Surviving until tomorrow

di kanejvibes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


     The rebellion    

Prologo


Erano passati ormai cinque anni da quando era cambiato tutto, più o meno. Nina non lo sapeva esattamente, dato che aveva smesso di contare i giorni molto tempo prima.
Quasi non ricordava come fosse svegliarsi la mattina senza alcun timore che fosse l'ultima. Ma ricordava benissimo quel giorno, quel giorno in cui i deeta erano passati da tecnologie in favore dell'uomo a macchine assoggettatrici in mano della Westingcorporation.
I deeta erano piccoli microchip che avevano portato sollievo dalle malattie e dalle sofferenze di molti e si erano diffusi in pochissimo tempo: avevano curato cecità, sordità, mutismo, autismo, tumori e ogni genere di malattia invalidante o mortale, avevano aiutato molti a camminare di nuovo e altri a ritrovare le forze perdute in gioventù.
Nina aveva visto lo stesso nonno scacciare la demenza senile grazie ad uno degli apparecchi.
Ma l'umanità non aveva fatto in tempo ad abituarsi a questi nuovi miracoli, che Lucien Westing e suo fratello Adrian avevano tramutato qualsiasi soggetto con uno dei microchip in una creatura senza emozioni, senza remore e senza rimorsi, completamente dipendente e assoggettata a loro, capace di uccidere e torturare anche le persone più care.
In breve, i governi erano caduti, molti soldati si erano uniti alla corporazione volontariamente, andando a creare le forze armate del Westingworld( FAWW), gli altri erano morti o erano stati catturati e iniettati del microchip.
I civili avevano subito la stessa sorte: chiunque fosse stato in grado di combattere e si fosse sottomesso era stato addestrato e inserito nelle FAWW, i più deboli erano stati assegnati ai compiti più diversi, mentre chi si rifiutava era finito morto o deeta.
Ma c'era anche chi era riuscito a scappare e nascondersi; uno di questi, un ex caporale della marina americana, Peter Anderson, era riuscito a radunare abbastanza persone da reputarsi ribelle e resisteva al Westingworld, seppure con piccole imboscate o attacchi.
Oltre ai ribelli, c'erano altre comunità sparse, ma non abbastanza grandi da osare mettersi sull'attacco, si limitavano a condurre una vita nascosta e si spostavano continuamente, a volte portavano soccorso ai ribelli e in cambio ricevevano la loro protezione.
Per ultimi, poi, c'erano Le Ombre. Non così diversi dai WW, secondo Nina.
Non stavano dalla parte di nessuno se non la loro, e derubavano e saccheggiavano chiunque incontrassero nel nome del loro leader, Jaime, detto il lupo. Erano ladri, assassini, la peggiore feccia che potesse esserci sulla terra. Ma comunque lei non li odiava più dei WW, che avevano ucciso chiunque conoscesse e assoggettato i restanti, tra cui suo fratello gemello, Dean.
Strinse più volte gli occhi per scacciare gli orrendi pensieri che spesso le offuscavano la mente e tirò la corda dell'arco con quanta più destrezza e silenzio fosse possibile: la freccia scattò al rilascio e, rapida e mortale come un fulmine, raggiunse la sua meta.
Nina si tirò in piedi, senza alcuna soddisfazione nello sguardo e si avvicinò al coniglio che aveva colpito.
Si chinò e accarezzò il pelo soffice, ormai non più bianco, e sospirò per poi metterlo nella sua borsa e voltarsi per tornare alla caverna che era stata la dimora sua e dei suoi fratelli nelle ultime settimane.
"Sono tornata", disse, mentre si toglieva la sacca dalla spalla e svoltava l'angolo.
Per poco, non le cadde tutto di mano, ma non riuscì a trattenere un urlo.
Annabelle, la sua sorellina, e Richard, suo fratello, le riservarono sguardi colpevoli: davanti a loro c'era il corpo inerme di un ragazzo poco più grande di lei, dalla corporatura muscolosa, segnata da cicatrici. Il petto nudo, spezzato da una lunga benda, era sudato e sporco, ma magnificamente definito. Aveva lunghi capelli argentati che gli ricadevano su un volto che sembrava scolpito dagli dei.
Per un attimo, Nina fu così attratta che quasi non riuscì a formulare una frase di senso compiuto, ma quando si accorse del ciondolo che portava al collo tornò in sé.
La testa di un lupo scolpita nel ferro le fece gelare il sangue nelle vene.
Anna, deglutendo, si alzò, con gli occhi sgranati.
"Per favore, non ti arrabbiare...", mormorò, mordendosi il labbro inferiore.
"Non pensavamo saresti tornata così presto", aggiunse Richard, con meno sensi di colpa della sorella.
"Allontanatevi subito da quella...cosa", ruggì Nina, sguainando la sua spada per puntarla verso il ragazzo, con mani tremanti.
Lei stessa si stupì della paura che le attraversò il corpo, ma ormai erano mesi che non si erano imbattuti in persone e le ultime volte non erano state piacevoli.
In più, lui faceva chiaramente parte delle Ombre, come il simbolo del lupo che luccicava sul suo petto andava a dimostrare.
Anna e Richard si scambiarono un'occhiata.
"Nina, è ferito...", le fece notare la ragazzina.
Lei soffermò per un attimo lo sguardo sulle bende insanguinate, poi scosse la testa, decisa, e afferrò la spada anche con l'altra mano, per fermare il tremolio.
"Non mi importa, allontanatevi, lo riporto fuori da qui. Ma cosa vi è saltato in mente? Siete impazziti?", gridò poi, fuori di sé.
"E' ferito", ripeté Richard, quasi sarcasticamente, come se Nina non avesse capito la prima volta.
"E' uno di loro! In più, da quando in qua vi fidate degli estranei? Tutto quello che ci è successo non vi ha insegnato nulla?".
Nina era furiosa, ma, soprattutto, piena di paura. Sudava freddo e il tremolio era ricominciato. Non voleva, non poteva, perdere un altro membro della sua famiglia.
"Non è delle WW", mormorò Annabelle, lanciando uno sguardo carico di compassione verso quella creatura.
"No, è delle Ombre! Non so se sia peggio!", gridò Nina, non riuscendo più a trattenersi.
Si avventò su Anna e la afferrò per un braccio.
"Basta, ce ne andiamo! Forza!", esclamò ancora, facendo per spingere anche Richard verso l'uscita dalla caverna, ma lui indietreggiò.
"No!", ribatté lui, con altrettanta rabbia.
"Siamo stufi di prendere ordini da te. Non siamo più bambini. Ha chiaramente bisogno di cure e, senza Anna, qui da solo morirà. E poi dove andremo? Abbiamo passato mesi là fuori prima di trovare questo rifugio sicuro".
"Beh, grazie a voi, non è più tanto sicuro. Pensavo fossi tu quello intelligente, Richard!", lo interruppe Nina, grugnendo.
"Forse, invece, sono quello con un cuore", ribatté, acido.
Nina rimase un attimo interdetta, poi scosse la testa e cercò di nuovo di spingerlo, mentre ancora teneva stretta la spada da una parte e sua sorella dall'altra.
Richard indietreggiò, rivolgendole uno sguardo testardo.
"Ci hai insegnato diversamente da così. Ci hai insegnato ad essere buoni e compassionevoli. Erano solo parole al vento?".
Nina scosse ancora la testa e sospirò.
"Dobbiamo essere in grado di giudicare ogni situazione. Questo non è il momento di essere compassionevoli. Non con uno di loro".
"Quindi dobbiamo esserlo quando ne traiamo un vantaggio, mmh? Non sei come Dean, non sei affatto come Dean".
Nina perse un battito e lasciò andare Anna, abbassando la spada.
Sentire il nome del suo gemello le faceva quell'effetto, da quando l'avevano perso. Quella frase la distrusse. Dovette ricacciare le lacrime non con poca fatica.
"Dobbiamo...dobbiamo andarcene prima che si svegli", disse, ricomponendosi come poté.
"Beh, troppo tardi", fece a fatica una voce calda e roca.
Tutti e tre si voltarono verso lo sconosciuto, che, non si sa come, si era tirato a sedere, appoggiato ad un braccio e li fissava con un misto di curiosità e divertimento.
Nina tornò sulla difensiva e gli puntò l'arma contro.
"Oh, andiamo, principessa. Sono ferito e indifeso, non essere così aggressiva", commentò lui, facendo un mezzo sorriso.
"Stai zitto!", esclamò lei, avvicinandosi.
Lo scrutò e gli occhi le caddero sul pugnale che aveva lungo il fianco.
"Non avete pensato di disarmarlo?", sbottò, verso i fratelli.
"Non pensavamo si sarebbe svegliato", rispose Richard, aggrottando la fronte.
Annabelle si limitò a fissarlo a bocca aperta, evidentemente colpita non solo dal fatto che si fosse svegliato, ma anche che fosse seduto con una ferita del genere.
"La ferita non è così brutta come sembra", rispose lui ai loro sguardi interrogatori. Poi, sempre sorridendo, avvicinò lentamente una mano al pugnale.
Nina scattò, gettò la spada a terra e afferrò il suo arco: in un attimo, aveva una freccia incoccata.
"Non pensarci nemmeno", sibilò.
Il ragazzo allargò il sorriso.
"Rilassati", disse, solamente, sfilando il pugnale dal fodero. Alzò la mano e lasciò andare, facendolo cadere a terra.
Poi allungò le dita verso la caviglia destra e ne tirò fuori un altro da sotto i pantaloni e così dalla sinistra. Li lasciò entrambi a terra, poi alzò le braccia in segno di resa.
"Non ho intenzione di farvi del male, principessa", dichiarò, sempre con quel maledetto sorriso sulle labbra carnose.
"Chiamami ancora principessa e sarò io a farti del male".
Lui abbassò lo sguardo e rise di gusto, poi puntò gli occhi magnetici nei suoi. Erano di un verde che lei non aveva mai visto prima e delle sfumature dorate si allargavano dalle pupille come fulmini. Avevano un qualcosa di sovrannaturale.
"Allora...cosa volete in cambio del mio rilascio?", chiese tranquillamente, guardandoli.
"Vogliamo solo che tu sparisca".
"Davvero? Niente cibo, rifornimenti...medicine?", aggiunse poi, lanciando uno sguardo ad Anna, che si fece piccola piccola.
"Sei stata tu a curarmi, non è vero?".
Lei schiuse le labbra, ma non ci fu bisogno che parlasse, perché il ragazzo rispose prima che lei chiedesse.
"Ho avuto attimi si semicoscienza, mi sembrava che un angelo mi stesse aiutando. Credevo di aver sognato tanta bellezza, ma ovviamente mi sbagliavo", disse, scrutandola.
Anna arrossì, abbassando lo sguardo, e sorrise appena, lusingata.
"Hai davvero del talento. Mi sento meglio", aggiunse, sfiorandosi la ferita sul petto.
"Vattene, prima che ti pianti addosso una freccia", intervenne Nina, sbuffando.
Lui la ignorò e alzò di nuovo lo sguardo verso Anna.
"Ci faresti comodo al campo. Non abbiamo mai abbastanza curatori per i feriti che ci troviamo".
Gli occhi di Annabelle si illuminarono. L'idea di poter curare un intero campo le accese una gioia immensa nel petto.
"Da-davvero?", chiese, lanciandogli uno sguardo sfuggevole, prima di abbassare gli occhi sulle sue scarpe.
"Certamente. Abilità del genere sono rare. E potresti addirittura migliorarti, sono sicuro che tu non abbia molto allenamento qui da sola".
"Ok, basta così. Non te lo voglio ripetere: vattene", fece Nina, sempre più nervosa.
Ma il ragazzo continuò ad ignorarla. Aprì la bocca per parlare e lei fu certa che fosse per avvelenare di nuovo con le parole sua sorella. Non ci vide più e fece scoccare la freccia, che andò a piantarsi ad un centrimetro dal braccio del ragazzo.
Finalmente, lui smise di ignorarla.
"Sto cercando di offrirvi un accordo: al campo potreste avere cibo, medicine, un letto caldo e protezione, sempre. Non dovrete preoccuparvi più".
"Oh, e certamente tutto gratuitamente", commentò lei, sarcastica.
"Chiediamo solo che il proprio talento venga messo a disposizione degli altri, sono certo che tu abbia un altro talento oltre ad essere così fottutamente sospettosa degli altri, principessa".
Nina scattò di nuovo e scoccò un'altra freccia verso di lui, questa volta vicino alla sua gamba.
"La prossima volta non sbaglierò", lo avvertì, minacciosa.
Lui sorrise ancora.
"Ok, non vuoi unirti alla comunità. Facciamo così: se mi accompagnate al mio campo, vi darò del cibo e qualche medicina. Che ne dici?", chiese, rivolto a lei.
Nina assottigliò gli occhi.
"Vattene e basta".
"Sono ferito, se mi lasciate andare così e dovessi incontrare delle FAWW non riuscirei a difendermi".
"Pensi che me ne importi qualcosa?".
"Potremmo aver bisogno di cibo e medicine se dobbiamo spostarci per cercare un nuovo rifugio", si intromise Richard.
"Oh e chi dobbiamo ringraziare per questo?", ringhiò lei, fulminandolo con lo sguardo.
Lui roteò gli occhi e non rispose.
"Per favore, Nina. Accetta l'offerta", mormorò Anna, avvicinandosi a lei.
"Non possiamo fidarci di lui. Potrebbe essere una trappola".
"Perché dovrei condurvi ad una trappola?".
"Forse per derubarci di quello che abbiamo e poi ucciderci?".
"Non ho bisogno di quello che avete. Te l'ho detto, ho tutto al campo".
Nina scosse la testa, scettica.
"Ti prego, Nina", continuò Anna.
La ragazza sospirò e abbassò l'arco.
"Ok, va bene. Ma se finiamo ammazzati, vi uccido".


Ciao a tutti! 
Mi sembra che sia passata un'eternità dall'ultima volta in cui ho pubblicato una storia, mamma mia! Comunque, questa è decisamente diversa dalle altre, non l'ho ancora terminata, quindi nemmeno io so come andrà a finire, ma sono orgogliosa di quello che ho scritto fino a ora. 
Spero vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate.
-Vale

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Non ci misero molto ad arrivare al campo, tanto che Nina si stupì di non averlo mai trovato prima. Forse perché il luogo era strategicamente nascosto da un dedalo di alberi e rocce.
Quando furono vicini, fu certa che qualcuno li stesse osservando tra le foglie, ma nessuno li attaccò o rivelò la propria presenza.
Poi la vegetazione si fece sempre meno fitta, fino ad aprirsi in una radura, che fu un paradiso per gli occhi.
C'era un piccolo torrente che vi scorreva al centro e forse per questo l'erba era rigogliosa e di un verde brillante; la zona era piena di tende e qualche piccolo falò. E c'erano persone frenetiche ovunque. Nina non ne aveva viste così tante da quando tutto era iniziato.
Tutti e tre i fratelli si guardarono intorno, impressionati.
Poi, in un attimo, vennero circondati. Una ragazza mora avanzò più di tutti gli altri e guardò lo sconosciuto con loro come se avesse rivisto un amante che le era morto davanti. Abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, che erano state legate con della corda, poi lo fissò e sembrarono conversare con gli occhi.
Nina tirò fuori l'arco e Richard la sua spada, ma quelli continuarono ad avanzare verso di loro. 
A niente servì l'avvertimento di Nina di stare alla larga.
Quando furono pericolosamente vicini, la ragazza sguainò la spada e la puntò alla gola dello sconosciuto, che sbuffò.
Non che Nina ci avesse sperato molto, ma, improvvisamente, l'avanzata si fermò.
La mora in avanguardia era a pochi passi da loro e strinse i pugni.
"Lasciatelo andare. Cosa credete di fare?", sputò, piena di una furia spaventosa.
"Vogliamo vedere il vostro capo, il lupo", ribatté lei, avvicinando così tanto la lama alla gola di lui, che un rivolo di sangue gli bagnò il collo.
Il ragazzo non mosse un muscolo.
Poi una figura emerse tra la folla, con le braccia alzate.
"Qualsiasi cosa vogliate, sarà vostra una volta che lo avrete liberato", disse un ragazzo dalla carnagione ambrata e gli occhi di un color nocciola chiaro.
"Sei tu il lupo?", mormorò Nina, scrutandolo.
Lui guardò il ragazzo dai capelli argentei, poi fece un cenno con la testa quasi impercettibile.
"Lo lascerai andare o hai intenzione di tagliargli la gola? In ogni caso, ti consiglio di far presto, non ho tutto il giorno da perdere".
"Ci ha promesso cibo e medicine. Consegnateceli e lo lasceremo andare".
Il lupo guardò il ragazzo.
"E' vero quello che dice?".
Quello annuì, tranquillamente.
"Ok, allora", disse l'altro, facendo un cenno a due uomini, che sparirono per poi tornare con due sacche stracolme di approvvigionamenti.
Le lasciarono a terra, poi indietreggiarono.
Nessuno disse altro.
Nina lanciò un rapido sguardo a Richard e Anna.
In quale situazione li aveva portati? Una volta liberato lo sconosciuto chi le assicurava che li avrebbero lasciati andare? Con tutti quei rifornimenti, poi.
L'unica assicurazione che avevano erano le parole del ragazzo dai capelli argento.
"Richard, prendi il cibo e le medicine", disse, presa da una scarica di adrenalina.
Ancora, non aveva allontanato l'arma dalla gola del ragazzo.
Richard stranamente obbedì senza obiettare, forse non più tanto sicuro della decisione che lui e Anna avevano preso.
"Avete avuto quello che volevate, lasciatelo andare adesso".
La tranquillità nella voce del lupo venne spezzata da una nota di insicurezza.
La mora davanti a lui era presa sempre più da rabbia infuocante e le dita erano finite dritte alla lancia che aveva sulle spalle.
"Fammi anche solo un cenno e la uccido", disse, digrignando i denti, con lo sguardo fisso sul ragazzo con la spada alla gola.
Il lupo non rispose, l'altro invece, scosse appena la testa, poi accadde tutto così velocemente che Nina ebbe a malapena il tempo di battere le ciglia un paio di volte.
Con un movimento fulmineo, il ragazzo le tirò una gomitata e con l'altra mano la disarmò. Poi si lanciò in avanti, fece una capriola e si ritrovò ai piedi della mora.
I tre fratelli rimasero a bocca aperta ad osservare la scena.
La mora si rilassò, aprendosi in un sorriso.
Lui fece appena in tempo ad alzarsi che lei gli tirò le braccia al collo.
"Oh, Jaime!", sospirò, con gli occhi lucidi.
"Aspetta, Jaime?", balbettò Nina, confusa.
Jaime si voltò, sciogliendo l'abbraccio con la mora e guardò i tre fratelli.
"Pensavo che lui fosse il lupo", disse Nina, indicando il ragazzo moro.
"Beh, che posso dire? Non mi sembrava il caso di rivelarvi la mia identità. Non sei l'unica a non fidarsi, principessa".
"Sei un bugiardo, siete tutti dei bugiardi, degli assassini e dei ladri!".
"Vero", rispose Jaime, sorridendo appena.
"Ma soltanto quando la situazione lo richiede", aggiunse, facendo schioccare il collo.
"Sono stanco. Ed è quasi buio. Nicholas, perché non scorti i nostri nuovi amici alle loro dimore? Parleremo domattina", concluse verso il ragazzo che si era finto lui, voltandosi per sparire tra la folla.
"No! Sei un bugiardo! Sei un bugiardo!", gridò Nina, mentre alcuni uomini bloccavano lei e i suoi fratelli per trascinarli via.
Lottarono per liberarsi, ma inutilmente, e vennero disarmati quasi subito e condotti verso una prigione in legno.

Jaime avanzava a passi rapidi verso la sua tenda, sentendo lo sguardo perforante di Aline sulla sua nuca.
Scostò con forza il tendaggio sull'entrata e si fiondò dentro, sperando che lei e suo fratello Nicholas capissero che voleva essere lasciato da solo.
Ma non sapeva perché ci avesse sperato.
"Sei fuori di testa? Cos'era quel giochetto di prima? Sei forse impazzito?".
Jaime roteò gli occhi, poi sbuffò. Non aveva voglia di parlare, non aveva voglia di drammi, né, tantomeno, di ramanzine. Era proprio quello il motivo per cui aveva deciso di sparire per qualche giorno.
"Ero perfettamente in controllo", ribatté, sfiorando il bendaggio sulla sua ferita, che gli procurò un dolore lancinante; ma non lo dette a vedere e continuò a sciogliere la benda.
"Avevi una spada alla gola o forse non te ne sei accorto mentre stavi perfettamente in controllo?", sbottò lei, sull'orlo di una crisi isterica. E ne avrebbe presto fatta venire una anche a lui se avesse continuato a strillare a quel modo.
Jaime sospirò e si voltò verso Nicholas, sperando che il moro lo appoggiasse.
"Potresti far notare a tua sorella che sto bene?".
Nick alzò le sopracciglia e incrociò le braccia, segno che non voleva intromettersi nella conversazione.
"Grazie, eh", rispose l'altro, sarcastico.
"Stai bene! Dici sempre di star bene! Ma guardati! Sei sparito per tre giorni e te ne torni a casa con una ferita al petto e una spada alla gola!".
Aline aveva le lacrime agli occhi e la voce le era diventata tremolante.
Jaime socchiuse gli occhi, sospirando, cercando di trattenersi dallo sbottare.
"Sono vivo, mi pare, no?".
"Sì, questa volta. Continui a scherzare con il fuoco. E ogni volta ti bruci e ogni volta ci riprovi. Prima o poi ci lascerai la pelle".
"Puoi smetterla di essere così negativa, per favore?", esclamò, alla fine, lui, irritato, voltandosi.
I suoi occhi erano molto più scuri del solito.
Aline si avvicinò e gli accarezzò una guancia, premurosa.
"Non posso perderti. Non posso. Ogni volta che sparisci mi sento morire. Sai che io ti...".
Jaime la interruppe, allontanandole la mano bruscamente.
Lo amava. 
Non era un segreto, glielo aveva confessato infinite volte, ma non riusciva a sentirselo dire. Sapeva che Aline meritava di meglio, e si era costretto a rimanere il più freddo possibile. Nessun legame, non dopo l'ultima volta.
Le lacrime inondavano il volto della ragazza, che aveva abbassato gli occhi.
Nicholas sospirò e fece per lasciarli da soli, ma Jaime lo fermò.
"Cosa è successo mentre ero via?", chiese, guardandolo, anche per cercare di ignorare Aline e i suoi singhiozzi.
Nick deglutì a fatica, rattristandosi ancora più di quanto già non fosse.
"Abbiamo fatto qualche imboscata a nord. Purtroppo abbiamo dovuto uccidere due deeta in un attacco sul fiume. Inoltre Harry, Lion e Maureen se ne sono andati".
Jaime chiuse gli occhi, con rassegnazione.
"Morti?", chiese, riaprendoli.
"Deeta. Ma è la stessa cosa, no?".
James annuì appena, poi sospirò.
"E' meglio che dorma un po' adesso. Per favore, lasciatemi".
Nick obbedì e se ne andò, ma Aline, che aveva smesso di piangere e lo fissava, non aveva intenzione di farlo.
"Che ti è successo? E' stata la ragazza a ferirti?", chiese, cercando di avere un tono distaccato, ma la voce le tremò un paio di volte.
Jaime le dette le spalle e iniziò a lavarsi le braccia da una ciotola con acqua fresca.
"No. Deeta. Sei di loro mi hanno accerchiato mentre raccoglievo informazioni su un loro campo. Sono riuscito a scappare e a nascondermi per riprendere le forze, ma devo aver perso i sensi più di una volta perché non ricordo molto. La ferita si stava infettando, avevo la febbre. Poi la ragazzina bionda mi ha trovato con il fratello e mi ha curato con qualche impacco di erbe. Ha davvero del talento. Ho recuperato vigore in poche ore".
"E poi li hai portati al campo. Perché? Avresti potuto liberarti e fuggire".
"Te l'ho detto: la ragazzina ha talento per le medicine. E quella più grande, seppure sia una gran seccatura, mi sembra un'ottima guerriera. Potremmo aver bisogno di loro", disse Jaime, continuando a lavarsi.
"E intendi convincerli facendoli imprigionare?".
Jaime ridacchiò, divertito.
"Nah, quella è la punizione per avermi tagliato. Mi resterà una cicatrice", ribatté, sfiorandosi la ferita sulla gola.
"Oh, sono certa che capiranno e domani saremo tutti migliori amici", sbottò Aline, sarcastica.
James la guardò da sopra la sua spalla.
"E dici di conoscermi. Ancora non hai capito quanto possa essere persuasivo?", concluse, facendole cenno di andarsene, prima di sdraiarsi e chiudere gli occhi.



Buonasera! Ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
-Vale



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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Nina si era stancata di urlare e battere sulle sbarre della loro cella già da un po', senza risultati. Si era seduta, pensando e ripensando a quanto stupida fosse stata a fidarsi di quel criminale.
Annabelle e Richard si erano scambiati qualche sguardo colpevole, ma non avevano osato dire nulla per tutta la notte.
La bionda era riuscita addirittura ad addormentarsi per qualche ora.
Richard aveva passato il tempo in dormiveglia.
Ma Nina era rimasta con gli occhi vigili e attenti a guardarsi intorno.
Finalmente, non molto tempo dopo l'alba, vide la ragazza mora avvicinarsi.
Le due guardie alla cella, la fecero passare senza dire una parola.
Quella puntò gli occhi scuri verso Nina, che si era tirata in piedi, e le si piantò davanti.
La fissò in cagnesco, poi le porse una borraccia d'acqua fresca.
"Devi avere sete", disse, atona.
Nina la guardò, poi abbassò gli occhi sulla bottiglia, poi li riportò sulla ragazza.
Non si fidava, per niente, ma aveva davvero sete, perciò allungò il braccio.
La mora ghignò, indietreggiando, e rovesciò tutto il contenuto a terra.
Nina assottigliò gli occhi con odio.
"Perchè?", chiese, appoggiandosi alle sbarre.
"Non avresti dovuto ferirlo".
"Oh, sei venuta per difendere l'onore del tuo padrone, quindi?", sbottò Nina, acida.
Quella digrignò i denti e buttò a terra la borraccia, afferrando la ragazza per la gola.
"Pensi di essere tanto furba, vero? Se dipendesse da me, saresti già morta".
"Ma non dipende da te, Aline", intervenne una voce, dura.
Entrambe si voltarono per vedere Jaime arrivare.
Si era cambiato e aveva indossato abiti nuovi e puliti. I capelli erano in ordine e brillavano alla luce del sole, assieme al ciondolo che portava al collo.
Si era anche fatto la barba, e non ne rimaneva che un lieve contorno sul viso.
Aline lasciò andare immediatamente Nina e indietreggiò, seppure senza smettere di guardarla con odio. Richard aprì gli occhi e svegliò anche Anna.
"Mi scuso per il suo comportamento, non accadrà più", riprese il lupo, sorridendo, poi si rivolse alle guardie e le invitò ad aprire la cella.
"Vorrei scambiare una parola con te, Annabelle, se non ti dispiace", disse, aspettandola sulla soglia.
Anna, come ipnotizzata, fece un passo verso di lui, ma Nina le si parò davanti.
"Non viene da nessuna parte con te".
"Sfortunatamente, non ho chiesto il tuo permesso", ribatté Jaime, lanciandole un'occhiata infuocata.
"Belle?", riprese, poi, sorridendo.
Anna schiuse le labbra, completamente rapita e annuì, avvicinandosi, ma ancora Nina le bloccava la strada.
"Ti suggerisco di spostarti", la minacciò Aline, portando la mano alla lancia.
Jaime sbuffò.
"Potete uscire tutti e tre dalla cella. Forza", disse.
Nessuno si mosse.
"A meno che non vogliate passarci un'altra notte", aggiunse lui.
Nina strinse i pugni, ma poi li rilassò, rassegnata, e uscì, comunque sempre davanti ad Annabelle.
"Avevamo un accordo".
"Sì e siete liberi di andarvene. Vorrei solo scambiare qualche parola con Belle".
"Il suo nome è Annabelle".
"Come vuoi. Posso per favore parlare con tua sorella?".
"Va bene, Nina. Non preoccuparti", sussurrò Anna, stringendole la mano.
Poi la sorpassò e questa volta Nina non cercò di fermarla.
"Bene, seguimi, per favore", mormorò James, indicandole la via.
La condusse fino alla sua tenda e la invitò ad entrare.
Dentro li aspettavano cibi e bevande: vari tipi di carne arrostita, bacche colorate, funghi e due tipi di spremute di frutta che emanavano un profumo invitante.
Annabelle sentì lo stomaco contorcersi per la fame e si sarebbe volentieri fiondata su quel banchetto, ma evitò di muoversi fino a che Jaime non le dette il permesso.
"Non fare complimenti, sono sicuro che tu sia affamata", disse, sorridendole, mettendo le mani dietro la schiena mentre la guardava.
Anna si sedette per terra, sulla coperta che vi era stata adagiata, e iniziò a mangiare con gusto.
"Andrò dritto al punto: ho visto quello di cui sei capace, perciò cosa ne diresti di unirti alle Ombre?".
Annabelle si fermò e lo fissò con stupore.
"Restare...qua?", chiese, sbalordita.
"Sì, unirti al nostro gruppo di curatori. Potreste imparare molto gli uni dall'altra e viceversa", continuò Jaime, lanciandole un altro dei suoi sguardi magnetici.
Lei deglutì. Non le sembrava possibile rifiutare. 
"Ma...che...che ne sarà dei miei fratelli?".
"Possono restare anche loro, ovviamente".
James non si era mosso: adesso era serio ed ancora più bello e affascinante. Anna avrebbe rinunciato volentieri al suo pasto per passare le dita tra quei capelli così particolari e sfiorare la sua pelle.
Dopo una breve pausa di assoluto silenzio, lei abbassò gli occhi, non riuscendo più a reggere il suo sguardo e arrossì di brutto.
"Non lo so...non credo che Nina accetterebbe e Richard lo nega, ma la ascolta sempre alla fine...", mormorò, indecisa, sperando che il rossore sparisse presto, ma, al contrario, si sentiva sempre più andare a fuoco.
James le prese una mano, accarezzandola, e lei fu costretta a guardarlo di nuovo, cosa che la fece sussultare. Il ragazzo ignorò la sua reazione e si avvicinò ancora di più, sedendosi.
"Sei libera di andartene se è quello che vuoi, ma pensa all'opportunità che sprecheresti. Inoltre, non dovrai più aver paura. Con noi sarai al sicuro".
Probabilmente, era una bugia, anzi, ne aveva l'assoluta certezza, ma ad ogni parola che usciva dalle labbra del ragazzo, Annabelle si sentiva sempre più indecisa.
"Non...non voglio perderli", disse solamente, costringendosi ad incontrare gli smeraldi nei suoi occhi.
"Allora convincili a restare con te".

"Non so cosa creda di fare quel bugiardo, ma non avvelenerà nostra sorella con le sue menzogne", sbottò Nina, facendo avanti e indietro fuori dalla tenda del lupo.
Richard la sentì appena, intento com'era a divorarsi una coscia di cervo.
Era stato offerto del cibo ad entrambi, ma Nina si era rifiutata di mangiare o bere.
"Non mi importa cosa dirà lei, le starà facendo il lavaggio del cervello. Hai visto come lo guardava? E lui se ne sta approfittando!", sbottò, smanaccando, incontrollabilmente.
"Dobbiamo andarcene il prima possibile. Oh, se solo avessi il mio arco! Dove pensi che possano aver messo le nostre armi?".
Richard non rispose, si limitò a continuare a mangiare.
"Richard! Mi stai ascoltando?".
Il ragazzo trasalì e la guardò.
"Scusa, ero affamato", mormorò, scostando dalla bocca quello che restava del cosciotto, ormai ridotto ad un misero brandello di carne intorno ad un osso e aggiustandosi gli occhiali sul naso.
"Dobbiamo andarcene", sbottò lei, acida.
"Rilassati e mangia. E per favore smettila di fare avanti e indietro mi sta venendo mal di testa".
"Pensi solo a mangiare tu? E a nostra sorella che è lì dentro con quel bastardo?".
"Rilassati, se ci avesse voluto fare del male, l'avrebbe già fatto".
"Non potrei essere più d'accordo", si intromise Jaime, uscendo dalla tenda, seguito da Annabelle.
"Oh, Anna! Stai bene?", chiese Nina, abbracciandola.
"Sto benissimo".
"Ok. Meno male. Richard, forza, alzati, ce ne andiamo".
"Io resto", disse Anna, facendo congelare Nina. Gli occhi grigi della ragazzina si chiusero a due fessure e la fissarono con decisione.
"Cosa stai dicendo?".
"Potete restare anche voi. Staremo al sicuro, finalmente".
Richard lasciò andare l'osso del cervo e si alzò.
"Possiamo restare?", chiese, come se fosse la cosa più bella che si sentisse dire da molto, troppo, tempo.
"Ragazzi, non restiamo", sbottò Nina, scandendo bene le parole, come se i due fratelli fossero stati sordi.
"Io sì, non decidi tu per me", rispose Anna, con una risolutezza che non le aveva mai visto avere.
I capelli lunghi e biondi le ricadevano sulle spalle e aveva le braccia sui fianchi.
L'espressione sul suo viso sembrava quasi minacciosa, ma risultava buffa data la sua statura minuta.
"Beh, anch'io resto, è fantastico", commentò Richard molto più rilassato, come se non ci fosse nemmeno il bisogno di discuterne.
Nina spostò lo sguardo alle spalle dei due ragazzi e guardò Jaime con un'espressione di puro odio che non aveva mai rivolto a nessuno.
"Non restiamo qui, mi senti?", gridò verso di lui.
Il ragazzo le rivolse un tranquillo sguardo di vittoria.
"Se volete seguirmi, vi mostro il campo".
Richard si avvicinò e anche Anna, ma Nina la bloccò per un braccio.
"Fermi! Cosa fate? Oh, andiamo!".
Annabelle si divincolò dalla presa e seguì il fratello.
"Ragazzi, dobbiamo andarcene. Non andate con lui. Per favore!".
"Puoi restare anche tu, se vuoi", disse Anna, senza guardarla.
"Non resterò qui. Mai. Voi restate? Perfetto, restate!".
"Molto bene. Kyle, fai fare un giro del campo ai nostri nuovi ospiti. Io accompagnerò Nina al suo campo".
"Non ho bisogno che mi accompagni, anzi, non voglio. Datemi le mie armi e andrò da sola, so badare a me stessa", disse, amara, lanciando un ultimo sguardo ai suoi fratelli, sperando che cambiassero idea, ma, seppure rattristati, non si mossero.
Nina si voltò stringendo le labbra e quando fu certa che nessuno potesse vederla, scoppiò a piangere.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Nina aveva camminato per una decina di minuti senza smettere di piangere. Si fermò e tirò su con il naso, poi scacciò le lacrime dal volto con le mani.
Si maledì per essere stata così orgogliosa e si voltò. Forse sarebbe dovuta restare anche lei. Almeno non avrebbe perso quel che le restava della sua famiglia.
Chiuse gli occhi per un secondo e tirò di nuovo su con il naso, poi li riaprì e fu allora che sentì un rumore tra i cespugli alle sue spalle.
Tirò velocemente fuori la spada, spaventata. Ma poi si rilassò e fece per voltarsi.
Appena si fu girata un lupo immenso le fu addosso, facendola rovinare a terra e schiacciandola sotto il suo peso. La spada le cadde e fu inutile tentare di liberarsi.
Quella bestia era troppo forte.
Sentì poi gli artigli del mostro conficcarsi nella sua pelle, lacerandola.
Gridò un paio di volte, mentre tentava disperatamente di evitare le sue fauci spalancate. Il peso dell'animale sembrava che le stesse frantumando le ossa e la ferita alla spalla stava perdendo sangue. Non avrebbe resistito a lungo.
Era così che se ne sarebbe andata? Senza più una famiglia. Sola. Completamente sola.
Poi sentì il lupo gemere e improvvisamente smise di lottare e cadde di lato, morto.
Nina schiuse le labbra, osservando la scena tra un misto di shock e terrore.
Poi quando ebbe la visuale libera si accorse che era stato James a colpire il lupo alle spalle e aveva estratto la spada insanguinata per pulirla sulla pelle del mostro.
"Stai bene?", le chiese, osservandola.
"Cosa...? Cos'era quella cosa?", domandò lei, ancora scioccata, sentendo un dolore lancinante alla spalla.
Non aveva mai visto un lupo di quelle dimensioni.
"I WW controllano anche gli animali adesso. Li imbottiscono di farmaci per renderli più grossi e forti e li usano per scovare le piccole comunità nascoste nelle foreste", spiegò Jaime, porgendole una mano.
Nina, ripresasi, la rifiutò bruscamente, e si alzò.
"Ti avevo detto di non seguirmi. So...".
"Cavartela da sola, sì, ho visto", ridacchiò lui.
"Non avresti dovuto seguirmi", sbottò la ragazza, portandosi una mano alla spalla dolorante. Evitò di gemere.
"E adesso saresti morta. Forza, dai. Torna al campo con me".
"No".
I due si scambiarono uno sguardo e gli occhi penetranti di lui per poco non la fecero arrossire. Per un attimo, si sentì frivola come sua sorella. Si scostò una ciocca di capelli castani dal volto e cercò di tornare in sé.
"Preferisci davvero morire o stare lontano dai tuoi fratelli piuttosto che darmela vinta?", mormorò lui, aggrottando la fronte.
"Non sei abituato a ricevere un no come risposta, vero?", sbottò lei, gli occhi verdi arrossati che lo scrutavano a fondo.
"No. E sinceramente non capisco perché continui a cercare di resistermi".
"Non sto provando. Ti sto resistendo".
"Oh, giusto", ribatté lui, ridendo, poi tornò improvvisamente serio.
"Sei ferita?", chiese, osservandola attentamente.
Nina allontanò la mano dalla spalla e vide la maglia completamente intrisa di sangue.
"E' solo un graffietto", commentò, scuotendo la testa.
Jaime schiuse le labbra poi la bloccò per un braccio, pronto a trascinarla al campo con la forza, se necessario. Ma Nina non oppose resistenza.

Annabelle le aveva fatto un impacco con alcune erbe mediche e le proprietà delle piante le avevano dato un lieve sollievo, ma comunque le era ancora difficile muovere la spalla.
Aveva smesso di rifiutarsi di mangiare e bere e aveva riposato gli occhi per un paio d'ore.
Non sapeva bene cosa sarebbe successo di lì in avanti, sapeva soltanto che non avrebbe smesso di cercare Dean. Non avrebbe mai smesso di cercare Dean.
Uscì dalla sua tenda e dovette sbattere le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce intensa del sole. Quando finalmente ebbe riacquistato piena vista, si guardò intorno, con curiosità.
La prima volta che aveva osservato il campo, l'aveva fatto in cerca di uscite o armi, sull'attenti, e già aveva avuto una visione spettacolare di quel posto.
Ma, senza la preoccupazione di una fuga o uno scontro, le sembrò di non aver mai visto posto più incantevole.
C'erano profumi e suoni che non aveva avuto il lusso di provare da così tanto tempo che quasi si era dimenticata di certe sensazioni.
Chiuse gli occhi, inebriata.
Poi, alla fine, la sua attenzione fu attirata da un gruppo di persone non lontano da lei.
Si avvicinò. Qualcuno stava parlando, ed erano tutti come ipnotizzati.
Non le ci volle molto per riconoscere la voce del lupo.
"...Quindi chiunque voglia unirsi alla squadra, mi raggiunga all'armeria tra cinque minuti. Potete andare", concluse, sorridendo appena.
Se ne andarono tutti, tranne Nicholas, che iniziò a discutere di qualcosa con Jaime.
Nina allungò il collo, incuriosita.
Richard venne verso di lei, sistemandosi gli occhiali, che, ormai vecchi, gli ricadevano fin troppo spesso sul naso.
"Come ti senti?", chiese, bloccandole la visuale. Sebbene fosse più piccolo di lei di tre anni, era comunque molto più alto.
"Sto bene", sbottò lei, cercando di non perdere di vista James e Nicholas.
Ma Richard non sembrava volersene andare.
"Ti fa ancora male?".
Nina lo fulminò con lo sguardo, poi si rese conto che probabilmente lui sapeva cosa stesse succedendo.
"Cosa ha detto? Che succede?", domandò, dando un'altra occhiata ai due alle spalle del fratello.
Rick si voltò un secondo, poi alzò le spalle.
"Alcune sentinelle hanno intercettato dei deeta verso nord. Stanno trasportando qualcosa e vogliono bloccarli", disse, non particolarmente interessato.
"Deeta? Dobbiamo andare anche noi, potrebbe esserci Dean!", esclamò lei, sorpassandolo per dirigersi verso gli altri due ragazzi, che appena si accorsero della sua presenza smisero di parlare.
"Che ci fai già fuori dalla tua tenda? Devi riposare", iniziò Jaime, guardandola intensamente, come se avesse potuto leggerle l'anima. Poi piegò la testa di lato e sorrise appena; un sorriso accattivante, inebriante, che- Nina ne fu certa- sarebbe riuscito a convincere chiunque. Ma non lei. Niente e nessuno le avrebbero impedito di cercare suo fratello.
"Mi riposerò quando sarò con mio fratello", sbottò, assottigliando gli occhi con sfida.
"Chi? Richard? Era qui poco fa, sarà tornato da Annabelle", ribatté Jaime, improvvisamente disinteressato, anzi, quasi irritato.
"Non Richard. Dean, il mio gemello".
Sia Jaime che Nicholas la guardarono: il primo con un'espressione indecifrabile, il secondo con sguardo sorpreso.
"Hai un gemello?", chiese il moro, mettendo le mani sui fianchi.
"Sì...e devo trovarlo. Devo andare là fuori".
Jaime, ripresosi dalla sua trance, rise forte.
"Non con quella spalla, no. Non sei di utilità a nessuno in quelle condizioni, anzi, sei solo d'intralcio", concluse, andandosene con la consapevolezza di esser stato chiaro.
"Non mi hai mai visto combattere. Non hai idea di quello che possa fare", disse lei, facendolo fermare.
"Non ne ho bisogno: non sei guarita completamente. Ti servono riposo e tranquillità. Non uscirai da questo campo", sibilò James, lanciandole un'ultima occhiata d'avvertimento, prima di andarsene verso l'armeria.
"Mi dispiace", commentò Nick, accarezzandole un braccio. Fece qualche passo, ma poi lei lo fermò.
"Aspetta! Per favore, devi farmi uscire di qui".
"L'hai sentito. Non posso".
"Sono più forte di quanto pensiate. Non sarò d'intralcio a nessuno, anche perché andrò da sola. Ti prego".
"Da sola? Andare da soli là fuori, con quella spalla, poi, è una missione suicida", rispose lui, scuotendo la testa.
"Oh, giusto. Mi ero dimenticata che il tuo padrone ti avesse dato un ordine. Perdonami", borbottò lei, voltandosi, certa di averlo provocato.
"Non è il mio padrone. E' come un fratello per me. E non è perché l'ha ordinato. Semplicemente, ha ragione. Non puoi andare là fuori con la spalla dolorante", mormorò Nicholas, affiancandola.
"Non posso restare qui, ok? Devo trovare Dean. Tu non capisci, non posso vivere senza di lui. La lontananza mi sta distruggendo, ma se morisse...", si bloccò, non riuscendo a terminare la frase.
Gli occhi le si inumidirono e dovette abbassare il volto per evitare che lui la vedesse.
"Ok. Ti aiuterò ad uscire, ma soltanto se mi lascerai venire con te".
Nina lo guardò e sorrise.

Nina era andata a salutare i suoi fratelli. Li aveva abbracciati entrambi, con la promessa che sarebbe tornata il prima possibile. Era stato difficile separarsi da loro, anche perché non avevano trattenuto le lacrime. Richard non capiva perché dovesse andare contro gli ordini di James, Annabelle non riusciva nemmeno a parlare, tanto era presa dai singhiozzi.
Finalmente, Nick, tornato dall'armeria con due spade per sé e il suo arco per lei, li aveva interrotti, facendola tornare con la mente alla sua missione.
"Starò bene: lo prometto", concluse, sorridendo tra le lacrime verso i fratellini, per poi allontanarsi velocemente.
"Allora, qual è il piano?", chiese, poi, passandosi una mano sugli occhi, per asciugarli.
"Il piano è chiedere a Fred di farci passare", disse Nicholas, indicando con un dito la guardia ad uno dei cancelli.
"Questo è il tuo piano?", ribatté lei, corrugando la fronte.
Nick alzò le spalle, scompigliandosi i folti capelli corvini.
"Chiederò gentilmente", sussurrò, sorridendo verso Fred, che ricambiò lo sguardo con sospetto, prima di alzare un braccio contro di loro per bloccarli.
"Non potete passare. Ho l'ordine di non far uscire nessuno".
"Facciamo parte della squadra di Jaime. Mi ha chiesto di prendere una cosa dall'armeria e poi di raggiungerlo".
Fred assottigliò gli occhi, poi guardò la ragazza e alzò un sopracciglio.
"Mi dispiace. Non mi è stato detto niente a riguardo".
"Immagino che Jaime si sia scordato di informarti. Ha molte cose per la testa", fece Nicholas, facendo qualche passo verso il cancello, ma il ragazzo gli si piantò davanti.
"Come ti ho già detto: non posso farti passare".
"Stai davvero mettendo in dubbio le mie parole? Pensi che Jaime sarà contento quando tornerà e saprà che non hai fatto passare il suo secondo?",  sibilò Nick, tagliente, con gli occhi scuri e minacciosi che lo fissavano con rabbia.
Fred deglutì a fatica.
"Mi...mi ha detto di non far uscire nessuno".
Nick gli si avvicinò fino a quando le sue labbra furono vicinissime al suo orecchio.
"Fred...ti ucciderà", disse, piano, ma in modo così atono da far accapponare la pelle.
Nina schiuse le labbra.
Fred tremò e, schiarendosi la voce, si fece di lato.
"Credo...che...in fondo, non si arrabbierà se faccio passare te", mormorò, non riuscendo più a guardarlo negli occhi.
Nick non disse niente, uscì dal cancello senza guardarsi indietro, e Nina, dopo un attimo di esitazione, lo seguì.
"E' stato...agghiacciante", commentò, dopo qualche minuto di silenzio.
"E' stato necessario. Non ci avrebbe lasciato passare altrimenti", si spiegò lui, senza guardarla.
"Ti ha creduto. Jaime...lo ucciderebbe veramente?", chiese, cercando con fatica di seguirlo, mentre si legava i capelli in una coda.
Ovviamente quella conversazione non lo metteva a suo agio perchè aveva preso un'andatura a cui Nina stava difficilmente dietro.
"Non...non credo".
"Non credi? Quindi non lo sai con certezza...", commentò lei, aggrottando la fronte.
"Ascolta, Nina, adesso non è il momento", sbottò lui, chinandosi per seguire le tracce lasciate dalla squadra delle Ombre.
"Pensi che gli farà del male per non aver seguito i suoi ordini?", continuò lei, preoccupata.
Nicholas chiuse gli occhi e sospirò.
"Io...mmh...sì. Sì, lo punirà", disse, alzandosi.
"Cosa? No, non possiamo. Dobbiamo tornare indietro".
"Non vuoi più trovare tuo fratello?".
Finalmente, Nicholas si voltò: aveva uno sguardo duro, ma segnato da tristezza.
"Sì, certo che lo voglio...".
"Allora dobbiamo muoverci. Più aspettiamo, più il rischio di perderlo per sempre aumenta", disse, riprendendo a camminare.
"Quant'è che lo hanno preso?", chiese, ancora.
Ma poi si rese conto che Nina non lo aveva seguito e si voltò a guardarla.
Lei sospirò.
"Tre...uhm...".
"Tre giorni?", la imbeccò lui, tornando sui suoi passi per avvicinarsi a lei.
Nina si morse il labbro e abbassò gli occhi.
"Tre mesi?!", sbottò lui, schiudendo le labbra.
"Nina, ti rendi conto che...".
"Tre...anni", lo interruppe, sentendo le lacrime che combattevano per uscire. Ma fu più forte di loro e le respinse, guardandolo.
Nicholas era rimasto immobile, a elaborare quell'informazione.
Nina non osò aggiungere altro, si sentiva già abbastanza in colpa per quello che sarebbe successo a Fred. Se avesse continuato a parlare si sarebbe sentita un'idiota.
Nick strinse le palpebre un paio di volte e annuì con la testa.
"Ok...andiamo", mormorò, riprendendo a camminare.
"Aspetta...cosa?", fece lei, seguendolo.
"So cosa vuol dire stare in pensiero per un fratello", ribatté lui, senza fermarsi.
"Hanno preso anche tuo fratello?".
Nick sorrise appena.
"No. E non è un fratello", mormorò, osservando il bosco davanti a sé.
Nina alzò le braccia, aspettando una risposta chiara.
"Aline...è mia sorella", disse lui, guardandola con la coda dell'occhio.
"Oh, la ragazza amorevole che voleva uccidermi su richiesta di Jaime, intendi?".
Nicholas rise, piegando la testa di lato.
"E' una spina nel fianco per la maggior parte del tempo. Ma è mia sorella, farei di tutto per lei. Se la perdessi...", si fermò per un attimo e sospirò.
"Ciò che voglio dire è che capisco come ti senti".
Si scambiarono uno sguardo intenso, poi lui sorrise appena.
"Ti prometto che farò qualsiasi cosa in mio potere per aiutarti a ritrovarlo. Anche se dovrò mettere a rischio la mia vita".
"E allora sei proprio un idiota", li interruppe una voce alle loro spalle.
Si voltarono per vedere Aline venire verso di loro con un'espressione furente sul viso.
"Aline...da quant'è che ci stai ascoltando?", mormorò il fratello, schiudendo le labbra.
"Abbastanza da sapere che sono una spina nel fianco per te, Nick", sbottò la mora, stringendo con rabbia la lancia che aveva nella mano destra.
"Non è tutto quello che ha detto", rispose Nina, prendendo le difese di Nicholas, che non sembrava in grado di reagire.
"Tu stai zitta, stronza manipolatrice. Non hai idea di quanto Nick stia rischiando per te", disse la mora, sulla difensiva. Poi si voltò verso il fratello e addolcì appena lo sguardo.
"Torniamo al campo. Perché dovresti cercare di farti ammazzare per una che è qui da cinque minuti?".
"Perché so come mi sentirei se dovessi perderti. E se posso aiutare Nina a ritrovare suo fratello, farò ciò che è in mio potere per far sì che si ritrovino".
"Se sono tre anni che non si vedono non c'è speranza che sia ancora in sé. E' perduto!".
Nina scattò e si avvicinò pericolosamente alla mora, guardandola male.
"Non è perduto. Finché sarò in vita, non sarà mai perduto!", ringhiò, stringendo i pugni.
L'avrebbe colpita se Nick non l'avesse tirata indietro.
"Non ha senso litigare tra noi. Dobbiamo andare. Aline, se non vuoi aiutare, per favore, torna al campo".
"Sì, ma non senza di te".
"Ho promesso di aiutarla".
"Non mi importa delle tue promesse. Chi è lei in confronto a me? Torniamo al campo insieme. Nick, l'unica cosa che ci guadagnerai andando con lei è la morte certa. O peggio", mormorò Aline, accarezzando la guancia del fratello.
"Ho fatto una promessa. Ed intendo mantenerla".
Lo sguardo di Aline si indurì di nuovo e indietreggiò.
"Tu e le tue promesse. Molto bene. Fai ciò che vuoi. Almeno quando sarai morto non sarò più una spina nel fianco per te", concluse acida, andandosene velocemente.
Nick sospirò e Nina gli si avvicinò, sfiorandogli un braccio.
"Se vuoi seguirla, non ti biasimerò. Mi hai fatta uscire dal campo, è già abbastanza. Non serve che tu venga con me".
"Nina, sei ferita. Senza di me, non hai probabilità di sopravvivere, figuriamoci di salvare tuo fratello".
Lei sospirò, abbassando gli occhi.
Poi, entrambi sentirono Aline urlare.
"Aline!", fece subito Nick, correndo nella direzione in cui lei era sparita. Nina lo seguì.
La videro che cercava di lottare a mani nude contro una dozzina di deeta, dato che la sua lancia era rimasta a terra a qualche metro da lei.
Nina notò subito il terrore negli occhi di Nicholas, consapevole del fatto che non sarebbe riuscito a salvare la sorella, senza perdere la vita provandoci.
Comunque, mise mano alle spade.
Mentre stava per attaccare, vennero sorpassati da Jaime e la sua squadra, che presero totalmente il controllo della situazione.

Tornando verso il campo, Nina si rese conto che l'unica parte positiva in tutto quel casino era che nessuno fosse morto.
Jaime non aveva detto una parola da quando aveva salvato Aline, ma era livido.
Si percepiva la sua ira lontano un miglio.
Seppure portasse Aline in braccio, camminava così velocemente che era difficile stargli dietro.
Nessuno aveva osato dire una parola.
Quando finalmente furono arrivati all'accampamento, Jaime lasciò Aline nella sua tenda e dette alcuni ordini a due guardie, poi si allontanò.
Nick lo seguì e Nina si sentì di fare lo stesso, nonostante una nota di paura le si stesse insinuando sotto la pelle.
"Mi dispiace, James", iniziò Nick, quando furono nella sua tenda.
"Ti dispiace?!", sbottò lui, voltandosi di scatto.
"Potevate essere tutti morti! Aline poteva essere morta in questo momento! E per cosa, poi? Perché tu hai voluto assecondare i capricci di una ragazzina?", sibilò, ghignando, furioso, verso Nina, che dovette abbassare la testa, imbarazzata.
"So che sarebbe potuta finire molto male, ma...quando mi ha detto che suo fratello era scomparso...io...".
"Non mi importa di quello che ha detto. Non sappiamo dove si trovi, né, tantomeno, se sia ancora vivo. Ma Aline è viva. Tu sei vivo. Non rischierò i miei uomini per qualcosa di incerto".
"Non è incerto. Dean è qui vicino, ed è vivo", si intromise Nina, facendo un passo Avanti.
Jaime sbuffò, ma si rilassò appena.
"Mi dispiace che tu abbia perso tuo fratello, ma almeno ti restano Richard e Annabelle. Non tutti qui sono così fortunati", disse, guardandola.
Nina scosse la testa, avvicinandosi ancora.
"No. Tu non capisci. Mio fratello è qui. Lo sento".
Jaime alzò un sopracciglio, e rise con finto divertimento.
"Lo senti? Cos'altro senti? Perché avrei davvero bisogno di una sensitiva", sbottò, scettico, facendo uno sbuffo sprezzante.
Nina assottigliò gli occhi, lanciandogli uno sguardo tagliente.
"Non sono una sensitiva".
"Giusto. Perché tutto questo è ridicolo! Sarete anche gemelli, ma non c'è una connessione angelica. Se non l'hai notato, questo non è il paradiso. Se è qualcosa, è l'inferno. Hai perso tuo fratello. E' morto".
"Jaime", lo interruppe Nick, scuotendo la testa, ma James lo ignorò, avvicinandosi così tanto a Nina che non rimase che qualche millimetro tra di loro.
"Tuo fratello è morto e non c'è niente che tu possa fare a parte vendicarlo", disse, duro.
Nina tremò, incapace di trattenere le lacrime, che bagnarono prepotentemente le sue guance.
"Ma non ora, ora sei troppo debole per qualsiasi tipo di missione", concluse lui, uscendo velocemente dalla tenda.
Nick lo seguì.
"Jaime, mi dispiace. So che non avrei dovuto disobbedirti. Non ho pensato bene a...".
"Chi vi ha aiutato a uscire?", lo interruppe brusco il lupo.
Nick indugiò, mordendosi l'interno guancia.
Sapeva che Fred sarebbe stato punito severamente e non voleva permetterlo, ma quando Jaime si voltò, non riuscì a negargli una risposta.
"E' stato Fred...", sussurrò, abbassando gli occhi.
Jaime fece una smorfia piena di rabbia e si allontanò rapidamente, facendo cenno ad un paio di guardie di seguirlo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Nina era rimasta paralizzata per qualche minuto.
Un milione di pensieri le stavano offuscando la mente.
Dean era ancora vivo. Ne era certa. Eppure, le parole di Jaime avevano fatto davvero male.
Si asciugò le lacrime, ripensando al volto giovane del suo gemello. Non lo vedeva da tre anni, ma doveva ancora essere bellissimo.
Certe volte, accanto a lui, si era sentita così insignificante, ma Dean l'aveva sempre fatta stare meglio.
Delle grida di dolore la fecero risvegliare dai suoi pensieri.
Uscì freneticamente dalla tenda, spaventata.
Poi corse verso il luogo dove si era radunata una piccola folla, e si fece spazio tra la gente.
Perse un battito quando vide il ragazzo che aveva permesso a lei e Nick di uscire legato ad un albero, con frecce piantate sulle braccia e sulle gambe.
Era una scena davvero patetica: Fred urlava, supplicava, ma nessuno sembrava intenerirsi.
James incoccò l'ennesima freccia.
"Fermo!", gridò Nina, parandoglisi davanti.
Jaime la guardò male.
"Spostati".
"No. Tutto questo è...barbarico".
Lui le si avvicinò, abbassando l'arco.
"Tutto questo è la legge", sibilò.
"La tua legge? Non sei diverso dai WW, se tratti i tuoi compagni, i tuoi amici in questo modo".
"Se ti dispiace così tanto per Fred, forse vuoi prendere il suo posto. Forza, su", disse Jaime, indicandole l'albero.
Nina non rispose, assottigliando gli occhi.
"Come pensavo", sussurrò ancora lui, indietreggiando per incoccare di nuovo la freccia.
"Nick, toglimela di mezzo".
Nicholas non esitò e la trascinò via, a fatica.
Lei scalciò, si divincolò e arrivò addirittura a morderlo, prima che lui la lasciasse andare.
"Ti va bene tutto questo?", chiese, disgustata, scuotendo la testa.
Non poteva credere che una barbarie simile fosse routine per loro.
"Nina, quello che abbiamo fatto...ha messo a rischio Aline e ha sabotato la missione. Jaime doveva prendere provvedimenti", rispose il moro, mettendo le mani sui fianchi, rassegnato. Sembrava che volesse allargarsi per coprirle quella scena, ma lei non aveva bisogno di vedere per esserne turbata e non capiva come potessero essere tutti così tranquilli. Anzi, avrebbe potuto giurare che qualcuno si stesse godendo la scena.
"Perciò ha legato Fred ad un albero e lo sta torturando. Ti rendi conto di quanto la cosa sia brutale?", mormorò, incredula. Di nuovo, tornò a pensare che avrebbe fatto meglio a prendere Anna e Rick e andarsene a gambe levate finché ne avevano l'occasione.
Nick sospirò, rilassando le braccia e passandosi una mano sul viso.
"Ho commesso un errore".
"E Fred ne sta pagando le conseguenze!", esclamò Nina, scuotendo la testa.
"Non capisci come funzionano le cose qui, Nina. Se avessi potuto, avrei preso volentieri il suo posto. E questa è la mia punizione. Sapere che sta soffrendo al posto mio. Come Aline avrebbe sofferto al posto mio se la squadra non fosse intervenuta in tempo", si spiegò, chiudendo gli occhi un paio di volte.
"Mi dispiace per tuo fratello, ma Jaime ha ragione. Non posso rischiare le vite di chi amo per qualcuno che potrebbe essere vivo", concluse, andandosene.

Nina non aveva chiuso occhio e non sapeva se il motivo principale fosse il dolore lancinante alla spalla o il senso di colpa.
Aveva fatto avanti e indietro per la sua tenda, si era seduta, aveva provato a sdraiarsi, si era scaldata al focolare. Ma non aveva trovato posa.
Dette una veloce occhiata indietro ai suoi fratelli, che dormivano tranquillamente, e uscì dalla tenda.
Un vento fresco le scompigliò i capelli e le provocò un brivido lungo la schiena, ma lo ignorò e si avvicinò ad uno dei fuochi accesi per il campo.
Si sedette, osservandolo scoppiettare.
"Ti voglio bene", sussurrò, avvicinando una mano per seguire le forme rosse.
Una lacrima le attraversò una guancia rosea e la scacciò velocemente, mentre cercava, invano, di fare lo stesso con l'immagine di suo fratello che non la abbandonava mai.
"Ti voglio bene, ma hanno ragione...", si interruppe, non riusciva.
Semplicemente, non riusciva a lasciarlo andare.
Le tremarono le labbra, ma si trattenne dal piangere.
"Oh, Dean, cosa darei per prendere il tuo posto", sussurrò, mordendosi le labbra per fermare il tremolio.
Sospirò e tornò a guardare nel fuoco.
Se tu fossi qui al mio posto, sarebbe meglio per tutti, pensò, abbattuta.
"Non riesci a dormire?".
Trasalì, colta alla sprovvista da quella voce.
Nick schiuse le labbra.
"Non volevo spaventarti", disse, dispiaciuto, sedendosi vicino a lei.
Nina abbassò il viso e cercò di evitare il suo sguardo.
Rimasero in silenzio per un po'.
"Quindi...non riesci a dormire?", riprese Nick, con la speranza di farla sorridere o, almeno, allontanare l'imbarazzo.
"Tu che dici?", sbottò lei, fredda.
Si guardarono e Nina sospirò, stringendo le ginocchia al petto.
"Scusa, sono solo...", si interruppe, sospirando di nuovo.
"Non posso stare qui perchè ciò significa abbandonare Dean, ma se me ne andassi, allora abbandonerei Anna e Rick. Non posso...non so cosa...".
La voce le si spezzò e dovette di nuovo combattere con le lacrime. Abbassò gli occhi lucidi sul fuoco.
"Beh, non è una scelta facile, ma...quello che posso dirti è che Annabelle e Richard sono qui. Sono vivi, sono sani e hanno bisogno di te, hanno bisogno di te più che mai. E tu hai bisogno di loro".
Nina annuì appena, poi sospirò. Un sospiro disperato, tremolante.
"Ho bisogno anche di lui, tu non sai quanto! Quando ho perso il resto della mia famiglia è stato straziante, ma stare senza lui...stare senza lui è come non avere una parte di me stessa. Io non ce la faccio".
Alla fine, perse la battaglia contro le lacrime e scoppiò in un pianto tormentato.
Nick le strinse una mano e si guardarono. I suoi occhi caldi la rincuorarono appena.
"Andrà tutto bene, vedrai".
Nina sorrise appena e si appoggiò alla sua spalla, senza smettere di piangere.
Nicholas la strinse calorosamente a sé.
"Andrà tutto bene", ripeté, baciandole la fronte.

Aline gemette, tagliata dalla lama di Jaime, mentre si allenavano.
Il sole non era ancora sorto del tutto, ma la luce dell'alba era sufficiente.
La ragazza si toccò la ferita, più demoralizzata che dolorante.
Jaime le rivolse uno sguardo di rimprovero.
"Ci sto provando!", esclamò lei, esasperata.
"Non abbastanza, a quanto pare. E io mi sono trattenuto", ribatté lui, freddo, mentre puliva la punta della spada.
"Beh, tu sei troppo forte, forse dovrei combattere con qualcuno che...".
"Troppo forte? Oh, sì, hai assolutamente ragione, Aline. Quando combatterai contro i deeta dovrai soltanto richiedere qualcuno di più debole se ti troverai in difficoltà", sbottò lui, sarcastico. Non voleva essere così tagliente, ma era stanco, non aveva chiuso occhio ed essere frustrato lo metteva di cattivo umore.
La ragazza si morse il labbro, abbassando lo sguardo. Anche la lunga treccia che si era fatta sembrò afflosciarsi, demoralizzata.
"Hai ragione, sono una stupida", disse, buttando a terra la lancia. Avrebbe dato un occhio per accontentarlo almeno un pochino.
Jaime roteò gli occhi, poi sospirò, avvicinandosi per tirarle su il mento con due dita e costringerla a guardarlo.
"Non sei stupida", disse, accarezzandole la guancia.
Aline sorrise appena, rallegrata. Quegli occhi verdi avrebbero potuto farle fare qualsiasi cosa.
"Proviamo di nuovo, va bene?", riprese lui, indietreggiando.
Si mise in posizione di attacco e lei raccolse la sua lancia, pronta a difendersi, ma vennero interrotti da Nicholas.
"Aline! Come ti senti?", chiese, preoccupato, sfiorandole la spalla.
"Sto bene", sbottò lei, divincolandosi.
"Non che a  te importi", aggiunse, attaccando James, che si scansò di lato.
Nick sbuffò, incrociando le braccia mentre seguiva lo scontro con gli occhi.
"Certo che mi importa".
Aline rise appena, tornando all'attacco: fece roteare la lancia puntando alla testa del ragazzo, che questa volta si parò con una delle spade.
"Credevo di essere una spina nel fianco per te", sbottò, mentre, dando le spalle a Jaime, si voltava per incenerirlo con gli occhi scuri.
"Vi lascio da soli", disse il lupo, rinfoderando la spada. Ne aveva abbastanza di drammi e di sicuro non voleva allenarsi mentre uno gliene esplodeva intorno.
"No! Non ho niente da dirgli", ringhiò la mora.
"Sembra invece che tu abbia molto da dire", sibilò Nick, non più tanto calmo.
Aveva sbagliato, vero. Ma ancora per quanto doveva rinfacciarglielo?
Aline annuì.
"Bene. Penso che tu sia un idiota. Uno stupido. Ti sei preso una cotta per quella stronza che per poco non ha fatto ammazzare te e me in un colpo solo. E per cosa, poi? Cos'ha di tanto speciale? Dal momento in cui l'abbiamo incontrata non ha fatto altro che disprezzarci, metterci in pericolo e cercare di sminuire Jaime. Non mi importa quello che pensi di me. Sono una spina nel fianco? Ok. Meglio che essere così idiota", sbottò, buttando la lancia ai piedi del fratello, andandosene con disprezzo.
Nick abbassò gli occhi, poi guardò Jaime, che ricambiò lo sguardo, fissandolo con le braccia incrociate e un'espressione indecifrabile.
"Ho commesso un errore. Mi sono scusato. Cos'altro devo fare?", esclamò, alzando le braccia.
Jaime si avvicinò e gli tirò una pacca sulla spalla.
"Oh, conosci Aline, ti terrà il muso per qualche giorno, poi le passerà".
Nick annuì appena.
"E tu? Non sei arrabbiato?".
Jaime fece un sorriso enigmatico.
"Nah", disse, voltandosi per andarsene, ma ci ripensò.
"Ah, una cosa: d'ora in poi lei è una tua responsabilità", aggiunse, senza voltarsi.
Il moro aggrottò la fronte.
"Che intendi?".
"Se farà qualcosa per metterci in pericolo di nuovo, ti terrò direttamente responsabile. E, Nick: ci muoviamo, tra un paio di ore. Torniamo al bunker", concluse il lupo, andandosene velocemente.

Nina si rigirò tra le coperte, aprendo gli occhi. La spalla le faceva meno male, ma non era ancora guarita del tutto e le provocò una piccola fitta, facendola gemere.
"Scusa, ti ho svegliata?", fece Nick, sorridendole appena. Non sembrava essersene accorto. Bene, non voleva far preoccupare nessuno.
La ragazza scosse la testa.
"Ero già sveglia", disse, mettendosi seduta.
"Ti ho portato la colazione", continuò lui, passandole un pezzo di carne abbrustolito. Nina gli sorrise di rimando e iniziò a mangiare.
Nick la lasciò finire, osservandola in silenzio, ma come se avesse qualcosa da dire e fosse impaziente di farlo. Lei notò che stava muovendo incosciamente la gamba sinistra.
"Dobbiamo andare", disse, quando lei ebbe fatto colazione.
Nina lo guardò, confusa.
"Spostarci?".
"Dobbiamo incontrarci con altri membri della comunità, in città. Era là che stavamo andando", si spiegò il ragazzo, schiarendosi la voce.
C'era qualcos'altro, ma non sembrava volesse continuare.
"Ma è sicuro in città?", chiese lei, guardandolo.
Nick scosse la testa, sedendosi accanto a lei. Era teso, si vedeva, e stressato per qualcosa, ma provava con tutte le forze a mostrarsi rilassato.
"Gruppi di deeta e FAWW pattugliano le vie, ma abbiamo un rifugio sicuro. L'abbiamo lasciato per cacciare e cercare nuove alleanze, adesso è tempo che torniamo. Praticamente gran parte dei guerrieri e dei curatori sono con noi, non possiamo più tenerci lontani".
Nina annuì e alzò le spalle.
"Ok, bene".
"Vuoi partire?", chiese Nick, confuso.
"Sì, perché no? Non c'è niente che mi leghi a questo posto".

Le vie della città al calar della sera erano buie e pericolose, ma Jaime aveva ritenuto opportuno entrarvi quando il sole non potesse più mostrare la loro presenza a occhi indiscreti.
Avevano viaggiato tutto il giorno per i boschi e a fine pomeriggio avevano aspettato il tramonto prima di entrare in città.
Fortunatamente, non erano incappati in una delle pattuglie e dopo aver attraversato strade deserte e passato palazzi in decadimento arrivarono ad un grattacielo non diverso dagli altri. Una volta dentro, percorsero vari corridoi, giù per lo scantinato, fino ad arrivare ad una porta blindata, nascosta dietro una libreria. Jaime tirò fuori una chiave e la fece scattare.
"Il proprietario di questo edificio era ossessionato dall'apocalisse, perciò ha creato un bunker che potesse sostentare le vite della sua famiglia e di tutti i suoi conoscenti. Idea geniale, peccato che sia morto prima di poterlo utilizzare", spiegò Nick ad una meravigliata Nina, mentre scendevano per quella che sembrò una infinita fila di scale.
"Perciò...come l'avete scoperto voi?", fece Richard, che non aveva potuto evitare di ascoltare il moro.
Nick sorrise.
"Beh, Jaime conosceva sua nipote".
"Conosce, vorrai dire. Non parlare di me come se fossi morta, Nicholas", disse qualcuno con un accento tipicamente britannico.
Una figura graziosa ed elegante fece il suo ingresso nel salone dove erano appena arrivati, sorridendo radiosa.
Era una ragazza dai lunghi capelli rosso fuoco, lo sguardo penetrante, guance rosee e labbra intonate ai capelli.
Aumentò il sorriso, mentre porgeva lo sguardo su quelli che entravano nella stanza, poi posò gli occhi scuri su Jaime e non li mosse più.
"James", trillò, con voce sensuale.
Il lupo ricambiò lo sguardo e sorrise appena.
"Rose".
Si sentì Aline sbuffare sommessamente, poi si fece spazio tra Nick e Nina e si posizionò al fianco di Jaime, come a marcare il territorio.
"Tua sorella è leggermente gelosa?", commentò piano Nina, all'orecchio di Nicholas, che ridacchiò.
Nina, Richard e Annabelle non poterono che restare estasiati dall'accoglienza che ricevettero. Non solo il salone in cui vennero condotti era illuminato con l'elettricità, ma c'era cibo che non avevano toccato da anni e, soprattutto, musica.
Belle si commosse quando la sentì.
"Dobbiamo ballare!", disse, trascinando Richard con lei.
"Sai, tua sorella non ha tutti i torti. Mi faresti l'onore?", chiese Nick, porgendo a Nina una mano. Lei lo guardò, incerta.
"Non sono una brava ballerina e...".
"Nina...non importa a nessuno".
Si sorrisero e si buttarono in pista.



Buonaseraaa, nuovo capitolo. Che ne pensate fino ad ora? Spero che la storia vi intrighi, fatemi sapere!
-Vale

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

James tracannò un calice di birra fresca e chiuse gli occhi, gustandone il sapore amaro, mentre quella gli scendeva in gola.
"Finalmente puoi tornare al tuo obiettivo", commentò Rose, toccandogli un braccio.
Jaime la guardò e scosse la testa. Stava iniziando ad avere un principio di mal di testa e sicuramente la presenza della rossa avrebbe peggiorato le cose.
"Non è ancora il tempo", rispose, atono.
"Dici sempre così! Speravo che avessi cambiato idea", mormorò Rose appoggiandosi alla sua spalla mentre percorreva con indice e medio la lunghezza del suo braccio.
"Sai bene che ciò non succederà", ribatté lui, finendo la sua birra.
"Beh, hai cambiato idea in passato, no?".
Jaime la guardò, trapassandola con lo sguardo, per poi lanciare occhiate in giro.
"Hai giurato che non ne avresti più parlato".
"Mmh", mormorò lei, leziosa, avvicinandosi pericolosamente al suo orecchio.
"Tu sai bene come farmi smettere di parlare".
Il ragazzo tornò a guardarla, le loro labbra si sfiorarono e non poté negare di essere completamente attratto da lei, ma si allontanò.
"No".
"Oh, andiamo...", si lamentò Rose, roteando gli occhi, per poi puntarli verso Aline, che li stava fissando dall'altra parte della stanza.
"E' per non far soffrire il tuo pupazzetto?", chiese, annoiata, senza allontanare lo sguardo dalla ragazza. Le sorrise, provocatoria.
"Mi ama. Tra di noi non ci potrà mai essere nulla".
Rose rise e gli si accollò ulteriormente e Aline si mosse, visibilmente a disagio, poi allontanò lo sguardo.
"Devi proprio essere così indiscreta?", sbottò James, accorgendosene.
"Sai che non sono discreta, ma...potremmo andare in un luogo più appartato?", disse, mordendogli un orecchio.
Jaime si alzò e le lanciò uno sguardo spazientito.
"Sei noioso", sussurrò lei, leccandosi le labbra. Quelle labbra rosee che un tempo aveva adorato baciare adesso gli provocavano soltanto brutti ricordi.
"Sono stanco, me ne andrò a letto. Per favore assicurati che ai nuovi arrivati vengano assegnate delle camere. Se hai bisogno di aiuto chiedi a Nick", disse, voltandosi.
"O forse chiederò al tuo pupazzetto...Aline, giusto?", sussurrò, come se non conoscesse il suo nome. O, più probabilmente, come se non le importasse per niente.
"Rose, fai la brava", la ammonì lui.
"Sempre", ribatté lei, sorridendo.

Nina sorrise verso Nick, per la prima volta senza pensieri negativi da molto tempo.
"Mi potrei abituare a tutto questo", disse, stringendosi a lui mentre ballavano un lento.
A cose normali, avrebbe trovato quella situazione imbarazzante, ma Nick riusciva a farla sentire a suo agio. Non aveva mai provato niente del genere con nessuno prima. L'unico ragazzo con cui si era aperta, un paio di anni prima dell'inizio della guerra, le aveva spezzato il cuore e non l'aveva mai nemmeno trattata con rispetto.
"E' una bella sensazione, giusto?". rispose lui, sfiorandole delicatamente i fianchi.
Lei annuì. Poi la musica si interruppe e Rose richiamò l'attenzione da un microfono.
Fece ondeggiare i boccoli rossi e sbatté le ciglia un paio di volte, ma l'eccitazione e il sorriso che aveva avuto sulle labbra al loro arrivo erano spariti.
Nina si chiese se fossero stati falsi.
"Per favore tutti quelli nuovi si radunino vicino all'ingresso", disse e la musica ripartì.
Nick prese Nina per mano e la accompagnò all'ingresso.
Raggiunsero un piccolo gruppo formato da una decina di persone, tra cui Richard, Annabelle e Rose.
"Ciao. Benvenuti", disse la rossa, non molto interessata.
"Se potete dividervi in gruppi, dato che non assegnerò camere singole...", aggiunse, facendo di nuovo un sorriso tirato. Questa volta, Nina fu certa che fosse falso. Sembrava che per sorridere le ci volesse tutta la forza che aveva in corpo.
"Nick, puoi lasciare andare la tua ragazza. Non la mangio mica...", commentò, continuando a sorridere.
"Non sono affamata", aggiunse, fissando Nina con quegli occhi spenti.
La castana ricambiò lo sguardo.
Nick si schiarì la voce, imbarazzato, e lasciò la mano di Nina.
"Non stiamo...lei non è...".
"Sì, va bene. Sarai stanco, puoi andare. Ce la faccio", riprese la rossa.
Nick lanciò uno sguardo a Nina, che annuì, e se ne andò.
"Bene! Forse non mi avete sentito, ma dovete mettervi in gruppi di due, tre persone. Se non scegliete voi, dovrò farlo io".
Nina si avvicinò a Richard e Anna, aggrottando la fronte. Non era certa che questa Rose le piacesse.

Jaime passò la mano su una delle cicatrici più recenti, sul braccio sinistro, poi chiuse gli occhi, rilassandosi nella vasca da bagno.
Non faceva un bagno con acqua calda da così tanto tempo che aveva quasi dimenticato quanto fosse piacevole, ma la sensazione migliore era sapere di poterlo fare senza stare in guardia per eventuali attacchi.
Si rilassò, completamente.
Nelle camere e nei bagni non arrivava l'elettricità, quindi l'ambiente era illuminato da alcune candele; e c'era profumo di lavanda appena raccolta. 
"So che ti rilassa", commentò una voce, facendogli aprire gli occhi.
Ed era vero, l'odore di lavanda lo portava indietro a giorni migliori.
Rose stava sulla porta del bagno, si rigirava un rametto della pianta tra le dita.
Se la avvicinò al naso, odorandola.
"La lavanda", aggiunse, per poi avvicinarsi.
"Ti avevo detto...", iniziò lui, irrigidendosi, mentre tirava su le spalle.
"Ordini, ordini...tu sai quanto mi piaccia non rispettarli", disse, togliendosi lentamente l'abito che indossava.
Jaime allontanò lo sguardo, non per rispetto o altro, ma piuttosto perchè sapeva che non sarebbe riuscito a trattenersi se l'avesse vista nuda. Non era certo che sarebbe riuscito a trattenersi comunque.
"Perché mi stai resistendo?, continuò la ragazza, avvicinandosi alla vasca in pietra.
Immerse un dito e tracciò cerchi nell'acqua, appoggiandosi al bordo.
Finalmente, Jaime la guardò: era bellissima, ma era soltanto un fantasma.
Irrigidì la mascella quando il suo profumo gli arrivò al naso.
"Mi sei mancato", continuò lei, immergendo una gamba, poi l'altra.
Jaime seguì i suoi movimenti con lo sguardo, come ipnotizzato.
"Mi è mancato il tuo odore, il tuo corpo...il modo in cui chiudi gli occhi quando senti il mio tocco per la prima volta", disse, sfiorandogli una gamba.
Jaime reagì esattamente come lei aveva predetto.
Rose sorrise e si strinse a lui, gemendo appena, quando i loro corpi si toccarono.
"Oh, e io sono mancata a te", commentò, ridendo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Nick aveva accompagnato i tre fratelli alla camera che Rose aveva assegnato loro: una stanzetta non molto grande, ma che emanava un buon odore e aveva tutto il necessario per un buon soggiorno. 
"Non è molto, ma...", iniziò lui, alzando le spalle.
"Stai scherzando? Non vedo un letto vero da un secolo!", esclamò Richard, guardando Anna con eccitazione.
"Il letto in alto è il mio!", disse lei, correndo.
"Oh non ci pensare neanche!", commentò lui, bloccandola per i fianchi e iniziando a farle il solletico.
Nick e Nina sorrisero.
"Sembra che a loro piaccia", commentò il ragazzo, guardandola.
"Sì, è fantastica. Nick, grazie...".
"Per cosa?", fece lui, appoggiandosi alla porta.
"Per tutto. Davvero, so che sono stata un peso, ma sono riconoscente. Questo significa sicurezza e comodità per loro. Ed è una cosa che non riuscivo neanche ad immaginare fino a poco fa...".
Nick le sfiorò un braccio, interrompendola.
"Non devi ringraziare me o nessun altro. Fate parte della famiglia".
Nina lo abbracciò e lui la strinse a sé, forte.
"Trovatevi una stanza, voi due!", esclamò Richard, facendoli distanziare immediatamente. Nicholas si grattò la testa e sorrise appena.
"Ehm...vi lascio riposare. A domani", mormorò Nick, salutandoli con un lieve imbarazzo. 
Nina chiuse la porta e guardò male il fratello.

Nina non aveva dormito così bene dall'inizio della guerra e nella sala da pranzo c'era un odore così invitante che non vedeva l'ora di fare colazione.
Afferrò un piatto di uova strapazzate e una tazza d'acqua e fece per raggiungere i suoi fratelli ad un tavolo, quando notò Aline che se ne stava a fissare qualcuno. Seguì il suo sguardo e vide Rose e James seduti accanto, che chiacchieravano, molto vicini.
Alzò un sopracciglio e si sedette davanti a lei. Finché non parlò, Aline nemmeno la notò. Gli occhi castani erano molto più scuri del solito, sembravano quasi neri mentre li teneva fissi sui due ragazzi.
"Lei non ti piace molto, vero?".
La ragazza la guardò male, cercando di ricomporsi come meglio poté e sforzandosi di sembrare interessata alla sua colazione.
"Che vuoi?", disse, distante, ma nella sua voce c'era una nota di tristezza.
"Niente...ho solo notato come la guardavi...ed ero curiosa, volevo solo fare due chiacchiere, ma vedo che non ne hai voglia, perciò...", si alzò e fece per andarsene.
"E' una persona tossica", commentò Aline, fredda, tornando a guardare Rose e James.
Nina si sedette di nuovo, incuriosita.
"Quando c'è lei, James è diverso. E' come se lo controllasse".
"Forse sono soltanto innamorati?", provò Nina, alzando le spalle.
"No, lui non la ama. E' più teso quando c'è lei...".
"Aline, posso essere onesta con te? Credo che tu sia semplicemente gelosa".
La mora la guardò male e Nina si morse il labbro.
"Quello che intendo è che...".
Ma la ragazza non la fece neanche finire e se ne andò, lasciando la sua colazione intatta.
Nina aggrottò la fronte e si voltò a guardare la coppia. Nessuno dei due sorrideva, ma sembravano abbastanza rilassati.
"Buongiorno", la distrasse, poi, Nick, sedendosi dove prima stava sua sorella, mentre stava per mangiare un biscotto.
"Quello è...?".
Nina spalancò la bocca e gli strappò di mano il biscotto, addentandolo.
"Appena sfornato", commentò Nicholas, divertito, appoggiandosi con le braccia al tavolo.
Nina sospirò di piacere, gustando a pieno il sapore del dolcetto. James e Rose svanirono dai suoi pensieri.
"Oh, cavolo...", commentò in estasi. Fu come se venisse catapultata dritta dritta nella sua infanzia, quando sua nonna viziava lei e i suoi fratelli con pasticcini al cioccolato.
Nick sorrise.
"Allora, come hai dormito?".
"Come se fossi stata in paradiso", ribatté lei, tornando sulla sua colazione.
"Ne sono felice", sussurrò il ragazzo.
Improvvisamente, qualcuno alle spalle di Nina appoggiò le braccia sul tavolo, impedendole di muoversi.
Non si dovette voltare per capire di chi si trattasse.
"Come va la spalla?", chiese Jaime, non poi così interessato alla risposta.
Sembrava piuttosto che stesse cercando un modo per passare la noia.
"Bene", sussurrò la castana, roteando gli occhi.
"Sì?", mormorò Jaime, sedendosi accanto a lei, poi le appoggiò una mano sulla ferita e premette.
Nina trattenne un gemito e fece una smorfia, lasciando cadere la forchetta nel piatto.
"James", lo riprese Nick e lui la lasciò andare.
"Ha detto che andava bene", si giustificò, sorridendo.
Nina non lo guardava, aveva assunto un'espressione irritata e aveva stretto i pugni.
"Quando sei pronta, principessa, è l'ora della tua prova", ricominciò James, continuando a sorridere.
"Quale prova?".
"La prova in cui ci mostri cosa puoi fare per le Ombre. Sei una guerriera, no? Sfiderai uno di noi. Anche meglio, sfiderai me".
Nina si voltò verso di lui: non ci aveva fatto caso prima, ma era diverso dal solito. I lunghi capelli erano tirati in una coda stretta, la barba completamente rasata e il suo corpo emanava un dolce profumo di lavanda. Probabilmente, tutto era opera di Rose.
"Te?", chiese Nick, confuso.
"Perchè dovrei affrontare una prova?", lo interruppe lei, fissando James, fredda.
"Perché tutti lo fanno: tuo fratello dovrà farne una. Sono sicuro che troveremo il suo talento".
Nina assottigliò gli occhi e fece schioccare la lingua, offesa.
James allargò il sorriso.
"Tua sorella l'affronterà oggi pomeriggio. Tu appena la spalla sarà guarita del tutto".
"Mia sorella? Farai combattere una sedicenne contro di te?", sbottò lei, sprezzante.
James rise.
"No, il talento di tua sorella è in medicina. Ne darà prova questo pomeriggio, quando io e una piccola squadra di caccia andremo verso un accampamento delle FAWW".
Nina aggrottò la fronte, confusa, poi guardò Nick, che le rivolse un'espressione impotente.
"Verrà anche lei...e ancora non lo sa, ma uno di noi si farà molto male. Vedremo come reagirà".
Nina si alzò velocemente dalla sedia e lo guardò dall'alto, sperando di risultare intimidatoria.
"Tu non la porterai da nessuna parte", ringhiò, rigida, trapassandolo con lo sguardo.
James smise di sorridere, ma non si mosse.
"Belle ha già accettato. Verrà".
"Sei un sadico bastardo!", esclamò lei, fuori di sé.
La voce alterata attirò non pochi sguardi.
"Questa è la nostra legge. Se non ti sta bene, puoi andartene. Anche se, dato come è finita l'ultima volta, non te lo consiglierei".
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non ce la faceva più, non lo sopportava più. E odiava il suono della sua voce. Avrebbe dato di tutto per farlo stare zitto, perciò fece una cosa molto impulsiva e molto stupida.
La sua mano partì da sola, come mossa esclusivamente dalla sua rabbia e lo colpì dritto in faccia, sulla guancia.
James roteò appena la testa, poi tornò a guardarla meccanicamente.
Non ci mise molto per capire che ora tutti la stavano guardando.
Il ragazzo si alzò velocemente, sovrastandola di nuovo.
Nina indietreggiò appena, con il cuore che le martellava nel petto e, anche se la sua espressione non l'avrebbe tradita, era impaurita.
Cosa avrebbe fatto? L'avrebbe cacciata? Colpita? L'avrebbe uccisa? Lì, davanti a tutti? Nessuno avrebbe mosso un muscolo, probabilmente.
Ma, semplicemente, le lanciò un'occhiata indecifrabile e iniziò a camminare per la sala.
Nessunò osò parlare, anche se tutti avevano gli occhi incollati a lui.
Appena fu davanti al tavolo di Anna e Richard, si fermò, porgendo una mano verso la ragazzina.
"Annabelle, se sei pronta, partiamo subito".
Nina sentì di nuovo un'ondata di rabbia colpirla.
"No! Non la porti da nessuna parte!", gridò, facendo per raggiungerlo, ma Nick la fermò.
Anna le rivolse appena un'occhiata, incerta, poi afferrò la mano di Jaime.
"No! Anna, fermati! No! No! Se lei muore, ti uccido! Mi senti? Ti uccido!", gridò, fuori di sè, scalciando e dimenandosi, mentre Nick la circondava con le braccia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Nick le porse un bicchiere d'acqua e lei lo afferrò con riluttanza, mentre chiudeva gli occhi.
Si erano spostati dalla sala da pranzo, anche perché nessuno aveva smesso di fissarla per un secondo.
"Morirà, non è vero? Lo farà sembrare un incidente e mi avrà insegnato una lezione?".
Una lacrima le solcò la guancia e Nick gliela asciugò con il pollice.
"Tua sorella starà bene. James non...".
"Non dirmi che non lo farebbe! L'ha appena portata là fuori soltanto per vendicarsi!", esclamò, disperata.
"E' la sua prova, sarebbero andati comunque. Ma Annabelle è al sicuro con lui, non preoccuparti".
"Ah, sì? Perché a me lui non sembra altro che un sadico!".
Nick sospirò e si sedette vicino a lei.
"Non gli piace essere sfidato, a quest'ora avresti dovuto capirlo", commentò, sospirando ancora.
Nina abbassò gli occhi e scosse la testa.
"Non avrei mai dovuto lasciarlo andare via vivo dal nostro accampamento. Avrei dovuto ucciderlo quando ne avevo l'occasione".
"Non è quello che sei".
"Forse è quello che dovrei essere!".
Nick la prese per mano, scuotendo la testa.
"No, hai solo bisogno di distrarti e rilassarti. Mia sorella mostra qualche mossa di addestramento, potremo andare a dare un'occhiata".
"Tua sorella? Forse non te ne sei accorto, ma non le piaccio molto", mormorò Nina, alzandosi per allontanarsi da lui e stringersi nelle spalle.
"Non piaccio a nessuno qui dentro", sussurrò, scuotendo la testa.
Nick si alzò e la affiancò, poi le fu davanti e le prese il volto tra le mani.
"Piaci a me. E tanto".

Nicholas e Nina entrarono nella sala dell'allenamento mentre Aline stava tirando una ginocchiata ad un povero volontario, davanti agli altri che assistevano.
Quello indietreggiò, poi fece per attaccare, ma venne distratto dall'arrivo dei due e Aline ne approfittò per tirargli un pugno nello stomaco, che lo fece accasciare, dolorante.
"Ecco un'altra lezione. Mai e poi mai distrarsi durante uno scontro perché non è detto che l'avversario sia altrettanto assente". E detto questo, gli tirò un altro calcio.
"Che carina", commentò Nina, mentre lei e Nick si sedevano. Lui ridacchiò.
"L'unica cosa carina di mia sorella è il suo aspetto", rispose, mentre Aline cercava un altro volontario.
Nessuno sembrava voler prendere il posto dell'ultimo, fino a che Richard non si alzò dal suo posto, sorridendo.
Fino a quel momento, Nina non l'aveva neanche notato.
Suo fratello non era mai stato un tipo atletico, intelligente sì, ma atletico e abile nei movimenti proprio no. L'insegnante di educazione fisica lo aveva definito scoordinato ben più di una volta. Aveva preso da sua madre: era molto alto e molto magro, ma nessuno dei due tratti lo aveva mai agevolato nello sport.
Si tolse gli occhiali e si avvicinò alla mora.
"Che sta facendo quell'idiota?", mormorò, facendo per alzarsi, ma Nick la bloccò.
"Lascialo fare".
"Si farà male".
"Gli insegnerà qualche mossa".
E così fu, a sue spese, purtroppo.
Rick ne uscì piuttosto malmenato, ma non si sa come, aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra.
"Vogliamo dare una vera dimostrazione, fratello?", fece poi Aline, invitando Nick a raggiungerla. Lui sorrise e si alzò.
"Che ti è preso? Cerchi un modo per farti ammazzare?", chiese Nina a Rick, acida.
"Rilassati, sto bene. E' solo qualche livido...", mormorò il fratello, sorridendo mentre guardava Aline.
Nina aggrottò la fronte e scosse la testa.
"Oh, no, no, no, no, no. Non ci pensare neanche".
Non lo aveva mai visto così felice di essere stato picchiato e ne aveva ricevute, di botte, al liceo. Dean aveva provato a insegnargli qualche mossa, di nascosto ai loro genitori, ma aveva rinunciato poco dopo.
"Che c'è? Solo a te può piacere uno di loro? Pensi che non ti abbia vista con Nicholas?".
"Prima di tutto, ti sbagli, siamo solo amici e poi non è come lei".
"Oh, quindi solo perchè sta antipatica a te, dovrei odiarla?", sbottò lui, irritato.
"No, ma dovresti stare attento e, sicuramente, lei non è quella giusta per te".
"Oh, sì, perché tu sai tutto. Ascolta Nina, sarai anche mia sorella, ma non prendo ordini da te. E se continuerai a cercare di farti cacciare come stamattina a colazione o farai qualcosa di stupido come al solito, tra noi due è chiusa, chiaro?", sbottò, alzandosi per andarsene.
Nina sospirò, passandosi una mano sul viso.

La ragazza aspettò con ansia il ritorno della squadra di caccia.
Non aveva pensato bene a cosa avrebbe fatto nel caso in cui Anna fosse morta davvero, ma non voleva neanche pensarci, sperava solo che l'avrebbe vista rientrare sana e salva dalla porta.
Aspettò per molto, non fu certa di quanto.
Poi, sentì delle voci in lontananza e scattò in piedi.
Qualcuno stava tornando: il primo che vide fu Jaime.
Le lanciò un'occhiata penetrante, ma decisamente indecifrabile e la sorpassò, affiancato da altri cacciatori. Poi passò qualcun altro, portando un ragazzo ferito in spalla e, finalmente, Anna fece la sua entrata, con le mani e i vestiti sporchi di sangue, ma illesa.
"Annabelle!", esclamò Nina, stritolandola in un abbraccio.
"Nina! Mi stai soffocando".
"Oh, scusa", mormorò la ragazza, ancora incredula, allontanandosi, ma senza smettere di toccarla, come se avesse paura che si tramutasse in un'allucinazione da un momento all'altra.
"Stai bene? Il sangue...?".
"Non è mio, ma di Dylan. Sta bene, però. L'ho curato. Nina, l'ho curato!", esclamò la bionda, eccitata. Nina sorrise appena, felice per lei.
"E' caduto e si è ferito durante la caccia, ma io sono riuscita a salvargli la gamba! Jaime dice che è molto soddisfatto di me".
Il sorriso della sorella svanì all'improvviso.
"James è pericoloso, promettimi che gli starai alla larga, va bene?".
Anna alzò le spalle.
"Non penso che sia pericoloso, ma comunque ha detto che posso iniziare a lavorare in infermeria. Non credo che lui ci passi molto tempo".
"Bene", sussurrò l'altra, abbracciandola di nuovo.
"Ti voglio bene, lo sai, vero?".
"Anche io, Nina. Ma che succede? Non ti hanno cacciata, vero?".
La ragazza scosse la testa.
"Pensavo che ti avrebbero cacciata dopo stamani. Perché l'hai colpito?".
Nina sospirò.
"Lui...mi ha provocata...e...ho perso la testa", sussurrò, abbassando gli occhi.
"Non capisco perché lui non ti piaccia. E' gentile e davvero...", Anna si bloccò, arrossendo lievemente.
"Anna...".
"Lo so, lo so...ma ha un effetto strano su di me", mormorò la ragazzina, sospirando.
"Uhm...ho fame...possiamo parlare più tardi?".
Nina sorrise e annuì.
"Certo".

James si tolse la maglietta e fece schioccare il collo prima di lavarsi le mani sporche del sangue di Dylan nella bacinella delle sue stanze.
Poi si guardò allo specchio e sbuffò quando vide Rose entrare nella stanza.
Non si voltò, ma tornò a lavarsi.
"Devo iniziare a chiudere a chiave", borbottò, acido.
La rossa sorrise, avvicinandosi, poi lo circondò con le braccia.
"L'avresti già fatto se davvero non mi avessi voluta qui", commentò, lasciandogli un bacio umido su una delle cicatrici che aveva sulla schiena.
A lui non piaceva essere toccato sulla schiena, perciò si voltò velocemente e la bloccò per i polsi.
"Devo farti buttare fuori?".
"Dal mio stesso bunker? Davvero crudele, James", cinguettò lei, senza trattenere un sorriso.
"Cos'è che vuoi?", sbottò Jaime, stanco dei suoi giochetti.
Rose si avvicinò alle sue labbra e lo baciò, poi lo morse e lui la allontanò con rabbia.
"Sai quello che voglio, James. Voglio quello che mi hai promesso, in cambio del mio silenzio, ricordi? O...non ti importa più del tuo piccolo segreto?", lo provocò, facendo un ghigno soddisfatto.
Jaime sbuffò.
"Mi stai minacciando?", ringhiò, stringendo i pugni.
"Oh, Dio, no...", commentò lei, sollevandogli il mento.
"Ti sto solo ricordando che mi hai fatto una promessa. E sono sicura che tu voglia mantenerla".
Jaime la fissò per un attimo, poi annuì quasi impercettibilmente.
Lei sorrise e lo baciò.

Era passata da poco la mezzanotte, Jaime non riusciva a chiudere occhio e, per la noia, faceva roteare un coltello da caccia nella mano destra, mentre fissava il soffitto, assente.
Il respiro di Rose, sdraiata accanto a lui nel letto, era regolare e lento, quindi, forse, era addormentata.
Finalmente, dei colpi alla porta interruppero la nottata appena incominciata.
Jaime voltò la testa verso l'uscio, senza fermare il movimento della mano. Rose si mosse appena nel letto.
Quando bussarono di nuovo, lui la sentì chiaramente sbuffare.
"Non potresti vietare alla gente di disturbarti in piena notte?", chiese, alzandosi svogliatamente.
Jaime non rispose. 
Si era voltato di nuovo verso il soffitto, con la mente interessata più ai suoi pensieri che ad altro.
Appena Rose aprì la porta, Nick vi si capultò dentro.
"Dobbiamo...parlare", disse, notando Rose qualche secondo dopo.
"Parla", lo incitò James, dato che il silenzio aveva avvolto di nuovo la stanza.
"Ehm...privatamente", aggiunse Nicholas, assottigliando gli occhi verso la rossa, che sorrise.
"Qualsiasi cosa tu abbia da dirgli, puoi farlo davanti a me".
"Rose, vai", la interruppe James, alzando le sopracciglia con fare eloquente.
La ragazza sbuffò, poi gli si avvicinò, si mise a cavalcioni su di lui e lo baciò lentamente e con passione, sotto lo sguardo annoiato di Nick.
"Seriamente?".
Lei sorrise, si alzò, guardò il moro con sufficienza e se ne andò.
"E' la tua ragazza, adesso?", sbottò il ragazzo, smanaccando, contrariato.
"Era di questo che volevi parlare?", ribatté James, annoiato.
Nick sbuffò e incrociò le braccia.
"Volevo parlarti di Nina. Devi lasciarla respirare un attimo, fratello".
"Non devo fare proprio niente".
"Le stai addosso continuamente. Io credo...che potrebbe esserci molto utile", mormorò Nick, avvicinandosi appena.
James lo guardò, alzando le spalle.
"Deve imparare a mostrarmi rispetto", affermò, tornando a giocherellare con il coltello.
"Rispetto...", sussurrò Nicholas, muovendosi avanti e indietro per la stanza.
"E' rispetto che vuoi o paura?".
Si scambiarono sguardi taglienti.
"Che vorresti dire?", sbottò James, alzandosi.
"Esattamente quello che ho detto".
"Attento a come parli, Nicholas. Sei come un fratello per me, ma se continui a sfidarmi...".
"Cosa? Mi fai un occhio nero? Forza, avanti. Non vedo l'ora di andarmene in giro per il bunker a raccontare di come il grande lupo mi abbia colpito perché ho osato dirgli la verità", sbottò Nick, freddo.
Jaime aggrottò la fronte, poi sospirò.
"Che ti sta succedendo, Nick?".
"Che sta succedendo a te, James! Sei cambiato ultimamente...".
"Oh, scusami se sono giusto un po' stressato a portare sulle spalle il peso di questa intera operazione!", gridò Jaime, sbattendo un pugno nel muro, dove andò a colare una piccola goccia di sangue.
"Non riesco a mangiare bene, a dormire bene, perfino a pensare bene! Quindi se una stupida ragazzina viene a farmi la predica su come gestisco questo posto, scusami tanto, ma vado fuori!", continuò, stringendo i pugni.
"Ti sono stato sempre vicino, ti ho sempre invitato a parlare di qualsiasi cosa e mi hai sempre risposto che stavi bene".
"Non volevo turbarti con i miei problemi", sbuffò James, calmandosi e tornando a sedersi sul letto.
Si passò una mano sul viso, stanco.
"I tuoi problemi sono anche miei problemi, sono problemi di tutti qua dentro, J", sussurrò Nick, sedendosi accanto a lui.
James annuì appena.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Aline stava tirando colpi ad un manichino con la sua lancia, nonostante avesse il fiato corto, non sembrava volersi fermare.
Era notte fonda, ma non aveva importanza; all'interno del bunker, giorno e notte erano irrilevanti.
"Sei spaventosa...", commentò una voce meravigliata alle sue spalle.
Quando la ragazza si voltò, riconobbe il fratello di Nina.
L'aveva colto a fissarla più volte in quegli ultimi giorni. La cosa non le dispiaceva affatto. 
Lo guardò con curiosità, abbassando la lancia.
"Cioè...non voglio dire che...insomma...era...era un complimento", blaterò il ragazzo, grattandosi la testa, forse resosi conto solo al momento di quello che aveva detto.
"Ovvio che era un complimento", rispose lei, tornando all'attacco.
"In questo mondo, è una delle cose migliori che si possa essere", aggiunse, mentre continuava a colpire il manichino.
Il ragazzo si schiarì la voce, aggrottando la fronte.
"Ehm...sì", disse, non poi così sicuro.
"Richard, vero?", fece poi lei, posando la lancia per asciugarsi il sudore con un asciugamano.
"Oh...uhm...sì", mormorò lui, sorridendo.
Aline lo scrutò da capo a piedi, ricambiando il sorriso.
Era timido e impacciato, ma così tenero. 
"Sai usare la lancia, Richard?".
"Uhm...non molto. Non sono il massimo in combattimento".
La ragazza annuì appena.
"Cioè...io...mi dicono tutti che sono più il tipo tutto cervello".
"Aaw un nerd. Non ne vedevo uno dai tempi del liceo. Bei ricordi", commentò la ragazza, bevendo un sorso d'acqua.
"Ti piacciono i nerd?".
"Beh, chi non preferisce un uomo intelligente ad uno tutto muscoli e niente cervello?", ribatté lei, ridacchiando, mentre raccoglieva le sue cose.
Richard sorrise appena, imbarazzato, ma speranzoso.
"Oh...beh...allora...ti andrebbe di uscire con me?".
Aline gli lanciò un'occhiata, poi sorrise.
"Aaw sei davvero un tipo strano", commentò, andandosene.
"Era un sì? No? Ok...", rispose lui, guardandola allontanarsi.
"Ci vediamo, tipo strano", fece lei, smanaccandogli senza voltarsi.
Rick fece un mezzo sorriso da ebete e saltellò appena da un piede all'altro, cercando di trattenere l'entusiasmo almeno un po'.
"Non ci pensare neanche", fece poi una voce alle sue spalle, facendolo tornare serio.
Si voltò per trovarsi ad affrontare un Nick dallo sguardo gelido.
Richard si grattò la testa, imbarazzato e colpevole come un bambino colto in flagrante a mangiare un dolcetto che non avrebbe dovuto.
"Oh, io non...non stavo...".
"Non ci stavi provando con mia sorella?", ribatté il moro, con un tono aggressivo che non gli aveva sentito usare prima di allora.
"No! Io...cioè...tu non ci stai provando con la mia?".
Nicholas alzò un sopraccigliò e gli lanciò un'occhiata fulminante.
"Penso che ti darò cinque secondi per sparire prima di tirarti un pugno, per rispetto verso tua sorella...", mormorò poi, assottigliando gli occhi.
Richard deglutì a fatica, fece un sorriso forzato e se ne andò.
"Aw, cosa c'è, Nicholas? Sei frustrato...sessualmente? E' per questo che interferisci negli affari amorosi degli altri?", sibilò Rose, scuotendo i lunghi capelli rossi in faccia al ragazzo.
"Se vuoi, puoi unirti a me e Jaime stasera, non penso che gli dispiacerebbe...", ridacchiò, civettuola.
Nick la bloccò per un polso, spazientito.
Era stanco di lei, era stanco dei giochetti e non aveva certo bisogno di irritarsi ulteriormente in quel momento.
"Non so cosa ci sia o ci sia stato tra te e Jaime, cosa tu gli metta in testa e quali pensieri contorti tu gli sussurri all'orecchio, ma io non sono lui. Tienilo bene a mente. E, prima di provocarmi di nuovo, considera bene chi sceglierebbe tra me e te se si dovesse arrivare ad una scelta", sussurrò a denti stretti, per poi lasciarla andare malamente e allontanarsi a passo veloce.
Inutile dirlo: Rose non rideva più.

Nina aveva saltato la colazione, aveva appena osservato da lontano Rick e Anna che mangiavano, chiacchierando allegramente, ma non era stata in vena di unirsi a loro.
Nonostante non avesse dormito perfettamente, si sentiva fin troppo carica di energia, così tanto che avrebbe volentieri spaccato qualcosa, magari addosso a qualcuno.
Nessuno in particolare.
La sala per gli allenamenti era ancora vuota e aveva deciso che colpire un manichino avrebbe potuto aiutarla a smaltire un po' di rabbia.
Caricò un colpo e si sentì sorpresa nel non sentire poi così tanto dolore alla spalla, ne tirò un altro e un altro ancora.
"Non dovresti sforzare troppo la spalla", fece una voce dietro di lei.
Nina roteò gli occhi e non rispose, continuando a dare le spalle a James.
Sbuffò, mentre colpiva il manichino con più forza possibile.
Il silenzio avvolse di nuovo la stanza e lei sperò che l'idiota se ne fosse andato, ma inutilmente.
"Appoggia di più il piede a terra", continuò il ragazzo, facendola sbuffare ancora. Ma, quasi inconsciamente si saldò un po' più a terra.
"No...così...", fece poi lui, mettendole le mani sui fianchi.
Nina sobbalzò, voltandosi con il busto verso di lui, che teneva ancora le mani su di lei, le dita la sfioravano delicatamente.
"Ehi, rilassati, voglio solo mostrarti", riprese il ragazzo, fissandola negli occhi.
Nina ricambiò lo sguardo, stordita.
Due minuti prima, avrebbe voluto tirargli un pugno sul naso, ma in quel momento, sentiva chiaramente il battito cardiaco rimbombarle nelle orecchie e la gola secca.
Si schiarì la voce e si voltò verso il manichino, lasciandosi guidare dal ragazzo. Poi, colpì. L'impatto fu decisamente più potente perché la sacca vibrò intensamente.
"Uhm...non male...", commentò Jaime, leccandosi le labbra, mentre la lasciava andare.
"Sei di buon umore...", ribatté lei, incrociando le braccia, tornando a guardarlo.
"Tu no?", chiese lui, e sembrò quasi un ingenuo ragazzo di provincia mentre lo diceva.
"Dovrei?", ribatté Nina, alterandosi. Non era affatto un ingenuo.
"Dopo che hai trascinato mia sorella là fuori solo per vendicarti di me?".
James scosse la testa, facendo un versetto ironico.
"Non è mai stata in pericolo, inoltre, è molto soddisfatta di sé".
"L'hai messa in pericolo! Volontariamente. Non sai mai cosa possa succedere là fuori".
"Ti garantisco che avrei dato la mia vita per la sua".
"Sì, e dopo te sarebbe morta lei!".
Jaime le si avvicinò velocemente, erano ormai a così poca distanza tra loro che i loro nasi si sfioravano.
"Beh, forse non avresti dovuto provocarmi", esclamò il ragazzo, stringendo i pugni.
"Ti ho solo chiesto di non portarla là fuori".
"Mi hai minacciato! E non sopporto le minacce nel mio campo...uhm...se non piacessi così tanto a Nick...".
"Cosa? Mi avresti legata ad un albero e torturata fino a che non ti avessi giurato lealtà assoluta?", sputò lei, acida, guardandolo in cagnesco.
James sbuffò.
"Beh, avresti imparato a non provocarmi!".
Nina schiuse le labbra, annuendo appena con la testa.
"Wow...come sei carino...".
"Non sono carino, infatti, Nina. Faccio quello che è necessario e lo faccio per il bene di tutti".
"Lo fai per te", sibilò la ragazza.
"Maledizione! Ogni fottuta azione che compio è per proteggervi!", gridò lui, tirando un pugno così forte al manichino da farlo sbilanciare dal piedistallo e cadere a terra con un tonfo.
L'aria divenne così tesa che entrambi dovettero fare un passo indietro per allontanarsi l'uno dall'altra.
James si rilassò, chiudendo gli occhi ed espirando lentamente.
"Dato che la tua spalla è guarita, domani affronterai la tua prova. Ci sfideremo all'alba. Tieniti pronta", concluse, andandosene prima che lei potesse anche solo realizzare quelle parole.

Il salone era affollato. Quando Nina fece il suo ingresso, tutti si voltarono a guardarla, facendosi da parte per farla passare e la cosa la mise parecchio a disagio.
Si sistemò nervosamente la camicia e avanzò più velocemente fino a che non raggiunse il centro della stanza.
James, come tutti, la stava fissando, seduto su una sedia.
Poi, Nick le si avvicinò, velocemente.
"Tutto bene?", chiese, aggrottando la fronte, preoccupato.
"Mmh hmm", ribatté lei, nervosa, senza togliere gli occhi di dosso a Jaime, che nel frattempo si era alzato.
"Andrai benissimo, non devi preoccuparti...", sussurrò ancora il moro, sfiorandole un braccio.
Nina gli lanciò un'occhiata, prima di avvicinarsi a James.
"Sono qui", disse, a voce alta, cercando di non sembrare tesa.
Il ragazzo fece un cenno con la testa e sembrò quasi abbozzare un sorriso, poi le indicò un tavolo al loro fianco.
"Scegli la tua arma", disse, tranquillo, mettendo le mani dietro la schiena.
Nina osservò le varie armi sotto i suoi occhi, indecisa.
"Beh? Cosa stai aspettando?", continuò lui, mettendole ancora più pressione.
Nina lo guardò, aggrottando la fronte.
"Tu non ne scegli una?", mormorò, pensando che almeno il vantaggio di sapere cosa avrebbe dovuto affrontare avrebbe potuto concederglielo.
James non batté nemmeno ciglio, restò immobile, con la solita espressione calma.
"Oh, prenderò la tua", ribatté soltanto.
La ragazza fece una smorfia, irritata dalla sua presunzione, ma smise di discutere e sfiorò gli oggetti sul tavolo, prima di afferrare una spada leggera.
Se la passò tra le mani e decise che poteva andare. Quindi, si mise in posizione di attacco, ma non si mosse.
"Fai la tua mossa, ragazzina. Sto aspettando", fece il lupo.
Nina corse verso di lui per colpirlo, ma James si scansò di lato, facendole quasi perdere l'equilibrio.
"Mancato", commentò, dandole le spalle, con tono annoiato.
Nina caricò di nuovo e, di nuovo, lui si spostò.
"Combattimi!".
"Oh, lo sto facendo", rispose lui, sorridendo appena.
Nina sbuffò e lo attaccò, inutilmente.
"Dovrai fare di più di così, principessa".
Lei si irritò e tornò alla carica, sbuffando.
"Non chiamarmi così!", esclamò, dando l'ennesimo colpo a vuoto.
"Non è quello che sei? Una piccola principessa spaventata?".
"Non...sono...spaventata!", gridò lei, tirando per ogni parola un colpo.
"Sicuramente non da te!", aggiunse, facendo roteare la spada.
"Mancami un'altra volta e ti ucciderò", fece lui, portando le mani dietro la schiena, tornando fermo dopo aver evitato il fendente.
Nina serrò le mani sull'elsa della spada, cercando di riprendere fiato, ma a forza di attaccarlo era sfinita, mentre lui non sembrava affatto provato.
Non era pronta per morire, ma non sapeva se sarebbe riuscita a colpirlo.
L'unica alternativa era quella di mollare la prova.
Beh, sarebbe stata cacciata e non avrebbe più rivisto Rick e Anna.
A quel punto, che senso avrebbe avuto vivere?
Digrignò i denti e caricò il ragazzo, ma, questa volta, lui non si spostò.
Con una mano le bloccò il polso e con l'altra la disarmò con estrema facilità, facendole perdere l'equilibrio.
Nina si ritrovò a terra in un attimo. Si scambiarono un'occhiata.
Jaime puntò la spada verso di lei e le poggiò la lama alla gola.
Una leggera pressione e avrebbe potuto finirla, ma indietreggiò e passò la spada all'altra mano, tendendole la destra.
Nina aggrottò la fronte.
"Non mi hai ucciso", disse, più a se stessa che a lui.
"No, ho mentito", ribatté Jaime, aiutandola ad alzarsi.
"Ma ho comunque perso, non ho superato la prova", mormorò la ragazza, mentre ancora si stringevano la mano.
"E questo chi l'ha detto?".
"Mi hai battuto in combattimento, non era questo l'obiettivo della prova? Batterti?".
"Il tuo talento non è combattere, il tuo talento è il coraggio, che è di gran lunga più importante per me", concluse lui, andandosene.
Nina schiuse le labbra, scioccata da quella frase.

James tornò nelle sue stanze, non era in vena di vedere nessuno.
Si sciacquò il viso, togliendosi la maglietta.
"Bello spettacolino quello di poco fa...", commentò Rose sdraiata sul letto, facendolo voltare.
Sbuffò, poi tornò a lavarsi.
"Mi ha fatta davvero eccitare".
"Sparisci, non adesso".
"Vieni qui e fammi andare via", sibilò la rossa, sensualmente.
"Vattene, non farmelo ripetere".
"Mmh, va bene, ma ti avverto: sono annoiata. Potrei parlare a sproposito".
James si irrigidì e si scagliò su di lei, bloccandola per il collo.
"Non minacciarmi, Rose, perché ti ucciderò", sputò, stringendo la presa.
Rose rise.
"Come se ne fossi capace", ribatté, mordendogli il labbro inferiore quando lui la lasciò andare.
James gemette appena e si allontanò, passandosi una mano sulle labbra, rosse di sangue.
Si rimise in piedi e la fulminò con lo sguardo.
"Potresti darmi quello che voglio davvero", riprese lei, giocherellando con una ciocca di capelli.
"Ora non è il momento, devi smettere per un attimo di pensare alla vendetta, Rose".
La rossa si mise seduta e assunse un'espressione piena di odio.
"E come posso? Guarda come mi hanno ridotta; non riesco a provare un'emozione positiva, non sono nemmeno viva. L'unico che mi aiuta a ricordare cosa si provasse sei tu. Senza di te, non sono niente. Non augurerei questa sorte al mio peggior nemico, nemmeno a loro. Ma li voglio morti. Voglio poter ballare sui corpi freddi di Adrian e Lucien. Non dirmi che non devo pensare alla vendetta quando non riesco a provare nient'altro che rabbia".
Rose si alzò e gli si avvicinò, livida.
"Il guerriero perfetto, mi aveva definita Lucien: colui che non prova altro che rabbia nei confronti del nemico. Beh, adesso lui e suo fratello sono il nemico. E non mi darò pace fino a che non saranno morti!", esclamò, lanciando un grido rabbioso.
James abbassò gli occhi, certo che, se ne fosse stata ancora capace, sarebbe scoppiata a piangere. Sospirò e la strinse tra le braccia.
"Avrai vendetta, Rose. Devi solo essere paziente", sussurrò, lasciandole un bacio sulla fronte.
"Lo sai che la pazienza non è una delle mie doti migliori...ma se...mi inviassi di nuovo là fuori...forse questo mi...".
"Assolutamente no".
"James...".
Jaime scosse la testa, allontanandosi da lei.
"Eri fuori controllo, hai ucciso dei deeta e messo in pericolo molte vite delle nostre con la tua avventatezza", disse, serio.
"Lo so, ma adesso è diverso. So controllarmi".
"No, non è così".
Rose sospirò e si sedette sul letto.
"Allora lascia che parli con qualcuno della mia situazione. Nessuno mi capisce, mi guardano come se fossi pazza, ma se sapessero...", mormorò, guardandolo.
James si sedette accanto a lei.
"Non è una buona idea".
"Non direi nulla di te, solo di quello che hanno fatto a me", riprovò la rossa, stringendosi nelle spalle.
"Rose, avrebbero paura. E lo sai".
"E allora cosa?".
"Allora cerca di essere paziente".

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

"Dimmi che non sono impazzita e quello a cui ho assistito è successo veramente", esclamò Nina, confusa, facendo avanti e indietro per la sala, che nel frattempo si era svuotata se non per lei e Nick.
Il moro la guardò e sorrise.
"Te l'avevo detto".
Lei alzò le sopracciglia.
"James è una brava persona".
Nina ridacchiò sarcasticamente.
"Oh, andiamo! Sai di non essergli particolarmente gradita, aveva la scusa per mandarti fuori e invece non l'ha fatto. In più, ti ha anche fatto un complimento".
"Un complimento? Sì, dopo avermi atterrata e avermi puntato una spada alla gola".
Nick rise, divertito.
"Beh, non è bravo con i complimenti", disse, poi, prendendola per mano per bloccare la sua camminata nervosa.
Nina si morse il labbro, lanciando un'occhiata alle loro dita intrecciate, poi lo guardò.
"Ti va di festeggiare questa vittoria?", chiese lui, avvicinandosi di più, senza lasciarla andare.

Nina si svegliò, stiracchiandosi appena, e si mise a sedere per poi lanciare un'occhiata all'altro lato del letto: Nick dormiva tranquillamente.
Non riuscì a fare a meno di sorridere come un'ebete.
Avevano passato un pomeriggio indimenticabile e non si era mai sentita così viva, i momenti che aveva passato con lui le avevano fatto dimenticare completamente qualsiasi altra cosa. Non si era sentita così libera da molto, troppo tempo.
Si alzò lentamente, cercando di non svegliarlo e si rivestì, uscendo dalla camera di lui.
Accostò la porta cercando di non fare rumore e quando si voltò si ritrovò davanti a James, che la guardò, confuso.
"Oh", disse poi, abbassando appena gli occhi con sguardo malizioso.
"Che c'è?", sbottò lei, acida. Era riuscito a rovinarle anche quel momento.
"Niente, è solo che non ti facevo il tipo...", rispose lui, facendo un sorrisetto.
Nina si strinse tra le braccia, a disagio.
"Che tipo?", sbottò.
Lui la guardò con fare evidente, facendola arrossire.
"Non...cosa? Non sono...Nick mi piace veramente veramente tanto", mormorò, deglutendo a fatica, indignata da quell'accusa.
"Ah", fece lui, annuendo con la testa.
"E...a lui piaci veramente veramente tanto o sta con te solo perché gli ho chiesto di controllarti?", commentò Jaime, fissandola con sfida.
Nina schiuse le labbra, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
"Cosa...?", chiese con un filo di voce.
"Già, non te l'ha detto? Gli ho chiesto di controllarti e ho messo in chiaro che qualsiasi cazzata tu possa fare ricadrà su di lui. Immagino abbia trovato un bel modo per essere ripagato".
Nina perse il controllo, di nuovo, e gli tirò uno schiaffo.
Non le importava nemmeno delle conseguenze, non gli avrebbe permesso di continuare ad umiliarla in quel modo.
Schiuse le labbra quando il ragazzo la guardò, ma stranamente lui non era arrabbiato, anzi, sorrise e guardò alle spalle di lei.
"Nina...che succede?", chiese Nick.
Lei si voltò con le lacrime agli occhi.
"E' vero?", chiese, sull'orlo del pianto.
Nicholas aggrottò la fronte, confuso.
"L'unico motivo per cui stai con me è perché te l'ha chiesto lui?".
Nick guardò James.
"Che le hai detto?".
"No, non fare come se non fossi qui!", esclamò lei, avvicinandosi di più al moro.
"E' vero?", ripeté, dura.
"Non è quello che sembra".
"Ti ha chiesto di tenermi d'occhio o no?", gridò, fuori di sé.
Nick abbassò gli occhi.
"Wow, immagino di avere la mia risposta", concluse, correndo via.
"Nina!", la richiamò lui inutilmente. Poi si passò una mano sul volto e guardò James, che continuava a sorridere.
"Sei serio? Cos'è? Una punizione per quello che ho detto l'altra sera?", sbottò, pieno di rabbia.
James scosse la testa.
"Una punizione? Fidati, ti sto dando una mano".
Nicholas annuì con la testa, disgustato.
"Ne ho abbastanza", disse.
"Ne ho abbastanza dei tuoi giochi", borbottò, andandosene.

Nina se ne stava seduta per terra, assente, a giocherellare con un lembo della sua manica.
"Posso sedermi?".
Nick non la spaventò, nonostante fosse assorta nei suoi pensieri. Alzò un attimo gli occhi, mentre riconosceva il suono della sua voce calda, ma lo ignorò.
Il moro esitò un attimo, poi si sedette, schiarendosi la voce.
"Ti prego di non ascoltarlo...", disse, sospirando.
Nina continuò a ignorarlo, ma quando lui fece per parlare di nuovo, lo interruppe.
"Quindi adesso non devo ascoltarlo? Fino a due secondi fa non facevi altro che ripetermi il contrario", ribatté, calma, ma con una nota di velato sarcasmo che faceva trapelare quanto in realtà fosse innervosita.
"Intendo solo che non sa niente di noi due...".
"Noi due? Nick, abbiamo scopato. Fine", sbottò la ragazza, digrignando i denti. Non credeva ad una sola parola, ma si costrinse ancora a non guardarlo perchè non sapeva se sarebbe stata in grado di resistere al suo sguardo.
"Sai che non è vero. Non è vero, Nina. Io...".
"Ci conosciamo da pochissimo...".
"Non ha importanza...".
"Sì, invece. Finiamola qui prima che uno dei due si prenda un'inutile sbandata", sussurrò Nina, stringendosi tra le braccia.
"Troppo tardi".
Finalmente, incrociò il suo sguardo. Quegli splendidi occhi verdastri l'avevano attratta dal primo momento e sapeva bene che era finita nel momento in cui lo aveva guardato.
"Per favore, non prenderti gioco di me". disse, con un filo di voce.
Nick le sorrise, scostandole una ciocca di capelli dal volto.
"Non potrei mai".
Nina sospirò e appoggiò la testa alla sua spalla.
"James mi odia...".
"No, non ti odia", ribatté lui, circondandola con un braccio.
"Sicuramente farà qualcosa per dividerci", continuò la ragazza, come se lui non avesse parlato.
"Può provarci...".

Aline stava discutendo con James su alcune armi nell'armeria.
Richard li aveva osservati per un po', incerto sul da farsi. Non voleva disturbare ma allo stesso tempo non riusciva a stare lontano da lei.
Si fece coraggio e si avvicinò distrattamente, facendo cadere un martello e qualche altro attrezzo da una mensola e facendo voltare i due ragazzi.
"Sc-scusate", balbettò, arrossendo violentemente mentre risistemava quello che aveva buttato a terra. Si schiarì la voce e sorrise appena.
"Che fate?", chiese, sperando di allontanare l'attenzione dalla sua goffaggine.
"Ho chiesto a Jaime un parere su un'arma che potrei imparare ad usare. Che ne pensi?", disse Aline, facendo roteare con grazia un nunchako in ebano.
"Sei molto...abile", mormorò lui, sparando la prima cosa che gli venne in mente.
James ridacchiò, ma Aline sorrise soddisfatta.
"Non cosa ne pensi di lei, ma del nunchako", commentò il lupo, divertito.
"Oh...ehm...figo...".
Jaime fece un ghigno.
"Beh, io sono abile, non c'è dubbio a riguardo", ribatté Aline, sorridendo gentilmente verso Richard. Poi si voltò verso James e gli attorcigliò l'arma dietro il collo, tenendola con entrambe le mani.
"O tu pensi forse il contrario?".
"Penso...che tu ti debba allenare...e sembra che tu abbia trovato un compagno", disse lui, liberandosi e indicando Rick, che schiuse le labbra.
Aline perse un po' di entusiasmo.
"Credevo che mi avresti allenata tu", disse, delusa.
"Io ho un sacco di cose da fare, al contrario del tuo amico qui, che ti segue da tutto il pomeriggio", commentò James, sorridendo, mentre se ne andava.
Richard, rosso in viso, si morse il labbro.
Aline sbuffò.
"Senza offesa, ma non mi sembri la persona più adeguata per combattere", disse, mentre posava il nunchako e gli dava le spalle.
"Io...posso combattere...più o meno...qualche volta ho usato la spada...non sono bravo come te, ma potresti insegnarmi...".
"Devo allenarmi, non insegnare a te!", esclamò lei, voltandosi.
Era indubbiamente irritata e Richard sapeva anche perché.
"Volevi stare con lui e ho rovinato tutto. Mi dispiace", disse, abbassando la testa.
Aline si lasciò cadere, appoggiandosi alla parete e sospirò.
"Devi pensare che sia un'idiota. Jaime non mi vorrà mai".
Richard si avvicinò e si sedette vicino a lei.
"Non possiamo scegliere chi amare".
Aline annuì amareggiata.
"Oh, quanto sarebbe più facile se potessimo", esclamò, mordendosi il labbro tremolante.
"Lo so...".
Aline lo guardò e sorrise appena.
"Mi dispiace se sono scattata, non te lo meritavi. Sei sempre gentile con me e mi metti di buon umore", commentò, appoggiandosi alla sua spalla.
Rick sorrise e schiuse le labbra per dire qualcosa ma il suo cervello non riuscì a elaborare una frase di senso compiuto.

"Allora...stiamo insieme?", chiese Nina, mentre tracciava linee invisibili con un dito sul petto nudo di Nicholas. Il ragazzo, sdraiato sul suo letto con un braccio dietro la testa, le sorrise, sfiorandole una guancia.
"Pensavo che passassimo del tempo insieme perché me l'ha ordinato Jaime", borbottò, alzando le spalle. Nina gli tirò un colpetto sul braccio.
"Sì, stiamo insieme", la rassicurò, lasciandole un bacio umido sulle labbra.
Nina sorrise e fece per baciarlo di nuovo, quando la porta si aprì improvvisamente, facendoli separare di scatto.
James entrò, di fretta, quando poi vide che Nick non era da solo, tirò su gli occhi.
"Non hai mai imparato a bussare?", sbottò Nina, incrociando le braccia.
"Perché dovrebbe quando non gli importa niente di rispettare gli altri?", ribatté Nick, tagliente.
"Mi servi sul campo, Nick, non ho tempo per bussare", rispose James, ignorando quel commento.
"Beh, trovati qualcun altro. Io non ho tempo per te".
Nina guardò Nicholas con ammirazione, poi sorrise, vittoriosa, e portò gli occhi su James.
"Possiamo parlare in privato?", fece il lupo, evitando lo sguardo della ragazza.
"Qualsiasi cosa sia, puoi dirla davanti a lei", sbottò Nick, duro.
"Bene. Il bunker è compromesso. Kayla ha scoperto che un gruppo di soldati e di deeta si sono radunati in un edificio a qualche isolato da qui. E' solo questione di tempo prima che ci scoprano".
Nick e Nina si guardarono, cambiando espressione. Poi il ragazzo si alzò, rimettendosi la maglietta.
"Qual è il piano?", chiese, avvicinandosi a James, che fece per uscire dalla stanza e rispondergli ma si bloccò quando vide che Nina li stava seguendo.
"Woah woah woah, dove credi di andare?", disse, bloccandole l'uscita con un braccio.
"Vengo anche io", rispose lei, con fare ovvio, poi lanciò un'occhiata a Nick per avere il suo appoggio, ma lui scosse la testa.
"Oh, andiamo!", esclamò, irritata.
"Non sei pronta e non ho bisogno che Nick si preoccupi per te mentre siamo là fuori".
"Vengo con voi e se vuoi impedirmelo, dovrai farlo con la forza", sibilò lei a denti stretti, guardando male James, che sbuffò. Poi si voltò verso Nick.
"Lascerai che mi leghi ad un albero e mi torturi?".
"Vuoi morire? Benissimo, lungi da me impedirtelo. Forza, muovetevi, non abbiamo tempo da perdere", sbottò James, voltandosi.
Nina schiuse le labbra, poi guardò appena Nicholas e insieme lo seguirono.
"Dove stiamo andando? Credevo che l'uscita fosse di là...?", mormorò Nina, mentre scendevano lungo una scalinata che non aveva mai preso.
"Non andiamo a piedi, prendiamo un rover", rispose James, aumentando il passo.
"Rover? Intendi...un'aut-", non finì la frase che si ritrovarono in un enorme garage pieno di auto, furgoni e moto, ma anche armi e attrezzature.
"Che ci fa lei qui?", fece poi una voce, non molto lontana.
Aline li stava osservando, accostata ad un rover, mentre si sistemava la lancia in spalla.
Nina pensò che si stesse riferendo a lei, ma quando seguì lo sguardo di Aline riconobbe Rose. Non l'aveva mai vista così, era ancora più bella del solito, sembrava brillare di una luce propria.
Sorrise, avvicinandosi.
"Potrei fare la stessa domanda, ma poi, in realtà, non mi importerebbe della risposta dato che non mi importa un cazzo di te".
Aline fece per scattare, ma James le mise una mano sulla spalla.
"Vediamo di comportarci bene, mmh?".
"Perché c'è anche lei?", continuò Aline, guardando James dritto negli occhi.
"Perché è un'ottima risorsa e perché lo dico io. Hai intenzione di contestarmi?".
La mora fece una smorfia disgustata, lanciando un'occhiataccia a Rose, poi salì in auto senza dire una parola.
James guardò gli altri, poi si mise al posto del guidatore e Rose lo affiancò, mentre Nick e Nina si sistemarono dietro accanto ad Aline.
Il moro strinse la sua mano e si scambiarono uno sguardo. Aline aggrottò la fronte, ma evitò di fare domande perché non voleva essere zittita di nuovo da James, né sembrare una bambina ai suoi occhi.
"Quindi...cosa hai in mente?", chiese Nick, forse più per interrompere il silenzio creatosi che per conoscere il piano.
James strinse la mano sul volante mentre sterzava.
"Facciamo saltare il palazzo con dell'esplosivo", disse, concentrato sulla strada.
"E le persone all'interno?", mormorò Nina, aggrottando la fronte.
James le lanciò un'occhiata interrogativa dallo specchietto, alzando le spalle.
"I deeta? Hai intenzione di farli saltare in aria?".
"Meglio loro che noi", sbuffò Rose, mentre tamburellava le dita sul vetro.
"No, non possiamo...".
"Hai un'idea migliore, principessa?", sbottò il lupo, guardandola. Una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte, scappata al codino, e gli incorniciava il volto scopito, gli occhi chiari la scrutarono a fondo, prima di tornare sulla strada.
"Li facciamo evacuare prima di far saltare tutto. Possiamo usare del gas lacrimogeno, forse usciranno se penseranno che sia un attacco".
Il silenzio invase di nuovo il rover, poi James sospirò, facendo schioccare la lingua.
"Se dovessimo morire per questo, saprete tutti chi incolpare".
Lasciarono il rover non molto lontano dall'edificio, ma abbastanza perché non potesse essere visto.
"Ok, Nick e Aline, voi pensate al gas e all'esplosivo, noi li attiriamo fuori e cerchiamo di distrarli. Una volta che tutto è saltato ci ritroviamo qui...".
"Neanche per sogno, io vado con Nick", sbottò Nina, scuotendo la testa.
"Tu fai quello che ti dico io perché sono io al comando e se non ti sta bene puoi aspettare al rover", sussurrò James, freddo.
Nina incrociò le braccia ma si trattenne dal ribattere.
"Bene, Nick...prendi questa", disse lui, passando al moro una pistola.
"Usala solo in caso di necessità. Non abbiamo proiettili da sprecare".
Nicholas annuì e si allontanò con sua sorella.
James fece cenno alle due ragazze di seguirlo e si fermarono quando arrivarono fino a due auto abbandonate in mezzo alla strada. Si inginocchiarono per nascondersi.
"Ok, Nina userai l'arco, se non ricordo male ne sei più che capace. Qui dietro dovresti essere al sicuro. Rose, tu vieni con me in avanscoperta. Niente regole, uccidiamo quanti più bastardi che possiamo. Non i deeta", aggiunse, guardando Nina, che annuì con la testa. Rose fece un cenno d'assenso e loro due si avviarono cautamente verso la piazza davanti all'edificio.
Nina prese un lungo respiro, incoccò e scoccò: la freccia andò a piantarsi dritta nella spalla di un soldato delle FAWW, che cadde a terra, urlando.
Altri accorsero e in quel momento James e Rose uscirono allo scoperto, iniziando ad attaccare con la spada.
Nina non aveva mai visto nessuno combattere con tanta grazia, sembrava quasi che danzassero. E i nemici non riuscivano nemmeno a sfiorarli.
Rose aveva fatto almeno quattro vittime, James, forse, il doppio, quando Nina uscì dalla sua trance e tirò di nuovo l'arco. Abbatté un nemico che stava per raggiungere Rose alle spalle, poi uno dei tre che James stava affrontando.
Non sembravano esserci deeta nei paraggi ed era un sollievo non doversi preoccupare di colpire qualche innocente. Nina non si era mai sentita così...così vicina alla vendetta. Non l'aveva nemmeno mai ricercata, ma adesso che ne aveva avuto un assaggio, sembrava non essere abbastanza.
Si tirò in piedi, continuando a scoccare e colpire, implacabile, assetata.
Quella postazione non era più abbastanza, voleva di più.
Uscì dal nascondiglio, continuando a colpire i nemici mentre avanzava.
"Nina che cazzo stai facendo? Torna indietro!", gridò James, mentre tirava un calcio ad un soldato e ne colpiva un altro con l'elsa della spada.
"Si fara ammazzare!", commentò Rose, estraendo uno dei suoi pugnali da un cadavere.
Poi qualcuno sparò. Quell'unico colpo da arma da fuoco andò a piantarsi nella spalla di Nina, che cadde a terra per il contraccolpo, gridando di dolore.
"Nina!", esclamò James, sgranando gli occhi, poi si guardò intorno. C'erano sempre più nemici e più ne uccidevano e più ne arrivavano.
"James, vai! Vai da lei, li trattengo!", fece Rose, afferrando la spada di un soldato ormai morto per piantarla nel petto di un suo compagno.
"Ce ne sono troppi, saresti scoperta", commentò lui.
"So badare a me stessa, ed è solo fino all'esplosione, poi ci ritiriamo".
James si voltò verso Nina, che si teneva la spalla, dolorante. Era proprio in mezzo alla piazza, senza difese, e se chiunque avesse sparato avesse provato di nuovo avrebbe potuto ucciderla. Fece una smorfia e le andò incontro, proprio mentre si sentì sparare ancora.
Guardò avanti per vedere se Nina fosse stata colpita ancora, ma questa volta il proiettile l'aveva evitata. La raggiunse, facendo pressione sulla sua ferita. Nina gemette.
"Maledizione, Nina!".
"Mi dispiace! Mi dispiace...", sussurrò lei, piangendo. James sospirò.
"Forza, reggiti a me", disse, mettendole un braccio intorno alla vita per aiutarla ad alzarsi.
La condusse di nuovo dietro le auto.
Spararono ancora e Rose gridò.
Era partita all'attacco verso qualcosa o, meglio, qualcuno: il cecchino.
James lo vide, era sopra il tetto di un autobus.
Schiuse appena le labbra e Nina fu certa di aver visto qualcosa attraversargli gli occhi.
"Rose, no!", gridò Jaime, correndo verso di lei, ma la ragazza non sembrava sentirlo.
"Rose!".
Questa volta il colpo non mancò il bersaglio, sibilò nell'aria, senza pietà, e prese Rose in pieno petto. La ragazza fermò la sua corsa all'improvviso, spostò il peso da una gamba all'altra, poi cadde all'indietro.
"No!", gridò James, lanciando uno sguardo al soldato, che sorrise vittorioso, poi raggiunse la rossa e le sollevò la testa.
"Rose...Rose...".
Lei sorrise appena e chiuse gli occhi.
"No, no, no, no, no, no, no. Non morirai, mi senti?", fece James, tirandola su per poi correre e raggiungere Nina.
I soldati li seguirono, ma poi il rumore di una doppia esplosione li fece tornare sui propri passi e nel caos generale si dimenticarono dei tre ragazzi.
"Oh, Dio, sta bene?", chiese lei, disperata.
James non rispose, mentre accarezzava Rose, che aveva riaperto gli occhi, ma era sempre più pallida, del sangue le uscì dalle labbra, scuro, e alzò il braccio, cercando di sfiorare la guancia del ragazzo.
"Li...am", disse, a fatica, tra le convulsioni.
Il braccio le cadde di lato e non si mosse più. Gli occhi castani rimasero aperti a fissare James.
Il ragazzo restò immobile per un attimo, poi si alzò, recuperando il corpo inerme della rossa.
"James...io...". Nina non sapeva cosa dire, ma fortunatamente lui non era in vena di parlare.
"Forza, dobbiamo andarcene. Gli altri ci staranno aspettando".

"Nina!", esclamò Nick, quando la vide, fiondandosi sulle sue labbra, trasmettendole tutta l'ansia che aveva avuto nel pensare che le fosse successo qualcosa.
Poi le sfiorò la spalla, preoccupato.
"Sto bene", tagliò corto, guardando il corpo di Rose tra le braccia di James.
"E'...?", iniziò Aline, scioccata.
James annuì.
Nick schiuse le labbra.
"Fratello, mi dispiace".
"Dobbiamo tornare al campo", disse James, poggiando Rose su uno dei sedili posteriori e sedendosi accanto a lei. Nick lo seguì e Aline si mise al volante.
Nina esitò un attimo prima di sedersi accanto a lei.
Era stata colpa sua se Rose era morta?
Sentì la mano calda di Nick sul braccio.
"Dovresti fare pressione sulla ferita", le disse, premuroso.
"Sto bene", ribatté lei, come un disco rotto.
Ma non stava bene, si odiava e non sapeva se sarebbe stata capace di perdonarsi.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Annabelle le aveva applicato qualcosa sulla ferita e l'aveva fasciata, ma Nina si era rifiutata di prendere degli antidolorifici, sentiva di meritarsi quel dolore, quel promemoria di ciò che il dolce sapore della vendetta le era costato.
Rose era stata portata nella camera di James, su sua richiesta. 
Le erano stati cambiati i vestiti, era stata acconciata e truccata, era bellissima come sempre.
Nina esitò sulla porta, indecisa se entrare o meno.
James era seduto sul letto accanto alla rossa, non poteva vederlo in volto da quella posizione e un po' la cosa la spaventò. Cosa le avrebbe fatto?
Tirò su con il naso e gli si avvicinò.
"Era così bella...", disse, tremolante.
James non si voltò.
"Non era solo bella, sai? Non l'hai conosciuta...Rose era intelligente, forte, divertente...", rispose, alzandosi.
"James, mi dispiace...è stata colpa mia...mi dispiace", balbettò, piangendo.
Il ragazzo la guardò: non aveva pianto, non era arrabbiato, sembrava soltanto stanco e abbattuto.
"Non è stata colpa tua".
"Come puoi dire così? Se io non avessi...".
"Nina, sono loro. Adrian, Lucien...questa guerra. Sono stati loro. Tu non hai colpe", disse, abbassando gli occhi.
"Vai a letto, devi riposare", continuò, voltandosi per andarsene, ma lei lo fermò.
"Chi è Liam?", chiese, ricordandosi del nome che aveva invocato Rose prima di morire.
James si bloccò per un attimo, poi alzò le spalle.
"Non lo so", disse, ma nella sua voce c'era qualcosa di strano.
Evitò di guardarla e la ragazza si sentì di troppo, si morse il labbro e se ne andò silenziosamente.
James prese un lungo respiro, anche perché gli sembrava di non aver preso fiato durante tutta la conversazione.
"Che cosa voleva?", fece una voce, cogliendolo alla sprovvista.
Il ragazzo si voltò per riconoscere Aline; era ferma sulla porta, ansiosa di essere invitata dentro, ma Jaime le dette le spalle.
"Niente", disse, freddo. Non che volesse essere distante, ma non aveva più voglia di parlare. Né di Rose, né, tantomeno, di Nina.
Incrociò le braccia, sperando di udire i passi della mora che si allontanavano, ma, invece, la sentì avvicinarsi.
"Mi dispiace...".
James sbuffò.
"Ti prego", iniziò, sarcastico.
"Odiavi Rose".
Aline sospirò, facendosi sempre più vicina.
"Ma tengo a te, lo sai".
"Più di quanto io voglia".
Il biondo sbuffò di nuovo, ancora volutamente duro. Ma la ragazza ignorò quel commento e gli sfiorò le dita con le sue.
Jaime la guardò, stanco, lasciandola avvicinare più di quanto avesse calcolato.
Aline sorrise tristemente e gli accarezzò la guancia.
"Odio vederti così", disse, facendo scorrere gli occhi su ogni suo lineamento.
Poi fece per baciarlo, ma lui si tirò indietro.
"Non ho le forze per resisterti, Aline. Non stasera".
"Allora non resistermi", ribatté lei, mettendogli una mano sul petto.
James si irrigidì, Rose era stata l'ultima a toccarlo in quel modo e non poteva ancora credere che non l'avrebbe più fatto.
Indietreggiò appena, sempre meno sicuro di sé.
"Voglio solo accertarmi che tu stia bene", ribatté Aline, scuotendo i lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle. Non avrebbe potuto essere più diversa da Rose. Eppure...
"Sto bene, ma non sono responsabile delle mie azioni", disse, scrutandola a fondo.
Aline percorse i lineamenti del suo viso con gli occhi scuri cerchiati dalla stanchezza, fermandosi più e più volte sulle sue labbra.
"Non mi faresti del male", sussurrò, tirando su con il naso.
Il ragazzo sorrise appena, senza alcuna gioia in quell'espressione.
"Non era quello che intendevo".
Il silenzio avvolse la stanza, il respiro di Aline era l'unica cosa che si sentiva, James sembrava quasi non respirare affatto.
"Ti farebbe stare meglio", disse lei, dopo qualche secondo.
"Dopo mi farebbe stare sicuramente peggio...", aggiunse lui, scuotendo la testa.
Aline gli si avvicinò di nuovo, sfiorandogli la guancia, sempre scrutandolo avidamente.
"E ora?", chiese, facendo scorrere la mano sul suo collo tirato.
Il ragazzo deglutì a fatica. Aveva la gola secca, chiuse gli occhi per un secondo, poi si fiondò sulle sue labbra.

Annabelle si tolse i guanti e sorrise, contornando il suo bel faccino di due buffe fossette. 
"Sembra che il riposo ti abbia fatto bene, la ferita si è quasi rimarginata", disse, guardando sua sorella.
Nina si alzò dallo sgabello su cui era seduta e si rallegrò a sua volta, lanciando un'occhiata verso Nick.
Il ragazzo aveva insistito che si facesse controllare ogni giorno, ma sembrava ancora preoccupato.
"Non vorrei che si infiammasse".
"Sono passate due settimane, sto bene", ribatté lei, mentre si rimetteva la maglietta.
"Non preoccuparti, Nicholas, il proiettile non ha fatto grossi danni e mia sorella è più forte di quanto sembri".
"A proposito di sorelle, dovresti controllare la tua", commentò Nina, lasciandogli un bacio sulla guancia, per poi andarsene.
"Aline sta male?", chiese Annabelle, guardando Nicholas come se fosse pronta ad intervenire da brava crocerossina.
Nick sospirò.
"No", disse, ma la verità era che non ne era affatto sicuro.
Se ne andò dall'infermeria e si diresse verso la camera di Aline.
Aveva provato a parlarle nei giorni precedenti, ma sembrava che lei non avesse mai lasciato la sua stanza e non gli aveva mai aperto.
Quando arrivò, trovò Rick appoggiato al muro accanto alla porta.
Sospirò, scocciato. Doveva per forza provarci con sua sorella?
Richard si alzò velocemente appena lo vide e si schiarì la voce, imbarazzato.
Nick lo ignorò e bussò alla porta.
"Non c'è, ho già provato", mormorò Rick, sistemandosi gli occhiali.
"Oh, sì che c'è. Sta ignorando tutti, ma è l'ora di finirla".
Bussò di nuovo, sempre più forte.
"Aline, sono preoccupato, e non sono l'unico", disse, lanciando un'occhiata rassegnata a Richard, che abbassò appena la testa.
"Sono giorni che te ne stai rinchiusa! Esci fuori o butto giù la porta!", gridò, irritato.
All'inzio non ci fu alcuna risposta, poi ci furono dei rumori strani. Poi, dei passi.
"Aline? Sono serio".
La ragazza fece capolino da dietro la porta poco dopo, tenendola comunque socchiusa.
Aveva i capelli arruffati ed era vestita soltanto di una vestaglia rossa.
"Non hai nient'altro da fare che disturbare me?", chiese, nervosa.
"Beh, non ti disturberei se avessi dato segni di vita nelle ultime due settimane".
Aline roteò gli occhi.
"Sono stanca, ok?", borbottò, poi sembrò finalmente accorgersi di Richard e abbassò la testa, imbarazzata forse dal suo aspetto. O forse da qualcos'altro?
Nicholas ignorò quell'ultima frase e aggrottò la fronte.
"C'è qualcun altro con te?", chiese, sospettoso.
"Cosa?", mormorò Aline, stringendosi nella vestaglia con la mano che non teneva alla porta.
"C'è qualcun altro con te?", ripeté suo fratello, scandendo bene ogni parola come se fosse sorda.
Aline deglutì a fatica e scosse la testa.
"No, sono sola e sono stanca, ora che avete controllato che sto bene, potete anche andare".
"Non sei mai stata brava a mentire", mormorò Nicholas, appoggiando una mano alla porta per aprirla. Lei oppose resistenza.
"Nicholas!", esclamò, lanciandogli un'occhiata furente.
"Ci ha scoperti, Aline...non ha senso continuare a mentire", fece una voce all'interno della camera. La ragazza chiuse gli occhi e prese un lungo respiro, lasciando che la porta si aprisse e rivelasse James.
Nick schiuse le labbra, furioso, ma la cosa che fece stare peggio Aline fu l'espressione di Richard. Il ragazzo sembrava sull'orlo del pianto, ma allo stesso tempo sembrava aver finalmente superato ogni sentimento che avesse mai provato per lei. Se ne andò senza dire niente.
Aline aprì la bocca per dire qualcosa, ma suo fratello le bloccò la visuale.
"Per favore ditemi che sto sognando e questo è solo un terribile incubo", disse lui, livido, alzando un dito.
Aline lo ignorò, cercava ancora di riuscire a vedere Richard.
"Nick...", iniziò Jaime, ma il ragazzo non lo fece finire.
"Soltanto due settimane da quando Rose è morta e già cerchi di far di Aline la tua nuova puttana?".
A quel punto, sua sorella sembrò risvegliarsi dalla trance in cui era entrata.
"Non hai alcun diritto di...".
"Non è quello che sta succedendo qui? O pensi che ti scopi perché ti ama?", la interruppe lui, l'espressione furiosa che gli deturpava il viso angelico.
"Se lo pensi sei cieca o più probabilmente stupida".
Aline lasciò cadere una lacrima, ma questo non impedì a Nicholas di  continuare.
"Non gli importa un cazzo di te e, ovviamente, nemmeno di me o di Rose, l'unica persona a cui James tenga veramente è se stesso".
"Ha provato a fermarmi, ma io...".
"Perché non vieni fuori e la smetti di nasconderti dietro di lei?", la interruppe di nuovo Nick, portando l'attenzione sul lupo.
"Non ho intenzione di battermi con te, Nick".
"Vieni. Fuori", ripeté il moro, digrignando i denti.
Jaime sospirò e fece un passo in avanti, ma Aline gli bloccò il passaggio con un braccio.
"Se vuoi essere arrabbiato con qualcuno, arrabbiati con me, dai la colpa a me, affronta me perché sono stata io ad approfittarmi di lui se proprio vuoi saperlo!", esclamò la ragazza, in lacrime.
James mise le mani sulle sue spalle e la spostò delicatamente di lato, per uscire dalla stanza. Nicholas non aveva smesso un attimo di guardarlo in cagnesco.
"Fai del tuo peggio", sussurrò il lupo, guardando l'amico senza alcuna emozione visibile in volto.
Nick strinse i pugni, sbuffando come un toro inferocito, poi si fiondò su di lui con quanta più rabbia e violenza possibili, mentre Aline lo supplicava di smettere.
James non si mosse, prese fino all'ultimo calcio e cazzotto come se fosse il vento ad abbattersi su di lui.

Nina roteò su se stessa con una spada in mano e fece qualche passo in avanti, colpendo l'aria un paio di volte.
La spalla le faceva ancora un male cane, ma se voleva che Nicholas la finisse di starle addosso doveva fingere che non fosse così. Quando fece per attaccare di nuovo, qualcuno entrò a passo spedito nell'armeria, facendola fermare.
James la ignorò, avvicinandosi alle armi. Aprì un armadietto chiuso da un vecchio lucchetto e recuperò le sue due spade, poi si mise in spalla un arco.
Nina schiuse le labbra, scrutandolo. Aveva lividi ed escoriazioni sul viso e lungo le braccia.
"Cos'è successo?", chiese, sconvolta. 
A parte alcune cicatrici di vecchie battaglie, non l'aveva mai visto ridotto così e la cosa la turbò più di quanto avrebbe potuto pensare.
James non rispose mentre nascondeva un coltello sotto i pantaloni alla caviglia e ne inseriva un altro nella cintura.
"Chi è stato? Dio, ti sei ridotto così da solo?", mormorò lei, avvicinandosi.
"Da quando ti importa?", ribatté lui, dandole le spalle.
"Forse ti interesserà sapere che non sono una stronza senza cuore e vedere qualcuno ridotto così...".
"Sto bene, è solo scena. Niente di preoccupante", la interruppe lui, facendo schioccare il collo.
"Dove stai andando in quelle condizioni?", fece la ragazza, seguendolo mentre se ne andava dall'armeria.
"Ho bisogno di uccidere qualcosa", ribatté lui tra i denti.
"Non puoi uscire così!".
"Oh, e sarai tu a fermarmi?", sbottò Jaime, voltandosi per un attimo a guardarla.
"So di non poterlo fare, ma almeno lasciami venire con te".
James scosse la testa, aumentando il passo.
"E dare a Nick una ragione in più per odiarmi?".
"E' stato Nick a ridurti così?", chiese lei, deglutendo a fatica.
La cosa peggiore era che gli credeva. Nicholas era cambiato ed era sempre arrabbiato per qualcosa.
James non rispose mentre percorreva la scalinata che conduceva fuori dal bunker, ma non disse neanche più niente per fermarla.
Erano più di due settimane che non uscivano e il vento fresco primaverile inondò i loro polmoni di aria pulita.
Si diressero ad ovest, verso i boschi, provocando il minimo rumore sull'asfalto vecchio delle strade della città.
Gli uccellini fischiettavano allegramente, accompagnandoli nella loro passeggiata.
Nonostante il timore di un attacco improvviso, Nina si lasciò andare ad una sensazione di pace.
Jaime camminava più velocemente di lei e aveva guadagnato terreno, perciò dovette correre per raggiungerlo.
"Cosa hai fatto a Nick per farti conciare così?", chiese, curiosa, mentre osservava i lividi sul suo braccio destro.
"Non dobbiamo per forza fare conversazione, sai?".
"Oh, assecondami", ribatté lei, alzando un sopracciglio.
James sbuffò, ma poi si scoprì a ridacchiare.
"Perché vuoi saperlo? Vuoi anche tu una ragione per picchiarmi?".
"Come se me ne servisse un'altra", sbottò lei, acida, ma al tempo stesso divertita.
"Cosa hai fatto?".
"Non cosa...chi. Sua sorella".
Nina spalancò la bocca e si bloccò di scatto, incredula, poi dovette correre di nuovo per raggiungerlo.
"No...a cosa pensavi?".
"Che mi facesse stare meglio", sbottò lui, sospirando.
La ragazza aggrottò la fronte.
"Credevo che stessi bene", mormorò, dando una patetica imitazione della voce di lui.
In risposta, James la guardò male, ma poi fece spallucce.
"Ovviamente non è così", disse, riprendendo a camminare.
Nina rimase un attimo in silenzio, elaborando i pensieri.
"E perché hai deciso improvvisamente di dirmelo?".
"Beh, perché altrimenti non la smetti di tormentarmi e...poi non mi importa cosa pensi", mormorò lui, sospirando.
"Oh, wow, non so se essere lusingata od offesa", borbottò lei, facendo una smorfia confusa. 
Jaime ridacchiò.
"E...la ami?", continuò lei, curiosa.
James alzò le sopracciglia e prese un lungo respiro.
"Come una sorella, il che è abbastanza inquietante da dire adesso...", commentò.
Entrambi scoppiarono a ridere e risero di gusto per un po'.
"Visto che siamo in vena di chiacchiere, come mai sei qui fuori con me?".
"Avrei dovuto lasciarti venire da solo, così?", rispose lei, osservando le sue ferite.
Jaime la osservò con fare ovvio e lei sbuffò.
"Ok, volevo un attimo di respiro da Nick. Non fraintendermi, lui mi piace e ci tengo, ma...".
"E' soffocante", la anticipò il lupo, scostandosi una ciocca argentea dietro l'orecchio.
Nina annuì con la testa, senza smettere di fissarlo.
"Gli ho detto che sto bene e la spalla è guarita del tutto, ma mi sta addosso continuamente", borbottò la ragazza, sbuffando ancora.
Jaime si fermò, scrutando tra la vegetazione.
"Ed è così davvero?", chiese, continuando a passare gli occhi tra i cespugli.
"Cosa?".
"La spalla? E' guarita?", riprese lui, lanciandole appena uno sguardo, per poi tornare a guardarsi intorno.
"Beh...no".
James la guardò ancora e questa volta rimase con gli occhi puntati nei suoi, senza una vera e propria espressione decifrabile.
"Ma lui non può saperlo".
"Hai dolore?", chiese ancora lui, passando gli occhi sulla sua spalla.
"Me lo merito. Puoi ripetermi il contrario quanto vuoi, ma è stata colpa mia se Rose è morta, l'ho messa a rischio, ho messo a rischio anche te...".
"Nina...pensi che punirti a questo modo farà tornare in vita Rose?".
"No, ma...".
James le si avvicinò, le appoggiò un dito sulle labbra per farla stare zitta e le scostò il maglioncino dalla spalla, per vedere meglio.
"Non sembra infettata, ma probabilmente hai bisogno ancora di riposo. Non dovresti allenarti per il momento", disse, concentrato.
Il suo pollice le stava sfiorando la pelle, i loro corpi erano così vicini che quasi Nina sentiva il suo calore; profumava di qualcosa di familiare, ma che al momento non seppe riconoscere.
Deglutì a fatica, ricercando il suo sguardo.
Poi ci fu un  rumore non molto lontano e James si allontanò di scatto, lasciandola imbambolata.
Intravidero un cervo tra gli alberi e il ragazzo recuperò subito l'arco, incoccando una freccia.
Lei guardò prima lui, poi il cervo e, un attimo prima che potesse scoccare, gli tirò una spinta, facendogli perdere l'equilibrio. La freccia vibrò nell'aria andandosi a scagliare contro un albero e facendo scappare via il povero animale.
James gemette, toccandosi il braccio ferito che Nina aveva appena toccato.
"Che cazzo...?".
"Scusa, ma non potevo fartelo uccidere".
"Mi prendi in giro? Ti ho letteralmente detto che volevo uccidere qualcosa", sbottò lui, tirandosi in piedi e riponendo l'arco. Poi si lasciò andare e si mise seduto, appoggiando le braccia sulle ginocchia.
Nina lo imitò, poi iniziò a ridere.
"Cosa c'è di così divertente?", chiese lui, osservandola.
"Oh, niente, proprio niente. E non credi che sia divertente il fatto che niente sia divertente?", mormorò la ragazza, sorridendo.
Jaime scosse la testa, ma poi sorrise a sua volta.
"Tu sei fuori".
"Forse...o forse sono stufa di-".
Nina non riuscì a terminare la frase che James le aveva tappato la bocca e aveva assunto un'espressione tesa. La lasciò andare, portandosi un dito sulle labbra per comunicarle di fare silenzio, e le indicò con la testa un punto alle sue spalle, dove tre soldati delle FAWW si stavano facendo strada tra la vegetazione.
"Stanno venendo dritti verso di noi, che facciamo?", sussurrò lei, con gli occhi sbarrati.
"Shh", fece lui, accovacciandosi, mentre recuperava di nuovo l'arco.
"Non puoi colpirli, non sappiamo se ce ne siano altri nei paraggi e prima che tu possa prenderli tutti daranno l'allarme".
"Cosa dovrei fare, allora, principessa? Perché tra qualche secondo non saremo più tanto nascosti", sbottò lui, lanciandole un'occhiata di rimprovero.
Ma la sorte non era dalla loro parte, perché sentirono appena dei rumori alle loro spalle prima che venissero colpiti alla testa e tutto diventasse buio.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Quando Nina tornò in sé era cieca o almeno lo fu per qualche minuto, ed era anche sorda se non per un fastidioso fischio continuo nell'orecchio.
Gemette appena, facendo roteare la testa, mentre la vista le si faceva meno appannata e le orecchie tornavano alla normalità.
Le ci volle ancora qualche minuto per rendersi conto di avere le braccia incatenate al soffitto di una cella.
Gemette ancora: la testa le scoppiava nel punto in cui era stata colpita, le veniva da vomitare e le braccia le formicolavano. La spalla era in fiamme e le catene le stavano letteralmente tagliando i polsi, ma si mosse comunque sperando ingenuamente che si sarebbero spezzate per magia.
Schiuse le labbra e sentì la gola secca, avrebbe ucciso per un po' d'acqua.
Quando tornò in sé si accorse di non essere da sola: c'era un energumeno, fisso davanti all'unica porta, che nemmeno la degnava di uno sguardo e  un uomo dall'aria familiare con un'appariscente cicatrice sulla guancia destra la fissava e sorrideva comodamente seduto su una sedia.
Nella stanza stretta non c'era altro: la porta, le catene, quella sedia.
Si voltò alla sua sinistra e riconobbe Jaime, legato alla sua stessa maniera, ma ancora incosciente.
Stava bene? 
Nina si mosse, gemendo per l'ennesima volta.
"James...", mormorò piano, dato che la gola le faceva male. Nonostante questo, riprovò, ancora e ancora.
Dato che lui non sembrava nemmeno respirare, si voltò verso l'uomo seduto.
"Per...favore...aiutalo".
"Oh, sta benissimo. Gli abbiamo dovuto iniettare quattro dosi di sedativo per farlo collassare", ribatté quello, alzandosi e avvicinandosi, dopo aver tirato fuori una siringa dalla tasca del camice bianco che indossava.
Nina si mosse a disagio mentre il ragazzo avvicinava l'ago al collo di Jaime.
"Non fargli del male", disse, come se avesse avuto il controllo della situazione.
Lui non rispose e iniettò il liquido nella vena del lupo.
Passò qualche secondo, James si mosse appena, poi aprì gli occhi e quando si accorse di quello che stava succedendo iniziò ad agitarsi così tanto che Nina si chiese se le catene avrebbero retto. L'uomo alla porta, che fino a quel momento era stato immobile e indifferente, sembrò farsi la stessa domanda.
"Tu!", gridò poi James, riconoscendo l'uomo con il camice e agitandosi ancora di più di conseguenza.
"Quanto tempo, Liam, o dovrei dire...James?".
Jaime si arrese e rilassò il corpo, guardando l'altro con odio.
Nina schiuse le labbra, lanciando un'occhiata a James.
Il ragazzo se ne accorse e sorrise, facendo qualche passo indietro.
"Immagino che lei non sappia niente a giudicare dalla sua espressione...beh...vi lascio qualche minuto. Adoro i drammi", mormorò ancora, sedendosi di nuovo.
"Bastardo, ti ucciderò! Ti ucciderò, Lucien, hai capito?", gridò James, agitandosi di nuovo, tanto che dei rivoli di sangue iniziarono a rigargli i polsi.
Lucien.
Nina ebbe tutto più chiaro: il ragazzo che aveva davanti era Lucien, uno dei gemelli Westing che aveva iniziato la guerra. Il tempo l'aveva cambiato dall'ultima volta che lei lo aveva visto in televisione, per questo non aveva collegato, ma adesso non aveva dubbi di aver riconosciuto la cicatrice che aveva sulla guancia. Era sempre stato molto più inquietante e spaventoso del suo gemello per quello squarcio sul viso.
Liam
Prima aveva sentito quel nome sulle labbra di Rose e adesso di nuovo...James era Liam? 
James conosceva molto bene Lucien evidentemente...perché?
"Beh, ho alcune cose di cui occuparmi, ma torno presto. Ah, adoro la nuova acconciatura comunque", fece Lucien con il solito sorriso da stronzo stampato in viso, prima di andarsene insieme all'energumeno.
James gli urlò qualcosa dietro, ma Nina era troppo pensierosa per capire cosa.
"Liam", sussurrò, confusa.
Jaime la guardò e tornò calmo.
"Nina, stai bene?", chiese, preoccupato.
"Ti ho chiesto chi fosse Liam e mi hai risposto che non lo sapevi...", disse lei, ignorando la domanda.
James sospirò.
"Mi dispiace, ho mentito...".
La ragazza guardò davanti a sé, continuando a rimuginare.
"Nina, ascoltami...se conosco Lucien...".
"Ed è così, lo conosci...". Non era una domanda.
"Non ho tempo per spiegare, ma, ascoltami, ti farà del male soltanto per arrivare a me, ok? Devi...devi farmi un favore...".
Nina non lo guardò, si sentiva sempre più stordita e le girava la testa.
"Nina...?".
James la fissò per un attimo, poi prese un lungo respiro e si morse il braccio, strappando via un lembo di pelle.
"Sei impazzito?", mormorò lei, disgustata, le lacrime che lottavano per uscire.
Non sapeva cosa stesse succedendo, non sapeva chi fosse veramente Liam e  non sapeva cosa le sarebbe accaduto.
Il panico iniziò a divorarla lentamente.
Lui sputò via il sangue, poi rivelò tra i denti quella che sembrava una minuscola pasticca.
"Devi prendere questo", disse, cercando di avvicinarsi a lei il più possibile.
"Cosa?".
"Devi fidarti, per favore".
"Fidarmi? Ho appena scoperto che hai mentito su tutto, perfino sul tuo nome!", esclamò lei, scuotendo la testa.
"Ascolta, puoi odiarmi quanto vuoi ma, ti prego, prendi il chip", continuò lui e sembrò quasi disperato. Nina lo guardò per un attimo, poi sospirò.
"Cos'è?", chiese, anche se erano altre le domande che avrebbe voluto fargli. Ma non avrebbe ricevuto risposta sicuramente, non una sincera almeno.
"E' altamente probabile che voglia farti diventare deeta, questo dovrebbe proteggerti".
Nina fece schioccare la lingua.
"Hai avuto la cura per i deeta tutto questo tempo?", mormorò, acida, tra le lacrime che ormai non si disturbò più a trattenere.
"Non so se funziona e comunque ne ho solo uno".
"E allora perché non lo prendi tu?", esclamò lei, voltandosi dall'altra parte, non aveva nemmeno più la forza per guardarlo.
L'aveva sempre saputo: le Ombre erano bugiardi, assassini, feccia. Eppure...eppure si era lasciata abbindolare come un'idiota. 
Anche Nick le aveva mentito? Stava con lei per un secondo fine? Non aveva più idea di cosa fosse reale o cosa no.
Per un attimo si sentì affogare.
"Nina, non vuole farmi diventare deeta, vuole che soffra e vuole che lo faccia mentre sono ancora me stesso. Per favore prendi il dannato chip, non è il momento per la tua testardaggine!", esclamò James, facendola tornare alla realtà.
Nina lo guardò e lo fece con sfida, ma poi si convinse che se l'avessero fatta diventare deeta tanto valeva prendere qualsiasi cosa le stesse offrendo lui. Le domande che aveva in testa potevano aspettare.
Sospirò e annuì, rassegnata. E in quel momento capì come avrebbe dovuto prenderlo. Nessuno dei due aveva le mani libere e il chip era stretto fra i denti del ragazzo.
Sentì un tremito lungo la schiena.
"Non farlo cadere", la avvertì lui e si avvicinò, come se quel gesto fosse del tutto normale tra di loro.
Nina deglutì a fatica, schiudendo le labbra, poi si avvicinò a sua volta, quando realizzò che avrebbe dovuto per forza andargli incontro. La spalla le lanciò una fitta di avvertimento, mentre cambiava posizione, ma lei era troppo distratta per abbandonarsi a quel dolore. I pensieri la stavano accoltellando come pugnali taglienti e ad ogni colpo, era sempre più stordita. E poi le loro labbra si incontrarono.
Le sue erano secche e spellate, mentre, non seppe spiegarsi come, quelle di James erano morbide e invitanti. Sentì il sapore metallico del sangue inondarle la bocca, poi afferrò il chip con i denti e lo mandò giù.
James la stava fissando con apprensione, come un genitore premuroso che guarda un figlio mandare giù una medicina.
Quando Nina si allontanò non sapeva se fosse più arrabbiata per quel suo atteggiamento o più in imbarazzo per quel bacio.
"Beh, non sono morta. Per ora", disse, per cercare di sviare i suoi pensieri ed evitare che lui si concentrasse sull'improvviso rossore delle sue guance.
Sospirò.
"Chi diavolo sei tu e perché conosci Lucien Westing?".
Non si aspettava una risposta, ma Jaime iniziò a parlare, dopo essersi leccato via del sangue dalle labbra.
"Eravamo amici, secoli fa. Ho lavorato per lui e con lui ai microchip. I gemelli erano sempre stati particolarmente intelligenti e quando mi hanno illustrato l'idea di piccoli chip in grado di curare ogni genere di malattia sono stato subito preso".
Si interruppe, schiarendosi la voce, per lanciarle un'occhiata: improvvisamente gli importava del suo giudizio?
Nessuno aveva mai saputo niente del suo passato, a parte Rose, e sicuramente avrebbe odiato l'idea di dover raccontare tutto a Nicholas, Aline o a chiunque altro, ma anche solo il pensiero che Nina sapesse che lui aveva avuto parte in tutto quel casino gli stava facendo venire il voltastomaco. E perché, poi? Non la sopportava nemmeno, era testarda, insolente e sempre in mezzo. Quindi, perché?
Non aveva smesso di guardarla, perso nei suoi pensieri.
Nina sbuffò.
"A meno che quel chip che mi hai fatto prendere non mi faccia anche leggere nella mente, dovrai continuare a parlare", commentò, fredda, ma al tempo stesso, impaziente di sapere.
"So che mi odi, Nina, che non sopporti il modo in cui guido le Ombre, che mi ritieni arrogante ed egoista, ma ti assicuro che tutto questo non sarà niente in confronto a quello che proverai quando avrò finito di raccontare".
Ora Jaime non la guardava più, fissava il pavimento con un'espressione tormentata a scurirgli il volto. La ragazza si mosse a disagio, cercando di ignorare i dolori che aveva praticamente in tutto il corpo.
"Dubito di essere capace di odiarti ancora di più", disse.
In realtà non lo odiava affatto e forse era arrivata a quella conclusione proprio in quel momento.
James rise e le sembrò che ogni dolore fisico e mentale fosse sparito. Purtroppo fu una sensazione momentanea.
"Quando ho conosciuto i gemelli avevo appena finito l'addestramento nell'esercito e sarei dovuto andare in Iraq per alcune missioni governative come medico militare, ma loro stavano cercando qualcuno da mettere a capo della sicurezza per la Westingcorporation e mia madre insistette per farmi avere un colloquio".
James sorrise appena, ripensando a sua madre e alla sua continua apprensione nei suoi confronti.
"Due mesi dopo, non solo avevo ottenuto il lavoro, ma ero anche diventato un amico fidato di Lucien ed Adrian. Iniziarono a condividere con me molti piani ed idee, dato che avevo anche alcune conoscenze nel campo e presto capirono che potevo essere davvero una risorsa preziosa. Mi affiancarono ad una giovane scienziata alle prime armi, ma molto promettente, quando inziammo a lavorare ai deeta".
Per quanto Nina volesse continuare ad ascoltarlo, non poté fare a meno di intervenire.
"Sei stato tu a creare i deeta?", disse, incredula.
Jaime si morse le labbra e sospirò.
"No, ma se non avessi collaborato forse non sarebbe stato possibile", ammise, con rassegnazione.
"Io e Rose siamo stati indispensabili", continuò, chiudendo gli occhi.
Una lacrima gli bagnò la guancia e avrebbe dato di tutto per poterla scacciare con un braccio e far sì che la ragazza non lo vedesse piangere. Fortunatamente, Nina non lo stava guardando.
"Rose?", chiese, pensierosa.
"Era lei la giovane scienziata?".
James annuì.
"Sì".
Il silenzio tornò a inondarli e questa volta lei non ebbe il coraggio di chiedergli di continuare, probabilmente pensare a Rose lo aveva distrutto.
Gli lanciò un'occhiata e quando vide che stava piangendo, voltò di nuovo lo sguardo.
Non l'aveva mai visto così e pregò dentro di sé di non vederlo mai più in quella condizione. Stava soffrendo in un modo in cui probabilmente non aveva mai visto nessuno soffrire o forse non le era mai importato così tanto. Si sentì in colpa per avergli chiesto del suo passato. Non le importava più sapere, voleva soltanto che lui stesse meglio.
"Non preoccuparti, non c'è bisogno che continui", sussurrò, a disagio.
Stava così male che il dolore fisico in confronto non era niente.
"Rose era meravigliosa, un faro in una notte buia di tempesta. Tu non l'hai conosciuta". Rose non le era mai sembrata granché, certo forse agli occhi di un ragazzo aveva doti che a lei non interessavano particolarmente, ma per il resto?
Tu non l'hai conosciuta.
Glielo aveva già detto e per qualche strana ragione capì che non si riferiva al poco tempo che lei aveva trascorso con la rossa.  
"Era sempre solare e allegra, era impossibile non sorridere quando ti stava vicino. E poi...hanno sperimentato su di lei...".
James si fermò per l'ennesima volta; evidentemente per lui era davvero difficile ricordare.
Nina vide chiaramente il tormento negli occhi chiari.
"Cosa?!", esclamò, schiudendo le labbra.
"All'inizio era d'accordo. Il suo unico difetto era l'avidità".
James sorrise appena, ma nella sua espressione non c'era un briciolo di allegria.
"Voleva tutto e lo voleva subito e sperava che gli esperimenti sul suo corpo e sulla sua mente avrebbero cambiato qualcosa. Convinse anche me a fare lo stesso. Entrambi ci ritrovammo più forti, più veloci, più abili...le nostre ferite si rimarginavano con più facilità...", continuò lui, lasciando qualche sospiro di tanto in tanto.
"Devo ammettere di essere stato elettrizzato io stesso e quando Lucien e Adrian ci dissero che avremmo potuto eliminare ogni malattia esistente, se solo avessimo continuato a sperimentare...io...gli ho creduto, sono stato altrettanto avido. E poi mi sono quasi troncato il collo in un esperimento andato male...mi sono dovuto fermare e allontanare per un po' da quel mondo. E lì ho capito cosa stesse succedendo veramente: fui costretto a vedere il sorriso di Rose spegnersi giorno dopo giorno, mentre i gemelli continuavano con gli esperimenti. Le dissi, la pregai, di smetterla. Cercai di farle capire che una cura non fosse più importante di lei. Quando mi fui ripreso del tutto e mi decisi ad intervenire era legata ad un lettino, imbottita di farmaci e con le convulsioni. Non dimenticherò mai lo sguardo assente che mi rivolse appena tornò in sé. Le avevano tolto ogni genere di emozione umana positiva.
Chiesi a Lucien di fermarsi, gli dissi che niente valeva il vuoto che Rose stava diventando. Lui mi rispose: «E' proprio questo il punto, Liam: il vuoto può essere riempito con qualcos'altro»".
Nina vide chiaramente dei brividi sulla pelle di James.
"Da quel momento capii che non volevano salvare il mondo, volevano conquistarlo. E Rose era soltanto il primo caso, non perfezionato. La amavo e loro me l'hanno strappata via piano piano. Un giorno l'ho portata via e non abbiamo più fatto ritorno. Credevo ingenuamente che senza di noi non avrebbero potuto continuare, altrimenti non sarei scappato, li avrei affrontati...devi credermi...", sussurrò, con un evidente tono di vergogna nella voce.
Nina annuì e lo guardò con comprensione, sperando di potergli offrire un briciolo di conforto, ma lui non la stava guardando.
"Come ti senti?", le chiese, dopo una piccola pausa di silenzio.
La ragazza capì che ne aveva avuto abbastanza di quell'argomento e accettò di cambiare discorso.
"Mi sento come sempre, pensi che non abbia funzionato?".
"Non lo so, Rose l'aveva creato quasi per gioco, ma era un genio quindi dubito che non sia così", mormorò lui, sospirando.

Passarono le ore successive in assoluto silenzio: James aveva chiuso gli occhi e non li aveva più riaperti, ma Nina non era certa che stesse dormendo. Comunque, non aveva osato fare lo stesso, voleva stare vigile, anche se non si sentiva più le braccia e spalla e schiena la stavano uccidendo.
Quando fu certa che si sarebbe messa ad urlare in breve tempo, la porta della cella si aprì di nuovo e Lucien e la sua guardia rientrarono nella stanza.
Il primo aveva un sorrisetto da bastardo piantato in volto, segno che forse aveva qualcosa in mente.
James aprì gli occhi e lo fissò con odio.
"Ciao di nuovo!", trillò il ragazzo, mostrando tutti i denti bianchi.
"Allora...avete avuto abbastanza tempo per parlare?", continuò, mentre il suo scagnozzo trascinava nella cella un carrello con vari strumenti sopra.
Jaime si mosse, facendo tintinnare le catene.
"Se la tocchi, sei morto", sibilò, stringendo i pugni.
"Pensavo di essere morto a prescindere", ribatté Lucien, scompigliandosi i capelli scuri, poi posò lo sguardo su Nina.
"Ce l'hai ancora con me per la tua ultima ragazza? Mi sembra che tu abbia trovato un ottimo ripiego", commentò, ancora rivolto al ragazzo nonostante stesse guardando lei.
James si mosse di nuovo e questa volta digrignò i denti.
"Come sta Rose, comunque?", aggiunse Lucien, tornando verso il lupo. Dall'espressione che gli rivolse sapeva benissimo che fosse morta.
Jaime prese un lungo respiro, gli avrebbe volentieri sputato addosso, ma si trattenne.
"Lasciala andare, non hai bisogno di lei. Hai me", disse, mordendosi forte l'interno della guancia.
Lucien fece un mezzo sorriso, poi iniziò a ridere, incrociando le braccia, lanciando un'occhiata all'uomo che era con lui. Quando tornò a guardare James era serio.
"Mi hai tradito, Liam, ed hai continuato a farlo negli anni, se pensi che mi lasci sfuggire l'occasione per distruggerti ti sbagli di grosso".
"Non mi importa niente di lei", sbottò James. Ma perfino a Nina fu chiaro che non fosse così. Schiuse appena le labbra, guardandolo.
Lucien rise di nuovo.
"Oh, andiamo, non fare lo stupido, non lo sei mai stato", disse, avvicinandosi.
"La farò soffrire, urlerà fino a che non le sarà rimasto fiato in gola e quando mi supplicherà di ucciderla, lascerò a te l'onore. Che ne dici?", continuò, sorridendo, soddisfatto.
James fece una smorfia e strinse di nuovo i pugni. Era molto più alto e imponente dell'altro ragazzo e, se non fosse stato legato, Lucien non avrebbe più parlato a quel modo.
Il moro aprì la bocca per continuare, ma qualcuno li interruppe.
"Signore. Ci sono novità", fece una giovane donna che indossava la divisa delle FAWW, sbucando appena dalla porta, dopo aver bussato.
Lucien sembrò irritato dall'interruzione, ma si avvicinò alla ragazza e iniziarono a scambiarsi delle parole.
James guardò Nina e schiuse le labbra.
In quel momento non gli importava di morire, non gli importava di essere trasformato in deeta o di essere torturato, voleva soltanto portarla fuori da quel posto.
Lucien interruppe i suoi pensieri, sbattendo le mani.
"Bene, sembra che ci sia un cambio di programma! E riguarda proprio te, cara Nina", esclamò, guardando la castana.
Lei aggrottò la fronte.
"Come sai il mio nome?", chiese, confusa. Non che fosse importante al momento, ma meglio continuare a farlo parlare, che essere torturata. E almeno un po' era curiosa.
Lucien alzò le spalle.
"So un sacco di cose, per esempio so che hai un gemello. Vedi? Abbiamo già una cosa in comune e ci conosciamo da così poco!".
Nina perse un battito.
Come faceva quel mostro a sapere di Dean?
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma i suoi pensieri si sovrapponevano senza una vera e propria logica e riuscì solo a blaterare parole a caso.
"E' vivo, se è questo che stavi cercando di chiedere. Anzi...Dorothea perchè non fai avanzare il nostro ospite?".
La ragazza in divisa fece qualche passo all'interno della stanza e si posizionò di lato alla porta per lasciare libero l'ingresso.
La figura che entrò era più alta e muscolosa, con più cicatrici e i capelli più in ordine, ma era Dean. Era il suo Dean.
Continuò ad avanzare a passi lenti per fermarsi accanto a Lucien.
Quando si voltò verso Nina e James aveva lo sguardo assente. 
Gli occhi una volta di un verde acceso, ora erano morti e fissavano un punto indefinito sul muro alle loro spalle.
Nina tirò un grido e sentì le gambe stanche afflosciarsi. 
"Dean!", esclamò, mentre lacrime di sollievo ma anche amarezza le ricadevano sulle guance.
Dean era vivo, ma era deeta.
"Non puoi...per...favore...", sussurrò lei, passando gli occhi dal fratello a Lucien.
Cosa voleva fare? Non era possibile che Dean fosse lì per farla stare meglio. 
Come se le avesse letto nel pensiero, Lucien iniziò a spiegare.
"Forse non sai che io sono un grande appassionato di gemelli...beh...per ovvi motivi...", disse, alludendo al fatto che lui stesso avesse un gemello. E sorrise.
"Al giorno d'oggi non è facile trovarne. Siete...siamo- si corresse- una risorsa molto rara".
"Qual è il punto?", sbottò James e Nina si accorse di nuovo della sua presenza.
Lucien allargò il sorriso e mise una mano sulla spalla di Dean, che non batté ciglio.
"Quale pensi sia il punto, Liam?".
"No", ringhiò il lupo, divincolandosi, mentre evidentemente aveva capito qualcosa a cui Nina non era ancora arrivata.
"Cosa?", chiese, guardando James, che però non rispose.
Lucien lo fece per lui.
"Tu e tuo fratello avrete l'onore di prendere parte ad un nuovo progetto a cui sto lavorando sulla connessione tra i gemelli. E' già un po' che ho creato questa formula...ma non avevo ancora avuto occasione di provarla...", disse, mentre Dorothea gli passava una provetta piena di un liquido di un colore grigiastro e un piccolo ago.
Afferrò la mano di Dean e gli infilò l'ago nel dito indice, prelevando un campione di sangue per poi aggiungerlo al liquido nella provetta.
Fece roteare il contenitore, osservandolo con orgoglio e aspettativa, poi si avvicinò a Nina. La ragazza vide James muoversi a disagio.
"Lucien...", disse, con la voce rotta da una piccola nota di disperazione.
Il moro lo ignorò e bucò un dito di Nina con lo stesso ago, ripetendo la procedura di poco prima. Indietreggiò e con una siringa aspirò il liquido. Senza convenevoli, ne iniettò metà nel collo di Dean. Lui nemmeno si mosse.
Poi Lucien si voltò verso Nina e tornò da lei. Non fece in tempo a supplicarlo di non farlo che già aveva l'ago piantato nella vena.
Il liquido bruciò, facendola urlare e le sembrò di non riuscire a respirare.
Annaspò, alla ricerca d'aria per qualche secondo, mentre la voce di James le arrivava attutita all'orecchio. Poi niente.
Si appoggiò con la testa al muro e inspirò a pieni polmoni, tornando alla realtà.
La voce del ragazzo le fu di nuovo chiara.
"Nina...Nina...stai bene?", stava ripetendo, preoccupato.
La ragazza guardò davanti a sè, tossendo un paio di volte.
Suo fratello non aveva avuto alcuna reazione eppure le sembrò di poter sentire quello che provava. Era triste? Impotente? Spaventato quanto lei? 
Era una strana sensazione, ma era come se potesse vedere grovigli di emozioni attraverso quegli occhi senza vita.
"Nina?", continuò ancora James.
"Sto bene", mormorò lei.
Lucien avanzò, osservando con attenzione prima Dean e poi Nina ed evidentemente arrivò ad una conclusione che non si era aspettato perché imprecò.
"Ero sicuro...così sicuro", sussurrò, poi fece una smorfia e tirò un grido di rabbia.
"E' inutile, è tutto inutile...ormai non ci serve più", disse, lasciando la cella, ma non prima di tirare un calcio al carrello, rovesciandolo, e pronunciare verso Dean un'altra parola che fece gelare a Nina il sangue nelle vene.
"Uccidila".

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Per la prima volta, Dean la guardò.
Gli occhi verdi identici ai suoi le fecero tornare in mente un milione di ricordi.
James stava urlando, scalciava, si dimenava, ma Lucien se n'era andato, Dean era un deeta e l'energumeno sulla porta aveva la stessa espressione disinteressata di Dean.
Nina si rilassò, cullata dai ricordi.
Se doveva morire, quello era un bel momento per farlo. Aveva avuto l'occasione di rivedere suo fratello, cosa che non era accaduta nemmeno nei suoi sogni più belli.
Era in pace con se stessa.
Dean fece qualche passo verso di lei, alzò il coltello e si fermò per un attimo quasi impercettibile. In quell'istante, sentì le emozioni del fratello avere un picco e poi il coltello si andò a piantare nella gola della guardia sulla porta. L'uomo si portò una mano sul collo, come se ciò avesse potuto fermare il sangue che spillava a fiumi lungo il suo petto, poi cadde all'indietro scivolando lungo il muro e con un rantolo emise il suo ultimo respiro.
James e Nina osservarono la scena a bocca aperta, mentre Dean era corso verso il cadavere per cercare qualcosa nelle sue tasche.
Quando si rialzò, aveva in mano un mazzo di chiavi.
Velocemente, raggiunse la sorella per toglierle le catene.
Nina lo scrutò incredula: non sapeva cosa dire.
Quando fu libera e cadde tra le sue braccia vide chiaramente che gli occhi di lui erano tornati a brillare.
"Dean...come...?", chiese, prendendogli il viso tra le mani.
Lui sorrise appena, ma poi si distaccò, passando alle catene di James.
"Dobbiamo muoverci...Lucien si aspetta che faccia ritorno da lui il prima possibile, se non  mi vedrà, inizierà a sospettare qualcosa", disse, liberando il primo braccio del lupo.
"Dean?", fece sua sorella, mentre cercava di far tornare la circolazione nelle braccia.
Lui la ignorò.
"Dobbiamo essere lontani da qui prima che succeda", disse, sganciando anche l'altra catena e mettendo in mano a James il coltello insanguinato che aveva usato per uccidere la guardia, poi corse verso il corpo e prese anche il suo fucile e la tessera di riconoscimento.
"Dean?".
Nina era bianca come un fantasma.
"Non sarà semplice uscire, ma con questa avremo le cose facilitate", continuò il ragazzo, sventolando la carta.
"Dean!", esclamò lei con rabbia, avvicinandosi e tirandolo per un braccio.
Lui la guardò, sospirando, quando i loro occhi si incontrarono. La ragazza non trattenne le lacrime e gli saltò al collo.
"Non abbiamo tempo...", blaterò lui, ma non riuscì a non ricambiare l'abbraccio.
"Pensavo fossi morto...pensavo che non ti avrei più rivisto", singhiozzò lei, stringendolo.
"Ok, tuo fratello ha ragione, dobbiamo andarcene", intervenne James, appoggiandole una mano sulla spalla.
Nina lasciò andare Dean e indietreggiò, asciugandosi le lacrime.
"Fai strada", disse, risoluta.
Il ragazzo non esitò per un secondo, fece scattare la serratura della cella con una delle chiavi che gli tintinnavano ancora tra le dita e aprì la porta, che produsse un suono stridulo.
Nessuno dei tre ragazzi osò uscire dalla cella per qualche attimo, poi, dopo aver preso un lungo respiro, Dean si affacciò, spingendo un braccio indietro per dire agli altri due di aspettare. Il corridoio delle prigioni, stretto e malconcio, era deserto. Non c'erano guardie, anche perché i prigionieri non duravano a lungo lì dentro.
La lampada giallognola proprio fuori da quella cella si accendeva e spegneva ritmicamente.
Dean fece un passo in avanti e si guardò intorno con attenzione, cercando di capire se stesse arrivando qualcuno, ma a parte il respiro dei tre ragazzi e il cuore che gli martellava nel petto, non c'era alcun suono da sentire.
Si precipitarono lungo il corridoio, cercando di fare meno rumore possibile e quando si ritrovarono davanti ad una porta di ferro, Dean li fece fermare.
"Non credo ci siano guardie, ma c'è una telecamera piantata verso la porta", disse, senza guardarli.
"Fate uscire prima me, la disattivo e poi torno a prendervi", concluse e, senza dar loro il tempo di rispondere, era sparito dietro il ferro arrugginito.
Nina sospirò, chiudendo gli occhi, mentre si appoggiava al muro.
Era distrutta e dolorante e ancora non poteva credere di aver ritrovato Dean; aveva mille domande che le balenavano in testa, ma la più pressante si chiedeva se suo fratello stesse bene.
Riusciva in qualche modo a sentire alcune emozioni che lui provava, anche se deboli, ma per qualche motivo era convinta che quella sensazione si stesse facendo sempre più lontana. 
Dopotutto, Lucien li aveva iniettati di una sola dose, no? E ne era stato deluso.
Non le dispiaceva condividere le sue emozioni con il fratello, anche perché era sempre stata un libro aperto per lui, ma conoscere le sue la terrorizzava. Sapere che Dean, il sempre perfetto e sorridente Dean, l'impavido e coraggioso Dean, potesse provare paura in quel momento stava distruggendo gran parte della speranza che aveva di uscire da quel posto. In più, non sopportava di sentirlo così.
"Nina, stai bene?". La voce di James la riportò alla realtà.
"Mmh? Sì, sto bene", rispose, distratta, rimettendosi dritta e schiarendosi la voce con imbarazzo. Si era completamente dimenticata di James e se aveva assunto certi comportamenti per mostrarsi in un certo modo con lui, in quel momento li aveva abbandonati. E quella realizzazione la fece arrossire. Non voleva sembrare una bambina spaventata ai suoi occhi.
"Tu stai bene?", gli chiese, per allontanare l'attenzione da se stessa.
"Benissimo", ribatté lui, voltandosi ad osservare un punto indefinito del corridoio dietro di loro. Non era vero, altrimenti avrebbe sostenuto il suo sguardo.
La cosa la fece sorridere appena. 
Erano entrambi in una situazione che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque e la cosa di cui avevano più paura era mostrarsi vulnerabili l'uno all'altra.
Lui si accorse della sua reazione e aggrottò la fronte.
"Che c'è?", chiese, forse anche per avere una buona distrazione.
Nina alzò le spalle, scuotendo la testa.
"Non sto bene, sono terrorizzata. Non voglio morire o, ancora peggio, non voglio che mio fratello sia costretto a uccidermi. Non voglio essere connessa a lui perché odio sentire quello che sta provando adesso e...la cosa ironica è che più di tutto non voglio che tu sappia queste cose. Ma le sapevi già, no?", sbrodolò, tutto d'un fiato, stringendosi tra le braccia.
Jaime tornò a guardarla. Aveva gli occhi carichi, determinati, le sue iridi chiare riflettevano il viso preoccupato di lei.
"Facciamo un patto: io farò finta di credere che tu stia bene e non sia spaventata se tu farai altrettanto con me", disse, scompigliandosi i capelli.
Nina annuì appena con la testa.
"Affare fatto".
Entrambi si voltarono di nuovo verso la porta delle prigioni, in silenzio, poi Nina parlò di nuovo.
"Quindi hai paura anche tu?", chiese, senza guardarlo.
"No", ribatté lui.
"Non secondo il nostro patto", aggiunse un attimo dopo, facendo un mezzo sorriso.

Dovettero aspettare ancora una decina di minuti prima che Dean tornasse. Era affannato perché aveva corso, ma sembrava un pochino più tranquillo.
"Ok, dobbiamo andarcene. Non abbiamo molto tempo prima che si accorgano che le telecamere sono in loop", disse, mentre con un braccio teneva la porta aperta. Poi si fece strada lungo il nuovo corridoio e i due ragazzi lo seguirono.
Per Nina, era difficile stare al passo. Era stanca e la spalla le pulsava in modo incontenibile, ma non osò lamentarsi, voleva andarsene il prima possibile.
"Quindi conosci un'uscita sicura?", chiese James.
"Non è proprio sicura, ma è l'unica da cui abbiamo la minima possibilità di uscire", ribatté l'altro senza guardarlo. 
Nonostante l'avesse detto con quanta più sicurezza possibile, Nina riuscì a captare un accenno di dubbio.
E quando arrivarono a quell'uscita capì perché.
Nel tragitto non avevano incontrato alcuna resistenza, se non per un paio di guardie in pausa che erano riusciti a sopraffare con facilità.
Il corridoio aveva telecamere tappezzate qua e là, ma la via era libera.
L'ultima porta che Dean fece scattare con la tessera di riconoscimento conduceva fuori, ma non come James e Nina se l'erano aspettato.
Era come se si trovassero all'uscita di una caverna, ma questa dava su uno strapiombo di almeno cinquanta metri. Il sole colpì in pieno i loro occhi, accecandoli, e lasciandoli speranzosi per un attimo.
Nina si affacciò dalla ringhiera, mentre i capelli le venivano spediti in faccia dal vento, e per poco non vomitò quando gli occhi si abituarono alla luce.
"Stai scherzando, vero?".
Dean la ignorò, indicando verso destra delle scalette arrugginite che sembravano provare a scendere lungo il pendio.
"Una volta le scale venivano utilizzate per raggiungere la diga sotto di noi, ma ormai sono in disuso", disse, mentre vi si avvicinava.
"Mi chiedo come mai", ribatté lei sarcastica, seguendolo.
James si stava sporgendo dalla ringhiera per osservare sotto, ma non aveva detto una parola e lei si chiese se potesse avere il suo appoggio.
"Non c'è un'altra via?", chiese Nina, fermando il gemello, quando stava già per mettere il piede sul primo gradino.
"Non una da cui possiamo passare senza essere catturati".
"Possiamo combattere", aggiunse lei, guardando James, speranzosa, ma lui era completamente estraniato.
"Nina, non so te, ma io preferisco schiantarmi contro una roccia che dare a quei mostri un'altra possibilità di farmi tornare un burattino nelle loro mani", sbottò Dean e lei vide chiaramente il terrore balenargli negli occhi. Lo sentì anche.
Deglutì a fatica, dando un'altra occhiata allo strapiombo, il suo piede fece scivolare della ghiaia, che produsse dei piccoli rumori mentre rotolava lungo le rocce irte.
"Non ce la faccio", commentò lei, con la voce rotta.
"Sì, invece", mormorò Dean, afferrandole le mani per darle coraggio. Le aveva sempre dato coraggio in quel modo, ma quella era una situazione che non si era mai trovata ad affrontare.
Soffriva di vertigini da quando era bambina e se qualcuno aveva provato a spingerla a salire su un albero, sulle montagne russe o perfino su uno ski lift Dean l'aveva sempre protetta, evitandole di dover provare quella sensazione di nausea e paura.
Ma, in quel momento, era proprio lui a spingerla.
"Dean...", pregò lei, con le lacrime agli occhi.
"Ci sono io, ok? Non ti lascio...", sussurrò il ragazzo.
Nina cercò inutilmente di calmare il respiro affannoso, poi annuì a malincuore.
"Ok, dobbiamo andare", si intromise James, facendosi spazio tra i due ragazzi per mettere un piede sulla scala. Quella vibrò e produsse un suono stridulo.
Nina chiuse gli occhi, gemendo appena, ma James non si fece intimorire e continuò ad avanzare.
"Se regge me, regge anche te", disse, dopo aver fatto alcuni gradini. Sorrise incoraggiante e riprese la discesa.
Nina mugolò, ma poi si fece coraggio e si lasciò trascinare da Dean.
La scala continuava a muoversi e cigolare e lei era sempre più nervosa, fu quando mise male un piede e scivolò che pensò che tutto fosse finito. Per un attimo, la paura la abbandonò e fu sostituita da un senso di pace e rassegnazione.
Ma finì tra le braccia di Dean, che non era altrettanto deciso ad arrendersi.
La strinse a sé, forte.
"Ci sono io, ricordi?", le sussurrò, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Lei annuì e ripresero a scendere.
James toccò terra per primo, tirando di nascosto un sospiro di sollievo si guardò intorno.
Erano in una specie di canyon con un piccolo torrente che vi scorreva al centro.
Si voltò a guardare Dean che aveva fatto l'ultimo gradino con Nina tra le braccia.
"Dove siamo? Dobbiamo tornare in città".
"Non siamo molto lontani. Un giorno e mezzo di cammino. Forse due o tre date le vostre condizioni", rispose Dean, accarezzando la schiena di Nina.
"Stiamo benissimo. Un giorno e mezzo è anche troppo", concluse James, avviandosi lungo il fiumiciattolo.
Dean alzò un sopracciglio e guardò Nina tra il divertito e l'irritato.
"E' un po' stronzo il tuo ragazzo, eh", ridacchiò, avviandosi per seguirlo.
Nina sbuffò.
"Non è il mio ragazzo", sibilò, a denti stretti.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Nina arrancò, cercando di riprendere fiato. Erano ore che camminavano. Dean sembrava essere sicuro di dove andasse, ma a lei sembrava di girare in tondo. Inoltre, il passo dei due ragazzi era estenuante.
"Al contrario di voi...", iniziò, con il fiatone.
"Non sono stata geneticamente modificata. Possiamo riposarci due minuti?".
Dean si fermò, voltandosi a guardarla. James fece lo stesso, le andò incontro e sbuffò.
"Non abbiamo tempo, ti riposerai quando saremo al bunker", commentò, irritato. Era tornato di nuovo ad odiarla? Grandioso.
"Non arriverò al bunker, mi prenderà un infarto prima", sbottò lei, incrociando le braccia.
James, che si era voltato per ricominciare a camminare, le si avvicinò di nuovo e la afferrò per le gambe, tirandosela sulle spalle.
Nina, per la sorpresa e per la rabbia, tirò un gridolino.
"Mettimi giù!", esclamò, dimenandosi inutilmente.
Dean li guardò con un sopraccigliò alzato, mentre James lo sorpassava.
"Forza, muoviamoci, abbiamo ancora tanta strada da fare".
"James!", trillò ancora la ragazza, tirandogli dei colpi sulla schiena che non sembrarono disturbarlo per niente.
"Se non fai silenzio, Nina, giuro che ti metto a dormire", la minacciò lui, roteando gli occhi.
"Dean!", fece la ragazza, a quel punto, sperando nell'aiuto del fratello, ma lui alzò le spalle.
"Ci stavi rallentando comunque, Nee", disse, tornando in testa al gruppo.
Nina lo sentì ridere e, poco dopo, sentì anche la risata calda di James.

Nina si era addormentata. Non sapeva come fosse stato possibile, dato che la spalla le provocava fitte lancinanti e James si muoveva così velocemente da non farla stare ferma un attimo. Aveva perfino lo stomaco in subbuglio.
Si stiracchiò appena, guardandosi intorno.
La vegetazione si era fatta meno rada e non erano più nel canyon. Doveva aver dormito per molte ore perché il sole era quasi calato del tutto.
Il vento aveva iniziato a soffiare più freddo e si ritrovò ad avere i brividi.
"Quanto...quanto manca?", chiese, con la voce impastata.
"Bentornata nel regno dei vivi", mormorò James, sorridendo.
Lei non poteva vederlo in faccia, ma era certa che avesse sorriso. Quel sorriso da bastardo che le faceva ribollire il sangue nelle vene.
"Non mi sento più la schiena, puoi mettermi giù?", ribatté lei.
Si appettava di essere ignorata per l'ennesima volta, ma, dopo un attimo di silenzio, James le sfiorò i fianchi e la tirò giù. Si aggrappò al suo collo con entrambe le braccia, mentre scivolava verso terra e se ne pentì quando i loro sguardi si incontrarono, vicinissimi.
Il verde delle sue iridi rifletteva la luce e sembrava che il sole  stesse tramontando nei suoi occhi.
Nina si schiarì la voce, imbarazzata, e si allontanò.
"Quanto manca?", ripeté, incrociando le braccia.
"Ancora un po'", rispose Dean, che aveva osservato tutta la scenetta, più divertito di quanto dovesse.
"Dovremmo fermarci per la notte", continuò lei, lanciandogli un'occhiataccia.
James sbuffò sommessamente, ma poi annuì.
"Va bene, ma appena il sole sorge ci rimettiamo in viaggio e non voglio più sentire una parola uscire dalle tue labbra", commentò, acido.
Nina sorrise appena.
"Perfetto".
Trovarono un posto protetto dagli alberi e James si dileguò quasi subito per andare a cercare della legna per fare il fuoco, dato che la ragazza stava visibilmente tremando.
Si sedettero per terra e Nina si appoggiò alla spalla del gemello.
Finalmente, nessuno stava tentando di ucciderli, James non c'era e poteva parlare con Dean.
"Sono così felice di averti ritrovato", disse, sorridendo a trentadue denti.
Dean le accarezzò i capelli e sorrise appena.
Lo vide provato, preoccupato per qualcosa, ma se prima era riuscita a sentire almeno una piccola nota di ciò che stesse provando, in quel momento era completamente fuori dalla sua testa.
"Cosa ti turba?", gli chiese, alzando il viso verso il suo.
Cercò di ricercare il suo sguardo, ma lui continuò a guardare davanti a sé.
"Niente, sono soltanto stanco", ribatté il ragazzo, facendo spallucce.
Era ansioso di cambiare discorso, si guardò intorno un paio di volte.
"Spero che il tuo ragazzo si muova, sta iniziando a fare davvero freddo".
Nina fece una smorfia, incrociando le braccia.
"Ti ho già detto che non è il mio ragazzo".
Dean annuì appena, facendo un mezzo sorriso, che però sparì subito e tornò fin troppo serio.
"Sono davvero contenta di averti ritrovato, quasi non mi sembra vero", mormorò lei, cambiando discorso.
"Stare senza di te era come...io...ero incompleta. Mi sei mancato tantissimo", aggiunse, tirando su con il naso.
Dean la strinse a sé.
"Ti voglio bene, sorellina", disse, lasciandole un bacio sulla fronte.
"C'è una cosa che non capisco però...", commentò, aggrottando le sopracciglia.
"Come ho fatto a risvegliarmi? Come mai non sono più un deeta?".
Nina lo guardò.
"Beh, credo sia perché James mi ha dato un chip che mi rende immune".
Dean ricambiò lo sguardo confuso.
"Avete dei chip che contrastano quello dei deeta?", chiese, sorpreso.
"Non la metterei proprio così...che io sappia quello che ho preso io era l'unico...è complicato...".
"Ne ho abbastanza di complicato", ribatté lui, alzandosi e mettendosi a guardare il cielo.
Nina lo osservò, cercando di capire come si sentisse, ma ormai era indecifrabile.

Quando Nina aprì gli occhi si vedevano già i primi spiragli di luce. Il sole, dietro le montagne, creava piccole increspature dorate nel cielo. 
La ragazza si stiracchiò, tirandosi seduta.
Aveva addosso la giacca dell'uniforme verde di Dean, ma lui non si vedeva.
James, invece, stava immobile a fissare qualcosa, a lei invisibile, in lontananza.
Nina si alzò e gli si avvicinò, lentamente, ma quando gli fu vicino, si schiarì la voce per dichiarare la sua presenza.
Jaime la guardò appena.
"Buongiorno", disse, sciogliendo la posa rigida e sorridendo.
"Dormito bene?", aggiunse, tornando a guardare tra la boscaglia.
La castana lo osservò, mordendosi il labbro.
Gli arrivava appena alla spalla e in certe occasioni quella cosa l'aveva messa in soggezione, ma in quel momento le stava dando un senso di sicurezza. Per la prima volta da quando lo conosceva, si fidava completamente di lui.
E ciò la faceva andare fuori di testa.
Arrossì appena, quando si accorse che le aveva chiesto qualcosa e lei era rimasta imbambolata.
"Mmmh?", chiese, scostandosi una ciocca di capelli spettinati dietro l'orecchio, mentre abbassava la testa per nascondere l'imbarazzo.
"Ti senti bene?".
"Sto bene", mormorò lei, scrollando le spalle.
"Patto a parte", riprovò il ragazzo, alzando un sopracciglio. I capelli chiari gli ondeggiarono sul viso e se li tirò indietro con una mano.
Lei annuì con la testa.
"Sto bene", ripetè.
Non era proprio una bugia. Non stava benissimo fisicamente, ma per il resto non si era mai sentita così da quando aveva perso il suo gemello.
James sorrise e incrociò le braccia.
"Bene", mormorò, mentre Dean faceva il suo ritorno con la colazione appena cacciata.
Mangiarono e si rimisero in viaggio il più in fretta possibile.
Non mancava molto al bunker e più si avvicinavano e più James faceva aumentare il passo, il che era una tortura per Nina.
Stava giusto per lamentarsi per la decima volta quando una freccia colpì il terreno non molto lontano da lei, facendola gridare.
Subito, si misero sulla difensiva, ma vennero accerchiati da sei deeta e due soldati, uno dei quali era una vecchia conoscenza di James. Anche Nina lo riconobbe: era il soldato che aveva sparato a Rose. Pensò che Jaime gli si sarebbe avventato contro, furioso, ma lui rimase fermo, impassibile.
Il soldato gli sorrise, vittorioso.
"Ciao, Liam", mormorò, segno che conosceva anche il passato del ragazzo.
James prese un lungo respiro, la mano si avvicinò al coltello che aveva alla cintura.
"Io non lo farei se fossi in te. Hai talento, te lo riconosco, e potresti anche uccidermi, ma nel frattempo anche i tuoi amici morirebbero. Quindi, deponete le armi e arrendetevi".
"Fottiti, Arrows", sbottò Jaime, assottigliando gli occhi.
"Oh, vogliamo giocare allora, mmh? Benissimo", ribatté l'altro, sorridendo, mentre dava degli ordini con lo sguardo ai deeta.
Dean e Nina vennero immobilizzati.
James strinse i pugni.
E poi accadde tutto molto velocemente: vennero scoccate frecce da ogni parte e i deeta caddero a terra, insieme ai due soldati.
I tre ragazzi si guardarono intorno, prima di vedere alcune persone uscire dagli alberi, indossavano le divise della vecchia marina militare.
"State tutti bene?", chiese una voce, mentre un uomo sulla trentacinquina, si avvicinava a loro. Era alto, moro e con una folta barba a contornargli il volto color ambra. Gli occhi neri erano molto intensi.
Nina schiuse le labbra, incredula.
"Io sono...".
"Peter Anderson, mia sorella si è presa una cotta per te da quando tutto questo casino è iniziato", commentò Dean, sorridendo.
Nina lo guardò male, poi si voltò di nuovo verso Anderson, imbarazzata.
"Io non...cioè...ti...ti ammiro...molto", blaterò, deglutendo a fatica.
L'uomo la guardò appena e fece per parlare di nuovo, ma James lo precedette.
"Beh, Anderson, grazie per il salvataggio. Ora dobbiamo andare".
"Tu sei il lupo", fece quello, scrutandolo a fondo.
Jaime fece una smorfia.
"Mi conosci, avevo sperato di no", ammise, mettendo le mani in tasca.
"Beh, se non vuoi essere riconosciuto ti consiglio un diverso colore di capelli".
James sorrise, senza alcuna allegria, e si passò la lingua sulle labbra.
"Ce ne andiamo".
"Non credo proprio. Non capita tutti i giorni di imbattersi nel leader delle Ombre così vulnerabile", rispose Anderson, piegando la testa di lato.
"Non siamo in guerra tra di noi, Anderson".
"Vai a dirlo a quelli che sono morti per causa tua. Tu e quelli che ti seguono non siete altro che ladri e assassini".
James alzò le sopracciglia e si voltò verso Nina.
"Sembra di sentir parlare te, capisco perchè tu abbia una cotta per lui", commentò, accennando un sorrisetto. Lei lo guardò male e fece per rispondergli, ma Jaime era tornato a concentrarsi sul leader dei ribelli.
"Quindi ci hai salvato dai deeta per ucciderci tu stesso?", chiese, calmo.
Peter scosse la testa, avvicinandosi appena.
"Non sono come te, lupo. Io non uccido a meno che non sia strettamente necessario. Perciò vi porteremo alla nostra base, dove passerete gran parte del tempo nelle segrete", disse, tagliente.
Jaime assottigliò gli occhi, minaccioso, e fece anche lui un passo verso l'altro.
Nina pensò che si sarebbero presi a pugni, perciò si frappose fra i due, dando le spalle a James.
"So che è difficile da credere, ma James non è una cattiva persona...", iniziò, tutto d'un fiato, deglutendo a fatica mentre incontrava gli occhi di Anderson.
Pensò che uno dei due l'avrebbe spinta di lato e messa al suo posto, ma nessuno la toccò o la interruppe. Peterson la stava guardando con interesse, James, anche se lei non poteva vederlo, non si era mosso.
Tutti pendevano dalle sue labbra.
"Le Ombre non sono cattive persone...", continuò, mordendosi il labbro.
"Quindi...tu non ne fai parte?", mormorò Anderson, piegando la testa di lato.
"No...cioè...sì...io...non da tanto. E...è stato difficile all'inizio. Non li conoscevo e li ho giudicati, ho giudicato James da voci che avevo sentito e che probabilmente i Westing hanno messo in giro...James non è perfetto, ma fa del suo meglio. Vuole...vogliamo ciò che volete anche voi, che il mondo torni ad essere come prima", disse, con la voce sempre meno incerta.
Anderson la intimoriva un po', ma era grata di non riuscire a vedere l'espressione di James in quel momento perché probabilmente sarebbe sprofondata per la vergogna.
Il moro prese un lungo respiro.
"Quindi dovrei lasciarvi andare?".
Nina alzò le spalle.
"Penso che potremmo esservi d'aiuto, se collaborassimo...".
Il caporale sorrise appena e guardò oltre le spalle della ragazza.
"E tu sei d'accordo con lei? Dovremmo collaborare?".
Nina abbassò gli occhi e si morse il labbro mentre si voltava verso James. La sua espressione non era rassicurante. Probabilmente stava odiando il fatto che lei stesse parlando per lui e che avesse addirittura ipotizzato una collaborazione tra le parti.
Ma annuì con la testa.
"Sono d'accordo", disse, atono. La sua espressione ora era indecifrabile.
Nina tornò a guardare Anderson.
"Tornate alla vostra base, riposatevi, preparatevi e ci rivediamo qui tra una settimana per accordarci", concluse lui, andandosene insieme ai suoi uomini.

Nina schiuse le labbra.
"Non posso credere che abbia accettato", mormorò, incredula, ma anche un po' orgogliosa di se stessa.
"Forza, andiamo. Dobbiamo stare più attenti a non lasciare tracce se non vogliamo che ci seguano di nuovo", sbottò James, riportandola alla realtà.
Stava già camminando, quando lei si voltò a guardarlo.
"Con i ribelli abbiamo una possibilità in più di sconfiggere i Westing", continuò, allegra.
"Non torneremo qui e non faremo nessuna alleanza", bofonchiò il lupo senza guardarla.
"Cosa? Ma tu hai detto...".
"Ho detto quello che dovevo per tirarci fuori dai guai", rispose James.
Si era fermato, rigido.
"Ma Anderson...", riprovò lei. E questa volta Jaime la guardò, scuotendo la testa.
"Anderson combatte una guerra persa", disse, calmo, avvicinandosi.
Nina scosse la testa, testarda.
"Ma se lo aiutassimo...", continuò.
"Nessuno aiuterà nessuno", fece lui, come se quella fosse l'ultima parola, perché si voltò e riprese a camminare.
Dean guardò entrambi con curiosità, un po' divertito da quella discussione.
"Non è una decisione che spetta a te!", esclamò lei, incrociando le braccia.
"Sì, invece, perché sono io il leader!", ribatté lui con altrettanta rabbia, tornando verso di lei.
"Più che un leader mi sembri un tiranno".
"Vuoi andare con Anderson? Vai! Nessun tiranno ti ferma!", gridò il ragazzo, livido. Una vena gli stava tirando sul collo rigido, molto visibile.
"No, perchè la mia famiglia è in quel bunker".
"E allora smettila di discutere e andiamo!", fece lui, sbuffando, riprendendo a camminare.
"Pensavo che volessi sconfiggerli".
James si fermò, chiudendo gli occhi per qualche secondo e quando li riaprì era più calmo. Più calmo e più triste.
"Il sogno di Rose era sconfiggerli e guarda dove l'ha portata", sussurrò, andandosene.

Il resto del viaggio fu silenzioso e imbarazzante, specialmente per Dean, che non sapeva cosa dire per non creare ancora più tensione.
Finalmente, arrivarono al bunker.
James sbuffò, facendo schioccare la lingua.
"Non ho la chiave...devo averla persa quando ci hanno catturato", mormorò, voltandosi verso gli altri due.
Nina sospirò, stringendosi nelle spalle.
Quando aveva riconosciuto i dintorni del bunker si era lasciata andare ad una sensazione di pace e si era già immaginata immersa in una vasca di acqua bollente, ma a quanto pare no.
"Dovremo aspettare che esca qualcuno", continuò James, sedendosi per terra. 
Chiuse gli occhi e sospirò.
Nina lo fissò, squadrandolo.
Doveva essere terribilmente stanco anche lui, praticamente non l'aveva mai visto dormire da quando erano stati catturati, se non per i sedativi e qualche ora dove Dean gli aveva dato il cambio per fare la guardia. Quando era stato il turno della ragazza, Jaime invece l'aveva costretta a dormire al posto suo.
Due profonde occhiaie gli contornavano gli occhi, ma non si era mai lamentato.
La ragazza fece per sedersi accanto a lui quando sentì delle voci in lontananza.
Qualcuno era entrato nell'edificio.
James aprì subito gli occhi e Dean e Nina si voltarono verso il chiacchiericcio.
Poi una figura svoltò l'angolo, seguita subito da qualche altro.
Nina schiuse le labbra quando riconobbe i capelli sbarazzini di Nicholas e i suoi occhi caldi.
Si portò una mano alla bocca, poi gli corse incontro e gli saltò al collo prima che lui potesse anche solo realizzare cosa stesse succedendo.
"Cosa...? Nina?", mormorò, stringendola a sua volta, poi si distanziò e le prese il volto tra le mani, come per testare se fosse vera o se la stanchezza gli avesse procurato un brutto scherzo alla vista.
"Stai bene? Sei ferita? Cosa...? Dove...? Oh...", blaterò, abbracciandola di nuovo.
Le accarezzò i capelli e chiuse gli occhi, inebriandosi del suo profumo. Quando li riaprì si accorse anche di James.
Gli lanciò un'occhiata fredda: i lividi e i tagli che gli aveva procurato erano migliorati e adesso ne erano comparsi di nuovi. Non sapeva se provare rabbia verso di lui e incolparlo per tutto o essere felice di vederlo ancora vivo.
Jaime gli sorrise appena, poi abbassò gli occhi.
Nick senza lasciare andare la ragazza, spostò lo sguardo su Dean, e tutte le emozioni che stava provando si tramutarono in stupore.
"E tu chi...?", iniziò, mentre scioglieva l'abbraccio con Nina, ma la teneva comunque molto vicina a sé. Anche la ragazza si voltò verso suo fratello.
James ridacchiò appena.
"Ma come? Non lo vedi?", commentò, con fare ovvio, passando lo sguardo da un gemello all'altra.
Nick schiuse le labbra, poi guardò Nina.
"Tuo fratello?", chiese, incredulo.
Lei sorrise e lo baciò, trasmettendogli tutta la felicità di quel momento.
Dean fece una smorfia e alzò un sopracciglio, voltandosi quasi schifato verso James per scambiare una battutina o uno sguardo ironico. Ma Jaime non era in vena di ridere. Aveva lo sguardo spento fisso sulla coppia, nessun accenno di un sorriso sul volto.
Dean tornò a guardare i due ragazzi e si schiarì la voce.
"Mmh...mmh...sono Dean", disse, allungando una mano verso Nick.
Il moro lasciò andare Nina e sorrise appena.
"Nicholas", si presentò allegramente.
"Ho sentito davvero tanto parlare di te", aggiunse.
Dean fece un sorriso tirato.
Non che io possa dire lo stesso di te, pensò, piegando la testa di lato.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Nick aveva condotto Nina e Dean per i corridoi, senza smettere un attimo di parlare.
"Rick e Anna saranno felicissimi di rivederti, erano davvero preoccupati".
"Siamo usciti a cercarti almeno un milione di volte. Tornavo giusto ora con una squadra di ricerca".
E poi ancora: "Non avevo idea di cosa ti fosse successo, ero distrutto".
Nina sentiva quelle parole, ma era troppo eccitata all'idea di rivedere i suoi fratelli e ancora di più di vedere la loro reazione una volta che avrebbero riconosciuto Dean che non era in condizione di seguire più di tanto o di rispondere.
Si voltò un paio di volte verso Dean, che era di nuovo indecifrabile.
Non sorrideva o altro e lei si chiese come mai. Non era felice di rivedere Annabelle e Richard?
Quando arrivarono alla camera dei tre fratelli, Nina scacciò via tutti i pensieri ansiosi. Finalmente, erano riuniti.
Si fiondò sulla porta, aprendola velocemente.
Anna sussultò e Rick sgranò gli occhi.
Nina avrebbe gridato qualcosa se non avesse visto anche Aline.
Richiuse le labbra quando la riconobbe. Era seduta sul letto di Rick, con le gambe accavallate, strizzata in uno dei suoi completi di pelle. I lunghissi capelli neri ancora tra le mani di Richard.
Il ragazzo si alzò, sorridendole.
"Nina!", esclamò, allegro, senza badare all'espressione indagatoria della sorella.
"Che sta succedendo qui?", chiese lei, avanzando.
"Nina stai bene?", fece Annabelle, abbracciandola.
Lei le accarezzò i capelli, ma poi tornò a guardare Aline e Richard.
Suo fratello si sistemò gli occhiali e prese Aline per mano.
"Sono felice e voglio essere felice che tu sia tornata perciò non rovinare tutto", le disse, sospirando.
Nina assottigliò gli occhi, ma poi si aprì in un sorriso e aprì le braccia. Richard corse verso di lei e si unì all'abbraccio delle due sorelle.
"C'è un po' di posto anche per me?", fece Dean, che era stato fino a quel momento sulla porta, divertito dal dramma.
Richard e Anna spalancarono le bocche, increduli, per poi gridare.
"Dean!", esclamarono, mentre lui si avvicinava e si stringevano in un caloroso abbraccio di gruppo.
Nick, al settimo cielo, si unì a loro.
Nina guardò aline e la trovò a disagio che si chiedeva cosa fare e decise in quel momento di non intralciare la vita amorosa di Rick. Le sorrise e la invitò a raggiungerli.
Aline si morse il labbro, ma poi si aprì in un sorriso e corse verso di loro.

James si era allontanato da tutti. 
Era felice per Nina, lo era davvero. E anche per Dean e Nicholas.
Tutti avevano avuto qualcuno da cui tornare, qualcuno da chiamare casa.
E lui? Ogni volta che era stato assente per molto tempo era sempre stato accolto da Nicholas, Aline, Rose.
Non ora.
Nick lo odiava, Aline probabilmente gli sarebbe stata lontana a causa di suo fratello e Rose non c'era più.
Non si era mai sentito così solo in vita sua.
Era circondato da tutto ciò che poteva definire famiglia, ma non era più così per loro.
Il lupo alpha non aveva più un branco a seguirlo. Nessuno per cui e con cui lottare.
Sospirò, aprendo la porta di camera sua e richiudendola subito dopo di sé.
Almeno, finalmente, era da solo e non doveva più cercare di nascondere ciò che provava.
Era stanco, triste, miserabile.
Si guardò allo specchio: la figura che ricambiò lo sguardo non era nient'altro che quella di un ragazzo spaventato.
I capelli argentei avevano iniziato a perdere il colore e le radici mostravano appena un po' di ricrescita castana, in più erano sporchi e annodati.
Le ferite che lo avevano sempre fatto sentire forte, adesso lo facevano apparire debole e odiava le macchie violacee che aveva sotto gli occhi.
Patetico.
Le labbra gli tremarono appena quando sentì una lacrima salata bagnarle e dissolversi sopra di esse.
Sospirò e distolse lo sguardo.
No.
Lui era James. Era il lupo. Era l'alpha. Non poteva in alcun modo mostrarsi così.
Strinse i pugni e si guardò di nuovo allo specchio, questa volta con fierezza.

Nick aveva lasciato riposare Nina un paio d'ore, ma gli avevano riferito che Jaime intendeva organizzare una festa per il loro ritorno quella sera e voleva essere lui a darle la notizia.
Ma prima che potesse arrivare alla sua stanza, vide Dean venire dalla direzione opposta.
Lo squadrò appena, aggrottando la fronte.
"Dove te ne vai?", chiese, lanciando un'occhiata alla borsa che aveva sulla spalla.
Dean deglutì a fatica, poi mise su un sorriso veloce.
"Oh, a fare una doccia. Ho dormito un po', ma ora devo davvero lavarmi", esclamò, allargando il sorriso.
Nick annuì con la testa.
"Beh, le docce più vicine sono dall'altra parte", disse, indicandogli con la mano la direzione opposta.
Dean lanciò uno sguardo alle sue spalle, poi si morse l'interno guancia.
"Giusto...", disse.
"Ma tu non stavi andando a fare una doccia, dico bene?", continuò Nicholas, freddo.
Dean sospirò e tornò serio. Probabilmente avrebbe potuto colpirlo e metterlo k.o. con facilità, ma una gran parte di lui lo stava frenando.
C'era una parte che sperava che Nicholas gli facesse cambiare idea.
"Non esiste che tu te ne vada", continuò il moro, scuotendo la testa e allungando il braccio per togliergli la borsa dalla spalla. Dean si scansò di lato per evitare che lo toccasse.
Non aveva più senso mentire, perciò fu onesto.
"Tu non hai idea delle cose che ho fatto quando ero un deeta. Non merito di stare qui. Non voglio stare qui".
"Ma cosa stai dicendo? Non è colpa tua! Eri controllato!", esclamò Nick, smanaccando.
Dean abbassò la testa, sospirando.
"Non immagini nemmeno quante persone io abbia ucciso".
148.
Quel numero lo tormentava, era fisso nella sua mente, pronto per aumentare in ogni momento. Nicholas sarebbe stato il prossimo?
Rabbrividì anche al solo pensiero. No, non avrebbe ucciso quel ragazzo.
Non avrebbe più ucciso nessun altro innocente, piuttosto si sarebbe tolto la  vita.
"Non eri tu, Dean. Ma loro. Non potevi resistergli", continuò Nicholas.
Il ragazzo scosse la testa, tormentato.
"Tua sorella ha bisogno di te, come pensi si sentirà quando saprà che te ne sei voluto andare?".
"Mia sorella è più forte di quanto tu creda", sibilò Dean, guardandolo.
"Lo so, ma le spezzerai il cuore andandotene. Non credo riuscirà a superarla".
Dean prese un lungo respiro, poi fece schioccare la lingua.
"Non posso permetterti di andartene. Se devo combatterti, lo farò", riprese Nick, duro.
L'altro sorrise appena, poi si tolse la borsa dalla spalla e gliela passò, annuendo.
"Adesso capisco perché piaci a mia sorella", disse, senza smettere di sorridere. Lo ringraziò con lo sguardo e se ne andò.
Nick chiuse gli occhi, sollevato, e riprese a respirare.

Il salone principale era affollatissimo; probabilmente l'intero bunker si era riversato in quella sala. E c'era un allegro chiacchiericcio a sottofondo della musica che stava suonando.
Nina sorrise, guardandosi intorno alla ricerca di volti familiari. La prima che vide fu sua sorella. Aveva i capelli raccolti e alcuni ricci ribelli le contornavano il viso, gli occhi chiari brillavano mentre chiacchierava e gesticolava insieme a qualche amica. Nina allargò il sorriso. Anna meritava ogni singolo momento di felicità e normalità che potesse ricevere.
Si voltò, ricercando ancora.
Richard stava ridendo. Aveva la bocca spalancata a mostrare tutti e trentadue i denti, gli occhi che si aprivano e si chiudevano senza che lui riuscisse a controllarsi. Aline gli era vicino, gli sfiorava il braccio, divertita, toccandosi i capelli di tanto in tanto.
Aveva lasciato correre quella loro relazione pensando che non sarebbe andata avanti ancora per molto, ma ad osservarli bene sembravano davvero felici. E chi era lei per mettersi in mezzo a quella felicità? Richard era grande abbastanza da prendere le sue decisioni. Fece per voltarsi a cercare Dean, quando qualcuno le sfiorò la spalla.
Non seppe spiegarsi il perché, ma tutto quanto il suo corpo sperò che si trattasse di James.
Invece, Nick le riservò uno dei suoi sorrisi migliori.
"Ehi", sussurrò dolcemente, lasciandole un bacio sulle labbra.
"Ehi", ribatté lei, mentre il ragazzo le faceva fare una giravolta.
"Sei incantevole", continuò, stringendola a sé e iniziando a ballare un lento, accompagnati dalla musica.
Nina lo baciò a sua volta.
"Mi sei mancato", disse.
Nonostante quello che aveva passato, la sua lontananza era stata una delle cose più difficili da sopportare.
Nicholas si allontanò appena, senza staccare le mani dai suoi fianchi, ma abbastanza da poterla guardare negli occhi.
Stava ancora sorridendo.
"Ti amo", fece, all'improvviso, impulsivamente, ma fu come se l'avesse fatto al momento più opportuno.
Nina schiuse appena le labbra.
"Ti amo anche io".
In realtà non era certa di amarlo, ma le era mancato tantissimo e in più non era mai stata innamorata quindi come poteva pretendere di sapere cosa si provasse?
Nick era una delle persone migliori che avesse mai incontrato ed era sempre gentile e buono con lei. 
"So che è poco che ci conosciamo e ancora meno che stiamo insieme ma...penso che per me sia stato amore a prima vista", continuò il ragazzo, mordicchiandosi nervosamente le labbra.
Aveva le guance leggermente arrossate e gli occhi correvano lungo il volto di lei.
"A prima vista? Oh intendi quando ti sei finto James? Era una tecnica di seduzione quella?", scherzò lei.
Nina rise prima di realizzare veramente ciò che aveva detto. Non aveva davvero suggerito che James potesse essere attraente due secondi dopo che Nick le aveva detto che l'amava.
"Beh se ti piace il tipo", rispose lui, sorridendole.
Non sembrava che avesse avuto il suo stesso pensiero, la cosa la fece rilassare di nuovo.
Ricambiò il sorriso e si appoggiò alla sua spalla, lasciandosi trasportare dal lento che stavano ballando. E fu allora che lo vide.
James era appoggiato con entrambe le braccia  alla ringhiera dell'ingresso alle scale che davano sulla sala. Indossava una maglietta a maniche corte nera con uno scollo a V, talmente aderente che non lasciava molto all'immaginazione. I capelli chiari erano leggermente umidi e gli si arricciavano dolcemente sulle spalle e aveva un'espressione corrucciata. Gli occhi, poi, erano fissi su di lei e Nina sospettò che lo fossero già da un po'.
Schiuse le labbra, ricambiando lo sguardo.
Cos'era quel subbuglio improvviso che aveva nello stomaco? La stava semplicemente guardando.
Nick le aveva detto di amarla. La amava, accidenti. Eppure non aveva avuto una reazione del genere.
Sentì le guance andarle a fuoco e l'aria mancarle per un minuto.
Si allontanò da Nicholas, spostandosi una ciocca dietro le orecchie.
"Vado a prendermi da bere", sussurrò, con la gola improvvisamente secca.
"Vuoi che vada io?", chiese lui gentilmente, ma Nina scosse la testa.
"Ok, vorrà dire che andrò a tenere d'occhio quei due da più vicino", mormorò Nick osservando Aline e Richard con sospetto.
Nina sorrise appena.
"Vacci piano. Sembrano due perfetti piccioncini".
Lui alzò le spalle e se ne andò.
In quel momento, Nina riprese a respirare.
Si voltò, lasciandosi alle spalle Nick e James, e si versò un po' di punch alla frutta, tracannandolo velocemente per cercare di raffreddare la sua temperatura, ma stava andando a fuoco.
Lanciò uno sguardo a James: non si era mosso di un muscolo e aveva ancora gli occhi piantati nei suoi.
Nina si fece coraggio, bevve un altro sorso, e gli si avvicinò velocemente.
Lui a quel punto fece per andarsene.
"Lasci la festa?", fece lei, affannata, mentre  cercava di raggiungerlo prima che sparisse.
James rimase fermo un attimo, poi si voltò a guardarla di nuovo con quegli occhi di ghiaccio.
Nina deglutì a fatica.
Avrebbe pagato oro per sapere a cosa stesse pensando in quel momento.
Jaime alzò le spalle e fece roteare un bicchiere ormai vuoto che aveva in mano.
"Ho bisogno di qualcosa di più forte di quello che c'è da bere qui", sbottò, passando gli occhi sulla sala. Fece per andarsene e lei aprì bocca in un goffo tentativo per farlo restare.
"Non puoi andartene sei tu che hai organizzato la festa", mormorò, sentendosi subito una stupida. Fece una smorfia.
Il ragazzo si voltò e il suo sguardo fu molto più dolce.
"Nina, ho organizzato questa festa per te", disse, fissandola. 
"E tuo fratello. Per te e tuo fratello", aggiunse subito dopo, accortosi che l'espressione della ragazza era cambiata.
"Dopo quello che avete dovuto affrontare...ho pensato che vi potesse aiutare", continuò, avvicinandosi inconsciamente a lei.
Nina incrociò le braccia.
"Anche tu hai dovuto affrontare le stesse cose...".
"Ci sono abituato".
"Ma non dovresti esserlo e penso che una festa possa servire anche a te".
"Nina, fidati, in questo momento voglio soltanto sentire il calore di un ottimo brandy che mi scende in gola", sibilò lui, andandosene, dopo aver appoggiato il bicchiere che aveva in mano sul corrimano della ringhiera.
Nina posò gli occhi sulla sala in festa.
Avrebbe dovuto scendere di nuovo le scale e tornare da Nick, passare la serata con lui e i suoi fratelli, ma sembrava attratta a James come una calamita.
Lo seguì, tenendosi a distanza, fino a che lui non entrò in una stanza sul piano della sua camera.
Aveva richiuso la porta alle sue spalle e lei attese qualche secondo, imbambolata.
Si morse il labbro, chiedendosi cosa stesse facendo.
Ma, comunque, non si mosse.
Alzò il braccio per bussare, ma si bloccò di nuovo.
Cosa stava facendo?
La mano, come mossasi in maniera del tutto autonoma, fece picchiettare le nocche sul legno scuro della porta.
Inizialmente, non ci fu alcuna risposta e Nina si sentì quasi sollevata.
Poi la voce del ragazzo le arrivò all'orecchio, appena attutita.
"Avanti...?", aveva detto, quasi con tono interrogativo, come se fosse una cosa del tutto anormale che qualcuno bussasse a quella porta.
La ragazza prese seriamente in considerazione l'idea di scappare via e fingere che niente fosse successo, insomma, era ancora a tempo.
Ma, di nuovo, il suo corpo si mosse automaticamente ed entrò timidamente nella stanza.
Era un piccolo ufficio, pieno quasi fino a scoppiare.
La mobilia era veramente scarsa: una scrivania ed una sedia al centro dell'ufficio e due librerie ai lati opposti che occupavano tutta la parete, ma ogni cosa era stracolma di libri, documenti, scartoffie di ogni genere. In più, c'era un quadro con un lupo bianco dipinto a olio proprio sopra la scrivania.
Ma Nina ebbe appena un secondo per curiosare prima che la sua attenzione fosse puntata su James. Il ragazzo la stava fissando con un certo interesse sul viso. Aveva una mano appoggiata al tavolo e nell'altra teneva un bicchiere appena riempito di brandy.
Inarcò un sopracciglio come per incalzarla a parlare.
"Ehm...posso averne uno?", chiese lei, indicando il bicchiere, schiarendosi la voce e avanzando verso la scrivania.
Jaime continuò a guardarla.
"Di solito le persone non vengono qui", disse e lei non seppe se quella frase fosse un'informazione o un modo per chiederle di andarsene.
Nina si morse il labbro. Nonostante fosse parecchio a disagio, non voleva tornare alla festa o andare a letto o qualsiasi altra cosa. Voleva stare lì e voleva assolutamente trovare una buona scusa per non fare la figura dell'idiota.
"Perché no?", chiese, grattandosi nervosamente un braccio.
"E' il mio luogo sacro", rispose lui, alzando ancora di più il sopracciglio, ma lei lo ignorò.
"Il tuo luogo sacro?", continuò, puntando gli occhi sul dipinto del lupo alle spalle del ragazzo.
"Vengo qui per stare da solo", ribatté James, questa volta certo di essere stato chiaro.
Nina annuì appena, tornando a guardarlo.
"Non ti basta camera tua?".
Incrociò le braccia.
Jaime ridacchiò, rilassandosi, e bevve un sorso del brandy. Poi fece schioccare la lingua, divertito.
"Camera mia è spesso piuttosto affollata", mormorò, increspando le labbra in un sorriso malizioso.
Nina scosse la testa.
"Giusto...Rose ci veniva?", chiese ancora.
Rose? Come cavolo le era venuto in mente di tirare fuori Rose in quella conversazione già abbastanza imbarazzante?
Guardò James con sguardo colpevole, mordicchiandosi un labbro, ma lui non sembrò alterarsi.
"No", rispose appena, serio.
"Diceva che ero noioso quando ero qui", aggiunse, alzando le spalle.
Nina annuì con la testa, poi si appoggiò al muro alle sue spalle e si lasciò scivolare a terra.
"Posso avere quel drink ora?", chiese, sorridendo.
Se voleva che se ne andasse, avrebbe dovuto chiederglielo esplicitamente.
Jaime la fissò senza dire niente, rimuginando su qualcosa, poi afferrò la bottiglia di brandy e fece il giro della scrivania. Lentamente, la raggiunse e si sedette accanto a lei, porgendole il liquore.
Nina ne bevve appena un sorso e fece una smorfia, tossendo e facendolo ridacchiare.
"E' buono?", chiese il ragazzo, divertito, prendendole la bottiglia dalle mani per berne un po' a sua volta.
Nina si schiarì la voce, poi lo guardò.
"E' orribile", sbottò.
James ridacchiò e le porse di nuovo il brandy, che lei prese senza riluttanza.
Bevve di nuovo, ignorando quel sapore disgustoso, lasciandosi raschiare la gola e annebbiare i sensi.
Non aveva mai e poi mai, nei suoi ventitré anni di vita, bevuto qualcosa di così forte.
Fece di nuovo una smorfia. Poi si attaccò ancora alla bottiglia.
"Woah woah, vacci piano, principessa".
Nina ingollò a fatica il liquido e lo guardò con la fronte corrucciata.
"Perché? Hai paura che mi ubriachi?".
"Perché ne voglio ancora io".

James fece roteare la bottiglia di brandy tra le dita.
Era ormai quasi alla fine e, nonostante lui ne avesse bevuta la maggior parte, Nina sembrava completamente andata.
Era già da un po' che non parlava, cosa che non era assolutamente da lei, e se ne stava con lo sguardo fisso sulla parete davanti a loro.
Improvvisamente, appoggiò la testa sulla sua spalla, facendolo trasalire.
Cercò di ricomporsi alla meglio, mentre l'odore di menta che avevano i suoi capelli gli inondava le narici.
"Perché un lupo?", chiese poi lei, interrompendo il silenzio.
James aggrottò la fronte.
"Mmh?".
"Perché quel soprannome? Un giorno sei entrato in questa stanza, hai visto quel dipinto e hai deciso che il lupo fosse un animale abbastanza degno da rappresentarti?", continuò lei.
Jaime guardò il quadro appeso sopra la scrivania e non potè che sorridere.
"Oh, sì. E' andata esattamente così. Come hai indovinato?", disse, divertito.
Nina alzò la testa dalla sua spalla e lo guardò.
"Mi stai prendendo in giro?".
I loro occhi si scontrarono e James non riuscì a non tornare serio.
"Non lo so...immagino che il lupo e il concetto di branco mi affascinassero...", rispose, alzando le spalle.
"Quindi non è stato quel cane a ispirarti?", riprese lei, indicando il dipinto.
James sorrise.
"Non è un cane. E' un lupo".
Nina fece un verso di disappunto.
"Non puoi saperlo, mica sei stato tu a dipingerlo", puntualizzò, scrollando le spalle.
Jaime non rispose e Nina schiuse le labbra.
"Aspetta...sei stato tu a dipingerlo?".
Il ragazzo annuì appena.
"Davvero?", mormorò lei, stupita, facendo per alzarsi e avvicinarsi meglio al quadro, ma traballò appena fu in piedi e sarebbe finita con la faccia a terra se James non l'avesse afferrata per i fianchi e attirata a sè.
La fece sedere di nuovo delicatamente.
"Non dovresti fare movimenti improvvisi, sei ubriaca", le disse, scostandole una ciocca di capelli che le era finita sul volto.
Nina tremò visibilmente a quel contatto e James strinse i pugni e allontanò la mano e il viso da lei.
"Scusa", disse, a disagio.
A disagio? James a disagio?
Nina si morse il labbro e abbassò gli occhi sulle sue mani, se le stava torturando.
Deglutì a fatica, prima di tornare a guardarlo di nuovo.
Gli occhi di lui sembravano non trovare posa e vagavano su qualsiasi punto della stanza che non fosse lei.
"Sei...", iniziò la ragazza, a fatica.
"Sei un idiota", disse, aggrottando la fronte.
James la guardò, confuso.
"Sei narcisista e arrogante", continuò lei, fissandolo quasi con rabbia. Lui non disse una parola.
"Sei egoista...". Si morse le labbra, ancora e ancora.
"Sei dispotico, irascibile, insensibile...".
A questo punto, Nina non sapeva più se si stesse rivolgendo a lui o a se stessa.
Stava forse cercando di ricordarsi quanto James non fosse adatto a lei? 
E allora perché aveva una voglia immensa di baciarlo?

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

Nina sospirò, non se ne era nemmeno resa conto, ma aveva il viso a pochissimi centimetri da quello di James, tanto che riusciva a sentire il suo respiro caldo sulle guance.
Posò lo sguardo sulle sue labbra e quello fu uno sbaglio fatale.
Sembrava fossero fatte per baciare ed essere baciate: una qualche divinità maledetta che probabilmente la odiava le aveva scolpite solo e soltanto per quello scopo.
Deglutì a fatica, aveva la gola secca e ancora bruciata dall'alcol.
Sentiva la testa pesarle terribilmente sul collo e il cuore batterle con frenesia in gola.
Ma per la prima volta dopo secoli non aveva un pensiero in testa se non lui.
Si avvicinò ancora di più, incapace di fare diversamente.
James invece non si mosse, la stava semplicemente guardando con un'espressione indecifrabile stampata sul volto.
Non aveva detto più una parola e la cosa la stava decisamente facendo impazzire.
Non si fermò. Le loro labbra si sfiorarono.
Quel contatto fece sussultare entrambi e restarono immobili per qualche secondo, con gli occhi improvvisamente chiusi.
Poi, Nina annullò qualsiasi distanza ci fosse e premette con decisione le labbra su quelle del ragazzo. Pensò che non avrebbe reagito e che allora la situazione sarebbe diventata davvero imbarazzante, ma quando fece scontrare le loro bocche per l'ennesima volta, James le cinse i fianchi, attirandola ancora più vicina e permettendole di mettersi a cavalcioni su di lui. Senza nemmeno pensarci, Nina gli circondò il collo con le braccia, approfondendo il bacio.
Provò cose che nemmeno aveva immaginato di poter provare. Sentì girarle la testa e brividi le percorsero tutto il corpo, ma in qualche modo era certa che James stesse avendo esattamente la stessa reazione.
Schiuse le labbra e lasciò che le loro lingue si incontrassero, stringendosi ancora di più a lui.
Avrebbe voluto che quel bacio fosse proiettato in ogni parte del mondo e allo stesso tempo che nessuno venisse mai a saperlo e restasse soltanto tra loro due.
Poi, come risvegliatasi da un sogno, smise di baciarlo e lo guardò, allarmata.
"Noi...non possiamo. Non posso...io...siamo ubriachi", mormorò, tirandosi in piedi, per miracolo senza cadere.
James la guardò soltanto, senza dire  una parola, ma i suoi occhi non erano più indecifrabili. Sembrava aver tirato giù tutte le barriere che lo avevano circondato fino a quel momento, si era messo a nudo di fronte a lei e in quel momento non capiva come mai Nina si stesse tirando indietro. Ma non disse una parola, anche perché non ne ebbe il tempo. La ragazza era scappata via, barcollando.

Nina stava per sedersi accanto a Dean con una ciotola di cereali e latte in una mano e un bicchiere d'acqua nell'altra.
Era di pessimo umore, le scoppiava la testa e si era dovuta costringere ad uscire dal letto per andare a fare colazione.
Due pesanti occhiaie violacee le cerchiavano gli occhi e i capelli, legati malamente, le stavano solleticando il viso, non piacevolmente.
Sperava di non incontrare James, ma se l'avesse visto, si era convinta che avrebbe fatto finta di niente.
Dopotutto probabilmente lui avrebbe fatto lo stesso e che senso aveva tirare in ballo uno stupido bacio che non aveva significato niente per entrambi?
A quel pensiero quasi si mise a ridere istericamente.
Non aveva significato niente. Ah!
La mano che teneva il bicchiere tremò appena, facendole rovesciare addosso dell'acqua.
Imprecò, mentre vedeva la maglietta macchiarsi, ma almeno l'acqua fredda l'aveva allontanata per un attimo dal casino che aveva in testa.
Quando rialzò gli occhi, Nick era davanti a lei.
"Ehi", la salutò, lasciandole un bacio agli angoli della bocca. Lei congelò.
Se aveva pensato a come comportarsi con James, Nick non le era passato neanche per l'anticamera del cervello.
Le aveva detto che l'amava e dopo due minuti lei era andata a ficcare la lingua in gola al suo migliore amico. 
Beh, tecnicamente avevano litigato.
Fece una smorfia a quel pensiero.
"Nick...buongiorno", mormorò, a disagio.
"Sei sparita ieri. Tutto bene?". Lui le rivolse quella solita occhiata preoccupata che Nina aveva iniziato ad odiare.
"Oh, sì. Tutto benissimo, ero soltanto stanca", si affrettò a rispondere, trascinando la voce più del dovuto, mentre poggiava la ciotola e il bicchiere sul tavolo.
Notò Dean che li fissava con la coda dell'occhio, ma lo ignorò.
"Ok, vado a prendere qualcosa da mangiare e ti raggiungo", rispose lui, tornando di ottimo umore, sfornando uno dei suoi bellissimi sorrisi.
Le fece l'occhiolino e se ne andò, fischiettando.
Nina fece una smorfia e si sedette a disagio.
"Perché gli hai mentito?", fece Dean, squadrandola con fare interrogativo.
Nina si mosse appena sulla sedia, lasciandogli un'occhiata.
"Non...non è così...", mormorò, abbassando gli occhi sulla sua colazione e gemendo quando quella le provocò il voltastomaco.
"Nina, dimentichi che posso sentire quello che provi".
La ragazza lo guardò di nuovo, questa volta lo incenerì con lo sguardo. Assottigliò gli occhi per provare a sentire ciò che stava provando lui, ma era un enigma. La cosa la mandò su tutte le furie.
"Stai fuori dalla mia testa", sibilò, sbuffando.
"Più facile a dirsi che a farsi, sei un vortice di emozioni", ribatté lui, per niente offeso dal suo tono, mentre ricominciava a mangiare.
"Come mai tu puoi sentire quello che provo io e invece, per quanto ci provi, tu sei diventato indecifrabile?".
Dean la guardò, alzando le spalle.
Ancora, le stava nascondendo qualcosa. Ma come? E cosa?
"Allora vuoi dirmi come mai gli hai mentito?", continuò lui, come se niente fosse.
Nina scansò di lato i cereali e si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. 
Sbuffò, ma poi si rilassò appena quando capì che non vedeva l'ora di togliersi quel peso dal petto.
"Ho baciato James", sussurrò, piano, avvicinandosi a lui perché potesse sentirla meglio.
Dean fece un sorrisetto da bastardo.
"Era ora!", esclamò allegramente.
"No, invece! È un problema perché sto con Nicholas. Ma ero ubriaca, lui era ubriaco ed è stato un errore. Non voglio che rovini la nostra relazione".
Dean scosse la testa.
"Le bugie distruggono una relazione forse più della verità, Nina", concluse, andandosene e lasciandola di stucco. Fece una smorfia corrucciata. San Dean sempre pronto a fare il cavaliere della giustizia era la parte che proprio non sopportava di suo fratello. Sempre così perfetto, sempre così corretto.
Nicholas tornò poco dopo, sedendosi vicino a lei con la sua colazione, mentre Nina stava ancora rimuginando, con lo sguardo fisso sul tavolo.
"Sicura di star bene? Ti vedo...".
"Sto bene, Nick. Davvero", ribatté lei, interrompendolo e si sforzò di mettere in bocca una cucchiaiata di latte e cereali.
Poi, vide James fare il suo ingresso nella sala e puntare direttamente verso di lei.
Sgranò gli occhi e cercò di attenersi al suo piano, sperando che evitando un contatto visivo lui non si sarebbe avvicinato.
Ma poco dopo apparve alle loro spalle.
"Ehi...possiamo parlare?".
Nina chiuse gli occhi e fece una smorfia, poi si voltò, ma si rese conto che James non era rivolto a lei, ma a Nicholas.
Schiuse le labbra, mentre sentiva i battiti del suo cuore schizzare alle stelle.
Il moro sospirò, mentre lo guardava.
"James...".
"Per favore, c'è qualcosa che devo dirti".
Nina scosse la testa, sbarrando gli occhi, sperando che James la vedesse, ma il ragazzo aveva gli occhi piantati su Nicholas.
"Ok", sbottò Nick, scocciato.
Si alzò e Nina avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto gridare qualcosa a James, ma restò immobile, con le parole congelate in gola.

Jaime e Nick si allontanarono abbastanza da non essere sentiti da nessuno nella sala.
Il moro incrociò le braccia e alzò un sopracciglio.
"Mi dispiace, ok? Mi dispiace per Aline e per tutto il resto. Ma sono un coglione e lo sai benissimo. Mi conosci meglio di chiunque altro, Nick. Sei il mio migliore amico, sei mio fratello...", iniziò, prendendo un bel respiro.
Nicholas non disse niente, continuò a fissarlo con il viso in un'espressione corrucciata.
"Mi dispiace, puoi perdonarmi? Possiamo dimenticarci di tutto e ricominciare?", riprese il lupo, schiudendo le labbra.
Nicholas sbuffò, poi annuì appena.
"Ok, sì. Va bene", mormorò.
James gli sorrise e lui ricambiò.
"E' comunque uno spreco di energie stare arrabbiato con te", aggiunse, divertito. 
Ridacchiarono, poi Jaime tornò serio.
"C'è...uhm...un'altra cosa che devo dirti".
Nicholas alzò un sopracciglio.
"Mi verrà voglia di colpirti di nuovo?".
"Probabilmente".
"Spara".
James abbassò gli occhi e fece schioccare la lingua.

Nina stava guardando Nicholas e James discutere.
Nick sembrava di nuovo furioso e Nina si sentì quasi svenire.
Forse sarebbe dovuta intervenire?
Si alzò, mordendosi il labbro inferiore, con l'ansia che la assaliva, ma si costrinse, passo dopo passo a raggiungere i due ragazzi.
James fu il primo a vederla e la osservò, aggrottando la fronte.
"Nick mi dispiace, avrei dovuto dirtelo. Ma non sapevo come e non stava solo a me dirtelo...", mormorò lei, ignorando lo sguardo pressante di Jaime.
Nicholas si voltò verso di lei e corrugò le sopracciglia.
"Tu sapevi?", chiese, prima confuso e poi di nuovo arrabbiato.
Nina schiuse le labbra, realizzando soltanto in quel momento che non avevano parlato del bacio.
"Cosa?", blaterò, passando un'occhiata impanicata a James, che chiuse gli occhi.
"Sapevi che James aveva lavorato per i Westing e non mi hai detto niente?", sbottò ancora Nick, gesticolando con rabbia.
Nina aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì niente se non suoni confusi.
"Nick, lei non c'entra, ok? Sono io che...".
Nicholas lo bloccò con il gesto di una mano.
"Avrò bisogno di un po' di tempo per mandare giù questa cosa...io...". Nicholas scosse la testa e se ne andò.
Nina avrebbe voluto seguirlo, ma James le bloccò la strada.
"Dobbiamo parlare anche noi", disse, guardandola con fare ovvio. 
"No, James, non abbiamo niente da dirci, eravamo ubriachi. Non ha significato niente".
Jaime aggrottò la fronte.
"Io...".
"Tu cosa? Nick mi ama, me l'ha detto. E non sono disposta a sacrificare tutto per...per cosa, poi? Vuoi stare con me? Mi ami?", sbottò, scuotendo la testa.
James non rispose.
"Come pensavo", sibilò lei, andandosene.

James stava tirando calci e pugni ad un manichino con quanta più rabbia e furia potesse tirar fuori.
Avrebbe dovuto essere stanco, spossato, in pieno dopo sbornia, ma la collera lo aveva caricato di energia, di cui voleva assolutamente liberarsi.
Stava per tirare l'ennesimo pugno, quando una voce alle sue spalle lo fece bloccare.
"Dovresti mettere le tue emozioni da parte, quando combatti", fece Dean, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.
James si rilassò, chiedendosi da quanto tempo lo stesse osservando.
"Non mi sto scontrando con nessuno e la rabbia mi dà uno scopo per continuare a combattere", sibilò, afferrando una bottiglia d'acqua per bere.
Dean si avvicinò, alzando le spalle.
"Immagino non sia uguale per tutti, ma trovo difficile concentrarmi su uno scontro quando la mia mente vaga su altro".
"Quindi cosa fai? Stacchi le emozioni come se ci fosse un interruttore?", ribatté James, scettico, mentre alzava un sopracciglio.
Dean annuì con la testa.
"E' più facile di quanto sembri, ma forse è perché sono stato un deeta così tanto tempo che a malapena mi ricordo come fosse prima di diventarlo", mormorò, pensieroso.
Jaime fece una smorfia.
"Mi dispiace, deve essere stato orribile".
Dean sorrise tristemente.
"Non riesco a smettere di pensare ad ogni singola persona a cui abbia fatto del male. Li vedo e li sento di giorno, tormentano i miei sogni di notte".
"E allora come fai a non essere furioso?".
"La rabbia uccide. Poi puoi essere tu a morire, i tuoi nemici o i tuoi amici, ma in ogni caso la rabbia uccide", continuò Dean.
 "Non vuoi vendetta per ciò che ti hanno fatto?", mormorò James, incrociando le braccia.
Dean annuì.
"Certo che sì", disse, afferrando un bastone da combattimento e sfiorandolo con le dita. Lo osservò, come se fosse la cosa più interessante del mondo, poi lo lanciò James, che lo afferrò al volo, e ne prese un altro per sé.
"Ma non permetto alla rabbia di controllarmi mentre combatto", continuò, facendo roteare il bastone per poi avvicinarsi a Jaime e attaccarlo. I due bastoni si scontrarono, producendo un rumore sordo.
"Mi estraneo completamente. Mi concentro sul mio respiro", disse, attaccando di nuovo. James si gettò di lato, evitando anche quel colpo.
"Mi concentro sul respiro del mio avversario".
Il bastone andò di nuovo a folle velocità verso James che si vide costretto a mettersi di nuovo sulla difensiva.
"Mi concentro sul suo sguardo. Gli occhi dicono tanto".
E ancora aveva mandato un colpo, che questa volta centrò James sul braccio. Lui fece una smorfia, poi si abbassò per evitare di venire preso anche sulla spalla.
"Mi concentro sul suo stile di combattimento. La rabbia, la sete di vendetta ti rendono forte, ma stupido e impulsivo", riprese Dean.
Questa volta, James era riuscito ad attaccare, ma il braccio destro era ancora indolenzito per il colpo incassato e Dean parò con facilità. L'ennesimo colpo fu l'ultimo. Fece sgusciare via il bastone dalle mani di James.
Dean sorrise appena e si rilassò, mentre l'altro lo osservava.
"Combatti bene", ammise James, che a quel giorno aveva visto davvero poche persone disarmarlo a quel modo.
"Anche tu, ma metti da parte la rabbia e combatterai anche meglio", mormorò, andando a posare entrambi i bastoni.
James annuì, osservandolo, poi schiuse le labbra, mentre un pensiero gli balenava nella testa.
"La connessione con Nina...funziona?", chiese, cambiando discorso così dal nulla.
Forse era stato completamente spudorato, ma non gli importava.
Dean si voltò e lo osservò, alzando le spalle.
"Vuoi sapere quello che mia sorella prova per te?", domandò, piegando la testa di lato, dando a James l'impressione che l'avesse letto nel pensiero.
"Chiediglielo", concluse poi, andandosene.
James sorrise appena. Dean gli piaceva.

Nick stava cenando, in preda ad un attacco di pensieri disordinati.
Non sapeva esattamente come si sentisse in quel momento e la cosa lo stava facendo impazzire.
Quando James gli si parò davanti, lo ignorò.
"Possiamo parlare?".
"Sto mangiando", blaterò Nicholas, duro, con gli occhi fissi sulla sua cena.
Era stanco e sicuramente non aveva voglia di litigare.
"Sì, lo vedo, voglio solo...".
"Ascolta, James, o come ti chiami veramente- James si irrigidì- sei stato tu a metterci in questa posizione. Il minimo che tu possa fare è darmi del tempo per riflettere".
Jaime sbuffò, scuotendo la testa e si sedette.
"Ma tu non rifletti, tu covi rabbia fino a che non ti fa scoppiare e fai qualcosa di stupido", disse, prendendo un lungo respiro.
Finalmente, Nick lo guardò, alzando un sopracciglio.
"Senti chi parla...", commentò.
"E' il mio passato, ok? Sono io a decidere con chi e quando parlarne".
Nick sbatté un pugno sul tavolo, facendo voltare molti dei presenti nella sala.
Li ignorò, non gli importava dell'opinione di nessuno.
Era furioso.
"No! Non funziona così. Non per un passato del genere, non quando io sono stato sempre chiaro e onesto. Non nella situazione in cui siamo. Se i ruoli fossero invertiti probabilmente sarei morto adesso", sbottò il moro, assumendo un'espressione carica d'ira. I denti bianchi digrignati, il collo tirato.
James schiuse le labbra, colpito, e fece per rispondere, ma l'altro lo anticipò.
"E non venirmi a dire che non mi uccideresti. Uccideresti tua madre per molto meno".
Il lupo fece schioccare la lingua e annuì appena, amareggiato.
"Mi ritieni davvero una persona del genere?".
"Non so nemmeno più cosa pensare di te".
"E allora perchè resti con me? Prendi tua sorella, prendi chiunque voglia venire con te e vattene. Cosa ti ferma? Prendi Nina e andatevene il più lontano possibile da me e dai Westing a vivere una vita più serena", sibilò James, acido. 
Aveva fatto tante cose di cui si pentiva, non avrebbe mai negato di essere una persona difficile, ma non meritava quelle parole.
Si alzò, poggiando le braccia sul tavolo per guardare meglio Nicholas.
Il moro aveva un'espressione indecifrabile e scosse la testa.
"Pensi che io voglia abbandonare la missione?".
"Quale missione? Intendi la causa persa in cui io ho deciso di farvi intrecciare tutti? Quella missione?", sbottò Jaime, scuotendo la testa.
"Non possiamo smettere di combattere e lasciare che i Westing vincano...", mormorò Nick.
"Hanno già vinto, Nick. Avrei dovuto capirlo prima, ma sono stato uno sciocco. Quindi te lo ripeto...porta via chiunque ne abbia abbastanza di me e continuate a vivere".
"Quella sarebbe la decisione più facile e io non sono tipo da decisioni facili", commentò Nicholas.
James annuì con la testa e si sistemò appena la maglietta, poi fece per andarsene, ma sembrò venirgli in mente qualcosa e si fermò.
"Non lo farei, comunque", disse, senza guardare il moro.
"Non ti ucciderei se i ruoli fossero invertiti", concluse, andandosene.
Nick lo guardò uscire dalla sala.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Nina vide Nicholas rientrare dalla caccia con altri ragazzi. Stava ridendo e scherzando, ma aveva qualcosa negli occhi che emanava tristezza.
Lei si chiese se fosse colpa sua.
Gli si avvicinò, facendosi piccola piccola, e notò  a malincuore come, seppure lui la avesse notata fin da subito, provasse in tutti i modi a fingere di non averla vista.
"Nick?", sussurrò Nina, fermandosi a qualche passo dal gruppo, mentre si torturava nervosamente le dita delle mani.
Nicholas a quel punto non potè più ignorarla e le lanciò un'occhiata rassegnata.
Non disse niente come in attesa che lei dicesse qualcosa.
"Possiamo parlare?".
Lui sospirò e salutò  gli altri cacciatori, per poi annullare completamente la distanza che c'era tra di loro. Lo fece senza rendersene conto e Nina potè chiaramente vedere l'imbarazzo avvolgerlo mentre realizzava la cosa.
Abbassò il viso, cercando di riuscire a dare una forma chiara ai pensieri che aveva in testa, poi tornò a guardarlo.
"So che sei ferito...".
"Ferito non rende nemmeno l'idea", la interruppe velocemente lui, facendola sobbalzare.
"Tu e James siete due delle persone più importanti per me e mi avete mentito...non so se posso più fidarmi".
Nina avrebbe voluto gridargli che poteva. Che poteva fidarsi completamente di lei, ma sarebbe stata una bugia. L'ennesima.
C'era ancora quel maledetto bacio a creare un muro tra di loro. E seppure fosse certa che dirgli tutto avrebbe peggiorato ancora di più le cose, una parte di lei stava lottando per farlo.
Inoltre dirgli del bacio l'avrebbe reso reale. Nina non poteva permettersi di renderlo reale. Era già abbastanza tormentata sapendolo in un limbo nelle menti sua e di James, ma ammettere di averlo fatto davvero, che non fosse solo un sogno, solo un pensiero, o un incubo, probabilmente avrebbe toccato parti di lei che non poteva e non voleva tirar fuori.
Deglutì a fatica.
Aveva forse ancora un paio di secondi per dare una risposta, sincera o meno, a Nicholas, senza apparire disonesta. Alzò appena lo sguardo e incontrò quello maledettamente indecifrabile di James dall'altra parte della stanza.
C'era una parte di lei che lo desiderava. Non poteva più negarlo. C'era una parte nascosta a fondo dentro di lei, recondita, dispersa nei più profondi abissi della sua anima che avrebbe voluto dire la verità a Nicholas soltanto per poter assaporare di nuovo le labbra di James.
"Voglio che tu ti possa fidare di me e, probabilmente mi odierai, ma devo dirti un'altra cosa...", mormorò, socchiudendo gli occhi per poi posarli di nuovo sul moro per potersi dimenticare di James.
Ecco. Non c'era più modo di tornare indietro adesso, se non con un'altra bugia e questa non era un'opzione.
"Io...io e James ci siamo baciati".
Abbassò di nuovo gli occhi perché voleva evitare la delusione sul viso di lui, ma quando non sentì alcuna risposta dovette tornare a guardarlo.
Aveva le labbra appena schiuse, completamente scioccato.
Una nuova pugnalata alle spalle.
"Mi prendi in giro?", sbottò una voce, facendoli voltare entrambi.
James la fissava con un'espressione mista a rabbia e confusione, si avvicinò ancora di più, furioso, e Nina ebbe l'impressione che si sarebbe avventato su di lei, ma si fermò poco prima di raggiungerla. 
Nick sbuffò.
"Ho veramente voglia di prenderti a pugni James, non darmi un ulteriore motivo", sbottò il moro, spingendo Nina di lato e guardando l'altro in cagnesco.
Si sarebbero saltati addosso, Nina lo sapeva. E questa volta non era certa che James avrebbe soltanto incassato i colpi. Così si frappose tra di loro, dando le spalle al lupo.
"Non ha significato niente, Nick", blaterò.
Eccola lì. Un'altra bugia. Quando avrebbe smesso?
Sentì chiaramente James che si irrigidiva dietro di lei.
"Ero ubriaca e tu mi avevi appena detto di amarmi...ero confusa", aggiunse, forse, peggiorando soltanto le cose.
"Mi hai risposto che mi amavi anche tu", le ricordò, aggrottando la fronte.
"Ho fatto un casino".
"Tu credi?", sbottò lui, scuotendo la testa e andandosene.
James fece un versetto contrariato e sbuffò, facendola voltare.
"Non potevo più mentirgli", mormorò lei, stringendosi nelle spalle.
"Oh quindi io dovevo mentirgli ma tu no...", ribattè lui, amareggiato.
"Non potevo...".
"Nick è il mio migliore amico e da quando sei arrivata tu mi odia a morte. Sei stata tu a baciarmi, cazzo! E hai fatto passare me per lo stronzo traditore. Sei stata tu a dirmi di non tirare più fuori la questione e poi decidi di dirgli tutto senza nemmeno avvertirmi?", esclamò, afferrandola per un polso e avvicinandola il più possibile a lui.
"Non hai idea di come mi sentissi a mentirgli...", sussurrò lei, sull'orlo del pianto.
"Oh invece tu sai tutto dei miei sentimenti! Nick è la mia famiglia e...".
"Se Nick è così importante per te allora perché non mi hai fermato?".
James schiuse le labbra e restò immobile a fissarla.
"Sei tre volte più grosso di me e non eri nemmeno la metà ubriaco di come lo ero io. Quindi perché hai lasciato che ti baciassi?", gridò alla fine lei, divincolandosi dalla sua presa.
James fece un passo indietro, facendo schioccare la lingua, e abbassò inconsciamente gli occhi sulle labbra di lei, poi allontanò lo sguardo. Deglutì a fatica e se ne andò, lasciandola senza una risposta.

Nina si chiuse la porta della camera alle spalle, sospirando.
Voleva piangere, ma le lacrime semplicemente non uscivano.
Voleva gridare, ma non aveva voce.
Si appoggiò con la testa alla porta e sbuffò, chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì, si accorse che Dean la stava fissando, seduto sul suo letto. Aveva il viso stanco e ansioso, come mai lo aveva visto.
"Stai bene?", le chiese, aggrottando la fronte, mentre la sua espressione si tramutava in premura per la sorella.
Si alzò dal letto e le andò incontro, stringendola in un abbraccio.
Ovviamente, non c'era bisogno che gli rispondesse, Dean conosceva già quello che stava provando. Ma lei no.
Si allontanò dall'abbraccio e gli accarezzò una guancia.
"Che hai?", sussurrò, guardandolo mentre lui indietreggiava e metteva le mani in tasca.
"Niente", mormorò l'altro, alzando le spalle.
"Tu, piuttosto...?".
"Dean, cos'hai?", ripeté la ragazza, dura, incrociando le braccia.
Il suo gemello scosse la testa, poi si sedette sul letto, passandosi una mano sul viso.
"Sono solo stanco, Nee, non è niente".
Non la stava guardando, aveva l'espressione, ora atona, bassa sul pavimento.
Nina assottigliò gli occhi e fece qualche passo verso di lui, poi si inginocchiò, sfiorandogli il braccio.
"Puoi dirmi se c'è qualcosa che non va. So che pensi sempre di doverti mostrare impassibile, ma non è così. Vorrei davvero poter sentire cosa provi in questo momento, ma visto che non posso, dimmelo tu".
Dean portò gli occhi verdi dentro ai suoi, ma non rispose, facendola sbuffare.
"Ti sembra giusto che tu possa leggere la mia mente e io invece no?", sbottò Nina, mettendo il broncio.
Lui scosse la testa.
"Non posso leggerti la mente...se fosse così le cose sarebbero molto più facili per me", commentò.
La ragazza alzò le spalle, poi fece un sorriso e scoppiarono tutti e due a ridere.
Dean si sdraiò e la invitò a fare lo stesso e lei si strinse al suo corpo.
"Perché pensi che io non riesca a sentire quello che provi e tu sì?", sussurrò lei, aggrottando la fronte.
"Non so, forse perché io ho il chip...o...non so davvero...".
"Sì, forse è il chip...comunque...per favore...puoi dirmi quello che ti passa per la testa?", riprese la castana, alzando la testa per vedere Dean in faccia.
Lui fece roteare gli occhi.
"Nina...", soffiò, irritato.
"Dean...", rispose lei, con lo stesso tono.
Il ragazzo scosse la testa, poi sospirò.
"Nicholas non ti ha detto niente? Ho provato ad andarmene appena arrivato...".
Nina saltò seduta e lo guardò.
"Cosa?", gridò, in un tono misto a stupore e rabbia.
Dean mise un braccio sotto la testa e sbuffò.
"Nina, ci sono cose che tu non potrai mai capire...".
"Allora spiegami!", esclamò lei, interrompendolo.
"Non è così semplice", ribatté lui.
"Puoi dirmi cosa ti succede, cosa provi e perché volevi andartene. Adesso. E' così semplice", mormorò Nina, più acida di quanto avrebbe voluto apparire.
"Non vuoi sapere davvero...".
"Sì, invece!", gridò ancora più forte la ragazza, al limite della pazienza.
Dean scattò seduto, gli occhi spalancati e un ghigno orribile a deturpargli il viso.
"Sono schiacciato da ciò che provo, ok?", urlò, fuori di sé.
"Tutte le mie emozioni sono state messe da parte per tre anni! Tre fottuti anni in cui non ho provato niente. Ho ucciso, torturato, tradito, fatto cose che ti farebbero accapponare la pelle, Nina. Ho assistito a tutto ciò senza battere ciglio. E adesso sta tornando a tormentarmi. E come se ciò non bastasse ci sono anche le tue emozioni di mezzo!", gridò tutto d'un fiato. 
Nina schiuse le labbra e scosse la testa, scioccata.
Sapeva che ciò che aveva subito da deeta doveva essere un tormento per lui, ma non aveva avuto il coraggio di fargli domande sull'argomento. E in quel momento, desiderò non averlo spinto a parlare.
Abbassò la testa e si morse il labbro.
"Mi dispiace, io...cosa posso fare per aiutarti?", chiese, con voce tremolante.
"Non c'è niente che tu possa fare", rispose lui, più calmo. Poi atono come sempre da quando era tornato.
"Per favore non richiuderti di nuovo", mormorò Nina, supplicante.
"Dovresti provare a risolvere i tuoi, di problemi", le disse lui, tornando a sdraiarsi.
"Ma vederti così fa parte dei miei problemi".
Dean non rispose e si rigirò nel letto, dandole le spalle.
"Dean?".
Nessuna risposta.
Nina sospirò e si alzò dal letto.
"Sarai felice di sapere che ho ascoltato il tuo consiglio e ho detto a Nicholas del bacio con James", disse, mordendosi le labbra.
Suo fratello le lanciò un'occhiata da dietro la spalla.
"E' per questo che ti senti una merda?".
"Nel giro di un minuto sono riuscita a rovinare sia la relazione con Nick che quella con James", sussurrò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
Dean annuì appena.
"Mi dispiace".
"Ora che lo sai, cerca di concentrarti sulle tue emozioni. E se mai ne volessi parlare, io ci sono, ok?".
Dean le sorrise dolcemente.

Nina se ne stava seduta nella sala da pranzo.
Era rimasta sola a pensare per ore.
Qualcuno si sedette vicino a lei, facendola finalmente tornare alla realtà.
"Andrà tutto bene", mormorò la voce di Richard.
Nina appoggiò la testa su un braccio e sospirò.
"Mi leggi anche tu nella mente, adesso?".
"Intendi come Dean? No, Aline mi ha detto cosa è successo".
Nina annuì appena.
"Giusto, Nicholas le ha detto tutto", ribatté, leggermente irritata.
Richard appoggiò i gomiti sul tavolo e alzò le spalle.
"E' sua sorella".
"E tu sei il suo ragazzo", commentò Nina, guardandolo.
Richard arrossì e si mosse a disagio, torturandosi le mani.
"Beh...uhm...".
"Tranquillo, non ti dirò quanto penso sia una pessima idea", disse lei, scuotendo la testa.
"E lo pensi?".
Nina lo guardò e sorrise.
"Penso che non ti vedevo così felice da prima di questo casino, quindi...", mormorò.
Rick le sorrise di rimando.
"So che non ti piace molto, ma è meravigliosa".
"Bene".
"Quindi tu e James vi siete baciati...la cosa mi sembra davvero strana", sussurrò lui, aggrottando la fronte. Nina fece una smorfia, ripensando al bacio e alle sue conseguenze.
"Sì, beh, ero ubriaca. E me ne pento. Tantissimo. E allo stesso tempo non me ne pento per niente. Io...". Sospirò e chiuse gli occhi, facendo un versetto frustrato.
"Ti capisco assolutamente. James è piuttosto fantastico", disse Rick poco dopo, per tirarle su il morale.
Nina gli lanciò un'occhiata da sopra la spalla.
"Pensavo che tu stessi con Aline", disse, divertita.
Richard le fece la linguaccia e scoppiarono a ridere.
"Mi è mancato tutto questo", commentò la ragazza, appena tornò seria, scostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Rick annuì, assumendo un'espressione nostalgica.
"Sei tu che ti sei allontanata...".
Lei sospirò.
"Hai ragione, è solo che...".
"Non preoccuparti. Capisco", la rassicurò lui, accarezzandole una spalla.

Nina e Dean risero mentre osservavano Anna e Richard discutere su una regola di monopoly.
Avevano trascorso l'intera mattinata nella loro camera a parlare, ricordare i vecchi tempi e passare le ore su ogni gioco da tavola che erano riusciti a trovare nel bunker.
Sembrava quasi che fossero tornati ad uno dei tranquilli e normali venerdì sera di qualche anno prima.
Sarebbe stato grandioso semplicemente poter riavvolgere tutto e dimenticarsi del casino che c'era là fuori, ma purtroppo tutti e quattro sapevano bene che quella serenità fosse soltanto temporanea.
Comunque a nessuno importava in quel momento.
Anche Richard stava ridendo, mentre Annabelle continuava a spiegare come non fosse corretto il suo ragionamento. Alla fine, non poté far altro che farsi contagiare dalle risate anche lei.
"Sapete cosa? Mi ritiro, ho fame!", esclamò poi, alzandosi e stiracchiandosi.
Sorrise allegramente verso i suoi fratelli, mostrando due dolci fossette, e poi sparì con rapidità, lasciando la porta aperta per la fretta.
Richard osservò il tabellone del gioco, poi alzò le spalle e la seguì.
"Andiamo anche noi?", chiese Dean, guardando Nina, che annuì.
Si avviarono, più lentamente dei fratelli minori, verso la sala da pranzo.
"Vuoi parlare di James e Nicholas, visto che siamo solo noi?", chiese Dean, mettendo le mani in tasca e guardandola con fare apprensivo quando furono davanti alla mensa.
Nina schiuse le labbra, cercando di dare un po' di ordine ai suoi pensieri, ma non sapeva nemmeno da dove iniziare.
Abbassò la testa, mentre si torturava l'interno guancia con i denti.
"Non so, Dean...ho fatto un casino...non...".
Si interruppe per sospirare e il silenzio li accompagnò per qualche secondo.
"Già, le tue emozioni sono praticamente impazzite...", ribatté il ragazzo, facendo un sorriso confuso, poi quel sorriso sparì, ma la sorpresa sul suo volto no.
Dean si fermò, aggrottando la fronte.
Lei fece altrettando e lo guardò.
"Cosa c'è?", chiese, incrociando le braccia, ma il fratello era totalmente concentrato nei suoi pensieri.
"Dean?", dovette ripetere un paio di volte prima che lui tornasse alla realtà.
"Io...non capisco...", disse lui, scrutandola a fondo e avvicinandosi per prenderle il volto in una mano e fissandola negli occhi come se stesse cercando di leggerle l'anima.
"Perché non riesco a...?". La lasciò andare e indietreggiò di un passo, scuotendo la testa e pizzicandosi gli occhi.
"Dean...cosa c'è che non va?", mormorò lei, iniziando a preoccuparsi. Gli sfiorò il braccio con una mano, premurosa.
Lui la guardò di nuovo, sbattendo le palpebre un paio di volte.
"Non riesco più a sentire cosa provi", disse, piegando la testa di lato.
Nina alzò le spalle.
"Oh, quindi adesso sai come mi sento io", bofonchiò lei, abbozzando un mezzo sorriso. 
Dean avrebbe dovuto ridere o, almeno, sorridere, ma indietreggiò di più portandosi una mano alla gola, poi sul petto, respirando affannosamente.
"Dean?", mormorò lei, schiudendo le labbra.
Il ragazzo si schiarì la gola, o ci provò. Poi strizzò gli occhi più volte, gemendo appena. E alla fine, cadde a terra, con un sibilo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

Nina si accasciò su Dean, supplicando, gridando aiuto. Cercò di capire se stesse respirando ma era troppo nervosa per accorgersi di una cosa così impercettibile.
Poi Nicholas e un paio di altri ragazzi uscirono dalla sala da pranzo e presto una piccola folla fu sulla porta.
"Cosa è successo?", chiese Nick, chinandosi, per poi appoggiare due dita sulla vena del collo di Dean per accertassi che fosse ancora vivo.
"Non lo so! Un minuto stava bene e poi...".
"Dean!", gridò Annabelle, portandosi le mani alla bocca, mentre lei, Richard e Aline si facevano spazio tra il gruppo di curiosi, che sembrava aumentare sempre di più.
"Sta bene?", chiese Rick, passandosi una mano sul volto preoccupato.
Nel frattempo Aline cercò di dissolvere la folla.
"Lasciamogli spazio per favore, tornate a mangiare".
Nina, con le lacrime agli occhi, singhiozzò.
"Anna, fai qualcosa, per favore!", esclamò, stringendo con disperazione la maglia del gemello.
Poi dal nulla, Dean aprì gli occhi di scatto, facendo trasalire tutti.
"Dean?", mormorò Nina, schiudendo le labbra. Ma prima che potesse anche solo pensare a tirare un respiro di sollievo, il fratello la afferrò alla gola con un braccio e strinse forte la presa, mentre si tirava seduto.
Nina annaspò, cercando inutilmente di liberarsi dalla sua presa con le mani. Nick afferrò il braccio del ragazzo, ma quello sembrava essere diventato di cemento.
Richard si avvicinò per cercare di tirarlo indietro, ma appena Dean se ne rese conto gli tirò una gomitata in viso con il braccio libero, facendolo rotolare a terra, gemendo.
Annabelle era pietrificata dalla paura e aveva iniziato a piangere, attirando l'attenzione di Aline, che accorse in aiuto di Nicholas per cercare di liberare Nina.
La castana aveva smesso di lottare e i suoi tentativi di respirare si facevano sempre più deboli. Aveva assottigliato gli occhi, che fino ad un attimo prima erano fissi nelle iridi del gemello.
Poi, James sbucò dal nulla, fece spostare Aline e, afferrato uno dei suoi coltelli, lo affondò nel braccio di Dean.
La carne si squarciò, spillando sangue, e il ragazzo fu costretto a mollare la presa con un sibilo.
James e Aline lo bloccarono a terra, mentre lui gridava e si dimenava.
"Annabelle, mi serve del sedativo!", esclamò il lupo, bilanciando tutto il suo peso sull'avversario.
"Ora!", aggiunse, vedendo che Anna non si era mossa.
La ragazzina schiuse le labbra e si asciugò velocemente le lacrime per poi correre via senza dire una parola.
Nina era tornata a respirare. Aveva tossito un paio di volte, poi era tornata a guardare Dean come se fosse la sua unica preoccupazione al mondo.
"Dean...", mormorò, tremolante, prima che Nicholas la facesse tirare in piedi e le facesse voltare il viso verso di lui.
"Non guardare, guarda me...", disse, abbracciandola, quando Anna tornò con una siringa e la porse a James.
Ma Nina si divincolò dalla sua presa e corse di nuovo verso il fratello, lanciando un grido di dolore, mentre lacrime copiose le scorrevano sulle guance.
"Oddio!", esclamò, portandosi una mano alla bocca, mentre osservava il gemello dimenarsi come un cane rabbioso.
Poi, James gli iniettò il sedativo e Dean grugnì, strinse i pugni un paio di volte e si addormentò.
"Dean...Dean...", mormorò Nina, come un disco rotto, singhiozzando. Nicholas le mise una mano sulla spalla, mentre James dava ordini a qualche ragazzo di portare Dean in una cella.
"No!", gridò lei, sfuggendo alla presa del moro per afferrare la mano del gemello che veniva portato via.
"Nina...Nina, dai", mormorò James, indugiando prima di sfiorarle un braccio.
"Dean...", ripetè lei, ignorando tutti tranne il fratello. Strinse la sua mano, chiudendo gli occhi, e li riaprì soltanto quando qualcuno la obbligò a lasciarlo andare.
James era a pochi centimetri da lei e le stava coprendo la visuale. La afferrò delicatamente per i fianchi, spingendola indietro.
"No! No, lasciami passare", disse lei, cercando inutilmente di sfuggirgli, mentre Dean veniva portato via.
"No!", gridò ancora, disperata, tirando pugni sul petto di James.
Lui le bloccò i polsi e la invitò a guardarlo negli occhi.
"Nina, rilassati", disse, stringendola in un abbraccio. La ragazza singhiozzò, tirandogli un altro pugno, poi ancora un altro, ma sempre più debole. Affondò la testa nel suo petto e si lasciò accarezzare i capelli. 

Nick le porse un bicchiere d'acqua, ma Nina nemmeno se ne rese conto.
Era stata portata nell'ufficio di James, sperando che si calmasse e non aveva detto una parola, nè si era mossa per almeno dieci minuti.
Nicholas sospirò, sedendosi accanto a lei, mentre Anna le accarezzava i capelli e Richard la osservava preoccupato.
"Come ti senti?", le chiese Nicholas, con delicatezza.
"Vuoi provare con una domanda meno stupida?", sbottò James che fino a quel momento era rimasto immobile a fissarla da dietro la scrivania. Si avvicinò e strappò il bicchiere di mano al ragazzo, per poi porgerlo a Nina. Nicholas lo guardò male, ma tornò subito verso la ragazza.
"Bevi, Nina. Per favore", sussurrò James, abbassandosi così che potesse avere gli occhi alla stessa altezza di quelli della ragazza.
In quel momento, lei respirò pesantemente, cercando di reprimere le lacrime, poi prese il bicchiere e bevve un piccolo sorso d'acqua.
"Io...io non capisco...", disse, confusa.
"C-cosa è successo?", mormorò ancora, forse più a se stessa che agli altri.
James le mise una mano sulla spalla.
"Penso che Dean non fosse deeta per via del chip che ti ho dato. La connessione tra di voi deve aver reso immune anche lui...ma...".
"Chip? Quale chip?", chiese Nick, aggrottando la fronte. James lo ignorò.
"Credo che la connessione si sia interrotta. È possibile?", le chiese, con tono gentile, come se fosse talmente fragile in quel momento che avrebbe potuto farle del male con le parole.
Nina abbassò gli occhi, pensierosa.
"Penso di sì, prima di collassare mi ha detto che non riusciva a sentire quello che provavo", sussurrò, tirando su con il naso.
"James, devi dargli il chip", disse poi, tornando a guardarlo.
Il ragazzo scosse la testa, appoggiandosi alla scrivania.
"Non ne ho altri, non posso farne altri. Mi dispiace".
"Dagli il mio. Recuperalo dal mio cadavere se necessario, non sopporterò un altro minuto a vederlo in quelle condizioni", sibilò lei, alzandosi.
James scosse la testa.
"No...".
"James, rimuovi il mio maledetto chip o giuro sulla tomba di mia madre che mi squarterò da sola per toglierlo dalle mie budella", esclamò la ragazza, disperata.
"Nina, andiamo...", sussurrò Nick, beccandosi un'occhiataccia.
Jaime deglutì, fissandola.
"Non è possibile. Può essere usato solo una volta con un solo host. Rimuovendolo lo renderesti inutile", disse, atono, scrutandola a fondo. Nina aggrottò la fronte e rimase in silenzio per un attimo, ordinando i pensieri. Non era certa che fosse vero. Era impossibile che fosse vero. Le stava sicuramente mentendo per impedirle di farsi del male.
"No...non è così. Non lo sai, non puoi saperlo...", blaterò, scuotendo la testa, mentre si tirava in piedi. I suoi fratelli indietreggiarono per lasciarle un po' d'aria.
"Nina...".
"Tu...tu lo avevi prima di me...", lo interruppe lei, aggrappandosi a qualsiasi briciolo di speranza le si mostrasse.
"Non era attivato. Adesso lo è e non è possibile cambiare host. Se lo rimuovessi, non servirebbe più a niente".
"No...no...stai mentendo, stai mentendo...menti sempre!", gridò lei, afferrandolo per il colletto della camicia che indossava.
Lo avrebbe preso a pugni. Voleva prenderlo a pugni. Era colpa sua. Era tutta colpa sua.
Non l'aveva forse ammesso lui stesso?
Se lui e Rose non avessero collaborato i deeta sarebbero stati soltanto un'idea mai realizzata.
"Nina, sei in stato di shock", mormorò Nick, sfiorandole un braccio e spingendola indietro, ma James scosse la testa.
"Lasciala fare", disse invitando lui e gli altri due ad allontanarsi.
Nina strinse i pugni, preparandosi per colpirlo, ma indugiò.
Sbuffò sommessamente, digrignando i denti.
Poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e singhiozzò.
Si sedette e pianse per un paio di minuti, poi si asciugò le lacrime, risoluta.
"Hai detto che è stata la connessione a farlo risvegliare, no?".
"Sì...?", mormorò James, assottigliando gli occhi per cercare di capire a cosa volesse arrivare.
"Allora devo tornare alla struttura dei Westing. Devo prendere una nuova dose".
"Sei impazzita?", esclamò Nick, scuotendo la testa.
"È l'unico modo per far star bene Dean".
"No, è un modo per farsi ammazzare. James, diglielo!", ribatté Nicholas.
Ma James si passò una mano tra i capelli e non rispose come il moro avrebbe voluto.
"Andrò io", disse, sospirando.
"No, non andrà nessuno! È una missione suicida. Anche ammesso che tu riesca a recuperare il siero, come pensi di uscire da là?".
"Troverò un modo", rispose James, atono.
"E poi cosa? Quante volte dovrai tornare là dentro per prendere altre dosi? Quante volte prima di farti ammazzare?".
"Vengo anche io. E non pensare di potermi trattenere qua perché non esiste che io me ne stia con le mani in mano!", bofonchiò Nina, incrociando le braccia mentre guardava James come se ci fossero soltanto loro due nella stanza e Nick neanche avesse parlato.
James prese un lungo respiro.
"Ok", disse solamente.
"Cosa? No!", esclamò Nick, afferrando la mano di Nina.
"Per favore, ripensaci. Non uscirete vivi da là dentro".
"Nick, non capisci...se non posso aiutare mio fratello, sono già morta".
Nicholas si passò una mano sul viso, poi li guardò entrambi.
"Non c'è modo per convincervi a cambiare idea, vero?". I due scossero la testa e lui sospirò.
"Ok, allora verrò anche io".
Nina sorrise e lo abbracciò.
"E io", aggiunse Anna, deglutendo con risolutezza, per poi guardare Richard.
"Cosa? Beh, certo. Vengo anche io, ovviamente".
"No. No", ribatté Nina, scuotendo la testa. Si fece spazio tra di loro e si allontanò appena.
"Voi due restate".
"Nina, Dean sarà anche il tuo gemello, ma gli vogliamo bene quanto te", mormorò Rick, incrociando le braccia.
Nina si passò una mano tra i capelli e sorrise appena.
"Lo so. E' per questo che dovete restare. Dovete assicurarvi che stia bene e non sia mai solo. E se dovesse succedere qualcosa a me...".
"Non succederà niente", la interruppe Annabelle, abbracciandola improvvisamente.
Nina ricambiò l'abbraccio con le lacrime agli occhi, poi prese il volto della sorella tra le mani.
"Tienilo d'occhio per me, mmh?", sussurrò, tremante, lasciandole un bacio sulla fronte. 
Anna annuì con la testa e si strinse di nuovo a lei.
Nina lanciò un'occhiata a Richard, che abbassò gli occhi, per rassicurarla.
"Qual è il piano?", chiese poi Nicholas, osservando James. Il lupo alzò le spalle.
"Nessun piano. Entriamo e preghiamo che ci sia un qualche dio lassù a proteggerci".
"O potremmo andare da Anderson", propose Nina, guardando Jaime.
"Anderson?", sbottò lui, scettico.
"Può aiutarci!".
"Perché Anderson?", si intromise Nick, confuso.
"Ci ha aiutato l'altra volta", spiegò la ragazza, continuando a guardare James.
"Un'altra cosa che vi siete dimenticati di dire", mormorò Nick, irritato.
"No, niente Anderson", sbottò Jaime, ignorando quel commento.
"Perché no?".
"Non mi fido di lui".
"È una brava persona", insistette Nina, incrociando le braccia.
"Non mi fido lo stesso. Non andremo da Anderson". 

Anderson li squadrò con interesse.
"Siete in anticipo, pensavo di non vedervi ancora per qualche giorno. O per niente", commentò, alzando un sopracciglio, mentre li osservava. Si fermò poi su James.
"Abbiamo bisogno del tuo aiuto", bofonchiò James, stringendo i pugni. E non ci volle molto per capire che quella frase gli era costata molto del suo orgoglio.
"Un altro favore?", fece il caporale, arricciando il naso.
"Se vuoi che formiamo un'alleanza...", sbottò James, al limite della pazienza.
Anderson osservò l'accampamento provvisorio intorno a loro, pensieroso, e assottigliò gli occhi. C'erano almeno una trentina di uomini in quel campo, ma non erano nemmeno un decimo della forza complessiva dei ribelli.
"Vi ricordo che l'alleanza non è stata una mia idea. Non ho bisogno di voi".
"Sì, se vuoi sconfiggere i Westing", si intromise Nina, dura. 
Anderson la guardò, poi sospirò.
"E cosa mi costerebbe questo favore?", mormorò, osservandola.
"Dobbiamo tornare nella struttura delle FAWW da cui siamo fuggiti poco fa. E' un edificio non molto lontano da qui", spiegò lei, stringendosi tra le braccia.
"Sì, lo conosco. Per fare cosa?".
"Tu non preoccuparti di questo...", sibilò James, acido.
"Quindi dovrei aiutarvi, senza nemmeno conoscere il motivo?", sbottò l'altro, inarcando di nuovo il sopracciglio.
"Esattamente", ribatté il lupo con sfida.
"Non sono un'associazione di beneficenza".
"Ah, no?", lo sbeffeggiò James, piegando la testa di lato.
Anderson gli si avvicinò lentamente.
"Non testare la mia pazienza, ragazzo".
"Ok, ok...per favore. Caporale, so che ti stiamo chiedendo molto, ma abbiamo davvero bisogno del vostro aiuto. Per favore...", si intromise di nuovo Nina, frapponendosi fra di loro. Nonostante questo, gli sguardi dei due leader erano fissi l'uno in quello dell'altro e sembravano pronti per far scintille.
"E' per mio fratello", riprovò Nina, muovendosi a disagio, abbassando lo sguardo a terra per un attimo. 
"Non è un favore che farai a lui, ma a me", mormorò ancora, alzando di nuovo gli occhi e incrociando quelli del caporale. Lui la fissò con rinnovato interesse.
"Mmh", fece soltanto, assottigliando gli occhi. Poi sorrise appena e guardò James.
"Quindi tu sei venuto fin qui a chiedermi un favore...per lei?", chiese, piegando la testa di lato.
"Che cosa ci guadagni?", aggiunse, curioso.
Jaime rilassò appena la mascella, ma non smise di fissarlo in cagnesco.
"Non preoccuparti delle mie motivazioni".
Anderson annuì appena, 
"Ok, alcuni dei miei uomini conoscono bene l'edificio e sono riusciti a farne una cartina abbastanza accurata", iniziò lui, dopo aver riflettuto in silenzio per un attimo
"Perfetto, ci servirà quella carta", commentò James.
"Non credo proprio", ribatté l'altro.
"Perché no?", sbottò James, al limite della pazienza.
"Perché proprio come te, non mi fido. Invierò due dei miei uomini con voi".
James sembrò ponderare la risposta, poi sbuffò.
"Ok, va bene!", esclamò.
Anderson fece cenno a due uomini di avvicinarsi e gli spiegò la situazione, poi li invitò ad andare.
"Ah e ricordati, lupo, che mi sei debitore", gli urlò dietro, mentre si allontanavano.
James non si voltò nemmeno.
"Ti sarò debitore quando sarò tornato".

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Il viaggio si prospettava essere lungo e noioso.
I due uomini che Anderson aveva mandato con loro non avevano detto una parola. Uno era molto alto, con le spalle un po' ricurve e i capelli cortissimi che spuntavano su un testone sproporzionato al resto del corpo. L'altro era decisamente più attraente, il fisico muscoloso gli risaltava da sotto la divisa che indossava. Era più giovane e aveva i capelli più lunghi e scuri del compagno e ondeggiavano con grazia al vento. Comunque, nessuno dei due sembrava volersi trovare lì in quel momento.
Nicholas le lanciava occhiate preoccupate, ma non aveva osato iniziare una conversazione e James, neanche a dirlo, aveva gli occhi attenti fissi sui due sconosciuti.
Nina sbuffò.
Un lungo e noioso viaggio sarebbe stato. Sì.
La cosa peggiore sarebbe stata condividere quel tempo sola con i suoi pensieri.
Un brivido le attraversò la schiena mentre le immagini più spaventose le passavano davanti agli occhi.
Strinse le palpebre un paio di volte, poi scosse la testa.
Doveva trovare una distrazione.
James era in testa a tutti, camminava attentamente, guardandosi intorno, pronto per scattare ad ogni minaccia. I due ribelli gli erano dietro, non molto lontani, ma neanche poi così vicini. Avevano inziato a blaterare cose tra di loro, troppo silenziosamente perché gli altri distinguessero le parole.
Nina scosse la testa e lanciò un'occhiata alle sue spalle; Nick aveva lo stesso atteggiamento pronto di James e lanciava occhiate in giro e tendeva l'orecchio ad ogni rumore. Ma quando lei si voltò, incontrò subito il suo sguardo.
Nina si schiarì la voce, imbarazzata e tornò a guardare dove metteva i piedi, anche se poco dopo lo vide affiancarla.
"Stai bene?", le chiese, premuroso, osservandola tra un'occhiata che dava ai loro dintorni e un'altra.
Nina si morse il labbro.
"Non sei più arrabbiato con me?", chiese, senza guardarlo.
Nicholas, invece, puntò gli occhi su di lei.
"Per il bacio?", mormorò, con un tono che la ragazza non seppe decifrare.
"Per il bacio e le bugie e...tutto quanto...".
Nick sospirò, senza rispondere per qualche secondo, alla ricerca delle parole.
"Non è importante adesso", disse.
"I tuoi sentimenti sono importanti per me", ribatté Nina, schiudendo le labbra, e lo guardò. Nicholas ricambiò lo sguardo e lei lesse nei suoi occhi sorpresa per quella risposta. Poi tornò sulla strada.
"So di averti ferito, ma voglio che tu sappia che...".
"Non c'è bisogno che ti scusi".
"No. Invece ce n'è bisogno...io...".
"Nina, davvero. Non devi".
"Mi lasci finire?", sbottò lei alla fine, arrabbiata per le continue interruzioni.
Nick sorrise appena e annuì.
"Ero ubriaca, ma questa non è una scusa. Io...l'ho seguito...io...". Nina si interruppe, osservando James per un attimo, schiudendo le labbra.
"Non so cosa mi fosse preso...è stato un momento di debolezza. Ma ora è diverso, d'ora in poi sarà diverso. Io...posso resistergli".
Nick si bloccò di colpo, aggrottando la fronte. Nina fece ancora qualche passo prima di rendersene conto.
"Puoi...resistergli?", sibilò lui, scuotendo la fronte.
La ragazza si morse il labbro.
"Non...non era quello che intendevo...io...".
"Non c'è bisogno che continui", la interruppe lui, riprendendo a camminare, senza più guardarla.
"Nick...".
Lui non si voltò.

Si erano fermati, su insistenza dei due ribelli, per riposare la notte e Nicholas si era offerto di fare il primo turno di guardia. Nina avrebbe voluto unirsi a lui per fare pace, ma non riuscì a farsi uscire le parole di bocca.
Lanciò una triste occhiata al ragazzo e si allontanò appena, per sdraiarsi vicino a James, dato che gli altri due uomini non le avrebbero dato conforto.
Chiuse gli occhi, sospirando, poi li riaprì e osservò Jaime.
Era appena illuminato dalla luce del fuoco scoppiettante ai loro piedi e fissava un pezzo di legno che stava intagliando con cura.
"Dovresti dormire", mormorò lei, portando le gambe al petto per scaldarsi.
James non la guardò e lasciò passare un po' di tempo prima di risponderle.
"Tu dovresti dormire", ribatté, poi, sfiorando il legnetto con il pollice e soffiando via la polvere.
"Sono seria, James".
Il ragazzo prese un lungo respiro e alzò gli occhi verso il cielo nuvoloso sopra le loro teste. Nonostante il grigio, si riuscivano a distinguere alcune stelle e la luna emetteva una pallida luce biancastra.
Nina sbuffò e chiuse gli occhi, certa di venire ignorata, ma dopo qualche attimo, la voce calda del ragazzo glieli fece riaprire.
"Non posso. Non riesco a dormire molto bene, specialmente fuori".
"Incubi?", chiese lei, guardandolo.
James annuì lentamente con la testa. La cosa gli era stata difficile da ammettere e lo dava a vedere chiaramente.
"Quando ero piccola, mia madre mi cantava delle canzoni quando avevo degli incubi...".
James la guardò, alzando un sopracciglio.
"Non ti metterai mica a cantare adesso?", sbottò, terrorizzato all'idea.
Nina trattenne una risata.
"Quello che volevo dire...è che dovresti provare a concentrarti su qualcosa che ti faccia dimenticare del resto".
James sospirò e posò il coltellino e il legnetto intagliato per darle la sua totale attenzione.
"Il fatto è che non ho niente su cui concentrarmi, solo rabbia. E tuo fratello mi ha detto di non farmi guidare dalla rabbia".
Nina si mise seduta e annuì.
"Sì? In effetti sembra qualcosa che direbbe lui...", commentò, fissando un punto nel fuoco davanti a loro.
"Perché lo stai facendo? Perché aiutarmi con Dean?".
"Mi avresti lasciato in pace un minuto se non l'avessi fatto?".
Risero silenziosamente insieme.
"Qual è la vera ragione?", insistette poi lei, di nuovo seria.
"So di averti ferito. Più volte", aggiunse, mordicchiandosi l'interno guancia.
James si torturò le mani e schiuse le labbra.
Avrebbe potuto dirle che lo stava facendo per lei.
Avrebbe potuto dirle la verità, ma era più facile continuare a mentire. A lei e a se stesso. Non c'era modo, in quella contorta e dannata realtà, che loro due potessero avere un futuro felice insieme. Rose glielo aveva insegnato. 
Strinse appena gli occhi e deglutì a fatica prima di guardarla.
Aveva in viso quell'espressione speranzosa che la contraddistingueva così bene e che era riuscita a sciogliere perfino il cuore di ghiaccio del lupo.
Ma, non seppe come, riuscì a resistere alla voglia impellente di baciarla.

Alle prime luci dell'alba, James aveva svegliato gli altri e, il più velocemente possibile, avevano ripreso a camminare, tanto che nel primo pomeriggio riuscirono ad arrivare all'edificio dei Westing.
I due ribelli li avevano però condotti ad una porta diversa da quella dell'ultima volta.
Non doveva essere che un'entrata secondaria e inutilizzata perché vi erano soltanto due soldati davanti, probabilmente messi a controllare dopo la fuga di Nina, Dean e James.
Il gruppo si era fermato alla fine della boscaglia, attento che la natura lo nascondesse bene.
Avanzarono lentamente e, prima che le guardie avessero il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, attaccarono, facendo perdere loro i sensi.
Uno dei due ribelli si mise a lavorare al circuito delle telecamere e le mise fuori
uso.
"Noi aspettiamo qui", dichiarò, poi, indicando il suo compagno.
"Anderson vi ha mandati per farci uscire in maniera sicura, voi venite con noi", sputò James, assottigliando gli occhi.
"Quello che Anderson non vede...", commentò il più giovane, porgendogli la mappa dell'edificio.
James lo guardò male, poi abbassò lo sguardo sulla mappa e gliela strappò di mano.
"Ci rivediamo qui il prima possibile", sbottò, facendo segno a Nina e Nicholas di entrare.
"Perché devi essere tu ad avere la mappa?", commentò Nick, sbuffando, appena la porta si richiuse alle loro spalle.
Ci volle qualche secondo per adattarsi al cambio improvviso di luminosità, poi James si voltò verso il moro.
"Sei serio?", ribatté, guardandolo in cagnesco.
"Ok, adesso non è il momento, ragazzi. Dobbiamo trovare il siero", si intromise Nina, lanciando un'occhiata sulla mappa.
"E come facciamo?", aggiunse, perplessa.
"Troviamo Lucien", rispose James, avanzando, mentre passava lo sguardo sulla mappa e sullo stretto corridoio.
"A costo di sembrare stupida...come troviamo Lucien?", continuò la ragazza, raggiungendolo.
James strizzò appena gli occhi e non rispose, ma aumentò il passo, facendo sbuffare Nick e sospirare Nina.
Girovagarono per un po' di tempo, prima che delle voci li facessero fermare.
"Sta arrivando qualcuno", commentò Nicholas, sussurrando con un filo di voce.
James si allungò per guardare dietro l'angolo del corridoio, poi si passò una mano tra i capelli.
"Che facciamo?", chiese Nina, pensierosa.
E, prima che James potesse rispondere, Nicholas sguainò la sua spada e avanzò, rivelandosi alle tre guardie che stavano sopraggiungendo.
Nina e James lo seguirono, per provare a fermarlo, ma senza risultato.
Si gettò sui FAWW per evitare che afferrassero le loro armi e poi puntò una spada alla gola di uno di loro.
"Portateci da Lucien Westing o ve ne pentirete", sibilò, livido.
"Non c'è alcun bisogno delle minacce. Sono già qui".
Quando i tre ragazzi si voltarono, non solo riconobbero Lucien e la sua brutta cicatrice, ma con lui c'erano anche Andrews e almeno una decina di guardie. E, in fondo, i due ribelli che Anderson aveva inviato con loro.
James digrignò i denti verso i traditori, facendo roteare la spada.
"Vi consiglio di abbassare le armi", sussurrò Lucien pazientemente, avanzando, da solo, verso di loro, fino a che il suo collo non fu che a pochi centimetri dalla lama di James.
"Abbassate le armi", ripeté, piegando la testa di lato come a cercare di capire per quale motivo non fosse stato chiaro la prima volta.
James si spinse appena in avanti e la punta della sua spada si piantò su Lucien.
"Potrei tagliarti la gola facilmente", tuonò, mentre le labbra gli tremavano appena per la rabbia.
Lucien si abbandonò ad un sorrisino.
"Certo che potresti, ma poi i tuoi amici morirebbero e so per certo che preferiresti vedere loro vivi, che me morto". Fece una pausa per allargare il sorriso e mettere le mani dietro la schiena.
"Ti conosco, Liam, forse meglio di chiunque altro, probabilmente meglio di quanto tu conosca te stesso. E tu lo sai e odi questa cosa. Ma, ti prego, smentiscimi", lo provocò, fissandolo intensamente negli occhi.
Il respiro di James era ormai irregolare e il volto deturpato da un'espressione di puro odio.
La mano che teneva la spada fece appena un movimento e la lama andò a perforare leggermente Lucien, che perse un rivolo di sangue, ma non si mosse.
Per un attimo, tutti eccetto lui, pensarono che James lo avrebbe ucciso, ma il ragazzo abbassò la spada e poi la lasciò cadere a terra.
"No!", esclamò Nick, mentre le guardie immobilizzavano lui e Nina.
Quando poi andarono ad ammanettare anche Jaime, lui non smise per un secondo di incenerire Lucien con lo sguardo.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

Nina venne separata dai due ragazzi e rinchiusa in una stanza buia per alcuni minuti, che le sembrarono interminabili. E rimase nell'ombra, ammanettata ad una sedia, in silenzio ad aspettare. Quando, poi, finalmente, qualcuno la raggiunse, un'intensa luce la rese cieca per un attimo.
Strizzò gli occhi, poi riconobbe l'immagine sfocata di Lucien e trasalì, mentre i suoi occhi lo mettevano a fuoco.
"Non preoccuparti, non ti farò del male. Voglio solo chiacchierare...", iniziò lui, mettendo le mani dietro la schiena.
La fissò un secondo in silenzio, poi riprese.
"Cos'è che vuoi?".
Nina non rispose, si mosse, cercando invano di liberarsi dalle manette.
"Perché tornare qui a rischiare le vostre vite?", provò ancora lui, piegando la testa di lato e fissandola con l'interesse di chi sta studiando qualcosa di nuovo, e ancora non ebbe risposta.
"Vuoi il siero dei gemelli, giusto?".
Nina schiuse le labbra, scrutandolo, e smise di divincolarsi.
"Già...ho visto che il chip di tuo fratello ha ripreso a funzionare...ha smesso di essere attivo in qualche modo quando vi ho inietatto il siero...ma adesso che non è più nel vostro sistema...".
"Puoi vedere se il chip è attivato?".
"Sì, sfortunatamente non posso rilevarne la posizione, però. Una cosa che dovrò correggere", rispose Lucien, alzando le spalle.
"Sfortunatamente", ripeté la ragazza, sarcastica.
Lucien la ignorò e tirò fuori una siringa da un cassetto, insieme ad una boccetta dalla sua tasca.
"Ti darò il siero", disse, avvicinandosi.
"Mi darai il siero?", ribatté lei, aggrottando la fronte.
"Sì...", rispose lui, facendo una pausa calcolata attentamente mentre faceva qualche passo per la stanza.
"L'ho creato per te, dopotutto. Vedi, questo è un siero molto speciale. Migliorato. Ovviamente in cambio mi dovrai fare un piccolissimo favore".
Nina scosse la testa e non riuscì a trattenere una risatina sarcastica.
"Cosa?", chiese comunque, scrutandolo.
Lucien si fermò e sorrise.
"Dimmi dove si trova tuo fratello".
Nina rise, scuotendo la testa.
"Dimmi dov'è e il siero è tuo", riprovò Lucien, guardandola.
"Sì e cosa me ne faccio se tu lo hai di nuovo sotto il tuo controllo?", sbottò lei, assottigliando gli occhi.
"Non mi importa che sia deeta. Tu e lui vi offrireste come miei collaboratori in alcuni esperimenti".
"Come cavie, intendi. No, grazie".
"Sareste al sicuro, con tutto ciò che potreste desiderare", insistette il ragazzo, guardandola come se fosse inconcepibile rifiutare quell'offerta, ma lei continuò a scuotere la testa.
"No", disse, risoluta.
"Pensaci bene, non dovreste più vivere nella paura, sotto la mia protezione".
"Sei tu quello da cui dobbiamo proteggerci".
Una vena sul collo di Lucien si tirò e lui fece schioccare la lingua, decisamente meno eccitato da quella conversazione.
"E se promettessi di non fare del male a Liam e all'altro tuo amico?", aggiunse, con tono irritato. Evidentemente, non si era aspettato tutta quella resistenza da parte della ragazza.
"Probabilmente li stai facendo torturare mentre parliamo", ribatté lei, gelida, stringendo i pugni. 
Pregò che non fosse così, anche solo il pensiero che Nick e James stessero soffrendo per causa sua le stava facendo girare la testa.
"Incentivo in più per accettare, allora", commentò lui, mettendo le braccia dietro la schiena.
"Voglio parlare con loro".
Lucien prese un lungo respiro, poi le si avvicinò velocemente e si appoggiò ai braccioli della sedia, arrivandole a pochi centimetri dal viso.
"Così che possano convincerti a non accettare?", sbottò, persa completamente la pazienza.
Nina non cambiò l'espressione risoluta e fredda che aveva assunto.
"Se non mi ci fai parlare allora la mia risposta è un no".
Il ragazzo rimase immobile a fissarla per qualche secondo, poi indietreggiò appena, facendola respirare. E sorrise di nuovo.
"Mi piace il tuo spirito. E' impossibile da soffocare, immagino". E ridacchiò.
"Abbiamo un accordo?", fece lei, ignorando quel commento.
Lucien non rispose, ma allargò il sorriso.

"Assolutamente no! Massacrerebbe tutti quelli nel bunker!", sbottò James, smanaccando nervosamente mentre faceva avanti e indietro per la stanza dove li avevano rinchiusi.
Su richiesta di Nina, le loro catene erano state rimosse, ma adesso non era certa che fosse più una buona idea. A forza di muoversi, James le stava facendo venire il mal di testa.
Lo seguì con lo sguardo per qualche secondo prima di rispondergli.
"Ha promesso di non fare del male a nessuno".
James allargò le labbra in un sorriso forzato, scuotendo la testa.
"E gli hai creduto? Ha mentito", commentò, sbuffando, come se fosse la cosa più ovvia sulla faccia della Terra e Nina fosse stupida a non capirlo.
"E' un bugiardo?", chiese allora lei, incrociando le braccia, mentre lanciava un'occhiata a Nick, che se ne stava fermo a elaborare tutte quelle informazioni.
"Nina", riprese James, evidentemente scocciato, riservandole un'occhiata di rimprovero.
"Mi ha mentito per anni!".
"Ti ha mentito o eri troppo cieco per vedere la verità?", sbottò lei altrettanto irritata.
Finalmente, James si fermò e schiuse le labbra, cambiando espressione.
Nina abbassò appena gli occhi, sentendosi in colpa per le sue ultime parole.
"Se hai già deciso da sola, perché disturbarti a chiedere la nostra opinione?", ribatté lui, facendo schioccare la lingua.
Nina lo guardò e smise di dispiacersi. Sentì una scarica di rabbia percorrerle tutto il corpo e si alzò di scatto dal pavimento su cui era seduta.
"Sì, ho già deciso. E' ovvio che voglia essere al sicuro con i miei fratelli. In verità, è tutto quello che voglio. Se vuoi davvero saperlo, il resto non ha importanza per me. Ma è da egoisti e non voglio essere così. Ecco perché sono qui; voglio che mi facciate cambiare idea, perché se solo Lucien me l'avesse chiesto un'altra volta, avrei accettato. E lo odio. Non sono una brava persona, ma voi lo siete. Quindi...convincetemi...".
Nina sputò tutto così velocemente che perfino James rimase a bocca aperta. 
"Nina, non sei una brutta persona...", commentò Nicholas dopo qualche secondo, avvicinandosi appena.
"Oh, andiamo, Nick! Quante volte ti ho ferito?", sbottò lei, facendo una smorfia. Poi si voltò verso James con gli occhi lucidi.
"Quante volte ho ferito te?", chiese ancora, con meno rabbia e più rassegnazione.
"Per favore...", aggiunse, mordendosi l'interno guancia per non scoppiare a piangere.
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata, poi James sospirò.
"Non dovresti fidarti di lui...e anche se stesse dicendo la verità...pensa a Rose e alle conseguenze di tutti gli esperimenti...".
Nina annuì e si voltò verso il moro.
"Sei d'accordo con lui?".
Il ragazzo prese un lungo respiro e abbassò lo sguardo.
"Sai che è così...", disse.

Lucien era riapparso dopo una ventina di minuti, impaziente.
Non aveva nemmeno lanciato uno sguardo a James e Nicholas, aveva concentrato tutta la sua attenzione su Nina.
"Qual è la tua risposta, dunque?", chiese, scrutandola a fondo. Il sorriso che solitamente gli si manifestava sul viso non sembrava voler fare una comparsa. Non ancora, almeno.
Nina deglutì a fatica e guardò i due ragazzi che erano stati di nuovo incatenati.
Sarebbero morti sicuramente, forse non lei per via degli esperimenti, ma loro? 
Sentì un brivido percorrerle la schiena e dovette costringersi con tutte le forze a portare gli occhi su Lucien.
"No", disse, secca.
Lei stessa si stupì della sua freddezza, dato che sarebbe volentieri scoppiata a piangere.
Lucien fece una smorfia mentre elaborava quella risposta fastidiosa, poi scattò e l'afferrò per un polso, strattonandola.
"Stai commettendo un errore", sibilò a denti stretti.
"Sono abbastanza sicura di no".
Lucien la strattonò di nuovo e la bloccò contro il muro.
Il suo volto mostrava per la prima volta la sua vera natura, sempre nascosta da una finta compostezza.
"Se non collabori ti ucciderò, vi ucciderò tutti", gridò fuori di sé, ad un centimetro dal suo volto. Nina pensò che in un attimo gli occhi gli sarebbero usciti dalle orbite.
"Allora fallo, non ho paura di morire per proteggere quelli a cui voglio bene", rispose con la stessa calma della prima volta che aveva parlato.
"Anche se significa che a morire saranno anche i tuoi amici?".
La ragazza prese un lungo respiro e incrociò prima lo sguardo di Nicholas, poi quello di James.
Nessuno dei due sembrava aver cambiato idea e non mostravano la minima paura di morire.
Nina mise su l'espressione più dura che riuscisse a fare e guardò Lucien.
"E' una decisione che abbiamo preso insieme", disse.
Il ragazzo la lasciò andare e indietreggiò di qualche passo, piegando la testa di lato, mentre riacquistava tutta la sua calma.
Si sistemò la camicia e prese un lungo respiro.
"Cosa posso fare per convincerti?", chiese, come se fosse una persona completamente diversa in una situazione completamente diversa. 
Nina si strinse nelle braccia e scosse la testa.
"Non mi fido di te", ribatté, lanciandogli un'occhiata tagliente.
Lucien sorrise appena e fece schioccare la lingua.
"Ok!", esclamò, facendo una piroetta teatrale per poi tornare a guardarla.
"Per mostrarti le mie buone intenzioni, ti darò il siero senza chiedere niente in cambio".
"Quindi ci lascerai andare con il siero?".
Una piccola risatina accompagnò la risposta dello scienziato.
"Adesso non diventiamo troppo avide, mmh? Ti darò il siero, tuo fratello non sarà più sotto il controllo del chip, ma tu rimarrai qui".
"E tu cosa ci guadagni?".
"La tua fiducia, spero".
I due si scambiarono una serie di sguardi, poi Lucien le porse la siringa con il siero.
"Nina, no!", intervenne James, appena lei allungò la mano per afferrarlo.
"Va tutto bene, è il siero", mormorò, osservando il lupo.
"E perché dovrebbe dartelo?", commentò Nick.
"Non è questa la ragione per cui hai rischiato tutto a tornare qui?", sussurrò Lucien, di nuovo con quel sorriso sul volto, avvicinando il siero a lei.
Nina lo guardò, incerta.
"Non ascoltarlo!", esclamò James.
Ma la ragazza decise di prendere il siero e si piantò la siringa nel collo.

Quando Nina aprì gli occhi, il sole alto nel cielo le accarezzò il volto, caldo e rassicurante. C'era una dolce brezza nell'aria e uno scacciapensieri tintinnava allegramente non molto lontano da lei.
Dean era seduto sulla ringhiera bianca del portico di una vecchia casa di campagna.
Nina aggrottò la fronte, avvicinandosi a lui.
"Dean? Dove...dove siamo?", chiese, scrutandosi attorno confusa.
Il panorama toglieva il fiato e dava una sensazione di pace che la ragazza non credeva di poter più provare.
Ondeggianti campi di grano ancora verde si estendevano per chilometri oltre l'orizzonte, c'erano alberi di un verde brillante che formavano chiazze tra il giallo di quel terreno e puntini rossi in lontananza che dovevano essere per forza papaveri. Il cielo ceruleo era macchiato dal bianco di alcune nuvolette in lontanaza.
Dean si voltò a guardarla e sorrise.
"Nina...".
"Dove...cosa?", riprese lei, confusa, ma il gemello era tornato ad osservare il paesaggio.
"Nina?".

"Nina!".
La ragazza si svegliò di soprassalto, richiamata più e più volte dalle voci, ora chiare, di James e Nicholas.
La prima persona che vide fu Lucien che la osservava con fare annoiato.
"Finalmente, non pensavo ci sarebbe voluto così tanto...", disse, afferrandola per i polsi per farla alzare.
Lei, ancora confusa, si guardò intorno cercando di capire dove fossero finiti i campi di grano, il sole e Dean.
"Stai bene? Hai perso i sensi per molto tempo", chiese Nicholas, evidentemente preoccupato.
"Come vi ho già ripetuto un milione di volte, sta benissimo", sbottò Lucien, poi tornò a concentrarsi su Nina.
"Dimmi...hai sentito, visto qualcosa mentre eri svenuta?".
Lei aggrottò la fronte, ma non rispose.
"E' sconvolta, lasciala stare!", esclamò James, furioso.
Lucien piegò la testa di lato e assottigliò gli occhi, fissandola, e sembrò realizzare qualcosa, poi si voltò verso Jaime e abbozzò un sorrisetto.
"Faremo un gioco", disse, afferrando una sedia ai lati della stanza per sedersi.
Tutti e tre lo guardarono come se fosse pazzo, ma Lucien ricambiò soltanto lo sguardo del lupo.
"Io ti farò una domanda e tu mi darai una risposta sincera e poi sarà il tuo turno. Che ne dici?", mormorò, accavallando le gambe, con tono naturale, come se fossero quattro amici intorno al fuoco in un campeggio.
James fece schioccare la lingua e alzò gli occhi.
"Inizio io. Perché te ne sei andato?", riprese il moro come se niente fosse.
James non avrebbe voluto rispondere, ma l'indignazione per quella domanda fu troppa.
"Hai davvero bisogno di chiedermelo?", sbottò, facendo tintinnare le catene ai suoi polsi.
"Ah", commentò l'altro, alzando un dito.
"Questa è una domanda, non una risposta".
James prese un profondo respiro, poi decise di stare al gioco.
"Me ne sono andato perché tu e Adrian avete deciso di rendere il resto del mondo schiavo", disse, freddo.
"Sì, ma non te. Avresti potuto essere un re anche tu. Invece hai preferito...questo. Nasconderti come un ratto, cambiare il tuo nome, i tuoi capelli? Sembra che sia stata la decisione peggiore di sempre, a mio parere", continuò Lucien, spostandosi leggermente sulla sedia.
Lo stava fissando attentamente, come a cercare di mettersi nei suoi panni.
"E non fare tanto il santarellino, sappiamo entrambi che non c'è niente di buono in te. Hai fatto cose per me che farebbero tremare i tuoi amici, o te ne sei dimenticato?".
James non riuscì a reggere il suo sguardo o, meglio, lo abbassò per evitare di essere portato a guardare Nicholas o Nina. Non voleva sapere cosa stessero pensando e non voleva vedere le loro espressioni deluse.
"Hai fatto la tua domanda, ora è il mio turno", riprese, dopo un po', cercando di ricomporsi e non far tremare la sua voce.
"Dov'è tuo fratello?", chiese, tornando a guardare il moro.
Lucien, che fino a quel momento aveva creduto di essere in controllo, abbandonò il suo sorriso, anche se solo per qualche secondo, poi alzò le spalle.
"Oh, lo conosci, è sempre a studiare qualcosa", disse, schiarendosi la gola improvvisamente secca.
"Cosa può essere così importante da fargli perdere l'occasione di vedermi in catene? Per la seconda volta, poi. Non dirmi che...gli è successo qualcosa".
Lucien si era irrigidito come una statua sulla sedia al centro della stanza e, nonostante James fosse il prigioniero, sembrava che la situazione si fosse ribaltata.
"Hai già fatto una domanda", blaterò il moro, deglutendo rumorosamente.
James sorrise appena.
"Ma tu non hai risposto".
Lucien battè un pugno sul bracciolo della sedia e si alzò, andandogli addosso.
Strinse i pugni quando gli fu vicinissimo, poi si allontanò, rilassandosi.
"Mi hai annoiato...e visto che non avete preso la decisione giusta di dirmi dove si trovi Dean...adesso ucciderò uno dei tuoi amici. Perché non scegli tu per me?".
Il sorrisetto da bastardo gli arrivava di nuovo da orecchio a orecchio, anche se era chiaramente molto irritato e nervoso.
"Scegli o li ucciderò entrambi. Lentamente".
"Non lo farai".
"No? Perché non mi direte dove si trovi Dean e mi avete veramente stufato. Voglio che tu soffra e questa mi sembra una soluzione piacevole. Per me, ovviamente".
Ancora, James non fece un nome e Lucien scosse la testa.
"Dopo tutti questi anni pensi davvero che non lo farei? Farò quello che voglio...ti ho in pugno, Liam. E ti assicuro che non te ne dimenticherai", continuò afferrando un coltello e avvicinandosi a Nick.
"Forse gli taglierò la lingua...", mormorò per poi voltarsi verso Nina.
"O magari le caverò gli occhi dalle orbite...davvero non so quanto tempo ci possa volere perché muoia dissanguata, non mi dispiacerebbe scoprirlo".
"Basta...", sussurrò James, facendo una smorfia.
"Basta, smettila", aggiunse, più forte.
"Cosa?".
"Lasciali andare".
"E perché dovrei farlo?", rise Lucien, facendo roteare il coltello.
"Lasciali andare e ti giurerò la mia lealtà".
Lucien sorrise, soddisfatto, poi scosse la testa.
"E' penoso sapere che tu pensi che voglia ancora la tua lealtà. L'unica cosa che voglio è distruggerti. E ti prometto questo, Liam: dopo che li avrò uccisi entrambi, non mi fermerò finchè non avrò sterminato ogni singola persona che abbia mai avuto a che fare con le Ombre. Le spazzerò via da questa Terra insieme al tuo nuovo nome e alla tua memoria. Ma tu, oh, tu non morirai per molto, molto tempo. Forse un giorno deciderò di volerti far diventare un deeta o semplicemente ti farò assistere mentre conquisto il mondo e tu hai perso tutto...a cominiciare da...lei", sibilò, puntando la lama verso Nina.
Poi si avvicinò e le mise una mano sul collo e strinse la presa. Nina cercò di allontare il suo braccio, ma era sempre debole per il siero.
"Non mi supplicherai di risparmiarle la vita, Liam?"
James rimase in silenzio a riflettere per un secondo, poi guardò Lucien, calmo.
"Non la ucciderai", disse.
"Ah, no?".
"Hai bisogno di lei e Dean", continuò il lupo, con lo stesso tono.
Lucien annuì appena, poi alzò le spalle.
"Non mi serve viva".
"Stai bluffando".
"Non mi supplicherai, quindi. Che peccato, una così bella ragazza...".
Nina sussultò quando Lucien strinse più forte la presa e si ritrovò ad annaspare, mentre il ragazzo nemmeno la degnava di uno sguardo e teneva gli occhi, pieni di sfida, rivolti verso James.
"Basta! James!", esclamò Nick, divincolandosi.
A quel punto il lupo schiuse le labbra.
Avrebbe davvero fatto morire Nina per il suo orgoglio?
Supplicare Lucien era una delle cose peggiori che gli potesse venire in mente, eppure, nonostante l'istinto che fino ad ora lo aveva guidato stesse cercando disperatamente di combatterlo, voleva salvare Nina. A qualsiasi costo.
Nicholas aveva detto di nuovo qualcosa, ma James non aveva capito.
Si voltò a guardare Lucien con tutto l'odio che gli riservava stampato negli occhi.
"Non lo fare, per favore, ti supplico", disse, a denti stretti, cercando di soffocare la sua natura orgogliosa.
Lucien sorrise a trentadue denti, ma Jaime non allontanò lo sguardo.
"Adesso sì che ragioniamo", commentò il moro, soddisfatto.
"Lasciala andare ora".
"Mmh", rispose soltanto Lucien, ridacchiando.
"Hai avuto quello che volevi, no? Ti ho supplicato, sono sottomesso. Hai vinto tu", continuò James, sull'orlo della disperazione.
"J-James", blaterò Nina, mentre delle lacrime iniziavano a bagnarle il volto. A giudicare dalla sua espressione, la mano di Lucien non aveva alleggerito la pressione.
"Non lo fare, lei non ti ha fatto niente!", gridò Jaime a quel punto, osservando Nina che cercava di respirare, ma con sempre più difficoltà.
"Ah, sbagliato. E' con te", canticchiò Lucien, facendo spallucce.
"Ok, allora uccidi me".
Lucien sembrò contemplare quella possibilità, ma il suo sorriso si fece ancora più maligno.
"Ogni tuo alleato è un mio nemico", sibilò, portando anche l'altra mano alla gola della ragazza.
"Smettila! Smettila, ti prego!", fece Nick, facendo tintinnare vigorosamente le catene che lo legavano. James non lo aveva notato, ma anche il moro stava piangendo e il suo tono era risultato così disperato da commuovere perfino lui. Ma non Lucien.
L'avrebbe uccisa. L'avrebbe fatto. Glielo lesse in quegli occhi spietati e assetati di vendetta.
"Te lo dirò!", gridò, con la gola secca.
Tutti si voltarono a guardarlo, confusi per un secondo.
"Ti dirò dove si trova Dean", continuò James, aggrappandosi alle catene, non sapendo su cosa altro sfogare la sua frustrazione.
"Oh?", fece Lucien, improvvisamente interessato. Allentò appena la presa e Nina tossì, per poi scuotere la testa.
"No! James!", esclamò, con quanta più forza riuscisse a tirar fuori. Il ragazzo la guardò e il suo sguardo si addolcì. La verità era che era stato e sarebbe sempre stato un egoista. Nel suo cuore, lo sapeva. Accettò quella verità e le sorrise appena per cercare di farla tranquillizzare.
"Non posso perderti, Nina".
Moriranno tutti al bunker? Sì.
Tuo fratello diventerà una cavia da laboratorio? Sì.
Ma tu sarai viva.

Chiuse per un attimo gli occhi e quando tornò a guardarla lei aveva quell'espressione di rabbia che spesso gli rivolgeva. Rabbia e odio. Ma un odio temporaneo, un odio che nascondeva tutt'altro.
"Se parli, mi perderai comunque", sputò, velenosa, sperando che in qualche modo quelle parole bugiarde lo colpissero.
"Almeno sarai viva", riprese lui, lanciando un'occhiata a Nicholas. Sperò nel suo appoggio, ma lui non lo stava guardando, aveva gli occhi, ancora intrisi di lacrime, fissi sul pavimento e dallo sguardo spento non sembrava che stesse seguendo la conversazione.
"Non glielo dire, James! Non ti perdonerò mai se lo farai!".
"Sarai al sicuro, Nina".
"No. No. Avevi ragione tu, non sarò al sicuro e nemmeno Dean! Ti prego", singhiozzò la ragazza.
"Tick tock, Liam", si intromise Lucien, spazientito, mentre giocherellava con il suo coltello.
"Per favore, non farlo", sussurrò Nina, scuotendo la testa.
James chiuse gli occhi e abbassò il volto, cercando di schiarirsi le idee.
Solitamente riusciva ad essere freddo e sicuro e prendere una decisione del genere non era mai stato un problema, ma in quel momento non era lucido. Aveva in testa Nina, l'odore dei suoi capelli, il sapore delle sue labbra.
Avrebbe dato di tutto per non provare niente in quel momento. La completa assenza di sentimenti che aveva distrutto Rose, avrebbe potuto salvare Nina.
Fece un verso stridulo di frustrazione, poi annuì, rassegnato.
"Grazie", gli rispose la voce di Nina, roca.
James aprì gli occhi e li indirizzò nei suoi e vide quella luce brillare per l'ultima volta.
Lucien, preso da una rabbia improvvisa, tagliò la gola alla ragazza, con il coltello che aveva in mano.
Nina cadde a terra, rantolando, in una pozza del suo stesso sangue e si lasciò andare ad un ultimo respiro, con gli occhi, aperti, ma privi di vita, rivolti verso James.
Nicholas urlò di dolore e si dimenò così tanto che le catene finirono per provocargli delle ferite ai polsi.
James, al contrario, non era capace di muoversi. Schiuse le labbra, sentendo il corpo cedere. Sarebbe caduto in ginocchio se le catene non lo avessero retto.
La testa gli si fece pesante e il cuore smise di battere per un attimo.
Non si era mai sentito perso come in quel momento, nemmeno la morte di Rose lo aveva distrutto come adesso. Perfino respirare faceva male.
Lui respirava ancora. Perché? Perché lui sì e Nina invece no? 
Perché uno come lui era ancora in vita e Nina era morta?
Non esisteva una giustizia divina. Non più ormai.
Le urla di Nicholas divennero un sottofondo lontano ad accompagnare la visione del corpo minuto di Nina che non dava più alcun segno di vita.
James la fissò per qualche attimo, senza riuscire a chiudere gli occhi.
Lucien pulì distrattamente il suo coltello dal sangue della ragazza e guardò James, senza l'ombra di un sorriso sul volto.
"Lui è il prossimo", concluse, indicando Nicholas, prima di andarsene e scavalcare il corpo di Nina come se non fosse niente.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Il corpo di Nina era rimasto sul pavimento per almeno mezz'ora, poi era stato portato via da due guardie, e Nicholas non aveva fatto altro che urlare, piangere e dimenarsi per tutto quel tempo.
Quando finalmente sembrò non avere più le forze, si abbandonò contro il muro, sospirando e lanciando uno sguardo distrutto al soffitto.
James evitò di guardarlo.
"Mi dispiace", disse, in un soffio.
"Non avremmo dovuto essere qui, saremmo dovuti restare nel bunker. Eravamo al sicuro! E' colpa tua! La sua morte è colpa tua!", esclamò Nick con quello che era rimasto di fiato nei suoi polmoni.
James deglutì a fatica, abbassando la testa.
"Lo so. Mi dispiace", mormorò, ancora.
"Questo l'hai già detto, ma che me ne faccio delle tue scuse?", sbottò l'altro, tirando su con il naso.
"Che cosa vuoi che dica?".
"Niente! Voglio che tu chiuda la bocca", sbottò Nick, poi fece una smorfia e si voltò per evitare lo sguardo di James.
Il lupo sospirò, però non smise di parlare.
"Ti amava", disse.
Nick non rispose per un po' e quando James pensò che non l'avrebbe fatto per niente, il moro lo guardò. Aveva gli occhi così rossi per il pianto che quel verde solitamente brillante delle sue iridi era molto più scuro e cupo del solito.
"No, invece. Ci teneva a me, ma finiva lì. Io l'amavo però. E ora...ora cosa?".
"Mi dispiace, Nick".
"Cazzo, la vuoi piantare? Non penso che tu ti sia scusato tanto in tutta la tua vita", sbottò il moro, scuotendo la testa.
James annuì, totalmente d'accordo con lui.

Lucien tornò qualche ora più tardi con quel suo odioso ghigno sul volto che era diventato insopportabile per James. Mise le mani dietro la schiena mentre una delle sue guardie lo sorpassava, avvicinandosi a Nick, e una ragazza con un perfetto caschetto biondo lo affiancava, intimorita.
La guardia iniettò qualcosa nel collo di Nicholas, facendo agitare entrambi i ragazzi.
Lucien aumentò il sorriso quando Jaime lo guardò con odio.
"Vai pure", disse poi, senza smettere di guardarlo, alla ragazza bionda.
Lei indugiò, osservando le catene di James che venivano aperte dalla guardia.
"Oh, non preoccuparti. Non ti farà del male visto che ho fatto iniettare del veleno nel corpo del suo amico. Un veleno molto forte e molto letale, che lo farà morire in modo atroce, Liam. Mi capisci?", continuò lo scienziato, trascinando una sedia più vicina a James.
Il lupo ricambiò il suo sguardo con il collo tirato, poi annuì appena e si sedette. Allora Lucien si voltò verso la ragazza.
"Cosa stai aspettando? Non ha tutto il giorno", sbottò, spazientito.
La bionda trasalì e si avvicinò a James, tirando fuori un paio di forbici e un rasoio. James le si allontanò meccanicamente quando realizzò che cosa volesse farle fare Lucien. Qualsiasi forma di tortura sarebbe stata meglio.
Ma dovette farsi tagliare i capelli senza obiettare.
Furono minuti interminabili e decisamente orribili, che James passò a ricordare momenti altrettanto pessimi del suo passato. Poi la ragazza fece tornare i suoi capelli al loro colore naturale e, quando ebbe finito, si allontanò come se James sarebbe potuto scoppiare e travolgerla nell'esplosione da un momento all'altro. Mai l'aveva guardato negli occhi, ma in quell'attimo lo fece e lesse nelle sue iridi stanche puro terrore.
Lucien fece un piccolo applauso, esaltato, e passò oltre la sedia per osservare meglio il lavoro della ragazza, e, infine, allungò uno specchio verso James, che vide il suo riflesso per la prima volta.
Era un mostro. Di nuovo.
Tremò appena, prima di abbassare la testa.
"Guardati! Che cosa sei adesso? Non sei un leader, non sei un re, sei soltanto un ragazzino. Un ragazzino che ha perso molto e perderà ancora. E per cosa? Pensavi davvero di poter battere me? Me?! Sono io che ti ho reso chi sei. Ti ho reso più forte, più veloce, più resistente. E tu hai scelto di fuggire dal potere. Guardati! Non sei cambiato, sei la stessa persona di un tempo, è l'ora che tu la finisca di mentire a te stesso", esclamò Lucien euforico, afferrandolo per i capelli per costringerlo ad alzare lo sguardo e a fissare quel volto familiare e terribile nello specchio.
James, anche se tentò in ogni modo di nasconderlo, aveva gli occhi lucidi. Era finalmente stato completamente fatto a pezzi da Lucien.
Il moro gli si avvicinò all'orecchio, ghignando.
"Voglio che tu sappia che tornerai a fare il mio bravo soldatino per il resto dei tuoi giorni e, chissà, magari con il tempo tornerai ad amare ciò che ti farò fare". Rise e gli lasciò andare i capelli e James fece ricadere la testa. Ormai lacrime amare gli stavano rigando le guance e si lasciò scivolare in ginocchio.
"Ci vediamo più tardi. Devo occuparmi di una cosetta. Divertitevi nel frattempo!", esclamò Lucien, ridacchiando, e fece per andarsene.
"L'antidoto", mormorò James, senza guardarlo, stringendo forte i pugni a terra.
Lucien nemmeno si voltò.
"L'antidoto per cosa? Acqua distillata?", chiese, beffardo, prima di sparire dietro la porta, ordinando alla ragazza di ripulire la cella.
La bionda aveva lo sguardo incollato su James, ma quando lui si fu ricomposto e tirato in piedi, sembrò tornare alla realtà e alla paura. Indietreggiò goffamente fino a che il muro glielo consentì, poi incrociò appena lo sguardo del lupo, terrorizzata.
Evidentemente Lucien si era dimenticato di fargli rimettere le catene, o, meglio, non gli importava se lei fosse morta.
"Non ti farò del male", sussurrò James, piegando appena la testa di lato. Anche volendo, non aveva le forze. Era distrutto non solo emotivamente.
Lei non sembrò convinta e si strinse nelle braccia, tremante, poi passò lo sguardo su Nicholas, che, incatenato, non appariva altrettanto pericoloso.
"Fermo!", esclamò, quando James fece un passo verso di lei.
"Ok. Puoi portarci un po' di acqua?", riprese James, freddo e impassibile, nonostante le lacrime sulle sue guance non si fossero ancora asciugate.
"Io non...".
"Per favore...non abbiamo avuto da bere da quando siamo arrivati", riprovò James, cercando di addolcire il suo tono. Ma la ragazza approfittò dei pochi passi che li separavano per scappare via.
Jaime rimase a fissare il punto in cui si trovava prima la ragazza, schiudendo le labbra.
"Non sei più bravo a flirtare", sussurrò Nick, osservandolo.
James gli lanciò un'occhiata, alzando un sopracciglio, meravigliandosi dell'inappropriatezza di quel commento nella situazione in cui si trovavano. Ma si lasciò andare ad un mezzo sorriso.
"Felice di sapere che il tuo senso dell'umorismo sia sempre forte, invece", mormorò, affiancandolo.
"Come siamo arrivati a questo punto? Come vi ho portato qui?".
"Non è colpa tua, James".
"Invece sì. Avevi ragione. E' stata colpa mia. Non solo per questo, ma per tutto. Ho causato morte e distruzione. E dolore...sarei dovuto morire. Avrei potuto, moltissime volte. Sarebbe stato meglio per tutti", sussurrò il lupo, passandosi una mano tra i capelli, ormai di nuovo castani e corti. La sensazione che provò fu strana e dovette allontanare subito la mano.
"Sei uno stronzo. Probabilmente il più grande idiota sulla faccia della Terra, ma hai salvato così tante vite, James. Hai aiutato molte persone...".
"Se stai cercando di farmi stare meglio, non disturbarti. Niente che potrebbe succedere mi farebbe stare meglio".
Pensò a come sarebbe stato rivedere Nina, anche solo un'ultima volta. Sana e salva e sorridente. O anche arrabbiata. Perfino furiosa. Se avesse voluto prenderlo a pugni lui ne sarebbe stato felice.
Ecco.
Solo questo avrebbe potuto farlo stare meglio.
Nicholas sospirò e non rispose.
"Morirai qui, Nick. E mi dispiace dirti che la tua morte sarà molto più lenta e dolorosa di quella di Nina".
Il moro lo guardò, schiudendo le labbra, ma poi si voltò a fissare il muro davanti a sé, pensieroso per un attimo.
"Così sia", mormorò.
James aggrottò la fronte, sorpreso.
"Potrai non credermi, ma sono felice della mia vita. Sono felice delle mie scelte e di averti incontrato. Non mi pento di nulla. Certo, sarebbe potuta andare meglio, ma quale vita non potrebbe?", disse, sorridendogli.
"Se devo morire oggi, domani o tra cento anni, allora così sia".
Prese un lungo respiro.
"Sono grato per quello che ho avuto".
James annuì, poi abbassò la testa, abbattuto.
"I capelli sono solo capelli. Non ti rendono ciò che sei. Non ascoltare quel pagliaccio. Non sei più chi eri un tempo", commentò Nick, guardandolo.
James chiuse gli occhi e li riaprì un attimo dopo, stanco.
"Non sai chi ero, Nick. E non vuoi saperlo".
"So che odi quella persona così tanto da aver cambiato i capelli, il tuo nome, e chissà cos'altro".
James scosse la testa e si passò una mano sul viso, senza rispondere.
"Cosa hai fatto di tanto terribile?".
"Ho mentito".
"Hai mentito?". Nick alzò un sopracciglio, osservandolo.
"Ho mentito a tutti. A te, Aline, Rose, Nina...a tutti. Perfino a me stesso. Vi ho detto che appena ho scoperto quello che i Westing avevano in programma per il mondo, sono fuggito con Rose...la verità è che...". James smise di parlare e si ritrovò a provare una vergogna e un ribrezzo che non ricordò di aver mai provato prima.
"Non è stato così. Rose era troppo presa dagli esperimenti per rendersene conto, ma io no. Volevo andarmene, ma una parte di me voleva quel potere. Per un po' di tempo, sapevo cosa stesse realmente succedendo. Lucien e Adrian mi dissero tutto e io credevo stupidamente che la responsabilità fosse tutta loro. Che idiota! Ho fatto cose che...", esclamò, picchiandosi una mano sulla fronte e alzandosi di scatto.
"Questa è la mia resa dei conti e ho incasinato tutto così tanto da aver intrappolato anche tutti voi!".
Nicholas stava per rispondergli quando la porta della cella si aprì di scatto, cigolando.
La ragazza bionda entrò timidamente nella stanza con una bottiglietta d'acqua.
Si avvicinò a James senza dire niente, guardandosi intorno come se qualcuno avesse potuto rivelare la sua presenza all'improvviso e coglierla sul fatto. Poi gliela porse. James schiuse le labbra e la afferrò, incredulo che lei fosse tornata davvero.
Non aveva nemmeno pensato a quanto potesse essere assetato, ma quando sentì l'acqua fresca sulle labbra si lasciò andare a quel bisogno e ne tracannò quanta più potè, dimenticandosi per un attimo del suo piano.
Poi fu il turno di Nick e anche lui sembrò essere sopraffatto dalla sete.
Fu quando la ragazza stava già per andarsene che James parlò di nuovo.
"Aspetta!", esclamò.
La bionda si fermò, anzi si congelò sul posto.
Aspettò qualche secondo, poi voltò appena la testa e lo guardò.
"Grazie...davvero", riprese Jaime, sorridendole.
Lei non rispose e fece per uscire dalla cella, ma lui non era deciso a lasciarla andare.
"Io sono James...e lui è Nicholas", disse.
La bionda indugiò.
James era teso, sapeva benissimo che se se ne fosse andata non avrebbe avuto un'altra occasione del genere.
E lei se ne andò.
Ma non prima di aver sussurrato qualcosa tra le labbra. Un nome. Amanda.
Forse le guardie la videro uscire di corsa perché entrarono nella cella per incatenarlo di nuovo.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Tutt'intorno era freddo. Un freddo sovrannaturale. Il freddo triste e sbaragliante della morte.
Non c'era un suono, non c'era movimento, o tempo.
Solo freddo.
I suoi occhi si schiusero appena e una forte luce li rese ciechi per qualche attimo.
Poi, Nina si svegliò di soprassalto, prendendo una boccata d'aria profonda per riempire dei polmoni che erano stati svuotati completamente e far riprendere vita ad un cuore che non batteva più.
Si portò una mano alla gola, come a proteggersela, a salvarsi. Ma non c'era niente da cui salvarsi. Nessuna ferita, niente sangue.
Portò anche l'altra mano sul collo e abbassò gli occhi sul suo corpo bianco come il latte.
Non aveva idea di cosa fosse successo, non sapeva cosa provasse o pensasse. 
Eppure, tremava come una foglia.
La sua mente era un foglio completamente bianco, ma il suo corpo sembrava volerle far ricordare qualcosa e tutto stava puntando alla sua gola.
Schiuse le labbra per parlare, ma forse non ne era capace perché non ne uscì fuori nemmeno un suono.
E qualcuno rise, un verso così stridulo e malvagio che la riportò alla realtà.
Era ingarbugliata in un lenzuolo di seta in un letto enorme che però sembrava scomparire nella stanza dove si trovava. Quella camera aveva tutta l'aria di essere una suite d'albergo, ma lei non era in vacanza, giusto?
Strizzò gli occhi, mettendo lentamente a fuoco gli oggetti che la circondavano: dagli intarsi dell'armadio in mogano che riprendeva la testata del letto, alle colonne di marmo bianco che facevano affacciare la stanza su una zona bar.
Qualcuno, seduto in fondo al letto, le sorrise e, quando lei riconobbe quel ghigno e posò lo sguardo in quelle pozze scure e tenebrose che erano gli occhi di Lucien, si agitò, finendo per ritrovarsi rannicchiata alla testata del letto.
"Come ti senti, Nina?", le domandò lui con un tono viscido. I suoi occhi brillarono nel vederla terrorizzata a quel modo.
"Tu...", mormorò la ragazza, riscoprendosi in grado di parlare. Ancora non aveva allontanato le mani dal collo.
Un alito di vento le scostò i capelli dal viso e sarebbe stata una sensazione piacevole se si fosse trovata in una qualsiasi altra situazione, ma era troppo distratta per rendersene conto.
"Tranquilla, non sei morta. Beh, sei morta. Ti ho uccisa, ma non sei morta morta".
Nina schiuse le labbra e Lucien fece un sorrisetto.
"Il lessico non mi è d'aiuto in questa situazione, perdonami. Quello che ti basta sapere è che...non puoi morire. Non finché anche Dean è in vita, almeno", continuò il ragazzo, alzandosi per avvicinarsi alla finestra aperta e guardare fuori con sguardo sognante, come se stesse immaginando di avere in mano anche Dean. O almeno fu quello che sembrò a Nina.
Fu allora che lei si accorse che non erano da soli. Un ragazzo dai capelli corvini le stava dando le spalle e sembrava intento a bere qualcosa, seduto su uno sgabello del bar. L'altra figura invece la stava guardando e sembrava provare un immenso piacere nel vederla in quella situazione. Aveva un fucile d'assalto tra le mani e un aspetto terribilmente familiare.
Nina assottigliò gli occhi e poi lo riconobbe; la fronte alta, i capelli lisci e di un castano slavato, gli occhi piccoli e crudeli. Era Arrows.
Le rivolse un sorrisetto vittorioso.
In quel momento, le venne in mente qualcos'altro. Arrows e l'altro ragazzo passarono in secondo piano, così anche Lucien, perfino se stessa e la sua condizione.
"James e Nicholas? Cosa ne hai fatto di loro? Dove sono?", esclamò, quasi d'impulso.
Sono vivi?
Si trattenne dal fare quell'ultima domanda, la più importante.
Un brivido le passò lungo la schiena, facendole sudare freddo.
Lucien sospirò, allontanandosi dalla finestra mentre il suo sogno ad occhi aperti andava a scomparire.
"Nina, Nina, Nina...", iniziò con tono di rimprovero, avvicinandosi ancora fino a che non riuscì a sollevarle il mento con due dita.
Lei mugolò ma non si mosse.
"Stavamo facendo una conversazione interessante, perché rendere tutto così...prevedibile e noioso?", mormorò, quasi disgustato, per poi lasciarla andare e mettere le mani dietro la schiena.
"E' tutto un gioco per te?", sibilò lei, con altrettanto disprezzo.
"Un gioco? Oh, no, no,no. Un gioco...mhh. Non c'è niente che consideri più serio del mio lavoro. Ma c'è differenza tra serio e noioso...tra importante e prevedibile", disse, preso da una foga improvvisa. Poi abbassò gli occhi sul collo di Nina, ancora accuratamente difeso dalle sue mani.
"Posso vedere?", chiese, spalancando gli occhi con interesse.
Nina lanciò un'occhiata ad Arrows e lesse nel suo sguardo un forte desiderio di venire da lei e farle spostare le braccia con la forza. Perciò, piuttosto che dare quella soddisfazione a quel pezzo di merda, abbassò le mani, lasciando la gola scoperta.
"Nemmeno un segno...", sussurrò Lucien, avvicinandosi per indagare meglio. Quindi si allontanò e la guardò.
"Ti ho reso una dea!", esclamò, sorridendo e spalancando le braccia, e rimase fermo per qualche secondo, come ad aspettarsi un ringraziamento.
"Dove sono James e Nicholas?", ripetè invece Nina, ricambiando lo sguardo, senza alcun riconoscimento nel volto.
Lucien abbandonò il sorriso e si sistemò la giacca che indossava, irritato.
"Stanno benissimo. Non preoccuparti di loro".
"Voglio vederli. Subito", ribatté la ragazza, tirandosi in piedi.
Il suo corpo non era più separato dalla sua mente. Aveva ripreso colore e forza.
E Nina era arrabbiata.
Arrows fece un passo verso di loro, imbracciando il fucile, ma Lucien gli fece cenno di starsene al suo posto.
"Beh, li vedrai quando mi avrai detto dove si trova tuo fratello", rispose il moro con calma, sfiorandosi appena la cicatrice sulla guancia.
Nina scosse la testa.
"Non accadrà mai".
"Beh, allora suppongo che tu non voglia davvero vedere i tuoi amici. Ma ti considero di pensarci bene perché non so quanto tempo gli resti", disse Lucien, piegando la testa di lato.
Nina digrignò i denti e fece per gettarglisi addosso, presa da una furia di cui non sapeva essere capace.
Fu allora che Arrows le sparò in una gamba, facendola cadere a terra.
Lucien roteò gli occhi.
"Non era necessario, razza di incompetente che non sei altro!", esclamò, passandosi la mano sulla stoffa dei pantaloni, che si erano macchiati del sangue di Nina.
"Stava per colpirti e...".
"Taci, idiota. Vado a cambiarmi. Vedi di non spararle di nuovo, se non in casi di estrema necessità", sbottò Lucien.
Nina, ancora in ginocchio, strinse i pugni e quando alzò la testa vide che il moro stava dicendo qualcosa all'orecchio del ragazzo senza nome. Lui si voltò a guardarlo, mostrando metà del volto. La castana non aveva mai visto qualcuno più simile ad un fantasma. Gli occhi chiari erano spenti e cerchiati e la bocca era incurvata in un'espressione così malinconica da metterle tristezza.
Lo vide annuire e Lucien se ne andò.

La porta della cella si aprì e Amanda entrò con un vassoio pieno di cibo.
"Vi libereremo dalle catene così potrete mangiare...", riuscì a malapena a dire prima che un'altra donna la sorpassasse, spingendola di lato. Aveva i capelli lunghi, di un finto colore violaceo che però le donava molto e gli occhi azzurri come il cielo a mezzogiorno.
Indossava una delle divise dei FAWW.
"Bene, bene, bene...guarda chi si rivede. Non hai idea di quanto abbia desiderato vederti in catene, traditore", sputò, acida, squadrando James dalla testa ai piedi.
Lui ricambiò il suo sguardo, aggrottando la fronte, e la ragazza fece una risata.
"Non mi riconosci nemmeno, eh? Ovviamente no, non ero nessuno l'ultima volta che ci siamo visti", aggiunse, scuotendo la testa.
"Ci hanno detto di farvi mangiare, ma se dipendesse da me stareste a digiuno per un bel po'", continuò, afferrando un chicco d'uva dal vassoio per portarselo alla bocca.
Lo masticò lentamente, osservando James mentre lo faceva, poi sorrise.
"E pensare che ero così ossessionata da te, Liam", sussurrò, afferrandolo per i capelli e costringendolo a guardarla negli occhi.
"E chi non lo era?". 
Si voltò verso Amanda, che stava guardando James, e quando lei se ne accorse arrossì e abbassò lo sguardo.
"Chi non lo è? Le ragazze ti muoiono dietro, eh? Le ragazze come me, poi, non hanno speranza. La goffa e timida migliore amica di una come Rose, che possibilità potrebbe a suo confronto?, commentò.
James schiuse le labbra, osservandola.
"Ginny?".
La ragazza lo lasciò andare e indietreggiò, smettendo di sorridere.
"Ti veneravo, eri una divinità ai miei occhi, un salvatore. Ma alla fine sei scappato con Rose e mi hai lasciato da sola ad affrontare la furia dei gemelli. Che onore c'è in questo? Ti credi forse meglio di loro?", gridò tirandogli un pugno.

Lucien se n'era andato sbattendo la porta e il ragazzo sconosciuto aveva tracannato velocemente il suo drink, prima di alzarsi e voltarsi verso di lei.
Nina si tirò seduta e cercò di indietreggiare, non sapendo cosa aspettarsi da lui. La gamba le fece fare una smorfia di dolore.
"Ferma. Non ti muovere. Così peggiori soltanto la situazione", fece quel ragazzo, una volta che le fu vicino. Si chinò per osservare meglio la ferita e le sfiorò la pelle con una delicatezza inaspettata.
"Che ti importa se peggiora la situazione? Non può morire, no?", sbottò Arrows, ridacchiando.
Bastò un'occhiata dell'altro perché il suo sorriso svanisse e venisse rimpiazzato da odio.
"Hai fatto abbastanza per oggi, Arrows, perché non te ne stai zitto e buono in un angolo adesso?", rispose il moro, tornando a guardare la gamba di Nina.
Poi alzò la testa e vide che lei stava cercando in tutti i modi di coprirsi perché senza il lenzuolo era rimasta in intimo. Allora lui si tolse la camicia e gliela mise sulle spalle, facendole aggrottare la fronte.
"Questo ti farà male", disse e, senza preavviso ulteriore, le infilò la mano dentro la ferita per estrarre il proiettile.
Nina gridò con tutto il fiato che aveva in corpo e pensò che avrebbe perso i sensi, ma in qualche modo riuscì a resistere e il ragazzo tirò fuori il proiettile.
Si alzò e Nina vide chiaramente il suo torso alla luce del sole. Era bellissimo, scolpito, con un tatuaggio che saliva dall'inguine verso l'ombelico e recitava qualcosa in giapponese. Ma più in alto a destra del costato aveva una cicatrice lunga almeno dodici centimetri.
Il ragazzo non la guardò ma si rivolse ad Arrows, porgendogli il proiettile.
"Credo che questo sia tuo", disse con una calma esasperante.
Arrows sbuffò e gli tirò un colpo, facendo rotolare il proiettile sul pavimento, poi si allontanò sussurrando con rabbia qualcosa tra sé e sé. 

Nina si svegliò qualche ora dopo, senza il minimo accenno ad una ferita sulla gamba. Era come se nessuno le avesse sparato.
Si toccò il punto in cui avrebbe dovuto esserci la ferita, ma era completamente rimarginato. Nessun dolore, nessun segno.
In che cosa l'aveva trasformata Lucien? Avrebbe perso la sua umanità come Rose?
Si sentì tremare e si strinse nelle spalle, rendendosi conto che aveva ancora addosso la camicia con cui il ragazzo malinconico l'aveva avvolta. Aveva un buon odore addosso, forse di camomilla o di qualche altro fiore. La fece rilassare appena e alzò gli occhi per ritrovarlo. Doveva almeno ringraziarlo.
Ma lui non c'era. Al suo posto, insieme ad Arrows, c'era un ragazzino che non doveva avere nemmeno diciotto anni.
Le rivolse uno sguardo quando si accorse che si era svegliata. 
"Ehi, Freddy...guarda", disse ad Arrows, indicandola.
"Oh, ti sei svegliata, finalmente", tuonò lui, alzandosi dallo sgabello del bar e avvicinandosi.
Si sedette sul letto, divertito dall'idea di incuterle timore e il ragazzino lo seguì anche se rimase a distanza.
"C'è una cosa che muoio dalla voglia di chiederti...", riprese Arrows, allungando una mano per giocare con i capelli di Nina.
Lei si immobilizzò a quel contatto e lo lasciò fare.
"Visto che ho ucciso Rose...sei tu la nuova puttana di Liam?", chiese, piegando la testa di lato e facendo un mezzo sorriso da bastardo.
Nina lo guardò con odio e gli sputò in faccia.
Arrows non se lo aspettava e rimase qualche secondo immobile, sotto lo sguardo incredulo dell'altro soldato. Poi si pulì il viso con la manica della giacca e si alzò in piedi, rosso di rabbia.
Afferrò la castana per i capelli, facendola gemere, e la trascinò giù dal letto per poi farle sbattere la testa contro una delle colonne.
"Come osi, puttanella? Con chi credi di avere a che fare, mmh?", gridò, tirandole un calcio mentre era a terra.
L'altro soldato si riprese dallo stato di trance in cui era entrato e cercò di fermarlo.
"Freddy!".
Arrows gli tirò una spinta e continuò a colpire Nina, freddamente e spietatamente, alternando calci a offese.
Quando ne ebbe abbastanza, le sputò addosso e se ne andò.
La ragazza schiuse le labbra, che rilasciarono del sangue, e provò ad alzarsi, ma senza risultati.
Il ragazzino a quel punto si chinò su di lei e la aiutò a tirarsi in piedi per poi farla avvicinare al letto, preoccupato.
Forse più per quello che temeva gli avrebbe fatto Lucien se l'avesse scoperto che per lei.
"Vivrò", disse Nina, portandosi una mano allo stomaco.
Il dolore stava già passando e il sapore metallico del sangue era quasi sparito.
"Ti ha colpita molto forte", ribatté il ragazzino, osservandola.
Lei alzò le spalle e gli occhi gli ricaddero sulla pistola che portava alla cintura.
"Non abbastanza", sibilò, tirandogli una gomitata sul volto per poi afferrare l'arma e puntargliela addosso.
Lui la guardò con paura, alzando immediatamente le mani.
"Per favore, non spararmi".
Non l'avrebbe fatto, ne era sicura al cento per cento, ma lui non ne aveva idea. E Nina ne avrebbe approfittato.
Gli indicò con la pistola la porta.
"Forza, andiamo".
"Ci sono due guardie fuori, non ce la farai a scappare", mormorò lui, tremolante.
Nina mise su l'espressione più spaventosa possibile e lo guardò.
"Vedremo", sbottò, invitandolo di nuovo a muoversi.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Il ragazzino mugolò qualcosa e si avviò verso la porta, con le mani in alto.
"Aprila e di' alle guardie di abbassare le armi e spostarsi. E niente scherzi o ti sparo".
Il ragazzo mugolò di nuovo e aprì lentamente la porta, spaventato.
Nina si sentì quasi in colpa a vederlo così tremolante. Avrà avuto sì e no un paio di anni più di Annabelle, era soltanto un bambino.
Ma ricacciò quei pensieri e avvicinò la pistola alla schiena del ragazzo, per ricordargli di non fare scherzi.
Lui trasalì ma non fece più uscire alcun suono.
"Jas, che succede?", fece una delle guardie appena lo vide uscire, poi entrambi i soldati alla porta imbracciarono i loro fucili.
"N-no, abbassate le armi e...e allontanatevi...", blaterò il ragazzo, scuotendo la testa all'impazzata.
I due si scambiarono un'occhiata, ma non si mossero.
"Fareste meglio a fare come dice se non volete che gli spari", fece Nina, presa da una scarica di adrenalina.
"Nina? Ti chiami Nina, no? Ora vediamo di non fare sciocchezze...vuoi davvero sparare ad un ragazzino?", fece uno dei due, tenendosi pronto con il fucile.
"Non lo farò se mi lascerete passare e abbasserete i fucili".
Le guardie sembrarono valutare le loro opzioni, poi annuirono e lasciarono le armi a terra.
"Ok, va bene, non sparargli", continuò quello che aveva già parlato.
Nina avanzò, costringendo il ragazzino a fare lo stesso.
"Entrate qui dentro", ordinò ancora, indicando con la mano libera la stanza appena lasciata.
Loro obbedirono e lei li chiuse a chiave, per poi far avanzare ancora il ragazzo.
"Adesso mi porterai da James e Nicholas".
"Chi? Non so chi siano!", esclamò lui, ma Nina gli puntò di nuovo la pistola sulla schiena.
"Pensi che non stia facendo sul serio? Portami dai miei amici o mentire sarà l'ultima cosa che farai".
"Giuro che non so di cosa tu stia parlando. Lo giuro! Sono solo un cadetto!", piagnucolò lui.
Nina sbuffò.
Probabilmente stava dicendo la verità, ma non voleva crederci perché questo voleva dire che non avrebbe saputo cos'altro fare.
"Forza! Cammina! Almeno saprai come uscire da qui, no?".
Lui non rispose, ma continuò a camminare verso quella che la castana sperò essere un'uscita.
Poi si sentirono dei passi dietro l'angolo e lei lo afferrò, mettendogli un braccio intorno al collo e puntandogli la pistola alla tempia.
Il ragazzino si mise a piangere.
E Arrows fece capolino nel corridoio, schiudendo le labbra, confuso, quando li vide. Poi, però, le puntò contro il fucile.
Nina gli rivolse uno sguardo risoluto.
"Lasciaci passare o gli sparo".
Il soldato non si mosse, inarcò semplicemente un sopracciglio.
"Spostati e abbassa il fucile", sbottò Nina, con più enfasi.
"Ti prego, Freddy, non voglio morire", mormorò il ragazzino, piangendo.
"Non ti sparerà, Jason", disse, facendo un passo verso di loro.
Nina andò nel panico ma cercò di non farlo notare e si piantò con più forza a terra.
"Non mi ripeterò un'altra volta, Arrows".
Arrows la guardò negli occhi, poi scoppiò a ridere di gusto e Nina pensò che fosse completamente impazzito.
"Sai una cosa? Mi stai dando veramente sui nervi", disse, tornando serio, e sparò un colpo in testa al ragazzino.
Nina lasciò cadere il corpo, completamente in stato di shock, e guardò il soldato con orrore negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo con sfida.
"Ora torna nella tua gabbia, stronza. Prima che faccia saltare anche il tuo, di cervello", disse, facendo un sorrisetto sadico al solo pensiero.
Nina lanciò un'occhiata al corpo del ragazzino che giaceva immobile nel suo sangue e schiuse le labbra, tremando.
"Era tuo amico...", blaterò.
"Sì, poi tu l'hai reso un inconveniente". 

"Cosa diavolo è successo?", sbottò Lucien, raggiungendo Nina e Arrows nella camera dove lei si era svegliata. Con lui c'era anche il ragazzo malinconico.
Nina era ammanettata ad una sedia, vestita ancora soltanto della camicia del ragazzo moro.
"Ho provato a fidarmi di te, Arrows, ma mi deludi sempre".
"Non è stata colpa mia! Lei mi ha...provocato e sono uscito un attimo per schiarirmi le idee. C'erano Jason e gli altri due qua fuori!", esclamò, cercando di giustificarsi.
Lucien sbuffò.
"Non succederà di nuovo", sussurrò Arrows, abbassando la testa.
"Lo spero bene", sibilò Lucien, per poi andarsene.
"È tutta colpa tua, stupida puttanella", esclamò Arrows, avvicinandosi a Nina con furia e alzando un braccio per tirarle un colpo, ma il ragazzo dai capelli corvini gli bloccò il polso.
"Lasciami andare, cane!", sbottò Arrows divincolandosi dalla sua presa.
"Perché non vai a far sbollire un po' la rabbia, mmh, capitano?", ribatté il moro, senza lasciarlo andare per qualche altro secondo. Quando lo ebbe liberato, Arrows lo guardò male e se ne andò.
L'altro a quel punto slegò Nina dalla sedia e la aiutò fino al letto, poi, senza nemmeno guardarla si avvicinò al bar e si versò qualcosa di forte. Rimase almeno una decina di minuti a bere, fissando il vuoto e lei si guardò intorno, cercando di mettere in ordine i pensieri e trovare un piano per andarsene e salvare Nick e James.
"Non lo fare", disse, poi, il ragazzo, ad un certo punto, facendola sobbalzare.
Non aveva mostrato alcun interesse per lei, al punto che pensava si fosse totalmente dimenticato della sua presenza.
"C-cosa?", chiese la castana, stringendosi nelle spalle.
"Provare a cercare un modo per scappare".
"Non sto facendo niente".
Il ragazzo rise per la prima volta, ma fu come sentir ridere qualcuno che non ha più la capacità di essere felice. Le fece venire la pelle d'oca.
"Certo che stai facendo qualcosa. Conosco quello sguardo disperato", mormorò, squadrandola appena e tornando serio. Quegli occhi di un verde quasi velato si fermarono nei suoi.
"Non sono disperata!", esclamò Nina, quasi offesa.
Il moro bevve un altro sorso di liquore, assaporandolo lentamente, e fissò poi il bicchiere vuoto.
"Non c'è motivo di mentirmi. Riesco a sentire la paura e la disperazione".
La ragazza aggrottò la fronte.
"E' per questo che ti chiamano cane?", chiese, piegando la testa di lato.
Non sapeva perché ma quella conversazione la stava facendo rilassare e aveva bisogno di calmare i nervi.
"E' una cosa che ha iniziato Arrows. Lo fa sentire in controllo, credo".
"E glielo lasci fare?".
Arrows non era altro che un pallone gonfiato e un codardo, bastava una voce forte per metterlo in riga, come Lucien aveva dimostrato poco prima.
"Non mi dispiace. Dopotutto i cani sono intelligenti e leali", sussurrò lui, continuando ad osservare il bicchiere.
"E tu sei leale a Lucien", mormorò Nina, scuotendo la testa.
Il ragazzo restò fermo immobile, senza rispondere.
"Perché? Non ti rendi conto di come sia?".
"Fidati, lo conosco molto bene", ribatté lui, quasi come se fosse sovrappensiero.
"E allora perché lo servi? Ti sta ricattando?".
Ancora, non rispose.
"E' malvagio. E' crudele e senza scrupoli!".
"Non devi convincermi, lo so benissimo", disse lui, atono.
"E allora perché stai al suo comando?", riprovò lei, senza riuscire a capacitarsene.
Il ragazzo la guardò con pena.
"Perché non dovrei?".
"Perché non sei come lui! Perché...sei...". Nina non riuscì a finire il discorso perché il modo in cui la stava guardando in quel momento la mise in imbarazzo.
Era...cosa? Buono? Gentile? Perché le aveva dato la sua camicia e aveva fermato Arrows dal colpirla di nuovo? Era comunque insieme a Lucien, conosceva benissimo i suoi piani e ciò che aveva fatto per arrivare fin lì. Ed era comunque insieme a Lucien.
"Dimmi tu perché lo segui...", riprese, abbassando gli occhi. Pensava che non le avrebbe risposto, ma lo fece.
"Perché gli devo la mia vita".
"Ti ha salvato la vita?", chiese lei, alzandosi dal letto per avvicinarglisi, ma si fermò accanto ad una delle due colonne in marmo, pensando che forse sarebbe stato meglio non andargli troppo vicino.
"Sì", rispose soltanto il ragazzo, dandole le spalle.
"E allora?", sbottò lei, presa dalla rabbia. E si lasciò trasportare meccanicamente dal suo corpo al bancone del bar, proprio accanto a dove era seduto lui.
Il moro portò gli occhi su di lei e la scrutò con curiosità.
"Non gli devi niente. Di sicuro non gli devi questo!".
"Non provare a manipolarmi per i tuoi scopi, non funzionerà".
"Non ti sto manipolando, sto solo cercando di farti capire che...".
"Basta...".
"...Quello che stai facendo per lui...".
"Ho detto basta!", gridò lui, sbattendo una mano sul bancone ed alzandosi.
In piedi, la sovrastava completamente ed era molto più terrificante. Ma sembrò rendersene conto anche lui e si rilassò, sedendosi di nuovo.
Nina cercò di fermare il tremolio delle labbra, poi si sedette sullo sgabello e si ricordò di qualcosa che doveva fare.
"Grazie", disse, fissando un punto indefinito davanti a lei. Sentì lo sguardo del ragazzo addosso ma non lo guardò.
"Per cosa?".
"Per avermi aiutato con Arrows e per le gentilezze che mi hai mostrato finora. Non eri tenuto a farlo", rispose la castana, deglutendo a fatica.
"Un carceriere gentile è pur sempre un carceriere", disse lui, sospirando.
"Lo so, ma potrebbe andarmi peggio. Potresti essere come Arrows".
Il ragazzo fece un mezzo sorriso e questa volta le sembrò davvero divertito e provò un senso d'orgoglio per avergli fatto avere quella reazione.
"E' parecchio irritante, non è vero?", commentò, guardandola con quel sorrisetto.
Nina annuì, divertita allo stesso modo, poi allungò una mano verso di lui.
"Sono Nina", disse, allargando il sorriso.
Il ragazzo, invece, abbandonò il sorriso. Forse realizzò di essere andato un po' oltre e smise di guardarla, senza stringerle la mano.
"Joshua", sussurrò, però, poco dopo.

James gemette appena, colpito di nuovo da Ginny, ancora e ancora.
Nick le aveva chiesto di fermarsi più volte, ma lei non ne voleva sapere. E quando smise di colpirlo fu per riprendere fiato.
Tirò su la manica della divisa e mostrò alcuni segni e lividi sul braccio, furiosa.
"Sai cosa sono questi?", chiese, con odio.
James aggrottò la fronte, poi la guardò.
"Lui...?".
"Sì, da quando te ne sei andato. Sono diventata una fonte di sfogo per la sua frustrazione. All'inizio sono stata io ad avvicinarmi a Lucien. Pensavo che, dopo la tua fuga, il modo migliore per dimenticarti fosse lui, ma ho capito subito di aver commesso un errore la prima volta che mi ha colpita. È stato sempre peggio, poi ad un certo punto ha smesso pure di portarmi a letto. Ma il dolore è rimasto".
"Ginny...io...se avessi saputo...".
"Stai zitto. Non mi serve la tua pietà o le tue scuse, i tuoi rimorsi. Voglio soltanto farti provare ciò che ho provato io".
"Ma è stato Lucien a farti del male, non James!", intervenne Nicholas, scuotendo la testa.
La ragazza si leccò le labbra e ridacchiò.
"Sai a cosa penso ad ogni morso, ad ogni schiaffo, ad ogni calcio? Penso a Liam. Penso a quante volte mi abbia fatto sperare che il mio amore per lui fosse ricambiato. Penso a quanto sono stata male la prima volta che l'ho visto baciare Rose e tutte le altre volte in cui l'ha fatto. Penso a quando è scappato ed ha portato via lei, lasciando me indietro senza nemmeno un briciolo di rimorso. Penso a questo e ogni volta che Lucien si prende un pezzo di me io so con certezza che la colpa è solo e soltanto di Liam. Hai mai pensato a me in questi anni? Almeno una volta?", sputò la ragazza, tornando a rivolgersi a James.
Lui ricambiò lo sguardo con dispiacere.
"Non avevo idea che ti avrebbe fatto del male, pensavo che fosse innamorato di te".
"Innamorato di me? Sei ancora più stupido di come lo ero io, allora. Lucien è innamorato di se stesso e nessuno potrà mai superare quell'amore", ribatté lei, acida.
"Ma non ha importanza. Niente ha più importanza, ormai".
Sospirò, poi tirò fuori un tirapugni da una delle tasche della divisa e lo indossò, pronta per colpire di nuovo il castano.
"Fermati! Cosa vuoi fare con quello?".
La ragazza tirò un pugno a James in pieno volto, facendolo sanguinare pesantemente.
"Voglio colpirlo a morte, cosa pensi che voglia fare?", disse, colpendolo di nuovo.
"Aspetta! Lucien...Lucien ti punirà!".
Lei rise e guardò Nick.
"Cos'altro può farmi Lucien che non mi abbia già fatto? Se mi ucciderà, non mi farà altro che un favore", sbottò, tirando l'ennesimo colpo a James, questa volta nello stomaco.
Stava per affondare un altro pugno quando Amanda la colpì in testa con una bottiglia di vetro, che andò a frantumarsi in mille pezzi e Ginevra cadde a terra, priva di sensi.
Scioccata dalle sue stesse azioni, Amanda rimase immobile, bianca come un lenzuolo, con il collo della bottiglia ancora tra le mani.
James e Nick la guardarono, increduli allo stesso modo.
Poi, il lupo tornò in sé.
"Devi liberarci!", le disse, indicando con gli occhi le loro catene.
Amanda indugiò un attimo, poi si chinò sul corpo di Ginny e sfilò un mazzo di chiavi dalla sia cintura e, con dita tremolanti, liberò le loro mani.
"Dobbiamo andarcene! Sai come uscire da qui?", chiese Nick, toccandosi i polsi doloranti, mentre la guardava.
Amanda annuì appena, mentre James afferrava il coltello di Ginny e la sua pistola. Passò la seconda a Nicholas.
"Andatevene di corsa e raggiungete il bunker".
"E tu cosa hai intenzione di fare?", fece Nick, aggrottando la fronte.
"Troverò Lucien e lo ucciderò. Questa guerra è durata fin troppo e non lo lascerò in vita dopo quello che ha fatto a Nina".
"Sei pazzo? Non ne uscirai vivo", esclamò il moro, scuotendo la testa.
"Non è mia intenzione", rispose James, osservandolo.
"James, pensaci bene, qui non si tratta solo di te. Le Ombre hanno bisogno di un leader forte e...".
"Le Ombre avranno te. Inoltre le cose saranno più facili una volta che avrò eliminato Lucien. Dubito che Adrian sia ancora vivo e senza di loro la Westing corporation cadrà. Saranno nel caos e, chissà, magari, nel migliore dei casi, finirà tutto quanto", disse James, speranzoso.
"E io? Aline? E tutte le persone che ti vogliono bene? A noi non pensi? Abbiamo bisogno di te".
James gli mise una mano sulla spalla e gli sorrise con malinconia.
"Starete bene. Le cose andranno alla grande. Ora vai. Prendi Amanda e andate", disse, dandogli una piccola spinta di incoraggiamento.
Nick fece una smorfia combattuta, poi si voltò verso la porta della cella, ma ci ripensò e gli portò le braccia al collo, stringendolo in un abbraccio.
"Vorrei che non dovesse finire così", mormorò James, battendogli una pacca sulla spalla.
"Non deve", riprovò Nick in un estremo tentativo di fargli cambiare idea.
"Sì, invece, vai".
Nicholas lo guardò un'ultima volta con gli occhi lucidi, poi corse via con Amanda.
James prese un lungo respiro e lasciò che una lacrima gli rigasse la guancia, prima di ricomporsi ed uscire anche lui.

James non aveva idea di dove potesse trovarsi Lucien. Nemmeno Amanda aveva saputo aiutarlo, aveva semplicemente suggerito di controllare al terzo piano, dove si trovavano le camere degli alti ufficiali e anche quella di Lucien.
Jaime era riuscito ad arrivare alle scale indisturbato, ma il terzo piano avrebbe sicuramente avuto molta sorveglianza, quindi era pronto a tutto.
Trovò le prime due guardie, due deeta, alla fine della scalinata. Dopo averli messi fuori combattimento più silenziosamente possibile, iniziò a percorrere il corridoio, che era sicuramente molto diverso da quello delle celle.
L'atmosfera era cambiata: la zona era molto più luminosa e areata, grazie a una grande finestra in fondo al corridoio, c'erano due tavolini con composizioni floreali graziose ed eleganti ed alcuni quadri appesi che dominavano la zona. 
James evitò di perdersi nei particolari ed avanzò verso la prima porta, posò la mano sulla maniglia e dette una lieve pressione. La porta era chiusa a chiave. Provò a bussare, nessuno rispose, allora passò a quella dopo, che, invece, era aperta.
Non indugiò a spalancarla e si ritrovò in una camera. 
C'erano tre guardie lì dentro, ma nessuno armato pesantemente, avevano appena dei coltelli. Per James fu facile disarmarli e metterli fuori combattimento.
Lucien stava fissando la scena con stupore e quasi paura. La cosa non dette a James la minima soddisfazione.
Gli si gettò addosso, spingendolo contro il muro e bloccandolo con il coltello alla gola.
"Liam! Liam, fermo!", gridò l'altro, cercando di liberarsi con le mani, ma era senza speranza contro di lui.
"Le tue ultime parole, pezzo di merda?", sibilò James, digrignando i denti.
Dopo aver visto Nina perdere la vita per mano sua, aveva pensato ai modi orribili con cui si sarebbe potuto vendicare, aveva ripensato alle più brute forme di tortura che in passato aveva usato contro alcuni nemici dei Westing, ma era arrivato alla conclusione che nessuna quantità di dolore avrebbe potuto eguagliare quella che provava lui per la perdita di Nina. Quindi, avrebbe fatto il più veloce possibile. Un colpo secco, al cuore.
Caricò il colpo, senza nemmeno aspettare una risposta da parte del suo ex migliore amico. 
"Liam, per favore! Non sono Lucien!", gridò l'altro, incapace di fare altro.
"Non ho la cicatrice!".
James si fermò, schiudendo le labbra.
Come diavolo aveva fatto a non vedere un dettaglio così importante?
"Adrian", sussurrò, aggrottando la fronte, ma senza abbassare l'arma.
"Sì...sì...gradirei che tu non mi uccidessi prima che ti abbia spiegato alcune cose", mormorò il moro, con il respiro un po' più calmo.
James lo fissò con rabbia, incerto se lasciarlo parlare o ucciderlo comunque.
Non aveva ucciso lui Nina, ma era pur sempre colpevole di innumerevoli colpe. Inoltre era molto bravo con le parole, forse più di suo fratello, e non aveva intenzione di lasciarsi manipolare. Tuttavia, aveva alcune domande che gli balenavano in testa.
"Perché sei sparito? Non sei mai venuto con Lucien a gongolare mentre ero in catene", chiese, avvicinando il coltello alla sua gola.
Adrian si schiarì la voce e guardò l'arma prima di volgere lo sguardo verso il lupo.
"Non potevo. Ero prigioniero anche io".
"Prigioniero di chi?".
"Di Luce".
"Pensi che sia stupido? Perché tuo fratello dovrebbe rinchiuderti?", sbottò James, scuotendo la testa. Ora il coltello aveva la punta dritta dritta nella carne del moro.
"Perché non la penso più come lui. Perché siamo andati troppo oltre e non voglio più essere suo complice".
Jaime aggrottò la fronte e fece qualche passo indietro, lasciandolo respirare di nuovo.
"Se stai cercando un modo per salvarti la pelle...", lo minacciò, assottigliando gli occhi.
"Perché pensi che fosse così fissato con il siero dei gemelli? Con Nina?".
James spalancò gli occhi al suono del suo nome e si gettò di nuovo su Adrian, questa volta con molta più furia. Lo bloccò per il collo contro il muro, così violentemente da fargli battere la testa.
"Non nominarla", sibilò, fuori di sé.
Adrian non disse altro, cercò a malapena di respirare.
Poi, l'altro lo lasciò andare e lui cadde in ginocchio.
"Come sai di lei? Nina?", riprese James, confuso, dopo che si fu calmato.
Il moro lo guardò.
"So tutto. Lucien mi racconta ogni cosa, passa ore e ore a raccontarmi la sua giornata, le sue scoperte, le sue ricerche".
Jaime non disse altro, lo guardò solamente, cercando di ordinare i pensieri.
"Lei...", riprese Lucien.
"Cosa vuole dal siero dei gemelli? Vuole usarlo su di voi?", lo interruppe James, confuso.
"Ciò che ha sempre voluto: controllo e potere. Pensa di riuscire a trovare un modo per controllarmi e farmi tornare dalla sua parte. Stai molto attento, ora, Liam. Se dovesse farlo, siete tutti spacciati".
"Che significa?".
"Ho trovato un modo per diffonderlo. Diffonderlo a tutti. Ogni singola anima su questo mondo", sussurrò Adrian, abbassando gli occhi, come se si vergognasse della sua ricerca.
"Ho trovato un modo per far sì che tutti diventino deeta".
"Dio...". James si passò una mano sulla fronte e fece qualche passo per la stanza.
"Tramite quello che ora è il mic-".
"Basta, non voglio sapere altro. Dimmi dov'è tuo fratello così posso farlo fuori".
"Non so dove sia. Puoi aspettarlo qui se vuoi, ma dubito che venga senza la sua scorta e quei tizi sono molto più armati di questi qua", disse Adrian, appoggiando il piede su una delle guardie svenute.
"Allora ucciderò te", sbottò James, puntandogli di nuovo il coltello contro.
"Woah...non devi farlo per forza".
"No? Se ti uccido, Lucien non avrà accesso a ciò che sai e che potrebbe mandarci tutti in rovina. In più, non penso che tu ti meriti di vivere. Solo perché adesso dici di essere cambiato, dovrei crederti?".
Adrian lo guardò con incredulità, poi scosse la testa.
"Solo tu puoi cambiare? Solo tu puoi avere una seconda possibilità?", tuonò, tagliente.
James ricambiò lo sguardo e si ritrovò a schiudere le labbra.
Erano davvero tanto diversi? No, affatto. Sempre ammesso che lui fosse cambiato davvero.
"Ok, va bene. Cambio di piani. Ce ne andiamo da qui. Se tu sei con me, non sei ad aiutare quel pazzo del tuo gemello". Almeno quella era una certezza.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

Joshua non l'aveva più guardata. Respirava regolarmente e aveva l'aria di essere la persona più tranquilla del mondo in quel momento, ma Nina sapeva di averlo turbato.
Intraprendere una conversazione con lei non era quello che si era aspettato e, forse, se ne era pentito.
"Posso chiederti una cosa?", mormorò la ragazza, fissandolo attentamente.
Ancora, non la guardò.
"Sarebbe meglio di no", rispose con freddezza.
Sicuramente se ne era pentito. Ma era troppo tardi per tornare indietro.
"I miei amici...vorrei soltanto...".
"No".
Nina aggrottò la fronte.
"Non sai nemmeno cosa stessi per chiedere", sbottò, innervosita da quell'improvvisa freddezza.
Il moro sospirò, irritato e, questa volta, la guardò, come a invitarla a parlare.
"Vorrei soltanto vederli per un attimo...", sussurrò Nina, sorridendo appena, come se quell'espressione potesse addolcirlo.
"No", ripeté, soltanto, Joshua, tornando ad essere più interessato al suo drink che a qualsiasi altra cosa.
Nina si morse il labbro, pensierosa. 
Doveva assolutamente convincerlo a portarla da Nick e James. Una volta con loro, avrebbe trovato sicuramente un modo per fuggire insieme, no?
"Per favore?".
Si avvicinò di più al ragazzo e gli poggiò una mano sulla spalla, riprendendo a sorridere.
Il moro la guardò con sospetto, prima di allontanarla, questa volta non più tanto calmo. La sua espressione faceva quasi paura.
"Pensi che questo teatrino funzionerà? Ti ho già detto di non provare a manipolarmi. Non scambiare la mia gentilezza con stupidità o sarò costretto a cambiare atteggiamento e sono certo che non ti piacerà", la minacciò, assottigliando gli occhi.
Nina schiuse le labbra, intimorita, e si strinse nelle braccia.
A quel punto lui sbuffò e si alzò per darle le spalle.
"Almeno posso sapere se stanno bene?", chiese lei con un filo di voce, sperando di non farlo infuriare ulteriormente.
Joshua non rispose per un attimo, ma rilassò i muscoli e prese un lungo respiro prima di parlare di nuovo, con tono più addolcito.
"Lucien ti ha già detto che stanno bene, no?".
"Beh, non è che mi fidi di Lucien, quindi, per favore, dimmi almeno se è la verità".
Nina aveva abbassato lo sguardo e sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, ma cercò con tutta se stessa di non farle uscire, specialmente quando lui si voltò a guardarla.
"Non ti fidi di Lucien e ti fideresti del suo cane?", sbottò il ragazzo, quasi con una rabbia che fino a quel momento era stata repressa. Una rabbia verso quel soprannome beffardo con cui Arrows si divertiva a chiamarlo.
Nina si alzò e si costrinse a guardarlo, non tanto perché sperava di impietosirlo, ma forse perché credeva che ciò l'avrebbe fatto sentire meglio. E sembrò essere così.
Il moro si rilassò di nuovo e le si avvicinò appena, tirandole su il mento con il viso.
"Sei molto importante per lui, non è così?", chiese, scrutandola come se avesse potuto leggere tutte le risposte nei suoi occhi.
"Suppongo di sì...fino a che avrà la possibilità di sperimentare su di me...", mormorò la castana, deglutendo a fatica. Lui le stava ancora sollevando il mento, e quegli occhi stanchi, rassegnati e malinconici le stavano mettendo un'inquietudine enorme dentro, ma, allo stesso tempo, la stavano tranquillizzando.
"No, intendevo Liam", ribatté il ragazzo.
Nina schiuse le labbra e aggrottò la fronte, confusa.
"Conosci James?".
"Il suo nome è Liam. E sì, lo conoscevo, sfortunatamente. Non posso dire che noi due fossimo amici", rispose Joshua, lasciandola finalmente andare. Fece qualche passo indietro e si voltò verso la libreria accanto alla porta per passare l'indice sulle copertine di svariati libri. Ne scelse uno e si sedette su una poltrona, accavallando le gambe e aprendo il libro.
Nina restò un attimo immobile ad elaborare la nuova informazione, poi con il viso colmo di speranza, gli si avvicinò di nuovo.
"Se lo conosci, per favore, aiutami a liberarlo", esclamò, inginocchiandosi accanto alla poltrona.
Il ragazzo nemmeno la guardò, voltò la pagina del libro con nonchalance e ridacchiò appena.
"Ti sei persa la parte in cui ti dicevo che Liam non mi piace?", sbottò.
"A tal punto da lasciare che Lucien lo uccida?".
"Non lo ucciderà, fidati. Lo torturerà fisicamente e psicologicamente, ma non lo ucciderà", disse, atono, voltando di nuovo pagina.
Nina scosse la testa.
"Lascerai che lo torturi, allora?", esclamò lei, alzandosi in piedi, questa volta con rabbia e delusione.
"Ogni decisione, ogni azione ha delle conseguenze. Liam sta semplicemente ricevendo ciò che si merita. E' un traditore e un codardo e i miei fratelli non si sarebbero mai dovuti fidare di lui!", sbottò Josh, chiudendo il libro con rabbia e guardandola.
Nina aggrottò la fronte.
"I tuoi...fratelli?", chiese, confusa.
"Lucien e Adrian sono i tuoi fratelli?". 
Nina era completamente scioccata da quella nuova informazione che non sembrava avere senso logico per lei.
Joshua la stava fissando e annuì appena.
"Ma...non capisco...non ho mai sentito parlare di te, né in tv, né sui giornali o...".
"Questo perché mia madre ha deciso di cancellare la mia esistenza", rispose lui, allontanando lo sguardo.
"Ma...ma perché?".
"Perché non ero abbastanza sano di mente per la famiglia Westing", ribatté, fissando intensamente un punto sul pavimento.
"Ho sempre avuto problemi con la mia salute mentale...ero depresso, ho anche provato ad ammazzarmi una volta...ho quasi portato con me anche Lucien...", disse, chiudendo gli occhi e portandosi una mano al costato, dove Nina ricordava di aver visto una grande cicatrice. 
"La sua cicatrice...", mormorò la ragazza, pensando ad alta voce al segno sulla guancia di Lucien.
"Sono stato io...", sussurrò Joshua, immobile. Non aveva più mosso un muscolo e non sembrava più esserne capace.
"Non...intenzionalmente. Volevo tagliarmi la gola, lui ha cercato di fermarmi e il coltello ha fatto il resto".
Nina aveva la bocca spalancata, non poteva credere a quelle parole.
Allungò una mano verso di lui per consolarlo, ma ci ripensò.
"Io...non ne avevo idea...".
"E come potevi? Nessuno lo sa. Nemmeno Adrian. E' stato tutto coperto con la scusa di un incidente in montagna".
"E allora perché me l'hai detto?", sussurrò Nina, sconvolta, stringendosi nelle braccia.
"Almeno adesso sai perché sono leale a Lucien. E' stato l'unico a dare valore alla mia vita quando nessun altro l'ha fatto, nemmeno io", continuò Josh, passandosi una mano tra i capelli.
"E' l'unico che mi non mi hai mai guardato con pena, come se fossi soltanto una macchia da cancellare. Quindi...so bene che persona sia, ma non importa. Gli sarò sempre debitore per quello che ha fatto e se dovrò distruggermi completamente per ripagarlo, allora distruggermi è quello che farò", concluse, dandole un'ultima occhiata, che diceva chiaramente che quel discorso era terminato.
Ma Nina non avrebbe saputo comunque cos'altro dire.
Restarono in silenzio per un po' a fissarsi, poi la porta della camera si spalancò improvvisamente.
"Mi dispiace disturbarti, ma è un'emergenza. Lucien richiede la tua presenza", fece un soldato, affacciandosi nella stanza. Il moro indicò Nina.
"E lei?".
"Lei non è la tua priorità in questo momento", ribatté il soldato.
Josh annuì e se ne andò, senza discutere ulteriormente.
Il soldato entrò e la squadrò appena, prima di avvicinarsi e afferrarla per un braccio.
"Tu vieni con me", disse, strattonandola.
"No!", esclamò lei, cercando di opporre resistenza, ma lui la caricò in spalla.
"Lasciami andare! Lasciami!", esclamò Nina, scalciando e dimenandosi.
Il soldato la ignorò e la portò fuori dalla camera. Le guardie fuori dalla porta li seguirono senza fiatare, ma Nina continuò a lottare, scalciando e battendogli colpi sulla schiena, poi gridò e lo morse nella spalla, sperando che così l'avrebbe liberata. Allora lui la spinse via.
"Accidenti a te, stronzetta. Ora vedrai", sbottò, tirandole uno schiaffo così forte da farle perdere l'equilibrio e cadere a terra.
Gli altri soldati non mossero un dito per fermarlo, anzi, osservarono la scena piuttosto divertiti, invitando il compagno a continuare.
Nina gemette e si toccò la guancia, mentre un rivolo di sangue le fuoriusciva dal labbro inferiore.
Cercò di rialzarsi in piedi, ma il soldato glielo impedì, tirandole un calcio dello stomaco. Lei tossì un paio di volte e si rannicchiò su se stessa, pronta per ricevere l'ennesimo colpo, ma non accadde nulla.
Quando alzò gli occhi per guardare il soldato, vide che aveva un coltello piantato in gola. Il sangue gli scorreva lungo il collo e aveva gli occhi spalancati. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, forse per dire qualcosa o nel disperato tentativo di provare a respirare, poi si accasciò a terra, senza vita.
Le tre guardie con lui, non aspettandosi una cosa del genere, rimasero immobili a guardare il compagno, prima di accorgersi di chi aveva lanciato il coltello.
James li stava fissando di rimando e aveva avuto tutto il tempo necessario per controllare quante e quali armi avessero a disposizione. Si lanciò su di loro prima di perdere il piccolo vantaggio dell'effetto sorpresa. Recuperò il coltello dal corpo soldato che aveva ucciso e tirò una gomitata alla guardia che si trovava più vicina a lui, nel frattempo andò a conficcare l'arma nello stomaco di quello accanto. Il terzo uomo provò ad attaccarlo, ma non era abbastanza agile, nè veloce, e si prese un pugno nel volto e poi James gli tagliò la gola. Quindi si voltò e si sbrigò a finire il soldato a cui aveva dato una gomitata.
"J-James?", blaterò Nina, schiudendo le labbra mentre si rialzava a fatica.
Non è che lui non l'avesse vista. Aveva visto la giovane donna a cui il soldato aveva tirato un calcio, ma non l'aveva guardata.
Quando sentì quella voce, pensò di essere diventato matto. Pensò che, forse, quando si sarebbe voltato avrebbe scoperto di essersela soltanto immaginata.
Girò appena la testa, lentamente, con il cuore che gli batteva all'impazzata. 
Se l'era sognata sicuramente. Era stanco, provato. Non aveva mangiato, nè dormito e aveva bevuto poco o niente. 
Quando si sarebbe voltato completamente, avrebbe visto soltanto Adrian.
Ma Nina era lì.
Lo stava fissando con un'espressione sollevata nel volto, il corpo minuto avvolto soltanto da una camicia da uomo e i lunghi capelli castani spettinati e appiccicati alla testa.
"Nina?", mormorò, con la gola secca, ancora non del tutto certo di essere sveglio. 
Nina non gli dette il tempo di dire altro e gli saltò al collo, stringendolo in un caloroso abbraccio.
"Pensavo che non ti avrei più rivisto!", disse, piangendo.
James schiuse le labbra e, solo dopo un secondo, ricambiò l'abbraccio.
Poi si allontanò per guardarla in viso e le toccò una guancia, come per accertarsi che fosse davvero lei.
"Nina...come?", sussurrò, incredulo.
Lei gli sorrise.
"È una lunga storia...ma...praticamente non posso morire finché Dean è vivo. Ma che hai fatto ai capelli?", chiese lei, cambiando discorso e sfiorandogli una ciocca che gli era finita sulla fronte.
James indietreggiò di un passo, colto alla sprovvista. Per un po' la situazione gli aveva permesso di dimenticarsi dell'ennesimo regalo di Lucien, ma in quel momento venne preso da un'angoscia opprimente e sbarrò gli occhi.
"James?".
"Voleva che ricordassi chi ero...avevo i capelli così quando stavo con Lucien...è il motivo per cui li tingo. Non voglio ricordarmi di questa persona".
Nina piegò la testa di lato e lo abbracciò di nuovo.
"Capelli lunghi o corti, argento o castani...non sei più quella persona".
"Io...non ne sono più sicuro...", mormorò lui, abbassando la testa. Nina gli accarezzò una guancia e lui la guardò di nuovo.
"Io ne sono certa...ma Nick dov'è? Dimmi che sta bene!".
"Parlerete più tardi, adesso dobbiamo pensare ad andarcene da qui!", intervenne Adrian, avvicinandosi.
Nina lo guardò con sospetto.
"Tu!", esclamò, togliendo il coltello dalle mani di James per puntarlo contro Adrian.
Lui alzò le mani.
"Voglio aiutarvi".
"Come no".
Ma James le mise una mano sulla spalla e si rimpossessò del suo coltello.
"Adrian è dalla nostra parte. Gli ci è voluto un po', ma alla fine ha preso la decisione giusta e Nick sta bene, credo. Dovrebbe già essere uscito".
Nina lanciò un'altra occhiata sospettosa al moro, ma poi decise di fidarsi di James.
"Ok, usciamo da questo maledetto posto". 

James aveva tenuto Nina per mano durante tutta la loro fuga e si era guardato indietro di tanto in tanto e aveva stretto la presa qualche volta per assicurarsi che lei fosse ancora lì. Nessuno dei tre aveva detto una parola per tutto il tempo, troppo sull'attenti. Ma quando furono abbastanza lontani, James si fermò di colpo.
"Qui dovremmo essere al sicuro", disse, lasciando finalmente andare Nina, anche se con la coda dell'occhio la osservava ancora. Si sedette e poggiò un braccio su un ginocchio.
"Non possiamo fermarci! Dobbiamo tornare al bunker!", fece la ragazza, smanaccando.
"Solo venti minuti, Nina".
"Ma perché? Non ce n'è bisogno...noi...".
"Perché sono stanco! Anzi, no, sono distrutto!", sbottò James tutto d'un fiato. Poi si rilassò e passò una mano tra i capelli.
La castana addolcì lo sguardo e si mise in ginocchio per guardarlo meglio negli occhi.
"Che cosa ti hanno fatto là dentro?", chiese, rattristata.
"A parte i capelli, cos'altro ti ha fatto quel pezzo di merda?".
"Ti ha ucciso, Nina. Tu sei morta davanti ai miei occhi per causa mia, non solo perché Lucien l'ha fatto per farmi soffrire, ma soprattutto perché ho permesso che tu partecipassi ad una missione suicida".
Nina si alzò in piedi, aggrottando la fronte.
"Pensi che sia colpa tua? Se non mi avessi dato il permesso...allora cosa? Pensi davvero che me ne sarei stata con le mani in mano? No, sarei scappata di nascosto dal bunker. Tu, cocciuto come sei, mi avresti seguito e sarebbe andato tutto alla stessa maniera!".
James la guardò dal basso e sospirò.
"Comunque sia, ti ha uccisa e non avevo idea che potesse riportare in vita i morti, Nina, quindi pensavo che non ti avrei potuto più vedere...o toccare...non avrei più potuto sentire le tue seccanti lamentele quando ti dico di fare qualcosa che non ti va...e questa è stata una vera tortura. Quindi ho bisogno di venti minuti. Solo venti, poi ripartiamo".
Nina non se la sentì di ribattere ulteriormente e annuì appena con la testa.
"Va bene".

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

James aveva riposato, quindi avevano ripreso a camminare a ritmo più sostenuto. Non si fermarono un'altra volta.
Nessuno aveva più detto una parola e nessuno lo fece fino a che non arrivarono al bunker. Quando furono davanti all'entrata, Jaime fece fermare gli altri due di colpo.
"Che succede?", chiese Nina, con la voce impastata perché non aveva parlato per molte ore.
"E'...aperto", mormorò James, aggrottando la fronte.
Nina lo sorpassò e fece per entrare, ma lui la bloccò per un braccio.
"Non è sicuro entrare".
"Ma dai, qualcuno si sarà dimenticato di chiudere!", esclamò lei, sorridendo, ma il sorriso si spense subito quando vide l'espressione del ragazzo.
"Pensi che...".
"Non lo so", mormorò lui, affacciandosi all'entrata.
L'ingresso era silenzioso, forse fin troppo.
"Vado a controllare che vada tutto bene. Voi aspettate qui".
"No, io vengo con te! Anna, Rick e Dean sono dentro!".
James sbuffò, ma non ribatté oltre e si avviarono per la scalinata che portava alla sala principale.
Non fecero che qualche metro che si trovarono davanti ad un corpo steso a terra.
Un ragazzo che Nina ricordava di aver visto in giro qualche volta.
James si chinò per sentirne il battito e quando non ci riuscì deglutì a fatica, lanciando un'occhiata a Nina.
"No no no no no", mormorò lei, prendendosi il viso tra le mani, poi partì di corsa verso la sala principale.
"Nina!". James la seguì e così Adrian.
Quando la raggiunsero, la ragazza era in ginocchio, scioccata per la vista raccapricciante davanti a lei: i corpi di almeno una cinquantina di persone erano disseminati per tutto il salone, c'era sangue ovunque.
James aprì le labbra, incredulo. Ma prima che potesse dire qualcosa, Nina si era alzata di nuovo e aveva iniziato ad osservare ogni corpo ad uno ad uno. 
"Nina...", provò lui, capendo cosa volesse fare.
Sicuramente era alla ricerca dei corpi dei suoi fratelli.
Lei non lo ascoltò nemmeno e continuò a percorrere la sala con il terrore negli occhi.
Poi, gridò e si accasciò a terra.
"No! No!", esclamò, tirando sulle sue ginocchia la testa di Richard. Gli scostò i capelli insanguinati dal volto e iniziò a singhiozzare.
"Rick...Rick!".
Il ragazzo mugolò qualcosa, poi aprì appena gli occhi.
"Ni-Nina...", riuscì a dire, tossendo un paio di volte.
"Stai bene, stai bene, stai bene", ripeté la ragazza, con disperazione, fino a che la voce non le si ruppe per il pianto.
James si avvicinò e si inginocchiò accanto a loro, guardando Richard.
"Cosa è successo?", chiese con premura, non aspettandosi veramente una risposta.
Richard aveva richiuso gli occhi, ma si voltò verso di lui e li riaprì.
"Loro...loro ci hanno attaccato...io ho provato a...".
"Shh shh, non parlare", sussurrò Nina, cullandolo fra le sue braccia.
Rick fece una smorfia di dolore, poi una lacrima gli bagnò la guancia.
"Anna, Dean...Aline...non so dove siano", continuò, guardando ora sua sorella.
Nina scosse la testa, piangendo.
"Sono state le FAWW...ma come?", fece James, passandosi una mano sul volto, notando che alcuni corpi indossavano le divise dei Westing.
Tutta quella morte, i suoi compagni erano morti perché lui non si trovava con loro a difenderli.
"Hai detto che l'altro ragazzo che era con voi è riuscito a scappare per primo. Lucien deve averlo fatto seguire", si intromise Adrian, avvicinandosi un po', ma tenendosi comunque a distanza, forse per rispetto.
"Maledizione...", mormorò James, sospirando.
"Morirò qui, non è vero?", riprese Rick, guardando a malapena la sorella. Lei scosse la testa.
"No...no", gli disse, risoluta, come se avesse potuto controllare la morte.
Richard gemette e avvicinò la sua mano al viso di Nina, accarezzandola, finché la mancanza di forze non lo obbligò a smettere.
"Sarei potuto scappare...ma...sono rimasto a combattere. Alla fine, non sono quello intelligente tra di noi", disse, tossendo ancora.
"Sei quello con un cuore", rispose lei, ricordando ciò che lui stesso le aveva detto molto tempo prima.
Richard le sorrise, poi non si mosse più.
Nina tirò un grido e si accasciò su di lui, singhiozzando.

"Nina? Nina...?".
James le accarezzò la spalla, ma lei continuò a fissare il vuoto, immobile.
Erano passati ormai lunghi minuti dalla morte di Richard e le sue lacrime si erano asciugate.
"Io ho scelto...", mormorò, schiudendo le labbra.
"Ho scelto Dean e questo è il risultato".
"No, no. Nina, non è colpa tua", esclamò James, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
La ragazza tirò su con il naso, poi lasciò andare il fratello e si alzò, per poi voltarsi a guardare Adrian.
Adrian, Lucien...che differenza faceva? Erano entrambi degli assassini ed era colpa di entrambi se Richard era morto.
Digrignò i denti e gli si fiondò addosso, urlando.
Gli tirò un pugno, che lo fece sbilanciare, poi un altro e un calcio prima che James potesse fermarla.
"Ti ucciderò, ti ucciderò!", gridò, scalciando, mentre il castano la sollevava da terra per farla indietreggiare.
Adrian si passò una mano sul viso per cacciare via il sangue che aveva iniziato a colargli dal naso, poi la guardò con tristezza e senso di colpa.
"Mi dispiace".
"Che me ne faccio delle tue scuse?", gridò lei di rimando.
"Nina, Nina, ehi, guardami...", intervenne James, poggiandola di nuovo a terra e prendendole il viso tra le mani.
"E' opera di Lucien, ok? Adrian non c'entra".
"Allora morirà soltanto per far sapere a Lucien quello che si prova a perdere un fratello!", sibilò lei, cercando di divincolarsi dalla presa del ragazzo. Ma James non la lasciò andare, anzi la strinse in un abbraccio. Nina gli tirò dei colpi sul petto, ma poi si arrese e scoppiò di nuovo a piangere.
Quando si fu calmata, James la lasciò andare.
"Dobbiamo andarcene da qui, potrebbero tornare".
"Qualcuno potrebbe essere ancora vivo...e poi dobbiamo seppellire Richard", mormorò Nina, passandosi la manica sul viso per asciugarsi le lacrime.
"No, non possiamo. Dobbiamo recuperare il possibile dal bunker, tu devi trovare dei vestiti e poi dobbiamo andarcene velocemente", fece James, scuotendo la testa.
"Lo porto io", mormorò Adrian, avvicinandosi appena.
I due ragazzi lo guardarono.
"Lo porto io fuori da qui e poi lo seppelliamo".
Nina guardò James per avere la sua approvazione e lui non osò dire nulla.

Nina accarezzò per l'ultima volta la guancia di suo fratello e si alzò, facendo qualche passo indietro per permettere a Adrian di finire di sotterrarlo.
James li raggiunse in quel momento, dopo essersi accertato che non ci fossero superstiti nel bunker. Scosse la testa quando la ragazza lo guardò e lei si ritrovò a stringere i pugni.
Lucien doveva morire.
L'aveva deciso dal momento in cui aveva visto la luce spegnersi negli occhi di Richard. L'aveva deciso e avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per ucciderlo.
"Che facciamo adesso?", chiese con una freddezza tagliente.
James la guardò per qualche secondo, poi mise le mani in tasca e sospirò.
"Penso che la cosa migliore sia tornare all'accampamento dove ti ho portata quando ci siamo incontrati. Se qualcuno è riuscito a scappare potrebbe trovarsi lì".
Nina fece schioccare la lingua e gli si avvicinò per abbassare il tono della voce. Non le piaceva il fatto che Adrian potesse ascoltare i loro discorsi.
"Nessuna traccia di Dean, Annabelle, Nick o Aline?".
"No".
James abbassò gli occhi e si passò una mano sul volto.
"Pensi che siano stati catturati?", continuò lei.
"Improbabile. Dean, forse. Gli altri non sarebbero di alcuna utilità a Lucien, quindi non credo".
"Dato che non ci sono i loro corpi o sono stati fatti diventare deeta o sono scappati".
James annuì appena, senza guardarla.
"Bene, allora andremo da quel figlio di puttana con una pistola puntata alla tempia di suo fratello e faremo uno scambio", sibilò Nina, digrignando I denti.
Il ragazzo aggrottò la fronte, poi si voltò verso di lei e le mise una mano sulla spalla, guardandola intensamente.
"No, non lo faremo", disse, serio.
Lei si divincolò dalla sua presa e tornò a rivolgersi ad Adrian.
"Pensi che non accetterebbe?", sbottò, osservandolo mentre lui alzava la testa dal suo lavoro. Ricambiò lo sguardo con interesse.
"Cosa?".
"Uno scambio. I nostri amici prigionieri per te. Lucien accetterebbe?", ripetè lei, irritata. 
Vedere Adrian atteggiarsi così ingenuamente e con quell'espressione angelica le stava dando sui nervi.
Adrian appoggiò un braccio alla pala e annuì.
"Penso di sì".
"È fatto allora", concluse Nina, alzando le braccia.
"No, invece", esclamò James.
"Perché no?".
"Primo: perché Adrian conosce un modo per infettare tutti quanti con il chip e Lucien lo farà non appena avrà capito come controllarlo tramite il siero dei gemelli; e secondo: tornare laggiù è troppo rischioso. Devo ricordarti che sei già morta una volta? Non ti avrò di nuovo sulla coscienza", sputò James tutto d'un fiato, senza rendersi conto che, d'impulso, l'aveva afferrata per un polso.
Nina schiuse appena le labbra. Era ancora irritata, era ancora piena di rabbia e rancore, e assetata di vendetta, ma questa volta il tocco del ragazzo l'aveva fatta calmare almeno un po'.
"Quindi?", disse, con disappunto.
"Quindi torniamo al vecchio accampamento e preghiamo di trovare tutti quanti laggiù. Se Nick è vivo avrà condotto là i sopravvissuti, ne sono certo", mormorò James senza lasciarla andare.
"E se non troviamo nessuno?".
"Ci penseremo una volta arrivati là", le rispose, più dolcemente.
"Va bene?", aggiunse, allentando la presa.
Nina incrociò le braccia e annuì appena.
"Ok". 

Nina stava camminando in silenzio dietro ai due ragazzi, che invece stavano discutendo di qualcosa di cui lei non aveva seguito una parola.
Avevano lasciato la città già da un po', ma non c'erano tracce del passaggio recente di altre persone.
Non poteva pensare che anche Anna fosse morta e che Dean fosse in mano a Lucien, ma era molto probabile. A quel punto, tutto ciò in cui credeva, ciò per cui aveva lottato...niente avrebbe avuto più senso.
Cosa avrebbe fatto?
Strinse forte i pugni.
Sapeva benissimo cosa avrebbe fatto.
Non le importava dell'opinione di James, l'avrebbe fatto alle sue spalle, di nascosto. Avrebbe preso Adrian e sarebbe scesa fino all'inferno per avere anche soltanto Dean. 
Un gemello per un altro.
Se Lucien amava Adrian anche solo la metà di quanto lei amava Dean avrebbe accettato senza battere ciglio. Certo, non era certa che Lucien fosse capace di amare.
Un brivido le attraversò la schiena quando realizzò che, se lo scambio non avesse funzionato, lei stessa si sarebbe consegnata come cavia pur di salvare Dean.
Ma lo avrebbe salvato davvero?
Per poco non andò a sbattere contro i due ragazzi, che si erano fermati all'improvviso, facendola tornare alla realtà.
"A terra, lentamente. Adrian, copriti il viso", sussurrò James, allarmato, mentre fissava un punto nella boscaglia dove c'era stato del movimento. Chiunque fosse, non potevano permettersi che riconoscessero Adrian.
Gli altri due obbedirono senza obiettare. E fu allora che si sentì chiaramente il rumore di chiacchiericcio non molto lontano da loro.
"Puoi alzarti, lupo. Non ho intenzione di farti del male. Né a te né ai tuoi amici".
James aggrottò la fronte poi si alzò e riconobbe Anderson che si faceva strada verso di loro con vari soldati al suo fianco.
"Tu!", esclamò James, furioso.
Gli si avvicinò velocemente e gli tirò un pugno in pieno volto. I soldati gli puntarono le armi contro, ma Anderson fece cenno loro di stare indietro e fu allora che contrattaccò con un pugno nello stomaco del castano.
James incassò il colpo, poi gridò prima di attaccarlo di nuovo.
"Fermi!", esclamò Nina, cercando di avvicinarsi, ma i ribelli le bloccarono la strada. E comunque nessuno dei due ragazzi sembrava averla sentita.
"Hai proprio uno strano modo di ringraziarmi per l'aiuto che ti ho concesso", mormorò Anderson, passandosi un dito sul labbro, che aveva iniziato a sanguinare.
James digrignò i denti e gli fu di nuovo addosso.
"Aiuto? Aiuto? Chiami aiuto una pugnalata alle spalle? Brave persone sono morte a causa tua, bastardo!", urlò con tutto il fiato in corpo, mentre lo attaccava con colpi rapidi e precisi. 
Anderson si difese abbastanza bene, ma alla fine capì di non essere alla sua altezza e lo fece bloccare dai suoi uomini.
James gli gridò in faccia prima di venire allontanato con la forza.
"Non so di cosa tu stia parlando", rispose, calmo, Anderson, sputando a terra del sangue.
"Mi fai schifo, sei pure peggio di Lucien, almeno lui si prende la responsabilità per la gente che ammazza! Tu invece ti fingi un eroe quando invece lavori per lui!".
Anderson mise le mani in tasca e chiuse gli occhi per un attimo, come a riordinare i pensieri.
Quando li riaprì, aveva una strana espressione nel viso.
"Sembra...", iniziò a voce alta, rivolto ai suoi compagni.
"Che io sia segretamente dalla parte di quell'uomo che ha torturato e ucciso mia moglie e mio figlio non ancora nato con quel suo chip diabolico. Sembra che io tradisca i miei alleati a favore di quest'ultimo e che menta sui miei ideali e tutto per...", si fermò e si avvicinò a James, guardandolo con freddezza.
"Per cosa, eh, lupo? Visto che credi di sapere tanto di me...per cosa sarei questo genere di persona? Soldi? A cosa servono in questo mondo? Potere? Il potere è illusorio quando c'è un tiranno al vertice. Quindi, dimmi, per cosa mi sarei venduto l'anima?", sbottò ancora, a pochi centimetri da lui.
"Hai finito?", gli chiese, mettendo le mani dietro la schiena.
L'altro non rispose ma smise di divincolarsi e si rilassò.
Allora Anderson lo fece liberare.
"Se non sei stato tu a tradirmi, allora lo hanno fatto i tuoi uomini", sbottò James, stringendo i pugni.
Anderson sospirò e annuì.
"Mi dispiace, ma non posso controllare le azioni del singolo individuo. Hai detto che sono morte delle persone, la cosa mi rincresce".
James annuì appena.
"Ci hanno attaccati e molti sono morti, altri dispersi, non so quanti siano i sopravvissuti, nè dove si trovino".
"Quindi al momento siete in tre...tu, l'amorevole Nina e...Adrian Westing?".
James non fece in tempo a voltarsi verso Nina e Adrian che entrambi vennero immobilizzati dai soldati e al ragazzo venne tolto il cappuccio.
"Mmh...mi era sembrato, infatti", mormorò Anderson, avvicinandosi ad Adrian.
"Lui è con noi", tuonò James, seguendolo.
"Non più. Adesso è nostro prigioniero", esclamò il moro, facendo dei cenni ai due soldati che avevano immobilizzato Adrian affinché lo portassero via.
James si parò davanti ad Anderson con fare minaccioso.
"Adrian è con noi", ripetè.
"A quanto mi ricordo, mi dovevi un favore, questo è il momento di ripagarmi".
"No!", esclamò Nina, mentre guardava Adrian che veniva portato via.
"Un favore? I tuoi uomini ci hanno venduto a Lucien e per poco non ci abbiamo rimesso la pelle!".
"Questo non ha niente a che vedere con me. Io ho rispettato la mia parte e mi aspetto che tu faccia lo stesso, se hai un briciolo di onore".
James fece per controbattere, ma poi schiuse le labbra e fece qualche passo indietro.
"No! No! Per favore, lui ci serve! Senza Adrian non potrò riavere mio fratello!".
Anderson si voltò a guardare Nina e le sorrise tristemente.
"Mi dispiace, ma Adrian vale molto di più di una vita o di mille".
"Che cosa gli farai?", chiese James, atono.
"Lo userò per stanare Lucien".
"Non devi in nessun caso farlo tornare da suo fratello".
"Non succederà. Una volta che avrà svolto il suo ruolo e avrò catturato anche Lucien, verranno giudicati per le loro azioni e dubito che sopravvivranno".
James si voltò a guardare Nina. La ragazza aveva di nuovo le lacrime agli occhi, aveva smesso di parlare e di lottare e lo stava fissando con la speranza che lui non si arrendesse.
Questa volta, non l'avrebbe perdonato.
Nonostante questo, James si voltò di nuovo verso Anderson e annuì.
"E sia. Ma siamo pari, non ti devo più niente".
Il moro annuì a sua volta.
"Voi due siete liberi di andare", concluse, sparendo insieme ai suoi uomini. 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25 

James fece a malapena in tempo a voltarsi che Nina gli fu addosso.
Gli tirò uno schiaffo così forte da fargli voltare la testa.
Lui non reagì in alcun modo, nè disse nulla.
"Non avevi alcun diritto!", gridò la castana, con gli occhi sgranati e l'espressione di una tigre pronta per azzannare una preda.
"Gli avevo dato la mia parola...".
"Non me ne frega un cazzo della tua parola. Dovresti pensare ai tuoi amici, alla tua famiglia. Non alla tua fottuta parola! Giuro che se qualcun altro muore perché tu hai regalato l'unica cosa che poteva salvarli per me sei morto!", gridò la ragazza, per poi voltarsi e andarsene.
"Nina...Nina...dove stai andando?".
"Lontano da te, smettila di seguirmi".
"Sai che non lo farò. Per favore, fermati", mormorò James, bloccandola per un braccio.
"Anche se non avessi accettato di cedergli Adrian, eravamo in inferiorità numerica, se lo sarebbero preso con la forza", le disse, scuotendo la testa.
"Forse o forse no, non lo sapremo mai, giusto? Comunque sia sarebbe stato meglio di questo. Mi hai tradito, James. Hai tradito la mia fiducia e non l'avrai più indietro", sibilò Nina, divincolandosi dalla sua presa e andandosene.
James sospirò ma la seguì comunque.
"Se Dean non sarà tra i dispersi ti giuro che farò tutto ciò in mio potere per sottrarlo a Lucien".
Nina si fermò, colpita da quelle parole e schiuse le labbra, ma prima di voltarsi verso di lui assunse un'espressione fredda.
"E cosa proporresti di fare, mmh?", sbottò, incrociando le braccia.
"Andrò al laboratorio di Lucien e lo salverò con la forza".
Nina piegò la testa di lato e rilassò i muscoli del viso.
"Pensavo non volessi più tornare laggiù", disse.
"E io pensavo che ormai avessi capito che farei di tutto per te", ribatté lui, avvicinandosi con un'espressione strana sul volto. Si fermò soltanto quando le fu vicinissimo.
La castana lo fissò con gli occhi spalancati, poi non potè fare altro che puntare lo sguardo sulle sue labbra.
No, non di nuovo.
Non era il momento e, in più, gli aveva appena detto che non lo avrebbe perdonato. 
Ma il suo corpo non sembrava preoccuparsene e la stava spingendo a baciarlo contro la sua volontà.
L'espressione di James adesso era cambiata e i suoi occhi facevano trapelare un desiderio celato da tempo.
Si mosse ancora, quasi impercettibilmente, verso di lei e schiuse le labbra pronto per annullare la distanza tra loro.
"Ehi, voi! Fermi!", gridò qualcuno, facendoli allontanare all'improvviso. 
Due ragazzi sbucarono dalla vegetazione con le spade sguainate verso di loro.
James spinse d'istinto Nina dietro di sé, ma poi si rilassò quasi subito.
"Gregory? Sheyla?", mormorò, riconoscendo i due nuovi arrivati.
"James? Cosa...? Sei vivo?", borbottò la ragazza mentre abbassava la spada.
"E...Nina? Nick ci aveva detto che eravate morti!", continuò l'altro, confuso.
"È una lunga storia...ma siete da soli?", riprese James avvicinandosi.
"Hanno attaccato il bunker...è stato un massacro", sussurrò Gregory, abbassando la testa.
"Lo sappiamo. Veniamo da lì. Altri sopravvissuti?".
"Noi facciamo parte di un gruppo che è riuscito a fuggire, stiamo setacciando la zona nella speranza di trovare qualcuno altro", rispose il ragazzo, sospirando.
"Mio fratello e mia sorella? Li conoscete? Dean e Annabelle? Sono con voi?", si intromise Nina avvicinandosi a loro velocemente.
Non si ricordava di averli visti nemmeno una volta prima, ma il ragazzo conosceva il suo nome, quindi magari aveva presente anche Anna e Dean.
"Ehm...".
Nina si avvicinò ancora, speranzosa.
Il cuore le batteva all'impazzata e stava sudando freddo.
"Penso...penso di sì, no?", continuò Gregory, guardando anche Sheyla, che però alzò le spalle.
"Può darsi", mormorò.
"Portateci dal gruppo!", esclamò Nina, con gli occhi umidi. 

Quando arrivarono nell'accampamento improvvisato era ormai sera. Il sole aveva tinto un piccolo ruscello che scorreva lì accanto di un arancione brillante, c'era chiacchiericcio e movimento frenetico, ma quando i ragazzi furono visibili tutto sembrò fermarsi e l'attenzione venne attirata da loro.
Ben presto la figura slanciata di Nicholas fece capolino da una tenda, insieme a sua sorella.
"Non posso crederci! Siete vivi? Nina...ma come...?", blaterò, restando a bocca aperta mentre li fissava. Poi si avvicinò alla ragazza e la abbracciò.
"Come puoi essere viva?", chiese, stringendola ancora tra le sue braccia.
Quando si allontanò, Nina vide che aveva gli occhi lucidi.
"Nina!", gridò Annabelle, gettandosi addosso alla sorella e stringendola forte, mentre si abbandonava ad un pianto liberatorio.
"Sei viva!".
James sorrise appena guardando la scena e Nick si allontanò per lasciare loro più spazio, poi guardò il lupo e gli mise una mano sulla spalla.
"Sono felice che tu non sia morto".
"E io che tu non lo sia".
Dean fu l'ultimo a raggiungerli, quando ormai praticamente tutto il gruppo di sopravvissuti si era radunato intorno a loro.
Non era più un deeta e sorrideva.
"Sapevo che non potevi essere morta", disse, guardando però Nina con un'espressione sollevata, mentre accarezzava i capelli di Annabelle.
"E Richard?", fece poi la bionda, guardandosi intorno.
"È con voi?".
Nina si sentì avvolgere da un'improvvisa disperazione mentre osservava sua sorella.
Non aveva minimamente pensato di dover essere proprio lei ad annunciare la morte di Richard ai suoi fratelli.
Dirlo ad Annabelle avrebbe significato distruggerla completamente.
Lei e Richard avevano sviluppato una connessione molto profonda, probabilmente data dal fatto di avere due gemelli in famiglia.
Nina schiuse appena le labbra e guardò Dean, che si scurì subito in volto. Richard e Anna avevano lo stesso rapporto e la stessa complicità di Nina e Dean.
"Cosa? Cosa c'è?", mormorò Anna, aggrottando la fronte mentre passava lo sguardo da Nina a Dean.
"Mi dispiace molto, Anna. Rick è...".
"No!", gridò lei, stringendo i pugni e scuotendo la testa.
"No...", ripetè.
"Non c'è stato niente che potessi fare...io...", sussurrò Nina, passando lo sguardo su Dean, come a cercare conforto.
Annabelle singhiozzò e corse via. Nina fece per seguirla, ma Dean la fece fermare.
"Andrò io", disse, andandole dietro. 

James le sfiorò un braccio e Nina tornò alla realtà.
"Devi riposare", le disse, dolcemente.
Nina si rese conto che molti la stavano ancora osservando e si asciugò le lacrime.
"Sì...", disse, atona, andandosene.
Nick fece per seguirla, ma James lo bloccò per un braccio.
"Qual è il piano?", chiese, lasciandolo andare.
Nicholas mise le mani in tasca e lo guardò.
"Ho cercato di radunare quante più persone possibili e ci dirigiamo al vecchio accampamento, sperando che se qualcun altro fosse sopravvissuto possa raggiungerci là".
James sorrise appena e annuì.
"Un'ottima pensata. Dovremmo però muoverci il prima possibile. Direi all'alba. Siamo ancora troppo vicini al bunker".
Nick sospirò, annuendo.
"È stata colpa mia, non è così? Non ho saputo coprire bene le mie tracce e mi hanno seguito fino al bunker. Io...".
James gli mise una mano sulla spalla e scosse la testa.
"Non darti colpe che non hai, ti tormenteresti inutilmente. E ultimamente l'abbiamo fatto tutti...", sussurrò.
Nicholas sorrise tristemente.

Nina accarezzò l'acqua del ruscello. Era fredda e le fece provare un brivido lungo la schiena.
Sospirò, sedendosi, mentre Nicholas la raggiungeva.
"Come ti senti?".
Lei lo guardò e Nick si picchiettò una mano sulla fronte.
"Pessima domanda. Fai finta che non ti abbia detto niente", mormorò, arrossendo lievemente.
Abbassò la testa verso il ruscello e chiuse gli occhi per un secondo.
"Mi dispiace molto per Richard", continuò.
Nina si morse un labbro e poi appoggiò la testa sulla sua spalla.
Le era mancato. E le era mancata quella sensazione di sicurezza che provava quando lui le era vicino.
Nicholas non si aspettava quel contatto e sobbalzò appena, ma poi la circondò con un braccio.
"Deve essere molto dura per te in questo momento, non so che farei se capitasse qualcosa ad Aline".
"Se devo essere sincera, non so cosa provare. Se tristezza, rabbia o frustrazione. Credo di essere felice e sollevata di essere di nuovo con tutti voi, ma...posso essere felice in questo momento?", sussurrò la ragazza, facendo schioccare la lingua.
Nicholas sciolse l'abbraccio e la guardò, schiudendo le braccia.
"Certo che puoi. Nina, ti meriti tutta la felicità del mondo", ribatté, sfiorandole una ciocca di capelli sulla fronte. Poi le si avvicinò per baciarla, ma ci ripensò e si allontanò subito.
"A proposito di questo, credo che dovresti dirgli cosa provi per lui".
Non ci fu bisogno di specificare di chi stesse parlando.
"Nick...".
"No, dico sul serio. Sai benissimo cosa provi io per te e dirti questo mi spezza il cuore e richiede uno sforzo davvero enorme, ma noi due non funzioniamo. Lo sai tu, lo so io. Almeno non finché tu sarai innamorata di James", mormorò Nick, tutto d'un fiato, senza guardarla.
Nina era rimasta a fissarlo con le labbra schiuse e il senso di colpa la fece arrossire.
"Non ho mai voluto farti soffrire. Mi dispiace".
No, non ti scusare per quello che provi. Non ti scusare mai per quello che provi", esclamò il ragazzo, guardandola di nuovo.
"Grazie".
Nick sorrise.
"Se avrai bisogno, io ci sarò sempre". 

James osservò Nick e Nina abbracciarsi per qualche minuto e si odiò per la gelosia che stava provando, poi si accorse che qualcuno lo stava fissando.
Amanda si avvicinò quando lui incrociò il suo sguardo.
"Ehi, come stai? Ti trovi bene?", le chiese, cercando di risultare il più calmo possibile.
"Ho paura. Molti mi guardano in un modo strano. Sono sicura che incolpino me per ciò che è accaduto".
James non si era aspettato una risposta del genere e schiuse le labbra.
"Dimmi chi ti ha fatto sentire in quel modo e chiariró per bene che se hanno dei problemi con te li hanno anche con me", sbottò, serio.
Amanda sospirò.
"In questo modo, mi odierebbero ancora di più. Comunque non preoccuparti, ora che sei qui mi sento più tranquilla".
James sorrise.
"Ne sono felice", disse, sincero, rilassandosi.
"Volevo ringraziarti come si deve per averci tirato fuori da quel posto. Io, Nick e Nina siamo vivi grazie a te", aggiunse, aumentando il sorriso.
Amanda scosse la testa.
"Avrei dovuto farlo prima...io...mi dispiace per quello che ti hanno fatto e per...i capelli...non volevo tagliarteli, ma Lucien mi ha obbligato...".
"Non c'è bisogno che ti scusi. Assolutamente".
Amanda lo guardò per un attimo, scettica, poi però annuì con la testa.
"Li farai ricrescere?", chiese con una lieve nota di curiosità.
"No", ribatté lui.
Amanda si strinse nelle spalle, tremando appena.
"Hai freddo? Andiamo in tenda", suggerì lui, aprendole una tenda vuota lì vicino.
Amanda sorrise e si lasciò guidare dentro.

 Nina aveva aspettato tutta la notte e non aveva chiuso occhio. Non aveva fatto altro che pensare a James. Avrebbe voluto precipitarsi nella sua tenda e dirgli tutto quello che provava per lui.
Perché era chiaro, ormai. Cristallino. Lo amava e voleva stare con lui. Voleva sentirlo, toccarlo, poterlo avere come suo e soltanto suo.
Non si sa come, era riuscita a resistere tutta la notte, forse l'aveva fermata il pensiero di interrompere la prima notte di sonno spensierato di James dopo settimane di cruda tortura. Sapendo come dormiva male di solito, non se l'era sentita di disturbarlo.
Così aveva torturato se stessa, pensando agli svariati modi in cui la loro conversazione sarebbe potuta andare. E, appena il sole aveva iniziato a fare capolino dalle montagne, era saltata in piedi e si era diretta verso la sua tenda.
Fissò il vuoto per un paio di minuti.
Aveva aspettato con ansia tutta la notte e adesso che finalmente era arrivato il momento, era bloccata.
Scosse la testa e si battè una mano sulla fronte per cercare di tornare in sé.
Non aveva nemmeno pensato al suo aspetto, non voleva nemmeno pensarci, ma doveva essere ridotta piuttosto male. I capelli erano arruffati e delle ciocche le uscivano dalla coda stretta che ormai si era fatta molto tempo prima, aveva i vestiti sporchi e impolverati, era disidratata e aveva il viso sciupato dalla improvvisa perdita di peso che aveva avuto in quelle settimane. Ma si fece coraggio e si schiarì la voce.
"James?", sussurrò, piano, mordendosi poi le labbra per fermare un leggero tremolio.
"James?", ripetè, con più voce e più coraggio.
Non le arrivò alcuna risposta, ma non si perse d'animo.
"James, non so se tu sia sveglio o meno, ma...dobbiamo parlare. Se stai dormendo o sei troppo stanco, ti lascio riposare, ma se invece hai un attimo di tempo da dedicarmi, ti prego di venire fuori", disse, facendo muovere nervosamente un piede.
Abbassò la testa e cercò di aspettare in ascolto.
E aspettò, per un paio di minuti, forse qualcuno in più. Poi sospirò.
Non aveva pensato che, probabilmente, lui non avesse alcuna intenzione di parlare con lei.
Lo aveva schiaffeggiato quando? Dieci ore prima? Ovvio che non volesse parlare con lei.
Si morse l'interno guancia e fece per andarsene, ma un rumore alle sue spalle la fece fermare.
Quando si voltò, James la stava fissando.
Aveva i capelli scompigliati, ma per il resto era una meraviglia e Nina rimase a fissarlo in estasi, scordando tutto quello che voleva dirgli.
"Ehi...di cosa volevi parlare?", mormorò, poi, lui, vedendo che la ragazza non aveva intenzione di iniziare un discorso.
Nina scosse la testa e gli si avvicinò.
"Di noi...so che non siamo la coppia perfetta...non andiamo d'accordo la maggior parte del tempo...che siamo diversi e abbiamo diversi valori e diversi obiettivi, ma non riesco a smettere di pensare a te e mi stavo chiedendo se per te fosse lo stesso...".
James schiuse le labbra e, forse per la prima volta in vita sua, non seppe cosa dire.
Non che non volesse prenderla tra le braccia e baciarla, ma semplicemente il suo cervello non era più connesso al suo corpo.
Sbattè le palpebre un paio di volte per poi blaterare qualcosa di incomprensibile quando venne interrotto da una voce.
"Va tutto bene?", chiese Amanda, sbadigliando, poi posò lo sguardo insonnolito su Nina.
La castana schiuse le labbra e fece qualche passo indietro, osservando la ragazza, affacciata dalla tenda di James.
"Sai che c'è? Ho la mia risposta...", sibilò, improvvisamente acida. Strinse i pugni con forza e scappò via.
Avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto piangere, ma era così furiosa che il suo corpo non reagì in alcun modo.
Era stata un'idiota a pensare che James, il lupo, si fosse innamorato di lei. Era stata una stupida a mostrarsi così vulnerabile verso un uomo così freddo e insensibile.
Probabilmente adesso se ne era tornato in tenda con quella ragazza.
Si strinse nelle braccia, fermando la sua corsa di fronte al torrente.
Stupida, stupida, stupida!
"Nina! Nina...", fece la sua voce, cogliendola alla sprovvista.
L'aveva seguita? Davvero?
Si voltò con rabbia verso di lui, quasi ringhiando.
"Non voglio sentire qualsiasi cosa tu abbia da dire!", sbottò, afferrandolo per la maglia e tirandolo verso di lei.
"Sei solo un pallone gonfiato, egoista e viscido! Spero che tu sia stato soddisfatto ieri notte e spero davvero che lei ti soddisfi anche la prossima. Ma tanto cosa importa? Troverai l'ennesima ragazza dopo di lei e poi un'altra e così via. Qual è il problema? Non è difficile per te, sono tutte così prese! Sai una cosa? Non mi importa, dimentica ciò che ho detto poco fa. Lasciami in pace, non mi parlare, non mi toccare, non mi guardare neanche!", esclamò tutto d'un fiato, piena di una rabbia intensa che le aveva tinto le guance di una buffa nota di rosso.
Strinse più forte la presa sulla maglia del ragazzo e urlò di nuovo.
"Lasciami in pace!".
James aveva ascoltato in silenzio, senza sorridere o reagire. Abbassò lo sguardo sul pugno chiuso di lei che lo teneva stretto per la maglia. La tentazione fu forte, ma evitò di fare un commento e portò di nuovo gli occhi nei suoi.
"Non è come pensi, se solo mi lasciassi spiegare", disse, con tono calmo. Il suo respiro era regolare e il suo petto si alzava ed abbassava lentamente, facendo irritare ancora di più Nina. Non lo lasciò andare.
"Ti ho detto che non voglio sentire le tue scuse, devi lasciarmi stare!".
James lanciò ancora uno sguardo alla mano di lei, poi sbuffò.
"Non venirmi a fare la predica quando giusto ieri sera eri tutta abbracciata a Nicholas!", esclamò, non più tanto calmo. Si tirò indietro con forza, facendola sbilanciare e liberandosi così dalla sua presa.
Nina riuscì ad evitare di cadere e gli lanciò un'occhiataccia.
"Ma cosa blateri? Io e Nick ci siamo lasciati e sai perché? Per te! Dio, non riesco a credere di averlo lasciato per te! Non si meritava di essere trattato così".
James aggrottò la fronte e per un attimo sembrò addolcirsi, ma poi incrociò le braccia e roteò gli occhi.
"Non ti ho chiesto io di farlo".
"No, ovvio che no!".
"Nina, perché stiamo litigando? Tra me e Amanda non c'è stato niente, ok? Ha soltanto dormito nella mia tenda perché era spaventata. Tutto qui", sbottò ancora lui.
"Oh, quindi dovrei credere alla tua parola".
"Non so che dirti, non farlo!".
Si guardarono male per qualche secondo e quando Nina fece per parlare di nuovo, si ritrovò ad urlare di dolore.
Una freccia l'aveva colpita al polpaccio.
Si sbilanciò in avanti e James la strinse tra le sue braccia, facendole scudo con il suo corpo.
"Nina! Stai bene?", chiese, allarmato.
Lei annuì, estraendo velocemente la freccia.
"Non ti preoccupare, guarirà in fretta".
Poi si sentì urlare di nuovo e qualcuno iniziò a scappare, altri uscirono dalle tende con le loro armi, mentre vari soldati delle FAWW si facevano strada per il campo.
James non ci pensò due volte e si tirò Nina in spalla.
"No, posso camminare, dammi qualche minuto".
"Non abbiamo qualche minuto", ribatté lui, correndo verso la direzione opposta da cui venivano i soldati.
Nel farlo cercò di avvertire anche gli altri.
"James! Dobbiamo trovare i miei fratelli, per favore", supplicò Nina, quasi in lacrime.
Lui si guardò intorno, la cosa migliore sarebbe stata scappare, ma non avrebbe potuto farle questo. Senza i suoi fratelli, Nina non avrebbe retto.
"Li vedi?", chiese, mentre correva tra le tende.
Entrambi cercarono per un pò, poi Nina avvistò Dean che cercava di combattere contro due soldati.
"Ecco Dean! Mettimi giù, non sento neanche più dolore".
James obbedì e corsero insieme verso Dean, il ragazzo afferrò il coltello che aveva legato in vita e Nina prese la prima cosa che le capitò sotto gli occhi: un bastone di legno. Si avventarono sui due soldati, abbattendoli.
"Dean, dov'è Anna?".
"Non lo so, non eravamo insieme. Dobbiamo andarcene!", esclamò il ragazzo, con gli occhi sbarrati e la afferrò per un polso.
"Sì, dobbiamo solo trovare Anna".
"Non c'è tempo", ribatté lui, strattonandola per invitarla a scappare, ma Nina oppose resistenza.
"Ma che stai dicendo? È di Anna che stiamo parlando!".
"Nina, non c'è tempo, dobbiamo andarcene subito!", ripetè Dean, nervoso, guardandosi intorno.
Lei non lo aveva mai visto sconvolto a quel modo.
"Qual è la sua tenda? Forse è nelle vicinanze...", provò James, poco prima che un proiettile lo colpisse nel petto.
Nina lo vide cadere all'indietro e si gettò su di lui, gridando.
"James! James!", cercò di tirarlo in piedi, ma era troppo pesante.
Il ragazzo tossì e si portò una mano sulla ferita.
"Guarirà, tranquilla...non velocemente come te, ma guarisco in fretta anche io...", mormorò il ragazzo, tossendo di nuovo.
"Nina, dobbiamo andare!", fece Dean, come in una trance. Non sembrava preoccuparsi minimamente di James.
"No, non possiamo lasciarlo qui così e dobbiamo trovare Anna".
James la prese per mano e le sorrise a fatica.
"Non preoccuparti...per me...vai con tuo fratello...".
"No, non ti lascio qui a morire o ad essere catturato...".
"Invece sì...per favore".
Quando Nina si asciugò gli occhi dalle lacrime vide che James non stava pregando lei, ma Dean.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e le spezzò il collo con un colpo secco. 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

James osservò Dean, schiudendo le labbra. Aveva sperato che la convincesse a fuggire o se la caricasse sulle spalle, non certo che la uccidesse. Scosse la testa, tornando in sé.
"Portala...via", disse, abbandonando la testa a terra.
"Ti prometto che Lucien non la avrà", disse Dean, prima di correre via con Nina tra le braccia.
James li seguì con lo sguardo fino a che potè, poi chiuse gli occhi.
I rumori intorno a sé sembrarono farsi più lontani e così anche il dolore. Forse stava per svenire o forse si era semplicemente lasciato andare. Strinse appena i pugni prima di rilassarsi completamente.
Rimase immobile per minuti che sembrarono infiniti.
"Guarda guarda chi mi ritrovo qui", fece una voce familiare, facendolo tornare alla realtà.
Quando aprì gli occhi Arrows lo stava guardando dall'alto con un sorrisetto vittorioso stampato in volto.
Gli mise un piede sulla ferita e spinse, facendolo gemere. Poi gli fece voltare la testa verso tre dei suoi uomini che stavano scortando Amanda.
"Quella traditrice merita una punizione, non trovi?", canticchiò, divertito.
James allungò un braccio verso la ragazza e cercò di tirarsi in piedi, ma Arrows glielo impedì, infierendo ancora sulla sua ferita.
"Dove credi di andare? Guardare ma non toccare", disse, mentre faceva un segno ai suoi uomini.
Questi risero e misero la ragazza in ginocchio.
Amanda stava piangendo, ma era talmente spaventata che non provò nemmeno a ribellarsi.
Lanciò un'occhiata disperata a James e lui fece una smorfia.
Le aveva promesso che sarebbe stata al sicuro con lui, aveva promesso che l'avrebbe protetta da Lucien e dai suoi seguaci. E invece non era riuscito a salvare nemmeno lei. Come Rose, ancora un'altra ragazza stava per diventare la vittima dell'ego di Lucien.
A turno, i soldati iniziarono a fare dei tagli sempre più profondi sulla pelle della ragazza, che urlava e piangeva.
"Basta...", sussurrò James, facendo una smorfia.
"Come dici?", fece Arrows, inginocchiandosi verso di lui.
"Basta...", ripetè James, voltando la testa.
"Oh, no, questo è solo l'inizio", sbottò l'altro, forzandolo a riportare lo sguardo sulla ragazza. 

Erano ormai ore che Arrows stava torturando Amanda e la ragazza era caduta a terra da molto tempo. I soldati avevano smesso di tagliarla perchè Arrows voleva che vivesse il più possibile, ma ormai la vita le stava sfuggendo dagli occhi.
Guardò verso James e allungò un braccio verso di lui, poi chiuse gli occhi e non si mosse più.
James strinse i pugni e ricacciò indietro le lacrime.
"Quando trovo quella stronzetta della tua puttanella e suo fratello, faranno la stessa fine".
"Non...non puoi ucciderli".
"Non mi importa di Lucien, gli dirò che sono fuggiti e non lo saprà mai".

Quando Nina si svegliò aveva la gola secca e il corpo per qualche momento non rispose ai suoi comandi, poi le dita cominciarono a formicolarle e sentì la terra sotto le unghie. Affondò la mano nel terreno e si mise seduta molto lentamente. 
Dean era voltato di spalle e stava sciacquando un pezzo di stoffa nell'acqua di un lago.
Il sole brillava alto nel cielo e rispecchiava nell'acqua, producendo macchie di luce.
Dal caldo che faceva, doveva essere primo pomeriggio.
"Oh, sei sveglia. Mi hai fatto spaventare. Sei stata priva di sensi per più di un giorno", mormorò Dean, sollevato, portandole alla fronte il panno umido.
Nina lo scacciò malamente.
"Mi hai spezzato il collo", disse, fredda.
I ricordi avevano ricominciato a riaffiorare e la stavano tagliando come coltelli.
Il suo gemello abbassò appena gli occhi poi sospirò.
"Mi dispiace".
"Ti dispiace?", sbottò lei, tirandosi in piedi fin troppo velocemente. Le girò la testa e Dean la invitò a sedersi di nuovo, ma lei si rifiutò.
"Ho dovuto, conoscendoti non avresti voluto lasciare James..." 
"No, infatti. E Anna!".
"E adesso saremmo in mano a Lucien!", esclamò Dean, smanaccando.
"Fai quello che ti pare io torno al campo".
"Nina, andiamo, non sai nemmeno da che parte andare! L'unica cosa possibile è venire con me al vecchio accampamento. Nicholas voleva radunare tutti là. Se ci sono sopravvissuti allora...".
"Dean, ma sei fuori di cervello o cosa? Mi hai spezzato il collo per poter scappare come un codardo e adesso ti aspetti che io ti segua per andare a incontrare probabilmente nessuno perché saranno tutti morti? Dovremmo essere morti anche noi!", gridò, spingendolo.
"Ma non saremmo morti e lo sai. Ci avrebbero catturati e portati di nuovo da lui. Non posso tornare da lui. Non posso".
Nina si accorse che suo fratello stava tremando. Aveva gli occhi spalancati e il respiro affannato e spezzato a tratti; era completamente in preda alla paura.
Schiuse appena le labbra e si sentì a disagio.
Dean aveva paura. No, era terrorizzato.
"Piuttosto preferisco la morte".
"Ma non puoi morire...a meno che...".
Nina aggrottò la fronte, prima di guardare di nuovo suo fratello.
"Piuttosto che venire catturati da lui, la morte è preferibile. Promettimi che non ci catturerà".
Nina schiuse le labbra, scuotendo la testa per lo shock.
"Non puoi essere serio...non puoi davvero chiedermi questo. E poi...Anna?".
"Cosa c'entra Anna?".
"Vuoi lasciarla completamente sola a questo mondo? Ha già perso Richard e la priveresti anche di noi perché...hai paura?".
Dean fece schioccare la lingua e si avvicinò.
"Non hai il diritto di giudicarmi così. Tu non sai cosa si prova...".
"Ad essere la cavia di Lucien? Oh, sì che lo so. Non vorrei ricordartelo, ma mi ha ucciso! E adesso mi hai ucciso anche tu!", lo interruppe Nina, spingendolo di nuovo.
Doveva trovare un modo per farlo tornare in sé. Quello non era suo fratello, quella figura davanti a lei non era altro che una pallida imitazione di Dean, mangiata dalla paura.
"Pensi davvero di aver provato quello che ho provato io? Tu non hai idea di quello che ho dovuto sopportare per tre anni! Tre anni mi sono sembrati cento vite! E ho ucciso e ho torturato e urlavo e piangevo ma il mio corpo non rispondeva. Sai quello che si prova, mmh? Lo sai?", sbottò lui, spingendola a sua volta.
Una lacrima solitaria gli spezzò la guancia a metà e Dean la scacciò via, per poi voltarsi e darle le spalle.
"Dobbiamo tornare dagli altri", disse, poi, senza guardarla, atono, come se la conversazione precedente non fosse avvenuta.
Nina sbuffò.
"Allora riportami all'accampamento e io ti guiderò a quello vecchio".

Ci misero quasi una settimana per tornare al vecchio campo. E in una settimana si scambiarono sì e no qualche parola. Nina si sentiva sempre più in colpa per il modo in cui l'aveva trattato, ma era comunque ancora arrabbiata con lui. Quando arrivarono all'accampamento, trovarono quasi tutti lì. Nick, Anna, Aline erano sani e salvi, ma James, come già Nina aveva temuto, non c'era.
"Dobbiamo andare a cercarlo!", esclamò, mentre Nick le metteva addosso una coperta e la faceva entrare nella sua tenda per offrirle qualcosa da mangiare, dato che in una settimana erano andati avanti a bacche e poco altro.
Avevano offerto lo stesso trattamento a Dean, ma lui si era dileguato, dicendo di non aver fame.
Nina fece poco caso alla coscia di coniglio che le venne messa sotto il naso e guardò Nicholas con ansia.
Il ragazzo sospirò e scosse la testa, per poi lanciare un'occhiata a sua sorella.
"James mi ha chiesto di non farlo".
"Ma cosa stai dicendo?", sbottò la ragazza, alzandosi di scatto.
"L'ha detto anche a me", aggiunse Aline, per dare sostegno a suo fratello.
"E allora? Da quando in qua abbiamo smesso di aiutarci l'un l'altro? Sapete benissimo che se la situazione fosse ribaltata lui sarebbe già andato a cercarvi!", gridò Nina, fuori di sé. In parte, si sentiva responsabile per la cattura di James.
"Finisce sempre allo stesso modo, Nina. Lucien vince in ogni caso".
"Quindi cominciamo a nasconderci come codardi e quelli che vengono catturati sono abbandonati?", sbottò la ragazza, sempre più furiosa.
Aline avanzò verso di lei con altrettanta rabbia.
"Hai già dimenticato cosa è successo l'ultima volta che qualcuno ha lasciato il campo? Richard ne ha pagato il prezzo", ringhiò, acida, assottigliando gli occhi.
Nina schiuse le labbra e piegò la testa di lato, guardando Aline con disprezzo.
"Incolpi me per quello che è successo, ma tu dov'eri, mmh? Non saresti dovuta essere al suo fianco?".
"Stavo scortando fuori dei ragazzini!".
"Anche lui era un ragazzino!".
"Ok, adesso basta!", si intromise Nick, separando le due ragazze che stavano per prendersi a pugni.
"Quello che è successo non è colpa di nessuno. Ma adesso dobbiamo limitare le perdite e riorganizzarci. James non è più con noi, quindi sono io al comando e nessuno lascia il campo, per nessuna ragione", continuò, guardando intensamente Nina. Aveva messo su un tono e un'espressione autoritari che ricordavano molto James.
La ragazza fece per ribattere, ma lui fu più veloce.
"Ci siamo capiti?".
Nina fece roteare gli occhi.
"Se pensi che me ne starò qui ferma con le mani in mano mentre Lucien sta torturando James allora non mi conosci per niente", sbottò, facendo per andarsene, ma Nick la bloccò per un braccio.
"Non volevo arrivare a tanto, ma non mi dai altra scelta", disse, fermandole entrambe le braccia con una corda.
"Non puoi essere serio!", esclamò lei, divincolandosi, ma anche Aline era arrivata ad aiutare suo fratello e Nina dovette arrendersi.

Nina sbuffò.
Nick era rimasto con lei per un po' e aveva provato a farla calmare, con il solo risultato di farla infuriare ancora di più, allora aveva deciso di lasciarla da sola.
La castana aveva provato a liberarsi ma le sembrava che più si muovesse e più la corda le segasse i polsi.
Quando era arrivata al punto che si sarebbe messa ad urlare nella speranza di irritare qualcuno abbastanza da liberarla, Dean entrò nella tenda.
Nina roteò gli occhi e spostò lo sguardo.
"Non voglio parlare con te, per favore vattene".
Suo fratello però continuò ad avanzare verso di lei, tirando fuori un coltellino. Nina aggrottò la fronte e si appiccicò di più alla sedia.
Era venuto ad ammazzarla?
Il suo cervello non voleva realizzare una cosa simile, ma dopo quello che aveva fatto e le cose che aveva detto, non era certa che Dean non fosse ormai completamente fuori di testa.
Il ragazzo la osservò appena, prima di spiegarsi.
"Sono qui per scusarmi", disse, liberandola, tagliando la corda che la legava.
Nina cercò dal trattenersi dal tirare un respiro di sollievo e lo guardò di rimando.
"Nick ti ha chiesto di liberarmi?", mormorò, aggrottando la fronte.
"No, ma era la cosa giusta da fare. Voglio fidarmi di te, Nina. So che non te l'ho dimostrato fino ad ora, ma ero spaventato. Non verrò con te, non chiedermelo, perché non posso proprio tornare volontariamente da quel sadico, però se tu vuoi andare a salvare James, non voglio impedirtelo. Almeno so, che se io sarò qua, tu non potrai morire", rispose Dean, sfiorandole una guancia.
Nina lo abbracciò, stringendolo forte.
"Grazie...e...ti perdono".
Dean le sorrise e le fece cenno di andare.
"Devi muoverti, mi sono occupato dei due che stavano controllando la tenda, ma non vorrei che qualcuno notasse qualcosa di strano".
"Ti voglio bene, ci rivediamo presto. Prenditi cura di Anna", ribatté Nina, lasciandogli un bacio sulla guancia prima di correre via.

Nina stava camminando da ore, ma aveva ignorato la fatica e la stanchezza e non aveva intenzione di fermarsi.
Si legò i capelli in una coda alta perché le si erano appiccicati al viso e le stavano dando fastidio e si bloccò di colpo quando udì dei rumori non molto lontani.
Si mise poi sull'attenti e cercò di scoprire cosa stesse succedendo. Vide al di là di alcuni cespugli, una ragazza che gemeva di dolore, tenendosi la caviglia.
Si avvicinò, guardandosi intorno.
Dean era riuscito a procurarle un pugnale, ma non aveva altro per difendersi se ci fosse stato un attacco improvviso.
"Ehi, tutto bene?", chiese, tenendosi a distanza.
La ragazza la guardò appena, strizzando gli occhi castani, poi riprese a guardarsi la caviglia.
"No. La mia...caviglia...credo che sia rotta", disse, facendo una smorfia.
Nina sospirò e si avvicinò, chinandosi per porgerle una mano ed aiutarla ad alzarsi, ma nel momento in cui lo fece, la ragazza tirò fuori un coltello e glielo puntò alla gola.
Nina spalancò gli occhi e provò a raggiungere il suo pugnale, ma sentì qualcosa toccarle la schiena.
"Io non lo farei se fossi in te", mormorò qualcuno che le stava puntando una pistola alle spalle.
La castana fece schioccare la lingua e alzò le mani in segno di resa.
A quel punto, la ragazza a terra si tirò in piedi e ridacchiò, muovendo perfettamente la caviglia.
"E' stato fin troppo facile, sei davvero prevedibile, Nina", la beffeggiò, scuotendo la testa.
L'altra aggrottò la fronte.
"Come sai il mio nome?", chiese, confusa, mentre gettava un'occhiata al ragazzo dietro di lei: al contrario della ragazzina era molto alto e intimidatorio e ricambiò il suo sguardo con un'occhiata d'avvertimento.
"C'è una bella taglia su di te. Lucien deve volerti davvero tanto, eh?", ribatté la ragazza, piegando la testa di lato.
"Una taglia? E' di questo che si tratta? Soldi?".
"Soldi? Oh, no, no. Beh, tutto ciò che potrebbero offrire i soldi, in effetti, ma è ben più di questo. E' la liberta, ciò che mi chiama di più".
"Ascoltate...se mi riporterete al mio campo sono sicura che vi accoglieranno e avrete protezione", mormorò Nina, fissando la ragazza.
Lei si attorcigliò una ciocca di capelli rossi intorno ad un dito e fece un mezzo sorrisetto.
"Ci hai provato", disse, piantandole il coltello in gola.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

Nina sbatté le palpebre un paio di volte: vedeva tutto sfocato ma era sicura che ci fosse qualcuno davanti a lei.
Gemette appena e capì di essere legata ad una sedia, quando tornò a guardare quella figura, non era più sfocata.
Il ragazzo la stava fissando con curiosità e con le braccia incrociate e la testa piegata di lato.
"Ehi, Nina", disse, sorridendo.
Un bel sorriso, un sorriso sincero, ingenuo, caloroso.
Nonostante ci vedesse di nuovo bene, Nina dovette assottigliare gli occhi per essere certa di non esserselo immaginato.
"James?", disse, meravigliata.
Non seppe cos'altro aggiungere, anche perché era talmente sollevata di vederlo perfettamente in salute e così felice e spensierato. Non l'aveva mai visto così rilassato.
James alzò un sopracciglio e si mosse appena dal muro dove era appoggiato.
"Il mio nome è Liam ", disse, quasi con irritazione.
"E non credo che ci siamo mai incontrati".
Nina schiuse le labbra.
"No, non più...cosa...cosa stai dicendo? E perché sono legata?", continuò lei, cercando invano di liberarsi.
In quel momento, qualcun altro entrò nella stanza: Lucien.
Nina rimase bloccata a guardarlo, cercando di riuscire a dare un senso ad una situazione che non ne aveva neanche un briciolo.
"Ah, ti sei svegliata, vedo! Bene, così possiamo cominciare", disse, con gli occhi che gli brillavano.
"Cosa gli hai fatto? Perché non si ricorda di me e pensa ancora di chiamarsi Liam?", quasi gridò, presa dal panico.
Sentì il cuore batterle all'impazzata nel petto.
James ridacchiò e fece roteare gli occhi, Lucien invece prese una sedia e la trascinò davanti al tavolo dove era seduta anche la ragazza.
"Ci dai cinque minuti, Liam?", disse, senza guardarlo.
James non rispose, ma uscì dalla cella, chiudendosi la porta alle spalle, mentre Nina lo seguiva con lo sguardo, ancora incredula.
"Cosa gli hai fatto, bastardo?!", urlò, furiosa.
"Oh, non preoccuparti per lui, sta benissimo. Ho rimosso semplicemente alcuni, come dire, ricordi spiacevoli. E penso che l'abbia notato anche tu, ma sembra di nuovo felice, non è vero?", sussurrò, sorridendo mentre lo diceva.
Nina scosse la testa e lo guardò con disgusto.
"Tu sei davvero convinto di avergli fatto un favore".
"Beh, certo. Oh, andiamo, l'hai visto anche tu, no? Gli hai mai visto quella luce negli occhi? Io sì, c'era prima che incontrasse persone come voi a mettergli dubbi stupidi in testa".
La ragazza sospirò.
"Pensi davvero che a farlo cambiare siamo stati noi? No, sei stato tu con la tua crudeltà e le tue azioni. Hai torturato Rose e l'hai ridotta ad un fantoccio, questo gli ha fatto capire che razza di persona tu fossi", sbottò, stringendo i pugni.
Lucien si sistemò meglio sulla sedia e fece una smorfia.
"Rose si è sottoposta di sua spontanea volontà ai miei trattamenti e non ho mai forzato nè lui nè lei a fare cose che non volessero. Tutto ciò che hanno fatto, lo hanno fatto perché volevano. E così sarà di nuovo con Liam".
"Sei completamente pazzo...James ti odia, non starebbe con te se non gli avessi fatto il lavaggio del cervello".
"Ok, gli ho fatto dimenticare di voi, ma ti assicuro che non ho niente a che vedere con le sue azioni o con il suo modo di pensare. Questo è Liam. Se vuoi davvero sapere chi sia, cosa c'è di meglio di un tuffo nel passato?", disse, sorridendo, mentre apriva la porta della cella.
James rientrò nella stanza e guardò appena Nina, mentre Lucien gli circondava una spalla con un braccio.
"Allora?", chiese il ragazzo, impaziente.
Lucien alzò le spalle e sospirò.
"Possiamo iniziare", rispose, invitandolo a sedersi sulla sedia da cui si era alzato poco prima.
James obbedì e lanciò un'occhiata a Nina che lo stava osservando attentamente.
"Bene. Lucien ha un paio di domande per te, Nina", iniziò lui incrociando le dita delle mani e appoggiando i gomiti sul tavolo per stare più comodo.
Anche il modo in cui diceva il suo nome era diverso.
Il suo atteggiamento, il suo sguardo, gli occhi.
Era come se fosse James, ma non fosse James. Forse era davvero Liam.
E chi era Liam?
Si riprese dal suo stato di trance, quando lui schioccò le dita, e si accorse che Lucien, ora in piedi alle spalle di James, le aveva chiesto qualcosa.
"Dove si trova tuo fratello? Dov'è Adrian?", chiese ancora il moro, assottigliando gli occhi.
Nina scosse la testa.
"James, ti prego, combattilo, torna in te!", esclamò solamente, mordendosi il labbro.
"Dove è Dean? Dov'è Adrian? Sono domande facili, con risposte altrettanto facili", ripeté Lucien, ancora senza ricevere una risposta.
Sbuffò e fece qualche passo per la stanza.
James si avvicinò di più a Nina e la fissò con un'espressione fredda, ignorando le sue parole come lei aveva fatto con Lucien.
"Ti conviene dirlo a lui, perché ti assicuro che non vuoi dirlo a me", disse, con tono calmo, per niente minaccioso, ma a Nina vennero i brividi lungo la schiena.
"E' inutile, è tutto inutile. La conosco, non mi dirà niente. E' per questo che sei qui", sibilò Lucien, poggiando una mano sulla spalla di James.
"Ho bisogno del tuo talento".
James annuì, ma non aveva smesso di guardare Nina.
"Allora vattene e lasciami lavorare", mormorò.
Lucien ridacchiò, mettendo le mani in tasca.
"Autoritario come sempre, vedo".
"Sai che non mi piace essere osservato mentre lavoro", riprese James.
"Basta che tu mi dia dei risultati...".
"Ti ho mai deluso?", continuò il castano, fissando intensamente Nina, come se stesse cercando di leggerla e capire le sue più profonde paure.
"Nemmeno una volta", ribatté Lucien, sorridendo, prima di andarsene.
A quel punto, James si alzò e dette le spalle alla ragazza, per passare la mano su alcuni attrezzi su un carrello. Scelse un coltellino molto affilato e tornò a rivolgersi a Nina, che deglutì a fatica.
"Da quello che mi dice Lucien non puoi morire, questo rende le cose più facili per me, più dolorose per te", commentò, facendo roteare abilmente il coltello tra le dita.
"Non mi farai del male", sussurrò lei, con la gola secca.
La verità era che non ne era affatto certa.
James la ignorò.
"Dove si trova Dean?", chiese, poggiando una mano sullo schienale della sedia dove era seduta la ragazza.
Nina tremò appena, ma non rispose.
James le si avvicinò all'orecchio, sciogliendo con il coltello la corda che le legava i polsi.
"Dov'è Adrian?".
"Puoi chiedermelo quanto vuoi, non...".
Nina si bloccò per urlare di dolore; James le aveva afferrato una mano e l'aveva trafitta con l'arma, bloccandogliela sul tavolo.
"Te lo chiederò un'altra volta, poi inizierò a spezzarti le dita e quando saranno guarite le spezzerò di nuovo", sussurrò il castano, atono, sfiorandole appena i capelli con la guancia. Sentiva il suo respiro su di lei, ma non era per niente rassicurante. Anzi, Nina era terrorizzata.
"Dove sono Adrian e Dean?", continuò, senza muovere un muscolo.
La ragazza tremò.
"Per favore, James, questo non sei tu...ti prego...", blaterò, sentendo gli occhi pizzicare.
La mano pugnalata le pulsava e sentiva chiaramente la carne che cercava di richiudersi attorno alla lama. Tirò su con il naso, non sapendo cos'altro fare se non supplicare.
"Ti prego...", ripetè.
James sbuffò appena, come se tutto quello non fosse che una noia per lui, si allontanò dal suo orecchio e fece il giro del tavolo per prendere qualcos'altro dal carrello: un martello.
Nina trasalì e il suo respiro iniziò a farsi irregolare. Aveva i capelli appiccicati al viso per il sudore e il sangue della ferita le ricopriva gran parte della mano. Anche la sua maglietta era macchiata di sangue, visto che era stata accoltellata da quella ragazzina.
James non ripeté la sua domanda un'altra volta.

Nina aprì gli occhi e si rese conto di trovarsi sul pavimento: non ricordava di essersi spostata dalla sedia, ma dopo ore infinite di torture aveva perso i sensi svariate volte e alla fine, forse, era anche morta. No, niente forse, James l'aveva affogata in un catino pieno d'acqua.
Il ragazzo si abbassò verso di lei, piegando la testa di lato.
"Dove sono Adrian e Dean?".
Non sapeva quante volte glielo avesse chiesto, ormai, ma non aveva più detto altro.
Quando lei lo aveva supplicato di fermarsi, aveva fatto quella domanda, quando aveva ripreso i sensi, aveva fatto quella domanda, se gridava e piangeva, lui aveva fatto quella domanda. Era sfinita, ma lui non sembrava voler smettere di tormentarla.
Ancora, però, Nina non rispose e voltò la testa dalla parte opposta, sentendolo sbuffare. Poi le mise un piede sulla gola e schiacciò, bloccandole la respirazione. La castana cercò di liberarsi con le mani, ma non aveva energie e le dita, che le erano state rotte per cinque volte di fila, erano ancora doloranti. Inoltre, non avrebbe potuto sopraffarlo neanche al massimo delle sue forze.
"Dove sono Adrian e Dean?", ripetè ancora James, alleggerendo la pressione perché potesse parlare.
Nina tossì, prese un lungo respiro e fece una smorfia.
"Non...riesco a credere che...tu sia un mostro del genere...", sussurrò con un filo di voce, mentre una lacrima solitaria le bagnava la guancia.
James sospirò e la schiacciò di nuovo, fino a soffocarla.

L'aveva affogata, soffocata, l'aveva dissanguata, procurandole tagli di ogni genere su tutto il corpo e per ultimo le aveva strappato il cuore dal petto.
Quando Nina tornò in vita sperò che fosse stato tutto un sogno o che potesse morire e restare morta. Non avrebbe sopportato altre torture.
"Ti ci è voluto più tempo del solito questa volta", commentò James, che nemmeno la guardava, seduto al tavolino, mentre giocava a carte con Arrows. 
Il biondo fece un ghigno divertito quando lei lo guardò.
"Pensavo che non volessi spettatori", commentò Nina, amara.
James alzò le spalle.
"Ho dovuto aspettare più del previsto, ero annoiato", disse, rivelando una carta al suo avversario, che fece una smorfia.
Solo in quel momento, Nina si rese conto che in un angolo della stanza, lontano dagli altri due, c'era anche Josh.
"Josh!", esclamò, alzandosi in piedi, anche se con fatica, pregandolo con gli occhi di aiutarla.
"Ti prego devi farmi uscire da qui".
"Non può aiutarti. E'...in punizione", commentò Arrows, ridacchiando, mentre pescava una carta.
"Dopo che Lucien ha scoperto come si era fatto sedurre da te, si è preso un bel rimprovero. Anzi, non dovrebbe nemmeno essere qui, o sbaglio?", continuò, guardandolo con soddisfazione. Josh ricambiò con odio.
"Ah, rilassati, Arrows, si è preso una cotta. Quando mi ha chiesto di vederla non ho saputo rifiutare", intervenne James, lanciando un'occhiata a Nina.
"Guardati, già in piedi, allora forse è ora di ricominciare".
"Oh, ti prego, fammi assistere", mormorò Arrows, con un sorrisetto sadico sul volto.
James si alzò e andò verso la porta, spalancandola.
"No. Fuori. Tutti e due", disse, di nuovo con tono autoritario.
Arrows sbuffò, ma poi se ne andò.
Josh era rimasto a fissare Nina, che lo supplicò con gli occhi di non andare. Ma, alla fine, lui distolse lo sguardo e uscì.
James le sfiorò il braccio e lei trasalì, balzando indietro.
"Ehi, calma, volevo solo vedere se la ferita si era rimarginata completamente", disse, osservandola.
Nina si strinse tra le braccia e deglutì a fatica.
"Perché ti ostini a non rispondermi? Tanto prima o poi lo farai, lo fanno tutti. Io posso continuare per settimane, per mesi, alla fine ti arrenderai e allora avrai sopportato questa tortura per niente. Fatti un favore e rispondimi subito: dove sono Dean e Adrian?", fece James, mettendo le mani in tasca.
"Fottiti".

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

"Te lo ha detto?", chiese Lucien, quando vide James uscire. Si stava torturando le dita per l'impazienza.
James si chiuse la porta alle spalle e lo guardò con nonchalance. Aveva i vestiti e le mani sporche di sangue.
"E' più forte di quanto pensassi".
"Quindi non ha parlato", commentò Lucien, sbuffando.
"Ho detto che è forte, ma non è così forte".
"Sai dove sono?".
"Sì", rispose James, annuendo con la testa.
"Fantastico! Vai a prenderli! Josh, tu stai qui e controlla la ragazza", esclamò Lucien, euforico applaudendo un paio di volte.
James guardò Joshua dall'alto in basso, poi aggrottò la fronte.
"Sei sicuro di voler lasciare lui a controllarla?".
"Sì, non mi deluderà una seconda volta", sibilò Lucien. E il modo in cui lo disse ricordava tanto una minaccia.
James e Lucien se ne andarono e Josh rimase a fissare la porta della cella.
Parte di lui gridava di non commettere lo stesso errore un'altra volta, ma l'altra parte lo stava pregando di entrare e vedere almeno come stesse Nina.
Si guardò intorno un paio di volte, poi entrò.
La ragazza era appoggiata al muro con la schiena e aveva entrambe le mani inchiodate al pavimento. Anche gambe e braccia erano piene di chiodi.
Josh, pieno di sensi di colpa, si avvicinò e le sfiorò i capelli, poi rimosse ad uno ad uno i chiodi, facendola svegliare.
"Ti ho...detto...tutto...ti prego...basta", sussurrò lei, aprendo e chiudendo gli occhi più volte.
"Ti supplico...basta...", continuò, con le poche energie che le erano rimaste.
Joshua si morse il labbro e la prese tra le braccia per portarla via. Nina non rispose più, quindi probabilmente aveva perso i sensi.
Ma dopo un po', Josh sentì il suo pugno stringergli la camicia.
Nina lo guardò con occhi stanchi e sconfitti.
"J-James? Sei tu?", chiese, con un filo di voce.
"Sapevo che mi avresti salvata", disse poi, prima di svenire di nuovo.

Nina mugolò qualcosa, aprendo gli occhi con fatica. Aveva tutto il corpo dolorante, era un dolore così forte che mai nella sua vita aveva provato.
Si sfiorò le gambe e poté sentire chiaramente le ferite sotto i jeans sottili che indossava, poi si guardò le mani: aveva due profonde ferite sui palmi.
Strinse con delicatezza i pugni, gemendo di dolore, volendo allontanare quella vista e i ricordi che comportava.
"Mi dispiace aver lasciato che ti torturasse...", mormorò qualcuno, facendola tornare alla realtà.
Josh era seduto al volante di una Jeep e stava guardando attentamente la strada.
Nina dette un'occhiata fuori dal finestrino, senza riconoscere il paesaggio intorno a lei.
"Dove stiamo andando?", chiese, sfiorandosi la fronte. Era calda, forse aveva la febbre? E perché non stava guarendo?
"Verso quelle montagne...", iniziò Josh, indicando con l'indice un promontorio in lontananza.
"Dovremmo essere al sicuro là. Non è facile sopravvivere in quei luoghi, quindi Lucien non spreca energie per andare a perlustrarle. Ma so che ci sono piccoli gruppi che si nascondono", continuò, senza togliere gli occhi dalla strada.
Nina strizzò gli occhi.
"Mi hai...portata via", disse, mentre realizzava a pieno di non trovarsi più in quella cella e che James non avrebbe più potuto farle del male.
"Avrei dovuto farlo prima...".
"Aspetta...noi...no...dobbiamo...devi...devi portarmi dai miei amici", sussurrò Nina, guardandosi di nuovo le mani. Sentì la pelle tirare, segno che aveva ricominciato a guarire velocemente. 
"I tuoi amici...Nina, i tuoi amici sono morti, ormai", ribatté Josh, deglutendo a fatica.
"No! Mi rifiuto di crederci! Dobbiamo andare a salvarli!", esclamò, sistemandosi meglio sul sedile. Stava recuperando in fretta anche le forze e la febbre sembrava essere sparita. 
"Non esiste che arriviamo là prima dei soldati", mormorò Josh, scuotendo la testa.
Nina fece schioccare la lingua.
"Potremmo...con la Jeep".
"No...impossibile, l'interno della foresta è troppo fitto di vegetazione, distruggeremmo l'auto e non potremmo più raggiungere velocemente le montagne".
Nina sospirò.
"Non voglio andare sulle montagne, Josh. Devo tornare dalla mia famiglia e dai miei amici, devo trovare un modo per salvare loro e James", disse, mordendosi il labbro mentre pronunciava il nome del castano. Il solo ricordo di quello che le aveva fatto la stava terrorizzando. Se l'avessero catturata di nuovo, sarebbe tornato a torturarla?
Deglutì a fatica, rendendosi conto che Josh aveva parlato.
"Sei sicura che sia davvero quello che vuoi?", ripeté il ragazzo, lanciandole un'occhiata.
Nina annuì, terrorizzata ma anche risoluta.

Irruppero nel campo a tutta velocità, mettendo in subbuglio tutti quanti e per poco non vennero uccisi.
Nina alzò le braccia uscendo rapidamente dalla Jeep.
"Siamo in pericolo! Lucien sta arrivando!", gridò, più e più volte, sotto sguardi confusi. Sperò di riconoscere qualcuno tra la folla e, poco dopo, Aline si avvicinò a lei, con la lancia ancora tra le dita.
Aumentò il passo e quando le fu vicina le tirò uno schiaffo, che la colse alla sprovvista e la fece barcollare.
"Hai la minima idea di quanto tu abbia fatto preoccupare mio fratello?", gridò, fregandosene degli sguardi degli altri su di lei.
Nina si toccò la guancia e schiuse le labbra.
"Io...".
"Ehi, sei impazzita?", intervenne Josh, accarezzando la spalla di Nina.
"E questo qua chi sarebbe?", sbottò Aline, assottigliando gli occhi.
Nina scosse la testa e cercò di riprendersi.
"Non abbiamo tempo per le presentazioni, Lucien sta arrivando e dobbiamo prepararci".
"Se Lucien sta davvero arrivando dobbiamo scappare!", fece un ragazzo lì vicino.
Anche altri sembrarono approvare quel piano.
"Scappare dove? Siamo in troppi, non riusciremmo a coprire le nostre tracce e ci troverebbero", intervenne Nick, facendosi largo tra la folla.
Nina sorrise e fece per andargli incontro, ma si bloccò dopo lo sguardo freddo che lui le rivolse.
"Allora? Hai trovato James?", continuò, assottigliando gli occhi.
Nina non riuscì più a guardarlo e abbassò gli occhi a terra.
"James non è più in sé, non so cosa gli abbia fatto Lucien, ma non si ricorda più di me, né di tutti voi. Non ha la più pallida idea di chi sia e ora è dalla sua parte", mormorò, sentendo gli occhi pizzicare e la voce farsi tremante.
Nemmeno lei, che l'aveva visto con i suoi occhi, poteva credere che quella fosse la realtà. La folla iniziò ad agitarsi e molti si scambiarono occhiate.
"Mi ha torturata e io...non ho saputo resistergli e...gli ho detto dove trovarvi".
 A quel punto molti dei presenti iniziarono ad andare nel panico.
"Silenzio!", gridò Nicholas, così forte da far ammutolire tutti quanti, poi ordinò qualcosa a due ragazzi vicino a lui e questi se ne andarono velocemente.
"Non ci faremo prendere dalla paura perché le Ombre non hanno mai paura. O vi siete dimenticati anche voi chi siete?", esclamò, voltandosi verso i suoi compagni.
Nessuno aveva più osato dire una parola, però la folla incominciò ad annuire.
"Bene, preparatevi a combattere al meglio che potete, dobbiamo difendere questo campo".
Le Ombre iniziarono a correre di qui e di là per prepararsi.
Nina si avvicinò a Nick, anche se non era certa che lui volesse parlarle.
"Hai un piano?", chiese, seguendolo.
Nicholas non si voltò a guardarla.
"Ho mandato Jake e Billy a cercare Anderson, sperando che non si sia spostato. Se vogliamo avere una possibilità dobbiamo combattere insieme. Se non lo troveranno o non vorrà aiutarci, allora siamo spacciati". 
Si fermò e la guardò dall'alto in basso.
"Spero tu sia soddisfatta", sussurrò, tagliente.
Nina abbassò di nuovo lo sguardo.
"Nick, mi dispiace, avevi ragione tu...".
"Pensi che me ne importi qualcosa delle tue scuse o di avere ragione? Ti avevo chiesto di non lasciare il campo e mi hai disobbedito, nonostante sapessi benissimo quanto fosse stupido andare a cercarlo e guarda in che situazione siamo adesso. Quando la smetterai di essere così egoista?", sibilò lui, interrompendola.
La castana si irrigidì e si morse il labbro.
"Dio, tu e lui siete uguali", aggiunse Nick, scuotendo la testa, prima di andarsene.
Nina deglutì a fatica, poi lo seguì di nuovo, scacciando le lacrime.
"Dov'è mio fratello?", mormorò, mentre si chiedeva perché ancora non lo avesse visto.
"Dopo quello che ha fatto, l'ho fatto rinchiudere. E anche Annabelle, non potevo certo ripetere lo stesso errore due volte...".
"Li hai rinchiusi? Anche Anna? Sei fuori di testa?".
"No, tu sei fuori di testa!", esclamò Nicholas, puntandole un dito al petto.
"Sono stanco dei tuoi capricci e sono stanco di lasciarteli passare sempre e sono stanco di essere sempre quello gentile e comprensivo! Siamo in guerra, Nina! Persone muoiono continuamente, pensavo l'avessi capito dopo quello che è successo a Richard. Cosa che, se ancora ti sfugge, è stata colpa tua!". Nick aveva irrigidito il corpo e la mano che non era puntata verso di lei era stretta in un pugno. Nina schiuse le labbra e lasciò libere di cadere le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.
"Pensi che non lo sappia? Mi odio per quello che è successo a Richard ed è proprio per questo che ho cercato di trovare James, per evitare che succedesse a lui la stessa cosa", singhiozzò, dandogli una spinta.
Nick scosse la testa.
"No, l'hai fatto per te. L'hai fatto perché lo ami e il pensiero di vivere senza di lui ti spaventa, ma non hai pensato, per l'ennesima volta, che questo avrebbe avuto conseguenze per tutti gli altri. O forse non te ne importa nemmeno. Che importa se siamo tutti morti se James, Nina e Dean sono vivi, no?".
Nina cambiò espressione e fece un passo indietro, completamente fatta a pezzi da quello che pensava essere il suo migliore amico.
"E' questo ciò che pensi di me?", chiese, guardandolo con improvvisa freddezza. Le lacrime avevano smesso di bagnarle il viso e aveva rilassato il corpo.
Nick non rispose e sospirò, realizzando di essere stato fin troppo duro.
"Fai liberare i miei fratelli. Non ti saremo più di intralcio. Se saremo ancora vivi quando Lucien ci avrà trovato, ce ne andremo per sempre e starete tutti molto meglio senza di noi", sbottò, prima di voltargli le spalle e andarsene.

Nina si era riunita con Dean e Anna e, anche se le circostanze non erano delle migliori, fu felice di passare anche solo cinque minuti con loro. E non passò molto più tempo prima che i soldati delle FAWW li trovassero.
Sentirono rimbombare gli zoccoli dei loro cavalli per un paio di minuti prima di venire circondati.
L'unico a scendere da cavallo fu proprio James: si era cambiato e indossava la divisa delle FAWW, aveva i capelli tirati all'indietro da una fascia e gli occhi gli brillarono quando incontrò quelli di Nina.
"Sapevo che ti avrei trovata qui", disse, togliendosi i guanti di pelle neri che aveva indossato per cavalcare, mentre sorrideva.
Nina aggrottò la fronte.
"Oh, andiamo...pensi davvero che Lucien sia così stupido da lasciare te e Josh completamente da soli?", chiese, scuotendo la testa, poi il suo sorriso svanì quando guardò Joshua, che ricambiò lo sguardo con altrettanta rabbia.
"Voleva testarlo, voleva vedere se potesse ancora fidarsi di lui. Apparentemente no. Sapeva anche che non ti avrebbe persa perché saresti stata così ingenua e emotiva da provare a salvare i tuoi amici", disse, tornando a guardare lei quasi con un'espressione di rimprovero. Poi, fece schioccare la lingua e azzardò un passo verso la ragazza. Allora, Dean le si parò davanti.
"Oh, tu devi essere Dean, la somiglianza è incredibile", commentò James, fermandosi e portando le mani dietro la schiena.
"Cosa sei venuto a fare? Sei qui per combattere o prenderti gioco di Nina?", intervenne Nick, avanzando verso di lui. Si fermò quando a separarli non furono che pochi passi.
James lo squadrò dall'alto al basso, senza la minima ombra di divertimento sul viso e non si mosse.
"Sono qui per prendere i due fratelli. Lucien vuole anche che vi uccida tutti, specialmente il suo adorato fratellino. Ma prima mi direte anche dove si trova Adrian", disse, calmo, piegando la testa di lato.
"Quindi questo sarebbe l'accordo che proponi? Ti prenderai Nina e Dean e ci ucciderai tutti? Non mi sembra molto vantaggioso per noi", ribatté Nick, assottigliando gli occhi. Per Nina era veramente ovvio che stesse cercando di guadagnare tempo, ma sperò che James non ci facesse caso.
James sorrise appena e scosse la testa.
"Un accordo, dici? Nah, questo è ciò che succederà a prescindere da ciò che farete. Questi sono gli ordini che ho e questo è ciò che accadrà".
"No, noi due combatteremo", intervenne Dean, avanzando fino a superare Nicholas.
James lo osservò con improvviso interesse.
"E perché mai? I miei uomini sono molti più dei vostri, ho praticamente la vittoria in pugno", mormorò, mettendo le mani in tasca.
"Quindi hai paura che io possa batterti?".
James sorrise.
"Nessuno può battermi".
"Bene, provalo. Ma se dovessi vincere io ci lascerai andare, illesi, e te ne tornerai da Lucien dicendo di non averci trovato", disse Dean stringendo con forza la sua spada.
Il lupo aggrottò la fronte, poi scoppiò a ridere per qualche secondo e annuì con la testa.
"E quando vincerò io?", chiese, con arroganza.
Dean abbassò gli occhi per un attimo e Nina sapeva che il pensiero di tornare nelle mani di Lucien per lui non fosse un'opzione.
"Se vincerai io e Nina verremo con te senza opporre resistenza. E ti diremo anche dove trovare Adrian".
"Dean, no!", intervenne Nina, tirandolo per un braccio.
"Ti rendi conto che non potremmo vincere in alcun modo, vero? Se vincesse lui, dovremmo andare da Lucien e, se vincessi tu, cosa? Pensi che ci lascerà andare davvero? Oppure lo ucciderai?", sussurrò la ragazza, scuotendo la testa.
Dean rimase in silenzio per qualche secondo, poi si divincolò dalla presa della ragazza e si avvicinò di più a James.
"Ho la tua parola che rispetterai gli accordi?", chiese, porgendogli una mano.
James annuì, sorridendo, e la strinse.
"Oh, ci sarà da divertirsi".

James e Dean avevano iniziato a combattere ed era subito stato chiaro chi avesse la meglio: James si muoveva sinuosamente e con movimenti precisi e coordinati bene tra loro, non sembrava che ciò gli comportasse alcuno sforzo ed era talmente calmo da chiedersi se non fosse stato trasformato in deeta; Dean, al contrario, era impaziente e impulsivo e gli andava addosso in modo prevedibile e brusco, guidato dal terrore. 
Jaime fece roteare entrambe le sue spade e, facendole incrociare, lo tagliò sulle guance. Le ferite non erano state profonde, ma erano state abbastanza per far perdere ancora di più d'animo l'avversario. Nina avanzò verso di loro, con l'impulso di proteggere suo fratello, ma Nick la bloccò.
"Tranquilla. Dean non può morire, no? Questo è già un grande vantaggio".
In effetti, i tagli sul volto del suo gemello erano già guariti e il ragazzo si ripulì velocemente dal sangue, mentre riprendeva fiato. James sorrise, piegando la testa di lato.
"Che c'è? Sei già stanco?", chiese, puntandogli una spada contro.
Dean fece una smorfia e gli si gettò addosso, questa volta cercando di controllare la paura e il castano fu costretto ad indietreggiare, ma non gli permise di avvicinarsi con la sua spada. Le loro lame si scontrarono più e più volte, producendo dei suoni fastidiosi.
Dean digrignò i denti quando l'ennesimo colpo non andò a segno e caricò la spada con ancora più forza. Questa volta, James lo evitò e lui si ritrovò a barcollare in avanti. Quando si voltò, era carico di rabbia.
"Oh, non mi guardare così. Ce l'hai con me per quello che ho fatto a tua sorella?".
Dean si infuocò e gli andò di nuovo addosso, ma Jaime fu pronto e gli tirò una ginocchiata nello stomaco, facendolo piegare. 
"Non vedo l'ora di poter giocare ancora con lei, magari ti lascerò guardare", gli disse all'orecchio, sorridendo.
Dean strinse i pugni, in ginocchio.
"Dean, non ascoltarlo, sta soltanto cercando di farti arrabbiare!", esclamò Nina.
James le rivolse un'occhiata e sorrise, poi tirò un calcio a Dean prima che lui potesse rialzarsi. Il ragazzo rotolò sul terreno e gemette, ma strinse con forza la sua spada e parò il colpo che probabilmente gli avrebbe altrimenti perforato il petto.
Era in evidente difficoltà e, se Nick non avesse ancora avuto presa sul suo braccio, Nina si sarebbe volentieri buttata in campo per proteggerlo.
James con la spada libera tentò di ferirlo all'addome, ma Dean fece una capriola sul fianco e riuscì ad allontanarsi.
"Lo ammetto, sei molto più bravo di altri con cui ho combattuto. Il tuo problema è che sei un vortice di emozioni adesso", commentò James, guardandolo mentre si rialzava.
Dean assottigliò gli occhi e deglutì mentre cercava di far tornare il suo respiro regolare.
Rispetto all'ultima volta che aveva combattuto con lui, James sembrava aver cambiato completamente stile e inoltre non era impedito da alcuna emozione. Al contrario, Dean non riusciva a controllare ciò che provava e la paura di tornare a fare il burattino per Lucien e la rabbia per le torture subite da Nina lo stavano divorando. 
Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi.
Quando James rise lui li riaprì e strinse il pugno libero.
"Non mi fai paura", disse, digrignando i denti.
"Bene, allora fatti avanti", lo provocò di nuovo James.
Dean prese un lungo respiro e caricò un colpo verso il castano e, non solo, James lo parò, ma lo colpì in viso con l'elsa della spada per poi tirargli un calcio e farlo cadere all'indietro. Dean gemette quando il suo corpo picchiò contro il terreno e si spostò di lato evitando che la lama di James lo infilzasse, ma fu troppo lento quando la seconda spada lo puntò e avendo la prima spada a bloccargli la via di fuga verso destra, si tagliò sul braccio che impugnava la sua spada. Cercò di resistere e mandare indietro il colpo, ma James stava bilanciando tutto il suo peso sulla sua spada e Dean era distrutto. 
A quel punto, James lo avrebbe trafitto se non fosse stato colpito a sua volta.
Nina aveva gridato qualcosa, ma nessuno dei due aveva dato peso alle sue parole, poi, in un attimo, James si era ritrovato un coltello nella spalla sinistra.
Gemette, lasciando andare la spada e si voltò verso Josh, che lo aveva appena accoltellato. 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

James fulminò Josh con lo sguardo, ma poi rimosse velocemente l'arma dalla sua spalla e la andò a piantare con molta più violenza dell'altro nel suo addome.
"Avete barato. Ho vinto io", commentò, mentre Josh cadeva a terra.
James raccolse la sua spada e fece per dargli il colpo di grazia, ma Nina si frappose fra loro due.
"No! No!", esclamò, allargando le braccia per proteggere Joshua.
"Avete perso quindi ucciderò Joshua e voi due verrete con me senza opporre resistenza. O volete forse dirmi che non avete intenzione di mantenere la vostra parte dell'accordo?", sbottò James, lanciando un'occhiata anche a Dean, che era ancora a terra, prima di tornare a guardare Nina.
"Verremo con te, ma soltanto se non ucciderai Josh...sono sicura che Lucien lo preferisca vivo".
"Lucien lo vuole morto, mi ha detto di ucciderlo", ribatté James, mentre puliva la sua lama.
"L'avrà detto in un momento di rabbia, se tu...".
"Ok, va bene, glielo porterò vivo, contenta? Lo ucciderà con le sue mani una volta che se lo troverà davanti", ribatté James, freddo.
Nina si alzò e lui la afferrò per un braccio.
"Adesso prendi un cavallo e ce ne andiamo", soffiò sul suo viso, assottigliando gli occhi. Nina cercò di divincolarsi, ma la teneva troppo stretta.
"Aspetta...no...hai promesso di non ucciderlo, se lo fai viaggiare adesso su un cavallo, con quella ferita, morirà di sicuro", blaterò Nina, lanciando un'occhiata a Josh, che si teneva il taglio con la mano.
"Per favore", riprovò, tornando a guardare James.
Il ragazzo sbuffò.
"Stai contorcendo le mie parole...".
"Ti prego, ti giuro che poi verremo senza opporre resistenza e non ti creeremo alcun problema...".
James si guardò intorno.
"E immagino che tu non voglia che sia fatto alcun male ai tuoi amici...", disse, osservando le Ombre con attenzione.
"Lucien mi ha detto di ucciderli, ma alla fine credo che non gliene importi molto, quindi suppongo dipenderà da come si comporteranno...", aggiunse.
"Siete tutti miei prigionieri. Gettate le armi e mettetevi in ginocchio o perderete la vita", disse James, sotto gli sguardi confusi delle Ombre. Nonostante avessero assistito al combattimento tra lui e Dean, molti ancora non riuscivano a capire come mai il loro leader si comportasse in quel modo.
"Per favore, tu non puoi...", iniziò una ragazza, facendo un passo in avanti, ma non riuscì a continuare perché un un ragazzo si mise a correre per scappare.
James, in un lampo, prese il coltello con cui aveva ferito Josh e glielo tirò addosso, colpendolo nella schiena.
Il ragazzo gemette, bloccandosi di colpo, poi cadde a terra in avanti, senza più muoversi.
A quel punto, altri due ragazzi provarono a fuggire e vennero fucilati dai soldati con James.
"No! James, ti prego, non fare del male a nessun altro!", esclamò Nina.
"Non puoi dire che non li abbia avvertiti", ribatté James, stringendo la presa su di lei.
"Non mi ripeterò un'altra volta: se non volete fare la fine dei vostri amici, in ginocchio, ora, e via le armi, voglio vedere le mani libere dietro la testa".
Nessuno si mosse e Nina temette il peggio, ma poi Nick si inginocchiò e allontanò le sue armi.
"State calmi e fate ciò che vi dice".
Le Ombre indugiarono, ma poi, piano piano, lo seguirono tutti.
"Ottima decisione", commentò James, prima di ordinare ai suoi uomini di incatenare tutte le Ombre e di curare Josh.
Poi si fece consegnare una borsa da uno dei suoi sottoposti e si allontanò, trascinando Nina con sé, sotto le proteste della ragazza e di Dean.
La fece entrare in una tenda, lasciandola andare con una spinta.
Nina si toccò il braccio e quando si voltò, vide che James si era tolto la casacca della divisa.
Indietreggiò, sbarrando gli occhi.
"Che...che vuoi fare?", chiese, mentre sentiva il cuore battere all'impazzata.
James le lanciò un'occhiata mentre gettava via anche la sua camicia e restava a petto nudo.
Le cicatrici erano aumentate dall'ultima volta che l'aveva visto così e quel taglio sulla spalla stava ancora colando sangue.
"Rilassati, non sei il mio tipo", disse, atono, cercando qualcosa nella borsa che si era portato dietro.
Tirò fuori un filo da sutura e un ago e glieli porse.
"Ricucimi la ferita", le ordinò, con lo stesso tono, sedendosi per terra.
Nina aggrottò la fronte.
"Perché io? Sono sicura che il medico con te possa fare un lavoro migliore. Tu stesso potresti fare un lavoro migliore", mormorò, confusa, incrociando le braccia.
James non si mosse.
"Avanti, pensi che me ne importi qualcosa se mi resterà una cicatrice?".
Nina non rispose, si limitò a guardarlo con indecisione, poi però si avvicinò e afferrò ago e filo. 
"Dovrei disinfettare tutto prima...", mormorò, inginocchiandosi per vedere meglio la ferita.
James non disse niente, si limitò a tirare fuori dalla borsa una boccetta di antisettico e a porgergliela.
Quando Nina iniziò a medicare la ferita, James la osservò attentamente. Poi lei prese ago e filo e li avvicinò al taglio.
"Farà male...", sussurrò, deglutendo a fatica.
James rise divertito.
"Ti ho torturata per giorni e tu ti preoccupi se farà male?", disse, scrutandola ancora a fondo, poi tornò serio quando la vide arrossire.
Nina fece una smorfia e affondò con rabbia l'ago nella pelle del castano, che sussultò appena per la sorpresa e mugolò. Avrebbe preferito una reazione peggiore, ma si accontentò di averlo fatto gemere almeno un pochino.
"Ops, è meglio che tu stia zitto e fermo se non vuoi che ti faccia più male del necessario", sibilò Nina, prendendosi quella soddisfazione.
James sorrise.
"Sei un bel tipetto, eh?", commentò, ridacchiando.
Nina non rispose, ma lo perforò di nuovo con l'ago, sempre con poca gentilezza.
James trattenne il fiato per un attimo, ma poi tornò a guardarla.
"Mi conosci davvero. Ci siamo incontrati prima dei deeta?", chiese, incuriosito, mentre Nina infilava ancora l'ago nella sua pelle.
"No, te l'ho già detto, non ti ricordi più chi sei e non ti ricordi più di me, ma fino a che Lucien non ti ha fatto il lavaggio del cervello eri il lupo, il leader delle Ombre e noi eravamo...amici", disse, senza guardarlo e arrossendo di nuovo, questa volta non per la rabbia.
James assottigliò gli occhi e si passò una mano tra i capelli, rimuovendo la fascia che li tirava indietro per poi scompigliarli. Nonostante tutto, era comunque bellissimo, anzi, forse lo era anche più di prima. Nina odiava il fatto che Lucien gli avesse tagliato i capelli e avesse rimosso l'argento dai suoi boccoli, ma non poteva negare che così stesse davvero bene. L'impulso di sfiorare le sue dita e toccargli i capelli fu così forte che per poco non si dimenticò di quale fosse la realtà.
Si schiarì la voce, arrossendo ulteriormente.
"Ti rendi conto di quanto suoni poco credibile, vero?", commentò il ragazzo, che ancora non aveva smesso di perforarla con quegli occhi color smeraldo.
"Poco credibile come un chip che cura ogni malattia e poi ti porta via la volontà o come qualcuno che non può morire a meno che anche il suo gemello non venga ucciso? Così poco credibile, intendi?", sbottò Nina, irritata, dandogli l'ultimo punto.
"Lo giudichi per questo", mormorò lui, piegando la testa di lato. 
Nonostante Nina avesse finito di ricucirlo, James era ancora vicinissimo e lei non sapeva se sarebbe riuscita ad allontanarsi.
"Certo che sì!", sibilò la ragazza, stringendo i pugni.
"Ciò che ha fatto, l'ha fatto solo per cambiare il mondo e renderlo migliore".
Dopo quelle parole, non fu più difficile per lei allontanarsi.
Schizzò in piedi e lo guardò male.
"L'unica cosa che vuole è il potere!".
James sorrise e si alzò a sua volta, sovrastandola di nuovo.
Le scostò con delicatezza una ciocca che aveva appiccicata in mezzo alla fronte, facendola congelare.
"Non mi farai cambiare idea, così come io non farò cambiare idea a te", commentò, mentre il dito che aveva usato per toglierle i capelli dal volto le sfiorava appena una guancia.
Nina perse un battito.
Era così vicino. Era così bello, attraente come una calamita. E odorava di lavanda, anche se un po' quel profumo era coperto dall'odore del sangue.
Avrebbe voluto baciarlo, ma non così.
"Davvero non ti ricordi?", chiese, quasi supplicò.
James le sfiorò di nuovo la guancia, quel movimento sembrava quasi meccanico, ma Nina era certa che lui lo stesse facendo di proposito.
Si avvicinò ancora di più, osservandola attentamente.
Per un attimo, Nina pensò che si fosse ricordato.
"Non capisco se tu sia pazza o se tu abbia semplicemente una cotta per me. Ma, beh, posso vedere che ti piaccio", disse.
Nina divenne di nuovo rossa e fece una smorfia.
"Tu non mi piaci!", esclamò, ma James la avvicinò a sé, prendendola per i fianchi fino a che i loro corpi non si scontrarono.
La ragazza schiuse le labbra e lo fissò con un'espressione confusa, mentre lui si avvicinava al suo orecchio per sussurrare qualcosa.
"Bugiarda", soffiò, con tono provocante.
Indietreggiò con il volto, stando attento a sfiorarle attentamente prima l'orecchio, poi la guancia e, infine, le labbra con le sue.
Nina non riusciva più a muovere un muscolo.
Poi, James annullò definitivamente la distanza e la baciò, con una lentezza estenuante.
Nina raccolse tutte le energie che aveva per provare a divincolarsi, ma alla fine si lasciò andare e lo lasciò approfondire.
In tutta la sua vita, non era mai stata baciata a quel modo. Nemmeno da lui la prima volta. Era completamente andata, in uno stato di piacevole e passionale trance in cui non era mai caduta, ma a cui si stava abbandonando volentieri.
Se in quel momento, le avesse chiesto di andare fuori e finire Joshua, probabilmente lei lo avrebbe fatto. Quindi fu un bene che lui non avesse capito che genere di potere stesse avendo su di lei.
Quando, finalmente, si allontanarono, Nina era accaldata e in preda ad un respiro irregolare, ma James la guardò con la solita espressione calma. E sorrise, anzi, fu più un ghigno.
Nina schiuse le labbra, rendendosi conto solo in quel momento di essere stata presa in giro.
"Perché?", chiese, ferita, con più delusione nella voce di quanto avrebbe voluto fargli capire. James alzò le spalle e mise le mani in tasca.
"Ero annoiato e devo pur passare il tempo, in qualche modo", disse, senza togliersi dalla faccia quel sorrisetto.
"Quindi ti sei solo preso gioco di me. Non hai provato niente? Non hai ricordato niente?". Nina non sapeva come fosse stato possibile. Nell'attimo in cui le sue labbra l'avevano toccata, aveva ripercorso ogni attimo da quando si erano incontrati.
James si chinò per raccogliere la sua camicia e iniziò a rivestirsi.
"No", disse, di nuovo atono. Non la stava guardando.
Si abbottonò la camicia in silenzio, ignorandola come se lei non fosse lì, e fece lo stesso quando si rimise la giacca.
Poi si voltò per uscire dalla tenda, ma sembrò ripensarci.
"Voglio che tu sappia che le torture non sono state niente di personale", disse, ancora senza guardarla.
"Beh, è stato personale per me", sbottò lei, incrociando le braccia.
Nina vide appena le sue labbra incurvarsi di nuovo anche se lui le stava dando le spalle.
"Forza, andiamo", disse, facendole cenno di uscire dalla tenda.
"Posso uscire anche io?", chiese lei, confusa.
"Non vedo perché no. Non hai alcuna ragione per scappare. Se lo farai, ucciderò i tuoi amici dal primo all'ultimo", ribatté lui, lanciandole un'occhiata.
Nina deglutì e uscì dalla tenda.
"Non scapperò", mormorò, mordendosi l'interno della guancia.
"No, non lo farai".

Uscirono dalla tenda e Nina dovette assottigliare gli occhi per la troppa luce accecante.
Quando si fu abituata, vide che le Ombre erano state legate e imbavagliate per tutto il campo.
Deglutì a fatica quando incontrò lo sguardo di Nick e poi sospirò, raggiungendo James che già se ne stava andando.
"Posso...posso vedere Josh?", chiese, torturandosi le dita quando lo ebbe affiancato.
James non rispose, ma la invitò ad avanzare ed entrarono in una tenda dove Joshua era stato portato.
Era sdraiato, privo di sensi, con una fascia sul petto. Due ragazze si voltarono verso di loro quando entrarono.
"Beh? Qual è la situazione?", chiese James, impaziente, dato che nessuno aveva parlato.
"La ferita non è profonda come credevo e il coltello non ha danneggiato organi vitali...".
James sbuffò. Questo già lo sapeva.
"Può viaggiare?", sbottò.
Nina sbiancò. Viaggiare? Di già? No, non era un'opzione, doveva guadagnare tempo.
La ragazza che aveva parlato poco prima annuì con la testa senza aprire di nuovo bocca.
"Bene, preparatelo. Ce ne andiamo il prima possibile".
"No!".
Nina si tappò la bocca nel momento in cui realizzò di aver urlato, ma ormai tutti la stavano guardando. Deglutì a fatica e cercò di ricomporsi.
"Non sopravviverà così, è troppo rischioso", blaterò, sperando di risultare convincente.
"Dana è un medico da molto più tempo di te", ribatté James con una nota di sarcasmo ma senza sorridere.
"Se dice che può viaggiare, allora può viaggiare", continuò, facendole cenno con gli occhi di uscire, ma lei gli bloccò l'uscita con il suo corpo.
"Ti prego, per favore, aspettiamo almeno che si sia svegliato...", mormorò Nina, poggiando una mano sul suo petto. Lo fece impulsivamente, senza pensare, e quando se ne rese conto arrossì e indietreggiò appena.
"No. Esci dalla tenda se non vuoi che ti trascini fuori. Ricordati che sei mia prigioniera, non sei tu a dare gli ordini qui", sibilò lui, con calma, ma con un tono che la fece trasalire. Non potè far altro che abbassare la testa e uscire. 

Nina sospirò, stava cercando di scervellarsi in tutti i modi per guadagnare tempo, ma non le stava venendo niente in mente.
Quando James la raggiunse, lo fece con un piccolo gruppo di uomini, tra cui anche Dean.
Anche lui era legato e imbavagliato e per ottime ragioni: sembrava che non volesse stare fermo e si dimenava e spingeva e mugolava cose senza senso da sotto il bavaglio.
C'erano anche dei cavalli, già sellati e pronti a partire.
Quando Nina riuscì a distogliere lo sguardo dal suo gemello, si guardò intorno e realizzò che le Ombre non sarebbero potute venire con loro.
"Che ne sarà di loro? Hai promesso di non ucciderli", mormorò, stringendosi nelle spalle.
"E non lo farò, infatti", rispose James, dando la sua attenzione ad un cavallo bianco, che doveva essere suo. Gli sfiorò il muso con un dito un paio di volte.
"Li lascerai così? Legati? Alla mercè di animali e banditi?".
"Adesso non fare la drammatica. Sono Ombre, sono sicuro che staranno alla grande".
Nina guardò Dean e si morse il labbro. 
Se non avesse trovato alla svelta una scusa per rimandare la partenza, lei e suo fratello sarebbero diventati cavie di Lucien, James sarebbe stato senza speranza di salvezza e le Ombre? Probabilmente se Anderson fosse arrivato li avrebbe liberati, ma cosa le garantiva che, una volta allontanati, James non li avrebbe fatti uccidere per evitare sconvenienti?
Strinse i pugni, ma poi li rilassò e si lasciò cadere in ginocchio. Quando James se ne accorse si voltò verso di lei, aggrottando la fronte.
"Farò qualsiasi cosa. Ti supplico, non lasciarli così", disse, mentre una lacrima le solcava la guancia. Evitò di scacciarla e lasciò che le scorresse lungo il collo.
James schiuse appena le labbra, sorpreso da quella reazione, poi le si avvicinò e le tirò su il mento con il viso, chinandosi verso di lei così che i loro occhi potessero incontrarsi.
Quelle iridi meravigliose le avevano fatto provare un'infinità di cose, spesso anche contrastanti e, in quel momento, anche se solo per un breve istante, la fecero rilassare.
"Staranno bene, sali sul cavallo", fece lui, duro.
La lasciò andare e si rimise in piedi, lanciandole un'occhiata di avvertimento.
Nina si strinse nelle spalle e si morse il labbro.
"Non provocarmi, Nina, perché non sai di cosa sia capace. Non mi conosci".
La ragazza alzò la testa e lo guardò all'improvviso, facendo una smorfia.
"No, hai ragione, non ti conosco", disse, alzandosi lentamente.
Non aveva modo di ritardare ancora la partenza senza farlo irritare. E chissà cosa avrebbe fatto allora.
James non rispose e le dette le spalle, tornando a guardare il suo cavallo.
"Nina viaggerà con me. Tu prendi il suo gemello", disse ad una ragazza.
Lei annuì senza dire una parola.
"Ma stai attenta...", continuò, avvicinandosi a Dean, che si agitò e cercò di andargli addosso.
"Morde", aggiunse James, ghignando.
"La cosa non mi dispiace affatto", ribatté la ragazza, ridacchiando.
"Sali e stai calmo se non vuoi che ti leghiamo al cavallo e ti lasciamo trascinare. Visto che non puoi morire, questa è un'opzione che mi tenta particolarmente", sibilò il ragazzo verso Dean, spingendolo verso il cavallo dell'altro soldato.
Dean guardò sua sorella con gli occhi che gridavano terrore, poi sospirò e salì a cavallo.
Nina ricordava benissimo ciò che le aveva detto poco tempo prima: che non si sarebbe fatto catturare vivo. Ma come poteva mantenere quella promessa se anche lei non si fosse uccisa?
Cosa avrebbe fatto? Si sarebbe lanciato da cavallo sperando che lei lo avrebbe seguito?
Le vennero i brividi al solo pensiero.
Non voleva morire. 
"È il tuo turno, principessa", fece James, avvicinandosi e indicandole il cavallo bianco.
Nina schiuse le labbra e lo guardò con occhi spalancati.
"Come mi hai chiamato?", mormorò, aggrottando la fronte. James l'aveva già chiamata in quel modo. Più volte.
James sbuffò e la mise sul cavallo con facilità.
"Hai da ridire anche su un soprannome?".
"No...io...". Nina non seppe cosa dire e dette un'ultima occhiata alle Ombre.
James se ne accorse e sospirò, voltandosi verso uno dei suoi uomini.
"Quando saremo abbastanza lontani, libera i progionieri", disse.
Nina si voltò a guardarlo con sorpresa e James ricambiò lo sguardo fino a che il soldato a cui si era rivolto non gli rispose.
"Liberarli? Ma Lucien vuole...".
"Tu non pensare a Lucien. Al momento, gli ordini di cui devi preoccuparti sono i miei. E se ti do un ordine, lo esegui senza discutere. Sono stato chiaro?", ribatté James, assotigliando gli occhi e fulminandolo con lo sguardo.
Lui deglutì con fatica e annuì.
"Sissignore!", mormorò, andandosene a testa basta.

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