov'era, perché si trovasse lì e nemmeno come avrebbe fatto ad andarsene. Ed era alta poco più di una spanna.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di scacciare quel principio di panico che la stava per attanagliare. Era una persona di indole rabbiosa, ma aveva imparato col tempo a dominarla e a mascherarla con l'indifferenza. Quando era piccola era diversa, era più istintiva e manesca, e suo fratello ne sapeva qualcosa. Forse era anche per questo che non aveva mai avuto molti amici. Ai maschi faceva paura una bambina più forte di loro, alle femmine invece non andava giù che fosse così bella e allo stesso tempo così maschiaccio in certi comportamenti.
Ma adesso era una ragazza di ventisette anni, aveva imparato a gestire certe situazioni. Anche in apparenza era una ragazza fine ed elegante, dal viso angelico, ma il demone che aveva dentro era sempre lì che aspettava di venire fuori.
"Non serve a nulla agitarsi così. Ti do un minuto per smetterla" disse ad alta voce rivolta a sé stessa, per spronarsi.
Lazuli di solito era brava a darsi dei buoni consigli, per quanto molto raramente li seguisse. E talvolta, per questo, si rimproverava con fin troppa severità.
Pensò a cosa le avrebbe detto Radish se l'avesse vista ridotta così, talmente piccola da poter stare sul palmo della sua mano. Se ne sarebbe uscito di certo con una delle sue battutacce. Forse l'avrebbe fatta arrabbiare, ma di sicuro l'avrebbe fatta ridere. E sentire meglio. Proprio come in quel preciso momento cominciava a sentirsi più tranquilla.
Lazuli aprì gli occhi e subito notò che sotto il tavolo c'era una piccola scatola di vetro con sopra incisa una sigla che subito le apparve familiare: C18. Il numero civico di casa sua e, curiosamente, anche quello dell'abitazione di Radish e Goku, seppure in un'altra via della città in cui si trovavano entrambe. Le tornò alla mente il momento in cui Radish si rese conto di quella coincidenza, del suo entusiasmo, delle sue urla di gioia che avevano attirato l'ira di un vicino di casa di lui. L'aveva praticamente caricata in macchina senza che se ne rendesse conto, diceva che le voleva offrire una pizza perché era un evento da festeggiare. Le venne da ridere al pensiero che anche Goku, noto mangione, si voleva aggregare a loro, ma Radish si era liberato di lui con un paio di pedate nel sedere degne della sua carriera calcistica che portava avanti fin da bambino.
Era il 4 luglio di quattro anni prima e, da allora, Radish ci teneva a festeggiare con lei quella ricorrenza come se fosse un anniversario.
Era il 4 luglio anche quel giorno, e quella sera si sarebbero dovuti vedere tutti quanti a casa di lui e Goku dopo il pomeriggio trascorso con Chichi. Radish le aveva già detto che a un certo punto se ne sarebbero andati via da soli loro due, come le altre volte. E questo l'aveva resa felice, anche se si sentiva stupida. Perché erano capaci di festeggiare una cosa così sciocca e non erano in grado di amarsi?
Lazuli si domandò se avrebbe potuto davvero presentarsi al loro appuntamento quella sera. Ma non aveva tempo per pensarci: era alta venticinque centimetri e una scatoletta misteriosa sembrava essere apparsa dal nulla davanti a lei, perché era certa che prima non ci fosse sotto al tavolo. O stava forse diventando pazza?
Non seppe darsi una risposta, ma era certa che doveva aprire quella scatola di vetro. Al suo interno c'era un biscotto, e anche questa cosa la fece sorridere e le fece battere il cuore allo stesso tempo. Era uguale al suo orecchino e al pendente della collana, proprio come la bottiglietta di prima. La glassa riportava una scritta inequivocabile: "Eat me".
Lazuli non ebbe dubbi, afferrò il biscotto e, un morso dopo l'altro, lo finì. Era buono, sapeva di cioccolato. Aveva lo stesso sapore dei biscotti di una rinomata pasticceria che un giorno le aveva portato Radish. Si ricordò che si era presentato senza preavviso a casa sua, fradicio dalla testa a piedi a causa della pioggia battente che improvvisamente aveva cominciato a cadere, ma tutto soddisfatto per essere riuscito a prendere qualcosa per lei durante l'inaugurazione di quel nuovo locale di cui tutti parlavano. Voleva farle una sorpresa. E ci era riuscito, come sempre.
Anche quel biscotto, in fondo, sapeva di lui.
Sapeva di quello che erano loro due. Di quello che non erano mai stati.
E di quello che sarebbero potuti essere.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: grazie a tutti per essere qui anche in questo secondo capitolo, siete stati strepitosi dopo il primo e mi avete reso felice col vostro entusiasmo!
Lazuli si ritrova sola e rimpicciolita, cosa accadrà adesso che ha mangiato quel biscotto?
Questo capitolo contiene una citazione molto importante e famosa tratta direttamente dal libro di Carrol, vediamo se qualcuno l'ha beccata!
Per il resto Bulma fa perdere le sue tracce, però Lazuli scorge uno strano ring: l'avete riconosciuto? Vi è familiare? Può essere un indizio per dove andrà a parare questa storia?
Inoltre abbiamo scoperto altri dettagli su Radish e Lazuli, spero vi siano piaciuti. Sapete ormai tutti quale ruolo avrà Rad in questa long, quindi, purtroppo, ci vorrà pazienza per vederlo in scena in tutto il suo delirante splendore, spero che questi frammenti di ricordi qua e là vi facciano sentire un po' meno la nostalgia per lui!
Tra l'altro scopriamo che la storia si sta svolgendo il 4 luglio. Ho voluto essere esattamente in linea con questi giorni di pubblicazione, ma ho mantenuto il giorno 4, come in Alice in Wonderland, che però si svolge il 4 maggio, che sarebbe poi il compleanno delle vera Alice Liddel a cui Carrol aveva dedicato questo racconto.
 
Ringrazio tutti voi che avete commentato il precedente capitolo e che commenterete questo, siete la mia forza! Grazie anche a chi ha letto in silenzio e a chi ha inserito la storia nelle liste!
Grazie infinite poi a Sweetlove per la bellissima Lazuli Alice che mi ha disegnato e che vi posto! Settimana prossima invece ne avremo una realizzata dalla gentilissima Taanipu, fatta col doll maker.
 
Bene dai, mercoledì prossimo arriva il primo personaggio al fianco di Lazuli dopo Bulma che abbiamo già conosciuto... chi sarà? Posso dirvi che non è stato nominato nel primo capitolo. Chi conosce il libro saprà che a questo punto della storia arriva il Topo... quindi vi chiedo, chi sarà il Topo? Non vale rispondere Yuki di Fruits Basket ;-)
Ci vediamo settimana prossima, io sono reduce da un bellissimo weekend in cosplay da C17 e mi appresto a viverne un altro ancora più bello nei suoi panni, vi do appuntamento al cap. 3, "Il laghetto sotterraneo".
Lazuli scoppierà in lacrime come Alice?
 
Teo
 
 
 
 

Lazuli-Alice

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Capitolo 3
*** Il laghetto sotterraneo ***


3 - Il laghetto sotterraneo
 
 
Lazuli deglutì l'ultimo boccone del biscotto e rimase in attesa per qualche istante, convinta che qualcosa sarebbe successo per forza. E, infatti, il cuore cominciò a batterle più forte, proprio come quando aveva bevuto poco prima il contenuto della bottiglietta misteriosa. Questa volta, però, le venne così caldo che rimpianse il gelato che stava mangiando poco prima con Chichi in superficie.
Ma non ebbe tempo di soffermarsi troppo su questa sensazione, perché, all'improvviso, si ritrovò sbalzata a tutta velocità verso l'alto.
I suoi piedi le sembravano sempre più lontani, mentre una sensazione di vertigine le stringeva lo stomaco e la dava la percezione di essere come un missile sparato nel cielo. Sollevò istintivamente le mani per proteggersi, arrivando a toccare il soffitto di quel luogo fino a poco prima immenso e che ora le appariva così angusto da toglierle il fiato.
Si rese conto di essere passata nel breve volgere di un battito di ciglia da un'altezza di venticinque centimetri a una di oltre tre metri. Era diventata un gigante, e fortunatamente anche i vestiti erano cresciuti insieme a lei adattandosi alle sue nuove dimensioni. Per un istante sorrise sadicamente all'idea di quante persone che proprio non sopportava avrebbe potuto spaventare e magari anche malmenare grazie alla sua nuova mole, prendendosi tutte quelle rivincite che si era sempre negata.
A volte la spaventavano certi suoi pensieri, altre volte invece ne andava fiera. Nessuno probabilmente sapeva di questo suo lato malvagio e potenzialmente manesco, forse solo Radish era a conoscenza della sua anima nera, del suo lato oscuro. Perché a volte le capitava di colpirlo se lui diceva fesserie o se la metteva in imbarazzo. In quei momenti non capiva se lei provava piacere nel malmenare bonariamente il suo amico o se invece lui fosse talmente masochista e maiale da godere sul serio per gli amorevoli maltrattamenti che lei gli riservava. Non riusciva a decifrare del tutto Radish, le era sempre sfuggito qualcosa di lui.
Le era capitato solo una volta di avere una reazione veramente rabbiosa verso qualcuno, e in quel frangente si era resa conto di saper essere molto forte, se solo lo voleva. Era un fatto successo in prima liceo, e Radish ne era stato l'unico testimone oculare, oltre ovviamente alla vittima in questione. Che se l'era cercata, dopotutto. Lei si era limitata a reagire con un calcio ben assestato a una serie di offese, in più quel giorno si sentiva già di suo stanca e nervosa, anche un po' abbattuta.
Non sapeva neanche spiegarsi perché le era venuta in mente questa cosa proprio in quel momento, un fatto che nessuno conosceva anche a distanza di tanti anni, tra l'altro, a parte lei, la persona che aveva osato offenderla e Radish. Ma le venne da ridere ugualmente, mentre afferrava la chiave dorata dal tavolo e tornava verso la piccola porticina attraverso la quale si poteva accedere alla zona desertica in cui si trovava quel misterioso ring di pietra.
Prese con sé anche la bottiglietta dalla quale aveva bevuto prima, dopodiché si inginocchiò sul pavimento e infilò la chiave nella serratura, facendola scattare. La porta si aprì senza problemi, e questa volta Lazuli dovette appoggiare a terra la guancia per riuscire a sbirciarvi attraverso e assicurarsi che tutto fosse come prima.
Stava vivendo una situazione talmente assurda che non si sarebbe stupita di trovare uno scenario totalmente diverso al di là di quel passaggio, magari un meraviglioso giardino pieno di fiori.
Tuttavia, nulla era cambiato, il ring era sempre al suo posto, così come la sensazione che percepiva dentro di sé Lazuli che dovesse essere proprio quella la tappa finale del suo viaggio.
Sollevò la testa e si portò alla bocca la bottiglia, che ora le appariva molto più piccola di prima essendosi lei ingrandita così tanto. Ma, con profondo disappunto, si rese conto che era vuota.
Come avrebbe fatto a rimpicciolire per passare dalla porta e andarsene da quel luogo in cui si sentiva sempre più in trappola?!
 
Lazuli si alzò in piedi, furente, e si diresse verso la porta più grossa di quella stanza, decisa a buttarla giù a suon di calci e pugni.
"Fatemi uscire!" urlò, cominciando a colpire con insistenza la porta con la mano, sperando che qualcuno dall'altra parte potesse sentirla.
"Bulma! Sei lì?! Aprimi!" sbottò, mentre iniziava a perdere la pazienza.
"C'è nessuno?!" sbraitò, prima di prendere a calci la porta che, purtroppo, sembrava essere troppo pesante e troppo ben ancorata ai cardini per poter cedere.
All'improvviso la ragazza sentì un lieve cigolio e poi dei passi alle sue spalle. Si voltò di scattò e scorse Bulma, bellissima e leggiadra nel suo costume bianco da coniglietta, che si aggirava per la stanza e la guardava con fare polemico.
"Cosa ci fai ancora qui, Lazuli?!" la rimproverò, con le mani strette sui fianchi, prima di indicarle l'orologio. "Non lo vedi quanto è tardi?!"
"Ma... tardi per cosa?!" le domandò lei, perplessa e disorientata. "E... dove siamo?"
Il radar che Bulma stringeva tra le mani emise un segnale sonoro ripetuto e regolare, attirando l'attenzione della sua amica scienziata, che smise di badare a lei e indurì la sua espressione.
"Il radar dice che si trova di là, quindi ce l'hanno già loro, maledizione..." sbottò, sconfortata, gettando a terra per la rabbia un oggetto allungato che Lazuli non riuscì subito a riconoscere. "Ho fatto così tanta fatica per trovarne sei, ma così è tutto inutile!"
"Sei di cosa?" le chiese Lazuli.
Bulma tornò a guardarla e, stavolta, sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Sembrava che si fosse accorta di un dettaglio che prima le era sfuggito.
"M-ma... quanto sei diventata alta?!" urlò, spaventata. "Sei troppo alta! Ed è troppo tardi! Devo andare a cercare aiuto! Lunch! È successa una cosa assurda!" aggiunse, scappando spaventata dalla porta dalla quale era entrata, che si chiuse alle sue spalle facendo ripiombare nel silenzio il vestibolo in cui era intrappolata Lazuli.
Lunch?! Cosa c'entrava?! C'era anche lei oltre quelle porte?
"Lunch!" ringhiò Lazuli, cominciando a battere di nuovo i pugni con tutte le sue forze contro una delle porte. "Apri questa dannata porta!"
Diede anche qualche pedata e persino delle spallate, fermandosi solo quando sentì dei rumori sinistri provenire dal soffitto e notò che a causa degli urti si erano generate delle crepe che non promettevano nulla di buono.
Si sedette a terra sconfortata con la schiena appoggiata contro la parete di pietra e sospirò amaramente.
"Se vado avanti così, va a finire che mi crolla addosso il soffitto... sto diventando una stupida come quella cretina di Marion..." sibilò, stringendo i pugni al pensiero di quella ragazza che non sopportava e che vedeva come una rivale.
E non le serviva essere consapevole di essere superiore a lei in intelligenza, bellezza e classe. Quella ragazza sapeva farla soffrire, ed era tutta colpa di Radish.
Guardandosi intorno, si rese conto che Bulma, fuggendo, aveva perso quello strano radar che stringeva tra le mani, oltre a quell'altro oggetto che aveva gettato a terra. Li raccolse entrambi e vide che il radar segnava la presenza di sei oggetti sferici uno vicino all'altro a ovest, mentre un altro singolo oggetto era isolato a est.
Non seppe spiegarsi il senso di quelle immagini, e si irritò per questo perché non sopportava di non capire qualcosa, la reputava un'offesa alla sua intelligenza. Si concentrò allora sull'altro oggetto e si rese conto che era un semplice ventaglio. Lo aprì, e notò che sopra riportava lo stemma della Capsule Corporation.
Sorrise, perché si ricordò che un paio di mesi prima lei e i suoi amici erano stati invitati a un convegno tenuto da Bulma nella sua azienda dove era stato dato ai partecipanti un ventaglio uguale a quello che ora stringeva tra le mani. Le venne in mente il momento in cui Radish, per fare il buffone come suo solito, l'aveva aperto e si era messo a farsi aria alle ascelle mentre Lapis lo incitava. Era dovuta intervenire lei stessa colpendoli entrambi sulla testa col suo ventaglio, rischiando di tramortirli, per riportare l'ordine. Dopodiché aveva trascinato via Radish per un orecchio, mentre una paonazza Lunch si era occupata di suo fratello.
Ripensando a quei momenti e a quello che stava facendo adesso si sentì però di nuovo stupida, e anche decisamente triste.
Come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione? E perché non riusciva a capire niente di quello che stava accadendo? Troppe cose le sfuggivano, e questo la mandava in bestia. Si sentiva una scema, proprio come reputava fosse Marion.
Già, Marion... magari in quel momento era a letto con Radish, mentre lei era alta tre metri e intrappolata in una stanza sotterranea.
"Oggi sembra tutto più strano... perché le cose non possono essere normali come ieri?" si domandò. "Sono io che sono cambiata nella notte? Ero la stessa quando mi sono alzata questa mattina? Mi sembra quasi di ricordare che mi sentivo leggermente diversa. Ma, se io non sono la stessa, allora chi diamine sono?!"
Lazuli si rialzò, fiera e incantevole come una leonessa ferita ma non sconfitta, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. I suoi occhi di ghiaccio splendevano di rabbia, famelici e irripetibili.
"Beh, di sicuro io non sono un'oca come quella Marion" ringhiò, prima di sferrare un calcio più potente dei precedenti contro la porta, che scricchiolò e sulla quale comparve una grossa crepa.
Dall'alto cadde un pezzo di soffitto, e poi un altro.
Lazuli aveva sempre più caldo in quello spazio così angusto per lei date le sue dimensioni, inoltre dalle macerie si stava alzando non poca polvere. Aprì il ventaglio e cominciò a farsi aria, quando notò che dal soffitto stava cominciando a piovere acqua dentro la stanza in cui si trovava.
E si rese conto che tutto aveva senso, visto che doveva trovarsi sotto al laghetto del parco dove aveva mangiato il gelato con Chichi. Ma non ebbe tempo di cercare di nuovo di abbattere la porta prima che fosse troppo tardi e l'acqua arrivasse a riempire l'intero vestibolo, facendola affogare, perché il cuore cominciò a batterle di nuovo forte e ormai sapeva che cosa significasse.
Si ritrovò di nuovo minuscola, a mollo nell'acqua che continuava a cadere dall'alto, e tra le sue mani si erano rimpiccioliti anche il radar e il ventaglio.
Nuotò velocemente verso la piccola porticina che dava sul ring, ma si rese conto che per qualche assurdo motivo era di nuovo chiusa e la chiave dorata si trovava ancora sul tavolo di vetro.
Eppure l'aveva lasciata aperta! Ne era certa!
Affondò con stizza un pugno nell'acqua, ma non fece nemmeno in tempo ad urlare la sua rabbia, perché all'improvviso vide un oggetto sferico, che arrivava dall'esterno dopo essere passato attraverso una delle crepe sul soffitto, volare a tutta velocità e schiantarsi nel laghetto sotterraneo che si stava formando, prima di riemergere e galleggiare.
Sembrava una palla bianca con una specie di oblò rosso, e la ragazza ebbe l'impressione che si trattasse di una navicella.
Incuriosita, cominciò a nuotare in quella direzione, quando dalla sfera si aprì un portello e una strana figura fece capolino dall'interno, finendo a sua volta in acqua.
"Aaahhh! È ghiacciata!" urlò con voce stridula, cominciando a dimenarsi.
Era uno strano personaggio dalla pelle violacea, che indossava però uno strano costume da topo. Era più grosso di Lazuli, ma non troppo. Anche lui doveva essersi rimpicciolito.
"Pensa a trovare un modo per uscire da qui, invece di frignare!" sbottò la ragazza, severa, attirando la sua attenzione. "O preferisci affogare?!"
"Nooo! Non voglio morire! Sono troppo giovane!" piagnucolò la sottospecie di ratto, incrociando finalmente lo sguardo con quello della sua interlocutrice.
"Lazuli?!" urlò, stupito, sgranando gli occhi. "È sempre bello vederti! La mia, almeno, sarà una morte dolce!"
"Ma... sei Ginew?!" sbottò lei, che, guardandolo meglio, si era resa conto che assomigliava tantissimo al capo officina dell'azienda automobilistica per cui lavorava.  "Perché hai la pelle... viola?! E come mai sei travestito da topo?!"
"Non sono travestito, io sono un topo! Non vedi come sono piccolo?!" allargò le braccia lui, affondando inesorabilmente.
Lazuli lo afferrò per un braccio e lo tirò verso la superficie.
"Coff, coff... mi hai salvato la vita Lazuli, sei sempre un tesoro!" tossì l'uomo topo, mentre la ragazza lo fissava con un'espressione a metà tra lo sconvolta o lo schifata.
"Sei... inquietante" gli disse.
"Però ho una navicella! Sono un genio!" si vantò Ginew, battendosi una mano sul petto e affondando di nuovo.
"Nuota con i piedi, se proprio devi gesticolare!" lo sgridò Lazuli.
"Giusto! I piedi!" si batté la fronte l'uomo topo. "L'ho sempre detto che sei la ragazza più intelligente che conosco! Non solo la più bella!"
"Guarda che con me i complimenti non attaccano..." lo guardò di sbieco Lazuli, e lui sembrò rimanerci male, prima di sciogliersi in una risata.
Ginew e i suoi uomini che lavoravano in officina erano tra le pochissime persone con cui Lazuli poteva dire di trovarsi bene al lavoro, sebbene andasse ben poche volte da loro visto che lavorava negli uffici.
Erano persone semplici, un po' troppo rozze e chiassose per i suoi gusti, ma tutto sommato genuine. La rispettavano, le rendevano i meriti che le spettavano e non la giudicavano. Cosa che praticamente nessun altro faceva in quel posto di lavoro che odiava, a partire dal capo e dal suo vecchio e viscido braccio destro. E poi Ginew e la sua squadra avevano il pregio di saper farla sorridere, sebbene spesso e volentieri la irritassero con i loro schiamazzi e certe uscite fuori luogo nonostante avessero tutti almeno una ventina d'anni abbondanti in più di lei.
"Sei simpatica anche quando ti comporti da Regina delle Nevi" le disse Ginew, e Lazuli inarcò il sopracciglio, infastidita da quel soprannome che la rincorreva da tutta la vita ovunque andasse.
"Comunque, perché sei un topo?! Anzi, un ratto?! Oggi è tutto assurdo!" sbuffò.
"Perché assurdo?! Oggi è tutto così bello, non trovi?! Soprattutto se non affoghiamo qui!" esclamò Ginew. "Per il resto ho imparato una tecnica che si chiama Body Change, solo che devo perfezionarla! Volevo provare a scambiarmi di corpo con un leone, ma qualcosa deve essere andato storto...".
"Già, giusto qualcosina..." lo prese in giro Lazuli.
"Ho provato la tecnica anche sui ragazzi, ma non so dove siano finiti" si domandò l'uomo topo, mentre il livello dell'acqua continuava a salire. "Tu che sei un genio, a cosa pensi?"
"Pensavo che tutta questa acqua non piacerebbe al mio gatto, Beerus" rispose Lazuli, chiedendosi se avrebbe mai rivisto il suo animale domestico, un gattino grigio dal pelo corto e dal carattere piuttosto selvatico che aveva trovato un giorno abbandonato in uno scatolone mentre stava passeggiando con Radish e che aveva deciso di tenere con sé.
"Aaahhh! Un gattooo!" urlò spaventato Ginew. "Mi fanno paura i gatti! Non sei per niente gentile a parlarmi di gatti! Non vedi che sono un topo!?"
"In effetti Beerus è un gatto capriccioso e ha sempre fame, mi chiedo come faccia ad essere così magrolino nonostante quello che mangia... magari, un topo gli farebbe piacere..." accennò un sorriso sadico.
"Smettilaaa!" si lamentò ancora l'uomo ratto, agitandosi in acqua. "Non ti ho chiesto di parlarmi del tuo gatto!"
"Se vuoi posso parlarti del gatto del mio amico Radish, allora. Si chiama Balzar, è bianco, grasso e dormiglione. E sì, anche lui ha sempre fame..." lo provocò Lazuli, che si rese conto che si stava divertendo.
E che l'aveva messa di buon umore stavolta pensare a Radish e al suo gatto. Era grazie a lui e al suo Balzar che aveva imparato ad apprezzare i felini, lei era sempre stata una che adorava solo i cani.
"Basta! Basta gattiii! Bastaaaaa!" gridò Ginew, cominciando ad affondare.
"E va bene... se preferisci, ho anche un cane" sospirò Lazuli, dopo averlo afferrato per un braccio e fatto riemergere per la terza volta. "Ah già, ti ho salvato la vita tre volte oggi. Mi devi almeno un cambio gomme, un cambio olio e le pastiglie dei freni gratis la prossima volta che vi porto la mia macchina" ci tenne a precisare Lazuli, che era molto attaccata ai soldi.
Era quello l'unico motivo che la teneva legata al suo posto di lavoro nonostante la rabbia che covava ogni giorno.
"Non capisco di cosa tu stia parlando..." rispose Ginew. "Pastiglie nell'olio insieme a gomme da masticare?"
"Allora ti parlerò del mio cane, e gli dirò di attaccarti la prossima volta!" ringhiò Lazuli, infastidita. "Si chiama Champa, è un pitbull e ce l'avevo da prima che prendessi con me anche Beerus. Litigano spesso, ma si vogliono anche bene come se fossero fratelli".
"Aaahhh! No, ho paura anche dei caniii! Molti cani vanno a caccia di topiii!" riprese a piagnucolare Ginew. "Mi farai morire prima tu dalla paura per i tuoi animali domestici o creperò prima affogando in questa stanza?!"
"Esiste anche la possibilità che ti strozzi io per non sentire più la tua voce stridula..." sbuffò Lazuli tra il serio e il faceto, guardandolo di sbieco.
Gli diede le spalle e riprese a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga.
Si immerse, e notò che le crepe sulla porta che aveva preso a calci e pugni quando era una gigante si stavano ampliando grazie alla pressione dell'acqua che riempiva la stanza. Una buona notizia, finalmente, anche se occorreva sperare che quella maledetta porta avrebbe ceduto prima che fosse troppo tardi. Non mancava infatti tanto all'acqua che continuava a fluire per riempire l'intero vestibolo fino al soffitto.
La ragazza riemerse per riprendere fiato, e, all'improvviso, quattro tonfi identici a quello che aveva annunciato l'arrivo di Ginew poco prima attirarono la sua attenzione.
Nell'acqua galleggiavano quattro navicelle sferiche bianche con l'oblò rosso.
E Lazuli aveva la sensazione di sapere chi ci fosse al loro interno. 
 
 
 
 
 
 
 
Note: scommetto che nessuno si aspettava Ginew come Topo, mentre immagino che tutti voi sappiate a questo punto chi ci sia dentro le altre quattro navicelle appena arrivate! Ci sono altri quattro animali, e ho cercato di essere fedele anche qui a quelli scelti da Carrol, ho fatto giusto un paio di piccole modifiche.
Spero che vi abbia divertito questo capitolo, abbiamo anche intravisto Bulma e scoperto alcune cose in più su Lazuli e anche su Radish, compresa la presenza dei gatti domestici Beerus e Balzar (vi ricordate Remember me?) e anche Champa, un Pitbull per l'occasione.
Rad anche stavolta non lo vediamo, ma, attraverso i ricordi di Lazuli ci strappa un sorriso. Ammetto che mi manca molto non averlo in scena, ma mi sto godendo l'introspezione di Lazuli Eighteen, i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue paure, le sue speranze, e spero che vi piaccia tutto questo!
Tra l'altro Lazuli non piange come Alice quando diventa una gigante, ma ho trovato questo escamotage per far allagare la stanza, non era un caso che nel capitolo 1 avevo specificato che c'era un laghetto nel parco.
 
Un grazie speciale come sempre a tutto voi che mi sostenete e mi lasciate un commento, un incoraggiamento e mi strappate un sorriso! Grazie a chi legge in silenzio e a chi ha inserito la storia nelle liste! E grazie a Taanipu per la bellissima Lazuli Eighteen creata col doll maker! Ringrazio già anche Evil Daughter, settimana prossima tocca a un suo capolavoro visionario raffigurante Rad e Là insieme!
 
Bene, settimana prossima verrà riadattato il capitolo della cosiddetta corsa elettorale, uno dei meno celebri di tutto il libro. Ci sarà molto disagio e molto trash, spero apprezzerete!
Riusciranno Lazuli e Ginew a uscire da quella stanza sempre più piena d'acqua? Cederà la porta che Lazuli aveva preso a calci prima di tornare di nuovo piccola? Chi c'è nelle quattro navicelle? E perché Bulma ha chiamato in causa Lunch? Chi è Lunch nel Paese delle Meraviglie?
Ci vediamo mercoledì prossimo con "Un balletto asciugante"!
 
Teo
 
 
 
 
 

alice-eighteen

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Capitolo 4
*** Un balletto asciugante ***


4 - Un balletto asciugante
 
 
Un rumore improvviso attirò l'attenzione di Lazuli e Ginew, che smisero di badare alle quattro navicelle appena arrivate per cercare di capire cosa fosse successo.
"La porta ha ceduto!" esclamò la ragazza, una volta tornata a galla dopo essersi immersa per controllare.
La pressione dell'acqua che riempiva sempre di più la stanza alla fine aveva aperto una breccia nella grossa porta su cui Lazuli aveva sfogato la sua rabbia poco prima.
"Siamo salviiiii!" esultò Ginew, prima di venire risucchiato dal vortice che si era creato e che stava trascinando tutto quanto con sé verso il basso, comprese le misteriose navicelle sferiche.
Lazuli inspirò tutta l'aria che i suoi polmoni potevano contenere e si immerse, cominciando a nuotare all'interno del mulinello, velocissima, finché riuscì a infilarsi nelle breccia e si ritrovò catapultata all'esterno. Si formò un getto simile a una cascata che la fece precipitare per alcuni secondi, ma stavolta non ebbe nessuna paura, forse perché l'acqua, in fondo, era il suo elemento. Le era sempre piaciuto nuotare, si allenava spesso e volentieri in piscina e in più amava da sempre il mare. Un luogo in cui riusciva a ritrovare a sé stessa, in cui le piaceva riflettere. E in cui le piaceva andare con Radish.
Già, Radish... la sua mente finiva sempre lì e un po' si odiava per questo. Pensava che con lui sarebbe stato più semplice e allo stesso tempo più divertente provare a dare una spiegazione alle assurdità che le stavano accadendo. Le sarebbe piaciuto vivere insieme a lui quell'avventura folle. E si sarebbe sentita di sicuro più forte a saperlo vicino.
Ma sapeva anche che doveva farcela da sola, che non poteva permettersi di sentirsi debole o di dipendere da qualcuno che forse nemmeno la amava. E che, probabilmente, preferiva passare il suo tempo libero con galline del livello di Marion. Il pensiero di quella ragazza la fece ringhiare, proprio mentre atterrava dolcemente su un cespuglio e rotolava per qualche metro spinta dal getto d'acqua alle sue spalle.
Si mise in ginocchio, tossendo un po' d'acqua, e si rialzò, grondante, muovendo qualche timido passo mentre cercava di orientarsi. Dovette ripararsi per alcuni secondi gli occhi con la mano, perché si era abituata all'oscurità e la luce del sole le sembrava ancora più forte.
Era riuscita a uscire da quella stanza sotterranea, però, ed era una sensazione meravigliosa per lei essere di nuovo all'aperto. Le sue sneakers bianche calpestavano l'erba bagnata, gli shorts di jeans le pesavano addosso e la canottiera era diventata ormai una seconda pelle.
Si guardò intorno e si rese conto di essere in un grande prato che dava accesso a un magnifico giardino pieno di piante e fiori di tutti colori al centro del quale si trovava una casetta bianca molto elegante e fiabesca col tetto rosso e un bel comignolo di mattoni a vista. Oltre quella casa si intravedevano altre abitazioni dislocate qua e là in mezzo a quello che aveva tutta l'aria di essere un villaggio immerso nel verde. Alle sue spalle si trovava una specie di cupola di pietra piena di porte, una delle quali mezza divelta e dalla quale continuava a zampillare acqua. Al di là delle cupola c'era una sorta di muro anch'esso di pietra, altissimo, che Lazuli immaginò separasse quell'ambiente così rigoglioso da quell'area desertica al centro della quale si trovava il ring che aveva intravisto dalla piccola porticina dalla quale alla fine non era riuscita a passare, ritrovandosi dalla parte diametralmente opposta.
"Capo! Capooo! Rispondiii!"
Un urlo grottesco la fece voltare di scatto. A una trentina di metri da lei era stato sbalzato Ginew, che sembrava esanime, steso sull'erba a pancia in su. Poco più in là c'era la navicella sulla quale era arrivato e anche le altre quattro, tutte con gli oblò aperti. E Lazuli si rese conto che la voce che l'aveva quasi fatta spaventare arrivava da un individuo enorme, con la testa rasata salvo un alto ciuffo rosso che svettava al centro, un'espressione tutt'altro che intelligente dipinta sul volto e un becco adunco che lo rendeva inquietante al pari delle grosse ali marroni che gli spuntavano dalla schiena e da altre penne che gli ricoprivano in parte il corpo.
"Capo! Sei vivo?!" insistette, prima di cominciare a colpire con pugni e gomitate il ventre del povero uomo topo disteso a terra.
"Fuori l'acqua cattiva, dentro l'aria buona! Fuori l'acqua cattiva, dentro l'aria buona!" gridava un altro strano personaggio, alto, slanciato e muscoloso, dalla testa calva tutta colorata di blu, un becco largo e piatto e delle ali nere dietro le spalle, mentre stringeva tra le mani i piedi di Ginew e continuava a spingergli le gambe avanti e indietro, cercando di fare leva.
"Sì! Così! Ritmo, ragazzi! Ritmo!" li incitava un terzo elemento, battendo le mani accanto a loro per dargli il tempo e incitarli in qualunque cosa stessero cercando di fare.
Era più piccolo di loro, con la pelle rosso scarlatto, dei lunghissimi capelli bianchi, un grande becco nero ricurvo e delle ali ricche di piume colorate dai toni sgargianti che variavano dal giallo, al verde fino al blu oltremare.
"Ritmo! Ritmo! Ritmo!" continuava a ripetere.
"E piantala di ripetere sempre le stesse cose!" lo sgridò l'ultimo dei presenti, a carponi sul prato poco più in là.
Era uno strano essere, basso e grasso, con un piccolo becco ocra, delle escrescenze rossastre sotto il gozzo, la pelle verdognola e due occhi in più di quelli che avrebbe dovuto avere. Dietro le spalle aveva delle ali tozze e nere, più una coda circolare fatta di piume grigiastre.
"Mi dai i nervi! Bwerghhh" rincarò la dose, prima di vomitare, facendo arricciare il naso a Lazuli per il disgusto.
"Fai schifo, Guldo! Fai schifo, Guldo!" lo derise l'uomo dalle piume variopinte, facendo ridere anche gli altri due impegnati nella paradossale rianimazione di Ginew.
"Tutto questo rotolare mi ha fatto tornare su il pranzo!" si lamentò con fare polemico. "E piantale di ripetere tutto, Jeeth!"
"Non posso farne a meno! Sono un pappagallo! Sono un pappagallo!" rispose l'altro, allargando le braccia.
"Meglio essere un pappagallo che un tacchino come te, Guldo!" scoppiò a ridere l'uomo dalla testa blu.
"Sta' zitto, Butter! Sei solo uno stupido germano reale, sei pur sempre un'anatra!" provò a difendersi Guldo, lo strano tacchino dalla pelle verdognola.
"Comunque il migliore sono io! Reekom, l'aquila!" annunciò quello più alto, sollevando un pugno verso il cielo.
"Sei l'aquila più stupida e brutta di tutta la storia delle aquile, ti sei visto allo specchio?!" lo apostrofò Guldo, rialzandosi e dando il via a una serie di litigi che stavano infastidendo non poco Lazuli, che nel frattempo si era avvicinata a quel grottesco gruppo dall'aria più che familiare per lei.
"Avete finito?!" ringhiò, attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti e riportando finalmente un po' di silenzio in quel prato baciato dal sole.
Una ciocca di capelli bagnati le coprì un occhio, e così le venne istintivo portarsi entrambe le mani sul volto e, inclinando la testa all'indietro, farle scivolare dalla fronte fino alla nuca per sistemarsi in qualche modo i capelli.
Il suo era stato un movimento inconsapevolmente sensuale, considerato anche il fatto che era bagnata fradicia e che la sua canotta bianca, in quelle condizioni, era semitrasparente e metteva in bella vista il reggiseno.
I quattro uomini uccelli la fissavano con occhi sgranati e le bocche semiaperte. Forse avevano trovato un motivo per non litigare.
"Beh, cosa avete da guardare?!" sbottò Lazuli, tagliente.
"Niente, niente! Siamo solo felici di avere tra noi Miss Maglietta Bagnata!" sorrise Rekoom, facendo sfoggio della sua dentatura mancante qua e là di qualche pezzo e ancora più inquietante sotto il suo becco da aquila.
"Ancora una battuta del genere e la prossima volta che vengo a portarvi dei documenti in officina ti infilo in bocca una chiave inglese e ti stacco uno ad uno quei pochi denti che ti rimangono. Ok?" sbuffò la ragazza, senza degnarlo di uno sguardo, avvicinandosi a Ginew, ancora a terra privo di sensi, e scrutandolo con freddezza e le mani appoggiate ai fianchi.
Reekom, infatti, faceva parte insieme agli altri presenti della squadra di meccanici guidata da Ginew nell'officina che faceva parte dell'azienda automobilistica in cui lavorava Lazuli.
"Ti ha sistemato per bene, Reekom!" rise Jeeth, dandosi il cinque con Butter e Guldo e guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Lazuli, che riportò di nuovo il silenzio in quel grottesco gruppo.
Non ebbe bisogno di chiedere perché si trovassero lì e il motivo per il quale avessero quei corpi assurdi, già poco prima Ginew le aveva accennato qualcosa, e quel qualcosa era abbastanza insensato da essere accettabile in quell'assurda situazione che stava vivendo.
"Se cercate di rianimarlo come stavate facendo prima, forse sarete voi ad ucciderlo prima dell'acqua che deve aver bevuto..." disse la ragazza.
"No, capo! Non puoi lasciarci così!" scoppiò in lacrime Butter, inginocchiandosi al capezzale di Ginew e stringendogli una mano.
"Sei troppo giovane!" si accodò Reekom, stringendogli l'altra.
"Avevamo tanti sogni nel cassetto! Nel cassetto!" aggiunse Jeeth, afferrandogli un piede.
"E avevi promesso di farmi diventare un'elegante fenice, non uno stupido tacchino!" si lamentò Guldo, stringendogli l'altro piede.
"Andate via. Tutti" sbuffò Lazuli.
"Tu puoi salvarlo? Sei più intelligente di tutti noi messi insieme!" la implorò Reekom, a mani giunte.
"Messi insieme! Messi insieme!" ripeté Jeeth.
"Beh, essere più intelligente di voi non è un complimento, ma dovrebbe essere un'ovvietà..." sibilò Lazuli, squadrando Ginew e pensando al da farsi.
Fece spallucce e poi, all'improvviso, lo calpestò con forza con un tallone sullo stomaco.
Un metodo tutt'altro che ortodosso, ma, a quanto pareva, efficace. Dell'acqua, infatti, cominciò a zampillare dalla bocca dell'uomo topo.
"Sei un genio, Lazuli!" urlarono in coro i quattro presenti, sollevando i pugni verso il cielo.
"Però non si sveglia... cosa potrei fare?" si domandò la ragazza, prima che un'idea che le sembrava perfetta le fece brillare i suoi occhi di ghiaccio. "È arrivato Beerus, il mio gatto!" gridò all'improvviso.
Ginew sgranò subito gli occhi e si mise a sedere, per poi vomitare e tossire acqua, mentre tutti gli altri correvano via spaventati e cercavano goffamente di prendere il volo con quei corpi ibridi che si ritrovavano.
"Un gatto! Un gatto!" sbraitavano tutti, mentre Lazuli alzò un sopracciglio di fronte alla pietosa scena di Guldo che cercava di spiccare il volo e cadeva rovinosamente nel fango generato da tutta l'acqua che aveva inondato parte del giardino.
"Era un modo per svegliarlo, idioti! Non c'è nessun gatto!" urlò Lazuli, spazientita, riportando per l'ennesima volta l'ordine in quella che cominciava a sembrarle una gabbia di matti.
"Sei malvagia, Lazuli! Etciuuu" starnutì Ginew, rialzandosi in piedi.
"Sarò malvagia, ma intanto ti ho salvato la vita un'altra volta... e stai lontano da me, non voglio che mi attacchi il raffreddore" gli rispose, schifata.
"Non ho il raffreddore, sono solo bagnato fradicio! Come tutti voi, del resto!" si giustificò l'uomo topo.
"Giusto, dobbiamo asciugarci!" proclamò Butter.
"Asciugarci! Asciugarci!" ripeté Jeeth.
"Ma che palle che sei! Con tutti gli animali che ci sono, dovevi diventare proprio un pappagallo!" si lamentò Guldo.
"Sta' zitto, tacchino, che ora di Natale sarai perfetto per il nostro pranzo!" lo derise Reekom, dando il là all'ennesimo parapiglia di quella giornata.
"Ragazzi! Ragazziii!" li richiamò Ginew. "Stiamo tutti calmi, sono il vostro capo e anche il vostro mentore, quindi so anche come asciugarvi tutti quanti! Vi racconterò una storia!"
"Una storia?!" intervenne Lazuli, perplessa.
"Sì, la mia storia vi asciugherà! Mi ascolterete e, alla fine, sarete asciutti!" confermò l'uomo topo, mentre Lazuli afferrava un lembo della sua canotta e lo strizzava, facendo cadere un bel po' d'acqua ai suoi piedi e attirando su di sé di nuovo gli sguardi dei presenti.
"Piantatela di guardarmi così!" ringhiò.
"Giusto! Piantatela! O ve la dovrete vedere con me!" intervenne in sua difesa Ginew. "Lazuli, mi daresti un bacino sulla guancia per averti difesa da questa bifolchi?!"
"Non vale! Capo! Anch'io voglio un bacio da Lazuli!"
"Anch'io! Anch'io!"
"Io la venero da sempre!"
"La venero! La venero!"
"Nessuno avrà un bacio da me! Nemmeno se stessi per morire!" sbottò Lazuli, furente, zittendo di nuovo tutti. "E tu muoviti con la tua storia, mi sto stancando!" aggiunse lapidaria, rivolta a Ginew.
"E va bene, va bene..." prese fiato l'uomo topo, prima di cominciare il suo racconto, in piedi e con le braccia spalancate, decisamente fin troppo teatrale. E irritante, almeno per Lazuli.
"Vi racconterò la storia dell'unico, inimitabile, irripetibile imperatore dell'universo: il grande Freezer!"
"Che palle, capo! La conosciamo già questa storia!" lo interruppe subito Reekom.
"Già, lavoriamo per lui!" intervenne Butter.
"Per lui! Per lui!" ripeté Jeeth.
"E ci ha mandato lui qui in missione!" disse Guldo, sprezzante.
"Non interrompetemi! Decido io cosa raccontare!" gridò Ginew.
"Chi è Freezer? Quale missione?" chiese Lazuli, scettica, incrociando le braccia sotto il seno.
"Ecco, vedete?! La ragazza apprezza la mia storia!" gonfiò il petto l'uomo topo.
"Non ho detto che la apprezzo. E se non ti muovi a rispondere farò in modo di farti diventare una rana a suon di calci, altro che un ratto... così magari la smetti di affogare" sibilò lei, guardandolo di sbieco.
"Nooo! Una rana no! Ho la fobia per le raneee!" piagnucolò Ginew, mentre gli altri ridevano.
"Allora vedi di sbrigarti, altrimenti vado a cercare dei vestiti asciutti in una di quelle case" specificò la ragazza.
"Dunque, dunque..." si schiarì la voce Ginew. "Il grande Freezer, imperatore erede di suo padre, sua malvagità Re Cold, domina incontrastato tutto il settore nord est dell'universo e sta attualmente cercando di espandere i suoi confini verso nord ovest, nell'attesa di sottomettere ogni forma di vita al suo volere. Invade pianeti e li rivende al migliore offerente, oppure ne sfrutta risorse e manodopera. La sua forza è immensa, così come quella del suo esercito, di cui noi facciamo parte. Abbiamo affrontato un lungo viaggio per venire fin qui e adesso dobbiamo fare rapporto. La nostra missione era valutare se fosse possibile un'invasione a breve termine di questo pianeta e quali risorse sarebbero state necessarie per sottometterlo. Il grande Freezer si fida del nostro giudizio, noi siamo tra gli uomini migliori alle sue dipendenze! Siamo la celeberrima e temutissima Squadra Ginew!"
L'uomo topo riprese fiato dopo aver parlato ininterrottamente in preda all'esaltazione. I suoi occhi brillavano, e fu per lui una grande delusione vedere invece che Lazuli sbadigliava, annoiata.
"Dev'essere un buono a nulla, in realtà, questo Freezer. Scommetto che è tutto fumo e niente arrosto..." sbuffò lei. "Allora, gli farete invadere il nostro pianeta?" aggiunse, distaccata, come se stesse cercando di dare retta per gentilezza a un povero pazzo.
"No, non possiamo farcela qui. Persino il grande Freezer avrebbe bisogno di tempo per diventare più forte perché, non so come sia possibile, questo mondo è dominato attualmente da qualcuno più forte di lui" rispose serio Ginew.
"Ah sì? E chi ci sarebbe qui di così forte?!" domandò Lazuli, spazientita.
"Qualcuno che è arrivato dal nulla e ha preso il potere eliminando il Re e la Regina di Cuori. Il grande Freezer sarebbe stato più forte di loro, e, stando ai nostri dati, anche del Principe di Cuori" spiegò Ginew.
"Non capisco di cosa tu stia parlando... e sappi che mi sto innervosendo..." ringhiò Lazuli.
"Questo mondo è in mano a Cell! Non capisci?!" urlò Ginew, sconvolto.
"Cell?! Quel Cell?!" sbottò Lazuli, contrariata. "Quello stronzo?! Il nostro capo?!"
Ora che Ginew aveva nominato il titolare dell'azienda per cui lavorava e che contribuiva ogni giorno a renderle la vita un inferno, il suo malumore era decisamente aumentato.
"Non è lui! O meglio, per ora non è ancora lui! Ma vuole diventarlo! E tu devi stare attenta proprio per questo!" la mise in guardia Ginew, senza che lei potesse capire del tutto quelle parole. "Noi qui lavoriamo per il grande Freezer, non per Cell! Al suo fianco c'è il Dr Gero!"
Lazuli rabbrividì a sentire anche il nome di quel vecchio viscido e arrogante che gestiva l'azienda un gradino sotto Cell e che faceva sostanzialmente quello che voleva. Lo odiava con tutta sé stessa, le dava il voltastomaco doverci avere a che fare.
"Facendo quei nomi mi hai fatta innervosire sul serio..." sibilò, rivolta a Ginew. "E sono stufa di sentirti parlare. La tua storia, poi, non mi ha asciugata. Piuttosto, mi ha prosciugata" aggiunse polemica, strizzando di nuovo la canottiera bagnata.
"È vero! Siamo ancora bagnati!" si lamentarono in coro gli altri quattro, finché il loro capo non li zittì con un solenne gesto della mano.
"E va bene, ragazzi! A mali estremi, estremi rimedi!" annunciò Ginew. "L'abbiamo provato tante volte! E ci siamo esibiti in tutta la galassia! Ora è il momento di muoverci per asciugarci! Facciamo il nostro balletto asciugante!"
"Sììì!" esultarono in coro gli altri, dandosi il cinque e battendosi anche i sederi l'uno contro l'altro davanti allo sguardo sconvolto di Lazuli.
"Vuoi partecipare anche tu alla nostra coreografia?!" le propose Ginew, al quale brillavano gli occhi. "Puoi improvvisare, sei talmente bella che posso concederti il centro della scena davanti a me!"
"Sì, balla con noi, Lazuliii!" gridarono in coro gli altri quattro.
"Non ballerò mai con voi! Siete pazzi?! E non osate mai più chiedermi nulla di simile!" sbraitò lei, arrossendo per la vergogna all'idea di coprirsi d'imbarazzo insieme a quei bifolchi.
"E va bene, ragazzi! Facciamole vedere quello che sappiamo fare e come riusciamo ad asciugarci!" annunciò Ginew. "Pronti? In posizione! Via!"
Il primo a muoversi fu Reekom, che cominciò a correre in tondo sempre più veloce con le sua ali d'aquila spiegate, prima di voltarsi, fare dei piccoli saltelli e bloccarsi all'improvviso, divaricando le gambe.
"Reekom, il migliore!" esclamò, dandosi una pacca sul sedere proteso e facendo l'occhiolino, rimanendo poi immobile.
"Butter!" urlò l'uomo anatra, facendo dei piegamenti sulle gambe da fermo sempre più veloci e bloccandosi poi accanto a Reekom, con le gambe unite e le braccia tese verso il cielo.
"Jeeth!" gridò l'uomo pappagallo, spiccando un balzo alle spalle di Butter e facendo leva sulle sue mani, prima di atterrare in ginocchio sull'erba davanti a lui e rimanere in posizione, con le braccia larghe e gli indici che toccavano terra.
"Guldo!" berciò l'uomo tacchino, correndo goffamente attorno al gruppo, prima di fare una piroetta davanti a Reekom e rotolare innanzi a lui, bloccandosi con la pancia a terra e sia le mani che le gambe sollevate.
"Ginew!" sbraitò il loro capo, facendo un salto mortale che lo portò davanti agli altri quattro, prima di divaricare le gambe e piegarsi in avanti per guardare da sotto la platea composta dalla sola Lazuli a cui aveva dato le spalle.
"Squadra Ginew, in azione!" conclusero in coro, con una sorta di latrato che squarciò la quiete di quel luogo a cui seguì solo il rumore di un flebile vento che nel frattempo si era alzato.
Lazuli li osservava, inorridita e a disagio, incapace di dire o fare qualcosa di sensato. Pensò che sarebbe stato bello avere un lanciafiamme a portata di mano. Tanto, in quel luogo, tutto sembrava possibile.
"Visto?! Adesso siamo asciutti!"
Il grido trionfale di Ginew la distolse dai suoi pensieri omicidi e le fece rendere conto di essersi lei stessa asciugata, in qualche modo.
Ma, per qualche assurdo motivo, non indossava più i suoi vestiti. Ora indossava un abitino azzurro corto, leggero e scollato con sopra un grembiule che le stringeva la vita, bianco come le parigine che le arrivavano fino a metà coscia e che contrastavano con i sandali neri che le erano apparsi ai piedi.
"Ma... come..." farfugliò, perplessa.
"È tutto merito nostro!" gridarono in coro i cinque uomini, dandosi il cinque.
"Ci meritiamo un premio, no? Almeno un applauso per il nostro show?!" propose Ginew.
"È stato imbarazzante, dovreste pagarmi per aver assistito a uno spettacolo così degradante" ribatté gelida Lazuli, senza nemmeno degnarli di uno sguardo, presa a studiare il nuovo look che le era magicamente apparso addosso.
Scarpe nere e calze bianche... si poteva fare decisamente di meglio, però almeno apprezzava quei due colori messi vicino.
In fondo lei vedeva il mondo in bianco e nero, non riusciva a cogliere molto le sfumature. A quelle pensava Radish, di solito, così come ai colori che potevano riempire la vita. Però anche lui apprezzava il bianconero, idem Lapis. Tifavano tutti e tre per la stessa squadra di calcio, e la fece sorridere il pensare a tutto ciò in un momento simile.
"Se volete, per ringraziarvi, posso chiamare Beerus, il mio gatto! E anche il mio cane, Champa! E poi, perché no, anche Balzar, il gatto del mio amico Rad! Così potete fare amicizia con loro!" sorrise Lazuli, perfida e sadica, dando finalmente attenzione ai suoi grotteschi interlocutori.
"Aaahhh! Scappiamo!"
"Noi siamo uccelli! E abbiamo paura dei cani e dei gatti!"
"Dei cani e dei gatti! Dei cani e dei gatti!"
"Aiutooo!"
"E io sono un topo! Via! Alle navicelle!"
Le grida sconnesse dei cinque fecero da contorno alla loro fuga improvvisa.
Lazuli li vide salire sulle rispettive navicelle sferiche, chiudere gli oblò e partire, sparendo nel giro di pochi istanti nel cielo soleggiato, lasciandola sola.
Fece spallucce, guardandosi intorno, indecisa su dove andare e ancora piuttosto frastornata.
Si sentiva anche sola e disorientata, adesso che il silenzio la costringeva a pensare a una soluzione e a provare ad elaborare tutte le informazioni che aveva ricevuto in maniera sconnessa.
Tuttavia, un improvviso rumore di passi in lontananza attirò la sua attenzione.
E, così, Lazuli si voltò. 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo decisamente delirante, molto poco sensato, ma ho provato a fare qualcosa di simile a quello che capita ad Alice nel racconto di Carrol. Ho sostituito il dodo con il tacchino e il lorichetto con il pappagallo, alla fine Carrol aveva scelto i vari animali per fare giochi di parole, in quanto ognuno rappresentava una persona reale che conoscevano lui e la piccola Alice Liddel, per la quale aveva inventato questa storia. E qui vediamo anche perché ho fatto in modo che Champa fosse un cane, infatti nella storia originale si genera il panico tra gli animali quando Alice parla del suo gatto e anche di un cane. Il topo, Ginew, racconta una storia legata a Freezer, ma ci dice alcune cose importanti legate a Cell e a quello che sembra essere successo nel Paese delle Meraviglie... avrà detto la verità? Chi sono il Re e la Regina di Cuori? E il Principe di Cuori?
Nell'originale questo capitolo si gioca molto, come spesso accade in tutto il racconto, su giochi di parole che ho provato in qualche modo a riportare, anche se non sempre è possibile renderli al meglio in italiano. È il caso del racconto che asciuga, o meglio, prosciuga chi lo ascolta, per esempio. Nell'originale il racconto del topo è stato stampato in modo tale che sembri una coda, a spirale.
E poi, come anticipato, qui i personaggi non fanno nessuna corsa per asciugarsi, bensì un bel balletto carico di disagio degno della Squadra Ginew! Spero che quei cinque dementi vi abbiano divertito! Vi sareste sentiti a disagio come Lazuli?
 
Come sempre ringrazio tutti voi che mi seguite, che commentate, che mi date la forza di andare avanti in questa storia! E grazie anche a chi legge in silenzio, fatemi sapere anche voi cosa ne dite quando vi va, a me fa piacere!
E poi un grazie speciale va a Evil per lo stupendo disegno, davvero, grazie! Settimana prossima tocca di nuovo alla bravissima Sweetlove, che ci ha fatto una Là pazzesca, io ve lo dico!
Mi scuso se sono rimasto indietro con le risposte alle recensioni, ma ero via e il Rimini Comix mi ha assorbito completamente! Ad ogni modo adesso recupero tutti e vi ringrazio ancora!
 
Bene, avete idea su chi possa essere il personaggio che arriva alla fine di questo capitolo? Io posso dirvi che nel prossimo ci saranno anche delle new entry in questa storia, e che sarà, come nell'originale, molto giocato su un equivoco linguistico... io ho provato a renderlo in qualche modo, pur cambiando il nome del personaggio e quindi il significato, spero di essere riuscito a fare un buon lavoro, ma mi direte voi!
Il titolo sarà abbastanza inequivocabile: "L'equivoco del pranzo".
Ci vediamo mercoledì!
 
Teo
 

Rad-La-Alice-Evil

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Capitolo 5
*** L'equivoco del pranzo ***


5 - L'equivoco del pranzo
 
 
Lazuli si ritrovò davanti Bulma, sempre vestita da coniglietta, che fissava il suo orologio a cipolla e sembrava molto agitata.
"È tardissimo! E ho perso il radar!" gridava, camminando frenetica con i tacchi sull'erba. "Devo sbrigarmi! Bisogna andare da Chichi! E spero si sia data una mossa anche lei!"
"Bulma?!" la chiamò Lazuli, agitando il radar che aveva trovato poco prima per attirare l'attenzione della sua amica, che abbassò la testa e la fissò con aria severa.
Non si era ancora accorta di lei a causa delle sue dimensioni ridotte.
"Ah, ecco dov'eri finita! E ce l'avevi tu il radar del drago!" la apostrofò la coniglietta. "Ma... cosa fai così piccola?! Prima eri troppo grande, ora sei troppo piccola! Non va bene! Non ce la faremo mai così! Devo andare assolutamente da Chichi!"
"Non ce la faremo a far cosa?! E Chichi... è qui anche lei?!" chiese Lazuli, perplessa.
"Oggi mi sembra di avere a che fare con una pazza, quasi non ti riconosco!" la rimproverò di nuovo Bulma, che sembrava un fascio di nervi. "Dobbiamo salvare il regno e questo mondo! Ma con te ridotta così sarà tutto inutile! E poi è ovvio che Chichi sia qui! Dove dovrebbe essere?! Stava partorendo! Anzi, mi auguro che abbia partorito, perché siamo in ritardo e tu stai complicando le cose!"
"Chichi sta... partorendo?! Ma è impossibile!" urlò Lazuli con una voce così stridula da non sembrare quasi la sua.
Cosa stava succedendo?! Fino a pochi minuti prima stava mangiando un gelato con Chichi che le mostrava il suo anello di fidanzamento e ora la sua amica stava per dare alla luce un figlio?!
"Tu sei alta poco più di una spanna, no?! Non mi sembra che qui ci sia qualcosa di impossibile!" ribatté Bulma, guardando di nuovo l'orologio. "È tardi, devo andare".
"Ma, cosa... cosa devo fare?!" domandò Lazuli, disorientata.
"Vai a casa mia e lascia lì il radar, poi vedi di crescere un po'! Per vincere la battaglia finale devi avere le tue solite dimensioni, possibile che devo spiegarti tutto quello che mi ha detto Rad?!" rispose Bulma, cominciando a correre e ad allontanarsi.
"Perché Rad?! E come faccio a tornare normale?!" sibilò Lazuli, con malcelata irritazione.
Le dava fastidio eccome quando qualcun'altra chiamava Radish con quel diminutivo che voleva fosse solo suo. E questo pensiero le sembrava ancora più importante dei dubbi che aveva a proposito del ruolo che stesse avendo lui in quella situazione così assurda.
"A casa mia! Pranzo!" gridò di rimando Bulma, troppo lontana perché si potesse sentire bene quello che aveva detto.
"Eh?! Ma non è ora di pranzo!" urlò a sua volta Lazuli.
"Vai... pranzo!" sentì dire ancora a Bulma.
"Pranzo..." ripeté tra sé Lazuli, perplessa, voltandosi e incamminandosi verso il villaggio che prendeva vita al limitare di quel grande prato.
 
Si fermò davanti a un'elegantissima casa color avorio dalla caratteristica forma a cupola perché aveva un qualcosa di familiare. Attorno a quell'abitazione si stagliava un ampio giardino privato pieno di piante esotiche, fiori e alberi dalle chiome rigogliose, nel quale passeggiavano cani, gatti, capre, asini e cavalli, per non parlare dei canarini, passerotti e gazze ladre che volavano nei dintorni. Intravide anche un'altra struttura che aveva tutta l'aria di essere un'officina, dalla quale arrivavano rumori metallici e altri strani rumori.
Si avvicinò alla porta d'ingresso e si ritrovò davanti a una lastra d'ottone che recitava "Capsule Corporation. Casa di B. Bianconiglia".
Lazuli si rese conto di essere nel posto giusto, solo che le sue attuali dimensioni le impedivano di arrivare al campanello per poterlo suonare. Provò a dare una spallata alla porta, che fortunatamente si aprì, permettendole di accedere in un salotto ben arredato avvolto da un buonissimo profumo di biscotti appena sfornati.
"Oh cielo, sei arrivata, tesoro! Ti andrebbe di bere qualcosa di caldo?"
Una voce femminile gioviale e gentile attirò l'attenzione di Lazuli, che si ritrovò davanti una donna di mezza età dai vaporosi capelli biondi e un fisico che avrebbe fatto invidia a una ventenne, con un seno prosperoso stretto a fatica in un costume da coniglietta identico a quello di Bulma, però nero. Avanzava sui suoi tacchi alti, sorridendo e stringendo tra le mani una teglia.
"Sei un incanto con quel vestitino, Lazuli!" aggiunse, per nulla stupita dalle sue dimensioni.
Ma Lazuli non si stupì più di tanto di questo, conosceva da anni la mamma di Bulma per sapere quanto fosse svampita e spensierata.
"Ecco... ho il radar..." disse, non sapendo bene da dove cominciare.
"Bravissima, tesoro! Bulma ne sarà felice! Però ora non c'è purtroppo... è sempre in ritardo quella povera ragazza!" sospirò la donna, senza smettere di sorridere.
"Lo so, l'ho incontrata e mi ha parlato di un pranzo... ma non ho capito..." provò a spiegare Lazuli.
"Ah, certo, era qui un momento fa! Appena la vedo le dico di raggiungerti!" si illuminò la mamma di Bulma.
"Chi è che era qui?!" chiese Lazuli, che non capiva e cominciava a irritarsi.
"Pranzo!" sorrise con naturalezza la donna, voltandosi. "Perdonami tesoro, devo andare a mettere questi dolcetti sul vassoio, adesso! Però ti ho preparato qualcosa di caldo in camera di Bulma, vai pure di sopra, così le lasci lì quel radar che per lei sembra essere tanto importante!"
Lazuli la osservò sparire sculettando amabilmente e ritenne che, prima di provare a indagare ancora e a trovare un modo per recuperare le sue dimensioni normali, doveva lasciare il radar nella stanza della sua amica.
Salì le scale con qualche difficoltà, prima di trovarsi di fronte a una porta bianca a forma di testa di coniglio con una targa a forma di carota appesa che recitava le parole "Bulma's room". Riuscì ad aprirla e lanciò sul letto il radar, prima che la sua attenzione venisse attirata da una piccola tazza appoggiata al centro di un minuscolo tavolino, perfetto per le sue attuali dimensioni. Non si stupì più di tanto nel leggere un biglietto con la scritta "Drink me" davanti a quella tazza.
Senza pensarci troppo, la afferrò e ne bevve il contenuto, una tisana calda dal sapore di menta, sperando che la facesse crescere di nuovo.
 
E così avvenne, in effetti, e molto prima di quanto Lazuli si aspettasse: non aveva ancora bevuto metà della tazza che si ritrovò con la testa che premeva contro il soffitto, al punto che fu costretta a piegarsi in avanti, per non rischiare di rompersi l'osso del collo.
"Merda..." si lasciò sfuggire, mentre sentiva la collera montarle dentro notando che continuava a crescere senza apparentemente riuscire a interrompere il processo.
Raramente si lasciava andare a parolacce o imprecazioni, cercava sempre di darsi un tono anche nelle situazioni più complicate, ma non aveva messo in conto di ritrovarsi per ben due volte nel giro di pochi minuti ad essere talmente grossa da non riuscire fisicamente a stare in un ambiente chiuso.
Continuò a crescere e crescere, e presto dovette mettersi in ginocchio sul pavimento. Ma, dopo un altro minuto, non aveva più spazio neanche per stare in quella posizione e provò a sdraiarsi per terra con un gomito contro la porta e con l'altro braccio rannicchiato intorno alla testa.
Mentre continuava a crescere, si domandava se fosse stata davvero la mamma di Bulma a preparare quella roba che aveva bevuto e che diamine di ingredienti ci avesse messo dentro oltre alla menta.
Poco dopo, non avendo alternativa, dovette infilare una mano fuori dalla finestra e un piede su per il camino, contorcendosi come meglio poteva per piegare il ginocchio in uno spazio ormai più che angusto. Fu proprio in quel momento che il suo processo di crescita si interruppe, anche se si trovava bloccata e letteralmente furiosa, più che impanicata.
"Qualcuno dovrebbe scrivere un libro su di me..." disse tra i denti. "In che razza di situazione mi sono cacciata?!"
"Lazuli? Sei qui dentro?!"
Una voce femminile che conosceva molto bene la tranquillizzò e la rinfrancò allo stesso tempo.
"Lunch! Sei tu?! Sono qui, dammi una mano!" gridò, mentre sentiva la porta della stanza premere contro il suo gomito che le impediva di aprirsi verso l'interno.
"Non riesco ad entrare! C'è qualcosa che blocca la porta!" si lamentò Lunch, continuando a sforzarsi di spingere.
"Sono io che la blocco!" spiegò Lazuli.
"Ah ok, riusciresti a spostarti un pochino per farmi entrare, allora?" chiese educatamente Lunch.
"Ovvio che non posso! Sennò non avrei bisogno di aiuto! Sono incastrata!" sbottò, spazientita.
Si trovava bene con la ragazza di suo fratello, anche se a volte la mandava in bestia perché la reputava troppo buona. Spesso si domandava se anche lei avesse un demone dentro pronto a esplodere da un momento all'altro, nonostante apparisse sempre carina e gentile con tutti.
"Aspetta allora, provo ad entrare da fuori da una delle finestre!" rispose Lunch.
"Non ce la farai neanche da lì!" sbuffò Lazuli, che aveva per l'appunto in piede che penzolava da una finestra di quella stanza e un occhio premuto contro l'altra, che le consentiva almeno di guardare verso il giardino.
E fu proprio in giardino che scorse il papà di Bulma che si avvicinava alla casa, concentrato nella lettura di una cartelletta che stringeva tra le mani e con la fronte aggrottata. Indossava il suo solito camice bianco da scienziato e inventore, però aveva anche un cerchietto tra i capelli grigi dal quale svettavano due lunghe orecchie nere da coniglio.
"Ciao Lazuli, sei venuta a trovare Bulma? Penso sia andata da qualche parte, è sempre di fretta ultimamente" le disse, dandole un'occhiata distratta mentre si sistemava gli occhiali e poi si grattava la testa, pensieroso.
Nemmeno a lui sembrava così strano vedere una ragazza gigante stipata nella camera della propria figli.
"Lazuli, cara, mi potresti passare gentilmente il martello? Forse ho capito dove avevo sbagliato i miei calcoli..." aggiunse lo scienziato, senza smettere di guardare i suoi fogli.
"Ehm... non posso, adesso come adesso. Non riesco a muovermi" sibilò Lazuli, irritata. "Dov'è Lunch?!"
"Chi è Lunch?!" le domandò il padre di Bulma, perplesso.
"Come chi è Lunch?! È appena uscita da casa vostra!" sbottò Lazuli, ancora più nervosa quando si rese conto che l'uomo non stava badando a lei, ma a qualcun altro.
"Oh, ciao, cara Pranzo! Dove vai di bello con quella scala?" lo sentì domandare.
"Sto andando da Lazuli!" rispose la voce di Lunch, che Lazuli riconobbe arrivare dal giardino.
E, finalmente , ebbe chiaro cos'era, o meglio, chi era, quel "Pranzo" di cui tutti parlavano. Si trattava semplicemente di Lunch, che, a quanto pareva, in quel mondo assurdo veniva chiamata anche con la traduzione del suo nome.
"Ah, giusto, da Lazuli! Beh, divertitevi ragazze, io devo tornare al lavoro!" si congedò il padre di Bulma, andandosene come se non fosse successo nulla di particolare.
In quel momento Lazuli sentì qualcosa premerle contro la caviglia che sporgeva dalla finestra, e così piegò il collo più che poteva, finché riuscì a scorgere Lunch che cercava invano di entrare nella stanza.
Ma solo il suo busto era in qualche modo all'interno, perché non riusciva a entrare più di così.
"Non va bene, Lazuli, sei troppo grande" disse Lunch, alzando verso l'alto i suoi occhi nocciola mentre si guardava intorno sconfortata. "La camera di Bulma è un disastro adesso, se la prenderà con me".
"Mi ero accorta di essere un filino troppo grande, sai? E non me ne frega molto della stanza di Bulma in questo momento" sbuffò Lazuli, che non capiva nemmeno perché Lunch indossasse il pigiama intero verde a forma di lucertola che le aveva preso Lapis tempo prima, con tanto di cappuccio che riproduceva la testa del rettile calcato sulla testa nonostante faticasse a contenere i suoi lunghi capelli blu fissati legati in un grosso fiocco rosso.
"Ma, aspetta, perché sei conciata così? E perché ti chiamano Pranzo?!" aggiunse.
"Perché deve esserci una spiegazione a tutto?" controdomandò Lunch.
"Beh... perché suppongo debba esserci per forza, razionalmente, una spiegazione per ogni cosa" rispose la bionda.
"Scusami se forse sono inopportuna, ma secondo me ti fai troppe domande. In generale, intendo" le fece l'occhiolino Lunch. "È da un po' che volevo dirtelo perché ti voglio bene, ma non ho mai trovato il coraggio di farlo".
"Basto già io a darmi da sola consigli che poi non seguo, ma grazie lo stesso" sibilò Lazuli.
"Io oggi avevo voglia di essere una lucertola e di essere chiamata Pranzo. Magari domani vorrò essere una iena e vorrò farmi chiamare Ranchi" disse Lunch, sorridendo con naturalezza. "Tu chi vorresti essere?"
"Non lo so, anche se immagino che la iena sia più adatta a me che a te..." rispose sconsolata Lazuli.
"Però ridi troppo poco per essere una iena. Dovresti sorridere di più" ribatté Lunch, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'amica.
"Sorriderò quando non sarò più incastrata e quando ci avrò capito qualcosa di quello che sta succedendo! Mi sembrate tutti matti oggi!" sbottò la bionda.
"Ma certo, chi non lo è qui?! Ma aspetta, provo a entrare dal camino! Sono certa che nella stanza c'è già qualcosa che può aiutarti!" disse Lunch, sparendo dalla sua vista e riprendendo a salire sulla scala verso il tetto. "Intanto pensa almeno con chi vorresti essere, visto che non sai ancora chi vorresti essere".
 
Lazuli rifletté su quelle parole e sentì il cuore batterle un po' più forte. Lo sapeva benissimo da sola con chi sarebbe voluta essere. E si domandò dove fosse finito. Se l'avrebbe visto. Si erano incontrati la sera prima, eppure le mancava e tutto questa le dava la sensazione di essere una stupida.
"Allora? Ci hai pensato?"
La voce di Lunch riecheggiava dalla canna fumaria, mentre sentiva ancora qualcosa che premeva contro la sua caviglia che spuntava dal camino. Era sicuramente la sua amica che cercava di entrare dall'alto.
"Lunch, hai visto troppi film su Babbo Natale... non riuscirai mai a passare da lì..." sorrise Lazuli, eludendo la sua domanda.
"In effetti domani potrei vestirmi da Babbo Natale, allora! Magari tuo fratello mi troverà sexy vestita così!" rise Lunch. "Oddio, che imbarazzo!"
"Siete disgustosi, in effetti..." sbuffò la bionda. "E oggi anche tu sei strana, mi sembri matta. Non è da te".
"Qui lo siamo tutti, te l'ho detto! Chi più, chi meno!" rise di nuovo Lunch, mentre continuava a cercare di entrare nella canna fumaria. "È l'unica cosa che possiamo fare per salvarci".
"Salvarci? Tu e chi altri? Chi c'è qui oltre a Bulma?" indagò Lazuli.
"Tu devi ancora rispondere alla mia domanda: con chi vorresti essere adesso?" insistette Lunch, la cui voce cominciava sempre di più ad assomigliare a quella della coscienza di Lazuli, che rimase in silenzio per tanti, troppi, secondi.
"Dov'è Radish?" domandò a bruciapelo.
Era ovvio che volesse essere con lui. E scommetteva che lo sapeva anche Lunch, ma voleva sentirselo dire. Volpe, altro che lucertola.
"Ah, è così che stanno le cose! In effetti penso da sempre che siate dolcissimi insieme, sarebbe stupendo se vi fidanzaste!" esclamò Lunch con aria sognante.
"Dimmi solo dov'è Rad e se c'entra qualcosa con tutto questo" sibilò Lazuli, imbarazzata.
"Rad ha pianificato tutto, è stato lui a suggerirci di diventare un po' matti! Per restare sani di mente, qui, è l'unica soluzione! E anche per non farci scoprire!" rispose la sua amica, enigmatica, continuando a cercare di calarsi nella canna fumaria. "E comunque Rad si trova nel bosco. Ma il bosco è pericoloso. Devi stare attenta, se vuoi andare lì. Io e Bulma non siamo in grado di attraversarlo, e comunque il nostro compito era un altro".
Lazuli fu bersagliata da troppe informazioni frammentarie in una volta sola per riuscire ad avere un quadro completo della situazione. E, come se non bastasse, provò una forte irritazione nel sentire Lunch parlare di Radish chiamandolo per ben due volte con quel diminutivo che voleva fosse solo suo.
"C'è qualcuno di pericoloso nel bosco?"
"Sì. E stavamo tutti aspettando te per sconfiggerlo. Ha detto Rad che tu ce la farai".
Lazuli non capiva cosa potesse fare lei contro questo fantomatico nemico. E nemmeno chi fosse. O che ruolo avesse Radish in tutto questo.
Già, Rad... l'aveva chiamato ancora così.
"Senti, Lunch, mi dà fastidio se continui a chiamarlo...".
"E-Etciùùù!".
Lazuli, che finalmente si era decisa a dire alla sua amica quello che pensava su quel nomignolo, venne interrotta da un poderoso starnuto, provocato probabilmente dalla fuliggine fuoriuscita dalla canna fumaria.
"Aaahhh!" sentì urlare. "Sono stufa! E perché sono conciata così?! Via questi stracci!"
La bionda rabbrividì nel sentire la sua amica sbraitare con una voce che non sembrava nemmeno più la sua, mentre poteva udire chiaramente il rumore provocato dal pigiama a forma di lucertola che stava probabilmente riducendo a brandelli.
"Lunch?!" la chiamò. "Tutto bene?"
"Ora sì che va meglio! E ora voglio dirtene quattro anche a te!" gridò in tutta risposta.
Lazuli si ritrovò una ragazza che assomigliava straordinariamente a Lunch a livello fisico che penzolava da una fune fissata sulla canna fumaria e che la guardava con fare ostile dall'esterno della finestra. C'erano tuttavia diverse differenze con la sua amica, solitamente mite e dolce: questa era bionda, con gli occhi verde smeraldo, vestita con un top verde chiaro e degli shorts marroni. Un sorriso sghembo, una strana luce negli occhi e, dettaglio non trascurabile, due mitra stretti tra le mani e puntati verso di lei.
"Chiudi gli occhi!" sbraitò prima di cominciare a sparare all'impazzata mandando in frantumi i vetri.
"Ma... cosa fai?! Chi sei?!" urlò Lazuli, che riaprì gli occhi solo quando gli spari cessarono.
Fu in quel momento che notò un pasticcino sul pavimento, con la scritta "Eat me" fatta con la crema sulla sua parte superiore.
"Sono Lunch, non è ovvio?! E sono qui per darti una svegliata!" sbottò quella che aveva tutta l'aria di essere una sorta di alter ego malvagio e rabbioso della sua mite amica.
"Beh, potevi fare a meno di spararmi addosso! E sappi che mi dà fastidio quando chiami Radish 'Rad'! E mi dà anche fastidio che passi tutta la giornata con lui al lavoro!" gridò a sua volta Lazuli, resa sincera dalla collera che stava provando.
Fu in un certo senso catartico aver detto in quel modo quelle cose che si teneva dentro da tanto tempo.
"Finalmente tiri fuori la grinta, eh! Era oraaaa!" rispose Lunch, sparando altri colpi verso il cielo e ridendo follemente. "Adesso tu mi ascolti bene: non me ne frega niente di Radish in quel senso perché mi interessa solo tuo fratello, chiaro?! Ti dà fastidio anche che vado a letto con tuo fratello?!"
"Te lo puoi tenere quel demente..." sbuffò Lazuli. "È qui anche lui?"
"È qui e altrove. E io sono incazzata come una bestia perché il mio compito è stare qui, mentre lui sta rischiando la vita e tu non ti muovi a intervenire!" ringhiò Lunch.
"In che senso è qui e altrove?"
"È qui sul Monte Paoz con alcuni degli altri, è altrove come infiltrato al castello che deve tornare a essere del Principe di Cuori!" spiegò Lunch, con le guance improvvisamente rigate di lacrime. "Ed è quello più in pericolo di tutti, ma vuole fare lo stesso la sua parte".
"Io... non capisco..." provò a dire Lazuli, preoccupata per suo fratello.
"Tu! Tu non capisci mai! Non capisci nemmeno che io tutti i fottutissimi giorni cerco di tenere quelle puttanelle che ronzano intorno a Radish lontane da lui, perché spero che tu ti faccia avanti, gli metta quella tua bella lingua in bocca e te lo tenga stretto una volta per tutte!" sbraitò all'improvviso. "Perché lui ti muore dietro da una vita, e per te è lo stesso! Ma non so cosa vi passa per la testa, so solo che siete troppo belli quando siete insieme e io non voglio che qualcuna si metta tra voi!"
Lazuli sgranò gli occhi dopo aver sentito quelle parole. Lunch aveva ancora le guance rigate dalle lacrime e ansimava per la rabbia.
"Grazie..." riuscì solo a rispondere Lazuli con un filo di voce.
"Grazie?! Tu sei capace solo di dirmi grazie?!" tuonò Lunch. "Io lo so cosa si prova quando si soffre per amore! Quando si sta male! Hai intenzione di farti portare via Radish da quella zoccola di Marion?! Lo sai che gli sbatte in faccia le sue tette tutte le sere al bar e che continua a provocarlo?! Vorrei strozzarla con le mia mani quella gatta morta, quell'oca, ma ti devi svegliare e devi farlo tu prima che sia troppo tardi!"
Lazuli ripensò a quello che una volta le aveva confidato Lunch, e cioè che era stata tradita dal suo precedente fidanzato, un certo Tensing, un maestro di judo. L'aveva trovato a letto con una sua allieva, tale Yurin, che oggettivamente non era neanche lontanamente paragonabile a lei come bellezza. E ne aveva sofferto tantissimo, l'aveva fatta chiudere in sé stessa. Solo Lapis col suo modo di fare spensierato e leggero era riuscito a farle credere di nuovo nell'amore. E a darle delle nuove amicizie che si erano poi cementate col tempo. Lazuli era stata per un po' guardinga nei suoi confronti, finché un giorno Lunch le aveva detto una cosa che l'aveva colpita molto, e cioè che Lapis per lei era come il sole durante una giornata di pioggia.
"Mi dispiace per quello che ti è successo..." rispose Lazuli. "E quell'oca non è degna neanche di allacciarmi le scarpe, se proprio vuoi saperlo. E, se Rad preferisce lei, allora non mi merita" aggiunse, ostentando più sicurezza di quanta in realtà avesse.
"Cerchi di darti un tono e di fare la superiore, eh? E questo mi fa incazzare ancora di più! Non capisci che qui possiamo essere quello che siamo veramente?! Quello che desideriamo?" sbottò Lunch.
I suoi occhi smeraldo ancora bagnati dalle lacrime scintillavano, mentre massaggiava amorevolmente la canna del mitra.
"Mi piace questa tua versione, sai? Dici a me di tirare fuori la grinta, ma anche tu hai avuto bisogno di venire fin qui per essere davvero te stessa" la provocò Lazuli.
Lunch la fissò con durezza, prima di accennare un sorriso sghembo e avvicinare il dito al grilletto.
"Scommetto che hai già trovato da sola il modo per andartene da qui. Trova Radish e salva Lapis, per favore. Io non posso farlo" disse, cominciando a calarsi verso il giardino.
Lazuli capì che si stava riferendo al pasticcino che l'avrebbe fatta rimpicciolire, ma non poteva comprendere il resto della frase.
"Devo salvare Rad e mio fratello?"
"No, intendevo che devi salvare Lapis. Tutti e due" rispose Lunch, enigmatica.
"Due?!" trasalì Lazuli, incredula. "Aspettami, mangio il pasticcino e andiamo insieme!"
"Ah, no! Devi cavartela da sola!" gridò Lunch, mentre accendeva una moto parcheggiata in giardino e cominciava a sgasare. "Io ho improvvisamente voglia di svaligiare una banca e di riempire di piombo Tensing e quella sciacquetta che ha preferito a me! Ah, ah, ah!" aggiunse, sparendo dalla sua vista a bordo della moto mentre sparava all'impazzata verso il cielo.
Lazuli si ritrovò di nuovo sola. Con tutti i suoi dubbi, le sue paure e con la quantità di informazioni che Lunch le aveva trasmesso in maniera tutt'altro che comprensibile.
Si sentiva la testa esplodere, anche quel silenzio ritrovato dopo tutti gli schiamazzi di quella folle versione della sua amica sembrava fare rumore.
Ma non aveva tempo da perdere, non poteva mollare.
Contorcendosi un po' riuscì ad afferrare il pasticcino sul pavimento e se lo portò alla bocca.
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati e grazie infinite per essere qui, spero che la storia continui a piacervi, già dal prossimo capitolo cominciamo a entrare più nel vivo!
Intanto abbiamo conosciuto Lunch, vi aspettavate di vederla in entrambe le versioni? Vi è piaciuta? Grazie a lei siamo venuti a conoscenza in maniera frammentaria e caotica di diverse informazioni... vi siete fatti qualche idea?
Nel racconto originale in questo capitolo Alice va a casa del Bianconiglio e conosce alcuni suoi amici, a partire dalla lucertola Bill. E qui si genera un equivoco, perché bill in inglese significa conto, e inizialmente Alice non capisce che si stia parlando di un nome proprio. Ho provato a ricreare tutto questo con Lunch e renderla in qualche modo una lucertola, spero abbiate apprezzato l'idea!
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi supportate, mi lasciate sempre un pensiero e mi date tanta carica! Non è una sfida facile portare avanti questa long, sento di avere bisogno di voi se vi sta piacendo per ricaricare un po' la mia energia e metterla in quello che provo a scrivere!
Un grazie speciale va poi a Sweetlove che ci ha regalato una strepitosa Alice, davvero bella! Settimana prossima tocca ad altri personaggi creati col dollmaker da Taanipu, che ringrazio in anticipo!
 
Bene, nel prossimo cominciamo a cambiare marcia, sperando che Lazuli prima di tutto riesca a rimpicciolire quanto basta per andarsene da casa di Bulma.
Chi ci sarà nel bosco? Qualcuno o qualcosa di pericoloso? Io posso anticiparvi che a questo punto nella storia originale arriva il Brucaliffo, vediamo un po' se qui sarà la stessa cosa...
Ci vediamo mercoledì prossimo con "Oscuri presagi"!
 
Teo
 
 
 
 

L-Alice

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Capitolo 6
*** Oscuri presagi ***


6 - Oscuri presagi
 
 
Lazuli mangiò il pasticcino e fu felice di scoprire che il suo corpo cominciava a rimpicciolirsi a vista d'occhio. Ormai non faceva neanche più caso alle sensazioni che le dava ogni trasformazione, si stava abituando. Non appena fu abbastanza piccola da potersene andare, lasciò la camera di Bulma ormai semidistrutta e scese le scale più veloce che poteva.
Sbuffò e strinse i pugni quando si rese conto che era di nuovo alta non più di una trentina di centimetri, e che quindi doveva trovare di nuovo qualcosa che la facesse tornare alle sue abituali dimensioni.
"Lazuli, tesoro, te ne vai di già?" la chiamò la mamma di Bulma, sorridendole con fare gioviale davanti alla porta di casa.
"Sì, sono di fretta" ribatté, sfrecciandole sotto le gambe e cominciando a correre in giardino.
Si guardò intorno, decisa a trovare la via più breve che potesse condurla verso quel bosco che secondo Lunch era estremamente pericoloso, ma nel quale doveva trovarsi anche Radish.
Mentre si guardava intorno, un'abbaiata acuta proprio sopra la sua testa accompagnato da un'improvvisa ombra che aveva oscurato il cielo le fecero alzare lo sguardo in tutta fretta.
Un enorme cane la fissava dall'alto e, allungando debolmente la sua zampa ricoperta di pelo beige, cercava di toccarla. Sembrava gigantesco rispetto alle dimensioni attuali di Lazuli, ma anche lui era una sua vecchia conoscenza.
"Bee!" esclamò la bionda, e il cane, un Golden retriever dal pelo lucido e dall'aria giocosa, abbaiò in tutta risposta e cominciò a scodinzolare con gioia.
Si trattava del cane di Mr Satan, il vicino di casa di Lazuli, proprietario di una grande e lussuosa villa nel suo stesso quartiere. Un personaggio singolare, di mezza età, eccentrico e borioso, ma di indole buona e generosa. Ex combattente di wrestling ed ex attore, ultimamente aveva investito in un canale televisivo e in una casa editrice. Gli affari gli andavano bene, non escludeva di provare a entrare anche nel mondo del grande schermo a breve. Lui e Lazuli si erano conosciuti grazie ai rispettivi cani, portandoli a spasso e incontrandosi di tanto in tanto al parchetto. Lui le aveva anche offerto una chance di cambiare vita, di guadagnare quei soldi che aveva sempre desiderato. E di liberarsi di quel lavoro che odiava, soprattutto. E lei gli aveva detto che doveva pensarci. Che aveva bisogno di tempo. Ma non si era confidata con nessuno, non aveva chiesto aiuto o consigli.
La ragazza scosse la testa, scacciando quei pensieri. Aveva cose più importanti a cui pensare. Ci sarebbe stato tempo per il suo futuro lavorativo.
"Sei qui da solo? Non c'è il tuo padrone?" gli domandò, e il cane smise di scodinzolare, assumendo un'aria dimessa.
"Uhm... ti ha lasciato ai genitori di Bulma ed è andato da qualche parte?" buttò lì, e il cane abbaiò felice. Sembrava capirla.
"Quindi anche Satan è qui in giro..." disse tra sé pensierosa Lazuli, prima di riprendere a guardare Bee, che continuava a fissarla dall'alto con la lingua a penzoloni. "Tu sai dove si trova il bosco in cui sono andati tutti?"
Il cane abbaiò e abbassò il busto fino a fargli toccare l'erba, tenendo in alto il sedere e continuando a sventolare verso l'alto la coda come fosse una bandiera.
"Bravo, Bee!" gli sorrise la ragazza, accarezzandogli il muso con la piccola mano che si ritrovava.
Con gli animali riusciva a sciogliersi. Loro non l'avrebbero mai giudicata. Non l'avrebbero mai chiamata Regina delle nevi o parlato alle sue spalle.
"Mi porti tu? Posso salire in groppa?" gli chiese, e il cane sembrò annuire abbaiando.
Così Lazuli montò sulla schiena come se stesse salendo su un cavallo e Bee cominciò a sfrecciare nel prato, così veloce che doveva tenersi ben salda ai suoi pelli del collo per evitare di cadere.
Dopo pochi minuti si pararono davanti a loro cespugli, arbusti e piante sempre più grandi, finché non cominciarono a vedersi anche i primi alberi, che via via diventavano sempre più fitti.
Bee rallentò e poi si fermò, annusando qualcosa che sembrava avere tutta l'aria di essere una semisfera biancastra con dei bubboni giallognoli. Dopo pochi istanti arretrò guaendo, con la coda tra le gambe.
"Buono, buono" lo rassicurò dolcemente Lazuli, accarezzandogli la testa e poi scendendo per andare a controllare.
Si rese conto che quella semisfera poteva essere un guscio di uno strano uovo, visto che poco più in là ce n'era un'altra, uguale e speculare. Era un guscio rigido e spesso, come un'enorme noce di cocco tagliata a metà.
Un brivido le corse lungo la schiena.
Sollevò lo sguardo in direzione del bosco e percepì una sensazione sinistra provenire da lì. E ne ebbe conferma voltandosi in direzione di Bee, spaventato e tremante a qualche metro da lei.
"Grazie per avermi accompagnata, Bee. Ora proseguo da sola" gli sorrise Lazuli. "Torna dai genitori di Bulma".
Il cane mosse un passo verso di lei, sembrava triste, seppur intimorito.
"Me la caverò. Vai, adesso!" gli ordinò, e si mostrò impassibile finché il cane non si decise ad andarsene.
Non voleva mettere in pericolo anche lui.
Già, perché sentiva che oltre quegli alberi avrebbe dovuto affrontare qualcosa di oscuro, e si domandò se avrebbe davvero incontrato anche Radish da qualche parte. Se stesse bene, se fosse riuscito a superare anche lui indenne quell'ostacolo che ancora non vedeva, ma di cui percepiva la presenza.
 
Lazuli notò una sorta di sentiero fatto di erba bagnata e schiacciata che cominciava da quei due gusci vuoti e si ingrossava man mano che si entrava nel fitto della vegetazione. Decise di seguire quella pista. Se stava correndo davvero un pericolo, voleva sapere che cosa fosse. E voleva capire come affrontarlo.
A un certo punto si trovò davanti un grosso ostacolo, sembrava un masso allungato è molto largo, non riusciva a capire bene perché si camuffava col resto della vegetazione. Però era quello il punto in cui le tracce finivano, e così decise di arrampicarsi su una piccola pianta per provare ad avere una panoramica migliore su quella strana cosa che non riusciva a identificare.
Tuttavia, quando si rese conto di quello che aveva trovato, trasalì e rischiò di cadere. Dovette tenersi stretta al tronco di quella pianta su cui era salita, mentre una sgradevole sensazione allo stomaco cominciava a tormentarla e i brividi che aveva provato poco prima davanti all'uovo misterioso tornavano a farle venire la pelle d'oca.
Non era infatti un masso, bensì una gigantesca crisalide marrone e verdognola simile a quella di una cicala, ma lunga un paio di metri. Si poteva vedere molto bene la forma della faccia dell'essere che si era sviluppato all'interno di quell'involucro ninfale, coi suoi grandi occhi allungati e una bocca più simile a un muso rigonfio. Lazuli distingueva le quattro zampe su cui l'essere si era raggomitolato durante la sua crescita e la forma delle ali da insetto sul dorso. E, proprio sul dorso della crisalide, era ben visibile un ampio squarcio, dal quale si poteva intravedere del muco verdastro che ancora colava al suo interno.
La ragazza dovette trattenere un conato di vomito mentre scendeva dalla pianta, ma non aveva tempo di provare disgusto, repulsione o paura. Qualunque cosa fosse cresciuta in quell'inquietante crisalide, era uscita ed era lì da qualche parte.
Se lo sentiva.
 
Lazuli notò su un cumulo di terriccio poco distante delle orme mostruose, un gigantesco piede a tre dita, di cui due anteriori e una posteriore, e decise di seguirle, addentrandosi all'interno del bosco.
Proprio nel momento in cui la terra aveva lasciato posto all'erba, impedendole così di continuare ad avere un pista da seguire, Lazuli notò in lontananza qualcosa abbandonato per terra. Sembravano dei vestiti, che ci fosse qualcuno nei paraggi?
La ragazza si avvicinò e sentì un brivido accarezzarle la schiena: sul prato erano disposte una maglietta gialla con un buco al centro della schiena, dei jeans e delle sneakers bianche con tanto di calze ancora infiliate al loro interno e che allo stesso tempo fuoriuscivano dai pantaloni.
Che cos'era quella cosa inquietante? Uno scherzo? Una specie di fantoccio senza che all'interno dei vestiti ci fosse qualcosa o qualcuno? Quei capi d'abbigliamento, infatti, erano posizionati per terra proprio come se fossero stati indossati da una persona fino a un attimo prima. E cosa significava quel buco nella maglietta?
Lazuli si chinò per esaminarlo da vicino, ma non c'erano tracce di sangue. Solo tessuto squarciato verso l'interno, come se qualcosa avesse colpito quella maglietta dall'esterno. Qualcosa come un enorme pungiglione o una gigantesca siringa.
Un leggero alito di vento smosse i capelli di Lazuli, portando con sé l'odore della paura che aleggiava in quel tratto di bosco. La ragazza si rialzò e si sistemò una ciocca dietro l'orecchio, inspirando a fondo.
Quello che respirava non era però l'odore della paura, bensì odore di morte. Se ne rese conto, così come si rese conto che probabilmente fino a poco prima c'era una persona viva e vegeta dentro quei vestiti ai suoi piedi.
Era sola e sentiva di non poter tornare indietro. Non poteva scappare e non voleva farlo. Doveva andare avanti, e così fece. Perse il conto di quanti altri vestiti abbandonati a terra incontrò lungo il suo cammino, tutti con lo stesso identico buco sulla schiena. Completi da uomo, abiti da donna, addirittura qualche vestito che doveva essere appartenuto a dei bambini. Provava rabbia mista a terrore, ed era sempre più certa che stava andando incontro a qualcosa o qualcuno di spietato, inquietante e soprattutto molto pericoloso. Perché aveva denudato e rapito tutta quella gente disponendo poi per terra in quel modo i loro vestiti? Li aveva uccisi? Questa era l'opzione più probabile, doveva essere un seriale con l'ossessione dei vestiti. Ma dov'erano finiti i corpi delle vittime? Perché li portava con sé? Lungo il cammino, infatti, non aveva notato parti di terreno che sembravano essere state dissotterrate da poco.
Persa nei suoi pensieri, Lazuli notò un leggero fumo emergere da dietro le chiome di alcuni alberi, gli stessi alberi dove sembravano interrompersi le tracce lasciate da quegli inquietanti abiti abbandonati per terra. Superò una camicetta azzurra tristemente lasciata sull'erba insieme a una minigonna nera e delle scarpe col tacco e si infilò sotto un cespuglio, sfruttando le sue dimensioni ridotte, per vedere da dove proveniva quel fumo.
Si ritrovò davanti a un gigantesco fungo, e non riuscì a strozzare un piccolo urlo di stupore e spavento, rischiando anche di inciampare all'indietro. Non certo per causa di quell'enorme fungo dalla base biancastra simile al tronco di un grosso albero e dal cappello rosso con chiazze bianche qua e là, così ampio che ai lati pendeva tanto da sfiorare l'erba.
Era l'essere seduto a gambe incrociate sopra al fungo a inquietarla.
E non aveva dubbi: era lui ad essere uscito dalla crisalide, seminando morte fin lì.
 
L'essere la fissava, con un ghigno sinistro appena accennato su una bocca priva di labbra, simile a una sorta di muso striato e leggermente sporgente. Gli occhi velati di un rosso tenue tendente quasi al rosa, dall'iride nera assottigliata e verticale come quella di un rettile. Un corpo verdastro con macchie più scure, dotato di due ali da insetto chiuse sulla schiena e di una lunga coda che terminava con un enorme pungiglione marrone. Corporatura magra eppure muscolosa, con braccia sottili incrociate al petto e gambe a loro volta lunghe e sottili che terminavano con delle zampe a tre dita dotate di artigli neri identici a quelli che aveva sulle mani. Doveva essere alto almeno due metri, senza considerare quelle due specie di corna ricoperte di pelle come il resto del corpo che andavano a formare una V allargata sopra il suo cranio. Sull'addome si trovavano le stesse striature marroni presenti sulla bocca, e intorno alla sua figura aleggiava un'aura che avrebbe spinto chiunque a fuggire senza mai voltarsi, implorando per la propria vita.
Chiunque, ma non Lazuli.
I suoi occhi di ghiaccio brillavano mentre avanzava di un paio di passi verso quell'ibrido tra un umano, una cicala e qualcosa d'altro di indefinito e grottesco. Non aveva più paura, nonostante fosse grande quanto una mano di quel mostro e sapesse benissimo di non avere nessuna possibilità contro di lui, se avesse deciso di attaccarla. Quell'essere aveva qualcosa di familiare, qualcosa che voleva esorcizzare con tutta sé stessa perché le evocava sensazioni negative. E, inoltre, sentiva che aveva qualcosa a che fare con quello strano ring che aveva intravisto dalla porticina più piccola nella stanza sotterranea che l'aveva portata in quel mondo.
Il mostro fumava lentamente da un narghilè posizionato accanto a lui. Inspirava avidamente ampie boccate di fumo e poi lo soffiava verso il cielo, formando talvolta dei cerchi. A Lazuli dava fastidio quell'odore di tabacco, ma non era nemmeno paragonabile al fastidio che provava nell'essere di fronte a quell'essere che doveva essere un assassino e che sentiva anche legato a lei, senza sapere come.
Si guardarono ancora per un po', in silenzio, come se fossero impegnati a studiarsi a vicenda.
La ragazza reggeva lo sguardo dell'essere, lui la guardava con fare di superiorità senza smettere di fumare. Dava l'aria di essere pienamente consapevole di quanto stesse succedendo, a differenza di lei, che non poteva avere ancora il quadro completo degli avvenimenti folli che le stavano stravolgendo la vita in quel mondo in cui tutto sembrava possibile.
La cicala umanoide si sfilò lentamente dalla bocca il narghilè senza smettere di fissare Lazuli, conficcando poi il boccaglio sul cappello del fungo con un gesto secco e deciso. Sembrava quasi che un pungiglione avesse trafitto una schiena umana, proprio come doveva essere successo ai possessori di tutti quegli abiti che la ragazza aveva trovato per terra lungo il suo cammino.
Continuava a guardarla con aria lasciva, bramosa, impaziente. Ed era inquietante e grottesco considerato il suo aspetto mostruoso. Si passò la lingua sottile e violacea su quelle specie di labbra striate che si intravedevano sul suo muso sporgente. Lazuli dovette trattenere un altro conato di vomito e la repulsione che quell'essere generava in lei, non tanto per il suo aspetto, quanto per il suo modo di fare. Ma doveva restare calma, essere furba, cercare di volgere la situazione a proprio favore. Era alta trenta centimetri al massimo e non aveva nessun potere o arma, ma le restavano sempre il suo cervello, la sua freddezza e la lucidità che l'aveva sempre aiutata nei momenti più delicati della sua vita. E che le impediva ogni giorno di fare una strage, considerando la quantità di persone che non sopportava e che la infastidivano, soprattutto al lavoro, ma anche in altri ambiti della sua vita.
"E tu chi sei?" chiese all'improvviso l'essere, con il fare di chi in realtà sapeva benissimo da solo la risposta.
Non era un inizio incoraggiante per una conversazione. Era più un volerne prendere le redini. Assumere il controllo della situazione. Ostentare superiorità.
La sua voce era languida e allo stesso tempo supponente, arrogante e canzonatoria. E sinistra. Terribilmente sinistra.
E, soprattutto, quella era una voce che Lazuli conosceva benissimo.
Una voce che le fece gelare il sangue nelle vene e stringere forte i pugni per la rabbia.
Ma non era quello il momento per farsi travolgere dalle emozioni, doveva raggiungere i suoi obiettivi: affrontare quell'essere, sopravvivere, recuperare le sue dimensioni normali, trovare Radish e magari anche gli altri, a partire da suo fratello Lapis.
E ce l'avrebbe fatta. Eccome se ce l'avrebbe fatta.
Vista in quel momento sembrava piccola e innocua, ma doveva ancora nascere qualcuno in grado di metterle i piedi in testa o di ballare sul suo cadavere. In questo mondo, in quello da cui proveniva, ovunque. Ne era consapevole.
Respirò profondamente e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, regalando un'occhiata di fuoco al suo interlocutore.
I suoi occhi di ghiaccio scintillavano come nelle migliori occasioni, fieri e carichi di determinazione. Sembravano diamanti nella neve, gocce di gelida rugiada illuminate da un'alba invernale.
"Io sono Lazuli fottutissima Eighteen" disse, accennando un sorriso diabolico, con una voce che quasi non sembrava la sua. "E tu lo sai benissimo. Vero, Cell?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: ve l'avevo detto che questo capitolo sarebbe stato importante. Vi aspettavate di già un primo incontro tra Lazuli e Cell, per di più nella sua versione base? Una chiusura di capitolo alla Harley Quinn per Lazuli, tra l'altro! Non c'entra niente, ma andate a vedere il nuovo The Suicide Squad al cinema e recuperate Birds of Prey se non li avete visti! ;-)
Tornando al capitolo, abbiamo anche incontrato il cane Bee e scoperto cose importanti su Mr Satan... cosa starà combinando in questo mondo? E Lazuli accetterà la sua offerta di lavoro se mai riuscirà a tornare indietro?
Per la parte del cane mi sono ispirato al racconto originale, dove effettivamente Alice incontra un cane enorme rispetto a lei prima del Brucaliffo.
Piuttosto, cosa ne dite di Cell come Brucaliffo?
Ci tengo poi a complimentarmi con chi settimana scorsa ha riconosciuto Yurin, che ho solo citato tramite una furiosa Lunch e che fa una fugace apparizione in DB Super accanto a Tensing prima del Torneo del Potere.
 
Ringrazio anche stavolta tutti voi che mi sostenete e date fiducia a questa storia, siete super! Grazie anche a chi ha inserito la storia nelle liste!
E grazie poi a Taanipu per le bellissime immagini create col dollmaker di Lazuli e Radish! Nel prossimo capitolo rivedremo invece Sweetlove e un'altra delle sue magnifiche Lazuli, stavolta col look che aveva all'inizio della storia fino al balletto asciugante della Squadra Ginew!
 
E ora una comunicazione importante: mi fermo per due settimane per via delle ferie, quindi ci rivediamo qui mercoledì 25 agosto!
E ci interrompiamo in un momento davvero importante, perché Lazuli, per di più in versione piccola, si ritrova sola al cospetto di Cell. Proverà ad assorbirla? Vorrà ucciderla? Ci sarà un discorso surreale e al tempo stesso rivelatore come quello che avviene tra Alice e il Brucaliffo? Lazuli riuscirà a tornare alle sue dimensioni normali? E a trovare Radish?
Lo scopriremo il 25 agosto con "L'Essere Piuccheperfetto".
 
A presto!
 
Teo
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** L'Essere Piuccheperfetto ***


7 - L'Essere Piuccheperfetto
 
 
 
Lazuli guardava Cell con aria di sfida, per nulla intimorita all'idea che quell'essere che si trovava davanti altri non era che il suo capo, il proprietario dell'azienda per cui lavorava. Quello stronzo del suo capo, precisamente.
Non sapeva perché avesse assunto quelle mostruose sembianze insettoidi e cosa ci facesse lì, ma la sua voce e i suoi atteggiamenti le avevano tolto ogni dubbio.
Aveva davanti a sé il signor Cell, uno degli uomini più ricchi e potenti del paese, colui che le rovinava l'umore ogni giorno o quasi col suo sminuirla al lavoro, coi suoi modi di fare, le sue battutine che le facevano ribollire il sangue nelle vene e col suo metterla sempre in secondo piano solo perché donna. Ma non avrebbe avuto riguardi per lui, non in quel mondo assurdo. Non era il suo capo lì, era solo un insetto troppo cresciuto al quale voleva estorcere le informazioni che le servivano.
"Molto bene, vedo che non c'è bisogno di fingere con te, hai già capito tutto" accennò un sorriso Cell. "Del resto hai sempre dimostrato molta intelligenza, se non fossi una donna avrei potuto darti un ruolo più importante al lavoro. E uno stipendio migliore, magari".
Lazuli cercò di non lasciarsi provocare. Non voleva fare il suo gioco. Anche se le costava sempre una fatica immane seppellire l'orgoglio e il senso di ingiustizia, oltre alla rabbia.
"Io ero la solita Lazuli Eighteen quando mi sono svegliata questa mattina, ma credo di essere cambiata molte volte da allora" disse, sicura di sé.
"Che cosa intendi dire con questo?" ribatté Cell, con tono severo. "Spiegati".
Sembrava stupito, almeno un po'. Di sicuro scocciato da quelle parole.
"Non ho molto da spiegare" rispose Lazuli, indicandosi, come a voler sottolineare quanto fossero cambiate le sue dimensioni, decidendo al contempo di dare del tu al suo capo, cosa che non faceva nel mondo da cui entrambi provenivano. "Sono questa, adesso, come vedi".
"Io non vedo" si limitò a dire Cell.
"Spiacente, non ho tempo né voglia per essere più chiara" ribadì lei. "Ritrovarsi ad assumere tante dimensioni diverse nell'arco di una sola giornata genera molta confusione. E sei fortunato che ora non sono più alta tre metri, non trovi?"
"Io non trovo" la provocò di nuovo l'essere.
Avrebbe voluto davvero tornare ad essere una gigante per calpestarlo. Tre metri di altezza non le bastavano, forse sei o sette sarebbero stati più adeguati per fargliela pagare ad un verme come quello che si trovava davanti.
"Eppure anche tu sei cambiato molto ultimamente. Ho visto il tuo uovo e la tua crisalide" insistette Lazuli. "E ora sei così. Ti ricordavo più... umano. Non ti senti strano in quel corpo? Non ti senti in colpa ad aver trafitto tutta quella gente?" aggiunse, indicando la scia di vestiti abbandonati sul prato alle sue spalle.
"Nemmeno un po'" rispose l'essere, beffardo.
"A quanto pare le tue sensazioni sono diverse dalle mie" replicò la ragazza. "Io mi sento strana ad essere così cambiata".
"Tu ti senti così perché sei tu!" disse Cell con una punta di disprezzo. "Ma chi sei tu?"
Il che li riportò all'inizio di quella conversazione surreale, suscitando una certa irritazione in Lazuli, che si drizzò in tutti i suoi trenta centimetri di altezza e fulminò il suo interlocutore con uno sguardo glaciale.
"Io te l'ho detto. E penso che dovresti dirmi chi sei tu davvero è che cosa stai facendo qui, tanto per cominciare".
"Perché?" si mostrò indifferente Cell.
"Perché voglio sapere che fine hanno fatto tutte le persone che indossavano quei vestiti. Dove li hai portati? Li hai uccisi?" indagò Lazuli.
Cell afferrò di nuovo il boccaglio del narghilè e riprese a fumare, assorto nei suoi pensieri per alcuni secondi che a Lazuli parvero interminabili e che fecero montare di nuovo in lei una buona dose di rabbia che faticava a nascondere.
"Sono diventati parte di un progetto più grande" rispose finalmente Cell. "Dovrebbero sentirsi onorati di aver dato un senso alla loro altrimenti inutile esistenza".
"Non puoi giudicare inutile la vita di qualcuno. E te lo dico io che non ho nessuna fiducia nel genere umano" replicò Lazuli.
"Sì che posso" disse sprezzante Cell, accennando un ghigno.
"Hai fatto del male ai miei amici?"
"Non posso saperlo. E poi tu non hai amici. Una col tuo carattere non sarà mai benvoluta da nessuno" rise l'essere.
Lazuli si sentì ferita da quelle parole, ma cercò di non darlo a vedere.
"Tu non sai niente di me. Me ne bastano pochi di amici, ma veri" rispose a denti stretti.
"So però che nessuno potrebbe mai amare davvero la Regina delle Nevi" la provocò nuovamente. "Sì, lo ammetto, hai un aspetto che attira su di sé le attenzioni della gente, ma chi potrebbe mai amare una persona come te?!"
Lazuli distolse lo sguardo, stavolta ferita sul serio. Qualcuno poteva amarla? Qualcuno poteva capirla? Volse lo sguardo verso il cuore del bosco, pensando a Radish. Lui la amava? Cosa pensava davvero di lei? La vedeva solo come un'amica?
"Hai ucciso anche Radish?" chiese a bruciapelo, facendo smettere di ridere Cell.
"Radish? Intendi forse quel mentecatto del Cappellaio?!" esclamò l'essere, prima di scoppiare di nuovo a ridere. "Questa è bella! Pensi che lui ti ami?!"
"Rispondi alla mia domanda. L'hai ucciso?" insistette Lazuli, risoluta, cercando di ignorare le provocazioni.
Non si era soffermata molto sul fatto che l'avesse definito "Cappellaio". Si stava prendendo gioco di lei, era evidente.
"Avrei potuto, ma perché ucciderlo? È più divertente per me sapere che lui e i suoi amici sono diventati pazzi dopo quello che ho fatto!"
"Cosa hai fatto?!" indagò Lazuli, sgranando leggermente gli occhi, mentre la paura cominciava ad assalirla. Temeva il peggio.
"Questo non riguarda te, ma il Re e la Regina di Cuori" ghignò Cell. "Il Cappellaio è andato fuori di testa, il Principe di Cuori è diventato una lepre e quell'altro babbeo un gatto" aggiunse, facendo roteare il dito indice accanto alla tempia, come a voler dire che erano ormai diventati tutti matti.
"So che mio fratello è in pericolo. L'hai ucciso? Dov'é?" domandò Lazuli.
"Oh, non potrei mai uccidere i tuoi fratelli! Loro sono pedine fondamentali per il mio progetto, come te, del resto!" si illuminò Cell.
Sembrava improvvisamente famelico. Quasi lussurioso.
Lazuli provò un forte senso di repulsione. Disgusto allo stato puro.
"Ho un solo fratello, io. E ti assicuro che mi basta e avanza".
"Oh, ti sbagli, si vede che sei cambiata così tanto da stamattina da aver dimenticato alcune cose".
Gli occhi sottili e malvagi di Cell squadravano Lazuli con un'intensità che metteva i brividi. Sembrava davvero famelico.
"Uno è già da me, nel castello che ho conquistato, l'altro è qui da qualche parte. E poi ci sei tu, la ciliegina sulla torta. Mi sto preparando per voi. Sono quasi pronto".
"A cosa ti serviamo?" chiese Lazuli, sostenendo il suo sguardo e decidendo di non dargli retta sulla storia dei due fratelli.
Le bastava sapere che anche Lapis fosse ancora vivo.
"Poco fa ti ho chiesto di dirmi chi sei, ma tu non mi hai ancora risposto" replicò Cell, deciso a sfidarla di nuovo. "Ti credi intelligente, bella e migliore degli altri, ti illudi che un Cappellaio Matto possa amarti dimostrando così di accontentarti di poco, pur non potendo ambire nemmeno a quelle briciole. Sperare di essere amata da un Cappellaio incapace equivale ad accontentarsi delle briciole. E le briciole te le può portare via anche una stupida oca, più veloce e decisa di te!"
"Non mi interessa il tuo parere. E non ti permetto di giudicare Radish" rispose Lazuli, stringendo i pugni così forte da farsi male. "Sai cosa ti direbbe lui? Di infilarti quel narghilè su per il... non ti dico dove perché sono una signora".
Stava soffrendo, ma si ricordava anche di una cosa che le ripeteva sempre Radish, un insegnamento che aveva cercato di far suo in ogni momento difficile della sua vita: mai sanguinare davanti agli squali.
"Ah, ma allora un po' di grinta la sai tirare fuori, almeno qui! Al lavoro stai sempre sulle tue e non ribatti mai!" rise Cell.
"Qui non siamo al lavoro. Non sei tu a darmi lo stipendio che mi serve per vivere. Non sei niente, qui, solo un insetto troppo cresciuto" replicò stizzita Lazuli.
"Si vede che non hai capito né chi sono io, né chi sei tu..." sospirò Cell. "Tu sei solo un mezzo. Sei nata per me, per darmi la possibilità di diventare l'Essere Piuccheperfetto!"
"Stai farneticando" sibilò la ragazza.
"Oh, ci sono molte cose con non sai. Grazie ai tuoi fratelli diventerò l'Essere Perfetto, ma è solo con te che raggiungerò la mia forma finale! Mi sono preparato a questo, ti stavo aspettando" sorrise orribilmente l'essere.
Saltò giù dal fungo e si posizionò davanti a Lazuli, imponente, cominciando a far oscillare la coda nell'aria.
"Vuoi uccidermi?" chiese lei, sforzandosi di non tremare e cercando di guardarsi intorno in cerca di una possibile via di fuga.
"Non mi servi morta. E non mi servi neanche con questa statura" rispose enigmatico l'essere. "Un lato ti farà diventare più alta, un lato ti farà diventare più bassa" aggiunse, passandole sopra con un passo che sembrava quello di un gigante.
Lazuli rabbrividì nel vedere così da vicino quelle enormi zampe artigliate a tre dita, ma si voltò per seguirlo con lo sguardo mentre si allontanava.
Non sembrava più interessato a lei.
O forse non lo era ancora. Perché non era ancora il momento per lui di interessarsi a lei. Ma, arrivata a quel punto, per Lazuli contava essere sopravvissuta e poter proseguire nel suo viaggio. Avrebbe avuto modo più tardi per pensare alle strane e inquietanti parole che aveva ascoltato, se fosse riuscita ad allontanarsi da lui.
"Un lato di cosa?" gli domandò.
"Del fungo".
"Non sembra un fungo commestibile".
"Vuoi restare così piccola per sempre?"
"No".
"Allora non pensare a troppe cose in una volta sola. Concentrati su quanto sei inutile ridotta in quello stato. Inutile per i miei fini, intendo. Nella tua vita, invece, sei sempre stata inutile fino ad ora, lo sai anche tu".
"Non ho ancora capito quali siano i tuoi fini" indagò Lazuli, cercando di ignorare l'ennesima provocazione.
"Non ti serve capirlo. E non sei nelle condizioni di poterti permettere di farmi arrabbiare".
"Posso eccome. Hai detto che ti servo viva".
Cell si mise a ridere, senza voltarsi. Camminava tra i vestiti abbandonati nel bosco. Tra le anime di chi aveva ucciso.
"Sei più intelligente e spregiudicata di quanto pensassi. Sei cambiata davvero!"
"Non hai ancora risposto alla mia domanda".
"Il mio fine è diventare Piuccheperfetto, il tuo dev'essere quello di cambiare ancora. E fidati che anche io cambierò, fino a raggiungere la mia forma definitiva e invincibile. Quando ci rivedremo io sarò pronto, cambiato rispetto ad ora, vedi di esserlo anche tu".
"Dove vai?"
"Al mio castello. E poi al ring" gli rispose, voltando leggermente il capo per regalarle un ghigno sinistro mentre la guardava negli occhi. "Ma non devi badare a me per ora, pensa piuttosto a qual è attualmente la tua paura più grande".
 
Lazuli osservò Cell finché sparì dalla sua vista, e insieme a lui se ne andò anche quella fastidiosa morsa allo stomaco che l'aveva attanagliata durante tutta quella surreale conversazione. C'era qualcosa di vero in quello che le aveva detto? In ogni caso le era sembrato sincero quando le aveva confermato che Radish e Lapis erano ancora vivi,anche se c'erano molte questioni rimaste irrisolte dopo le parole che aveva ascoltato.
Tornò ad osservare il fungo, con in cima l'ormai abbandonato narghilè. Si avvicinò a un'estremità del cappello e ne strappò un pezzetto, ripetendo poi la stessa operazione dall'altra parte.
Fissava le parti di fungo tra le sue mani e si chiedeva se era davvero il caso di rischiare. E se fosse stato velenoso? E, in ogni caso, quale doveva mangiare per tornare della sua statura? Il pezzo nella mano destra o quello della mano sinistra?
E se Cell le avesse mentito per far sì che si uccidesse da sola in un modo tanto stupido?
Per la prima volta non c'era nessun biglietto o avviso di qualche genere con la scritta "Eat me"... avrebbe avuto effetti diversi quel fungo anche se fosse sopravvissuta dopo averlo ingerito?
"Ah... 'fanculo, come direbbe Rad..." accennò un sorriso Lazuli, stupendosi di sé stessa.
Si rese conto che stava pensando troppo, come al solito. E che, in quel luogo e in quella situazione, non aveva tempo per rimuginare.
Così, senza indugiare oltre, si portò la mano destra alla bocca e addentò un pezzo del fungo.
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati a tutti e grazie per aver pazientato per due settimane in un momento clou della storia, spero che questo capitolo abbia rispettato le attese! Il primo round tra Lazuli e Cell si conclude con un nulla di fatto, ma cosa mi dite di quando si incontreranno di nuovo? Ci sarà un secondo round?
Il dialogo tra i due è piuttosto surreale, ho cercato di utilizzare certe battute che si scambiano Alice e il Brucaliffo e ho aggiunto qua e là rivelazioni molto importanti fatte da Cell che non so se potete ancora decriptare del tutto, ma se volete potete provarci, sono sempre felicissimo di sentire le vostre teorie! Ad ogni modo tutto verrà spiegato al momento opportuno, lo stesso vale per le rivelazioni che aveva fatto Lunch l'ultima volta, come quando aveva accennato a una Chichi in procinto di partorire, per esempio.
 
Ringrazio voi che mi sostenete sempre e mi date la carica coi vostri messaggi e recensioni, un grazie prima di tutto a chi è tornato su questa storia dopo la pausa di queste due settimane e anche a chi legge in silenzio! Spero abbiate passato e stiate passando un bell'agosto! Il mio è stato abbastanza folle e in ottima compagnia, sono felice e ancora un po' scombussolato, ma tutto intero! Ringrazio chi l'ha vissuto al mio fianco e ringrazio Sweetlove per l'incantevole Lazuli che allego qui, col suo look dei primi capitoli della storia.
 
Bene, settimana prossima entra in scena un nuovo personaggio, anche se di lui/lei si è parlato molto un po' in tutti i capitoli. E no, vi blocco subito, non sto parlando di Rad, che spinge e strepita da dietro le quinte, ma è ancora troppo presto per lui! Se volete un aiuto posso dirvi di badare molto bene a quando Cell dice a Lazuli qualcosa a proposito della sua paura più grande...
Una prova molto importante attende la nostra Eighteen, sperando che il fungo non sia stato un inganno di Cell.
Ci vediamo mercoledì con "A tu per tu con la paura".
 
Teo
 

Lazuli-Canotta-Alice

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Capitolo 8
*** A tu per tu con la paura ***


8 - A tu per tu con la paura
 
 
 
Lazuli deglutì il pezzo di fungo che aveva addentato e, nel breve volgere di un istante, avvertì un colpo violento sotto il mento, e si rese conto con orrore che aveva sbattuto in pieno contro il suo piede. Il corpo le si stava comprimendo, non le era mai successo un cambiamento così repentino! Coi fili d'erba che ormai le pizzicavano il naso, Lazuli riuscì a portarsi la mano sinistra alla bocca e ad addentare un pezzo dell'altra estremità del fungo.
Faticava a masticare, il suo mento era talmente schiacciato tra il terreno e ciò che restava dei suoi piedi da rendere quasi impossibile anche un'operazione così banale. Tuttavia, non appena riuscì a deglutire, Lazuli si sentì improvvisamente libera e tirò un sospiro di sollievo.
Non per molto però, perché stava sì crescendo, ma in maniera del tutto anomala. Si rese conto infatti che il suo corpo, almeno fino alle spalle, era tornato alle sue dimensioni normali. Il problema era che il collo non la smetteva di crescere, lungo e affusolato come una pertica, ma flessibile come se fosse un'anaconda.
La testa di Lazuli svettò tra un mare di foglie, superando le cime degli alberi che la circondavano. Guardò verso il basso, e il suo corpo le appariva un piccolo punto lontano. Tuttavia, nonostante la distanza, le sembrava ci fosse qualcosa di insolito, ma non riusciva a capire cosa. Le venne istintivo sollevare il braccio destro per provare ad addentare una piccolissima parte del fungo "rimpicciolente" per cercare di risolvere il problema di quel collo assurdo che si ritrovava, ma, ovviamente, non poteva arrivare così in alto. Provò allora a piegare il collo, stando ben attenta a non pestare la faccia contro qualche ramo, e si rese conto che era flessuoso proprio come un lunghissimo serpentone. Era riuscita a curvarlo del tutto ed era pronta a tuffare la propria testa verso il basso, quando un sibilo acuto la fece trasalire e voltare di scatto.
"Un serpente! Un serpente con la testa di Lazuli!"
Una voce simile a uno starnazzo.
Una voce che la irritava e che allo stesso tempo le metteva ansia.
Una voce che conosceva bene, purtroppo.
Solo in quel momento, infatti, Lazuli si era resa conto che alle sue spalle si trovava una sorta di dirupo, sopra il quale la natura splendeva rigogliosa.
Davanti a sé una ragazza, mezza nuda e mezza vestita da oca, con tanto di ali piumate bianche sulla schiena e coda pennuta all'insù. I suoi lunghi capelli, azzurri come i suoi occhi, sembravano risplendere, così come il suo abbondante seno contenuto a fatica in uno striminzito body di piume bianche che lasciava ben poco spazio all'immaginazione.
Lazuli digrignò i denti e strinse i pugni, così lontani dalla sua faccia.
Ripensò alle parole di Cell, a quelle con cui si era congedato.
Era davvero quella la sua paura più grande? Un'innocua ragazza con l'aspetto e il cervello da oca? Con una voce stridula e con un perenne modo di fare sfacciatamente ammiccante e volgare?
Si odiava per questo, ma la verità era che ultimamente quella ragazza era la sua paura più grande.
Perché temeva che le avrebbe portato via Radish. Se non l'aveva già fatto.
 
"Lazuli serpente! Lazuli serpente!" cantilenava gioiosamente la ragazza oca, ridendo e battendo le mani per tenere il tempo.
"Non sono mica un serpente" ringhiò Lazuli, minacciosa. "Tu, piuttosto, perché sei conciata come un'oca? Eh, Marion?"
Guardava male quella ragazza disinibita e smaccatamente volgare che andava quasi ogni giorno nel locale dove lavorava Radish e ci provava con lui, ronzandogli sempre intorno.
A lui poteva piacere davvero una persona così frivola? Poteva provare attrazione per lei, anche solo per divertirsi qualche notte?
Lazuli rabbrividì. Non si sentiva pronta nemmeno a immaginarselo ad avere un rapporto occasionale, con quella ragazza o con nessun'altra. Quando era successo, in passato, ne aveva sofferto senza darlo a vedere, ed era forse in quei momenti che aveva capito quanto fosse forte quello che provava per lui.
Perché allora non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo? E perché lui non si era mai fatto avanti?
Lazuli si stava facendo trascinare in un vortice di rimpianti e paranoie come suo solito, ma non poteva mollare. Non ora che sentiva Radish sempre più vicino. E non ora che si trovava davanti a Marion.
Non gliel'avrebbe lasciato.
"Marion non capisce! Marion non capisce!" cantilenava la ragazza dai capelli azzurri, facendo ciondolare la testa a destra e a sinistra allo stesso ritmo del suo più che abbondante seno e richiamando Lazuli alla realtà.
"Piantala" sibilò la bionda, irritata.
"Perché sei sempre imbronciata?" ridacchiò ancora Marion, prima di voltarsi e sculettare sensualmente, senza staccarle gli occhi di dosso.
Indossava solo un perizoma formato da un filo bianco molto sottile che terminava in alto con un codino da oca.
Lazuli distolse lo sguardo. Doveva ammettere che quella ragazza odiosa aveva tutte le forme al posto giusto, pur non avendo un cervello. Non si sentiva certo inferiore a lei per bellezza, ma la vedeva come una rivale davvero temibile. Le mancavano classe, personalità e intelligenza, ma non certo la faccia tosta e la sicurezza nei propri mezzi. Il tutto abbinato a una bellezza dirompente.
"Mi sta bene il mio nuovo costume?!" le domandò starnazzando.
"Non mi interessa quello che indossi, voglio solo tornare normale e andarmene di qui" rispose Lazuli, asciutta.
Marion si voltò e si avvicinò a lei, zampettando sull'erba fino all'orlo del precipizio e guardando verso il basso, alla ricerca del corpo di Lazuli.
"Certo che hai un collo davvero luuungooo!" commentò, divertita. "Sembri un brontosauro! Però hai anche qualcosa d'altro di diverso..." aggiunse pensierosa, portandosi il dito indice alla bocca e cominciando a mordicchiarselo lentamente.
"È ovvio che sono diversa, mi sembra evidente! Ho mangiato un fungo e...".
"Ma certo! Adesso ho capito!" la interruppe Marion con un urlo stridulo e battendo le mani, facendola innervosire ancora di più. "Ti sei rifatta le tette! Le volevi grosse e sode come quelle di Marion!"
"Eh?!" sbottò Lazuli.
Non aveva mai pensato di rifarsi il seno, tanto più per il fatto che era messa molto bene già di suo e ne aveva uno proporzionato al suo fisico. Cosa stava farneticando quell'oca?!
"Certo, eri bellissima anche prima, Lazulina, ma ora lo sei ancora di più! Eri invidiosa delle mie?!" la provocò Marion, afferrando a due mani il suo seno e stringendolo per sollevarlo.
"Ma cosa stai dicendo?! E non chiamarmi in quel modo!" ringhiò la bionda.
"Sei carina quando ti arrabbi!" rise l'azzurra. "Ma... ti sei fatta anche dei tatuaggi sul seno?! Wow, è una cosa molto... hot! Li voglio anch'ioooo!"
Lazuli torse il collo e lo fece zigzagare verso il basso fino a raggiungere il suo corpo, e trasalì quando si rese conto che quell'oca odiosa non aveva detto del tutto una sciocchezza: il seno le era cresciuto di almeno una taglia, e sopra quello destro era comparso un tatuaggio che recitava "Eat me", mentre sul sinistro uno con la scritta "Drink me". Il resto del suo corpo sembrava a posto, era quella l'unica variante oltre all'assurdo collo che si ritrovava.
Raddrizzò il collo e tornò con la testa dalle parti di Marion, che stava ancora guardando verso il basso.
"Wow, posso palpartele?! Se vuoi ti lascio toccare anche le mie... e non si sa mai come potrebbe svilupparsi la situazione..." ammiccò, lasciva, tornando a guardare Lazuli negli occhi e avvicinandosi al suo volto. "Preferisco gli uomini, però tu, beh...".
"Ti ho detto di piantarla!" arrossì lievemente Lazuli.
Possibile che quell'oca odiosa e lasciva gliela stesse buttando lì persino a lei?
"E comunque non mi sono rifatta niente e non mi interessa essere come te. Deve essere un altro effetto di quel fungo maledetto..." aggiunse, sbuffando. "Me l'avrà dato apposta Cell, mi odia da sempre".
"Marion non conosce Cell!" le fece la linguaccia l'azzurra. "È bello?!"
"Decisamente no" sibilò Lazuli, inorridita.
"Ed è ricco?"
"Direi di sì... almeno, lo è nel mondo da cui arrivo...".
"Wow! A Marion piacciono quelli ricchi!" esultò l'azzurra, alzando le braccia al cielo e rischiando di far uscire il seno dallo striminzito top di piume che indossava.
"Non avevo dubbi...".
Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche istante, ma si vedeva che Marion stava studiando Lazuli, fissandola con aria furba.
"Rady è un gran figo, vero?" disse dal nulla.
I suoi occhi azzurri brillavano, mentre Lazuli la ricambiava sprizzando gelido fuoco dal suo sguardo glaciale.
Non sopportava che qualcuna lo chiamasse "Rad" come faceva lei, figurarsi se una si azzardava a chiamarlo "Rady", come era solita fare Marion.
Lazuli inarcò un sopracciglio e strinse in pugni così forte da farsi da male. Cercava di mantenere il controllo, non voleva rispondere a quelle evidenti provocazioni. Ma non poteva fare a meno di pensare a certe scene a cui aveva assistito, come quando quell'oca lo abbracciava, lo prendeva per mano per trascinarlo con sé o gli si aggrappava al braccio, stringendosi a lui. Tutto questo durante il turno di lavoro di Radish, e, spesso e volentieri, aveva avuto la sensazione che tutto questo venisse ostentato ancora di più se era presente anche lei. La voleva sfidare?
"Non ti serve avere il mio parere su Rad, immagino" provò a liquidarla Lazuli.
"Sei la sua ragazza?" domandò a bruciapelo Marion.
"No" rispose la bionda, distogliendo lo sguardo.
"Eppure ne ero quasi sicura, all'inizio..." si picchiettò il dito sul mento l'azzurra.
"Se ne eri così sicura, allora, perché ci provi con lui?" sibilò la bionda.
"Beh, perché non ne ero sicura! E perché mi è piaciuto subito!" scoppiò a ridere Marion. "Comunque, visto che non state insieme, posso prendermelo io?"
Il cuore di Lazuli cominciò a battere più forte. Il sangue le ribolliva nelle vene.
"Tu... prenderti Rad?" sillabò, tornando a incatenare i suoi occhi di ghiaccio a quelli quasi sgranati della sua rivale.
"In fondo non state insieme, no? Quindi, se Rady diventasse il mio ragazzo o se venisse da me per divertirsi e godersi quello che ho da offrirgli... a te non importerebbe nulla, giusto?"
Lazuli deglutì il nulla, in silenzio, cercando di resistere all'impulso di tirarle una testata.
Però, in fondo, lei che diritti aveva su Radish? Cos'erano loro due?
"Allora me lo prendo io Rady!" annunciò trionfale Marion, interrompendo i suoi pensieri.
"Scordatelo" ringhiò Lazuli, con un filo di voce.
"Eh?!" ribatté Marion, stupita.
"Ho detto che non puoi. Che non te lo lascio" ribadì la bionda, glaciale e improvvisamente sicura di sé.
"Ma uffaaa! Però voi due siete solo amici, giusto? Amici che non fanno neanche sesso insieme ogni tanto..." piagnucolò Marion.
"Non ti darò mai Radish" scandì per bene Lazuli.
"Lasciamelo!" alzò il tono della voce l'azzurra, incrociando le braccia sotto il seno, capricciosa.
"Ti ho detto di no. Non farmelo ripetere" rispose Lazuli con apparente distacco.
Marion sgranò gli occhi, ora lucidi per la rabbia e la frustrazione. Sembrava arrabbiata.
"Ma Rady non è il tuo ragazzo! Non è roba tua!"
"Rad... Radish è mio! Non te lo cederò mai! Non te lo lascio! Hai capito, razza di oca?!" sbraitò Lazuli.
Ansimava. Era strano per lei perdere il controllo. Strano, ma liberatorio. Aveva le idee chiare, si sentiva bene.
"Non ti piacerebbe allora fare una cosa a tre con me e Rady? A me piacerebbe... tu mi piaci!" buttò lì con nonchalance Marion, seppure ancora un po' imbronciata. "Mi piacerebbe farti...".
"Non mi interessa cosa vorresti farmi!" la interruppe Lazuli, carica di adrenalina e sempre più irritata dalla ragazza oca. "Mi interessa però sapere se sei già andata letto con Rad".
"Uuuhhh... vuoi sapere se ci sa fare? Se sa come far godere una donna? O vuoi sapere quanto ce l'ha lungo?" la provocò Marion, ammiccando e accennando un sorrisino che mandò in bestia Lazuli.
"Rispondi alla mia domanda!" sbottò, allungando il collo, minacciosa, fin quasi ad appoggiare la fronte contro quella di Marion.
Quando voleva, sapeva essere estremamente intimidatoria.
"Sei bella, lo sai, Lazulina?" accennò un sorriso di nuovo Marion, fissandole le labbra. "Secondo me tu piaci anche a Rady".
"Perché mi dici questo?! Non hai risposto alla mia domanda!" ringhiò la bionda.
"Ti dico questo perché non sono ancora riuscita a farmi sbattere da lui, anche se lo vorrei con tutta me stessa" ammise Marion. Sembrava sincera. "E questo, secondo me, è dovuto al fatto che gli piaci tu. Come potrebbe resistermi, altrimenti? Nessun uomo sa resistermi".
I lineamenti di Lazuli si distesero immediatamente, mentre tirava un sospiro di sollievo. Si sentiva stupida. Stupida, ma anche felice. Radish non aveva voluto portarsi a letto quell'oca nonostante lei gli avesse dato ben più di un'occasione per farlo.
"Sei ancora più bella ora che non hai il broncio, lo sai?! E te lo dico anche se hai quel collo lunghiiiiissimooooo!" aggiunse Marion, prima di afferrarle il volto tra le mani smaltate e baciarla.
Lazuli si irrigidì e sgranò gli occhi, colta alla sprovvista e priva di mani per allontanarla da sé. Erano infatti troppo lontane a causa di quel maledetto collo che si ritrovava. Sentì la lingua di lei insinuarsi nella sua bocca e cercare la sua, mentre le sue labbra morbide si adagiavano delicatamente sulle sue.
Era la prima volta che veniva baciata da una ragazza. Non aveva mai provato attrazione verso il suo stesso sesso, sebbene non avesse nulla in contrario nei confronti di nessuna inclinazione. Ma, soprattutto, non aveva mai provato attrazione verso Marion, una persona che non sopportava.
Sentì quella lingua che sapeva di zucchero filato accarezzarle la sua mentre cercava di divincolarsi dalla sua presa, finché riuscì a liberarsi con uno strattone del collo.
"Hai un buon sapore, Lazulina. È stato breve ma intenso" le sorrise Marion. "Sicura di non voler proseguire?"
"Ho altri problemi da risolvere, direi. Devo tornare normale" sbuffò la bionda, ancora confusa da quel bacio e dal sapore di quell'oca che si sentiva addosso.
"Beh, ma se è solo per quello, allora è semplice" allargò le braccia Marion, facendo ballonzolare il seno. "Ti basta palparti una tetta per rimpicciolire e l'altra per ingrandirti! Piano piano dovresti tornare alle dimensioni che vuoi!"
"Mi stai prendendo in giro?!" sibilò Lazuli, irritata.
"Perché dovrei? Se tornerai normale verrai a letto con me?" chiese l'azzurra. "Ti andrebbe di provare?" aggiunse, slacciandosi il reggiseno e lasciandolo cadere ai suoi piedi.
Lazuli guardò per un istante quei seni enormi e poi tornò a fissarla negli occhi, sbuffando.
"No, grazie..." rispose, mentre avvicinava le mani al proprio seno.
Si tastò quello destro, e subito sentì il collo cominciare ad accorciarsi.
"A quanto pare non mi hai mentito. Cercherò di odiarti di meno da oggi in poi..." accennò un sorriso Lazuli.
"Marion vuole bene a Lazulina!" rise l'azzurra, abbracciando la testa di Lazuli e spingendola in mezzo ai suoi seni nudi, quasi schiacciandola.
Lazuli si liberò accorciandosi di nuovo il collo, sbuffando, irritata da quei modi di fare così lascivi e dozzinali.
"Non chiamarmi mai più così. E vedi di stare alla larga di Rad. Lui è mio" stabilì, guardando male Marion, prima di sparire dalla sua vista.
Il suo collo si accorciava sempre più velocemente, percorrendo a ritroso lo stesso percorso tra i rami che aveva fatto quando si era improvvisamente allungato.
Lazuli dovette premere un po' il seno sinistro, oltre a quello destro, finché si rese conto di essere tornata esattamente come prima. L'unica cosa che non era cambiata era proprio il seno, più grosso di almeno una taglia ma contenuto nello stesso vestitino azzurro e bianco che si era ritrovata addosso poco prima, e che ora le sembrava più stretto, oltre che poco affine alla sua personalità. Anche quegli stupidi tatuaggi non volevano saperne di sparire, ma non aveva tempo per provare troppo imbarazzo per quel nuovo look che non rispecchiava la sua finezza.
Era di nuovo nel bosco, accanto al fungo sul quale Cell aveva abbandonato il narghilè. E, ora che era tornata alta 1 metro e 73, quel fungo le sembrava meno imponente di quando misurava meno di una trentina di centimetri.
Si guardò intorno, decidendo di incamminarsi dalla parte opposta a quella in cui aveva visto sparire la mostruosa cicala umanoide.
Si inoltrò nella vegetazione, finché, in lontananza, le parve di scorgere un palo di legno conficcato nel terreno con appesi sopra dei cartelli.
Sorrise, e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Marion era stata fastidiosa da affrontare. Ancora più di Cell, perché aveva sempre avuto paura che lei gli avrebbe portato via Radish. Ma le era in qualche modo grata, perché grazie a lei era riuscita ad ammettere ad alta voce certe cose. A vedere chiaramente quello che voleva.
Radish.
Ora sapeva che non poteva lasciarlo a nessun'altra.
Voleva che fosse suo.
Voleva dirglielo, doveva dirglielo.
Non le importava del resto.
Ma doveva trovarlo, prima di tutto.
Guardò ancora in lontananza quello che aveva tutta l'aria di essere un cartello segnaletico e cominciò a correre in quella direzione.
Ce l'avrebbe fatta.
Doveva farcela.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati, immagino che nessuno sospettasse che sarebbe stata Marion la protagonista di questo capitolo, anche se qualcuno aveva capito che la paura più grande di Lazuli riguardasse la possibilità di perdere Radish, e attualmente abbiamo visto che è proprio la disinibita ragazza dai capelli azzurri a darle le maggiori preoccupazioni da questo punto di vista.
In questo momento della storia originale Alice incontra una colomba quando le si allunga il collo, qui ho optato per un'oca perché si abbina bene a Marion secondo me, vi è piaciuta la scelta?
C'è anche scappata una piccola scena yuri, ve l'aspettavate?
Per quanto riguarda la parte del seno e dei tatuaggi di Lazuli ho preso spunto da una bellissima rivisitazione scritta e disegnata anni fa dalla bravissima Elena Mirulla, una delle mie autrici a fumetti preferite. Vedremo se e come Lazuli riuscirà a tornare del tutto al suo corpo originario, anche se almeno ha risolto il problema dell'altezza.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi sostenete sempre e vi fate sentire vicini, anche adesso sto vivendo un momento in cui fatico a scrivere perché mi sono bloccato da prima delle ferie, quindi ho bisogno della vostra energia per ripartire!
Fatemi sapere se vi piace sempre questa storia, anche voi lettori silenziosi se volete, che devo cercare di rimettermi sotto a buttare giù nuovi capitoli.
 
Bene, cosa ci sarà scritto su quel cartello? Dove andrà Lazuli? Io posso dirvi che entra in scena un personaggio molto atteso (o meglio, due) sul quale mi avete posto tante domande in questi capitoli, e infatti il titolo è decisamente spoiler, ma ve lo dico lo stesso: "Lapis e C17".
Scopriremo qualcosa in più su questo mondo, tenetevi forte perché è un capitolo importante!
E mi piace l'idea di pubblicarlo proprio adesso che sono tornato a fare il cosplay del mio amato C17!
Grazie ancora, ci vediamo mercoledì!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 9
*** Lapis e C17 ***


9 - Lapis e C17
 
 
Lazuli si fermò davanti al cartello che aveva scorto in lontananza, piuttosto perplessa a causa delle indicazioni quantomeno bizzarre che conteneva.
Le frecce erano tutte storte, e, per di più, contenevano informazioni prive di senso, con scritte come "Di qua", "Di là", "Un po' più in là", "Monte Paoz", "Per Là". Il tutto sormontato da un'insegna più grossa, colorata e ciondolante, che riportava la scritta "Paese delle Meraviglie".
La ragazza osservava perplessa quelle indicazioni, e non poté fare a meno di concentrarsi su "Monte Paoz", l'unica segnalazione che sembrava essere relativa a un luogo. La freccia indicava un sentiero in salita contornato da sassi allineati in maniera precisa. Non era certo un monte, piuttosto un avvallamento nel bosco, ma non si riusciva a vedere cosa ci fosse in cima o al di là di esso.
Nella direzione opposta scorreva un ruscello, oltre a due sentieri sterrati che si facevano strada tra gli alberi.
Doveva andare verso il Monte Paoz? Oppure era una trappola? Era ovvio che puzzasse di trappola, era l'unica indicazione che sembrava avere un senso, e quindi la meta più probabile per qualcuno che fosse arrivato davanti a quel cartello.
Lazuli tornò a fissarlo e, improvvisamente, il suo cuore batté un po' più forte. Si era appena resa conto che l'indicazione più importante era un'altra, quel "Per Là" a cui inizialmente non aveva dato peso. "Là" era scritto con la "L" maiuscola, a differenza delle altre indicazioni. E, soprattutto, quella era la calligrafia di Radish, non aveva dubbi!
"Per Là"... non poteva che essere un messaggio da parte di Radish, lui era l'unico che poteva permettersi di chiamarla così. E, anzi, le faceva piacere quando la chiamava in quel modo, anche se non glielo aveva mai detto. Era una cosa tutta loro, qualcosa di speciale e unico che li univa. Forse era proprio per questo che le sembrava naturale pretendere l'esclusiva per poterlo chiamare "Rad" e le dava fastidio quando era qualcun'altra a rivolgersi a lui così.
La freccia di quel cartello indicava la stessa direzione di quello del Monte Paoz, verso est. Sembrava quasi che Radish le stesse dicendo di andare lì, che era quella la strada giusta da percorrere.
Lazuli non ebbe bisogno di altre conferme, e così cominciò a camminare lungo la salita. Le venne anche in mente che Goku e Chichi, un paio di anni prima, avevano fatto una vacanza in una località che aveva un nome simile, se non identico, e si domandò se anche questo avesse senso.
Già, Chichi... l'aveva seguita anche lei in quel luogo assurdo? Dopotutto l'aveva abbandonata al parco, sommersa di borse e sacchetti, per rincorrere Bulma e tuffarsi in quel tunnel sotterraneo. Conoscendola, era altamente probabile che fosse andata nel panico nel vederla sparire all'improvviso e che le avrebbe fatto una ramanzina di proporzioni epiche  quando si sarebbero riviste. Quella ragazza non aveva paura di niente e nessuno quando si arrabbiava, sapeva diventare un vero leone, nonostante avesse avuto da sempre una sorta di timore reverenziale nei confronti di Lazuli. Ma l'avrebbe rivista davvero? Sarebbe riuscita a trovare la via d'uscita da quel posto dove nulla sembrava avere senso eppure tutto sembrava allo stesso tempo averne?
Perché Bulma le aveva detto subito che c'entrava Radish? Era stato lui a volerla lì? Doveva salvarlo? O doveva salvare quel mondo?
Lazuli non ebbe tempo di darsi risposte, perché, non appena la salita terminò, si ritrovò davanti a una casa che aveva la forma di una cupola, bianca, con delle ampie finestre dalle quali non si riusciva a scorgerne l'interno a causa delle tende tirate. Si sentivano però dei forti rumori, delle urla e anche il pianto di un neonato.
Si chiese se sarebbe stata una buona idea avvicinarsi e andare a bussare per accertarsi di quello che stava succedendo.
Mosse un passo in avanti, ma, proprio in quel momento, un ragazzo arrivò di corsa a tutta velocità sbucando fuori da un sentiero tra gli alberi alle spalle della casa.
"Lapis!" esclamò, quando riconobbe il fratello.
Indossava la sua divisa da lavoro: blu jeans, felpa verde con l'acronimo MIR stampato sul petto e una fascia arancione sul braccio destro con ricamata sopra la scritta Ranger.
Lui si voltò appena e accennò un sorriso, prima di bussare alla porta. Sembrava di fretta.
L'ingresso si aprì subito, e Lazuli non poté che sgranare gli occhi e restare a bocca aperta a causa di quello che vide: la persona che aveva aperto era sempre suo fratello, vestito però con dei jeans chiari strappati, una maglia nera con maniche lunghe bianche e un bavero  arancio legato intorno al collo.
Chiuse la porta alle sue spalle, rendendo di nuovo più ovattati i rumori, le urla e i lamenti che provenivano dall'interno p.
I due ragazzi si fissavano, per nulla sorpresi, nonostante fossero la copia esatta l'uno dell'altro: stessi occhi di ghiaccio, stesso volto sottile, stessi capelli lisci e lucidi neri e stesso sorrisino appena accennato su una faccia da schiaffi dai lineamenti pressoché perfetti.
"Per Sedici. Gero dice che si terrà domani il Cell Game" disse il Lapis vestito da ranger.
"Da Gero. Un avviso a Sedici per il Cell Game di domani" rispose l'altro.
Dopodiché fecero un lieve inchino, in contemporanea, fino a far sfiorare i loro capelli.
"Ma... Lapis?! Cosa... cosa sta succedendo? Siete due Lapis?!" intervenne Lazuli, avvicinandosi, sempre con gli occhi sgranati.
I due ragazzi si voltarono e la osservarono come a volerla compatire, prima di scambiarsi uno sguardo d'intesa e allargare le braccia nello stesso istante. Sembrava di vedere una persona davanti allo specchio e il suo riflesso. Solo i vestiti erano diversi. Anche le voci, infatti, erano uguali.
"Io sono lui" disse il ranger.
"Lui è me" confermò l'altro.
"Ma... io ho solo un fratello! Chi di voi due è Lapis?!" sbottò Lazuli, disorientata.
"Ti stanno esplodendo le tette?"
"Cosa sono quei tatuaggi imbarazzanti?"
Le domande prima dell'uno e poi dell'altro la fecero diventare paonazza, oltre che rabbiosa.
"È... È una lunga storia, cretini!" sbottò, fulminandoli con lo sguardo. "Allora, chi di voi è Lapis che così lo prendo a calci?! Non ho tempo per degli stupidi scherzi!"
"Lo siamo entrambi" risposero in coro. "Siamo i tuoi fratelli".
A quel punto alla ragazza tornarono alla mente le parole di Cell, che aveva parlato appunto dei suoi fratelli, non solo di Lapis.
"Ma... perché siete in due?!"
"Perché non dovremmo esserlo?!" ribatterono all'unisono.
"Se è troppo complicato per te, sorellina, puoi chiamarmi C17" disse il ranger.
"A me puoi chiamarmi sempre Lapis. Mi chiamo così, del resto..." sbuffò l'altro. "A te piacerebbe cambiare nome, sorellina? Non so, visto che lui è C17, tu potresti essere C18".
A Lazuli tornò in mente la scatoletta che aveva trovato nella stanza sotterranea in cui era rimasta intrappolata durante il suo inseguimento a Bulma. Riportava proprio quella sigla, C18, il numero civico di casa sua e di quella di Radish. Tutto sembrava avere uno strano senso nell'assurdo caos di quel luogo.
"Perché C17?" domandò perplessa.
"Boh, perché mi piaceva come nome in codice. È divertente agire sotto copertura" fece spallucce il ranger. "Tipo agente segreto... c'è 007 e c'è C17".
"E perché lo fai?" indagò la sorella, alzando gli occhi al cielo.
"Perché qualcuno doveva infiltrarsi nel castello del Principe di Cuori, ora che il Re è la Regina non ci sono più" rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Per dare informazioni ai pazzi che si stanno preparando nel bosco. E per procurarci questa" aggiunse, tirando fuori dalla tasca un sacchettino di tessuto nero.
"L'hai trovata?" domandò Lapis.
"L'ho trovata" confermò C17, estraendo poi dall'involucro una sfera di vetro arancione con al suo interno quattro stelline rosse.
"La farò avere a Bulma e Lunch, adesso le abbiamo tutte e sette" accennò un sorriso il fratello dal bavero arancione.
"La farai avere a Bulma e Lunch, così domani riporteranno in vita tutti quanti" sorrise a sua volta il ranger.
"Chi sono i pazzi a cui devi dare le informazioni?" si intromise Lazuli, confusa anche dallo strano discorso relativo alla sfera.
"Lo siamo tutti, no? Io, te, lui... la gente che urla dentro quella casa" spiegò C17, prima di tornare a guardare la sua copia. "A proposito, è nato? Nostra sorella è arrivata, se è nato anche lui possiamo vincere".
"Sì, è nato, non senti che casino? A questa gente manca la nostra classe..." rispose Lapis. "Comunque, adesso che è arrivata anche lei, tutto è destinato a compiersi. Radish aveva detto di aspettarla" aggiunse, indicando la sorella.
"Radish cosa? E chi è che è nato?!" domandò Lazuli, irritata perché non stava capendo nulla di quel discorso fatto da due assurde copie di suo fratello.
"Sei già bagnata solo a sentire il suo nome? Contegno, Lazuli! Contegno!"
"Sei disgustosa, non ti vergogni? Sei nostra sorella, eh... contieniti in nostra presenza!"
Le osservazioni di Lapis e C17 fecero ringhiare Lazuli, che dovette trattenere a fatica l'istinto di mettergli le mani addosso.
"Piantatela..." bofonchiò, arrossendo leggermente. "Chi è che è nato?!"
"Gohan..." sbadigliò Lapis, stiracchiandosi e poi sedendosi per terra accanto alla porta chiusa, con la schiena appoggiata al muro esterno dalla casa.
"Gohan..." ripeté Lazuli.
Quello era il nome che Chichi aveva scelto per il suo futuro figlio! Cosa stava succedendo?!
"Io devo andare, o Gero si insospettirà. In più sta tornando anche Cell al castello" intervenne C17, il ranger.
Solo in quel momento Lazuli fece caso a Gero, che era stato nominato anche poco prima: altri non era che il vecchio e viscido braccio destro di Cell nella sua azienda. Una persona odiosa, perfida e meschina, cercava sempre di umiliarla al lavoro e sembrava godere nel tentare di sminuirla. Lo odiava con tutta sé stessa, e lo stesso sentimento lo provava Lapis, perché aveva avuto modo di conoscerlo e ne era rimasto profondamente disgustato. C'era anche lui dunque?
"Aspetta! Lunch mi ha detto che sei in pericolo!" esclamò Lazuli, afferrando un polso di C17, che si stava voltando, pronto ad andarsene.
"Lunch si preoccupa troppo, e anche tu, sorellina" accennò un sorriso beffardo, liberandosi con uno strattone. "E comunque non dovresti confondere i tuoi adorati fratelli. Lunch è la sua ragazza, non la mia" aggiunse, indicando Lapis col capo.
"Però... tu hai rubato qualcosa a Cell e Gero, giusto? E se dovessero capire che sei stato tu?" insistette Lazuli.
"Credo che sarebbe la fine per me" fece spallucce C17, che non sembrava affatto preoccupato. "Ma venderò cara la pelle, anche se il mio destino forse è già segnato. Tanto sarai tu a salvarmi, sorellina!"
"Come potrei salvarti?!"
"Sconfiggendo Cell, tu salverai tutti. Una guerra richiede delle vittime, ma noi adesso abbiamo le sfere".
"Ma... perché torni da loro?! La tua missione non è conclusa?!"
"Se non tornassi desterei sospetti, e abbiamo ancora un giorno prezioso per diventare più forti e perché tu e Gohan siate pronti per combattere" spiegò il ranger, fissando la sorella. "E poi devo occuparmi degli animali che vivono al castello, non posso abbandonarli" aggiunse, accennando un sorriso, prima di correre via e sparire nel sentiero tra gli alberi.
 
"Vuoi spiegarmi che diamine sta succedendo?!" chiese Lazuli a suo fratello.
"Dimmelo tu... tutti aspettavano te, eh. Buoni, cattivi..." rispose lui. "Sei la principessa invitata al ballo".
"Mi stai prendendo in giro. E lo sai che odio essere presa in giro!" ringhiò lei, avvicinandosi alla porta e preparandosi a bussare.
Voleva capire chi ci fosse dentro e vederci chiaro su quello che stava succedendo.
"È inutile bussare" disse Lapis. "Per due buone ragioni: la prima è che io sono qui, e quindi non potrei aprirti. La seconda è che dentro stanno facendo talmente tanto baccano che nessuno ti sentirebbe".
Lazuli sentì un piatto andare in frantumi e altre urla da parte di una voce femminile che le suonava familiare.
"Come faccio ad entrare, allora?" domandò, sforzandosi di non perdere la pazienza.
"Avrebbe senso se tu bussassi" continuò Lapis, senza prestarle più di tanto attenzione. "Se ci fosse la porta tra di noi. Cioè, se tu fossi dentro e bussassi, io potrei farti uscire. Capisci?"
Per tutto il tempo il ragazzo dagli occhi di ghiaccio aveva continuato a guardare il cielo mentre parlava. Sembrava assorto, preoccupato.
Lazuli sbuffò e, scuotendo la testa, si sedette accanto a lui.
"Cosa c'è che non va?" gli chiese, dopo alcuni secondi di silenzio rotto solo dalle urla e dai rumori che provenivano dall'interno.
"Niente..." sibilò lui.
"Quando dici che non c'è niente, allora vuol dire che c'è qualcosa. Eri così anche da piccolo" accennò un sorriso Lazuli.
"Non ti si può nascondere nulla, eh... sei fastidiosa...".
"Non sono fastidiosa, sono tua sorella, scemo..." sbuffò Lazuli, scompigliandogli leggermente i capelli. "C'entra il Cell Game? Cos'è?"
"Il Cell Game deciderà le sorti di questo mondo, dovremo combattere su un ring" spiegò Lapis.
"Aspetta, è un ring bianco con quattro colonne appuntite ai lati in una zona desertica?" domandò Lazuli, ricordando quel che aveva visto al di là della minuscola porticina sotterranea quando aveva inseguito Bulma.
"Complimenti, 110 e lode come al solito, sorellina" rispose sarcastico il fratello. "Come avrai capito, è una cosa che riguarda Cell. E, senza di te e senza il moccioso che continua a frignare qui dentro, sembra che non potremo farcela".
"Ma... io non ho mai combattuto seriamente... e poi quello che piange è un neonato! Come potremmo noi..." provò a ribattere Lazuli, che tuttavia venne subito interrotta.
"Non conosco i dettagli, io sono qui per proteggere il bambino. Dovevo permettergli di nascere proteggendo sua madre, poi non sarà più compito mio" disse Lapis, guardando il cielo terso. "Domani, però, credo che qualcuno morirà".
"Perché dici così?!" esclamò Lazuli, che cominciava a preoccuparsi per quelle parole.
"Perché è una guerra. Io ho intenzione di portare con me almeno un pezzo grosso, nel caso dovessi soccombere".
"Tu non devi morire, cretino. Lunch era molto in pena per te!" lo sgridò Lazuli.
"Lei doveva cercare le Sfere con Bulma senza dare nell'occhio. Noi invece siamo i pazzi e, sempre senza dare nell'occhio, ci stiamo preparando alla battaglia. E, come se non bastasse, grazie a C17 l'ultima sfera è in mano mia. Domani Bulma verrà a prenderla di sicuro guidata dal suo radar".
"Non capisco cosa siano queste sfere e perché dobbiamo combattere una guerra! Ti dico solo che Lunch ha paura che tu muoia! E che sta dando segni di squilibrio per questo!"
"La piccola Lunch sa che non posso tirarmi indietro. Cell e Gero vogliono me, nostro fratello e anche te per il loro lurido piano" fece spallucce Lapis. "Ma noi non siamo cresciuti scappando dalle difficoltà, le abbiamo sempre prese a pugni, no?" aggiunse, facendo l'occhiolino alla sorella.
Lei accennò un sorriso e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ricordando alcuni momenti della loro infanzia. Era vero, erano una squadra loro due, non temevano nessuno, neanche i bambini più grandi che facevano i prepotenti. Riuscivano sempre a metterli in fuga, con le buone a volte, ma più spesso con le cattive. Avevano tutto il potenziale per diventare dei teppisti da adolescenti, ma, in qualche modo, la vita e le esperienze vissute avevano contribuito a tranquillizzarli. Lapis aveva trovato il calcio, degli amici, una ragazza. Lazuli era rimasta sola, si era chiusa in sé stessa, aveva scoperto di essere brava nello studio. E poi aveva trovato persino lei qualche amico, anche se proprio non riusciva a ottenere l'amore che voleva e che cercava urlando silenziosamente.
"Non siamo più dei bambini, scemo..." accennò un sorriso lei. "Non dobbiamo per forza combattere".
"Stavolta è necessario, fidati di tuo fratello" ribadì Lapis, che non le era mai parso così serio. "Però sono certo che verrai ad aiutarmi se dovessi cacciarmi nei guai, vero?"
Lazuli ripensò a quante volte da bambini era corsa in aiuto di Lapis per dargli manforte in qualche disputa o, addirittura, in qualche rissa. Alcune volte lo aveva letteralmente salvato, lui si gettava sempre a capofitto in tutto senza pensare alle conseguenze. Lei era intelligente, era una stratega, e così riusciva sempre a tirarlo fuori dai guai.
"Certo che verrò, come quando eravamo piccoli" sorrise nostalgica e anche un po' intenerita Lazuli.
Non aveva mai visto suo fratello così.
"Mi basta sapere che tu ammazzerai quello stronzo di Cell. A quel lurido verme di Gero voglio pensarci io" spiegò il ragazzo. "E, se qualcosa dovesse andare storto, useremo le sfere. Però è fondamentale sconfiggere Cell, o sarà tutto inutile".
"Non so se avrò i poteri necessari per ucciderlo... mi sembra molto forte, l'ho incontrato poco fa".
"Rad saprà come farti diventare più forte, non tirarti scema prima del tempo come tuo solito... ti fai sempre troppi problemi..." liquidò la questione Lapis, che aveva recuperato la sua consueta spavalderia.
La porta accanto a loro si spalancò all'improvviso, accompagnata da un urlo e da un piatto che volò fuori, andando in frantumi.
"Io credo che me ne starò qui fino a domani" sbadigliò Lapis. "Fino a quando arriverà Bulma e fino al Cell Game...".
"Forse sarà un po' problematico per me entrare, anche adesso che hanno aperto la porta..." rifletté Lazuli.
"Ma alla fin fine, devi proprio entrare? È questo il primo problema, sai?" ribatté Lapis.
"Mi sembrate davvero tutti pazzi..." sbuffò lei.
"Forse tu lo sei di più... io ho solo detto che starò qui fino a domani" fece di nuovo spallucce lui.
"Cosa dovrei fare allora, secondo te?" sbottò Lazuli.
"Qualunque cosa tu abbia voglia di fare. E non intendo solo qui, ma in generale nella tua vita. Ti poni sempre troppe domande, sorellina, te l'ho detto anche prima".
Lazuli rimase colpita da quelle parole. Ripensò ai suoi dubbi in amore, sul lavoro. A quello che doveva fare della sua vita. A quanto le cose sembrassero più semplici da affrontare in quel riflesso distorto e allo stesso tempo perfetto del mondo.
"Ah, sei il solito idiota! È inutile parlare con te!" mentì, alzandosi in piedi stizzita mentre suo fratello accennava un sorriso.
"Entrerò lo stesso!" aggiunse, piazzandosi davanti all'ingresso della casa e schivando per un pelo un bicchiere che le sfiorò i capelli sopra la spalla.
E quello che vide... beh, la lasciò a bocca aperta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo molto intenso e pieno di rivelazioni e anticipazioni buttate qua e là in maniera caotica, spero vi siano piaciuti Lapis e C17 nei panni rispettivamente del valletto rana (quello della Duchessa) e del valletto pesce (quello della Regina di Cuori). Non ho mai avuto grossi dubbi sul dare a loro questo ruolo visto che i valletti sono identici, è una parte molto surreale questa nel libro e mi auguro stia uscendo bene abbinata alla mia trama.
Come sempre l'attualità si alterna ai pensieri di Lazuli e abbiamo qualche altro ricordo del suo passato, mi piace a volte pensare a C18 e C17 da piccoli e proprio su questo tema avevo scritto la mia prima one shot, "Il mare se ne frega". Tornando al capitolo, sta a voi decifrare un po' quello che dicono i fratelli di Là, in ogni caso anche il prossimo sarà molto importante perché entrano in scena ben cinque nuovi personaggi, uno dei quali tecnicamente è un ritorno, però al suo esordio nel Paese delle Meraviglie.
Con la trama originale siamo arrivati al momento in cui Alice si trova davanti alla casa della Duchessa, chi ci sarà al suo interno? Posso dirvi che qui arriva anche uno dei personaggi più celebri in assoluto di Alice nel Paese delle Meraviglie, e non poteva che essere impersonato da un big di Dragon Ball.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi sostenete, che mi scrivete messaggi di supporto e recensioni stupende, anche voi che leggete in silenzio, a chi apprezza la mia scrittura! Un grazie speciale va poi a Sweetlove, che mi ha fatto una Marion oca incantevole e di cui ripropongo Lazuli e Lapis da bambini che mi aveva fatto per "Il mare se ne frega".
 
Bene, ci vediamo mercoledì prossimo con "Il bambino misterioso", nel frattempo io mi avvio a vivere il terzo weekend di fila in cosplay e mi sento molto felice per questo, a tal proposito ringrazio chi ha vissuto con me l'evento di Sigurtà e ha contribuito a renderlo ancora più speciale.
Allora, chi avrà visto Lazuli dentro casa? Sono in quattro persone, in più ci sarà una quinta new entry come anticipato prima.
Grazie ancora!
 
Teo
 
 
 

Marion

Lazuli-Lapis

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Capitolo 10
*** Il bambino misterioso ***


10 - Il bambino misterioso
 
 
Lazuli osservava stupita l'interno della casa, ora che finalmente la porta era aperta e nessun oggetto volava fuori. L'ingresso dava direttamente su un'ampia cucina, con un tavolo posto al centro pieno di scodelle e piatti accatastati fino a formare una piramide che sfiorava il soffitto. Accanto a questa pila si trovava Goku, con un'assurda tuta da allenamento a strisce orizzontali rosa chiaro e fucsia, una lunga coda che penzolava alle sue spalle e delle piccole orecchie a punta da gatto che spuntavano dai suoi folti e spettinati capelli neri. Aveva dei baffi felini disegnati sotto il naso, più guantoni e stivali che riproducevano le zampe artigliate di quell'assurdo gatto colorato che stava impersonando. Sul suo volto era dipinto un ghigno che arrivava da un orecchio all'altro, mentre si massaggiava con la mano la pancia gonfia.
Non c'era nessun altro a tavola, doveva aver mangiato tutto lui.
"Chichi, io ho ancora fameee!" piagnucolò. "Era tutto squisito, comunque!"
Lazuli seguì con lo sguardo gli occhi neri di Goku, fissi sulla sua futura moglie, china sui fornelli e impegnata a rimestare in un pentolone che sembrava colmo di minestra. La ragazza afferrò con stizza il contenitore del pepe e cominciò a scuoterlo per versarlo nel calderone. Ma ne stava mettendo così tanto che presto creò intorno a sé una nube di pepe che cominciò invadere lentamente la cucina.
Cosa ci faceva Chichi lì? Aveva seguito anche lei Lazuli nel buco in cui si erano tuffate lei e Bulma? Eppure sembrava diversa, indossava un kimono rosso e blu fasciato in un grembiule da cucina bianco e portava i capelli raccolti in un ordinato chignon.
All'improvviso due starnuti attirarono l'attenzione di Lazuli, che non aveva ancora fatto in tempo ad aprire bocca per lo stupore, e le fecero scorgere in mezzo alla nube di pepe che si stava espandendo nella stanza una figura a lei ben nota, seduta sul divano e con in braccio un neonato con un ciuffo di capelli neri sulla testa.
Si trattava di Sedici, l'unico collega al lavoro che le voleva bene e che era sempre stato gentile con lei senza pretendere nulla in cambio. Aveva una ventina d'anni in più di lei, le aveva fatto da tutor ed era tuttora l'unico riferimento che lei avesse in quel luogo che odiava. Se non fosse stato per lui probabilmente non ce l'avrebbe mai fatta in quegli anni. Lui l'aveva spronata, aveva fatto del suo meglio per proteggerla e anche per rassicurarla, nonostante lei faticasse ad aprirsi. Era un uomo imponente e silenzioso, gentile, ma che sorrideva raramente. Occhi azzurri, capelli rossi e un amore per gli animali e la natura superiore persino a quello di Lapis. In lui Lazuli aveva trovato una sorta di figura paterna, un riferimento al lavoro e la speranza che in un mondo così complicato e popolato per lo più da persone disoneste esistesse ancora qualcuno di leale e sincero.
Cosa ci faceva anche lui lì?! E perché indossava una tuta aderente nera con bande verdi che sembrava a tutti gli effetti una divisa da combattimento? E cosa aveva fatto ai capelli? Da quando aveva la cresta?
E, soprattutto, chi era quel bambino che cullava e cercava di far smettere di starnutire e piangere?!
"È inutile che mi fai i complimenti, Goku! Sparisci per giorni e giorni per allenarti con quell'altro fanatico, mangi come un pozzo senza fondo e in più pretendi di far combattere anche Gohan!" sbraitò Chichi, squarciando il silenzio e sbattendo sul tavolo davanti a Goku direttamente l'intero pentolone fumante. "Non vedi com'è piccolo e indifeso?!"
"Urcaaa! Ha un profumino delizioso! Grazie Chichi!" sorrise Goku, raggiante, cominciando a strafogarsi e ignorando le altre rimostranze che gli aveva fatto la sua compagna.
Lazuli guardò prima Goku e Chichi e poi si soffermò sul bimbo in braccio a Sedici. Rifletté sul nome Gohan, lo stesso di cui le aveva parlato l'amica quando erano al parco, prima che quella folle avventura avesse inizio. Che fosse quel bambino?! Come poteva essere già nato?! Aveva viaggiato nel tempo?!
Nessuno sembrava far caso a lei, avvolta nella nube di pepe che si espandeva nella cucina e faceva starnutire Sedici e Gohan.
"È inutile parlare con te!" gridò Chichi, colpendo Goku sulla testa usando il mestolo come fosse una mazza. "Non ti permetterò mai di far diventare nostro figlio un teppista come te e i tuoi amici! Il mio bambino diventerà uno studioso!"
"E dai, Chichi, tesoro..." bofonchiò Goku, parlando con la bocca piena, per poi ingozzarsi e cominciare a battersi un pugno sul petto.
Stava rischiando di soffocare, e fu Chichi, alzando gli occhi al cielo, a intervenire passandogli un bicchiere d'acqua e dandogli delle vigorose pacche sulla schiena.
"Urcaaa, me la sono vista brutta!" ridacchiò Goku, grattandosi la nuca con quell'assurdo look da gatto stralunato che indossava senza un apparente motivo.
"Sono io che sono troppo paziente con te!" ringhiò Chichi. "Mi farete diventare pazza!" aggiunse, trattenendo a stento le lacrime.
"Ma, tesoro, qui siamo tutti pazzi!" ridacchiò Goku, prima di afferrare il pentolone e sollevarlo, versandosi in bocca direttamente il contenuto.
Lazuli arricciò il naso, disgustata, e fu proprio in quel momento che sentì un pizzicore causato dalla nube di pepe che era arrivata fino a lei.
"Etciù" starnutì, attirando finalmente l'attenzione di tutti i presenti.
Sedici le sorrise gentile, il bambino smise di piangere.
"Oh, Lazuli! Che bello vederti!" si illuminò Chichi, correndo ad abbracciarla. "Finalmente sei arrivata! Aiutami a far ragionare questi zucconi! Soprattutto Goku!"
La bionda si irrigidì, non abituata ai contatti umani e profondamente a disagio in quella situazione.
"Io... cioè, cosa ci fai qui? Poco fa eri al parco con me..." chiese Lazuli, stranita.
"In che senso cosa ci faccio qui?! È casa mia! Cioè, casa nostra, se questo qua si degnasse ogni tanto di tornare e non stesse sempre chissà dove per allenarsi..." rispose Chichi, fissando con aria severa Goku, che di rimando sorrise e si grattò la nuca.
"Ciao Lazuli!" la salutò, gioviale come sempre, prima di sistemarsi le orecchie da gatto tra i capelli. "Urcaaa! Hai preso qualche malattia che ti ha fatto gonfiare il seno?! O aspetti un bambino?!"
"Goku! Non metterla a disagio! E chiedile scusa!" lo apostrofò Chichi, ringhiando.
"Scusaaa..." cantilenò il ragazzo, ubbidiente.
"Io non aspetto nessun bambino... m-ma... tu non hai un figlio..." farfugliò la bionda, confusa e imbarazzata, guardando l'amica.
"Hai preso un'insolazione?! Hai un'amnesia?!" esclamò Chichi, appoggiando una mano sulla fronte di Lazuli e cominciando poi a guardarsi intorno, allarmata. "Goku! Sedici! Chiamate un dottore! E tu, Lapis, vieni a soccorrere tua sorella, muoviti!"
"Io me ne starò qui fino a domani..." cantilenò in tutta risposta Lapis, da fuori. "E la mia sorellina è sana come un pesce, tranquilla. Noi siamo dei Pesci, non lo sai?"
"Urcaaa! Non mi ero mai accorto che siete dei pesci! È difficile respirare sott'acqua?! Io non ci riesco, sono un gatto!" intervenne euforico Goku.
Lazuli lo fissava con aria stralunata. Non ci stava capendo nulla.
"Forse intende dire che sono del segno zodiacale dei Pesci. Lazuli e Lapis sono nati l'1 marzo" prese la parola Sedici, pacato e rassicurante come sempre.
"Ecco, tu non capisci mai niente, come al solito!" gridò Chichi, lanciando un piatto addosso a Goku, che lo schivò per un pelo. "Altrimenti non manderesti il mio bambino a combattere contro quel mostro di Cell! Sei un incosciente!"
"Chichi, tesoro, tu non capisci che lui è più forte di me... più forte di tutti noi... e il mondo è in pericolo..." provò timidamente a spiegare il guerriero.
"Non mi interessa se è forte, non me ne frega niente del mondo! È solo un bambino!" scoppiò a piangere Chichi, prima di lanciare un vaso addosso al marito.
Il bimbo in braccio a Sedici riprese a piangere, e così l'imponente uomo dalla cresta rossa cominciò a cullarlo e a cercare di rassicurarlo accarezzandogli la guancia con il suo enorme dito indice. Gohan lo guardò e sembrò calmarsi, poi afferrò con entrambe le sue piccole manine quel dito gigantesco e sorrise. I suoi piccoli occhi neri così simili a quelli di Goku brillavano.
"Chichi, ti prometto che non succederà niente a tuo figlio" annunciò Sedici, solenne, riportando la calma nella casa. "E non succederà nulla nemmeno a Lazuli. Loro sono le chiavi per vincere questa guerra. Io sono disposto a sacrificarmi per loro".
"N-non... non è giusto..." pianse di nuovo Chichi, stavolta senza cedere a nessun isterismo.
Si avvicinò a Gohan e lo abbracciò a lungo, baciandogli il visino paffuto e arrossato fino a bagnarglielo con le sue lacrime.
Goku si avvicinò alla moglie e la abbracciò da dietro. Anche lui sembrava triste, nonostante tutto.
A Lazuli mancava ben più di qualche tassello per poter comprendere appieno tutto, ma non poté fare a meno di provare un forte dolore di fronte a quella scena. Allungò una mano con fare incerto e diede una leggera carezza sul capo di Chichi.
Non sapeva come confortare qualcuno, ma sentiva di volerlo fare. Lei era sua amica, una delle pochissime che aveva.
Chichi smise di piangere e le sorrise.
"Non devi sacrificarti, Sedici" disse Lazuli, perentoria, guardando poi il collega.
"Non sempre le cose vanno come vorremmo. Tutti dobbiamo fare la nostra parte" rispose, accennando un sorriso malinconico. "E io adesso devo andare ad allenarmi per essere pronto per il Cell Game".
Allontanò delicatamente Gohan da Chichi e lo porse a Lazuli, che se lo ritrovò in braccio prima ancora di potersi rifiutare.
Il bambino la fissava e sorrideva, agitando i pugnetti chiusi. Lazuli lo guardava, con le braccia rigide come fosse un automa per l'imbarazzo e il timore di farlo cadere.
"Forse è meglio se..." provò a dire, venendo però interrotta subito da Chichi.
"Significa che gli piaci!"
"Io..." ribatté con un filo di voce Lazuli, che non sapeva cosa dire.
Le sembrava però che Gohan diventasse più pesante ogni secondo che passava.
"È il momento, dobbiamo andare" stabilì Sedici. "È stato bello per me poterti fare da guardia insieme a Lapis, Chichi. Grazie di tutto" aggiunse, accennando un inchino.
"Non portatemi via il mio bambino!" riprese a piangere Chichi.
"Junior lo sta già aspettando. Lo farà diventare un grande guerriero" provò a rassicurarla Goku, stringendola a sé. "Vinceremo, torneremo, e saremo una famiglia felice!"
"Junior lo farà diventare un teppista! Già lo so! Io voglio che diventi uno studioso!" cominciò a sbraitare Chichi, divincolandosi dalla presa del marito e afferrando di nuovo un piatto.
Cosa c'entrava Junior? Non era un altro pugile? Quello che era stato il primo rivale di Goku e che poi era diventato un suo compagno di allenamenti?
"Forse è meglio che approfittiamo di questo momento per andarcene..." sussurrò Sedici, appoggiando dolcemente una mano sulla spalla di Lazuli e spingendola ad uscire, prima di chiudere la porta alle sue spalle.
"Chichi, tesoro, ti prometto che Gohan potrà studiare quanto vorrai quando avremo sconfitto Cell!"
La voce di Goku dall'interno della casa veniva coperta di tanto in tanto dal rumore delle stoviglie infrante che probabilmente Chichi gli stava lanciando addosso.
"Ma-mma! Pa-pà!" disse all'improvviso Gohan, sorridendo felice e battendo le mani, prima di indicare la porta di casa.
"Ma... sta crescendo a vista d'occhio o sbaglio?!" domandò Lazuli, perplessa, cercando conferme in Sedici.
"Non sbagli, tutto sta andando come previsto" rispose. "Adesso lui andrà ad allenarsi con Junior, ma anche tu dovrai prepararti, Lazuli".
"Io non sono un guerriero...".
"Ogni cosa ti sarà chiara, presto. Ci penserà Radish a chiarire ogni dubbio. A darti le risposte che cerchi" accennò un sorriso. "Tutte le risposte che cerchi" precisò.
Lazuli arrossì e distolse lo sguardo.
"Ho incontrato Cell, è stato inquietante. Credo che abbia ucciso molta gente" disse.
"L'ha fatto, dobbiamo fermarlo prima che sia troppo tardi" spiegò Sedici. "Ha bisogno dei tuoi fratelli e di te per raggiungere il suo scopo, ma noi glielo impediremo. Lui non sa che abbiamo Gohan e che sarai proprio tu la chiave per farci vincere".
"Io..." provò a rispondere Lazuli.
"Presto capirai. Lui è convinto che tu sia debole, ma diventerai più forte" la interruppe il gigante buono. "Io devo andare, è stato bello condividere con te un pezzo della mia vita al lavoro. Ma tu meriti una vita senza Cell" aggiunse, guardando il cielo e sollevando una mano.
Subito un passerotto gli si posò sul dito, facendolo sorridere, prima di riprendere il volo.
"Che belli che sono gli animali di questo luogo, la sua natura..." sospirò Sedici. "Dovete sempre proteggerli e rispettarli".
"Non voglio che tu muoia domani! E non voglio che muoia nemmeno Lapis! Non capisco perché qualcuno debba morire!" alzò il tono della voce Lazuli.
"Bulma e Lunch hanno trovato le altre Sfere del Drago, no? Mal che vada useremo quelle anche per noi, non solo per il Re e la Regina di Cuori... te l'ho già detto" sbuffò con aria annoiata Lapis, prendendo per la prima volta la parola da quando Lazuli e Sedici erano usciti di casa.
"Quel bambino cresce a vista d'occhio... occhio che lo soffochi con le tette nuove che ti ritrovi" aggiunse, beffardo, fissando la sorella e facendola arrossire.
"Sei un cretino! Se crepi non me ne frega niente!" ribatté lei, ringhiando.
Effettivamente Gohan aveva ormai raggiunto le dimensioni di un bambino di almeno tre anni, e così Lazuli lo appoggiò a terra, tenendolo per mano e assicurandosi che non cadesse in quelli che erano a tutti gli effetti i suoi primi passi.
Il bambino stava crescendo con una tuta viola dotata di un mantello bianco che gli avvolgeva la schiena. I capelli diventavano sempre più lunghi e folti, arruffati come quelli di Goku ma che scendevano lungo la schiena come quelli di suo zio Radish.
Lazuli provò un velo d'ansia e allo stesso tempo il cuore le batté più forte. Sentiva che Radish non era lontano. Aveva voglia di vederlo. Di stare con lui. Non solo voleva cercare di capirci qualcosa di quello che stava vivendo in quel luogo, voleva proprio capirci qualcosa di quello che erano loro due.
Lo voleva per sé, non aveva dubbi. E poco importava se si trovavano in mezzo a una guerra, se erano tutti in pericolo. Se Cell era diventato un mostro e un assassino.
C'era da vincere una guerra, ma lei doveva anche vincere la sua guerra personale. Quella contro i sentimenti che non era mai stata capace di esprimere.
"Non litigate, siete dei bravi fratelli. Sono felice di aver conosciuto anche te, Lapis. Continua a prenderti cura di Chichi fino a domani, tra poco Goku dovrà tornare nella Stanza dello Spirito e del Tempo" disse Sedici, riscuotendo Lazuli dai suoi pensieri.
Aveva appoggiato una mano sulla sua spalla e una su quella di suo fratello. Sorrise prima a loro e poi a Gohan, che lo guardava incuriosito, per poi soffermarsi di nuovo su Lazuli.
"Adesso devo andare, ci rivedremo sul ring" annunciò con un velo di tristezza, prima di sparire nel bosco con uno scatto fulmineo.
"Ti conviene accompagnare il bambino dal suo maestro d'arti marziali, o domani saremo fottuti..." sbadigliò Lapis, tornando a mettersi comodo seduto sull'erba con la schiena appoggiata alla parete della casa.
Lazuli si rese conto che Gohan doveva avere ormai sette o otto anni, e le stava tirando il braccio perché la seguisse verso la parte opposta del bosco rispetto a quella nella quale era sparito Sedici.
"Dimmi una volta per tutte cosa sono le Sfere del Drago! Guarda che Lunch aveva paura sul serio per te, non sottovalutare quel mostro! Io l'ho visto!" lo rimproverò Lazuli, mentre si allontanava da lui seguendo Gohan.
"Lunch si preoccupa troppo! Io sono forte e noi vinceremo, sorellina! Le Sfere esaudiscono dei desideri... a me piacerebbe fare una crociera intorno al mondo ad esempio, lo sai?" ridacchiò, prima di salutarla con un cenno del capo. "Io resterò qui fino a domani, salutami il muso verde! Ci siamo allenati insieme, è stata la più bella scazzottata della mia vita!"
Lazuli ebbe l'impressione di essersi persa ancora una volta qualche passaggio, ma ormai si era abituata alle assurdità che tutti facevano e dicevano. E una prova di tutto ciò era quel bambino che teneva per mano e che fino a qualche minuto prima era un neonato e che adesso doveva avere dieci o undici anni.
"Grazie Lazuli per avermi accompagnato. Ora non crescerò più fino a domani" la ringraziò Gohan, che le parve molto gentile ed educato per l'età che aveva.
Doveva essere merito dei geni di Chichi, non certo di quelli di Goku.
La casa non era più visibile alle sue spalle, nemmeno suo fratello. Dovevano aver camminato più di quanto si fosse resa conto.
"Sei pronto, Gohan? Non abbiamo tempo da perdere".
Una voce solenne e calma si fece strada tra gli alberi, tra i quali apparve un uomo con le braccia incrociate al petto, avvolto da un mantello bianco e con una specie di turbante in testa dello stesso colore. Indossava una tuta viola, ed era vestito esattamente come Gohan.
Lazuli lo guardò, e non poté fare a meno di riconoscerlo: si trattava proprio di Junior, l'ex rivale e ora compagno di Goku. Un gran lottatore, anche se non più al livello del fratello di Radish o di Vegeta.
L'unica cosa che non riusciva a spiegarsi era il colore della sua pelle, verde smeraldo come fosse un alieno apparso in un film di fantascienza. Ma decise di non farci troppo caso, era una delle cose meno strane che aveva visto da quando si era messa a inseguire Bulma vestita da coniglietta in quel folle pomeriggio.
"Arrivo Junior!" avanzò determinato Gohan, affiancando quello che sarebbe diventato il suo maestro.
"Preparati Gohan, io non sono buono come tuo padre! Saranno allenamenti durissimi! Ma ti renderò il guerriero più forte di tutti!" annunciò Junior.
"Certo! Sono pronto! E dopo, quando avremo vinto, mi metterò a studiare come vuole la mamma!" si mise sull'attenti il bambino, strappando un sorriso a Lazuli.
"Mio fratello ha detto di salutarti" disse la bionda.
Gli occhi di Junior brillarono.
"È stato un gran bel combattimento il nostro" accennò un sorriso. "Adesso dobbiamo andare, non c'è più tempo. Anche tu devi sbrigarti a trovare il tuo maestro".
Detto questo, Junior si voltò insieme a Gohan e sparì nel bosco.
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati, spero vi sia piaciuto questo capitolo con tutti i nuovi personaggi che sono entrati in scena! Nella storia originale Alice entra nella casa della Duchessa, che qui potremmo dire essere impersonata da Sedici (infatti nel capitolo precedente C17 dice a Lapis di avvisare Sedici), con Chichi nel ruolo delle cuoca, Goku a fare lo Stregatto e Gohan il neonato che diventa poi un maialino e scappa nel bosco. Ho fatto le mie modifiche e spero vi siano piaciute, inoltre abbiamo avuto qualche altra rivelazione sulla trama e anche la fugace entrata in scena di Junior.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi lasciate il vostro parere e che apprezzate questa storia, ovviamente anche chi legge in silenzio!
Un grazie va poi a Taanipu, di cui torno a postare altre bellissime immagini che mi aveva gentilmente fatto col doll maker!
 
Nel prossimo capitolo approfondiremo uno dei personaggi più iconici della storia originale di Alice, nonché il protagonista di Dragon Ball. Ci vediamo mercoledì con "Lo Stregatto"! Quanto sarà irritante Goku con Lazuli da uno a dieci? Quale sarà la prossima meta della nostra eroina dagli occhi di ghiaccio?
A presto!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 11
*** Lo Stregatto ***


11 - Lo Stregatto
 
 
Lazuli si stava guardando intorno, indecisa su quale direzione prendere per andare avanti nel suo viaggio, quando, all'improvviso, vide comparire Goku dal nulla su un ramo a pochi passi da lei.
Quasi le venne un colpo, anche se cercava di non darlo a vedere. Si era materializzato davanti a lei con due dita posate sulla fronte e un ghigno stampato sul volto che le faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi. Sembrava più stupido del solito con addosso quel ridicolo costume da gatto variopinto, e quelle orecchie a punta tra i capelli arruffati gli davano un'aria ancora meno intelligente.
Seduto, la guardava senza parlare. Poi, con fare solenne, estrasse da una tasca un apparecchio e se lo infilò in bocca: si trattava di una specie di dentiera fatta di denti acuminati.
"Sembri un idiota conciato così..." sbuffò Lazuli, alzando gli occhi al cielo. "Qualcuno doveva dirtelo, eh".
"Urcaaa! Ma ne sei proprio sicura?!" esclamò Goku, allargando ancora di più il suo ghigno.
"Perché sei vestito come un gatto? Sembri un cretino... cioè, lo so già che lo sei, però..." sospirò la bionda.
Come faceva a essere il fratello di Radish?! Avevano davvero gli stessi geni?!
"Non sono un gatto!" protestò il ragazzo.
"Ah, giusto, fammi indovinare... un elefante?!" buttò lì Lazuli, sarcastica, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia sotto il seno.
"Sei uno spasso Lazuli!" scoppiò a ridere Goku, cominciando a ciondolarsi a testa in giù rimanendo appeso al ramo con le gambe piegate all'altezza delle ginocchia. "Lo dice sempre anche mio fratello!"
Lazuli arrossì lievemente e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Davvero Radish la trovava simpatica? Cioè, lei sapeva essere sul serio divertente per qualcuno? Per qualcuno come lui che faceva sempre ridere tutti?
"T-Tu... sai dov'è Rad?" chiese, tornando a fissare Goku.
"Certo che lo so!" sorrise lui, fiero di sé. "Ma, toglimi una curiosità: sei incinta? Cioè, sto per diventare zio?! A me puoi dirlo!" aggiunse a bruciapelo, con aria sognante.
"Cosa ti salta in mente di chiedere ancora?! Ma sei scemo?! Perché dovrei essere incinta?! Ti ho già detto prima che non lo sono! E perché tu doversi essere lo zio?!" sbraitò Lazuli, paonazza, stringendo i pugni.
"Beh, ma è facile: tu e mio fratello vi piacete, persino io me ne sono accorto! Una volta vi ho visto mentre vi tenevate per mano!" rispose, grattandosi la nuca.
Lazuli si sentì ancor più a disagio, non pensava che li avesse visti quella volta che stavano guardando un film mano nella mano a casa di Radish e Goku era rincasato all'improvviso.
"E poi hai il seno più grosso del solito, come Chichi che infatti ha appena partorito! Sono un genio, vero?" aggiunse, soddisfatto, picchiettandosi sulla tempia il dito indice e fissandola con aria tronfia.
"No che non lo sei! Non so perché mi sia cresciuto il seno, è tutta colpa di un fungo che mi ha fatto mangiare Cell!" gridò Lazuli, guardandolo malissimo. "E poi, secondo te, dove sarebbe il bambino!?" aggiunse, indicandosi la pancia piattissima nascosta solo dal leggero vestito aderente che le era apparso addosso dopo il balletto della squadra Ginew.
"Urcaaa! Quindi hai già incontrato Cell?! È forte?! Non vedo l'ora di combattere contro di lui!"
"Non so se è forte, di certo è inquietante e disgustoso... io lo odio..." soffiò Lazuli. "E comunque, te lo ripeto, non sono incinta, tantomeno di Rad, non stiamo neanche insieme!"
"Però ti piace, no?" buttò lì con ingenuità il gatto.
La ragazza abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per alcuni secondi che a Goku parvero interminabili. Stava fremendo, sperava con tutto sé stesso che lei dicesse di sì.
Quando Lazuli sollevò di nuovo la testa e vide che lui la stava fissando con occhi sgranati e sognanti, annuendo impercettibilmente e invitandola a rispondere, alzò lo sguardo verso il cielo e sbuffò sonoramente.
"Sì..." si limitò a dire con un filo di voce, generando un'esultanza sfrenata in Goku, che si lasciò andare dal ramo e atterrò agilmente sull'erba.
Su quattro zampe, proprio come se fosse un felino.
"Tu, piuttosto... com'è che Chichi ha partorito?" indagò Lazuli.
"Non so bene i dettagli, però mi ha detto che Gohan è uscito dalla sua pancia e... cioè, più precisamente è uscito dalla...".
"Idiota, lo so come nascono i bambini!" lo interruppe, irritata e sconfortata allo stesso tempo. "E ti do anche una notizia bomba: so anche come l'hai messa incinta!"
"Urcaaa, davvero?! Ma perché ci hai visti o perché te l'ha detto Chichi?!"
Lazuli lo osservò perplessa, prima di schiaffarsi una mano sulla fronte e decidere di lasciar perdere.
"Per favore, dimmi quale direzione devo prendere per andarmene via da qui..." sbuffò, omettendo di aggiungere che non lo sopportava più.
Ogni tanto provava a dimostrarsi gentile. O, almeno, accomodante. Anche se la gente provava in tutti i modi a tirarle fuori il crimine.
"Dipende, e non poco, dove vuoi arrivare" rispose Goku, pensieroso.
"Non importa molto dove, non so neanche dove sono... so che devo proseguire il mio viaggio" precisò Lazuli, che non voleva dirgli espressamente di portarla da Radish, dato che lui l'aveva appena messa a disagio.
"Allora importa poco in quale direzione andare" stabilì il gatto, allargando le braccia.
"Non hai capito: io voglio arrivare da qualche parte" scandì per bene le parole Lazuli, assottigliando il suo sguardo glaciale.
"Oh, allora hai le idee chiare e sei sicura di farcela!" ghignò Goku, con quell'assurdo sorriso felino che si ritrovava. "Ti basta camminare abbastanza a lungo ed essere sincera con te stessa".
Essere sincera con sé stessa...
Lazuli rimase colpita dalle parole di Goku. Lui aveva tanti difetti, ma di sicuro i suoi pregi erano la sincerità, la lealtà e la genuinità. Anche Radish era spesso eccessivo e plateale nei suoi modi di fare, ma non era capace di mentire.
"Tu non mi sembri nelle condizioni di poter dare consigli agli altri... ho visto com'era arrabbiata Chichi con te!"
Era tipico di Lazuli: reagire male per difendersi, nonostante pensasse tutt'altro. Lo faceva da una vita. Era una cosa che le riusciva bene. E che allontanava tutti da lei.
Tutti o quasi... perché anche Goku, dopotutto, la considerava un'amica. Lui non portava mai rancore, probabilmente non ne era capace.
"Urcaaaa, me la sono vista brutta prima!" ridacchiò Goku, grattandosi la nuca. "Però, ecco... io non vorrei mai farla arrabbiare..." aggiunse con aria mesta.
"Lei ti perdona sempre, perché sa come sei fatto..." sospirò Lazuli, decidendo di mostrarsi gentile. "E poi sappiamo anche com'è fatta lei, quando si arrabbia esplode. Però dovresti impegnarti di più, promettimelo!"
"Promesso!" sorrise Goku. "Un giorno Chichi sarà fiera di me e non si arrabbierà più!"
Anche Lazuli accennò un sorriso.
"È normale che sia preoccupata, però. Non ci ho capito molto, non so perché avete un figlio e perché è cresciuto a vista d'occhio accanto a me, però non vedo perché debba combattere. È solo un bambino".
"Se potessi vincere da solo contro Cell, lo farei. Ci proverò, domani, prima di mandare lui sul ring" rispose Goku, più serio che mai. "Però sento che Gohan è più forte di me. E che solo lui può salvare il mondo. Lui e te, ovviamente. Cioè, questa è una cosa che dice Rad, io non so molto a riguardo".
"Rad dovrà spiegarmi molte cose..." scosse la testa la bionda.
"Lui... lui ti fa mai arrabbiare? Come io faccio infuriare Chichi?" chiese a bruciapelo Goku, facendola arrossire di nuovo.
"E cosa c'entra adesso questo?! Io e lui non stiamo insieme!"
"Beh, però ti piace! L'hai detto tu!" tornò a ghignare Goku.
Lazuli sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
"Certo che mi fa arrabbiare. Anzi, a volte mi fa davvero incazzare..." ammise, arrivando anche a rincarare la dose. "A volte mi sembra di odiarlo...".
"Non è che lo ami e odi te stessa?!" buttò lì Goku con naturalezza.
Lazuli lo fissò, aprendo un po' di più gli occhi. Lui si stava grattando il mento e allo stesso tempo il centro della testa. Più che un gatto le sembrava una scimmione... come poteva avere uscite così illuminanti, talvolta?
"Non mi hai detto cosa ci fai conciato come un gatto..." eluse l'argomento Lazuli, tornando alla domanda di poco prima.
"Non sono un gatto!" ribadì Goku, guadagnandosi un'occhiata omicida da parte di lei, così intensa da convincerlo a spiegarsi meglio. "Cioè, sono un gatto di Paoz!"
"Perché di Paoz? Cosa cambia?"
"Niente, di Paoz perché sono pazzo! Cioè, Paoz e pazzo, capisci?! Mi faccio chiamare Stregatto! E qui in giro vivono anche la Lepre Marzolina e il Cappellaio Matto, infatti! Sono pazzi tutti e due! Le loro case sono di lì e di là!" rispose il ragazzo, sgranando gli occhi e alzando il tono della voce, tutto esaltato, indicando due direzioni precise nel bosco.
Lazuli ricordò subito che Cell aveva associato Radish a un cappellaio, anche se non era riuscita a dare un senso a quelle parole, almeno fino a quel momento.
Si rese conto che il cuore le stava battendo più forte, e non sapeva se esserne fiera o se sentirsi sciocca ad emozionarsi per una cosa tanto stupida.
Rad era davvero lì vicino?
"Il Cappellaio è..." provò a dire, prima di venire subito interrotta da un sempre più galvanizzato Goku.
"Matto! Matto da legare, eh! Ah, ah, ah! Mi fa troppo ridere! Urcaaa! Devi vedere quanto è fuori di testa! È pazzo, anche se non è un gatto di Paoz!"
"Io non voglio finire in mezzo ai matti..." osservò Lazuli, infastidita dal comportamento di Goku.
"Oh, non puoi evitarlo" tornò serio il gatto, facendo brillare di lucida follia i suoi occhi neri. "Siamo tutti matti qui. Io sono matto. Tu sei matta".
"Come sai che sono matta?!" lo fulminò lei col suo sguardo glaciale.
"Tu devi esserlo, per forza" rispose Goku. "Altrimenti non saresti venuta qui".
Lazuli sollevò un sopracciglio, per nulla convinta dalle parole che le erano appena state rivolte.
E se invece fosse stata la verità? Stava diventando pazza? Lo era già?
Quello che stava vivendo era tutto nella sua testa? O era stata lei stessa a creare quel mondo dal quale era convinta di essere arrivata inseguendo Bulma? Cosa era reale e cosa no?
"Tu come fai a sapere di essere matto?" domandò a Goku.
"Tanto per cominciare, un cane non è matto. E io sono un gatto di Paoz. Sei d'accordo?" rispose lui, dopo averci pensato un po' su.
"Suppongo di sì..." buttò lì Lazuli, decisamente perplessa e di nuovo sul punto di perdere la pazienza.
"Bene, allora: un cane ringhia quando è arrabbiato e scodinzola quando è felice. Io invece ringhio quando sono contento e scodinzolo quando sono arrabbiato. I gatti di Paoz fanno così".
"Io lo chiamo essere scemi, altro che ringhiare, scodinzolare o gatti di Paoz..." sospirò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
"Chiamalo come ti pare..." fece spallucce Goku. "Ci pensi che manca pochissimo al Cell Game?! Io non vedo l'ora!"
"Non hai risposto alla mia domanda, ma deduco che non sei in grado di pensare a due cose contemporaneamente..." sbuffò lei. "Io non ho nessuna voglia di rivedere Cell, ma sento che la meta finale del mio viaggio è quello stupido ring nel deserto".
"Bene! Ci vedremo là!" sorrise Goku, prima di appoggiare due dita sulla fronte e smaterializzarsi, mentre la sua interlocutrice lo stava ancora guardando.
Lazuli non se ne sorprese granché, l'aveva già fatta spaventare una volta e in più si stava abituando a veder succedere cose strane. Mentre stava ancora guardando il punto esatto in cui era scomparso Goku, questi ricomparve di nuovo.
"A proposito, che ne è stato di mio figlio?" le domandò. "Mi stavo quasi dimenticando di chiedertelo".
"È cresciuto in pochi secondi fino a diventare un bambino di dieci o undici anni, poi l'ho affidato a Junior e sono spariti nel bosco per allenarsi".
"Urcaaa! Perfetto allora!" esultò, sparendo di nuovo.
 
Lazuli cercò di riflettere per provare ad elaborare le informazioni caotiche che aveva ricevuto da Goku. Aveva indicato due direzioni, una per la casa delle Lepre Marzolina e una per quella del Cappellaio Matto. Non aveva idea di chi potesse essere questa lepre, ma pensò che non doveva essere poi così matta. Non tanto quanto il Cappellaio, almeno. Dopotutto si diceva che le lepri diventavano matte a marzo perché entravano nella stagione degli amori, ma, essendo luglio, forse non sarebbe stata così pazza.
Tuttavia, non era questo il punto: non aveva buone sensazioni sulla lepre, al contrario del Cappellaio, che, stando a quello che le aveva detto Cell, doveva essere Radish.
E se l'avesse ingannata? Del resto le aveva fatto un bello scherzo col fungo, anche se almeno aveva ritrovato la sua consueta altezza. Certo, c'era solo il dettaglio del seno più grosso e di quei tatuaggi imbarazzanti, ma aveva capito che non poteva soffermarsi troppo su quello che accadeva in quel mondo.
Lei amava avere tutto sotto controllo, tutto inserito in uno schema, ma lì non era possibile.
Quello era un mondo senza regole, in cui chi aveva fantasia e chi sapeva non prendersi troppo sul serio poteva far saltare il banco. Poteva vincere tutto.
Quello era il mondo di Radish, e non aveva dubbi che fosse proprio lui il Cappellaio Matto.
Goku aveva detto delle parole precise, indicando le case, "di lì e di là", e aveva citato prima la Lepre e poi il Cappellaio. Che fosse anche questo un messaggio che Radish gli aveva detto di riferirle? Non si era dimenticata di quel cartello caotico che aveva incontrato poco prima e la scritta "Là" che l'aveva aiutata a decidere quale direzione prendere.
Lei era Là, e Radish voleva che andasse di "là".
Sorrise, inoltrandosi nel bosco nella direzione in cui reputava potesse trovare la persona che, in fondo, stava rincorrendo da una vita.
 
"Dove vai?"
La voce di Goku, comparso dal nulla su un ramo, tornò a infastidire di nuovo Lazuli, che sbuffò, guardandolo male.
"Dal Cappellaio".
"Urcaaa! Hai capito subito dov'era! Io non ci sarei mai arrivato!"
"Ci sarà un motivo se tu sei stupido e io no, giusto?" sibilò la bionda, senza smettere di camminare.
"Giusto!" ridacchiò Goku, gioviale, saltando giù dall'albero e camminando accanto a lei, sempre con addosso quel suo ridicolo costume da gatto, Stregatto o gatto di Paoz.
Lazuli non l'aveva ancora capito, e non le interessava nemmeno più di tanto.
"Sicura di non voler vedere anche la casa della Lepre Marzolina?" chiese il ragazzo. "È davvero buffa! È fatta di pietra, ma ha due enormi comignoli a forma di orecchie che spuntano dal tetto ricoperto di pelliccia! Devi vedere che roba!"
"Non me ne frega molto della Lepre e della sua casa" sbuffò Lazuli.
"Ma non sai nemmeno chi è!" protestò il gatto.
"Così a pelle sento che mi starà antipatica questa lepre. E il mio sesto senso raramente sbaglia" rispose lei, distaccata.
"Non è che hai semplicemente tanta voglia di vedere il Cappellaio?" domandò ingenuamente Goku.
Lazuli avvampò e distolse lo sguardo di scatto, con stizza, come se stesse controllando qualcosa che non esisteva tra i rami che avvolgevano quella porzione di bosco.
Colpita e affondata.
"Io so che lui ha voglia di vederti" aggiunse il gatto, grattandosi la nuca.
"Come lo sai?!" sbottò Lazuli, tornando a guardarla.
I suoi occhi di ghiaccio erano sgranati, lucenti, espressivi come non mai.
La gente la accusava di essere apatica, e forse non aveva tutti i torti. In certi frangenti lo era, ma solo perché era lei a volerlo essere.
"Me l'ha detto lui" rispose Goku, riprendendo a ghignare in maniera inquietante.
Lazuli arrossì di nuovo e si voltò, incrociando le braccia sotto al seno e cercando di ridarsi il suo consueto tono.
"Non mi hai ancora spiegato come fai ad apparire e scomparire all'improvviso..." buttò lì, come se gliene fregasse realmente qualcosa.
Era brava a recitare, quando voleva. Una persona le aveva detto che poteva avere un futuro nel mondo dello spettacolo. Che poteva cambiare vita, cambiare lavoro. Che poteva abbandonare Cell e quell'ambiente malsano che certi giorni sembrava risucchiarla in un'oscurità nella quale non riusciva a intravedere l'uscita. Ma lei aveva preso tempo. Perché aveva paura di cambiare vita, di uscire da quella che era diventata la sua routine. Perché non c'entrava nulla coi suoi studi, anche se l'aveva sempre ispirata una professione di quel genere. Perché era timida e silenziosa, ma neanche troppo se si sentiva a suo agio. E perché, soprattutto, non aveva nessuno con cui poterne parlare. Che poteva consigliarla, aiutarla, spronarla. O meglio, esisteva quel qualcuno, ed era proprio da lui che voleva andare. Per dirgli questo, per dirgli che l'amava, per dirgli che voleva che fosse suo e suo soltanto, senza se e senza ma.
Ma ne sarebbe stata davvero capace?
"È una tecnica che si chiama teletrasporto! Me l'hanno insegnata degli alieni che vivono su un pianeta che si chiama Yardrat!"
La voce giocosa e squillante di Goku la distolse dai suoi pensieri e la fece quasi trasalire.
"Alieni? Sei andato nello spazio? Tu?!" domandò, scettica.
"Può andarci chiunque, qui... basta chiedere al papà di Bulma di costruire una navicella e il gioco è fatto!" spiegò. "Nella mia ha messo anche una camera gravitazionale per gli allenamenti!".
Lazuli lo fissò per qualche istante, prima di scuotere leggermente la testa e andare avanti. Non sentiva il bisogno di approfondire ulteriormente quell'argomento. Che fosse realtà o il delirio di un folle poco le importava, ormai.
Lei e Goku superarono dei rovi e poi una ripida salita piena di funghi colorati e fiori che emanavano un profumo dolcissimo, prima di ritrovarsi davanti a un gigantesco spazio bianco, un vero e proprio pavimento di pietra, in mezzo al quale si stagliava un grande edificio formato da un'alta navata centrale con un cupola dorata e due navate laterali, più basse, col tetto curvo e rosa. Ai lati si trovavano due enormi clessidre d'oro, dentro le quali scorreva una finissima sabbia verde smeraldo. Al centro della cupola c'era incastonato un orologio dorato, con le lancette al suo interno che scorrevano velocissime e costanti, senza mai fermarsi.
Tutto era pace lì intorno. Tutto era silenzio.
"Urcaaa! Siamo arrivati!" sorrise Goku.
"È qui che vive il Cappellaio Matto?!" chiese Lazuli, accennando un sorriso.
"No, questa è la Stanza dello Spirito e del Tempo".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: e adesso cosa c'entra la Stanza dello Spirito e del Tempo?
Ben ritrovati e grazie per esserci sempre, spero che vi sia piaciuto questo capitolo dedicato interamente a Lazuli e Goku in cui si alternano momenti un po' deliranti e importanti rivelazioni da parte di lui e di consapevolezza dei propri sentimenti da parte di lei.
Nel libro lo Stregatto viene chiamato il Gatto del Cheshire, ed è per questo che Goku si definisce un gatto di Paoz. Per il resto anche qui abbiamo qualche frase tratta direttamente dall'originale.
 
Ringrazio anche oggi tutti voi che continuate ad amare questa storia e a sostenermi, le vostre parole per me sono sempre importantissime e fondamentali! Un grazie gigante va alla mia amica Sweetlove che ha realizzato una splendida immagine di Lazuli con in braccio il piccolo Gohan, che rischia di restare soffocato nel suo seno mentre cresce a vista d'occhio! Niente, ho adorato che abbia voluto farmi questo regalo!
 
Bene, so che tutti voi aspettavate dall'inizio il prossimo capitolo perché sono consapevole che molti di voi mi seguono perché amano il mio Radish e anche il modo in cui utilizzo Vegeta nella mia storie, la loro brotherood, il loro battibeccare e volersi bene. E quindi non potevano che essere loro il Cappellaio e la Lepre Marzolina!
E poi sì, in molti di voi mi seguono perché amano i miei Rad e Là come coppia, non posso che augurarmi che vi piacerà il loro primo faccia a faccia in questa long, è stata una sofferenza arrivare fin qui senza farli interagire!
Vi ho fatto tanti spoiler perché ve li siete meritati, spero abbiate gradito! Posso dirvi anche ci sarà un nuovo personaggio, perché insieme al Cappellaio e alla Lepre c'è anche il Ghiro. Chi lo impersonerà?
Ci vediamo mercoledì con "Un tè da matti"!
 
Teo
 
 

Laz-Gohan

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Capitolo 12
*** Un tè da matti ***


12 - Un tè da matti
 
 
"La Stanza dello Spirito e del Tempo? Di cosa si tratta?" domandò Lazuli, contrariata, inarcando il sopracciglio.
A quanto pareva Radish non si trovava nemmeno lì... sarebbe mai riuscita a raggiungerlo? Poteva fidarsi di un mentecatto come Goku?
"È una stanza speciale in cui ci si può allenare ad una gravità superiore, e nella quale un giorno trascorso equivale a un anno" spiegò il gatto, con aria sognante. "Le condizioni meteorologiche al suo interno cambiano di continuo, e, anche se non sembra, dentro lo spazio è praticamente infinito e totalmente vuoto. È una stanza grande come l'intero pianeta".
"Frena un attimo... mi stai dicendo che allenarsi lì dentro per un giorno è come allenarsi per un anno intero?!" domandò la bionda, squadrando l'enorme portone di legno posto al di sopra di una breve scalinata bianca.
"Certo, e per di più in condizioni estreme! Vuoi venirci anche tu?!" alzò il tono della voce Goku.
"Ma sei scemo?! Ti sembro una che ha così voglia di invecchiare di un anno in un solo giorno?!" lo guardò di sbieco Lazuli.
"Uffa, anche mio fratello aveva detto la stessa cosa! Lui non si allena qui! Anzi, non si sta proprio allenando!" abbassò la testa Goku. "Dice che questo posto è una tortura per il fisico e per lo spirito, infatti mi ha vietato di portarci Gohan. Per fortuna c'è la Lepre Marzolina che si allena sempre con me lì dentro!"
"Non me ne frega niente di quella stupida lepre! Dov'è Rad?!" sbottò la ragazza, spazientita.
"A casa sua, è ovvio! Ti sta aspettando!"
"E allora andiamo, cosa vuoi che me ne freghi di questa stanza speciale?!" ringhiò Lazuli.
"Sicura che non vuoi dare un'occhiata alla casa della Lepre?" buttò lì Goku, guadagnandosi l'ennesima occhiata di fuoco da parte di lei.
"Ho detto che andiamo da Radish. Muoviti" scandì per bene Lazuli, intimidatoria come solo lei sapeva essere.
"E va bene! Va bene!" sorrise Goku, prima di portarsi due dita sulla fronte e smaterializzarsi nel nulla, stavolta più lentamente di prima, però.
Dapprima svanì la punta della coda e poi, pian piano, il resto del corpo. Rimase solo il suo inquietante ghigno davanti a Lazuli per alcuni istanti.
"Ti avevo detto di portarmi con te, imbecille! Non di andare da solo!" gridò la ragazza, furente.
"Urcaaa! Non avevo capito!" rispose il gatto, mentre la sua bocca gradualmente si dissolveva. "Tra l'altro non ho ancora imparato bene a padroneggiare questa tecnica, a volte mi capita di perdere per strada parti del corpo!"
"Di sicuro non corri il rischio di lasciare in giro il cervello..." sibilò Lazuli, mentre anche il ghigno di Goku spariva davanti a lei.
Era di nuovo sola, ma non aveva dubbi su quale direzione dovesse prendere stavolta. Guardò un'ultima volta la Stanza dello Spirito e del Tempo in tutta la sua solenne maestosità, dopodiché la aggirò e si inoltrò di nuovo nel bosco.
 
Non passò molto che intravide dietro le chiome degli alberi quello che aveva tutta l'aria di essere un'edificio tutto ricoperto di edera, resa ancora più verde e splendente dalla luce del sole che la illuminava.
Il suo cuore cominciò a battere più forte, sentiva di essere arrivata da Radish anche se ancora non poteva vederlo. Si rese conto che stava sorridendo, e anche che aveva aumentato il passo fin quasi a correre.
Si sentiva stupida, ma non le importava. Non più.
Saltò agilmente un paio di cespugli e superò l'ultimo muro di alberi che le ostruivano la vista, finché vide comparire davanti a sé quella che aveva tutta l'aria di essere effettivamente una casa.
Una strana casa.
Era sì ricoperta di edera, con qualche finestra che spuntava disordinatamente qua e là, tutte di forme e dimensioni diverse. La porta d'ingresso era triangolare, formata da due ante. Una persona particolarmente alta avrebbe potuto passare solo stando ben attenta di essere al centro. Tuttavia, la cosa più strana era la forma di quell'edificio, un enorme cappello, un cilindro per la precisione, leggermente inclinato su un lato. In cima c'era un largo comignolo sul quale campeggiava una scritta a mano fatta con la vernice rossa, tutta storta e sbavata, che recitava un messaggio inequivocabile: Rad the mad hatter.
Lazuli sorrise e scosse la testa, avanzando sull'erba bassa e stando ben attenta a non calpestare tazzine, piattini e cucchiaini che erano disseminati ovunque.
Sentiva delle urla e degli schiamazzi provenire dal retro e così, senza indugiare oltre, cominciò a correre in quella direzione, aggirando l'enorme cappello di edera che doveva essere per forza il luogo in cui viveva Radish.
Sul retro c'era un altro giardino, ancora più caotico, se possibile, di quello davanti all'ingresso principale. Sotto una grossa quercia si trovava un grande tavolo apparecchiato, e, seduti intorno ad esso, tutti raggruppati da un lato, c'erano Radish e Goku, appoggiati con i gomiti sulla schiena di una persona che dormiva profondamente con la testa sul tavolo, tra una tazzina fumante e l'altra. Lo usavano come fosse un cuscino, sfruttando anche lo strano costume che indossava, una pelliccia grigiastra dal pelo soffice.
Lazuli non seppe riconoscerlo, poteva avere sui diciott'anni e aveva dei lunghi capelli color glicine legati in una coda. Accanto a lui, appoggiata alla sedia, c'era una spada nel fodero.
Davanti a loro c'era un'altro uomo, con le braccia incrociate al petto e il viso corrucciato in un'espressione profondamente contrariata. Indossava un cerchietto dal quale spuntavano due lunghe orecchie marroni tra i suoi capelli neri a forma di fiamma, e una tuta aderente anch'essa marrone che ne metteva in risalto la muscolatura ma che lo rendeva anche decisamente ridicolo, considerando che sul suo fondoschiena si intravedeva un pom pom simile a quello del costume di Bulma. Lazuli dovette trattenere a stento una risata nel rendersi conto che la Lepre Marzolina altri non era che Vegeta. Proprio lui, l'orgoglioso e scorbutico Vegeta conciato in quel modo!
Lazuli tornò a soffermarsi sui fratelli Son: Goku, sempre vestito col suo look da Stregatto, e Radish, che indossava un eccentrico completo formato da dei pantaloni aderenti verde smeraldo, una giacca lunga verde chiaro dalla quale si intravedeva una camicia azzurra e un cilindro in testa della stessa forma della casa e dello stesso colore dei pantaloni che conteneva a fatica la sua lunghissima e folta chioma corvina. Dal cappello, circondato da un nastro verde scuro, spuntava un cartellino, probabilmente doveva trattarsi del prezzo. I pantaloni eran strappati all'altezza delle caviglie, lasciando ben visibili delle calze azzurre come le camicia con pois viola. Indossava poi delle scarpe eleganti viola molto appariscenti e, soprattutto, non aveva mai tolto gli occhi di dosso da Lazuli da quando l'aveva vista comparire.
Era conciato come un deficiente, Lazuli ne era consapevole. Ma non l'aveva mai trovato così bello. Così rassicurante, nonostante la scintilla di follia che sembrava illuminare i suoi occhi neri come la notte.
Lui le stava sorridendo.
E lei non era mai stata così felice di vederlo.
 
"Non c'è posto! Non c'è posto!" cominciò a sbraitare Vegeta, rovinando quel gioco di sguardi e di emozioni.
"Urcaaa! Non mi ero accorto che non ci fosse più posto!" esclamò Goku ingenuamente, guardando tutte le sedie e poltrone sgangherate vuote posizionate intorno al tavolo.
"Ho detto che non c'è posto per lei, Kakaroth!" ribadì Vegeta, puntando il dito contro Lazuli e apostrofando Goku con quel nomignolo con cui lo chiamava solo lui.
Sosteneva infatti che il fratello minore di Radish avesse un quoziente intellettivo pari a quello di una carota, ed era una delle pochissime cose sulle quali Lazuli poteva concordare con lui.
"C'è tanto posto, invece! È pieno di posti liberi!" replicò la bionda, sedendosi su una poltrona mezza rotta e rattoppata dalla quale spuntava anche qualche molla, accavallando le gambe e sfidando con lo sguardo Vegeta.
Si sforzava di mascherare col suo atteggiamento il disgusto che le dava quella poltrona, che, perlomeno, sembrava pulita. Forse avrebbe dovuto scegliere una sedia, ma aveva agito d'istinto.
"Bevi un po' di vino, allora!" sbottò Vegeta, indicando con la mano la tavola imbandita.
C'erano teiere di vari colori e dimensioni, un'infinità di tazze, tazzine e cucchiaini, oltre che biscotti, pasticcini e fette di torta. Davanti a Goku, poi, c'era una vera e propria pila di piatti accatastati. Ma anche Radish e Vegeta non scherzavano, dovevano aver avuto molto appetito. Lazuli si domandò se il ragazzo addormentato dai capelli lilla stesse dormendo usando una pila di piatti come cuscino. Ma, in ogni caso, non riusciva a vedere bottiglie o brocche di vino.
"Non vedo vino" rispose freddamente.
"Non ce n'è, tsk!" sorrise sghembo Vegeta, inclinando leggermente la testa verso la spalla.
"Non è buona educazione da parte tua offrirlo, allora. Sei il solito cafone" sibilò Lazuli indispettita.
"Non è buona educazione da parte tua sederti senza essere stata invitata!" ringhiò Vegeta, facendo ondeggiare le sue lunghe e ridicole orecchie da lepre.
Era uno spettacolo grottesco vederlo conciato così, probabilmente lui era il primo ad esserne consapevole e sentirsi ferito nell'orgoglio per questo.
"Non sapevo che il tavolo fosse tuo! Anche perché questa non mi sembra affatto casa tua! So che vivi in un edificio ridicolo come il tuo costume... o sbaglio?" lo provocò Lazuli, che non si faceva mai mettere i piedi in testa da lui.
"Kakaroth, razza di deficiente! Glie l'hai detto tu?!" sbraitò la lepre.
"I-io non ho... coff coff... fatto niente!" cercò di difendersi Goku, rischiando di ingozzarsi dato che aveva ripreso a mangiare con la sua tipica foga. "Urcaaa! Che bontà! Dobbiamo rifocillarci prima del prossimo allenamento, Vegeta!"
"Io non mangio finché questa qui non mi chiede scusa!" ribatté orgoglioso il ragazzo lepre.
"Eh dai, Prince, non rompere sempre i coglioni per tutto!" prese finalmente la parola Radish, che aveva osservato la scena in silenzio fino a quel momento, incapace di staccare gli occhi di dosso da Lazuli.
Si alzò in piedi e, ridendo sguaiatamente, diede una sonora pacca sulla schiena a Vegeta, mandandolo in bestia.
Si avvicinò a Lazuli e si perse per un istante di troppo nei suoi occhi di ghiaccio, prima di indugiare sul resto del suo corpo.
"Ma ciao, Là..." soffiò, inginocchiandosi e prendendole una mano, prima di baciargliela delicatamente.
"Ti stavo aspettando" aggiunse, roco, e Lazuli provò un brivido di piacere nel sentire il suono della sua voce e il contatto delle sue labbra sulla pelle.
Anche la sua mano, forte e calda, così grande rispetto alla sua, la faceva sentire bene. Al sicuro.
Si sentiva una scema, ma, tutto ciò che riuscì a fare fu sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Notò che il cartellino infilato nel nastro del cappello di Radish non indicava un prezzo, ma una sigla che conosceva bene e che significava tanto per lei e per loro due: C18.
Si sentiva felice, ma anche tesa. Aveva tanto atteso quel momento, ma, ora che era giunto, le mancavano le parole. Forse era la presenza di Goku e Vegeta a metterla a disagio, per non parlare del ragazzo sconosciuto che continuava a dormire.
"Hai qualcosa di diverso oggi, sei ancora più bella del solito!" continuò Radish, facendola avvampare.
Di solito non era così diretto.
"G-grazie..." rispose lei con un filo di voce.
"Non so... hai tagliato i capelli?" buttò lì il Cappellaio con aria furba, prima di sollevare ritmicamente le sopracciglia. "Oppure sarà quel seno più... come dire... esplosivo?! E quei tatuaggi, poi! Mi fanno impazzire! Anche se già sono pazzo! Eh già, sono il Cappellaio Matto!"
"Sei solo un maiale! Mi fai schifo!" sbottò Lazuli, paonazza, spingendo via Radish e alzandosi in piedi.
Si diresse ad ampie falcate verso la quercia che torreggiava accanto al tavolo, ma non sapeva neanche lei cosa stesse facendo e dove volesse andare.
Possibile che Radish dovesse farla imbestialire dopo tutti i pensieri che aveva fatto su di lui? Perché l'aveva voluta mettere a disagio dopo averle fatto i complimenti?
Si sedette ai piedi del grosso albero e appoggiò la schiena contro il tronco, raccogliendo le ginocchia verso il petto. Si premunì che non le si vedessero le mutandine, visto che indossava una gonna corta e semitrasparente azzurrina, non sapeva nemmeno lei come si era ritrovata con addosso quel vestitino così audace. Anche se doveva ammettere che le stava bene, che si piaceva. Sperò che piacesse anche a Radish.
"Sei un cretino, Rad!" sibilò, distogliendo lo sguardo.
"Finalmente hai capito che non c'era posto per te a questa tavola!" la derise Vegeta. "E se non fossi stata impegnata dal chirurgo plastico saresti anche potuta arrivare prima, tsk!"
Radish si fece improvvisamente serio e si voltò, battendo con forza un pugno sul tavolo. Una teiera che era in bilico cadde, andando in frantumi.
"Portale rispetto, Prince. Lo sai benissimo anche tu che senza l'aiuto di Là non potrai mai tornare ad essere il Principe di Cuori che eri prima che arrivasse quella merda ambulante di Cell" disse, severo e serio come non mai.
Lazuli, che stava a sua volta per urlare qualcosa a Vegeta, chiuse la bocca e si sentì rassicurata come solo Radish era capace di farla sentire. Protetta. Lui le aveva sempre fatto da scudo. Sempre.
Vegeta strinse i pugni e si morse il labbro, prima di colpire a sua volta il tavolo e far cadere un paio di tazzine. Il ragazzo vestito da ghiro sollevò leggermente la testa, mentre Goku si ingozzò ancora e cominciò a bere una tazza dopo l'altra di tè per riuscire a deglutire.
"Tsk!" borbottò Vegeta, voltandosi.
Era come se stesse ammettendo che Radish aveva ragione. Un duro colpo per il suo orgoglio.
Erano grandi amici da sempre lui e Radish, solo il maggiore dei Son poteva permettersi di rivolgersi a lui in un certo modo. E solo lui sapeva farsi ascoltare, quando era necessario.
"Abbiamo bisogno di Lazuli e di Gohan per vincere al Cell Game!" confermò Goku. "È quello che ci ha sempre detto mio fratello!"
"Io... i-io mi sto allenando per vincere da solo! Non ho bisogno di nessuno! Sono il valoroso Principe di Cuoriii!" tuonò Vegeta, urlando verso il cielo.
"Calmati, Prince. Sarà fondamentale anche il tuo contributo e quello di Goku, lo sai" intervenne Radish, rassicurante, appoggiandogli una mano sulla spalla. "Siete i più forti tra noi, non potremmo mai farcela senza voi due".
"Kakaroth può anche starsene a casa, basto io! E smettila di toccarmi, Rad!" ribatté il principe lepre, scorbutico come sempre, strappando un sorriso al Cappellaio.
"Servirà il contributo di tutti. Davvero di tutti... non abbiamo mai affrontato un avversario così forte" sospirò Radish. "Sarà Lazuli il nostro fattore decisivo, me lo sento. Cell la vuole, ma noi la proteggeremo finché giungerà il suo momento e ci farà vincere questa guerra del cazzo".
"Sììì!" esultò Goku, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Vegeta e uno sbuffo assonnato da parte del ragazzo dai capelli color glicine, che teneva ancora gli occhi chiusi.
"A quel punto faremo tornare in vita il Re e la Regina di Cuori, e tutto tornerà come prima. Sono sicuro che Bulma e Lunch abbiano trovato tutte le Sfere e, nel caso qualcuna dovesse avercela già Cell, ci penserà C17, la nostra talpa, a farcela avere" riprese Radish, che fissò il suo sguardo in quello glaciale di Lazuli, rapita da quel racconto che le permetteva di aggiungere nuovi pezzi al folle puzzle che stava cercando di comporre nella sua mente per capire quello che era successo e doveva succedere in quel mondo incantato e allo stesso tempo tragico.
"Sì, sì! Mi ero dimenticato di dirtelo, ma grazie a Bulma, Lunch e C17 abbiamo tutte e sette le sfere!" esultò Goku.
"Vedi che sei il solito deficiente?! Cosa aspettavi a dircelo?!" tuonò Vegeta.
Il Cappellaio sorrise, soddisfatto da quelle novità, e prese dal tavolo una tazzina col suo piattino e una teiera, prima di avvicinarsi a Lazuli, sempre seduta ai piedi della quercia.
Si accucciò davanti a lei e allargò il suo sorriso. Sincero. Rassicurante.
"Scusa per prima, non volevo metterti in imbarazzo" disse, e la ragazza si rese conto che stava lievemente arrossendo. "Una tazza di tè, mia regina e mia dea?" aggiunse, porgendole la tazzina e poi rialzandosi.
"Grazie..." rispose con un filo di voce Lazuli.
Lui fece un inchino e si tolse il cappello, prima di versarle il tè dalla teiera direttamente dall'alto, disegnando una cascata dalla traiettoria perfetta che le riempì la tazzina, ora fumante, senza che uscisse fuori neanche uno schizzo.
"Non avrei mai permesso che ti scottassi, Là" disse lui, con voce calda.
Sembrava averle letto nel pensiero.
"Anzi, non permetterei mai che qualcuno ti faccia del male. Finché ci sono io, non hai nulla da temere".
Lazuli sentì il cuore batterle più forte. Strinse la tazzina con entrambe le mani e distolse lo sguardo.
Le faceva male il petto, ma era perché si sentiva il cuore esplodere.
"Avete finito...?!" Siete patetici, tsk!" rovinò il momento Vegeta.
"Sei il solito cagacazzo, Prince!" rise Radish. "Perdonalo Là, lo sai anche tu che è un coglione!"
"Vaffanculo Rad!" ribattè Vegeta.
"Dai, Rad! Prova a fare a lei quell'indovinello difficilissimo! Quello che nessuno sa risolvere!" intervenne Goku, tutto esaltato. "Dici sempre che lei è la persona più intelligente che conosci!"
"Bulma è più intelligente..." farfugliò Vegeta, venendo però ignorato da tutti.
Radish sorrise a trentadue denti e sgranò gli occhi, incatenandoli a quelli di Lazuli, che lo osservava stranita con la sua tazza di tè bollente in mano.
"Che differenza c'è tra un corvo e uno scrittoio?!" 
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati, eccoci finalmente giunti al tanto atteso ingresso in scena di Radish, ma anche di Vegeta che ha sempre le sue fans, spero vi siano piaciuti e vi abbiano strappato sorrisi e emozioni! Come sapete, a me piace gestire in questo modo il rapporto di amicizia fraterna tra questi due, quindi non mi dilungo oltre.
Passiamo all'attesissimo primo faccia a faccia tra Rad e Là... avete intravisto qualche scintilla? Il cuore vi batteva un pochino forte come alla nostra Lazuli?
Questo è solo il primo di alcuni capitoli che vedranno protagonista il Cappellaio, quindi mettetevi comodi che ne vedremo delle belle. Intanto abbiamo scoperto qualche cosa interessante su Vegeta, cosa ne pensate?
Come sempre ho inserito situazioni e dialoghi presi anche dal libro originali, misti a quelli creati da me, spero sia uscito un buon capitolo. Lo Stregatto non partecipa al tè del Cappellaio nella storia di Carroll, sono stato io a volerlo qui. Vi è piaciuta come idea?
L'indovinello finale è il grande enigma che il Cappellaio Matto rivolge ad Alice... Voi la sapete la risposta?
 
Un grazie gigante come sempre a chi mi sostiene, a chi mi lascia un pensiero e a chi legge in silenzio. Visto che è entrato in scena Radish fatemi sapere se vi è piaciuto anche voi, se vi va. Un grazie specialissimo va poi a Evil Daughter per questa sontuosa immagine che mi ha regalato.
 
Bene, mercoledì prossimo riprendiamo da qui, penso che ci saranno cuori che batteranno forte, cambiamenti, risate, un po' di confusione e tanto amore nell'aria tra una tazzina e l'altra.
Cosa dite, Lazuli saprà rispondere all'indovinello di Radish? Riuscirà a dirgli quello che prova? E chi è il misterioso ragazzo ghiro?
Ne sapremo di più in "L'ora del tè e l'ora di te"!
 
Teo
 
 
 

rad-laz

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Capitolo 13
*** L'ora del tè e l'ora di te ***


13 - L'ora del tè e l'ora di te
 
 
Lazuli pensò per qualche istante al senso di quell'indovinello, mentre Radish le sorrideva sghembo senza toglierle gli occhi di dosso. E senza darle la possibilità di concentrarsi, perché la distraeva con la sua presenza.
Avrebbe voluto saltargli addosso e dirgli tutto quello che aveva dentro, altro che tè e stupidi indovinelli! E poi c'erano di mezzo anche Goku e Vegeta, per non parlare di quel ragazzo misterioso, tutti e tre conciati come dei dementi e, soprattutto, tutti e tre a impedirle di avere un po' di intimità con la persona che stava rincorrendo da tutto il giorno.
Anzi, che stava rincorrendo da tutta la vita.
A volte le sembrava di prenderlo, ma le sfuggiva sempre. Altre volte era lui che sembrava la stessa per prendere, ma era lei a rovinare tutto. A scappare.
Era così da sempre tra loro.
Si sarebbero persi senza essersi mai presi, se non avessero fatto qualcosa per cambiare la situazione.
Presi, persi.
Solo due lettere invertite.
La presenza di Goku e gli altri forse non era che l'ennesima scusa con cui cercava di giustificarsi, di trovare una scappatoia per non esprimere i suoi sentimenti.
Se ci teneva tanto a Radish, cosa ci faceva seduta da sola sotto una quercia con in mano una tazza di tè? Perché non andava da lui, al tavolo insieme agli altri suoi ospiti?
Bevve un altro sorso del tè che le aveva preparato il Cappellaio e si sentì meglio. Si sentì sé stessa. E percepì anche una piacevole sensazione al petto, unito a una sorta di cambiamento che non riusciva ancora a definire.
Si alzò e camminò elegantemente sull'erba fino a prendere posto accanto a Radish su una sedia malmessa che magicamente si trasformò in un trono regale dallo schienale a forma di cuore. La seduta era nera, lo schienale rosso scarlatto.
Ma si trattava davvero fino a poco prima di una semplice sedia sgangherata o era sempre stato un trono che attendeva solo che lei ci si sedesse sopra? Era comodo, morbido e profumato.
Rassicurante, come Radish, che le prese all'improvviso la mano facendole battere il cuore più forte.
Lazuli arrossì leggermente, ma cercò di non darlo a vedere. Accavallò le gambe e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, appoggiando poi la tazza sul tavolo dopo averne bevuto un altro sorso che le scaldò l'anima.
"Brava Là, è questo il tuo posto. Il posto più bello del mondo, il trono di una regina" disse con voce calda il Cappellaio. "Per me è un onore averti accanto a me, lo sai?"
"Io... g-grazie..." balbettò lei, felice e imbarazzata. "Eppure... eppure mentre mi sedevo mi sembrava una semplice sedia mezza rotta, l'hai trasformata tu in questo trono?"
"Io non ho fatto nulla, sei tu che l'hai resa così. Perché sei una regina" rispose il capellone.
"Io non sono una regina...".
"Per me lo sei. E questa sedia, anzi, questo trono, non aspettavo altro che fossi tu a occuparlo" aggiunse Radish. "Io bevo sempre tè, ma è una vita che aspetto te".
Lazuli avvampò a quelle parole, non sapeva cosa dire, cosa fare. Avrebbe voluto abbracciarlo, baciarlo. Dirle che lo amava, che lo voleva da sempre, che doveva essere suo e di nessun'altra. Ma qualcosa la bloccava, come sempre. La paura, l'imbarazzo, le paranoie, la presenza di altre persone intorno a loro.
Le sembrava di correre i cento metri su una pista di atletica con un peso attaccato alle caviglie che la rallentava.
Ma era felice lo stesso. Felice come non lo era mai stata.
"In realtà aspettavamo tutti che ti sedessi qui, perché questo mondo ha bisogno di una Regina di Cuori per sconfiggere Cell, l'usurpatore, e far tornare in vita la vera Regina di Cuori insieme al Re" riprese il Cappellaio, più serio che mai, riportandola alla realtà.
Aveva sentito da diversi persone quel giorno nominare questa Regina di Cuori e il fatto che dovesse essere riportata in vita. E, in effetti, quel trono dalla forma così particolare sembrava legarsi perfettamente a quello strano titolo nobiliare.
"Perché dovrei essere io la Regina di Cuori? Non mi sembra di esserlo" chiese, perplessa.
"Solo tu puoi esserlo. Solo tu puoi diventare abbastanza forte da distruggere Cell e riportare la pace" rispose Radish. "Quando sarai pronta ti renderai conto di essere diventata la nostra Regina di Cuori, e il destino farà il suo corso".
"Ma... chi era la vera Regina di Cuori? E il Re? Mi sembra di aver capito che invece il Principe di Cuori è ancora vivo e..."
"Scommetto con non sa la risposta!" berciò Vegeta, sprezzante e allo stesso tempo contrariato, interrompendo Lazuli  e ricordandole che le era stato posto quell'apparentemente incomprensibile indovinello da Radish.
Sembrava scosso, infastidito. E non solo perché era un maleducato come al solito, ma perché era come se qualcosa l'avesse ferito nell'orgoglio.
Che fosse lui il Principe di Cuori?
Lazuli cercava di mettere insieme tutte le informazioni che aveva ricevuto e, riflettendoci su, le apparve improvvisamente più chiara la situazione: Cell doveva aver ucciso i genitori di Vegeta, ossia i regnanti di quel mondo.
Tutto cominciava ad avere un senso almeno apparente.
"Giusto, giusto! Voglio sapere la differenza tra un corvo e uno scrittoio!" gridò Goku, mentre trangugiava un intero piatto di biscotti.
"Anch'io..." farfugliò il ragazzo vestito da ghiro, senza aprire gli occhi.
"È ovvio che la so" disse Lazuli, guardando Vegeta con aria di sfida.
"Intendi dire che credi di poter trovare la risposta?" ribatté la lepre.
"Proprio così" confermò lei.
"Allora dovresti dire ciò che intendi, tsk!" la incalzò Vegeta.
"Oppure intendere ciò che dici!" si intromise Goku. "È la stessa cosa, no?"
"Ma neanche per un po'!" rispose Radish, contraddicendo il fratello. "Sarebbe come dire che 'vedo quel che mangio' è la stessa cosa di 'mangio quel che vedo'!"
"Sarebbe come dire che 'mi piace quel che prendo' è la stessa cosa che 'prendo quel che mi piace'!" aggiunse Vegeta.
"Sarebbe come dire che 'respiro quando dormo' è la stessa cosa che 'dormo quando respiro'..." disse il ragazzo ghiro, che sembrava parlasse nel sonno.
"Per te è la stessa cosa perché sei il solito deficiente, Kakaroth!" tuonò Vegeta, mente Goku ridacchiava e si grattava la nuca.
"Bene, se adesso fate un po' di silenzio, la mia graditissima ospite ci darà la soluzione di questo indovinello che nessuno ha mai risolto!" annunciò Radish, zittendoli, prima di sorridere a Lazuli. "Allora, Là, qual è la differenza tra un corvo e uno scrittoio?"
La ragazza sbuffò in modo teatrale e alzò gli occhi al cielo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"Nessuna, è ovvio" rispose, giocherellando con una ciocca di capelli prima di sistemarseli dietro l'orecchio. "Entrambi producono delle note: note musicali il corvo, quando emette un suono, note intese come annotazioni lo scrittoio, quando si scrive qualcosa su un biglietto usandolo come appoggio".
Radish cominciò ad applaudire soddisfatto, indicandola e guardando poi gli altri ospiti seduti alla sua tavola, che sembravano esterrefatti. Si alzò in piedi e chinò il busto innanzi a Lazuli con reverenza.
"Mia regina e mia dea, complimenti. Nemmeno io avevo la minima idea di quale fosse la soluzione, ma non avevo dubbi che tu avresti risolto tutto" le disse. "Tu sei sempre un passo avanti, non dimenticarlo mai. Non sottovalutarti mai. Non credere mai di non essere abbastanza solo perché qualcuno è solo uno stronzo invidioso".
Lazuli rimase colpita da quelle parole di incoraggiamento. Radish sembrava sempre capace di toccare le corde giuste dentro di lei, leggere le sue emozioni, dirle quello che aveva bisogno di sentirsi dire.
"Quindi ci hai rotto i coglioni per mesi con un indovinello di cui neanche tu sapevi la soluzione?!" ringhiò Vegeta, scagliando una tazzina verso il Cappellaio, che la evitò per un pelo.
"Suvvia, Prince, non fare sempre il guastafeste! O preferisci che ti chiami 'Hare' visto che adesso ti immaginerò per sempre come una lepre?! Con quelle belle orecchiette e quell'adorabile pompom sul cu-..." lo provocò Radish.
"Ti ho detto di piantarla, razza di idiota!" lo interruppe Vegeta, cercando di colpirlo di nuovo.
"Urcaaa! È davvero pazzesca la soluzione che hai trovato! Sei proprio un genio, Lazuli!" intervenne Goku, felice come non mai.
"Questo lo sapevo già..." sospirò la bionda con superiorità, con quel fare un po' a metà tra il serio e il faceto che la contraddistingueva quando scherzava, sì, ma non troppo.
"Già, un genio..." confermò il ragazzo dai capelli lilla, sbadigliando.
"Aprirà mai gli occhi?" chiese Lazuli, indicandolo.
"Boh, Vegeta l'ha portato nella Stanza dello Spirito e del Tempo e ne è uscito stravolto, anche se più forte. Da allora non fa altro che dormire o al massimo parlare nel sonno" spiegò Radish, allargando le braccia. "Proviamo a fissarlo intensamente tutti e quattro in silenzio e vediamo se apre gli occhi".
 
Tutti stettero muti per un paio di minuti, fissando invano il ragazzo ghiro che, in tutta risposta, cominciò a russare sonoramente.
"Vabbè, fa niente... quanti ne abbiamo oggi?" chiese Radish, rivolgendosi a Lazuli e rompendo quel silenzio che lui stesso aveva imposto.
Aveva tolto un orologio a cipolla argentato dal taschino e lo fissava con qualche perplessità, scuotendolo di tanto in tanto e portandoselo all'orecchio.
"Oggi è il quattro luglio" rispose lei.
"È indietro di due giorni!" sospirò il Cappellaio. "Te l'avevo detto che il burro non andava bene!" aggiunse, guardando con disgusto Vegeta.
"Era un burro di prima qualità, tsk!" ringhiò la lepre.
"Sì, ma devono esserci entrate delle briciole di pane! Non dovevi mettercelo con il coltello del pane!" borbottò Radish.
"È colpa di Kakaroth! Me l'ha dato lui quel coltello!" si giustificò Vegeta, incrociando le braccia al petto con fare polemico.
Goku allungò il braccio, afferrò l'orologio e lo osservò con fare sconsolato. Dopodiché lo affondo nella sua tazza piena di tè e lo tirò fuori per poi addentarlo, rischiando di spaccarsi i denti.
"Non riesco a mangiarlo, però riconosco il sapore del burro! È di prima qualità!" convenne con Vegeta.
"Di prima... qualità..." farfugliò nel sonno il Ghiro, mentre Radish si riappropriava del suo orologio e lo lucidava usando una delle lunghe orecchie di Vegeta.
"Ehi, lasciami stare!" sbottò la lepre.
"Quanto rompi le palle..." lo apostrofò Radish, strappando una risata soffocata a Lazuli.
"Che strano orologio che è, però... dice il giorno del mese, ma non che ore sono!" osservò la bionda, incuriosita e anche decisamente schifata, ripensando alle peripezie che aveva attraversato quell'oggetto.
"Perché dovrebbe?" si stupì Radish. "Il tuo orologio ti dice forse che anno è?"
"Certo che no! Che senso ha per un orologio indicare l'anno?" ribatté Lazuli, piccata. "Un anno resta uguale per talmente tanto tempo che non è fondamentale leggerlo su un orologio".
"Ecco: è esattamente la stessa cosa che capita al mio orologio" disse il Cappellaio, allargando le braccia.
La ragazza sentì che i pensieri le si ingarbugliavano terribilmente e, soprattutto, che non avesse nessun senso l'osservazione fatta da Radish.
"Non riesco a capirti" gli disse.
"Se mi avessi capito, del resto, sai quanto tempo avremmo guadagnato?" rispose lui, improvvisamente malinconico. "Ma in realtà è colpa mia, non sono bravo a farmi capire".
Lazuli si sentì travolta da un velo di tristezza nel vederlo così, per non parlare di un senso di rimpianto che le sembrava aleggiasse nello spazio che la separava tra lei e Radish. Uno spazio tutto sommato contenuto sul piano fisico, ma che, per un motivo e per un altro, né lui né lei erano mai riusciti a colmare.
Erano davvero come un cielo e un prato, sempre così vicini da potersi sfiorare, ma incapaci di diventare una cosa sola?
Era questo che lui le stava dicendo? Le stava dicendo che non si erano mai capiti? Che non avevano mai compreso quello che provavano l'uno per l'altra?
Lazuli si sentì improvvisamente in colpa, e anche triste per tutto il tempo che sentiva che lei e Radish avevano perso. Perché sentiva che la colpa era sua, perché era sempre lei ad essere più sfuggente di lui.
"Non dire così... sono io che a volte non capisco..." disse con un filo di voce, distogliendo lo sguardo da quello di lui e cercando di ricacciare indietro le lacrime che avevano osato rendere lucidi i suoi occhi di ghiaccio.
Dettaglio che non sfuggì al Cappellaio, che proprio non sopportava di vederla triste e, soprattutto, non voleva che lo fosse a causa sua.
"Ma no dai, Là, lo sappiamo tutti che sono un coglione, io!" scoppiò a ridere sguaiatamente, deciso a cambiare argomento. "Toh, il Ghiro si è riaddormentato!" aggiunse, afferrando una teiera fumante e versando una buona parte del suo contenuto bollente sul naso del ragazzo dai capelli color glicine.
"Sì, sì... è la stessa cosa che capita al tuo orologio..." scosse la testa insofferente, senza aprire gli occhi.
"Ma non gli sembra di sprecare tempo a dormire tutto il giorno?" chiese Lazuli, indicando col capo il ragazzo ghiro.
"Ehi, fatti gli affari tuoi! Non ti deve interessare quello che fa lui!" ringhiò Vegeta, prendendo le sue difese.
"E perché a te importa quello che dico di lui?!" lo provocò Lazuli in tono di sfida.
"Perché sì, tsk!"
"Calma, calma!" intervenne Radish. "Qui nessuno sta sprecando tempo. Nessuno, a parte me, visto che ne ho sprecato troppo... io lo conosco il Tempo. È una persona da trattare coi guanti..." aggiunse con aria malinconica, guardando Lazuli.
"In che senso è una persona? Non capisco..." disse lei, perplessa.
"È normale che tu non lo sappia. Non hai mai parlato con il Tempo, secondo me" scosse la testa il Cappellaio.
"Direi di no" confermò la bionda.
"Credo che neanche tu sia in buoni rapporti con lui" sospirò Radish. "Non hai mai avuto anche tu la sensazione di aver perso tanto tempo?"
Lazuli rimase in silenzio alcuni istanti, colpita da quelle parole che sembravano essere indirizzate dritte al suo cuore. Erano parole cariche di rimpianto, se ne rendeva conto mentre cercava di scavare dentro i malinconici occhi neri del ragazzo che sentiva di amare da una vita. Avrebbe voluto dirgli che aveva ragione, che aveva perso troppo tempo non trovando mai il coraggio di dirgli che lo amava da anni. E che, forse, aveva perso tanto tempo in generale nel prendere in mano le redini della sua vita per provare ad essere sul serio felice.
"Sì..." ammise con un filo di voce, abbassando lo sguardo.
"Ah, ecco, adesso si spiega tutto!" esclamò Radish.
Allungò la mano e sollevò delicatamente il viso di Lazuli, afferrandole il mento tra indice e pollice. Le sorrise, sforzandosi di non perdersi in quegli occhi di ghiaccio che lo fissavano indifesi e puri, una rarità e privilegio che lei non mostrava a nessun altro, cercando sempre di trincerarsi dietro una scorza di durezza e impenetrabilità per nascondere i propri sentimenti.
Lazuli arrossì lievemente e si sentì meglio. Si rese conto che Radish non la voleva proprio vedere triste e gli sorrise a sua volta, mentre il cuore le batteva forte.
"Sai, il Tempo non sopporta di essere perso" le spiegò il Cappellaio. "Se solo ti fossi mantenuta in buoni rapporti con lui, sono certo che farebbe tutto quello che vuoi tu con l'orologio. E lo stesso varrebbe per me, con il Tempo...".
"In che senso farebbe quello che voglio?" chiese Lazuli, perplessa.
"Per esempio, supponiamo che siano le 8:30, proprio l'ora di entrare in ufficio: basterebbe solo che sussurrassi una parolina all'orecchio del Tempo e in un batter d'occhio la lancetta farebbe un sacco di giri! Le 18:30, 'fanculo a tutti, ci vediamo domani!"
"Come vorrei che fosse l'ora in cui ve ne andate 'affanculo entrambi... anzi, tutte e tre, tsk!" borbottò Vegeta, facendo scoppiare a ridere Radish, che lo strinse a sé e cominciò a tirargli le orecchie da lepre, facendolo imprecare più del solito.
"Tu sei sempre troppo veloce, Prince! Del resto sei una lepre! Hai sempre fretta, un po' come Bulma, la tua coniglietta!" continuò a ridere.
"Non parlare di Bulma!" ringhiò Vegeta.
"E perché? Lo sanno tutti che, da bravo leprotto, sei velocissimo in qualunque circostanza, soprattutto quando ti chiudi da qualche parte con la tua Bianconiglia e poi...".
"Sta' zitto, Rad!" tuonò la Lepre.
"È talmente veloce che viene subito lui!" specificò il Cappellaio, guardando una perplessa Lazuli e guadagnandosi un cazzotto sulla nuca da parte dell'amico che rischio quasi di fargli perdere i sensi.
"Io vorrei che fosse ora di pranzo! O di cena!" si intromise Goku, trangugiando mezza torta alle mele in un sol boccone.
Era rimasto ancora al discorso sul Tempo e sulla possibilità di manipolarlo a proprio piacimento.
"Ma se non fai altro che mangiare tutto il giorno, Kakaroth!" lo apostrofò Vegeta, che stava cercando di divincolarsi dalla presa di Radish, che lo tenga stretto a sé. "E tu mollami! Mollami, cazzo!"
"Sarebbe magnifico, davvero... ogni mattina ordinare all'orologio che sia già ora di uscire dall'ufficio" riprese la parola Lazuli, pensosa, riportando il silenzio attorno alla tavola. "Però non sarebbe strano? Non sembrerebbe di non aver vissuto tutte quelle ore? Di aver buttato via una giornata?"
"All'inizio forse. Ma potresti tenere ferme le lancette sulle 18:30 fin quando ti va" spiegò il Cappellaio.
"È così che fai tu?" gli domandò lei.
Radish scosse tristemente la testa.
"No, io no..." disse. "Io e il Tempo non siamo mai stati in buoni rapporti, in più abbiamo litigato di brutto. È successo lo scorso marzo, prima che lui diventasse matto" aggiunse, indicando Vegeta fino ad affondare un dito sulla sua fronte.
"Toglimi quelle manacce di dosso, che schifo!" si lamentò la Lepre, schiaffeggiandogli la mano.
Radish allora afferrò un cucchiaino da tè e cominciò a picchiettarglielo sul naso, fino a fargli cacciare un urlo di rabbia talmente acuto che uno stormo di passerotti si alzò in volo dalla fronde degli alberi più vicini.
"Dicevo..." si schiarì la voce il Cappellaio, mentre Lazuli osservava la scena con un misto di perplessità e disgusto. "Che a marzo, appunto, la Lepre Marzolina è diventata matta. Vegeta è andato in calore, continuava a saltare addosso a Bulma... insomma, un casino! Trombavano come conigli, letteralmente! La lepre e la coniglietta, hai capito! È lui veniva subito. Sempre. Velocissimo" aggiunse, sgranando gli occhi, mentre Goku rideva, Vegeta era lì lì per esplodere di nuovo e il ragazzo dai capelli lilla arrossiva nel sonno. Sembrava imbarazzato.
"Ho dovuto separarli perché era un disastro, Vegeta è rimasto con me nel bosco finché non si sono placati i suoi bollenti spiriti! E meno male che non mi è mai saltato addosso, del resto mi rendo conto di essere irresistibile!" concluse, sollevando ritmicamente le sopracciglia, mentre guardava prima Vegeta e poi Lazuli.
"Mi fai schifo! Perché mai dovrei saltarti addosso?! E non è vero niente di quello che hai detto su me e Bulma, imbecille!" tuonò la lepre, mentre Lazuli aggrottava leggermente il naso e inarcava il sopracciglio, decisamente poco propensa a immaginare certe cose.
"Lo sai anche tu cosa è successo a marzo! Lo sai benissimo perché siamo diventati matti!" sbraitò Vegeta, battendo i pugni sul tavolo e facendo sussultare il Ghiro.
Sembrava triste, non solo rabbioso.
Anche Goku smise di strafogarsi e assunse un'espressione affranta.
"Già, a marzo... i nonni..." disse con la voce rotta dal pianto il ragazzo dai capelli lilla, senza aprire gli occhi.
"Lo so che marzo è un mese felice per te perché l'1 compi gli anni, Là" riprese a parlare Radish, facendosi serio. "Però a marzo qui siamo diventati tutti matti. Era il 4 marzo, precisamente..." aggiunse, mostrandole di nuovo il suo orologio a cipolla dorato fermo su quella data.
Non era indietro di due giorni come aveva detto prima, bensì di quattro mesi.
Il Cappellaio si chiuse in un malinconico silenzio per qualche secondo, volgendo uno sguardo assorto verso il cielo.
"Quel giorno è cambiato tutto, è successo un casino atroce. Io e il Tempo abbiamo litigato e da allora non vuole fare più nulla di quello che gli chiedo" spiegò. "Da allora sono sempre le cinque del pomeriggio sul mio orologio. È da quel giorno che vivo un'eterna ora del tè".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, cosa ne dite della soluzione dell'indovinello? Ci tengo a precisare che nel libro originale non troviamo la risposta, perché l'indovinello del Cappellaio in origine era stato concepito da Carroll come privo di soluzione. E sarà lo stesso Carroll, trentun anni dopo la pubblicazione del libro, a svelare la soluzione, che è la stessa di cui parla Lazuli qui. Carroll ne ha parlato nella pressione dell'edizione del 1896, perché in quei trentun anni in molti si erano interrogati su questo e gliel'avevano chiesto, ma lui non si era mai sbilanciato. Molti studiosi e enigmisti hanno dato la loro soluzione nel tempo, io ho deciso di optare per l'idea dell'autore. E per fortuna che ha fatto in tempo a renderla ufficiale, dato che sarebbe morto nel 1898!
Tornando alla storia, non posso che sperare vi sia piaciuto il capitolo, sia per come sembrano avvicinarsi Radish e Lazuli, sia per le rivelazioni che emergono in modo caotico su quel mondo, sia per le gag tra Rad, Vegeta e Goku. Boh, io potrei scrivere per ore e ore cose stupide con loro tre in mezzo, ce li vedo come gli Aldo, Giovanni e Giacomo in versione Saiyan!
A parte questo, saltano fuori notizie importanti sulla Regina di Cuori e quello che sembra essere il suo legame con Vegeta... e sul perché Rad abbia voluto Lazuli in quel mondo. Ne sapremo di più nel prossimo capitolo.
 
Un grazie grandissimo va come sempre a voi che mi sostenete e mi lasciate sempre il vostro parere, anche a chi legge in silenzio ovviamente! E a Tanipuu per lo splendido Vegeta Lepre fatto col dollmaker che vedremo settimana prossima, mentre oggi vi mostro un’incantevole Alice realizzata da Elena Mirulla, fonte di ispirazione, come vi avevo già detto, per certi tratti della mia Lazuli. Un grazie gigante va a lei, per questo, per tutti i suoi disegni e le sue storie a fumetti! Che, ovviamente, vi consiglio di recuperare se non la conoscete come autrice!
 
Mercoledì prossimo sarà un capitolo molto importante, perché molte cose verranno spiegate bene. Perché Radish ha litigato col Tempo? Cosa significa? E cosa sarà mai successo a marzo? Perché sono diventati tutti matti?
Posso anticiparvi che il cuore di Lazuli batterà forte e che Vegeta sclererà perché verrà svelato un segreto su di lui avvenuto nel mondo reale... e poi succede anche altro, perché il titolo è inequivocabile: "Il risveglio del Ghiro".
 
Teo
 
 
 

Alice-Eat-Me

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Capitolo 14
*** Il risveglio del Ghiro ***


14 - Il risveglio del Ghiro
 
 
"È perché sono sempre le cinque del pomeriggio che ci sono tutti questi servizi da tè qui in tavola?" domandò Lazuli, guardandosi intorno un po' disgustata e indugiando sulla catastrofica situazione in cui versavano stoviglie e tovaglia.
"Sì, è per questo..." sospirò Radish. "È sempre l'ora del tè e non abbiamo mai tempo di lavare le cose tra un tè e l'altro".
"Quindi continuate a girare intorno al tavolo cambiando posto di volta in volta?"
"Proprio così, a mano a mano che le cose vengono utilizzate".
"E come fate quando finite il giro e tornate di nuovo dall'inizio?!" si avventurò a chiedere la ragazza, decisamente perplessa.
"Ma perché non ti fai un po' gli affari tuoi, eh?! Mi hai stufato, tsk!" intervenne Vegeta.
"Nessuno ti ha interpellato" lo fulminò con lo sguardo la bionda, per nulla intimorita dal modo di fare della Lepre.
"Se sei preoccupata per l'igiene della tua tazzina, sappi che avevo un servizio da tè che avevo messo apposta da parte per il tuo arrivo" intervenne Radish, rassicurante, allungando una mano e sfiorandole la guancia con un dito. "Ti stavo aspettando qui a tavola da tanto tempo. È da tutta la vita che volevo prendere un tè con te".
La ragazza avvampò a quelle parole e si sentì di nuovo vulnerabile, ma in senso positivo. Percepì un piacevole calore nel petto, e si portò istintivamente una mano verso il cuore.
Fu in quel momento che si rese conto che qualcosa in lei era cambiato: sgranò gli occhi e si fissò il seno, che era tornato alle sue abituali dimensioni. Anche i tatuaggi erano spariti.
"Ma..." provò a dire, guardando Radish sbigottita.
Era stata opera sua? In effetti, poco prima, quando aveva bevuto il primo sorso di tè seduta ai piedi della quercia, si era resa conto che qualcosa in lei era cambiato.
"Sì, forse è un peccato non poterti ammirare ancora così com'eri prima e con quei tatuaggi eccitanti" sollevò ritmicamente le sopracciglia il Cappellaio, avvicinando il viso al suo e facendole battere il cuore all'impazzata. "Ma la verità è che ti preferisco così come sei, Là. Non dimenticarti mai quanto vali. E quanto sei bella".
Lazuli rimase a fissarlo dritto negli occhi per alcuni istanti che le parvero interminabili e allo stesso tempo indimenticabili. Quegli occhi contornati di follia, ma colmi di sincerità e, ci avrebbe giurato in quel momento, di amore. Quegli occhi che la facevano stare bene. Che la facevano sentire a casa anche se si era persa in un luogo assurdo. Proprio lei, che si era persa da tempo in un labirinto di emozioni e pensieri che le impedivano di trovare la via d'uscita.
Ma stava davvero cercando la strada di casa? O stava cercando disperatamente di trovare sé stessa?
Quello di cui era certa era che le piaceva stare lì, e che le piaceva come Radish le sembrasse più diretto nel dirle certe cose.
E se invece lui fosse sempre stato diretto e lei non avesse mai colto i suoi segnali?
Lazuli chiuse gli occhi per un istante e respirò profondamente. Come sempre stava affogando in un groviglio di dubbi e pensieri, incapace di concentrarsi su quello che contava davvero e che era a pochi centimetri da lei. Dalla sua bocca.
"Come... come hai fatto? È stato il tuo tè?" chiese con un filo di voce, con lo sguardo fisso sulle labbra di Radish.
Si era fatta più vicina a lui senza quasi rendermene conto.
"Certo, è stato il tè che ho preparato apposta per te. Con un ingrediente segreto che serve a scacciare il veleno e tutte le cose brutte" rispose lui, suadente.
"Mi puoi dire qual è questo ingrediente? O è davvero un segreto, Rad?"
"Non ho segreti con te, Là. Non potrei mai averne" accennò un sorriso il Cappellaio, e il suo respiro le accarezzò le labbra. "L'ingrediente segreto è qualcosa di semplice e allo stesso complicato. È qualcosa di magico, che però a volte sa far male. Ma ciò non toglie che sia pazzesco, sempre. È l'amore l'ingrediente segreto".
Il cuore di Lazuli perse un battito e un brivido le accarezzò la schiena. Le stava dicendo che la amava?! Aveva capito bene?! O la stava prendendo in giro?!
"Avete finito con queste smancerie da smidollati?!" intervenne Vegeta, rovinando l'idillio che si era creato e interrompendo Radish e Lazuli, ormai prossimi a baciarsi. "Ce ne hai messo di tempo per accorgerti di essere tornata normale, tsk!"
"Io me n'ero accorto subito, ma ero troppo impegnato a mangiare per dirtelo!" esclamò Goku, grattandosi la nuca.
Lazuli si riscosse in quel momento e abbassò la testa, accennando un sorriso imbarazzato e arretrando col busto.
Si stava allontanando da Radish quando ormai era a meno di un passo da lui.
Come sempre. Era la storia della sua vita. A volte la felicità le sembrava a portata di mano, talmente vicina da poterla afferrare e stringere a sé. Ma le sfuggiva, ogni dannata volta.
Si voltò di scatto verso la Lepre e gli piantò addosso i suoi occhi di ghiaccio, ardenti come nelle migliori occasioni.
"Dovrei zittirti come quella volta in cui ti ho spaccato il braccio!" tuonò, stringendo i pugni.
Vegeta sobbalzò a quelle parole e strinse i pugni a sua volta così forte da farsi male.
"Eravamo d'accordo che sarebbe rimasto per sempre un segreto tra noi tre!" gridò la Lepre, indicando lei e Radish.
"Eh?! Te l'aveva rotto lei il braccio ai tempi del liceo?" domandò Goku, perplesso, massaggiandosi le meningi. "Urcaaa! Sei forte, Lazuli!"
"Ecco, adesso lo sa anche l'idiota, complimenti!" polemizzò Vegeta.
"Il braccio... rotto... no, papà..." sospirò nel sonno il ragazzo ghiro, scatenando di nuovo la rabbia di Vegeta.
"Ecco, anche lui! Sei contenta, eh?! Sei contenta?!" berciò furibondo, battendo i pugni sul tavolo.
Lazuli osservò il ragazzo dai capelli lilla che continuava a dormire, e notava nei suoi tratti somatici qualcosa di familiare, ma che non riusciva a comprendere del tutto. Prima aveva accennato ai suoi nonni, ora a suo papà... che cosa significava?!
"Dai, Prince! Non rompere i coglioni, è acqua passata! E poi non succede niente se lo sanno anche loro due, siamo in famiglia dopotutto e saranno passati più di dieci anni!"
Lazuli smise di badare al Ghiro e tornò a osservare Radish, che rideva e dava pacche sulle spalle a un furente Vegeta cercando di mediare tra loro. Già, proprio come oltre dieci anni prima, quando un giorno, al liceo, Vegeta aveva alzato troppo la cresta per l'ennesima volta mancandole di rispetto e così lei l'aveva colpito all'improvviso con un calcio all'altezza dell'avambraccio, cogliendolo di sorpresa e procurandogli una frattura. Niente di troppo grave per fortuna, anche per la sua nascente carriera da pugile, ma un affronto enorme da digerire per una persona dall'ego smisurato come Vegeta. Alla fine, grazie alla mediazione di Radish, che era stato l'unico ad assistere alla scena, i tre avevano deciso di mantenere il segreto sulla vicenda e di non parlarne più. La versione ufficiale, infatti, era che Vegeta si era infortunato durante uno dei suoi allenamenti.
"In che senso siamo tutti in famiglia? Chi è quel ragazzo?" domandò Lazuli, indicando il Ghiro.
"È T-...".
"Taci Kakaroth!" tuonò Vegeta, interrompendo Goku. "Ti ho già detto di farti gli affari tuoi, tsk!" aggiunse, guardando di sbieco Lazuli.
"Rad ha detto che io posso farti tornare ad essere il Principe che eri una volta, dovresti trattarmi con un po' più di gentilezza" lo canzonò lei, accennando un sorriso, imitata da Radish, e facendogli ribollire il sangue nelle vene. "Razza di maleducato".
"Se non fosse successo nulla quel maledetto 4 marzo..." ringhiò la Lepre, stringendo i pugni con rabbia e frustrazione per poi fissare un punto indefinito del cielo.
"Mi volete dire cos'è successo quel giorno? E perché tu hai litigato col Tempo?!" domandò Lazuli, rivolta a Radish.
"Era la sera del gran concerto in onore della Regina di Cuori, sua madre..." rispose il Cappellaio, mesto, indicando col capo Vegeta che, dal canto suo, digrignava i denti con sempre maggiore forza. "Io stavo cantando, la gente era felice, tutto andava bene... poi...".
Radish si interruppe e deglutì il nulla, abbassando la testa.
Lazuli si ricordò che il precedente marzo, una sera, pochi giorni dopo il suo compleanno, Radish aveva tenuto un concerto nel locale in cui lavorava come cameriere. Aveva l'hobby della musica, una delle sue tante passioni, e se la cavava bene col punk rock grazie alla sua voce roca, calda e graffiante. Le aveva anche dedicato una canzone davanti a tutti quella volta. L'aveva fatta imbarazzare come mai prima, ma le aveva anche fatto battere il cuore come raramente le era capitato in vita sua. Le aveva dedicato "Want you bad" degli Offspring, e da allora non era passato un solo giorno senza che l'avesse sentita almeno una volta.
Anche in quel mondo, allora, aveva tenuto un concerto il 4 marzo?
"E poi?" lo incalzò, curiosa.
Persino Goku appariva affranto, mentre il Ghiro, nel sonno, aveva aggrottato le sopracciglia.
"E poi è arrivato Cell, dal nulla, dicendo di aver viaggiato nel tempo... ci ha colti di sorpresa... era... era troppo forte e..." spiegò Radish con la voce rotta dal pianto, prima di interrompersi e guardare Vegeta, che annuì lentamente. "E ha ucciso sua madre, la Regina di Cuori, e suo padre, il Re. Abbiamo provato a combattere, ma ci ha ridotti in fin di vita, ha schiavizzato l'esercito, ha preso il comando di tutto insieme a Gero...".
Lazuli strinse i pugni a sua volta. Il suo odio per Cell e anche per Gero riusciva ad essere superiore in questo mondo persino rispetto a quello dal quale proveniva. Come avevano potuto arrivare a tanto? Dovevano pagarla cara.
"Io... mi dispiace..." disse con un filo di voce.
"Tsk..." commentò Vegeta, ghignando tristemente.
Come se non gli importasse più di tanto. Come se volesse dimostrarsi forte.
Radish gli diede una pacca sulla spalla e lui non si ribellò. Aveva un carattere di merda, ma era un bravo ragazzo, sotto sotto, anche se odiava mostrarsi fragile.
"Non so come, ma ti prometto che farò quello che devo fare con Cell" disse Lazuli, e Vegeta tornò a guardarla negli occhi.
"Dovrai ucciderlo. Dovremo ucciderlo" le disse, senza tradire emozioni. "Pensi di esserne capace?".
Lazuli guardò per un attimo Radish, in cerca di conferme, o anche solo della consapevolezza che avrebbe saputo trovare davvero dentro di sé quella forza che nemmeno lei sapeva di avere. E i suoi occhi neri la rassicurarono. Non avevano bisogno di parlare tra loro, certe volte.
"Ne sarò capace" ribatté, determinata, strappando un sorriso di approvazione a Vegeta.
"Cos'è successo invece col Tempo?" aggiunse, rivolta a Radish.
"Niente di che, l'ho maledetto e lui se l'è presa... è piuttosto permaloso, sai? E mi ha bandito dalla Stanza dello Spirito e del Tempo... ma la cosa bella è che a me nemmeno importa di andarci, tanto ci vanno loro tre!" rispose, scoppiando in una fragorosa risata e indicando i suoi tre commensali. "Col cazzo chi invecchio lì dentro!"
"Perché l'hai maledetto?" chiese la ragazza, perplessa.
"Perché Cell ci ha detto di aver viaggiato fino alla nostra epoca usando una Macchina del Tempo... per questo ho incolpato il Tempo di tutto. Anche se non era colpa sua, in realtà...".
"È stata colpa nostra, perché non eravamo abbastanza forti!" esclamò Goku, furente.
Era raro vederlo così.
"È stata solo colpa mia... sono io il Principe, era compito mio proteggere i miei genitori, il mio regno..." ringhiò Vegeta.
"Io sono solo un Cappellaio... canto, ballo, preparo tè, faccio casino, organizzo feste... ma, alla fine, non sono riuscito a combinare nulla di buono, a proteggere nessuno... mi sento responsabile quanto e più di te, Prince" scosse la testa Radish. "Cell ha occupato il trono della Regina di Cuori e ha tentato di tagliarmi la testa, per fortuna sono riuscito a fuggire. Poi sono diventato matto come un cappellaio, e anche loro sono diventati matti. Lo siamo diventati tutti. È solo per questo che siamo ancora vivi".
"Siete vivi perché siete matti?" domandò Lazuli.
"Diventare matti è stata l'idea più intelligente che abbia mai avuto in vita mia. Cell non ci teme più, ci ha lasciato fare quello che volevamo e non sospetta che siamo diventati più forti" sorrise Radish. "E anche tu sei diventata matta, altrimenti non saresti corsa in mio aiuto. Mi dispiace di averti fatta venire qui, ma giuro che ti proteggerò".
"Io... io sentivo che dovevo seguire Bulma... e che c'eri tu dietro tutto questo, Rad. Ma come potrei salvarti, io? È come potrei salvare questo regno?"
"Tu mi hai salvato tante volte, solo che non lo sai" sorrise di nuovo il Cappellaio, perdendosi nei suoi occhi di ghiaccio. "Sei l'unica che ha in sé la forza spirituale per sconfiggere quel mostro, per dargli il colpo di grazia che Gohan non sarà in grado di dargli. E per arrivare dove non potrà giungere la nostra forza fisica. Quando sarà il momento, ti prometto che sarai pronta".
"Perché ha organizzato questa roba, il Cell Game?"
"Per divertirsi, immagino, oltre che per ammazzare qualcuno di noi... e perché ha deciso di completare la sua trasformazione" spiegò Radish, serio. "So che vuole diventare l'Essere Piuccheperfetto, è la sua ossessione. Quando è arrivato qui lo scorso marzo non poteva realizzare il suo piano".
"E perché non poteva?" indagò Lazuli.
"Perché non c'eri tu, ma solo i tuoi fratelli" rispose il Cappellaio. "Per questo ha viaggiato ancora nel tempo, prima di tornare qui. Ed è dovuto tornare allo stato embrionale per riuscire a entrare nella Macchina del Tempo".
"Ha bisogno di me e Lapis?! E perché è tornato in questa linea temporale, allora?!"
"Per qualche motivo nell'epoca in cui è andato non vi ha trovati, e non era abbastanza forte per potervi assorbire. Credo che voglia assorbirvi tutti e tre per diventare un essere imbattibile. Gero ha scoperto che il vostro codice genetico, se combinato al suo, lo rende capace di mutare forma e ingigantire la sua potenza".
Lazuli rimase in silenzio, esterrefatta per quelle rivelazioni.
"Sarebbe stato meglio se non fossi venuta qui. Rischiamo di consegnarti a lui su un piatto d'argento..." sibilò Vegeta. "Ma Rad ha insistito tanto, dice che tu sei la nostra unica possibilità. Lui crede in te".
"Sì, Rad ha sempre creduto in te!" sorrise Goku.
"Ho giurato su me stesso che quel mostro non ti avrebbe fatto nulla, non devi preoccuparti. Io so che ci libererai tutti quanti... e, a quel punto, sarà bellissimo essere matti tutti quanti senza problemi! E senza pensieri! Hai presente, Hakuna Matata!" rise Radish.
"Che cazzo è Hakuna Matata?!" intervenne Vegeta.
"Vuol dire 'senza pensieri'!" spiegò Goku.
"Hakuna... Matata..." canticchiò nel sonno il Ghiro.
"Comunque, cazzate a parte... ti piacerebbe diventare matta con me, Là?" chiese all'improvviso Radish, inginocchiandosi davanti a lei e prendendole una mano.
Lazuli sgranò gli occhi, stupita da quella proposta. E emozionata, perché le sembrava di leggere tra le righe ben altro significato... le stava chiedendo di mettersi con lui?! O la stava prendendo in giro? Oppure magari era semplicemente pazzo per davvero?
"Vorresti che fossimo matti insieme, io e te, per sempre?" rincarò la dose il Cappellaio, mentre Goku annuiva sognante e Vegeta scuoteva la testa con una mano appoggiata alla fronte.
Il cuore di Lazuli batteva forte, i suoi occhi di ghiaccio cercavano di scavare dentro quelli scuri e stralunati del ragazzo che sentiva di amare da una vita. E ci scorse solo tanta rassicurante sincerità. Oltre a un'abbondante dose di amore folle.
E, se doveva essere un amore folle il loro, le andava benissimo. Si era resa conto infatti che quello che li legava altro non era che un folle amore, e sentiva che in quel mondo tutto era possibile. Che lì era più forte.
"Sì... sì!" rispose, emozionata, facendo esplodere Goku in un urlo di gioia.
"Bisogna festeggiare!" gridò Radish, abbracciando forte Lazuli e poi voltandosi con occhi sgranati e fare frenetico.
Si diede il cinque col fratello, sollevò di peso un contrariato Vegeta dalla sedia e afferrò un enorme teiera fumante, versandola poi tutta in testa al Ghiro.
"Svegliati, Trunks! È ora di festeggiare!" sbraitò, prima di scuotere con forza per le spalle il ragazzo dai capelli lilla, che, finalmente, aprì gli occhi per la prima volta.
Lazuli si accorse che erano azzurri, uguali a quelli di una persona che conosceva benissimo. E si rese conto che quegli occhi azzurri adesso la stavano fissando, sempre meno intorpiditi dal sonno e più consapevoli di quello che stava accadendo.
Quegli occhi si riempirono di odio, rabbia, paura... così tanto da farla sussultare, perché non era in grado di capire cosa stesse facendo mutare l'espressione dipinta su quel volto in apparenza gentile.
"Tu! Tu sei qui!" gridò il ragazzo, senza toglierle gli occhi di dosso.
Trunks, come l'aveva chiamato Radish.
Sollevò di scatto il busto e afferrò la spada appoggiata al suo fianco, prima di alzarsi da tavola fulmineo e scagliarsi verso Lazuli con la lama sguainata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale al cardiopalmo per questo capitolo, sia per la domanda che Radish pone a Lazuli, sia per il risveglio di Trunks. Dite che ce l'ha sul serio con Lazuli? E quale sarà il motivo?
Abbiamo scoperto qualcosa in più su Cell e su come sia arrivato in quel mondo, in generale su quello che è successo. E abbiamo visto un Rad che spero vi sia piaciuto col suo modo di fare con Là.
 
Un grazie speciale va a tutti voi che continuate a seguirmi e a farmi sentire il vostro supporto, sento di averne particolarmente bisogno e per questo vi ringrazio. E poi, come anticipato settimana scorsa, posto Vegeta e sua mamma, la Regina di Cuori, realizzate da Taanipu, che ringrazio nuovamente.
 
Settimana prossima scopriremo cosa ha in ballo Trunks e come ha in mente di festeggiare Radish, il finale del prossimo capitolo penso che sarà molto bello. Il titolo è molto iconico, ho deciso di sfruttare una scena del cartone Disney. Vi aspetto con "Il buon non compleanno".
 
Teo
 
 

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Capitolo 15
*** Il buon non compleanno ***


15 - Il buon non compleanno
 
 
"Tu stai distruggendo il mio mondo e mi hai seguito fino a qui!" sbraitò Trunks, gettandosi con la spada sguainata a tutta velocità verso Lazuli, che lo guardava senza capire cosa stesse accadendo e se ce l'avesse davvero con lei. "Me la pagherai!"
La ragazza evitò un fendente gettandosi a terra e subito dopo un altro scartando di lato, facendo sì che la lama si conficcasse nel terreno. Era sempre stata agile, ma non ricordava di essere anche così veloce.
"Tu distruggerò una volta per tutte e riporterò la paceee!" gridò il ragazzo ghiro, estraendo la spada dal terreno accanto alla tavola da tè e fissando con odio Lazuli.
I suoi occhi azzurri esprimevano un misto di rabbia, risentimento, sete di giustizia e malinconica gentilezza.
Lazuli si rialzò e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Non so nemmeno chi sei e non ti ho mai visto..." sbuffò, guardandolo con aria impassibile.
Si era abituata alle stranezze di quel posto, ma uno sconosciuto vestito da ghiro che cercava di farla a fette senza motivo con una spada accusandola di chissà cosa riusciva ancora quasi a stupirla.
"Non fai altro che prenderti gioco di me! Ma adesso sono diventato più forte! Ti eliminerò una volta per tutteee!" urlò il ragazzo in tutta risposta, scagliandosi a tutta velocità contro di lei.
All'improvviso, davanti a Lazuli si parò un'ombra così grande e imponente che le parve potesse oscurare addirittura il sole. E fu quell'ombra, sollevando un braccio e utilizzando solo un dito, a deviare la traiettoria della lama.
"Ehi, Trunks, dacci un taglio" disse Radish, serio e intimidatorio, spingendo di lato con la sola forza del suo dito la spada. "Stavamo prendendo un tè io e lei, gradiremmo non essere disturbati".
Lazuli si rese conto che era stato proprio l'uomo che sentiva di amare da una vita a frapporsi tra lei e quel pazzo che voleva ucciderla senza motivo. Lui le aveva fatto da scudo, come sempre. Lui le dava sicurezza.
"Ma... Rad... lei... l-lei è quella che ha messo in ginocchio il mio mondo! Che mi ha spinto a viaggiare nel tempo! È uno dei nemici che devo sconfiggere se voglio salvare la mia gente!" protestò il Ghiro, con gli occhi velati di lacrime.
"Là non è la persona che cerchi tu. In questo mondo, nel mio cazzo di mondo, lei è la persona migliore che conosco" ribatté il Cappellaio. "E nessuno deve osare anche solo pensare di poterle torcere un capello".
Faceva paura in quel momento, Radish. Non c'era più traccia in lui della sua solita aria scanzonata e burlona, di quel suo non prendersi mai troppo sul serio.
Lazuli sentì il cuore martellarle nel petto a quelle parole, così forte che quasi non si soffermò su quello che aveva detto il Ghiro e sul fatto che avesse viaggiato nel tempo anche lui, come Cell.
"Eppure è lei che ha ucciso mio padre..." sospirò Trunks, abbassando la testa.
"Tsk! Non è stata lei..." si intromise Vegeta, sprezzante.
"Ma... papà..." provò a dire il Ghiro, rivolto verso di lui, abbassando la spada.
"Bene! Tutto risolto!" batté le mani Radish, soddisfatto, riprendendo a sorridere.
Sembrava essere tornato quello di sempre. Il pagliaccio che sdrammatizza, quello che nasconde i suoi veri sentimenti e le sue preoccupazioni dietro un sorriso o una battutaccia.
"Bravo Trunks che ascolti il tuo paparino! Va' da lui a farti dare la mancia, metti via quella cazzo di spada e lasciami da solo con Là, ok? Mi hai anche fatto male al dito!"
"Ecco... scusami Radish, sono profondamente imbarazzato per quello che è successo!" esclamò Trunks, accennando un inchino davanti a lui. "E... e m-mi scuso anche con te, è stato tutto un malinteso..." aggiunse, facendo lo stesso gesto davanti a Lazuli, seppur decisamente intimorito e poco convinto.
"Ma... io onestamente non ci sto capendo niente..." sospirò la bionda, irritata anche per il fatto che la gente intorno a loro continuava a rovinare i bei momenti che si stava ritagliando con Radish. "Perché volevi ammazzarmi?!"
"Ah, non farci caso! È tutto matto quello lì, ha fatto la stessa cosa anche con me quando mi ha visto la prima volta!" scoppiò a ridere Goku. "Diceva anche a me che stavo distruggendo il suo mondo e che doveva farmi fuori!"
"M-mi dispiace, Goku..." disse timidamente il Ghiro.
"Avrebbe fatto bene ad ammazzarti per davvero, Kakaroth..." sbuffò Vegeta. "Ti avrà aggredito perché hai la faccia come il culo, è la stessa sensazione che provo io ogni volta che ti vedo, tsk!"
"E poi... in che senso lui è tuo padre?!" aggiunse Lazuli, che ci stava capendo poco, guardando la Lepre con un misto tra stupore e disprezzo, storcendo il naso. "Cioè, ho visto Goku diventare padre e non dovrei stupirmi più di nulla, però questa...".
"Perché eri stupita di me?" chiese ingenuamente lo Stregatto, ciondolando sulla sedia e allargando il ghigno.
"Perché sei un idiota ed è già tanto che tu abbia saputo trovare il buco dove dovevi infilarlo! Per una volta mi tocca essere d'accordo con lei, tsk!" sbottò Vegeta. "E comunque sì, lui è mio figlio! Anche se non è ancora forte quanto me" aggiunse, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo.
"E io ti avrei... ucciso?!" sgranò gli occhi Lazuli con fare provocatorio.
"Sì... cioè, no! No! Non eri tu! E poi non ero io quello! Cioè, lo ero, o meglio, lo sarò! Però... ah, 'fanculo..." si innervosì Vegeta.
"Ah, questa è bella!" rise di gusto Lazuli, solo per far arrabbiare la Lepre.
"Insomma, quello che il nostro leprotto perennemente in calore sta cercando di dirti è che Trunks arriva dal futuro. Un futuro nel quale Bulma l'ha dato alla luce dopo che Vegeta, come al solito, se l'è sc-..." provò a spiegare Radish, venendo però interrotto da uno spintone di Vegeta.
"La vuoi piantare con le tue cazzate!" sbraitò la Lepre, mentre Trunks si guardava intorno a disagio, paonazzo.
"Oh, quante storie Prince!" rise il Cappellaio, dando una pacca sulla spalla all'amico e invitandolo a sedersi di nuovo. "Su, scalate tutti di un posto e prenditi una tazza di tè. Hai bisogno di bere qualcosa di caldo. Anche tu, Trunks! Vi aiuterà a calmarvi"
Lazuli osservò esterrefatta tutti i commensali, Goku compreso, che si alzavano e scalavano di un posto intorno alla tavola.
"Io posso mangiare, Rad? Ho fame!" protestò lo Stregatto.
"Fai quel cazzo che vuoi Kakaroth! Basta che ti riempi la bocca, così almeno la smetti di parlare e rompere le palle!" rispose invece Vegeta.
"Tu invece puoi restare al tuo posto, Là. Una regina merita il suo trono, no?" le fece l'occhiolino Radish, prima di farsi serio. "Comunque, Trunks è arrivato dal futuro in cerca di aiuto per diventare più forte. Nel suo mondo sono successe cose strane, a quanto pare ci sono versioni malvagie di te, Lapis e Goku che stanno distruggendo tutto. Per questo è venuto qui".
"Già... e adesso sono convinto di essere diventato abbastanza forte per riportare la pace nel mondo da cui provengo" spiegò Trunks, stringendo i pugni, prima di bere un po' di tè.
"Ma non forte abbastanza per sconfiggere Cell, adesso come adesso" intervenne Radish. "Abbiamo capito che Cell ha fatto avanti e indietro nel tempo più volte e che, in qualche linea temporale ancora più futura, deve anche aver ammazzato Trunks per rubargli la Macchina del Tempo".
"Mi... mi dispiace molto. Per il tuo mondo, per aver ammazzato tuo padre e chissà quante altre persone..." disse Lazuli, guardando freddamente Trunks e cercando di dimostrargli la sua vicinanza allo stesso tempo.
Non era brava ad esprimere le emozioni, con uno sconosciuto le veniva ancora più difficile. E, per di più, si stava scusando per conto di una sua controparte futura evidentemente distorta con cui non aveva nessun legame, a parte l'aspetto fisico. Anche se forse avrebbe voluto avere la sua forza, la sua tenacia nel non guardare in faccia a nessuno. Ma preferiva tenersi il suo cuore, anche se praticamente nessuno era a conoscenza di quello che provava, della persona che era veramente. Forse la sua controparte futura non avrebbe avuto problemi ad uccidere Cell, a completare quella missione che invece spettava a lei. Ma sentiva che ce l'avrebbe fatta. Che poteva diventare abbastanza forte da farcela.
"N-non è colpa tua. Non sei tu quella... quella che sta distruggendo tutto" rispose timidamente Trunks, abbassando la testa.
Lazuli si alzò con fare regale dal suo trono e camminò verso di lui, calamitando su di sé le attenzioni di tutti. Si fermò davanti al Ghiro, seduto e con ancora la sua tazza di tè in mano, e lo squadrò dall'alto in basso senza lasciar trasparire nessuna emozione.
"Ehi, sono certa che saprai sistemare le cose nel tuo mondo" accennò un sorriso, dopo essersi abbassata e aver colpito con un pugnetto sul petto Trunks, che subito arrossì mentre la guardava negli occhi. "Però vedi di non esagerare con la me stessa del futuro, ok?"
"O-ok..." ripose il ragazzo dai capelli color glicine, intimidito e a disagio dalla versione pacifica della ragazza che nella sua linea temporale si era dimostrata essere un vero e proprio demone.
"Dai, stavo scherzando!" esclamò Lazuli, prima di tornare a sedersi sul suo trono.
"Non farti incantare da quella lì! È una strega, tsk!" sbottò Vegeta, rivolto al suo futuro figlio.
"Non stavo parlando con te, maleducato!" ribatté Lazuli, piccata.
"Calma, calma!" si intromise Radish, battendo le mani per richiamare l'attenzione. "Goku! Smettila di strafogarti e ascoltami!" aggiunse, rivolto al fratello, che ingoiò un quarto di torta intera e cominciò a battersi un pugno sul petto e a tossire.
"Mentecatto..." sibilò Vegeta, portandosi alla bocca la sua tazza di tè.
"Urcaaa! Scusate!" rise lo Stregatto, grattandosi la nuca.
"Bene! Questi racconti hanno reso la situazione un po' pesante, direi che bisogna riportare l'allegria a questa tavola!" annunciò il Cappellaio. "Scalate tutti di un posto e facciamo festa! Dobbiamo festeggiare ancora il fatto che Lazuli diventerà matta con me! Quindi facciamo una bella festa di non compleanno!"
"Adoro i non compleanniiii!" urlò Goku, esultando con le mani verso il cielo.
"Il non cosa?" domandò Lazuli.
"Il non compleanno, no?! Tsk!" le rispose Vegeta, piccato, dopo essere scalato di un posto come tutti gli altri a parte lei.
"Oggi nessuno compie gli anni! Quindi è il non compleanno di tutti noi! Cantiamo!" urlò Radish, prendendo per mano Lazuli e facendola alzare in piedi.
"Sì, cantiamoooo!" ripeté Goku, cominciando a saltellare, mentre Vegeta e Trunks si guardavano intorno, visibilmente a disagio.
 
"Uuun buon non compleanno a me!" cominciò a cantare Radish, allontanandosi da Lazuli e cingendo Goku con un braccio intorno al collo.
"A chi?" intervenne lo Stregatto.
"A me o a te?!" rispose il Cappellaio, picchiettando con un dito il suo petto e quello del fratello, mentre si guardava intorno con occhi sgranati.
"Un buon non compleanno a te!" aggiunse, puntando poi il dito verso Lazuli, che arrossì lievemente, imbarazzata per quello che stava accadendo intorno a lei.
La mettevano profondamente a disagio certe pagliacciate di Radish. Ma la facevano anche divertire quando riusciva a lasciarsi andare almeno un po'. Le piaceva ridere, anche se lo faceva raramente. Ed era certa che lui ne fosse consapevole.
"A me?" cantò ancora Radish, saltellando fino a raggiungere Vegeta.
Lo afferrò per il bavero peloso del suo costume da lepre e lo tirò verso di sé nonostante lui cercasse di divincolarsi.
"E a te?!" gli disse, prima di mollarlo e afferrare Trunks. "O a te?!"
"Brindiamo tutti insieme con un altro po' di tè!" cantarono in coro Radish e Goku, che si erano allineati accanto a Vegeta e Trunks e si tenevano abbracciati alle loro spalle, ciondolando a destra e sinistra, nonostante la Lepre e il Ghiro non collaborassero.
"Suvvia, Prince, sembra che ti sei preso una scopa nel culo!" rise Radish, facendo imbestialire l'amico. "E anche tu Trunks, non vorrai diventare come tuo padre, sempre in prima linea a scartavetrare le palle, no?"
Vegeta afferrò una teiera e la scagliò in testa a Radish, che, senza smettere di ridere, riuscì ad attutire il colpo solo grazie al suo grande cappello.
"Forza, tutti in coro!" incoraggiò gli altri il Cappellaio. "Brindiamo tutti insieme con un altro po' di tè! E tanti tanti auguri aaaaa teeeee!" concluse, lanciandosi in scivolata sull'erba fino a raggiungere il trono di Lazuli, che lo osservava perplessa, ma sorridente.
"Una tazza di tè, mia regina e mia dea?" le propose, afferrando una tazzina e versandoci dentro del tè fumante, prima di porgerglielo.
"Grazie..." disse lei con un filo di voce, afferrando la tazzina e portandosela alla bocca.
Aveva un profumo buonissimo, e anche il sapore le fece battere il cuore. Era diverso da quello di prima, ma allo stesso tempo aveva una nota simile. Percepì un sapore di agrumi e cannella che le fece pensare al Natale, ma anche qualcosa d'altro che non era in grado di definire e che le ricordava il tè bevuto poco prima sotto la quercia.
"È buono... che gusto è?" gli domandò, mentre una piacevole sensazione le riempiva il petto e le scaldava l'anima.
"Non me lo ricordo, so solo che ho messo lo stesso ingrediente segreto di prima: l'amore" spiegò Radish, col suo sguardo magnetico fisso negli occhi di ghiaccio di Lazuli, che vennero improvvisamente attraversati da una scintilla.
"Perché ti amo, Là".  
 
 
 
 
 
 
 
Note: ve l'aspettavate un finale del genere? Dite che è serio Radish o sta scherzando? Cosa risponderà Lazuli?
Per il resto abbiamo scoperto il motivo della reazione di Trunks, in versione Mirai, non appena ha visto Lazuli.
Ho poi voluto inserire l'iconica canzone Disney del Non Compleanno nonostante non compaia nel libro, spero abbiate apprezzato.
 
Ringrazio anche oggi chi mi sostiene sempre e chi ama questa storia, soprattutto chi mi dedica del tempo lasciandomi qualche riga in recensione e dandomi la carica per andare avanti. Ma grazie anche a chi legge in silenzio ovviamente. Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate.
E un grazie speciale va poi a Sweetlove, che ci regala la sua splendida versione di Rad Cappellaio.
 
Bene, settimana prossima vedremo come si concluderà la festa di non compleanno e quello che risponderà Lazuli dopo la dichiarazione di Radish. Vedremo entrare in scena anche un nuovo personaggio femminile, avete qualche idea?
Il titolo sarà "Il pozzo di melassa", ci vediamo mercoledì!
 
Teo
 

radmadhatter

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Capitolo 16
*** Il pozzo di melassa ***


16 - Il pozzo di melassa
 
 
Davvero Radish aveva appena detto che la amava? In modo così diretto? Così esplicito? Così dal nulla?
Lazuli sentiva il cuore martellarle nel petto e il volto in fiamme, nonostante cercasse di trincerarsi dietro la sua solita corazza.
Avrebbe voluto baciarlo, dirgli che provava lo stesso per lui, ma si sentiva come incatenata al suo trono e con la gola improvvisamente secca.
Perché era così nervosa? Perché non era abbastanza forte da esternare i suoi sentimenti per una maledetta volta? Era la presenza di Vegeta e gli altri a crearle problemi?
O stava semplicemente cercando scuse, come al solito?
"Rad... io..." provò a dire con un filo di voce.
"Ssshhh" la zittì lui, facendole l'occhiolino e premendole il dito indice sulle labbra.
Lazuli arrossì ancora di più a quel gesto, e si sentì stupida. E anche piuttosto irritata, oltre che confusa.
"La tua festa di non compleanno non è ancora finita" spiegò Radish, sorridendo sghembo. "Anche la canzone non è ancora finita. E poi, sai, vorrei che il mio show per te non finisse mai..." aggiunse, prima di alzarsi e lasciarle la mano.
"Tanto di cappello, mia regina" continuò, inchinandosi e togliendosi il cappello per poi rimetterselo.
Lazuli lo osservava perplessa, sempre più confusa, ma anche felice.
 
"Noi tutti abbiamo un compleanno, ogni anno" riprese a cantare il Cappellaio, passeggiando lentamente intorno alla tavola senza distogliere gli occhi da quelli di Lazuli. "Ed uno solo all'anno, ahimé, ce n'è!" aggiunse, fingendo di piangere, imitato da Goku, mentre Trunks e Vegeta si guardavano attorno imbarazzati.
"Ah, ma ci son trecentosessantaquattro non compleanni!" esclamò all'improvviso Radish, con gli occhi sgranati, picchiettandosi il dito sulla tempia. "E questi preferiamo festeggiar!"
Smise di cantare e indicò Lazuli con entrambe le mani, annuendo per invitarla a parlare.
Lei si guardò intorno, decisamente a disagio. Era ovvio che ce l'avesse con lei. Chi altri doveva esserci in quella gabbia di matti, del resto?
Ma, soprattutto, cosa stava facendo quell'idiota di Radish? Le aveva davvero appena detto che la amava o se lo era sognato? Perché continuava a cantare? E, poi, cosa di tutt'altro che secondaria importanza, perché la tirava in mezzo?
"Ehm... mi sembra una cosa stupida, ma deduco che allora oggi sia anche il mio non compleanno..." sospirò, accennando un sorriso.
Aveva deciso di stare al gioco, a volte le faceva bene sciogliersi. Soprattutto se c'era di mezzo Radish le veniva più facile farlo.
Il Cappellaio esultò coi pugni stretti verso il cielo e si diede il cinque col fratello, dopodiché afferrò per le spalle Trunks e Vegeta e cominciò a scuoterli.
"Davvero Là! Com'è piccolo il mondo!" gridò Radish, prima di ricominciare a cantare, muovendosi verso di lei con le mani dietro la schiena.
"In tal caso... un buon non compleanno a me? A te! Un buon non compleanno a me? A te! Ora spegni la candela e rallegrati perchééé..." aggiunse, prima di mettere davanti a Lazuli un muffin tutto rosa con decorazioni azzurre e una candelina verde accesa infilata al centro. "Un buon non compleanno a teee!"
Lazuli sorrise e spense la candela soffiando, venendo ricambiata da un applauso scrosciante da parte di Radish e di Goku, imitati, seppur con molta meno enfasi, da Trunks e persino da Vegeta.
"Assaggialo Là, gusto amore anche questo" propose Radish, e a Lazuli venne spontaneo addentare quel dolce che lui le aveva regalato.
Sapeva di crema, di lampone e... sì, anche di amore. Soprattutto di amore.
"È... è buonissimo" disse lei. "È la miglior festa di non compleanno che abbia mai avuto" aggiunse, stupendosi subito delle parole che aveva appena detto.
Stava diventando davvero matta anche lei? Cosa le stava succedendo?
Però si sentiva felice, forse era meno noioso essere matti piuttosto che fingersi sani di mente e vivere infelici.
"Te ne farò vivere tante altre ancora più belle, Là. Promesso".
Radish disse queste parole avvicinando il suo viso a quello di Lazuli, e lei lo imitò, col cuore che le batteva a mille e gli occhi fissi in quelli di lui.
Il sorriso del Cappellaio era sempre più vicino alla sua bocca socchiusa, che sembrava solo aspettarlo, pronta ad accoglierlo.
Lazuli si sentiva in pace con sé stessa e col mondo, e non le era mai capitato prima, se non in momenti fugaci e illusori. Istanti destinati a non durare, ma, forse, in quel momento la ruota stava girando anche per lei, finalmente.
 
Il rumore della porta di casa di Radish che si apriva cigolando e poi veniva fatta sbattere nel chiudersi riportò Lazuli alla realtà, proprio quando poteva ormai sentire di nuovo il respiro del Cappellaio accarezzarle le labbra. Esattamente come era successo poco prima, quando erano stati interrotti da Vegeta.
"Potevate aspettare anche me per la festa di non compleanno! Non è giusto, Rad!"
Una voce femminile mai sentita prima fece voltare di scatto Lazuli, che scrutò con uno sguardo infuocato una ragazza alta e slanciata dai lunghi capelli neri che indossava un vestitino leggero verde smeraldo e che portava in testa un assurdo cappello a forma di bocciolo di rosa rossa.
Stava sistemando delle strane capsule in un astuccio metallico e sembrava non essersi resa conto della presenza di Lazuli. Una tracolla nera le attraversava il petto in diagonale, ma non si vedeva che cosa reggesse alla sue spalle.
Lazuli sentì il sangue salirle al cervello e gli occhi divenire di ghiaccio infuocato.
Chi era quella smorfiosa?! Cosa ci faceva in casa di Radish?! Come aveva osato chiamarlo 'Rad'?
Si voltò di scatto e incenerì con uno sguardo glaciale che sprizzava scintille il Cappellaio, che la osservava senza apparentemente capire e continuava ad avvicinarsi per baciarlo.
Lazuli gli diede un ceffone sulla guancia così forte che sentì pulsarle la mano.
"Chi sarebbe quella?!" tuonò, mentre Radish si portava una mano sulla guancia ormai paonazza e arretrava di un passo. "Cosa ci fa in casa tua?! E perché ti chiama Rad?!"
Lazuli non gli diede nemmeno il tempo di risponderle, perché si alzò in piedi e gli diede uno spintone sul petto, allontanandolo da lei.
"È un'altra tua amichetta come quell'oca di Marion, vero?! O è una tua cliente anche qui, come quelle che ti ronzano sempre intorno al locale dove lavori?!"
"I-io... non le ho venduto nessun cappello, non è una mia cliente, Là e..." rispose Radish, sorpreso e intimorito da quello scatto di gelosia.
"Ti ammazzo! Giuro che ti ammazzo!" lo interruppe lei, furibonda.
"E poi, come stavo per dirti, lei, in realtà, è...".
"Non posso crederci! Ci hai seguiti fin qui!" gridò la ragazza vestita da fiore, e Lazuli si voltò di nuovo verso di lei.
La stava finalmente guardando, e i suoi occhi neri leggermente a mandorla sprizzavano odio sotto a una frangia impeccabile che spuntava dal bizzarro copricapo che indossava. Afferrò fulminea l'oggetto che portava a tracolla e, nel breve volgere di un istante, se lo portò davanti al volto e chiuse un occhio.
Lazuli rabbrividì, perché si rese conto che quello era un fucile a pompa.
E che era puntato su di lei.
 
Bang. Bang.
La ragazza lasciò partire due colpi in direzione di Lazuli, che evitò il primo gettandosi a terra e il secondo balzando di lato veloce come una pantera.
"Sei veloce, maledetta! Ma io lo sono di più!"
La ragazza fiore caricò di nuovo e lasciò partire un colpo che sibilò accanto all'orecchio di Lazuli.
"Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?!" ringhiò la bionda, correndo, mentre un altro proiettile si conficcava nel terreno accanto al suo piede.
"Ferma Mai! È tutto un equivoco!" gridò Trunks, alzandosi in piedi e agitando le braccia per richiamare l'attenzione della ragazza.
"Ti ha fatto del male, Trunks?!" rispose lei, intenta a prendere la mira di nuovo.
Ma non sparò nessun colpo.
Radish l'aveva raggiunta e aveva afferrato la canna del fucile, dirigendola verso l'alto.
"Basta così, Mai" disse con fare autoritario, accennando un sorriso verso la ragazza, che osservava perplessa la guancia in fiamme e pulsante del Cappellaio che portava impresso sul volto ancora il segno delle cinque dita di Lazuli.
"Ma, lei..." provò a dire Mai.
"Lei non è la stessa persona che conosci tu. In questa linea temporale è tutto diverso" si prese la briga di intervenire persino Vegeta.
"Mio padre ha ragione, anch'io prima ho commesso il tuo stesso errore!" confermò Trunks, che la raggiunse e l'abbracciò, proprio mentre Radish mollava la presa sul fucile. "Lei è qui per aiutare tutti quanti a salvare il regno! A salvare questo mondo!"
"Urcaaa! Sarebbe stato un bel problema se l'avessi colpita! Meno male che Lazuli è veloce!" ridacchiò Goku.
"Questi due se la intendono, Là! Arriva anche lei dal futuro" spiegò Radish, indicando Trunks e Mai col pollice e facendo arrossire entrambi, imbarazzati. "Quando sono insieme, Trunks è tutt'altro che un dormiglione. Non so se mi spiego..." aggiunse allusivo, sollevando ritmicamente le sopracciglia e mettendo ancora di più in imbarazzo i due giovani.
"La pianti di fare il coglione?! Tsk!" intervenne Vegeta, in difesa del figlio e della sua fidanzata. "Allora, Mai, hai messo nelle capsule tutto quello che ti serve da portare nel vostro mondo?".
"S-sì, ho preso provviste, medicine e vari oggetti che potrebbero farci comodo... siamo pronti per partire, anche la Macchina del Tempo è carica" rispose lei, imbarazzata sia per le allusioni di Radish, sia per la consapevolezza di aver provato a uccidere una ragazza innocente.
Si voltò infatti verso Lazuli e si avvicinò a lei, porgendole le mano e accennando un inchino.
"M-mi dispiace molto... non era mia intenzione, davvero. Se vorrai, mi piacerebbe essere tua amica quando mi capiterà di tornare in questa linea temporale. Mi chiamo Mai, piacere di conoscerti e scusa ancora per prima" disse, sollevando lo sguardo e accennando un sorriso timido e gentile. "Mi dispiace anche se hai frainteso altre cose, ero in casa di Radish solo per prendere delle cose da portare nel mio mondo. Abbiamo una tecnologia che permette di comprimerle in alcune capsule".
Era completamente diversa da prima. Anche Lazuli si sciolse in un sorriso, nonostante le sfuggisse il meccanismo di quelle capsule di cui più di tanto non le importava nemmeno. Le interessava solo che Radish non avesse fatto nulla di male, in fondo.
Aveva frainteso tutto e si era lasciata trasportare da quell'attacco d'ira mista a gelosia, lei che di solito cercava sempre di mostrarsi distaccata, fredda e impassibile.
Quel mondo la stava davvero cambiando? O era semplicemente lei a non aver mai avuto il coraggio di essere sé stessa fino in fondo?
"Sì, certo... piacerebbe anche a me conoscerti meglio" accennò un sorriso a sua volta Lazuli, stringendole la mano. "E non preoccuparti per il resto, piuttosto, mi spiace se la mia controparte futura abbia fatto danni nella tua epoca...".
"Già... ma non è colpa tua" le sorrise Mai.
Aveva uno sguardo gentile, ma malinconico. Era determinata, ma dolce.
Lazuli pensò che stesse bene insieme a Trunks, perché sembravano viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda. Quei due arrivavano da un mondo colmo di disperazione, eppure erano riusciti a trovare l'amore l'uno nell'altra. Ce l'avrebbe fatta anche lei a trovare davvero l'amore in quel mondo folle sull'orlo del baratro?
Sorrise, scuotendo la testa, finché fu proprio Mai a riportarla alla realtà.
"Lo penso davvero che non sia colpa tua. E sono mortificata sul serio per averti sparato" le disse, guardandola dritta negli occhi. "Nel tuo sguardo non vedo nessuna cattiveria, ora che ti osservo bene".
"Ti ho già detto che non importa. E forse non sarò cattiva, ma di sicuro sono violenta" si avventurò in una battuta Lazuli, voltandosi verso Radish e la sua guancia ancora pulsante per lo schiaffo ricevuto. "Mi dispiace, Rad. Potevi dirmelo subito, eh...".
"Ah, non preoccuparti Là! A me piace farmi picchiare!" scoppiò a ridere il Cappellaio. "Mi eccito!"
Lazuli camminò a passo di carica verso di lui e incrociò le braccia sotto il seno, guardandolo male.
"Possibile che devi sempre fare il cretino?!" sbottò, pestandogli un piede con una tale forza da farlo urlare.
"Tsk! Patetici!" commentò Vegeta, mentre Lazuli si rese conto che Mai le stava sorridendo ancora senza smettere di osservarla con dolcezza mista a curiosità.
"È bello vederti così in questa epoca, in questo mondo" le disse. "Sai, io sono una rosa in questo paese di matti, ma tu lo sei sempre secondo me, ogni giorno, anche se forse non te ne rendi nemmeno conto".
"G-Grazie..." arrossì leggermente Lazuli, imbarazzata da quel complimento e dalla gentilezza di Mai.
"La rosa significa amore e bellezza nel linguaggio dei fiori, e tu sei entrambi, te lo leggo negli occhi" continuò la ragazza venuta dal futuro. "Tu sei la rosa di sublime bellezza che tutti i fiori di questo mondo stavano aspettando, sei colei che salverà tutti".
"Sì, qui Mai ha imparato a parlare coi fiori mentre Trunks si allenava. Nel resto della giornata sparava a qualunque cose le lanciassi, è un cecchino infallibile. Guarda" intervenne Radish, prendendo un piattino sporco dal tavolo e lanciandolo in cielo.
Mai afferrò il fucile, prese la mira e sparò, mandando in frantumi l'oggetto.
"Bene, lei è pronta per le Olimpiadi, io ho trovato il modo per non dover avere troppi piatti sporchi in tavola!" rise il Cappellaio, mentre Lazuli osservava la scena perplessa.
"Non mi distrarre, stavo facendo un discorso serio!" protestò Mai, arrossendo imbarazzata, tornando a guardare Lazuli. "Scusa, ma non so resistere se posso sparare a qualcosa" aggiunse.
"Mi piace come spari" provò a rassicurarla la bionda.
"Comunque, dicevo che tu sei una rosa, e chi ti coglierà, chi ti amerà, saprà che dovrà accettare anche le tue spine. Perché non esiste una rosa senza spine, ed è questo che la rende bella. Non perdere mai le tue spine, la tua forza, la tua tenacia" riprese Mai, guardando prima Lazuli e poi Radish, intento a sistemarsi il cappello.
"Spine. Afferrato" disse, alzando il pollice in segno di assenso, mentre Lazuli si sentiva improvvisamente il volto paonazzo.
"Ah, ecco... grazie" rispose timidamente, cercando poi qualcosa di carino da dire anche lei a Mai.
Sarebbe potuta diventare sul serio una buona amica per lei. Le piaceva la sua gentilezza e percepiva in lei anche una grande forza d'animo e sicurezza nei suoi mezzi.
"È bello il tuo vestito. Un giorno dovremmo fare shopping insieme" disse alla ragazza fiore, facendola sorridere di più.
"Uffaaa! Io mi sto annoiando però... non mi considera più nessuno!" si lagnò Goku, cominciando a saltellare per attirare l'attenzione. "Lazuli, Mai, posso raccontarvi una storia?"
"Non credo sia il caso, Goku... saremmo un po' di fretta e..." provò timidamente a opporsi Trunks con molta gentilezza.
"Quello che sta cercando di dirti è che le tue storie fanno cagare, Kakaroth!" irruppe Vegeta.
"E dai, Prince, non fare sempre lo stronzo!" lo difese Radish. "Ok Goku, racconta quella del pozzo di melassa, ma vedi di fare in fretta!"
"Urcaaa! Va bene!" si mise sull'attenti lo Stregatto.
"Allora, c'erano una volta tre sorelline che abitavano in fondo a un pozzo...".
"In fondo a un pozzo?! E di cosa vivevano?" gli domandò Lazuli, sospirando.
"Uhm... di melassa! Si nutrivano di melassa!" esclamò Goku.
"Se si fossero nutrite solo di melassa si sarebbero ammalate, no? Te l'ho detto che le tue storie sono oscene, tsk!" incrociò le braccia al petto Vegeta.
"E infatti erano malate. Mooolto malate!" convenne Goku.
"Avevano il cagotto?" domandò Radish dal nulla.
"Non lo so... spero di no!" rispose il fratello minore.
"Mi verrebbe da vomitare, se ce l'avessero sul serio e fossero bloccate in fondo a un pozzo..." commentò Trunks.
"Prendi un altro po' di tè, Trunks. Questo ti farà passare la nausea" intervenne Radish, porgendo una tazza al Ghiro.
"Finora non ne ha avuto affatto di tè, gliel'hai solo rovesciato addosso mentre dormiva. Quindi non poteva averne di più" ribatté Vegeta, parlando del suo futuro figlio.
"Intendi dire che non può prenderne di meno" precisò il Cappellaio. "È facilissimo prendere più di niente".
"Insomma, possiamo tornare alla storia?!" si intromise Lazuli, piccata.
"Già, perché quelle tre vivevano in fondo a un pozzo?!" le diede man forte Mai.
"Perché era un pozzo di melassa!" si illuminò Goku, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"Non esiste una roba del genere..." sbuffò Lazuli.
"Sì, ne esiste uno, davvero!" si difese Goku. "Sei tu che non hai abbastanza fantasia! O che non sai vedere quello che hai davanti agli occhi".
Lazuli dovette contare fino a dieci per non esplodere, ma doveva ammettere che Goku aveva ragione, in un certo senso. Lei mancava di fantasia, o forse di follia. Quella bella, quella che rende felici. Quella che ti permette di vedere chiaramente anche ciò che hai sotto il naso.
"Cosa stavano facendo allora queste tre sorelline nel pozzo di melassa?" gli domandò, dopo aver respirato profondamente.
"Stavano... imparando a disegnare!" rispose Goku, dopo averci pensato un po' su.
"E cosa disegnavano?" alzò gli occhi al cielo la bionda.
"Melassa!" esclamò Goku.
"Ok, la mia pazienza ha un limite! Ve l'avevo detto che questa storia faceva cagare!" tuonò Vegeta. "Da dove estraggono la melassa queste tre decerebrate che disegnano melassa in fondo a un pozzo di melassa?!"
"Tu puoi estrarre acqua da un pozzo d'acqua, giusto Prince?" intervenne Radish. "Quindi direi che si può estrarre melassa da un pozzo di melassa... o no?"
"Beh, loro stavano dentro il pozzo... non potevano estrarre melassa se già erano dentro il pozzo di melassa..." ribatté perplessa Lazuli, razionale e analitica come sempre, facendo scoppiare a ridere Radish.
"Hai ragione Là!" le disse, cingendole le spalle col braccio e stringendola a sé, facendola arrossire.
"Ah... mi avete rotto le palle" si voltò Vegeta. "Se erano dentro davvero, allora non potevano estrarre un bel niente".
"Certo, le sorelline ci stavano bene lì dentro!" confermò Goku. "E stavano imparando a disegnare. Disegnavano cose di ogni genere. Tutte cose che cominciano per M...".
"Perché per M?" chiese Lazuli.
"E perché no? Tanto la storia fa schifo lo stesso..." sbottò Vegeta, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Lazuli.
"Allora avranno disegnato di sicuro un Maleducato, che inizia per M, e gli avranno fatto la tua brutta faccia!" ringhiò, facendo scoppiare a ridere Radish e Goku.
"Anche un Minchione, sempre con la tua faccia da Lepre in calore!" rincarò la dose il Cappellaio, che si batté il pugno con Lazuli in segno d'intesa.
Anche il cuore di Lazuli batté un po' più forte. Amava quella complicità, quel sentirsi a suo agio col ragazzo che amava. Libera.
"Tsk! 'fanculo..." ribatté Vegeta, contrariato e offeso.
"Ma... quindi cosa disegnavano, Goku?" chiese timidamente Trunks, cambiando discorso per evitare che suo padre potesse esplodere di rabbia.
"Non lo so... disegnavano un Moschicida, una Mezzaluna, la Memoria anche! E poi la Massima... hai presente, vero? Quando dici 'in linea di massima'? Hai mai visto il disegno di una linea di massima?" si avventurò a spiegare lo Stregatto.
"Veramente... non credo si possa disegnare una linea di massima..." alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta Lazuli.
"Faresti meglio a tacere, Kakaroth! Ve l'avevo detto che le sue storie fanno cagare!" tuonò Vegeta, ponendo fine ad ogni discussione. "È ora di andare, adesso. Io e te nella Stanza dello Spirito e del Tempo, Trunks e Mai nel loro mondo" aggiunse, autoritario.
"Sei sempre crudele con me, Vegeta!" si lagnò, Goku, avvicinandosi a lui. "Però ho voglia di allenarmi!"
"Mi mancherai, papà..." disse malinconicamente Trunks, mentre Mai estraeva una capsula dalla tasca e la gettava a terra.
Si sentì un piccolo tonfo e si generò una nuvola di fumo che, quando si diradò, lasciò spazio a una strana navicella di forma ovale gialla con una cupola trasparente sostenuta da quattro gambe lunghe e arcuate. Sulla carena era incisa una scritta inequivocabile: Hope.
"Sei diventato abbastanza forte da poter salvare il tuo mondo" ribatté la Lepre, con le braccia incrociate al petto, distogliendo lo sguardo, fiero e orgoglioso. "Prenditi cura di Mai... e di tua madre".
Il Ghiro accennò un sorriso e aprì la cupola, saltandoci dentro e aiutando Mai a fare lo stesso.
"Grazie Vegeta, grazie Radish! E grazie anche a te Goku! Spero che potremo rivederci presto da buone amiche, Lazuli!" disse Mai, sorridendo a tutti.
"Se oggi riuscirò a riportare la pace nel mio mondo, domani tornerò qui per aiutarvi contro Cell" disse Trunks, sollevando due dita in segno di saluto verso il padre, mentre la cupola si chiudeva e la macchina si alzava in cielo.
Vegeta ricambiò quello strano gesto di saluto, cercando di non tradire emozioni.
Era strano vederlo padre. Anche solo immaginarlo.
La macchina si smaterializzò nel nulla, lasciando Lazuli a bocca aperta. Erano davvero tornati nel futuro? Era possibile viaggiare nel tempo? O meglio, c'era qualcosa che non fosse possibile in quel mondo assurdo e allo stesso tempo ideale?
"Dai, Kakaroth, muoviti. Dobbiamo andare anche noi" sbottò Vegeta. "Ci siamo riposati abbastanza, dobbiamo tornare ad allenarci".
"Urcaaa! Non vedo l'ora di tornare nella Stanza dello Spirito e del Tempo!" saltellò felice Goku, raggiungendo la Lepre. "Forza, appoggia una mano sulla mia spalla, così andiamo là col teletrasporto!"
"Ogni volta che facciamo questa cosa è una sconfitta per me. È umiliante, tsk" sbuffò Vegeta, appoggiando con malavoglia la mano sulla spalla dello Stregatto, intento a portarsi l'indice e il medio alla fronte.
"Bene, andiamo! A domani Rad! Ciao Lazuli!" sorrise gioviale Goku, sparendo insieme a Vegeta.
Rimasero sospesi nell'aria solo il ghigno dello Stregatto e le orecchie della Lepre insieme alla sua bocca.
"Possibile che devi sempre fare qualche cazzata! Non lo farò mai più con te questo assurdo teletrasporto! Razza di demente!" sbraitò Vegeta.
"Scusami! Non l'ho fatto apposta! Sei sempre cattivo con me, uffa!" provò a giustificarsi Goku, prima che svanisse del tutto anche la sua bocca insieme a quella della Lepre, con tanto di orecchie.
 
Lazuli si voltò verso Radish, ma lui la stava già guardando con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
Lei accennò un sorriso a sua volta, mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Erano soli, per la prima volta da quando aveva intrapreso quel viaggio.
"Forse ti stai chiedendo perché ti ho insegnato a festeggiare il non compleanno, Là" ruppe il silenzio Radish. "Perché vorrei che da oggi in poi ogni giorno della tua vita possa essere una festa". 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un gran bel finale direi, visto che Lazuli e Radish si ritrovano finalmente soli, cosa ne dite?
Ben ritrovati e grazie a tutti per essere qui, vi aspettavate la presenza a sorpresa di Mai in questa storia? Chi mi segue da tempo, da anni magari, saprà che è proprio lei la mia preferita dopo C18 e che le ho dedicato tante storie, quindi mi sembrava una bella idea darle un piccolo ruolo in questa long a cui tengo molto. In Dragon Ball Super C18 si dimostra molto carina con Mirai Mai e si complimenta per il suo vestito poco prima che lei e Trunks ripartano per il futuro, quindi ho pensato di fare anche in questo caso una sorta di citazione, non so se qualcuno l'aveva notato. E c'è anche un'altra citazione più facile su Trunks e Vegeta.
Il racconto del pozzo di melassa è tratto dalla storia originale, dove la narrazione è fatta però dal Ghiro. Ed è proprio al termine di questa storia che Alice, offesa per una battuta del Cappellaio, se ne va e lascia il tè dei matti. Ma questa è un'altra storia, spero possiate essere felici che invece in questo caso siano stati tutti gli altri ad andarsene!
 
Come sempre ringrazio tutti voi che mi supportate e mi lasciate ogni settimana le vostre impressioni, sono davvero importanti per me, ancora di più in un momento in cui mi sembra meno popolato di un tempo il fandom di Dragon Ball! Grazie anche a chi legge in silenzio, anche il vostro sostegno è di fondamentale importanza per chi ce la mette tutta per scrivere. E sappiate che per me non è semplice gestire questa storia, questo progetto di rivisitazione, ma ce la sto mettendo tutta.
 
Bene, ora una comunicazione importante, e cioè che il prossimo capitolo verrà postato tra due settimane e non mercoledì prossimo. Andrò al Lucca Comics, dove sarò soprattutto C17 ma anche un po' Joker, quindi preferisco prendermi una settimana di pausa per gestire le cose al meglio qui.
Mi scuso per l'attesa, perché sento che siamo arrivati a un punto cruciale della trama.
Però vi aspetto eh, perché sarà un capitolo bomba!
Cosa vi aspettate che succeda arrivati a questo punto?
Riusciranno per davvero a restare un po' soli Rad e Là? E, soprattutto, a dirsi una volta per tutte quello che provano?
Il titolo sarà "Se il mondo finisse domani", ci vediamo tra due mercoledì!
 
Teo

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Capitolo 17
*** Se il mondo finisse domani ***


17 - Se il mondo finisse domani
 
 
Lazuli arrossì leggermente e distolse lo sguardo da quello di Radish, emozionata e imbarazzata. Le aveva detto una cosa bellissima. E le sarebbe piaciuto davvero vedere trasformato ogni giorno della sua vita in una festa. Non certo nel vero senso della parola, perché, col suo carattere schivo e riservato, freddo agli occhi della quasi totalità dei suoi conoscenti, non era mai stata un'amante di party, schiamazzi e caos assortiti. E non amava nemmeno avere troppa gente intorno, troppe persone a cui dar retta. Ma le piaceva il concetto di festa, intesa come momento felice. Come attimo di serenità. Come possibilità di sentirsi bene, in pace con sé stessa e col mondo. Di sentirsi a casa, di percepire il calore delle poche persone a cui voleva bene. E di sentire quel calore scaldarle l'anima.
Però, per tutto questo, era necessaria una condizione, secondo lei.
"Solo... solo se ci sei anche tu in quei giorni di festa" disse con un filo di voce.
"Ma certo, Là! Io sarò l'organizzatore e l'invitato principale della tua festa, ogni giorno! O almeno, lo spero! Se tu lo vorrai" rispose lui.
"Certo che lo voglio, scemo" sorrise Lazuli, tornando a guardarlo. "Anzi, grazie".
"Non devi ringraziarmi, io vorrei solo vederti felice ogni giorno. Felice davvero, eh" la rassicurò lui.
Lazuli distolse di nuovo lo sguardo fissando un punto indefinito del cielo e sospirò con una punta di amarezza. Non voleva che il Cappellaio vedesse la malinconia che traspariva dai suoi occhi.
"Io non credo di essere mai stata felice sul serio. Lo sono stata solo a tratti, per brevi momenti" spiegò, allungando una mano e cercando quella di Radish.
La trovò subito, come se fosse lì ad aspettare solo lei.
Intrecciò le dita intorno a quelle di lui. Erano calde, forti. Rassicuranti.
Lazuli si sentì meglio. Più forte. E in grado di tornare a guardarlo di nuovo.
"Però non credo sia un caso che in quei momenti felici c'eri tu" aggiunse, sciogliendosi in un sorriso.
I suoi occhi di ghiaccio erano lucidi, di una purezza disarmante. Trasparenti, come quel cuore che cercava sempre rifugio dietro alla corazza con la quale aveva imparato a difendersi dal mondo.
Non c'era traccia di filo spinato intorno al suo cuore, in quel momento. Era una rosa, come le aveva detto Mai, ma le sue spine non potevano pungere Radish.
"Lo so, Là... so tutto. Perché non ho mai smesso di guardarti da quando ti conosco" disse Radish. "E non ho mai smesso di mettercela tutta per farti sorridere, per provare a renderti felice. Sai, tu sei bella sempre, ma lo sei un po' di più quando sorridi".
Lazuli si sentì tirare verso di lui, all'improvviso, e si ritrovò tra le sue braccia.
Affondò il volto nei suoi pettorali e si aggrappò alla sua camicia con entrambe le mani, mentre sentiva le sue braccia avvolgerla e scaldarla. Proteggerla.
Si sentiva piccola accanto a lui, imponente com'era, lei che era tutt'altro che piccola. Ma era una bella sensazione sentirsi protetta, per una volta, anche per una come lei che aveva imparato presto a proteggersi da sola e a non contare sugli altri.
"Perché... perché ci hai messo così tanto a comportarti così, a dirmi certe cose..." sussurrò lei, colpendo con un debole pugnetto carico di risentimento il petto di Radish.
"Perché sono un coglione e perché non mi sentivo abbastanza per te..." sospirò lui.
"Tu sei molto più che abbastanza, razza di scemo... non farmi arrabbiare..." sbottò Lazuli, colpendolo più forte.
"Diciamo anche che mi ero posto un obiettivo da raggiungere, prima di poterti dire tutto... per sentirmi più all'altezza...".
"E l'hai raggiunto? Di cosa si tratta?" domandò lei, sollevando la testa e staccandosi leggermente da lui col busto per guardarlo negli occhi.
Erano ancora abbracciati, lui le accarezzava lentamente i fianchi e le faceva provare dei brividi caldi lungo la schiena. Le faceva battere il cuore all'impazzata.
I loro volti erano vicini, tanto vicini. Quante volte era successo da quando Lazuli era arrivata al tè del Cappellaio?
E ad essere vicini non erano solo i loro volti, ma anche le loro anime, in quel preciso istante. Forse mai come prima.
"Non avrebbe senso parlarne adesso... meglio domani, quando tutto sarà finito" rispose Radish.
"Non so se voglio che arrivi domani, però..." sospirò Lazuli.
"Perché hai paura della battaglia? Se è per quello anch'io ho paura, anche se faccio il cretino per dare sicurezza a tutti..." ammise il Cappellaio, ridacchiando.
"Un po' perché ho paura di domani, un po' perché ho paura che finisca oggi... mi sento bene, adesso, per una volta" accennò un sorriso lei.
"Io mi sento più tranquillo da quando sei arrivata tu, perché so che ce la farai... che ce la faremo, domani. E che quindi anche domani, anche dopodomani, anche tra un mese, un anno e cent'anni potrai sentirti bene come adesso" sorrise lui, rassicurante.
Sembrava che sapesse sempre come prenderla.
"Allora... allora prima eri serio? Non mi stavi prendendo in giro?" domandò timidamente Lazuli.
"Prima quando?" chiese a sua volta lui. "Sono successe tante cose, prima".
"Quando... beh, q-quando mi hai detto che mi amavi!" tuonò lei, paonazza, alzando il tono della voce e parlando velocemente.
"Ah, intendevi quello!" scoppiò a ridere il Cappellaio.
"Allora, eri serio o no?!" sbottò Lazuli, minacciosa e irritata.
"Io sono un Cappellaio Matto! Non sono una persona seria!" sorrise lui.
Lazuli si sentì ferita, presa in giro e profondamente imbarazzata, mentre la rabbia cresceva a dismisura dentro di lei.
Allontanò Radish con uno spintone e arretrò di un passo, prima di dargli una sberla sulla guancia.
Quante volte l'aveva colpito in quella giornata assurda?! Più o meno delle volte in cui aveva creduto che si sarebbero baciati? Più o meno delle volte in cui le aveva fatto battere il cuore all'impazzata?
"Sei uno scemo e uno stronzo, ecco cosa sei!" urlò, furibonda. "Ti prendi gioco di quello che provo, dici che hai un obiettivo che ti frenava e non vuoi parlarmene! In più domani potrebbero morire i nostri amici, mio fratello e anche noi, ma continui a comportarti così!"
"Non ho mai detto che non era vero quello che ti ho detto. Ho detto solo di non essere una persona seria. Picchi forte, mi piace questo lato di te..." sorrise il Cappellaio, massaggiandosi la guancia e avanzando di un passo verso Lazuli. "E, per il mio obiettivo, devi fidarti di me. Pensavo che fosse qualcosa di necessario per raggiungere il mio sogno".
"Posso sapere almeno qual è questo sogno, allora?!" chiese lei, piccata, incrociando le braccia sotto il seno.
"Sono certo che lo sai già..." le fece l'occhiolino Radish, tornando a scaldarle il cuore nonostante fosse arrabbiata con lui.
Si stava riferendo a lei? Era lei il suo sogno? O era un altro dei suoi stupidi scherzi da idiota?
"Piuttosto... cos'è che provi tu?"
Lazuli si sentì mancare il fiato nel sentire questa domanda.
"Continui a chiedermi quello che provo io" continuò il Cappellaio. "E io sono matto, per quello ti ho proposto di diventare matta insieme a me".
Già, cosa provava? Poteva dirgli che lo amava? Ne sarebbe stata capace, giunti a quel punto?
"Ti ho... t-ti ho già detto che va bene. Che voglio diventare matta... con te..." disse a fatica, con un filo di voce.
"Ma non mi hai detto quello che provi, Là" ribatté Radish. "Io so già che tu sei matta, altrimenti non saresti venuta qui".
"E tu non mi hai ancora detto se domani pensi che morirà davvero qualcuno... molti con cui ho parlato ne sono convinti. Mio fratello, anzi, i miei fratelli... Sedici... e chissà quanti altri. Lunch aveva paura, mi ha stretto il cuore vederla così..." cercò di sviare l'argomento Lazuli.
Ce la stava mettendo tutta per aprirsi, per essere sincera, per parlare a cuore aperto. Ma era tremendamente complicato per lei.
A volte le sembrava di essere sott'acqua, e di sentirsi bene quanto più era profondo l'abisso. Forse perché si sentiva protetta e, allo stesso tempo, libera di essere quello che era in mezzo a tutto quel silenzio. A quel buio. Probabilmente amava il mare anche per questo. Le era sempre piaciuto nuotare. Stare in apnea, anche.
Però, in quel momento, sentiva che stava cercando di risalire verso la superficie. Che voleva vedere la luce. Respirare a pieni polmoni una boccata d'aria.
Urlare verso il cielo quello che aveva dentro.
Ma allora perché la superficie le sembrava così lontana? Perché aveva la sensazione di nuotare a vuoto? Di fare una fatica tremenda?
"Non è importante quello che penso io, conta solo che domani questo mondo non cessi di esistere" rispose Radish, serio, riportandola alla realtà. "Basta che almeno uno di noi resti vivo per usare le Sfere del Drago".
"E... se il mondo finisse domani?" chiese lei, perdendosi negli occhi neri come la notte del Cappellaio.
O come l'abisso, quello più profondo. Quello più avvolgente.
Radish accennò un sorriso e la prese per mano. Lei lo lasciò fare, rapita dal suo sguardo magnetico e rinfrancata da quel contatto che la faceva sentire bene.
"Allora facciamo così" propose il Cappellaio. "Tu che cosa faresti adesso, sapendo che il mondo finirà domani?"
Lazuli rimase in silenzio, i suoi occhi erano come l'inverno. Freddi, velati di brina ghiacciata. Ma anche colmi di calore, ardenti come il fuoco che brucia nel camino quando fuori fa freddo.
"Ti ho mai detto che hai gli occhi inverno, tu?" domandò all'improvviso Radish, che sembrava le avesse letto nel pensiero. "Hanno quel velo di malinconia, ma anche il calore della strada di casa. E poi brillano più di quanto t'immagini, perché le stelle in inverno sono più luminose".
Lazuli sorrise a quelle parole e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Avrebbe voluto dirgli che, più che gli occhi inverno, forse aveva un cuore di ghiaccio, visto che era incapace di esternare sul serio quello che provava. O magari le si erano congelate le corde vocali, dato che non sapeva cosa dire.
"Grazie, Rad, ma... vedi, forse io sono semplicemente fredda come l'inverno. Lo sai anche tu come mi chiamano tutti..." sospirò, alludendo a quel nomignolo che tanto odiava. Regina delle nevi.
"Beh, ma l'inverno è la mia stagione preferita! Possiamo berci tanti tè bollenti per scaldarci, no?" le fece l'occhiolino Radish, prima di tornare serio. "Non mi hai ancora detto che cosa faresti, se davvero potessi avere la certezza in questo momento che il mondo finirà domani".
Lazuli lo sapeva.
Sapeva benissimo che cosa avrebbe voluto fare in quel momento, se fosse stata certa che quella sarebbe stata la sua ultima notte.
Era quello che voleva da anni, del resto.
Ma non poteva dirlo. Non voleva.
Faceva la dura, si spacciava per forte. Ma non lo era, in fondo. Non così tanto come sperava di essere, almeno. Era brava a sguazzare nelle profondità del mare, da sola, un po' meno a riemergere alla luce del sole, dove c'erano gli altri. Dove c'era Radish, soprattutto.
"Io..." provò a rispondere, ma le parole le morirono in gola, spingendola a distogliere lo sguardo da quello del Cappellaio.
"Tu, piuttosto, cosa faresti se il mondo finisse domani?" si riscosse dopo pochi istanti, cercando di reagire e tornando a guardare quegli occhi velati di follia mista a dolcezza.
Quegli occhi che amava da una vita.
Radish sorrise sghembo e si tolse il cappello, per poi appoggiarlo sulla testa di Lazuli. Non ebbe bisogno di calcarlo, le andava grande e i suoi capelli biondi affondarono in quel cilindro che le arrivava fino a metà fronte.
Il Cappellaio glielo spostò leggermente indietro facendo leva col dito dal basso verso l'alto e inclinandoglielo così un po' in direzione della nuca.
Lazuli si sentiva bene con quel cappello in testa. Le sembrava di avere con sé una parte di Radish. Il suo calore, il suo profumo. Era rassicurante avere quel cilindro verde in testa, la faceva sentire più forte. E non le interessava che forse poteva apparire ridicola con quell'affare di dubbio gusto tra i capelli.
Non avevano mai smesso di tenersi per mano.
"Che cosa farei io se il mondo finisse domani?" disse il Cappellaio, facendo spallucce.
"Semplice. Ti direi che ti amo, te lo direi fino a farti capire che lo penso sul serio" aggiunse, tirando verso di sé Lazuli, che aveva gli occhi sgranati e il cuore che batteva così forte da farle male, mentre sentiva le braccia di lui cingerle con forza i fianchi e fare aderire i loro busti e i loro bacini.
"Ti amo, Là" sorrise un po' di più Radish, stringendola a sé in una dolce morsa.
Ingabbiandola in una prigione dorata.
"Poi farei anche questo, già che ci sono" soffiò, a un nulla da lei.
E la baciò.
 
 
 
 
 
 
 
Note: ci sono voluti 17 capitoli, ma ce l'abbiamo fatta a vedere il primo bacio tra Rad e Là!
Però, prima di tutto, ben ritrovati in questo post Lucca Comics, grazie per esserci sempre e per aver avuto pazienza in questo punto così cruciale della storia, spero che questo capitolo abbia rispecchiato le vostre attese e che vi sia piaciuto!
Un capitolo tutto dedicato a Radish e Lazuli in cui c'è poco da dire, o, forse, ci sarebbe tanto da dire, non saprei! Pensateci voi allora, ditemi cosa ne pensate di questi due che finalmente ce l'hanno fatta dopo tanto rincorrersi!
 
Grazie come sempre a chi mi lascia il suo parere e mi sostiene ad ogni capitolo, spero che anche chi di solito legge in silenzio stavolta vorrà dirmi cosa pensa di questo bacio. Un grazie grande anche a chi ha inserito la storia nelle liste.
 
Non è un caso che una cosa così speciale sia successa nel capitolo 17, come il mio caro C17 di cui non vedo l'ora di tornare a indossare il cosplay... chissà quindi cosa potrà succedere nel prossimo, che è il capitolo 18, come la mia amata C18...
Vi do appuntamento tra due settimane, sempre di mercoledì, perché il post Lucca (che è stata magnifica, magica e totalizzante) è stato abbastanza devastante e avrei bisogno di un senzu o della vasca di rianimazione Saiyan, spero che avrete pazienza!
Potrei anche postare finalmente un disegno allucinante di Lazuli in versione Alice che mi ha fatto Elena Mirulla a Lucca, chissà... ;-)
Il titolo sarà "Matto come un Cappellaio", e direi che ci sarà da divertirsi!
Grazie ancora e a presto!
 
Teo
 

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Capitolo 18
*** Matto come un Cappellaio ***


18 - Matto come un Cappellaio
 
 
Lazuli chiuse gli occhi, lasciandosi avvolgere dal calore di quel bacio che aveva tanto desiderato. Socchiuse la bocca e lo ricambiò, con una lenta dolcezza che lasciò rapidamente spazio a una famelica voracità.
Il cappello le cadde dalla testa e rotolò nell'erba alle sue spalle. Percepì solo questo, per il resto era altrove.
Sì, altrove, in un posto dove c'erano solo lei e Radish.
Dove stavano bene, dove tutto andava bene. Dove nulla sarebbe potuto andare male.
Si sentiva al centro del mondo, e sentiva anche di aver trovato il suo posto nel mondo.
Radish sapeva di buono, le loro lingue si accarezzavano e si rincorrevano.
Lazuli si sentiva eccitata, confusa, stranita. E felice, soprattutto.
Le sembrava di essere la protagonista di un sogno, ma non accennava a svegliarsi. Non voleva svegliarsi.
Era tutto reale, doveva esserlo per forza.
Aveva imparato ad accettare tutte le cose assurde che aveva visto e vissuto da quando era piombata in quel mondo allucinante, perché non avrebbe dovuto essere reale un semplice bacio?
Forse perché era tutt'altro che semplice, quel bacio.
Probabilmente perché c'era voluta una vita per arrivare fin lì. Troppi anni, troppo dolore, troppe paranoie. Troppe lacrime versate senza fare rumore, senza che nessuno potesse vederla. Senza che nessuno potesse sospettare che una come lei fosse addirittura capace di piangere. Addirittura di soffrire.
La gente pensava fosse di ghiaccio, ma nessuno si soffermava a riflettere sul fatto che il ghiaccio, in fondo, non era altro che un elemento fragile a determinate condizioni. Poteva andare in frantumi, cadendo, o quantomeno scalfirsi. Poteva sciogliersi, fino a scomparire. Non era solo qualcosa di resistente, gelido e bello da vedere.
Ma il problema non erano gli altri, in questo caso specifico. Il problema era lei, e ne era consapevole.
Era solo una stupida. Lo erano entrambi.
Lei e Radish, il cretino di cui si era innamorata dall'inizio del liceo e da cui era sempre scappata. Come era sempre fuggita da sé stessa, dai suoi sentimenti.
"Adesso che ti ho presa non mi scappi più, chiaro?" disse roco Radish, staccandosi appena dalle sue labbra.
"Io non aspettavo altro che tu mi prendessi, scemo..." accennò un sorriso Lazuli, prima di baciarlo di nuovo.
"Sei sempre stata brava a scappare...".
"Se dovessi scappare ancora, mi prometti che verrai a riprendermi?" gli chiese con un filo di voce.
In uno slancio di tenerezza priva di barriere.
Era senza difese. Vulnerabile.
"Sarei capace di girare il mondo fino alla sua fine, pur di raggiungerti" la rassicurò lui, facendole battere il cuore.
"Dovevi prendermi prima... molto prima... è una vita che ti aspetto" disse Lazuli, con una punta di rimpianto.
"Sei sempre stata brava a scappare, te l'ho detto... o forse non ero abbastanza bravo io a rincorrerti".
"Io non voglio più scappare".
"Non scapperai più, Là. Né da me, né da te stessa" sorrise il Cappellaio, prima di baciarla di nuovo.
Sembravano incapaci di staccarsi, troppo vogliosi di recuperare il tempo perduto.
 
Lazuli non seppe quantificare il tempo trascorso a baciarsi, in silenzio, stretti l'uno all'altra. Riaprì gli occhi al freddo contatto col muro esterno della casa di Radish, mentre lui la ingabbiava con la sua mole e premeva contro il suo corpo.
Aveva voglia di lui. Ce l'aveva da anni. E, nel frattempo, il sole era praticamente tramontato. Quante ore erano passate?
"Andiamo dentro, Là?" propose il Cappellaio. "Si sta facendo tardi".
"Non eri mica condannato a un'eterna ora del tè?" chiese lei.
"Non più, ho smesso di perdere tempo" sorrise orgoglioso Radish, tirando fuori dal taschino il suo orologio a cipolla e mostrandoglielo. "Ha ripreso a funzionare, il Tempo deve avermi perdonato. Mi ha dato un'altra chance. Ed è soltanto merito tuo".
"Sono solo una stupida, volevo questo momento da così tanto tempo che avrei dovuto risolverti prima questo problema" ribatté lei.
"Allora siamo due stupidi" sorrise di più lui, sollevandola e prendendola in braccio come fosse una principessa. "È bello essere stupidi insieme. Essere matti, insieme".
"Già...".
Lazuli rispose con un sospiro, lo lasciò fare e si aggrappò al suo collo con entrambe le braccia, cercando ancora le sue labbra per l'ennesimo bacio. Le piaceva essere sospesa, tra le sue braccia. Sentirsi una principessa, lei che amava atteggiarsi da regina.
Ora che si erano finalmente trovati non riuscivano sul serio a staccarsi l'uno dall'altra.
Si erano presi, non si sarebbero più persi.
"Sei la mia droga, Là" sospirò Radish. "Altro che tè... ho voglia di te" aggiunse, aprendo la porta con una pedata.
"Portami dentro allora... muoviti..." gli ordinò Lazuli, soffiandogli in un orecchio prima di mordicchiargli il lobo.
Il Cappellaio non se lo fece ripetere due volte, e così varco la soglia di casa portando con sé la ragazza che amava.
Era libero, finalmente, ma per lui l'unica cosa che contava era la presenza di lei.
 
Lazuli si guardò intorno incuriosita, anche se le sue attenzioni continuavano ad essere rivolte a Radish. La stanza era scarsamente illuminata, ma le parve di vedere in giro solo una marea di cappelli e una valanga di servizi da tè.
Prima che potesse quasi rendersene conto, sentì un'altra porta aprirsi, e si rese conto che quella doveva essere la camera di Radish.
Al centro si stagliava un letto matrimoniale con una testiera a forma di cilindro verde smeraldo, proprio come il cappello che indossava lui e che le aveva calcato sulla testa prima di baciarla. Le lenzuola erano bianche con ricamate sopra delle immagini colorate di cappelli e teiere. Anche i comodini erano a forma di cilindro, neri, e su entrambi c'erano delle cornici nere contenenti delle fotografie.
Lazuli aguzzò la vista per capire chi fosse ritratto in quelle immagini, ma la luce soffusa glielo impediva da quella distanza. L'illuminazione infatti era affidata a tante piccole tazze da tè sospese e penzolanti dal soffitto che facevano da paralume. C'era anche una sorta di gabbietta che pendeva anch'essa dal soffitto, al centro della quale si trovava un coniglio bianco di peluche accucciato, che sembrava fissarla attraverso i suoi occhi rossi affusolati.
"È proprio... da te..." disse Lazuli, scendendo dalle braccia di Radish.
"Da matto, intendi? Forse sì" ridacchiò lui.
"Mi piaci così... matto, scemo... definisciti come preferisci" sorrise lei, avvicinandosi a quel coniglio che le appariva familiare.
"Coglione va bene" buttò lì lui.
"Va benissimo" confermò lei, soffocando una risata. "Questo coniglio...".
"È come quello che ti ho regalato, è vero. Però il tuo ha gli occhi azzurri" completò la frase il Cappellaio.
"Già... avevi detto che ti ricordavano i miei occhi e me l'avevi preso" sorrise Lazuli, ricordando quel giorno di tre anni prima in cui stava passeggiando per strada con Radish e aveva visto nella vetrina di un negozio quel pupazzo.
Si era limitata a dire che le piaceva, e Radish era entrato senza dire nulla e gliel'aveva regalato. Diceva che aveva i suoi stessi occhi di ghiaccio e che era tenero come lei.
L'aveva fatta arrossire, ma le aveva fatto battere il cuore come raramente le era capitato. E aveva sempre tenuto sul suo letto da allora quel peluche.
"I tuoi occhi però sono inarrivabili. Irripetibili" disse lui.
"G-grazie..." rispose lei, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Perché questo ha gli occhi rossi?"
"Boh... Perché io sono strano, forse? Perché rappresenta la mia follia? Perché mi ricorda quanto sia bello essere diversi da come ci vorrebbe il mondo?" fece spallucce lui. "E, soprattutto, perché quello che ha gli occhi di ghiaccio è tuo. Sei tu. E questo sono io" aggiunse, avvicinandosi a lei e prendendole delicatamente il mento tra indice e pollice.
"Io non volevo avere un pupazzo che rappresentasse te in questa stanza, nella mia vita incasinata. Volevo te. Volevo solo te" disse, prima di baciarla.
A lungo. Intensamente.
"Anch'io... anch'io volevo solo te..." sospirò Lazuli, con gli occhi ancora socchiusi.
Si rese conto però che qualcosa era cambiato.
Sgranò gli occhi e arretrò di un passo.
Radish indossava un completo bordeaux gessato, una camicia bianca e una cravatta nera. Quando si era cambiato? Cos'era successo?
Lazuli abbassò lo sguardo e notò che invece lei indossava una vestito cortissimo e ampio, semitrasparente, e che non aveva più addosso nemmeno il reggiseno. Era praticamente in baby-doll, con una perizoma sottilissimo bianco e dei tacchi a spillo azzurro cielo a completare quel look decisamente essenziale ed estremamente sensuale.
"Ma... cosa..." farfugliò, tornando a guardare Radish, che la osservava bramoso e si allentava la cravatta. "Perché siamo vestiti così, adesso?"
"Forse perché sei tu che ci volevi in questo modo. Io non c'entro nulla" sorrise sghembo lui, avanzando di un passo e afferrandola di nuovo per i fianchi. "Sappi che sei incantevole. Sei uno spettacolo, cazzo" aggiunse, accarezzandole delicatamente i capelli e appoggiando la fronte contro la sua.
"Sei bella, lo sai? Così bella che mi fai male..." soffiò. "Così bella che mi chiedo cosa potresti mai trovarci in un deficiente incapace come me... così bella che mi rendi ancora più matto di quanto già non sia".
Lazuli afferrò la sua cravatta e lo tirò verso il basso.
"Adesso taci e fammi tua. E non azzardarti più a sminuirti, razza di scemo" accennò un sorriso, prima di baciarlo e sfilargli freneticamente la giacca, che cadde con un tonfo sul pavimento in parquet.
Radish le strappò di dosso il babydoll e si gettò famelico sul suo seno, succhiandolo e leccandolo avidamente.
Lazuli gemeva, mentre stringeva con entrambe le mani la testa del Cappellaio e lo invitava ad approfondire quel contatto, a fare di lei quello che voleva.
Lui non se lo fece ripetere due volte, si staccò dal suo seno solo per risalire con la bocca fino al suo collo e torturarle i capezzoli umidi con le dita, fino a baciarla ancora. La prese in braccio all'improvviso e la gettò sul letto.
Troneggiava su di lei, immersa in quel profumo di lavanda misto a quello di Radish che emergeva dalle lenzuola fresche, e si tolse in pochi istanti la camicia, per poi sfilarsi i pantaloni e i boxer, restando nudo davanti a Lazuli, che osservava bramosa la sua possente erezione e i suoi muscoli scolpiti.
Se l'era immaginato diverse volte nudo, ma doveva dire che la realtà superava la sua fantasia. Sentì il perizoma più bagnato di quanto già non fosse. Il suo unico, ultimo e inutile indumento, se così si poteva definire, dato che lasciava bene poco spazio all'immaginazione.
"Non puoi capire quanto cazzo ho sognato questo momento..." farfugliò Radish, con gli occhi velati di piacere fissi sulle cosce dischiuse di lei.
Si abbassò con un gesto repentino e si tuffò sul letto, facendogliele divaricare e accarezzandole delicatamente le mutandine.
"Direi che aspettavi sul serio anche tu questo momento" sorrise sghembo, leccandosi le dita e sfilandole poi il perizoma. "Dopo ti toccherà metterti su qualcos'altro, questo è troppo bagnato..." aggiunse roco, prima di morderlo e poi sputarlo su un lato del letto.
Si fiondò sulla sua intimità e gliela leccò famelico, feroce, come se stesse cercando di godersi quel frutto proibito che aveva tanto bramato e di cui non avrebbe potuto più fare a meno.
Lazuli sentiva il sangue bollente scorrerle nelle vene, mentre inarcava la schiena e premeva con forza le mani sulla testa di lui. Si morse le labbra per non urlare quando Radish cominciò a esplorarla non solo con la lingua, ma anche con due dita che si muovevano abilmente dentro di lei. Venne nel giro di pochi minuti, con un urlo strozzato a fatica in gola, una mano ad accarezzarsi un seno e l'altra sulla testa di Radish come ad invitarlo a non fermarsi.
 
Si sollevò un poco col busto, ancora scossa da fremiti e brividi caldi, e intravide sulla schiena di Radish il tatuaggio che lui si era fatto molto anni prima, verso la fine del liceo. Una scritta nera tutta arzigogolata e molto ampia, che recitava semplicemente "Mad as a Hatter". Già, "Matto come un Cappellaio".
Radish era sempre stato il suo Cappellaio Matto, l'aveva sempre aspettata sul serio. Non stava scoprendo nulla di nuovo in quel folle mondo pieno di assurdità e prodigi. Stava semplicemente facendo un viaggio dentro sé stessa, alla scoperta di sé, dei propri sentimenti e dei propri desideri. Il più semplice e allo stesso tempo complicato dei viaggi. Il più pericoloso. Ma che le aveva dato quella consapevolezza che non aveva mai saputo ottenere fino in fondo. Adesso sapeva cosa provava. E quello che voleva.
"R-Rad... m-mettimelo... mettimelo dentro..." ordinò con un filo di voce, mentre cercava di riprendere fiato.
Vide riemergere la faccia del Cappellaio dalle sue cosce con un sorriso sghembo stampato sul volto e i capelli più arruffati del solito. La luce fioca della stanza e la crescente oscurità che nel frattempo stava vestendo a notte il cielo all'esterno davano ai suoi occhi una vena ancora più folle di quanto non apparisse già prima. Ma lo rendevano ancora più irresistibile.
"Agli ordini, mia regina" rispose Radish, sdraiandosi sopra di lei e ricoprendola con la sua mole.
Cominciò a baciarla, e Lazuli si eccitò nel sentire sulle sue labbra il sapore della propria intimità misto a quello di lui. Si sentì sollevare entrambe le cosce, e così le avvolse intorno alla schiena del Cappellaio, che entrò in lei senza difficoltà con un colpo deciso che la fece sussultare di piacere. Aveva notato subito le dimensioni della virilità di Radish, ma percepirla dentro di sé le annebbiò per un istante i sensi, persa nel godimento che stava provando.
Il Cappellaio cominciò a muoversi, alternando spinte delicate e ritmate che le facevano battere il cuore a mille, ad altre decisamente più forti e frenetiche, che la facevano urlare di piacere.
Lazuli si sentiva in fiamme, con le unghie conficcate nella schiena di lui e la sensazione di essere in bilico tra un sogno e un mondo incantato in cui tutto era possibile, in cui era libera, in cui Radish era suo e lo sarebbe stato per sempre. In quel luogo era felice, in quel momento stava bene come non lo era mai stata.
E non solo perché le stavano esplodendo i sensi a causa del piacere, ma anche perché non aveva mai sentito la propria anima connessa a tal punto con quella del ragazzo che amava e inseguiva da anni.
Ora che erano lì, insieme, nulla poteva andare male.
Finché sarebbero stati una cosa sola, nessuno poteva scalfirli.
Non voleva che quell'amplesso finisse. Non voleva che passasse quella nottata.
Aveva sempre pensato che i sogni, quelli belli che faceva ogni tanto, non avevano solo il potere di renderla felice, ma anche di proteggerla dal dolore che le provocava la realtà. E che, quando arrivava il momento di svegliarsi, quell'incantesimo si spezzava.
Non sapeva dov'era e cosa stesse vivendo, se fosse un sogno, se fosse diventata davvero matta o se quel mondo assurdo fosse reale.
Era certa solo di una cosa: lei e Radish erano veri. Loro due erano realtà.
Venne per l'ennesima volta mentre gli succhiava la lingua, e questa volta non si preoccupò di non urlare. E quello fu senza dubbio l'orgasmo più lungo, folle e liberatorio della sua vita, forse perché accompagnato dal calore di quello di lui che le scorreva impetuoso dentro e fuoriusciva lentamente, bagnandole e scaldandole l'interno delle cosce.
Erano venuti insieme, avevano urlato insieme, si erano amati con tutto ciò che avevano.
L'avevano fatto con ferocia. Con urgenza reciproca, con estrema brama.
Con follia.
Sì, lei e Radish erano matti, probabilmente, ma erano realtà.
Lazuli se ne rese conto, ancora ansimante sotto di lui, mentre lo guardava negli occhi e gli scostava dolcemente un ciuffo sudato dalla fronte, sorridendogli.
I sogni erano belli, certo, ma a volte la realtà era così piacevole, così appagante, così totalizzante, da voler rimanere svegli in eterno per viverla.
E da essere disposti a morire, pur di non perderla.
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati e grazie per questa attesa di due settimane, ve l'avevo detto che il capitolo 18 doveva essere per forza speciale in una storia con protagonista Lazuli, no? Spero abbia rispettato le attese, e vi ringrazio per le vostre parole dopo il capitolo 17, mi hanno emozionato e mi ha reso felice vedere quanto fosse atteso anche da voi quel bacio.
Ammetto di aver scritto questo capitolo 18 dal nulla, sostanzialmente di getto, in un momento in cui pensavo che forse non ero neanche più capace di scrivere o, quantomeno, che non avessi la testa giusta per scrivere in questo periodo. E invece mi è uscito così, e io personalmente sono felice, rileggendolo ci trovo dentro tutta l'intensità, l'amore, la fisicità, il desiderio, la passione, la dolcezza e la poesia che volevo trasmettere nelle mie idee iniziali.
Pensavo di essermi sbloccato, ma purtroppo non è così, e non sono più riuscito a scrivere altro, pur avendo chiara la trama nella mia testa. Quindi vi chiedo pazienza, ci vorranno altre due settimane di tempo per avere il capitolo nuovo, ma ci tengo che sia all'altezza di una long che voglio portare a termine e voglio farlo al meglio, anche se sto faticando dopo quasi quattro anni ininterrotti a pubblicare ogni settimana.
Quello che facciamo, e chi scrive come me lo sa, non è scontato, non è facile. Vi chiedo tutto il vostro supporto, spero che questo periodo no passi e, nel caso abbiate nostalgia di qualcosa di mio da leggere settimana prossima, ci sono sempre le mie vecchie One shot e long, c'è sempre la mia amata " Remember me", ad esempio. Io sto dando il massimo, non posso che augurarmi che questa Lazuli in Wonderland continui a piacervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, anche voi che leggete in silenzio, se vi va, se amate questi personaggi, questa coppia un po' matta e tanto dolce.
Vi ringrazio e vi saluto con una pazzesca Lazuli in versione Alice disegnata a Lucca dalla mia disegnatrice preferita, Elena Mirulla (correte a leggere i suoi fumetti della casa editrice Cronaca di Topolinia!), e non potevo che postarla nel capitolo 18!
Per il resto vi do appuntamento tra due settimane e, anche se non ho un titolo da darvi come spoiler, posso dirvi che succederanno delle belle cose anche nel capitolo 19. Ci sarà tanto amore e tanta follia, a presto!
 
Teo
 
 
 

La-Mirulla

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Capitolo 19
*** Amarsi sotto una pioggia di stelle ***


19 - Amarsi sotto una pioggia di stelle
 
 
Lazuli accarezzò il petto di Radish lentamente, quasi sfiorandolo appena con un dito.
Aveva la testa appoggiata al suo cuore e lo sentiva battere a un ritmo sempre più regolare. Più rilassante. Ritmato e preciso come le lancette di un orologio.
Già, come l'orologio del Cappellaio che aveva ripreso a funzionare.
Il Tempo non aveva dato una seconda chance solo a Radish, ma forse ancora di più la stava dando a lei. Lazuli ne era fermamente convinta, mentre riprendeva fiato insieme al Cappellaio, sdraiati sul letto. Abbracciati l'uno all'altra.
Ancora nudi, ancora sudati. Con ancora addosso il profumo dell'amore che avevano appena fatto. Con quel senso di pace dentro. Quel sentirsi realizzati. Felici.
Nel posto più bello del mondo, con la persona giusta.
Erano lì, nudi, vestiti solo di tatuaggi e di pelle d'oca. Perché i brividi di piacere che avevano dentro scorrevano ad entrambi ancora nelle vene.
Lazuli non si era mai sentita in pace con sé stessa come in quel momento. Pensava che forse la vita era più semplice di quello che aveva sempre temuto, che era solo stata una stupida, che si era preoccupata troppo. Che aveva cercato la luna, dimenticandosi che bastava prestare più attenzione alle piccole cosa che aveva davanti. Erano lì, a un passo da lei, ma non era mai riuscita ad afferrarle. Non era mai riuscita ad afferrare Radish, soprattutto, nonostante lui fosse sempre stato lì, davanti a lei. Accanto a lei. A pochi centimetri da lei.
"Non pensarci più a quello che poteva essere e che non è stato" disse dal nulla il Cappellaio, passandole delicatamente la mano tra i capelli.
Le aveva letto nel pensiero?! Come faceva a dare sempre l'apparenza di sapere quello che le passava per la testa?
"Pensa al presente. E a quello che hai davanti. Anzi, a quello che abbiamo davanti. Ok, Là?".
"Sì..." sospirò lei, con una punta di malinconia, stringendosi più forte a lui.
Perché le veniva da piangere?! Lei era forte! Lei era una dura, era sempre andata avanti da sola. E aveva appena fatto l'amore con il ragazzo che amava da una vita.
Poteva essere sincera? Ne era capace?
"S-solo... solo che, ecco... mi spiace che ci abbiamo messo così tanto. Avrei... avrei voluto sentirmi felice così prima..." spiegò con un filo di voce.
Era sempre tremendamente complicato per lei aprirsi. Per gli altri era più semplice? Come facevano gli altri? Se lo era sempre chiesto, anche se probabilmente aveva perso di vista l'obiettivo per l'ennesima volta: a guardarle da fuori, le vite degli altri le sembravano sempre perfette, impeccabili. Anche lei forse dava la stessa impressione di perfezione alla gente, nonostante soffrisse dentro, e si sentì stupida nell'essersene resa conto solo in quel momento.
Com'era possibile che tutto apparisse più chiaro in quel luogo così assurdo e intricato?
"Anch'io ho sempre fatto finta che fosse tutto ok, però dentro il più delle volte stavo di merda" sorrise amaramente Radish. "Non so nemmeno io perché ci abbiamo messo così tanto... per paura, per rabbia, per gioco... ah, 'fanculo, è lo stesso!" aggiunse, afferrando con delicatezza il mento di Lazuli tra indice e pollice e costringendola a guardarlo in faccia.
I suoi occhi di ghiaccio erano lucidi, meravigliosi, e riflettevano la luce delle stelle che cominciavano ad appuntarsi nel cielo nero. Erano irripetibili, incredibili, sotto quella luce.
Con il pollice Radish asciugò le uniche due lacrime che erano sfuggite al controllo di lei e che le rigavano le guance, facendola sorridere.
"Siamo due stupidi" sorrise il Cappellaio.
"Tu di più, scemo..." rise Lazuli, colpendolo con un pugnetto sul petto.
"Io sono matto, soprattutto!"
"Allora anch'io sono matta, sennò non sarei qui, ormai l'ho capito. E poi sei tu ad avermi chiesto di diventare matti insieme".
"E lo farei altri miliardi di volte".
"Non pensi che mi annoierei a un certo punto se continuassi a chiedermelo? Magari tutto perderebbe la magia...".
Lazuli sorrise furbescamente, lo stava provocando. Voleva giocare. E Radish stette al suo gioco.
"Come potresti annoiarti con uno come me? E con questo ben di dio?" rispose lui, indicando il proprio corpo e sollevando ritmicamente le sopracciglia.
"Sei arrogante per essere lo scemo che sei. Dovesti portarmi più rispetto... per chi mi hai presa?!" sbuffò Lazuli, fingendosi offesa, prima di strizzargli un capezzolo e farlo gemere di dolore.
"S-scusa... mia regina e mia dea!" farfugliò lui.
"Ma smettila, che lo so che ti piace! Sei un masochista pervertito!" ridacchiò Lazuli, allungando la mano e scompigliandogli il ciuffo sulla fronte.
Fu in quel momento chi vide meglio la foto sul comodino che prima aveva solo intravisto non appena era entrata nella stanza di Radish, e si zittì. Erano loro due, a scuola, doveva essere l'ultimo anno del liceo. Era seduta sul banco di lui, con le gambe accavallate e le braccia incrociate sotto il seno. Camicia bianca aderente un po' sbottonata e gonna corta a balze verde smeraldo. Lo squadrava con superiorità e con l'espressione vagamente contrariata, mentre lui rideva sguaiatamente seduto ai suoi piedi. Maglia nera e verde dei Sum 41, jeans strappati, bracciale con le borchie, catena al collo, coda disordinata e faccia da schiaffi. Era proprio il suo Radish come se lo ricordava a diciott'anni. Meno grosso di adesso, ma imponente anche allora. Lei era già molto donna, non era cambiata poi molto e se ne compiacque. Provò un mix di tenerezza e nostalgia nel guardare quella foto. E le batté il cuore più forte al pensiero che Radish aveva sempre tenuto quell'immagine sul comodino.
"Ci siamo noi anche sull'altro, eh" sorrise Radish, indicando il comodino sul lato opposto della stanza.
Lazuli, si voltò, sempre sdraiata a letto, dandogli le spalle. Subito sentì la mano di lui accarezzarle il sedere e stringerle una natica, prima di riprendere ad accarezzargliela.
"Sei proprio un maiale irrecuperabile..." sbuffò, mentre osservava quest'altra foto, decisamente più recente, che ritraeva lei seduta in braccio a Radish, al tavolo di un locale dove erano andati in compagnia.
Ridevano entrambi, persino lei, ed entrambi stringevano tra le mani un cocktail ormai quasi finito. E doveva essere almeno il secondo o terzo della serata per lei, per apparire così sciolta. Per aver trovato il coraggio di sedersi in braccio a lui, che la stringeva a sé con un braccio intorno a un fianco. Che sembrava proteggerla, volerla avere solo per sé e difenderla dal mondo. Aveva ricordi vaghi di quella serata, ma si ricordava bene che aveva sperato di poter andare fino in fondo con Radish. Si era sentita più disinibita e coraggiosa in quel momento, o forse aveva solo fatto finta di essere un po' ubriaca perché non accettava di essere sincera con sé stessa. Era certa solo che in quel preciso istante era felice, e che non le importava niente del resto, di chi li stava guardando, del mondo in generale. E ricordava anche di aver maledetto Goku, che aveva posto fine alla serata nel momento in cui si era sentito male, rovinando l'atmosfera e costringendo Chichi a portare tutti a casa.
"Non sai cosa ti avrei fatto quella sera, Là..." le soffiò nell'orecchio Radish, procurandole un brivido di piacere.
"Dovevi farlo, cretino... anche se ci tengo a precisare che ero alticcia, altrimenti non ti avrei mai concesso l'onore di tenermi in braccio" ribatté lei con ironica e sensuale superiorità.
"Sappi che mi hai messo in crisi quella sera, eh?!" rise Radish.
"Non riuscivi a fare a meno di pensare a cose sconce?"
"Certo, ma pensavo a cose milioni di volte più sconce di quelle che puoi immaginare tu... e tutto per colpa tua!"
"Fai proprio schifo... però mi sarei arrabbiata se non ti avessi fatto quell'effetto" rise a sua volta Lazuli.
"Già... peccato che poi Goku ha sboccato l'anima, e addio sogni di gloria!"
"Così impara a mangiare come un porco ogni volta..." sbuffò Lazuli, ridacchiando, prima di interrompersi all'improvviso e sgranare gli occhi, con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra.
Una pioggia di stelle stava illuminando il cielo di quella notte magica. Lazuli non aveva mai visto niente di simile. Il riflesso delle stelle cadenti danzava sui suoi occhi di ghiaccio rendendoli luminosi come diamanti.
"Sono uno spettacolo, vero?" disse Radish, guardando a sua volta fuori dalla finestra e stringendo a sé Lazuli, prima di soffermarsi sul suo sguardo sognante rapito da quello spettacolo sublime.
"Sì..." sussurrò lei.
"Io mi riferivo ai tuoi occhi, non alle stelle" ribatté il Cappellaio, guadagnandosi un sorriso e un bacio a fior di labbra.
"Sei un maniaco adulatore che gioca a fare il poeta".
"Mi piace questa definizione. Hai dimenticato solo di definirmi anche scemo, e poi ci siamo" stette al gioco lui. "Però sono sincero, la pioggia di stelle nel cielo si vede spesso da queste parti, ma riflessa nei tuoi occhi non l'avevo mai vista. È mille volte più bella così"
"G-Grazie..." arrossì leggermente lei.
"Sei la mia principessa dagli occhi di ghiaccio, non dimenticarlo mai".
"E tu sei il mio schiavo, non scordarlo mai, Rad".
"Quello è ovvio. Schiavo sessuale, soprattutto!".
"Fai proprio schifo, non so più cosa fare con te..." sospirò Lazuli. "Davvero capita spesso da queste parti di vedere tutte queste stelle?"
"Capita, spesso, sì, ma se devo essere sincero non ne avevo mai viste così tante come stanotte" rispose il Cappellaio.
"È impossibile contarle" aggiunse Lazuli.
"Vedere tante stelle scendere giù una dopo l'altra... un mare di luci che solcano il cielo... è davvero uno spettacolo sublime" confermò Radish.
"Probabilmente non riuscirò mai più a vedere un cielo così" disse Lazuli con una punta di amarezza.
"È uno dei lati positivi del vivere qui. Dell'essere matti" sorrise il Cappellaio.
"Nella nostra città non si vedono quasi mai le stelle. Ci sono troppe luci. Troppa confusione..." proseguì lei.
"Sono certo che se saprai guardare dentro te stessa, saprai vedere tutte queste stelle anche nel tuo mondo" disse Radish. "O forse ti basterà vederne una... una sola stella cadente brillare nel cielo per essere felice".
"Vorrei vederla domani notte questa stella cadente, allora. Perché vorrà dire che sarà andato tutto bene... e che non sarò sola" disse Lazuli con un filo di voce, intrecciando le dita intorno a quelle di lui.
"La vedrai domani notte quella stella. E io sarò al tuo fianco... anzi, saremo noi quella stella".
Lazuli non capì fino in fondo le parole di Radish, ma le apprezzò e tornò ad appoggiare la testa sul petto di lui non appena la pioggia di stelle terminò e l'oscurità riprese ad aleggiare su di loro.
"Comunque sono felice che avevi queste foto in camera tua" disse dopo alcuni istanti di silenzio in cui si era goduta i battiti del cuore di Radish e il suo respiro regolare.
"Almeno potevo fantasticare meglio su di te quando la sera ero a letto e non riuscivo a dormire... cioè, ammetto che erano fantasie un bel po' sconce e..." provò a spiegare Radish, prima di venire interrotto.
"E adesso mi hai qui davanti. Voglio vedere quante fantasie ti facevi, razza di maiale senza speranza..." si voltò Lazuli, mettendosi a cavalcioni su di lui, feroce e felina, completamente nuda.
Sembrava una predatrice.
"E sarà meglio che facevi solo su di me quelle tue stupide fantasie da maniaco pervertito quale sei..." ringhiò, afferrandogli un orecchio e tirandolo con forza.
"Aaahhh! C-certo! Mi fai male!" si lamentò il Cappellaio.
"Stai zitto che ti piace, razza di masochista..." soffiò lei, maliziosa, abbassandosi verso di lui e mordicchiandogli il labbro inferiore.
Sentì subito premere l'eccitazione di Radish contro il suo corpo e ne fu soddisfatta.
"Qui qualcuno ha gradito la mia presenza, infatti..." aggiunse, prima di cominciare a leccargli il collo e a scendere lentamente dal petto fino agli addominali.
Si fermò e lo guardò un istante negli occhi, sistemandosi poi i capelli dietro l'orecchio e accennando un sorriso carico di sensualità.
"Poi mi dirai se le tue fantasie erano meglio di questo..." sussurrò, prima di afferrare la sua erezione e cominciare a dargli piacere con la bocca.
Lo sentiva gemere, inarcare la schiena, accarezzarle la nuca con entrambe le mani. Radish sapeva di buono, e sapeva anche di lei. Le piaceva quello che stava facendo. Amava dargli piacere e si stava eccitando lei stessa sempre di più.
Aveva voglia di lui. Ne aveva più di prima.
Sollevò la testa e incrociò di nuovo il suo sguardo velato dal piacere.
"Non ho capito se me la sto cavando bene..." disse con finta ingenuità, mentre saliva sopra di lui a cavalcioni.
"Mi stai facendo impazzire, cazzo..." sorrise il Cappellaio, afferrandola per i fianchi.
"Allora non ti dispiace se rendo reale la tua fantasia?" domandò retoricamente, mentre si faceva scivolare dentro l'eccitazione di lui e sentiva il sangue cominciare a ribollirle nelle vene.
"Ti amo... t-ti amo, Là" farfugliò Radish quasi ringhiando, mentre la teneva stretta e cominciava a spingere.
Non si fermò finché non la sentì urlare di piacere.
E, in generale, non si fermarono per tutta la notte.
Quella era una notte che nessuno dei due voleva che finisse.
E il loro era uno di quegli amori che non potevano finire.
Una stella cadente attraversò il cielo, l'ultima delle tempesta di luce di poco prima.
Era la più bella, la più luminosa, la più grande. Ed era quella in ritardo rispetto alle altre. Quella che si era fatta desiderare di più. Che si era fatta attendere.
Lazuli la intravide con la coda dell'occhio e capì quello che le voleva dire poco prima Radish.
Bastavano loro due, insieme, anche se in ritardo, a illuminare il cielo. Si rese conto che bastava una sola stella, non era necessaria una tempesta di stelle per creare uno spettacolo da portare nel cuore per sempre.
Quella stella erano loro, Lazuli e Radish, ed erano una stella che non poteva smettere di brillare.
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati a tutti, grazie mille per essere qui e per le belle cose che mi avete scritto al termine del capitolo 18! Anche questo è stato un capitolo tutto dedicato a Lazuli e Radish, mi sembrava doveroso dar loro un po' di spazio dopo una così lunga attesa nella storia per vederli insieme, non posso che sperare vi siano piaciuti!
 
Un grazie speciale va come sempre a tutti voi che mi sostenete, a chi mi lascia sempre delle belle recensioni, a chi ha messo la storia nelle liste, a chi legge in silenzio e a chi sta recuperando le mie vecchie storie.
Prometto che torneranno tempi migliori per me come velocità di pubblicazione e di riposta alle recensioni, vi chiedo di portare pazienza e vi ringrazio tanto. Non mi sento al top in generale e quindi grazie per continuare a credere in me.
Intanto vi do appuntamento tra due settimane per il nuovo capitolo, e stavolta posso anticiparvi che la trama andrà avanti. Qualcuno si ricorda dove va Alice dopo essersi congedata dal Cappellaio Matto?
Io vi dico solo che rivedremo vecchie conoscenze di questa storia, tra cui il mio caro Lapis, e faremo qualche nuova conoscenza.
Grazie ancora, a presto!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 20
*** Le rose e le spine ***


20 - Le rose e le spine
 
 
Lazuli si risvegliò quando i primi raggi del sole le illuminarono il viso. Non aveva messo la sveglia, una cosa assurda per una come lei abituata ad avere tutto sotto controllo. Ma cosa c'era di non assurdo in quello che stava vivendo? La sveglia era l'ultimo dei suoi pensieri, e doveva dire che le piaceva non poco quel suo nuovo modo di prendere la vita, anche se non sapeva quanto sarebbe in realtà durato. Si rigirò nel letto per cercare il torace di Radish e abbracciarlo, ma si rese conto di essere sola.
Aveva sognato tutto?!
Spalancò gli occhi e si sollevò di scatto sul busto, prima di tirare un sospiro di sollievo. Era ancora completamente nuda tra le lenzuola sfatte e riconobbe intorno a sé la strana camera da letto del Cappellaio, comprese le due fotografie sui comodini. Di Radish, tuttavia, non c'era nessuna traccia.
"Ti sei svegliata, mia regina?"
Una voce calda e roca la fece voltare verso l'entrata della stanza, dove Radish la osservava ammiccante e stringeva tra le mani un vassoio con sopra una teiera fumante, due tazzine e dolcetti vari. Il suo corpo statuario era coperto solo da un grembiule da cucina che gli andava bene a malapena data la sua mole, per il resto non indossava altro.
Lazuli deglutì il nulla, indecisa se trovarlo più ridicolo o più eccitante conciato così. Aveva la sola certezza che fosse un maniaco pervertito, ma di quello si era resa conto già durante la nottata infuocata che avevano appena trascorso insieme.
"Hai perso la lingua stamattina? Eppure stanotte la usavi molto bene..." sollevò ritmicamente le sopracciglia Radish, fissandole il seno nudo.
"Fai proprio schifo, razza di scemo..." ringhiò Lazuli, coprendosi istintivamente col lenzuolo fino al collo e arrossendo.
"Se non vuoi fare colazione nuda, cosa ne dici di indossare questo?" propose il Cappellaio con aria furba, indicando col capo un indumento piegato sul lenzuolo accanto a lei.
Lazuli realizzò che si trattava di un grembiule da cucina verde con bordi rossi, vagamente natalizio. Sbuffò e fulminò con lo sguardo il Cappellaio, che le faceva gli occhi dolci e sembrava pendere dalle sue labbra.
"Ti ho già detto quanto fai schifo?" gli chiese, alzando gli occhi al cielo.
"Sì".
"E ti ho anche già detto che sei un maiale senza speranza?"
"Ovvio".
"E che sei un pervertito disgustoso?"
"Certo".
"Scordatelo, allora" lo provocò, mollando il grembiule sul letto e incrociando le braccia sotto il seno.
"Io ti ho già detto che ti amo più della mia vita?"
Lazuli sussultò a quelle parole di Radish, e si sentì arrossire ancora di più. Quante volte le aveva già detto di amarla nelle ultime ore? E quanto era forte la magia che provava dentro di sé ogni volta che glielo sentiva dire? Era bello sapere di essere amati da qualcuno. E non da una persona qualunque, ma dal ragazzo che lei stessa amava da anni.
Ma lei gli aveva detto che lo amava? Era in grado di esprimere i suoi sentimenti? Di dimostrare almeno a lui quello che provava? O era solo la Regina delle Nevi di cui parlavano tutti quelli che non sapevano capirla? O forse erano loro ad avere ragione, in fondo?
Aveva saputo baciarlo, andarci a letto. Ma non era stata in grado di dirgli quelle due semplici parole. Quel "ti amo", solo in apparenza così semplice.
"Sei adorabile quando arrossisci. I tuoi occhi di ghiaccio risaltano ancora di più" interruppe i suoi pensieri Radish, riportandola alla realtà.
Come al solito si stava perdendo in un bicchier d'acqua. E affogando in un mare di dubbi.
Tornò a guardarlo negli occhi, e si rese conto che era sempre più come un faro per lei, persa com'era nell'abisso in cui si cacciava da sola ogni volta e da cui spesso non sembrava saper riemergere e ritrovare la strada di casa. Il suo porto sicuro.
"Lo faccio solo perché nessuno mi aveva mai portato la colazione a letto" disse, fingendo indifferenza.
Si alzò con elegante sensualità, lasciandosi scivolare addosso il lenzuolo e restando nuda per alcuni istanti, prima di allacciarsi il grembiule da cucina dietro la schiena e sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Radish ebbe un sussulto nel vederla così e rischiò di far cadere il vassoi. Le mani gli tremavano.
"Se fai cadere la mia colazione puoi scordarti di rivedermi così..." accennò un sorriso malizioso Lazuli, prima di notare un rigonfiamento improvviso sotto il grembiule di Radish che continuava a crescergli all'altezza del bacino.
"Come fai a essere conciato così dopo due secondi?! Ho appena messo il grembiulino!" lo derise lei, scuotendo la testa.
"Non è colpa mia se mi mandi fuori di testa! Ti rendi conto di quanto sei eccitante, almeno?!" protestò il Cappellaio.
"Risposta esatta, Son. Mi sarei offesa se non ti avesse fatto questo effetto..." ammiccò lei, camminando suadente verso di lui.
"Direi che la colazione può aspettare un attimo... tanto il tè è ancora bollente" ribatté Radish, sorridendo sghembo e appoggiando il vassoio sul comodino.
Si fiondò su Lazuli strappandosi di dosso il grembiule. E fecero l'amore in maniera folle, feroce e disperata.
Era il loro modo per cercare di non pensare che quella poteva essere la loro ultima volta. Ma anche per darsi forza a vicenda in quello che sarebbe potuto essere l'ultimo giorno del mondo intero.
 
"Davvero non possiamo andarci insieme?"
Lazuli strinse più forte la mano di Radish e rallentò istintivamente il passo mentre si inoltravano nel bosco.
Non perché aveva paura, ma perché non voleva lasciarlo. Non adesso, che era riuscita a trovarlo. O meglio, a farsi trovare. A lasciarsi prendere.
Dopo aver fatto colazione, infatti, erano dovuti andare incontro al loro destino.
Era il giorno del Cell Game.
Il giorno in cui Lazuli avrebbe dovuto guardare di nuovo in faccia il suo demone più grande. Il suo incubo più oscuro.
E sconfiggerlo, come si aspettavano tutti in quel mondo assurdo.
Come poteva eliminarlo? Ne sarebbe stata capace?
"Io non servirei a nulla. La forza che ti serve è dentro di te, devi solo trovarla" rispose  il Cappellaio. "Guardare dentro sé stessi e capirci qualcosa è l'impresa più difficile che tutti noi dobbiamo affrontare".
"Tu ci sei riuscito? A guardare dentro te stesso, dico" ribatté Lazuli.
"Ah, c'è troppo casino dentro di me, è meglio non guardarci più di tanto!" scoppiò a ridere lui. "Nemmeno io ci capisco molto di me stesso, ma per me è ok non essere ok!"
Lazuli inarcò leggermente un sopracciglio e lo osservò con aria contrariata.
"Predichi bene e razzoli male, insomma" gli disse.
"Già... forse sono bravo a dare consigli agli altri, ma non sono poi così bravo a seguirli per me stesso".
"Io vedo senza nessuna difficoltà quello che c'è dentro di te" sorrise sorniona Lazuli. "C'è un gran pervertito, ecco cosa c'è!"
Radish rise di nuovo e la strinse a sé, facendola ridere a sua volta, senza smettere di camminare.
Lazuli si sentiva felice, non le sembrava che un intero mondo gravasse sulle sue spalle in quel momento. Pensava solo al fatto che era bello fare gli scemi insieme. Essere sulla stessa lunghezza d'onda. Poter essere sé stessa.
"Comunque non preoccuparti, se mi renderò conto che ti troverai in pericolo, in qualche modo farò in modo di essere al tuo fianco" tornò serio il Cappellaio. "Non permetterò a nessuno di torcerti un capello, te lo giuro".
"G-Grazie..." disse con un filo di voce Lazuli.
Era davvero bello sentirsi amata. Sentirsi protetta. Essere importante.
"Tu adesso dovrai ricominciare il tuo viaggio dal principio, ma sono sicuro che non sei più la stessa persona che è piombata qui ieri. Dentro di te qualcosa è cambiato".
Lazuli rimase colpita delle parole di Radish, me non poteva dargli torto. Si sentiva più leggera, più sicura e, in un certo senso, più forte rispetto al giorno precedente.
"Adesso nessuna porta potrà sbarrarti la strada. Devi sentirti libera di volare, e d'ora in poi dovrai farlo. Non voglio più guardarti e vederti come una tigre in gabbia".
"Ecco, forse non è il momento più adatto, ma... forse... forse voglio cambiare lavoro..." sussurrò Lazuli, all'improvviso, quasi mangiandosi le parole.
Era un peso che voleva togliersi, quello. Non ne aveva parlato con nessuno e probabilmente non aveva senso accennare la cosa a Radish in un momento così delicato, ma sentiva che doveva farlo.
"Vedi, Mr Satan mi ha fatto un'offerta e... ho un po' paura di cambiare vita, però... non so nemmeno se sono adatta, se sarei capace...".
"Io so già tutto, se fossi in te accetterei" sorrise Radish, rassicurante, smettendo di camminare e fissandola dritta negli occhi. "E saresti perfetta".
"Come fai a saperlo?!"
"Io non ho mai smesso di guardarti, Là. Perché ti amo più di me stesso" le accarezzò la guancia lui. "E certe cose le capisco, non serve che tu me le dica per forza. Stai andando ad ammazzare Cell anche per questo, giusto? Per mandare 'affanculo lui e il suo lavoro di merda, no?"
Lazuli sorrise a sua volta.
"Sì...".
"E allora devi fare quello che ti rende felice. Sei arrivata qui come una ragazza alla ricerca di sé stessa, ne uscirai come la Regina di Cuori che tutti aspettavano" spiegò il Cappellaio con occhi sognanti. "E io voglio esserci, quando diventerai una regina. Quando farai il culo a tutti. Quando sarai davvero felice".
Lazuli non capì del tutto il senso di quelle parole, soprattutto la parte sul diventare regina. Ma non era importante, dopotutto. In quel mondo assurdo ogni cosa andava al suo posto, in qualche modo, bastava guardare dentro sé stessi con sufficiente onestà e usare il cuore, proprio come faceva Radish.
"Io... ce la farò, allora".
"Io devo andare a cercare Bulma e Lunch per verificare che sia tutto a posto con le Sfere del Drago, poi devo anche fare un salto da Lapis per controllare che non faccia sciocchezze... quel testone non mi convince, non si sa mai se scherza o se è serio" disse Radish.
"Che sciocchezze pensi possa fare? Anche a me ieri sembrava strano..." sospirò Lazuli.
"Beh, lui è strano, e anche un po' matto, altrimenti non sarebbe qui. Ma non preoccuparti per lui, pensa solo a concentrarti per fare in modo di trovare la Finta Tartaruga" spiegò il Cappellaio. "È lui l'unico in grado di insegnarti il modo per sconfiggere Cell. Solo a quel punto diventerai una regina. Percepirai la sua presenza quando sarai di là".
"Eh?! La Finta Tartaruga? E in che senso di là?" domandò Lazuli, perplessa.
"Di là" sorrise Radish, indicando un grosso tronco di un albero sul quale magicamente comparve una porta. "La Finta Tartaruga? Beh, non è una vera tartaruga!"
"Ma va? Molto utile davvero..." sbuffò lei, aprendo la porta e venendo travolta da una luce abbagliante che la costrinse a ripararsi gli occhi con il braccio.
Si voltò verso Radish e cercò di guardarlo negli occhi, nonostante la luminosità che la ostacolava. Le sembrarono lucidi, gli occhi del Cappellaio. Nemmeno lui voleva lasciarla andare.
"Torna da me, Rad" disse, mentre un vento caldo che soffiava attraverso la porta le smuoveva i capelli.
"Io tornerò sempre da te. Là, non avere paura di quello che troverai di là" sorrise lui, accarezzandole la guancia e scendendo sul collo.
"Potrei picchiarti se farai ancora uno dei tuoi stupidi giochi di parole".
"Mi piace essere picchiato da te".
"Lo so, razza di scemo, sei un maiale masochista" scoppiò a ridere Lazuli.
Radish sapeva sempre farla ridere, anche quando si sentiva triste. Anche quando aveva paura e si sentiva persa.
Anche in quel momento. Quello in cui doveva andare avanti da sola.
Era abituata a stare da sola, a cavarsela da sola, ma in quel preciso istante le pesava molto l'idea di doversi separare da Radish. E questo pensiero la rabbuiò. La spinse ad abbassare la testa, malinconica.
E fu in quel momento che il Cappellaio la prese e la strinse a sé. Che la baciò e le tolse il fiato, non solo tutte le ansie che stava provando.
"Guardami negli occhi, Là" le disse, e lei obbedì, perdendosi in quelle iridi nere come la notte, che sembravano assorbire tutta la luce emessa della porta per rifletterla nei suoi occhi di ghiaccio e fargliela arrivare fino al cuore.
Già, le batteva forte il cuore. Si sentiva bene. Provava una piacevole sensazione di calore.
"Ti giuro che staremo insieme, che saremo io e te, anche nel casino più totale, perché la mia vita è un cazzo di casino, lo sai" proseguì. "Noi siamo l'inizio e la fine, le rose e le spine. E sarà sempre così, nel bene e nel male".
"Io... solo tu riesci a vedere la mia parte buona..." rispose Lazuli, che faticava a trovare le parole. "E io voglio darla solo a te, la mia parte buona".
"Io ti amo Là, e non hai idea di quanto mi ritenga fortunato ad averti qui tra le mie braccia... ad averti avuta nel mio letto..." ribatté ammiccando, e guadagnandosi un pestone sul piede da parte di Lazuli.
"Ti sforzi di fare il poeta, ma non sai nascondere la tua anima da porco. Te l'ho già detto" accennò un sorriso lei, prima di dargli un bacio a fior di labbra e voltarsi.
Staccarsi da lui le fece sentire freddo, ma non aveva più paura. Sapeva che lui, in qualche modo, sarebbe ricomparso al suo fianco se ne avesse avuto bisogno.
"Devo andare" disse, decisa, facendo un passo avanti all'interno della porta e voltandosi un'ultima volta.
"Sono fiero di te, Là" rispose Radish, mentre il suo volto diventava sempre meno definito a causa della luce abbagliante.
Lazuli si sentì come risucchiare in quella sorta di portale all'interno dell'albero, era come se una forza misteriosa la attirasse a sé. Una forza alla quale non poteva opporsi, una volta varcata la soglia.
Si sentì mancare la terra sotto i piedi e si rese conto che stava precipitando nel vuoto, proprio come quando si era lanciata all'inseguimento di Bulma all'inizio di quella folle avventura.
Non poteva più vedere Radish, ma la porta era ancora aperta, sebbene sempre più lontana da lei.
Fu in quel momento che si sentì pronta. Che trovò in sé la forza di fare quello che non era ancora riuscita a compiere.
Nonostante il vuoto che sentiva allo stomaco a causa della caduta, riempì i polmoni più che poté e mise le mani a coppa intorno alla bocca.
"Ti amooo! Rad, ti amo! Ti amooo!" sbraitò, con tutto il fiato che aveva in corpo, fino a che cominciò a bruciarle la gola.
In quel preciso istante la porta si chiuse e lei si ritrovò a precipitare da sola in un abisso di luce.
Radish era riuscito a sentirla?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, dove starà precipitando Lazuli? Radish l'avrà sentita?
Ben ritrovati e grazie mille per essere qui! Vi avevo promesso più azione e la presenza di vecchi e nuovi personaggi, diciamo che qui ne vengono nominati alcuni che rivedremo nel prossimo capitolo o che incontreremo per la prima volta, insieme ad altri mai apparsi nella storia. È stato ancora un capitolo a tinte Raduli, e spero vi sia piaciuto, questa potrebbe davvero essere la quiete prima della tempesta. E, per l'occasione, in chiusura di capitolo ho messo qua e là qualche citazione di Gionnyscandal.
 
Grazie come sempre a chi mi segue nonostante i miei ritardi e la mia fatica nello riuscire a star dietro ai capitoli e alla risposte delle vostre bellissime recensioni, grazie a chi mette la storia nelle liste, a chi legge in silenzio e a chi continua a sostenermi. Spero di essere sempre alla vostra altezza con questa long, ce la sto mettendo tutta. E grazie infine a Sweetlove, che ha disegnato un'incantevole Lazuli col grembiule da cucina, per la gioia di Rad (e mia, soprattutto).
 
Bene, dite che riusciranno a rivedersi presto Rad e Là? Cos'avrà in ballo Lapis? Vedremo Mr Satan in scena? E, soprattutto, chi è la Finta Tartaruga?
Per chi non lo sapesse, uno dei capitoli meno conosciuti di Alice in Wonderland è dedicato proprio alla Finta Tartaruga, quindi era doveroso accennare qualcosa anche in questa rivisitazione.
Detto questo, vi auguro buon Natale e buon anno, spero che potrete passare dei bei momenti, divertirvi, ed essere felici!
Ci vediamo tra due settimane!
 
Teo
 
 

Lagrembiule

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Capitolo 21
*** 21 Il giardino della Regina ***


21 - Il giardino della Regina
 
 
Lazuli atterrò su un ammasso di ramoscelli e foglie secche dopo una caduta che le era sembrata infinita e che le aveva stretto lo stomaco in una morsa. Non aveva più avuto fiato dopo aver urlato a Radish quello che provava per lui.
Sorrise e aprì le braccia, rimanendo sdraiata per alcuni istanti finché il suo respiro tornò regolare e il cuore riprese a batterle normalmente.
Forse non era andata esattamente come se l'era immaginata, ma per una come lei era già stato un passo enorme in avanti l'aver saputo tirare fuori i suoi sentimenti in quel modo. Ce l'aveva fatta.
E, a quanto le pareva evidente guardandosi intorno, il suo viaggio doveva davvero ricominciare dal principio, come aveva detto Radish.
Lazuli si rese conto infatti di essere in una stanza circolare, illuminata da una serie di lampadari che pendevano dal soffitto. Quella sala era un girotondo di porte, tutte chiuse. E, soprattutto, era la stessa dove aveva perso le tracce di Bulma quando l'aveva inseguita per la prima volta. La stessa dove era diventata minuscola e gigantesca. Dove aveva trovato Ginew. E che aveva distrutto, facendola allagare.
Sembrava passata una vita, eppure si era separata da Chichi per inseguire Bulma nei panni di una coniglietta solo il pomeriggio precedente. E qualcuno, nel frattempo, aveva ricostruito quella stanza identica a com'era prima.
Si sollevò sul busto e si alzò in piedi, scrollandosi dal suo vestitino azzurro e bianco le foglie che le avevano garantito un atterraggio morbido e sistemandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio, per poi guardarsi intorno con maggiore attenzione.
C'era qualcosa di diverso in quella stanza, ma cosa di preciso? Di certo non c'era più il tavolo di vetro. Nessuna chiave, nessuna bottiglia e nessun biscotto. Niente 'Eat me' e 'Drink me' stavolta. Abbassò lo sguardo e si portò istintivamente le mani al seno, constatando che era quello che aveva sempre avuto. Stessa taglia, nessun tatuaggio imbarazzante. Arrossì leggermente e sorrise, pensando a quello che le era capitato e a come Radish l'aveva fatta tornare quella di prima da quel punto di vista. Ma anche a come le aveva fatto notare di essere diventata una persona diversa da quella che aveva intrapreso quel folle viaggio il giorno precedente.
Era davvero cambiata anche lei, come quella stanza?
Si rese conto infatti che c'era ancora una tenda bianca che nascondeva una porta come la prima volta in cui era stata lì, ma qualcosa le sembrava diverso.
Si avvicinò correndo e afferrò un lembo della tenda, per poi tirarla con forza e sorridere soddisfatta: la porticina alta trenta centimetri aveva lasciato spazio a una porta di dimensioni canoniche, perfettamente adatta alla sua altezza.
Si ricordava che dietro a quella porticina aveva intravisto una sorta di ring di pietra in mezzo al deserto e aveva percepito non solo un orribile sentore di morte, ma anche la forte sensazione che dovesse essere proprio quella la meta finale del suo viaggio.
Era pronta davvero per arrivare alla fine? Per salvare quel mondo come si aspettavano tutti?
Avrebbe trovato la Finta Tartaruga di cui parlava Radish al di là di quella porta? E, soprattutto, sarebbe riuscita ad aprirla senza problemi? Non c'erano chiavi lì intorno.
Afferrò il pomello dorato senza indugiare oltre e lo fece ruotare.
Sentì la serratura scattare. E la porta aprirsi senza nessun problema.
Lazuli sorrise di nuovo, convinta.
Il cuore riprese a batterle forte.
Forse Radish aveva ragione. Forse era davvero cambiata.
Era diventata all'altezza, letteralmente, di poter aprire quella porta.
Era davvero pronta per varcare quella soglia.
 
Lazuli si ritrovò abbagliata per un istante dalla luce del sole e fu costretta a chiudere gli occhi, mentre alle sue spalle sentiva la porta richiudersi in un tonfo soffocato. Quando fu in grado di riaprirli, si rese conto di essere finita in un meraviglioso giardino, pieno di aiuole colme di fiori colorati e con una grande fontana in mezzo. Al di là del giardino si stagliava un maestoso ed elegante castello, simile a quelli che aveva sempre visto nelle favole fin da quando era bambina. Sopra al portone principale era scolpito nella pietra un'enorme stemma rappresentante un cuore trafitto da una rosa piena di spine. Era realizzato come se fosse una carta da gioco che emergeva dalla facciata del castello, e l'effetto era meraviglioso ai suoi occhi.
Si voltò istintivamente e capì di essere uscita direttamente dal tronco di un altro grosso albero, ma non c'era più traccia della porta. Sembrava essere svanita.
Come avrebbe fatto a tornare indietro? Ma, più che altro, doveva tornare indietro? Aveva senso tornare sui suoi passi? Era arrivata fin lì e non poteva che andare avanti. Tutti credevano in lei. Radish, credeva in lei.
Osservò a destra e poi a sinistra, in cerca della zona desertica nella quale si stagliava il ring che aveva visto il giorno precedente, ma non sembrava esserci più nessuna traccia di quel luogo così inospitale. Come poteva esserci qualcosa del genere in un giardino così bello, rigoglioso e curato? Eppure dentro di sé sapeva che era quella la meta finale del suo viaggio. Il luogo in cui ogni cosa avrebbe trovato un senso.
Dove era finito quel ring?
 
"Attento, Cinque! Non mi schizzare la vernice addosso!"
Una voce maschile attirò l'attenzione di Lazuli, che si rese conto di non essere sola. Alla sua destra, infatti, a una ventina di metri da lei, si trovava un grande roseto, posto proprio accanto all'ingresso del giardino. Le rose che vi crescevano erano bianche, ma lì attorno c'erano tre giardinieri indaffarati a dipingerle di rosso. Erano grandi e grossi, anche più di Radish, e a renderli ancora più pittoreschi era il fatto che indossassero degli strani costumi che rappresentavano delle diverse carte da gioco.
Alla ragazza quei volti sembravano familiari, ma non poteva esserne certa, conciati com'erano, e così si avvicinò incuriosita.
"Non è colpa mia! Il Sette mi ha urtato il gomito!" provò a giustificarsi l'uomo che indossava il costume del Cinque di Cuori, con ancora in mano un pennello che colava vernice rossa sull'erba.
A Lazuli venne un colpo quando capì di chi si trattava. Profonda cicatrice sulla guancia sinistra, capelli identici a quelli di Goku e sguardo uguale a quello di Radish: era Bardack, il padre dei fratelli Son, una persona che lei stessa conosceva molto bene da anni. Cosa ci faceva lì anche lui?! E, soprattutto, che diavolo stava combinando?!
"E bravo Bardack! Diamo sempre la colpa agli altri, eh?!" ribatté con fare canzonatorio la prima persona che Lazuli aveva sentito parlare.
Si trattava di un uomo imponente, calvo e col ghigno incorniciato in un pizzetto nero. Indossava un costume che rappresentava la carta del Due di Cuori, e anche lui aveva un volto familiare.
"Tu faresti meglio a tacere, Nappa! Ce l'avevo con lui, ficcanaso di un Due!" ringhiò Bardack, piccato, indicando col pennello colui che rappresentava il Sette di Cuori.
Era un ragazzo gigantesco, più giovane degli altri due, una vera montagna di muscoli sotto una cascata di capelli neri tutti arruffati. Si limitò a fare spallucce e a continuare silenziosamente a dipingere una rosa.
"Ah! Sempre un chiacchierone tu, vero Broly?" sospirò Bardack, facendo scoppiare a ridere Nappa.
Lazuli conosceva di vista anche lui, si trattava di un pugile rivale di Goku e Vegeta, uno dei più forti in assoluto. Aveva un buon rapporto con loro e a volte si faceva vedere al locale dove lavorava Radish in compagnia della sua ragazza, Cheelai. Lui non apriva mai bocca, lei invece parlava fin troppo per i gusti di Lazuli. Ma, tutto sommato, le sembrava una persona genuina e non le creava problemi a parte un po' di mal di testa, quindi la tollerava. L'altro invece era Nappa, uno dei veterani della palestra e sparring partner di fiducia di Vegeta. O meglio, il suo sacco da boxe umano personale.
"E anche tu faresti bene a prendere esempio da Broly: parlare meno a vanvera e lavorare di più!" continuò Bardack, guardando di sbieco Nappa.
"E perché dovrei?!" sbuffò il pelato, riprendendo svogliatamente a dipingere una rosa.
"Perché poco fa abbiamo sentito Cell dire che ti taglierà la testa se continui così" intervenne per la prima volta Broly, con tono piatto e sguardo vacuo, senza guardarlo.
"Quel bastardo... scommetto che lo diceva al vecchio, vero?!" ribatté Nappa, stringendo i pugni così forte che il pennello gli si spezzò in mano.
"Lo ammazzerei io stesso quel Gero! Non lo sopporto!" tuonò Bardack, gettando a terra con rabbia il suo pennello. "E, se solo fossi più forte, avrei già vendicato Re Vegeta e la Regina di Cuori! Maledetto Cell!"
Si voltò, carico di frustrazione, e fece per dare una pedata al secchio colmo di vernice rossa appoggiato sull'erba alla sue spalle, quando notò la presenza di Lazuli e si bloccò di colpo. Le sorrise, e poi diede una gomitata prima a Broly e poi a Nappa.
"Ragazzi, in posizione! È arrivata finalmente!" esclamò, e subito gli altri due mollarono tutto e si misero allineati accanto a lui, ritti sulla schiena e con le braccia lungo i fianchi.
"Ben arrivata, Lazuli!" disse Bardack, e i tre fecero un profondo inchino.
"Ehm... tutto bene?" chiese lei, un po' titubante.
Non capiva perché facessero così.
"Ti sembra che vada tutto bene?!" grugnì Nappa.
"Non essere scortese con lei, razza di buzzurro!" lo redarguì Bardack.
Strappò il pennello dalla mano di Broly e lo usò come un manganello per colpire Nappa sulla nuca, lasciandogli come ricordo anche una bella strisciata di vernice rossa sulla pelata.
"Ahia, cazzo! E mi hai anche sporcato!" si lamentò l'energumeno.
"Tanto non potresti diventare più brutto! Al massimo ti ho fatto un favore!" scoppiò a ridere Bardack.
Anche Lazuli sorrise. Persino Broly.
"E comunque te la sei cercata! Non si manca di rispetto a Lazuli!"
"G-grazie..." rispose lei, un po' imbarazzata per la gentilezza di Bardack.
"Tu diventerai la Regina di Cuori. Ce l'ha detto Radish" disse Broly.
"Sì, ma Lazuli merita rispetto in generale, non solo perché diventerà la nostra Regina tra poco!" precisò Bardack. "Io non sopporto di veder soffrire Rad quando lei è triste. Se Lazuli sta male, anche Rad soffre da morire".
Lazuli arrossì a quelle parole e distolse lo sguardo da quello di Bardack. Era felice di sapere che anche lui avesse notato quanto Radish tenesse a lei, ma era anche imbarazzata per la piega che stava prendendo il discorso.
"Immagino che tu l'abbia visto, no? Radish, dico..." proseguì Bardack, rompendo quel silenzio che si era creato.
"Sì... sì, ero con lui fino a poco fa" confermò lei.
"Quello zuccone è stato capace finalmente di dirti quanto ti ama?!" chiese a bruciapelo, sorridendo sghembo.
Lazuli avvampò di nuovo a quelle parole e sgranò gli occhi. Si sentiva paonazza.
"E-Ecco... sì, beh... cioè..." farfugliò, visibilmente a disagio.
"È un po' scemo lui, non farci caso se ci ha messo così tanto... secondo me tutti quei capelli in testa non gli fanno arrivare aria al cervello!" rise Bardack. "Cioè, in realtà Nappa non ha nemmeno un capello, eppure è ancora più idiota di mio figlio!"
"Ehi, come ti permetti! Razza di..." digrignò i denti il pelato, facendo per dare un pugno al suo compagno giardiniere.
"Oh, stanno arrivando!" li zittì Broly, raccogliendo da terra dei nuovi pennelli e passandoglieli. "Non li vedo ancora, ma tutte le altre carte si sono messe a lavorare".
Lazuli guardò al di là del roseto, e notò che, effettivamente, in lontananza ce ne erano molti altri uguali. E, davanti a tutti questi roseti, si vedevano gruppi di giardinieri vestiti da carte da gioco intenti a dipingere i fiori proprio come stavano facendo Bardack e gli altri.
"Ecco, ci mancava solo quella merda ambulante di Cell e quel vecchio rincoglionito che gli fa da paggetto..." sbuffò Bardack, contrariato, riprendendo a lavorare.
"Cell è qui?" chiese Lazuli.
"Ha preso possesso del castello quando... quando ha ucciso la nostra Regina e il Re..." rispose il padre di Radish, stringendo i pugni.
"E con lui c'è sempre Gero..." aggiunse Broly.
"L'avete già visto Cell nella sua nuova forma? Fa ancora più schifo di prima, se possibile" buttò lì Nappa.
"Nuova forma?" indagò Lazuli.
Bardack si voltò a la fissò negli occhi, serio come non mai.
"Sì, lui ha raggiunto una nuova forma. E tu giurami che non farai follie se lo vedrai".
"E perché dovrei?!" ribatté Lazuli, perplessa.
"Perché... perché sono successe delle cose brutte ultimamente, e altre potrebbero accaderne purtroppo. Questa è una guerra, e una guerra, beh, porta con sé... del dolore... è inevitabile" continuò Bardack. "Ma non sei ancora pronta per affrontarlo, non adesso. Non sei ancora la Regina di Cuori. Non sprecare tutto... giuramelo!"
Lazuli guardò l'orizzonte e ripensò alle cose che le erano state dette dalle persone che aveva incontrato in quel suo folle viaggio. Ripensò alla malinconia di C17, il doppione di suo fratello, alle stranezze dello stesso Lapis, alle lacrime di rabbia di Lunch e alla tristezza mista a consapevolezza di Sedici. Lo stesso Radish non aveva saputo rassicurarla più di tanto. Lui non sapeva mentire. E nemmeno lei ne era capace.
"Non posso giurartelo, mi spiace" rispose, e Bardack accennò un sorriso scuotendo la testa.
"Sei proprio come Rad. Voi non siete capaci di mentire..." disse, riprendendo a dipingere. "Giurami allora che salverai questo mondo. Mia moglie, i miei figli, te stessa. Se Rad dice che sei tu la chiave di tutto, io ci credo".
Lazuli si sentì piena di orgoglio nel sentire quelle parole.
"Questo posso giurartelo" rispose, sorridendo a sua volta. "Ma, a proposito, sapete dove posso trovare la Finta Tartaruga?"
"Se lo sapessimo, forse non avremmo avuto bisogno di te per sconfiggere quella disgustosa cicala troppo cresciuta..." sospirò Bardack. "Se sarai sufficientemente onesta con te stessa e camminerai abbastanza a lungo, sono certo che lo troverai".
Lazuli lo guardò e scosse la testa, accennando un sorriso. Goku le aveva detto le stesse cose, più o meno, quando l'aveva incontrato per la prima volta il giorno prima e gli aveva chiesto di portarla dove si trovasse Radish. Erano davvero simili, padre e figlio minore. Goku aveva solo la faccia più da idiota e si era risparmiato la cicatrice, per il resto sembravano ancora più uguali se dicevano le stesse cose.
"Solo la Regina di Cuori può trovarlo. Si è nascosto da qualche parte per non farsi trovare da Cell, ma so che tu sei in grado di capire dove sia. Dentro di te la strada da percorrere la conosci già, solo che adesso non ne sei ancora consapevole" aggiunse.
Lazuli guardò istintivamente in direzione di un fitto bosco che si apriva al di là dell'ingresso principale del giardino. Era lì che doveva dirigersi?
"Credo... credo di sapere dove devo andare" disse, per poi tornare a osservare le tre carte da gioco intente a lavorare. "Ma, per pura curiosità, mi potete dire perché state dipingendo tutte queste rose?"
"Ah, semplice: perché Cell è un cagacazzo. E Gero è anche peggio, quel viscido verme" tuonò Bardack.
A Lazuli venne da ridere. Quando aveva queste uscite le ricordava tanto il suo Radish.
"Alla Regina di Cuori piacevano le rose bianche, e infatti continuano a spuntarne sempre di nuove perché questo è il suo giardino" spiegò Nappa. "E a Cell rode il culo per questo, infatti ci costringe a fare questo lavoro assurdo".
"Se non lo facciamo ci uccide. Ci taglia la testa. L'ha già fatto con molti dei nostri..." si intromise Broly, malinconicamente. "Anche mio padre è morto a causa sua, io ho provato a vendicarlo ma sono stato sconfitto. Gli ubbidisco solo perché non voglio che faccia del male a Cheelai".
"Io... mi dispiace. Radish dice che faremo tornare in vita tutti quanti con le Sfere del Drago" rispose Lazuli. "Non so cosa siano, ma ne parlano tutti" aggiunse, ripensando anche che C17 doveva essersi infiltrato proprio in quel luogo per recuperare la Sfera che aveva portato a Lapis il giorno prima. "Il sosia di mio fratello dovrebbe essere qui da qualche parte proprio per questo, da quello che ho capito ieri. Anzi, è mio fratello anche lui, a quanto pare".
"Ecco... lui..." provò a piegare Bardack, abbassando la testa.
"Satan! Satan! Satan!"
Un coro di voci lo interruppe. Lazuli si voltò stizzita in direzione del castello, davanti al quale si era radunato un nutrito gruppo di persone vestite da carte da gioco.
"Quegli idioti! Non si sono accorti che sta arrivando Cell?!" ringhiò Bardack. "Non voglio raccogliere i loro cadaveri!"
"Satan! Satan! Satan!"
I cori proseguivano, e Lazuli si rese conto che quelle persone stavano guardando qualcosa, o meglio qualcuno, in un enorme fungo dalla cappella rovesciata e inclinata che funzionava come un maxischermo. E, su quello schermo, scorrevano le immagini di un uomo a lei ben noto che urlava borioso e incitava la folla facendo il segno della vittoria con le dita. Indossava una tuta marrone e bianca e sollevava verso il cielo la cintura nera e dorata tipica dei campioni di wrestling. Capelli neri e ricci, baffetti sottili, occhi azzurri ed espressione gioviale.
Quell'uomo Lazuli lo conosceva davvero bene: si trattava di Mr Satan.
"Quel babbeo si presenterà al Cell Game perché è convinto di poter sconfiggere Cell, e un sacco di idioti si sono aggrappati a questa illusione!" sbottò Bardack. "Oh, cazzo, sta arrivando!" aggiunse, sgranando gli occhi e guardando in lontananza, dove un drappello di carte da gioco precedeva e seguiva due personaggi che camminavano al centro e si guardavano intorno con fare altezzoso.
"Spegnete e mettetevi a lavorare, razza di rincoglioniti!" ringhiò Bardack, e subito il fungo televisore venne spento e le carte da gioco si dispersero alla rinfusa nel giardino prese dal panico, mentre il corteo di Cell e Gero continuava a procedere verso di loro.
Lazuli osservava la scena stranita. Il giorno precedente aveva incontrato Bee, il cane di Mr Satan, in effetti, ma non pensava che anche lui volesse combattere. E, soprattutto, che molte persone confidassero così tanto in lui.
Scosse la testa e fece per tornare a guardare in direzione di Cell, quando le parve di scorgere un'ombra alle sue spalle.
Qualcuno la stava osservando.
Si voltò di scatto, e vide scomparire una persona nel bosco.
Veloce come il vento, silenzioso come una pantera.
Aveva scorto due occhi di ghiaccio per un istante.
Due occhi così simili ai suoi. Troppo simili. Stesso taglio, stessa luce. Ma più irriverenti. Occhi degni di uno sbruffone.
Il suo cuore perse un battito e le si seccò la gola. Aveva un bruttissimo presentimento.
Quella persona non avrebbe dovuto trovarsi lì, ne era certa.
Provò a parlare, ma dalla sua bocca uscì poco più di un soffio.
"Lapis...".
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati e grazie mille per essere qui, prima di tutto buon anno! State passando bene le feste? Vi ringrazio per continuare ad avere fiducia in questa storia, siete fantastici! E spero che vi sia piaciuto questo capitolo, anche se ammetto che mi ha lasciato un certo vuoto dover fare a meno dopo tanto tempo della presenza di Rad in scena. Vi è mancato?
Ho cercato di ricreare l'arrivo di Alice nel giardino della Regina di Cuori, nel prossimo capitolo ovviamente ci saranno dei grossi cambiamenti rispetto alla storia originale, perché qui stanno arrivando Cell e Gero, non certo la Regina e il Re. E, in più, sembra esserci Lapis nei paraggi... cosa avrà in mente? E C17, il suo doppione, che fine avrà fatto? O magari era C17 quello che ha intravisto Lazuli? O era solo il frutto della sua immaginazione quella persona svanita nel bosco?
Sarò curioso di sentire le vostre teorie a riguardo, e di sapere anche se vi sono piaciuti Bardack, Nappa e Broly nei panni delle carte da gioco!
 
Un grazie va come sempre a chi mi sostiene, a chi mi lascia una recensione e a chi legge in silenzio... grazie, siete la mia forza!
 
Vi auguro buona Epifania per domani, spero che nella calza troverete tanta felicità e forza per affrontare questo nuovo anno! Io nel frattempo vi do appuntamento tra due settimane, e posso anticiparvi che sarà un capitolo molto intenso, nel bene e nel male. Pieno di rose, ma colmo anche di spine.
A presto!
 
Teo
 
 

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Capitolo 22
*** La mossa di Lapis ***


22 - La mossa di Lapis
 
 
Lazuli stava ancora guardando in direzione del bosco per capire se davvero ci fosse lì nascosto suo fratello, quando si rese conto che il corteo che aveva visto avvicinarsi in lontananza era arrivato nei pressi del roseto dove si trovava lei.
E sapeva benissimo chi avrebbe dovuto fronteggiare. Le veniva la nausea al solo pensiero.
"A quanto pare la portata principale è già qui. Quale onore".
Lazuli provò un brivido di rabbia nel sentire quella voce lasciva e arrogante che, purtroppo, conosceva molto bene.
Si voltò di scatto, e vide il plotone di carte da gioco aprirsi su una doppia fila e creare un corridoio all'interno quale avanzava una figura imponente e grottesca.
Nauseabonda nell'aspetto e nelle occhiate fameliche che non la smetteva di lanciarle, mentre la fissava con insistenza dai suoi sottili occhi azzurri e si passava la lingua su delle inquinanti labbra violacee.
Cell aveva cambiato forma rispetto a quando l'aveva incontrato il giorno prima, ma Lazuli non ebbe alcun dubbio nel riconoscerlo. Ricordava sempre un'enorme e mostruosa cicala, ma il volto era ora più simile a quello umano. Nonostante l'assenza di un vero e proprio naso, le orecchie erano visibili e la bocca decisamente più somigliante a quella di uomo rispetto a prima. Era diventato più massiccio e muscoloso, senza ali e con una coda più robusta e arancione. Sopra alla testa permanevano due sezioni sporgenti, ma erano più ampie e dritte verso l'alto. Il suo corpo alternava ancora parti screziate verde smeraldo e verde oliva, con la parte addominale color arancione come la coda dotata di un gigantesco pungiglione che non la smetteva di sibilare lentamente verso l'alto.
"Sei andato da un chirurgo plastico, Cell?" rispose acida Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno e cercando di dimostrarsi per nulla intimorita.
"Vedo che il senso dell'umorismo non ti manca" ribatté lui, senza smettere di sorridere in maniera sinistra. "Povera sciocca, non capisci nemmeno come ho fatto a diventare l'Essere Semiperfetto? L'ho sempre detto che sei tanto bella quanto poco intelligente".
"Non ti permettere..." digrignò i denti Lazuli, stringendo i pugni.
Qualcosa non le tornava, e questo contribuiva ad irritarla anche più delle provocazioni di Cell.
"Sei sempre stata inadeguata. Sempre. Ma oggi, finalmente, farai qualcosa di buono. Darai un senso alla tua vita insulsa" scoppiò a ridere.
Lazuli sbuffò e fece un passo avanti, decisa a prenderlo a schiaffi. Una volta non l'avrebbe fatto, si sarebbe limitata a ingoiare il rospo, ma ormai aveva deciso di cambiare, e lei stessa si sentiva cambiata.
Si sentì stringere con forza un polso, e, stizzita, si voltò per vedere chi avesse osato tanto.
Bardack la stava trattenendo.
"Lascialo perdere, non è ancora il momento" disse sottovoce. "Non sei pronta. Non vanificare tutto".
"Devi diventare la nostra Regina di Cuori, prima" aggiunse Nappa.
"E poi potrai vendicare mio padre" concluse Broly.
"Nessuno ha chiesto il vostro parere, luridi schiavi!" sbottò Cell, fissando Bardack, il quale, tuttavia, non abbassò mai il suo sguardo carico di disprezzo.
"Hai bisogno di farti difendere dal paparino di quell'inetto che consideri così importante? Sappi che sarai in prima fila a goderti lo spettacolo di quando ucciderò quel demente di un Cappellaio!" rise ancora Cell.
"Già! Sarai parte dell'Essere Piuccheperfetto, avrai addirittura la sensazione di aver contribuito tu stessa alla morte di quell'inutile pazzo!"
Una voce gracchiante e stridula fece letteralmente accapponare la pelle a Lazuli. Conosceva bene anche quella voce, e la odiava profondamente.
Il vecchio Gero avanzava tra le due ali di carte da gioco ridendo sguaiatamente.
"E tu cos'hai da guardare?!" sbottò, dando uno spintone a un soldato. "Cosa fate ancora qui?! Andatevene e tornate al lavoro! Non vedete quante rose bianche sono spuntate oggi! Dipingetele di rosso, o vi faccio saltare via la testa!"
Subito le carte da gioco si dispersero, e nei vari roseti riprese l'assurdo lavoro di colorazione delle rose bianche con la vernice rossa.
"Non abbiamo bisogno di nessuno per dominare il mondo!" riprese Gero, continuando ad avvicinarsi senza smettere di fissare Lazuli con uno sguardo talmente viscido da darle il voltastomaco.
"Voi non dominerete niente" ribatté Lazuli, strappando un ghigno colmo di fierezza a Bardack.
Cell, con un movimento repentino, sollevò la mano e fece partire un agglomerato di energia che esplose ai piedi del padre di Radish, creando un solco fumante nell'erba.
"Non ti ho ucciso subito perché voglio lasciarti godere la fine dei tuoi figli, oltre al destino che riserverò a questa stupida ragazza che ti sta tanto a cuore" soffiò il mostro umanoide, con fare di scherno.
"E rimettetevi al lavoro! Tu e i tuoi uomini, altrimenti faccio tagliare la testa a tutti e due!" starnazzò Gero. "Andate nel roseto sul lato nord del giardino, prima ho visto così tante rose bianche che avrei voluto morire!"
"Tanto creperai presto, bastardo" disse sottovoce Bardack, sfidandolo con lo sguardo.
"Hai detto qualcosa, razza di nullità? Ci tieni così tanto a vedere in un sacco le teste di quei due rifiuti umani che ti porti dietro?"
"Ehi, come ti..." sbottò Lazuli, venendo zittita da un tocco sul braccio da parte di Bardack e da un'occhiata più che eloquente.
"Stavo dicendo che andiamo. Che torniamo al lavoro" sospirò, prima di volgere lo sguardo verso Cell. "Ma voglio la tua parola che non farai del male a Lazuli. Non è ancora il momento del Cell Game, non è qui per combattere. È venuta solo a vedere il giardino delì castello del Re e della Regina di Cuori perché era curiosa".
"Ah... e così pensi di avere la facoltà di potermi dettare delle condizioni?" ridacchiò Cell.
"Lei non ti ha attaccato. Hai promesso di aspettare fino al Cell Game, e la tua promessa l'hai già infranta una volta".
"Ho infranto la promessa perché quell'inutile ranger si è creduto più furbo di me. Pensava non mi fossi accorto di quello che mi stava rubando, ma non sapeva che gliel'ho fatto fare solo per illudervi ancora di più! Per darvi un'altra stupida speranza a cui aggrapparvi!" rise ancora il mostro.
"Tanto quel ragazzino sfrontato era destinato a fare quella fine! E tu e quell'altro fallito che tanto ti somiglia lo seguirete presto! Siete destinati a questo, non potete evitarlo!" scoppiò a ridere anche Gero, fissando Lazuli.
La ragazza stava cercando di mettere insieme i pezzi delle informazioni che aveva appreso. Un ranger, qualcosa rubato a Cell, una vittima. Lei e un'altra persona nel mirino di Cell, come se fossero destinati a lui.
A parte l'odio profondo che provava per Gero e il bisogno fisiologico di prenderlo a schiaffi per come le aveva mancato di rispetto per l'ennesima volta, Lazuli provò un profondo senso di inquietudine.
C17 era un ranger. C17 aveva sottratto una Sfera del Drago a Cell e l'aveva portata a Lapis.
"Tu! Cos'hai fatto a C17?! Hai fatto del male a mio fratello?!" ringhiò.
Si rese conto che era la prima volta che considerava suo fratello quella che il giorno precedente le era sembrata una semplice copia di Lapis. Non sapeva perché, ma in quel mondo assurdo aveva due fratelli identici tra loro. E se ne rendeva conto in quel momento, quando sentiva che ne aveva perso uno.
"Allora è vero che sei curiosa!" la schernì Cell.
"Più che curiosa! Curiosissima!" la prese in giro anche Gero. "Non eri mica qui per ficcare il tuo bel nasino nel giardino del castello? Ci tieni tanto a fare la detective? Guarda che il tuo destino non cambierà, stupida!"
Lazuli sbuffò e fece un altro passo in avanti, decisa ad affrontare il vecchio, ma fu ancora Bardack a impedirglielo. Le strattonò di nuovo il polso e la tirò a sé.
"Lei verrà con noi. Era curiosa di vederci lavorare anche nell'altro roseto" sibilò, trascinando con sé la ragazza dietro una siepe e camminando spedito, seguito da Nappa e Broly.
"Ehi, dove mi stai portando?!" protestò Lazuli, mentre sentiva alle sue spalle Cell e Gero che la deridevano.
Bardack si fermò dopo un centinaio di passi abbondanti, si voltò e la fissò con occhi severi.
Cell e Gero erano abbastanza lontani perché non li potessero sentire, in più erano anche coperti da altri roseti dove gruppi di soldati vestiti da carte da gioco continuavano a lavorare alacremente per dipingere le rose.
"Ci tieni così tanto a farti ammazzare?!" sbottò Bardack. "Lo capisci che ti stanno solo provocando?! Ti rendi conto di quello che vuole farti Cell?!"
"Ci terrei solo a capire che fine ha fatto mio fratello! C'entra qualcosa il fatto che Cell ha cambiato aspetto?!" ribatté Lazuli.
Bardack abbassò la testa, incapace di sostenere quegli occhi di ghiaccio così carichi di dolore e frustrazione.
"Dovete dirmelo!"
Nappa scuoteva il capo, Broly guardava verso il cielo nervosamente.
"Cell ha assorbito C17, l'ha inglobato... ha... ha usato la coda e poi..." sussurrò Bardack.
"E poi?! Cosa?!" sgranò gli occhi Lazuli, che sentì le forze venirle meno.
"E poi il suo corpo è mutato, è diventato molto più forte..." riprese il padre di Radish. "Tuo fratello ha provato a lottare, ma è stato tutto inutile. Oggi ci siamo occupati noi dei suoi animali, lui li ha accuditi fino all'ultimo...".
La voce gli morì in gola, sembrava che gli stesse per venire da piangere.
Lazuli cadde in ginocchio sull'erba e batté un pugno sul prato, cercando di ricacciare a sua volta indietro le lacrime.
Era tutto tremendamente assurdo. Assurdo e, soprattutto, ingiusto.
Bardack si accucciò davanti a lei e cercò di rassicurarla con uno sguardo paterno.
"Cell vuole fare lo stesso con te e Lapis per raggiungere la sua forma completa, quella che lo renderà imbattibile" le spiegò. "È per questo che non lo devi attaccare adesso, dovrai farlo quando sarai diventata la Regina di Cuori. Vattene da qui, trova la Finta Tartaruga e ottieni la tua vendetta".
La aiutò a rialzarsi, e quel contatto con la mano di Bardack diede a Lazuli la sensazione di aver ritrovato almeno in parte la sua forza d'animo.
Doveva sforzarsi di non pensare a quello che era successo e di restare concentrata sulla sua missione. Bardack aveva ragione e, in fondo, erano le stesse cose che le aveva detto Radish.
"Stai meglio?" le chiese.
Lazuli annuì con la testa, voltandosi con fierezza verso il bosco.
Non stava per niente bene, ma doveva diventare abbastanza forte per poter combattere. Per poter vincere.
Era difficile accettare che quella guerra insensata avesse mietuto un'altra vittima, ma doveva avere fiducia in Radish e credere che ci sarebbe stato davvero un modo per sistemare tutto grazie al potere delle Sfere del Drago.
"Quanto manca al Cell Game?" domandò, provando a tornare a mostrarsi fredda e distaccata.
"Cinque ore".
"Me le farò bastare" accennò un sorriso, guardando Bardack e i suoi compagni. "Devo andare, grazie per avermi aiutata" aggiunse, prima di cominciare a camminare verso il bosco e sparire dalla loro vista dietro l'ennesimo roseto del giardino reale.
 
"Sembri di fretta, o sbaglio? Sei così curiosa di continuare la tua visita nel giardino? O stai forse cercando qualcosa? O magari qualcuno?"
La voce di Cell raggiunse Lazuli proprio quando era arrivata al limitare del giardino e stava per inoltrarsi nel bosco, dove sentiva che avrebbe potuto trovare la Finta Tartaruga, sebbene non avesse una chiara idea di chi fosse e di dove cercarla esattamente.
"Ma va, è solo una stupida donna! Si sarà persa!" ridacchiò Gero, mentre il suo volto si increspava in un ghigno rugoso e sinistro che lo faceva apparire ancora più ripugnante agli occhi di Lazuli.
"Non dovrebbe interessarvi quello che sto facendo. Credo che ti basterà sapere che mi presenterò anch'io al tuo ridicolo torneo" ribatté Lazuli, ignorando Gero e rivolgendosi direttamente a Cell.
Il mostro accennò un sorriso sinistro. I suoi occhi azzurri brillarono.
"Tanto è questo che ti interessa, giusto? Quindi piantiamola con queste frecciate, non siamo all'asilo" aggiunse, distaccata, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Le parve di sentire un leggere fruscio alle sue spalle proveniente dal bosco, ma non ci fece troppo caso.
"Certo, mi interessa farti mia per diventare l'Essere Piuccheperfetto. È questa la tua unica ragione di vita, inutile ragazzina" sibilò il mostro umanoide, facendo provare un brivido di ribrezzo alla sua interlocutrice. "Temevo che stessi cercando di scappare al tuo destino, ma vedo che hai capito anche tu che è inevitabile!"
"Sì, è inevitabile, razza di stupida arrogante!" berciò Gero, profondamente irritato per essere stato ignorato da Lazuli.
Mosse un paio di passi verso di lei. Il labbro superiore gli tremava per la rabbia, mentre la indicava.
Lazuli sentì lo stomaco chiudersi in una morsa. Era disgustata da quel vecchio e dai suoi modi di fare.
"E sai cos'è il bello?! Che tu ti atteggi a gran donna, pensi di essere intelligente e anche furba, ti illudi che la tua vita insulsa abbia un senso!" rincarò la dose l'assistente di Cell. "Ma tutti ti guardano di traverso e ridono di te! Ti considerano strana, insensibile! Ti odiano! Ah, ah, ah!"
Lazuli si sentì ferita da quelle parole, ma non troppo. Forse le avrebbero fatto più male prima di intraprendere quel viaggio. Quel viaggio in un mondo ignoto e privo di logica, ma soprattutto dentro sé stessa. Non era ancora arrivata alla fine di quel viaggio, ma si sentiva più forte. Più consapevole.
"Non mi interessa essere amata da tutti" rispose.
Il suo viso appariva sereno, i suoi occhi di ghiaccio riflettevano la luce del sole e non davano nessun segno che quelle parole l'avessero scalfita.
"A me basta che sia una sola persona ad amarmi. Se questa persona mi riterrà necessaria, io potrò continuare a vivere felice".
Gero sembrò sorpreso da quelle parole. Rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse cercando qualcosa di sensato con cui ribattere per provare di nuovo a farle del male.
"Anche se il resto del mondo dovesse odiarti? Perché io so benissimo che tutti ti odiano!" sghignazzò con fare provocatorio.
"Se il resto del mondo dovesse odiarmi, dici? Sarebbe ancora meglio" fece spallucce Lazuli, mente accennava un sorriso sghembo e incrociava le braccia sotto il seno. "Tu non puoi capirlo, non ne sei in grado. Provo quasi pena per te".
Gero divenne paonazzo per la rabbia, una vena sulla fronte cominciò visibilmente a pulsargli.
"Sei solo una saccente, ridicola e infima donna!" sbraitò, avvicinandosi ancora a lei, così tanto che Lazuli poteva sentire il suo alito fetido. "Nessuno ti ha mai amato e nessuno piangerà la tua morte! Sei una fallita! Sei solo una lurida e schifosa...".
Un fruscio, uno spostamento d'aria, un'ombra che all'improvviso oscurò il sole e la figura di Gero agli occhi di Lazuli per un istante.
La frase del dottore tagliata a metà, un innaturale silenzio rotto solo da un tonfo sull'erba, come se fosse appena caduto qualcosa sul prato.
Lazuli sgranò gli occhi e trattenne il fiato. Davanti a sé c'era il corpo di Gero, privo di testa. Dal collo rugoso spuntavano dei tubicini e dei circuiti elettrici che emettevano scintille e un fastidioso ronzio di fondo.
"Stavi parlando troppo, vecchio. Mi davi fastidio alle orecchie e anche alla vista".
Lapis, in piedi con le mani sui fianchi e un sorrisino soddisfatto stampato sulla sua solita facciata da schiaffi, fece sgranare ancora di più gli occhi a Lazuli. A un paio di metri dai suoi piedi si trovava la testa mozzata del dottore. Dal suo collo spuntavano circuiti elettrici che frizzavano e producevano altre scintille.
Era davvero lui quello che le era parso di vedere poco prima nel bosco. Quegli occhi di ghiaccio appartenevano a Lapis. Non aveva mai avuto dubbi a riguardo, ma sperava in cuor suo che l'immaginazione le avesse giocato un brutto scherzo.
E invece no. Era tutto vero.
Era proprio Lapis, infatti, quella figura che, rapida, silenziosa e letale come una pantera, aveva appena decapitato Gero con un calcio volante.
"Tu! Tu! Come hai osato! Maledetto!" strepitò il dottore, che continuava a parlare nonostante avesse la testa mozzata. "Me la pagherai! Me la pagherai cara!"
"Non credo proprio" ghignò Lapis, fissandolo con aria di sfida. "Hai finito di offendere mia sorella. Ti ho sempre odiato, non vedevo l'ora che arrivasse questo momento".
Sorrise sghembo prima a Lazuli e poi a Cell, dopodiché spiccò un salto e calpestò la testa di Gero, mandandola in frantumi.
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati, grazie infinite per essere ancora al mio fianco in questa lunga e tribolata avventura! Allora, ve l'aspettavate una simile entrata in scena da parte di Lapis?! Cosa pensate che possa accadere adesso? Dite che ha fatto bene?
Spero che abbiate gradito il capitolo e che la storia continui ad appassionarvi nonostante la pubblicazione più lenta, e spero anche vi siano piaciute certe cose che dice Lazuli in risposta alle brutte provocazioni che le tocca ascoltare.
Ho insistito molto sul termine "curiosa" e in generale sul concetto di curiosità per rifarmi alla celebre espressione "curiouser and curiouser" che viene associata ad Alice nel testo originale.
 
Un grazie speciale va come sempre a chi mi sostiene e a chi mi lascia un pensiero , un incoraggiamento, il proprio parere. Io continuo a mettercela tutta e provo a tenere duro in generale, anche se non è sempre semplice, come non è semplice per la nostra Là fare i conti con sé stessa e con le avventure che si ritrova a vivere. Ringrazio anche chi legge in silenzio, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
 
Bene, tra due settimane posso dirvi che ci sarà molta azione, che servirà essere forti e che ci sarà un grandissimo ritorno in scena. Avete qualche idea a riguardo?
Vi è piaciuta la riproposizione della scena di DBZ in cui Lapis fa fuori Gero? Io personalmente la adoro, sarebbe bellissimo un giorno trovare qualcuno che faccia il cosplay del Dr Gero per fare foto a tema insieme a me in versione C17! ;-)
E con questo auspicio vi ringrazio ancora, vi saluto e vi do appuntamento tra due mercoledì!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 23
*** L'Essere Perfetto ***


23 - L'Essere Perfetto
 
 
"Lapis... ma... cosa..." farfugliò Lazuli, a metà tra l'essere perplessa e allucinata.
"Ah, ma aveva dentro del sangue finto? O era vero?! Pensavo fosse solo un ammasso di circuiti..." borbottò il ragazzo, cercando di pulirsi sull'erba la suola della sua Converse tutta sporca di rosso. "Anche i calzettoni e i jeans mi sono schizzato... certo che era realistico per essere un cyborg, no?" aggiunse, guardando la sorella, contornato da cavi, bulloni, circuiti e pezzi di ferraglia misti a brandelli di carne umana o di qualunque cosa fosse.
Era un cyborg il Dr Gero?! Lazuli si voltò verso il corpo decapitato, che era ancora in piedi, immobile, pur privo di testa. Dal collo cominciava a fuoriuscire un denso fumo nero attraverso i cavi elettrici bruciati.
"In che senso era un... cyborg?!" chiese la ragazza. "E poi... cosa ci fai qui?!"
"Comunque prego, eh, sorellina..." sbuffò lui, fintamente offeso. "Sì, era fatto bene per essere un cyborg. In effetti sembrava un umano. Un umano stronzo, ad essere precisi" ridacchiò. "Che palle,non viene via... hai la lavatrice nel castello, Cell?"
Il mostro, fino a quel momento rimasto impassibile, lasciò partire dal palmo della mano un'immensa scarica di energia che sfiorò il volto di Lapis e polverizzò il corpo privo di vita di Gero.
"Sei troppo strafottente, ragazzino. Non ti ho colpito perché mi servi, a differenza di quell'inutile vecchio di cui non me ne fregava niente" rispose, fissandolo.
"Visto, sorellina? Quel vecchio rimbambito faceva tanto il figo, ma nemmeno a uno schifo ambulante come Cell importava qualcosa di lui. Quindi non devi curarti di quello che ti ha detto prima" spiegò Lapis, fissando a sua volta il mostro con aria di sfida.
Il bavero arancione che portava al collo venne smosso da un alito di vento caldo. Il sole faceva splendere i suoi occhi glaciali.
"Sai, di sicuro quello scimmione del tuo Cappellaio ti ama e morirebbe per te, ma devi sapere che il resto del mondo non ti odia affatto" riprese, voltandosi e accennando un sorriso verso la sorella, che lo osservava stranita. "Hai anche un fratello che ti vuole bene e tanti amici che credono in te, non dimenticarlo!"
"Lapis, io..." accennò Lazuli, colpita dalle sue parole.
Raramente si dimostrava saggio, ancor più di rado le parlava sul serio. Ma lei sapeva che lui le voleva bene, che gliene aveva sempre voluto. E per lei era lo stesso. Loro due erano una squadra, e lo sarebbero stati per sempre.
"Anzi, avevi due fratelli che ti volevano bene..." riprese il ragazzo, stringendo i pugni, senza smettere di fissare Cell.
Mise le mani in tasca e sbuffò, prima di fare un passo avanti verso il mostro.
Tolse le mani dalle tasche. Smise di fingersi indifferente.
"Tu... tu non dovevi farlo!" sbottò, scagliandosi a tutta velocità in direzione di Cell e colpendolo in pieno volto con un pugno. "Sono venuto per fartela pagare! Non me ne frega niente del tuo torneo!"
Cell incassò il colpo, rimanendo quasi del tutto impassibile. Sputò per terra un piccolo grumo di sangue.
Non aveva nemmeno provato a difendersi.
Lapis accennò un sorriso, dal suo viso traspariva quanto ormai la rabbia gli stesse ottenebrando la ragione.
"Hai assorbito mio fratello per trasformare quella faccia oscena che avevi in una ancora peggiore?!" lo provocò. "Ti prenderò a pugni così tanto da cambiarti i connotati! Poi ti farò sputare fuori C17!" tuonò, gettandosi ancora una volta contro di lui.
"No, Lapis! Aspetta!" urlò Lazuli, invano.
Cell non si era nemmeno voluto difendere perché era troppo superiore a suo fratello, era questa la verità.
L'avrebbe ucciso. O, più probabilmente, l'avrebbe assorbito. La sete di vendetta l'aveva fatto cadere nella trappola.
"A quanto pare diventerò l'Essere Perfetto con qualche ora di anticipo. Non posso che esserne felice" ghignò mostruosamente Cell, evitando i colpi al volto di Lapis.
Il ragazzo indietreggiò e gli diede un calcio sul costato, che tuttavia sembrò avergli fatto poco più che il solletico.
"Basta così ragazzino, adesso mi stai facendo arrabbiare" disse il mostro, cominciando a far saettare verso l'alto l'enorme coda.
Si avvicinò alla velocità della luce a Lapis e lo colpì con un pugno nello stomaco, togliendogli il fiato e la possibilità di muoversi. Il gigantesco pungiglione all'estremità della coda si dilatò assumendo la forma di una grottesca campana e avvolse fulmineo il corpo del ragazzo, che lanciò un ultimo sguardo colmo di terrore verso la sorella.
 
Lazuli si sentiva il cuore in gola e le gambe cedere. Cosa stava succedendo?! Voleva farlo soffocare?!
"Lascialo! Lascialo stare!" sbraitò, correndo verso Cell e cominciando a riempirlo di pugni sulla pancia e la faccia.
Si rese presto conto che era inutile, non la degnava neanche di uno sguardo. Non gli stava facendo assolutamente nulla.
La campana si strinse attorno alle caviglie di Lapis, bloccandolo, e la coda si sollevò di qualche centimetro da terra.
Lazuli sentiva le urla soffocate del fratello e guardava con terrore i suoi piedi che si agitavano disperatamente nel vuoto, mentre la coda continuava a risucchiarlo al suo interno e si gonfiava mostruosamente. Sembrava un enorme serpente intento a inghiottire la sua preda.
"Lascialooo" strillò Lazuli, gettandosi sulla coda e cercando di aprirne con le mani l'estremità.
Era dura come una corazza e ricoperta di una mucosa viscida che le diede il voltastomaco, ma in quel momento i suoi unici pensieri erano rivolti al tentativo disperato di salvare suo fratello.
"Piantala, stupida ragazzina! Mi stai dando fastidio!" sibilò Cell, colpendola con un colpo di coda che la fece sbalzare all'indietro di qualche metro.
Lazuli atterrò sull'erba pestando la schiena e la nuca dopo un volo che le era sembrato infinito. Era stata scagliata via senza nessuna difficoltà, come fosse un fuscello. Si sentiva dolorante e tramortita. Stava per perdere i sensi, solo la paura e l'orrore per quello che stava accadendo le impedirono di crollare.
Allungò il braccio con gli occhi pieni di lacrime, mentre suo fratello veniva risucchiato del tutto all'interno della coda.
"N-no... Lapis..." gridò, mentre una luce improvvisa che proveniva da Cell la abbagliò e la costrinse a chiudere gli occhi.
"Sì! Sììì!"
Sentendo le urla esaltate di Cell provò una rabbia tale che le fece ritrovare le forze per alzarsi di nuovo, seppur stordita e ammaccata.
"Lascialo andare! Lapis!" sbottò ancora, correndo verso la colonna di luce che si alzava verso il cielo.
Venne travolta da una scarica elettrica e si ritrovò di nuovo a terra, l'energia emanata da Cell era tremenda e non le consentiva di avvicinarsi.
Osservò col cuore in gola e i sensi intorpiditi dal dolore quella luce dissolversi e lasciare spazio a due occhi rosa stampati su un viso bianco come il latte che diventava viola alle estremità.
Quegli occhi erano la cosa più inquietante che avesse mai visto, e la fissavano bramosi.
 
Cell aveva cambiato aspetto, e persino lei si rendeva conto che emanava una potenza smisurata, infinitamente superiore rispetto a quella della sua forma precedente. Sopra alla testa il mostro aveva ancora le due lunghe sporgenze verso l'alto simili a quelle di prima, ma in generale il suo fisico era diventato più umano. La bocca, il naso e i lineamenti del viso erano quelli di un uomo, solo il corpo lasciava trasparire ancora qualche caratteristica da insetto, come le lunghe e rigide ali nere, al centro delle quali si trovava il pungiglione che andava a sostituire la coda. Per il resto sembrava che indossasse una corazza, nera sui pettorali e sulle spalle, verde scuro con chiazze più chiare sul resto del corpo.
"D-Dov'è... dov'è mio fratello?" sibilò Lazuli, rialzandosi a fatica e stringendo i pugni.
Non c'era più traccia di lui. Sapeva già la risposta.
Era l'orrore e la rabbia che provava a farle battere il cuore così forte da impedirle di perdere i sensi.
Cell accennò un sorriso e si massaggiò lentamente lo stomaco con la mano.
La stava prendendo in giro, e Lazuli odiava tremendamente essere presa in giro.
Odiava soprattutto quello che lui aveva fatto a Lapis.
"Hai l'onore di essere la prima a vedere l'Essere Perfetto, dovresti sentirti onorata" la schernì.
Lazuli sentì le lacrime premerle agli angoli degli occhi e spingere per uscire, il sangue salirle alla testa e un'immensa sete di vendetta.
"Non dovevi! Non dovevi farlooo!" gridò, scagliandosi contro di lui.
Ignorava il dolore fisico che provava, ma non poteva ignorare lo strazio che sentiva divorarle l'anima.
Lapis non c'era più, era finito dentro quel mostro davanti ai suoi occhi. E lei non aveva saputo fare niente per difenderlo, per aiutarlo.
Colpì Cell con un pugno sulla guancia e un altro allo stomaco.
Il mostro non fece una piega, non smise di sorridere beffardo. Sembrava fatto di ferro, le nocche le pulsavano.
L'aveva colpito e si era fatta male lei... come avrebbe potuto sconfiggerlo?! Come potevano Radish e gli altri pensare che sarebbe stata proprio lei la chiave per porre fine a quella tremenda minaccia?! Cosa poteva fare la Finta Tartaruga per renderla in grado di essere all'altezza di quella che le sembrava sempre più una missione impossibile?
"Tuo fratello ha dato un senso alla sua inutile vita, mi sembra ovvio" spiegò Cell, fissandola con bramosa avidità a pochi centimetri dal suo volto. "Ed è la stessa cosa che accadrà anche a te, insulsa ragazzina" aggiunse, colpendo Lazuli solo con lo spostamento d'aria generato dall'aumento improvviso della propria aura.
La ragazza si ritrovò sbalzata all'indietro per diversi metri finché la schiena non le picchiò contro il tronco di un grande albero. Le mancava il fiato, forse si era rotta qualcosa. Era come se fosse stata appena investita da un auto, e quel mostro non aveva neanche avuto bisogno di toccarla.
"Mi deludi, sei debole fisicamente così come sei sempre stata debole d'animo, nonostante tu voglia far credere a tutti di avere una scorza dura come l'acciaio e fredda come la neve" la prese in giro di nuovo Cell, cominciando a camminare verso di lei e leccandosi lentamente il sottile labbro superiore.
Lazuli provò disgusto e un conato di vomito. Si aggrappò al tronco e si rialzò a fatica. Aveva paura. Panico, precisamente. Non aveva vie di fuga, era sola. E non era abbastanza forte per poterlo battere. Anzi, era a pezzi, sia fisicamente che emotivamente.
"Tu mi hai attaccato, hai infranto i patti come prima di te ha fatto quell'arrogante di tuo fratello" continuò il mostro, sempre più vicino a lei. "Non ci sarà nessun Cell Game neanche per te. Non che sarebbe cambiato qualcosa ai fini del tuo destino, in realtà".
Aprì le ali, dietro il pungiglione cominciò a srotolarsi di nuovo la coda.
Lazuli si addossò con la schiena alla corteccia pungente, non riusciva più a pensare a nulla. Il mostro era vicino, sempre più vicino.
"Diventerò subito l'Essere Piuccheperfetto, ti sei giocata le tue ultime ore di vita!" scoppiò a ridere. "Sai, pensavo di divertirmi un po' con te prima di renderti parte del mio corpo, ho sempre ritenuto che il tuo unico pregio fosse quello di essere bella" aggiunse, allungando una mano verso di lei.
Aveva delle lunghe unghie nere, quasi degli artigli.
A Lazuli mancava il respiro. Il panico la stava attanagliando di pari passo al disgusto che provava.
"Stalle alla larga, pezzo di merda!"
Un urlo disumano seguito da un tonfo fecero trasalire Lazuli, e allo stesso tempo le fecero battere di nuovo forte il cuore.
Quella voce le diede nuova linfa, le permise di scuotersi. Di ignorare il dolore, di nuovo.
Radish stava rotolando nell'erba accanto a Cell.
Si era gettato su di lui a peso morto, a tutta velocità. Un placcaggio che aveva fatto crollare a terra l'Essere Perfetto.
"Tu, inutile e lurida feccia! Come hai osato!" ringhiò Cell, con gli occhi che sembravano sprizzare veleno.
"Tu vedi di tacere, bastardo!" ribatté il Cappellaio, bloccandosi sull'erba per poi spiccare un salto verso il suo mostruoso avversario.
Lo colpì con un pugno sullo zigomo e si mise a cavalcioni su di lui, cercando di bloccarlo con la sua mole.
Lazuli rimase impressionata dai muscoli contratti di Radish, che non indossava più i suoi stravaganti vestiti da Cappellaio Matto, bensì una strana Battle Suit nera e marrone che gli copriva il busto, le spalle, il bacino e gli avambracci, lasciando del tutto scoperte le gambe. Sulla coscia sinistra era stretta una fascia rossa e ai piedi portava degli stivali neri dalla punta marrone che risalivano fino a metà polpaccio. I capelli sciolti e selvaggi, ogni singola fibra del suo corpo tesa al punto che i muscoli sembrava potessero esplodere da un momento all'altro.
"Non stare lì impalata, Là! Scappa! Vai via!" urlò, mentre si sforzava di continuare a tenere bloccato a terra Cell.
Era immenso, sembrava ancora più grosso con quella strana divisa da combattimento. Eppure Cell in quella sua nuova forma non dava affatto una sensazione visiva di inferiorità fisica. E non sembrava minimamente in difficoltà.
"No, Rad! Ti ucciderà!" gridò Lazuli.
"Vedi, almeno la tua stupida amichetta si dimostra più intelligente di te!" scoppiò a ridere Cell, colpendo con un pugno sul volto Radish.
L'impatto fu tremendo.
Lazuli, quasi incapace di respirare, lo vide volare via e finire contro un'enorme quercia. Il tronco si spezzò di netto in due parti, tranciato da Radish, che rimase sepolto sotto una selva di rami.
"Rad! Nooo! Raaad!" sbraitò Lazuli, correndo verso di lui.
Gettò via foglie e rami, finché non lo vide, ansimante, ridotto a una maschera di sangue, ma ancora tutto intero. Più o meno.
"Cazzo... c-che botta..." le sorrise. "Ti... t-ti ha fatto del male?"
Lazuli intravide Cell rialzarsi, lentamente, e farsi scrocchiare il collo. Era ancora lontano da loro. Non aveva fretta. Sapeva che non avevano scampo.
"No... a me no! Però... Lapis... Lapis è..." provò a rispondere, non riuscendo a completare la frase.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Radish si sollevò sul busto e gettò via un enorme ramo che gli bloccava le gambe.
"Lapis lo riporteremo indietro. Io... io non sono riuscito a fermarlo, quello zuccone..." sibilò Radish, digrignando i denti e stringendo i pugni.
Cell stava avanzando. Ghignava. Sembrava divertito.
"Ascolta, Là, adesso io lo tengo occupato per un po'. Tu intanto vai dalla Finta Tartaruga".
"No! Ti ucciderà! E poi... poi è troppo forte per me! Come potrei batterlo!"
Radish si voltò e la fissò nei suoi occhi di ghiaccio colmi di dolore e paura.
"Tu sei l'unica che puoi farlo, Là. Io so che ne sarai capace" disse, prendendole la mano. "Tu sei la Regina di cuori e la regina del mio cuore".
"Tu... tu non dovevi venire qui! Non voglio che tu muoia per colpa mia!" sbottò lei.
"Ti avevo promesso che sarei venuto ad aiutarti se ti fossi trovata in pericolo, te lo ricordi?" sorrise lui.
Lazuli annuì, accennando un sorriso. Si sentiva stupida, ma era bello sapere di avere sempre qualcuno su cui poter contare. Qualcuno disposto a tutto per te.
"Ma che scenetta patetica! Ah, ah, ah!" rise sguaiatamente Cell, sempre più vicino.
Radish trovò la forza di rialzarsi, a fatica, con lo sguardo rivolto verso il mostro.
"Però..." provò a ribattere la ragazza.
"Tu moriresti per me?" la interruppe lui, tornando a guardarla negli occhi.
"Sì" rispose lei, senza esitare.
"Uhm... non voglio che tu muoia per me, però..." ci pensò su il capellone.
I suoi occhi neri si illuminarono all'improvviso.
"Tu vivresti per me?" aggiunse, sorridendole.
Anche Lazuli sorrise. Non sapeva perché, ma si sentiva più sollevata.
"Sì!" gli rispose.
"E allora sopravvivi, Là. Io farò altrettanto" provò a rassicurarla lui.
Si divincolò dalla stretta delicata e rassicurante della mano di Lazuli, e lei sentì improvvisamente freddo.
Lo vide scagliarsi contro Cell, di nuovo.
E venire messo al tappeto al primo pugno diretto nello stomaco.
Il mostro rideva, mentre lo prendeva a calci. Infieriva su di lui.
Radish era a terra, rannicchiato. Provava a rialzarsi, ma non ci riusciva.
Cercava di reagire, ma non ne aveva la possibilità.
Sangue, lividi e colpi di tosse.
Lazuli sarebbe dovuta scappare nel bosco, andare a cercare la Finta Tartaruga. Sopravvivere e salvare quel mondo. Ma non poteva abbandonare Radish al suo destino. Non ne era capace.
Corse contro Cell, buttandosi a tutta velocità con la spalla contro il suo petto corazzato. Cadde a terra, accanto a Radish, riuscendo però a far indietreggiare il mostro di tre o quattro metri.
"Adesso assorbirò te, inutile ragazzina! E poi ammazzerò lui" ringhiò Cell, facendo per avanzare.
"N-non dovevi... Là..." farfugliò Radish.
Lazuli si strinse a lui, tenendo lo sguardo fisso sul mostro. Aveva il sole negli occhi e il gelo nel cuore.
All'improvviso, però, l'immagine di Cell sparì dal suo campo visivo.
Davanti a lei erano comparse due figure, materializzandosi dal nulla.
Controluce sembravano nient'altro che due ombre oscure.
Una, la più alta, aveva l'indice e il medio premuti contro la propria fronte, l'altra una mano appoggiata sulla spalla della prima.
"Basta così, Cell. Adesso stai esagerando".
Fu la voce dell'ombra più alta a rompere un silenzio che stava assumendo connotati irreali.
"Tsk!" si limitò ad aggiungere la seconda figura, incrociando le braccia al petto.
Radish sorrise nonostante avesse il volto tumefatto, Lazuli fece lo stesso.
Erano arrivati i rinforzi.
Erano arrivati Goku e Vegeta. 
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, dopo una lunga attesa e qualche imprevisto di troppo riesco a postare questo capitolo carico di azione, adrenalina, dolore e anche amore. Non posso che sperare vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Cosa ne dite del colpo di scena finale? E del ritorno in scena di Radish?
La parte in cui C17 viene assorbito da Cell mi fa sempre soffrire nella serie originale, e non vi dico cosa provo quando osa fare lo stesso con C18... quindi potete immaginare quanto sia stato duro per me descrivere quel momento così atroce.
 
Ringrazio oggi più che mai chi continua a seguire questa storia, ad amare questi personaggi e a credere in me come autore. Grazie a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi preferisce continuare a leggere in silenzio. Se vi va fatevi avanti, a me fa solo piacere.
 
Bene, tra due settimane succederanno tante cose nel nuovo capitolo...
Dite che Goku e Vegeta riusciranno a salvare Rad e Là? La nostra eroina dagli occhi di ghiaccio riuscirà finalmente a trovare la Finta Tartaruga?
Grazie a tutti per il vostro supporto, ci vediamo tra due mercoledì!
 
Teo

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Capitolo 24
*** La Finta Tartaruga ***


24 - La Finta Tartaruga
 
 
"Avevamo un accordo, e cioè che avremmo aspettato il Cell Game per combattere" disse Goku, fissando Cell con aria severa.
Lazuli pensò che era la prima volta che il fratello di Radish non gli sembrava totalmente uno scemo. Anzi, aveva addirittura un aspetto rassicurante. E intimidatorio.
Certo, il fatto di non indossare più quel ridicolo costume da Stregatto o Gatto di Paoz aiutava. In quel momento, infatti, vestiva una tuta da combattimento arancione sbracciata, sotto la quale spuntava una maglia nera dello stesso colore degli stivali che portava ai piedi. Anche Vegeta non portava più quelle imbarazzanti orecchie da lepre o qualunque altro indumento indossasse quando l'aveva visto il giorno precedente. Aveva una tuta aderente blu, un corpetto bianco con dettagli ocra imbottito che aderiva perfettamente a petto e addome e degli stivali bianchi.
Era pur sempre ridicolo ai suoi occhi, ma almeno aveva fatto ben più di un passo avanti rispetto a prima.
"Quegli incapaci mi hanno attaccato" allargò le braccia Cell, sorridendo beffardo e posando lo sguardo su Radish e Lazuli.
Il Cappellaio tossì un po' di sangue, era ridotto piuttosto male.
"Rad..." sussurrò Lazuli, stringendosi a lui a passandogli una mano sulla fronte.
Le faceva male vederlo così. Avrebbe voluto solo andarsene da lì con lui, essere felici insieme. Vederlo star bene.
Lui le sorrise e la accarezzò a sua volta, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Tsk... patetici..." borbottò Vegeta, che si era voltato a guardarli. "Avranno avuto i loro motivi per attaccarti. Il tuo aspetto è diverso, sei tu che non hai rispettato i patti" aggiunse, tornando a fissare Cell.
"Non dirmi che..." ringhiò Goku, stringendo i pugni.
"Già, quell'arrogante del vostro amico è stato così gentile da lasciarsi assorbire da me, permettendomi di diventare l'Essere Perfetto!" esclamò il mostro. "Siete tutti dei pazzi a pensare di potermi sconfiggere, e lui lo era ancora di più visto che credeva di potersi vendicare di quel traditore di suo fratello!"
"C17... Lapis..." disse Goku con un filo di voce, voltandosi poi in direzione di Lazuli. "Mi... mi dispiace...".
"Io..." provò a rispondergli lei, ma il nodo che le stringeva la gola le impediva quasi di parlare.
"Te lo farò cagare fuori a suon di pugni, almeno Lapis" intervenne Radish, fissando con aria di sfida Cell, incurante delle sue condizioni. "Anzi, forse è meglio sputare... cazzo, che immagine oscena, bleah! Non me lo perdonerebbe mai Lapis!" aggiunse, scoppiando a ridere.
"Sei un cretino" gli sorrise Lazuli.
"Sarebbe una cosa ripugnante, meglio disintegrarlo prima. Ci penserò io! Anche io devo vendicarmi!" tuonò Vegeta.
"Calmati" gli disse Goku. "Calmiamoci tutti, adesso. Rispettiamo gli accordi".
"Siete ridicoli, cosa pensate che possa cambiare se aspettiamo?! Prima mi ha fatto solo il solletico quel mentecatto del Cappellaio! Siete una delusione, non c'è nemmeno gusto a essere diventato l'Essere Perfetto!" si lamentò Cell.
"Fidati che possono cambiare molte cose. Possiamo diventare più forti" provò a convincerlo Goku.
"Anche in così poche ore? Ho già deciso che assorbirò anche lei, diventerò l'Essere Piuccheperfetto e distruggerò questo inutile mondo" spiegò il mostro. "Poi me ne andrò su qualche altro insulso pianeta per testare la mia forza con qualcuno che sia almeno vagamente degno di me".
"Ti ho detto che se aspetterai potrai testare oggi stesso la tua forza. Noi possiamo diventare più forti, ma, soprattutto, c'è un guerriero che non hai ancora affrontato e che sono certo potrà sconfiggerti" continuò Goku.
"Di chi si tratta?" indagò Cell.
"Di Gohan, mio figlio. Sono sicuro che diventerà più potente di te" rispose Goku. "E poi c'è lei" aggiunse, indicando Lazuli. "Lei non è debole come credi. Lei può sconfiggerti. Se lo dice Radish, io ci credo".
"Ah, ah, ah! Questa è bella! Anche tu sei più pazzo di quanto pensassi!" scoppiò a ridere il mostro, sprezzante. "Un moccioso nato ieri e quell'inutile donna brava solo a farsi odiare da tutti?!"
Lazuli strinse i pugni e digrignò i denti, ma Radish le appoggiò una mano sulla coscia, come a volerla calmare.
"E non dimenticarti che ci sono anch'io, razza di stronzo. Non sarò forte come loro, ma al momento opportuno ti farò ingoiare tutto il male che hai fatto a Lazuli!" ringhiò il Cappellaio.
Cell lo fissò per un lungo istante, prima di riprendere a ridere.
"Sei più morto che vivo e osi minacciarmi?! Ti farò morire per ultimo e la tua agonia sarà così lunga che mi implorerai di ucciderti, stupido Cappellaio!" sbottò il mostro, prima di indicare Lazuli. "E voglio guardarti negli occhi quando assorbirò quell'inetta che reputi così importante!"
"Ehi, vedi di non sottovalutarmi. Ti ho detto che sarò io a sconfiggerti" tuonò Vegeta, facendo un passo avanti e premendo un dito contro il petto corazzato di Cell.
Il mostro lo guardò negli occhi, prima di allontanarlo con una manata e rivolgersi a Goku.
"Ho la tua garanzia che diventerete più forti e che mi porterai un guerriero degno da affrontare?" gli domandò.
"Sì" rispose l'ex Stregatto.
"E anche Lazuli sarà più forte. Così forte da poterti sconfiggere, bastardo" aggiunse Radish. "Ficcatelo bene in testa".
"Nessuno ha chiesto il tuo parere, fallito di un Cappellaio. E non me ne frega niente di lei, mi serve solo per raggiungere la mia forma definitiva e vedere te morire tra atroci sofferenze" ribatté Cell, prima di riprendere a guardare Goku.
"E va bene, mi hai convinto" gli disse. "Rispetterò gli accordi che avevamo preso. Ci vediamo più tardi al mio ring".
Dette queste parole, si voltò e si incamminò verso il castello del Re e della Regina di Cuori. La casa dove era cresciuto Vegeta, che lo osservava stringendo forte i pugni e digrignando i denti. Non doveva essere facile per lui accettare un simile affronto da parte di colui che aveva ucciso brutalmente i suoi genitori. Era un rospo impossibile da ingoiare per tutti, figurarsi per una persona orgogliosa come lui.
 
"Urcaaa!" tirò un sospiro di sollievo Goku, non appena Cell sparì dalla loro vista. "C'è andata bene per un pelo!".
"Voi siete i soliti incapaci, in compenso! Buoni solo a cacciarvi nei guai!" tuonò Vegeta, fissando con aria severa Radish e Lazuli.
"E dai, Prince, non rompere le palle! Sei sempre così serio, sembra che hai appena preso un palo in culo!" scoppiò a ridere il Cappellaio, salvo poi iniziare a tossire altro sangue.
"Mi verrebbe voglia di darti il colpo di grazia, tsk!" incrociò le braccia al petto l'ex Lepre. "Farei un favore all'intera umanità".
"Dici così, ma lo so che ami" ribatté Radish, ammiccante, mandando un bacio con la mano all'amico e facendogli l'occhiolino.
"Sei ripugnante..." abbaiò Vegeta, mimando il gesto di vomitare.
"Ce l'hai un fagiolo di Balzar?!" chiese Goku al fratello, che in compenso stava ridendo, seppur a fatica a causa del dolore che provava. "Siete conciati piuttosto male tutti e due...".
"Ho l'ultimo, purtroppo" disse Radish, tirando fuori dalla tasca quello che aveva tutte le sembianze di un semplice legume secco.
"Li abbiamo finitidurante gli allenamenti, ma, se tutto andrà come abbiamo previsto, non ne avremo bisogno!" sorrise gioviale Goku, sollevando il pollice in segno di assenso.
"E non avremo nemmeno bisogno che lei si dia una mossa a trovare la forza di sconfiggere quel mostro. Basto e avanzo io, tsk!" borbottò Vegeta, indicando con supponenza Lazuli. "Forza, Kakaroth, riprendiamo gli allenamenti, non abbiamo altro tempo da perdere".
"Giusto, abbiamo ancora qualche ora e non dobbiamo sprecarla!" esclamò Goku, avvicinandosi a Vegeta e premendosi l'indice e il medio contro la fronte.
"Ogni volta che facciamo questa roba è un'umiliazione per me!" ringhiò Vegeta, appoggiando una mano sull'avambraccio del minore dei Son, senza guardarlo.
"Contiamo anche su di voi, eh! Ci vediamo dopo sul ring!" sorrise felice Goku, rivolto a suo fratello e a Lazuli, prima di svanire nel nulla insieme a Vegeta.
Lazuli si sentì strana nel veder sparire Goku, e non capiva il perché. Era tristezza quella che provava... come se non avrebbe in realtà più potuto vedere quel sorriso gioviale. Come se qualcosa fosse destinato ad andare storto.
 
"Là? Ehi, Là! Mia regina e mia dea, ci sei?!"
Fu la voce di Radish a ridestarla dai suoi tristi pensieri. Non sapeva nemmeno lei perché aveva avuto quella sensazione, ma non poteva permettersi di soffermarsi troppo su una cosa del genere. Ognuno stava facendo del suo meglio per raggiungere l'obiettivo, e lei non poteva essere da meno.
Il Cappellaio stava agitando lentamente la mano davanti ai suoi occhi sbarrati, come a volersi assicurare che fosse sveglia.
"Ti ho già detto che sei troppo irrispettoso" sibilò all'improvviso, volgendo i suoi occhi di ghiaccio verso Radish e tirandogli con forza un orecchio.
"Aaahhh! Scusa, scusa! Mi fai maleee!" si lamentò il ragazzo, e così Lazuli lo liberò dalla sua presa, sbuffando e accennando un sorriso.
"Stai bene?! Guarda come ti ha ridotto quell'essere immondo..." sospirò, accarezzando la fronte insanguinata di Radish e passandogli una mano tra i folti capelli.
"Mah, starei meglio se potessimo imboscarci da qualche parte e darci da fare" rispose lui, sollevando ritmicamente le sopracciglia. "Non so se mi spiego...".
"Certo che fai proprio schifo! Sei lì mezzo morto, possibile che non sai fare altro che perderti nei tuoi pensieri da maniaco?!" sbottò lei, fingendosi offesa.
"Io sono un maniaco, e se sono vicino a te non sono in grado di nascondere la mia vera natura!" allargò le braccia il Cappellaio. "Mi ecciti troppo, maledetta!"
"Ma cosa ho fatto di male per trovarmi un pervertito come te?!" alzò gli occhi al cielo Lazuli. "Comunque, grazie per essere venuto da me..." aggiunse con un filo di voce.
"Avrei voluto farlo a pezzi con le mie mani quel bastardo... nessuno può osare toccarti e scamparla. Giuro... giuro che gli farò male. Tanto male..." sibilò Radish, serio come non mai, fissando il castello.
"Ricordati che mi hai promesso che non morirai" gli ricordò Lazuli, stringendogli entrambe le mani. "Cell è forte e ti ha ridotto in fin di vita...".
"Ah, ma faceva parte del mio piano farmi ridurre in fin di vita. Io, mio fratello e Vegeta abbiamo la capacità di diventare immensamente più forti se sfioriamo la morte in battaglia e poi sopravviviamo" sorrise furbo, tirando fuori dalla tasca il fagiolo che aveva mostrato prima a Goku.
"Si chiama Fagiolo di Balzar, giusto? Che cos'é?" domandò lei, incuriosita.
Quel mondo non finiva mai di stupirla.
"È una specie di medicina che guarisce da qualunque cosa. Anche se avessi un buco in pancia, per dire, me lo richiuderebbe" spiegò lui.
"Ma... è pazzesco! Non mi stai prendendo in giro, vero?!" lo guardò di sottecchi Lazuli.
"Non sono mai stato così serio! Cioè, con questo coso penso che potremmo anche fare sesso per dieci o quindici volte di fila, dovremmo provare! Questa sì che è un'idea geniale!" sorrise malizioso Radish, picchiettandosi il dito sulla tempia.
"Ma sei scemo?! Quanto puoi essere maiale?!" lo apostrofò Lazuli, dandogli uno scappellotto sulla nuca. "Muoviti a prenderlo, che sei messo male e mi mette ansia vederti ridotto così...".
"Penso che dovresti prenderlo tu, Là. Quella merda ambulante ti ha fatto del male, e tu hai bisogno di essere al top della forma per andare dalla Finta Tartaruga e arrivare pronta al Cell Game" ribatté Radish, allungando la mano col fagiolo verso di lei.
"Non farmi arrabbiare, Rad. Sbrigati a prenderlo o ti picchio".
"Oh, sì, mi eccito se mi picchi!" esultò lui.
"Possibile che non si può mai parlare seriamente con te?!" sbottò Lazuli, arrossendo leggermente.
"E va bene, va bene... ho avuto un'idea. E poi ti toccherà ammettere che sono un genio" sorrise di nuovo il Cappellaio.
Si mise in bocca il fagiolo e cominciò a masticarlo, prima di cingere con forza la vita di Lazuli e stringerla a sé, baciandola all'improvviso con passione.
La ragazza fu colta di sorpresa, ma chiuse gli occhi e appoggiò le mani sulla nuca di lui, mentre schiudeva la bocca e lasciava che le loro lingue si incontrassero. Le era mancato quel contatto con Radish, ed era ancora più bello ora che l'aveva visto quasi morire davanti ai suoi occhi. Aveva temuto di perderlo, ma erano ancora lì. Erano ancora insieme.
Il sapore di Radish misto a quello ferroso del sangue derivante dalle sue ferite piaceva a Lazuli. Era come se stessero firmando un patto di sangue. Una promessa di vita e di morte, insieme per sempre.
E, in tutto questo, Lazuli percepì che lui le stava spingendo in bocca parte del fagiolo di Balzar. Era granuloso, non sapeva di molto, ma lei lo inghiottì senza smettere di baciare l'uomo che amava.
E non smise di baciarlo nemmeno mentre sentiva magicamente le forze riaffiorare nel suo corpo e le ferite rimarginarsi. Nemmeno mentre il bacio che si stavano scambiando perdeva qual sapore di sangue che aveva all'inizio. E nemmeno mentre Radish si rialzava in piedi, sollevandola di peso senza nessuna apparente fatica.
Anche lui era guarito.
Erano riusciti a salvarsi entrambi con un solo Fagiolo di Balzar.
 
"Uffa, speravo che avremmo fatto almeno una sveltina prima di andare..." si lamentò Radish, mentre correva nel punto più fitto del bosco mano nella mano con Lazuli.
"Accontentati che ti ho detto che sei stato un genio, razza di maiale ambulante" sibilò lei. "E non distrarmi, sto cercando di percepire il portale che porta a quella Finta Tartaruga di cui tanto parlate".
"Già, solo la Regina di Cuori è in grado di trovarlo" sorrise Radish. "Sappi che sono fiero di te. Ce la farai".
"Ovvio che ce la farò" si bloccò all'improvviso lei, guardandolo negli occhi e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Siamo arrivati".
"Ma... dove?" si guardò intorno disorientato il Cappellaio.
"Sotto quel cumulo di arbusti. Spostameli, visto che sprizzi energie da tutti i pori" ordinò scherzosamente Lazuli.
"Certamente, mia regina e mia dea" si inchinò Radish, prima di correre nel luogo indicatogli da lei.
Improvvisamente, in mezzo alla terra, comparve una botola perfettamente mimetizzata. Radish la aprì e venne travolto da una luce accecante e da un calore avvolgente. Non si vedeva nulla al di là della botola, ma a Lazuli sembrava di poter udire il rumore del mare in lontananza.
"Io non posso seguirti, ci rivedremo dopo direttamente al Cell Game. So che saprai trovare da sola il ring" le disse, prendendola per mano.
La ragazza si incupì e abbassò lo sguardo, un po' come poco prima quando Goku e Vegeta si erano teletrasportati altrove.
"Cosa c'è, Là? Anche prima eri così...".
"Niente... ho solo qualche brutta sensazione riguardo a questo Cell Game. Come se qualcuno dovesse morire sul serio... guarda quello che è successo a mio fratello...".
"Adesso non pensarci. Ti ho detto che faremo tornare tutti in vita con la Sfere, nel caso!" provò a rassicurarla Radish.
"Io... spero di farcela... di essere in grado di uccidere quel mostro" sospirò Lazuli, guardando la botola aperta. "Sai, a volte mi chiedo se avrò mai una vita facile... perché deve sempre essere tutto così complicato per me?"
"Perché la vita è una guerra... per alcuni lo è per sempre, per altri a un certo punto arriva il momento di godersi la pace" rispose Radish, accarezzandole una guancia. "A te non capita mai di guardarti allo specchio senza sapere più chi sei?"
"Sì..." ammise lei. "E a te?"
"A me sempre... riconosco me stesso solo quando sono i tuoi occhi a riflettere la mia faccia da culo" accennò un sorriso il Cappellaio, facendola sorridere a sua volta e sciogliendo la tensione. "Ai miei occhi, invece, tu sei sempre uguale. Sei sempre te stessa. Sei sempre perfetta".
Il cuore di Lazuli batté più forte. Il sangue riprese ad ardere nelle sue vene. Lo sconforto lasciò di nuovo spazio alla determinazione.
Lui sapeva sempre come prenderla.
Cosa dire. Cosa fare.
"E hai solo bisogno di essere te stessa per andare lì dentro, uscire e far fuori Cell" aggiunse, indicando la botola aperta.
"Sì, ce la farò!" strinse i pugni Lazuli, facendo un passo avanti verso il portale.
Radish le afferrò una mano e la fece voltare.
"Comunque prima ti ho sentita, eh... ti amo anch'io, Là" le sorrise, facendola diventare paonazza.
Allora l'aveva udita davvero quando si era dichiarata mentre precipitava. Era felice di questo, ma anche molto imbarazzata. E si sentiva stupida a provare queste sensazioni.
"T-Ti amo... a-allora vado..." disse con un filo di voce, sbrigativa, senza guardarlo e liberandosi con uno strattone dalla sua stretta.
Era proprio una frana in queste cose. Ora sì che si sentiva davvero stupida.
Si voltò e si gettò di scatto tra le braccia di Radish, baciandolo.
Si sentiva bene.
Quello sì che era un saluto.
Si staccò da lui e lo spinse indietro, prima di camminare di nuovo verso la botola. Si voltò e lo guardò, con un sorriso determinato dipinto sul volto. La luce che emergeva dal portale rendeva ancora più lucenti i suoi occhi di ghiaccio. Era uno spettacolo irripetibile.
"Vedi di non morire, scemo. Ci vediamo al Cell Game, Rad".
Dette queste parole, fece una linguaccia e l'occhiolino a Radish, dopodiché si gettò nel vuoto.
 
Lazuli atterrò su qualcosa di morbido e granuloso, sprofondando leggermente. Si alzò un polverone intorno a lei che la fece tossire un paio di volte e la costrinse a chiudere gli occhi. Il volo era durato meno delle altre volte. E faceva caldo, molto caldo.
Si rese conto di essere finita nella sabbia e, guardandosi intorno, di essere su una vera e propria spiaggia.
Si alzò in piedi e si scrollò la sabbia dal vestito e dai capelli, guardandosi intorno, il mare davanti a lei era incantevole e le riempì il cuore. Anzi, il mare intorno a lei.
Si trovava infatti su una minuscola isola, in cui non sembrava esserci nient'altro che qualche palma e una piccola casetta bianca a due piani al suo centro. Doveva trovarsi sul retro dell'abitazione.
Non capiva come potesse essere giunta fin lì dalla botola nel bosco, ma doveva ammettere a sé stessa che adorava quel luogo.
Amava il mare. Sapeva di libertà, di serenità, di forza.
All'improvviso il suono delle onde lasciò spazio a un altro rumore. Sembrava una voce femminile, seguita da qualche verso che non riusciva a decifrare da parte di una voce maschile piuttosto gracchiante e ansimante.
Girò intorno alla casa, e notò che davanti all'ingresso principale c'era un televisore posto direttamente sulla sabbia che trasmetteva un filmato di un gruppo di ragazze decisamente poco vestite mentre facevano esercizi di ginnastica.
"Uno-due, uno-due! Gamba destra avanti, braccio sinistro in alto!" esclamò all'interno del teleschermo l'avvenente ragazza che guidava il gruppo.
A pochi metri dal televisore, invece, c'era un vecchio che sbavava e imitava quelle mosse. Portava dei grossi occhiali da sole dalla spessa montature rossa e aveva una lunga barba bianca sulla quale colava qualche goccia di sangue che gli stava uscendo dal naso, mentre il sole si rifletteva sulla sua testa pelata come una sfera di cristallo. Era paonazzo, e probabilmente non solo per il caldo. Indossava una giacca arancione, dei pantaloni viola e, soprattutto, sulla schiena portava un enorme guscio di tartaruga lilla come se fosse uno zaino.
Che fosse proprio lui la Finta Tartaruga che stava cercando?
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati e grazie infinite per essere qui, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Io l'ho scritto proprio volentieri, mi piace far interagire Rad e Là e mi auguro siano piaciuti anche a voi.
Per il resto abbiamo visto che grazie alla diplomazia di Goku i nostri si salvano, ma basterà davvero per sconfiggere Cell? Cosa dite, Lazuli ha trovato davvero la Finta Tartaruga? Vi è familiare?
E poi c'è la parte del bacio col Fagiolo di Balzar... avete riconosciuto la scena a cui mi sono ispirato qui? Immagino di sì. ;-)
 
Ringrazio come sempre chi continua a seguirmi, chi è così gentile da lasciarmi il suo parere e incoraggiarmi, chi legge in silenzio. Cerco di non mollare per voi, nella speranza che questa long continui a emozionarvi almeno un po'.
Settimana scorsa sono passati esattamente quattro anni da quando ho pubblicato per la prima volta su EFP e l'1 marzo saranno trascorsi quattro anni dalla mia prima One shot, "Il mare se ne frega", dedicata a Lazuli e al mare, credo che sarà doveroso citare qualcosa a riguardo nel prossimo capitolo di questa long visto che sarà a tema, a quanto pare. Ringrazio chi c'era allora e c'è ancora, ma anche chi è arrivato dopo e ha recuperato tante mie storie ormai più datate. Avrei voluto pubblicare qualcosa per San Valentino, ma non ce l'ho fatta, così come non ce la farò per l'1 marzo (il compleanno di Lazuli e Lapis nelle mie storie) salvo miracoli, preferisco concentrare forze e testa su questa long.
 
Bene dai, vi do appuntamento tra due settimane, penso che sarà un capitolo carico di disagio, un preludio leggero prima che il gioco inizi a farsi davvero duro. Però sarà un capitolo fondamentale, ve lo dico.
Riuscirà Lazuli a diventare davvero forte a tal punto da poter sconfiggere Cell?
Torno a darvi l'anticipazione del titolo del prossimo capitolo, una cosa che non facevo da un po': "La Regina di Cuori".
Vi ispira?
Grazie ancora, a presto!
 
Teo
 

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Capitolo 25
*** La Regina di Cuori ***


25 - La Regina di Cuori
 
 
"Oh, che bella sorpresa! Finalmente sei arrivata, ti stavamo aspettando!"
Una voce anziana, calma e gentile, richiamò all'improvviso l'attenzione di Lazuli, che si voltò di scatto, ancora intenta a fissare stranita il vecchio intento a guardare la televisione e fare ginnastica.
Dal mare stava infatti emergendo una grossa tartaruga marrone, che avanzava sulla sabbia sorridendo dolcemente. Aveva le palpebre leggermente abbassate e l'aria molto vissuta. Esprimeva una grande bontà e un'enorme saggezza.
Lazuli sorrise a sua volta, rassicurata dalla presenza di quell'animale parlante che le dava molte più garanzie del vecchio pervertito di cui continuava a sentire gli strepiti eccitati grazie alle ragazze che stava divorando con gli occhi alla TV.
Entrambi avevano un'aria familiare, e Lazuli si rese presto conto del perché: il vecchio maniaco altri non era che Muten, il proprietario del Wonderland, il locale dove lavorava Radish, nonché primo maestro di arti marziali di Goku quando era ancora un bambino. Si era sempre chiesta come un rachitico essere del genere avesse potuto ricoprire un simile ruolo fino a una ventina di anni prima. Il rettile che continuava ad avanzare verso di lei, invece, altri non era che Umigame, la tartarughina d'acqua che viveva in una vaschetta accanto alla cassa del Wonderland. Solo che era diventata enorme, e in più parlava.
"Sei... sei tu, Umigame? Ma, come..." farfugliò Lazuli, allungando una mano verso di lui.
Gli accarezzò la testa rugosa e bagnata delicatamente. Era una cosa che le piaceva fare quando andava a trovare Radish e si soffermava su quella piccola tartaruga.
Umigame la lasciò fare, sembrava felice.
"Certo, chi dovrei essere?" le rispose. "Tu, piuttosto, hai capito chi sei?"
Lazuli rimase in silenzio per un istante, osservando il mare cristallino. Era un paesaggio meraviglioso.
Da sempre avrebbe desiderato essere come il mare. Quel mare così forte, in grado di fregarsene di tutto e di tutti. Di essere solo sfiorato dalla pioggia o baciato dal sole, immutabile. Un mare capace di inghiottire chi non sapeva restare a galla e cullare chi si meritava la sua presenza. Forse lei era troppo sensibile, anche se non lo dimostrava. Anche se nessuno lo sapeva. O quasi, nessuno.
"Io... credo di sì. Penso di aver capito chi sono" accennò un sorriso Lazuli, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "O meglio, cosa sono: sono matta".
"Certo che lo sei, altrimenti non saresti qui" le spiegò Umigame. "Hai anche capito quello che vuoi diventare?"
Lazuli non dovette riflettere molto, aveva capito sul serio quello che voleva dalla vita: mettersi insieme a Radish e cambiare lavoro. Provare a correre il rischio di essere felice, insomma. Però lì era diverso, in quel mondo aveva un compito, una missione. E doveva portarla a termine, se voleva raggiungere la felicità a cui mirava.
"Io voglio diventare la Regina di Cuori e sconfiggere Cell una volta per tutte".
"Molto bene" applaudì la tartaruga con le sue robuste zampe pinnate. "Come vanno le cose nel Wonderland?"
"Non molto bene, direi. Ho bisogno di te per diventare più forte. Mi hanno detto di cercare la Finta Tartaruga" rispose Lazuli.
"È per questo che ti stavamo aspettando. Siamo entrambi troppo vecchi per illuderci che senza di te ce la faranno a riportare la pace. Ne abbiamo visti tanti di nemici, ma nessuno come Cell" spiegò la tartaruga, indicando col capo Muten, che stava ridendo beatamente con aria sognante mentre sfogliava una rivista di cui Lazuli poteva ben immaginare il contenuto. "È lui che può aiutarti, non io. Andiamo dalla Finta Tartaruga".
 
"Ma ciao Lazuli! Ti stavo aspettando!" esclamò Muten, abbassandosi gli occhiali da sole per poter osservare meglio la ragazza e gettando sulla sdraio la rivista che stava sfogliando. "Mi spieghi come fai ad essere ogni volta più bella?!"
"E tu mi spieghi come fai ad essere ogni volta più pervertito?!" sbuffò lei, gelida, buttando un occhio sul giornaletto decisamente osé che giaceva sulla sdraio e alla televisione ancora sintonizzata su quello strano programma di ginnastica.
"Ah, sei sempre simpatica, vedo, oltre che incantevole!" rise Muten, avvicinandosi languido. "Non lo daresti un bacetto a un povero vecchietto? Un'ultima gioia dopo una vita di fatiche e sofferenze?"
"Scordatelo!" ringhiò lei, dandogli un pugno in mezzo alla testa che lo fece ribaltare all'indietro sul guscio che portava sulla schiena. "Se è uno scherzo, sappi che non ho tempo da perdere! Radish mi ha detto che la Finta Tartaruga mi avrebbe resa in grado di sconfiggere Cell! Sei tu o no?!"
"Certo! Certo che sono io la Finta Tartaruga" ridacchiò Muten, disteso sulla sabbia, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso. "E Radish è proprio un caro ragazzo, molto saggio! E, soprattutto, decisamente fortunato" aggiunse con aria sognante.
Lazuli si rese conto che le stava sbirciando sotto la gonna e si sentì ribollire il sangue nelle vene.
"Ti ho già detto che non ho tempo da perdere con un vecchio maniaco come te!" sbraitò, paonazza, prima di calciare un cumulo di sabbia così forte da ricoprire la testa di Muten, che cominciò a tossire e ad annaspare.
"Oh, no, maestro!" accorse la tartaruga, aiutandolo a rialzarsi e a scrollarsi di dosso la sabbia dagli occhi, dal naso e dalla bocca.
Il vecchio, si rialzò, sorridendo beato e continuando a tossire. Un rivolo di sangue gli penzolava ancora dal naso.
"Fai proprio schifo. Sei disgustoso" osservò schifata Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno. "Non ti vergogni?!"
"Eh, eh! Non posso farci niente, cara Lazuli!" ridacchiò il vecchio, grattandosi la nuca pelata. "Però devo dire che mi sembri diversa! Sei molto più forte e sicura di te, brava! Ti affido il mio Rad, ormai è come se fossi suo nonno ah, ah, ah! Avete la mia benedizione, ragazzi!"
"Io... grazie..." farfugliò Lazuli, imbarazzata, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo. "Però... però ciò non toglie che la situazione è grave e io non ho tempo! Come puoi essere un maestro?! Maestro di cosa? Di perversioni?!"
"Sei diventata anche più simpatica, Lazuli! Si vede che passi tanto tempo con Radish!" rise Muten, asciugandosi le lacrime. "Adoro l'umorismo di quel ragazzo! Allora, siete andati a letto insieme?"
"Ti ho detto di piantarla!" sbottò lei, paonazza e furibonda.
Si sentiva al limite. Se avesse continuato così, avrebbe fatto fuori lui, altro che Cell.
"Ma è davvero un maestro!" intervenne Umigame, pacata, cercando di riportare la calma. "Adesso basta, Muten, cerca di essere serio. E raccontale perché sei un maestro" aggiunse, guardando il vecchio.
Muten si schiarì la voce e si sedette su uno scoglio con fare solenne, rivolto verso il mare. Raccolse dalla sabbia un bastone nodoso e lo strinse in una mano. Forse voleva darsi un'aria più saggia, ma, secondo Lazuli, sembrava ancora più stupido.
Si chiuse in un silenzio lungo diversi secondi. Un silenzio che non fece altro che irritarla ancora di più.
"Allora, prima di tutto dimmi se sei davvero tu la Finta Tartaruga!" sibilò, impaziente.
"Certo che lo sono, te l'ho già detto! Però vedi, dolcezza, io, prima di tutto, una volta insomma, ero una vera tartaruga" rispose mestamente Muten, scoppiando poi in lacrime.
Lazuli non capiva se fosse serio o se la stesse prendendo in giro. Ritenne più probabile la seconda opzione, e lei odiava essere presa in giro.
"Ok, me ne vado" sbuffò, voltandosi.
"No, no, aspetta la fine della storia!" la richiamò Muten, e lei si voltò alzando gli occhi al cielo e poi squadrando con aria severa anche Umigame.
La sua ira funesta non avrebbe risparmiato nemmeno il simpatico rettile se l'avrebbero presa in giro di nuovo, e lui parve capirlo benissimo.
"Muten viene chiamato Finta Tartaruga perché porta sulla schiena quel guscio e perché vive con me, che sono la Vera Tartaruga" spiegò, cercando nuovamente di riportare la calma su quella piccola ma improvvisamente rovente spiaggia. "Però è un vero maestro lui! Dai, spiegaglielo!" aggiunse, esortando il vecchio compagno.
"Ebbene sì, tanti anni fa, io insegnavo in mare" riprese Muten. "Ero un giovane Tartarugone, ma i miei allievi mi chiamavano Testuggine".
"Perché ti chiamavano Testuggine allora?" domandò Lazuli, alzando gli occhi al cielo. "Avrei già la risposta, ma non la dico perché sono una signora...".
"Te l'ho detto che più passa il tempo e più diventi simpatica, oltre che bella, Lazuli cara!" rise la Finta Tartaruga. "Sei sicura di non volermi far vedere le mutandine? Solo una sbirciatina, eh!"
"Adesso giuro che ti sbatto in mare e che ti tengo la testa sott'acqua fino a farti affogare!" ringhiò la ragazza, spazientita, avanzando a passo di carica.
Umigame si frappose tra lei e il vecchio, sollevandosi in qualche modo sulle pinne posteriori e spalancando quelle anteriori, sbarrandole la strada.
"Devi avere pazienza Lazuli, purtroppo è un po' matto anche il maestro! Altrimenti non sarebbe qui!" provò a spiegare con gentilezza.
"Tu invece sei matto?!" sibilò Lazuli, fissando la Vera Tartaruga dritta nei suoi piccoli occhi.
"Questa domanda dovresti porla a te stessa, amica mia. Sei tu che stai discutendo con una gigantesca tartaruga parlante e la reputi una cosa normale" sorrise Umigame.
Lazuli abbassò la testa e respirò profondamente, cercando di calmarsi.
"Avanti, concludi la tua stupida storia" sbottò, rivolta a Muten.
Pensò che forse quella era una prova che doveva superare. Una sorta di ennesimo limite a cui poteva dimostrarsi in grado di saper portare la propria pazienza. Una resistenza mentale che l'avrebbe resa abbastanza forte da eliminare Cell.
"Dunque..." si schiarì la voce Muten. "Ci tenevo a dirti che quando ti arrabbi diventi ancora più carina, lo sai?" aggiunse, guadagnandosi l'ennesima occhiataccia spiritata da parte di Lazuli. "E poi... mi chiamano Testuggine perché davo i testi da studiare. Testuggine, testi... ovvio, no?"
"In effetti è ovvio" annuì Umigame.
Lazuli si limitò a squadrare prima uno e poi l'altro, e si sforzò di contare fino a dieci, prima di esplodere. Anzi, contò fino a cinquanta, ma questo non bastò a evitare che scendesse il gelo in quella spiaggia in realtà incandescente.
"E-Ecco... come ti dicevo, andavamo a scuola nel mare e..." riprese Muten, intimorito dalla crudeltà dello sguardo del demone dalla faccia angelica che non smetteva di fissarlo con fare intimidatorio.
"E cosa insegnavi a quei poveretti dei tuoi alunni?!" lo interruppe Lazuli.
Iniziava ad avere fretta.
"A Reggere e Vivere, naturalmente, per cominciare" rispose il vecchio.
"Leggere e Scrivere, vorrai dire..." sbuffò lei.
"In mare le cose sono un po' diverse..." provò a intromettersi timidamente Umigame.
"Ben detto! E insegnavo anche le operazioni della matematica: Ambizione, Soppressione, Mostrificazione e Derisione" continuò Muten, fiero di sé.
"Io al massimo conosco l'Addizione, la Sottrazione, la Moltiplicazione e la Divisione" sibilò Lazuli, prima di accennare un sorriso diabolico. "Però ammetto che sarei tentata di imparare questa fantomatica Soppressione e sperimentarla su una Finta Tartaruga".
"Ah, ah, ah! Mi fai morire, Lazuli!" rise Muten, grattandosi la nuca.
"È letteralmente quello a cui ambisco, se non la pianti" rispose lei lapidaria. "E poi che roba sarebbe la Mostrificazione?!"
"Beh, è normale che tu non la conosca. Sicuramente tu sei esperta in Bellficazione, in effetti" ribatté Muten, pensieroso.
Lazuli osservò Umigame, come se si aspettasse da lui un motivo valido per non andare dal vecchio, prendergli il bastone dalle mani e spaccarglielo in testa.
"La Bellificazione... significa... rendere... qualcosa più bella" spiegò la tartaruga, visibilmente intimorita, deglutendo il nulla.
"Tu saresti diventata sicuramente la professoressa più ambita in Bellificazione se fossi vissuta in mare, dolce Lazuli!" esclamò Muten. "È evidente, bella come sei!"
Lazuli si schiaffò una mano sulla fronte e guardò di nuovo verso il cielo, esasperata.
"Non mi interessa cosa sarei diventata, mi importa solo che concludi questo cumulo di sciocchezze" sibilò. "Insegnavi altre materie assurde, presumo...".
"Sì, c'era la Scoria" annuì il vecchio, cominciando a contare le materie sulle punte delle sue dita sottili e rugose. "La Scoria antica e quella moderna, poi c'era Acquografia e Disdegno".
"Le persone normali studiano Storia, Geografia e Disegno, comunque..." incrociò le braccia sotto il seno Lazuli.
"Ma in questo mondo non ci sono persone normali, e nemmeno tu lo sei, altrimenti non saresti qui, dolcezza" sorrise Muten. "A un certo punto, poi, mi avevano affiancato un vecchio Anguillone esperto in Disdegno. Lui insegnava anche a fare Sguizzi e poi la Frittura ad olio".
Un Anguillone?! Schizzi e pittura ad olio, in un mondo dotato di senso.
Lazuli non sapeva se avrebbe dovuto sentirsi divertita da tutte quelle parole storpiate. Forse un giorno lo sarebbe stata. Forse quando avrebbe portato a termine la sua missione.
"Digli anche di quando è arrivato quel vecchio Granchio!" esclamò Umigame.
"Ah sì, quello era un sapientone, esperto di materie classiche! Insegnava Casino ed Eco!" spiegò Muten.
"Latino e Greco, magari..." sollevò appena un sopracciglio Lazuli. "E quante ore al giorno facevate studiare queste robe a quei poveretti dei vostri alunni?!"
"Dieci ore il primo giorno, nove il secondo, e così via" rispose la Finta Tartaruga, come fosse un'ovvietà.
"Ma che programma scolastico è?!" chiese lei.
"Non è un programma Scolastico, è un programma Scalastico! Mi sembra ovvio!" allargò le braccia il vecchio.
"Scalastico perché si scalano le ore" spiegò con un filo di voce Umigame, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Lazuli.
"Sono irritata e spazientita, non stupida. L'avevo capito" sillabò, prima di tornare a guardare Muten. "Adesso basta parlare di scuola, o di qualunque cosa tu abbia parlato fino adesso".
"In effetti la storia era finita" convenne la tartaruga.
"Allora ho superato la prova?! Posso andare?! Che strada devo prendere?!" esclamò lei, guardandosi attorno. Non vedeva porte e passaggi.
"Dipende tutto da dove vuoi andare" rispose Muten.
"Voglio andare al Cell Game e sconfiggere quel mostro una volta per tutte!" annunciò lei, senza esitare. "Sono diventata abbastanza forte?!"
Il vecchio si fece serio. Umigame anche.
"Ti sembra di essere diventata la Regina di Cuori?" gli chiese Muten.
"No... e non capisco come potrei diventarlo" sbuffò Lazuli.
"Allora devi fidarti di una Finta Tartaruga come me" stabilì il vecchio, saltando giù dallo scoglio.
"Non hai superato nessuna prova. Anche perché non era una prova, era solo una storia per conoscerci meglio" spiegò Umigame.
"E, adesso che ti ho conosciuta sul serio, posso dirti che sei la persona giusta per salvare questo mondo" disse Muten, solenne. "Sei pronta a seguire i miei allenamenti senza fiatare e lamentarti?!"
"Sì!" rispose Lazuli, con tono quasi militaresco.
"Sei pronta a tirare fuori tutto il tuo potenziale latente?!"
"Sì!"
"Sei pronta a farmi dare un'occhiata alle tue mutand-...".
"No! Razza di schifoso!" lo interruppe Lazuli, paonazza.
"Maestro, contegno per favore, almeno adesso!" lo richiamò all'ordine Umigame, mentre la Finta Tartaruga si asciugava il naso che colava di nuovo sangue.
"Giusto, giusto! Mi sembra giusto!" si ricompose.
Si sfilò gli occhiali da sole e fissò lo sguardo glaciale di Lazuli, serio come non mai.
"Sei pronta a seguirmi e a diventare la Regina di Cuori che salverà tutti noi?"
"Sì. Sono pronta".
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, al termine di un capitolo sostanzialmente di passaggio dedicato al disagio che spero vi abbia fatto sorridere un po' in questi tempi cupi! Lo so che il titolo era volutamente fuorviante, però c'è stato di mezzo Carnevale e ho voluto farvi uno scherzetto... niente Lazuli Regina stavolta, vedremo se la prossima sarà la volta buona!
In compenso ho voluto fare tante, ma davvero tante, citazioni dal libro di Carroll, perché questo è uno dei capitoli meno famosi della sua opera. Spero abbiate apprezzato anche questo! Umigame (il nome giapponese di Tartaruga) qui ricopre un po' il ruolo del Grifone, cioè colui che conduce Alice al cospetto della Finta Tartaruga, che non poteva essere altri che Muten come tutti voi avevate immaginato!
 
Un grazie speciale va come sempre a chi mi sostiene e mi supporta, a chi legge e a chi mi lascia le sue considerazioni, sempre fondamentali per me! Grazie poi a Sweetlove che mi ha fatto un paio di splendidi disegni in occasione del mio compleanno, oggi pubblico una meravigliosa Lazuli immersa nella natura.
 
Bene, tra due settimane vedremo in cosa consisterà l'allenamento speciale di Muten e se Lazuli sarà in grado di diventare la Regina di Cuori che tutti stanno aspettando.
Ce la farà in tempo per l'inizio del Cell Game? Muten regalerà altro disagio?
Il titolo del prossimo capitolo ricalca quello del cap. 10 di Alice in Wonderland: "La Quadriglia delle Aragoste".
Grazie ancora, ci vediamo tra due mercoledì.
 
Teo

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Capitolo 26
*** La Quadriglia delle Aragoste ***


26 - La Quadriglia delle Aragoste
 
 
"Molto bene! Per prima cosa ci vuole un po' di riscaldamento e un po' di potenziamento" disse la Finta Tartaruga, pensierosa, entrando in casa.
Ne uscì poco dopo sorreggendo tra le mani una cassetta di legno contente sei bottiglie di vetro piene di latte, almeno a giudicare dalla scritta "Milk" sull'etichetta e dal colore bianco del liquido al loro interno.
La appoggiò sui gradini d'ingresso e si stiracchiò, massaggiandosi la schiena sotto al guscio che continuava a portare come fosse uno zaino.
"Sono tutto anchilosato e gli anni cominciano a farsi sentire. Poi è bella pesante, in effetti, questa cassetta" ridacchiò.
"Cosa dovrei farmene?" domandò Lazuli, stranita.
"Cento giri correndo intorno all'isola stando attenta a non rovesciare neanche una goccia di latte" allargò le braccia Muten, come se fosse un'ovvietà.
"Cosa?! Che senso ha farmi fare una roba del genere?!" alzò il tono di voce la ragazza, che non capiva se la stesse di nuovo prendendo in giro.
"Correre sulla sabbia è più faticoso, sostenendo al contempo un simile peso migliorerai anche la forza delle braccia, del busto e in generale il tuo senso di equilibrio" rispose il vecchio, serio e concentrato.
Lazuli si rese conto che non stava scherzando. E che, forse, avrebbe dovuto fidarsi di lui.
"Per diventare la Regina di Cuori dovrai imparare a utilizzare la tua energia spirituale e a sprigionarla al massimo della sua potenza" continuò. "Ma tutto questo sarebbe inutile senza un adeguato rafforzamento fisico che ti permetta di gestire la potenza che ti renderai conto di avere dentro di te".
"E va bene, lo farò" si limitò a dire Lazuli, avvicinandosi alla cassetta piena di bottiglie.
"Aspetta, aspetta, mia cara! Così sarebbe troppo facile!" la fermò Muten sogghignando. "Dovrai portare in spalla un guscio come il mio. Prima di diventare Regina, devi imparare ad essere una Finta Tartaruga!"
"Se pensi che andrò in giro conciata come te, beh, allora hai capito male!" ringhiò Lazuli.
"Ma guarda che anche questo fa parte del tuo allenamento, eh!" rise Muten, sfilandosi il suo guscio lilla e lasciandolo cadere alle sue spalle.
Lazuli rimase sbalordita per come sprofondava nella sabbia. Doveva essere pesantissimo.
"Ah, ogni tanto fa bene alla schiena e allo spirito levarsi di dosso quel fardello!" esclamò Muten, inarcando il busto rachitico e facendosi scrocchiare la schiena. "Se anche un arzillo vecchietto come me è in grado di farlo, non dovrebbe essere un problema per una bella ragazza dal fisico atletico come te" aggiunse, ammiccando. "A proposito, se vuoi puoi cambiarti e metterti qualcosa di più comodo per allenarti, ho preparato delle cose per te nell'armadio all'ingresso. Falle vedere tu, Umigame, io intanto vado a prenderle il suo guscio".
"Va bene, Maestro" rispose la tartaruga, cominciando a salire i gradini davanti all'entrata della piccola casetta posta al centro dell'isola. "Seguimi, Lazuli".
"In effetti forse non sarei molto comoda ad allenarmi con questo vestito... e poi fa davvero tanto caldo..." convenne lei, scollandosi dal seno l'abitino bianco e azzurro. Era decisamente sudata.
"Bene, il Maestro ha detto di aprire qui e ..." si interruppe Umigame, dopo aver aperto l'anta dell'armadio.
Lazuli osservò quello che c'era appeso al suo interno e strinse i pugni con rabbia, osservando poi la tartaruga.
"Tu lo sapevi?" si limitò a commentare, gelida.
"N-no..." balbettò Umigame, terrorizzato.
Se la sua pelle di rettile gli avesse consentito di sbiancare per la paura, probabilmente lo avrebbe fatto. Se ne rese conto anche Lazuli, bastava osservarlo.
"Quel vecchio bavoso pervertito... gli spacco in testa quel guscio, altro che allenamento..." sibilò, mente guardava i vari baby-doll, completini intimi decisamente succinti, perizomi e giarrettiere che si trovavano all'interno dell'armadio.
C'era persino un frustino, un costume da gattina e uno da coniglietta.
"Dammi qualcosa di decente per allenarmi o giuro che non la passerai liscia nemmeno tu" ordinò a Umigame, fulminandolo con lo sguardo.
"C-certo! Avevo... avevo preparato anch'io qualcosa!" rispose lui, terrorizzato, aprendo un cassetto.
Conteneva degli shorts blu sportivi e una canottiera morbida bianca, oltre che un costume celeste.
"Ecco... dopo la corsa dovrai allenarti anche in mare, quindi...".
"Ok, ok, ho capito..." lo liquidò Lazuli, prendendo i vestiti. "Vai fuori con quel vecchio demente, devo cambiarmi..." sbuffò.
 
"Così va meglio" disse poco dopo Lazuli, accennando un sorriso verso Umigame, che l'aveva aspettata appena fuori dalla casa.
La sabbia le solleticava i piedi nudi, mentre avanzava e si legava in vita di lato la canotta.
Era una bella sensazione. Quell'isola era stupenda, le sarebbe piaciuto un giorno andare insieme a Radish in un posto simile.
Già, Rad... pensava a lui, e non poteva fare a meno di guardare inorridita Muten che agitava le mani per richiamare la sua attenzione e le indicava un grosso guscio da tartaruga rosa che le aveva preparato.
Quanto tempo era passato da quando si era separata da Radish? Aveva la sensazione che in quell'isoletta il tempo scorresse in maniera diversa, ma non poteva averne la certezza. Avrebbe fatto in tempo ad essere pronta per il Cell Game? Non voleva per nessuna ragione al mondo perdere Radish. Non voleva perdere nessuno dei suoi amici, in realtà. Loro contavano su di lei, e lei doveva salvarli tutti. Solo così, forse, avrebbe davvero salvato sé stessa.
"Ah, mia cara, sei uno schianto anche così!" starnazzò la Finta Tartaruga, dopo essersi abbassato gli occhiali da sole per guardare meglio le generose curve di Lazuli. "Anche se speravo che avresti indossato...".
"Scordatelo, vecchio bavoso" lo interruppe lei, fulminandolo con lo sguardo. "Non ti faccio a pezzi solo perché mi servi per rendermi più forte, ma vedi di non azzardarti mai più" aggiunse, ringhiando.
"Al maestro piace scherzare e..." provò di nuovo a raffreddare gli animi Umigame, ritrovandosi gelato da un'occhiataccia di fuoco da parte della ragazza che lo convinse a tacere e a farsi da parte.
"Devo mettere su questo, giusto?" sbuffò Lazuli, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e avvicinandosi al guscio.
Afferrò una cinghia di quella sorta di zaino enorme e si rese conto che era davvero pesantissimo. Respirò profondamente e strinse entrambe le cinghie, riuscendo a issare il guscio e a posizionarselo sulla schiena.
Era talmente pesante che rischiò di cadere all'indietro mente sprofondava leggermente nella sabbia coi piedi. Le spalle e la schiena le facevano male.
Come avrebbe potuto fare cento giri intorno all'isola correndo mentre teneva tra le mani una cassa piena di bottiglie di latte?!
"Sei uno spettacolo meraviglioso, dolcezza!" esclamò la Finta Tartaruga, mentre una goccia di sangue gli colava dal naso.
"S-Se non taci, giuro che ti ammazzo... s-sul serio, eh..." sibilò lei, regalandogli uno sguardo carico d'odio e cercando di camminare verso la cassetta del latte.
"Ce la puoi fare Lazuli!" la incoraggiò Umigame.
"Certo, se ce la fa un arzillo vecchietto come me a portare sempre in spalla un simile peso non vedo perché non dovresti riuscirci tu" sorrise Muten, facendo sfoggio del suo guscio. "Vedrai che quando avrai finito questa prova ti sembrerà di essere diventata velocissima e più leggera!"
Lazuli dovette fare appello a tutta la sua tenacia e alla sua determinazione, anche al suo orgoglio ovviamente.
Sollevò la cassa piena di bottiglie e cominciò a camminare, per poi iniziare a correre goffamente. A ogni passo rischiava di rovesciare il latte, ma anche di sbilanciarsi all'indietro schiacciata dal peso del guscio. Le faceva male ogni parte del corpo, sia le braccia che le mani, per non parlare di schiena, spalle e gambe, che le davano l'impressione di poter quasi esplodere da un momento all'altro.
La sua andatura da lenta e scoordinata si fece però pian piano più veloce e aggraziata.
Anche se cercava di non darlo a vedere stava male, il sole le picchiava sulla testa e il sudore le faceva bruciare gli occhi e le accarezzava i muscoli, ma sentiva che stava migliorando in quel folle allenamento.
Sapeva di non poter mollare, il suo stesso carattere le impediva di farlo. Era abituata a soffrire in silenzio. A nascondere quello che provava.
Correva, e non smetteva di farlo anche quando le tremavano le braccia per il dolore e rischiava di caderle tutto. Non si fermava nemmeno quando sentiva fitte alla schiena, o quando vedeva nero davanti a sé.
Nei momenti di crisi cercava di pensare a Radish, a quanto non poteva deluderlo né abbandonarlo. E pensava a sé stessa, a quanto sarebbe diventata forte per poterla far pagare cara a Cell. Per poter vendicare suo fratello. Anzi, i suoi fratelli.
Perse il conto dei giri dopo il sessantacinquesimo, nemmeno la sua mente analitica e profondamente razionale riusciva più a gestire con lucidità la fatica, il caldo e la voglia di gettare via quella stupida cassa e quel pesantissimo guscio.
Andava avanti per inerzia, ormai non badava nemmeno più ai commenti perversi di Muten e agli incoraggiamenti di Umigame. Le sembrava di poter perdere i sensi da un momento all'altro, ma non poteva mollare. Non doveva cedere.
Non sentiva più nulla, vedeva a malapena una distesa di sabbia seguita da una macchia azzurra che era il mare. Nemmeno il tintinnio delle bottiglie di vetro arrivava più alle sue orecchie.
"Ferma! Lazuli, basta!"
Si scontrò contro qualcosa e cadde all'indietro, rovesciando di lato la cassa e tornando per un attimo in sé.
"No! No, l-le bottiglie... io... io d-devo continuare a correre..." biascicò, cercando di rialzarsi.
"Hai già fatto centodieci giri, Lazuli! Non devi più correre!"
Fu in quel momento che la ragazza si riscosse del tutto. Davanti a sé si delineò lentamente la figura di Umigame, in posizione eretta davanti a lei con le pinne anteriori spalancate. Era stata la tartaruga a sbarrarle la strada con la sua mole.
"Hai fatto anche più di quello che ti avevo ordinato, non avevo mai avuto un'allieva forte e tenace come te!" aggiunse Muten, alle sue spalle, mentre la aiutava a sfilarsi il guscio. "Non ho mai avuto nemmeno un'allieva bella come te, a dire la verità".
Lazuli trovò a malapena la forza di voltare la testa per fucilarlo con un'ennesima occhiataccia, dopodiché si alzò a fatica, in silenzio, e cominciò a camminare come un automa verso il mare.
Sapeva solo che aveva bisogno di gettarsi in acqua, di trovare un po' di fresco. Di entrare in contatto con quello che, in fondo, era sempre stato il suo elemento.
Si sfilò la canotta fradicia e la gettò ai suoi piedi, mentre si lasciava cadere anche gli shorts e cominciava a corricchiare verso il bagnasciuga con le ultime forze che le erano rimaste.
Sentire il contatto con l'acqua fredda e cristallina sui piedi e sulle caviglie sembrò rigenerarla. Avanzò finché l'acqua non le raggiunse le cosce, prima di tuffarsi e nuotare giusto un paio di bracciate per dirigersi verso un punto in cui l'acqua era più profonda. Si voltò a pancia in su e rimase a fissare il cielo, mentre l'acqua marina la cullava e la trasportava seguendo la debole corrente.
Lazuli respirò profondamente e chiuse gli occhi. All'improvviso sentì fluire di nuovo in sé un'energia nuova, una linfa vitale che non aveva mai conosciuto.
Non era più stravolta, nemmeno affaticata. Si sentiva meglio di prima.
Era tutto assurdo, ma ormai aveva rinunciato da tempo a trovare un senso compiuto in ciò che le capitava in quel mondo.
 
"Dovresti aver recuperato le forze, eh dolcezza?"
La voce di Muten la riscosse e la convinse ad aprire gli occhi. Al suo fianco galleggiava anche Umigame, e lei gli sorrise.
"Sei stata brava" le disse. "Ma era solo la prima parte del tuo allenamento".
"Lo credo bene, non poteva essere così facile" fece spallucce Lazuli, volutamente sbruffona, prima di nuotare verso riva in modo da poter toccare coi piedi pur restando a mollo.
"Forse tu non hai vissuto a lungo sott'acqua..." prese la parola Muten, appollaiato su uno scoglio, dopo essersi schiarito la voce per attirare l'attenzione di Lazuli.
"No, sai com'è, non sono una sirena..." lo interruppe lei, acida.
"Però sei di una bellezza abbagliante proprio come una sirena, ora che ti osservo per bene in costume!" ribatté Muten, prima che una goccia di sangue gli colasse dal naso per l'ennesima volta.
"Ma quanto puoi fare schifo?! Se non ti sbrighi con la seconda parte dell'allenamento vengo lì, ti butto in acqua e ti affogo" ringhiò Lazuli.
"Ok, ok, scusami cara!" rise la Finta Tartaruga. "Come dicevo, se non hai mai vissuto sott'acqua, non puoi sapere che cosa sia la Quadriglia delle Aragoste".
"È un allenamento speciale" si intromise Umigame.
"Prima di tutto si forma una linea in acqua..." riprese Muten.
"Tre linee!" lo corresse la vera tartaruga.
"Giusto, tre! È da tanto tempo che non sottopongo nessuno a questa prova!" ridacchiò il vecchio. "Foche, tartarughe, salmoni!"
Davanti a Lazuli, improvvisamente, comparvero tre file orizzontali formate da questi animali così variegati.
"Foche... qui?!" sgranò gli occhi lei, allibita.
"Non dimenticarti che io sono una tartaruga che parla. Sei un po' matta Lazuli, te lo ricordi, vero?" le disse timidamente Umigame.
Lei si limitò a guardarlo di sbieco, prima di tornare a fissare Muten con aria severa.
"Se è una delle tue pagliacciate, ti uccido".
"Non è una pagliacciata... se fossi in te penserei ad evitare tutte quelle meduse" rispose lui.
Lazuli tornò a guardare davanti a sé, e si rese conto di essere circondata da un gruppo di grosse meduse che avevano tutta l'aria di avercela con lei. Nell'aria cominciò a diffondersi una strana musica. Sembrava adatta a un ballo di gruppo ottocentesco.
"Bene, comincia a danzare, Lazuli! Si parte con la Quadriglia!" annunciò Muten, ridendo.
"Ma... cosa?!" gridò lei, mentre le meduse cominciavano ad attaccarla.
Nuotò di lato evitandole, e si rese conto di essere velocissima nonostante la resistenza dell'acqua.
Che fossero i primi frutti del suo allenamento precedente?
Intorno a lei apparvero dal nulla delle aragoste, che formavano due cerchi concentrici e saltellavano, come se stessero eseguendo dei passi di danza a ritmo di musica.
"Devi evitare le meduse e riuscire ad afferrare un'aragosta! La Quadriglia è un ballo di coppia, prima che di gruppo!" annunciò Muten.
Lazuli si scagliò verso le aragoste, ma queste si dimostrarono subito più veloci di lei.
"Prendi un'aragosta e poi nuota fino a quello scoglio laggiù! Dovrai superare le tre linee di foche, tartarughe e salmoni! E arrivare prima di quell'aragosta che ha già iniziato a nuotare verso lo scoglio!" gridò Muten. "Forza, Umigame, vecchio mio! Canta e balla con me!"
"Ecco, io..." farfugliò la tartaruga, inabissandosi leggermente, imbarazzata.
"E va bene, canterò da solo per incoraggiare la nostra dolce e incantevole Lazuli!" proclamò il vecchio. "Fa il bianchetto alla lumaca: 'Vuoi andare più veloce? A pestare la mia coda c'è un marsuino assai feroce".
Lazuli cercava di non distrarsi, anche se quella sorta di stridulo latrato non faceva altro che innervosirla. L'avrebbe fatta pagare anche a quel vecchio pervertito quando tutta quella storia sarebbe finita.
Quelle maledette aragoste erano tremendamente rapide, ma lei era più furba e non era di certo lenta. Ne afferrò una per la coda, evitò l'attacco delle sue compagne e soprattutto delle meduse, e si preparò a sfidare la linea di foche che la attendevano minacciose.
"Tartarughe e aragoste sono pronte ad avanzare, stanno ferme sulla spiaggia, manchi tu per cominciare! Fai la statua o sciogli il passo? Vuoi venir sì o no a danzare?" continuava a cantare Muten, mentre Lazuli superava con qualche ammaccatura di troppo le linee nemiche e cominciava a lanciarsi all'inseguimento dell'aragosta in fuga.
Era difficilissimo nuotare stringendo in una mano l'altro crostaceo che continuava a cercare di pungerla con le sue chele. La musica e gli stridii della Finta Tartaruga la innervosivano, ma non poteva mollare, doveva vincere.
Ignorò il dolore lancinante che iniziava a provare e iniziò a nuotare con tutte le forze che le erano rimaste, in apnea, finché non toccò lo scoglio col palmo delle mano. Riaprì gli occhi solo in quel momento, e vide che era riuscita a battere l'aragosta sua avversaria.
All'improvviso tutti gli animali intorno a lei scomparvero, insieme a quella stupida musica.
Chiuse un pugno, stravolta e felice, e lo alzò verso il cielo, mentre sentiva di nuovo fluire dentro di sé una nuova ricarica di energia. Era successo esattamente come prima. Aveva superato un'altra prova e si sentiva più forte.
"Sei pronta per la prova finale, cara Lazuli!"sorrise Muten. "Hai ballato bene la Quadriglia delle Aragoste, ma riuscirai davvero a diventare la Regina di Cuori?!"
 
 
 
 
 
 
 
Note: bene, un altro capitolo dedicato al disagio e all'allenamento di Lazuli è andato, e spero vi sia piaciuto! Ho voluto ancora una volta dare spazio al capitolo dedicato alla Finta Tartaruga presente nell'opera originale perché secondo me è un personaggio sottovalutato nel suo delirio insieme al Grifone, e poi ho voluto fare qualche citazione anche a Dragon Ball ovviamente.
Però dal prossimo capitolo non si scherza più.
 
Grazie come sempre a tutti voi che mi sostenete, che mi scrivete le vostre impressioni e mi sostenete nella complicata fase conclusiva di questa mia long, siete speciali! E grazie anche a chi legge in silenzio, ovviamente.
 
Bene, in cosa consisterà l'ultima parte dell'allenamento? Riuscirà Lazuli a diventare la Regina di Cuori che tutti attendono? Cosa ne pensate dei look preparati da Muten per Lazuli, soprattutto?! Avreste voluto vederglieli indossati?! ;-)
Il titolo del prossimo capitolo è decisamente significativo: "Il Cell Game".
Grazie ancora, ci vediamo tra due settimane!
 
Teo
 
        
 
 

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Capitolo 27
*** L'Onda Energetica ***


27 - L'Onda Energetica
 
 
Lazuli nuotava lentamente verso la riva e cercava di riprendere fiato. I muscoli le facevano male per la fatica, le botte che aveva preso durante l'ultima prova cominciavano ad emergere sul suo corpo, ora che ci faceva caso.
Respirò profondamente e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla marea come aveva fatto al termine della prima prova.
Nel giro di pochi istanti sentì l'energia tornare a fluire in lei, proprio come era accaduto prima della Quadriglia delle Aragoste. Quell'acqua di mare doveva avere dei poteri magici curativi se una persona si dimostrava in grado di superare le prove e di avere una buona capacità di concentrarsi, doveva essere quella la spiegazione. Non che le importasse poi molto trovare un senso in quello che accadeva in quel mondo assurdo, ormai ci aveva rinunciato da tempo. Figurarsi trovare una spiegazione razionale in una dimensione parallela ancora più assurda di quel mondo assurdo. Dimensione parallela abitata da un vecchio pervertito, tra l'altro.
"Allora, cara Lazuli, ti sei ripresa? Dai tuoi muscoli tirati a lucido si direbbe di sì!"
La voce di Muten spinse Lazuli a riaprire gli occhi, proprio mentre un leggerissimo vento spostava nel cielo una nuvola che sembrava avere un po' la forma dei capelli di Radish quando li teneva sciolti. Sorrise, e si rese conto che la marea l'aveva portata verso la riva. Cominciò a camminare finché l'acqua le arrivò circa a metà caviglia.
Si riavviò i capelli bagnati con entrambe le mani e respirò profondamente.
Non c'erano più ematomi o ferite sul suo corpo. Si sentiva bene.
Nonostante tutto.
Nonostante avesse paura di non diventare abbastanza forte.
E nonostante si sentisse degli occhi lascivi puntati addosso.
"Più che ai miei muscoli, mi sembri particolarmente interessato al mio sedere. Porco di un pervertito" ringhiò, fulminando con lo sguardo Muten, che si grattava la nuca e al quale colava un rivolo di sangue dal naso.
"Non è colpa mia se sei così..." provò a giustificarsi la Finta Tartaruga.
"Adesso taci e vedi di farmi fare questa terza prova. O giuro che ti ammazzo, sul serio stavolta" lo interruppe lei, gelida. "Quanto tempo è passato da quando sono qui?"
"Ah, io non ne ho idea..." fece spallucce il vecchio, mandandola su tutte le furie.
"Come sarebbe a dire che non ne hai idea?! Sono in ritardo per il Cell Game?!" sbraitò.
"Non posso sapere se tu sia in ritardo o in orario per quel torneo... so solo che nelle tue attuali condizioni saresti semplicemente in ritardo o in orario per farti assorbire da quel mostro" allargò le braccia Muten, prima di lisciarsi la barba bianca.
"Adesso mi hai rotto!" sbottò Lazuli, colpendo il pelo dell'acqua con un pugno e cominciando a camminare a passo di carica verso di lui.
"Calma, calma! Il Maestro intende dire che qui il tempo scorre in maniera diversa rispetto al mondo da cui sei arrivata!" si intromise Umigame, cercando di fare da paciere.
"Cosa significa questo?!" sgranò i suoi occhi di ghiaccio la ragazza, piantandoli in quelli pacifici e socchiusi della tartaruga.
"Significa che noi non possiamo sapere da quanto tempo sei qui, se rapportiamo il tempo a quello che scorre di là".
Lazuli abbassò la testa e si mise le mani tra i capelli.
Ebbe paura.
Paura di essere in ritardo. Paura di perdere tutti.
Paura di non poter salvare nessuno.
Di non riuscire a combinare niente, come suo solito.
Radish le aveva detto che era sempre stata troppo severa con sé stessa, ma non poteva fare a meno di sentirsi insicura. Soprattutto ora che il suo sesto senso le diceva che probabilmente la battaglia contro Cell era già iniziata.
"Il Maestro però ha ragione nel dire che non sei pronta. Devi restare concentrata e superare l'ultima prova" riprese la tartaruga.
"Allora muovetevi!" tuonò lei, prima di voltarsi verso Muten. "Sbrigati! Potrebbero morire tutti se non ti muovi a farmi fare questa prova!"
Il vecchio si fece serio.
Si alzò e si schiarì la voce, prima di saltare giù dalla scogliera, restando però sospeso senza nemmeno sfiorare il pelo dell'acqua.
Lazuli lo guardò allibita. Com'era possibile che quel vecchio demente depravato stesse fluttuando nell'aria?! Sapeva volare?!
"Se vuoi salvarli tutti, devi imparare a fare questo" si limitò a dire, fissando un punto indefinito verso il mare aperto.
Mise le mani a coppa e le portò sul fianco, all'altezza del costato. Dopodiché piegò in avanti una gamba e tese alle sue spalle l'altra, abbassandosi.
Sembrava concentratissimo, Lazuli lo guardava stralunata senza capire cosa stesse facendo.
"Kame... hame..." cominciò a scandire, facendo arretrare le braccia.
Lazuli notò che all'interno delle mani di Muten si era formata quella che aveva tutta l'aria di essere una sfera di energia celeste con venature argentate.
"...haaaaa!" sbraitò il vecchio, tendendo in avanti le braccia con un gesto secco e generando un fascio di luce potentissimo che partiva dalle sua mani.
Lazuli osservò il mare aprisi in due, lasciando posto a uno stretto corridoio in cui si poteva vedere il fondale come fosse un sentiero. Le pareti d'acqua crollarono solo quando la Finta Tartaruga ritrasse le braccia e smise di generare quel flusso di energia.
"Cosa... cosa hai fatto?!" chiese Lazuli, mentre Muten ancora ansimava per lo sforzo compiuto.
"Questa è una mossa speciale che solo in pochi sono in grado di riprodurre... io l'ho insegnata a Goku tanti anni fa, ad esempio" rispose il vecchio, sistemandosi gli occhiali da sole. "Si chiama Onda Energetica. Con questa mossa potresti riuscire ad avere la meglio su Cell".
"E perché non può ucciderlo Goku, allora?! Se è in grado anche lui di eseguire questo attacco..." sbuffò lei, spazientita. "Io non ho la più pallida idea di cosa dovrei fare per riuscire a lanciare qualcosa di simile...".
"Goku proverà sicuramente ad attaccare quel mostro con l'Onda Energetica, ma onestamente non credo che sia abbastanza forte per farcela. Non da solo, almeno..." abbassò la testa Muten. "Radish era convinto che tu saresti riuscita a generare un'Onda Energetica immensamente più potente di quella di suo fratello, e ora che ti ho vista ne sono convinto anch'io".
"E perché dovrei riuscire a lanciare un'onda più potente? Non sono un guerriero come lui".
"Perché tu possiedi un'enorme potenziale latente, non solo una bellezza abbagliante" ammiccò Muten, tornando serio solo dopo l'ennesima occhiataccia omicida da parte di Lazuli.
"Il Maestro si è reso conto che dentro di te scorre un'energia potenzialmente infinita" intervenne Umigame.
"Devi solo imparare a tirarla fuori e incanalarla in questo colpo" riprese Muten.
"Mi basta dire solo quella specie di formula magica e mettere le mani così?" domandò Lazuli, mettendosi in posa come aveva visto fare a Muten poco prima. "Anzi, devo dire per forza quelle parole assurde?! È... imbarazzante..." arrossì leggermente.
"Certo, fa parte della mossa! Aiuta a incanalare l'energia fino alla mani!" esclamò il vecchio, sorridendo.
"Kamehameha... è questo che devi dire" spiegò Umigame.
"Sembra uno stupido scioglilingua... e anche questa posa è ridicola" sbuffò la ragazza, portando le braccia lungo i fianchi e cominciando a farle arretrare. "K-Kame... hame... h-ha" aggiunse timidamente, portando avanti di scatto le braccia.
Dalle sue mani, però, non fuoriuscì nulla.
Muten scoppiò a ridere.
"S-Se ti sei preso gioco di me ti ammazzo!" sbraitò, paonazza, avvicinandosi minacciosa.
"No, no! Rido perché non potevi pensare di lanciare un'Onda Energetica senza avere le basi necessarie per poterlo fare!" provò a giustificarsi il vecchio.
"Tu non sai percepire l'energia spirituale, giusto?" domandò Umigame, cercando di calmarla.
"Non so nemmeno cosa sia..." ringhiò lei.
"È la forza spirituale che ognuno di noi ha dentro di sé. È la nostra aura" aggiunse Muten. "Se riesci a percepire la tua, concentrandoti, potrai a quel punto farla uscire dal tuo corpo e incanalarla in un'onda come ho fatto io. E potrai anche volare".
"All'inizio è difficile, però poi sarai in grado di riconoscere e percepire anche le aure degli altri" spiegò Umigame. "Potrai capire quanto è alto il livello combattivo di una persona e dove si trova. Anche il suo stato di salute, perché più è flebile la sua aura, più significa che quella persona sta male o è in pericolo di vita".
"Voi... voi dunque riuscite a percepire le aure di Radish e degli altri?" chiese Lazuli.
"Perché ci chiedi proprio di Radish?" alluse Muten, abbassandosi gli occhiali da sole e sollevando un sopracciglio.
"Rispondi alla mia domanda e basta!" tuonò lei in tutta risposta, arrossendo leggermente e incrociando le braccia sotto il seno.
"Da qui è un po' complicato perché siamo in una dimensione parallela... però sì, sento la forza spirituale di Radish. Direi che sta bene" sorrise Muten.
Lazuli tirò un sospiro di sollievo.
"Senti anche quella degli altri?"
Muten rimase in silenzio, e a Lazuli parve rabbuiarsi per un istante.
"Sì..." si limitò a rispondere.
"Hanno iniziato a combattere?! È successo qualcosa?! Non nascondermi le cose!" protestò la ragazza.
"Non ti nascondo niente, è solo che alcune aure appaiono come offuscate e non riesco a capire cosa stia succedendo..." si giustificò il vecchio, anche se a Lazuli non parve del tutto convincente nella sua spiegazione.
"È davvero difficile percepirle tutte da qui" disse Umigame.
"Voglio riuscirci anch'io" stabilì lei. "E voglio riuscire a imparare quell'Onda Energetica".
"Tu sarai in grado di generarne una infinitamente più potente di quella che hai visto" intervenne la Finta Tartaruga. "La mia di prima era piuttosto debole. Non ci ho messo molta energia, e poi sono un vecchietto ormai" aggiunse ridacchiando.
"Per prima cosa devi riuscire a percepire la tua forza spirituale" spiegò Umigame.
"Chiudi gli occhi e concentrati. Isolati dal mondo e da qualunque pensiero. Cerca di sentire il fluire della forza nel tuo corpo" intervenne Muten.
Lazuli respirò profondamente e chiuse gli occhi, cercando di isolarsi e di concentrarsi al massimo. Non era facile eliminare i pensieri, le preoccupazioni, le ansie. Era un po' come in certe notti, quelle in cui si sentiva sola e non riusciva a dormire.
Sentiva il suo cuore batterle nel petto, l'aria che entrava e usciva dai polmoni. L'acqua che le accarezzava le caviglie scomparve dalla sua percezione, così come ogni rumore intorno a sé.
Era come se sentisse il proprio sangue scorrerle nelle vene.
Era come se sentisse la sua anima diventare via via qualcosa di concreto.
Percepiva una grande energia, e la percepiva dentro di sé. Non sapeva come, ma ci stava riuscendo.
Se lei si metteva in testa di riuscire a fare qualcosa, solitamente ci riusciva.
"Credo... credo di sentire la mia energia spirituale" disse, aprendo gli occhi e voltandosi verso Muten.
"Adesso devi riuscire a farla fluire lentamente al di fuori di te... apri leggermente le braccia e cerca di lasciare scorrere parte della tua energia intorno a te" le spiegò la Finta Tartaruga.
Lazuli fece quello che le era stato detto, ma dopo alcuni secondi riaprì gli occhi e diede un calcio contro il pelo dell'acqua.
"Non succede niente!" ringhiò, frustrata.
"Non avere fretta! Nessuno ci riesce al primo tentativo, nemmeno i migliori!" tentò di rincuorarla Muten. "Mantieni la calma e riprovaci. Pensa a qualcosa di bello... non so, ti piace il mare?"
"Sì, molto".
"Allora riprovaci tenendo gli occhi aperti e guardando il mare" spiegò la Finta Tartaruga. "E pensa a qualcuno o a qualcosa che ti piace, mentre ti concentri. Forse, se non ti focalizzi troppo sulla tua aura, riuscirai a farla emergere con più facilità".
Lazuli respirò profondamente e cominciò a concentrarsi.
Guardava il mare e pensava a Radish. Le venne istintivo.
Sentì la propria energia fluire lievemente attorno a sé. Guardò ai suoi piedi, e vide apparire dei cerchi concentrici nell'acqua che si allargavano dalle sue caviglie.
"Sì! Ci stai riuscendo!" esultò Muten.
"Brava Lazuli!" aggiunse Umigame, battendo le pinne.
"Adesso falla uscire di più e pensa di volare! Desidera ardentemente volare!" gridò il vecchio.
Lazuli lo ascoltò, e dopo qualche istante si ritrovò a fluttuare a un paio di metri di altezza. Le sembrava un sogno, si sentiva leggera.
Stava volando.
Persino lei, una come lei, poteva volare.
 
Si guardava intorno stranita. Felice.
"Resta così, non perdere la concentrazione! Concentrati sulla mia aura! La senti?" la riportò alla realtà Muten.
Lazuli si focalizzò su di lui, ed effettivamente percepì un qualcosa che poteva appartenere solo a lui. Una sorta di forza vitale mista a un livello combattivo decisamente alto.
Si rese conto che l'aura di ogni persona era come un documento d'identità.
Provò a pensare intensamente a Radish, a quella che poteva essere la sua aura. La cercò tra le tante che cominciava a percepire, seppur sfumate e dai contorni indefiniti.
La percepì dopo alcuni istanti, seppur molto lontana, quasi evanescente. Come tutte le altre che riusciva a riconoscere in quell'altra dimensione, del resto. Le sembrava però un'aura di una persona in salute, per quanto fosse ancora inesperta in questo campo.
"Scommetto che stai cercando l'aura del tuo amato Radish, vero?" la punzecchiò Muten, facendola arrossire.
"N-non sono affari tuoi!" sibilò lei.
"Se riuscirai a fare l'Onda Energetica potrai tornare da lui" sorrise Umigame, rassicurante.
"Adesso sei in grado di farcela. Non trattenere la tua energia, lasciala fluire dalle tue mani" la incoraggiò la Finta Tartaruga.
Lazuli respirò a pieni polmoni e si mise in posa, sempre fluttuando nel vuoto. Portò avanti una gamba e indietro le braccia, con le mani posizionate a coppa.
"Kame..." cominciò a dire, cercando di concentrarsi al massimo delle sue possibilità.
"Hame..." continuò, e sentì apparire una sfera di energia tra le sue mani che si faceva via via più grande.
"Aaaaa!" urlò, tendendo di scatto le braccia in avanti.
Dalle sue mani fuoriuscì un fascio di luce molto più grosso e roboante di quello che aveva visto lanciare da Muten poco prima.
L'energia fluiva dal suo corpo e continuava a incanalarsi in quel colpo, mentre le acque si dividevano e lasciavano spazio a un passaggio decisamente più ampio di quello che aveva creato in precedenza la Finta Tartaruga.
Lazuli continuava a gridare, percepiva una potenza spaventosa provenire da quell'Onda Energetica. Le energie cominciavano a calarle, ma non eccessivamente. Sentiva che avrebbe potuto metterci ancora più potenza, se solo lo avesse voluto.
Aveva la sensazione che il suo colpo sarebbe potuto essere ancora più devastante.
Poteva davvero farcela, poteva sul serio essere la più forte.
Poteva essere una regina. Anzi, si sentiva una regina.
"Fermati, bellezza! Basta! O distruggerai tutto!"
La voce di Muten la distolse dai suoi pensieri e la convinse a interrompere il suo colpo.
Ansimava per lo sforzo, mentre il vecchio ancora agitava le braccia, allarmato, e l'acqua di mare le pioveva addosso dall'alto restituendole le energie che aveva consumato.
"Sei più forte di quanto pensassi, lo ammetto!" ridacchiò il vecchio, tirando un sospiro di sollievo.
"Sei stata bravissima!" applaudì Umigame.
 
Il mare non si era ancora ricomposto, era come se il colpo di Lazuli l'avesse diviso in due. In fondo a quel sentiero comparve una porta composta da conchiglie, che si aprì da sola, lasciando spazio a un portale che splendeva di una luce abbagliante ancora più intensa di quella del sole che splendeva sull'isola.
L'acqua continuava a pioverle addosso, e Lazuli sentiva qualcosa cambiare in lei mentre atterrava sul fondale marino.
"A quanto pare ce l'hai fatta. Radish aveva ragione" sorrise Muten.
"Sei la Regina di Cuori che tutti aspettavano" aggiunse Umigame.
Lazuli abbassò lo sguardo e si rese contò che indossava un abito da sera rosso con ricamati sopra qua e là dei cuori neri sull'ampia gonna in tulle. Il corpetto le aderiva all'addome e le valorizzava particolarmente il seno. Fulminò con lo sguardo Muten in maniera preventiva, in modo che evitasse i suoi soliti commenti inopportuni.
"Visto che sono la Regina, ho deciso che questo vestito non è molto comodo per combattere" stabilì, afferrando lateralmente un lembo della lunga gonna e strappandolo con forza.
Così facendo creò uno spacco asimmetrico dal quale le emergeva la coscia sinistra. Ora poteva muoversi liberamente e lottare con maggiore comodità. Ai piedi indossava degli anfibi neri.
"Tieni, vecchio pervertito, questo è il mio regalo di ringraziamento per avermi insegnato l'Onda Energetica" sbuffò Lazuli, lanciando in faccia alla Finta Tartaruga il lembo strappato del suo vestito.
"Ciao Umigame, ci vediamo" aggiunse, sorridendo, mentre Muten era già intento ad annusare con fare lascivo il pezzo di stoffa rossa che lei gli aveva appena tirato addosso.
"Fai proprio schifo" scosse la testa Lazuli, prima di sorridere di nuovo a Umigame a volare a super velocità verso il portale.
Alle sue spalle sentiva il mare richiudersi su sé stesso, ma non si voltò.
Non serviva, non aveva tempo.
Si gettò nella luce che la attendeva, si lasciò risucchiare.
Cominciò a precipitare nel vuoto.
Il Cell Game avrebbe presto avuto la sua Regina.
 
 
 
 
 
 
 
Note: ben ritrovati, e grazie a tutti per la pazienza. Scusate l'attesa più lunga di quella che avevo annunciato, i miei ritardi nelle risposte e il mio aver sospeso le letture che avevo in corso, ma ho messo in stan by del tutto EFP in queste settimane. Adesso cercherò di recuperare pian piano tutto e al contempo di portare a termine questa long, visto che mancano pochi capitoli e ci tengo a finirla al meglio.
È successo un po' di tutto in queste settimane, cose belle e cose brutte... covid, mancanza di energie per scrivere e leggere, eventi cosplay molto belli, menate varie alternate a bei momenti. Non so se avrò più in futuro la stessa energia o ispirazione che avevo quando scrivevo Remember me o altre storie, non so nemmeno se sia bello questo capitolo oppure no, so solo che voglio provare a mettercela tutta per chiudere in bellezza questa storia, perché lo devo non solo a voi, ma anche a me stesso e alla voglia che avevo (e che ho ancora) di raccontare questo viaggio della mia Lazuli Alice.
A volte le storie si scrivono da sole, a volte scrivere fa sentire bene, fa stare meglio quando si soffre... Altre volte le storie restano nella propria testa, insieme ai demoni e ai troppi pensieri che tutti abbiamo. Io credo che questo viaggio fisico e interiore di Lazuli sia un po' il viaggio che ognuno di noi fa dentro sé stesso, o almeno per me lo è, quindi non posso lasciarlo in sospeso sul più bello, proprio ora che inizia il Cell Game, che torna Rad e che molti nodi verranno al pettine.
Non so dirvi quando tornerò col prossimo capitolo, spero di farlo nel giro di due o tre settimane, ma non me la sento di promettere nulla.
Spero che questo capitolo, intanto, vi sia piaciuto, e che questa storia non sia stata abbandonata da troppi lettori durante la mia pausa.
Ringrazio chi di voi è qui, chi ci tornerà più avanti, chi lascerà il suo parere, perché forse stavolta più che in passato ne avrò bisogno. Grazie a chi mi ha sostenuto durante questo periodo, a Sweetlove e Taanipu per questi gran bei disegni di Lazuli che mi avevano fatto ormai diversi mesi fa e a tutti voi che continuate a voler bene alla mia "Lazuli in Wonderland".
Il prossimo capitolo sarà intitolato "Il Cell Game".
Vi piace immaginare Lazuli nei panni della Regina di Cuori, ora che lo è diventata a tutti gli effetti?
A presto!
 
Teo
 

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Capitolo 28
*** Il Cell Game ***


28 - Il Cell Game
 
 
Lazuli smise di precipitare nel vuoto dopo pochi secondi. A differenza delle altre volte in cui aveva attraversato un portale o qualcosa di simile, ora, infatti,sapeva volare.
Cominciò a fluttuare, e la luce intorno a sé era ancora così abbagliante che sembrava potesse avvolgerla senza lasciarla più andare.
Ma lei doveva andarsene da lì. Doveva sbrigarsi.
Aveva una missione.
Si gettò in volo in picchiata, accelerando la caduta per uscire il prima possibile da quel limbo accecante. Sentiva l'aura di Radish sempre più vicina e definita. E ne percepiva anche altre, ad esempio quella di Vegeta e una molto simile a quella di Goku. Poteva appartenere a quel ragazzino che era suo figlio in quel mondo privo di senso, Gohan. Ma non quella di Goku. Non c'era traccia della sua aura.
Quella di Cell le appariva gigantesca, se paragonata alle altre. E anche terribilmente ostile.
Come temeva, era in ritardo. Il Cell Game era già iniziato e forse era persino troppo tardi.
Si morse il labbro inferiore e strinse i pugni con rabbia, mentre riapriva gli occhi e cominciava a guardarsi intorno.
Rivide il cielo. Un cielo azzurro, privo di nubi. Limpido. Ignaro di quello che stava succedendo sotto di lui, probabilmente.
Forse il cielo non era così diverso dal mare. Se ne fregava anche lui di quello che poteva capitare agli umani e a tutto il resto. Alle nuvole, alle stelle... il cielo restava sempre lì a fare da cornice a qualunque cosa. Dovevi volare per non precipitare, così come dovevi nuotare per non affogare. E Lazuli non solo sapeva nuotare molto bene, ma ormai aveva imparato anche a volare.
Aveva imparato a essere forte durante la sua vita, solo che negli ultimi tempi aveva un po' scordato di esserlo.
E adesso si sentiva forte, era pronta per fare quello che doveva essere fatto.
Non c'era tempo per i rimpianti, nemmeno spazio per le insicurezze.
Era diventata una Regina, e come tale doveva comportarsi. Aveva trovato l'amore che tanto aveva rincorso. Non poteva perderlo, non dopo aver corso così tanto da non aver avuto quasi più fiato per raggiungerlo.
 
Abbassò lo sguardo, e la prima persona che vide fu proprio Radish.
Il suo cuore perse un battito.
Era ferito, ricoperto di sangue e con la battle suit ridotta quasi a brandelli. Ma era ancora in piedi, in qualche modo.
In piedi per proteggere delle persone a terra alle sue spalle.
Lazuli riconobbe subito Lapis, privo di sensi e con la testa appoggiata sulle cosce di Lunch, che stava cercando di accudirlo e intanto piangeva. Era tornata la Lunch che conosceva, quella con i capelli blu e l'indole pacifica. Non c'era più traccia della bionda squilibrata che si era palesata davanti a lei il giorno prima, anche se doveva ammettere che non le era dispiaciuto quel lato nascosto e bipolare della sua amica.
Accanto a lei si trovava Bulma, che stava cercando di fare aria sul volto di Chichi, anche lei a terra svenuta.
In qualche modo suo fratello era riuscito a uscire dal corpo di Cell, e questo le fece tirare un sospiro di sollievo. Riusciva a percepire la sua forza vitale, oltre a quella di Chichi, quindi stavano bene. Non si poteva dire altrettanto di un'altra persona stesa a terra poco più in là, coperta da un mantello bianco che doveva appartenere a Junior, seduto con la schiena appoggiata a una grossa roccia non distante da quel cadavere. Già, un cadavere, purtroppo...
Lazuli non percepiva nessuna aura provenire da quel corpo. Sotto il mantello spuntavano dei lunghi capelli lilla. Doveva trattarsi di Trunks, il ragazzo venuto dal futuro che aveva conosciuto a casa di Radish.
Lazuli strinse i pugni e si morse un labbro. Non dovevano andare così le cose. Avrebbe dovuto salvare tutti.
Junior sembrava ridotto male, faticava anche a respirare. E lo stesso si poteva dire di Vegeta, isolato dal resto del gruppo e col viso ridotto a una maschera di sangue. Più in lontananza, nascosto dietro una rupe, riusciva a intravedere Mr Satan e, vicino a lui, un ammasso di componenti meccaniche e bulloni miste a sangue che non riusciva a decifrare, ma che le ricordavano molto la scena che aveva visto quando Lapis aveva ucciso Gero.
In tutto questo, una serie di boati e spostamenti d'aria ricolmi di energia sconquassavano quella zona desertica e il cielo che osservava mestamente quel paesaggio di guerra.
Cell e un ragazzino biondo combattevano a mezz'aria, sfidandosi in un corpo a corpo di violenza inaudita. Sotto di loro il ring aveva lasciato spazio solo a un cumulo di macerie e crepe che squarciavano il terreno.
Si trattava di Gohan, il figlio di Goku. Un ragazzino. Probabilmente si era trasformato. Di sicuro la sua forza era spaventosa, nonostante fosse in evidente difficoltà e ridotto piuttosto male. Lottava con un braccio solo, il destro, l'altro era abbandonato lungo il fianco, inerme. Doveva esserselo rotto. Cell invece sembrava in perfetta salute, almeno in apparenza. E aveva ancora le sembianze dell'Essere Perfetto, nonostante Lapis non fosse più all'interno del suo corpo.
Non c'era traccia di Goku, in compenso. Non riusciva a vederlo e nemmeno a percepire la sua aura.
Un brivido le corse lungo la schiena, mentre cominciava a scendere di quota e ad avvicinarsi a terra.
 
Lazuli vide Radish voltarsi verso di lei e sorriderle quando ormai si trovava a pochi metri dal suolo. Aveva percepito la sua presenza anche lui, del resto.
Atterrò praticamente tra le sue braccia, perché lui non le diede nemmeno modo di poggiare i piedi sul terreno che subito la strinse a sé.
"Lo sapevo che ce l'avresti fatta, Là." le disse, prima di baciarla. "Sei una Regina di Cuori pazzesca! E ti faccio i complimenti anche per il perizoma... sai, mi è venuto naturale sbirciare sotto la gonna mentre atterravi e... ahia!"
Lazuli lo interruppe pestandogli un piede con veemenza e pizzicandogli forte la guancia.
"Ti reggi a malapena in piedi, ma vedo che non perdi mai il tuo animo da maniaco pervertito" sbuffò. "Quanto puoi fare schifo?!"
"Infinitamente di più di quanto tu possa immaginare!" ammise Radish, grattandosi la nuca. "Ma non posso farci niente, se si tratta di te".
Lazuli scosse la testa e si sciolse in un sorriso. Era felice di essere lì. E che lui stesse bene.
"Mi sei mancato, scemo. Stai bene?" sospirò, accarezzandogli la stessa guancia che gli aveva appena martoriato con un pizzicotto.
Aveva il volto ricoperto di sangue, lividi e polvere, ma i suoi occhi neri come la notte brillavano come nei giorni migliori. Come quando tutto era più leggero. Come nei giorni felici.
"Io sto bene, non devi pensare a me. Loro sono messi un po' peggio..." rispose lui, indicando gli amici alle sue spalle. "E anche il piccolo Gohan non se la sta passando troppo bene. Ma, adesso che sei qui, sono certo che ce la faremo!"
"Oh, Lazuli! Grazie al cielo sei arrivata! Non ti sembra di essere in ritardo!?" esclamò Bulma, richiamando la sua attenzione.
"L-La... Lazuliii! Che bello vederti!" scoppiò in lacrime Lunch.
"Scusate se ci ho messo più tempo del previsto, io..." provò a giustificarsi, avvicinandosi a loro.
"Ah, non preoccuparti per quello, tesoro! Basta che farai fuori sul serio quel mostro, come ci ha assicurato il tuo Radish!" la interruppe la turchina. "E comunque ti sta una favola quel vestito".
"È... È bello che tu sia qui... sei davvero diventata una regina" sorrise Lunch, asciugandosi le lacrime.
"Sono felice che voi stiate bene" sorrise a sua volta Lazuli. "Anche se immagino che... ecco... non tutti...".
"È una guerra, Là. E, come tutte le guerre, è una vera merda..." intervenne in suo soccorso Radish, vedendola in difficoltà. "Avevamo messo in conto di poter perdere qualcuno per strada... ma abbiamo le Sfere, li faremo tornare. Anche se... a-anche se fa male..." aggiunse, stringendo i pugni e digrignando i denti, con lo sguardo rivolto verso Cell.
"Ma... cos'è successo?" domandò Lazuli.
Bulma e Lunch abbassarono lo sguardo. Radish respirò profondamente.
"A parte Mr Satan che ha voluto combattere per primo e si è ritrovato a centinaia di metri da qui grazie a un ceffone appena accennato da parte di Cell, intendi?" accennò un sorriso Radish.
"Penso che non si riferisse alle pagliacciate di quel buffone" prese la parola Junior.
Aveva il volto tumefatto, respirava a fatica e gli mancava anche un braccio.
"Già..." scosse la testa il Cappellaio. "Sarà anche un buffone, però è simpatico" aggiunse, facendo l'occhiolino a Lazuli.
Aveva ragione, e poi lui ormai sapeva della proposta di lavoro che le aveva fatto Mr Satan. Una proposta che poteva cambiarle la vita. Avrebbe mai trovato la forza di andare fino in fondo? Con tutto... il lavoro, la sua storia d'amore con Radish. La sua missione contro Cell.
Sarebbe riuscita a tornare nel suo mondo? Nel mondo da cui provenivano tutti, in realtà. Ma voleva davvero tornare? Certe cose sembravano più facili in quella realtà assurda e illogica dove era appena diventata una regina in grado di volare e scagliare onde energetiche. Dove sentiva che stava riuscendo a fare pace con sé stessa, almeno un po'.E dove aveva appena saputo amare l'uomo che rincorreva da una vita, soprattutto.
Si era persa in quel luogo o si era sempre persa in sé stessa?
"Stai pensando troppo come al solito, vero?" interruppe le sue riflessioni Radish, sollevandole il mento tra indice e pollice per imporle di guardarlo negli occhi.
Aveva il volto incrostato di sangue secco e terra, un sopracciglio spaccato e uno zigomo bluastro, ma il suo sguardo era davvero quello dei tempi migliori. I suoi occhi neri brillavano come un cielo notturno illuminato da una cascata di stelle. Come quei cieli che piacevano a Lazuli. Come quel cielo che li aveva osservati amarsi la notte precedente.
"Io mi perdo sempre nei miei pensieri..." arrossì leggermente lei.
"Beh, a volte abbiamo bisogno di perderci per trovare le risposte che abbiamo sempre cercato" le sorrise Radish, rassicurante come sempre.
"Comunque, simpatico o no, non abbiamo più tempo da perdere" interruppe quel momento Junior, alzandosi in piedi con estrema fatica tenendo fisso lo sguardo su Gohan, che continuava a lottare contro Cell. "Vuoi sapere come sono andate le cose?" aggiunse, volgendo uno sguardo severo verso Lazuli.
"Sì" rispose lei, senza abbassare la testa.
"Goku ha sfidato Cell da solo, ma a un certo ha capito di non potercela fare. Così ha ordinato a Gohan di occuparsi di quel mostro, perché era l'unico in grado di superare la sua forza" cominciò a spiegare. "Gohan non era pronto... non subito, almeno. Aveva bisogno di sprigionare la sua rabbia a un livello estremo per tirare fuori tutto il suo potenziale. Goku lo sapeva, l'aveva capito. Ma Gohan ha un'indole buona, non riusciva ad arrabbiarsi sul serio".
"Hanno combattuto tutti contro quell'essere orribile per aiutarlo! Neanche Vegeta è riuscito a metterlo in difficoltà..." sbottò Bulma, e Lazuli non poté fare a meno di guardare l'amico di Radish, solo e molto lontano da loro.
Era quello ridotto peggio, probabilmente. E quello che stava soffrendo più di tutti. A Lazuli non era mai stato simpatico, anzi, ma lo conosceva molto bene e lo capiva, perché per certi versi non era così diverso da lei: si rendeva conto che erano le ferite nel suo orgoglio quelle che gli facevano più male, nonostante avesse il corpo martoriato.
"Nessuno di noi ce l'ha fatta... e penso che ci avrebbe ammazzati tutti se non fosse..." disse Radish, interrompendosi e voltandosi verso Mr Satan e quello strano ammasso di rottami vicino a lui.
Erano molto lontani e Lazuli non riusciva a capire bene di cosa si trattasse.
"Se non fosse stato per Sedici!" scoppiò in lacrime Lunch.
"Sedici?!" gridò Lazuli, sgranando gli occhi.
Si sentì improvvisamente mancare. Sedici era quasi come un padre per lei.
Si voltò di nuovo verso Mr Satan e sentì gli angoli degli occhi riempirsi di lacrime. In mezzo a quei rottami, infatti, le sembrava di riuscire a distinguere una cresta di capelli rossi.
"Sedici si è battuto con coraggio per aiutare Gohan, ma quel mostro l'ha fatto saltare in aria. L'ha ridotto in mille pezzi" spiegò Junior, senza troppi giri di parole. "Sedici è un cyborg. Ed è un eroe. Il suo sacrificio non è stato vano".
"S-Sedici..." disse con un filo di voce Lazuli, mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime che non voleva lasciare uscire. "Non... non è possibile...".
"Sedici è un cyborg, come lo era Gero, ma lui è davvero più umano di tutti noi messi insieme. Sono fiero di aver potuto lottare al suo fianco" spiegò Radish. "E... mi spiace di non essere riuscito a salvarlo, Là...".
"Sedici era consapevole che il suo sacrificio sarebbe servito a Gohan per arrabbiarsi sul serio" riprese la parola Junior. "E così è stato. In quel momento Gohan ha perso il controllo e raggiunto un nuovo livello combattivo, sprigionando una forza che nessuno di noi immaginava potesse avere".
"Gohan è diventato più forte di Cell in quel momento. Ce l'aveva in pugno, lo stava per uccidere... ma la sua indole è troppo buona e non è riuscito a dargli il colpo di grazia quando poteva farlo" disse Radish. "Io ho provato a dargli una mano e sono riuscito a suon di pugni a far sputare fuori a quel mostro almeno Lapis. Ti avevo promesso che almeno lui te l'avrei riportato".
"A quel punto quell'essere disgustoso è regredito alla sua trasformazione precedente, non aveva più speranze. L'avrebbero sconfitto anche prima del tuo arrivo, Lazuli" intervenne Bulma. "Era questione di pochi secondi, ormai, ma poi..." aggiunse, prima di cominciare a piangere con lo sguardo rivolto verso il corpo esanime di Trunks.
Già, il figlio suo e di Vegeta nella linea temporale futura da cui proveniva quel ragazzo. Lazuli non poté fare a meno di pensare anche a Mai, ignara di quello che era successo al suo compagno di vita.
"Poi quello stronzo ha pensato bene di autodistruggersi per far saltare in aria tutto il pianeta e uccidere tutti! Quel vigliacco!" sbottò Radish. "Se non fosse stato per Goku...".
"Goku ci ha salvati tutti. Ha teletrasportato da qualche parte quel mostro e così è saltato in aria solo lui" ringhiò Junior.
"Chichi è svenuta quando si è resa conto di quello che aveva fatto Goku" disse timidamente Lunch.
"Ma... come fa a essere ancora vivo Cell, allora?!" domandò Lazuli, perplessa. "E perché ha ancora le sembianze delle sua forma perfetta, se Lapis è qui?"
"Eravamo convinti anche noi che il sacrifico di mio fratello avesse posto fine alla vita di quel bastardo" rispose Radish. "E abbiamo anche abbassato la guardia".
"Si è generata una nube di fumo dalla quale è poi fuoriuscito Cell, che era riuscito a ricomporre il suo corpo smembrato e a tornare qui imitando la tecnica del teletrasporto di Goku" continuò Junior. "Con un fascio luminoso energetico ha trafitto il cuore di Trunks. È successo tutto così in fretta che... che non abbiamo potuto aiutarlo".
"Anche Trunks si era battuto alla grande..." disse mestamente Radish, con gli occhi lucidi, prima di guardare Bulma, che si stava asciugando le lacrime.
"Poi... Vegeta è impazzito di rabbia e di dolore e ha attaccato da solo quel mostro. Sono stata fiera di lui" accennò un sorriso Bulma. "Non sa mai esprimere quello che prova, ma ha dimostrato di amare nostro figlio".
"Non sappiamo perché Cell abbia riacquisito la sua forma precedente, e neanche perché abbia ritrovato le energie" intervenne Radish. "In più Gohan è rimasto gravemente ferito a un braccio per aiutare Vegeta e non so quanto potrà ancora resistere in quelle condizioni".
"Come potremo ucciderlo se non è crepato nemmeno autodistruggendosi?!" domandò Lazuli, allibita.
"Dovremo distruggere anche il suo nucleo interno, altrimenti continuerà a rigenerarsi. Deve avere per forza un nucleo" spiegò Junior. "E adesso, se non vi spiace, io devo andare ad aiutare Gohan. È l'unica persona che mi abbia davvero voluto bene in tutta la mia vita".
Lazuli lo osservò, piuttosto perplessa. Come poteva pensare di combattere in quelle condizioni?
"Sto arrivando, Gohan! Non permetterò che ti faccia del male! Aaahhh!" sbraitò, sotto sforzo, mentre il braccio mancante gli ricrebbe dal nulla spuntando fuori dal torace.
Spiccò il volo e si gettò nella mischia, frapponendosi per alcuni istanti tra Cell e il figlio di Goku. Ma persino agli occhi di una come Lazuli, che non aveva mai combattuto in vita sua, quello non era altro che un tentativo disperato.
Sentì Cell scoppiare in una fragorosa risata, mentre Gohan barcollava sospeso in aria e cercava di riprendere fiato e Junior veniva scagliato contro una montagna di roccia che gli collassò addosso.
Vide il mostro tramortire con un calcio sul volto Gohan sfruttando un suo attimo di distrazione a causa della sorte di Junior.
Mentre il ragazzino precipitava inerme verso il suolo, Cell, dall'alto, guardava proprio lei negli occhi. E sorrideva.
Sparì dalla sua vista per un istante e poi le ricomparve davanti.
Troppo veloce per poterne percepire qualunque movimento.
Troppo rapido anche per Radish, al suo fianco. Bulma e Lunch sgranarono gli occhi e provarono a urlare, ma non riuscirono a emettere nessun suono.
Il mostro la fissava.
La fissava e si leccava le labbra sottili.
"Ti stavo aspettando Lazuli. L'ho tirata per le lunghe con questi incapaci solo per te" disse, socchiudendo gli occhi e ampliando il suo sorriso. "Sei pronta a veder morire tutte le persone a cui tieni e che ti illudi provino qualcosa per te?"
Lazuli indietreggiò di un passo e lo scrutò senza abbassare lo sguardo, mettendosi in posizione d'attacco. Ma il mostro non si scompose. Non smise di sorridere.
"Sei pronta ad avere l'onore di diventare parte di me?"
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, ben ritrovati! In qualche modo sono riuscito a essere puntuale con questo capitolo che segna l'inizio del Cell Game, almeno per Lazuli, dato che la battaglia era già ampiamente cominciata. Spero vi sia piaciuto, ho voluto ricollegarmi in molti aspetti al Cell Game che abbiamo visto in DBZ, ma dal prossimo capitolo toccherà a Lazuli scendere in campo. Ce la farà a sconfiggere Cell?
 
Come sempre ringrazio tutti voi che mi avete aspettato e avete recensito subito lo scorso capitolo, tutti voi che mi avete dimostrato il vostro entusiasmo e la vostra vicinanza. Mi scuso ancora per la mia lentezza nelle risposte e nelle varie letture che ho in corso, purtroppo ho perso il ritmo e faccio ancora fatica a ritrovarlo. Ma piano piano arrivo dappertutto, in qualche modo resterò in piedi come C17 alla fine del Torneo del Potere.
 
Bene, nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle e spero di essere all'altezza di questo arco narrativo conclusivo. Non so dirvi di preciso quando pubblicherò perché andrò qualche giorno al mare e staccherò la spina, quindi magari ci sarà bisogno di tre settimane, o magari di quattro, non voglio fare promesse. Magari poi tra due settimane sarò qui, non saprei! Comunque posso darvi il titolo provvisorio: "Il cuore di una Regina, il coraggio di un Cappellaio".
 
A presto!
Teo
 
 

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