Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi

di Sleepyheadven_ita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Note della traduttrice: Buonasera a tutti,
Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l’inglese sa quanto la nostra costruzione sintattica e l’uso della punteggiatura siano diversi dai loro, per cui non vi aspettate una traduzione assolutamente letterale, perché com’è facile intuirlo sarebbe stata un disastro in italiano. Nella traduzione ho cercato e sempre mi sforzerò di essere quanto più fedele possibile alle idee dell’autrice, anche per l’appunto cercando di renderle nell’italiano più consono.
Inoltre Sleepyheadven, essendo statunitense, invece di “Hanji” ha sempre usato la versione americana del suo nome, “Hange”, che io però ho cambiato in questa versione perché per me suonava strano scrivere così.
Per domande, osservazioni, suggerimenti o quant’altro, non esitate a contattarmi anche privatamente.
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Senza indugio quindi vi lascio a “Desperate Times Call for Desperate Measures” (traduzione: A mali estremi, estremi rimedi) di Sleepyheadven, pubblicata sul sito Archive Of Our Own il 30 agosto 2016 e terminata l’11 dicembre 2016
Buona lettura,
Fool



Dal momento in cui il suo telefono aveva cominciato a squillare alle cinque del mattino, Hanji aveva capito che sarebbe stata una giornata interessante.
Aveva socchiuso assonnatamente gli occhi, il mondo attorno a lei era apparso in forme sfuocate e nei colori del beige e del giallo, che sapeva essere il suo copriletto e le tende alle finestre.
Hanji aveva avuto immediatamente il sospetto di chi fosse a chiamarla così presto, specialmente considerando che chiunque la conoscesse anche solo superficialmente sapeva della sua tendenza a tirare tardi la sera. Sua madre raramente le mostrava un briciolo di empatia.
A tentoni aveva cercato il piatto marchingegno che sapeva essere sul suo vecchio e malandato comodino, chiedendosi cosa volesse da lei stavolta quella severa donna, considerando che le loro conversazioni telefoniche erano rare. Il trillo era continuato prepotentemente fino a che non aveva afferrato il freddo oggetto metallico fra le mani. Aveva fatto scorrere assonnatamente il dito sullo schermo per accettare la chiamata.
“Buongiorno mamma” l’aveva salutata con calore, la sua voce ancora impastata dal sonno. Aveva aggrottato le sopracciglia quando aveva buttato un occhio all’orologio, facendo velocemente un calcolo di quante ore aveva dormito. Due e mezza - nemmeno troppo male considerato tutto, aveva affrontato giornate peggiori.
“Buon pomeriggio, vuoi dire” l’aveva corretta sua madre, con un tono sorprendentemente tranquillo. Ah, quindi erano buone notizie quelle che le stava per dare, aveva pensato Hanji tirando un sospiro di sollievo. Nessun favore a qualche parente gravemente malato, come accadeva di solito.
“Giusto” le aveva risposto, sporgendosi nuovamente verso il comodino per prendere i suoi occhiali di forma ovale.
“Come vanno le cose laggiù?” aveva chiesto per fare conversazione, facendoli scorrere con noncuranza lungo il suo naso. Le forme e i colori avevano ripreso un contorno, mostrandole la sua stanza in disordine.
Sua madre aveva lasciato uscire una risatina allegra alle sue parole, Hanji aveva alzato le sopracciglia in un’espressione sorpresa a quel suono così inusuale, non aveva sentito sua madre ridere così da quando i suoi si erano trasferiti a Parigi otto anni prima.
Oh no, forse erano cattive notizie - tipo che suo padre era stato trovato morto quella mattina al risveglio. Non andavano per niente d’accordo negli ultimi tempi…
“Ho delle buone notizie cara!” aveva detto sempre ridendo sua madre, contenta come non mai. Hanji a questo punto si era preparata per quello che stava arrivando. “Io e tuo padre divorziamo!” aveva rivelato felicemente dopo quella pausa ad effetto.
Hanji si era data un momento per riflettere su quello che le aveva appena detto, quasi si aspettasse di sentire che era impazzita e che l’aveva assassinato. Beh, di certo era un fatto inaspettato, non avrebbe mai immaginato sua madre, così testarda e orgogliosa, accettare di intraprendere un divorzio e far finire così trentacinque anni di matrimonio.
“Questa è… una grande notizia, mamma” aveva detto tutto d’un fiato, incerta su come avrebbe dovuto reagire. Almeno non si sarebbe più trovata in mezzo ai loro litigi, giusto?
“Certo che lo è! Sono così sollevata di essere libera dal tuo insopportabile padre, cara, non ne hai idea.”
Hanji poteva intendere chiaramente dal suono della sua voce quanto fosse largo il sorriso che sua madre doveva avere spalmato in faccia.
“Ma c’è anche dell’altro” aveva aggiunto l’altra, pochi istanti dopo.
“… non è che torni a vivere qui, vero?”
Hanji aveva sentito il terrore piantarsi nel suo stomaco al solo vago pensiero che sua madre potesse reclamare la casa che le avevano lasciato.
“Oddio, no.” Sua madre aveva messo le mai avanti alle sue parole. Beh, la sua pretenziosa vita da cittadina francese doveva essere troppo bella per considerare addirittura l’idea di trasferirsi di nuovo nel vecchio e noioso stato di Washington. Che peccato, aveva pensato Hanji seccatamente ironica.
“Mi sto per sposare!”
Hanji non aveva fatto in tempo a fermare la caduta della sua mascella a quest’annuncio. Non aveva appena detto che era contenta di star divorziando?
“Oh… questo, ehm, mi fa piacere di sentirlo. Quant’è che non ci vediamo io e te?” aveva chiesto con genuina curiosità.
“Un anno e mezzo!”
Ah, questo spiega alcune cose, aveva pensato Hanji divertita.
“Il motivo per cui ti chiamo è che ti voglio su un aereo nel giro di una settimana. La cerimonia non avrà luogo che fra qualche settimana, ma voglio le tue opinioni su certe cose, tipo la disposizione dei fiori e i porta tovaglioli. Inoltre abbiamo la prova degli abiti e cose simili. Oh! E farai bene a portare qui un ragazzo, non come l’altra volta, oppure vedrai.”
Aveva quindi cominciato a divagare, in maniera non dissimile a come avrebbe potuto fare lei stessa.
Hanji aveva solo potuto annuire, il suo cervello ancora in privazione di sonno non le stava permettendo di fare altro che rimanere in quello stato di intontimento. Nel giro di cinque minuti aveva scoperto che i suoi stavano divorziando e che sua madre si voleva risposare. E inoltre, che lei era richiesta a Parigi alla fine di quella settimana.
“Beh, mia cara, è stato bello parlare con te, ti darò più informazioni nei prossimi giorni. Sono richiesta altrove.” Quindi se n’era uscita con una risatina degna di un’adolescente in preda ad una cotta.
Hanji aveva arricciato il naso con disgusto, non volendo sapere il significato nascosto delle parole che aveva appena pronunciato.
“Okay, mamma. È stato bello parlarti, ciao.”
Aveva sentito uno smorzato ciao in risposta prima di attaccare il telefono. Se l’era fatto cadere in grembo, confusa mentre cercava di mettere insieme i pezzi di tutto quello che era successo nel tempo di una chiamata di una decina di minuti.
Sua madre era inusualmente allegra. I suoi genitori si erano lasciati. Sua madre aveva avuto una relazione per un anno e mezzo e si risposava alla fine del mese. Un modo davvero interessante di cominciare la giornata, aveva pensato con una risatina secca.
Aveva lasciato scivolare le gambe lungo un lato del letto, non preoccupandosi di rifarlo mentre si alzava e si dirigeva verso il bagno dall’altra parte del corridoio. Sapeva che non sarebbe riuscita a mantenere la sua sanità mentale se fosse volata dall’altra parte del mondo verso la schiacciante presenza di sua madre in compagnia solo di se stessa.
Questo significava che avrebbe dovuto cercare dei candidati per interpretare la parte del suo ragazzo, in modo che sua madre smettesse di minacciarla. Uno in particolare le era venuto in mente, ma aveva cacciato via il pensiero. Avrebbe richiesto un sacco di tentativi di corruzione e convincimento.
Ma un piano già si stava formando nella sua testa, le rotelline in quel momento già giravano. O forse, no.

-

Entrando sul posto di lavoro, la priorità di Hanji quella mattina era stata quella di andare alla scrivania di Levi. Aveva fatto un grosso sorriso quando aveva visto quel brontolone appoggiato allo schienale della sua sedia, con un tè d’asporto in una mano mentre scrollava qualcosa al suo computer.
“Buongiorno Levi!” lo aveva salutato allegra, sporgendosi verso di lui.
Lui le aveva rivolto una breve occhiata prima che il suo sguardo annoiato tornasse sul monitor. “Hai bisogno di qualcosa, merdina con gli occhiali*?” le aveva detto.
Hanji si era schiarita la gola cercando di attirare la sua attenzione. “Ho un favore da chiederti perché sei uno dei miei più vecchi amici e so che posso fidarmi di te per qualsiasi cosa.” Aveva detto, cercando di rabbonirlo con parole dolci. Non sembrava che stesse funzionando.
“Se hai bisogno che venga a pulirti la casa di nuovo,” e qui aveva fatto una pausa leggendo qualcosa che era scritto sul suo monitor, “la risposta è sì perché ad un certo punto morirai soffocata da tutta quella polvere che ti si anniderà nei polmoni.”
Hanji aveva sbuffato per questa risposta così drammatica. “No, non è questo. Ma se mai ne avessi bisogno però, adesso so che cosa mi risponderesti.”
Lo sguardo di Levi era velocemente andato sul suo, Hanji aveva riconosciuto un piccolo bagliore di curiosità nei suoi occhi.
“Ho bisogno che tu faccia finta di essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza esprimere niente nella sua espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da sola”
aveva detto tutto d’un fiato, un tremito d’insofferenza le era balenato sui tratti.
Levi era rimasto in silenzio, quindi aveva risposto esitante. “Perché mai dovrei persino considerare di farlo?”
Hanji gli aveva sorriso. “Un viaggio gratis a Parigi e la gioia che proveresti nel far finta di avere una relazione con me.”
Levi si era imbronciato prima di rimettere per l’ennesima volta il suo sguardo sul monitor. “Passo.” Aveva detto seccamente.
“Okay, okay, va bene. Un viaggio gratis per Parigi, mi laverò i capelli e pulirò la casa tutti i giorni, e ti offrirò del tè ogni volta che vuoi.” Aveva replicato l’altra alzando la posta, facendogli un sorriso dolce e guardandolo speranzosa.
Levi aveva sospirato ammettendo la sconfitta, ruotando sulla sua sedia girevole abbastanza da poterla guardare direttamente in faccia. “Ci penserò” le aveva detto riluttante, già spaventandosi alle sue parole.
Dentro di lui aveva pensato che fosse un’idea terribile, ma quando mai gli sarebbe ricapitata l’opportunità di andare a Parigi? E persino con tutto spesato? Poteva sopportare di far finta di essere il ragazzo di Hanji per un po’, ne era certo.
Eppure, ripensandoci…
Prima che potesse dire qualcosa, Hanji l’aveva abbracciato con affetto, circondandolo completamente con le sue braccia. Era rimasto gelato al suo gesto, voleva quasi scansarla, ma non ne aveva la forza d’animo.
“Grazie Levi di voler almeno prendere in considerazione la cosa” gli aveva detto con sincerità. “Non hai idea di quanto significhi per me” aveva aggiunto per poi liberarlo dal suo abbraccio.
“…sì, sì.”
Se l’era scrollata di dosso facilmente, internamente tuttavia era ancora infastidito per i suoi gesti.
“Ci vediamo per pranzo al solito posto, ti darò i dettagli, lo prometto.”
Hanji aveva riso e poi iniziato a camminare verso la sua area di lavoro. Lui l’aveva guardata allontanarsi, il suo sguardo era tornato distrattamente sul suo monitor. Che Dio mi aiuti…

Qualche ora dopo Hanji era entrata nel loro solito ristorante, sorridendo e salutando la persona che stava all’ingresso. Aveva individuato il suo buon amico nel posto più remoto della sala, protetto da ogni sorta di interazione umana, come sempre. Si era seduta sulla sua solita sedia, sorridendogli quasi a scusarsi.
“Scusa il ritardo, Erwin voleva parlarmi di alcune cose. Lo sai che di solito va per le lunghe.” Aveva alzato gli occhi al cielo e si era sporta verso il tavolo sui gomiti, facendogli un grosso sorriso.
“Ha avuto la scopa in culo per tutta la scorsa settimana” aveva stilettato malignamente Levi, dirigendo il suo solito sguardo annoiato sulla scarmigliata donna.
Hanji aveva fatto il suo ordine alla cameriera prima di rivolgersi nuovamente a lui. “Quindi, sembra che partirò per Parigi fra qualche settimana. O per lo meno questo mi hanno detto stamattina alle cinque, ma chi lo sa, potrebbe essere persino stata un’allucinazione.” Si era prodotta in un sogghigno privo di ironia.
“La tua famiglia non potrebbe mai diventare meno divertente per me” aveva ammesso seccamente lui, guardandola mentre gli rivolgeva uno sguardo divertito.
Non poteva negare che il suo aspetto fosse un disastro, non c’era dubbio che avesse dormito meno di tre ore quella notte, glielo dicevano le sue borse sotto gli occhi. Eppure, non poteva evitare di pensare che ci fosse un qualcosa di affascinante in lei. Soprattutto i suoi occhi, che erano sempre molto espressivi, al di là del suo stato di stanchezza.
“Beh, li troverai ancora più divertenti di persona, te l’assicuro” aveva ribattuto tamburellando con le dita sulla tavola
Levi si era rabbuiato pensando, facendo una breve pausa. “Non capisco perché così all’improvviso ti interessa che cosa pensa tua madre a proposito delle tue personali scelte di vita.” Aveva dato voce ai suoi pensieri, guardandola attentamente mentre i suoi occhi marroni si riempivano di un pizzico di fastidio.
Hanji aveva sospirato mentre si passava una mano tra i capelli, rendendo la sua coda ancor più scomposta di quanto già non lo fosse. “Non lo capisco nemmeno io. Ma preferisco non avere a che fare con l’innumerevole schiera di tizi francesi che probabilmente ha in serbo per me in caso dovessi presentarmi da single.” Aveva sospirato pesantemente prima di continuare. “Ho solo… ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a far fronte a tutto questo, che faccia in modo che non sbotti rabbiosamente contro nessuno. E tu sei stato questo qualcuno più di una volta in passato.”
Levi aveva annuito comprensivo, sentendo che l’ago della bilancia della sua decisione pendeva decisamente più verso un lato che l’altro. 
“Quindi vuoi che faccia finta di essere il tuo ragazzo. Per quanto tempo?”
“Qualche settimana.” Gli aveva rivolto uno sguardo imbarazzato. “Non è che saremo costretti a stare insieme sempre, però. Voglio dire, per metterla semplicemente, mia madre è ricca da far schifo. Pagherà lei per qualsiasi cosa vorremo fare, e non ho dubbi che ti vizierà senza limiti solo perché sei il primo “ragazzo” che ho in anni.”
“Quindi questo significa che a Parigi posso avere cibo e tè a piacimento?” aveva chiesto, non mostrando tuttavia un grande interesse alla cosa.
Hanji aveva annuito piano. “Sì. Quindi, sei dei nostri?” aveva chiesto con una crescente speranza nella voce.
Levi aveva fatto un respiro profondo prima di annuire. “Un viaggio gratis per Parigi con fondo illimitato per i pasti pare una ragione sufficientemente buona per accettare, suppongo.”
Hanji si era prodotta in un gridolino ad alto volume, dirottando l’attenzione sul loro tavolo in disparte. “Sei il migliore Levi.”
“Fai silenzio quattrocchi, la gente ci sta osservando.” Aveva detto esasperato, guardandosi intorno con uno sguardo quasi minaccioso.
“Va bene, se qualcuno chiede è perché ho appena realizzato che ho il miglior amico del mondo che è disposto a farmi il più grosso favore della mia vita.”
Levi era rimasto in silenzio a quest’uscita, il suo cipiglio era rimasto intatto.
Sarebbero state delle lunghe settimane, quello era certo.




*Questa è una perifrasi che mi sono inventata per tradurre l’espressione “Shitty-glasses”, modo in cui in diverse fan fiction straniere Levi si rivolge ad Hanji. La traduzione letterale, “occhiali di merda” mi sembrava un pochino eccessiva nei toni, per cui ho cercato di renderla così e l’autrice, quando le ho spiegato, ha approvato l’idea.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo secondo
(versione originale del testo)

“Quindi, quante possibilità abbiamo di schiantarci e morire?” aveva chiesto Levi senza per niente scomporsi, i suoi occhi chiari sembravano spenti e annoiati mentre rimanevano incollati al finestrino dell’aereo.
Era in momenti come questi che Hanji capiva com’è che tanta gente lo trovasse spaventoso e intimidatorio. “Non molte” aveva risposto prontamente, con un sorriso divertito sulle labbra.
Aveva lasciato il suo sguardo vagare su di lui per la prima volta quella mattina, presa com’era da una specie di frenesia tale che non era riuscita a farlo fino a che non si erano imbarcati. La sua postura sembrava rilassata mentre se ne stava appoggiato alla sua poltrona, i capelli neri gli ricadevano ordinati sulla fronte, in contrasto con la sua pelle chiara. Portava una camicia bianca che vestiva un po’ larga, dei jeans neri attillati, chiaramente doveva essersi messo le prime cose che gli erano capitate a tiro data l’alzataccia a cui Hanji l’aveva obbligato.
Si poteva dire che fosse bello, Hanji lo trovava carino con le sue guance tonde e il suo naso che lei aveva soprannominato “boop”, dato che le faceva venire voglia di spingerlo con un dito come fosse un pulsante*.
Carino non era esattamente la parola che veniva in mente alle persone quando pensavano a Levi, ma per lei lo era, e molto.
“Mi stai fissando, scherzo della natura” le aveva detto Levi con calma, sempre guardando fuori dal finestrino.
Hanji aveva distolto lo sguardo da lui per metterlo sulle nuvole che scorrevano al di là dell’oblò. “Non c’è niente di male se guardo il presunto amore della mia vita” aveva risposto prontamente, ironica. La sua voce non aveva tradito nessun imbarazzo nell’essere stata sorpresa a fissarlo.
Levi si era voltato a guardarla, lei aveva fatto altrettanto. “Pensi davvero che tua madre si berrà ‘sta stronzata?” le aveva chiesto, non ancora completamente certo che questa fosse una buona idea. L’ultima cosa che voleva era che Hanji dovesse affrontare sua madre nell’eventualità che la donna scoprisse che si era portata dietro un finto fidanzato. In quel caso sarebbe stato molto peggio che essersi presentata da sola.
Hanji aveva annuito con sicurezza, guardandolo in modo rassicurante. “Non preoccuparti nanetto, mia madre non si accorgerà di niente, te l’assicuro.”
Levi l’aveva guardata di traverso a quel nomignolo, ma aveva lasciato correre. “Questo significa che ogni volta che staremo insieme davanti ad altre persone dovremo comportarci come due fottuti idioti?”
“Se comportarci come fottuti idioti significa fare i piccioncini, allora sì” gli aveva risposto, facendo una piccola pausa prima di continuare. “Fissiamo qualche regola, che ne dici?”
Levi aveva annuito dichiarandosi d’accordo, quindi s’era fatto serio. “Non mi metterò a fare rumori per far credere a tua madre che stiamo facendo sesso.”
Hanji aveva arricciato il naso in un’espressione di disgusto, accompagnata da un lamento che ne esprimeva altrettanto.
“Oddio, no. E comunque non ne avremo bisogno, ci ha preso una stanza in un hotel a poche strade da lei.”
“Lasciami indovinare. Un letto” aveva commentato impassibile Levi.
L’aria mortificata di Hanji era stata una risposta sufficiente. Levi aveva sospirato, appoggiando la testa al vetro del finestrino.
“Ricordami ancora perché lo sto facendo?”
“Perché mi vuoi tanto bene?” aveva tentato Hanji, con un dolce sorriso che le distendeva le labbra.
“Certo, dev’essere proprio questo.”
Le aveva rivolto uno sguardo infastidito mentre Hanji gli rifilava un giocoso schiaffetto sulla testa. Quello sguardo l’aveva fatta ridere, aveva continuato a sorridergli dopo.
Levi non aveva potuto impedirsi di fermarsi un istante a osservare come lo sguardo di Hanji si fosse illuminato. Si era obbligato a guardare altrove, dirottando per l’ennesima volta il suo sguardo al finestrino.
“Dimmi che ne pensi: se ogni volta che vorrò darti un bacio ti chiedessi il permesso di farlo stringendoti prima la mano? Basterà che me la stringi a tua volta in risposta, e io capirò che va bene se lo faccio. Non voglio metterti a disagio o coglierti di sorpresa.” Hanji aveva inclinato la testa aspettando la risposta di Levi.
“Va bene, farò anch’io così.”
L’altra aveva annuito in risposta.

Si erano immersi in un confortevole silenzio dopo. Levi si era messo a guardare attentamente il cielo fuori, la sua espressione sembrava tranquilla, ma Hanji sapeva che non era a suo agio all’idea di rimanere più di undici ore bloccato sull’aereo.
Hanji aveva cercato di concentrarsi sul libro che si era portata, ma le parole che leggeva non le suscitavano alcun interesse, dopo appena venti minuti avevano cominciato a sovrapporsi l’una all’altra in un confuso guazzabuglio. Era molto più stanca mentalmente di quello che credeva, la notte precedente l’aveva passata totalmente in bianco, in preda all’ansia di cosa la aspettasse il giorno dopo.
Non vedeva in carne ed ossa sua madre da due anni, preferendo stare lontana da quella donna che la criticava così tanto: frecciatine e maligni commenti sul fatto che non vestisse mai in modo femminile, o sul fatto che non si truccava mai, avevano avuto l’effetto di far allontanare Hanji da lei.
Non era più l’insicura adolescente di una volta, ovviamente. Era diventata più forte e aveva imparato a ridere di qualsiasi tipo di commento che la gente le buttasse addosso, conosceva il suo valore e onestamente non le poteva importare di meno di come appariva.
Aveva cercato di tenere gli occhi aperti, nonostante le sue palpebre si stessero facendo sempre più pesanti a mano a mano che i secondi scorrevano. Aveva emesso un lamento assonnato, si era rannicchiata meglio sulla sua poltrona per mettersi più comoda, smettendo di lottare contro il sonno che minacciava di sopraffarla.
Levi aveva guardato sorpreso alla sua destra quando aveva sentito un peso piombare sulla sua spalla, vedendo che Hanji dormiva profondamente contro di lui. Che stronza, aveva pensato appena infastidito. Aveva riaggiustato la sua posizione di seduta, il cielo fuori non aveva avuto più grande interesse mentre il suo sguardo si posava su di lei.
Sembrava tranquilla, la sua mente non correva a cento chilometri all’ora come succedeva sempre quando era sveglia. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, gli occhiali le si erano spostati in una posizione precaria. Gentilmente Levi glieli aveva tolti dal viso, per non rischiare che li rompesse per la sua scarsa premura. Ci mancava solo che dovesse anche farle da guida, oltre tutto.
Non riusciva a capire com’è che fosse così indulgente nei confronti di quella donna così eccentrica. La faceva franca quando gli metteva le mani addosso, quando lo prendeva in giro, quando gli affibbiava nomignoli ogni volta che le andava. Era certo che chiunque altro si fosse permesso di farlo ne avrebbe ricavato un violento pugno nello stomaco, ma con lei era stato diverso sin dall’inizio. Accidenti, era salito su un aereo per un altro paese perché non fosse sola se avesse avuto bisogno di qualcuno che la confortasse.
Aveva realizzato che era troppo coinvolto.
L’idea di tenerle disinvoltamente la mano e degli abbracci in cui avrebbero dovuto indulgere una volta scesi dall’aereo lo rendeva inquieto.
Non era abituato a dimostrazioni pubbliche di affetto - per dirla tutta non era abituato alle dimostrazioni d’affetto in generale. La sua relazione più duratura era durata un mese e mezzo, ed era stato ai tempi del liceo. Non aveva dubbi che sarebbe stata una sensazione strana e sconosciuta, una a cui doveva abituarsi in fretta se voleva convincere gli altri che era davvero in una relazione con la brunetta.
Aveva afferrato il libro che giaceva precario nelle mani di Hanji, girando la copertina in sua direzione per osservarla, stando ben attento a non perdere il segno che Hanji ci aveva lasciato prima di cadere addormentata. L’aveva aperto e cominciato a leggere solo perché non avrebbe avuto niente di meglio da fare.

Hanji si era svegliata qualche ora più tardi, durante questo lasso di tempo Levi aveva letto meno della metà del libro. La donna non aveva nascosto che la cosa la divertiva. Gli aveva detto che avrebbe dovuto portarsi qualcosa per passare il tempo invece di essere il solito vecchio testone.
Nel tempo che ci avevano impiegato a finire quel lungo libro, (circa tre ore prima infatti Hanji aveva proposto di reggerlo lei per poterlo leggere entrambi) l’aereo era atterrato in tutta sicurezza al suolo.
Pochi minuti dopo erano sbarcati. Hanji aveva trascinato Levi per una manica per tutto il tempo che avevano impiegato a recuperare i bagagli.
L’uomo aveva studiato con attenzione l’ambiente che lo circondava, con gli occhi ridotti a fessure aveva preso coscienza delle centinaia di persone impegnate nella loro stessa occupazione. Si era accigliato per il disgusto vedendo la gente che starnutiva e si puliva il naso in modo non igienico con le mani.
“Levi, eccola lì” gli aveva sussurrato Hanji furtivamente. “È tardi, quindi sarà esausta. Fai come faccio io, va bene?”
Mentre avanzavano, la non più giovanissima donna era entrata nel campo visivo di entrambi. Hanji l’aveva salutata con la mano attirando immediatamente la sua attenzione. Aveva avanzato verso di lei, Hanji l’aveva incontrata a metà strada e si erano abbracciate strette.
Ammetteva che fosse bello abbracciarla dopo qualche anno di lontananza, nonostante i frequenti disaccordi.
“Hai l’aspetto e l’odore di qualcuno che ha appena passato dodici ore su un aereo” le aveva detto sua madre in un orecchio.
Ah, eccola, aveva pensato seccamente Hanji.
“È bello rivedere anche te mamma” le aveva risposto sorridendole, sciogliendosi da quell’abbraccio. Non appena l’aveva fatto lo sguardo di sua madre era andato immediatamente all’uomo che le stava accanto e che aveva assistito a tutto lo scambio.
“Oh, mamma! Ho il piacere di presentarti Levi, il mio ragazzo.”
Hanji aveva afferrato la mano di Levi, avvicinandoselo. Per un attimo lui aveva pensato di divincolarsi da quella stretta, ma poi gli era venuto in mente che si supponeva che stesse al gioco.
Poteva osservare una certa somiglianza tra lei e sua madre, soprattutto il taglio e il colore dei loro occhi, la sfumatura di colore della loro pelle, anche. Tutto il resto Hanji doveva averlo preso da suo padre.
“Salve, piacere di conoscerla finalmente.” Aveva cercato di parlarle con educazione, mentre avvicinava la mano che aveva libera per stringere quella della donna. Levi non aveva mai visto nessuno illuminarsi tanto quanto lei alle parole di Hanji.
L’altra aveva preso la sua mano, ma non per il motivo per cui gliel’aveva porta, ma per attirarlo con entusiasmo a sé e stringerlo in un soffocante abbraccio. Levi si era irrigidito e aveva portato lo sguardo ad Hanji, quasi a cercare aiuto. Lei in risposta gli aveva rifilato un sorrisetto strafottente mentre li guardava.
“Pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato!” aveva esclamato in un tono forzatamente drammatico la madre. Levi aveva visto Hanji roteare gli occhi a quelle parole.
La donna si era allontanata, lo aveva osservato ancora tenendogli le mani sulle spalle. Levi aveva resistito alla tentazione di ribellarsi a lei con forza, sapendo che questo non gli avrebbe certo fatto avere una buona prima impressione. Inoltre c’era il particolare che dopo avrebbe dovuto affrontare l’ira di Hanji, e lei era assolutamente terrificante quando si arrabbiava.
“Oh Hanji, è proprio bello! Ma che ci trovi in una come lei, eh?” gli aveva detto in tono scherzoso, per poi girarsi verso sua figlia per sorriderle giocosamente.
Stranamente Levi aveva sentito un pizzico di fastidio alle parole della donna, che fossero state un semplice scherzo o meno.
Hanji era scoppiata in una risata assolutamente finta, sentendosi già stanca della compagnia di sua madre. “Non ne sono sicura nemmeno io, avrò avuto un colpo di fortuna” aveva detto continuando a sorridere, ma Levi poteva vedere chiaramente che fosse una facciata.
“È perché sei una donna gentile e attraente, che inoltre si da il caso essere anche la persona più intelligente che conosco” aveva detto Levi senza doversi sforzare troppo, sentendo il bisogno di mettersi dalla sua parte. Che razza di finto ragazzo sarebbe stato se non l’avesse fatto?
Aveva saputo di aver fatto la cosa giusta non appena aveva visto passare brevemente sul viso di Hanji un’espressione di gratitudine.
“Ah, bello e affascinante! Te ne sei proprio trovata uno buono, mia cara” aveva detto sua madre posando una pacca sulla schiena di Levi. “E adesso avviamoci, questa signora di una certa età ha avuto una lunga giornata.”
Hanji aveva afferrato la mano di Levi nella sua, rivolgendogli un vero sorriso. “Grazie” aveva scandito con la bocca mentre sua madre cominciava ad avviarsi.
Levi aveva guardato da un'altra parte, con nonchalance, ascoltando vagamente la madre di Hanji cianciare un po’ di tutto quello che le veniva in mente, notando che anche in quello le due erano simili.
“E quindi, come vi siete conosciuti voi due? Voglio i dettagli, Han” aveva chiesto con un tono melodioso.
Hanji si era voltata a guardare Levi, in risposta lui le aveva semplicemente fatto una piccola scrollata di spalle. Si era schiarita la voce, sollevata di trovarsi fuori dall’aeroporto nella fresca brezza che c’era fuori.
“Beh, io e Levi siamo colleghi, ci conosciamo da un bel po’. Semplicemente, immagino che le cose siano un po’ venute da sole” aveva detto usando qualche piccola bugia, gesticolando mentre lo faceva. “Credo fosse destino, vero piccolo?” aveva detto rivolgendosi verso di lui, stringendogli appena la mano e facendogli un sorrisetto di sfida.
“Assolutamente” aveva replicato Levi senza colpo ferire, alzandosi sulle punte dei piedi per posarle un piccolo bacio su una guancia prima che lei potesse fare qualsiasi altra cosa. Hanji l’aveva guardato con gli occhi spalancati mentre camminavano verso l’auto di sua madre, di certo non si aspettava niente di simile da lui, che non si era nemmeno disturbato a rivolgerle uno sguardo.
Gli avrebbe chiesto di rendere conto di quello che era appena successo, aveva pensato determinata. Questa situazione stava diventando una qualche specie di competizione? Certamente no. Avrebbe lei stessa fatto in modo che lo diventasse? Accidenti, sì.
Una volta che erano saliti sull’auto la conversazione si era fatta ancora più strana dato che c’era un’altra persona nel posto del passeggero della macchina di sua madre, presumibilmente l’uomo che sarebbe diventato il suo patrigno. Quell’idea non le piaceva affatto.
“Allora, Han, questo è il mio fidanzato, Nick.”
“Piacere di conoscerti, tua madre parla di te in continuazione” le aveva detto con uno strano tono che né lei né Levi erano riusciti a decifrare. Hanji gli aveva rivolto uno sguardo d’intesa.
“Vorrei poter dire lo stesso, Nick” aveva commentato guardando per un attimo sua madre che a quest’uscita aveva fatto un’espressione esasperata. Si era accomodata sul sedile, notando come la sua gamba e quella di Levi si toccassero casualmente.
Il silenzio era caduto pesante nell’abitacolo, Nick si era schiarito la gola quasi a tentare di migliorare la situazione. Levi l’aveva guardata con un sopracciglio alzato, apparentemente non impressionato dal suo atteggiamento.
“Allora, quale sarà il motivo portante per il grande giorno?” aveva chiesto cercando di spostare la conversazione su un altro tema, sentendosi un pochino in colpa per la sua uscita non proprio felice.
Elizabeth si era subito risollevata a quella domanda, le sue dita avevano cominciato a tamburellare allegramente sul volante.
“Pendo per un rustico chic sinceramente, ma non sono del tutto convinta! È solo che è tutto così diverso di questi tempi” aveva detto accoratamente, guardando dritta davanti a lei.
“Cara, dovresti essere tu a pianificare un matrimonio, non io” si era lasciata commentare senza nessun riguardo, stando ben attenta a rivolgerle un’occhiata dallo specchietto retrovisore. L’uomo seduto accanto a lei aveva ridacchiato di cuore, lei si era accodata dando luogo ad una serie di risatine. Sia Levi che Hanji non ci avevano trovato niente di spiritoso in quello che la donna aveva detto, erano rimasti impassibili per tutta la durata di quelle risate.
“Sì, sì…” aveva commentato Hanji tentando di passare oltre, non sprecandosi a spiegarle che conduceva una vita felice e di successo senza sentire alcun bisogno di un matrimonio. Conosceva sua madre abbastanza bene da sapere che sarebbe stato fiato sprecato.
“Quanto manca per arrivare all’hotel?” aveva domandato sentendo che la stanchezza la stava invadendo.
Riacquistando un po’ di sicurezza, Nick si era incaricato di risponderle. “Ci vorrà ancora qualche minuto, almeno.”
Hanji si era riappoggiata sul sedile, girandosi a guardare il suo impassibile amico, osservandolo con sguardo curioso. Aveva un che di infantile mentre osservava il paesaggio che scorreva al di là del finestrino. Altri non avrebbero potuto dirlo, ma lei riusciva chiaramente a vedere l’ammirazione nei suoi occhi.
“Bello, vero?” gli aveva chiesto a bassa voce, in modo che gli altri due davanti non li sentissero, anche se erano sufficientemente distratti dalla loro conversazione.
In risposta Levi aveva emesso una specie di basso brontolio, che l’altra aveva interpretato come un sì. Il suo sguardo si era spostato dal finestrino incontrando quello di Hanji, si erano formate delle prominenti occhiaie sotto i suoi occhi.
“Stai uno schifo” le aveva detto schietto, parlando a bassa voce come aveva fatto lei.
Hanji aveva riso divertita a quell’insulto. “Non sei proprio uno schianto nemmeno tu, piccoletto” aveva ribattuto con un sorrisetto strafottente.
“Ecco la vostra fermata, bambini!”
Hanji si era morsa la lingua cercando di non puntualizzare che aveva ventinove anni. 
“La stanza è riservata a tuo nome, tesoro. Buonanotte ad entrambi, vi chiamo domattina così facciamo colazione insieme” aveva urlato verso di loro mentre scendevano dall’auto e recuperavano le loro valige dal portabagagli.
Hanji l’aveva salutata con la mano mentre si allontanava velocemente, lasciandoli davanti a quel bellissimo hotel.
“Quell’uomo… mi fa accapponare la pelle più di quello che credevo possibile” aveva ammesso Hanji con un piccolo movimento delle sue spalle, mentre trascinava la valigia verso l’entrata.
“Tua madre ti tratta come una merda, quattrocchi” aveva osservato Levi senza scomporsi. Aveva sollevato la sua grossa borsa all’altezza delle sue spalle, cominciando a camminare al ritmo dell’altra abbastanza da poterle camminare a fianco.
Mentre entravano nella hall dell’hotel, Hanji l’aveva guadato brevemente incamminandosi verso la corta fila davanti alla reception. “Da che mi ricordo, è sempre stata così con me. Non mi interessa più ormai cosa pensa di me, so chi sono e sono contenta così.”
Levi era rimasto in silenzio mentre Hanji recuperava le chiavi, lo era rimasto anche mentre andavano al piano di sopra. La donna aveva aperto la porta sentendosi le gambe molli, troppo pesanti perché potesse muoversi ancora molto. Lo sguardo le era caduto sulla dimensione del letto, un queen size**. Come aveva sospettato.
“Dato che sei un gentiluomo non protesterai e dormirai per terra, giusto?” aveva detto sollevando un sopracciglio, nella sua voce un’evidente vena di sarcasmo. Si era pigramente buttata sul soffice materasso, che era sprofondato appena sotto il suo peso.
Levi aveva appoggiato il suo bagaglio a terra, si era guardato intorno attentamente per vedere se la stanza soddisfaceva i suoi elevati standard. Aveva passato una delle sue dita sottili sulla superficie di un cassettone, andando poi a controllarlo con attenzione, facendo poi un mugolio di approvazione.
“Se sei a disagio all’idea di dormire sullo stesso letto con me, allora ci puoi stare tu sul pavimento.”
Hanji aveva riso appena, assonnata, aveva dato un paio di colpetti con la mano accanto a lei, ad invitarlo.
“Vieni qua, piccolo” aveva farfugliato mentre le si chiudevano gli occhi. Si era sfilata le scarpe con i piedi, non si era nemmeno tolta la maglia e i pantaloni che portava. “Ti avverto però, a me piacciono le coccole.”
Levi aveva emesso un suono simile ad un “tch” in risposta, poi aveva recuperato alcuni oggetti dal suo bagaglio prima di chiudersi nel bagno. Era ritornato dopo una veloce doccia, con i capelli ancora un po’ umidi, per trovare che Hanji si era presa gran parte dello spazio sul letto.
Si era sdraiato quanto più lontano potesse da lei, non appena aveva appoggiato la testa sul morbido cuscino si era sentito meglio. Viaggiare era pesante, e dover comportarsi come un’altra persona era una rottura di palle, aveva pensato esausto. Ne aveva avuto giusto un assaggio, e pensare che avrebbe dovuto farlo per settimane.
Le palpebre gli diventavano più pesanti ogni secondo che passava, per una volta non sentiva l’esigenza di combattere quella sensazione. L’ultima cosa che ricordava era l’odore dello shampoo di Hanji e il rumore del suo lieve russare.

-

Levi era stato svegliato da uno schiaffo secco in faccia. Si era sentito salire l’arrabbiatura mentre sbarrava gli occhi, nel suo campo visivo era immediatamente comparsa la perpetuatrice del crimine che ancora dormiva beata. Un rivoletto di bava le usciva dalla bocca mentre ronfava tranquillamente, comodamente appoggiata sul fianco adesso, rivolta verso di lui.
La distanza tra loro in qualche modo durante la notte era diminuita rispetto a quella che si ricordava da prima di addormentarsi, il viso di Hanji stava a pochi centimetri dal suo. Levi si era accigliato, ancora innervosito per come era stato svegliato mentre la scuoteva per svegliarla.
Hanji aveva cominciato a svegliarsi, era trasalita, poi aveva sbarrato gli occhi, Levi non avrebbe saputo dire cosa cercasse con lo sguardo.
“Ohi, sei proprio una bestiaccia” le aveva detto a bassa voce, dandole una schicchera sulla fronte per infastidirla ancora di più.
“E tu sei uno stronzo per avermi svegliata” aveva mugugnato in risposta afferrandogli i capelli e spingendolo non delicatamente contro il cuscino. Levi aveva borbottato rumorosamente, scansando la sua mano.
“Sei tu che mi hai preso a schiaffi” aveva detto, il suono delle sue parole attutito dal cuscino.
Hanji aveva mollato la presa, guardandolo nella sua vista da miope mentre si sedeva e si riavviava i capelli rimettendoseli in ordine come erano solitamente.
“Scusa” aveva ribattuto Hanji, non proprio convinta, facendosi scappare una risatina divertita. “Abbiamo una bella giornata piena che ci aspetta, eh tesoruccio dolce?”
Levi era sembrato disgustato per il nuovo modo in cui l’aveva chiamato.
“Quand’è che dobbiamo vedere quella strega maledetta di tua madre?” aveva chiesto, la sua voce profonda era ancora piena di sonno.
Hanji si era velocemente tolta dalla testa il pensiero che trovava il suono della sua voce appena sveglio tremendamente affascinante.
Aveva scrollato le spalle, facendogli segno di passarle il suo telefono e gli occhiali che erano sul comodino dalla sua parte del letto. Una volta che glieli aveva passati si era rimessa velocemente gli occhiali e acceso lo schermo del telefono
Tre messaggi di sua madre la attendevano, tutti e tre le dicevano di incontrarsi tra un’ora. Tutti erano stati ricevuti un’ora prima.
“Bene, voglio dire, si suppone che dovremmo incontrarla proprio in questo momento” gli aveva detto guardandolo con aria imbarazzata.
Levi era sembrato esasperato alle sue parole.
“E allora diamoci una mossa, quattrocchi” aveva detto cominciando a scendere dal letto.
Avevano davvero una giornata piena davanti a loro.




*”Boop” è un modo di dire statunitense, si dice quando si da un colpetto con il dito ad una persona sul naso, per accompagnamento.
Il testo originale di Sleepyheadven dice: […]she found his rounded cheeks and 'boop' nose as she often put it cute[…], tradotto leteralmente: Lei trovava carini le sue guance tonde e il suo naso da ‘boop’, come lo chiamava spesso.
Io ho optato per una traduzione molto libera, ma più esaustiva.
In quanto alle guance tonde non so che dire, si vede che l’autrice ha nella sua testa un’immagine così di Levi, io qui mi limito a tradurre!

**Dal testo si capisce che Hanji trova che il letto sia piccolo. Ma in verità la dimensione “queen” è giusto poco più piccola del nostro matrimoniale, avendo una larghezza di circa 150 cm contro i nostri 160. In compenso un king size ha un’ampiezza di circa 2 metri, per cui forse per loro un queen size è davvero piccolo.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***



In caso qualcuno li vedesse, avevano camminato mano nella mano coprendo la distanza che li separava dal caffè che la madre di Hanji aveva segnalato dando loro indicazioni via messaggio di testo.
“È così bello qui” aveva detto Hanji senza fiato, guardandosi attentamente intorno con sguardo meravigliato.
“E anche un sacco rumoroso” aveva aggiunto Levi senza entusiasmo, rivolgendole uno sguardo interrogativo vedendola fermarsi in mezzo al marciapiede. La donna aveva frettolosamente tirato fuori il telefono, tenendolo davanti alla sua faccia.
“Facciamoci un selfie! Sorridi, brontolone!” aveva detto con un bel sorriso pieno, Levi aveva guardato l’obiettivo con sgomento mentre l’altra scattava la foto. Davvero un momento da conservare per sempre, aveva pensato seccamente.
“Cosa posso scrivere per didascalia?” si era chiesta ad alta voce ricominciando a camminare, lo sguardo incollato al display del telefono, evitando gli altri passanti facilmente nonostante non avesse mai alzato lo sguardo.
“Contemplando le mie scelte di vita” aveva suggerito Levi monocorde, cominciando a camminare al passo con Hanji, che l’aveva guardato divertita scuotendo appena la testa.
“Sembra che siamo arrivati!” aveva annunciato, guardando l’insegna con interesse. “Pronto, amore mio?” aveva detto a cuor leggero, aprendo la porta e cedendogli il passo.
Levi aveva visto Elizabeth seduta in mezzo ad altri tavoli, che li aspettava. Hanji lo aveva sorpassato, andando a salutare sua madre con un caldo sorrido e un gesto della mano mentre andava a sedersi davanti a lei. Levi le aveva fatto giusto un cenno con la testa, andando a sedersi accanto alla sua finta ragazza.
“Buongiorno mamma” aveva detto allegramente Hanji.
Levi stava notando che non si forzava mai impressionarla o di farle credere di essere quello che non era. Sembrava a suo agio nell’essere se stessa, almeno quasi sempre. Semplicemente non poteva sopportare di affrontarla da sola, ed ecco il perché della sua presenza lì, oltre che quello di evitare che sua madre le organizzasse appuntamenti.
“Buongiorno tesoro, e buongiorno anche a te, Levi. Mi sono presa la libertà di ordinare per voi, spero che non vi dispiaccia. Per te Han qualcosa di leggero perché mi sembri appena un po’ appesantita. E ovviamente un uomo non può cominciare la giornata senza una vera e propria colazione, giusto?” aveva detto con un’espressione allegra.
Hanji sembrava non aver fatto nemmeno caso alle sue parole, Levi aveva annuito mentre la guardava da vicino. Le parole taglienti della donna l’avevano decisamente innervosito, Hanji semmai era alta e magra come un giunco.
“Sembra perfetto” aveva commentato lei però, rivolgendogli un breve sguardo rassicurante.
“Come avete dormito ragazzi? L’hotel è bellissimo, vero?” aveva detto entusiasta. “Nick e io ci andavamo sempre.”
Hanji aveva represso dentro di lei un’espressione di disgusto a quelle parole noncuranti, non voleva proprio sapere certi dettagli della vita amorosa di sua madre.
“Sì, piuttosto bello. E incontra gli standard di pulizia di Levi, il che è già un miracolo di per sé” l’aveva preso appena un po’ in giro, ridendo appena dello sguardo irreprensibile che lui le aveva rivolto in risposta.
“Mi fa piacere! Che cosa avete in programma per la giornata?” aveva chiesto sua madre tanto per fare conversazione, bevendo un sorso del suo bicchiere d’acqua.
Hanji aveva guardato Levi, ma lui aveva semplicemente alzato le spalle.
“Non ne siamo sicuri” le aveva detto incerta quindi, cercando di cambiare discorso. “Cos’hai in programma tu?” le aveva domandato curiosa.
“La mia amica Carla, che si è recentemente trasferita qui, sta venendo per aiutarmi con un po’ di cose. Niente di troppo interessante, però” aveva detto gesticolando come a volersi lasciare l’argomento alle spalle. “Sai che domani ti porto a fare la prova dell’abito, giusto?”
Prima di riuscire a mascherarlo, Hanji aveva fatto un’espressione di terrore. “Lo so adesso” aveva detto mentre una cameriera poggiava i piatti con la loro colazione davanti a loro. Sua madre aveva detto un semplice merci prima di continuare a rivolgersi di nuovo a sua figlia e al suo ragazzo.
“Quindi, Levi, ho notato che sei terribilmente silenzioso. Perché non mi parli un po’ di te?” aveva chiesto Elizabeth gentilmente.
Hanji si era messa in bocca una bella forchettata di cibo, reprimendo lo scoppio di risa che le era venuto spontaneo.
“Beh, che cosa vuole sapere?” aveva chiesto Levi tranquillamente, appoggiandosi opportunamente il tovagliolo sulle ginocchia.
“Beh, dove sei cresciuto? Sei mai stato sposato prima, hai figli magari? Quali sono le tue feste preferite?” gli aveva gettato addosso domanda su domanda, con un piccolo sorriso ad incurvarle le labbra.
Dentro di sé Levi aveva pensato che fossero delle domande una più inutile dell’altra, sforzandosi di reprimere il senso di fastidio che gli procurava il dover condividere con una persona quasi del tutto estranea dei dettagli della sua vita privata.
“Sono cresciuto a New York, mi sono trasferito a Seattle quando sono stato abbastanza cresciuto per farlo. Mai sposato, e ovviamente niente figli” aveva detto, riuscendo facilmente a mascherare il suo disappunto.
Quando aveva fatto per parlare di nuovo Hanji l’aveva interrotto.
“Il suo periodo di festa preferito sono le pulizie di primavera*” aveva detto scherzando, ridendo da sola per la sua battuta. Inoltre gli aveva rubato velocemente una forchettata di cibo in un momento in cui sua madre non guardava.
“Ah! Ero così preoccupata che potessi essere recentemente divorziato e che potessi essere in una battaglia legale per l’affidamento di figli. Voglio dire, è raro per qualcuna dell’età di Hanji trovare un uomo che non sia già stato sposato” aveva sentenziato.
“Non poi così raro, mi sembra” aveva ribattuto la figlia di getto, guardando Levi con esasperazione.
“Beh, sono semplicemente contenta che mia…”
Un forte squillo del telefono l’aveva interrotta. Li aveva guardati come a scusarsi mentre rispondeva.
“Pronto?” aveva detto. “Oh, no, sei sicura di non avere nessun altro?” Aveva sospirato delusa, la sua espressione felice era cangiata improvvisamente in tristezza.
“Che succede mamma?” aveva chiesto Hanji, un po’ preoccupata per il repentino cambio di atteggiamento.
Elizabeth le aveva fatto segno con un dito di aspettare un attimo, poi si era tolta il telefono dall’orecchio tenendolo a pochi centimetri dal viso.
“Carla non può venire oggi, la sua baby sitter ha cancellato all’ultimo momento.”
Hanji aveva riflettuto per un momento, e Levi aveva capito esattamente in che riflessione si fosse persa, sicuro che non avrebbe fatto nemmeno in tempo a protestare prima che agisse di conseguenza.
“Beh, il bambino lo possiamo tenere d’occhio noi per qualche ora” aveva suggerito con calma. Levi le aveva rifilato un’occhiata glaciale, che lei aveva deciso di ignorare.
Sua madre si era immediatamente risollevata, un sorriso si era aperto sul suo volto. “Carla, mia figlia si è offerta di badare al bambino per qualche ora! Ti starebbe bene?”
La donna all’altro capo della linea doveva aver risposto affermativamente, a giudicare dal sorriso felice di sua madre.
Levi invece aveva continuato a guardare gelido Hanji per tutta la durata di quel pasto. Per fortuna sua madre non ci aveva fatto caso, o sarebbe stata una conversazione scomoda da sostenere.

-

Un’ora dopo erano arrivati a casa del bambino.
Sua madre, una donna di mezza età con capelli scuri e occhi gentili, si era affrettata ad uscire di casa, salutando i due con fare grato.
“Salve. Sono Carla Jaeger, voi dovete essere Hanji e Levi. Grazie mille per aver accettato di stare con mio figlio” aveva detto presentandosi.
Hanji aveva annuito, sorridendole con uno dei suoi sorrisi gentili. “Piacere di conoscerti! Sono contenta di farlo se questo significa che terrai mia madre occupata e felice!” aveva detto scherzosa. “Quindi, quanti anni ha e come si chiama?”
“Eren. Ha cinque anni, ma gli piace comportarsi come se ne avesse molti di più. Vi avverto, è piuttosto capriccioso, quando non sono con lui tende a fare le bizze. Starò via solo un’ora o due, lo prometto.”
La donna aveva sussultato quando la madre di Hanji aveva suonato il clacson, impaziente. Le aveva rivolto un sorriso come a scusarsi prima di avviarsi verso le scale di casa.
“Chiamatemi se vi serve qualcosa” aveva detto prima di salire sulla piccola auto.
Gli altri due erano rimasti a guadare scettici mentre si allontanavano.
“Non ci posso credere che mi hai trascinato a fare la guardia a un cazzo di marmocchio, quattrocchi” aveva detto guardandola di traverso e incrociando le braccia al petto.
Hanji aveva sospirato appena, in faccia aveva un’espressione sdegnosa.
“C’era da scegliere tra questo o sopportare l’isterico pianto di mia madre per tutto il giorno” aveva spiegato. “E comunque, sono certa che possiamo prenderci cura di un bambino per qualche ora, Levi” aveva aggiunto, cercando di convincere non solo il suo infastidito amico, ma anche se stessa.
“Sei appena in grado di badare a te stessa” aveva commentato lui, facendo per mettere una mano sulla maniglia della porta. L’aveva aperta senza pensare, per trovarsi davanti un bambino con grandi e penetranti occhi verdi dietro di essa, le sue mani ciondolavano sui suoi fianchi mentre fissava i due adulti.
Levi gli aveva rivolto uno sguardo indifferente.
“Non è educato ascoltare le conversazioni degli altri” gli aveva detto come fosse un fatto ovvio.
Hanji era entrata in casa, guardandosi intorno prima di inginocchiarsi davanti a Eren e rivolgergli un sorriso rassicurante.
“Ignoralo, ti prometto che è innocuo” aveva detto al bambino che aveva dato un’altra occhiata all’uomo prima di tornare su di lei. “Io mi chiamo Hanji, e lui è Levi. Staremo con te per un paio d’ore” gli aveva spiegato tranquilla, rimettendosi quindi in piedi.
“Ho fame” le aveva detto calmo, i suoi dubbi erano già spariti dal suo sguardo.
Hanji aveva esitato, guardando il suo amico come a chiedere aiuto. Cosa piace mangiare ai bambini? Si era chiesta. Le sue capacità come cuoca si fermavano alle uova strapazzate o alla pasta, e questo era quanto. Per lo più sopravviveva grazie al cibo d’asporto.
“…fammi vedere dov’è la tua cucina, allora!” aveva detto cercando di sembrare sicura di quello che faceva.
Levi aveva sorriso appena, non facendosi ingannare dalla sua messa in scena. Era curioso di sapere che si sarebbe inventata mentre entrambi seguivano quell’entusiasta ragazzino in quella cucina modesta.
“Che cosa pensi di preparargli Hanji?” le aveva chiesto sedendosi su uno sgabello con i gomiti appoggiati all’isola.
Hanji aveva rovistato senza idee nel frigo prima di tirare fuori un vasetto di marmellata e afferrare delle fette di pane dietro di lei.
Internamente Levi aveva un po’ riso alla sua scelta, sapendo che era piuttosto difficile sbagliare con un semplice panino alla marmellata, ma sapeva pure che considerata la sua incapacità culinaria, Hanji avrebbe potuto trovare un metodo per fare male persino quello.
“Ti va bene questo, Eren?” aveva chiesto al bambino, aspettando la sua approvazione. Una volta che aveva annuito entusiasta, Hanji aveva messo nel tostapane le fette, voltandosi a guardare i due ragazzi nel frattempo.
“Sei la figlia di Elizabeth? Mamma ha detto così” le aveva chiesto Eren inclinando appena la testa. Hanji aveva pensato che sua madre doveva avere davvero dei seri problemi a dirgli di no, quando la guardava così con quegli occhioni.
“Sì” aveva confermato annuendo. “Come conosci la mia mamma?” gli aveva chiesto, sorpresa che sua madre socializzasse anche in minima parte con dei bambini, o con persone che avevano bambini piccoli per dirla tutta.
Aveva sempre fatto presente ad Hanji quanto i bambini fossero un peso e un fastidio, specialmente da piccoli. Le persone dovrebbero uscire a vivere la loro vita invece che stare a casa a prendersi cura di un neonato, era così che di solito liquidava la questione. Hanji non aveva mai smesso di sentirsi a disagio a quei discorsi, non era colpa sua che fosse venuta al mondo, ma era sempre stata certa che il suo arrivo fosse stato una sorpresa inaspettata.
“Viene spesso qui” le aveva risposto Eren, con un sorriso furbetto. “Però è un po’ strana” aveva detto dopo averci pensato un pochino.
Hanji aveva riso a quell’affermazione, non poteva che essere d’accordo.
“Senti, signore…” Eren si era rivolto a Levi, il quale si era girato verso di lui controvoglia, non molto interessato a far parte di quella conversazione. “Tu e Hanji siete sposati?” aveva chiesto innocentemente, l’altra si era irrigidita mentre spalmava la marmellata sul pane.
Levi era stato in silenzio per un momento, incerto su cosa dire. Sapeva che se avesse detto che non c’era niente tra loro molto probabilmente il bambino l’avrebbe detto alla mamma, che a sua volta l’avrebbe detto a quella di Hanji.
“No, non lo siamo” aveva detto qualche secondo dopo. “Però lei è la mia ragazza” aveva aggiunto subito dopo, osservando il bambino mentre mugolava pensieroso.
Hanji aveva appoggiato il piatto col panino davanti a lui, poi si era seduta dall’altra parte dell’isola. “Quindi siete innamorati?” aveva chiesto sereno.
“Sì, siamo innamorati.”
Hanji si era sentita un po’ in colpa nel mentire a un innocente ragazzino, ma aveva continuato comunque. Stava realizzando cupamente che stava trascinando tutti nelle sue macchinazioni. Levi, Eren, Carla, Nick, sua madre (ma di questo non le importava molto dato che era lei la ragione per cui era costretta a farlo).
“Allora perché litigavate fuori?”
Levi e Hanji erano rimasti di sasso, sorpresi che fosse riuscito a capire così tanto della loro conversazione.
“Le coppie tra loro litigano in continuazione” aveva risposto Levi, cercando di cavarne le gambe.
“Solo perché abbiamo un piccolo disaccordo non vuol dire che non ci amiamo più” aveva aggiunto Hanji.
Eren aveva aggrottato le ciglia alle sue parole. “Sì, ma voi non sembrate una coppia. Non vi tenete per mano, non vi sedete vicini” aveva osservato, intuitivo.
Levi si era alzato dal suo posto, infastidito si era messo seduto vicino ad Hanji per provargli che quello che dicevano fosse vero.
“Adesso sei contento?” gli aveva detto alzando un sopracciglio e andando ad afferrare la mano di Hanji, appoggiandosi le loro mani l’una nell’altra sul grembo.
“Dovresti baciarla adesso! È così che i miei genitori fanno pace” aveva suggerito Eren allegro, masticando un pezzetto del suo panino.
Lo stomaco di Hanji si era chiuso appena all’idea di baciare l’altro per la prima volta. Lo aveva guardato negli occhi per vedere se ci fosse anche solo un’idea di disagio o disgusto, ma non aveva visto niente di tutto questo. Solo un po’ di irritazione, ma presumeva che fosse per via del fatto che Eren li stava forzando in quella situazione.
Gli aveva stretto la mano, aspettando la sua risposta. Levi pochi secondi dopo gliel’aveva stretta a sua volta. Si era sporta verso di lui velocemente, per togliersi il pensiero, certa che dopo la prima volta le altre sarebbero state più semplici.
Aveva percepito il suo respiro infrangersi sulle sue guance arrossate prima si sentire le sue labbra premere dolcemente contro quelle di Levi, aveva chiuso gli occhi quasi del tutto. Le sue guance erano diventate sempre più calde mentre sentiva salire il desiderio di ripetere quel gesto, una volta che si erano scostati l’uno dall’altra. Si era sforzata di allontanarsi, non volendo cedere a quella situazione.
Levi aveva nascoso qualsiasi emozione dovesse aver provato così velocemente che Hanji non aveva fatto in tempo a decifrarla, mettendosi sul viso un’espressione neutra prima di girarsi verso Eren.
“Visto, adesso siamo riappacificati.”
La sensazione delle sue labbra era rimasta ostinatamente su quelle di Hanji. Aveva deglutito, si era rimessa dritta sulla sua seduta nel tentativo di ricomporsi.
“Siete carini insieme voi due” aveva commentato Eren contento.
“Grazie” aveva risposto Hanji, facendogli un piccolo sorriso e guardandolo mentre continuava a mangiare.
Erano rimasti seduti in silenzio dopo, nessuno si era disturbato a dire niente a meno che non fosse Eren a fare delle domande. Sino a quel momento quel piccoletto si era dimostrato un ostacolo persino maggiore della madre di Hanji.
Presto si erano spostati nel soggiorno, Eren aveva insistito per vedere il miglior film di sempre, che era quello dei Minions. Hanji si era appoggiata contro Levi in preda alla noia, mentre lui inveiva a bassa voce contro quegli affarini gialli e le loro vocette irritanti.
“Ma come fa a guardare ‘sta roba?” aveva chiesto Hanji a bassa voce, con la testa appoggiata comodamente contro la spalla di Levi. Dovevano mantenere bene le apparenze davanti a Eren, o sapevano che avrebbe cominciato a tempestarli di domande.
“Forse è per questo che è sempre così arrabbiato” aveva mormorato l’altro in risposta, tamburellandosi distrattamente le dita su una coscia. Hanji aveva riso brevemente, scuotendo leggermente la testa in sua direzione.
“È un male che sono in Francia ma l’unica cosa che voglio fare è andare a dormire?” aveva chiesto Hanji facendo un piccolo sbadiglio.
“È perché siamo costretti in casa di estranei a guardare ‘sta merda di film” le aveva risposto Levi scavallando le gambe e girandosi per prestarle attenzione.
“Devo andare a comprare un vestito domani!” aveva piagnucolato Hanji, sprofondando ancora di più la faccia contro la sua spalla. “Non ci voglio andare.”
Levi le aveva dato una schicchera con l’indice sulla fronte, la risposta dell’altra era stata di piagnucolare ancora più forte. Eren era troppo concentrato sul film d’animazione per notare quello scambio così infantile.
“Mi manderà sull’orlo della pazzia, e tu non sarai nemmeno lì a sostenermi” aveva detto Hanji sospirando, chiudendo gli occhi e pensando all’incubo che sarebbe stato per lei al negozio di abiti.
“Non fare la poppante, quattrocchi. Se ti infastidisce così tanto dillo.”
Levi aveva roteato gli occhi, le aveva dato una tiratina alla coda, sovrappensiero. Non era sicuro di quand’era che avevano cominciato a essere così casualmente fisici tra loro, se doveva essere onesto. Si toccavano costantemente, quando non erano le loro mani a stringersi erano gesti scherzosi, oppure era Hanji ad accoccolarsi contro di lui come stava facendo in quel momento.
Entrare in quella parte era sembrato persino troppo ordinario, quasi una seconda natura per entrambi, addirittura quel piccolo bacio che si erano scambiati prima non era sembrato inopportuno o strano in nessun modo.
“Non sei stato cresciuto da lei, non hai idea di come sia davvero. Hai avuto solo un piccolo assaggio.”
“E spero fortemente che così rimanga” aveva replicato Levi.
La loro conversazione sottovoce era terminata al rumore di passi che arrivava alle loro spalle, entrambi si erano voltati di scatto.
Carla ed Elizabeth erano entrate dalla porta, tutte un sorrisetto e una risatina dietro l’altra.
“Ma guardali, che carini” aveva commentato Elizabeth scherzosamente.
Facendo attenzione Levi aveva liberato la sua mano dalla coda di Hanji mentre lei si alzava per andare a salutare sua madre.
“Vedo che vi ha costretti a vedere il film dei Minions, eh? Mi dispiace” Carla si era scusata con una piccola risata.
Hanji le aveva dato ad intendere con un piccolo gesto della mano che non ce n’era bisogno. “È stato così bravo, praticamente non si e mai sentito, è stato buono per tutto il tempo che abbiamo passato insieme” aveva parzialmente mentito senza troppo sforzo, rimanendo in piedi. Aveva pensato per un veloce attimo che le mancava il calore della vicinanza del corpo di Levi.
Carla era sembrata sorpresa a quelle parole, la sua espressione l’aveva tradita. “Wow, dovete avere il tocco magico voi due. Io riesco a stento a farlo stare seduto per dieci minuti, figurarsi per due ore.”
Eren finalmente aveva realizzato che sua madre era a casa, così era saltato sul divano e poi dritto tra le braccia aperte della donna.
Levi era rimasto in piedi accanto ad Hanji mentre si congedavano da Eren e sua mamma.
“Mi dispiace di avervi rovinato la giornata, probabilmente avevate entrambi dei piani per una bella giornata di romantici giri turistici” si era scusata non molto sinceramente Elizabeth quando erano stati a qualche passo dalla casa.
Hanji sapeva benissimo che in verità non le dispiaceva nemmeno un po’, ma non è che loro due avessero avuto davvero dei piani. Sua madre veniva sempre al primo posto nella sua vita, le opinioni e i bisogni degli altri erano sempre messi in secondo piano in confronto ai suoi.
“Non fa niente, abbiamo comunque altre due settimane per fare quello che vogliamo.”
“E in ogni caso sembra che pioverà presto” aveva osservato Levi mentre scrutava il cielo nuvoloso.
“Beh, adesso vi accompagnerò ovunque vogliate andare” si era offerta educatamente scuotendo le chiavi che teneva in mano mentre apriva la porta della sua auto.
“Nei pressi del nostro hotel, qual è un buon ristorante?” aveva chiesto Hanji mentre si sedeva sul sedile posteriore, Levi l’aveva seguita.
“Conosco il posto adatto!” aveva risposto l’altra cominciando a guidare, pestando l’acceleratore con decisione. Hanji aveva sussultato a questo gesto spericolato, aveva preso la curva così stretta che si era ritrovata praticamente in braccio a Levi.
Si meritava decisamente il miglior pasto potesse ordinare, anche sapendo cosa la aspettava il giorno dopo. E anche una bevuta o due, magari persino tre…






*Hanji nella versione originale qui diceva spring cleaning, ovviamente un gioco di parole sulla festa primaverile che fanno negli Stati Uniti, la spring break.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Buongiorno, una breve premessa a questo capitolo.
Fino a questo momento non era mai successo, ma essendo questa fan fiction ambientata in Francia, era solo questione di tempo perché qualcuno cominciasse a parlare in francesce.
Sleepyheadven ha deciso di non mettere la traduzione delle parti in francese che ha via via inserito nella storia, fortunatamente sono solo delle brevi frasi sporadiche sia nel capitolo che segue, sia in quelli futuri.
Fosse stata una storia mia avrei riportato la traduzione delle parti non in italiano, e se sapessi il francese francamente vi starei traducendo anche quelle parti nonostante la scelta dell’autrice originale, ma purtroppo è una lingua di cui so articolare solo qualche frasettina imparata giusto per la sopravvivenza! L’unica cosa che potrei offrirvi quindi è una traduzione da google translator, per cui evito.
Buona lettura e alla prossima settimana,
FoolThatIam


Capitolo quarto
(versione originale del testo)

“Levi, cazzo, aspetta!” aveva guaito Hanji, strascicando le parole sotto l’effetto di tutto l’alcool che aveva buttato giù fino a un’ora prima.
Stavano camminando in strada, verso la loro stanza in hotel, Hanji perdeva l’equilibrio o inciampava un minuto sì e un minuto no, mentre Levi invece sentiva a stento l’effetto di tutti i bicchieri che si era bevuto, sebbene l’altra sperava che arrivassero anche a lui.
Si era appoggiata a un palo della luce nero, sentendosi come in preda alle vertigini, disorientata, le pareva che il cemento sotto di lei si spostasse senza soluzione di causa.
“Sto per vomitare.”
E l’aveva fatto, rimanendo senza fiato, le mani a stringersi lo stomaco.
Levi aveva lasciato uscire un sospiro, tornando indietro con calma mentre la vedeva svuotare il contenuto del suo stomaco, inclusa la cena. Hanji aveva tirato su col naso, pulendosi la bocca sul dorso della mano.
Disgustoso, aveva pensato l’altro con lo sguardo un po’ torvo.
“Ti senti meglio adesso?” le aveva chiesto monocorde, Hanji gli aveva risposto con una non convinta alzata di spalle.
“Non posso camminare Levi, mi gira tutto!” aveva esclamato a voce alta.
“Zitta quattrocchi, è tardi, la gente dorme” l’aveva sgridata, raggiungendola e prendendola per un braccio.
“Vuoi farmi fuori? Riesco a percepire le tue vibrazioni infastidite” aveva osservato l’altra ad alta voce, trascinando i piedi mentre Levi la guidava lungo la strada ancora una volta, certo che erano ormai a poca distanza.
“Onestamente ci sto facendo un pensierino” aveva risposto asciutto, guardandola mentre inciampava nei suoi stessi piedi per l’ennesima volta.
Hanji era rabbrividita appena sentendo l’aria fresca della sera sulla sua pelle esposta.
“Mi dispiace, ti sto rendendo la vita così difficile” aveva detto aggrottando le ciglia a quel pensiero, guardandolo. Lo aveva osservato attentamente per capire cosa ci fosse dietro la sua maschera, ma si sentiva troppo disorientata per poterci riuscire.
“Non mi stai rendendo la vita difficile” aveva sospirato Levi. La sbronza di Hanji stava volgendo al sentimentale, sperava che non gli scoppiasse a piangere in mezzo alla strada.
“E invece sì” aveva ribattuto lei aprendo i rubinetti.
Ecco che ci siamo, aveva pensato Levi terrificato.
“Mi dispiace tanto” aveva aggiunto Hanji in un lamento, stringendogli le braccia al colo e seppellendo la faccia contro la sua spalla.
Ma porca miseria.
A questo punto Levi poteva vedere il profilo dell’edificio dove stavano andando, e questo gli aveva sollevato il morale. Aveva spostato un braccio della donna dall’altra parte del suo collo, in modo che gli stesse appoggiata su una sua spalla, praticamente trascinandola come fosse un peso morto a quel punto.
“La finisci di piangere?” aveva chiesto senza mostrare alcuna emozione.
Hanji aveva tirato su col naso qualche altra volta, sembrava star tornando in sé.
“Voglio andare a dormire”, aveva piagnucolato lievemente.
Levi non aveva perso tempo a parlarle nello stato in cui era, l’aveva portata all’ascensore dell’hotel, dove si era staccata di dosso a lui per abbandonarsi contro le pareti di quel marchingegno, godendosi il freddo del contatto col metallo. L’altro si era ficcato la mano in tasca prendendo il suo telefono, aveva acceso la fotocamera e le aveva scattato una foto, immaginando che gli sarebbe stata utile in caso avesse avuto bisogno di ricattarla in futuro.
Aveva recuperato la carta magnetica e aperto la porta della loro stanza, aveva trascinato dentro Hanji, guidandola verso il bagno.
“Vai a lavarti i denti” le aveva ordinato perentorio, spingendola verso quel piccolo spazio. Nel frattempo si era cambiato i vestiti mettendosi un paio di pantaloni comodi e una maglietta nera che vestiva un po’ larga. Era andato di nuovo in bagno, vedendo Hanji lavarsi i denti con gesti disordinati. L’aveva guardata circospetto, afferrando il suo spazzolino e il dentifricio per poi mettersi a fare la stessa cosa.
“Sei un buon amico Levi” gli aveva detto con la bocca piena, il dentifricio le colava giù dal mento.
L’altro aveva scosso la testa. “Sputa, fottuta imbecille” le aveva detto, guardandola mentre lo faceva.Si era lavata anche la faccia, per poi rimettersi dritta e fargli un sorriso a trentadue denti.
“Tutta pulita, sei fiero di me?” gli aveva chiesto. Levi aveva fatto cenno di sì con la testa, come se stesse parlando con un bambino.
“Vai a cambiarti” le aveva detto indicando la porta, dandole una leggera spintarella verso la direzione giusta. Lei aveva riso di gusto, la ragione del perché lo stesse facendo gli era sconosciuta.
Qualche minuto dopo era uscito dal bagno, giusto in tempo per vedere che Hanji era spalmata per terra, faccia sul tappeto, con la bocca aperta dalla quale usciva un po’ di bava e il suono di un lieve russare.
Levi aveva fatto uscire un sospiro infastidito a quella vista, poi si era inginocchiato per prenderla in braccio. Aveva notato che fosse più pesante di quanto immaginava mentre camminava verso il letto per buttarcela sopra.
Hanji aveva reagito a quel modo un po’ rozzo di maneggiarla agitandosi, ma poi si era accomodata sui cuscini con aria felice.
Levi le aveva sfilato gli stivali uno a uno prima di stendersi anche lui, tutta quella giornata lo aveva sfiancato. Era finito a fare il baby sitter prima per Eren e poi anche per Hanj, e quest’ultima si era rivelata ben più difficile di un bambino vero e proprio.
Sapeva che stava passando un momento generalmente difficile, quindi non poteva far altro che lasciargliela passare in cavalleria. Il giorno dopo avrebbe dovuto sopportare le continue frecciatine di sua madre per tutto il tempo, dato che sarebbero andate a comprare dei vestiti. Non si sarebbe stupito se alla fine di quella giornata Hanji avrebbe voluto ubriacarsi di nuovo prima di ritornare all’hotel.
Gli era uscito un piccolo sbadiglio, aveva chiuso brevemente gli occhi prima di riaprirli di nuovo. Si era girato su un fianco, fronteggiando quella donna così eccentrica. Il suo sguardo si era addolcito quando aveva visto l’espressione pacifica che aveva sul viso.
Era quasi sconvolgente quanto fosse diversa mentre dormiva. Se ne stava ferma come una statua per tutta la notte, l’unica cosa che tradiva che fosse ancora viva era il fatto che respirava regolarmente.
Levi aveva sentito i suoi occhi chiudersi di nuovo, non sarebbe riuscito a rimanere sveglio ancora a lungo. Per la seconda notte di seguito era caduto tranquillamente in un sonno senza sogni.

-

“Questo non mi piace. Ti fa sembrare troppo alta” aveva commentato sua madre pensierosamente, facendole segno di fare un giro su se stessa in modo da poter vedere il vestito anche da altre angolazioni.
Hanji aveva resistito all’impulso di rivolgerle un’occhiata esasperata. Era il decimo vestito che si provava nell’arco di mezz’ora, ognuno dei quali aveva un problema diverso: troppo stretto, troppo largo, la faceva sembrare troppo magra, troppo bassa, troppo alta.
Sua madre le aveva messo un altro vestito tra le braccia, di un bel colore rosa dorato. Aveva pregato silenziosamente dentro di lei che finalmente quello incontrasse l’alto standard della donna mentre incespicava verso lo spogliatoio, per poi togliersi quello che indossava con poca grazia, scrollandoselo di dosso.
Aveva osservato il vestito, ammettendo che fosse bello, ma non riusciva a vedersi indossarlo. Era una sensazione alienante quella di provare vestiti così femminili, sapeva di non avere le curve giuste per riempire un capo del genere. Questo fatto per lei non comportava un problema, ma mettersi vestiti del genere la faceva comunque sentire a disagio.
Non era proprio il suo forte quello, e sin da ragazzina aveva sempre preferito jeans sdruciti e magliette di gruppi musicali, per la disperazione di sua madre.
Il vestito era abbastanza lungo da sfiorare il pavimento del negozio, con tanto di scollatura a cuore, un corpetto pieghettato e un’increspatura a cascata sulla gonna di chiffon. Mentre se lo infilava le era piaciuta la sensazione della seta che le scivolava sulla pelle nuda. Aveva lisciato con una mano il tessuto, guardandosi allo specchio, sentendosi stranita mentre lo faceva.
Le sembrava decisamente il più bello tra quelli che aveva provato, sperava che sua madre fosse dello stesso avviso.
Hanji aveva afferrato il telefono, percependo un sorriso furbetto piegarle le labbra mentre avviava la fotocamera. Si era messa in posa con gli occhi storti e la lingua che penzolava mentre scattava. Aveva mandato un messaggio a Levi con la foto.
[Hanji] Sono carina?
L’altro ci aveva messo qualche secondo per risponderle. Aveva sentito il suono distante del rimprovero di sua madre che le intimava di sbrigarsi, ma l’aveva ignorata.
[Levi] Sembri una che ha avuto una giornata di merda.
[Hanji] C’hai preso. :P
Aveva buttato il telefono su una poltroncina che stava nell’angolo della stanza, per poi aprire la porta e salutare sua madre con un sorriso.
“Che ne pensi?” le aveva chiesto facendo un giro su se stessa prima che l’altra le chiedesse di farlo.
Sua madre aveva mugolato riflettendo, raggiungendola abbastanza da poterle mettere le mani intorno al corpetto, per capire se vestiva bene.
“Beh, non è che tu abbia esattamente il fisico per un abito del genere, ma il vestito è bellissimo per conto suo, quindi ce lo facciamo andare bene” aveva commentato sorridendo, lisciando il tessuto con le mani.
Hanji era riuscita a trattenere un sospiro di sollievo che le stava per uscire dalla gola. “Quindi ti piace?” aveva chiesto per conferma.
“Assolutamente, cara. Forse dovresti iniziare una dieta detox a base di succhi, però” aveva bisbigliato pensierosa l’altra, facendole un occhiolino mentre lo diceva.
Hanji aveva fatto un’espressione di disgusto a quell’idea spiacevole.
“Sì, certo…” era stato il suo maldestro commento. “Posso togliermelo adesso?”
Sua madre aveva annuito, facendole segno che poteva andare mentre chiamava per il commesso.

Nello stesso tempo in cui Hanji si rimetteva i suoi jeans neri aderenti e la sua camicetta gialla, sua madre aveva acquistato l’abito. Era stato posto per non sciuparlo in una robusta custodia per abiti di plastica nera, Hanji l’aveva preso da sua madre.
“Dove andiamo adesso?” aveva chiesto curiosa, uscendo dal negozio e voltandosi per guardare sua madre.
“Ho delle riviste di matrimoni in macchina” aveva risposto l’altra aprendo la portiera dell’auto e sedendosi con grazia, Hanji l’aveva seguita. “Andiamo in un caffè tranquillo che conosco, così possiamo parlare un po’ di alcune cose di cui vorrei la tua opinione” aveva detto avviando il motore.
“Allora, com’è che hai trovato Nick, voglio dire, come vi siete conosciuti?” aveva domandato Hanji, avendo finalmente l’occasione di fare quella domanda che aveva in mente da un po’. Fino a poco tempo prima, nonostante tutti i problemi che c’erano tra loro, aveva creduto che il matrimonio dei suoi fosse per lo più felice.
“E’ un buon amico di tuo padre, o dovrei dire era.”
Hanji si era accigliata, non poteva credere che sua madre avesse tradito suo padre con un suo buon amico. Certo, quella donna era un tipino, ma non pensava potesse esserlo tanto da arrivare questo.
“Era solito venire a cena da noi occasionalmente. Una sera tuo padre ha tardato, e il resto è storia.”
“E lui come sta? Papà, dico.”
Aveva quasi esitato a chiedere, ma voleva saperlo. Non era certa che fosse poi così distrutto se doveva essere sincera con se stessa, era sempre stato il tipo da mettere al primo posto il lavoro su tutto, inclusa la famiglia e gli amici.
Sua madre aveva fatto un cenno di malcelato scherno, parcheggiando con gesti secchi. “Bene.”
Hanji aveva annotato nella sua mente di mettersi in contatto con lui in un altro momento, magari chiedergli di vedersi per una cena tra qualche giorno, quando non sarebbe stato troppo occupato, il che non era cosa facile.
Sua madre aveva raccolto tutte le riviste e cataloghi che stavano sul sedile posteriore tra le braccia, Hanji era scesa dalla piccola auto e aveva cominciato a camminare verso quel locale così carino.
“Ordino qualcosa intanto, va bene? Caffè?”
Sua madre aveva detto di sì, quindi era entrata.
Era stata salutata con un sorriso da un adolescente dietro il bancone, era stata colpita dal biondo cenere dei suoi capelli e dall’aria vagamente annoiata.
"Bonjour, qu'est-ce que je peux vous obtenir?"
Se n’era rimasto dritto in piedi mentre si avvicinava, la sua espressione si era fatta più allegra.
"Deux cafés s'il vous plaît" gli aveva chiesto educatamente Hanji, sentendosi appena impacciata mentre con facilità parlava in quella lingua. Le capitava di rado di dover parlare in francese, lo faceva solo quando non poteva farne a meno, come in quel momento.
Il ragazzo aveva cominciato a prepararle quello che aveva ordinato con gesti automatici, quasi senza prestare attenzione. Non che ce ne volesse chissà quanta, gli aveva solo chiesto del semplice caffè. Era quasi certa che fosse l’ordine più semplice che aveva avuto quel giorno.
"Avoir une dure journée?" le aveva chiesto comprensivo, guardandola pigramente. Si era appoggiato con cautela al bancone porgendole due tazze di caffè bollente. Hanji aveva recuperato il suo portafogli estraendone il denaro per pagarlo.
Aveva riso appena mentre l’altro prendeva i soldi. "Est-il évident?" aveva chiesto alzando un sopracciglio, sentendo suonare il campanello della porta, segno che sua madre l’aveva raggiunta.
Il ragazzo aveva annuito appena, guardando verso la porta per vedere chi fosse entrato. Hanji l’aveva ringraziato, camminando verso un tavolo vicino alla finestra e mettendo una delle tazze davanti a sua madre, che aveva lasciato cadere sei riviste differenti sul tavolo, sorridendole con un entusiasmo quasi maniacale.
Hanji aveva rivolto al ragazzo al bancone uno sguardo che sembrava gridare aiuto, lui le aveva sorriso, divertito della situazione.
“Allora, dato che la mia damigella d’onore non è qui al momento, ho bisogno di capire quali siano secondo te i portatovaglioli più carini.”
Sua madre aveva cominciato a scorrere il catalogo, per farle vedere le dozzine di opzioni possibili scorrendo tra le pagine.
Hanji era rimasta confusa per la noncuranza delle parole di sua madre. “Aspetta, la damigella d’onore? Pensavo che fossi io…”
“No tesoro, Carla è la mia damigella d’onore” aveva ribattuto l’altra sbrigativamente, non allontanando lo sguardo dalla rivista.
Hanji non aveva potuto che sentirsi un po’ ferita da quell’annuncio, lei non andava bene per ricoprire quel ruolo?
“Oh” aveva detto, sforzandosi di sorridere. “Questo mi piace” aveva commentato puntando il dito verso un cerchietto argentato con complicati ghirigori intarsiati tutti intorno.
Sua madre aveva fatto un cenno che Hanji aveva letto come disgusto. “Mh, non mi piace molto. Quest’altro invece è adorabile!” aveva commentato con un grosso sorriso, mostrandole quale le piacesse.
Con un sospiro appena accennato, Hanji aveva appoggiato le spalle contro lo schienale della sua seduta, in un gesto di resa. Non c’era modo di farla contenta, era molto meglio rimanere in silenzio, era certa che l’altra non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Aveva buttato giù un sorso di caffè bollente, lasciandosi distrarre dalla sensazione di calore che le faceva bruciare la gola.
Qualcosa di alcolico sarebbe stato meraviglioso in quel momento.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Capitolo Quinto
(versione originale del testo)

Levi si era messo le mani in tasca mentre camminava verso l’ascensore. Non era sicuro di dove volesse andare senza la compagnia della sua brunetta amica, non che ci fossero poi molte opzioni per lui. Avrebbe potuto andare a mangiare qualcosa dato che non aveva ancora buttato giù niente, ma non aveva molta fame.
Aveva distrattamente premuto il tasto di chiamata dell’ascensore, aveva tirato fuori il telefono dalla tasca davanti dei pantaloni, mettendo su un’aria annoiata mentre scrollava attraverso qualche messaggio a cui non aveva badato.
Alcuni erano di Erwin, che chiedeva come procedesse, c’era la foto che gli aveva mandato Hanji prima, uno era della sua compagnia telefonica che lo avvertiva che gli avrebbero scalato il costo del suo piano tariffario nei prossimi giorni.
Quando l’ascensore era arrivato ci era entrato a passi lenti, con gli occhi ancora sullo schermo del telefono, distogliendoli solo brevemente per premere il bottone che lo avrebbe fatto arrivare alla lobby dell’hotel.
[Hanji] Uccidimi adesso.
Levi aveva sospirato, era come se quella donna avesse poteri psichici e sapesse esattamente cosa stesse facendo. Aveva digitato velocemente qualche parola, per poi uscire fuori dove l’aria era fresca.
[Levi] Lo farò, ma dammi una ragione per farlo prima.
[Hanji] Non smette di parlare di MATRIMONI.
[Hanji] Non me potrebbe fregare di meno, Levi. Non me ne frega niente di che tipo di fottutissime POSATE DEVONO STARE SUL DANNATO TAVOLO.
[Levi] Wow, starsene lì seduti per ore ad ascoltare qualcuno straparlare di cose di cui non ti frega un cazzo… dev’essere difficile.
[Hanji] Stai cercando di dirmi qualcosa?
[Levi] Sì.
Levi aveva appena scosso la testa, nascondendo senza problemi la sua espressione divertita pensando al fatto che anche Hanji faceva così.
Si era domandato se girare a destra e farsi strada verso il ristorante dove erano stati il giorno prima o se continuare dritto, per andare in esplorazione, quindi aveva deciso di camminare un po’, senza una meta precisa, quando un altro messaggio di Hanji era apparso sullo schermo. Levi l’aveva guardato senza particolare entusiasmo.
[Hanji] Ho bisogno di bere adesso.
[Hanji] Tipo tre volte tanto quello che ho bevuto ieri sera.
[Levi] Porco cane, no.
Non ce l’avrebbe fatta a reggere un’altra notte con Hanji ubriaca, era già abbastanza impegnativa da sobria. Aveva alzato un sopracciglio mentre rifletteva, pensando a cosa avrebbero potuto fare quella sera per distrarla da sua madre. Aveva guardato il cielo, era azzurro e senza una nuvola visibile, proprio la giornata adatta per attività all’aperto.
[Hanji] Tanto perché tu lo sappia, mi dispiace per ieri sera.
[Levi] Va tutto bene quattrocchi.
Aveva esitato nello scrivere un altro messaggio, non voleva che pensasse che chiederle di uscire fosse una sorta di atto romantico.
[Levi] Magari potremmo fare qualcosa di diverso invece di ubriacarci come le merde.*
[Hanji] Per me va bene. Vuoi fare un giretto turistico dopo che ho finito? :)
[Levi] Certo.
Non era sicuro di cosa fosse quel sentimento che provava in quel momento. Eccitazione? Nervosismo? Era improbabile, aveva scartato queste ipotesi velocemente. Non si ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva provato quei due stati d’animo, e in ogni caso era ridicolo.
Aveva sospirato, riprendendo a camminare. Sarebbe stata una serata interessante.

-

Hanji l’aveva raggiunto quando cominciava a imbrunire, gli aveva detto che potevano incontrarsi in un posto non troppo lontano dalla torre Eiffel. Gli era andata incontro dopo essere uscita dalla piccola auto di sua madre, con un sorriso forzato sulle labbra.
“Ci sta guardando!” aveva bisbigliato attraverso i denti, sempre con quel sorriso finto, facendo un cenno con la testa verso la macchina, che non si era mossa da dove sua madre aveva parcheggiato.
Levi l’aveva accolta con un abbraccio, prendendole le mani e stringendogliele mentre si sporgeva verso l’alto. Hanji gliele aveva strette rapidamente di rimando, per dargli l’ok. Gli aveva appoggiato le mani sulla nuca mentre le loro labbra si incontravano, e Levi le aveva cinto il fianco con una delle sue.
Era durato un po’ più a lungo dell’altro che si erano scambiati, Hanji ci aveva fatto caso mentre si discostava con gentilezza. Levi aveva buttato uno sguardo all’auto di sua madre che in quel momento era ripartita, prima di rimetterlo sull’altra.
Hanji gli aveva rivolto un sorriso quasi a scusarsi, prendendo a camminare e facendogli segno di seguirla, ed era stato in quel momento che si era reso conto che ancora si tenevano per mano, nonostante il fatto che sua madre se ne fosse andata. Si era sciolto dalla presa, osservando l’espressione della sua amica che non sembrava essere cambiata a quel suo gesto.
“Cammina, brontolo” gli aveva suggerito con il solito entusiasmo che aveva sempre nel suo tono di voce.
“Oi, non mi mettere fretta” le aveva detto brontolando, ma comunque seguendola nonostante le proteste. “Com’è andata con tua madre oggi?” le aveva chiesto diretto, guardandola alzando appena la testa e scorgendo una breve espressione esasperata.
“Ero tipo la sua Barbie oggi, hai presente? Nel senso che non avevo diritto ad avere nessuna opinione su quello che mi faceva indossare” gli aveva detto polemica, accigliandosi mentre lo faceva. “Ho quasi ventinove anni, Levi” aveva aggiunto con una risata che tuttavia non aveva niente di divertito in essa.
Non era certo su come potesse tirare su il morale a quella donna esausta mentalmente. “Ci devi passare solo un’altra settimana e mezzo ancora” aveva provato a dirle per tranquillizzarla, fallendo.
Tuttavia Hanji gli aveva sorriso comunque. “È come… nei mesi in cui non la vedo mi manca. E poi, quando sono qui, mi ricordo com’è davvero averla accanto. Mi tratta come un accidenti di zerbino” aveva ammesso esasperata.
“Ma lasciamo perdere. Siamo qui per divertirci, giusto?” gli aveva detto dandogli una spintarella col gomito, sforzandosi di mettere un sorriso sulle labbra.
Levi aveva commentato con un lieve borbottio mentre le faceva segno di guardare davanti a lei. Hanji aveva seguito la direzione del suo sguardo e si era illuminata come un albero di natale quando i suoi brillanti occhi castani si erano posati nella direzione giusta.
“Giuro, non mi stuferò mai di questa vista” aveva commentato quindi, entusiasta.
Levi si era goduto la visione della torre illuminata, prima di girarsi lentamente verso la donna che gli stava accanto. Il suo sguardo, di solito sempre così freddo, si era ammorbidito notando quello sorpreso di lei. Aveva lasciato i suoi occhi chiari soffermarsi su di lei per qualche secondo, distogliendoli in tempo per non destare la sua curiosità per un gesto simile.
Ma che diavolo gli prendeva? Si era chiesto nella sua testa, deridendosi.
All’improvviso Hanji aveva tirato fuori il suo telefono, un grosso sorriso le si era allargato sui lineamenti quando si era girata verso di lui.
“È il momento della foto, Levi!” aveva annunciato, puntandosi il cellulare in faccia e attirandolo contro di lei, cingendolo con un braccio intorno alle spalle.
Levi aveva messo su un’espressione cupa guardando l’obiettivo, mentre lei invece aveva fatto un grosso sorriso e il segno della pace con le dita mentre scattava.
“Guarda come siamo carini” aveva commentato ridendo, mostrandogli la foto.
Levi era rimasto in silenzio mentre dava un’occhiata allo schermo. Hanji si era ripresa il telefono, con l’intento di postare la foto su tutti i suoi account social presumeva. Si era ficcato le mani in tasca mentre ricominciavano a camminare, una lieve brezza li aveva sfiorati, scompigliando appena le sue ciocche nere.
“Sembri una deficiente” aveva borbottato, cogliendo l’immagine della brezza che le aveva fatto andare i capelli davanti al viso, coprendole gli occhiali. Aveva resistito giusto un poco prima di allungare una mano e toglierglieli da davanti, per scoprire lo sguardo meravigliato di Hanji.
“Grazie.”
Gli aveva sorriso, i suoi occhi sorpresi erano già tornati normali.
“Zitta” le aveva intimato, girandosi a guardare dall’altro lato, incredulo di non essere riuscito a trattenersi da quell’impulso di aggiustarle i capelli.
“Beh, che ne dici di un’avventura, eh?” aveva chiesto Hanji. Lo aveva afferrato per la manica del suo cappotto, trascinandolo entusiasta verso quell’attrazione. Levi non aveva protestato, incredibilmente.
Dopo essersi arrampicati per dozzine e dozzine di scalini, si erano trovati affacciati alla ringhiera della struttura, godendosi un raro momento di silenzio tra loro due mentre ammiravano lo spettacolo della città illuminata. Dietro di loro altre persone andavano e venivano, il rumore di innumerevoli conversazioni si mischiava insieme.
“Lo sai, oggi mi ha detto che non sono la sua damigella d’onore” aveva detto Hanji, con un tono pensieroso. “Mi sa che non posso nemmeno lamentarmi troppo, lo sappiamo entrambe che non sono proprio il tipo” aveva detto scrollando le spalle. “Inoltre, vuol dire che avrò meno cose da fare.”
“Ci perde lei, non tu” aveva ribattuto Levi senza esitare. “Non vale la pena di starci di merda per un’idiota senza cervello. Sei più intelligente di così.”
Hanji aveva sentito uno scoppio di risa salirle nel petto a un certo punto, a poco a poco le erano uscite dalle labbra. La gente l’aveva guardata un po’ di traverso, ma lei non li aveva minimamente considerati.
“Hai chiamato mia madre un’idiota senza cervello?” gli aveva chiesto tra le risa.
L’espressione vacua di Levi non era mutata di un millimetro.
“E mi dovrei scusare per questo?” aveva chiesto, le sue labbra si erano incurvate in un lieve sorrisetto sarcastico.
Hanji aveva fatto segno di no con la testa, sempre divertita. “Anzi, grazie. Dio mio, non voglio nemmeno immaginarmi come sarebbe stato questo viaggio senza di te.”
“Avresti chiamato in continuazione Erwin e me, avrei avuto appena il tempo di cacare” aveva risposto velocemente. “Oppure ti saresti fatta prendere dall’incazzatura e distrutto qualche tavolo e qualche sedia per calmarti.”
Hanji aveva mugolato prima di annuire per dichiararsi d’accordo.
“Entrambi gli scenari sono assolutamente plausibili” aveva ammesso ridendo ancora un po’.
A quelle parole, erano di nuovo caduti in un pacifico silenzio.



*Il testo originale sarebbe stato "Maybe we can do something else besides your dumb ass getting plastered", ovvero "Magari potremmo fare qualcos'altro invece di far ubriacare il tuo culo scemo", che per noi non ha molto senso. Inoltre c'era da rendere a pieno il significato della parola "plastered", che loro usano per definire uno stato di ubriachezza estremo. La traduzione da me utilizzata quindi è un po' libera ma spero che renda il senso, e inoltre, ora che ci penso, anche un po' troppo dialettale forse. Lo dite anche in altre parti d'Italia "ubriacarsi come le merde" o è una cosa del nord Toscana e basta? In ogni caso mi pareva ci stesse benissimo in bocca di Levi un'espressione simile!


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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***



“Giorno libero!” aveva urlato Hanji, alzando le braccia in aria in maniera teatrale non appena si era svegliata.
Levi l’aveva colpita con poco garbo con un cuscino, intontito, aprendo gli occhi al suo urlare. L’altra aveva borbottato appena quando aveva impattato su di lei, scrollandosi di dosso velocemente quello e le mani di lui.
“Levi, non capisci che vuol dire questo?” aveva detto con le spalle che le tremavano per l’eccitazione.
“E tu non capisci che vuol dire il concetto di spazio personale?” aveva ribattuto Levi burbero, cominciando a sedersi sul letto appoggiando la schiena alla testiera. I capelli gli andavano in ogni direzione, esattamente come quelli di lei.
Hanji aveva riso divertita alle sue parole. “Condividiamo il letto, caro. Lo spazio personale non esiste più” aveva detto saltando giù dal letto, inciampando nei suoi piedi mentre afferrava gli occhiali e se li rimetteva. Levi aveva fatto ciondolare le gambe giù dal suo lato, seguendola a malincuore.
“Non capisci che vuol dire il concetto di spazio personale?” l’aveva preso in giro facendogli il verso Hanji, vendendolo entrare nel bagno. Aveva messo il dentifricio sullo spazzolino, Levi aveva notato che i suoi occhi ridevano ancora mentre li guardava riflessi nello specchio.
Le aveva dato un colpetto con il gomito, facendola spostare quel tanto che bastava perché anche lui potesse prendere il suo spazzolino.
“Ti prendi tutto lo spazio” aveva borbottato, cominciando a spazzolarsi i denti.
Hanji gli aveva restituito la spinta con slancio, per infastidirlo, sputacchiando tra le risate per via di un rivolo di schiuma che gli era sceso sul mento. Levi l’aveva guardata torvo, rimanendo in silenzio, l’altra si era messa a ridere tanto che aveva strizzato gli occhi e aveva cominciato a tenersi la pancia.
Ad un certo punto il dentifricio aveva cominciato a gocciolarle dal mento, Levi aveva roteato gli occhi nel vederla. Si era ripresa un minuto dopo, respirando profondamente mentre tentava di ricomporsi.
“Sei una fottuta idiota” gli aveva detto a bassa voce, si era già ripulito il mento a quel punto.
Hanji aveva sbuffato, sentendo nel suo petto le vibrazioni di una risata mentre notava il suo aspetto.
“In una scala da uno a dieci, quanto sono attraente in questo momento?” aveva chiesto ammiccando verso di lui.
Levi l’aveva guardata inespressivo, notando i capelli che le cadevano dalla coda, le borse e la schiuma del dentifricio che le cadeva dal mento. I suoi occhi però erano illuminati di felicità, grandi e brillanti mentre aspettava che le desse una risposta. Era ovvio che in quel momento fosse un disastro, ma il suo sorriso giocoso che le distendeva le labbra e il suo sguardo divertito la rendevano in qualche modo affascinante. Non che l’avrebbe ammesso, comunque.
“Meno cento” l’aveva insultata senza nessuna inflessione particolare nella voce, concentrandosi nella sua immagine riflessa nello specchio mentre si aggiustava i capelli. L’aveva sentita scoppiare a ridere, e un piccolo sorriso gli era salito sulle labbra. L’aveva velocemente nascosto.

-

Hanji aveva proposto di visitare un piccolo caffè dove era stata il giorno precedente con sua madre, sostenendo che fosse un posto abbastanza tranquillo dover poter fare conversazione.
“Lo sai cos’è strano?” aveva chiesto mentre scendevano dal taxi che avevano preso.
“Cosa?” aveva ribattuto Levi sembrando disinteressato, guardandola per un attimo prima di concentrarsi su quella parte della città che sembrava così tranquilla. Gli aveva camminato vicino qualche passante solitario sul marciapiede, ma non c’era tanto rumore o traffico come si era abituato ad avere intorno nei giorni passati, era un cambiamento piacevole.
“Beh, com’è stato facile per noi entrare nel ruolo dei fidanzatini nonostante le nostre differenze” aveva detto Hanji con una scrollata di spalle, camminandogli accanto mentre raggiungevano la porta del piccolo caffè. Levi aveva aperto la porta silenziosamente, permettendole di entrare prima di lui. Aveva alzato un sopracciglio alla sua osservazione ma non aveva commentato, sinceramente pensava anche lui che fosse strano.
Il ragazzo che lavorava il giorno precedente era lì anche adesso, aveva notato Hanji entrando, con la stessa espressione svagata del giorno prima e tamburellando con le dita sul bancone di legno.
"C'est un plaisir de vous revoir." La sua attenzione si era riaccesa quando l’aveva vista, si era rimesso in piedi. "Qu'est ce que je peux vous servir?" le aveva chiesto.
Levi l’aveva guardata rivolgendole uno sguardo scettico.
“Un café pour moi et un thé noir pour lui s'il vous plaît." Aveva ordinato svelta, girandosi verso l’altro per chiedere conferma. “Ti va bene un tè nero, giusto? Oppure dimmi cosa vuoi e te lo ordino.” Aveva inclinato un po’ la testa mentre aspettava la sua risposta.
“Il tè va bene” l’aveva rassicurata.
"Je vais le ramener sur" si era offerto il ragazzo con garbo, facendo loro cenno di sedersi a uno dei tavoli tondi.
“Non sapevo che parlassi francese” le aveva detto Levi mentre afferrava una sedia e si sedeva, guardando la brunetta.
Hanji aveva messo il mento sul palmo della sua mano, ascoltando il rumore della macchina del caffè mentre il barista preparava le loro bevande.
“Sì, l’ho imparato da bambina” gli aveva detto con un sorriso soddisfatto. Per la prima volta dopo quattro giorni si sentiva tranquilla, non dovendo sopportare la presenza opprimente di sua madre.
“Anch’io” le aveva rivelato Levi tranquillo, Hanji si era illuminata alle sue parole.
“Beh, s’impara qualcosa di nuovo ogni giorno, vero?” gli aveva detto allegra.
Il ragazzo si era avvicinato al loro tavolo con grazia, reggendo con le mani due tazze di liquido bollente.
"Ici vous allez, profitez" aveva detto loro con un sorriso amichevole prima di andarsene di nuovo, ma non prima di aver captato le loro chiacchiere a bassa voce su quanto fosse bello che in quel momento non dovessero star fingendo di avere una relazione.
Il ragazzo era tornato dietro il bancone, trovando lì anche il suo biondo buon amico. La testa rivolta all’ingiù, i suoi occhi blu concentrati sulle parole stampate del libro che stava leggendo quel giorno. Il bar non era stato molto affollato in quei giorni, così avevano avuto del tempo da perdere ogni tanto. Gli aveva rifilato un colpetto col gomito per attirare la sua attenzione.
“Hey.”
Armin era trasalito appena per quell’improvvisa interruzione, lo aveva guardato per un attimo. “Non dovresti essere al bancone Jean?” aveva chiesto un po’ confuso, guardando l’entrata del locale e notando l’assenza di qualcuno che stesse a quella postazione.
Jean aveva dismesso le sue preoccupazioni senza sforzarsi troppo. “Non sta venendo nessuno” gli aveva detto tranquillo, appoggiando la schiena contro il bancone e fissando lo sguardo in un punto imprecisato.
Armin aveva giusto scosso un po’ la testa, non essendo in vena di discutere con il suo amico con capelli color cenere.
“Cosa c’è di così interessante?” gli aveva chiesto incuriosito, dirigendo lo sguardo dove era rivolto anche quello dell’altro.
“La vedi quella coppia laggiù?” aveva chiesto Jean a bassa voce, puntando verso la brunetta e il ragazzo coi capelli neri che sembravano essere in mezzo ad una conversazione.
Armin aveva annuito, sebbene non capendo.
“Sì?” aveva chiesto spostando lo sguardo da quei due per metterlo di nuovo interrogativo su Jean.
“Vedi qualcosa di strano in loro? Tipo, sembra che stiano insieme?”
Armin era anche più che confuso a questo punto, Jean doveva proprio annoiarsi a morte per prestate così tanta attenzione ai clienti. A ogni modo aveva osservato quei due, nonostante le sue incertezze. Aveva guardato il modo in cui la ragazza con il viso ovale e gli occhiali stava ridendo a qualcosa che aveva detto l’altro, il quale la guardava quasi ammirandola, sebbene lo facesse in modo da non farsi scoprire.
“Sì, può essere Jean. Però non capisco dove vuoi arrivare.”
“Non stanno insieme, ma senti questa, fanno finta di sì” aveva rivelato l’altro con un sorrisetto ironico in faccia. “Sembrano sposati da anni” aveva osservato ancora divertito, sorridendo.
“E di nuovo, sarebbero affari tuoi perché…”
Jean aveva sospirato, esasperato, dando una pacchetta al biondino, il quale, in risposta, gli aveva dato una botta con il libro che aveva in mano contro un fianco.
“Niente, è solo interessante, Armin, non succede mai niente ultimamente, mi puoi biasimare se cerco qualcosa che mi diverta?”
Armin aveva sospirato appena, quindi aveva posato il libro. “Va bene, quindi c’è una coppia che finge una relazione. Perché sono così interessanti?”
“Perché ovviamente si piacciono” aveva replicato Jean facendo un cenno verso di loro.
“Forse sono solo molto bravi a fingere” era stata la risposta di Armin, anche se non poteva negare che sembravano presi l’uno dall’altra. Non che avesse interagito né con l’uno né con l’altra, quindi non c’era molto altro su cui potesse basare le sue opinioni.
“Quanto vuoi scommettere che entro la fine della settimana staranno insieme per davvero?” aveva sfidato il suo amico con un sorrisetto, dandogli una leggera gomitata in un fianco.
Armin aveva esitato, non gli sembrava giusto farsi gli affari degli altri, specialmente di due sconosciuti. “E come lo sapresti se ci hai preso? Per quello che sappiamo potrebbero anche non tornare mai più qui” aveva osservato intelligentemente.
“Ho un presentimento” aveva affermato sicuro di sé Jean. “Allora ci stai o no?”
Armin aveva sospirato, dichiarandosi sconfitto. Aveva pensato che valeva la pena assecondarlo se questo significava farlo tornare al lavoro. “Certo.”
“È una scommessa allora!”

-

“Dovremmo andare a comprarti un abito, sai” aveva suggerito Hanji quando erano passati davanti a dei negozi di vestiti. “Ovviamente andrà bene solo il più nero degli smoking, sia mai che tu non rientri nello stile del matrimonio” aveva sorriso, quindi aveva tirato Levi per un braccio fermandosi di fronte ad una boutique di abiti per uomo.
“Vedi, è un segno” aveva detto puntando lo sguardo appena in basso per guardarlo. “Che ne dici, piccoletto?”
Levi aveva osservato senza particolare emozione l’insegna, quindi i costosi abiti in vetrina, quasi come se li stesse passando al vaglio.
“Non penso di avere una grande scelta” aveva commentato accettando il suggerimento. Hanji aveva sorriso soddisfatta, poi gli aveva preso la mano e l’aveva trascinato nel negozio eccitata.
“Salve” aveva salutato allegra l’uomo che stava al bancone, continuando a tenere per una manica Levi, il quale si guardava intorno con aria apparentemente annoiata. “Il mio amico ha bisogno di uno smoking” aveva annunciato in maniera un po’ eccentrica a quello sconosciuto.
Quell’uomo ben vestito era andato loro incontro con fare gentile e professionale. “Bene, qual è l’occasione speciale?” aveva chiesto con un forte accento francese.
“Il matrimonio di mia madre, è una donna molto particolare, quindi sto riponendo una grande fiducia in lei” gli aveva rivelato Hanji sorridendogli allegra, finalmente lasciando la mano dell’altro.
L’uomo più anziano si era diretto a quello più basso, osservandolo. “Posso prenderle le misure?”
Hanji aveva parlato prima che Levi potesse farlo, sapendo cosa dire.
“Sì, sì, certo, va benissimo per le misure” aveva detto mettendo una mano sulla schiena del suo amico, facendolo avvicinare.
Levi aveva lanciato uno sguardo assassino sia ad Hanji che all’altro uomo mentre lo conduceva ad una stanza sul retro, metro alla mano.
“Torniamo subito, mi assicurerò che sia il più affascinante possibile” aveva promesso l’uomo convinto, Hanji giurava di aver sentito Levi ringhiare.
“Non ho dubbi” aveva replicato lei con un sorrisetto maligno, appoggiandosi a una parete mentre i due uomini sparivano
Mi ucciderà nel sonno stanotte, aveva pensato Hanji senza preoccuparsi troppo, ma ne sarà valsa la pena.
Dieci minuti dopo i due erano riemersi dalla stanza sul retro, il negoziante con l’aria di essere molto soddisfatto del lavoro che aveva fatto. Lo sguardo di Hanji era scivolato lungo tutta la figura di Levi, osservando quel vestito che sembrava essere fatto apposta per lui. Aveva lasciato un piccolo sorriso salirle alle labbra, sapendo che se fosse stata eccessiva con i complimenti non avrebbe fatto che innervosirlo ancora di più.
“Stai benissimo Levi!” aveva detto gentilmente per fargli un complimento, avvicinandosi a lui. “Molto sofisticato” aveva riso appena.
Levi aveva sospirato appena, guardandosi allo specchio.
“Beh, ovviamente non è una decisione che spetta a me. Che ne pensi?” gli aveva chiesto.
Si era raddrizzato la giacca, prima di lisciarla un po’. “È carino” aveva commentato semplicemente, incerto su cosa dire.
“Detto da lui non è poco” aveva detto Hanji contenta, diretta al negoziante. “Lo prendiamo!” aveva affermato senza nemmeno un secondo di esitazione.
“Hey, ‘sto coso probabilmente è molto costoso” aveva protestato Levi immediatamente, senza preoccuparsi minimamente che il negoziante fosse lì accanto a lui.
Hanji gli aveva fatto cenno di non preoccuparsi. “È il minimo che posso fare. Accidenti, hai attraversato il mondo per farmi un favore” aveva affermato.
“Sì, ma non ci ho rimesso un soldo” le aveva ricordato Levi.
“Shhh” gli aveva detto Hanji, determinata a comprargli quell’abito. “E adesso vai a cambiarti così posso pagarlo” aveva detto facendogli cenno di andare, quasi spingendolo verso il piccolo camerino nel retro.
“Il suo amico sembra… intimidatorio” aveva osservato il negoziante per fare conversazione, avvicinandosi alla cassa per farle il conto.
“Può sembrarlo quando non lo si conosce molto bene” aveva replicato ridendo divertita, “Ma è una persona gentile, nonostante i suoi problemi di atteggiamento.”
“Beh, sembrate affezionati l’uno all’altra voi due” aveva commentato con un piccolo sorriso sulle labbra, senza rifletterci troppo. Aveva preparato una robusta busta di plastica per metterci dentro il vestito una volta che Levi fosse tornato.
Hanji aveva capito cosa volesse tacitamente dirle l’uomo, e aveva deciso di non commentare, i suoi sforzi sarebbero stati vani. E comunque poteva capire com’è che certe persone potessero percepire qualcosa di familiare nel modo in cui lei e Levi si comportavano l’uno con l’altra, stava cominciando a notarlo lei stessa a essere onesti, ma era giunta alla strana conclusione che non le dispiaceva.
Le piaceva sempre di più stargli vicina, si sentiva sempre più a suo agio nell’averlo accanto nello stesso letto, le piaceva come facevano gli stupidi la mattina appena svegli, quei finti litigi che finivano spesso in giocose risse. La routine che avevano iniziato in quei giorni era un qualcosa che poteva vedersi a fare nei tempi a venire, e questo l’aveva scossa nel profondo.
Era trasalita, sbalzata via dai suoi pensieri quando Levi aveva appoggiato ordinatamente lo smoking sul bancone.
“Perché hai la faccia di una che se l’è fatta nei pantaloni?” le aveva chiesto con un sopracciglio appena alzato.
“Ti piacerebbe avere ‘sta faccia, Levi. Lo sai, con i costanti problemi di stipsi di cui soffri…” aveva ribattuto lei, senza sforzarsi troppo, scegliendo di non curarsi dell’aria sconcertata dell’uomo dall’altra parte del bancone.
Il negoziante le aveva detto la cifra che gli doveva mentre gli porgeva la carta di credito.
“Stavi davvero bene, lo sai?” aveva detto a Levi, facendogli i complimenti di nuovo.
“Non abbastanza da giustificare una spesa del genere” aveva replicato lui monotono, osservando il negoziante che porgeva indietro la carta ad Hanji con gli occhi ridotti ad una fessura.
“Oh, smettila. Sii contento del fatto che sarai molto probabilmente quello vestito meglio” aveva ribattuto sperando di mettere a tacere le sue preoccupazioni. “E ovviamente, io sarà la più carina. Non c’è da stupirci che sembriamo una coppia convincente dato che siamo così ugualmente attraenti” aveva scherzato con tranquillità, facendogli segno di prendere la busta.
“Sei una scema” aveva ribattuto Levi senza mostrare alcuna emozione.
Hanji gli aveva sorriso, consapevole di esserlo. “Non hai negato che lo potremmo essere.”

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo
(versione originale del testo)

Hanji si era sdraiata lungo tutto lo spazio del letto, teneva gli arti ben distesi sopra le lenzuola mentre teneva il cellulare in una mano. Le sue dita sottili battevano rapidamente i tasti sullo schermo pieno di impronte, mentre teneva il dispositivo sollevato sopra la sua testa.
Il rumore della doccia arrivava distante alle sue orecchie, ricordandole che non era da sola nella stanza di quell’hotel. Levi si era avventurato in bagno una decina di minuti prima, lasciandola in un silenzio contemplativo.
Aveva realizzato che fosse arrivata l’ora che si mettesse in contatto con il suo recentemente divorziato padre, era nel paese da quattro giorni adesso e doveva ancora informarlo di questo fatto, quindi qualche minuto prima gli aveva scritto un messaggio per chiedergli di chiamarla.
Non aveva ancora risposto, quindi si stava tenendo occupata scrollando le timeline dei suoi social. Sentiva che le mancavano i suoi amici più cari rimasti a casa mentre lo faceva, aveva riso appena vedendo una selfie di Mike, Nanaba ed Erwin evidentemente sbronzi in un bar.
Si era voltata di scatto verso la porta del bagno quando aveva sentito il cigolio della maniglia, segno che si stava per aprire, ma prima che potesse avere il tempo di vedere Levi uscirne era stata distratta dal suo cellulare che aveva squillato rumoroso tra le sue mani.
Aveva risposto immediatamente, decidendo di ignorare l’altro occupante di quella stanza per il momento.
“Ciao papà” aveva salutato allegra, eccitata di sentire la sua voce dopo tanto tempo.
“Ciao bellissima” l’aveva salutata a sua volta suo padre, con un tono tranquillo paragonato a quello eccentrico di lei. “Come va?” le aveva chiesto per chiacchierare, dopo una breve pausa.
“Bene, va tutto bene! Veramente ho una cosa da dirti.”
Hanji aveva fatto un grosso sorriso, senza riuscire a contenere la sua felicità all’idea di vederlo di nuovo. Sapeva che non avrebbe reagito benissimo sapendo che era in città per il matrimonio, ma sapeva anche che avrebbe saputo rabbonirlo, al momento giusto.
“Non sei mica incinta, vero?” le aveva chiesto suo padre, incerto.
Hanji non aveva potuto che ridere alla sua domanda, persino l’idea le sembrava ridicola.
“No, no, niente del genere” aveva detto ancora ridendo, passandosi le dita tra i capelli. Come raramente succedeva li aveva lasciati sciolti in quel momento, le arrivavano alle spalle.
“Veramente sono in città adesso” gli aveva rivelato calma, mentre volgeva lo sguardo verso destra dove i suoi occhi si erano imbattuti in Levi a torso nudo.
Aveva percepito i suoi stessi occhi spalancarsi e le sue guance farsi calde mentre si godeva l’attraente visione, lasciando il suo sguardo indugiare su di lui mentre cercava qualcosa nella sua valigia, con i capelli bagnati appiccicati alla fronte. Le erano venuti in mente dei pensieri poco appropriati mentre Levi si infilava una maglietta blu che donava alle sue forme. Improvvisamente si era ricordata che era ancora al telefono con suo padre e aveva provato repulsione per quei pensieri.
“Scusa papà, mi devi ripetere quello che hai detto” gli aveva chiesto schiarendosi la gola. Di malavoglia aveva tolto lo sguardo da quella vista, ma non prima di notare Levi guardarla perplesso.
“Ho detto che sei qui per loro, giusto?” aveva chiesto mascherando bene il risentimento, anche se Hanji poteva percepirlo comunque.
Aveva sospirato appena, annuendo anche se lui non poteva vederla. “Sì…”
“Ah” era stata la sua breve risposta. “Che ne pensi se ti porto a cena fuori così chiacchieriamo un po’? Ti va?”
Hanji aveva sentito un sorriso allargarsi sul suo viso. “Sì, certo! A che ore? Oh, spero non ti dispiaccia l’idea di qualcun altro che si aggiunge a noi.”
“Finché non si tratta di tua madre e del maledetto bastardo che sta per sposare non c’è problema” aveva detto tra il serio e il faceto. “Chi è, se posso chiedere?”
“Si chiama Levi. È, ehm, il mio ragazzo in effetti” aveva detto insicura, ma nascondendolo abbastanza bene. Si era chiesta se fosse così necessario mentirgli sulla loro relazione dato che era una persona completamente diversa da sua madre, inoltre era improbabile addirittura che si parlassero ancora, quindi non c’era il minimo rischio che le spifferasse cosa stava succedendo.
Non vuoi che nessuno all’oscuro della faccenda sappia che non stai davvero con Levi, le aveva detto il suo subconscio. Aveva deglutito e aggrottato le sopracciglia pensandoci mentre suo padre replicava in tono sorpreso.
“Scherzi?” aveva riso contento. “Beh, allora sono ansioso di conoscerlo stasera.”
Hanji aveva riso appena, il pensiero di prima la infastidiva ancora. “Sì, anch’io. È meraviglioso, lo prometto”, aveva sorriso a se stessa dicendolo. Il suo sguardo si era rivolto alla porta del bagno, dove Levi si era chiuso di nuovo.
“Devo andare a prepararmi per stasera, ma ti mando un messaggio per definire i dettagli, va bene?”
“Certo. Ti voglio bene, ci vediamo dopo” le aveva detto con tale calore che Hanji si era bloccata per un attimo.
“Ti voglio bene anch’io papà, ciao” aveva risposto tranquilla, sentendo il clic che indicava che aveva riattaccato.
Era sprofondata con la testa sul materasso, chiudendo gli occhi mentre la confusione si impossessava di lei.
Possibile che provasse per Levi qualcosa di più di quello che immaginava sin dall’inizio? Ammetteva di trovarlo attraente, e non c’era niente di male in questo ovviamente, era un sentimento innocuo. Però mentire a suo padre a proposito dello status della loro relazione, quando non ce n’era alcun bisogno, era un po’ eccessivo.
Era forse perché aveva provato un senso di sicurezza in se stessa nel mostrare alla sua famiglia che era capace di avere una relazione seria? Eppure non aveva mai avuto problemi con quello che la sua famiglia pensava di lei - o con quello che pensava chiunque altro per quel che valeva - sin da quando era una bambina.
Forse semplicemente le piaceva atteggiarsi come se lei e il piccoletto fossero una coppia. Aveva strizzato gli occhi in un gesto di frustrazione, prima di riaprirli e fare un bel respiro per calmare se stessa e i suoi pensieri.
“Hey Levi?” lo aveva chiamato ad alta voce, con lo sguardo ancora rivolto al soffitto.
“Hm?” le aveva risposto l’altro, facendo capolino dalla porta del bagno.
Si era rilassata al suono della sua voce, anche se non riusciva a capire il perché. (Si sarebbe ritrovata a fissarlo di nuovo più tardi, di sicuro, quindi doveva cercare di razionalizzare la faccenda)
“Ho fatto programmi per andare a cena con mio papà stasera, vieni anche tu” lo aveva informato semplicemente, trovando finalmente il coraggio di guardarlo. Per fortuna era completamente vestito adesso, i suoi capelli erano ancora un po’ bagnati.
“Ottimo” aveva risposto Levi prima di sparire di nuovo.
Hanji aveva arricciato il naso ai suoi gesti, mentalmente auto rimproverandosi del fatto di farsi strane idee su un tipo come lui.
Era uno stronzo, maleducato e insensibile come pochi. Ma era anche gentile in un bizzarro modo tutto suo, aveva uno strano senso dell’umorismo, simile a quello che aveva lei stessa. Sapeva come darle conforto e come alleviare la sua ansia quando questa raggiungeva un picco. E non guastava che fosse anche una bella vista.
Era una delle persone più vicine a lei, di cui si fidava e su cui sapeva di poter contare, e che fosse un sentimento platonico o meno ci teneva a lui.
Ridendo era arrivata alla conclusione di essere fritta.

-

“Ha detto che sarebbe stato qui mezz’ora fa” aveva commentato Hanji, alquanto incupita. “Si vede che il lavoro l’ha trattenuto per l’ennesima volta” aveva aggiunto quindi con una risata amara, una sorta di sentimento nostalgico permeava la situazione.
Levi le aveva rivolto una breve occhiata, aveva incrociato le braccia al petto. “Non c’è da stupirsi che sei un tale disastro” le aveva detto sarcastico, sperando di risollevarle il morale. Aveva funzionato, sembrava, la sua espressione cupa si era alleggerita appena.
“Sei proprio uno stronzo” aveva risposto Hanji, ridendo un po’. “Me lo dovevo immaginare che sarebbe andata così, però, non sarebbe la prima volta e sono sicura non sarà nemmeno l’ultima” aveva sospirato sul finire, riavviandosi i capelli in un chiaro gesto di nervosismo.
Levi le aveva tolto la mano dalla testa, infastidito del fatto che si fosse spettinata.
“Che te ne viene dal sembrare sempre così arruffata?” le aveva chiesto guardandola con gli occhi ridotti a una fessura, parlando con un tono piatto.
Hanji aveva sorriso con aria giocosa verso di lui. “Beh, l’aspettativa che si ha sulla mia apparenza quando mi presento da qualche parte è significativamente bassa dato che le persone ci sono abituate. Inoltre, è soddisfacente vedere qualcuno genuinamente sorpreso quando mi do effettivamente da fare per migliorare il mio aspetto.”
Levi aveva alzato una delle sue sottili sopracciglia guardandola. “Non penso di averti mai visto sforzarti per migliorare il tuo aspetto da quando ti conosco” le aveva detto riflettendo, la sua mente impegnata a cercare una situazione in cui Hanji non fosse apparsa come… beh, Hanji.
L’altra aveva puntato un dito contro di lui, un sorriso furbetto si stendeva sulle sue labbra. “Ah! Ma lo sarai quando mi impegnerò, giusto?”
Levi l’aveva guardata inespressivo per qualche secondo. “Sarà come vedere un asino che vola” aveva commentato.
Una vettura nera e lucida aveva accostato davanti all’entrata dell’hotel, aveva i finestrini oscurati. Levi non riusciva a vedere la persona che stava alla guida, anche se ci aveva provato, aguzzando la vista.
“In orario perfetto” aveva detto Hanji camminando verso l’auto, il sarcasmo era evidente.
Aveva aperto la portiera quando aveva sentito che si sbloccava, salendo a bordo seguita da Levi.
“Sei in ritardo” aveva detto a suo padre come un dato di fatto, sporgendosi sul sedile e dandogli un bacio sulla guancia.
“È bello vedere anche te, mia adorabile figlia” le aveva detto ridendo appena, poi aveva guardato con lo specchietto retrovisore verso i sedili posteriori. “E piacere di conoscere anche te, Levi. Devi essere un tipo piuttosto speciale per aver convinto Hanji ad impegnarsi in una relazione seria, eh?” aveva detto interessato.
Levi non sembrava impressionato dalle sue parole. “Per niente. Semmai è il contrario” gli aveva risposto senza espressione, ma non senza cercare almeno un po’ di esprimere qualcosa nella sua voce. Era impacciato e per niente abituato ad aver a che fare coi genitori dei suoi amici, nessun dubbio in proposito. In ogni caso poteva provare a impegnarsi.
“Per essere onesti è uno sforzo di entrambi” aveva detto allegra Hanji, sentendosi sollevata del fatto che suo padre non guidasse come un pazzo, a differenza di sua madre. Erano proprio a due poli opposti in ogni cosa, era uno shock che fossero riusciti a far durare così tanto il loro matrimonio.
In meno di mezz’ora erano arrivati a un ristorante dall’aspetto lussuoso, Hanji era rimasta a bocca aperta per la sbalorditiva visione, mentre gli occhi di Levi mostravano che fosse incerto addirittura su se volesse entrarci. Era chiaro che non si sentiva di appartenere a un posto simile.
Hanji gli aveva sorriso per rassicurarlo, immaginando precisamente cosa gli fosse passato per la testa.
“Caspita, ti sei giocato proprio tutte le carte, eh papà?” aveva commentato, uscendo dall’auto, lo sguardo ancora sulla vista.
“Solo il meglio per te, Hanji. Non è che vieni tutti i giorni a trovarmi, giusto?” aveva risposto mettendosi le chiavi in tasca, cominciando ad avanzare facendo cenno agli altri due di seguirlo.
“Tuo padre è un fottuto milionario.”
Hanji aveva fatto spallucce, incerta su come rispondere. “Sì…? No, forse. Non ne sono certa.”
“Da quello che sembra non mi pare che muoia di fame, quattrocchi” le aveva detto Levi con uno sguardo seccato, guardando in alto verso di lei. Suo padre era già entrato nel lussuoso edificio, mentre loro avevano camminato più lentamente, fianco a fianco.
Poco dopo erano entrati, il padre di Hanji li aveva aspettati pazientemente prima di sedersi. Una donna bionda con i capelli raccolti li aveva guidati al loro tavolo, che era a vista della torre Eiffel accesa, lo sguardo di Hanji si era illuminato al panorama.
“Wow, che bello.”
“Vero che lo è? Sono quattro anni che vengo qui e non smette mai di essere una bella vista” aveva commentato l’uomo sorridendo, poi si era rivolto a Levi.
“Non mi sono ancora presentato, giusto? Christopher Zoë” gli aveva detto porgendogli una mano, che Levi aveva afferrato con decisione per stringerla.
“Levi Ackerman” aveva risposto tranquillo, studiando l’aspetto di quell’uomo. Aveva la pelle chiara a differenza di Hanji, gli occhi di una sfumatura color nocciola coperti da un paio di occhiali spessi, appoggiati su un naso aquilino simile a quello della figlia.
“Quindi, Levi, che cosa fai per vivere?” gli aveva chiesto incuriosito, anche se sembrava ci fosse nel suo tono un che di inquisitorio.
“Veramente lavora insieme a me, è così che ci siamo conosciuti” aveva detto svelta Hanji. “Ci conosciamo da tanto tempo” aveva aggiunto con un sorriso dolce sulle labbra diretto al suo amico, che Levi, aveva notato, sembrava essere assolutamente genuino.
“Quindi hai conosciuto la mia ex moglie? A proposito tesoro, come si sta comportando con te?” aveva chiesto spostando l’attenzione su sua figlia, rabbuiandosi un po’ all’idea.
Hanji aveva avuto la sensazione che suo padre avesse voluto portare forzatamente la conversazione lì, come a voler segnare un punto a suo favore comparando l’affetto che i suoi le dimostravano.
“Lei… beh, mi sta trattando normalmente” aveva riso appena lei, tamburellando distrattamente sul tavolo con le dita. “Non penso che Levi si sia ancora abituato alla sua personalità…”
“Non è male se impari a escludere la frequenza della sua voce da tutto il resto dei suoni” aveva ammesso Levi senza preoccupazione alcuna. La sua disarmante sincerità non era una parte di sé che intendeva nascondere, in caso contrario si sarebbe comportato come qualcuno di completamente differente.
Il padre di Hanji aveva riso a quella risposta, evidentemente divertito. “Oh, credimi, non hai visto ancora niente. Devi essere contento che per quanto riguarda Hanji, la mela è caduta parecchio lontano dall’albero. Sono certo che se mai vi sposerete non ti farebbe mai dormire sotto il portico per essere arrivato tardi a cena.”
“Matrimonio? Per favore, papà, usciamo insieme solo da pochi mesi” aveva detto Hanji ridendo nervosamente. “E comunque la mamma ti permise di rientrare in casa verso le tre di mattina” aveva aggiunto scherzando.
“E quindi? La gente di questi tempi si sposa dopo poche settimane di conoscenza. E poi non sei più una ragazzina, io vorrei avere qualche nipotino prima di morire” l’aveva presa in giro, per giocare un po’.
Hanji aveva provato a spingere molto lontano dalla sua mente l’immagine di un neonato con i capelli neri e gli occhi chiari. “Quanto sei teatrale!” aveva risposto a suo padre roteando gli occhi, sforzandosi di fare un sorrisetto.
Levi si era mosso sulla sedia come per mettersi comodo, l’aria si era fatta imbarazzante intorno a lui.
“Posso già immaginarmi un nanetto di due, tre anni che corre in giro all’impazzata, come facevi tu a quell’età. Speriamo che non erediti la nostra terribile miopia e che non sbatta sui muri come facevi tu da bambina” aveva aggiunto suo padre scherzando.
Levi aveva riso appena a quell’immagine di Hanji da bambina che correva.
“Molto divertente” aveva detto Hanji sorridendo, cercando di non scoppiare a ridere. “Cambiando discorso, come stai tu?” gli aveva chiesto con un po’ di preoccupazione, poco dopo.
“Bene” aveva replicato suo padre semplicemente, per niente turbato dalla domanda, almeno sembrava, ma Hanji poteva vedere oltre la sua maschera. Sembrava ferito, anche se cercava di farle credere che tutto andasse bene, come faceva sempre.
Gli aveva rivolto un mugolio pensieroso prima di fargli un sorriso confortante. “Ti è concesso di essere triste, lo sai? Sono certa che nessuno ti biasimerebbe se lo fossi per la fine di un matrimonio durato più di trent’anni” gli aveva ribadito con calma.
Era ovvio che suo padre non fosse dell’umore di discutere dei suoi sentimenti, quindi aveva velocemente cambiato argomento. “Lo so, tesoro. Ma non parliamo di questo adesso.”
Si era schiarito la voce prima di parlare di nuovo.
“Allora, Levi, è la prima volta che vieni in Francia?” aveva chiesto guardandolo.
Levi aveva annuito. “Sì, lo è.”
Hanji gli aveva sorriso pienamente. “Penso che sia contento anche solo per il fatto di essere uscito dallo stato di Washington per un po’” l’aveva preso bonariamente in giro.
Levi era rimasto indifferente all’apparenza, non aveva fatto rimostranze alle sue parole.
“Però è divertente guardarlo osservare le cose con la faccia da tonto.”
“Io non faccio la faccia da tonto” aveva replicato brevemente, secco.
“Sì che la fai.”
“Sei solo una stupida ciecata” le aveva detto annoiato.
“E tu sei un maniaco della pulizia con la faccia da tonto” l’aveva canzonato Hanji con un sorriso luminoso in faccia.
Suo padre si era limitato a guardarli interagire in silenzio, osservandoli.

-

Il resto della serata era andato liscio, erano rimasti in un gradevole silenzio per quasi tutto il tragitto di ritorno in macchina, fatta eccezione per pochi commenti. Almeno finché suo padre, mentre uscivano dall’auto, aveva chiesto ad Hanji di trattenersi.
Levi si era già incamminato verso l’hotel, disinteressato alla conversazione. Aveva capito che quello che doveva dirle non era niente che lo riguardasse, quindi aveva dato loro spazio.
“Puoi far fessa tua madre con il minimo sforzo, ma io ti conosco troppo bene per caderci” le aveva detto suo padre sorridendole, mentre Hanji era rimasta di stucco alle sue parole. “È un tipo per bene però, un po’ sgarbato in superfice magari, ma posso capire com’è che siate amici.”
“Io… ehm, guarda…” aveva cominciato a dire lei senza sapere dove andava a parare. “Noi non siamo…”
“Non mi devi spiegare niente, lo so quanto tua madre possa essere irritante quando si tratta della tua vita privata. Sappi solo che sei hai bisogno di aiuto per qualsiasi cosa, basta che mi chiami.”
Detto questo aveva tirato su il finestrino ed era ripartito lentamente con l’auto, lasciando Hanji incredula e senza parole.
Avrebbe dovuto immaginare che non sarebbe riuscita a ingannarlo. Aveva sospirato profondamente, cominciando a camminare verso Levi.
Che avevano fatto di diverso quella volta?

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo
(versione originale del testo)

“Non ci posso credere che l’ha capito! Nessuno finora ci ha scoperti! Che abbiamo fatto di diverso stavolta?” aveva detto Hanji, pensando a voce alta mentre si lasciava cadere teatralmente sul letto della loro stanza di hotel.
Prima che Levi potesse rispondere, Hanji lo aveva interrotto. “Forse dovremmo sbaciucchiarci più spesso? Dobbiamo inventare qualche ridicola storiella romantica?” aveva detto quasi tra sé e sé, a bassa voce, con uno sguardo contemplativo fisso sul soffitto.
“Che vuoi dire?” aveva chiesto l’altro confuso.
“Dobbiamo recitarla meglio questa farsa, Levi!” era stata la risposta determinata di Hanji.
“E come dovremmo fare?” aveva domandato l’altro, annoiato.
“Se lo sapessi te lo direi” era stata la risposta di Hanji, data in un soffio, con un tono sconfitto. Si era messa su un fianco, ritrovandosi a guardare gli occhi chiari di Levi che stava accanto a lei. Si era lasciata osservarlo, le piaceva come la luce fioca cadeva sui suoi lineamenti dal taglio così deciso.
Aveva sentito le sue guance diventare sempre più calde quando Levi aveva inclinato la testa e incontrato il suo sguardo. La stanza era silenziosa, fatta eccezione per il suono dei loro respiri, ampliato dal silenzio che li circondava.
“Levi?” lo aveva chiamato mormorando, insicura.
L’altro aveva deglutito e distolto lo sguardo da lei. “Hm?”
Hanji si era girata, appoggiandosi con lo stomaco sulla superficie del letto e reggendosi sui gomiti. Non riusciva a capire da dove venisse questo bisogno improvviso che sentiva di schiacciare le labbra su quelle di lui, ma stava diventando un desiderio troppo prepotente per ignorarlo. Non era sicura di cosa volesse dirgli, sebbene fosse stata lei a cominciare quella conversazione.
“Tutta questa situazione è stupida” aveva mormorato Levi, piegando la testa in modo che era stata a pochi centimetri dal viso di lei.
“Tu sei stupido” aveva risposto prontamente Hanji, sorridendo appena mentre si rendeva conto che si stava lentamente avvicinando a lui, quasi contro la sua stessa volontà.
Levi non sembrava infastidito da quello che stava facendo, dato che aveva sollevato la testa, venendole incontro.
Le loro labbra erano entrate in contatto goffamente, il naso di Hanji si era scontrato con quello di Levi, ma non si erano lasciati fermare da questo inizio incerto. Le era uscito un gemito direttamente dalla gola quando Levi aveva intrecciato bruscamente le dita nei suoi capelli, facendola avvicinare ancora di più a lui.
Anche le mani di Hanji si erano posate sui capelli di Levi dopo che si era mossa in modo da sdraiarsi su di lui. Avevano aperto la bocca, le loro lingue si erano incontrate, toccandosi l’un l’altra, la stanza si era riempita del suono dei loro baci e dei brevi respiri che intercorrevano tra un bacio e l’altro.
Nello staccarsi da lui, Hanji si era seduta rimanendogli addosso cavalcioni. Aveva sospirato appena, aveva le guance rosse e le labbra appena gonfie, i capelli ancora più scomposti del solito. Levi aveva notato che le donava quel tipo di agitazione.
Con il palmo delle mani Hanji si era appoggiata contro il suo petto, dopo averlo accarezzato appena facendole scorrere verso l’alto. Levi aveva sentito il desiderio prepotente di provare ancora il gusto delle sue labbra mentre le cingeva con forza i fianchi con le mani.
Hanji aveva riso appena percependo la sua impazienza, poi si era chinata su di lui afferrando il collo della sua camicia, fondendo insieme ancora una volta le loro labbra.
Era stato facile invertire la loro posizione, sentendo il suo peso contro di lei, a Levi era sfuggito un basso gemito quando Hanji aveva sollevato appena il bacino facendolo scontrare con il suo, quella reazione l’aveva fatta ridere appena.
“Ma che stiamo facendo?” aveva chiesto divertita, con un piccolo sorriso sulle labbra mentre guardava l’uomo che stava sopra di lei.
“Ci comportiamo da imbecilli” aveva bofonchiato Levi, mentre cominciava a esplorare con le labbra il suo collo, quasi a testare la sua reazione.
“Forse rimpiangeremo di averlo fatto in men che non si dica” aveva replicato l’altra, preoccupata, sentendo il bisogno di razionalizzare quello che stava succedendo.
Levi aveva sollevato gli occhi su di lei, svuotando il suo sguardo di qualsiasi tipo di emozione Hanji potesse leggerci. “Molto probabilmente hai ragione” le aveva detto sospirando, rotolando via da lei improvvisamente. Hanji aveva resistito all’impulso di afferrarlo per fare in modo che tornasse su di lei, immediatamente le era mancato il calore e la sensazione che le aveva dato averlo addosso.
“Questa finta relazione ci sta dando alla testa?” si era chiesta ad alta voce, imbronciandosi.
“Forse.”
“Provi qualcosa di diverso per me?” gli aveva chiesto piano, incerta su se voleva davvero avere una risposta a quella domanda.
“Forse, non lo so” era stata la semplice replica dell’altro.
A quelle parole, Hanji aveva acceso la televisione con il telecomando. “Vuoi guardare un film francese con me?” gli aveva chiesto con un’espressione allegra sul viso, mettendosi poi in una posizione comoda sul letto.
Si era accomodato anche lui sui cuscini mentre una donna in televisione piangeva per l’uccisione del marito. “Non mi pare di avere molta scelta” aveva replicato con calma, mentre aveva sentito la testa di Hanji posarsi sulla sua spalla, con i capelli scomposti che gli solleticavano una guancia.
Si era concentrato su di lei, escludendo dalla sua mente i suoni, non badando minimamente al film che davano in televisione, ma solo ad Hanji che ridacchiava ogni volta che vedeva qualcosa che le sembrava divertente.
Non era certo di cosa si aspettava succedesse tra loro, che fossero rimasti semplicemente amici o che ci fosse la possibilità di avere qualcosa di più era certo che gli sarebbe andato bene comunque. Averla nella sua vita era abbastanza, aveva ammesso a se stesso.

-

Quella notte, quando Levi si era arreso al sonno, Hanji era rimasta sveglia, incapace di rilassarsi. I suoi pensieri correvano nella sua testa senza fine, mantenendola vigile mentre la causa di quell’agitazione dormiva tranquillo accanto a lei. Aveva sospirato piano, cercando una posizione più comoda su un fianco, stando bene attenta a fare piano dato che non voleva disturbarlo.
L’aveva osservato con uno sguardo dolce, sembrava di anni più giovane senza l’onnipresente broncio che aveva di solito in faccia. I capelli neri gli ricadevano sulla fronte, ed era stato difficile per lei trattenersi dalla grande voglia di spostarglieli dal viso per poi passargli le dita lungo le ciocche scure.
Aveva realizzato quanto questo suo piano aveva complicato le cose.
Certo, aveva tenuto a bada la terribile personalità sua madre, ma a che costo? Dell’amicizia con Levi per cui si era tanto impegnata? Se davvero i sentimenti che provava per il suo imperturbabile amico erano qualcosa di più che platonici, e non era di fatto quella farsa a confonderla, questo cosa avrebbe comportato per loro due? Avrebbero potuto iniziare una felice e salutare relazione? E se le cose non avessero funzionato e non fossero nemmeno riusciti a riportare il loro rapporto alla normalità, a com’erano abituati?
O forse ci sarebbero riusciti, non ne era sicura. Quello che sarebbe stato era imprevedibile, in generale. Era possibile che le loro personalità avrebbero generato tra loro un eccessivo attrito in una relazione sentimentale, differentemente da come invece caratterizzava la loro ironica amicizia.
“Hanji, mettiti a dormire.”
Levi l’aveva fatta trasalire, distraendola dai suoi ragionamenti. Nella sua voce si sentiva la sua stanchezza: di solito parlava in modo brusco, quasi tagliente, in quel momento invece strascicava inusualmente le parole.
“Ti ho svegliato?” gli aveva chiesto preoccupata, a bassa voce.
Levi aveva aperto un occhio, la sua iride tinta di solito di un grigio azzurro sembrava quasi del tutto nera nella semi oscurità della stanza illuminata soltanto dalla luce della luna che entrava dalla finestra.
“Posso praticamente sentirti pensare” le aveva detto piano sospirando appena, chiudendo nuovamente i suoi occhi assonnati.
Era stato solo in quel momento che Hanji s’era resa conto di quanto quei pensieri l’avessero messa in tensione. Evidentemente Levi l’aveva percepito, aveva pensato appena in imbarazzo.
“Scusa” gli aveva detto non proprio convinta, poi con un improvviso moto di sicurezza in se stessa gli aveva fatto una carezza, portandogli via i capelli dalla fronte, gentilmente. “Non posso farne a meno” aveva aggiunto dopo un secondo di silenzio.
Era rimasta sorpresa del fatto che le stesse permettendo di toccarlo in quel modo, senza che la sua reazione fosse di insultarla o di scacciare via la sua mano, era insolito per lui.
“Lo so” era stata la semplice, stanca risposta di Levi.
Hanji aveva mugolato appena replicando, poi si era fatta più spavalda con quella carezza sui suoi capelli non più in ordine, passandoci in mezzo le dita per tutta la loro lunghezza. Le aveva dato una strana sensazione di calma farlo, e probabilmente era quello che doveva provare anche lui, dato che il suo respiro si era regolarizzato di nuovo.
Si era fermata per un attimo per la sorpresa di sentirlo intrecciare le gambe alle sue con un rapido gesto, mentre nel frattempo appoggiava la guancia sulla sua spalla, finendo poco dopo a metterla direttamente sul suo petto. Hanji aveva respirato a fondo, godendosi il profumo del suo shampoo.
“Perché hai smesso?” aveva mormorato Levi assonnato, tenendo gli occhi chiusi.
Hanji aveva sorriso, ridendo appena guardandolo. Sembrava proprio che Levi fosse un tipo bisognoso di attenzioni quando era molto assonnato, o mezzo addormentato.
Aveva registrato quell’informazione nella sua mente.
“Scusa brontolo” si era scusata di nuovo, mettendogli un braccio intorno alle spalle e portandolo più vicino a lei.
Aveva portato le mani sulla sua testa, ricominciando ad accarezzarlo, sentendo che il sonno si impossessava di lei e le palpebre che si facevano pesanti contro il suo volere. Però voleva godersi questo momento a fondo, per quello che era, si trovava in verità ad apprezzare questi attimi di pace sempre di più.
Il suo cuore si era stretto nel ricordare che non sarebbe durata. Una volta che sarebbero stati sull’aereo di ritorno per Seattle quella farsa sarebbe terminata una volta per tutte e le cose sarebbero tornate come prima.
Si era trovata a riflettere su se voleva che andasse così, e no, non lo voleva per niente. I suoi sentimenti per Levi stavano crescendo differenti da quello che erano stati prima, ormai si era fatta una ragione di questo fatto, e sembrava che anche lui si sentisse diversamente nei suoi confronti, dato come le stava adagiato addosso in quel momento.
“Sei così carino” aveva bisbigliato nella notte, strofinando appena il naso nei suoi capelli.
Tutto sommato si era decisa a cercare di avere una relazione sentimentale con uno dei suoi migliori amici, non importava quanto pauroso sembrasse. Se significava poterlo stringere nel modo in cui lo stava facendo in quel momento ogni volta che voleva, nel frattempo mantenendo il fondamento di amicizia su cui era basata quella relazione, improvvisamente non poteva nemmeno capire perché avesse avuto tutti quei dubbi in primo luogo.

-

Levi si era svegliato malinconico dopo aver avuto la notte di sonno migliore che potesse ricordare. Aveva sbattuto le palpebre qualche volta prima di realizzare quale fosse la situazione in cui si trovava.
Le braccia di Hanji gli circondavano le spalle, le sue gambe erano intrecciate a quelle più lunghe di lei. Doveva essersi addormentato con la testa sulla sua spalla, aveva dedotto non senza un po’ d’imbarazzo per le sue azioni. Avrebbero dovuto prendere le cose con calma, ed ecco che invece le stramazzava addosso senza considerazione.
Tuttavia non sembrava che ad Hanji dispiacesse troppo, aveva pensato mentre la guardava con affetto. La sua bocca era lievemente aperta, ne usciva un lieve russare, era leggermente accigliata, l’espressione di qualcuno che stava sognando, forse.
Lui e Hanji erano invitati a casa di sua madre per quel giorno per una festa che stava per dare, dire che temesse quell’evento era quasi poco. Elizabeth era estremamente seccante e assolutamente ignara di esserlo, cosa che infastidiva Levi immensamente.
Dopo aver sospirato e lasciato il suo sguardo posarsi per l’ultima volta sulla brunetta, si era alzato ed era andato a fare una doccia.







Buonasera a tutti,
vi lascio un piccolo messaggio in coda per dirvi che per le prossime tre settimane vi abbandono per un po’ di ferie. Veramente non volevo pubblicare affatto ad agosto, ma dato che l’ultimo aggiornamento di luglio ci aveva tenuto un po’ col fiato sospeso per quanto riguarda la trama, mi sono detta che era un po’ crudele lasciarvi così!
Credo che questo fosse in assoluto il capitolo più corto tradotto finora, ma conto che abbiate trovato il contenuto abbastanza interessante dal non curarvi affatto della lunghezza!
Vi ringrazio ancora tutti per l’interesse, l’incoraggiamento e la dedizione con cui seguite la traduzione.
Passate buone vacanze, chi ci va, il 30 agosto ricominciamo coi nostri mercoledì!
Con affetto,
FoolThatIam

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


Buonasera a tutti,
spero mi scuserete per il ritardo, settembre mi ha colta alla sprovvista!
Spero sia stato un bell’agosto per tutti, buona lettura!
FoolThatIam



“Esattamente che stiamo andando a fare a casa di tua madre?” aveva chiesto Levi alzando un sopracciglio interrogativamente, nel mentre che aspettavano il loro mezzo di trasporto davanti all’entrata del loro hotel.
Hanji aveva distolto lo sguardo dal suo cellulare, facendo incontrare distrattamente il suo sguardo con quello annoiato di Levi.
“Sta solo dando un ricevimento. Credo sia una sorta di festa di fidanzamento in ritardo, non è che l’abbia proprio specificato” aveva spiegato con disinvoltura, digitando qualche parola sul suo telefono.
Levi aveva sospirato, incrociando le braccia al petto mentre un vento gelido l’aveva investito, il suo cappotto non era abbastanza per proteggerlo dal gelo della città di fine ottobre.
“Con chi stai parlando?” le aveva chiesto disinteressatamente, cercando di avviare una conversazione con la moretta.
Hanji l’aveva guardato con la coda dell’occhio. “Nanaba. Perché, sei geloso?” l’aveva preso appena in giro, l’ironia era evidente nel suo tono.
Levi aveva lasciato uscire una specie di tch, improvvisamente non aveva più voglia di chiacchierare. Hanji aveva riso della sua reazione, spostandosi in avanti per mettersi di fianco a lui, che l’aveva guardata circospetto mentre lo faceva.
“Lo sai, sei super appiccicoso quando dormi” gli aveva rivelato sorridendogli.
Levi l’aveva squadrata infastidito. “Almeno non sono fottutamente violento come te.”
“Non c’è bisogno che ti metti sulla difensiva, nanetto. Lo trovo adorabile” aveva commentato allegra, guardandolo dall’alto con uno sguardo amorevole sotto il quale la reazione di Levi era stata quella di guardare da un’altra parte.
“È strano? Dimmelo se è strano” aveva chiesto Hanji.
L’espressione di Levi era rimasta impassibile mentre recepiva le sue parole.  
“No” le aveva detto scrociando le braccia, sentendo l’esigenza di avvicinarla a lui. Aveva afferrato la manica della sua giacca spingendola verso il basso, abbastanza da sentire il suo respiro su una delle sue guance pallide.
“Questo è strano?” aveva chiesto quindi a bassa voce, lentamente.
La risposta di Hanji era stata quella di abbassarsi con lentezza muovendo il suo viso a poca distanza da quello di Levi, dandogli il tempo di protestare o di scacciarla via prima che le labbra della ragazza si posassero sulle sue per pochi secondi. Si era allontanata subito, ma con il viso era rimasta molto vicina al suo.
“Questo era strano?” gli aveva chiesto senza fiato, cercando i suoi occhi grigi.
Levi aveva semplicemente fatto cenno di no con la testa. Sporgendosi verso l’alto aveva sfiorato le labbra di Hanji ancora una volta prima di allontanarsi definitivamente da lei, quando la loro auto aveva accostato accanto al marciapiede.
“Dopo di te, bello” aveva detto Hanji aprendo la porta.
Levi aveva roteato gli occhi verso l’alto ed era entrato nell’auto, l’altra l’aveva seguito poco dopo.
“Il suo appartamento non dovrebbe essere molto lontano da qui, da quello che mi ha detto. Dovrebbe esserci anche la famiglia di Nick, a quanto pare. Mi domandavo se avesse dei figli” aveva detto Hanji come se stesse pensando a voce alta, teneva le mani ordinatamente in grembo mentre guardava fuori dal finestrino.
Levi non si era disturbato a risponderle, piuttosto aveva preso una delle sue mai fredde stringendola, come a rassicurarla. L’espressione contemplativa di Hanji non era cambiata di un millimetro, a un certo punto aveva aggrottato le sopracciglia in un’espressione che sembrava suggerire che un pensiero fastidioso le avesse attraversato la mente.
“Potrei avere un fratellastro.”
“Non puoi esserne certa” aveva osservato Levi senza scomporsi.
Hanji aveva mugolato come se fosse d’accordo con lui, almeno sembrava. “Hai ragione, ma Nick non è mica un giovanotto. Guardiamo in faccia la realtà, non mi sembrerebbe strano se anche lui venisse da un divorzio.”
Levi l’aveva guardata. “E dove cazzo le trovi due persone disposte a sposarsi un tipo così schifosamente raccapricciante?”*
Hanji era scoppiata a ridere in risposta, il sorriso le era rimasto sulle labbra.
“Magari è un tipo fascinoso, no? Ovviamente l’aspetto non è tutto” aveva osservato intelligentemente.
“Ma non mi dire. Però non sembra nemmeno avere una gran personalità. Persino la sua risata del cazzo mi fa venire voglia di girargli alla larga” aveva osservato Levi. La sua espressione si era fatta cupa nel ricordare il suo fastidio per come quel tizio aveva preso in giro Hanji ridendo insieme a sua madre per tutte le simpatiche frecciatine lanciate a suo danno.
“Che schifo essere te allora, sarà lì in tutta la sua gloria, risata satanica inclusa.” Hanji aveva sorriso. “Sono sicura che vorrà sapere tutto dell’inespressivo ragazzo della sua futura figlioccia.”
Levi aveva fatto un’espressione disgustata all’idea di interagire con quell’uomo. “Preferisco l’inferno.”
Hanji aveva riso un po’. “Beh, la scelta è tra lui e mia madre. Indica la tua preferenza, piccolo.”
“Tu” aveva risposto Levi controvoglia, guardandola mentre un lieve, genuino sorriso le si formava sulle labbra. “Se proprio devo essere incastrato con qualcuno tutto il giorno, preferisco che sia tu. Ma se mi fosse lasciata libertà di scelta, preferirei starmene alla larga da tutti” le aveva detto monocorde.
Hanji era sembrata divertita da quel tentativo di fare un discorso romantico.
“Sono onorata e lusingata.”
“Vorrei ben vedere.”
Aveva sporto la testa verso Levi e aveva lasciato uscire un sospiro, chiudendo brevemente gli occhi per poi riaprirli di nuovo.
“Com’è che siamo arrivati a questo punto, Levi? Voglio dire, a sbaciucchiarci e abbracciarci disinvolti. Cioè, mi hai praticamente dormito addosso stanotte.”
Quando si era accorta che Levi non aveva intenzione di dire nulla, aveva continuato.
“Do per scontato che ormai sappiamo entrambi che proviamo qualcosa l’uno per l’altra. Ma questo dove ci porta? Stiamo insieme? Vorresti che stessimo insieme?” gli aveva chiesto, muovendo la testa per poterlo guardare dritto in faccia.
“Siamo in una situazione complicata, merdina con gli occhiali**.” Levi si era rabbuiato pensandoci, incerto su come esprimere i suoi sentimenti senza sembrare un assoluto idiota. “Pensi che sia una buona idea buttarci in una relazione adesso mentre siamo in questa situazione?”
“Beh, voglio dire, di certo ci toglierebbe dall’impiccio di dover mentire a tutti.”
Prima che potessero approfondire quella conversazione, l’auto su cui viaggiavano aveva rallentato fino a fermarsi davanti ad una bellissima casa di pietra con grandi finestre.
“Ah, sembra che siamo arrivati” aveva annunciato Hanji fingendo entusiasmo.
“Meraviglioso” aveva replicato levi, rabbuiandosi. “Leviamoci il pensiero, quattrocchi” aveva detto con un tono di voce vagamente spaventoso mentre usciva dall’auto.
Hanji aveva alzato esitante la mano per suonare al campanello di casa - quella in cui una volta sua madre viveva con suo padre. Non che fosse nervosa, era solo spaventata dal tipo di serata che sapeva di dover passare con sua mamma. Si era girata a guardare il suo piccolo compagno, la sua espressione era annoiata e i suoi occhi semichiusi guardavano dritti davanti a lui.
“Sei pronto, piccoletto?”
Levi aveva seccamente sbuffato, scuotendo la testa. “Non è che ho scelta” aveva detto prima che la porta si aprisse, rivelando dall’altra parte Elizabeth con indosso un brillante vestito grigio con la gonna al ginocchio e i capelli perfettamente acconciati in una pettinatura alta. Aveva rivolto loro un grosso sorriso, illuminata di contentezza.
“Finalmente siete qui! Stavo cominciando a pensare che vi foste persi o chissà cosa” aveva esclamato a voce alta. Levi aveva nascosto con cura la sua espressione burbera mentre li prendeva entrambi per la manica e li trascinava dentro casa.
Hanji aveva riso, fingendo nonchalance. “No, il nostro passaggio è arrivato un po’ in ritardo. Scusa se abbiamo fatto aspettare qualcuno.”
“Non è ancora arrivato nessuno, solo il figlio di Nick è qui. Mi farebbe piacere fartelo conoscere!”
Li aveva guidati entrambi verso la cucina, dove Nick era seduto davanti ai fornelli e un ragazzo coi capelli biondi era appoggiato al bancone, preparando qualcosa.
“Armin, ti vorrei presentare mia figlia, Hanji” aveva detto indicando verso il ragazzo, il quale si era pulito energicamente le mani al grembiule blu che portava. Aveva guardato verso di lei, rimanendo un po’ sorpreso.
“Han, ti presento il tuo futuro fratellastro Armin” aveva introdotto entusiasta la donna, sorridendo in una maniera che a Levi aveva ricordato un po’ il modo in cui lo faceva Hanji.
Gli aveva porto la mano, con un sorriso sulle labbra. Non era sorpresa che Nick potesse avere dei figli, di fatto se l’aspettava.
“Hey, piacere di conoscerti” gli aveva detto allegra mentre l’altro le stringeva la mano.
Era la ragazza che era al caffè qualche giorno prima, Armin si era stupito nella sua testa della coincidenza. Aspetta, questo significava che il suo ragazzo di cui Elizabeth aveva tanto parlato non era effettivamente… oh cielo.
“Ciao, piacere di conoscere anche te” le aveva detto con un marcato accento e un sorriso gentile sulle labbra.
“E questo è Levi, il ragazzo di Hanji” aveva detto ancora Elizabeth, indicando verso l’uomo più basso.
Il suo sguardo penetrante aveva incontrato gli occhi blu del biondino alto e dinoccolato, notando che sembrava decisamente sorpreso.
“C…ciao, piacere di conoscere anche te” aveva incespicato Armin sotto lo sguardo intimidatorio dell’altro.
Levi aveva giusto replicato con un borbottio, non sprecandosi nemmeno a stringergli la mano prima di voltarsi verso Elizabeth. “Ti serve aiuto?” le aveva chiesto monocorde, nel tentativo di non dover interagire né con lei, né con Nick o con quel suo figlio dall’aspetto così deboluccio.
“Oh, sì, certo! Se potessi tagliare a pezzetti quella verdura che ho lasciato lì accanto al tagliere” aveva risposto indicando un angolo, girandosi poi a guardare sua figlia mentre Levi cominciava lavandosi le mani.
“Sul serio, Hanji, sapevi che tutti i miei amici sarebbero stati qui e non ti sei nemmeno posta il dubbio su se fosse consono vestirti in modo più appropriato?” l’aveva redarguita con le labbra ridotte a due linee.
Hanji aveva guardato i suoi pantaloni neri eleganti e la sua camicia bianca che le stava un po’ larga, non riuscendo a capire quale fosse il problema con la sua scelta nel vestiario.
“C’è un particolare codice d’abbigliamento che avrei dovuto seguire per una festa in casa di cui non sapevo molto, o cosa?” aveva replicato aggrottando le sopracciglia.
“Avresti dovuto indossare un vestito, Zoe” aveva sospirato sua madre.
Hanji aveva fatto un’espressione stizzita all’atteggiamento esagerato di sua madre.
“Mamma, ho ventinove anni. Penso di avere il diritto di vestirmi come mi sento più a mio agio” aveva affermato sedendosi dalla parte opposta del tavolo rispetto a dove era seduto Nick. “E comunque, non ho un vestito da mettermi. Mi sono portata dietro solo quello che mi sembrava necessario.”
“E non ti sembrava necessario portarti un vestito?” aveva commentato Elizabeth aggrottando le sopracciglia.
“Non proprio. A mio parere, per lo meno.”
Levi se n’era rimasto in silenzio mentre la conversazione andava avanti, rimuovendo con cura la buccia dalle carote che erano state messe lì per lui. Il tono di voce della madre di Hanji era irritante, ma non era sicuro che lo fosse perché effettivamente suonava così o se fosse l’antipatia che quella donna gli suscitava a cambiarle suono dentro la sua testa.
“Ciao Nick” aveva salutato allegra Hanji, scegliendo di ignorare sua madre iniziando una conversazione con qualcun altro. L’uomo non aveva nemmeno alzato gli occhi dal suo telefono, le aveva fatto giusto un piccolo silenzioso cenno. L’altra aveva cominciato a fissarlo, gusto per farlo sentire un po’ in imbarazzo, ma non aveva funzionato, sembrava proprio che volesse volutamente ignorare la sua presenza.
“Allora, Armin, quanti anni hai?” aveva chiesto Hanji incuriosita dopo qualche minuto di silenzio.
“Diciassette. Sto quasi per compierne diciotto, però” aveva risposto il ragazzo a voce bassa, continuando a girare il cibo nella pentola, distrattamente.
“Oh, che cosa eccitante!” aveva risposto Hanji, sorridendo dolcemente.
Armin aveva annuito educatamente. “Più che eccitante direi stressante, per essere sincero” aveva ammesso ridendo appena.
“Oh, ti capisco” aveva replicato Hanji con un tono comprensivo. “Però è un momento eccitante per i cambiamenti. Nuovi ambienti e situazioni, imparare a essere più indipendenti. Vorrei averli di nuovo io diciassette anni” aveva detto, appoggiando il mento sul palmo della mano.
Levi aveva sollevato lo sguardo, girandosi a guardare la sua finta ragazza con un sopracciglio alzato. “Scommetto che eri una dannata nerd che portava occhiali a fondo di bottiglia e citava Star Wars ogni volta che qualcuno provava a fare un discorso con te.”
“C’hai preso completamente, Levi” aveva risposto la mamma di Hanji prima che l’altra potesse farlo. “Inoltre non si pettinava mai i capelli e ha portato un enorme apparecchio ai denti per tutta la durata delle scuole superiori.”
“E questo non mi ha impedito di essere invitata al ballo di fine anno” aveva replicato Hanji vantandosi malignamente.
Levi aveva riso, e prima che il loro battibecco potesse ricominciare uno scampanellio stridente era risuonato per l’intera casa. Elizabeth aveva battuto le mani concitata.
“Arrivano altri ospiti!” aveva canticchiato mentre andava ad aprire la porta.
Hanji aveva guardato Levi con uno sguardo esasperato mentre la donna usciva dalla cucina piena di gente.
Sarebbe stata una lunga giornata.




*Questa è una traduzione estremamente libera. La frase originale sarebbe "Who the fuck would wanna marry a creepy ass dude like him twice?", letteralmente “Chi cazzo vorrebbe sposare due volte quel tizio inquietante?” (in cui “ass”, che letteralmente vorrebbe dire culo, è solo un rafforzativo per rendere più volgare la frase), ma il contesto suggeriva che l'autrice intendesse dire che a Levi sembrava strano che Nick avesse trovato due donne disposte a sposarlo, non che una lo volesse sposare due volte! Tra l’altro non mi pare che anche in inglese renda l’idea, ma forse è semplicemente un’espressione che io non capisco… se qualcuno ha qualche idea in proposito sentitevi liberi di erudirmi!
**Come nel primo capitolo, come concordato con Sleepyheadven, è il modo in cui traduco l’espressione “Shitty Glasses”

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Vi risparmio la storia della mia vita in questi quattro anni. Diciamo che ci sono state gioie e tragedie, e tra queste tragedie alcune che lo sono state davvero tanto, e altre che lo erano fino ad un certo punto. Tra queste ultime, un computer maldestramente affogato dalla mia mamma intenta a sistemare un grosso vaso di fiori sul tavolo dove lo avevo incautamente lasciato durante una mia visita a casa dei miei, con inserita la pen drive dove avevo lasciato tutti i miei appunti di questo lavoro, incluso l'appunto con le credenziali log in dell'account. Tra tutto quello che ho dovuto recuperare per lavoro, questo passatempo, cercate di capirmi era l'ultima cosa. E poi la vita è andata avanti, e mi sono un po’ dimenticata.
Benedetti salvataggi con Time Machine, comunque, dove recentemente ho ritrovato delle bozze di questo lavoro e mi sono detta, tanto stavo in zona rossa senza poter lavorare, perché no? In fondo è anche giusto e corretto per le persone che mi seguivano, sperando che qualcuno giri ancora da queste parti.
E allora sotto con questi ultimi quattro capitoli!
Vi saluto per ora, porgendovi le mie più umili scuse,
FoolThatIam
(nome non scelto a caso)




Capitolo Decimo
(versione originale del testo)

“Quindi Elizabeth questa è tua figlia?” aveva domandato tranquillamente una donna che Hanji non aveva mai visto, i suoi capelli erano acconciati in un’elegante coda di cavallo.
“Salve, sono Hanji, piacere di conoscerla” aveva sorriso amichevolmente porgendole la mano per stringerla. L’altra aveva esitato brevemente prima che le sue labbra si piegassero in un sorriso e le afferrasse la mano con decisione.
“È così bello poter dare un volto a un nome, Elizabeth non ci ha mai mostrato tue foto. Oh, comunque io sono Lynne, lavoro con tua madre” si era introdotta con gentilezza, con un marcato accento francese. “Ti stai godendo la tua permanenza qui?” aveva domandato per fare conversazione.
Hanji aveva annuito entusiasta. “Assolutamente! Tutto è così bello, ci sono stata più di una volta ma lo giuro, non mi stanca mai” aveva detto tutto d’un fiato, gesticolando per accompagnare le sue parole.
Levi non si era sprecato ad ascoltare il resto della conversazione, di fatto si era estraniato da tutte le voci squillanti che erano occupate a mischiarsi nella folla. Si era seduto in cucina, occupandosi di qualsiasi lavoro potesse dargli una scusa per non interagire con nessuno. Aveva preparato, cucinato, servito e pulito fino a che non c’era stato altro da fare.
Nel frattempo Hanji aveva vagato da una stanza all’altra dando da chiacchierare senza problemi agli altri. Levi non era certo di cosa fosse peggio, se il suo atteggiamento antisociale o quello dell’altra che sociale lo era fin troppo. Non era affatto un’esagerazione dire che fossero completamente a due poli opposti.
“Va tutto bene piccoletto? Hai lo sguardo da omicida” l’aveva preso in giro, facendo cadere pesantemente una mano sulla sua spalla. Non sembrava volesse smettere o che fosse stanca del suo modo eccentrico di comportarsi.
Le aveva rivolto una rapida occhiata prima di rimettere i suoi occhi chiari sul suo bicchiere pieno di vino rosso. “C’è un sacco di gente oltre me che puoi infastidire in questo momento. Vai da loro” le aveva detto senza entusiasmo, prendendo un piccolo sorso tranquillamente.
“Per caso qualcuno è geloso?” aveva scherzato Hanji con un sorrisetto furbo in faccia. “Non temere, mio amore, non ho occhi che per te” gli aveva detto per poi fargli un occhiolino, anche se invece che uno le si erano chiusi entrambi.
Levi aveva nascosto bene che quella cosa l’avesse divertito, pur sapendo che Hanji probabilmente l’aveva capito lo stesso. “Sei una scema” le aveva detto roteando gli occhi. Il suo atteggiamento era diventato più gentile quando Hanji era andata a dargli un innocente bacio sulla testa, accarezzando affezionatamente con le dita le sue ciocche nere. I suoi occhi celesti avevano vagato per la stanza, cercando di vedere se ci fosse sua madre, o magari Nick nei paraggi.
“Non ci guarda nessuno” gli aveva detto Hanji semplicemente, allontanandosi da lui. “Mi sembrava solo che avessi bisogno di qualche attenzione”.
Levi aveva riso ironico alle sue parole, rivolgendo il suo sguardo altrove rispetto a quello divertito di Hanji. “Non ho bisogno di attenzioni, quello che vorrei è di stare alla larga da tutta questa gente con grossi bastoni su per il culo” aveva mormorato monocorde.
“Non sono tutti poi così male” aveva cercato di convincerlo. “Molti sì, ma non tutti”.
La loro conversazione si era interrotta quando Armin era entrato con aria smarrita nella stanza.
“Che è successo?” gli aveva chiesto Hanji inclinando appena la testa osservandolo.
L’altro si era lasciato andare contro lo stipite della porta, scuotendo la testa.
“Tua madre mi ha appena abbracciato così forte da togliermi il respiro” aveva detto in un soffio, prima di accorgersi dell’altro uomo che era nella stanza. Aveva esitato, decisamente gli sembrava così ingiusto che sapesse quello che sapeva, ma non era certo sul se dovesse vuotare il sacco o meno sulla faccenda. Aveva messo entrambe le opzioni a confronto per tutta l’ora che era appena passata, ma non era ancora riuscito a decidersi.
Per un verso dire tutto avrebbe solo fatto sentire lui a posto con la coscienza mettendo gli altri due in imbarazzo, ma mantenere un segreto del genere lo avrebbe stressato troppo alla lunga, e non voleva apparire strano con la sua nuova sorellastra che conosceva solo da meno di una settimana.
“Tutto bene?” aveva chiesto Hanji preoccupata, con le sopracciglia aggrottate.
Armin aveva sentito che le sue guance si stavano arrossando, si era perso nei suoi pensieri e probabilmente sembrava un pazzo.
“Tutto bene, scusa, stavo solo riflettendo” aveva risposto per scacciare la sua preoccupazione, andando verso il frigo per prendersi da bere.
Levi aveva osservato il giovane ragazzo, chiedendosi che problema avesse.
“Ah, e a che pensavi? Doveva essere qualcosa di serio per farti sembrare così turbato” aveva insistito Hanji guardandolo dall’alto mentre si sedeva dall’altra parte del tavolo, il biondino aveva voltato lo sguardo da quello inquisitorio dell’altra.
“No-non era niente”.
“Oh, Quattrocchi, lascia in pace il ragazzino. Ha l’aria di uno che sta per farsela addosso” aveva detto seccamente Levi, mentre con noncuranza si appoggiava allo schienale della sedia, accavallando le gambe.
Armin aveva notato che nonostante la piccola statura e la faccia da bambino, l’uomo che gli sedeva di fronte era la persona più intimidatoria che avesse mai incontrato.
“Posso dire una cosa a entrambi?” aveva chiesto loro.
“Certamente.”
“No.”
Hanji aveva zittito Levi con un gesto del polso, facendo invece cenno ad Armin di parlare.
“Ignoralo, è solo infastidito perché la mia attenzione non è concentrata completamente su di lui” aveva detto guadagnandosi un’occhiata furibonda dall’uomo che le sedeva accanto.
“Beh, voi due avete fatto visita al caffè dove lavoro qualche giorno fa” aveva detto quasi esitando, guardando con attenzione le loro espressioni. “Il mio amico, Jean..”
“Ah, il ragazzo che lavora al bancone?” l’aveva interrotto Hanji allegra.
Armin aveva annuito, per nulla infastidito dell’interruzione. “Sì, è lui. Comunque, ha sentito per caso una vostra conversazione qualche giorno fa, sul fingere una relazione. È venuto a raccontarmelo dopo, divertito dalla situazione. Ed è stato in quel momento che vi ho visti entrambi seduti al tavolo, la coppia che faceva finta di essere…”
“Chiudi la bocca” aveva ordinato Levi calmo, ma le sue parole secche avevano fatto indietreggiare Armin, nonostante il tono. “O almeno non dirlo a voce alta.”
Hanji si era drammaticamente portata la mano sul viso. “Di tutte le persone che potevano scoprirci, proprio il figlio di Nick.”
“Se ti azzardi a dirlo a qualcuno…” aveva fatto per minacciarlo Levi.
“No!” aveva detto il ragazzo alzando le mani. “Non lo farò, ve lo prometto. Avevo solo bisogno di dirlo a voi perché mi sembrava sbagliato saperlo e non dire niente.”
“Grazie per averlo fatto, credo” aveva mormorato Hanji. Si era domandata tra sé e sé sul dirgli o meno che quella relazione non era più basata completamente su una bugia come prima, ma si era decisa per non farlo. A malapena lei stessa e Levi avevano idea di cosa stesse succedendo, non c’era alcuna ragione per coinvolgere qualcun altro. “Finché non dici niente, va tutto bene.”
“Posso chiedervi cos’è che vi ha convinto a farlo?” aveva domandato Armin crucciato al pensiero.
Hanji si era seduta, aveva preso il bicchiere di vino di Levi e l’aveva svuotato in un sorso solo. L’altro a malapena aveva preso coscienza del fatto, non si era degnato di fare alcun commento.
“Mia madre è un bel soggetto, se ancora non l’avessi notato. È convinta che morirò sola, quindi ogni volta che la vengo a trovare mi organizza alcuni appuntamenti al buio. Non volevo avere ulteriori problemi mentre ho a che fare con questo matrimonio e mio padre, tutto il dramma e il resto, quindi ho portato Levi con me. È il mio più caro amico e mi tranquillizza quando ne ho bisogno, questa è la ragione.”
“Mi dispiace” aveva detto Armin, chiedendo scusa.
“Non arrovellare la tua bella testolina su questa faccenda, quello che è fatto è fatto” gli aveva risposto sorridendogli. “E adesso andiamo a socializzare un po’, che ne dite? Anche tu, Brontolo” aveva aggiunto alzandosi in piedi, anche se era stata la sola a farlo.
“Anche no.”
“Anche sì” aveva controbattuto veloce, trascinando Levi fuori dalla stanza per la mano.

-

Levi aveva lasciato che Hanji se lo trascinasse dietro per tutta la durata della festa. Aveva stretto la mano a innumerevoli sconosciuti che avevano invaso la casa della madre di Hanji, tutto quello che desiderava in quel momento era di lavarsi le mani e di buttarsi in un barile di disinfettante.
“Quindi entrambi vivete a Seattle, giusto? Com’è vivere da quelle parti?” aveva chiesto un uomo calvo, per fare conversazione. Levi aveva resistito all’impulso di roteare gli occhi e aveva mormorato a denti stretti ‘fottutamente umido e pieno di gente’, ma si era guardato bene dal fare i suoi commenti secchi a voce alta sapendo che molto probabilmente Hanji avrebbe reagito dandogli un pestone su un piede, se l’avesse fatto.
“È piacevole. Non ho mai vissuto altro che lì quindi non ho altri termini di paragone, ma sono certa che per qualcuno che non l’avesse mai visitata sarebbe anche meglio di come la descrivo” aveva detto sorridendo. “Abbiamo tanta pioggia e lo Space Needles, quindi è un’esperienza abbastanza unica” aveva concluso sempre ridendo appena.
“È anche piena di senza tetto” aveva aggiunto sua madre che era apparsa all’improvviso, facendo una risatina di scherno (o per lo meno così era suonata nella testa di Levi). “Proprio non mi manca, affatto” aveva concluso appoggiando delicatamente una mano sia sulla spalla di Hanji che di Levi, mettendosi in mezzo a loro due.
“Hai bisogno di aiuto per qualcosa, Elizabeth?” le aveva chiesto Levi, con un tono calmo, ma anche annoiato. Segretamente sperava che avesse combinato un disastro in cucina da quando se n’era andato, aveva bisogno di una scusa per allontanarsi il più possibile da tutti.
“Oh, no, non posso proprio chiederti altro aiuto. Hai fatto più del necessario” aveva risposto però la donna scuotendo la testa e le mani, contraria all’idea.
Levi aveva mentalmente sospirato, non poteva certo pregarla. Aveva semplicemente annuito una volta, voltando le spalle all’uomo con cui lui e Hanji stavano parlando. Durante il tempo in cui era stato distratto l’altra era riuscita a trascinare il suo interlocutore in una conversazione sulle tarantole. Il tizio stava sbiancando sempre di più ed era assolutamente a disagio, Levi aveva lasciato che le sue labbra s’increspassero in un lieve sorrisetto sardonico, divertito dalla sua reazione.
Era riuscito senza problemi a escludere il suono della voce di Hanji, guardando nel nulla davanti a lui. Del resto era abituato ormai a fare in modo che il tono della sua voce scomparisse tra i rumori di fondo. Il tizio sfortunato che adesso si trovava nel bel mezzo di una conversazione sull’apparato digestivo delle lucertole, invece, non ne era capace. Povero bastardo.
“Hey Levi” l’aveva richiamato Hanji, i suoi occhi celesti avevano ritrovato i suoi.
“Hm?” le aveva chiesto con un verso, non scomodandosi a usare parole.
Aveva un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra, i suoi occhi castani luccicavano dietro gli occhiali. “Ho bisogno di te per una cosa, puoi aiutarmi?” aveva chiesto quanto più innocentemente potesse.
Levi aveva alzato un sopracciglio interrogativo, ma aveva comunque annuito nonostante l’incertezza della situazione.
Hanji aveva cominciato a camminare lungo la scalinata, facendo cenno a Levi di seguirla guardandolo oltre la sua spalla. Lui s’era guardato le spalle velocemente prima di seguirla sulle scale di buon passo. Si era domandato tra sé e sé di cosa mai poteva aver bisogno lassù. I suoi occhi chiari si erano fermati su una foto che stava alla parete, di Hanji con le codine e un sorriso sdentato.
“Ero adorabile, vero?” aveva detto aspettandolo in cima alle scale, con le mani appoggiate sulla vita.
“Una specie” aveva bofonchiato lui raggiungendola.
Gli aveva preso una mano rivolgendogli uno sguardo sornione, portandolo verso la fine del corridoio. Levi sembrava sul punto di incominciare a protestare, ma si era tranquillizzato quando l’aveva vista aprire una porta e ce l’aveva spinto dentro con forza. Sul punto di sgridarla si era fermato di colpo guardandosi intorno, aveva quasi del tutto serrato le palpebre rendendosi conto che erano dentro un armadio di cappotti.
“Che cazzo, Quattrocchi?” si era voltato a guardarla a braccia conserte aspettando una spiegazione.
“Oh, andiamo Nanetto, mica mi vorrai dire che ti stavi divertendo di sotto, no?” aveva detto esasperata, sbuffando lievemente irritata. Si era avvicinata a lui, lo sguardo furbetto le stava facendo brillare gli occhi di nuovo. Levi era rimasto fermo, guardandola attentamente.
Hanji si era avvicinata, abbassandosi verso di lui, gli aveva fatto inclinare la testa verso di lei con un tocco sul suo mento, il suo sguardo infastidito aveva incontrato quello di lei.
“Stiamo per pomiciare nel maledetto armadio di tua madre?” aveva mormorato, mentre spostava lo sguardo dagli occhi di Hanji alle sue labbra, che erano pericolosamente vicino alle sue.
Hanji aveva fatto semplicemente spallucce. “Ti crea problemi?”
“No” era stata la sua semplice risposta.
Gli aveva sorriso, e Levi aveva colto la palla al balzo per afferrarla per il colletto spingerla contro di lui e per unire le loro labbra. Hanji aveva riso contro la sua bocca, ma non l’aveva per niente fatto desistere dall’approfondire quel bacio. Hanji era avanzata fino a che le spalle di Levi non avevano incontrato il muro con un leggero tonfo, le sue mani si erano posate sul suo collo, le dita erano andate a sfiorargli la porzione di nuca dove i capelli erano cortissimi prima di intrecciare le dita ai suoi capelli scuri.
Levi aveva appoggiato le mani ai suoi fianchi, aveva sollevato i lembi della stoffa della camicia che portava passando sensualmente le sue dita fredde sulla pelle nuda. Hanji aveva lasciato uscire un lieve gemito contro la sua bocca, premendo febbrilmente il corpo contro quello di Levi, che aveva approfondito il bacio, sentendosi come se la sua pelle andasse a fuoco mentre esplorava con trasporto la bocca di Hanji. Si erano staccati l’uno dall’altra col fiatone, cercando di respirare mentre Hanji scoppiava a ridere.
Gli aveva preso le guance tra le mani, obbligandolo a guardare su verso di lei.
“Sei sorprendentemente bravo a farlo.”
“Non ho capito se dovrei offendermi o essere lusingato” aveva replicato monotono, con un sorrisetto sulle labbra.
“Probabilmente tutt’e due, a essere onesta” aveva ammesso Hanji, dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
La porta si era aperta all’improvviso, i due si erano come gelati sul posto mentre la luce irrompeva in quello spazio scuro, illuminando i loro volti stupefatti. Un ragazzo coi capelli biondi era entrato nella cabina armadio, prima di fermarsi bruscamente notando la loro presenza. Aveva balbettato agitandosi mentre i suoi occhi chiari si posavano su di loro.
“Ehm… oh… s…scusate!” aveva esclamato maldestramente, chiudendo la porta di scatto nuovamente.
Levi e Hanji erano rimasti in silenzio mentre sentivano il rumore della corsa con cui si era allontanato lungo il corridoio, fino a che non avevano più potuto sentirlo. Levi aveva guardato verso la porta, per niente impressionato mentre Hanji invece scoppiava a ridere, lasciando la presa sull’altro mentre si piegava su se stessa.
“La s…sua faccia!” era riuscita a commentare in mezzo alle risa.
Levi aveva semplicemente sospirato, appoggiandosi con le spalle al muro.

-

La festa era finita senza che succedesse niente di eclatante. Gli invitati avevano cominciato a prendere commiato, Levi e Hanji erano stati tra gli ultimi a dare l’arrivederci mentre si dirigevano alla porta. Nick, Armin ed Elizabeth li avevano seguiti.
“Grazie per aver aiutato così tanto Levi” aveva detto Elizabeth mielosa. “Sei una perla” gli aveva detto complimentandosi, con un gran sorriso.
“Figurati” aveva replicato con tono annoiato, aveva solo fretta di allontanarsi da quella donna e dai suoi finti elogi. Doveva ammettere che aveva fatto tutte le faccende che gli aveva rifilato volentieri, ma si era comunque approfittata di lui.
“Sei un tipo così femminile” aveva sostenuto Nick, andando a dargli una sonora pacca sulle spalle.
Levi l’aveva investito con uno sguardo feroce, cercando di resistere all’immensa voglia di strangolarlo davanti a suo figlio e alla sua fidanzata. “Probabilmente sei più bravo a pulire di Hanji ed Elizabeth messe insieme. È impressionante.”
Hanji aveva finto una risatina, mettendo un braccio intorno alle spalle di Levi e spingendolo contro di lei per allontanarlo da quell’uomo.
“Penso che la nostra auto sia qui. È stato bello incontrarti di nuovo Nick, e molto bello conoscerti Armin! Hai organizzato proprio una bella festa mamma.”
Aveva salutato con la mano e sorriso mentre trascinava Levi giù per le scale, il quale semplicemente era rimasto a guardare davanti a lui, non volendo voltarsi indietro.
“Cazzo, lo odio” aveva ringhiato Levi mentre saliva sull’auto, mettendosi la cintura di sicurezza.
Hanji l’aveva seguito, rivolgendogli un sorriso divertito mentre lo faceva.
“Grazie per non averglielo detto in faccia.”
Aveva riso rumorosamente, immaginando la scena che ne sarebbe seguita se fosse successo. “Hai dimostrato un sacco di autocontrollo, e lo apprezzo. So che dev’essere stato difficile non pestargli i piedi per dimostrare la tua ‘mascolinità’ o qualcosa del genere” gli aveva detto lodandolo dolcemente, con gli occhi che le brillavano dietro le lenti degli occhiali.
Levi aveva alzato gli occhi al cielo, il suo sguardo aveva catturato il paesaggio fuori dal finestrino. 
“Perché non chiudi il becco?” le aveva chiesto senza indugio, guardandola male quando era andata a strizzargli un fianco per gioco in risposta.
“Ci credi che Armin ci ha beccati quasi mentre limonavamo duro, dopo che gli avevamo raccontato tutta la faccenda? Quel povero ragazzino sarà così confuso.” Aveva detto cambiando argomento, ridendo un po’ di naso al pensiero. Il biondino sembrava di indole abbastanza dolce, non aveva niente della stranezza del padre, tuttavia ne possedeva un po’.  Per lei era dolce, quindi simpatizzava con lui per il fatto che doveva avere a che fare con sua madre tutto il tempo.
“Gli sta bene, dato che spia conversazioni di estranei” aveva detto la sua Levi alla brunetta seduta accanto a lui, andando a raddrizzarle gli occhiali che le stavano storti sul suo naso.
“Non era stato lui a spiarci, Levi, era stato il suo amico. E comunque, quante erano le probabilità che un’estranea fosse la figlia della donna con cui suo padre è fidanzato insieme al suo amico ma non più solo amico che si da il caso stia anche fingendo di essere il suo ragazzo? Per niente probabile, te lo devo dire” aveva buttato fuori sconclusionatamente.
Levi avevo solo alzato un sopracciglio in risposta.

-

[Armin] Jean.
[Armin] Non t’immagineresti mai cosa è successo oggi.

Il biondo adolescente aveva scritto mezzo addormentato alcuni messaggi al suo amico. Riusciva a malapena a tenere i suoi occhi blu aperti, ma sentiva la necessità di dare informazioni al suo amico dai capelli biondo cenere. Gli aveva promesso di fargli sapere come andava la giornata, non poteva non farlo.

[Jean] Cosa?
[Jean] Tuo padre se l’è fatta nei pantaloni? ;P

Armin aveva lasciato che un sorrisino arricciasse le sue labbra, dondolando appena la testa in diniego alla risposta.

[Armin] No Jean…
[Armin] Ricordi la coppia che abbiamo visto al Caffè qualche giorno fa? La brunetta con gli occhiali e il tizio che faceva paura?

[Jean] Come no, i finti sposati, giusto?

[Armin] Sì, certo. Comunque… la ragazza in verità è la figlia di Elizabeth, quella che dovevo conoscere oggi, sai? Anche il tipo era con lei.

[Jean] MA CAZZO DICI??? Fra’.
[Jean] Gliel’hai detto che lo sai? Per piacere non dirmi che gliel’hai detto, Armin…

[Armin] Ho dovuto.

[Jean] Che cazzo, Armin.

[Armin] Mi devi dispiacere? Perché dovevo tenerlo segreto poi?

[Jean] Adesso ci siamo giocati la possibilità di prenderli in giro. :(
[Jean] Ma va bene lo stesso, merdina che non sei altro. :P Ti dice bene che sei carino, lo sai.

Armin si era appena agitato a quelle parole, non gli andava giù come quel ragazzo appena più grande di lui riuscisse ad innervosirlo con i suoi nomignoli scherzosi e quel fare come se ci stesse provando. Non avrebbe dovuto arrossire, ma non poteva farci niente se era così. Non poteva farci niente anche di non sapere cosa rispondere a quel messaggio. I suoi pollici erano rimasti in aria sopra la tastiera, esitanti, in una specie di balletto.

[Armin] Sono carino, eh? :3

[Jean] Molto.

Aveva deglutito nervosamente, prima di digitare il messaggio.

[Armin] Molto bene, penso che sei carino anche te.

[Jean] Ma davvero? ;) Allora potremmo essere carini insieme.

Armin non era sicuro di cosa quelle parole sottendessero, quindi le aveva volute intendere come il solito modo che aveva Jean di punzecchiarlo. In ogni caso, di nuovo, non era stato sicuro di come avrebbe potuto rispondergli, quindi si era semplicemente messo a fissare lo schermo per un po’.

[Armin] Haha. :P

[Jean] Non hai più niente da dire, Arlert?

[Armin] Zitto. :P Mi metti a disagio.

[Jean] Mi dispiace.

[Armin] Non ti dispiace per niente.

[Jean] Sì, hai ragione, non mi dispiace.
[Jean] Perché sei adorabile quando le guance ti diventano fucsia… non mi sento per niente in colpa.
[Jean] Ma per quanto vorrei continuare questa conversazione, mia mamma mi sta dando il tormento perché devo pulire la cucina, quindi devo andare. :\
[Jean] Ci vediamo domani a lavoro. Buonanotte. :)
[Armin] Notte, Jean.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Capitolo undicesimo
(versione originale del testo)

Alcuni giorni erano passati. Hanji aveva continuato a farsi esaurire da sua madre e dal suo particolare gusto per le decorazioni, e altre cose del genere. Aveva appena avuto il tempo di sostenere una conversazione vera e propria con Levi senza che sua madre avesse bisogno della sua presenza, o la chiamasse in preda all'isteria perché un oggetto qualsiasi non era dell'esatta sfumatura di grigio che voleva lei. Hanji era sempre più esausta alla fine di ogni giorno.
Lei e Levi non avevano avuto la privacy necessaria per discutere con la dovuta attenzione la loro relazione. Il momento di massima interazione che avevano avuto era stato durante le notti, quando si addormentavano di sasso e si accoccolavano l'uno all'altra. O quando Levi la baciava tanto intensamente da travolgerla*, prima che uscisse la mattina.
“Hey, vado via, di nuovo” gli aveva detto uscendo dal bagno, vedendo Levi muoversi tra le lenzuola, segno che si stava svegliando. “Ti ho lasciato un po' di soldi sul cassettone in caso ne avessi bisogno, va bene? Starò via solo qualche ora oggi, mamma ha un appuntamento con Nick oggi, o qualcosa del genere.”
“Oi, vieni qui.”
Aveva la voce roca, ancora impastata dal sonno di chi non si era ancora svegliato.
Hanji aveva sorriso di quel tono, non era abituata a vederlo in uno stato di vulnerabilità. Era un bel cambiamento, ed era certa che ne avrebbe avuto nostalgia una volta che sarebbero rientrati a casa.
“C'è qualche problema?” aveva chiesto facendo un passo avanti verso il letto e mettendosi esattamente davanti a lui. Levi l'aveva raggiunta con una mano, gliel’aveva posata sulla nuca, facendola abbassare verso di lui premendo le loro labbra le une contro quelle dell’altro. Hanji aveva sorriso nel mezzo di quel bacio, aveva fatto scivolare le dita tra i suoi capelli prima di staccarsi.
“Per quanto mi piacerebbe continuare, lei è di sotto e anche molto stressata. Ho proprio una mamma impaziente.” Aveva riso appena, appoggiando la fronte a quella di Levi prima di appoggiare di nuovo le labbra alle sue, velocemente, prima di allontanarsi dal materasso. Lo aveva salutato con un bizzarro gesto della mano mentre andava fuori dalla stanza, notando che Levi aveva fatto un'espressione infastidita. Era proprio appiccicoso da assonnato, aveva pensato divertita.
Era uscita dalla stanza di hotel saltellando. Persino riflettendo sulla giornata non facile che stava per avere con sua madre, il buon umore non le passava, anche considerato come si erano lasciati.
“Ciao mamma”, l'aveva salutata mentre entrava in auto e occupava il sedile del passeggero.
“Buongiorno, figliola mia! Ho più di una faccenda che avrei bisogno sbrigassi per me oggi” le aveva detto allegra, uscendo dal parcheggio e girando il volante per immettersi in strada. Era sfrecciata tra le auto senza troppa attenzione, Hanji aveva resistito alla tentazione di infilare le unghie nel bracciolo accanto a lei.
“Quali faccende?” aveva chiesto con un tono curioso, volgendo lo sguardo dal finestrino a sua madre.
“Un po' di piccole cose, niente di stravagante” aveva detto togliendo ad Hanji ogni preoccupazione.

Come era stato ovvio, dopo quattro ore a depennare la lista di cose da fare di sua madre, quelle non erano per niente piccole cose. Si sentiva svuotata ed esausta, ma soddisfatta di aver finito con quella lista, significava che poteva smettere di pensarci. Tutto quello che era rimasto da fare era decorare il luogo della cerimonia, che era compito delle amiche di Elizabeth (Hanji non avrebbe saputo con cosa nemmeno se con quelle decorazioni ce l'avessero colpita in faccia) e poi ci sarebbe stato il matrimonio vero e proprio.
Questo significava che la sua lista era vuota, e quindi che avrebbe avuto più tempo da passare con il nanetto rimasto in albergo. Si era dispiaciuta per lui, per il fatto che lo aveva trascinato all'altro capo del mondo per poi lasciato solo per un sacco di tempo. Lui le aveva detto che andava bene, che stava esplorando sempre di più la città ogni giorno che passava, ma questo non aveva fermato il suo senso di colpa.
“Ci vediamo dopo domani. Fai quello che vuoi domani, ma non mangiare niente più di quello che dovresti. Le tue guance non sono mai state così piene da che mi ricordi. Vacci piano con gli spuntini, cara” l'aveva ammonita senza nemmeno degnarla di uno sguardo sua madre, con le labbra imbronciate.
Hanji aveva annuito mentre parlava, non facendo molto caso alle sue parole, ci era abituata da un pezzo. “Certo, lo farò.” Anche no. “Ci sentiamo più tardi. Mandami un messaggio se ti serve qualcosa!” le aveva detto mentre scendeva dall'auto, facendole un rassicurante sorriso girandosi verso di lei mentre attraversava la strada, dirigendosi verso la sua stanza d'hotel.
Non vedeva l'ora di tornare nella sua stanza e semplicemente chiacchierare con l'uomo coi capelli corvini senza interruzioni o distrazioni. Era entrata nell'ascensore e aveva premuto il tasto “7”. Aveva aspettato pazientemente che il macchinario scorresse verso il suo piano, tamburellando con il piede per tutto il tempo. Quando aveva fatto un “ding” le porte si erano aperte e lei le aveva attraversate correndo in maniera come un'invasata verso il corridoio, cominciando a bussare ripetutamente alla porta di legno, dato che aveva scordato la chiave magnetica.
L'uomo le aveva aperto la porta con calma, un'espressione infastidita sul suo viso. “Sei così chiassosa” aveva detto stancamente, atono, facendola entrare.
Lei gli aveva fatto un gran sorriso in risposta. “Ti sono mancata, non provare nemmeno a fare finta di no” lo aveva preso in giro mentre chiudeva la porta dietro di lei. Lo aveva guardato mentre scuoteva la testa alle sue buffonate. “Buone notizie, comunque, sono libera tutto il giorno domani, e ho intenzione di passarlo tutto a sbaciucchiarti fino a consumarti la faccia.”
“Sembra un buon modo per passare una giornata.” le aveva detto privo d'accento.
“Lo sarà di sicuro.” gli aveva promesso con un sorrisetto furbo, tenendogli il mento tra le dita guidandogli il viso verso il suo e strusciano il naso contro quello di lui. Si era accigliato, ma l'aveva lasciata fare come voleva, le sue palpebre si stavano facendo pesanti mentre le fissava le iridi color seppia.
Erano rimasti entrambi in silenzio, mentre indugiavano nella presenza l'uno dell'altra.
“Non ne dubito” aveva mormorato piano Levi, facendo aderire le sue labbra a quelle di Hanji. Differentemente dai loro baci precedenti era stato un bacio morbido, e avevano entrambi deciso che era piacevole esattamente quanto gli altri.

~

Il giorno successivo era arrivato velocemente.
Levi e Hanji stavano seduti sul pavimento ai piedi del letto, lei sdraiata supina con le gambe a dare calcetti in aria, lui con le gambe accavallate, composto. Entrambi avevano in mano un mazzo di carte, non avendo nient'altro da fare dato che fuori pioveva a dirotto. Hanji aveva fatto una corsa al negozio dell'hotel per comprarle, tanto per fare qualcosa nel frattempo.
“Lo sai Quattrocchi, non riesco a capire com'è che tu sia potuta diventare... te stessa, essendo stata cresciuta dai tuoi genitori.” aveva osservato Levi con noncuranza, i suoi occhi chiari a guardarla prima che tornassero a leggere i numeri sulle carte.
Hanji aveva ridacchiato divertita al suo tentativo di far luce sull'oscurità del carattere dei suoi genitori. Sua madre era una prevaricatrice, eccentrica, rumorosa donna che sapeva come ottenere ciò che voleva tramite la manipolazione. Suo padre era un uomo quieto, intelligente, che preferiva seppellirsi nel lavoro piuttosto che farsi vedere alla festa di compleanno per i dieci anni di sua figlia.
“Avresti dovuto conoscermi quando andavo al liceo.” Aveva sorriso, mettendo giù le carte. “Ero una palletta di rabbia secca, sfigata che tutti consideravano strana, o una di cui aver paura tanto da farsela sotto” gli aveva risposto con una risatina noncurante.
 “E cosa sarebbe cambiato da allora? Sei sempre strana, non lo voglio negare, ma la parte rabbiosa è sparita, per la maggior parte.”
Dicendolo aveva messo giù le carte con aria trionfante.
Hanji aveva bofonchiato qualcosa e gli aveva passato una banconota da cinque dollari.
“Una volta che mi sono allontanata dai miei e sistemata all'università mi sono resa conto che vivere la vita con rabbia e insicurezza non era uno stile di vita salutare. Mi sono trovata delle persone con cui mi sentivo a mio agio e piano piano mi sono sentita bene anche con il mio corpo e con la mia personalità. Mi sono adattata in un ambiente che fosse lontano da loro, e preferisco che sia così da lì in poi” aveva detto mentre tentava di mischiare il mazzo di carte.
“Non mi fraintendere, insomma, voglio bene a entrambi. Ma penso che sia meglio, non solo per me ma anche per loro, che ci vediamo giusto per le feste o che ci sentiamo per telefono una volta ogni tanto, capisci?” Aveva continuato, mentre l'altro annuiva in risposta, comprensivo.
“Più di quello che credi, merdina occhialuta” aveva risposto.
“Hey, lo so che può sembrare improvviso – o magari no considerando i nostri trascorsi recenti, ma a me piacerebbe sapere come possiamo considerare la nostra relazione al momento” aveva detto, mirando con precisione all'elefante nella stanza. “È solo che... l'ultima cosa che vorrei per noi è che saliamo sull'aereo verso casa e che non ne facciamo più parola di quello che è successo. Lo sai, tipo come alla festa di Natale quand...” era stata interrotta dall'uomo prima di finire la frase.
“Chiudi quella bocca, stronza**”. Le aveva detto secco, guadagnandosi uno sguardo stranito dalla brunetta. “Va bene, parliamone allora.”
Hanji si era ripresa a quelle parole. “Immagino che tu abbia dei sentimenti per me a questo punto. Voglio dire, come potresti non averli dopo stamattina” aveva sorriso timidamente, gli occhiali riflettevano la luce fioca della stanza.
Levi aveva alzato gli occhi al cielo alle sue parole. “Immagini correttamente, Quattrocchi.” aveva ammesso seccamente.
Hanji aveva fatto dei versetti affettuosi, guadagnandosi uno sguardo omicida in risposta. “È così tenero, Levi, pensavo che non avrei mai visto il giorno in cui tu avresti ammesso di provare qualcosa per qualcuno, tanto meno per me tra tutti. Mi piaci anche tu, ovviamente” gli aveva confermato appoggiandogli una mano su una coscia, il suo sorriso si allargava anche ai suoi occhi espressivi.
Levi si era un po’ sciolto di fronte alla sua espressione felice, sentendosi appena a disagio per dove la conversazione stava andando. Sapeva che Hanji lo conosceva abbastanza bene da sapere che non era la persona più ciarliera del mondo. Era efficiente al lavoro, a sgridare gli altri quando facevano cose sbagliate, ma non era capace di esprimersi dolcemente come si dovrebbe quando si vuole una relazione di lunga durata.
“Levi, lo so che stai pensando. E non mi aspetto che tu cambi la tua personalità di centottanta gradi modificandola completamente per stare insieme a me, di fatto è quello che voglio meno. Mi piaci esattamente come sei, stronzo e tutto il resto” lo aveva rassicurato un po', ridendo del cipiglio che gli si era dipinto sulla sua faccia.
“Affascinante, davvero” le aveva risposto.
“Proprio, sì!” lo aveva preso in giro, prima di tornare seria. “Non voglio che questo modo un po' scemo che abbiamo di fare tra noi finisca quando torniamo a Washington. Voglio continuare a baciarti, ad abbracciarti, e tutte le altre cose che si fanno quando si sta insieme. Ma non voglio che smettiamo di litigare, di discutere, di insultarci a vicenda nel frattempo.”
“Bene” aveva risposto Levi semplicemente. L'aveva afferrata per la maglia e trascinata più vicina. Lei aveva fatto dei versetti soddisfatta, accoccolandosi contro il suo fianco, la testa appoggiata sotto il suo mento. Le carte erano rimaste sparse sul pavimento vicino ai loro piedi, quasi del tutto dimenticate mentre si godevano il rumore costante della pioggia che batteva sulla finestra dell'hotel.
Hanji non riusciva a ricordare un altro momento in cui si fosse sentita così contenta e a suo agio nella vita, segretamente sperava di potersi godere la sensazione più a lungo possibile. “Aspetta che lo diciamo a Erwin che usciamo insieme. Come pensi che reagirà?”
Aveva espresso questo dubbio ad alta voce, spostando la testa per guardare l'uomo dai capelli neri.
“O sarà un po' stranito, o contento in maniera inquietante” aveva osservato Levi senza troppo entusiasmo.
“Scommetto che partiranno subito le scommesse su quanto duriamo, lo sai?”
“Quei fottuti bastardi. Se lo fanno, metà del bottino è mostro” aveva aggrottato le sopracciglia per il fastidio.
“Dubito che saranno d'accordo” aveva osservato Hanji.
“Li convinco io ad accettare” aveva risposto lui, con un tono che non accettava negoziazioni.





*Sleepyheadven ha usato l'espressione “kiss the daylights out of her”, letteralmente, baciare la luce del giorno fuori da lei. In altri contesti questa espressione verbo seguito da “daylights out of ” e soggetto, è generalmente un rafforzativo: con il verbo beat per esempio vuol dire che sei stato selvaggiamente picchiato, con il verbo scare invece che ti hanno spaventato a morte. Con il verbo kiss è la prima volta che lo vedo, quindi a senso ho pensato si potesse tradurre così.
**La causticità di Levi direi che nel fandom a volte è resa anche un po' eccessiva. Che non gli escano i fiori dalla bocca siamo tutti d'accordo, ma ho trovato questa risposta davvero pesante, sia quando l'ho letta, sia durante la traduzione. Si può scavare nei vari significati delle parole, ma Sleepyheadven qui aveva scritto proprio "Shut up, asshole."E io così lo traduco, seppure mi fa storcere non poco il naso.

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


Buonasera a tutti
Su stessa ammissione dell'autrice originale Sleepyheadven, che l'ha scritto nero su bianco nelle note finali, questo capitolo non è stato proprio scritto benissimo. Detto tra me e voi, secondo me non l'ha rieletto neanche tanto bene. Lo dico senza voler essere sgarbata, ci tengo a farlo presente perché ammetto che quello che andate a leggere è il capitolo che ho tradotto più liberamente fino ad adesso, in quanto tante cose scritte da lei risultavano strane persino in inglese. Il senso generale si capiva, ma nella traduzione bisognerebbe scrivere quanto più similmente lo ha fatto l’autore, e qui mi è stato spesso impossibile.
Alcune cose particolari le ho spiegate in qualche nota, ma non volevo annoiarvi troppo perché andare a leggere le annotazioni in fondo al capitolo è comunque fastidioso e spezza il ritmo della lettura.
Spero vi soddisfi la mia interpretazione, in caso andate a leggere quello che Sleepyheadven ha scritto in prima persona e giudicate da voi.
Con questo ci rimane solo l’ultima parte di questa piacevole storiellina, che spero che vi stia divertendo.
A presto,
FoolThatIam


“Siediti più dritta, amore mio” l’aveva consigliata con discrezione la mamma, piegandosi appena verso il tavolo mentre lo diceva.
Hanji aveva fatto come le era stato detto, raddrizzandosi opportunamente senza un lamento. Sua madre era particolarmente irritabile quel giorno, cosa comprensibile dato che era il giorno prima del suo matrimonio e quello della sua cena di prova*.
“Bella cravatta**, Levi. Molto sofisticata” si era complimentata annuendo in segno d’approvazione.
Hanji aveva spostato lo sguardo da sua madre all’uomo che sedeva alla sua destra. Un piccolo sorriso le era salito alle labbra, mentre notava il modo in cui si atteggiava. Sembrava essere molto più a suo agio di lei in quello scenario, l’aveva persino aiutata a scegliere vestito e scarpe per l’occasione.
“Grazie” le aveva risposto Levi compunto, con uno sguardo vacuo e annoiato.
“Hanji, tua zia dovrebbe arrivare tra poco, sai” le aveva rivelato sua madre con una smorfia, lasciando Hanji confusa. Era una buona o una cattiva notizia? Sua zia e sua madre avevano un rapporto teso, era stato così da che potesse ricordarsi. Ma dopotutto, sapeva che sua madre avrebbe voluto la sua unica sorella al suo matrimonio. Giusto?
“Oh, davvero? Non vedo l’ora di vederla, non mi pare ci siamo più visti dal Natale prima che voi trasferiste! Quanti anni ha Sasha adesso? Più o meno diciassette o diciotto, giusto?” aveva esclamato eccitata all'idea di rivedere la sua cuginetta che non vedeva da tanto. Non erano state molto in confidenza quando erano piccole, dato che Hanji aveva dieci anni più dell’altra, ma crescendo si era instaurato un rapporto in cui lei era diventata una specie di sorella maggiore.
"Qualcosa del genere" aveva mormorato sua madre mostrando disinteresse, facendo roteare il vino rosso nel bicchiere. "È arrivata ieri, e mi ha scritto per messaggio che sarebbe stata qui in mezz'ora”
"Benone!" Aveva detto Hanji sorridendo. "Però non sembri molto contenta di vederla…" Aveva cercato di indagare incuriosita.
"Al momento lei e tua madre non vanno d'accordo." aveva detto Nick non curante, bevendo un sorso del suo drink poco dopo.
Levi aveva guardato Hanji, incuriosito da quale potesse essere la sua reazione, che sorprendentemente aveva trovato indifferente.
"Oh, cosa è successo stavolta?" Aveva aggrottato le sopracciglia facendo questa domanda alla madre.
“Mia madre e sua sorella non vanno d'accordo per la maggior parte del tempo. Non c'è niente di nuovo.” Aveva detto all'uomo con i capelli corvini sottovoce mentre sua madre sbuffava agitata.
"Non era molto d'accordo sul fatto che mi risposo così velocemente. Per prima cosa, non sono affari suoi.”
Hanji aveva ridacchiato tra sè e sè. Sicuramente questa situazione avrebbe garantito una serata movimentata.
In quello stesso momento, due facce nuove si erano fatte riconoscere mentre entravano nel ristorante che sua madre aveva affittato per la serata. Hanji si era subito alzata in piedi, praticamente saltellando felicemente andando a salutare sua zia e sua cugina.
"Zia Mel, è così bello vederti!" Hanji l'aveva avvolta in un abbraccio, chiudendole decisa le braccia intorno.
 "Oh cielo, ma guardati!" aveva detto la donna ridendo, i suoi caldi occhi marroni che la guardavano incredula. "Posso ancora immaginarti come quando avevi sei anni e le codine, Han!"
“Considerando che sono ancora praticamente uguale ad allora, non ne dubito!" aveva detto ridendo, dandole un'ultima strizzata prima di passare a sua cugina che stava guardando lo scambio con un grosso sorriso in faccia. "Accidenti ma guardati Sasha, non sei più una bambina, eh?" aveva osservato Hanji andando ad abbracciarla con lo stesso entusiasmo.
"Non proprio," aveva ammesso Sasha con un sorriso divertito.
"Bene, sedetevi e mangiate!" aveva detto Hanji facendo cenno alle sedie libere accanto a lei, davanti ad Armin e al suo amico, lo stesso che aveva spiato lei e Levi mentre parlavano, qualche giorno prima quella settimana. Levi infatti l'aveva guardato male tutta la sera.
"Sì, sto morendo di fame." aveva detto Sasha, felice dell'invito, mentre Hanji sedeva di nuovo vicino al suo ragazzo.
"Elizabeth…" aveva salutato sua zia in maniera fredda.
"Melanie, felice che tu ce l'abbia fatta venire." aveva risposto a sua madre in maniera altrettanto fretta.
Armin si era schiarito la gola, nel tentativo di dissipare l'aria tesa che si era posata su di loro nel giro di pochi minuti. "Ciao, sono Armin, e questo è il mio amico Jean." aveva presentato se stesso e l'amico che gli stava seduto accanto alla nuova teenager che si era seduta di fronte a lui.
Sasha gli aveva sorriso con la bocca piena, china sul suo piatto. "Sono Sasha, piacere di conoscere entrambi!" aveva inghiottito girando lo sguardo su di loro. "Senti, ma lo finisci quello?" Aveva detto indicando il cibo nel piatto di Armin.
"Oh, mi sa di no …" facendole cenno di servirsi, nascondendo appena una certa sorpresa.
"Zia Mel, ti presento il mio ragazzo Levi.” aveva detto Hanji indicando l'uomo seduto accanto a lei. Per la prima volta da che era in Francia l'aveva detto senza effettivamente mentire a qualcuno. Però tecnicamente stava mentendo a proposito della bugia, fatto che in quel momento le creava una confusione in testa con cui non aveva voglia di avere a che fare. "Levi, questa è mia zia Melanie! È la ragione per la quale sono così appassionata di tutto ciò che riguarda le piante."
"Piacere di conoscerti, Levi! Hanji adorava fare giardinaggio con me. Non che mi fosse di molto aiuto dato che per qualche ragione mi sradicava le petunie, ma la adoravo comunque" aveva scherzato sua zia, mentre sua madre le guardava infastidita.
"Felice di conoscerti anch'io, al posto tuo l'avrei presa a calci nel culo" aveva detto Levi in tono asciutto.  

Gli occhi di Hanji erano schizzati su sua madre, che sembrava sorpresa dal fatto che dalla bocca di Levi fossero uscite delle parolacce, mentre Melanie aveva fatto un piccolo sorriso.
"Credimi, ne sono stata tentata" aveva messo tranquillamente."Quindi da quanto tempo è che uscite insieme?"
Un giorno e mezzo, aveva pensato Levi tra sé e sè.
"Sei mesi, ma ci conosciamo da molto più tempo." aveva risposto Hanji  senza neanche pensarci.
Fin qui, tutto bene.
Per i successivi dieci minuti le cose tutto considerato erano andate bene. Sua madre e il suo fidanzato si erano messi a conversare fitto fitto con una coppia che non le era stata presentata. Armin e Jean stavano chiacchierando a voce bassa, occasionalmente coinvolgendo Sasha a proposito di come fosse vivere in America, ma la ragazza era troppo presa dal mangiare per essere veramente interessata ai loro discorsi. Levi continuava a guardare Hanji occasionalmente, sorseggiando il suo drink e guardando la situazione disastrosa mentre si dipanava davanti a lui, ben nascondendo che sotto sotto lo divertiva. Ogni tanto stringeva la mano di Hanji, per rassicurarla.
"Mia sorella qui è sposata da vent'anni, giusto Melanie? Hanno considerato di divorziare, nessuno è perfetto!" Elizabeth aveva tentato di rallegrare l'amica che le sedeva vicina al tavolo con cui stava conversando. Sembrava imbronciata, Hanji presumeva per problemi di cuore.
Sasha era rimasta a bocca aperta a sentirla, si era voltata verso sua madre ad occhi spalancati. "Tu e papà avete considerato il divorzio?” aveva ripetuto incredula, mettendo giù la forchetta e girandosi per guardarla meglio.
Melanie si era fermata, agitata dall'improvviso cambio della conversazione. "Noi… No, non più, non ci stiamo più pensando da tempo."
"Perché non mi hai mai detto che le cose andavano così male?" Sasha si era adombrata, cercando di non alzare la voce. Non riusciva ricordarsi di un singolo momento in cui i suoi genitori avessero avuto discussioni così brutte da averli portati a discutere se volessero rimanere insieme. Era stata così cieca?
"Perché non volevamo trascinarti dentro questa situazione... guarda che hai combinato, strega…" Aveva concluso soffiando come un gatto verso sua sorella, sbattendo le mani sul tavolo. Armin era sussultato, spaventato dal rumore che quel gesto aveva causato.
"Io non ho cominciato niente, Mel. Ho semplicemente rivelato dei fatto che stavi nascondendo a tua figlia, che razza di modo è di fare il genitore?” aveva detto visibilmente provocatoria, tornando poi a girarsi verso l'amica con cui stava parlando prima.
"Tu rinfacci a me di essere un cattivo genitore? Questo deve essere un cazzo di scherzo, Elizabeth." l'altra donna aveva apertamente riso. Gli sguardi di Hanji e Levi palleggiavano da una donna all'altra, intanto che lo scambio di vedute andava avanti.

La zia si era messa a riflettere con cura sul dire un meno quello che sapeva. “Perché non dici ad Hanji di tutte le volte che hai fatto entrare uomini estranei in casa mentre Chris era via per lavoro? Cosa dici a proposito del fatto che nei primi tempi della tua relazione con Nick tu vedevi un altro? Che te ne pare come esempio di essere un cattivo genitore?” Era scoppiata ad alta voce.
Nick subito si era defilato dalla conversazione che stava tenendo con alcuni suoi amici, guardando Elizabeth con aria scioccata e incredula. “Mi hai tradito?” Aveva chiesto calmo, mettendo mettendo giù il suo bicchiere di whiskey.
Elizabeth aveva esitato, non avendo avuto il tempo di organizzare propriamente i suoi pensieri.
“Sì, l’ha fatto.” Aveva detto Melanie prima che lei potesse formulare un pensiero coerente in sua difesa. “È per questo che sono così contraria a questo stupido matrimonio.”
“Basta!” Era intervenuta Hanji con uno sguardo severo rivolto a a entrambe.”Potreste tutti calmarvi un attimo? Questo non è il momento nè il luogo di mettersi a discutere di cose simili.”
“Non devi preoccuparti di questo, me ne sto andando. Armin, fatti accompagnare da Jean.” Aveva detto arrabbiato Nick, andandosene via in un soffio. Alcuni dei suoi amici lo avevano subito seguito e il tavolo era caduto subito in un gelido silenzio mentre tutti guardavano verso la porta dov'era sparito.
Armin aveva esitato rimanendo in piedi, Jean l'aveva imitato. “Vado a parlarci, non preoccuparti.” Aveva detto cercando di rassicurare Elizabeth con un piccolo sorriso che tuttavia era sembrato più che forzato.
“Non penso che sia una buona idea, Armin. È ubriaco fradicio in questo momento, non ascolterà né te, né nessun altro.”
Jean si era rabbuiato al pensiero, ma uno sguardo scioccato e sorpreso gli si era dipinto subito in faccia quando aveva visto Elizabeth alzarsi dalla sua sedia e afferrare un cupcake mezzo mangiato. Potevano tutti immaginarsi cosa sarebbe successo mentre la donna tirava in faccia sua sorella il dolce.
Hanji era rimasta bocca aperta alle azioni di sua madre, gli occhi spalancati come quelli di un gufo mentre guardava la glassa del dolcetto gocciolare dalla faccia di sua zia, che cercava di aprire gli occhi impastati senza riuscirci. Sasha si è era incupita vedendo che sua madre era stata assalita, furtivamente aveva preso un cucchiaio di gelato. Aveva chiuso un occhio e preso la mira sul suo target: Elizabeth.
Aveva caricato il colpo e lasciato andare, tirando il freddo dessert verso la zia. Sfortunatamente Elizabeth si era mossa all'ultimo momento, e la ragazzina brunetta non aveva potuto che guardare atterrita mentre mancava il bersaglio del tutto, e al suo posto colpiva in pieno il ragazzo di sua cugina, quello con la faccia poco raccomandabile.
Armin e Jean avevano strizzato gli occhi, resistendo all'impulso di nascondersi dietro di lui. Elizabeth non sembrava colpita, ancora disperata se ne stava imbronciata a proposito della fuga del fidanzato. Hanji immediatamente si era messa in moto, afferrando tre tovaglioli insieme per ripulire alla bell’e meglio il suo ragazzo. Ma aveva fallito, infatti aveva fatto anche peggio.
Levi aveva scostato la sua mano emettendo una specie di basso ringhio, il gelato alla vaniglia gli gocciolava dalla faccia. Aveva preso uno dei fazzoletti dalle sue mani e si era pulito la faccia con un fare minaccioso mentre i suoi occhi semi chiusi puntavano pericolosamente i commensali davanti a lui.
“Ascoltatemi, branco di fottuti idioti.”
Hanji aveva trattenuto lo scroscio di risa che stava per scapparle dalla gola. Levi aveva continuato. “Tu, merdina e te biondino, andate fuori e cercate di recuperare quel raccapricciante bastardo. Tu, Elizabeth, vedi ti fare pace col tuo cazzo di cervello, sarà il caso che te ne vieni fuori con qualcosa di davvero intelligente se vuoi cavare le gambe da questa situazione. Per quanto riguarda me e Hanji torniamo all'hotel così posso togliermi di dosso questi vestiti sporchi e ghiacciati. Se scemo e più scemo non riescono a recuperare Nick, ci rincontriamo qui e lo cerchiamo tutti insieme” aveva ordinato con un fare talmente perentorio che tutti l'avevano ascoltato con attenzione.
“Uhm… sissignore” aveva detto Armin schiarendosi la gola, seguendo le sue indicazioni e afferrando Jean per una manica, correndo fuori dal ristorante poco illuminato senza guardarsi indietro.
“Mamma, vedrai che va tutto apposto, te lo prometto. Levi e io passeremo la notte con te per tenerti compagnia se Nick non torna, ma lo farà, non preoccuparti!” Aveva detto tutto d’un fiato Hanji, mentre Levi non sembrava affatto contento all'idea, era stato d'accordo però.
“È stato bello rivederti zia Mel, anche te Sash! Mi dispiace che la serata sia finita com’è finita” si era scusata con uno sguardo appena imbarazzato prima che Levi la trascinasse via del ristorante, visibilmente agitato.
“La tua famiglia mi diverte molto di più quando non sono con loro,” aveva detto Levi seccamente, mentre Hanji rispondeva sospirando rumorosamente.
“E tra l'altro eri così bello, peccato.” Hanji si era imbronciata, andando a toglierli i capelli avviso, che si erano fatti appiccicosi e incrostati. “La mia è una famiglia di pazzi. Quando avevo dieci anni mia nonna ha tirato un prosciutto cotto in braccio a mio nonno perché non era d'accordo con lei a proposito di qualcosa che aveva detto di suo fratello, o qualcosa del genere.”
“Sono abituato la pazzia, Quattrocchi, sono tuo amico da quattro anni” Levi aveva detto alzando un sopracciglio.
“Sì, ma non ti ho mai tirato volutamente del gelato addosso, in mia difesa” aveva ribattuto Hanji.
“No, però mi hai versato addosso il caffè bollente.”
“È peggio?”
“Sì, fottuta idiota”

-

“Armin, dove va Nick quando è di cattivo umore?” Aveva chiesto Hanji nella speranza di ritrovare il fidanzato di sua madre. Si erano tutti messi a girare per le strade dopo che Nick si era rifiutato di rispondere al telefono. Erano circa le nove mezza di sera, l'oscurità era caduta sulle belle vie della città. Il ragazzino biondo era sembrato in rofonda riflessione per alcuni secondi.
“Di solito va da Elizabeth quando è arrabbiato, quindi non sono sicuro.” aveva risposto con sincerità, con un'alzata di spalle. “Quando ero più piccolo era solito fare il giro dei bar con i suoi amici, quindi credo che sia questa la cosa più probabile.”
“E quindi dovremmo andare a cercarlo in tutti i peggiori bar di Parigi? Non c'è qualcos'altro che puoi dirci?” Aveva detto Levi impaziente, incrociando le braccia al petto.
“Che posto era quello di cui tuo padre parlava sempre? Dawk’s, giusto?” Aveva detto Jean, guardando verso il suo amico, il biondino un po’ più basso di lui, per conferma. Armin aveva fatto per parlare, ma era stato subito interrotto.
“Benone!” Aveva detto Hanji prima che il biondo potesse replicare, congiungendo le mani in un applauso per una volta. “Andiamo allora, facci strada, Armin.” Gli aveva fatto un gesto per invitarlo ad accompagnarli.
“Aspetta, cosa gli diciamo quando l'abbiamo trovato? Non penso proprio che verrà volentieri con noi, ad essere onesti” aveva commentato Sasha, con aria perplessa, spostando il suo peso da un piede all'altro. “E a proposito, sono molto dispiaciuta di averti ricoperto di gelato, Levi. Non era te che volevo colpire.” Si era scusata la brunetta, intimidita, lasciando uscire una risatina nervosa mentre lo diceva.
“Considererò di perdonarti una volta che avrei pagato il conto la lavanderia, pischella.” Aveva detto senza un tono particolare Levi, il suo sguardo stoico intimidiva la ragazzina. Hanji gli aveva dato una leggera gomitata nello stomaco, facendo in modo che quello sguardo si spostasse su di lei.
“Non sono sicuro di che strada prendere da qui. Jean, hai il GPS nel telefono? Il mio è morto.” Armin aveva guardato Jean che riluttante aveva tirato fuori il suo telefono cellulare dalla tasca dietro dei pantaloni.
“Va bene, ma le spese extra di connessione le paghi te, Arlert.” Aveva detto tra il serio e il faceto, digitando il nome del bar che dovevano raggiungere per farsi strada verso di esso. Il gruppetto era rimasto in silenzio mentre aspettava che Jean desse loro le indicazioni, Hanji si dondolava sui talloni, pronta lo scatto.
“È da questa parte” aveva indicato Jean verso la strada che avevano davanti, continuando a guardare lo schermo del telefono.”In effetti non è poi così lontano come credevo. Sembra che tuo papà non sia così matto come sembra.” Jean aveva sorriso ironico, guardando velocemente verso il suo amico in tempo per notare la sua espressione appena un po' offesa.
“Scusa.” Si era scusato dopo un secondo. “Tu non sembri nient'affatto come lui, te lo prometto.”
Armin aveva resistito all'impulso di roteare gli occhi alle parole del suo amico coi capelli biondo cenere, scacciando il fatto che trovava interessante parte delle cose che aveva detto.
“Dovremmo sbrigarci se vogliamo avere la possibilità di comunicare con lui prima che si ubriachi troppo e non si ricordi nemmeno come si chiama.” aveva suggerito con calma.
Tutti si erano dichiarati d'accordo, avevano cominciato a muoversi con Jean davanti al loro che li guidava.”Che succederà se si rifiuta di andare avanti con il matrimonio domani?” Aveva chiesto Sasha dopo qualche minuto di silenzio.
“Beh, mia mamma probabilmente si appiccicherà a me, tornerà a Seattle, trasformerà la mia vita in un inferno, mi cambierà tutti gli arredi di casa e… Oh Dio, Levi, non possiamo lasciare che questo matrimonio sia annullato, Gesù Cristo.” Gli occhi di Hanji si erano fatti grandi, in evidente orrore.
“Lo trasciniamo fuori con la forza quel bastardo se dobbiamo” aveva risposto semplicemente Levi.
“Non che lo vuoi rapire, vero?” Sasha aveva fatto un'espressione tesa, spaventata per la risposta che poteva ottenere.
“Ma ovviamente no!” Era intervenuta Hanji prontamente. “Beh, almeno, sulle prime non lo faremo” aveva corretto la sua precedente ammissione, cercando di ignorare l'espressione preoccupata che si dipingeva sulla faccia di Armin.
“Rapimento o no, sono abbastanza convinto che ci ritroveremo di nuovo su una specie di scena del crimine quando rientriamo.” Aveva detto Jean parlando piano.”Elizabeth e Melanie sembravano pronte a saltarsi alla giugulare nel momento in cui fossimo andati via.”
“Fanno sempre così” aveva detto Sasha incupendosi all'idea. “Hey Hanji, ti ricordi quando si tirarono i capelli vicenda il giorno del Ringraziamento perché mia mamma si era scordata di cucinare il tacchino perché era convinta che ci pensasse tua madre?” Sasha aveva fatto un risolino divertito nel ricordarlo.
“Sinceramente cerco di non ricordarlo. Comunque ammetto che trovo inl modo che hanno di accapigliarsi affascinante. Non hanno nessuna pietà, e certamente, non mostrano nemmeno senso di colpa quando si rendono conto che una è riuscita a far male all'altra.” Aveva detto Hanji con un tono quasi intimorito, cosa che aveva causato uno sguardo preoccupato di Jean. “È come il cerchio della vita, capisci?”
“…certo”, aveva risposto Armin esitante.
“Pare che ci siamo quasi, compagni” aveva annunciato Jean, staccando gli occhi dalla mappa sul telefono.”Giusto pochi minuti.”
A queste ultime parole i loro sforzi si erano concentrati nel raggiungere il piccolo pub che Nick spesso visitava quando aveva avuto una brutta giornata. Avevano evitato con decisione gli idioti ubriachi che se ne stavano in strada, la cui presenza rendeva ovvio il fatto che lì ci fosse un posto dove distribuivano alcool. E proprio come aveva assicurato loro Jean, poco dopo siamo trovati davanti un piccolo edificio rivestito di legno con un’insegna al neon con scritto ‘Dawk’s a caratteri spessi. L'espressione di Hanji era quella della determinazione mentre guardava l'entrata del bar. Lo sguardo freddo di Levi si era posato sulla brunetta accanto a lui, le aveva preso la mano fredda e gliel'aveva stretta per rassicurarla. Lei gli aveva sorriso con gratitudine in risposta, i dubbi e le preoccupazioni che affollavano la mente si erano giusto un po’ dissolti a quel gesto.
“Questo matrimonio domani si farà se dipende da me.” Aveva promesso con sicurezza. “Andiamo, bel ragazzo” aveva detto quasi vezzeggiandolo a Levi, trascinandolo verso la porta, gli altri li avevano seguiti poco distanti.
Sasha era riuscita a trovare Nick in mezzo alla folla, se ne stava seduto al bancone del bar con aria triste, in mano aveva un bicchiere piano di un liquido color miele. Levi aveva alzato gli occhi al cielo, coprendo la distanza che lo separava da lui per andare a sbrigare questa faccenda. Più velocemente la risolvevano, prima si sarebbero sposati. Prima si sposavano, prima Hanji sarebbe potuta tornare a casa.
“Ohi, Nick.” L'aveva richiamato Levi, catturando la sua attenzione.
L'uomo in questione si era girato nel sentire il suo nome, facendo versi di fastidio nel vedere chi fosse.
“Cosa vuoi?” Aveva borbottato innervosito, prendendo un piccolo sorso del suo drink
“Cosa vogliamo?” Gli aveva fatto eco Hanji incredula, andando a mettersi accanto al suo ragazzo. “Vogliamo che torni e che risolvi le cose con mamma. Nick, guarda, capisco perfettamente perché sei arrabbiato adesso, ma domani ti sposi, e per far funzionare un matrimonio hai bisogno di mettere l'orgoglio da parte e discutere le cose con lei fino a che non si sono risolte. Io non ho mai visto mamma così felice da che mi ricordi. Torna a casa, dai, sono sicura che ti spiegherà tutto come si deve.” Hanji aveva sospirato finendo di parlare.
“Avrei dovuto saperlo che non mi sarebbe stata fedele. Tradiva suo marito con me, per l’amor di Dio” aveva detto Nick arrabbiato, il suo pugno si stringeva intorno al bicchiere con forza.
“Ascolta, questa cosa possiamo farla con le buone o con le cattive, cosa preferisci Nick?” Aveva chiesto Levi con un tono annoiato, il suo sguardo freddo e impenetrabile puntato direttamente verso l'uomo davanti a lui. Sasha, Armin e Jean siamo scambiati uno sguardo perplesso dietro di lui.
“Io preferirei che ti facessi gli affari tuoi, nanetto” aveva risposto Nick irritato, lo sguardo gli si era rabbuiato.
“E con le cattive sia.” Levi aveva sbuffato esasperato, aveva preso l'uomo bruscamente per il colletto. “Tu farai pace con Elizabeth e ti sposerai, o ti gonfio di botte. Hanji mi aiuterà, e credimi, è sorprendentemente brava a menare cazzotti.***”
“Levami le mani di dosso.” L'uomo s'era ribellato, sibilando in una rabbia crescente.
“No, finché non ti decidi a parlare.” Aveva risposto Hanji prima che potesse farlo Levi.
“Papà, fallo, dai. Lo so che sei innamorato di Elizabeth, quindi magari parlarle risolverebbe la situazione. Se dopo ancora non sarai soddisfatto di come sono andate le cose, puoi andartene e non guardarti mai più indietro.” Era intervenuto Armin, esponendo la sua opinione al padre attraverso la piccola folla che si era radunata intorno a loro.
“No!” Aveva gridato cocciutamente Nick.
“Tu vieni con noi,” gli aveva detto Levi spingendolo bruscamente fuori dal bar con la forza. Gli altri quattro lo avevano seguito velocemente, per non perderlo nella folla che occupava il posto.

-

Erano arrivati a casa di Elizabeth con un taxi. I ragazzini erano andati in cucina a cercare qualcosa da mangiare, mentre Hanji e Levi stavano appoggiati alla testiera del letto di una delle stanze degli ospiti che c'era in casa di sua madre.
”Pensi che faranno pace?” Aveva chiesto Levi con la testa appoggiata in grembo ad Hanji.
“Mh, difficile a dirsi, onestamente. Ma io scommetterei sul fatto che domani si sposeranno.” Aveva detto piano Hanji, facendo scorrere le dita tra i suoi capelli, guardandolo. Gli occhiali le erano caduti un po' sul naso, ma non si era curata di rimetterli a posto.
“Sono due persone di merda, quindi non mi stupirebbe se andasse così.” Aveva detto Levi roteando gli occhi al cielo, Hanji aveva scosso la testa divertita le sue parole.
“Mamma ce la sta mettendo tutta.” Aveva tentato di difenderla, con scarso successo.
“Facendo cosa? Svelando segreti, tirando dolci in faccia alla gente e su tutto questo, facendo cornuti tre uomini alla volta?” Aveva elencato Levi con calma, la bocca ferma in una linea dritta.”È una persona di merda” aveva affermato disgustato.
“Per essere onesti, tu hai trascinato con la forza un vecchio ubriaco, quindi non definirei anche te esattamente una brava persona.” Gli aveva detto scherzosa Hanji.
“Non ho mai detto di essere una brava persona. E comunque tu stamattina hai fatto puzzare il bagno, e questo dovrebbe essere considerato un crimine a prescindere” aveva detto dandole un colpetto con il dito indice sulla fronte, con un'espressione irritata dipinta sui suoi lineamenti.
“Hey! Ti avevo avvertito prima che entrassi” gli aveva risposto subito, mentre lui scuoteva la testa guardandola.
“Sei disgustosa” aveva risposto, e lei aveva riso forte alle sue parole. La stanza si era fatta silenziosa mentre entrambi pensavano cosa dire dopo.
“Ti meriti di essere trattata meglio di come ti tratta lei” le aveva detto Levi in un momento di riflessione.
Hanji aveva sorriso calorosamente, gesto che le aveva illuminato gli occhi, aveva aperto bocca per replicare, era stata interrotta da un suono piuttosto inquietante, che somigliava stranamente un “oh mio Dio.”
“Lo stanno facendo!” Aveva esclamato Hanji a voce alta, disgustata.
“Cosa?” Aveva replicato Levi sedendosi, disgustato anche lui.
“Mi hai sentito! Questi sono gemiti, oddio.” Era riuscita a contenere delle roboanti risate. “Vanno avanti da dieci minuti” gli aveva detto riuscendo a malapena a respirare, tenendosi lo stomaco.
“Non è divertente, cazzo, me ne vado prima riescano a finire.” Le aveva detto con fermezza, cominciando ad alzarsi.
“Dai a Nick un po' di fiducia, Levi. Hanno cominciato solo da pochi minuti.” Aveva detto Hanji ridendo divertita di naso alla sua battuta, gli occhi stretti per la risata.
“Sei la persona più stupida che conosca.”
“Ma mi ami lo stesso.”
“Sfortunatamente.”
“Aspetta… cosa?” Hanji aveva smesso di ridere, istantaneamente era tornata seria e l'aveva guardato con occhi grandi. Levi era rimasto gelato su posto, incredulo di di averle apena detto quella cosa in faccia, dato che si frequentavano da poco più di ventiquattr'ore.
“Niente, adesso sei diventata anche dura d’orecchi?” Aveva ringhiato Levi sulla difensiva, i suoi occhi chiari privi di emozione mentre la maschera di apatia che spesso si metteva sul viso si intensificava.
Lei aveva sorriso furbetta, spostandosi camminando sulle ginocchia verso i piedi del letto, dove poi era rimasta seduta su queste.
“Hai appena ammesso che mi ami, Levi.” Aveva detto in tono sornione.
Lui l'aveva guardata come se avesse dei pugnali negli occhi, con un fare immaturo non voleva cedere alle sue prese in giro.
“No, non l'ho fatto, maledetta…”
“Va bene, caro.” Lo aveva rassicurato Hanji con un piccolo sorriso, poggiando una mano sulle sue spalle. Lui si era rassicurato appena, ma era comunque sull'orlo.
“Non non c'è ragione di imbarazzarsi, anche io sono inamorata di te.” Gli aveva confessato dolcemente.”Penso di esserlo da un pezzo, in verità. C'è voluto che ci comportassimo come una coppia per realizzarlo, che è una cosa stranissima per essere sinceri e…”
“Hanji” l'aveva interrotta mentre straparlava, lei lo aveva guardato dubbiosa in risposta.
“Eh?”
“Chiudi la bocca.”
E con quelle parole l'aveva attirata se per un dolce bacio intrecciando le mani nella sua coda di cavallo scomposta, Hanji aveva lasciato che un sorriso fiorisse sulle sue labbra nel mezzo di quel bacio. Ed era andata così almeno fino a che il gemito di un altro uomo simile a un grido li aveva fatti staccare l'una dall'altra.
“Ewww” aveva esclamato Hanji rabbrividendo visibilmente.
“Maledetti” aveva mormorato scontento Levi.




 
 
*Dinner rehearsal, tradotto letteralmente. È un’usanza americana per cui la sera prima del matrimonio gli ospiti principali dello stesso si riuniscono a cena e aprono ufficialmente i festeggiamenti.
 
**Cravat, sinonimo poco usato per dire cravatta, che di solito chiamano “Tie”. Nel fandom americano usano questo corrispondente per intendere la cravatta simil ottocentesca che Levi porta anche nel manga, che onestamente non so se abbia un nome proprio in italiano e internet non mi aiuta, per cui lascio “cravatta”, tanto avete capito di che sto parlando.

***L’espressione “sucker punch” che Sleepyheadven usa descrivendo la capacità di fare a botte di Hanji secondo Levi, tecnicamente significa dare un cazzotto a tradimento, quando l’avversario meno se lo aspetta, quindi non ha neanche un’eccezione particolarmente positiva. Nel contesto si capiva che Levi volesse intendere che Hanji era sorprendentemente brava a menar cazzotti, per cui l’ho tradotto così, anche se non sarebbe proprio esatto.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo ***


Eccoci all’ultimo capitolo!
Se avessi dovuto lasciare una recensione scritta a questa storia, avrei detto che complessivamente l’autrice si era inventata una trama frizzante, godibile, tenera nel suo genere. Ma avrei dovuto anche aggiungere che come storia presenta a mio parere anche molti difetti: a tratti i personaggi sono eccessivamente stereotipati, la stesura non è precisa e presenta lacune logiche in certi passaggi. Sebbene sia di ambientazione AU, quindi in un contesto che poteva mantenersi molto libero,forse lo ha fatto anche troppo.
Considerando che Sleepyheadven doveva avere forse nemmeno vent’anni compiuti quando l’ha scritta è un buon lavoro, e se avesse continuato a scrivere probabilmente a quest’ora chissà come sarebbe diventata brava. Dal suo account su Ao3 mi pare che non l’abbia fatto, peccato, ma le auguro ogni bene per qualsiasi cosa abbia fatto nella sua vita, purtroppo l’ho completamente persa di vista da quel periodo lì.
Vi chiederete dunque, ma se questa storia ti è piaciuta relativamente, perché hai sentito l’esigenza di farne una traduzione?
Semplice: perché qualcuno in questa sezione, in questo sito, ha deciso deliberatamente quattro anni fa di tradurla sommariamente e spacciarla per sua, e questo mi ha personalmente indignata tanto, principalmente per due ragioni
La prima, quella ovvia: da una che scrive a sua volta, so che richiede impegno e fatica farlo, perché quando scrivi una storia devi fare necessariamente uno sforzo logico per renderla interessante, significativa, coerente con le tue idee e per il lettore da leggere, e chi di voi scrive sa che persino per una semplice fan fiction non è nient’affatto facile tutto questo. Prendersi questo lavoro intellettuale già fatto e spacciarlo per proprio, beh, non va bene, ma proprio per niente.
La seconda cosa che mi ha indignata è che questa persona pensava di farla franca, forse perché credeva di essere l’unica a leggere da siti internazionali o addirittura ad avere le competenze linguistiche per farlo… ci voleva fregare, diciamo le cose come stanno.
Quello che è fatto è fatto, e dopo qualche anno non pensiamoci più. Vi lascio a questo breve capitoletto finale sperando che, mentre correggevo quello che considero un torto, di avervi anche fatto divertire, sebbene ci sia voluto così tanto per vederla finita.
Andate da Sleepyheadven e riempitela di kudos e di recensioni se potete, anche se è passato un po’ di tempo sono certa che apprezzerà!
Un saluto affettuoso dalla lenta e rompiscatole traduttrice,
FoolThatIam


Capitolo tredicesimo
(versione originale del testo)

“Come sto?”
Hanji aveva fatto un balzo fuori dal bagno con un sorriso luminoso, facendo goffamente una giravolta per fargli vedere il vestito.
Lo sguardo annoiato di Levi si era addolcito quando si era posato su di lei, ammirando quanto fosse carina in quel momento. La luce del sole che arrivava dalla finestra alla loro destra faceva risaltare delicatamente la sua abbronzatura, e Levi si era rifiutato di ammettere che il cervello gli fosse andato in pappa a quella vista.
“Bellissima” era stato capace di dire, quasi strozzandosi.
Hanji si era rallegrata al complimento, tirando fuori una risata rumorosa che aveva colorato le guance pallide di Levi.
“Oddio, non ci posso credere che mi hai appena detto una cosa simile.”
Levi aveva rotolato gli occhi al cielo a quelle parole, avvicinandosi a lei e afferrando il suo mento spingendola a guardare in basso.
“Ti manca qualcosa, cretina.” Aveva notato, buttandolo lì come un dato di fatto, guardando i suoi occhi marroni guardarsi intorno in confusione.
“Cosa?” Aveva chiesto Hanji inclinando la testa.
“I tuoi occhiali di merda”
Si era sorpresa di sentire quelle parole, ma aveva subito fatto un'espressione disinvolta, almeno esteriormente. “Ah, mi è stato specificatamente detto di non metterli stasera” aveva detto guardando in alto, sembrando più che infastidita mentre le parole uscivano dalla bocca.
“E seguirai queste indicazioni?” Aveva chiesto Levi alzando un sopracciglio.
Hanji aveva lasciato che un sorriso le ingentilisse le labbra.”No.” Aveva risposto scuotendo la testa, abbassandosi appena e dandogli un bacio veloce sulle labbra. “Penso di essere stata abbastanza insultata e fatta oggetto di prepotenza. È il mio turno di ribellarmi, sai?”
Levi avevano annuito, nascondendo la sua soddisfazione con cura mentre si staccava da quell'abbraccio. Si era guardato nell'alto specchio che stava nell'angolo della stanza, aggiustandosi la cravatta.
”È pronta?”* Aveva chiesto senza espressione, giusto per chiudere quella conversazione.
“Penso di sì” aveva risposto Hanji non troppo convinta, camminando verso l'armadio per prendere i suoi occhiali dalla montatura nera. Gli aveva messi frettolosamente sul naso, le macchie di colore confuse avevano riacquistato un contorno.
“Che dici, ci avventuriamo di sotto mio caro?” Gli aveva detto offrendogli il braccio, che lui aveva preso dopo un momento di contemplazione.

~

La cerimonia matrimoniale era stata lunga e stancante. O perlomeno lo era stata dal punto di vista di Levi. Si era seduto controvoglia vicino a Jean, il ragazzino chiacchierone del coffe shop, e all'umorale zia di Hanji. I suoi occhi chiari avevano visto Eren dondolare le gambe avanti indietro impaziente, ogni tanto gli usciva un lamento a voce alta, prima che suo padre lo sgridasse per farlo stare zitto. Sua madre, Carla, sedeva in silenzio vicino a Elizabeth, un caldo sorriso le illuminava il volto mentre la cerimonia andava avanti. Più importante di tutti era la donna con cui si era ritrovato incredibilmente in una relazione, che stava dritta e graziosa accanto a lei.
Il vestito le si era sgualcito ad un certo punto, la pettinatura intrecciata che Elizabeth le aveva fatto fare stava cominciando a disfarsi. Gli occhiali spessi che sua madre le aveva intimato di non mettersi se ne stavano orgogliosamente sulla sua faccia, ingrandendo i suoi occhi color cioccolato.
Con abilità raffinata dall’esperienza, era riuscito a eliminare nella sua testa il suono della voce di Nick ed Elizabeth. Quelle che sembravano delle promesse infinite continuavano, straparlavano ancora e ancora di quanto si adorassero l’un l'altra.
Hanji lo aveva salutato con la mano, non troppo discretamente, l'uomo con i capelli corvini gli aveva restituito uno sguardo senza particolare espressione, scuotendo la testa a quel gesto.
Era raggiante mentre se ne stava lì in piedi. Aveva un sorriso luminoso mentre guardava la coppia con un misto di genuina felicità per la madre e di sollievo per non dover avere a che fare con lei, nel caso tutto fosse andato a rotoli.
Adesso, dopo la cerimonia, sarebbero potuti entrambi volare a casa il giorno dopo. Levi non aveva una grande esperienza in proposito di relazioni amorose, quindi si chiedeva se la sua lingua tagliente lo avrebbe messo nel guai ad un certo punto. Sarebbe stato capace di gestire il disordinato modo di vivere che Hanji aveva fatto suo? L'aveva guardata, e il modo in cui esasperatamente gli faceva l'occhietto gli aveva dato una risposta; assolutamente sì.
“E adesso vi pronuncio marito e moglie, puoi baciare la sposa.” Aveva detto l'officiante alzando la voce per farsi sentire, e Levi aveva osservato annoiato mentre la coppia si abbracciava e si concedeva un breve bacio. L'eccentrica risatina di Elizabeth aveva risuonato nella chiesa non appena si erano staccati, insieme ad incitazioni gioiose applausi. Levi aveva guardato alla sua destra dove Melanie sedeva e guardava la scena con un'espressione stoica, mentre Sasha sorrideva e applaudiva.
Il ragazzino con i capelli biondo cenere seduto accanto a lui stava applaudendo riluttante, gli occhi fissi su un particolare ragazzino con i capelli biondi, prima di chinarsi lentamente verso l'uomo capelli corvini.
“Quanto pensi che dureranno?” Aveva riso, la sua voce usciva con un forte accento francese. Levi aveva ruotato gli occhi al cielo, non voleva essere disturbato da queste facezie.

~

“Non ci posso credere che non ti sei portato qualcosa per tenerti occupato durante il volo. Di nuovo.” Hanji aveva scosso la testa, e Levi aveva spostato gli occhi dal finestrino per metterli sulla scomposta brunetta che gli sedeva accanto.
“Non mi sembra che ci sia niente nemmeno tra le tue mani, faccia di merda.” Aveva osservato Levi come a dire una cosa ovvia.
“Beh, speravo che ti fossi portato un libro o un film perché mi sono dimenticata pure io.” Aveva ammesso con una risatina, la luce che arrivava da fuori si rifletteva sulle sue lenti.
“Mi sa che sono bloccato a socializzare con te per le prossime undici ore. Meraviglioso.” Aveva detto stancamente e senza un’espressione particolare Levi.
Hanji aveva colto l'ironia nel suo tono e aveva riso alle sue parole, andando a scompigliarli i capelli neri.
“Tu mi ami, nanetto! Ammettilo, non vorresti niente di diverso.” Aveva detto con sicurezza, mentre lui la guardava accigliato tentando di sistemarsi capelli.
“Ma che cazzo sei, fuori?” Le aveva sibilato, entrambi avevano notato lo sguardo che la madre seduta davanti a loro si era voltata per rivolgerli. Hanji le aveva sorriso come per scusarsi, Levi invece l’aveva guardata malissimo.
“Occhio alle parole, caro” lo aveva ammonito scherzosamente Hanji. “E per rispondere alla tua domanda di prima, no, sono ancora dentro l'aereo.”**
“Sei una scema” aveva ribattuto Levi prontamente.
“Inoltre, essere fuori di sé dalla contentezza conta qualcosa?” aveva aggiunto Hanji, ignorando del tutto le parole di quel brontolone del suo ragazzo.
“No,” le aveva risposto Levi asciutto. “Ohi, almeno hai mangiato qualcosa prima di lasciare l’hotel?” le aveva chiesto, ricordandosi di come era scappata sotto la doccia mentre lui ordinava la colazione in camera.
“Ho mangiato un sacchetto di patatine. Perché, sei preoccupato per me amore mio?” lo aveva preso in giro, dandogli un colpetto con il gomito.
“Certo che lo sono, scema” le aveva risposto con un tono addolcito.
Hanji gli aveva rivolto un caldo sorriso, gli aveva afferrato il mento e posato un bacio sulle labbra. “Apprezzo che ti preoccupi per me, ma sto bene. Credimi, sono stata senza consumare un pasto decente anche per molto più tempo.”
“Questo dovrebbe farmi stare più tranquillo?” aveva chiesto alzando un sopracciglio.
“Certo che dovrebbe!”
All’improvviso, una voce calma era uscita dall’interfono istruendo tutti i passeggeri di allacciarsi la cintura e di spegnere i dispositivi elettronici che avevano portato con loro. Entrambi avevano seguito le indicazioni e Hanji si era accomodata nel suo sedile aderendo allo schienale, aspettando il decollo.
Levi aveva messo una mano tra le sue, si era voltata verso di lui vedendo i suoi occhi chiari diretti al finestrino, il mento appoggiato al palmo della sua mano. Guardarlo le suscitava un sentimento di tenerezza, gli aveva stretto la mano.
Una cosa era certa, sarebbe stata per sempre grata a sua madre per i suoi modi invadenti, perché se non fosse stato per lei era sicura che quel momento sarebbe stato diverso da come effettivamente era. Forse sarebbe stata seduta accanto ad un bambino in lacrime, o un vecchietto puzzolente, e per questo era grata.
Avrebbe mai confessato a sua madre i suoi che l'aveva ingannata? Probabilmente no. La loro altalenante relazione era migliorata nel corso delle due settimane appena passate? No, non lo era - semmai, era persino peggiorata. Ma per una volta non aveva rimpianto di essere andata a trovarla, ed era qualcosa che poteva finalmente ammettere.
“Lo sai, sei un figo a modo tuo” gli aveva detto all’improvviso, il suo tono era addolcito da una risata.
Levi l’aveva guardata di rimando, un sorrisetto gli increspava le labbra. “Tu sembri a posto.”
No, aveva pensato Hanji, nessun rimpianto alcuno.







*Immagino si riferissero alla sposa, ma Sleepyheadven non lo specifica, quindi non lo faccio nemmeno io.

**Qui c’era una battuta che tradotta in italiano preciso non avrebbe avuto senso: "Are you fucking high?”, letteralmente: “Sei fottutamente in alto?”, ma intendendo la parola high nel significato di strada, quindi “Ma che ti sei drogata?” La risposta di Hanji era stata qualche battuta dopo “[]no, seeing as we haven't taken off yet”, ovvero “no, dato che non siamo ancora decollati”.  In inglese ha un senso, in italiano ho cercato di rendere la battuta come meglio potevo.

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