A ognuno la sua shipping!

di Giandra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** OldRivalShipping – For Shirokuro ***
Capitolo 3: *** PokéShipping – For AndrewHalliwell ***
Capitolo 4: *** NeiryuShipping – For Akemi_Kaires ***
Capitolo 5: *** ContestShipping – For _Acchan ***
Capitolo 6: *** AdvanceShipping – For Delfo11 ***
Capitolo 7: *** MizuhikiShipping – For Depeep ***
Capitolo 8: *** SoulSilverShipping – For Angel_Chan_ ***
Capitolo 9: *** PokéShipping – For fedina ***
Capitolo 10: *** CavalierShipping – For fedina ***
Capitolo 11: *** PokéShipping – For _Akari ***
Capitolo 12: *** IsshuShipping – For _Akari ***
Capitolo 13: *** MoonlilyShipping – For S h i r o g a ***
Capitolo 14: *** PokéShipping – For Hime610 ***
Capitolo 15: *** ChessShipping – For AlexMarinuzzi ***
Capitolo 16: *** Kalos, BrightTomorrow, Boutique – For fedina, KuroiGungnir, Hitsuki ***
Capitolo 17: *** DiamondShipping (x3) – For AndrewHalliwell, hermione_W, Hitsuki ***
Capitolo 18: *** EgoShipping (x2) – For Suzume Yuzuka, _Akari ***
Capitolo 19: *** FortuneShipping – For Shirokuro ***
Capitolo 20: *** ContestShipping – For Miss_Pax ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo - or something like that.


(credits) 
https://ashandpikachu.tumblr.com/

Beh, che dire. Questo è un progetto che ho portato avanti per anni, ma decisamente a intermittenza. Se avessi mantenuto tutti i capitoli scritti dall'inizio alla fine ora ce ne sarebbero molti di più; tuttavia, ho ben pensato di revisionare questa raccolta e di eliminare (pur conservandoli in un angolino del mio pc) tutte quelle storie che ormai sento da me troppo lontane.
È un progetto che, in tanti sensi, mi ha aiutata a crescere come autrice, ma che, però, quando iniziai, peccava decisamente di arroganza. 

Il punto della raccolta infatti sarebbe permettervi di commissionarmi una storia su qualsiasi ship dell'universo Pokémon, nella speranza che io la scriva quanto prima. Perché arrogante? Perché, innanzitutto, mi permisi di accettare anche ship del manga, che io non ho letto. In più scrissi anche su varie coppie appartenenti a stagioni dell'anime Pokémon che non avevo guardato (e quelle che invece avevo visto le avevo guardate in italiano e molto tempo prima, quindi va beh). 
Vi presento perciò le nuove regole, nella speranza di rimediare agli errori del passato:
potete chiedere una o più ship a persona (evitate le liste della spesa, però);
scrivo su ship dell'anime e del videogioco (ho giocato a quasi tutte le generazioni tranne R-G-B-Y (e FR/LG), G-S-C, US, UL, Let's Go, SwSh e SV);
fate le vostre richieste sotto forma di recensione solo nel prologo;
non ho un tempo o una scadenza per la pubblicazione delle storie: su questo non vi prometto nulla.

A partire dal capitolo 14 ho usato nomi e terminologie originali (aka giapponesi), e così continuerò, ma niente di troppo elaborato o incomprensibile (o non desumibile da una veloce ricerca su Google).

 
Detto ciò, spero vivamente che le mie storie saranno di vostro gradimento! Mi impegnerò a revisionare i capitoli già pubblicati e a scriverne anche di migliori.


 

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Capitolo 2
*** OldRivalShipping – For Shirokuro ***


Buonsalve! Questa storia ha preso vita nella mia mente questa notte all'una e qualcosa, ma ero decisamente troppo assonnata per farle prendere vita in un Word, così ho rimandato a questa mattina e, stranamente, mi ricordavo ancora tutta la trama e il testo che mi ero immaginata. Il punto è che non sono mai stata chissà quale fan della OldRival, di certo sono dell'opinione che Blue è di Green e Green è di Blue, ma non al punto da sognarmeli la notte! Quindi questa inspiegabile immaginazione che mi ha pervaso ho deciso di dedicarla alla mia Musa (Shirokuro), convinta che mi sia entrata nel sonno e che mi abbia costretto a scrivere su di loro♥. 
Si tratta appunto di una AU (come lei tanto ama), in cui Blue lavora in un centro astronomico con l'obiettivo di scoprire la stella più splendente (che poi sarebbe Sirio, lo so, ma diciamo che lì non si sa~), mentre Green non ci è dato sapere che lavoro faccia >w< 
La cosa importante è questa: non avendo letto per bene il manga, mi sono accorta (o meglio mi hanno fatto notare) che c'è una sorta di reverse!IC: Green ha il carattere di Blue e viceversa, all'incirca.

Il punto è che, dato che l'idea mi è venuta all'improvviso, non sono riuscita a trovare un'immagine adeguata (semmai qualcuno di voi riuscirà mai a trovare un'immy OldRival con le stelle, fatemi un fischio~). Detto questo, vi auguro buona lettura! 




 
La stella più splendente

Blue aveva imparato una lezione importante quella serata: mai fare a gare di bevute con Green. Innanzitutto perché Green — nonostante la scaltrezza — non sapeva resistere a una sfida lanciata dal suo amico d'infanzia, e da sempre rivale, Red; fato voleva, però, che il giovane fosse capace di ubriacarsi con dell'acqua minerale, quindi figurarsi con scotch e tequila. In secondo luogo, poi, poiché l'unica intelligente e cauta del gruppo rimasta sobria era sempre Blue, stava a lei ospitarlo in casa sua — visto che Green si ostinava a non rivelare né a lei, né a Red e né alla loro amica Yellow dove abitasse.
Blue aveva iniziato a sospettare di aver sbagliato quando, presa da un istinto di compassione, aveva deciso che il divano fosse tremendo per smaltire una sbornia e gli aveva fatto spazio nell'altro lato del suo letto, sussultando quando un braccio incontrollato l'aveva cinta in vita così forte da riscaldarla.
Ma lo realizzò per certo solo la mattina dopo, quando iniziò ad accaderle una serie di eventi che si sarebbe volentieri risparmiata.
Si alzò di buon grado dal letto, contemplandosi di fronte alla specchiera ampia e lucente che sovrastava il suo comodino. Si spostò alcune ciocche di capelli qua e là, fece un paio di boccacce e alla fine rise di gusto nel constatare quanto fosse bella.
«Egocentrica» le arrivò tagliente all'orecchio e lei spedì un'occhiata gelante alla seconda figura riflessa nello specchio che scostava un po' le coperte e si guardava intorno. «Ti sei appena svegliata, vero?» assodò Green, notando il pigiama.
«La prima cosa che faccio al mattino è specchiarmi, qualche problema?» sbottò infastidita, dirigendosi verso l'armadio. Afferrò una maglietta nera a tinta unita che le fasciava bene il corpo e dei pantaloni lunghi e comodi, poi prese il camice da lavoro e ripose tutto sull'anta, incamminandosi verso il bagno. Le due stanze erano così vicine che lo scrosciare dell'acqua non era in grado di coprire le voci dei due interlocutori.
«Che lavoro fai, Blue?» chiese Green.
«Te l'avrò detto un centinaio di volte» rispose lei seccata.
«Arriviamo a centouno»
Ci volle un po' di tempo per far sì che la ragazza rispondesse, Green dovette aspettare che uscisse dalla doccia e si avvolgesse con una candida accappatoio in cotone che le copriva l'intero corpo eccetto i piedini scalzi. «Astronoma, Green. Astronoma. Studio le stelle, contento?» rispose poi, poggiando le mani sui fianchi e alzando un sopracciglio. 
«Antipatica» rispose solo il ragazzo, liberandosi interamente del lenzuolo e accorgendosi solo in quel momento di essere a petto nudo e di indossare ancora i pantaloni e i calzini. «Non ti sei sprecata a spogliarmi» le fece notare, con un tono che Blue non seppe decifrare se deluso o di scherno.
«Perché mai avrei dovuto?» chiese impertinente, andando ad asciugarsi e vestirsi dietro l'anta dell'armadio.
«Perché non hai il piacere di spogliare un uomo da quattro mesi ormai, — iniziò Green insolente, alzandosi dal letto. — L'ultimo mi sembra sia stato Silver» concluse, apparentemente contrariato anche solo dal nominarlo.
«Tutto ciò non ti riguarda affatto!» eruppe la ragazza, sbattendo l'anta con forza e uscendone in tutta la sua bellezza — nonostante il camice le coprisse le forme sode.
Si diede un ultimo sguardo allo specchio con l'intenzione di voltarsi e uscire dalla stanza. Green dovette percepire le sue intenzioni, così si preparò in fretta e furia e riuscì a evitare di farsi sbattere la porta in faccia, uscendo in contemporanea a lei. Entrarono insieme in ascensore e lì il ragazzo ebbe modo di aggiustarsi l'outfit di fronte allo specchio.
Il tragitto verso il centro astronomico fu breve e silenzioso, quasi teso, ma Green si comportò come se nulla fosse e continuò a seguire imperterrito la ragazza.
Una volta entrati nell'edificio, il giovane si guardò attorno sbigottito; Blue non poteva dargli torto: le pareti completamente bianche, le mattonelle bianche, i banconi bianchi e le sedie bianche, più che nello spazio davano l'idea di essere finiti in un'enorme scodella per la colazione. L'edificio era anche ricurvo, tondeggiante, con una cinquantina di piani che culminavano in un unico stanzino posto all'apice della struttura.
Entrarono nuovamente in un'ascensore e Blue era certa che Green stesse pensando qualcosa di stupido, tipo che fosse talmente grande da poterci allestire un teatro. Sulla parete vi erano cinquantatré pulsantini tondi con su scritte le cifre da uno a, appunto, cinquantatré, e lei pigiò quest'ultima.
«Hai anche il tuo angolino appartato» commentò Green una volta arrivati al piano, accorgendosi che fosse deserto e con una sola stanza, quella della compagna.
«Sta' un po' zitto» sbottò, stufa delle sue frecciatine.
Green ghignò con una tranquillità disarmante, come se lo stesse facendo più per farla arrabbiare che per altro.
Si appostò sullo stipite della porta, dopo aver galantemente ospitato Blue al suo interno con un movimento fluido della mano. Da lì, esaminò la stanza: in effetti non era molto agghindata, c'era solo una scrivania azzurra — Blue sapeva che fosse contento di poter vedere un colore diverso dal bianco — che sovrastava un pavimento con piastrelle lavorate a mano; al centro troneggiava un telescopio a dir poco mastodontico; le pareti erano in vetro e lasciavano osservare quietamente il cielo.
«Immagino sia addirittura più suggestivo di notte» disse, visibilmente colpito. Varcò la soglia della stanza con un sorrisetto divertito, sedendosi composto su una poltrona in pelle posizionata davanti alla scrivania, e scrutò Blue che armeggiava con il telescopio. «Perché hai deciso di diventare un'astronoma, Blue?» chiese tutto un tratto, con sguardo e tono più seri che mai.
«Ho un obiettivo, ce l'ho fin da quando ero piccola, — Blue fermò un attimo il suo discorso, posizionando meglio le lenti dell'oggetto con cui stava lavorando. — Non so se ti ricordi, ma ho sempre avuto in debole per le cose luccicanti. Poi una serata vidi la volta celeste pieeena di stelle» belò con aria sognante. «Decisi allora di scoprire quale fosse la più luminosa e di ritrarla in una fotografia, cosa che potrò effettivamente fare grazie a questo modernissimo telescopio, — Carezzò con il pollice l'aggeggio, trattandolo come se fosse una vera entità. — E poi ne farò una gigantografia e la appenderò in stanza» nell'ultima parte del discorso tornò se stessa, usando un tono sbrigativo e atono. 
«Ma tu l'hai già trovata, Blue, la vedi ogni mattina» affermò Green dopo qualche minuto dalla spiegazione dell'amica, lasciandola interdetta.
Ella osservò meglio all'interno del telescopio ma, quando non vide assolutamente niente, capì d'essersi persa qualcosa.
«Pensaci, me l'hai detto oggi» aggiunse Green.
Blue si fermò un attimo a riflettere. Quel giorno avevano parlato di tante cose, ma di certo non delle stelle; poi, entrando nella mente difficile e contorta di Green, capì. La prima cosa che faccio al mattino è specchiarmi, qualche problema? Certo, era ovvio. Sorrise, socchiudendo gli occhi. «Idiota» disse solo, proseguendo nel suo lavoro seppur con movimenti molto più goffi e deconcentrati.
Green ghignò, di nuovo.
Era ancora più che determinata a scovare quella stella, ma nel frattempo sapere che, per lui, sarebbe sempre rimasta lei la più splendente di tutte era una bella soddisfazione.





 

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Capitolo 3
*** PokéShipping – For AndrewHalliwell ***


Salve a tutti! Concentrandomi particolarmente su due Long in corso e su una mini-raccolta di Drabble ormai conclusa, ho trascurato questo progetto a cui tengo molto, così ho pensato: quale modo migliore di tornare all'azione di una buona Poké? E infatti eccomi qui. 
È dedicata al mio bellissimo e fantasmagorico (?) amico Andrea, ovvero AndrewHalliwell, sperando che gli piaccia! La canzone è di Gigi d'Alessio, in caso qualcuno volesse ascoltarla~ La storia potremmo definirla una what if...? in cui i due sono già fidanzati da parecchio ♥
Detto questo, vi saluto e ringrazio per l'attenzione. Pareri, critiche, sempre ben accetti, ma grazie anche ai lettori silenziosi!
Buona lettura.
 


 
 
Sulle note di una canzone ♪

Per Misty non c'era passatempo migliore che immergersi in un po' di buona musica prima di coricarsi. Infilava le cuffie del suo MP4 nelle orecchie, si spalmava sul letto e si estraniava dall'intero cosmo senza difficoltà. Ormai era talmente assuefatta da quell'abitudine che sconvolgerla sarebbe stato impossibile.
«Che cosa ascolti?» le chiese il suo ragazzo, spaparanzandosi sul materasso e abbracciando il cuscino.
«Il primo amore non si scorda mai» rispose con nonchalance, senza pensare al significato della frase in sé.
Ash si sedette incrociando le gambe; la osservò incuriosito, in attesa che iniziasse a canticchiare qualche verso della canzone, come tutte le volte.
«Il primo amoree non si scorda maaaiii... eppure il teempo passa su di noooi... quella promessa fatta a casaa tuuuaa...» 
Il ragazzo sorrise per le parole di quella melodia. Misty increspò le labbra all'insù a sua volta. Le veniva in mente la promessa, quella promessa, quella bicicletta che li aveva uniti e tragicamente divisi anni prima (ed era certa che lui stesse pensando la stessa cosa); ma loro non si erano dimenticati, il tempo non aveva avuto la meglio, il loro amore era stato — ed era ancora — indistruttibile e infinito, come un Pokémon Leggendario.
Ash si stese accanto a lei, scostandole una ciocca arancione dall'orecchio e sfilandole una cuffia; la infilò nel suo orecchio, poggiò il capo sul cuscino e si abbandonò alle note della canzone. Sebbene non l'avessero mai ballata, quella poteva decisamente definirsi la loro canzone.
  

 

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Capitolo 4
*** NeiryuShipping – For Akemi_Kaires ***


Mi sembra strano scrivere questa storia dopo così tanto tempo che ne avevo voglia. Pensavo sempre Vai che esce un'idea ma poi niente veniva fuori sul serio. Oggi invece mi è venuta guardando un episodio di Junjou Romantica, solo il titolo, modificandolo e plasmandolo secondo il mio volere. In effetti, penso di aver tirato fuori una cosa figa(?) solo per il modo in cui sono riuscita a crearla. Poi il risultato finale è tutto da valutare, non saprei dirvi se fa pena o se è quantomeno decente. 
Parlando appunto di Neiryu, non conoscevo granché sul carattere di Pino, ma per fortuna Paoletta mi ha rincuorata, spiegandomelo per filo e per segno. Se lo sbaglio, è colpa sua non è vero niente non ascoltatemi. La storia è dedicata appunto a lei (per chi non lo avesse capito, sto parlando di Akemi_Kaires), speranzosa che le piaccia, pur con una paura in corpo che non se ne va, ahah. Ma ciancio alle bande, il punto è un altro: la situazione non è propriamente drammatica, più introspettiva (come le amo io insomma ♥) che altro. Ci sono piiiiccoli accenni di Dragon (Lance/Sandra) ma giusto perché ceh, quei due in fondo sono la mia OTP della Domadraghi, non potete incolparmi u.u 
Vorrei inoltre aggiungere alcune note sullo Schiavon, il candelabro che andrò a citare: si tratta di un particolare candelabro inglese, la cui punta centrale è sempre più elevata delle altre. È un dettaglio importante ai fini della trama :) 
Spero che la storia vi piaccia e, detto questo, non posso che augurarvi buona lettura! 






 
 
♦ Come le fiamme di uno Schiavon 


Sandra giaceva a gambe incrociate sulle piastrelle fredde del campo lotta, con il suo Kingdra inerme tra le braccia. Carezzava per inerzia il suo corpo azzurro, senza porvi la giusta attenzione. Per la stirpe dei Domadraghi, perdere è un disonore, glielo ripeteva sempre sua nonna, un tempo la migliore in tutta la regione di Johto.
Già, lei aveva perso, era stata debole, aveva fallito. Di nuovo. Ogni qual volta lottava contro Lance era sempre un dettaglio, una svista, una sua trovata dell'ultimo minuto a portarla alla disfatta. La sua non era forza: la sua era sicurezza. Lance era sicuro di vincere, quindi automaticamente affrontava la lotta con la giusta calma e ovunque trovava un appiglio per battere il suo avversario, chiunque esso fosse, anche sua cugina. Sandra, invece, nascondeva con la sua maschera di strafottenza una paura che non aveva eguali, perché non possedeva quella certezza di essere più forte. Siamo alla pari, per quante se ne dicano, pensava sempre e niente, neanche qualche scenata sbruffona di Lance, le avrebbe fatto cambiare idea. Non era un requisito per diventare Campione l'essere imbattibile, no. Il Campione era il miglior Allenatore di una regione, non il più forte. Sandra era forte quanto Lance, ma lui era migliore di lei.
«Ti converrebbe alzarti, Sandra, o finirai per prenderti un raffreddore»
Ancora lui. Sandra non ne poteva più. Succedeva un solo mese all'anno che tutti i Superquattro e i Campioni si riunissero nella regione di Johto per essere sfidati dagli Allenatori di tutto il mondo, ma lei doveva incontrare sempre lui. Ormai era la terza volta in quella settimana che, una volta incassata la sconfitta contro Lance, Pino rigirava il coltello nella piaga — pur senza rendersene conto.
«Fatti gli affari tuoi, Pino» lo apostrofò, alzandosi da terra con la sua solita aria altezzosa, poi fece per girarsi e andare via.
«Tu e Lance assomigliate moltissimo a un candelabro» se ne uscì all'improvviso il Superquattro, piombando con un salto aggraziato sul campo lotta. L'eco del suo atterraggio sulle mattonelle in vetrocemento rimbombò per tutta la sala.
«Di cosa parli?» gli chiese infastidita, voltandosi con l'aria di chi è interessato, ma non vuole farlo notare.
«Un candelabro, alle fiamme di un candelabro, per la precisione» ripeté con un sorriso sincero, unendo le mani all'altezza del petto in un gesto spontaneo.
«In che modo io e mio cugino assomiglieremmo a un oggetto?» domandò stizzita; osservandola bene era palese che stesse perdendo quel briciolo di pazienza che le rimaneva.
«Mai sentito parlare di metafore?» scherzò, spedendole una linguaccia.
Sandra inspirò ed espirò, consapevole che ormai l'avesse incuriosita, per cui ignorarlo le avrebbe lasciato un tarlo nel cervello. «Potresti spiegarmela?» sollecitò, portando gli occhi al cielo con una smorfia seccata.
«Certamente» rispose con un timido accenno di sorriso, velando le guance di un rosa pallido — ma meno pallido della sua carnagione abituale. Doveva essere molto contento che a qualcuno diverso da Karen interessassero le sue elaborazioni. Si sedettero sulle panchine degli spettatori, mantenendo una lieve distanza l'uno dall'altra. «Hai mai visto un candelabro, San?»
«Certo che l'ho visto, che domande»
«E lo Schiavon, quello l'hai mai visto?» chiese ancora Pino.
«Schiavon? No, mai» ammise con un po' di difficoltà: Odiava non sapere qualcosa.
«Beh, è un candelabro particolare della regione di Hoenn, lo si trova solo lì» Pino iniziò a giocherellare con il colletto bianco della camicia, distogliendo lo sguardo da Sandra. «La sua particolarità, rispetto a quelli moderni, è quella di avere tre o cinque punte, ma una sempre più elevata delle altre»
Sempre più elevata, quelle parole le ricordavano qualcosa di immensamente spiacevole con cui doveva fare i conti tutti i giorni.
«Ma tutto ciò è ironico, sai, perché in realtà le fiamme sono alte alla stessa maniera. Se quella centrale è più alta non è per la potenza della fiamma o cose del genere, semplicemente si trova più in alto» concluse Pino, guardandola negli occhi con lo stesso sguardo di un bambino: vero, spontaneo... se non fosse stata Sandra a guardarlo, forse qualcun altro l'avrebbe trovato persino dolce.
«M-Mmh» mugugnò la blu, portandosi una mano dietro alla nuca con imbarazzo. «E in che modo...» deglutì, «in che modo io e Lance ti ricordiamo questo candelabro?» domandò, osservando il giovane con uno sguardo carico di aspettativa.
«Vi guardo lottare, Sandra. Lo faccio dalla prima volta in cui hai messo piede qui dentro» rivelò Pino, senza vergogna. «Mi chiedevo perché una Capopalestra perdesse il suo tempo sfidando il Campione di Kanto e gli interrogativi irrisolti non mi sono mai piaciuti»
Non sei il solo, pensò la ragazza, ricordando il motivo per cui aveva deciso di starsene lì ad ascoltarlo.
«Così ho iniziato a osservarvi e posso assicurarti che il tuo splendido Kingdra» diede un'occhiata al Pokémon addormentato sul suo ventre, «non ha davvero niente da invidiare al suo Dragonite» assicurò, con una fermezza nel tono di voce che non ammetteva repliche.
Sandra non sapeva davvero cosa dire ed era la prima volta in tutta la sua vita. Lei che da sempre voleva avere l'ultima parola, in quel momento avrebbe preferito scomparire. Cosa ribattere di fronte a tanta onestà e sicurezza — le stesse qualità che lei avrebbe voluto possedere — quando ti esplodono addosso in questa maniera?
«Grazie» ritenne che fosse l'unica risposta adeguata alla situazione, poi calò gli occhi sul suo compagno di avventure e gli carezzò quei prolungamenti simili a coralli che aveva sul capo. «Grazie davvero» aggiunse, senza distogliere lo sguardo dal suo Pokémon.
«Tu non sei dura come vuoi far credere: mascheri la tua fragilità dietro un'immagine di durezza e imperturbabilità, ma non sei così» Pino si alzò lentamente dalla sua postazione, con un sorriso tranquillo stampato sul volto. Di qualunque natura fosse, pareva tenere perennemente le labbra incurvate.
«Tu parli a me di maschere, Pino?» lo canzonò Sandra, alzandosi a sua volta e guardandolo fisso negli occhi. Ora che aveva ritrovato la sua solita risposta pronta condita di faccia di bronzo, non faceva fatica a reggere il suo sguardo.
«Pensaci un attimo: io la mia la posso togliere quando voglio... tu, invece
La lasciò lì, con quella domanda rimbombò nella sua mente senza sosta. Evidentemente c'era un motivo se Lance era più in alto rispetto a lei: lui si mostrava al mondo con genuinità, ai suoi Pokémon e ai suoi sfidanti non riservava nessuno spettacolo messo appunto su misura, non indossava alcuna facciata di circostanza. Non aveva segreti per chi lo osservava, o una seconda personalità che veniva fuori negli attimi più bui. Per arrivare allo stesso livello di Lance, per raggiungere la sua fiamma, avrebbe dovuto liberarsi della sua maschera.
E, semmai ce l'avesse fatta, avrebbe saputo chi ringraziare per averlo compreso.




 

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Capitolo 5
*** ContestShipping – For _Acchan ***


Salve a tutti!
Finalmente aggiorno questa raccolta — con la paura e la consapevolezza in corpo che non sarà tanto facile quando i compiti mi assilleranno — con una Contest, per un'utente che l'aspetta da tanto tempo: la mia amica _Acchan.
Come mai Drew si trovi con Ash e co. in questa Fan Fiction lo lascio alla vostra immaginazione (del resto credo non sia particolarmente inverosimile come cosa). Inoltre, io personalmente apprezzo molto il personaggio di Ash e adoro la sua semplicità, onestà e completa ingenuità su alcuni argomenti. Quindi ecco da cosa scaturisce questa Flash, buona lettura a tutti! 




 

Immagine 

Sweet pleasure

 
«Assaggiatene in quantità, ditemi con sincerità cosa ne pensate!» li invitò con frenesia Brock, porgendo loro due fette di torta giganti.
Il verdino impallidì, la castana — al suo contrario — non fece complimenti. «Pancia mia fatti capanna!» esclamò, addentando con poca grazia un pezzo del dolce al cioccolato. 
 
«Mh...» mugolò Drew, pulendosi il labbro con un tovagliolo. «È deliziosa, se avessi aggiunto giusto un pizzico di cannella in più avrebbe sfiorato la perfezione. Ma non offenderti: ne mangerei comunque a quintali» gli esplicò con ancora quel dolce sapore che gli impastava la bocca. 
«Oh, grazie!» esclamò l'Allevatore, sfilandosi il grembiule dal corpo e annotando su un blocchetto l'appunto che gli era stato suggerito. 
«Sarà, a me sembra già perfetta» sbuffò Vera con un broncio mangiandone un altro boccone, convinta che il verdino trovasse sempre l'ago nel pagliaio; ma d'altronde era quello il motivo per cui risultava impeccabile in tutto ciò che faceva. 
«Tu non sei esattamente un palato fino, Vera» l'apostrofò il Coordinatore, sventolando il ciuffo smeraldino con vanesia come era solito fare.  
«Ah sì, ma come osi!» sbottò Vera, lasciando andare la forchetta e spedendo un'occhiata fulminante al giovane. 
A interrompere quella discussione fu Ash che, finiti gli allenamenti, si unì ai suoi amici, venendo accolto da una delle loro solite litigate, e non poté fare a meno di ridere, servendosi a sua volta di una fetta di torta. 
«Che hai da sghignazzare?» indagò rabbiosa Vera portandogli un coltello al mento con fare accusatorio.  
Ash strabuzzò gli occhi e poi assunse uno dei suoi soliti sorrisi angelici e disarmanti. «Nulla, ho solo notato che siete davvero molto diversi, eppure a volte vi comportate nello stesso modo... siete sul serio in sintonia l'uno con l'altra!» spiegò. 
Vera e Drew arrossirono nello stesso momento, lui distogliendo lo sguardo con fare indifferente e lei con un broncio falsamente offeso. 
Ash fece spallucce, sotto lo sguardo divertito e complice di Brock, non riuscendo proprio a capire cosa avesse detto di tanto sbagliato.
 





 

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Capitolo 6
*** AdvanceShipping – For Delfo11 ***


Se pubblico questa Advance (Ash/Vera), oltre che per Delfo11, è per il compleanno della stupenda Blue Eich, una ragazza volenterosa e, per quanto non si deciderà mai ad ammetterlo, una vera maga della scrittura. Conosco il tuo amore per la coppia (seconda solo alla cara Contest), quindi ho pensato di rifilarti una piccola dedica in questa Flash. Chiaramente la storia è per Delfo11, in suo onore e solo suo.
Indi per cui, non sono sicura che questa storia sia veramente valida, temo molto per l'OOC di Vera e in generale per la situazione. Forse è un po' banale ma volevo soltanto avvolgervi in un alone di fluff, niente di più. Vi prego di farmi sapere, le vostre opinioni per me sono importantissime. Buona lettura.



 

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© suzushiroya suzuko
 

Stanchezza   

Ash era a dir poco stremato, riusciva a percepirlo anche da lontano, eppura non accennava a fermarsi. Ma in effetti Vera non gliel'aveva mai visto fare: Ash non si fermava, Ash continuava imperterrito sulla sua strada, per quanto accidentata e in salita potesse essere. Mai una volta che l'avesse visto accasciarsi al suolo a causa della stanchezza o, ancora, assumere un atteggiamento mesto dopo ore di fatica. Lui era sempre l'Ash Ketchum solare e raggiante che tutti amavano, che lei amava. 
Lo osservò precipitarsi in compagnia di Pikachu al tavolo dove Brock stava allegramente preparando il pranzo, afferrando al volo un tramezzino e divorandolo in un paio di bocconi. Ma quando si trattava di cibo il caro Ash poteva essere sicuro di non essere il solo ad avere voce in capitolo. Si sedette al suo fianco afferrando degli snack in ambo le mani — nella destra un panino e nella seconda uno spiedino di bacche —, mangiucchiandoli nello stesso istante.  
«Però, che appetito!» commentò il corvino con un sorriso affabile. 
«Tu non sei da meno, Ash» rispose Vera con la stessa espressione. 
«Già, è vero» le diede ragione, massaggiandosi il capo per l'imbarazzo in sincronia con il suo Pokémon elettrico. 
Subito dopo il pasto, l'Allenatore stirò gli arti emettendo a gran voce una specie di richiamo per esaltati — o babbei, come Vera aveva spesso sentito dire dal suo rivale Gary Oak — e corse di nuovo al prato dove poco prima di stava allenando.  
La Coordinatrice si perse nuovamente nell'osservarlo, con la spensieratezza e l'autenticità che lo caratterizzavano. «Certo che Ash non si stanca mai...» sospirò ad alta voce, senza accorgersi di aver formulato quel pensiero di fronte a Brock. Quello esibì un sorriso malizioso e annuì, continuando a girare il mestolo nella pentola in attesa che il brodo fosse pronto. Le guance di Vera divennero subito di un rosso acceso, incrociò le ginocchia e unì gli indici come una bambina, mentre continuava a fissare il giovane da lontano.
Sorrise: se mai fosse arrivato allo stremo, era più che disposta a offrirgli la sua spalla per un meritato riposo. Tuttavia sapeva che quel momento non sarebbe mai arrivato: Ash Ketchum non si stancava mai, era questo che lo contraddistingueva. 



 

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Capitolo 7
*** MizuhikiShipping – For Depeep ***


Seconda classificata e vincitrice dei premi Sara, miglior stile, miglior grammatica e miglior personaggio al contest "Ho letto un libro, una volta (si chiamava...)" indetto da zbor liber sul forum di EFP.
Buonsalve a tutti! Questa storiella è nata dalla mia particolarissima headcanon di Cyrus, un personaggio che, nonostante la maggior parte delle persone odi a morte (cosa che in genere incrementa il mio amore verso qualcuno), io apprezzo e provo a capire. L'idea della mia Musa, appunto degna di questo nome, di usare il titolo di alcuni romanzi (tra i quali "La bestia umana" di Zola, quello da cui prende spunto la mia OS) per scrivere una storia tutta nuova mi ha subito fatto pensare a lui. Il dramma esistenziale e determinante ai fini della trama quindi è: "Qual è il vero confine tra bestie e uomini?" e, una volta capito, "C'è un qualcosa che può tenerci moralmente ancorati nella seconda categoria?".
Nonostante la storia e in generale il personaggio siano basati su una mia personalissima visione della psicologia di Cyrus, mi piacerebbe molto avere il vostro parere sul suo IC, nel caso qualcuno avesse voglia di discuterne >w<
Detto questo, buona lettura!



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Iconfine dnon superare  o già superato?

La stanza era buia e cupa, la sua ombra si mescolava all'oscurità riflessa sul pavimento. Cyrus se ne stava seduto sul suo letto — con i gomiti ancorati alle ginocchia e le mani che torturavano i capelli cerulei —, a pensare; il ricordo di pochi giorni prima era ancora ben impresso nella sua memoria, quando non era lì da solo a crogiolarsi nei suoi tormenti: una splendida e lunga chioma bionda si snodava sul suo cuscino, lasciando libero il viso roseo. 
Camilla gli aveva tenuto la mano senza guardarlo negli occhi, consapevole che percepire la veridicità di un gesto così affettuoso sarebbe stato troppo per lui; gli aveva fatto compagnia a lungo, in silenzio, come se i suoi pensieri e quelli dell’altro si fondessero senza bisogno di dar loro voce.
Scosse la testa, serrando gli occhi ed eliminando quei pensieri dalla sua mente. Lui non poteva intrattenere una relazione con lei, non poteva intrattenere una relazione con nessuno.
Spesso gli piaceva paragonarsi a un superbo quadrifoglio, circondato da centinaia di trifogli. Per quanto potesse sembrare arrogante come pensiero, per Cyrus significava solo sentire di non appartenere a quella Terra; credeva fermamente di non essere come gli altri, di non avere le stesse ambizioni, gli stessi sentimenti; e, sebbene apparentemente anelare a qualcosa di più grande (rispetto al resto del mondo) lo rendeva orgoglioso, a volte quell'unicità lo spaventava: temeva che, dopo la sua morte, nessuno si sarebbe ricordato del suo progetto — non di lui, non della sua persona, ma di ciò cui aspirava, dei suoi ideali —; che sarebbe andato tutto perduto. 
Forse era quella la sua vera paura: aveva avuto modo di rendersi conto, in quella cella fredda e tetra, di quanto il suo obiettivo fosse ormai ben lontano dal divenire una realtà, ma pensare di morire assieme a esso lo deprimeva più di ogni altra cosa. Il morire da solo, specialmente quello lo terrorizzava. Come una candela dimenticata accesa, di cui a nessuno importava come o quando si sarebbe spenta.
Ma in fondo non poteva dare tutta la colpa agli altri: lui non era mai riuscito ad amare nessuno, aveva sempre allontanato tutti, anche chi aveva intenzione di aiutarlo o di capirlo. Si era circondato solo di coloro che, in un determinato momento della sua vita, gli erano sembrati utili per il suo scopo; ogni singola azione compiuta era stata svolta solo in funzione della propria persona.
Niente ti gira intorno, se giri intorno a te stesso[1], gli aveva detto suo padre, circa vent'anni prima, eppure quella frase era affiorata solo in quell'istante, quando ormai il danno era stato fatto. La paura di non poter più fare uso di quella perla di saggezza, la paura di non poter cambiare, di non poter provare niente di diverso rispetto all'apatia, al disprezzo verso il mondo e coloro che lo popolavano, lo stava logorando.
Quanto, effettivamente, noi umani siamo diversi dalle bestie? fu l’interrogativo postogli dalla sua professoressa ai tempi della scuola, quando stava dilagando la notizia dell’attacco di un Ursaring su un gruppetto di indifesi Pigliamosche. A prescindere dalle circostanze, restava un bel quesito.
Aveva sentito dire in giro che la fondamentale differenza tra umani e animali sono i sentimenti: gli animali non provano emozioni come la passione, la gelosia, l’amicizia o l'amore; non hanno veri e propri legami, la loro unica preoccupazione è la sopravvivenza; molti vivono in funzione del branco, pensando a se stessi come parte di qualcosa di più grande. Stette per qualche secondo a riflettere su quelle caratteristiche — tanto di tempo ne aveva in abbondanza — e si accorse che nella maggior parte si rispecchiava totalmente, fatta eccezione per l’ultima: lui non aveva un “branco” e se anche l’avesse avuto non avrebbe mai messo se stesso al di sotto del bene collettivo. Quindi, in breve, non solo poteva definirsi una bestia anche lui, ma era anche una bestia egoista.
Improvvisamente sentì il cigolio tipico della sua cella sgangherata farsi sempre più acuto, così alzò lentamente il capo per comprenderne la fonte; non riuscì subito a mettere a fuoco le immagini a causa della luce che gli intorpidiva la vista, ma non appena la percezione della realtà tornò quella di sempre notò una figura alta e snella, dalle movenze sinuose e i lineamenti perfetti, che si era appena posta proprio di fronte a lui, guardandolo con un sorriso bonario. «Ero indecisa se portarti una ciambella o un gelato e non sono riuscita a scegliere» iniziò, chiudendo di nuovo la cella e facendo cenno alla guardia di poter andare via. «Così li ho presi entrambi» concluse, sventolando sotto il suo naso un sacchetto rossastro.
«Non è permesso portare cibo ai detenuti» le fece notare lui, immobile, con la consueta espressione atona e impassibile.
«I vantaggi di essere Campionessa!» Camilla pose entrambe le mani sui fianchi piccoli e tondeggianti, mentre gli spediva una linguaccia divertita.
Cyrus mosse impercettibilmente il labbro, incurvandolo all'insù. Quando guardava Camilla, una nuova prospettiva si faceva strada nella sua mente: forse aveva ancora speranza, forse non tutto era perduto; forse, poteva ancora scoprire il vero significato di essere umano.




 
 
[1] Fedez, Si scrive schiavitù ma si legge libertà.

 

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Capitolo 8
*** SoulSilverShipping – For Angel_Chan_ ***


Buongiorno! Lieta di informarvi che questo capitolo riguarda la SoulSilverShipping e che è dedicato a Angel_Chan_, la quale me lo ha richiesto molto tempo fa; chiedo quindi scusa per il clamoroso ritardo e mi appresto a parlarvi della storia. Si tratta di una AU in cui i due si trovano entrambi a Borgo Foglianova; è una Flash/OS miscocciodicontrollare scritta così di getto, con il solo scopo di divertirvi un po' con questi due caratteri che insieme sanno essere tremendamente adorabili.
Il punto è che qui i due dovrebbero avere età diverse, ma non troppo: Silver un po' più grande rispetto a Cetra, qualcosa di appena accennato (es: lui primo anno di superiori, lei primo anno di medie). Ho tentato forseinvano di rendere i personaggi IC, ma se per caso doveste notare qualche particolare che non vi torna fatemelo presente — le critiche costruttive restano il mio pane quotidiano.
Per cui, non posso aggiungere altro se non che spero di non aver scritto proprio un disastro e che la lettura vi risulti piacevole. Bye.


 


 


Cuori impavidi stravolti da ragazzine innocenti

La giornata si prospettava tranquilla: il sole risplendeva alto nel cielo, illuminando i volti degli abitanti di Borgo Foglianova, che passeggiavano gioiosi per i meandri della piccola cittadina; i Pidgey cinguettavano allegri, svolazzando da un ramo all’altro in preda alla frenesia del primo mattino. Tutti sembravano vedere il lato positivo quella splendida mattina — o, almeno, quasi tutti.
Un giovane dall’aria sempre imbronciata e i capelli ramati si stava dando un ultimo sguardo allo specchio, sbuffando e sbadigliando di fronte al suo riflesso. Muoversi a piedi, di buon'ora, con l'intento di andare a scuola, non rientrava esattamente tra i suoi hobby preferiti, essere anche costretto da sua madre a scortarvici la nuova concittadina lo rendeva ancora più deprimente. L'unico fattore che lo fece desistere dal mandare tutti a quel paese fu la consapevolezza che sarebbe dovuto andare a Violapoli in ogni caso — per passare un'altra noiosa giornata al suo liceo — e acconsentì quindi ad accompagnare l'ultima arrivata.
Quel giorno, faceva il suo ingresso alla scuola di paese una nuova ragazza, dall’aspetto innocuo e tenero: indossava sempre un buffo cappellino che sovrastava una graziosa chioma marrone, gli occhi nocciola erano limpidi e splendenti, il fisico asciutto e le movenze muliebri calcavano la sua giovane età. La ragazza si era trasferita già da un paio di giorni e subito aveva espresso desiderio di iscriversi alla rinomata Accademia Pokémon; la madre l’aveva accontentata e la piccola Cetra, pareva, non ne sarebbe potuta essere più felice.
Silver uscì di casa come un condannato a morte, incamminandosi a passo lento verso la dimora della ragazzina. Bussò un paio di volte il campanello, attese qualche secondo e una signora dall’aspetto cordiale gli aprì la porta. «Ciao, tu devi essere Silver» lo salutò e il ragazzo annuì, con un impercettibile sorriso. La donna lo ricambiò, poi gli fece cenno di attendere e richiamò a gran voce la figlia.
Aspettò un tempo che gli parve interminabile — sebbene ammontasse a circa un minuto —, poi dalle scale fece capolino una figura esile e leggiadra, che subito lo accolse con l’agitare nervoso della manina. «Ciao, io sono Cetra» si presentò, cortese.
«Ciao» rispose Silver, rivolgendo il suo commiato alla madre per poi trascinarsi dietro la figlia. Era carina, minuta e sprizzava energia da tutti i pori, il che la rendeva ancora più fastidiosa agli occhi del giovane.
«Stiamo andando a scuola, vero?» gli domandò, dopo due minuti di cammino silenzioso.
«Tu che dici?» ribatté lui retorico, senza voltarsi per incrociare il suo sguardo.
Sentì gli ingranaggi della ragazza muoversi all’interno del suo cervellino e non poté fare a meno di ghignare: per quanto la cosa potesse sembrare perfida, adorava da morire infastidire le persone e quando ci riusciva si sentiva orgoglioso di se stesso. Per un breve lasso di tempo non spiccicarono parola, poi Cetra — non appena intravide un semaforo — lo colse alla sprovvista, afferrando forte la sua mano.
Silver si voltò irritato. «Che stai facendo?» sbottò, minaccioso.
Cetra quasi si impaurì, abbassando il capo intristita e forzando ancora di più la stretta. Silver inspirò ed espirò appieno, cercando di mostrare un po’ di tatto — aveva sentito dire in giro che metteva a proprio agio le persone ed evitava un sacco di scocciature. «Cetra, che hai?» gli domandò, con il tono più calmo che riusciva ad avere.
«Mamma mi tiene sempre la mano quando attraversiamo» spiegò lei, guardandolo dispiaciuta, a tratti colpevole; poi però l’espressione mutò, divenne rabbuiata. «Quindi devi farlo anche tu!» pretese, serrando la mano libera a pugno e pressando ancora un po’ le nocche dell’altro.
Silver assunse un’aria seccata, mostrando di non accusare minimamente né la “poderosa” stretta che gli stava impartendo né l’aria autoritaria appena improvvisata. «Non riesco a prenderti sul serio con quel cappello ridicolo, più grosso della tua testa» ironizzò, colpendo quest’ultimo con un buffetto di pollice e indice. «Devi imparare a crescere, Cetra, altrimenti—» prima che Silver potesse continuare i suoi discorsi su quanto la vita sapesse essere ingiusta con i deboli di cuore, una macchina sterzò forse troppo furiosamente sulla strada e la sua interlocutrice si spaventò a morte, andando a rifugiarsi sul suo petto. Il ragazzo non seppe che dire, rimase lì impalato con gli occhi sgranati, non comprendendo bene un gesto così dannatamente smielato.
Cetra si rese conto di ciò che aveva appena fatto, sciolse la stretta dal suo torace e dalla sua mano immantinente, rossa come un peperone. «Scusa» disse solamente, abbassando il capo imbarazzata.
«Hn» rispose lui monosillabico, cercando di non intercettare il suo sguardo. «Dai, andiamo» la incitò, quando finalmente il semaforo divenne verde e i pedoni ebbero via libera.
Cetra prese ad avanzare con la sua stessa andatura, senza aggiungere parola, e il disagio era palpabile; così Silver alzò gli occhi al cielo e, in un gesto impulsivo, le strinse di nuovo la mano.
La ragazza lo guardò esterrefatta, lui mantenne la sua aria impassibile e continuò a camminare.
Quando la strada finì e finalmente imboccarono un marciapiede, le loro mani rimasero comunque intrecciate.





 

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Capitolo 9
*** PokéShipping – For fedina ***


Buongiorno omegliobuonanottecontandocheèl'una! Torno con questa bella(?) Poké, malinconica quanto basta, che mi è spuntata all'improvviso; chiaramente sarà piena di cose strane perché è tardi e l'ho già letta tre volte, può bastare~ 
È dedicata a fedina, che la aspetta da molto tempo, spero che piaccia a lei e a voi! In sostanza, si tratta di un piccolo tributo triste e forse leggermente OOC di Misty, che si (ri)trova ancorata alla sua vita come Capopalestra, la stessa che aveva prima che Ash la portasse via da quella specie di incubo. Ecco se stessa, quindi, che prova a parlare con il suo io interiore, che cerca di farsi forza e di lottare per essere la splendida persona che è anche senza quel babbeo di Ash (che, nel cuore, la ama ancora♥). Spero che gradiate questa OS. Bye.



 
 
Time is stronger than us
Amore così grande come il tempo che non si è arreso.
— Tiziano Ferro
 
 
Il sole si librava alto nel cielo, i suoi raggi irradiavano i volti dei passanti e le nuvole faticavano a surclassare la sua luminosità. Essa stessa, indisturbata, penetrò senza preavviso nella camera da letto di Misty, costringendola a serrare gli occhi e a premersi il cuscino sul capo. Quando i primi attimi di disperazione passarono, la ragazza si liberò lentamente delle lenzuola, indossò le sue pantofole azzurre e camminò con la stessa andatura di uno Psyduck verso il bagno. Si lavò i denti, meticolosa, attenta a spazzolare almeno dieci volte ogni incisivo.
Una volta finito di prepararsi, indossando una salopette grigiastra e un top che le lasciava scoperte le braccia toniche, scese al piano di sotto, salutando di sfuggita le sorelle e indirizzandosi verso la Palestra di Cerulean.
Ogni giorno si ripeteva in quel modo, come un disco rotto, come una videocassetta che veniva prontamente resettata ogni notte, da molto tempo ormai: sei anni; sei anni erano passati dall’ultima volta che aveva deciso di dare una svolta decisiva alla sua vita e ora ogni progresso era andato perduto, costringendola a tornare alla routine di sempre.
Entrò nella Palestra, squadrando subito l’acquario con i Pokémon d’Acqua che la osservavano felici. Ricambiò il gesto con un tenue sorriso, specchiandosi nel vetro opaco: vedeva una ragazza bella, dal potenziale nascosto, che non riusciva a superare ciò che un tempo aveva reso la sua esistenza degna d’essere vissuta; come un’elegante candela ormai spenta, che non aveva trovato la giusta fiamma per tornare ad ardere.
Improvvisamente sentì dei saltelli silenziosi e regolari incedere verso di lei. «Ciao, Seadra» salutò il suo compagno d'avventure, appena uscito dalla fontana al centro dell’imponente costruzione, e gli carezzò il capo affettuosamente. «Tutto bene?»
Il cavalluccio marino prima annuì, poi assunse un’espressione preoccupata.
«Anche io sto bene, tranquillo.»
Uscì dall’ingresso e proseguì fino al campo lotta, ancora vuoto dato l’orario mattiniero. Tante, troppe cose erano avvenute in quel luogo e troppi ricordi assalivano la sua mente demotivata.
Fece una leggera pressione sui gomiti e riuscì a elevarsi sul davanzale dell’alta finestra, che dava sulla sua città. Sì, perché, del resto, la considerava una delle poche cose che era riuscita a conquistare — assieme al rispetto dei suoi abitanti.
Si sciolse i capelli, aggiustandoli alla bell’e meglio grazie al suo riflesso che la squadrava senza battere ciglio. Erano anni che non li portavo così, pensò; una serie di immagini si catapultarono nella sua testa senza chiedere l’accesso: un’allegra festicciola di paese, un kimono dai colori pastello e un raffinato uchiwa tra le sue dita; un giovane dai capelli corvini che la guardava estasiato, due mani che si intrecciavano per la prima volta — con una spontaneità e una dolcezza disarmanti.
Scosse la testa, vietandosi di far cadere di nuovo i suoi pensieri su di lui.
Era sciocco pensare che fosse stato il tempo a portarglielo via? Forse; eppure non riusciva né a incolpare se stessa — che, del resto, non aveva responsabilità della piega che aveva preso la loro relazione —, né voleva addossare la colpa su chi realmente lo meritava. Ammettere che di sua spontanea volontà quel babbeo aveva troncato i rapporti, pian piano, lasciandoli affievolire sempre di più, l’avrebbe distrutta.
E, del resto, il tempo era davvero l’ultimo fattore con cui poteva prendersela: lui la sosteneva, lui ancora credeva in lei, in loro. Lui le mostrava tutti i giorni una fotografia, gliela impiantava nel cervello senza possibilità di ritorno e le dava speranza; il tempo le ricordava che in tre anni avevano compiuto peripezie incredibili, impensabili, e che di conseguenza sei anni potevano essere ancora recuperati. Lui la sosteneva, le dava grinta e coraggio.
Si legò nuovamente i capelli con un elastico celeste, prima di analizzare attentamente la sua immagine riflessa. «Il tempo ce lo riporterà, è una promessa» le disse e un riso smagliante fece sfoggio di sé sul suo volto. Le stava sorridendo e Misty giurò a se stessa che per quel sorriso avrebbe sempre combattuto.






 

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Capitolo 10
*** CavalierShipping – For fedina ***


Salve a tutti! Questa volta mi presento con una Cavalier, ovvero la shipping Gary/Lucinda. Il contesto preso in considerazione è sicuramente quello dell'anime, nonostante la versione di Gary contemplata sia quella spocchiosa e sbruffona dei tempi di Kanto e Johto. Non che sia cambiato poi tanto, ma certo non se la tira più di tale maniera. Il ragazzo di cui si parla nella storia tecnicamente resta nell'anonimato, però a me piace pensare che sia Kenny; per quanto mi dia fastidio affibbiargli il ruolo di rimpiazzo, avevo voglia di inserire un accenno Penguin so here we are La storia è per fedina e in più faccio una minuscolissima dedica anche alla mia Ale (Blue Eich) che mi s(o)upporta sempre e che spero apprezzerà la Flash ♥  Per quanto riguarda l'immagine, so che non c'entra una cippa, ma la storia l'ho scritta ispirata dalla citazione, per cui non ho trovato nulla di molto appropriato! Spero vi piaccia! Bye.




 
 
Jealousy
 
“Io non l’amavo più da settimane, mesi forse, però ne ero geloso. L’idea che potesse essere felice con qualcun altro non mi piaceva affatto. Non volevo che mi dimenticasse, che si disinteressasse, che diventassimo sguardi che si incrociano alla metro alle sette del mattino”.
 
 
Il grande Gary Oak era solito lasciarsi scivolare tutto addosso come se nulla fosse, troppo perso nella contemplazione di sé per concentrarsi su ciò che facevano gli altri. Il solo pensiero che una ragazzina dalla chioma cerulea e le iridi oltremare potesse rubare la chiave del suo cuore, aprire quel lucchetto rimasto chiuso per anni, gli era sembrato ridicolo, agli inizi; ora invece era una consapevolezza che gli faceva perdere la ragione.
Quelle dita morbide e lisce — che un tempo lo sfioravano tutti i giorni — stavano stringendo amorevolmente la mano di un giovane dai capelli castani e l’aspetto ingenuo, dall’altro lato della stazione ferroviaria, e non accennavano a smettere; era buffo pensare che solo poche settimane prima avevano stretto la sua, era insolito essere così vicini ma sapersi emotivamente distanti.
Sentì un groppo in gola e un’improvvisa difficoltà nel respirare; inarcò le sopracciglia, scioccato da quelle sensazioni così nuove e pulsanti che minacciavano di straripare dalla diga del suo autocontrollo. Gelosia, non aveva mai avuto a che fare con quel sentimento viscido e crudele, che si insidia nella mente degli uomini e impedisce loro di riflettere lucidamente. Non sapeva come avesse fatto a capire, solo dopo averla persa, che Lucinda era così importante per lui, sapeva solo che il suo cervello continuava a urlargli a gran voce di andare da lei e fare qualcosa; di andare a riprendersela.
Ma in fondo, cosa poteva fare? Lei non era più sua.
Incrociò il suo sguardo e notò il suo profilo irrigidirsi, così come la presa sulla giacca verde del compagno farsi più molle.
In quel momento, in quel preciso istante, si riprese, issò fieramente il capo e ghignò: forse non era tutto perduto, forse aveva ancora speranze con Lucinda.
Del resto, lui era il grande Gary Oak.





 

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Capitolo 11
*** PokéShipping – For _Akari ***


Salve a tutti! Dedico questa storia alla mia cara amica Chiara (_Akari), per festeggiare inritardo il suo compleanno. Come immagino si sia capito, la coppia in questione è la Poké, ovvero Ash/Misty, ed è scritta sul tema Happy Birthday — non insulto la vostra intelligenza spiegando il perché.
Spero davvero che i personaggi siano risultati IC e che la situazione non sia troppo inverosimile: si tratta di una Slice of Life dopo che Ash e Misty sono già fidanzati, diversi anni dopo il loro primo viaggio.
L'immagine mi ha a dir poco ispirata: è bellissima e di essa ho ripreso senz'altro il tema del mare, il bacio e l'outfit di Misty (oddio, in effetti tutto(?)). Spero che ti piaccia, Chià, e spero che piaccia anche a voi! Auguri a chiunque compia gli anni oggi (o in questi giorni) e buona lettura.




 
 
   Doveva essere tutto perfetto. La torta a tre piani posizionata in bella vista sul tavolo di cristallo, quello al centro della sala, che lasciava l’acquolina in bocca a chiunque la guardasse; il pavimento tirato a lucido — lui stesso aveva cooperato con i suoi Pokémon d’Acqua, per fare in modo che vi ci si potesse specchiare — e che ben presto avrebbe accolto scarpette col tacco e mocassini eleganti intersecati tra loro al ritmo di una buona musica; infine, la vista sul mare, il suo più grande amore, garantita dal balcone ampio e spalancato che li esortava a entrarci.
   Sapeva bene quali fossero i rischi: Misty non era mai stata una ragazza dai gusti facili, che si accontenta. Voleva che quella serata la soddisfacesse davvero, che il suo ricordo le rimanesse per sempre impresso nella memoria.
   «Quando arriva, via con i palloncini!... O forse andrebbero meglio i coriandoli... no, no, se le finissero tra i capelli andrebbe su tutte le furie...» iniziò a farneticare Ash, camminando avanti e indietro senza sosta, cercando l’alternativa migliore per la sua dolce metà — che, però, sapeva essere l’esatto contrario di dolce, quando si infervorava.
   «Ash, calmati!» Brock gli posò una mano sulla spalla, nel vano tentativo di tranquillizzarlo. «Misty apprezzerà qualsiasi sorpresa sceglierai di prepararle, perché tua
   «Parli come se non fosse la stessa persona che ti ha tirato in faccia un dolcetto al cioccolato perché aveva le noccioline.»
   «È allergica alle—»
   «E tu come potevi saperlo!»
   «Ascolta, Ash, non è questo il punto! Ti sei dato un gran da fare e lei lo noterà» assicurò il Medico, sorridendo genuinamente al suo migliore amico.
   Ash prese un bel respiro e alzò il mento, cercando di compensare a quei dieci centimetri che ancora aveva di scarto rispetto all’altro. «Ok. Grazie, amico.»
   Si strinsero fraternamente la mano, dopodiché Ash riprese a organizzare la serata, decidendo di lasciar perdere sia i coriandoli sia i palloncini.
  Dopo circa venti minuti ebbero finito tutti i preparativi e l’Allenatore non avrebbe potuto essere più soddisfatto di se stesso; nonostante la stanchezza, non si sedette, ma rimase sull'uscio del balcone ad aspettare che Tracey vi scortasse la sua dama. Immaginava che qualsiasi scusa l’amico avesse trovato non sarebbe stata abbastanza per abbindolare l’intuito più che sviluppato di Misty, ma tanto valeva provarci. Rise smagliante, attendendola con le mani dietro la schiena. Sembrava un cameriere di un ristorante a cinque stelle, con quello smoking che gli dava un’aria più adulta di quanto in realtà non fosse.
   Bastarono pochi istanti perché la porta si aprisse e tutti nella stanza urlassero un sonoro Sorpresa!. Misty rideva come mai prima di allora, con una mano davanti alla bocca e una ciocca rossa che le cadeva sulla guancia arrossata. La trovava assurdamente magnifica, nella sua perfetta semplicità.
   Per qualche secondo, stette in silenzio; la guardò salutare i suoi amici, ridere, ringraziare chiunque incontrasse con un’espressione paradisiaca. Era quello che voleva: renderla felice. Niente di più. Per un momento, i rumori, la musica, le chiacchiere e gli auguri divennero inudibili a lui che ascoltava solo la sua risata.
   Misty incrociò il suo sguardo per ultimo, come a volersi prendere il giusto tempo per parlargli lontano da tutti gli altri, e camminò lenta verso di lui con un sorriso mellifluo. «È stata una tua idea?» gli domandò, scompigliandogli i capelli.
   Ash la squadrò come se fosse un’apparizione divina, con quell’abito azzurro, che le fasciava il fisico asciutto, e il fermaglio a forma di stella marina, che legava la sua chioma in una coda pendente sulla spalla. «Pare proprio di sì» affermò, guardandosi attorno e dondolando col busto. Era piuttosto orgoglioso di se stesso, sebbene non glielo avrebbe mai confessato.
   «Bel lavoro, Ash» si congratulò lei, continuando a osservarlo grata. «Ma manca ancora qualcosa.»
   In seguito Misty gli giurò di non aver mai visto la sua espressione farsi così intimorita: né davanti a uno stormo di Beedrill, né davanti a Gary Oak o a un altro dei suoi peggiori rivali, neanche di fronte a Mewtwo. La ragazza incurvò bonariamente le labbra, accarezzandogli la guancia con l’indice. Si avvicinò voluttuosamente alla sua bocca, la vezzeggiò con la propria e vi ci si tuffò, aggrappandosi al suo collo. Ash accolse il gesto con gli occhi sgranati, che andarono man mano ad addolcirsi non appena compreso ciò che la sua ragazza voleva intendere. Manca ancora qualcosa. Li socchiuse, prendendo cautamente il controllo del bacio e lasciando che le loro lingue si scontrassero per un po’, per darle il regalo che desiderava più di tutti, dopodiché si allontanò con il respiro mozzato.
   «Mi sarebbe bastato anche solo questo, stasera, ma grazie davvero» affermò la giovane, stringendogli la mano.
   Ash rise. «Oh, ottimo, quindi posso riportare la collana di diamanti al negozio?»
   Sapeva di essersi condannato a morte certa. Misty gli torse il polso che prima stava accarezzando con affetto, ghignando di fronte ai suoi piccoli gemiti di dolore, poi si avvicinò al suo orecchio e vi sussurrò appena un: «Ora non esagerare, amore mio.»



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Capitolo 12
*** IsshuShipping – For _Akari ***


Salve a tutti! Vi sono mancata?
So che è da molto che non aggiornavo, però ho avuto l'ispirazione solamente ieri grazie all'event di giugno del gruppo Facebook We are out for prompt. La mia promptatrice mi ha chiesto questo: "Isshushipping, lemon o lime, a tua preferenza. Prima volta, con insecure!top!N e conforting!bottom!Touya". Per questo motivo il capitolo di oggi penso di poterlo considerare arancione. Non volevo cambiare il rating dell'intera raccolta per un solo capitolo, per cui vi avverto qui!
Come è chiaro che sia, il pairing è una Isshu, ovvero N/Touya (o meglio Touya/N, in questo caso, anche se io vedo molto più Touya come uke ;;).
Spero sia di vostro gradimento!
Anyway, la storia è dedicata alla mia Chiaretta (_Akari), che la aspettava da un po'. Spero sul serio che ti piaccia. L'ho scritta ieri a mezzanotte, quindi potrebbe esserci qualche o/errore - nonostante l'abbia ricontrollata più volte. Nel caso ne troviate qualcuno, non esitate a dirmelo! Buona lettura. 



 

La prima volta
 
Touya non aveva mai avuto l'occasione di dirgli quanto i suoi capelli lunghi lo rendessero attraente, quanto quel loro colore verde smeraldo lo facesse apparire misterioso, o quanto ogni camicia attillata che indossava gli facesse venir voglia di strappargliela di dosso a morsi. Touya non aveva mai avuto l'occasione di spogliarlo, di baciargli quel collo candido e invitante, o di tastare la consistenza del suo sesso e dei suoi glutei sodi — che nessun genere di pantalone riusciva a nascondere.
N era una scarica di eccitazione al solo sguardo, un vero e proprio orgasmo per gli occhi.
Non gli aveva mai detto niente di tutto quello nella loro lunga relazione, ma sperava ardentemente di starglielo dimostrando in quel momento: lì, nella loro stanza da letto, incollati a quel muro troppo distante dal baldacchino ma assolutamente perfetto per trasmettergli tutto il suo desiderio, mentre gli alzava le gambe da terra e se le portava alla vita. I loro membri entrarono in contatto e N si lasciò scappare un gemito indistinto, subito soffocato dalle labbra vogliose del suo amato che andarono a catturare le sue. Si baciarono a lungo, con le mani del corvino che vagavano sulla sua schiena liscia e gli andavano a sbottonare la camicia blu scuro. Si separò un attimo da lui e la gettò per terra, andando a mordere, leccare e succhiare un piccolo lembo di pelle tra la gola e il petto, regalandogli — a lavoro terminato — un bel marchio rosso.
N continuava a gemere forte, aggrappandosi di più al corpo del suo compagno che, nonostante fosse cinque centimetri più basso, riusciva a reggere il suo peso. Affondò le falangi lunghe e sottili nei capelli corti e sbarazzini di Touya, inarcando la schiena quando il ragazzo fece pressione sul suo sedere per alzarlo più in alto e andare a baciargli l'inguine. Ma quando la sua mano curiosa andò a tastare la sua consistenza già dura sobbalzò, fermandogli il braccio con la mano.
Touya incontrò il suo sguardo, impaurito. «Scusa» gli disse subito, smettendo di toccarlo e facendolo scendere per terra, ma continuando a mangiarlo con gli occhi.
«No, scusa tu. È solo che...»
N abbassò lo sguardo, poi lo tramutò in uno di quei sorrisi ammalianti ed enigmatici che usava di solito per farsi perdonare qualcosa.
Touya sembrò leggerlo nel pensiero: «Non hai niente di cui scusarti, davvero.»
N rise, ma bastò poco perché tornasse a guardarlo dispiaciuto. «Io voglio farlo.»
Nonostante desiderasse tanto interpretare la parte del fidanzato perfetto da sitcom — quello che non delude, quello premuroso e sensibile —, Touya non riuscì proprio a farsi scappare l'occasione di andare avanti. Alzò le punte dei piedi e pose le mani sulle sue spalle prima di far sfiorare le loro bocche; chiese l'accesso con una calma disarmante e lambì le sue labbra con le proprie; ne delineò il contorno con la lingua, poi lo portò a schiudere la bocca e diede il via a una lenta danza senza esclusione di morsi. 
«Farò piano, rilassati» gli sussurrò dopo, rasente all'orecchio, scendendo a mordergli il lobo con dolcezza. 
A quel punto N fece una cosa che, Touya lo sapeva, non aveva mai fatto con nessun altro: si fidò; per quello, gli fu estremamente grato; e, quando spinse dentro di lui, prima molto piano, poi con una passione incontrollata, spedendogli scariche di piacere e di amore, lo fece determinato a dimostrargli che aveva preso la decisione giusta.








 

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Capitolo 13
*** MoonlilyShipping – For S h i r o g a ***


Da quanto tempo non aggiornavo questa raccolta? Da davvero tanto tempo, decisamente troppo. 
Cerco di non dilungarmi in quella che dovrebbe essere una spiegazione, condita di tanto in tanto di scuse varie, per giustificare la mia assenza di quasi... un anno? Sì, direi di sì. Non saprei cosa dire a coloro che stavano seguendo assiduamente la raccolta, se non un mi dispiace. Ma purtroppo — mi do il permesso di dire almeno questo — l'ispirazione va e viene, la scuola è una tiranna che si nutre del mio tempo e divora di nascosto i miei passatempi, e la mia voglia è più una leggenda metropolitana che altro. 
Quindi, bando alle ciance, mi decido finalmente a introdurre questa fan fiction. È una MoonLily (Moon/Lily, come è ovvio) ed è dedicata alla mia migliore amica, sul sito conosciuta come S h i r o g a. Ho shippato queste due veramente tanto la prima volta che ho giocato a Sole e Luna, adesso sto facendo un secondo tentativo e diciamo che Lillie non è esattamente di mio gradimento, ma ricordo di un grosso cambiamento, in positivo, quindi continuo a tifare per loro due indisturbata. La presenza di Gladion (e di Hau) è dovuta al mio grande amore nei suoi confronti (è il mio personaggio preferito del gioco) e nei confronti della CuteBone (Gladion/Hau). 
Detto questo, spero vi piaccia. Buona lettura e a presto!



 




Come due Pokémon innamorati
 
Immaginati la loro relazione come una battaglia Pokémon, in cui alla fine i due passano dall’essere rivali a compagni, gli aveva suggerito Hau, in uno dei suoi vaneggiamenti vari, nel tentativo di facilitargli l'accettazione di tutta quella situazione. Vero era che qualcosa di serio o sensato uscisse dalla bocca di quel ragazzo non più di un paio di volte all’anno, ma ciononostante Gladion ci aveva sul serio provato.
Non che avesse un problema con la natura della loro relazione. Era abbastanza intelligente, abbastanza sveglio da accorgersi degli sguardi carichi di disprezzo che di tanto in tanto segnavano il volto di chi si imbatteva nei baci di Moon e sua sorella, o nella visione di loro due che si tenevano per mano.
Gladion però conosceva il male, il male vero — quello che corrompe un individuo dall’interno, penetrando nelle radici del suo essere —, e l’aveva visto in atto, quel male, su se stesso, sulla sua sorellina, sulla sua famiglia; aveva visto la pazzia, si era fatto un'idea di cosa potesse o meno definirsi contro natura; ed era gradualmente arrivato alla conclusione che non fosse possibile che l’amore rientrasse in quelle cose, che il sentimento che vedeva negli occhi di quelle due ragazze non avrebbe potuto fare del male a nessuno se non a loro stesse — perché era anche arrivato a credere, dopo tutte le batoste subite, che l’amore era una debolezza: quante più erano le persone a cui si teneva, tante più erano le possibilità di restare feriti.
Per Gladion era semplicemente tutto ancora troppo strano, ecco. Come se le due donne più importanti della sua vita lo stessero tagliando fuori, a poco a poco, creando un mondo che era solamente loro.
In quel modo, comunque — cerando di vedere il lato positivo, come gli diceva sempre Hau —, Gladion aveva l'opportunità di osservare la situazione dall’esterno, come se stesse guardando un film. Coglieva quindi la scioltezza che Lillie stava acquistando a furia di passare il tempo con quella testa calda di Moon, così come notava la delicatezza farsi strada nelle azioni dell'altra, un riflesso di quell’incondizionato garbo e di quella dolcezza che sua sorella manifestava verso chiunque e in qualsiasi momento. Quando passeggiavano tutti e tre per le strade di Kanto, e Gladion le squadrava da dietro che intrecciavano le loro dita, si accorgeva che camminavano in sincronia, come guidate dalla stessa forza, forse proprio quella dell’amore.
E soprattutto, Gladion notava la malizia negli occhi di Moon e le reazioni che scatenava nella piccola e innocente Lillie, la quale non poteva fare a meno di arrossire a ogni doppio senso e a imbarazzarsi per ciascuna carezza leggermente più audace sulla schiena.
In quei momenti Gladion fingeva di essere un Allenatore con i suoi due Pokémon preferiti e traeva occasione per studiarle come fossero oggetto di un’importante ricerca di scuola.
Quando poi vedeva l’una che lentamente e mellifluamente si chinava sul viso dell’altra — le cui gote assumevano il colorito di un peperone —, con l'intenzione di rubarle un bacio, prendeva atto che il Pokémon Moon stesse usando una mossa superefficace.






 

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Capitolo 14
*** PokéShipping – For Hime610 ***


Salve a tutti. Non aggiorno questa raccolta da circa due anni e oggi ritorno a caso con una simpatica modern!AU Satoshi/Kasumi, scritta per il "«4 DAYS - t e m a: what if?&AU - IV Edizione»" sul prompt «C’è della musica in sottofondo, mentre il loro litigio attira gli sguardi delle persone presenti». Questo perché nell'ultimo periodo ho rewatchato la prima stagione di Pokémon in lingua originale e mi sono innamorata per l'ennesima volta di questi due ragazzini.
Ho pensato di scrivere la storia dal punto di vista di Takeshi, che in fondo deve fare da candela a questi due per tutto il tempo e quindi merita un po' di riconoscimento. 
Ho eliminato tantissimi capitoli della raccolta in quanto non riuscivo più a tenerli sul mio profilo: troppo distanti dal mio stile di scrittura attuale. Non che ora io sia la bella Afrodite, ma almeno sono capace di scrivere una storia che non sia sgrammaticata o completamente OOC almeno spero
È dedicata, perciò, andando a ritroso, a Hime610, nonostante ai tempi gliene scrissi già una, che però ho prontamente eliminato. È probabile che molti profili che anni fa mi recensirono adesso non siano nemmeno più attivi, ma non importa; in fondo io non mi sono mai data scadenze e ho cercato — forse esagerando — di non mettermi pressione per concludere questa raccolta.
Detto questo, quindi, mi auguro che la storia vi piaccia. Sono più che aperta a critiche di qualsiasi tipo. Commenti positivi o negativi sono i benvenuti. Spero che il fandom non sia ormai completamente morto.



Takeshi non ricordava cosa lo avesse convinto a fare una passeggiata con suo fratello quel pomeriggio, tuttavia era certo di essersene già pentito. Era consapevole di destare l'attenzione della gente per strada quando si dichiarava indiscriminatamente a ogni bella ragazza in vista, prima di incassare con stoicismo il consueto rifiuto; tuttavia niente attirava gli sguardi delle folle come i litigi infiniti tra Satoshi, il suo fratellino, e Kasumi, una sua “amica”, che Takeshi però vedeva come una cognata già da parecchio tempo. I due battibeccavano accanitamente su qualsiasi argomento, quasi provassero piacere a essere in disaccordo. Ciò che più di ogni cosa stupiva Takeshi era l'enorme facilità con la quale tutto tornava a posto nel giro di qualche minuto: non c'era astio, non c'era rancore, non intravedeva mai nemmeno l'ombra di un risentimento sui loro volti per la discussione appena conclusa. Era come se niente fosse successo.

Per quanto a volte si dispiaceva del fatto che lui, alla veneranda età di diciassette anni, non fosse ancora mai riuscito a trovare una fidanzata, mentre quei due, dodici anni a testa, erano già praticamente accasati, non poteva evitare di sentirsi felice per loro. Avvertiva un piacevole calore all'altezza del cuore ogni qual volta li vedeva assieme.

«Su, su, smettetela di litigare. Guardate là! Vendono dei palloncini.» Spesso li distraeva con frasi di quel tipo, non perché temesse che le cose potessero degenerare — per l'appunto, nonostante bisticciare fosse il loro hobby preferito, era davvero rarissimo che facessero sul serio —, ma poiché le sue orecchie chiedevano letteralmente pietà dopo ore di schiamazzi e motteggi.

«Oh! Che belli!»

«Sì, sono stupendi!»

Suo fratello, capelli corvini e scompigliati sotto un vivace berretto bianco e rosso, e Kasumi, pel di carota tutto pepe e iridi verde smeraldo, si guardarono negli occhi e si scambiarono un sorriso a trentadue denti, tipico della spensieratezza infantile che fa volare via qualsiasi preoccupazione. Si catapultarono verso i palloncini: Satoshi ne comprò uno a forma di topo giallo, Kasumi uno che ricordava le forme di qualche specie marina, tutto blu.

«Che dovrebbe essere quel coso

«Come sarebbe? Non ci vedi? È chiaramente un guppy! Un adorabile pesciolino d'acqua dolce.»

«Sarà. Sei molto strana.»

Ecco spuntare una venuzza pulsante sulla fronte della ragazzina; per Takeshi non fu difficile prevedere la sfuriata che ne conseguì: «E tu piuttosto! Ti sei preso un topo! Bleah! Un animale più carino ti faceva schifo? O forse non ti si addiceva?»

«No, stupida, non vedi che è giallo? L'ho preso perché mi ha fatto pensare a te!»

Kasumi ammutolì per qualche secondo e Satoshi parve vagamente imbarazzato. Sulle guance di entrambi comparve un leggero rossore.

Takeshi sorrise: solo suo fratello era capace di nascondere una dichiarazione dietro un insulto.

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Capitolo 15
*** ChessShipping – For AlexMarinuzzi ***


Salve a tutti! Ho ben pensato, in base alle premesse del capitolo precedente, di aggiornare più spesso questa raccolta che mi sta molto a cuore; potendolo fare solo con le ship della prima stagione dell'anime oppure dei personaggi giocabili dei videogames, ecco qui per voi una Chess, ovvero una Touya/Touko, dedicata ad AlexMarinuzzi, che la attende dal 2014. Spero davvero che piaccia a lui e a tutti voi. L'ho immaginata come una slice of life successiva agli eventi del gioco, che suppongo durino grossomodo l'arco di tempo di un anno, per cui ho deciso di renderli dei sedicenni in questa storia. Come penso si sia già intuito, per quanto mi riguarda (e credo sia una cosa grossomodo obiettiva) i personaggi giocabili non hanno un IC, quindi per me scrivere questa fan fiction è stato come scrivere un'originale ambientata nell'universo Pokémon (del quale sono attualmente ossessionata, quindi yay). Mi sono comunque divertita a delineare il carattere di questi due ragazzi, quindi sarei molto grata a tutti voi se deciderete di commentare questo capitolo con tutte le vostre impressioni - positive o negative che siano. La trama è molto semplice, niente di pretenzioso o psicologico, ma spero sia comunque apprezzabile. Ho utilizzato i nomi originali (sia per i personaggi e sia per i luoghi) perché con il rewatch dell'anime in giapponese li sto apprezzando decisamente di più. Buona lettura!




Who's stronger?
 
«Sono comunque più forte di te» affermò sicuro il ragazzo dai capelli castani, socchiudendo gli occhi con vanesia e incrociando le braccia. «Sono un ragazzo, del resto. Sarebbe imbarazzante se non lo fossi, no?»
Touko si domandava ancora come fossero arrivati a intavolare quella conversazione. Lei aveva semplicemente scherzato sulla sua corporatura minuta e sul fatto che, ci scommetteva, si ritrovava spesso ad avere bisogno di qualcuno che gli stappasse anche una bottiglia di Gassosa. Non essendo capace di capire da sé quando il proprio sarcasmo si spingeva o meno troppo in là, dedusse dalla sua reazione che forse in quel caso aveva superato un qualche confine immaginario, andando a scalfire il suo ridicolo orgoglio maschile.
«Non credo proprio che tu sia più forte di me» replicò Touko qualunquista, buttando l'occhio sul volantino attaccato a un palo che pubblicizzava il Teatro Musical di Raimon City.
Touya sembrò averla presa male. «Scommettiamo?»
«Che hai in mente?»
«Braccio di ferro! Vediamo un po' chi vince!»
Touko fece spallucce. Era piuttosto certa che avrebbe vinto. «Come vuoi» disse. 
Si sedettero a un tavolo nella veranda esterna del bar di Shippou City e dopo aver ordinato due Green Tea cominciarono a gareggiare. Touko, che da prima era del tutto disinteressata alla sfida, si destò non appena le loro mani entrarono in contatto: non aveva realizzato che per dimostrare chi dei due fosse in grado di battere l'altro a braccio di ferro avrebbero dovuto tenersi stretti in quel modo. Temette di arrossire per mezzo secondo, ma sperò di essere in grado di controllarsi senza fare brutte figure: Touya l'avrebbe presa in giro a vita se avesse notato le sue guance tingersi di rosso. 
«Pronta?» le chiese, con un sorrisetto irritante.
«Nata pronta» rispose lei, fingendo indifferenza. 
Al tre cominciarono a spingere l'uno contro l'altra; fin dall'inizio Touko riuscì ad avere la meglio e fu vicinissima a portare il palmo dell'avversario a toccare il tavolo su cui si erano posizionati. 
«Touko-chan...» sussurrò lui, palesemente affaticato.
«Che vuoi?» sbottò lei senza guardarlo. 
«Devo rivelarti che mi piaci veramente un sacco»
Eh? Touko si distrasse per un secondo sgranando gli occhi e portandoli dritti sul suo interlocutore, ma bastò quel singolo istante per farle perdere il suo vantaggio: Touya ne approfittò subito e spinse il suo braccio verso la sconfitta.
«Yay!» esclamò lui, divertito ed entusiasta, iniziando a saltellare e a gridare senza ritegno.
La ragazza sentì una venuzza palpitarle sulla fronte, assottigliò gli occhi e si avvicinò a lui; gli afferrò la maglietta mentre quello ancora esultava, cogliendolo di sorpresa. Touya si zittì subito e parve quasi spaventato di fronte al suo cipiglio innervosito. Touko strinse l'indumento anche con l'altra mano e lo trascinò così vicino a lei che si ritrovarono letteralmente a un bacio di distanza. 
Il ragazzo deglutì. «Dai, Touko-san, non vorrai mica arrabbiarti...»
«Per quale motivo una ragazza non potrebbe essere più forte di un ragazzo?»
Touya sembrò spiazzato da quella domanda; anche Touko lo era: tra tutte le cose che avrebbe voluto dirgli — per esempio quanto fosse stato uno stronzo a barare in quel modo o quanto la sua frase fosse stata un autentico colpo basso — quella cadeva senz'altro in secondo piano, ma per qualche motivo era stata la prima a uscirle di bocca.
«Per nessun motivo» rispose lui con un ghigno, «volevo solo provocarti un pochino, ma a volte mi sembra che niente riesca a scuoterti»
Touko strabuzzò gli occhi e per istinto lasciò la presa sulla sua maglia, cosa che gli fece perdere l'equilibrio e lo costrinse ad aggrapparsi alla sedia per non cadere, visto che lei era arrivata quasi a sollevarlo da terra.
«Io-»
«Ecco a voi i vostri Green Tea, ragazzi!» 
Entrambi sobbalzarono di fronte alla cordiale giovane donna che si era appena approcciata a loro con un vassoio poggiato sul palmo della mano aperta; lo posò sul tavolino e Touko subito si sentì invadere le narici dal dolce profumo della bevanda che aveva ordinato (e di cui, in realtà, si era totalmente dimenticata).
«Grazie» disse Touya, accennando un inchino.
«Grazie mille» gli fece eco lei. 
Si sedettero al tavolo e sorseggiarono il té in silenzio, l'imbarazzo così denso e palpabile che si poteva tagliare con un coltello. La frase dell'amico l'aveva spiazzata: sapeva di essere spesso monoespressiva e di non mostrare al mondo le sue emozioni e le sue impressioni, era perlopiù taciturna e le uniche cose che sapevano ridestarla erano una buona lotta Pokémon o un piatto prelibato; tuttavia credeva che con lui non dovesse giustificarsi per il modo in cui era, era convinta che la accettasse senza giudicarla.
«Ti annoia stare con me?» gli chiese dopo qualche minuto di quiete; in fondo quella era sempre stata la sua più grande paura: allontanare le persone a causa del suo carattere peculiare.
Touya le sorrise, un sorriso dolcissimo, come non gliene aveva mai visti dispensare a nessuno. «No, certo che no. Piuttosto mi viene da chiedermi il contrario»
«Non mi annoia stare con te» chiarì lei, «anche se posso dare questa impressione»
«Bene» asserì lui.
«Credo che, alla fine, tu sia molto più forte di me» gli disse a un certo punto.
Touya inarcò un sopracciglio. «Stavo per perdere alla grande cinque minuti fa...»
Touko increspò le labbra all'insù. «Fisicamente sono molto più forte di te; su questo non ci piove» affermò. «Però penso che tu debba essere davvero forte per sopportare un'amica come me. Non mostro mai entusiasmo per niente, non sono quasi mai io a chiederti di vederci e poi...»
«Touko-chan» la interruppe lui. «Non dirlo nemmeno per scherzo. Penso che denoti una certa forza anche il tenersi tutto dentro senza mai aprirsi con nessuno; però credo che a un certo punto si possa finire per esplodere. Io voglio solo che tu sappia di poterti confidare con me, qualsiasi sia la cosa che ti passa per la testa e che vorresti dire a qualcuno. Non mi pesa stare con te, anzi» le assicurò.
Questa volta Touko sorrise apertamente, mostrando la dentatura biancastra. «Grazie, Touya»
«Touya-kun, quante volte devo dirtelo?» scherzò lui, fingendosi arrabbiato.
«Un'altra ancora, come sempre»
Il ragazzo annuì e ridacchiò.
Alla luce delle sue parole, lei decise di uccidere quel tarlo mentale che la stava perseguitando da quando l'altro aveva proferito una certa frase. «Touya, eri sincero prima? Quando hai detto che ti piaccio un sacco? O era solo un modo per vincere a braccio di ferro?»
L'interpellato la guardò intensamente, si sporse sul tavolino allungando il busto per avvicinarsi a lei e le soffiò: «Tu che dici?»
Per tutta risposta, Touko annullò i centimetri che ancora li dividevano e lo baciò; pose con delicatezza le labbra su quelle di lui, impacciata: nonostante i sedici anni, era il suo primo bacio e non aveva idea di cosa stesse facendo. Touya accolse quel gesto piacevolmente sorpreso, le circondò le guance con le mani e approfondì il contatto chiedendole l'accesso alla sua bocca con la lingua; Touko glielo concesse e iniziarono a cercarsi e a trovarsi fino a che non mancò a entrambi il respiro. Avvicinarono le reciproche fronti e sospirarono pesantemente.
«Direi proprio che sei più brava a fatti che a parole» se ne uscì, con un tono di voce basso e roco che le fece venire la pelle d'oca.
Touko gli pose due dita sotto al mento per portare i loro volti allo stesso livello. «Direi proprio di sì» ammise, prima di baciarlo di nuovo.



 

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Capitolo 16
*** Kalos, BrightTomorrow, Boutique – For fedina, KuroiGungnir, Hitsuki ***


Cosa succede quando decido di rigiocare a X&Y e al contempo Torre di carta indice una serie di iniziative una migliore dell'altra? Succede che aggiorno questa raccolta, con un format diverso dal solito: tre storie in una. Dato che la prima doveva essere una drabble, mi dispiaceva occupare un intero capitolo per una fic così piccina, per cui ho pensato bene di inserirne altre due basate su personaggi della stessa generazione. Non c'è un tema comune tra le tre, tralasciando il fatto che le ultime due sono scritte sul trope hurt/comfort (ovvero: un personaggio va a consolare l'altro per x motivo).
Ci troviamo quindi di fronte a una Kalos (Calme/Serena, dedicata a fedina), a una BrightTomorrow (Calme/Sana, dedicata a KuroiGungnir) e una Boutique (Sana/Serena, dedicata a Hitsuki). Nel gioco nessuna delle tre mi fa impazzire ma allo stesso tempo nessuna mi dispiace e al contrario mi incuriosisce molto il personaggio di Sana (o Sha(u)na, come è stata tradotta nel west). Ho usato i nomi giapponesi e qualche suffisso che mi sembrava più adeguato, anche i nomi dei luoghi e dei Pokémon sono quelli originali. Spero davvero che vi piacciano e che piacciano alle persone a cui sono dedicate le storie, sempre che ancora frequentino Efp e questa sezione e si accorgeranno dell'aggiornamento ~





Let me stay in your sight - Calme/Serena (KalosShipping)
 
© https://transcendr.tumblr.com/
 
"Oh baby, let me stay your alley cat,/you're my wire to the light/and my spark here in the still of the night./So baby, let me stay where I'm at,/in your sight I always feel alright," (Alley Cat - Seventh Wonder)

Non è che Calme non avesse sentito l'avvertimento di Serena che gli urlava contro di non seguirla, o le grida di Sana, Tierno e Toroba che lo supplicavano di aiutarli a proteggere gli abitanti di Miare City, mentre lei se la sarebbe vista con la Flare-dan: semplicemente, aveva deciso di ignorare bellamente ogni cosa e di fare di testa propria, come sempre.
«Calme-kun, va' via!» esclamò irritata Serena non appena lo notò alle sue spalle.
«Non posso mica lasciare la mia cara vicina di casa a se stessa, Sere-chan» ribatté lui con tono ironico. 
Lei sorrise — e cercò di nasconderlo —, poi alzò le spalle. «Quand'è così... Stai bene attento a non intralciarmi, però!»
Calme ghignò, affiancandola nella corsa, le fece l'occhiolino e le disse: «Contaci»
[ 127 parole, Edizione Speciale: Corsa delle 24 Ore ]





A shoulder to cry on - Calme/Sana (BrightTomorrowShipping)

 © https://glassesrink.tumblr.com/
prompt: Di solito è A che si prende cura di B quando sta male, ma inaspettatamente accade il contrario;
 
Calme era sempre stato un tipo piuttosto intuitivo e con uno spiccato spirito di osservazione: raramente non riusciva a inquadrare subito una persona, ancora meno spesso le sue prime impressioni si rivelavano errate; per quanto concerneva Sana, lui aveva creduto fin dal primo momento che quella ragazza fosse un tripudio di energia, un tornado di schiettezza e un maremoto di vitalità, impossibile da sedare o da controllare; forse non era abile quanto Serena negli incontri tra Pokémon e perciò finiva per spiccare di meno, ma ai suoi occhi brillava più di qualsiasi stella del firmamento. 
Era abituato a vederla con un sorriso sulle labbra e la gioia negli occhi di cominciare una nuova avventura, era sempre lei che gli dava la giusta carica prima di una sfida in palestra o dopo una brutta sconfitta contro un valido avversario. Non era abituato a essere lui quello a cui toccava consolarla, mai si sarebbe immaginato di vederla piangere disperata di fronte ai suoi occhi. 
«Sa-» le parole gli morirono in gola. Non sapeva davvero cosa fare. La ragazzina aveva le mani sugli occhi per nascondere le lacrime, le ginocchia al petto e i capelli castani scompigliati, con numerose piccole ciocche sfuggite a elastici e ferrettini. Calme era vicino a scoppiare a piangere pure lui per il nervosismo. «Sana-chan... stai tranquilla, non è niente...» Si sedette accanto a lei e con cautela le sfiorò il gomito con le dita. 
Il pianto della ragazza parve fermarsi un po', o forse stava solo cercando di controllarlo per non farlo preoccupare troppo. Era qualcosa che lei sarebbe stata in grado di fare — pensare agli altri anche quando aveva bisogno d'aiuto in prima persona.
«Ecco, guarda...» Calme non conosceva nemmeno il motivo per il quale stesse piangendo, e non era certo di come chiederglielo perché non sapeva se fosse in vena di parlarne, per cui gli risultava ancora più complicato trovare le parole adatte. «Sì, ecco, tieni» le disse e poi indicò la propria spalla.
Sana alzò il capo lentamente e gli rivolse uno sguardo perplesso, curiosa di sapere cosa le stesse porgendo. 
«Ecco, sì, uhm... puoi, sì, puoi prendere... non prendere, puoi usare... voglio dire, se ti va, puoi piangere sulla mia spalla» Calme si sentiva un perfetto idiota ed era sul punto di diventare un peperone vivente per il rossore sulle guance; non era riuscito ad apparare una frase sensata e ora non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.
Dovette farlo, però, quando una bella risata limpida lo sorprese: alzò lo sguardo e sbatté varie volte le palpebre, confuso, di fronte a Sana che se la rideva da matti, le lacrime ancora sulle guance ma il cui flusso si era finalmente fermato.
«Ma... stai ridendo»
«Però, che occhio!»
«Perfetto. Mi stai prendendo in giro» Calme era vicino all'arrabbiarsi per tutto l'imbarazzo che stava provando.
«No! Scusa, scusa! Calme-kun, è solo che tu normalmente sei sempre così... disinvolto, ecco, forse un po' spaccone, insomma... non hai mai problemi a dire la cosa giusta o la frase in effetto perfetta. Mentre adesso eri... diverso! Ma adorabile!»
«Adorabile non è proprio un termine che un ragazzo vorrebbe sentire riferito a se stesso, Sana-chan»
«Perché no? È una cosa positiva!»
Calme rise. Era vero ciò che aveva detto: vantava una certa boria e vanesia nel modo di atteggiarsi, soprattutto quando si trattava di stuzzicare Serena, ma non si sentiva per niente a suo agio nell'atto di consolare qualcuno.
«Comunque... sarò felice di prendere o usare la tua spalla, in futuro!»
Il ragazzo assottigliò gli occhi e fu vicino a strozzarla per il modo in cui stava usando le sue parole sconnesse contro di lui; tuttavia, alla fine, quando si furono alzati ed ebbero iniziato a camminare, non poté fare a meno di sorridere a trentadue denti, attento a coprire l'increspatura delle labbra con l'ombra del suo cappello.
[ Hurt/Comfort Time ]




Fireworks - Serena/Sana (BoutiqueShipping)


© https://mindofjen.tumblr.com/
 

«Vieni, vieni, Sana-chin»
Sana alzò gli occhi al cielo ma la seguì comunque. Serena ne fu grata. Non era consono per la sua amica essere così giù di morale; Serena voleva permetterle di esprimere tutte le sue emozioni come meglio credeva e darle i suoi spazi e tempi, ma allo stesso tempo non riusciva a restarsene con le mani in mano mentre la vedeva soffrire. 
«Siamo quasi arrivate!» esclamò, vivace, prima di prenderle la mano e guidarla verso il luogo che aveva in mente da quando si erano messe in cammino quasi un'ora prima. Volendo avrebbe potuto chiedere un passaggio al suo fedele Lizardon, ma aveva preferito fare una passeggiata con Sana, che di malumore o meno adorava camminare e muoversi a piedi. 
«Eccoci al percorso 6!» urlò allegra una volta che giunsero a destinazione.
Sana accennò un sorriso.
«Lo attraversiamo per arrivare al palazzo, che ne pensi?»
Il sorriso sul volto della castana si allargò a dismisura. «Certo»
Ormai Serena era certa che Sana avesse capito perché l'aveva trascinata lì, ma ciò non cambiava il fatto che sarebbe rimasta sorpresa per ciò che aveva in serbo per lei. 
Dopo che era diventata Campionessa, Calme aveva continuato ad allenarsi con l'intenzione di batterla, Tierno si era impegnato attivamente per diventare un coreografo professionista assieme ai suoi Pokémon e Toroba aveva ricominciato a darsi da fare per completare il Pokédex; era rimasta solo Sana, incerta e indecisa su quale dovesse essere il suo futuro di allenatrice: non c'era nessuna professione che l'attirava a tal punto da volerci costruire su una carriera. Una volta che questa consapevolezza l'aveva travolta, Sana si era sentita sprofondare. 
Serena le aveva ribadito più volte che non c'era nessuna fretta per decidere: aveva undici anni ed era già famosa in tutta la regione per essere una delle salvatrici che aveva combattuto contro la Flare-dan. Ogni strada era spianata, doveva solo crescere, fare altre esperienze e poi decidere quale imboccare. Tuttavia lei non voleva saperne di rallegrarsi, probabilmente perché si sentiva inadatta e inferiore rispetto ai suoi amici che avevano tutti un obiettivo ben preciso. 
Serena però era ancora più testarda di lei e non le avrebbe consentito di sottovalutarsi in quel modo. 
Entrarono nel Parfume Palace accolte da molti saluti e si diressero verso la terrazza dove quasi un anno prima avevano guardato per la prima volta assieme i fuochi d'artificio.
«Stavolta niente scoppiettii, però» commentò Sana, appoggiandosi alla ringhiera di marmo laccato che faceva ancora la sua figura nonostante i secoli che le gravavano addosso. 
«Tu dici?» Serena si avvicinò al volto dell'altra, restando a un bacio di distanza, e le rivolse un sorriso sardonico. «Aspetta e vedrai» sussurrò.
Gli occhi di Sana luccicarono quando, pochi secondi dopo, un'ondata di fuochi d'artificio fece sfoggiò di sé nel cielo, prendendo forme tutte diverse: prima apparve un cuore d'argento, poi un tenero Lovecus, a seguire un maestoso Mamanbou, infine un dolce Pikachu femmina della quale spiccò la peculiare coda. Sana era palesemente senza parole. 
«Ti sono piaciuti?»
Si voltò verso Serena con le lacrime agli occhi e un sorriso grato. «Sì! Assolutamente sì!»
«Ricordi cosa mi hai detto, proprio qui, in passato?» le domandò Serena, ma senza aspettare la sua risposta continuò: «Mi hai detto che eri felice dei ricordi che avevamo appena creato e che non vedevi l'ora di farne di nuovi. Mi hai detto che li avresti portati con te per sempre»
«Me lo ricordo» disse Sana. «Ma cumulare ricordi su ricordi senza cavarne niente di buono... non so fino a che punto sia utile»
«Senza cavarne niente di buono?» sbottò Serena. «Andiamo, Sana-chin! Sei stata d'aiuto quanto tutti gli altri, forse di più: eri sempre tu a rallegrarci e ad aiutarci ogni qual volta ne avevamo bisogno. Se abbiamo salvato Kalos lo dobbiamo anche e soprattutto a te. Sei una ragazza vivace, piena di energie, sempre col sorriso; e se non sai ancora cosa fare è solo perché ci sono tantissime cose che ti piacciono e questo è un bene! Prendi me, per esempio...» Serena abbassò il capo e nascose gli occhi con l'ombra del cappello. «L'unica cosa che mi elettrizza è lottare e creare un forte legame con i mostriciattoli che incontro. Non c'è altro nella mia vita, un hobby, un interesse... qualcosa al di fuori delle battaglie e dei Pokémon. Sei fortunata, Sana-chin, a essere così vitale... ispiri tutte le persone che incontri!»
Quando si voltò nuovamente verso la compagna, con suo dispiacere la trovò in lacrime; tuttavia, l'espressione era diversa rispetto a prima: era commossa e colpita allo stesso tempo. «Sere-chan... ma cosa dici! Tu... senza di te, io non...» i singhiozzi le impedirono di continuare la frase. Si limitò ad abbracciarla, forte, poggiando il capo sul suo petto. «Grazie, Sere-chan. Sei una persona fantastica, forte, determinata, sempre pronta ad aiutare il prossimo e a metterti in prima linea... non sottovalutarti...»
«Nemmeno tu» disse Serena con la voce roca e spezzata, commossa a sua volta, carezzandole i capelli.
«Ehi, ragazze! Allora, nessun complimento per i miei fuochi d'artificio? Mi sono messo all'opera questa mattina presto per assecondare la richiesta della campionessa di Kalos...» le interruppe il proprietario del palazzo, affiancato come sempre dal suo Trimmien.
Le due si separarono velocemente e Serena non poté fare a meno di scoppiare a ridere di fronte al cipiglio infastidito di Sana, che non riusciva minimamente a sopportare quel tipo. Le spedì una linguaccia e le sussurrò: «Certe cose non cambiano, eh?»
Sana le sorrise, asciugandosi gli occhi umidi, guardò il panorama fuori dal palazzo e le prese la mano. Non poteva esserne sicura, ma Serena credette che le stesse passando tutto il loro viaggio davanti agli occhi, tutti i bei momenti passati assieme, inclusa la prima volta in cui avevano assistito ai fuochi d'artificio. Ne fu certa quando l'altra si voltò nuovamente verso di lei, strinse più forte le sua dita e le disse: «No, certe cose no», ignorando totalmente il proprietario del palazzo che ancora sbraitava alla ricerca di lusinghe.



 

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Capitolo 17
*** DiamondShipping (x3) – For AndrewHalliwell, hermione_W, Hitsuki ***


Questa cosa dei capitoli con più storie comincia a piacermi, soprattutto quando suddette storie sono drabble(s). Quest'oggi torno grazie a dei prompt di Torre di Carta, che con l'Edizione speciale della Corsa delle 24 ore mi ha ispirata non poco. Ho pensato di creare quindi tre storie (poiché ho tre richieste di DiamondShipping, Sakaki/Hanako) tutte collegate l'una all'altra, ognuna successiva alla precedente cronologicamente parlando. Sono perciò dedicate a AndrewHalliwell, hermione_W e Hitsuki, che le aspettano da sette anni.
La prima storia è ovviamente ambientata in un ipotetico pre-anime, nel quale Sakaki e Hanako si sono conosciuti e hanno avuto una relazione. La seconda e la terza invece sono ambientate nel bel mezzo della storia canonica: Sakaki va a trovare Hanako dopo aver conosciuto Satoshi e aver scoperto quanti problemi sta creando alla sua associazione; una recluta interroga Sakaki sul perché non si libera personalmente del nostro Satoshi. Il filo conduttore delle storie è questa relazione che c'è stata tra i due e che ha sottratto qualcosa a entrambi: Hanako, decidendo di crescere Satoshi da sola, ha rinunciato al suo stile di vita precedente, trovando però così un altro tipo di felicità; Sakaki invece non ha perso la sua preziosa Rocket-dan, ma ha scelto di abbandonare la donna di cui si era innamorato.
Con il rewatch dell'anime ammetto che la prospettiva di una passata storia romantica tra questi due non mi dispiace totalmente, ma resta comunque il mio primo esperimento per questa coppia (tralasciando un qualcosa di veramente orrido che pubblicai anni e anni fa e che ho prontamente eliminato). La fic che meno mi convince, per il finale almeno, è la seconda, ma non sono per niente brava con i riassunti e ancor meno con i finali in generale, quindi non mi stupisce. Se avete qualche idea per renderla migliore, in qualsiasi senso, sono più che lieta di ascoltarla. Buona lettura!

 

Breve trilogia di due vite incomplete



© https://www.deviantart.com/porcelain-requiem


We were two kids just tryin to get out | Live on the dark side of the american dream (Lana del Ray, China Doll)

«Quanti anni avevi quando sei partita per il tuo primissimo viaggio?» le domandò con tono sarcastico, sigaretta tra le dita e braccio destro attorno al suo collo.
«Dieci, come tutti i bambini normali» rispose Hanako ridacchiando, carezzando le sue dita con le proprie.
«Avresti mai pensato che sarebbe finita così?»
«Mmh... se per così intendi che a diciannove anni sarei entrata a far parte di un'associazione malavitosa e che sarei andata a letto con il figlio del capo di suddetta associazione, allora no»
Sakaki ghignò. «Pensi di rimanere?»
«Non avevi detto che una volta entrati nella Rocket-dan non c'è modo di uscirne? Da vivi, almeno»
«Qualcosa mi dice che tu farai comunque quello che vuoi»
Hanako non poté fare a meno di sorridere: la conosceva così bene.
[ 127 parole ]


 

 


© https://theneonflower.tumblr.com/
 

Is this the end of everything? | Or just a new way to bleed? (Evanescence, New Way to Bleed)

«Disgusto» Sakaki era seduto sul divano di lei, le gambe accavallate.
«Uhm?» Hanako stava lavando i piatti e gli dava le spalle.
«Disgusto: ecco cosa provo rispetto a tutto questo» disse tranquillo, quasi estraneo alla crudeltà delle proprie parole. «Tu che ti dedichi ai lavori di casa mentre nostro figlio girovaga per il mondo e rovina i miei-»
Hanako si voltò di scatto verso di lui, indispettita. «Mio figlio, Sakaki. E non m'importa minimamente di cosa provi rispetto a tutto questo» Gli si avvicinò e a lui venne spontaneo alzarsi per guardarla negli occhi, nero contro nocciola. «Ti ho fatto entrare aspettandomi qualcosa di interessante: una speranza vana, chiaro»
Sakaki ghignò e si avviò verso la porta d'ingresso. «Molto bene. Questo è un addio, allora»
Lei annuì senza aggiungere parola.
[ 130 parole ]


 



© https://chipsncookies.tumblr.com/
 

Indestructible | Determination that is incorruptible | From the other side, a terror to behold | Annihilation will be unavoidable (Disturbed, Indestructible)

Una recluta gli si avvicinò con cautela, deglutendo, visibilmente nervosa. «Sakaki-sama... umilmente, le vorrei domandare... perché... , perché non si libera personalmente di quel ragazzino, quel Satoshi
L'uomo dai capelli castani e il viso spigoloso interruppe le carezze sul capo del suo Persian; si voltò verso il sottoposto lentamente, beandosi del terrore crescente nel suo sguardo. «Come intendo occuparmi di chi interferisce con i miei piani non ti riguarda» lo congedò secco.
La vera risposta giaceva negli occhi di quel bambino testardo: avevano la stessa determinazione, la stessa irriverenza e lo stesso coraggio di lei — di Hanako. Se la punizione per averla abbandonata, con un infante tra i piedi a limitare la sua libertà, era permettere a quello stesso marmocchio di mettergli i bastoni tra le ruote, l'avrebbe accettata.
[ 130 parole ]



 

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Capitolo 18
*** EgoShipping (x2) – For Suzume Yuzuka, _Akari ***


Ormai penso vi siate abituati a questi capitoli contenenti più di una storia; anche quello di oggi doveva contenerne tre, ma per una questione di tempo e stanchezza non sono riuscita a stendere la terza, che magari arriverà nei prossimi giorni; chiunque mi conosca sa che la mia coppia del cuore in questo fandom è la Satoshi/Kasumi, ovvero la PokéShipping, ma la EgoShipping (Shigeru/Kasumi) mi ha sempre intrigata parecchio, quindi eccomi qui a pubblicarne due per Suzume Yuzuka e _Akari! Le storie nascono sempre dall'ispirazione fornitami dall'Edizione speciale della Corsa delle 24 ore indetta da Torre di Carta. Sfortunatamente non sono riuscita a trovare l'artist della prima fanart: se conoscete la fonte, fatemi sapere!
Sono entrambe ambientate nel periodo in cui Satoshi e Kasumi si sono separati e lei si è affezionata sempre di più a Shigeru, la cui presenza è diventata una nuova certezza. Non potevo non dare un posticino anche piccolo a Satoshi in queste due fic, perché per me la EgoShipping è strettamente legata alla PokéShipping: non riesco a immaginare Kasumi senza Satoshi, non posso proprio cancellare tutto ciò che hanno passato assieme e l'amore che sono arrivati a provare l'uno per l'altra. Spero che comunque queste storie piaceranno alle persone a cui sono dedicate (se le leggeranno) e a chiunque le incontri sul proprio cammino su EFP. Buona lettura!




Love is a bet

Now everything has changed | I'll show you love | I'll show you everything | With arms wide open (Creed, With arms wide open)
 
Kasumi era grata di aver ricevuto, dopo la sua avventura con Satoshi e Takeshi, infinito supporto: da Kenji, dalle sue sorelle... e da Shigeru, che era passato ad Hanada City per caso, ma poi aveva iniziato a farle visita periodicamente. 
Kasumi era preoccupata: si stava di nuovo affezionando a qualcuno che eventualmente sarebbe andato via. Iniziò a comportarsi freddamente con lui, che non poté non accorgersene.
«Che hai?»
«Hai messo le radici nella mia palestra?»
«Ti do fastidio?»
«Non sei mai stato mister simpatia»
«Neanche negli ultimi due mesi?»
I suoi occhi fieri e sinceri la freddarono; le era già successo, con iridi altrettanto limpide, e non era finita bene. Ti innamori troppo velocemente, l'aveva rimbeccata Sakura; ma era più forte di lei. «Degli ultimi due mesi non posso lamentarmi»
[ 130 parole ]



 

© https://www.deviantart.com/pinkfirefly

Different

We were thinking we would never be apart | With your name tattooed across my heart | Who would have thought it would end up like this? (The Script, Before the Worst)
 
«Stai con me solo perché lui non c'è?»
Kasumi ridacchiò. «L'impavido Shigeru-sama teme di essere un rimpiazzo?»
Shigeru la abbracciò da dietro, stringendole le spalle con le mani. «Solo un pochino»
Se lo scrollò di dosso e si voltò, guardandolo negli occhi. «Sto con te perché sei diverso da lui, Shicchan. Perché sei tu»
Una vena pulsante comparve sulla fronte del ragazzo. «Shigeru-kun: quando imparerai?»
Kasumi sorrise.
Shigeru era diverso: se diceva che sarebbe rimasto, rimaneva; se diceva che sarebbe tornato, tornava.
«Pensi mai a lui?»
«Certo: è parte di me. Ma non c'entra niente con noi»
«Sicura?»
La Capopalestra osservò i tratti perfetti di Shigeru, i suoi capelli castani, gli occhi sinceri, le braccia che amavano avvolgerla, le labbra che desiderava baciare; poi gli rispose: «Sì, Shigeru. Sono sicura»
[ 130 parole ]


 

 

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Capitolo 19
*** FortuneShipping – For Shirokuro ***


Oggi torno con un normalissimo capitolo singolo incentrato sulla FortuneShipping (Kouki/Hikari) e dedicato alla mia carissima Shirokuro. L'ispirazione mi è venuta sempre grazie a Torre di Carta e all'iniziativa Butterfly Effect Time, sostanzialmente basato su AU e What if...?. Per questa storia ho deciso di concentrarmi sulla seconda tipologia e dunque: e se il post-game di D, Pe e Pl fosse stato il poter viaggiare in altre regioni, come quello di HG e SS? 
Per quanto riguarda l'IC dei personaggi, come sempre essendo personaggi giocabili non ne hanno uno, quindi mi sono sbizzarrita pensando a delle caratterizzazioni soddisfacenti. L'idea non è niente di sopraffino o di troppo elaborato, ho letteralmente scritto man mano che le parole mi venivano in mente. Spero che sia comunque una lettura piacevole come per me è stato piacevole scriverla. Al solito, i nomi sono quelli giapponesi sia per i personaggi e sia per il team criminale. Poi mi sono presa una minuscola licenza poetica: la menzione alle farfalle pur essendo nell'universo Pokémon; questo però non rende la storia una AU perché questo è un argomento piuttosto ambiguo anche nell'anime: gli animali esistono, come possiamo vedere da ciò che mangiano e dal fatto che il Pokémon Zukan (Pokédex) stesso fa riferimento a vari animali quando descrive i Pokémon, solo che non ne vediamo mai nel corso degli episodi. Avrei voluto usare un Agehunt (Buttefly) minuscolo magari, però sarebbe stato stravolgere la fisionomia del Pokémon quindi ho preferito di no. 


 


© https://josubae.tumblr.com/

Just like a butterfly
 

You’re just like a Butterfly / From afar, I steal glances; if we touch hands, will I lose you? / You shine in this pitch darkness that is the butterfly effect / Your light touches, I forget the reality at once. – BTS, Butterfly
 
Una minuscola farfalla gli si posò sul naso e sbatté le ali.
In un attimo Kouki si ritrovò catapultato in un burrone di ricordi: le mani delicate di lei che gli carezzavano la fronte, il suo sorriso di fragola che gli rischiarava ogni brutta giornata, la sua voce limpida che sapeva essere dolce e apprensiva quanto squillante e decisa. Hikari era la luce che gli illuminava il cammino da percorrere, perché fintanto che ci sarebbe stata lei al capolinea sarebbe sempre valsa la pena di imboccarlo.
Ma non gli era concesso fermarsi: se l'avesse fatto l'avrebbe persa, perché lei non accennava a stare immobile neanche per un secondo.
Era una farfalla impossibile da mettere in gabbia.
Poteva tenerle la mano e camminarle accanto o lasciarla e accettare di rimanere indietro, perché lei, la Campionessa di Sinnoh, sarebbe sempre stata impegnata in questo o in quell'evento, con i piedi in volo rispetto al terreno, grazie a quelle invisibili ali che la trasportavano ovunque lei desiderasse andare.
Se le avesse confessato che a lui l'avventura vissuta assieme bastava, che l'idea di un nuovo viaggio in un una nuova regione e di una nuova Lega da sconfiggere o di una nuova associazione criminale da smembrare lo terrorizzava... non l'avrebbe mai più guardato allo stesso modo, lei che non ne aveva mai abbastanza della vita all'aria aperta, delle sorprese e del pericolo. 
Una farfalla che scombussola il mondo a ogni battito di ali.
Ogni qual volta si complimentavano con lui per essere uno dei salvatori di Sinnoh dalla famigerata Ginga-dan, si sentiva sprofondare: era sempre arrivato secondo, sempre giunto in ritardo rispetto agli eventi più importanti, sempre rimasto all'ombra di Hikari, che da sola riusciva a far brillare un intero campo lotta. Certo, aveva contribuito, ma se volevano qualcuno da ringraziare per aver impedito una catastrofe quello non era di certo lui...
«Di nuovo perso in mille pensieri, giusto?»
Kouki si girò di scatto e la farfalla spiccò il volo lontano dal suo naso. Hikari era di fronte a lui e aveva l'aria divertita.
«Da quanto sei qui?»
«Da qualche minuto. Ti stavo raccontando di una lotta di questa mattina, ma mi sono accorta che eri in un altro spazio-tempo»
Kouki deglutì. A Hikari la terapia d'urto piaceva; fare scherzi del genere dopo quello che avevano passato con la Ginga-dan le permetteva di dimenticare perché se puoi riderci sopra, significa che non è poi una cosa così seria. Lui non la vedeva così: tante persone scherzavano sugli argomenti più macabri senza farsi troppi problemi; inoltre lui non voleva assolutamente ricordare, non voleva fare battute, non voleva sorridere al pensiero della quasi-distruzione del cosmo. 
«No, sono ancora qui. Stavo solo... pensando»
«Ora sì che mi preoccupo!» lo prese in giro, con un sorriso a trentadue denti. Si sedette vicino a lui aggiustandosi la gonna del vestito e accavallò le gambe. «Qualcosa non va?»
Era stanco di mentire, stanco di fingere, stanco di sentire mille battiti al minuto ogni volta che pensava alla finzione dietro al loro rapporto. Era stanco. «, in realtà. Hikari, devo dirti una cosa...»
«Riguarda la proposta di ieri, vero?»
Kouki sgranò gli occhi e la guardò: gli stava dedicando un sorriso bonario, così simile a quello della madre da fare quasi spavento. «Sì» rispose.
«Non avrei dovuto chiedertelo, visto che conosco già la risposta; ci ho voluto provare, perché mi piacerebbe tanto che tu venissi a Johto con me. Ma non importa! Non per questo non ci vedremo più. Lo sai, vero?»
Lui voltò il capo. Era difficile crederle. Le farfalle adulte erano animali solitari: non si muovevano in branco. Assaporavano la libertà battendo le ali per conto proprio. «Tornerai, quindi?»
«Certo! E ti manderò delle cartoline. Inoltre, lo sai, sicuramente vincerò le otto medaglie prima dell'inizio della Lega, quindi tornerò a casa nei mesi di attesa»
Kouki le credette. La guardò negli occhi e non vide altro che sincerità e vitalità. «Magari... a quel punto potrei venire con te, per assistere ai tuoi scontri. Meglio di persona che dietro a un televisore» propose, convincendosi sempre di più della validità della propria idea, man mano che le parole uscivano fuori e assemblavano la frase.
«Ma sì! Sarebbe grandioso!» esclamò lei e poi lo abbracciò. Lui rimase immobile per un secondo, insicuro sul da farsi. Hikari aveva poggiato il mento sulla sua spalla e gli aveva circondato la schiena con le mani. 
Kouki si rilassò al suo tocco. Bastò un paio di secondi prima che riuscisse a increspare le labbra all'insù e a chiudere gli occhi, prima di ricambiare l'abbraccio: portò i gomiti al livello dei suoi fianchi e le mani sulle sue spalle.
Aveva sbagliato a dubitare, aveva sbagliato a pensare che lo avrebbe abbandonato, che sarebbe diventato solo un ricordo.
Si era dimenticato che, a volte, anche le farfalle adulte venivano avvistate in compagnia.



 

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Capitolo 20
*** ContestShipping – For Miss_Pax ***


Sono un po' fuori esercizio. Non scrivo regolarmente da molto tempo, ma mi è stranamente venuta voglia di aggiornare questa raccolta e ho pensato di farlo onorando la ContestShipping (Shuu/Haruka), visto che il 10 luglio è stato il giorno dedicato a loro. Come dicevo, non sono totalmente sicura di come sia uscita questa piccola fic, ma spero sia quantomeno passabile. Qualsiasi consiglio o critica sono ben accetti. È dedicata a Miss_Pax, per la quale ne scrissi già una anni fa, ma l'ho eliminata quando ho fatto pulizia nel profilo. Mi auguro che le possa piacere, come a chiunque altro la stia per leggere. Mi piacerebbe anche se il fandom potesse tornare un po' più attivo; so che il sito sta morendo, ma sarebbe bello se almeno noi, come community, potessimo continuare a nutrirlo. ♥ 








 
 

(credits) https://ultimatecontestshipping.tumblr.com/


A rose to the memories


«Lo sai che giorno è oggi?» 
«Sabato?»
Haruka sorrise, inclinando il capo sull'erba profumata e umida per la recente pioggia. «E...?»
«È il dieci luglio» continuò Shuu, senza scomporsi, con lo stesso tono controllato di sempre.
Haruka rise cercando di non farsi udire, perché sapeva che lui stesse facendo il finto tonto e la cosa la divertiva più che innervosirla, voleva reggergli il gioco. «E...?»
Erano sdraiati in posizioni opposte a formare una linea immaginaria, le teste che si toccavano, gli occhi che contemplavano la stessa porzione di cielo. Sentì Shuu muoversi, spostare il braccio e alzarsi leggermente; prima di tornare a stendersi, le pose sul grembo una rosa rossa. Haruka ne afferrò il gambo, chiuse gli occhi e la poggiò all'altezza del cuore, mentre ne annusava il profumo. «Non hai più bisogno di queste per conquistarmi, sai?» lo stuzzicò. 
«Non ne ho mai avuto bisogno, a dire il vero. Ti saresti perdutamente innamorata di me anche senza l'aiuto di qualche fiore al momento giusto»
Haruka sospirò felice, consapevole che avesse ragione. Osservò i petali muoversi ondulati dal vento e la loro storia in una serie di flashback apparve chiara nella sua mente: il loro primo incontro, la prima volta che l'aveva sconfitta, la prima volta che l'aveva battuto, le chiacchierate di fronte a un tramonto o al chiaro di luna, le confidenze sussurrate e i rossori causati da imbarazzi infantili, i battibbecchi e le prese in giro, i riguardi e le tenerezze; poi un pensiero, veloce, istantaneo: conoscerlo era stata la fortuna più grande della sua vita.
«Buon anniversario, Haruka»
La ragazza portò la mano con la quale non teneva la rosa a stringere quella del compagno, che ricambiò la stretta. «Anche a te, Shuu»



 

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