Leona Kingscholar x Vil Schoenheit -Un leoncino di buona famiglia

di Stella Dark Star
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cucciolo e tanti misteri ***
Capitolo 2: *** Zio Jack e zio Ruggie! ***
Capitolo 3: *** Nuovo giorno al Savanaclaw ***
Capitolo 4: *** Parlando di attività fisica... ***
Capitolo 5: *** Dopo il tramonto si vedono le stelle ***
Capitolo 6: *** Delicata bellezza di una stella alpina ***
Capitolo 7: *** Chiacchiere, pettegolezzi e...guai! ***
Capitolo 8: *** Vil&Leona: la Bella e la Bestia ***
Capitolo 9: *** Dolci progetti! ***
Capitolo 10: *** La 'hot' star di Magicam ***
Capitolo 11: *** Dalle stelle alle stalle ***
Capitolo 12: *** Fedeltà e tradimento ***
Capitolo 13: *** Le mille e una...foto! ***
Capitolo 14: *** Un nuovo raggio di sole ***
Capitolo 15: *** Lo scorrere del tempo ***
Capitolo 16: *** Cater&Rey ***



Capitolo 1
*** Un cucciolo e tanti misteri ***


Leona x Vil:
Un leoncino di buona famiglia
 
Capitolo uno
Un cucciolo e tanti misteri
 
La mano di Vil si muoveva leggera sulla chioma folta e ondulata appartenente a quel ragazzino che in pochi giorni gli aveva cambiato la vita. Pur essendo originario di una terra calda e soleggiata, i suoi capelli erano incredibilmente morbidi e anche il colore chiaro era piuttosto insolito per la gente di là, un delicato color champagne con le punte dipinte color cioccolato. Al tatto era chiaro che quei capelli venivano curati minuziosamente. Mentre la sinistra procedeva con le carezze, la sua destra andò gentilmente a stuzzicare dietro le orecchie leonine, anch’esse color champagne e dalle punte cioccolato. Al tocco delle sue dita, l’orecchio si mosse in un piccolo scatto. Volgendo un poco lo sguardo, Vil vide che il ragazzino stava anche muovendo la coda (dello stesso colore dei capelli e delle orecchie) in un movimento molto fluido che disegnava delle forme tondeggianti nell’aria. Anche se da quell’angolazione non poteva vedergli il viso, sapeva che era rilassato e che si stava godendo le coccole come un cucciolo. In effetti, nella posizione in cui si trovavano, sembravano davvero padrone e cucciolo, con Vil seduto sul bordo del letto e il ragazzino steso sul fianco e con la testa sulle sue ginocchia. Era così tenero… In qualche modo provava per lui del sincero affetto, come non lo aveva mai provato per nessuno, e questo non gli creava alcun imbarazzo, anzi, era contento di dedicargli quelle piccole attenzioni come avrebbe fatto…forse…ad un fratello più piccolo? Il solo sentire il suo respiro tranquillo e la leggerissima vibrazione tipica dei felini, gli donava una piacevole emozione. A volte coccolava in quel modo anche Leona, magari quando si vedevano dopo una giornata impegnativa e avevano entrambi bisogno di rilassarsi, però era anche vero che Leona si addormentava quasi subito e quindi smetteva di muovere sia la coda che le orecchie. Che tristezza! Per fortuna ora c’era quel ragazzino a dargli soddisfazione, in questo senso. Perso com’era in questi pensieri, non realizzò subito che il rumore appena udito era quello della porta che veniva aperta. Un movimento gli fece sollevare lo sguardo. Leona era lì davanti e aveva in volto un’espressione incredula. Vil fece l’errore di continuare con le carezze ed ecco che le sopracciglia di Leona si aggrottarono, mentre i suoi occhi verdi parvero lanciare scintille.
“Cosa sta succedendo qui dentro?”
Quella voce rabbiosa riportò Vil al presente, il ragazzino che gli giaceva sulle ginocchia balzò all’improvviso sfuggendo al suo tocco.
“Po-posso spiegarti!”
Disse lui, ora in piedi e con le mani in avanti come a creare una barriera di difesa. I suoi occhi dal taglio felino e di un verde chiaro acceso tremarono un istante.
Leona ringhiò: “Ti avevo avvertito di non spingerti troppo oltre, cucciolo sfacciato che non sei altro.”
A quel punto Vil dovette intervenire e mettersi fra i due, più che altro per fare da scudo al piccolo, la sua lunga veste color indaco svolazzò per il movimento repentino. Lanciò a Leona uno sguardo carico di disappunto e lo apostrofò: “Quanto puoi essere idiota per comportarti così con un ragazzino di tredici anni?”
Il nominato, alle sue spalle, fece capolino con la testa esibendo gli occhioni lucidi e preoccupati.
“Non stavo facendo niente di male, te lo giuro! Erano solo coccole!”
Leona strinse i pugni con forza, il sangue gli ribolliva nelle vene.
“Come faccio a fidarmi dopo quello che è successo tra te e Cater? Fai tanto l’innocente ma in realtà sei un piccolo pervertit-” SCIAFF!
Lo schiaffo che ricette da Vil fu così forte da fargli voltare la testa di lato. Non era la prima volta che lo colpiva, ma non l’aveva mai fatto con tanta energia.
“Non ti permetto di offenderlo così!” La voce di Vil era quasi ghiaiosa dalla rabbia e a nulla servì ricevere un’occhiata di fuoco da parte di Leona, era pronto anche a combattere per difendere il piccolo.
“Sniff, sniff…”
Il ragazzino uscì dal nascondiglio che Vil gli stava fornendo, il suo visetto chiaro era rigato di lacrime, il labbro tremulo per il pianto. Una visione che strinse il cuore ai due litiganti.
“Per favore…sniff…non litigate a causa mia!” Chinò il capo, emettendo un sonoro colpo di singhiozzo, quindi lo rialzò e li guardò entrambi. “Vi dirò chi sono davvero…sniff, ma vi prego, smettetela! Avevo promesso di non dire niente ma…hic…non voglio vedervi così!”
Era un cucciolo sull’orlo della disperazione.
 
[Pochi giorni prima…]
 
Quando Leona e Vil si erano incontrati di fronte all’ufficio del Preside, venne loro spontaneo chiedersi a vicenda per quale motivo fossero stati convocati loro due, i leader di due dormitori completamente diversi che niente avevano a che fare l’uno con l’atro, se non che erano entrambi studenti del terzo anno al Night Raven College. Leona, con la divisa del dormitorio Savanaclaw, aveva un aspetto completamente trasandato di chi è appena stato svegliato da un pisolino pomeridiano, probabilmente nella serra temperata, visti i fili d’erba che aveva fra i capelli lunghi e spettinati. Vil al contrario sembrava pronto per un ricevimento reale, sempre perfetto dalla testa ai piedi, ossia dalla corona d’oro col tipico emblema del cuore trapassato da un pugnale, fino agli stivali con lacci e tacco.
Dopo un paio di domande veloci a cui non seppero dare risposta, Vil bussò alla porta e fu accolto dalla voce vivace del Preside. Per lo meno Leona si premurò di aprire la porta e lasciare il passaggio prima a lui, come si confà ad un gentiluomo con una signora. Una volta entrati e richiusa la porta, si fecero avanti e raggiunsero il Preside Crowley che li attendeva in piedi di fronte alla scrivania, con le braccia aperte in segno di benvenuto.
“Scusatemi per avervi sottratti alle vostre attività pomeridiane.” Esordì, con quel suo modo di parlare canzonatorio che non lo abbandonava mai. “Devo darvi un incarico molto speciale, il quale vi è stato assegnato da due persone importanti e altolocate che però desiderano restare anonime per questioni di sicurezza.”
Vil fece un cenno col capo: “Di cosa si tratta?”
“Desiderano affidarvi per un breve periodo il loro tesoro più prezioso e vi chiedono di averne grande cura!”
Leona incrociò le braccia al petto. “Tesoro? Sarebbe a dire?”
Crowley fece un passo di lato, rivelando così una figura che era stata completamente coperta dalle sue spalle e dal suo cappotto. Il ‘tesoro’ era un ragazzino dalla pelle candida, dalle orecchie e coda leonine e dallo sguardo diretto ma gentile. Indossava la grigia divisa del college, ma con gilet dello stesso colore, al contrario degli altri studenti che lo avevano del colore rappresentativo del proprio dormitorio, e per lo stesso motivo non portava alcuna fascia e stemma sul braccio. La sua figura era impeccabile, non solo la divisa gli calzava a pennello, i capelli erano perfettamente acconciati in una complicata treccia che partiva dalla sommità del capo e scendeva fin oltre le spalle, le sue unghie erano ben curate e smaltate di color perla, lo stesso colore dell’ombretto che gli faceva brillare ancor più gli occhi di un verde chiaro che ricordava l’estate.
Fece un elegante inchino accennando un sorriso gentile: “Mi chiamo Rey e ho tredici anni! Piacere di conoscervi!”
Silenzio totale.
Leona fece schioccare la lingua: “Cioè, dobbiamo fare i babysitter?”
“ESATTO!” Rispose Crowley con eccessivo entusiasmo.
“….sta scherzando, vero?”
Vil sollevò una mano per zittirlo e chiese educatamente: “Preside, potrebbe darci ulteriori chiarimenti?”
“Ah ah, certo che lo farò! Perché sono gentile!” Posò una mano sulla spalla di Rey e cominciò a spiegare: “I suoi genitori sono studenti diplomati al nostro illustre college e…”
“Un momento. Questo è un college maschile, com’è possibile che questi signori si siano diplomati qui?” Lo interruppe Leona.
Crowley rimase a bocca aperta per alcuni istanti, capendo di aver già fatto una grande gaffe, ma poi liquidò la faccenda con un gesto della mano e proseguì senza dare una risposta a quella domanda più che legittima. “…hanno mandato qui il loro amato figlio per un breve soggiorno, affinché veda di persona com’è l’ambiente dove vivrà e studierà quando sarà più grande!”
Di nuovo silenzio.
Vil sbattè le ciglia. “Mh. E come mai lei ha accettato di soddisfare questa richiesta?”
“A fronte di una generosa donazione, come potevo rifiutare?”
Leona scambiò uno sguardo d’intesa con Vil: “Ah ecco. Esattamente come è successo con Kalim e la sua ricca famiglia di mercanti.”
“COMUNQUE…” Riprese Crowley: “Hanno chiesto espressamente di voi due perché non sanno se Rey sia destinato a far parte dei Pomefiore o dei Savanaclaw!”
“Ahhhh…” Sospirò Leona: “Non è detto che verrà scelto per studiare qui e in ogni caso il dormitorio a cui apparterrà sarà deciso dallo Specchio, no?”
Crowley prese il ragazzino alle spalle e lo spinse verso di loro come un pacchetto da consegnare: “Non perdiamoci in futili dettagli! Prendetelo e portatelo con voi! Decidete pure in autonomia quali giorni farlo stare in un dormitorio e quali nell’altro! Ah e dormirà con voi nelle vostre stanze personali! Ora andate!”
Ad un suo movimento della mano la porta si aprì e una forza misteriosa spinse i tre verso l’uscita, così che, in men che non si dica, si ritrovarono fuori dall’ufficio.
Leona si riprese per primo e batté il pugno contro la porta, gridando: “E perché dovrebbe dormire con noi??? Ci sono altre stanze libere!”
Vil posò una mano contro quel pugno e disse saggiamente. “Sfondare la porta non ti aiuterà ad avere risposte.”
“Cough cough!”
Si voltarono e abbassarono lo sguardo su quel ragazzino dal viso di porcellana e i capelli perfetti, che li guardava con occhi luccicanti, sfoggiando un luminoso sorriso.
“Voglio ringraziarvi per tutto ciò che farete per me! Prometto che mi impegnerò per non crearvi problemi!”
“Ce li stai già creando.” Sottolineò Leona, con la conseguenza che si beccò una gomitata sulle costole da parte di Vil.
Dato che Leona non aveva il minimo senso del dovere e dell’ospitalità, per non parlare delle buone maniere che evidentemente gli erano sconosciute nonostante fosse il secondo principe di un regno, dovette occuparsi Vil di fare gli ‘onori di casa’. Con la mano indicò il corridoio ed invitò il piccolo a camminare al suo fianco.
“Dunque ti chiami Rey…  Se ho ben capito i tuoi genitori vogliono restare anonimi, quindi immagino tu non possa rivelare il tuo cognome, giusto?”
“Esatto! Chiedo scusa, ma non posso proprio.”
“E il Paese da cui provieni?”
“Mmh…” Rey ci pensò su e poi scosse il capo: “No, neanche quello.”
Vil lasciò un lungo sospiro, mentre cominciava a mettere insieme i primi pensieri su come gestire quella situazione inverosimile. “Per prima cosa dobbiamo decidere dove dormirai questa notte.”
Leona, alle loro spalle, precisò subito: “Lascio a te l’onore. Puoi tenerlo per il resto della settimana, per quanto mi riguarda.”
“Tu e il tuo caratteraccio infantile!” Lo apostrofò Vil. “In verità vorrei chiederti di portarlo con te al Savanaclaw. Io ora ho l’incontro coi membri del club e più tardi vorrei parlare di nuovo col Preside.” Senza attendere una risposta, si rivolse a Rey. “Per te va bene? O hai paura a dormire circondato da quelle bestiacce?”
Rey sorrise: “No affatto! Sto bene con chiunque! E poi da dove provengo sono quasi tutti uomini bestia! Il mio papà è un leone, per questo io ho le orecchie e la coda!”
Vil fece un cenno col capo, quindi si voltò con espressione particolarmente severa. “Hai sentito? Tutto ciò che ti chiedo è di badare  a lui fino a domattina. Credi di farcela?”
Leona fece una smorfia. “Lo sai che non mi piace la compagnia dei cuccioli. Sono così rumorosi.” Si grattò dietro un orecchio e riprese: “Però è anche vero che questo qui è più grande di Cheka, magari sarà meno fastidioso. E male che vada posso chiedere a Ruggie e Jack di aiutarmi.”
Era una sua impressione o, ad ogni nome che aveva pronunciato, il piccolo aveva sorriso in modo strano? Bah, meglio non dargli peso.
Non appena furono fuori dall’edificio, affacciati alla grande scalinata, Vil si premurò di fare le ultime raccomandazioni: “Bene, per ora ci separiamo qui. Sistemate i bagagli, cenate e andate a dormire. E tu vedi di comportarti bene.”
“Certo!” Lo rassicurò Rey, aggrappandosi al braccio di Leona.
“Veramente stavo parlando con lui.” Precisò Vil, lanciando un’occhiata severa a quello che di fatto era l’adulto e invece si comportava peggio di un bambino capriccioso.
Per l’ennesima volta Leona sospirò, ma questa volta per la rassegnazione. “E va bene. Come vuoi.” Poi adocchiò il piccolo invadente che aveva al braccio. “E tu perché mi stai appiccicato?”
“Perché mi piaci!”
Con una risposta così sincera, come faceva a ribattere? Quel cucciolo di carattere assomigliava già troppo a quel seccatore di Cheka. Accidenti. Non appena s’incamminarono per raggiungere il dormitorio, ecco che Rey si voltò e gridò: “A domani, Vil! Non vedo l’ora di rivederti!”
Sulle prime lui lo guardò con evidente sorpresa, ma poi accennò un sorriso e rispose: “Benvenuto al Night Raven College!”

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Capitolo 2
*** Zio Jack e zio Ruggie! ***


Capitolo due
Zio Jack e zio Ruggie!
 
Con la differenza di temperatura che c’era fra il college e il dormitorio, tutto ciò che Leona desiderava in quel momento era di togliersi di dosso quella divisa asfissiante e indossare i comodi indumenti del Savanaclaw. Seriamente, non avrebbe saputo dire se a dargli più fastidio era la giacca a maniche lunghe sopra la camicia anch’essa a maniche lunghe oppure…quel ragazzino che gli stava aggrappato al braccio e gli faceva venire ancora più caldo!
“Dì un po’, hai intenzione di fare la scimmietta neonata ancora per molto?”
Con un tono del genere il messaggio era chiaro, ma evidentemente il suo piccolo ospite non se ne curava affatto e, invece di capire l’antifona, continuava a sorridere. Ormai erano arrivati all’ingresso del dormitorio, che bisogno c’era di stargli addosso? Che essere fastidioso!
“Sé…be’ direi di andare nella mia stanza  a cambiarci prima che io mi sciolg-”
“Posso vedere la lounge prima???”
Quel grido improvviso gli stroncò la frase. Abbassò lo sguardo ed incontrò gli occhi brillanti del ragazzino. Più che tredici, di anni ne dimostrava al massimo sei con quella faccia.
“Uff… E va bene. Andiamo.”
Ovviamente percorsero il resto della strada sempre appiccicati.
Quando giunsero a destinazione, Rey rimase letteralmente a bocca aperta nel vedere quel luogo che somigliava tanto ad un piccolo angolo di paradiso in terra. L’intera area era costruita sulla roccia e fra le file di sedie e sdraio vi erano piccole piante e alcuni alberelli esotici, e il pezzo forte era senz’altro la bellissima cascata che dominava al centro. Non per niente l’aria era molto più fresca lì e le goccioline che schizzavano ovunque erano un vero toccasana sulla pelle accaldata.
“Finora l’avevo vista solo in foto! Dal vivo è ancora più bella!!!”
Non c’era storia, quel ragazzino brillava come un raggio di sole.
Leona era sul punto di sollecitarlo a darsi una mossa a seguirlo fino alla stanza, ma prima che potesse fare un solo fiato, ecco che lui prese a spogliarsi senza riguardo, gettando gli indumenti alla rinfusa e, una volta rimasto in biancheria intima, prese la rincorsa e si esibì in un tuffo atletico.
“Ma che accidenti…?”
Non solo era infantile, quello era completamente matto!
“Ah ah! E’ così fresca!” Rey si passò le mani sul viso e si lisciò i capelli biondi all’indietro nonostante fossero già trattenuti nella treccia. “Leona, vieni anche tu! Si sta benissimo qui!”
“Ehm…”
“Arrivo!!!” No, a parlare non fu Leona, bensì Ruggie, il quale arrivò di corsa (rischiando di inciampare mentre si spogliava) e si tuffò con la grazia di un sasso! (LOL)
Leona era sull’orlo di una crisi di nervi.
“Sono circondato da idioti.” Parole che gli uscirono più acide che mai.
“Leona, cos’è questo trambusto?”
Jack lo raggiunse, il pollice puntato oltre le proprie spalle. “Hanno appena portato una valigia per te, ho detto di lasciarla nella tua stanza.”
“Non è mia, è di quel rompiscatole che sguazza nell’acqua.”
Gli fece un cenno col capo, indicando Rey.
Jack gli diede uno sguardo e chiese: “Chi è?”
“Un’enorme seccatura.”
Dall’acqua, Ruggie lo salutò con la mano. “Jaaack! Vieni anche tu!”
“Sì, vieni! Sei un lupo del nord, questo caldo deve essere insopportabile per te!” Aggiunse Rey, parlando con familiarità come se fossero stati compagni di merende.
E mentre Jack pensava a cosa era meglio dire o fare, Leona lo richiamò all’attenzione con una leggera gomitata sul braccio. “Io vado a cambiarmi e a cercare un posto tranquillo per farmi un sonnellino. Quando il pesciolino avrà finito, fagli vedere la mia stanza.”
Non attese la risposta e se ne andò fregandosene bellamente di tutto e tutti.
*
 
“Yawn…” Com’era possibile che avesse ancora voglia di dormire dopo un pisolino di un paio di ore, era un mistero perfino per lui, però ora al sonno era subentrata una necessità più imminente: la fame. In genere sarebbe andato subito a sgraffignare qualcosa, ma, aimè, prima il dovere gli imponeva di occuparsi di una faccenda che richiedeva di passare dalla sua stanza. Che seccatura. Non appena entrò, trovò Rey intento ad asciugarsi con un telo fornito dal dormitorio.
“Da non credere! Sei stato ammollo fino adesso?”
Rey sollevò il visetto, esibendo un’espressione beffarda. “Scusami! Non ho saputo resistere! E’ stato divertentissimo! Soprattutto quando lo zio Jack si è unito a me e zio Ruggie!”
……prego?
“Zio Jack e zio Ruggie?”
Per poco a Rey non cadde il telo di mano rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. “Cioè….volevo dire…”
Leona scosse il capo. “Non importa. Piuttosto sbrigati a vestirti, è quasi ora di cena e io sono affamato.”
“Sì!” Rispose con decisione, affrettandosi ad asciugarsi.
Prima non ci aveva fatto caso ma, ora che lo osservava bene, quel ragazzino aveva un fisico a dir poco perfetto. Gli arti erano lunghi, la schiena bella dritta e i suoi fianchi avevano una linea molto elegante, inoltre era alto per la sua età e il suo viso dai tratti vagamente androgeni era degno di ammirazione. A dirla tutta gli ricordava Vil. Chissà se anche lui faceva il modello… Un momento. Che stava pensando? Scosse il capo per scacciare quei pensieri e si voltò. Anche se non lo stava facendo con malizia, non andava bene guardare il corpo nudo di un ragazzino, per quanto fosse bello e ben fatto. Attese pazientemente che finisse di vestirsi.
“Ecco, sono pronto!”
Neanche a dirlo, la divisa dei Savanaclaw gli calzava a pennello e la semplice coda alla nuca in cui aveva legato i capelli gli dava un tocco di eleganza in più. Cos’è, doveva fare una sfilata primavera/estate kids? E poi, cosa stava vedendo? La divisa era indubbiamente di stampo Savanclaw, con una canotta lunga color caffelatte, il gilet nero, le collane ed i bracciali di perle colorate e la fascia gialla in vita, ma quei pantaloncini corti da dove saltavano fuori? Non che gli stessero male, anzi, con quelle gambe lunghe e snelle era una bella vista, però… Qualcosa gli diceva che era un’idea di quel pazzoide del Preside…
“Mi donano, vero?”
Rey gli fece quella domanda tra capo e collo, mettendolo in imbarazzo.
Leona dovette mascherare il rossore del viso con la mano, oltre a cambiare argomento. “Spero che Ruggie sia andato dritto a cucinare, non sono uno a cui piace attendere.”
“Oh sì, lui è uscito dall’acqua un po’ prima di me! Ha detto che voleva preparare una cenetta speciale per darmi il benvenuto!”
“Mh. Meglio così.”
Ruggie era un talento in cucina e finora aveva sempre preparato prelibatezze, non aveva nulla di cui preoccuparsi. E invece…
La fronte corrugata e i pugni che tremavano ai fianchi anticiparono un indignato: “Perché c’è dell’erba sulla mia tavola???”
Mentre Jack pensò bene di starsene in disparte e in silenzio, Ruggie dovette fare appello a tutto il proprio coraggio per spiegare bene la situazione a quel leader pronto ad esplodere!
“Ehm…non è erba! E’ un’insalata di fiori! Vedi?” Avvicinò l’indice all’ampia terrina di vetro e indicò uno ad uno i fiori che essa conteneva: “Questi sono denti di leone, i miei preferiti, questi invece sono boccioli di rosa, questi altri sono di cicoria, questa è menta, questi sono fiordalisi e…”
“RUGGIE!!! Che ne è della mia cena?” Tuonò Leona, facendo voltare tutti i ragazzi presenti nella sala.
Le orecchie di Ruggie si abbassarono come quelle di un cucciolo impaurito. Sapeva cos’era in grado di fare Leona quando era arrabbiato. Scivolò a lato del tavolo, le sue mani andarono a sollevare una cloches. “E-ecco. Quello è solo un accompagnamento in onore del nostro ospite, la portata principale è questa.” Di fatto sul vassoio erano stese quattro bistecche enormi e fumanti con tanto di osso.
Leona gli lanciò un’occhiata tagliente. “Ti è andata bene, Ruggie. Da quando ti conosco non ti sei mai permesso di insozzare la cena con quell’erbaccia. Cosa ti è saltato in testa?”
“Io adoro l’insalata di fiori!!!” Sbucò fuori Rey, monopolizzando l’attenzione di tutti. “La mangio quasi tutte le sere! La mia mamma dice che da il giusto nutrimento ed è amica della linea!”
Cri cri cri…
“Tua madre è una nutrizionista?” La buttò lì Leona.
“No! E’ una modella!”
“….questo spiega molte cose.”
Leona prese posto come capotavola e attese che Ruggie gli servisse la bistecca. Eh, è dura perdere certi vizi quando si è serviti e riveriti dalla nascita!
Rey si accomodò alla sua destra, senza prima chiedere il permesso, mentre Jack si mise di fronte e Ruggie all’altro capo del tavolo.
Se servire Leona era ormai diventata un’abitudine forzata, al contrario riempire il piatto a Rey e vedere il suo sorriso illuminarsi era una gran soddisfazione per Ruggie. Qualcosa di simile a ciò che provava quando portava del cibo ai cuccioli del suo povero quartiere; vedere tutti quei visetti smunti e sporchi accennare un sorriso di ringraziamento era un tesoro più prezioso di qualunque gemma. Accidenti…non vedeva l’ora di diplomarsi e fare qualcosa per migliorare le condizioni della sua gente. Lui era stato l’unico ad essere scelto per studiare al college, era suo dovere farsi strada e diventare abbastanza bravo e importante per aiutare le iene che vivevano emarginate ai confini del regno.
“Zio Ruggie, stai bene? Il tuo sguardo è diventato triste…”
Già…zio Ruggie…lo aveva chiamato così mentre giocavano nell’acqua e quel nomignolo gli era piaciuto così tanto da chiedergli di continuare  a chiamarlo così.
“Shishishi! Va tutto bene, grazie! Sei davvero un bravo leoncino!”
Finito di riempire tutti i piatti, si sedette anche lui e diedero ufficialmente inizio alla cena di benvenuto.
Gli argomenti non mancavano con un nuovo arrivato così socievole ed espansivo. Rey era un abile intrattenitore e non mancava di fare domande agli altri per renderli partecipi alla conversazione. Era sinceramente interessato alle loro storie e agli aneddoti che raccontavano, forse per questo nessuno di loro diede peso al fatto che le sue domande fossero fin troppo mirate come se conoscesse già le risposte che avrebbero dato. Certo era che aveva ricevuto una buona educazione, sapeva conversare e mettere a proprio agio i presenti. La sua famiglia doveva essere davvero importante per avergli dato un’educazione così esemplare!
“Zio Jack, domani dopo le lezioni sei occupato?”
Jack ingoiò il pezzo di carne che stava masticando, quindi rispose: “No, sono libero. Posso chiedere perché?”
“Ti andrebbe di fare un allenamento insieme, al campo di Magift?”
Se lo chiedeva con quegli occhi brillanti e la coda scodinzolante, come si poteva dire di no?
“Conosci Magift?”
“Certo! Mio z…ehm…una persona molto vicina alla mia famiglia mi ha insegnato le regole e spesso ci alleniamo insieme nei passaggi e nei lanci! Lui è stato un campione di questo sport, ai tempi del college, e parlandomene mi ha trasmesso la sua passione!”
Facile a dirsi… Era uno sport abbastanza duro e pericoloso, non adatto ad un ragazzino così giovane e dalla struttura fisica così delicata. Come faceva a dirglielo senza ferirlo?
“Il fatto è che…cough cough…” Jack era in difficoltà. “Per me andrebbe bene, a patto che tu non ti faccia male.”
Sul viso di Rey si dipinse una smorfia così buffa che persino Leona faticò a trattenersi dal ridere. A quanto pare quelle parole lo avevano offeso. “Anche se non ho i tuoi muscoli sono forte e molto agile. Non sottovalutarmi!”
A questo punto Leona scoppiò a ridere, rischiando di farsi andare di traverso la carne. “Ah ah! Sì Jack! Non sottovalutarlo!”
Ruggie gli fece eco sghignazzando, era così divertito che si portò le mani all’addome.
Dallo sguardo di Rey, era chiaro che stava per dirgliene quattro per il modo in cui si prendevano gioco di lui. Ci pensò il telefono a distrarlo, vibrando nella tasca dei pantaloncini. Lo recuperò  e lesse il nome. “Oh!” Le sue guance s’imporporarono.
Jack, l’unico a non essere in preda alle convulsioni per le risate, notando quel cambiamento pensò bene di chiedere: “Conosco quell’espressione! E’ la tua mamma?”
“Sì!” Non appena ebbe detto quella sillaba, si strinse il telefono al petto, arrossendo ancor più. “Ehm…io vado di là a rispondere.” Si alzò dalla sedia e sgattaiolò fuori dalla sala agitando la coda. “Che cucciolo affettuoso! Arrossire così per una telefonata della madre!” Disse Jack, scuotendo la testa divertito. Non vedeva l’ora che arrivasse il pomeriggio seguente per giocare con lui. Lo conosceva da un paio di ore e già sentiva di volergli bene come a un fratellino.
*
 
La serata era stata particolarmente piacevole per tutti, forse ancor più per Leona che non aveva perso occasione di canzonare il ragazzino in tutti i modi possibili. Be’ non era colpa sua se gli aveva dato ottimo materiale per farlo, no? Dopo la scenetta buffa su Magift era stato facile prenderlo in giro per ogni cosa che diceva, soprattutto per quel suo modo di idolatrare la madre neanche fosse stata una divinità. Tra un “la mia mamma dice questo, la mia mamma fa sempre quello…” e l’altro era ovvio che lui ne approfittasse per prenderlo in giro. In effetti, doveva ammettere che averlo intorno era meno fastidioso di quanto credesse.
“Chissà da dove è saltato fuori quell’esserino!” Disse tra sé, mentre infilava un paio di pantaloni beige che usava sempre come pigiama. Inutile dire che le scarpe, i vestiti e i vari ninnoli che aveva addosso prima erano finiti in giro per la stanza tipo effetto esplosione. Tanto ci avrebbe pensato Ruggie a sistemare, la mattina dopo.
“Sono tornato!”
Rey entrò nella stanza con un beautycase sottobraccio e la divisa del dormitorio sull’altro. Addosso aveva un pigiamino bianco e leggero con pantaloncini e maniche a sbuffo, inoltre i suoi capelli erano stati ben spazzolati all’indietro e il suo visetto lucido era pieno di crema idratante. Ripose il beautycase nella valigia aperta e poi sistemò per bene la divisa appendendola ad una gruccia nell’armadio, accanto a quella del college che aveva già sistemato prima di cena. Al termine, andò incontro a Leona che ora era seduto sul bordo del letto. Lui gli diede un’occhiata, ritrovandoselo lì davanti con le braccia incrociate dietro la schiena e uno sguardo sbarazzino come se attendesse qualcosa.
“Quando mi hai detto che ti serviva uno specchio per prepararti per la notte, non avevo idea che ti saresti tirato a lucido così! Tzk, che tipo!”
“Prima di coricarsi bisogna prendersi cura della pelle, me lo ha insegnato la mia mamma!”
“Sé…giusto…” Si allungò sul letto per afferrare una coperta e un cuscino e glieli gettò addosso senza riguardi.
“E questi?”
“Sono per te, no? Puoi dormire sulla poltrona, oppure sul tappeto se preferisci. Fai come vuoi.”
“Ma…ma…non dormo insieme a te?”
Leona sollevò un sopracciglio con disappunto. “Ti va di scherzare? Non esiste proprio che tu mi stia appiccicato anche mentre dormo!”
Rey lo guardò con occhioni supplichevoli e labbro sporgente e tremulo, ma non servì a nulla.
“Vai a cuccia!” Gli ordinò Leona, infilandosi sotto la coperta. Non aveva intenzione di farsi abbindolare anche se quel cucciolo continuava a guardarlo in quel modo. Se sperava di fargli pena si sbagliava di grosso!
Seppur riluttante, ala fine Rey obbedì e si sistemò alla meglio sulla poltrona, rannicchiandosi sotto la coperta in cerca di conforto. Non era questo che aveva immaginato. Che cosa triste…
“E ora dormi!” Gli ordinò ancora Leona, un attimo prima di spegnere la luce.

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Capitolo 3
*** Nuovo giorno al Savanaclaw ***


Capitolo tre
Nuovo giorno al Savanaclaw
 
Nel cuore della notte, un dolce profumo gli giunse alle narici, destandolo pian piano dal sonno. Era una fragranza floreale che aveva sentito spesso, un misto di violette selvatiche, gelsomino e...cos’altro? Ormai credeva di conoscere l’odore di Vil, o meglio, gli odori dei tanti prodotti che usava quotidianamente, come lo shampoo, il bagnoschiuma, la crema per il viso, la crema per il corpo… Forse aveva iniziato ad usarne uno nuovo? Sentiva il calore tiepido del suo corpo contro il proprio, il dolce peso del suo braccio sul petto. Quando dormiva era decisamente più affettuoso di quanto non lo fosse da sveglio, accidenti. Leona sollevò una mano e ricercò i suoi capelli. Erano sempre così morbidi e lisci che infilarci le dita era un piacevole gioco. Lentamente risalì seguendo la curva della testa, l’indice s’imbatté in una piccola vertigine. Accennò un sorriso nel buio al pensiero di come si sarebbe arrabbiato Vil la mattina, non appena se ne fosse accorto! Di sicuro avrebbe impiastricciato i capelli di prodotti per sistemarla, come un pazzo, ma forse lui poteva evitargli il problema. Prese la piccola ciocca incriminata fra due dita e cominciò a lisciarla con movimento lento. Doveva sistemarla prima di addormentarsi e, dato che ora lo stava facendo nel dormiveglia e ad occhi chiusi, era il caso di affrettarsi. Velocizzò un po’ il ritmo e….mh? La mano aveva urtato contro qualcosa di peloso? Un momento… Le sue dita si mossero esitanti su quella piccola figura, ne disegnarono il contorno e la tastarono pian piano. Quello era….un orecchio animale!
Immediatamente aprì gli occhi. Anche se era notte, i suoi occhi felini riconobbero subito la figura che stava dormendo rannicchiata addosso a lui. Altro che Vil, quello era REY!!! Aveva dimenticato la presenza di quel piccolo ospite. Però, ehi, ora che ci pensava gli aveva detto di dormire sulla poltrona! Invece quello aveva approfittato del suo sonno pesante per infilarsi nel letto e appiccicarglisi di nuovo!!!
“Ma che razza di…?” Stava per gridare, ma si bloccò.
Il leoncino si mosse nel sonno e si strinse un po’ più contro il suo fianco. “Papà…”
Che tenero, credeva di dormire abbracciato al suo papà! Stava dormendo così sereno, in quell’abbraccio innocente, che Leona non ebbe il coraggio di cacciarlo o di svegliarlo per dirgliene quattro, anche se se lo sarebbe meritato. Gli venne spontaneo fargli una carezza dietro l’orecchio.
“Massì, è solo un cucciolo…” Gli sistemò meglio la coperta e poi si rilassò nuovamente sul materasso. Se si comportava così significava che i suoi genitori lo avevano cresciuto amato e coccolato. Non poteva fargliene una colpa, anzi, magari anche lui avesse avuto dei genitori così! Un pensiero sfuggente che gli fece venire l’amaro in bocca. Al diavolo anche loro. Col braccio cinse le spalle del piccolo, la sua presenza e il suo abbraccio affettuoso lo aiutarono subito a sentirsi meglio. Non gli restò che chiudere gli occhi e addormentarsi.
Fu così che li trovò Vil alcune ore dopo, quando entrò in quella stanza e tirò su le veneziane in legno. Sinceramente non sperava in così tanta umanità da parte di Leona, conoscendo il suo caratteraccio burbero e infantile. E invece aveva superato di gran lunga le sue aspettative. Meglio così! Guardandoli bene alla luce, quei due erano davvero teneri così abbracciati. Anche se un po’ gli dispiaceva svegliarli…era il momento di comandare.
“Avete intenzione di svegliarvi sì o no? Ho saltato la mia corsa mattutina per venire qui e prepararvi la colazione. Un minimo di interesse da parte vostra sarebbe gradito.”
I due mezzi leoni emisero un leggero lamento di disapprovazione, mentre sui loro volti si dipingeva un’espressione quasi sofferente. Che fosse una caratteristica comune a tutti i felini? Be’ era risaputo che fossero pigri di natura ed inclini a dormire più degli umani.
“Allora?” Questa volta usò un tono più severo e si posizionò ai piedi del letto con le braccia incrociate al petto, pronto a far valere la propria autorità non appena avessero aperto gli occhi.
I due emisero un altro lamento e uno dei loro orecchi ebbe un piccolo scatto, nello stesso momento. Neanche se si fossero messi d’accordo avrebbero potuto essere più sincronizzati!
Il primo ad aprire gli occhi fu Rey. Si sciolse dall’abbraccio di Leona per mettersi seduto e si stropicciò gli occhietti assonnati.
“Buongiorno…” La voce era leggermente roca.
“Buongiorno, Rey. Hai dormito bene?” Come dimentico delle intenzioni prima citate, Vil parlò con tono gentile.
Rey emise un mugolio di assenso prima di scivolare giù dal letto e recuperare il suo beautycase dalla valigia aperta a terra, in mezzo al disordine. Nel frattempo anche Leona decise di svegliarsi, si stiracchiò per bene emettendo un rumoroso sbadiglio.
Vil si rivolse nuovamente a Rey: “Fai una toeletta veloce, ti aiuterò io a prepararti bene dopo la colazione.”
Rey accennò un sorriso ancora un po’ addormentato e poi fece una cosa che Vil non si sarebbe mai aspettato. Con la mano libera lo toccò all’altezza della spalla per tirarlo leggermente verso il basso, mentre lui si sollevò sulle punte dei piedi e…gli diede una leccatina sulla guancia. Poi recuperò la divisa del dormitorio e uscì dalla stanza.
Vil rimase visibilmente sorpreso da quel gesto insolito e a Leona non sfuggì la cosa.
“Tutti i cuccioli lo fanno, non preoccuparti. E’ l’equivalente di un bacino affettuoso. Che poi dovresti saperlo, anche io ti lecco.” Puntualizzò lui, ancora a letto e senza nessuna voglia di provare ad alzarsi da lì.
“Tu mi lecchi dappertutto! Compresi posti molto imbarazzanti! Stupida bestia spudorata!”
Per lo meno Vil si riprese e riacquistò il suo abituale fervore.
“Quasi dimenticavo. Ieri sera ho contattato Rey via chat per avvisarlo che questa mattina sarei venuto qui e lui mi ha detto che lo avevi cacciato a dormire sulla poltrona. Ti sembra il modo di trattare un ospite che ci è stato affidato dal Preside in persona?”
Leona fece una smorfia contrariata, grattandosi la testa. “Cosa vuoi da me? Hai visto che poi si è infilato nel mio letto, no? Quindi perché discuterne?”
“Dopo scusati come si deve, altrimenti andrò io stesso a fare la segnalazione al Preside.”
“Uff, che seccatura. Come vuoi, ora però vieni qui a darmi il buongiorno.”
“Il solito prepotente.” Lo rimproverò Vil, stizzito, però lo stesso girò attorno al letto fino a giungere a lui e, una volta lì, si chinò per dargli un bacio. Le loro labbra avevano appena cominciato ad assaporarsi, quando Leona trascinò Vil lungo disteso sul materasso per poi sistemarsi sopra di lui in una sorta di trappola. Invece di protestare, Vil lo lasciò fare, rispose al nuovo bacio con trasporto, intrecciò la lingua alla sua in un giocoso duello, le loro mani con le dita intrecciate ai lati del cuscino. I baci di Leona erano potenti, gli davano la sensazione di volerlo mangiare e un po’ gli facevano paura in questo senso, soprattutto al mattino quando sapeva che Leona era così affamato che avrebbe divorato qualunque cosa! Spesso lo sgridava per quel suo temperamento focoso, ma in realtà era lui il primo a desiderare le attenzioni del suo innamorato. Solo che, piuttosto che ammetterlo, avrebbe preferito ingerire il più potente dei veleni. Il suo corpo era caldo, quasi bollente, tipico della gente della Savanna, e creava un piacevole contrasto con la sua pelle fresca di abitante nordico. Loro due erano agli antipodi….forse per questo stare con lui lo faceva sentire completo.
“Mmhhh.” Cominciava a mancargli il respiro e sentiva di avere il viso accaldato. E poi adesso Leona stava strusciando il bacino contro il suo… Magari in un altro momento avrebbe ceduto, ma ora non era proprio il caso di farsi venire un’erezione, con Rey che sarebbe potuto tornare da un momento all’altro. Si fece forza per sottrarsi a quel bacio carnivoro. “Fuah… Ora basta. Non possiamo farci trovare così.”
Come parlare ai muri. O meglio, ai MULI! Leona non gli diede minimamente retta, e anzi tentò di baciarlo ancora, e quando Vil si riparò la bocca premendovi entrambe le mani, ecco che lui prese di mira il suo collo dandogli una serie di leccate. Bastardo! Era consapevole dell’effetto che avevano su di lui, non per niente in quanto mezzo uomo e mezzo leone la sua lingua aveva la caratteristica di essere ruvida rispetto alla lingua di un umano. E questo era in grado di portare Vil alla pazzia. Seppur a malincuore, fu costretto a ricorrere alla forza per togliersi di dosso il suo focoso fidanzato. Lo afferrò alle spalle e lo spinse via dandosi lo slancio di schiena. Tenere a bada quel tipo era faticoso. Letteralmente!
“Eh eh, dovresti conoscermi abbastanza bene per sapere che se la mia bella preda si dimena io mi eccito ancora di più!” Leona si leccò le labbra, i suoi occhi verdi emisero un guizzo brillante.
“Grrrr! Davvero vuoi sfidarmi?” Rispose Vil di rimando, i denti digrignati e una gamba in posizione pronta a sferrare un attacco. Un istante e Leona si ritrovò col tacco dodici piantato nel petto, ma lo stesso continuò a lottare per puro spirito di caccia. Povero scemo…
Seguendo la teoria secondo la quale la fetta di pane cade sempre dalla parte della marmellata, Rey rientrò in stanza esattamente in quel momento. E ancora i due non si davano una calmata!
Il piccolo sbatté le palpebre, perplesso. “Perché state lottando?”
Fra i grugniti da parte di entrambi, Vil riuscì a recuperare un po’ di fiato per rispondere: “Perché con certi individui è impossibile ragionare. Le bestiacce bisogna prenderle  a calci!”
Rey continuò a fissarli per un po’ e, all’improvviso, scoppiò in una fragorosa risata che riempì la stanza più della luce del sole che entrava dalle aperture alle pareti. Nel mentre che Leona venne distratto, Vil ne approfittò per scivolare fuori dal letto, quindi prese Rey a braccetto e lo portò via da lì in tutta fretta.
Rimasto solo, Leona si rabbuiò per la sconfitta e batté il pugno sul materasso. “Dannazione! Faccio schifo come cacciatore! Graaah!”
*
 
Anche se era mattino presto, nei corridoi cominciava ad esserci un certo movimento di studenti, tra chi rientrava dopo aver fatto jogging o un allentamento al campo, chi si dirigeva ai bagni con ancora addosso il pigiama e chi come Vil e Rey si recava alla lounge per consumare la colazione. Di fatto loro incontrarono di sfuggita Jack, appena tornato dall’abituale corsa mattutina e diretto alle docce, mentre nella lounge, trovarono Ruggie ad attenderli al solito tavolo.
Non appena li vide, regalò loro un luminoso sorriso. “Buongiorno! Non vedevo l’ora che arrivaste!”
Rey gli si gettò addosso per abbracciarlo e ricevere una coccola sulla testa, accendendo subito la curiosità di Vil.
“Ma…voi due cosa…?”
“Shishishi! Abbiamo fatto amicizia ieri appena è arrivato al dormitorio!”
“E’ vero! Mi piace tanto lo zio Ruggie!” Sottolineò Rey, continuando ad abbracciarlo quasi fosse stato un animale di peluche invece che in carne ed ossa!
Vil li guardò con un’occhiata sbilenca: “Zio Ruggie?”
Il diretto interessato, a quell’appellativo si puntò il dito contro, entusiasta di essere chiamato così. Era chiaro che avevano legato, eccome! Alla velocità della luce!
“Lieto di vedervi così felici…” Terminò Vil, per chiudere il discorso, quindi si schiarì la voce e cambiò argomento. “Ruggie, hai portato le cose che ti ho chiesto via chat?”
“Mh mh! Guarda tu stesso!” Rispose, facendo un cenno dietro a sé.
Vil si spostò leggermente e così poté constatare che sul tavolo c’era tutto il necessario per la colazione che aveva in mente di preparare, vale a dire uno spremiagrumi, alcune arance, varia frutta esotica tra cui spiccavano dei bellissimi manghi, dei bicchieri in vetro colorato, delle ciotole, un vasetto di marmellata di fragole poco zuccherata e un vassoio coperto da una tovaglietta per proteggerne il contenuto.
“Molto bene. Allora direi di iniziare i preparativi. Jack arriverà a breve e Leona…be’, chi se ne importa, lui fa sempre quello che vuole.”
“Shishi! Hai ragione!” Confermò Ruggie.
Nonostante Rey fosse l’ospite, insistette per aiutarli nei preparativi, così che in pochi minuti tutto fu pronto e la tavola imbandita con la colazione più colorata che si fosse mai vista. Come previsto, Jack arrivò per primo e poco dopo anche Leona li ‘onorò’ della sua presenza, per quanto fosse un onore avere accanto qualcuno coi capelli spettinati, la divisa in disordine e un’espressione disgustata sul viso. Comunque, a parte Leona, tutti furono ben lieti di consumare una colazione di macedonia di frutta, succo d’arancia e fette di pane integrale spalmate di marmellata di fragole. Praticamente la colazione più salutare che Leona avesse fatto in vita sua!
“Rey, stavo pensando che oggi potresti venire a lezione con me.” Disse Vil, prima di mordicchiare elegantemente un pezzetto di pane.
“Sarebbe fantastico! Grazie!”
Ovviamente il  piccolo si illuminò come il sole per quell’invito, mentre Leona non mancò di rendersi antipatico come al suo solito.
“Grazie al cielo, così me lo scrollo di dosso per un po’.”
Ancora più ovvia fu l’occhiataccia che gli lanciò Vil, obbligandolo a tacere e a dedicarsi al complicatissimo compito di mangiare la frutta che aveva nella ciotola. Uno sforzo incredibile per un carnivoro come lui!
Il tempo passò piacevolmente fra le chiacchiere dei quattro (il quinto, Leona, non spiccicò più parola quindi è inutile contarlo…), i resoconti di tutto ciò che avevano detto e fatto il giorno prima ed eventuali programmi per la giornata. Vil ebbe un’ulteriore conferma di quanto questi avessero legato in poco tempo, ma ormai aveva imparato a non sorprendersi visto che a sua volta sentiva di star costruendo una sorta di legame con quel ragazzino, pur avendolo visto appena due volte. Al termine del pasto, Jack e Ruggie si offrirono di sparecchiare il tavolo, permettendo così a Vil di occuparsi della vestizione dei due mezzi leoni. Apprezzò molto il modo in cui il cucciolo aveva piegato e riposto la divisa del college e ancor più vedere che era in grado di indossarla badando a sistemare bene i bottoni del gilet, ad infilare in modo appropriato i lembi della camicia nei pantaloni e allacciando la cintura appena sotto il punto vita dove dava l’effetto migliore per la sua figura.
“Niente male davvero.”
Lo lodò con spontaneità, non aspettandosi che un ragazzino così giovane fosse già in possesso di simili nozioni. In effetti poteva vedere che anche il suo viso e le sue unghie erano curate. Non c’era niente in lui che non fosse a dir poco perfetto.
“Hai ricevuto una buona educazione, vedo.”
“E’ stata la mia mamma ad insegnarmi tutto!”
Dall’altra parte della stanza, giunse la voce di Leona: “Sua madre è una modella, come te. Ugh…bastard-" E’ doveroso precisare che l’imprecazione non era rivolta a Vil, bensì ad un bottone del gilet che aveva deciso di propria iniziativa di finire nell’asola sbagliata, costringendolo così a sbottonare tutto e ricominciare daccapo. Non era un mistero che non andasse d’accordo coi bottoni…
Lasciando perdere lui, Vil tornò a rivolgersi a Rey. “Ah è così, dunque! Ora capisco il perché del tuo portamento impeccabile. E’una buona cosa insegnare ai figli a prendersi cura del proprio corpo. E la treccia che avevi ieri, l’aveva fatta lei?”
“Esatto!”
“Mmmh… Vorrei provare a rifarla. Anch’io sono abbastanza abile con le trecce.”
“Ah ah, lo so!”
Quegli occhi che brillavano come zaffiri e quella coda scodinzolante a cos’erano dovuti? E poi, cosa sapeva? Ah giusto… Vil si sfiorò le trecce che portava ai lati del capo e unite sul retro dal classico fermaglio a forma di cuore trafitto da un pugnale. Erano state quelle a fargli capire che se la cavava con le acconciature. Chiaro.
“Non perdiamo altro tempo. Andiamo ai bagni dove ci sono degli specchi, così ti sistemo i capelli.”
Neanche il tempo di finire la frase che Rey aveva afferrato il caro beautycase e stava correndo verso la porta.
Vil diede uno sguardo al proprio fidanzato. Quei bottoni lo stavano facendo davvero penare! Sospirò pazientemente e gli si avvicinò.
“Lascia, faccio io.” E prese ad armeggiare coi piccoli bastardi!
Leona ridacchiò. “Senza di te sarei perso. Mi chiedo come facevo prima che diventassimo una coppia!”
Vil accennò un sorriso, quell’affermazione era così colma di affetto che gli scaldò il cuore quasi come un abbraccio. Una frase così meritava una risposta ben precisa. “Prima eri un totale disastro! Non ricordo di una volta in cui avevi il gilet in ordine!”
Sistemato il tutto, si scambiarono uno sguardo d’intesa, le loro labbra si sfiorano in un bacio.
Vil gli diede una leggera pacca sul petto. “Ora vado da Rey, tu finisci di vestirti e dopo vedrò di darti una spazzolata ai capelli.”
Per quanto fossero diversi, erano indubbiamente una coppia bella e affiatata.

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Capitolo 4
*** Parlando di attività fisica... ***


Capitolo quattro
Parlando di attività fisica…
 
Quando Jack arrivò alla mensa, la trovò già affollata anche a causa della fila al bancone delle vivande che gli aveva fatto fare ancora più tardi. Era chiaramente agitato, lo si capiva dal modo in cui stringeva il vassoio fra le mani e da come muoveva velocemente lo sguardo da una parte all’altra della sala.
“Zio Jaaack!”
Udendo quella voce, si volse in una direzione precisa e finalmente scorse Rey che agitava il braccio in aria per indicare il tavolo in cui si erano accomodati lui, Vil e Ruggie. Tranquillizzato, andò spedito verso di loro e prese posto accanto al piccolo che già gli aveva lasciato spazio al proprio fianco.
“Scusate il ritardo, ho dovuto aiutare Crewel a sistemare alcune cose al termine della lezione.”
Vil, guardando lo schermo del telefono con evidente irritazione, disse: “Non è un problema. Piuttosto vorrei sapere dove si è cacciato quel buono a nulla.”
Il rumore della forchetta che cadeva dentro al piatto di porcellana, attirò i loro sguardi su un Ruggie dal colorito più pallido del solito.
“Oh no! L’avevo completamente dimenticato! Oltre a prendere il pranzo per lui dovevo anche andare alla serra a svegliarlo!” Disse, mettendosi le mani nei capelli con gran preoccupazione.
“Nella serra? Quindi mi stai dicendo che ha marinato di nuovo la lezione di storia della magia?”
“Devo correre a svegliarlo!” Si alzò in tutta fretta ma, appena fatto un passo, si bloccò e si voltò verso Vil con un’espressione ancora più triste della precedente. “Mi aveva anche ordinato di non dirtelo…”
“Lascia perdere e vai.” Lo esortò Vil, facendo un rapido gesto con la mano. E mentre Ruggie correva via, lui si portò una mano alla fronte, sbuffando: “A volte mi chiedo come ho fatto ad innamorarmi di quella bestia.”
“Semplice! Sei riuscito a guardare oltre l’apparenza e hai visto cosa aveva nel cuore! In altre parole, al di là della bestia hai visto il principe che era in lui!”
A quella risposta, Vil guardò Rey con tanto d’occhi. “E tu come fai a saperlo? Da come parli sembra che tu ci conosca da semp-” Una piccola pausa e poi riprese: “Ah… I social ormai sono pieni zeppi di gossip sulla nostra vita privata. E di certo avrai visto il video della famosa live in cui lo risveglio con un bacio per spezzare l’incantesimo. Tzk, se ripenso a quanto mi ha fatto dannare con quella pagliacciata dell’incantesimo lanciato da Malleus, ho ancora voglia di picchiarlo.” (*)
Rey sgranò gli occhioni verdi e brillanti, ed ecco che la sua espressione divenne alquanto divertita. “Quel video è diventato virale e continuerà ad essere famoso per mooolti anni!”
“Mi auguro di no.” Al contrario, la tonalità bluastra che Vil aveva attorno agli occhi la diceva lunga su cosa pensava al riguardo! La sua espressione cambiò non appena sentì il calore di un bacio sul collo. Leona era arrivato.
“Alla buonora, sfaticato! Comincio a credere che tu voglia stare in questo college altri tre anni, visto che continui a saltare le lezioni che non ti piacciono.”
“Rimedierò, ora vedi di non assillarmi.” Rispose Leona, con voce ancora un po’ assonnata, mentre si sedeva di fronte a lui. Il vassoio era già pronto, avendoci pensato Ruggie come ogni singolo giorno. In effetti, di solito Leona prendeva posto accanto a Vil quando pranzavano insieme alla mensa, ma quel giorno il suo posto era stato profanato dal piccolo ospite, quindi si accontentò.
Vil non mancò di fulminarlo per quella risposta non molto educata, comunque lasciò correre e prese a punzecchiare con la forchetta la propria insalata composta di lattuga, rucola, pomodorini e yogurt bianco. “Prima che arrivassi, Rey mi stava dicendo che oggi lui e Jack faranno un allenamento a Magift.”
Leona addentò un succulento panino ricolmo di carne e salsa barbecue e rispose senza nemmeno aver ingoiato il boccone. “Lo so. Gli farà bene stare all’aria aperta.”
“Questo è vero, ma hai pensato alla sua sicurezza? Non che non mi fidi di Jack, sia inteso, mi chiedo solo se sia saggio farlo allenare ad uno sport così pericoloso.”
Allora fu Rey ad intervenire, aggrappandosi al suo braccio e sfoggiando un paio di occhioni supplichevoli. “Starò molto attento! Io voglio solo giocare un po’ con lo zio Jack! Lasciamelo fare! Ti prego mam-cioè Vil!”
“Shishishi! Lo stava per chiamare ‘mamma’!” Sghignazzò Ruggie, seduto accanto a Leona.
Certo che quel ragazzino sapeva essere incredibilmente sfacciato quando ci si metteva! Vil non era sicuro di come comportarsi, dopotutto era sotto la responsabilità sua e di Leona, doveva accertarsi che non gli accadesse nulla.
“E se prendessi una storta correndo? Al di là dei guai che passeremo noi col Preside, mi sentirei responsabile se ti ferissi.”
“Che mammina premurosa!” Lo canzonò Leona, spalleggiato da Ruggie che rideva di gusto e sempre più rumorosamente, come voleva la sua natura di iena.
“Quanto sei idiota. Non vedo cosa ci sia di male a preoccuparmi per lui.”
“Vil ha ragione.” Questa volta fu Jack a parlare. Attese che Vil lo guardasse e poi si rivolse direttamente a lui. “Ti prometto che farò attenzione. Nemmeno io voglio che si faccia male. Lo tratterò con grande cura.”
Se era lui a dirlo, c’era da fidarsi. Jack era particolarmente responsabile e poi aveva un fratello e una sorella più piccoli, perciò era in grado di occuparsi di un cucciolo. Fra il suo sguardo serio e maturo e gli occhioni di Rey, come poteva dire di no?
“Ahhh… E va bene. Ma non più di due ore. Poi entrambi filate a farvi la doccia e a prepararvi per la cena. Mi sono spiegato?”
Jack si limitò a fare un cenno col capo, Rey invece esplose in un rumoroso “Sììì!” e gli stampò un bacio sulla stessa guancia dove quel mattino lo aveva leccato affettuosamente.
*
 
Niente da fare, Rey era grazioso con addosso anche la tuta da ginnastica. Perfino lui che non si era mai interessato a certe cose, poteva vedere chiaramente quanto quel leoncino fosse dotato di fascino naturale. Accidenti, era una cavolo di tuta! Come faceva ad essere così carino con quegli stracci addosso? E il piccolo sembrava ben consapevole della propria bellezza, visto il modo in cui teneva la coda arcuata. Eppure sul suo viso non vi era traccia di vanità, i suoi occhi erano limpidi, il suo sguardo pulito. E quel sorriso che non lo abbandonava mai, in qualche modo rendeva più luminoso anche l’ambiente che lo circondava. Altrimenti detto, da quando era arrivato in quel dormitorio, la sua presenza aveva rallegrato l’atmosfera e dato un sorriso a chi gli stava intorno. Leona ci pensava ma, non che gli importasse. A dirla tutta non gliene fregava niente. L’unica cosa che gli interessava era che Jack se lo portasse via per qualche ora, così da avere campo libero per dedicarsi ad un’attività fisica molto più piacevole e appagante di qualunque allenamento.
Nella penombra della stanza, l’aria calda e umida cominciava ad odorare di fluidi corporei. Lui stava sudando già da un bel pezzo, sentiva i lunghi capelli appiccicati al collo e alla schiena e il respiro si stava facendo via via più veloce e pesante. Con lo sguardo scorse il corpo di Vil, la sua schiena bianca e dritta sembrava perlata per via del sudore, i suoi fianchi snelli gli riempivano le mani e seguivano il ritmo da lui imposto in quella danza passionale, le sue mani stringevano i lembi del cuscino con forza nel tentativo di resistere al piacere.
“Ma figuriamoci!” Pensò Leona, un attimo prima di saldare la presa a quei fianchi e dare una vigorosa spinta all’interno di quel corpo caldo e accogliente.
“AH! Gh-” Vil strinse le labbra, d’istinto volse il capo verso le veneziane abbassate. Per accedere alle stanze di quel dormitorio c’era anche il passaggio esterno, in qualunque momento sarebbe potuto passare qualcuno lì davanti e udire i rumori del loro rapporto.
“Fuuu… Mh! Non-non farmi gridare.” La voce leggermente deformata dall’intenso piacere.
“Puoi sempre coprire la voce col cuscino. Ho scelto apposta questa posizione.”
Quando avevano rapporti in quella stanza, Vil era sempre troppo timoroso e non riusciva a rilassarsi completamente. Quale fosse il problema… Anche se qualcuno avesse udito, chi se ne importa, la loro relazione era ufficiale ed era stata accettata anche dalle rispettive famiglie.
Vil emise un altro gemito, questa volta a bocca chiusa. Ormai i suoi fianchi si muovevano al di fuori di ogni volontà, desiderosi di ricevere sempre di più. Chi voleva prendere in giro, la verità era che avrebbe voluto gridare a squarciagola e godere fino in fondo del piacere che il suo fidanzato era così bravo a donargli. Ma il pudore, IL PUDORE, era il sovrano assoluto quando si trovava in quel dormitorio dove la privacy era pari all’1%!
“Sto…anf anf…sto…per venire!” Le lacrime agli occhi e la voce implorante. Sostenendosi dando l’appoggio su un gomito, allungò il braccio sinistro per raggiungere il comodino, le dita che si muovevano nel vuoto alla ricerca di qualcosa.
“Cosa fai?” Chiese Leona.
“Devo-mh! Anf…devo prendere un fazzoletto. Non voglio sporcare le lenzuola.”
“Da quando è un problema?”
Vil volse leggermente il capo e gli lanciò un’occhiataccia. “Rey dormirà qui anche stanotte, scemo!”
“Uhh, di nuovo la mammina premurosa!” Leona non fece nulla per nascondere il tono canzonatorio, comunque decise di collaborare e di fermarsi un momento per lasciargli modo di allungarsi e afferrare un fazzoletto di carta dalla scatola che era appunto sopra il comodino, semi nascosta fra una lampada ed una scacchiera.
Ovviamente Vil si affrettò a prenderlo, quindi premette la morbida carta contro la punta della propria virilità. Leona riprese a muoversi in lui, più velocemente e più a fondo. Pochi minuti e Vil dovette sul serio premere il viso contro il cuscino per coprire la voce, mentre nella sua mano si spandeva pian piano il calore del seme.
Leona uscì lentamente dal caldo rifugio e con grande gentilezza accompagnò nel movimento quel corpo che adorava, aiutandolo a stendersi sul fianco, poi si occupò di appallottolare il fazzoletto sporco e gettarlo in un cestino all’angolo della stanza. Solo dopo che Vil fu a posto, anche lui si stese e gli cinse la vita col braccio. I loro corpi erano entrambi bollenti e bagnati, Vil percepì il calore del suo respiro contro il collo.
“Vedendo come si è ambientato bene, quasi mi dispiace portarlo via con me. Per questo vorrei che anche per questa notte restasse qui a dormire.”
Leona sbuffò. “Ancora quel cucciolo? Da quando è arrivato non parli di altro.”
“E tu invece ne parli troppo poco. Dovresti avere più cura di lui.”
“Nessuna sorpresa che stesse per chiamarti mamma! E’ un appellativo che ti calza alla perfezione!” Non contento, Leona continuò a punzecchiarlo: “Purtroppo per te, non puoi competere con la sua vera madre! La adora in un modo smisurato! Avresti dovuto vedere che faccia ha fatto ieri sera, quando ha ricevuto una telefonata da lei durante la cena!”
Vil corrugò leggermente le sopracciglia. “Durante la cena?”
“Sì! E’ diventato tutto rosso e gli brillavano gli occhi! Poi è corso via per rispondere!”
“…l’ho chiamato io ieri sera…”
“Mh?”
“Gli ho telefonato per sentire come stava. Fra le altre cose, mi ha detto che stavate cenando.”
“Non vi siete sentiti via chat?”
“Dopo, sì.” Vil fece spallucce: “Forse ha ricevuto la mia telefonata subito dopo quella della madre. E’ solo una curiosa coincidenza.”
“E se non lo fosse?” Leona si sollevò e puntellò il gomito sul materasso. I suoi occhi che brillavano nella penombra incontrarono quelli di Vil, non appena lui si voltò.
“Se avesse mentito? Magari non era sua madre, eri tu. E questo significa che…”
Vil fissò quegli occhi felini, in attesa di sentire cosa avrebbe partorito la sua mente contorta.
“…si è preso una cotta per te.”
Ed ecco che arrivò la fanfaronata!
Vil accennò un sorrisino divertito. “Pff! Una cotta?”
“Questo spiegherebbe perché è arrossito e perché ogni volta che ti vede esplode come un fuoco d’artificio per la contentezza.”
“Non essere ridicolo!”
“In fondo sua madre è una modella. Può darsi che la riveda in te.”
Era talmente serio e convinto di quello che diceva, che Vil stava per ridergli in faccia. Alla fine preferì troncare il discorso, saggiamente. “Invece di dire idiozie, andiamo a farci la doccia. Tra poco Rey e Jack torneranno.”
Scivolò via dal suo abbraccio e andò all’armadio a recuperare un semplice e leggero accappatoio che era solito usare quando gli capitava di doversi lavare in quel dormitorio.
Leona si alzò a sua volta dal letto, si liberò del preservativo usato e prese il telo da bagno con cui poi si fasciò i fianchi. Lo sguardo di Vil non rimase certo indifferente di fronte a quel petto virile e a quelle braccia dai bicipiti niente male! Solo cercava di evitare di osservarli troppo, non volendo rischiare di scatenare la vanità del suo fidanzato. O forse, era solo perché non voleva farsi beccare in flagrante mentre si deliziava di quella vista? In ogni caso, per non correre rischi, finse indifferenza e si avviò verso la porta.
Leona lo fermò con una domanda: “Non prendi il tuo shampoo e il tuo bagnoschiuma? Sono nel solito cassetto, assieme ai prodotti che hai lasciato qui di scorta.”
“Non importa, oggi uso il tuo sapone. Mi basta darmi una rinfrescata, poi magari stasera farò il bagno quando tornerò al mio dormitorio.”
Uscirono dalla stanza e iniziarono a percorrere il corridoio che portava alle docce, quando…
“VIL!!!”
Il ragazzino, tutto impolverato e coi capelli madidi di sudore, gli corse incontro a braccia spalancate e gli balzò addosso esattamente come avrebbe fatto un cucciolo di cane col proprio padrone! Per lo meno evitò di saltargli in braccio, altrimenti un capitombolo per terra non glielo avrebbe risparmiato nessuno! (LOL)
“Non sapevo fossi ancora qui! Significa che rimani anche a cena? Resti con noi, vero?”
Quel visetto arrossato dal sole era adorabile, tanto quanto le orecchie dritte ‘in attesa’ che sovrastavano i capelli biondi ormai quasi tutti sfuggiti alla treccia elaborata che gli aveva fatto al mattino. E che dire della coda scodinzolante con quel piumino color cioccolato sulla punta? Vedendolo così, a chiunque sarebbe venuta voglia di coccolare quel cuccioletto!
Vil gli diede una leggera pacca sulla testa, mentre si schiariva la gola per liberarla dalla polvere che aveva inalato quando Rey gli era saltato addosso.
“Credo che resterò, sì. Ma ora direi che è meglio se andiamo tutti a fare una doccia.”
Lo sguardo di Rey si puntò sull’accappatoio che lui indossava, con innocenza sbirciò dentro la scollatura notando un leggero segno rosso.
“Ti sei fatto male?”
Vil seguì il suo sguardo e, quando capì a cosa si riferiva, si affrettò ad afferrare i lembi della scollatura e chiuderli nella mano. “Non è niente.”
“Cos’è quel segno, allora? E poi perché sei sudato? Stavi facendo ginnastica?” Volse lo sguardo sul corpo mezzo nudo di Leona: “Stavate facendo ginnastica insieme?” …sniff sniff! Il suo nasino sottile annusò l’odore di Leona e poi quello di Vil. Ehm… Alzando lo sguardo vide chiaramente il viso di porcellana di Vil imporporato per l’imbarazzo, mentre quando si direzionò su Leona…be’, lui lo stava fissando con sguardo truce come se volesse ucciderlo. Non servirono spiegazioni, Rey divenne rosso come un pomodoro e balzò all’indietro neanche avesse preso la scossa!
“Io…vado a prendere le cose per lavarmi.” E corse via come una saetta.
Vil si coprì il viso con le mani. “Ahhh voglio morire!”
Jack, che per tutto il tempo era rimasto in disparte a guardare la scena e a ridersela sotto i baffi (che non aveva!), cercò di parlare col solito tono pacato. “Mi stavo chiedendo quando se ne sarebbe accorto. Io ho sentito l’odore che avete addosso da in fondo al corridoio.”
Leona sbottò: “E allora? Cosa c’è da scandalizzarsi? Siamo fidanzati e ci piace fare sesso. Non ci vedo niente di strano.”
Vil, preso da un piccolo attacco isterico, gli diede un sonoro schiaffo sul braccio. Il volto ancora arrossato e gli occhi lucidi per la vergogna che provava. “Abbi il buongusto di tacere! Accidenti a te! E anche nascondere tutti i succhiotti che mi fai ogni volta sta diventando un’impresa!”
“Pff….” Jack, mezzo chino sulle ginocchia e con la mano premuta sull’addome nel tentativo di trattenersi, alla fine non ce la fece più e scoppiò in una grossa risata! “AHAHAHAHAHAH!”
Con quei due non ci si annoiava mai. Era un peccato che Ruggie non fosse lì a condividere il momento esilarante, ma gli avrebbe raccontato tutto quella sera stessa, su questo non c’erano dubbi!


(*): Questo episodio citato da Vil accade nella mia precedente fanficton "Leona Kingscholar x Vil Schoenheit -Solo un bacio d'amore...".
Vi lascio il link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3959332&i=1
Nel caso ci fossero problemi con link, la trovate sulla mia pagina! ;) 

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Capitolo 5
*** Dopo il tramonto si vedono le stelle ***


Capitolo cinque
Dopo il tramonto si vedono le stelle
 
A causa del piccolo incidente del giorno prima, Vil aveva letteralmente trascorso la serata e il mattino seguente a scusarsi con Rey. Praticamente un lamento continuo che non era cessato neanche durante le lezioni, passando dalle parole dette a voce a quelle scritte su carta fino a riempire un intero foglio! Vil la stava prendendo fin troppo seriamente, nonostante Rey avesse ripetuto più e più volte che non doveva preoccuparsi e che non era successo niente. Ma era anche vero che dalla doccia, il piccolo non lo aveva più guardato negli occhi ed aveva mantenuto un riserbo che non aveva niente a che fare col suo carattere. Era rimasto così turbato? Comunque era tutta colpa di Leona, su questo era irremovibile! Così, Vil aveva deciso saggiamente che al termine delle lezioni Rey avrebbe preso baracca e burattini e si sarebbe trasferito al dormitorio Pomefiore, ignorando le lamentele da parte di Leona e gli occhioni da cucciolo di Ruggie a cui dispiaceva vedersi sottratto il nuovo compagno di giochi. Questo, avvenuto durante la pausa pranzo. E ora, al termine della giornata scolastica, mentre attraversavano un corridoio diretti entrambi alla sala degli specchi da cui avrebbero raggiunto il dormitorio Savanaclaw per recuperare i bagagli, le insistenti scuse e giustificazioni di Vil ancora non cessavano.
“Non vorrei che quell’episodio ti desse un esempio sbagliato sulla vita di coppia. Capisci cosa intendo? Normalmente è bene aspettare il matrimonio per fare…certe cose, solo che io e lui ci siamo lasciati travolgere dalla passione e…”
Rey non ne poteva più!!! Quel che era fatto era fatto e basta, che senso aveva dilungarsi in spiegazioni di ogni tipo sulle coppie, sull’attrazione, sull’amore, insomma lo sapeva bene che loro si amavano, quindi il problema qual era? Arrossire sul momento era stata una reazione più che lecita, questo è vero, ma poi avrebbe davvero voluto passarci sopra e non risollevare l’argomento. Sul serio, avrebbe TANTO voluto non sentire più niente al riguardo. Invece l’insistenza di Vil non faceva che rendere tutto più imbarazzante. Senza contare che vederlo così agitato era fin troppo strano, proprio lui che era costantemente calmo e dotato di sangue freddo.
Rey strinse i pugni, ormai era al limite della sopportazione, ma doveva cercare di farglielo capire gentilmente altrimenti avrebbe peggiorato le cose. C’era anche da considerare che se Vil avesse scoperto ciò che lui teneva segreto, di certo si sarebbe beccato una bella sgridata nel caso si fosse comportato scortesemente. Meglio prevenire che curare.
Buttò fuori il respiro che stava trattenendo e…
“Per favore, non parliamone più!” La voce gli uscì come se stesse per mettersi a piangere.
“Ma Rey! Sto solo cercando di spiegarti che io e Leona…”
“Ti giuro che lo so! Non mi devi nessuna spiegazione! E poi…” Per la prima volta dal pomeriggio precedente sollevò lo sguardo su di lui  e lo guardò dritto negli occhi, mostrando così un’espressione imbarazzata e un visetto velato di rossore. “Sono abbastanza grande da sapere come si fanno i cuccioli!”
Vil fu attraversato da un brivido. “Ve-veramente…io e lui non…non è per quello che…”
Era fatta! Finalmente aveva trovato il modo di farlo tacere! Se solo ci avesse pensato prima, si sarebbe risparmiato mezza giornata da incubo! Rincuorato, Rey percepì un gradito senso di leggerezza, come se si fosse liberato di un peso che aveva portato addosso troppo a lungo. Improvvisamente anche l’imbarazzo se n'era andato, portando con sé la stanchezza mentale e quell’indicibile voglia di scappare.
A Vil accadde qualcosa di simile, dopo tutte le preoccupazioni riuscì a capire che continuare a parlarne non faceva che complicare le cose. Anche lui si rilassò, allora, e i suoi nervi in qualche modo lo ringraziarono! Il viso di Vil era molto più bello da rilassato e quel lieve sorriso che gli dipingeva le labbra era prezioso come una gemma alla luce. O almeno era così che lo vedeva Rey.
Ricambiò il sorriso e chiese gentile: “Va meglio?”
“Onestamente…sì!” Vil scosse il capo e si auto rimproverò: “Temo di averti assillato un po’ troppo. Ti devo delle scuse. E’ solo che ai miei occhi sei un bambino e certi argomenti sono…come dire…difficili da affrontare.”
Rey si aggrappò al suo braccio e concluse con un ampio sorriso: “E’ tutto a posto! Ora voglio solo salutare Leona e gli zii come si deve e trasferirmi al Pomefiore con te!”
Il sorriso complice di Vil mutò rapidamente, ricordando un dettaglio che aveva trascurato. “Spero che quel selvaggio non faccia ancora storie. Da quando si è messo in testa la stupida idea che tu hai una cotta per me, è diventato ancora più intrattabile.”
Rey ridacchiò: “Non è come pensa lui, ma è vero che mi piaci!”
“Ecco, evita di dirlo in sua presenza. Te lo chiedo per favore.”
“D’accordo, come vu-oh!”
Rey si fermò di colpo e, essendo aggrappato al braccio di Vil, gli diede involontariamente un piccolo strattone, obbligandolo a fermarsi.
“Mh? Che ti prende?”
Quella faccia cosa significava? Occhi sbrilluccicanti e languidi, gote leggermente imporporate, labbra socchiuse, battito cardiaco accelerato.
“Sembri una fanciulla che ha trovato il suo Principe Azzurro!”
In effetti, oltre a loro nel corridoio c’era solamente una persona che lo stava percorrendo dalla direzione opposta e si stava avvicinando a loro, passo dopo passo. Divisa bianca e nera coi risvolti a formare un cuore, gilet rosso,  capelli rossi lunghi ondulati e parzialmente raccolti in un codino, il simbolo rosso di Quadri dipinto sotto l’occhio destro, occhi verdi come smeraldi e dallo sguardo fisso sullo smartphone che teneva in mano. Quello era…
“CATER DIAMOND!”
“Mh? Sì?” Cater distolse lo sguardo un po’ controvoglia, ma appena vide la bellezza statuaria a poca distanza, la sua mano non ci pensò un attimo a riporre lo smartphone nella tasca.
“Vil, che sorpresa!”
Lui lo guardò di sbieco. “Non sono stato io a chiamarti.”
“Ah…ehm…”
A quei suoni, Cater spostò lo sguardo sulla figura che era accanto (per non dire appiccicata) a Vil.
“Ah, tu sei il ragazzino di cui parlano tutti! Sei ospite qui al college, giusto?”
“Ehm…” Niente, le parole non uscivano, allora fece un cenno col capo.
“Ah ah quanto sei timido! Che carino!”
Vil intervenne: “Veramente è la prima volta che lo vedo così. Di solito salta addosso alle persone e le chiama con curiosi nomignoli, senza farsi problemi.”
Cater si abbassò sulle ginocchia per essere alla stessa altezza del ragazzino e guardarlo meglio in viso. “Caspita, ti assomiglia tantissimo! E’ forse un tuo parente?”
“Come dici? Non credo proprio!”
“Avete lo stesso viso e lo stesso colore di capelli! Dico davvero!”
Vil prese la treccia che ricadeva sulla schiena di Rey e la sollevò per mostrarne il fondo. “Vedi? Lui ha le punte castane. Io invece le ho lilla. Inoltre io non ho le orecchie da leone.”
“Dettagli! Io vedo solo che è bello come te!”
Rey era sul punto di fare un infarto. Oltre ad essere diventato rosso come un pomodoro, tremava tutto per l’eccitazione. Era evidente che era stracotto di Cater, non c’era bisogno di dirlo!
Vil lo pungolò col gomito a cui lui era ancora aggrappato come una scimmietta. “Su, di qualcosa! Hai dimenticato le buone maniere?”
“AH!” Finalmente una ripresa. Rey si staccò dal suo braccio e fece un inchino. “I-io sono…sono un tuo grande fan! Piacere di conoscerti! M-mi chiamo Rey Kin…Ki… Solo Rey!”
Allo sguardo confuso di Cater, Vil dovette fare una doverosa aggiunta. “Rey non può dire il suo cognome per una serie di motivi che ora non ho tempo di spiegarti.”
“Mh, quest’aura di mistero è intrigante!” Allungò la mano e la posò sul capo del piccolo con gesto gentile, giusto al centro delle orecchiette morbide e dalle punte castane. “Il piacere è mio, Rey!”
La mano di Cater poi scivolò via piano, sfiorando i bei capelli biondi. Quando Rey rialzò il capo, i suoi occhi erano gonfi di lacrime di gioia.
“Caspita! Sei davvero un mio grande fan, se ogni mio gesto ti fa venire le lacrime agli occhi! Dì, da quanto mi segui?”
“Da…da quando ero un cucciolo!”
Cater scoppiò in una fresca risata. “Non da molto, quindi! Sei tutt’ora un cucciolo!”
“Non è vero! Ho già compiuto tredici anni!” Lo rimbeccò Rey, facendo una buffa smorfia mista fra l’offeso e il divertito.
“Oooh! Allora per farmi perdonare per la mia indelicatezza, mi farò un selfie insieme a te! Che ne dici?”
Rey divenne il ritratto della felicità e parve illuminarsi ancor più, ma… Vil gli parò davanti una mano come a voler creare una barriera fra i due, lo sguardo affilato puntato su Cater. “Te lo puoi anche scordare, maniaco dei selfie. Il Preside si è raccomandato che non trapelino informazioni su di lui e questo comprende anche le foto. Desolato, ma devo stroncare sul nascere il tuo tentativo di farti pubblicità sui social usando questo ragazzino come scoop.”
Cater si rimise dritto in piedi, il suo volto traspariva una certa malinconia. Quel rimprovero doveva averlo ferito. “Non era mia intenzione, te lo assicuro. Vorrei che non mi considerassi una persona così squallida.” Lasciò un leggero sospiro e si rivolse a Rey. “Ora devo raggiungere gli altri al club di musica, ma spero che avremo modo di parlare un po’ di più al nostro prossimo incontro.”
“S-sì! Volentieri…” Sia la voce che l’espressione di Rey erano palesemente quelli di una fanciulla innamorata, forse per questo Cater gli regalò un sorriso.
“Allora ci si vede! Ti inviterò all’Heartslabyul per un tè!”
“Da-da-davvero?”
“Come è vero che dopo il tramonto si vedono le stelle!” Cater gli fece l’occhiolino e se ne andò per la propria strada.
*
 
“LEONAAAA!!!”
Perso com’era nei propri pensieri, quel grido lo fece sobbalzare sul letto ma, prima ancora di muovere lo sguardo, fu assalito dal piccolo vulcano di gioia che gli saltò alle spalle senza fare complimenti!
“Leona, è appena successa una cosa fantastica! Ho incontrato il mio idolo Cater Diamond! Mi ha fatto una carezza sulla testa! Ha detto che sono bello! E mi ha invitato per un tè! Sono così felice!”
Vil, che nel frattempo era entrato nella stanza e aveva richiuso la porta, si avvicinò al letto e disse con tono sprezzante. “Fossi in te mi vanterei poco, con quell’espressione da merluzzo lesso che avevi. Che poi…idolo? Quello là?”
Rey, senza lasciare la presa attorno al collo di Leona, lo guardò con tanto d’occhi: “Scherzi? E’ una star! Lo seguo ogni giorno su Magicam! E’ così figo!”
“……..la mia stima nei tuoi confronti potrebbe abbassarsi drasticamente dopo questa confessione.” Con la mano fece un gesto come se stesse scacciando una mosca. “Comunque, ora prendi le tue cose e andiamo.”
“Va bene!” Obbediente, Rey lasciò il letto e si mise subito a sistemare alcune cose nella sua valigia, da bravo ometto. E Leona era ancora immobile con espressione alquanto imbronciata.
“E tu cos’hai? Ancora fermo nelle tue convinzioni? Anche dopo quello che hai appena sentito?” Lo stuzzicò Vil.
“Uff, non rompere! Non è solo quello il problema. Solo non capisco perché tutta questa fretta di portarlo via.”
Vil sfoggiò un sorrisino di sfida. “Attento Leona, così sembra che tu non voglia separarti da lui!”
“Ma che ca-” L’imprecazione gli fu stroncata da un secondo assalto alla schiena. “Vuoi che io rimanga qui? Ti prometto che prima di tornare a casa passerò un’altra notte qui al Savanaclaw e dormirò insieme te!”
“MA CHI TI VUOLE, ROMPISCATOLE!” Trasalì Leona, beccandosi così la solita occhiataccia da parte di Vil.
“Cough cough…”
Dall’entrata esterna fecero capolino Jack e Ruggie, quest’ultimo evidentemente mogio e con tanto di orecchie abbassate.
Jack parlò per primo. “Scusate se vi interrompiamo. Volevamo salutare Rey prima che lasci il dormitorio.”
“Io vorrei che restassi. Così potremmo ancora giocare nell’acqua, cenare insieme e raccontarci tante cose divertenti.”
Incredibile ma vero, Ruggie era sul punto di piangere e…Rey non era da meno! Infatti si precipitò da lui  per abbracciarlo. “Zio Ruggie! Se dici così non riuscirò più ad andarmene!”
L’espressione disgustata di Vil, di fronte a quella scena melodrammatica, la diceva lunga…
“Siete seri? Mica sta partendo per sempre! Lo porto solo al mio dormitorio per qualche giorno! E poi potete vedervi in ogni momento, non c’è niente che ve lo impedisca!”
Jack lasciò un sospiro di comprensione. Quando poco prima Ruggie gli aveva proposto di salutare Rey, non si aspettava certo di prendere parte ad una sceneggiata del genere!
*
 
Un po’ alla volta, tra frasi smielate e varie lamentele da parte di Leona, Rey riuscì a terminare di preparare la valigia, mentre Vil si era occupato di riporre con cura nell’armadio la divisa del dormitorio e il telo da bagno che per ovvie ragioni sarebbero rimasti lì. Alla fine di tutto, quando lui e Rey riuscirono finalmente ad attraversare lo specchio magico che conduceva al Pomefiore, il sole era già tramontato. In quel luogo la temperatura era completamente diversa, l’aria fredda accarezzò la delicata pelle di Rey, facendolo rabbrividire.
Notandolo, Vil gli parlò premuroso. “Vieni, ti porto subito nella mia stanza così puoi indossare indumenti più caldi.” Gli avvolse le spalle col braccio e insieme attraversarono alcuni corridoi, seguiti dalla valigia che scivolava sulle rotelle di cui era dotata.
Entrati nella stanza e richiusa la porta, Vil andò diretto verso l’armadio, lasciando al piccolo alcuni istanti di tempo per guardarsi attorno e farsi una prima impressione del nuovo ambiente in cui veniva ospitato. A dire il vero, anche se il suo sguardo si posava su ogni cosa, la sua espressione tranquilla faceva da specchio alla sensazione di agio che provava. Nonostante fosse passato da una stanza disordinata e dalle pareti spoglie, ad una decisamente ricca e raffinata, il contrasto non gli faceva alcun effetto. La cosa incuriosì Vil.
“Non dici nulla? Credevo che per te sarebbe stato un drastico cambiamento.”
Rey abbozzò un sorriso leggermente divertito. “Sono cresciuto in un luogo che ha un po’ di Savanaclaw e un po’ di Pomefiore! Per me è normale correre e giocare sul terreno polveroso, come lo è consumare un pasto in un salone raffinato!”
Curioso…davvero curioso…
“Capisco.” Vil non porse altre domande, riportò l’attenzione all’interno dell’armadio. In breve ne estrasse alcuni indumenti appesi con una gruccia e li esibì di fronte al piccolo.
“Ecco, questa è la tua divisa in stile Pomefiore!”
Con la mano scorse delicatamente il velluto indaco del vestito simile ad una tunica dalle lunghe e ampie maniche aperte, l’ampia fascia nera allacciata in vita e fermata da un laccio rosso di corda, i pantaloni neri sottili e aderenti.
“Waaaah è bellissima! Ugh…” All’improvviso Rey si piegò, stringendo le ginocchia, e divenne rosso in viso.
“Che ti succede ora?”
“E’ che…devo fare la pipì.”
Piccolo! Che carino vederlo così imbarazzato!
Vil tentò di coprirsi il viso con la mano per nascondere un sorriso, ma il tono divertito lo tradì.
“Con tutte le emozioni di oggi, non mi sorprende! Ehm… Oltre quella porta che vedi c’è il mio bagno personale. Lo userai anche tu per tutto il tempo che resterai qui.”
Non aveva ancora terminato la frase che Rey schizzò via come una saetta, facendo anche sbattere la porta.
“Pff! Ah ah!” Ora che Vil era da solo, poteva ridere liberamente, no? Ma lo stesso cercò di darsi un contegno, per quanto la situazione fosse buffa. Posò gli abiti sul letto e scosse il capo lasciando un sospiro, sempre col sorriso sulle labbra. “Qualcosa mi dice che la tranquillità di questo dormitorio sta per essere stravolta!”
Nel frattempo, Rey si stava beatamente godendo il momento. Com’era possibile che non si fosse accorto prima di quanto gli scappava,  se lo chiedeva perfino lui! Comunque… Prima era entrato in tutta fretta e aveva subito adocchiato i servizi, per evidente necessità, ma ora che aveva il tempo di guardarsi intorno i suoi occhi scrutarono con interesse quel luogo composto interamente di marmi, adornato da alcune colonne come in un tempio, e dalla grande vasca troneggiante.
“Questo bagno è identico a quello di casa mia…”
Finito il lavoretto dal basso, tirò lo sciacquone e si lavò le mani nel bel lavandino dalla forma che ricordava quella di un fiore, ed ecco che mentre l’acqua scorreva, la sua attenzione fu attirata dal riflesso dello specchio. Aveva dimenticato di accendere la luce, però l’illuminazione esterna entrava comunque dalla sottile e lunga finestra e, attraversando la tendina, creava un piacevole effetto dorato contro i marmi. Rey si asciugò le mani e andò appunto verso la finestra, dove poi scostò la tenda. Il suo sguardo andò subito a perdersi nel cielo della sera, sul manto blu dove splendevano migliaia di punti luce. Il suo pensiero tornò alla frase che Cater gli aveva detto nel pomeriggio. Chissà perché adesso le stelle gli sembravano ancora più belle del solito.
“Oh eccoti qui! Tutto a posto?”
Gli chiese Vil, quando il piccolo tornò nella stanza. Mentre lui era occupato, si era portato avanti, aveva tolto la divisa scolastica ed ora stava finendo di indossare la lunga veste indaco del dormitorio.
“Mh! Il tuo bagno è davvero bello, sai?”
“Soprattutto i marmi, vero? Ha affascinato anche me, quando sono diventato capo dormitorio. Dopo il diploma, quando avrò una casa mia, credo che farò costruire un bagno in marmo come quello.”
“Uh uh! Eh già!”
Sentendo quel tono, Vil volse lo sguardo a Rey.
“Cos’è quell’espressione beffarda?”
“Niente!”
“Bene, allora vieni qui ad indossare la tua divisa.”
“Subito!”

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Capitolo 6
*** Delicata bellezza di una stella alpina ***


Capitolo sei
Delicata bellezza di una stella alpina
 
Meraviglioso. Fu questa la parola che uscì dalle labbra di Vil, guardando la figura completamente trasformata di Rey. Pur sapendo che il ragazzino era in grado di prepararsi da solo, aveva insistito per essere lui ad occuparsi di tutto, dalle punte dei capelli alle scarpe, e il risultato era andato ben oltre le sue aspettative. Possedendo occhi splendidi già al naturale per via del verde chiaro e brillante come una prateria soleggiata, era bastato disegnarne i contorni con l’eyeliner nero e colorare le palpebre con un filo di ombretto lilla sfumato di oro. Il viso dalla pelle bianca e perfetta era stato appena sfiorato da una pennellata di blush roseo sulle gote. Ai capelli, essendo già acconciati in un’elaborata treccia che raccoglieva la chioma bionda, era stata aggiunta una manciata di forcine dorate con l’emblema del cuore trafitto da un pugnale. La tunica indaco che scendeva fino a metà coscia, era stretta in vita dalla fascia nera e dal laccio rosso in modo che il drappeggio del tessuto creasse maggiore rotondità ai fianchi snelli, nello stesso stile che Vil aveva adottato per se stesso. Poi i pantaloni neri aderenti ed infine un paio di stivaletti  decorati con lacci dorati  e dotati dei classici tacchi a spillo.
“Meraviglioso.” Ripeté Vil, lo sguardo colmo di fierezza non tanto per il capolavoro creato, quanto più per l’ottima materia prima di cui era composto.
“Grazie.” Rispose Rey, con un accenno di timidezza.
“Sono sicuro che mi renderai ancora più fiero di te, quando ti avrò presentato agli altri.”
Non erano parole dette alla leggera, ormai conosceva abbastanza il suo potenziale da aspettarsi grandi cose da lui.  E allora bando agli indugi. Gli porse il braccio, che lui prese educatamente anziché aggrapparvisi come di consueto, e uscirono dalla stanza.
Mentre attraversavano il grande e regale corridoio dalle ampie vetrate, Vil notò piacevolmente che Rey non aveva difficoltà a camminare sui tacchi, anzi lo faceva con naturalezza come se li avesse sempre avuti addosso. La sua camminata era sicura, ben bilanciata, la sua schiena dritta e il mento fieramente alto. Un giovane cortigiano che accompagnava una regina, era questa l’immagine che davano insieme. Avrebbero lasciato tutti a bocca aperta, di questo era certo. E Rey sarebbe stato da esempio soprattutto agli studenti del primo anno, in particolare a quelle patate che lui stava cercando di educare e di tramutare in fiori. Stava riflettendo su questo quando dal capo opposto del corridoio vide giungere Rook. Perfetto. Quale miglior persona per fare il primo test?
Non appena fu abbastanza vicino, Rook tolse il piumato cappello e chinò il capo cortesemente. “Buonasera, Vil. Bellissimo Roi du poison.”
“Buonasera a te, Rook.” Si spostò di un passo e con gesto elegante della mano indicò Rey. “Ho il piacere di presentarti il nostro gradito ospite.”
Rey si esibì in una riverenza di tale eleganza da sembrare uscito da una favola. “Bonsoir, monsieur. Je m’appelle Rey.”
Rook ne rimase deliziato. Accennò un sorriso e rispose: “Enchanté, mon petit. Pensavo di accogliere un leoncino e invece di fronte a me si presenta un bellissimo principe. Oh, pardonne-moi, volevo dire un bellissimo Re.”
Vil ridacchiò. “Oh Rook, stai già pensando a uno dei tuoi pittoreschi nomignoli?”
“Ehm, no. Questo è…” Incerto su come procedere, lasciò in sospeso la frase, perciò fu Rey a prendere la parola. “E’ il mio nome. Rey in un’altra lingua significa re.”
Vil sfoggiò un’espressione interessata e compiaciuta. “Ma pensa… Direi che i tuoi genitori non temono la grandezza!”
“E’ stato il mio papà a sceglierlo. Siccome lui non diventerà mai re, voleva che suo figlio ne portasse almeno il nome.”
Ed ecco che l’espressione di Vil mutò in una alquanto disgustata. “Ugh… Sembra un ragionamento fatto da quell’incapace complessato di Leona.”
A quelle parole, Rey scostò lo sguardo. Dettaglio che Rook notò.
 
Nello stesso momento, nella lounge del Savanaclaw…
“ETCIU’!”
Leona starnutì così forte che il suono rimbombò nel salone, ma a lui non importò nulla, tirò su col naso e si passò velocemente un dito giusto sotto le narici. Nel modo più sgraziato possibile.
“Leona, sei raffreddato? Forse ci siamo seduti troppo vicino alla cascata.” Gli disse Ruggie, seriamente preoccupato per la salute del suo leader. Peccato che la sua gentilezza fu liquidata da un gesto della mano e da un volgare: “Puah, chi se ne frega. Piuttosto dammi dell’altra carne, questa sera ho più fame del solito.”
Jack, dal proprio posto a tavola e con la sua tipica compostezza, azzardò una frase. “C’entra qualcosa l’agitazione che ti ha preso da quando Rey è andato via a braccetto con Vil?”
“Chiudi quella bocca!”
Insomma, il tipico scenario di quel trio. Ma ora torniamo ad un luogo abitato da creature decisamente più educate e a modo…
 
Vil scosse il capo per scacciare il pensiero di Leona dalla mente e si rivolse a Rook. “E’ tutto pronto per la cena?”
Oui. Stavo giusto andando a controllare la preparazione dell’ultimo carrello con le pietanze e poi possiamo iniziare.”
“Bene, allora io e Rey procediamo verso la lounge. A dopo.”
Rook fece un inchino ad entrambi e si allontanò, mentre loro s’incamminarono lungo il corridoio.
Vil era raggiante. Rey aveva dato prova del suo talento, sorprendendo perfino Rook. Il sapore della vittoria era semplicemente delizioso! Ancora pochi passi e avrebbe ammaliato l’intero dormitorio sfoggiando quel tesoro prezios- “ZIO EPEL!”
Un momento… Che???
In effetti Epel aveva fatto capolino dalla porta della lounge ma… Perché Rey gli stava correndo incontro in quel modo? E…perché ora gli stringeva le mani? Che…che…?
“Sono così contento di vederti! Waaaah siamo alti uguali! Incredibile!!!”
Il fatto che Epel avesse gli occhioni azzurri spalancati e gli ronzassero attorno dei punti di domanda era assolutamente normale, vista la situazione!
Vil sentì il terreno frantumarsi sotto ai piedi… Non era possibile… Strinse il pugno con rabbia e…
“Rey! Ti sembra il modo di comportarti?”
Gulp! Rey si sentì improvvisamente trafitto da una freccia immaginaria. Che scemo! La felicità di vedere Epel gli aveva fatto dimenticare tutto il resto. Poteva ancora rimediare?
Gli lasciò immediatamente le mani e fece un inchino pari a quello precedente.
“Mi chiamo Rey, per un po’ di tempo sarò ospite qui al dormitorio Pomefiore. Piacere di conoscerti.”
Uno strano silenzio e poi…
“Phahahahahahahah!!!” Epel si piegò, stringendosi lo stomaco col braccio. “Jack mi aveva detto che eri uno spasso, ma non credevo così tanto!”
“Epel, ti ci metti anche tu?” Vil lo stava fulminando con lo sguardo e ora stava stringendo entrambi i pugni. Era bastato un misero istante per  mandare tutto a rotoli!!!
“Ah ah… Fuuu! Scusami! Ora la smetto!” Prese un bel respiro e si rimise dritto. Il suo viso era arrossato e dovette asciugarsi una lacrima che stava traboccando dalle ciglia. “Il piacere è tutto mio, Rey! Ti ho appena incontrato e già sei in cima alle mie simpatie!”
Rey si mordicchiò il labbro, imbarazzato. “Ehm…scusami. Non volevo essere sfacciato.”
“Nessun problema! Anzi, quando sei con me comportati con naturalezza, davvero!”
Questa volta fu Vil a dover prendere un gran respiro per reprimere l’impulso di prendere uno per i capelli e usarlo per picchiare l’altro. Grazie al cielo quello spettacolo indecoroso era avvenuto fuori dalla lounge. Il che significava che non tutto era perduto.
Afferrò la tunica di Epel per una manica e si chinò su di lui con fare inquietante. “Ti consiglio di entrare e metterti in un angolo fino a quando non prenderemo posto a tavola. Se provi a fiatare giuro che domani ti massacro con una lezione speciale di danza classica.”
Epel tremò come una foglia al solo pensiero. Messaggio ricevuto. Non appena la mano di Vil lo lasciò, filò dritto nel salone senza voltarsi indietro.
Non badando al sorriso forzato che Rey aveva stampato sulla faccia, gli disse: “Come dicevo pochi minuti fa, quando entreremo rendimi ancora più fiero di te.”
Un cenno affermativo col capo e le porte si spalancarono.
Le cose andarono splendidamente. Rey diede il meglio di sé e lasciò incantati tutti i presenti, così Vil decise che avrebbe riposto la scenetta di poco prima in fondo ad un baratro dei ricordi da non rievocare MAI. In breve la cena fu servita, gli studenti presero posto ordinatamente ai lunghi tavoli e per l’occasione Rey ed Epel si sedettero di fronte al leader e al suo vice, così da poter conversare guardandosi in volto.
Come prima portata fu servita una delicata vellutata di patate e porri. Inutile dire che Rey la sorseggiò senza emettere il minimo rumore e anche per le portate successive mostrò di aver ricevuto un’educazione esemplare in quanto a galateo. Al contrario di Epel che invece sembrava incapace di mangiare come una persona normale, tanto che lo stesso Rey, seppur sorridendo, dovette riprenderlo diverse volte di non piegarsi in avanti per mangiare, di tenere la forchetta in un certo modo e di usare il coltello in un altro. Ora Vil ne era pienamente convinto, quel ragazzino aveva sangue blu nelle vene. Non solo glielo aveva dimostrato in tutti i modi, anche il discorso udito prima in corridoio, riguardo suo padre, portava in quella direzione. Questo avrebbe spiegato l’aura di mistero che lo circondava e tutti gli strani divieti imposti dalla sua famiglia per non divulgare la notizia del suo soggiorno al Night Raven College. Ma allora di quale famiglia reale faceva parte? Di norma avrebbe dovuto saperlo, non erano poi così tante. Aveva anche accennato qualcosa riguardo il suo luogo di provenienza, ovvero che conteneva un po’ di Savanaclaw e un po’di Pomefiore. Una frase enigmatica… Cosa poteva significare? Rey incarnava lo spirito di un principe e di un ribelle, come due persone in un unico corpo.
“Vil, qualcosa non va?”
La voce di Rook lo fece tornare al presente, si accorse di avere ancora la forchettina vuota in mano, quando nel piatto lo attendeva una squisita poire duchesse cotta e decorata con cioccolato fondente.
“Nulla, stavo solo pensando.”
“Vil, dopo cena posso andare nella stanza dello z-cioè di Epel?”
Rey stava sfoggiando i suoi occhioni imploranti, una tecnica che aveva usato anche altre volte. Sangue blu o meno, era pur sempre un ragazzino di tredici anni e a lui piaceva anche quel lato del suo carattere. Vil lo pensava sinceramente.
“Per favore, Vil! Mi ha chiesto di mostrargli la mia collezione di foto di mele intagliate! E’ la prima volta che conosco qualcuno così interessato alle mie passioni!” Intervenne Epel, che in quanto ad occhioni imploranti non era da meno!
Vil scorse i loro sguardi infantili e rischiò di lasciarsi scappare una piccola risata, invece riuscì a trattenerla e a rispondere con tono neutrale. “Come desiderate. Vi lascio la libertà di cinguettare allegramente, a patto che Rey non faccia storie quando verrò a chiamarlo per andare a dormire.”
Gli occhi di Rey si illuminarono come stelle e lui rispose con entusiasmo: “Prometto che sarò veloce come un fulmine! Sarò nella tua stanza prima che tu te ne accorga!”
“Pff! Non ce n’è bisogno!” Si mascherò il viso con la mano per non far vedere che stava sorridendo. Era un suo difetto quello di nascondere il proprio sorriso come se fosse un crimine.
E nel mentre Rook, senza farsi notare, osservava ogni singolo dettaglio con sospetto.
*
 
La primissima cosa che Rey fece appena entrato nella stanza di Epel, fu quella di tuffarsi sul letto per abbracciare un simpatico cuscino raffigurante la famosa mela avvelenata della Regina Cattiva!
“Mi piace tantissimo questo cuscino! A casa ne ho un set di varie misure, tutti regali dello z- ehm di un caro amico della mia mamma!”
Epel gli regalò uno dei suoi sorrisi dolci come zucchero filato. “Jack mi aveva detto che hai la tendenza a chiamare le persone col nomignolo ‘zio’! Che cosa carina!”
“Oh be’, li chiamo così da quando ho ricordo! Anche se non abbiamo legami di sangue, sono cresciuto con loro accanto, proprio come dei veri zii!”
“Lo fai anche con me, Jack e Ruggie, anche se ci hai appena conosciuti!”
Il viso di Rey, nel giro di pochi istanti, assunse tutte le tonalità di colore che andavano dal rosa al rosso, senza tralasciare una sola sfumatura. “Che figuraccia! Scusa! Vi chiamo così perché…perché…”
Epel salì ginocchioni sul letto e andò a stendersi accanto a lui, un sorriso lieve e sincero gli dipingeva le belle labbra rosee e sottili. “A nessuno di noi da fastidio essere chiamati così! Ammetto che quando l’ho sentito prima, ossia la primissima volta che ti vedevo, sono rimasto un po’ spiazzato ma…ora mi piace! Mi fa sentire legato a te! E’ una sensazione piacevole!”
I suoi occhi limpidi erano lo specchio della sua anima, non c’era traccia di disagio o di inganno, si vedeva che la presenza di quel nuovo arrivato gli era gradita e che gli piaceva la sua compagnia. Rey ne fu contento, anche se una piccola parte di lui trovava la cosa divertente! Se Epel avesse saputo…!
“Oh giusto! Le foto!” Epel balzò giù dal letto e andò a recuperare dalla scrivania il portatile su cui spiccava la figura illuminata di una mela, quindi riprese posto sul letto accanto a Rey, questa volta mettendosi seduto e a gambe incrociate.
Man mano che le immagini scorrevano sullo schermo, Epel raccontava aneddoti sulla sua famiglia, sulla sua terra e sulle mele che tanto amava. Ogni tanto aveva la sensazione di dire cose che Rey sapeva già, ma visto che lui non lo fermava dal raccontare, aveva continuato fino alla fine. Era raro per lui poter parlare di quei fatti personali, soprattutto con le persone di quel dormitorio, invece con Rey poteva andare a ruota libera, incoraggiato dal suo sguardo interessato e dalla sua coda che per tutto il tempo aveva scodinzolato come quella di un animaletto felice! Avevano giusto terminato di guardare le foto, quando il telefono di Epel emise un suono per indicare che era arrivato un nuovo messaggio.
Lo estrasse da una tasca interna della tunica e, leggendolo, le sue gote s’imporporarono.
“Wooooh, che reazione! E’ il tuo ragazzo?” Saltò fuori Rey.
Epel divenne color ciliegia. Era così imbarazzato che non pensò nemmeno al fatto che Rey avesse detto la parola ‘ragazzo’ invece di ‘ragazza’. Non che la cosa l’avrebbe offeso, comunque!
“Ehm…n-no… Io e lui non stiamo insieme…”
“Dai racconta!” Incalzò Rey, ancora più interessato di quando stavano guardando le foto!
Epel si lisciò le punte dei capelli con la mano, timidamente. “Si tratta di…Neige. Di sicuro lo conosci anche tu, è famoso. Io…mh…io e lui chattiamo ogni sera e…a volte…parliamo al telefono ma… Insomma, non…non c’è niente tra noi…”
“Perché no? Da come ne parli si capisce che lo ami! Non glielo hai ancora detto?”
Lui scosse il capo e si strinse nelle spalle. “Non ce la faccio. Anche Vil mi ha dato lo stesso consiglio, il giorno in cui mi ha inviato i suoi contatti (*), però… Ho troppa paura. Se gli dicessi di amarlo e lui mi rifiutasse non so cosa farei.”
Rey ridacchiò. “Ah ah, come potrebbe rifiutarti! Sei simpatico, sei bello, sei gentile! E hai una moto fantastica!”
Epel si voltò a guardarlo con sospetto. “Quale moto?”
“La tua!” Nell’accorgersi di quello sguardo, temette di aver fatto una gaffe, perciò dovette aggiungere qualcosa. “Ehm…è rossa…e…quando è accesa compare una mela avvelenata sulla fiancata…”
“Aah stai parlando della moto che ho costruito per il film del club! Ah ah, non è mia! Non ci sono più salito da quella volta!”
“Stai scherzando? E’ impossibile! E’ troppo bella! Perfino io sogno di guidarla, anche se adesso non posso perché sono troppo piccolo! Devi assolutamente chiedere a Vil il permesso di tenerla! In fondo l’hai costruita tu!”
Epel aveva un’espressione che gridava ‘ma di che sta parlando questo qui’, però per educazione evitò di dirlo e ripiegò su un semplice. “Ehm…glielo chiederò. Va bene.”
“Certo che sì! Neige diventerà pazzo di te, garantisco io! Sì insomma, non solo per quello, ma se pensi a tutte le gite che potrete fare insieme a cavallo di quella moto vengono le lacrime agli occhi perfino a me!”
Accidenti quanto era schietto quel ragazzino…! Adesso un pochino di disagio lo stava provando, nel sentirsi fare quel discorso, ma era anche vero che lo stava solo spronando a fare un passo avanti verso il ragazzo di cui era innamorato, quindi… Lasciò un sospiro e disse: “E’ un bello scenario, devo ammetterlo! Ma per ora mi basterebbe riuscire a chiedergli un appuntamento!”
Rey gli prese il telefono dalle mani, era così umido di sudore che per poco non gli scivolò! Certo che Epel quando era agitato sudava parecchio!
“E’ arrivato il momento di chiederglielo, no?” Disse, sventolandoglielo davanti agli occhi.
Epel sbatté le palpebre. “Cosa? Vu-vuoi che lo faccia…adesso?”
“Mh mh!” Il viso di Rey era così vicino e la sua espressione da furbetto la diceva lunga!
Non avrà avuto intenzione di obbligarlo, vero? Chiedere un appuntamento era una cosa seria su cui riflettere per bene. Era importante. Con Neige non avevo mai affrontato l’argomento e, non è che poteva chiederglielo così di punto in bianco. Proprio no! E allora perché non lo spiegava a Rey? Il fatto era che, messo così alle strette non riusciva ad aprire bocca.
Riprese il telefono che lui aveva ancora nella mano e guardò lo schermo. Sapeva che in realtà era Rey ad avere ragione, però aveva troppa paura per affrontare la situazione, anche se avrebbe tanto voluto uscire con Neige. Camminare al suo fianco, sfiorargli la mano per sbaglio, guardare il suo bel viso sorridente, ascoltare la sua voce dal vivo anziché attraverso il telefono o le casse del portatile…sarebbe stato meraviglioso. Troppo, per uno come lui. Ma se lo avesse detto a Rey, si sarebbe sentito ancora più vigliacco.
Il rumore di due colpi alla porta attirò l’attenzione di entrambi.
“Sono io, posso entrare?”
Era la voce di Vil.
“Sì, certo!” Rispose Epel, approfittando del momento per riporre il telefono sul comodino accanto al letto.
La porta si aprì, Vil comparve sulla soglia con addosso la veste da camera e un paio di ciabatte abbinate, i capelli sciolti sulle spalle e già spazzolati. Fece per dire qualcosa ma, prima che potesse farlo, Rey gli balzò addosso carico di entusiasmo. “Vil, sei arrivato giusto in tempo!”
“In tempo per cosa?”
“Lo zio Epel sta per chiedere alla zia Neige di uscire con lui!”
Era serio. Cioè, brillava come una lanterna, però era serio e convinto di ciò che stava dicendo. Aiuto.
Non a caso Vil sentì di stare per avere un mancamento, nel sentire una frase del genere!
“Zio Epel e zia Neige… Suona come una maledizione.” Sospirò e si risolve ad Epel con un pizzico di disappunto: “Epel, ma che cosa hai raccontato a questo bambino?”
“E-ehm…io…” Veramente non lo sapeva neanche lui di preciso. Rey aveva fatto quasi tutto da solo!
“Anzi, lascia stare. Non voglio saperlo.” Disse, scuotendo il capo, per poi rivolgersi a Rey: “Non perdiamo tempo, c’è la vasca che ti aspetta ed è già tardi.”
“Va bene!” Rispose lui sorridendo. Lo sciolse da quella specie di abbraccio o intreccio da piovra in cui lo stava avvolgendo e si voltò per salutare Epel. “Allora buonanotte! Non vedo l’ora di rivederti a colazione per sapere com’è andata!”
“Ah… C-certo… Sì…” Epel stava per collassare, ma finse di nulla sfoggiando un mezzo sorriso e salutando Rey con la mano fino a quando lui e Vil non furono usciti dalla stanza. E finalmente, quando la porta venne richiusa, si lasciò crollare sul letto. Era esausto.
“Uff… Come faccio e chiedere a Neige di uscire? Non posso… E’ così gentile che invece di rifiutarmi direttamente troverebbe delle scuse convincenti. E magari un po’ alla volta smetterebbe di scrivermi…” Strinse la coperta nel pugno. “Non voglio perderlo. Io lo amo!” Chiuse anche l’altra mano a pugno e diede un colpo al materasso. Lo capiva da solo che si stava contraddicendo, ma era troppo impaurito per prendere una decisione.

(*): in questa frase faccio riferimento ad un fatto accaduto nella mia precedente fanficion "Leona Kingscholar x Vil Schoenheit - Solo un bacio d'amore..."
Potete leggerla a questo link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3959332&i=1
Oppure la trovate sulla mia pagina! :)

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Capitolo 7
*** Chiacchiere, pettegolezzi e...guai! ***


Capitolo sette
Chiacchiere, pettegolezzi e…guai!
 
“Questo tavolo sta diventando un po’ troppo affollato per i miei gusti.”
Il tono aspro della voce di Leona indicava che era già sul punto di perdere la pazienza. In genere lui e Vil pranzavano da soli a quel tavolo, approfittando della pausa per parlare e stare un po’ insieme, ma da alcuni giorni quel tavolo non faceva che ospitare sempre più persone e la cosa stava davvero diventando fastidiosa, a suo parere. Quel giorno si era sentito in pieno diritto di riguadagnare il posto accanto a Vil, visto ciò che doveva sopportare. La sua lamentela, però, era ingiustamente rivolta al nuovo ospite della giornata, o almeno il suo sguardo truce puntato su di lui sembrava suggerire questo! Non per niente Epel si sentì incredibilmente a disagio e quasi desiderò di diventare piccolo come un topolino e fuggire via prima che quella bestia lo azzannasse!
“Ho invitato io lo zio Epel a pranzare con noi!”
Precisò Rey, sempre bello e radioso come un raggio di sole, aggrappandosi al braccio del diretto interessato.
Accanto A Leona, Ruggie sghignazzò: “E sta aumentando anche la lista degli zii, a quanto sento!”
L’occhiataccia che gli lanciò Leona non gli fece alcun effetto, anzi, gli venne ancor più da ridere nel vederlo così infastidito!
Noncurante della scenetta, Rey riprese la parola: “Deve ancora dirmi perché nemmeno ieri sera è riuscito a chiedere un appuntamento a Neige!”
“Gh-mn-ph…(suoni inarticolati di chi viene colto in flagrante!) Ti ho già detto a colazione che avevo la batteria scarica!”
“Una volta inserita la spina potevi riaccendere il telefono e scrivere il messaggio!”
“I-il mio telefono si carica meglio da spento!”
A quel punto intervenne Vil, un altro che di pazienza ne aveva ben poca! “Oh cielo Epel, smettila di campare scuse in aria! Te l’abbiamo detto tutti di farti avanti con Neige, cosa aspetti a farlo?”
“Ma-ma…io…”
Jack, seduto all’altro fianco di Rey, porse una saggia domanda. “Mi parli spesso di lui e, a quanto ho capito, chattate molto ogni giorno. Fra le cose che ti dice ce n’è qualcuna che potrebbe farti capire se è interessato a te?”
“Mmh…” Epel prese ad arricciarsi i capelli, come faceva sempre quando era pensieroso. “Vediamo… Mi racconta delle sue giornate, di quello che fa a scuola o al lavoro. Della sua infanzia e della sua famiglia. Poi….be’ ogni tanto dice che gli piacerebbe moltissimo andare nel bosco a raccogliere fiori selvatici, fragoline e more, solo che ha troppa paura ad andarci da solo…”
Cri cri cri cri cri cri……. Il silenzio che seguì quell’ultima frase fu più assordante di un esercito di grilli! Tutti gli sguardi dei presenti al tavolo erano fissi su Epel, sbalorditi. Nessuno trovava il coraggio di aprire bocca. Nessuno tranne…Vil. Con dipinta in volto la sua solita espressione disgustata, lasciò un sospiro e disse: “Davvero non l’hai capito?”
Epel sbatté le palpebre, il suo viso era pura innocenza. “Che cosa?”
Vil batté il pugno sul tavolo e gli gridò: “Praticamente ti ha supplicato di uscire con lui! Quando la smetterai di comportarti come una sciocca piccola mela acerba e ti deciderai a diventare una succosa mela avvelenata?”
“Mh? Mela avvelenata? Lo zio Epel diventerà il Principe Azzurro!” Disse Rey, con assoluta convinzione. Allorché Vil si sentì in dovere di ribattere: “Perché dalla tua bocca continuano ad uscire maledizioni? Quando dici certe cose mi fai sanguinare le orecchie. Ahhhh, dopo le lezioni vado dritto a fare yoga, prima che i miei nervi si distruggano.” E nel dirlo si portò una mano alla fronte, allargando le dita per massaggiarsi le tempie doloranti a causa dello stress.
“Mentre tu sei impegnato, Rey potrebbe venire con noi al Savanaclaw! Che ne dite?” Saltò fuori Jack.
“Sìììì!!!” Esultò Rey (ovviamente!)
“Ah l’invito è esteso anche a te, Epel. E’ da un po’ che non vieni al campo a fare esercizio.”
“Ehm… Per me va bene, se non vi disturbo.”
Rey lo rassicurò subito. “Certo che no! Anzi sarà ancora più divertente! Più siamo e meglio è!”
Ruggie alzò la mano per prendere la parola. “Io passo. Nel pomeriggio vorrei studiare.”
“Tsk, il solito secchione!” Lo prese in giro Leona.
“Non è per questo! Mi sto impegnando dal primo anno in quel corso extra! Lo sai che voglio entrare in politica per aiutare la mia gente!”
Jack fece un cenno col capo: “Io lo capisco, non c’è problema. Puoi sempre unirti a noi un’altra volta.” Non mancava mai di dimostrare quanto fosse maturo, pur essendo uno studente del primo anno, ed era sempre il primo a sostenere Ruggie e ad incoraggiarlo affinché in futuro il suo sogno si realizzasse. Per questo Ruggie non mancò di ringraziarlo sinceramente. Poi Jack tornò a rivolgersi a Rey ed Epel: “Dunque siamo noi tre. Pensavo che potremmo fare alcuni giri di campo per scaldarci e poi passare alle flessioni. Per Rey andranno bene delle sessioni da cinque, non voglio sforzarlo troppo. Invece tu, Epel, ne farai una da dieci.”
“Uh? Una sola? Posso farne di più? Voglio diventare forte!”
“Una, per cominciare. Poi Rey ti darà il telefono. Se tu chiederai a Neige di uscire, ti lasceremo stare, se invece ti rifiuti farai un’altra sessione. E avanti così finché non lo inviterai.”
L’incarnato di Epel, già chiaro di suo, perse tonalità fino a diventare bianco come uno straccio e delle ombre blu gli comparvero attorno agli occhi. Insomma, era terrorizzato!
“No-non…dirai sul serio…”
Jack si sporse leggermente verso di lui. “Ti sembro uno che scherza?”
“Puah, quante storie per un appuntamento. Siete tutti ridicoli!” Leona si sistemò meglio sulla panca, a gambe aperte, e si atteggiò a galletto del pollaio: “Io dico che se vuoi una cosa te la devi prendere! Punto. Guardate me, invece di perdermi in smancerie con Vil, per conquistarlo gli sono saltato addosso e adesso siamo fidanzati.”
Precisiamo che se Vil avesse avuto una mazza, una scopa oppure una montagna rocciosa a portata di mano….gliel’avrebbe volentieri data in testa! Purtroppo, trovandosi alla mensa, dovette limitarsi a stringere i pugni e fare uso delle sole parole. “Tu… Di cosa ti vanti, idiota? Dopo il nostro primo bacio io mi aspettavo una dichiarazione! E invece tu cosa hai fatto? Mi hai succhiato e masticato per un’intera nottata, tanto che il giorno dopo ho dovuto darmi per malato perché non avevo nemmeno le forze di scendere dal letto!”
Sempre più gasato, Leona gli fece l’occhiolino: “Be’, non ti sei mai lamentato delle mie capacità! Prima di dichiararmi volevo mettere in chiaro che cosa avevo da offrirti!”
Come era accaduto in passato, Vil era seriamente sul punto di commettere un omicidio ma, se allora era stato Rook a fermarlo dall’avvelenare Neige, stavolta ad intervenire prima che lo massacrasse di botte fu Ruggie, scoppiando in una fragorosa risata che riecheggiò per l’intera sala!
Un po’ tutti gli sguardi si rivolsero a quel tavolo che mai prima era stato così rumoroso come in quegli ultimi giorni. Non furono in pochi a bisbigliare dei commenti al riguardo, facendo però attenzione a non farsi sentire dai diretti interessati tra i quali c’erano le figure rilevanti di un Principe e di una nota star dello spettacolo. E parlando di star, ce n’era una in particolare che sembrava non interessarsi a cosa succedeva e che manteneva lo sguardo fisso sullo schermo dello smartphone, il quale giaceva accanto ad una ciotola ormai vuota in cui prima era del ramen piccante.
Trey lo pungolò scherzosamente col gomito. “A quel tavolo sembrano divertirsi parecchio, eh?”
Cater emise solo un mugolio disinteressato.
“Quel ragazzino…Rey, non l’ho ancora incontrato personalmente, però vedendolo in classe, o comunque all’interno della scuola, mi è parso che somigliasse molto a Vil. Lo hai notato anche tu?”
Per la prima volta da quando si era seduto al tavolo, Cater sollevò lo sguardo e lo allungò sulla figura di Rey. Se lo aveva notato? Anche troppo. Da quando lo aveva conosciuto non pensava ad altro. Ne stava facendo un’ossessione. Dire che gli somigliava era poco, erano praticamente due gocce d’acqua, escludendo le orecchie leonine e la coda. E poi Rey era così gentile e sorridente, al contrario di Vil che lo guardava con sufficienza e gli parlava solo per scagliargli parole pungenti. In effetti Rey era meglio di Vil, da questo punto di vista. E poi gli aveva confessato di essere un suo fan, dettaglio da non sottovalutare. Il suo sguardo si fece più duro volgendosi a Vil. Lo aveva sempre maltrattato anche se non aveva fatto nulla per meritarselo. Aveva preferito donare il proprio cuore ad una bestia arrogante invece che a lui,  a lui che sarebbe stato ben felice di adorarlo e tenerlo in cima ad un piedistallo. Era tutto così…ingiusto. Si sentiva un povero idiota a continuare a soffrire dopo essere stato respinto. Avrebbe tanto voluto innamorarsi di qualcun altro, ma la sua ossessione per Vil glielo impediva. E poi era spuntato letteralmente dal nulla un ragazzino meraviglioso con la faccia del suo amore impossibile e che lo adorava. Di nuovo il suo sguardo mutò nel posarsi su Rey. Una luce sinistra gli guizzò negli occhi.
Trey, notandolo, gli chiese: “Tutto bene?”
“Credo proprio che dovrò invitarlo al più presto a prendere un tè da noi.” Anche la sua voce aveva un che di oscuro.
Tornando al tavolo principale…
Leona si stiracchiò sbadigliando. “Quando ho lo stomaco pieno mi viene troppo sonno. Andrò a dormire nella serra.”
“Non pensarci neanche, sfaticato.” Lo riprese prontamente Vil. “Tu andrai alle lezioni pomeridiane, come tutti noi, e porterai Rey con te. Visto che al termine deve andare con voi ragazzi-bestia al Savanaclaw.”
Rey balzò dalla panca, entusiasta: “E’ un’ottima idea! Così possiamo stare insieme e ti aiuto a prendere appunti durante la lezione di storia, come l’altra volta!”
“Ti fai prendere gli appunti da un ragazzino? Scommetto che non ti vergogni neanche un po’, vero?” Ora Vil lo stava infilzando con lo sguardo.
In quel momento suonò la prima campanella. Salvo per un pelo!
I ragazzi si alzarono dalle panche e cominciarono a radunare i vassoi del pranzo, Vil in particolare si occupò anche di quello di Rey e li impilò assieme alle cose di Leona. Quindi puntò il dito sul mucchio e specificò al proprio fidanzato: “Per una volta fai il galante e porta queste cose al banco. E dopo tu e Rey filate in aula. Sono stato chiaro?”
Leona fece una smorfia di sfida: “Altezzosa come sempre, mia regina! D’accordo, sarò lieto di farvi da servitore se me lo chiedete così caldamente!”
Rey si coprì la bocca con la mano per non mettersi a ridere. Quei due erano troppo divertenti! Saltellando si affiancò a Leona, quindi salutarono gli altri e si avviarono.
“Sai, a me piacciono le lezioni di storia! E’ la mia materia preferita! Conoscere il passato è…” Fu interrotto dal solito modo di fare maleducato di Leona. “Sì sì, interessante. Ora vieni con me.”
“Devi andare al bagno?”
“Non dire fesserie! Muoviti!” Lo afferrò per il polso e lo portò con sé, guardandosi attorno scrupolosamente per essere sicuro che non vi fosse Vil nei paraggi.
“Dove stiamo andando? Così faremo tardi alla lezione!”
“Scordatela la lezione! Ti porto in un posto migliore!”
Rey smise subito di porre resistenza, tanto sapeva che se Leona aveva deciso una cosa non c’era modo di fargli cambiare idea.
Detto fatto, in pochi minuti raggiunsero la serra senza essere visti da nessuno.
Ancora incerto, Rey provò un ultimo tentativo per farlo ragionare. “Ehm…Leona… Se Vil lo scopre non sarà affatto contento…”
“Tsk! E perché dovrebbe scoprirlo?” Rispose lui, col solito atteggiamento arrogante, mentre apriva la porta d’ingresso della cupola di vetro.
Rey aveva l’impressione che se fosse entrato lì, disubbidendo agli ordini di Vil, sarebbe stato come varcare la soglia dell’inferno. E invece…non appena il suo sguardo si sollevò, gli occhi gli si riempirono di meraviglia. “Waaaaah! Questo posto è bellissimo!”
Accennando un sorriso, Leona disse: “Te l’avevo detto!” Ora il suo atteggiamento era completamente cambiato. Vedere l’espressione del piccolo gli fece ritrovare il buonumore. “Certo che ti illumini facilmente! Comincio a pensare che ci sia una lucciola nel tuo albero genealogico!”
Le orecchie di Rey si abbassarono, timidamente. “N-no, nessuna lucciola! Sono…fatto così! Di fronte ad uno spettacolo mozzafiato come questo, come non potrei?”
Leona ridacchiò. “Uh uh! Hai intenzione di stare qui all’ingresso o posso portarti a fare un giro?”
Gli occhioni brillanti di Rey furono una risposta sufficiente, ma giusto per sicurezza aggiunse anche un piccolo cenno col capo.
La serra del college era come un piccolo paradiso terreno, all’interno della cupola erano raccolte centinaia di varietà di piante e alberi da tutto il mondo, che si potevano ammirare seguendo il sentiero lastricato, oppure costeggiando il ruscello artificiale che a metà percorso era sovrastato da un elegante ponticello. Fu appunto lì che fecero una sosta.
“Questo luogo è pieno di ricordi piacevoli, per me.” Esordì Leona, lasciando un sospiro nostalgico. “E’ stato proprio qui che io e Vil ci siamo scambiati il nostro primo bacio, subito dopo il Fairy Gala. In effetti è stato grazie a quelle fastidiose e inutili fatine che ci siamo innamorati.”
Poche parole e la coda di Rey stava già scodinzolando di contentezza! “E’ così romantico!”
“Già! Però…” Una sottile ombra si posò sul suo sguardo. “Se non fossi stato un codardo, gli avrei fatto anche la dichiarazione d’amore in questo stesso posto. Invece ho lasciato che la paura mi prendesse e… l’ho trattato come un pezzo di carne. Ha ragione lui, non ho niente di cui vantarmi.”
“Ma poi avete chiarito tutto, no? Siete la coppia più bella che abbia mai visto! Si vede che vi amate tantissimo!”
I loro sguardi s’incrociarono ed ecco che a Leona venne di nuovo da ridere. “Tu sei un cucciolo incredibile, lo sai?” Sollevò il viso verso la luce del sole, come per farsi baciare da essa. “Per questo ho deciso di condividere con te il mio posto preferito!”
Sembrava aver dimenticato di tenere ancora per il polso Rey, ma questo ne fu tutto a vantaggio del piccolo, che approfittò del momento per prendergli la mano affettuosamente. “Grazie! E’ un regalo bellissimo!”
Leona riabbassò lo sguardo e lo guardò di sbieco: “Non intendevo questo! Avanti, ti ci porto!” Gli fece un cenno e di nuovo si incamminarono per il sentiero lastricato, fino a raggiungere una piccola radura dove erano delle piante dal fogliame fitto e cuoriforme e un alberello di arance.
“Prego, accomodati! Ora ci facciamo una bella dormita!” Lo invitò con un gesto della mano, ma fu lui il primo a sdraiarsi sull’erba, nello spazio ombreggiato dalle piante.
Rey fece per muoversi, ma subito si fermò come intimorito.
“Che c’è? E’ ancora per la lezione?”
“Mmmh no… E’ solo che…”
Leona sospirò. “Ho capito.” Si girò leggermente sul fianco e allargò un braccio per formare un arco. “Vuoi dormire appiccicato a me, giusto? Avanti allora!”
Le gote di Rey s’imporporarono e gli occhi gli si inumidirono da quanto era commosso. Non se lo fece ripetere, con un piccolo balzo fu subito lì e si sistemò nel suo abbraccio. Non se lo aspettava proprio dopo il trattamento che gli aveva riservato nei giorni precedenti! Strofinò il viso contro il suo petto caldo, mentre con la coda continuava a scodinzolare felice!
“Però non dirlo in giro o sarò costretto a sbranarti.” Precisò Leona, anche se il suo tono di voce, per una volta, non era affatto minaccioso.
“Ah ah! Va bene, promesso!” Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai e il silenzio era decisamente un piccolo prezzo da pagare. Era quello il Leona che preferiva e a cui voleva…bene.
Mentre dormivano beati in quell’abbraccio innocente, nella quiete pacifica della serra, non avrebbero mai sospettato che un’aura oscura si stava avvicinando.
*
 
Era talmente arrabbiato che perfino i suoi capelli dalla piega perfetta si erano arruffati come a rappresentare il suo stato d’animo, mentre il suo sguardo di ghiaccio avrebbe potuto perforare l’acciaio. Altro che yoga, non c’era disciplina al mondo che avrebbe potuto impedire ai suoi nervi di saltare come le corde troppo tese di una chitarra! Per un momento, ma solo per un momento, gli parve di vivere un déjà vu del mattino in cui era andato al Savanaclaw a svegliarli. La stessa immagine che scaldava il cuore, la stessa posizione, le stesse espressioni rilassate…ma questo non bastò ad evitare la sfuriata che sarebbe avvenuta a breve!
Vil stava stringendo i pugni talmente forte che ormai gli tremavano e le nocche erano completamente sbiancate. Aprì le mani di scatto giusto per far rifluire il sangue, quindi si chinò sui due belli addormentati, afferrò le loro code e le strinse con forza.
“ARGH!” Strillarono all’unisono i due mezzi leoni, svegliati bruscamente. Le espressioni di dolore sui loro volti furono più che giustificate!
“Si batte la fiacca, eh? Per colpa vostra sono dovuto uscire durante la lezione per venirvi a cercare!”
“Ugh… Come…come sapevi che non eravamo in aula?” Chiese Leona, prima di tornare a stringere i denti per il male.
“Ho i miei informatori. Dannazione, Leona, ti avevo chiesto solo una cosa! Una! Di andare a lezione con Rey! Era così difficile?” Volse lo sguardo al cucciolo, o meglio, al suo visetto contratto dal dolore. “E tu, non potevi avvisarmi? Ti lasci trascinare troppo facilmente da questo fannullone!”
Lasciò andare le loro code, così da permettere ai due di tornare a respirare. Rey si prese la codina fra le mani per accarezzarla, dai suoi occhietti umidi fecero capolino delle lacrime. “Scusami, non volevo.” Le orecchie completamente abbassate per il dispiacere.
Vil, esattamente come nel déjà vu, continuò a troneggiare su di loro portandosi le mani ai fianchi con fare autoritario. “Non ho parole per dire quanto sono deluso da voi due. Se tutti gli studenti fossero lavativi come voi, questo college comprenderebbe dieci anni di studio invece che quattro. E’ così faticoso stare seduti in aula e ascoltare il professore? Se foste stati membri del mio dormitorio vi avrei messi in riga con uno schiocco di dita!”
Clap clap clap…
“Davvero delle belle parole, Schoenheit!”
Quella voce richiamò tutti e tre all’ordine, Rey e Leona si alzarono in piedi e Vil fece un piccolo inchino. “Grazie, Preside.”
Crowley ora era davanti a loro, il suo tipico sorriso stampato in faccia. “Soprattutto dette da uno studente che sta marinando la lezione!”
“Ugh… No, non è così! Mi sono assentato alcuni minuti per cercare i due fuggiaschi e riportarli a scuola!” Si premette la mano contro il petto. “Io sono uno studente modello!”
“Oooh lo so bene! La tua media è la migliore dell’intero college e sei un esempio per gli altri studenti! Per questo so che riceverai la tua punizione a testa alta!”
“Punizione? Ma io…”
Leona si fece avanti, facendo letteralmente da scudo a Vil. “Preside, sono io il responsabile. Vil non avrebbe mai lasciato l’aula durante la lezione. Punisca me, non lui.” In quel momento emanava virilità da tutti i pori. Che figo!!!
Crowley si portò una mano di taglio davanti alle labbra, con fare civettuolo. “Ti fa davvero onore proteggere la tua fidanzata con tanta passione, Kingscholar! Ma temo tu abbia frainteso. La punizione è per tutti e tre!”
La sua immagine da eroe si sgonfiò come un palloncino. Quell’intervento non era servito a niente visto che il Preside aveva già deciso! Però si era trattato comunque di un gesto eroico che lo stesso Vil apprezzò, anche se evitò di darlo a vedere.
“Dunque… Mi sembra di capire che amate trascorrere il tempo in questa serra, perciò…. Mmh… Sì, direi che non sarebbe una cattiva idea trascorrere il tempo che resta alla fine delle lezioni per dare una bella spazzata al sentiero!”
“EEEEEEEEH???”
L’unico ad essere contento di quella punizione era Rey. Per lui poter passare del tempo con entrambi i leader era un sogno ad occhi aperti! Infatti fu lui a dire sorridente: “Va bene, Preside!”
Crowley fece un curioso gesto con la mano, come a disegnare una figura nell’aria, e quando schioccò le dita i tre studenti si ritrovarono con addosso le loro tute da ginnastica e con in mano scope e palette a manico lungo. Il suo sorriso perfido lasciava trasparire quanto fosse fiero di sé!
“Bene, vi lascio al vostro lavoro!”
Vil fece un passo verso di lui, richiamandolo. “Aspetti, Preside!”
“Oooh non dovete ringraziarmi per avervi aiutato! L’ho fatto perché sono gentile!”
E ne era pienamente convinto.

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Capitolo 8
*** Vil&Leona: la Bella e la Bestia ***


Capitolo otto
Vil&Leona: la Bella e la Bestia
(speciale per il compleanno di Vil!)
 
Dire che Vil era allegro come un serpente a sonagli era una metafora azzeccata! Lui e i suoi compagni di punizione, dentro alle tute da ginnastica e armati di scopa e paletta, erano così silenziosi che il rumore delle setole a contatto con le pietre del sentiero quasi urtava i timpani. Leona per lo più spazzava svogliatamente, sbadigliando senza contegno, e ogni volta Vil gli puntava addosso uno sguardo carico di odio.
“Se questo dovesse intaccare la mia perfetta scheda scolastica, giuro che non ti perdonerò mai.” Sibilò ad un tratto, senza smettere di muovere la scopa.
“Mh?” Leona si voltò verso di lui, lo sguardo annacquato di chi potrebbe addormentarsi in piedi da un momento all’altro. “Quante storie. Tra poco suonerà la campanella e potremo andarcene, pensa a questo invece che a dettagli inutili.”
Le mani di Vil si strinsero con forza attorno al povero manico di scopa: “Inutili? Non ci troveremmo in questa situazione se tu non fossi un irresponsabile!”
“Io sono contentissimo di essere qui con voi! Speravo tanto di poter trascorrere del tempo noi tre insieme, senza nessun altro!” Disse Rey, sfoggiando un sorriso sincero. Davvero non gli importava niente della punizione, stava eseguendo il suo compito serenamente, dividendosi fra Vil e Leona per aiutarli tenendo ferma la paletta.
Leona fece un cenno per indicare Rey. “Prendi esempio dal cucciolo, invece di aggrottare le sopracciglia fino a farti venire le rughe!”
Strafottente come al solito, insomma! Peccato che Vil non la prese affatto bene, soprattutto perché quello sfacciato aveva osato dire una parola che lo terrorizzava più di qualunque altra cosa: rughe.
“Anche questo è colpa tua! Qualunque cosa è colpa tua e del tuo dannato caratteraccio!”
“Dovrai abituartici, bellezza mia! Staremo insieme per il resto della vita!”
Ormai Vil era una bomba pronta ad esplodere. Cercò di trattenersi, strinse i denti per non far uscire quel vomito di parole che gli stava salendo dalla gola, ma…
“E chi ti dice che io voglia buttare via la mia vita stando accanto a te? Posso rompere il fidanzamento e liberarmi di te una volta per tutte.”
Leona abbandonò le buffonate e divenne serio a sua volta. Fece per replicare, ma Rey lo anticipò gridando: “NO! Voi dovete stare insieme per sempre! Presto vi sposerete e avrete un cucciolo e sarete i più felici del mondo!”
Momento di silenzio. Punti di domanda fluttuanti.
“Ancora questa storia del cucciolo?” Vil sospirò, facendo appello ad una pazienza che aveva esaurito da un bel pezzo. “Te lo dico una volta per tutte: io e Leona siamo entrambi maschi, non possiamo fare figli insieme.”
Il piccolo insistette con più foga: “E se ci fosse un modo? Lo vorreste un cucciolo tutto vostro da coccolare e crescere insieme?”
Vil si portò una mano alla fronte: “Ahhh… Rey, io…”
“Io no di certo. I cuccioli non li sopporto.” Leona attese che Vil alzasse lo sguardo su di lui e lo sfidò apertamente: “E non credo correrei il rischio che abbiano un carattere velenoso come la loro madre.”
Se fosse stato possibile, gli occhi di Vil avrebbero sparato stalattiti di ghiaccio! “Sempre meglio che dei fannulloni complessati come il padre!”
“SMETTETELA!!!” Il grido di Rey fu così potente da scontrarsi contro i vetri della serra e creare un’eco. I suoi occhi erano pieni di lacrime, il suo sguardo tremava, mentre teneva i pugni stretti ai fianchi. Era la primissima volta che lo vedevano in quel modo, così diverso dal ragazzino allegro, vivace e gentile a cui erano abituati. “Voi…sniff…voi siete cattivi… NON VOGLIO PIU’ STARE QUI’!” E si diede alla corsa, lasciandoli così spiazzati che nessuno dei due riuscì a muoversi per inseguirlo. Il suono dei suoi singhiozzi si udì anche quando fu uscito dalla serra, dopo aver spalancato la porta vetrata con un calcio.
Vil e Leona si scambiarono uno sguardo perplesso. Cos’era appena accaduto?
“Certo che voi due siete proprio dei campioni di sensibilità.”
Voltandosi, videro Ruggie a poca distanza da loro, le braccia incrociate al petto e uno sguardo accusatorio che diceva più di mille parole.
Vil parlò per entrambi. “Stavamo solo litigando, non capisco perché abbia reagito così.”
“Non ci arrivate proprio? Povero cucciolo. Si trova in un luogo che non conosce e le uniche persone che adora e che dovrebbero aiutarlo non fanno che litigare e punzecchiarsi senza tenere conto dei suoi sentimenti.” Fece un gesto con la mano. “Ad ogni modo, mi ha mandato il Preside. Ha detto che resterete qui a spazzare fino a che non avrete finito.”
Leona sbottò: “Che? Ha cambiato idea all’improvviso?”
“Non riesco a dargli torto, dopo quello che ho sentito.” La frecciatina di Ruggie arrivò a destinazione.
In quel momento alle sue spalle comparve Jack, con addosso la tuta. “Scusami se interrompo la ramanzina. Ho saputo cosa è successo, così ho fatto una corsa a cambiarmi e sono venuto qui a dare una mano.”
Ruggie gli fece un cenno di assenso col capo, quindi si rivolse ai due leader: “Io vado da Rey. Voi fareste bene a pensare a come scusarvi per le cattiverie che avete detto poco fa.” Senza attendere una risposta, s’incamminò lungo il sentiero da cui aveva visto Rey correre via e lasciò gli altri a sbrigare il resto.
Trovò il piccolo nel cortile della scuola, rannicchiato e circondato dai cespugli. Lo aveva trovato grazie al rumore del suo pianto, altrimenti sarebbe stato impossibile vedere dove si era nascosto. Si fece strada fra i cespugli, il fruscio delle foglie ovviamente avvertì Rey di una presenza, ma anche se le sue orecchie per un momento si misero in ascolto, poi si riabbassarono. Ruggie si sedette accanto a lui, gli posò una mano sulla spalla per indurlo a voltarsi. Quel visetto arrossato e rigato di lacrime e quegli occhioni bagnati gli strinsero il cuore.
Gli parlò con tono gentile. “Hai ragione ad essere arrabbiato con quei due zucconi, ma piangere non servirà a niente.” Lo accolse in un abbraccio, sulla spalla sentì quasi subito il calore umido delle sue lacrime attraverso la stoffa. “Non si rendono conto di quanto possano ferire le loro parole. Sono entrambi abituati a comandare e a guardare dall’alto in basso chiunque. Ehhh, capisco bene il motivo per cui sei stato mandato in questo tempo.”
A quelle ultime parole Rey smise di respirare. Sollevò lentamente il capo dalla spalla di lui, gli occhioni spalancati ed increduli.
Ruggie ridacchiò: “Ah ah, non essere sorpreso! Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine ho messo insieme tutti i pezzi! Era fin troppo strano sentirti chiamare ‘zio’ quasi tutti quelli che incontravi! E anche quella familiarità che con degli estranei sarebbe stata impossibile! Dai tuoi discorsi si capiva che sapevi già tutto di chi avevi di fronte. E poi…non sono certo cieco!”
Rey era ancora immobile, ma per lo meno aveva ripreso a respirare!
Ruggie continuò. “E mentre gli altri si sono fermati alla tua adorazione per Leona e Vil, io ho visto quanto ricercavi le loro attenzioni. Ho sentito il tuo bisogno di affetto. Purtroppo loro sono talmente egoisti da non essersene accorti. E’ per questo che sei qui, giusto? Per aiutarli a cambiare?”
Nella mente di Rey si fece vivido un ricordo, una scena che rivide dall’esterno, come se la stesse guardando sullo schermo della tv. C’era lui con una simpatica camicetta bianca dalle maniche corte a palloncino, i suoi capelli ondulati avevano una treccina che da davanti l’orecchio scendeva  a lato del viso. Una mano sottile, dalle dita affusolate e le unghie curate e dipinte di viola lo accarezzò ad una guancia. “Mamma e papà hanno bisogno del tuo aiuto.” Una voce dal suono freddo di natura, ma addolcita da un tono gentile. Una seconda mano, questa più robusta, forte e bruna, gli accarezzò il retro di un orecchio. “Te la senti di andare?” Anche questa voce era fredda, quasi cavernosa, ma allo stesso tempo calda. Lui fece un piccolo cenno affermativo e sorrise.
Tornando al presente, incontrò lo sguardo di Ruggie, uno sguardo limpido e gentile.
“Io…devo aiutarli.”
“E io ti aiuterò a farlo! Sono o non sono lo zio Ruggie?”
Rey sorrise: “Sì, lo sei!”
Ruggie gli accarezzò la testa con una mano, mentre con l’altra gli asciugò le lacrime con un fazzoletto che aveva recuperato dalla tasca della divisa. “Allora, qual è il piano? I tuoi genitori ti hanno dato istruzioni su cosa fare?”
“Mmh… Hanno detto che sarebbe bastato stare insieme a loro e tutto sarebbe andato bene. Ma dopo quel litigio devo trovare un modo per farli riappacificare. Se…se non si sposeranno… Cosa ne sarà di me?”
Vedendo il suo visetto rattristarsi di nuovo, Ruggie gli diede un affettuoso pizzicotto sulla guancia. “Ehi, niente sconforto! Pensa a cosa potresti fare! Tu li conosci meglio di me, ora come ora, c’è qualcosa in particolare che il tuo papà fa quando deve farsi perdonare dalla mamma?”
Il piccolo ci rifletté un po’ su e, all’improvviso, s’illuminò come un lampadina!
“Ho un’idea!”
“Spara!”
“Allora… Devo andare dal Preside e chiedere l’autorizzazione per usare la serra questa sera. Prima ho visto che c’è un chiosco all’interno, mi servirà. E se ci fossero anche un tavolo e delle sedie…”
“Sì! All’interno c’è rimasto qualcosa da quando la serra è stata utilizzata come caffetteria durante il Vocal & Dance Championship!”
“Fantastico! Poi… Vorrei che ti occupassi tu della cena! Lo so che hai poco tempo, ma riusciresti a cucinare qualcosa di raffinato?”
“E me lo chiedi?” Disse Ruggie, facendogli l’occhiolino.
“Vorrei che lo zio Epel facesse da cameriere. Ah e poi ho bisogno di lui per una cosa importante!”
“Quale cosa?”
Poco dopo la voce, dai cespugli comparve la figura piccola e impacciata.
“Zio Epel? Come sapevi che eravamo qui?”
“Oh è stato Ruggie a mandarmi un messaggio, poco fa! Cosa succede? Perché vi siete infilati fra i cespugli?” Il suo guardo sorpreso vagò attorno e subito mutò in un’espressione divertita. “Mi sembra di essere tornato alla sera della cerimonia, all’inizio dell’anno scolastico! Allora mi ero nascosto fra questi cespugli assieme ad Ace per non essere beccati da Riddle che ci stava cercando! Eravamo sgattaiolati via dalla cerimonia perché ci stavamo annoiando! Ah ah!”
Ruggie gli fece segno di sedere assieme a loro e cominciò a spiegare. “Rey vuole aiutare Leona e Vil a fare pace e mi stava spiegando cosa ha in mente di fare.”
Rey prese la parola: “Sì, voglio organizzare una cena romantica nella serra! Lo zio Ruggie si occuperà del menu, mentre tu potresti fare da cameriere. Ti va?”
“Va bene! Spero solo di non far cadere i piatti!” Si schermì, sapendo di essere un disastro per certe cose!
“Ma prima ho bisogno che mi aiuti con un’altra cosa. Sai se c’è un luogo dove posso affittare degli abiti da sera?”
Epel si portò un dito alle labbra, mentre pensava, quindi disse: “C’è il Mistery Shop di Sam! Vende letteralmente di tutto! Sono sicuro che ci aiuterà!”
Rey batté le mani, entusiasta: “E’ perfetto! Ora non mi resta che sgraffignare degli abiti dagli armadi di Vil e Leona e portarli al negozi per le misure!”
A quel punto Ruggie sfoggiò un’espressione maliziosa. Prese il telefono e cominciò a digitare sullo schermo. “Mi occupo sempre io del bucato di Leona e del suo armadio in generale. Le misure ormai le so a memoria. Ti mando un messaggio.”
“Ehm…” Epel si fece timido all’improvviso. “Io posso chiedere quelle di Vil a Rook. Lui le conosce senz’altro, ha un occhio incredibile essendo un cacciatore. Se ce le scrive tramite messaggio risparmiamo tempo.” Anche lui prese il telefono e scrisse il messaggio da inviare. “Vedrai che ci risponderà subito! Gli scrivo che si tratta di una sorpresa per Vil, così non farà domande.”
Detto fatto, poco dopo che il telefono di Rey trillò per il messaggio di Ruggie, quello di Epel trillò per il messaggio di Rook. Era fatta! I tre si guardarono con complicità. Fin che i due leader erano nella serra loro potevano occuparsi delle prime cose.
“Dopo esserci occupati degli abiti io andrò dal Preside. Devo chiedergli anche il numero di…ehm…” Le sue gote s’imporporarono, perciò preferì abbandonare la frase a metà e iniziarne un’altra: “Zio Epel, potresti portare tu l’abito di Leona allo zio Ruggie e tenere quello di Vil nella tua fino al mio ritorno?”
“Nessun problema!”
Si diedero appuntamento al tramonto per gli ultimi preparativi e si divisero per svolgere i rispettivi compiti.
*
 
Stare ammollo nell’acqua calda è uno dei più grandi piaceri della vita, fra i rivoletti di vapore che salgono e si disperdono nell’aria, il profumo rilassante di gelsomino emanato dalle candele che bruciano lentamente creando un gioco di luce dorato, l’odore più deciso dell’essenza di rosa dei sali disciolti in acqua. Vil si stava godendo tutto questo, mentre riposava il suo bellissimo corpo dopo le fatiche del pomeriggio, anche se braccia e schiena stavano faticando non poco a rilassarsi dopo i movimenti forzati a cui erano stati costretti per colpa di quell’idiota di Leona!! Ecco, era bastato un istante e la rabbia era ripiombata nella sua testa, come un vulcano in eruzione. Ma stavolta gliel’avrebbe fatta pagare. Con gli interessi. Poteva scommetterci le pal-
“Vil…”
La vocina quasi sussurrata gli bloccò l’imprecazione e gli fece riaprire gli occhi. Volse appena il capo sul cuscino posizionato sul bordo della vasca, giusto quanto bastava per vedere la figura che faceva capolino dalla porta socchiusa.
“Rey!” Accennò un sorriso stanco. “Ti prego di perdonarmi per il mio comportamento di oggi. Non avrei dovuto dire certe cose di fronte ad un ragazzino.” Sollevò una mano dall’acqua e lo invitò con un piccolo gesto. “Vieni qui, piccolo.”
Rey entrò nella stanza da bagno, richiudendo con cura la porta alle proprie spalle per non far uscire il calore. Indossava l’abito da cerimonia del college. Oltre a calzargli a pennello, come qualunque indumento avesse indossato finora, aveva sistemato il cinturone in modo tale che le gambe lunghe spiccassero da sotto la tunica senza far perdere a questa l’effetto ondeggiante  e armonioso come la corolla di un fiore esposta alla brezza.
Vil ne fu soddisfatto, ovviamente. “Indossato alla perfezione come sempre! Te l’ha dato il Preside?”
Rey si mise in ginocchio di fianco alla vasca, dove era un morbido tappeto di cotone ricamato a fantasie in oro. “Sì! Lo aveva fatto cucire assieme alle altre divise, per sicurezza. Ed ha pensato bene, visto che questa sera mi serve per un’occasione speciale!”
“Quale occasione?”
Le labbra del piccolo s’incresparono in un sorriso birichino. “E’ una sorpresa! Ma per vederla devi assolutamente uscire dalla vasca e prepararti!”
Vil strabuzzò gli occhi: “Uscire da qui? Rey, forse non te ne rendi conto, ma sono a pezzi. Tu ti sei dileguato e noi, anche se con l’aiuto di Jack, abbiamo dovuto fare i salti mortali per…” S’interruppe e scosse il capo come auto rimproverandosi: “Scusa, lo sto facendo di nuovo. Non voglio dare la colpa a te. Però è vero che sono stanco.”
“Lo so, però è di fondamentale importanza che tu ora faccia quello che ti dico! Fidati di me!”
Dallo sguardo che aveva era chiaro che non c’era modo di farlo desistere. Vil pianse col pensiero all’idea di dover abbandonare quella culla calda così presto, ma era pur vero che doveva farsi perdonare, quindi…
“Ahhh… E va bene, ragazzino! Mi passeresti l’accappatoio appeso là?” Fece per indicarglielo col dito, inutilmente, perché Rey era già schizzato in piedi per andare a prenderlo! Uscì dalla vasca con grazia e bellezza come la famosa Venere del dipinto. A onor del vero il suo corpo era ben al di sopra di qualunque opera d’arte esistente, era come se fondesse la perfezione maschile e femminile in una creazione spettacolare. Fu quasi un peccato quando si coprì con l’accappatoio che Rey gli porse. Recuperò da un piedistallo lì accanto un telo con cui asciugarsi i piedi, quindi tastò di sfuggita i capelli per assicurarsi che non si fossero bagnati mentre era nella vasca e s’incamminò verso la porta.
“Ehm…buonasera, Vil.”
“Buonasera.” Un momento. Che? Ma chi…?
Si voltò di scatto e vide Epel in piedi di fronte alla porta, intento a sorreggere una gruccia da cui scendeva un copriabito blu alto quasi quanto lui!
“Epel? Cosa ci fai in camera mia? E quello cos’è?”
Rey balzò accanto ad Epel e rispose: “E’ il tuo abito per stasera! Non ci crederesti mai se ti dicessi che l’ho disegnato io! Be’…invece devi crederci, perché l’ho disegnato io!”
“Ferma ferma ferma.” Disse Vil, porgendo una mano in avanti. “Di cosa stai parlando?”
“Sono stato al Mistery Shop! Pensavo di affittare un abito e invece Sam mi ha detto che se gli avessi fatto uno schizzo lo avrebbe fatto cucire all’istante dai suoi amici dell’al di là!”
“Amici dell’al di là???”
Rey fece spallucce: “Li chiama così! Penso che siano dei sarti! Comunque, io ho fatto il disegno meglio che potevo e poco fa lo zio Epel è andato a ritirare l’abito finito! Oh vedessi quanto è bello! Cioè, ora ti facciamo vedere quanto è bello!” E subito si chinò per maneggiare la cerniera che era di lato. La tirò su tutta d’un colpo e, dopo aver dato una sbirciata a Vil, sollevò il tessuto.
L’espressione di Vil era…era…era…indecifrabile.
“Ditemi che è uno scherzo.” Anche il tono sarebbe stato impossibile da classificare.
Come niente fosse, Rey disse ad Epel di appoggiarlo sul letto e poi si recò all’armadio, dove aprì uno dei cassettoni interni in cui poi cominciò a rovistare. “Preferisci la biancheria in pizzo o in seta? Oppure entrambi? Wow, questo ci starebbe bene!”
Vil divenne paonazzo. Andò di filato verso l’armadio e tolse di mano al ragazzino sfacciato un pantaloncino in seta color avorio  e bordato di pizzo. “Dammi qua, piccolo scostumato.” Guardò il pantaloncino, poi si voltò e allungò lo sguardo sull’abito. “In effetti è un bell’abbinamento…” Poi di nuovo il suo sguardo cambiò traiettoria e si fece duro. “Sareste così gentili da voltarvi mentre indosso l’intimo?”
I due sobbalzarono, rendendosi conto della situazione, i loro visi arrossirono.
“Subito!” Dissero all’unisono, voltandosi verso la parete.
“Spero per voi che ne valga la pena, altrimenti non immaginate neanche le conseguenze che dovrete subire.” Inutile dire che non scherzava affatto.
*
 
Alla fine anche Jack si era unito per aiutare il trio ad organizzare la cenetta romantica! Appena terminato di spazzare, invece di andare a riposarsi si era occupato di preparare il chiosco affinché fosse pronto per l’uso, aveva sistemato un tavolo e due sedie in ferro battuto sotto ad un salice piangente e al momento opportuno aveva trascinato lì alla serra un Leona tirato a lucido e alquanto contrariato! Si era ritirato solo dopo averlo lasciato nelle mani di Ruggie, il quale a sua volta si era fatto aiutare da un altro ragazzo del college a cucinare le pietanze  e poi aveva portato tutto lì con un carrello. Epel l’aveva raggiunto poco dopo. Di fatto, gli ultimi ad arrivare furono Vil e Rey.
“Accidenti a te, Ruggie. Se scopro che è uno stupido scherzo da postare su Magicam giuro che ti sbrano in diretta e uso le tue ossa come stuzzicadenti!”
“Oh insomma, Leona! Non è uno scherzo, è una cosa seria! Devi solo aspettare e capirai tutto!”
Si udirono le voci lamentose dei due non appena Rey aprì la porta. Lo stesso Vil sentendo la voce di Leona fece per retrocedere, essendo ancora in collera con lui, però era davvero curioso di vedere fino a dove si era spinto Rey. Da parte sua, Rey continuò a scortare la ‘bella dama’ fino alla destinazione prefissata.
Leona era girato di spalle e stava ringhiando contro Ruggie quando questo notò il loro arrivo e si lasciò sfuggire un: “Wooooh!” Allora Leona si voltò e….rimase incantato.
Se esisteva un limite alla bellezza, Vil quella sera lo aveva superato. Se ne esisteva uno per l’eleganza, aveva superato anche quello! L’abito che Rey aveva disegnato e che ora Vil indossava, era ispirato ad una viola del pensiero. La gonna era formata da multistrati di tessuto dal taglio tondeggiante come i petali del fiore ed ognuno aveva una diversa sfumatura di viola, dai primi strati di pizzo e organza fino ad arrivare agli ultimi di seta e taffetà, i quali sembravano prendere vita ad ogni minimo movimento. Gli strati più lunghi arrivavano appena alle caviglie, così da lasciare in mostra un paio di scarpe gioiello aperte davanti e col tacco a spillo. Il corpetto presentava una scollatura ampiamente drappeggiata che ricadeva fino a metà busto, anch’esso caratterizzato dal gioco di sfumature viola. Come trucco per il viso, aveva semplicemente spalmato un po’ di lucido sulle labbra e incorniciato gli occhi con un filo di eyeliner e ombretto bianco a effetto brillante che gli metteva in risalto i bellissimi occhi chiari. Riguardo i capelli, lui, Rey ed Epel avevano lavorato a sei mani per ricreare un’acconciatura che richiamava la forma attorcigliata di una calla. In poche parole, Vil era divino.
In qualche modo, Leona s’innamorò nuovamente. Ma questo non bastò a cancellare il fatto che avevano litigato fino a poco prima! Scostò lo sguardo e disse con tono brusco: “Cosa significa tutto questo?”
Ora che era giunto il momento, Ruggie si offrì di fornire una spiegazione. “Rey ha organizzato questa serata solo per voi due. Voleva ricordarvi quanto sia forte il vostro amore e farvi smettere di litigare per ogni sciocchezza. Io, Jack ed Epel lo abbiamo aiutato a far diventare la sua idea una realtà.”
Vil diede uno sguardo al suo piccolo accompagnatore. “E’ vero? E’ opera tua?”
“Mh mh!”
Adorava quel visetto sorridente e contento e ora si sentiva davvero uno stupido per averlo ferito. Gli fece una carezza. “E’ un pensiero davvero gentile, ti ringrazio.”
“Io…cough cough…” Leona attese di avere l’attenzione di tutti, quindi proseguì: “Suppongo di…dovermi adattare, considerato l’impegno che ci avete messo. Non che sia a mio agio in questi panni, ma…”
“Ti assicuro che quell’abbigliamento ti dona. E detto da me è un gran complimento.” Puntualizzò Vil.
In effetti anche Leona era elegante come non lo era mai stato in vita sua. Provenendo da un Paese caldo, quando era al palazzo reale della sua famiglia era solito indossare vesti fresche e ampie e poi usare moltitudini di perle colorate come decorazione, mentre quella sera Ruggie lo aveva obbligato ad infilarsi in un completo blu notte, dal taglio piuttosto aderente che gli metteva in risalto le gambe e le braccia dalla muscolatura ben fatta, una camicia bianca su cui sovrastava una cravatta color senape abbinata alle scarpe in camoscio, ed infine i capelli raccolti in una bassa coda con un foulard del medesimo colore. Anche questo era nato grazie ad un disegno del piccolo Rey.
Vedendolo temporeggiare, più per la vergogna che per altro, Ruggie gli diede una leggera gomitata per spingerlo ad agire. Leona ebbe un fremito, ma subito andò incontro a Vil a porgergli il braccio. “Se posso…accompagnarti al tavolo.”
Vil scambiò un’occhiata complice con Rey e accettò l’invito. Il solo vederli incamminarsi insieme, a braccetto, e raggiungere il salice piangente dove Leona si premurò di creare un passaggio sollevando alcuni rami, fu un’immagine deliziosa.
“Bene!” Disse Ruggie. “Vado a servire il vino. Tu Epel raggiungimi con gli antipasti!”
“Agli ordini!”
In ultimo, Rey collegò il proprio telefono al sistemare di comunicazione della serra e avviò della musica classica che facesse da sottofondo durante la cena.
E così ebbe ufficialmente inizio la serata romantica!
Vil e Leona avevano da poco cominciato ad assaporare i gamberetti accompagnati da salsa rosa, i rami attorno a loro fungevano quasi da rifugio, le candele che bruciavano in due candelabri ai lati del tavolo davano un tocco di magia, e loro due, che parlavano a voci quasi sussurrate aumentavano il senso d’intimità.
“I tuoi occhi al lume di candela sembrano pietre preziose… Sono ancora più belli.”
Vil tradì una certa timidezza a tale complimento, scostò per un momento lo sguardo. “Grazie… Ma è merito delle candele, per l’appunto.”
“Allora vorrà dire che ceneremo al lume di candela più spesso, quando saremo sposati.” Aveva parlato con spontaneità ma, ricordando il litigio del pomeriggio e le parole acerbe di Vil, si morse il labbro. “Se…se vorrai ancora sposarmi dopo che io ho rovinato tutto per l’ennesima volta.”
Vedendolo così arrendevole, Vil ridacchiò e scosse il capo. “Ma certo che voglio ancora sposarti! Dimentica quella cattiveria che ho detto, era la rabbia a parlare, non io. Ho preso un impegno con te. Ho messo a rischio la mia carriera per te. Ho supplicato mio padre di accettarti, rischiando quasi di essere diseredato. E mai una volta me ne sono pentito." Affilò lo sguardo e aggiunse: “Nonostante tutto.”
Stavolta fu Leona a ridere. “Sì, sono consapevole di essere un ragazzo difficile e un fidanzato tremendo! Però ti amo davvero Vil.” La sua mano si allungò pian piano sulla superficie del tavolo, schivando i bicchieri e la bottiglia di bianco, e quando giunse a quella di Vil la sfiorò dolcemente. Dapprima esitante, poi anche lui rispose al tocco di quella mano calda che più e più volte lo aveva toccato in tutto il corpo e che l’avrebbe fatto per sempre. Deglutì un nodo alla gola. “Leona, anche io ti a-”
“Prendo i piatti vuoti e vi servo il primo!” S’intromise Epel, rovinando completamente l’atmosfera. Le mani dei due si allontanarono repentine, mentre i loro sguardi severi si posavano su di lui. Epel sentì un brivido alla schiena. “…ho interrotto qualcosa?”
Vil volse il capo con fare capriccioso. “Tsk.”
Invece Leona sospirò rassegnato. “Niente… Datti una mossa e sparisci.”
Il povero Epel eseguì e si affrettò a fuggire via col carrello, bisbigliando tra sé: “Non ne combino una giusta! Sigh!”
La cena proseguì senza ulteriori incidenti, Rey controllava tutto dalla postazione al chiosco e scambiava opinioni con Ruggie, mentre Epel di volta in volta partiva col carrello, su cui erano le pietanze coperte dalle cloches, e tornava coi piatti vuoti di quelle precedenti.
Ruggie ad un certo punto guardò l’ora sullo schermo del telefono riposto sul banco, manifestando una certa agitazione. “Comincio a preoccuparmi. Che Trey abbia avuto difficoltà con la torta? So che glielo hai chiesto quasi all’ultimo momento, ma speravo che ce l’avrebbe fatta. Però non lo vedo arrivare.”
Rey lo rassicurò. “Sono stato avvisato che la torta è pronta, non preoccuparti! E…non sarà lui a portarla…”
“Mh? E chi allora?”
“Ehm…” Rey guardò altrove, col piede iniziò a disegnare dei piccoli cerchi al suolo, in un gesto di timidezza. “Verrà Cater. Quando ho chiesto al Preside il suo numero, era solo per chiedergli consiglio sulla musica per questa sera. Poi lui, dopo avermi mandato i link di alcune tracce, mi ha detto di avere una composizione sua che sarebbe stata perfetta per chiudere la serata. Solo che doveva sistemare alcuni passaggi e mi ha chiesto un po’ di tempo. Quando avrà terminato verrà qui e porterà la torta.”
Ruggie sbuffò. “Basta che si sbrighi… E’ quasi ora di servire il dolce.”
Neanche il tempo di finire la frase che qualcuno chiamò Rey a mezza voce. Riconoscendola, lui si illuminò come una lucciola, ed ecco che dallo spiraglio della porticina sul retro del chiosco fece capolino proprio Cater.
“Scusate il ritardo.” Allungò la mano con cui sorreggeva una scatola da pasticceria. “Questa è da parte di Trey.”
Ruggie gli corse incontro e l’afferrò neanche fosse stata una santa reliquia! “La torta! Finalmente!” E subito si mise all’opera per preparare l’ultimo impiattamento della serata.
Rey si avvicinò a Cater, timidamente. “Io…grazie per aver accettato di aiutarmi!”
In tutta la sua ‘figaggine’, Cater si spostò un ciuffo di capelli a lato del viso e ammiccò. “Non c’è di che! Le melodie che ti ho linkato sono servite anche per scandire la durata della cena, vero?”
“Sì! Avevi ragione! All’inizio lo zio Epel ha fatto qualche sbaglio, ma poi quando ha capito come funziona è andato tutto bene! Ehm…alla fine…sei riuscito a terminare quella composizione di cui mi hai parlato?”
Cater estrasse l’amato smartphone dalla tasca, sorridendo fiero di se stesso. “Assolutamente! Appena terminato il dolce collego questo alle casse! I piccioncini saranno costretti a ballare, te l’assicuro!”
Voleva mostrarsi allegro e sicuro come al solito, eppure nel suo sguardo s’intravedeva un’ombra che suggeriva ben altri sentimenti. La verità era che essere lì gli costava un grande sforzo. Vedere all’orizzonte il ragazzo che amava, durante una cena romantica con un altro, non era certo piacevole. Eppure aveva ascoltato un’altra voce nella sua testa, quella che gli diceva di fargli sentire la melodia che aveva composto per lui. E dove poi aveva aggiunto un testo un tantino beffardo per ripicca nei confronti del proprio rivale in amore! Si poteva dire che non vedeva l’ora di far partire quella canzone!
Intanto Epel portò al tavolo i piattini con le fette di torta e due calici di champagne e ancora una volta si dileguò per timore di disturbare la coppietta.
“Questa è indubbiamente opera di Trey!” Disse Vil, sorridendo e stuzzicando una decorazione di zucchero con la forchettina.
“Come fai a dirlo? A me sembra troppo perfetta. L’avranno acquistata alla pasticceria in paese.”
“Garantisco che è sua! Conosco personalmente il talento di Trey nel fare le torte, inoltre la pasticceria gestita dalla sua famiglia è famosa in tutto il mondo!” Con la forchettina trapassò un abbondante strato di panna dolce e andò ad immergerla in un’armonia di pan di spagna, crema e frutta, quindi si portò il bocconcino alle labbra. La sua espressione disse tutto.
“Trey. Confermato. Quel ragazzo è un dio in questo campo! Dovremmo commissionare a lui la nostra torta nuziale.”
Leona infilzò la fetta senza pietà e ne trangugiò un pezzo ben più grande della forchettina! “Mh! Buona! Affare fatto, il lavoro è suo se accetterà!”
Vil si premette delicatamente il tovagliolo sulle labbra, per eliminare eventuali tracce di panna, quindi prese il proprio calice di champagne e lo sollevò in un brindisi.
Leona lo guardò di sbieco. “Vuoi brindare a Trey?”
“Ma quanto sei sciocco! E’ per noi!”
“Oh…” Leona sollevò il calice a sua volta. “A noi, amore mio.”
“E alle nostre prossime nozze!”
I calici tintinnarono, producendo un dolce suono.
Dal chiosco, Cater, che non si era perso la scena, premette alcuni comandi sullo smartphone per collegarlo alle casse e… “Musica Maestro!”
L’intera serra si riempì delle note di un pianoforte al quale poi subentrarono i violini, una melodia dolce e ritmata che richiama naturalmente alla danza. Gli stessi piccioncini, nell’udirla, capirono di cosa si trattava. Perfino Leona, non per dire! Infatti, appena ebbe bevuto l’ultimo sorso di champagne, si alzò dalla sedia e fece un passo verso Vil. Porgendogli la mano, fece un leggero inchino: “Posso avere l’onore?”
“Solo perché i miei voti in Farmacia sono ottimi! Quelle conoscenze mi serviranno, quando mi avrai massacrato i piedi a forza di calpestarli!” Lo scherzo di Vil non ebbe effetto, anzi Leona parve incredibilmente sicuro di sé quando lo condusse sul sentiero, ovvero sul lastricato dove i tacchi a spillo di Vil potevano battere senza sprofondare!
Vil rimase piacevolmente sorpreso dalla bravura del suo fidanzato, dai gesti iniziali come posare la mano sulla sua schiena senza andare troppo in basso, la posizione delle braccia e le mani sollevate all’altezza giusta, e poi i primi passi della danza eseguiti con precisione e il giusto ritmo.
“Non posso crederci… Ti ricordi le mie lezioni di danza?” Gli occhi sgranati ed increduli.
“Sorpreso, eh? Ricordo ogni singola parola che hai detto in quei giorni, ogni singola volta che ci siamo toccati e…ogni movimento del tuo bel culetto riflesso sullo specchio della sala prove mentre danzavamo!”
Vil abbassò il viso per nascondere che era divertito da quelle parole. “Oh sei sempre il solito!”
Tale as old as time
True as it can be
Barely even friends
Then somebody bends
Unexpectedly
“Ricordo anche quello che mi hai detto la prima volta che ci siamo baciati.” Leona chinò un poco il capo, il suo viso sfiorò quello di Vil. “Hai detto… ‘Che diamine ti salta in mente, stupida bestia?’”
Entrambi risero a quel ricordo. “E il bello è che avevi risposto al mio bacio con trasporto, aggrappandoti a me, quindi quella frase era completamente fuori luogo!”
“Lo so, lo so! E’ che mi vergognavo troppo. Mi era piaciuto e non volevo fartelo capire.”
“E invece io l’ho capito lo stesso!” Tese l’orecchio. “Ti sei accorto che hanno iniziato a cantare? Nella canzone, intendo.”
Just a little change
Small, to say the least
Both a little scared
Neither one prepared
Beauty and the Beast
“Ehi!” Leona aggrottò le sopracciglia: “Mi sembra un po’ troppo allusiva.”
Al contrario, Vil sembrava apprezzare quel testo. “E’ carino, per me. Parole semplici e una melodia scorrevole.”
“Che canzone è? Chi si permette di dirti così sfacciatamente che sei bello? E chi osa dare a me della bestia?”
“Ma tu sei una bestia!” Vil avvicinò il viso a quello di lui e sussurrò: “La mia bestia. Solo mia.”
I loro sguardi erano amalgamati, i loro respiri si scontrarono caldi. Un istante e…Leona ebbe l’audacia di far volteggiare Vil!
“Questo non te l’ho insegnato!”
“L’avrò visto su qualche film!”
Erano allegri come succedeva di rado, la loro complicità era forte. Una coppia splendida.
Ever just the same
Ever a surprise
Ever as before
Ever just a sure
As the sun will rise
“Ti insegnerò altri nuovi passi per il primo ballo da sposi!”
“Tutto quello che vuoi! Voglio che sia il giorno più bello della tua vita!”
Un’altra giravolta e poi Leona riprese il suo innamorato fra le braccia, come per riappropriarsi di ciò che gli apparteneva.
Tale as old as time
Tune as old as song
Bittersweet and strange
Finding you can cange
Learing you were wrong
“Dopo questa serata, dobbiamo assolutamente trovare il modo di ricambiare. Rey è stato fin troppo bravo, dopo come l’abbiamo trattato.” Vil puntò lo sguardo su di lui. “Soprattutto tu. Mister simpatia.”
“Ugh… Ho capito, quel ragazzino ci vuole davvero bene. Anche se non capisco perchè… Ma non è che dobbiamo parlarne proprio ora, no?” E d’un tratto smise di danzare, facendo fare alla vaporosa gonna di Vil un balzo fin troppo forte.
“Facciamo una passeggiata?” Propose poi, facendo un cenno col capo.
Vil sorrise: “Va bene. Andiamo fino al nostro ponte.”
“Già! Il nostro ponte!” Ripeté Leona, sospirando nostalgico.
Mentre s’incamminavano a passo lento sul lastricato, tenendosi a braccetto, la canzone terminò.
Certain as the sun
Rising in the east
Tale as old as time
Song as old as rhyme
Beauty and the Beast
“Se scopro chi ha scritto questa canzone lo prendo a pugni!” Gridò Leona, rivolto al cielo, agitando un pugno in aria.
E subito Vil lo riprese: “Dacci un taglio!”
Dal chiosco, tutti scoppiarono a ridere! E anche di gusto! Se l’avesse fatto solo Ruggie non avrebbe avuto valore, in quanto naturale per una iena, ma anche gli altri si ritrovarono a piegarsi in due dalle risate e a lacrimare da quanto erano divertiti!
“Cater, sei un genio!” Lo elogiò Epel, con le ginocchia che quasi toccavano terra.
“Devi passarmi la traccia! Me l’ascolterò a vita, te lo giuro! Shishi!” Aggiunse Ruggie, con le mani strette agli addominali già doloranti.
Era da un bel pezzo che Cater non rideva così, era come se quella canzone avesse esorcizzato un demone che si era rintanato nel suo cuore fino a quel momento. Grazie al cielo Rey aveva organizzato quella serata, altrimenti non se ne sarebbe mai liberato. Si sforzò di placare le risate, era così chino in avanti che rischiava di rovesciarsi da solo! Prese respiro e con una spinta si rimise dritto, gli occhi che lacrimavano come quelli di tutti gli altri. Epel ormai era caduto col sedere a terra e Ruggie gli stava facendo segno con la mano che l’avrebbe aiutato a rialzarsi, appena smesso di ridere. E poi c’era Rey col suo visetto arrossato e il suo gran sorriso e la sua vocina dolcissima… Era tutto merito suo se ora si sentiva meglio. Un cucciolo arrivato da chissà dove era riuscito a farlo ridere dopo tre anni di pene d’amore. Accidenti.
“Rey…”
Il piccolo sollevò lo sguardo su di lui, per vederlo bene dovette asciugarsi le lacrime con la manica dell’abito. “Sì? Scusami, è stato troppo divertente!”
Cater lo prese per mano. “Verresti un momento fuori con me?”
Quel contatto inaspettato pose fine alla risata, il cuore di Rey gli balzò in petto. “C-certo!”
Mano nella mano, uscirono dal chiosco, mentre Ruggie riprendeva fiato ed Epel era ancora a terra ad aspettare che lo aiutasse a rimettersi in piedi.
“Volevo ringraziarti, Rey. Questa sera mi hai donato delle emozioni che…” S’interruppe  e scosse il capo. “…non dimenticherò mai!”
Non che Rey capisse bene cosa stava dicendo, dato che gli stava ancora tenendo la mano e questo lo stava facendo svalvolare!
Leona e Vil raggiunsero il ponte, si fermarono giusto al centro sulla parte più alta per ammirare il panorama. Anche se era sera e tutto era illuminato solo da luci artificiali, il luogo era comunque di una bellezza devastante, un’esplosione di colori senza confronto.
“Ci pensi? Questo è il punto esatto in cui ci siamo baciati!” Disse Vil.
Leona non poteva più trattenersi, era tutta la sera che voleva farlo… Il suo istinto da predatore alla fine ebbe la meglio. Fece appena un passo indietro e puntò lo sguardo sulla sua preda.
E intanto Vil attendeva una risposta. O una parola. Una cosa qualunque. Ma quando non ricevette nulla, si voltò di scatto. “Perché non dici niente?”
E allora Leona si fece avanti ed intrappolò Vil contro il parapetto. Lui incontrò il suo sguardo serio e si spaventò. Non potendo indietreggiare o avanzare, posò le mani sulla superficie di pietra e così Leona gliele bloccò con le sue. Preda catturata!
“Leon-” Il suo viso ora era vicinissimo.
Anche Rey in un certo senso era intrappolato, però dal suo stesso imbarazzo. Il cuore da un momento all’altro gli sarebbe schizzato via dal petto, ma Cater non se ne accorgeva e continuava a dirgli cose che lui non capiva, tenendogli la mano. Poi all’improvviso un nuovo contatto. Percepì un leggero calore sulla guancia, il cervello tornò a funzionare. Cater gli aveva fatto uan carezza e aveva lasciato lì la mano. Sulla sua guancia. E Rey ora era sul punto di svenire per l’emozione!
“Rey… Rey…” Cater aveva ripetuto quel nome più e più volte ed ad ognuna gli era sembrato più dolce. O forse era la sua voce a pronunciarlo così? “Sei…davvero carino…Rey…” Provava una bella sensazione, un impulso di fare qualcosa, una necessità da soddisfare. Quella pelle morbida e rosea, quegli occhi grandi e verdi in cui avrebbe voluto viaggiare. Voleva voleva… “Rey…” Si chinò e posò le labbra sulle sue.
Rey non svenne. Per miracolo. Per quanto quel gesto fosse stato improvviso, sentire le labbra di Cater contro le sue lo fece tornare lucido. Era il suo idolo. E lo stava baciando. Stava baciando lui invece di chiunque altro al mondo!!! Solo nei suoi sogni aveva vissuto un momento così e ora lo stava vivendo sulla propria pelle, nella realtà, in quel momento. Bastò questo pensiero a donargli il coraggio di ricambiare. Finalmente la sua mano rispose alla stretta di lui, le labbra si mossero sulle sue per dargli un tacito consenso. E Cater recepì il segnale, la mano che posava sulla guancia discese e andò a ricercare la sua schiena, lo premette contro di sé, il bacio si fece più intenso.
Sul ponte, Leona unì le labbra a quelle di Vil in quel bacio che si era conquistato. Le loro mani ancora unite contro la pietra, le dita intrecciate amorevolmente. E dal chiosco Ruggie che guardava quella scena con aria beata, i gomiti poggiati contro il banco e le mani unite a coppa sotto il viso. Non aveva mai nascosto quanto gli piacesse guardarli, soprattutto durante quelle manifestazioni d’amore in cui si comportavano davvero come una coppia di fidanzati. Erano bellissimi. Invece Epel aveva distolto lo sguardo quasi subito ed era arrossito, troppo sensibile per riuscire a guardare un momento così intimo senza provare disagio! Per questo pensò di allontanarsi con una scusa. “Ehm, io vado a vedere cosa fanno Rey e Cater! Ci stanno mettendo un po’ la fuori!”
“Mh…” Mugolò Ruggie, mentre si godeva sognante la scena all’orizzonte.
Epel aprì la porticina sul retro. “Re-” Si fermò, rimase a bocca aperta di fronte a ciò che vide. Quelli erano Rey e Cater… E stavano… Che imbarazzo! No. Non si sentiva imbarazzato come poco prima, mentre guardava Leona e Vil. Quello che provava adesso era una sensazione strana, non piacevole… La mano di Cater stava tenendo troppo stretto quel fragile corpo. Le labbra di Cater sembravano divorare quelle piccole di lui. Rey non si ribellava. Eppure…c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in ciò che stavano facendo. Cater aveva diciotto anni, Rey tredici… Non andava bene… Non andava affatto bene. Doveva fermarli?
Vil interruppe il bacio all’improvviso. Le sue labbra s’incurvarono leggermente. “Così mi togli il respiro!” Sussurrò.
“Scusa.” Disse Leona, quindi strusciò il viso contro la guancia di lui e scese fino al collo, dove premette le labbra per stampare un bacio. E un altro. E un altro ancora. Le sue labbra erano sempre bollenti…
“Leona… Mh!” Un piccolo gemito di piacere e poi riprese: “Lo sai…che ci stanno guardando, vero?”
Di fatto il chiosco era alle sue spalle, quindi non poteva vederlo, però si sentiva gli occhi puntati addosso e la cosa gli creava un certo disagio.
Leona sospirò contro il suo collo. “Impiccioni!”
“Che ne dici se…passeggiamo ancora un po’?”
Si guardarono negli occhi, Leona annuì. Sempre a passo lento scesero dal ponte e proseguirono lungo il sentiero, tenendosi mano nella mano.
Epel richiuse la porticina, indietreggiando verso l’interno del chiosco.
“Mi aiuti a radunare le ultime cose sul carrello? Così dopo posso portare tutto alle cucine e andare a dormire.” Chiese Ruggie, alle sue spalle.
Alcuni istanti di silenzio e poi Epel rispose: “Sì.”
“Ah e dopo dobbiamo scrivere un biglietto per avvisare Vil che stanotte Rey dormirà nella tua stanza. Lo lascio sul tavolo, speriamo che lo veda.”
E mentre loro due sbrigavano le ultime faccende, sul retro stava per terminare il momento magico.
Cater dovette forzare un po’ la mano per staccare Rey dalle proprie labbra!
“Wow!” La buttò lì, ridacchiando.
“Oh, scusa! Non volevo più smettere!”
“Ah ah, nemmeno io! Ma ora è meglio che vada, si è fatto tardi.”
Poche parole e le orecchie di Rey si abbassarono, come anche il suo viso. E il suo umore.  Cater gli sollevò il viso con un dito sotto il mento. “Ehi, non sparisco mica! Domani è sabato, che ne dici se ci vediamo nel pomeriggio? Ti ho promesso un tè, se ben ricordo!” E gli fece l’occhiolino.
Rey divenne paonazzo e impacciato, insomma tornò alla normalità! “Domani? Un tè? Sa-sarebbe bellissimo!”
“Allora ti aspetto oltre lo specchio, all’Heartslabyul. Ok?”
“O-ok!”
Il dito di Cater scivolò via da sotto il mento del piccolo, la mano si sollevò in segno di saluto. “Ti aspetto! Buonanotte!” E si avviò verso l’uscita della serra senza voltarsi indietro.
Ora che era tutto finito, le gambe di Rey cedettero, facendolo crollare sull’erba. “Cater mi ha baciato… Sono troppo felice… Morirò…” Si nascose il viso fra le mani e prese a scalciare come una ragazzina emozionata! Il cuore traboccante di gioia per quel sogno che si era realizzato. Sarebbe stata davvero dura dormire, quella notte, però aveva l’obbligo di riposare in modo da essere fresco come una rosa il giorno dopo! Il giorno…del suo primo appuntamento con Cater!

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Capitolo 9
*** Dolci progetti! ***


Capitolo nove
Dolci progetti!
 
Le braccia forti che lo avevano tenuto stretto, il corpo bollente e madido di sudore, il respiro caldo contro la pelle, quel morso alla spalla che lo aveva fatto gridare, la mano ampia con cui gli aveva donato piacere nella sua parte più sensibile, la presenza grande e pulsante che lo aveva posseduto dall’interno… Leona quella notte era stato fantastico a letto. Lo era sempre stato, in verità. Era quello che si definisce un ‘talento naturale’, pur non essendo mai stato con una ragazza perché ne era intimorito e nemmeno con un ragazzo perché non sapeva di avere quelle inclinazioni fino a quando non aveva incontrato lui. Quella notte Vil aveva provato una sensazione di completezza particolarmente intensa, qualcosa che aveva provato solo in un’altra occasione, ossia quando era riuscito a convincere il padre ad accettare Leona come futuro genero. E fu con questo pensiero nella mente che aprì gli occhi, al mattino. La luce del giorno che attraversava la vetrata colorata si spargeva nella stanza in fiochi fasci di luce arcobaleno. Il petto caldo di Leona gli faceva da cuscino, il lento movimento dato dal respiro profondo lo cullava dolcemente, il contatto con la sua pelle gli donava sicurezza, come anche il braccio con cui gli avvolgeva le spalle in un gesto di protezione anche mentre dormiva. Vil mosse appena la mano per accarezzare gli addominali scolpiti, si sentiva incredibilmente sereno. Il pomeriggio prima, durante quell’inutile litigio tra loro, erano volate parole pesanti. Non poteva pretendere che fra loro diventasse rose e fiori, questo era impossibile, però non voleva più raggiungere certi livelli. Più di tutto, voleva svegliarsi così tutte le mattine, abbracciato al ragazzo che amava. Leona emise un piccolo lamento, il suo respiro prima tranquillo cambiò. Aprì gli occhi di uno spiraglio e ricercò la sveglia che era sul comodino. Nel vedere la posizione delle lancette, ridacchiò.
“E’ quasi ora di pranzo.” La voce roca dal sonno. “Il diligente Vil Schoenheit sta prendendo delle cattive abitudini!”
Vil sorrise, si sollevò un po’ per poterlo guardare in volto. “La mia unica cattiva abitudine sei tu!”
Avevano entrambi un aspetto molto trasandato. Salvo per Leona che aveva spesso i capelli spettinati, era una rarità vedere Vil coi capelli in disordine e il viso stropicciato dal sonno. Eppure era quella la normalità che entrambi desideravano. O almeno questo era ciò che Vil sperava. Scostò lo sguardo un istante, con la punta della lingua si umettò le labbra ancora arrossate dai numerosi e forti baci ricevuti durante la notte. Riportò nuovamente lo sguardo su quello di lui, le labbra si dischiusero, un momento di esitazione. “Leona, sposami.”
Lui sbatté le palpebre con un pizzico di sorpresa. “Lo farò. Dopo il diploma, come abbiamo deciso.”
Vil lasciò un mezzo sospiro, scuotendo la testa. “Non voglio aspettare un altro anno. Sposiamoci durante le prossime vacanze estive e andiamo a vivere insieme.”
Leona sorrise, la sua mano si sollevò e andò a sfiorare il volto del suo amato. “Per me va bene, però…è impossibile che i lavori di ristrutturazione alla mia residenza verranno completati in così breve tempo. Dovremo vivere per un po’ al palazzo reale coi miei genitori e la famiglia di mio fratello.” L’aveva detto apposta con un tono scherzoso, credendo si trattasse solo di un capriccio del momento dovuto alla focosa notte di passione, invece la risposta che ricevette lo lasciò a bocca aperta.
“Va bene. Hai comunque le tue stanze private a palazzo, non sarà un problema. A patto che come dono di nozze tu faccia costruire nella residenza un bagno identico a quello che ho ora, così non ne sentirò la mancanza.”
Leona lo guardò con tanto d’occhi. “Vil…? Sei serio?”
“Ho sempre avuto un debole per i marmi, quindi…” Leona lo interruppe. “No, intendo… Vuoi davvero che ci sposiamo subito?”
Vil abbassò lo sguardo, la sua mano che ancora era posata sugli addominali di lui risalì fino a raggiungere il petto. “Non-non vedo perché ti sorprendi. In fondo, al quarto anno possiamo studiare ovunque, non c’è obbligo di fare presenza al college e nemmeno ai dormitori. Perciò…” Strinse gli occhi, le gote gli si imporporarono. “Stare separati non fa bene al nostro rapporto. Già adesso che frequentiamo lo stesso college e ci vediamo tutti i giorni, finiamo sempre col litigare, se dovessimo ritrovarci separati da intere nazioni, io nella mia città natale e tu nella tua, che cosa potrebbe succedere?”
Dire una cosa del genere a cuore aperto doveva costargli un enorme sforzo, per uno orgoglioso come lui, Leona lo capiva e lo vedeva coi propri occhi. Ed era d’accordo con ogni parola che aveva detto. Con la mano ancora contro la sua guancia, gli risollevò leggermente il viso. Quegli occhi strizzati dall’imbarazzo gli davano un’espressione alquanto buffa! Si sporse in avanti e lo baciò. Vil si sciolse all’istante a quel contatto, premette le labbra sulle sue. Quando queste si separarono, bisbigliò. “Ti amo.”
“Ti amo, anch’io.”
“Ma adesso rivestiti e tornatene al tuo dormitorio.” Di punto in bianco lo spinse via con la mano, per poi scivolare al lato opposto del materasso e scendere dal letto.
Leona divenne il ritratto della confusione! “Ma…non hai appena detto che stare separati ci fa male?”
Vil rispose con noncuranza, mentre camminava attorno al letto per raggiungere l’attaccapanni dove era la vestaglia in seta. “Visto che presto saremo sposati e staremo insieme ogni momento del giorno e della notte, adesso possiamo prenderci un po’ di spazio, no?”
Niente da fare, quel ragazzo era un enigma irrisolvibile. Leona lasciò uan risata. “Va bene, mi arrendo! Giusto perché ho una fame tremenda e tu ci metterai una mezzora a prepararti.”
“Tsk, puoi dirlo.” Si sedette al tavolino della toeletta e prese un tubetto di crema per il viso da una delle due fila di cosmetici che vi erano sopra. “Non vorrai che io esca dalla stanza in questo stato, spero.”
*
 
A quell’ora la cucina era un caos di studenti indaffarati a cucinare o impiattare, c’era rumore di passi e di stoviglie, l’aria calda a causa dei vapori e dei fuochi era un concentrato di aromi. Carni che sfrigolavano nelle padelle, verdure che bollivano nelle pentole, pesce che arrostiva sulla griglia e quant’altro.  L’unico angolino pacifico era quello dove si trovavano Rey e Trey, accanto ad una delle finestre, sull’unico tavolo rimasto libero. In disparte era un pentolino colmo d’acqua ancora fumante, una ciotola contenente i residui di peperoncini essiccati e una piccola spatola sporca di cioccolato. Rey, con la massima attenzione, stava terminando di riempire lo stampo a forma di rombi col cioccolato caldo al quale erano stati amalgamati i frammenti di peperoncino. Trey lo osservava, ammirando tanto impegno da parte di un ragazzino così giovane.
“Stai andando davvero bene! Hai chiesto il mio aiuto, ma sono convinto che avresti fatto un buon lavoro anche senza di me!”
Senza distogliere lo sguardo dal filo marrone scuro che pian piano riempiva lo stampo, Rey rispose sinceramente. “Non ero sicuro della quantità di cacao da utilizzare per fare il cioccolato extrafondente. E lo stesso vale per i peperoncini. Il tuo aiuto mi è stato indispensabile!”
Trey ridacchiò. “Anche questo mi ha sorpreso! Cater deve piacerti proprio tanto per sapere così bene che ama il piccante e ha repulsione per le cose dolci.”
“E’ il mio idolo! Sapere queste cose è il minimo!” Si concentrò a fondo sull’ultimo stampino, la lingua che faceva capolino dalle labbra e… “Ecco! Finito!”
Trey si sporse sulla teglia per controllare, sistemandosi gli occhiali. La precisione con cui aveva steso il cioccolato esattamente al livello che lui gli aveva detto, ossia la giusta quantità per evitare che una volta induriti i cioccolatini non assumessero una forma distorta, era a dir poco perfetta. “Bene, direi che possiamo lasciarlo raffreddare. Poi più tardi potrai procedere con la confezione. Hai tutto ciò che ti serve?”
“Sì, ho già recuperato una scatolina e dei fogli colorati per decorarla! Farò un pacchettino bellissimo!”
“Allora sei qui, ragazzino! Mi chiedevo che fine avessi fatto!”
Rey si voltò al suono di quella voce, in un istante il suo viso si illuminò di gioia. “Vil!” Gli corse incontro e precipitò dritto fra le sue braccia pronte ad accoglierlo.
“Ti stavo cercando per ringraziarti. Hai donato a me e Leona una serata indimenticabile.”
Mentre lo diceva, gli venne spontaneo accarezzare i bei capelli ondulati di quel piccolo che si stava coccolando contro il suo petto. Un’immagine che sorprese non poco Trey! Parola sua non aveva mai visto Vil così affettuoso, sul suo volto splendeva un sorriso che non aveva nulla a che fare con quelli freddi o di circostanza che mostrava solitamente. Avrebbe voluto che Cater fosse lì a vederlo, di certo si sarebbe nuovamente innamorato! …o forse era meglio di no, non poteva dimenticare quanto il suo amico si fosse tormentato per quell’amore non corrisposto…
Non appena Rey sollevò il visetto felice, Vil glielo accarezzò. “E’ andato tutto bene fino a questa mattina? Non ho ancora visto Epel per chiederglielo.”
“Sì, appena tornati al dormitorio ci siamo messi subito a letto e abbiamo spento la luce! Non abbiamo chiacchierato, te lo giuro! E poi appena svegli siamo andati a fare la doccia e io ho lavato anche i capelli!”
La mano di Vil tornò sulla chioma ondulata per giocherellarci. “Lo vedo che sono puliti e ben spazzolati! Ahh quanto vorrei che anche quelli di Leona fossero così… Comunque, dopo vorrei provare a farti una nuova acconciatura. E poi ti porto con me al club.”
“Ah aspetta! Nel pomeriggio ho un appuntamento con Cater!”
“Cater? E quando te l’ha detto?”
“Ieri sera! E’ venuto al chiosco a portarci la torta di Trey e anche la canzone su cui avete ballato!”
L’espressione di Vil si fece maliziosa. “Quindi è stato lui a scriverla…! Se Leona lo sapesse gli farebbe passare un brutto quarto d’ora!”
“Però è stato divertente!” Confessò Rey, ridacchiando.
“Ad ogni modo, dopo ti aiuterò a prepararti per questo importante ‘appuntamento’, ora però fila a tavola che tra poco si pranza!”
“Volo!” Si sciolse dal suo abbraccio e abbozzò una frase verso Trey: “Grazie di tutto!” E scivolò via come il vento, schivando i ragazzi e i vassoi che trasportavano.
Quel ragazzino era una ventata di aria fresca in quel dormitorio!
Ancora col sorriso sulle labbra, Vil si avvicinò a Trey. “Ero sicuro che quella torta fosse opera tua! L’ho riconosciuta subito per lo stile! Sono lieto che tu ti sia lasciato coinvolgere!”
Trey sorrise malizioso. “Per te questo e altro!”
“Oh, prima che mi dimentichi… Io e Leona ne abbiamo parlato. Vorremmo darti ufficialmente l’incarico di realizzare la nostra torta di nozze. Saresti disponibile?”
“Io? Ne sarei onorato!” Si portò una mano al cuore con sentimento. “La torta per un matrimonio reale non è un incarico che ricevono tutti! Ci lavorerò con tutto il mio impegno, sia per la scelta degli ingredienti che per il design! In un anno avrò modo di realizzare un capolavoro!”
“A tal proposito…” Vil sbirciò attorno per controllare che nessuno stesse badando a loro due, quindi parlò abbassando il tono di voce. “Sei il primo a cui lo dico. Abbiamo deciso di anticipare la data. Ci sposeremo durante le prossime vacanze.”
Sulle prime Trey rimase a bocca aperta! “Wow… Ehm…congratulazioni! Posso chiedere come…?”
“Come mai? Diciamo che mi sono lasciato trasportare dal sentimentalismo! Niente di più! In questi giorni ne parleremo con le nostre famiglie e poi in qualche modo ci daremo da fare per i preparativi. L’aiuto di un wedding planner è d’obbligo, ma la cosa più urgente credo sarà farmi realizzare un abito. Finora ho fatto solo qualche bozza, l’unica cosa che so è che desidero un abito originale e splendido e…” Si fermò all’improvviso, scosse il capo ridendo. “E non so perché ti sto dicendo tutto questo!”
“Non mi dispiace sentirti parlare del tuo matrimonio! Puoi farlo quando vuoi!”
“Per oggi ti dirò un’ultima cosa, caro il mio pasticcere!” Gli puntò il dito contro. “L’invito  comprenderà anche un accompagnatore, quindi vedi di portare con te il piccolo tiranno dai capelli rossi. Partecipare ad un matrimonio potrebbe essere una buona spinta per fargli la dichiarazione!”
A Trey si mozzò il respiro in gola! Scostò subito lo sguardo. “Non…non so di cosa stai parlando! Io e Riddle siamo solo amici d’infanzia…”
“Oh ti prego, non propinarmi queste scuse! Lo sanno tutti che stai nascondendo i tuoi sentimenti per lui dietro ad una finta cotta per me!”
“Guarda che ho davvero una cotta per te!” Ad un’occhiata storta di Vil, si schiarì la voce e si fece più serio. “Anche se mi dichiarassi a Riddle, non credo cambierebbe qualcosa. E poi… Avrai sentito cosa si dice in giro di lui e Floyd…”
Vil sospirò spazientito. “E’ stato solo un flirt. Floyd si è già stancato di corteggiarlo. E poi, detto tra noi, nessuno sano di mente vorrebbe una storia d’amore con un idiota come Floyd.”
“Be’…per ora la cosa più importante è la tua torta di nozze. Riddle non sparirà.”
I loro sguardi s’incontrarono, soppesandosi un po’. Vil fece un cenno col capo. “D’accordo. Allora ricomincerò a tormentarti quando avrai completato la torta!”
*
 
Il lungo pennello dalla punta sottile si muoveva con piccoli scatti precisi sulla palpebra facendo attenzione a non sfiorare la linea dell’eyeliner che disegnava la forma dell’occhio. Più si muoveva, più la tonalità accesa color ciclamino veniva sfumata da quella più chiara dell’argento brillantinato, creando così un effetto luminoso. Al termine, la mano di Vil si allontanò.
“Ora apri gli occhi.”
Quando il piccolo obbedì, Vil scrutò con attenzione il lavoro svolto, arrivando perfino ad aggrottare le sopracciglia per la concentrazione, ma una volta accertato che era tutto a posto, la sua espressione tornò serena.
“Mh. E’ sufficiente una sottilissima linea nera per rendere ancora più magnetici i tuoi bellissimi occhi dal taglio felino! Più li guardo e più sembrano quelli di Leona, anche se lui insiste a dire che non è vero!”
Le labbra di Rey si arcuarono in un sorriso, senza dire nulla.
Ora che il trucco era completato, Vil diede un’ultima occhiata alla nuova acconciatura che aveva elaborato seguendo un’idea che gli era venuta il giorno prima, mentre spazzava il sentiero della serra. Per quanto fosse strano, osservando la tradizionale scopa di saggina che un po’ ricordava quelle leggendarie delle streghe, aveva iniziato a pensare a quanto sarebbe stato carino Rey con i capelli raccolti in quel modo! Per prima cosa aveva utilizzato un prodotto per inumidire la chioma, quindi con le mani li aveva mossi fino a creare un effetto increspato ed infine aveva utilizzato un foulard viola con cui raccoglierli e legarli sulla sommità del capo, lasciando che la forza di gravità facesse il resto. Se le scope avessero avuto una ‘settimana della moda’, quello sarebbe stato l’outfit più applaudito alle sfilate! Fiero di se stesso, volse lo sguardo alla mano con cui ancora teneva il pennello e andò a riporlo nell’astuccio assieme agli altri, tutti riposti in ordine con cura.
“Rey, volevo togliermi una curiosità. Questi prodotti che hai portato da casa…non riesco a riconoscere il brand. Il che è strano, ero convinto di sapere i nomi a memoria, essendo io stesso il nuovo testimonial di uno di quelli più in voga in questo periodo.”
“Questa è la linea di prodotti creata dalla mia mamma!”
Vil lo guardò con interesse. “Quella donna ha un gran talento! I prodotti che ho utilizzato sono di ottima qualità, nessuno escluso! In particolare l’ombretto è liscio e facile da stendere e i pennelli hanno delle setole incredibilmente morbide! Perfino lo spray per i capelli ha una consistenza equilibrata che mi ha permesso di lavorarti i capelli senza difficoltà! Non so come sia possibile che io non conosca questa linea!”
Rey, gli occhi sbarrati e fissi nel vuoto, aprì la bocca nella speranza che ne uscisse una risposta convincente! “Eeeeeeeeh… Diciamo che…non l’ha ancora lanciata sul mercato?”
“Spero lo faccia presto, questi prodotti rivoluzioneranno l’industria! Non so cosa darei per essere io il testimonial, a costo di interrompere immediatamente il contratto che ho ora!”
Era a dir poco entusiasta, non c’è che dire! Peccato che Rey non lo fosse altrettanto e anzi non vedeva l’ora di chiudere il discorso prima di inciampare in qualche risposta sbagliata!
“Ti confesso che sarei felice di incontrare tua madre, un giorno! E’ nata in me una sorta di ammirazione sentendoti parlare di lei e di tutto ciò che fa, soprattutto perché abbiamo molti interessi in comune! Ti ho accennato che anche io amo creare cosmetici e sogno di lanciare una mia linea? Devo solo decidere se farlo prima o dopo essermi affermato come attore del grande schermo. A proposito, non ti ho mai chiesto se tua madre recita!”
“Eeeeeeeeh… Lei… Recitava anni fa, da bambina e poi da adolescente. Avrebbe dovuto riprendere dopo il diploma ma ha preferito dare la priorità alla famiglia.”
“E’ davvero un peccato… Forse temeva di non riuscire a conciliare lavoro e famiglia e ha rinunciato a qualcosa. D’altra parte la capisco, mio padre è un famoso attore, vincitore di numerosi premi. Però questo lavoro lo porta a viaggiare in ogni dove e io non lo vedo quasi mai.”
“La mia mamma una volta ha detto che nessun premio del mondo dello spettacolo l’avrebbe resa felice quanto l’aver avuto me!” Disse Rey, gongolando tutto per la contentezza.
Vil gli regalò un sorriso. “Sono convinto che sia così!” Quindi allungò lo sguardo verso la sveglia che era sul comodino. “E’ quasi ora della tua merenda con Cater.”
Rey gonfiò le guanciotte con disappunto, prima di precisare: “Non è una merenda, è un appuntamento!”
“Come preferisci, però mi raccomando di non mangiare troppi dolci. Quel dormitorio pullula di zucchero al punto che mi viene il diabete solo a pronunciare il nome Heartslabyul!”
La risata allegra del piccolo riempì la stanza come il tintinnio di campanelli. Era così gioiosa!
Rey andò verso lo specchio a figura intera giusto per controllare che anche la divisa indaco del dormitorio fosse in ordine. Sorrise alla propria immagine riflessa, senza traccia di vanità!
“Se aspetti che lo specchio ti faccia i complimenti, ne avrai per un bel po’!” Scherzò Vil, alzandosi dallo sgabello. “Però se vuoi ho un’applicazione sul telefono che può fare al caso!”
“Ah ah! Non voglio disturbare Mira per questo!” Con un saltello si allontanò dallo specchio e andò al tavolino di fronte alla vetrata colorata dove aveva posato il pacchetto coi cioccolatini per Cater. La scatola di forma quadrata era poco più grande di una mano e rivestita con carta argentea, mentre sul coperchio era stata aggiunta come decorazione una carta raffigurante il quattro di Quadri, fatta di cartoncino e coi piccoli quadri rossi a creare un effetto tridimensionale. Ci aveva messo tutto il cuore a farla, piccolo caro! Se la accoccolò al petto come un tesoro da proteggere e fece per avviarsi verso la porta. “Allora io vado!”
“Ehi, fermo lì. Ti accompagno io.”
“Ma…non sono un cucciolo! Posso andarci da solo! Mica mi perdo!”
Vil assunse la posa autoritaria, ossia quella con le mani ai fianchi e lo sguardo severo. “A me sembra il contrario. Un cucciolo e anche capriccioso.”
“Ma mamma! Ugh-cioè, Vil!” Per poco non si morse la lingua. Dettagli…
“Niente ma!” Lasciò un sospiro e scacciò via l’espressione severa. “Almeno lascia che ti accompagni alla sala degli specchi. Poi ti lascio attraversare da solo.”
Un patteggiamento? Mmh….poteva andare!
“Va beeene…” Cantilenò Rey, come se quella situazione per lui fosse abituale! Cosa che in effetti era, anche se Vil non lo sapeva.
Uscirono dalla stanza insieme e si recarono a quella dove era lo specchio che dal Pomefiore conduceva al college. Una volta arrivati, Vil si chinò per essere all’altezza del piccolo e ancora una volta gli accarezzò il viso. “Ora io vado all’incontro col club, ma se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, capito? E ricordati di avvisarmi quando stai per tornare così ci incontriamo qui.”
“Sì!”
“Mh. Allora vai e…divertiti.”
Rey si sporse e gli diede una leccatina sulla guancia con quel suo modo di fare così affettuoso e innocente che scaldava il cuore. “A dopo!” E senza esitare attraversò lo specchio che conduceva all’Heartslabyul.
La primissima cosa che vide appena messo piede in quel luogo folle, non fu la mobilia dalla stramba forma ondeggiante che dava il mal di mare solo a guardarla e nemmeno il pavimento dalle piastrelle a quadri neri e bianchi. L’unica cosa che vide fu un’amata figura appoggiata di spalle ad una colonna, le caviglie incrociate, i due ciuffi di capelli rossi che dalla fronte pendevano nel vuoto a causa della posizione china della testa, lo smartphone a poca distanza dal viso. Pochi istanti ed ecco che Cater sollevò lo sguardo su di lui. Le sue labbra s’incurvarono in un sorriso seducente.
“Benvenuto, mio grande fan!”

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Capitolo 10
*** La 'hot' star di Magicam ***


Capitolo dieci
La ‘hot’ star di Magicam
 
“Q-q-q-questo è per te, Cater. Ti prego di accettarlo.” Non solo si era impappinato per l’emozione, dopo essersi inchinato ad angolo retto aveva sollevato le braccia in avanti per porgergli la scatola coi cioccolatini, rischiando quasi di colpirgli il naso per il movimento repentino. Niente male come inizio!
Cater rise, abbozzando uno scherzo. “Lo accetto solo se prometti di metterti a tuo agio! E’ il nostro primo appuntamento, come facciamo a chiacchierare se balbetti così! E poi se rimani a capo chino, come faccio a vedere il tuo bel viso?”
Colpito dritto al cuore! Essere un playboy aveva i suoi vantaggi!
Non appena Rey risollevò il visetto dalle gote leggermente arrossate, Cater gli fece l’occhiolino e prese la scatolina che ancora gli porgeva messo in quella buffa posizione!
“Ti ringrazio, non mi aspettavo questo dono!” Con l’indice sfiorò uno dei piccoli rombi tridimensionali che erano incollati sulla carta che faceva da decorazione. “Carino! L’hai fatto tu?”
“Mh mh!”
Cater allora aprì la scatola e…vedendo che si trattava di cioccolatini, a stento riuscì a nascondere la delusione. Aveva detto di essere un suo grande fan e gli regalava dei cioccolatini? Sul serio?
“Ehm…grazie…del pensiero…”
“Non sono dolci, sai?”
Cater si volse incuriosito verso di lui e notò nel suo sguardo una certa sicurezza nell’affermare ciò che diceva.
“Non c’è traccia di zucchero! E’ cioccolato extrafondente! E quei pezzettini rossi che vedi sono peperoncini essiccati!”
“Tu hai…?” Era rimasto davvero sorpreso da questo. Accennò un sorriso. “Li mangerò molto volentieri! Mi conosci meglio di quanto credessi!”
Rey fece una smorfia sbarazzina.
“Vieni con me, ora è il mio turno di sorprenderti!” E nel dire ciò, Cater lo prese per mano e lo portò con sé fino al giardino del dormitorio. Ad attenderli, attorniato da curiosi roseti a forma di cuore, era un tavolino di forma circolare coperto da una lunga e bianca tovaglia. Sulla sua superficie era stato preparato il necessario per la merenda, un servizio da tè di raffinata porcellana con dipinte delle roselline, cucchiaini d’argento, un cestino di vimini in cui erano dei biscotti caserecci con le forme delle carte da gioco e un vassoio tondo che esibiva dei pittoreschi muffin ricoperti di creme e zuccherini colorati. Già a prima vista, gli occhi di Rey presero a brillare!
Si accomodarono sulle sedie dotate di comodi cuscini e Cater si occupò di fare gli onori di casa, servendo il tè al suo ospite. Dalla tazza fumante si levò un buon aroma fruttato.
“Questo infuso è tra i miei preferiti! Non ha bisogno di zucchero perché è già dolce al naturale. Be’, non troppo, altrimenti non mi piacerebbe!”
Rey allungò la mano sul vassoio e andò a colpo sicuro su un muffin al cioccolato ricoperto di panna e con un biscottino a forma di ‘Fiori’. Prima di prenderlo si bloccò un istante e sbirciò Cater, ma lui subito lo rassicurò che erano tutti suoi, senza esclusioni. E allora niente complimenti, Rey prese il dolcetto e lo addentò con espressione soddisfatta. Stessa cosa per il secondo, un muffin alla panna ricoperto di marmellata di fragole e con sopra un piccolo rombo rosso.
Click!
“Uh? C-Cater, cosa fai?” Le orecchie di Rey si abbassarono, tradendo un certo imbarazzo.
“Eh eh! Eri troppo carino con la bocca piena!”
“Ehm…sì ma…non potresti farmi delle foto…”
“Sì, lo so, ricordo la ramanzina di Vil! Però oggi voglio fare degli scatti solo per me! Prometto che non li pubblicherò e che nessun altro li vedrà! Ci stai?” Ed esibì il mignolo.
Il piccolo era preso tra due fuochi, sapeva che le foto erano proibite e che se una sola fosse finita sui social sarebbe stato un enorme guaio, data la situazione in cui si trovava, però se a chiederglielo era il suo idolo si sentiva fisicamente incapace di rifiutare…quindi…
Sospirò per scacciare la tensione e unì il mignolo a quello di lui.
Cater sorrise. “Ecco, il nostro primo patto e il nostro primo segreto!”
Da lì il tempo prese a scorrere ad un ritmo diverso, il mondo stesso parve mutare in un piccolo paradiso solo per loro due. Durante la merenda parlarono come fossero stati vecchi amici, Rey spazzolò via tutti i muffin e buona parte dei biscotti e anche Cater non ebbe problemi a gustarsi quei cioccolatini preparati apposta per lui e che rispecchiavano appieno i suoi gusti. Prima che mangiasse l’ultimo della scatola, Rey gli scattò una foto ricordo col proprio telefono, già immaginando quante notti avrebbe trascorso ad ammirarla. Insomma, una foto del suo idolo con in mano un cioccolatino fatto da lui, era un sogno avverato!!!
Dopo la merenda, Rey chiese espressamente di poter dipingere alcune rose insieme, avendo sentito che era usanza del dormitorio, in determinate occasioni, cambiarle da bianche a rosse. Non che quel giorno fosse speciale, ma magari potevano fare un’eccezione senza che Riddle lo scoprisse! Scelsero un roseto poco in vista e…via coi pennelli! Per Cater fu un’emozione tutta da scoprire, in genere lo faceva su ordine di Riddle e si dava un gran daffare per terminare in tempo, invece farlo per il semplice gusto di far divertire il suo piccolo ospite, fu completamente diverso. Farsi dei dispettucci col pennello, scherzare, ridere, fare una foto a Rey con una pennellata di rosso sulla guancia…non aveva mai riso così tanto! In seguito fu Cater a proporre un’attività tipica di quel luogo. Il cricket! Vedere Rey destreggiarsi con un fenicottero blu, cercando di capire come convincerlo a lasciarsi usare come una mazza, fu di per sé un divertimento più grande dell’intera partita! Cater notò i movimenti fluidi del ragazzino, quella coordinazione di chi è abituato a fare sport e a prendersi cura del proprio corpo, inoltre non gli era certo sfuggito quanto fosse elegante con la divisa indaco del Pomefiore e quanto si muovesse bene nonostante i tacchi. Essendo un incrocio con un leone, e quindi dotato di coda, la tunica sul retro era divisa in due parti per permettere alla coda di muoversi liberamente senza la costrizione della stoffa. Trovò invece curiosa l’acconciatura sbarazzina che aveva quel girono, così diversa dall’elaborata treccia con cui l’aveva visto le altre volte e che lo faceva sembrare quasi un bambino. Be’, più o meno lo era… Non aveva mai visto i ragazzi del dormitorio fermarsi ad accarezzare la pancia ai ricci, al termine di una partita, Rey invece lo stava facendo con affetto e il piccolo riccio blu sembrava gradire parecchio quelle coccole! Click! Le foto che stava scattando quel pomeriggio le avrebbe conservate con cura. Anche se non avesse fatto quella promessa, non le avrebbe comunque mostrate  a nessuno. Non voleva condividere quei momenti con qualcun altro. Quelle foto avevano più valore di qualsiasi scoop proprio perché appartenevano a lui soltanto. Niente a che vedere con Vil e la sua nauseante superiorità. Se ripensava a quella volta in cui lo aveva praticamente supplicato di fare una foto insieme e Vil lo aveva rifiutato neanche fossero stati una Prima Donna inseguita da un paparazzo, gli venivano ancora i nervi. Rey era diverso, era un raggio di sole, semplice e onesto e privo di vanità. Se al posto di Vil si fosse innamorato di lui sarebbe stato tutto più…tu-tum…semplice. Si portò una mano al cuore. Cos’era stato? Per un istante il suo battito era cambiato. Era stata un’impressione? No, lo aveva sentito bene.
“Cater! Il riccio e il fenicottero se ne sono andati! Cosa facciamo adesso?”
Rey gli andò incontro saltellando, un sorriso acceso sulle labbra. Era così carino che avrebbe voluto mangiarlo… Tu-tum…
“Ti andrebbe di…vedere la mia stanza?” La voce gli uscì leggermente sussurrata, quasi fredda.
Cater no.
Le gote di Rey s’imporporarono. “S-se…vuoi…”
“Ma certo! Sarai ansioso di vedere dove dorme il tuo idolo, no?” Gli porse la mano e sfoggiò un sorriso seducente. “Andiamo.”
Cater no.
Rientrando al dormitorio, fece molta attenzione a non incrociare mai il proprio riflesso sugli specchi. O ne sarebbe rimasto turbato.
*
 
All’interno dell’aula usata dal club di cinema, i suoi componenti disposti ordinatamente a formare due ferri di cavallo, ascoltavano con attenzione il discorso del loro Presidente in piedi al centro. Vil, con la sua aura regale, più che un Presidente sembrava una regina dinanzi ai propri sudditi. Dopo una breve pausa, unì le mani e terminò il discorso. “Chi di voi sia interessato a candidarsi per ricoprire il mio ruolo a partire dal prossimo anno scolastico, è pregato di preparare una domanda scritta con specificati i motivi per cui si ritiene adatto a sostituirmi. Me le consegnerete al nostro prossimo incontro che si terrà mercoledì dopo le lezioni. E con questo, la nostra riunione è terminata.” Chinò cortesemente il capo in segno di ringraziamento, mentre gli studenti ringraziavano a loro volta a parole ed iniziando a lasciare i posti a sedere.
L’unica pecora nera del gregge, che per tutto il tempo era rimasto a capo chino a stropicciarsi le mani senza mai sollevare lo sguardo una volta, fu Epel, ed è proprio a lui che Vil si avvicinò.
“Epel, capisco che tu non sia un membro effettivo del club, avendo partecipato solo per le riprese del nostro ultimo cortometraggio, ma non ascoltare una parola del mio discorso resta comunque una grave mancanza di rispetto.” La voce ferma e pungente che usava sempre quando doveva rimproverarlo.
Epel, che nel frattempo si era alzato in piedi, non era riuscito a guardarlo negli occhi per più di un secondo e aveva immediatamente riabbassato il capo in segno di forte disagio. “Scusa…Vil…”
Vil incrociò le braccia al petto. “Allora? Cosa c’è che non va?”
“Io…sono preoccupato per Rey…”
“Rey? Per quale motivo? Si trova all’Heartslabyul con Cater, in questo momento.”
“E’…è proprio questo che mi preoccupa.”
Ora che Epel si era deciso a guardarlo, lo sguardo di Vil si fece affilato. “Che intendi dire?”
Gli occhi di Epel si fecero lucidi, come se stesse per mettersi a piangere. “C’è…c’è una cosa che devi sapere riguardo ieri sera…”
 
Nel frattempo, al dormitorio Heartslabyul…
 
Sdraiato sul proprio letto, girato sul fianco e col gomito puntellato sul materasso in modo da potersi sostenere il capo con la mano, Cater sembrava alquanto annoiato. Il che era strano dato che nella stanza c’era gran vivacità, grazie a Rey che da un po’ non faceva che trotterellare qua e là e lanciare gridolini entusiasti per ogni cosa che vedeva! Letteralmente qualunque gingillo ai suoi occhi appariva come meraviglioso solo perché apparteneva al suo idolo! Un fan sfegatato eh! All’inizio Cater lo aveva osservato e ascoltato con interesse, gongolando orgoglioso per avere un simile effetto su qualcuno, senza contare che l’espressione del piccolo era così brillante da illuminare più del sole! Vederlo saltellare e roteare abilmente sui tacchi, con le vesti fruscianti e i capelli che si agitavano ad ogni movimento, era un bello spettacolo. Giusto un pizzico troppo…infantile?
Sospirò, ormai era chiaro che se voleva arrivare al dunque doveva prendere l’iniziativa. Diede dei colpetti sul materasso, in segno di invito. “Ehi, mio grande fan, perché non vieni qui con me? Non vuoi sentire quanto è morbido il letto su cui dorme il tuo idolo?”
Neanche il tempo di finire la frase che la coda e le orecchie del piccolo si drizzarono sull’attenti, volse appena il capo verso di lui, i suoi occhi brillanti incontrarono lo sguardo malizioso di Cater. Un istante e con un balzo piombò nel letto, stravolgendolo!
A Cater venne spontaneo ridere. “Ah ah! Ehi ehi! Non distruggermi il letto però!”
Senza badarlo, Rey impresse il viso nel grande cuscino color arancio e inspirò profondamente (o forse è meglio dire MANIACALMENTE!) l’odore che emanava, mente la sua coda si agitava freneticamente per l’eccitazione. “Sniiiiif! Mmmmh! Profuma di shampoo agli agrumi! Che buono!”
“Ah ah! Non mi aspettavo niente di meno dal fiuto sviluppato di un ragazzino-bestia!” Cater si spostò un poco sul materasso e si sporse sulla chioma di lui per poterla annusare. “Vediamo… Mi sembra una fragranza floreale… Ma non la violetta che sento spesso addosso a Vil, questo è…sniff sniff…ciclamino?”
Rey ridacchiò compiaciuto. “Esatto! E’ uno spray per capelli che ha usato per farmi l’acconciatura!”
“Mh…interessante…” Più che quello, Cater stava puntando con lo sguardo il nodo del foulard, giusto alcune occhiate e andò a colpo sicuro a scioglierlo, liberando così i bei capelli ondulati. “Ora va meglio.” Lasciò che il foulard gli scivolasse via dalla mano per ricadere ammucchiato sul letto, quindi con le dita andò a giocherellare con una ciocca che era ricaduta davanti all’orecchio felino. “I tuoi capelli sono così morbidi…” Col dito risalì e disegnò il contorno triangolare dell’orecchio. “E anche il tuo pelo… E le punte color cioccolato ti donano molto…”
“G-grazie…” Il cuore di Rey aveva iniziato a sfarfallare nel momento in cui Cater gli si era avvicinato!
“C’è una cosa che volevo chiederti, Rey… Quello di ieri sera era il tuo primo bacio?”
Il piccolo scostò lo sguardo, colto dall’imbarazzo. “S-sì!”
“E sei felice che sia stato io a dartelo?”
“O-ovviamente! Sei il mio idolo!”
“Uh uh, non fai che ripeterlo da quando ti ho incontrato la prima volta in quel corridoio!” La sua mano seguì la lunghezza della ciocca di capelli e discese fino alla guancia rosea, accarezzandogliela. “Vorresti un altro bacio?”
“C-credo che…che tu sappia già la risposta!” Nel dirlo strizzò gli occhi, era così emozionato che temeva di esplodere da un momento all’altro. Cater lo trovò adorabile. Quel ragazzino era così innocente…che non vedeva l’ora di sporcarlo. Di nuovo quella sensazione oscura… Quel qualcosa che gli si agitava dentro, come la sera prima e come poco fa, quando gli aveva proposto di seguirlo in stanza.
Cater no.
Più la voce della coscienza si faceva sentire, più il desidero di sbagliare diventava forte.
“Lo vuoi fare…solo perché assomiglio a Vil?”
Quella domanda lo spiazzò e lo sguardo dubbioso del piccolo parve entrargli dentro. Volse il capo immediatamente. “Certo che anche tu sai andarci pesante con le accuse, quando ti ci metti!”
Si sentì afferrare la mano, al tatto percepì la morbidezza del velluto della tunica. Si volse nuovamente.
“Innamorati di me, Cater. Io non ti rifiuterei mai.”
Quegli occhi languidi, quella voce calda e sicura, quel cuore che batteva forte contro la sua mano nonostante i vari strati di tessuto.
Tredici anni…
Non gli importava più di niente. Il suo amore non era mai stato corrisposto, aveva gettato tre anni di vita inseguendo un sogno irrealizzabile…e ora aveva un’occasione di riscattarsi, letteralmente a portata di mano. Perché avrebbe dovuto perderla?
Con quella stessa mano premette delicatamente, spingendo pian piano quel sottile e fragile corpo contro il materasso. All’inverso, lui si diede poco alla volta la spinta per sollevarsi, sostenendosi su di un gomito, una gamba andò a insinuarsi furtiva fra quelle del piccolo. Ecco, ora lo sovrastava, lo aveva completamente alla propria mercé. La mano che era ancora sul petto risalì lenta, attraversò il sottile collo, seguì la curva della guancia e andò a disegnare la forma delle labbra color pesca.
“Lo vuoi davvero?” Sussurrò, il respiro caldo contro il volto di lui.
Rey fece un piccolo cenno col capo, le sue labbra si dischiusero.
Tredici anni…
“Al diavolo.” Zittì la propria coscienza, prima di chinarsi e posare le labbra sulle sue.
Era davvero come assaporare un frutto maturo, quella morbidezza, quella corposità, la saliva dolce che rendeva tutto ancor più delizioso, le loro lingue intrecciate in un gioco un po’ incerto. Cater sentiva di volerne sempre di più. La sua lingua s’insinuò più a fondo in quella piccola bocca invitante, quasi volesse esplorarne ogni dove. I loro corpi così uniti da riuscire a sentire il suo calore attraverso i vestiti e… Un momento. Interruppe il bacio, il filo di saliva che teneva unite le loro lingue si ruppe quando Cater la ritirò e chiuse le labbra.
“Quello che sto sentendo qua sotto…?”
“Mi piaci tanto, Cater.” La vocina incrinata dal piacere, le gote arrossate.
“Ma tu hai già cominciato a…?”
“Toccarmi? Sì… Non sono un cucciolo…”
In effetti a guardarlo così non lo sembrava affatto, così caldo, così voglioso, così…sexy.
Ogni minima resistenza si frantumò. Cater accennò un sorriso malizioso, la sua mano andò a posarsi cauta su quel rigonfiamento dei pantaloni. Era piccolo, ma non così tanto, in fondo Rey era in fase di sviluppo. Al minimo movimento della mano, Rey gemette. Adorabile! Sarebbe stato carino anche torturarlo così, ma…voleva azzardare qualcosa di più. Riassunse la posizione di prima, bacino contro bacino, i loro corpi aderirono alla perfezione. Sentendo già la mancanza della sua bocca, Cater non esitò a tornare ad assaporarla, mentre Rey gli intrecciò le braccia al collo per stringerlo a sé. Stava avvenendo in modo così naturale, i baci di Rey erano così dolci… E a Cater piaceva quel sapore. Era come se fosse tornato a prima del trauma, quando amava i dolci con tutto se stesso e non ne era mai sazio. E ora non sarebbe mai più stato sazio di Rey. Era tutto così piacevole che sentiva di stare per perdere il controllo…soprattutto dal basso ventre… Di più…di più…
“Togli subito le mani di dosso a quel bambino.”
Quella voce gli entrò nella mente come un fulmine, ferendolo e dandogli la scossa in tutto il corpo. L’istinto di sopravvivenza lo fece balzare via all’istante. Vil era all’ingresso della stanza, la sua presenza potente e minacciosa, il suo sguardo carico di odio e i pugni stretti ai fianchi. Se fosse stato fra le sue mani, lo avrebbe disintegrato.
“Vil, po-posso spiegare!” Balbettò, sull’orlo di un attacco di panico.
“Dovrebbero rinchiuderti nelle segrete più profonde e gettare via la chiave! Essere schifoso! E’ un bambino, cosa ti dice il cervello?”
“NO!” Rey scattò in avanti per proteggere Cater, ginocchia e mani ben piantati sul materasso in una posizione tipica da leone. “E’ colpa mia! Sono stato io a sedurlo!”
“Non usare parole del genere.” Lo apostrofò Vil, alzando il tono di voce, quindi prese un respiro profondo e distese le mani già sbiancate da quanto aveva stretto i pugni. Allungò una mano. “Avanti, vieni qui.”
Il piccolo era incerto su cosa fare, da una parte c’era Cater, immobilizzato dalla paura, dall’altra c’era un pericolo che andava ben oltre ogni immaginazione. Magari, era il caso di obbedire e sperare che così Cater sarebbe stato salvo?
“…va bene…” Scese dal letto e andò ad afferrare quella mano. Vil lo attirò prontamente a  sé, lo avvolse in un abbraccio protettivo. Poi si rivolse a Cater.
“E tu…sei disgustoso. Non ti denuncio solo perché altrimenti il nostro college verrebbe chiuso, ma se ti azzarderai ancora ad avvicinarti a me o a Rey, ti farò rimpiangere di essere nato.”
Mentre Vil se ne andava, portando con sé il piccolo, Cater ebbe l’impulso di inseguirli ma la voce della coscienza gli gridò di nuovo “Tredici anni”. Le forze gli mancarono.
Si portò una mano alla fronte. “Che cosa ho fatto…”

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Capitolo 11
*** Dalle stelle alle stalle ***


Capitolo undici
Dalle stelle alle stalle
 
Non era ancora il tramonto, ma il sole che ormai stava per sfiorare l’orizzonte aveva già cominciato a sfumare l’azzurro del cielo con le tinte dell’arancio, creando un manto caldo che avvolgeva ogni cosa. Le ombre dei radi alberi si allungavano sul terreno secco e polveroso, quelle dei massi sembravano ingigantirsi, mentre qua e là si intravedevano di sfuggita piccoli animali che correvano a rifugiarsi nelle tane prima che gli uccelli rapaci notturni si svegliassero e cominciassero a volare alla ricerca di prede con cui pasteggiare. Nell’aria vi era appena un alito di vento, quanto bastava per sollevare piccole nuvole di polvere, le quali poi andavano a depositarsi addosso alle uniche tre persone che erano all’aperto e che fino a poco prima animavano con la loro presenza il campo. Sugli spalti, seduto su uno dei gradini, Rey se ne stava a capo chino, la schiena leggermente ricurva, la coda dal batuffolo color cioccolato che a stento si muoveva, le orecchie abbassate. “…non riesco a togliermi quell’espressione dalla mente… Se si fosse trattato di rabbia, avrei saputo come rimediare…invece…invece…ciò che ho visto è qualcosa che mi ha ferito più di una lama. Nei suoi occhi c’era…delusione…”
Accanto a lui, sulla sinistra, stravaccato come se fosse stato su una sedia a sdraio, ossia con le gambe distese ed incrociate alle caviglie e i gomiti piantati indietro contro il gradino per sostenersi, Jack era rimasto ad ascoltare senza emettere un fiato, per tutto il tempo, lo sguardo da predatore puntato all’orizzonte a quella sfera di luce che si faceva sempre più incandescente.
“Non voglio prendere le parti di nessuno, dico solo che in una situazione del genere non mi sorprende che Vil abbia reagito così. E’ innegabile che si sia affezionato molto a te e vederti in atteggiamenti equivoci con un ragazzo più grande di te deve averlo colpito di brutto.”
Rey lasciò un sospiro malinconico, lo sapeva bene anche lui. “Gli ho detto che mi dispiace e ho cercato di spiegargli ma…” Fece una pausa, scuotendo il capo, quindi riprese. “Avrei preferito che mi mettesse in punizione invece di mandarmi via con una scusa.”
Aveva impressa nella mente la conversazione che avevano avuto subito dopo aver lasciato il dormitorio Heartslabyul ed essere tornati al Pomefiore. Vil non aveva cercato di nascondere quanto fosse turbato, gli aveva dato una bella lavata di capo per il suo comportamento, e ovviamente lo aveva messo in guardia da Cater e dalla sua anima oscura, ma quando lui gli aveva esposto le proprie ragioni, qualcosa era andato storto. Vil gli aveva voltato le spalle ed era rimasto in silenzio per alcuni minuti, salvo poi rivolgersi a lui con tono gentile e un mezzo sorriso tirato da far quasi paura per quanto era finto, dicendogli che Epel stava per andare al Savanaclaw a fare esercizio con Jack e che era meglio se andava con lui per distrarsi. Una telefonata veloce, alcune raccomandazioni e Rey era stato messo alla porta. Ripensandoci, sentiva ancora un dolore al petto. E se Vil non lo avesse più voluto con lui?
Come leggendogli nel pensiero, Jack intervenne. “La cosa migliore è dimenticare tutto al più presto. Sono sicuro che Vil non ce l’ha con te. Se lo conosco bene, direi che sta biasimando se stesso per quanto accaduto. Essendo responsabile della tua sicurezza, ha visto questo episodio come un fallimento personale. Deve essere questo che hai visto nei suoi occhi.” Abbozzò un sorriso divertito. “Hai avuto sfortuna a farti beccare in flagrante! Sarebbe stato meglio che lo avesse saputo in un altro modo!”
“Ma infatti gliene avrei parlato io, al momento giusto! Non so perché sia venuto fino all’Heartslabyul! Eravamo d’accordo che lo avrei avvisato prima di tornare e che lui mi avrebbe aspettato alla sala degli specchi!”
L’ultimo elemento del trio, colui che oltre a non fiatare non aveva nemmeno battuto le ciglia come se stando immobile sperasse di essere invisibile, a quelle ultime frasi del piccolo ebbe un colpo al cuore. Nonostante avesse ancora addosso il sudore dell’allenamento e l’aria fosse particolarmente calda, si sentì rabbrividire.
“Questo è ancora più strano.” Jack finalmente cambiò posizione e si girò su un fianco per guardare meglio in volto Rey. “Hai detto che Cater ti teneva per mano quando siete rientrati, giusto? Forse qualcuno vi ha visti andare nella sua stanza e ha avvisato Vil con un messaggio?”
Rey scosse il capo, le orecchie ancora abbassate e flosce si agitarono al movimento. “Non c’era nessuno in corridoio. Ma anche se ci avessero visti, non potevano sapere cosa sarebbe successo.”
“I-io so…” La voce così flebile che quasi si confuse con l’aria.
Rey e Jack si voltarono in contemporanea verso Epel. Il ragazzo era pallido, a guardarlo sembrava un lenzuolo stropicciato abbandonato a terra. “I-io…so…”
Rey aguzzò le orecchie. “Sai chi è stato a fare la spia? Per favore, dimmelo!”
Epel dovette deglutire un nodo alla gola per riuscire a parlare. “Io…ho visto cosa è successo tra te e Cater ieri sera…e…e oggi al club l’ho…l’ho detto a Vil.”
Rey balzò giù dagli spalti e si parò davanti a lui, gli occhi spalancati. “Che cosa? Perché hai fatto una cosa del genere?”
“P-perché…ero preoccupato. Cater è troppo grande per te…non…non andava bene…”
“Ti rendi conto di cosa hai fatto?” La voce acuta rimbombò. “Per colpa tua non potrò più vedere Cater. Hai distrutto il mio amore per sempre.”
“No!” Epel ebbe un sussulto, sollevò la mano come per sfiorarlo, ma questa si fermò a mezz’aria. “Non è questo che volevo, te lo giuro! Io…io…”
Rey strinse forte i pugni, dalla sua gola si levò un singhiozzo mentre le lacrime gli riempivano gli occhi. “Tu…sniff! Tu non sei un Principe Azzurro. E nemmeno una mela avvelenata. Tu sei…SEI UNA MELA MARCIA! TI ODIO!!!” E corse via, piangendo a dirotto come un acquazzone tropicale.
Lo sguardo di Epel tremò, come anche la mano che ancora teneva sollevata nel vuoto.
Jack sospirò. “Non lo pensa davvero. I cuccioli tendono a straparlare quando si arrabbiano. Vedrai che quando si sarà calmato verrà a chiederti scusa.”
“No…” Epel si voltò verso di lui, il volto ancora più pallido e grave di prima. “Ha ragione lui. Non faccio che deludere le aspettative di tutti. Vil ha lavorato sodo per fare di me una mela avvelenata…e credo che alla fine ci abbia rinunciato, visti i risultati. E Neige…” Ridacchiò amaramente. “Neige merita un Principe Azzurro, qualcuno che lo ami e che lo protegga. E io…” Un colpo di singhiozzo, una lacrima lungo il viso. “Io non lo sarò mai.”
Mentre Epel cominciava a piangere, Jack si limitò a guardarlo tristemente. Cosa poteva dire che non avesse già detto? Da quando avevano fatto amicizia non aveva fatto altro che incoraggiare Epel a migliorarsi e a far emergere la forza che aveva dentro. Ma se non era lui stesso il primo a convincersi, ogni parola era inutile.
*
 
Rey era corso via come il vento ed era rientrato nel dormitorio Savanaclaw senza quasi guardare dove metteva i piedi. C’era solo una persona che voleva vedere in quel momento, l’unica che era in grado di capirlo e che poteva dargli conforto. Andando a memoria, anche se le lacrime gli offuscavano la vista, sapeva che mancavano tre porte prima di raggiungere la stanza di Ruggie. All’improvviso… THUMP! Si ritrovò addosso a qualcuno, entrambi rischiarono di perdere l’equilibrio. Nella confusione del momento, Rey smise di piangere e sollevò lo sguardo, ma tutto ciò che vide fu un viso abbondantemente coperto da una folta chioma blu che rendeva impossibile vedere gli occhi.
Le mani del ragazzo si posarono sulle sue spalle. “Ehi, piccolo, stai bene?”
“…c-chiedo scusa…” La voce un po’ distorta dal pianto.
Scivolò via da quel tocco, mentre scattava per riprendere la corsa si strusciò contro i pantaloni in stile arabo, di colore nero e con delle decorazioni rosse raffiguranti delle fiamme. Un ultimo tratto di corridoio e poi spalancò la porta, lanciandosi all’interno della stanza. “Z-zio Ruuuuuwaaaaaagggiiiiii!!!”
Colto di sorpresa da quell’invasione inaspettata, Ruggie ci mise un po’ a reagire! I suoi occhi grandi e chiari si spalancarono sul cucciolo in lacrime, sul moccio che gli colava dal naso e sulla sua tuta impolverata. Alcuni istanti e poi, per prima cosa, posò i due libri che aveva in mano e li ripose sulla scrivania accanto a due bicchieri e ad una ciotola vuota, quindi aprì le braccia e lasciò che Rey vi si fiondasse. Un sorriso gli increspò le labbra pensando che il moccio stava indubbiamente passando dal naso del piccolo alla sua divisa!
“Questo cucciolo piange davvero tanto, in questi giorni!” Disse con tono gentile, mentre lo  stringeva a sé e gli accarezzava i capelli arruffati e umidi di sudore. “Vuoi dirmi che cosa è successo?”
Dapprima Rey biascicò solo delle frasi sconnesse, in preda al pianto com’era, ma una volta che Ruggie lo fece accomodare sul letto e gli ripulì il naso con un fazzoletto di carta e le lacrime con un altro, il discorso si fece un po’ alla volta più articolato. Aveva un che di buffo il fatto che lo trattasse come un cucciolo mentre lui gli raccontava un episodio fin troppo adulto...
“Ahhhh… E’ questo che si definisce finire dalle stelle alle stalle?” Prese un altro fazzoletto pulito e ancora una volta gli asciugò gli occhi per fermare le ultime lacrime che facevano capolino dalle lunghe ciglia. “Scommetto che tu hai già capito dove hai sbagliato, vero? Spero che anche Cater si faccia un bell’esame di coscienza e porga le sue scuse sia a te che a Vil.”
“Sniff sniff…Mh…” Il labbro gli tremò, Rey deglutì per non permettere ad un altro singhiozzo di salire dalla gola. “Il fatto è che…quando me ne sarò andato dal college, non potrò vederlo mai più…”
“Suvvia, non essere così drastico! Cater ci sarà anche nel futuro! Però la differenza di età fra voi aumenterà ulteriormente e sarà impossibile per voi avere una storia.” Ruggie sospirò, accarezzando la chioma del piccolo. “Mi dispiace tanto, Rey.”
“Non è solo questo. Non potrò più vederlo perché Cater è stato bandito dal mio regno prima che io nascessi.”
Ruggie fu sul punto di scoppiare a ridere, ma si trattenne! “COSA COSA??? E’ stato bandito dalla Savanna? Questa devi raccontarmela!” Dovette stringere le labbra per non ridere.
Rey fece spallucce. “Purtroppo non lo so… L’ho scoperto alcuni anni fa. Insomma… Devi sapere che io seguo Cater da quando avevo sei anni. Mamma e papà mi avevano regalato un tablet e un giorno navigando su Magicam ho trovato un video di Cater. E’ stato amore a prima vista. Da allora ho seguito i suoi video, i suoi post e ho recuperato tutto ciò che aveva caricato quando era ancora uno studente. Poi…” Deglutì di nuovo. “Poi un giorno ho scoperto che aveva frequentato lo stesso college di mamma e papà, allora ho detto loro quanto mi piacesse e…ho cominciato a fare domande perché volevo che mi raccontassero di lui quand’era giovane. All’inizio hanno risposto che non volevano parlarne, allora ho insistito, ho continuato a fare domande per giorni e giorni e… Quando ho detto che ero innamorato di lui e volevo invitarlo a corte per conoscerlo di persona, si sono arrabbiati e hanno detto che lo avevano bandito dal regno perché era una brutta persona.”
“Non ti hanno spiegato la ragione precisa?”
Rey scosse il capo tristemente.
“Mmmh… Un fatto curioso…”
“E poi…una volta ho provato ad incontrarlo quando sono andato a trovare nonno Eric a Pyroxenes, visto che anche Cater è originario di là, ma oltre ad impedirmelo mi hanno fatto sorvegliare tutto il tempo dallo zio Jack…”
“Un momento, cosa c’entra Jack? Che ci faceva a casa del padre di Vil??”
La boccuccia di Rey si aprì a formare una ‘o’ perfetta! “Oh giusto…non te l’ho detto… Lo zio Jack è la nostra guardia del corpo. Voglio dire, mia e della mia mamma. Viene sempre con noi quando viaggiamo e quando trascorro le vacanze da nonno Eric e la mia mamma è impegnata col lavoro, lui resta con me tutto il tempo.”
“Shishishishi!!! Jack che fa la guardia del corpo agli ordini di Vil!!! Ahahaha! Con lo sguardo che ha non gli sarà difficile tenere alla larga i malintenzionati! E anche le persone perbene! Shishishishi!!!” L’idea era troppo divertente! Non si sarebbe mai aspettato che per il suo amico fosse stato già scritto un futuro così!
“Ehm…zio Ruggie?”
Si accorse dello sguardo infastidito di Rey. Giusto, non doveva perdere il filo del discorso. Si schiarì la gola e cercò di smettere di ridere. Però nel giro di pochi minuti aveva appreso informazioni incredibili, non era colpa sua!
“Ahhh dunque… Immagino che tu voglia stare tranquillo, quindi che ne dici se ceniamo qui in camera mia soli soletti? Potresti anche dormire con me, per questa volta, che ne dici?”
Rey fece un cenno di assenso col capo. In effetti non impazziva dalla voglia di tornare al Pomefiore e cenare osservato da tutti.
Ruggie recuperò il telefono dal comodino e digitò un messaggio. “Ecco, ho avvisato Vil. Non credo sarà contrario a farti restare qui.” Infilò il telefono in una tasca dei pantaloni e si avvicinò alla scrivania. “Visto che vado alle cucine ne approfitto per portare queste cose.”
Rey sbirciò per vedere di cosa parlava e solo allora realizzò che accanto al simpaticissimo pupazzo a forma di facocero c’erano delle stoviglie usate. “Zio Ruggie, c’era qualcuno con te prima?”
“Già! Un mio compagno di studi! Cioè, oltre ad essere nella stessa classe, stiamo seguendo lo stesso corso extra di Diritto. Anche lui come me vorrebbe essere utile alle persone meno fortunate, una volta che avrà preso il diploma. Spesso ci incontriamo per ripassare le lezioni insieme, qui nella mia stanza oppure nella sua al Scarabia.”
Nella mente di Rey riaffiorò l’immagine del ragazzo coi pantaloni in stile arabo. Balzò dal letto. “Accidenti! Ci siamo scontrati in corridoio mentre venivo qui! Sono un maleducato! Mandagli un messaggio di scuse da parte mia!”
“Per caso lo conosci? Visto che vieni dal futuro…”
“Mmh… Non mi sembra… Difficile a dirsi visto che aveva il viso coperto dai capelli…”
“Ahaha! E’ vero! Lo trovo strano anche io! Non gli ho mai chiesto perché tiene la frangia così lunga!”
Tling! Il suono di un messaggio. Ruggie sfilò il telefono dalla tasca. “E’ Vil. Dice che per lui va bene se passi la notte quì. E che più tardi ti scriverà.” Per l’ennesima volta ripose il telefono e riprese in mano i bicchieri che poi infilò dentro la ciotola in cui erano rimaste poche briciole di patatine chips. Prese il tutto fra le mani, ma proprio quando fu per fare un passo… Toc toc!
Nemmeno il tempo di rispondere che Leona entrò nella stanza. Niente di cui sorprendersi, in fondo col carattere che aveva era già tanto che avesse bussato!
“Sono solo passato su indicazione di Vil. Quello mi ha scambiato per un fattorino…puah…” Fino a quel momento aveva tenuto un braccio piegato all’indietro oltre la spalla, il motivo fu presto spiegato quando lo porse in avanti mettendo così in mostra il beautycase di Rey. “Tiè.”
Come dire, il premio per il gentleman dell’anno va a…
Rey gli andò subito incontro per prendere il caro astuccio. Le orecchie ancora abbassate che proprio non ne volevano sapere di risalire, esattamente come il suo morale. “Grazie…”
“Quando un paio di ore fa Vil mi ha chiamato per chiedermi di raggiungerlo al suo dormitorio, sulle prime mi ero alquanto preoccupato. Era da un bel pezzo che non lo vedevo così abbattuto! E invece mi ha raccontato una storiella davvero interessante!” Il tono canzonatorio che faceva pendant col sorrisino strafottente.
Rey si sentì avvampare per la vergogna. “Ti ha detto di Cater?”
“Non me l’aspettavo! A guardarti sembri un cucciolo coi dentini da latte ma…ah ah! Sei un leone di primo pelo in calore! I miei complimenti!”
Ruggie lo riprese amareggiato. “Leona, non dire certe cose. Te lo chiedo per favore.”
Ignorandolo completamente, Leona parve sul punto di andarsene, ma poi il suo sguardo ebbe un guizzo luminoso, ricordando qualcosa. “Ah già, quasi dimenticavo…” Si chinò per essere all’altezza di Rey e lo guardò dritto negli occhi, puntandogli contro uno sguardo minaccioso. “Non sperare che dopo quanto è accaduto io ti permetta di fare le fusa alla mia fidanzata.”
Rey si sentì raggelare. “C-cosa…?”
“Ti puoi anche scordare di dormire ancora con Vil. Tieniti pure i tuoi segreti, ma se ti vedo in atteggiamenti troppo intimi con lui ti strappo la coda.”
SDUN! Ruggie sbatté la ciotola contro il ripiano della scrivania, attirando l’attenzione di Leona. Quando i loro sguardi s’incontrarono, Ruggie sfoggiò per la prima volta uno sguardo rabbioso.
“Tu che vuoi?” Lo sfidò Leona.
“Ho sempre odiato questo lato di te. Sei un prepotente, Leona. Tutte queste minacce, queste cattiverie che gli rivolgi, non le penseresti se tu sapessi chi è veramente.”
Leona accennò un sorriso sbilenco. “Ooooh quindi il piccolo si è confidato con te! Alla faccia del segreto! Comunque non mi interessa, chiunque sia è libero di fare quello che vuole, basta che tenga le zampe lontano da Vil.”
“Stupido egoista.” Sibilò Ruggie, con la conseguenza che Leona gli andò incontro e lo afferrò per la bandana che portava al collo. “Hai detto qualcosa, pezzente?”
Rey non riusciva a reagire, il suo sguardo incollato all’immagine cruenta che aveva davanti. Chi era quello? Perché era così violento? Di aspetto era identico al suo papà, però era come se non fosse lui…
Ruggie non tentò nemmeno di difendersi, continuò a sostenere il suo sguardo e a dirgli ciò che si meritava. “Un giorno ti pentirai amaramente di quello che hai detto a quel povero cucciolo innocente.”
“Cos’è, una minaccia?” Ringhiò Leona.
“No… E’ solo la verità… Quando capirai ti sentirai morire e farai di tutto per avere il suo perdono.”
“Tsk!” Sul volto del leone tornò la solita espressione infastidita, per lo meno lasciò la presa. “Sapete? Non m’importa un bel niente della vostra sacra alleanza! Tenetevi i vostri dannati segreti!” In poche falcate attraversò la stanza e se ne andò sbattendo la porta.
Ruggie riprese a respirare, il cuore che gli batteva come un tamburo. Invero serviva un gran coraggio per affrontare uno come Leona, accidenti… Dal canto suo, Rey si sentì cedere le gambe e si ritrovò col sedere piantato a terra prima di rendersene conto. Era sconvolto.
“I…il mio papà non è così… Lui mi vuole bene…”
Ruggie accorse in suo aiuto, lo strinse a sé. “Lo so che è dura. Cerca di non dargli peso. Purtroppo Leona ha un gran brutto carattere e non perde occasione di dare il peggio di sé.”
“Ma…ma… Lui non attacca le persone, le protegge. E tu sei il suo migliore amico…non ti ha mai trattato in questo modo… Ti rispetta e ti ha aiutato nel tuo progetto… Lui…lui…ha a cuore te e tutte le iene. Il mio papà è buono…”
“Ti credo, Rey.” Ruggie gli stampò un bacio affettuoso sulla fronte. “A quanto pare ci vorrà ancora del tempo, prima che le cose cambino.” Se lo coccolò un po’ tra le braccia, per lui doveva essere orribile vedere il proprio padre comportarsi così…povero piccolo…
“Ascolta… Prima di cena è meglio se andiamo a farci il bagno. Hai bisogno di rilassarti, oggi hai avuto una giornata particolarmente difficile e sono successe troppe cose brutte…”
*
 
Da lì le cose procedettero tranquille. Come Ruggie aveva anticipato, avevano fatto un bel bagno caldo e poi avevano cenato con una gustosa insalata di fiori e una coppa di gelato alla fragola giusto per addolcire l’animo. Un poco alla volta Rey aveva abbandonato la tristezza e si era caricato di energia positiva per il giorno dopo, determinato a riconquistare l’affetto di Vil e a riappacificarsi con Epel. Di Leona non si era più parlato…
I due si erano appena coricati a letto, Ruggie stava giusto cercando una posizione comoda dal lato del letto che dava sulla parete, quando accadde l’ultimo pasticcio della giornata! Rey si accorse che qualcosa fuoriusciva da sotto il materasso. Era cartaceo…un libro? Facendo attenzione a non schiacciarsi le dita fra il materasso e la struttura, afferrò quella cosa sottile. Ah era una rivista!
“Zio Ruggie, perché la tieni sotto al mater-” Il suo volto assunse varie gradazioni di rosso prima di passare al viola! Sulla copertina della rivista c’erano due ragazze dalle sembianze di gattine e avevano addosso solo della biancheria intima di pizzo.
Non appena Ruggie si accorse di cosa il piccolo aveva in mano… “GYAAAAAH! Non guardare!!!” Afferrò la rivista e la nascose prontamente sotto il cuscino, dalla propria parte del letto.
“Ma quella era…”
“Non dirlo!!!”
“Da quando ti piacciono le ragazze?”
“DA SEMPRE!!!! ……EH?” Si voltò e si sollevò per mettersi seduto. La sua espressione era un misto tra imbarazzo e incredulità! “Ehi tu, che vorresti dire? Perché non dovrebbero piacermi le ragazze?”
Momento di panico. Rey sbatté le palpebre. “Ehm…no niente…”
“DIMMELO! Non puoi uscirtene con una cosa così e poi fare finta di niente!!!”
“Ehm…il fatto è che…”
“NO NON DIRMELO! Non sono pronto!” Si coprì il viso con le mani. Praticamente stava per morire dalla vergogna! Non che Rey fosse da meno, comunque.
“S-scusa…zio…”  Ne aveva combinata un’altra? Perché quella giornata sfortunata non si decideva a finire una volta per tutte?
“Aaaaaah  e va bene!” Ruggie riabbassò le mani, le gote ancora arrossate facevano contrasto con la carnagione molto chiara della pelle. “Puoi dirmelo! Adesso sono troppo curioso!” Sollevò l’indice e lo puntò verso di lui. “Però non entrare nei dettagli, per favore! Rimani sul vago! Non voglio sapere il mio futuro così all’improvviso mentre sono in pigiama!!!” Non che l’abbigliamento c’entrasse qualcosa, ma ok!
Rey, superato il timore di aver detto qualcosa di sbagliato, si calmò e regalò allo zio un sorriso. “Allora te lo dico! Sei sposato con un uomo e siete molto felici! E…alcuni anni dopo il matrimonio avete adottato un cucciolo di iena da un orfanotrofio. Voi due lavorate insieme, durante la realizzazione del tuo progetto per far fiorire la zona povera del regno vi siete impegnati tantissimo e avete aiutato molte persone che prima non avevano nulla.” Lo guardò di sbieco, con un’espressione buffa. “Così va bene?”
Ruggie aveva gli occhi lucidi da quanto era commosso. Dunque era questo il suo futuro?
“E’….è bellissimo ciò che mi hai detto! Grazie!” Gli regalò un sorriso sincero. Di tutte le cose che aveva saputo nel giro di poche ore, quella era senza dubbio la più bella! Essendo determinato a realizzare i progetti che aveva in mente, non si era mai soffermato sull’argomento dell’amore. Aveva dato per scontato che un giorno avrebbe incontrato una ragazza con cui mettere su famiglia, un pensiero distaccato, ovvio, superficiale, messo in secondo piano. Ma ora che sapeva ciò che lo aspettava…non vedeva l’ora di scoprire chi sarebbe stato questo uomo misterioso in grado di fargli battere il cuore!

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Capitolo 12
*** Fedeltà e tradimento ***


Capitolo dodici
Fedeltà e tradimento
 
La sera prima, Epel era tornato al dormitorio più demoralizzato che mai. Non aveva cenato nella lounge, dopo una rapida doccia controvoglia aveva giusto sgraffignato dalla cucina qualche fetta di pane e poi si era rintanato nella propria stanza per consumarle accompagnate da alcune mele. Un pasto ben misero rispetto a quelli a cui era abituato da quando era uno studente del college. Mentre rientrava, gli era capitato di udire che nemmeno Vil avrebbe cenato nel sontuoso salone perché si era ritirato nell’intimità della propria stanza assieme al fidanzato. Tsk, beato lui! Non si era sentito nel torto a provare invidia per quel leader baciato dalla fortuna, mentre lui si tormentava per un amore che non si sarebbe mai realizzato. Neige… Per la prima volta, il gusto delle dolci e succose mele provenienti dalla propria terra natale, gli parve amaro. Anche la nottata non era stata per niente piacevole, fra girarsi e rigirarsi nel letto, imprecare tra i denti, ripensare alle parole di Rey…e lasciare che alcune lacrime silenziose ricadessero sul cuscino. Rey aveva detto la verità, doveva ringraziarlo per avergli aperto gli occhi. Una nullità non poteva sperare di fare qualcosa di buono nella vita… La luce del giorno fece capolino dalla finestra, trovandolo in questo stato d’animo pietoso. Il telefono in mano, lo schermo luminoso su cui lampeggiava il  cursore alla fine di un messaggio…
[Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me. Per aver ricambiato i miei messaggi e le mie telefonate. Per avermi fatto sorridere, per avermi fatto battere il cuore. Non lo dimenticherò mai. Ti auguro una carriera ancora più brillante. Sarò sempre un tuo fan!]
Il destinatario era Neige. Il suo nome, salvato nella rubrica, era affiancato da un cuoricino rosso.
“Addio, Neige…”
Avvicinò il dito allo schermo, puntando la casella di invio e…
Dlin! La notifica di un messaggio in arrivo sovrastò tutto il resto. Era da parte di Rey. Un momento di esitazione, poi la curiosità prese il sopravvento ed Epel aprì il messaggio. Non erano parole, era il disegno di un gattino triste. Rispose con tre puntini di sospensione. Pochi secondi e arrivò un altro messaggio, con il disegno di una porta. Stava per inserire un punto di domanda, quando udì bussare.
Possibile che…? Abbandonò il telefono sul cuscino e andò velocemente ad aprire. Come sospettava, trovò Rey sulla soglia, vestito con la divisa del Savanaclaw, il capo chino con le orecchiette abbassate e le mani che si stropicciavano in segno di inquietudine.
“Io…ho detto un sacco di bugie. Non è vero che sei una mela marcia. Non è vero che ti odio. Tu sei il miglior Principe Azzurro che esista, ti ammiro e ti voglio tanto bene! Perdonami, zio Epel!”
Un po’ per ripicca, un po’ per divertimento, Epel non disse nulla, solo attese che il piccolo rialzasse il visetto e allora gli diede la versione ‘affettuosa’ di una testata! Un colpo fronte contro fronte, più simbolico che doloroso. E ridacchiò.
“Dai, entra! Ti offro una mela e un po’ di succo!”
Rey entrò timidamente nella stanza, era stato fin troppo facile avere il suo perdono e non era certo che fosse davvero tutto a posto. Epel tirò su le coperte alla mala peggio e disse al piccolo di accomodarsi sul letto, quindi recuperò una mela dal cesto e un bicchiere che poi riempì di succo (sempre di mela, ovviamente!).
Si sedette accanto a lui. “In verità, più che perdonarti devo ringraziarti. Le tue parole sono state come una doccia fredda, ma so che le hai dette per il mio bene.” Sospirò tristemente. “Diventerò invisibile, come è giusto che sia, così non creerò più problemi a nessuno…”
“Ma mi ascolti quando parlo???”
Già il tono era severo, ma quando volse lo sguardo a Rey e vide i suoi occhi fiammeggianti ebbe la conferma che il cuccioletto era piuttosto alterato!
“Ho detto che erano tutte bugie! Tu sei una bravissima persona, hai molto da dare! Altro che invisibile, devi tirare fuori il meglio di te! Solo così sarai felice! E con ‘felice’ non intendo solo il tuo brillante futuro con le corse in moto e del tuo impegno nel gestire l’attività di famiglia, parlo anche della tua storia d’amore con la zia Neige!”
…ok…questa non se l’aspettava… Occhi spalancati, gli ci volle un po’ per tentare di spiccicare qualche parola! “C-che cosa…stai…?”
Infervorato, Rey continuò. “E’ a questo che devi credere, zio! Ti aspetta un gran futuro se troverai il coraggio di prenderlo fra le mani!”
Epel balzò via dal letto, dandogli di spalle. Improvvisamente si sentiva un gran peso addosso, era troppo da sopportare, troppo da elaborare così su due piedi. Fosse stato solo per l’attività di famiglia, ci poteva stare, ma…corse in moto? Principe Azzurro? Zia Neige? Di cosa stava parlando? Aveva già tirato fuori quegli argomenti nei giorni scorsi, ma era tutto così assurdo!  Soprattutto, cosa sapeva lui riguardo Neige? Chiuse gli occhi. A meno che… Un’idea bizzarra gli attraversò la mente.
“Tu…sei affezionato alla zia Neige?”
Neanche a dirlo, Rey cadde nel tranello come un allocco. “Certo che sì! E’ meravigliosa! E’ così bella, così dolce, così gentile!” Prese ad agitare la coda, tutto contento. “Adoro quando mi coccola, quando facciamo insieme delle coroncine con le margherite e….le sue torte di mele sono le migliori del mondo!” Le gote gli si imporporarono al pensiero!
Fu allora che Epel si girò e lo guardò con uno sguardo velato di malizia e di divertimento. Sul momento Rey non capì, ma appena si rese conto di quanto aveva appena detto, si morse la lingua!
“Ugh… Cioè, io…” Anche se avesse trovato le parole, non avrebbe comunque potuto dirle perché si ritrovò avvolto da un caloroso abbraccio. Epel lo strinse forte, gli occhi gli si riempirono di lacrime. “Grazie, grazie, grazie… Stavo per fare l’errore più grande della mia vita!” Bisbigliò, nonostante le labbra gli tremassero dalla voglia che aveva di piangere.
Rey fece per ricambiare l’abbraccio, ma anche quel gesto gli fu stroncato sul nascere quando Epel si ritirò repentino. Assunse una posa simil autoritaria e gli indicò la porta. “Vai subito da Vil e chiarite tutto!”
Rey lo guardò di sbieco. “Ma…?”
“ADESSO!” Alzò la voce, ma subito gli fece l’occhiolino per sdrammatizzare.
Il piccolo non ebbe altra scelta che obbedire, senza però mancare di regalargli un sorriso!
Non appena Epel fu solo, andò subito a riprendere il telefono che prima aveva seppellito sotto le coperte. Sullo schermo era ancora il messaggio che aveva scritto. Cliccò il tasto per cancellare e in un attimo lo schermo tornò pulito.
Prese un bel respiro e cliccò sul nome di Neige. Fra le opzioni scelse quella per avviare una telefonata. Si portò il telefono all’orecchio. Uno squillo. Tutti i suoi muscoli si irrigidirono. Secondo squillo.
“Sì, pronto! Epel?”
La voce più tenera e dolce che avesse mai sentito gli arrivò dal capo opposto. La tensione svanì immediatamente.
*
 
Alla domenica la caffetteria della scuola era chiusa, ma questo non impediva agli studenti di usufruire di alcuni distributori automatici carichi di bevande e cibi confezionati per eventuali necessità. Come ad esempio dissetarsi dopo una lunga corsa…
Nonostante Vil si fosse passato l’asciugamano sul viso per togliere il sudore, la sua pelle era ancora umida e arrossata per la fatica, dettaglio che lo rendeva particolarmente sensuale agli occhi di Jack che era lì con lui. Ora l’asciugamano era finito attorno al collo, dove giaceva a mo’ di foulard, mentre i capelli biondi, occasionalmente alzati e legati in una coda, avevano giustamente un aspetto trasandato, cosa che ben poche persone al mondo avevano il privilegio di vedere dato che Vil si mostrava sempre impeccabile! Jack si sentiva fortunato ad essere fra questi pochi. Senza farsi notare, aveva sbirciato con la coda dell’occhio tutti questi preziosi dettagli, perfino il movimento della sua mano e l’inclinazione del suo dito nel premere il pulsante con la bevanda desiderata. Il movimento sexy dei suoi fianchi quando si era chinato per raccogliere la bottiglia, il modo in cui aveva reclinato il capo all’indietro mentre beveva quell’acqua fresca proveniente dall’alta montagna.
“Ahhhh!” L’espressione compiaciuta sul suo volto, unita agli occhi leggermente umidi, lo resero ancora più bello. Poi Vil volse lo sguardo a lui, che era praticamente immobile come un fantoccio e con la bottiglia mezza vuota stretta nella mano. “Mi erano mancate le nostre corse mattutine!”
“Non che tu avessi molto tempo da dedicare al jogging, con tutto quello che è successo ultimamente!” La buttò lì Jack, facendo un mezzo sorriso.
“Se fosse per Leona, l’unico esercizio che farei sarebbe quello fra le lenzuola.” Protestò Vil, scuotendo il capo, ma alleggerendo la frase col sorriso sulle labbra, quindi si portò nuovamente la bottiglia alla bocca per bere un altro lungo sorso di acqua.
Jack abbassò il capo e si grattò nervosamente la nuca. “A dire il vero…io mi riferivo all’arrivo di Rey…”
“Mh!” Vil inghiottì velocemente. “A tal proposito, non ti ho ancora ringraziato.”
“Ringraziato? Per cosa?”
“Per la tua sensibilità. Ho ascoltato bene ciò che mi hai detto riguardo a ieri. Nonostante Rey ti abbia fatto una confessione da far rizzare i capelli, tu non l’hai rimproverato e anzi sei stato particolarmente gentile.”
“Sì, ecco…”
“Lo sei sempre anche con me. Per quanto io possa sbagliare o avere torto, non è mai accaduto che tu mi accusassi o mi rimproverassi severamente!”
“Il fatto è che… Come dire…” Accidenti, le parole gli si fermavano sulla punta della lingua. Perché poi? Non c’era niente di male in ciò che voleva dire. Prese respiro e assunse la tua tipica aria seria. “E’ un istinto naturale quello di proteggerti, Vil. Fin dalla prima volta, nella nostra città, quando ti ho difeso da quei piccoli bulli. Pur non conoscendoti e non sapendo nulla di te, ho sentito che qualcosa mi spingeva in quella direzione.”
Vil lo ascoltò con attenzione, senza lasciar trapelare nulla di ciò che provava. Poi scostò lo sguardo, vagando nell’enorme sala mensa vuota e silenziosa. “Io, vorrei che tu continuassi a proteggermi per sempre.” Ridacchiò tra sé. “Forse questo improvviso sentimentalismo è dovuto alle mie nozze imminenti! Fra poche settimane diventerò la moglie di Leona e andrò a vivere nel suo regno, mentre tu dovrai restare qui al college per altri due anni!” Lasciò un lieve sospiro, la sua espressione tornò seria. “Un giorno, se ci incontreremo di nuovo, spero che tu vorrai starmi accanto.”
Percepì il tocco caldo della mano di Jack sulla spalla, attese qualche istante prima di voltarsi e incontrare i suoi occhi dallo sguardo incredibilmente rassicurante. “Lo farò. E’ una promessa. Sarò la tua ombra e mi assicurerò che nessuno ti faccia del male.”
Non c’era bisogno di metterlo per iscritto, il patto di fedeltà tra lupo e padrone era suggellato e niente al mondo avrebbe più potuto spezzarlo.
*
 
Vil aveva percorso il lungo e maestoso corridoio del dormitorio e aveva appena imboccato quello che conduceva alla sua stanza quando, allungando lo sguardo, si accorse della presenza di una piccola figura.
“Rey?” Scrutò dalla testa ai piedi il piccolo, anzi, dalla punta delle orecchie fino alla punta delle scarpe quel leoncino che se ne stava in disparte, orecchie basse e spalle contro la parete. “Se vieni da quella direzione, significa che sei stato da Epel. Avete fatto pace?”
Rey per un istante sgranò gli occhi per la sorpresa, chiedendosi come facesse lui a sapere di quanto era successo con Epel, ma poi dovette rendersi conto che era praticamente impossibile tenere nascosto qualcosa a Vil Schoenheit, con tutte le conoscenze e gli informatori che aveva! Per questo si limitò a fare un piccolo cenno positivo col capo.
Vil tremò visibilmente, stringendosi nelle spalle. “Ho bisogno di un bagno caldo. Sono ancora sudato dalla corsa e lo sbalzo di temperatura fra questo dormitorio e i giardini del college è piuttosto sgradevole!” Fece qualche passo per raggiungere la porta della propria stanza e afferrò la maniglia. Prima di aprire, si volse verso il piccolo taciturno. “Vieni?”
Gli occhi di Rey divennero lucidi come quelli di un cucciolo sull’orlo del pianto. “P-posso?”
“Ma certo che puoi! Mentre faccio il bagno approfittiamo per parlare un po’! Non ti nascondo che mi sento in colpa per come ti ho trattato ieri e…” Si umettò le labbra con la punta della lingua, mentre cercava le parole. “Voglio sistemare le cose tra noi quanto prima. Se sei d’accordo…”
Rey ancora era immobile contro la parete! Se non fosse stato per lo sguardo tremante e pieno di lacrime, avrebbe fatto concorrenza ad una statua!
Vil aprì la porta e gli fece un cenno. “Avanti! E’ meglio se togli la divisa del Savanaclaw e indossi quella più calda di Pomefiore, altrimenti ti prenderai un raffreddore!”
Rincuorato da quell’ulteriore conferma, Rey abbandonò ogni timore ed entrò nella stanza.
Fu come rivivere un dèjà vu! Vil nella vasca a farsi un bel bagno caldo e rinvigorente, Rey seduto accanto, sul morbido tappetino a raccontargli di tutto e di più… e pensare che fino a poco prima si stava tormentando al pensiero di aver rovinato tutto, di averlo deluso, di averlo allontanato… Vil si accorse di quell’improvviso cambiamento d’umore e pensò bene di chiederne il motivo.
“Io…temevo non volessi più vedermi…”
“E perché mai?” Vil lo guardò con tanto d’occhi ad un’affermazione così strana!
“Per…per via di Cater…”
“Santo cielo, Rey! Ero solo turbato! Avevo bisogno di riflettere e parlarne con Leon-” S’interruppe da solo, la sua espressione divenne indubbiamente schifata! “Pensandoci, quella è stata più una perdita di tempo che altro…” Si portò una mano alla fronte, sospirando. “Ahhh, spero che dopo il matrimonio si dia una calmata e diventi più maturo. Anche se litighiamo spesso, cerco di dirgli e dimostrargli in tutti i modi che lo amo e che per me esiste solo lui. Ma nonostante questo la sua insensata gelosia resiste. Bestiaccia testarda!”
Rey ridacchiò. “Ah ah! Vedrai che migliorerà! Non smetterà di essere geloso, ma saprà trattenersi!”
“Con una fede al dito, voglio ben sperare!”
Dopo qualche altro scambio di battute e di confidenze, i due lasciarono la stanza da bagno e procedettero entrambi con la vestizione. Rey aveva tenuto addosso la divisa del Savanaclaw fino a quel momento, complice il fatto che con l’acqua calda della vasca tutto attorno si era creato un bel calduccio, ma ora non gli dispiaceva cambiare indumenti. Dopo ciò, come da manuale, si acconciarono i capelli ed infine passarono al trucco. Visto il giorno di festa, Vil aveva deciso che il piccolo poteva farsi un trucco molto leggero, mentre per i capelli…
“Vorrei accarezzarli un po’ prima di farti una nuova treccia.”
Rey sbatté le palpebre. “Accarezzarli?”
Vil andò a sedersi sul bordo del letto, dal lato opposto alle vetrate, e si batté dei colpetti sulle ginocchia in segno d’invito. “Appoggia il capo qui!”
Gli occhi di Rey si illuminarono, fece per balzare contento verso di lui, ma all’improvviso si fermò. “Ehm…io non posso…”
“Perché?”
“Perché…Leona ha detto…”
“Tsk! Leona! Qualunque cosa ti abbia detto quell’idiota non ha importanza. Dentro da un orecchio e fuori dall’altro. Ecco cosa devi fare quando ti parla. Su, ora vieni qui  e lasciati coccolare. E’ un ordine del tuo leader!” Di nuovo batté le mani sulle ginocchia, in tutta convinzione.
*
 
Dal passo pesante con cui camminava e con l’espressione truce che aveva in volto, non era difficile capire che Leona era di cattivo umore. Anche il modo villano di aprire e richiudere la porta vetrata della serra fu un ottimo indizio!
“Vediamo se almeno qui riesco a starmene in pace.” Mormorò tra i denti, mescolando le parole ad un ringhio.
“Giornata storta, Roi du Lèon?”
Nell’udire quella voce all’improvviso, Leona sobbalzò. “Dannazione. Mi hai fatto perdere tre vite, strambo.”
Appoggiato di spalle al tronco di un albero, Rook sfoggiò un sorriso malizioso. “Te ne restano comunque altre quattro!”
Leona lo liquidò con un gesto della mano. “Te la faccio breve, sono venuto qui per dormire. Ho litigato di nuovo con Ruggie e non riesco a rilassarmi al mio dormitorio. Riserva le tue stramberie per qualcun altro.” Fece per oltrepassarlo, ma Rook gli rivolse nuovamente la parola. “Ti danno tutti contro da quando è arrivato quel piccolo ospite, n’est pas?”
Leona lo guardò in tralice. “E tu che ne sai?”
Rook alzò la mano e prese ad ammirarsi le unghie smaltate di fresco. “Sono un acuto osservatore. Anche se…lo capirebbe chiunque che Vil mette al primo posto il ragazzino. Questo significa che tu sei al secondo. Ancora una volta il numero due.”
Leona ebbe un fremito.
Rook, fingendo di non essersi accorto della reazione di Leona a quelle parole, strofinò l’unghia dell’indice sul velluto della tunica e poi vi soffiò sopra come per scacciare un invisibile granello di polvere. “Posso solo immaginare quanto può essere difficile per te, essere trattato così dalla persona che ami e che presto porterai all’altare.”
“Dove vuoi arrivare, eh?” Gli chiese Leona, lanciandogli un’occhiata torva.
“Oh, da nessuna parte!” Il sorriso distorto che si disegnò sulle labbra del cacciatore avrebbe spaventato un bambino. In effetti tutto il volto sembrava una maschera uscita da un film dell’orrore, a causa di quel trucco pesante che aveva sulla faccia e che gli marcava gli occhi. “Penso solo che non sia corretto stare a guardare mentre un ragazzino misterioso, venuto da chissà dove, si fa strada a forza nel cuore del nostro bellissimo Vil!”
Leona si sforzò di non commentare quell’inappropriato ‘nostro’ che aveva udito. Vil non apparteneva ad altri che a lui, il suo fidanzato e futuro marito, ma a quanto sembrava quel concetto non era chiaro a certe persone. Soprattutto a quell’individuo che non si separava mai dal cappello piumato e che sputava complimenti inopportuni senza la minima decenza. Ad ogni modo, Leona era già stanco di ascoltarlo. Lo sapeva da sé che la situazione non era delle migliori. “Senti, come ho detto poco fa, ora vorrei dormire e…”
“Ma certo! Prego! Fai sogni d’oro, mon roi! Vil di certo non si annoierà fin che c’è quel ragazzino! Pensa, era così ansioso di stare con lui che lo ha invitato a tenergli compagnia durante il bagno! E chissà che cosa faranno dopo!” Era palese che la sua allegria fosse fasulla, tanto quanto le sue frasi fossero appositamente provocatorie, peccato che la mente di un innamorato geloso come Leona non lo capisse…
“Ti lascio al tuo sonnellino di bellezza! Au revoir!” Agitò elegantemente la mano in segno di saluto ma, appena fece un passo, Leona lo richiamò. “Aspetta.” Aveva un aspetto tremendo, era come se fosse sul punto di esplodere. “Quello che hai appena detto…è la verità?”
Rook si mise in posa, puntando una mano sul fianco, quindi sollevò l’altro braccio e aprì la mano in direzione dell’uscita della serra. “Credo che dovresti scoprirlo da te!”
Non servirono altre parole. Leona andò a passo spedito fino all’edificio principale e raggiunse la sala degli specchi, dove poi oltrepassò quello che portava al dormitorio Pomefiore. Non sapeva se quella sensazione che gli stava schiacciando il cuore fosse rabbia o paura. Ignorò i saluti e gli sguardi curiosi degli studenti che incrociò per i corridoi, raggiunse la meta così velocemente che quasi credette di aver volato. Di fronte alla stanza di Vil si bloccò. Che cosa avrebbe trovato oltre quella porta? Solo il giorno prima quel ragazzino si era infilato nel letto di Cater, porca miseria! Che intenzioni aveva con Vil? Perché era venuto al Night Raven College? Si rese conto di aver smesso di respirare quando sentì i polmoni bruciare. Lasciò che l’aria attraversasse le vie respiratorie, quell’aria fredda a cui ancora non si era abituato, quell’aria così diversa da quella calda e profumata di natura che respirava al proprio dormitorio. Basta indugiare, era il momento di fare i conti.  Strinse la maniglia con forza, neanche volesse stritolarla nella mano. Aprì la porta. E li vide. Vil e Rey sul letto, in atteggiamenti fin troppo affettuosi. Allora i sospetti di Rook non erano infondati.
La gelosia lo accecò completamente, la rabbia gli fece ribollire il sangue.
“Cosa sta succedendo qui dentro?” Ringhiò con odio.

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Capitolo 13
*** Le mille e una...foto! ***


Capitolo tredici
Le mille e una…foto!
 
Era cresciuto in un ambiente pieno di calore, coccolato da tutti fin dalla nascita. La sua mamma era una modella di enorme successo, creatrice di una linea di cosmetici di cui lei stessa era testimonial e i reali di tutto il mondo l’avevano invitata almeno una volta nei loro salotti per deliziarsi non solo della sua bellezza ma anche del suo intelletto. Il suo papà era rispettato e benvoluto, un uomo che aveva avuto la fortuna di capire in tempo che non serviva essere re per avere il potere di fare del bene, e che da quel momento si era adoperato per far fiorire il quartiere più povero del regno, per ridare una vita dignitosa ai suoi abitanti. Questi erano i suoi genitori. Nell’intimità di casa erano una coppia affiatata, anche se i battibecchi e i bisticci erano cosa quotidiana e risaputa da tutti, ma nonostante questo il loro amore era immenso e il loro legame indistruttibile. Mai una volta era successo che litigassero con furore, mai una volta aveva visto la mamma dare uno schiaffo al papà, come non aveva mia visto il papà guardare la mamma con uno sguardo carico di odio. Certo era stato avvertito, era stato preparato al cambiamento. Prima di partire in quel viaggio nel tempo i suoi amati genitori lo avevano avvisato di quello a cui stava andando incontro, ma MAI si sarebbe aspettato uno scenario così doloroso. Le due persone  a cui era stato affidato erano quasi degli sconosciuti, degli egoisti, dei prepotenti che non avevano nulla a che fare con la mamma e il papà che conosceva. Era stato mandato lì per sistemare le cose ma…stava andando tutto a rotoli. Cosa poteva fare? Doveva chiedere aiuto allo zio Ruggie? No…quel compito era stato affidato a lui e lui soltanto. Doveva intervenire anche se faceva male. TANTO MALE.
“Per favore…sniff…non litigate a causa mia!” Chinò il capo, emettendo un sonoro colpo di singhiozzo, quindi lo rialzò e li guardò entrambi. “Vi dirò chi sono davvero…sniff, ma vi prego, smettetela! Avevo promesso di non dire niente ma…hic…non voglio vedervi così!”
A questo punto era la soluzione migliore.
Vil scosse il capo. “No, Rey. Non devi tradire il segreto per colpa nostra. I tuoi genitori hanno dato istruzioni precise al Preside stesso.”
“Invece io voglio saperlo.” Leona si fece avanti con aria di sfida e un ghigno perfido sulle labbra. “Dai, sentiamo! Chi diamine sei e perché sei venuto qui a rovinarci la vita?”
Subito Vil gli inveì contro. “Ricominci? Uno schiaffo non ti è bastato, stupida bestia!”
“BASTA!!!” Il grido di Rey riempì la stanza, mentre le lacrime continuano a scendere dai suoi occhi senza sosta. “Sniff… Non mi importa di infrangere la promessa. Non posso vedervi così. Sniff sniff…” Si passò una manica sotto al naso, senza farsi problemi a sporcarla di moccio. “Siete cattivi e siete egoisti. Ma io non posso fare a meno di volervi bene perché…perché…” Li guardò attraverso le lacrime e disse con decisione: “VOI SIETE LA MIA MAMMA E IL MIO PAPA’!”
Seguì un lungo momento di silenzio che poi fu infranto da un mezzo sbuffo di Vil. “Rey, apprezzo il tentativo per farci smettere di litigare, ma davver-” Fu prontamente interrotto. “Ma è la verità!”
“Ascolta…se è ancora per la storia del cucciolo, io…” Rey insistette con più fervore. “Sono io il tuo cucciolo! Hai bevuto una pozione e dopo nove mesi sono nato io! Devi credermi!!!”
Vil lasciò un sospiro. “Rey, per favore…”
Al contrario di lui, Leona si mise a ridacchiare. “Questa non l’avevo ancora sentita! Uh uh! Ne ha di fantasia il leoncino! Mi ha perfino fatto passare la rabbia, con le sue idiozie!”
Rey cominciava davvero a spazientirsi. Altro che piangere, ancora un po’ e li avrebbe presi per i capelli tutti e due! Indispettito, strinse i pugni e batté capricciosamente un piede a terra. “Allora ve lo dimostrerò!” Raggiunse il comodino dove aveva lasciato il telefono e mentre tornava indietro tuonò verso i due: “SEDETEVI!”
Quando voleva era capace di tirare fuori un bel caratterino eh! Ad ogni modo, Vil e Leona si scambiarono un’occhiata sorpresa, decisero di assecondarlo e presero posto sul bordo del letto. Ormai erano curiosi di vedere dove sarebbe andato a parare!
Rey si piantò di fronte a loro e cominciò a tamburellare le dita sullo schermo, indaffarato. “Quando mi avete regalato questo telefono per i miei tredici anni, all’interno avevate già creato una cartella contenente delle foto che ricostruivano i nostri momenti più belli, come a creare un album di ricordi. Poi io ne ho inserite altre e lo tengo aggiornato.” Smise di parlare, lo sguardo concentrato sullo schermo alla ricerca di qualcosa. Un ultimo colpetto col dito. “Ecco, iniziamo da questa. Siete voi il giorno del diploma.” Porse il telefono a Vil. Sia lui che Leona puntarono gli sguardi sulla foto e… “Pffff!!!!!!”
Nel vedere quella reazione, Rey sentì i nervi saltargli come delle molle! “Che cosa c’è da ridere?”
La foto ritraeva loro due nella sala degli specchi, con addosso gli abiti da cerimonia del college, erano sorridenti, tenevano tra le mani le pergamene arrotolate del diploma, Leona abbracciava il proprio innamorato da dietro e…da sotto l’abito di Vil emergeva un ventre parecchio tondeggiante.
Leona abbozzò uno scherzo. “Sembra che abbia ingoiato un’anguria intera!”
Lo stesso Vil dovette faticare per non scoppiare a ridere! “Va bene, Rey! Lo scherzo è riuscito! Ora puoi mettere via il telefono!”
“Non è uno scherzo! Il tuo ventre era così gonfio perché eri incinto! Io sono nato alcune settimane dopo, in piena estate!” Niente di fatto, non gli credevano nemmeno un po’. “Uff! Se questa non funziona, allora proviamo con un’altra.” Col ditino fece scorrere delle immagini in velocità e si fermò su quella che voleva. “Guardate questa.”
La nuova foto ritraeva ancora loro due, ma questa volta all’interno di una stanza dall’aspetto molto formale e con un terzo soggetto.
“E’ la foto ufficiale della mia nascita. E’ stata pubblicata su tutti i giornali e trasmessa alla tv.”
In effetti mostrava un letto dal materasso rialzato su sui era Vil con addosso una vaporosa vestaglia ricamata con motivi autunnali, i capelli raccolti in un semplice chignon, e il viso privo di trucco che mostrava segni di stanchezza ma anche di grande gioia, probabilmente per il fagottino che teneva amorevolmente tra le braccia, un leoncino dalle orecchiette minuscole e gli occhi chiusi, avvolto in una copertina azzurra. Accanto a loro, seduto sul bordo, c’era un Leona ben vestito con un completo e i capelli legati in una coda, che mostrava uno sguardo brillante e fiero mentre cingeva le spalle di Vil.
“Un fotomontaggio ben fatto, devo ammetterlo! Peccato solo per la contraddizione. Hai appena detto che sei nato in piena estate, ma qua io vedo Vil con una vestaglia pesante!”
“E’ perché sono nato a Pyroxenes!” Sbottò Rey, quindi si rivolse a Vil. “Hai voluto partorire nell’ospedale migliore del Paese, coi migliori Dottori! Per essere sicuro di non avere le doglie mentre eri nella Savanna, verso la fine della gestazione sei tornato a casa di nonno Eric!”
Leona continuava a ridersela, però Vil aveva già riacquistato serietà scrutando attentamente quella foto. “In effetti, questo è l’ospedale della mia città… Una volta sono stato nel reparto di pediatria in occasione della nascita del figlio della mia manager e le stanze erano proprio così.”
“Vil, non ti farai fregare con così poco?!”
Sbottò Leona, accanto a lui, ma Vil non gli badò e col dito fece scorrere un’altra immagine sullo schermo. Si vide con in mano un biberon, intento ad allattare il piccolino che aveva in braccio. Quel visetto paffuto, quello sguardo un po’ furbetto, quelle manine piccolissime protese in alto nel tentativo di raggiungere una ciocca di capelli della mamma che era sfuggita all’acconciatura improvvisata e maldestra… E gli occhi colmi di tenerezza che aveva lui nell’osservare la propria creatura… Una sensazione di tenerezza lo assalì, per quanto fosse assurdo ciò che stava guardando. Premette il tasto per uscire ed ecco che sullo schermo comparvero le icone delle foto. Con lo sguardo cominciò a passarle velocemente, cogliendo giusto qualche dettaglio qua e là. Man mano che le immagini scorrevano verso il basso, come gocce di pioggia che precipitano verso il terreno, le emozioni in lui si intensificavano. Foto dopo foto vedeva Rey crescere, i primi passi, i primi dentini, i sorrisi, i giochi, esattamente come vedeva che i propri capelli si allungavano man mano che Rey cresceva, mentre quelli di Leona si accorciavano. Senza contare che in alcune foto aveva riconosciuto un Ruggie più adulto, un Jack più serio che mai, un Epel cresciuto e bellissimo con una folta chioma di capelli mossi e ben curati che quasi glieli invidierebbe, un Neige che sprizzava dolcezza e femminilità con un nastro rosso fra i capelli, e ancora suo padre Eric che invecchiava, i genitori e i parenti di Leona…quell’album racchiudeva una vita che dovevano ancora vivere. Prima Leona aveva menzionato il fotomontaggio, ma se si fosse trattato di un scherzo o quant’altro, chi mai si sarebbe preso la briga di fare un lavoro simile? Anche con l’uso della magia ci sarebbero voluti mesi e mesi per elaborare tutti quei dettagli. Era troppo reale… All’improvviso le icone sullo schermo si bloccarono, avendo raggiunto la fine dell’album. Vil si rese conto di faticare a respirare, il cuore gli batteva veloce come le ali di un colibrì e un leggero brivido lo invadeva in tutto il corpo. Si portò una mano al petto, abbassò il capo. “Hai…hai nominato una pozione, poco fa?”
Rey, che per tutto il tempo era rimasto fermo a guardarlo con occhioni preoccupati e le labbra socchiuse, ebbe un piccolo fremito nel riprendersi per dargli una risposta. Le sue orecchie si abbassarono, iniziò  a stropicciarsi le mani. “Ehm…sì, l’ho fatto.”
“Puoi parlarmene?”
“Mh. Mi hai raccontato poco al riguardo. Dopo il matrimonio, con l’inizio del nuovo anno scolastico, sei tornato qui al college e hai cominciato a frequentare assiduamente la biblioteca. Hai studiato numerosi volumi di incantesimi, soprattutto quelli appartenuti alla Regina Cattiva e hai chiesto al professor Crewel di farti un corso avanzato di erboristeria e farmacologia. E…dopo un paio di mesi hai creato il filtro per concepire.”
“E questo ci riporta alla foto del diploma, dove esibisco un ventre bello gonfio!” Anche se l’aveva detto con un accenno di divertimento, la voce gli era uscita bassa e zoppicante. “Ora le cose si fanno chiare… Tutto quello che mi hai detto su tua madre, tutto ciò che lei ti ha insegnato…tutto…tutto…” Rialzò lo sguardo su di lui, gli occhi lucidi per la commozione. Gli cinse il viso con le mani, in un gesto delicato. “Rey…il mio bambino!”
Gli occhi di Rey si riempirono di calde lacrime, il labbro gli tremò nel pronunciare quella parola che avrebbe voluto dire fin dal primo momento: “Mamma!”
Mentre piangeva, Vil gli baciò la fronte. “Finalmente riesco a dare un nome  a ciò che provo! Quel…quell’istinto naturale di prendermi cura di te, quel bisogno di proteggerti… Era-” La voce gli si spezzò in gola, costringendolo a deglutire e riprendere respiro. “Era questo!”
Una scena incredibile agli occhi di Leona. La testa gli stava dicendo che quei due erano impazziti, che si trattava di una manipolazione, di lavaggio del cervello, di chissà quale diavoleria ma…il cuore che gli stringeva nel petto era più forte di ogni pensiero. Prese il telefono che era scivolato sul letto quando Vil si era sporto verso Rey, allo stesso modo di lui prese a scorrere le icone delle immagini, però andando verso l’alto. Che quel leoncino fosse Rey era innegabile, solo gli veniva spontaneo chiedersi se quell’uomo coi capelli raccolti in un codino e un accenno di barba sul viso che gli dava un’aria più matura fosse davvero lui. E poi quel ragazzo adolescente coi capelli rossi e dal sorriso che avrebbe illuminato la notte più scura, era il suo nipotino Cheka? Certo era che si stava divertendo parecchio a fare il girotondo tenendo le mani del cuginetto più piccolo e che a sua volta splendeva di felicità! E quel tizio coi capelli biondi pettinati a puntino e un completo blu addosso poteva essere Ruggie? E chi era quel bimbo-iena che teneva in braccio? Più di tutto, lo attirava il gesto affettuoso con cui accarezzava i capelli di Rey che gli si era incollato alla gamba! Tu-tum… Il respiro gli mancò per un istante.
“Un giorno ti pentirai amaramente di quello che hai detto a quel povero cucciolo innocente. Quando capirai ti sentirai morire e farai di tutto per avere il suo perdono.”
Quelle parole gli tornarono alla mente come l’eco di un temporale in lontananza. Non era possibile… Ruggie lo aveva avvertito… Lo aveva avvertito e invece lui… Dannazione.
Il mugolio che emise mentre rievocava quel ricordo, attirò l’attenzione dei due accanto. Rey aveva il visetto arrossato dalle lacrime e anche dal tentativo della mamma di asciugargliele con la manica della tunica.
Vil notò lo sguardo turbato del proprio fidanzato e gli si rivolse con serietà. “Leona… Gli credi adesso? O queste prove non ti sono bastate?”
Leona strinse i pugni.
Rey allungò la mano e la posò sulla sua. “Farò qualunque cosa per convincerti.”
“Io…ti ho detto delle cose orribili. E ti ho trattato come un insetto fastidioso.”
“Non è colpa tua! Non sapevi chi ero… Non preoccuparti, papà.”
Quell’ultima parola gli provocò una scossa nel cervello. Era stato così cieco…così CIECO… In uno scatto repentino afferrò quella piccola mano e tirò a sé Rey, lo cinse con un braccio, quasi con possessione, mentre l’altra mano gli teneva inclinata la testa in avanti per permettergli di leccargli il contorno di un orecchio nel modo tipico dei felini. Tra una leccata e l’altra, sempre più frenetico, Leona bisbigliava: “Perdonami… Perdonami…” Allora Rey gli portò le braccia al collo, come a volerlo tranquillizzare. “Va tutto bene, papà. Ti ho già perdonato.”
Leona s’interruppe e lo guardò negli occhi. “Non so se io potrò mai perdonare me stesso.”
Rey accennò un sorriso e gli diede una leccatina sulla guancia. “Lo farai quando diventerai il miglior papà del mondo!”
“Scusatemi, non vorrei interrompere questo momento ma…” Vil attese che gli prestassero attenzione,  non appena Rey riabbassò le braccia lui gli riprese una mano, mentre Leona si appropriò giustamente dell’altra. “Rey, devi darci delle spiegazioni. Come è stato possibile per te venire qui nel passato?”
Rey si diede alcuni istanti per riorganizzare le idee, quindi fece un cenno col capo e cominciò a spiegare come meglio poteva. “E’ stato abbastanza semplice, in verità. Papà ha chiesto aiuto al saggio anziano del regno. Unendo le conoscenze di entrambi sulla magia antica sono stati in grado di creare un vortice spazio temporale collegato allo Specchio magico di questo college.”
“Un saggio anziano?”
“Sì. E’ un signore vecchissimo, magrolino, con una lunga barba bianca e le sembianze di un mandrillo.”
“Quel vecchio rimbambito???” Saltò fuori Leona, alzando la voce.
Vil subito gli chiese. “Lo conosci?”
“Non proprio. Mio padre ha affidato a lui il compito di presentare mio fratello al popolo dalla rupe dei re, alla sua nascita. E poi mio fratello ha fatto lo stesso per la nascita di Cheka. Girano molte voci strane su di lui, ad esempio che abbia centinai di anni e che pratichi la magia più antica del mondo.” A quel punto fece una smorfia crucciata. “Be’, almeno questo deve essere vero se è riuscito a mandare mio figlio nel passato.”
Vil fece un cenno col capo e tornò a rivolgersi a Rey. “Fino a qui ho capito, ma perché ti abbiamo mandato indietro? E’ successo qualcosa di grave?”
Di nuovo Rey ci pensò su, prima di rispondere. “Mmh… Non siete stati molto chiari su questo. O forse non sapevate come spiegarmelo. Avete detto che la mia esistenza era in pericolo e che era necessario farmi venire in questo tempo per aiutarvi a rafforzare il vostro legame e farvi venire voglia di diventare genitori.”
Vil si sfiorò il mento con fare pensieroso. “E’ un po’ vaga come spiegazione…”
“Io non direi!” Leona attese che Vil lo guardasse, quindi proseguì. “Pensaci, Vil. Da ciò che ha detto si tratta di una specie di loop.”
“Un loop?”
“Sì. In altre parole, i noi del futuro hanno mandato Rey nel passato per aiutarci, allo stesso modo quando noi saremo adulti manderemo nostro figlio nel passato dai giovani noi e così via.”
“Mi gira la testa solo a pensarci!” Disse Vil, scuotendo leggermente il capo.
“La sfortuna è che sarebbe impossibile stabilire come ha avuto inizio.”
“Che vuoi dire?”
“Se non avessi incontrato Rey, avresti creato una pozione per concepire?”
Vil strabuzzò gli occhi, sentendosi colto alla sprovvista da quella domanda. “I-io? Be’… In verità… L’idea non mi aveva mai sfiorato. Insomma… Siamo entrambi maschi, i miei progetti per il futuro erano solo di sposarti e vivere con te per il resto della vita. Non avevo preso in considerazione l’opzione di fare un figlio.”
“Invece adesso lo desideri con tutto te stesso, vero?”
A quella domanda era molto più facile rispondere. Strinse più forte la mano di Rey, sorridendogli. “Sì. Assolutamente sì. E mi impegnerò con tutte le mie forze perché ciò avvenga.”
Questa volta fu Leona ad interrompere il momento speciale tra loro, esponendo una interessante domanda. “Toglimi una curiosità, Rey. Quando sei stato affidato a noi, il Preside conosceva la tua identità. Ma vista la situazione, come hai fatto a convincerlo che venivi dal futuro?”
“Eh eh!” La lingua rosea fece capolino fra le labbra, sbarazzina, prima che lui riprendesse a parlare. “Prima del viaggio nel tempo mi avete affidato una lettera per lui, con spiegato tutto. Però per convincerlo avete aggiunto una parte in cui lo avvertite che, se non mi avesse aiutato, avreste rese pubbliche delle foto compromettenti riguardanti lui e il professor Crewel quando era ancora uno studente.”
Leona si rivolse a Vil. “Foto compromettenti? Di che sta parlando?”
“Parola mia, non ne ho idea. Però, sapendo che prossimamente trascorrerò più tempo con Crewel, riuscirò a scoprirlo senz’altro!” Terminò la frase sfoggiando un sorriso malizioso e sicuro di chi non si fa scrupoli ad ottenere ciò che vuole!
“Quindi…ehm…” Rey fece per parlare, ma si fermò subito, abbassando le orecchie. “Adesso…posso dormire con la mamma?” Lo sguardo timoroso si orientò verso Leona.
Lui scoppiò a ridere. “Ah ah! E me lo chiedi?”  Con la mano libera avvolse le spalle di Vil, creando così un triangolo unito. “Comunque questa sera dormiamo tutti e tre insieme su questo grande letto! Che ne dite?”
I loro sguardi complici accompagnarono la risposta.
“Ah… Ora che sapete di me… Mi promettete di non bandire Cater dal regno?”
Pessimo momento per tirare fuori quel nome!!! Rey non si rese conto del vespaio che stava andando a stuzzicare!!!
Vil si rabbuiò all’istante. “Perché nomini quella disgrazia vivente proprio adesso? Maledizione, se avessi saputo in quel momento che eri mio figlio invece di limitarmi a minacciarlo lo avrei…” Non terminò al frase, in compenso sollevò il pugno e lo strinse con forza, lasciando intendere che se all’interno vi fosse stato Cater lo avrebbe ridotto in briciole! A ben dire…
“Mamma, per favore!” Lo pregò Rey, rischiando di irritarlo ancora di più.
Fu allora che Leona si alzò in piedi, circondato da un’aura oscura che avrebbe fatto tremare la pietra. “Mi è venuto in mente che devo fare una cosa di estrema importanza.”
“Leona, non puoi aspettare almeno un po’? Prima vorrei sentire di più al riguardo di questa messa al bando.” Lo richiamò Vil.
“No. E’ davvero importante che io lo faccia subito.” Il suo sguardo fremeva quando incontrò gli occhi di Vil. “Fidati di me.”
Vil capì al volo e non protestò, anzi accennò un sorriso perfido degno del rappresentante della Regina Cattiva!
*
 
Quando Leona era entrato nel dormitorio Heartslabyul, con quell’aria imponente e assassina, i pochi che lo avevano incrociato avevano pensato bene di scansarsi dal suo tragitto, pregando di non essere notati. Non per niente la reputazione di Leona lo rendeva la persona più temuta dell’intero college! Aveva fatto morire di paura un primino, chiedendogli dove si trovasse Cater e questo, bianco come un cencio, dopo aver balbettato una risposta e indicato la direzione col dito tremante, si era sciolto come burro in una padella calda.
Cater, vedendosi entrare in camera quella furia, tentò un approccio simpatico con un “Ehilà!” e il sorriso sulle labbra. Ma a nulla servì. Vide il braccio di Leona caricare, sentì un dolore lancinante allo zigomo sinistro e si ritrovò in ginocchio prima di rendersi conto di cosa era accaduto. Subito Leona lo riafferrò per sollevarlo e, appena Cater fu in piedi, ecco che partì un secondo pugno, questa volta allo stomaco. Cater si piegò in due, la saliva gli schizzò via dalla bocca e finì sul pavimento. Il respiro gli si bloccò completamente. Neanche il tempo di rimettersi dritto che un sinistro gli si abbatté sull’altro zigomo, stordendolo completamente. Ormai non capiva cosa gli facesse più male. Lo sguardo annacquato, quando incontrò gli occhi verdi di Leona si rese conto che lui l’aveva sollevato nuovamente e realizzò che stava per accadere qualcosa. Un istante e si ritrovò scaraventato contro la parete, la schiena sbatté con forza e gli parve di sentire uno scricchiolio provenire dalle ossa, ma il dolore del colpo non gli rese possibile capire se si era rotto qualcosa. Tossì, altra saliva mista a sangue gli uscì dalla bocca. Sentì una mano robusta afferrarlo per i capelli. No, non di nuovo… In un moto di disperazione, la voce gli tornò. “Si può sapere cosa ti ho fatto?”
Uno strattone lo obbligò a sollevare la testa, ma a causa delle lacrime che gli riempivano gli occhi, gli ci volle un po’ per mettere a fuoco il viso di Leona. Era vicinissimo, sentiva il calore e l’odore del suo fiato.
“Gh… Se…anf…se è per la canzone….era solo uno scherzo! Dannazione!”
“La canzone?” Leona fece un ghigno. “Allora sei tu l’autore, razza di microbo! Però no, non sono qui per questo.” Il suo sguardo tornò minaccioso, il ghigno sparì. “Te lo dirò una volta sola, lurido facocero. Non azzardarti mai più a toccare Rey. Tieni le tue sudice mani lontane da lui, o giuro sui miei antenati che ti strappo le budella a morsi e te le faccio ingoiare.”
Con uno così indemoniato c’era poco da scherzare. Non che Cater ne avesse voglia, comunque, col trattamento che stava subendo.
“I-io non ho fatto niente! Te lo giuro!” Stava tremando come una foglia e la voce era piagnucolosa. “Ci siamo solo baciati e strusciati un po’! Non volevo andare fino in fondo!”
Leona tuonò. “Schifoso pedofilo, se lo ripeti ti uccido! Grrrrh! Allora? Hai capito o devo spiegartelo con le cattive?”
Ah quindi quelle erano le buone?
Col fiato corto per la paura e le lacrime che ormai gli solcavano il viso, Cater si affrettò a rispondere. “Ho capito ho capito ho capito. Per favore, lasciami…” Lo pregò, senza dignità.
Leona lo accontentò, però per sentirsi soddisfatto gli diede giusto un ultimo colpo, un calcio ben assestato fra le gambe, che fece gridare Cater, e solo allora se ne andò facendo sbattere la porta alle proprie spalle.
Finalmente Cater rimase solo. Raggomitolato a terra come un bruco, con le mani strette all’inguine, il sangue e la saliva che continuavano ad uscirgli dalla bocca, gli zigomi doloranti e forse una costola rotta, l’unica cosa a cui riuscì a pensare era il viso sorridente di Rey. E poi perse i sensi.

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Capitolo 14
*** Un nuovo raggio di sole ***


Non immaginate quanto ho pianto scrivendo questo capitolo...

 
Capitolo quattordici
Un nuovo raggio di sole
 
La stanza dell’infermeria era così silenziosa che il ticchettio dell’orologio da parete rimbombava come le campane di una chiesa, ma Cater era così assorto nei propri pensieri da non farci nemmeno caso. Lo sguardo basso e vuoto, le mani giunte in grembo, i capelli sciolti e un po’ spettinati che gli ricadevano sul viso coprendo in parte i quadrati di garza fissati col nastro adesivo. A guardarlo sembrava un vecchio burattino malconcio e in disuso. Per questo Trey, ad un certo punto, provando un pizzico di pietà per lui, abbozzò una domanda giusto per ridestare l’amico dalla sua condizione.
“Vuoi parlarmene?”
Lo sguardo di Cater finalmente tornò limpido e si sollevò su di lui. “Non saprei cosa dire.”
“Quando ti sarai ripreso vorrei accompagnarti dal Preside.”
“Perché dovrei andarci?”
Trey strabuzzò gli occhi da sotto gli occhiali. “Hai visto come sei ridotto? Non mi sembra una cosa su cui sorvolare! E anche se non te la senti di fare il nome di Kingscholar, ci sono numerosi testimoni che possono confermare di averlo visto entrare nel nostro dormitorio.”
Cater fece spallucce. “Se io sono il primo a non voler denunciare l’aggressione, non vedo perché dovrebbero farlo loro.”
“…stai scherzando, vero?” Vedendo che Cater aveva già riabbassato lo guardo per tornare allo stato di desolazione precedente, Trey dovette allungarsi su di lui e scuoterlo leggermente ad una spalla. “Cater, cosa ti succede? Non so perché ti abbia ridotto così, ma tacere non è giusto. Né per te stesso né per me.” Lo scosse di nuovo. “Hai idea di come mi sono sentito? Ero passato alla tua stanza per chiederti cosa volessi mangiare per pranzo e ti ho trovato rannicchiato a terra privo di sensi a causa delle percosse subite e con una pozza di sangue sotto la bocca aperta! Ho creduto che mi si fermasse il cuore per lo spavento.”
Alcuni istanti di silenzio, poi Cater rispose. “…mi dispiace…”
Trey ritirò la mano. “Pff! Ti dispiace, eh? Almeno si può sapere che è successo tra voi?”
“Io…” Le sensazioni di quel momento riaffiorarono, si ritrovò a stringere un lembo di lenzuolo mentre il dolore dei colpi tornava a farsi sentire. “Me lo sono meritato, Trey. Davvero.”
Trey sbuffò, ormai non sapeva cos’altro fare per convincerlo. Un rumore fuori dalla stanza attirò la sua attenzione, si alzò dalla sedia e corse fino all’ingresso. Una parola di ringraziamento ed ecco che rientrò spingendo un carrello che poi posizionò accanto al letto. Prese il vassoio e lo sistemò con attenzione sulle gambe di Cater. “Mangia qualcosa, così ti rimetterai in forze.” Tolse i piccoli coperchi di plastica che coprivano un piatto e due ciotole. Il primo conteneva una generosa porzione di maccheroni al formaggio ancora fumanti, mentre nelle ciotole erano dei pomodori conditi tagliati a fettine e una pagnotta di pane morbido. “Non sarà il massimo, ma per ora è meglio un pasto leggero.”
Cater prese la forchetta e infilzò un maccherone, ma invece di portarselo alla bocca si mise a giocherellare col filo di formaggio.
Trey sospirò. “Accidenti a te… Considerati fortunato a non avere niente di rotto! Con qualche cura magica tornerai come nuovo in un paio di giorni!”
Cater smise di giocare. Abbassò di nuovo la forchetta ed infizlò altri due maccheroni. E li mangiò. Dopo aver deglutito, si voltò verso Trey, accennando un sorriso. “Grazie, Trey! Sei gentile a prenderti cura di me!”
“E’ naturale! Siamo amici, no?”
Rimase con lui per tutta la durata di quel semplice pasto, scambiando giusto qualche parola ma senza riuscire a tirargli fuori nulla che potesse fargli capire in che diamine di situazione fosse andato a cacciarsi. Poi ammucchiò le stoviglie. “Bene, porto alle cucine queste cose e torno.”
“Non è necessario. E’ domenica, non voglio che tu rimanga chiuso qui con me tutto il tempo!”
“Ma…”
“E poi, scommetto che Riddle si starà chiedendo che fine hai fatto! Il nostro leader ha bisogno di te!” Gli fece l’occhiolino, sfoggiando un sorriso malizioso, cosa che causò a Trey un evidente imbarazzo!
“…sì, forse hai ragione… Però, sicuro che posso lasciarti da solo?”
“Sì! Cerco di dormire e magari ci sentiamo più tardi, ok?”
Trey lo scrutò dubbioso ancora un po’, ma alla fine cedette. “Ahhh, parola mia, fra te e Riddle non so chi mi dia più problemi quest’anno!”
Non appena lui fu uscito dalla stanza, Cater smise all’istante di sorridere e sbuffò, lasciandosi ricadere all’indietro sui cuscini. Che situazione del cavolo… Allungò il braccio sul comodino accanto e, tastando a caso, recuperò il caro smartphone. Non aveva voglia di dormire, però magari poteva rilassarsi navigando su Magicam e vedere i nuovi post di tendenza. Oppure no… Dal giorno prima aveva un pensiero fisso che metteva in secondo piano qualunque altra cosa. Col dito entrò nella cartella delle foto. Eccolo lì il colpevole di tutto. Quel visetto dolce, quegli occhioni brillanti, quelle orecchiette simpatiche… Da quando si erano incrociati in quel dannato corridoio, quel ragazzino gli aveva stravolto l’esistenza in tutti i modi possibili! Eppure… Si premette una mano al petto, per un istante gli mancò il respiro.
“Ho voglia di vederlo.” Sussurrò, quasi fosse una preghiera. “Chissà se…” Cercò il suo numero in rubrica e digitò il messaggio: [Scusami se ti scrivo. Dopo quello che ti ho fatto avresti ragione a cancellarmi dalla tua vita ma…vorrei sapere come stai.]
I secondi di attesa parvero durare delle ore. La sua mano si muoveva agitata. E poi…lo smartphone vibrò nella sua mano. Non era un messaggio, Rey lo stava chiamando! Cater prese respiro e rispose.
“Pronto?”
“Cater, sono io… Ehm…io sto bene…” La voce era incerta e bassa.
“Rey… Mi dispiace davvero per ieri. Sono stato un-”
“Sei stato fantastico… Io non sono pentito… E…tu?”
Una cosa inaspettata. Cater si sentì improvvisamente più leggero. “Nemmeno io… So che ci siamo appena conosciuti ma…. Rey, devi credermi, io provo qualcosa per te.”
“Anche io. Mi piaci. Vorrei dirtelo tutto il giorno ogni giorno!”
“Immagino che sarai sotto stretta sorveglianza o…ho una speranza di poterti rivedere?”
Dall’altro capo ci fu un lungo silenzio. “Io…non lo so… Mam-ehm, Vil e Leona sono ancora molto arrabbiati con te… Adesso siamo alla serra a fare un pic-nic. Cioè, io mi sono allontanato per telefonarti, ho usato la scusa di andare in bagno. Volevo…sentire la tua voce…”
Cater aveva voglia di sciogliersi! Quel ragazzino era un vero amore! “Anch’io, piccolo! Peccato che ora dobbiamo stare attenti… Uff…”
“Ora devo andare, non vorrei che si insospettissero… Ti…ti scriverò o ti chiamerò quando mi sarà possibile… Ciao Cater…”
“Ciao…Rey…” Un bip indicò che la chiamata era terminata, la sua mano ricadde a peso morto. Cater lasciò un lungo sospiro. “Perché accidenti mi sento così…”
Era un gran casino. E solo perché quel ragazzino assomigliava a Vil! No…forse era inziata così, ma adesso era diverso… Si sentiva un idiota per ciò che provava, sapeva che era sbagliato come sapeva che continuare così poteva portarlo dritto alla prigione….o alla tomba! Ma non poteva farci niente.
Si mise le mani nei capelli e si lamentò. “Così non va bene!!! Per tutti i fenicotteri!!!” Fino a quando un’idea lo stuzzicò… “Alla serra eh?”
*
 
Temperatura perfetta, paesaggio perfetto, atmosfera perfetta e…famiglia perfetta! Circondati da splendidi esemplari di piante e fiori, seduti sull’erba morbida e fresca, Vil, Leona e il piccolo Rey si stavano godendo la giornata in totale serenità, insieme come la famiglia che avevano appena scoperto di essere, impegnati in un piacevole pic-nic. Cibi semplici come riso bianco con le verdurine, bocconcini di pollo arricchiti con formaggio, fette di pane imburrate e del tè freddo alla pesca per addolcire il palato, il tutto consumato sopra una simpatica tovaglia a quadrati viola che avevano recuperato dalle cucine del Pomefiore. Nel vedere un quadretto così bello, gli occhi di Cater si riempirono di tenerezza, soprattutto per via del lieve sorriso che dipingeva gentile le labbra di Vil in un modo che non gli aveva mai visto prima. Va bene che ora si era reso conto di non essere più ossessionato da lui, però non è che poteva dimenticarlo con uno schiocco di dita! E Leona…era quasi incredibile pensare che quello sguardo fiero e vivace appartenesse alla stessa persona che qualche ora prima lo aveva massacrato di botte. Accidenti, quei due avevano seriamente bisogno di una terapia! Niente a che vedere con quello splendido fiore in boccio a cui le loro attenzioni erano completamente dedicate. Era la prima volta che vedeva Rey con addosso la divisa del Savanaclaw, con quei pantaloncini che gli lasciavano le belle gambe scoperte e i capelli raccolti in un semplice codino alla nuca. In quel momento stava giocando con una farfalla bianca che gli svolazzava attorno, era in posizione d’attacco, giù a quattro zampe, il sederino rivolto verso l’alto con la coda che si muoveva come a disegnare delle figure nell’aria. Quel ragazzino era tanto dolce quanto provocante… Glom! Ad un tratto Leona si allungò verso di lui e gli afferrò la coda con fare giocoso. “Ehi ehi! Non sei un po’ troppo grande per giocare ad acchiappafarfalla?”
“Non la voglio acchiappare!” Protestò Rey. Di fatto, con una mano si divertiva a stuzzicare la farfalla, senza però colpirla e nemmeno sfiorarla.
“Ah ah! Va bene! Però adesso vieni qui a farti coccolare!”
Leona fece appena in tempo a finire la frase che il piccolo abbandonò il gioco e con un balzo fu addosso a lui. Si accomodò fra le sue gambe, tutto sorridente, e lasciò che Leona lo avvolgesse in un abbraccio da dietro.
“Chi ti ha dato il permesso di monopolizzare nostro figlio?” Lo rimproverò Vil, senza però smettere di sorridere.
“Ahhh…ho tanto da farmi perdonare…” E detto questo prese a leccare una delle orecchiette di Rey, affettuoso e quasi buffo per l’impegno che ci metteva!
Cater, che si era saggiamente nascosto dietro il tronco di un albero e che se ne stava chino per osservare la scena senza il rischio di farsi beccare, sorrise per quel comportamento e per l’appellativo con cui Vil aveva chiamato Rey. Sapeva che era stato affidato a loro, ma non si aspettava che avessero preso il ruolo con tanta serietà. Non voleva perdersi un istante di quello che stava succedendo.
“Mamma, vuoi che ti racconti qualcosa di più sul futuro dello zio Epel e la zia Neige?” Saltò fuori Rey, con uno sguardo così brillante da far intendere che era lui il primo a volerne assolutamente parlare!!!
Al contrario, Vil roteò gli occhi e sospirò. Dalla posa in cui si era messo, sommato al trucco e alla corona che aveva sul capo, avrebbe potuto fare concorrenza a Cleopatra! Sia per vanità che per bellezza, s’intende. “Mi hai già detto più di quanto avrei voluto sapere, in verità. So di essere in parte responsabile, dato che sono stato io a dare i contatti di Neige ad Epel, ma sapere che il mio peggior rivale farà parte della mia vita quotidiana è qualcosa a cui mi serviranno anni per abituarmici.”
Rey ridacchiò. “Non sarà così difficile! La zia Neige ha sempre desiderato diventare la tua migliore amica! Anche tu presto ti renderai conto che è una persona dolcissima e vorrai averla accanto!”
Gli occhi di Vil ruotarono di nuovo mentre masticava un commento a bassa voce. “Povero me…”
Il piccolo poi si rivolse a Leona. “Papà, ho le orecchie tutte bagnate! Ah ah basta! Sembra che tu mi stia facendo il bagno!”
“Non maltrattare così il tuo vecchio!”
“Ma non sei vecchio!!!”
Vederli ridere e scherzare con tanta complicità era una gioia per gli occhi.
“Ora vieni qui dalla mamma?” Quella di Vil voleva essere una semplice domanda, ma i suoi occhi imploranti non lasciavano spazio ad altre risposte che non fossero un sì!
Leona diede una leccatina alla guancia di Rey e lo sciolse dall’abbraccio, permettendogli così di gattonare fino a Vil e lasciare che fosse lui a coccolarselo per bene. Prese posto accanto a lui e Vil subito cambiò posizione per poterlo abbracciare e fare in modo che Rey poggiasse il capo contro la sua spalla.
“Vorrei chiederti di raccontarci qualcosa di te, ma in questi giorni ci hai detto praticamente tutto!” Con la guancia si strusciò sul suo capo e sospirò serenamente. “Non vedo l’ora che tu nasca! Così potrò trascorrere le giornate coccolandoti!”
“Sì, è proprio quello che farai!”
Cater non ci stava capendo nulla. Era un gioco quello che stavano facendo, giusto? Eppure sembravano così coinvolti… Nomignoli curiosi, discorsi strani… Aveva sentito dire che in alcuni Paesi, nelle scuole superiori, gli studenti venivano sottoposti a delle prove per far capire loro la responsabilità di diventare genitori. Che fosse una cosa del genere? Ci stava giusto riflettendo, quando un rumore attirò la sua attenzione. Dal sentiero stava arrivando il Preside, con a seguito qualcuno che da quella distanza non riusciva a vedere e che comunque era abbondantemente nascosto dal suo cappotto.
Quando Crowley svoltò oltre alcune piante e si affacciò al prato dove erano i tre, si rivolse a  loro con stampato in viso il suo tipico sorriso inquietante. “Che tenera famigliola vedo!”
Vil e Leona fecero per alzarsi ed accoglierlo, ma lui si affrettò a fermarli. “Oh vi prego. Sono qui solo per fare una consegna al nostro piccolo ospite!”
“A me?” Chiese Rey, sgranando gli occhioni.
Il Preside gli fece segno di avvicinarsi, perciò lui dovette abbandonare il tenero abbraccio della mamma per accontentarlo. Era ancora ad una certa distanza quando da dietro il Preside balzò fuori una piccola figura.
“Rey!” Il bambino dalle sembianze di una iena, aveva un sorriso luminoso nonostante la mancanza di due dentini da latte (un canino sulla destra e un incisore laterale sulla sinistra), i suoi occhi scuri sembravano sfere di onice, il visetto tondo e i capelli neri dall’aspetto selvaggio che schizzavano ovunque come gli aculei impazziti di un riccio! Aveva un’aria decisamente simpatica!
Superato il primo momento di sorpresa, Rey si illuminò come una lampadina e gli corse incontro. “SOL!”
I due cuccioli si abbracciarono, il piccolo di nome Sol dovette alzarsi sulle punte per essere alla sua altezza e si vedeva che aveva quasi voglia di fare un saltello per finirgli in braccio!
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto a prenderti! A casa ti stanno aspettando tutti!”
Preso dall’euforia del momento, Rey non si rese conto di ciò che gli aveva appena detto, invece Leona e Vil si scambiarono un’occhiata preoccupata e subito si alzarono per raggiungere il nuovo arrivato.
Non appena Sol scorse la figura di Vil, i suoi occhi diventarono a forma di cuore. Lasciò le mani di Rey e fece un passo verso di lui, per non dire che si librò come attirato da una forza magnetica!
“Zia Vil! Sei così beeeeeellaaaaaaaaa…!”
Leona sospirò contrariato. “Ok, non mi piace il suo sguardo e neanche il suo modo di parlare, però lo perdono perché ti ha chiamato ‘zia’.” Più che altro stava parlando a se stesso, comunque apprezziamo lo sforzo!
Rey affiancò il piccolo e fece le presentazioni. “Mamma, papà, lui è Sol. E’ il mio migliore amico! E…il figlio adottivo dello zio Ruggie!”
“Questa poi!” Esplose Leona, senza riuscire a trattenere una risata!
Almeno Vil fu gentile, gli sorrise e si chinò per essere più vicino alla sua altezza. “Piacere di conoscerti! Io…ho sentito che poco fa hai detto qualcosa riguardo a Rey…”
“Sì, dobbiamo andare a casa!” Disse Sol con semplicità.
A quel punto intervenne il Preside. “E’ giunto qui pochi minuti fa dallo Specchio, come è accaduto con Rey. Pare che lo abbiano mandato per avvisarci che la linea temporale è stata stabilizzata, l’esistenza di Rey è salva e i suoi genitori…ehm, sì insomma voi due nel futuro, rivorrebbero il loro prezioso tesoro.”
La prima reazione di Rey fu quella di scodinzolare felice, fino a quando…
“No! Non possiamo lasciarlo andare!” La voce di Vil uscì incrinata.
Leona confermò. “E’ qui da meno di una settimana! Che fretta c’è? Abbiamo scoperto solo stamane che è nostro figlio!”
“Lo so bene, Kingscholar. Ma non posso disobbedire.”
“Ha la strizza a causa di quelle foto eh?” Leona era un campione nell’arte dello sfottere!
Crowley arrossì sotto la maschera. “Uh ehm…ad ogni modo Rey deve lasciare questo tempo e questo college. Fine della discussione.”
Sol s’intromise senza abbandonare il sorriso. “Gli zii hanno lasciato un po’ di tempo a Rey per salutare tutti! Abbiamo un’ora prima che si riattivi lo Specchio!”
“Un’ora…” Vil era così affranto che la voce gli morì in gola. Un’ora…una misera ora… Forse i loro stessi del futuro avevano delle buone ragioni per richiederlo così presto, forse l’incantesimo per viaggiare nel tempo aveva delle restrizioni, forse…forse rivolevano il figlio perché ne sentivano la mancanza. Sì, ora che aveva provato sulla propria pelle l’esperienza di madre poteva capirlo, però…era dura da accettare. “Ho capito… Torniamo al Pomefiore a preparare la tua valigia. Io e Leona avvisiamo gli altri di raggiungerci al salone degli specchi.”
Cater tremava come una foglia. Il tremolio si era fatto così violento che si ritrovò a scivolare giù sulle sue stesse gambe e a finire per terra. Che-diamine-significava-tutto-questo??? Genitori, futuro, specchio… Al diavolo tutto, l’unica cosa che gli era chiara è che Rey se ne stava andando.
*
 
Testa china, sguardo basso, passo lento e pesante, i tacchi che battevano sulla pavimentazione di pietra creavano un rumore che rimbombava per tutta la sala. A vederlo così sembrava un condannato che si recava al patibolo, più che una madre che accompagnava il figlio fino allo Specchio magico. Era pur vero che ad ogni passo si sentiva morire dentro. Sbirciando con lo sguardo scorse la figura di Leona, anche lui era parecchio teso, lo vedeva soprattutto dalla mascella rigida e dallo sguardo fisso. Fra loro due camminava Rey, ignaro delle emozioni che loro stavano provando, mentre a guidarli era Sol, il quale più che camminare stava saltellando allegro al pensiero di tornare a casa.
Si fermarono a pochi metri di distanza dallo Specchio che, grazie al cielo, non era ancora attivo. Sia Vil che Leona temevano il momento in cui questo si sarebbe attivato, obbligandoli a dire add-
“Non starai partendo senza salutarci, vero?”
Quella voce simpatica e gioviale, appartenente a Ruggie, giunse come una ventata di aria fresca che contribuì ad alleggerire l’atmosfera. Rey si volse di scatto, sfoggiando un ampio sorriso. “Non potrei mai andarmene senza salutare i miei amati zii!”
All’entrata della sala, oltre al nominato Ruggie, c’erano anche Epel e Jack, ognuno con addosso la divisa del proprio dormitorio.
All’improvviso un grido riempì la sala. “PAPA’!” In men che non si dica il piccolo Sol partì a razzo verso Ruggie, lasciandolo a bocca aperta per la sorpresa e…facendolo finire a terra balzandogli addosso per abbracciarlo!
Ruggie per lo meno riuscì ad attutire un poco la caduta bilanciando parte del peso su un braccio, ma comunque prendendo una bella botta sul didietro! Nonostante tutto ridacchiò divertito per quel colpo di scena, mentre il cucciolo strusciava il viso sul suo petto e agitava la codina in modo frenetico!
Epel si sporse su di loro, sgranando gli occhi azzurri e limpidi. “Ho sentito bene? Ha detto papà?”
“Shishishi! Rey mi aveva accennato qualcosa al riguardo! Pare che in futuro adotterò questo piccolino da un orfanotrofio!”
“Ma insomma Sol!!!” Protestò Rey, avvicinandosi con le sopracciglia agrottate.
“Sol?” Chiese Ruggie, ora in una posizione migliore che gli permetteva di vedere il viso del cucciolo che ancora si coccolava contro di lui.
“Sì! E’ il nome che mi hai dato tu! Dici sempre che sono il tuo raggio di sole!”
Jack ammiccò a Ruggie. “Poetico da parte tua!”
“Sol! Adesso smettila di dire cose che non dovresti dire!”
“Ops!” La lingua gli fece capolino dalle labbra. Adorabile! “Ah, si è attivato lo Specchio!” Con un balzo fu di nuovo in piedi. “Vado prima io e porto con me la tua valigia! Va bene?”
Rey fece giusto un cenno col capo ed ecco che Sol corse verso Leona (che aveva portato la valigia fin lì al salone). “Zio Leona, puoi darla a me adesso!”
Praticamente immobile fino a quel momento, Leona si ritrovò impacciato nei movimenti e nella parola. “Ehm, umh…sì ecco.” Gli porse il manico e quasi gli venne da sorridere nel constatare che la valigia era grande quasi quanto quel cucciolo! Per fortuna che aveva le rotelle…
“Allora io vado!” Sol sollevò la mano libera e si prodigò in saluti. “Ciao zio Leona! Ciao zia Vil! Ciao zio Jack! Ciao zio Epel!” E per ultimo, il più importante. “Ciao papà! Salutami la mamma!”
Lasciando perdere Leona e Vil che non erano dell’umore, gli altri della combriccola lo salutarono allegramente e agitando la mano a loro volta.
“E chi è la mamma?” Chiese Epel a Ruggie, ormai curiosissimo. Peccato che il nome non arrivò, e anzi, il sorriso di Ruggie si fece un po’ tirato nell’ammettere: “Non ne ho la minima idea!”
Sol prese la rincorsa e attraversò lo Specchio senza guardarsi indietro.
Qualche istante di silenzio e poi Rey scoppiò a ridere. “Ah ah ah! E’ un piccolo uragano, vero?”
Ruggie fece spallucce, sorridendo. “Con un cucciolo così, di certo non mi annoierò!”
Rey lo aiutò a rialzarsi da terra (sì esatto, si trovava ancora lì!) e gli diede una leccatina sulla guancia in segno di saluto. “Zio Ruggie… Ho cercato di non rivelarti troppo riguardo al tuo futuro, però vorrei tanto dirti un’ultima cosa come regalo di add-uh uh di arrivederci!” Attese che Ruggie gli facesse segno di procedere e allora continuò. “Una volta mi hai raccontato che tra te e il tuo innamorato è stato amore a prima vista. Cioè…no aspetta… Era…mmh…era qualcosa tipo… La prima volta che hai visto i suoi occhi hai capito che era la persona che volevi accanto per sempre.”
Ruggie dovette stringere le labbra per non scoppiare a piangere. Tutto ciò che gli era stato detto in quei giorni gli aveva donato un’immensa felicità. Deglutì il nodo alla gola e rispose a bassa voce. “Farò tesoro di queste parole! Grazie, Rey!” Si chinò leggermente e a sua volta gli leccò la guancia con affetto.
Dopo di lui fu la volta di Epel, il quale prese le mani di Rey fra le proprie e le strinse con calore. “Non ho ancora avuto occasione di dirtelo… Ho telefonato a Neige dopo la nostra chiacchierata di questa mattina e… Finalmente gli ho chiesto di uscire con me!”
Gli occhi di Rey si illuminarono. “Waaaah che forza, zio! Sono così contento!”
“Vorrei che tu potessi restare ancora una settimana, così da poterti raccontare come sarà il nostro appuntamento ma…qualcosa mi dice che tu sai già tutto!”
“Eh eh! Infatti!” Rispose lui, facendo l’occhiolino, quindi gli stampò un bacio sulla guancia e aggiunse. “Quando avrò compiuto sedici anni, prometti di farmi guidare la tua moto?”
“Se la tua mamma promette di non uccidermi, per me va bene!”
Una risatina complice e le loro mani si sciolsero.
Senza che nessuno gli dicesse niente, Jack pensò bene di inginocchiarsi per fare i saluti! O meglio, di inchinarsi su un ginocchio quasi si trovasse al cospetto di un re!
“Zio Jack…io…” Non sapeva bene cosa dire, quindi fu lui a toglierlo d’impaccio. “Ho avuto pochi minuti per elaborare le spiegazioni frettolose di Ruggie sul fatto che venivi dal futuro ecc ecc!  Non importa, grossomodo ho capito! Mi era venuto un sospetto vedendo quanto assomigli a Vil! Ad ogni modo… Mi prenderò cura della tua mamma meglio che potrò! E terminati gli studi mi prenderò cura anche di te, hai la mia parola!” E la promessa di un lupo era la più sincera che si potesse avere.
“Grazie!” Rey gli gettò le braccia al collo e anche a lui diede una leccatina sulla guancia.
Fece per voltarsi e andare dai propri genitori ma…
“REY ASPETTA!”
Di corsa e col fiato corto, Cater fece irruzione nel salone, spiazzando tutti quanti.
“Cater…”
Aveva gli occhi lucidi, sembrava fosse sul punto di piangere. “Non potevo far finta di niente. Nella mia vita ho fatto una marea di casini e anche con te ho sbagliato, però…” Strinse un pugno. “Ok, vi ho spiati mentre eravate alla serra. Lo ammetto. All’inizio non credevo a quanto ho sentito… Comunque, volevo dirti che non avrei mai fatto ciò che ho fatto se avessi saputo che tu eri figlio di…”
“Cater…” Rey bruciò la distanza fra loro. I suoi occhioni lo guardarono come se volesse penetrargli l’anima. “Io ti amo. Non mi importa quanti anni abbiamo di differenza. Non voglio nessun altro. Lo so che ci vorrà ancora tanto tempo prima di poter stare insieme ma… Mi aspetterai?”
Il cuore di Cater batteva come un tamburo. Stava accadendo tutto talmente in fretta che quasi si sentiva mancare. O forse no… E se invece, per la prima volta nella sua vita, le cose fossero finalmente diventate chiare? Accennò un sorriso e rispose con sicurezza. “Sì. Ti aspetterò.”
Rey si gettò su di lui e unì le labbra alle sue in un bacio appassionato, al quale Cater non mancò di rispondere con la stessa intensità, dimentico di ciò che lo circondava. O almeno per quei pochi secondi, prima che un ringhio gli ricordasse dov’era e chi c’era! Aprì gli occhi e si accorse dello sguardo minaccioso di Leona che traspariva la voglia che aveva di sbranarlo. Anche quello gelido di Vil gli stava lanciando un chiaro messaggio di morte!
“Ugh!” Subito si fece indietro, interrompendo il bacio bruscamente. “Eh…Rey…ci…ci sono i tuoi genitori…!”
Il cucciolo abbassò le orecchiette e si morse un labbro con fare impacciato. “Scusa!” Il suo sguardo mutò nell’accorgersi di un dettaglio. “Ti sei ferito alla faccia?”
A Cater mancò un battito. “AH! Ehm…no, tranquillo! E’ tutto a posto! Diciamo che i pugni del tuo papà avevano voglia di giocare con le mie guance! Ah ah!”
Rey spalancò la bocca indignato e subito si voltò per rimproverare il genitore. “Papà!!!”
Leona, finto tonto, si grattò il capo distrattamente. “Hai sentito… Stavamo giocando…”
Rey lasciò un sospiro, scosse il capo e tornò a rivolgersi a Cater. “Perdonalo… Quando diventerò grande ci sposeremo e queste cose non accadranno più, promesso!”
“Ah ah! Ci conto! Cresci in fretta e diventa ancora più bello per me, ok?” La buttava sullo scherzo, ma in realtà aveva fin troppa voglia di piangere.
“Ce la metterò tutta!” Pian piano le sue mani scivolarono via dal corpo di Cater, i loro sguardi rimasero incollati ancora alcuni istanti. Inevitabilmente, Rey lo lasciò per andare dai genitori.
“Uff e così è giunto il momento eh?” Esordì Leona, cercando di darsi un tono, ma subito lasciò perdere e sollevò Rey da terra per stringerlo forte a sé. Sentendo come il suo figlioletto ricambiava, gli vennero le lacrime agli occhi. “Non so se nel futuro te l’ho già detto… Sappi che non cambierei niente di te. Sei perfetto così, sia come cucciolo che come figlio. Sono fiero di te!”
“Io invece avrei dovuto scrivere una lista delle cose che vorrei cambiare di te!” Scherzò Rey, strappandogli una risata. Si guardarono negli occhi. “In questi giorni mi hai mostrato tutti i tuoi difetti, è vero, ma so che presto cambierai e sarai un papà fantastico!”
Leona fece un cenno affermativo. “Mi impegnerò!” Gli diede una mordicchiata all’orecchio, con fare giocoso, e lo rimise a terra.
Non appena lo sguardo di Rey si posò su di lui, Vil si rese conto di aver tenuto le mani strette in grembo per tutto il tempo, sperando di interromperne il tremolio. Per uno come lui che faceva parte del mondo dello spettacolo fin da bambino, non doveva essere difficile mascherare le emozioni. Pff, non ci credeva nemmeno lui. Lottare contro emozioni così forti gli era impossibile. Prese respiro. Per lo meno le sue mani obbedirono e smisero di tremare, concedendogli così di poter accarezzare il viso di suo figlio un’ultima volta.
Accennò un sorriso. “Sei…la cosa più bella che potesse capitarmi!” Prese di nuovo respiro. “In pochi giorni mi hai donato emozioni che non avevo mai provato. Sento che, conoscendoti, qualcosa in me è cambiato in meglio e… Io ti…ti…”
Rey finì la frase per lui, dolcemente. “Anche io ti voglio bene, mamma!”
In quel momento lo Specchio emanò una luce più potente.
Leona fece un cenno a Vil. “Deve attraversare, non c’è più tempo.”
“Mh. Solo…solo un istante…” Il coraggio lo abbandonò completamente. Si gettò in ginocchio e strinse il piccolo in un abbraccio disperato. La sua voce si ridusse ad un sussurro spezzato. “Dammi solo un istante, ti prego!” Aveva bisogno di stringere ancora un po’ quel corpo sottile, di sfiorare ancora quei capelli biondi e morbidissimi, di imprimere nella mente quell’odore di cucciolo che assomigliava al profumo di biscotti appena sfornati e bocciolo di rosa.
Rey cercò di tranquillizzarlo, sussurrandogli all’orecchio. “Ci rivedremo presto!”
“Lo so… Lo so…” La voce sempre più roca, simile ad un rantolo. In qualche modo si fece forza e, lentamente, allentò la stretta di quell’abbraccio. Alla fine, l’unico contatto fra loro furono le loro mani intrecciate.
Rey sorrise. “Sono felice di essere stato mandato in questo tempo!”
Vil evitò di rispondere, tanto dalla gola non gli sarebbe uscito nulla.
“Vil…” Leona lo chiamò ancora una volta, pronto ad intervenire per separarli. Ma non fu necessario.
Dallo specchio arrivò un richiamo echeggiato, una voce ben conosciuta proveniente da un altro tempo. “Rey…
Lo sguardo di Rey abbandonò quello di Vil, volse il capo di scatto. “Mamma!” E allora accadde…
Vil sentì la sua mano scivolare via, in fretta…troppo in fretta… Vide la sua schiena, la sua coda sottile, le sue gambe snelle e lunghe…mentre correva via… Un istante dopo scomparve e lo Specchio magico divenne una lastra nera. La mano di Vil ancora sospesa nel vuoto, come implorante di toccare ancora la manina che stringeva fino a poco fa…
“Hic…” Le sue spalle sobbalzarono. “Hic hic…”
Prontamente Leona lo afferrò e lo fece rialzare da terra. Il suo viso era contratto per il pianto, calde lacrime fluivano rapidamente dai suoi occhi di ametista.
“Il mio…hiiic…il mio bambino… Rivoglio il mio bambino…”
Leona lo avvolse in un abbraccio, almeno lui doveva mostrarsi forte altrimenti si sarebbero spezzati entrambi. Gli premette le labbra contro il collo, stampandovi un bacio, poi parlò. “Lui…è il nostro cucciolo! Hai sentito… Lo rivedremo presto…”
“E se…cough…e se non riuscissi a fare quella pozione… Se non…”
“Non dire così…” Leona strinse le labbra, doveva resistere alla voglia di piangere. “Non dirlo, ti prego… Tu ce la farai… Ce la farai!”
Gli sguardi lucidi di Ruggie ed Epel stavano osservando la scena. Se per loro era difficile, non osavano immaginare cosa stessero provando Vil e Leona… Jack, la figura più saggia, richiamò la loro attenzione poggiando le mani sulle loro spalle. Bastò uno sguardo prima con uno e poi con l’altro e insieme uscirono dal salone per lasciare intimità alla coppia.
Cater se n’era già andato.

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Capitolo 15
*** Lo scorrere del tempo ***


Capitolo quindici
Lo scorrere del tempo
 
Trey
Era all’incirca metà pomeriggio di quella domenica particolarmente strana. Quando Trey si era alzato al mattino, quasi alla solita ora di tutti i giorni, si era ripromesso di dedicare del tempo al progetto per la torta nuziale affidatogli da Vil in persona il giorno precedente, ma dal momento in cui era uscito dalla stanza per preparare la colazione era accaduto di tutto! In principio c’era stato il forno, il quale aveva deciso di rompersi e sbuffare fumo come una locomotiva proprio mentre si stavano cucinando dei biscotti alla panna che aveva fatto apposta per Riddle. Addio biscotti e ore perse assieme ad altri ragazzi del dormitorio a riparare il dannato forno. Poi c’era stato ‘l’incidente’ di Cater proprio prima di pranzo. Allarmato e spaventato nel trovarlo privo di sensi sul pavimento, era comunque riuscito a mantenere un minimo di sangue freddo per portarlo in infermeria, assistere alle prime cure del medico e occuparsi di lui per un po’. Quando poi era tornato al dormitorio, si era messo le mani nei capelli ritrovandosi di fronte un Riddle visibilmente alterato per essere stato costretto ad ingurgitare delle schifezze fatte a caso (parole sue letterali!), invece di un pasto succulento preparato da lui. PANICO!!! Se l’era cavata promettendogli di preparare una merenda speciale esclusivamente per lui ed ogni minuto del pomeriggio lo aveva impiegato per portare a termine tale compito. E ora, col vassoio in mano, si stava dirigendo tutto tronfio e soddisfatto verso la stanza di Riddle, pregustando in anticipo la sua espressione gioiosa e un pizzico infantile nel mangiare i pasticcini di crema e fragole che gli aveva preparato. Ormai quei momenti erano divenuti la sua gioia più grande… Poter passare del tempo da solo con lui, guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce, erano tutti dettagli preziosi di cui si nutriva voracemente in quelle ultime settimane dell’anno scolastico, prima della fine di tut-un momento. Perché i suoi pensieri stavano prendendo quella piega? Non c’era tempo per la tristezza. Stava giusto attraversando la lounge  quando la sua attenzione fu attirata dal rumore di una porta sbattuta.  Voltandosi, vide Cater entrare di tutta fretta, lo smartphone in mano, il viso pallido come un lenzuolo. Lo osservò avvicinarlo all’orecchio, bisbigliando: “Ti prego ti prego ti prego…”
Pur non essendo vicino a lui, Trey riuscì ad udire la voce registrata avvisarlo che il numero chiamato non era attivo.
Cater imprecò tra i denti. Si battè un pugno sulla coscia e lanciò lo smartphone sul sofà che era al centro del salone, per poi raggiungerlo e sedersi sui cuscini. Capo chino, mani premute contro il viso, cominciò a piangere. Trey non sapeva cosa fosse accaduto o perché fosse lì invece che in infermeria, ma sapeva bene che non poteva lasciarlo da solo in quello stato. A malincuore, doveva far attendere Riddle. Si avvicinò, posò il vassoio sul tavolino in legno e prese posto accanto a Cater. Iniziò abbozzando uno scherzo a mezza voce. “Sarebbe stato strano se fossi davvero rimasto in infermeria a riposarti e lasciare che le cure magiche facessero effetto!”
Cater non reagì alle sue parole o alla sua presenza, il pianto gli spezzava il respiro e le lacrime sfuggivano dalle sue mani per precipitare sui pantaloni.
Trey allora cambiò approccio e si fece premuroso, cosa che gli riusciva sempre molto bene. “Ehi… Adesso vuoi dirmi cosa ti sta succedendo?”
Finalmente una reazione, Cater abbassò le mani, lasciando così scoperto il viso arrossato e contratto dal pianto. Cercò di deglutire per poter parlare. “Mi…hic… mi sono innamorato…”
Trey lo guardò con sospetto. “Vil?”
“Ah ah! No!” Per lo meno riuscì a ridere, nonostante le lacrime continuassero a sgorgare dai suoi occhi senza sosta. “Mi sono…innamorato davvero. Questa volta.”
“Allora dobbiamo festeggiare!” Accennò Trey, sorridendo.
“E’…è qualcuno che mi ricambia. Non credevo che…hic…non credevo di poter essere così felice. Però…” Cater scosse il capo. “Non potrò rivederlo per molto tempo. Dannazione.” Ormai tra il piangere e il ridere il suo viso era un miscuglio di maschere!
Trey gli avvolse affettuosamente le spalle col braccio e gli diede una pacca sulla spalla. “Il fatto che hai trovato qualcuno che ricambia i tuoi sentimenti è un buon inizio! Anche se mi rendo conto che stare separati farà un male infernale…almeno sai che quando vi rivedrete sarà tutto come prima…” Nel dire quell’ultima frase la sua voce cambiò radicalmente, facendosi da scherzosa a cupa. E la cosa non sfuggì a Cater. Si passò le maniche sugli occhi, per quanto poco servisse con quel pianto insistente. “Anche tu potrai rivedere Riddle! Stai finendo il terzo anno scolastico, mica devi morire!”
Trey distolse lo sguardo, riabbassò il braccio. “Non puoi capire… Riddle non sa niente di ciò che provo…”
“E allora diglielo, idiota!” Ritrovando un certo vigore, Cater si mise a parlare a voce alta. “Che cosa aspetti? Se non sei tu a dirglielo, lui non lo capirà mai! Come potrebbe? Siete sempre stati amici, non ha motivo di pensare che lo ami!”
Trey sospirò. “Non è così facile…”
“E invece sì! Devi solo andare da lui, prenderlo fra le braccia e dirgli che lo ami e vuoi stare con lui per il resto della vita, nonostante il suo carattere assurdo!” Indicò il vassoio. “Questo è per lui, immagino.” Senza attendere conferma lo prese in mano e glielo porse. “Avanti. Vai. Non sprecare nemmeno un minuto. Fai in modo che l’unico anno in cui non sarete qui insieme non sia motivo di una separazione definitiva.”
Trey lo guardò con tanto d’occhi. Non lo aveva mai visto così tenace! Aveva quasi voglia di dargli retta… Quasi. Si alzò e gli prese il vassoio dalle mani. “Non ti prometto niente. Ma ora dovresti seriamente andare a riposare prima di svenire un’altra volta!” Non era proprio un rimprovero ma… Ad ogni modo lasciò la lounge e raggiunse la stanza di Riddle. Per prevenire un temporale, mentre posava il vassoio sulla scrivania pensò bene di giustificarsi. “Scusa il ritardo. Cater è fuggito dall’infermeria e mi ha fatto perdere tempo. Ma non temere, il tè è ancora caldo, ora lo verso.” Prese la teiera e versò nelle due tazze il tè alla frutta fumante e profumato, poi scoperchiò il piatto per controllare che la crema sui pasticcini fosse ancora bella in forma (non che ci fosse motivo per cui doveva essersi smontata, ma un pasticcere fino al midollo come lui aveva di queste preoccupazioni…). “E’ tutto pronto!” Servizievole più che mai, si occupò anche di scostare la sedia per farlo accomodare, invece Riddle non si mosse. Gli dava di spalle ed era stranamente silenzioso.
“Riddle?”
“Io…ero venuto a cercarti…”
“Come?”
“Ero…venuto a cercarti… Visto che non arrivavi, pensavo di raggiungerti alle cucine e…prima di entrare nella lounge ho sentito…la tua voce e quella di Cater…”
Il cuore di Trey mancò un battito, in un istante si sentì raggelare. “Hai…sentito?”
“Ho sentito…tutto…”
Per tutte le rose bianche!!! Ora sì che era finita. Di certo Riddle lo odiava a morte, quindi si era letteralmente mangiato anche la possibilità di restare suo amico. Perfetto. Accidenti a Cater.
“Riddle io…”
“E’ la verità? Quello che provi per me…”
Trey dovette concedersi un momento per trovare il coraggio, chiuse gli occhi e strinse i pugni. Poi li riaprì e parlò. “Sì. E’ così. Sono innamorato di te. E’ successo durante il tuo primo anno qui al college. In qualche modo i miei sentimenti di amicizia si sono trasformati in amore, ma ho continuato a comportarmi da amico perché sapevo che non mi avresti mai corrisposto. Ora che lo sai non vorrai più vedermi…”
“Perché…?” Riddle si voltò lentamente, il capo chino che rendeva impossibile vedergli il volto. “Perché dovrei volere questo?”
Un momento… EH? “Riddle…ma tu…”
Riddle alzò di poco il capo, il suo viso era rosso come un pomodoro, ma in un modo diverso da quando si arrabbiava…e il suo sguardo era lucido e tremolante. “Non…vuoi stare con me?”
Trey si ritrovò in ginocchio, le forze lo avevano abbandonato al pensiero di avere una microscopica speranza di aggiustare le cose. “Stai cercando di dire che…io e te…magari…”
“A piccoli passi… Va bene?” E gli porse la mano, come avrebbe fatto un sovrano con un suddito.
Tremando dall’emozione, Trey prese quella mano bianca e delicata nelle proprie. “A piccoli passi… Sì… Va benissimo…” Aveva un bisogno disperato di piangere, la felicità gli straripava dal cuore.
 
Leona
Leona si stava rimirando allo specchio, lo sguardo severo e attento ad ogni dettaglio. Aveva tanto insistito a scegliere da solo quell’abito, senza l’aiuto di nessuno, ma adesso…gli saliva l’ansia al pensiero di aver sbagliato qualcosa e beccarsi un’occhiataccia dalla propria fidanzata! Però…massì, l’abito andava bene. E gli accessori? Era saggio indossare i ninnoli caratteristici del suo regno, collane e bracciali di perline colorate, sopra vestiti completamente bianchi? E i capelli erano ben acconciati? Per quello aveva preso spunto dall’acconciatura che gli era stata fatta durante la serata romantica, ossia aveva legato i capelli in una bassa coda con un foulard colorato. Sbuffò. “Ok, ci andrò nudo.”
“Per quello dovresti aspettare la notte di nozze!”
La voce preannunciò l’arrivo di Farena e in breve attraverso lo specchio comparve la sua figura imponente e nobile.
“Fratello… Non farci caso, sono solo nervoso.”
Farena gli si affiancò, il volto sorridente. “Posso immaginare! La tua fidanzata è una ricercata modella e testimonial sia di abbigliamento che di cosmetici!”
Leona sentì il bisogno di lasciare un luuungo sospiro, la tensione era insopportabile. “Prima di dimenticarmene, è tutto a posto per la questione del territorio? Quando firmeremo?”
“Non oggi!” Il tono scherzoso poi si fece più serio. “Non hai di che preoccuparti. Sei mio fratello, quella firma è solo una questione burocratica. Per quanto mi riguarda il quartiere delle iene è già sotto il tuo dominio. Devo ammettere che quando me ne hai parlato la prima volta, sono rimasto sorpreso, non credevo che nutrissi un tale interesse, ma dopo aver ascoltato con attenzione i tuoi piani per il futuro ho capito.”
“Lo so che è stata una cosa improvvisa, ma devo prendere in mano la situazione e preparare il terreno per Ruggie. Deve stare al college un altro anno, è vero, ma non voglio perdere tempo. E’ troppo importante, sia per me che per lui. Quella gente ha bisogno di aiuto e se nessuno vuole fare niente allora…”
“Calmo. Farai ogni cosa come si deve e io non ti metterò i bastoni tra le ruote.” Farena gli posò le grandi mani sulle spalle. La sua stazza era tale che a confronto Leona sembrava piccolo! “Ah ma guardati! Il mio fratellino è cresciuto e ha messo la testa a posto! Non smetterò mai di ringraziare Vil per un simile miracolo!”
Leona fece una smorfia a metà tra l’offeso e il divertito. “Vuoi fare a botte?”
“Non ti conviene, ho sempre vinto io!”
La loro risata complice spazzò via ogni ombra e ogni tensione.
“Ora dovresti mettere da parte tutto questo, però. E’ tradizione che sia lo sposo ad attendere all’altare, non il contrario!”
Leona fece spallucce. “Vil ieri ha detto che arriverà elegantemente in ritardo.”
“Dovremmo comunque andare, il saggio anziano è arrivato un’ora fa. Non è il caso di essere scortesi dopo che l’hai pregato di celebrare le tue nozze!”
In quel momento le porte si spalancarono e all’interno della stanza si precipitò un eccitatissimo Cheka, che corse dritto verso Leona per saltargli in braccio. “Zio Leona!”
Leona lo prese al volo e lo issò contro la spalla. Il piccolo brillava come il sole e sul capo aveva una coroncina di fiori. “Zio Leona, andiamo? Voglio portare gli anelli all’altare prima dell’arrivo della zia Vil!”
Leona ridacchiò. “Ma quanto è impaziente questo paggetto! Non hai paura di inciampare davanti a tutti?”
Cheka aggrottò le sopracciglia. “Zio!!! Non portare sfortuna!!!”
“Ah ah! Era solo per dire!”
Vederli scherzare, ma soprattutto vedere Leona così giocoso nei confronti del nipotino era uno spettacolo per gli occhi. Fino a poco tempo fa Leona era insofferente al cucciolo, anche se questo gli aveva sempre dimostrato un enorme attaccamento, poi da un giorno all’altro le cose erano cambiate, o meglio, era LUI ad essere cambiato. Era maturato, era migliorato, era diventato responsabile. In qualche modo aveva fatto emergere la parte migliore di sé. Una parte di cui Farena andava molto fiero.
 
Vil
L’ampia finestra del salotto di casa Schoenheit era dotata di una nicchia e comodi cuscinetti colorati dove ci si poteva accomodare per osservare il panorama. Trovandosi la casa in cima ad una collina e osservando da quella precisa angolazione, si vedeva gran parte della via. Il lastricato, ancora bagnato da una pioggia passeggera e illuminato dalla luce artificiale dei lampioni, aveva quasi un effetto argentato. Da entrambi i lati si susseguivano case in legno dall’aspetto elegante e un tantino rigido, coi tetti dall’accentuata pendenza, le finestre coperte da tendine ricamate, piccoli giardini adorni di piante resistenti a temperature fredde e da classici pini e abeti. Un paesaggio che col calare della sera diventava particolarmente rilassante. Se durante il giorno Vil preferiva dedicarsi alla lettura di un libro, fare visita ai vicini per stare in compagnia o fare una breve passeggiata fino ai negozi del centro, la sera  gli piaceva rannicchiarsi in quel piccolo spazio e lasciarsi cullare dalla serenità prima di andare a dormire.
Il rumore di passi sul parquet non lo disturbò, anzi fu lieto di voltarsi e osservare l’arrivo di suo padre Eric in tenuta da casa e con in mano due tazze fumanti.
“Il cioccolato caldo in piena estate è una gioia che puoi trovare solo qui a casa!”
Gli disse con voce gentile, porgendogli la voluminosa tazza su cui erano disegnate delle stelle viola su sfondo bianco.
“Grazie, papà.” Vil la prese e l’avvicinò al viso per odorare il buon profumo del cioccolato al latte aromatizzato con l’arancia. “Mmmh… Il mio preferito!”
Eric si sedette di fronte a lui, al lato opposto della nicchia. “Spero ti farà tornare a casa più spesso! Anche se sono abbastanza certo che non ti abituerai mai al caldo impossibile della Savanna…”
Vil ridacchiò. “La prossima estate verrò senz’altro! Verremo tutti e tre!” Posò la mano libera sul voluminoso ventre e lo accarezzò con gesto delicato. Anche attraverso il camicione rosa antico, questo spiccava tondeggiante come una palla!
Eric bevve un sorso di cioccolato, senza distogliere lo sguardo da quel punto, poi lasciò un sospiro rilassato. “Quando ti sei sposato con quello là, ho abbandonato le speranze di poter avere dei nipotini. Invece sei riuscito a sorprendermi…”
“Sì… Con l’arrivo del mio piccolo Rey la mia felicità sarà completa!”
“Rey…” Eric lo guardò con sospetto. “E’ stato quello là a scegliere il nome?”
Vil gli lanciò un’occhiata severa, ma subito scoppiò a ridere. “Papà, smettila di chiamarlo in quel modo! Comunque sì, è stata un’idea di Leona e io l’approvo!”
A quel punto Eric preferì tapparsi la bocca con una lunga sorsata di cioccolato, altrimenti gli sarebbero uscite parole ben più aspre! In qualche modo aveva accettato Leona come genero, ma questo non significava che gli piacesse. Inizialmente si era opposto duramente a quella relazione, soprattutto dopo averlo scoperto tramite i social, poi gradualmente si era reso conto che Vil lo amava davvero e anche quell’altr-ehm Leona sembrava sinceramente innamorato. Inoltre era un principe, aveva una residenza privata ed era in grado di prendersi cura di Vil. E allora aveva ceduto. L’unico dispiacere era la decisione di Vil di smettere di recitare, nonostante il suo grande talento. Per lo meno voleva proseguire con la carriera di modello, addirittura poche settimane prima era diventato testimonial di un nuovo marchio di abbigliamento dedicato proprio alle donne in gravidanza.
“Papà, mi stai fissando!” Vil lo rimproverò scherzosamente. Bevve un sorso di cioccolato e tornò a dedicarsi al panorama. Ad un certo punto il suo sguardo si accese, premette la mano contro il ventre. “Ciao, mio piccolo amore!” Il bambino stava scalciando proprio sotto la sua mano, piccoli colpi che gli davano una grande gioia ogni singola volta.
“E’ quasi il momento, giusto?”
Vil alzò lo sguardo su di lui. “In questi giorni, se ho calcolato bene i tempi. Forse domani stesso! Per fortuna, anche se ormai siamo diplomati, il Preside Crowley ha concesso a Leona di fare uso dello Specchio magico del college per gli spostamenti, così potrà raggiungermi in qualunque momento!”
Eccolo là, le uniche cose di cui parlava erano il bambino e Leona! Aveva solo loro nella mente! E nel cuore. E lui, suo padre, era finito al terzo posto. Ne era consapevole, ma fin che avesse visto suo figlio così felice, non si sarebbe lamentato.
 
Epel
La moto sfrecciava rapida su quel sentiero fortemente pericoloso, che dal college conduceva in paese. Un fulmine rosso e potente, con a bordo un aitante giovane dallo sguardo fiero, gli occhi riparati da una visiera blu altamente tecnologica che portava la firma del dormitorio Ignyhide, il vento che sferzava fra i bellissimi e lunghi capelli color lavanda, come anche la tunica indaco rappresentante il Pomefiore. Chino e ben saldo contro quella potenza rombante, sulla cui fiancata era illuminata la figura di una mela avvelenata, non appena ebbe passato il bosco il suo sguardo si volse verso il lago. Con un’abile manovra svoltò e percorse l’ultimo tratto attraverso l’erba. Piedi a terra, premette il minuscolo pulsante di un apparecchio che aveva all’orecchio e in un istante la visiera scomparve. Scese dalla moto e la adagiò con cura contro il tronco di un albero poco in vista. A quell’ora del mattino il sole si rifletteva sulle acque del lago, rendendolo una distesa di luce bianca, ma ora non era quello ad interessargli. Vagò tutto attorno con lo sguardo, in un’ampia panoramica del luogo, fino a quando non notò una figura ad una certa distanza. Con passo sicuro s’incamminò in quella direzione, l’erba alta che gli inumidiva gli stivaletti neri dotati di tacco e lacci rossi. Quando giunse a quella figura, il suo sguardo parve illuminarsi più della luce riflessa sul lago. Fra l’erba spuntavano numerose varietà di fiori selvatici e, fra essi, giaceva addormentata la creatura dalla bellezza più pura e candida che si fosse mai vista. Le labbra naturalmente rosse come delle ciliegie, le lunghe ciglia nere, il volto fresco e pulito, le mani unite contro il petto che tenevano un delizioso garofano rosa. Il giovane si chinò ginocchio a terra, lo sguardo colmo d’amore rivolto a quel volto dormiente. Senza ulteriori esitazioni, abbassò il capo e sfiorò le rosse labbra con un bacio.
Il respiro cambiò, gli occhi si aprirono di uno spiraglio svelando uno sguardo lucido e assonnato, ma subito le labbra s’inarcarono in un lieve sorriso.
“Epel!”
Lui ricambiò il sorriso, adorava sentir pronunciare il proprio nome da quella voce dolce.
“Ben svegliato!” Sussurrò, facendo sfiorare le punte dei loro nasi con fare giocoso.
Neige sbatté le palpebre un paio di volte e finalmente si svegliò del tutto. Fece una piccola smorfia triste. “Uhhh scusami.. Mi ero steso a guardare il cielo e mi sono appisolato!”
Epel gli porse la mano e lo aiutò a rialzarsi. “Quel garofano…non l’hai raccolto qui, vero?”
Allora Neige abbassò lo sguardo sulla mano che ancora stringeva il gambo del fiore e lo guardò con aria sorpresa. “Oh accipicchia, me ne stavo dimenticando!” Sollevò la mano e disse con entusiasmo: “Congratulazioni, nuovo leader del dormitorio Pomefiore!”
Epel si schermì. “Più che altro, meglio tardi che mai! Sono già al terzo anno! Se non ci fossi riuscito adesso avrei perso la mia occasione!”
“Invece io sapevo che ce l’avresti fatta! Non sei cresciuto solo in altezza, ma anche in abilità!” Disse Neige, appuntandogli il fiore (cui aveva spezzato il gambo in eccesso) su una delle fascette dorate che facevano da decorazione alla tunica. Invero, anche togliendo il fatto che lui indossava i tacchi della divisa, per guardare Epel negli occhi doveva sollevare lo sguardo. Nell’arco di un anno quel ragazzo era cresciuto parecchio, si era irrobustito grazie all’esercizio ed era diventato affascinante e virile senza però abbandonare una certa grazia. In poche parole, un perfetto principe azzurro!
“Sono felice che tu abbia la giornata libera. Temevo che anche questo fine settimana fossi costretto a stare sul set di quel nuovo tv drama…” Se nell’aspetto era maturato, nel carattere c’era ancora molto su cui lavorare!
Neige scosse il capo sfoggiando un sorriso beffardo. “Non fingere con me! Lo so che sei geloso del mio coprotagonista! E ti ho già ripetuto più volte che è un bravo ragazzo e non ci sta provando in alcun modo con me!”
“Se lo dici tu…” Quel tono dubbioso la diceva lunga su come la pensasse davvero, ma tant’è…
“Uh uh! Per fortuna so come far tornare di buon umore il mio fidanzato geloso!” Neige lo prese a braccetto e lo condusse poco più in là, dove era stesa una coperta su cui giacevano due tazze in porcellana, una teiera abbinata e un contenitore di forma circolare con un coperchio rosso caratterizzato dal manico a forma di mela. Neige, entusiasta, si gettò in ginocchio sulla coperta e sollevò il coperchio emettendo un sonoro: “Tadaaaaan!”
Si trattava di una torta di mele casereccia. Nel vederla, Epel dimenticò subito il malumore e sorrise. “Hai trovato il tempo di cucinare!”
“Già! Adesso che sono diventato bravo a fare le torte di mele, ne preparo ogni volta che posso! Non smetterò mai di ringraziare tua madre per avermi insegnato!” Fece una pausa, mentre Epel si accomodava sulla coperta a sua volta, quindi riprese. “Mi ha telefonato ieri sera dopo le riprese! Ha detto che il falegname ha terminato i telai per le finestre! Lei li ha già visti e pare che siano stupendi così intagliati! Ahhh non vedo l’ora che il nostro nido d’amore sia ultimato! E sono così felice di andare a vivere accanto ai miei futuri suoceri!” Aveva l’aria sognante di una fanciulla innamorata, le gote leggermente imporporate per la contentezza. Anche se il suo fidanzato di fatto doveva soggiornare al college per un altro anno, col cuore era già volato al giorno in cui avrebbero cominciato a vivere insieme, felici e contenti!
 
Jack
L’aria seria che lo caratterizzava fin dalla tenera età, col passare del tempo si era accentuata ancor più. Sommando questo alla sua notevole altezza e al fisico muscoloso, si poteva dire senza esagerare che Jack faceva paura a guardarlo! Ed era esattamente ciò che voleva, un piccolo aiuto concessogli dalla natura per far sì che il compito assegnatogli fosse più…facile? Con addosso la nuova divisa interamente di colore nero, composta da pantaloni in lino dal taglio morbido, un’ampia camicia dello stesso tessuto che su di lui era comunque attillata, un cinturone in vita con fodero dove teneva una pistola ed infine scarponi militari, non lasciava dubbi su quale fosse il suo ruolo all’interno di quella residenza. Con Vil al fianco stavano attraversando un corridoio privo di finestre ed illuminato da lanterne ad olio. Il ticchettio dei tacchi riecheggiava. Con la coda dell’occhio, Jack sbirciò la figura di Vil. Si sentiva vagamente nervoso dal momento in cui si erano rivisti, qualcosa dentro di lui aveva preso fuoco e continuava ad ardere a causa della sua abbagliante bellezza. Bello lo era sempre stato, ma con addosso il titolo ufficiale di Principessa e la maternità che ne era seguita, era sbocciato come uno splendido fiore. Un fiore con le spine, per l’esattezza.
Giunti ad una biforcazione, presero la sinistra e si affacciarono ad una grande e pesante porta su cui era dipinta l’immagine di una verdeggiante oasi. Accanto era una guardia armata di lancia.
Vil si fermò, salutò la guardia con un cenno del capo e poi si rivolse a lui.
“Queste sono le stanze di Rey. Sono sorvegliate giorno e notte da una guardia, oppure da due in base alle esigenze. A partire da domani, oltre ad essere a capo delle guardie di mio figlio, ti occuperai personalmente della sua sicurezza, lo seguirai come un’ombra ogni qualvolta metterà piede fuori dalle sue stanze e sarai il suo scudo all’aria aperta.”
Con assoluta serietà, Jack rispose. “Ho capito.”
L’espressione di Vil si alleggerì e un accenno di sorriso gli sfiorò le labbra. “Hai già un’aria perfettamente professionale per essere fresco di diploma!”
“Mi sono preparato a questo giorno sia fisicamente che mentalmente. Tre anni fa ti ho fatto un giuramento e mi impegnerò con tutte le mie forze per onorarlo.”
Una sincerità ammirevole. Vil gli sfiorò il braccio, la pelle fresca a contrasto con quella calda di lui. “E io te ne sono grato. So che con te accanto né io né mio figlio correremo pericoli.”
Jack rischiò di perdersi nei suoi occhi di ametista così magnetici e splendidi. Il suo sguardo era diventato più brillante da quando aveva cominciato a truccarsi con colori più naturali, come l’oro e la terra. Gli donava molto.
“Vado a svegliare Rey dal suo sonnellino pomeridiano. Aspettami qui!”
Girò sui tacchi, nel senso della parola, ed entrò nelle stanze. Da fuori Jack udì una voce femminile, appartenente alla balia, e poi di nuovo la voce di Vil, però incredibilmente dolce come non l’aveva mai sentita. Frasi come “tesoro mio, è ora di svegliarsi”, “apri gli occhietti”, “oh ma quanto sonno ha questo cucciolo”, “vieni in braccio alla mamma”. Inevitabilmente gli si inumidirono gli occhi e una piacevole sensazione gli riempì il petto. Per quanto fosse bravo a mascherarla, non era in grado di reprimere la propria sensibilità. Chiuse gli occhi per riprendersi, udì il rumore dei tacchi avvicinarsi. Li riaprì giusto nel momento in cui dalla porta ricomparve Vil. Quale immagine di immensa tenerezza! In braccio a lui, avvinghiato al suo petto e sostenuto da una mano sotto al sederino, era un cuccioletto di appena due anni, piccolo, paffuto, con una adorabile codina sottile che terminava in un batuffolo ondeggiante, i capelli chiari e arruffati da cui spuntavano due orecchiette tenerissime, una manina con cui si stava stropicciando gli occhietti assonnati.
“Rey, ti presento il mio amico Jack! D’ora in poi si prenderà cura di noi!”
Jack gli parlò gentilmente. “Piacere di conoscerti, principino Rey.”
Il cucciolo abbassò la manina e sbatté le ciglia un paio di volte prima di allungare lo sguardo su di lui. I suoi occhi verdi si sgranarono su quella figura possente, un istante dopo il piccolo si arrotolò contro il petto della madre, tremando come una foglia, le orecchiette abbassate, la codina stretta attorno al suo braccio, mentre emetteva dei teneri suoni molto simili a dei guaiti.
Sorpreso e allo stesso tempo intenerito da quella reazione, Vil si affrettò a rassicurarlo. “Tesoro mio, non devi avere paura! Jack è grande e grosso ma è tanto buono e ti vuole bene!”
Jack allungò una mano, rivolta col palmo verso l’alto, e l’avvicinò al cucciolo. “Questa mano è anche capace di fare le coccole, sai?”
Gli occhietti di Rey, ancora lucidi per lo spavento, la fissarono con sospetto.
“Se vuoi, puoi chiamarmi ‘zio’ Jack!”
“Sio Jack?” La vocina dolcissima e quell’errore di pronuncia di chi non ha ancora imparato a dire la ‘z’, strapparono un sorriso sia a Jack che a Vil. Aveva smesso di tremare, però si vedeva che era ancora incerto. Si sporse leggermente e con moooolta cautela posò la propria manina su quella enorme di lui.
“Visto? Avete già fatto amicizia!” Concluse Vil, sorridente.
Entrando a contatto con quella manina tiepida e fragile, Jack sentì di avere trovato la propria ragione di vita.
 
Ruggie
Sul tavolo del salotto era stesa una grande mappa raffigurante un edificio di tre piani che, già a prima vista, conteneva parecchie camere da letto. Leona, leggermente chino sulla mappa e con una mano sotto al mento, stava seguendo con attenzione il resoconto fornitogli da Ruggie. Con loro, era anche un altro ragazzo dai capelli blu che gli coprivano gran parte della faccia.
“E questo è tutto! Se non ci saranno rallentamenti, i lavori di ristrutturazione saranno ultimati entro la fine di questo mese, così i bambini potranno tornare e ci sarà molto più spazio anche per accogliere altri orfanelli.”
Leona fece un cenno col capo, abbassò la mano e la lasciò ricadere al fianco. “Ben fatto, Ruggie. Alla prossima riunione con gli investitori faremo un’ottima figura e, già che ci siamo, potremo presentare il prossimo progetto.”
Ruggie rispose raggiante: “Ci puoi scommettere! Il quartiere sta fiorendo un po’ per volta e non stento a credere che nel giro di pochi anni non avrà nulla da invidiare ai quartieri più ricchi!”
Il ragazzo s’intromise con un accenno di timidezza. “Una visione un po’ troppo ottimista… Anche se stiamo facendo del nostro meglio, il quartiere delle iene non diventerà mai lussuoso…”
“Questo è vero, ma almeno la gente vivrà dignitosamente.” Precisò Leona, per poi aggiungere rivolto ad entrambi. “Sono fiero di voi, state facendo un lavoro magnifico.”
“E’ stato possibile per merito tuo. Hai trovato degli investitori, garantendoci così i fondi per realizzare i progetti, e segui ogni cosa con grande interesse. Lo sappiamo noi e lo sa la gente del quartiere. Siamo tutti felici di averti come principe.”
“Bah falla finita! Meglio che me ne vada, non sono abituato a ricevere complimenti da te!” La buttò lì, facendo un gesto con la mano, quindi si avviò verso l’uscita. “Non dimenticatevi dell’invito a cena di domani sera, altrimenti Vil se la prenderà con me come la volta scorsa!” E chiuse la porta alle proprie spalle.
Ruggie ridacchiò ma subito lasciò un sospiro e tornò a dedicarsi alla mappa.
Il ragazzo abbozzò una domanda. “Questo orfanotrofio ti sta molto a cuore? Mi sembri impaziente di vederlo restaurato, anche più di quando ci siamo occupati dell’ospedale.”
“In effetti, è così… Un giorno desidero adottare un cucciolo da quel posto.”
“Adottare? Credo non avresti problemi a trovare una ragazza da sposare e con cui mettere su famiglia! Sei così popolare! Tutte le donne del quartiere ti mangiano con gli occhi!”
Ruggie ridacchiò. “Shishi! Non è il mio destino sposare una ragazza!”
Quella risposta mozzò il respiro al ragazzo. “Vuoi dire che…” Non finì la frase perché Ruggie riprese la parola con tono parecchio scherzoso. “Piuttosto tu! Quando ti troverai una bella ragazza? Capisco che terminato il college abbiamo deciso di condividere questa casa perché avevamo una mole di lavoro smisurata che ci occupava giorno e notte, ma ora che le cose procedono spedite puoi pensare anche a te stesso e al tuo futuro!”
“Ehm…veramente io non…”
“Anche tu avresti delle ammiratrici se potessero vederti bene in faccia! Dovresti deciderti a tagliarti questa assurda frangia!” E detto questo, con entrambe le mani cercò di afferrare la chioma blu e di sollevarla fin sopra la fronte. Il viso del ragazzo era arrossato per l’imbarazzo, questa non era una novità, ma Ruggie non si sarebbe mai aspettato di vedere quegli occhi sottili del colore dell’ambra  su cui erano sopracciglia blu sottilissime.
Il ragazzo non ebbe il coraggio di incontrare il suo sguardo. “Non guardarmi, per favore…”
“Ma lo sai che…hai degli occhi bellissimi?”
“Non m’importa. Non posso farli vedere a nessuno. I miei occhi riflettono le mie emozioni, devo tenerli nascosti.”
“Cosa…?”
“Soprattutto con te. Io sono così felice di lavorare al tuo fianco, di condividere questa casa con te e di essere tuo amico… Se tu ti accorgessi di ciò che provo davvero per te… Non voglio rovinare tutto.”
“Non potresti mai rovinarlo…”
I loro sguardi s’incontrarono e fu allora che Ruggie capì. Percepì una sensazione intensa come se la gravità fosse cambiata, si sentiva leggero e al contempo ancorato a quel ragazzo che aveva avuto accanto fin dal primo anno di college. Era stato una presenza importante per tutto quel tempo, più di un collega, più di un amico, ma fino ad allora non era stato in grado di vedere oltre, preso com’era dal lavoro.
“So che suonerà ridicolo vista la situazione in cui ci troviamo ma… Ti andrebbe di uscire con me?”
Il ragazzo avvampò ancor più, per quanto fosse umanamente possibile! La voce gli uscì balbuziente. “S-se per t-te v-va bene.. S-sì!”
 
Rook
Una dimora alquanto inquietante. Quello che voleva essere un rifugio nella foresta, era più una spartana struttura realizzata interamente in pietra, con delle finestre strette e lunghe che assomigliavano a feritoie, composta di uno stanzone quasi buio, i servizi e un cucinino che faceva anche da mattatoio. Un luogo adatto a chi non vuole farsi trovare, a chi vive per conto proprio, a chi lavora senza seguire leggi morali. Un cacciatore…divenuto anche cacciatore di taglie. Nello stanzone le pareti erano ‘abbellite’ da trofei di caccia, quali teste di cervo, gufi impagliati, perfino un  orso di mezza taglia che riempiva un angolo. Il caminetto a legna era l’unica cosa normale, lì dentro.  Davanti a questo, seduto su di una poltrona foderata di velluto rosso, Rook era immerso nel lavoro manuale ed estremamente preciso della costruzione di frecce. Certo non di legno! Si parla di frecce di ultima generazione, composte di materiali resistenti indispensabili a, purtroppo, colpire bersagli mobili umani. Pur essendo concentrato sul lavoro, da un po’ fischiettava sulle note di una canzone. Alla parete opposta, quindi alle sue spalle, era un tavolo che fungeva da scrivania, tenuto piuttosto in disordine, cosparso di documenti, mappe e volantini vecchio stile con foto di uomini ricercati e la somma di denaro come premio. E poi c’era un computer portatile, da cui proveniva la canzone canticchiata da Rook.
One sooooooong
I have but one sooooong
One sooooong
Only for youuuuu…”
Sullo schermo acceso era aperta la pagina di un noto notiziario online, MagiNews. Per come era posizionato il cursore, non era visibile il titolo e della foto principale si vedeva appena il fondo. L’articolo era così strutturato:
“Villaggio di Harvest. Si sono svolte ieri le nozze tanto attese che vedono protagonista il famoso talento del cinema e della tv Neige LeBlanche. Il giovane amato dai fan di tutto il mondo, ha pronunciato i voti nuziali nel piccolo villaggio agricolo dove vive da alcuni anni con l’ormai marito Epel Felmier. La cerimonia, svoltasi all’interno di uno dei numerosi meleti di proprietà della famiglia Felmier, ha accolto solo parenti e amici stretti degli sposi, in una ricercata intimità lontano dai riflettori. La foto di questo articolo, scattata da un  familiare, è stata resa ufficialmente pubblica dagli sposi stessi. Tra gli invitati, di spicco erano senz’altro il principe Leona e la principessa Vil del regno Afterglow Savanna, quest’ultimo intimo amico di entrambi gli sposi. Come è noto, un tempo Vil e Neige si erano contesi la notorietà, salvo poi stringere un forte legame di amicizia, mentre con Epel avevano frequentato lo stesso college e lo stesso dormitorio, chiamato Pomefiore, dedicato alla famosa Regina Cattiva. Il paggetto incaricato di portare le fedi all’altare, composta di un arco adornato di fiori, è nientemeno che il principino Rey figlio della coppia reale. Per il banchetto, gli sposi non si sono rivolti a nessuno chef, affidando ogni portata ai parenti che si sono concentrati su piatti tipicamente contadini. Mentre la torta, una curiosa creazione composta di molteplici torte di mele, è opera di Neige e della suocera. Quella che per la maggiore si è svolta come una cerimonia tradizionale, si è poi trasformata in una favola quando lo sposo si è esibito per Neige, intonando una canzone d’amore scritta da lui stesso e musicata dall’amico e testimone di nozze, ossia la principessa Vil. Epel, già noto col soprannome di ‘Principe Azzurro’ nel campo delle corse in moto di cui è campione nazionale da due anni, ha così dimostrato di meritarsi tale soprannome anche nella vita quotidiana. La canzone, intitolata ‘One song’, è in vendita online come singolo e sta già riscuotendo un enorme successo…”
L’ultima parte dell’articolo non era leggibile.
Terminato di assemblare i componenti dell’ultima freccia sul tavolino, Rook la ripose nella faretra che era poggiata accanto alla poltrona. Notò che il fuoco stava perdendo d’intensità, perciò si alzò e raggiunse una catasta di legna. Invece di prendere un ciocco, deviò la mano verso una mensola e prese un album che vi era sopra. Tenendolo fra le mani ne baciò la copertina in tessuto viola, come se si trattasse di una reliquia, e poi lo aprì. Le sue dita parvero danzare sulle immagini ritraenti Neige LeBlanche, tutti ritagli recuperati da vecchie riviste. Lo sguardo di Rook si soffermò su ognuna di queste, le dita sfiorarono i capelli corvini come se potessero coglierne la morbidezza, poi fu la volta delle labbra rosse e arcuate in un dolce sorriso. Neige, il suo idolo fin dai tempi dell’infanzia. Tenendo l’album aperto fra le mani, camminò fino ad essere davanti al caminetto e si mise a cantare.
One looooove
That has possessed meeee
One loooove
Thrilling me throuuuugh
One sooong
My heart keeps singiiiing
Of one looove
Only for youuuu”
Protese le braccia in avanti e lasciò che l’album gli scivolasse dalle mani per ricadere tra le fiamme danzanti.
 

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Capitolo 16
*** Cater&Rey ***


Epilogo
Cater&Rey
 
Aveva scorto la residenza dei Principi già da qualche miglio di distanza, poi avvicinandosi man mano col nuovo fuoristrada su quelle strade selvagge, era quasi rimasto a bocca aperta nel vedere ciò a cui stava andando incontro. Chiamarla residenza era piuttosto limitativo, quella dimora rispecchiava appieno l’ego dei suoi proprietari. Non per dire, ma aveva visto castelli molto più sobri! E poteva dirlo a pieno diritto, dopo aver visitato l’intero globo! Era anche un’abitazione fuori posto, nel senso che, pur trovandosi nella Savanna, nel corso degli anni era stata modificata radicalmente fino ad assumere un aspetto rigorosamente nordico. Grande, imponente, severa, fissandola metteva quasi i brividi. Vil non si era risparmiato! E Leona gliele aveva date tutte vinte… Anche gli enormi cancelli avevano il loro che. Erano sorvegliati da quattro guardie armate, uomini bestia dalle sembianze di rottweiler. Incroci con scoiattolini o dolci criceti no eh? Aveva sentito che quasi tutte le guardie della residenza erano state scelte da Jack in persona. Se voleva tenere alla larga qualunque essere vivente, ci stava riuscendo bene! Rallentò in prossimità del cancello, fino a fermarsi accanto ad una cabina di controllo. Grazie al cielo fu accolto da un uomo iena dall’espressione gioviale!
“Favorisca dei documenti, prego.”
Li prese dal cruscotto e li porse all’uomo. Questo, dopo aver letto, alzò lo sguardo su di lui come per verificare qualcosa. Pensò bene di sollevare gli occhiali da sole sulla testa, per facilitargli le cose.
“E’ davvero lei! Sono onorato di incontrarla! La seguo sempre su Magicam!”
Yep! Era sempre piacevole sentirsi amati e ammirati, indipendentemente dalle persone e dal luogo.
“Mi perdoni, ha con sé l’autorizzazione?”
Certo che sì! Quella l’aveva tenuta bella distesa sul sedile accanto, un prezioso passeggero che gli aveva tenuto compagnia dall’alba, quando aveva attraversato per la primissima volta il confine di quel regno. Gliela porse e l’uomo terminò di fare i dovuti controlli.
Mentre gli restituiva tutto, gli diede alcune necessarie spiegazioni. “Prego, ora può passare. Una volta entrato dai cancelli prenda la destra, poco più avanti l’accoglierà un parcheggiatore che si prenderà cura della sua vettura e avviserà dei valletti per trasportare i suoi bagagli.”
Lo ringraziò ed abbassò gli occhiali. Il sole di quel Paese era troppo forte per i suoi occhi, chissà se si sarebbe mai abituato. Inserì la marcia, mentre i cancelli venivano aperti con un comando elettronico, ma ecco che l’uomo attirò la sua attenzione con una domanda.
“Ehm, perdoni la mia impertinenza. Se posso chiedere… Signor Diamond, che cosa ha fatto per far arrabbiare i Principi a tal punto da bandirla dal regno per ben diciannove anni?”
Cater esibì un sorriso divertito e rispose sinceramente. “Ho osato allungare le mani sul loro tesoro più caro e non l’hanno presa affatto bene!”
“Deve essere stato qualcosa di veramente prezioso per farli reagire così!”
“Di inestimabile valore!”
L’uomo gli fece un cenno col capo in segno di saluto e Cater partì. Come detto, un uomo si occupò di parcheggiargli il fuoristrada in un posto a lui riservato e in breve arrivarono anche altri uomini a recuperare le sue valigie. Assieme a loro giunse anche una donna, una signora avanti con gli anni, dal sorriso buono, bassa statura e le sembianze di un topolino di campagna.
“Ben arrivato, signor Diamond. La prego di seguirmi.”
Non se lo fece ripetere. Entrando all’ingresso della struttura, si ritrovò letteralmente circondato da marmi di ogni tipo ed ogni colore! Ovunque posasse lo sguardo c’erano marmi, marmi e marmi ovunque! E poi sculture, dipinti, tende in stoffa pregiata, perfino una fontana a parete! Prima lo aveva pensato per scherzo ma…accidenti, Vil davvero non si era risparmiato! Ed era solo all’ingresso! Che manifestazione di potere e ricchezza avrebbe visto una volta visitata tutta la residenza? Occhiali stretti nella mano e bocca aperta, quasi faticava a star dietro alla donnina, tanto era preso da ogni cosa che lo circondava. Salirono uno scalone e imboccarono un corridoio privo di finestre ma ricoperto di specchi, dove delle lanterne magiche illuminavano creando effetti di luce che variavano dall’azzurro al dorato. Ad una biforcazione presero la sinistra e si fermarono di fronte ad enormi porte con su dipinta un’oasi.
La donna topolina afferrò una maniglia in ottone grande quanto la sua mano ed aprì una delle porte. Cater la seguì senza battere ciglio. Oltre quelle porte c’era un’anticamera che si affacciava ad altre porte.
“Quella di sinistra è la camera da letto del principino, quella al centro è il bagno, mentre questa sulla destra…” Aprì la porta in questione e lo invitò ad entrare con un cenno della mano. “Questo è il salotto privato del principino. Ho ricevuto istruzioni di condurla qui. Lui la raggiungerà  a breve.”
“Eeeeehm…..grazie…?” Gli girava la testa, sperò che almeno il corpo fosse fermo.
La donnina se ne accorse e lasciò una dolce risatina. “Capisco come si sente! Ma vedrà che si abituerà presto! Da quello che il principino mi ha raccontato, immagino che lei sarà ospite qui molto a lungo!”
“Oh  a tal proposito. Le mie valigie…?”
“I valletti le avranno già portate alla stanza che le è stata assegnata.”
“Stanza?”
“Sì, la sua stanza! Si trova nell’ala opposta della residenza! La principessa Vil l’ha fatta preparare appositamente per lei!”
Eh certo…figurarsi se gli avrebbe permesso di dormire assieme a… Sospirò, sulle labbra un sorriso a metà tra il divertito e il rassegnato. “Ho capito, la ringrazio.”
La donna fece un cortese inchino e lo lasciò solo.
Quel salotto era diverso dal resto. Era, come dire, meno megalomane. Le pareti color lilla erano in armonia coi due sofa verde smeraldo, mentre le lunghe tende che coprivano due finestre aperte erano di un bel bianco candido. Su alcuni mobiletti erano vasi colmi di fiori di tutti i tipi, ma la vera bellezza erano le foto incorniciate distribuite sulle pareti con armonia. Quelle foto erano come un diario della vita del suo amore. Da quando era un cucciolo fino all’età adulta. Con lui c’era quasi sempre qualcuno, tutte persone che conosceva bene anche lui, tranne quella simpatica iena di nome Sol che di fatto non aveva mai incontrato direttamente, ma di cui sapeva tutto comunque. E poi..be’, c’erano anche alcune foto delle sfilate a cui aveva partecipato come modello, oppure lui assieme a modelle con addosso le sue creazioni. Non c’era da aspettarsi qualcosa di diverso da un talento naturale in grado di disegnare abiti fin dalla tenera età! Aveva seguito ogni suo traguardo a distanza, non si era perso un evento, né una foto, né un’intervista. Ma tutto solo attraverso lo schermo. Il che significava…essersi perso tutto. Quell’indicibile sofferenza della separazione e quel devastante senso di vuoto che lo avevano accompagnato per diciannove lunghi anni, sarebbe riuscito a colmarli? Si stava lasciando scivolare nella malinconia quando delle voci fuori dalle porte lo richiamarono al presente.
“Davvero, zio Jack, non c’è bisogno che tu rimanga!”
“Preferirei di sì. Non ti disturberò, rimarrò qui in corridoio.”
“Ah ah! Capisco che sei la mia guardia del corpo, ma adesso non corro pericoli! C’è Cater con me!”
“Appunto… Non credo che i tuoi genitori approverebbero. Così all’improvviso.”
Alcuni istanti di silenzio.
“…magari evita di dirglielo! Ti prego, voglio stare da solo con lui per un po’!”
“…e va bene… Andrò a sentire il rapporto delle guardie. Cerca di non farmene pentire!”
“Waaah! Ti voglio bene, zio Jack!”
La conversazione finì, si udì il rumore di tacchi  a spillo sul pavimento. Cater sentì il cuore in gola. Pochi istanti e vide la maniglia della porta del salotto muoversi. Cater smise di respirare. La porta si aprì e…
Un’elegante scarpa chiusa in punta, color lavanda e dal tacco a spillo, la quale avvolgeva un delizioso piedino, la caviglia sottile s’intravedeva appena da sotto l’orlo di un tailleur del medesimo colore, dal taglio morbido che risaliva fino a fasciare un vitino delizioso e snello, appena sfiorato da una camiciola bianca senza maniche e con delle ruches sulle estremità e sul petto in una striscia decorativa che risaliva fino alla scollatura minima, il collo elegante come quello di un cigno, labbra rosee che incorniciavano un sorriso splendente, naso sbarazzino, occhi grandi e luminosi come diamanti al sole impreziositi ancor più dalle lunghe ciglia e dall’ombretto dorato, le orecchie feline con la punta arrotondata dal pelo scuro e una chioma color champagne lunga fino ai fianchi e con delle ciocche simili ad onde che ricadevano ai lati del viso.
“Cater!”
La voce si era mantenuta squillante e cristallina nonostante la crescita. Quello dinanzi a lui non era il ragazzino che gli aveva fatto perdere la testa tanti anni fa, bensì un giovane uomo al culmine della bellezza e in possesso di un androgino potente. Era come rivedere Vil ai tempi del coll-no. Nemmeno Vil aveva mai raggiunto un simile picco di bellezza. Ma soprattutto, Vil non aveva mai avuto occhi così colmi di gioia e un sorriso così sincero. Quelle caratteristiche appartenevano a…
“Rey… Sei bellissimo…” La voce gli uscì spezzata dall’emozione.
Accorgendosene, Rey ebbe un accenno di timidezza che gli fece abbassare lo sguardo. Richiuse la porta dietro di sé e fece un paio di passi verso di lui.
“Ehm…anche tu! Non sei cambiato molto dall’ultima volta che ci siamo visti!”
“Ah ah! Vorrei che fosse vero!” Scherzò Cater, lisciandosi all’indietro i capelli rossi e ondulati che aveva lasciato crescere un po’ oltre le spalle. Il suo viso era rimasto pressoché lo stesso, grazie anche all’utilizzo di svariate creme con cui si era curato una volta passati i trent’anni, mentre il suo fisico era diventato un po’ più robusto per via degli allenamenti che aveva imparato a fare quotidianamente per tenersi in forma. In poche parole, aveva fatto di tutto per mantenersi in buono stato in vista dell’incontro col suo amore…molto più giovane di lui!
“Ma che succede? Sembriamo due bambini il primo giorno di scuola materna! Non abbiamo motivo di essere così imbarazzati! In fondo siamo rimasti in contatto, no?”
“E’ vero…”
“Sono stato io a chiamarti!” Nel dirlo, Rey si mise in posa atteggiandosi a diva, strappando così un sorriso a Cater!
“Non potevo fare io la prima mossa! Sapevo che il tuo numero sarebbe stato attivo per il tuo tredicesimo compleanno, però non avevo idea di quale giorno saresti tornato dal viaggio nel tempo!”
“Uh uh! Ci ho pensato subito! Un paio di ore dopo il mio ritorno, stando attento a non farmi beccare, ti ho chiamato! Eri così emozionato che la voce quasi non ti usciva!”
“Questo perché non sentivo la tua voce da quattordici anni, tre mesi e ventuno giorni…” Il suo sguardo azzurro tremò. “E dopo, anche potendo contattarti, ho dovuto attendere altri quattro anni per poterti rivedere…”
Rey ebbe una morsa al cuore. Non era sua intenzione canzonarlo e farlo stare male, ma non se ne era reso conto mentre diceva quelle cose poco prima. Si morse un labbro e cercò di fare ammenda. “Scusa… Posso solo immaginare quanto sia stata dura per te attendere così tanto.”
Cater allungò una mano verso di lui. “Promettimi che d’ora in poi non ci separeremo nemmeno per un istante.”
Rey accennò un sorriso, mentre a sua volta allungava la mano. “Lo prometto!”
Le loro dita si sfiorarono lentamente, un tocco che entrambi avevano desiderato per lungo tempo.
“Non ho smesso un solo giorno di pensare a te in questi diciannove anni!” Disse Cater, con gran sentimento, prima di attirare il suo amore a sé e avvolgerlo in un abbraccio disperato. Le loro labbra si unirono in un bacio assetato, desiderosi di riscoprire il sapore l’uno dell’altro, di amalgamarsi dopo l’interminabile separazione che gli era stata imposta. Nessuno di loro poteva dire di essere stato infelice, poiché entrambi avevano vissuto una vita ricca di esperienze. Rey era cresciuto e si era fatto strada nel mondo della moda come sua madre, mentre Cater aveva visitato ogni dove del pianeta per arricchire il proprio bagaglio culturale e sentirsi degno di poter stare al fianco di un principe (il tutto registrato e poi pubblicato tramite vlog settimanali su Magicam!). Non che non avessero parlato di incontrarsi di nascosto, negli ultimi anni, ma oltre al fatto della stretta sorveglianza di Jack come guardia del corpo, il timore di sbagliare e rovinare tutto era così forte da indurli a pazientare senza fare colpi di testa. Resistere, ingoiare lacrime e accontentarsi di vedersi attraverso uno schermo fino al raggiungimento della maggiore età di Rey. E così, come dono, suo padre Leona aveva promesso di abolire il bando imposto a Cater. Una ricompensa più che legittima!
I baci si susseguivano senza tregua, senza respiro, colmi di passione in quel momento magico, fino a quando…
Se lo trovo con quelle zampacce addosso a nostro figlio, giuro che gli squarcio il ventre con le mie zanne e lo eviscero!”
Ahh Leona, non essere il solito selvaggio. Prima vorrei avvelenarlo e vederlo contorcersi dal dolore!”
UGH! Il bacio s’interruppe all’istante, i piccioncini riaprirono gli occhi e volsero gli sguardi intimoriti verso la porta fortunatamente ancora chiusa.
Quando Vil e Leona entrarono nel salotto, la prima cosa che fecero fu di aguzzare la vista per capire la situazione, ossia trovarono Rey seduto a gambe accavallate sul sofa più lontano e Cater su quello più vicino, completamente dalla parte opposta, messo in una posa bizzarra e con un sorriso beota in volto.
“Ehilà Vil! Sei uno splendore proprio come ti ricordavo!”
“Anche tu sei come ti ricordavo! Squallido da darmi la nausea.” Rispose lui, senza mezzi termini e sfoggiando la ben conosciuta espressione di disgusto, nel vedere quell’essere che continuava a ridacchiare come un idiota.
Leona fece un ghigno perfido. “Non vedo l’ora che tu rimanga solo nella tua stanza, così potrò fare come l’ultima volta!”
Con l’ultima volta si riferiva ovviamente a quando lo aveva pestato senza pietà! Il ricordo per lui era particolarmente piacevole, al contrario di Cater che invece impallidì e si strinse a riccio per proteggersi.
“Insomma, adesso basta!” Rey si alzò e andò incontro ai genitori con un adorabile broncio. “Mi avevate promesso di non trattarlo più così! Adesso ho diciotto anni! Può farmi tutto quello che vuole! Non è più illegale!”
Il che era vero, ma…con dei genitori iperprotettivi c’era poco da fare…
Vil allargò le braccia come a disegnare una barriera, un modo per interrompere il conflitto che si stava creando parola dopo parola. “D’accordo, ora calmiamoci.” Si ricompose, come si confà ad una principessa, e si rivolse al figlio con tono più caldo e tranquillo. “Rey, avremo tempo di parlare di voi e del vostro rapporto, per adesso mi basta che tu ti concentri su questa giornata. Oggi è il tuo compleanno e voglio che tu sia felice di festeggiare con la famiglia e con gli amici.”
Rey fece un cenno col capo. “Certo, mamma! Non dimentico che nonno Eric, lo zio Epel e la zia Neige sono venuti qui per me! Come anche la famiglia dello zio Ruggie! Sarò puntuale per il pranzo, non devi preoccuparti!” Si volse e diede una sbirciata al suo fidanzato ancora immobile dalla paura. “Farò vestire Cater a dovere e vi raggiungeremo!”
“Vedi di dargli una bella strigliata soprattutto per la cena, per favore. Ci saranno i tuoi nonni paterni e la famiglia di tuo zio Farena, non vorrei che questo idiota ci facesse sfigurare.” Il tono velenoso, ma subito dovette correggersi ad un’occhiataccia del figlio! “Nel pomeriggio dovresti trovare anche il tempo di cominciare a rispondere ai messaggi di auguri che ti sono stati inviati sai sovrani degli altri regni.”
“Farò tutto! Così domani potrò andare in gita con Cater!”
“Q-quale gita?” Saltò fuori Cater, allungando il collo e sgranando gli occhi.
Rey si illuminò come una lampadina e parve tornare il ragazzino di un tempo! “Voglio portarti nel mio posto preferito! Andremo con la moto!”
“Moto???”
“Sììì! E’ blu e rombante! Me l’hanno appena regalata gli zii Epel e Neige!”
Vil si portò una mano alla fronte, sospirando. “Immagino che dovrò abituarmi anche a quello… Spero non ci siano altre sorprese per oggi.” Lasciò perdere e si aggrappò al braccio di Leona che ancora stava guardando Cater in cagnesco. “Ci rivediamo più tardi, allora.”
“Va bene, mamma!” Rey ora stava gongolando un po’ troppo sfacciatamente. Va bene che non vedeva l’ora di stare solo con Cater, però accidenti un minimo di contegno non ce l’aveva proprio!
Cater salutò la coppia reale con la mano, non osando più aprire bocca, e appena questi furono usciti, si lasciò andare mezzo svenuto sul sofa!
“Mi odieranno per il resto della vita… Ho capito…”
“Ah ah! Vedrai che prima o poi cambieranno idea!” Minimizzò Rey, allegro come un fringuello, per poi balzare su di lui e accomodarsi sulle sue ginocchia. Gli portò le braccia al collo e attese che Cater gli cingesse i fianchi e abbandonasse ogni umore cupo. “Ora che sei qui, io sono felice Cater. Spero di riuscire a rendere felice anche te.”
“Lo sono già! Sarei un folle a rinunciare a te proprio ora!”
I loro sguardi colmi d’amore si persero l’uno nell’altro. Erano insieme, nient’altro aveva importanza.

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