147 giorni

di DANI1993
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


147 GIORNI
 
 
Capitolo 1
 
 

POV SPIKE


Non mangiavo, non dormivo…

Non che prima lo facessi di continuo, soprattutto la seconda azione. Ma da quando lei se n’era andata, lo facevo ancora più di rado. Lei, e chi altri se no? Buffy. Buffy: l’inizio dei miei problemi.

Potrei scriverci una poesia, che narri l’inizio delle mie sventure avute dal maledetto giorno in cui la incontrai. Ma è ormai lontano il tempo in cui mi dilettavo dallo scriverle; non che fossero grandiose le mie poesie se mi hanno dato il soprannome di “William il Sanguinario”.

Era passata esattamente una settimana dalla disgraziata morte di lei. E pensare che c’era stato un tempo, neanche troppo lontano a dire il vero, in cui se lei fosse morta, io avrei festeggiato come se non ci fosse un domani, soprattutto se a porre fine alla sua vita, fossi stato io. E invece mi ritrovavo sdraiato nella mia cripta, su quel dannato divano mezzo consumato a consultare, senza vederlo affatto, il soffitto.

Neanche le puntate di Passioni mi consolavano in quei giorni.

Le giornate le trascorrevo praticamente allo stesso modo da una settimana a questa parte. Me ne stavo sdraiato sul divano, al mattino e quasi tutte le sere, Dawn faceva capolino nella cripta e allora ci scambiavamo qualche battuta. I momenti con Dawn erano senza dubbio i più piacevoli dell’arco delle giornate, passate altrimenti in totale apatia.

Non so se un vampiro senz’anima come il sottoscritto, potesse provare sentimenti come l’amore. Ma sicuramente io non ero un vampiro come gli altri. Io conoscevo l’onore, e anche quando Buffy e io ci odiavamo, non l’avrei mai uccisa a tradimento, ma le avrei sempre dato la possibilità di difendersi. E non perché era lei, lo facevo con tutti. Anche perché: che gusto c’è ad uccidere, senza dare all’altro il tempo per organizzarsi? Dicono che il tuo carattere da vampiro, rispecchia il carattere della tua controparte umana e io ero senza dubbio alcuno il più garbato, gentiluomo di tutta Inghilterra, al mio tempo. Dicevo: non so se potessi provare l’amore, senz’anima com’ero. Ma senza dubbio il sentimento che nutrivo nei confronti di Buffy era diverso in tutto e per tutto a quello che provavo nei confronti di Drusilla. Drusilla non l’avevo mai davvero amata. Certo ci tenevo a lei e mi dispiacevo per lei, in quel periodo in cui era estremamente fragile. La possedevo, ma se anche Angel o Angelus, fate voi, l’avesse presa e fatta sua, potevo anche accettarlo.

Se mi togliessero Buffy, invece, non so quello che farei… è stato fortunato quel Riley a togliersi di mezzo, prima che perdessi veramente le staffe con lui. Anche se, devo dire, ero giunto a rimpiangere perfino quei giorni in cui la vedevo sempre con lui. Perché almeno avevo la consapevolezza che fosse viva…

Ho capito tutto questo, quel giorno, l’inferno lo abbia in gloria, in cui mi rifiutai di fare il nome di Dawn a Glory. Avrei sacrificato io la mia vita per lei, Buffy. L’idea di cavarmela pronunciando il nome che avrebbe distrutto la vita a Buffy, a quella donna dei miei stivali, mi scandalizzava. E quel giorno, feci il mio primo scacco matto al suo cuore. Non dimenticherò mai lo sguardo che mi rivolse quel giorno quando, fingendosi il mio robot, volle venire personalmente a chiedermi perché non avessi fatto il nome di Dawn… 

“Spike?”

Era giunta sera, oramai. Avevo perso completamente la cognizione del tempo. Dawn era nuovamente da me. Se non ci fosse stata lei che, a differenza di tutta quella gentaglia inutile, odiosa e anche supponente, oltre che incredibilmente stupida, era la più piccola ma anche la più matura sarei fuggito per sempre da Sunnydale. E al diavolo i demoni, le apocalissi e tutto il resto. Se ero rimasto in quella schifosa cittadina era solo ed esclusivamente perché avevo fatto la promessa a Buffy di prendermi cura di Dawn.

“Spike, ci sei?” perché nel frattempo io non le avevo risposto.

“Si, entra pure”

Dawn entrò e chiuse la porta dietro di sé. Mi alzai a sedere sul divano e mi fermai ad osservarla: portava lo stesso abito della notte maledetta. Era lì, ferma sulla soglia indecisa se avvicinarsi oppure stare ferma. Poi, presa una decisione, si fece avanti e si sedette vicino allo spazio che le avevo lasciato. Restò qualche istante zitta, poi scoppiò in lacrime e mi abbracciò.

“Mi manca, Spike… mi manca da morire”

Avevo la sensazione di stare crollando da un momento all’altro, ma mi feci forza e provai a tirarla su di morale. Dicendole che era ormai grande e che sua sorella non avrebbe accettato di vederla così fragile. Dopo che si calmò, le andai a prendere qualcosa da bere.

“A te manca?” mi domandò dopo un po’.

“Credo che manchi a tutti”

“E pensare che avrei dovuto saltare io, invece”.

Per qualche ragione, anche questa alternativa non mi piaceva affatto. Nessuno di loro doveva morire. Forse Xander, anzi sicuramente lui; magari Willow… ma non Buffy e neanche Dawn!

“Come puoi pensare una cosa del genere?” la rimproverai. “Né tu, e neanche lei, dovevate saltare da quella gru”.

Mi fermai un attimo, indeciso se dirle, oppure no. Alla fine optai per il sì.

“Ho promesso a tua sorella che ti avrei protetto. Qualsiasi cosa succeda. Lo sai, Dawn cosa penso e sogno tutte le dannate notti in questo schifo di posto? Sogno di salvarla, sogno di proteggerti sempre e di impedirle di saltare. Questo sogno! E se io avessi fatto il mio lavoro bene, lei sarebbe ancora qui”

Stavolta fui io a lasciarmi andare e fu lei a consolarmi.

“Non è colpa tua, Spike. Tu hai fatto tutto quello che dovevi. Io invece l’ho tanto adirata facendo tutto quello che volevo, pretendendo di andarmene in giro da sola, quando lei voleva proteggermi…”

Quando calmai anch’io il primo impeto della disperazione, decisi, in comune accordo con lei, di parlare d’altro.

“Gli altri, che fine hanno fatto?” le chiesi, non tanto perché mi premeva saperlo ma per sviare ciò che entrambi non avremmo potuto sopportare.

“Willow sta con Tara la maggior parte del tempo”

“Ah, perciò adesso stanno davvero assieme?”

“Beh, si” rispose Dawn. “Stanno proprio bene assieme, secondo me. Non che Oz non fosse alla sua altezza, ma Tara è senza dubbio ciò che fa per lei. E’ così premurosa… se vuoi puoi venire e farti anche tu una buona opinione”

Scossi la testa.

“Preferirei evitare… non sono ancora il benvenuto nella casa dei cuori” e in verità l’idea non mi interessava particolarmente.

Poi fui preso da un’improvvisa ispirazione.

“Piccola” dissi e Dawn si fece attenta. “Secondo te potremmo chiedere indietro il robot? Potremmo chiedere a Willow di aggiustarlo, no?”

Certo, non si avvicinava minimamente alla vera Buffy, ma quantomeno avrei di nuovo avuto con me, qualcosa che l’avrebbe vagamente ricordata. E magari avrebbe contribuito a rendere il vuoto meno doloroso.

“Credi che accetterà?” domandò Dawn, poco convinta.

“Se a chiederle fossi tu, magari…” proposi.

Dawn dopo averci pensato un attimo, rispose allora: “potrei provare, però non ti garantisco che avrò successo”

Sorrisi e quello che dissi, lo dissi perché lo credevo davvero: “tu hai sempre successo, Dawn”



NOTE DELL’AUTORE

Ciao a tutti!
Questa è la mia prima opera su un fandom di una serie tv che ho scoperto giusto due estati fa (estate 2019) perché mi era stata consigliata da una carissima amica.
E me ne sono subito innamorato follemente, e detto da me che temo in genere i film sui vampiri ma non solo è un grossissimo complimento! Mi dispiace solo che ho scoperto Buffy così tardi (essendo comunque una serie di fine anni ’90- inizi 2000). Però, come si dice…meglio tardi che mai.
In questa storia, cercherò di trascrivere una mia rappresentazione (non so quanto verosimile, a dire il vero) su ciò che accadde alla Scooby (compreso Spike) nel periodo in cui Buffy era nel Paradiso, dopo il suo sacrificio nel salvare Dawn. Perciò la vicenda si colloca tra la fine della quinta e l’inizio della sesta stagione (per me la migliore delle sette).
147 giorni del titolo della long, sono appunto i giorni in cui Buffy manca dal mondo e i nostri eroi (compreso Spike) sono costretti a fare a meno di lei.
Ripeto: essendo la mia prima opera su di loro, non so quanto i personaggi risultino IC…temo assai poco, ma vabbè.
Gli aggiornamenti saranno uno a settimana!
Nello scrivere questa opera ci tengo a precisare che i TUTTI i personaggi NON SONO miei, ma appartengono a Joss Whedon.
Spero di avervi incuriositi con questo primo capitolo e vi auguro una buona lettura! 😊
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


                                                                                                                Capitolo 2


 
 
POV DAWN


 
Uscita dalla cripta, me ne tornai immediatamente a casa. Non avevo assolutamente voglia di incontrare un vampiro o un qualsiasi altro demone. Senza lei a proteggerci, noi non eravamo nulla e con noi, intendo il resto della Scooby.

Il Buffy-bot avrebbe certamente avuto una duplice funzione, in questo senso: farci sentire meno la mancanza di lei e quantomeno aiutarci se un vampiro si fosse palesato a casa nostra.

Da quando Buffy non c’era più, Willow e Tara avevano preso possesso della casa. Non ce la facevo a stare da sola e quindi avevo chiesto, o meglio loro si erano offerti, di tenermi compagnia il più possibile. Ecco perché mi diressi a casa, anche: perché sapevo che quasi sicuramente avrei incontrato la persona che stavo cercando.

“Che bella e giusta la vita, eh?” solevo pensare amareggiata, quando mi facevo prendere dallo sconforto, “in soli sei mesi ho perso sia mia madre, che la mia unica sorella”

Repressi un nuovo attacco di pianto e trattenendo le lacrime, arrivata a casa, presi le chiavi e aprii la porta.

L’interno era buio. Accesi la luce, trovando l’interruttore accanto alla porta d’ingresso e la piccola saletta d’ingresso si illuminò. Alzai lo sguardo, in cima alla scala per verificare se le luci di sopra fossero accese. Niente. Spente anche quelle.

“Willow!” chiamai, ma senza ottenere risposta. “Willow, sono tornata!”

Se ci fosse stata anche solo Tara, sicuramente avrebbe risposto lei per Willow, ma il fatto che regnasse il più assoluto silenzio mi fece arrivare alla conclusione che anche la buona, vecchia Tara fosse via.

Beh, se non c’è nessuno…tanto vale…” pensai, dirigendomi nella cucina. Cercai, nel frigorifero, qualcosa da mettere sotto i denti ma non trovai nulla che soddisfasse il mio appetito. Invece, dopo che chiusi il frigo, la mia attenzione si spostò immediatamente su un foglio ripiegato sopra il tavolo. Non l’avevo notato quel giorno, forse perché intenta a pensare ad altro o perché era giunto addirittura mentre in casa non c’ero.

Lo presi in mano e lo aprii intenta a leggerlo. Quando mi resi conto di cos’era fui presa immediatamente dal panico. Una bolletta!

Era la prima volta che ne giungeva una da quando nostra madre non c’era più. Fino a quando era mancata, era lei a prendersi cura delle faccende amministrative della casa, ma ora non solo non c’era colei che pensava a tutto questo, ma mancava anche l’altra che in sua assenza avrebbe gestito tutto. Ciò significava che era un mio problema.

Magari avrei potuto chiedere a Willow e Tara di darmi una mano, contribuire alle spese di casa. Ma certamente sarebbe stato troppo chiedere di pagare l’intera rata di tasca loro. Oltretutto perché entrambe erano nella mia stessa condizione: non lavoravano.

Oltre al danno subito in quei giorni, anche la beffa. Era in quei momenti in cui mi mancava Buffy, soprattutto. Lei avrebbe avuto la soluzione ad ogni male.

Dawn. La cosa più difficile di questo mondo, è viverci. Vivi… per me” le sue parole, appena prima di buttarsi, mi risuonavano due o tre volte al giorno nella mente. E anche la notte, mi impedivano di chiudere occhio.

La fai facile. Tu non ci sei. Ti vorrei qui e, invece, mi hai abbandonato!”

A quel punto, decisi di fare l’unica cosa che potevo fare: aspettare il ritorno delle altre due coinquiline e poi discuterne assieme. Lasciai la bolletta laddove si trovava, e mi sedetti sul divano, cercando qualche programma in tv che potesse aiutarmi a distrarre i pensieri.

Lo trovai in Passioni. Joyce, nostra madre, ne era una fan accanita. E col tempo, anche io provai gusto nel guardarlo.

Era terminato da circa dieci minuti, quando udii diverse voci nel giardino di casa.

Erano loro: Willow, Tara, Xander, Anya e c’era persino Giles. Tutti quanti erano vestiti come mai li avrei immaginati: scarpe da ginnastica, tuta e tutti quanti avevano il paletto di legno stretto nella mano.

“Ma dove eravate?” domandai, incredula nel vederli a quel modo.

“A caccia” rispose Willow, come se la cosa fosse insieme ovvia ed entusiasmante.

“A caccia?” domandai, certa di non aver compreso bene.

“Beh…si…sai… se ci lasci entrare, ti spiegheremo tutto”

Mi feci da parte, lasciandoli entrare e poi richiusi la porta alle spalle.

“Allora?” domandai, un po’ spazientita. “Volete spiegarmi?”

Willow guardò il resto del gruppo e prese la parola.

“Beh, sai, Dawn… purtroppo Buffy non c’è più. Ma allo stesso tempo, non possiamo permetterci che il mondo venga distrutto da una nuova possibile apocalisse. Ecco perché abbiamo pensato, io e gli altri, che sarebbe stato giusto che prendessimo noi, il posto di Buffy. Non credi?”

Rimasi un attimo zitta ad osservarli meglio, poi senza riuscire a trattenermi scoppiai a ridere. Era la prima volta che lo facevo, da parecchio tempo.

Willow e gli altri si rabbuiarono alla vista della mia reazione.

“Scusate” dissi, quando mi fui ripresa. “Voi? Voi fate la caccia ai vampiri?”

“Beh, si” rispose Giles, come a darsi un’aria di importanza. “Non siamo mica male, in fondo” aggiunse, abbassando lo sguardo.

“E sentiamo: quanti ne avete impalettati?” domandai, incrociando le braccia.

Dopo un attimo di esitazione, Xander borbottò a voce talmente bassa che fu praticamente impossibile udire: “nessuno”.

“Scusa?” chiesi, perché appunto non avevo sentito.

“Nessuno” si intromise Anya, più forte.

Scrollai le spalle, come se fosse ovvia la risposta. Ma Giles, non si arrese.

“Beh, in fondo, quello che ci serve è solo un po’ di allenamento. Io sono un Osservatore e certamente so a cosa mi riferisco. Sono convinto che molto presto saremo perfettamente in grado di ucciderli. Non può essere così difficile, no?”

Cercò conforto negli altri che vi avevano partecipato, ma quando non lo ebbe, anche lui si rassegnò.

“Potrei venire io a darvi una mano, se volete” mi proposi. Quando vidi la loro reazione preoccupata, risposi con ovvietà: “ragazzi…stavo scherzando!”

Cadde il silenzio in mezzo a noi e, mentre mi proponevo di accennare loro della bolletta, fui interrotta da Giles che, più di ogni altro in quel momento di silenzio, si era incupito.

“Ragazze, devo dirvi una cosa” esordì, con aria grave, schiarendosi la voce. Tutte, compreso Xander ed io, ci voltammo a guardarlo. Un’ansia inspiegabile mi prese, temendo che stesse per rivelare qualcosa di terribile. Di certo la sua espressione non era di quelle che anticipavano le notizie più entusiasmanti, tutt’altro.

“Voi sapete che io ho sempre cercato di fare tutto quello che potevo per aiutarvi. Se fosse qui, in questo preciso istante, Buffy ve lo confermerebbe”. Si tolse un momento gli occhiali e si asciugò gli occhi, perché nel frattempo il pronunciare queste ultime parole, gli avevano creato un nodo alla gola. “Venni a Sunnydale parallelamente a quando mi fu comunicato dal Consiglio che la piccola Buffy Anne Summer era stata espulsa dall’Hemery High e Joyce, aveva intenzione di trasferirsi a Sunnydale. Praticamente sapevo fin dal giorno in cui mise piede qui che sarei stato io a farle da Osservatore. Ma”, e qui di nuovo dovette trattenersi, “adesso non c’è più e io non ho più niente da fare, qui”

Willow, con espressione sconvolta, prese la parola: “quindi, ci sta dicendo che…”

“Che devo tornare in Inghilterra” concluse.

“E’ davvero la fine, perciò” mormorai più a me stessa che non a qualcuno in particolare.

Né Giles, né nessun altro dei presenti confermò la mia amara deduzione ma il loro silenzio diceva già tutto. Giles tirò un sospiro e aggiunse: “domani mi informerò per i biglietti di ritorno. Spero di trovare un volo non troppo costoso”.

Dopo che Willow ebbe gettato uno sguardo al resto del gruppo, prese la parola e disse: “signor Giles, noi crediamo che lei si sbagli. Ci ripensi: cosa direbbe Buffy se fosse qui? Non ci possiamo, non dobbiamo, arrenderci! Io…noi crediamo che faccia bene a rip…”

“Ci ho già pensato, Willow. Non posso, capisci? La legge del Consiglio non prevede il libero arbitrio. E’ stabilito che un Osservatore abbia una e una sola Cacciatrice. Non esiste un Osservatore con due Cacciatrici e non può esistere un Osservatore senza Cacciatrici”

“Ma l’ha detto lei prima: come fa a sapere che quella nuova non sia già qui? Chi lo dice che non potrebbe essere Tara ad esempio? O me, magari” aggiunse, come a ripensarci.

Il signor Giles fece un sorriso triste e non ammise alcun ripensamento.

“State tranquille comunque. Ci vorrà del tempo tra il trovare i biglietti e ripartire. Dovrete ancora sopportarmi un po’ di settimane”  

Essendo ormai giunti ad una conclusione, per quanto sofferta, ci stringemmo attorno a Giles in un lungo abbraccio.

“So che un Osservatore non dovrebbe avere dei rapporti particolari con la propria allieva…ma Buffy…lei era come una figlia per me. La figlia che ho sempre desiderato avere”

“Perché non si è mai sposato?” domandò Tara.

“Chi avrebbe mai voluto uno scapestrato come il sottoscritto? E poi quando trovai il lume della ragione, mi dedicai esclusivamente al ruolo di Osservatore. Non trovavo proprio il tempo materiale per metter su famiglia. Però se Jenny non fosse morta, chissà come sarebbe andata…”

“Ragazzi” intervenne Anya per porre fine alla discussione. “Sto crollando, è l’una del mattino”. Diede una gomitata a Xander, il quale annuì di conferma. “Che ne direste di riparlarne domani? E…Giles, davvero: ci ripensi. Il negozio di arti magiche, come farò a gestirlo da sola?”

“Sono convinto che ce la farai!” rispose lui. “Avete ragione, è molto tardi. Ah, Dawn ricordati di passare domani alla tomba per cambiare i fiori. Ogni settimana vanno cambiati”

Dopo gli ultimi saluti Xander, Anya e Giles se ne andarono e rimasi sola, come di consueto oramai, con Willow e Tara.

“Beh…allora, buonanotte” dissi, rivolta alle altre due.

Sdraiata sul letto non potei far altro che ripensare all’idea di Spike e soprattutto al sopraggiunto, ed estremamente problematico, nuovo imprevisto della bolletta. Ebbi la prima tentazione di risolvere tutto da sola, mollare gli studi a metà e trovarmi un’occupazione. Poi la ragione ebbe la meglio e mi resi conto che, frequentando il liceo ero obbligata a concluderlo. E i quindi i miei buoni, seppur impegnativi, propositi andarono a catafascio.

Mi sforzai di non pensarci e, sola nella camera, dopo un po’ finalmente non resistetti più e caddi nel sonno.

Feci un sogno molto strano.


Sognai di essere di nuovo in cima alla gru, con Buffy che si era appena lanciata da lassù. Solo che, invece di sparire inghiottita dal portale, questi si era, ad un tratto, come rifiutato e l’aveva all’improvviso rigettata fuori. E ciò che più era incredibile e che me la ritrovai in piedi davanti a me, sorridente e bella come non mai. Senza alcuna conseguenza sul suo corpo nella caduta. Era come se quella che si fosse gettata da lassù non era altro che una sosia e quella originale fosse lì, di fronte a me.

“Dawn”.

La sentii pronunciare il mio nome. E, nel frattempo, mentre lei mi chiamava, il paesaggio era cambiato. Mi sembrava di essere in un luogo non molto ben definito, sapevo solo che era chiaro, ma di un chiarore diverso da come si potrebbe immaginare. C’era silenzio attorno a noi. Ma anche questo era un silenzio diverso, di pace e tranquillità. Mi sentii, insomma, rassicurata.
“Dawn” di nuovo mi chiamò. “Non preoccuparti” disse, “io sto bene e sono in pace”



Aveva appena pronunciato queste parole, che mi svegliai di soprassalto. Mi guardai attorno e mi resi conto che lei non c’era davvero. Avevo sognato.

Fu comunque un piccolo toccasana in un mare in tempesta: il luogo in cui si trovava nel sogno, mi diede quantomeno la forza per andare avanti. E passato l’occhio del ciclone il mare divenne ancora più tempestoso di quanto non lo fosse stato precedentemente.

 
NOTE DELL’AUTORE


Rieccoci con questo nuovo capitolo! Ringrazio coloro che hanno iniziato a leggere questa storia, senza alcuna pretesa. Grazie davvero.
Ci tengo a dare un paio di informazioni su quanto avverrà nella long: i pov nella prima metà si alterneranno tra quelli di Spike e quelli di Dawn, per passare, in pianta più o meno stabile, in quelli di Willow nella seconda metà.
Non so come voi consideriate la sorellina minore di Buffy…ho intuito un po’ in giro che non sia proprio uno dei personaggi più simpatici della serie. Secondo me, invece,
Dawn, dopo obiettivamente la prima parte della quinta stagione dov’era effettivamente una palla al piede, poi migliora tantissimo e, insieme a Tara (e, ovviamente, Buffy), credo sia davvero l’unico personaggio pienamente positivo. Basti pensare che quando nella settima stagione Buffy viene cacciata via dalla propria abitazione, Dawn è l’unica realmente addolorata.
Spero in questo capitolo di averle reso abbastanza giustizia… in esso ho cercato di introdurre un po’ anche gli altri personaggi ripresentandoli un po’ come accade nel primo episodio della sesta stagione: dopo la scomparsa della Cacciatrice, il resto del gruppo cerca di sostituirla nel suo lavoro. Ovviamente i risultati sono piuttosto scadenti…
Ho cercato di anticipare anche la presa di decisione di Giles di lasciare Sunnydale. A dire la verità ero un po’ in dubbio se farlo già adesso, però in alcuni passaggi dell’episodio: “il rito parte 1” Anya fa presente chiaramente a Xander che effettivamente era un po’ che Giles aveva esplicato le sue intenzioni di ritornare in Inghilterra. Ho fatto in modo, allora, che potesse essere già accennato qui. Mi riserverò comunque un capitolo più avanti dove narrerò per bene come Giles poi decida effettivamente di mantenere la questione (anche se in parte lo sapete già, perché la partenza di Giles è parte dell’episodio della serie).
Per quanto riguarda il sogno di Dawn, ella non ne farà parola alcuna con nessuno. Essendo appunto un sogno, lei lo considererà frutto del suo unico, forte desiderio di immaginare Buffy felice… e, invece, se sapete come sta la verità saprete… niente, non dico nulla per chi non ha visto ancora la sesta stagione :P
Penso di aver detto tutto quanto. Scusate per essermi dilungato troppo, ma spero di aver chiarito i vostri dubbi (semmai li avete avuti).
Vi ringrazio ancora davvero tanto per le visualizzazioni, la lettura e per chi vorrà lasciare un commento!! 😊
Vi auguro un bel weekend e ci vediamo venerdì prossimo con un nuovo capitolo!!!

 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


                                                                                           Capitolo 3
 



POV SPIKE



Non sapevo perché mi trovassi qui. Qui in questo giardino, a fissare le luci della casa dove abitava Buffy. Forse perché una parte di me voleva ancora credere che lei all’improvviso comparisse dalla finestra della camera, mi vedesse e, anche sgarbatamente, tirasse le tende in modo da non poterla spiare da quaggiù.

Ma l’attesa purtroppo non venne ripagata e Buffy non si mostrò mai.

Era passata un’altra settimana da quando avevo chiesto a Dawn di parlare con Willow per la questione del robot, ma lei mi aveva fatto comprendere che ancora non vi era stata una vera richiesta all’amica della sorella. Il perché, disse, era sopraggiunto un ulteriore problema: le bollette di casa, per il momento una a dire il vero, e l’intera combriccola non possedeva neanche un dollaro per poterla pagare.

L’avrei potuta pagare io, ma come farlo presente quando tutti, a parte Dawn, non potevano vedermi prima di attaccarmi con degli stupidi preconcetti? Io, sinceramente, ce la stavo mettendo tutta per non attaccarli, anche perché il chip ancora era presente della mia testa. Ma se avessero continuato con l’ascia di guerra nei miei confronti, al diavolo il dolore lancinante: li avrei sbranati tutti! Avrei risparmiato solo Dawn, per Buffy.
A proposito di Dawn: la vidi mentre usciva di casa, proprio in quell’istante, portando con sé dei fiori. La vidi incamminarsi lungo il pianerottolo, scendere la scaletta e notarmi. Mi salutò con la mano e poi mi venne incontro.

“Allora, le hai detto quella cosa?” domandai, appena mi raggiunse.

“No. Non ancora” fu la risposta.

Sbuffai di impazienza. Lei lo notò e con un’aria un po’ rassegnata rispose: “perché ci tieni così tanto, Spike? Non è lei, in fondo. E poi ricordi quanto Buffy fosse contrariata dall’esistenza di quel coso?”

“Si, ma lei adesso non c’è no?” risposi con rabbia.

Notai un pizzico di timore in Dawn alla mia reazione, mi scusai con lei e mi sforzai di tornare tranquillo.

“Perché sei uscita?” le domandai, per spostare la conversazione su un argomento un poco più allegro.

“Devo andare al cimitero a cambiare i fiori alla tomba. Vanno cambiati ogni settimana”

“Ti accompagno se ti va” le proposi. Lei accettò senza remora e insieme ci incamminammo. Non parlammo molto durante il tragitto. Solo, lei mi accennò all’idea che Giles si era convinto a ripartire per Londra e che non c’era stato verso per fargli cambiare idea.
   
Giunti al cimitero e trovata la tomba di lei, mi fermai a contemplarla in silenzio con la testa leggermente piegata da un lato, mentre Dawn le cambiava i fiori.

Mantenevamo un silenzio carico di rispetto, non volevo distrarla dai suoi pensieri mentre lo faceva e anche io ero immerso nei miei.

E proprio in quell’istante in cui contemplavo tra me e me, tutti gli avvenimenti passati con lei, tutti gli scontri fisici e verbali, che qualcosa, o qualcuno, mi colpì alle spalle scaraventandomi lontano e provocando le urla spaventate di Dawn.

“TU maledetto!! Che diamine hai combinato?? Hai permesso che morisse!!”

Da terra, con gli occhi lacrimanti di dolore, intravidi un’enorme massa scura venirmi incontro e poi salirmi a cavaccioni sopra, bloccandomi sul terreno umidiccio. Misi a fuoco bene l’immagine di colui che mi teneva bloccato e quando seppi chi era sbuffai sprezzante.

“Oh…e chi mai poteva essere? Capitan Mascella”

Angel mi tirò su con forza e mi diede uno schiaffo alla guancia destra che mi provocò un dolore lancinante; ma malgrado tutto non feci nulla che potesse dargli la soddisfazione di avermi fatto male e, anzi, gli risi in faccia.

“Parli proprio tu che l’hai abbandonata, fuggendotene via”

Stava per darmi un altro colpo, quando intervenne Dawn a fermarlo.

“Io non avrei mai permesso che morisse, idiota. Dovevo esserci io al posto tuo e sicuramente a quest’ora Buffy sarebbe viva”

“E credi che a me faccia piacere vederla tutte le notti? Credi che a me faccia piacere sognarla viva, svegliarmi di soprassalto urlando il suo nome e realizzare che invece non lo è più? Credo che tu abbia completamente sbagliato ricostruzione con me, amico. Se esiste una persona in questo fottuto mondo che è addolorato per la sua fine, questi sono io”

Angel, che ancora mi teneva il bavero della giacca, sentendo queste delucidazioni alla sua mente troppo piccola per arrivarci da sola, mi lasciò andare.

“Tu non sai quello che è successo nel frattempo. Tu non sai niente!” dissi, aggiustandomi il colletto e gettando un’occhiataccia all’altro.

“So abbastanza. So che hai accettato la sua decisione…”

“Se la tua testa fosse un minimo comparabile alla tua forza, ma non lo è, ti conosco da troppo tempo è so che non è così, avresti compreso che io non ero d’accordo con la sua decisione. E non l’avrei assolutamente permesso. Ma ho un compito che mi è stato dato e intendo portarlo a termine. Costi, quel che costi”

“E quale sarebbe?” domandò Angel, fingendosi sorpreso.

“Proteggere me” intervenne Dawn, e Angel la guardò un po’ sorpreso.

“Lo faccio per lei. Perché si: nel caso in cui tu non te ne sia ancora accorto, la amo”

Angel sgranò gli occhi al sentire quella dichiarazione, evidentemente del tutto inaspettata.

“Ami Dawn?” domandò, indicandola.

Avrei dovuto saperlo che con lui bisognava essere schietti, altrimenti, con la sua mente limitata, non ci sarebbe arrivato.

“No, stupido idiota! Amo Buffy”

Angel rimase a bocca aperta per qualche istante, fissandomi confuso. Poi ad un certo punto scoppiò in una risata sonora.

“Ahahah. Questa è proprio carina! Ahahah Spike che si innamora della sua acerrima nemica! Ahahah. Ho sempre creduto che fossi strano, Spike. Ma sinceramente con questa questione, sei andato ben oltre le mie più fantasiose aspettative sul tuo conto. Ahahah”

Il suo tono e il suo modo di fare, non mi piacque affatto. Se non ci fosse stata Dawn a dividerci, poteva star certo che quel sghignazzamento glielo avrei fatto passare a suon di pugni in faccia. Il dolore che ne sarebbe seguito, sarebbe stato lautamente equilibrato dalla soddisfazione del suo dolore.

“Non vedo cosa ci sia di tanto divertente!” lo minacciai, con le mani che mi prudevano.

“Oh, niente, mio carissimo compagno di avventure. Solo il fatto di pensare come la prenderebbe Buffy se lo sapesse: un vampiro senz’anima” disse, con un sorrisetto superiore.

Per qualche ragione, l’ultima considerazione ferì il mio orgoglio più dei pugni presi in precedenza.

“Credi che solo perché non sia come te, non sia in grado di provare gli stessi tuoi sentimenti? Io non ho bisogno di un’anima per amarla, come invece è nel tuo caso. Posso amare, anche senza averla”

“Sisi, certo. Rimani pure convinto di poterla avere… lei non ti ha mai amato, Spike. Sono prontissimo a metterci le due mani sul fuoco. Fattene una ragione. Lei appartiene a me e lo sarà per sempre!”

“Ehm…ragazzi?” intervenne Dawn, per porre fine alla lite. “Io dovrei tornare a casa, se non vi dispiace…altrimenti Willow e Tara potrebbero preoccuparsi. Se vi andasse di riaccompagnarmi, ve ne sarei grata”

Continuai a bacchettarmi con Angel per tutto il tragitto di ritorno, mentre entrambi accompagnavamo Dawn a casa. Quando la lasciammo, continuammo ancora a discutere fuori, nel loro giardino.

Poi quando entrambi finimmo le varie argomentazioni a sostegno delle nostre convinzioni, cambiai argomento e gli domandai perché fosse tornato.

“Mi ha avvertito Willow, l’altro giorno. Era venuta a Los Angeles di persona ad informarmi che lei era morta. E quindi, sotto shock, ho voluto verificare io stesso”

“E come vanno le cose laggiù?”

“Nella norma. C’è un mucchio di lavoro da fare e ho fatto una scoperta che mi ha lasciato sotto shock: Darla è viva”

Stavolta strabuzzai gli occhi io e volli saperne di più a riguardo. Ma lui frenò il mio interesse, non volendo rivelarmi come fosse potuto accadere. Ebbi un sospetto per la ragione di quel rifiuto, ma decisi di tenerlo per me.

Quando fu il momento di separarci, lui se ne tornò agli affari los-angeliani e io me ne tornai nella cripta.

Arrivato lì, la mente non potè non tornarmi nuovamente a lei. Dolente o nolente, non potevo assolutamente farne a meno. Soprattutto in solitudine, senza nulla da fare, i pensieri vagavano di continuo sulla sua persona e su ciò che era stato.

Dormii, come al solito, male. Sognando di afferrarla mentre cadeva, impedendole di fatto la morte. Sognai di proteggere Dawn fino alla fine, mantenendo la promessa a lei fatta quella notte.

A questo si aggiunse anche un altro sogno, mai accaduto per la verità…



Cavalcavo la sella di cavallo al galoppo, insieme a Drusilla. Ci trovavamo in una terra in cui non ero mai stato prima. Vi erano tribù che vivevano con mezzi primitivi: senza riscaldamenti, ma solo in piccole e misere tende singole con il fuoco a legna acceso come unica fonte di calore.
Ma la nostra destinazione non erano le tende, bensì una caverna buia dagli stranissimi dipinti rupestri. Drusilla, al vedere quella destinazione, cominciò a lamentarsi e a dimenarsi per tornare indietro, ma io volli proseguire ad ogni costo, dicendo che era per Buffy che facevo quello. Solo per lei, per essere amato come desideravo. Drusilla mi pregava, dicendomi che sarei morto se avessi fatto quel gesto che lei sembrava temere più della morte stessa. Non ne riusciva a comprendere a fondo la ragione, ma io avevo tutto chiaro nella mente e mi sentivo più deciso e forte che mai nelle mie convinzioni. Con la perseveranza, nulla mi avrebbe fermato dal raggiungere il mio obiettivo.
Dopo un po’ sentii un qualcosa di diverso, in me. Come una presenza che non sentivo da un centinaio di anni. Era una sensazione così strana, ma comunque rassicurante…
Vi fu poi un brusco stacco dal sogno e dall’ambientazione precedente e vidi all’improvviso una figura indistinta che stava bruciando. Il bagliore luminosissimo che emetteva la figura bruciante, era talmente intenso che fu sufficiente a svegliarmi di colpo.





NOTE DELL’AUTORE
 
 
Bentornati carissimi lettrici/lettori alla fine di questo nuovo capitolo! Ringrazio chi legge e arriva alla fine del capitolo, grazie davvero!
In questo terzo capitolo ho ripreso la storia dal punto di vista di Spike. Ho voluto introdurre anche Angel (che avrà comunque un suo ruolo abbastanza importante più avanti) perchè credo che quei due ogni volta, battibeccandosi a vicenda, sappiano fare una coppia niente male ahahah XD
Non so se ho reso bene Angel, se c’è qualche fan del personaggio e vuole criticarmi per come ho trascritto il suo idolo, lo faccia pure presente: accetto volentierissimo le critiche costruttive, ci mancherebbe!
Ho anche deciso di metterlo a conoscenza dei sentimenti per Buffy da parte di Spike (a questo proposito ero indeciso se tale rivelazione gli venisse fatta nell’episodio “la fine dei giorni” nella settima stagione, quando Buffy, dopo aver ucciso Caleb ha quello scambio di opinione con Angel proprio su Spike e gli rivela che ha ripreso l’anima). Però lì effettivamente viene a sapere che Buffy in qualche modo ricambia il sentimento… non che Spike è innamorato di lei. E allora ho deciso di metterlo qui. Se la scelta vi urta, anche qui potete criticarla e propormi un’alternativa.
Riguardo al sogno: è un evidente presagio di quando Spike riacquista l’anima. Non posso dire che lo desideri davvero, però i sogni premonitori esistono e pertanto ho deciso di farglielo fare. Scoprirete, più avanti, come tutto questo combacerà nel proseguo della storia…
Credo di aver detto tutto! Come sempre, vi ringrazio lettori silenziosi e, se voleste, sono aperto alle vostre opinioni!! :D
Ci leggiamo venerdì prossimo con il POV di Dawn!
Buon weekend, carissime/i! 😊  



 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


                                          Capitolo 4


 


POV DAWN




Il giorno successivo all’incontro-scontro tra Spike e Angel mi svegliai abbastanza presto, ben decisa ad affrontare le due questioni lasciate in sospeso con Willow: la ricostruzione del robot e la questione bollette.

Mi feci la doccia, mi vestii e scesi a colazione trovando la cucina ancora vuota: evidentemente sia Tara, sia Willow stessa erano ancora addormentati.

Trascorrevo ancora le vacanze estive e pertanto Xander non era costretto, come avveniva da quando Buffy non c’era, ad accompagnarmi a scuola.

Sapevo prepararmi da sola la colazione, il problema sopraggiunse però quando mi resi conto che il frigo era praticamente vuoto. Protestai amaramente tra me e me e non potei fare a meno di pensare come negli ultimi tempi le mie due coinquiline stessero pericolosamente approdando all’idea che tutto sia un mio problema e basta, rifugiandosi nella scusa un po’ meschina del: “ti teniamo compagnia, al resto devi pensare da sola”.

C’erano solo due persone che conoscevo, che potevano aiutarmi in quel frangente: Anya e Giles. Erano di fatto le uniche due che possedessero un briciolo di denaro e perciò rivestitomi per uscire, andai da loro a chiedere il prestito. Optai prima per Anya, perché immaginavo che Giles stesse ancora a letto essendo uno dagli orari piuttosto sfasati, soprattutto durante l’estate.
Trovai, perciò, la prima intenta a fare colazione mentre Xander ancora dormiva. Le chiesi se aveva del denaro da darmi per poter comprare qualcosa e lei gentilmente me lo diede e poi mi incamminai al market più vicino.

Presi l’occorrente e andai velocemente alla cassa per pagare. Solo allora fui urtata un po’ sgarbatamente da un ragazzo piuttosto pallido, con i capelli corti scuri, circondato da altri due uno di questi aveva la fronte terribilmente pronunciata.

“Jonathan guarda dove mi fai sbattere. Scusami, signorina”

“Non è niente, non preoccuparti” lo rassicurai, massaggiandomi l’avambraccio.

“Oh, suvvia Warren… hai le ossa dure a quanto pare” sghignazzò il terzo, mentre si allontanavano.

Le loro chiacchiere si persero nelle corsie del market e dopo che ebbi pagato, tornai a casa con ancora il braccio leggermente dolorante.

Quando rientrai in casa, trovai Willow sveglia la quale accorgendosi che era mancata la roba, si complimentò con me.

“Certo, avresti potuto anche pensarci tu, Willow” la ammonii, un po’ irritata.

“Scusa?” fece lei, guardandomi un po’ confusa e un po’ sorpresa.

“Ultimamente mi sembra che tu ti stia un po’ agiando in questa casa, come se per te fosse una specie di hotel. Ci sono delle mansioni che bisogna rispettare” la informai, alzando di un’ottava la voce.

“Fammi capire bene” rispose lei, alzandosi a sua volta a fronteggiarmi: “io sono qui, ti accudisco, ti tengo compagnia e tu mi mandi a quel paese costringendomi a collaborare e a pensare a farti da mangiare tutti i giorni?”

“Non sto dicendo questo…però, insomma: almeno un minimo di aiuto. Sei qui e a parte la tua presenza fisica, non contribuisci neanche un minimo”

 “Scusami, Summers, se ti reco disturbo e ti ostacolo. Ma forse sarebbe meglio, per te, se io e Tara togliessimo il disturbo. Vuoi dire questo?” mi chiese sfacciata.

“Vorresti forse farmi credere che sia tutto a norma? Che mi tieni informata su tutto? E cosa mi dici della bolletta? Se non l’avessi trovata io…”

“Quale bolletta?” domandò allora, cambiando espressione.

“Oh, suvvia…non farmi credere che non ne sai nulla” risposi sbuffando.

“No. Non ne sapevo nulla davvero. Te l’avrei detto altrimenti” rispose lei, e nel dirlo mi sembrò sincera. Davvero non ne sapeva nulla.

“Ma se non sei stata tu, a ritirarla allora chi…?”

“Scusami Dawn. L’ho ritirata io e avevo intenzione di dirtelo, prima o poi. Ma mi è passato di mente…” intervenne Tara, rientrando dal giardino, con una bottiglia d’acqua vuota.

“Beh, fa’ pure con comodo! In fondo è solo un mio problema, giusto?” la aggredii io, malamente. E Tara ci restò male.

“Non aggredirla!” intervenne Willow, nuovamente furiosa, fulminandomi con lo sguardo.

“Altrimenti cosa fai? Mi trasformi in un topo?”

“Ragazze, basta! Willow smettila. Abbiamo sbagliato entrambe, Dawn. Scusaci!” disse Tara, cercando di impedire che la situazione degenerasse.

Ci calmammo entrambe e anche io mi scusai con Tara per aver risposto male. Asserii il tutto allo stress accumulato in quei giorni costretta a pensare alle faccende domestiche, compito di cui non ero assolutamente preparata a fare.

“Ti capisco benissimo, cara. Avrei reagito male anche io dopo giornate così emotivamente pesanti” mi consolò lei, posandomi una mano sulla spalla e guardandomi realmente dispiaciuta.

“Come faremo a fare tutto ciò che va fatto? Non abbiamo un soldo”

“Ci inventeremo qualcosa, vedrai” mi rassicurò Willow. “In fondo si tratta solo di una bolletta, giusto? Potremo riuscire a venirne a capo…”

Un pochino rassicurata dalle mie due amiche, cercai di non pensarci più. In fondo avevano ragione: si poteva risolvere, magari con qualche sacrificio.

A pranzo decisi di rivelarle quale fosse la mia idea a proposito. Proposi perciò loro che entrambe, o anche solo una delle due, si adoperassero per trovare un lavoretto part-time in modo da poter garantire il mantenimento della casa, ma entrambe glissarono l’argomento con un semplice e ambiguo: “poi vedremo”.

Allora spostai la conversazione sull’altro argomento che mi premeva.

“Io e Sp… io…avrei una proposta” esordii, rimangiandomi la parola “Spike” perché sapevo che le possibilità si sarebbero notevolmente ridotte al sentirne il nome.

Tara e Willow mi guardarono in modo interrogativo.

“Quale?”

“Ecco…stavo pensando, io da sola: perché non ricostruire il robot? In fondo potrebbe darvi una mano nella caccia e a me come aiutante di casa”

Willow e Tara si guardarono l’una con l’altra e poi, risposero: “in fondo non sarebbe una cattiva idea”

“Avevo completamente rimosso il Buffy-bot a dire il vero” disse Tara, dopo una breve occhiata alla compagna accanto a lei.

“C’è un però” rispose Willow, un po’ rassegnata.

“Quale sarebbe il però?”

“Che non so riaggiustarlo correttamente. Non credo siano state conservate le istruzioni, dalla prima volta”

“Se vuoi, poi ci do un’occhiata” proposi io e Willow acconsentì.

Non fu tanto difficile come immaginai inizialmente, convincerla. Certamente anche loro si erano resi conto che da soli, noi tre non avremmo potuto gestire i ritmi. Da quando Buffy non c’era più, e un po’ di retropensiero amaro su Willow mi rimaneva, la casa era stata un po’ abbandonata a sé stessa. La polvere si era moltiplicata a dismisura su ogni credenza, il cibo scarseggiava e la questione bollette era urgentissima. Avere un aiuto quantomeno per spese alimentari e pulizie, ci avrebbe potuto garantire una vita più consona alla nostra età, fatta di scuola e studio, perché ai nostri prof purtroppo poco importava che dovessimo mantenere una casa. I compiti li avevo e li avrei avuti, finite le vacanze, esattamente giornalmente e come ogni altro mio compagno.

Perciò finito di pranzare, mi diressi verso lo sgabuzzino laddove avevamo riposto il robot, lo tirai fuori e presi a cercare qualcosa, qualsiasi cosa scritta, che ci aiutasse a schiarirci le idee. Purtroppo la ricerca fu vana.

“Aspettate, qui c’è qualcosa…” notò Tara, indicando un’apertura sigillata nel fianco destro.

“Che stupida, l’avevo dimenticato” mormorò Willow, quando la vide. Fece per tirare, come per strappare l’etichetta e tirò uno sbuffo: “è’ un po’ un casino, qui dentro” si lamentò, quando scoprì la marea di fili elettrici. Poi, come se avesse dimenticato qualcosa di estremamente importante su sé stessa, disse: “ehi…ma…non sono forse una strega?” e con un semplice e banalissimo gesto riaggiustò tutto.

“Willow, ma ti sei persa il divertimento” si lamentò Tara, e non capii se effettivamente lo pensasse sul serio o fosse anche lei stessa soddisfatta dall’aver evitato ore, e forse giorni interi, a riaggiustarlo.

Non appena riprese vita, il robot ricominciò a comportarsi in modo bizzarro e Willow dovette nuovamente riprogrammare tutte le funzioni.

Io allora, non persi tempo e con la scusa di uscire, scappai alla cripta di Spike per informarlo del tentativo riuscito. Fui sorpresa nel trovarlo sveglio in pieno giorno.

“Accomodati pure” disse, posando un bicchiere di sangue sul tavolo e facendomi segno di sedermi. Provai una sorta di sdegno verso quella vista e lui sorrise divertito.

“Ne vuoi un sorso?” domandò, beffardo.

“Preferirei evitare, grazie” gli risposi garbatamente, io. Lui scosse il capo sempre sorridendo, alzò gli occhi, sbuffò e continuò a bere.

Quando ebbe finito, e dopo aver pronunciato alcune critiche sull’effettiva bontà di quella bevanda, dicendo di preferire il sangue umano, con una strizzatina d’occhio nei miei confronti, mi domandò: “allora, a cosa devo il piacere Dawn?”

“Abbiamo il robot” gli annunciai io tornando entusiasta dopo il miscuglio di sensazioni negative avute fino a quel momento.

“E allora?” mi domandò lui, sbattendo le palpebre come se la notizia non lo riguardasse particolarmente.

“Non lo volevi tu per primo?” domandai, allora, stupita da quel cambio repentino di interesse.

“Piccola, secondo te io potrei mai sostituire Buffy, la vera Buffy con un robot? Suvvia, sarebbe da matti…”

“Mi sembra che tu lo abbia fatto in passato” gli feci notare io. “Un passato neanche troppo lontano a dire il vero” aggiunsi.

“Senti, piccola. Ho preso la mia decisione. Usatelo voi, quell’aggeggio. Io non…”

Non era riuscito a finire la frase, che la porta della cripta si spalancò con violenza, facendomi sobbalzare dallo spavento.

Mi voltai e restai a bocca aperta: sulla soglia c’era… Buffy… o, per meglio dire: la sua rappresentazione robotica appena aggiustata.
 
 


NOTE DELL’AUTORE
 


Rieccoci qui all’aggiornamento settimanale! Ringrazio sempre chi continua a leggere e a seguire la storia, sappiate che ciò mi fa sempre molto piacere! Se avete qualche dubbio o considerazione particolare da farmi non desistete e fatevi coraggio! 😊
Per prima cosa, ci tengo a precisare che la vicenda presente in questo capitolo è l'UNICA che vede coinvolti i tre dell'Ave Maria come mi piace definirli: Warren,Johnathan e Andrew. Non compariranno più, se non poi nella stagione originale. Secondo: in questo capitolo ho voluto agitare un po' le acque facendo litigare Dawn con Willow e Tara. E' giusto che anche lei sappia farsi rispettare e che le altre due non battano troppo la fiacca, diciamo ^^'.
Nel momento in cui chiariscono, ho approfittato per far dire a Dawn ciò che nel primo capitolo aveva concordato con Spike, ovvero la ripresa dell’utilizzo del Buffy-robot. Ora, ho letto online che in verità esisteva già un’opera scritta tempo fa che forniva un’interpretazione (non so quanto veritiera), su quanto accadde nell’arco di tempo da me analizzato e in quest’opera si diceva che fosse stata Anya a decidere di riesumare il robot. Quando ho scritto questi capitoli, non sapevo ancora dell’esistenza di tali opere e perciò ho voluto darne una mia interpretazione. Come ho già detto all’inizio: non pretendo che questa ff sia l’assoluta verità di ciò che che accadde realmente. Insomma, le ff esistono anche e soprattutto per questo, no? ^^’
Per il resto, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona lettura carissimi e buon weekend. Al prossimo aggiornamento, venerdì prossimo con Spike! 😊   
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 



POV SPIKE



Appena la vidi sulla soglia, tutto ciò che avevo detto fin lì a Dawn, svanì come se non fosse più esistito. Certo, sapevo che se la vera Buffy mi stesse tenendo d’occhio in qualche altra dimensione, si sarebbe disgustata alla vista… ma me la ricordava così tanto… .

“Spike?!? Oooh…Spike…” disse con un sorriso a trentadue denti, esattamente come fu la prima volta. “Mi sei mancato tantissimo!” aggiunse, quando mi raggiunse in tre passi stampandomi un bacio appassionatissimo sulle labbra.

“Beeh…allora io vi lascio ai vostri comodi…” disse Dawn, imbarazzata, facendo che dirigersi verso l’uscita.

“Aspetta, Dawn!” la richiamai, cercando di farmi spazio tra le innumerevoli carezze e baci di lei. “Non avete rimosso il programma originale?”

Dawn si voltò, rossa in volto e disse a mo’ di scusa: “evidentemente Willow se lo sarà dimenticato…”

Alzai le spalle: a dire il vero la cosa non mi pesava poi eccessivamente…

Le giornate ripresero un po’ di vigore, come non mi accadeva da tempo; perlomeno durante le ore di veglia, mentre durante le notti gli incubi nostalgici della vera Buffy, prendevano nuovamente il sopravvento. Buffy in versione robot sarebbe stata quantomeno appagante in termini puramente “fisici”, roba che non otterrò mai da quella vera. Durante la giornata la possedevo quasi ininterrottamente, e la sera sul tardi la dovevo lasciare per le sue battute di caccia le quali, mi accorsi ben presto, a dire il vero, non erano solitarie ma comprendevano la piccola ciurma di emeriti idioti.

“Cosa ci fai qui, Spike?” mi domandò sgarbatamente Xander quando mi vide, una sera in cui mi offrii di accompagnare il robot al cimitero, per una delle sue abituali battute.

“Neanche si saluta?” gli domandai io, provocandolo.

“Non sei il benvenuto, Spike!” intervenne Giles. Io lo squadrai con sfacciataggine: davvero credeva di interferire così?

“Buffy mi ha concesso di entrare a far parte della squadra, pertanto se non mi accettaste, fareste un torto a lei e alla sua memoria”

Tempo di finire di pronunciare queste parole, che all’improvviso qualcosa mi spinse di lato facendomi per un attimo quasi cadere a terra col rischio di sbattere la testa contro una lapide lì accanto facendomi perdere i sensi.

Evitatolo per un pelo, guardai meglio quel figlio di un cane che aveva osato alzarmi le mani, per scagliarsi addosso ai quattro che cercavano di fronteggiarlo.

Debbo dire a questo punto che due cose mi passarono per la mente: la prima era quello di starmene lì ad osservare chi avrebbe avuto la meglio: il vampiro oppure gli sfigati? Dato che avevano espresso il loro desiderio di non vedermi tra i piedi, ero disposto ad accontentarli… L’altra, sorretta dall’animo buono che si era impadronito a tratti di me, da quando ero entrato nella banda, almeno prima che lei morisse, mi suggeriva di dar loro una mano e sconfiggere il mio simile.

Vedendo comunque il robot buttarsi nella mischia, fui praticamente costretto a cedere alla parte buona e altruista che mi suggeriva di intervenire in loro aiuto.

Tutto si concluse in un attimo: mettendomi alle spalle di quel poveretto, gli bloccai le mani che usa per combattere e dopo incitai gli altri a colpire in fretta, prima che potesse liberarsi. Quando il paletto di letto gli fu conficcato nel petto e la sua cenere mi coprì le scarpe, gettai un’occhiata di superiorità agli altri e aspettai che mi ringraziassero.

Furono Willow e Tara che fecero questo sforzo, gli altri due erano fin troppo orgogliosi per farlo. Ma nonostante tutto, me lo feci bastare.

E da quella sera, grazie al mio aiuto, rientrai a far parte della combriccola. 

Il resto della caccia fu ovviamente un mezzo disastro e solo io e il robot evitammo che si concludesse in un totale disastro.

“Vedete che avete fatto la cosa giusta ad includermi nuovamente? Se non ci fossi stato io, a quest’ora probabilmente non sareste qui” li punzecchiai. Loro fecero finta di non aver udito, ma con un pizzico di goduria, notai il fastidio nei loro volti.

Osservavo la Buffy robotizzata, mentre combatteva i vampiri che via via si presentavano, e dovetti ammettere amaramente a me stesso che la differenza con l’altra lei era lampante. Da quel momento cominciai piano piano a risentire il deprimente senso di incompiutezza che provavo da quando Buffy non c’era più.

E la felicità dei primi giorni, seppur sempre lievemente celata da un senso di tristezza profondo, piano piano si dissipò, fino a scomparire del tutto. A nulla servirono le parole dolci e il sesso continuo fatto con la sua versione robotizzata. E, anzi, ben presto iniziai a provare anche fastidio nel praticare quest’ultimo, e iniziai a non guardarla più negli occhi quando mi parlava. Cominciai, in poche parole, ad evitarla.

Sempre più spesso, mi rifugiavo in solitudine, lontano il più possibile da lei, fino a quando la situazione divenne talmente insostenibile da dover chiedere a Willow di riprendersela e portarsela alla casa dove ora conviveva insieme a Dawn e la sua fidanzata. C'è comunque da dire, che io non avevo chiesto a Dawn di recuperare il robot per il gusto e il piacere di ritrovarmelo davanti. Volevo solo testare la sua reazione all'idea di avere un qualcosa di simile, non uguale, alla vera sua sorella... e, qui posso dirlo, mi deluse la sua scelta. Mi sarei aspettato più "fede" in lei: sapeva che la vera Buffy si sarebbe dispiaciuta nel vedersi sostituita da un robot. Per quanto riguarda me, io sono un vampiro senz'anima: è ovvio che non potevo resistere quando lì per lì, me la ritrovai davanti... Allo stesso modo, però, comprendevo anche le ragioni per cui lo avevano effettivamente ricostituito e per questo non ne condannavo totalmente l'idea...

“Willow, ti chiedo inoltre di disattivare il programma che la fa impazzire appena mi vede. Te ne sarei grato!” le dissi, quando mi presentai a riconsegnarle il robot.
 
“Oh, si…grazie Spike. Provvederò!” fece lei. Poi, come se ci avesse ripensato, mi chiese gentilmente: “vuoi entrare? Stavamo cenando…” e si fece largo per lasciarmi entrare.

Accettai l’invito senza remora e entrai, mentre il robot su indicazione di Dawn di diresse in cucina a servire la cena.

Fu una serata che definirei abbastanza piacevole. In fondo Willow non era malaccio, aveva acume quando voleva. E anche la cena fu abbastanza piacevole.

Non potei però esimermi dal gustarmi la puntata di Passioni che trasmettevano tutte le serate in tv dopo le ventuno. Mi lasciarono fare e ciò che mi sorprese di più in positivo fu che né Willow, né Tara, accennarono mai al fatto che fossi un vampiro senz’anima. E che per loro fosse un peso lasciarmi lì.

Questo lo apprezzai molto, evidentemente le parole che avevo detto loro quella sera furono efficaci. E forse le due coinquiline di Dawn si erano dimostrate migliori dei due maschi: l’ex Osservatore e l’amico sfigato della Cacciatrice, che invece continuavano a vedermi in malo modo.

Tornai quindi a far parte stabilmente della banda, anche se i risultati furono sempre gli stessi: senza Buffy, quella vera, il compito di cacciare era ben più complesso.

Una sera me ne stavo tranquillo nella cripta a pensare ai fatti miei, quando la porta si spalancò e sulla soglia c’era il Buffy-bot che mi sorrideva radiosa come sempre.

“Ah, sei tu” la accolsi freddo. “Scusami, ma sono molto impegnato” e presi a fare la prima cosa che mi venne in mente: preparare la tavola, anche se avevo appena finito di cenare.

“Spike, non devi affannarti troppo. Posso aiutarti se vuoi. Sono Buffy, la tua fidanzata!” e mi venne incontro, offrendosi di apparecchiare al posto, ma io glielo impedii.

“No, resta ferma lì. Non vedi che sto facendo già io?” le chiesi un po’ troppo rudemente, al che lei si fermò un po’ stupita da quella mia reazione.

“Se vuoi posso…”

“Non voglio che tu faccia niente. Mi hai capito?”

“Spike, cosa c’è?” mi chiese, sempre più stupita e ora anche allarmata. “Sei arrabbiato con me?”

“No, non sono arrabbiato con te. Cioè non con te, te. Ma con l’altra te, perché…”

“Perché non c’è più” concluse lei, e io annuii. Ci volle veramente poco perché non mandassi il tavolo all’aria dall’ira disperata che provavo.

Smisi di apparecchiare, mi sedetti sulla sedia e mi presi la fronte con entrambe le mani. Poco dopo sentii che anche lei, si sedeva accanto a me e mi poggiò una mano sulla schiena come a consolarmi.

“Io senza di lei, non so come fare. Se ho avuto un minimo di contegno, e non voglio più essere il mostro che ero prima, lo devo a lei. Cosa posso fare, ora che non c’è? Dove posso andare?”

Dopo una breve pausa lei rispose: “secondo me puoi stare benissimo qui, Spike. Io sono sicura che lei lo vorrebbe. E se tu sei felice, anche lei lo è”

“Hai detto una cosa intelligente” le dissi, volgendomi verso di lei sorpreso. Una delle poche volte in cui mi sembrava effettivamente che a parlare non fosse un robot, ma un’amica vera, in carne ed ossa. Poi però la realtà mi ripiombò addosso, e nuovamente mi lasciai prendere dallo sconforto.

“Se ti fa stare meglio con la coscienza, Spike, potrei smetterla definitivamente di venire qui. Aspetterò che sia tu a farlo”

Gliene fui grato e quando lei uscì di nuovo, chiudendosi la porta alle spalle, tirai un sospiro di sollievo: l’ultima cosa di cui avevo bisogno era il robot. Come dissi, ammetto che i primi giorni stare con lei, mi aiutò a dimenticare seppur mai totalmente la mancanza della vera Buffy. Col tempo però mi ero sempre più reso conto che il robot non sarebbe mai stato in grado di sostituirla pienamente. E quella fu veramente l’ultima volta in cui varcò la porta della mia abitazione.
 
 
 

NOTE DELL’AUTORE







Eccoci qui, come ormai ogni venerdì…
Innanzitutto ringrazio chi ha letto i capitoli precedenti e ringrazio Deb per aver aggiunto la storia nelle seguite e aver lasciato una graditissima recensione al primo capitolo!! 😊
Allora su questo capitolo, ho voluto descrivere un po’ l’evoluzione del pensiero di Spike riguardo al rapporto con il Buffy-bot, arrivando al disappunto al riguardo (come lo troviamo nel primo episodio della sesta stagione, fin dall’inizio). Ho comunque pensato, al fine di rendere una sottotrama alla storia principale, un rapporto inizialmente simile a quello avuto con “lei” prima dell’episodio: “Pronto intervento” della quinta stagione. Per poi, pian piano fargli ricordare quanto la vera Buffy sia migliore di quella robotizzata ^^’
Non so quanto possa essere credibile con Spike il passare una serata assieme agli altri della banda, in amicizia. Ma per quanto riguarda Willow non ricordo particolari prese di posizione contro Spike, già prima che Buffy morisse… e inoltre, godendo dell’intesa con Dawn (ed essendo comunque lei la padrona di casa, sarà libera anche di dominare le intenzioni di Willow, qualora fosse stata contraria…). Per quanto riguarda Spike, c’è comunque da notare che anche approfittando dell’assenza Buffy, non ha mai ricercato di togliersi il chip dalla testa per quel che ne sappiamo, perciò potrebbe benissimo averci stretto una sorta di legame QUASI amichevole con Willow e Tara (Xander e Giles, invece stento a crederlo XD)
Comunque, penso di aver detto tutto. Se c’è qualcos’altro che non vi è chiaro, siete liberissime di farmelo sapere!! 😊
A venerdì prossimo e grazie ancora a tutti voi lettrici/lettori che leggeranno anche questo capitolo!! 😊   


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 





POV WILLOW




La mattina del primo agosto, mi svegliai abbastanza tardi e solo perché sentii suonare alla porta di casa. Non c’era nessuno, perchè le prime volte che sentii il campanello nessuno aveva aperto per verificare chi fosse.

Perciò mi alzai ancora in vestaglia, i suoni nel frattempo erano cessati, segno che il postino avesse lasciato la posta nella buca delle lettere; oppure chiunque fosse, se n’era andato. Scesi perciò a verificare e scoprii che si trattava del postino, avendo egli lasciato una raccomandata e un’ulteriore busta nella posta.

Le presi entrambe e quando vidi di cosa si trattava, la stanchezza e la spossatezza, si dileguarono per incanto e fui più sveglia che mai.

L’effetto che mi fecero quelle buste, furono di gran lunga superiori alla sveglia prodotta dal canto del gallo o dalle campane a festa: la maximulta per aver dimenticato di pagare la bolletta precedente più, in aggiunta, la nuova bolletta dell’acqua. 150 dollari, la maximulta e 200 la bolletta idrica.

Ci eravamo completamente scordati di pagare la bolletta e ciò che era peggio era che il mese di agosto sarebbe stato tremendo, in quanto avremmo avuto un carico di bollette da pagare tutte assieme che non avremmo avuto durante l’anno: la luce, il gas, l’acqua, l’IMU della casa…

Mi venne il mal di testa solo a pensarci: quel problema prima o poi doveva essere risolto in un modo o nell’altro. Decisi perciò che al rientro di tutti, io avrei preso la parola e fatto il punto della situazione.

Stavo rimuginando tra me e me, quando sentii una voce terribilmente famigliare alle spalle, che quasi mi fece prendere un colpo. Mi voltai e ci rimasi male che fosse il robot e non quello che davvero dentro di me, speravo ardentemente: la sua vera figura.

“Buongiorno Willow, dormito bene?” mi fece, allegra come sempre.

“Ehm…si, abbastanza. Ma dov’eri? Avevano suonato” le domandai, mentre versavo un po’ di succo nel bicchiere e lo bevevo.

“Oh…stavo annaffiando le piante. Scusami, Willow. Tu sei la mia migliore amica e con gli amici, ci si scusa”

“Ehm, si. Hai ragione. Sai dove sono andati gli altri, per caso?”

“No, mi dispiace” fece, “ma sono sicura che torneranno presto. Loro abitano qui. E inoltre è giorno e di giorno i vampiri e i mostri non ci sono” aggiunse, autoconvincendosi.

Devo dire che trovavo abbastanza buffo il suo modo di ragionare, alcune volte. Di fatto erano tutte cose corrette, ma fin troppo banali. Rispondevo poi a me stessa, dicendomi che sarebbe stato illogico il contrario, se avesse avanzato ragionamenti tipici delle persone normali…

Più volte mi ero chiesta se ne valesse davvero la pena ricostruirlo e se avessi fatto una sciocchezza nello scegliere di farlo, poi però mi resi conto che era l’unica cosa che mi ricordava della mia migliore amica. Con lei ero riuscita a cambiare vita: dalla ragazzina timida e insicura, tipicamente secchiona che ero all’inizio quando la conobbi, alla persona di oggi. Ok, avrò anche dei momenti di debolezza, momenti dove l’io precedente tende ad uscire di nuovo, però grazie a Buffy sono cambiata.

Alla fine, verso le undici, Dawn rientrò, seguita da Tara. Notai subito che erano nuovamente andati a fare la spesa e quando videro l’avviso di mancato pagamento, sbiancarono esattamente come avevo fatto io quando la ricevetti: evidentemente anche loro due si erano completamente dimenticati di dover pagare la bolletta.

“Questo è un vero problema, che possiamo fare?” domandò Tara, quando ci sedemmo tutti e tre a fare il punto della situazione.

“Non lo so. E’ comunque evidente che non possiamo continuare a ignorare la cosa, altrimenti può finire che ad un certo punto ci sfratteranno” risposi, e in quell’istante con orrore mi immaginai quel terribile giorno.

“Secondo me l’unica soluzione, ve l’ho detto, è che vi troviate un lavoro” ripetè Dawn esattamente come la volta precedente.

Dato che mi pareva l’unica via di scampo, dovetti accettare la proposta. E con me anche Tara. Poi però mi venne in mente un’altra alternativa che mai mi era venuta: “aspetta…e se ci rivolgessimo alla banca? Potremmo prelevare il denaro che hai in eredità da Joyce”

“Un prestito?” fece Dawn sorpresa. Fu per un attimo che le si illuminarono gli occhi di speranza, ma poi la ragione ebbe la meglio e nuovamente si rabbuiò. “Sono minorenne, ancora. Possono prelevare solo se si è maggiorenni e, scusami, ragazze, se non mi fido a lasciarvi il nostro codice di accesso…”

Annuii comprensiva a quella rinuncia, dettata più dalla prudenza, che da un reale rifiuto.

“Va bene, allora vada per il posto di lavoro”

Da quel giorno provammo, io e Tara, a mandare curriculum in giro nella speranza che qualcuno avesse bisogno delle nostre competenze. Purtroppo però, la stragrande maggioranza dei lavori richiedevano una specializzazione e i corsi che la fornivano, erano anch’essi talmente cari da non poterceli permettere.

Le uniche alternative erano i lavori tipo camerieri, barbieri ecc… cose al quale proprio io, e a quanto scoprii anche Tara, non eravamo minimamente portati.

La svolta avvenne circa due settimane dopo che iniziammo a mandare. Ricevetti un messaggio mail dal pc che mi dava un annuncio riguardo una ricerca di badanti per persone di una certa età.
Mi segnai l’indirizzo e ne feci parola con Tara. La mail diceva che eravamo convocate per il giorno 18 agosto alle 15 del pomeriggio.

Quando arrivò il giorno, io e Tara ci presentammo alla struttura che, ci accorgemmo, era a due passi dal vecchio liceo di Sunnydale ancora distrutto. Quando entrammo, fummo ricevuti da un signore di mezza età, alto, con capelli piuttosto lunghi, raccolti in uno chignon e la barba.

Portava una camicetta a quadrettoni e una cravattina nera.

“Ci scusi” chiamò Tara, quando vedemmo che ci veniva incontro. “E’ per caso qui il 2300 W. Carson Street, Torrace?” domandò, leggendo il bigliettino che aveva scritto, prima di uscire.
 
“Certamente!” rispose lui, sorridendo. “Buon pomeriggio, ragazze. Stavo proprio aspettando voi” aggiunse, dandoci la mano. “Se voleste seguirmi, vi faccio strada” e prese a percorrere, o meglio correre, il corridoio verso una porta laterale destra in fondo.

Giunto lì, la aprì, la chiuse quando entrammo e ci fece segno di accomodarsi.

“Allora” esordì, mettendo la punta delle dita sotto il mento, in un gesto molto caratteristico: “avete tutto il materiale richiesto?” ci domandò, cortesemente.

“Si” rispondemmo in coro tirando fuori i curriculum e le rispettive carte identitarie.

“Eccellente” disse entusiasta e rimanemmo piuttosto sconcertati quando senza neanche controllarle, ci annunciò: “siete assunte!” con un sorriso a trentadue denti.

Li per lì, restammo piuttosto sbalordite dalla rapidità e dalla semplicità della cosa, ci eravamo immaginate ben altro a dire il vero… ad ogni modo l’entusiasmo per presto si diffuse in noi e sollevate, tornammo a casa ad annunciare a Dawn la bella novella.

Prima di lasciarci, il direttore, ci aveva assicurato che avremmo iniziato il giorno successivo con la signora Eileen e il signor Arthur suo marito. Questi due avevano bisogno di un mese di assistenza, perché i rispettivi figli e nipoti avevano deciso di fare una vacanza alle Hawaii e pertanto avendo entrambe superato l’ottantina, erano piuttosto incapaci di svolgere i normali lavori domestici.

Avendo accettato con un certo entusiasmo, certe che ci saremmo trovate benissimo, annunciammo a Dawn che non si sarebbe più dovuta preoccupare, perché avremmo risolto il problema delle bollette in men che non si dica.

E così il giorno seguente, ci dirigemmo in tutta fretta, con l’obiettivo di iniziare subitissimo, all’abitazione dei signori.

Quando però entrammo, non fummo accolte come ci saremmo aspettate. Anzi una certa freddezza ci colpì come doccia gelata quando entrammo nel salotto, dopo esserci presentate.

“Questi giovani…” si lamentò la signora, indicando con disprezzo i nostri abiti, a loro giudicare, troppo trasandati.

“Beh, allora: che cosa state aspettando?” abbaiò il marito, con voce gracchiante. “Cominciate ad aggiustare i letti e a fare il bucato. Veloci!”

Di certo quello non era esattamente l’inizio che ci saremmo augurate, ma ci convincemmo che col passare della giornata le cose sarebbero andate migliorando.

Quanto ci sbagliavamo…

“Allora?” fece la nonnina affacciandosi di tanto in tanto per controllare che tutto fosse in ordine.

Continuava a farci sentire il fiato sul collo, in continuazione. Ogni cinque minuti, la sua faccia segnata dalle rughe dell’età compariva all’improvviso e sembrava si avesse preso gusto a farci sobbalzare dallo spavento.

Finito il bucato, che consisteva in una vera a propria montagna di panni alti almeno trenta centimetri; i signori avevano un grande giardino, vivendo praticamente in una villetta monolocale ad un solo piano. Perciò ci chiesero, o meglio, ordinarono di falciare le siepi e tagliare l’erba. Ci dissero di arrangiarci nel caso fossero spuntate delle serpi e di vedercela noi da sole. Con questo bel messaggio di consolazione e di motivazione, ci abbandonarono all’esterno con il sole già alto e che ci bruciava le teste.

Loro due controllavano dalla scaletta dell’ingresso indossando due cappellini tra i più ridicoli che avessimo mai visto, per proteggersi dalla luce solare.

Era passata solo mezza giornata, quando finimmo il lavoro e il pranzo per loro consistette in quattro gustosissimi sandwich ciascuno e per noi due, fu preparata una brodaglia che, quando l’assaggiammo, ci accorgemmo con disgusto che era completamente fredda.  Eravamo entrambe, tuttavia, così affamate e stremate dalle fatiche che non ci facemmo quasi caso e nel giro di cinque minuti avevamo già prosciugato il piatto.

Quando mi alzai da tavola e mi dimenticai di prendere anche le loro portate, il vecchio, del quale neanche ricordavo il nome, non essendosi neanche presentato all’inizio, mi minacciò col bastone da passeggio. Mi definì smemorata, corta di vista, e usò il termine svitata.

Dopo mezza giornata già non li sopportavo più e con me, anche Tara, sembrava essersela presa: lei che di solito era così buona dal vedere del buono in chiunque, anche lei su costoro ci aveva rinunciato quasi subito.

Mi morsi la lingua per non rispondergli a tono e feci di tutto per controllare la magia: tutto avrei saputo gestire, meno la loro rabbia nel caso avessero scoperto che le loro due badanti fossero state delle streghe. In quel caso, sarebbe accaduto il pandemonio, ne ero certa…

Stavo pensando giusto questo, quando il piatto che stavo insaponando mi scivolò dalle mani e cadde a terra, fracassandosi in mille pezzi sul pavimento.

Le urla e le imprecazioni dei due vecchi che sentii a quel punto, mi fracassarono i timpani.

“Scusatemi!” cercai di rassicurare loro, con Tara che accorse in mio aiuto, cercando di calmare anche lei quei due. “Adesso proverò a rimediare”

Mi guardai attorno esasperata, cercando di ignorare i loro insulti verso la mia persona alla ricerca di un qualcosa che potesse rimettere insieme i cocci.

Quando riuscii nell’impresa, solo allora, si diedero una calmata e tornarono a sedersi ai loro rispettivi tavoli, quasi come se nulla fosse accaduto. Ma io avevo ascoltato ogni epiteto offensivo che mi avevano gettato addosso e non potevo certamente dimenticare l’accaduto.

Presi l’immediata decisione che il giorno dopo, in comune accordo con Tara, prima di iniziare, avrei fatto loro la richiesta quantomeno del rispetto reciproco. E se avessero avuto una critica, fermarsi a quella e non passare sul personale. Perché sinceramente, dopo solo mezza giornata, e dovevo resistere un mese, già non ne potevo più.

Al pomeriggio, mentre i due si erano appisolati, e a me e Tara diedero il compito di spolverare la casa, presi Tara con me e la informai della mia decisione irrevocabile.

Fui sollevata che anche lei li considerasse esagerati e finanche maleducati. E quando decidemmo come impostare il discorso si procedette nel lavoro.

Finimmo praticamente per il tardo pomeriggio e, fortunatamente, godemmo di un’ora di riposo prima della preparazione della cena.

In quell’ora c’era la messa serale trasmessa alla tv e i due, da buoni cristiani praticanti la stavano seguendo, costringendo anche me, sebbene le avessi detto che ero di religione ebraica, a seguirla.

Avevo avuto sin da subito la netta sensazione quella mattina, di quel primo giorno, che sia la mia opinione che quella di Tara, per loro, non avesse alcuna importanza: le regole erano stabilite da loro e noi eravamo costrette ad obbedirle, come in stato di polizia. Non solo quindi fui costretta a seguirla, in tutto e per tutto, ma fui anche costretta a recitare le preghiere ad alta voce, in modo che sentissero, e con vero spirito cattolico.

“Bene. Questo sarà l’andazzo ogni giorno, ragazze” fece il padrone di casa, dopo che fu terminata la funzione, guardandoci con un ghigno maligno in volto. “Ora che abbiamo finito, forza: preparate la cena e mangiamo! Noi due preferiamo tacchino arrosto e patate, per voi andrebbe bene la cicoria, cipolle e aglio” e battendo le mani, col fare ebete, ci chiese di cominciare immediatamente.

Procedette abbastanza bene, a dire il vero, fino a quando non accadde l’imprevisto che fece si che quello fu il primo ed unico giorno di lavoro per noi due…

Stavo preparando il tacchino, e dovevo solo aspettare che fosse pronto, di li a poco, per essere tolto, quando la mia attenzione si spostò su una foto piuttosto vecchia, in bianco e nero, che comprendeva un bambino, sottobraccio ad un adulto dall’aria piuttosto severa. Ma la madre di quel bambino, che scoprii in un secondo momento, essere ora il vecchio, non c’era, in quella che avrebbe dovuto essere una foto di famiglia.

Allora provai a chiedere spiegazioni di dove fosse e di cosa le fosse accaduto. Lui, forse per la prima volta, dopo essere stato maleducato praticamente per tutto il tempo, mi disse con un tono diverso da tutto e per tutto da quello usato fino a quel momento: “E’ morta durante la guerra. Essendo ebrea e vivendo in Germania era stata portata in un campo di sterminio e l’hanno fatta fuori. Questa foto risale ai tempi della guerra e lei era già stata uccisa”

“Ma perché è andata a vivere in Germania?”

“Non è ovvio, ragazzina? Mio padre e mia madre, divorziarono e inoltre partimmo dalla Germania dopo la fine della guerra, per venire qui. A quei tempi eravamo in terra tedesca!” rispose lui, riprendendo il consueto tono brusco. “Io la odiai, quella donna: mi aveva abbandonato per sempre e solo perché ebbe la disgrazia di nascere ebrea. Fui cresciuto da mio padre, perciò, con principi fortemente cattolici perché erano gli unici che ti garantivano un minimo di sopravvivenza, da parte dei nazisti. Anche se poi, in un secondo momento, anche i cattolici praticanti che non avessero riconosciuto il Fuhrer come Cristo reincarnato, vennero anch’essi presi di mira e spediti a morire. Perciò allora, fummo costretti ad emigrare qui, perché altrimenti avremmo fatto la fine di mia madre”

“Mi dispiace” riuscii a dire, sinceramente addolorata per l’infanzia infelice di quell’uomo.

Lui non disse nulla, né ringraziò. Forse più per orgoglio personale, nel dimostrarsi forte, forse perché realmente dei miei messaggi consolatori non sapeva che farsene. Non lo seppi mai…

Invece seppi, ahimè, ciò che stava succedendo, quando mi resi conto che una forte puzza di bruciato stava uscendo dal fornello dove vi era il tacchino per i due padroni di casa.

Appena mi resi conto da dove proveniva il puzzo, mi precipitai ad estrarre il tacchino e con una nota di panico mi resi conto che era ormai ridotto ad una massa nera, tolta pochissima parte, ormai immangiabile.

Quando fu chiaro anche ai due che per quella sera, la loro cena era andata a male, ciò che ne seguì fu troppo per essere raccontato. Vi basti pensare che fummo bastonate entrambe brutalmente, dai due.

E fu allora che accadde ciò che non doveva accadere: ad un certo punto, i loro bastoni si bloccarono  a mezzaria, rifiutandosi di fatto a colpirci e invece, si rivoltarono verso i loro stessi proprietari che li brandivano. In un primo momento ero troppo dolorante per cessare la magia che mi era involontariamente partita…poi quando mi resi conto effettivamente di quello che era successo, mi rivolsi ai due bastoni, galleggianti a mezz’aria e ordinai: “basta!” perentoriamente e quelli tornarono normali, cadendo entrambi a terra con un tonfo sordo.

All’inizio i due a terra furono a loro volta, troppo storditi per rendersi conto di quanto era accaduto; poi successivamente si rialzarono a fatica, aggrappandosi al tavolo della cucina e facendo due più due, arrivarono alla verità.

“Voi…voi due…siete” annaspò la vecchia.

“Streghe, si” conclusi io, per loro e sbiancarono all’improvviso, prima di diventare violacei i loro volti.

“Adesso si spiegano tante cose…ecco perché lei, ragazzina, bestia di Satana, non voleva ascoltare la messa…è una posseduta!! Arthur caro: abbiamo il diavolo fra noi!! Come caspiterina è potuto succedere??” si agitò la nonna, con gli occhi fuori dalle orbite e fuori di sé.

Afferrò dalla credenza un vecchio soprammobile di porcellana e, chiedendo pieno sostegno al marito, lo lanciò con tutta la sua forza contro di noi. Il soprammobile mancò il bersaglio e si andò a schiantare contro la cornice di un quadro che raffigurava una copia della natura morta di Monet. Il vetro del quadro si ruppe in mille pezzi al contatto con il soprammobile e con un ululato di disperazione la vecchia, invece di arrendersi, afferrò un secondo soprammobile intimandoci di fuggire via, altrimenti avrebbe chiamato l’esorcista e l’FBI per presenza demoniaca in casa.

Quando il secondo soprammobile venne lanciato, nuovamente mancando il bersaglio, io e Tara fummo costrette a lasciare la casa, in parte sollevate perché quel calvario fosse terminato molto prima del previsto; dall’altra però estremamente abbattute per aver perso l’unica occasione per lavorare e portare quantomeno un sostegno economico per il mantenimento della casa. E, nel frattempo, il giorno dopo giunse una terza e una quarta bolletta da pagare…

Ma prima di tutto questo, ci tengo che venga messo a punto un altro fatto che accadde quella notte. Eravamo ancora profondamente turbate da come si fosse conclusa la giornata e Dawn ne era stata messa al corrente, quando decidemmo entrambe di andare a letto molto presto, senza mandar giù nulla, Dawn aveva da poco terminato di farlo.

Messomi a letto, insieme a Tara, mi addormentai subito, totalmente stremata.

Dapprima sognai che in realtà il lavoro doveva ancora cominciare e che non era assolutamente vero tutto ciò a cui avevamo assistito quella giornata tremenda… poi il sogno venne bruscamente interrotto da un altro…


Mi trovavo in un luogo di perdizione e di fiamme ovunque. Ovunque mi voltassi, c’era il fuoco e un grido lacerante di anime perdute che mi faceva letteralmente agghiacciare. In mezzo alle urla, una voce tremendamente famigliare, mi raggiunse, chiamandomi per nome e implorandomi di salvarla.
Mi voltai e vidi chiaramente una ragazza dai lunghi capelli biondi, magra, dagli occhi verdi e la bocca sottile. Mi guardava implorante e a quella vista, mi svegliai di colpo e allo stesso modo, svegliai Tara.
Quella notte del 18 di agosto, quasi 19, vista la mezzanotte che era passata da poco, sognai per la prima volta, da quando non c’era più, Buffy! E il luogo nella quale l’avevo sognata, non era affatto un luogo piacevole. Tutt’altro. Era l’inferno!
E da quella notte, scioccata dall’incubo, presi in serissima considerazione l’idea di doverla salvare, in un qualche modo…

 
 
 
 

NOTE DELL’AUTORE





Eccoci qui al sesto aggiornamento di questa storia! 😊
Ringrazio chi è arrivato alla fine di questo lungo capitolo!
Ringrazio anche infinitamente Deb per le recensioni nei primi 3 capitoli della storia, e mi auguro che anche i successivi possa apprezzarli. Grazie davvero, cara!! E grazie anche a coloro che leggono silenziosamente. Se volete, anche voi potete farmi sapere cosa ne pensate finora della ff.
In questo capitolo, introduco un nuovo POV (quello di Willow) che sarà più presente nella seconda parte della storia. In questo capitolo ho voluto immaginare Willow e Tara che, avendo oramai saputo delle spese di casa Summers, non hanno altra alternativa che cercarsi un lavoro per poterle sostenere.
Ho voluto improvvisare così una loro piccola avventura, finita senza dubbio assai male, per entrambe…
Per quanto riguarda l’ultima parte, ci troviamo ad un punto di svolta, come vedrete in seguito. Non mi ha mai entusiasmato moltissimo l’idea che Willow immaginasse da subito che Buffy potesse essere in pericolo (e inoltre, prendendo per vera questa ipotesi la storia a parer mio sarebbe risultata fin troppo banale…). Secondo me, si è fatta un’idea man mano. Non so se per mezzo di un sogno/incubo come ho descritto qui, ma senza dubbio deve essere stato uno shock piuttosto forte per farle pensare una cosa del genere. Qualcuno potrebbe dire: ha fatto il collegamento con Angel (e dal telefilm in effetti emerge questa motivazione), però anche qui…possibile che non avesse fatto il collegamento: Angel pluriomicida, mentre Buffy salvatrice? Ecco che secondo me, un incubo con Buffy all’inferno, può essere una motivazione valida per crederla realmente in pericolo (e a differenza di Dawn e Spike, lei crede di aver avuto appunto una visione veritiera della situazione)… .
Ad ogni modo, se l’idea non vi convince/piace siete liberissimi di esprimere le vostre perplessità!! 😊
Vi ringrazio di nuovo e vi auguro una buona domenica! Vi do appuntamento a venerdì prossimo!!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
 



POV GILES


 

Quando dall’Inghilterra mi informarono che una nuova Cacciatrice era sorta e stava per trasferirsi in una cittadina nella periferia di Los Angeles, California chiamata Sunnydale mi raccomandarono di fare di tutto per proteggerla: compito dell’Osservatore è addestrare e proteggere la propria Cacciatrice anche a costo della vita.

Con Buffy, ho fallito. E la presenza del robot poco serviva a farmela dimenticare. Anzi, quando vedevo quella versione di lei, provavo ancora più dolore. Non era solo la mia Cacciatrice, lei. Era una figlia. Era la figlia che avrei sempre desiderato e che non ho mai avuto.

C’è stato un tempo in cui probabilmente non mi sarei affezionato così tanto verso una persona che combatteva il Male, visto che ero io stesso colui che lo evocava. Mi chiamavano “lo Squartatore” proprio per questo. Bevendo a più non posso e facendo largo uso della magia nera, non avrei avuto la benché minima possibilità di affezionarmi ad una persona di così tanto genuina, pura come lo era lei.

Avevo deciso di porre fine alla mia avventura qui, dopo la morte di Buffy, mi ero imposto di controllare i voli di ritorno a Londra. Il problema è che col passare dei giorni mi sono reso conto che in fondo questa a Sunnydale è come una seconda casa per me. Non era tanto un problema di eredità del negozio di arti magiche: la titolare sarebbe diventata in automatico Anya, con la mia partenza. No, il problema era che temevo cosa sarebbe accaduto a Willow e agli altri, qualora li avessi abbandonati qui, perché purtroppo il Male non si era fermato con la morte della Cacciatrice. Anzi, poteva tornare più armato e pericoloso che mai…

In ogni caso, mi premette informare Anya delle mie decisioni, qualora avessi davvero deciso cosa fare.

E quel giorno di ferragosto, tra i più caldi degli ultimi anni, decisi di informarla in privato della mia decisione.

“Signor Giles, è un vero piacere da parte mia assumersi la responsabilità del negozio. Ma, davvero, ci pensi bene” mi disse, dopo che le esplicai le mie intenzioni.

“Beh, si… in fondo ancora non ho ben deciso. Spero a breve di prendere una decisione a tal proposito. Ho voluto comunque fartelo sapere in anticipo, in modo che tu possa avere il tempo di organizzarti. Sai: lavorare da soli gestendo un negozio abbastanza frequentato, aggiungerei, non è esattamente una passeggiata” le dissi, sorridendo nervosamente all’ultima battuta.

“Oh, signor Giles, non potrò mai ringraziarla per questo onore”. Mi abbracciò stretto, e per poco dalla inaspettata reazione, quasi caddi all’indietro e dovetti afferrare un sostegno per non rischiare di farmi davvero male, alla mia età…

Non mi diede particolare soddisfazione quella reazione così allegra alla notizia del passaggio di consegne da me a lei.

“Beh… in verità non ho detto che non tornerò mai più. Quindi potrebbe tranquillamente essere un qualcosa di temporaneo” aggiunsi, con il tentativo di riprendere in mano la situazione che mi stava sfuggendo.

“Oh, non mi fraintenda Giles… io spero che lei rimanga, alla fine!” si corresse lei, ma non mi parve particolarmente sincera. Quell’atto di generosa vicinanza e di supplica che aveva riservato a me, insieme agli altri, quando avevo riferito loro per la prima volta quali fossero le mie intenzioni, era venuto meno dopo la mia decisione di affidare a lei il negozio.

“Comunque ti terrò aggiornata” le dissi, sbrigativo, evitando di guardarla negli occhi. Mi aveva deluso il suo entusiasmo, non posso negarlo. Mi sarei certamente aspettato una sua resistenza più netta, una supplica a rimanere. Se davvero fossi un peso per loro, allora tanto valeva partire subito ed accontentarli.

Prenotai, quindi, quando rientrai a casa, il volo per l’Inghilterra fissato per il giorno 1 settembre alle ore 16, esattamente centoquarantasette giorni dopo la morte di Buffy.

Nessuno della banda avrebbe saputo però il giorno esatto della partenza. Doveva essere segreto. Se ero effettivamente un peso per loro, tanto valeva partire in segreto, magari lasciare solo un biglietto di addio e via.

Non so se poi ne avesse fatto parola a Xander di quello che avevo deciso, immagino di sì. Anzi, ne ebbi poi la certezza, in uno scontro piuttosto infantile, lo ammetto, avuto con Anya i giorni successivi, quando lei si oppose di fatto alla mia volontà di portare dietro con me l’Effige di Rovalon e Xander, intervenendo mi fece comprendere che: si, glielo aveva riferito.

Allora, dato che era ben contenta di assumersi il negozio, l’avrei caricata di lavoro. Tutta la parte di ricerca, amministrativa e di riordino degli archivi gliela avrei affidata. Così avrebbe compreso per bene, la fatica nel gestire il tutto e magari si sarebbe pentita di aver accolto la proposta con così tanto entusiasmo…

Nel prenotare il viaggio, lasciai comunque aperta una casella di disdetta, qualora lei avesse difatto cambiato atteggiamento e mi avesse supplicato di non partire più e che rinunciava al negozio. Cosa che invece non avvenne più.

Annunciai più e più volte la mia partenza, per poter analizzare meglio le loro reazioni, ma la verità è che ad un certo punto, mi sembrarono persino impazienti che me ne andassi e cominciavano a mal sopportare questo mio tentennamento… .

E così, i giorni trascorsero, tra cacce dagli esiti piuttosto deludenti e scampati pericoli. Ad una di esse in particolare, decidemmo di usare Willow per localizzare bene i vampiri e non farci prendere di sorpresa. Peccato, però che uno particolarmente efferato nel combattimento, per poco non mi uccideva, strangolandomi con l’ascia. Fu per merito di Spike, questo lo debbo ammettere, se sopravvissi quella notte. Il quale, con il suo accendino, riuscì a dargli fuoco.

Quella notte, vidi tutta la mia vita passarmi davanti e per la prima volta fui grato a Spike per avermi salvato la vita. Anche se le sue battutine odiose, dopo averlo fatto, mi fecero ricordare perché lo odiassi così tanto.

Passavo i giorni che mi rimanevano ad addestrare il robot, ma il suo metodo di combattimento, seppur lodevole, mi faceva costantemente ricordare quanto fosse diversa dalla vera Buffy. Più e più volte, fui costretto a ricordarle di respirare, poiché lei essendo un robot non aveva alcun bisogno di ossigeno. E ciò avrebbe certamente avuto un ruolo decisivo semmai i mostri avessero colto questa sua “mancanza”.

Questo non doveva accadere, per il bene di Sunnydale. Doveva assolutamente circolare continuamente il messaggio che la Cacciatrice fosse ancora viva, altrimenti sarebbe stata la fine… tremai solo al pensiero di questa nefasta conclusione!

Perché si: la verità è che Sunnydale avrebbe sempre fatto parte di una seconda dimora per me, non l’avrei mai dimenticata.

E anche se adesso ero costretto a lasciarla fino ad un contro ordine, non mi dimenticherò delle grandiose persone che vi ho conosciuto. Prima fra tutti una fantastica combattente, nonché persona dal grandissimo cuore, il cui nome era Buffy Summers.

Alla fine, fu proprio il Buffy robot a convincermi definitivamente a partire, dopo che le dissi, in un momento di sfogo personale, dopo un allenamento, che essendo morta Buffy, la vera Buffy, il mio lavoro era di fatto terminato.

Il primo di settembre, al pomeriggio, lasciai così un biglietto sulla cassa del negozio di arti magiche, il giorno della partenza, con su scritto l’intenzione vera e ne fornii una falsa ad Anya quando me ne andai. Le dissi che avevo intenzione di fare un giretto e se fossero giunti gli altri, di fare passaparola. Quando la vidi quindi girata di spalle, lasciai il biglietto con su scritto le parole di addio e tolsi il disturbo.




 
NOTE DELL’AUTORE


 
 
 
Buonasera carissime!! 😊
Riguardo questo capitolo a dire il vero, non sapevo bene dove piazzarlo. Alla fine, facendo due ragionamenti ho deciso che piazzarlo qui sarebbe stata forse la scelta più logica. Esso è l’unico capitolo che spiega la vicenda dal punto di Giles e ho fatto che narrare praticamente il modo in cui egli arriva, dopo averlo preannunciato nel primo capitolo, a ripartire per l’Inghilterra (il momento esatto della partenza, come saprete, è ripreso nel primo episodio della sesta stagione).
A dire il vero, non c’è molto da dire qui. Sostanzialmente non accade nulla di che, a parte la sua decisione di affidare ad Anya la gestione del negozio. Scelta che, come già vediamo nella serie, arriverà quasi a rimpiangere e infatti anche qui viene ripreso questo aspetto. 
Ho omesso la parte del saluto finale con Willow, Tara, Dawn e Anya dal momento che esso è presente nella serie tv originale. Spero che abbiate comunque apprezzato. 
Spero che questo breve capitolo sia stato di vostro gradimento! Ringrazio ancora la carissima Deb per le recensioni che gentilmente mi sta lasciando e spero che continuiate a seguire la storia!
Buon weekend. A venerdì prossimo! 😊







 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


 



POV WILLOW




Quel pomeriggio, dopo che la notte precedente avevo fatto quell’incubo orribile, decisi di parlarne con Tara.

“Amore, ti devo dire una cosa. Quando puoi…”

“Sono qui, tutta tua” rispose lei, guardandomi e sorridendo gentile come lo era da sempre.

“Ehm…Dawn, avrei bisogno di stare da sola con Tara un attimo. Ti dispiacerebbe lasciarci?” le domandai, l’ultima frase con il tipico sguardo di chi chiede un grosso favore.

Dawn non fece capricci e uscita dal salotto, nel quale ci trovavamo, mi voltai verso Tara e le raccontai dell’incubo che avevo avuto. Lei dapprima cercò come sempre faceva, in queste circostanze, di tranquillizzarmi, di convincermi che vi si trattava solo di un brutto sogno e che i sogni non sempre corrispondono a verità.

“Sai una volta, prima di scoprire di essere una strega, ho sognato che a trent’anni sarei diventata governatrice della California. Ti sembra che lo sia o che ne abbia la possibilità di diventarlo?” mi domandò, sarcastica.

Sorrisi, pensierosa, e non sono neanche certissima di aver compreso bene quel che diceva, poiché nel frattempo mi venne un lampo di intuizione: effettivamente c’era una persona al quale avrei potuto chiedere. Una persona che era effettivamente morta e che aveva attraversato il mondo degli inferi e che poi era ritornata in vita: Angel. Lui mi sarebbe stato d’aiuto. Dopo aver convinto anche Tara di questo tentativo, cercai perciò di contattarlo telefonicamente, ma quando rispose mi disse che in quel momento non poteva, perché era sorto un grosso problema che riguardava Cordelia e che mi avrebbe richiamato quando fosse riuscito a risolvere la cosa.

Alla fine, dopo aver riattaccato, subito dopo, comparve Dawn.

“Chi era?” domandò, curiosamente.

“Oh… nessuno…ehm, seccatori” le risposi io.

Lei non insistette oltre e per questo gliene fui grata; invece si concentrò nuovamente sulle bollette che si erano ormai accumulate in quei mesi da quando Buffy non c’era più. Ma io in quel preciso istante ritenevo che ci fosse una questione molto più urgente da risolvere piuttosto delle bollette da pagare: scoprire effettivamente dove si trovasse Buffy davvero. Era in pericolo? Se lo fosse stata, non mi sarei mai perdonata tutto questo periodo trascorso, senza cercare in alcun modo di salvarla. Per questo avevo chiesto un incontro all’unica persona che avesse mai sperimentato la morte: per sapere cosa gli fosse accaduto a lui durante quel periodo, e che quindi quasi sicuramente era lo stesso di ciò che stava accadendo a Buffy in quel preciso istante…

Se fosse davvero stata in pericolo, sarei stata costretta a salvarla in qualunque modo.

Il pomeriggio successivo arrivò la chiamata che, con ansia tanta da non riuscire a chiudere occhio, stavo aspettando. Controllai bene che Dawn fosse fuori portata e poi sollevai la cornetta.

“Scusami Willow” esordì Angel dall’altro capo del telefono, “ho avuto dei problemi… poi ti dirò meglio. Dicevi che vorresti incontrarmi per parlare di Buffy?”

“Si” risposi. “Te ne sarei estremamente grata se riuscissi a venire. Oppure possiamo incontrarci a metà strada, se vuoi…”

“Non c’è problema. Vengo io” risolse lui, semplicemente. Dentro di me, tirai un sospiro di sollievo, avendomi di fatto evitato il problema di tirare fuori una scusa a Dawn su dove avessi intenzione di andare.

“Ti andrebbe bene al cimitero verso le dieci di stasera?” propose lui, dopo aver riflettuto un attimo. Era perfetto, tanto Dawn non frequentava quei luoghi se non per cambiare i fiori e ne approfittava per starsene da sola davanti alla lapide della sorella maggiore. E i fiori aveva già provveduto a cambiarli esattamente quel lunedì passato.

Quella sera, dopo aver fatto una soffiata a Tara, con la scusa di uscire e farmi un giretto per conto mio, mi diressi al luogo fissato e attesi l’arrivo di Angel.

Per sicurezza, portai il paletto, ma fortunatamente nessun vampiro o demone fece capolino quella notte fino all’arrivo di colui che stavo aspettando.

“Scusami, Willow. Ho avuto un problema con Cordelia: un’acutizzazione delle sue visioni che le provocavano anche ferite su ogni parte del corpo… un brutto incubo. Per fortuna l’ho risolto grazie al prezioso aiuto di Lorne, il mio/nostro aiutante… non saprei come definirlo…” aggiunse pensieroso, poi, con un’alzata di spalle: “dimmi tutto”

Feci un sospiro, tentando di restare calma. La verità era che ero agitatissima e la novità era che nelle ultime ore, non ero assolutamente sicura di voler conoscere la spiegazione che lui mi avrebbe dato, certa che non fosse assolutamente confortante.

“Si, va bene” risposi con grande fatica, perciò. “Ti ho convocato qui, Angel, perché vorrei che tu mi spiegassi bene cosa ti è accaduto durante il periodo in cui eri…beh…morto

“Perché temi che possa stare accadendo a Buffy in questo momento?” mi domandò lui, con uno strano sorriso.

“Precisamente…” gli risposi.

Parlavo fitto e sottovoce, come se temessi di essere udita da qualcuno che, in realtà, non c’era.

“Non mi voglio addentrare troppo nei particolari, Willow. Un po’ perché il solo ricordo mi farebbe rabbrividire e, fidati, farebbe rabbrividire chiunque, te compresa… un po’ perché ho tentato in più modi di dimenticarlo. Buio…sofferenza…urla…dolore… tutto questo, provavo in quel tremendo periodo. Trascorsero solo pochi mesi, ma l’intensità delle sofferenze di quel luogo ignoto, mi sembrarono secoli” raccontò lui. “Seppi soltanto che, quando tornai nel mondo, mi sembrò di essere in paradiso. Nulla di più bello provai dentro di me e, anche se le conseguenze si protrassero per settimane, e Buffy se ne accorse…oh, quanto se ne accorse degli strascichi di quella esperienza terrificante… quando mi resi conto di essere salvo e tornato nel mondo, dentro di me fui felice come non lo ero da tempo.

O, meglio…non felice, ma grato. Di avere un’altra possibilità. Anche se il mio carattere piuttosto tenebroso, non lo diede a vedere…” concluse.

Era peggio di quanto mi sarei mai aspettata. Quando gli porsi l’altra domanda, perciò, non mi sorpresi nell’udire il tremolio nella voce: “ma quindi hai sofferto tanto?”

“Più di quanto una creatura vivente possa immaginare. Laggiù non trovi speranza alcuna. Solo dolore estremo, dolore che se non fossi di fatto morto, non riusciresti mai a sopportare da vivo. Ma…Willow, ti ho spaventato?” aggiunse, come si rese conto che il mio volto era pallido come quello di un cencio.

Ebbene sì: era meglio se mi fossi fatta i fatti miei e non avessi chiesto. Ora la situazione era estremamente allarmante.

Come se lui avesse colto i miei spaventi, tentò di dissiparli: “sono sicuro comunque che a Buffy non capiterebbe mai una cosa così”

“Come fai ad esserne convinto?” gli domandai con voce stridula. Feci tremenda fatica a trattenere le lacrime, ma ero certa che una volta da sola sarei scoppiata.

“Perché lei non è tipo da questi luoghi… o almeno, penso non si trovi lì”

“Però se dici così, non sei sicuro al cento per cento che non stia soffrendo in questo momento” lo rimbeccai. La verità era che oramai mi ero autoconvinta del peggio e difficilmente me lo sarei tolta dalla mente.

Devo salvarla in qualche modo…

E poi la soluzione venne spontaneamente sebbene ad un primo impatto risultasse folle e ridicola assieme: l’avrei riportata in vita. Non avrei saputo come fare, sinceramente, ma se c’era una persona in grado di farlo questa dovevo essere io.

Quante volte, Buffy, era accorsa in mio aiuto? Quante volte mi aveva salvato la vita? Se non ci fosse stata lei, sarei morta almeno un centinaio di volte a partire da quella notte in cui io e Xander fummo attirati alla cappelletta del cimitero, da Darla e un altro vampiro. La prima notte in cui capimmo chi era davvero Buffy Summers.

E io, anche per quella notte, glielo dovevo: dovevo salvarla da qualunque posto ella si trovasse.

“Spero di esserti stato utile, Willow”

Angel interruppe così il mio flusso di pensieri, mi riscossi e annuii facendogli un debole sorriso.

“Qualunque cosa dovesse accadere, comunque, sii prudente. Non fare assolutamente nulla di avventato, mi raccomando”

Dopo aver quindi chiuso l’incontro, mi diressi perciò da Anya a riferirle tutto, sperando di incontrare anche Xander da lei. Se Buffy era davvero in pericolo e ormai era quasi certo che lo fosse, non occorreva perdere più tempo: ne era stato già sprecato fin troppo…

Bussai e attesi risposta. Quando la porta si aprì, a comparire sulla soglia fu Xander e non Anya. Ne fui grata di questo, almeno mi sarei risparmiata di andare prettamente da Xander dopo.

“Willow” mi accolse sorpreso, non aspettandosi una mia visita a quell’ora.

“Xander, devo parlarvi urgentemente!”

“Cosa c’è?” domandò lui, facendomi spazio per entrare, la preoccupazione che si faceva largo nel suo volto.

“Willow” mi salutò Anya, scendendo le scale in vestaglia.

“Scusatemi l’intrusione a quest’ora insolita” dissi a mo’ di scusa. “Ma devo dirvi una cosa della massima urgenza, che non può essere più rimandata ulteriormente”

“Di cosa si tratta? Ci spaventi così” domandò Anya, anch’essa preoccupata, visto il mio tono teso e l’ansia che percepivano chiaramente.

“Dovete sapere che l’altra notte ho fatto un sogno o, per meglio dire, un incubo su Buffy. Si trovava in un luogo circondato dalle fiamme, con urla di dolore… e mi implorava di salvarla, di portarla via di lì. Turbata da questo incubo, ho deciso di parlarne con Angel, perché era l’unico che potesse fornirmi una versione accurata del mondo dei morti, essendovi di fatto stato. Dal suo colloquio con lui, ho trovato conferma di ciò che ho sognato. Io credo e ho paura che Buffy sia in pericolo!”

Avevo gettato tutto, quasi senza mai prendere fiato. Evidentemente avevo estremo bisogno di condividere la cosa, perché una volta esplicata, mi sentii un attimino meglio. Avevo parlato quasi senza neanche rendermi conto della loro espressione, come se stessi di fatto parlando da sola. Quando finii, con mio estremo stupore, misto a frustrazione, mi resi conto che la loro reazione non era affatto quella che mi sarei aspettata da un simile racconto. Trasudava di incredulità!

“Aspetta, Willow… Tu stai dando per certo un sogno?” esordì Xander, come se non avesse compreso bene.

“Si” risposi, un briciolo piccata. “E allora?”

“Il fatto è” sopraggiunse Anya, “i sogni, sono sogni, Willow. Perché dovresti prenderlo in considerazione?”

“Ti sembrerà banale…ma anche Tara la pensava come te” le rivelai. Mi faceva rabbia, perché io ero una strega in fin dei conti. E i sogni di una strega, ero convinta, fossero ben più affidabili di quelli di una persona normale, come poteva essere Xander, con tutto il rispetto a lui dovuto…

“Willow, io credo che dovresti innanzitutto assicurarti che il tuo sogno sia veritiero. Per questo ci sono i medium…”

“Non ho bisogno di affidarmi ad indovini, se è questa la tua intenzione, Anya. Credo si saper interpretare un mio sogno, quando lo faccio”

“Ehi, ragazze” intervenne Xander, fiutando la tensione crescente, tra noi. Ma Anya gli rassicurò che non ci fosse alcun risentimento personale. Sembrava invece, estremamente preoccupata della mia salute mentale.

“Ed Angel ti ha detto che a lui è successo una cosa simile?”

“Si” le risposi io, quando mi fui calmata un po’. “Questo mi ha spinto a parlarvene e mi ha convinto che il pericolo del sogno, fosse quanto più mai reale”

Dopo averci pensato a lungo e valutato ogni ambito della vicenda, Anya, aggiunse: “d’accordo, supponiamo che davvero Buffy sia in pericolo e che dobbiamo salvarla ad ogni costo. Come facciamo?”

“Ho pensato anche a questa evenienza. Dobbiamo richiamarla da lì”

“Farla resuscitare?” chiese Xader allibito. “Ma è impossibile”

“In realtà no” rispose Anya, anticipandomi. E anche io, essendo, qui sì, completamente ignara della cosa, mi ritrovai ad esserne incuriosita.

Notando le alte aspettative su di lei, Anya tentò di dissiparle sul nascere aggiungendo: “ma non conosco in dettaglio la formula e perciò è comunque estremamente improbabile, direi…”

Non mi sfuggì, però, l’aggettivo che usò al posto di impossibile. Improbabile…

“Perché, scusami, hai detto improbabile?” le domandai, un briciolo speranzosa che quella folle idea, fosse, in fondo, realizzabile.

“Perché esiste un libro che la contiene. Lo so, perché mi fu dato scoprirlo un giorno per puro caso sfogliando il manuale che lo conteneva. L’unico esistente” spiegò lei.

“E dove si trova?” le domandammo in coro.

Una breve pausa, poi lei rispose: “sopra la Bocca dell’Inferno”.




NOTE DELL’AUTORE





Eccoci qui al ormai abituale aggiornamento settimanale.
Allora in questo capitolo ha inizio la vera avventura che verrà narrata in questa storia, il vero punto focale che ho previsto accada in quel periodo in cui Buffy è mancata al mondo. Vi anticipo già che non so quanto possa essere veritiera, però essendo una fanfiction (e le fanfiction non sempre raccontano il vero, soprattutto nei missing moment), ho deciso di fornirvi la mia interpretazione.
Willow qui, ancora sotto shock per il sogno (sogno che lei, al contrario degli altri due, prende molto sul serio) decide di raccontare tutto agli amici i quali, inizialmente contestano un po’ questa sua ricostruzione. Più che altro, non sono realmente convinti che possa essere davvero accaduta una cosa così tremenda a Buffy. Non fraintendete: erano ovviamente tutti profondamente disperati per la sua perdita, però ho immaginato che con il passare delle settimane stessero cominciando ad abituarsi all’idea di non vederla più. Fino a quando, Willow racconta loro tutto e, più per paura, l’istinto ha portato gli altri a non crederci troppo…
Ne fa parola anche con Angel per avere conferme sulla reale veridicità del sogno e, per l’inciso, ho visto che il periodo narrativo di questi atti in Buffy coincideva grossomodo con gli episodi in cui Cordelia aveva visioni piuttosto violente e ho deciso quindi di fare questo mini-collegamento (per chi non sa a cosa mi riferisco, suggerisco lo spin off “Angel” e capirà tutto…). Anche Lorne, nominato in questo capitolo, è un personaggio dell'omonima serie! 
Nel prossimo capitolo, ci addentreremo ancor più in profondità nella vicenda, e cercherò di svilupparla meglio.
Frattanto, ringrazio calorosamente coloro che leggono e, come sempre, se ci sono pareri da lasciarmi, siete i benvenuti!! 😊
Al prossimo aggiornamento, venerdì 11 giugno! 😊  
 
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9





POV WILLOW



“Sopra la Bocca dell’Inferno?” domandammo in coro Xander ed io, stupefatti. Quindi quel manuale si trovava…?

“Al liceo di Sunnydale?”

“No, non propriamente lì…” disse Anya ambiguamente. “Ma lo vedrete… adesso va’ Willow altrimenti sia Tara, sia Dawn si preoccuperanno della tua mancanza”

“A proposito di Tara e Dawn” intervenne Xander come se gli fosse venuto in mente un dubbio e desiderasse dissiparlo fin da subito. “Credete che dovremmo tenerle informate delle nostre intenzioni di voler riportare Buffy in questo mondo?”

“Tara, assolutamente” risposi, senza alcun indugio. “E, anzi, sarò io stessa a riferirle della nostra idea, stanotte…”

“La tua idea” mi interruppe Xander, additandomi.

“La nostra!” mi anticipò Anya, guardandolo con avvertenza.

“In ogni caso ho intenzione di riferirle tutto” proseguii come se l’interruzione di fatto non ci fosse stata. “Invece credo sia assolutamente corretto NON riferire NULLA né a Spike, né a Dawn!”

“Quindi non dovranno sapere nulla di tutto questo?” chiese Anya.

“No, assolutamente. Se per qualche disgraziato motivo fallissimo, Dawn ne sarebbe distrutta e temo che possa non riprendersi più… Spike…beh è Spike” aggiunsi, come ripensandoci.

Mi congedai, dopo aver stabilito ogni cosa, compreso il nostro tentativo di riuscire nella missione, fissato per il pomeriggio seguente, augurai loro la buonanotte e mi diressi verso casa Summer. L’avevo appena intravista lungo la strada, quando una voce famigliare mi fece voltare di scatto.

“Willow, che fai?”

Era Spike. E per giunta, mi sembrava sospettoso.

“Ehm…ero uscita a farmi un giretto” gli dissi, ridendo nervosamente. Il che, in fondo, era anche vero. Non è che stessi inventando una scusa, corretto?

“Mmh… va bene. Senti…sai per caso se Dawn è sveglia? Dovrei chiederle un favore”

“Eehh…non lo so” gli risposi, “magari posso controllare” ma quando entrai in casa, vidi che Dawn non era né in salotto, né in cucina. Segno evidente che fosse di sopra.

“Credo che sia andata a letto, mi dispiace” gli feci, affacciandomi dalla porta.

“Ah, ok. Allora glielo dirò domani. Dille di passare da me, domani dopo cena. Ah, giusto…dimenticavo” fece, quando aveva già cominciato ad avviarsi. Tornò sui suoi passi, mi guardò e domandò: “Dawn ti ha detto delle mie intenzioni sul robot?”

Feci mente locale: a dire il vero non ne sapevo nulla, Dawn evidentemente se l’era dimenticata… comunque, con un abile stratagemma, riuscii a farmelo dire da Spike e gli promisi che avrei fatto quanto mi chiedeva: modificare i comandi in modo che il robot smettesse di essere ossessionata da lui. In fondo era anche giusto e fui lieta di sentirlo dire da Spike in persona. Significava che davvero ci teneva a Buffy, quella vera.

Assicurai a Spike che avrei mandato Dawn alla cripta la notte seguente, sperando, ma lo dissi fra me e me, che fossi in casa per quell’orario e poi trovando quantomeno bizzarro augurare a qualcuno buona giornata, in piena notte, mi chiusi in casa.

Arrivata in camera che condividevo con Tara, le raccontai la nostra intenzione e la tenni informata sul fatto che avremmo partecipato io, lei, Xander e Anya. Nessun altro di nostra conoscenza avrebbe dovuto sapere. Neanche il signor Giles.

Mi immaginai per un attimo la felicità che quest’ultimo avrebbe provato, quando avrebbe rivisto la sua adorata allieva di nuovo fra noi, ma mi costrinsi a non pensarci: avevamo due missioni in una e il solo fallimento di una di queste due avrebbe significato la fine del nostro desiderio di poterla salvare, ovunque lei si trovasse in quel momento…

Informai quindi Tara che Anya e Xander ci avrebbero aspettato per il primo pomeriggio, davanti al vecchio liceo.

Nel frattempo avevo cercato di parlare in modo che solo lei potesse udirmi, cercando di trattenere l’emozione. Era la primissima volta che organizzavamo un qualcosa di diverso dall’ordinario da quando Buffy non c’era e, anzi, era la prima volta in assoluto che mi avventuravo nella magia senza di lei. Perché sì: se c'era qualcosa di sicuro in tutto questo, era il fatto che sarebbe servita la magia.

E, infatti, ne ebbi conferma di questo appena giungemmo davanti al vecchio liceo.

Arrivati lì, Tara mi gettò un’occhiata indignata indicandomi la struttura nella quale noi due avevamo fatto quel disgraziato colloquio lavorativo. Trattenni una voglia selvaggia e che non mi apparteneva, di appiccarle fuoco, e mi soffermai a guardare Anya che ci aveva attese entrambe.

“Allora, ci siamo?” domandò con una certa ansia, quando li raggiungemmo.

“Anya, calmati. Vedrai che sarete in grado”

“Zitto Xander! Non ti ci mettere anche tu, per favore” lo rimbeccò istericamente lei.

Dalla borsetta, tirò fuori un vecchio manuale piuttosto impolverato e cominciò a sfogliarne le pagine.

“Dovremmo aprire un portale, per procedere”

“Benissimo. Non so voi ma io comincio a ritrovare un po’ di vecchia adrenalina. Non è una sensazione piacevole?” domandai a tutti gli altri presenti, cercando di trattenere l’entusiasmo. Non so da dove mi veniva, ma dopo averci pensato tutta la mattinata, seppi che era la cosa giusta da fare, avessimo fallito non ci sarebbero stati rimpianti. Quello che era giusto fare, bisognava farlo, anche se avesse comportato dei rischi. E, poi, come dicevo: quante volte Buffy aveva rischiato la vita per noi? Era giunto il momento di ricambiarla.

“Eccolo qui” ci informò Anya, non appena lo trovò. Mise a terra il manuale, in modo che tutti potessero vederne la pagina, un tantino tetra a dire il vero… ci mettemmo a semicerchio, chiedendo a Xander di starne fuori e recitammo la formula riportata.

Il primo tentativo, fallì.

“E’ un incantesimo particolarmente avanzato” ci disse Anya. “Dobbiamo concentrarci più che possiamo”

Riprovammo, con maggiore intensità, ma anche il secondo tentativo non andò a buon fine.

“Non ce la faccio” si lamentò Tara, mollando la presa sulla mano mia e quella di Anya. “E’ troppo potente”

“Deve esserlo” confermò Anya, e seppi che lo diceva non per rassicurarla, ma perché ne era certa. “Pensa solo a quello che contiene. Non può essere alla portata di chiunque”

“Anya, forse è meglio che chiediate un aiuto esterno” si inserì Xander, cominciando a guardarsi attorno.

“Non se ne parla neanche. E poi a chi chiederesti aiuto?”

Non gli diede neanche il tempo di rispondere, che chiese a noi un ulteriore tentativo, convinta che questa volta ce l’avremmo fatta.

“Al mio tre… uno…due…tre”

Ci concentrammo più che potemmo e questa volta al terzo tentativo, dopo aver pronunciato la formula, sentimmo il classico rumore dei portali che si aprono. Aprimmo gli occhi e ce lo trovammo a pochi passi.

“Abbiamo cinque secondi” urlò Anya, afferrando Xander per un braccio. Io feci lo stesso con Tara e ci lanciammo d’istinto, tutti e quattro, verso l’altra dimensione.

Il portale si richiuse non appena anche Xander non vi mise piede dentro.

Fummo scagliati con violenza a terra, e un istante dopo sentii un peso che mi cadde sul fianco sebbene avesse messo entrambe le braccia protese in avanti per frenarne la caduta. Tara, mi era caduta sopra.

“Urca” disse, poi scusandosi.

“Non preoccuparti, amore” le feci, con una smorfia di dolore. “Non è niente…”

Quando riuscimmo tutti a metterci in piedi, Xander domandò: “dove siamo, secondo voi?”

La primissima cosa che notammo era che avevamo raggiunto quel luogo in piena notte. La seconda cosa, a giudicare dal rumore costante di onde infrante, era che ci trovavamo in una spiaggia. La terza cosa che saltò ai nostri occhi fu l’assoluta assenza di altri individui sulla spiaggia, il che poteva essere giustificato dal fatto che, come detto, fossimo giunti lì in piena notte. La quarta novità che notammo fu la presenza piuttosto appariscente, a dire il vero, di un castello posizionato in cima ad una parete rocciosa che cadeva a picco sul mare.

“Anya?” chiamò Xander nel silenzio assoluto, infranto solo dalle onde, “dice qualcosa sul libro?”

“Non credo” rispose lei, riprendendolo in mano. “No” confermò con una nota di scoraggiamento, non appena verificò.

Ninna nanna, ninna oh…questi avventurieri a chi li do, se li do…”

“Xander!
Che diavolo stai dicendo?” fece Anya a metà tra l’esasperata e lo scoppiare a ridere.

“Sto cercando di smorzare la tensione. Tu non lo fai mai?”

“Secondo voi, quel castello cosa ci fa? E soprattutto chi ci vive?” li interruppi, dopo un po’. Erano passati già dieci minuti buoni da quando avevamo messo piede in quello strano posto e noi non ci eravamo ancora minimamente spostati dalle nostre posizioni di partenza.
  
“Non so. Dite che dovremmo entrare lì dentro?” domandò Tara, rivolta ad Anya e poi a me.

“Essendo l’unico luogo dove possiamo fare ricerca, direi che dovremmo…”.

Ci incamminammo perciò verso quella costruzione tanto inaspettata, quanto appariscente, in un luogo come quello in cui ci trovavamo. Non senza fatica, percorremmo la stradina che saliva in cima alla scogliera, zigzagando da una parte all’altra, il mare che si stendeva come un’enorme distesa nera sotto di noi.

Da vicino, il castello ci parve ancora più maestoso di come appariva da sotto: innumerevoli guglie e torrette si innalzavano nel cielo scuro, senza stelle. Le luci dalle finestre, fornivano indicazioni circa l’abitabilità di quel posto. Un enorme cancello era davanti a noi, a sbarrare l’ingresso e il ponte levatoio alzato a impedirne l’ingresso quand’anche qualche abile intruso fosse riuscito a superare il primo ostacolo.

“Credete che ci aprano se suoniamo?” domandò Anya rivolta agli altri.

“Vale la pena provare, oramai che siamo giunti fino a qui” risposi io. Da una parte avevo timore a tirare la cordicella del campanello, non sapendo cosa aspettarmi. Dall’altra oramai eravamo giunti fino a lì e tornare indietro, senza aver tentato, mi sembrava un po’ un controsenso.

Perciò tirai la cordicella e il campanello suonò, con un singolare suono piuttosto sinistro.

Quando vedemmo la figura che ci venne incontro, non credemmo ai nostri occhi.

Era alto, pallido, con lunghi capelli castano scuri che gli scendevano fin sulle spalle, con indosso un lungo mantello nero. La nomea che si portava in giro, sarebbe bastata solo quella, a farci scappare via a gambe levate, eppure il suo aspetto affascinante, per un certo verso, ci fece desistere dal farlo. Insomma: era l’ultimo individuo che ci aspettavamo di incontrare in quel luogo, avendolo già incontrato in un altro castello, ben diverso da quello, già una volta. Più o meno un anno prima.

Era... Dracula.

Nel vederci arrivare, sorrise, allargando le braccia.

“Bene” disse, calmo, scrutandoci ad uno ad uno. “Bene, bene, bene…”

Aprì il cancello in modo da farci entrare. Tuttavia noi, restammo lì in attesa, non osando oltrepassare quella soglia, superata la quale eravamo consapevoli di correre il rischio di essere davvero in serio pericolo.

“Presumo dalla vostra sorpresa, che credevate di esservi liberati di me? Io, vi farà piacere sentirvelo dire brutalmente in faccia: non posso essere vinto. Credevate che non possedessi altro che quella mia precedente dimora? Sbagliato. Ne ho circa un centinaio sparse in giro per il mondo. Mi piace molto viaggiare, sapete? Ma, se aveste intenzione di essere miei ospiti, per questa volta soltanto cercherò di esservi amico. Entrate, e ditemi cosa ci fate qui!” detto questo, ci fece segno di oltrepassare quella soglia, si voltò e ci precedette all’interno.

Essendo oramai quasi costretti ad entrare, su esplicito invito e in qualche modo rassicurati sul fatto che non vi sarebbero stati incidenti, esitanti muovemmo qualche passo dietro di lui.

“Aspettate un attimo” sussurrò Xander all’improvviso, trattenendo Anya e costringendoci a fermarci. “Non credereste per caso a quello che ha detto, vero?”

“Xander, siamo qui, oramai. E poi nessuno di noi ha detto che crede a quello che ci ha raccomandato lui, per questo abbiamo il libro in mano. Qualora servisse, conosco l’incantesimo adatto che lo schiaccerebbe come una mosca” sussurrò Anya, strzzando l’occhio a Xander.

“Inoltre ci siamo noi. Siamo tre streghe abilissime, contro uno” aggiunse Tara, rivolgendomi uno sguardo complice. “Sarà anche il re dei vampiri, ma non può nulla contro di noi”

“Inoltre siamo tutte e tre migliorate molto dall’ultimo incontro. Sapremo farci valere” aggiunsi io, sorridendo e cercando di convincermi per prima io stessa di ciò che dicevo. La verità era che se prima non fossi riuscita a far tornare la mia migliore amica, presumibilmente non sarei stata una grande strega. Avevo vitale bisogno di fare qualcosa di grandioso, di spinto e perché no: anche di estremamente rischioso, per testare i miei poteri…

E secondo il manuale e il diktat di Anya, Dracula era in possesso del manuale che stavamo cercando e con qualche stratagemma che al momento ignoravamo, potevamo convincerlo a consegnarcelo.

Entrammo quindi in quella dimora. Ciò che noi avevamo scambiato per luci normali, e che illuminavano le finestre, in realtà ci rendemmo conto che si trattava di candelabri e torce che gettavano una luce tremolante nei lunghi corridoi che si dipanavano per ogni dove all’interno. Due o tre volte, fummo sul punto di alzare la guardia per lui si voltava all’indietro così all’improvviso che temevamo di essere attaccati. Tuttavia, io e gli altri, non avevamo dimenticato il fascino che il vampiro riusciva ad emanare e il suo portamento, davanti a noi, gli dava una grazia unica nel movimento. Sembrava quasi volteggiare, senza toccare terra.

Ci guidò fino ad un grosso portone in legno, chiuso, oltre la quale pensavamo ed eravamo abbastanza sicuri a dire il vero, esserci la cucina.

E infatti, quando oltrepassammo l’ingresso, vedemmo un lungo tavolo apparecchiato per la cena, con calici fumanti e pietanze appena sfornate. Per qualche strana ragione, sembrava quasi che lui sapesse perfettamente che saremmo arrivati, quasi come se ci stesse aspettando. E infatti il numero totale delle portate, era esattamente corrispondente al numero in cui noi eravamo e, non lo nego, il cibo a noi offerto era esattamente quello che più ci gustava. Ancora non intuivamo se avesse preparato tutto per ingannarci o meno…però senza dubbio l’accoglienza non fu certamente quella di uno che vuole uccidere i propri ospiti. Che si fosse veramente redento? Stentavamo a crederlo… .

Come a rispondere ai nostri interrogativi, mentre ci sedevamo lungo il tavolo, lui annunciò: “sapevo che sareste venuti e mi sembra di intuire dalle vostre menti, quali siano i vostri problemi. Comunque, preferisco che me ne parliate e vediamo se saprò rendermi utile…”

E mentre mangiavamo, lui invece si limitò solo a bere qualche sorsata di sangue dal proprio calice, senza toccare cibo, raccontammo ogni vicissitudine che ci aveva portato fin lì. Gli domandai anche, prendendo parola, dove ci trovassimo in quel momento e disse che eravamo in Europa ma non aggiunse nulla sulla località precisa.

Quando finimmo di raccontare, sorridendo sempre con quel suo sorriso ambiguo e più enigmatico del suo stesso sguardo, ammise più a se stesso che a noi: “sono ancora più convinto di quello che ho detto prima: non ha senso comportarmi male con voi. Siete già abbastanza nei pasticci, da soli. Inoltre, senza la Cacciatrice non c’è gusto. Per cui tranquillo anche tu, ragazzino” aggiunse, rivolgendo uno sguardo a Xander che impallidì e strinse i pugni sotto al tavolo: “non mi farai da servitore, per questa volta…”

Alludendo a ciò che era accaduto la volta precedente, Xander da una parte si rilassò nel sentire questo, dall’altra si mise a tremare nel ricordare l’incubo passato, anche se lui lì per lì, neanche se ne era reso conto, ipnotizzato com’era.

Mise a contatto la punta delle dita e riflettè per un istante sul da farsi, facendo passare il suo sguardo ipnotico su ciascuno di noi. Poi presa la parola, disse: “ho quello che vi serve, ma seppur vi ho detto che non voglio comportarmi male con voi, per questa volta, per darvelo avrei comunque bisogno di un grosso favore, da parte vostra”

“Quale sarebbe?” domandai io per tutti, guardandolo interrogativa. Se ci avesse chiesto un favore che non potevamo eseguire, avremmo certamente tentato di dissuaderlo. Ma se poi avrebbe comportato il suo rifiuto nel consegnarci ciò che volevamo noi? Dopo un’attenta riflessione, decisi che qualunque fosse la sua richiesta, sarebbe stato per noi più conveniente eseguirla.

Dopo una piccola pausa, nella quale dopo esserci consultati tutti quanti, giungemmo alla decisione riportata, rivelò: “dall’ultimo scontro con la vostra protettrice non mi sono ancora ripreso appieno e sto tentando di recuperare le piene forze. Anche per questo motivo, non intendo scontrarmi con voi perché mio malgrado, ammetto che non riuscirei a sopraffarvi… tuttavia, so che esiste un ingrediente segreto, che combinato col sangue, riuscirebbe a restituirmi le piene energie. Si tratterebbe di sangue di unicorno. Purtroppo, però, come è evidente non possiedo cotanta prelibatezza, accontentandomi di comune sangue animale. Ma so che in verità, questo ingrediente si trova nella caverna dei goblin nel bel mezzo della foresta nera. Il mio favore è il seguente: vi chiedo di dirigervi fin laggiù e di procurarmi quanto vi ho chiesto”.

“Adesso?” domandammo in coro, quando ebbe finito di parlare.

“Certamente. Se non ora, quando?”

“Non è pericolosa?”.

“Oh, non temete. C’è giusto qualche creaturina che si aggira la notte, ma è molto improbabile che spunti fuori proprio nel punto in cui voi ci troverete”.

Ci consultammo nuovamente, ma lui intuendo probabilmente grazie ad un udito sovrasviluppato, quali fossero i nostri argomenti ci anticipò: “sapete, non avete nulla da temere per ciò che riguarda coloro che vi stanno aspettando. Trovandovi in un luogo reale, esistente, ma dentro un portale, valgono le comuni regole dei portali: il tempo che passate qui non è uguale a quello che passa nell’altro. Quindi se ci metteste anche tutta la notte, non necessariamente avrete passato lo stesso arco di tempo lontano dal luogo in cui provenite…potreste passarne di meno o di più…”. Sorrise.

Non fummo, perciò, particolarmente rassicurati da questa novità. Noi, pensavamo a questo punto che neanche fosse un vero portale quello che si era aperto. Ma semplicemente un modo per passare da un luogo ad un altro, entrambi esistenti realmente, in tempo istantaneo. Non trovando nulla di alternativo, stringemmo l’accordo anche se prima volemmo essere assolutamente convinti che non ci fosse qualche tranello sotto e che poi ci avrebbe consegnato ciò per cui ci trovavamo lì.

Stavamo quindi per uscire nuovamente, quando ci fermò appena prima di andarcene.

Prese con sé una confezione contenente una specie di liquido da spruzzare e lo consegnò a me, dicendo: “i goblin sono invisibili, in un primo momento. Ma se provaste a spruzzare questo, riuscirete a vederli. La magia tradizionale, quindi la vostra, non servirebbe a nulla. Ma questo, invece, si”

Ci incamminammo perciò, quando sopraggiunse un nuovo problema: non sapevamo niente sull’ubicazione reale di quella foresta e perciò ci voltammo per chiedergli delucidazioni, solo che, quando lo facemmo, lui era già sparito…

“Andremo ad intuito, allora” suggerì Anya, scrollando le spalle. Dal momento che ci trovavamo su una scogliera, solitaria, era assai improbabile che lì sopra si estendesse una foresta; ragion per cui era necessario ridiscendere sulla spiaggia e da lì, con la sola luce lunare, riuscire ad intravedervi della vegetazione dalla parte opposta rispetto alla costiera. E così facemmo.

Se tutto fosse andato secondo i piani e le intenzioni, prima dell’alba saremmo stati liberi di tornare indietro.

Chissà cosa stava succedendo a Sunnydale, nel frattempo…

 
 
 
 
NOTE DELL’AUTORE





Buonasera, carissimi! 😊
Eccoci qui con l’aggiornamento nuovo, settimanale. In questo capitolo, entriamo ancor più nel vivo della vicenda con il proseguimento dell’avventura di Willow e degli altri tre, per il recupero dell’occorrente necessario all’incantesimo.
Ho deciso di inserirvi Dracula, perché leggendo un po’ online (ammetto di non aver mai letto i fumetti), ho visto che Dracula nell’ottava stagione cambia e da malvagio, passa dalla parte dei buoni “aiutando” Buffy e gli altri ad ostacolare le creature della notte che volevano far fuori l’esercito di Cacciatrici. Allora ho deciso di anticipare un po’ la sua redenzione e ho voluto dargli anche qui un ruolo decisivo, di aiutante.
Penso di aver detto tutto. Se dovessi aver dimenticato qualche chiarimento, su cose non comprese, fatemi sapere.
Vi auguro un buon weekend, allora e ci vediamo al prossimo aggiornamento.  

PS: Vi lascio immaginare se Dracula abbia detto o no, la verità, riguardo al tempo diverso dal portale al, chiamiamolo, mondo reale. Ma lo scoprirete presto ;) 

 

 


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


 


POV SPIKE
 
 
“Dawn? Dawn, ci sei?” chiamai da fuori casa Summer, con la coperta addosso a coprirmi tutto, per impedire che cuocessi come carne alla brace. La porta si aprì di colpo e comparve Dawn sulla soglia del pianerottolo.

“Spike” disse lei, leggermente sorpresa di trovarmi lì a quest’ora. “Che cosa ci fai a quest’ora?”

Strinsi la mascella, leggermente irritato e le feci un cenno urgente del bisogno che avevo di entrare in casa, così lei capendo, si fece da parte e mi catapultai dentro come se non ci fosse un domani.

“Dovresti imparare, piccola, a considerare le priorità: che senso ha chiedermi cosa ci faccio, se rischio di bruciare vivo? Fammi entrare e poi semmai ti rispondo, no?” chiarii con una vena polemica nel tono di voce.

“Ho bisogno di parlare con la strega rossiccia”

Ma Dawn scosse la testa, annunciando: “se ti riferisci a Willow, in questo momento non c’è. Sono solo io”

“Dov’è?” domandai, in preda ad un’ansia che ritenni esagerata io stesso.

“Non lo so, credo sia uscita. Neanche io, a dire il vero, ero a casa. Quindi non so dirti”

“E come hai fatto ad entrare, se non c’era nessuno?” domandai, dimenticando per un attimo il motivo per cui mi trovavo lì.

“Abbiamo due copie di chiavi” spiegò lei, semplicemente, indicandomi quella che con ogni evenienza era la sua.

“Oh, certo…che banalità” dissi fra me e me, sorridendo amaro.

“Perché cerchi lei?” domandò Dawn, per riportare il discorso sul binario esatto. Mi fece cenno di accomodarmi sulla poltrona del salotto e nel frattempo prese la coperta che ancora avevo addosso, gettandola sull’altro lato.

“Mi serve perché avrei bisogno che mi spiegasse un sogno. E’ brava ad interpretare i sogni?” le domandai, come se mi ponessi la domanda per la prima volta, solo in quell’istante.

Dawn scrollò le spalle, con aria guardinga.

“Non saprei… non le ho mai chiesto una cosa del genere, ma presumo di no. Non credo sia in grado di aiutarti…”

“Fantastico” sbottai. “Davvero, Dawn. Sei una fonte inesauribile di ottimismo”

“Quale sarebbe il sogno?” fece lei, fingendo di non aver udito la mia provocazione e incrociando le braccia.

“E’ da quando che è morta lei. Le avevo promesso che avrei fatto di tutto per proteggerti, per impedirti di dover saltare nel vortice del portale che si era aperto. E ogni notte, mi ritrovo più forte, più agile, sono sempre più veloce... Ogni notte, nei miei sogni, io la salvo”.

“Beh” fece Dawn, per nulla impressionata, “mi sembra un sogno molto banale”

“Aspetta” la bloccai io, impaziente, alzando una mano. Mi concentrai meglio, chiudendo gli occhi e sforzando la memoria, cercando di ricordare i dettagli. “Negli ultimi tempi, segue sempre lo stesso sogno. Cavalco un cavallo al galoppo, insieme a Drusilla. Ci troviamo in un luogo per me estraneo, diverso… i popoli di quel posto, vivono in capanne con il fuoco acceso. Ma la nostra destinazione, non è lì, ma una caverna sulla spiaggia del mare. Quando ci avviciniamo a quella caverna, sempre in sella ai nostri cavalli, succede una cosa strana: Drusilla comincia a dimenarsi e a lamentarsi dicendo di voler andare via e non entrare lì dentro, perché pericoloso. Io però non voglio sentire ragioni e le dico che lo faccio per lei. Subito dopo, sento come un forte bruciore al petto e un qualcosa di caldo, dentro. Poi mi sveglio di colpo… e niente altro”.

Avevo parlato, quasi senza prendere fiato, fissando un punto vuoto davanti a me e quando alzai lo sguardo, Dawn mi osservava con le sopracciglia aggrottate e la bocca leggermente aperta.

“Non saprei” rispose lei, sommessamente, con sguardo pensieroso.

Sorrisi, aspettandomi la sua reazione. Drusilla, lei si mi sarebbe stata utile a dire il vero. Ma avevo ormai perso ogni contatto con lei e non sapevo dove trovarla.

Poi un’improvvisa rivelazione, mi passò per la mente. C’era una sola cosa che avrebbe potuto spiegare la misteriosa reazione di Drusilla, sapendo dove eravamo diretti e soprattutto quali fossero le mie intenzioni… ma avevo bisogno di qualcuno che aveva quel particolare dentro.

“Hai il numero di Angel? Ho bisogno di parlargli” dissi così all’improvviso che Dawn sobbalzò.

“Come?” domandò lei, senza capire. “Perché dovresti parlare con Angel?”

Non le risposi, mi alzai di scatto dal divano e presi a cercare la cornetta del telefono. Di sicuro Buffy teneva da qualche parte l’elenco dei numeri telefonici e figurarsi se non possedeva quello del suo primo amante…

Cominciai quindi ad accatastare roba su roba, ignorando le lamentele di Dawn circa la mia impulsività, e quando finalmente trovai l’agenda presi a sfogliarne le pagine freneticamente fino a quando non trovai il nome che cercavo. Infine digitai il numero.

Non vale la pena riportare in dettaglio la discussione che ne seguì, basti solo a pensare alle innumerevoli frecciate che mi gettò quell’altro, dopo la sorpresa iniziale, quando seppe che ero io ad averlo chiamato dal numero di casa Summers.

Non mi andava di inscenare una lite con lui, l’ennesima, con Dawn accanto. Piuttosto lo pregai di ricevermi d’urgenza perché avevo bisogno delle informazioni.

Qualcuno potrebbe ritenere esagerata questa mia determinazione nel voler ricercare il significato di quel sogno, la verità era che già una volta avevo sognato qualcosa che mi sembrava impossibile a realizzarsi, e invece era successo: i miei sogni avevano anticipato l’amore che nutrivo per la Cacciatrice, già più di una singola volta.

Rimanemmo, tra mille battutine infelici, proprie di due eterni rivali, per la notte successiva. Sarei andato io a Los Angeles a raggiungerlo.

Più che altro sapevo che avrei incontrato lui da solo, anche perché quand’anche si fosse fatto qualche amichetto laggiù, ero certo che non me lo avrebbe presentato. A parte il fatto che dei suoi amichetti me ne fregherebbe meno di zero, detto proprio fuori dai denti. L’unica persona nei suoi affetti più cari e di cui mi importava era, per un verso all’inizio e per l’altro alla fine, Buffy. Almeno fino a quando c’era.

La notte seguente, presi quindi la mia motocicletta e partii a razzo verso la destinazione concordata. Musica a tutto volume, come sempre, e ogni volta che qualche stupido automobilista non faceva largo al sottoscritto, lo spaventavo mostrando il volto demoniaco e allora lui si affrettava a farmi passare tra incidenti e altre cose.

Giunto in città, abbastanza in fretta, a dire il vero tra Sunnydale e Los Angeles City non vi sono più che una decina di miglia, lo trovai al Kenneth Hahn Park. Passeggiava da solo, apparentemente annoiato. Si vedeva lontano un miglio che non aveva l’intenzione di vedermi, che avrebbe preferito di gran lunga occuparsi dei suoi affari. Ma sapete che c’è? Non mi interessa. Io sono più importante di lui e dei suoi stupidi impegni lavorativi.

Mi presentai quindi, davanti a lui, con il mio tipico atteggiamento strafottente nei suoi confronti e lui mi gettò addosso il solito cenno cupo col capo, senza proferire parola.

Per un po’ camminammo fianco a fianco senza che nessuno dei due dicesse alcunché, poi come se ad un certo punto qualcosa si fosse risvegliato in lui, cominciò: “perché sei venuto? Si stava così bene senza di te…”

“Sai, non quanto stavo bene io, immagino. Comunque, sono qui perché sei l’unico che può aiutarmi nel dare una spiegazione. Si tratta di un sogno…”

“Se ben ricordo, era Dru che si occupava di questo, vero? Cosa c’è, Spike? Ti ha abbandonato?”

Mi prudevano le mani, ma se l’avessi attaccato oltre a vanificare completamente il motivo per cui mi trovassi in quello schifoso posto dove c’era anche lui, mi sarei fatto venire un dolore lancinante alla testa. Decisi perciò di difendermi a parole: “si, mi ha abbandonato e tu sai bene il motivo per cui l’ha fatto, vero?”

Intuendo a chi stessi facendo riferimento, indurì la mascella incassando il colpo. Anche se non c’era più, nel sentire dire che avevo ottenuto il suo posto di informatore e protettore, posto che un tempo spettava a Capitan Mascella, lo faceva star male.

“Comunque non ci crederai, ma non sono venuto qui per litigare. Non questa volta. Mi devi aiutare!” dissi, facendo un lungo sospiro e intuendo quanto difficile sarebbe stato non prendersi gioco di colui che avevo di fronte.

“E io cosa ci guadagno nel darti delle informazioni che potrebbero servirti?”

“Una serata tranquilla. Altrimenti ti perseguiterò fino a quando non capitoli. Da una tua lontana e secolare memoria, dovresti ricordarti che ne sarei perfettamente in grado…” dissi, tranquillo, alludendo alle innumerevoli volte in cui alla fine vinsi io le decisioni su cosa fare e dove andare, nel tempo in cui noi quattro seminavamo il panico per il mondo intero. Sono pur sempre uno spirito libero, non mi piaceva mai dover sottostare alle sue stolte regolucce. Angelus con me non aveva mai avuto pieno potere, neanche agli inizi.

“Noto con piacere che non hai nulla da ribattere, evidentemente hai imparato le lezioni passate” gli dissi, vedendolo zitto. Ok, lo ammetto: era fin troppo divertente prendermi gioco di lui…non sarebbe stato facile raccontargli ogni cosa, senza cadere nella tentazione di provocarlo.

Comunque ci provai.

“In parole povere, ho sognato di riacquistare la mia anima…”

Bastarono solo queste parole, che Angel dopo avermi fissato sbalordito, cominciasse a ridere di me. Una risata che a me parve una presa in giro, nei miei confronti. Di nuovo resistetti alla tentazione di fargli male.

“Tu? E perché mai dovresti riprenderti l’anima, Spike? Non credi di essere ridicolo uscendotene con queste considerazioni?” fece, dopo che si fu ripreso un attimo.

“Questo non lo so. Ma infatti non l’ho fatto. E ti dirò non vedo il motivo per cui io debba farlo. Soprattutto ora che Buffy non c’è”

“Quindi, mi stai dicendo che se lei ci fosse, lo faresti?”

Non risposi alla domanda, perché sinceramente non lo sapevo neanche io. Certo se ci fosse ancora, e avessi la possibilità di farle capire quanto ci tenevo a lei, forse avrei anche ricorso a tanto… comunque non dissi nulla ad Angel. Buttai, anzi, una domanda, con il pretesto di essere assolutamente innocente nel porgerla.

“Chi è colui che te la restituì?” buttai lì.

“Un clan Rom” spiegò lui. “Lo avevo fatto arrabbiare e lei mi ha maledetto restituendomi ciò che da vampiro avevo perduto, condannandomi ad un’esistenza infelice altrimenti l’avrei riperduta e avrei vissuto l’esistenza eterna nel rimorso verso le persone che avrei ucciso”

“Mi dispiace” gli dissi, non so quanto sinceramente.

“Risparmiami i convenevoli” ribattè lui, senza guardarmi.

“Ma quindi sono gli zingari che la restituiscono?” chiesi ancora a lui. Eravamo intanto giunti alla fine del parco, così Angel decise di tornare indietro e io lo seguii. Forse una delle primissime volte in cui feci effettivamente ciò che faceva lui.

“La comunità si è sciolta nel tempo. No, ormai non esistono più. Un modo in realtà ci sarebbe… però non è a portata di mano, insomma” fece una piccola pausa e dopo averci riflettuto, aggiunse: “anzi, due. Dimenticavo l’altro”

Senza che dissi nulla, intuendo semplicemente che avrei voluto sapere quali sono, spiegò: “in realtà uno, il primo che mi è venuto in mente, è quello adottato da Willow nel mio caso: ricorrere alla magia. Il secondo è un po’ più…come dire? Arduo. Esiste un luogo, non molto ben specifico, direi dove risiede un antico e potente demone in grado di restituirla. Ma dicono che per riottenerla richieda grossi sacrifici. Sacrifici di cui la stragrande maggioranza di quelli come noi, morirebbe perché non sarebbero in grado di superarli”

Come se avessi atteso quella seconda parte, fin dall’inizio, gli domandai svelto: “per caso risiede in una caverna?”

“Si dice che sia così… in un luogo dove vivono, lì si, tribù piuttosto primitive. Ricordano un po’ i vecchi indios a dire il vero. Credo siano più o meno nel nord della California. Ma…Spike, cosa c’è?” domandò all’improvviso notando il cambio repentino del colore del volto. Ero infatti impallidito ancora di più che nel mio pallore cadaverico normale.

Poi una brutta consapevolezza mi raggiunse: per chi avrei mai potuto riprendere ciò che mi era stato tolto? L’unica era lei. Ma lei non c’era più… se lei ci fosse stata ancora in questo mondo e avessi avuto quell’ unica via per poter ottenere la fiducia, avrei anche potuto correre il rischio.

Comunque mi affrettai a minimizzare la cosa, senza che lui coltivasse qualche sospetto su ciò che avevo d’istinto pensato.

“Niente” risposi, frettolosamente. Poi per continuare il discorso, facendogli credere che stessi semplicemente parlando di cose senza alcuna mia intenzione nel compierle, gli chiesi: “ma dicevi dei rimorsi che hai quando la riottieni?”

“Oh, sì. Certamente. È una situazione tremenda che rischia seriamente di farti impazzire. Vedi cadaveri di persone che hai ucciso ovunque ti volti. Senti continuamente la tua coscienza che ti fa sentire tremendamente in colpa per tutto il male che hai fatto a quelle persone, il dolore delle famiglie. Devi affrontare tutto questo, vincerlo… e molto spesso non ne esci lucido da questa esperienza”.

“Terribile” commentai e, in effetti, il pensiero di tutto ciò mi distolse da quello che inizialmente avrei anche deciso di affrontare. 

“Ma…non starai pensando di riprendertela, vero?” mi chiese lui, guardandomi interrogativamente. “E per chi riprendertela, poi? Tanto lei non ti avrebbe amato comunque, se anche fosse qui e lo saprebbe. Sappiamo entrambi quale dei due demoni lei amava” e sorrise tronfio.

In effetti non aveva tutti i torti quel maledetto angelo. Avrei pregato non so cosa per essere come lui, aver avuto l’amore della Cacciatrice tutto per sé. E invece dopo il campo libero lasciato da lui, mi sono ritrovato a combattere quell’ignobile e depresso soldato da quattro denari di cui lei comunque si vedeva lontano un miglio come lei non lo amasse veramente. Però c’era. E ho dovuto fare di tutto negli ultimi mesi per scrollarmelo di dosso e aspettare che commettesse un passo falso; passo falso che poi commise, comportandosi come un allocco. E nel pensare che questo maledetto dolore alla testa, sia stata opera sua, mi faceva salire dentro una rabbia tale che non so cosa gli avrei fatto se mi fossi mai liberato del chip nel mentre che lui seguiva come un cagnolino, Buffy. Certamente le due cose combinate, il chip per colpa sua e il suo desiderio per la ragazza che, stavo capendo, dovermi appartenere mi avrebbe certamente posto a dura prova nel risparmiargli l’esistenza…

Ma perché ho dovuto incontrarlo nella mia esistenza da mezzo morto? Non avrei fatto bene il mio lavoro se gli avessi anticipato l’attacco? Un attimo di distrazione, mi era costato ahimè caro. E ora, sebbene so che probabilmente non farei male alle persone che Buffy ama, okay ad eccezione probabilmente di quel cretino di Xander, non so a chi veramente possa rivolgermi per eliminarmi l’oggetto nella testa.

Tornando alla conversazione con quell’altro, non risposi alla domanda in modo esplicito, ma gli feci comunque intuire che non era assolutamente mia intenzione. In fondo, come detto già, la persona per la quale avrei anche potuto compiere un gesto così eroico, non c’era più…

Salutai perciò il mio vecchio amico/rivale di mille avventure di un secolo e tornai alla vita mondana di Sunnydale, con questa nuova informazione.

Il diavolo solo sa, semmai ne avrei avuto l’occasione per metterla in pratica…



 

NOTE DELL’AUTORE




Eccoci ad un nuovo aggiornamento! 😊
Vi ringrazio come sempre per le letture costanti di questa storia, mi fanno davvero tantissimo piacere!
Riguardo al capitolo corrente, permettetemi una piccola aggiunta alle note di quello precedente che, la volta, mi sono dimenticato di aggiungere: ho fatto chiedere a Willow, per bocca di Spike, di riprogrammare il robot, perché c’è chiaramente una scena nella serie originale, nella quale Spike rimane spazientito per questa precisa dimenticanza della riprogrammazione (la scena precisamente riguarda il momento in cui il robot si ritrova mezzo distrutto, a seguito della battaglia con il vampiro che poi farà da informatore agli altri, sul fatto che la vera Buffy fosse morta). In quella scena, Willow ripara il robot e Spike le rinfaccia la dimenticanza. Ecco, ho pensato di aggiungerla in quel punto. Mi sembrava comunque corretto, dirvelo, insomma…
Riguardo a quanto scritto qui: ricordavate del sogno fatto da Spike nei primi capitoli? Ecco, qui ha deciso di approfondire la cosa. Non ricordo se l’ho già detto, ma io ho pensato da subito che lui sapesse dove si trovava il luogo per recuperare l’anima. Non me lo immagino, chiedere informazioni per strada a chicchessia, oppure partire alla cieca. Per questo, l’ho fatto rivolgere all’unica persona che potesse dargli una mano: Angel. Il quale comunque, lo odierà, lo insulterà…però in fondo, accetta di dargli quell’informazione (ovviamente ignora completamente il fatto che Spike voglia riprendersi l’anima e lo stesso vampiro, finora non lo prende in considerazione, neanche quando Buffy tornerà veramente in vita). Insomma, mi è piaciuto credere in uno Spike che sapesse già la verità sull’anima e su cosa comporta riacquisirla. E si sia tenuto questo “coniglio nascosto nel cilindro” per quando fosse necessario. Ovviamente se la terrà per sé, e magari lo ha fatto esclusivamente per togliersi la curiosità (anzi, sicuramente, visto che in questo capitolo Buffy non è ancora tornata). Però una volta rivista, io credo abbia anche potuto ripensarci a questa cosa e si sia dato un limite di sopportazione del rifiuto da parte di lei. In modo da tentare ogni via, e qualora non fosse servito comunque, ricorrere all’anima. Non so se sono stato chiaro…
Ad ogni modo, vi ringrazio ancora per le letture e, come sempre, se ci sono cose non chiare, fatemelo presente!
Al prossimo aggiornamento! 😊
 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


             Capitolo 11


 


POV WILLOW


 
Attraversare una foresta nel bel mezzo della notte, è un’esperienza che non consiglierei neanche al mio peggior nemico. Figurarsi se poi fossi stata io a doverlo fare. L’esperienza fatta negli anni comunque, in cui obiettivamente avevamo affrontato di tutto, mi servì come manna dal cielo per superare quell’ora tremenda in cui vagavamo tra i rovi e la più fitta vegetazione, senza la benchè minima idea su dove dovessimo andare.

Ad ogni ululato, ad ogni suono sospetto, ci voltavamo di scatto temendo il peggio, per poi rincuorarci quando prendevamo nota che in realtà accanto a noi non ci fosse nessuno.

Quando ci rendemmo conto che per la terza volta eravamo nel punto di prima, avendo sostanzialmente girato attorno, senza di fatto muoverci, Anya ebbe una crisi isterica e gettò a terra, rischiando uno di mandare in frantumi, due di perdere nel buio la confezione di spray consegnataci da Dracula.

“Non ce la faremo mai…” si lamentò, prendendosi i riccioli tra le mani esasperata.

Non potevamo fare affidamento neanche alla luce lunare, poiché la vegetazione era così fitta che non faceva penetrare praticamente nulla. Motivo per cui, decisi che dovevamo essere noi a praticarla.

Quando lo proposi, però accadde l’imprevisto che complicò ulteriormente, e forse definitivamente, la situazione già di per sé disperata.

“La magia qui non funziona!”

“Perfetto!” si complimentò Anya, sarcasticamente. “Adesso sì, che siamo nei guai!”

“Forse, se avessimo con noi una bussola…”

“Dobbiamo tornare indietro” dissi, interrompendo il ragionamento di Tara. Un lampo di genio, mi era improvvisamente venuto in mente, facendomi ricordare un particolare che in un primissimo istante avevo trascurato.

“C’è un sentiero che percorre la foresta, circumnavigandola. L’avevo notato appena prima di immetterci nella stessa, ma non l’avevo considerato un aiuto fondamentale perché pensavo che la caverna fosse più semplice da trovare. Ma se siamo fortunati, il sentiero penetrerà abbastanza a fondo, da permetterci di distinguerla. E quindi avendola a vista, potremmo anche attraversare pochi metri di alberi…”

“Sei sicura?” domandarono Xander e Anya all’unisono.

“Perché non dovrebbe esserlo? Io credo in lei!” s’intromise Tara, strappandomi un largo sorriso.

“Bene. Allora possiamo…” stava finendo di parlare, quando qualcosa alle nostre spalle si mosse, provocando il distinto e ben udibile suono di foglie calpestate. Ci voltammo, stavolta ahinoi consapevoli che c’era qualcuno o qualcosa a poca distanza, e quando vedemmo due occhi enormi gialli che ci scrutavano, scappammo via sperando di farla franca.

Non sapemmo mai se quella cosa, presumibilmente un lupo, ci inseguì oppure rimase lì fermo, fatto sta che fortunatamente riuscimmo a sfuggirgli e quando di nuovo fummo abbagliati dalla luce lunare, sulla spiaggia, potemmo verificare quanto avevo notato io prima di tutti gli altri. Ebbene sì, non mi ero inventata proprio nulla.

C’era effettivamente una stradina che sembrava distendersi lungo il confine degli alberi. Percorrendola per non so quanti metri, o kilometri, sempre fiancheggiando gli alberi avremmo potuto orientarci meglio e con un po’ di fortuna, che non guastava mai, avremmo intravisto la caverna da lì.

Tara mi premiò con un bacio e Xander con una pacca sulla spalla.

“Andiamo su, abbiamo perso fin troppo tempo a vagare in mezzo al nulla”

E riprendemmo le ricerche. Dopo circa venti minuti di camminata, nella quale non accadde sostanzialmente nulla che valga la pena di essere raccontato, se non qualche verso di un qualche uccello che non riuscii a identificare, finalmente a circa una ventina di metri davanti a noi, vedemmo una piccola altura che sbarrava trasversalmente di fatto il percorso.

Esultammo silenziosamente, credendo fosse ciò che cercavamo e cercammo di rintracciarne l’ingresso. Per farlo, fummo però costretti a rientrare nella foresta ma almeno adesso avevamo un punto come riferimento e non vagavamo nel nulla come successo prima…

La trovammo dopo circa cinque minuti, e dopo esserci di fatto nuovamente graffiate le gambe a causa dei rovi.

“Secondo voi, sapremo essere convincenti?”

“Credo di sì. Insomma, non può essere tanto difficile, no?” dissi, guardando i loro volti leggermente inquietati. “Oh, andiamo…” ripetei, per convincerli: “non può essere peggio che trovarli, vero?”.

Ma il loro tentennare stava producendo l’effetto di rendermi insicura, tanto che quando entrammo neanche io ero più così convinta che la parte più complessa della missione fosse oramai alle spalle e, anzi, la stessimo per affrontare proprio in quel frangente.

Un respiro profondo e poi varcammo la soglia dell’entrata.

Come, in parte, ci aspettavamo lì dentro regnava il silenzio più assoluto. Non un suono, non un fruscìo, non un fischio… Niente.

“C’è nessuno?” domandai, la voce leggermente tremante, per poi sentirmi stupida subito dopo. Era ovvio che se anche ci fosse stato qualcuno, questi non si sarebbe palesato.

All’improvviso udimmo degli schiocchi di dita e mi sentii sollevata da terra e trascinata, insieme agli altri tre, verso l’interno. Una voce acuta, che mi sibilava da vicino: “brutte fecce umane, con quelle facce toste. Oh, adesso vi pentirete di averci fatto svegliare, nel cuore della notte. Vi porteremo dal nostro re e finalmente potremmo dormire in pace, dopo avervi ucciso. Non uscirete vivi da questo posto, potete giurarlo!”

Cercammo inutilmente di dimenarci, ma non ci fu verso. Anzi, Tara si rimediò un morso sul braccio che la fece sanguinare.

“Vi prego” li implorai esasperata, “vi prego, non volevamo fare nulla di che. Solo ci servirebbe qualcosa che possedete…”

“Oh, siete dei ladri perciò? Allora, questo vi costerà un’ulteriore condanna!”

“No!” stavolta a parlare fu Anya. “No, noi volevamo…”

“SILENZIO! Avete parlato già a sufficienza. Adesso il nostro re, deciderà per voi”

Eravamo state trascinate in fondo alla caverna, che terminava in un punto cieco. Un’unica torcia illuminava quello che aveva tutta l’aria di essere un piccolo trono da cui si levò una voce, un po’ più roca rispetto alle altre che avevamo udito. Sembrava che il loro capo fosse piuttosto anziano, dato che più che acuta la sua voce mi sembrava gracile.

“Mio signore, abbiamo trovato questi ladruncoli, così si sono autodefiniti, che stavano cercando di rubare qualcosa di nostro possesso”

Il loro capo sembrò gustarsi la scena, vedendoci praticamente inermi contro quelle che sembravano creaturine, anche se non potendole vedere non ne eravamo certissimi, ma che in realtà avevano una forza notevole.

“Avete disturbato il nostro sonno” esordì il re, con tono infastidito. “Che cosa siete venuti a fare qui?”

Gettai uno sguardo di intesa ad Anya, che annuì e poi cominciò a raccontare perché fossero lì, in quel posto, chi li aveva mandati e perché.

Quando ebbe finito di raccontare, omettendo però il particolare di possedere il magico spray che sembrava a questo punto l’unica reale arma contro di loro, di nuovo la voce si sollevò dal piccolo trono davanti a loro: “noi non aiutiamo gli umani, neanche se vengono mandati da qualcuno che umano non è. Perciò dato che avete osato entrare e violare la nostra dimora, sarete legati e per la colazione del mattino vi getteremo nelle fornaci pronti per la consumazione…” rise malvagio, scrutando i nostri sguardi terrorizzati.

Lo spray urticante magico, era in una delle mie tasche laterali. Se solo fossi riuscita a muovermi… ma mentre tentai di farlo, mi resi subito conto che quello teneva ancora la presa ferma su di me senza permettere un gran movimento e, anzi, quando si rese conto che con ogni probabilità mi volevo liberare, mi sferrò un calcio agli stinchi, che non mi fece un granché male ma mi fece desistere dal tentare nuovamente di liberarmi. A questo punto, gettai un’occhiata alle funi con le quali, con ogni probabilità, saremmo finite legate, vicino al fuoco. Quella centrale era posta nel punto più vicino alle fiamme. Se fossi stata fortunata, quel posto mi sarebbe spettato e allora, senza farmi notare avrei potuto avvicinarmi quel tanto che bastava al camino per bruciare le funi e, allora, sarei stata libera di agire…

Fortunatamente andò proprio come speravo e mentre lasciavo passivamente che mi legassero e mi imbavagliassero, e con me sia Xander, sia Tara, sia Anya, aspettammo che quelli tornassero a dormire, per poi poter eseguire il piano.  

Non passò molto tempo, a dire la verità. Certo, continuavamo a non poterli vedere, ma sentimmo distintamente le loro vocine farsi più distanti, fino a quando ci fu silenzio più assoluto. Era sorto un nuovo piccolo problema: come fare a trovarli, senza finire praticamente loro addosso? Ma a questo ci avremmo pensato in un secondo momento. Adesso era più che mai necessario liberarsi dalla fune che mi teneva legata e liberare i miei amici e soprattutto Tara, la quale pareva oramai rassegnata al peggio.

Attirai la loro attenzione, quando mi videro trascinarmi con le braccia legate, il più vicino possibile al fuoco. Non ci volle molto che comprendessero a fondo le mie intenzioni, erano così lampanti… Certo: la possibilità di ustionarsi sarebbe stata alta, ma con un po’ di resistenza, semmai fosse veramente successo, avrei provveduto a curarmi una volta tornata a Sunnydale.

Quando giunsi alla meta, non senza fatica, mi rimisi seduta, spalle al camino a legna in modo che il calore delle fiamme fosse vicino quel tanto possibile ad allentare la presa delle corde. Ci volle un po’ e, temendo di non riuscire a fare in tempo, commisi una leggerezza avvicinando un po’ troppo e mani al fuoco che ciò che avevo paventato sin da subito, puntualmente si verificò. Ebbe comunque il vantaggio, questa mia imprudenza, di velocizzare la liberazione dei polsi e finalmente potei sgranchirmi le braccia. Non persi tempo e, dopo aver verificato che l’ustione c’era, ma aveva praticamente riguardato solo una minima parte delle mani, sciolsi i nodi alle caviglie e finalmente fui libera di alzarmi in piedi e procedere a liberare gli altri.

“Adesso dove credi che siano?” domandò Xander, guardandomi come fossi la leader del gruppo. In mancanza di Buffy quel posto spettava a me e debbo dire che con il passare dei giorni, provavo anche un certo orgoglio nell’esserlo…

“Dovremmo verificare un po’ in giro, ma non devono essere lontani” risposi, cominciando già a guardarmi attorno, nel vedere un loro possibile nascondiglio.

“Vuoi che veniamo con te?”

“Ma certo, Xander. Che domande” lo rimbeccò Anya, dandosi una mano sulla testa in segno di esasperazione.

“Chiedevo, Anya… non si sa mai…” si giustificò lui, ma venendo ignorato dagli altri.

“Shhh”, zittii Xander, mimando il gesto. Avevo finalmente sentito un piccolo rumore di quello che poteva sembrare il sospiro nel sonno delle creature che stavamo cercando. Il rumore proveniva qualche decina di metri più avanti e così lo seguimmo, non senza difficoltà, perché tra il bruciore alle mani che si faceva comunque sentire e Xander che continuava a borbottare su ciò che sapeva solo lui, rischiava di coprire e soprattutto di svegliare i goblin.

Sentii che il rumore proveniva aldilà di una piccola porticina laterale, appena socchiusa, incastonata nella parete rocciosa, sulla destra. Non sarebbe stato affatto semplice passarci in mezzo e probabilmente non ne saremmo stati in grado.

Fortunatamente, comunque, l’apertura sebbene come detto fosse troppo piccola per attraversarla corporalmente, non lo era abbastanza da impedire il passaggio delle braccia. Avremmo, o avrei, avuto così un unico tentativo. Se avessi fallito la mira, tutto si sarebbe ulteriormente complicato. Pareva comunque che non fossero poi così distanti dalla porta e perciò allungando il braccio per bene, sarei riuscita a farvi arrivare lo spruzzo. Mi accovacciai, quindi, mimata dagli altri tre e feci loro cenno di fare silenzio. Poi mi stesi a pancia in giù, il più vicino possibile, alla piccola fenditura e passai il braccio con lo spray ben stretto nella mano.

Loro, ignari, continuavano a riposare.

Sospirai e poi premetti per farvi uscire la magica sostanza anti-invisibilità, sopra i loro corpi.

Ebbi successo. Vi furono urla terrorizzate, che si sovrapposero fra loro, quando essi si resero conto che la loro unica, se possibile, arma di vantaggio su di noi, aveva cessato il suo effetto. Nella confusione generale, si resero immediatamente conto che a questo punto comportarsi in modo ostile verso di noi, non avrebbe avuto altro che ulteriori castighi.

Io, dal canto mio, come anche i miei compagni di quella folle avventura, osservammo meglio quelle creature che fino a poco prima non potevamo vedere. Era diversi da come me li immaginavo, forse perché da piccola facendomi leggere le favole dai miei, su di loro, me li descrivevano come delle specie di gnomi verdastri, apparentemente simpatici anche a guardarsi.

Questi invece erano orribili, con due paia di orecchie a pipistrello, molto simili a quelle proprie degli elfi e due paia di dentini aguzzi che avrebbero potuto fare parecchio male, se provati sulla propria pelle. Era strano a vedersi, perché tra denti e artigli nelle mani e nei piedi, si sarebbe potuto pensare che avessero altre armi con cui difendersi, invece essi parevano aver puntato tutto sulla loro invisibilità e, cessata quella, non sapevano come riorganizzarsi.

Quindi, quando si resero conto di non poter più fare nulla per difendersi, tentarono di venire a patti.

Si fece avanti, quindi, quello che, a giudicare dalla piccola coroncina in testa, doveva essere il re.

Cadde in ginocchio e supplicò: “vi prego, abbiate pietà di noi. Non volevamo tenervi legati in eterno, dovete crederci. Vi prego, diteci cosa dobbiamo fare e lasciateci salva la vita”

Ancora piuttosto scossa dal loro arrendersi così senza combattere, ma anche lieta di questo, perché senza magia non sarebbe stato cosa facile comunque, espressi nuovamente il bisogno per cui ci trovassimo lì, al ché il re si alzò in piedi e senza attendere oltre, disse: “aspettate un attimo che vi vado a prendere ciò di cui avete bisogno. Poi sarete liberi di andare”

Quando poi tornò, con sé aveva una boccetta di un liquido color argento che disse essere proprio il sangue di unicorno, prelevato due notti prima, quindi fresco di zecca. Lo consegnò a me e poi, fece altrettanto con un’altra boccetta di quell’ingrediente che serviva ancor più del vero e proprio sangue di unicorno, per Dracula. Il re dei goblin ci spiegò che esso era un potente elisir di lunga vita, prelevato dal liquido del Santo Graal.

Non era presumibilmente il momento di fare troppe domande, anche perché il re dei goblin insieme a tutti gli altri, ancora tremavano di terrore, temendo che potessimo finirli. Non sapevano che la nostra magia qui non funzionava, ma decidemmo di comune accordo che fosse più prudente far loro credere che avevamo questo potere su di loro e perciò tacemmo la novità.

Quando fu perciò il momento di andarsene, li salutammo e loro grati e lieti che non li avessimo fatto nulla di male, si scusarono, fino a divenire pesanti, per la loro fredda e violenta accoglienza e ci dissero che in futuro, qualora l’avessimo voluto, saremmo stati i benvenuti. Facemmo loro intendere di aver gradito l’offerta.

Era l’alba quando riassaporammo l’aria fresca all’esterno e perciò il viaggio di ritorno, fu molto più semplice di quello dell’andata e anche più tranquillo: la luce del giorno, giocava un ruolo decisivo nel permetterci di orientarci meglio. 
      
Quando tornammo di nuovo sulla spiaggia, ci meravigliammo di dove eravamo: in Scozia. A causa del buio che imperava quando eravamo sopraggiunti lì, non ci rendevamo conto di dove fossimo realmente e quando avevamo chiesto a Dracula informazioni sull’ubicazione precisa, lui era rimasto sul vago…

Ora finalmente potevo dire a me stessa di aver messo piede in Scozia anche se in circostanze abbastanza insolite, e magari ne avrei fatto parola con Giles… no, no, meglio di no. Altrimenti avrebbe voluto saperne di più e sarei stata costretta a rivelare il piano per la resurrezione di Buffy che invece doveva rimanere nascosta, soprattutto a lui.

Guardando dalla spiaggia verso l’interno, notai le Highlands scozzesi e verso il mare, nascoste dalla foschia, ero certa che si trovassero le isole Shetland. Se fossi venuta da sola, nulla mi avrebbe fatto desistere dal buttarmi in acqua e prendere il sole per tutto il giorno, lasciandomi trasportare nel relax più totale. Chiusi gli occhi, assaporando l’odore di salsedine trasportata dalla brezza mattutina che mi scompigliava i capelli.

Fu Tara a riportarmi alla missione.

“Willow, muoviti, non abbiamo troppo tempo. Non sappiamo fino in fondo, quanto tempo siamo rimasti via da Sunnydale e Dawn potrebbe insospettirsi se non ci vedesse tornare”.

Corretto. A fatica, quindi, mi ridestai dal torpore e mi affrettai a seguirli, su in cima alla parete rocciosa.

“Bentornati” ci accolse Dracula nel grande salone, inaspettatamente sveglio a quell’ora. “Ci avete messo più tempo di quanto mi aspettassi, ma almeno siete vivi” aggiunse gettandoci addosso un’occhiata apprensiva, camuffata però dalla smorfia maliziosa che si fece largo in lui.

“Avete ciò che vi ho chiesto?”

“Prima facci avere il manuale e poi ti daremo ciò che vuoi!” disse Xander coraggiosamente, stringendo la spalla di Anya come a darsi forza.

“Mi sembra che voi non siate nella situazione di poter dettare le condizioni” aggiunse, facendo un vago riferimento alla nostra impotenza magica in quel posto.

“Xander, aspetta” fece Anya, trattenendo quella che aveva tutta l’aria di essere una contro risposta secca. “Non ne vale la pena” gli disse, sussurrando, come per farlo tornare lucido.

“Datemi ciò che mi serve e avrete ciò per cui siete venuti. Non mi sembra di chiedervi molto…” ripetè Dracula, cominciando a spazientirsi.

Dopo una breve occhiata tra noi, di comune accordo, tirai fuori le due boccette che i goblin ci avevano consegnato e glieli porsi. Lui allungò una mano pallida dalle lunghe dita affusolate, e afferrò ciò che io gli porgevo.

Vedemmo gli occhi suoi brillare di una luce nuova, ma fuori questo non fece nulla che potesse farci dubitare dell’accordo.

“Bene. Ora avrete la prova che le mie intenzioni non erano ingannevoli. Se vorreste seguirmi…” 

Ci guidò oltre la grande cucina, laddove avevamo cenato la sera prima, e poi lungo un corridoio chilometrico, alle cui pareti laterali erano appesi quadri raffiguranti, con ogni probabilità, i suoi rami genealogici. Non facemmo ovviamente in tempo a osservarli meglio, né lui si prese la briga di darci spiegazioni. Pareva avesse più fretta di noi, di consegnarci il libro e lasciarci andare.
Oltrepassammo la porta in fondo al corridoio e ci ritrovammo davanti ad un’immensa fila di scaffali ricolmi di ogni genere di manuale.

“Non pensavate che un vampiro potesse essere così colto e amante dei libri, vero?” domandò, gustandosi la nostra meraviglia. “Ciò che vi serve, è qui. In fondo”.

Ci precedette e, preso un vecchio manuale impolverato, dalla copertina nera al secondo ripiano dell’ultimo scaffale a sinistra ce lo consegnò.

“Contiene ogni sorta di magia nera. Perciò vi suggerirei, se ci teneste alla vostra incolumità, di non esagerare con l’uso”.

Con uno sguardo interrogativo, chiese a chi dovesse consegnare il manuale e alla fine mi proposi io e quindi lo recapitò a me.

“Questo è perciò la fine delle ostilità tra noi?” domandò Xander, dopo che fummo usciti dalla biblioteca.

“Chi lo sa. In fondo le alleanze sono propedeutiche al successo dei malvagi. Conoscete il detto: se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro. Penso comunque che ci rivedremo presto, magari in un’altra circostanza…la Cacciatrice, in ogni ogni caso, non dovrà mai sapere nulla. Intesi?”.

Annuimmo in risposta e rispondemmo in coro: “non ce lo dimenticheremo”.

Dopo esserci perciò salutati abbastanza cordialmente, uscimmo nuovamente all’aperto e rievocato da Tara, Anya e io, il portale, tutti e quattro rientrammo a Sunnydale.
 
 

 
NOTE DELL’AUTORE


 
 
 
Eccoci qui, allora come vi è parsa l’avventura? 😊
Se l’avete ritenuta un po’ frettolosa, se speravate in qualcosa di meglio fatemelo sapere, mi raccomando!
Allora, passo a dirvi due cosette su questo capitolo. Innanzitutto ho immaginato che la vicenda si svolgesse in Scozia e non in Romania come inizialmente avevo immaginato, anche perché mi è piaciuto immaginare che Dracula avesse castelli sparsi in giro per l’Europa. Se non erro, nell’ottava stagione (ripeto, non ho i fumetti, quindi potrei sbagliare), ma sbirciando su wikipedia mi è parso di capire che lo raggiungono in Romania…
Secondo, ho immaginato che i goblin fossero creature, in questo frangente, che basano la loro forza sull’essere invisibili e che, una volta smascherati, diventino creature sottomesse (anche qui, se non vi convince, fatemi sapere).
Ero indeciso alla fine se rendere Dracula di nuovo malvagio, fargli tentare un attacco improvviso a mo’ di tradimento al resto del gruppo e venire meno alla promessa…ma poi ho pensato che fosse meglio di no, per non storcere troppo con il resto della vicenda.  
Per il resto, il capitolo è molto narrativo. Se non aveste compreso qualche dettaglio sfuggito nelle note, fatemi sapere in recensione.
Ci troviamo con Dawn venerdì prossimo! 😊
Buon weekend!!  


 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12





POV DAWN




Fare i compiti delle vacanze, mi è sempre risultato un enorme problema. Non capisco perché debbano dare i compiti durante le vacanze: il termine vacanza non è forse chiaro ai prof? La matematica, poi, è la materia che odio di più. E’ proprio subdola, basta un niente per sbagliare e le equazioni proprio non riesco a comprenderle, figuriamoci quelle di secondo grado. Poi, un conto era fare i compiti quando mia sorella provvedeva al mantenimento e, ancora prima di questo, quando nostra madre Joyce era viva… ora che non ho nessuno, di fatto, se non le mie due coinquiline amiche, occuparmi anche dei miei doveri di studentessa, mi risulta ancora più pesante.

Vidi il Buffy-bot aggirarsi per casa e fui seriamente tentata di affidarle il compito e lei, ma era in grado di farlo? Non credo e non ricordo che Willow l’avesse programmata per fare quello, purtroppo… Sbuffai e tornai sui libri e sui quaderni.

Di lì ad una settimana, la scuola avrebbe ripreso e io, come al solito, ero in ritardo nelle consegne.

Tra l’altro, mi venne anche in mente, che il primo giorno di scuola al discorso della preside dell’istituto era necessario portare con sé i propri genitori/tutori. Sarei praticamente stata l’unica che invece di portare un genitore/tutore, avrei portato un robot. Mi misi le mani nei capelli, disperata, nel pensare cosa avrebbe comportato questo e quali fossero state le relative conseguenze sulla mia reputazione lì dentro.

Avrei dovuto anche parlarne con Willow e Tara e, insieme, prendere una decisione in proposito.

Un genitore…

Un genitore in vita l’avrei… ma sarebbe stato troppo chiedergli il favore di tenermi compagnia, anche solo attraverso la cornetta del telefono. Da un anno ero qui a Sunnydale e, durante tutto questo tempo, non si era mai preso la briga di chiamare per informarsi su come stessero le sue figlie e la sua ex moglie. Non sapeva neanche che Joyce fosse morta, per dire. Ma tanto a lui, che sarebbe importato? Ormai aveva la sua vita in Spagna, con la sua segretaria e non perché ce lo avesse detto lui. Semplicemente perché prima che Joyce scoprisse del tradimento, con la segretaria di nostro padre, ci era amica in un certo senso. E aveva saputo che ella aveva il sogno di andare a vivere in Spagna per l’appunto. Caso volle che una sera Joyce scoprisse del tradimento, notando nella valigia da lavoro di nostro padre, un biglietto di sola andata per la Spagna. Non le fu difficile fare il collegamento e nostro padre, messo alle strette, quella sera di ritorno dal lavoro, fu costretto ad ammettere la verità.

Fu la serata peggiore della nostra vita: scoprire che nostro padre aveva tradito l’amore sincero, umile e unico di nostra madre per quello di una sua amica, una delle sue poche amiche che aveva a Los Angeles.

Il dolore troppo grande in lei, per il doppio affronto, non le consentì di restare in quella metropoli e decise di venirsene qui. Dato che nostra nonna paterna, Elisabeth, covava un certo senso di colpa per l’inadempienza del figlio, si offrì lei stessa per accudirmi, il tempo necessario affinchè potessi crescere e non caricare nostra madre di un ulteriore peso, avendo già Buffy di cui prendersi cura.

Quando lei, ormai in fin di vita, non riuscì più a compiere il suo dovere di accudimento, Joyce venne a prendermi e mi portò qui. Ed ecco spiegata la mia presenza.

Conoscevo comunque da laggiù la vita che conduceva Buffy qui, poiché era prettamente quasi identica a quella che conduceva a Los Angeles, specie negli ultimi tempi. Ero presente alla riunione straordinaria che decideva della sua espulsione dal suo ex liceo, sapevo che lei fosse Cacciatrice ben prima che lo scoprisse Joyce. E nonostante tutto, fresca di un accordo tacito con mia sorella, avevo mantenuto il segreto e nostra madre lo venne a sapere solo dopo quella riunione e dopo le relative ammissioni di Buffy a casa, finita quest’ultima. Questo fu il secondo motivo per cui partimmo da Los Angeles, dopo quello che ho narrato prima.

Durante ogni estate, Buffy essendo comunque in piena sintonia con la nonna, veniva a trovarmi e, non in estate, ma nel periodo in cui nostra nonna si ammalò, venne con gli amici che si era fatta qui: Willow, Xander, Anya e Tara. E in quella circostanza, li conobbi e ci feci subito amicizia. Non è necessario conoscere i dettagli, ma ci fu anche un breve periodo in cui ebbi una cotta per Xander, mai pienamente ricambiata però...

Mentre mi perdevo in questi ricordi, per lo più amari, il pensiero mi tornò ad una delle primordiali cause della nostra infelicità e, presa la cornetta del telefono, decisi, dopo una lunga esitazione, di comporre il numero. Mi ricordavo il numero, perché per l’appunto nonna Elisabeth, dopo una delle sue chiamate, aveva provveduto di trascrivermelo in un foglietto con la speranza che, se non fosse lui, l’avrei chiamata io.
   
Contai quattro squilli e poi la voce che non avevo mai più udito da quella sera del tradimento, tornò a risuonare alle mie orecchie.

“Pronto? Chi è?”

Sorrisi amara: non aveva registrato neanche il numero di casa. Figurarsi se, come speravo io, avesse mai potuto compiere il successivo passo e farsi sentire…

“Sono tua figlia, Dawn”

Silenzio.

Evidentemente non si aspettava certo che potessi chiamarlo, ma tant’è: io ero fieramente diversa da lui e, anche se obiettivamente neanche io l’avessi mai chiamato prima, a differenza sua il pensiero mi ricadeva spesso. Da parte di lui, non potrei giurarci…

“Dawn! Perbacco. Come stai?”

Un moto di rabbia repressa, mi salì al petto, quasi facendomi piangere a dirotto.

“Senti, papà. Potresti perlomeno evitarmi la tua falsa sorpresa? Cinque anni…cinque anni che non ti sei più fatto sentire! Come pensi che stia?”

“Lo so, lo so…e mi dispiace”

“Parole vuote. Ormai ti conosco, so come sei fatto! Mille giustificazioni, mille scuse, mille promesse che non hai mai provveduto a mantenere!”

Facevo fatica a trattenermi, ma non gli avrei dato la soddisfazione di farmi sentire piangere. Non se lo meritava.

“Io però una volta sono venuto!” rimembrò, come se volesse trovare l’ennesima giustificazione, l’ennesimo motivo per farci convincere che, nonostante tutto, un minimo a noi ci tenesse… .

“Già…peccato che io in quella circostanza fossi altrove. E da quanto ho saputo poi da Buffy, anche a lei hai mancato il tuo impegno. Le avevi promesso che l’avresti accompagnata a vedere Holiday on Ice, neanche quello sei stato in grado di mantenere!”

Non disse nulla al riguardo e io, comunque non volli infierire troppo. Il Buffy-robot si avvicinò a me e mi chiese chi fosse e io le feci il gesto di aspettare che terminasse la chiamata. Casualmente la successiva domanda che mi fece mio padre riguardò proprio mia sorella.

“Buffy sta bene?”

“Al momento… ehm…è fuori casa. Credo che stia trascorrendo…ehm…la giornata al lavoro. Sai, ha trovato lavoro proprio qui vicino. In un ristorante…”

“Ah, lavora di già?”

“Beh, si. Oramai ha quasi 21 anni…” gli risposi.

“Il 19 gennaio, vero?”

“Si”

Avevo mentito, naturalmente. Era assolutamente necessario che mio padre non scoprisse la verità circa la morte di Buffy, altrimenti avrebbe immediatamente provveduto a venire di persona a prendermi e ciò non era assolutamente nelle mie intenzioni: non volevo vederlo neanche dipinto, figuriamoci andare a vivere con lui, insieme a quell’altra traditrice di moglie che si era fatto. Oramai avevo la mia vita qui e i miei amici e nulla e nessuno, soprattutto mio padre, me li avrebbero portati via.

“Senti, Dawn: io non so sinceramente se tu voglia perdonarmi, oppure reputi che sia troppo tardi… ma vorrei quantomeno provarci. Davvero, so di essere stato un genitore senza amore per i propri figli, ma vorrei rimediare. Se me lo consentissi…”

“E perché tutto ad un tratto te ne frega? C’è forse il solito trucchetto?”

“Nessun trucchetto. Sono sincero e vorrei davvero poter rimediare. Propongo di risentirci, in questi giorni…magari in quell’occasione potrò anche parlare con Buffy. Vorrei sentire anche lei”.

Esitai, non sapendo cosa pensare. Troppi erano i dubbi a tal proposito, ma una cosa andava assolutamente evitata: che lui scoprisse la verità su mia sorella e, prima di lei, sulla sorte di Joyce.

Dall’altra, sarei stata piacevolmente colpita dal suo impegno a mantenere la promessa, qualora avesse realmente chiamato. Ancora, non ero convinta che lo avrebbe fatto: troppe promesse mancate per potermi illudere che questa volta potesse essere diverso…

Mio malgrado, non dissi nulla, facendogli comunque intendere che avrei aspettato la sua chiamata non sapendo per l’appunto come prenderla, né se credergli.

“Allora ti richiamerò io, Dawn. A presto. Buona giornata”

“Buona giornata” gli risposi e notai che aveva riattaccato ancora prima di potergli ritornare il saluto.

Beh, perlomeno cinque minuti aveva resistito a parlare con me, so che può sembrare assurdo esultare solo per cinque minuti, ma da uno come lui anche solo due minuti di attenzione, è chiedere tanto…

“Chi era?” chiese il robot, quando riattaccai la cornetta.

“Nostro…ehm…mio padre. L’ho chiamato io” risposi, distratta. Mi sedetti al tavolo della cucina, dopo esservi entrata, e notai che Buffy-robot aveva già preparato la cena. Guardai l’ora e mi sorpresi nel vedere che fossero già le sette di sera.

“Scusa…ehm…Buffy? Hai visto Willow e Tara?” domandai, con una certa preoccupazione nel tono di voce. Era praticamente tutto il giorno che non li vedevo e certamente non era solito averli fuori di casa per così tanto tempo. Speravo soprattutto che non fosse capitato loro nulla di male.

“No” rispose lei. Poi, sorridendo rassicurante, aggiunse: “ma sono certa che stanno bene”

“Si, però è strano che siano stati fuori tutto il pomeriggio. Già ho trovato piuttosto strano che mi dicessero di voler andare a fare una passeggiata nel lungomare di Santa Monica… non sono mai andati a Santa Monica, ora che ci penso, in passato…”

“Dawn, stai tranquilla. Tu sei mia sorella e mi prenderò cura di te. Non ti lascerò sola”

Mi strinse in un abbraccio così improvviso che quasi persi l’equilibrio e caddi a terra. Ma nonostante questo le parole: “mi prenderò cura di te. Non ti lascerò sola” mi fecero un certo effetto e tra me e me, senza che lei mi sentisse, rimbrottai: “ma tu, Buffy, lo hai già fatto”.

Ormai erano passati quasi cinque mesi dalla sua morte e durante questo arco di tempo, alla rabbia e delusione per l’ingiustizia che provavo verso la sua decisione, si era sostituita una vena malinconica. Non ero più arrabbiata con mia sorella, come negli istanti immediatamente successivi alla sua morte, ormai avevo colto la grandezza e l’enorme altruismo di quel gesto. E gliene ero infinitamente grata e sapevo che se avesse avuto un’altra possibilità per salvarci tutti, non avrebbe mai compiuto quell’atto così eroico ed estremo allo stesso tempo. Se lo fece, era solo perché quello era l’unico modo.

“Su, dai, ti ho preparato la cena” disse il robot, staccandosi e incamminandosi vero la cucina.

Lei non mangiava, né beveva. Essendo un robot non ne aveva bisogno. Tuttavia, averla lì a fissarmi mentre mangiavo, non era prettamente la cosa migliore che desiderassi. Però, nonostante tutto, non me la sentii di mandarla via. In fondo, al momento, era l’unica compagnia di cui potevo godere e non potevo certamente preferire la solitudine.

Non parlammo molto a cena, tuttavia, da una serie di sguardi che mi lanciò, capii che qualsiasi cosa le avessi chiesto di fare per me, l’avrebbe fatta. In questo, era forse, persino più disponibile della reale Buffy. Quella vera, ricordavo, non era sempre così piacevolmente comandabile… comunque non mi sembrava corretto approfittare di lei, solo perché era un robot. Avrei fatto un torto al robot stesso e prima ancora a Buffy umana. L’ultimo anno trascorso insieme, mi aveva maturato in un certo senso e se all’inizio non potevamo stare nella stessa stanza, senza finire a litigare, adesso, nell’assenza di lei, capii quanto mi mancasse e quanto l’avrei voluta accanto.

Willow e Tara, ancora non erano tornati. E mano a mano che passavano i minuti, e, quando arrivarono le dieci di sera, la mia ansia crebbe fino a farmi alzare in piedi e andare alla finestra a controllare. Proprio quando mi affacciai, con sollievo, le vidi salire la scaletta che portava all’ingresso e, prima che suonassero il campanello, avevo già aperto loro il portone.

“Dawn” salutò Tara, piuttosto sorpresa. Willow la seguì e chiuse la porta.

“Ragazze, dove eravate?”

Non fecero in tempo a rispondere, che il Buffy-bot interruppe l’inizio di spiegazioni e disse, piuttosto allegramente: “la cena è pronta!”

Notai un certo sollevamento da parte delle altre due, sebbene avessero tentato di nasconderlo.

Con loro grande disappunto, però non mi arresi e rifeci la domanda, una volta seduti tutti e quattro a tavola.

“Allora?”

“Beh…eravamo in giro…” fece Willow, guardando Tara in disperata ricerca d’aiuto.

“E abbiamo trovato traffico” proseguì Tara

“Comunque ti abbiamo preso un regalo” concluse Willow e corse a prendere un pacco regalo che mi consegnò, con un sorriso.

Sorpresa, lo presi in mano e lo scartai, scoprendo con un certo piacere che si trattava di una giacchetta color rosso scuro-marrone. La provai e notai che mi stava piuttosto bene, abbinandosi molto bene con il resto degli indumenti.

Le ringraziai calorosamente entrambe e loro parvero soddisfatte della mia reazione. Collegai quindi il loro imbarazzo iniziale, appena arrivate, con l’insicurezza del loro regalo e pertanto non feci più domande a loro sul perché fossero restate così tante ore lontano da casa.

“Allora, vi è piaciuta?” domandò Buffy-bot con una certa apprensione.

“Oh, si…solo che dovremmo riprogrammarti, dato che per la quinta volta in cinque giorni, hai preparato la stessa pietanza. Però era buona” aggiunse precipitosamente Willow, come se temesse di ferire il robot.

“Dovremmo chiamare Xander. Lui ha tutti gli attrezzi per la riprogrammazione”.

Tara, dopo aver annunciato che sarebbe finita di sopra a letto, poiché letteralmente stravolta, usci dalla cucina e rimanemmo solo io, Willow e il robot.

“Ah…a proposito di riprogrammazione…” feci io, all’improvviso, ricordandomi di un’urgenza che mi era quasi passata di mente. “Tra una settimana, ricomincerò scolastico e…beh… il primo giorno, la preside vorrebbe tenere il solito discorso di inizio anno alla presenza dei genitori o comunque di un nostro famigliare adulto. E, beh… in mancanza di mia madre, con mio padre fuori e con Buffy oramai non più qui, l’unica soluzione rimarrebbe lei…” e feci un cenno allusivo verso Buffy robot.

Willow si bloccò, evidentemente completamente ignara del problema fino a quel momento. Gettò un’occhiata piuttosto eloquente al Buffy robot, che rispose con un sorriso.

“Questo è un bel problema… non c’è modo di evitarlo? Chessò, potrei venire io” azzardò nella speranza che potesse essere una soluzione alternativa.

Ma con mio profondo rammarico, fui costretta a darle una delusione.

“Mi dispiace, ma deve essere solo uno della famiglia. Avrei certamente chiesto a mio padre ma, inaffidabile com’è, non posso rischiare così tanto. E poi, praticamente, si è perso tutta la mia crescita. E’ quasi come un estraneo”.

“Ho capito” rispose Willow, ancora pensierosa. “Posso chiedere a Xander, a questo punto, di aiutarmi a riprogrammarla per quel giorno.”

“Se dovesse servirti un aiuto, potrei chiedere a Spike…”

“Spike?” chiese Willow, senza capire. “Cosa c’entra Spike?”

“Beh…lui conosce il tizio che gli ha costruito il robot. Potremmo rivolgerci a Spike, in modo che ci dia informazioni su di lui”

“Warren gli ha costruito il robot” spiegò Willow.

“Lo so, ma potremmo…” cominciai, ma lei mi anticipò.

“Non ho intenzione di chiedere a Spike, per questa cosa del robot. Mi ha fatto intuire, l’ultima volta, che non vuole più saperne nulla. E poi sono in grado di programmarlo da sola e sono convinta che funzionerà” questa ultima frase, la disse più convinzione di quanto non l’avesse davvero. E io non ribattei.

“Dobbiamo solo attendere che Xander porti gli attrezzi. Domattina glielo chiederò e risolveremo questo inconveniente. La renderemo come viva, la vera Buffy. Ne sono sicura” e continuò a ripetersi: “ne sono sicura” tre, quattro, cinque volte finchè non si tranquillizzò del tutto.

Dopo un lungo silenzio, nella quale il robot prese a lavare i piatti, Willow mi chiese ancora se avessi fatto i compiti. Nel caso, mi avrebbe aiutato un’oretta prima di andare anche lei a letto. Risposi affermativamente e, senza che il robot mi udisse, le raccontai della telefonata di mio padre e mi premurai di evitare in qualsiasi modo, che il robot rispondesse alle chiamate di casa, da quel momento in avanti, perché qualora mio padre si fosse accorto del comportamento alquanto bizzarro tenuto da quest’ultima, avrebbe collegato la totale mancanza di un parente adulto in grado di prendersi cura della sottoscritta. E avrebbe inevitabilmente chiesto di riprendermi con lui, cosa che, come ho già detto, non intendevo affatto assecondare.

Willow mi diede conferma della cosa e poi mi annunciò che anche lei sarebbe salita di sopra.

Augurai anche a lei la buonanotte e poi gettai un’occhiata all’orologio. Andare a letto alle undici meno un quarto, era alquanto insolito per loro. Abituati a fare le ore piccole, specie ora che Buffy non c’era, andavano a caccia quasi ogni notte…

Evidentemente sia lei, che Tara, avevano vissuto una giornata realmente pesante. Una parte di me, era curiosa di sapere i dettagli, l’altra invece mi faceva stare più sulle mie. In fondo, sapevo già dov’erano andate e quindi, non credevo che fosse necessario sapere di più.

Attesi ancora una decina di minuti, poi mi decisi a passare dalla tomba per tenermi un po’ compagnia e meditare tra me. Sebbene fossero ormai passati mesi da quella maledetta notte, non avevo ancora superato il trauma.

“Ehm…Buffy… vado a farmi un giretto fuori. Torno tra poco”

Non mi sembrava il caso di annunciare dove fossi diretta, un po’ perché dire: “vado a visitare la tomba della vera te” mi sembrava poco delicato; dall’altro sapevo che lei non avrebbe comunque capito fino in fondo cosa significasse per me stare lì, a fissare quella lapide.

Quando ottenni il suo consenso, allora presi le chiavi di casa e uscii nel buio della notte. Era una piacevole notte di fine estate, con una leggera brezza che mi scompigliava i capelli e dava frescura dopo una giornata obiettivamente molto calda.

All’improvviso, mi resi però conto di aver dimenticato l’occorrente per potermi difendere, qualora fossi stata attaccata. Ma d’altronde, non avevo mai veramente preso parte ad un combattimento: come avrei fatto in tal caso?

Era solo la prima volta che me ne andavo al cimitero completamente da sola. Varie volte ci ero andata con Willow e Tara, altre volte con Giles e solo una volta con Spike. Stavolta ero completamente da sola.

Feci un profondo respiro: bisognava crescere, vero? E allora, se si doveva crescere, era necessario talvolta affrontare da soli l’ignoto. E poi: era assolutamente certo che vi avessi trovato vampiri o demoni di vario genere? No. E, allora, perché preoccuparsi troppo?

Il cimitero di Sunnydale era come sempre tetro e silenzioso. L’unico rumore era il fruscio delle foglie degli alberi mosse dal vento. Trovai la lapide di mia sorella e mi fermai a contemplarla per un tempo indefinito, ma che a me parve volare via.

“Bene, bene, bene… la piccola Summers, in giro da sola”

Mi spaventai a tal punto che quasi rischiai l’infarto, mi volsi e vidi…

“Spike!” pronunciai senza fiato. “Diamine, mi hai spaventato”

“Scusa” rispose lui, scrollando le spalle. Poi, fissandomi, quasi meravigliato e buttando la sigaretta che nel frattempo aveva fumato, aggiunse: “ma tu sei sempre l’ultima ad andare a letto?”

“Senti chi parla…” lo punzecchiai: “uno che passa tutta la notte a girovagare per strada”

Lui si avvicinò.

“Girovagare non è tanto male, in fondo”. Ma vedendo il mio sguardo piuttosto scettico, ammise che era una vera seccatura. Cambiò argomento.

“Sei venuta per la Cacciatrice?” domandò, piano, indicando la lapide.

Non risposi, anche perché sapevo che lui intuiva la verità. Probabilmente vi era anche lui, per lo stesso motivo…

Sospirai.

“Io…sto cercando di fare tutto il possibile, per… cercare di andare avanti e fare come lei mi disse, prima di buttarsi. Spike, io…temo di non riuscirci…”

Lo vidi, mentre piegava leggermente la testa di lato, e notai un qualcosa di assolutamente insolito per un vampiro senz’anima. Qualcosa che sembrava vagamente compassione…pena, forse? Non lo seppi. Ma una cosa era certa: anche lui ne soffriva ancora terribilmente. Dio solo, sapeva quanto…

E mentre mi fermavo a fissare la lapide, a contemplarla in silenzio, volli tentare una prova per testarlo. Mi voltai verso Spike, con un’idea che sapevo quanto assurda e rischiosa fosse, ma sinceramente non vedevo altra via.

“Vuoi…vuoi mordermi?”

Anche i suoi occhi che, nel frattempo, fissavano la lapide, vuoti, si posarono su di me e stavolta vi lessi confusione.

“Morderti? In che senso?” domandò, senza capire.
 
Chiusi gli occhi e risposi, di getto, senza rifletterci oltre: “mordermi e lasciarmi qui a morire”

Silenzio.

“Dawn, ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?”

“Si, lo so e…”

“NO! NON LO SAI, INVECE!!”

Il suo urlo, mi scosse. Non mi aspettavo una sua reazione così rabbiosa. Qual era il problema? In fondo lui era un assassino. Non era forse il suo desiderio dichiarato un tempo, uccidere la Cacciatrice, i suoi amici e i suoi famigliari?

“Spike, te lo sto chiedendo io”

“Dawn, non sai quello che chiedi!” sbottò, irritato. “Tu non sai niente…”. Fece una pausa, poi aggiunse: “credo non sia stata una buona idea per te, venire qui, stanotte”

“Spike, te lo sto chiedendo per favore. Aiutami ad uscire da questo mondo, aiutami a ritrovarla. Io, non lo avrei mai ammesso fintanto che lei era viva, ma…non riesco a fare nulla, senza di lei. Ho perso tutta la mia famiglia, lo capisci?” caddi in ginocchio, prostrandomi per implorarlo. Ma lui, non mosse un muscolo.

“Io non farò nulla contro di te. Non dopo aver promesso a lei, che ti avrei protetto. Non dopo che ho rischiato di rimanere secco, quando ho impedito a Glory di sapere chi fosse la Chiave. Se ti uccidessi adesso, tutto questo sarebbe stato inutile. Non lo capisci?” mi disse, strattonandomi per farmi tornare in me.

“Se non vuoi mordermi…”

“No che non voglio. E non credo neanche che tu potessi aspettarti un sì. Ma cosa passa in quella testa, tua e di tua sorella? Siete tutti matti!”

Tacqui e cercai di non pensarci più. Lietamente avevo saputo che Spike aveva superato la prova. E ciò che più mi consolava era che non era a causa del chip, che aveva rifiutato di mordermi. Ma perché ci teneva realmente alla mia sicurezza e ci teneva a Buffy. Quella sera compresi veramente che Spike era definitivamente cambiato e se mia sorella fosse stata viva, probabilmente avrebbe parecchio apprezzato questo suo rifiuto.

“Che c’è?” mi domandò, quando mi vide sorridere tra me e me.

“Niente” mi affrettai a rispondere. “E’ solo che mi ha dato sollievo quello che hai deciso, il tuo netto rifiuto e il resto”

Spike mi guardò un po’ confuso, poi fece una smorfia.

“Potrei sempre cambiare idea…”, ma ne intuii il tono scherzoso.

“Oh, no. Oramai hai perso l’occasione”

Tramutò la faccia umana, in quella demoniaca e fece il gesto di attaccarmi e io provai a scappare via. Mi rincorse in giro per il cimitero e quando mi afferrò, fece finta di volermi uccidere. Poi insieme scoppiammo a ridere, nel non senso di quel momento. Era da parecchi giorni che non lo facevo, e vi avevo quasi perso l’abitudine: la totale mancanza di Buffy, mi rendeva sempre le giornate pesanti e solo Spike, in quel momento mi sembrò realmente vicino, più che tutti gli altri.

Devo ammettere che se la cavava piuttosto bene, in questo frangente.

Tornammo davanti alla lapide e, dopo un attimo di riflessione, buttai lì: “ti avrei accettato come mio fidanzato, se sapessi che tu non avevi occhi per mia sorella”

Lo dissi senza guardarlo, e vidi con la coda dell’occhio che lui si voltava verso di me, piuttosto sorpreso.

“Piccola, cosa dici? Io non potrei mai provare quello che provo tutt’ora per Buffy. Tu per me, sei come una sorellina.”

“No, tranquillo. Era così, per dire. Però ascolta bene quello che ti dico: l’avresti meritata”

A quelle parole, Spike sospirò e non disse nulla.

Per il resto del tempo, rimanemmo in silenzio a meditare, lo sguardo di entrambi fisso sulla tomba.

Quando mi accorsi che il sonno, stava prendendo il sopravvento chiesi a Spike di riaccompagnarmi a casa. Accettò e quando arrivai a casa, mi sorpresi nel trovare le luci della camera di sopra, quella di Willow, accese. Sentivo anche delle voci provenire dall’interno.

“Che diamine stanno combinando?” domandò Spike, rivolta a me.

“Non lo so. Credevo fossero a letto”

Aprii la porta, e feci cenno a Spike di entrare, ma lui rifiutò.

“No, grazie Dawn…devo andare in un posto, avrei da fare”

Lo salutai e chiusi la porta. Sentendo il rumore della porta chiudersi, si fece silenzio.

“Willow? Tutto bene?” domandai, rivolta verso l’alto, salita la prima rampa di scale.

Comparvero Xander e Anya, con mia grande sorpresa.

“Si, è Dawn” fece Anya, rivolta verso l’interno della camera. “Allora, ci vendiamo domani al negozio, va bene?”

“Si, grazie. A domani”

Quando giunsi di sopra, dopo aver salutato gli altri due, vidi Willow e Tara, affrettarsi a rimettere a posto tutto.

“Dawn!” esclamò Willow, piuttosto sorpresa.

“Che stavate discutendo?” domandai, interrogativa rivolta alle due.

“Oh…ehm…stavamo discutendo a proposito del robot. Sai, l’incontro del primo giorno, di cui ci hai parlato? Xander ha promesso che il giorno prima, verrà a portarci gli attrezzi per riprogrammarlo”

“Beh, ottima notizia!” risposi, sollevata. Willow e Tara sorrisero di rimando.

“Beh, allora…ehm…buonanotte”

“Buonanotte”

Me ne uscii e solo allora, mi resi effettivamente conto che il robot dormiva nella camera di Buffy. Era collegato da un cavo di ricarica alla presa elettrica e pareva completamente privo di vita, fissando un punto, posto sul soffitto, che forse non vedeva neanche.  Nel vederlo, mi prese una profonda tristezza e un fortissimo senso di solitudine mi invase, facendomi ripiombare come ai primissimi giorni dopo l’addio di mia sorella dal mondo.

Mi pentii di averla vista, in quello stato deprimente, ma non resistetti: mi avvicinai al suo letto, e per la prima volta quella notte, mi ci coricai assieme e mi addormentai sotto le sue braccia meccaniche.





NOTE DELL’AUTORE





Eccoci qui, cari lettori, al terzultimo capitolo della storia, che si avvia oramai alla conclusione! 😊
In questo capitolo ho deciso di approfondire un po’ la storia di Dawn prima del suo ingresso nella serie. Non so quanto possa essere realistico il tutto, ma ho cercato di dare un minimo di logica anche a ciò che ha portato Dawn ad essere completamente assente nelle prime quattro stagioni della serie. La vicenda del matrimonio saltato tra Joyce e il mancato padre di Buffy, invece, è canonica. Ed è una delle ragioni per cui madre e figlia si sono trasferite a Sunnydale e da lì tutto quello che sappiamo.
Riguardo alla telefonata tra Dawn e il suo ex padre, si fa riferimento al primo episodio della sesta stagione il fatto che Dawn stesse attendendo una telefonata da parte di suo padre, ergo, ho deciso di anticipare qui la chiamata di Dawn e poi far promettere (ovviamente promessa non mantenuta, come era sua abitudine) a suo padre di risentirla in un secondo momento.
Riguardo ciò che succede tra Dawn e Spike, mi auguro di non aver turbato nessuno, però c’è stato un momento, secondo me, in cui Dawn se non avesse saputo della cotta di Spike per Buffy, con lui ci sarebbe stata volentieri. Anche perché andava nella cripta di Spike, perfino da sola, senza riferire nulla a Buffy segno che, anche lei, ci stava benissimo con la compagnia di Spike e, a differenza di Buffy stessa, non lo ha MAI maltrattato o disprezzato. Comunque non è successo nulla, anche perché Spike stesso non lo avrebbe mai e poi mai concesso a Dawn di arrivare a provare qualcosa per lui. E la stessa ragazzina, probabilmente, si è lasciata un po’ prendere dallo sconforto del momento quando ha detto quelle cose…
Anche la parte in cui gli chiede di morderla è sostanzialmente frutto del momento difficile che sta attraversando.
Ad ogni modo, se avete qualcosa da ribattere, come sempre, scrivetelo in recensione. Sono apertissimo ai consigli e alle critiche costruttive, su qualsiasi cosa che non abbiate capito o apprezzato! 😊
Noi ci leggiamo per venerdì prossimo con il penultimo capitolo!
Buon weekend! 😊
PS: avrete capito che Dracula aveva in parte mentito, quando aveva asserito al fatto che il tempo a Sunnydale non sarebbe trascorso ;) 
PS2: Willow, Tara, Anya e Xander, ve lo posso rivelare, stavano facendo un primo punto della situazione sul compito che li attendeva, sul come fare per eseguire il rito per il ritorno di Buffy ;). 


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13






POV WILLOW



Non fu facile, almeno per me, mantenere il riserbo con Dawn riguardo ciò che era successo. Però ritenni da subito che fosse la cosa migliore: guai ad informare una persona tanto vicina, famigliarmente parlando, riguardo al voler far risorgere una sorella, illuderla che possa effettivamente accadere e poi, doverle, Morgana non voglia, ammettere di aver fallito. L’avremmo completamente distrutta moralmente. E questo era ciò che non volevo farle, assolutamente. E inoltre, non avrebbe compreso.

Non avevo ancora avuto proprio modo di riflettere su quanto stava accadendo, sulle nostre intenzioni e sulla reale capacità nel riuscirvi. Lo feci quella mattina e mi sorpresi nel momento in cui mi sentii fiduciosa. Anni fa, la fiducia in me stessa era la cosa più difficile da avere. Ero timida, introversa: prima di conoscere Buffy, fare amicizia con qualcuno era una delle cose più complicate, anche in virtù di un certo ostracismo che vedevo intorno a me circa la mia fede. Poca roba, comunque. Però lo percepivo e mi sentivo, in parte, sbagliata.

Lo studio e la scuola erano il mio rifugio. Anche alla Middle School ero la studentessa modello e questo, già lì, probabilmente per invidia, mi aveva praticamente isolato da tutti. Buffy è stata la novità, la mia vera, prima amica del cuore. Credo di poter affermare che per lei fossi la stessa cosa, quando era viva.

Non so molto della sua vita a Los Angeles, prima del trasferimento. Sapevo solo, perché me lo aveva accennato quando oramai la nostra amicizia era consolidata, che si erano lasciati i suoi genitori e dopo, complice anche l’incendio alla palestra dell’Hemery High e la conseguente espulsione, decisero di venire qui.

Quante volte mi aveva salvato…ne ho perso il conto. A cominciare dalla notte in cui scoprimmo che era un’abilissima cacciatrice di vampiri -dei quali, allora, ne ignoravamo completamente l’esistenza-. Se non fosse sopraggiunta in tempo, Darla in quel frangente, avrebbe fatto di Xander e me due vampiri, nella migliore delle ipotesi…

“Buongiorno” mi salutò Dawn, quando entrai a fare colazione.

“Dormito bene?” le domandai, prendendo un paio di uova e del bacon.

Non mi sfuggì lo sguardo, seppur fugace, che Dawn gettò al robot che nel frattempo si aggirava spolverando i mobili.

“Si, abbastanza”.

Non so spiegarmi, fino in fondo, perché continuasse a fissare il robot mentre parlava, ma immagino che si fosse quasi abituata alla sua presenza, in fondo.

Entrò Tara e, dopo esserci scambiate il saluto, Dawn si alzò.

“Alla fine, che avete deciso?”

Non capendo a cosa si stesse riferendo, precisò: “riguardo a quell’incontro, tra tre giorni”

“Ah, si” feci io, ricordandomene. “Beh, alla fine abbiamo deciso di programmare il robot, no?”

“Quindi Xander, verrà oggi a portare gli attrezzi?”

Gettai un’occhiata nervosa a Tara e annuii. La verità era che a Xander non avevo ancora accennato nulla, riguardo questo nuovo problema. La sera che Dawn ci sorprese a parlare, in verità, l’argomento era tutt’altro. Ma, essendoci dati appuntamento per oggi, al negozio, ne avrei approfittato per dirgli tutto. In fondo, non c’era bisogno di smuovere una montagna per convincerlo a portare una valigetta.

“Bene. Vado a studiare. Una voglia…”

“Dawn” la chiamai.

Lei si voltò.

“Ehm…se vuoi posso darti un aiuto”

Dopo una breve riflessione, rispose: “no, grazie, Willow. Preferisco fare da sola”

Il resto della mattinata, passò abbastanza in noia. Due o tre volte, fui tentata di chiamare Anya ed anticipare la riunione. Ma avendo a che fare con i clienti, al mattino, difficilmente Giles l’avrebbe lasciata sola. Tra l’altro, riguardo al signor Giles, era la milionesima volta che annunciava la sua partenza imminente, ma non era ancora partito. Non che mi desse fastidio, la sua presenza. Però, cominciava a seccarmi con le sue uscite che più dubbiose non potevano essere. Sembrava essere giunto ad una sorta di dubbio amletico di impossibile risolutezza.

Avevamo scelto il fuori orario, per vederci, in modo che Giles fosse di fatto fuori orario di lavoro e quindi a casa propria o magari, intento ad addestrare Buffy-robot.

Finalmente arrivò il pomeriggio e quando ci vedemmo al negozio, avevo portato con me il libro di rilegatura scura che ci avrebbe chiarito tutto.

“Aspettate un attimo” disse Xander, quando ci apprestammo a cominciare.

Lo guardammo.

“Dobbiamo eleggere un capo. Cioè colei che si prende tutte le responsabilità delle sue azioni”

“In che senso?”

“Beh…ecco. Ci rendiamo davvero conto di ciò che vogliamo fare? Potrebbe essere pericoloso…”

“Non ho affrontato i goblin, rischiando di essere mangiata viva, per poi mollare tutto, Xander. O sei con noi, oppure fuori” lo ripresi, abbastanza duramente. Oramai ero consapevole di ciò che sarebbe potuto accadere, ma non demorsi. Guai se l’avessi fatto. “Ricordatevi dove potrebbe essere Buffy in questo momento. Lo facciamo per una buona causa”. Questo bastò per zittire Xander e dissipargli i dubbi.

“Ok, va bene. Allora, votiamo” propose dopo una breve pausa riflessiva. “Chi propone di votare Willow come esecutrice e coordinatrice del piano?”

Xander alzò la mano, con mia sorpresa. Lo stesso fecero Anya e Tara. Praticamente tutti, all’unanimità votarono per me, cosa che in un certo senso mi fece anche piacere.

“Bene” fece Xander, sorridente. Mise la mano in tasca e ne estrasse un qualcosa di simile ad una placchetta su cui stava scritto: “Willow, Capo dei capi” che provvide poi ad inchiodare personalmente.
 
“Perfetto” aggiunsi, entusiasta della scelta.

Presi il libro e cominciai a leggerne l’indice. Il fatto di non trovare nulla su ciò che riguardasse il rituale per far resuscitare un morto, mi allarmò. Anzi, a pensarci bene, quasi mi venne il sospetto di essere stati ingannati. Lo feci presente sia a Tara che ad Anya, ma mentre Tara condivise le mie preoccupazioni, Anya restò inspiegabilmente impassibile.

Fece che prendere il libro, chiuse gli occhi e pronunciò qualcosa che non riuscii bene a capire. Poi guardò le pagine, sorrise e lo ripassò a me.

“Non sono molti coloro che debbono far resuscitare un morto. A quanto pare, il libro fornisce informazioni su richieste piuttosto comuni. Per le altre, ha bisogno di una richiesta esplicita”.

Guardai e, stavolta, l’indice era quasi totalmente cambiato. Guardai Anya grata ed esterrefatta ad un tempo e lei, con una scrollatina di spalle spiegò: “ero un ex demone, in fondo. Avevo a che fare piuttosto abitualmente con manuali di magia nera”.

Trovato ciò che serviva, presi a leggere.

Dopo averlo fatto, riferii brevemente quanto era scritto, senza rendermi conto almeno inizialmente quanto sarebbe stato complicato procurarsi il necessario per eseguire il rituale. Mi sembrava, inoltre, che più andavo avanti nella lettura, più folle mi era il piano che avevo in testa di perseguire. Però, come fare? Oramai avevamo iniziato il gioco, avevo trascinato gli altri fino a questo punto.

Valeva la pena tirarsi indietro?

“Quello che ci occorrerebbe in realtà non è molto. Dice innanzitutto che occorre, per eseguire il rituale, che Mercurio sia allineato con la Luna; occorre del sangue di animale, preferibilmente di cervo; e un qualcosa che qui chiama: “urna di O-Cyrlus”. “In realtà, so cosa è. E’ una specie di vaso di porcellana con geroglifici egiziani. Se vi servisse, saprei anche come procurarvelo” spiegò Anya.

“Davvero?” chiesi.
 
“Beh, si. Credo che non sarà molto semplice, però posso provare”.

“Perfetto. Allora un potenziale ingrediente, ce l’abbiamo”

Poi, tornai a leggere.

“Dice anche che perché l’incantesimo funzioni e necessario munirsi di candele, accederle e posizionarsi davanti alla tomba della persona che si vuole resuscitare. Colei che eseguirà l’incantesimo, dovrà segnarsi fronte e guance del sangue dell’animale ucciso e poi versare il sangue sul terreno, come offerta sacrificale”

“Letta così, fa venire i brividi” aggiunse Xander.

Il seguito, lo lessi per conto mio e impallidii. Notando il cambiamento di colore, gli altri si fecero avanti per spiare ciò che lessi, ma nel momento stesso in cui tentarono di farlo, come per incantesimo il libro prese fuoco e si incenerì.

“O cielo!” esclamò Xander, tirando all’istante indietro la mano per non scottarsi.

“E ora come faremo senza la guida?” domandò Tara.

“Non preoccupatevi” risposi, sovrappensiero. “Avevo terminato la lettura…”

“Willow, tutto bene?” domandò Xander, piuttosto preoccupato in volto.

“Si, tutto a posto…almeno credo”

“Willow, sei tu il nostro capo. Se tu volessi rinunciare a farlo, noi…”.

No. Sono decisa ad andare fino in fondo, oramai. Ne sarà valsa la pena, per salvare Buffy”.

Vidi che nessuno riusciva a comprendere fino in fondo, ma per evitare che potessero preoccuparsi a tal punto da rinunciare, decisi loro di tacere quanto avevo letto. L’avrebbe saputo solo Tara, una volta da soli. Lei avrebbe compreso. Gli altri no.

“Bene…allora sarebbe opportuno che iniziassimo a procurarci il necessario per il rito.

Ah, Xander…prima che mi dimentico, dovresti passare a consegnarci gli attrezzi per riprogrammare Buffy-robot”

“Cosa succede? E’ guasto?” domandò l’altro.

“No, è solo che…Dawn il primo giorno di scuola, avrebbe l’incontro con la preside. Dovrebbero discutere su tematiche scolastiche e quant’altro. Sai, novità ecc… ecco, dovrebbe essere accompagnata da un genitore o da un tutore. In questo caso…”

“Lei non avrebbe nessuno…” concluse Xander.

“Esatto. Eh, beh… il robot così com’è non credo possa sembrare pronta per sostenere una prova del genere, senza destare sospetti”.

“Un bel problema, insomma…”.

“Già” risposi. E in quel momento, solo in quel momento, mi resi conto dell’enorme rischio che avrebbe corso Dawn se il robot si fosse mostrato diverso da un essere umano. Ne avrebbero tolto l’affidamento e con ogni probabilità l’avrebbero rispedita dal padre.

“In quella casa, sta succedendo di tutto” aggiunse Tara, sconsolata. “Abbiamo una montagna di debiti con tutte quelle bollette da pagare. Non sappiamo come fare. Abbiamo anche lavorato, per cercare di ovviare a questa cosa…lasciamo perdere

“Dopo questo, capite anche perché ci occorre la vera Buffy? In fondo, senza di lei, ciascuno di noi, è molto più vulnerabile…”

Lo dissi soprattutto rivolto a Xander, il quale rimase in pensiero, senza dire o fare nulla.

“Ho controllato Mercurio” disse Anya, dopo un po’. “Fra tre notti è l’occasione per farlo. A mezzanotte, per la precisione, sarà l’orario giusto. Ciò significa che entro dopodomani dovremmo raccogliere l’occorrente necessario”.

Dopo esserci dati appuntamento, quindi, per la sera precedente al rito, a casa di Anya, ci salutammo. Non riuscii tuttavia a distrarmi da ciò che avevo letto. Ero cosciente che avrei rischiato seriamente di non sopravvivere a quel rituale, ma avevo scelto cautamente di tacerlo a tutti, tenendolo per me. Come avevo deciso, fin dal primo istante, lo rivelai a Tara, mentre tornavamo a casa, facendole giurare di non anticipare nulla agli altri fino a quando non lo avessi subìto.

Lei ovviamente si preoccupò molto, moltissimo a dire il vero. Chiese se fosse per forza necessario, si propose lei addirittura. Ma dopo il mio netto rifiuto a questa ipotesi tremenda, dovette cedere anche di fronte alla mia volontà, nonostante tutto, di perseguire la cosa fino alla fine. Anche a costo della vita.

Era quasi ora di cena, quando eravamo usciti dal negozio, terminata la riunione.

Tornati a casa, trovammo Dawn vestita per uscire.

“Dawn, dove stai andando?” domandai sorpresa.

Lei si guardò attorno, notai un certo disappunto.

“Ehm…da Spike” rispose. “Non preoccupatevi per me, farò presto”
.
“Va bene” risposi, ma una volta chiusa la porta non potei fare a meno di guardare Tara piuttosto sorpresa.

“Che c’è?” mi domandò lei, restituendomi lo sguardo interrogativo.

“No, niente. E’ solo che sarebbe la prima volta che esce e va da Spike vestita a quel modo…”.

“Magari dovranno andare in un qualche posto, poi”.

“Ti fideresti a lasciarla andare con Spike in un qualche posto?”

Tara riflesse un attimo, poi rispose: “beh si, in fondo, non può più farle del male, no? Il chip…”.

“Intendevo dire…”

“So quello che intendevi. Stai tranquilla” disse Tara, mettendomi una mano sulla spalla. “Dawn è assolutamente responsabile. Se notasse le cose mettersi male, non farebbe nulla di avventato e tornerebbe a casa immediatamente. E poi, sinceramente, non credo che Spike sia più quel vampiro che desidera farle del male

In fondo era vero. Dovevo smetterla di essere in pensiero per Dawn, ogni qualvolta si vedeva con Spike. Se avesse desiderato il male, per lei, lo avrebbe già fatto. E poi, non aveva rischiato la vita, per proteggerla da Glory? Era ora di darci un taglio…

“Guarda il lato positivo” aggiunse ancora Tara, un sorrisetto malizioso in volto. “Avremo più tempo per noi”

Sorrisi accondiscendente. Beh, si riflettendoci sopra, non era poi così male, come idea…

Circa dieci minuti dopo, suonarono al campanello e, quando il robot aprì vedemmo sulla soglia una ragazza dai capelli rossi che non avevamo mai visto prima.

“Buonasera” disse, piuttosto timidamente.

“Buonasera” rispose Buffy-robot, sorridendo.

“Cercavo Dawn” spiegò la ragazza, sbirciando dentro casa. “Sono una sua amica. Avevamo un appuntamento…”.

“Dawn? Dawn è appena uscita, doveva vedersi con Spike” rispose Buffy-robot.

“Ehm…chi?” domandò l’altra, senza aver dato segno di capire chi fosse questo Spike.

“Lascia perdere” intervenni. “Comunque non dovrebbe fare tardi”

“Se la vedete, ditele che Janice, la sua amica, l’aspetta al Bronze”.

“Va bene”.

Dopo che se ne fu andata, Buffy-robot si rivolse a noi e chiese: “come faceva a non conoscere Spike? Tutti conoscono Spike”.

Sinceramente ero all’oscuro delle amicizie di Dawn e lei non mi aveva mai accennato nulla di particolare. Mi sembrava però una ragazza piuttosto a posto, quella che ci era venuta a suonare e se davvero cercava Dawn per uscire, non ci vedevo nulla di male.

Avevo quasi terminato, insieme a Tara, la cena, quando nuovamente suonarono alla porta.

“Scusate il disturbo. Willow, ci sei?”

Era il signor Giles.

“Ah, scusate” disse ancora, quando mi vide arrivare e rendendosi conto che stavamo cenando. “Volevo soltanto mettervi al corrente che ho scelto, in linea teorica, il volo per il ritorno in Inghilterra”

“Ha deciso di andarsene?” chiedemmo in coro, Tara ed io.

“Beh…insomma. Ancora non lo so. Ma presumibilmente credo di sì”. Fece una piccola pausa e aggiunse: “Dawn non c’è?”, guardandosi attorno e notando l’assenza.

“Ehm… è uscita. Diceva che andava da Spike” risposi, temendo la sua irritazione alla notizia. L’irritazione tuttavia non fu la sua reazione, la sorpresa invece prese il sopravvento.

“Da Spike?” domandò. “Beh…vi farà piacere sapere che in questo momento, Spike si trovava in un locale non molto raccomandabile, a dire il vero, a giocare a poker con dei tizi tutt’altro che umani. Insomma demoni di ogni specie…”

“Beh, si, in fondo è un vampiro…” lo interruppi, quasi come se fosse cosa ovvia. Fintanto che non riprendeva la vecchia abitudine nel far del male alle persone, il resto era come dire, giustificabile.

“Si, è un vampiro… e sapete: a me non garba proprio per niente che sia Spike a doversi prendere cura di lei. Sarebbe stato meglio che Buffy, da suo Osservatore, non si fosse mai rivolta ad uno come Spike per proteggere sua sorella. Dawn è affezionata a lui e questo può essere un problema”.

“In che senso?”

“Beh, in fondo non sappiamo fino a quanto il chip continuerà a funzionare. E se smettesse di farlo, proprio mentre Dawn è con lui? Credete che la risparmierebbe?”

“Signor Giles” intervenne Tara. “Io non so come funziona la mente di un vampiro. Però…ho, abbiamo, notato quanto Spike sia rimasto sconvolto dalla morte di Buffy. Non crede che sia davvero cambiato?”

“I vampiri non cambiano, ragazze. Sono sempre assassini spietati e anche quando sono in letargo, come nel caso di Spike, è bene tenersene alla larga” spiegò il signor Giles, in tono perentorio. “Non hanno cuore, non hanno sentimenti, non hanno spirito di sacrificio… non hanno nulla che possa definirsi, anche solo lontanamente, similmente umano”.

“Però caccia insieme a noi” tentai. “Non può essere che lo faccia per finta”

“Lo fa perché è costretto. Insomma, come impiegherebbe il suo tempo vuoto, altrimenti? E poi, ricordatevi che siamo stati noi ad accettarlo. E come lo abbiamo accettato, qualora facesse un passo falso, lo combatteremo come combattiamo gli altri”

Con scarsi risultati” disse Tara, rivolta a me, in modo che Giles non potesse udire.

“A proposito di caccia, domani notte è l’occasione per riproporla. Che ne dite? Fatelo sapere anche agli altri: Xander e Anya…e Spike se lo vedeste”

“Va bene. Però lei dovrebbe fidarsi di più di Spike, crediamo” consigliò Tara. “Ad ogni modo non sappiamo se davvero Dawn si trova con lui”

“Possiamo provare a vedere” suggerì Giles, senza tanti giri di parole. In effetti l’idea di andare a spiare Dawn, se all’inizio poteva trovarmi d’accordo nella mia paranoia, adesso dopo le parole e le rassicurazioni di Tara lo credevo un po’ esagerato. Tara parve dello stesso avviso.

“Si starà divertendo…” disse, consultandomi e poi riportando il nostro pensiero.

“Beh, si…può darsi. Tuttavia dal momento che Buffy non c’è più, siamo chiamati a proteggerla. Non sia mai che qualcuno non voglia farle del male e potesse riuscirvi”.

La verità era che dopo ciò che avevamo affrontato negli ultimi giorni, e considerando quello che ci aspettava nelle settantadue ore successive, avrei preferito passare una serata in tutto relax. Dover girovagare per Sunnydale di notte, andando in cerca di fantomatici demoni che potessero casualmente imbattersi in Dawn, mi scocciava.

Dopo che ci fummo rivestite, uscimmo di casa e cominciammo la ricerca. Se ben ricordo, l’amica aveva detto che il luogo di ritrovo sarebbe stato il Bronze, ma quando lo facemmo presente a Giles, questi momentaneamente disse che doveva prima verificare una cosa.

Ci portò in un angolo di Sunnydale che non frequentavamo abitualmente e quando entrammo notammo che era popolato da ogni genere di demone. Stranamente sembravano momentaneamente in pausa perché ci fecero accomodare, senza attaccarci. Il barman era un uomo sulla cinquantina con una grossa chiazza calva sulla testa.

Giles ci guidò in uno stanzino laterale, dove, seduti in un tavolo rotondo trovammo Spike intento a giocare ancora con altri tre demoni. Uno era color rosa, con orecchie da pipistrello piuttosto afflosciate e delle pieghe negli avambracci, un altro era completamente rosso e il terzo era senza dubbio il più buffo di tutto: un mezzo uomo con la testa di squalo.

“Buonasera, signori” disse lo squalo, voltandosi verso di noi. “Avete appena assistito alla mia personale vincita: quaranta gattini che il signor Spike mi deve”.

“Mi avete distratto” si lamentò Spike, rivolgendosi a noi. Noi due, Tara ed io, facemmo intendere che ci dispiaceva, ma il signor Giles invece parve non dispiacersi molto.

“Volevamo verificare che Dawn non fosse con te”

“Dawn? Cosa le è successo?” domandò Spike, alzandosi di colpo e accompagnandoci all’uscita.

“Niente di che, in realtà. E’ uscita e ci ha detto che andava da te” spiegai.

“Non l’ho vista, invece” rivelò il vampiro al che Giles si mise una mano sulla fronte, un po’ preoccupato.

“Aspetti, Giles” intervenne Tara all’improvviso. “A dire il vero sappiamo dove potrebbe essere”

“Dove?” chiese Giles, concentrando tutta l’attenzione su di lei.

“Era venuta una ragazza, di nome Janice…”

“Che razza di nome è?” la interruppe Spike, ridacchiando sommessamente. Tara lo ignorò.

“Diceva che stava cercando Dawn, per uscire. Probabilmente si sono incontrati lungo la strada e…”

“Probabilmente, forse, vi sareste fatti infinocchiare da una ragazzina di quindici anni” rispose Spike, con una smorfia. “Non riesco proprio a capire come voi abbiate potuto lasciarla sola e non abbiate compreso che era tutta una messa in gioco, per essere libera stanotte”.

“Noi…non lo sapevamo” mi giustificai con un filo di voce.

Non lo sapevamo…” fece il verso. “Voi non sapete mai niente!”

“Spike” intervenne Giles, distratto.

“Oh, andiamo, Giles. Non ho forse ragione?”

Il signor Giles si morse il labbro, pur di non dare quella soddisfazione a Spike e disse: “qualunque cosa dobbiate dirvi, la direte dopo. Adesso dobbiamo cercarla e sperare che si stia davvero passando una serata allegra. E non qualcosa di peggio…” disse l’ultima frase, con un brivido che gli passò per la schiena.

Quando arrivammo al Bronze, ci dividemmo e ci mettemmo a cercare tra la folla, come sempre numerosa, se da qualche parte ci fosse Dawn.

Non la trovammo da nessuna parte. Chiedemmo in giro e nessuno che sapesse nulla.

Uscimmo dal locale.

“E adesso, che si fa?” poiché non avevamo trovato neanche l’altra ragazza.

“Aaahhh” fece Giles, nervosamente, aggrottando la fronte e pulendosi le lenti, come sempre, quando rifletteva.

“Semplice” rispose Spike. “Prendiamo qualcuno, torturiamolo e vedrai che parlerà”

“Spike, non è il momento di scherzare” lo riprese di nuovo Giles.

“Sapete? Credo che la cercherò da solo, visto il gruppo di imbranati con cui sono capitato”

“Ragazze, per favore!” disse Giles. “Non facciamoci prendere dall’ansia. Non può essere andata troppo lontano”

“Già, magari proprio adesso si trova dall’altra parte del mondo”

“Spike, vuoi finirla?!?”

“Perché, Giles, il pezzo grosso, non ammette di essere completamente disorientato? La verità è che Buffy vi ha sempre risolto ogni problema. Vi siete sempre cullati sulla sua presenza. Mai una volta che invece le abbiate detto: “no, questo problema lo risolviamo noi. Tu per stasera puoi riposarti” Non avete mai neanche lontanamente preso in considerazione l’idea che un giorno lei non ci fosse più a risolvervi ogni cosa e…”

“BASTA!!” urlò Giles. Prese per il colletto della giacca di pelle nera di Spike e gli disse, digrignando i denti.

“Non ti permetto di nominare Buffy in mia presenza. Non sei nella posizione migliore per poterla difendere quando, per un anno intero e più, hai fatto di tutto per eliminarla. Solo perché adesso hai quel chip nella testa, non credere che abbiamo cambiato opinione su di te”

Spike sorrise sprezzante, ma tacque. Giles lo mollò.

Dopo aver assistito alla scena, io e Tara, completamente impotenti, cominciammo a ragionare sul da farsi, quando improvvisamente una voce alle nostre spalle disse in tono sorpreso: “Willow, Tara…cosa ci fate qui?”

Ci voltammo di scatto, compresi Spike e il signor Giles e vedemmo Dawn sola.

Il sollievo fu così grande, che quasi scoppiammo a ridere.

“Dawn. Santo cielo. Avresti dovuto avvertirci che saresti uscita con quella tua amica. A proposito, dov’è? Dove eravate tutti e due?”

“Dentro il Bronze, no?” rispose lei, come se fosse una cosa ovvia.

Rimasti perplessa da quella risposta.

“Ma non ti abbiamo visto” risposi.

“Ti giuro che eravamo lì dentro. Poi sono dovuta uscire, perché Janice voleva essere riaccompagnata a casa. Ma ti giuro che siamo state tutto il tempo lì” disse, indicando l’entrata del locale.

“Dawn, però la prossima volta avvertici con chi esci. Altrimenti potremmo preoccuparci” la rimproverò dolcemente Tara.

Dawn non disse nulla, ma mi parve di vedere un’ombra di ribellione in lei e se fossimo state solo noi tre, senza il signor Giles e Spike, sarei stata quasi certa che avrebbe parlato.

Tutti sollevati, per quella, era il caso di definirla, avventura che si era conclusa fortunatamente bene, tornammo ciascuno nelle proprie abitazioni.

“Allora, ci vediamo domani notte per la pattuglia al cimitero, d’accordo?” disse Giles, appena prima di salutarci. “Avvertite anche gli altri: Anya e Xander. Spike, se vuoi venire…”

Il vampiro non rispose, ma dallo sguardo che fece, capii che aveva accettato.

Non potei comunque fare a meno, quella notte, di riflettere su quanto Spike aveva detto. Era vero: avevamo lasciato che Buffy ci salvasse le penne tante, troppe volte. E la conseguenza di ciò, ci aveva portato all’idea folle di farla ritornare al mondo. Perché senza di lei, non sapevamo come fare. E il robot, seppur lodevole, non era comunque la Cacciatrice. Non seppi se fosse predominante il bisogno che tutti noi avevamo di lei o l’idea che potesse trovarsi in una qualche dimensione infernale a decidere di farla tornare in vita.

Ad ogni modo, rigirandomi nel letto, in compagnia di Tara non potei non dire queste parole, prima di cadere nel sonno: “ovunque tu sia, Buffy, io ti riporterò dopodomani notte, nel mondo. E’ una promessa!”
 
 

 

NOTE DELL’AUTORE




Eccoci qui al penultimo capitolo carissimi lettori! 😊
Spero che la storia vi sia piaciuta (l’ultimo capitolo si riallaccerà sostanzialmente alla scena iniziale della sesta stagione). Mi fa davvero piacere che le visualizzazioni siano state molto buone, oltre le aspettative. Davvero, grazie davvero di cuore!!
Riguardo questo capitolo, la prima parte riguarda sostanzialmente il raduno del gruppo per scoprire l’occorrente necessario al rito di resurrezione. Per gli ingredienti, devo dire, sono andato abbastanza ad occhio prendendo gli spunti necessari all’episodio vero e proprio. Tutto quello che qui è scritto, è preso dalla serie tv!
La seconda parte è più libera e ho scelto di lasciare Dawn un po’ più libera del solito, sebbene lei abbia di fatto mentito a Willow e Tara su quali fossero le sue intenzioni.
Janice, in particolare, è la ragazza che appare nell’episodio: “Bugia pericolosa” e che presenta Dawn al gruppo di ragazzi che si scoprono vampiri nel corso della puntata.
In particolare Dawn afferma che quel ragazzo a cui fa la presentazione, Zack, lo aveva intravisto ad una festa. Sebbene qui non sia stato specificato, ho pensato che questa potesse essere l’occasione per adocchiarlo la prima volta.
Per il resto, lascio a voi l’interpretazione! 😊
Mi auguro che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Ci leggiamo venerdì prossimo per la conclusione della storia! Vi ringrazio ancora a voi tutti e vi auguro, come sempre, un buon fine settimana!!  
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


 
 
EPILOGO POV SPIKE


 
Quando decidiamo che una situazione debba essere posta perentoriamente alla nostra disamina, bisogna fare in modo che essa ci giunga nella più totale indifferenza. Mi spiego: non occorre che il nostro pensiero sia in qualche modo soggetto a condizionamenti verso un determinato fattore, nel momento in cui noi decidiamo di separarci da esso per sempre. Dobbiamo esserne giudici non di parte, ma esterni.

Così capitò a me, quando decisi di testa mia che non avrei più avuto nulla a che fare con Buffy robotizzata. E infatti, ora, lei non veniva più nella cripta da parecchie settimane ormai. E debbo dire che da quando non lo faceva, mi sentivo meglio.

Di Buffy ce n’era una e una soltanto.

Debbo dire che non accadde poi molto in quei giorni, a parte le volte in cui incontravo Dawn al cimitero, quando lei andava a trovare la sorella e quella giocata che persi con quello sciocco squalo al locale. Dove diamine li avrei trovati quei gattini? Massì…chi se ne frega: ero per forza obbligato a consegnarglieli? Giammai.

Ero abituato che nessuno dovesse darmi ordini! Ero sempre stato una creatura della notte libera, sin dal primo giorno in cui incontrai Angelus che poi si occupò di farmi da maestro.


Ricordo che i primi mesi, in quel frangente, mi piegai anche alla sua volontà. Unica volta nella vita in cui obbedii a qualcuno. Poi però ben presto, iniziai a vedere le cose in un altro modo e i suoi insegnamenti tattici, di eccessivo gioco con la preda, mi risultarono fin troppo pesanti. Ero sempre stato uno che uccideva e basta. Non mi interessava di nulla, giocare con quei disgraziati che mi capitavano a tiro.

Con le cacciatrici era diverso. Tre ne avevo affrontate, di cui due uccise.

La prima fu a Roma. Ero stato tentato di andare a Roma, perché Drusilla aveva sempre sognato di viaggiare in Italia, me lo disse pochi giorni dopo che diventai vampiro. E anche perché ero rimasto ossessionato dal battermi con la Cacciatrice. E quando seppi che questa si trovava proprio in Italia, a Roma, non esitai oltre e accordai a Drusilla, il suo desiderio.

Debbo oltremodo dire che non la ringraziai mai per questo dono che mi aveva concesso e a volte ripenso a quello che sarei stato se fossi rimasto semplicemente William il Sanguinario: un perfetto idiota, che andava nel pallone ogni volta che qualche ragazza gli si avvicinava a più di cinquanta centimetri. E poi, se fossi rimasto William, come avrei potuto conoscere lei?

Perciò la prima Cacciatrice con cui ebbi l’onore di combattere fu a Roma. Era una ragazza che, a distanza di secoli, fu quella che più si avvicinò al carattere che conobbi poi in Buffy Summers. Sfrontata, per nulla impressionata da me, che ribatteva colpo su colpo alle mie battute sarcastiche atte a confonderla. Non funzionò: per due volte ci scontrammo e per due volte persi la battaglia contro di lei. Aveva anche lei un ottimo senso dell’umorismo e spesso lo usava contro di me, con battutine sarcastiche e taglienti che in altre circostanze mi avrebbero sinceramente fatto divertire.

La terza volta, la vidi in pattuglia, nel piazzale del Colosseo, laddove ci scontravamo nelle due notti precedenti e senza volere lo scontro, questa volta mi avvicinai e la sorpresi alle spalle. Non con la forza, ma con un semplice saluto di cortesia. Avevo anche conservato il volto umano, per farle capire che non ero venuto con cattive intenzioni, quella notte.

Volevo solo comprendere. Comprendere il suo stile di combattimento e perché fosse così brava. Dopo un paio di sbraiti che mi rivolse, per essere sbucato all’improvviso, capendo la mia intenzione innocente, quella volta, non mi attaccò. Se c’era un qualcosa che condividevamo era il senso dell’onore: mai attaccare l’avversario, se questo non è in condizioni di potersi difendere. Questo lo sapevo e lo attuavo già al tempo.

Seppur decidendo di mantenere una certa distanza tra noi, iniziammo a camminare, formando quella che, a quel tempo, mi sembrava la più strana coppia che mai si fosse vista: un vampiro e una cacciatrice di vampiri. E mentre camminavamo, si lasciò andare. Mi raccontò come aveva scoperto di essere una cacciatrice, come aveva conosciuto il suo Osservatore, come fu il suo primo combattimento e anche alcuni trucchi del mestiere che mi fece giurare di non rivelare a nessuno dei miei simili. E dopo che lei mi ebbe raccontato ogni cosa, anche io le parlai di me. Le dissi tutto della vita di William e come ero diventato vampiro. Mi chiese anche perché fossi a Roma, e io le dissi di Drusilla e del mio desiderio ossessivo di provare a battermi con la Cacciatrice. Lei fu soprattutto stupita da questa seconda motivazione, asserendo che fossi probabilmente l’unico vampiro esistente che avesse tale desiderio, poiché tutti gli altri, temevano la Cacciatrice più di ogni altra cosa.

“Io no” le dissi, semplicemente. “Il pericolo mi esalta, invece. Lo cerco, lo voglio e quando ce l’ho di fronte, faccio di tutto, fino a quando non lo vinco”.

Lei mi guardò, e notai l‘ombra di un sorrisetto.

La notte successiva e quella ancora dopo, andai a cercarla e la trovai, stavolta in pattuglia in un’altra zona della città, ma sempre nel centro. Capii sin da subito, che anche quella volta e quella ancora dopo, le mie intenzioni non erano bellicose. Non posso dire di esserle diventato amico, però notavo che lo stesso atteggiamento ce l’aveva anche lei nei miei confronti. Quando era con me, abbassava il paletto e stavamo insieme, quasi sempre in silenzio, a camminare. Conobbi quindi un’altra persona, una lei diversa. Non più tagliente e sfrontata, ma gentile e umana. Disse di chiamarsi Aurora. Mi presentai quindi anche io a lei, usando il nome da vampiro.

Lei, però, mi sorprese quando mi rivelò di conoscerlo già.

“Ho fatto ricerca insieme al mio Osservatore, su di te. Dopo la prima notte. Sei già famoso, si può dire” mi spiegò, sorridendo.

Sinceramente ne rimasi orgoglioso, pensando anche a quello che avrebbe pensato Angelus qualora si fosse reso contro che, nel giro di qualche anno, l’allievo aveva già superato il maestro. Avrebbe dimostrato nuovamente quanto lui, di fatto, fosse una nullità al mio confronto e la sua convinzione che senza i suoi insegnamenti, sarei morto nel giro di qualche mese, stava già cominciando a vacillare.

Non parlammo molto, ma quando fu il momento di rientrare, mi fece una considerazione sibillina che risultò profetica, vedendo anche quello che mi accade oggigiorno: “sai, Spike? Io credo che tu sia un vampiro diverso da tutti gli altri che ho incontrato. Secondo me, hai la stoffa per impressionare una Cacciatrice”

E questo fu il suo saluto.

Ciò che accadde la notte successiva, fu quasi traumatico per me, quando lo venni a sapere. Aurora era morta. Stroncata da un infarto, nel sonno. Non era morta in battaglia, non lo sarebbe mai stata. Perché lei, come anche Buffy d’altronde, era troppo più brava delle altre Cacciatrici che hanno calpestato questa terra. Solo il fato, avrebbe potuto toglierla dal mondo. La mia reazione, però, mi fece comprendere che realmente ero un vampiro diverso. Anche senza l’anima, avevo conservato parte dell’uomo che ero stato. E ciò che provai la notte in cui venni a sapere la verità su Aurora, lo provo ora, mille volte più accentuato, per Buffy.



Stavo ancora pensando al mio primo scontro con Aurora, riflettendo sulle coincidenze con Buffy, quando sentii bussare alla porta. Era Willow.

“Spike, ti disturbo?” chiese, con una certa apprensione.

“No, tranquilla. Riflettevo per conto mio”

“Allora ti ho disturbato” fece lei, evidentemente preoccupata.

Sbuffai dall’impazienza.

“Senti, se devi dirmi qualcosa, bene. Altrimenti se resti lì, ti dico: si, mi stai disturbando”.

Lei deglutì ed entrò.

In verità era quantomeno insolito che la strega entrasse nella mia dimora. Di solito ero sempre stato io ad andare a casa Summers, in tutto quel tempo. Evidentemente si trattava di un qualcosa di urgente.

“Senti Spike, abbiamo un favore da chiederti”

“E sarebbe?” domandai, non aspettandomi nulla.

“Dopodomani notte abbiamo una riunione tra me, Tara, Anya e Xander. La faremo a casa di Anya, abbiamo deciso”. Fece un respiro e vidi in lei tutta la speranza che riponeva in un mio cenno di assenso. “Perciò la casa di Buffy, quella sera rimarrà vuota. Te la sentiresti di stare con Dawn e controllare che non accada nulla?”

Riflettei un attimo. In verità non mi sembrava chissà cosa. Avrei anche potuto accettare, ma prima volli sapere di cosa si trattasse, nello specifico, che Willow e gli altri stavano combinando.
Willow, però, negò con la testa.

“Mi dispiace, Spike. Ma non credo sia una buona idea. Lo vedrai, spero…”.

“Va bene” le dissi, semplicemente. Lei si illuminò.

“Grandioso!” disse. “Ti ringrazio, Spike. Ehm…ah, sì. Dimenticavo. Giles, ci ha detto che stanotte siamo di pattuglia. Se vorresti unirti a noi…”

“Chi siamo?”

“Io, Anya, Xander, Giles e il robot” rispose.

Al suono del robot, provai un senso di fastidio. Ad ogni modo, decisi di unirmi anche io. In fondo, senza di me, come le altre volte si sarebbe finiti molto male per gli altri.

Quando Willow se ne andò, le ricordai di cambiare i programmi del robot, in modo che non mi importunasse con le sue occhiatine che, oramai, detestavo. Willow mi ringraziò di averle ricordato una cosa che, ammise, di essersi completamente dimenticata. Al che io, dubitai che anche stavolta se lo sarebbe ricordato.

Il resto della giornata, passò quindi piuttosto tranquillo. Mi feci una maratona di Passioni alla tv ed essendo domenica pomeriggio, prima giornata di Premier anche il Manchester United di cui ero sfegatato tifoso. Perse la partita, e ciò contribuì al mio umore un po’ tetro per quando mi preparai a partire.

L’accendino con le sigarette, fu l’unica cosa, insieme alla mia inseparabile giacca di pelle nera, che portai con me.

Quando arrivai al cimitero, avevano già predisposto tutto e, non vedendo Willow con loro, Tara mi informò che quest’ultima avrebbe monitorato la situazione, dalla cima della cappelletta.

Avevano appena dettomi queste cose che subito, Giles fu preso dal collo e sollevato da un vampiro ciccione, il cui peso avrebbe potuto tranquillamente superare il quintale, scuro di pelle. Tara mise subito mano alla tasca e estrasse una manciata di quella che mi parve della polvere e glielo fece annusare al vampiro. Il quale starnutì e, nel farlo, fu costretto a lasciare la presa su Giles, che cadde a terra, piuttosto scosso.

Il vampiro, allora prese a scappar via, con un’andatura alquanto rapida per uno della sua costituzione corporea. Io, Giles, Xander, Anya e Tara ci lanciammo al suo inseguimento.

La caccia era cominciata.


 

 
NOTE DELL’AUTORE


 
 
Ed eccoci qui alla fine. Ringrazio calorosamente tutti voi che avete letto questa storia, mi ha fatto davvero molto piacere! 😊 spero davvero vi sia piaciuta!
Due righe su quanto è scritto qui: ho deciso di inserire per ultimo un piccolo incipit su un qualcosa che non è presente nella serie tv, riguardo Spike e la sua prima lotta contro una Cacciatrice. La scelta di Roma, mi sembrava tra tutte quante, quella più appetibile, spero vi sia piaciuta.
Riguardo l’ultima parte, essa si ricollega subito a come ricomincia la stagione ufficiale, con il gruppo che combatte contro questo vampiro.
Ancora vi ringrazio tantissimo per aver letto e spero presto di poter scrivere un’altra storia su questo fantastico mondo!! :D
 

 


 


 

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