Mistiche Coincidenze

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Day 1 part 1 ***
Capitolo 3: *** Day 1 part 2 ***
Capitolo 4: *** Day 2 part 1 ***
Capitolo 5: *** Day 2 part 2 ***
Capitolo 6: *** Day 3 part 1 ***
Capitolo 7: *** Day 3 part 2 ***
Capitolo 8: *** Day 4 part 1 ***
Capitolo 9: *** Day 4 part 2 ***
Capitolo 10: *** Day 4 part 3 ***
Capitolo 11: *** Day 5 part 1 ***
Capitolo 12: *** Day 5 part 2 ***
Capitolo 13: *** Day 5 part 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Mistiche Coincidenze

Copertina

Prologo

 

La pioggia cadeva fitta bagnando l’impermeabile nero di Martha Campbell, mentre procedeva per la sua strada cercando di coprirsi al meglio e di ripararsi quando trovava un portico o un balcone sotto cui farlo.

Ma non poteva permettersi di perdere tempo.

Doveva raggiungere il quartiere giusto, e doveva farlo a piedi, per non rischiare che qualcuno la vedesse o scoprisse cosa stesse cercando di fare nell’eventualità che avessero fatto ricerche su di lei.

O almeno così le aveva detto la persona misteriosa che l’aveva contattata poco meno di un mese prima, dal suo appartamento in America.

Ora si ritrovava in Corea, quattro anni dopo averla lasciata sperando fosse per sempre, senza neanche sapere perché ci fosse ritornata.

Almeno riusciva ancora a parlare la lingua, altrimenti sarebbe stato problematico anche solo rispondere al telefono per farsi dire dove andare, anche se in fin dei conti sarebbe stato meglio, dato che in quel caso avrebbe potuto giocare la carta dell’ignoranza.

Per fortuna aveva ancora contatti con una sua vecchia compagna di orfanotrofio che lavorava lì e aveva potuto offrirle un posto dove dormire e qualcosa da mangiare.

Non che lei fosse povera, ma lo stipendio di una tatuatrice non aveva molti zeri.

Avrebbe potuto fare altro di ben più prolifico nella sua vita, ma si era ripromessa di non essere mai sfruttata in nessun modo, e di vivere come voleva e nel modo in cui le piaceva di più. Già aveva passato dei momenti che non voleva minimamente ripetere in passato, e adesso era decisa ad uscire fuori dal tunnel della Martha che era stata.

Ed era riuscita a vivere in questo modo per più di due anni, prima che un tale “Sconosciuto” l’avesse chiamata con voce inquietante obbligandola a scaricare un’applicazione e dirigersi in un appartamento al centro di Seul.

Raggiunse a fatica l’entrata, e, riparandosi sotto al portone, prese il telefono, cercando di fare in modo che non si bagnasse.

Le sue mani tremavano per il freddo quando aprì l’applicazione, che a prima vista era sembrata una semplice app di messaggi, ma che poteva connetterla solo allo sconosciuto.

 

“Sconosciuto: Sei arrivata?

Si

Cosa vuoi da me?

Sconosciuto: Entra nel palazzo

La porta d’ingresso è chiusa

 

Neanche il tempo di finire di scrivere che con un sonoro suono metallico la porta si aprì, permettendole di entrare.

Martha sospirò, e facendosi forza entrò.

 

Sconosciuto: Dirigiti al quattordicesimo piano 

Chi sei?

Sconosciuto: Non fare storie

 

Martha strinse i denti, ed eseguì, entrando in ascensore e guardandosi intorno nel frattempo. Notò tre telecamere nel suo tragitto: una all’ingresso, una alle fine delle scale e una terza sul piano che raggiunse, che puntava dritta verso una porta protetta da un codice. Si rese conto che non sembravano esserci inquilini nel palazzo, che era avvolto in un grande e inquietante silenzio. La faccenda era sempre più preoccupante, ma non poteva tirarsi indietro. Aveva troppe cose in ballo.

Osservando la porta con il codice, la sua attenzione ritornò sul telefono.

 

Sono alla porta

Sconosciuto: C’è una password?

Sai bene che c’è

Tu ce l’hai?

Sconosciuto: Bene, hai capito che non devi fare scherzi con me

Ecco qui la password, immettila ed entra: ****************

E poi?

Sconosciuto: E poi gioca

Gioca?

Sconosciuto: Sono sicuro che saprai cosa fare, per questo ho scelto te

Sconosciuto: Se provi a parlare di me è game over.

Sconosciuto: E se ti rivelerai una delusione, game over

Sconosciuto: Sai cosa ho su di te.

Sconosciuto: Buona fortuna, MC

MC?

 

Martha entrò nell’appartamento, ma prima che potesse scrivere altro lo schermo venne hackerato, e lei non si trovò più nella chatroom con lo sconosciuto misterioso, ma in un’altra con cinque persone che discutevano senza accorgersi della sua presenza.

Rimase all’ingresso a fissare lo schermo sconvolta, senza neanche avere l’accortezza di togliersi l’impermeabile bagnato o di guardarsi intorno.

 

Yoosung: Ho fallito gli esami :’(

707: lololol

Jumin Han: Dovrai impegnarti di più se vuoi sperare di ottenere 

un posto non appena avrai finito l’università

Zen: Non è nepotismo questo?

Yoosung✮: L’offerta è ancora valida?

 

Dopo un paio di minuti, ancora non si erano accorti di lei, e Martha si sbloccò, e si guardò intorno cercando qualsiasi segno ostile.

Una telecamera riprendeva l’ingresso e un’altra poco lontano era puntata in modo da riprendere tutto il salotto.

Chi poteva essere così paranoico da impostare telecamere in tutta la casa?

Si sbottonò lentamente l’impermeabile, iniziando a sentire caldo, ma decise di non togliersi il cappuccio per non essere ripresa appieno, anche se i capelli dalle punte rosa che spuntavano in ciuffi mossi erano parecchio riconoscibili. 

Lanciava nel frattempo occhiate nella chatroom per controllare se si accorgevano di lei, incerta se entrare o no nella conversazione per palesare la sua presenza.

Non ci misero troppo a rendersene conto da soli.

 

707: Aspettate!

707: Gasp!!

Zen: Si può sapere che ti prende?

707: Hacker!!

707: SOS

707: SOS!

Yoosung✮: Hacker?!

Jumin Han: Di nuovo?

Zen: Martha?

Yoosung✮: Svevn!! Fa qualvoda!!!!

Zen: Attento agli errori. 

Jumin Han: Assistente Kang? Sei online?

Jaehee Kang: Non avevo motivo di entrare nella conversazione.

Abbiamo un nuovo allarme hacker, vedo. Devo riunire l’unità di intelligence?

 

Unità di intelligence? Dove diavolo era finita Martha? E poi alcuni nomi e volti, lì in mezzo, le risultavano alquanto familiari. Era finita in una trappola enorme, e non sapeva nemmeno il perché.

Decise però di cercare di parlare prima che la venissero ad arrestare. Se avevano a portata di mano un’intelligence, sicuramente l’avrebbero rintracciata e arrestata in pochi minuti, senza che lei potesse scappare.

E non poteva permetterlo.

 

Jumin Han: Luciel, stai rintracciando questa Martha? Dobbiamo 

essere sicuri non sia come due anni fa prima di procedere.

707: Cisrolavoramdomenyresvrivo!

Yoosung✮: Attento agli errori, fai presto.

Jumin Han: Dovremmo anche avvertire V.

Zen: Magari qualcuno ha installato la app due volte. 

Jaehee Kang: Seven, se questo è uno scherzo non è divertente.

707: Npnsvherzo!!

Jumin Han: Nickname Martha, palesati!

Ehm… ciao a tutti?

Yoosung✮: AHHHHHH! HA PATLATO!!!

Zen: Yoosung calmati.

Il mio nome è Martha, voi chi siete?

Jumin Han: Questa domanda dovremmo farla noi a te. 

Come sei entrata in questa chatroom?

 

Domanda difficile, senza ombra di dubbio. E a quanto pareva già due anni prima avevano avuto problemi di hacker. Probabilmente doveva giocare la carta dell’ignoranza, e non era difficile visto che aveva davvero pochissime informazioni.

 

L’ho scaricata, e poi uno sconosciuto mi ha detto di 

venire qui perché gli serviva aiuto e quindi sono 

venuta qui. Cos’è questo posto? Cosa fate qui? 

E perché tanta segretezza?

 

Forse aveva fatto troppe domande, ma era davvero nel panico

 

Jaehee Kang: Qui le domande le dovremmo fare noi. Dov’è “qui”?

Ehm… non lo so

707: ÈNELLAPPARTAMENTODIRIKA!!!!

Zen: Potresti scrivere in modo comprensibile?

Yoosung✮: NELL’APPARTAMENTO DI RIKA?!

Zen: COSA?!

Jumin Han: Beh, c’è già un cambiamento rispetto all’ultima volta. Adesso sappiamo dov’è e possiamo indagare meglio 

Indagare? Sentite, io non voglio creare problemi. 

Chi è Rika? Posso parlarle. Magari è stata lei a mandarmi qui

Yoosung✮: …

Jumin Han: Dici che ti ha mandato Rika, e a fare cosa?

Non ho detto che mi ha mandato Rika, ma se 

è questo il suo appartamento…

Jaehee Kang: E non sei qui per nessun motivo in particolare?

No, dovrei esserlo? Io non so nulla.

Zen: Io le credo, sembra diverso dall’altra volta.

Jumin Han: Di certo è più ignorante sull’argomento.

707: Puoi togliere il cappuccio?

Yoosung✮: ?

707: La sto guardando dalle telecamere di sicurezza. Togliti il cappuccio per favore.

 

Martha non era convinta di farlo, ma non aveva altra scelta. Prese un profondo respiro, e guardò fisso verso la telecamera, mentre si toglieva lentamente l’impermeabile nero, mostrando due vispi occhi viola coperti da occhiali spessi e una cascata di capelli neri con punte rosa legati in una mezza coda scomposta.

Dall’altra parte dello schermo, e della città, Seven osservò sorpreso i tratti somatici della ragazza, che conosceva fin troppo bene, o almeno credeva di conoscere.

Le dita premettero sui tasti del cellulare senza neanche rendersene conto.

 

707: Margo?!

 

Il messaggio provocò un vomito di risposte sorprese e spaventate da parte dei membri, ma Martha rimase completamente ghiacciata.

Nuove domande di Jumin e Jaehee non ottennero risposta, così come non ottenne nessun credito il tentativo di Zen di far smettere Jumin di fare domande indiscrete perché era chiaro che la stava spaventando.

Yoosung stava avendo un attacco di panico e Seven rimase zitto.

Ma quando Martha rispose, rispose a lui, come se avesse letto solo ed esclusivamente l’ultima parola che aveva scritto.

Perché in quell’unico nome, che non sentiva da due anni e temeva non avrebbe mai più sentito, ogni domanda sembrò trovare risposta, e ogni pericolo venne alla luce. Capì molto meglio la situazione e anche il modo migliore in cui affrontarla. 

Non poteva permettersi passi falsi.

 

Come conoscete il nome di mia sorella?

 

Lo sconosciuto aveva ragione, era un gioco, e lei doveva assolutamente giocare.

***

 

Si era ormai fatta notte non appena Martha ebbe finito di rispondere ad ogni domanda, ed iniziava anche ad avere un certo sonno.

E a quanto pareva sarebbe dovuta rimanere lì per un po’, era diventata parte integrante dell’associazione e avrebbero fatto dei controlli su di lei perché il grande capo V pensava che potesse esserci Rika o Margo dietro tutto e volessero organizzare un party come era consuetudine nell’RFA.

Sembrava che sua sorella due anni prima fosse venuta, con il nome di Rika morta da poco tra le labbra proprio per quello stesso motivo, e che fosse poi sparita nel nulla, forse proprio a causa dell’hacker che l’aveva portata lì.

Martha non sapeva proprio cosa dire, sembrava tutto così assurdo e inverosimile, ma probabilmente era meglio adattarsi alla situazione e magari poi indagare dall’interno.

Anche se sarebbe stato abbastanza difficile dato che era stata messa in quarantena chiusa in quell’appartamento dove non poteva aprire determinati cassetti e che aveva in totale, come Martha aveva appurato girandolo mentre chattava, sei telecamere, tra il salotto, la cucina, la camera da letto e il corridoio, e un microfono nascosto in bagno.

Non si fidavano di lei, soprattutto perché non sembrava sapere nulla di Margo, ma non aveva intenzione di dire più del necessario, e Zen si era battuto molto per non insistere, dato che erano problemi familiari e non dovevano immischiarsi.

Martha aveva già deciso che l’attore era il suo preferito per il momento, e poi si era accorta di conoscerlo. Una sua, amica, anche se non era certa di poterla definire tale, lo adorava alla follia ed era una sua enorme fan.

Conosceva anche Jumin Han, ma più di nome che per vero e proprio interesse. Le multinazionali coreane le interessavano davvero poco, però sentiva che era un nome che le era stato detto spesso, anche se non si ricordava l’occasione.

Anche Jaehee Kang, in realtà, le risultava già sentito, ma forse solo perché era abbastanza comune come nome.

V l’aveva chiamata per farle qualche domanda e spiegazione, e lo stesso aveva fatto Seven pochi minuti dopo, poi la ragazza aveva deciso di mettere in carica il telefono con il caricatore che per fortuna portava sempre in tasca insieme al portafogli e a degli snack di emergenza, e di controllare il frigo.

Non rimase sorpresa nel constatare che nel frigorifero della casa di una ragazza morta da più di due anni non ci fosse nulla ad eccezione di qualcosa scaduto da parecchio tempo in un angolo nascosto.

Anche la dispensa era vuota, e nell’armadio che poteva per fortuna aprire c’erano solo abiti vecchi che non le sarebbero mai entrati neanche in un solo braccio.

Non che lei fosse grassa, ma aveva forme sicuramente molto più marcate rispetto a quelle di Rika, a giudicare dal suo guardaroba.

Mentre si sedeva sul letto chiedendosi se chiamare o no Seven per chiedergli se poteva andare almeno al supermercato a comprare qualcosa da mangiare, le arrivò un messaggio.

 

Sconosciuto: Da ora in poi sarà tutto molto più divertente

Se hai fatto qualcosa a mia sorella non ti divertirai, stanne certo!

 

Martha decise di prendere uno snack e dormire, ne aveva proprio bisogno.

Il giorno successivo avrebbe fatto il punto della situazione e fatto tutte le domande giuste.

Sperava solo che delle chatroom non venissero aperte ad orari improbabili.

Forse sarebbe stato il caso di mettere il telefono in modalità silenziosa.

***

 

Martha: Se hai fatto qualcosa a mia sorella non ti divertirai, stanne certo!

 

Una figura con una giacca di pelle e un tatuaggio con un occhio e complicati ghirigori che le attraversavano tutto il braccio osservò divertita il messaggio.

-Abbiamo scelto bene, sicuramente questa volta il party si farà, è il momento giusto- si voltò verso una cella e ci si sedette davanti.

-Non fare quella faccia, grazie al tuo contributo tutti andranno in paradiso- gli sorrise maleficamente, con esaltazione.

-Ti prego, non farlo. Posso aiutarti, puoi ricongiungerti con…- la persona intrappolata cercò di far ragionare la figura nell’ombra, che gli mise un dito sulle labbra per zittirla.

-Shhhhh, non stancare la voce, ne avrai bisogno. Hai ancora un importante ruolo da giocare- comunicò in un tono che non prometteva nulla di buono, prima di osservare nuovamente il messaggio.

-Che ragazza sciocca. Pensa di salvare sua sorella, e non sa che lei è già salva e in questo modo porterà lei e tutte le altre MC in paradiso, insieme ai membri dell’RFA- commentò, con una grossa risata divertita.

 

 

2 anni prima

 

Margo aveva vissuto parecchi momenti molto preoccupanti nella sua vita, tra cui parecchie relazioni finite male e problemi familiari ai quali preferiva non pensare, ma non aveva mai immaginato che in un qualsiasi momento della sua vita si sarebbe ritrovata con una benda sugli occhi, in un’auto lussuosa e diretta in un luogo sconosciuto e sperduto tra le montagne per testare un gioco di simulatore di appuntamenti in modo da aiutare uno sconosciuto che l’aveva contattata dal nulla, probabilmente hackerandole il telefono.

A pensarci, effettivamente, poteva risultare la situazione più preoccupante che avesse mai vissuto, ed era convinta che qualsiasi persona sana di mente non avrebbe mai accettato un ruolo del genere.

Lei, però, era immensamente ottimista, e nonostante la sofferenza che si portava dietro da quando era piccola aveva deciso di vedere il lato buono delle cose e di fidarsi del prossimo, tanto che aveva fatto dell’aiutare gli altri un vero scopo di vita.

Anche perché il suo istinto di conservazione era parecchio difettoso, perciò tendeva a buttarsi nel pericolo senza pensare alle conseguenze che avrebbe riscontato, e in ogni caso era convinta che se la sarebbe cavata, come faceva sempre, anche quando avrebbe preferito abbandonarsi ad un eventuale destino infausto.

Pensando alla sua vita, alle sue scelte, e a tutto ciò che l’aveva portata lì, oltre che al fatto che probabilmente per un po’ non avrebbe potuto dare un passaggio ad una sua amica in motocicletta, prima che se ne rendesse conto la macchina si fermò, e l’autista le comunicò che erano arrivati, scendendo dall’auto per aprire la portiera.

Obbediente, Margo non mosse un dito, neanche per togliersi la benda, e aspettò nuovi ordini.

-Oh, eccoti finalmente. Ti stavo aspettando, sono felicissimo di vederti!- l’accolse una voce eccitata, che la fece sorridere.

-Ray, giusto? È un piacere essere qui- si voltò verso di lui nonostante la benda, iniziando ad uscire, e riconoscendo la voce che aveva già udito al telefono.

-Mi hai riconosciuto nonostante mi abbia sentito solo una volta. È davvero incredibile. Aspetta, ti aiuto a uscire, come è andato il viaggio?- Ray le porse le mano, che Margo accettò di buon grado, anche se se la sarebbe potuta cavare perfettamente anche da sola.

In realtà, nonostante la benda, aveva perfetta cognizione di dove fosse e cosa stesse accadendo intorno a lei. Era convinta, infatti, di trovarsi nei pressi di una grande casa nel bel mezzo di una montagna, anche se era indecisa tra due località, entrambe provviste della fauna che udiva nel bosco.

Ad accoglierla, oltre a Ray e all’autista, Margo aveva sentito i passi e i respiri di altri tre uomini, forse una scorta, a giudicare dall’odore di polvere da sparo nell’aria.

Tutto, in quel posto, gridava “pericolo”, dalle cose più ovvie a quelle più semplici, come l’alito di Ray, che odorava di prodotti chimici che sarebbe stato molto meglio non assumere tutti insieme.

Ma Margo mantenne la calma, la tranquillità, e la convinzione che tutto sarebbe andato bene.

-Grazie mille, Ray. Il viaggio è andato bene, anche se mi è dispiaciuto non poter vedere il panorama dal finestrino. Mi dirai tu quando togliere la benda, giusto?- chiese, tenendogli la mano mentre lui iniziava a camminare verso l’interno dell’edificio.

-Mi dispiace tantissimo, ma sono le nostre misure di sicurezza. Forse avrei dovuto oscurare il vetro e darti qualcosa da vedere nell’attesa. Cercherò di fare di meglio- si buttò giù Ray, rammaricato.

Quel commento fu il primo segnale d’allarme per Margo, o almeno il primo che decise di afferrare.

-Non preoccuparti, è stato comunque piacevole, mi sono riposata- cercò di rassicurarlo, in tono mite.

-Oh, g_grazie… cioè, ne sono felice… ehm, per quanto riguarda la benda, ti dirò io quando toglierla. Ti sto portando in camera tua, dove starai per tutta la durata della beta. Puoi andare ovunque il quel piano, ma non andare da nessun’altra parte, va bene?- si fece promettere, incerto.

Margo annuì.

-Va bene. Ho una camera tutta per me? È fantastico, Ray, grazie mille- lo incoraggiò, sorridendo caldamente, e sentendolo riscaldarsi.

-Ma certo. Non hai idea di quanto il tuo contributo sia prezioso per il nostro progetto. Ci ho lavorato tantissimo, spero davvero che ti piacerà- continuò a fare conversazione, accompagnandola.

-Sono sicura di sì. Spero solo di esserne in grado- 

-Ma sicuramente, sei la migliore che potessimo trovare. Oh, siamo arrivati, puoi togliere la benda- dopo averla fatta entrare in una stanza, Ray incoraggiò la ragazza a scoprirsi gli occhi, e una volta fatto Margo si ritrovò incantata alla vista di una stanza che sembrava presa da una fiaba, e un ragazzo pieno di aspettativa che sembrava tener conto di ogni singolo gesto con i suoi occhi color menta.

La reazione di Margo non lo deluse neanche un po’, perché lei allargò il sorriso e iniziò a girare intorno, incantata.

-Wow, è una stanza bellissima, sembra quella di una principessa. Ed è tutta per me?- chiese, incredula.

Ray sorrise sollevato, e annuì con vigore.

-Certo, l’ho preparata io. Ho scelto con cura ogni mobile. Sono davvero felice che ti piaccia, voglio che ti trovi bene qui. Potresti darmi il tuo telefono mentre installo l’applicazione?- chiese sollevando la mano.

Margo gli porse il telefono senza esitazioni, continuando poi a guardarsi intorno mentre lui armeggiava.

Era troppo in alto per poter eventualmente scappare, anche se con una corda di coperte avrebbe potuto farlo comunque. Il letto era pesante, avrebbe retto il peso, anche se le coperte non erano abbastanza da scendere fino a terra, ma era abbastanza agile da cadere comunque senza farsi un graffio.

Non c’erano telecamere, anche se doveva controllare eventuali microfoni. La porta in fondo alla stanza conduceva ad un bagno parecchio largo e l’armadio era pieno di vestiti della sua taglia.

La vista dalla finestra le diede conferma della montagna dove si trovavano, e vagamente la zona, anche se non con assoluta certezza.

Ma non aveva la minima intenzione di scappare.

Perché era esattamente nel posto dove voleva essere, nella situazione dove voleva trovarsi e pronta ad aiutare l’ennesima anima in pena che sembrava gridare aiuto.

Sorrise nuovamente a Ray quando le restituì il telefono e iniziò a spiegarle il gioco e le regole del posto.

Era positivamente certa che non le sarebbe successo nulla.

E in ogni caso, non aveva molti altri posti dove andare, ora che aveva litigato con sua sorella e tagliato ogni ponte con la donna che per molti anni aveva considerato come una madre.

Stare lì poteva essere la sua unica salvezza.

Non immaginava che si sarebbe potuta rivelare la sua rovina definitiva.

Ma lei era Margo Campbell, dopotutto, se la cavava in qualsiasi situazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non dovrei scrivere questa storia.

So di non doverlo fare.

Per svariati motivi: 

1) Non se la leggerà nessuno e finirò ancora una volta a deprimermi in un angolo nella convinzione di non saper scrivere decentemente quando a tutti gli effetti è il fandom ad essere deserto (e potrei non saper scrivere decentemente ma cerco di lasciarmi il beneficio del dubbio)

2) Ho almeno altre dieci storie in corso che dovrei effettivamente finire

3) Non ho il tempo di scrivere molto questo periodo perciò è probabile che anch’essa finirà tra le dimenticate in un paio di mesi di totale assenza di visualizzazioni.

Allora perché l’ho pubblicata?

Semplice, perché questa storia è nella mia mente da più di due anni, e non se n’è andata. Mi sono affezionata talmente tanto ai personaggi da me creati per essa, che volevo farci un dating sim a sé stante, e ho scritto, in totale, tra capitoli veri e propri, AU e one shot che si svolgono prima o dopo la storia, più di 500 pagine.

E dato che è un’idea così arpionata nella mia mente, ho capito che dovevo assolutamente buttarla fuori.

Anche perché ho scritto tutto fino al giorno 4.

Ma passando alla storia…

Ci sono 6 MC in tutto, Martha, Margo (scomparsa) e altre 4 che verranno introdotte nel prossimo capitolo.

Pensavo di fare che ad ogni capitolo viene ripercorso un giorno, ma dato che il capitolo 4 sono già 70 pagine e non l’ho finito completamente credo che ogni giorno potrebbe essere diviso in due o più capitoli, che per il momento penso che pubblicherò settimanalmente la domenica.

La storia seguirà non del tutto fedelmente le route di tutti i personaggi, ciascuno con una MC come anima gemella, ma non si limiteranno a stare solo con l’amore della loro vita. 

Martha è l’unica ad essere infiltrata nel messenger (oltre a Margo) e le altre incontreranno i membri dell’RFA in modi più o meno casuali, con parecchie mistiche coincidenze.

Ogni capitolo avrà un paragrafo finale che racconterà brevemente sprazzi di vita di Margo al Mint Eye, fino a capire cosa le è successo esattamente, anche se chi ha giocato Another Story potrebbe perfettamente intuirlo, anche se nessuna route sarà del tutto fedele, dato che le mie MC sono parecchio imprevedibili.

Spero davvero che la storia vi piaccia, e se vi andasse di lasciarmi una recensione, anche la più breve, o la più critica, sappiate che sarebbe una manna dal cielo per me, e un grande incoraggiamento a continuare, o ad abbandonare la storia per sempre.

Mi basta davvero poco per la prima cosa.

Anche perché ci ho messo l’anima in questa storia, informandomi e riflettendo su ogni cosa.

 

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Capitolo 2
*** Day 1 part 1 ***


Day 1

part 1

 

Il suono acuto di una notifica che non riconosceva appartenere al suo telefono strappò Martha dal dolce sonno dove, nonostante gli eventi del giorno prima, era riuscita a piombare con non troppe difficoltà.

Si girò nel letto sbuffando, ancora con gli occhi chiusi, e a tantoni prese il congegno infernale che aveva lasciato a caricare sul comodino e i suoi occhiali, senza i quali non vedeva assolutamente nulla.

Socchiuse gli occhi e controllò da dove fosse venuto il suono. Non fu sorpresa nel constatare che era il messenger dell’RFA. Ma come era possibile? Aveva il telefono silenzioso. Controllò per sicurezza ma le sue impostazioni erano giuste.

Disattivò e riattivò per sicurezza, e si rimise a dormire, ma pochi minuti dopo altre notifiche la disturbarono, e la costrinsero a svegliarsi del tutto per indagare meglio e risolvere il problema.

-Ma come diavolo lo spengo questo coso?!- si lamentò ad alta voce, mettendosi seduta e accendendo la lampada accanto al letto.

Neanche il tempo di controllare perfettamente le opzioni, che una chiamata da un numero sconosciuto la fece sobbalzare.

Sbuffò sonoramente, prima di rispondere.

-Pronto? Se sei l’hacker che mi ha portato qui hai scelto un pessimo orario- mugugnò tra sé irritata.

Era troppo stanca per esserne certa, ma giurò di aver sentito la persona dall’altra parte della cornetta emettere un riso soffocato, prima di rispondere con voce sacrale.

-Pronto, parlo con la signorina Martha Campbell?- chiese, formale.

-Eh… sì, chi parla?- chiese lei, iniziando a preoccuparsi, e svegliarsi ulteriormente.

-Devo informala che il suo conto in banca è stato usato per uno scherzo ed è stato prosciugato come conseguenza- la informò la voce.

Martha perse un battito.

Che fosse colpa dell’hacker? Perché se non lo era aveva avuto davvero una sfortuna immensa quei giorni. Come erano riusciti a prosciugarlo? Forse era stata Margo, magari era tornata. O l’hacker la minacciava e voleva soldi. Oppure...

-Segua le istruzioni, devo verificare il suo numero di telefono per questioni di identificazione- continuò la voce, calma e composta, probabilmente ignara del conflitto che stava creando nella sua interlocutrice, che proprio in quel momento, però, mentre la mente si svegliava del tutto, arrivò ad una soluzione, e capì cosa stesse succedendo.

Si esibì in un plateale facepalm e decise di stare al gioco.

-Oh per tutti i glitter! Cosa farò adesso? I risparmi di una vita da tatuatrice sottopagata erano tutto ciò che avevo!- esclamò, enfatica. Questa volta sentì chiaramente la risata trattenuta, ma l’interlocutore restò nel gioco ancora un po’.

-Mia cara cliente, non si faccia prendere dal panico e faccia dei profondi respiri. Deve essere calma in momenti come questo. Ora, per procedere con l’identificazione dica la seguente frase: “Tesoro, ti amo”, come dicono gli orsi di peluche romantici- continuò a spiegare, cercando di mantenere le formalità ma con la voce che si faceva sempre più divertita mano a mano che continuava a parlare.

Fu il turno di Martha di trattenere le risate.

-Tesoro…- cominciò, in tono suggestivo -…non ho un conto in banca- disse poi, rompendo le speranze della persona dall’altro lato della cornetta, che scoppiò a ridere senza trattenersi.

-Lo sapevo, ma è stato troppo divertente vederti spaurita prima che te ne rendessi conto- ammise, abbandonando del tutto la formalità e rivelando una voce decisamente più rilassata e piacevole.

Martha lanciò un’occhiataccia verso una delle telecamere della camera.

-Sei 707, vero?- intuì senza troppa difficoltà, dando le spalle al congegno elettronico e ritrovandosi davanti al secondo. Non aveva vie di uscita.

-Affermativo, puoi chiamarmi Seven. Ti volevo telefonare per confermare il numero. In realtà lo volevo fare domattina ma ho notato che sei sveglia perciò ho pensato fosse il momento migliore- spiegò.

Martha sbuffò.

-Non era il momento migliore, ma forse è stato provvidenziale. Come tolgo le notifiche del messenger? Ho silenziato il telefono ma non basta- spiegò il suo problema.

-Ah, giusto! Avevo chiamato anche per questo, dato che ti ho vista sclerare dalla telecamera. Il messenger trascende le impostazioni del silenziatore del telefono. È la app più importante e il suo richiamo angelico deve raggiungere ogni pecorella smarrita- iniziò ad enunciare Seven in tono più sacrale di prima.

-Wow, la tua dedizione è ammirevole. Talmente ammirevole che ho deciso di rivelarti un segreto succoso su di me per aiutarti nelle tue indagini- lo interruppe lei, in tono confidenziale.

-Un segreto succoso su di te? Che onore!- commentò Seven, con aria curiosa e allo stesso tempo cauta, come se sapesse perfettamente che Martha lo avrebbe preso in giro ma cercando di non pensarci perché l’idea di qualche informazione era troppo allettante.

-Sì, ti devo confessare che io…- si avvicinò al massimo alla cornetta, con il tono più basso che riuscisse a tirar fuori, per poi urlare, con quasi tutto il fiato che aveva in corpo -HO BISOGNO DI DORMIRE IL PIÙ POSSIBILE QUINDI DIMMI COME DISATTIVARE LE NOTIFICHE DEL MESSENGER!!!- dopo il suo sclero sentì un tonfo attutito, come se il telefono, o Seven stesso in effetti, fosse caduto a terra.

Dopo qualche secondo, il redivivo le rispose, divertito.

-Va bene, ghiro. Ti spiegherò tutto- acconsentì, ridacchiando.

Ci mise mezzora a spiegarle e, a dirla tutta, non servì poi a molto.

 

Dopo la notte passata praticamente in bianco, Martha si svegliò alle 8 del mattino, per via, ovviamente, di un suono proveniente dal suo telefono.

-Se le notifiche sono ripartite ti ammazzo Seven!- esclamò prendendo il telefono per dare un’occhiata veloce, ma non era una notifica, ma una chiamata ordinaria da una delle ultime persone a cui avrebbe voluto rivolgersi dopo tutto quello che era accaduto il giorno prima, e una delle poche persone che aveva messo tra le chiamate urgenti che, come il messenger, trascendevano il silenziatore del telefono.

Sospirò, e rispose. Era convinta che se non l’avesse fatto la persona che l’aveva chiamata avrebbe rischiato un attacco di cuore.

-Monica, tranquilla, sto bene- esordì, sbadigliando ma cercando comunque di apparire sveglia.

-Martha, grazie al cielo hai risposto! Non sei tornata a casa stanotte!- la accolse una voce preoccupata dall’altra parte della cornetta.

-Scusa, sono successe tante cose e non ho pensato di avvertirti- Martha si alzò a sedere, iniziando a stiracchiarsi, rassegnandosi al fatto che non avrebbe dormito più di così, e senza minimamente pensare che era solo in canottiera e Seven poteva guardarla dalle due telecamere nella stanza.

-Stai bene? Mi sono preoccupata, e anche Miriam ha dato di matto. Lo sai come è fatta, non si fida neanche del tutto di te da quando… lasciamo perdere. Allora stai bene?- la voce di Monica arrivava un po’ a scatti, probabilmente aveva trovato tempo di chiamarla solo in metropolitana, con la linea che andava e veniva. Erano gli unici momenti davvero di pausa che aveva.

-Si, sto bene, diciamo che ho trovato un altro posto dove stare perciò non credo che tornerò a casa nei prossimi giorni. Puoi affittare la camera se hai bisogno. Vorrei dirti di più ma non credo proprio di poterlo fare, al momento. Ma tu come stai? Che devi fare oggi?- chiese, con un vuoto di memoria circa quello che la sua coinquilina lì in Corea doveva fare quella mattina, anche se era certa glielo avesse ripetuto una ventina di volte.

Decise di alzarsi e versarsi un bicchiere d’acqua in cucina, più per muoversi un po’ che per vera e propria sete.

-Scusa per la linea, sono in metropolitana. Devo…oh aspetta!- seguirono una serie di rumori di porte che si aprivano e chiudevano, passi sull’asfalto e un annuncio automatizzato, segno che Monica era appena scesa.

Martha iniziò a bere l’acqua, ridacchiando tra sé e aspettando i tempi della sua amica.

-Eccomi scusa. Era la mia fermata. Sto andando alla C&R per quell’articolo sulla professionalità del signor Han a causa dei progetti per gatti- le spiegò, camminando con passo affrettato.

Martha sputò l’acqua per la sorpresa, mentre il ricordo di dove aveva già sentito il nome di uno, o forse anche due dei suoi nuovi compagni di avventure misteriose le ritornava alla mente.

Wow, che mistica coincidenza!

-Devi intervistare Jumin Han?- chiese per avere conferma, sorpresa.

-Si, perché questo tono?- chiese Monica, confusa e curiosa. 

-Quale tono? Me l’ero solo dimenticata, tutto qui- Martha iniziò quasi a preoccuparsi per la sua amica. Da quel poco che conosceva di Jumin non sembrava una persona facile da intervistare o collaborativa, e la carriera di Monica era davvero appesa a un filo quei tempi. Forse avrebbe dovuto parlare con Jumin in modo che non la trattasse in modo troppo freddo. Ma per come la considerava probabilmente avrebbe finito solo per peggiorare le cose.

Decise perciò di non dire nulla, e affidarsi alle doti dell’amica. Era abituata, dopotutto, a trattare con persone di quel tipo, e se l’era sempre cavata egregiamente. Ordinaria amministrazione per la giornalista più onesta e volenterosa di tutta la Corea del Sud.

-Forse è meglio che ti lasci allora. Sarai impegnata- decise di troncare la conversazione, mentre prendeva un tovagliolo e puliva l’acqua che aveva spruzzato da tutte le parti.

-In effetti sono quasi arrivata, ma se c’è qualche problema, per favore parlamene. Lo sai che siamo sempre pronte a sostenerti. Siamo una grande famiglia allargata- si mise a disposizione, facendo sorridere nostalgica Martha. L’amica già le mancava, ma era meglio non coinvolgerla più di tanto.

-In bocca al lupo, o meglio, in bocca al gatto!- la salutò, strappandole una risatina, prima di chiudere la conversazione.

Monica Collins era una sua vecchia compagna di orfanotrofio, ed era stata per lei, Margo, e altre ragazze, come una materna sorella maggiore. Erano passati anni da quando erano uscite da lì e si erano allontanate, sia fisicamente che affettivamente, eppure continuava a sostenerla e aiutarla nonostante le immense difficoltà economiche e lavorative personali.

Era proprio un angelo ansioso sceso in terra.

Martha non credeva proprio di meritarla, e non credeva neanche che meritasse la vita orribile che le era toccata, mentre persone come Jumin Han, nate con la camicia, ottenevano ogni giorno soldi che non sempre meritavano proliferando sulle disgrazie di persone come lei.

Notò che online c’era proprio Jumin. Come? Non si stava preparando a ricevere Monica? Lei era già lì, praticamente.

Entrò nella chatroom per controllare. Dopotutto, come neo membro dell’RFA, aveva ogni diritto di chattare con gli altri, anche se le sembrava ancora piuttosto strano che V l’avesse accettata senza riserve, soprattutto visti i precedenti.

Nella chatroom c’era anche Zen, e i due membri stavano già litigando.

 

Martha è entrata nella conversazione

Buongiorno a tutti e due

Zen: Oh, ciao Martha!

Jumin Han: Buongiorno

Non sei a lavoro, Jumin?

Jumin Han: Mi sto preparando per andare, 

oggi Elizabeth 3rd era più adorabile del solito 

e mi sono trattenuto per ammirare la sua bellezza

Zen: Non parlare di quella creatura ripugnante.

Chi è Elizabeth?

 

Martha era confusa. Aveva sentito, probabilmente da Monica che si preparava per l’intervista, che Jumin Han fosse lo scapolo più ambito della Corea del Sud, non credeva avesse una ragazza. E perché mai Zen la trattava così? E poi sbagliava o l’aveva chiamata Elizabeth 3rd? Che razza di nome era?

Per tutta risposta Jumin condivise l’immagine di un bellissimo gatto bianco dagli occhi azzurri a pancia all’aria, che guardava in camera con il sempiterno sorriso che tutti i gatti sembravano avere.

 

Zen: AAAAGHHHHH!!! Togli quel coso da davanti ai miei occhi!!

Perché? E’ adorabile!

Zen: Sono allergico ai gatti. Solo guardarlo mi fa starnutire!!

Jumin Han: Vedo che il nostro nuovo membro ha più gusto di te.

Ma il nome non è un po’ strano?

Jumin Han: -_-

Zen: Già, che razza di nome è Elizabeth 3rd?! LOL!

Zen: Ma ora basta parlare di gatti!!!

In effetti quando conti di andare a lavoro?

 Scommetto che hai degli importanti incontri oggi

Jumin Han: Non mi pare di avere niente di importante fino alle 10.

Perché tanto interesse? 

 

Martha avrebbe voluto urlargli contro. L’appuntamento con Monica era alle nove, la stava forse prendendo in giro?! Decise di mantenere la calma e non immischiarsi, Monica non lo avrebbe apprezzato e in ogni caso non doveva sapere che aveva contatti con Jumin Han.

 

Zen: Tsk, ecco cosa fanno quelli nati con la camicia. Si perdono il lavoro senza conseguenze.

Jumin Han: Sto andando a lavoro, ma considero l’osservazione di Elizabeth 3rd alquanto importante.

Ma la chiami sempre Elizabeth 3rd? 

Non potresti darle un soprannome? 

Zen: Possiamo evitare di continuare a parlare di gatti?! 

Scusa Zen. Lo trovo solo troppo strano per non pensarci

Jumin Han: Il nome le è stato dato da V, ed è particolarmente elegante. Riflette la sua natura perfetta.

Zen: Sto starnutendo!!!

Scusa Zen!! Come va a te con il lavoro?

Zen: Grazie di avermelo chiesto :D

Zen: In effetti ho delle prove questo pomeriggio 

Jumin Han: Non interessa a nessuno.

Se non ti interessa puoi sempre uscire dalla chatroom e andare a

 lavoro dove Jaehee ti aspetta!

Zen: BOOOM!! SPENTO!!!

;)

Jumin Han: -_-

Jumin Han: Sono già in auto diretto in ufficio, comunque

Jumin Han: Non intendo restare a lungo con questo atteggiamento

Allora arrivederci :p

Jumin Han: Con permesso…

Jumin Han è uscito dalla conversazione

Zen: Dopo questo ti meriti venti minuti di applausi

Zen: Nessuno aveva mai spento così Jumin figlio di papà Han

E’ stato un piacere ;)

Comunque credo di dovermi assentare anche io, ho delle faccende 

da discutere con Seven circa cibo, vestiti e altre cose così

Zen: Ok

Zen: Anche io devo andare ad allenarmi. 

Zen: Se hai bisogno di qualcosa chiedi ;)

Certamente, buon allenamento 

Zen: Ci sentiamo presto ;-*

Zen è uscito dalla conversazione

 

Martha ridacchiò prima di uscire a sua volta, poi cercò il numero che Seven le aveva salvato sul proprio telefono tramite l’applicazione, e lo chiamò sperando rispondesse.

Ci furono tre squilli prima che la voce energica che già aveva imparato a riconoscere l’accogliesse dall’altra parte della cornetta.

-Buongiorno, nuovo membro. Dormito bene?- chiese in tono irritante.

-Sai benissimo la risposta a questa domanda, quindi non sarò io a dartela- rispose lei sbadigliando.

-Come siamo sarcastici, tua sorella era molto più brava a fingere di essere un adorabile angioletto- la prese in giro lui.

Martha lanciò un’occhiataccia alla telecamera, senza rispondere.

Ora che ci pensava, lei era ancora in canottiera… forse avrebbe dovuto vestirsi prima di andare in giro per l’appartamento. Anche se dopotutto non era una tipa che si vergognava molto.

Almeno non era nuda.

-Ok, non sono nessuno per infierire. Allora, perché hai chiamato?- provò a cambiare argomento lui, in tono leggermente imbarazzato, forse anche lui rendendosi conto osservandola in telecamera di quanto poco fosse vestita.

-Ho tre domande da farti, e in cambio potrai farmene tre tu-

-A che mi serve fare domande se posso sapere tutto di te hackerando tutto quello che sei stata nei tuoi ventidue anni di vita- continuò a prenderla in giro Seven.

-Sono già pronta a chiamare il numero verde per attacchi hacker- lo minacciò lei, scuotendo la testa con un sorrisino appena accennato. Quel tipo la irritava e divertiva insieme.

Probabilmente se l’avesse incontrato dal vivo gli avrebbe tirato un pugno e poi gli avrebbe scompigliato i capelli affettuosamente, per poi tirargli un altro pugno.

-Ho detto che potrei farlo, non che lo sto facendo in questo momento. Ok, quali sono le tue domande?- cedette, dandole campo libero.

-Per prima cosa. Ho notato qualche telecamera all’interno dell’appartamento. Quante sono esattamente, e ce n’è una anche in bagno che non ho visto? Credo di avere il diritto di saperlo- 

-Le telecamere sono dieci in totale, contando anche quelle fuori dall’appartamento, undici con quella in strada, e nessuna è in bagno. Perché questo grande interesse? Cerchi punti ciechi per inviare messaggi all’hacker o a Margo?- indagò lui.

-E’ una delle tue domande?- lo mise in difficoltà lei, lanciando un’occhiata divertita alla telecamera.

-AHHRGHH… no! La mia prima domanda è: Chi è Monica Collins e cosa le hai detto stamattina?- 

Più difficile come domanda, ma non aveva niente da nascondere per fortuna.

-Monica è solo la ragazza che mi ospitava in casa sua durante la mia permanenza qui in Corea, e a proposito di questo, quante cose posso dirle? Per ora ho solo detto che non tornerò da lei e non so quanto tempo starò via, ma ho persone che si preoccupano per me. Non molte, ma ci sono. E poi mi sono presa solo un mese di permesso da lavoro, non posso mancare di più senza un motivo valido- approfittò per fare la seconda domanda.

-Ah, ecco, questo è un bel problema. Non puoi dire niente a nessuno, sono informazioni top-secret. Puoi dire di essere da amici?-

-In Corea non ho amici all’infuori di lei, e di altre due persone le quali una vive con lei e l’altra le conosce davvero bene-

-Così ci offendi, noi non siamo tuoi amici? Comunque il tuo coreano è incredibilmente fluido. Sei madrelingua?- 

-E’ la tua seconda domanda?- Martha decise di ignorare la questione amicizia, e preferì provocarlo nuovamente.

-Non serve che la spreco così, è una cosa che scoprirò da solo. La mia seconda domanda è: Perché sei tornata in Corea se vivi in America?- 

-Vacanza?- non voleva risultasse come una domanda, ma purtroppo non sapeva proprio come rispondere, e vacanza era l’unica cosa che le era venuta in mente.

-Siamo in autunno- obiettò Seven, non bevendosi l’affermazione.

-Vacanza autunnale, c’era meno folla. Perché non dovrei essere qui? C’era Monica e non la vedevo da un secolo. E’ un peccato mortale venire per un po’ in questo paese?- Martha, messa alle strette, iniziò ad irritarsi leggermente. 

-Mi sembra solo strano, tutto qui. Come se tu sapessi qualcosa che non ci stai dicendo- 

Certo che lo sapeva, ma non poteva dirgli tutto, altrimenti sarebbe stato tutto più sospetto, Senza contare che lo sconosciuto le aveva strettamente raccomandato di non raccontare di lui se non per grandi linee, e sembrava uno che manteneva le sue promesse.

-Ok, pensa quello che vuoi, io ho la terza e più importante domanda: posso uscire almeno a prendere vestiti e cibo, altrimenti morirò di fame e freddo qui dentro- cambiò bruscamente argomento, arrivando alla questione che più le premeva.

-Sarebbe sconsigliato, ma chiederò a V. In effetti non sarebbe molto galante da parte nostra far morire di fame il nostro nuovo apprezzatissimo membro- 

-Sbaglio o individuo una certa nota di sarcasmo nella tua voce?- 

-Chi, io? Nah!-

-Ho snack sufficienti per stamattina. Poi, a costo di venire arrestata dall’intelligence di Jumin, uscirò da qui e comprerò scorte almeno per una settimana- minacciò in tono drammatico.

Seven le resse il gioco.

-Noooo!! Non sia mai! Poi come faremo senza di te! Va bene, va bene, parlerò con V e vedrò di farti uscire questo pomeriggio. Hai altre domande?- chiese poi distrattamente.

-No, ma a te ne rimane una da sfruttare, e ringrazia che te la concedo, perché stanotte ti ho già rivelato uno dei miei segreti più oscuri- gli rammentò, con una risata.

-Non me lo ricordare… Accetterò l’onore della terza domanda.  Allora… cerca di metterti nei miei panni e di capire che la domanda che sto per farti è a scopo di capire meglio la situazione- iniziò, mettendo fin da subito le mani avanti.

-E già si parte male con questa premessa… ma ok, facciamo i seri per un secondo- Martha posò il panno, e concentrò tutta la sua attenzione sul ragazzo dall’altra parte della cornetta.

-Da quello che so tu e Margo siete orfane, quindi lei è l’unico membro della tua famiglia. Com’è possibile che in due anni non l’hai cercata dopo che è sparita nel nulla?- chiese lui, come se non riuscisse proprio a capirla, ma allo stesso tempo cauto, con l’aria di chi sapeva esattamente quanto potessero essere dolorosi i tasti che stava toccando.

Il primo istinto di Martha fu quello di mettersi sulla difensiva e obiettare che erano fatti suoi e di sua sorella, ma decise di trattenersi, e rimase in silenzio per parecchi secondi prima di rispondere.

-Io… è complicato. Abbiamo avuto un piccolo litigio e… non so quanto bene tu possa averla conosciuta, ma fidati, è una persona che se non vuole farsi trovare non si fa trovare. Lo è sempre stata, e ho deciso semplicemente di lasciarla andare e permetterle di tornare quando se la sarebbe sentita. Non potevo immaginare che sarebbe stata invischiata in problemi con associazioni di beneficenza e hacker pazzi- ripose con la maggiore sincerità possibile, ma Seven si rese conto che qualcosa non quadrava, e che sicuramente il loro nuovo membro non stava dicendo tutto.

Decise però di non insistere, non ne era nelle condizioni. Potevano anche essere solo problemi di famiglia che non riguardavano minimamente la situazione con l’associazione e l’hacker.

-Va bene, chiamerò V e ti farò sapere per la tua terza domanda. Ci sentiamo più tardi- cambiò argomento Seven. Martha apprezzò la sua discrezione, anche se era abbastanza intelligente da capire che lui era ancora sospettoso nei suoi riguardi.

Non lo biasimò.

-Ok, ciao 707- lo salutò lei, facendo un cenno verso la telecamera prima di chiudere la conversazione.

Seven non poté fare a meno di sorridere osservando dalla telecamera la figura che si alzava per andare in camera e rivestirsi, con il telefono in mano per eventuali nuove chiamate. La osservò per qualche minuto, poi compose il numero di V.

Ma il telefono era occupato.

 

-Trovo solo che sia strano, tutto qui. Dopo quello che è successo con la sorella mi sembra assurdo che tu l’abbia accettata senza riserbo nell’associazione- Jumin Han era arrivato in ufficio parlando al telefono, e si era appena seduto dietro la scrivania quando Monica, che era rimasta ad aspettarlo per parecchio tempo e nel frattempo aveva già iniziato a fare qualche domanda ai lavoratori della C&R, fu chiamata nel suo ufficio.

Jaehee Kang la annunciò, e Jumin, parlando al telefono, fece un cenno che poteva essere interpretato in molti modi ma che la sua assistente prese per un lasciapassare.

Monica così rimase sola davanti alla porta senza sapere bene cosa fare, e si guardò intorno, cercando di non risultare invadente mentre lo faceva.

Quella intervista la rendeva nervosa, molto più nervosa del solito, e non solo perché aveva a che fare con una delle persone più ricche e potenti della Corea del Sud, ma perché Monica aveva conosciuto quella persona all’università, e per un semestre i due erano anche stati amici, in un certo modo. Dopo quel semestre si erano persi di vista, mai più sentiti e non si erano più incrociati neanche per caso, ma Monica non aveva mai scordato Jumin Han, anche se era convinta che lui si fosse ormai dimenticato di lei.

La stanza era incredibilmente spoglia per essere l’ufficio di un dirigente, ad eccezione di alcune foto che ritraevano un bellissimo gatto bianco che Monica si mise ad osservare, gli occhi castani carichi di tenerezza, mentre aspettava che il direttore finisse, cercando di non immischiarsi nella sua conversazione. Il suo capo sicuramente avrebbe voluto dettagli piccanti e succulenti sulla sua vita privata, ma Monica non aveva la minima intenzione di darglieli.

Monica odiava i gossip. Pensava fosse crudele entrare nella vita privata di qualcuno solo perché era ricco, potente o influente. Ognuno aveva diritto alla propria privacy, ed essere famosi non doveva significare liberarsene. Perciò, sebbene il suo giornale campasse principalmente sui pettegolezzi, la ragazza si rifiutava di attaccarsi al carro, e preferiva scrivere gli articoli filler pagati pochissimo. Era molto problematico, ma non se ne pentiva.

Un piccolo stralcio di conversazione però attirò la sua attenzione, mettendo sull’attenti il suo istinto da reporter.

-Non sappiamo assolutamente nulla di questa Martha!- si stava lamentando infatti Jumin al telefono, a voce bassa ma abbastanza chiara.

Martha? Possibile che potesse essere la sua Martha? Dopotutto era poco comune lì in Corea sentire nomi americani.

Rimase con lo sguardo sulla foto, ma la mente iniziò a chiedersi come potesse, una persona come Jumin Han, conoscere Martha Campbell. Anche se in effetti la reazione della sua precedente coinquilina quando aveva nominato il dirigente era stata strana. 

La chiamata finì prima che Monica riuscisse a collegare i puntini, e quando il signor Han la chiamò, come se si fosse appena reso conto della sua presenza, decise di archiviare i dubbi in un angolo nella sua mente per rifletterci in seguito.

-Posso aiutarla?- chiese l’uomo, in tono affabile ma leggermente irritato, probabilmente a causa della conversazione telefonica.

Monica vide gli occhi dell’uomo squadrarla interamente, leggermente sorpresi.

Che l’avesse riconosciuta? Monica ne dubitava. 

Iniziò ad avvicinarsi, cercando di evitare lo sguardo del dirigente e lanciando un’ultima occhiata alla foto.

-Il suo gatto è davvero stupendo- disse, come per giustificarsi di averlo osservato così a lungo. Non era una bugia. Quella creatura era regale e adorabile, e Monica era una gattara incurabile.

Vide gli occhi del signor Han macchiarsi di leggera sorpresa al commento, ma per il resto il suo volto rimase impassibile, una lastra di ghiaccio.

-Il mio nome è Monica Collins, sono un’inviata del Dandelion journal…- si presentò. Avrebbe voluto azzardare un “Non so se ti ricordi di me”, ma decise di non rischiare. In ogni caso doveva restare professionale, anche se in fondo era estremamente felice di rivederlo dopo tutti quegli anni -… e sono qui per un articolo sul suo reparto della C&R in seguito ad alcune lamentele anonime di alcuni lavoratori su… sugli eccessivi prodotti per gatti che il suo ramo dell’azienda sembra produrre- non era molto contenta dell’articolo, a dire il vero. Non ci vedeva assolutamente nulla di male nello sfogare nel business un po’ delle proprie passioni. Anzi, la passione era un grande motivante per fare di meglio. Ovviamente nel caso in cui la passione non soffocasse i dipendenti, cosa che Monica era lì per controllare.

Anche Jumin non sembrava molto contento del motivo per cui la giornalista era lì. In realtà sembrava quasi in difficoltà, per un istante, poi tornò impassibile.

-Capisco. Si sieda. Allora, che vuole sapere?- le indicò la sedia in tono affabile ed educato. Sicuramente un tono che avrebbe fatto sciogliere qualche donna sensibile al fascino e ai soldi. Non Monica. 

La donna si avvicinò e si sedette lentamente, con eleganza e compostezza nonostante la gonna scomoda del suo unico tailleur. Odiava doversi vestire formalmente per quel tipo di interviste. Gonne nere e camicie non le erano mai andate a genio, tranne se doveva indossare queste ultime come pigiama estivo. Ed erano anche estremamente costose, perciò usava quel completo ormai da quasi cinque anni.

Purtroppo era il suo dovere di giornalista apparire sempre al meglio.

-La mia intervista si concentrerà maggiormente sui suoi dipendenti, ma dovrei farle qualche domanda prima di iniziare, e volevo spiegarle brevemente come strutturerò il mio soggiorno. Dovrei rimanere nei paraggi per due giorni. Cercherò di non dilungarmi troppo. Non voglio creare disturbo. Interrogherò prima lei, poi i suoi colleghi con la lista che mi ha dato l’assistente Kang in modo da non disturbare il lavoro, ed infine tornerò da lei domani pomeriggio per riassumerle ciò che ho raccolto prima di scrivere l’articolo vero e proprio- decise di fare una piccola premessa, per mettere in chiaro che la faccenda piaceva quasi meno a lei che a Jumin.

-Il profitto del mio dipartimento è superiore a quello degli altri nonostante questi fantomatici progetti di gatti, darle il maggior tempo possibile per confermarlo sarà solo un piacere per me- commentò lui, preparandosi alla sfilza di domande. Il suo tono era rilassato e affabile, le sue mani si strinsero leggermente.

-Non la sto accusando, signor Han. E non voglio gettare ombra sul suo dipartimento- Monica non riuscì a trattenersi dal rassicurarlo, notando il fastidio appena accennato, e Jumin sembrò cadere dalle nuvole.

-Non l’ho supposto- obiettò, confuso dal commento della giornalista.

Monica lanciò un’altra occhiata alle sue mani, e accennò un sorrisetto.

-Beh… sì. Ma non la biasimo. Voglio solo che lei sappia che non farò niente per rovinare la sua reputazione o screditare il suo dipartimento. Non sono quel tipo di giornalista- rettificò. Ci teneva sempre a sottolinearlo, anche se non serviva a niente. Era un modo per sentirsi con la coscienza a posto, per certi versi. 

Il signor Han rimase impassibile, preso leggermente in contropiede dall’atteggiamento della ragazza ma senza darlo a vedere più di tanto.

-Non voglio prenderle troppo tempo, possiamo cominciare con l’intervista?- cambiò bruscamente argomento Monica, prendendo il blocco per appunti pronta a scrivere.

Jumin ci mise un po’ a rispondere. Aveva tantissime cose che avrebbe voluto dire. In realtà aveva lui delle domande per lei. Perché lo trattava come se non si ricordasse di lui? Come era possibile che tra tutte le persone in Corea del Sud la sua assistente avesse scelto proprio lei per quella intervista? 

Non sapeva minimamente come comportarsi, ed era davvero una novità per lui. Prima il ritorno al passato con la sorella di Margo, e adesso anche questo.

Decise che non era il momento di rifletterci, e finse di nulla, esattamene come stava facendo lei.

-Sarò lieto di aiutarla- disse solo, preparandosi alle domande.

Aveva già abbastanza cose a cui pensare, dopotutto, poteva occuparsi di Monica Collins in futuro.

Dopotutto, ormai l’aveva ritrovata, era impossibile che la perdesse di nuovo.

 

Verso mezzogiorno finalmente Seven tornò online, insieme a Yoosung, e Martha non aveva tempo per i convenevoli.

 

707 è entrato nella conversazione

Martha è entrata nella conversazione

SEVEN!!

707: Geez! A cosa devo questo benvenuto esagerato?

Hai parlato con V?! 

707: Ah, capisco!

707: Mmm, non so se dirtelo o aspettare un’altra oretta per vederti

 sclerare :P

Se ci provi giuro che esco da qui di prepotenza e ti vengo a cercare  

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

Yoosung✮: Che sta succedendo?

Yoosung✮: Buongiorno Martha :3

Oh, buongiorno Yoosung!

Seven mi ha fatto aspettare tutta la mattina senza dirmi se posso o 

non posso uscire per andare almeno a comprare cibo o prendere 

dei nuovi vestiti da mettere

Yoosung✮: Penso che tu possa farlo. Non possiamo farti morire di 

fame :o

707: Beh…

Ammettilo che stai tergiversando solo per vedermi girare nuda 

nell’appartamento

 

A leggere quel messaggio, Yoosung, che stava approfittando della pausa pranzo per chattare e mangiare nella mensa, sobbalzò, e senza neanche rendersene conto esclamò uno sconvolto -Nuda?!- ad alta voce davanti a tutti.

Tutti i ragazzi che mangiavano vicino a lui e nei tavoli vicini interruppero le loro chiacchiere per lanciargli occhiate confuse e sorprese, e Yoosung abbassò la testa imbarazzato e tornò a scrivere, tappandosi la bocca e diventando tanto rosso quanto i capelli di una ragazza nel tavolo davanti a lui, che lo guardava sognante dall’inizio del pranzo.

-Non è adorabile?- chiese sospirando alla sua migliore amica e compagna al tavolo.

Lei, una ragazza dal caschetto scalato biondo, osservò l’oggetto del desiderio dell’amica con un sopracciglio inarcato.

-Mindy, ha appena esclamato “nuda” davanti a tutti senza alcun motivo logico- le fece notare, cercando di trattenere una risatina.

-Appunto, guarda che carino tutto imbarazzato. Secondo te ha una ragazza? Sono sicura che sono in molte ad andargli dietro- non era la prima volta che esprimeva i suoi dubbi ad alta voce, e l’amica alzò gli occhi al cielo, osservando poi quei ragazzi, nei tavoli affianco, che al contrario lanciavano spesso occhiate nella direzione sua e di Mindy.

-Tu hai più ammiratori- commentò solo, senza aggiungere un sonoro “sicuramente più meritati dei suoi” per non gettare troppo fango sulla cotta della sua migliore amica.

-Chi, io? Nooooo! Figurati se a qualcuno potrebbe mai piacere una tipa come me- si sminuì lei, come al solito -Guardano tutti te, Miriam- aggiunse poi, con un occhiolino, ritornando poi all’osservazione del suo ragazzo dei sogni, che stava finendo di mangiare in silenzio e aveva smesso di messaggiare al cellulare.

Miriam si guardò intorno, poi scosse la testa.

Era probabile, vedendo le due ragazze vicine, che l’attenzione venisse subito attirata verso la bionda, dato che Miriam Coppola era di una bellezza stravolgente. Ma il suo sguardo di ghiaccio e il comportamento scorbutico allontanavano sempre tutti.

Mindy Cooper, invece, era meno bella, ma molto più carina, fuori e soprattutto dentro. Esprimeva dolcezza solo con il suo sguardo, e i capelli rossi e ricci le regalavano un aspetto sempre fresco, vivace e originale, come era anche la sua personalità.

Le due ragazze erano profondamente diverse, ed era materia di svariate domande come potessero essere così inseparabili. La risposta era ancora avvolta nel mistero per tutti coloro che le conoscevano.

-Piuttosto, ora che ci penso, hai notizie di Monica?- chiese Mindy, girandosi e continuando a mangiare non appena Yoosung si fu ritirato.

Miriam sbuffò, e scosse la testa.

-E’ impegnata con il lavoro. Spero solo che Martha abbia una scusa decente per non essere tornata a casa, ieri notte- incrociò le braccia, seccata.

Mindy abbassò lo sguardo.

-Speriamo non le sia successo niente di male- commentò, con le lacrime agli occhi.

-Tranquilla, sono sicura che sta bene. E’ di Martha che stiamo parlando, riesce sempre a cavarsela in qualsiasi situazione- cercò di rassicurarla Miriam, lasciando perdere la sua facciata offesa e arrabbiata.

-Quando era con Margo. Da quando se n’è andata, è incredibilmente giù di corda- obiettò Mindy, preoccupata.

-Dici? A me sembra quella di sempre- rifletté Miriam, poco convinta.

-Fidati, nasconde tutto dietro una maschera, ma… penso che sia qui per cercarla- provò a suggerire Mindy, abbassando un po’ la voce.

-Allora ci  metterà davvero un sacco di tempo. Quando Margo non vuole farsi trovare, non si fa trovare. Era così anche all’orfanotrofio, ricordi?- cercò di buttarla sul ridere, ma Mindy si incupì solo di più.

-Già… ricordo eccome- commentò solo, prima di ricominciare a mangiare.

Miriam sospirò, era davvero pessima a rassicurare la gente. Forse perché lei per prima aveva talmente tanti problemi in testa che capire e curare quelli degli altri diventava un compito assai arduo.

-Hai il corso di cucina più tardi?- cambiò argomento, cercando di risollevare in parte il morale dell’amica.

Lei sorrise, distraendosi subito.

-Oh, sì! Oggi Minho si è proposto di insegnarmi la cottura migliore per alcuni tipi di carne- iniziò a raccontare, emozionata.

-Minho è particolarmente gentile con te- commentò Miriam, lanciando una veloce occhiata al leader del club di cucina, studente dell’ultimo anno e uno dei sopracitati ragazzi che osservavano il loro tavolo. Appena Miriam incrociò il suo sguardo lui lo distolse immediatamente.

-Già, è proprio un caro amico- annuì lei -Pensi che Yoosung sappia cucinare la carne? Quanto sarebbe bello se mi insegnasse lui. O se io insegnassi a lui- sospirò sognante ritornando al punto di partenza.

Miriam trattenne una risatina. La sua migliore amica era davvero incorreggibile.

Era felice di averla distratta, ma in cuor suo non riusciva a non pensare all’argomento Martha.

Sperava non andasse a finire come con Megan e Margo, entrambe scomparse senza dare notizie abbandonandola, perché non credeva che sarebbe riuscita a sopportarlo.

 

Nel frattempo Martha aveva ricevuto l’ok da V in persona per prendere almeno i vestiti e da mangiare per una settimana, e l’approvazione per dirigersi, quando ne aveva bisogno per delle emergenze, nel supermercato all’angolo, da cui Seven poteva comunque tenerla d’occhio tramite una telecamera di sorveglianza.

Dato che Martha non aveva eccessive cose da nascondere, e sapeva perfettamente come nascondere le poche che aveva, acconsentì senza problemi alla supervisione costante, e si alzò dalla strana posizione a testa in giù su una sedia, in cui si era messa nell’attesa, per prepararsi ad uscire e dirigersi da Monica a prendere tutte le sue cose.

Era appena passata l’ora di pranzo, probabilmente non era ancora rientrata a casa. Martha lo sperò, e mentre si rimetteva l’impermeabile prima di uscire la chiamò per lasciarle un messaggio ed avvertirla, dato che le sembrava scorretto non farlo.

Sicuramente era molto preoccupata per lei.

Martha non sapeva che non era l’unica.

-Monica sono io. Ti lascio questo messaggio solo per avvertirti che sto tornando a prendere le mie cose. Non preoccuparti per me. Ti spiego tutto quando posso- disse con poche semplici parole, che arrivarono al cellulare silenzioso dell’amica proprio mentre lei si stava facendo accompagnare da Jaehee fuori dall’edificio.

-Assistente Kang, è stato davvero un piacere. La ringrazio infinitamente per la disponibilità- le sorrise, mentre sistemava la cartella e si toglieva il badge.

-Il piacere è nostro, signorina Collins. Spero si troverà bene anche domani- Jaehee le strinse la mano, cercando di essere gentile ma rapida, dato che aveva davvero tanto lavoro da svolgere e pochi minuti di pausa.

-Non ti trattengo oltre, ci vedremo domani- la salutò Monica capendo perfettamente la sua fretta, e scendendo le scale dell’edificio.

Jaehee fece per rientrare, ma esitò quando vide che la giornalista si era bloccata di scatto, ed era diventata così pallida che sembrava stesse per avere un infarto da un momento all’altro.

Subito l’assistente fece andare lo sguardo verso la figura che sembrava l’origine di tanto sconvolgimento, e… rimase alquanto confusa.

Seduta sul muretto davanti all’edificio, fumando una sigaretta e battendo nervosamente con il piede, stava una normale ragazza dal taglio corto quanto quello di Jaehee ma molto più alla moda, che sembrava avere un paio di anni meno di lei e aveva la pelle color caramello.

Lanciò un’occhiata verso le scale, e si alzò di scatto buttando la sigaretta nel portacenere lì vicino.

-Monica!- esclamò correndole incontro.

-Megan?- chiese in un sussurro la giornalista, come se si trovasse dinanzi ad un fantasma.

Jaehee scosse la testa, e decise di non immischiarsi. Erano fatti di Monica, e lei non aveva niente a che fare con qualsiasi cosa stesse succedendo.

-Dov’è Martha?! So che è venuta da te- chiese Megan scuotendo Monica nel panico.

Jaehee si bloccò di scatto a metà di un passo.

Martha? La Martha che era spuntata dal nulla il giorno prima nella loro chatroom, per caso?

Si girò, chiedendosi se avrebbe forse scoperto qualcosa di nuovo e abbandonando la pausa pranzo con un sospiro interiore di rimorso.

-Mi sembrava strano che fossi venuta qui per me- commentò Monica quasi tra sé -Non so dove sia Martha. Era da me fino a ieri, poi non è tornata a casa. Ma l’ho sentita e mi ha detto che sta bene.Non preoccuparti- la rassicurò Monica, in tono materno anche se leggermente irritato.

Megan Carson era una sua vecchia compagna di orfanotrofio, e cinque anni prima aveva mollato amici, scuola e le sue compagne di una vita per inseguire una carriera agonistica che l’aveva portata a fare gare in giro per il mondo. Niente che Monica biasimasse, se solo non avesse anche troncato ogni contatto non facendosi più sentire all’improvviso. Rachel Martin, la donna che si era occupata di loro quasi come una madre, le aveva rassicurate che stava bene e non le era successo niente, ma futili erano stati i loro tentativi di contattarla.

Ma nonostante tutto quello che Megan aveva fatto, Monica le voleva ancora un gran bene, ed in cuor suo era felice di rivederla.

La brunetta tirò un sospiro di sollievo, per poi sorridere e assumere un tono più casuale.

-Allora, come stai?- chiese, rendendosi conto che esordire in quel modo con una persona che non si vedeva da cinque anni non era una cosa molto carina da fare.

-Non è cambiato molto. Tu?- senza essersi accorte di Jaehee in lontananza che le aveva osservate per tutto lo scambio, iniziarono ad allontanarsi, probabilmente dirette verso la casa di Monica. Jaehee, notando che la sua pausa pranzo era ormai finita, decise di rientrare, appuntandosi mentalmente di riferire al signor Han quello che aveva appena scoperto.

Nel frattempo, prendendo il tram e parlando del più e del meno ma principalmente di Martha, Monica e Megan avevano raggiunto l’appartamento di Monica, al terzo piano di un grande palazzo abbastanza decadente, che riusciva a pagare a malapena e che condivideva insieme a Miriam e, occasionalmente, qualche amica che veniva a trovarla o un affittuario della camera in più.

-Ok, ma non ti ha detto neanche dove era diretta?- chiese per l’ennesima volta Megan, mentre Monica prendeva le chiavi per aprire la porta dell’appartamento, cercando di non far trasparire la sua esasperazione alle domande alle quali non poteva dare risposta.

-No, non so nulla. Te l’ho detto. Non puoi semplicemente chiamarla e chiederle queste cose?- propose come a chiederle di lasciarla in pace.

Megan aprì la bocca per rispondere, ma la porta che si apriva dall’interno e la figura che ne uscì da dietro la ammutolirono.

Per qualche secondo Megan e Monica guardarono a bocca aperta la nuova figura, ricambiate dalla stessa, poi Martha si lanciò contro Megan e l’abbracciò di scatto, facendola quasi cadere a terra.

-Meggy! Da quanto tempo! Come stai?-

Monica osservò la valigia che l’amica aveva lasciato a terra, mentre Megan indagava direttamente su Martha circa le sue condizioni.

-Come stai tu? Cosa è successo? Perché sei sparita così? Hai notizie di Margo?- chiese così in fretta che neanche Monica, abituata a interviste e a segnare ogni singola parola che le veniva detta, riuscì a capirla bene, e la guardò piegando la testa.

-Eh… anche io sono felice di rivederti dopo cinque anni, Megan- la salutò Martha per tutta risposta, fallendo più di Monica nel non mostrare la sua irritazione, che la invase in pochi istanti sopprimendo la gioia che aveva provato nel rivedere dopo tutto quel tempo la vecchia amica.

Megan sospirò, per calmarsi, e tentò di rimediare.

-Lo so che non ci vediamo da anni, ma sapete che ero impegnatissima, ed era difficile tenersi in contatto- tentò di giustificarsi. Monica e Martha si lanciarono un’occhiata.

-Lo sappiamo benissimo. Infatti sono piuttosto sorpresa che tu sia tornata. Ti hanno licenziata?- chiese Martha con poco tatto.

-Incastrata. Ho beccato una squalifica di un anno per… lasciamo stare. Appena sono tornata in America ho provato a contattare Margo, ma mi è stato detto che è sparita da due anni. Poi ho scoperto che anche tu sei andata via con urgenza e non si avevano tue notizie, così ho preso il primo volo per venire qui e ho cercato Monica per chiedere che fine avevi fatto. Hai notizie di Margo? La stai cercando? Purtroppo quando Margo non vuole farsi trovare non si fa trovare. Hai qualche indizio?- dopo una breve giustificazione e spiegazione, partì nuovamente a raffica con le domande, e Martha venne prontamente salvata da una chiamata al telefono.

-Scusate, devo rispondere- si affrettò a prendere il telefono e si allontanò, senza neanche vedere che la stesse chiamando.

-Pronto, Martha?- chiese a sorpresa la voce di Jaehee.

-Oh, ciao Jaehee, come stai?- Martha abbassò la voce per non farsi sentire da Monica, dato che non voleva farle capire alla ex coinquilina che conosceva la donna con cui al momento lavorava.

-Tutto nella norma. Luciel mi ha dato il tuo numero e ho pensato di chiamarti per controllare che tutto andasse bene- rispose formale l’assistente.

-Non devi essere così formale. Sono felice che hai chiamato. Al momento sono un po’ impegnata…- Martha lanciò un’occhiata verso Megan, che la guardava fisso come ad assicurarsi che non scappasse -…ma va tutto bene, te lo assicuro- 

-Impegnata con cosa?- indagò Jaehee, in tono casuale ma lasciando intendere che non si stava perdendo una parola.

-V mi ha dato il permesso di uscire a prendere dei vestiti e comprare qualcosa ma ho poco tempo per farlo. Ho appena recuperato i vestiti e sto tornando all’appartamento- spiegò lei, che non aveva assolutamente nulla da nascondere.

-Capisco. Volevo farti alcune domande da inserire nei fascicoli sui membri dell’RFA, dato che ne sono responsabile. Preferisci che ti chiamo più tardi?- 

Martha ci pensò un po’. Non era in vena di rispondere a delle domande, ma poteva essere un buon modo per evitare le ulteriori domande che Megan sembrava già in procinto di fare. Ma allo stesso tempo non vedeva l’amica da un sacco, non voleva andarsene così.

Sospirò.

-Posso richiamarti tra mezzora?- chiese a Jaehee, che acconsentì comprensiva. 

Quando chiuse la chiamata tornò con l’attenzione rivolta a quella che per la maggior parte della sua infanzia ed adolescenza era stata la sua migliore amica.

Monica nel frattempo era già entrata in casa, lasciando la porta socchiusa per permettere alle due ragazze di entrare a loro volta.

-Hai qualcosa come 10 minuti per farmi l’interrogatorio. Ti conviene usare i metodi Monday Clyde- disse Martha all’amica, che scosse la testa.

-Vedo che sei esattamente la stessa ragazza di cinque anni fa- commentò, accennando un sorrisino nostalgico.

-Hai notizie di Margo?- chiese poi.

Martha scosse la testa.

-La stai cercando?- insistette Megan.

Martha non rispose.

-Martha…- la incoraggiò l’atleta, prendendola per le spalle e guardandola negli occhi.

-Non ti impicciare. Quando saprò qualcosa e avrò capito come risolvere i problemi che si sono creati ti informerò, ma per il momento pensa a te. Quando Margo non vuole farsi trovare non si fa trovare, lo sai- la mise in guardia, con sguardo deciso.

Megan sospirò.

-Spero che almeno tu sia al sicuro. Non ti prometto di non indagare, ma eviterò di parlartene nuovamente- acconsentì Megan, con rimpianto. Sapeva, però, che quando Martha faceva così era meglio lasciarla fare.

-Mi daresti almeno il tuo nuovo numero di telefono? Tyra mi ha detto che lo hai cambiato appena sei arrivata qui- cambiò poi argomento, prendendo il cellulare in mano.

-Conosci Tyra?- chiese Martha, sorpresa. Tyra Maddox era la giovane proprietaria del negozio di tatuaggi dove Martha lavorava da qualche anno. Una tosta ragazza senza peli sulla lingua che gestiva il business con un pugno di ferro e una buona dose di femminismo. Martha le era davvero riconoscente per il lavoro che le aveva dato e il trattamento stranamente affettuoso che le riservava, nascosto dietro una facciata di noncuranza.

-L’ho conosciuta mentre ti cercavo. Il vostro negozio è fantastico. La tatuatrice è un lavoro adatto a te- Megan le fece un occhiolino, cercando di fare ammenda per gli anni persi.

Martha sorrise. Alla fine la sua migliore amica le era mancata.

-Sai, vi ci vedrei bene insieme. Perché non mi sostituisci a lavoro per un po’?- la incoraggiò Martha, in tono malizioso.

Megan ridacchiò, e scosse la testa.

-Bel tentativo, ma penso proprio che non lascerò la Corea per il momento. Voglio trovare Margo e poi…- lanciò un’occhiata verso la porta dietro la quale Monica probabilmente si era già messa a lavorare -…vorrei riuscire a recuperare- 

Martha annuì.

-Ti capisco, ma ti consiglio anche di nasconderti da qualche parte quando arriverà Miriam- le consigliò. Un messaggio di Seven che le chiedeva perché ci stesse mettendo tanto la riscosse.

-Scusa, Meggy, devo andare- prese in fretta il telefono dell’amica segnando il proprio numero, poi afferrò la valigia e corse via.

-Ci sentiamo, salutami Monica- disse solo, prima di sparire giù per le scale.

Megan non fece neanche in tempo a salutarla. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Come promesso è domenica e pubblico il nuovo capitolo. Parte 1 del giorno 1.

Non succede praticamente nulla, lo so. Questa prima parte serve solo ad introdurre le MC.

La parte 2 avrà simile importanza ma i membri dell’RFA ricompariranno in un ruolo più attivo. Dal secondo giorno la trama andrà avanti.

Spero davvero che qualcuno leggerà questa storia anche se ne dubito, e se siete arrivati fin qui grazie mille. 

A domenica prossima con la seconda e ultima parte del giorno 1. Se vi va di lasciare una recensione mi rendete solo molto felice.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 3
*** Day 1 part 2 ***


Day 1

part 2

 

Le lezioni di Miriam erano finite, così come il club di cucina di Mindy, e le due amiche erano sull’autobus che avrebbe portato la prima in centro a suonare la chitarra e a cantare per racimolare qualche soldo, e la seconda a casa, dove l’aspettavano i genitori adottivi per un’attività pomeridiana in famiglia.

-Forse potrei fargli dei biscotti… ma gli piaceranno? Magari preferisce dei cupcakes. Dovrei indagare. Potrei chiederglielo con nonchalance, oppure fingere di fare un sondaggio per il club di cucina… sì! Potrei fare davvero un sondaggio, e mi segno la sua risposta. Chissà se gli piace cucinare. Potrei reclutarlo. Così potrei vederlo di più. Però non voglio forzarlo. Non sembra molto socievole. Forse non ha molti amici. Dovrei…- mentre attendeva la sua fermata, Mindy stava riflettendo a voce alta sul metodo migliore di approcciare quella che da più di un mese era la sua cotta, e Miriam fingeva di ascoltarla per non farla passare per matta davanti a tutti, annuendo e guardando l’amica seduta accanto a lei.

Le voleva davvero bene, ma quando attaccava a parlare non finiva più.

Cosa che in effetti faceva comodo a Miriam, che non amava troppo parlare e preferiva spesso ascoltare, anche perché la maggior parte delle parole che venivano fuori dalla sua bocca spesso erano cattiverie o frasi sarcastiche.

Distogliendo un attimo lo sguardo per controllare le fermate, però, lo sguardo di Miriam notò una figura che attirò del tutto la sua attenzione, e per la prima volta da parecchio tempo la bionda interruppe gli sproloqui di Mindy su quanti figli avrebbe voluto avere con Yoosung e i tredici diversi tipi di animali domestici con rispettivi nomi.

Perché infatti, poco davanti a loro, in piedi appoggiato ad una sbarra, e chino sul telefono tranquillo e sereno, c’era una visione che agli occhi di Miriam fu a dir poco celestiale.

-Mindy, Mindy…- chiamò l’amica, che rimase parecchio sorpresa dall’atteggiamento e dall’interruzione, e guardò il punto dall’amica indicato senza capire cosa la esaltasse tanto.

-Cosa c’è?- chiese a bassa voce, poi le venne un dubbio. -C’è tu sai chi nelle vicinanze?- e iniziò a guardarsi intorno senza vedere nessuno.

-No, non lo riconosci? È Zen!- Miriam lo indicò a bassa voce, cercando di non farsi notare dal suo attore di musical preferito da anni.

Mindy si illuminò, riconoscendolo a sua volta, nonostante non fosse una fan.

-Oh. Che fortuna. Dovresti chiedergli un autografo- la incoraggiò, ma Miriam non ne aveva la minima intenzione.

Non era timida, ma approcciare il suo mito in un autobus per chiedere un autografo o una foto le sembrava un insulto alla sua identità e una mancanza di rispetto e privacy nei confronti dell’attore.

Se un giorno lei fosse diventata famosa sicuramente non avrebbe  mai voluto folle di fan adoranti attorno, per una questione di spazio personale che a lei stava molto a cuore.

-No, no, non posso farlo. E poi è impegnato. Wow, è bello anche quando non è truccato- raramente Miriam aveva un’espressione distesa, e soprattutto estasiata, e Mindy sorrise intenerita.

Era davvero strano vederla così eccitata per qualcosa, soprattutto se quel qualcosa era un essere umano e un attore di musical.

-Va bene, lo farò io per te- la rossa si alzò dal suo posto e prese dalla borsa un quaderno e una penna.

-C_cosa?! No, aspetta!- Miriam arrossì di scatto, e cercò di fermarla, ma la determinazione di Mindy era davvero invidiabile, e alla fine, mentre si avvicinava a Zen, Miriam riuscì solo a coprirsi il più possibile per evitare che l’attore la vedesse.

Erano rare le occasioni in cui lei si imbarazzava, in cui non era sicura di sé e in cui si nascondeva, o comunque erano rare le occasioni in cui la sua insicurezza era evidente.

-Buongiorno! Tu sei Zen, giusto? Il famoso attore di musical?- Mindy, d’altro canto, si imbarazzava sempre ed era incerta su qualsiasi cosa… tranne quando si trattava di aiutare le sue amiche. In quel caso la sua sicurezza era superiore a quella di qualsiasi altro.

Era una delle cose che rendeva le due migliori amiche poli opposti ma perfettamente compatibili.

Zen si voltò verso di lei sorpreso, e tradì un sorriso onorato.

-Non direi famoso, ma sì, sono proprio io- rispose, con occhi brillanti.

-La mia amica è una sua grandissima fan, forse la numero 1. Ha visto praticamente ogni suo musical- Mindy indicò dietro di sé, e sentendosi osservata, Miriam si nascose maggiormente dietro la borsa, arrossendo completamente.

Zen guardò nella sua direzione, e ridacchiò.

-Ti prego, dammi del tu. Cosa posso fare per voi?- chiese facendo passare lo sguardo da Mindy allo zaino di Miriam, che fece spuntare gli occhi azzurri per un attimo incrociandoli con quelli rossi di Zen, per poi scomparire nuovamente.

Zen la trovò immensamente adorabile.

-Volevo chiederti un autografo. E ti chiederei anche una foto ma è inutile se la mia amica non smette di nascondersi- richiese Mindy, rivolgendosi in particolar modo a Miriam alla fine. La ragazza però scosse violentemente testa e borsa, e Mindy sospirò, e sollevò le spalle lasciando perdere.

Zen ridacchiò nuovamente tra sé, e firmò senza problemi il foglio.

-Grazie mille! Scusa il disturbo- Mindy gli sorrise raggiante, prese l’autografo e tornò al suo posto, porgendolo verso Miriam, che lo prese senza osare togliersi la borsa dalla faccia.

-Ci sta ancora guardando?- chiese all’amica.

-No- mentì lei, controllando il finestrino per vedere quanto mancava alla sua fermata.

Miriam tolse con circospezione la borsa da davanti al viso, ma Zen le stava ancora guardando, e le fece un saluto divertito, al quale lei rispose in tutta fretta nascondendosi subito dopo.

-Bugiarda!- si lamentò con l’amica.

-Suvvia, è stato molto gentile. Se è nell’industria puoi chiedergli aiuto per le tue canzoni- propose poi, riflettendo.

-Sei impazzita?! E poi è un attore, non un cantante o musicista. E sai quanto io faccia schifo a recitare. Siamo in due ambiti completamente diversi- obiettò lei.

Zen decise di lasciar perdere e si diresse verso l’uscita dell’autobus.

Miriam tirò un sospiro di sollievo e tolse la borsa dalla faccia, controllando poi l’autografo con occhi brillanti.

-È il tipo di Zekyll e White?- chiese Mindy, ricordando il musical che avevano visto insieme, due anni prima, quando Margo era scomparsa nel nulla e senza lasciare traccia.

Miriam annuì, sognante.

-La sua interpretazione è stata la più meravigliosa che io abbia mai visto, ha interpretato entrambi i ruoli con una passione e una flemma che mi ha davvero ricordato…- iniziò a decantarne le lodi Miriam, ma Mindy la interruppe, e non perché aveva già sentito quel discorso un centinaio di volte.

-Miriam, ma non era la tua fermata?- chiese, mentre le porte si chiudevano dopo aver fatto uscire Zen.

Miriam sgranò gli occhi e guardò fuori dal finestrino.

-Cavolo!- si alzò in fretta prendendo la borsa e la chitarra, ma era ormai troppo tardi.

A malapena trattenne un’imprecazione, e chiamò la fermata successiva, sbuffando sonoramente e preparandosi alla scarpinata.

-Hey, guarda il lato positivo, Zen è sceso proprio lì. Magari lo rivedi- cercò di tirarle su il morale Mindy.

-Io direi piuttosto che è ancora peggio. Ho già fatto abbastanza brutte figure davanti al mio mito per una vita intera!- obiettò pessimista Miriam. 

-Suvvia, sarà abituato alle fan. Pensa se ti sentisse cantare e suonare! Sarebbe fantastico!- provò nuovamente a farle vedere il bicchiere mezzo pieno, ma il bicchiere che rappresentava la vita di Miriam, dal punto di vista della ragazza, era completamente vuoto, senza traccia di gocce rimanenti, da quando i suoi genitori l’avevano abbandonata in un autogrill all’età di 5 anni.

-Se mi sentisse cantare e suonare sono disposta a seppellirmi direttamente nella mia tomba- disse caparbia. 

Mindy sospirò, scuotendo la testa, e Miriam si preparò ad uscire, salutandola velocemente e preparandosi alla scarpinata.

 

Martha riuscì a tornare all’appartamento solo alle quattro passate, dato che si era distratta parecchie volte mentre faceva la spesa pensando a Megan e rispondendo alle domande di routine di Jaehee, alcune delle quali l’avevano anche irritata parecchio, nonostante avesse cercato di non darlo a vedere.

Domande semplici, per certi versi, ma alcune comunque difficili per lei da rispondere: Nome, cognome, data di nascita, lavoro, gruppo sanguigno… situazione familiare.

La situazione familiare di Martha non era mai stata la migliore, e da due anni era anche peggio del solito. 

Sospirò mentre rientrava in casa.

Ripensare alla sua situazione familiare le aveva anche portato alla mente qualcosa che aveva seppellito con urgenza nel momento in cui aveva rivisto Megan. 

Voleva godersi la sua presenza dopo cinque anni. All’orfanotrofio era sempre stata la sua migliore amica. E aveva cercato di non pensare al vero motivo che l’aveva fatta tornare.

Margo.

Era sempre Margo.

Perché tutti preferivano Margo, a lei. 

E la consapevolezza che persino Megan, la sua migliore amica, la ragazza con cui aveva condiviso tutti i problemi infantili, avesse sempre preferito sua sorella, era per Martha fonte di una sofferenza che da parecchi anni cercava di seppellire, purtroppo senza particolare successo.

Per colpa di Megan aveva iniziato ad essere gelosa di sua sorella, e probabilmente era stato anche uno dei motivi per cui aveva deciso di non cercarla quando avevano litigato due anni prima, e ora doveva ritrovarla a tutti i costi, e di certo non per Megan o con il suo aiuto.

Doveva trovarla, proteggerla e non lasciarla andare mai più. Si era comportata da completa egoista per quegli anni, e voleva iniziare a diventare una sorella alla sua altezza.

Scosse la testa cercando di abbandonare il pensiero e concentrarsi sulla spesa, che cominciò a sistemare.

Non erano ancora le cinque quando una notifica la avvertì di una nuova chatroom.

Lanciò un’occhiata allo schermo per capire chi fosse. Se era Jumin non aveva intenzione di partecipare. Ancora ce l’aveva con lui per essersi presentato tardi all’incontro con Monica.

Quando però vide che Seven era l’unico presente nell’applicazione, decise di concedersi una pausa e di prendere il telefono. Magari voleva sapere perché ci aveva messo tanto a prendere le sue cose. In quel caso avrebbe dovuto spiegargli che Jaehee le aveva fatto un quarto grado, e che poteva chiedere a lei per confermare il suo alibi.

Seven però sembrava aver abbassato leggermente la guardia, o forse era solo stanco per via di tutto il lavoro che doveva fare.

 

707 è entrato nella conversazione

Woah, non sarà mica il famoso 707?!

707: Non sarà mica la famosa Martha?!

Come va il lavoro? Trovato informazioni piccanti su di me?

707: Ho trovato alcuni video niente male a dire il vero ;) 

A mia difesa posso dire che avevo bisogno di soldi

707: Cooosa?! Ma io stavo scherzando!!

LOL! Anche io. 

…forse ;)

707: Time out! Cerchiamo di tenere la conversazione PG-Yoosung 

Che sarebbe?

707: Per un pubblico di 12 anni

Ahahahahah, povero Yoosung

707: Vorrei che fosse qui, ho bisogno di sfogarmi su qualcuno e lui 

è sempre la vittima perfetta 

Lavoro duro?

707: Non ne hai idea. Sono staaaaaaancooooooo!

707: S

707: T

707: A

707: N

C

O

707: O

O

707: !

!

707: Lol, sei divertente!

Anche tu te la cavi in nonsense

707: Come è andata la spesa?

Lo vedi dalla telecamera

707: Tutte quelle patatine non ti fanno bene 

Ha parlato il salutista

707: Ma io ho un lavoro duro e pericoloso. È probabile che muoia 

giovane, quindi tanto vale mangiare male finché posso

Anche il mio lavoro è pericoloso, che ti credi.

707: Gasp! Stai forse rivelando di essere un agente sotto 

copertura?! E non una semplice tatuatrice?!

Nope, faccio solo tatuaggi, ma è parecchio pericoloso comunque

707: E come potrebbe essere pericoloso?

Sai chi si fa i tatuaggi? I criminali!!!

E i gangster

E i punk

E i ribelli quelli pericolosi.

Metti che faccio un segno sbagliato

BOOM!!!!!

Mi spediscono all’altro mondo in un attimo

Quindi posso mangiare tutte le patatine e la caramelle che voglio.

:P

707: Effettivamente vedendola da questo punto di vista.

707: Ma ora che lavori per noi devi essere in salute.

Ed io che pensavo che non avendo una madre mi sarei risparmiata 

almeno le prediche.

707: Ormai hai cinque genitori.

707: Sei se contiamo Yoosung.

707: Ma lui è ancora il piccolo di casa.

Povero Yoosung.

Hai ragione però.

707: Credo di dover andare, la mia cameriera potrebbe tornare da 

un momento all’altro.

707: Abbi cura di te.

E tu lavora sodo

Magari trovi quel video di cui parlavamo prima

;)

707: Oh, non mettermi in testa cattive idee.

707: E mangia bene

Potrei dirti la stessa cosa

A dopo

707: BOOOM! E sono fuori!

BOOOM! Sono fuori anche io!

707 è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

Martha si ritrovò a sorridere verso lo schermo. Seven era completamente folle, e lei era esattamente come lui.

Rilesse la conversazione e il sorriso le si congelò quando si rese conto di aver ampiamente flirtato con lui, e non poteva assolutamente permetterselo.

Spense lo schermo sperando non la disturbassero per un po’ e prese un pacchetto di patatine e un blocco da disegno che aveva recuperato a casa di Monica, decisa a sfogare i suoi pensieri tramite la sua vena artistica.

Un messaggio dal messenger però la irritò.

Possibile che fossero così attivi in quel messenger?!

Dopo aver visto il messaggio silenziò il telefono e si dedicò al disegno.

Seven, dal canto suo, si ritrovò a perdere di vista il lavoro per guardarla più del dovuto disegnare.

Anche lui, come lei, si era reso conto di starsi aprendo un po’ troppo, soprattutto considerando che la conosceva da appena un giorno e non era ancora sicuro di potersi fidare di lei.

Scosse la testa e cercò di concentrarsi sul suo lavoro, pur mantenendo la finestra della telecamera aperta per darle uno sguardo ogni tanto anche solo di sfuggita.

-Stai lavorando?!- la voce tonante di Vanderwood lo fece sobbalzare, e si affrettò a scrivere codici vari per dare l’impressione di fare il suo lavoro.

-Miss Vanderwood, certamente. Sono sempre costantemente a lavoro!- si affrettò a mentire, con un sorriso che non prometteva niente di buono e di certo non fregò il collega.

-Sarà meglio che ti concentri, abbiamo una scadenza molto vicina e questo cliente non ama attendere. Non costringermi a tirare fuori il…- si interruppe di scatto, osservando la telecamera.

-Non ci sarà assolutamente bisogno di tirare fuori il teaser, ho il lavoro sotto controllo e mi sto davvero impegnan…- Seven non diede segno di essersi accorto della distrazione del collega, e continuò a difendersi e a rassicurarlo con parole ben poco credibili.

Vanderwood non lo ascoltò nemmeno, e lo interruppe indicando Martha, che nello schermo aveva appena finito le patatine e continuava a disegnare, in una posizione decisamente scomoda sul divano, che però sembrava funzionare per lei.

-Non sapevo che dovessimo spiare le sorelle Campbell. Hanno combinato qualcosa di strano?- chiese, facendo sobbalzare Seven.

-Come? Di cosa stai parlando?- il rosso sentì un brivido scorrergli lungo la spina dorsale.

-È Martha Campbell, per caso?- insistette Vanderwood, guardandola più da vicino -O è Margo?- 

-M…Martha. Ma come la conosci?- avevano dei precedenti? Come aveva fatto Seven a lasciarselo sfuggire. Aveva cercato ovunque ogni singola traccia di qualsiasi cosa. Era impossibile che fosse nei registri della sua agenzia e lui non lo avesse scoperto!

-Immaginavo. Dagli occhiali. Sono state uno dei miei primi casi. Hanno cercato di infiltrarsi nell’archivio dell’agenzia. Se la sono cavata per il rotto della cuffia. Sicuramente ha aiutato il fatto che avevano solo dodici anni. Hanno archiviato il caso, era tutto sul cartaceo per una questione di privacy. Ma a me non sono mai piaciute. Soprattutto Margo. Quella ragazza ha qualcosa che non va. Perché stai osservando la sorella?- chiese Vanderwood dopo aver fornito una breve spiegazione.

Seven era completamente congelato. Quella ragazza… una hacker? Come poteva essergli sfuggito? E se Margo fosse stata la cattiva fin da subito? E Martha era sua complice?

Aveva bisogno di riflettere. E non ne aveva il tempo.

-Non è nulla, Vanderwood. Hanno altri precedenti?- chiese.

-Non che io sappia. La donna che le ha aiutate ha detto che cercavano semplicemente informazioni sui loro genitori- 

Seven tirò un sospiro di sollievo. Forse era solo un caso isolato. Forse non doveva preoccuparsi.

Era il caso però che la osservasse bene, e che chiamasse V per informarlo e decidere insieme cosa fare.

 

Miriam era in strada a cantare e suonare da qualche ora, ed era piuttosto stanca. Ma non poteva ancora fermarsi.

Il suo obiettivo quotidiano era sempre di almeno 30000 won, ma per il momento ne aveva raccolti solo 25200, e non poteva permettersi di averne meno, soprattutto ora che Martha le aveva abbandonate e non aiutava a pagare l’affitto quel mese.

In realtà Monica non le imponeva una tariffa da rispettare, e l’avrebbe probabilmente fatta rimanere anche se non le avesse pagato la camera, ma Miriam ci teneva. Monica faceva già due lavori e un impegno nei weekend di volontariato, e a malapena riusciva ad arrivare a fine mese, Miriam voleva aiutarla per quanto potesse, e non aveva la minima intenzione di non contribuire al massimo delle sue possibilità.

Dopo aver cantato un paio di canzoni in coreano senza chitarra, approfittò della gente che si faceva meno numerosa per prendere un po’ fiato, che per lei significava prendere la chitarra e suonare un pezzo suo in inglese.

Si sedette sul muretto, la accordò un po’ meglio e cantò. Un brano melodico, semplice e intenso sull’abbandono e la solitudine, certa che nessuno la stesse ascoltando.

Purtroppo quando cantava quel tipo di canzoni aveva sempre l’abitudine di chiudere gli occhi, perciò non si rese conto della persona che passò di lì e si fermò ad ascoltare.

L’ultima persona che avrebbe voluto che ascoltasse il suo brano originale.

L’ultima persona che avrebbe voluto la sentisse cantare.

In effetti, l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in generale dopo la pessima figuraccia fatta poche ore prima.

Zen, il suo attore preferito, aveva finito un meeting con un importante regista su un nuovo ruolo, e si stava tranquillamente dirigendo alla fermata dell’autobus, che caso voleva fosse proprio nella direzione dove Miriam stava suonando.

Quando la ragazza finì di suonare, sorridendo tra sé e accarezzando leggermente la chitarra compagna di molte avventure, per poco non la fece cadere quando sentì un lieve applauso.

E quando sollevò lo sguardo e lo incrociò con quello di Zen, poteva giurare di essere appena morta. Lì, sul posto. All’improvviso.

-Z…Z…Zen?!- chiese con un filo di voce.

-Sei davvero molto brava. Non conosco l’inglese, ma trasmetti davvero molte emozioni- si complimentò, lasciandole una grossa offerta.

-Oh… grazie. Grazie mille- Miriam era convinta di essere arrossita più del necessario, e si odiò per questo. Odiava apparire fragile.

-Ma non è il genere che pratico di solito. Sono molto brava anche nel k-pop, nel rock e in generi più ritmati. Stavo solo riposando un po’ la voce- ci tenne a sottolineare, cercando di riacquistare sicurezza. Non era una brava attrice, ma se la cavava bene nel fingere di essere sicura di sé.

Zen sorrise divertito, e lanciò un’occhiata alla borsa della ragazza, con un lampo di consapevolezza negli occhi.

-Ah, lo immagino- si guardò un attimo l’orologio e poi tornò a guardarla. -Accetti richieste?- chiese poi, incrociando le braccia come a prepararsi a rimanere un altro po’ ad ascoltarla.

-Beh, se non sono troppo commerciali e sono nel mio repertorio ben vasto le accetto senza problemi- Miriam si impose di fingere che lì davanti ci fosse qualcun altro, qualsiasi altra persona, ma il risultato uscì più sbruffone di quanto lei avrebbe voluto.

Beh, di certo era molto meglio che apparire coma le fangirl sfegatata che effettivamente era.

-Canzoni di musical ne fai?- indagò Zen, con un sorriso malizioso, facendole capire che l’aveva completamente riconosciuta.

Miriam cercò di ignorare il rossore che le era palesemente risalito alle guance per l’imbarazzo, e continuò a mantenere il suo aplomb. 

-Beh… sì, qualche canzone. Solo i musical belli però. E se devi chiedermi qualcosa di sentimentale sappi che la mia politica di lavoro in strada prevede che dopo una canzone deprimente devo farne almeno una allegra e ritmata- lo mise al corrente, posando la chitarra.

-Ho abbastanza tempo prima che passi il mio autobus. Che ne dici di Machine? Da…-

-Cube World- concluse lei, senza trattenere la sua conoscenza -Va bene, per questa volta posso anche accontentarti. Anche se non ho la base su disco- prese nuovamente la chitarra. Conosceva quella canzone a memoria, così come molte altre, ma era un po’ arrugginita.

Fece qualche prova per essere sicura di ricordare bene gli accordi.

-Comunque sei migliorato parecchio da quel musical. La passione è la stessa ma alcune parti erano un po’ cringe- disse senza guardarlo, facendolo ridacchiare imbarazzato.

-Sì, beh… non mi piace rivedere i vecchi musical, ma le canzoni di Cube World erano davvero belle, le ricordo ancora tutte a memoria- ammise Zen, facendo conversazione e apprezzando parecchio l’onestà della ragazza.

Dopo qualche prova, la bionda attaccò con il pezzo, e una volta cominciato a cantare, ogni traccia di insicurezza sparì, e nel suo elemento diede il meglio di sé come se l’uomo davanti a lei fosse uno dei tanti del solito pubblico di sconosciuti che la circondava ogni giorno.

Una canzone, una semplice canzone di poco più di tre minuti, bastò a rivoltare completamente la situazione.

Miriam si sbloccò, e Zen fu completamente catturato nella rete della musica trasmessa dalla ragazza.

Appena concluso il pezzo, Zen ci mise qualche secondo a riprendersi.

-Wow- commentò, cercando di ricomporsi -Se dovessero fare il remake proporrò te al mio posto- aggiunse, facendo un’occhiolino alla ragazza, che alzò gli occhi al cielo con un risolino. 

-Non conviene. Probabilmente nel canto e nel ballo ti supero, lo ammetto, ma non so recitare- ammise.

-Scommetto che te la caveresti, e sicuramente saresti meno cringe di quanto fossi io sette anni fa- insistette Zen, facendo arrossire leggermente la ragazza, che però cercò di non dargliela vinta.

-Dubito, ma è bello che qualcuno riconosca il mio talento canoro- cercò di cambiare argomento e tornare alla musica.

Zen seguì il flusso.

-So quanto è difficile. Posso chiedere un’altra canzone?- 

Miriam annuì.

Ne fece altre due, una da un altro musical che conosceva come le sue tasche, e la seconda k-pop di cui aveva la base che ballò con una coreografia davvero coinvolgente.

Zen le lanciò una mancia davvero lauta, completamente rapito.

-Sei sempre da queste parti?- indagò, appena finita la seconda canzone, approfittando di una pausa della cantante che decise di bere un po’ d’acqua.

-Vuoi diventare il mio stalker personale?- lo provocò Miriam, facendogli alzare le mani in un’esagerata interpretazione da colpevole.

-Potresti avermi beccato. Ma una ragazza così carina e così talentuosa non voglio lasciarmela sfuggire- le fece un occhiolino, e Miriam dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non dargli il suo numero di telefono e saltargli addosso implorandolo di chiamarla al più presto.

Non era più una facile, e glielo avrebbe dimostrato.

-Mi offendi. Io sono stupenda, non solo carina. Posso avere solo il meglio, e devo decidere se tu rispondi ai requisiti- si sedette sul muretto per prendersi una pausa, dato che ballare l’aveva un po’ stancata, e Zen le si appoggiò poco distante.

-Suvvia, credo di essere incredibilmente bello, non pensi sia un buon punto di partenza?- continuò a scherzare lui.

Miriam gli prese il mento tra le mani e fece per osservarlo bene.

-Beh, non c’è male. Potrei anche darti una possibilità. Ma per rispondere alla tua domanda. Mi alterno tra questa via, il parco e Nameless road, solitamente quest’ultima quando ho voglia di pagnotte pesciotte- lo informò, per poi sistemare i soldi guadagnati e rimettere la chitarra nell’apposito contenitore. Aveva guadagnato abbastanza e doveva studiare.

-Sai, vicino a casa mia c’è un tizio che distribuisce ottime pagnotte pesciotte- la informò Zen in tono casuale.

-Fantastico. Puoi portarmele domani al parco, allora- con un occhiolino, Miriam prese la borsa e la chitarra e si avviò verso la fermata dell’autobus.

E questa volta, troppo concentrato sul nuovo incontro e troppo esaltato all’idea di rivedere la cantante, fu Zen a perdere traccia del tempo e a perdere il passaggio a casa.

Ma non se ne rammaricò minimamente.

Non sentiva un’adrenalina così da quando Margo era entrata nella chatroom, e per un breve momento aveva pensato che poteva anche non rimanere single ancora a lungo.

Forse lei poteva essere la ragazza giusta.

Zen si maledisse mentalmente quando si rese conto che non le aveva chiesto neanche il nome.

 

Verso le sette, Monica si stava mordendo la labbra così forte che le ferite quasi onnipresenti su di esse si stavano riaprendo e sanguinando, ma era abituata. La sua bocca era piena zeppa di ferite autoinflitte, per via di tutte quelle volte che avrebbe con piacere risposto o si sarebbe lamentata di qualcosa, ma si tratteneva per non fare scenate, perché non aveva abbastanza potere o semplicemente per non creare polemiche inutili.

In quel momento, con Megan che si lamentava come fosse colpa sua della scomparsa di Margo e le stranezze di Martha, cercava solo di lasciarla sfogare il più in fretta possibile, e sperava finisse presto, dato che doveva lavorare all’intervista alla C&R, cercando nel frattempo di non pensare troppo alla miriade di sensazioni che l’avevano assalita rivedendolo dopo tutti questi anni. Ovviamente lui non aveva dato segno di riconoscerla. Ma era normale, erano passati otto anni. Anche lei aveva finto di non ricordarlo, anche se era esattamente come l’aveva conosciuto. Lo stesso sguardo di ghiaccio, lo stesso aspetto formale e la stessa aria da riccone pieno di sé che però non si avvicinava minimamente alla sua vera personalità. Chissà se in quegli anni aveva imparato a mangiare un hamburger? Monica scosse la testa cercando di non pensarci. Era solo un lavoro, e una volta finito Jumin Han sarebbe nuovamente scomparso dalla sua vita. 

E Megan che si lamentava a tutto spiano, la scomparsa di Martha e tutto il resto non rendevano il lavoro certamente più semplice.

Rilesse quello che aveva scritto e si accorse che aveva inavvertitamente mischiato il discorso di Megan con i suoi pensieri. Sospirando cancellò tutto, e si voltò verso Megan, decisa ad ascoltarla, non potendo fare altro.

Pregava che qualche presenza divina intervenisse per toglierla da quel supplizio, ma arrivò qualcosa che somigliava più ad un intervento demoniaco.

Infatti Miriam rientrò in casa, per la prima volta da anni con il sorriso, canticchiando a bocca chiusa la melodia della canzone di un musical di Zen, e ansiosa di mettere al sicuro l’autografo del suo attore preferito e raccontare a Monica del suo straordinario pomeriggio.

Ma purtroppo la sua allegria non era mai destinata a durare. Infatti, non appena aprì la porta annunciando la sua presenza con un rumoroso -Non crederai mai a quello che ho vissuto oggi!- il suo buonumore sparì tanto velocemente quanto era arrivato. 

Monica non riuscì neanche ad aprire la bocca per anticiparla, che lei aveva già iniziato a sclerare.

-Che cavolo ci fa lei qui?!- esclamò con enfasi, indicando Megan, che fermò i suoi sproloqui per voltarsi in direzione della bionda, e per fortuna ebbe l’accortezza di apparire a disagio e dispiaciuta.

Miriam non l’aveva affatto perdonata per averle abbandonate, e Monica la conosceva abbastanza bene da sapere che non lo avrebbe fatto tanto presto.

-È appena arrivata in città. E questa notte resterà qui- rispose Monica in tono mite, cercando appoggio e sperando che Miriam non sollevasse un polverone. 

Miriam però non guardava lei, e la sua empatia era molto meno sviluppata rispetto a quella di Monica. La sua rabbia superava ogni altra emozione, soprattutto se proveniva da abbandono.

-No! Assolutamente no! Io non dormo sotto lo stesso tetto di una traditrice!- si lamentò, alzando la voce sempre di più, e gettando lo zaino da una parte quasi preparandosi a una battaglia all’ultimo sangue.

-Miriam, mi dispiace di essere sparita, ma…- provò a giustificarsi Megan, ma la ragazza non aveva la minima intenzione di starla a sentire. Era troppo testarda e troppo arrabbiata.

-No! Stai zitta! Non puoi permetterti di tornare nelle nostre vite come se non fosse successo nulla! Monica, devi scegliere: io o lei!- per la prima volta dall’inizio della conversazione si girò a guardare la sua protettrice, e il suo sguardo si fece meno spigoloso.

Monica si mordeva il labbro così forte che iniziò a sgorgare sangue lungo il mento. 

-Ti prego, Miriam. Solo per questa notte- la supplicò, a voce bassa.

Miriam sbuffò, poi sospirò.

-Solo per oggi!- cedette infine, fulminando un’ultima volta Megan con lo sguardo, prendendo i won guadagnati e posandoli sulla scrivania accanto a Monica mentre si dirigeva in camera sua, chiudendosi dentro.

Monica si asciugò con un fazzoletto il sangue, e sospirò rassegnata.

-È andata meglio di quanto mi aspettassi- commentò poi, prendendo i soldi e tornando al suo computer.

-Megan, provo a convincerla per il futuro, ma…- aggiunse poi, senza guardarla.

-Tranquilla Monica. Domani cerco una nuova sistemazione. Devo trovare Margo. Avete tutte le ragioni del mondo per odiarmi- ammise, sedendosi e fissandosi i lacci delle scarpe.

-Non ti odiamo. Ci sei mancata però. Ma so che avevi bisogno di allontanarti. Va tutto bene, Megan- si girò un attimo per sorriderle incoraggiante.

-Ora scusami, ma devo assolutamente almeno finire l’incipit dell’articolo. Il mio lavoro ne dipende abbastanza- tornò al computer.

-Il tuo capo è un mostro- commentò Megan, quasi tra sé.

-La vita di un’impiegata- Monica alzò le spalle.

-Perché lavori ancora lì?- insistette l’atleta.

-Non ho altra scelta, devo pagare l’affitto- spiegò brevemente Monica.

-Tu dovresti essere una scrittrice. Secondo me se provassi a fare una raccolta di tutte le storie che scrivevi quando eravamo piccole…- provò a consigliarle, ma Monica non aveva tempo per pensare ai “Se”, e doveva davvero scrivere quell’articolo.

-…non me lo pubblicherebbero mai. Non ho raccomandazioni, non ho tempo di revisionare decine di storie e alla fine è una situazione temporanea. Ho tutto sotto controllo, Megan. Per il momento lavoro continuerò a lavorare lì, ma prima o poi scriverò. Devo solo raggiungere una certa stabilità economica- le spiegò, cercando di apparire tranquilla ma tradendo una nota di impazienza.

Megan se ne accorse.

-Se c’è qualcuno che può fare tutto quella sei tu. Magari potresti farti aiutare da Monday Clyde- propose poi, in un sussurro.

-Ho smesso di chiedere aiuto a Monday Clyde- Monica scosse la testa con decisione, e tornò al suo computer.

-Capisco. Vado in camera e inizio a fare le mie ricerche- la informò. Monica annuì solamente, già concentrata sull’articolo.

 

Dopo cena, Martha stava per morire dalla noia. Non sapeva proprio come avrebbe resistito tutti quei giorni nell’appartamento senza nulla da fare tranne parlare con possibili invitati tramite email. Aveva anche controllato la TV, ma era staccata, e non voleva mostrare quanto era brava nei lavori meccanici, anche se probabilmente l’avrebbe fatto lo stesso prima o poi, bloccata in quella gabbia ad alta tecnologia e piena di telecamere.

Aveva disegnato, aveva provato vari vestiti e vari stili strani. Aveva giocato con il telefono per due ore e aveva cenato con un hamburger molto economico, e ora era a testa in giù sul divano aspettando che qualcuno entrasse nella chatroom, perché anche se esageravano era l’attività più divertente.

Purtroppo si addormentò prima che questo accadesse, in una posizione talmente buffa che Seven, osservandola per vedere se stava bene, quasi scoppiò a ridere allertando Vanderwood, e fu anche quasi tentato di chiamarla e svegliarla per evitare che il giorno dopo avesse una grande emicrania.

Decise però di lasciar perdere. Sembrava un angelo, un angelo dal look trash, tatuato e dai capelli rosa pastello ma sempre un angelo.

Aveva sentito V riguardo al suo passato, ma il capo dell’RFA aveva detto che era meglio se la tenevano d’occhio senza farle capire che sapevano dei suoi precedenti, e Seven era d’accordo, anche se tutta la situazione non lo convinceva per niente.

Scosse la testa, e tornò a lavoro. Ormai era nell’associazione, doveva farsene una ragione.

Anche se non riusciva a non pensare a quanto fosse diverso il suo approccio da quello meraviglioso, comprensivo e incoraggiante di Margo.

Non credeva che fosse una brutta cosa, in realtà, ma più conosceva Martha ed entrava nella sua vita privata cercando di carpire informazioni che mai era riuscito a trovare con Margo, più si chiedeva quanto effettivamente conoscesse la ragazza che due anni prima era entrata nella loro chatroom.

E non era ancora del tutto certo, nonostante tutto, che non fossero la stessa persona.

 

2 anni prima

 

V: Sono felice che la giornata sia andata bene

V: Ho visto dalle precedenti chatroom che vai già parecchio d’accordo con gli altri membri, ne sono felice

È stato uno splendido primo giorno, 

sono tutti gentili e accoglienti

Vorrei ringraziarti ancora per l’opportunità

V: Sono io a doverti ringraziare per la tua disponibilità

V: Mi dispiace che la situazione sia così strana e che siamo ancora un po’ cauti nei tuoi confronti

Non preoccuparti, lo capisco benissimo

Spero che in futuro riusciremo ad andare sempre più d’accordo e 

che organizzeremo uno splendido party

V: Ne sono convinto

V: Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiedere

Ti ringrazio, V

Credo che adesso andrò a dormire, è stata una giornata piena

V: Certamente, buonanotte Margo

Buonanotte

Margo è uscita dalla conversazione

 

Margo sospirò, mentre spegneva il telefono sperando con tutto il cuore che V non la chiamasse. Cercava di essere gentile con tutti, ma era oltremodo impossibile per lei parlare con V e con 707, o Seven, come si faceva chiamare.

Gli ricordavano troppo due persone da cui aveva cercato in tutti i modi di allontanarsi: Rachel, la donna che per anni aveva considerato una madre, e Martha. Le due persone che amava di più, e le due persone che aveva ferito e che l’avevano ferita maggiormente.

Sospirò, cercando di seppellire in fondo alla mente i pensieri negativi che stavano risalendo insieme ad un leggero mal di testa. Non poteva permettersi di aveva una mentalità negativa, in quel momento. Aveva una missione da compiere, una missione che solo la positiva Margo poteva compiere.

Il quieto bussare alla porta attirò l’attenzione della ragazza, distogliendola dai sui pensieri.

-Avanti- 

-Buonasera, Margo. Come va?- chiese Ray, entrando leggermente incerto nella stanza.

Margo posò il telefono da un lato e sorrise caldamente, alzandosi e avvicinandosi alla nuova figura.

-Ray, sono felicissima di vederti. Va tutto bene. La camera è un sogno e la cena era ottima. Il gioco è molto interessante per il momento. I personaggi sono davvero realistici. A te come va? Il lavoro procede bene? Se hai bisogno di aiuto puoi chiedere a me. Non ho molto da fare qui dentro- si propose, incoraggiante.

Ray arrossì leggermente a quella gentilezza e a quel sorriso così buono.

-Oh, no, sei l’ospite d’onore. Non possiamo farti lavorare. Posso portarti qualcos’altro da fare però, se vuoi- le propose, cercando di mantenersi sicuro di sé.

-Non serve, non preoccuparti. Sono solo poco abituata e non fare nulla per aiutare qualcuno così a lungo- ammise, un po’ imbarazzata, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Mi stai aiutando a testare il gioco, è il migliore aiuto che potessi darmi- la rassicurò Ray.

Il sorriso di Margo si allargò, così come il rossore sulle guance del ragazzo.

-Grazie, Ray. Anche se credo che sia più tu ad aiutare me. Non avevo nessun posto dove andare, dopotutto- si avvicinò ancora e gli prese la mano con dolcezza. Un semplice gesto per dimostrare al massimo la sua gratitudine.

-Oh, beh, prego… cioè, grazie a te… cioè, ci aiutiamo a vicenda… cercherò di lavorare di più e fare di meglio- Ray si scansò, il cuore che batteva furiosamente.

-No, aspetta, non intendevo…-

-Ora scusami, devo andare. Sono passato solo per vedere se stavi bene. Ci vediamo domani- iniziò ad indietreggiare.

-Va bene. Buon lavoro, e assicurati di riposare e mangiare adeguatamente- lo salutò lei.

-Eh… sì. Anche tu. Buona notte- la salutò lui velocemente prima di uscire.

Margo lo considerava immensamente dolce e carino.

Ed estremamente triste.

Si guardò la mano con la quale aveva stretto quella del suo interlocutore, con sguardo triste.

Problemi con il contatto fisico. O forse era solo molto imbarazzato.

Margo sperava davvero che tornasse più spesso, era difficile capirlo appieno se lo vedeva raramente.

Perché, a dirla tutta, il suo scopo era aiutarlo, certo, ma non con il messenger.

Lei voleva aiutarlo nella vita vera. Renderlo più sicuro, salvarlo da qualsiasi fosse quello strano posto che urlava pericolo da ogni parte. Aiutarlo a superare qualsiasi trauma passato lo avesse portato ad essere così spaventato dal mondo.

Perché era questo lo scopo della sua vita: aiutare gli altri.

Per quanto pericolosa potesse essere la situazione.

-Andrà tutto bene- si ripetè, con sicurezza.

Non aveva mai fallito dopotutto. 

E se le cose non fossero andate bene, c’era sempre il piano M pronto all’azione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

*Mette timidamente il capitolo sperando che nessuno si accorga che è una settimana in ritardo*

Ma sì, nessuno se ne sarà accorto, ne sono certa.

Nessuno ha letto lo scorso capitolo dopotutto.

Beh, quasi nessuno.

Comunque consiglio a chiunque leggerà questo capitolo che ha letto lo scorso capitolo prima che io aggiornassi questo di andarsi a rileggere il vecchio capitolo, solo la parte di Jumin e Monica, perché l’ho cambiata.

Tutto qui.

La prossima domenica sarò puntuale con l’aggiornamento del giorno 2 parte 1 e spero davvero che qualcuno leggerà, anche se non ci dovrei sperare più di tanto.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 4
*** Day 2 part 1 ***


Day 2

part 1

 

Martha venne svegliata da una chatroom a mezzanotte passata, e cadde per la sorpresa dalla scomoda posizione, facendosi male al collo già incriccato e rischiando di rompere gli occhiali.

Stava per entrare nella chatroom giusto per insultare chi l’aveva svegliata e poi uscire per andare a dormire, quando notò i partecipanti.

Yoosung e Seven… beh, non poteva fare male stare sveglia una ventina di minuti e farsi due risate.

 

Martha è entrata nella conversazione

Yoosung✮: Oh, ciao Martha! :)

707: È Martha! Ben svegliata!

Sai, non è molto carino spiare le persone che dormono a testa in giù sul divano

707: Ops, pensavo che in quel caso fosse concesso, eviterò di farlo nuovamente ;)

Yoosung✮: Sono invisibile T.T

Ciao Yoosung

Giochi ai videogiochi?

Yoosung✮: Non ce la faccio, sono troppo emozionato per il party!!!

707: Wow, il nostro nuovo membro è riuscito nell’impossibile.

707: Ha portato Yoosung sulla buona strada

707: Chi l’avrebbe mai detto.

No! Sono una buona influenza! Cosa ho fatto nella mia precedente vita di sbagliato!!

Anzi

Di giusto

707: LOL

LOL

Yoosung✮: -_-

Yoosung✮: Mi sembra che voi due andiate un po’ troppo d’accordo.

707: Sei geloso, Superman Yoosung?

Yoosung✮: COME FAI A SAPERE IL MIO NICKNAME!?!

Scherzi a parte, come procede con l’hacker?

707: Ottimo modo di cambiare argomento. 

707: Sono stato sveglio tutta la notte ma non ho ancora trovato nulla.

707: Se è lo stesso di due anni fa è migliorato un sacco 

Ma è lo stesso, vero? Insomma, riconosci lo stile? O ti sembra diverso?

707: Perché me lo chiedi?

 

Martha esitò. Non poteva dirgli che sua sorella aveva conoscenze da hacker, o sarebbe sembrata davvero sospetta, già più di quanto non fosse. Non che pensasse che Margo fosse coinvolta, in realtà, visti i messaggi ricevuti, ma voleva anche escluderlo completamente dalla sua mente.

Alla fine optò per una mezza verità.

 

Se è lo stesso che ha attaccato mia sorella trovando lui potremmo trovare anche lei! 

E poi, insomma, la coincidenza è troppo assurda, non trovi? 

707: In effetti ha lo stesso stile, anche se è decisamente migliorato. 

Ben più di me in effetti. Sono un po’ invidioso.

Yoosung✮: Tutta questa situazione è così inquietante T.T

Yoosung✮: Spero si risolva presto.

707: È in questi momenti che vorrei ricevere un messaggio di incoraggiamento dalla mia ragazza.

Yoosung✮: !!!!!!

Yoosung✮: HAI UNA RAGAZZA?!

O.O

707: 606, la mia ragazza immaginaria che vive nel mondo dei numeri binari <3

Yoosung✮: -_-

LOL Per un attimo mi ero spaventata

707: Eri delusa che non fossi disponibile? ;)

Temevo per la salute e l’integrità della tua ragazza in realtà :p

707: My ferisci.

Yoosung✮: Se sono di troppo scusatemi

Nono, Yoosung.

Anzi, volevo chiederti

Giochi a LOLOL, giusto?

Yoosung✮: Sì, ma come dicevo gioco molto meno da quando sei entrata nell’RFA

707: Ovvero da un giorno, LOL!

Yoosung✮: E comunque non riuscirei neanche a concentrarmi

Yoosung✮: Sono troppo eccitato per il party.

707: Se lo dici tu.

Yoosung✮: È APPRNA COMPATSO UN MISYRO RATISDIMO!!

Yoosung✮ esce dalla conversazione

Anche io gioco a LOLOL. Potremmo fare qualche partita ogni tanto, 

anche solo per fare qualcosa dato che mi annoio qui.

Se n’è andato mentre scrivevo

Che maleducato!

707: LOOOOOL!!! 

707: Si è contraddetto subito.

Fa sempre così?

707: Spesso. Si deve dire che per aver cominciato solo due anni fa ha accumulato 

molte più ore di gioco di molti che lo giocano da quando è uscito

Io non gioco da un po’, ma ero appassionata

707: Lo so, ho visto il tuo account, non ti facevo tipa da unicorno arcobaleno

Perché ancora non mi conosci davvero ;)

707: Dovresti andare a dormire. Ti vedo distrutta

Ah, giusto. 

Mi sono dimenticata di dirti una cosa importante

707: Sappi che sono molto fedele a 606

Non è questo.

Seven… io…

707: …?

NON SOPPORTO PIÙ LE NOTIFICHE DI QUESTA CHAT!!!

DIMMI COME DISATTIVARLE ALMENO LA NOTTE

707: LOLOLOLOLOL 

707: Te l’ho già detto ieri.

Ma non funziona più!

707: Va bene, va bene. Ti chiamo e te lo spiego

707 esce dalla conversazione

 

Martha uscì a sua volta, e subito le arrivò la chiamata da Seven.

Dopo una decina di minuti di spiegazioni, alla fine finalmente riuscì ad addormentarsi per davvero, sperando con tutto il cuore che l’RFA non scrivesse troppo.

 

Monica si era addormentata davanti al computer, con il volto appoggiato alla mano e in equilibrio precario. I suoi occhiali tondi si erano del tutto storti e una parte le pendeva davanti al viso, e i suoi capelli le coprivano metà faccia, tanto da farla quasi assomigliare alla bambina di The Ring.

E fu in quella posizione che Megan la trovò, verso le sei, appena svegliatasi dopo un sonno parecchio tormentato e disturbato dal terrore che Miriam le facesse qualche colpo basso nel bel mezzo della notte.

Due istinti opposti cozzarono dentro di lei. Da una parte voleva lasciarla dormire, conscia che probabilmente si era addormentata alle tre di notte passate, tutto per scrivere un articolo in cui non credeva, e dall’altra sapeva di doverla svegliare, anche solo per convincerla a dormire in camera da letto.

Alla fine l’ultimo istinto ebbe la meglio, dato che poteva quasi vedere i muscoli e le ossa di Monica che si irrigidivano e si stancavano.

Le mise delicatamente una mano sulla spalla, e l’amica si svegliò di scatto, e si girò a guardarla.

-Che ore sono?!- chiese, iniziando a farsi prendere dal panico e affrettandosi a prendere il telefono sulla scrivania, anche se aveva l’orologio al polso.

-Sono le sei e qualche minuto. Pensavo di uscire a prendere un caffè e iniziare a cercare una nuova sistemazione- la informò.

Monica tirò un sospiro di sollievo, e si sistemò capelli e occhiali.

Poi sembrò rendersi conto di quello che avevo fatto.

-Oh, il sospiro di sollievo era per l’orario, non per il fatto che pensi di andartene- ci tenne a sottolineare. Megan le sorrise. Diamine se le era mancata. Le erano mancate tutte, a dire il vero, ma non era riuscita a rimanere al loro fianco. Sarebbe stato troppo doloroso per svariati motivi, e poi aveva avuto l’occasione della vita.

Anche se non le biasimava per il risentimento che sicuramente provavano verso di lei.

-Tranquilla, l’avevo intuito. Volevo chiederti… quando Margo abitava qui… la sua motocicletta…- iniziò ad indagare, cercando di non risultare un’approfittatrice come già si stava sentendo.

-L’ha lasciata nel garage in comune a tutti gli inquilini. Ho dovuto fare carte false per convincere Miriam a non prendere la patente per guidarla. Ho paura che sia poco prudente- le rispose Monica, sbadigliando sonoramente e massaggiandosi il collo dolorante.

-Potrei prenderla in prestito?- chiese Megan sentendosi una sanguisuga.

Per fortuna Monica non era tipa che giudicava, ed era troppo stanca per farlo in ogni caso.

-Va bene. Ma ti dovrei chiedere un favore- Monica mise una condizione, un po’ a disagio. Era davvero poco abituata a chiedere una mano agli altri, perciò Megan si mise sull’attenti, pronta ad acconsentire a qualsiasi sua richiesta.

-Dato che dopo il lavoro alla C&R devo andare direttamente al ristorante, potresti venirmi a prendere con la moto. Prendere un taxi è troppo costoso e ci metto secoli con i mezzi pubblici- Monica iniziò a mordersi il labbro inferiore, consapevole di essere una grande ipocrita a chiedere un passaggio in moto quando era decisamente contraria all’utilizzarla, ma era disperata.

-Ah, quindi tu puoi andare in moto e io non posso prendere la patente?- chiese una voce un po’ acida alle spalle delle due ragazze, che sobbalzarono per la sorpresa.

O meglio, Megan sobbalzò per la sorpresa, Monica, ormai abituata al silenzio felino di Miriam, sospirò rassegnata.

-Non è un po’ presto per alzarsi?- chiese Megan sorpresa.

-Facevate un baccano infernale, è ovvio che mi sono alzata- si lamentò Miriam, superandole entrambe e dirigendosi verso il frigo, probabilmente per prendere da bere o per cercare una torta da lanciare in faccia a Megan.

Ah, giusto, non avevano abbastanza soldi per comprare una torta.

-Mi dispiace Miriam- si scusò Monica, strofinandosi gli occhi assonnati.

-Vedo che il tuo udito sopraffino è sempre il solito- provò a riconquistarsela Megan, accennando un sorriso.

-Se fossi rimasta, magari lo sapresti già- la attaccò invece Miriam, lanciandole un’occhiataccia e ignorandola completamente subito dopo.

Megan sospirò e decise di fare lo stesso.

Dopotutto non erano state più di tanto amiche neanche all’orfanotrofio.

-Comunque non c’è problema, quando devo passare? È l’edificio dove ti ho raggiunta ieri, giusto?- si ricordò, un po’ incerta. Aveva altri pensieri in testa il giorno prima.

-Dovrei finire verso le cinque. Spero che il signor Han non mi trattenga di più, dato che è l’ultima persona a cui devo parlare e il mio capo si incavola se non sono in orario, stavolta- si morse nuovamente il labbro inferiore, un po’ preoccupata, anche se in fondo al cuore avrebbe dato di tutto perché Jumin la trattenesse.

Megan le diede una pacca sulla spalla.

-Andrà tutto bene, vedrai- la rassicurò. Monica le sorrise.

-Sarà il caso che vada a farmi una doccia, ho appuntamento davanti alla C&R con l’assistente Kang alle otto, e ci metto un’ora da qui- Monica si alzò in piedi, prese in telefono e si avviò in fretta in camera, prima che Megan potesse proporle di accompagnarla.

-Allora, te ne vai definitivamente?- indagò Miriam, bevendo lentamente da un bicchiere d’acqua, e guardandola con curiosità e falsa cortesia.

I suoi occhi dicevano chiaramente “Non vedo l’ora che ti schiodi da qui”, e Megan sospirò, e annuì, un po’ irritata.

-Se trovo una persona disposta a dividere casa con una traditrice odiosa come me sì- rispose, prendendo poi la borsa, le chiavi di scorta e uscendo.

Solo fuori dalla porta si rese conto che non aveva preso le chiavi del garage, ma per fortuna erano nel mazzo che le aveva dato Monica.

Quella donna aveva proprio pensato a tutto.

Sorrise tra sé, prese la moto, e cercò un bar dove prendere un caffè.

Lei era drogata di caffè, e sebbene non fosse la bevanda migliore per un’atleta, non riusciva a vivere senza.

Era stata Monica a portarla in quella via. Le due si portavano due anni, e Megan ricordava come se fosse ieri quel giorno terribile durante il suo primo anno di superiori, quando Monica, drogata di caffè a sua volta all’epoca, le aveva offerto la tazza che le aveva salvato la giornata. Le due amiche avevano scherzato spesso di aprire un bar insieme specializzato in caffè, ma non era assolutamente il sogno di Monica, e Megan aveva preso altre strade. 

La passione per il caffè, però, era rimasta.

Alla fine decise di entrare nell’unico posto dove riuscì a trovare parcheggio lì vicino, ma non era un segno che il locale fosse vuoto, come sperava.

Infatti la fila al bancone era più lunga di quella che Megan si aspettasse, soprattutto così presto di mattina, e molti dei clienti davanti a lei erano anche parecchio lenti ad ordinare.

Erano quasi le sette quando finalmente arrivò il suo turno, con una fila dietro di lei il doppio di quella che c’era quando era entrata.

-Finalmente! Prendo un caffè doppio, e una fetta di torta di mele. Da portare via, grazie- disse il più in fretta possibile, e aspettò battendo sul bancone, seccata dall’attesa e iniziando a guardarsi intorno. 

La sua attenzione, così come quella di metà bar, venne attirata da una giovane impiegata molto indaffarata e dall’aria stanca, che era in fila a pochi clienti dal prendere l’evidentemente agognato caffè, che però era decisamente fuori dalla sua portata perché parlava al telefono e sembrava davvero di fretta.

-Il signor Han non può aspettare un paio di minuti in più? Il tempo di prendere un caffè doppio e arrivo, sono a dieci minuti dall’edificio- cercò di prendere un po’ di tempo, ma a quanto pare la voce dall’altra parte della cornetta aveva fretta, così sospirò, e annuì, uscendo dalla fila con grande gioia dei clienti dietro di lei.

-Arrivo, arrivo. Dammi dieci minuti- intascò il telefono, lanciò un’occhiata piena di rimpianto verso la macchina del caffè e si avviò verso l’uscita.

Megan rimase così di sasso che non si accorse dei tentativi della barista di attirare la sua attenzione, e quasi le fece cadere il caffè dalle mani con una mossa di karate quando le diede una pacca sulla spalla per consegnarle l’ordinazione.

-Oh, mi scusi. Grazie- Megan prese il caffè e la torta e pagò in tutta fretta. Poi, senza neanche sapere perché, corse verso l’uscita del bar, sperando di incontrare la donna che era uscita pochi minuti prima.

Forse era il fatto che le ricordava Monica e sentiva di avere un grosso debito nei suoi confronti. Forse perché odiava quando qualcuno non aveva tempo per sé stesso a causa del lavoro. Forse perché era la seconda volta che sentiva “Signor Han” quella mattina e iniziava a starle davvero antipatico, ma prima che si rendesse conto di cosa stava facendo, aveva raggiunto con la sua velocità incredibile la giovane donna e le aveva porto il caffè. 

-Caffè doppio, giusto?- chiese, facendola girare verso di lei e sobbalzare, sorpresa.

-Come, prego?- chiese la donna, confusa.

-Non ho potuto fare a meno di sentire- iniziò a spiegarsi Megan, un po’ a disagio e camminando accanto a lei, sempre porgendole il caffè con una mano e tenendo la torta in busta nell’altra -… e io non ho nulla da fare stamattina quindi posso sempre rifare la fila e prenderne un altro. E… quindi… era caffè doppio, giusto?- insistette, sorridendo appena cercando di non sembrare una pazza maniaca.

La donna si fermò, decisamente sorpresa, e guardò il caffè come temendo che fosse avvelenato o una bomba. Poi guardò la ragazza più attentamente, e sembrò illuminarsi di consapevolezza.

Prese il caffè lentamente, senza distogliere lo sguardo, che si era fatto un po’ sospettoso, da Megan, che al contrario sorrise più caldamente, soddisfatta dal non essere sembrata una maniaca totale con una perfetta sconosciuta.

-Tu eri con Monica Collins ieri- osservò la giovane donna.

Megan sgranò gli occhi.

-Aspetta conosci Monica? Lavorate insieme? No, aspetta, non l’ho vista a lavoro. Oh, sei alla C&R?- indovinò, orgogliosa da sé stessa quando fece il collegamento, e sorprendendo la nuova conoscente per il suo carattere esaltato e poco incline alle formalità. 

Nonostante le avesse dato il caffè continuava a camminarle accanto, senza però risultare invadente o sospetta.

Anzi fu un istinto naturale.

La donna iniziò a sorseggiare il caffè, e sembrò riacquistare vita davanti agli occhi di Megan, che si sentì sempre meglio per quello che aveva fatto.

-Lavoro lì- annuì, senza però dare ulteriori informazioni.

-E Monica vi sta intervistando, vero? Sta tranquilla, Monica è una giornalista giustissima, non ama creare rumors e dice ciò che è giusto dire, sempre alla ricerca della verità. Perciò non renderà più duro il lavoro, ne sono sicura- tentò di rassicurarla.

-Sembri conoscerla molto bene-  osservò la donna, continuando a bere il suo caffè.

-Abbastanza. Anche se è una situazione un po’ complicata. Pensavo di restare a dormire da lei questi giorni, mentre cerco una mia altra amica… è difficile da spiegare- la donna sgranò gli occhi, ma Megan non diede segno di accorgersene, e continuò, senza pensare di essere discreta, perché non pensava di avere nulla nascondere -…comunque devo trovare un appartamento e un lavoro. Non so neanche quanto resterò qui in Corea. Ma credo di stare parlando troppo. Mi chiamo Megan Carson- le porse la mano con un sorriso sincero e caloroso, e la donna esitò un po’, mentre un’idea assurda iniziava a formarsi nella sua testa, forse provocata dal caffè o da quel sorriso così ampio e caldo.

-Jaehee Kang- si presentò a sua volta, con un cenno del capo e un sorriso appena accennato.

-È stato un piacere Jaehee. Goditi il caffè e buon lavoro- la salutò Megan, una volta raggiunto l’edificio.

Jaehee però, nonostante la fretta, non entrò subito, e si limitò a fissare la figura che spariva lentamente all’orizzonte e iniziava a mangiare la sua torta di mele.

Sicuramente conosceva Martha, il ché significava che anche Monica la conosceva. Non sembrava invischiata nella questione dell’hacker, dato che sembrava esserne completamente all’oscuro e se anche fingeva, cosa che Jaehee dubitava dato che non pensava che al mondo esistesse qualcuno che recitasse così bene, tranne forse Zen, averla vicino poteva rivelarsi una buona idea per indagare.

Inoltre sembrava cercare un appartamento, e la casa di Jaehee aveva una camera in più che aveva reso un ufficio ma che già da un po’ pensava di poter condividere con un coinquilino, anche se nessuno sembrava disposto a vivere con una donna che lavorava così tanto e che due volte alla settimana doveva badare ad un gatto che perdeva tantissimo pelo.

La voce di una sua collega che la chiamava con fretta la convinse a seppellire i suoi pensieri in un angolo del suo cervello, finì il caffè e lo buttò nel cestino davanti all’edificio, prima di entrare, pronta per un’altra interminabile giornata di lavoro.

 

Martha fu svegliata dal suo ronfare da una notifica del Messenger, e fu in procinto di prendere il telefono posato sul comodino e buttarlo dall’altra parte della stanza.

Anche se in effetti dormiva da undici ore filate, ed era proprio l’ora di svegliarsi.

Solo che non aveva niente da fare tutto il giorno, era teoricamente in vacanza e soprattutto… come era possibile che le si fossero attivate nuovamente le notifiche del messenger a caso quando le aveva disattivate la notte prima? Che l’algoritmo cambiasse ogni undici ore o qualcosa del genere? Martha si sentiva davvero presa in giro, e si stiracchiò prendendo il telefono e controllando i partecipanti alla chatroom e le conversazioni perse.

Si era persa una litigata tra Zen e Jumin, dove quest’ultimo non riusciva a capire esattamente perché Zen si esaltasse tanto dopo aver ricevuto delle lettere e regali da alcune fan.

Poi una chatroom dove Yoosung si lamentava perché la sua omelette di riso era uscita malissimo e la chat appena aperta vedeva Seven come unico partecipante, e Martha lanciò un’occhiataccia alle telecamere, iniziando ad intuire cosa stesse succedendo, e si chiese per un minuto buono se entrare nella conversazione o no.

Alla fine, pentendosene subito dopo ma con una gran voglia di ridere ed insultare l’hacker, entrò nella chatroom, senza degnarsi di uscire dal letto.

 

Martha è entrata nella conversazione

707: SOS

707: Qualcuno mi aiuti

707: Il Messenger sta completamente venendo hackerato e sto per morire.

707: askdjodijioejoe

Finalmente ci siamo liberati di te. 

Ottimo lavoro, hacker :p

707: Traditrice!!

Stai scherzando, vero?

707: Yep

707: Beh, in realtà sto davvero per morire, ma è per il quantitativo spropositata di lavoro che ho a causa tua.

707: E tu continui a dormire beata.

Per questo mi hai attivato le notifiche del messenger?

707: Non le avevi disattivate?

Si sono attivate da sole proprio quando sei in chat. Chissà chi è stato… -_-

707: Sono troppo impegnato per fare qualcosa al tuo telefono

707: Io non c’entro niente

707: Forse…

Se sei così impegnato perché non lavori?

707: Sono staaaaaaaaaaanco

707: Sono in pausa e aspetto che la mia cameriera mi pulisca casa

Quindi sei uno di quei hacker super ricchi che vivono in una villa gigante con piscina?

707: LOL, vedi troppi film… o forse 

cerchi di indagare su di me?

Cavolo, mi hai beccata. Il mio intento malefico è quello di scoprire 

se sei ricco e poi infilarmi in casa tua e buttarmi nella tua piscina

707: Spero che tu sappia l’arabo

Ovvio, chi non sa l’arabo… -__-

707: Comunque non ho una piscina, spiacente

Peccato. Vorrà dire che rimarrò qui a dormire beata mentre tu ti spacchi la schiena di lavoro

707: Sei così crudele.

707: Mi consolerò con le Honey Buddha Cips

DOVE LE HAI TOVATE?!?!?!

707: AAAAHHHH MI SENTO ATTACCATO!

SONO INTROVABILISSIME!! 

Ora sì che ti vengo a rapinare casa

707: LOL! Purché non tocchi le mie macchine

Macchine?

…No, ok, molto divertente, Margo, ora basta

707: ?

Solo mia sorella potrebbe trollarmi mettendomi nella stessa chat con uno che ama 

le mie patatine preferite, adora le macchine come me ed è un meme fatto persona

707: LOL! Sono il ragazzo perfetto, eh?

No, sei la mia versione al maschile. 

Ahhhhhh, ora capisco. Hai fatto ricerche su di me e ora cerchi di risultarmi compatibile.

Bella mossa ;)

707: Ti piacciono le macchine?

Amo la velocità, perlopiù. E le moto sono belle per certi versi, ma 

non reggono il confronto con il rombo di un’auto di ottima marca

707: Vuoi essere la mia 606?

01110011 01101001 (sì)

707: LOL

LOL

707: SOJDrpwker

?

707: Lamiacamerieramihabeccatosorrydevoandare

707 è uscito dalla conversazione

*facepalm*

 

Martha uscì a sua volta, ridendo come non mai, e si diede nuovamente della stupida per la facilità con cui riusciva a parlare con Seven e per il modo in cui continuava costantemente a flirtare con lui.

Non doveva distrarsi! 

Doveva ritrovare sua sorella, e nient’altro aveva importanza.

Ormai sveglia, e senza più sonno, ma con il cuore che al contrario batteva un po’ troppo per i suoi gusti, decise di alzarsi e andare a fare colazione.

Poi fece la doccia e si vestì, tornò in camera e rifece il letto, sistemò la colazione e il salotto, e quando osservò l’orologio notò che non era ancora neanche mezzogiorno.

Sospirò, annoiata, e iniziò a rileggere vecchi messaggi e a giocare al telefono giusto per fare qualcosa, dato che la televisione era rotta e non aveva altro che il suo blocco da disegno che aveva compilato a metà solo quella sera.

Doveva assolutamente aggiustare la televisione. Non avrebbe retto sennò lì dentro, da sola e senza nulla da fare.

Non poteva neanche esplorare o avrebbe fatto scattare la sicurezza.

Sperava che l’ora di pranzo arrivasse in fretta.

Forse poteva cucinare un po’.

 

All’ora di pranzo, Mindy girava per la mensa con un cestino, ansia e determinazione, che però si stava dissipando nell’aria.

-Ehm… ciao- il club di cucina aveva apprezzato la sua idea di fare un sondaggio tra gli studenti suoi dolci preferiti e un assaggio di cibo per promuovere il club, ma ora che era arrivata al suo vero obiettivo, dopo aver domandato a quasi mezza scuola e aver quasi finito i dolci, Mindy non riusciva quasi a respirare, figuriamoci a parlare.

Era la prima volta che rivolgeva la parola a Yoosung Kim, sua cotta da qualche mese, e da vicino era ancora più carino di quanto non fosse da lontano.

Il ragazzo sollevò lo sguardo dal telefono e puntò i suoi grandi occhi viola su quelli di Mindy, curioso e sorpreso che qualcuno lo avesse chiamato.

-Ciao, hai bisogno di qualcosa?- chiese con un sorriso innocente e carino.

Mindy si impose di restare calma, di non arrossire e di ripetere esattamente quello che aveva detto a tutti gli altri.

Dopotutto lui era una persona normale, non una creatura mistica. Era anche uno dei motivi per cui Mindy si era presa una cotta per lui: il suo essere dolce, innocente, normale e tenero.

-Sono biscotto, sto tenendo un sondaggio per Mindy! Vuoi un club di cuci…- si interruppe arrossendo così tanto che era convinta che non si distinguesse più il suo volto dai capelli. Yoosung piegò la testa, confuso.

-No, aspetta! Mi sono… scusa!- se avesse avuto le mani libere si sarebbe nascosta dietro di esse. Non era mai stata più imbarazzata in vita sua.

-Puoi scusarmi un momento?- chiese, scappando subito verso Miriam, che al contrario aveva le mani libere e si era esibita in un plateale facepalm dall’altra parte della mensa.

-Miriam, ho fatto un casino! Ora penserà che sono stupida, ridicola, che non so nemmeno parlare. E lui è così perfetto… cosa faccio?!- si autocommiserò sottovoce, trattenendosi a stento dal piangere.

-Calma, calma. Non voglio aumentare la tua ansia, ma ti sta fissando, e se piangi adesso il casino aumenta- la mise in guardia Miriam.

-Non mi aiuti in questo modo!- esclamò Mindy, più in panico di prima, imponendosi di non girarsi.

-Hai ragione, hai ragione, scusa. Allora, io segno la sua preferenza e tu gli offri i dolci. Se vuoi parlo io- cercò di rassicurarla.

-Ma tu sei troppo bella- sussurrò Mindy, quasi parlando tra sé, e abbassando lo sguardo, insicura circa il suo corpo, più in carne rispetto a quello perfetto dell’amica.

Il sorriso incoraggiante di Miriam lasciò posto ad un’espressione irritata.

-Eppure sei tu quella che è stata adottata. Se pensi che il ragazzo che ti piace sia interessato all’aspetto più che alla personalità allora è un insignificante ragazzetto che non merita la tua attenzione. Quindi prendi quei dolci deliziosi, dammi il taccuino e andiamo a parlare con Yoosung Kim!- le strappò con violenza il blocco dove si stava appuntando le preferenze e la penna, e si avviò verso il biondino, seguita a distanza da un’ancora incerta Mindy, che teneva il cestino dei dolci con entrambe le mani giusto per tenerle occupate e non spiegazzarsi il vestito o disordinare i ricci capelli rossi.

-Ciao!- Miriam salutò Yoosung con tale violenza da farlo indietreggiare sulla sedia un po’ spaventato.

-Ehm… ciao?- rispose lui, senza sapere cosa aspettarsi. Lo sguardo di Miriam lo metteva in soggezione, così lo spostò su Mindy, che gli sorrise imbarazzata.

Prima che Miriam potesse spiegare il suo caso, fu lei a parlare. Con l’amica vicino aveva acquistato un po’ di sicurezza, e sentiva il bisogno di giustificarsi per la fuga di prima.

-Sono sempre io. Mi ero scordata una cosa prima- inventò, arrossendo ancora di più.

-Oh, capisco- Yoosung sembrò bersela, e, ma forse questa era solo un’impressione di Miriam, sembrò un po’ rosso anche lui.

Forse era a disagio per la situazione strana.

-Ecco… io… sono del club di cucina, mi chiamo Mindy, e stiamo facendo un sondaggio tra gli studenti per i dolci. Insomma… ci segniamo la preferenza di dolci di ogni studente e offriamo assaggi gratuiti per promuovere il club- si spiegò, incartandosi un po’, ed evitando il suo sguardo.

-Quindi, in parole povere, qual è il tuo dolce preferito?- tagliò corto Miriam, pronta a scrivere e levarsi lo strazio dalle scatole, anche perché la pausa pranzo stava per finire.

-Oh… non saprei, a dire il vero. Mi piacciono in generale. Non saprei scegliere- rispose lui, portandosi una mano tra i capelli in imbarazzo, e sempre guardando Mindy.

-Sai, amico, sarebbe carino da parte tua guardare anche chi ti parla- commentò Miriam, divertendosi nel notare il rossore crescere sulle guance di Yoosung e il terrore nei suoi occhi.

-Ehi! Non trattarlo così!- si infervorò Mindy, prendendo immediatamente le sue difese e lasciando perdere la sua insicurezza.

Esattamente come programmato dalla bionda, che alzò le spalle.

Yoosung arrossì ancora di più, ma non era più spaventato, quasi ammirato.

-Scusa. Allora, non vuoi darci una risposta?- lo incoraggiò Miriam, cercando di mettergli ancora più paura e divertendosi della sua reazione con uno strano sadismo che sicuramente ricordava molto Seven, al ragazzo davanti a lei.

-Non è che non voglio… solo… non saprei…- sembrava piuttosto perso.

-Non fa niente, non preoccuparti. Vuoi comunque un assaggio? Abbiamo biscotti, muffins e ciambelle. Poca scelta per il momento, ma non sapevamo ancora i gusti di tutti e sono solo assaggi. Comunque ci sono tre scelte per ogni categoria- Mindy scansò Miriam e porse il cestino con i vari assaggi.

-Wow, ok, prendo un biscotto allora. Grazie mille- più sicuro ora che Miriam era in un angolo, Yoosung prese un biscotto con gocce di cioccolato, e ne diede un morso sotto lo sguardo teso di Mindy.

-Un feedback sarebbe molto gradito, solo se vuoi, ovviamente- chiese, sperando con tutto il cuore che fossero usciti buoni.

-Oh, sono buonissimi! Avete davvero un talento al club di cucina- si complimentò, con un grande sorriso innocente.

Mindy dovette trattenersi dal non sospirare sognante.

-Grazie mille! Le ricette americane sono la mia specialità, soprattutto i dolci. Ma avevo paura di non aver bilanciato bene cioccolato e zucchero- confessò, tirando un profondo sospiro di sollievo.

-Li hai fatti tu? Sono davvero ottimi. Anche io me la cavo un po’ nelle ricette americane e coreane. Ma stamattina ho fallito la omelette di riso che ho provato a fare per colazione quindi non credo che sarei mai tagliato per il club di cucina- rifletté un po’ in imbarazzo, pentendosi di averlo rivelato e sentendosi un idiota totale.

-Sono sicura che è stato solo un caso- provò a rassicurarlo lei, trovandolo solo più adorabile per la sua sincerità

-Ti piace cucinare? Davvero?! Le porte sono sempre aperte a nuovi membri, è per questo che siamo qui a promuovere il club. Se vuoi dare un’occhiata mi farebbe un sacco piacere- gli propose poi con eccessiva eccitazione e un sorriso così ampio che Yoosung non poteva fare altro che arrossire ancora di più e ricambiare.

-Beh, se ti fa piacere… cioè, se ci tieni… posso passare a dare un’occhiata… ok- iniziò a balbettare, senza sapere più come fare una frase di senso compiuto.

-Cioè… se vuoi! Non voglio obbligarti!- si premurò di spiegare Mindy, interpretando male la sua esitazione.

Erano così diabetici, entrambi cotti palesi ma troppo per rendersi conto della cotta dell’altro, che Miriam era convinta di stare per vomitare, e si imbarazzava solo a guardarli.

Se ne andò, lasciandoli lì a parlare per monosillabe, e nessuno dei due si accorse minimamente della sua scomparsa.

Alla faccia del “sei troppo bella”!

Finì il pranzo da sola, e quando finalmente suonò la campanella, Mindy la raggiunse con un sorriso così brillante che Miriam dovette distogliere lo sguardo.

I circa 3 milioni di won che i suoi genitori le avevano speso per il dentista avevano davvero dato i loro frutti.

-Miriam, sono morta?- chiese un po’ melodrammatica, in tono sognante.

L’amica dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere. Mindy a volte era davvero esagerata e a tratti quasi inquietante nelle sue manie.

Ma Miriam doveva ammettere che non l’aveva mai vista presa così tanto da un ragazzo, soprattutto uno che non conosceva.

-Mi pare che tu sia molto viva in realtà, vuoi un pizzico?- le propose, sorridendo divertita.

-Sì grazie- Mindy le porse il braccio, e Miriam eseguì, senza però farlo troppo forte.

-Wow, allora è vero! Ho parlato con Yoosung Kim! E lui mi ha anche detto che gli piace la mia cucina, e forse passa pure al club. Ma ti immagini cucinare con Yoosung Kim?! Dovrei fingere di fare schifo e farmi aiutare? No, poi potrei non colpirlo. Dovrei fargli vedere quanto sono brava e magari insegnargli? E se poi si sente poco mascolino?- Mindy iniziò a farsi prendere dalla paranoia, e Miriam la interruppe mettendole un dito sulla bocca, e le lanciò uno sguardo deciso.

-Non cambiare mai per un ragazzo- le ordinò semplicemente -Sii te stessa, e se non gli piaci per quello che sei, il problema è solo suo. Se Yoosung è straordinario come credi, ti amerà per come sei tu- le disse con sicurezza, prima di abbandonarla per andare alla sua lezione.

Mindy sorrise tra sé, e si fece coraggio.

La sua migliore amica aveva ragione.

Doveva solo essere sé stessa, come aveva fatto poco prima.

Sperava davvero che Yoosung l’avrebbe raggiunta al club di cucina, quel pomeriggio, o anche il giorno seguente andava bene.

 

Il meeting era stato più lungo di quanto pensasse, e Jumin non era neanche riuscito a pranzare, quando uscì dalla sala delle riunioni.

-Assistente Kang, mi assenterò un paio d’ore per pranzare con Elizabeth 3rd al mio attico. Annulla gli appuntamenti in programma fino alle tre- riferì alla sua assistente, chiamando il suo autista per avvertirlo.

Jaehee sospirò, distrutta.

-Signor Han, ha un incontro molto importante con il direttore dell’ufficio delle esportazioni, senza contare che deve revisionare le carte del…- provò a fargli cambiare idea, ma sapeva che non avrebbe avuto successo, e si preparò mentalmente a saltare la pausa pranzo per riarrangiare tutti gli impegni.

Ringraziò mentalmente la sconosciuta amica di Monica che le aveva regalato il suo caffè, perché altrimenti a quell’ora sarebbe già collassata a terra.

Jumin però la interruppe, senza dare segno di ascoltarla. Una figura familiare aveva del tutto attirato la sua attenzione.

-La signorina Collins non ha ancora finito l’intervista?- chiese, osservando alquanto irritato la giornalista, che stava interrogando, in modo molto professionale e allo stesso tempo particolarmente dolce, uno degli ultimi assunti, che la guardava con occhi brillanti.

Jumin si era scordato quanto gli dessero fastidio le occhiate che venivano costantemente lanciate verso Monica fin dai tempi dell’università, e lo irritava maggiormente il fatto che lei neanche si ricordasse di lui, e perciò non poteva lamentarsi delle occhiate senza sembrare strano.

Jaehee non sembrò notare il conflitto interiore del suo capo, e cercò di portare la situazione a suo vantaggio.

-Se se ne va nel bel mezzo della giornata, la signorina Collins sicuramente lo scriverà nel suo articolo- provò a suggerirgli, anche se sapeva perfettamente che a Jumin i gossip passavano sopra la testa e non gli interessavano minimamente.

-Quanto dovrebbe rimanere ancora?- chiese Jumin, come se non avesse ascoltato una parola della sua assistente, e sempre senza distogliere lo sguardo da lei, come fosse incantato.

-Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno. Dovrebbe incontrarla alle cinque per le sue ultime domande prima di congedarla definitivamente- rispose Jaehee.

-Capisco. Mi limiterò a prendere un pasto qui vicino. Dovrei essere di ritorno tra mezz’ora. Controlla la signorina Collins- cedette infine, prima di uscire per farsi accompagnare in un ristorante vicino.

Jaehee rimase di stucco, con la mano già sul telefono pronta a chiamare il direttore dell’ufficio delle esportazioni.

Poi la sua mente iniziò a vagare.

Se Jumin non aveva cancellato impegni, lei non doveva riorganizzare la giornata. E se non doveva riorganizzare la giornata… aveva il pranzo libero.

Fece una muta preghiera di ringraziamento e si avviò alla sua scrivania per prendere il portafoglio, pregustando i dieci minuti liberi che non aveva da almeno un mese.

Forse poteva addirittura uscire fuori e mangiare su una panchina.

Mentre decideva, con la stessa attenzione con cui avrebbe deciso una meta per una vacanza, anche se in vacanza non credeva sarebbe mai andata, Monica la raggiunse, con un caldo sorriso, e rimettendo in tasca il bloc notes.

Aveva occhiaie quasi più profonde di quelle di Jaehee, ma aveva comunque un aspetto fresco e riposato, che Jaehee non avrebbe mai potuto eguagliare.

Si erano sentite, organizzando l’intervista, per un paio di settimane, e Jaehee poteva dire con assoluta certezza che era una brava persona e che se avesse avuto anche solo un minimo di tempo per sé stessa le avrebbe quasi chiesto di essere sua amica.

Purtroppo, tra l’RFA e il lavoro, non aveva tempo per le amicizie.

-Signorina Kang, è in pausa?- chiese Monica, curiosa.

-Stavo per pranzare. Ho dieci minuti- riferì, sperando con tutto il cuore che Monica non le desse un motivo per rinunciare al pranzo.

-Potrei unirmi a lei?- chiese invece -Ovviamente non per indagare o altro, solo perché non conosco molto bene la zona e mi farebbe piacere scambiare quattro chiacchiere con lei- aggiunse poi, sperando di non risultare invadente o impicciona.

Jaehee annuì, sorridendo. Non aveva motivo di dubitare delle buona intenzioni di Monica Collins. Aveva letto ogni suo articolo e intervista, e non aveva mai scritto rumors o cattiverie gratuite. Anzi cercava sempre di immedesimarsi nel prossimo.

Oltretutto il signor Han le aveva chiesto di tenerla d’occhio, tanto valeva approfittare della situazione.

-Mi farebbe piacere. Al negozio all’angolo vendono ottimi panini- la informò, controllando l’orologio.

-Ottimo, un secondo- Monica prese la borsa che aveva lasciato in accanto alla scrivania dell’ultimo dipendente che aveva intervistato e la raggiunse, pronte a pranzare insieme.

Dopo aver preso due panini ed essersi sedute su una panchina isolata fuori dall’edificio, parlarono del più e del meno per cinque minuti, principalmente di capi e aneddoti vari accaduti in ufficio.

Le loro vite lavorative non erano molto diverse, per certi versi, anche se Jaehee doveva ammettere che guadagnava molto più della ragazza. Una magra consolazione ma pur sempre una consolazione.

-Posso farti una domanda un po’ particolare, assistente Kang, che spero non fraintenderai?- chiese Monica dopo qualche secondo di silenzio passato a mangiare.

Jaehee acconsentì subito, ma Monica ci mise qualche secondo a convincersi a parlare.

-Crede che Ju… il signor Han, trovi fastidiosa la mia presenza?- chiese infine, a bassa voce, fissandosi le scarpe.

Jaehee fu decisamente presa in contropiede dalla domanda strana, soprattutto perché da come Monica si comportava sembrava quasi una delle tante donne che sbavavano dietro al suo capo, ma dopo averci parlato tutto quel tempo le sembrava qualcosa di decisamente impossibile. Decise di non scendere a conclusioni e rispondere con la massima sincerità.

-Non credo che il signor Han sia turbato dalla sua presenza, anche se devo ammettere che è più consapevole rispetto alle altre visite. Solitamente ignora questo tipo di interviste- ammise, sperando con tutto il cuore che Monica non ne facesse accenno nel suo articolo perché altrimenti si sarebbe potuta considerare bella che licenziata.

Monica annuì, mordendosi il labbro inferiore un po’ a disagio.

Non commentò ulteriormente, troppo immersa nei suoi pensieri, e qualche secondo passò nel silenzio, finché Jaehee si fece coraggio per farle una domanda che le premeva da quella mattina.

Domanda per domanda, no?

-La ragazza che era con te, all’uscita dall’edificio…- iniziò a chiedere, ma si interruppe a metà, senza sapere come continuare e perdendo coraggio.

-Megan- Monica diede una sua risposta alla domanda lasciata aperta, e cercò di risolvere eventuali altri quesiti non posti.

-Diciamo che è una mia vecchia amica d’infanzia, più o meno. Eravamo un gruppo di ragazze, molto legate, ma ci siamo un po’ perse di vista con gli anni. Non la vedevo da un bel po’. Perché me lo chiedi?- dopo una breve spiegazione, girò la testa verso Jaehee, e la osservò curiosa. Da una parte, chiaramente felice di aver spostato l’argomento dal signor Han a Megan.

-Oh, nessun motivo in particolare. L’ho incontrata stamattina, e mi ha detto di non avere un posto dove stare- raccontò Jaehee.

Monica sospirò.

-La ospiterei, se potessi. Ma non posso proprio- cercò di giustificarsi, dispiaciuta -Alla fine è una brava ragazza. Solo… è un po’ impulsiva- concluse.

Jaehee stava per chiedere chiarimenti, ma la voce del signor Han la fece sobbalzare, e si affrettò a divorare il resto del suo panino in fretta.

-Assistente Kang, pensavo fosse a lavoro- la rimproverò, senza una vera e propria traccia di rimprovero, ma quasi con elegante curiosità, facendo passare lo sguardo tra l’assistente e Monica.

Jaehee lavorava con lui da anni e non si era ancora abituata al suo modo di fare.

E poi, quanto tempo era rimasta lì con Monica? Pensava fossero passati pochi minuti, ma il signor Han era già tornato, e aveva detto che ci avrebbe messo mezz’ora.

-Mi scusi signor Han, torno subito in ufficio- si scusò, sospirando e rientrando nell’edificio.

Monica avrebbe voluto salutarla, ma dopotutto sarebbe rientrata anche lei di lì a poco, perciò l’avrebbe rivista presto.

Le aveva fatto piacere chiacchierare.

Alzò lo sguardo su Jumin Han, e gli sorrise sincera, cercando di non far trasparire quanto le dispiacesse l’estraneità che doveva mostrare.

-Buongiorno, Signor Han. Non l’avevo ancora vista, oggi. Ho quasi finito. Dovrei passare da lei a ultimare il tutto verso le cinque- lo informò, professionale.

-Lo so. Spero che si stia trovando bene alla C&R- commentò lui, affabile. Il suo sguardo non lasciava trasparire emozioni.

-Meglio che nel mio ufficio sicuramente- ammise lei, un po’ tra sé.

Jumin cercò di non commentare al riguardo, perché sarebbe sicuramente risultato scortese.

-Sono felice che si stia trovando bene. Si prenda tutto il tempo che le serve- disse solo, facendole un cenno prima di accennare a rientrare.

-Signor Han…- lo richiamò Monica, facendolo girare verso di lei con una sorta di sguardo speranzoso che la ragazza non colse.

Per qualche istante, Monica rimase in silenzio, delle parole importanti per lei sulla punta della lingua, ma poi cambiò idea -…la ringrazio per l’attenzione e le auguro un piacevole pomeriggio- disse solo, con un sorriso incoraggiante, prima di riportare il panino alle labbra.

-Grazie signorina Collins, anche lei- ricambiò Jumin, un po’ deluso, rigirandosi e rientrando, pronto ad un nuovo stancante meeting.

Se solo Monica avesse detto ciò che voleva.

Probabilmente il resto della giornata sarebbe stato migliore per entrambi.

Era uno strano modo che avevano di salutarsi dopo i pranzi che condividevano ogni giorno in mensa. Una sciocchezza, un tormentone del semestre che avevano passato insieme. E per quanto ci provasse Monica non riusciva a toglierselo dalla testa: 

-Signor Han, evita di far piangere qualche matricola- sussurrò tra sé, senza farsi sentire da nessuno, nostalgica.

Non sapeva certo che proprio mentre lei ripeteva il tormentone oltre la porta Jumin stava rispondendo tra sè: 

-Non posso fare promesse, signorina Collins. Ma sostengo che la colpa sia loro-

Sospirarono nello stesso istante, chiedendosi come fosse possibile che l’altro li avesse dimenticati, inconsapevoli che era tutto solo un gigantesco equivoco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questa volta l’aggiornamento è puntuale. Sto anche scrivendo il quinto giorno nella speranza di continuare ad aggiornare anche quando i quattro giorni già scritti finiranno.

Spero davvero che chiunque sia arrivato fin qui stia apprezzando la storia e la continuerà ad apprezzare. Se stai leggendo questo sappi che mi stai rendendo felice, chiunque tu sia, nel leggere questo parto :)

Se avete domande, critiche, commenti di qualsiasi genere o anche spam non esitate a lasciarmi un commento, sarà letto con trepidazione.

Grazie, un bacione e a domenica prossima :-*

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Capitolo 5
*** Day 2 part 2 ***


Day 2

part 2

 

Megan aspettava Monica, facendo varie chiamate e spuntando nomi su una lista di possibili case da affittare.

Non era abbastanza ricca da permettersi un appartamento intero, perciò più che altro cercava una camera. Ma si stava arrendendo al fatto che si sarebbe dovuta probabilmente accontentare della stanza di un motel da quattro soldi.

Il fatto è che contava di ritrasferirsi lì in pianta stabile, almeno per un anno. Trovare lavoro, trovare Margo, cercare di recuperare il rapporto con le sue ex-migliori amiche… non poteva vivere in un motel.

Dopo l’ennesima chiamata senza risultato, dato che era troppo espansiva evidentemente e in Corea c’era un cultura decisamente più conservatrice rispetto a quella a cui era abituata, Megan rinunciò, e iniziò a pensare al modo migliore per chiedere a Monica di restare lì almeno un altro giorno o di dormire in garage.

Accarezzò la moto di Margo, quasi come se fosse Margo stessa, e sospirò, senza speranza.

Non era da lei essere giù di morale, capitava davvero di rado, ma gli ultimi giorni erano successe solo cose orribili, e non aveva nessuno con cui parlarne, con cui sfogarsi.

Margo l’avrebbe ascoltata, l’avrebbe tranquillizzata. Lo faceva sempre. Margo era sempre disposta ad aiutare gli altri, era lo scopo della sua vita.

Ma non si trovava.

Che si fosse stancata di essere la spalla su cui tutti piangevano? Con la sua intelligenza e le sue conoscenze poteva benissimo essersi trasferita in Australia e aver assunto una nuova identità, ma Megan non voleva pensarci.

Doveva indagare lì, in Corea, se lo sentiva. Sentiva che non poteva averle semplicemente abbandonate. Non era nel suo stile.

-Megan?- una voce sorpresa la distolse dai suoi pensieri, e si asciugò la lacrima che era uscita a tradimento.

-Oh, buon pomeriggio! Jaehee, giusto?- cercò di non fare una gaffe. Aveva subito riconosciuto la donna a cui aveva offerto il caffè quella mattina, ma nonostante avesse abitato in Corea per molti anni, aveva sempre avuto problemi a ricordare i nomi asiatici.

-Sì, cosa ci fai qui?- chiese Jaehee, un po’ sospettosa, adocchiando la motocicletta.

-Aspetto Monica, devo accompagnarla a lavoro e vorrebbe la massima puntualità, perciò sono venuta in anticipo e cerco, nel frattempo, di convincere qualcuno a darmi una camera. Ma non penso che le ragazze di colore senza lavoro abbiano molto successo qui- sospirò, rassegnata -Tu invece? Hai finito di lavorare?- chiese poi, cercando di ritornare sorridente e allegra.

-Magari, non so neanche cosa significhi “finire di lavorare”- si lasciò sfuggire Jaehee. C’era qualcosa, nel comportamento di Megan, che le faceva venir voglia di dire la sua senza pensare a quanto fosse poco professionale. Riuscì comunque ad interrompersi, e a rispondere semplicemente alla domanda.

-Devo aspettare l’assistente del capo Han, che mi deve passare delle carte per il pranzo di domani tra padre e figlio- spiegò, mettendosi in attesa davanti alla strada e controllando qualcosa sul cellulare.

-Il telefono è troppo mainstream? Io non li capisco, questi ricconi. Mandare le loro assistenti stracariche di lavoro per organizzare un dannato pranzo- sbuffò Megan, irritata. Jaehee trattenne una risatina.

-Sono sempre più felice di averti almeno dato il caffè- aggiunse poi Megan, come conclusione dello sfogo e quasi tra sé.

-A proposito, non ti ho ringraziato abbastanza. Mi ha davvero salvato la giornata- ammise, girandosi vero di lei e sorridendole riconoscente, accompagnandosi con un gesto di ringraziamento con il capo.

-Mi fa piacere sentirlo. Non ho molti altri modi per sostenere le impiegate di ufficio. Trovo che il vostro sia il lavoro più difficile del mondo, e non vi viene dato minimamente credito. Io credo che verrei licenziata dopo qualche secondo, soprattutto se il mio capo mi impedisse di prendere il mio caffè mattutino- iniziò a chiacchierare, come se niente fosse, e nell’attesa Jaehee si ritrovò a fare lo stesso.

Si sentiva davvero a suo agio con quella ragazza, non sapeva neanche lei come mai.

Anche se il modo in cui aveva chiesto di Martha a Monica continuava a renderla molto all’erta.

-La moto è tua?- chiese, per fare conversazione, senza riuscire a non pensare a Zen, osservando la motocicletta.

Il modo in cui i suoi lunghi capelli erano mossi dal vento, i muscoli tesi mentre regolava la velocità… Zen era davvero un capolavoro artistico.

Chissà se avrebbe ottenuto il ruolo. Jaehee non vedeva l’ora di vedere un suo nuovo musical.

-Oh, no, è di Margo- la risposta di Megan tolse completamente Zen dalla mente dell’assistente, che si voltò a guardarla sorpresa.

No, questa non poteva assolutamente essere una coincidenza.

-Margo?- chiese, sorpresa.

-Oh, tu non sai chi sia, giusto- Megan si diede della stupida, e Jaehee cercò di non far vedere che sapeva esattamente chi fosse, o almeno lo sospettava. Quante Margo potevano esserci in Corea?

Però se Megan aveva preso in prestito la moto significava che glielo aveva chiesto, e secondo le sue fonti Margo era completamente scomparsa da due anni. Che sapesse dove fosse? Doveva assolutamente indagare.

-Margo è una mia… vecchia amica d’infanzia. Sono tornata qui per lei, per lei e Martha, sua sorella. La sto cercando, perché… nessuno sa dove sia- spiegò Megan, abbassando lo sguardo e con gli occhi lucidi.

-Mi dispiace molto- tentò di rassicurarla Jaehee, senza sapere che altro dirle.

Non poteva rivelarle le informazioni riservate dell’RFA, ma doveva ammettere che se intendeva investigare avrebbero potuto collaborare.

I loro scopi non sembravano poi così diversi.

-Non sono tanto preoccupata. È una ragazza piena di risorse, e poi se non vuole farsi trovare non si fa trovare, è sempre stata così, fin da quando eravamo piccole- Megan provò a sorridere, tentando di rassicurare soprattutto sé stessa.

Jaehee trovò davvero curioso il suo modo di aprirsi così tanto con quella che era effettivamente una sconosciuta, ma non le dispiacque molto, perché stava prendendo davvero tante informazioni. E le venne anche un’idea folle.

-Non hai trovato nessun posto dove dormire, stanotte?- chiese, pur conoscendo già la risposta, dato che Megan gliel’aveva data all’inizio della conversazione.

-Non ho ancora trovato nessuno disposto ad ospitarmi. Penso che alla fine andrò a un motel o, opzione più probabile, dormirò nel garage di Monica o sotto a un ponte- la buttò sul ridere, anche se era la verità, purtroppo.

-Potrei ospitarti io- propose Jaehee, già pentendosi nel momento in cui le parole le uscirono dalla bocca.

Era una sconosciuta e poteva essere un’ottima attrice invischiata con l’hacker, non poteva invitarla a casa sua a dormire.

Purtroppo ormai l’aveva proposto.

Megan la guardò ad occhi sgranati, e spalancò la bocca, sorpresa.

Se era un’attrice era quasi meglio di Zen, perché sembrava autentica.

-Davvero?- chiese, commossa e del tutto incredula.

-Se mi dai il tuo numero di telefono posso inviarti l’indirizzo. Ma ti avverto che potrebbero esserci peli di gatto vaganti- preparò il telefono in modo da segnare il numero e poi passarlo a Seven per fare su di lei una ricerca. Ovviamente in privato, non poteva rischiare che Martha lo scoprisse, dato che le due si conoscevano.

-Hai un gatto?- Megan non sembrava molto felice alla notizia, Jaehee si affrettò a spiegarle.

-Non è il mio, ma del mio capo. Me lo affida quando è in viaggio- spiegò Jaehee.

Megan si incupì.

-Che razza di capo. I gatti sono un grande lavoro, soprattutto il pelo dappertutto- commentò, prendendo ulteriormente il signor Han in antipatia. Jaehee annuì sentitamente, sollevata che qualcuno capisse la sua disperazione ogni volta che il suo capo le affidava Elizabeth.

Comunque potresti anche vivere in un negozio di animali. Mi salvi davvero la vita in ogni caso- la ringraziò poi Megan, cambiando argomento e dettandole il numero di telefono.

Subito dopo, con un tempismo che aveva dell’incredibile, l’auto che accompagnava l’assistente del Capo Han accostò, e Jaehee si affrettò ad avvicinarsi.

-Allora ti faccio sapere- “se sei pulita” le promise, accennando un sorriso e pregando di non aver fatto la più grossa sciocchezza della sua vita.

-Grazie mille Jaehee- Megan le sorrise a sua volta, il sorriso più caloroso che qualcuno le avesse mai rivolto, e Jaehee si sentì più sicura.

Stava facendo la cosa giusta, ne era piuttosto certa.

 

L’incontro con il regista era andato bene, il ruolo era praticamente suo e l’avrebbe confermato il giorno successivo.

Zen era felicissimo di tornare a lavoro, sebbene fosse stanco per la giornata piena, tra provini ed esercizio fisico.

La stanchezza però non lo fermò dal prendere la strada lunga per tornare a casa, passando per il parco.

Aveva avuto una mezza idea di andarci a fare jogging, per avere una scusa di passarci, ma non voleva farsi vedere dalla ragazza misteriosa del giorno prima in tuta, anche se lui era stupendo con qualsiasi cosa addosso.

Ma di certo era molto più affascinante con quel completo, infatti il regista l’aveva considerato perfetto per il ruolo che avrebbe con molta probabilità interpretato.

Usando il telefono come specchio per controllare che fosse perfetto, iniziò a girare il parco che la ragazza gli aveva suggerito il giorno prima, ma non sembrava essere da nessuna parte.

Che lo avesse preso in giro? Gli sembrava strano, aveva subito sentito una scintilla tra loro, e poi lei era una sua fan, non poteva non volerlo vedere.

O almeno Zen sperava fosse così.

Forse l’aveva spaventata con la sua espansività, ma l’aveva davvero colpito, con il suo carattere tosto e la sua voce melodiosa.

Lui non badava molto al talento, nella scelta di una ragazza, ma la ragazza misteriosa non era solo brava, lasciava senza fiato perché trasmetteva un sacco di emozioni, e Zen desiderava davvero tantissimo rivederla anche solo per riascoltarla cantare.

Il problema era che non si trovava da nessuna parte.

Quando ormai stava per perdere le speranze, un acuto straordinario lo fece scattare sull’attenti, e corse in direzione della musica neanche avesse sentito una ragazza chiedere aiuto.

Il fatto che in quell’acuto chiedesse aiuto rendeva la situazione comica, ma Zen aveva abbastanza esperienza di musica da conoscere la canzone, e soprattutto da capire che stava solo cantando, anche se l’emozione c’era tutta.

La raggiunse proprio mentre finiva la canzone, e non riuscì a non sorridere con occhi brillanti.

Era lei, era la ragazza misteriosa, straordinaria come il giorno prima e illegalmente bella.

Il carattere per lui valeva tutto, e ogni ragazza che avesse un bel carattere era bella a modo suo, perché esternava la sua bellezza interiore, ma la ragazza misteriosa era oggettivamente la ragazza più bella che Zen avesse mai visto.

E fu anche felice di constatare che un paio di persone si erano fermate ad ascoltarla, questa volta, e aveva una mancia piuttosto consistente.

Appena finì di cantare, Zen aggiunse una sua parte, e la ragazza misteriosa lo notò, e sobbalzò, sorpresa.

Poi prese un sorso dalla bottiglietta d’acqua, e non diede altri segni di essersi accorta di lui.

-Grazie a tutti. Avete qualche richiesta?- chiese al pubblico, che però non sembrava avere intenzione di trattenersi, e dopo aver dato qualche moneta si dileguò.

-Io ho una richiesta!- Zen alzò la mano, e la ragazza lo guardò, e gli diede la parola.

-Fammi indovinare, una canzone di qualche musical?- intuì, facendogli l’occhiolino.

Zen era convinto di essersi appena sciolto dentro.

-Zekyll e White- le propose.

La ragazza ridacchiò.

-Non credo di esserne in grado- ammise, un po’ controvoglia.

-Con la vocalità che hai sei in grado di fare qualsiasi cosa- obiettò Zen, che aveva un orecchio straordinario per questo genere di cose.

La ragazza misteriosa arrossì.

-So di essere vocalmente perfetta- si vantò, ostentando una sicurezza che di certo non le apparteneva -È solo che quel musical…- si interruppe, un po’ incerta, e lanciò un’occhiata imbarazzata a Zen.

Zen iniziò a preoccuparsi. Che non le fosse piaciuto? Era uno dei musical di cui andava più fiero e su cui aveva lavorato di più, dato che il personaggio di White era una sfida e nello stesso periodo Margo era scomparsa e tutta l’RFA era all’erta.

Forse non gli era uscito bene come credeva? O forse in generale la ragazza misteriosa non l’aveva apprezzato per la storia o per le musiche.

Temeva di aver fatto una figuraccia, poi la ragazza concluse la frase, come se le costasse davvero tanto ammettere quella che evidentemente considerava una debolezza.

-…è stato troppo straordinario. Non voglio cantare una canzone tratta da lì quando so di non riuscire a dare l’intensità e la forza che quelle canzoni meritano. È il mio musical preferito- ammise, senza guardare Zen negli occhi.

Lui si illuminò.

-Davvero?- indagò, con un sorriso beota.

-Non farmelo ripetere, che è già abbastanza umiliante. E se sei venuto qui solo a farmi venire i complessi di inferiorità puoi anche andare via. Tanto ormai i soldi me li hai dati- gli fece un cenno con la mano come a cacciarlo via, e Zen ridacchiò.

-Ti do il doppio se mi permetti di restare- propose, con un occhiolino.

-Io pretendo il doppio se resti. Ascoltarmi cantare è un privilegio, per questo mi faccio pagare- la ragazza misteriosa scosse i corti capelli biondi, con aria di superiorità.

-Non lo nego. Posso chiederti qualcosa da Zorro?- chiese, tirando fuori due banconote da 1000 won.

-Ho il poster in camera- commentò la ragazza, sorridendo tra sé, per poi pentirsi immediatamente e tapparsi la bocca.

Ma era troppo tardi.

-Hai il poster, eh?- Zen rigirò il coltello nella piaga.

-Già, ho ancora quel poster in camera, stavo riflettendo ad alta voce sul fatto che dovrei toglierlo. È infantile- cercò di riprendersi, senza risultare credibile neanche a sé stessa.

-Se vuoi ti rimedio un poster di Zekyll e White- la provocò, e dopo uno sguardo da fangirl assatanata per qualche istante, la ragazza tornò impassibile e indifferente.

-Se ne hai uno in più, sicuramente lo trovo qualcuno interessato a cui venderlo- alzò le spalle, poi prese nuovamente la chitarra e iniziò a cantare una canzone dal musical Zorro.

E poi ne cantò un paio da altri musical, tre canzoni k-pop di cui aveva la base e che quindi interpretava ballando in modo molto ipnotico e ritmato, e senza che Zen quasi se ne accorgesse passò più di un’ora.

La ragazza si prese una pausa dopo una canzone particolarmente coreografata, e contò i soldi guadagnati, orgogliosa.

-Grazie mille- fece un cenno ai due tizi, Zen compreso, che l’avevano guardata, e si soffermò in particolare su Zen, mentre si preparava ad andarsene via.

L’attore sembrò svegliarsi da una trance.

-Aspetta, hai già finito?- chiese, deluso.

La ragazza sembrò sorpresa dalla sua enfasi.

-Beh, sì, sono quasi le sei e ci metto un secolo a tornare a casa. Senza contare che oggi devo cucinarmi da sola- gli spiegò, alzando le spalle.

Zen stava per proporle di accompagnarla a casa, ma si interrompe prima ancora di aprire la bocca, rendendosi conto che era venuto a piedi anche lui.

Si appuntò mentalmente di prendere la moto, la prossima volta, così da poterla riaccompagnare.

E a proposito di prossime volte…

-Dove ti posso ritrovare?- chiese, speranzoso.

-Credo che domani avrò voglia di pagnotte pesciotte. Pensavo che qualcuno me le avrebbe portate, oggi, ma quel mascalzone non ha mantenuto la parola- si lamentò, incrociando le braccia in direzione di Zen, che alzò le mani colpevole.

-Chiedo perdono, ma a mia discolpa avevo un provino, prima di venire qui- cercò di giustificarsi.

Forse avrebbe dovuto scriverlo sulla chatroom, in effetti. Magari Jaehee si sarebbe messa online e l’avrebbe complimentato o comunque sarebbe stata interessata.

Era l’unica a reagire come Zen avrebbe voluto.

Dopotutto un nuovo ruolo non era mica una cosa da nulla.

-Un provino? È un nuovo ruolo? Ti hanno preso? Ma certo che ti hanno preso! Che musical è? C’è già una data di uscita? Che personaggio farai?- chiese la ragazza misteriosa, quasi aggredendolo e con occhi brillanti e speranzosi.

Zen arrossì, e sentì il petto gonfiarsi di orgoglio.

Non solo la ragazza davanti a lei, con un talento smisurato, era il tipo di fan che preferiva, ovvero una decisamente più interessata al suo talento che al suo aspetto, ma gli stava offrendo anche la reazione migliore che il suo cuore narcisista e pieno di insicurezza bramava e che non aveva mai ricevuto dall’RFA.

E per una volta non sembrava neanche voler mantenere il suo atteggiamento musone.

-Non è ancora confermato, ma è un ruolo in un nuovo musical tratto da un videogioco piuttosto famoso, e dovrei interpretare un uomo possessivo e molto tosto che deve far innamorare di sé una donna per proteggere sua sorella- spiegò, con aria di superiorità.

La ragazza lo fissava quasi con adorazione.

-Wow, non vedo l’ora di vederlo. Domani mi dirai di più- gli fece l’occhiolino, e iniziò a dirigersi verso l’uscita.

Si girò un attimo, e gli lanciò un’occhiata di sfida.

-Certo, sempre se mi troverai- lo sfidò, tornando la tosta ragazza dal sorriso sarcastico che stava già conquistando Zen.

-A domani- la salutò lui, accettando la sfida.

Dopotutto la ragazza gli aveva dato tutti gli indizi di cui aveva bisogno. Aveva detto che in caso volesse pagnotte pesciotte sarebbe andata in Nameless road, e Zen aveva un’ottima memoria, e se lo ricordava bene.

Sperava di non avere impegni.

Solo quando, fischiettando una canzone di Zorro, entrò nella metro si rese conto che ancora non le aveva chiesto il nome, e si maledisse nuovamente mentalmente.

Era più tonto del principe di Cenerentola, ma almeno sapeva dove trovare la sua principessa.

E non aveva intenzione di farsela scappare.

 

Monica aveva imparato da tempo a sopportare l’attenzione non desiderata, ma ancora non sapeva come ribattere quando le si presentavano situazioni di quel genere.

Non che le dispiacesse l’interesse di quell’impiegato, ma era tardi, doveva andare nell’ufficio del signor Han, e non aveva tempo da perdere a sentire gli affari di un tizio che non conosceva e ci stava spudoratamente provando con lei nonostante andasse contro ogni etica professionale.

Annuiva e ascoltava, cercando di trovare un modo carino per tagliarlo fuori senza rovinare la sua pausa caffè, ma i minuti passavano e la sua quasi totale assenza di spina dorsale non aiutava.

In realtà Monica si sarebbe giudicata piuttosto una ragazza estremamente cortese, ma doveva ammettere che mancava di spina dorsale, per certe situazioni. Soprattutto con gli uomini.

E questo le aveva causato non pochi problemi in passato.

Almeno l’impiegato non sembrava affatto avere cattive intenzioni, era solo molto desideroso di parlare, probabilmente il suo lavoro lo sfiancava.

Anche se non quanto stancava Jaehee, da quello che Monica aveva potuto osservare in quei due giorni.

Avrebbe dovuto parlarne al signor Han, anche se non pensava l’avrebbe ascoltata, e non l’avrebbe biasimato più di tanto per considerarla inferiore. Era un uomo d’affari, era cresciuto così fin da piccolo, e Monica era di molte classi inferiori a lui. Era anche normale che non la riconoscesse.

Ma almeno doveva provarci, per Jaehee. E poi, se Jumin era rimasto quello di un tempo, era certa che avrebbe almeno ascoltato quello che aveva da dire senza conseguenze che avrebbero potuto costare il lavoro suo e di Jaehee.

Sempre se si fosse riuscita a scrollare quel tizio di dosso.

Stava giusto per approfittare di un piccolo silenzio per trovare una scusa quando una voce imponente lo fece per lei.

-Signorina Collins, può venire nel mio ufficio?- la voce formale del signor Han fece sobbalzare entrambi.

L’impiegato gli fece un rispettoso e spaventato saluto, mentre Monica si girò verso di lui e gli sorrise, cercando di non apparire troppo riconoscente per non far stare male l’impiegato. 

-Certo, signor Han. Arrivo subito- gli fece un cenno con il capo, come ad incoraggiarlo a precederla, anche se era certa non servisse perché il signor Han sarebbe sicuramente andato a prescindere, e si girò verso l’impiegato per congedarlo.

-Mi scusi, devo proprio andare. Le auguro una buona giornata- lo salutò in modo forse un po’ troppo sbrigativo, e rimase decisamente sorpresa quando, girandosi, notò che il signor Han sembrava averla aspettata, e le fece un cenno per farla andare per prima, nel suo ufficio.

Tutte le persone, soprattutto i ricchi dirigenti, che aveva intervistato le avevano sempre dato poca considerazione. Il signor Han per ora era più gentile e soprattutto educato di chiunque altro. Era rimasto, in fondo, il ragazzo che aveva conosciuto.

A meno che non fosse tutta scena per renderla più clemente nel suo articolo, anche se Monica ne dubitava.

E in ogni caso lei non era tipa da farsi corrompere da un atteggiamento affabile.

Combatteva costantemente per la verità e la onestà, anche se cercava di servirla sempre nel modo migliore, dato che non le piaceva rovinare aziende e soprattutto la vita delle persone, a meno che non se lo meritassero per davvero. E Jumin, sicuramente, non lo meritava.

Si sedette davanti alla scrivania, e tirò fuori il blocco per appunti per mettere al corrente il signor Han delle informazioni che avrebbe usato nel suo articolo.

-Sta bene, signorina Collins? Mi è sembrata a disagio- commentò il signor Han, sedendosi davanti a lei e guardandola con attenzione.

Monica alzò lo sguardo su di lui, e per un attimo vide il ragazzo che si era spesso preoccupato per lei, a modo suo, tempo prima. Cercò di non perdere la concentrazione, e abbozzò un sorriso.

-Sì, certo. Comunque la ringrazio. Più che altro ho un po’ di fretta. Tutto qui- cercò di lasciar perdere la situazione, distogliendo lo sguardo e iniziando a mordersi il labbro inferiore.

Gli occhi di Jumin lasciarono quelli di Monica per spostarsi sulle sue labbra, e fu una fortuna che Monica avesse già distolto lo sguardo, perché altrimenti si sarebbe distratta ulteriormente.

O forse fu una sfortuna, perché probabilmente da quell’occhiata quasi di rimprovero avrebbe capito che Jumin non si era affatto scordato di lei, tutt’altro.

-Allora evitiamo di perdere tempo. Di cosa voleva parlarmi?- chiese Jumin, incrociando le dita sopra la scrivania e ritornando più professionale.

-Certo. È mia abitudine informare sempre il diretto interessato delle informazioni che userò nell’articolo. Così che sia al corrente dell’onestà dei miei intenti e della veridicità delle mie parole. Lo trovo anche più corretto- era anche un modo per non far modificare troppo l’articolo al suo capo, ma questo ovviamente Monica non lo disse.

Jumin annuì, non del tutto sorpreso da quello strano modo di lavorare.

-Ho intervistato tutti i suoi dipendenti, principalmente in merito ai progetti sui gatti che sembra prendano buona parte del loro tempo, e poi in generale sulla situazione lavorativa e il contratto da loro firmato. Ho anche fatto una ricerca interna sul profitto del suo dipartimento rispetto a quello degli altri. So che lei è l’erede della compagnia, perciò mi scusi ma ho dovuto controllare che non approfittasse del suo ruolo. Nonostante i progetti dei gatti ho constatato che il suo dipartimento ha il doppio del profitto rispetto a tutti gli altri, la maggior parte dei suoi dipendenti la considera un capo esemplare e il suo lavoro è generalmente incontestabile. Insomma, lavora più del resto dei suoi dipendenti, e questo sembra ispirarli ed influisce positivamente sulla produttività- disse velocemente, ricontrollando i suoi appunti, senza guardare Jumin, che al contrario continuava a fissarla, colpito da come lo riempisse di complimenti senza però complimentarlo davvero. Anzi, sembrava pensare più ai suoi dipendenti che a lui, e questa era davvero una novità da parte di una giornalista.

Jumin si sentì quasi offeso, e allo stesso tempo molto soddisfatto. Era un’emozione stranissima che aveva spesso provato con lei.

-Il problema con i progetti dei gatti non sembra colpirli più di tanto, poiché da priorità ai progetti che fruttano maggiore profitto, e il contratto firmato da loro ha una vasta politica sugli straordinari e molti dei suoi dipendenti hanno la scelta se farne o no, mettendo in conto la famiglia, il guadagno e, insomma, non ci sono irregolarità di sorta. Uscirà un articolo noioso, ma sarà un’ottima pubblicità per la sua azienda- concluse, con un gran sorriso.

Jumin annuì, soddisfatto della conclusione, ma Monica non aveva finito.

-C’è solo un piccolo appunto, che ci terrei a farle, signor Han, se ha un minuto per ascoltarmi- dovette prendere tutto il suo coraggio per aggiungere quella critica, ma sentiva di doverlo a Jaehee, l’unica impiegata che sembrava non avere scelta riguardo a determinate mansioni extra.

-La ascolto, signorina Collins- la incoraggiò Jumin, in tono neutro, sorpreso dall’eleganza e la prostrazione con cui gli stava facendo notare qualcosa. Era davvero maturata rispetto all’università, dove tendeva a dire tutto quello che le passava per la testa senza preoccuparsene troppo.

Monica si morse il labbro cercando le parole più appropriate.

Jumin avrebbe preferito che non lo facesse. Non aveva mai approvato che si facesse male a quel modo, anche inconsapevolmente. Ma lei non era mai riuscita a smettere. Così come il caffè.

-Premettendo che il mio è solo uno spassionato consiglio, che non ha molto a che fare con l’articolo. Credo che dovrebbe limitare gli straordinari all’assistente Kang, perché nonostante legalmente non ci sia nulla da obiettare, dato che paga ogni ora extra, mansioni come occuparsi del suo meraviglioso ga… cioè, di Elizabeth 3rd, e il riarrangiamento costante dei suoi orari sono troppe, per un normale essere umano, da svolgere tutti insieme- riuscì a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi, e di apparire sicura e convinta mentre gli dava quel suggerimento.

Non credeva che l’avrebbe accolto, ma doveva dirglielo. Probabilmente non l’avrebbe mai fatto se non avesse conosciuto Jumin all’università. E poi vedere Jaehee così stressata era doloroso per lei, dato che la considerava quasi un’amica, e soprattutto una sorella spirituale, visto che Monica era impegnata quasi quanto lei, se non di più, anche se sfortunatamente non guadagnava neanche la metà di quanto guadagnasse Jaehee.

Forse avrebbe dovuto chiedere di lavorare alla C&R, in effetti. Sembrava l’azienda dei sogni, per chi amasse i gatti, soprattutto.

E lei i gatti li amava davvero tanto.

Jumin glielo aveva anche proposto, una volta, e lei aveva rifiutato dicendo che non era il suo settore e che quello era nepotismo. 

Jumin piegò la testa, valutando le sue parole.

-Cosa suggerisce, allora, riguardo ad Elizabeth?- chiese, sinceramente incuriosito dalla proposta che avrebbe fatto.

-Ci sono tantissimi centri per l’accoglienza di animali. Che oltre ai randagi si occupano di animali lasciati per lunghi o brevi periodi se il padrone deve viaggiare o non può occuparsi di loro. Le posso consigliare il rifugio Yaong- Monica armeggiò nella borsa e gli porse il biglietto da visita -È senza scopo di lucro, ci lavorano volontari e offrono completa assistenza, 24 ore su 24, le migliori marche di cibo, spazi antisettici e sicurezza massima- gli consigliò.

-Ci porta il suo animale?- chiese Jumin, dando per scontato che avesse un gatto anche lei. Aveva sempre adorato alla follia i gatti.

Monica sospirò.

-No, non posso permettermi un gatto, ma ci lavoro come volontaria, nei weekend. Non ho molto tempo per farlo ma è davvero rilassante e rinfrancante essere circondata da tutti quegli animali- ammise, con occhi brillanti -soprattutti dai gatti- aggiunse poi, quasi tra sé, lanciando un’occhiata amorevole verso un ritratto di Elizabeth appeso al muro.

Jumin accennò un sorriso. 

-Sei sempre la stes…- cominciò a commentare, tradendosi, ma Monica non lo ascoltò nemmeno, perché il suo sguardo, da Elizabeth, aveva raggiunto l’orologio a muro.

Si alzò di scatto, facendo sobbalzare Jumin, con un -Oh Cavolo!- detto in italiano che, poiché esperto di lingue, ovviamente riuscì a capire.

-Mi scusi sono in ritardo stratosferico. Le manderò una copia dell’articolo appena uscirà. È stato un piacere lavorare con lei, signor Han- gli porse velocemente la mano, che lui strinse velocemente, alzandosi a sua volta.

-Il piacere è stato mio, signorina Collins- e per una volta poteva essere sincero al riguardo. Era stato davvero felice di rivedere Monica. Era rimasta la stessa ragazza ma era maturata anche parecchio dandole un’impressione ancora migliore. Doveva congratularsi con l’assistente Kang per la scelta. Sicuramente non l’avrebbe fatto perché congratularsi era futile, ma almeno ammetteva, tra sé, che aveva fatto bene a scegliere lei e lui ne era davvero felice.

-Le auguro un buon lavoro. Arrivederci- lo salutò lei con un cenno del capo e un grande sorriso, poi scappò via, di corsa, senza riuscire neanche a vedere dove fosse l’assistente Kang per salutarla.

Jumin rimase a fissare la porta per qualche secondo di troppo, poi sussurrò, in italiano -Arrivederci, signorina Collins-

Certo, che parola bugiarda, dato che non si sarebbero di certo visti nuovamente, almeno non in tempi brevi.

A meno che non fosse andato, quel weekend, in quel rifugio per animali.

Se c’era una persona alla quale pensava di poter affidare Elizabeth, oltre all’assistente Kang, quella poteva essere Monica. 

Anche se non era del tutto certo di farlo, visto quanto le cose fossero cambiate tra loro. 

Decise comunque che sarebbe passato per una visita, anche solo per rivederla. Era venerdì, il weekend era dietro l’angolo.

Sorrise tra sé, poi tornò a lavorare.

 

707 è entrato nella conversazione

707: Woooooo, Martha, da quando sei un meccanico!?!?!

Martha è entrata nella conversazione

Heilà, Seven. Mi sei mancato quest’oggi.

In che senso “un meccanico”?

707: Hai aggiustato la televisione!!!

707: I miei complimenti!

Grazie, grazie, troppo buono

Mi stavo annoiando troppo e ho sfruttato qualche conoscenza che deriva da anni di orfanotrofio.

707: Beh, venti minuti di applausi.

Cosa ti porta in questa vuota chat?

707: Noia, perlopiù, il lavoro mi uccide, e Jaehee mi ha pure chiesto una ricerca inutile. 

707: Vorrei troppo avere qualcuno da prendere in giro. 

Ma da quando Yoosung ha mandato all’aria i propositi di studio non entra più nella chatroom.

Sono sicura che troverai qualcuno

E quel qualcuno non avrà il nome che inizia per M

Jumin Han è entrato nella conversazione

707: Che te ne pare se il nome inizia per J?

Jumin Han: ?

Io direi che è un’ottima idea

Jumin Han: Oh, hai appena detto di voler prendere in giro qualcuno. Vuoi prendere in giro me?

707: Ma certo che no!

Stavamo solo scherzando tra noi

707: In realtà volevo farti una domanda.

707: Mi ci ha fatto pensare la nuova cotta di Yoosung

LOL

707: Sempre che ne abbia una, dato che è un forever alone

LOOOOL

Jumin Han: Arriva al punto

707: Jumin, ti piacciono le ragazze? O no?

Jumin: Che ragazza? Scusa non capisco la domanda.

707: Ragazze. Sai, Jumin, sono come te e me solo che hanno i capelli lunghi e diversa struttura fisica.

Tipo me. Se vuoi ti faccio una lezione di anatomia con dei disegni

707: lololol

Jumin: -_-

Jumin: Non risponderò a questa ambigua domanda

Ohhhh, sta evitando la domanda

707: Solo i colpevoli evitano le domande!

707: Cosa nascondi?

707: Non vorrai mica dirci che anche tu sei un forever alone come Yoosung

Jumin: Se proprio devo rispondere, non mi piace rimanere coinvolto con le donne, per motivi personali

Oh, quindi è davvero un forever alone?!

707: E si aggiunge un altro alla lista dei forever alone dell’RFA!!

Ovvero tutti quanti? A meno che Jaehee non abbia un ragazzo di cui io non sia a conoscenza 

707: Nah, Jaehee non ha ancora una ragazza

707: Ops, errore di digitazione

707: *Un ragazzo

Errore, eh?

Le posso sempre consigliare una mia amica

Ops, errore

*Un mio amico

707: LMAO!!!

Jumin Han: Io credo che uscirò da questa conversazione

707: WAIT!!!!

Aspetta, aspetta, non hai ancora risposto!!

Jumin Han: Risposto?

Sei un forever alone…

707: O Europeo?

Ma LOL!!

Jumin Han: Europeo? Sono coreano. Non capisco la tua 

insinuazione. Vi raccomanderei ad entrambi un bravo psicologo

Oh oh aspetta. Mi è venuto in mente un vecchio meme!!

707: Anche a me!!

707: Non può essere…

Does Jumin Han is gay?!

707: Does Jumin Han is gay?

Jumin Han è uscito dalla conversazione

707: …

Sposami!!

707: Festeggeremo un piccolo matrimonio in una stazione spaziale!!

Non direi piccolo ma approvo in pieno!!

E come regalo di nozze da parte tua esigo Honey Buddha Chips!!

707: Ahahah va bene. 

707: Aspetta, Jumin è scappato?

Sembrerebbe di sì, la prossima volta lo torchio, mi incuriosisce la cosa

707: Ahahah, fammi sapere cosa scopri

Ma certo, marito mio :-*

707: Grazie mogliettina.

Tralasciando, volevo chiederti una cosa sulla televisione…

707: Scusa, ora devo assolutamente andare

Di già? Ma questa conversazione è durata pochissimo

707: Il lavoro chiama, la mia cameriera

707: Viao!!

707 è uscito dalla conversazione

Viao anche a te -_-

Martha è uscita dalla conversazione

 

Martha osservò i messaggi ridacchiando, anche se l’uscita di Seven le sembrava piuttosto affrettata.

Non ci pensò più di tanto, però, e continuò a sintonizzarsi sui canali giusti dalla televisione appena aggiustata.

Doveva anche inviare email ad alcuni eventuali ospiti per il party, ma la cosa poteva aspettare, per il momento.

Purtroppo Seven era scappato prima che potesse chiedergli se potesse scaricare Netflix sul suo telefono e collegarlo alla televisione.

Glielo avrebbe chiesto in seguito, sarebbe tornato presto in chat…

 

Seven non aveva la minima intenzione di tornare in chat tanto presto.

Non aveva la minima intenzione di continuare a comportarsi così.

E soprattutto non aveva la minima intenzione di farsi prendere dalle emozioni come già stava capitando.

Ma cosa diamine gli era preso?! 

Conosceva quella ragazza da due giorni, e nonostante i precedenti con la sorella si apriva già così tanto a lei.

Per quel che ne sapeva poteva essere Margo sotto mentite spoglie, che tentava di avvicinarlo con un carattere troppo simile al suo per essere plausibile.

Ma andiamo!

Stessa passione per i memes, amore per le patatine e per le macchine, esuberante e incredibilmente divertente, e lo assecondava nelle sue follie e nei suoi scherzi.

Andiamo, avevano scritto la stessa cosa nello stesso momento, erano troppo compatibili perché tutto fosse reale.

E allo stesso tempo… perché Margo avrebbe dovuto fare una cosa simile?

Dalle ricerche che aveva fatto all’epoca e che stava facendo anche in quel momento niente suggeriva che Martha non fosse esattamente come si stava presentando ai loro occhi, e Margo era sempre risultata del tutto pulita.

Megan Carson, a dirla tutta, era meno santarellina delle due sorelle, anche se si era confermata pulita e aveva consigliato a Jaehee di fidarsi e allo stesso tempo di tenerla d’occhio.

Ma allora perché Seven si sentiva così? Come se fosse tutto troppo bello per essere vero.

Era seduto davanti al suo computer, si rigirava il telefono tra le mani, e osservava Martha dallo schermo del computer come aspettando che commettesse un passo falso. Perché era troppo perfetta per lui, perché era impossibile che fosse reale.

Aveva mentito quando le aveva detto che Vanderwood lo stava chiamando, ma doveva smettere di parlare con lei.

Non poteva deconcentrarsi.

Eppure lo era già, perché continuava a fissarla senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Mentre sintonizzava tutti i canali, improvvisando un ballo di vittoria, mentre si preparava la cena, che consisteva in crocchette di pollo cucinate al microonde che comunque era riuscita a bruciare.

Ed infine mentre controllava se altre chat si attivavano sul telefono.

-Forse dovrei scrivergli…- la sentì commentare tra sé, e pochi minuti dopo gli arrivò un messaggio sul telefono.

“Posso scaricare Netflix, oh santo God Seven?”

Seven non riuscì a trattenere un sorriso.

“Chiedo a V” rispose cercando di essere più formale possibile.

“Un dio onnipotente non dovrebbe poter prendere le sue decisioni? ;)” gli arrivò per tutta risposta.

“Scaltra, in questo caso no :p” la prese in giro, senza riuscire a trattenere il suo lato scherzoso.

“Ok, ok… attendo V” cedette poi lei.

Seven stava giusto per decidersi a lasciar perdere e continuare il suo immenso lavoro, quando un’ultimo messaggio gli fece galoppare il cuore in modo quasi doloroso.

“Buona serata e buon lavoro <3”

Seven non credeva che sarebbe più riuscito a tornare normale.

 

Due anni prima

-Certo, Miri, sto bene, non preoccuparti. Finisco questo lavoro e torno… cioè… a trovarti. Ci rivediamo presto- Margo era in camera sua, e Ray era davanti a lei, e la fissava senza perdersi neanche una parola.

Da una parte Margo lo trovava esagerato, ma dall’altra anche molto dolce.

Anche il fatto che le aveva permesso di chiamare Miriam e Monica era un gesto di grande attenzione, come tutti quelli che le offriva.

La colazione mattutina, un mazzo di fiori poco prima, e ora le aveva anche permesso di parlare un po’ con Miriam nonostante andasse contro la riservatezza, e dato che Margo non aveva nulla da nascondere non le dispiacque che Ray la ascoltasse e osservasse per tutta la chiamata.

-Te lo dirò, prima o poi. Promesso. Ma non adesso- Margo rispose ad una domanda seccata dell’amica. I suoi occhi però non lasciarono quelli di Ray, osservando ogni sua microespressione e analizzandola.

Era bravissima a capire le persone, e nonostante lo conoscesse da appena due giorni Ray era già un libro aperto per lei, di cui presto avrebbe conosciuto a memoria ogni parola.

Un commento poco convinto di Miriam dall’altro lato della cornetta la fece ridacchiare, e Ray sobbalzò, e la guardò con occhi brillanti, incantato dalla sua risata cristallina.

Che lui avesse una cotta per lei, era chiaro agli occhi di Margo.

I traumi che l’avevano portato a sviluppare un attaccamento così morboso in appena due giorni, quest’informazione Margo ancora non la conosceva, ma lo avrebbe scoperto presto, e avrebbe aiutato Ray, con ogni mezzo.

Perché sebbene lei non provasse per lui quello che lui provava per lei, e non pensava l’avrebbe mai provato, aveva comunque il desiderio di aiutarlo. Aiutare gli altri era lo scopo della sua vita, fin da quando era piccola.

-No, non sto lavorando con criminali e non mi sono unita ad una setta- la rassicurò, nonostante sapesse di mentire.

Sebbene Ray fosse senz’altro una semplice pedina nelle mani del sistema che stava cercando di imprigionare anche lei, Margo era piuttosto certa che quello che stavano facendo in quell’edificio era poco legale, dato che la storia del gioco non aveva retto più di qualche ora.

I ragazzi con cui chattava non erano AI progettati magistralmente, questo era poco ma sicuro, e qualsiasi cosa il capo di Ray volesse da loro non era niente di buono, e Margo doveva scoprirlo e fermarlo, possibilmente aiutando Ray.

-Comunque quando torno ci andiamo a vedere un musical insieme- le promise poi, e non le sfuggì l’espressione infastidita e a tratti preoccupata sul volto di Ray. Finse di non notarlo.

-So che non ti piacciono i musical perché “non è giusto che un attore sappia anche cantare”, ma vieni con me per favore personale, almeno. Hai sentito Mindy?- cambiò poi discorso, iniziando ad ascoltare lo sfogo eterno al quale era abituata da quando le due avevano litigato pesantemente due mesi prima.

Aprì la bocca per cercare di farla ragionare, ma dopo aver sentito dei rumori sospetti provenire da fuori, Ray le fece cenno di riattaccare, allertato, e Margo annuì, eseguendo in fretta.

-Scusa, devo assolutamente andare. Ti chiamo domani, va bene?- le promise, sperando di poterlo fare.

Dopo uno sbuffo, Miriam acconsentì ad interrompere la chiamata e Margo riattaccò, e sorrise a Ray.

-Grazie di avermi permesso di chiamarla. Se l’avessi abbandonata senza dire niente mi avrebbe odiata per sempre, è troppo importante per me- spiegò, abbassando lo sguardo.

-Ma certo, figurati. Mi stai già aiutando tanto. Sei la migliore beta che potessi prendere- balbettò Ray, arrossendo parecchio.

Margo doveva ammettere che era davvero dolce, e sperava sinceramente che un giorno sarebbe riuscito ad uscire da lì e trovare la ragazza giusta per lui.

-Ma… sai che l’attore Zen è solo un AI, vero?- aggiunse poi, squadrandola come ad assicurarsi che la sua reazione fosse a norma.

Margo finse di crederci, ed era davvero una brava attrice, per questo genere di cose.

-Ma certo, ma mi ha fatto venire voglia di musical, e ammetto che Zen per il momento è il personaggio che preferisco. Sicuramente meglio di quel V e di Seven- strinse i denti pronunciando quel nome, e non fu la sola.

Anche a Ray sembrava dare particolarmente fastidio.

Il problema per Margo era che quel ragazzo le ricordava troppo sua sorella, che non vedeva da quando se n’era andata e a cui non voleva pensare, al momento.

Era troppo doloroso.

-In ogni caso nessuno batte te, Ray- Margo gli sorrise affettuosamente, facendolo arrossire ulteriormente, e si alzò dal letto dove era seduta per controllare i fiori che aveva messo nel vaso.

-Oh… io… sono felice che ti piaccia stare qui- Ray iniziò a torturasi le mani, imbarazzato.

-Sì, la stanza è bellissima. Forse solo un po’ claustrofobica, ma non è un problema- alzò le spalle, e si girò per sorridergli rassicurante.

-Immagino che deve essere noioso rimanere ferma in questo piano. Domani sera di porterò in giardino, se vorrai. Devo solo assicurarmi che sia sicuro- le promise, alzandosi a sua volta come se fosse di fretta per fare un lavoro, e iniziando ad avviarsi alla porta.

Margo gli si avvicinò, per congedarlo in modo esemplare.

-Non affaticarti troppo per me. Io sto bene. Spero che dormirai presto, ti vedo molto stanco- gli rivelò le sue preoccupazioni, sfiorandogli la guancia con la mano e sentendolo rabbrividire sotto il suo contatto.

Problemi con il contatto umano… Margo sperava non avesse avuto un passato di abusi, anche se purtroppo era piuttosto probabile. Doveva andarci piano.

Allontanò la mano e si limitò a sorridergli.

-Certo… no… cioè… sto bene. Tu devi dormire. Non restare sveglia fino a tardi a provare il gioco, non è così importante. O meglio, è importante, ma tu lo sei di più! Io… devo andare… ci vediamo domani- la salutò in tutta fretta, tra un balbettio e l’altro, e sparì dietro la porta.

-A domani- salutò lei a voce alta, sperando la sentisse, poi scosse leggermente la testa e si gettò sul letto, prendendo il cellulare e approfittando del periodo di tempo che ci metteva Ray ad arrivare nell’ufficio generale per hackerare il sistema abbastanza da navigare su internet e trovare nuove informazioni sui suoi nuovi amici dell’RFA.

Zen aveva un piccolo fanclub, ma a quanto pareva non era in programma nessun musical.

Peccato, ma quando ce ne sarebbe stato uno contava proprio di andarci con Miriam.

Conosceva l’attore da solo un paio di giorni, ma era già convinta che lui e Miriam sarebbero stati una coppia scoppiettante.

O anche solo buoni amici, ma tanto valeva provare, in ogni caso.

Sempre se fosse riuscita ad uscire indenne da lì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ed ecco qui, puntuale, il nuovo capitolo.

Mi dispiace per la totale assenza di Yoosung e Mindy, ma saranno molto più presenti il prossimo capitolo.

Ammetto che, da grande amante di Jumin e Zen, le scene con loro sono le mie preferite da scrivere. Dato che sto ancora scrivendo la storia sentitevi liberi di richiedere qualcosa: piccole scene, o informazioni, o più interazioni tra alcuni personaggi. Ovviamente non posso rivelare troppe cose su Margo, ma chiedete tutto quello che volete.

Ci tengo davvero tanto a questa storia, e vorrei davvero tantissimo ricevere un feedback.

Se siete arrivati fin qui vi ringrazio molto.

Un grande bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 6
*** Day 3 part 1 ***


Day 3

part 1

 

Megan si abituava in fretta alle nuove situazioni. Si poteva benissimo dire che se si fosse ritrovata sotto un ponte sarebbe comunque riuscita a dormire tranquilla e ad arrangiarsi. In qualità di orfana cresciuta per anni in mezzo alla strada, prima di essere portata in orfanotrofio, l’adattamento era una delle sue principali qualità. 

Eppure, ospite a casa di una donna che conosceva a malapena ma che già considerava un’amica, aveva avuto molte difficoltà a prendere sonno, e si era anche svegliata più volte, senza neanche sapere perché.

E alle tre di notte decise di alzarsi per prendere almeno un bicchiere d’acqua e muoversi un po’.

Indossava solo una maglietta e dei pantaloncini, ma sicuramente Jaehee dormiva, perciò non doveva troppo preoccuparsi di come era vestita.

Sbadigliando e cercando di fare il meno rumore possibile, Megan uscì dalla camera e si diresse in cucina, ma si fermò di scatto appena entrata in salotto, dove, seduta al tavolo, Jaehee scriveva qualcosa sul suo computer, concentrata e con due occhiaie che mostravano ampiamente i suoi trascorsi notturni.

Megan osservò l’orologio, chiedendosi se non avesse visto male quello del suo telefono, ma erano le tre passate.

-Jaehee…- la chiamò, con voce impastata dal sonno.

La sua nuova amica sobbalzò vistosamente, e alzò la testa su di lei, sorpresa, come se per un attimo si fosse dimenticata di averla ospitata.

-Megan! Che ci fai sveglia? Ti ho svegliata io?- chiese Jaehee, dispiaciuta.

-No, figurati. Volevo prendere solo un bicchiere d’acqua- la rassicurò lei.

-Oh, certo. Ti prendo un bicchiere pulito- Jaehee fece per alzarsi, ma Megan le fece cenno di restare seduta.

-Non preoccuparti, prendo quello che ho usato stasera- Megan si diresse in fretta verso la cucina -Tu torna a… fare quello che stai… che stai facendo a quest’ora?- indagò poi, fermandosi ad un passo dalla porta e girandosi verso Jaehee, che era tornata a scrivere molto velocemente sul computer.

Era veloce a scrivere quanto Monica, era ammirevole.

-Sto solo lavorando. Ho due giorni per finire una presentazione e se non ci lavoro stanotte non riuscirò mai a finirla in tempo, considerando le riunioni di domani. Mi consolo sapendo che il signor Han ha il pranzo con suo padre perciò riuscirò ad avere la mia pausa- rispose Jaehee, sbadigliando.

-Ah, ok…- Megan annuì e si diresse in cucina, riempiendosi il bicchiere d’acqua.

Poi sembrò capire esattamente cosa Jaehee le aveva appena rivelato, e perfettamente sveglia si precipitò nuovamente in salotto, rischiando di far cadere l’acqua da tutte le parti.

-Stai lavorando alle tre di notte?!- chiese, incredula, facendola sobbalzare nuovamente.

-Eh… sì… ti disturbo?- chiese Jaehee, confusa dalla sua irruenza.

-No, ma disturbi te stessa… cioè… non puoi lavorare tutta la notte!- esclamò, infiammandosi -Dovresti dormire, almeno un paio d’ore… ma in realtà almeno sette ore, credo, o otto. Prima il caffè, ora il lavoro. Il tuo capo è un mostro!- si arrabbiò, bevendo l’acqua e cercando di calmarsi.

Jaehee la guardò un attimo, poi accennò una risatina per la sua veemenza.

-Questa è la vita di un’impiegata-alzò le spalle, rassegnata.

Megan rimase di sasso. Era praticamente lo stesso scambio che aveva avuto con Monica.

Scosse la testa e si sedette sul tavolo vicino a lei, continuando a bere, decisa a fare qualcosa, ad aiutare la sua nuova amica.

-Non puoi prenderti almeno un’oretta per dormire?- provò a proporle, Jaehee scosse la testa.

-Un’ora è troppo, devo lavorare. E poi se mi metto a dormire non credo che mi sveglierei più- sospirò, stanca.

-Ok, allora… hai un hobby? Qualcosa che ti può dare almeno cinque minuti di pausa. Non so, vedere un film, sentire la musica, fare una passeggiata…- cambiò strategia.

Jaehee sembrò rifletterci su.

-Beh… ci sarebbe un hobby, ma non ho tempo…- si rammaricò, scartando l’idea, e ritornando sul suo computer.

-Che hobby?- chiese Megan, bevendo dal bicchiere lentamente per avere una scusa per continuare la conversazione.

-Oh… beh… musical, perlopiù- affermò Jaehee, un po’ in imbarazzo.

Megan non era minimamente esperta di musical, in particolar modo di quelli coreani, ma annuì, salvando l’informazione.

-Che genere di musical?- continuò ad indagare, smettendo di bere e guardando la ragazza.

-C’è questo attore, Zen… lui è davvero fantastico. Lo conosci?- a Jaehee iniziarono a brillare gli occhi, e alzò la testa verso di Megan per ascoltare la sua risposta, trovando però il suo sguardo pieno di interrogativi.

-Non credo di avere questa fortuna. Sono cinque anni che non ritorno qui, e non sono proprio esperta di musical- ammise, un po’ a disagio.

Jaehee tornò allo schermo del suo computer, un po’ delusa.

-Oh, peccato. È davvero bravissimo, ma sta ancora crescendo, non sono in molti a conoscerlo. Però ho tutti i dvd dei suoi musical- affermò, orgogliosa.

Bingo!

Ecco un’informazione che Megan poteva usare per aiutarla.

-Wow, deve essere proprio fenomenale. Potremmo vedere un pezzo del suo musical insieme, così me lo fai conoscere- le propose, entusiasta.

Jaehee esitò, la presentazione non era nemmeno a metà, ma era davvero stanca e qualche minuto di pausa non poteva certo farle male.

Inoltre Megan sembrava davvero interessata, e se poteva aiutare Zen facendolo conoscere in giro non doveva esitare.

Perciò annuì, accennando un sorriso.

-Dieci minuti posso anche prendermeli- acconsentì, alzandosi e dirigendosi verso lo scaffale dove teneva tutti i dvd in ordine di data.

-Che genere preferisci?- chiese poi a Megan, che finì il bicchiere d’acqua in un sorso e le si avvicinò interessata.

-Cos’è “Jalapeno topping was pretty spicy”?- chiese confusa, osservando i titoli oltre la sua spalla.

Jaehee sobbalzò per la sua vicinanza, e si allontanò leggermente, arrossendo appena e andando verso i musical più recenti.

-Oh, non te lo consiglio. La trama è davvero assurda, e sebbene la recitazione di Zen valga la pena, come tuo primo musical è meglio qualcosa con una trama decente- le consigliò, iniziando a chiedersi perché era arrossita. Perché l’accenno al musical le aveva ricordato le scene più piccanti? Probabile, anche se non era certa fosse la risposta.

Decise di non pensarci.

-Ehi, che ne dici di Zorro?- propose poi, prendendo uno dei primi dvd che le capitarono a tiro e approvando mentalmente la sua scelta inconscia.

-Mi sembra forte. Ma lascio che decida l’esperta- fece un’occhiolino complice a Jaehee, e si sedette sul divano, mentre lei preparava il tutto.

-La ripresa è fatta molto bene per essere un musical teatrale, ma comunque non è come un film- la avvertì, sperando con tutto il cuore che le piacesse, e sedendosi sul divano accanto a lei, non abbastanza vicina perché si toccassero, dato che non si sentiva ancora così a suo agio con lei.

Megan non diede segno di notare il suo imbarazzo, ma non si avvicinò, e si limitò ad incrociare le braccia, curiosa.

-Tranquilla, da piccola Miriam… una mia compagna di orfanotrofio, si registrava cantando e ballando e ci costringeva a vedere tutte le sue registrazioni fatte davvero malissimo. Quindi sono abituata a questo tipo di cose- la rassicurò, con un grande sorriso.

Jaehee si sentì piuttosto rassicurata, e non potè fare a meno di segnare il nuovo nome che le aveva detto: Miriam.

Dalla ricerca di Seven aveva constatato che Megan, Margo, Martha e Monica si erano conosciute in orfanotrofio. Che questa Miriam fosse un altro tassello del puzzle?

Decise però di non pensarci, per il momento. Si era presa dieci minuti di pausa e voleva goderseli appieno, con la sua nuova amica.

Purtroppo si addormentò nel giro di cinque minuti, e, con un sorriso soddisfatto, Megan continuò a guardare il musical, fingendo di non essersene accorta. Alla fine della visione, mentre si addormentava a sua volta, doveva ammettere che quel Zen aveva davvero un certo talento.

 

Yoosung era stato sveglio tutta la notte a giocare, e ora si sentiva davvero stupido, perché aveva scuola e molto sonno.

In casi normali avrebbe mandato all’aria tutto quanto e sarebbe rimasto a casa, era anche sabato e tanto valeva fare il weekend lungo.

Ma voleva andare all’università, e non sapeva neanche perché.

Forse per provare ad entrare al club di cucina? O anche solo per rivedere da lontano la ragazza che il giorno prima gli aveva offerto quel delizioso biscotto con gocce di cioccolato.

Solo pensare al suo sorriso splendente, i grandi occhi verdi come smeraldi e i riccissimi capelli rossi che parevano fiamme di un drago lo faceva scogliere.

E non capiva esattamente cosa gli fosse successo, dato che non aveva mai avuto una cotta così prima d’ora e non ne conosceva i sintomi.

Perciò temeva fosse colpa del biscotto, e si era ripromesso di moderare gli zuccheri, dato che aveva avvertito centinaia di farfalle nello stomaco e il cuore aveva iniziato a battere ad un ritmo più alto del normale.

Erano le sei del mattino, doveva andare a scuola tra due ore e non sapeva esattamente se andarci o no.

Perciò decise di entrare nella chatroom, e chiedere consiglio a chiunque fosse online.

Anche se nessuno era molto bravo a dare consigli su quel tipo di cose.

 

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

 

Yoosung✮: Buongiorno a tutti. Qualcuno è online?

Yoosung✮: Nessuno?

Yoosung✮: Uff. Sono stato tutta la notte a giocare, e ora sono troppo stanco per andare all’università T_T

Yoosung✮: Perché LOLOL è così divertente?!

Martha è entrata nella conversazione

MA PERCHÉ DOVETE ROMPERE LE SCATOLE 

ALLE SEI DEL MATTINO!?!!?!?!?

Yoosung✮: O.O

Yoosung✮: Scusa T_T

Ah, sei tu, Yoosung.

Scusami tu, ma non riesco a disattivare le notifiche del messenger

È come se qualcuno hackerasse il mio telefono per costringermi ad essere sempre

allertata ogni volta che qualcuno si collega

Yoosung✮: Pensi sia l’hacker?!?!?! O.O

Certo, e so anche chi è…

Yoosung✮: CHENCOSAA?!!?

Si chiama Luciel Choi, alias Seven, alias 707 

E NON MI RISPONDE AL TELEFONO DA IERI SERA!!

Yoosung✮: Oh, pensi sia Seven? 

Yoosung✮: Mi stavo preoccupando ^^’

Scusa

Ma sul serio, perché non mi risponde?!

Yoosung✮: Seven fa così, è molto occupato

Yoosung✮: …non so che fare

Yoosung✮: Posso chiederti un consiglio?

Non sono la persona migliore a cui chiedere consigli ma ok

Yoosung✮: Vorrei dormire, perché ho passato la notte in bianco T_T

Vorrei dormire anche io ma la gente entra nella chatroom ad orari improponibili -_-

Yoosung✮: Scusa T_T

No, vabbè, continua

Yoosung✮: Il fatto è che voglio andare all’università…

Yoosung✮: Quindi non so che fare…

Hai lezioni importanti?

Yoosung✮: Eh… non proprio… ma vorrei vedere un club e domani 

è domenica perciò non potrò vederlo quindi volevo vederlo oggi

Ohhhhhhhhhh!!!!

Un “club”…

Yoosung✮: …perché le virgolette?

Niente, niente.

Beh, se questo “club” ti interessa tanto allora potresti andare 

all’università dormire durante le lezioni e poi andare al club

Yoosung✮: E se mi vede dormire?

Chi?

Yoosung✮: EHH IL PROSESSORE!! 

Yoosung✮: NON STO PSRLAMDO DI NESSUNO!!!

Prendi un caffè nel caso

Se questo “club” è importante, devi proprio andarci

Yoosung✮: Dici?

Ma certo!

Yoosung✮: Ma smetti di mettere club tra virgolette Dx

Ma certo

Yoosung✮: Va bene, allora prendo un caffè e vado a scuola.

Ottima idea

Yoosung✮: Provo a riposare almeno un’ora ^^’

Ottima idea!

Yoosung✮: Grazie dei consigli

Prego

Yoosung✮: …ti lascio dormire u.u

GRAZIE MILLE!!

Yoosung✮: Ciao!

Buon “club”

Scusa

club 

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

Verso le sette del mattino Megan riuscì a trovare la forza di svegliare Jaehee, perché sapeva che se non l’avesse fatto sarebbe arrivata tardi a lavoro e non voleva essere la causa di problemi alla nuova amica.

Come aveva fatto per Monica poco più di ventiquattro ore prima, le si avvicinò e le mise delicatamente una mano sulla spalla.

Esattamente come Monica, Jaehee si svegliò di scatto, ma a differenza di quest’ultima si alzò in piedi e corse al computer senza neanche chiedere l’ora.

-Grazie di avermi svegliata. Devo lavorare. Non riesco a credere di essermi addormentata davanti a un musical di Zen!- si lamentò, rimettendosi a scrivere.

-Jaehee… sono le sette del mattino- le fece notare Megan.

La donna impallidì, e alzò lo sguardo su di lei, come sperando che scherzasse.

-Addio pausa pranzo- si prese la testa tra le mani, sospirando rassegnata -E addio anche al caffè. Grazie comunque di avermi svegliata- Jaehee si alzò e si diresse in camera in tutta fretta per vestirsi.

-Mi dispiace di non averti svegliata prima- si rammaricò Megan, anche se onestamente non le dispiaceva affatto. Dormire era importante -Comunque quel musical mi è piaciuto- alzò un po’ la voce per farsi sentire, e Jaehee fece spuntare la testa fuori dalla camera e le sorrise, orgogliosa.

-Zen è bravissimo, vero? È anche stupendo. Ha un fascino che esalta alla perfezione la sua recitazione e il suo canto- iniziò ad esaltare l’attore, e sembrava già più serena.

-Comunque se vuoi posso accompagnarti in ufficio, ci metti meno tempo- propose Megan, cercando di cambiare argomento, dato che non era la persona più indicata per discutere della bellezza e del fascino dei ragazzi, dato che aveva altre preferenze. Che però si era abituata a non dire in Corea, dove la mentalità era ancora piuttosto arretrata e conservatrice.

Non credeva che la donna che l’aveva ospitata avesse pregiudizi, ma non voleva neanche dirglielo già da subito.

-Non vorrei farti perdere tempo- rispose Jaehee dalla camera.

-Per me è un piacere. Se non ti preoccupa andare in motocicletta- la rassicurò Megan, ancora fuori dalla porta di Jaehee per riuscire a sentirla.

-Sai che Zen va in motocicletta?- commentò Jaehee, quasi tra sé. Megan però la sentì, e alzò gli occhi al cielo. Certo che aveva proprio una cotta, per questo Zen. Non fu molto felice di arrivare a questa conclusione, ma cercò di non pensarci.

-Allora ti alleni per quando sarà lui ad accompagnarti in giro in motocicletta- scherzò. Sentì Jaehee ridacchiare.

-Ti ringrazio per la proposta. Anche perché sono un po’ in ritardo- acconsentì.

Megan sorrise e tornò in salotto, dove prese il caffè che era andata a prendere appena sveglia e che per fortuna era ancora caldo.

Jaehee uscì, pronta e perfettamente ordinata, pochi minuti dopo.

-Sei pronta? Possiamo andare?- chiese, prendendo la borsa e le chiavi.

Ne aveva data una copia a Megan, dato che sapeva di non essere abbastanza presente in casa per aprirle nel caso dovesse prendere qualcosa o rimanesse lì per qualche motivo.

-Certo. Tieni- Megan le porse il caffè, che Jaehee prese, un po’ confusa.

-Caffè doppio, giusto?- le fece un occhiolino. 

-Ti prego, dimmi che non mi hai di nuovo dato il tuo caffè- Jaehee esitò. Privare qualcuno del proprio caffè mattutino per due giorni di fila le sembrava uno dei gesti peggiori del mondo.

Megan ridacchiò e scosse la testa.

-No, non preoccuparti. Questa volta sono stata previdente e ne ho presi due- la rassicurò. Jaehee le sorrise e prese il caffè.

-Grazie. Ti devo due caffè adesso- commentò, iniziando a bere.

-Posso barattarli con la rassicurazione che pranzerai in modo dignitoso?- provò a contestare.

Jaehee sospirò, e rispose iniziando ad avviarsi fuori dalla porta.

-Due caffè sono molto più semplici da rendere. Ho la presentazione e non penso riuscirò neanche a mangiare un panino- obiettò.

Megan la seguì, tirando fuori le chiavi della motocicletta dalla borsa.

-Posso portarti qualcosa, se vuoi. Così eviti di perdere tempo comprando qualcosa tu- le propose -E poi mangiamo insieme. Cinque minuti. Che ne dici?-

Jaehee le lanciò un’occhiata obliqua.

-Ieri dovevano esserne dieci ed eccoci qua- le fece notare, indicando il computer nella borsa con la presentazione ancora a meno di metà.

-Touché, ma stavolta li cronometriamo, se ti fa stare più sicura. Non voglio crearti disagi a lavoro, ma voglio che almeno mangi qualcosa- cercò di convincerla, salendo sulla moto.

Jaehee prese un altro sorso di caffè, e la guardò negli occhi per un attimo, prima di salire dietro di lei.

-Perché ci tieni tanto?- chiese, confusa, mettendo il casco.

Megan non dovette pensarci un attimo.

-Perché siamo amiche, e io tengo alle mie amiche, anche se a volte non sembra- rispose ovvia, mettendo il casco a sua volta e partendo.

Jaehee sorrise tra sé, strinse il caffè in mano in modo che non cadesse durante la marcia e annuì, pur sapendo che Megan non poteva vederla.

-Va bene allora, cinque minuti!- acconsentì infine, a voce abbastanza alta perché Megan la sentisse.

Forse fu fortunata a perdersi il sorriso brillante che Megan fece subito dopo, perché probabilmente il suo cuore non l’avrebbe retto.

 

Seven era forse assonnato quanto Jaehee, se non di più, visto che non aveva avuto un amico che lo imbrogliasse in modo da farlo dormire, ma una guardia che, al contrario, l’aveva incoraggiato a lavorare tutta la notte mentre puliva la sua casa.

Ed era così stanco, assonnato, e con la mente che ormai vedeva tutti a strisce di numeri neanche fosse finito dentro Matrix, che i propositi di stare il più lontano possibile dalla chatroom e soprattutto di evitare in tutti i modi di rispondere alle telefonate di Martha, andarono a farsi benedire.

Quando il telefono squillò non vide nemmeno il nome, rispose semplicemente, felice di poter staccare da lavoro per cinque minuti.

Dopotutto erano appena le dieci, Martha sicuramente stava ancora dormendo della grossa, dato che sembrava proprio adorare dormire fino a tardi.

-Pronto?- rispose, sbadigliando, e a bassa voce in modo da non farsi sentire da Vanderwood.

-Finalmente!! È da ieri sera che non mi rispondi. Ti sei già stancato di me?- lo accolse la voce scherzosa di Martha.

Non aspettandosi minimamente di sentirla, il cuore di Seven fece una serie di capriole, e per poco non fece cadere il telefono.

-Martha! No, ma certo che no. Chi potrebbe mai stancarsi di te?- scherzò a sua volta, senza riuscire a farne a meno. E poi doveva mantenere la sua facciata davanti agli altri.

-Mia sorella si è stancata, perciò ogni tanto è bene indagare al riguardo- commentò Martha, quasi tra sé, ma cambiò argomento prima che Seven potesse rassicurarla in qualche modo -Comunque, hai parlato con V?- chiese ansiosa.

-Ancora con Netflix? Non dovresti pensare agli invitati al party?- ridacchiò lui -Non pensavo fossi una scansafatiche, forse dovremmo richiamare Margo. Aveva invitato una ventina di persone in sette giorni, è stato problematico disdire tutto senza che lei ci aiutasse- la sfidò.

-Se riuscite a richiamarla ben venga. In realtà non sono bravissima a convincere le persone- ammise, un po’ nervosa.

-Io scherzo, sono sicuro che stai facendo un lavoro migliore di quello che potremmo fare noi altri membri- cercò di rassicurarla Seven.

-Onestamente, però, perché non se ne occupa qualcuno come Jumin? Lui è super carismatico, potrebbe fare un lavoro davvero ottimo- rifletté Martha.

-Questo è il tipo di domande che rompono la quarta parete che è meglio non fare. Comunque, tornando a Netflix. Devo ancora parlare con V, purtroppo è irraggiungibile, al momento. Ultimamente è sempre in viaggio, e a malapena l’ho visto, da quando Rika…- Seven si interruppe -Da allora l’RFA passa un periodo parecchio orribile, tra Margo, e ora tu… glielo chiederò appena possibile, ok?- cercò di tagliare corto, dato che doveva tornare a lavoro.

-Non preoccuparti, non è così urgente, solo… non ti stressare troppo con il lavoro, ok?- dall’altro lato della cornetta, Seven avvertì che Martha era più seria di quanto non fosse stata da quando era arrivata lì.

E si stava davvero preoccupando per lui, cosa che riscaldava il cuore di Seven e allo stesso tempo non sarebbe affatto dovuto succedere.

-Non preoccuparti per me, alla fine il mio lavoro non è male, è grazie ad esso se ho centinaia di buste di Honey Buddha Chips- provò a buttarla nuovamente sul ridere.

-Oh, mi devi assolutamente raccontare questa storia! Adesso lo pretendo!- e anche lei tornò scherzosa.

-Magari questo pomeriggio, se fai la brava e paziente- la provocò Seven, guardandola dalle telecamere.

Era a testa in giù sul divano, in quella che sembrava la sua posizione preferita, e sembrava guardarlo dritto negli occhi.

-Quindi se non ti chiedo più niente su Netflix?- indovinò Martha, sbuffando.

-Esattamente, come hai fatto ad indovinare?- ridacchiò lui.

-Che poi, in realtà non ti avevo chiamato per questo. Volevo chiederti se posso andare a comprare al negozio all’angolo un nuovo album da disegno e soprattutto farti una piccolissima e insignificante richiesta da nulla- gli fece occhioni da cucciolo.

-Per la prima cosa devo chiedere a V, per la seconda che richie…- ma Seven venne interrotto subito, e per poco non si assordò.

-SMETTI DI HACKERARMI IL TELEFONO E ATTIVARMI LE NOTIFICHE DEL MESSENGER!!!- gli gridò infatti Martha nelle orecchie, facendolo cadere a terra e facendolo scoppiare a ridere.

-Guarda che io non faccio nulla, deve essersi attivato l’algoritmo che avevo installato per Zen il primo aprile- le rivelò.

-Beh, disattivalo!- insistette Martha -Io ho bisogno delle mie quasi dodici ore di sonno, almeno adesso che non ho molto altro da fare- 

-Vedrò cosa posso fare, ma anche questo… solo se fai la brava e paziente- continuò a provocarla.

La vide alzare gli occhi al cielo, e scuotere la testa.

-Vorrà dire che mi vedrò solo soap opera coreane da quattro soldi e le notizie per un bel po’- si rassegnò, prendendo il telecomando e accendendo la televisione, sempre restando in quella posizione, e iniziando a vedere la TV.

-Almeno vedi le cose da un’altra prospettiva- ridacchiò Seven.

Martha lanciò un’occhiataccia alla telecamera.

-Sai, continuo a sostenere che non è carino spiare le persone- osservò Martha, senza però dare segno che l’attenzione le desse fastidio.

-Stai lavorando?!- il rimprovero di Vanderwood, arrivato all’improvviso alle sue spalle, fece cadere Seven nuovamente a terra, ed interruppe la conversazione il più in fretta possibile, sperando con tutto il cuore che Martha non avesse sentito la voce del suo collega.

Le sue speranze andarono in frantumi quando la vide strabuzzare gli occhi e lanciare un’occhiata sorpresa alla telecamera, che poi salutò con un grande sorriso.

-Stavi parlando con Martha Campbell?!- tuonò Vanderwood, incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo.

-Potrei o non potrei averlo fatto. Faccende dell’RFA. Comunque sto lavorando- obiettò Seven, togliendo in tutta fretta la finestra da dove osservava Martha e tornando a scrivere codici su codici.

Vanderwood scosse la testa.

-Stai attento con quella ragazza. Non è ai livelli della sorella ma può comunque essere una minaccia per la tua cara RFA- lo mise in guardia, tornando poi nella stanza accanto per pulire. La casa di Seven era proprio un porcile.

L’hacker scosse la testa.

Aveva fatto ricerche su ricerche, parlato con V e con Martha più volte.

Forse Margo li aveva traditi, o forse era una vittima, ma Martha era pulita, e buona, e non nascondeva nessun coinvolgimento con l’hacker.

Doveva esserlo.

Se non lo fosse stata, Seven non avrebbe proprio saputo cosa fare.

 

Yoosung aveva bevuto tre caffè per essere sveglio abbastanza da sembrare un cuoco a malapena decente, al club di cucina che aveva deciso di visitare, ma iniziava a pentirsene perché era solo molto più nervoso e iniziava ad avere qualche tic ansioso.

E non capiva perché fosse tanto nervoso, in realtà, dato che aveva visitato quasi tutti i club dell’università, anche solo per dare un’occhiata, e non aveva mai avuto tutti questi dubbi, queste incertezze e il desiderio di far vedere che era molto bravo.

Soprattutto perché, a parte nei videogiochi, in particolar modo LOLOL, non era bravo praticamente in nulla.

Anche se se la cavava a cucinare, vivendo da solo.

Dalle informazioni che aveva trovato, il club si riuniva prima di pranzo e nel pomeriggio, perciò, verso le 11.30, dopo una decisamente pesante lezione di filosofia che aveva passato più addormentato che in piedi, felice che Mindy non la frequentasse, era finalmente davanti alla porta del club, cercando di farsi coraggio per aprirla.

Mise su il suo migliore sorriso, fece un profondo respiro e aprì la porta, entrando con la sua massima sicurezza.

E andando a sbattere contro Mindy, che passava lì davanti proprio in quel momento trasportando un sacco di farina grande quanto lei, che sembrò esplodere e li sommerse completamente entrambi, facendoli cadere a terra.

Tutti i membri del club si girarono a guardare la scena comica, lanciando occhiatacce a Yoosung.

-Mi… mi dispiace… volevo solo… aspetta… ti aiuto!- Yoosung fu il primo a riprendersi, e si alzò in fretta porgendo la mano a Mindy per aiutarla ad alzarsi, già pronto a scappare subito dopo, cambiarsi di scuola, recludersi in camera e non uscire mai più nella sua vita, ma limitandosi a vivere di patatine e LOLOL.

Era felice di essere completamente coperto di farina, altrimenti il rossore sulle sue guance sarebbe stato fin troppo evidente.

Mindy tossì un po’, poi sollevò la testa verso di lui, e spalancò gli occhi, che sembrarono accendersi.

Gli fece un enorme sorriso e gli prese la mano, alzandosi in piedi con grande agilità nonostante il vestitino a balze verde che portava, le ballerine che sembravano piuttosto scomode, la farina tutta addosso e la presa non proprio ferma di Yoosung, che quasi venne trascinato nuovamente giù.

-Sei venuto!- esclamò, felicissima.

-Forse era meglio se non venivo- si autocommiserò Yoosung, prendendosi il volto tra le mani e sporcandosi ulteriormente di farina.

-Ti aspettavo! Cioè, a me fa un sacco piacere. Oh, che caos. Aspetta qui, ti prendo un panno- senza dare segno di essersi resa conto di essere sporca a sua volta, Mindy corse verso un ripiano pieno di panni per pulire e ne prese al volo uno che porse a Yoosung, che lo prese tremante.

-Mi dispiace- disse solo, con un filo di voce, senza iniziare a pulirsi.

-E di cosa? Sono io che dovevo stare più attenta. Pensavo di fare qualche biscotto. Se vuoi, dopo puoi aiutarmi- gli propose.

Di nuovo il cuore di Yoosung iniziò a battere furiosamente. Era colpa dei biscotti? Si ritrovò però ad annuire senza poter controllare il suo corpo.

-Oh…- Mindy sembrò rendersi conto che un chilo di farina era sparsa a terra, e si rivolse agli altri membri del club -Tranquilli, ripago io la farina perduta- li rassicurò -E pulisco subito- aggiunse poi, prendendo una scopa e iniziando a spazzare.

Era più energica di chiunque Yoosung avesse mai incontrato, e il suo sorriso e la sua positività gli ricordavano molto Rika.

-Aspetta, ti aiuto- si propose Yoosung, affrettandosi verso di lei senza però sapere bene cosa fare.

-Non preoccuparti. Tu pensa a pulirti. Ci penso io qui- lo rassicurò lei.

Era ancora completamente bianca, anche più di Yoosung, e se non si puliva subito rischiava davvero che la farina le finisse negli occhi.

Istintivamente, Yoosung le avvicinò il panno che lei gli aveva dato, e le pulì leggermente il viso, almeno il necessario per impedire alla farina di entrarle nel naso, negli occhi o in bocca.

Mindy si immobilizzò, sorpresa, e lo guardò dritta negli occhi.

Sembrava essere diventata molto rossa anche lei, ma mai lo era quanto Yoosung, che non era neanche del tutto certo di cosa stava facendo, e sperava solo di non sembrare una brutta persona o qualcosa del genere.

Si allontanò poi il più in fretta possibile, lasciandole i suoi spazi, e iniziò a pulirsi a sua volta, evitando la zona guance per nascondere ancora un po’ il suo rossore.

Mindy era rimasta completamente senza parole, e spazzava con un sorriso ebete sulla faccia, il cuore che minacciava di esploderle nel petto.

Si sentiva il personaggio di un anime sentimentale, e il ragazzo impacciato e imbarazzato davanti a lei le era sembrato non dissimile da un cavaliere in armatura splendente.

Tutti i membri del club di cucina alzarono gli occhi al cielo, due gemelli del secondo anno fecero una scommessa sul tempo in cui i due ragazzi si sarebbero messi insieme, tutto nel silenzio generale, che venne interrotto quando Mindy posò la scopa e si avvicinò a Yoosung, ancora intento a pulirsi, con un timido sorriso.

-Allora… ti va di aiutarmi a preparare i biscotti o preferisci fare altro?- gli chiese, sorridendo amabilmente ed entrando lentamente nel suo campo visivo.

-Mi farebbe piacere aiutarti- Yoosung non seppe esattamente come trovò la forza di risponderle, ma fu felice che le sue corde vocali non l’avessero abbandonato.

-Prendo gli ingredienti, tu aspettami lì- Mindy gli indicò un punto vicino al forno, poi si diresse in tutta fretta verso la dispensa.

Yoosung raggiunse il bancone che Mindy gli aveva indicato, tenendo nervosamente il panno tra le mani.

-Allora, hai intenzione di iscriverti?- gli chiese un ragazzo dell’ultimo anno, evidentemente il leader, con sguardo un po’ freddo, squadrandolo da capo a piedi.

-Eh… non saprei… sono venuto a dare un’occhiata… mi piace cucinare- balbettò lui, un po’ a disagio. “Soprattutto i biscotti con gocce di cioccolato di Mindy” si ritrovò a pensare, ma cercò di togliere il commento dalla testa.

-Spero che sarai meno imbranato d’ora in poi. E non distrarre Mindy!- gli ordinò lui, a bassa voce e in tono minaccioso.

-Minho. Non spaventare le nuove reclute- lo rimproverò Mindy, accorrendo con tutti gli ingredienti, per fortuna senza far cadere nulla.

-Posso darti una mano?- propose Yoosung, vedendola leggermente in difficoltà.

-Non preoccuparti- Mindy posò tutti gli ingredienti sul tavolo e prese vari contenitori, poi si voltò verso Minho, che era rimasto fermo, a braccia incrociate, e continuava a guardare storto Yoosung.

-Allora, mi lasci lavorare?- gli chiese con un gran sorriso, che però poteva sembrare quasi spaventoso.

Yoosung lo trovò affascinante, mentre Minho alzò le mani in segno di resa.

-Evita che bruci tutto- si raccomandò solo, prima di tornare alla sua postazione.

-Che problema ha?- chiese Yoosung, un po’ a disagio, iniziando a torturarsi le mani.

Mindy alzò le spalle.

-Non ne ho idea. È solo molto geloso della cucina, probabilmente. Non badare a lui. Vieni, laviamoci le mani e cominciarono- lo incoraggiò a seguirla verso il lavandino, e Yoosung eseguì, come un cagnolino fedele.

Cucinare con Mindy fu decisamente riposante e piacevole.

Era a un livello superiore, senza ombra di dubbio, ma non se la prendeva per gli errori di Yoosung, lo metteva alla prova e non dava nulla per scontato, consigliandogli i modi migliori per fare qualcosa senza imporre però i suoi metodi.

Quaranta minuti dopo, stavano già assaggiando i biscotti, che tutto il club di cucina voleva provare.

-Ti sono venuti meglio ieri- commentò Minho, lanciando un’occhiataccia a Yoosung.

-Io li trovo più pieni di amore- scherzò uno dei gemelli, in tono malizioso, guadagnandosi una gomitata dall’altro.

Yoosung arrossì.

-Concordo- sospirò tra sé Mindy, senza farsi però sentire da nessuno.

-Abbiamo altri venti minuti prima del pranzo, vuoi fare qualcos’altro, Yoosung?- propose poi, girandosi verso Yoosung che osservava il biscotto mezzo mangiato leggermente confuso, dato che il suo cuore continuava a battere decisamente più velocemente del normale e aveva ancora le farfalle nello stomaco ogni volta che sembrava mangiare, pensare o preparare quel tipo di biscotti.

Sollevò la testa verso Mindy, e le sorrise.

Ma prima che potesse rispondere con un coraggioso “Qualsiasi cosa tu voglia fare”, venne stroncato sul nascere dalla porta che si spalancò, rischiando di far cadere una povera malcapitata che passava di lì.

-Dovremmo mettere un cartello “Bussare prima di entrare”- commentò Minho, scuotendo la testa, mentre una ragazza con la pelle scura si guardava intorno.

-Mindy!- esclamò poi, attirando l’attenzione della riccia, che si voltò verso di lei, poi sembrò illuminarsi e le si precipitò addosso, abbracciandola con un acuto -Meggie!- che fece sobbalzare tutti.

Yoosung osservò la nuova venuta, curioso.

-Quando sei tornata? Sono cinque anni che non ti vedo! Dove alloggi? Miriam non mi ha detto niente. Stai bene?- le chiese Mindy, saltellando euforica da una parte all’altra.

Megan ridacchiò.

-Sei sempre la solita. Mi sei mancata. Sono tornata due giorni fa e alloggio da… un’amica… si può dire. L’ho conosciuta ieri perciò non so, ma è una brava persona. Comunque volevo… chiederti… un piccolissimo favore- esordì, un po’ a disagio.

Mindy alzò gli occhi al cielo, senza perdere però il sorriso.

-La solita scroccona. Di che hai bisogno? Sappi che ho solo venti minuti fino alla pausa pranzo- le spiegò, senza esitazione, felice di poterla aiutare.

-Sei proprio un angelo. Mi sento in colpa a venire da te solo per chiederti un pranzo- sospirò Megan.

-Fai bene a sentirti in colpa, ma sei fortunata perché mi sei mancata un sacco e oggi sono davvero di ottimo umore- le sorrise, lanciando un’occhiata a Yoosung, che si ritrovò ad arrossire di nuovo, e, fatalità, proprio mentre prendeva un altro morso di biscotto.

Megan lo guardò a sua volta, incuriosita e leggermente maliziosa.

-Capisco. Sono proprio fortunata questi giorni. Mi potresti fare un pranzo leggero da mangiare in cinque minuti per due persone?- chiese, sperando di non chiedere troppo.

-Necessità vegane o vegetariane?- indagò Mindy, andando da una parte all’altra della cucina in cerca di ingredienti.

Megan ci pensò un attimo -Non penso… ma fa qualcosa di equilibrato… se puoi… se hai tempo e se vuoi- aggiunse, cercando di non imporsi e di non sfruttare troppo l’unica vecchia amica che non ce l’aveva con lei.

-Tranquilla, ho un’idea. Yoosung, mi dai una mano?- chiese al biondo, che scattò sull’attenti.

-Certo. Arrivo- la raggiunse in tutta fretta.

-Sono sorpresa che Miri non mi abbia detto che eri tornata- commentò Mindy, leggermente seccata, mentre tagliava le carote e le metteva in una ciotola che Yoosung teneva per lei.

-Lo sai che mi detesta. In realtà sono venuta ora e qui soprattutto per evitare di incontrarla- ammise Megan, un po’ a disagio, e cercando di non disturbare gli altri membri del club che lavoravano.

-Già, lo capisco, dopo Margo è pure peggiorata- commentò Mindy, tristemente. Yoosung rischiò di far cadere la ciotola.

-Immagino. Non sono stata una brava amica- né Megan, né Mindy, sembrarono notare la reazione sconvolta di Yoosung, che decise di non dire nulla.

-Beh, ci sei ora. È già qualcosa- Mindy sorrise incoraggiante a Megan, e tornò a cucinare.

 

Jumin odiava profondamente pranzare con suo padre. Non perché non volesse bene a suo padre o detestasse l’idea di passare del tempo con lui, ma perché ogni volta che pranzavano insieme era quasi sempre un’occasione che Jumin trovava decisamente fastidiosa: fargli conoscere la sua nuova compagna.

Jumin non riusciva proprio a capire cosa suo padre trovasse in quelle donne arraffagrana che ridevano alle sue battute e lo affascinavano con falsissimi comportamenti civettuoli, ma aveva sempre rispettato le sue scelte e i suoi desideri, anche se non approvava affatto.

Aveva sperato di dissipare l’irritazione entrando nel messenger, ma da quando Martha si era unita all’RFA, Jumin non trovava più pace neanche lì, dato che era quasi sempre online e sempre in vena di scherzi che non gli piacevano per niente, come le supposizioni fatte il giorno prima che aveva ripreso anche in quel momento.

Sospirando, Jumin uscì dalla conversazione e rimise in tasca il cellulare, sollevando poi lo sguardo verso suo padre e la sua nuova fiamma: una certa attrice che sicuramente sarebbe durata poco, come tutte.

Era incredibile come suo padre non si rendesse neanche conto della faccenda e non imparasse dai suoi errori, ma anzi sembrava solo peggiorare man mano che invecchiava.

Fu osservando con occhi di ghiaccio la coppietta che parlava ignorandolo, che notò una figura che mai si sarebbe aspettato di vedere lì, che vestita da cameriera scriveva qualcosa su un taccuino.

E la sua irritazione per tutta la situazione non fece altro che aumentare, mentre un nodo gli si formava nello stomaco.

Infatti la cameriera che sembrava prendere appunti era Monica, e guarda caso si era fermata proprio ad un tavolo di distanza, leggermente nascosta alla vista.

Dopo aver finito di scrivere posò la penna, disse un paio di parole ai tipi del tavolo dove evidentemente fingeva di prendere ordinazioni e si diresse tranquillamente in cucina, senza dare segno di essersi accorta che lui l’avesse beccata.

Non aveva dubbi che fosse Monica, l’avrebbe riconosciuta anche se si fosse messa una parrucca e lenti a contatto, e il motivo per cui una giornalista poteva essere lì a fingersi cameriera poteva essere solo uno, per Jumin, e lo faceva sentire piuttosto tradito. 

Si ripresentava nella sua vita dopo otto anni senza neanche riconoscerlo, gli mandava in confusione il cervello e adesso era anche una cameriera nel ristorante preferito di suo padre, luogo che frequentava da almeno un anno ma dove non l’aveva mai vista prima, almeno che ricordasse. Anche se una parte razionale di lui doveva ammettere che raramente osservava le cameriere, e Monica era cambiata in quegli anni, quindi poteva anche averla vista senza riconoscerla.

Purtroppo era talmente irritato a causa di suo padre, di Martha, e delle strane sensazioni che provava da qualche giorno, che la sua razionalità era del tutto andata a farsi benedire.

-Perdonatemi un attimo- si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò, fingendo di andare in bagno, ma con un’altra idea in mente.

Perché si sentiva alquanto preso in giro, e sentiva il bisogno di condividere con Monica il fatto che l’aveva smascherata, e che se voleva preservare un minimo di dignità era il caso di smetterla con quella farsa da santarellina.

O forse, più semplicemente ma a livello più inconscio, voleva ricevere una spiegazione, o sfogarsi con una delle poche persone con cui aveva raggiunto quella complicità, e che ora neanche si ricordava di lui, perciò meritava di essere bersagliata.

Riuscì ad intercettarla davanti alla cucina, mentre usciva dopo essere entrata un attimo, diretta verso un’altra zona o forse scappando via in quanto si era resa conto di essere stata scoperta da Jumin.

Non sembrò notarlo, così Jumin si schiarì la voce, e lei si girò di scatto, parendo davvero sorpresa di vederlo lì, e anche felice, ma probabilmente era solo un’impressione troppo ottimistica di un Jumin che sperava ancora che lei lo riconoscesse. 

-Signor Han, buongiorno. Se cerca il bagno è in quella direzione sulla destra- lo informò, in tono professionale e decisamente tranquillo.

Furba. Aveva studiato l’edificio in modo da sembrare una vera cameriera. O magari aveva iniziato a lavorare lì proprio perché sapeva che da qualche mese era il ristorante preferito di suo padre e non si era lasciata sfuggire l’occasione, soprattutto con l’intervista alle porte.

-Cosa ci fa qui?- chiese Jumin, incrociando le braccia, in tono decisamente ostile.

Monica piegò la testa, decisamente confusa.

-Ci lavoro- rispose ovvia -Le crea qualche problema?- chiese poi, iniziando a sentirsi un po’ a disagio, e lisciandosi il grembiule per tenere le mani impegnate.

Il signor Han la guardava davvero in modo strano. Eppure era sempre stato un uomo così a modo. C’era sicuramente sotto qualcosa, ma le sfuggiva completamente. Avrebbe anche potuto pensare che vedendola lavorare in cucina l’avesse ricordata, ma lo sguardo era troppo freddo, perciò la giornalista non credeva proprio fosse un’attenzione positiva.

-E immagino sia un caso che questo sia il ristorante preferito di mio padre, vero?- indagò l’uomo d’affari, e un lampo di consapevolezza colpì la mente di Monica, che strinse i denti e distolse lo sguardo, incapace di guardarlo negli occhi.

Il gesto di offesa venne male interpretato da Jumin, che lo prese come una conferma.

Scosse la testa, deluso, e strinse i denti a sua volta, aggiustandosi la cravatta e dandole le spalle.

-Non me l’aspettavo da te, signorina Collins- commentò, scuotendo la testa, deluso.

In un caso normale, Monica avrebbe fatto finta di niente, lasciato che credesse quello che voleva e sarebbe tornata a lavoro, soprattutto visto che aveva la coscienza pulita e il giudizio di qualche uomo importante non le era mai importato molto, ma con Jumin Han sentiva di dover ribattere, e lo richiamò prima che potesse controllarsi, facendo uscire in superficie la Monica dell’università, quella impulsiva con la risposta sempre pronta che teneva soggiogata in un angolo da quando aveva abbandonato il caffè.

-Signor Han- non alzò la voce, ma era talmente decisa che Jumin si fermò immediatamente, e si voltò a guardarla.

In realtà Monica non sapeva esattamente cosa dirgli, perciò agì di puro e semplice istinto, senza neanche pensare di misurare le parole.

-Se pensa che io sia un’opportunista che ha preso questo lavoro per sentire qualche pettegolezzo si sbaglia di grosso. Ho due lavori perché non arriverei a fine mese altrimenti, e ho scelto questo ristorante perché mi pagano abbastanza bene, anche se non gli straordinari. Ci lavoro da due anni, e sebbene abbia sentito molte storie interessanti non le ho mai utilizzate in nessun articolo, come tutti i miei precedenti dimostrano ampiamente. Si informi prima di sparare a zero la prossima volta- gli consigliò, con la massima eleganza possibile prima di girarsi impettita e tornare a servire i tavoli dell’altra area.

Jumin rimase di sasso, mentre la parte razionale di lui ricominciava a funzionare.

Ma cosa gli era preso?

Iniziò a massaggiarsi le tempie cercando di riordinare i pensieri e riflettendo su quello che Monica gli aveva detto. Combaciava perfettamente su quello che ricordava di lei, anche se era decisamente più matura e decisa, e molto meno nervosa. Che avesse finalmente smesso di prendere caffè? Ma non era questo l’importante. Perché l’aveva aggredita in quel modo? A Jumin queste faccende erano del tutto indifferenti. Quei giorni era davvero confuso, non si sentiva sé stesso. 

Il confronto che i due avevano avuto non era passato inosservato al proprietario del locale, che gli si avvicinò lentamente, molto servile, distogliendolo dalla sua riflessione.

-Quella cameriera l’ha importunata, signor Han? Me ne occuperò seduta stante- si offrì, con un rispettoso cenno del capo.

Jumin scosse la testa.

-No, non ha fatto nulla di male. Parlavamo solo di lavoro- si affrettò a difenderla, era abbastanza uomo da ammettere quando era in errore, anche se gli costava davvero tanta fatica -Da quanto tempo lavora qui?- chiese poi, per confermare la sua versione.

-Saranno… non saprei con certezza… due anni, forse? Se vuole controllo i registri e le faccio sapere- si offrì, in modo affabile.

-No, non serve. Quando finisce il turno?- chiese poi, mentre un’idea iniziava a formarsi nella sua mente.

Senza farsi domande e senza riflettere su come quella informazione potesse essere una violazione di privacy, il proprietario gli rispose immediatamente.

-Il turno pomeridiano finisce alle 4.00, quello serale alle 11.00- lo informò, servile.

Jumin era abituato a quel tipo di persone, che gli offrivano ogni cosa neanche fosse un’entità superiore, che cercavano il suo favore in attesa di qualcosa in cambio. Che lo trattavano come una fonte di pettegolezzi, denaro e aspettandosi da lui sempre qualcosa.

Monica Collins era forse l’unica persona, oltre a suo padre, a V e a Rika, che gli aveva parlato come fosse un uomo, a prescindere dalla classe a cui entrambi appartenevano.

Probabilmente era il suo completo disinteresse verso la ricchezza che l’aveva resa un’amica ai suoi occhi, all’università.

E già allora lo trovava troppo inaudito perché fosse vero, tanto che anche adesso si comportava di conseguenza.

Ma probabilmente aveva torto, per una volta.

Salvò le informazioni nella sua mente, poi tornò al tavolo, dove suo padre e la nuova fiamma continuavano a parlare senza neanche essersi del tutto resi conto della sua assenza.

Jumin non riuscì a non sbuffare appena tra sé, e incrociò per un attimo lo sguardo di Monica, che era rientrata e lo evitò subito dopo, fredda e continuando a lavorare, cercando di non distrarsi.

Fu il pranzo più lungo e pesante della sua vita.

 

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

Come è andata con la tua cotta?

Cioè, il club

Yoosung✮: Ciao Martha!!

Yoosung✮: È andata benissimo!! :D

Yoosung✮: E non ho una cotta -.-

Yoosung✮: Il club di cucina è fantastico, pieno di 

persone simpatiche e ho imparato a fare i 

biscotti con gocce di cioccolato

Yoosung✮: Credo di essermi preso una fissazione

Per i biscotti o per chi ti ha insegnato a farli?

Yoosung✮: PER I BISCOTTI!!

Yoosung✮: Non è niente di quello che pensi!!

Certo, certo, ci credo tanto

Piuttosto, Seven non entra da un secolo 

nella chatroom

Mi aveva promesso che mi diceva come 

aveva ottenuto tutte quelle patatine

Yoosung✮: Non credo che ce lo dirà mai

Yoosung✮: Sono anni che glielo chiedo e non 

me lo ha mai rivelato

707 è entrato nella conversazione

707: Mi fischiano le orecchie, parlavate di me?

Solo se sei la cotta di Yoosung ;)

Yoosung✮: NON HO UNA COTTA PER NESSUNO!!

707: OMG! Finalmente accetterai la mia 

lettera d’amore natalizia!!

Gli hai scritto una lettera d’amore a natale?

707: Se l’è bevuta tantissimo. 

707: Pensava di avere un’ammiratrice

Sembrerebbe che ne abbia davvero una adesso

O forse c’è solo una ragazza che LUI ammira

Yoosung✮: Piantatela! Non mi piace nessuna!

Yoosung✮: Ma credo che mi iscriverò al club

Yoosung✮: Anche se i biscotti con gocce di 

cioccolato mi fanno uno strano effetto

707: Ah sì? Farfalle nello stomaco?

Magari batticuore?

Yoosung✮: Non prendermi in giro, Seven! 

Yoosung✮: E Martha, non incoraggiarlo!

Yoosung✮: Piuttosto, come hai ottenuto tutte 

quelle Honey Buddha Chips?

707: Ah, questa sì che è una storia interessante.

707: E piuttosto lunga

707: Non vorrei ammorbarvi con i miei aneddoti pittoreschi

Yoosung✮: Ti ho detto che non l’avrebbe detto -.-

Immagino sia una storia

che porta a un’altra storia

che porta a un’altra storia

707: La storia infinita in pratica, sì

Allora non ho proprio il tempo di ascoltarla

Ah no, aspetta

Non ho niente da fare

Quindi racconta!

707: Ok

Yoosung: COOOSA?! LA RACCONTI?!

707: Dopo la pubblicità!

707: Comprate Sevenstar Drink! 

707: Il drink migliore per svegliarsi.

Anche meglio di Dr. Pepper?

707: Non farmi scegliere

707: Anche se Dr. Pepper è una piccola ma fondamentale percentuale del drink

Allora ne ordino subito una cassa

Yoosung✮: Ma le Honey Buddha Chips?!

707: Giusto.

707: Fine spazio pubblicitario

Molto illuminante devo dire

707: Vero? Pensavo di brevettarlo ma

l’erede Han ha detto nope

Si è perso molto

Ma ora non cambiare argomento!

707: Giusto

Yoosung✮: Finalmente!!

707: È stata la prima volta in cui sono stato sfruttato

Oh, ma è terribile T.T

707: Già, è stato terribile

707: Un mercato nero si stava formando intorno alla 

rarissime Honey Buddha Chips!

707: E un agente mi ha chiamato e mi ha affidato 

il compito di recuperarle

707: Una missione pericolosa

707: Ardua!

Non dirmi che sei morto :O

707: Purtroppo sì

707: Ma poi mi sono detto.

707: NO!

NO!

707: Il difensore di giustizia non può morire!

NON PUÒ MORIRE!!

707: E ho fermato i criminali che compravano tutte

le patatine per poi rivenderle a prezzi più alti!

Dio Seven Difensore di Giustizia!!

707: DIO SEVEN!! 

Yoosung✮: …

707: Grazie alle mie brillanti doti di hacker

ho scoperto i pericolosi criminali

707: E non erano altro che poveri uomini

licenziati dalle loro aziende che non potevano

fare altro per pagare gli studi dei figli

Yoosung✮: Oh, ma che cosa triste

So sad T.T

707: I miei occhi si sono offuscati di lacrime

707: Ed ero in un grande dilemma

707: Perché potevo rivelare i loro piani di fuga

707: O approfittarne per fare più soldi

YEEEE! Viva i soldi!

707: Viva i soldi!!

Yoosung✮: Sei un pessimo esempio 

Yoosung✮: E una terribile influenza per Martha

707: Non volevo dire che i soldi sono più importanti per me

707: Coooomunque…

707: Coooomunque…

Coooomunque!

Yoosung✮: Confermo, pessima influenza.

Yoosung✮: SEVEEEN!! Finisci la storia!!

707: Giusto, giusto

707: Sono saltato sulla mia bambina e ho catturato i criminali

Tipo Fast and Furious 

707: In un momento Fast and Furious 

707: … smetti di leggermi nella mente

Ahahahahah

Yoosung✮: E quindi poi cosa è successo?

707: Alla fine ho risolto la situazione, ma il tipo che mi 

aveva commissionato il lavoro non aveva più soldi da darmi

707: Perciò mi ha pagato con tutte le patatine che

avevo recuperato

707: End of story

Troppo forte!

Yoosung✮: Ma non sei stato sfruttato

Yoosung✮: Magari avessi io tutte quelle patatine T.T

Magari tu preferisci biscotti con 

gocce di cioccolato ;)

707: Ma solo quelli prodotti nel club di cucina

Yoosung✮: Voi due dovreste essere banditi dallo stare 

in chatroom nello stesso momento -.-‘

Che c’è, ti mettiamo a disagio?

Ma scherzi a parte, la situazione

sentimentale dell’RFA è più interessante

di qualsiasi cosa

707: Peccato che sia praticamente inesistente

Era praticamente inesistente

Intanto sto scoprendo il grande dilemma della storia

Does Jumin Han is gay?

707: Ho notato i tuoi progressi a pranzo.

Ottimo lavoro mia discepola

Ho imparato dal maestro, senpai

Cioè, Sensei 

;)

707: Questo è un colpo basso. Sai che sono già 

impegnato con 606, non tentarmi

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

Forse esageriamo

707: Concordo, dobbiamo anche 

mantenere il PG-Yoosung

Hai ancora molto da lavorare?

707: Purtroppo sì, ma appena mi sento con V

ti faccio sapere, promesso ;)

Grazie mille

E fa qualcosa per le notifiche

707: Oki doki!

707 è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Perdonate il ritardo, fortuna che non avevo molto da cambiare in questo capitolo.

Vabbè che tanto nessuno sta leggendo ma chissà magari un giorno.

Spero che a chiunque legga, se codesto essere mitologico esiste, piaccia come la storia si sta evolvendo, spero di riuscire a mantenere il ritmo di un capitolo a settimana ma penso che quando finirò con il giorno 4 dovrò passare a un capitolo ogni due settimane o qualcosa del genere.

Vabbè non sarà una gran perdita.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 7
*** Day 3 part 2 ***


Day 3

part 2

 

Miriam suonava da un po’, cercando di mettercela tutta e di non pensare all’irritazione che le era salita quando aveva visto Megan e Mindy conversare amabilmente, mentre la sua migliore amica preparava un pranzo completo per la ragazza che le aveva abbandonate entrambe.

Piuttosto cercava la familiare chioma argentata tra la folla, sperando con tutto il cuore che Zen ricordasse dove lei andava a prendere pagnotte pesciotte e che la raggiungesse anche quel giorno.

Non voleva darsi false speranze, e non credeva di certo che Zen potesse essere interessato davvero a lei.

Magari era solo molto gentile, oppure era felice di incontrare una fan.

Che fosse una brava persona dopotutto era ovvio, Miriam lo conosceva abbastanza bene da esserne ormai certa, nei due anni in cui l’aveva conosciuto come fan.

Ma che gli piacesse davvero la sua musica… Miriam era troppo insicura per crederci, ma iniziava a sperarci, e la speranza era un tarlo che, per quanto cercasse di estirpare, si aggrappava al suo cuore senza lasciarle via di scampo.

Quando iniziò a farsi tardi, la speranza però iniziava ad infrangersi, e dopo un paio di canzoni tristi di seguito, che andavano completamente contro la sua politica allegra, si fermò cinque minuti a riprendere fiato e mangiare le pagnotte pesciotte che aveva acquistato in precedenza.

-Non dirmi che hai già finito!- si rammaricò una voce che riconobbe immediatamente, affaticata.

Miriam si girò di scatto per puntare lo sguardo su una figura con il fiatone che era corsa verso di lei e stava riprendendo il fiato. Non riuscì a trattenere un piccolo sorrisino, e si alzò dal muretto dove si era seduta.

-Non ancora, devo raggiungere la quota giornaliera- gli spiegò, indicando le offerte, che al momento scarseggiavano.

-Ottimo per me. Accetti richieste?- si mise in posizione, pronto ad ascoltarla.

-Come sempre. Se sono nel mio molto vasto repertorio- annuì lei, bevendo un po’ d’acqua e accordando la chitarra.

-Un giorno ti farò cantare Zekyll e White, ma per ora che ne dici di Tei’s Tea Leaf?- propose, chiedendosi se conoscesse anche quel musical, uno dei primi in cui aveva recitato e che aveva avuto un certo successo.

-Non è tra i miei preferiti ma va bene. So solo le canzoni di Jack purtroppo- ammise.

Zen ridacchiò.

-Sono anche le mie preferite- Jack era il personaggio che aveva interpretato.

-Cerca solo di non comparare. Non tutti sono professionisti- lo riprese, e lui annuì, sorridendo, ansioso di ascoltarla di nuovo.

E Miriam cantò, con passione e più sicurezza del solito, attirando anche una certa folla di gente con la sua voce melodiosa.

Zen ormai la ascoltava da tre giorni e doveva ammettere che il suo repertorio era decisamente vasto, perché non aveva mai ripetuto una canzone.

Eppure, nonostante l’evidente talento, nessuno si fermava per più di una canzone, a parte lui.

-Qual è il tuo cavallo di battaglia?- chiese a sorpresa, dopo qualche altra canzone.

Miriam prese un sorso d’acqua, e lo guardò confusa, senza capire bene la domanda.

-In che senso? Una canzone che so fare bene?- 

-No. Se avessi una sola canzona per esprimere te stessa al mondo intero, quale sceglieresti?- si spiegò lui, gesticolando un po’ per farsi capire meglio.

Miriam ci rifletté un attimo.

-Non è una canzone che sarei ancora pronta a cantare, ma ci sto lavorando. Ma se dovessi cantatene una adesso…- esitando leggermente, Miriam prese la chitarra, si sedette sul muretto e fece cenno a Zen di avvicinarsi, come se cantasse solo per lui.

Una canzone in inglese, il cui significato sfuggì a Zen, ma non le emozioni.

Fin dalle prime sillabe, Zen si sentiva completamente preso. Pendeva dalle sue labbra e si sentiva arpionato, incapace di distogliere lo sguardo, incapace di sentire altro suono oltre al suo canto.

Si sentiva Ulisse davanti all’isola delle sirene, ed era una delle sensazioni più belle che avesse mai provato. E allo stesso tempo una delle più tristi. Gli sembrò di avvertire tutto il dolore della ragazza davanti a lui, e di condividerlo.

Essendo un attore, l’empatia era il suo forte.

A fine canzone, si asciugò le lacrime. La ragazza sollevò lo sguardo su di lui, asciugandosi una lacrima a sua volta.

-È stata un’interpretazione…- iniziò Zen, senza però trovare le parole. Miriam pendeva dalle sue labbra, con aspettativa -…straordinaria- disse infine, anche se non esprimeva neanche la metà di quello che provava. Alla ragazza sembrò bastare, e gli sorrise orgogliosa e quasi sollevata.

E perdendosi nei suoi occhi azzurri, l’interesse che quei tre giorni aveva spinto l’attore a raggiungerla sempre per sentirla cantare si evolse all’improvviso in una vera e propria cotta.

Non era più un uomo solo da troppo tempo che voleva una relazione e pensava che la sconosciuta cantante potesse essere una possibilità.

Era un uomo solo da troppo tempo che non avrebbe scelto nessun altro che la sconosciuta cantante.

Non poteva ancora definirlo amore, non la conosceva abbastanza, ma voleva assolutamente conoscerla.

Uscire con lei.

Magari cantare insieme al karaoke.

Doveva proporla a Martha e invitarla al party.

Ma prima di tutto doveva ottenere il suo numero.

…e il suo nome!

Cavolo, se lo scordava sempre!

-Scusa se interrompo il momento…- ruppe il silenzio Zen, un po’ dispiaciuto.

Miriam si ritirò leggermente. Aspetta, la sua testa si era avvicinata? Zen non aveva tempo di pensarci -…posso farti una domanda?- chiese invece, prima di dimenticarselo.

Miriam annuì, e strinse la presa sulla chitarra.

-Certo, che vuoi chiedermi? Ti avverto che non farò altre canzoni tristi per oggi. Ne ho fatte decisamente troppe- lo avvertì, tornando sicura di sé, almeno in superficie.

-Non è una richiesta, anche se avrei centinaia di brani da proporti. Come ti chiami? Ti vedo da tre giorni e non te l’ho neanche chiesto- finalmente Zen riuscì a chiedere quella piccola ma fondamentale informazione.

-Oh, è vero- Miriam non ci aveva neanche fatto caso -Si vede che la musica non ha bisogno di nomi per funzionare- ridacchiò.

-Nel caso non lo sapessi, il mio vero nome è…- fece il primo passo Zen, ma Miriam lo interruppe.

-Hyun Ryu, lo sanno tutti. Anche le fan alle prime armi. Io sono Miriam Coppola- gli porse la mano, presentandosi ufficialmente.

-Sapevo che non potevi essere coreana- Zen le strinse la mano, ed entrambi avvertirono un brivido lungo la spina dorsale.

-E da cosa lo hai dedotto, Sherlock? Dai capelli, dagli occhi o dall’evidente accento americano?- lo prese in giro.

-Hai un’ottima pronuncia coreana invece- si complimentò lui -E non aspettarti molto da uno che non è mai andato all’università- fu un po’ restio ad ammettere le sue mancanze, ma era un tipo onesto, e sentiva di potersi fidare di Miriam, che gli sorrise e iniziò a contare i soldi.

-Sapevo già anche questo, in effetti. Per rassicurarti posso dirti che io sono all’università solo per stare vicina alla mia migliore amica, altrimenti suonerei per strada tutto il giorno, al diavolo l’istruzione!- esclamò con enfasi, facendo sorridere Zen, poi la ragazza sospirò.

-Cavolo, ancora 2000 won è ho raggiunto l’obiettivo- commentò tra sé, poi guardò l’orologio, e scosse la testa.

-Devo andare- rimise la chitarra nel suo contenitore e fece un cenno con la testa a Zen -Da qui a casa il tragitto è abbastanza lungo e anche oggi devo cucinarmi da sola- gli spiegò, dispiaciuta.

-Ehi, aspetta- Zen la fermò, prese due banconote da 1000 won e glieli mise insieme agli altri.

-No, Zen, non dovevi- Miriam tentò di rifiutare, ma Zen non voleva sentire un no come risposta.

Non navigava certo nell’oro, ma 2000 won non erano nulla per lui, soprattutto con il nuovo musical alle porte.

Era una produzione abbastanza grande.

-Inoltre oggi, casualmente, sono venuto in moto. Vuoi un passaggio?- le propose, con un occhiolino.

Miriam avrebbe avuto tante obiezioni da fare: non ti conosco abbastanza bene da salire con te in moto; non puoi permetterti scandali; non mi fiderei troppo di uno che era in una gang di motociclisti alle superiori; è poco sicuro rivelare a uno sconosciuto il posto dove vivo; non voglio disturbarti.

Ma la sua mente si era completamente svuotata alla parola “moto”.

Era da quando Margo era scomparsa che non saliva su una moto, e lei le adorava.

Era decisamente in difficoltà.

Da un lato tutti i dubbi che le erano sorti alla mente precedentemente citati.

Dall’altro la voglia bruciante di tornare su quel pericoloso mezzo che l’aveva sempre fatta sentire libera.

Inoltre era tardi.

-Se non vuoi non preoccuparti. Dimmi solo dove posso trovarti domani e…- Zen sembrò capire le sue preoccupazioni e fece un passo indietro, ma Miriam non lo fece finire.

-Assolutamente sì- alla fine il suo lato ribelle e sprezzante del pericolo ebbe la meglio, facendo illuminare Zen.

-Ottimo! Seguimi allora- Zen le fece cenno di stargli accanto, e Miriam eseguì, leggermente titubante.

-Non rischi di creare uno scandalo con la tua carriera?- chiese, un po’ preoccupata, guardandosi intorno per controllare che nessuno lo avesse riconosciuto e stesse facendo qualche foto.

-Non voglio vivere da recluso per colpa della mia carriera. Ci sono cose più importanti- rispose Zen, dopo un attimo di esitazione.

-Sì, ma… sta attento, ok? Ci sono fan davvero sfegatate, molto più di me, che potrebbero non prendere affatto bene se iniziassi ad avere una vita sociale che non le coinvolge- lo mise in guardia, preoccupata.

-Ho già una vita sociale che non le coinvolge. Alla fine le mie fan sono piuttosto discrete- cercò di difenderle lui.

-Povero ingenuo- Miriam gli diede una pacca sulla spalla -Meglio vivere nell’ignoranza- gli fece l’occhiolino, e Zen ridacchiò.

-Tu sembri sapere tutto di me. Dimmi qualcosa di te- la incoraggiò, mentre arrivavano vicino alla moto.

-Non so tutto di te. Solo cose che riguardano principalmente il tuo lavoro. Non sono il tipo di fan stalker- ci tenne a sottolineare Miriam, facendo l’offesa, con un dito per aria.

-E sei anche il mio tipo preferito di fan- si recuperò Zen, senza esitazione.

-Per quanto riguarda me… non c’è molto da dire. Vivo con una mia amica, vado all’università, suono e ogni tanto esco con le amiche. Non mi piace parlare di me. È questa la tua moto?- chiese indicando una motocicletta parcheggiata poco distante, in un disperato tentativo di cambiare argomento.

-Sì. Salta su!- la incoraggiò Zen, accettando il cambio di argomento per non forzarla e porgendole elegantemente il casco.

-Amo le moto- sospirò Miriam sognante.

-Ne hai mai guidata una?- indagò Zen, curioso.

-No, ma alle medie stavo con il capo di una pericolosissima gang di motociclisti criminali- rispose lei, serissima, guadagnandosi un’occhiata sconvolta di Zen.

-Stai scherzando?!- chiese, preoccupato.

Miriam scoppiò a ridere.

-Sì, sto scherzando. Ma dovevi vedere la tua faccia. Una delle mie migliori amiche aveva una moto. Ma non si fa più sentire da due anni- gli spiegò, salendo dietro di lui e tenendo ben salda la chitarra e la borsa di scuola.

-Dove abiti?- chiese Zen, sedendosi davanti a lei, pronto a guidare.

Miriam gli rivelò l’indirizzo.

-Ottimo, ti ci accompagno subito- Zen fece partire la moto e Miriam si aggrappò a lui per non perdere l’equilibrio, facendogli trattenere il respiro.

Fu un viaggio di media lunghezza, molto silenzioso ad eccezione del rombare della moto ma Miriam lo trovò meraviglioso, e quando Zen finalmente accostò, non sarebbe voluta scendere.

-Siamo già arrivati?- chiese un po’ delusa, togliendosi il casco e guardando casa sua.

-La prossima volta se vuoi faccio un tragitto più lungo- propose Zen, ridacchiando.

-La prossima volta? Ora non montarti la testa, non è detto che ci sia una prossima volta- Miriam scese dalla moto tutta impettita, mentre Zen rimase seduto, ma si tolse il casco.

-Non faresti questo favore ad un tuo fan?- la supplicò Zen, con occhi da cucciolo molto scenografici.

-Domani sono al parco praticamente tutto il giorno, ma non ti conviene arrivare di mattina- lo mise in guardia.

-Perché? Ho concorrenza?- indagò Zen, curioso.

-Una concorrenza che non potrai battere, perché di solito domenica mattina passo per almeno un’ora al centro di accoglienza per animali, e lì è pieno di gatti- gli rivelò.

-Ti piacciono i gatti, eh?- indovinò Zen, grattandosi il naso che aveva già cominciato a prudergli.

-Purtroppo sì. Ma il pomeriggio i peli in eccesso dovrebbero essersi dissipati, quindi ti aspetto per riempirmi di soldi- lo prese un po’ in giro, dandogli le spalle per rientrare in casa.

-Oh, aspetta!- Zen la interruppe -Questi giorni ho la testa altrove. Volevo darti una cosa- aprì la sua borsa e tirò fuori un grosso foglio di carta arrotolato su sé stesso. Prese poi un pennarello e scrisse qualcosa sulla base del foglio, che poi porse a Miriam, che lo prese confusa.

Aveva una mezza idea su cosa potesse essere, ma non poteva crederci.

Sarebbe stato troppo bello per essere vero.

-Ti avevo detto che te ne avrei rimediato uno, anche se spero che lo terrai tu e non lo rivenderai- le parole di Zen non fecero che aumentare la speranza di Miriam, a cui bastò vedere il lembo inferiore per capire cosa fosse, e le fu davvero difficile trattenere il lato da fangirl.

Zen le aveva regalato un poster autografato di Zekyll e White, e Miriam aveva anche notato che aveva scritto il suo numero sotto al suo nome.

-Wow… ok… io non… questo poster vale più di quello che guadagno in due settimane, suonando. Non posso…- sembrò poi ripensarci -Ma sì che posso accettarlo. Grazie Zen. Grazie davvero tanto. Vedrò di togliere ogni singolo pelo di gatto- gli promise.

-Allora a domani- lo salutò Zen, con un gran sorriso.

-A domani- Miriam sembrò avvicinarsi, forse per dargli un bacio sulla guancia, o un abbraccio, o anche solo per stringergli la mano, ma venne interrotta da una voce sorpresa che la chiamò, facendola sobbalzare, e girare di scatto.

-Monica! Mi hai fatto prendere un colpo, pensavo potesse essere una giornalista impicciona- si lamentò Miriam, stringendo a sé il poster con fare protettivo e cercando di placare il battito del suo cuore.

-Chissà perché oggi mi danno tutti della giornalista impicciona- commentò tra sé Monica, un po’ seccata, ma si riprese quasi subito. -Sono felice che sei già a casa. Ti ho lasciato un pasto in microonde, e spero di trovarti già a letto quando torno. Devo scappare perché sono…- si interruppe quando notò Zen, che, ancora sulla moto, non sapeva bene che fare, se presentarsi o andare via.

Lo osservò qualche secondo, poi sembrò riconoscerlo, e i suoi occhi si accesero di consapevolezza.

-Tu devi essere Zen, l’attore, giusto?- chiese, avvicinandosi e porgendogli la mano.

Zen rimase di sasso.

Si era aspettato che lei rimproverasse Miriam per essere salita in moto con uno sconosciuto o altro. Si comportava come una sorella maggiore, o addirittura una madre. Non sapeva proprio come comportarsi.

-Sì, sono io- disse solo, stringendole la mano e accennando un sorriso.

-Miriam non fa che parlare di te- gli sorrise, un po’ maliziosa. Miriam le tirò una gomitata, e Monica si allontanò da lui -Sei stato molto gentile a riaccompagnarla- si complimentò poi, riconoscente.

-È stato un piacere, davvero- Zen iniziò a sentirsi più a suo agio.

Monica fece per aggiungere qualcosa, forse una domanda personale o un commento che avrebbe imbarazzato Miriam, perciò la ragazza la interruppe immediatamente.

-Non eri in ritardo?- la cacciò via, rossa come un peperone.

Monica sospirò.

-È vero. Voglio trovarti a letto quando torno- Monica iniziò ad avviarsi in tutta fretta verso la fermata dell’autobus, camminando in retromarcia per guardare Miriam.

-È sabato, Monica- si lamentò lei.

-Ma domani sarai nervosa se non vai a dormire-

-Io sono sempre nervosa!- Miriam si rese conto dopo qualche botta e risposta che Zen era ancora lì, e si fece se possibile ancora più rossa. Si girò verso di lui e gli fece un sorriso di scuse.

-Arrivederci, Zen. Buona serata- Monica salutò l’attore con un elegante cenno del capo e sparì presto alla vista.

-La tua… amica… sembra molto impegnata…- commentò lui, trattenendo una risatina.

Miriam si prese il volto tra le mani.

-Non ne hai idea. È la mia coinquilina, Monica, ed è come una imbarazzante sorella maggiore- scosse la testa, a disagio, poi alzò lo sguardo verso Zen.

-Credo sia il caso che rientri. Ci vediamo domani allora?- chiese, con un timido sorriso.

-A domani. Non vedo l’ora di vederti- le fece un occhiolino, prima di rimettere il casco e partire.

Miriam lo guardò sparire alla vista, poi sospirò sognante, e strinse forte il poster, sentendosi leggera come una farfalla.

Quando rientrò a casa, però, la sua felicità iniziò a scemare, e venne sostituita dalla preoccupazione.

Perché si era presa una grossa cotta per Zen.

E aveva giurato a sé stessa che non si sarebbe mai innamorata di nessuno. Aveva già sofferto abbastanza.

Oh, no, cosa avrebbe fatto adesso?!

 

ZEN è entrato nella chatroom

Jaehee Kang è entrata nella chatroom

ZEN: Oggi è stata una bellissima giornata!!

Jaehee Kang: Buonasera Zen. Hai cenato?

ZEN: Non ancora, sono appena tornato a casa.

Jaehee Kang: Ti hanno confermato il nuovo ruolo? *-*

ZEN: Sì, anche se ho iniziato a leggere il personaggio e non è esattamente il mio genere 

ZEN: Mi ricorda quasi Figlio di papà -_-

Jaehee Kang: Sono sicura che lo interpreterai  nel modo migliore *-*

Martha è entrata nella conversazione

Jaehee! Ciao! Non ti vedo da un po’

Ciao Zen!

ZEN: Ciao Martha

Jaehee Kang: Buonasera, hai cenato?

Sto cenando adesso, mi sono fatta un hamburger.

Piuttosto, sto indagando su faccende top-secret dell’RFA

Jaehee Kang: In tal caso penso che dovresti rivolgerti a Luciel e a V. Ma ti avverto che indagare 

su faccende top-secret ti porta ad essere alquanto sospetta

ZEN: Lasciala in pace, Jaehee, Seven ha detto che è a posto.

In realtà le faccende top-secret sono per mia curiosità intellettuale

Ho già indagato con Yoosung e Jumin

Senza particolare successo.

Jaehee Kang: Credo di capire dove tu voglia andare a parare

Che mi dite sulla vostra situazione sentimentale?

Zen è appurato che non è un forever alone

Ma Jaehee?

E Zen, da quanto non hai una ragazza?

Jaehee Kang: Non sono tenuta a dare informazioni personali. Comunque non avrei tempo per una relazione

Jaehee Kang: Ho anche consultato una matchmaker.

LOOOL

Cioè…

 Oh, mi  dispiace :(

(LOL)

Jaehee Kang: -_-

ZEN: Neanche io ho molto tempo a causa del mio lavoro, perciò sono single da cinque anni.

ZEN: Ma vorrei davvero tornare in pista.

ZEN: Mi manca uscire con una ragazza <3

Jaehee Kang: Ma non puoi permetterti scandali!

Jaehee Kang: Il tuo lavoro è più importante di una relazione

Jaehee, non è una visione un po’ rigida?

Se tu dovessi scegliere tra una persona che ami e il tuo lavoro non 

penso che la scelta sarebbe così ovvia, o sbaglio?

Jaehee Kang: Beh… ma il mio lavoro è diverso.

Jaehee Kang: Zen non può permettersi scandali in un momento così complesso della sua carriera.

ZEN: Se io dovessi scegliere tra il mio lavoro e la ragazza che amo sceglierei la mia ragazza 

ZEN: Senza ombra di dubbio.

ZEN: L’amore è una cosa meravigliosa. <3

Viva l’amore!! Anche io scelgo l’amore!

Jaehee Kang: Mi sembra di sentire Seven.

Jaehee Kang: Non è così semplice, a volte bisogna fare dei sacrifici 

ZEN: Parli come una che non ha mai avuto una relazione

Magari è una forever alone anche lei

Comunque, Zen…

Hai detto “la ragazza che mi piace”

Non “una ragazza che mi piace”

Hai qualcosa da dirci? ;)

ZEN: Eh… beh… potrebbe essere…

OMG!!! LO HAI AMMESSO!! 

SEI IL MIO PREFERITO! 

ALMENO SEI SINCERO!!

ZEN: Cavolo che entusiasmo.

ZEN: È una mia fan e l’ho incontrata in autobus, poi l’ho vista anche

ZEN: MI HA SCRITTO!!

ZEN: Scusa devo andare!!

ZEN è uscito dalla conversazione

Ahahahahahah

Jaehee Kang: Potrebbe sembrare che io non abbia intrattenuto molte relazioni nell’arco della mia vita, 

ma è una considerazione sbagliata. Infatti ho avuto un considerevole numero di relazioni 

e non sono una ragazza alle prime armi. Ma sostengo che una relazione romantica richieda impegno 

e dalla mia esperienza non si dovrebbe rinunciare al proprio lavoro e al proprio sogno per una storia che potrebbe non durare. 

Quindi spero che penserai alla tua reputazione e non farai gesti azzardati

Jaehee Kang: Se n’è andato mentre scrivevo…

Oh Mamma!!

Quindi non sei così innocente, Jaehee? LOLOL

Jaehee Kang: C’è un modo per cancellare i messaggi?

Jaehee Kang: Dov’è Luciel quando serve?!

Tranquilla Jaehee, almeno non sei una forever alone

Jaehee Kang: Ora sono imbarazzata

Ma non devi, è una cosa normale

Secondo me hai problemi con le relazioni perché non hai mai trovato la persona giusta

Jaehee Kang: Che intendi dire?

Che forse dovresti aprirti a persone diverse

Jaehee Kang: Continuo a non capire, e devo propri andare

Jaehee Kang: Buona serata Martha 

Jaehee Kang è uscita dalla conversazione

Le statistiche dicono che ci deve essere almeno un omosessuale nel gruppo, e io lo scoprirò! 

NON POTETE SCAPPARE PER SEMPRE!!

 Yoosung✮ è entrato nella conversazione

HEY YOOSUNG!!

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

Che pizza!

Martha è uscita dalla conversazione

 

Monica era rimasta più di tutti gli altri, e non le avrebbero pagato neanche l’ora in più passata a pulire la cucina.

Era stravolta dal sonno, con mezzo chilometro da fare a piedi prima di prendere l’ultimo autobus della giornata e con la certezza che l’avrebbe perso e che quindi avrebbe probabilmente dovuto spendere soldi che non aveva in un taxi.

Uscì dalla porta sul retro e buttò un sacco della spazzatura, massaggiandosi il collo dolorante.

-Signorina Collins?- una voce formale alle sue spalle la fece sobbalzare tanto che a malapena trattenne una parolaccia in italiano, e fu davvero grata di aver già buttato la spazzatura perché altrimenti era certa che se la sarebbe fatta cadere tutta addosso.

Si voltò di scatto verso la voce, che scoprì appartenere al signor Han, e sospirò. Non le andava proprio di parlare con lui, l’aveva davvero delusa a pranzo. Inoltre era stanca morta, e una volta a casa doveva anche continuare a scrivere l’articolo.

-Signor Han. Mi scusi, ma non sono nelle condizioni di discutere- cercò di tirarsi fuori con il massimo decoro, e gli diede le spalle per iniziare ad avviarsi verso la fermata, controllando l’orologio e appurando mentalmente che no, non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo. Tanto valeva chiamare un taxi e non stancare inutilmente i piedi già piuttosto doloranti.

Era mezzanotte passata. Aveva tutto il diritto di rifiutarsi di ricevere accuse infamanti da un ricco viziato figlio di papà gattaro che prima si scordava di lei e poi quasi la aggrediva senza un vero e proprio motivo.

E poi aveva già detto la sua, non voleva ripetere e rischiare che lui la denunciasse per qualcosa di random. Evidentemente questo nuovo Jumin Han ne era capace.

-Non le prenderò molto tempo. Volevo solo scusarmi per le mie accuse oggi a pranzo- la fermò Jumin, sorprendendola non poco.

Monica si girò a guardarlo, confusa, e dopo qualche secondo di silenzio si rese conto che doveva rispondere, e si affrettò a farlo.

-Oh, ecco. Certo, scuse accettate- Monica non se lo aspettava minimamente. Soprattutto visto che all’università non si era scusato neanche una volta esplicitamente, troppo orgoglioso. Forse il nuovo Jumin Han era meno peggio di quanto pensasse.

-Sono stato davvero sgarbato. E ho apprezzato la sua onestà. Non ero del tutto in me stesso oggi, e sentivo l’esigenza di spiegarmi- aggiunse l’uomo davanti a lei, ostentando tranquillità ma torturandosi leggermente le mani, evidentemente a disagio.

Monica accennò un sorriso. Doveva ammettere che all’improvviso tutta la sua stanchezza sembrava essere scomparsa, e che la spiegazione di Jumin le aveva fatto decisamente piacere. 

-Non si preoccupi, signor Han. Dovrei scusarmi anche io. Sono stata piuttosto scortese, immagino. Solitamente non mi scaldo troppo per questo tipo di supposizioni. So che per le persone come lei è normale essere all’erta con i giornalisti. Inoltre deve essere sfiancante pranzare con suo padre vista la situazione- mentre Monica si ritrovava a scusarsi nonostante non avesse fatto niente di sbagliato, ma solo perché troppo abituata a dover chiedere scusa e senza avere la minima idea di come rispondere quando era qualcun altro a scusarsi, Jumin si ritrovò a sorridere, intenerito e quasi divertito.

Monica si interruppe di scatto quando si rese conto di aver citato suo padre, e sgranò gli occhi, sentendosi in colpa.

-Mi scusi!- 

Jumin, che era troppo occupato a guardare la ragazza e non aveva fatto troppo caso a quello che diceva, piegò la testa confuso.

-Per cosa?- chiese, anche piuttosto sorpreso dalla sua stessa distrazione.

Iniziava a ricordarsi i motivi che forse lo avevano spinto ad allontanarsi da lei. Lo aveva sempre distratto parecchio.

-Non dovevo permettermi di parlare di suo padre. Non mi riguarda, volevo solo dirle che so che è una situazione difficile, e capisco che potesse essere nervoso, soprattutto con una giornalista ficcanaso vicino. Ma niente di quello che è successo oggi figurerà nell’articolo, le do la mia parola- si spiegò Monica, con un grande sorriso.

La nuova Monica era ancora più distraente. Più gentile, più educata, più sorridente. Più rasserenante. Era davvero possibile che fosse diventata più piacevole di prima?

Jumin deglutì nervosamente per ritrovare la voce che sembrava averlo abbandonato, e le fece un cenno di ringraziamento con il capo.

-Posso riaccompagnarla a casa?- la voce gli tornò, ma le parole che uscirono fuori non erano passate dalla sua mente, e rimase lui stesso piuttosto confuso dall’invito, anche se si rese presto conto che voleva davvero darle un passaggio, per scusarsi ancora meglio e perché era davvero tardi, e una giovane donna come lei non poteva rischiare di prendere l’autobus o il taxi.

Monica strabuzzò gli occhi, colta alla sprovvista.

-Signor Han, non posso accettare, non vorrei mai disturbarla e poi ho l’aut…- si interruppe guardando l’orologio perché, no… lo aveva decisamente perso -…prenderò un taxi, non si preoccupi- cercò di declinare, ma Jumin non era abituato a ricevere un no come risposta.

-Insisto, signorina Collins, è tardi, e fa piuttosto freddo- le indicò l’auto alle sue spalle che Monica non aveva neanche notato, davvero lussuosa e con un autista al suo interno già pronto a partire.

-Non fa così freddo- provò ad obiettare Monica, ma un vento improvviso la fece rabbrividire.

Jumin trattenne una piccola risatina, e si tolse la giacca, senza neanche pensarci.

-È da quando è uscita che si tiene le braccia per riscaldarsi. Mi permetta di accompagnarla, la prego- le mise la giacca sulle spalle con molta naturalezza, e Monica era così presa in contropiede che non lo fermò, ma arrossì parecchio -È anche un modo per scusarmi con i fatti più che con le parole- aggiunse poi, quasi tra sé.

Monica si bloccò di scatto, mentre un ricordo le tornava alla mente, colpendola come un pugno.

“-Tieni, non hai preso nulla per pranzo-

-Cosa?- 

-Hai rallentato la fila perché non riuscivi a prendere sia il caffè che la pasta e ti ho preso la pasta-

-Non ne ho bisogno, “Signor Han”- 

-Sei davvero testarda, “Signorina Collins”. Prendila e basta!-

-Perché adesso fai così il gentile? Mi hai praticamente presa a parole, prima- 

-…il mio comportamento è stato poco carino, lo ammetto. Se vuoi prendilo come un modo per scusarmi con i fatti più che con le parole-“

Notando la sua immobilità, Jumin le si avvicinò, un po’ preoccupato.

-Tutto bene, signorina Collins?- chiese, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.

E Monica decise di giocarsi il tutto per tutto.

Prese un profondo respiro per farsi coraggio e sollevò lo sguardo verso di lui, guardandolo dritto negli occhi e prendendolo decisamente in contropiede.

-So che non ti ricordi di me, ma otto anni fa andavamo nella stessa università, il Maripose College. Sei stato lì un semestre, e pranzavamo allo stesso tavolo. Abbiamo anche frequentato un paio di corsi insieme- fece uscire fuori, senza una vera e propria logica, ma con un grande bisogno di condividerglielo. Non era neanche la metà delle cose che avrebbe voluto ricordargli, ma non credeva fosse il caso di gettargli addosso tutto quello che aveva significato per lei prima che tornasse in Corea senza neanche salutarla di persona. Era convinta che lo stava mettendo già parecchio a disagio -Non so perché te l’ho detto. Ma mi sembrava giusto, credo. Insomma, io ti conosco, ecco. E non cambia nulla nei fatti ma dovevi saperlo, tutto qui. E credo davvero che chiamerò quel taxi ora- dandosi mentalmente della stupida per essersi buttata, Monica iniziò a indietreggiare, incapace di guardare l’uomo negli occhi e coprendosi il volto imbarazzato con le mani.

Venne però fermata da Jumin, che le prese con delicatezza il braccio.

-Aspetta, signorina Collins…- iniziò a dire, Monica lo guardò confusa, poi notò che aveva ancora la sua giacca sulle spalle.

-Certo, le restituisco la giacca…- fraintese, ma Jumin si affrettò a bloccarla prima che potesse togliersela.

-Tienila, fa freddo. Monica…- iniziò, addolcendo la voce. La donna si interruppe di scatto, sorpresa dall’informalità.

-…come mai credevi che mi fossi dimenticato di te? Tra i due sono sempre stato quello con la memoria migliore, ne sono più che certo- continuò l’uomo, incrociando le braccia, e assumendo una facciata quasi offesa.

Monica ci mise qualche secondo a metabolizzare il significato di quella frase.

Poi incrociò le braccia a sua volta.

-Ricordi male, invece. Ero io quella con la memoria migliore!- obiettò, nella sua migliore imitazione della sé universitaria.

Non le riuscì molto, perché scoppiò a ridere pochi istanti dopo, una risata quasi isterica e decisamente liberatoria, che venne accompagnata da un paio di lacrime che riuscì a nascondere all’interlocutore.

-Ero davvero irritante all’università- ammise, imbarazzata.

Jumin accennò un sorrisino a sua volta.

-Bevevi troppi caffè. Davvero credevi mi fossi dimenticato di te? Io credevo fossi tu ad esserti scordata- ammise Jumin, pensieroso.

-Ho smesso con i caffè. Ma non puoi biasimarmi, sono passati otto anni ed era solo un semestre. Chissà quante persone hai conosciuto in tutto questo tempo- tentò di giustificarsi lei, un po’ a disagio, mettendo una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Jumin decise di non metterla al corrente dei suoi trascorsi.

Non voleva esporsi troppo e confidarle che era stata davvero importante per lui, e decisamente una delle poche persone ad esserlo stata.

-È stato comunque un semestre… interessante- disse solo, ripensando a quei tempi -Alla luce della nostra neo-ritrovata confidenza universitaria, ha deciso di accettare il mio passaggio in auto?- chiese Jumin, tornando formale quasi a mo’ di presa in giro.

Monica sospirò, e cedette.

-Se insiste…- si avvicinò all’auto, stringendo a sé la giacca, talmente larga che le stava come un mantello sul suo corpo esile.

Jumin le sorrise, con più calore, e le aprì galantemente la portiera per farla accomodare.

Monica entrò con attenzione, come se temesse di rompere qualcosa, per niente abituata ad un’auto così lussuosa.

Probabilmente non sarebbe mai più salita sopra un’auto così elegante per il resto della sua vita.

Iniziò a torturarsi le mani, e a mordersi il labbro inferiore, mentre Jumin prendeva posto accanto a lei, con la massima eleganza.

Non fece commenti sulla sua mania, anche se avrebbe decisamente voluto, e si limitò a chiederle dove abitasse.

Monica gli diede l’indirizzo, che poi l’uomo comunicò all’autista Kim.

Monica era a disagio. Non sapeva se cominciare una conversazione o lasciare che fosse Jumin a prendere la parole.

Aveva tante cose da chiedergli, e da digli. Più di ogni altra cosa avrebbe voluto che fossero tranquilli l’uno verso l’altro come lo erano stati all’università, quando usavano le formalità quasi come una presa in giro. Ma non credeva di poterlo fare, con il Jumin che ora era davanti a lei. Era lo stesso di sempre, ma era anche molto diverso, anche se non necessariamente in senso negativo.

Alla fine, proprio mentre anche Jumin stava per aprire la bocca per dire qualcosa, fu Monica ad interrompere il silenzio che iniziava a farsi imbarazzante, ma avrebbe preferito restare zitta visto quello che le uscì fuori. 

-Hai imparato a mangiare un hamburger?- chiese infatti, dandosi mentalmente della stupida pochi istanti dopo. Purtroppo era una domanda che si faceva ogni volta che pensava a lui. Una volta sola, all’università, avevano pranzato con un hamburger in un fast food, ed era uno dei ricordi più divertenti che aveva. Non che ne avesse molti, a dirla tutta.

Jumin esitò, arrossendo appena ed evitando lo sguardo della ragazza, con espressione colpevole.

Poi si schiarì la voce e rispose, ostentando una sicurezza che non aveva.

-Confesso di non aver avuto molte occasioni di provare nuovamente- ammise.

Monica si lasciò scappare una risatina, che però cercò di contenere. 

-Lo sospettavo. Dovremo rimediare- si permise di prenderlo un po’ in giro. In quella macchina, in quel momento, fuori dalle occhiate della società e con la stanchezza che le annebbiava la mente, le sembrava di essere tornata a otto anni prima, dove le etichette non significavano niente e una ragazza che non riusciva neanche a pagarsi gli studi a meno che non lavorasse in mensa poteva essere amica di un ragazzo che se avesse voluto avrebbe potuto acquistare l’università intera compresa la mensa.

Anche Jumin si abbandonò al momento allo stesso modo.

-Tu invece continui a nutrirti di pura caffeina?- le chiese, con una nota di rimprovero. Non aveva mai approvato la sua dipendenza.

Monica si sentì colta sul vivo.

-Ho smesso con il caffè subito dopo aver finito l’università. Avevo qualche problema di pressione alta ed ero, oggettivamente, insopportabile e un po’ nevrotica- rivelò, ricordando quel periodo. 

-Come va adesso la pressione?- chiese Jumin immediatamente, allertato.

Monica si stupì del suo interessamento, e le fece davvero piacere.

-La pressione è normale, adesso. Probabilmente era un periodo stressante in generale. Tu cosa mi racconti? Chissà quante cose hai fatto in questi otto anni- si incuriosì, senza però risultare troppo invadente.

Jumin però non aveva molte cose da dire. La sua vita era piuttosto monotona, e i maggiori cambiamenti erano causati dal continuo giro di ragazze di suo padre. Le cose più rilevanti che gli venivano da dire riguardavano l’RFA, ma non credeva fosse una buona idea parlare a Monica di V, Rika e del resto dei membri. 

Decise di mantenersi sul vago.

-Non ho molto da raccontare. La mia vita si divide tra il lavoro ed Elizabeth 3rd. Poi sono in un’associazione benefica: l’RFA, che organizza dei party di beneficenza- disse semplicemente.

-Davvero nobile- commentò Monica, con un grande sorriso.

Jumin cambiò in fretta argomento perché quel sincero sorriso ammirato gli stava dando una fastidiosa sensazione al petto.

-Che mi dici del tuo libro?- chiese quindi, ricordando che la sua vecchia compagna era decisa più che mai a diventare scrittrice.

Monica però si rabbuiò.

-Oh, beh… ho smesso di scrivere. Insomma, continuo a scrivere perché sono una giornalista, e mi va più che bene, ma non ho tempo per scrivere narrativa, anche se vorrei davvero tantissimo- ammise, a bassa voce, come se non volesse lamentarsi. Si morse nuovamente il labbro inferiore, un po’ a disagio.

-È un peccato. Scrivevi davvero bene- commentò Jumin. Una volta aveva letto l’estratto di un racconto che stava scrivendo in quel periodo e ne era rimasto davvero colpito.

-A proposito di libri, ho letto il tuo, di due anni fa- cambiò argomento Monica, in tono leggermente malizioso.

In questo ping pong di botta e risposta passarono parecchi argomenti nel tragitto in macchina, e sembrò ad entrambi troppo presto quando l’autista Kim annunciò che erano arrivati.

-Di già?- si fece sfuggire Jumin, un po’ infastidito.

-Avremo altre occasioni, Jumin. Grazie del passaggio, e grazie anche a lei, autista Kim- disse Monica all’uomo al volante, che le fece un cenno rispettoso e un vago sorriso.

Poi la ragazza scese dall’auto.

-Monica- la interruppe Jumin, più per non farla andare subito via che per parlarle. Monica fece rientrare un attimo la testa nella vettura, e osservò curiosa l’interlocutore, che dovette inventarsi qualcosa da dire.

-…mi dispiace ancora per stamattina. Ero frustrato per mio padre, e per il fatto che… non dovevo prendermela con te. Scusami ancora- disse, in tono distaccato ma che mostrò appieno le sue emozioni, almeno a Monica, che sorrise e annuì comprensiva.

-Non preoccuparti, Jumin. So che non sei il migliore nei primi incontri- gli fece un coraggioso occhiolino, prima di far sparire nuovamente la testa.

Pochi istanti dopo la fece comparire nuovamente.

-Grazie ancora del passaggio- gli disse nuovamente -Arrivederci signor Han- lo salutò poi, in italiano.

-Arrivederci, signorina Collins- rispose Jumin nella medesima lingua.

Monica ridacchiò e si avviò verso casa, prendendo le chiavi dalla borsa e rientrando.

Una volta assicuratosi che Monica era rientrata senza problemi, Jumin incoraggiò l’autista a sbrigarsi a portarlo a casa, e, con uno sguardo di chi la sapeva lunga, lui eseguì.

Quando Monica entrò in casa, non trattenne un profondo sbadiglio, e sorrise tra sé ripensando alla complicità ritrovata con Jumin Han. 

Erano soliti parlare spesso nelle tre lingue che entrambi conoscevano alla perfezione, anche per confondere possibili ascoltatori indesiderati: italiano, coreano e inglese. Non riusciva ancora a credere che Jumin si ricordasse di lei. E soprattutto che ricordasse tutte quelle cose di lei, come le sue lingue, la sua passione per la scrittura e per il caffè. 

Sospirando, quasi sognante, si diresse verso la scrivania, quando una voce confusa la fece sobbalzare.

-Di chi è quella giacca?- chiese Miriam dopo aver cacciato uno sbadiglio, e Monica si girò verso il divano dove lei si era probabilmente appisolata vedendo un musical di Zen.

-Giacca?- chiese, sorpresa.

Poi la consapevolezza la colpì come un fulmine, e si tastò le spalle, dove la giacca di Jumin era rimasta senza che lei se ne accorgesse.

Arrossì interamente, e si portò una mano alla bocca mortificata.

Fece per uscire, sperando non fosse ancora partito, ma non lo si vedeva da nessuna parte.

Sospirò, ripromettendosi di restituirgliela lunedì, prima di andare a lavoro.

-Monica… hai per caso una storia con un riccone?- indagò Miriam, con sguardo malizioso e occhi brillanti.

-Ma figurati! Sai che non ho tempo per una storia! È stato… un caso- si ritirò, togliendosi in tutta fretta la giacca e mettendola sottobraccio. Decise di non dire tutto all’amica, perché aveva una mezza idea di come avrebbe potuto reagire, e non ci teneva a far sapere a tutti della sua confidenza con la persona su cui doveva scrivere un articolo, almeno finché il suddetto articolo non fosse uscito. 

-Ceeeerto, come no. Puoi dirmi almeno di chi è la giacca?- continuò però ad indagare Miriam.

-Di nessuno! Tu hai una storia con un attore di musical?- ricambiò Monica, facendola arrossire.

-Non è niente di simile!- esclamò, in tono acuto.

-Va bene, va bene, ma fai piano, e vai a dormire- le ordinò, indicando la sua camera.

Miriam sbuffò ed eseguì. Spesso i sei anni di differenza che si portavano si facevano sentire parecchio.

Monica posò la giacca sul mobile, e la osservò qualche secondo, accarezzandola per lisciarla e stupendosi di quanto fosse pregiata la sua fattura.

Probabilmente valeva più di quello che avrebbe guadagnato lei in un anno.

Sospirò.

Una storia… in effetti quello che le era appena successo sembrava preso da una storia.

Il ricco uomo d’affari e la povera giornalista precaria. Riuniti dopo otto anni a causa di una intervista che avrebbe potuto mettere a dura prova la carriera di entrambi. Di solito, in questo tipo di storie, i due finivano per mettersi insieme, sposarsi dopo una settimana, affrontare ogni problema uniti, solitamente ragazze invidiose e rivali lavorativi.

Ma era, appunto, solo una storia.

Una storia di fantasia, una soap opera che però non sarebbe mai diventata reale, per lei.

Perché lei e Jumin non si sarebbero mai messi insieme, lei e Jumin erano troppo diversi per mettersi insieme. Ex-compagni di università? Certo. Amici? Forse. Amanti? Mai e poi mai. 

Monica se l’era ripromesso dai tempi dell’università.

Non si sarebbe mai innamorata di Jumin Han, fine della storia.

Ma da quando lo aveva rivisto, così simile e pure così maturato, il suo cuore non sembrava voler mantener fede a quella promessa.

 

Due anni prima

Margo osservava il giardino completamente senza parole. Ray era accanto a lei, con le mani dietro la schiena, e aspettava un suo commento con grande aspettativa, fissandola.

-È… è…- Margo non trovava le parole, ma le salirono le lacrime agli occhi. Ray si ritirò leggermente, poi le si avvicinò preoccupato.

-Non ti piace? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Scusami!- si affrettò a dire -Se vuoi ti riporto subito dentro- propose, indicandole l’edificio alle loro spalle.

Margo scosse violentemente la testa, asciugandosi gli occhi.

-No, no, assolutamente no! È bellissimo. È il giardino più magico che io abbia mai visto. Grazie di avermi portato qui- gli sorrise grata, facendolo arrossire, e iniziando a guardare i fiori, affascinata.

-Dovevo portarti prima, ma sono così impegnato… mi dispiace- Ray abbassò la testa, mortificato.

Margo gli si avvicinò, e gli prese la mano tra le sue, guardandolo negli occhi.

-Ray, se ti ringrazio, non scusarti. Fai tantissimo per me, più di quanto abbia mai fatto chiunque altro. Non buttarti giù, sei fantastico- lo complimentò, con un grande sorriso, e oltre al rossore evidente sulle sue guance, Margo riuscì quasi a sentire il battito forsennato del suo cuore attraverso le vene della mano che stringeva.

Cercava di sostenerlo il più possibile, dato che Ray aveva la tendenza a buttarsi giù in ogni modo possibile, ed era felice di constatare che durante le sue visite Ray sembrava più sicuro. Il problema era che la salvatrice, chiunque fosse, era poco collaborativa, e sembrava non fare altro che buttarlo giù. A Margo non stava affatto simpatica, e aveva già una mezza idea di chi potesse essere, anche se non voleva tirare conclusioni affrettate.

-Sono così felice che tu sia qui- sussurrò Ray, in tono immensamente grato.

-E io sono felice di essere qui, con te. Il gioco è davvero bello- cercò di sollevarlo lei. Margo era molto brava a far sentire gli altri speciali.

Solitamente questi altri erano persone che non meritavano di sentirsi così speciali, nel parere comune, ma Margo trovava indispensabile cercare i diamanti in mezzo a ciò che era considerato carbone. Aveva avuto qualche successo e qualche insuccesso. Ray sarebbe stato uno dei suoi più grandi successi. Era davvero speciale, e dolce, e meritava tutta la gioia del mondo, che Margo gli avrebbe procurato, in un modo o nell’altro.

Sperava che non sarebbe dovuta arrivare all’”altro”, e per il momento non sembrava un’opzione, per fortuna.

Andava tutto bene, e Ray non era neanche minimamente comparabile a certa gente con la quale aveva avuto a che fare. Certo, c’era la salvatrice, e tutti quei membri del culto, ma non sembravano avversari così temibili.

Tutto stava procedendo bene.

-Sono grato che tu testi il gioco, ma a volte temo che esso ti potrebbe risucchiare- ammise Ray, distogliendo lo sguardo con una punta di preoccupazione negli occhi.

-Non devi temere, è un gioco interessante, ma la vita reale mi interessa di più. Tu mi interessi di più, decisamente. Non devi temere, Ray. Ti prometto che non ti lascerò mai- lo rassicurò, scandendo ogni parole per impregnarla di significato.

Ray la guardò di nuovo, più felice di come Margo l’avesse mai visto. Poi però sembrò pensare a qualcosa, e si rabbuiò leggermente.

-Grazie- disse solo, in un sussurro.

Margo decise di lasciargli un po’ di spazio, e iniziò ad esplorare il giardino. 

Un fiore rosa che sembrava brillare nella notte ed era più grande del normale attirò la sua attenzione, e per un attimo sembrò perdere la cognizione del momento.

Sbatté le palpebre un paio di volte.

-Questo fiore è bellissimo!- esclamò eccitata, accovacciandosi davanti al fiore come una bambina. 

Ray le si avvicinò, sorpreso dal suo improvviso cambio di comportamento, ma felice che fosse procurato da uno dei suoi fiori preferiti.

Le sorrise e si piegò accanto a lei.

-È un ibisco. Vuoi sapere il suo significato?- chiese incerto.

Margo si girò verso di lui e annuì, con un grande sorriso curioso.

-Bellezza fugace, incanto di un istante. Sono talmente delicati che durano un giorno. Di solito si coltivano in zone tropicali, ma sono riuscito a piantarne un arbusto qui, e i fiori durano qualche giorno- spiegò, emozionato di condividere una delle sue più grandi passioni.

Margo ascoltava affascinata e a bocca aperta, poi sembrò rendersi conto di essersi lasciata troppo andare, sbatté di nuovo le palpebre come se potesse farla tornare in sé e limitò l’entusiasmo.

Quel fiore l’aveva destabilizzata.

-Sai davvero tante cose dei fiori. Mai pensato di aprire un negozio? Saresti un ottimo fiorista- disse senza pensarci troppo. 

Ray si rabbuiò leggermente, sembrava quasi spaventato dalla proposta.

-Non sarei mai all’altezza, so solo lavorare al computer, non sono buono a fare nient’altro- si buttò nuovamente giù.

Margo sospirò e gli mise un braccio intorno alle spalle, stringendolo a sé.

-Puoi essere molto di più- gli sussurrò incoraggiante, continuando a guardare il fiore meraviglioso.

Il venticello che iniziava ad alzarsi la fece rabbrividire, e si mise una mano sulla testa che stava iniziando a farle male, forse per il vento, forse perché non più abituata a stare fuori, o forse per qualche problema di pressione.

Fatto sta che si alzò quasi di scatto, cacciando uno sbadiglio.

-Oh, sei stanca? Se vuoi possiamo tornare dentro- propose Ray, capendo subito i segnali e alzandosi a sua volta.

Margo annuì.

-Vorrei davvero continuare ad esplorare, ma dovrei rientrare. Possiamo tornare i prossimi giorni?- chiese speranzosa, con occhi da cucciolo.

Ray annuì, iniziando a scortarla dentro.

-Tutti i giorni che vuoi- le promise.

Prima di seguirlo, Margo si voltò un attimo, sentendosi osservata, e le sembrò di scorgere una figura familiare dalla chioma turchese nascondersi dietro un cespuglio.

-Tutto bene?- le chiese Ray, seguendo il suo sguardo ma non vedendo niente.

Margo scosse la testa, e tornò normale.

-Certo, tutto bene. Volevo lanciare un’ultima occhiata all’ibisco. È davvero stupendo. Anche se i miei fiori preferiti sono i gigli- ammise, tornando tranquilla, nascondendo il mal di testa che aumentava.

-Ne ho alcuni da qualche parte. Domani te li faccio vedere- le promise Ray, dandole la precedenza per poi chiuderle la porta alle spalle.

E probabilmente chiudendo fuori V.

Perché sì, sebbene l’avesse visto solo per un istante, Margo aveva riconosciuto dietro quel cappuccio il capo dell’RFA.

Sperava solo che non intervenisse rovinando i suoi piani.

Decise di non pensarci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non ho molto da dire su questo capitolo, tranne che sono davvero curiosa si conoscere la vostra opinione su Margo.

È uno dei personaggi più complessi che abbia mai creato ed è anche uno dei miei preferiti. E mi diverte che per il momento sia completamente indefinibile e sembra quasi una manipolatrice sociopatica.

Mi dispiace che in questo capitolo siano comparse poche persone. Il prossimo, vi avverto, è probabile che lo dividerò in tre parti perché è lungo più di 70 pagine, e non ho ancora scritto la parte di Margo.

Ho già scritto più di 20 pagine del quinto giorno e spero che troverò l’ispirazione per continuare.

Grazie alle 5 persone che leggono questa storia.

Se avete qualche commento, qualche appunto o anche qualche spam sentitevi liberi di commentare.

Un bacione e alla prossima.

 

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Capitolo 8
*** Day 4 part 1 ***


Day 4

part 1

 

707 è entrato nella conversazione

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

Yoosung✮: Hey, Seven, lavori?

707: Mangio fantastiche Honey Buddha Chips!!

Yoosung✮: Ufff, sono così invidioso che tu abbia tutte quelle patatine, non è giusto!

707: Ti ho raccontato di come sono stato malamente sfruttato T-T

Yoosung✮: A mio avviso non sei stato per niente sfruttato

Yoosung✮: Martha non è online, mi fa strano

707: Ahahahah, pensavo fossi entrato in chatroom 

alle due di notte proprio per non trovarla 

Yoosung✮: No, non l’ho fatto di proposito, ma stanno

aggiornando il server e devo aspettare mezzora T.T

Martha è entrata nella conversazione

SMETTETE 

DI

ENTRARE 

NELLA 

CHATROOOM

AD

ORARI 

IMPROBABILI!!!!!!!!!!!!!

Yoosung✮: O.O

707: LOLOLOLOLOLOLOLOLOL!!!!

Non ridere, brutto traditore!

Mi avevi detto che avresti tolto le dannate notifiche!!

707: L’ho detto? Deve essermi sfuggito :p

Yoosung✮: Non puoi lasciare il telefono da un’altra parte e non in camera?

707: Biscotto non ha tutti i torti?

Yoosung✮: “BISCOTTO”?!

Lol, biscottino con gocce di cioccolato

Alla fine hai deciso di iscriverti al club di cucina?

Yoosung✮: Non lo so, ci sto ancora pensando

Yoosung✮: E non prendermi in giro!!

707: A proposito di biscotti…

707: Yoosung, tu li hai solo preparati

707: Non li hai anche mangiati, vero?

Yoosung✮: Cosa? Perché? Certo che li ho mangiati

707: !!!!

707: Ok, possiamo ancora rimediare.

707: Non ne hai mangiati più di due, vero?

707: Ti prego, Yoosung, dimmi che non ne hai mangiati più di due di fila!

Yoosung✮: Perché?! Ne ho mafiayi 4 o5!!!

707: OH NO!!!

4 o 5!!! 

Seven, non dirmi che soffre della…

707: “Sindrome dello svenimento dopo aver mangiato biscotti con gocce di cioccolato” sì!

OH NO!!! YOOSUNG PERCHÈ LI HAI MANGIATI T.T

Yoosung✮: È uno scherzo, vero?! Non esiste questa patologia!!

707: Non ti fidi più di me! Non ti fidi più di Martha? 

707: Avrei dovuto dirtelo, ma temevo ti avrebbe condizionato troppo T.T

707: E ora potrebbe essere troppo tardi.

Yoosung✮: …stai dicendo sul serio? O.O

Ma certo che è serio, è una rara malattia che 

si è sviluppata in Sudamerica ma ormai fa

il giro del mondo tramite le gocce di cioccolato

707: Se le gocce di cioccolato vanno in 

contatto con l’impasto dei biscotti innestano 

la reazione di svenimento!!

E RISCHI DI NON SVEGLIARTI PIÙ!!

Ti prego, dimmi che non ne hai mangiati più di cinque!!

Yoosung✮: No! Ne ho mangiati massimo 5!!

Yoosung✮: Che dev fare!!?!!

Forse 5 è addirittura il numero peggiore T.T

C’erano tante gocce di cioccolato?

Yoosung✮: Non tantissime, anzi ce n’erano poche

PEGGIO!! T.T T.T

707: Yoosung, l’unico modo per salvarti è bilanciare

Yoosung✮: Bilanciare?

Giusto!

Devi bere tanto latte al cioccolato!! 

Quando è sciolto nel liquido il cioccolato 

bilancia quello a gocce!

707: Esatto!!

707: Bevi più latte al cioccolato che puoi!!

Yoosung✮: Egiterò di sbenire!!

Non puoi evitare di svenire T.T

707: Ma in questo modo è più probabile 

che riprenderai i sensi

Yoosung✮: Non sono del tutto sicuro di questa cosa

707: *invia foto di Wikipedia*

Yoosung✮: OH MAMMA!!! O.O

Meriteresti di svenire per sempre!

Neanche credi a chi tenta di aiutarti T.T

Yoosung✮: SCUSATE!!! NON VOLEVO DUBITARE T.T

Ti perdoniamo perché ti vogliamo bene

Fortuna che non hai lezioni oggi

Yoosung✮: Grazie al cielo!

Yoosung✮: Devo andare a comprare il latte

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

707: …

707: Batti il cinque!

Shhhh manteniamo l’atmosfera 

*batte il cinque*

Spero che non rientrerà per un po’

Torno a dormire

707: Buonanotte, compagna di… ricerca

Buonanotte aspirante medico ;)

Martha è uscita dalla conversazione

707: Meriti che ti tolga il bug delle notifiche

707: Forse

707: Dopo

707: Se ho tempo

Martha è entrata nella conversazione

Te ne vai o no dalla chatroom?!

707: Sorry!

707 è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

 

Quella mattina Miriam era nervosa.

E Monica teneva troppo alla propria vita per dirle un elegante e consono “Te l’avevo detto”, anche se Miriam se lo meritava.

Infatti aveva forse dormito anche meno di Monica, dato che era rimasta tutta la notte a chattare con Zen, dopo essere stata in paranoia per qualche ora sullo scrivergli o no un messaggio.

Alla fine era crollata con il telefono sul petto, e Monica aveva dovuto darle il suo caricatore portatile per ricaricarlo del tutto, dato che sarebbe stata fuori tutto il giorno e non poteva permettersi di rimanere senza telefono.

Certo, Monica non era stata da meno, dato che non aveva buttato giù mezza riga dell’articolo ed era rimasta tutta la notte a provarci, a sonnecchiare sulla scrivania e a lanciare occhiate nervose verso la giacca di Jumin, che era passata dall’essere piegata sul mobile all’ingresso all’essere appesa sull’appendiabiti vicino alla scrivania, fino alla sedia di Monica, che, solo verso le tre di notte, si era decisa a metterla a lavare e togliersela da davanti in modo che non la distrasse.

Inutile dire che si distrasse ulteriormente perché non sapeva come lavarla, essendo decisamente pregiata, e perciò aveva passato il resto della notte ad informarsi e alla fine era miseramente crollata addormentata davanti al computer, nel bel mezzo della ricerca.

Ma Monica, a differenza di Miriam, era abituata a non dormire, perciò accettò le proprie occhiaie con un sorriso.

Miriam era quel tipo di persona, invece, che se non mangiava, non dormiva, sentiva troppo caldo o aveva un piccolo dolore allo stomaco, alla testa o alla gola, diventava il ritratto del nervosismo, ed era difficile sopportarla.

Aveva spento il telefono perché si caricasse più in fretta, dopo aver scritto un “Buongiorno, scusa se non ti ho risposto prima ma sono crollata” a Zen, di cui si era pentita subito dopo averlo inviato perché temeva di farsi troppe aspettative e di risultare invadente se continuava a rispondergli.

E stava combattendo con tutto il suo autocontrollo per non riaccenderlo, mentre seguiva Monica in metro diretta verso il rifugio degli animali.

-Ti sei presa una cotta, eh?- indovinò maliziosa la sua amica, notando il suo nervosismo con una risatina.

Miriam arrossì di botto, e incrociò le braccia al petto, chiudendosi a riccio.

-E tu allora, con quella giacca?!- ribatté, beandosi del rossore sulle guance pallide di Monica, che distolse lo sguardo imbarazzata ma molto più discreta e negò con ben poca sicurezza, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Hai frainteso, è stato solo gentile- 

-Monica, io sono completamente favorevole ad un tipo ricco, ma stai attenta. Questi ricconi vogliono solo una cosa e non accettano un no come risposta- cercò di metterla in guardia, felice di aver distratto l’attenzione del discorso da Zen.

Monica arrossì ulteriormente, e iniziò a mordersi il labbro inferiore.

-No, davvero, non è come pensi. Sai che non vorrei mai avere un tipo ricco come ragazzo- scosse la testa, rabbrividendo al solo pensiero delle responsabilità -E comunque il signor Han non è il tipo di persona che descrivi. Come ti ho detto è solo gentile- il suo tono non ammetteva repliche, e Miriam sospirò, rassegnandosi alla fine della conversazione e quindi a tornare alla sua paranoia su Zen.

Il viaggio passò senza ulteriore conversazione, dato che Miriam era sulle sue, e Monica dovette scrivere stralci di articolo che avrebbe poi ricopiato una volta tornata a casa e rispondere ad alcune chiamate di lavoro, tra cui una che la informava che avrebbe dovuto lavorare al ristorante la sera seguente, anche se teoricamente era il suo giorno libero.

Purtroppo non era nelle condizioni di rifiutare, perciò era parecchio nervosa anche lei quando finalmente arrivò al centro di accoglienza.

-Io vado da Robin!- esclamò Miriam, precipitandosi dentro l’edificio con una grande eccitazione, dritta verso il settore che ospitava i gatti randagi, e quasi mandando al tappeto Seojun, il capo del rifugio, che scosse la testa rassegnato e si rivolse a Monica, appena entrata a sua volta.

-Potresti dire alla tua amica che questo è un rifugio per animali e non un Cat Café?- la riprese, seccato, sistemando delle carte da dietro il banco della segreteria.

-Lo sai che ama quei gatti. E hanno bisogno di qualcuno che giochi con loro- cercò di difenderla Monica, con un sorriso di scuse.

Seojun alzò gli occhi al cielo.

-Sei fortunata che ho un debole per te- cedette, poi sospirò, controllando i conti con faccia stressata.

-Va tutto bene?- chiese Monica, togliendosi la giacca e avvicinandosi, preoccupata.

-Le donazioni scarseggiano e sempre meno gente lascia qui i propri animali. Una nuova cucciolata è appena arrivata e stiamo ad un pelino dalla bancarotta. Ma va tutto benissimo, completamente- rispose Seojun, sarcastico.

-Potrei scrivere un articolo per farci conoscere, o qualcosa sugli animali. Magari potrei aggiungere una postilla dopo l’articolo sui progetti dei gatti della C&R, anche se mi sembra poco compatibili i due temi- rifletté Monica, iniziando a mordersi il labbro inferiore e a controllare i conti.

-Tranquilla. Non voglio che rischi il posto per questo. Mi inventerò qualcosa. A proposito, come è andata l’intervista?- chiese Seojun, cercando di cambiare argomento.

Monica gli lanciò un’occhiata dispiaciuta, ma accettò il cambio di discorso.

-È andata bene. Ju… il signor Han è stato davvero gentile. Gli ho consigliato il rifugio, dato che ha un gatto, spero che decida di portarlo qui- gli raccontò, sedendosi dietro il bancone accanto a lui e iniziando a controllare le carte.

-So che è una brutta domanda, ma è ricco? Perché ospitare il gatto di un riccone ci farebbe molto comodo al momento. Non potresti provare a convincerlo?- propose Seojun, vergognandosi di quello che avevo detto ma decisamente disperato.

Monica esitò. Poteva convincerlo, probabilmente, dato che lo conosceva meglio di quanto facesse sapere in giro, ma non voleva usare la sua influenza in quel modo. Era completamente fuori dal suo carattere e la faceva sentire un’opportunista. Però in questo modo avrebbe aiutato Seojun e il rifugio, e in ogni caso lei credeva davvero che Jumin si sarebbe trovato bene al rifugio. 

Seojun sembrò rendersi conto del suo dilemma interiore, perché fece un passo indietro.

-Scusa, non avrei dovuto chiederlo, so che non ti piace fare queste cose, fai finta di nulla- ritirò la richiesta, abbassando la testa.

-Posso provare a parlargli ma sei che non sono una brava oratrice- si scusò Monica, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Lo so, ti conosco bene- Seojun le sorrise e accantonò l’argomento -Potresti occuparti della segreteria, oggi? Vorrei visitare i cuccioli appena arrivati. Magari con Miriam lontana da loro- le chiese poi, alzandosi e indicandole il bancone.

-Mandamela qui. Controllerò lei e Robin- propose Monica, con un sorrisetto.

-Sei sempre la migliore- Seojun le scompigliò i capelli, e scomparve dietro la porta che dava ai vari settori di animali.

Pochi minuti dopo, Miriam raggiunse Monica, con un gatto tigrato scatenato che stava giocherellando con i suoi capelli e un’espressione corrucciata.

-Perché tutte le persone che mi vedono giocare con i gatti mi odiano?- chiese seccata, appoggiando Robin sulla sua testa mentre prendeva delle corde di chitarra dalla sua borsa.

Monica sorrise divertita.

-Credo di conoscere la risposta, ma te lo lascerò scoprire da sola- commentò, lanciando un’occhiata al gatto in bilico, che però sembrava divertirsi come un matto.

Miriam alzò le spalle, e prese una corda di chitarra che avrebbe usato per giocare con il gatto.

Fosse stato per lei lo avrebbe adottato già da anni, ma Monica non poteva permettersi un gatto, la casa non poteva ospitare animali e in ogni caso non c’era mai nessuno che potesse giocare con lui.

Monica osservò per un po’ i due giocare, rallegrandosi nel notare che Miriam sembrava decisamente più rilassata, poi incominciò a lavorare sui conti, cercando modi per risparmiare, anche se Seojun aveva già cercato ogni possibile soluzione, e non c’era molto altro che Monica potesse fare.

Dopo circa mezzora, tra miagolii e conti, Seojun fece spuntare un attimo la testa, leggermente preoccupato.

-Jiho è arrivato?- chiese con urgenza.

-Non è arrivato nessuno- rispose la ragazza continuando a lavorare.

Seojun borbottò tra sé qualcosa di poco carino che fece ridacchiare Miriam.

-Potresti venire cinque minuti a tranquillizzare due gattini?- chiese poi a Monica, con occhi da cucciolo.

-Non posso lasciare scoperta l’accoglienza- provò ad obiettare, anche se l’idea di tranquillizzare gattini era una prospettiva molto migliore di restare lì a non fare nulla.

-Lo so, ma ti prego, solo cinque minuti, tanto non viene nessuno- la supplicò, in difficoltà.

-Arrivo subito. Miriam, chiamami se arriva qualcuno, sono nell’altra stanza- si fece promettere, Miriam le mostrò il pollice in sù, mentre afferrava Robin e iniziava ad accarezzarlo affettuosamente, rischiando di beccarsi qualche graffio giocoso.

I metodi di Miriam potevano sembrare torture nei confronti dei poveri gatti, ma Robin la adorava, e non si poteva obiettare.

Monica le lanciò un sorrisino intenerito, poi seguì il suo capo e amico nella sala delle visite mediche.

Per una mistica coincidenza, neanche tre minuti dopo essersene andata, un uomo in abito elegante fece la sua comparsa, iniziando a guardarsi intorno.

Miriam quasi non ci fece caso, troppo occupata a giocare con il suo adorato Robin.

-Mi scusi, lavora qui?- chiese l’uomo, squadrandola dall’alto in basso, già pronto ad andarsene e non mettere più piede in quel posto, dato che la biondina davanti a lui gli ricordava parecchio il modo in cui Seven “giocava” con la sua Elizabeth.

-No, ma ogni tanto passo a giocare con gli animali. Ah, se vuoi adottare un gatto, non adottare questo. Lo sconsiglio vivamente- Miriam non lo guardò nemmeno, poi sembrò rendersi conto della situazione, e sollevò la testa di scatto.

-Oh, scusa. Aspetti qui!- gli fece cenno di aspettare, poi, si mise il gatto sulla spalla in modo che fosse comodo, per i suoi gusti, e chiamò in fretta Monica, che accorse con due gattini di appena un mese o poco più tra le braccia.

-Mi scusi per l’attesa, siamo leggermente a corto di personale stamattina, e ci sono arrivati nuovi cuccioli che stiamo visitando- si scusò in fretta, spiegando la situazione e affrettandosi dietro al bancone della segreteria, senza distogliere lo sguardo dai micetti, e tenendoli con grande dolcezza e attenzione.

-Quindi immagino non sia un buon momento per fare il giro dell’edifico e chiedere informazioni su come trattate gli animali che vi vengono affidati per un breve periodo di tempo- osservò l’uomo appena arrivato, sorridendo appena notando l’affetto di Monica per i gatti che teneva in braccio.

Fu solo dopo aver sentito la voce dell’uomo che Monica alzò la testa, di scatto.

-Signor Han- lo accolse sorpresa, e sorrise calorosamente.

A Jumin non piacque molto che lei lo chiamasse per cognome, ma decise di non darci troppo peso. Era cambiata molto dall’università, dove era troppo stanca e nervosa per preoccuparsi delle formalità, e sebbene da un lato portasse il loro rapporto all’estraneità, dall’altro Jumin la trovava più gradevole. Le aveva fatto bene abbandonare il caffè.

-Signorina Collins. Starò via, tutta la mattina, e ho pensato che potevo ascoltare il suo consiglio e lasciare qui Elizabeth 3rd, fino a dopo pranzo. Naturalmente dopo aver constatato che il centro è come lei me lo ha descritto- si spiegò, accennando un sorriso e sperando di non risultare sgradevole. Sapeva con assoluta certezza che Monica era affidabile, ma la sicurezza del suo amato gatto era troppo importante per metterla nelle mani di persone di cui non conosceva nulla.

Monica lo guardò intenerita.

-Immagino, tieni profondamente a lei- annuì, comprensiva -Aspetti un secondo. Vado a chiamare Seojun, è il direttore, veterinario e in generale gestisce tutto lui. La potrà informare meglio di me- gli spiegò, prima di sparire con un enorme sorriso nella stanza accanto, il più in fretta possibile ma senza fare movimenti bruschi in modo da non spaventare i gatti.

La sua attenzione con gli animali era la stessa di sempre. 

Jumin ricordò con tenerezza quel giorno, poco tempo prima di un esame importante, in cui lei l’aveva quasi trascinato in un vicolo per chiedergli di dare da mangiare ai gatti selvatici al posto suo, dato che non aveva intenzione di uscire dalla biblioteca e da camera sua. Jumin si era ritrovato costretto non solo a dare da mangiare ai gatti, ma anche alla stessa Monica, dato che aveva capito che non sarebbe uscita neanche per nutrirsi. Se n’era lamentato telefonicamente con V, all’epoca, dicendo che non gli andava proprio giù che una ragazzina di un anno più piccola gli ordinasse cosa fare, ma l’amico, con una risatina, aveva obiettato che Monica non lo aveva obbligato a fare proprio nulla, ed era stato lui ad accettare. In effetti l’esperienza si era rivelata anche piuttosto piacevole, ma Jumin si chiedeva sempre cosa l’avesse spinto ad acconsentire. Si era reso conto con molta difficoltà dell’ascendente che Monica aveva avuto su di lui, e solo dopo essersene andato. La cosa non gli era particolarmente piaciuta. Forse era stato uno dei motivi che l’avevano spinto ad andarsene? Per quanto ci pensasse, Jumin non riusciva a ricordare come si erano allontanati.

-Tu sei quello della giacca- suppose maliziosa una voce alla porta dove Monica era sparita.

La ragazza bionda di prima era ritornata senza che Jumin se ne accorgesse, e l’uomo d’affari ritornò alla realtà e le lanciò un’occhiata fredda, soffermandosi in particolar modo sul gatto che aveva messo nuovamente sulla sua testa, e che si teneva in equilibrio a malapena.

Miriam iniziò a squadrarlo, incuriosita, piegando leggermente la testa e rischiando di far cadere il gatto, prontamente risistemato. Evidentemente era una sistemazione spesso adottata.

-E lei sarebbe…?- chiese Jumin, squadrandola a sua volta.

-La coinquilina di Monica- rispose Miriam, senza aggiungere altro, e tornando nell’altra stanza.

Jumin non dovette aspettare molto, perché Monica tornò in fretta, scusandosi per l’attesa e accompagnata da un figurino che infastidì Jumin senza motivo apparente, ma solo per come appariva: carino, fresco e dall’aria intelligente e sveglia.

-Salve signor Han. Monica mi ha parlato molto di lei- si presentò con un sorriso brillante, porgendogli la mano, che Jumin strinse con cortesia e forse un po’ troppa forza.

-Vuole fare un giro? Ho appena finito di visitare alcuni gattini- gli indicò il retro, con aspettativa fin troppo evidente.

-È un veterinario esperto?- chiese Jumin, poco convinto.

-Master in medicina veterinaria alla Sky University. Laureato con lode e bacio accademico- rispose Monica per lui, orgogliosa -Le ho detto che qui lavorano volontari, ma sono tutti esperti nel loro lavoro- insistette, sperando con tutto il cuore che decidesse di lasciare Elizabeth.

-Mi lusinghi, Monica- Seojun le fece l’occhiolino, al quale lei rispose alzando gli occhi al cielo.

Questo scambio di complicità non passò inosservato a Jumin, che strinse i denti così forte che temette di scheggiarseli, e prese ulteriormente quel veterinario in antipatia.

-Allora, le mostro i nostri animali e dove teniamo quelli che ci vengono affidati- Seojun iniziò a fargli fare il giro, e Jumin lo seguì, poco convinto.

Monica rimase a fissare la porta da dove era sparito, sperando che tornasse presto con buone notizie.

Miriam uscì poco dopo. Aveva lasciato Robin e, meno nervosa di prima, per fortuna, si preparava ad andare a suonare al parco.

-Mi piace- commentò, facendo sobbalzare Monica, che sembrava essersi incantata, e che la guardò, senza capire a cosa alludesse.

-Quel riccone. Sembra a posto. Dovresti provarci- le consigliò.

Monica arrossì.

-Ti ho detto che non è niente del genere- obiettò, senza guardarla negli occhi e iniziando a mordersi il labbro inferiore. 

-Allora posso provarci io- la provocò Miriam, guadagnandosi un’occhiata sconvolta e quasi spaventata da parte dell’amica, che la fece sorridere maliziosa.

-Si vede proprio che non è niente del genere- disse poi sarcastica.

Monica sbuffò indispettita, e tornò a lavoro.

Miriam decise quindi di lasciar perdere l’argomento.

-Va bene. Io vado, ci vediamo a cena- la salutò con un sorriso, e se ne andò velocemente quanto era entrata.

Seojun tornò poco dopo, seguito da Jumin e finendo di spiegargli il modo di lavorare dei volontari.

-…e se ha qualsiasi richiesta specifica su come badare al suo animale saremo ben felici di soddisfarla, per quanto possibile- lo stava informando, in modo professionale.

-Avrei una richiesta, in effetti- lo interruppe Jumin, lanciando un’occhiata a Monica.

-Che richiesta?- lo incalzò Seojun, pregando con tutto il cuore che non fosse irrealizzabile.

-Vorrei che Elizabeth 3rd fosse supervisionata quasi costantemente dalla signorina Collins- illustrò Jumin, impassibile.

Ci furono un paio di secondi di silenzio, poi, prima che Seojun, con molta costernazione, spiegasse che essendo volontari non potevano restare costantemente di guardia ad un gatto, Monica rispose, con un entusiasmo che sorprese non poco il collega.

-Assolutamente sì!- esclamò, con occhi brillanti -…cioè, è fattibile. Non c’è problema- si dette un tono, notando gli sguardi dei due uomini su di lei.

-Allora, porterò qui Elizabeth 3rd per qualche ora. La vado a prendere- acconsentì Jumin, facendo un cenno di saluto ad entrambi, in particolar modo Monica, e uscendo dal rifugio.

Monica gioì silenziosamente, sorridendo tra sé orgogliosa del risultato ottenuto e felice di aver rivisto Jumin così presto, anche se non sapeva ancora esattamente come comportarsi con lui in pubblico.

Seojun le lanciò un’occhiata obliqua.

-Ti piacciono proprio i gatti- commentò, con un sorrisino di chi la sapeva lunga.

-Stai zitto! Sono felice che abbiamo qualcuno che lasci qui il gatto- Monica cercò di giustificare la sua gioia, senza guardarlo negli occhi e tornando dietro al bancone.

-Ammiro la tua dedizione alla causa, ma è davvero solo quello?- suppose l’amico, malizioso.

Monica scosse la testa.

-Non so cosa intendi. E mi sono seccata di queste supposizioni- si lamentò, in tono che non ammetteva repliche.

-Sai, è meglio se non ti attacchi troppo. Non ci si può mai fidare dei ricchi, anche se è buono averli come clienti- commentò Seojun, tra sé.

Monica sospirò, e tornò a lavoro.

 

Jaehee era sull’orlo di un esaurimento nervoso, e questa non era una novità.

La novità era causata dal fatto che per una volta non doveva badare ad Elizabeth, e che Megan era vicino a lei e le faceva aria con un foglio, cercando di calmarla e fungendole da psicologa.

Si era sdraiata cinque minuti sul divano di casa sua, dopo aver ricevuto un messaggio carico di cattive notizie dove il suo capo la informava, ovviamente all’ultimo momento, che per tutta la mattina sarebbe stato al vigneto, per, parole sue, “schiarirsi un po’ le idee”. Ma quali idee doveva schiarirsi?! 

E l’unico risultato sarebbe stato che Jaehee doveva, nuovamente, riarrangiare tutti gli impegni della giornata. E come se non bastasse doveva finire la presentazione e pure ricercare una tale “Signora dei Bracciali” che era piuttosto certa non esistesse, in quanto semplice personaggio di un libro fantasy.

-Proprio oggi che è domenica doveva uscirsene con questa gita?- si lamentava sull’orlo delle lacrime, felice che ci fosse qualcuno ad ascoltarla.

-Ma è legale che se ne vada così?- indagò Megan, irritata quanto lei se non di più e facendole aria.

-Non ho neanche il tempo di controllare che sia legale- commentò Jaehee, sospirando rassegnata.

Megan le lanciò un’occhiata dispiaciuta.

-Sai che puoi contare su di me per qualsiasi cosa, vero? Magari ti posso aiutare con la mole di lavoro- si propose, decisa ad aiutarla in ogni modo. Aveva altro da fare, in effetti, come cercare Margo, un lavoro e una sistemazione diversa, anche se stare da Jaehee non le dispiaceva affatto, ma aiutare la sua nuova amica era diventato il suo obiettivo principale.

Soprattutto visto che odiava i capi come Jumin Han.

-Non potrei mai chiederti una cosa simile. È il mio lavoro e devo farlo io. Solo che domenica sera è la mia serata libera e non lo sarà con tutti gli impegni che mi si sono accumulati. …per la terza settimana di fila- ricordò, deprimendosi ancora di più e controllando poi l’orologio per accorgersi che i cinque minuti di sclero ansioso e depresso erano passati e doveva andare a lavoro. 

Per sua fortuna l’accompagnava Megan.

-Che lavoro hai da fare?- chiese Megan, cercando di apparire casuale.

Jaehee esitò un attimo, chiedendosi il motivo della sua curiosità, ma poi si disse che non c’era nulla di  male a rivelare i suoi impegni, ed era anche un modo per fare ordine nella sua testa, mentre sistemava la borsa prima di uscire.

-Devo posticipare gli impegni di oggi e riorganizzare quelli futuri in modo da renderli compatibili tra loro. Poi devo fare una ricerca sulla “Signora dei Bracciali”…- cominciò ad elencare.

-Quella del film?- chiese Megan, sorpresa.

Jaehee sospirò.

-Teoricamente sì-

Ci fu un secondo di silenzio.

-Eviterò di chiedere le turbe mentali del tuo capo- disse poi Megan, cercando di non irritarsi e facendo ridacchiare tra sé Jaehee, che si astenne dal rivelare che le aveva chiesto di fare la ricerca per il gatto che sembrava adorare quei film.

-Che altro devi fare?- insistette Megan, indagando in modo non molto discreto.

-Devo finire la famosa presentazione di ieri e iniziarne un’altra, e poi devo partecipare a due riunioni pomeridiane con il signor Han, se mi fa il favore di presentarsi a lavoro almeno nel pomeriggio, senza contare gli impegni giornalieri soliti- finì di elencare Jaehee, sospirando rassegnata a passare la sera impegnata e la notte in bianco.

-Su cosa è la presentazione?- chiese Megan, prendendo le chiavi della motocicletta pronta ad accompagnare l’amica.

-Un hotel per gatti. Il signor Han vorrebbe proporre la sua idea di un hotel di lusso dove ospitare i gatti a una famosa catena di hotel e devo fare la presentazione entro martedì, una lunga presentazione. E non è tanto la presentazione, oggi, ma le numerose ricerche- spiegò Jaehee, sospirando.

-Probabilmente se non avessi le ricerche da fare riuscirei anche ad avere la serata libera- rifletté, pensando agli impegni.

In effetti se Jumin non le avesse dato tutto quel lavoro extra su progetti effimeri sui gatti o riguardanti l’RFA, il suo lavoro sarebbe stato come quello di qualsiasi altro impiegato, forse solo più pieno dato che era l’assistente personale del capo, ma niente che non potesse sostenere.

Ma purtroppo non poteva troppo lamentarsi.

Scosse la testa, lasciando cadere l’argomento.

-Sarà il caso di andare. Grazie del caffè, e di avermi ascoltato, e di accompagnarmi… dovrei proprio sdebitarmi- le sorrise riconoscente, e anche sentendosi un po’ in colpa.

Conosceva Megan da a malapena tre giorni, eppure sentiva come se la conoscesse da sempre, e poteva affermare con assoluta certezza che fossero amiche, ed erano anni che non aveva il tempo per un’amica. Era davvero piacevole, questo cambiamento inaspettato.

Certo, c’erano i membri dell’RFA, e c’era Monica, ma non era la stessa cosa. L’RFA era una specie di secondo lavoro, un ambiente che condivideva con il suo capo e in cui non si poteva sentire del tutto libera, nonostante tenesse molto ai suoi membri. E Monica era come una collega di diversa sede. Una sorella spirituale, la sua salvatrice dai peli di Elizabeth 3rd (Jaehee ancora non si capacitava di come avesse convinto il signor Han), ma pur sempre impegnata quanto lei e legata a doppio filo al mondo di affari che stava lentamente soffocando Jaehee.

Megan era… diversa.

Completamente diversa da chiunque Jaehee avesse mai conosciuto, e talmente fuori da quel mondo che ogni volta che parlavano, bevevano caffè o Jaehee si sfogava con lei, era come se per la prima volta dopo tanto tempo riuscisse di nuovo a respirare.

E voleva preservare quella piacevole sensazione il più a lungo possibile, nonostante sapesse di dover tenere le distanze ed essere ancora sospettosa, almeno per un po’. Conosceva Martha e Margo, e probabilmente le cercava anche. 

Certo, ultimamente Jaehee sembrava averla distratta dal suo obiettivo primario, e da una parte era meglio anche se se ne dispiaceva, ma comunque poteva essere pericolosa.

-Non mi devi niente, mi ospiti qui. Sono io a doverti una cena- l’occhiolino di Megan la distolse dai suoi pensieri, e prima che potesse ribattere che era un piacere averla lì o che non aveva tempo per una cena, Megan continuò, rigirandosi le chiavi tra le dita, pensierosa.

-Se io ti faccio le ricerche mi puoi concedere almeno una serata tra amiche?- propose poi, con un sorriso incoraggiante.

Jaehee scosse la testa.

-Non potrei mai far fare a te il mio lavoro, e poi sono ricerche noiose e complesse, e hai tanto da fare, non voglio disturbarti- cercò di dissuaderla, un po’ dispiaciuta.

-So che ti sembrerà difficile da credere, ma sono molto brava nelle ricerche. Non hai idea delle cose che ho scoperto andando in giro, chiedendo o usando il computer… un po’ meno l’ultima ma ho avuto una buona insegnante. Fidati, dammi almeno una chance e se fallisco ci lavori stasera. Non credo che ti cambi molto, alla fine, giusto?- cercò di convincerla, e Jaehee non se la sentì a dire di no a quel sorriso. Era troppo sfavillante, incoraggiante, onesto. Il più brillante che avesse mai visto.

Distolse lo sguardo in fretta, annuendo suo malgrado e cercando di non arrossire. Non seppe neanche lei da dove veniva tutto quell’imbarazzo.

-Va bene, ma non disturbarti troppo- si raccomandò.

Megan si esibì in un orgoglioso segno di vittoria, ed aprì la porta pronta ad uscire.

-Perfetto! Ma ora andiamo, Baehee, abbiamo del lavoro da fare-

Dopo aver sentito quel nomignolo, Jaehee aveva le guance in fiamme, senza poterle controllare. Ed era sempre più confusa.

 

Yoosung era terrorizzato a morte, e aveva bevuto talmente tanto cioccolato al latte che iniziava ad esserne disgustato.

Temeva che non si sarebbe svegliato più, ed era sdraiato sul letto aspettando di svenire senza sapere quando sarebbe successo e con l’attesa che gli divorava l’anima peggio della consapevolezza di avere una rara malattia possibilmente mortale.

Armeggiava con il suo telefono chiedendosi se chiamare o no Seven per ulteriori informazioni ma temendo di disturbarlo ed essere di troppo, con le mani così tremanti che probabilmente avrebbe fatto tantissimi errori di digitazione se gli avesse scritto un messaggio.

Poi notò, raggiungendo il nome di Martha in rubrica, chiedendosi se era il caso di chiamare lei, dato che era senz’altro più libera, che aveva salvato il nome di Mindy.

Fu come svegliarsi da un sogno.

In effetti, dopo aver visto il club ed essersi ingozzato di biscotti, la ragazza gli aveva dato il suo numero facendogli promettere che l’avrebbe chiamata per dirgli se voleva entrare nel club, e lui l’aveva salvato troppo emozionato per rendersi conto di quello che era successo.

E ora lo aveva lì, a portata di mano, e non sapeva cosa farsene di questa informazione.

Per essere una domenica era presto per svegliarsi, perciò Yoosung non era certo che Mindy lo fosse.

E poi cosa le avrebbe detto, in ogni caso?

Era piuttosto strano che stesse valutando l’idea di chiamarla, e cercò di scrollarsela di dosso scuotendo la testa. 

Poi un pensiero sembrò colpirlo come un fulmine.

Se non si fosse svegliato più, non avrebbe più potuto sentirla, e, soprattutto, lei si sarebbe potuta sentire in colpa, dato che era stata lei a offrirgli i biscotti.

Yoosung non voleva che si sentisse in colpa.

Nonostante il tremore, il terrore, la notte in bianco a preoccuparsi e la gola impastata dal troppo lattosio che aveva bevuto, chiamò la ragazza, che gli rispose dopo tre squilli, con voce bassa, un po’ irritata e decisamente appena sveglia.

-Pronto, chi è? Non sono interessata a comprare nulla- nonostante l’evidente stanchezza, la voce della ragazza raggiunse le orecchie del ragazzo come un coro angelico, illuminando quasi letteralmente quella giornata grigia e uggiosa.

-Eh… Mindy? Sono… Yoosung…- ma facendolo comunque pentire di averla chiamata e sicuramente svegliata.

Perché svegliava tutte le ragazze che conosceva, in un modo o nell’altro?! Avrebbe dovuto pensarci di più… ma temeva di svenire prima di poterla chiamare e doveva dirle di non sentirsi in colpa.

Quando il tono della ragazza cambiò completamente, diventando più acuto e decisamente su di giri, come se fosse sveglia da ore intere e avesse bevuto quintali di caffè, l’esitazione di Yoosung divenne più che altro confusione, soprattutto visto che le farfalle che erano nel suo stomaco da quando aveva iniziato quella lunga epopea fatta di biscotti avevano ricominciato a battere le loro ali a ritmo forsennato.

Che fosse un segno che stava per svenire presto? Forse avrebbe dovuto fare in fretta.

-Yoosung! Sono felice che mi hai chiamato! Come stai? Hai deciso di iscriverti? Mi salvo subito il tuo numero. Ma anche se non hai deciso di iscriverti non fa niente, sono comunque felice che mi hai chiamato- il suo tono ricordava quello di una bambina a cui avevano appena detto che il Natale si era anticipato e avrebbe ricevuto tutto quello che chiedeva.

Yoosung si sentì quasi in colpa a doverle dare la brutta notizia, cercò di arrivarci in modo graduale.

-In realtà… non ho ancora deciso, non sono abbastanza bravo, e poi non so se riuscirei ad essere costante- “soprattutto se oggi sverrò senza mai più svegliarmi” le confessò, con voce un po’ tremante, astenendosi dal dire l’ultima parte.

-Ma non devi preoccuparti! È solo un divertimento! E poi so che sei molto impegnato. Comunque, volevi dirmi qualcosa? Possiamo anche parlare del più e del meno… adoro parlare al telefono, cioè… se vuoi… cioè…- iniziò ad esitare, ma Yoosung non poteva che sentirsi sempre più tremante e accaldato ad ogni nuova parola.

-Anche a me piace… cioè, non parlo spesso con altre persone, fuori da… ehm…- poteva parlare dell’RFA? Non doveva essere un segreto, era solo un’associazione benefica creata da sua cugina, eppure negli ultimi due anni, dopo la morte di Rika, sembrava essere diventato un segreto di stato.

Yoosung proprio non riusciva a capirlo.

E Mindy non capì la sua esitazione.

-Hai una ragazza segreta?- chiese in tono casuale, ma che risultò quasi tagliente alle orecchie di Yoosung, a cui vennero i brividi.

-Magari… cioè, no! No, io… non ho mai… non ho una ragazza, eh eh. Parlavo di un’associazione benefica di cui faccio parte con alcuni… ehm… amici? Comunque… ehm… come stai?- cercò di cambiare argomento, dimenticando per un attimo la sua drammatica situazione, troppo preso dal cercare di non risultare immensamente ridicolo di fronte alla sua… ehm… cos’era esattamente Mindy per lui? Yoosung non aveva ancora dato un’etichetta alle emozioni che sembrava provare per lei, ma non era il momento di pensarci perché appunto doveva innanzitutto cercare di non risultare ridicolo, ed era un compito piuttosto arduo.

-Oh, ottimo. Un’associazione benefica?! È fantastico! Io e i miei genitori doniamo spesso in beneficenza, specialmente associazioni che aiutano i bambini o gli animali in difficoltà. E mio padre cucina per i poveri ogni natale. Comunque io sto bene. Tu?- dopo una piccola spiegazione eccitata che aumentò solo il fattore di “wow che ragazza fantastica” nel cuore di Yoosung, Mindy fece la domanda che ricordò al ragazzo la precaria situazione in cui si trovava.

Fu come se un macigno gli si posasse nel petto, e gli occhi si fecero lucidi.

-Giusto… ho chiamato per questo… io… credo che presto potrei svenire- ammise, sentendosi parecchio stupido, e iniziando per la prima volta ad avere seri dubbi sulla veridicità delle parole di Seven.

Seguirono alcuni secondi di silenzio, e Yoosung stava già per interrompere la conversazione e sperare con tutto il cuore di non svegliarsi mai più quando Mindy attaccò a parlare, preoccupata e talmente in fretta che Yoosung capì a stento la metà delle parole che disse, anche perché una su cinque era anche in inglese.

-Svenire? Ma perché? Cos’hai? Posso aiutarti? Where’s casa tua?! Dammi l’indirizzo! Oh my god! Ti posso portare qualcosa? Hai bisogno di assistenza? That’s terribile! Dimmi cosa posso fare! Ti sveglierai vero? Ti faccio una soup?- iniziò a proporre, con tono che passava dall’acuto più netto a più grave. Sembrava quasi che cantasse.

Era adorabile.

E Yoosung si sentì ancora più in colpa per starla preoccupando tanto.

Si sentì anche parecchio felice che qualcuno si preoccupasse così tanto per lui, anche se non lo aiutava a calmarsi.

-Tranquilla!- cercò di calmarla, anche se sarebbe dovuto essere il contrario, in realtà -È una rara malattia. La “Sindrome dello svenimento dopo aver mangiato biscotti con gocce di cioccolato” o qualcosa del genere- le spiegò lentamente, e si sentì ancora più stupido, in realtà, ma cercò di non fare caso al suo istinto che gli urlava di chiudere la telefonata finché aveva ancora un po’ di dignità e sperare solo con tutto il cuore che Seven non lo avesse preso in giro.

Rimase invece in linea, e Mindy rimase in silenzio per una manciata di secondi, probabilmente elaborando nella sua mente quello che lui le aveva appena detto, il tono che aveva usato e quello che poteva significare.

Yoosung avrebbe voluto parlare, ma preferì che fosse lei a farlo, per continuare di conseguenza.

E poi la voce non voleva uscirgli.

-È una cosa vera?- chiese poi lei, incerta, ma non ridendo né prendendolo in giro. Era sinceramente confusa, e ancora molto preoccupata. Yoosung le fu grato, e si sentì molto meno stupido.

-Sì! Io non sapevo di averla, ma questo mio amico si occupa della sicurezza dei membri dell’associazione di cui ti parlavo, e mi ha detto che ne sono affetto, e potrei svenire da un momento all’altro. Aspetta, ti mando per messaggio l’immagine che mi ha inviato- allontanò per un attimo il telefono dalle orecchie e, deciso più che mai a mostrare la veridicità delle sue parole, la cercò per messaggio e le inviò la foto di Seven, mettendo nel frattempo il viva voce.

Mindy non rispose per qualche minuto, probabilmente leggendo l’articolo.

-Sembra attendibile, in effetti. Ora sono davvero preoccupata. Hai bevuto latte al cioccolato? Se non ti offrivo i biscotti ora non saresti a rischio. È tutta colpa mia!- si lamentò, sempre più in ansia.

-No, ti ho chiamato per dirti che non è colpa tua. I tuoi biscotti erano buonissimi e non vorrei mai che ti dessi la colpa per un mio errore- affermò con sicurezza, nonostante la voce tremante e il terrore sempre crescente di svenire presto e non svegliarsi più.

-Oh, Yoosung, sei così dolce, davvero mi hai chiamato per dirmi questo?- chiese Mindy, commossa.

-Beh… sì… e poi volevo sentirti, nel caso…- deglutì, nervosamente -Nel caso non mi… non…- non riusciva a dirlo, lui doveva svegliarsi, anche solo per risentire la voce squillante della ragazza.

E poi doveva organizzare il party.

-Tu ti sveglierai! E se non dovessi farlo verrò lì e ti sveglierò io, in ogni modo possibile! In ogni caso tienimi aggiornata, ti prego- si premurò, in tono dolce e speranzoso.

-Certo, appena mi sveglio ti chiamo, e nel caso non mi svegliassi, ehm…- gli era appena venuta un’idea, ma nonostante fosse ad un passo dalla morte non credeva di avere il coraggio di farla uscire dalla sua bocca.

-Verrò lì e ti sveglierò con un bacio come fossi il principe e tu Biancaneve o la bella addormentata- concluse lei per lui, in fretta, come se sapesse che se ne sarebbe pentita subito ma non volesse comunque tirare indietro la proposta.

Yoosung si sentì arrossire vistosamente.

L’idea era così allettante che sperò davvero di restare addormentato qualche ora di troppo.

Che si stesse prendendo una cotta per Mindy?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate il ritardo!

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Capitolo 9
*** Day 4 part 2 ***


Day 4

part 2

 

Quando Miriam raggiunse il parco, era meno stanca e più tranquilla di prima, pur rimanendo ancora nervosa.

Non era ancora riuscita a decidersi ad accendere il telefono, che si era caricato fino al 56%, e temeva qualsiasi eventuale messaggio da parte di Zen.

Da una parte temeva il contenuto, dall’altra di riceverne uno in generale, e temeva anche di non averne ricevuto nessuno. In quei giorni Zen era diventato un chiodo fisso che le attanagliava la mente e non sembrava riuscire a uscire.

Ed era un maledettissimo problema.

E proprio mentre stava accendendo il telefono buttando alle ortiche la mentalità che “nessuna nuova: buona nuova”, rimase di sasso quando, iniziando a prepararsi per iniziare a suonare, vide poco distante l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento… beh, in generale nella vita. 

Megan stava infatti facendo jogging parlando al telefono con gli auricolari, e come facesse a non avere il fiatone era davvero un mistero per Miriam, che si stancava facendo le scale, ed era la persona meno sportiva del mondo.

Finse di non vederla, e si girò in modo che neanche lei la notasse, cosa piuttosto difficile dato che i capelli biondi e i tratti occidentali spiccavano subito.

Ma Megan sembrava parecchio distratta.

-Non ci credo che esiste davvero, la ringrazio molto per la disponibilità. Si, certo, mi dia il numero. La farò chiamare. Un secondo…- stava dicendo al telefono. Sfortuna volle che si fermò proprio davanti a Miriam e prese un blocco per appunti in modo da segnare un numero di telefono.

Miriam iniziò ad allontanarsi lentamente per evitare una possibile conversazione qualora Megan si fosse accorta di lei, ma la fortuna non girava dalla sua parte, quel giorno.

Infatti, dopo aver segnato il numero ed aver salutato calorosamente, Megan si voltò verso di lei, e sobbalzò riconoscendola.

-Ciao Miri, non ti avevo vista!- la salutò con un grande sorriso, leggermente imbarazzato.

Miriam si arrese alla conversazione imminente, e si girò verso l’unica amica dell’orfanotrofio che non considerava più tale, incrociando le braccia e guardandola storto.

-Forse era meglio se non mi vedevi. Gira al largo, sto lavorando!- la cacciò via in malo modo, dandole le spalle e prendendo la chitarra, che iniziò ad accordare.

Megan perse il sorriso.

-Senti, so che ce l’hai con me, ma voglio farmi perdonare. Non possiamo ripartire su nuove basi?- chiese, appoggiandosi al muretto e cercando di venirle incontro.

Miriam ci pensò un attimo.

-Mmmm… va bene- acconsentì alla fine, sorridendo.

Megan fu presa in contropiede dalla sua arrendevolezza, ma la ragazza non aveva finito.

-Sparisci dalla mia vista e dalla mia vita per altri cinque anni così siamo pari- propose, facendole cenno di allontanarsi.

Megan sospirò, e scosse la testa.

-Vedo che non sei cambiata per niente. Non credi di essere ingiusta? Se tu avessi avuto l’opportunità che ho avuto io con la tua musica, credo che ti saresti comportata allo stesso modo. Sei solo gelosa che io ho avuto successo e tu no!- si irritò. Purtroppo la pazienza di Megan era davvero poca, e le due erano entrambe teste calde.

-Tutte scuse. Non è stato il tuo lavoro a farti allontanare, e lo sappiamo tutte. Pensi di essere stata discreta, ma non siamo stupide. Sappiamo quello che è successo tra te e Margo!- Miriam iniziò ad alzare i toni, puntandola con un dito accusatore. Megan impallidì.

-Di che diavolo stai parlando? Non è successo niente tra me e Margo!- negò, iniziando ad indietreggiare.

-Ed è proprio questo il problema, giusto? Beh, sai una cosa? A me non interessano i vostri affari. La vostra vita mi è del tutto indifferente, ma io non avevo niente a che fare con questo. Mindy e Monica non avevano niente a che fare con questo, e tu ti sei allontanata anche da loro, anche da me! Quindi sei tu ad essere ingiusta. Cinque anni, Megan! E neanche un messaggio, una chiamata o una lettera! E ora vuoi ripartire su nuove basi? Col cavolo! Ed ora vattene! Devo lavorare- dopo averle urlato contro così forte da aver attirato una folla di spettatori curiosi, che in ogni caso avevano capito poco perché il discorso era iniziato in coreano ed era finito in inglese, Miriam diede nuovamente le spalle alla ragazza, e prese la chitarra. Aveva un grande groppo alla gola, perciò decise che almeno per un po’ era meglio suonare e basta, senza cantare.

Megan rimase congelata per un po’. Ma cercò di scrollarsi di dosso il senso di colpa, e si mise sulla difensiva.

-Sai, ora ricordo perché non ero tanto ansiosa di tornare e scriverti. Sapevo che avresti reagito così e sei decisamente la persona più insopportabile e pesante che io abbia mai conosciuto. Non per niente le uniche amiche che hai sono Margo, Monica e Mindy, solo perché sono troppo buone per allontanarti come il resto del mondo ha fatto e farà sempre- le disse freddamente, prima di rimettere gli auricolari e tornare a correre.

Miriam finse di non averla neanche ascoltata, e si mise a suonare seduta sul muretto.

Una melodia allegra dietro l’altra, suonava velocemente, quasi in modo violento, cercando di non pensare alla conversazione avuta con Megan, e far scorrere via la sua irritazione tramite la sua musica.

Non riusciva a cantare, non riusciva a pensare, non riusciva neanche a sollevare lo sguardo verso le persone che la stavano guardando, che le stavano dando dei soldi. Non riusciva a ringraziarle o a tenere il suo comportamento di affari.

E dopo un’ora di suono costante, o forse anche di più, quasi più nessuno iniziò a fermarsi ad ascoltarla, ma procedevano oltre, quasi infastiditi dalla sua musica.

Magari la trovavano insopportabile. Dopotutto lei lo era, quindi il suo suonare lo doveva essere a sua volta, giusto?

Iniziò a suonare più forte, improvvisando lasciandosi guidare dalle sue emozioni, ma proprio quando stava ormai per raggiungere il limite e gettare la chitarra a terra per la frustrazione, si sentì prendere il polso, con forza e allo stesso tempo delicatezza, e la sua mano destra fu bruscamente allontanata dalla chitarra.

-Miriam, stai bene?- chiese una voce familiare e allo stesso tempo lontana.

Come svegliandosi da una trance, Miriam alzò gli occhi verso la figura che l’aveva afferrata, e mise con difficoltà a fuoco il volto preoccupato e bellissimo di Zen, che le sembrò quasi una visione celestiale.

Si impose di sorridere.

“Ciao Zen. Certo che va bene, sto solo suonando un po’, tra un po’ inizierò a cantare” avrebbe voluto dire, ma il groppo che aveva alla gola le impediva di aprire bocca, e si limitò ad annuire e distogliere lo sguardo da Zen, spostandolo poi sulla sua mano, ancora bloccata da quella di Zen.

E capì perché l’aveva fermata.

-Stai sanguinando, non puoi continuare a suonare in queste condizioni- continuò Zen, prendendo la mano tra le sue ed osservandola per constatare i danni.

A furia di suonare con questa forza, infatti, Miriam si era tagliata le punte delle dita con le corde della chitarra, e l’aveva anche sporcata in molti punti. 

Tutta colpa di quell’atleta maledetta!

Si riappropriò della mano ferita con un violento strattone, sorprendendo non poco Zen, che la guardò confuso, e sempre più preoccupato.

Sentì il calore risalirle alle guance, e le lacrime agli occhi, ma si impose di non piangere.

Non voleva che nessuna la vedesse così, soprattutto Zen, non a causa di quella traditrice.

Sorrise, cercando di distendere gli animi e di mascherare la sua evidente difficoltà.

-Sto bene, non preoccuparti. Mi capita spesso, ormai non ci faccio più caso- si impose di dire, la voce le uscì rauca e sottile. La preoccupazione sul volto di Zen non fece che aumentare, ma non provò a prenderle nuovamente la mano.

-Ma non va bene. Devi prenderti una pausa. Qui vicino c’è un supermercato, ti posso prendere del disinfettante e dei cerotti, non puoi restare così- provò ad insistere, avvicinandosi di un passo come a rassicurarla sulla sua presenza, senza però soffocarla imponendole il suo contatto.

-Non scomodarti, Zen- Miriam scosse la testa, posando la chitarra da un lato. Dopotutto era troppo insopportabile per meritare tutta quell’attenzione. Controllò le mance, e la sua autostima calò nuovamente a picco notando che per il momento aveva guadagnato a malapena 3000 won.

Eppure di solito di domenica, a quell’ora, era già a 20000. 

-Credo che canterò con la radio per il momento. Magari ci penso durante la pausa pranzo- cercò di sminuire i tagli, anche se continuavano a sanguinare.

-Cosa è successo?- chiese Zen, andando dritto al punto, e senza la minima intenzione di lasciar stare. Sapeva di non essere nessuno per insistere, ma nonostante conoscesse Miriam solo da quattro giorni, si sentiva parecchio legato a lei, e non sopportava di vederla in quello stato.

-Nulla, mi sono solo fatta prendere la mano… letteralmente- Miriam cercò di buttarla sul ridere, ma quando provò a fare un movimento con la mano ferita le uscì solo una smorfia sofferente.

-Capisco se non vuoi parlarmi, ma almeno disinfetta le ferite- la supplicò lui, mettendosi davanti a lei in modo da attirare la sua attenzione, visto che sembrava evitare il suo sguardo.

Miriam sollevò il volto su di lui.

-Zen, non sei mia madre, non accollarti- si irritò, ergendo muri davanti a lei. Non voleva prendersela con Zen, era solo il suo modo di reagire di fronte a chiunque si preoccupasse per lei. Dopotutto non lo meritava, giusto? Non meritava neanche di essere chiamata, o di ricevere un messaggio. Era troppo insopportabile.

Zen sembrò preso in contropiede dal comportamento freddo della ragazza, ma non demorse.

-Mi sto solo preoccupando per te. Non riesco a vederti così- cercò di spiegarle, accennando un sorriso.

Miriam sentì le lacrime tornare agli occhi, ma non riuscì a distogliere lo sguardo.

Scosse nuovamente la testa.

-Perché?- chiese solo, senza capire cosa potesse spingere Zen a tornare ogni giorno a vederla, a pensare a lei e a scriverle.

Zen piegò la testa, confuso dalla sua domanda.

-Beh, so che non ti conosco da molto, ma ho un sesto senso per le persone, ed è dal primo momento che ti ho sentita cantare che ho capito che sei una ragazza straordinaria- le disse senza mezzi termini, regalandole un enorme sorriso incoraggiante, che si spense quando la ragazza non riuscì più a trattenere le lacrime, che iniziarono a rigarle le guance.

-Miriam…- Zen sollevò una mano per asciugarle, ma lei si scansò, e si limitò a poggiargli la testa sul petto, lasciandosi andare in qualche singhiozzo che aveva troppo a lungo trattenuto.

Zen non disse altro, e dopo essere rimasto congelato per qualche secondo, la strinse a sé, accarezzandole i capelli.

Era molto più alto di Miriam, la circondava interamente, e per un momento, Miriam si sentì al sicuro, si sentì quasi amata. Poi, mano a mano che si calmava, e la razionalità tornava a farsi largo nella sua mente, si rese conto di quanto fosse vulnerabile, di quanto poco conoscesse Zen, e di quanto si fosse aperta a lui.

No! Non poteva!

Non poteva rischiare ancora di perdere qualcuno.

Megan aveva ragione, non aveva molte persone attorno, ma era molto, molto meglio così.

Persino Margo l’aveva abbandonata, figuriamoci se Zen non l’avrebbe fatto, una volta imparato a conoscerla.

Dopotutto era così gentile solo perché non sapeva che razza di persona in realtà fosse.

No! Non poteva! Non poteva proprio continuare così!

Lo spinse via, facendolo quasi cadere a terra dalla sorpresa, e prima che potesse chiedere chiarimenti o insistere nuovamente sul trattare le ferite, Miriam prese la parola, dandogli le spalle e iniziando a sistemare in tutta fretta la chitarra e la borsa.

-Mi dispiace, ma hai un pessimo sesto senso. Non posso restare qui!- si asciugò velocemente le lacrime e corse via.

-Aspetta! Cosa…?- Zen provò a fermarla, ma era già sparita alla vista, dietro gli alberi e i cespugli.

Il ragazzo avrebbe voluto seguirla, ma non voleva imporre la sua presenza, soprattutto visto che non la conosceva da molto e si vedeva che voleva restare sola.

Sperava solo che si curasse quelle ferite.

Sospirò, e si sedette sul muretto, prendendo una sigaretta per schiarirsi le idee, proprio mentre una ragazza che non aveva mai visto prima, dalla pelle scura e grondante di sudore, passava di lì, guardandosi intorno mentre faceva jogging, e togliendo le cuffie dalle orecchie.

Zen non ci fece particolarmente caso mentre fumava, riflettendo sul breve ma intenso incontro appena avuto.

La ragazza sospirò e prese una sigaretta a sua volta.

-Hai da accendere?- chiese, attirando l’attenzione di Zen, che le passò l’accendino.

-Grazie… un momento…- dopo aver acceso la sigaretta, la ragazza si voltò di scatto verso di lui, guardandolo con attenzione -…ti ho già visto da qualche parte?- chiese, squadrandolo da capo a piedi.

Zen fu preso in contropiede. 

-Non so, io… forse mi hai visto su internet, o a teatro- cercò di aiutarla. Lui di certo non l’aveva mai vista, ma magari lei aveva visto lui.

-Attore di musical?- chiese lei, accendendosi di consapevolezza.

Zen annuì.

-Sì, sono Zen- lui le porse la mano presentandosi, e lei gliela strinse calorosamente.

-Non ci credo! Devo dirlo assolutamente a Jaehee! È una mia amica e una tua grandissima fan- gli spiegò, con un caloroso sorriso.

Zen sobbalzò sentendo quel nome.

-Jaehee Kang?- chiese, senza però pensare che fosse davvero lei. Da quello che ne sapeva Jaehee non aveva molti amici, dato che per colpa di “figlio di papà” dedicava tutto il suo tempo al lavoro.

Megan rimase un attimo in silenzio.

-Sì, la conosci?- chiese, incredula.

-Siamo nella stessa associazione benefica- spiegò Zen.

-Wow… che mistica coincidenza!- esclamò Megan, sorpresa.

 

707 è entrato nella conversazione

707: Sono solo in questa uggiosa domenica mattina?

Martha è entrata nella conversazione

Ormai mi sono rassegnata a non dormire mai fino a mezzogiorno. 

A meno che tu non sei qui per dirmi che finalmente eliminerai il sistema di notifiche

707: Fammici pensare… no, non sono qui per questo

Allora la tua presenza qui non ha alcuna utilità :P

707: *Gasp* Le tue parole sono dure. Così è questa la risposta definitiva della lady?

Mmmmm, yep, Lady Lionster ha parlato

707: Lionster, ti avrei detto Clark

E avresti detto male

Ma non pratico l’incesto

Quindi è buono che non siamo nella stessa casata ;)

707: Oh… ehm.. ahahah lol bella battuta

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

707: Non sono mai stato tanto felice di vederti

Yoosung✮: Seven T.T

707: Perché piangi?

Ciao bell’addormentato

707: GIUSTO!

Yoosung✮: Sto per svenire… ho tanta paura T.T

Hai bevuto abbastanza latte al cioccolato?

Yoosung✮: Talmente tanto che mi fa male lo stomaco

Yoosung✮: Sono sepolto nelle coperte

Yoosung✮: Ho tanta paura, quando sverrò?

Dipende da quando hai mangiato i biscotti, ma presto

707: ASPETTA UN MOMENTO!

707: HAI ACCESO UN UMIDIFICATORE?

Yoosung✮: Un umidificatore? Petche?!

Come abbiamo potuto scordare l’umidificatore!!!!

Yoosung✮: PECHRE È IMPORTSMTE?!?!

707: Perché 

707: devi

707: accenderlo

707: per

Yoosung✮: PRESTO!! TRS POVO SVERRO!!!

707: OH NO! 

707: È GIÀ L’ORA!!

Come facciamo adesso?!?!

707: Yoosung, hai delle ultime parole?

Yoosung✮: COSA?!?!?!??!?

T.T

707: Senza un umidificatore, tu…

707: Yoosung mi dispiace tanto

707: Mi dispiace non essere riuscito a proteggerti

Il party sarà dedicato a te

Jaehee Kang è entrata nella conversazione

Jaehee Kang: Ho un annuncio da fare riguardo alla “Signora dei Bracciali”

Yoosung✮: Vuoi dire che non mi sveglierò più?!?!?!

Praticamente sì

Jaehee Kang: Ma cosa sta succedendo qui?

Yoosung✮: Le mie ultime parole…

Yoosung✮: Spero di non svenire prima di scriverle

Yoosung✮: Vi voglio bene. E perdono V

707: Oh, ottima cosa

Yoosung✮: E Seven, mi dispiace di aver per sbaglio rotto una tua figurina due settimane fa, 

e di averla gettata via per paura della tua reazione

707 è uscito dalla conversazione

Yoosung✮: Martha, non ci conosciamo da molto ma mi sei molto simpatica, e spero che troverai Margo

Martha è uscita dalla conversazione

Yoosung✮: Mi dispiace non essere entrato nel club di cucina, e mamma e papà, 

grazie di avermi fatto andare all’università

Jaehee Kang: -_-

Yoosung✮: Huh? Seven e Martha sono usciti?

Yoosung✮: E quando sverrò?

Jaehee Kang: Non sverrai

Yoosung✮: Come? E perché?

Jaehee Kang: Ti hanno preso in giro. Era tutto uno scherzo

Yoosung✮: COOOOOOSA?! O.O

Yoosung✮: Se…SEVEN! MARTHA!!

Yoosung✮: DOVE SONO ANDATI?!

Jaehee Kang: Scappati, immagino

Yoosung✮: Non ho una malattia incurabile?

Jaehee Kang: Non esiste nemmeno quella malattia

Jaehee Kang: Era solo uno scherzo

Yoosung✮: …

Yoosung✮: Grazie al cielo

Yoosung✮: GRAZIE AL CIELO!!!

Yoosung✮: Sono così felice

Yoosung✮: Vi voglio bene

Jaehee Kang: Non sei arrabbiato?

Martha è entrata nella conversazione

Yoosung✮: Arrabbiato?

Yoosung, sei così puro! 

Yoosung✮: Huh, Martha, sei tornata

Pls prenditela con Seven, non con me…

Yoosung✮: …per cosa?

Jaehee Kang: Per lo scherzo

Yoosung✮: Giusto! T.T

Yoosung✮: Sono così felice di essere vivo che non ho pensato di arrabbiarmi

Troppo puro per questo mondo *-*

Yoosung✮: Eh eh~

Yoosung✮: Ma ora sono arrabbiato, anche con te >:(

Nuuuu T.T

Jaehee Kang: In ogni caso, ho trovato la “signora dei bracciali”

Yoosung✮: Quella del film?

Jaehee Kang: Non è lei, è una donna che crea bracciali di ogni tipo. 

La volevo proporre come invitata per il party. 

Mandami il suo contatto

Yoosung✮: Credo che andrò a giocare a LOLOL, ne ho bisogno dopo tutti questi traumi T.T

Se vuoi possiamo giocare insieme ^^’

Yoosung✮: NO!

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

Ah beh, è stato comunque molto divertente

Anche se un po’ mi sento in colpa

Jaehee Kang: Tu e Seven siete due gocce d’acqua

Jaehee Kang: Me ne vado anche io, devo lavorare se voglio avere la serata libera, 

e oggi voglio davvero avere la serata libera

Come mai? Hai un appuntamento? LOL!

Jaehee Kang: Non ho tempo per un appuntamento. È una serata tra amici, 

la mia nuova coinquilina ha organizzato una serata al karaoke e ha anche invitato Zen. 

La coincidenza è davvero incredibile.

Jaehee Kang: Oh, devo andare, il lavoro chiama

Jaehee Kang è uscita dalla conversazione

Coinquilina, eh?

Pensavo che Zen avesse già un interesse… 

Vabbè, per il momento non faccio supposizioni

Vado anche io, magari becco Yoosung su LOLOL

Martha è uscita dalla conversazione

 

Ma Yoosung non era su LOLOL.

Non appena era uscito dalla chatroom, aveva preso la rubrica, e chiamato Mindy, che gli aveva risposto dopo neanche uno squillo, senza lasciargli il tempo di riflettere sul fatto che ammettere di essere stato preso in giro per tutta la mattina non gli avrebbe fatto fare una gran bella figura davanti alla ragazza.

Ma era troppo felice di essere vivo per pensarci, e inoltre, appunto, Mindy gli rispose dopo il primo squillo.

-Yoosung! Come stai? Ti sei svegliato? Stai bene? La mia proposta per la zuppa è sempre valida!- lo accolse, bersagliandolo di domande preoccupate. Il suono di un pianoforte rendeva meno chiare le parole, ma Yoosung riuscì a capire tutto.

-Sto bene, non sono svenuto! Mi dispiace averti fatto preoccupare, ma era tutto… uno…- iniziò a rendersi conto di quanto fosse ridicolo e ingenuo, e la sua voce divenne un sussurro -…scherzo-

-Cosa? Scusa, non ti sento, aspetta in linea- Yoosung la sentì cambiare stanza, e la musica del pianoforte scomparve

-Stai bene, quindi? Perché non sei svenuto? Cioè, sono felicissima che non sei svenuto, ma…- Mindy iniziò a straparlare, agitata, e Yoosung si affrettò a calmarla.

-In realtà è stato un falso allarme- la tranquillizzò.

Era confortante sapere che, per una volta, era lui il sostegno, capace di calmare una ragazza, e non il solito “piccoletto del gruppo”, che doveva essere calmato, e che veniva costantemente preso in giro.

Si sentiva quasi un “maschio alpha”, ed era un’interessante novità.

-Grazie al cielo! Ero così preoccupata, e mi sentivo in colpa. È stato un errore nella diagnosi?- chiese Mindy, più tranquilla.

-Beh.. no… cioè… in realtà…- Yoosung non era del tutto certo di volerla mettere al corrente di quanto fosse ingenuo, ma non voleva neanche mentirle, perciò alla fine cedette -…era uno scherzo, mi hanno preso in giro- ammise, sospirando, e sentendosi l’ultimo degli idioti.

Mindy però non sembrava pensarla così.

-Cosa?! Come hanno potuto?! Non sono scherzi da fare! Con tutto il latte al cioccolato che hai assunto potresti avere problemi di stomaco! Chi ti ha fatto uno scherzo così crudele?! Se lo scopro se la vedrà con me!- si irritò, ammutolendo Yoosung, che si sentì arrossire.

Grazie al cielo era solo una chiamata, perché se Mindy l’avesse visto così si sarebbe voluto sotterrare.

-Non serve, c’è questo mio amico che mi prende sempre in giro. Sono stato ingenuo, solo che lui sa tante cose, e finisco per crederci- ammise, in un filo di voce.

-Ma è normale che ci credi, è tuo amico dopotutto! E poi quella immagine era parecchio convincente- lo rassicurò Mindy. Poi la ragazza sospirò, cercando di calmarsi -L’importante è che stai bene. Sono davvero felice che tu mi abbia chiamato, avevo proprio bisogno di una buona notizia- disse, la voce tutto ad un tratto tranquilla e allegra, come suo solito.

-Perché? È successo qualcosa?- indagò Yoosung, confuso da quelle parole.

-No, tutto bene, solo che la mia migliore amica è parecchio giù di morale, e non so bene come rasserenarla. E poi ero molto preoccupata per te, quindi sono felice che almeno tu stia bene- si spiegò, in fretta, come se temesse di ammorbarlo con i suoi problemi.

-Mi dispiace per la tua amica, se devi andare da lei io posso…- 

-No! Cioè, non preoccuparti. Sta suonando il piano, quindi si sta calmando. Cioè… se devi andare va bene, ma se non devi andare a me fa piacere parlare al telefono- la voce di Mindy si era fatta più acuta mentre parlava, Yoosung si sentì arrossire ulteriormente.

-Anche a me…- ammise, gli sembrò di sentirla sorridere dall’altra parte della cornetta.

-Domani hai lezioni, ti andrebbe di pranzare insieme?- chiese poi il ragazzo, senza neanche sapere da dove gli fosse venuto quell’invito così coraggioso. Probabilmente aver vissuto un’esperienza di morte lo aveva reso più intraprendente.

Mindy rimase qualche secondo in silenzio.

-Cioè, non devi se non vuoi, dicevo solo per…- Yoosung iniziò a fare marcia indietro, pensando di aver interpretato male l’interesse della ragazza, di essersi messo ulteriormente in ridicolo, e già pronto a fare le valige e trasferirsi in Messico dandosi alla macchia, ma Mindy non lo lasciò finire.

-Ma certo che mi va! Ne sono felicissima! Vuoi che cucino qualcosa? No, aspetta, c’è la mensa. Ma la mensa non è poi così granché. Se vuoi cucino qualcosa. Ho il club di cucina prima di pranzo. Se vuoi puoi passare e dirmi le tue preferenze. No, aspetta, sto correndo troppo? Magari faccio solo un dessert, ma tranquillo, niente biscotti con gocce di cioccolato. Anche se non hai la malattia, ma immagino che ormai ti abbiano stancato. Potrei fare dei muffin, o magari un dolce allo yogurt. Però se non vuoi il dessert ma solo il pranzo va bene. Come ho detto puoi chiedere quello che vuoi, a me cucinare piace davvero tanto, se vuoi…- Mindy iniziò a proporre menù con fare eccitato, e Yoosung rimase ad ascoltarla per qualche minuto, con un sorriso ebete e pensando a quanto fosse fantastica, e così simile a Rika, per certi versi. Anche a sua cugina piaceva cucinare. 

-Oh, ma sto straparlando, scusami. È che non sono abituata a pranzare con altri oltre a Miriam… Miriam può mangiare con noi, vero?- chiese poi Mindy, cauta.

Yoosung intuì che Miriam fosse la ragazza bionda che aveva conosciuto due giorni prima, durante il sondaggio sui dolci. Non era così ansioso di pranzare anche con lei, ma pur di pranzare con Mindy, gli sarebbe andato bene tutto.

-Certo, non c’è problema, e non devi scomodarti tanto per cucinare. Cioè, qualsiasi cosa tu cucinerai, se vuoi cucinare, a me va bene. Cucini benissimo, soprattutto i dolci- balbettò cercando di mantenere il coraggio post-rischio di morte che stava già pian piano scemando.

-Aw, grazie. Mi inventerò qualcosa di semplice ma gustoso, e se vuoi passare al club di cucina, in ogni caso, anche solo per farmi compagnia, ovviamente se non hai lezioni, puoi passare- gli propose lei un po’ incerta.

-Controllo il mio orario e ti faccio sapere. Mi farebbe tanto piacere, e poi stavo pensando di iscrivermi- ammise Yoosung “anche solo per vederti un po’ di più” pensò, ma non era abbastanza coraggioso da dirlo a voce alta.

-Sarebbe fantastico, così potremmo…- ma la replica entusiasta di Mindy venne stroncata sul nascere da un richiamo.

-Oh, sì Miriam, arrivo. Scusa Yoosung, è quasi ora di pranzo e devo cucinare, dato che i miei genitori non ci sono- gli spiegò, dispiaciuta -E poi devo stare un po’ con Miriam- aggiunse poi, in tono confidenziale, a bassa voce.

-Certo, non preoccuparti. Ci vediamo domani- la salutò lui.

-A domani, non vedo l’ora- fu l’ultima cosa che disse, prima di riattaccare il telefono.

Yoosung era così su di giri che non aveva neanche voglia di giocare a LOLOL. Gli venne quasi voglia di ringraziare Seven e Martha per lo scherzo. Almeno, grazie ad esso, aveva trovato il coraggio di parlare con Mindy, e adesso avrebbero anche pranzato insieme.

Si sentiva il ragazzo più fortunato del pianeta.

 

Monica stava approfittando del semplice compito di badare ad Elizabeth 3rd per portarsi avanti con l’articolo.

O almeno, ci stava provando, perché quel gatto era esigente, viziato e costantemente in cerca di attenzione, attenzione che Monica le dava divertendosi come non accadeva da tanto tempo.

Riusciva perfettamente a capire perché Jaehee si fosse lamentata del compito, ma Monica, da grande gattara qual era, lo trovava meraviglioso. Elizabeth sprizzava di energia, curiosità e intelligenza, e sembrava aver trovato in Monica una nuova amica.

Al momento la ragazza la stava spazzolando, approfittando di un momento di calma in cui Elizabeth si era accoccolata sulle sue ginocchia, e le fusa del gatto erano talmente forti che si sentivano anche dalla stanza accanto.

Come attirato dal rumore, Jiho fece spuntare la testa. Jiho era un altro volontario del rifugio, uno dei più costanti, laureato in architettura e ottimo manovale. Lui e Seojun erano amici da anni, e avevano progettato insieme la struttura. Nonostante i suoi costanti ritardi, Jiho era un volontario quasi più entusiasta di Monica, anche se, a differenza di quest’ultima, preferiva di gran lunga i cani.

-Il sacco di pulci del riccone fa davvero un gran chiasso!- commentò, osservando Elizabeth, che smise subito di fare le fusa e alzò la testa, scrutando sospettosa il nuovo venuto.

Monica l’accarezzò dolcemente per tranquillizzarla.

-Ben arrivato, Jiho- lo accolse Monica con un gran sorriso.

-Sono qui da ore in realtà, ma eri troppo impegnata con la palla di pelo. Hai almeno pranzato?- le chiese lui, un po’ preoccupato.

-Perché, è ora di pranzo?- Monica cadde dalle nuvole e guardò l’orologio da polso, sorpresa che fossero già le tre del pomeriggio.

Jiho ridacchiò -I gatti ti scombussolano proprio un sacco. Puoi assentarti due minuti dal tuo lavoro di cat-sitter o ti porto io un panino? Sai che Seojun ci tiene- indicò un punto immaginario alle sue spalle, dove Monica poteva figurarsi Seojun con in mano un vassoio di panini fatti da lui stesso, tradizione domenicale di cui andava fierissimo.

-Non posso perdermi i panini domenicali di Seojun- sorrise Monica, prendendo in mano Elizabeth e posandola in un angolo della stanza personale che le avevano assegnato. Il gatto, capendo l’andazzo della situazione, iniziò a miagolare insistentemente, graffiandole leggermente le scarpe per convincerla a non andarsene.

-Elizabeth…- provò a lamentarsi Monica, un po’ in difficoltà, ma gli occhioni da cucciolo della gatta la convinsero.

Lanciò un’occhiata eloquente a Jiho, che sospirò, alzando gli occhi al cielo.

-Non capirò mai come fanno a piacerti tanto i gatti, sono tirannici- borbottò tra sé, prima di scomparire per andare a prenderle il panino.

Monica riprese Elizabeth che mise sul suo grembo, pregustando il panino e rendendosi conto solo in quel momento di quanta fame avesse. Sperava che il ragazzo rientrasse presto.

A rientrare, due minuti dopo, non fu però Jiho, ma l’ultima persona che Monica avrebbe voluto vedere.

Ian Kwon, giornalista, collega e vecchio compagno di università della ragazza, esattamente come Jumin. Anche se Ian lo conosceva dal primo anno, e purtroppo i due non si erano persi di vista, come Monica avrebbe tanto voluto, dato che non erano mai stati amici. Lavoravano nella stessa rivista, e lui non faceva che andarle contro e prenderla di mira a causa della conoscenza della ragazza con il celebre giornalista scandalistico Monday Clyde, autore di pochi articoli che colpivano sempre nel segno con le loro prove schiaccianti e avevano rovinato parecchi uomini d’affari potenti, in parecchie parti del mondo. La sua identità era un segreto, andava e veniva a piacimento solo se aveva uno scoop degno di quel nome, e Monica era l’unica con cui lui avesse contatti, ad eccezione del suo editore. Il suo ultimo articolo, che aveva completamente rovinato il primo ministro Saejoong Choi, risaliva a circa due anni prima, ma nonostante il tempo passato, Ian continuava a considerarlo il suo più acerrimo rivale, e non potendo prendersela con lui ricadeva su Monica, che non aveva le forze di contrastarlo.

-Ciao collega- la salutò Ian con un sorriso sornione.

Monica non riuscì a trattenere un sospiro, e sollevò lo sguardo su di lui.

-Ian, che ci fai qui?- chiese, senza mezzi termini.

Elizabeth iniziò a muovere la coda, e guardò di sottecchi il nuovo venuto, forse rendendosi conto del disagio della sua nuova amica. Monica la accarezzò cercando di tranquillizzarla.

-Ero in zona, cercando scoop come mio solito, dato che ho un ottimo fiuto, e ho pensato di farti visita. Volevo condividere con te il mio ultimo lavoro, nel caso tu non l’abbia ancora visto- gongolò lui, mostrandole un articolo di giornale con una foto scattata nel ristorante dove lei lavorava che svettata sotto un titolone di gossip “Signor Han, divorzio in vista?”.

Monica non ci pensò nemmeno a prendere in mano la rivista.

-Non l’avevo visto, e non mi interessa. Sei venuto qui solo a gongolare? Perché io sto lavorando- cercò di congedarlo, accarezzando Elizabeth sia per calmare lei che per calmarsi a sua volta.

Nonostante l’indifferenza che ostentava riguardo a quell’articolo, iniziava a preoccuparsi. Sperava che Jumin non avrebbe pensato che fosse stata lei a scattare la foto. Dopotutto era al ristorante proprio in quel momento. E poi come diavolo aveva fatto a non notare il giornalista? Eppure lei cercava sempre di evitare che qualcuno di sospetto entrasse. Forse era così irritata dalle accuse incomprensibili di Jumin che non era stata abbastanza attenta.

Sperava di potersi spiegare. Non voleva che Jumin ritirasse Elizabeth e smettesse di portarla lì. Avevano bisogno di quei soldi. E poi… si stava trovando davvero bene con lei.

E non voleva perdere di nuovo Jumin, ora che lo aveva incontrato di nuovo.

-Ma guarda che sto lavorando anche io. Il mio senso da reporter mi dice che Jumin Han è venuto qui, stamattina. Quello è il suo gatto?- chiese Ian, indicando Elizabeth, che per tutta risposta gli soffiò contro.

-Non sono affari che ti riguardano. E poi chi ti ha fatto entrare? Questa è una zona riservata- Monica si alzò in piedi, tenendo ben salda Elizabeth, e gli indicò con più veemenza la porta.

-Perché ti agiti tanto? Sono venuto solo a fare due chiacchiere, e a metterti al corrente di alcune piccole teorie che credo potrebbero risultare in un buon articolo. Sai, ieri sera, sul tardi, proprio fuori dal tuo ristorante, ma guarda un po’, ho visto una scena molto interessante, e vorrei sentire la tua opinione- Ian, con un sorriso che non prometteva nulla di buono, prese il telefono e le mostrò qualche foto.

Monica sbiancò, osservandosi mentre, con la giacca di Jumin, entrava titubante nella sua macchina, e arrossì notando il sorrisino appena accennato di Jumin, che le teneva la portiera e lei non aveva notato, la sera prima. Poi sbiancò nuovamente pensando a come Ian avrebbe potuto usare le foto.

-Riconosci per caso la ragazza che ha abbordato?- chiese ironico.

Monica gli lanciò un’occhiata penetrante.

-Sentiamo un po’, quali sarebbero le tue teorie? Perché qui io vedo solo un uomo che da un passaggio ad una ragazza. Hai per caso qualche prova? Hai sentito ciò che dicevano? Sai dove si sono diretti?- lo provocò scuotendo la testa, e allo stesso tempo cercando di ottenere informazioni. Se lui aveva sentito il loro discorso sicuramente aveva capito che i due si conoscevano, e Ian era l’ultima persona che Monica avrebbe voluto che sapesse quel suo segreto. Non subito, almeno, e di certo non prima del resto dei suoi amici. Non sapeva ancora come comportarsi.

-Infida ficcanaso. Va bene, ti darò uno sneak peak. Guarda che bella quest’altra foto- tirò fuori una foto stampata piuttosto vecchia, che fece impallidire Monica.

I soggetti infatti erano sempre lei e Jumin, ma otto anni prima, all’università, e all’unica dannatissima festa alla quale avevano partecipato insieme, che era anche l’unica festa alla quale Monica avesse mai partecipato. Lei non si ricordava granché di quella festa, dato che aveva bevuto leggermente troppo e lei l’alcool non lo reggeva affatto, perciò l’immagine la colse completamente di sorpresa, soprattutto perché ritraeva i due ragazzi un po’ troppo vicini, soli sul balcone. L’angolo non era dei migliori, ma Monica aveva un braccio intorno alle spalle di Jumin e gli stava parlando. E lui… la guardava intenerito, divertito. Monica aveva quel Jumin solo nei suoi ricordi, e rivederlo così le provocò un pugno nello stomaco.

Cercò di apparire indifferente.

-Ammetto che è una lavoro di photoshop impeccabile, ma continuo a non capire che scoop vuoi tirarci fuori- finse, accarezzando Elizabeth per calmarsi il più possibile.

-Davvero vuoi fare la finta tonta? Ti vorrei ricordare che ero anche io all’università, e mi ricordo perfettamente come sbavavi dietro al ragazzetto ricco prima che ti mollasse. E ora sei tornata a fare la poco di buono con lo stesso uomo, che ti ha riconquistato solo per farti scrivere un buon articolo. La corrotta e il rimorchiatore. Credo che ci uscirà fuori un buono scoop- le spiegò divertito, con lo sguardo folle che Monica aveva sempre trovato parecchio inquietante.

-Non mi ricordavo neanche di lui, a dire il vero. E lui non credo proprio si ricordi di me. Dovresti cercare prove migliori di un paio di foto. Se continui a scrivere articoli basandoti su immagini decontestualizzate e assenza di prove un giorno il karma ti colpirà, pronto a collezionare i tuoi debiti- lo mise anche in guardia Monica.

Ian ridacchiò.

-È questo che ti impedisce di scrivere articoli decenti? La paura del Karma? E poi arrivano anche il demonio, le streghe e la befana ti porta il carbone? Sei ridicola, Monica, almeno ammetti che vuoi fare bella figura per accaparrarti i favori dalla gente ricca. Forse il capo non mi farà scrivere l’articolo, ma credi che gli farebbe piacere sapere che te la fai con chi dovresti intervistare? Io credo che non ne sarebbe molto contento. Se non vuoi che lo sappia, magari dovresti considerare di farmi quel favore di cui avevamo parlato- la minacciò, mantenendo quello sguardo.

Monica sobbalzò. Era questo che voleva? Minacciarla per ottenere da lei dei favori? Monica pensava che fosse finita, che lui si fosse arreso. Cercava di essere forte, ma in quel momento non aveva la minima idea di cosa fare.

Ian si avvicinò, per metterle ancora più timore.

La reazione fu istantanea.

Elizabeth, che già da un po’ di tempo osservava la situazione, comoda tra le braccia di Monica, graffiò il volto di Ian, facendolo allontanare di scatto prendendosi la guancia dolorante.

-Gattaccio maledetto!- si lamentò il giornalista, ma prima che potesse cercare di vendicarsi in qualche modo, con Monica che già si era messa in posizione di schermo pronta a difendere il gatto con la sua stessa vita, Ian venne bloccato con forza da dietro.

-Come diavolo sei entrato qui?! Questa è una zona privata- si indignò la voce di Jiho, bloccando il giornalista e riuscendo comunque a mantenere in equilibrio il vassoio con il panino che aveva portato.

I vantaggi di fare palestra e di essere un buon addetto alle riparazioni.

Monica posò delicatamente Elizabeth sul pavimento, e prese il vassoio da Jiho in modo da lasciargli le mani libere.

Lui ne approfittò per bloccare del tutto Ian, che alzò le mani in segno di resa.

-Che brutto modo di trattare i clienti. Non so se tornerò qui a portare il mio cane- commentò, indifferente, senza dare a vedere di essere in difficoltà.

-Ce ne faremo una ragione. Monica, stai bene?- Jiho lasciò andare il giornalista impiccione, ma si avvicinò alla ragazza pronto a proteggerla. Lei annuì, e posò il vassoio per prendere di nuovo Elizabeth, più per non fargli aggredire nuovamente il giornalista, dato che sembrava in procinto di farlo.

-Non abbiamo nulla da dirci, Ian- lo congedò poi. Lui alzò le spalle.

-Non serve dirti che te ne pentirai amaramente, vero?- la minacciò lui, con un sorriso freddo, asciugandosi il sangue che colava dalla ferita sulla guancia, e facendo dietro front per uscire.

Monica alzò gli occhi al cielo, ostentando sicurezza, anche se tremava parecchio ed era ancora parecchio confusa.

-Come se al mio capo potessero interessare le mie conoscenze- commentò tra sé, cercando di convincere soprattutto sé stessa, ma con un terribile nodo allo stomaco.

-Mi dispiace Elizabeth, non volevo agitarti- si scusò poi con il gatto, accarezzandolo e cercando di calmarlo.

Elizabeth, con la scomparsa di Ian, sembrava di nuovo di buonumore, e iniziò a fare nuovamente le fusa, beandosi delle carezze parecchio soddisfatta di sé.

Jiho, al contrario, fece una smorfia infastidita, e incrociò le braccia.

-Prego, Monica, non serve che mi ringrazi per averti salvata da quello scocciatore e averti portato il panino di Seojun- commentò sarcastico.

-Grazie Jiho. Scusa è che voglio che Elizabeth stia bene, non vorrei deludere Ju… il signor Han- ammise, sospirando preoccupata.

Jiho tornò serio.

-Ehi, tranquilla. Il gatto sta vivendo una vita da regina, e tu la tratti in modo stupendo. Pensa un po’ di più a te. Cosa voleva quella serpe?- chiese, avvicinandosi preoccupato.

Monica cercò di sorridere, anche se era parecchio scossa.

-Solite minacce, ormai non ci faccio più caso. Non ha niente di concreto contro di me. È un reporter davvero superficiale, non è assolutamente un problema- cercò di sminuire la situazione, anche se continuava a tremare.

Come avvertendo le sue incertezze, Elizabeth iniziò a leccarle le dita della mano che la stava accarezzando, e Monica si sentì davvero rinfrancata.

Jiho sospirò.

-Se lo dici tu. Ma sai che per qualsiasi cosa io e Seojun siamo a tua completa disposizione, vero?- la rassicurò. Lei annuì.

-Va bene, ora mangia. Seojun ti ha conservato il tuo gusto preferito. Ci vediamo più tardi- con un grande sorriso, Jiho scomparve nuovamente dalla stanza, lasciando Monica ed Elizabeth da sole.

-Scusami davvero per prima, Elizabeth, ti prometto che Ian non ci disturberà più- Monica rassicurò per un’ultima volta il gatto, e poi la posò sulla cuccia e prese il panino, che iniziò a degustare su un divanetto.

Elizabeth non ne voleva sapere di essere lasciata sola, perciò zompò nel divano accanto a lei, e iniziò a giocherellare con i suoi capelli.

 

Martha è entrata nella conversazione

Sto per impazzire!

Se assisto ad un altro matrimonio interrotto a caso perché Pablo ha scoperto di essere innamorato 

di Angelica quando due minuti prima limonava ardentemente con Francisca esplodo. 

Letteralmente 

707 è entrato nella conversazione

707: LOLOLOL! Quindi per questo scleravi come una matta contro la televisione?!

Va bene, lo shippavo più con Francisca

Anche se la vera bellezza sarebbe se Angelica e Francisca si mettessero insieme

707: Sarebbe un grande colpo di scena

707: Anyway, l’abbiamo proprio fregato Yoosung stamattina

LOLOLOL!! 

Mi è dispiaciuto per lui ma è stato troppo divertente

707: Soprattutto scoprire dove è finita la figurina che avevo perso

Le cose che si scoprono quando una persona crede di essere in fin di vita

Ma comunque, tralasciando Yoosung, che sento il karma già pronto a farmi a fettine

Come va il lavoro?

707: Al solito. È dura la vita di un hacker

Onestamente sono curiosa, che tipo di lavoro fai?

707: Sai, nel mio ambito c’è questo detto

707: “Non chiedere il passato degli hacker e dei gatti”

707: Siamo persone pericolose Miao!

Puoi anche non rispondermi, ok

Però non è niente di troppo pericoloso, vero?

Insomma, anche con le honey buddha chips non eri in pericolo

707: …perché all’improvviso questo interesse nel mio lavoro?

Non lo so, così

Non vorrei che da un giorno all’altro sparissi

Forse lo scherzo che ho fatto a Yoosung mi ha fatto un po’ pensare

Sono troppo seria?

707: Mi cogli alla sprovvista con tutta questa serietà. Hai preso così male l’interruzione di Pablo?

Sono annoiata e curiosa

707: Non fa bene essere curiosi

707: So che è difficile dimenticarlo, dato che io sono carino e normale, ma gli hackers 

707: Si nascondono come scarafaggi

707: Sono velenosi

707: ed esistono ovunque

707: Dietro di te, sopra di te, sotto i tuoi piedi e 

707: nel tuo cuore <3

Oh, no, non hackerare nel mio cuore >.<

707: Troppo tardi, sono già lì

Hai un modo davvero originale di sviare l’argomento

Ma potresti essere serio per un minuto?

ZEN è entrato nella conversazione 

707: Potresti non essere seria riguardo al mio lavoro?

ZEN: Ciao ragazzi come va?

Perdonami se mi preoccupo per te, siamo amici no?

ZEN: Ehm… tutto bene?

Jaehee Kang è entrata nella conversazione

707: Amici? Gli hacker non hanno amici

Jaehee Kang: Oh, Zen, sono felice di vederti qui. Come ci organizziamo per stasera?

Siamo nella stessa associazione e andiamo parecchio d’accordo, 

davvero ci consideri semplici conoscenti occasionali?

Jaehee Kang: Ma cosa sta succedendo qui?

ZEN: Non sto capendo, ma sembra che noi due siamo invisibili

707: Ti sto dicendo che il mio lavoro è pericoloso, e che non devi avvicinarti a me, è tanto difficile da capire?

 Senza contare che non mi fido ancora del tutto di te

Oh, ma davvero?! E che dovrei dire io che mi sono ritrovata 

catapultata nell’associazione dove mia sorella è sparita.

Non è che voi siate così degni di fiducia!

ZEN: Martha, ci fidiamo di te e siamo altrettanto preoccupati per Margo

707: È stata lei ad infiltrarsi tramite un hacker per prima, sto solo cercando di fare il mio lavoro qui

Jaehee Kang: La situazione è preoccupante ma non serve scaldarsi

Certo, certo. Come se guardando Netflix potessi contattare Margo e l’hacker

ZEN: Aspetta, litigano per colpa di Netflix?

707: Cosa c’entra Netflix? E comunque dipende da V, sono uno schiavo del sistema 

Jaehee Kang: Con Luciel e Martha sto imparando a non farmi domande, non ne avrei comunque il tempo

Sai che ti dico, vado a scaricarmelo per protesta >:P

Martha è uscita dalla conversazione

707: Non ci provare!! 

707 è uscito dalla conversazione

ZEN: ???

ZEN: E pensare che speravo di rasserenarmi entrando nel messenger

Jaehee Kang: Perché, c’è qualcosa che non va?

ZEN: No, va tutto bene, sono solo preoccupato per una ragazza… 

oggi era giù di morale e non riesco a contattarla perché ha il telefono spento

Jaehee Kang: Non vorrei intromettermi, ma non penso sia una buona idea vedere una ragazza, 

soprattutto considerando la tua carriera

ZEN: Apprezzo che ti preoccupi per me, Jaehee, davvero, ma ci penso io. 

ZEN: Per quanto riguarda stasera, come vuoi organizzarti?

Jaehee Kang: Io mi libero alle otto, spero non sia troppo tardi. E la mia coinquilina ha proposto di 

andare ad un pub con karaoke che conosce molto bene, che ne pensi?

ZEN: Fantastico! Sono anni che non vado al karaoke. Ci vediamo alle otto allora

Jaehee Kang: Ti invio l’indirizzo

ZEN: Grazie, a più tardi. 

ZEN è uscito dalla conversazione

Jaehee Kang: Vado via anche io, devo chiamare il signor Han per confermare un meeting, 

spero solo che mi risponda, è appena tornato ma sembra parecchio nervoso

Jaehee Kang è uscita dalla conversazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Miriam mostra la sua natura insicura, si scoprono alcuni retroscena di alcune ragazze, e si conosce un nuovo personaggio che sarà un nemico rilevante: Ian.

Inoltre si accenna ad un tale Monday Clyde, chissà chi sarà.

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Capitolo 10
*** Day 4 part 3 ***


Day 4

part 3

 

Quando Jumin tornò al rifugio per animali, era effettivamente nervoso. In parte per l’articolo uscito su suo padre scritto dal giornale di Monica, in parte perché non approvava particolarmente che la sua assistente uscisse con Zen, in parte perché era la prima volta che lasciava Elizabeth 3rd con qualcuno che non fosse Jaehee, e temeva un po’ per la sua sicurezza, anche se sapeva per certo che Monica era affidabile. Il suo nervosismo aumentò solo quando, alla reception, fu il proprietario del rifugio, quel tipo affabile e che aveva una gran confidenza con Monica, ad accoglierlo, e ad indicargli la stanza assegnata ad Elizabeth, dove avrebbe trovato il gatto e Monica.

Rimase anche parecchio infastidito nel trovare la porta della stanza aperta, dalla quale Elizabeth sarebbe potuta scappare in ogni momento. Entrò silenziosamente già pronto per una bella ramanzina, ma l’immagine che gli si parò davanti lo lasciò completamente di stucco, e i fili ingarbugliati nella sua mente sembrarono dissiparsi completamente per un attimo.

Monica gli dava le spalle, e seduta a terra giocava affettuosamente con Elizabeth, che le faceva le fusa e cercava di prenderle i capelli.

Per un attimo Jumin si sentì completamente rasserenato e in pace, e rimase a fissare la scena per qualche secondo di troppo. Parte di lui era anche un po’ gelosa, perché era nella stanza già da un po’ e la sua cara Elizabeth non si era ancora accorta di lui. Ma il sentimento possessivo venne accantonato nella sua mente mentre si godeva la scena. Una parte del suo cervello immaginò uno scenario dove tornava a casa da lavoro e una scena simile gli si parava davanti. Era stranamente appagante.

Purtroppo il momento venne presto interrotto quando il telefono dell’uomo squillò, allertando la donna e il gatto. La prima prese Elizabeth in braccio con fare protettivo, e si girò verso Jumin, tirando poi un sospiro di sollievo.

Jumin si affrettò a rifiutare la chiamata, maledicendo mentalmente l’assistente Kang per averlo chiamato proprio in quel momento.

-Signor Han, bentornato- lo accolse Monica, alzandosi in piedi sempre tenendo Elizabeth in braccio.

Il gatto continuò a fare le fusa, e miagolò in direzione del padrone, che si avvicinò per prenderla.

-Suvvia, Monica, chiamami Jumin- obiettò lui. Si conoscevano da otto anni, non gli sembrava il caso di usare formalità.

Monica arrossì leggermente, un po’ imbarazzata.

-Sì, giusto. Non mi abituo ancora all’idea che, insomma…- Monica indicò l’interlocutore e poi sé stessa, senza trovare le parole -…che ci siamo rivisti, tutto qui. E dato che sto scrivendo l’articolo mi viene spontaneo darti del lei- concluse, un po’ semplicistica ma chiara.

Jumin non commentò ulteriormente, e riprese in braccio l’animale, Monica la continuò ad accarezzare per un po’.

-Io ed Elizabeth siamo state molto bene insieme, anche se le sei mancato. Spero davvero che continuerai a portarla qui- lo incoraggiò con un sorriso speranzoso. Il gatto si sporse verso di lei facendo le fusa, come a prendere le sue parti, seppellendo gli artigli nella maglia della giornalista per non lasciarla andare.

-Non l’ho mai vista così felice quindi è probabile che continuerò a portarla, ma solo se ci sei tu- acconsentì Jumin, riuscendo nell’impresa di districare gli artigli di Elizabeth dalla giornalista e riappropriandosene del tutto.

Il sorriso spontaneo, sincero ed eccitato di Monica gli fece perdere un battito, e sentì la saliva evaporare. Cosa diamine gli stava succedendo quei giorni?! Non aveva mai provato cose simili con Monica, prima. Sperava che potessero tornare amici come un tempo, ma lui si sentiva strano con lei. O forse si era sempre sentito così e l’aveva seppellito in fondo al suo cuore per tutti quegli anni.

Jumin cercò di accantonare quei pensieri.

Doveva procedere un passo alla volta.

-Sarà un po’ difficile visti i miei orari ma farò del mio meglio per dare sempre la mia disponibilità. Elizabeth è davvero un gatto adorabile, intelligente e affettuoso- Monica non distolse lo sguardo dal gatto, che miagolò lusingato, godendosi le lodi.

La semplicità e autenticità delle parole della ragazza furono ciò che colpirono maggiormente Jumin, come un pugno piacevole ma strano nello stomaco.

-Dammi il tuo numero- disse senza pensarci, quasi tra sé.

Monica sollevò lo sguardo su di lui, alquanto sorpresa dalla richiesta improvvisa, e non del tutto certa di aver sentito bene.

-Come, scusa?- chiese chiarimenti, onestamente confusa.

Jumin cercò di riacchiapparsi.

-Non ho il tuo numero. Se ci scambiamo i numeri di telefono sarà più semplice tenerci in contatto anche per organizzarci per Elizabeth- si inventò al volo, ma la scusa aveva una sua logica.

-Oh, giusto. Aspetta un attimo- Monica si diresse verso la borsa all’angolo e prese un foglietto di carta, su cui scrisse il numero del cellulare. 

-Ecco qui, chiamami quando vuoi- disse con un sorriso e un leggero rossore in zona di gote, porgendo il foglio verso l’uomo davanti a lei.

Quest’ultimo però aveva le mani occupate, e resosi conto della cosa, Monica decise, nonostante andasse contro l’etica professionale, di metterglielo direttamente nel taschino dello smoking. Il contatto, sebbene breve e leggero, provocò un’ondata di brividi lungo la spina dorsale di Jumin, che fu abbastanza bravo da non darlo a vedere.

-Ti chiamerò sicuramente. Grazie per aver badato ad Elizabeth, oggi- le fece un leggero ma sincero sorriso, che Monica ricambiò affettuosamente.

Prima che uno dei due potesse continuare la conversazione su altre vie, come ad allungare il brodo, una presenza sgradita li interruppe.

Sgradita per Jumin, perlopiù.

-Va tutto bene qui?- chiese la voce affabile di Seojun, comparendo alle spalle dell’uomo d’affari.

-Sì, tutto bene- rispose Monica, in fretta -Sarebbe il caso di andare, grazie per aver scelto il nostro rifugio, signor Han- Monica tornò inconsapevolmente al lei, ferendo Jumin più di quanto si sarebbe aspettato, e facendogli credere erroneamente che preferiva nascondere la loro relazione amichevole in pubblico.

Jumin cercò però di ignorare le sensazioni, e la assecondò.

-È stato un piacere, signorina Collins, arrivederla- si congedò con un cenno del volto e seguì Seojun fuori per pagare prima di uscire.

 

Martha è entrata nella conversazione

Giorno 4

Sono rinchiusa in questa casa grigia e spenta senza poter uscire, senza poter aprire i cassetti, 

e senza poter nemmeno scaricare Netflix

Un hacker mi molesta tramite cyberbullismo bloccando il mio accesso all’apple store e 

attivando costantemente le notifiche dell’app dell’RFA

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

Cibo e acqua sono finiti da otto giorni

Yoosung✮: ??

Ok, non sono finiti da otto giorni ma mi sento davvero una naufraga della rete internet

Perché non posso scaricare Netflix?!

Yoosung✮: Martha, va tutto bene? Ho visto che hai litigato con Seven

Non lo chiamerei un litigio, è stata una divergenza di opinioni

Yoosung✮: Sembrava un litigio

… ok, era un po’ un litigio, ma ero solo nervosa per Pablo e Francisca

E lui è irritante

Ma tutto passato

Tranne il mio desiderio di avere Netflix

Approfitterei del mese gratis, sarebbe perfetto!!!

Yoosung✮: Sono infastidito dal fatto che V non risponde, è davvero irresponsabile

Più che altro è piuttosto assente, è un po’ strano

Seven ha ragione a non fidarsi del tutto di me, dopotutto sono la sorella di una persona 

che è arrivata dal nulla e poi è scomparsa

La sorella gemella oltretutto

Potrei benissimo essere lei e fingermi me

Yoosung✮: Vista così in effetti suona male

Perciò se V mi ha accettata senza troppe riserve trovo assurdo che non mi voglia concedere Netflix!

Yoosung✮: Ahahah è proprio un chiodo fisso

Oltretutto ho appena controllato e sembra che abbiano messo Gorgeous su Netflix

Potrei finalmente vedere tutta la serie e capire qualcosa della inesistente e stupida trama

Yoosung✮: Gorgeous? O.o

La soap opera con Pablo e Francisca

Yoosung✮: Non pensavo fossi una così grande fan

Beh, non lo ero, ma ora mi sono appassionata

VISTO SEVEN È COLPA TUA!!!

Sono diventata come Monica al liceo

Yoosung✮: Chi è Monica?

V è entrato nella conversazione

!!!!

V!!!!!

Yoosung✮: V?

V: Oh, ciao Martha, come va? Ti stai ambientando nell’organizzazione?

POSSO SCARICARMI NETFLIX????!!!

V: ?

Yoosung✮: Era ora che ti facessi vivo, non ci hai ancora dato informazioni sul party

Sì, sì, anche il party. Ma Netflix è più importante per la mia sanità mentale

V: Cos’è Netflix?

Un’applicazione e sito che mi fa vedere film e serie TV collegato ad internet

Allora, posso scaricarlo?

Mi sto annoiando molto

V: Oh, beh, non saprei, potrebbe non essere sicuro

È sicurissimo! Più del messenger, è impossibile che l’hacker ci faccia qualcosa

V: Va bene, allora, ma sii cauta

EVVAI!!!!!

Yoosung✮: Sono felice per Martha, ma vogliamo parlare del party adesso?

V: Certamente, sono entrato per questo

V: Ci ho riflettuto molto, e penso che viste le circostanze sia il caso di organizzare un party piccolo, 

così da prepararlo il prima possibile

Se lo facciamo il mese prossimo a me va davvero benissimo

V: In realtà pensavo di farlo la settimana prossima

Yoosung✮: …

…stavo per scrivere che un mese sembrava poco

Una settimana?

V: Non vorrei caricarti di lavoro, sono certo che con l’aiuto di tutti i membri riusciremo a organizzarlo senza problemi. 

Due anni fa abbiamo avuto la stessa situazione e i preparativi erano già a buon punto quando abbiamo annullato il party

Yoosung✮: Appunto. Due anni fa hai seguito lo stesso copione. A che gioco stai giocando, V?

V: Ho valutato i rischi. Credo che nella situazione in cui siamo una settimana sia abbastanza, 

soprattutto nell’eventualità di qualche imprevisto. Più i party sono piccoli più è semplice far fronte alle emergenze

Ok, ti capisco, V, ma voglio far presente che non sono Margo

(Sebbene Seven probabilmente lo pensi)

E non sono brava come lei a parlare con le persone

V: Sono sicuro che farai un ottimo lavoro, Martha, e i membri dell’RFA faranno del loro meglio per aiutarti

Yoosung✮: I “membri dell’RFA”, lo dici come se tu non ne facessi parte! Sono quasi tre anni che 

Rika se n’è andata e sembra che non fai parte dell’associazione!

Yoosung, calmati, sono certa che hai i suoi motivi

Yoosung✮: Lo difendi solo perché ti ha concesso Netflix!

V: Yoosung, sono consapevole di non essere il migliore capo, ma sto facendo del mio meglio.

E il motivo per cui non mi vedete tanto spesso è che sto cercando di capire dov’è finita Margo

Yoosung✮: Sono passati due anni, non stai facendo un buon lavoro!

V: È più complicato di quanto possa sembrare, ma spiegherò tutto a tempo debito, 

dammi solo un po’ di tempo e nel frattempo organizziamo il party

Stai cercando mia sorella?

V: Sì, Martha, era comunque un membro, e sebbene fosse nell’associazione solo da otto giorni 

tenevamo tutti quanti a lei e sto facendo di tutto per ritrovarla

Se non è troppo un disturbo vorrei restare aggiornata

V: Certamente, ti capisco

Yoosung✮: Non ci sperare troppo. V non dice mai nulla

V: Cerco solo di proteggervi tutti

V: È quello che Rika avrebbe voluto 

Yoosung✮: Rika avrebbe voluto che tu fossi un buon capo

Sai, V, a volte va bene chiedere aiuto

V: Grazie per le tue parole, Martha, ma ho tutto sotto controllo, non ho bisogno di aiuto

V: Perdonatemi, ma la connessione è molto lenta, e devo assentarmi, cercherò di essere più presente.

V: Conto su di voi per dare la notizia agli altri

Certo, Boss

Yoosung✮: Qualcuno lo deve pur fare dato che tu non puoi

V: Buona serata ad entrambi

V è uscito dalla conversazione

Stai bene, Yoosung?

Yoosung✮: No! Andrò a giocare a LOLOL.

707 è entrato nella conversazione

707: V! Puoi chiamarmi? Devo parlarti di una cosa urgente!

L’hai perso, è appena uscito

707: Diamine!

E mi ha dato il permesso di scaricare Netflix

707: Ah, ok. Ti sblocco l’app store allora

Grazie. Sei abbastanza libero? Posso chiamarti?

707: No, devo lavorare.

Non dirmi che sei ancora freddo con me per prima

707: Perché dovrei? Sono solo impegnato, tutto qui

Yoosung✮: Come al solito sono invisibile

707: Oh, hey, Yoosung! Non ti avevo visto in chat. Come va? Mangiato qualche altro biscotto? :3

Yoosung✮: Preferivo essere invisibile -_-

Yoosung✮: Me la pagherai per lo scherzo di stamattina!

Yoosung✮: E comunque no, ma penso che ordino una pizza prima di giocare

Ohhh, una pizza!!! Quanto mi andrebbe una pizza in questo momento

Cavolo dovevo chiedere a V se potevo andare a comprarla

707: Troppo tardi, lol.

Yoosung✮: Io vado a giocare, ho bisogno di distrarmi

Buon gioco! Regna sul mondo di LOLOL!!

Yoosung✮: Grazie Martha

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

Sevenny~

Non è che potrei ordinare una pizza?~~

707: lol no, scordatelo

So harsh T.T

Non faccio del male a nessuno ordinando una pizza

707: Beh, l’indirizzo è segreto per tutti quindi non serve neanche chiedere a V, è un no e basta

707: Vado a lavorare

Non provi a chiamare V?

707: Non serve più

?

707: Cioè! 

707: Sì, provo a chiamarlo, ma non credo mi risponderà, e non è così urgente

Avevi detto che era urgente

707: Non così tanto, era per attirare la sua attenzione

Immagino non fosse per chiedergli di farmi avere netflix, lol

707: Certo che no

707: Buonanotte

707 è uscito dalla conversazione

Buon lavoro

Ehi, non mi hai neanche dato il tempo di salutarti

Vabbè ciao

Martha è uscita dalla conversazione

 

Zen era felice di svagarsi un po’, e soprattutto di aiutare Jaehee a svagarsi, ma doveva ammettere che tra lei e Megan si sentiva parecchio tagliato fuori, soprattutto per via della stessa Jaehee che insisteva per non farlo andare al karaoke perché altrimenti qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo e non poteva permettersi scandali.

Inoltre aveva pensato a Miriam per tutto il giorno, e non sapeva assolutamente che fare. Temeva che scrivendole si sarebbe mostrato appiccicoso, ma sentiva l’esigenza di farlo per controllare che stesse bene, e l’indecisione lo rendeva decisamente distratto, per quanto Megan cercasse di tenere viva la conversazione e coinvolgerlo.

Talmente distratto che non si rese minimamente conto dei tentativi della ragazza di elogiare Jaehee e trovare terreni comuni tra loro, e sembrava quasi fare da cupido.

Per fortuna di Megan neanche Jaehee se ne accorse, almeno non con assoluta certezza.

-Jaehee mi ha detto che fai molto esercizio fisico. Dovremmo allenarci tutti insieme- stava proponendo Megan, ma Zen non la stava minimamente ascoltando, ed era impegnato a fissare la macchina da karaoke, desideroso come non mai di cantare qualche canzone a caso. Non gli importava quale fosse, aveva solo voglia di cantare, e magari anche ballare un po’.

Al liceo adorava i karaoke bar, ci andava sempre con la sua banda di motociclisti e tutti esigevano che lui facesse la maggior parte dei testi disponibili.

In effetti non metteva piede in uno di quei posti da quando si era lasciato con la sua ultima ragazza, e purtroppo risaliva a più di cinque anni prima.

Cavolo quanto gli mancava essere in coppia, e gli mancava ancora di più da quando aveva conosciuto Miriam.

Quella ragazza gli faceva venire nostalgia e voglia di tutte quelle piccole cose che si facevano quando si era in una relazione, e non capiva come potesse sentirsi così conoscendola da pochi giorni.

Chissà come stava. Doveva assolutamente scriverle un messaggio.

-Zen, sei pensieroso. Stai bene?- chiese Jaehee preoccupata, scuotendolo.

Zen si voltò verso le due ragazze, e si costrinse a sorridere.

-Sto bene. Scusate, ho solo molte cose a cui pensare. Di che stavamo parlando?- chiese, cercando di riallacciarsi al filo del discorso.

-Stavo proponendo che sarebbe bello allenarci tutti insieme, un giorno. Jaehee è molto atletica, credo che sareste un buon team di allenamento- ripeté Megan, con un occhiolino verso Jaehee, che si sminuì, arrossendo appena.

-Non sarebbe una cattiva idea, ma come ho già detto non ho tempo. Ho troppo lavoro- la donna scosse la testa, con rimpianto.

-Jumin ti carica troppo- Zen sbuffò, irritato a pensare a figlio di papà.

Megan sembrò prendere la presa di posizione come un buon segno.

-Conosci il capo di Jaehee?- chiese, per continuare la conversazione su un argomento che sembrava interessare parecchio Zen.

-Purtroppo sì. Anche lui è nell’associazione. Sei davvero pazzesca, Jaehee, per riuscire a sopportarlo- Jaehee arrossì per l’incoraggiamento, e Megan sorrise, felice che il suo piano stesse funzionando.

Sorriso che non coincideva con l’emozione che aveva appena iniziato a provare nel petto, e che però cercò di spingere indietro.

-Oh, beh, il lavoro è lavoro- Jaehee alzò le spalle, cercando di accantonare l’argomento.

-Sì, ma non è legale farti lavorare tanto, e poi avere il proprio capo nella propria associazione non è…- Zen si interruppe a metà frase, sentendo una risata alle sue spalle.

I suoi sensi si rizzarono come quelli di un segugio, e si voltò di scatto, sorprendendo non poco le sue interlocutrici.

-Mindy, tu ti unisci a me, altrimenti col cavolo che canto!- stava dicendo la ragazza a cui apparteneva la voce.

Zen si illuminò così radicalmente che Jaehee e Megan rimasero quasi accecate, e si alzò prima che una delle due potesse commentare o fermarlo.

-Chi è quella?- chiese Jaehee seguendo per prima la direzione dello sguardo di Zen, in tono incredibilmente ferito e all’erta.

Megan si girò per controllare, e impallidì.

-Oh no! Non è possibile!- esclamò, sconvolta, prima di cambiare posto e nascondersi dietro Jaehee e un menù, confondendo ulteriormente l’amica.

-La conosci?- chiese Jaehee, indicando non molto discretamente la biondina. Megan annuì.

-Purtroppo sì. E oggi abbiamo litigato e non voglio scenate, perciò è molto meglio se non mi vede qui- spiegò in breve.

-Che cosa ti ha fatto?- indagò Jaehee, prendendo immediatamente in antipatia la ragazza, che dopo uno shock iniziale aveva iniziato a parlare con Zen con fin troppa confidenza e sembrava la peggiore possibile ammiratrice per lui. Sicuramente una falsa fan solo pronta a rovinargli la reputazione per cinque minuti di fama.

-Beh… non è solo colpa sua… insomma, è abbastanza colpa mia… parecchio colpa mia. Ma lei esagera, e io sono una testa cal… emotiva, sono emotiva. Perciò diciamo che se mi vedesse qui e scoprisse che ho invitato Zen, considerando il loro rapporto, che non pensavo esistesse… meglio se non mi vede. Mi passi un altro  menù?- Megan iniziò a farneticare, e Jaehee le passò un altro menù per aiutarla a nascondersi meglio, in silenzio, e fulminando la ragazza con lo sguardo.

La ragazza in questione non si era neanche resa conto degli sguardi assassini, né di Megan.

Quando Zen l’aveva raggiunta, non si era accorta neanche di lui.

Era andata al karaoke bar con Mindy e Monica, quest’ultima convinta con grande difficoltà e la prima che aveva proposto l’idea sapendo l’amore di Miriam per i karaoke bar e pensando fosse un ottimo modo per rasserenarla ulteriormente, più di quanto suonare al pianoforte aveva aiutato.

Ed era stata anche Mindy a convincerla ad andare a cantare, nonostante fosse un po’ restia, dato che cantare le faceva pensare alla figuraccia fatta con Zen.

Caso, o mistica coincidenza, volle che Zen le andò dietro proprio mentre Mindy rispondeva.

-Non sono brava come te, non posso fingere di essere Zeeeeee…- interrompendosi imbarazzata una volta notato l’uomo dietro l’amica.

-Tutto bene, Mindy?- chiese Miriam, confusa, alzando lo sguardo su di lei e interrompendo la scelta della canzone.

Mindy le fece cenno di girarsi, e una volta fatto il fiato le morì in gola notando il ragazzo davanti a lei, con un sorriso luminoso.

Miriam avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa.

“Ehi, Zen. Come butta? Dimentica quanto successo stamattina, era la mia sorella gemella pazza che non rivedrai mai più” “Zen, scusami per quello che è successo stamattina, ero stanca e non sono me stessa quando non mangio e non dormo. Colpa tua che mi hai tenuta sveglia con i tuoi messaggi” “Zen, non ci vediamo da ieri, come stai? Ah, stamattina? Cos’è successo stamattina? Io non ricordo nulla, forse l’hai sognato” 

Ma non riusciva a pensare, figuriamoci dire qualcosa. Doveva giustificarsi? Fingere che non fosse successo niente? Giustificarsi su altre cose? Spiegarsi? Non ne aveva idea.

L’attore abbassò lo sguardo verso la sua mano, diminuendo l’intensità del sorriso e la prese, controllandola più da vicino.

Miriam non sapeva se stava avvampando o era bianca come un lenzuolo, ma lo fece fare, cercando nel frattempo qualcosa da dire.

-Sono felice di vedere che hai fasciato la mano. Come stai adesso? Va meglio?- chiese Zen, gioviale, senza dare segno di essere stato a disagio dopo il confronto di quella mattina.

Miriam riuscì a sbloccarsi.

-Sì. Scusami. Non ero in me, avevo avuto una brutta giornata. Devo averti confuso parecchio- cercò di giustificarsi, distogliendo lo sguardo e cercando di non dare peso alla faccenda. Tornò alla scelta del brano, giusto per avere qualcosa da fare.

Zen finse di accettare la scusa.

-Immagino, a tutti capitano giornate no. Spero che tu adesso stia meglio. Sono felice che avrò comunque l’occasione di sentirti cantare. Addirittura gratis. Deve essere il mio giorno fortunato- cambiò argomento lui, ammiccando.

Miriam ridacchiò.

-Già, non ti ci abituare però. La prossima volta voglio mancia doppia- scherzò lei, facendolo ridere a sua volta.

-In realtà avrei una proposta- disse poi Zen, accennando un sorriso malizioso.

Miriam si girò verso di lui, curiosa.

-Che proposta?-

-Posso cantare con te?- Zen prese uno dei microfoni, e indicò la macchina del karaoke.

Miriam rimase a bocca aperta.

Neanche nei suoi sogni più belli avrebbe mai pensato di cantare con Zen, ed ora lui lo proponeva a lei? Era per caso morta? 

-Certo che vuole cantare con te!- Mindy rispose per lei, sbloccandola.

-Non rispondere per me!- si arrabbiò con l’amica, che alzò le mani in segno di resa, con un gran sorriso malizioso.

-Ma non ha torto. Cioè, puoi, te lo concedo perché sono generosa, ma non so se tu sarai all’altezza- cercò di mantenere il contegno, morendo leggermente dentro.

-Farò del mio meglio, ma non posso competere con la regina- Zen le fece l’occhiolino, e Miriam tornò alla scelta del brano.

-Come te la cavi con l’inglese?- chiese, come a metterlo in difficoltà.

-Mettimi alla prova- Zen accettò la sfida.

-Va bene. Mi mantengo sul facile per il momento. Rimango nel tuo campo di musical- gli disse, come se gli stesse facendo un gran favore.

Beh, Zen era piuttosto esperto, e per fortuna le canzoni erano più semplici che parlare davvero in inglese, cosa che lui non sapeva fare neanche lontanamente.

Ma per Miriam, avrebbe cantato di tutto.

Quando partì la musica e iniziarono a cantare, la sala intorno a loro scomparve, e Miriam e Zen rimasero soli, solo in compagnia l’uno dell’altro e della loro musica.

Coordinati come se si conoscessero da sempre, intonati come usignoli, e in sintonia come fossero una cosa sola. Si trovarono nella musica.

Jaehee osservava la scena preoccupata, ma non osò interromperli. Megan continuava a nascondersi, senza credere alla sua sfortuna. Il mondo era davvero piccolo. Miriam conosceva Zen, quali erano le probabilità? E a giudicare da come lo guardava era anche interessata a lui, proprio ora che cercava di accoppiarlo con Jaehee. Il karma a volte era davvero crudele con lei. 

-Li guardano tutti- commentò Jaehee preoccupata, osservando come tutti i clienti del bar si erano girati a guardare l’esibizione al karaoke.

-Hanno quasi finito. Probabilmente non lo hanno neanche riconosciuto. Li guardano perché sono bravissimi, tutto qui- tentò di rassicurarla Megan, a voce incredibilmente bassa.

-Già, sembra quasi che stiano insieme, ma Zen non può permettersi scandali. Quella ragazza non conosce pudore. Sa almeno quanto fa rischiare Zen così?!- si arrabbiò Jaehee.

Per una volta che aveva la serata libera le sembrava ingiusto che se la rovinasse così, per colpa di quella biondina che faceva la cascamorta con Zen! 

Anche se doveva ammettere che era dall’inizio della serata che Jaehee non vedeva Zen così a suo agio, tranquillo e sereno.

La consapevolezza però non l’aiutava di certo ad accettare il fatto. Casomai lo rendeva più doloroso.

Sospirò, e bevve la sua bibita cercando di non far trasparire il suo disappunto.

Megan sembrò capire, e chiese di portarne un altra.

-So che Miriam può sembrare poco attenta, ma non è così cattiva. Trovo parecchio improbabile che conosca Zen, dato che odia i musical, quindi forse non sa che rischia di procurargli uno scandalo. Magari posso parlarl… parlare con Monica in modo che le parli così da farla rendere conto. Sono sicura che le cose si sistemeranno- cercò di rassicurarla, mettendole una mano sulla spalla.

-E se avesse intenzioni serie?- insistette Jaehee, preoccupata, ignorando la coincidenza che quella Miriam conoscesse anche Monica perché Zen era la priorità al momento.

Megan per poco non scoppiò a ridere.

-Miriam? Intenzioni serie? Non la vedo da cinque anni ma è impossibile che Miriam abbia intenzioni serie romanticamente. È proprio nella sua natura. Si tratta di un flirt, forse questione di un paio di giorni, massimo una settimana. Al massimo potrebbero diventare amici, ma ne dubito. Non ha mai avuto un amico maschio, solo flirt occasionali. Non si lega, stai tranquilla- commentò l’atleta, senza rendersi conto di aver solo preoccupato maggiormente Jaehee.

-A maggior ragione dobbiamo avvertire Zen. Quella ragazza potrebbe essere la sua rovina- osservò, quasi pronta ad andare da Miriam e metterla KO con una mossa di judo.

Megan la fermò.

-Provocare una scenata adesso rischierebbe di causare uno scandalo. Tranquilla. Fammi parlare con Monica e cercherò di risolvere la questione. Fidati- cercò di calmarla. Jaehee sospirò, recuperando la compostezza, e sorrise verso l’amica.

-Grazie, sono davvero felice di averti incontrato- ammise, quasi tra sé.

Megan si sentì arrossire, ma cercò di controllarsi, e di controllare il battito del suo cuore, che aveva appena raggiunto un numero di pulsazioni superiori alla norma.

Dopo la fine della canzone, sia Zen che Miriam si crogiolarono negli applausi di Mindy, Monica e qualche altro che li aveva ascoltati con interesse.

-Sbaglio o quella era una canzone romantica- la provocò Zen. Lei sbuffò e lo spinse leggermente, cercando di non arrossire.

-L’ho scelta solo perché sei tu ad essere un tipo da canzoni romantiche- obiettò, scuotendo i capelli con aria di superiorità.

-Ah, beh, hai ragione. Ed infatti la prossima sarà dello stesso livello- si piegò verso la macchina del karaoke, pronto a scegliere la canzone successiva.

Miriam non riuscì a trattenere un sorriso alla proposta, ma tornò subito scorbutica.

-Chi ti ha detto che mi andava di cantare nuovamente con te?- incrociò le braccia, e Zen le lanciò un’occhiata incoraggiante.

-Uff, solo perché non ho niente di meglio da fare. Ma sta attento alla voce…- sussurrò poi, leggermente preoccupata.

-Credi che non riesca a cantare qualcosa al karaoke con la mia cantante emergente preferita? Guarda che ho le corde vocali allenate- la assicurò lui, scegliendo una canzone romantica e ritmata, per sua fortuna coreana.

-Lo so ma hai un nuovo musical alle porte, devi essere in forma- insistette lei, prima che la canzone partisse, mettendosi in posizione, e non riuscendo a fare a meno di arrossire al commento dell’uomo, che sorrise prima di cominciare a cantare.

Si rese presto conto, anche se già lo sapeva, che Miriam era fluida e perfetta anche in coreano, e che la canzone di prima era solo riscaldamento, perché quasi gli rubò la scena, esibendosi in passi di ballo sensuali e incredibilmente coreografici.

Zen non voleva essere da meno, e cercò di stare al passo, unendo oltre che le loro voci anche i loro corpi alla perfezione, esibendosi in un duetto così fluido e organizzato da sembrare preparato.

A un ballo insieme seguivano mosse individuali che però erano perfette da vedere insieme. Erano talmente in sincronia che sembrava si fossero allenati insieme per mesi, e si conoscessero da tutta la vita.

Tutti i clienti del bar li osservavano, chi applaudendo, chi con il cellulare in mano come fossero ad un concerto. Molti si erano alzati e stavano seguendo il ritmo.

Sembrava un musical romantico.

E quando finirono, tutto il bar si mise ad applaudire, direttore compreso.

-Siamo uno splendido duo, non trovi?- chiese Zen, già pronto a selezionare una terza canzone o farla selezionare alla sua partner.

E per la prima volta dall’inizio di quella giornata, e forse la prima volta in settimane se non mesi interi, se non addirittura un paio di anni, Miriam fu felice, davvero felice e in pace, e regalò a Zen uno dei sorrisi più ampi, sinceri e rari del suo repertorio, facendogli perdere un battito.

-Credo di sì, effettivamente. Non ho mai potuto cantare così con qualcuno. Grazie Zen- dopo quel commento sincero e privo di qualsiasi maschera tsundere, fu il turno di Zen di restare completamente di stucco e senza parole, completamente spaesato da quanto fosse adorabile, magica e meravigliosa la ragazza davanti a lui.

-Grazie a te- riuscì solo a dire.

-Cambiamo genere. Che ne dici di una canzone k-pop? Adoro questo gruppo- senza neanche chiedergli se volesse, come se fosse scontato, Miriam propose un’altra canzone, e Zen diede l’ok con un gran sorriso, prima di tornare a cantare.

A volte era proprio vero che la musica univa molto più delle parole.

E ad accorgersene non fu solo lui, ma anche Mindy, con uno sguardo cospiratore.

Dopo un altro paio di canzoni, Miriam e Zen furono praticamente cacciati da altri che volevano utilizzare la macchina del karaoke, e dato che si era fatto ormai tardi, decisero di salutarsi per la notte, anche perché Monica era davvero assonnata, e per Mindy si avvicinava l’orario del coprifuoco. 

-Domani dove ti vedo?- chiese Zen, prima di salutarla definitivamente e tornare da Megan e Jaehee, che si stavano preparando per andarsene a loro volta.

-Tutto il giorno al parco, devo recuperare il giorno perso oggi- rispose Miriam, un po’ seccata ripensando alla discussione che aveva avuto con Megan e felice di non averla vista il resto del giorno.

-Allora ci vedremo sicuramente lì- la salutò lui.

-Beh, spero che ci sentiremo anche prima- Miriam gli fece un occhiolino, e Zen si sentì l’uomo più fortunato della terra -Dopotutto è quello che fanno gli amici, no?- aveva aggiunto poi, congelando leggermente il suo sorriso. Amici? Solo amici? Non che a Zen dispiacesse, ma pensava che potesse esserci qualcosa di più. Zen si stava già preparando gli aneddoti da dire il giorno delle nozze. Sicuramente il karaoke ci sarebbe entrato.

Decise di non dare peso alle parole di amicizia. Già il fatto che lei lo considerasse un amico era un grande traguardo. Si conoscevano solo da quattro giorni, dopotutto.

-Assolutamente, ti scrivo o ti chiamo- le fece l’occhiolino, guadagnando un altro sorriso, prima che sparisse dalla porta.

Sospirò sognante, ma quando si diresse al tavolo che aveva abbandonato, rimase sorpreso nel notare che le sue accompagnatrici si stavano alzando e mettendo le giacche.

-Andate già via?- chiese, sorpreso.

-In realtà si è fatto tardi, devo tornare a lavoro- rispose Jaehee, tradendo una traccia di irritazione.

Zen sembrò sinceramente dispiaciuto.

-Mi dispiace di essere stato assente. Dovevo parlare assolutamente con Miriam e… non mi sono reso conto del tempo che passava. Ma possiamo replicare se volete- propose, cercando di fare ammenda per il comportamento.

-Beh, possiamo organizzare l’allenamento- cercò di metterci una pezza Megan, con un po’ di incertezza.

Jaehee scosse la testa.

-Non ho tempo. Magari ci organizziamo in futuro, ma adesso non so. Devo tornare a lavoro, ti prego Megan andiamo- incoraggiò la coinquilina, che annuì.

Dopo averle salutate, Zen decise che non aveva poi molto altro da fare lì, e uscì a sua volta, per ritrovarsi praticamente faccia a faccia con Mindy, che gli fece prendere un colpo.

-Oh, ciao. Mindy, giusto?- chiese, cercando di fare una buona impressione su quella che aveva intuito essere la migliore amica di Miriam.

Mindy annuì, allargando il sorriso.

-Speravo che uscissi presto. Hai un minuto?- chiese lei, innocentemente.

Zen annuì.

-Andrò dritta al punto perché io di minuti ne ho pochi, purtroppo. Ti piace Miriam, vero?- chiese, senza mezzi termini.

Zen sorrise imbarazzato, e distolse lo sguardo.

-Beh, sì. Parecchio. So di conoscerla da poco, ma…- 

-…”sai che è una ragazza straordinaria”- lo citò. Zen la guardò con un sopracciglio inarcato, sorpreso -Sì, me lo ha detto, e non hai torto. Sono davvero felice che te ne sei reso conto. Spero davvero che lo intendessi- continuò poi la ragazza.

-Lo intendo, davvero. Miriam mi piace un sacco, ha una sensibilità unica. E non sono un tipo a cui piacciono le ragazze solo perché hanno talento o bellezza. C’è qualcosa in lei…di davvero magico e speciale- cercò di spiegarsi, facendo sorridere Mindy intenerita.

-Voglio fidarmi di te. Credo che potresti essere esattamente quello di cui Miriam ha bisogno. Vi ho visti al karaoke. Il fatto che è la musica ad unirvi ti da un grande vantaggio, ma senza di me hai poche possibilità di riuscire a, come dire… entrare nel mondo di Miriam- spiegò Mindy.

Zen pendeva dalle sue labbra.

-Ti ascolto- la incoraggiò a continuare.

-Sarò breve e concisa… flirta di meno e parla di più- disse, secca, confondendo Zen.

-In che senso?- indagò, inarcando un sopracciglio.

-Devi essere suo amico. Senti… la sto esponendo troppo, e mi sento un po’ in colpa in qualità di sua migliore amica, ma Miriam è una tua fan, e il fatto che ti abbia detto che sei suo amico può sembrare poco ma è davvero tanto. In tutta la sua vita ha avuto cinque amiche in tutto. Sii suo amico, sii presente, parla di te, parla di lei, e non temere di insistere, come stamattina. Se davvero tieni a lei, purtroppo lo devi dimostrare. Non ha un buon rapporto con le persone in generale, soprattutto con i ragazzi. Entrare nelle “grazie” di Miriam può sembrare difficile, ma ne vale la pena. E se non sei disposto a sacrificarti… vattene subito o la farai davvero soffrire- lo mise in guardia, con sguardo profondo e quasi minaccioso.

Zen rifletté qualche istante, ma non aveva dubbi.

Aveva sentito qualcosa scattare in lui la prima volta che aveva conosciuto Miriam, e se sapeva con certezza qualcosa era che la voleva nella sua vita, non gli importava se poi sarebbe finito nella friendzone.

-Non la farei mai soffrire. Puoi fidarti, Mindy. E grazie del consiglio- le sorrise.

Mindy ricambiò, e gli fece un cenno di saluto, prima di avviarsi verso un’auto piuttosto lussuosa che la aspettava parcheggiata davanti al bar.

-Mi aspettavo una risposta così. Sono certa che non la farai soffrire. Anche perché…- la rossa si girò nuovamente verso Zen, allargando il sorriso -…se succederà te ne pentirai amaramente- e con quest’ultima non velata minaccia abbellita da un’espressione radiosa, Mindy salì in auto, lasciando Zen completamente basito, ma non completamente sorpreso. Dopotutto, se era la migliore amica di Miriam, Mindy doveva per forza avere un carattere forte a sua volta.

Canticchiando una delle canzoni che lui e Miriam avevano interpretato, Zen iniziò ad avviarsi verso casa, prendendo il telefono per controllare il messenger e scrivere un messaggio a Miriam, magari per augurarle la buonanotte o chiederle se fosse a casa.

Neanche il tempo di scrivere “Avvertimi quando sei arrivata a casa” che Miriam gli aveva già scritto.

“Sono a casa. Buonanotte Zen~”

Zen sorrise tra sé.

“Buonanotte Miriam. Ci vediamo domani”

“Aspetto ancora le pagnotte pesciotte :P”

“Farò di meglio, fidati ;-*”

Zen si sentiva come se avesse appena passato un punto di svolta nella sua relazione con Miriam, e non poteva essere più felice.

 

Martha disegnava su dei tovaglioli piuttosto scomodi immagini di gente scuoiata, il suo modo non convenzionale di gestire lo stress.

Le sembrava di essere ritornata in orfanotrofio, dove uscire dalle quattro mura era punito con una reclusione in uno sgabuzzino ancora più piccolo, che spesso aveva condiviso con Megan e la maggior parte delle volte aveva evitato perché sua sorella si era finta lei. Martha aveva sempre odiato quello sgabuzzino, e aveva odiato il fatto di essere costantemente in debito con sua sorella. Anche se Margo era la prima ad essere in debito con lei, dato che erano finite in orfanotrofio a causa sua.

Martha scosse la testa, cercando di far ritornare il pensiero al presente, ma non fu una buona idea, perché il presente includeva il comportamento di Seven, che iniziava davvero ad irritarla.

I giorni precedenti era stato così simpatico, si erano subito trovati, ma quel pomeriggio, in quella stupida chat sulla pericolosità degli hacker, e in quella successiva dove V aveva fatto la sua comparsa, aveva messo in chiaro che quello che avevano, qualsiasi cosa fosse, doveva finire o essere solo superficiale, e si era esponenzialmente allontanato.

Come se Martha potesse avere paura di qualche agente o qualche hacker.

Avrebbe voluto chiamarlo e rivelargli il suo passato tormentato, affermando con sicurezza che non gli interessava quanto la sua vita fosse pericolosa. Lei voleva stargli vicino.

Almeno essere sua amica, perché sebbene non lo avesse mai visto dal vivo, e ci aveva parlato solo per telefono e per chat, sentiva una connessione che raramente aveva provato con qualcun altro.

Lo capiva, più di quanto credesse possibile, avevano gli stessi gusti e interessi e a volte sembravano leggersi nel pensiero.

Una connessione del genere non l’aveva mai avuta neanche con Margo, e lei era la sua gemella.

Smise di disegnare e si prese la testa tra le mani per riordinare le idee, per poi rassegnarsi al fatto che non avrebbe mangiato pizza, dato che quella casa a quanto pare era in quarantena, e si alzò dal divano per andare a prendere delle patatine e mangiarle per cena. Non le andava di cucinare alcunché, anche se probabilmente cucinare le avrebbe provocato una distrazione per far passare in fretta il tempo sempre più lento.

Almeno adesso aveva Netflix, anche se si stava ancora scaricando e internet era davvero lento.

-Per colpa tua mangerò meno sano che mai, Seven!- disse alla telecamera, indicando il pacchetto di patatine e sedendosi poi sul divano, pronta a vedere il canale delle soap opera in attesa che l’applicazione finisse di scaricarsi. Ormai iniziava ad appassionarsi. E poi chissà, magari Pablo sarebbe tornato con Francisca.

Proprio quando stava per spaparanzarsi, però, sentì bussare alla porta, e sobbalzò così tanto che metà delle patatine finirono per terra.

La località era segreta, teoricamente, quindi le possibilità erano due, o meglio, tre.

O era l’hacker, o era Seven che la stava trollando o un tizio random si era fatto 14 piani per chiedere indicazioni o aveva sbagliato appartamento.

Mise da parte la seconda ipotesi, dato che era piuttosto certa che Seven se ne fregasse altamente di lei, come aveva messo bene in chiaro poco prima nella chatroom, e anche la terza ipotesi le sembrava inverosimile.

Così prese una sedia, con cautela, e si avvicinò alla porta, pronta a gettarla in testa a chiunque osasse avvicinarsi.

-Chi è?- chiese, cercando di apparire indifferente.

-Sono il fattorino delle pizze! È lei la carinissima signorina che ne ha ordinata una alle patatine?- le rispose una voce che riconobbe immediatamente nonostante cercasse di cammuffarla.

Il suo cuore perse ben più di un battito per la sorpresa e l’emozione, e forse morì per qualche secondo, ma ne valse la pena.

Tutta l’irritazione di poco prima sembrò sparire in un istante, e con un enorme sorriso, posò la sedia, e si avvicinò alla porta.

-Una pizza alle patatine? Non ho ordinato nessuna pizza con le patatine- obiettò, fingendosi confusa -Devi aver sbagliato indirizzo- lo provocò.

-Infatti è stato un ragazzo dalla voce idiota ad ordinarla per lei, e mi ha dato questo indirizzo. Conosce un ragazzo dalla voce idiota che risponde al nome di Guerriero di giustizia?- chiese il “fattorino”, con voce seria.

Martha trattenne con difficoltà le risate, e si impose di sembrare professionale.

-Un guerriero di giustizia? Ah, sì, vagamente. È talmente idiota che cerco di dimenticarmi di lui, ma me lo rende difficile. Aspetta, ti apro subito- si affrettò a sbloccare la porta, mentre il fattorino si affrettava a fermarla.

-Non serve posso lasciartela…- ma non fece in tempo a fermarsi, perché Martha aveva già aperto, e tra i due scese il silenzio.

I loro occhi si incrociarono per un attimo, poi il “fattorino” abbassò la testa, ma a Martha non era sfuggito il suo sguardo.

I suoi occhi ambrati che avrebbe riconosciuto fra mille, nonostante fino a quel momento avesse visto solo foto.

Non portava gli occhiali, probabilmente usando delle lenti, e dei folti ricci neri di plastica gli coprivano buona parte del viso, ma non c’erano dubbi su chi fosse, almeno per lei, anche se era convinta che potesse fregare una telecamera di sicurezza.

-Ecco la pizza, signorina!- Seven gliela porse, senza guardarla. Martha ci mise un po’ a prenderla, e fece attenzione a sfiorargli la mano mentre lo faceva.

Lo sentì rabbrividire, e sentì una scarica di energia a sua volta.

-Quanto ti devo?- chiese, fingendo di non riconoscerlo, e appoggiandosi allo stipite.

-Oh, nulla. L’idiota ha pagato già- la rassicurò lui, facendo per chiudere la porta, ma Martha lo fermò.

-Aspetta…- lui si irrigidì, e sollevò lo sguardo su di lei, preoccupato che potesse riconoscerlo.

Martha non sapeva però cosa aggiungere.

L’aveva visto per la prima volta, le aveva portato una pizza nonostante fosse impegnato e l’avesse praticamente mandata a quel paese poche ore prima. Non poteva lasciarlo andare così.

Le doveva almeno una spiegazione, o potevano parlare almeno cinque minuti. Si sarebbe accontentata di offrirgli un pezzo di pizza e mangiare con lui, ma sapeva di non doverlo tradire.

Sospirò, e sorrise.

-Grazie per il tuo lavoro. Buona serata- lo salutò, ostentando una tranquillità e una sicurezza che non le apparteneva minimamente e salutandolo con la mano prima di chiudere la porta.

Poi emise un silenzioso sospiro, e si appoggiò alla porta chiusa, scivolando fino a sedersi.

Seven, dall’altro lato, si prese il volto tra le mani e fece lo stesso, senza trovare la forza di andarsene subito.

Se non ci fosse stata la porta, sarebbero stati schiena contro schiena, e non lo sapevano neanche.

Come coordinati, entrambi si portarono la mano sul petto, sentendo il battito accelerato del loro cuore.

Ed entrambi sapevano che non potevano permettersi quei sentimenti.

Martha doveva restare concentrata sul trovare sua sorella.

Seven non poteva avere relazioni di sorta, specialmente romantiche, a causa del suo lavoro.

Ma era così dannatamente difficile.

 

 

Due anni prima

 

Margo era un po’ all’erta.

Ray sembrava parecchio nervoso, e l’aveva portata in giardino senza avvertirla, nonostante il programma della serata fosse di firmare il famoso contratto che l’avrebbe fatta restare lì.

Margo non era molto convinta della cosa, ma non voleva neanche dubitare di lui, e poi sapeva che sarebbe riuscita a sostenere qualsiasi cosa. Anche una qualche droga o lavaggio del cervello. Il suo corpo reagiva in maniera eccellente a questo tipo di sostanze. O meglio, non reagiva perché le rigettava.

Si guardò intorno cercando di apparire tranquilla e serena, in modo da rassicurare Ray a sua volta, ma lui si torturava le mani e faceva passare lo sguardo da una parte all’altra del giardino, come se temesse qualche visita inattesa o un attentato alla sua vita da un momento all’altro.

-L’ibisco di ieri è ancora lì- commentò Margo, sorridendo tra sé ma non lanciandogli più di un’occhiata per evitare che le facesse perdere la concentrazione.

Ray sobbalzò, come se si fosse appena reso conto della sua presenza.

-Già… è speciale- disse distrattamente, avvicinandosi e torturandosi ulteriormente le mani.

-Margo… ti devo dire una cosa- esordì, senza guardarla negli occhi.

Margo gli si avvicinò, e gli sorrise.

-Dimmi tutto- lo incoraggiò, prendendogli una mano.

Ray arrossì, e cercò di guardarla negli occhi, distogliendo subito lo sguardo. Non scansò la mano, però. Buon segno probabilmente.

-Tu… tu sei dalla mia parte. Sei tanto buona, e gentile, e mi hai promesso che non mi abbandonerai mai…- cominciò a dire, come se dovesse convincersi a fare qualcosa.

-Ma certo, Ray, puoi fidarti di me- lo rassicurò la ragazza, in tono dolce.

Lui la guardò, e le sorrise leggermente, grato delle sue parole.

Poi si incupì nuovamente. I suoi occhi si fecero lucidi.

-Non voglio darti l’elisir. Mi fa soffrire terribilmente, e non voglio che soffra anche tu. Tu sei leale, e gentile, e perfetta. Non ne hai bisogno- disse a denti stretti, stringendole inconsciamente la mano.

Margo doveva ammettere di essere felice della cosa, ma fu altro a colpirla.

-Se fa ti fa soffrire non dovresti prenderlo neanche tu- provò a suggerire, avvicinandosi.

-No, no! Io sono una delusione. Io devo prenderlo, ma tu non devi. Tu sei pura, come la salvatrice. Non ne hai bisogno. Fingeremo che l’hai preso. Così saremo tutti più contenti. E continuerai il tuo lavoro, e andrà tutto bene- disse, cercando di convincersi, e iniziando a mordersi le unghie.

Margo prese anche l’altra mano.

-Andrà tutto bene, hai ragione. Mi fido di te, e farò tutto quello che mi dici- lo assicurò.

Ray la guardò grato, rilassando le spalle.

-Davvero?- chiese conferma.

Margo annuì.

-Sono qui per aiutarti, perché credo in te e non ti considero una delusione- rispose con semplicità.

-C’è un’altra cosa che devo dirti- aggiunse Ray, vergognandosi un po’.

Margo aveva una mezza idea di cosa potesse essere, ma cercò comunque di apparire sorpresa.

-I ragazzi del messenger... non sono AI, sono persone vere. Ma sono cattivi. E pericolosi, e non puoi fidarti di loro, soprattutto di V- la mise in guardia, Margo annuì.

-Lo sospettavo, lo ammetto. Ma tranquillo, sono dalla tua parte, e neanche io mi fido di V. Ha troppi segreti ed è un pessimo capo- ammise, quasi tra sé.

In realtà le piacevano i membri dell’RFA, soprattutto Zen e Jaehee. Era convinta che sarebbe potuta andare molto d’accordo con Seven, ma purtroppo al momento aveva problemi con sua sorella e il pel di carota gliela ricordava troppo. In ogni caso l’RFA le piaceva, ma V le sembrava un capo incostante e troppo pronto a sacrificarsi. Lei era di stampo simile, ma a differenza del turchese evitava che i suoi segreti e le sue bugie influenzassero negativamente le persone che la circondavano. Si era allontanata da sua sorella proprio per questo.

Ray tirò un sospiro di sollievo nel sentire le sue parole.

-Grazie, Margo. Grazie di fidarti di me. Farò tutto il possibile per perfezionare ogni cosa, e per tenerti al sicuro. Lavorerò il doppio, no, il triplo, e ti verrò comunque a trovare. Dormirò un po’ meno e lavorerò di più. Però mi farò una doccia prima di venirti a trovare, non vorrei mai…- Ray iniziò a parlare a vanvera, quasi come Mindy, e Margo gli mise una mano sulla bocca per zittirlo, facendolo arrossire parecchio.

-Non ti sforzare tanto per me, è tutto già perfetto così. Anzi, per rendere tutto migliore mi basterebbe vederti più riposato e tranquillo. Mi piaci molto, Ray. Vorrei che anche tu ti piacessi un po’ di più- cercò di convincerlo, e vide i suoi occhi brillare.

Finalmente iniziava ad ottenere dei risultati.

Purtroppo quel momento di pace non era destinato a durare, perché i due vennero interrotti da una figura vestita con abiti da credente, che si avvicinava verso di loro.

-Saeran. Margo- li chiamò una voce che entrambi riconobbero immediatamente.

Ray sbiancò, Margo strinse in denti. Sperava davvero che V non le avrebbe dato fastidio. Lei preferiva di gran lunga lavorare da sola.

-…V?!- esclamò Ray, mettendosi davanti a Margo con fare protettivo.

-Ero venuto a salvarti, ma penso sia troppo tardi- V si rivolse a Margo, probabilmente notando l’irritazione nel suo sguardo.

-Come sei arrivato qui?! Vattene subito via! Rovinerai tutto! Rovini sempre tutto!- Ray iniziò ad alzare la voce, e a tremare, pallido come un lenzuolo e con le lacrime agli occhi.

Margo concordava.

-Voglio aiutare Ray, non ho bisogno di essere salvata!- affermò Margo con sicurezza, prendendo il ragazzo per il polso spronandolo ad andare via.

Ray si fece trascinare, troppo sconvolto per fare alcunché.

-Aspetta, Margo, non sai…- V provò a fermarla, ma Margo gli lanciò un’occhiata di ammonimento.

-So abbastanza- disse, poi si assicurò che Ray non la stesse guardando, e gli fece cenno di scappare e salvarsi -Ray, torniamo dentro- incoraggiò poi il ragazzo, che la seguì.

V sembrò aver capito, perché non insistette, e si allontanò velocemente.

Fu solo dopo essere tornata in camera, che Margo ricordò a Ray che doveva chiamare qualcuno e avvertirlo. Ma sapeva già che non sarebbero riusciti a catturarlo. Certo, lei era dalla parte di Ray, ma non era minimamente, neanche per un istante, dalla parte di chiunque fosse la salvatrice, perciò era decisa ad aiutare il fronte dell’RFA e salvare allo stesso tempo Ray. 

Magari per lui e il suo gemello la situazione si sarebbe potuta risolvere.

Perché sì, Margo non era stupida, e ci vedeva bene. Aveva capito dalla prima foto che Seven era il fratello gemello di Ray, o Saeran, come V lo aveva chiamato. 

E non era l’unica cosa che aveva capito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ok, ok, ok. 

Punto di svolta per tutti quanti in questo lunghissimo capitolo diviso in tre parti.

Margo non sembra una ragazza sprovveduta, anzi sembra stare lì perché vuole stare lì, ma sarà così anche dopo due anni?

Il party ha una data, e finalmente Martha ha ottenuto ciò che più voleva al mondo: Netflix!

Ma scherzi a parte, se siete curiosi su come si evolveranno le cose, come andrà il pranzo tra Yoosung e Mindy, se Miriam si aprirà con Zen, se Monica e Jumin riusciranno a tornare “amici come prima”, se Jaehee otterrà almeno una vacanza o un appuntamento con Zen (spoiler per la seconda ipotesi, no), se Martha e Seven riusciranno a rivelare tutto, ma soprattutto se volete scoprire se Pablo tornerà con Francisca e se quest’ultima flirterà con Angelica, appuntamento al prossimo capitolo (e a quelli successivi per faccende riguardanti Gorgeous), che arriverà… tra un paio di mesi.

Scusate per lo hiatus improvviso, ma per un po’ vorrei concentrarmi su altri progetti.

Però appena finisco un giorno cercherò di pubblicarlo, sempre diviso in parti.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 11
*** Day 5 part 1 ***


Day 5

part 1

 

Martha aveva vissuto quella scena ormai decine e decine di volte, ma la colpiva sempre come un pugno nello stomaco.

-Ammettilo, ammetti che preferiresti mille volte che io non fossi tua sorella. Sono solo un peso per te, vero?!- le stava urlando contro Margo, in una delle crisi che da tempo Martha aveva imparato a sopportare senza dire una parola, né a Margo, né ad altri.

Era uno dei segreti della sorella che manteneva con più attenzione. Non avrebbe giovato a nessuno sapere che non era perfetta, e che a volte esplodeva.

In un caso normale, Martha l’avrebbe rassicurata dicendo che non era vero e le voleva bene, ma quel giorno, quel maledettissimo giorno, era rimasta impassibile a fissare la sorella sfogarsi, le braccia incrociate e l’irritazione che saliva. Quel giorno, solo quel giorno, era troppo stanca.

-Non commenti, lo sai anche tu che è così e non provi nemmeno a negarlo. Saresti solo meglio senza di me! E io starei dieci volte meglio senza di te- continuava Margo, isterica. Sempre la stessa solfa. Sempre lo stesso copione, e dopo neanche un’ora tornava sempre da lei a scusarsi, la solita, dolce, gentile, perfetta Margo che il mondo idolatrava perché non la conosceva del tutto.

Che buttava la sua frustrazione addosso a Martha, perché tanto Martha era lì per lei. Tanto Martha non si sarebbe mai stancata. Tanto Martha avrebbe sempre accettato tutto con un sorriso rassicurante e parole di conforto.

Ma Martha non era Margo.

Martha aveva un limite. E non era un angelo.

Neanche Margo lo era, a dirla tutta.

-Forse staremmo davvero meglio separate- sussurrò Martha tra sé, scuotendo la testa che iniziava a farle male per tutto quel caos, per tutte quelle critiche di Margo verso lei e sé stessa, per la situazione che non sarebbe mai cambiata.

Per un attimo lo sguardo di Margo sembrò rompersi, sbatté le palpebre un paio di volte, ammutolendosi, ma scosse violentemente la testa e tornò più agguerrita di prima.

-Benissimo, allora me ne vado!- esclamò in tono acuto, prima di dirigersi verso la sua camera, oltre Martha.

-Certo, certo- Martha alzò gli occhi al cielo, massaggiandosi le tempie.

Mentre le passava accanto, Margo le diede una spinta per passare, e Martha perse l’equilibrio.

Solitamente era lì che la scena si interrompeva.

Non questa volta.

Prima che Martha cadesse a terra venne afferrata al volo e rimessa in piedi.

-Margo…- sussurrò sorpresa riconoscendo sua sorella.

Ma non era la Margo che l’aveva spinta poco prima.

Il suo sguardo era determinato, ugualmente duro ma più maturo e calmo.

-Martha, cosa ci fai qui?- chiese, incrociando le braccia.

-Sto venendo ad aiutarti- rispose lei ovvia, con le lacrime agli occhi.

La stanza dov’erano cambiò, e le due sorelle si ritrovarono in una vecchia casa abbandonata.

-Aiutarmi? Credi davvero che potresti mai aiutare me? Sono mille volte meglio di te in ogni cosa, non ho bisogno né voglio il tuo aiuto- le disse Margo in tono perfido.

-Mi dispiace per quello che è successo. Ma io ti voglio bene, Margo. Ti prego torna a casa. Siamo una famiglia- cercò di convincerla Martha, con le lacrime agli occhi. Lo sguardo di ghiaccio della sorella la stava ferendo più di quanto si sarebbe aspettata.

-Una famiglia? E da quando? Tu mi odi, Martha, e avevo ragione a dire che era meglio separarci. Non ti voglio qui. Vattene via!- Margo la allontanò con un braccio e le diede le spalle, pronta ad andarsene.

Ma Martha non demorse.

-Aspetta, ti prego, permettimi di salvarti- insistette, prendendola per le spalle e girandola verso di lei, ma la visione la fece indietreggiare.

Perché alla Margo di prima, la spavalda e sicura di sé, si era sostituita una Margo denutrita, con la pelle scavata, rovinata, e sangue che le colava sul viso devastato. Gli occhi erano vuoti e spenti. Sembrava un cadavere. L’ambientazione cambiò nuovamente e Martha si ritrovò sul tetto dell’orfanotrofio dove le due sorelle avevano vissuto da piccole.

Martha si portò le mani al petto, come a proteggersi da quella visione, quasi senza notare il cambio di luogo, e Margo scosse la testa, accennando un sorriso disperato.

-Salvarmi? Sono passati due anni, sorellina. È troppo tardi- Margo sollevò le spalle -dovevi cercarmi prima- le disse, in tono calmo e rilassato.

Margo iniziò a indietreggiare, fino a trovarsi sul bordo del tetto.

-Sei solo una sporca traditrice- disse infine, prima di buttarsi.

-Margo!- urlò Martha, cercando in tutti i modi di afferrarla, ma era troppo lontana.

 

-Margo!- Martha si svegliò di scatto, sudata e con il fiato corto, la mano davanti a sé come a cercare la sorella.

Si mise a sedere in tutta fretta, dimentica di dove fosse e cosa stesse succedendo.

Mano a mano che i battiti del suo cuore diminuivano di intensità, iniziò a rendersi conto della situazione, e prendendosi il petto e tirando qualche profondo respiro, si rassicurò.

Era un sogno, era solo uno stupido sogno. Non era reale, e non poteva esserlo. Margo stava bene, Martha ne era sicura. Non aveva mai fatto sogni premonitori o che la collegassero alla sorella, prima di quel momento, ed era certa che non aveva iniziato a farli ora.

Ma la tensione non sembrava volersi dissipare.

Forse poteva chiamare qualcuno: Monica, Rachel, Seven, o anche Megan, ora che era tornata.

Prese il telefono, ma cambiò subito idea. Nessuno di loro avrebbe potuto capirla, ad eccezione forse di Rachel, con la quale comunque non parlava. Ed erano le tre del mattino, non voleva svegliare nessuno.

Tenendo il telefono in mano come un salvavita, anche se non credeva che lo avrebbe usato, Martha si alzò in piedi e si avviò nel bagno, per sfogarsi in santa pace senza che qualche telecamera la riprendesse.

Chiusa la porta dietro di sé, si sedette contro di essa e iniziò a piangere, senza riuscire a trattenersi, seppellendo il volto tra le braccia e singhiozzando copiosamente e rumorosamente.

Un paio di minuti dopo un pianto liberatore, le arrivò una chiamata al telefono, che la fece sobbalzare.

Per un istante sperò quasi che fosse Margo, anche se sapeva che il suo desiderio non aveva senso, ma non rimase delusa quando sullo schermo comparve l’immagine di Seven.

O almeno credeva fosse lui. I colori erano quelli, ma senza occhiali e con le lacrime agli occhi Martha non riusciva a distinguerlo chiaramente.

Cercando di darsi un contegno, decise di rispondere comunque, sperando di distrarsi con qualche battuta di cattivo gusto.

-Pronto?- chiese con voce leggermente tremante ma fondamentalmente ferma.

-Stai bene?- le chiese preoccupata la voce inconfondibile dell’hacker.

Il sorriso di Martha raggiunse le sue labbra quasi spontaneamente, non seppe neanche lei il motivo, ma sentire la voce di Seven sembrava averle appena tolto un macigno dal petto.

-Adesso sì- si ritrovò a sussurrare, più tra sé che rivolta all’interlocutore.

-Cosa?- indagò lui, alzando la voce. Probabilmente non l’aveva davvero sentita. Meglio così.

-Sì, sì, sto bene. Perché me lo chiedi? Un momento, avevi detto che non c’erano telecamere in bagno!- Martha iniziò a guardarsi intorno, ma non vide nessuna telecamera nascosta. Non che la sua vista fosse affidabile, in ogni caso. Forse però c’era un microfono. Non ricordava bene ma le sembrava di averne visto uno il primo giorno lì.

Non era nelle condizioni di sforzare la memoria.

-N_no! Nessuna telecamera, ma ti ho visto correre in bagno e non esci da un po’ quindi mi stavo preoccupando. Temevo ti stessi sentendo male. Forse era tardi per la pizza- commentò lui, preoccupato e a disagio.

Martha quasi si commosse sentendo quanto sembrasse tenere a lei, e ricordando la sera prima, le emozioni che aveva provato vedendolo per la prima volta.

Era impossibile descrivere quanto si sentisse più tranquilla, meno sola, e meno pessimista, solo parlando un po’ con lui.

-Nah, reggo la pizza come una campionessa, soprattutto quella con le patatine. A proposito, grazie mille. È stato un gesto davvero carino, non me l’aspettavo- lo ringraziò, cercando di apparire casuale ma tradendo troppa emozione nella voce, che cercò di simulare con un colpo di tosse.

-Oh, beh… mi sembrava poco carino far morire di fame la nostra nuova membra, e poi ammetto di essere stato un po’ freddo, ieri, nel messenger. Il lavoro è davvero stressante- ammise, sospirando.

-Tranquillo, lo immagino. Non preoccuparti e grazie davvero- Martha surclassò la questione confermando la pace fatta, e sentì Seven tirare un sospiro di sollievo.

-Beh, se va tutto bene ti lascio. Immagino che volessi restare sola- cominciò a congedarla il ragazzo, ma Martha lo interruppe immediatamente.

-No, aspetta!- esclamò con fin troppa enfasi, facendolo sobbalzare.

-…cioè, potresti restare in chiamata ancora qualche minuto?- chiese, cercando di non tradire l’ansia che la stava nuovamente assalendo al pensiero di tornare ad essere sola.

Seven rispose dopo pochi istanti.

-Certo- acconsentì, in tono rassicurante.

-Posso farti una domanda strana?- chiese poi la ragazza, un po’ incerta.

-Se c’è una persona a cui puoi fare una domanda strana quella sono io- la buttò sul ridere lui, pronto ad ascoltarla.

Martha ridacchiò.

-Tu credi nei legami tra fratelli?- chiese, senza sapere bene come strutturare la questione.

Infatti Seven non sembrò capire.

-In che senso? Tipo un legame magico di qualche genere?- indagò, confuso.

-Una cosa così, tipo un legame empatico. Soprattutto, sai, quelle cose tra gemelli che si vedono nei film. Che uno sta male e l’altro lo sente, o si riescono a trovare, o… lascia stare, è una sciocchezza, non sei esattamente la persona migliore alla quale posso fare una domanda del genere- ridacchiò tra sé, dandosi mentalmente della stupida per aver aperto quell’argomento proprio con Seven. È che era così naturale parlare con lui.

Per qualche secondo ci fu un silenzio di tomba, tanto che la ragazza pensò quasi che la conversazione fosse caduta, o che l’interlocutore si fosse addormentato, ma poi lui rispose, più serio di quanto Martha avrebbe creduto possibile.

-Non lo so, ma vorrei tanto crederci. Sarebbe stupendo avere la certezza che tuo fratello stia bene, anche se siete lontani e non potete vedervi. Sentirti comunque vicino a lui, in qualche modo. Come ritrovare la tua altra metà- commentò, il tono carico di rimpianto. A Martha venne un terribile dubbio.

-Seven, hai un fratello?- chiese, in un sussurro che però fu sentito chiaramente dall’altro lato della cornetta.

Seven si affrettò a negare.

-No, certo che no. Sono completamente solo. Parlavo per te. Deve essere bello poter sapere che tua sorella sta bene, da qualche parte, e non le è successo niente. Nel senso, spero che a tua sorella non sia successo niente e sarebbe bello che un qualche sensore magico tra gemelli te lo dimostrasse, ma perché questa domanda molto strana?- cambiò argomento in fretta. Martha decise di non indagare.

-Ho avuto un incubo- ammise, sospirando.

-Oh… capisco- commentò Seven. Dal suo tono Martha si rese conto che lo capiva davvero.

-Non è una novità, ho i più disparati incubi. Questo qui lo sogno spesso, da ben due anni, ma questa volta è stato diverso. Ho visto Margo, e lei mi odiava, mi spingeva via. E poi ho provato ad aiutarla ma lei mi ha detto che è troppo tardi e…- Martha si interruppe, senza sapere come continuare.

-E se fosse davvero troppo tardi?- chiese poi a Seven, con voce spezzata -Se non la trovassi più? Non voglio perdere mia sorella, Seven, sarebbe solo colpa mia- ricominciò a singhiozzare, cercando di non farsi sentire troppo da Seven per non apparire debole ai suoi occhi, ma lui non sembrava considerarla tale. Martha non lo sapeva, ma aveva le lacrime agli occhi a sua volta. Cercò di farsi forza per lei.

-Non è colpa tua- le disse in tono fermo.

-Seven, tu non sai cosa è successo, non puoi…- cercò di obiettare lei, ma il ragazzo era deciso a dimostrarle che non era responsabile.

-È venuta qui due anni fa e stava bene. Poi è scomparsa due anni fa. Da allora io e V abbiamo cercato in tutti i modi di ritrovarla. Se le è successo qualcosa sarebbe solo colpa nostra, non tua. E sono piuttosto certo che non le sia successo niente, perché tu sei qui, perciò l’hacker non ha finito con lei. E la salveremo, Martha, te lo prometto- la rassicurò, in tono fermo ma estremamente dolce.

Martha respirò profondamente per calmarsi. Ci mise alcuni secondi a rispondere, ma quando lo fece, la sua voce era calma e piena di gratitudine.

-Grazie, Seven. Grazie davvero. Sono davvero felice che mi hai chiamato. Giuro che domani tornerò la meme queen che conosci- cercò di stemperare la tensione, ora che lei si era calmata.

Sentì Seven ridacchiare, sollevato.

-Ci conto, abbiamo tanti scherzi da fare a Yoosung insieme- le suggerì, facendola ridacchiare a sua volta.

-Oh, certo, e tante puntate di Gorgeous da vedere. Spero davvero che in una di queste Francisca e Angelica flirtino almeno vagamente- aggiunse la ragazza, pensando alla stupida soap opera che finalmente poteva vedere su Netflix.

-Tienimi aggiornato- si fece promettere Seven, che iniziava ad interessarsi a sua volta ma non aveva tempo di dare un’occhiata alla serie.

-Assolutameeeaaauuuhhhh- Martha fu interrotta da un rumoroso sbadiglio, e Seven si affrettò a chiudere la conversazione.

-Dovresti andare a dormire- le suggerì, divertito -Ti aspettano tante chatroom le cui notifiche ti arrivano nonostante il silenziatore- le ricordò, facendola sbuffare.

-Prima o poi mi devi togliere il bug. Ma dato che mi hai aiutato, per questa volta non mi lamenterò. Vado a dormire. Grazie ancora della chiamata- Martha si alzò e si stiracchiò leggermente, ancora non del tutto pronta ad uscire perché non voleva farsi vedere con gli occhi così rossi.

-Ci lavorerò, promesso. Appena finisco lavori più urgenti che dovrei fare in questo momento- le promise.

-Cerca di dormire almeno un paio d’ore- cercò di suggerirgli Martha, anche se sospettava non avrebbe avuto effetto.

-Non posso fare promesse. A domani allora?- la salutò.

-A domani- rispose Martha, chiudendo la conversazione. Poi si lavò il viso per togliere le tracce di lacrime.

Neanche il tempo di uscire dal bagno, che una nuova chatroom attirò la sua attenzione.

Alzò gli occhi al cielo, ma decise comunque di dare un’occhiata per vedere chi fosse.

Rimase piuttosto sorpresa quando notò che nessuno era online.

Decise di entrare e investigare un po’, anche se dovette sforzare la vista al massimo per mettere a fuoco le immagini nello schermo.

 

Martha è entrata nella conversazione

??

Unknown: Tua sorella è viva

 

Martha sentì il sangue gelarsi nelle vene, e si guardò intorno come controllando che non fosse spiata. La chatroom era buggata, piena di glitch e codici. Doveva chiamare Seven, doveva subito chiamare Seven.

Prima che potesse uscire dalla chatroom, però, lo sconosciuto continuò a scrivere, fermandola sul posto, in bagno, dove Seven non poteva guardarla.

 

Unknown: Credi davvero che l’avrei lasciata morire quando posso usarla contro di te? Se vuoi che sopravviva devi fare come ti dico io

Unknown: E se provi a riferire di questa piccola conversazione a 707…

Unknown: Non serve che ti dico cosa succederà alla tua cara sorellina

Farò quello che vuoi ma non farle del male!

Unknown: Ora ragioniamo. Per il momento organizza il party. Mi farò sentire io

Unknown: E cerca di dormire. Hai un aspetto davvero orribile e ho bisogno di pedine in salute

Va al diavolo

Unknown: Sono in paradiso in realtà ma questione di punti di vista immagino

Unknown: Ricorda quello che ti ho detto

▫︎▫︎▫︎▫︎ è uscito dalla conversazione

 

Qualcosa, in quel testo, le fu stranamente familiare, ma non capì cosa, ed era decisamente troppo stanca per pensarci.

E anche estremamente sollevata.

Probabilmente l’hacker voleva metterle timore con quei messaggi, ma in realtà l’aveva solo rassicurata, anche se non le piaceva l’idea che potesse spiarle il telefono o vedere dalle telecamere.

Silenziò il telefono e tornò in camera, decisa a dormire per essere più vigile il giorno successivo.

Non aveva intenzione di dire niente a Seven.

Aveva legato molto con lui, e si fidava del suo talento e delle sue buone intenzioni. L’ultima cosa che avrebbe voluto fare era il doppio gioco tradendo la sua fiducia. Ma Margo era la sua massima priorità.

Margo sarebbe sempre venuta al primo posto.

E non poteva ancora saperlo, ma Seven era la persona che più avrebbe potuto comprendere e condividere la sua scelta.

 

Jumin si svegliò con una sensazione non molto positiva. Neanche Elizabeth 3rd che salì sul letto accanto a lui miagolando affettuosamente riuscì a togliergli quella brutta sensazione dalla testa. Cercò di ignorarla, come faceva con ogni altra sensazione sgradevole che lo colpiva ogni tanto, soprattutto quando vedeva suo padre in compagnia dell’ennesima opportunista, e la gente che baciava il terreno dove camminava solo per i suoi soldi e il suo potere.

Era abituato a sentirsi così e ad ignorare la cosa, perciò iniziò a prepararsi come al solito, commentando anche con Elizabeth quanto fosse fastidioso dover scegliere ogni volta la cravatta da indossare per il giorno.

-Forse dovrei assumere qualcuno che scelga la cravatta per me, che ne dici, Elizabeth?- chiese al gatto, che miagolò in risposta.

Per qualche strano motivo, a Jumin venne in mente l’immagine di Monica che sceglieva la cravatta per lui, ma cercò di eliminarla dalla sua mente. Monica era sua amica, o almeno avrebbe voluto considerarla tale, non poteva pensare di assumerla per un ruolo tanto effimero e rendere il loro rapporto strettamente professionale. Già sembrava tale, dato che la donna continuava a dargli del Lei.

Jumin sospirò, ed Elizabeth si strusciò contro la sua gamba come a confortarlo.

Forse doveva chiamarla.

Un momento, lei gli aveva dato il suo numero, il giorno prima, poteva chiamarla sul serio. Così almeno anche lei poteva salvarsi il suo numero, dato che al momento non lo possedeva.

Dopo essersi preparato il più in fretta possibile Jumin riprese la giacca del giorno prima, che per fortuna non era ancora stata messa a lavare, e recuperò il biglietto che Monica gli aveva messo in tasca.

La scrittura della ragazza era elegante e ordinata, esattamente come lei e come Jumin se la ricordava. Prese il cellulare e compose il numero, che salvò. Poi chiamò la vecchia compagna di università, che rispose dopo due squilli.

-Pronto, qui Monica Collins, chi parla?- chiese la ragazza in tono professionale anche se leggermente affannato.

-Ciao Monica, sono Jumin, volevo assicurarmi che questo fosse il tuo numero- rispose lui con il solito tono formale e impassibile.

-Jumin? Ciao!- esclamò la donna con tono emozionato, ma tornò normale subito dopo, rendendosi conto di essere stata troppo esuberante nella risposta -È un piacere sentirti. In effetti volevo chiamarti, ma purtroppo non avevo il tuo numero- 

-Chiamarmi? Per quale motivo?- indagò Jumin curioso e stranamente felice della notizia.

-Ho ancora la tua giacca, quella che mi hai dato sabato. Posso passare in ufficio più tardi a riconsegnartela?- si spiegò Monica.

La giacca, giusto. Jumin gliel’aveva lasciata proprio per forzare un futuro incontro, dato che era certo al 100% che l’onesta Monica avrebbe fatto di tutto per riconsegnargliela, ma il suo piano gli era passato di mente. Era felice che comunque stesse funzionando.

-Mi ero dimenticato della giacca. Puoi passare quando vuoi, non ho impegni improrogabili- la informò in tono casuale, preparandosi a disdire ogni impegno per essere preparato ad accogliere la giornalista.

Monica sembrò quasi leggergli nel pensiero, perché, dopo un paio di secondi di silenzio, parlò in tono rassegnato.

-Mi accorderò con l’assistente Kang su un orario in cui sei libero, così non dovrai prorogare i tuoi impegni.- 

Ah, quindi il numero dell’assistente Kang ce l’aveva, mentre il suo no? A Jumin non sembrava giusto, ma non fece commenti. Aveva rimediato dopotutto.

-Se non troviamo un orario potrei sempre lasciare la giacca a lei- continuò poi Monica, pensierosa.

Eh, no! Jumin voleva vederla. Non sapeva neanche lui perché, ma voleva vederla.

-Preferirei che me la consegnassi tu stessa- obiettò lui, leggermente infastidito.

Sentì Monica ridacchiare sommessamente.

-Va bene, ma non cancellare impegni per me- si fece promettere.

-Sei rimasta la solita- commentò Jumin, quasi sbuffando.

-Eravamo amici per questo, no?- lo sfidò lei.

Per un attimo sembrarono nuovamente i due ragazzi dell’università.

Poi Monica tornò quella che era nel presente.

-Oh, purtroppo devo chiudere la chiamata, sono in metropolitana e non prende in questo tratto. Ci vediamo più tardi, Jumin- lo salutò in fretta.

-A più tardi, Monica- rispose lui, e chiuse la chiamata con un sorriso.

Elizabeth lo guardava con occhi brillanti.

-Era Monica- la informò Jumin, e lei miagolò in risposta.

-Presto ti porterò di nuovo da lei. Sei stata bene, ieri. Sapevo che ti sarebbe piaciuta- Jumin si abbassò per accarezzarla, e lei fece le fusa e miagolò come a dargli ragione. Jumin era orgoglioso di quanto bene sembrasse capire il suo gatto, e del rapporto che c’era tra loro.

Nonostante il risveglio non fosse stato dei migliori, dopo la chiamata e le coccole si sentiva decisamente rasserenato, e iniziò ad avviarsi verso la porta quasi di buonumore.

Buonumore non destinato a durare, perché mentre lui sistemava alcuni fogli da portare in ufficio, qualcuno bussò.

Jumin rimase interdetto.

Chi poteva essere? A quell’ora, senza preavviso e sopratutto alla sua porta e non fermato dalle guardie del corpo all’ingresso.

Forse era l’assistente Kang? Era già pronto a dirle che Monica era la massima priorità per quando l’avesse chiamata, ma purtroppo non era l’assistente Kang.

Dalla porta fece il suo ingresso una donna di bell’aspetto e abiti costosi, con lunghi capelli magenta e occhi castano chiaro simili per colore a quelli di Monica ma del tutto privi della sua dolcezza e circondati da uno strato esagerato di trucco.

-Permesso… Jumin!- lo salutò con occhi brillanti e un sorriso sfavillante.

Jumin rimase completamente bloccato sul posto, interdetto ed estremamente confuso. Non la degnò nemmeno di una risposta, e probabilmente se non fosse rimasto congelato avrebbe già chiamato la sicurezza per far scortare fuori la non gradita sconosciuta ospite.

-Sorpresa!- esclamò la suddetta, emozionata come una bambina il giorno di Natale -Sono venuta per farti una sorpresa, eheh- 

Jumin cercò di ragionare. Non aveva idea di chi potesse essere quella sconosciuta, ma forse, se era riuscita ad entrare, doveva lavorare lì. Magari era la cameriera? 

-Mi scusi, lei è la cameriera? In tal caso se vuole parlarmi di qualcosa dovrebbe fissare un appuntamento con la mia assistente- la informò, tornando a sistemare le sue cose e perdendosi lo sguardo indignato della donna.

-Jumin! Sono Sarah! …non sai nulla?- chiese lei, sorpresa. O forse fingendo di esserlo, perché appariva decisamente esagerata.

Jumin sollevò nuovamente lo sguardo verso di lei, e inarcò un sopracciglio.

-Sarah?- chiese, confuso. Non aveva mai sentito quel nome in vita sua, quindi non era una sua dipendente, dato che i loro nomi li conosceva tutti a memoria, anche se la maggior parte di essi non li aveva mai visti di persona.

-Sì, Sarah. Non sai davvero nulla?- ora invece che sorpresa appariva quasi infastidita.

Ma mai infastidita quanto Jumin, che dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non dare a vedere la sua frustrazione, anche perché Elizabeth era in un angolo e osservava la nuova venuta con occhi ridotti a fessure e la coda che si muoveva da tutte le parti.

-Mi perdoni ma non ho mai sentito tale nome. Le guardie di sicurezza l’hanno fatta passare?- indagò, per niente soddisfatto dal loro operato.

-Sì, ho nominato il presidente Han e mi hanno aperto le porte- sorrise Sarah, che al contrario era estremamente soddisfatta e non sembrava aver capito il grado di irritazione che Jumin stava raggiungendo, che aumentò di un’altra tacca appena sentì nominare suo padre.

-Il… presidente Han?- chiese per avere conferma, sorpreso. Un conto era che pranzassero insieme, ma ora gli inviava le sue nuove fiamme a fare conoscenza direttamente a casa sua? Era inaccettabile, ma cosa gli diceva la testa?!

-Beh, se non hai sentito parlare di me è meglio che mi presenti- finalmente Sarah sembrò essere vagamente ragionevole, era ora che si presentasse. Anche se Jumin era convinto che fosse semplicemente la nuova fiamma di suo padre.

Solitamente quel tipo di donne si rivelavano essere solo questo. Anche se era più giovane delle solite donne.

-Ho incontrato tuo padre, ieri, e mi ha riferito che gli piacerebbe molto se noi due…- Sarah indicò lei e Jumin -… ci fidanzassimo. Pensavo che lo sapessi in verità. Così sono venuta a salutare il mio promesso sposo. Sarebbe strano non conoscerci prima di spendere il resto delle nostre vite insieme- Sarah era sempre più emozionata e su di giri mano a mano che parlava. Sembrava risucchiare la vitalità di Jumin, che al contrario era sempre più ammutolito e quasi pallido mano a mano che ascoltava quello che non poteva essere altro che un delirio o uno scherzo di cattivissimo gusto. Come se suo padre potesse davvero prometterlo in sposo a una sconosciuta senza neanche dirglielo. L’idea era del tutto assurda.

Mentre Jumin cercava di ritrovare la calma, e soprattutto le parole per cacciare via la donna nel modo più galante ma allo stesso tempo fermo che gli fosse possibile, Sarah continuava a parlare, e commentare su quanto fosse bello, affascinante, di buona famiglia, carismatico e altri futili complimenti che Jumin non si diede la pena neanche di ascoltare.

Ritornò alla realtà quando Sarah iniziò ad accarezzargli il petto commentando quanto gli stesse bene il suo vestito, e si allontanò di scatto.

-Mi scusi, ma non apprezzo che nessuno mi tocchi- specialmente sconosciute probabilmente pazze che si sono infilate in casa mia senza neanche chiedere il permesso. 

Sarah fu presa in contropiede dalla sua freddezza, ma non si lasciò scoraggiare.

-Oh, certo. Capisco. Ci potremmo conoscere gradualmente. Immagino che adesso tu sia un po’ confuso e magari anche imbarazzato, dato che non hai parlato con tuo padre. Lei mi ha detto che sei molto formale- Sarah si fece esageratamente comprensiva, non toccandolo ma cercando di avvicinarsi sempre di più con sguardo civettuolo.

-Lei?- chiese Jumin, confuso. Ecco, aveva perso la testa e ora pensava che suo padre fosse una donna. Certo, non che avesse la testa a posto in primo luogo.

-Glam Choi. Siete andati a pranzo insieme, sabato, giusto? Tuo padre ti ha anche regalato una penna con un diamante perché sembravi nervoso. È un uomo così generoso- le nuove informazioni provocarono un nodo allo stomaco di Jumin, che iniziò a temere che non fosse tutto uno scherzo, perché sarebbe stato decisamente troppo elaborato.

Certo, tutti sapevano, grazie a chiunque fosse il giornalista che aveva fatto trapelare la notizia, che lui e suo padre avevano pranzato con Glam Choi, ma erano davvero in pochi ad essere a conoscenza del regalo che suo padre gli aveva fatto alla fine della cena.

Doveva assolutamente parlare con lui, e non poteva continuare a confondersi le idee ascoltando quella donna superficiale e falsa.

-Non ho sentito assolutamente nulla su di lei, perciò temo- ed era davvero felice di informarla -che dovremo posporre questo incontro. Sono anche in ritardo per il lavoro- cercò di congedarla, finendo di ordinare i fogli e lanciando un’occhiata preoccupata ad Elizabeth che era ancora sospettosa e aveva il pelo leggermente ritto.

-Oh, posso venire con te? Devo incontrare tuo padre, dopotutto- nonostante Jumin l’avesse informata che odiava il contatto fisico, Sarah gli prese il braccio stringendosi a lui, e facendo soffiare Elizabeth contro di lei.

Jumin si affrettò a togliersi dalla sua presa e avviarsi verso la porta

-No, grazie- aprì la porta e le fece cenno di andarsene.

-Capisco, sei timido- Sarah gli fece un occhiolino e iniziò ad avviarsi verso la porta.

Prima che uscisse, a Jumin venne un’illuminazione.

-A proposito, potresti dirmi che guardia di sicurezza ti ha fatto entrare?- indagò, deciso a dare indicazioni precise a tutte le guardie di non far mai più entrare lei o qualsiasi donna che si presentasse come lei senza avvertirlo a meno che non volessero perdere il posto su due piedi.

-La guardia di sicurezza? Ti sembra importante in questo momento? È il nostro futuro ad essere importante in questo momento- Sarah sbatté le ciglia e gli sfiorò la guancia con le unghie laccate di smalto magenta.

Jumin rabbrividì disgustato.

-Non fa niente. L’importante è che tu esca il prima possibile da casa mia. Magari chiedi alla guardia che ti ha fatto entrare di accompagnarti fuori e digli di venire da me. Arrivederci- Jumin l’accompagnò con galanteria fuori e poi le chiuse letteralmente la porta in faccia, facendola rimanere di sasso e parecchio stizzita.

Una volta solo in casa sua, rivolse il suo sguardo verso Elizabeth, che ricambiò lo sguardo e sembrava seccata quanto lui. Jumin sospirò, e si avviò verso la cucina, seguito dalla sua fedele gatta e unica compagna della sua vita, per quanto lo riguardasse.

Vino, aveva disperato bisogno di vino.

Mentre cercava una bottiglia sentì il telefono squillare.

Lo prese in fretta sperando fosse Monica, ma purtroppo era solo l’assistente Kang.

In effetti era in ritardo per il lavoro, ma non gli interessava minimamente. Prima di uscire voleva assicurarsi di non incontrare quella donna appostata fuori e voleva scambiare due parole con le guardie di sicurezza.

Non rispose al telefono e continuò a cercare la bottiglia.

 

Jaehee Kang è entrata nella conversazione

Jaehee Kang: Signor Han, se vede questo messaggio la prego di venire presto in ufficio, oggi ha tantissimi impegni improrogabili, tra cui una presentazione molto importante.

707 è entrato nella conversazione

707: SOS!!! ALLARME HACKER!!! ALLARME HACKER!!!

Jaehee Kang: Se questo è uno dei tuoi soliti scherzi ti prego di piantarla. 

Devo attirare l’attenzione del signor Han e sarà difficile se spammi nel messenger.

707: Purtroppo non è uno scherzo.

Jaehee Kang: Cosa?! Non ci voleva. Spero che almeno sia lo stesso.

707: Penso di si, sto lavorando come un matto per recuperare i server ai quali ha avuto accesso. 

Ieri c’è anche stata una chatroom molto preoccupante verso le tre del mattino, ma sembra del tutto vuota, 

tranne per la presenza di Martha. In realtà spero che lei acceda per chiederle direttamente.

Jaehee Kang: Non ti ho mai visto così serio. La faccenda è davvero così grave?

707: Non lo so. È questo il problema. Non ho dormito tutta la notte per indagare ma non ho trovato niente. 

707: Questo hacker è più bravo di me T.T

Martha è entrata nella conversazione 

So di non potermi lamentare, ma oggi sono davvero stanca, ho estremamente bisogno di dormire Dx

Jaehee Kang: Martha, questa è un’emergenza. Puoi leggere i messaggi sopra?

Wow, Seven, hai reclutato Jaehee? Bella mossa! O forse hai hackerato il suo telefono?

707: Non è uno scherzo, leggi i messaggi sopra

Ok ok

Oh… 

707: Allora, cosa è successo in quella chat?

Jaehee mi dispiace che Jumin non viene a lavoro

707: Martha, nascondi qualcosa?

Giusto, la chat. In realtà non ho visto nulla. Sono entrata per sbaglio mentre cercavo di mettere la torcia del telefono

Non ci vedo senza occhiali

E poi sono uscita subito

707: E non c’era nessuno con te?

Non ho controllato, ero stanca, Seven

Mi dispiace di non esserti d’aiuto, se mi viene in mente qualcosa di strano ti farò sapere.

707: Va bene, non è che mi aspettassi tanto. Forse sono solo paranoico perché non ho dormito

Jaehee Kang: Ora che ci penso, stanotte mi è arrivata una strana mail. Solitamente gli spam vengono bloccati, ma questa mail è passata, ed è molto strana

707: Passamela. Ci darò un’occhiata.

707: Jumin Han, ho una richiesta anche io quando sarai online: potresti mandare delle guardie del corpo a proteggere i membri dell’RFA?

O.O

Jaehee Kang: Sei così preoccupato da questo hacker?

707: Forse sono solo paranoico perché non ho dormito, ma ho un brutto presentimento.

Un momento, e io? L’indirizzo è un segreto, no? 

707: Ti controllerò tramite le telecamere, sei al sicuro

707: Spero

707: Probabilmente non è nulla ma meglio essere sicuri

707: Torno a fare controlli

707 è uscito dalla conversazione

Seven non lavorare troppo

Oh è già uscito

Inizio a spaventarmi

Jaehee Kang: Tranquilla non succederà niente di grave. Luciel scherza molto ma è bravo nel suo lavoro

Jaehee Kang: Se sei stanca dovresti dormire

Spero di riuscirci

Buon lavoro 

Jaehee Kang: Spero che il signor Han risponda al telefono e venga in ufficio 

Lo spero anche io per te

Ciao Jaehee

Martha è uscita dalla conversazione

Jaehee Kang: Torno a lavoro anche io

Jaehee Kang è uscita dalla conversazione 

 

 

Di tutte le mattine in cui Jumin poteva arrivare in ritardo, quella era la peggiore. Jaehee aveva la scrivania sommersa da fogli di carta, almeno dieci chiamate indirizzate al suo capo alle quali non poteva rispondere, e un nuovo progetto richiesto dal Presidente Han in persona.

Il telefono squillò per l’ennesima volta, da parte di un dipartimento con il quale doveva collaborare al nuovo progetto.

-Sì, pronto? Sì, sono l’assistente Kang, no, il signor Han non c’è, vuole lasciare un messaggio?- professionale, Jaehee prese l’ennesimo post-it e segnò l’informazione. Dovevano contattare al più presto Taehee Kim dell’associazione del caffè per farsi sponsorizzare nel nuovo progetto.

A Jaehee, onestamente, il nuovo progetto non dispiaceva particolarmente.

Il caffè era una delle sue grandi passioni, nonché fonte di sostentamento primaria da quando aveva iniziato a lavorare per la C&R.

In realtà dall’università… forse anche dal liceo.

No, no, al liceo preferiva andare a camminare in montagna per combattere lo stress e svegliare il cervello.

Ah, bei tempi, quando aveva ancora una madre e del tempo libero.

Jaehee scosse la testa, finì di scrivere il messaggio, che poi aggiunse alla pila di altri messaggi per il signor Han che iniziava a formarsi, e riattaccò al telefono.

Poi sospirò, stanca, prima di sbloccare il computer per ricercare il numero di quel tipo. Forse poteva parlarci direttamente lei, senza chiedere l’approvazione del signor Han, dato che era una faccenda riguardante un altro dipartimento.

E poi chissà, poteva essere un papabile invitato per il party. Oltre alla lady dei bracciali e alla rappresentante dell’associazione che proteggeva le assistenti, non ne aveva consigliati molti altri.

Chissà come se la stava cavando Martha, sola nell’appartamento, a rispondere alle mail e invitare gli ospiti, senza neanche le guardie del corpo a proteggerla da un eventuale attacco dell’hacker.

Jaehee non capiva affatto il perché di tanta segretezza. Certo, l’indirizzo era segreto, e c’erano delle informazioni pericolose che Rika non voleva far scoprire in giro, ma… Rika non c’era più, da due anni e mezzo, e V non sembrava affatto intenzionato ad andare avanti, pensare alle informazioni o cambiare la sua leadership in modo che l’RFA fosse più sicura e aperta.

In realtà V non si faceva vedere da parecchio, ormai. Poco dopo la scomparsa di Margo, anche lui aveva smesso di comparire, anche se continuava a scrivere messaggi e a chiamare, assicurando tutti che stava bene e che la stava cercando.

Certo che la sua vita era complicata.

E doveva ancora indagare con Megan a proposito delle due gemelle. Con tutto il lavoro che aveva, e nel tentativo di essere più discreta possibile, Jaehee non aveva ancora introdotto l’argomento.

E dubitava che avrebbe avuto il tempo di introdurlo tanto presto, con il lavoro e le chiamate che si accumulavano.

Inviò una mail al signor Kim per richiedere un appuntamento, e controllò un attimo i messaggi del cellulare personale notando che c’era una notifica.

Pensava potesse essere il messenger, sperava con tutto il cuore fosse Jumin che la rassicurava che stava arrivando prestissimo e le avrebbe anche dato un giorno di vacanza (wow, questo sì che era un sogno irrealizzabile), ma non rimase delusa quando notò che il messaggio fosse da parte di Megan.

Era la persona che aveva più piacere di sentire, in quel momento.

 

Megan

Heyyyyyy

Sei libera per pranzo?

Cos’è la libertà?

Cos’è un pranzo?

Giornata super piena?

Non puoi immaginare quanto

Il signor Han non si è ancora presentato in ufficio e abbiamo un nuovo progetto da cominciare

O.O

Ti sono vicina con il cuore

Il tuo supporto è molto apprezzato

Non ho il tempo neanche di andare al distributore a prendere un panino

Ti porto qualcosa io!

Dimmi solo quando hai mezzo secondo libero per prendere il cibo dalle mie mani

Non voglio farti venire fino a qui solo per portarmi il pranzo, quando non posso neanche godermelo con te

Ma figurati! Tanto non ho molto da fare. Ancora non trovo neanche un lavoro part-time

Mi fa piacere portarti il pranzo

Dimostro di essere una buona fattorina ;)

Se non ti dispiace, allora accetto la tua gentilezza, grazie

Mi salvi proprio la vita

Mangiare è importante!

Io quando non mangio divento una iena!

Peggio di quando non mi danno il caffè

A proposito, grazie ancora per il caffè stamattina

Mi sveglio presto, è un piacere

Ho perso il conto di quanti te ne devo

Nessuno!

Mi fai stare a casa tua, offrirti il caffè è il minimo

E poi mi sveglio sempre presto, quindi non mi costa assolutamente nulla prendere due caffè al posto di uno

Cioè… mi costa qualche soldo in più, ma ho parecchi risparmi da parte, e qualche centinaio di won non mi fanno né caldo né freddo ;D

Beh, ti ringrazio

Mi hai risollevato l’umore

Quando vuoi io sono qui!

Se hai bisogno di parlare male del tuo capo

O se vuoi un caffè

O qualsiasi altra cosa

Megan Delivery al tuo servizio ^^

Sei un angelo!

Devo andare

Boss arrivato

L’aquila è nel nido!

Ci vediamo dopo

Ti porto il pranzo

 

Jaehee tolse il telefono e tornò a lavorare, un po’ imbarazzata nell’essersi quasi fatta beccare al cellulare.

Controllò le email e salutò il signor Han appena passò davanti alla sua scrivania, alzandosi in piedi con rispetto.

E poi accollandosi per informarlo degli ultimi avvenimenti.

Neanche il tempo di dargli le prime informazioni, che il diavolo veste Gucci la interruppe con la frase più terrificante e pericolosa che potesse uscire dalla sua bocca dopo lo spaventoso “Oggi deve tenermi Elizabeth 3rd tutto il giorno”.

Frase in questione si rivelò la seguente: 

-Assistente Kang, cancella tutti i miei appuntamenti per la giornata!-

Jaehee impallidì.

-Signor Han, questo non è possibile, abbiamo tre meeting improrogabili e una videoconferenza con l’ufficio della sede di Londra che è stata organizzata mesi fa. Non posso cancellare questi impegni- provò a dissuaderlo, supplicante.

Jumin sbuffò, seccato.

-Va bene, disdici tutto ciò che non è fondamentale. E non disturbarmi in ufficio per nessun motivo- Jumin provò a congedarla, e si avviò nell’ufficio molto più nervoso del solito.

Jaehee non aveva idea di cosa avesse, ma maledì chiunque l’avesse reso così intrattabile.

Già quella giornata era tremenda, non ci voleva anche un capo completamente bipolare!

-Oh, signor Han, ha anche chiamato la signorina Collins. Le dico di prendere un appuntamento nei prossimi giorni?- chiese Jaehee come ultima cosa, dando la priorità a Monica rispetto agli altri impegni da prorogare in quanto sua amica.

E poi poteva chiedere a Megan di darle la brutta notizia al posto suo, dato che si conoscevano.

Perché era ovvio che Jumin non avrebbe mai accettato che Monica…

-No! La signorina Collins può venire quando vuole. E assicurati che venga di persona nel mio ufficio!- Jumin la sorprese sia per la sua risposta che per il tono in cui la disse, mille volte più gentile e con quasi un… sorriso? No, Jaehee aveva sicuramente visto male.

Ma Jumin sembrava essere misteriosamente diventato un’altra persona parlando di Monica Collins.

Jaehee fu quasi in procinto di chiedergli chiarimenti, ma si riprese quasi subito. Non aveva il tempo di immischiarsi nella vita privata del suo capo.

-Deve anche approvare alcune proposte di…- Jaehee continuò ad informarlo circa il programma del giorno, prendendo i vari post-it per ricordare ogni cosa.

Jumin tornò immediatamente nervoso, e non sembrò neanche ascoltarla mentre entrava in ufficio e cercava una bottiglia di vino.

Jaehee sospirò.

Quella sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ne è passato di tempo, scusate!

Non che in molti leggano questa storia, mi sembra, ma per chi sta leggendo questo capitolo e aspettava il seguito da un secolo… scusami!

In realtà il capitolo era pronto da un po’, ma mi mancavano tre o quattro punti di vista e non avevo l’ispirazione per scriverli, con tutti i progetti che ho in sospeso!

Ma mi è tornata la voglia.

E per tre settimane, ogni mercoledì, avrete un pezzo del giorno 5! (diviso in tre parti perché troppo lungo).

Di nuovo un capitolo chilometrico, ma inizia la trama vera. ^^’

Ovvero quella presa dal gioco, unita a qualcosa di mio.

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Capitolo 12
*** Day 5 part 2 ***


Day 5

part 2

 

Mindy era molto fantasiosa. Essendo cresciuta nelle quattro mura dell’orfanotrofio con poca libertà e limitata scelta di cose da fare, la sua immaginazione si era sviluppata molto. Non era brava a scrivere, o a disegnare, perciò sviluppava questa immaginazione parlando e cucinando, ma in quel momento non poteva fare nessuna delle due cose, perciò la sua mente spaziava largamente in tutte le possibilità che le si prospettavano per quel pranzo, per il quale aveva preparato dei cupcakes a tema di animali, dato che Yoosung stava studiando per diventare un veterinario perciò Mindy sperava gli piacessero.

E stava aspettando il ragazzo in mensa spaventata che potesse non presentarsi e vestita il più carina possibile senza esagerare.

Avrebbe tanto voluto parlare con Miriam per farsi rassicurare, ma lei aveva saltato le lezioni per suonare al parco, perciò era effettivamente sola e sarebbe stata sola con Yoosung. Sembrava quasi un appuntamento.

Un appuntamento di pranzo con la sua cotta con la quale aveva parlato per la prima volta solo un paio di giorni prima.

Sembrava così surreale.

E Yoosung non si faceva vedere da nessuna parte.

-Mindy, sei sola? Posso pranzare con te?- le chiese una voce familiare raggiungendola con un vassoio pieno di cibo che si era preparato da solo.

-Minho, ben rivisto. Mi dispiace ma sto aspettando qualcuno. Puoi sederti però se vuoi. Il tavolo è grande- gli rispose Mindy, salutando con uno dei suoi ampi sorrisi il capo del club di cucina, che aveva visto un paio di ore prima e che l’aveva osservata tutto il tempo che aveva impiegato a preparare i cupcake.

-La tua amica?- indagò Minho, sedendosi accanto a lei -Sai, sei molto carina, oggi, ti sta bene quel vestito- si complimentò Minho, sedendosi accanto a lei.

-Grazie, sei molto gentile. A dire la verità sto aspettando…- proprio mentre Mindy spiegava che Miriam non c’era e che si era organizzata con Yoosung, quest’ultimo fece la sua comparsa affannato, e iniziando a cercare la ragazza nella mensa.

Tutti i dubbi di Mindy si dissiparono immediatamente, e fece un cenno a Yoosung di raggiungerla, ampliando il sorriso che divenne quasi accecante.

Quando Minho vide il ragazzo si rabbuiò leggermente, ma fece finta di niente, e si limitò ad avvicinarsi con la sedia a Mindy, che troppo concentrata a farsi notare da Yoosung non se ne accorse.

-Scusa il ritardo, il professore oggi ha fatto un quiz a sorpresa e ci ho messo parecchio a consegnarlo. È stata una tortura- si lamentò Yoosung, sedendosi davanti alla ragazza e riprendendo fiato.

-Mi dispiace tanto. Non preoccuparti del ritardo, non ho fretta. Ho fatto dei cupcake per dopo. Vuoi aspettare un po’ prima di servirci alla mensa? Se vuoi ti prendo io un vassoio così riprendi fiato. Dimmi solo cosa vuoi. Aspetta ti prendo un bicchiere d’acqua- Mindy si affrettò a controllare le sue condizioni, ignorando completamente Minho e cambiando posto per mettersi accanto a Yoosung, a cui iniziò a fare aria con la mano.

-No, tranquilla. Sto bene. Riconsegnerà i quiz questo pomeriggio e non voglio davvero pensarci per il momento. Possiamo prendere i vassoi se vuoi- Yoosung cercò di darsi un tono e apparire forte, anche se apprezzò tantissimo le preoccupazioni della ragazza, che gli procurarono un enorme batticuore e le guance troppo rosse per essere normali.

Mindy si alzò di scatto, pronta ad andare a prendere da mangiare.

-Certo, andiamo. Minho, puoi controllarci le borse?- chiese poi al ragazzo, ricordandosi che era al loro stesso tavolo.

Con una voglia di vivere sotto i tacchi, Minho annuì, fulminando Yoosung con lo sguardo e mangiando con veemenza il suo riso.

-Oh, ciao Minho. Non ti avevo visto- lo salutò Yoosung con un timido sorriso, che scomparve una volta che vide gli occhi assassini del capo del club di cucina, che non rispose nemmeno.

Yoosung così seguì Mindy un po’ confuso ma cercando di non pensarci, e i due si misero in fila dietro a un sacco di altre persone, e iniziarono a chiacchierare.

Quando tornarono al tavolo, Minho aveva già finito, e li aspettava con occhi che mandavano scintille.

-Grazie Minho, sei un vero amico- Mindy posò il vassoio e gli sorrise riconoscente.

Minho smise di guardare storto Yoosung e si rivolse a lei, addolcendo lo sguardo.

-È stato un piacere, qualche volta dovremmo pranzare insieme. Io purtroppo per oggi ho finito- le propose, lanciando poi una veloce occhiata di sfida a Yoosung, che non capì e si limitò a sedersi con il suo vassoio.

Mindy alzò le spalle. 

-Sai qual è il mio tavolo, puoi sederti quando vuoi. Oh, vuoi un cupcake? Per ringraziarti- gli offrì i dolci, e Minho ne prese uno, e ne diede un morso prima di alzarsi.

-Sono deliziosi, sei sempre la migliore- si complimentò con dolcezza, prima di andarsene.

Mindy gli fece un cenno, poi tornò con tutta l’attenzione su Yoosung, iniziando a mangiare.

-Spero che ti piaceranno, li ho fatti prima di pranzo quindi sono freschissimi- gli disse indicando i cupcake, con grande speranza.

-Sono sicurissimo di sì. Sei bravissima con i dolci. Quei biscotti con gocce di cioccolato erano i migliori che avessi mai mangiato- si complimentò Yoosung, arrossendo leggermente e facendo arrossire anche lei.

-Vorrei solo che non li avessero usati per farti uno scherzo. Come stai oggi? Il latte al cioccolato non ti ha fatto male, vero?- chiese, iniziando a mangiare. Yoosung fece lo stesso.

Iniziarono a parlare del più e del meno, spaziando tra cucina, scuola e hobby. Yoosung scoprì che la ragazza aveva appena iniziato l’università, major di legge, anche se non era del tutto convinta del suo futuro, che amava gli animali, la cucina, le sue amiche e non era una fan della carne, infatti voleva diventare vegetariana ma voleva aspettare di andare via di casa.

Avevano alcuni esami generali in comune, perciò Yoosung le propose di aiutarla per quanto poteva, nonostante non fosse proprio il migliore per darle una mano. Era comunque una buona scusa per vederla di nuovo.

Le prestò anche un libro che le poteva essere utile per l’esame intermedio che avrebbe avuto in un paio di giorni.

Passarono così tanto tempo a parlare, che non si resero conto che la mensa man mano si svuotava, e rimasero praticamente da soli, senza contare il personale e qualche ritardatario che approfittava del pranzo per ripassare.

-Adoro la forma a criceto di questo cupcake. Sarà una sofferenza mangiarlo- stava commentando Yoosung, tenendo il mano l’ultimo cupcake che gli spettava, che sembrava guardarlo con occhi da cucciolo.

Dopo essersi fissati per qualche secondo, Yoosung cedette, e lo porse a Mindy.

-Non ce la faccio, è troppo carino!- si lamentò, facendo ridacchiare la ragazza, che finse di accarezzare il dolce a forma di criceto.

-Il nostro piano ha funzionato Floppy, adesso sarò io a mangiarti, muahahahah- finse di essere un genio del male, e diede un piccolo morso al cupcake.

-No, Floppy!- si dispiacque Yoosung melodrammatico, facendo ridere Mindy al quale il dolce andrò quasi di traverso.

-Hey, stai bene?- si preoccupò subito Yoosung sentendola tossire, e tirandole qualche pacca sulla schiena.

-Oh, sì, sì. Vendetta di Floppy- sminuì Mindy, arrossendo leggermente al contatto del ragazzo contro la sua schiena.

-Mi è appena passata tutta l’empatia nei confronti di questo cupcake. Non mi interessa quanto è adorabile, non può farti male!- Yoosung lanciò un’occhiataccia al cupcake, e Mindy lo guardò intenerita.

Il loro pranzo poteva essere interrotto in molti modi. Minho era in procinto di andare a chiamare Mindy al club di cucina, anche se si tratteneva per non sembrare geloso e possessivo. Gli inservienti prima o poi dovevano chiudere la mensa e iniziare a pulire, ma c’erano ancora alcune persone che dispiaceva loro disturbare. Yoosung aveva una lezione a breve, ma di certo preferiva restare ancora un po’ con Mindy.

Alla fine vennero interrotti dal motivo più improbabile, ma non necessariamente il peggiore.

Un uomo in abito scuro e occhiali da sole, con un fisico importante, taglio molto corto e un auricolare, fece il suo ingresso in mensa, attirando l’attenzione di tutti quelli che erano rimasti e avvicinandosi al tavolo di Yoosung e Mindy, osservando qualcosa sul suo telefono.

Yoosung e Mindy lo osservavano a loro volta, il primo preoccupato e già istintivamente pronto a difendere Mindy, la seconda ad occhi socchiusi come a cercare di riconoscere la figura, per niente allarmata.

Arrivato al loro tavolo, l’uomo si tolse gli occhiali, rivelando due enigmatici occhi scuri, e guardò Yoosung con attenzione.

Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Mindy interruppe il silenzio, alzandosi in piedi eccitata ed esordendo con un -Dae!- che sorprese non poco Yoosung, soprattutto perché fu accompagnato da una confidenziale pacca sulla spalla.

La figura sorrise intenerita a Mindy.

-Salve signorina Cooper, sono felice di trovarla qui- le si rivolse.

-Come va il lavoro? Mi è dispiaciuto tanto quando mio padre ti ha congedato- chiese Mindy, facendo conversazione -Vuoi un cupcake? Ho dato un morso ma è molto piccolo. Purtroppo è l’ultimo rimasto- gli offrì poi Floppy, e per quanto tentato, l’uomo in abito scuro dovette rifiutare.

-Grazie mille signorina Cooper ma sono qui per lavoro. Lei è il signor Yoosung Kim?- chiese poi a Yoosung, che annuì leggermente spaventato.

In sua difesa bisogna dire che non era entrato nel messenger quella mattina, quindi non sapeva né dell’allarme hacker né della richiesta a Jumin di dare guardie del corpo a tutti quanti.

-Io sono Daejung, e sono stato mandato dal signor Han per farle da guardia del corpo finché l’allarme nell’RFA non cesserà- spiegò. Yoosung impallidì. A Mindy si spense il sorriso e lanciò un’occhiata preoccupata al ragazzo.

-Allarme, che allarme?!- chiese lui, prendendo in fretta il telefono e controllando gli ultimi messaggi in chat.

-Sono informazioni confidenziali di cui non sono a conoscenza. Fuori c’è la mia equipe, ma sarò io a seguirla ovunque- rispose Daejung senza dare risposte vere e proprie.

-Tutto bene, Yoosung?- chiese Mindy mettendogli una mano sulla spalla mentre Yoosung osservava i messaggi.

-Sì, è solo per sicurezza- Yoosung tirò un sospiro di sollievo. -Sicuramente niente di grave- 

Anche Mindy sospirò rassicurata, poi gli sorrise incoraggiante.

-Sono certa che andrà tutto bene. E poi Dae è fantastico, ti ci troverai bene- Mindy fece un’occhiolino alla guardia di sicurezza, che non riuscì a trattenersi dal sorridere.

-Suvvia, signorina Cooper, mi farà arrossire- obiettò, imbarazzato.

-Lo sai che è vero!- insistette Mindy -Ricordi lo scandalo di circa due anni fa sul primo ministro che poi è stato arrestato? Aveva minacciato la mia famiglia perché mio padre si è rifiutato di aiutarlo ed è stato Dae a proteggermi, è davvero bravo- spiegò Mindy.

Yoosung rimase a bocca aperta.

-Ti ha minacciato? Stai bene?- chiese, preoccupato.

Ricordava quello scandalo, era successo gli stessi giorni in cui Margo era scomparsa, e proprio quando il primo ministro aveva approcciato l’RFA. Era stato uno shock quando era trapelata la notizia dei suoi loschi affari, e per qualche motivo Seven non era entrato nella chatroom per almeno un mese se non sporadicamente per assicurare tutti di stare bene.

-Oh, certo! È acqua passata. Infatti quando il pericolo è stato scampato mio padre ha congedato Dae e la sua equipe e li ha consigliati al signor Han. Il signor Han è suo cliente da anni, in realtà tutta la sua famiglia è sua cliente, penso. Non so tutti i clienti di mio padre, comunque Dae ha trovato un nuovo lavoro e a me non è successo niente quindi tutti contenti… tranne l’ex primo ministro, in effetti. Ma se lo meritava, era una persona deplorevole!- si spiegò Mindy con la solita esuberanza.

-Aspetta… conosci Jumin Han?- chiese Yoosung, facendo un po’ di confusione tra le priorità.

-Non di persona. So che è cliente di mio padre. E lo so perché speravo che Dae avesse un buon nuovo lavoro- rispose Mindy -Tu conosci il signor Han? È anche lui nell’associazione benefica di cui fai parte?- indagò Mindy, curiosa.

-Sì, ma che lavoro fa tuo padre?- ricambiò l’indagine Yoosung, che era convinto che Mindy fosse una ragazza semplice come lui e con tutte quelle cose iniziava a credere che fosse ai livelli di Jumin in quanto a ricchezza e potere e l’idea non lo rendeva sereno. Non che fosse spaventato da queste cose, ma non si sarebbe sentito alla sua altezza.

Lui era un ragazzo semplice è anche un po’ sfigato, in effetti. Non aveva neanche mai avuto una ragazza… un momento, perché ci pensava? 

-Mio padre è un…- iniziò a dire Mindy semplicemente, ma venne interrotta da Miho, arrivato in mensa da pochi minuti.

-Mindy! Abbiamo bisogno di te al club- la incoraggiò a venire, facendola sobbalzare.

-Cosa? Che ore sono?- Mindy guardò l’orologio e rimase sorpresa -Non mi aspettavo fosse già così tardi. Grazie per il libro, Yoosung. Ci sentiamo più tardi- Mindy mise in borsa il libro che Yoosung le aveva prestato per studiare e lanciò il cupcake a Daejung, che lo prese al volo dando prova dei suoi riflessi allentati.

-Signorina Cooper…?- provò a chiedere spiegazioni lui, ma lei lo interruppe.

-Un regalo da parte mia. Proteggi Yoosung- lo incoraggiò, prima di salutare entrambi e seguire Minho in cucina.

I due rimasero a fissare la porta per qualche secondo, poi Daejung decise di mangiare il cupcake. Come tutti quelli che avevano assaggiato i dolci di Mindy era davvero un grande fan della sua cucina.

-Che lavoro fa suo padre?- chiese poi Yoosung alla guardia del corpo, un po’ preoccupato.

-Non posso rilevare informazioni sui miei precedenti datori di lavoro, mi dispiace signor Kim- tacque lui, professionale nonostante stesse mangiando un dolce a forma di criceto.

-Ma me lo stava per dire- obiettò Yoosung.

-Segreto professionale- insistette Daejung.

Yoosung sospirò, rassegnato, e si alzò diretto a lezione.

-Comunque grazie di tenermi d’occhio- gli sorrise, anche se lo metteva parecchio in soggezione.

-Signor Kim… non faccia soffrire la signorina Cooper, siamo intesi?- Daejung gli lanciò un’occhiata penetrante, e Yoosung si affrettò ad annuire.

-Non ne ho la minima intenzione. È una ragazza fantastica- alzò le mani allontanandosi di qualche passo dalla guardia del corpo, che tornò normale.

-Bene, tanto la tengo d’occhio- concluse, iniziando a seguirlo.

Yoosung sperava che l’allarme hacker si concludesse il prima possibile.

Mentre Yoosung si avviava in classe, Mindy aveva raggiunto la cucina, ma invece di lavorare aveva iniziato a descrivere con dovizia di particolare il pranzo appena vissuto a Miriam, tramite centinaia di lunghi e confusi messaggi.

Miriam purtroppo non era online, ma Mindy sapeva che avrebbe letto tutto, anche se preferiva di gran lunga ascoltarla.

Non sapeva certo che Miriam stava vivendo un pranzo ugualmente particolare e pieno di emozioni.

 

Infatti era con Zen in un fast-food americano poco distante dal parco.

Zen aveva raggiunto la ragazza nel solito posto dove suonava, e dopo una generosa mancia e qualche complimento ben piazzato, aveva convinto Miriam a pranzare con lui.

In realtà non aveva dovuto sfoggiare abilità retoriche di certo livello, gli era bastato usare la parola magica “hamburger” per convincerla immediatamente, e sebbene inizialmente Miriam fosse preoccupata dalla possibilità che qualcuno lo riconoscesse e iniziasse a far circolare dei rumors, chiacchierando amabilmente e mangiando cibo spazzatura, si era gradualmente tranquillizzata, e ora non sembrava avere la minima intenzione di andarsene, nonostante ormai avessero finito da parecchio i loro pasti.

-Sono decisamente combattuta- Miriam interruppe una lamentela di Zen sul nuovo ruolo che doveva fare.

-Per quale motivo?- chiese lui, sinceramente curioso, prendendo un sorso dalla sua bibita.

-Da un lato concordo che vista la tua allergia il ruolo di un gatto non è fatto per te…- cominciò Miriam. Zen starnutì di riflesso sentendo la parola “gatto”, ma non ci diede tanto peso -…dall’altro credo che un’immagine di te con le orecchie e la coda sia la quintessenza della perfezione e la cosa più bella che potrei mai vedere- concluse la ragazza, con enfasi, facendo quasi strozzare l’interlocutore che arrossì e ridacchiò.

-Se è per te posso farlo, non c’è alcun problema- si affrettò ad acconsentire, facendo brillare gli occhi di Miriam, che si sfregò le mani, malefica.

-Assicurati di mandarmi una foto di te in costume- si fece promettere.

Zen le fece un occhiolino.

-Sarà fatto, ci puoi giurare. Sappi che se ti dovessi mai sentire giù ti manderò tutti i selfie che vuoi- 

Miriam si leccò le labbra pregustando la fangirlaggine, poi però sembrò riflettere su una cosa, e si rabbuiò leggermente.

Puntò il dito contro Zen, e parlò in modo serio.

-Attento con queste proposte. Ci sono molte fan che se ne potrebbero approfittare, e non puoi permetterti scandali solo perché sei troppo generoso- 

Zen sorrise, intenerito dalla sua preoccupazione.

-Non lo propongo a molte fan, lo sto proponendo solo a te. Siamo amici, no? Lo hai detto tu stessa. E sappi che mi tengo stretti i miei amici, soprattutto se sono interessanti come te- la rassicurò, con sincerità.

Miriam non trattenne un sorriso, e si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, felice dell’affermazione.

-Sai…- cominciò a dire, con un po’ di esitazione, senza guardare Zen negli occhi ma giocherellando con la cannuccia della sua bibita -… non ho molti amici. E mi va benissimo così in realtà. Insomma… non ho neanche mai avuto amici maschi. Si può dire che sei il primo- ammise, arrossendo appena -Devo ammettere che è una bella sensazione essere diventata tua amica. Ed è anche più semplice che…- si interruppe di scatto, arrossendo appena.

Sebbene fosse stato buttato dolcemente nella friendzone, Zen non poté fare a meno di sorridere al pensiero di essere il suo primo amico maschio. Perché significava comunque si essere importante per lei.

-Sono felicissimo anche io. Sai, stavo pensando, ti andrebbe di…- la proposta di Zen venne interrotta da una telefonata dal tempismo davvero incredibile.

-Scusa un secondo- Zen controllò il numero. Purtroppo era il suo agente, quindi doveva rispondere. Miriam lo fece fare e cominciò a controllare il telefono per non immischiarsi nella conversazione.

Sorrise tra sé notando che Mindy le aveva lasciato più di duecento messaggi, che iniziò a leggere.

Un nome, però, attirò completamente la sua attenzione.

-Echo Girl? No, a dire il vero non l’ho mai sentita. È una cantante? Beh, sarà comunque un piacere lavorare con lei- stava infatti dicendo Zen, parlando con il suo agente.

Miriam lo guardò a bocca aperta.

Lavorare con Echo Girl? No, non era possibile.

Di tutte le cantanti emergenti e giovani proprio Echo Girl? Decise di aspettare la fine della chiamata per chiedere sottili chiarimenti. Forse il suo agente lo aveva informato che Echo Girl avrebbe preso il ruolo della protagonista del musical per il quale si stava preparando? Non era un po’ giovane per interpretarla? Miriam cercò di non tirare conclusioni affrettate, e quando Zen chiuse la chiamata, lo guardò con sguardo interrogativo, senza dare a vedere di aver sentito granché della conversazione.

-Scusa, dovevo proprio rispondere, dicevamo?- Zen cercò di riprendere la conversazione da dove l’aveva lasciata, senza ricordarsi che stava per fare una proposta a Miriam, ma lei non aveva intenzione di lasciar cadere l’argomento, e indagò, cercando di risultare discreta.

-Buone notizie? Qualche informazione in più sul musical Dandelion?- chiese Miriam, cercando di mettere ordine alle priorità. Valeva la pena vedere un musical di Zen se Echo Girl era la protagonista? Doveva chiedere a Zen quanto fosse importante il suo personaggio per decidere.

-Oh, in realtà…- Zen sembrava un po’ restio a dare l’informazione, ma osservando la curiosità di Miriam, alla fine cedette -… il mio agente mi ha detto che è arrivata una proposta per un nuovo musical, che avrà la sua prima tra molto poco, quindi dovrò abbandonare Dandelion, probabilmente. È una grandissima produzione, forse è davvero l’occasione di una vita. Ho il ruolo del protagonista insieme a Echo Girl, una cantante. Non so se la conosci. Hanno chiesto di me espressamente, senza neanche l’audizione, quindi…- giustificandosi forse più a sé stesso che a Miriam, Zen le spiegò grossomodo quello che gli aveva detto il suo agente al telefono, e mano a mano che andava avanti il sorriso di Miriam diventava sempre più falso, fino a spegnersi quasi del tutto.

-Che ne pensi? È una grossa opportunità, vero?- chiese poi Zen, rivolgendosi all’amica.

Miriam ci mise un po’ a trovare le parole. Cercò di aumentare il sorriso, che però era poco autentico.

-Io… beh.. è una buona opportunità sicuramente. Pensavo che fossi più coerente con gli impegni che hai preso, ma… sì, io… probabilmente avrei fatto lo stesso se fossi stata in te. Congratulazioni!- Miriam gli diede una veloce pacca sul braccio, poi iniziò a sistemare le cose nella borse come se stesse per andarsene.

Zen capì immediatamente che qualcosa non andava, e le prese delicatamente il polso per fermarla.

Miriam sollevò lo sguardo verso di lui, aspettando che dicesse qualcosa.

-Non sembri molto convinta di quello che dici- Zen sospirò -So che dovrei tener fede all’impegno preso, ma è un’occasione imperdibile, e non abbiamo neanche iniziato le prove di Dandelion. Non posso rifiutare. Anche il mio agente me lo ha fatto capire- cercò di giustificarsi.

Miriam scansò la mano con la scusa di sistemarsi una ciocca di capelli che le stava andando sul viso.

-Probabilmente ha ragione. Anche se probabilmente se io fossi il tuo agente mi sarei informata meglio su Echo Girl prima farti accettare il ruolo- 

Zen, durante il pranzo, aveva scoperto che Miriam studiava relazioni pubbliche proprio in vista di diventare la propria agente, e aveva anche scherzato sul fatto di assumerla, perciò non fu sorpreso di questa presa di posizione. Fu molto più sorpreso dal commento su Echo Girl. E anche un po’ infastidito, a dire il vero. 

-Conosci Echo Girl?- chiese, cercando di comprendere il motivo di quell’ostilità, anche se la domanda risultò un po’ scettica, e Miriam la interpretò in un modo decisamente diverso. Più come un “Se non conosci Echo Girl non puoi permetterti di giudicarla”. 

Non voleva litigare, né rispondergli per le rime condividendo tutto quello che aveva passato per colpa di Echo Girl, perciò Miriam si limitò a stringere i denti e cercare di calmarsi e stare dalla parte di Zen.

Non erano affari suoi con chi recitava. Anche se erano affari suoi gli spettacoli che vedeva. Si segnò mentalmente di non vedere dal vivo quello spettacolo, sebbene fosse una grande produzione con Zen come protagonista. Le scene romantiche che sicuramente erano presenti lo toglievano definitivamente dalla sua lista di papabili musical.

-Diciamo che non sono una sua fan, e dai pochi ruoli che le ho visto interpretare non è la migliore attrice del mondo, tutto qui. Ti ripeto che sicuramente hai fatto bene ad accettare. Probabilmente mi rode che in fin dei conti non ti vedrò vestito da gatto- Miriam ridacchiò, alleggerendo la tensione e apparendo sorprendentemente naturale.

Zen si rasserenò, e sorrise a sua volta.

-Sono disposto a farti uno show privato se ci tieni così tanto- propose, cercando di andarle incontro per non rischiare che lei se la prendesse con lui.

Miriam ci pensò un po’ su.

-Si può organizzare- gli fece un occhiolino, poi controllò l’orario sul telefono.

-Credo di aver riposato abbastanza. Devo continuare a cantare. Ci sentiamo per messaggio, Zen- Miriam prese la borsa e la chitarra e si alzò.

-Vuoi che ti accompagno?- si propose Zen, alzandosi a sua volta. 

-Non preoccuparti, hai un nuovo ruolo da preparare. Grazie per il pranzo. Sono stata davvero bene- Miriam lo salutò con la mano e si diresse verso l’uscita.

Zen rispose al saluto, sperando di non aver fatto un casino accettando il ruolo.

Il fatto che Miriam aveva cercato di andargli incontro era positivo, però. Significava che ci teneva, no?

Zen lo sperò.

 

-Puoi dare a me la giacca. Gliela consegnerò io- fu praticamente la prima cosa che l’assistente Kang disse a Monica, appena la giornalista entrò nella sala dove aveva svolto le interviste, qualche giorno prima. Sembravano passate settimane.

E anche la sala aveva un’atmosfera diversa, o forse era solo Monica ad essere molto più nervosa e a vederla in modo diverso.

-Grazie della proposta, assistente Kang, ma preferirei consegnarla di persona, al signor Han. Per ringraziarlo di avermela prestata- provò ad opporsi Monica, stringendo inconsapevolmente la giacca a sé. Aveva bisogno di vedere Jumin, e poi lui aveva insistito per vederla, le sembrava indelicato non mantenere la promessa.

-È molto gentile da parte tua, ma il signor Han è parecchio nervoso oggi, e per il tuo bene sarebbe meglio consegnare la giacca a me- le rivelò Jaehee, in tono confidenziale.

Monica rimase di stucco.

-Nervoso? Cosa è successo?- non riuscì a fare a meno di indagare. Era l’istinto da giornalista che era in lei, e il minimo gossip, in quel momento, le avrebbe fatto davvero comodo.

-Non lo so, e se lo sapessi non potrei dirtelo, mi dispiace. So solo che il lavoro è peggio del solito- si lamentò Jaehee, prendendosi la testa tra le mani.

-Mi dispiace. Correrò il rischio e gli porterò la giacca di persona, così non perderai tempo- le propose Monica, con un grande sorriso incoraggiante.

Jaehee non obiettò, e le indicò la porta dell’ufficio del signor Han.

-Entra pure, ma ti consiglio di restare il meno possibile- le suggerì, tornando alla sua scrivania.

Monica non sapeva cosa aspettarsi, e bussò alla porta dell’ufficio, sperando di non disturbare troppo.

-Assistente Kang, le ho detto di non disturbarmi- arrivò la voce, chiaramente irritata, di Jumin.

-Sono la signorina Collins, a dire il vero- rispose Monica cercando di trattenere un sorriso. Per un attimo le era sembrato proprio il Jumin universitario.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Jumin parlò in modo molto più gentile. Sembrava quasi un’altra persona.

-Entri pure, la stavo aspettando- la incoraggiò.

Monica non se lo fece ripetere due volte, anche perché alcuni impiegati vicini alla porta le lanciavano parecchie occhiate curiose e maliziose.

La prima cosa che notò arrivando nell’ufficio di Jumin, fu la bottiglia di vino semivuota sul bordo della scrivania, e il bicchiere posato accanto, ancora pieno per metà del liquido rossastro.

Poi spostò lo sguardo su Jumin, e constatò che sebbene non fosse brillo, gli mancava davvero poco, e il suo sguardo sembrava perso e preoccupato.

Durò solo un attimo, perché appena la vide le sorrise, anche se un po’ forzatamente.

-Bentornata, Monica- la salutò, lasciando stare le formalità, ora che erano soli.

Monica decise di fare altrettanto, anche se le sembrava scorretto, vista la nuova situazione che si era andata a creare quella mattina in ufficio. Cercò di non pensarci.

-Buongiorno, Jumin. Sono venuta a riportarti la giacca, ed è stato difficile venire di persona- ammise, porgendogliela. Jumin la prese lentamente, come se cercasse di trattenerla il più possibile. 

Sicuramente era solo un’impressione di Monica.

-Perché? Giornata difficile in ufficio?- indagò, confuso.

-No, ma mi è stato sconsigliato di portartela di persona perché sei nervoso oggi- confessò Monica, squadrandolo in cerca di segreti, ed evitando accuratamente di fare il nome dell’assistente Kang.

-Eppure avevo espressamente detto all’assistente Kang che volevo che venissi di persona- si irritò lui, incrociando le braccia e indovinando immediatamente chi avesse avvertito Monica.

-Cosa è successo, Jumin?- indagò Monica, preoccupata per lui, e avvicinandosi per mostrargli tutta la sua partecipazione.

Seppellì in un angolo della mente la vocina che la stava insultando facendole capire che la sua preoccupazione aveva un doppio fine.

Jumin sospirò, e si abbandonò sulla sedia, a disagio.

-Non ne sono del tutto certo- ammise, senza guardarla. Il suo sguardo si soffermò su una foto di suo padre messa sulla scrivania. Sembrava perso e decisamente vulnerabile.

Cercò di riprendersi.

-Probabilmente è a causa del nuovo progetto di mio padre. Tutto l’ufficio è in fermento per questo nuovo progetto che ha a che fare con il caffè. Ogni volta che mio padre inizia un nuovo progetto porta solo rogne- iniziò a lamentarsi, massaggiandosi le tempie, irritato. Monica provò un enorme moto di empatia nei suoi confronti. E una sensazione al petto che non riuscì a definire. Era certa però che si sentisse onorata che Jumin si fidasse a tal punto di lei da sfogarsi in quel modo.

Lo lasciò parlare, ascoltandolo attentamente.

-Fossero progetti a lungo termine, ma non danno vantaggi alla compagnia. Li fa solo per la sua ragazza. Non pensa minimamente agli effetti futuri- continuò lui.

Monica lanciò un’occhiata alla foto di Elizabeth sul muro, e non riuscì a trattenere un sorrisino divertito.

-Senti chi parla- commentò. Jumin si girò a guardarla, confuso.

-Non fai lo stesso per Elizabeth 3rd?- gli fece notare. Poi aggiustò il tiro, notando che Jumin non sembrava proprio in vena di confrontarsi con il padre -Dico solo che a volte un progetto può essere un modo di mostrare il proprio affetto. Certo, un modo non convenzionale, ma almeno non intacca troppo le altre persone- provò a fargli notare, incoraggiante.

Jumin scosse la testa.

-Intacca eccome le altre persone. E poi non è la stessa cosa. Io non venderei mai mio padre per il mio gatto- commentò l’uomo, prendendo un sorso dal bicchiere.

Monica sgranò gli occhi.

Cosa significava quella frase?

Jumin sembrò rendersi conto di ciò che aveva insinuato, e si affrettò a tornare sui suoi passi.

-Dimentica quello che ho appena detto. Tutto quello che ho appena detto. Non avrei mai dovuto sfogarmi con te- si scusò, sospirando, e tornando professionale.

Monica non riuscì a trattenersi da sfiorargli la mano con la propria, per dargli un minimo conforto.

-Puoi dirmi tutto quello che ti senti, Jumin. Non esitare a chiedermi aiuto, se ne hai bisogno. Sono a tua completa disposizione- gli assicurò, guardandolo negli occhi e cercando di trasmettergli tutto l’affetto che provava per lui da otto anni.

Di primo acchito Jumin si irrigidì, sorpreso dall’improvviso ma non  invasivo contatto, poi intrecciò le dita con quelle di Monica, e si sentì subito meglio.

-Grazie, Monica. So di potermi fidare di te- sussurrò, quasi tra sé.

Monica sentì una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco, che identificò subito come senso di colpa. Fu come un pugno di massima forza.

Prima che potesse trovare un modo di scappare da quella situazione per fare un punto della situazione, un salvagente le venne gettato contro prima che potesse annegare.

Salvagente che si mostrò sotto forma di Jaehee Kang, che entrò nell’ufficio in tutta fretta, senza neanche bussare.

-Signor Han, l’ospite per il meeting è in anticipo, e la sta aspettando nella sala conf…- si interruppe di scatto notando che Monica era ancora lì. 

Per fortuna i due si erano ricomposti e si erano lasciati prima che Jaehee sollevasse lo sguardo. 

Monica si affrettò ad alzarsi, approfittando dell’interruzione.

-La ringrazio ancora per l’aiuto, signor Han. Le auguro buon lavoro e arrivederla- gli fece un rispettoso cenno con il capo, e prima che Jumin potesse rispondere era già scappata via, in tutta fretta.

Quando finalmente tornò a respirare l’aria esterna, il labbro sanguinava abbastanza da averle già macchiato la camicia. 

Si sedette su un muretto e cercò di asciugare il sangue.

Raramente si era trovata così in difficoltà come in quel momento, e la colpa era tutta di Ian Kwan. Quel dannato giornalista di serie B!

Monica si prese la testa tra le mani, cercando di riordinare le idee, ma non era destino che restasse sola a lungo.

-Monica! Non mi aspettavo di ritrovarti qui- la salutò una voce energica molto conosciuta.

Monica alzò la testa, e cercò di ricomporsi in fretta, salutando con un sorriso molto forzato la nuova venuta.

-Ciao, Megan! Neanche io mi aspettavo di vederti qui. Come va?- chiese, cercando di apparire naturale.

L’espressione seria che Megan assunse non appena le vide il viso le confermarono che non era riuscita nel suo intento.

-Va tutto bene, è successo qualcosa?- chiese l’atleta, avvicinandosi e sedendosi accanto all’amica. In mano aveva del cibo, che mise accanto a sé.

Monica sospirò.

-Ho un dilemma morale- ammise, seppellendo il volto tra le mani.

-Oh…- Megan non era affatto esperta al riguardo, ma decise di provare comunque ad aiutarla -Parlarne di solito aiuta- cercò di proporle, offrendosi come spalla su cui sfogarsi.

Monica era solita rifiutare ogni tipo di aiuto, non volendo disturbare il mondo con la propria presenza, ma era troppo in difficoltà per non accettare, e poi Megan era l’unica persona che conosceva una piccola parte della storia.

-Ricordi il mio amico universitario?- chiese, introducendo l’argomento.

Megan annuì.

-Certo, il pezzo di fango che se n’è andato lasciandoti una lettera e ha fatto sparire le sue tracce senza neanche scomodarsi a salutarti di persona- affermò, con una traccia di disgusto malcelato.

Monica era tentata di lasciar perdere, dopo quella descrizione. Non era sbagliata, ma dubitava che Megan potesse aiutarla in modo imparziale.

Decise comunque di provarci.

-Ecco… diciamo che è una persona importante, adesso- continuò, cercando di non rivelare troppo. Era piuttosto certa che se Megan avesse scoperto che il “pezzo di fango” era Jumin Han, sarebbe entrata alla C&R e l’avrebbe preso a parole fino a farsi arrestare. O forse l’avrebbe preso a pugni. O entrambe le cose.

-Ovviamente. Sono sempre i peggiori ad essere importanti. Che ha fatto? Ti ha minacciata? Ti ha ricattata? Vuoi che lo meni?- si propose, protettiva.

-No, no, nulla di tutto questo. L’ho incrociato qualche giorno fa e abbiamo parlato. Niente di ché. Ma un mio collega ha fatto una foto, e ora il mio capo sa che ho un “passato” con lui, per così dire. E mi ha detto che se non scrivo un articolo su di lui entro lunedì approfittando delle mie conoscenze, mi licenzia- spiegò, con le lacrime agli occhi, mordendosi il labbro e facendo sgorgare sempre più sangue.

Megan rimase a bocca aperta per un attimo, poi si affrettò a prendere un fazzolettino e asciugarle il sangue.

-Vuoi consigli per riavvicinarti a lui o il dilemma morale è che non vuoi scrivere un articolo di gossip approfittando dei tuoi vantaggi?- chiese, per essere sicura.

-La seconda, ovviamente. Non potrei mai tradire la sua fiducia. Andrebbe contro tutto quello in cui credo. Il mio editore ha detto che l’unico modo per evitare di scrivere l’articolo e non essere licenziata è facendo scrivere l’articolo a Monday Clyde, ma sai che non cambia poi molto. Non voglio che esca un articolo su di lui!- si spiegò, con voce acuta.

Megan le diede qualche pacca sulla spalla, cercando di rassicurarla.

-Per quanto vorrei consigliarti di scrivere comunque l’articolo per vendicarti dell’uomo che ti ha fatto soffrire, so che sei troppo buona per farlo. Perciò il mio consiglio è di licenziarti e trovare occasioni migliori- le suggerì, con poca convinzione.

-Non posso, Megan. A malapena riesco a pagare l’affitto, non posso permettermi di perdere questo lavoro. E non troverò mai un altro lavoro entro lunedì prossimo. Non so proprio che fare. Vorrei tanto che Margo fosse qui- ammise, sospirando.

Era la prima volta in due anni che ammetteva quanto l’amica le mancasse, e pensare a lei non fece che farla sentire peggio.

Megan la abbracciò.

-Lo so, lo so. Perché non provi a chiedere aiuto al tuo ex-amico. O a trovare un altro scoop. Oppure… aspetta, ho un’idea geniale! Chiedo a Jaehee se ci sono posti liberi alla C&R. Con le tue competenze e un piccolo aiuto sono sicura che otterrai un posto in meno di una settimana!- cercò di aiutarla come poteva.

Monica si ritrovò ad arrossire pensando all’ultima possibilità.

Purtroppo, per vari motivi, tutte le opzioni erano da escludere, ma Megan non poteva sapere perché l’ultima fosse irrealizzabile.

Decise pertanto di assecondarla, almeno finché non avesse trovato una soluzione.

Parlare con l’amica, in ogni caso, l’aveva aiutata leggermente a mettere ordine nella testa, anche se non aveva offerto vere e proprie soluzioni.

-Sono felice che sei tornata- disse solo, ricambiando l’abbraccio.

Megan sorrise.

-Anche io- ammise, stringendola più forte.

 

Martha è entrata nella conversazione

State tutti bene? Non è successo nulla, vero?

Per favore, rispondete

Fate un fischio

Postate foto di gatti

Lamentatevi

707 è entrato nella conversazione

707: Di solito sono io che spammo sul messenger? Chi mi sta rubando il primato?

Seven! Che bello sentirti! Non ho ricevuto notizie tutto il giorno, sono preoccupata

707: Tranquilla, Meme Queen, stanno tutti bene.

707: O almeno da ciò che so

707: E Jumin ha mandato a tutti guardie del corpo

Menomale

707: Tu hai qualcosa da dichiarare? Visto niente di strano?

No

Anzi…SÌ!!!

707: Cosa?!

SEVEN HELP!!

707: COSA SUCCEDE?!

707: …

UN RAGNO ENORME

707: Già, lo vedo dalle telecamere. Mi hai fatto prendere un colpo, non farlo più!

Scusa, ma seriamente, è gigantesco, ho paura!!!

707: Prendi un barattolo e acchiappalo

La fai facile!! Mi chiudo in camera!!

707: Fifona

Jumin Han è entrato nella conversazione

Jumin Han: Ho bisogno di distrarmi

707: Ciao Mamma di Elly!

Hey Juju!!

Jumin Han: Entrare qui è stata una pessima idea. Me ne vado

707: No, aspetta! Grazie per le guardie del corpo a tutti i membri!

Jumin Han: La sicurezza dell’RFA è di vitale importanza, per me

Jumin Han: Vorrei poter fare lo stesso anche per Martha

Awww, Jumin! Allora mi vuoi bene!!

Jumin Han: …ritiro tutto

707: Juminino tsunderino :3

Jumin Han: Non sono davvero in vena di prese in giro o battute. Vi pregherei di smetterla!

È successo qualcosa?

Jumin Han: Non ho voglia di parlarne

Io sono tutta orecchie, nel caso. Ho passato la mattinata e il primo pomeriggio a guardare Gorgeous, e sono in piena fase gossip e confidenze, approfittatene!!

Jumin Han: Trovo che le tue preferenze in quella serie televisiva siano davvero di dubbio gusto

Come, scusa?

Aspetta!! Tu segui Gorgeous?!?!?!?!?

707: Jumin Han fanboy!! SOS SOS!! Gap moe incoming!!

Jumin Han: Trovo che Angelica sia mille volte meglio di Francisca. 

È una donna posata, elegante, indipendente e si impegna

707: wow… un vero fanboy O.O

Ma è un’arpia! E una Mary Sue! Francisca è mille volte meglio!

È un’artista, è simpatica, e poi lei e Pablo condividono molte cose.

707: …per la prima volta in vita mia mi sento di troppo. IN UNA CHAT CON MARTHA E JUMIN?!

Jumin Han: Non ho intenzione di interloquire oltre con una persona così superficiale da definire Angelica come una Mary Sue. Devo tornare a lavoro

Jumin Han è uscito dalla conversazione

FRANCISCA È MEGLIO! FINE!!

Ah, è andato via

Meglio così, hmpf

707: Francisca sembra davvero la migliore

Se hai tempo dovresti darci un’occhiata. È una bruttissima serie, ma proprio per questo merita

707: Il problema è alla radice: non ho tempo :p

Tutte scuse

Ma forse dovrei lasciarti lavorare

707: Non voglio tornare a lavorare. Mary Vanderwood mi bullizza!!!

Corri dalla tua cameriera

707: Credo che lo faralsdjldfkj

707 è uscito dalla conversazione

O.O

LOL

Martha è uscita dalla conversazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ecco la parte 2. Appuntamento alla prossima settimana per la parte 3 ;)

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Capitolo 13
*** Day 5 part 3 ***


Day 5

part 3

 

Yoosung era in partita, ma era decisamente distratto, quel giorno, e non riusciva a combinare niente di buono. 

E non poteva neanche contare sulla sua gilda, dato che in partita c’erano solo lui e Phoenix, che era considerato il padre del gruppetto, ma che non era il migliore del gioco, dato che, a differenza di Yoosung e di metà della banda, aveva una vita vera fuori dallo schermo.

-Superman Yoosung, va tutto bene? È la seconda kill che manchi, oggi- gli fece notare Phoenix, parlandogli attraverso le cuffie collegate.

-Mi dispiace tanto, Phoenix, non ho calcolato bene parata e attacco- si rammaricò lui, sbattendo la testa contro la scrivania, deluso da sé stesso. Non era da lui andare così male, ma tra le minacce all’RFA, la guardia del corpo che era con lui in quel preciso momento, in un angolo della stanza, e Mindy, non riusciva proprio a mantenere la testa in partita, anche se aveva sperato che entrare nel magico mondo di LOLOL lo avrebbe aiutato a distrarsi.

Eppure non faceva altro che pensare a Mindy.

Ai cupcake che aveva fatto, a quello che gli aveva detto, a quanto era carina con quel vestito e quanto fosse luminoso il suo sorriso.

Cavolo, quel sorriso era davvero brillante, Yoosung non credeva di aver mai visto dei denti più perfetti e una luce tanto meravigliosa negli occhi di nessu… 

-Superman Yoosung! Attento!- la voce preoccupata di Phoenix lo distolse dai suoi pensieri e il ragazzo evitò per un pelo un attacco che lo stava per uccidere.

-Mi dispiace!- si affrettò a dire, in tono acuto, scappando come un forsennato e sentendosi il peggiore giocatore del mondo.

-Sicuro di stare bene? Se vuoi fare una pausa per me non ci sono problemi. Vuoi parlarmi di ciò che ti affligge?- chiese Phoenix, fermando il gioco. 

Yoosung fece altrettanto, e sospirò.

Phoenix era il “padre” della gilda, ma Yoosung non era del tutto certo di volergli parlare di tutto quello che gli frullava in testa, soprattutto di Mindy.

Insomma, lui stesso non capiva esattamente cosa gli stesse succedendo, e non credeva che Phoenix sarebbe riuscito ad aiutarlo. E poi temeva si sarebbe preso gioco di lui.

Però… il compagno era un adulto, un vero adulto con una casa, un lavoro e una famiglia. Sebbene non avesse rivelato molti dettagli della sua vita privata, Yoosung sapeva per certo che fosse sposato, dato che spesso parlava di sua moglie e faceva parecchi dad jokes.

Decise di mantenersi sul vago.

-Ecco… tu sei sposato, giusto?- introdusse l’argomento, nel modo più stupido dell’universo, e prendendosi il volto tra le mani imbarazzato. Per fortuna l’amico non poteva vederlo in quello stato, rosso come un peperone.

-Sposato con enorme gioia con la donna più straordinaria dell’universo, la mia Edgy-girl. Perché me lo chiedi?- indagò lui, curioso.

-Beh, ecco… come hai capito, insomma, che era la persona… ecco… cioè, non dico che hai pensato subito al matrimonio, io non sto pensando al matrimonio, ma quando incontri una persona come fai a sapere che ti piace?- dopo un enorme tentennamento iniziale, Yoosung iniziò a parlare sempre più velocemente, in tono sempre più acuto e imbarazzato, fino a quasi urlare verso Phoenix, che rimase in silenzio per qualche secondo, prima di rispondere con un sonoro: 

-Awww, ti sei preso una cotta?- intenerito e leggermente scherzoso.

Yoosung voleva sprofondare.

-No!- rispose sulla difensiva, per poi correggersi quasi immediatamente -Cioè… non lo so… io… non sono poi così esperto, ecco. Non ho mai…- si interruppe, incapace di ammettere le sue mancanze.

-Sei propio adorabile, Superman Yoosung. Per rispondere alla tua domanda, ho avuto parecchie cotte, ma con mia moglie è stato tutto molto diverso. Sai, inizialmente ci odiavamo parecchio, poi ha iniziato ad interessarmi, siamo diventati amici e studiavamo insieme. Mi piaceva passare tempo con lei, ma non ero certo dei miei sentimenti nei suoi confronti. Poi tutto è cambiato all’improvviso. Un semplice gesto è bastato a trasformare una cotta incerta nel vero amore- dopo un esordio scherzoso, Phoenix fece il serio, e Yoosung pendeva dalle sue labbra.

-Davvero? Un gesto? Che ha fatto?- chiese, decisamente interessato.

-Ha alzato gli occhi al cielo e ha fatto una smorfia buffa, un misto tra seccatura e sorriso- rispose Phoenix, ridacchiando.

Yoosung rimase a bocca aperta.

-Davvero?- chiese, sorpreso e non del tutto certo che stesse dicendo la verità.

-Lo giuro. È stata una freccia di cupido. Un secondo prima era forse una piccola cotta passeggera, il secondo dopo era amore. Non l’ho più lasciata- gli assicurò Phoenix.

-Quindi a volte basta un gesto?- Yoosung prese nota -Ma come lo riconosci?- chiese poi, incerto, e pensando a tutte le cose che aveva fatto Mindy e che gli avevano fatto battere il cuore in modo inspiegabile.

-Fidati, quando arriverà, lo riconoscerai. Ma se la ragazza a cui stai pensando ti fa porre questi dubbi, credo che sei proprio sulla strada giusta- suppose, incoraggiante.

-Lo pensi? Sul serio? Perché insomma, è stupenda, simpatica, dolce, gentile e ha il sorriso più bello che abbia mai visto! Ma non ho mai avuto una ragazza, non so esattamente cosa si provi- gli confessò di getto tutto quello che gli vorticava in testa, e arrossì ulteriormente quando sentì l’awww soffocato dall’altra parte delle cuffie.

-Sei davvero adorabile, SY. Il mio consiglio è di passare tempo con lei e conoscerla meglio. Chissà, potrebbe davvero essere la ragazza giusta, ma se anche così non fosse, non credo che vorresti privarti di un’amica tanto grandiosa- gli suggerì.

-Sì! Hai ragione! Sei così saggio! Grazie dei consigli!- Yoosung si sentiva pieno di energie e deciso più che mai a chiamarla per sapere come stesse e magari proporle di pranzare insieme anche il giorno successivo… ah, no, non aveva lezioni… beh, quello dopo!

-Ora ti lascio, devo prepararmi, ho un impegno. Buona fortuna e tienimi aggiornato- con un saluto cortese, Phoenix si disconnetté dal server, lasciando solo Yoosung, che cercò di finire la missione e nel frattempo pensare a cosa dire a Mindy, mentre il coraggio iniziava già a lasciare posto all’incertezza.

Dopo essere quasi morto tre volte, decise di smettere di procrastinare, e dopo aver spento il gioco, prese il telefono chiedendosi se fosse meglio un messaggio o una telefonata.

Mentre rifletteva, però, fu preso alla sprovvista da una chiamata, proveniente proprio da Mindy, che per poco non gli fece cadere il telefono dalle mani.

Rispose il prima possibile, con mani tremanti, e ignorò il ridacchiare di Daejung, che era in un angolo cercando di farsi invisibile, ma onnipresente.

-Ciao Mindy! Stavo proprio per chiamarti!- ammise, con voce squillante e cercando di non far trapelare la sua agitazione.

-Davvero?! Wow, che bello! Siamo collegati!- esclamò lei con altrettanto entusiasmo, facendogli battere il cuore ad una velocità non misurabile.

-Come stai?- chiese, senza trovare altro da dirle, al momento, mentre cercava di rilassare il respiro e non fare una terribile figuraccia.

-Benissimo! Insomma, nella normalità. Ho studiato il tuo libro tutto il pomeriggio! È immacolato, lo hai tenuto davvero benissimo, sembra nuovo- si complimentò lei. Yoosung si imbarazzò parecchio.

In effetti era praticamente nuovo, perché Yoosung l’aveva studiato appena, troppo preso da LOLOL per concentrarsi a dovere.

Doveva decisamente migliorare. 

-Siccome le parti per il mio esame le ho studiate tutte, pensavo di restituirtelo domani. Ti va di vederci nuovamente a pranzo?- chiese in tono casuale. A Yoosung sembrò di sentire la sua voce tremare leggermente.

Avrebbe voluto rispondere un sì secco e senza pensarci due volte, ma non aveva lezioni, il giorno successivo, e sarebbe rimasto a casa a giocare probabilmente tutto il giorno.

-Mi piacerebbe, ma non ho lezioni, domani- ammise, un po’ incerto.

Non lo vedeva bene, ma a Yoosung sembrò che Daejung facesse un facepalm, dal suo angolo ombroso.

-Oh… va bene, non fa niente. Allora potremmo vederci mercoledì- propose Mindy. Il suo tono sembrava quello di un’altra persona, e non nascondeva la sua delusione.

-No! Cioè, sì! Cioè, perché non vieni a casa mia? Cioè, potresti venire a riportarmi il libro. Così ci vedremmo domani, in qualche… modo- Yoosung neanche sapeva esattamente cosa le avesse appena chiesto, ma era piuttosto certo di aver appena fatto un gran macello, perché Mindy rimase zitta per parecchi secondi.

Quando stava per ritirare tutto e scusarsi profondamente, la ragazza rispose, con eccitazione palpabile.

-Certo! Con piacere. Mi farebbe un sacco piacere venire da te per riportarti il libro! Mi dai il tuo indirizzo? Ti porto anche qualcosa da mangiare? Ah, no, scusa, sono troppo invadente. Ma mi fa davvero piacere, così posso vederti. Potrei venire prima di pranzo così…- il suo discorso sconclusionato ma decisamente adorabile venne interrotto da una voce che Yoosung non sentì bene, ma che la chiamò per fare qualcosa.

-Oh, scusa. Oggi ceno fuori con i miei genitori. È la serata bowling! Beh, non andiamo sempre al bowling, la chiamiamo così perché è divertente, ma facciamo ogni genere di serate insieme. Facciamo a turno per scegliere. Oggi è la settimana di mamma, ma credo che andremo… arrivo, arrivo. Scusa, Yoosung, devo andare. Ci vediamo domani- e con un saluto allegro e pieno di vita, la ragazza chiuse la conversazione.

Yoosung sospirò, sognante.

Mindy era la ragazza più dolce, divertente e adorabile che avesse mai incontrato. Era assurdo quanto gli ricordasse Rika, per certi versi. Non vedeva l’ora che venisse a casa sua, domani, sarebbe stato davvero… un momento…

L’aveva invitata a casa sua…

L’AVEVA INVITATA A CASA SUA!!

Casa sua era un porcile! Doveva assolutamente mettere tutto in ordine prima del giorno successivo. Non poteva aprirle e presentare quella casa. Già era minuscola! E poi sarebbe stato poco educato non invitarla a prendere qualcosa, quindi doveva pensare a cosa cucinare, e magari potevano vedere qualcosa insieme. Ma che gusti poteva mai avere Mindy? Beh, le piacevano gli animali, forse poteva fare qualcosa al riguardo. E sicuramente cucinare con meno carne possibile.

Mentre rifletteva e iniziava a mettere in ordine al meglio la camera, anche se sperava di non farla entrare lì dato che era la zona peggiore della casa, il telefono squillò nuovamente.

Yoosung accettò la chiamata senza neanche controllare il mittente.

-Pronto?- chiese, distrattamente.

-Tesoro, sono io- rispose l’inconfondibile voce di sua madre, con il solito tono severo ma allo stesso tempo affettuoso.

-Ciao, mamma. Come stai?- chiese Yoosung, continuando nelle sue faccende e sentendosi un po’ in colpa per non averla chiamata, gli ultimi giorni.

-Va tutto bene. Volevo solo informarti che domani passerò da te a farti un saluto. Non ci vediamo da tanto tempo e voglio essere sicura che tu stia bene- lo informò lei.

Yoosung rimase completamente congelato sul posto.

No, non poteva essere.

-Cosa?- chiese, cercando di non risultare troppo sconvolto.

-Arriverò di mattina presto. Non hai lezioni, vero?- chiese lei, senza dare segno di notare lo shock del figlio.

-Io… io… no… ma…- Yoosung era senza parole.

Non solo doveva mettere a lucido l’intera casa, ma aveva anche meno tempo di prima.

Daejung si avvicinò preoccupato, pronto a raccoglierlo nel caso svenisse.

Yoosung si sentiva proprio in procinto di farlo.

 

Quando Zen tornò al parco per farsi la sua corsa serale prima di cena, non si aspettava minimamente che a metà del suo percorso solito avrebbe rivisto Miriam, nello stesso posto di prima, intenta a contare i soldi prima di tornare a casa.

Era davvero rimasta lì tutto il giorno a suonare?! Aveva almeno cenato? Forse avrebbe cenato a breve, come Zen.

Oh, forse poteva invitarla a cenare con lui.

Quelli furono i pensieri che gli attraversarono velocemente la mente nel momento in cui la notò a parecchi metri di distanza, troppo lontana perché lo notasse a sua volta, dato che era distratta.

E fu una fortuna, perché a quei pensieri positivi, si aggiunsero presto consapevolezze molto meno positive.

Intanto che lei sicuramente era troppo stanca per voler fare altro.

Poi che era meglio non essere appiccicoso, per non sembrare uno stalker.

Terza e ultima cosa… lui era in tenuta da jogging, era impresentabile!

Ed è vero che gli donava qualsiasi cosa indossasse, ma non voleva farsi vedere da Miriam in quelle condizioni.

Così, prima che lei si accorgesse di lui, fece dietro front e cercò di allontanarsi il più possibile.

E riuscì nel suo intento senza troppi problemi, con le cuffie nelle orecchie e cercando di non pensare alla ragazza che gli faceva sempre più battere il cuore.

L’unico problema fu che per non pensare alla ragazza la sua mente si riempì di un’altra persona.

L’ultima persona a cui avrebbe voluto pensare.

Ma purtroppo anche l’ultima con la quale aveva interagito, in una chat del’RFA dove avevano litigato perché Jumin Han il perfetto pensava che il mondo ruotasse intorno a lui e fosse l’unico con dei problemi!

E non aveva neanche avuto la fortuna di avere Martha dalla sua parte, dato che la ragazza aveva salutato i due, chiesto notizie, e poi era uscita dalla chat per continuare a guardare Gorgeous.

Era più fissata di Yoosung con LOLOL.

Tsk, Jumin Han.

Quel figlio di papà viziato e insopportabile!

Ogni volta che leggeva un suo messaggio, gli sembrava di avere la sua pomposa voce nella testa, e gli veniva da starnutire per colpa del gatto infernale di cui parlava sempre e che si portava sempre dietro.

Sperava con tutto il cuore che non provasse a portarlo anche al party! Zen era pronto a fare di tutto per impedirglielo!

Quella palla di pelo.

Anche se… a Miriam piacevano i gatti.

Zen starnutì senza potersi trattenere. 

Forse la sua allergia era in parte psicosomatica, perché non aveva senso che gli venisse da starnutire solo pensando ai gatti.

Zen starnutì di nuovo.

E di nuovo.

E si guardò intorno, notando che in effetti poco distante da lui due gatti stavano combattendo.

Spaventato dalla minaccia pelosa, che si dirigeva in tutta fretta verso di lui, Zen fece un movimento brusco, mise il piede in una pessima maniera, e cadde a terra.

La prima cosa che provò, fu un dolore lancinante alla caviglia.

La seconda cosa che sentì, fu un’esclamazione preoccupata: -Zen!-

La terza cosa che notò, fu la figura di una ragazza che raggiungeva il suo campo visivo e si piegava verso di lui, gli occhi azzurri colmi di apprensione.

Zen pensò di essere morto, probabilmente a causa dell’allergia, perché non poteva essere altri che un angelo venuto a portarlo via. Miriam era meravigliosa.

Aspetta, non era un angelo, era Miriam.

MIRIAM L’AVEVA VISTO CADERE COSÌ MALAMENTE!

Il dolore sembrò quasi sparire, perché Zen non riusciva a fare altro che essere super imbarazzato.

-Stai bene? Sei ferito? Ti ho visto da lontano e volevo salutarti, ma vai velocissimo… e avevi le cuffie… e poi ti ho visto cadere. Ti sei fatto male? Puoi alzarti?- Miriam iniziò a controllarlo.

Zen non l’aveva mai vista con un’espressione così autentica, priva di maschere e bellissima. 

Cavolo se era bellissima!

Come poteva Zen accontentarsi di essere solo suo amico quando il suo cuore batteva così furiosamente soltanto guardandola.

-Io… sto bene. Tranquilla- provò a rassicurarla, cercando di preservare un briciolo di dignità -Quei gatti mi hanno preso alla sprovvista, ma sto…- Zen provò ad alzarsi, ma nel momento in cui la sua caviglia sinistra toccò il suolo, il dolore lancinante lo colpì di nuovo, e l’uomo non trattenne un’esclamazione sofferente.

Cavolo, eppure era un attore, doveva saper nascondere le proprie vere emozioni.

Solo che non si aspettava che la caviglia gli facesse così male.

Miriam impallidì, e lo spinse delicatamente a terra, per non fargli sforzare la gamba ferita.

-Allora, va tutto bene, chiamiamo un’ambulanza, e ti porto in ambulatorio per visitare la caviglia… ti fa male da qualche altra parte? Vuoi dell’acqua? Ci ho bevuto io però, sicuramente ti fa schifo. Come sei venuto al parco?- Miriam, nel panico più totale, iniziò a straparlare, e a girare intorno a Zen, preoccupata, e spaventando volontariamente tutti i gatti che giravano per la zona.

Zen non si era mai sentito così coccolato.

Anche se di solito era il principe azzurro ad occuparsi della principessa, no?

Non gli importavano gli stereotipi, era troppo piacevole starsene lì insieme a Miriam.

…no, okay, non era piacevole per niente avere un dolore così forte alla caviglia con un nuovo spettacolo alle porte. Ed era ancora meno piacevole preoccupare così tanto la ragazza.

Cercò di calmarla.

-Va tutto bene, Miriam, non serve chiamare l’ambulanza, posso camminare- provò ad alzarsi, e riuscì a mantenersi un po’ in equilibrio senza posare il piede.

Per tipo cinque secondi prima di rischiare di cadere nuovamente.

Per fortuna Miriam gli fece da sostegno, e gli lanciò un’occhiataccia.

-Riesci a camminare un corno! Appoggiati a me, andiamo in strada e intanto chiamo almeno un taxi. Ti accompagno all’ospedale- si offrì, e Zen accettò con piacere la sua spalla.

E arrossì appena per essere così vicino alla ragazza.

Non si erano ancora mai avvicinati così tanto, nei loro incontri.

Sentiva vagamente l’odore del suo shampoo. Era buonissimo.

La sua mente ritornò concentrata quando l’ultima frase della ragazza venne recepita del tutto.

-Mi accompagni?- chiese, sorpreso.

-Certo! Ti pare che ti potrei mai lasciare da solo?! Ti accompagno lì e non me ne vado finché non sarò sicura che stai bene!- promise, con determinazione negli occhi.

Il rossore sulle guance di Zen gli raggiunse la punta delle orecchie.

Nessuno si era mai così tanto preoccupato per lui in quel modo. O si preoccupavano per il lavoro che sarebbe rimasto arretrato, o surclassavano la questione come una faccenda da poco perché Zen aveva la salute di un mostro, e anche le ferite peggiori guarivano nel giro di pochi giorni.

Forse Miriam non lo sapeva.

Era meglio rassicurarla.

-Non devi preoccuparti così tanto per me, guarisco davvero molto in fretta- le spiegò, camminando a fatica e sostenuto dalla ragazza, che stava aspettando in linea per chiamare il taxi.

Lei inarcò le sopracciglia.

-Lo so, ovviamente! Tutti i tuoi fan lo sanno. Ma non cambia niente. Ti sei fatto male, e io starò al tuo fianco finché non starai meglio!- insistette.

Poi arrossì.

-Cioè, come farebbe un qualsiasi amico! E solo se vuoi. Insomma non voglio importi la mia presenza, sia mai- aggiunse, in un borbottio.

Zen sorrise teneramente.

-Non potrei chiedere un’amica migliore- la assicurò con il suo tono più dolce.

Miriam arrossì tanto quanto lui, e sorrise, soddisfatta.

Cavolo, amava quella ragazza!

 

-Monica, Sen non si sente bene. Puoi coprire i suoi tavoli?- le chiese il capo, indicandole la sezione più VIP.

Monica sospirò, Sen non stava mai bene, soprattutto quando c’era il signor Han.

Scosse la testa. Tante erano le donne, in quel ristorante che era il preferito del signor Han, che si erano prese una sbandata, ci avevano provato spudoratamente e poi erano state bellamente bidonate, ma Sen era un caso davvero esagerato.

Dato che solitamente veniva solo o con la donna del momento, Monica non pensò neanche per un secondo che potesse vedere Jumin seduto davanti a loro, e si avviò pronta a prendere l’ordinazione del suo tavolo con la solita tranquillità.

-I signori hanno deciso cosa ordinare?- chiese professionalmente, penna alla mano e come al solito molto orgogliosa di essere una scrittrice e quindi prendere ordinazioni molto più velocemente del normale.

-La migliore bottiglia di vino che avete, per cortesia- ordinò una voce seccata che Monica riconobbe immediatamente. 

Lanciò un’occhiata verso Jumin, che fissava a denti stretti il padre scambiarsi parole dolci con Glam Choi, la sua ragazza della settimana. Non sembrava essersi accorto che la sua cameriera fosse Monica. E la ragazza non lo biasimò. Era parecchio distratto, e si vedeva.

-Potrei consigliarle un Brunello di Montalcino del 2012?- propose. Ogni occasione era buona per fare pubblicità al vino italiano. Certo, lei non lo beveva, dato che non poteva permettersi neanche le marche scadenti e non reggeva affatto l’alcool. Ma era curiosa di sapere l’opinione di Jumin al riguardo.

Jumin fece un sorrisino.

-Può andare, mi ci vuole un bel vino italia…- giratosi un attimo per lanciare un’occhiata alla cameriera, si interruppe di scatto notando che era Monica, e le lanciò un’occhiata sorpresa.

“Buonasera” mimò con le labbra lei con un mezzo sorriso.

Lui ampliò il proprio. Per un attimo sembrò senza preoccupazioni.

-Vada per il Brunello- acconsentì, e lei segnò in fretta.

-Ottima scelta, signor Han. Desiderate altro?- chiese, cercando di attirare l’attenzione del signor Han più anziano.

-Padre- lo chiamò Jumin, e solo allora lui diede la sua ordinazione, in fretta e quasi infastidito.

Monica ringraziò la sua velocità nello scrivere. Sen non ci sarebbe mai riuscita.

Prese i menù e si allontanò, sentendo lo sguardo di Jumin dietro la schiena.

Che coincidenza incredibile!

Era strano che di nuovo cenasse lì dopo averci pranzato pochi giorni prima.

Solitamente l’erede Han si vedeva massimo una volta al mese per cenare con il padre. Doveva essere davvero un’occasione particolare e ghiotta.

E Monica, dopo la discussione avuta con Jumin quel pomeriggio, aveva una mezza idea di cosa potesse riguardare quell’incontro.

E avrebbe tanto voluto non saperne assolutamente nulla.

Purtroppo si conosceva abbastanza bene da sapere che non sarebbe riuscita a trattenersi dall’origliare. Anche solo per sapere cosa avesse reso Jumin così nervoso.

Consegnò l’ordine e iniziò a servire gli altri clienti e a prendere le altre ordinazioni, sia nella sua ala che in quella VIP.

Per fortuna nella sua c’era poca gente, così si sbrigò in fretta e si diresse all’ala VIP per consegnare il cibo ordinato, e notò che Jumin assaporava il vino con un certo fastidio, e la conversazione aveva raggiunto un argomento che non doveva piacergli affatto.

-Padre, se hai qualche nuovo business in mente, ti prego di dirmelo- interruppe il padre e Glam che probabilmente avevano abbandonato il centro del discorso per elogiarsi a vicenda, e spronò il padre a parlare.

Un nuovo business? Non l’aveva già proposto? Ne voleva proporre un altro? 

-Ah, giusto, mi stavo dimenticando. Non ho alcun dubbio che la C&R continuerà ad andare avanti a gonfie vele. Ma c’è un limite a quanto possiamo espanderci da soli- rispose l’Han più anziano.

Jumin inarcò un sopracciglio, confuso.

Monica si diresse al tavolo accanto e prese le ordinazioni, o meglio, attese che i due tipi decidessero su cosa ordinare e diede consigli abbastanza generici, tenendo l’orecchio teso per ascoltare la conversazione al tavolo affianco.

-Quindi stavo pensando che dovresti considerare di fidanzarti ufficialmente con una delle studentesse di Glam- annunciò l’anziano Han, col tono di chi stava per farti un regalo di natale in anticipo.

Solo che il regalo era il virus del vaiolo, o almeno Monica lo avrebbe considerato così. 

Dalla faccia che fece Jumin, sembrava considerarlo così anche lui. 

-Se sposerai Sarah, la sua studentessa, potremo comprare il suo business “Sugar Round” ad un prezzo immensamente più basso-

Sugar Round? Monica non aveva mai sentito il nome di quella compagnia. Qualcosa le puzzava, il suo senso da reporter prevedeva che qualcosa di grosso stava avvenendo, trasformato in un semplice matrimonio combinato tra ricche persone.

O forse era solo lei, che a sentire parlare di matrimonio aveva iniziato a sentire un enorme nodo fastidioso nello stomaco.

Segnò le ordinazioni e si spostò un attimo nel tavolo affianco per prendere i piatti ormai vuoti, in tempo per sentire Jumin commentare, confuso.

-Sarah? È il nome della donna che ha visitato casa mia oggi. Quindi sei stato tu a mandarla. Mi chiedevo come sapesse dove vivo- 

Monica ricordò il commento di Jumin sul fatto che non avrebbe mai venduto il padre per il suo gatto, e i pezzi del puzzle che aveva collezionato fino a quel momento iniziarono a comporsi. La figura, però, non le piaceva per niente.

Probabilmente dall’incontro avuto con Sarah quella mattina aveva già intuito quello che il padre voleva fare, e si sentiva tradito. 

Ma che razza di padre dava l’indirizzo del figlio ad una eventuale futura sposa senza neanche avvisare il figlio in questione?!

Monica prese tutti i piatti e si avviò in cucina, cercando di fare il più in fretta possibile.

Voleva ascoltare cosa altro avevano da dire, e, non sapeva neanche lei perché, voleva scoprire se Jumin avrebbe accettato o no di sposare quella fantomatica Sarah. Non sapeva neanche lei cosa avrebbe fatto in ogni caso, ma lo voleva sapere.

Quando tornò nella sala, l’anziano Han stava parlando della Sugar Round, probabilmente dopo una domanda del figlio, che aveva le labbra sempre più sottili, e sembrava controllarsi a stento.

-È una nuova compagnia, perciò è ovvio che tu non l’abbia sentita. È ancora una piccola compagnia di cibo, ma possiamo espanderla se la affiliamo a noi- disse l’anziano Han allegramente, convinto di quello che diceva.

Se era una piccola compagnia non poteva valere più di un milione di won, specialmente se nessuno l’aveva mai sentita prima.

Un milione sembrava anche tanto, ma comunque Monica non era così brava nel business da poter dare un’opinione, anche se aveva sostenuto un’esame di economia all’università, ed era uscita con il massimo dei voti.

Si stava dirigendo al tavolo più lontano della sala, passando proprio per il loro, quando Glam continuò al posto dell’anziano Han.

-Vale circa 3 milioni, ma possiamo comprarla a 2 milioni se voi due vi sposate- disse, facendo fermare per un attimo Monica.

Non poteva vedere Jumin, ma avevano la stessa identica espressione scettica e confusa in volto.

Entrambi però decisero di rimanere in silenzio, e Monica raggiunse la sua destinazione e prese i piatti vuoti, pronta a tornare in cucina.

-E potete entrambi lavorare sulla crescita del business- continuò Glam, come una strega che cerca di convincere un bambino ad entrare nella sua casa di marzapane avvelenato. Il compagno le diede man forte.

-Espandere un business già esistente è molto meno costoso che iniziare un nuovo progetto- 

Monica non sentì altro, ma scuotendo impercettibilmente la testa tornò in cucina e prese gli ordini pronti per il tavolo accanto agli Han.

Quando tornò, era ancora Glam a parlare, e tesseva le lodi di Sarah manco fosse sua figlia o sua sorella.

-Sarah è ancora giovane, ma è davvero capace, intelligente e bella. Non c’è niente di più perfetto che due persone capaci che si promettono matrimonio e fanno crescere la loro compagnia insieme-

I suoi argomenti avevano una logica, e Monica sapeva com’era il mondo degli uomini d’affari.

Mentre consegnava il cibo, incrociò per un secondo lo sguardo di Jumin.

Fu questione di meno di un attimo, ma subito dopo l’erede Han interruppe i due uomini davanti a lui.

-Mi dispiace interferire, ma rifiuto- disse secco, col tono di chi non accetta discussioni ulteriori.

Monica fu sorpresa da quella fermezza, e, doveva ammetterlo, parecchio sollevata, anche se non sapeva perché.

Un timido sorriso sollevato le increspò le labbra, mentre si dirigeva al tavolo accanto per pulirlo dopo che i clienti se n’erano andati, decisa a metterci il più tempo possibile per non perdere più nulla della conversazione, soprattutto in quel momento.

E non era per articoli o altro, ma solo ed esclusivamente per lei.

-Rifiuti?- chiese l’anziano Han, confuso.

-Sono sicura che è perché non hai parlato propriamente con lei, ma una volta che l’avrai fatto, la amerai- insistette Glam, in tono carismatico.

-Se hai un minimo di gratitudine sul lavorare nella mia compagnia, non dovresti almeno considerare la promessa sposa che ho selezionato per te?- le diede man forte l’anziano Han, puntando sul senso di colpa.

Monica iniziava quasi ad irritarsi. Possibile che suo padre non avesse un minimo di riguardo per i sentimenti del figlio?! Continuava a cercare di convincerlo come se il matrimonio fosse una specie di contratto.

Poi magari per le persone come loro lo era davvero, ma per Monica era inconcepibile che qualcuno potesse proporre un matrimonio alla stregua di un accordo finanziario.

-Non ho nessuna intenzione di sposarmi- obiettò Jumin, con una leggera incertezza nella voce.

Monica venne richiamata dal capo per consegnare dei tavoli e portare delle ordinazioni nella propria ala, e si perse un altro piccolo pezzo della conversazione.

Quando tornò nell’ala VIP, Jumin sembrava decisamente irritato, e tutta la sua compostezza stava andando a farsi benedire.

Rimase a modo, ma Monica capì che era davvero sul punto di scoppiare.

-Tu sei quello che mi ha detto che mi avresti trattato come ogni altro esecutivo se le mie performance avessero danneggiato la compagnia. Ma il mio dipartimento sta mostrando il doppio del profitto degli altri. Mi dispiace ma penso di stare facendo abbastanza per la compagnia- obiettò seccato.

Questo era vero, Monica lo stava notando nella stesura del suo articolo. Rispetto agli altri dipartimenti quello di Jumin era il più efficiente e quello che dava più profitto, nonostante i progetti dei gatti non fossero poi così redditizi. 

Probabilmente se avesse eliminato quelli il dipartimento di Jumin avrebbe raggiunto un profitto triplo rispetto a tutti gli altri.

-Mi dispiace sentire questo. Sono davvero felice di aver incontrato una bellissima donna come Glam. Ma tu sembri così contrario ad incontrare delle donne- cavolo, l’anziano Han le stava usando davvero tutte: senso di colpa, convinzione, l’influenza paterna e ora anche il buon vecchio “io sono felice, potresti esserlo anche tu”.

Davvero non riusciva a capire che era proprio il suo atteggiamento verso le donne che allontanava Jumin da loro?!

Probabilmente avrebbe dovuto consultare una psicologa, anche se rischiava di portarsi a letto anche lei, visto con quanta facilità accadeva.

Monica si rese conto che stava perdendo anche lei la calma, e teneva i piatti con troppa forza. 

Tentò di rilassarsi e li consegnò ai destinatari, per poi spostarsi in un tavolo un po’ isolato a pulire, sempre senza perdere una sillaba della conversazione.

-Questo matrimonio sembra organizzato più da Glam che da te- insinuò Jumin.

Monica non poteva essere più d’accordo.

Era felice che lui non si stesse facendo fregare così, era davvero un uomo più forte e fermo sui suoi ideali di quanto facesse credere.

E parecchio testardo, difetto che Monica aveva sempre trovato in sé stessa e che aveva sempre cercato di esaltare. Perché la testardaggine poteva diventare un pregio, e Jumin lo stava davvero rendendo tale.

L’anziano Han non era d’accordo.

-Lei è una straordinaria donna. Una donna sveglia come lei non sceglierebbe chiunque come tua futura sposa- obiettò.

Infatti ha scelto una sua studentessa con cui probabilmente dividerà i profitti. Le donne a volte erano davvero delle serpi. 

Però da grande femminista qual era, Monica dovette riconoscere che Glam era davvero brava ad usare le due armi che si ritrovava: bellezza e mente diabolica.

Jumin, per fortuna, era immune al suo fascino, probabilmente perché l’aveva visto innumerevoli volte.

-Molte volte tu sei diventato cieco di fronte alla bellezza fisica delle donne e hai fatto degli errori di business. Ma questo è il peggiore- obiettò infatti, alzandosi in piedi e bevendo un ultimo sorso di vino prima di posare il bicchiere.

Monica si sentì in diritto di guardarlo davvero e non solo come se lo stesse spiando, dato che tutti nella sala lo stavano guardando, e probabilmente anche loro stavano osservando gli Han di sottecchi già da prima.

-Il peggiore?- chiese l’anziano Han, sorpreso e infastidito.

-Per favore scusatemi. Spero che vi godrete la vostra cena- si congedò, pulendosi il volto con il tovagliolo e uscendo elegantemente dalla sala, non prima di aver lanciato un’occhiata di pochi secondi verso Monica, che aveva i piatti in mano ed era rimasta ferma quasi congelata sul posto.

-Cameriera. Prendi anche i nostri piatti- la chiamò quasi con disgusto Glam Choi, e Monica si affrettò ad eseguire, anche se il suo istinto le stava urlando di mollare tutto ed inseguire Jumin.

-Quel ragazzo. Non so da chi abbia preso- commentava nel frattempo l’anziano Han -Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a questo- si scusò con la compagna.

Monica si impose di restare calma e professionale.

Fosse stato per lei avrebbe obiettato che era tutta colpa loro e che stavano esagerando con Jumin, ma non voleva perdere il posto o la reputazione per un gesto così inutile.

-Non preoccuparti, lo capisco. È ancora giovane- surclassò la questione Glam. L’anziano Han la ringraziò, e Glam continuò.

-Sarah è davvero una ragazza dolce, quindi se darai loro del tempo, saranno loro a proporre il matrimonio. Come me e te- affermò Glam con sicurezza.

Certo, come se lei conoscesse Jumin abbastanza bene per dirlo!

Prese il piatto praticamente pieno di Jumin rischiando di buttare in giro tutto il suo contenuto, e si morse il labbro inferiore abbastanza forte da riaprire immediatamente le ferite.

-Lo spero, quel ragazzo tende ad essere testardo- commentò l’anziano Han.

Ed era una qualità! Monica ne era sempre più convinta. Almeno non era una forma di argilla nelle mani di una donna come lo era il padre.

-Non preoccuparti, ti garantisco che si innamoreranno. Non perdere la speranza. E tu, ci devi mettere così tanto?- Monica sobbalzò sentendosi richiamare, e si affrettò a prendere ogni singolo piatto con un mortificato -Mi scusi- e ad avviarsi, il più lentamente possibile, verso la cucina.

Glam continuò ad indagare senza la minima vergogna.

-Ma sembra che Jumin abbia un’altra donna in mente… hai sentito?- Monica rallentò il passo, tendendo bene le orecchie.

Jumin? Una donna? Chi poteva essere? E perché a Monica sembrava interessare tanto?

A meno che non stessero parlando… di lei? 

Ma no, non era possibile. Erano stati attenti, e poi non è che avessero ricominciato a frequentarsi. A meno che Ian non avesse fatto l’infame.

-Ho sentito voci, ma non ho mai visto o sentito Jumin incontrare alcuna ragazza. Probabilmente sono solo voci. Non ti preoccupare- tagliò corto il signor Han. Monica tirò un leggero sospiro di sollievo che non capì neanche lei, poi continuò per la sua strada, sentendo un ultimo commento di Glam.

-Capisco, non hai visto né sentito nulla- il tono di voce non faceva sperare nulla di buono, e Monica sentì il suo sguardo fissarla dall’altra parte della sala, ma non sentì nulla di più, e decise che per quel giorno era davvero esausta e non voleva più sentire nulla da quei due.

Sperò davvero che se ne andassero presto.

Dato che la situazione si stava facendo più tranquilla in entrambe le sale di Monica, il capo la mandò a buttare la spazzatura sul retro, e lei accolse il compito come una liberazione.

Quando uscì, però, si rese conto che non si era affatto tolta dagli impicci degli Han, ma almeno l’Han davanti a lei era il migliore.

-Signor Han- chiamò sorpresa, osservando Jumin appoggiato al muro, a braccia incrociate e intento a fissare le stelle, con espressione corrucciata, che si distese immediatamente non appena la vide.

Era così sorpresa di vederlo lì che si scordò di non usare le formalità.

-Monica, smetti di chiamarmi Signor Han- le ricordò Jumin, senza traccia di rimprovero, iniziando ad avvicinarsi a lei -Speravo davvero che uscissi- disse poi, accennando un sorriso. 

Monica non sapeva che fare. Non voleva dare a vedere che aveva sentito gran parte del discorso, ma non voleva neanche fare come se niente fosse.

-Come va, Jumin?- chiese, sperando che fosse lui a parlare così da agire di conseguenza.

Buttò la spazzatura e si avvicinò, pulendosi le mani sul grembiule per far far loro qualcosa, e perché si sentiva decisamente inadeguata con la sua uniforme da cameriera e odore di cibo vario confrontata a Jumin, nel suo elegante smoking.

-Quanto hai sentito?- chiese lui, come a capire quanto avrebbe dovuto spiegare.

Monica non se la sentiva di mentire, e voleva davvero essere più di supporto possibile.

-Abbastanza. Non ho potuto farne a meno- ammise, abbassando lo sguardo.

-Ci uscirebbe davvero un buon articolo. Ho già in mente il titolo: CEO della C&R vende il proprio figlio alla nota attrice Glam Choi. È un romantico regalo di nozze- commentò l’uomo, abbassando lo sguardo e sospirando, rassegnato.

Monica si appoggiò al muro accanto a lui, e gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo.

Non sapeva come consolarlo. Se lei si fosse trovata in una situazione simile non avrebbe proprio saputo cosa fare. Un matrimonio combinato era forse uno dei suoi più grandi incubi.

-Mi dispiace- Jumin si portò la mano sulla fronte -Non sono mai così emotivo, e oggi sto sfogando tutto su di te. Deve essere un gran fastidio- suppose, facendo per allontanarsi.

Monica lo fermò per un braccio. L’ultima cosa che voleva era che Jumin si chiudesse a riccio. Era poco salutare, e lei voleva aiutarlo, voleva essere un sostegno. Lei gli voleva bene.

-Non è un fastidio. Sono felice che ti fidi di me abbastanza da sfogarti. Vorrei solo essere più d’aiuto. Non riesco neanche a immaginare quanto sia frustrante per te, ma so che in questi casi non bisogna essere soli- provò a trattenerlo.

Jumin si poggiò nuovamente al muro, e accennò un sorriso grato.

-Ti sei mai sentita in trappola? Come se qualsiasi cosa tu facessi finirebbe male?- chiese.

Solo a pensarci, a Monica iniziarono a tremare le mani.

Si limitò però ad annuire, nascondendole dietro la schiena per non farlo notare a Jumin.

La risposta giusta sarebbe stata “Troppe volte per poterle contare”, ma decise di risparmiare a Jumin i dettagli delle sue numerose esperienze con uomini sbagliati e pessimi ricatti, e si mantenne sul vago.

-Un paio di volte- ammise, in un sussurro.

-Come l’hai superato?- indagò Jumin, cercando un consiglio.

Una faccenda la doveva ancora superare, e l’uomo davanti a lei ne era il protagonista, ma Monica non voleva ancora parlare a Jumin del ricatto del suo editore, e pensò al ricordo che ancora le faceva tremare le mani e battere il cuore per la paura. Il ricordo che per una mistica coincidenza, si svolgeva pochi mesi dopo che Jumin l’aveva lasciata a sé stessa all’università.

-Non da sola, devo ammetterlo. Una persona ha scoperto cosa stava succedendo, e mi ha tirata fuori dalla trappola. Non so cosa avrei fatto se non ci fosse stata lei- iniziò a mordersi il labbro, e cercò di distrarsi da quel ricordo.

Fece un profondo sospiro.

-Monica, stai bene?- chiese Jumin, mettendole una mano sulla spalla, e cercando il suo sguardo, per controllare le sue condizioni.

Monica forzò un sorriso, e cercò di tornare naturale.

-Sì, è una faccenda passata. Ed ora è tutto risolto. Sono passati quasi otto anni- cercò di cambiare argomento.

Jumin rimase stranito dal preciso numero di anni passati, ma cercò di non darlo a vedere.

-Se posso dire, non credo che tu sia in trappola- aggiunse poi Monica.

Jumin piegò la testa.

-Perché lo credi?- chiese, senza capire il suo ragionamento.

-Comprendo che tu ti senta in trappola. Dover sposare qualcuno per, passami il termine, “uno sporco capriccio di tuo padre”…- Jumin fece un sorrisino amaro alla definizione -…è inconcepibile, ed è normale sentirsi traditi. Ma è tuo padre, e so che ti vuole bene, e sono certa che riuscirai a farlo ragionare. E se anche così non fosse, non ha il diritto di farti sposare con chi vuole lui. Il matrimonio, nei paesi civili, è un atto che può essere concluso solo con il consenso dei futuri coniugi, pertanto farti sposare contro la tua volontà sarebbe una violazione dei diritti umani- gli fece notare, cercando di rassicurarlo.

-Già, dovrei dirlo a mio padre. Ma quando c’è una ragazza coinvolta i diritti umani sono molto meno importanti- commentò, infastidito.

-Si risolverà, Jumin, ne sono certa. E nel frattempo ti aiuterò come meglio posso. Come all’università- gli sorrise, incoraggiante, piegando la testa per trovare il suo sguardo.

Probabilmente sarebbe dovuta tornare a lavoro, ma aiutare Jumin era molto più importante, e poi per un po’ la stava sostituendo Hea.

-Mi sei mancata, Monica- sussurrò Jumin, rivolto quasi di più verso sé stesso, e incrociando il suo sguardo.

-Anche tu- ammise Monica, rendendosene pienamente conto per la prima volta.

I loro volti iniziarono ad avvicinarsi.

-Sono grato di poter parlare con te, e sentirmi compreso- continuò Jumin, guardandola come se stesse cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio del suo viso.

Monica sentiva il cuore battere all’impazzata.

Voleva rispondere, ma non ci riusciva. Sentiva che la bocca le era diventata secca, e cercò di ricordare se avesse mangiato cipolle o aglio di recente, ma le sembrava proprio di no.

Perché se lo stava chiedendo? La risposta le sfuggiva.

Ma in generale la sua mente si stava svuotando.

Fu il suono del suo telefono a farla sobbalzare e tornare alla realtà.

Tentò di prenderlo per zittirlo il prima possibile, e per poco non le cadde visto quanto le tremavano le mani.

Un momento, stava forse per baciare…

Il pensiero venne interrotto quando vide di chi era il numero sullo schermo.

-Jaehee?- osservò ad alta voce.

Jumin sembrò sull’attenti.

-Devo rispondere. Aspetta un secondo- gli fece segno di attendere e accettò la chiamata. Le sembrava scortese non farlo.

-Jaehee, come va?- chiese, cercando di passare in fretta i convenevoli e parlare il meno possibile.

Doveva finire di parlare con Jumin e tornare dentro al più presto. Stava perdendo troppo tempo.

-Sei a lavoro?- chiese Jaehee, con più fretta e più isteria di lei, saltando completamente ogni convenevole.

-Si, perché?- chiese lei, confusa da quella agitazione.

-Hai visto il signor Han?- chiese lei.

-Il signor Han?- ripeté lei, lanciando un’occhiata verso Jumin, che scosse impercettibilmente la testa.

-Beh, l’ho visto in sala, ma poi è andato via. Non l’ho più visto dopo…- mentì, cercando di risultare convincente. Non voleva creare problemi a Jaehee, ma Jumin aveva bisogno di restare in pace per un po’. E Monica non voleva togliergli quella possibilità.

-Cavolo! È andato via all’improvviso e il padre è furioso. Non riesco proprio ad avere un attimo di respiro. Che? Si, Megan, è Monica. Non ho tempo per passartela, va bene se te la saluto? Ok! Ti saluta Megan- le riferì.

-Risalutamela. Spero che riuscirai a trovare il signor Han e a riposare. Te lo meriti. Ti lascio al tuo lavoro e torno al mio- la salutò, e Jaehee fece lo stesso dall’altro lato della cornetta.

-Immagino tu debba tornare a lavoro- osservò Jumin, con una punta di rimpianto.

-Dovrei… ma posso rimanere un altro minuto, se hai bisogno di parlare- Monica si avvicinò di nuovo, e Jumin le fece un sorriso riconoscente appena accennato.

-Grazie, ma forse è il caso di chiudere qui. Mi sto esponendo un po’ troppo- si ritirò lui, un po’ a disagio.

-D’accordo- Monica si voltò e fece per rientrare, poi si fermò.

-Per quello che vale, sei un uomo capace e incredibilmente talentuoso che non ha niente da perdere rimanendo single se è quello che vuoi. Non farti convincere mai del contrario- gli disse infine. Era quello che si ripeteva sempre davanti allo specchio, e ciò che avrebbe sempre voluto sentire dagli altri. Conosceva Jumin abbastanza bene da sapere che aveva bisogno di sentirlo.

-Grazie, Monica. Grazie davvero- rispose lui, con un sorriso grato.

Monica gli fece un cenno e tornò dentro. 

Il cuore, però continuava a batterle furiosamente, e la mente era pervasa da strani pensieri, mentre ripercorreva il discorso che aveva avuto con il suo vecchio amico.

Cercò di ignorare il suo cuore, e concentrarsi sul suo lavoro.

Jumin era, appunto, solo un vecchio amico. Non era mai stato niente di più e non sarebbe mai stato niente di più.

Eppure, mentre cercava di dare una spiegazione platonica alla vicinanza di poco prima, un ricordo che aveva seppellito in profondità le tornò alla mente.

Perché non era la prima volta che era stata così vicina a Jumin Han.

E una parte sepolta di lei era certa che non sarebbe stata neanche l’ultima.

Un messaggio al telefono la distolse dai suoi pensieri. 

Solitamente non controllava il cellulare durante il lavoro, ma approfittò della piccola pausa per darci un’occhiata.

Era un messaggio di Miriam.

“Sono in ospedale, non torno a dormire”

Che cosa?!

 

Due anni prima

 

Margo aveva passato la giornata come ormai era abituata a fare da quando aveva ottenuto il messenger: mattina sveglia presto, chattare, colazione inviata da Ray, chattare, leggere un libro, fare qualche esercizio o passare il tempo sola in camera, chattare, annoiarsi parecchio, chattare, approfittare di un momento di disattenzione per hackerare qualcosa, chattare.

Insomma, Margo era una tipa adattabile, ed era più abituata di quanto fosse giusto a restare chiusa in un luogo stretto per molto tempo di fila, ma iniziava a sentirsi claustrofobica.

Forse era meno abituata di quanto pensasse.

E poi quel giorno Ray non era venuto che a colazione, e anche sulla chat era sempre assente e se compariva se ne andava dopo qualche frase.

Come poteva aiutarlo se non aveva la possibilità neanche di vederlo.

Di solito Margo era una donna di pazienza spaventosa, quasi innaturale. Era capace di subire una situazione mille volte peggiore di questa per mesi pur di raggiungere il suo scopo, pur di aiutare qualcuno. Era naturale per lei, non c’era niente che potesse farla crollare.

Ma forse ciò che iniziava a farle perdere la pazienza era che l’ambiente in cui era, al momento, per quanto claustrofobico, non era affatto male.

Anzi, era una camera da letto meravigliosa.

Grande, elegante, come quella di una principessa.

E Margo la apprezzava, ma diffidava dello zucchero molto più che dell’aspro.

Perché non sapeva mai cosa aspettarsi da qualcosa di bello che le veniva dato.

E Ray… era troppo bello per essere vero.

Margo sapeva che le loro interazioni erano tossiche. Lui era troppo gentile, troppo infatuato di lei, e lei non gli aveva dato alcun motivo per fargli provare quei sentimenti. L’aveva solo trattato bene, come tutti avrebbero dovuto trattarlo.

E iniziava a temere che avrebbe potuto fargli del male piuttosto che aiutarlo.

Forse doveva legarlo di più a lei e manipolarlo per farlo scappare dalla brace per finire nella padella? 

No! Non poteva fargli una cosa del genere, non sarebbe stata meglio della sua fantomatica salvatrice.

Doveva trattarlo meno bene in modo che si staccasse un po’ da lei così che potessero avere un rapporto più normale?

No, perché l’avrebbe solo deluso. Gli avrebbe inutilmente spezzato il cuore.

“Devi scappare e denunciare il Mint Eye” gli suggerì una voce nella sua testa, una voce che aveva ragione da vendere, ma che Margo non voleva ascoltare.

Non voleva tradire così tanto la fiducia di Ray.

“Perché ti importa tanto? Lo aiuteresti, finirebbe in un corso di recupero per i sopravvissuti ai culti religiosi, e piano piano recupererebbe”

Sì, era vero, ma… avrebbe per sempre odiato Margo per averlo tradito.

“E quindi? Salvare una persona è più importante che farti amare da essa”

…Sì, Margo lo sapeva bene.

Scosse la testa, cercando di cacciare indietro quei pensieri.

Preferiva trovare un altro modo, un modo più lungo, più difficile, ma che avrebbe permesso a Ray di uscire da quella storia con la fiducia nell’umanità intatta.

“Non ha fiducia nell’umanità, solo in te e nella salvatrice. Perché non vuoi semplicemente lasciarlo andare?”

-Stai zitta!- sussurrò Margo rivolta alla sua testa, seppellendo il volto sotto al cuscino e cercando di pensare ad altro.

Anche se la domanda aveva senso.

Perché non lo voleva lasciare andare?

Per sua fortuna, un timido bussare alla porta interruppe i suoi pensieri, e la ragazza si mise un po’ in ordine prima di andare ad aprire.

E sorrise caldamente quando notò che dall’altro lato della porta c’era Ray, insicuro come sempre, ma con un timido sorriso, una bottiglia in una mano, e una carta nell’altra.

-Ray! Sono felicissima di vederti!- lo accolse Margo, spalancando la porta e facendogli cenno di entrare.

Il ragazzo sembrò illuminarsi.

-Davvero?! Sono felice anche io! Pensavo mi odiassi perché oggi non sono venuto a trovarti quasi per niente!- abbassò la testa, come un cucciolo ferito, ed entrò timidamente nella stanza, come se temesse di disturbare.

Era così carino, con lei.

Troppo carino, non doveva essere così, non doveva agganciarsi a lei come se fosse il suo unico salvagente, ma Margo si sentiva comunque così… apprezzata.

-Non potrei mai odiarti, Ray. Sei la persona più gentile e affettuosa che io abbia mai incontrato. Mi dispiace solo che lavori troppo, tutto qui. Ma per te, perché voglio che tu sia in salute- cercò di rassicurarlo, avvicinandosi e prendendogli entrambe le mani tra le sue.

Ray la guardò con occhi brillanti, innocenti, di un bambino che riceve un elogio per la prima volta.

Come lo trattava la salvatrice?! Possibile che fosse così affamato di complimenti da aggrapparsi con tali forze alle poche frasi gentili di Margo?! 

Doveva farlo sentire meglio, anche se poteva essere dannoso. Doveva provare a fargli capire che era importante, unico, fantastico.

“Non devi attaccarti”

-Che mi hai portato?- chiese però, facendo un metaforico passo indietro, e adocchiando gli oggetti che il ragazzo teneva ancora in mano e che aveva rischiato di far cadere a contatto con Margo.

-Oh? Oh! Sì, sono… la tua tessera da fedele, con questa puoi andare in più zone dell’edificio, tranne alcuni punti importanti, e un finto elisir, da prendere quando ti chiedono di farlo. Non voglio che tu prenda quello vero, ti farebbe male, e non voglio che ti venga fatto del male- spiegò il ragazzo, con mani tremanti, dando entrambi gli oggetti a Margo. Aveva le lacrime agli occhi al solo pensiero che alla ragazza potessero dare l’elisir.

Margo osservò un attimo il finto elisir, poi lo posò, concentrandosi maggiormente sul pass per l’intero edificio.

Quello sì che era un punto di svolta.

-Allora… ora che ti ho dato le cose, io…- Ray provò a congedarsi, imbarazzato e torturandosi le mani, ma Margo lo fermò, posandogli una mano sulla spalla.

-Aspetta, so che sicuramente sei impegnato, ma ti andrebbe di fare una piccola passeggiata in giardino? Se possibile. Se è un luogo dove posso andare- gli chiese timidamente, mostrando la tessera.

Ray sembrava aver visto un angelo sceso in terra con tanto di luce divina e aureola.

-Davvero?- chiese, incredulo.

-Certo! Mi farebbe davvero tanto piacere- insistette lei, prendendogli di nuovo entrambe le mani, con dolcezza.

-Oh… okay, se ci tieni tanto, certo che possiamo fare una passeggiata. Farei di tutto per te- acconsentì Ray, facendosi poi trasportare verso il giardino.

Fu una passeggiata piacevole, molto più della volta precedente.

E ad un certo punto, nell’osservazione dei fiori, Margo lo prese per mano intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo, e stringendolo forte.

Come una coppia che fa una romantica passeggiata sotto le stelle.

Non che fossero una coppia, loro due.

Margo però apprezzò stare in sua compagnia, anche se le parole erano poche, e il vento iniziava a tirare forte.

Aveva bisogno di aria, e Ray era così… così… Margo non riusciva a trovare una parola che esprimesse a pieno come la facesse sentire. Ma sapeva che fosse un complimento.

Dopo qualche altro minuto, si sedettero su una panchina, e rimasero in silenzio ad osservare le stelle.

Sembrava quasi una situazione normalissima. Due persone completamente normali intente a fare cose normali.

Margo era così in pace che si era quasi scordata la missione.

Poi avvertì la mano di Ray, ancora sulla sua, tremare quasi impercettibilmente, e quando posò lo sguardo su di lui, si rese conto che stava singhiozzando silenziosamente, cercando di non attirare l’attenzione della ragazza.

-Ray…- lei gli sussurrò avvicinandosi, cercando di essere più rassicurante e discreta possibile.

-S_scusa Ma_Mar_go… solo… io…- Ray non sembrava riuscire a parlare, le lacrime scorrevano copiose lungo le sue guance.

Margo gli lasciò la mano e la usò per asciugargliene quante più possibile, con calma, e tranquillità totale.

Iniziò poi ad accarezzargli i capelli in maniera affettuosa, e leggera.

-Va tutto bene, respira- cercò di aiutarlo, senza scomporsi, e continuando a sorridere.

Ritornando concentrata sulla missione.

Dimenticando tutto il resto.

Ray si prese il volto tra le mani, cercando di sottrarsi al gentile sguardo che non credeva di meritare.

-I_Io… sc_scusa… sono… sono… tr_oppo…- il ragazzo provò a giustificarsi, ma non trovava il fiato.

-Shhh, respira, con calma. Nessuno di corre dietro- Margo si avvicinò per guardarlo negli occhi, ma Ray continuava ad evitare il suo sguardo.

-Sono… felice. Io sono troppo felice, non me lo merito, mi dispiace tanto- si ritirò nelle spalle, cercando di farsi piccolo piccolo e sottrarsi alle carezze che Margo continuava a fargli sul capo.

La ragazza si aspettava una cosa del genere, ma non significava che non fosse ugualmente ferita da un’affermazione così.

-Ray…- sussurrò, sempre gentile, ma con più fermezza -Ray guardami- alzò leggermente la voce.

Come un cagnolino fedele, Ray tolse le mani da davanti al viso e la guardò negli occhi, aspettandosi di trovarci delusione, rabbia, o disgusto.

Vide solo un grande affetto, e gentilezza.

Reazioni che non aveva imparato ad associare a sé stesso.

-Ray, tu meriti tutta la felicità del mondo- gli rivelò Margo, e ogni parola sembrava risuonare nell’aria come un comandamento ancestrale.

Ma Ray scosse comunque la testa.

-No, io sono debole, e sono una delusione, e devo lavorare, altrimenti non potrò mai piacerti- ripetè le parole come un mantra che gli era stato inculcato a forza, per anni.

Margo sapeva di poter fare poco con affermazioni che si portava dietro da probabilmente tutta la vita, ma c’era una rivelazione che poteva fargli senza che lui potesse obiettare.

-Ma tu mi piaci già, e mi piaci ancora di più se sei felice, soprattutto se sei felice con me- gli sorrise, un po’ imbarazzata.

Non era una bugia.

A lei Ray piaceva davvero tanto. 

Era gentile, cortese, innocente.

Così dolce, persino con una come lei, che non meritava assolutamente nulla.

-Io… io ti piaccio?- ripetè Ray, senza credere ad una sola parola.

A quel punto Margo avrebbe dovuto allargare il sorriso, annuire, e rassicurarlo ulteriormente. Dirglielo fino allo sfinimento, abbracciarlo, magari, o anche solo tenergli le mani tra le proprie con forza, dato che il contatto fisico era meglio non usarlo eccessivamente.

Ma purtroppo, fece un’altra cosa.

Una cosa che non avrebbe dovuto neanche pensare di fare.

Ed infatti non ci pensò, agì e basta.

Avvicinò il suo volto a quello di Ray, e gli diede un fugace bacio sulle labbra.

Breve, leggero, ma abbastanza intenso da sentire il suo cuore fremere, e avvertire un tremendo sapore di vari medicinali sulle labbra del ragazzo.

Quando si allontanò, non ancora registrando il tremendo errore che aveva fatto, il volto di Ray era meravigliato, occhi spalancati, bocca socchiusa, sembrava non rendersi del tutto conto di quello che era successo. Respirava a fatica, affannosamente.

Poi si alzò di scatto, arrossendo vistosamente, e tremando come una foglia.

Margo si rese conto di aver appena fatto un errore madornale.

-Ray…- si alzò a sua volta, in tono di scuse, pentendosi amaramente di essere stata così diretta ed essersi imposta su un ragazzo che chiaramente non era pronto ad una cosa del genere.

-Mi…mi…mi dispiace!- esclamò Ray, con un filo di voce, prima di correre via come una furia, le mani sulla bocca, le ginocchia tremanti, veloce come il vento.

Prima che potesse essere Margo a chiedere scusa.

Si sedette sulla panchina, delusa da sé stessa.

Non doveva andare in quella direzione! Non lo avrebbe mai aiutato con l’amore! Non era la ragazza giusta per una cosa del genere!

Eppure… perché l’aveva baciato? Non se lo spiegava neanche lei.

A lei Ray non piaceva in quel senso. Voleva solo aiutarlo.

Ma era davvero solo quello…?

“Perché non vuoi semplicemente lasciarlo andare?”

Ora aveva la risposta.

Perché, in fondo al cuore, aveva iniziato a provare dei sentimenti per lui.

E quello era una enorme problema.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

E alla fine sono riuscita a pubblicare anche la parte 3. Non so quando arriverà il giorno 6, perché ho millemila altri progetti, quindi tornerò in hiatus dato che questa storia non la legge quasi nessuno quindi preferisco dare priorità ad altre storie, ma prima o poi continuerò senz’altro ;)

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