Sound of Demons

di GiulsOakenshield
(/viewuser.php?uid=989835)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

PROLOGO

Quando i giorni sono freddi e le carte sono ripiegate

E i santi che vediamo sono tutti fatti di oro

Quando tutti i tuoi sogni falliscono e quelli che salutiamo

Sono i peggiori di tutti e il sangue non scorre

voglio nascondere la verità, voglio proteggerti

Ma con la bestia dentro, non c'è luogo ove nascondersi

Non importa quale sia la nostra razza, siamo ancora fatti di avidità

Questo è il mio regno che arriva, questo è il mio regno che viene

 

Il re di Imladris scese i gradini della cripta il più velocemente possibile, mentre la notte celava la sua sinuosa figura all’interno dell’ultima Casa Accogliente. La sorella aveva trovato quella grotta durante una cavalcata nel bosco e da allora aveva iniziato a pianificare un modo per porre fine al suo dolore immortale. Dopo lunghi mesi di pianti e di incubi notturni aveva deciso di abbandonarsi a un sonno eterno e aveva sistemato la cripta in modo che potesse accogliere il suo corpo, pronto per riposare in pace dopo la guerra contro Azog dove aveva perso l’amore della sua vita e anche un pezzo del suo cuore. Re Elrond non era mai riuscito a comprendere fino in fondo il motivo della sua scelta, ma non conosceva persona più testarda di sua sorella e alla fine si era arreso alla sua decisione. Afferrò una delle torce appese all’ingresso della stanza per illuminare meglio il suo cammino. Non gli era mai piaciuto quel posto, era freddo e oscuro, avrebbe preferito di gran lunga che sua sorella riposasse in superficie, a contatto con l’aria e con il sole, ma anche su quello era stata irremovibile, non doveva rimanere sotto gli occhi di tutti, doveva restare celata al resto del mondo. E lo era stata. Per quasi ottant’anni la guerriera aveva riposato in pace all’interno della sua teca di vetro, mentre il mondo all’esterno scorreva veloce e portava con sé tutte le fatiche della vita. Aveva fatto promettere al fratello che non l’avrebbe svegliata, a meno che non fosse stato strettamente necessario. Vivere su quella terra per lei non aveva più avuto senso dopo che Azog aveva ucciso colui che amava. Aveva rinunciato a tutto pur di salvarlo, anche alla sua parte nanica e mortale, ma nemmeno lei aveva potuto impedire al fato di compiersi. Così, dopo aver ingerito la pozione preparata minuziosamente da Lady Galadriel, si era addormentata sotto gli occhi del fratello e dei nipoti, accennando un’ombra di un sorriso sul volto che ricordava una delicata porcellana.

A giudicare dall’espressione di beatitudine che aveva impressa sul volto, re Elrond pensò che si trovasse davvero in pace in quell’eterno sonno senza sogni. Anni prima, quando la guerriera aveva preso quella decisione, gli aveva spiegato che andarsene semplicemente a Valinor non avrebbe cancellato la sua pena per la perdita del nano, l’avrebbe solo attenuata. Con il sonno eterno, invece, sarebbe stato come addormentarsi e non provare più nulla, per sempre bloccata in un limbo privo di sensazioni e sentimenti.

Nessuno sulla Terra di Mezzo aveva mai potuto raccontare cosa succedesse realmente durante il sonno eterno, considerando che nessuno si era mai risvegliato da esso. Il re di Imladris era titubante sullo svegliare la sorella, non sapeva se facendolo ella sarebbe stata la stessa o se fosse invece cambiata. Dopo che aveva rinunciato alla sua parte nanica, la guerriera aveva assunto tutte le caratteristiche degli elfi: altezza, grazia, udito infallibile, vista eccezionale e ovviamente orecchie a punta.

Il Sonno Eterno aveva preservato il corpo della sorella per tutti quegli anni e ora riposava immobile tra le soffici vesti blu che le ricoprivano il corpo. L’uovo di drago giaceva tra le sue mani, con quelle sfumature verdi che lo contraddistinguevano. Elrond si chiese se quando Thorin aveva scelto di donarle proprio quella pietra sapesse cosa fosse in realtà. Il re Sotto la Montagna aveva un’intera sala piena di tesori e gioielli, ma aveva optato per un semplice sasso verde con una forma bizzarra e per niente facile da trasportare.

Re Elrond trasse un lungo sospiro, probabilmente l’avrebbe ucciso una volta svegliata, ma la Terra di Mezzo aveva bisogno della sua migliore combattente per i tempi oscuri che l’attendevano. Sauron aveva iniziato a muoversi alla luce del sole, sapeva dove si trovava l’Unico e aveva sguinzagliato i suoi fedeli servitori alla ricerca dell’Anello per la brama di riconquistare il suo potere. Sua sorella era l’unica che aveva incontrato l’Oscuro Signore di Mordor di persona, o meglio, nelle visioni indotte da lui stesso. Il Signore di Mordor aveva cercato in tutti i modi di portarla dalla sua parte, ma con la morte di Thorin l’unico sentimento che provava la guerriera nei suoi confronti era odio puro. Purtroppo entrambi sapevano che senza la distruzione dell’Unico, l’anima di Sauron avrebbe continuato ad esistere, ma nessuno aveva più avuto notizio dell’Anello, fino ad allora.

Gandalf era riuscito a trovarlo, dopo tutti quegli anni aveva scovato il flagello di Isildur tra le mani di uno hobbit della Contea e ora il piccolo mezz’uomo stava portando quell’arma direttamente a Imladris. La guerriera doveva destarsi dal suo sonno durato già fin troppo e combattere un’ultima volta per la sua terra e per la vita di chi la popolava.

Il re di Imladris osservò ancora per qualche istante la figura della sorella che riposava nella teca sospirando, per poi allungare le mani e sollevarne il coperchio.

<< Mi dispiace, ma abbiamo bisogno di te>> disse, mentre dalla tasca del suo preziosissimo vestito estraeva la fiala che settant’anni prima lei gli aveva ceduto. Nel profondo sperò che la prima reazione della sorella non fosse distruggere tutto quello che le fosse capitato a tiro, non sapeva cosa aspettarsi dal suo risveglio, ma quel rischio ne valeva la pena.

Fece passare una mano dietro al capo della guerriera millenaria e avvicinò la fiala alla sua bocca, pregando i Valar di sostenerlo in quell’impresa. Riversò il contenuto della piccola ampolla nel cavo orale della sorella e attese qualche istante.

Passarono alcuni secondi e non era ancora successo nulla, così osservò la fiala accigliato per assicurarsi di aver preso quella corretta. Il pavimento della cripta iniziò a tremare debolmente, mettendo in allerta l’elfo che utilizzò la bara di vetro per aiutarsi con l’equilibrio.

Dovette ritrarre la mano di scatto poiché il suo palmo iniziò a bruciare. Lo osservò e poi osservò la teca che si stava liquefacendo lentamente, lasciando il tavolo di pietra su cui era appoggiata intatto.

Un’altra scossa fece temere al re di rimanere sepolto sotto alla frana di pietre, ma si bloccò tutto subito dopo. Il re si avvicinò al tavolo di pietra sul quale giaceva la sorella e osservò il suo volto, impassibile. Notò che anche la pietra che teneva tra le mani la sorella stava tremando, come percorsa da una scarica elettrica. Si stava sgretolando lentamente, come un serpente che perde la sua muta. Dopo quelli che gli sembrarono minuti interminabili, finalmente ella spalancò gli occhi blu.

Eruannie la guerriera si era risvegliata e non era la sola.

NdA:
The bitch is back!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I

CAPITOLO I

La guerriera fece saettare gli scintillanti occhi blu per tutta la cripta, mentre qualcosa accennava un leggero tremolio tra le sue mani. La sua attenzione fu catturata da un timido movimento alla sua destra e trafisse con lo sguardo il suo visitatore. Ci mise qualche secondo per mettere a fuoco l’immagine, come se ci fosse stato un velo a coprirle gli occhi. Riconobbe il viso di re Elrond che accennava un sorriso nella sua direzione, ma lei si girò verso la piccola cosa che si agitava sul suo grembo. Per lei era come se fossero passati pochi minuti da quando si era addormentata all’interno della sua teca, ma sapeva in cuor suo che non era così.

Lo sentiva nell’aria che entrava timidamente nella cripta, lo sentiva nelle acque del Bruinen di cui poteva percepirne lo scrosciare lontano. La Terra di Mezzo era cambiata, una strana oscurità si faceva strada tra i sentieri e tra le montagne, fino ad arrivare nel cuore di Imladris stesso.

Dei versetti e dei piccoli sbuffi la costrinsero a osservare la creatura che si dimenava tra le sue mani, lasciandola sorpresa e leggermente delusa. Thorin le aveva donato quella pietra in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità, prima che Azog lo portasse via da lei. In effetti, quella doveva essere la pietra con cui avrebbero seppellito la guerriera, ma i Valar erano stati così gentili da riportarla indietro un’ultima volta. Era quindi comprensibile che non fosse al settimo cielo quando si rese conto che la suddetta pietra era andata in frantumi lasciando al suo posto una lucertola verde con le ali da pipistrello. La creatura aveva una lunga coda che muoveva a destra e a sinistra, provocando un leggero solletico sull’addome della guerriera. Sul dorso spuntavano piccole punte che correvano lungo la cresta della sua colonna, ma che terminavano poco prima dell’esile collo. Le zampe, ben piantate sulla sua padrona, erano ancora un po’ incerte e ogni tanto cedevano sotto il suo peso, mentre la creatura si divertiva a far uscire e ritrarre gli artigli. La cosa che lasciò di sasso Eruannie fu la caratteristica della testa della lucertola: era adornata da due corna robuste che demarcavano l’appartenenza della bestia alla razza dei Draghi. Quello che la guerriera si era ritrovata tra le mani altri non era se non il figlio di Smaug.

L’elfo femmina inarcò il capo e con una mano sollevò l’esserino prendendolo per la coda. Questo si dibatté leggermente ed emise un piccolo verso di sorpresa e di felicità, cose mai appartenute al padre. La guerriera portò il cucciolo più vicino al suo viso per poterlo osservare meglio. Aveva ancora qualche pezzetto di guscio attaccato alle sottili membrane delle ali e glieli tolse come una madre premurosa, nonostante fosse ancora abbastanza sconcertata per il suo incontro.

Qualcuno al suo fianco si schiarì la voce, attirando l’attenzione di Eruannie su di sé. Il re di Imladris la guardava dall’alto della sua posizione, tenendo le braccia unite in grembo.

<< Fratello>> disse semplicemente lei, accennando ad alzarsi. Lasciò cadere il draghetto sul suo petto e si aggrappò alla sporgenza della tavola di pietra che la sosteneva.

Il re si sporse verso di lei e l’aiutò a mettersi seduta, mentre la creatura verdastra le si accoccolò in grembo esalando un piccolo sospiro. Elrond inarcò un sopracciglio osservando la lucertola sputafuoco e poi concentrò la sua attenzione sulla sorella, la quale continuava a guardarsi intorno cercando di capire quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva potuto vedere qualcosa o qualcuno.

<< Sei a Imladris, e sta per iniziare l’autunno dell’anno 3018 della Terza Era>> l’elfo femmina lo fissò di sottecchi, come per chiedergli se fosse per caso impazzito.

<< So dove siamo, quanto all’anno non credevo di aver dormito solo 76 anni>> la guerriera posizionò i piedi nudi sul pavimento in pietra della cripta e rabbrividì leggermente al contatto freddo con la roccia. Con una mano sostenne il cucciolo e con l’altra si lisciò i lunghi capelli corvini. Mosse prima un piede sondando il terreno, riabituando le sue gambe a sostenere il peso del suo corpo. Elrond osservava i passi che la sorella compiva, attento che non cadesse. Gli sembrò di essere tornato a quando le insegnava a camminare da bambina e si premurava che non si facesse male. Ma la guerriera non era più la sua piccola ed innocente sorellina, un tesoro prezioso da proteggere. Era adulta e aveva affrontato esperienze strazianti sotto ogni punto di vista. Il drago ronfava cullato dal movimento della sua padrona, la coda attorcigliata su un braccio e la testa tra le zampe. Eruannie afferrò una torcia appesa all’ingresso della stanza di pietra e si inoltrò nella cripta, seguita dal fratello.

Vedeva la timida luce del sole che stava sorgendo su quel nuovo giorno e si avvicinò all’uscita da cui proveniva. Non c’erano problemi ad affollarle la mente. Per una volta, dopo la morte di Thorin, la tristezza non stringeva il suo cuore e la rabbia non le faceva ribollire il sangue nelle vene. Un piede sfiorò il primo gradino della scala in pietra e si bloccò, incerta sul da farsi. Che mondo avrebbe trovato una volta uscita? Era cambiato da quando si era addormentata, ma che tipo di minaccia incombeva su di loro?

Suo fratello le diede una leggera spinta di incoraggiamento, tenendo la mano sul fianco della sorella e osservando i suoi movimenti. Eruannie si appoggiò alla parete di pietra che si faceva strada nella cripta andando verso l’alto, sempre più su, incontro alla luce e alla vita.

Salì i gradini e si ritrovò nel mezzo della foresta di Imladris, era l’alba e gli abitanti del bosco si erano svegliati da poco. I forti cinguettii degli uccelli le solleticarono le orecchie a punta, il gorgogliare del Bruinen le giungeva sempre più forte. Sentiva gli scoiattoli che sbattevano le ghiande contro i tronchi degli alberi per assicurarsi che fossero buone da mangiare. I cervi correvano indisturbati saltellando qua e là alla ricerca di un posto tranquillo dove fermarsi a brucare un po’ d’erba. Il vento soffiava leggero sulla sua pelle senza scompigliare i suoi capelli leggermente mossi e portava con sé il suono dei pesci che si tuffavano nel fiume.

La guerriera socchiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e beandosi dei timidi raggi di sole che, insinuandosi oltre le fronde degli alberi, le illuminavano il volto. Sotto i piedi sentiva il terreno umido di rugiada e l’erba le solleticava le caviglie. Riaprì gli occhi e si voltò verso il fratello, osservandolo con ammirazione. Erano passati 76 anni da quando aveva visto un’altra persona. Anche se per lei era come se fossero passati pochi secondi, era comunque una cosa a cui dovette riabituarsi.

<< Perché mi hai risvegliata, fratello?>> chiese infine, dopo un’attesa che parve interminabile. Il sovrano di Imladris le fece cenno di dirigersi verso l’interno e le porse un braccio per aiutarla nella camminata.

<< Una minaccia incombe sulla Terra di Mezzo>> iniziò con tono grave, come se l’oscurità che Eruannie percepiva aleggiare sul mondo si fosse inoltrata anche nel suo cuore. Accettò il braccio che il fratello le porgeva e si incamminarono verso l’Ultima Casa Accogliente.

<< L’Unico è stato ritrovato e ora il suo padrone Sauron va cercandolo con determinazione, pronto a uccidere pur di riavere con sé quel potere>> la guerriera parve stupita da quell’affermazione. Era così dunque. Elrond l’aveva risvegliata per combattere un’ultima volta contro l’Oscuro Signore di Mordor.

<< Una guerra si avvicina a noi, nessun popolo libero verrà risparmiato>> Eruannie annuì, dovevano mobilitare immediatamente tutte le loro forze e contrastare quel Male una volta per tutte.

<< Hai riunito le casate degli Elfi? Dobbiamo preparare una strategia, allearci con gli altri popoli e combatterlo tutti insieme. Non commetteremo lo stesso errore di Isildur, fratello>> il re fermò il suo passo costringendo anche la guerriera ad arrestarsi. Si voltò verso la sorella e le sorrise debolmente.

<< Sei rimasta nel Sonno Eterno a lungo, sorella mia. Gli elfi hanno lasciato queste terre, pochi della nostra specie sono rimasti e presto partiranno anche questi ultimi per Valinor>> riprese il cammino, mentre sul volto della guerriera comparve un’ombra di stupore e fastidio. Come avevano potuto reagire con la fuga? I suoi simili si erano dimostrati egoisti, lasciavano la Terra di Mezzo al suo fato senza dare una possibilità ai popoli liberi di difendersi e combattere il Male.

<< Non combatteranno? Ma…>> le proteste di Eruannie furono bloccate da una mano del fratello, che le impedì di proseguire con il suo sdegno.

<< Non possiamo giudicare coloro che hanno deciso di lasciare questa terra. È stata una loro scelta, così come la nostra di restare e resistere all’Oscurità>> la sorella annuì, comprendendo che le parole di Elrond erano veritiere. Erano liberi e per questo potevano permettersi la possibilità di scegliere un altro fato, ciononostante lei avrebbe combattuto dando tutta se stessa per salvare la Terra di Mezzo. Quel mondo le aveva dato tanto quanto le aveva tolto, non poteva permettere all’Ombra di Sauron di renderla oscura e inospitale e rendere schiave le creature che vi abitavano.

Arrivarono al palazzo di Elrond e gli elfi li guardarono incuriositi, non si vedeva tutti i giorni un elfo femmina che sbucava dalla foresta, per di più con in braccio un drago. Presero le scale che portavano agli alloggi del re, mentre la guerriera accarezzava dolcemente il cucciolo che teneva in grembo e questo si stiracchiava leggermente.

<< Dimmi, fratello. Dove sono i miei nipoti?>> chiese spostando la sua attenzione sul volto del Re, indurito dagli anni.

<< Elladan ed Elrohir sono appena tornati dal Nord e stanno riposando nelle loro stanze>> l’Elfa annuì, erano giunti nel lungo corridoio che metteva in comunicazione le stanze del re con quelle degli altri componenti della famiglia reale.

<< E Arwen?>> chiese indicando con un movimento degli occhi il patio dove soleva leggere la nipote.

<< Riposa. Quest’oscurità la rende ogni giorno più debole>> Eruannie inarcò un sopracciglio. Arwen era una mezz’Elfa, la parte immortale avrebbe dovuto preservarla da quel male. Il re sospirò e proseguì verso la porta di quercia che si apriva sull’atrio della sua camera. La sorella entrò senza farselo ripetere e si accomodò su una delle morbide poltrone in velluto.

Il re si avvicinò al caminetto sul quale bolliva un calderone di acqua. Ne versò un po’ in una teiera e lasciò delle foglie in infusione.

<< Ebbene? Perché Arwen si sta indebolendo?>> l’Elfa prese la tazza di tè che il fratello le stava porgendo, il vapore che saliva dall’infuso fece svegliare il drago che fino a quel momento giaceva indisturbato sul suo grembo. Osservò il liquido con curiosità e allungò il collo verso la tazza. Eruannie rise e se la portò alle labbra, sorseggiando e lasciando che l’intruglio le rilassasse la muscolatura ancora intirizzita per il lungo riposo.

<< Ricordi Estel?>> l’Elfa annuì, si ricordava fin troppo bene del suo pupillo. Lo aveva addestrato lei non appena il ragazzino fu in grado di tenere in mano un’arma. Suo fratello le aveva raccontato che era giunto da loro con la madre dopo che il padre era stato ucciso dagli orchi. Le aveva rivelato che era figlio di Arathorn e che prima della sua morte avevano viaggiato con i Raminghi del Nord a cui si erano uniti anche i gemelli. Ma la guerriera non riuscì a comprendere come quel ragazzino che aveva preso sotto alla sua ala prima di addormentarsi nel Sonno Eterno potesse c’entrare qualcosa con Arwen e la sua salute.

<< Mia figlia se ne è innamorata e ha deciso di rinunciare all’immortalità per lui>> Eruannie per poco non si strozzò con il tè e ringraziò i Valar che i draghi non potevano ustionarsi. Nel tentativo di ricomporsi aveva rovesciato la bevanda addosso al cucciolo, il quale non aveva tardato a leccarsela via, compiaciuto di quella nuova scoperta. Elrond le porse un tovagliolo per asciugarsi e si lisciò i capelli in attesa di un confronto con la sorella.

<< Arwen ha fatto cosa?>> l’Elfa lasciò trasparire un accenno di sorpresa e dissenso nei confronti della scelta della nipote.

<< Credimi, sono contrariato tanto quanto te>> il re parve indispettito da quell’argomento di discussione, ma ormai la frittata era fatta.

<< Come hai potuto permettere una cosa del genere?!>> aveva alzato la voce e il re poté notare che, nonostante avesse rinunciato alla parte nanica, la sua indole non era cambiata affatto.

<< Ha avuto un ottimo esempio da cui prendere spunto, se proprio lo vuoi sapere…>> l’elfo seguì la sorella con lo sguardo. Si era alzata e il draghetto le si era arrampicato sulla spalla, attorcigliando la coda al braccio. La creatura emise un piccolo verso soddisfatto mentre osservava la scena.

<< Se stai alludendo al fatto che io ho rinunciato a una parte di me pur di salvare qualcuno che amavo, credo che tua figlia abbia sbagliato a interpretare le mie azioni>> camminava avanti e indietro per la sala del re, lisciandosi i capelli in maniera compulsiva. Il vestito azzurro che ondeggiava ai suoi piedi e le orecchie a punta più tese che mai per il nervoso.

<< A lei non importa, ho provato a dissuaderla più volte, ma non mi dà ascolto>> la guerriera vide con la coda dell’occhio che il re aveva depositato la sua tazza ormai vuota sul tavolino che divideva le loro poltrone.

<< Ma non ti ho risvegliata per discutere delle decisioni sconsiderate di mia figlia>> Eruannie annuì e riprese posto davanti al fratello.

<< Sauron. Cosa posso fare, El?>> la guerriera osservava il re in attesa di ulteriori chiarimenti riguardo al piano per sconfiggere l’Oscuro.

<< Ho indetto un Consiglio. Parteciperanno i rappresentati di tutti popoli liberi e insieme decideremo sulle sorti dell’Anello>> decretò l’elfo, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso una scrivania piena di pergamene e libri.

<< Gandalf ha dato l’incarico a uno hobbit della Contea di portare qui l’Anello>> afferrò una mappa e tornò dalla sorella porgendogliela.

<< Contea…Bilbo?>> chiese lei aggrottando la fronte. Lo hobbit doveva già essere morto considerando che aveva già una cinquantina d’anni quando si erano conosciuti.

<< Frodo>> la corresse il fratello con un sorriso leggero sul volto. Eruannie si allungò verso il parente e gli prese le mani tra le sue.

<< Dimmi tutto>> lo incalzò lei, avvicinandosi di più per non perdersi neanche un particolare. L’elfo le raccontò che, dopo essere tornato a casa Baggins, Bilbo vi aveva vissuto fino a raggiungere la veneranda età di 111 anni. Eruannie ne rimase affascinata, i Valar dovevano aver concesso una vita così lunga al mezz’uomo per il coraggio dimostrato ad Erebor. Ma Elrond la mise in guardia, Bilbo era vissuto tanto solo grazie ad un anello che aveva trovato sulle Montagne Nebbiose. La guerriera non riusciva a comprendere, non ricordava di aver mai visto un tale gingillo al dito di Bilbo. Il re le spiegò che lo hobbit era stato furbo e lo aveva nascosto a tutti quanti, persino Gandalf non si era reso conto di trovarsi di fronte all’Unico. Aveva tranquillizzato lo stregone dicendogli che era un semplice anello, ma lui non si era fatto ingannare e aveva messo in guardia il mezz’uomo sul pericolo di utilizzare degli anelli magici senza giudizio. Dopo tutti quegli anni l’Anello si era destato e aveva iniziato a chiamare il suo padrone a sé. Sauron aveva dunque messo in campo i suoi servitori più fedeli: i Nove. Gandalf aveva avvertito il giovane Frodo, al quale Bilbo aveva lasciato l’Unico prima di raggiungere gli elfi, di lasciare la Contea e dirigersi verso Gran Burrone per allontanare dagli hobbit la minaccia di Sauron. Bilbo era partito diciassette anni prima alla volta di Erebor, voleva vedere la Montagna Solitaria un’ultima volta. Dopo aver fatto visita ai loro vecchi compagni si era stabilito a Gran Burrone, per vivere il resto dei suoi giorni e terminare il suo libro.

<< Quindi Bilbo è qui?>> chiese quasi senza fiato l’Elfa, stringendo un poco le mani del fratello che annuì semplicemente. Un grande sorriso si fece strada sul volto di Eruannie, ma il re aveva ancora altro da aggiungere.

<< La guerra che si avvicina sarà devastante, il tempo degli elfi è giunto al termine. Io non mi opporrò se decidessi di partire per Valinor>> ma nel profondo sapeva che nessuno avrebbe allontanato la sorella da una battaglia, soprattutto se significava distruggere per sempre il vero responsabile della morte di Thorin.

<< Io partire per Valinor? Ti ricordo, caro fratello, che è proprio per evitare quel posto che ho deciso di addormentarmi nel Sonno Eterno>> la guerriera lasciò le mani del re e si alzò, dirigendosi verso la porta.

<< Bilbo alloggia nell’ala riservata agli ospiti, sono sicuro che non faticherai a trovarlo>> Eruannie non poté vedere il volto del fratello, ma sapeva con certezza che stava sorridendo. La guerriera di Imladris era finalmente tornata e il Nemico doveva stare ben attento alle proprie mosse.

Una volta uscita non ci pensò due volte e corse verso l’ala est, salutando con un cenno del capo gli elfi che incontrava. Non stava nella pelle, voleva riabbracciare il suo vecchio amico di avventure e presentargli il suo cucciolo, forse l’avrebbe aiutata a trovargli un nome.

Il sole era ormai alto nel cielo, doveva essere quasi mezzodì quando Eruannie bussò con impazienza alla porta dello hobbit, passandosi una mano tra i capelli corvini che, illuminati dalla luce del giorno, sembravano quasi assumere una sfumatura color mogano. Quando la porta si aprì quello che si ritrovò davanti Eruannie era un simpatico vecchietto dai capelli bianchi che ricadevano in piccoli boccoli sulle spalle. Indossava vestiti hobbit, con un panciotto rosso adornato da splendenti bottoni dorati e delle ampie tasche dove teneva le mani. Il mezz’uomo osservò la giovane per qualche istante prima di aprirsi in un grande sorriso seguito da una risatina gioiosa.

<< Eruannie! Mia cara ragazza!>> allargò le braccia e si gettò contro le gambe della vecchia amica, cingendole la vita per quanto poteva. L’Elfa non ci pensò due volte e si inginocchiò a ricambiare l’abbraccio dell’amico, il quale rimase alquanto stupido dal vedere la creatura che se ne stava appollaiata sulla sua spalla e che lo annusava curioso.

<< Bilbo, amico mio>> sussurrò lei, stringendo l’amico per quanto possibile. Sentì il drago fare un piccolo starnuto e si ricordò solo allora della sua presenza.

<< E questo chi sarebbe?>> chiese lo hobbit sorpreso, osservando il rettile che lo guardava con la testa piegata da un lato.

<< Lui è…beh, non ho ancora trovato un nome. È il figlio di Smaug>> la guerriera si affrettò a sostenere il mezz’uomo che dopo quella notizia si era allontanato in fretta.

<< Se allevati con le giuste regole, i draghi sono buoni>> spiegò lei, mentre avvicinava una mano al cucciolo e gli consentiva di salirvi sopra. Una volta accomodato sul palmo lo portò davanti a sé, permettendo a Bilbo di osservarlo più da vicino.

<< Ma…non pensi che abbia comunque una parte malvagia?>> lo hobbit lo analizzò minuziosamente e il draghetto si mise in una posa regale come se dovesse ricevere un giudizio.

<< Tutti abbiamo una parte malvagia, Bilbo>> l’Elfa allungò la mano dove sostava il drago verso le piccole mani dello hobbit, lasciando che vi scivolasse sopra.

<< Spetta a noi scegliere se farla prevalere o meno>> terminò, osservando il cucciolo che si accoccolava sui palmi del mezz’uomo che, intimorito, continuò a guardarlo con circospezione. Dopo qualche secondo di attesa carica di tensione, il draghetto fece un verso buffo che fece ridere i due amici.

<< Dopotutto, credo che ci sia del vero in quello che dici>> lo hobbit tornò a guardare la guerriera e una piccola lacrima si formò all’estremità di un suo occhio. L’Elfa si affrettò ad asciugargliela e a posizionare una mano sulla sua spalla.

<< Sono passati tanti anni Ann, ma io li ricordo ancora>> la guerriera annuì, per Bilbo non doveva essere stato facile. Lei si era semplicemente addormentata portandosi dietro il suo dolore e la sua rabbia, mentre tutti gli altri erano andati avanti cercando di sopportare quelle ferite che mai si sarebbero rimarginate totalmente. Purtroppo quella della guerriera era quella più difficile da curare, le aveva spezzato a metà il cuore e se avesse potuto avrebbe rinunciato direttamente alla vita. Ma i Valar le avevano fatto dono dell’immortalità, così si era limitata a cadere nell’oblio, nel nulla.

<< Mi manca, ogni giorno. Mi mancano Fili e Kili, poveri ragazzi>> il draghetto che giaceva tranquillo tra le sue mani si sporse verso il volto dello hobbit piegando la testa di lato alla vista di una lacrima che gli solcava una guancia. Mentre la guerriera si limitava ad annuire, con la tristezza nel cuore, il rettile si allungò e leccò via la goccia salata, facendo una buffa espressione dopo che l’ebbe assaggiata.

<< Preferisci il dolce, piccolino?>> chiese la guerriera sorridendo in direzione del draghetto. Bilbo rise di gusto e le fece segno di seguirlo, era ora di pranzo dopotutto e quale hobbit che si rispetti si concede di saltare un pasto?

҉҉҉҉҉҉҉҉҉

Eruannie assaporò ogni piatto come se non avesse mangiato per anni e in effetti era proprio così. Nonostante non avesse sofferto la fame, il suo organismo aveva risentito la mancanza del puro piacere di mangiare.

Lo hobbit al suo fianco le raccontò di come, dopo la Battaglia delle Cinque Armate, si era ritirato nella sua vecchia cittadina, Hobbiville. Lì aveva vissuto in pace, sentendo sempre la mancanza lasciata dalle avventure con i nani e soprattutto soffermandosi spesso a pensare se avrebbe mai rivisto le montagne, in particolare la Montagna Solitaria. Spiegò ad Eruannie che era riuscito a ritornare ad Erebor un’ultima volta diciassette anni prima, per fare visita ai nani e lì aveva appreso che Balin era partito per riconquistare Moria. Le raccontò che il nano, insieme a Ori, Oin e ad un centinaio di altri compagni, aveva lasciato la Montagna e, dopo aver sconfitto gli orchi, era divenuto signore di Khazad-dûm, anche se erano ormai passati parecchi anni dall’ultima volta che Bilbo aveva avuto sue notizie e così anche per i nani ad Erebor.

L’Elfa volle sapere cosa ne era stato dei loro vecchi compagni e Bilbo le raccontò tra una risata e l’altra che Bombur era diventato talmente tanto grasso da dover essere trasportato da ben sei nani su una lettiga. Bifur e Bofur erano vivi e vegeti e si godevano la loro quattordicesima parte del tesoro, insieme a Dori e Nori. Dwalin, d’altro canto, viveva ancora sotto la Montagna ma si era accasato con una nana assai premurosa nei suoi confronti e avevano avuto sette figli e tre figlie. Eruannie rimase sorpresa nel realizzare che alla fine anche l’amico aveva aperto il suo cuore a qualcuno e rise pensando al nano alle prese con i suoi piccoli. Bilbo le confessò che una delle figlie l’aveva chiamata Annie in suo onore, mentre il primogenito Thorin. Alla guerriera non mancò di versare una lacrima di commozione per quel pensiero gradito.

Il pranzo si fece interessante quando Glorfindel, sempre bello come il sole, apparve alla corte di re Elrond con un il suo solito fascino come unico gioiello e rimase a fissare l’Elfa non appena la notò.

<< Sei sveglia>> asserì facendole alzare un sopracciglio. La guerriera indicò un posto libero al suo fianco e lui le si avvicinò, inchinandosi leggermente per salutarla. Stava per sedersi, quando la vista della creatura che infilava la testa nel calice davanti a lui lo fece arrestare.

<< Cosa sarebbe quella bestia?!>> tuonò l’elfo, leggermente sorpreso e anche un po’ disgustato dal fatto che il draghetto stesse letteralmente bevendo del vino elfico tra i più pregiati, per di più direttamente dal bicchiere! Eruannie rise e depositò una leggera carezza sul dorso del cucciolo.

<< Lui, Glorfindel, è il figlio di Smaug>> il cavaliere sembrò divenire più bianco del normale e aggirò il tavolo con circospezione, tenendo sott’occhio la creatura. Questa, come se avesse capito che stessero parlando di lei, alzò il muso dal calice e passò la lingua lungo i piccoli canini aguzzi che adornavano la sua bocca.

<< Sono esseri pericolosi, perché te lo fanno tenere?>> l’Elfa sbuffò, alzandosi e fronteggiando l’amico millenario.

<< Lo alleverò io, sarà una potente arma contro l’Oscuro>> sentenziò lei con una punta di acidità nella voce. La guerriera aveva scelto la sua parte elfica, ripudiando la mortalità e tutto ciò che riguardava il fisico dei nani, ma aveva mantenuto il suo carattere spavaldo e orgoglioso, per non parlare della sua testardaggine ereditata sicuramente dalla sua parte nanica.

Glorfindel lanciò alla creatura uno sguardo di disgusto e tornò a concentrarsi sulla guerriera. Era felice che avesse deciso di unirsi alla Guerra per la Terra di Mezzo, anche se forse sarebbe stato più corretto dire che lo aveva deciso Elrond risvegliandola, ma era pur sempre una grande risorsa per le loro armate in quel momento più che mai scarne.

L’Elfa tornò a sorridergli e gli gettò le braccia al collo, stringendolo in un abbraccio stritolatore. Era stato lui a insegnarle tutto quello che sapeva sul combattimento e sulla storia di Arda.

<< Sono contento di rivederti ancora una volta, Eruannie la guerriera. Anche a te spetta una parte in questa avventura>> l’Elfa aggrottò la fronte non capendo se l’avventura a cui si riferiva Glorfindel fosse la guerra che incombeva su di loro o altro. In quel caso l’elfo aveva scelto un termine assai bizzarro.

<< Anche io>> sussurrò lei, tornando al suo posto e sorseggiando dallo stesso bicchiere dove poco prima il drago era immerso.

<< E ha già un nome?>> chiese dubbioso, indicando il cucciolo che gli si era subito avvicinato una volta preso posto. Eruannie scosse la testa in segno di diniego, non aveva ancora avuto il tempo per pensare a un nome e non sarebbe stato facile sceglierlo. I nomi dei draghi rappresentavano tutti la loro forza e la loro lealtà all’Oscurità, per il suo piccolo amico doveva trovarne uno più degno.

<< Che ne dici di “Ûr-Thalion”?>> il drago fece correre lo sguardo dall’elfo alla guerriera che sembrò pensarci su un attimo, poi si rivolse direttamente al rettile.

<< Sei d’accordo, ti piace Ûr-Thalion?>> chiese osservandolo, mentre questo faceva oscillare la lunga coda da una parte all’altra. La guerriera sorrise compiaciuta e tornò a conversare con Glorfindel.

Quel giorno era nato l’Eroe del Fuoco.

 

 

Ûr: fuoco

Thalion: eroe

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II

CAPITOLO II

Una volta terminato il pranzo, Eruannie si congedò e si avviò verso la sua vecchia stanza, nell’ala della famiglia reale. Voleva abbandonarsi a un bagno ristoratore e cambiarsi di abito, poi avrebbe accompagnato Bilbo per una passeggiata nella foresta. Come le aveva ricordato lo hobbit, il cucciolo di drago aveva bisogno di imparare a procurarsi da solo il cibo o una volta cresciuto non sarebbe sopravvissuto. La bestiolina fino a quel momento non aveva fatto altro che sonnecchiare e scoprire quel nuovo mondo in cui si era ritrovato, ma in quanto a fame non si era ancora lamentato. Eruannie incontrò un paio di elfi che sgattaiolavano fuori dalle sue stanze, Elrond le aveva sicuramente mandate a sistemarle per lei e fu grata al fratello per questo pensiero. Notò con piacere che l’anticamera era rimasta intoccata: le poltrone e il set da tè pronti per ogni evenienza, la piccola libreria in ordine e il caminetto era stato acceso da poco per rilasciare un delizioso tepore. Proseguì verso la camera e la trovò così come l’aveva lasciata, l’armadio con i vestiti eleganti e quelli da guerriera ben separati, i pochi gioielli che possedeva chiusi a chiave in un piccolo scrigno di legno intagliato e un cesto di vimini contenente tutte le lettere non lette provenienti da Bosco Atro. Eruannie alzò gli occhi al cielo, si avvicinò alla scrivania in quercia bianca e gettò tutte le missive sul fondo di un cassetto. Dopo tutti quegli anni, il rancore e la rabbia per quello che era successo ad Erebor non erano sfumati. Con il Sonno Eterno aveva sperato di poter reprimere anche quei sentimenti negativi, ma pensò che dopotutto dimenticare il tradimento di un amico era una cosa che neanche il tempo avrebbe potuto risolvere.

Afferrò il cestino e decise che quello sarebbe stato il nuovo giaciglio del drago, almeno finché non avrebbero trovato una sistemazione più comoda. Adagiò Ûr-thalion sul fondo della cesta e l’appoggiò sulla cassapanca ai piedi del suo letto. Prese un respiro profondo e si affrettò verso la zona bagno, dove le domestiche le avevano preparato una vasca ricolma di acqua bollente con petali di rose. Si liberò del vestito che indossava da ben settantasei anni e si immerse nel liquido. Rabbrividì leggermente per il contrasto con l’aria esterna ma si abituò subito alla differenza di temperatura, lasciando che il potere rilassante dell’acqua sciogliesse i muscoli intorpiditi. Chiuse gli occhi e cercò di svuotare la mente e concentrarsi sul canto degli uccellini che popolavano Imladris, sullo scrosciare del Bruinen e sul fruscio prodotto dal vento che solleticava le foglie. Dopo aver dormito per quasi ottant’anni non si accorse nemmeno di cadere in un sonno che, dopo così tanto tempo, le regalava dei sogni.

Dopo anni si ritrovò di nuovo a Colle Corvo, immersa dalla nebbia. Legolas la stringeva tra le braccia, impedendole di cadere a terra. Si sentiva vuota, non sentiva più nessun suono della battaglia, il freddo non l’avvolgeva più facendola rabbrividire, il suolo sotto i suoi piedi era sparito. Voleva lasciarsi andare e magari finire nel dirupo che distava pochi passi da loro. Il ghiaccio su cui si trovavano stava per sgretolarsi e l’elfo cercò di scuoterla leggermente per farle capire che dovevano spostarsi.
Il suo corpo però non le apparteneva più, era ferma su quel crinale e voleva solo che l’acqua gelida la portasse via. I nani avevano trasportato il corpo senza vita di Thorin su una sporgenza lì vicina e stavano piangendo la morte del loro re, ma Eruannie non trovava la forza nemmeno per piangere.

Legolas la fissava con i suoi splendidi occhi azzurri ed Eruannie voleva farglieli saltare fuori dalle orbite per averla fermata, per averle impedito di correre dal nano quando Azog stava per trafiggerlo. L’urlo di dolore che aveva lanciato vedendo quella scena aveva risuonato in tutta la valle, facendo stringere il cuore di qualsiasi creatura l’avesse udito. Gli occhi della guerriera erano vuoti, privi di qualsiasi sentimento e l’elfo non riuscì a scorgervi nemmeno l’accenno di un’emozione.

La sollevò di peso, mentre tutto quello che voleva lei era essere lasciata lì a morire congelata, perché era quello che si sarebbe meritata per non averlo salvato. La portò sulla stessa sporgenza dove i nani si erano radunati e la fece sedere con la schiena contro alla parete ghiacciata della fortezza. I singhiozzi dei membri della Compagnia arrivarono alle orecchie dell’Elfa come ovattati, nonostante avesse ormai acquisito tutti i tratti degli elfi, udito compreso. I suoi occhi schizzarono sul volto di Legolas, il quale, per tutta risposta, le lanciò un timido sorriso. Prima che potesse prevedere le sue azioni, l’Elfa si alzò e con un balzo scaraventò l’amico a pochi passi da lei, lasciandolo molto stupido per quel gesto.
<< È tutta colpa tua, principino dei miei stivali!>> la voce era rotta dal dolore che provava, un male talmente profondo da sgretolarla piano piano dall’interno.
<< Non dovevi impedirmi di salvarlo, ora pagherai insieme a me il prezzo di questa tua azione>> furono le ultime parole che rivolse all’elfo, prima di voltarsi e trascinarsi verso il corpo senza vita di Thorin.

Come se il suo corpo avesse avvertito il dolore di quel ricordo, Eruannie si risvegliò nella sua vasca con l’acqua che era ormai diventata fredda, ricordandole il clima pungente del suo sogno.

Una lacrima le solcò una guancia mischiandosi con l’acqua del bagno, il dolore per la morte del nano si era sicuramente attenuato grazie al Sonno Eterno, ma non era sparito del tutto. Un movimento alla sua destra la distolse da quei pensieri e l’Elfa si concentrò sulla piccola figura che aveva appena immerso la testa nel liquido profumato che avvolgeva il suo corpo. L’immagine di Ûr-thalion che si schiantava nella vasca e cercava poi di uscirne disperatamente le provocò una risata sincera. Allungò una mano e aiutò il draghetto a uscire, seguendolo poi a ruota.
<< Ai draghi non piace fare il bagno, temo>> spiegò teneramente, mentre il cucciolo si scrollava di dosso il liquido e osservava la padrona con la testa piegata di lato. La guerriera si avvolse in un panno appeso al muro alle sue spalle e gli fece segno di seguirla in camera. Si spazzolò i lunghi capelli corvini mentre guardava fuori dalla grande finestra che dava sui giardini privati della famiglia reale, scorgendovi l’elegante figura di Arwen accompagnata da un uomo. Eruannie si appoggiò al davanzale, seguita dal draghetto che con un rapido salto l’aveva raggiunta e scrutava anche lui la coppia.
<< Quello deve essere Estel…>> sussurrò al cucciolo, che fece saettare il suo sguardo dalla padrona ai due giovani amanti. L’Elfa scosse il capo contraria alla decisione della nipote di rinunciare all’immortalità per amore. Aveva provato quel sentimento una volta e tutto ciò a cui esso aveva portato era un dolore eterno.
<< Beh, è cresciuto>> il viso dolce del ragazzino che si ricordava aveva lasciato posto al volto di un uomo maturo, una barba scura gli circondava le guance e il mento, unendosi ai baffi della medesima lunghezza. Due occhi azzurri rendevano il suo volto ancora più bello da guardare e uno strano sentimento si fece strada nel cuore dell’Elfa quando l’uomo prese la mano di sua nipote e se la portò al cuore, come se stesse per farle una solenne promessa. Anche lei era stata innamorata come loro un tempo, un amore puro e dolce che le era stato strappato via troppo presto. Il drago si accoccolò posando la testa sul grembo di Eruannie e questa gliela accarezzò affettuosamente. I due innamorati si diedero un tenero bacio, poi l’uomo si voltò e se ne andò, lasciando sola Arwen che si ritirò nelle sue stanze dopo averlo guardato andare via.

Eruannie doveva parlarle, farle capire che stava commettendo un grave errore e che lui sarebbe morto, un giorno o l’altro, lasciandola sola con un dolore insormontabile. Prima che potesse prendere qualsiasi decisione qualcuno bussò alla sua porta e grazie ai suoi sensi affinati capì che si trattava di suo fratello. Si infilò una vestaglia e andò ad aprire con il drago alle calcagna.
<< Vestiti con indumenti da viaggio, sorella. Andrai con Aragorn a Brea>> l’Elfa inarcò un sopracciglio non comprendendo la frase del fratello.
<< Partirete tra dieci minuti>> e con un cenno del capo si congedò senza darle ulteriori spiegazioni. Lei e il draghetto si scambiarono uno sguardo e lesse negli occhi del cucciolo le stesse domande che si stava ponendo lei stessa. Perché tutta questa fretta e soprattutto perché Brea?

D’altro canto sapeva benissimo che Elrond non le assegnava missioni per nulla, così indossò i suoi pantaloni di velluto marroni, una casacca verde e una giacca del medesimo colore dei pantaloni. Si legò la cintura con il fodero della spada in vita e si infilò gli stivali neri da cavalcata. Non avrebbe avuto il tempo di andare in armeria per farsi rifornire, così decise di portare con sé solo la sua spada che avevano deciso bene di custodire in una piccola teca accanto al suo letto. Sperò fosse ancora affilata, ma ci avrebbe pensato una volta arrivata a Brea. Si accovacciò lasciando salire il draghetto sul palmo della sua mano e questo andò a posizionarsi sopra la sua spalla, attorcigliando la coda attorno al suo braccio.

Giunse alle stalle poco dopo e notò un piccolo gruppo di elfi che si era riunito per salutare lei e un uomo incappucciato già in sella al suo baio. Elrond le indicò con un cenno del capo un palafreno color sabbia, privo di briglie o altre costrizioni usate dagli umani. Afferrò tra le mani un ciuffo della criniera del nuovo amico e si issò facendo leva sulle braccia. Notò con piacere che, nonostante l’inattività degli ultimi settant’anni, era ancora in forma.
<< Vi dirigerete a Nord, a Brea incontrerete il Portatore e lo condurrete sano e salvo nei nostri confini>> le spiegò Elrond, aiutandola a montare in groppa al destriero. Eruannie annuì e lanciò un’occhiata al suo compagno di viaggio, con il volto ancora celato da un cappuccio. riconobbe in lui i lineamenti della stirpe dei Dùnedain.
Il Re tirò leggermente la casacca della sorella, richiamando la sua attenzione.
<< Dovete essere veloci e discreti. Gandalf è giunto nel primo pomeriggio con delle brutte notizie, purtroppo>> a sentire il nome dello stregone gli occhi della guerriera si illuminarono di gioia, ma dovette tenersela tutta per sé.
<< Quando tornerai ti spiegherò, bad-na meleth Valar!>> diede una piccola pacca sul posteriore dell’animale e questo partì al galoppo, inseguito dal baio di Aragorn. Mentre lasciavano Imladris, Ûr-thalion emise un lungo ruggito gracchiante, come saluto alla vallata in cui era nato.

҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉҉

 

Cavalcarono per diverse ore e poco dopo il tramonto decisero di fermarsi a riposare, nonostante Eruannie avrebbe continuato ancora. L’uomo non era di molte parole e la guerriera si chiese cosa ci trovasse in lui sua nipote. Si ritrovò a pensare che i loro incontri dovevano essere assai noiosi. Il draghetto riposava sereno tra le sue gambe incrociate, mentre i due mangiavano del Lembas in silenzio. Eruannie alzò gli occhi al cielo, si era stufata di tutta quelle quiete, voleva estorcere all’uomo quante più informazioni poteva per capire cosa avesse spinto la nipote a rinunciare all’immortalità.
<< Non so se ti ricordi di me, ero solo un ragazzino quando ti sei addormentata>> quasi come se le avesse letto nel pensiero, Aragorn iniziò una conversazione.
<< Egli parla!>> esclamò la guerriera ridacchiando e facendo sussultare Ûr-thalion tra le sue gambe. Il draghetto le lanciò un’occhiata di rimprovero e tornò a dormire. L’Elfa fece un cenno con la mano come a sminuire quello che aveva appena detto.
<< Mi ricordo di te, Estel…>> continuò mentre l’uomo inarcava un sopracciglio, prima di mettersi ad affilare la lama della sua spada con una pietra.
<< Come potrei dimenticarmi del mio pupillo?>> chiese, indicando poi la pietra che Aragorn stava adoperando. L’uomo alzò lo sguardo e lesse negli occhi blu della guerriera un certo interesse per ciò che stava facendo. Allungò la mano con la pietra verso di lei e questa iniziò ad affilare la lama della sua arma.
<< Avevi promesso che saresti tornata per completare l’allenamento…>> l’Elfa quasi si tagliò un dito quando l’uomo pronunciò quelle parole. Aragorn notò il disagio della guerriera e si alzò con l’intenzione di svolgere lui il lavoro di affilatura. Eruannie non vi prestò attenzione e continuò con il suo compito.
<< Beh, vedo che hai portato a termine il tuo addestramento senza di me, non è così?>> chiese senza distogliere lo sguardo alla pietra che scorreva sul filo della lama. Non vi era risentimento nelle sue parole, solo un leggero senso di nostalgia. Odiava lasciare le cose fatte a metà e con l’allenamento di Estel era andata così. D’altra parte, l’uomo sapeva in cuor suo che la maestra non lo avrebbe mai abbandonato senza una valida motivazione.
<< Beh, avremo modo di parlarne, suppongo. Ma ora la cosa che più mi incuriosisce è quel drago>> disse indicando la creatura che sonnecchiava tra le gambe della guerriera, mentre lui tornava a sedersi al suo posto.
<< È il figlio di Smaug, ma devo avvertirti che non tutti i draghi sono malvagi come si vuol far credere>> Aragorn corrugò la fronte e si perse a fissare il draghetto.
<< Vedi, secondo i racconti, i draghi furono creati da Morgoth per contrastare la potenza degli elfi. Ma il primo Oscuro Signore non aveva tale potere, bensì riuscì a corrompere le loro anime. Li allevò come armi di distruzione supreme, avvelenando i loro cuori e costringendoli a compiere atti disdicevoli>> l’uomo sembrò molto interessato a quel racconto. Si tolse gli stivali e adagiò la schiena contro al tronco dove era precedentemente seduto. Frugò nella sua bisaccia e iniziò a prepararsi la pipa, mentre la guerriera proseguì con il suo racconto.
<< Dunque, se i draghi nascono lontano dall’Oscurità e vengono cresciuti e allevati con amore, capisci bene come potrebbe esserci d’aiuto questo piccoletto?>> chiese infine, terminando la sua affilatura e restituendo la pietra al proprietario. L’uomo annuì e tirò una boccata dalla sua pipa, facendosi invidiare dall’Elfa. La prima cosa che avrebbe fatto a Brea sarebbe stato procurarsene una, con tanto di una bella dose di Erba Pipa.
<< Ora tocca a me farti una domanda, Aragorn>> l’uomo alzò un sopracciglio colto di sorpresa. Cosa voleva sapere quella guerriera elfica da un povero Ramingo come lui?
<< Perché permetti a mia nipote di lasciarsi morire in quel modo?>> questa domanda gli trafisse il cuore come una spada arroventata. Deglutì e si sistemò meglio contro il tronco. Tirò una lunga boccata dalla pipa prima di risponderle.
<< Lei è libera di scegliere ciò che il suo cuore desidera e se questo contempla una vita da mortale con me, dovete lasciarle compiere tale scelta>> Eruannie rimase sorpresa da quella risposta, l’uomo l’aveva colpita. Sentiva purezza nel sentimento che lo legava a sua nipote.
<< Se l’ami davvero, non dovresti permetterle questo>> Aragorn scosse il capo leggermente e puntò i suoi occhi grigi in quelli dell’Elfa.
<< Non è in vostro potere decidere cosa è meglio per Arwen, né tanto meno mettere in discussione il sentimento che ci lega>> Eruannie  si pentì di aver desiderato intraprendere una conversazione con quell’uomo.
<< Cosa ne puoi sapere dell’amore, mortale?>> chiese con un accenno di disprezzo nella voce, mentre si alzava tenendo la spada in pugno. Gli occhi dell’uomo corsero velocemente all’elsa della sua arma, ma nello sguardo dell’Elfa non vi era nessuna intenzione di attaccarlo.

<< Te lo dico io, niente! La tua vita è troppo breve per poterti illudere di provare un tale sentimento. Dimmi, saresti disposto a morire per lei? Saresti disposto a rinunciare a tutti gli anni che ancora ti restano pur di saperla salva?>> la guerriera lasciò quelle domande a dissolversi nel venticello che si stava alzando, mentre voltò le spalle all’uomo prima di arrampicarsi su un basso ramo di un albero.
<< Dormi pure, umano. Questo corpo ha riposato per troppi anni, ne ho abbastanza del sonno>> terminò quella conversazione prima di rischiare di sperimentare l’affilatura della sua lama, mentre un moto di tristezza le riempiva l’animo. Era stata dura, ma doveva convincerlo a far cambiare idea ad Arwen. Non avrebbe permesso a nessuno di coloro che amava di morire, non più. Voleva bene al marmocchio di Gilraen, ma l’istinto di protezione nei confronti di Arwen aveva preso il sopravvento sull’affetto che poteva aver provato per quel ragazzino.

Vegliò sul sonno del suo compagno di viaggio fino alle prime luci del giorno. Si stiracchiò e saltò giù dal ramo sul quale si era appollaiata, avvicinandosi silenziosamente al giaciglio dell’uomo per svegliarlo. Quando si abbassò per scuoterlo si ritrovò la lama di un coltello alla gola. Si sorprese della rapidità di Aragorn ed emise un sibilo basso che uscì come il ringhio di un gatto arrabbiato. L’uomo ritirò la lama non appena si accorse che il nuovo arrivato altri non era che l’Elfa scorbutica con cui aveva avuto il piacere di disquisire la sera precedente. La guerriera si voltò e cercò il draghetto con lo sguardo. Lo aveva lasciato accanto al fuocherello la notte prima, ma ora di lui non vi era traccia.
<< Ûr-thalion?>> chiamò come una madre preoccupata per il figlio. Fece saettare gli occhi in tutte le direzioni alla ricerca del cucciolo. Provò a guardare se si era rintanato sulla groppa di uno dei cavalli, ma non lo trovò nemmeno lì.
<< Aragorn, hai visto Ûr-thalion?>> chiese rivolta all’uomo, il quale era intento a sellare il suo baio. L’uomo scosse la testa e iniziò anche lui a cercare il drago con lo sguardo. 
Un senso di malessere si fece strada nell’animo dell’Elfa. Come aveva fatto a non sentirlo mentre si allontanava? Magari qualcosa lo aveva attirato e si era perso. Mille pensieri affollarono la sua mente, mentre i suoi occhi correvano alla ricerca disperata del draghetto. 
Un rumore alle sue spalle la fece voltare, mentre in un lampo aveva estratto la spada dal fodero e si preparava a scontrarsi con un potenziale assalitore.
Una piccola figura verde con sfumature nere le trotterellò incontro felice. Sul volto del draghetto vi era un’espressione soddisfatta, mentre portava alla sua padrona un topolino appena cacciato. L’Elfa emise un sospiro di sollievo prima di abbassarsi e confrontarsi con il cucciolo. Esaminò la sua preda mentre questo si passava la lingua sui piccoli ma affilatissimi dentini, in attesa di un complimento da parte della padrona.
<< Ma che bravo cucciolotto che sei stato! >> Aragorn inarcò un sopracciglio a sentire la voce della guerriera. La forte e potente Eruannie che utilizzava quel tono per parlare con un drago lo avrebbe fatto ridere a crepapelle fino al giorno successivo, ma sapeva benissimo che con lui non sarebbe stata tanto dolce come con il drago.
<< Ti ringrazio, Ûr-thalion, ma ho già fatto colazione. Mangialo tu!>> il cucciolo emise un verso di felicità e prese al volo il topo morto che la padrona gli lanciò, inghiottendolo in un sol boccone e succhiando la coda con gusto.
<< Aveva fame, mi stavo giusto chiedendo se avesse voluto rosicchiarmi il dito di un piede durante la notte>> la guerriera tornò in sé e rivolse un’occhiataccia all’uomo, il quale si era dato da fare per spegnere il fuoco senza creare troppo fumo e ora l’attendeva in sella al suo destriero.
Eruannie ripose la spada nel fodero e allungò una mano verso il draghetto. Questo non se lo fece ripetere due volte e si arrampicò fin sopra alla spalla della guerriera, prima che questa montasse in groppa al palafreno.
<< Dovremmo arrivare a Brea entro sera>> la informò Aragorn, mentre si allontanavano al passo per far abituare gli animali al loro peso.
Eruannie annuì e rivolse un’occhiata furba all’uomo che aggrottò la fronte.
<< Gara a chi arriva prima?>> disse poco prima di spronare a voce la sua cavalcatura. Nonostante detestasse che sua nipote volesse rinunciare alla sua immortalità per un semplice umano, doveva ammettere che Aragorn le stava simpatico ogni attimo di più. 
Il ragazzino che aveva lasciato settant’anni prima era diventato un grande uomo ed Eruannie lo sapeva. Non riusciva a spiegarselo, ma in lui vedeva una forza straordinaria e si sentiva come attratta dall’uomo. Non fisicamente, era un bell’uomo ma non era di certo quel tipo di attrazione. No, sapeva di potersi fidare di lui e il desiderio di seguirlo ovunque andasse e di giurargli fedeltà si faceva sempre più strada in lei. Forse, pensò tra sé e sé, se avessero vinto quella guerra contro Sauron, avrebbe potuto anche accettare che sua nipote dividesse la sua vita con lui.

 

 
ELROND: va’ con l’amore dei Valar

NdA: perdonate il ritardo, ma sono stata molto presa dal lavoro!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo III

CAPITOLO III

Quando arrivarono a Brea era ormai pomeriggio inoltrato. Erano stanchi e affaticati dal viaggio e, nonostante fosse un elfo, Eruannie sentiva l’impellente necessità di comprarsi una maledetta pipa. Era solita condividerla con i suoi amici, come Gandalf o Dwalin o Bilbo stesso, questa abitudine l’aveva fatta desistere dal prendersene una tutta per sé. Ovviamente non aveva abbastanza confidenza con Aragorn per chiedergli se potesse fare un tiro con la sua, quindi doveva inevitabilmente comprarne una. Si congedò dall’uomo alle stalle della locanda dove avrebbero atteso il Portatore dell’Anello e si diresse da un artigiano che ricordava essere il più abile nella creazione di pipe.
Si era beccata un’occhiataccia da parte di Aragorn quando gli aveva comunicato dove sarebbe andata, ma non vi aveva badato. Lui aveva la sua dannata pipa, non poteva capire.

Non aveva evidentemente riflettuto sullo scompiglio che avrebbe generato nella popolazione che, alla vista del drago sulla sua spalla, iniziò a disperdersi nelle proprie case. Arrivata dall’artigiano, sorrise caldamente verso l’ometto che vide al di là della vetrina. Era piuttosto basso e scarno, le mani rovinate dal costante lavoro e sporche di tintura. Sul naso a patata erano adagiati degli occhialetti spessi, mentre i radi capelli bianchi si perdevano sotto a un berretto marrone. L’insegna sopra il suo negozio le fece capire che doveva essere uno dei discendenti di Galenas, il vecchio artigiano da cui comprò la sua prima pipa molti secoli prima.

<< Buongiorno, mastro artigiano>> disse entrando nella bottega, calando il cappuccio che le celava il volto.
<< Come posso esservi d’aiuto?>> chiese l’ometto, senza distogliere lo sguardo dall’abile intarsiatura che stava decorando su un pezzo di legno. L’Elfa si avvicinò al bancone e iniziò a frugare nella sua sacca finché non trovò un borsello di monete.
<< Avrei bisogno di una buona pipa e anche di un sacchetto di Erba Pipa, per favore>> disse estraendo tre monete d’oro. Lo scintillio attirò l’attenzione dell’artigiano che alzò lo sguardo di sfuggita per poi fissare il denaro sul bancone davanti a lui.
<< V-vi porto subito la più bella pipa mai creata, m-mia signora!>> abbandonò il pezzetto di legno che stava lavorando e sparì nel retro. Fuori calò un buio improvviso e le narici di Eruannie captarono odore di pioggia, mentre qualche piccola goccia iniziava a ticchettare sulle grondaie e sui tetti di Brea. L’omino tornò dopo pochi minuti con una graziosa borsetta di cuoio marrone e una pipa fine di legno bianco, sul bordo vi era incisa una runa elfica che rappresentava la bellezza. L’Elfa sorrise all’artigiano e prese la pipa dalle sue mani, rigirandosela e annusandola per capire se la qualità del legno era buona. Annuì e prelevò anche la borsetta di cuoio. Notò con piacere che al suo interno era stata inserita una buona quantità di Erba Pipa di Pianilungone e il necessario per la pulizia della pipa.
<< C-cos’è quell’essere sulla vostra spalla, mia signora?>> chiese indicando spaventato il draghetto. La guerriera sorrise e grattò il mento al cucciolo con affetto.
<< Lui è Ûr-thalion, saluta Ûr>> a quelle parole, il drago emise un versetto che ricordava tanto l’abbaio di un cane e osservò incuriosito la reazione dell’omino. Il poveretto, si riparò dietro al bancone pensando che potesse incenerirlo. La guerriera rise deliziata dal comportamento del suo cucciolo e si diresse verso la porta. Il drago non avrebbe gradito la pioggia che ormai cadeva con violenza sulle strade di Brea. Aprì la sua sacca e vi fece accoccolare Ûr-thalion. Prima di uscire si assicurò di aver riposto pipa e borsetta porta tabacco al sicuro nella tasca interna della sua giacca.

Coprì il capo con il cappuccio del soprabito e si lanciò fuori dal negozio, venendo subito investita da una raffica di vento che la fece bagnare da testa a piedi prima del previsto. Corse verso la locanda dove aveva lasciato Aragorn più veloce che poté, ma ormai era zuppa d’acqua. Spalancò la porta del Puledro Impennato e sbatté i piedi a terra prima di entrare, accortezza che notò non tutti avevano avuto. Il pavimento era sporco di fango e il calore della locanda mista al fumo di numerose pipe le avrebbe fatto bruciare gli occhi se non fosse stata un elfo. Individuò il compagno di viaggio in un angolino buio del locale e lo raggiunse. Abbassò il cappuccio una volta di fronte al Ramingo e si strizzò i lunghi capelli corvini, facendo cadere non poca acqua al suolo. L’uomo teneva il cappuccio a coprirgli il volto e fumava dalla sua lunga pipa, mentre sembrava osservare con interesse un gruppetto di mezz’uomini seduti a un tavolo dall’altra parte del locale.

Eruannie non vi badò e prese posto sulla sedia di fronte all’uomo, che si rese conto solo allora della sua compagna. Una cameriera si avvicinò al loro tavolo e non la degnò nemmeno di uno sguardo, rivolgendosi solo all’uomo.
<< Vi porto altro, mio signore Grampasso?>> a quel nome la guerriera dovette trattenere una risata, mentre l’uomo faceva cenno di no con la testa. La donna stava per andarsene, quando l’Elfa la bloccò trattenendola per un braccio.
<< Una pinta della vostra birra più buona>> disse cacciandole una moneta d’oro in mano. La cameriera la guardò con gli occhi spalancati, ma quando si accorse delle orecchie a punta che spuntavano dalla sua chioma si limitò ad annuire e a sparire tra i molti ospiti del locale. Eruannie si voltò verso Aragorn e inarcò un sopracciglio.
<< Grampasso? Davvero?>> scoppiò in una risata fragorosa e l’uomo le si avvicinò, parlandole con voce così bassa e seria che le ricordò molto quando Elrond le faceva una ramanzina per essersi ubriacata con i gemelli.
<< Dobbiamo passare inosservati e nessuno deve sapere i nostri nomi>> lo sguardo del Ramingo scese sulla sacca dell’Elfa che continuava a muoversi in maniera bizzarra. La guerriera capì che non sarebbe stato il caso di liberare un drago all’interno della locanda.
<< Ecco a voi>> la cameriera depositò la birra sul tavolo e si dileguò. L’Elfa allungò una mano per afferrare la bevanda, ma Aragorn la fulminò con lo sguardo.
<< Tra poco quel drago si metterà a divorarti la sacca e salterà fuori attirando tutta l’attenzione su di noi>> le allungò una chiave senza troppe cerimonie e le indicò il piano superiore con un cenno del capo.
<< Prima porta a sinistra>> disse lasciando Eruannie con un’espressione alquanto sorpresa sul volto. Si alzò strisciando la sedia a terra e gli lanciò un’occhiataccia prendendo la sua adorata pinta e allontanandosi al piano superiore.
<< Andiamo Ûr, Grampasso non ci vuole>> ringhiò mentre accarezzava dolcemente il drago attraverso la stoffa della sacca.

La stanza non era un granché, ma rispetto alle notti con i rami conficcati nella schiena sarebbe andata benissimo. Si affrettò ad accendere un fuocherello nel caminetto e si tolse la giacca fradicia, appoggiandola su una seggiola per farla asciugare. Aprì la sacca e aiutò il draghetto a liberarsi. Si tolse gli stivali e li avvicinò al camino, mentre si passava una mano tra i capelli nel tentativo di districarli dai nodi. La pioggia era riuscita a bagnarle tutti i vestiti, appiccicandoglieli addosso. Odiava il freddo e l’umidità e di sicuro avere degli abiti zuppi non era la cosa più piacevole del mondo. Osservò con tenerezza mentre Ûr-thalion cacciava un piccolo topo di campagna per poi gustarselo. Dei rumori al piano di sotto la misero in allerta e si concentrò su quello che le sue orecchie elfiche le fecero captare. Qualcuno stava salendo le scale e non era solo. Percepì un uomo accompagnato da una creatura più piccola, il primo stava praticamente trascinando il povero malcapitato. I rumori cessarono proprio davanti alla porta della sua stanza, quando l’uomo la spalancò con un calcio. Quello che accadde dopo fu una sequenza di eventi così veloce che se non fosse stata un elfo non ci avrebbe capito un accidente.

Aragorn aveva gettato uno hobbit nella camera senza troppe cerimonie e questo tremava di paura alla vista dell’uomo. La guerriera e il drago avevano reagito allo stesso modo, si erano messi sulla difensiva e pronti ad attaccare l’intruso. Il volto dell’Elfa si rilassò una volta capito di chi si trattava e il draghetto la seguì. Si avvicinò al mezz’uomo e lo aiutò a rialzarsi.
<< Chi siete?>> domandò impaurito lo hobbit, facendo correre lo sguardo dalla guerriera all’uomo che saltava da una parte all’altra della stanza spegnendo tutte le candele e il camino.
<< Ehi! Quello l’ho acceso con non poca fatica, sai?>> si lamentò Eruannie, lasciando il fianco del mezz’uomo e raggiungendo il compagno.
<< Mi chiamano Grampasso e lei è la mia compagna Lhûg-thaur>> l’Elfa si indignò a sentire quel nome e incrociò le braccia al petto, fulminando Aragorn con lo sguardo. L’uomo si piazzò davanti allo hobbit e gli mise le mani sulle spalle, abbassando la voce come se temesse che qualcuno potesse sentirli.
<< Ascolta, so cosa porti con te>> confessò il Ramingo, lasciando il mezz’uomo a bocca aperta. Lo hobbit stava per ribattere, quando altri tre intrusi irruppero nella stanza. Come prima, Eruannie e il drago si voltarono di scatto nella loro direzione e la guerriera si lasciò scappare un verso bizzarro dalla bocca, imitata dal cucciolo. Quando si accorse che si trattava solo di alcuni hobbit portò una mano alle labbra sussurrando un “Ops” e affrettandosi a sorridere ai nuovi arrivati. Loro non erano poi così tanto contenti, brandivano alcune armi di fortuna e avevano un’espressione minacciosa in volto che fece ridere la guerriera.
Aveva ben presente i tentativi di sembrare minaccioso di Bilbo e quella scena le portò alla mente tanti ricordi felici, seppur con un accenno di amaro.
<< Siamo dalla vostra parte, amici miei>> disse facendo un piccolo inchino verso gli hobbit, i quali rimasero molto sorpresi da quel gesto.
<< Veniamo per conto di Gandalf il Grigio, lui non ha potuto raggiungervi. Vi accompagneremo a Gran Burrone>> la guerriera si voltò a osservare l’uomo che aveva finalmente spento tutte le luci della stanza. Quello si limitò ad annuire e chiuse la porta alle spalle dei mezz’uomini.
<< Stanotte dormirete qui, in modo che io e Lhûg-thaur possiamo proteggervi>> l’Elfa alzò gli occhi al cielo non appena udì quel soprannome ridicolo.
<< Potevi trovarne uno migliore, dico io?!>> sbottò spazientita verso l’uomo. Lui si limitò a fare spallucce e iniziò ad assegnare i letti ai loro nuovi compagni, intimando loro di riposare e non fare rumore.

Dato che i loro giacigli erano stati occupati dai mezz’uomini, l’Elfa e l’uomo si accontentarono di un paio di sedie. Aragorn era rivolto verso la porta, una mano sull’elsa della spada e l’altra sulla pipa. A Eruannie era toccato il lato delle finestre e osservava con attenzione la cittadina ormai buia e silenziosa, mentre armeggiava per preparare la sua pipa.
<< Mi spieghi perché hai deciso di darmi quel soprannome? Io non sono insopportabile!>> la guerriera ruppe il silenzio sussurrando quella frase, mentre con un fiammifero accendeva la pipa e iniziava ad aspirarne il fumo deliziata. Il draghetto sonnecchiava sulle sue gambe e gli allungò una carezza dolce sul dorso.
<< Solo le persone insopportabili starnazzano per negare di esserlo>> spiegò con tono beffardo l’uomo, mentre l’ombra di un sorriso si faceva strada sul suo volto. L’Elfa alzò gli occhi al cielo e sbuffò una nuvola di fumo. Qualcosa nelle strade silenziose di Brea si mosse, attirando la sua attenzione. Poi un lungo grido stridulo si insinuò nelle sue orecchie, facendole strabuzzare gli occhi. Portò la mano all’elsa istintivamente, mentre un dolore lancinante al fianco destro la fece rabbrividire. Non era reale, era solo un ricordo. Lo Stregone di Angmar non era lì davvero, l’urlo lo aveva prodotto uno degli altri spettri. Il draghetto si era svegliato quando aveva udito quel rumore e aveva fatto correre lo sguardo dalla padrona alla finestra, assottigliando gli occhietti di smeraldo fino a ridurli a due fessure. Eruannie passò una mano sul dorso del cucciolo per tranquillizzarlo, gli spettri non li avrebbero trovati lì. Si erano registrati con il finto nome di Aragorn e la camera degli hobbit era vuota. Inoltre non potevano percepire l’Anello come Sauron, quindi se ne andarono furiosi, galoppando nella notte alla ricerca dell’Unico.

Il Portatore, che si era presentato loro come Frodo, si svegliò di soprassalto e puntò i suoi grandi occhi azzurri sui due guerrieri davanti ai loro letti. Eruannie gli rivolse uno sguardo materno per tranquillizzarlo e questi si rilassò un poco.
<< Cosa sono?>> chiese rivolto ai due, mentre la guerriera distoglieva lo sguardo e la sua mente la riportava indietro di secoli.
<< Una volta erano degli uomini. Sauron li stregò con il potere di nove anelli che donò loro, consumò i loro cuori fino a farli divenire degli spettri al suo servizio>> spiegò l’Elfa, mentre il suo sguardo si perdeva nella pioggia che cadeva fitta fuori dalla locanda.
<< A capo dei Nazgûl vi è il più potente tra loro, lo Stregone di Angmar, colui che mi inflisse questa>> alzò la casacca verde ormai asciutta e mostrò allo hobbit la cicatrice sul suo fianco. Ormai si erano svegliati anche gli altri e iniziarono a farle numerose domande.

<< Ma allora tu sei lei!>> esclamò il più giovane dei quattro che si faceva chiamare Pipino. L’Elfa inclinò il capo di lato e aggrottò la fronte, chiedendo allo hobbit di cosa stesse parlando.
<< Lo zio Bilbo raccontava spesso di te, di come ti unisti alla Compagnia di Thorin per aiutarli a riprendersi Erebor>> Frodo le spiegò che lo zio raccontava quella storia ogni volta che ne aveva l’occasione, suscitando in loro stessi un desiderio di avventura. Spesso non si limitava solo al racconto della Montagna Solitaria, ma si addentrava in alcune vicende che avevano avuto la guerriera come protagonista. Tutta la Contea conosceva ormai il suo nome, Eruannie la guerriera di Imladris, per metà elfo e per metà nano. Una creatura bellissima, dotata di straordinari poteri magici e di un temperamento che aveva fatto abbassare la cresta perfino a Thorin Scudodiquercia. L’Elfa sorrise tristemente a sentir nominare il nano e il cuore le si strinse in una morsa. Distolse lo sguardo dagli hobbit e li invitò a riposarsi, dato che l’alba era ancora molto lontana e l’indomani si sarebbero messi in marcia per Imladris.

*****

Quando sorse il sole fecero una rapida colazione, mentre Ûr-thalion si apprestava a dare la caccia a un povero topolino. Eruannie sorrise deliziata alla vista del piccolo draghetto che consumava il suo pasto in un sol boccone. Era cresciuto da quando avevano lasciato Imladris, ormai non poteva quasi più stare appollaiato sulla spalla e doveva accontentarsi di essere tenuto in braccio o camminare da solo sulle sue zampette. Gli hobbit erano rimasti affascinati da quella creatura e avevano voluto sapere ogni cosa sul drago, soprattutto considerando che Bilbo gli aveva assicurato che Smaug fosse stato l’ultimo drago esistente sulla Terra di Mezzo. Pipino e Merry sembravano i più divertiti dalle buffe facce che rivolgeva loro il cucciolo, mentre Frodo preferiva guardarlo da lontano e ridacchiare di tanto in tanto. Il più sospettoso era il caro Samwise Gamgee, giardiniere e migliore amico di Frodo, che lanciava occhiate dubbiose verso la creatura.

Eruannie caricò sul suo palafreno i bagagli di Merry e Pipino, in modo che viaggiassero più leggeri e più veloci. Aragorn fece lo stesso con quelli di Frodo e Sam, il quale però protestò e volle tenersi le sue amate pentole. Il gruppo si mise in marcia di prima mattina e tennero un buon passo, viaggiarono fino al crepuscolo e si fermarono quando il sole era ormai tramontato. Le Terre Selvagge non erano posto per degli hobbit della Contea, ma Eruannie aveva avuto modo di conoscere la tenacia e la forza di volontà di uno di loro molto tempo prima, così non si lasciò ingannare dai continui lamenti dei quattro mezz’uomini.

La sera faceva a turno con Aragorn per vegliare sul sonno dei loro compagni e, più volte nel silenzio rotto solo dal russare di Sam o dagli sbuffi di Ûr-thalion, si ritrovò a ricordare episodi di settant’anni prima. Pensando di non essere sentita da nessuno, intonò spesso una melodia sulla Montagna Solitaria e sui figli di Durin che lì vi persero la vita, mentre calde lacrime solcavano le sue guance e le sue dita percorrevano le rune naniche del suo braccio. Aveva fatto una promessa a Thorin dopo la sua morte e aveva convinto Dwalin a tatuargliela affinché si imprimesse dentro di lei.
Durante una di quelle veglie notturne avvertì un movimento alle sue spalle che la fece bloccare con la spada in pugno, pronta a dare l’allarme se si fosse trattato di un nemico. I suoi occhi blu guizzarono subito sulla piccola figura di Frodo che le si era fatto vicino e l’ascoltava affascinato.
<< È una canzone molto triste>> ammise lo hobbit, puntando lo sguardo sui suoi piedi pelosi e accomodandosi accanto all’Elfa. La guerriera si rilassò e ripose l’arma nel fodero, mentre con la mano libera si portava la pipa fumante alle labbra.
<< Dovresti dormire, mastro Baggins>> lo rimproverò lei, mentre tentava di nascondere le lacrime al compagno. Ma era pur sempre parente di Bilbo e non si lasciò scoraggiare da quelle parole.
<< Mio zio mi ha raccontato della tua storia, di come rinunciasti ai tuoi poteri e alla possibilità di vivere una vita mortale per salvare l’uomo che amavi>> Eruannie sbuffò una nuvola di fumo, mentre il suo sguardo rimase perso nel vuoto buio della notte. 
Una serie di immagini si affacciarono nella sua mente, lei che combatteva contro Smaug facendo ricorso a tutta la sua magia, il tradimento nei confronti di Thorin, lo sguardo folle che si faceva strada sul volto del suo amato mentre la bramosia per l’Arkengemma divampava nel suo petto. E poi arrivò la parte che più temeva, Azog che conficcava la sua lama nel cuore del nano e un urlo disumano che fuoriusciva dalla sua bocca. 
Scosse debolmente il capo nel tentativo di scacciare quei pensieri e rivolse un piccolo sorriso allo hobbit, il quale si era fatto coraggio e stava studiando il volto della guerriera.
<< Il nano, Frodo. Era un nano>> precisò l’Elfa, mentre faceva correre una mano a scompigliare i capelli del mezz’uomo.
<< Bilbo mi raccontò qualcosa riguardo a una promessa>> lo hobbit aggrottò la fronte come per cercare di ricordare le esatte parole dello zio.
<< Sempre e per sempre>> sussurrò la guerriera, passando le dita sulle rune impresse sull’avambraccio. Dwalin aveva fatto proprio un bel lavoro, i simboli partivano da ogni dito per poi unirsi al centro del dorso della mano destra, arrivando fino a metà dell’avambraccio. Frodo le osservò incuriosito e le chiese se fosse quella la promessa.
<< Una specie>> rispose l’Elfa ridacchiando. Nonostante le facesse ancora molto male rievocare quei ricordi, notò con una certa nostalgia che il dolore si attenuava più ne parlava. In un certo senso era come riportare in vita il nano tutte le volte che raccontava di lui e questo le dava un certo conforto.
<< Ora torna a dormire o domani dovremo portati di peso!>> scherzò, incoraggiando poi lo hobbit con un piccolo buffetto verso il suo giaciglio. Il mezz’uomo la salutò con un sorriso e si rimise a dormire.

Avvertì i passi di Ûr-thalion, il quale si stava allontanando furtivamente dal loro accampamento improvvisato, e si raccomandò di farsi ritrovare lì prima dell’alba o niente più grattini sulla pancia. Il draghetto diventava ogni giorno più grande, ormai aveva le dimensioni di un piccolo cane e aveva sempre più bisogno di nutrirsi, così approfittava delle pause notturne per cacciare indisturbato. Eruannie si ritrovò a pensare che presto avrebbe iniziato anche a volare e sarebbe stato davvero un ottimo perlustratore.

 

NdA:

Lhûg-thaur: drago insopportabile

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

CAPITOLO IV

Passarono altri due giorni di cammino ed Eruannie approfondiva sempre di più la sua conoscenza con gli hobbit, mentre Aragorn se ne stava quasi sempre in disparte chiuso nel suo silenzio. Scoprì con piacere che anche Merry e Pipino condividevano la sua passione per l’Erba Pipa e spesso si perdevano in lunghe chiacchierate riguardo a come fosse meglio fumarla, se con un po’ di tabacco o da sola. Sam era il più taciturno dei quattro e si rifiutava ancora di chiamarla con il suo vero nome nonostante l’insistenza della guerriera. Sentiva che l’Oscurità dell’Anello si faceva strada sempre di più nell’anima di Frodo, ma questi resisteva con grande forza e coraggio. L’Unico chiamava a sé il suo Padrone e la guerriera riusciva a percepire la presenza costante dei Nove che davano loro la caccia.

Ci misero un giorno intero per superare le paludi e raggiungere finalmente Colle Vento, a metà strada tra Brea e l’Ultimo Ponte. Erano sempre più vicini ad Imladris ed Eruannie non stava più nella pelle di rincontrare Bilbo e il caro vecchio Gandalf. Suo fratello l’aveva spedita subito in missione senza darle il tempo di incontrare lo stregone e tante erano le domande che la guerriera avrebbe voluto porgli, in particolare si chiedeva per quale motivo il vecchio amico non fosse andato con loro.

Era già calata la notte quando Aragorn si coricò insieme agli hobbit, mentre a Eruannie toccava il primo turno di guardia. Decisero di non accendere fuochi, la vecchia fortezza di Amon Sûl, dove si erano accampati, si ergeva infatti al di sopra di un colle e chiunque avrebbe potuto individuare la loro posizione.
Nel silenzio della notte, la guerriera si allontanò un poco dal gruppo per affilare la lama della sua spada in modo da non disturbare il sonno dei compagni. Teneva la pipa in bocca e ne aspirava il fumo di tanto in tanto, mentre con maestria faceva correre la pietra sul filo dell’arma. Un movimento sospetto la fece arrestare all’istante e, con agilità e grazia, si alzò veloce come una lepre e osservò le figure che si stavano riunendo a pochi passi da lei. Vide una scintilla e poi un piccolo fuocherello che si accendeva subito dopo, mentre le vocette di Merry e Pipino le giungevano alle orecchie.

“Dannati hobbit!” pensò, mentre correva verso i tre mezz’uomini. Pipino litigava sottovoce con il parente per alcuni pomodori, ma si bloccarono tutti quando videro arrivare la guerriera, sul volto un’espressione indignata e furibonda.
<< Cosa fate! Spegnete tutto!>> sbraitò lei, mentre con un piede cercava di gettare quanta più terra possibile sul fuocherello. Gli hobbit emisero degli urletti contrariati, avevano freddo e fame e se nessuno li aveva individuati fino a quel momento che male c’era a scaldarsi un po’? Il baccano fece svegliare anche Aragorn e Frodo, che si avvicinarono ai quattro sostenendo le azioni della guerriera. Un grido stridulo fece bloccare tutti, mentre il sangue si gelava nelle vene di ognuno di loro. Eruannie avvertì la presenza degli Spettri farsi sempre più vicina, mentre Ûr-thalion emetteva dei ringhi profondi rivolti all’oscurità dinanzi a loro.

I Nove li avevano raggiunti e si preparavano ad affrontare chiunque si fosse messo tra loro e il Portatore. Aragorn ed Eruannie si misero in posizione di difesa, la guerriera lo incitò a proseguire verso l’alto in modo da avere meno punti scoperti da proteggere. L’uomo non se lo fece ripetere due volte e iniziò a correre seguito dagli hobbit, mentre l’Elfa rimaneva a fronteggiare gli Spettri. Fece mulinare la spada davanti a sé con grazia e assottigliò lo sguardo mentre scrutava i suoi avversari uno ad uno. Quello al centro attaccò per primo, sorprendendosi quando lei parò abilmente ogni suo fendente. Aveva già provato una lama Morgul sulla sua pelle e non aveva intenzione di ripetere l’esperienza. Gli altri Spettri non indugiarono e l’attaccarono in quattro, mentre i restanti la superavano per raggiungere il Portatore. Eruannie si concentrò sui suoi nemici, ci avrebbe pensato Aragorn a proteggere gli hobbit. Estrasse un lungo pugnale dalla giacca marrone scuro e iniziò a duellare contro gli avversari come se stesse danzando. Ûr-thalion osservava la scena in disparte, la coda abbassata e un ringhio profondo che gli usciva dalla gola.

<< Non puoi ucciderci, stupida!>> la voce dello Stregone di Angmar le giunse alle orecchie facendola rabbrividire. Quel pezzo di lerciume non avrebbe vinto, non quella volta. Attaccò lo Spettro con un fendente, ma gli altri quattro la bloccarono con le loro lame, ingaggiando con lei un altro scontro. Vide con la coda dell’occhio lo Stregone che si allontanava e si dirigeva verso l’alto, dove lei sapeva esserci Frodo. Capì le intenzioni dello Spettro e urlò di rabbia, mentre parava i numerosi attacchi dei suoi nemici. Un’ira incontrollabile prese possesso del suo corpo, se avesse avuto ancora i suoi poteri li avrebbe inceneriti tutti. Si scagliò con tutta la sua forza contro il primo Spettro che cercò di colpirla, bloccando con la sua lama la spada dell’altro contro a una roccia. Girò su se stessa e gli diede un calcio dritto al petto, spingendolo a terra. Si voltò appena in tempo per parare un ulteriore attacco da parte di un altro avversario e spedì al suolo anche lui. I due si alzarono come se non li avesse nemmeno sfiorati e si avvicinarono con le lame alzate, pronti a colpirla in simultanea. Sapeva bene che non sarebbe mai riuscita a bloccarli tutti, ma dietro di lei proruppe un profondo ruggito seguito da una scarica di fuoco che avrebbe arrostito un bisonte. Le fiamme colpirono gli Spettri che iniziarono ad emettere versi striduli e urla, prima di gettarsi giù dalla Torre. Quando Eruannie si voltò aggrottò la fronte in direzione del draghetto che sorrideva compiaciuto nella sua direzione, la testa leggermente piegata di lato.
<< Grazie Ûr, ricordami di darti un bel coniglio più tardi!>> un urlo di dolore le tolse il fiato, Frodo doveva essere stato colpito. 

 << Frodo…>> sussurrò in un sospiro, prima di gettarsi in una corsa sfrenata verso la cima del Colle. Aragorn se la stava cavando abbastanza bene contro gli Spettri, mentre gli hobbit si erano riuniti intorno alla piccola figura del loro amico. Eruannie arrivò mulinando la sua spada con Ûr-thalion alle calcagna. Lanciò uno sguardo all’uomo, il quale aveva dato fuoco a una torcia vecchia di mille anni e cercava di respingere i cinque Spettri restanti.
<< Ûr-thalion, Naur!>> il draghetto non se lo fece ripetere e si scagliò contro gli Spettri sputando fuoco a volontà, stando ben attento a non colpire l’uomo che lo osservava sorpreso. La guerriera si gettò in ginocchio al fianco di Frodo, lo Spettro lo aveva pugnalato a una spalla, poco sopra al cuore. Un centimetro più a destra e sarebbe diventato uno di loro.
<< Era una lama Morgul, morirà per il veleno se non lo portiamo subito da mio fratello>> dichiarò osservando la ferita, mentre Aragorn dietro di lei gettava gli Spettri in fiamme giù dalla Torre.
<< Aragorn!>> urlò, richiamando l’attenzione dell’uomo. Studiando più da vicino la spalla di Frodo notò che la punta della spada era rimasta incastrata e progrediva rapidamente verso il centro del petto.
<< Se arriva al cuore diventerà uno Spettro, presto Sam!>> si alzò con lo hobbit tra le braccia come se non pesasse nulla e ridiscesero per il Colle. Una volta arrivati ai cavalli caricò Frodo sul suo palafreno, liberando l’animale da ogni peso.
<< Sam, ragazzi!>> chiamò gli hobbit vicino a lei e spiegò loro di mettersi alla ricerca di un’erba che avrebbe potuto rallentare l’avvelenamento.

Stava per mettersi lei stessa sulle tracce dell’Athelas, quando il draghetto planò sul dorso del cavallo vicino a lei, facendo spaventare la povera bestia. Eruannie si affrettò a pronunciare parole di conforto per calmarlo e lanciò un’occhiataccia a Ûr-thalion.
<< Ora sai anche volare?>> chiese inarcando un sopracciglio, mentre un’idea folle si faceva strada dentro di lei.
<< Amico mio, devi andare dritto di volata a Imladris, ricordi la strada?>> il draghetto si diede una piccola spinta verso l’alto e si librò nel cielo stellato, comprendendo subito cosa la padrona gli stesse chiedendo. Senza bisogno di specificare nulla, il drago si lanciò in picchiata verso est, perdendosi nella notte.
Aragorn arrivò di corsa dalla guerriera tenendo tra le mani l’erba medicinale. L’Elfa si apprestò a recuperare una delle numerose ciotole dal bagaglio di Sam, mentre l’uomo iniziava a spezzettare l’Athelas al suo interno con maestria. Creò velocemente una poltiglia e la spalmò sulla ferita di Frodo, provocando un gemito di dolore dello hobbit.
<< Ora va’, noi vi raggiungeremo a piedi>> l’Elfa lanciò un’ultima occhiata all’uomo e fece un cenno con il capo, prima di montare dietro al mezz’uomo.
<< Noro lim!>> la guerriera incitò il cavallo e questo partì al galoppo, lasciandosi alle spalle Aragorn e gli hobbit. Doveva essere rapida, i cavalieri erano ancora sulle loro tracce e avrebbero sicuramente cercato di attaccarli per prendersi l’Anello.

Senza i bagagli a rallentarli e a cavallo riuscirono a compiere molte miglia prima che il sole sorgesse e, quando questo fu ormai alto nel cielo, si fermò per controllare la ferita di Frodo. Smontò dal destriero e accolse lo hobbit tra le braccia, mentre studiava la sua spalla. Il veleno aveva già raggiunto il petto del mezz’uomo, annerendo la rete venosa del torace. Imprecò in Khuzdul e rifece l’impacco di Athelas sostituendo quello di Aragorn, per poi ricaricare lo hobbit sul dorso dell’animale e riprendere la loro corsa contro il tempo. Sentiva la presenza degli Spettri alle calcagna e spronò ancora una volta il palafreno. Poteva percepire la sua stanchezza, ma se si fossero attardati avrebbero perso per sempre Frodo.

***

Cavalcò per due giorni e per due notti senza mai fermarsi, il volto dello hobbit era imperlato di un grosso strato di sudore, mentre i suoi occhi diventavano sempre più bianchi e vuoti. Stava per entrare nel regno degli Spettri, supplicò i Valar di concedergli più tempo. Il cuore del mezz’uomo rallentò progressivamente i suoi battiti, il respiro si fece sempre più affannoso e vaneggiava nel suo stato di trans.
<< No, Frodo! Non mollare!>> incitò il compagno a resistere ancora un po’. Ormai poteva scorgere il ponte che conduceva ad Imladris e il Bruinen che vi scorreva sotto, impetuoso e bellissimo come sempre.
Un ruggito nell’aria la costrinse ad alzare lo sguardo al cielo e notò con piacere la figura di Ûr-thalion che si librava con grazia nella distesa azzurra. Poco più avanti vide che il drago non era tornato da solo e si ritrovò a sorridere in direzione di un elfo dalla chioma dorata e l’armatura scintillante. Glorfindel le fece un cenno con il capo e la raggiunse al galoppo sul suo fidato Asfaloth.
<< I Cavalieri Neri vi inseguono, Ann>> la guerriera alzò gli occhi al cielo all’udire le parole dell’amico. La sua voce, come sempre bella e vellutata, aveva appena confermato il suo timore.
<< Il tuo cavallo è ormai stanco e in due non ce la farete mai a raggiungere Imladris prima che Frodo passi nel regno degli Spettri>> l’Elfa annuì e si perse a contemplare gli occhi grigi dell’elfo dinanzi a lei, come a chiedergli consiglio sul da farsi.

Glorfindel smontò dal suo destriero bianco che sembrava risplendere di una luce propria. Prese tra le forti braccia lo hobbit e lo adagiò sul dorso di Asfaloth, che nitrì impaziente.
<< Noro lim, Asfaloth! Noro lim!>> sussurrò alle orecchie dell’animale, che partì veloce come il vento in direzione di casa. Eruannie gli lanciò un’occhiata contrariata, ma l’elfo non vi fece molto caso e montò dietro alla guerriera, incitandola a seguire lo hobbit e il cavallo verso Imladris.
<< Spero tu sappia cosa stai facendo, Glorfindel!>> urlò all’amico, mentre anche la sua cavalcatura riprendeva velocità. Ovviamente Asfaloth era molto più veloce del palafreno, soprattutto per il fatto che portava un terzo del peso.
<< Ûr-thalion, veglia su di loro!>> Eruannie si rivolse al drago che volava nel cielo ispezionando la terra sottostante. L’animale emise un ruggito di assenso e sbatté le ali aumentando la velocità per raggiungere cavallo e hobbit.
<< Preparati ad infuriarti una volta giunti a casa>> sussurrò il guerriero millenario, mentre si reggeva con una mano al fianco di Eruannie. Questa gli rivolse un’occhiata dubbiosa, non capendo a cosa si stesse riferendo l’elfo. La loro attenzione fu catturata dalle figure nere che si frapposero tra loro e Asfaloth. Gli spettri gli avevano teso un’imboscata, nascondendosi nella radura che circondava il guado del Bruinen. Ma il cavallo elfico era ben più veloce e rapido delle cavalcature dei Servi di Sauron e lo attraversò rapidamente. Dietro di loro, Ûr-thalion sprigionò una potente ondata di fuoco che costrinse i Cavalieri a entrare nelle acque del fiume. Come se il Bruinen avesse avvertito il Male di quelle creature, si generarono degli immensi cavalli di acqua che travolsero gli Spettri, trasportandoli lontano. Frodo era salvo, era finalmente entrato nel Reame di Elrond e il fratello della guerriera lo avrebbe salvato con la sua magia.

Eruannie si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e poté tornare a concentrarsi sull’elfo dietro di lei.
<< Cosa intendevi dire con “preparati a infuriarti”?>> chiese gettando un’occhiata al guerriero, il quale si aprì in un sorriso furbetto.
<< Lo vedrai a tempo debito>> l’Elfa sbuffò spazientita e invitò il cavallo a rallentare la sua andatura. Ûr-thalion li affiancò rimanendo alla loro stessa altezza, mentre si esibiva in maestose acrobazie aeree.
Eruannie sorrise nella sua direzione, era grata al drago che in quei giorni le aveva salvato la pellaccia più volte. Notò che era cresciuto ancora dall’ultima volta. Erano passati alcuni giorni da quando li aveva lasciati in cerca di aiuto e l’Elfa constatò che era ormai grande quanto un pony.
Se avesse continuato a crescere con quella velocità, presto sarebbe stato in grado di trasportare una persona adulta sul suo dorso.

 

***

 

Quando arrivarono ad Imladris Glorfindel fece un balzo leggiadro abbandonando Eruannie. I due si scambiarono un’occhiata e un cenno di saluto, prima che l’elfo tornasse alle sue faccende da immortale, tipo pettinarsi i capelli.

La guerriera lasciò il suo cavallo alle cure di alcuni stallieri che si offrirono di dargli cibo e acqua, oltre a un lauto premio in carote e mele per averli condotti a casa sani e salvi.
Salutò l’amico con qualche parola di ringraziamento e corse verso le stanze degli ospiti, dove sapeva avrebbero condotto Frodo. Era una bella giornata di fine ottobre e si ritrovò a pensare che era proprio in un dì soleggiato come quello che si era addormentata settant’anni prima. Con la coda dell’occhio vide Ûr-thalion planare nel giardino comune al centro dell’ala est. Un gran vociare la guidò verso la camera dello hobbit, gremita di elfi che portavano pezze bagnate al loro Signore. Elrond pronunciava parole antiche, mentre con la mano premeva delicatamente sulla ferita del mezz’uomo. Bilbo era al suo capezzale, un’espressione assai preoccupata in volto mentre si torceva le mani in attesa di un verdetto sulla salute del nipote.

Eruannie lo affiancò e gli strinse una spalla con la mano, trasmettendogli quanta più speranza possibile. Lo hobbit si voltò gettando il volto in grembo all’Elfa, che si inginocchiò per abbracciare stretto l’amico.
<< Elrond lo guarirà, non temere>> tentò di consolarlo lei, ma sapeva benissimo che non si sarebbe dato pace finché il giovane non si fosse risvegliato.
<< T-ti ringrazio per aver portato qui il mio ragazzo>> singhiozzo lo hobbit, annuendo leggermente in direzione della guerriera. L’Elfa gli rivolse un semplice sorriso e depositò un piccolo bacio tra i capelli bianchi dello hobbit.
Dopo quelle che parvero ore infinite, Elrond terminò di curare Frodo e spiegò a Bilbo che ci sarebbero voluti alcuni giorni prima che il nipote potesse ridestarsi. Gli elfi lasciarono i due e anche Eruannie si congedò, promettendo allo hobbit di ritornare a fargli visita ogni ora.

Seguì il fratello fuori dalla stanza e rimasero in silenzio per qualche istante, studiandosi attentamente.
<< Il drago è cresciuto>> il Re ruppe la quiete che si era creata e la sorella annuì orgogliosa, rivolgendo un ampio sorriso alla creatura che se ne stava sdraiata nel giardino a pochi passi da loro.
<< Sa volare ora e sputa anche fuoco>> confermò con fierezza mentre si dirigeva verso il drago insieme al fratello. Il re di Imladris lo osservò affascinato, sarebbe stato un ottimo alleato contro il nemico e si chiese se avesse davvero difeso la sorella fino alla morte. In tal caso, doveva dissuadere la guerriera dall’incenerire un loro ospite giunto quella mattina. L’Elfa si stiracchiò abbandonandosi sul prato, la schiena poggiata sul fianco del drago che sonnecchiava al sole. La luce dei raggi le colpiva il viso illuminandolo e si ritrovò a pensare quanto somigliasse a sua figlia Arwen.

<< Sarai felice di sapere che Gandalf si è ripreso>> la guerriera aggrottò la fronte e spalancò gli occhi studiando il volto del fratello.
<< Che intendi dire? Era ferito?>> ecco svelato il motivo per cui non si era unito a lei e ad Aragorn nel viaggio con gli hobbit. Il Re le fece segno di seguirlo e il drago si accodò a loro, anche se riceveva occhiatacce da tutti gli elfi che gli passavano a fianco. Elrond li condusse nelle sue stanze dove trovarono il Grigio Pellegrino seduto su una poltrona, intento a bersi un tè. Eruannie si aprì in un grande sorriso e corse ad abbracciarlo, beandosi dell’odore di Erba Pipa che emanava il vecchio amico.
<< Mithrandir! >> esclamò stringendolo teneramente. Lo stregone ricambiò la stretta con una risata e si perse qualche secondo ad osservare il volto della guerriera.
<< Mia cara Ann>> sussurrò felice, ma un’ombra triste attraversava la sua anima e all’Elfa non sfuggì. L’attenzione dello stregone fu attirata dalla figura di una strana creatura alata che cercava di accedere alla sala dove si erano ritrovati. Eruannie rise e, con fare materno, aiutò il drago a superare le porte.
<< Lui è Ûr-thalion, il figlio di Smaug>> Gandalf annuì estasiato alla vista di quella splendida creatura. Notò con piacere che non aveva ereditato proprio nulla dal padre, se non il fatto di essere un drago alato. L’animale gli rivolse un’occhiata curiosa e allungò il collo nella sua direzione, facendo saettare gli occhi dallo stregone alla guerriera.

“Cos’è, si mangia?” una voce attraversò la mentre di Eruannie, la cui espressione mutò immediatamente e iniziò a guardarsi intorno.
<< Cos’avete detto?>> chiese ai due che aveva davanti a sé, ma questi scossero il capo non capendo a cosa stesse facendo riferimento.
<< Nessuno ha parlato, sorella>> Elrond aggrottò la fronte e fece per avvicinarsi alla guerriera.
<< Perdonatemi, credo di essere stato io>> tutti si voltarono a guardare con sorpresa il drago, il quale si era adagiato sulle zampe posteriori e li osservava con aria divertita.
<< Tu parli?>> Eruannie era colpita e meravigliata al tempo stesso. Aveva già avuto modo di interloquire con un drago prima, con Smaug in persona in effetti, ma dal momento che il figlio non aveva mai proferito parola non credeva avesse anche lui questa capacità.
<< Certo che parlo, sono un drago mica un ronzino>> rispose indignato Ûr-thalion, mentre si sdraiava sulla pancia e fissava goloso il tè tra le mani di Gandalf.
<< E perché non lo hai mai fatto prima?>> la guerriera era curiosa di sapere per quale motivo si fosse deciso a parlare solo in quel momento.
<< Perché anche noi draghi abbiamo bisogno di apprendere, proprio come i vostri cuccioli>> i tre annuirono pensierosi. Aveva senso, doveva prima imparare a parlare per poter comunicare con loro. Così aveva approfittato dell’abile parlantina della guerriera per apprendere il più possibile.
<< Ma come ho fatto a sentirti nella mia testa? Loro non ti hanno udito prima>> il drago fece saettare lo sguardo da Eruannie agli altri due e l’Elfa lesse nei suoi occhi le sue stesse domande.
<< Oh, a questo posso rispondervi io>> dichiarò sapientemente Gandalf, attirando su di sé l’attenzione dei presenti. Eruannie aggrottò la fronte e lo incitò a continuare con un cenno del capo.
<< Ecco, quando i draghi si legano al loro padrone come credo abbia fatto Ûr-thalion con te, sono in grado di comunicare con lui i propri pensieri. È di grande aiuto durante una battaglia, le vostre menti si plasmano in modo che non vi sia bisogno di parlare. Siete…>>
<< Un tutt’uno>> conclusero drago e guerriera insieme, scambiandosi un sorriso compiaciuto. Il lucertolone fece guizzare i suoi occhi verso la tazza di tè che Elrond si stava preparando, mentre l’elfo in questione si apprestava a mettere al corrente Eruannie circa una situazione molto più importante.

<< Saruman ci ha traditi>> con quella frase diede inizio a una delle conversazioni più tristi della sua lunga vita, prima di cedere la parola a Gandalf. Lo stregone raccontò alla guerriera che, una volta giunto ad Isengard per chiedere l’aiuto del vecchio amico, questi si era rivelato in realtà come alleato di Sauron. Il capo dell’ordine degli Istari doveva già essersi schierato da tempo con il nemico, perché conosceva gran parte dei suoi piani e si era messo all’opera per creare un esercito degno di Mordor. Avevano lottato e Saruman lo aveva rinchiuso nella torre di Orthanc, come punizione per non essersi unito lui stesso all’Oscuro. Gandalf raccontò di essere stato aiutato da Radagast il Bruno, che aveva inviato in suo soccorso le aquile di Gwaihir ed era giunto a Rohan.
<< Re Theoden era molto contrariato quando ho scelto di prendere con me Ombromanto, ma so essere molto persuasivo>> concluse con un occhiolino rivolto alla guerriera, che si aprì in un sorriso ricordando le tattiche di depistaggio e persuasione dello stregone. Le ferite riportate dallo scontro con Saruman e la tristezza per aver scoperto il suo tradimento gli avevano impedito di proseguire con loro alla volta di Brea e si era dunque fermato a Imladris, dove Elrond si era preso cura di lui.
“Questo Saruman” la voce di Ûr-thalion giunse alla mente di Eruannie chiara come l’acqua del fiume.
“Si mangia?” la guerriera alzò gli occhi al cielo e scosse la testa ridacchiando. Possibile che il drago pensasse solo al cibo?
“Non è che sei imparentato con gli hobbit, vero?” chiese divertita, mentre faceva correre lo sguardo nelle stanze di Elrond alla ricerca di qualcosa di commestibile per l’amico rettile. Questi sbuffò dalle narici, lasciando uscire un po’ di fumo.
“Vado a caccia prima di essere tentato dal corpicino di qualcuno di voi” comunicò alla sua padrona, prima di alzarsi e uscire teatralmente dalla stanza. I due uomini rivolsero uno sguardo dubbioso alla guerriera che si limitò a fare un gesto con la mano.
<< Ebbene, ricapitolando abbiamo: un Oscuro Signore che prepara le sue armate di orchi aiutato dal nostro più potente alleato, un drago adolescente con la fame grande quanto la Contea e un destino incerto le cui fondamenta poggiano su un fardello d’oro>> pronunciò lei, estraendo con grazia la sua pipa e la borsetta del tabacco, preparandosi a una bella fumata.
<< Oh dimenticavo, le probabilità di vittoria sono ovviamente sotto agli stivali, ma ehi! Perché non organizzare una spedizione suicida verso il Monte Fato?!>> Elrond aggrottò la fronte e concentrò la sua attenzione sulla sorella che sbuffava fumo dalla sua pipa.
<< Oh andiamo, El. Ce lo hai scritto in faccia che vuoi chiedere a qualcuno di distruggere l’Anello>> spiegò saggiamente la guerriera, mentre un altro anello di fumo le usciva dalla bocca.
<< Non importa, io ci sto>> confermò ridacchiando, prima di concentrarsi sulla sua fumata ristoratrice.

 

 

 

Noro lim! : cavalca veloce!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V

CAPITOLO V

Eruannie si congedò dal fratello e da Gandalf, con l’intenzione di ritrovare il suo drago e assicurarsi che si fosse rifocillato con gli animali della foresta e non con gli abitanti di Imladris. La fatica del viaggio e della battaglia contro i Nazgûl iniziò a farsi sentire, nonostante fosse di razza elfica e non avesse una vera e propria necessità di riposare. Trovò Ûr-thalion sdraiato sulla pancia in una piccola radura nel folto del bosco, il sole a illuminargli le impenetrabili scaglie verdi e nere, mentre era intento a rosicchiare un osso della sua ultima preda.
“Cervo?” chiese la guerriera, annunciandosi così alla creatura che non si preoccupò di distogliere la sua attenzione dal lavoro minuzioso che stava svolgendo.
“Mmm” era così concentrato da non degnare la padrona neanche di una risposta concreta. Il sole splendeva alto nel cielo e, nonostante fosse ormai autunno inoltrato, era ancora abbastanza caldo. La guerriera si tolse la giacca marrone e la utilizzò come cuscino improvvisato, arrotolandosi le maniche della casacca verde fino ai gomiti e sdraiandosi accanto al drago.
“Cosa sono quelli?” l’Elfa sbuffò chiudendo gli occhi e facendo correre le dita lungo le rune scure sul braccio.
“No, non quelle” la guerriera aprì gli occhi e guardò nella direzione del drago, non capendo a cosa facesse riferimento.
“Quelli” con un gesto della grande testa indicò i segni sui polsi della padrona, inarcando leggermente il capo di lato e attendendo una risposta.
“Oh” l’immagine di lei nella vasca da bagno con i polsi recisi le affollò la mente, mentre il drago lanciò un lungo ruggito mentale che le arrivò forte e chiaro.
“Non dovrai più provarci, io e te siamo legati ora. Se ti fai del male tu, lo fai anche a me e viceversa” spiegò pazientemente il lucertolone, per poi tornare a finire di spolpare il suo osso.
Eruannie annuì semplicemente e tornò a rilassarsi al sole. Rimasero così per delle ore, beandosi del tepore di quella giornata e del silenzio che li circondava. Ûr-thalion aveva abbandonato la grossa testa tra le zampe possenti e sonnecchiava insieme alla sua padrona.

L’immagine di un nano gli balenò nella mente. Erano circondati da ghiaccio e neve, mentre un freddo pungente gli colpiva il volto. Il vento soffiava forte, spostandogli i capelli corvini davanti al viso e si rese conto di essere nel corpo dell’Elfa. La sua padrona stava sognando e aveva trascinato anche lui dentro a quel ricordo amaro. Poteva percepire tutta la tristezza e la sofferenza che la guerriera provava in quel momento, tutta la rabbia che ella riversava contro l’elfo che cingeva le sue spalle.
Il nano davanti a lei era privo di vita, una profonda ferita nel suo petto faceva sgorgare una quantità incredibile di sangue. Nella mente dell’Elfa corse un pensiero omicida verso il biondo dietro di lei, ma qualcosa la strappò da quel sogno riportandola alla realtà.

Un corno in lontananza annunciava l’arrivo di alcuni ospiti nella Casa di Elrond. Eruannie si alzò a sedere e affinò l’udito, nel tentativo di captare qualche indiziò.
<< È il corno dei nani di Erebor!>> esclamò estasiata, mentre rapida come una lepre afferrava la giacca sotto di lei e si gettava a capofitto nella boscaglia che li circondava. Ûr-thalion non se lo fece ripetere e spiccò il volo, sovrastando gli alberi e seguendo dall’alto i movimenti della guerriera. Con sicurezza corse verso l’entrata a Sud, mentre una delegazione di nani faceva il suo ingresso a Imladris a cavallo di alcuni pony. Eruannie sorrise verso uno di loro e si precipitò ad abbracciarlo.

<< Glóin, amico mio!>> il nano ricambiò la stretta della guerriera, ridendo contento mentre lei si abbassava per abbracciarlo meglio. Al loro fianco si avvicinò timidamente un secondo nano, che calò il suo elmo per mostrare il volto all’Elfa. Eruannie si staccò dall’amico per studiare attentamente il nuovo arrivato, per poi aprirsi in un sorriso ancora più bello.
<< Gimli! Ma sei cresciuto tantissimo!>> il nano arrossì, diventando quasi dello stesso colore di barba e capelli. Eruannie salutò con garbo anche gli altri che li accompagnavano e fece loro strada verso l’interno del palazzo.
<< Sono così contenta di vedervi, come stanno gli altri?>> il nano più anziano si fece aiutare dall’Elfa che si era gentilmente offerta di sostenerlo lungo la scalinata. Alcuni elfi della Casa di Elrond si affrettarono a portare le loro cavalcature alle stalle, ricevendo alcune occhiate titubanti dai nani rimasti indietro.
<< Oh, lo sapresti se avessi mantenuto la parola e fossi venuta a trovarci, ragazza!>> non c’era rabbia nella voce del nano, solo una leggera punta di dispiacere per la decisione della guerriera di non fare più ritorno alla Montagna. L’Elfa sorrise tristemente, ma il suo interlocutore si affrettò a cambiare argomento, notando il disagio sul suo volto.
<< Stanno tutti bene, ma è da numerose lune che non si hanno notizie di Balin, Ori e Oin>> la guerriera annuì leggermente, aiutando il nano a salire l’ultimo gradino. Anche Bilbo gli aveva riferito la stessa cosa e si chiese cosa potesse essere accaduto ai suoi vecchi amici. In breve furono raggiunti da Elrond e da altri elfi, che si apprestarono a offrire loro alcune stanze nell’ala est.

<< Sono felice di rivedervi Glóin, spero che il vostro viaggio sia stato lieto>> il Re si affrettò a salutare il rappresentante dei nani di Erebor, mentre lanciava un’occhiata al resto della sua compagnia.
<< Sarei stato più lieto di rivedervi in circostanze migliori, mio signore>> ribatté lui, accennando implicitamente al motivo per cui erano lì. L’elfo annuì mentre il suo sguardo vagava oltre i confini di Imladris.
<< Spero troverete ristoro nella mia Casa, vi ho fatto preparare alcune stanze e stasera gradirei la vostra compagnia a cena>> il nano accettò volentieri l’invito e si ritirò con il figlio e gli altri nani, congedandosi da Eruannie e dal Re. Nella mente della guerriera sorse un dubbio impellente e sperò con tutto il suo cuore che il fratello rispondesse “no” alla domanda che stava per porgli.

<< El, quali altri reami hai invitato?>> in quel momento Ûr-thalion atterrò accanto a loro alzando una folata di vento. Elrond sospirò e iniziò ad incamminarsi verso l’ala riservata alla famiglia reale.
<< Tutti i rappresentati dei popoli liberi>> tagliò corto il Re, illudendosi di poter chiudere lì la conversazione. Sapeva bene infatti che, una volta scoperto chi altri era arrivato ad Imladris, la sorella sarebbe andata in escandescenze. Il re sperò solo che il suo ospite tardasse ancora un poco il suo rientro dalla cavalcata di quella mattina.
<< Non dirlo, ti prego…>> lo pregò lei, bloccandosi e fermando il fratello per un braccio. Questi alzò gli occhi al cielo e aprì la bocca per risponderle, ma il suono di un altro corno interruppe quello scambio. Eruannie socchiuse gli occhi pregando i Valar di aver sentito male, avrebbe preferito di gran lunga accogliere un esercito di orchi piuttosto che una delegazione di Bosco Atro. Delegazione guidata da un odioso principino orecchie a punta che avrebbe potuto lucidarle gli stivali.
<< Stai scherzando!>> ruggì inviperita, con gli occhi che lanciavano fiammate di ira. Ûr-thalion provò le stesse sensazioni della guerriera e dovette trattenersi dall’incenerire il Re e i nuovi ospiti che sfilavano elegantemente oltre le mura di Imladris.

Il cuore dell’Elfa perse qualche battito quando i suoi occhi individuarono la figura di un elfo biondo a capo di altri della sua razza. A differenza dei suoi compagni, quell’essere aveva un portamento molto più regale e si guardava intorno con ammirazione. Poi i suoi occhi si posarono su Eruannie e si spalancarono per la sorpresa. Le ultime parole che l’Elfa gli aveva rivolto a Colle Corvo gli risuonarono in testa, ci erano voluti anni prima che quella frase potesse lasciarlo e ora, dopo tutti quegli sforzi, eccola che ritornava.
No, non l’avrebbe mai dimenticata e non avrebbe mai smesso di provare quei sentimenti per lei, nonostante la guerriera cercasse di respingerlo tutte le volte. Pensò che fosse ancora più bella dell’ultima volta che si erano visti. La luce crepuscolare le illuminava il viso, riflettendosi nelle sue iridi blu. Aveva i vestiti leggermente sgualciti da qualche scontro mentre la sua mascella era serrata in una morsa ferrea, la conosceva troppo bene e sapeva che si stava trattenendo dall’urlargli in faccia.

Elrond accolse l’elfo e la sua delegazione, mentre questi conducevano con sicurezza i loro cavalli alle stalle, come se conoscessero quel posto a memoria. La guerriera li attendeva in cima alle scale, le braccia conserte al petto e gli occhi leggermente assottigliati per rivolgere l’occhiata più dura che poteva a quell’elfo presuntuoso.
<< Eruannie>> la salutò una volta giunto davanti a lei. Questa si lasciò scappare un basso ringhio di odio, mentre cercava con tutte le forze di non tirargli un pugno in faccia. Lui era vivo, lui poteva ancora respirare e permettersi di rivolgerle la parola, mentre l’amore della sua vita giaceva sotto a una montagna, mangiato dai vermi.
<< Legolas>> pronunciò quel nome con quanto più disprezzo avesse potuto esprimere, mentre con la coda dell’occhio notò il suo drago affiancarla e presentarsi a sua volta.
<< Ûr-thalion!>> l’elfo incoccò rapido una freccia e la puntò al muso del lucertolone, mentre Eruannie si frapponeva tra i due con la spada in mano. Legolas fece correre lo sguardo da lei al drago, senza capire cosa li legasse e perché la guerriera stesse prendendo le sue difese.
<< Principe Legolas, perdonerete le maniere rozze di mia sorella, venite vi prego>> Elrond si affrettò ad accompagnare il nuovo arrivato verso le stanze degli ospiti, lanciando un’occhiata di rimprovero alla guerriera. I due elfi scomparvero dalla loro vista ed Eruannie si diresse verso le sue stanze, più inviperita che mai.

Spalancò la porta della sua camera sbraitando in Khuzdul, in modo che anche se qualcuno l’avesse sentita non l’avrebbe comunque capita. Ûr-thalion la seguì e si accoccolò sulla veranda che dava sul giardino della famiglia, mentre la guerriera si dava da fare per prepararsi un bagno.
<< Non abbiamo bisogno di lui, io e te bastiamo per combattere Sauron>> urlò spazientita, mentre gettava la giacca marrone di lato e rimboccava le maniche della casacca verde fino al gomito. Mise un pentolone a scaldare sul fuoco del caminetto e affiancò il drago sulla veranda, munendosi della propria pipa.
Si mise a pulirla con cura e vi inserì qualche foglia di Ebra Pipa che accese subito dopo con un fiammifero contenuto nella borsetta porta tabacco.
<< Dannato folletto dei boschi!>> ringhiò lasciando fuoriuscire una nuvola di fumo che si perse nel vento. Il caldo tepore di quella giornata stava lasciando posto al freddo della sera, che scese rapida su di loro. Quando le sue orecchie le fecero intuire che l’acqua era vicina al bollore rientrò nella stanza e la versò nella vasca, unendovi poi degli oli profumati. Gettò i vestiti logori in un angolo e si calò nell’acqua bollente, lasciando che il calore le rilassasse la muscolatura. Si rilassò a contatto con il liquido e vi fece sprofondare i capelli, lavandoli accuratamente. Non poteva sopportare la presenza di Legolas sotto lo stesso tetto, non ci riusciva proprio. Si rigirò tra le mani l’anello che portava sulla mano sinistra e la sua mente si perse nei ricordi.

Era al limitare di Reame Boscoso, il suo cuore era colmo di tristezza e una voragine le dilaniava il petto. Thorin era morto, l’aveva lasciata e tutto per colpa dell’egoismo di Legolas. Se solo quel dannato elfo l’avesse lasciata intervenire nello scontro tra Azog e il nano, quest’ultimo forse sarebbe stato ancora al suo fianco. Ma aveva voluto fare l’eroe, le aveva impedito di immischiarsi nella lotta e l’Orco Pallido aveva trafitto il cuore del suo amore. Maledisse sé stessa e maledisse il principe di Bosco Atro, si era fidata di lui e in cambio aveva ricevuto quel tradimento che le faceva ribollire il sangue nelle vene.

Thranduil le si avvicinò con il suo tipico portamento fiero ed altezzoso, il lungo mantello argenteo gli faceva da strascico e il bastone che teneva tra le mani gli dava un’aria ancora più nobile. Prese una mano della guerriera e l’osservò titubante, prima di infilarvi un anello d’oro bianco con incastonata una piccola pietra preziosa: una gemma di Lasgaren.
<< Thranduil sei sicuro…>> ma il Re la zittì con un’occhiataccia, prima di sciogliersi in un piccolo sorriso.
<< Lei avrebbe voluto così>> spiegò con un movimento della mano, come se a lui non costasse nulla quel semplice gesto. Ma la guerriera sapeva bene quanto gli costasse separarsi da una di quelle gemme, erano appartenute alla Regina e rappresentavano per lui la cosa più vicina a un ricordo della donna che aveva amato.
<< Legolas ti ama e ti amerà per sempre, Ann. Non puoi odiarlo per aver cercato di proteggerti>> sussurrò Thranduil prima che fossero troppo lontani per poterlo udire, ma la voce giunse ovviamente solo alle orecchie fini di Eruannie.

La guerriera spalancò gli occhi, la luce del tramonto aveva lasciato posto all’oscurità della notte e ipotizzò fosse già passata da un pezzo l’ora di cena. Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata e l’acqua era ormai fredda. Uscì dalla vasca e si avvolse in un panno bianco.
“Meglio così” pensò tra sé e sé, mentre si dirigeva verso l’ampio armadio di quercia. Indossò una camicia blu notte e un paio di pantaloni neri, dando un’occhiata ai suoi stivali. Erano da buttare dopo la sua avventura a Brea e tra le Terre Selvagge, ma pensò che una bella strofinata sarebbe andata più che bene. Si acconciò i capelli con delle treccine ai lati della testa, fissate da alcuni fermaglietti in argento che teneva gelosamente in una piccola scatolina di legno. Con i capelli al centro decise di fare una treccia più grande che scendeva su un lato lasciando sciolti i capelli sottostanti.
Prese gli stivali e quella che era stata la casacca marrone, ormai lacera e consunta, e si mise accanto al drago a pulire le calzature. Le stelle splendevano in cielo e la luna illuminava il giardino della famiglia reale.
“Chi era l’elfo?” la voce di Ûr-thalion le giunse chiara nella mente concentrata a far risplendere i suoi stivali.
“Nessuno di importante” la guerriera non aveva per niente voglia di rivangare il passato, figuriamoci poi mettersi a parlare di un traditore come Legolas.
“Non mi sembrava che il tuo cuore lo reputasse un Nessuno” puntualizzò il drago, tenendo la grossa testa alzata e protesa verso la padrona.
“Il mio cuore” pensò rabbiosa, mentre strofinava con maggiore intensità la superficie dei calzari.
“Il mio cuore non sa proprio un bel niente!” sentenziò, chiudendo quella conversazione snervante. Ora anche il drago ci si metteva con le prediche e le belle parole? Le bastava aver rivissuto il ricordo di Thranduil che cercava di convincerla a perdonare il figlio.
“Il tuo amico elfo, quello con la corona di bacche e foglie rosse…lui ha detto che quello ti ama, è così?” Eruannie sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Riesci a non insinuarti nella mia testa per più di cinque minuti?” ruggì nella mente dell’altro, mentre lo sentiva ridacchiare di gusto. Scosse la testa e tornò al suo lavoro, desiderosa più che mai di farsi una fumata una volta terminato.
Il drago si alzò e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla guerriera, si diede una spinta librandosi in aria e volando nella notte. Aveva bisogno di cacciare, il cervo di quel giorno non gli era bastato e ne voleva di più.

Le parole della creatura non abbandonarono Eruannie, nella cui mente continuarono ad alternarsi il discorso di Thranduil e quello del drago. Sbuffò e calciò via gli stivali, irritata da quelle persone che volevano così tanto che si riappacificasse con l’elfo. Evidentemente non potevano capire quello che lei provava, voleva bene a Legolas ma lui l’aveva tradita nel momento stesso in cui aveva pensato di potersi mettere tra lei e Thorin. Si alzò di scatto e si diresse alla scrivania, aprendo con rabbia il cassetto dove aveva sepolto le lettere da Bosco Atro molte settimane prima.

Saranno state un centinaio, alcune di Thranduil e altre di Legolas stesso, mandate dai due in quegli anni. Ne selezionò una dal mazzo e la scartò, iniziando a leggere la bella grafia del traditore.

Cara Ann, questa è la quarantesima lettera che ti mando. Non so se tu le legga o se le getti semplicemente nel fuoco non appena vedi il mio nome sopra, ma ti chiedo per la quarantesima volta perdono. Non smetterò mai di chiedertelo, ma allo stesso tempo non mi scuserò mai per averti salvata. Sì, Ann. Io ti ho salvata quel giorno, perché se non te ne fossi resa conto eri praticamente sfinita dopo il combattimento con Bolg, non ti reggevi in piedi. Se ti fossi trovata di fronte Azog ti avrebbe aperto in due il cranio, nonostante tu sia una delle migliori combattenti che io mi sia mai ritrovato davanti. Se avessi avuto ancora i tuoi poteri forse, e ci tengo a sottolineare “forse”, non ti avrei fermata, ma stavi andando incontro a morte certa!

Non smetterò mai di sentirmi in colpa per la morte di Thorin, ma non puoi biasimarmi per averti salvata. Sai benissimo cosa provo per te, lo sai da secoli credo. Se non vorrai perdonarmi me ne farò una ragione, ma non odiarmi perché ti amo.

Legolas

 

Eruannie rilesse un paio di volte quell’ultima frase, cercando di imprimersela bene in testa. Sapeva anche lei quali fossero i sentimenti del suo amico e nel profondo sapeva che aveva ragione, ma non si sarebbe mai abbassata a chiedere perdono né glielo avrebbe concesso così facilmente. Afferrò quella lettera e la gettò nel caminetto, osservandola mentre bruciava silenziosa con tutte le parole di Legolas.
Scelse un’altra lettera dal mucchio, questa volta di Thranduil, e la scartò leggendola velocemente.

Cara Eruannie, sono anni che non rispondi alle mie missive e la cosa sta iniziando a darmi sui nervi. Non sta a me rimproverarti per come hai trattato Legolas, anche se devo ammettere che sei stata molto più insopportabile di me. D’altro canto mio figlio ha preso la stramba decisione di mettersi sulle tracce di alcuni Ramighi del Nord. Ci è giunta voce che un certo Aragorn figlio di Arathorn si è unito a loro mesi fa e Legolas si è incuriosito molto, dato che dovrebbe appartenere a una nobile casata. Come ben sai, non mi sono mai fidato dei Raminghi e ti chiedo gentilmente, in onore dell’amore che ci legava entrambi alla mia Regina, di vegliare su mio figlio, sento che una strana Oscurità sta allungando la sua mano su queste terre.
Nella speranza che tu stia bene, non che me ne importi qualcosa dopotutto,

Re Thranduil Oropherion

 

Sorrise per la schiettezza e il finto menefreghismo che dimostrava nei suoi confronti. Sapeva che il re di Bosco Atro le voleva bene, nel profondo. Dunque Legolas aveva conosciuto Aragorn anni prima, si chiese quali grandi conversazioni avrebbero mai intavolato i due, entrambi alquanto taciturni. Rise di quel pensiero e decise di conservare la lettera. Si sdraiò sul letto e andò avanti a spulciare le missive, eliminando quelle di Legolas senza nemmeno leggerle e soffermandosi invece su quelle di Thranduil. Nonostante non ricevesse alcuna risposta dalla guerriera, il sovrano del Reame Boscoso aveva mantenuto quel rituale per anni. Notò che l’ultima lettera risaliva a qualche anno prima. Nel messaggio Thranduil le rivelava l’arrivo di una creatura ambigua di nome Gollum, catturata dal figlio e da Aragorn su ordine di Gandalf stesso. Lo aveva rinchiuso nelle celle di Bosco Atro dove lei stessa era stata prigioniera con Thorin e i nani. Il Re le rivelò che più passavano i giorni più la creatura lo inteneriva quasi, con i suoi gorgoglii e i suoi lamenti. Lo avevano interrogato e lui aveva confessato di aver perso il suo tesoro molti anni prima e che senza di esso la vita non aveva alcun senso per lui. Il Sovrano descrisse come in effetti ricordava molto la loro vita, seppur imbruttito dalla malvagità dell’Anello, Gollum aveva nel petto la stessa voragine che accomunava i due elfi: aveva perso la cosa più preziosa per lui. Il Re terminava sempre le sue missive con una frase che avrebbe irritato molti altri, ma che faceva sempre sorridere Eruannie.

Terminate le lettere di Thranduil, si mise alla sua scrivania intenzionata a rispondere all’elfo. Decise che avrebbe consegnato quella missiva a qualcuno della sua delegazione, stando ben attenta a non incrociare Legolas.

Caro Re dei miei calzari, mi rincresce non averti mai inviato una risposta in questi anni. Ti basti sapere che non ero proprio disponibile al dialogo con qualsivoglia creatura, non me ne vorrai se ho deciso di prendermi una pausa dalla follia di questo mondo. Purtroppo leggo solo ora i tuoi racconti, ma non per questo ne rimango meno affascinata. Sorvolando sui vani tentativi di farmi riappacificare con tuo figlio che, per inciso, non intendo perdonare tanto facilmente, posso dirti di aver conosciuto io stessa Aragorn figlio di Arathorn e ti confesso che sotto tutti quegli strati di abiti consunti e silenzi prolissi, si cela un brav’uomo. Sono certa che se lo vorrà potrà reclamare il trono di Gondor una volta finita questa pazzia.

Spero di poterti rivedere un giorno, non troppo presto mi auguro.

La tua adorata amica,

Eruannie di Imladris

 

Passò della cenere bianca sulla pergamena e vi soffiò sopra, affinché l’inchiostro si asciugasse. Fece scaldare della cera e la calò nel punto in cui chiuse la lettera, imprimendovi sopra lo stemma di Imladris. Il tempo era passato così in fretta che non si era nemmeno resa conto che era già l’alba.
Si infilò la missiva nella giacca marrone e uscì dalla sua stanza, incamminandosi verso le stanze degli ospiti. Voleva assicurarsi che Frodo stesse bene e dare una controllata anche a Bilbo.

Si sorprese di vedere Gandalf al capezzale dello hobbit, la pipa in una mano e lo sguardo perso a contemplare il paesaggio di Imladris fuori dalla finestra.
<< Ho saputo che hai avuto degli incontri, ieri>> disse non appena udì i passi della guerriera dietro di lui. L’Elfa prese posto su una seggiola accanto al mezz’uomo e posò una mano sulla sua fronte, constatando che scottava ancora di febbre.
<< Alcuni piacevoli, altri meno>> replicò mentre si adoperava per rinfrescare il volto dello hobbit. Stava espellendo il veleno della lama, ma ci sarebbero voluti giorni prima che potesse risvegliarsi.
<< Immagino che in quelli meno piacevoli il protagonista fosse un bel principe a cavallo, giusto?>> la guerriera grugnì un “sì” molto tirato e continuò a tamponare la fronte di Frodo con un panno bagnato.
<< Non provare a dirmi anche tu che devo perdonarlo, Gandalf! O giuro sui Valar che chiamo Ûr-thalion e gli dico di incenerirti>> la minaccia fece ridere lo stregone che si mise a fumare dalla sua pipa.
<< Beh, se resti tu con il nostro Frodo io vado a fare colazione. A furia di stare con gli hobbit viene fame anche a me a tutte le ore del giorno!>> afferrò cappello e bastone e salutò la guerriera con un occhiolino rapido. Quando rimase sola con il mezz’uomo si perse nei suoi pensieri, inumidendogli un po’ le labbra affinché potesse bere indirettamente alcune gocce. Frodo emise un flebile lamento di dolore e la guerriera aggrottò la fronte, continuando il suo lavoro.

<< Fidati, nemmeno tu perdoneresti un tradimento del genere!>> sbottò più rivolta a se stessa che ad altri. Passò la mattinata a vegliare sul mezz’uomo, alternando momenti di riposo a momenti di cura verso di lui. Si fece portare un libro da uno degli elfi a servizio di suo fratello e si mise a leggere un resoconto sulle montagne della Terra di Mezzo. Dopo qualche ora Ûr-thalion la raggiunse sulla veranda della camera e si accoccolò beandosi del tempore donato dalla bella giornata, iniziando ben presto a ronfare. A mezzodì Gandalf le portò una mela con una caraffa d’acqua, chiedendole se non preferisse andare al banchetto con gli ospiti del fratello. La guerriera rifiutò prontamente, non avrebbe mai rischiato di incontrare il dannato elfo nemmeno se l’avessero pagata.

La giornata trascorse piacevolmente e nel pomeriggio Bilbo la raggiunse, portandosi dietro il suo adorato Libro Rosso e proseguendo il racconto che da tempo lo teneva impegnato.

Verso sera Glóin fece capolino dalla porta e invitò i vecchi amici a raggiungerlo all’esterno per una cena con gli altri nani, lontani dalle orecchie a punta. Eruannie accettò volentieri, sollevata per non essere costretta a incrociare la sua strada con quella di un certo elfo.
Per una volta dopo tanto tempo, Eruannie fu felice davvero. Rideva e scherzava con i nani e Bilbo, soprattutto quando Gimli imitò il vecchio Bombur.
<< Oh Ann, non ridevo così da anni!>> ululò Glóin tra una risata e l’altra, complice la birra che avevano portato direttamente da Erebor. La guerriera se ne era scolate due botti intere da sola e la testa iniziava a girarle, mentre una sensazione di tranquillità e gioia la invadeva.
<< Non dirlo a me! Io ho dormito come un ghiro negli ultimi settantasei!>> disse provocando le risate di tutto il gruppo. Il loro chiasso era giunto fino alle stanze della famiglia reale, ne era certa. Si chiese perché Elrohir ed Elladan non si fossero uniti alla loro piccola festa privata.
<< Ehi! Ehi! Volete vedere una cosa veramente strabigliante?>> chiese ai suoi amici, mentre con lo sguardo cercava il suo fidato drago. Ûr-thalion la fissò contrariato, intuendo le sue intenzioni. Era già tanto che non l’avesse incenerita per quelle assurde vertigini che gli faceva provare bevendo quella brodaglia.
<< Ûr-thalionuccio! Vieni amore della mamma!>> gridò, probabilmente facendo svegliare anche l’Occhio di Sauron.
“Non ridicolizzarmi, Elfa!” rombò nella sua mente come un tuono. Il suo scopo era quello di riprendere la guerriera, ma ne provocò solo la risata sguaiata.
<< Avanti, Ûr! Sputa del fuoco, facci vedere la tua potenza!>> il drago alzò gli occhi al cielo, sapeva bene che non l’avrebbe mai lasciato in pace se non l’avesse assecondata. Si alzò in volo e, quando fu abbastanza lontano da non incenerire nessuno, spalancò le fauci annoiato facendo eruttare il suo fuoco nel cielo stellato. Da terra poté udire le acclamazioni e le urla di approvazione dei nani, mentre la sua padrona applaudiva deliziata.
“Me ne vado prima che tu mi chieda di fare cose più stupide e non ti azzardare a bere ancora quella roba, ho il mal d’aria!” disse prima di dileguarsi nella notte, accompagnato dalle urla di tripudio dei nani.
<< Cos’è tutto questo chiasso?>> in un primo momento Eruannie credette di vedere Thranduil che li osservava a braccia incrociate e gli occhi ridotti a due fessure. Quando i suoi occhi smisero di vedere doppio si concentrò sulla figura che si ergeva davanti a loro, il fuoco che avevano acceso a illuminargli i lineamenti ben marcati.
<< Ci stiamo divertendo, Legolas. Unisciti a noi!>> Bilbo incoraggiò l’elfo che alzò un sopracciglio verso il mezz’uomo.
<< Oh ma Laeg non sa cosa sia il divertimento, lui è tutto onore e belle maniere>> la guerriera si avvicinò al nuovo arrivato, barcollando leggermente nel misero tentativo di rimanere in piedi.
<< Sei ubriaca>> non era una domanda, ma un’affermazione che faceva trasparire tutto il suo disappunto per quella decisione malsana.
<< Mia la Casa, mie le regole!>> ruggì la guerriera, ricevendo ovazioni di approvazione da parte dei nani.
<< Non sapevo tu fossi diventata Regina di Imladris>> proseguì l’elfo, facendo un passo verso di lei e afferrandola per un braccio prima che potesse cadere dopo essere inciampata nei suoi stessi passi.
<< E tu, non sapevo fossi diventato così attraente>> quella frase non aveva il minimo senso, non lo pensava davvero, le era uscita così di getto e non era riuscita a controllarsi. Si scostò dal principe di Bosco Atro e afferrò un altro boccale di birra, mentre i nani si zittirono quando sul suo volto apparve un’ombra di collera.
<< Non era quello che aspettavi da sempre? Avermi tutta per te, forse è per questo che hai lasciato morire Thorin>> gli spettatori si scambiarono delle occhiate, improvvisamente seri. L’elfo aggrottò la fronte e scosse il capo, non ci sarebbe mai più stata pace tra loro.
<< Non dici nulla? Avanti, Laeg! Dicci perché mi hai impedito di correre a salvare Thorin quel giorno a Colle Corvo!>> la guerriera allargò le braccia e gli fece segno di parlare, negli occhi un’ombra folle. Era ubriaca e arrabbiata, forse lo sarebbe sempre stata.
<< Sei ubriaca>> ribatté l’elfo, prendendola per un braccio e voltandola verso di sé. La guerriera reagì di istinto e gli mollò un ceffone sul bel viso. Quello piegò leggermente la testa di lato e assottigliò lo sguardo, indurendo la mascella. L’Elfa si portò una mano alla bocca prima di scoppiare in una risata fragorosa. Legolas agì prima che lei potesse fermarlo, si abbassò sulle gambe e se la caricò in spalla, deciso a riportarla in camera sua. La guerriera protestò per metà del tragitto, agitandosi e urlandogli di lasciarla andare.

“È tutta colpa tua, ti avevo detto di non bere quella cosa!” le urlò Ûr-thalion nella mente, mentre l’elfo procedeva verso le sue stanze come se non pesasse nulla. Spalancò la porta senza difficoltà e la depositò a terra, stando attento a sorreggerla quando traballò leggermente all’indietro.
<< Ti odio>> furono le parole che gli rivolse dopo due minuti buoni di silenzio.
<< Non è vero e lo sai anche tu>> quelle parole la colpirono, era vero. Non avrebbe mai potuto odiarlo, lo aveva allenato lei stessa e aveva passato con lui momenti indimenticabili. Era stato il suo migliore amico, l’unico di cui potersi fidare e con cui confidarsi, ma aveva messo i suoi sentimenti davanti a quelli della guerriera, impedendole di salvare Thorin.
<< Ti odio>> ripeté tirandogli un debole pugno sul petto. Non avrebbe fatto male nemmeno a una formica, ma l’alcol la rendeva lenta. Una lacrima le solcò una guancia e Legolas allungò una mano per asciugargliela. Quando si accorse che stava piangendo davanti a lui odiò anche se stessa. Iniziò a tirargli una raffica di pugni poco efficaci, mentre esplodeva in un pianto carico di dolore e frustrazione. Si sentiva in colpa ogni volta che lo guardava negli occhi. Loro erano lì, vivi, mentre l’amore della sua vita se ne era andato per sempre. Non era giusto.
<< Ti odio!>> urlò più forte, mentre l’elfo le bloccava l’ennesimo pugno rivolto al suo petto. Scosse la chioma bionda e afferrò anche l’altro pugno che stava per mettere a segno.
<< Va bene, odiami. Preferisco essere odiato che non esistere completamente per te>> confessò guardandola negli occhi blu, pieni di lacrime. L’Elfa lo spinse fuori dalla stanza e richiuse la porta alle sue spalle.
Barcollò verso il suo letto e abbracciò un cuscino di piume. Perché l’amore doveva fare così tanto male? Perché dopo tutti quegli anni doveva sentire ancora così tanto dolore?

La risposta le arrivò come un lampo in un cielo notturno in piena estate.
“Perché era reale” le sussurrò nella mente Ûr-thalion, atterrando sulla veranda e addormentandosi con la sua padrona.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI

CAPITOLO VI

I giorni seguenti passarono senza che neanche se ne accorgesse. Nei giorni precedenti l’arrivo di Aragorn e degli hobbit, Eruannie riuscì ad intercettare Arwen e i gemelli. Salutò la nipote con un caldo abbraccio e si scusò per non essere andata da lei appena destata dal Sonno Eterno, ma la nipote comprese appieno la necessità della zia di partire per la missione insieme all’uomo che amava. A sentirlo nominare, Eruannie si trattenne dal dirgliene quattro sulla sua assurda idea di rinunciare all’immortalità per un umano.

<< Sei sicura di quello che fai?>> le chiese mentre sorseggiavano il tè nel patio della famiglia reale, con il respiro pesante di Ûr-thalion che sonnecchiava poco distante da loro. Ormai il drago era diventato abbastanza grande da occupare da solo le scuderie di Imladris. Aveva dunque deciso di ritirarsi nella radura nel mezzo del bosco quando si faceva notte. Il suo corpo non ci sarebbe più stato sulla veranda di Eruannie, così avevano decretato che avrebbero mantenuto il contatto mentale il più aperto possibile quando erano distanti, in modo da correre l’uno in soccorso dell’altra qualora ce ne fosse stata la necessità.
<< Sì, zia>> rispose decisa la figlia di Elrond alzando gli occhi al cielo, era ormai la quattordicesima volta che le ripeteva quella domanda. La guerriera annuì e posò la tazzina sul piattino, prima di riporla sul piccolo vassoio poggiato sul tavolo davanti a loro. Si alzò e si sistemò la casacca bordeau, piegandosi le maniche fino ai gomiti e lasciando in bella mostra le sue rune naniche. Il sole di fine ottobre risplendeva sui suoi capelli leggermente ondulati. Quel giorno aveva deciso di acconciarli come imponeva la cultura nanica, come tutti i giorni d’altronde. Allungò la mano verso la nipote, invitandola ad alzarsi insieme a lei.

<< I tuoi fratelli partiranno a breve, andiamo a salutarli>> difatti i gemelli sarebbero ripartiti verso il Nord con i Raminghi, volevano tenere a bada le forze del Male che si stavano ormai impossessando di tutte le Terre Selvagge. Inoltre, su ordine di loro padre, dovevano condurre una ricognizione oltre i confini di Imladris per assicurarsi che non vi fossero appostati i Cavalieri Neri. Erano stati contenti di rivedere la loro zia adorata, anche se dopo la sbronza colossale che si era presa una delle prime sere, Elrond aveva vietato a tutti e tre di toccare qualsiasi tipo di alcolico, almeno finché non se ne fossero andati tutti gli ospiti. L’Elfa abbracciò i nipoti, raccomandandosi di essere prudenti e di non risparmiare neanche un colpo ai nemici che avrebbero incontrato sul loro cammino.

Una settimana dopo, Eruannie si trovava davanti allo stesso guado dove aveva salutato i gemelli.
Ûr-thalion l’aveva informata dell’imminente arrivo del Ramingo e dei tre hobbit, avvistati durante una delle sue ronde aeree. I quattro sembravano molto stanchi quando varcarono i confini di Imladris, ma subito una grande gioia e serenità popolò i loro animi. Arwen corse incontro all’amato, che la strinse affettuosamente a sé e le donò un rapido bacio. I tre hobbit furono contenti di vedere Eruannie ad attenderli, Sam si affrettò subito a chiederle come stesse il loro amico Frodo e l’Elfa gli raccontò che era stato molto forte e coraggioso e che migliorava di giorno in giorno.

Merry e Pipino, dopo essersi sincerati delle condizioni del loro parente, vollero sapere ogni minimo dettaglio sul viaggio della guerriera, la quale ricambiò altrettanto intensamente l’interesse verso il loro, di viaggio.
Chiese ai due se Aragorn si fosse comportato bene e se gli avessero fatto uno scherzetto almeno una volta al giorno. I tre risero insieme, mentre fumavano le loro pipe sul bordo di uno specchio d’acqua vicino alla radura dove riposava Ûr-thalion.
<< È cresciuto molto!>> constatò Pipino, osservando il dragone che sbuffava dalle narici e spalancava le fauci in un ampio sbadiglio.
<< Hai già provato a cavalcarlo?>> chiese incuriosito Merry, producendo anelli di fumo con la bocca. La guerriera scosse il capo in segno di diniego, in effetti non ci aveva proprio pensato. Il drago ora era abbastanza grande da poter reggere il suo peso e forse librarsi con la stessa agilità di quando volava in solitaria.
“Che ne pensi, Ûr?” il drago la fissò per un istante, prima di alzarsi sulle possenti zampe e stiracchiarsi, spiegando le grandi ali e generando un forte vento.
“Possiamo provare” dichiarò, prima di dare il dorso alla guerriera in attesa che montasse in groppa. L’Elfa lanciò uno sguardo divertito ai due hobbit che ricambiarono con parole di incoraggiamento.
“Non sarà come cavalcare un ronzino, ti avverto” le comunicò il lucertolone, mentre la guerriera faceva leva sugli avambracci e si posizionava sul suo dorso. Si aggrappò ad uno dei numerosi spuntoni che fuoriuscivano dalla sua schiena e fece un cenno con la testa.
Il dragone iniziò a correre prendendo sempre più velocità e facendo abituare il suo cavaliere a quell’andatura. Una volta arrivato al limite della radura sbatté le forti ali e s’innalzò nel cielo limpido, il vento scivolava su di loro e il senso di vuoto sotto i piedi diede una scossa di adrenalina ad Eruannie che si lasciò scappare un urlò divertito.
“E questo è niente, guarda qua!” intuendo le intenzioni del drago, la guerriera strinse di più la presa poco prima che la creatura iniziasse a scendere in picchiata avvitandosi su sé stesso. Poco prima di schiantarsi a terra riprese quota sbattendo le ali con forza, mentre un vento possente si innalzava sotto di loro. C’era una potenza sconosciuta nelle sensazioni che provava volando, come se il vuoto che si creava nel suo stomaco per l’assenza della terra sotto i piedi andasse in realtà a riempire la voragine che aveva nel petto. Percepì che anche il drago provava la stessa cosa e risero insieme di quella sensazione meravigliosa.

Da lassù vide tutta Imladris. Il Bruinen scorreva sereno ai confini delle terre di Elrond, i cervi e gli animali della foresta correvano liberi nei prati sotto di loro. Riuscì anche a vedere i due hobbit che saltavano contenti nella radura, cantando e inneggiando a Eruannie.
“Potremmo andarcene, sai?” la guerriera aggrottò la fronte, senza capire le parole del drago nella sua mente.
“Una volta finito tutto questo, intendo. Potremmo andare ad est ed esplorare tutte le terre ancora inesplorate” quel pensiero artigliò immediatamente il cuore di Eruannie. Non aveva mai pensato a cosa avrebbe potuto fare una volta distrutto Sauron, soprattutto perché non era nemmeno certa di poterlo sconfiggere effettivamente.
“Potremmo” disse semplicemente, prima di comunicare al drago che per quel giorno poteva bastare. Non voleva stancarlo troppo ed entrambi avevano bisogno di essere riposati e pronti a partire in qualsiasi momento. Ûr-thalion atterrò sollevando una folata di vento che fece cadere a terra i due hobbit, i quali risero deliziati da quel gesto. Una volta scesa Eruannie, il drago li salutò e si librò di nuovo nel cielo per cacciare.

 La guerriera e i mezz’uomini si incamminarono verso la Casa di Elrond, quella sera avrebbero banchettato e ascoltato racconti e canzoni. Ma ad attenderli vi era una sorpresa ben più lieta di cibo e musiche.
Quando giunsero all’interno della Reggia, Arwen li informò del risveglio di Frodo e i due giovani hobbit corsero immediatamente dal parente. Anche Eruannie era contenta, ma preferiva lasciar godere agli hobbit quel momento di gioia. Salutò la nipote e Aragorn, il quale non aveva mai lasciato il fianco dell’amata da quando era tornato, e si diresse verso le sale di lettura.

 Il suono di un corno a lei sconosciuto giunse alle sue orecchie. Incuriosita dal nuovo visitatore, corse verso la porta a Sud e rimase stupita dal vedere un giovane uomo entrare a cavallo. Il loro ospite era solo, portava con sé un grosso scudo tondeggiante posto sulla schiena e un corno bianco al fianco, accanto al lungo spadone. Era alto, molto più robusto di Aragorn e con una barba rossa ben curata. Sembrava un nobile di una qualche casata del Sud, i suoi abiti ricordarono alla guerriera uno dei cavalieri di Elendil ma non seppe dire quale dinastia. I capelli rossi incorniciavano un volto vissuto, che conferiva all’uomo più anni di quanti ne avesse in realtà. Eruannie scese velocemente i gradini di pietra per accoglierlo, dato che nessun elfo si era ancora accorto del nuovo arrivato.
<< Benvenuto nell’Ultima Casa Accogliente di Sire Elrond, uomo del Sud>> la guerriera fece un rapido inchino e si affrettò a prendere le briglie dello stallone nero, evidentemente affamato e stanco per il viaggio.
L’uomo le rivolse una rapida occhiata e tornò a osservare la bellezza di Imladris, incantato come tutti quelli che vi giungevano per la prima volta.
<< Se volete seguirmi, lasceremo il vostro cavallo alle stalle e…>> l’uomo la zittì con un gesto della mano guantata, lasciando alquanto sorpresa l’Elfa.
<< Perdonatemi, ma giungo da molto lontano e ho bisogno di vedere assolutamente Sire Elrond>> la guerriera annuì e un senso di fastidio le corse lungo la schiena. Odiava essere interrotta e quell’uomo aveva un’aria di supponenza che non le piacque per niente.
<< Il Re è occupato al momento, lo incontrerete più tardi>> tagliò corto lei, allungando poi il passo verso le scuderie e affidando il cavallo a un elfo che se ne sarebbe preso cura.
<< Cosa vi porta a Imladris, se posso chiedere?>> l’uomo le lanciò un’occhiata come per verificare se potesse fidarsi di lei.
<< Sono Boromir di Gondor, figlio di Denethor, figlio di Echtelion. Giungo in quanto sia io che mio fratello Faramir abbiamo avuto un’orribile visione sulle sorti del nostro popolo>> la guerriera aggrottò la fronte, come avrebbero potuto loro aiutare Gondor? Con tutti gli elfi che stavano lasciando la Terra di Mezzo avrebbero al massimo potuto mandare un carro con dei rifornimenti.
<< Ecthtelion me lo ricordo, io e suo padre combattemmo insieme anni fa>> l’uomo alzò un sopracciglio e si fermò a osservare l’Elfa.
<< Non mi sembrate adatto alla battaglia, mio signore>> Eruannie sbiancò.
“Signore?!” pensò irritata. Quell’uomo le stava davvero dando sui nervi, prima la interrompeva e ora le dava pure del maschio! Si vedeva benissimo che era un elfo femmina.
Certo tra loro si somigliavano un po’ tutti, maschi e femmine, ma aveva le curve tipiche di una femmina, che cavolo!
“Infastidita?” la voce si Ûr-thalion invase la sua mente, creandole un leggero brivido.
“Irata!” sbottò lei in risposta, mentre mostrava all’uomo l’ala degli ospiti.

<< Direte a Re Elrond che desidero incontrarlo?>> chiese speranzoso, mentre l’Elfa se ne andava lasciandolo alle cure di alcuni domestici. Annuì nella sua direzione e si dileguò.
“Signore!” la risata di Ûr-thalion le giunse forte e chiara, facendo ridere anche lei.
<< Non è divertente!>> si lasciò scappare mentre voltava un angolo, diretta alle sue stanze. Aveva alzato gli occhi al cielo alla ricerca del drago, così non si accorse quasi di andare a sbattere contro qualcuno. Prima ancora di aver individuato il suo volto, un profumo di muschio e pino le giunse alle narici, facendole capire immediatamente di chi si trattasse.
<< Cosa non è divertente?>> chiese l’elfo con un leggero sorriso sulle labbra. La guerriera lo sorpassò, maledicendo il dannato figlio di Thranduil che continuava a perseguitarla.
<< Tu!>> sibilò mentre saliva le scale che collegavano l’ala est con l’ala ovest.

Quando arrivò nelle sue stanze vi trovò Elrond seduto alla sua scrivania. L’elfo era intento a scrivere un messaggio su una delle pergamene presenti sul tavolo, ma si fermò subito non appena vide la sorella. Le lanciò un’occhiataccia di ammonimento e l’Elfa inarcò la testa di lato non capendone il motivo.
<< Potresti almeno evitare di urlare in quel modo sguaiato?>> si spiegò l’elfo, alzandosi dalla sedia e porgendole la pergamena.
<< Mi aspetto che ci sia anche tu questo pomeriggio. Presenzierai in vece del tuo drago, unico della sua specie>> disse per poi sorpassarla e dirigersi verso i suoi appartamenti regali.
Eruannie aggrottò la fronte e si affrettò a leggere il messaggio che le aveva lasciato il fratello.

 

Dolce sorella, nonostante io sia ancora molto arrabbiato per la tua avventura con i nani di qualche sera fa, mi trovo costretto a invitarti al Concilio di questo pomeriggio. Ûr-thalion, in quanto ultimo dei draghi, rappresenta una razza a sé e come nostro alleato è caldamente invitato a decidere delle sorti dell’Anello quanto tutti gli altri. Per la salute mentale dei nostri ospiti ti chiedo però di non portarlo fisicamente, ma di sfruttare il vostro legame mentale per consentirgli di partecipare e dire la sua opinione a riguardo.

Il tuo amato fratello,

Elrond

 

Eruannie alzò gli occhi al cielo, aveva invitato il suo drago ma non lei, ridicolo! Se non fosse stato per Ûr-thalion non l’avrebbe nemmeno interpellata e tutto per una semplice sbronza con dei nani!
Ma la guerriera sapeva bene, in cuor suo, che il fratello non era arrabbiato per la sbronza in sé, bensì per le sue conseguenze. Aveva costretto il drago a sputare fuoco e coloro che non erano a conoscenza dello stupido scherzo avevano temuto che fosse impazzito e stesse cercando di attaccare Imladris. Glorfindel stesso si era preparato a ingaggiare una battaglia e come biasimarli? Tutti i draghi di cui avevano sentito parlare fino a quel momento non avevano di certo la fama di essere dei gran burloni.

Per fortuna nessuno si era accorto della sua conversazione con Legolas e i nani erano stati molto riservati sull’accaduto, non tirando mai fuori l’argomento.
Ûr-thalion?” mentre si sedeva sul bordo del letto chiamò il dragone a gran voce, sperando non stesse ronfando come suo solito.
“Mmm?” il senso di sazietà e di appagamento arrivò forte e chiaro alla guerriera, segno che il lucertolone si stava rimpinzando con qualche povero animale della foresta.
“Smetti di mangiare e ascoltami! Siamo stati invitati al Concilio di mio fratello questo pomeriggio, spero tu non abbia impegni” la risata roca del dragone le giunse limpida e sincera, mentre il suo amico si stiracchiava e lasciava perdere per un attimo il suo pranzo.
“Spero non sia una cosa noiosa” la guerriera scosse leggermente la testa e lo tranquillizzò, nulla con lei era noioso!

 Quel pomeriggio avrebbe partecipato anche Frodo insieme a Bilbo, così Eruannie decise di andare loro incontro e aiutare i due hobbit. Frodo, in particolare, era ancora molto provato dalla ferita del pugnale Morgul. Lei lo sapeva bene, era stata trafitta lei stessa da una lama dei Cavalieri Neri molti secoli prima e portava ancora con sé il dolore di quell’esperienza.
<< Non guarirà mai del tutto, lo sai?>> chiese al mezz’uomo, dopo che vide con la coda dell’occhio le sue continue smorfie di dolore. Lo hobbit annuì con aria grave, massaggiandosi distrattamente la spalla ferita.
<< Sì, tu la senti ancora?>> l’Elfa gli sorrise debolmente e si portò una mano al fianco, pensandoci un po’ su.
<< A volte mi sembra che non ci sia più, altre volte la sento come se me l’avessero appena inferta>> spiegò saggiamente, aiutando i due hobbit a salire alcuni scalini verso il giardino dove si sarebbe svolto il Consiglio.
<< Le nostre ferite sono le testimonianze della vita che abbiamo vissuto>> i due si voltarono verso Bilbo, il quale aveva assunto un’espressione assai divertita e ridacchiava.
<< Un vero avventuriero ha almeno una o due cicatrici da portare a casa una volta terminato un viaggio, non credete?>> e, lasciandoli con uno sguardo assai perplesso, si incamminò verso il giardino di Elrond.

In quel luogo si trattavano questioni importanti riguardanti il Reame o la Terra di Mezzo stessa e spesso il Re vi si riuniva con il Bianco Consiglio. Chissà quante volte Saruman vi aveva partecipato per poi andare a riferire tutto al nemico. Eruannie provò un’improvvisa rabbia pensando al tradimento dello Stregone Bianco.
Frodo prese posto accanto a suo zio Bilbo e a Gandalf. Eruannie notò subito che, pur non essendo stati assegnati i posti a sedere, gli ospiti si erano divisi in base alle loro razze. Accanto a Gandalf sedeva Glorfindel e al suo fianco vi era un elfo dalla chioma scura di cui Eruannie non ricordava il nome, ma sapeva con certezza provenire dai Rifugi Oscuri. La guerriera non calcolò minimamente l’elfo biondo accanto a lui, il quale sedeva silenziosamente insieme alla rappresentanza di Bosco Atro, ma passò in rassegna la disposizione dei nani. Glóin sedeva accanto al figlio Gimli, da cui partivano i restanti nani della delegazione di Erebor. Venivano poi gli uomini, Aragorn e Boromir di Gondor che Eruannie aveva soprannominato “Boromir presuntuoso di Gondor” dopo il loro breve incontro di quella mattina.

Accanto al figlio di Denethor vi era una sedia libera che la guerriera reputò essere per lei in vece del suo dragone. Lanciò uno sguardo a Frodo per controllare che stesse bene e prese anche lei posto, attirando su di sé gli sguardi dei presenti considerando che era l’unica a sedersi lontano dai suoi simili.
<< Iniziamo?>> una folata di vento sopra di loro fece alzare a tutti gli occhi in aria. Le reazioni furono varie, i nani salutarono con garbo e rispetto mentre gli elfi lo osservavano con una punta di orrore negli occhi. Aragorn non se ne curò più di tanto, mentre Boromir ne rimase affascinato.
<< Cosa ci fa un drago a Imladris?>> chiese innervosito Legolas, mentre sul suo volto si dipingeva un’ombra di disprezzo. Come altri della sua razza, anche il principe di Bosco Atro aveva avuto modo di interagire con i draghi e non ne era stato affatto contento.
<< Lui sta con me>> la voce di Eruannie attirò tutti gli sguardi dei presenti, mentre suo fratello faceva il suo ingresso regale nel giardino.
“Ora iniziamo” il drago le lanciò un’occhiata divertita e si concentrò sulle parole del sovrano.

A differenza di quanto promesso al drago, il Consiglio fu abbastanza noioso. Elrond raccontò a tutti i presenti le origini dell’Anello, partendo appunto da quando fu forgiato da Sauron per dominare sugli altri anelli magici da lui stesso donati ad elfi, nani e uomini, per poi arrivare a narrare della grande battaglia contro il Signore di Mordor, dove questi perse l’Anello e tutto il suo potere.

Raccontò di come aveva tentato invano di convincere Isildur, il quale aveva sconfitto Sauron stesso strappandogli l’Unico, a gettare il gioiello nel Monte Fato e di come l’uomo, ormai già corrotto dal potere dell’Anello, si fosse rifiutato. Anni dopo si persero le tracce dell’Unico quando, in seguito ad un’imboscata, Isildur fu ucciso e l’Anello andò perduto.

Da lì in poi prese parola Bilbo, il quale narrò di come era entrato lui stesso in possesso di un anello magico nelle caverne dei goblin, durante la sua avventura con la Compagnia di Thorin. In un breve e per niente piacevole soggiorno sulle Montagne Nebbiose, lo hobbit si era infatti perso nelle profondità della terra e lì vi aveva trovato una creatura di nome Gollum. L’Anello aveva consumato a tal punto l’essere da renderlo deforme e mostruoso, corrompendo anche il suo animo. Bilbo aveva tenuto quel gingillo per ben sessant’anni, finché non decise di abbandonare la Contea e lasciarlo a Frodo, come tutti i suoi averi.

Gandalf raccontò invece di come, grazie all’aiuto di Aragorn, catturò la creatura e la interrogò. Lo stregone venne così a conoscenza dell’identità dell’Anello ed ebbe la conferma che si trattasse dell’Unico. Gandalf affidò Gollum agli elfi silvani di Bosco Atro, affinché lo rinchiudessero nelle loro segrete e gli impedissero di evadere.

Tutti i presenti si rivolsero allora alla delegazione del Reame Boscoso, in attesa di un ulteriore approfondimento sulla vicenda della creatura. Con riluttanza di Eruannie, prese parola Legolas e spiegò loro che gli elfi silvani, inteneriti dalla sorte di Gollum, gli avevano concesso di uscire dalle prigioni. In una di queste uscite erano stati attaccati da un manipolo di orchi e, distratti dalla lotta, non erano riusciti a tenere d’occhio la creatura che si era dileguata.
<< E non è tutto>> la voce profonda di Gandalf provocò una certa agitazione nello hobbit al suo fianco.
<< Durante il mio interrogatorio, Gollum mi disse di essere stato torturato dagli orchi di Mordor e di aver rivelato loro la posizione dell’Anello>> concluse lanciando un’occhiata triste verso Frodo.
Tutto tornava dunque. I Cavalieri Neri sapevano dove cercare l’Unico perché la creatura glielo aveva confessato, ecco perché davano la caccia a Frodo. Gandalf raccontò di come avesse avvertito lo hobbit di lasciare la Contea e condurre l’Anello a Gran Burrone, lo avrebbe raggiunto lui stesso se Saruman non lo avesse trattenuto a Isengard.
A sentire quel nome Eruannie ebbe un moto d’ira e batté un pugno sul bracciolo della sua seggiola.
<< Quell’infido traditore!>> sbottò con furia, seguita dal ruggito del drago sopra di loro.
Legolas le lanciò un’occhiata di ghiaccio, come per ammonirla. Gli elfi presenti si erano infatti spaventati leggermente dopo aver udito il verso dell’animale.
“Oh tu ne sai qualcosa di tradimenti, vero folletto?” pensò irritata, provocando una risata bassa del dragone.
<< E così, non molti giorni fa l’Anello è giunto a noi e spetta a questo Consiglio la decisione sul da farsi>> Elrond parlò chiaramente, facendo saettare i suoi occhi grigi su tutti i presenti.
<< Credo, fratello, che siamo tutti d’accordo su questo punto>> Eruannie attirò l’attenzione su di sé e tutti l’ascoltarono.
<< L’Anello va distrutto, Sauron non si fermerà mai e ucciderà pur di riaverlo>> subito i nani le diedero ragione, affiancati dagli elfi. Anche Gandalf si disse d’accordo, spalleggiato da Aragorn.
<< Cosa ne pensa Gondor, seguirà la volontà del Consiglio?>> tutti si voltarono verso Boromir, il quale non aveva ancora proferito parola a riguardo.
<< Sono giunto a Gran Burrone per avere delucidazioni riguardo a una voce ricorrente che popola il sonno mio e di mio fratello>> Elrond lo incitò a rivelare loro cosa dicesse la voce, in modo che potessero aiutarlo a comprenderlo.
<< Cerca la Spada che fu rotta, a Imladris la troverai; I consigli della gente dotta, più forti di Morgul avrai. Lì un segno verrà mostrato, indice che il Giudizio è vicino, il Flagello d'Isildur s'è svegliato e il Mezzuomo è in cammino>> la guerriera si chiese come potesse essere così ottuso. Era alquanto palese il significato di quel sogno.
<< Per quanto riguarda la Spada, faceva ovviamente riferimento ai frammenti di Narsil, avendola vista io stesso questa mattina>> l’Elfa si scambiò un’occhiata con Aragorn, seduto accanto a lei e che la implorava silenziosamente di non dire nulla.

“Povero illuso” il dragone verde le chiese il perché di quell’affermazione, era vero che i frammenti della spada di Elendil erano custoditi a Gran Burrone.
“Come ogni voce in qualsiasi sogno, la frase va interpretata e devi leggere tra le righe” spiegò sapientemente lei, rivolgendo un rapido sguardo al suo amico alato. Sbuffò, notando che questi ancora non comprendeva.
“Non si riferiva ai frammenti di Narsil, bensì alla dinastia di Elendil che fu spezzata con la morte del figlio Isildur” Elrond le aveva raccontato le origini di Aragorn, lei sapeva bene che la Spada in questione era proprio il Ramingo. Lui era il degno erede e re di Gondor, ma aveva rinunciato a quel fato molti anni prima, decidendo di vivere in esilio.
“Ma non fu davvero spezzata, Aragorn figlio di Arathorn dovrebbe ora sedere sul trono di Gondor” il drago sbuffò dalle grandi narici, rivelando alla guerriera che lo aveva sempre saputo che l’uomo fosse di stirpe reale.

Si erano persi gran parte della spiegazione della profezia, ma Eruannie trasmise al lucertolone ciò che secondo lei poteva significare.
<< Ora che so per certo che l’Anello del Potere è nelle nostre mani, vi chiedo di concedere a Gondor la possibilità di usarlo contro Mordor. Da anni il mio popolo paga con il proprio sangue per proteggere tutti quanti da quella minaccia, con questo Potere potremmo mettere fine a tutto ciò!>> la guerriera scosse il capo e si alzò in piedi, alquanto irritata da quel comportamento per niente perspicace.
<< Nessuno può servirsi del Potere dell’Anello, solo Sauron può. Senza considerare il fatto che è riuscito a corrompere anche il suo di cuore, quindi mi chiedo come potrebbe riuscire un uomo tanto baldanzoso a non farsi trascinare nel baratro dell’Oscurità>> l’Elfa si era mossa avanti e indietro davanti ai suoi spettatori e ora teneva lo sguardo fisso negli occhi di Boromir, che si sistemò sulla sedia leggermente irritato.
<< Perdonami, ma non credo ci abbiano presentati. Tu che sai tutte queste cose sull’Anello saresti…?>> l’uomo non voleva offenderla, ma si era sinceramente chiesto cosa ci facesse un semplice stalliere ad un Consiglio così importante e riservato.
<< Hai il piacere di trovarti d’innanzi ad Eruannie di Imladris>> Glóin si era alzato brandendo la sua ascia, affiancato dagli altri nani. Il tono dell’uomo del Sud non gli era piaciuto per niente e si ritrovò a pensare che gli era andata bene, la guerriera avrebbe potuto ordinare al drago di incenerirlo sul posto.
<< La guerriera della Terra di Mezzo? Colei che combatté ogni battaglia contro il Male?>> Eruannie inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, assumendo una posa per niente elegante come imponeva il galateo elfico.
<< Non proprio tutte ma sì, sono io>> confermò, facendo scoccare la lingua e producendo un suono di irritazione.
L’uomo deglutì e un lieve rossore gli colorò le guance, facendo distogliere immediatamente lo sguardo a Eruannie. Elrond le lanciò un’occhiata e la guerriera riprese posto a sedere, cogliendo al volo l’ammonimento del fratello.
<< Come ha accuratamente illustrato mia sorella, l’Anello deve essere distrutto e qui giunge la domanda più importante: chi di voi si farà carico di questo fardello?>> il Re di Imladris guardò torvo i suoi ospiti, cercando di individuare un qualche accenno. Ma nessuno di loro si offrì, rimasero tutti in silenzio per un lungo momento, finché Bilbo non si alzò, dondolandosi sui talloni e infilandosi le mani nelle tasche del panciotto.
<< Beh, direi che si prospetta per me un’altra avventura! Io ho portato l’Anello nella Contea e io lo riporterò a Mordor!>> Eruannie spalancò gli occhi, stupita e allo stesso tempo affascinata dal coraggio che ancora una volta il suo amico dimostrava.

Gandalf si schiarì la voce e pose una mano sulla spalla dello hobbit, invitandolo a risedersi.
<< Mio caro Bilbo, ormai hai raggiunto la veneranda età di 128 anni. Il viaggio che si prospetta per distruggere l’Anello è assai arduo e non privo di pericoli>> la guerriera dovette dar ragione allo stregone, ormai il tempo per le avventure di Bilbo era giunto al termine e qualcun altro doveva farsi carico di quella missione.
“Chi si offrirà? Gli uomini sono troppo deboli, i nani sono troppo testardi e, beh da quello che mi pare di aver capito, non ci fidiamo degli elfi” Eruannie alzò gli occhi verso Ûr-thalion e gli rivolse un sorriso, il suo amico aveva ragione, nessuno dei presenti sarebbe stato degno, eccetto uno.
“Attendi, mio caro” il dragone dovette pazientare parecchio perché vi seguì un lungo silenzio dove ognuno dei presenti si domandò in cuor suo se spettasse proprio a lui il compito di portarlo.
<< Lo porterò io!>> Frodo si alzò in piedi, osservando tutti quegli sconosciuti attorno a lui e chiedendosi se avesse fatto davvero bene a proporsi. Una grande angoscia lo invase e si pentì subito di quello che aveva fatto, nessuno lo avrebbe seguito e sarebbe morto non appena avesse messo piede fuori dai confini di Imladris.
<< Solo, non conosco la strada…>> ammise con tono colpevole, mentre la punta dei suoi piedi pelosi divenne improvvisamente molto interessante.
“Gli diamo una mano?” la voce del dragone giunse chiara e limpida all’Elfa, mentre lei si perse ad analizzare il mezz’uomo.
<< Io e Ûr-thalion ti seguiremo, Frodo. Anche fin dentro il Monte Fato se dovesse servire>> disse mentre si alzava senza il minimo dubbio e, con uno sbuffo di assenso da parte del drago, affiancò lo hobbit.
<< Credo che uno stregone possa sempre farvi comodo, vi accompagnerò in questa missione>> Gandalf si unì ai tre, lanciando un occhiolino a Bilbo, il quale parve molto sollevato nel sapere che la vita del nipote era affidata a due dei suoi migliori amici.
<< Non ho molto da offrirti, Frodo>> anche Aragorn si alzò e camminò con portamento regale inginocchiandosi poi ai piedi dello hobbit.
<< Ma hai la mia spada>> dichiarò con fierezza, prima di rialzarsi e prendere posto accanto a Eruannie. La guerriera vide un movimento tra gli elfi e per un momento sperò che provenisse da Glorfindel, ma i componenti della sua razza avevano scelto qualcuno con cui avrebbe dovuto imparare a convivere. Legolas si piazzò di fianco ad Aragorn, promettendo a Frodo di difenderlo contro il Male grazie al suo arco.
Eruannie lanciò un’occhiata supplichevole in direzione dei nani, non avrebbe potuto sopportare un viaggio in compagnia di Aragorn “musolungo” e Legolas “traditore”.
Dopo un breve confronto con la sua delegazione, Gimli si alzò e si unì alla Compagnia, spiegando che mai si sarebbe tirato indietro laddove un elfo si era fatto avanti.

<< Una profezia mi ha condotto qui per un motivo. Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà>> anche Boromir si inserì nel gruppo, prendendo posto accanto a Gandalf e lanciando un’occhiata piena di ammirazione verso Eruannie, la quale distolse subito lo sguardo imbronciata.
Elrond si alzò dal suo scranno e si avvicinò ai sette compagni, pronto a dare la sua benedizione e quella del Consiglio.
<< Ehi! Padron Frodo non si muoverà di un passo senza di me!>> la piccola figura sgraziata di Sam sbucò fuori da un cespuglio posto dietro alla sedia precedentemente occupata dal migliore amico. Eruannie aggrottò la fronte, chiedendosi come avesse fatto a nascondersi senza essere individuato da nessuno di loro.
<< No certo, è quasi impossibile separarvi! Anche quando lui viene invitato a una riunione segreta e tu non lo sei!>> ma Samwise Gamgee non era la sola sorpresa, le orecchie di Eruannie captarono infatti dei passetti concitati e i suoi occhi guizzarono subito verso Merry e Pipino mentre i due lasciavano il loro nascondiglio.
<< Ehi! Veniamo anche noi!>> ulrò Merriadoc, prendendo posto davanti alle gambe della guerriera con il sorriso più grande che l’Elfa avesse mai visto.
<< Comunque, servono persone intelligenti per questo tipo di missione…ricerca…>> Eruannie inarcò un sopracciglio e concentrò la sua attenzione sul giovane Peregrino, mentre l’ombra di un sorriso fece capolino sul suo volto.
<<…cosa!>> il drago chiese telepaticamente alla guerriera se lei fosse conscia che quei due si sarebbero fatti ammazzare.
“Mi occuperò io stessa del loro allenamento, diventeranno guerrieri formidabili e astuti” lo ammonì lei, dopo avergli scoccato un’occhiataccia.
<< Ma così ti autoescludi, Pipino!>> la battuta di Merry fece ridere tutti i presenti ed Elrond diede così la sua benedizione ai componenti della Compagnia dell’Anello.
<< Grandioso! Dov’è che andiamo?>> il drago sghignazzò nella mente di Eruannie, leggermente dubbioso riguardo alla parte degli “astuti”.
“Dicevi?”

“Ma sta’ zitto”.

E così ebbe inizio quella che per i secoli successivi in molti avrebbero decantato come l’Avventura dell’Anello o altri nomi assai più grandiosi. 
Mentre Eruannie avrebbe continuato a chiamarla “Quella folle pazzia suicida”.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

CAPITOLO VII

Le settimane che seguirono il Concilio di Elrond trascorsero in serenità a Imladris, nonostante nelle terre corresse voce del risveglio dell’Oscuro e alcuni villaggi venivano presi d’assalto da orchi di Mordor.

Eruannie si offrì di istruire i piccoli hobbit all’arte della guerra, concentrandosi per lo più sulla scherma. L’allenamento ferreo dell’Elfa prevedeva la sveglia all’alba e una corsetta di un’ora intorno al palazzo di Elrond, con tutte le lamentele e le minacce di avvelenamento da parte dei mezz’uomini.
Dovevano rafforzare la loro muscolatura e avrebbe fatto bene a tutti i membri della Compagnia rimettere in moto i corpi, così si unirono a loro anche i due uomini, lo stregone e Gimli. Ovviamente Legolas si astenne da quell’inutile spreco di energie e si concentrò ad affinare la sua tecnica di tiro con l’arco, già sufficientemente perfetta.

Il nano, insieme agli hobbit, era quello che faticava di più a tenere il ritmo, insistendo che quelli della sua specie non erano fatti per la corsa campestre. Eruannie ironizzava spesso sul fatto che fosse stata magnanima a non fargli fare una vera e propria corsa campestre, o si sarebbero ritrovati dimezzati.

Dopo il riscaldamento seguivano due ore di esercizi di potenziamento di braccia e addominali, seguiti da un’abbondante colazione dove gli hobbit e Gimli divoravano ogni cosa gli capitasse sott’occhio.
I mezz’uomini erano abituati a numerosi pasti durante la giornata e questo rallentava gli allenamenti, poiché almeno ogni due ore dovevano fermarsi per concedere loro il tempo di rifocillarsi.
Frodo era l’unico a cui era consentito un po’ più di riposo per via della ferita, anche se lo hobbit non prendeva di buon grado quella premura nei suoi confronti.
Prima di pranzo spiegava loro le basi teoriche che stavano dietro a un combattimento, mostrando loro come metterle in pratica usando a turno Aragorn o Boromir. Nel pomeriggio veniva invece il loro turno e si divertivano a duellare con i più “grandi”, come se fosse tutto un gioco. A lei andava bene che la prendessero con ironia, sarebbero arrivati dei tempi molto bui e dovevano approfittare di tutti quegli attimi di gioia e spensieratezza.
Prima del sorgere del sole dedicava qualche oretta ad allenarsi con Ûr-thalion sul volo, in modo che diventasse più pratica sul salire e scendere dalla sua groppa. Il drago diventava ogni giorno più forte e cresceva in saggezza e intelletto, oltre che fisicamente, superando addirittura la sua padrona in quanto a intuito. Impararono ad entrare sempre più in sintonia, quasi che non ci fosse nemmeno più bisogno di leggersi nel pensiero per sapere cosa avrebbe fatto l’altro o cosa stava progettando. Erano divenuti un tutt’uno e provavano ognuno i sentimenti dell’altro, comprendendo gioie e dispiaceri che la vita gli metteva davanti.

“Se ti pieghi di più riesci ad appiattirti meglio sul mio dorso e prendiamo più velocità, guarda” suggerì il drago durante uno dei loro allenamenti. Era passato quasi un mese dal Consiglio di Elrond e ormai erano diventati imbattibili. Avevano mostrato ai compagni la radura nel mezzo del bosco e ogni giorno mettevano in scena delle tattiche diverse, in modo da far esercitare ognuno.

Si dividevano in due squadre, ognuna delle quali sceglieva se avere dalla sua parte lo stregone o la guerriera con il drago. Ovviamente Gandalf non ci andava leggero con i colpi di bastone e la nuca di Eruannie non ne era per niente felice.
Quel giorno si era ritrovata con Boromir, Merry e Pipino. Il drago calò bruscamente verso la radura, mentre gli occhi della guerriera sfrecciavano da una parte all’altra per individuare gli avversari. La sua vista da elfo le permise di scovare Frodo e Sam nascosti su un albero verso est, mentre Gimli e Aragorn si erano posizionati sul lato ovest. Restavano solo Gandalf e l’elfo biondo di cui non vi era traccia. Estrasse la spada dal fodero al suo fianco e si preparò a saltare giù dalla sua cavalcatura alata, mentre Ûr-thalion emetteva un ringhio profondo per intimorire gli avversari.
Quando ancora mancavano alcuni metri si diede una spinta con i piedi e, facendo leva sul dorso del drago, spiccò un balzo di lato atterrando senza che le si scomponesse un ciuffo, facendo poi una lieve capriola a terra per attutire la caduta. Prima di rialzarsi avvertì un movimento alla sua destra e parò il primo colpo del suo avversario, scoprendo con disappunto che si trattava proprio di Legolas.
Il principe di Bosco Atro aveva deciso di duellare con i suoi pugnali elfici e ingaggiò una danza sinuosa e letale contro Eruannie. Lei stessa gli aveva insegnato ognuna di quelle mosse ed era in grado di prevederle tutte. D’altro canto, l’elfo sapeva il fatto suo ed era diventato più agile e veloce negli anni, eguagliando la sua maestra.

Mentre i due Immortali combattevano, Gandalf sbucò da ovest cogliendo di sorpresa Ûr-thalion e scagliò una forte raffica di vento contro il drago.
<< Tsk, mi fai il solletico, vecchietto!>> sbuffò fuori il lucertolone, mentre con le ampie ali faceva una certa concorrenza allo stregone. Boromir uscì dal suo nascondiglio e fece per correre in aiuto di Eruannie, ma fu intercettato da Aragorn e Gimli che gli diedero del filo da torcere. Gli hobbit non se lo fecero ripetere e si gettarono nella mischia, scontrandosi tra di loro tra risa e urla di divertimento.
“La coda” consigliò la guerriera al drago, che colse il messaggio all’istante e scagliò lo stregone lontano da lui, cercando di essere il più delicato possibile.
“La caviglia” ribatté il lucertolone, accennando a un punto cieco nella difesa dell’elfo. La guerriera non ci pensò due volte e gli tirò un calcio, facendolo cedere per un momento. Era fatta. Menò un fendente verso il fianco dell’avversario e questo dovette inginocchiarsi, lasciando esposto il collo. La guerriera fece una capovolta e si ritrovò alle sue spalle, la lama della spada puntata alla gola e un ghigno di vittoria stampato in faccia.
<< Morto!>> urlò, contenta di aver battuto il principe di Bosco Atro. Ma sul volto di questo non si dipinse la sconfitta, bensì apparve la stessa espressione della guerriera. Voltò lentamente il capo e fece cenno all’Elfa di guardare verso il basso, dove questa scorse con sua sorpresa la punta di un pugnale premuto contro il centro del suo addome.
<< Morta>> sussurrò Legolas, facendo scorrere gli occhi dalla sua lama al viso della guerriera. Un ringhio di rabbia scaturì dalla gola dell’Elfa, mentre dava una spinta con un ginocchio al principe, allontanandolo.
<< Dimentichi sempre di disarmarmi, se fossi stato un orco saresti già a terra senza vita>> la rimproverò lui, alzandosi con un balzo senza la minima difficoltà.
<< E tu dimentichi sempre di chiudere il becco, folletto dei boschi!>> sibilò mentre rinfoderava la lama, ormai stufa di quel combattimento, anche se sarebbe stato più corretto dire che era stufa di Legolas.
<< Per oggi abbiamo terminato!>> annunciò irritata, avvicinandosi a grandi falcate verso la coda del dragone. Questi, dopo aver lanciato uno sguardo allo stregone ed essersi sincerato che stesse bene, si preparò al decollo. Eruannie iniziò a correre, più frustrata del solito, e si gettò ad afferrare la coda del bestione, mentre questo prendeva il volo. Si arrampicò agile e veloce fino a posizionarsi in corrispondenza dell’inizio del suo collo, dove vi era l’attaccatura delle ali e poteva reggersi meglio.

“Sai che ha ragione, nonostante lo detestiamo” la guerriera lo sapeva benissimo senza che il dragone glielo ricordasse. Ma la cosa che più la fece infuriare fu la sensazione provata durante lo scontro.
“Sento quello che senti anche tu, Ann” l’Elfa sbuffò irritata e chiuse gli occhi per qualche secondo, cercando di rilassarsi un poco prima che la sua rabbia si trasmettesse anche a Ûr-thalion e questo iniziasse a sputare fuoco ovunque.
“Non possiamo permettercelo, non con lui!” sentenziò infuriata, mentre il drago si librava più in alto nel cielo azzurro. L’aria fredda le faceva bene, la tranquillizzava quando era innervosita.

Fece dei respiri profondi e riaprì gli occhi, leggermente inumiditi per la velocità a cui andavano.
“No, non possiamo. Ma non avresti dovuto nemmeno con Thorin eppure l’hai fatto” puntualizzò il dragone, prima di sbattere nuovamente le grosse ali.
“E sappiamo entrambi come è finita” rimasero in silenzio dopo questa affermazione della guerriera. Aveva ragione, non poteva permetterselo. In quelle settimane, nonostante cercasse di evitare il più possibile l’elfo, egli le era capitato più volte tra i piedi. Non si erano mai scambiati più dei saluti dovuti, ma ogni volta le faceva uno strano effetto. Provava un misto di emozioni nei suoi confronti, a volte le mancava il suo migliore amico, ridere e scherzare con lui. Ma poi la consapevolezza di quello che lui aveva fatto si faceva strada in lei e si ritrovava a desiderare di infilzarlo con la sua spada.
Il dragone, che provava le stesse cose della padrona, l’aveva aiutata a capire il perché di quelle emozioni contrastanti a cui lui non sapeva dare un nome. La guerriera si era affrettata a trovare un soprannome anche a quelle, denominandole “stupidi e inutili pensieri per niente piacevoli” e il drago se l’era fatto andare bene.
Sapeva bene che per far funzionare la Compagnia avrebbe dovuto mettere da parte il suo risentimento nei confronti dell’elfo e questo le metteva paura, avrebbe preferito affrontare Sauron in persona piuttosto che quello.

Tutti questi pensieri non abbandonarono la sua mente nemmeno quando il dragone atterrò nel giardino della famiglia reale, alzando un gran vento che fece sventolare le tende del patio dove Arwen leggeva serena. La guerriera smontò dalla creatura che se ne andò subito a caccia, lasciando l’Elfa sola con la nipote.
<< Cosa leggi, mia cara?>> si avvicinò sorridendo all’altra, mentre quest’ultima non distoglieva lo sguardo dal suo libro.
<< Arwen! Te l’ho prestato solo questa mattina!>> la nipote emise una risata cristallina, sentendo la voce sbigottita della zia.
<< È così avvincente, zia!>> si giustificò lei, finendo di leggere l’ultima pagina prima di riporre il libro sul tavolino accanto a lei.
Eruannie alzò gli occhi al cielo e rise, anche lei era stata così affamata di avventure da giovane. Ma, una volta che ci sei dentro ad una di esse, non ti sembrano più così tanto avvincenti, anzi.

L’Elfa depositò un rapido bacio sulla fronte della nipote, allontanandosi poi un poco per osservare il profilo del bosco di Imladris. Arwen la raggiunse, facendo correre i suoi piedi nudi sul pavimento di pietra del patio.
<< Cosa ti turba, zietta?>> chiese dolcemente, appoggiando la testa sulla spalla dell’altra. La guerriera trasse un lungo sospiro, ancora persa nei colori arancio della boscaglia dalla chioma autunnale.
<< Nulla, mio tesoro>> la rassicurò, cingendole poi la vita con una mano e voltandosi per abbracciarla. Era così pallida e priva della tipica luce che l’avvolgeva. Passò una mano sulla guancia della nipote, ritraendola velocemente poco dopo.
<< Sei fredda…>> un’ombra preoccupata le passò sul volto, mentre l’altra le sorrideva debolmente.
<<…il veleno che corre in queste terre ti sta uccidendo, perché non parti per Valinor?>> la nipote inarcò un sopracciglio a quella domanda, sorridendo debolmente.
<< Ho fatto la mia scelta, come tu hai fatto la tua>> Arwen fece correre le dita lungo le rune tatuate sul braccio della zia.
<< Non puoi chiudere il tuo cuore all’amore per sempre>> la guerriera si affrettò ad abbassare la manica della casacca bordeaux che indossava e distolse lo sguardo dalla nipote, allontanandosi da lei.
<< Ho fatto una promessa, Arwen. Ma tu sei ancora in tempo>> l’Elfa scosse la testa, giocherellando con la Stella del Vespro al suo collo.
<< Proprio perché sai cosa significa amare dovresti comprendermi>> la guerriera si voltò di scatto verso la nipote, gli occhi ridotti a due fessure buie.
<< È proprio perché so cosa significa che non voglio che tu rinunci alla tua vita per esso!>> e, come ogni volta che qualcuno provava a toccare quell’argomento, si dileguò nelle sue stanze. 
Per quel giorno ne aveva abbastanza di elfi e ramanzine sull’amore fatte da persone che lo sperimentavano da nemmeno un secolo.





NdA:

Capitolo cortissimo questo, chiedo perdono! Mi rifarò con i prossimi, promesso!

Giuls

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII

CAPITOLO VIII

 

 

Era una fredda e grigia sera di fine dicembre quando la Compagnia dell’Anello si mise in marcia verso Mordor. Mentre gli altri si erano vestiti con abiti pesanti per contrastare il freddo inverno, Eruannie e Legolas indossavano semplici indumenti elfici.

La guerriera portava una casacca blu scuro come i suoi occhi, sopra la quale indossava un’armatura marrone per proteggersi da eventuali attacchi. Sapeva infatti che se avessero colpito lei avrebbero ferito di conseguenza anche il drago e non avrebbero potuto permettersi di avere ben due moribondi nella Compagnia. Indossava dei pantaloni neri infilati nei suoi adorati stivali, mentre la giacca marrone la copriva in caso di pioggia o neve, come sarebbe stato più probabile. Al fianco portava la sua spada ben affilata, mentre aveva fatto cucire una serie di fibbie interne al soprabito in modo da portare con sé il maggior numero di pugnali. Aveva lasciato arco e frecce ad Aragorn e all’elfo, lei preferiva di gran lunga lo scontro corpo a corpo. Si calò il cappuccio sulla testa e mise la sua sacca a tracolla, riponendovi quante più scorte possibili di Erba Pipa. Senza farsi vedere dai suoi compagni, si avvicinò furtiva a un elfo silvano dai lunghi capelli ramati.
<< Date questa al vostro Re una volta giunti a Bosco Atro>> si raccomandò, porgendogli la lettera che aveva scritto quasi due mesi prima a Thranduil. L’elfo le lanciò un’occhiata sorpresa per poi annuire e riporre la missiva in una tasca della sua mantella.

Tornando dai suoi compagni, non le sfuggì la figura di Aragorn che si distaccava leggermente rattristato dal fianco di Arwen. Quella scena la intenerì, ma le parole di suo fratello la riportarono alla realtà.
<< La Compagnia dell’Anello va a Sud, possa la grazia dei Valar accompagnare il vostro cammino>> e così, guidati dalla mente esperta di Gandalf, iniziarono il loro viaggio. Eruannie, in coda al gruppo, si voltò a salutare Elrond e la sua gente con un gesto del braccio.

<< I tul-back (tornerò)>> sussurrò rivolta al fratello, mentre anche lui le dava il suo addio e sul volto di Arwen correva una lacrima silenziosa. La guerriera sospirò, chiedendosi se avrebbe mai fatto davvero ritorno. Un ruggito nel cielo la riportò alla realtà, mentre il suo dragone si librava nell’aria sopra di loro.

Ûr-thalion, tra poco dovremo attraversare le Terre Selvagge. Precedici e comunicami ciò che vedi” il drago sbuffò in segno di assenso e si spinse verso Sud, aumentando la velocità con un battito di ali così forte da generare un grande vento sotto di sé.
<< Accidenti alla bestiaccia!>> sbottò Boromir, mentre si ricomponeva raddrizzando il grosso scudo sulla sua schiena.
<< La “bestiaccia” potrebbe salvarti le chiappe un giorno o l’altro…>> gli sibilò la guerriera, soffermandosi poi sul posteriore dell’uomo che le aveva appena lanciato un’occhiata colpevole.
<<…o arrostirtele, vedremo come ti comporterai>> terminò scoppiando in una fragorosa risata che contagiò Gimli poco più avanti. Il gondoriano scosse la testa contrariato e riprese la sua marcia, nonostante un angolo del labbro si era comunque alzato in un piccolo sorriso.

<< Questo silenzio è snervante!>> sbottò Pipino, dopo qualche ora di cammino in cui nessuno aveva proferito parola. Eruannie, la dea indiscussa delle conversazioni, era chiusa nel suo dialogo mentale con il drago che le riferiva tutto ciò che vedeva dall’alto grazie ai suoi occhi sviluppati che gli consentivano di vedere al buio.

<< Qualcuno racconti una barzelletta!>> propose Merry, mentre aiutava il parente a superare un tronco caduto.
<< C’era una volta un giovane hobbit della Contea>> iniziò la guerriera, attirando su di sé l’attenzione del gruppo, mentre i piccoli mezz’uomini ridevano già.
<< Un giorno decise di intraprendere un viaggio verso nemmeno lui sapeva dove>> proseguì, mentre la risata sguaiata di Merry le giungeva forte e chiara alle orecchie appuntite.
<< E venne attaccato improvvisamente da un branco di Ragni Giganti!>> l’urlo di Eruannie si sentì fino a Mordor tanto era stato acuto, mentre con le mani si mise a fare un solletico togli-fiato al poverino Pipino.
“Le spie di Saruman ci sorvegliano anche nella notte, guerriera” la voce di
Ûr-thalion le giunse come il rombo di un tuono in una serata estiva e l’Elfa smise subito di scherzare. Allungò il passo e raggiunse Gandalf, gettando occhiate da una parte all’altra della foresta. Attraverso il legame con il drago poteva vedere le sagome di grosse bestiacce che li scrutavano da una distanza sufficiente a fargli cogliere qualsiasi informazione riguardo la Compagnia. Come, per esempio, la presenza di un grande dragone.

<< Saruman ha mandato i pipistrelli di Gundabad a spiarci, il tuo piano di viaggiare con il favore delle tenebre non è servito>> comunicò con una punta di irritazione. Il dannato Stregone Bianco era riuscito a far riprodurre quei volatili diabolici e li aveva messi sulle loro tracce. Il Grigio Pellegrino rispose con un semplice cenno del capo e un verso pensieroso.
<< Pensavo che le Aquile li avessero sterminati nella Battaglia delle Cinque Armate>> il ricordo di quel giorno le trafisse il cuore, facendo sanguinare una ferita profonda di cui per qualche tempo si era quasi dimenticata.
<< A quanto pare il nostro Nemico è più risoluto di quanto pensassimo, riconquistare la Montagna gli ha sicuramente tolto un vantaggio ma…>> la guerriera scosse la testa alle parole di Gandalf, era stato tutto inutile allora.
<< Abbiamo sconfitto Azog, Thorin è morto per questo e ora mi dici che il Nemico è più risoluto?!>> sbottò calandosi il cappuccio per trafiggere Gandalf con un’occhiata omicida.
<< Risoluto?!>> ripeté a voce ancora più alta, mentre i compagni dietro di loro si fermavano a osservarli.
<< Hai convinto Thorin a riprendersi la Montagna anche per scongiurare una potenziale guerra e ora mi dici che nonostante i nostri sforzi, nonostante lui ci abbia rimesso la sua stessa vita è stato tutto inutile?!>> la guerriera si fece scura in volto, mentre fronteggiava senza nessun timore lo stregone.
<< Smettila di crucciarti, guerriera! Thorin si vergognerebbe del velo da vedova che ti porti appresso!>> quella frase colpì Eruannie come se lo stregone avesse usato una spada arroventata.

“Ahi” confermò il drago al posto suo. Sì, aveva fatto male. La guerriera gli lanciò un’occhiata rabbiosa e lo superò, lasciandosi alle spalle la Compagnia di una decina di metri. Non era sicuro aggirarsi da soli per le Terre Selvagge, soprattutto di notte, ma per una guerriera millenaria non sarebbe stata un’impresa poi tanto ardua.

“Se non sbollisci la rabbia tra poco esplodo” l’avvertì il drago e il senso di colpa la riempì. Avrebbe rischiato di rivelare la loro posizione al Nemico e mettere in pericolo non solo la Compagnia ma anche il dragone.
Dei passi leggiadri alle sue spalle la fecero voltare di scatto, mentre un ringhio le uscì dritto dalla gola. Pensò che se avesse potuto avrebbe sputato fuoco come
Ûr-thalion, soprattutto dopo aver scoperto di chi si trattava.
<< Vattene!>> sibilò rivolta all’elfo davanti a lei, ma quello non si mosse di un passo.
<< No. Ora facciamo parte della stessa Compagnia, metti da parte l’odio che provi nei miei confronti e cerca di andare avanti, non sei stata l’unica a perdere l’amore della tua vita quel giorno>> sentenziò impuntandosi con lo sguardo in quello della guerriera, mentre questa incrociava le braccia al petto e assottigliava lo sguardo in segno di sfida.
<< Cosa ne puoi sapere di quello che provo!>> diede le spalle all’elfo e fece per allontanarsi da lui, ma qualcosa glielo impedì. Le braccia di Legolas la stringevano contro il suo petto, mentre il suo vecchio amico aveva gettato il volto nei suoi capelli neri. Cercò di divincolarsi, afferrò gli avambracci dell’elfo e tentò di allontanarli dal suo corpo.
<< So che hai una voragine nel petto e ogni ricordo di quel giorno l’allarga sempre di più. Credimi, perché io provo lo stesso>> l’Elfa spalancò gli occhi blu, sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Lui non aveva visto morire l’amore della sua vita, ma l’aveva comunque perso in un certo senso.
“Resta con lui, ti sta tranquillizzando” le parole del dragone le fecero aggrottare la fronte. Come poteva tranquillizzarla Legolas? Decise di concentrarsi su ciò che provava in quel momento e scoprì che l’amico alato aveva ragione. Piano piano si adattò alla stretta dell’elfo e la trovò quasi piacevole, mentre uno strano brivido le corse lungo la schiena.

<< Mi manca…>> disse infine, mentre delle lacrime silenziose iniziavano a percorrerle le guance. Sapeva che lo avrebbe ferito con quell’affermazione, ma la sincerità è alla base di qualsiasi rapporto e se voleva cercare di riavvicinarsi a lei, quella sarebbe stata la prima cosa che avrebbe trovato.
<< Mi manca il suo odore, mi manca il suo tocco, mi manca il suo viso, m-mi manca il modo in cui pronunciava il mio nome, nei momenti belli e nei momenti brutti>> si voltò di scatto e compì un gesto che non si sarebbe mai immaginata e che sorprese sia lei che l’elfo. Abbracciò Legolas con la stessa intensità con cui lo avrebbe fatto anni prima. Lui si irrigidì per il contatto inaspettato ma si sciolse rapidamente, facendo correre le braccia lungo la schiena dell’Elfa e la strinse di più a sé.
<< Mi manca così tanto che certi giorni ho la sensazione di non potercela fare nemmeno a respirare>> disse in un soffio, mentre un singhiozzo le bloccò le parole in gola. Bagnò la casacca marrone dell’elfo, ma gliene importava ben poco.
<< Non è vero che ti odio, Laeg. Non potrei mai odiarti. La persona che odio davvero è la stessa che sta pronunciando queste parole, n-non posso permettermi di provare ancora quelle cose>> Legolas aggrottò la fronte non capendo a pieno il senso di quelle parole, ma le passò comunque una mano sui capelli nel tentativo di tranquillizzarla.
<< Io non merito di essere amata, né di amare mai più. Ho fatto una promessa>> sussurrò, mentre con i polpastrelli percorreva minuziosamente le rune incise sul suo braccio. Legolas non disse nulla e forse fu meglio così, se avesse detto anche solo una parola tutti i suoi buoni propositi sarebbero crollati come la sua armatura e addio promessa.
L’elfo sciolse l’abbraccio e la prese per mano, riportandola dalla Compagnia che nel frattempo si era accampata in una radura abbastanza grande da accogliere anche
Ûr-thalion. Erano tutti seduti attorno a un fuoco e Sam si apprestava a preparare una cena frugale. Nessuno proferì parola quando intravidero le loro sagome e la guerriera si diresse decisa verso il drago, acciambellato su se stesso e prossimo al sonno.

Si coricò tra le sue zampe, stando ben attenta a un disturbarlo troppo. Afferrò la pipa dalla sua sacca e iniziò a prepararsi per una bella fumata.
“Dovresti scusarti, lo stregone aveva ragione” ignorò intenzionalmente la voce del drago nella sua testa, mentre continuava ad aspirare compulsivamente dalla sua pipa.
Merry e Pipino le si avvicinarono in silenzio, accoccolandosi rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra. Nella mente del dragone lesse le decisioni che avevano preso in sua assenza.
Malgrado i dubbi di Gandalf, il giorno dopo avrebbero iniziato la scalata del Caradhras nel tentativo di valicare il Passo del Cornorosso. Era stato Aragorn a proporre questa via e la maggioranza aveva accettato.

Nemmeno Eruannie era d’accordo a prendere quella strada. Sapeva bene che le montagne in quel periodo dell’anno non offrivano un clima molto ospitale e il Caradhras in particolare sarebbe stato assai spietato, soprattutto con gli hobbit. La sua sfuriata con lo stregone le aveva però tolto il potere decisionale in qualche modo, quindi dovette adeguarsi alla scelta della Compagnia.

Aragorn montò il primo turno di guardia e la guerriera si concesse qualche ora di riposo, lasciando vagare la sua mente nei ricordi più profondi.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò ai piedi delle Montagne Nebbiose, subito fuori dalla grotta di alcuni Goblin. Era notte fonda e dal pino accanto a lei vide alcune figure impegnate a lanciare alcune pigne infuocate, mentre sentiva una morsa sempre più forte intorno al suo collo. Cercò di mettere a fuoco il nemico che le provocava quella sofferenza e si ritrovò a fissare le iridi glaciali di Azog. L’Orco Pallido l’osservava con un ghigno malvagio impresso sul volto, mentre con il braccio mozzato avvicinava alla scollatura della sua casacca la lunga lama che vi stava incastonata sopra. L’Elfa rabbrividì, sentendo le forze venirle sempre meno. Pensò che quella sarebbe stata la fine, mentre con la mano annaspava a mezz’aria cercando la spada per difendersi. L’Orco ritrasse un poco la lama prima di calarla sul suo cuore, facendola gridare di dolore e terrore.

Qualcuno la scosse dolcemente e si destò dall’incubo, mentre ancora urlava disperata.
<< Era un sogno>> la rassicurò Legolas, mentre l’accenno di un sorriso si apriva sul suo viso pulito. La guerriera si portò istintivamente una mano al petto per controllare che fosse tutto al suo posto, mentre annuiva debolmente verso l’elfo biondo.
<< Mi dispiace svegliarti, ma è giunto il tuo turno di guardia>> le comunicò prima di allontanarsi in religioso silenzio e coricarsi accanto a Gandalf. L’alba non doveva essere molto lontana, così si arrampicò sul dorso di Ûr-thalion stando ben attenta a non svegliare i due hobbit che le dormivano accanto. Dalla groppa del drago avrebbe avuto una visuale migliore e avrebbe potuto individuare più facilmente eventuali nemici.

“Cos’era quello?” il lucertolone, come al solito, era stato partecipe dello stesso incubo di Eruannie e ne era rimasto turbato.
“Qualcuno che è morto molto tempo fa…” spiegò la guerriera, mentre si affrettava a prepararsi la sua amata pipa.
“È lui?” l’Elfa annuì in risposta alla domanda del drago.
“Sì” pensò mentre prendeva una boccata di fumo.
<< È l’Orco che ha ucciso Thorin>> il dragone percepì chiaramente il malanimo che popolava il cuore della guerriera e non indagò oltre. Quando giunse l’alba svegliò i suoi compagni, fecero una colazione fugace con del Lembas e si misero in marcia verso il Cornorosso. Su consiglio di Boromir si premurarono di raccogliere alcune fascine di legna per potersi riscaldare una volta iniziata la scalata.

Era ormai giunto mezzodì quando decisero di fermarsi per una breve pausa e Sam ne approfittò per cucinare qualcosa di più sostanzioso del Pan di Via. Ûr-thalion era andato a caccia e la guerriera se ne stava appollaiata su una roccia per controllare i movimenti del dragone, mantenendo sempre un contatto mentale.
Il clangore metallico delle spade arrivò alle sue orecchie appuntite, mentre le vocette indispettite di Pipino e Merry le fecero intuire che i due si stessero esercitando. La guerriera dava le spalle alla Compagnia, ma si accorse comunque della presenza di Gandalf che le si era avvicinato.
<< Mi dispiace per la scorsa notte, non avrei dovuto attaccarti in quel modo>> sussurrò rivolta allo stregone, senza distogliere lo sguardo dalla foresta lontana ai piedi delle Montagne Nebbiose.
<< No, non avresti dovuto, ma ti perdono>> Eruannie ridacchiò contagiando anche Gandalf, il quale la imitò e si accese la sua pipa.
<< Credo avessi ragione, Thorin rimarrebbe deluso dal vedere come mi sono lasciata sovrastare dalle emozioni>> lo stregone aggrottò la fronte e si zittì per qualche istante, mentre traeva un lungo respiro dalla pipa.
<< Eruannie di Imladris che, non solo si scusa, ma ammette la ragione altrui! Posso dire di aver visto veramente tutto, ora!>> risero di gusto e la guerriera si voltò verso di lui, scambiando un’occhiata di pura ammirazione e amicizia.
<< Cosa farei senza di te, Gandalf?>> chiese al vecchio amico, posando una mano sulla sua spalla e sorridendogli. Poté giurare di aver visto una piccola lacrima agli angoli degli occhi dello stregone, ma la voce del drago nella sua testa la mise in allerta.
“Spie!” ululò rabbioso, mentre un lungo ringhio proruppe dalla sua gola trasmettendosi alla padrona.
<< I Crebain da Dunland!>> la voce di Legolas fece eco agli avvertimenti del dragone, mentre tutti si mossero il più veloce possibile per trovare un nascondiglio. Eruannie, dopo aver messo al sicuro degli smarriti Merry e Pipino, fece saettare gli occhi in ogni direzione alla ricerca di un posto adatto. Qualcuno l’afferrò per la vita e la trasportò sotto un cespuglio di arbusti che ricopriva un’alta roccia. Il profumo di pino e muschio che le solleticò le narici le fece capire immediatamente di chi si trattava, mentre le solite emozioni contrastanti si fecero strada in lei. La sua schiena poggiava contro il petto dell’elfo, il cui respiro leggero sul collo le provocò dei piccoli brividi lungo la schiena.

“Eruannie!” quelle sensazioni furono cancellate immediatamente quando sentì nella sua mente il richiamo di aiuto del suo dragone. Percepiva paura, sconforto e rabbia, moltissima rabbia. Si sporse oltre il suo nascondiglio e riuscì a vedere un grande stormo di corvi che calava sulla foresta dove sapeva esserci Ûr-thalion a caccia. Il drago sarebbe stato sicuramente in grado di contrastarli, ma gli uccellacci erano così tanti da poter oscurare tutta Imladris in un colpo solo. Lo accerchiarono, impedendogli di reagire. Avvertì l’amico mentre faceva scattare le fauci sui volatili, uccidendone qualcuno e ferendone altri, mentre un getto di fuoco emerse dalla sua gola incenerendo i superstiti.
La guerriera chiuse gli occhi, cercando di vedere le immagini che il drago proiettava nella sua mente. Un branco di orchi possenti circondò la creatura, tendendo gli archi contro di essa e tenendolo sotto scacco.

Eruannie fece per uscire dal nascondiglio nel tentativo di correre in soccorso del drago, ma Legolas la bloccò trattenendola per le braccia e tirandola di nuovo sotto al cespuglio. La guerriera spalancò la bocca per urlargli di lasciarla andare, ma l’elfo le schiacciò una mano sulle labbra e la spinse contro alla parete di roccia dietro di loro. La inchiodò lì sotto, mentre con gli occhi colmi di lacrime non del tutto sue lo supplicava di lasciarla. L’Elfa lesse l’indecisione sul volto del principe di Bosco Atro, mentre in lontananza poteva udire i ruggiti di rabbia e frustrazione del dragone.
“Scappa!” urlò con tutte le forze che aveva, mentre tutte le sensazioni dell’amico la travolgevano come un fiume in piena. Avvertì un dolore lancinante al braccio destro, mentre una chiazza scura iniziava ad espandersi sulla manica della blusa, fino a trapassare anche la giacca marrone.

La guerriera scosse la testa nel tentativo di liberarsi dalla mano che Legolas le teneva premuta sulla bocca. Quando l’elfo vide la macchia di sangue allentò la presa, dando all’Elfa la possibilità di parlare.
<< Lo hanno ferito!>> sbottò irata, mentre l’elfo stringeva di più la presa intorno alle sue spalle, preoccupato che potesse rivelare al nemico la loro posizione. Ma la guerriera non si mosse, tremava di rabbia e di dolore, mentre cercava di trattenere le lacrime.
“Vai! Vola via!” urlò terrorizzata al drago. Tutti i membri della Compagnia videro una grossa sagoma sollevarsi dalla foresta ai piedi delle Montagne Nebbiose e dirigersi verso Nord, faticando enormemente per mantenersi in volo.

Quando i Corvi di Saruman si furono dispersi, uscirono tutti quanti dai loro nascondigli, mentre Eruannie rimase incollata alla parete di roccia, le gambe che piano piano cedevano lasciandola scivolare a terra. Il suo corpo fu scosso da forti tremiti e si prese la testa tra le mani, continuando ad imprecare e a borbottare insulti in Khudzul. Legolas, temendo che potesse scagliarsi contro di lui come aveva già fatto in passato, lasciò che ad avvicinarsi alla guerriera fosse Gandalf. Lo stregone prese le mani dell’Elfa tra le sue e sussurrò alcune parole in una lingua antica a lui sconosciuta, mentre la tensione accumulata nel corpo della guerriera si scioglieva piano piano.
<< Ho fallito, Gandalf. Ancora una volta, non sono stata in grado di proteggere una persona che amo>> con la voce tremante, Eruannie riuscì a buttare fuori quella grande paura che le affollava l’animo. Lo stregone la strinse a sé come il padre che non aveva mai avuto, confortandola e trasmettendole tutto l’amore che solo Mithrandir poteva darle.
Gandalf rivolse un’occhiata ad Aragorn che, una volta compresa la gravità della situazione, si affrettò a raccogliere dell’Athelas e armeggiò per creare un impacco.

Lo stregone aiutò la guerriera a liberarsi di giacca e casacca, lasciandola con solo la fascia a coprirle i seni. Gli hobbit si voltarono imbarazzati, riflettendo su quanto fosse bello il cielo quel giorno. Boromir li imitò, con un rossore ben visibile a colorargli le guance. Legolas, al contrario dei mortali, non fu minimamente sfiorato dalla situazione e si concentrò sulla ferita.
<< Lo hanno colpito con una freccia nera avvelenata, possiamo rallentare il veleno ma se il drago non verrà curato>> l’elfo zittì Aragorn con un’occhiataccia, mentre l’uomo si affrettava a ricoprire il profondo taglio con l’impacco di Athelas.
<< Lo so, ma tu hai il dono della guarigione. Curala!>> lo supplicò, mentre si apprestava a sorreggere la compagna facendole poggiare la schiena contro al suo petto.

Il Ramingo fece del suo meglio e fasciò il tutto con una benda improvvisata con il bordo della propria casacca. Legolas e l’uomo aiutarono Eruannie a rivestirsi, permettendo così anche ai compagni di disperdersi dalle loro ridicole posizioni.
<< Mezze calzette>> l’insultò in un sussurro la guerriera, scatenando una risata generale.
<< Eccellente, se scherza vuol dire che sta bene>> commentò lo stregone, felice che si fosse ripresa dal suo apparente stato catatonico.
I dieci ragionarono sul da farsi, considerato che Saruman aveva spie in ogni dove e che il loro alleato più potente era stato ferito.

<< Quando lo vedo giuro che lo decapito quello stregone da quattro soldi!>> sbottò irata la guerriera, conficcando il pugnale con cui stava giocherellando nel terreno al suo fianco, mancando per poco la mano di Legolas. L’elfo le lanciò un’occhiata di rimprovero che lei ignorò.
<< Rimane comunque un nemico al di là della nostra portata, dobbiamo affrettare il passo verso il Cornorosso>> il commento di Gandalf non la rassicurò per niente, la sua voglia di arrampicarsi sul Caradhras era pari alla voglia di lavarsi per un orco.
<< Non erano semplici orchi quelli che hanno attaccato Ûr-thalion. Erano di una specie che non vedevo da almeno un’Era e sul volto portavano la Mano Bianca di quello schifoso>> la rivelazione della guerriera fece rimanere di sasso tutti, ovviamente tranne Gandalf. Lo stregone sospettava già da tempo che il suo vecchio amico avesse mischiato le arti magiche e le arti oscure per riprodurre delle creature assai più potenti di meri orchi.
Dopo aver recuperato i loro bagagli, si rimisero in marcia con un senso di angoscia sulle spalle. Senza il drago avevano perso una guida fondamentale nell’avanscoperta ed erano praticamente ciechi.
Mentre una folata di vento faceva loro presagire quanto il tempo sarebbe stato avverso, il pensiero di Eruannie andò a Ûr-thalion. Lo aveva visto nascere, lo aveva accudito e aveva imparato a condividere con lui una parte del suo cuore eppure non era stata in grado di proteggerlo.
<< Ann, spero tu capisca il motivo per cui ti ho fermata prima…>> la voce di Legolas la distolse dai suoi pensieri, mentre la solita sensazione ambigua si faceva strada dentro di lei.

<< Sì, avrei rivelato la nostra posizione. Comprendo l’importanza della missione, Laeg e ti ringrazio. Avrei potuto farci uccidere tutti>> l’Elfa fece un occhiolino al principe di Bosco Atro e, sorprendendosi lei stessa del gesto, lo sorpassò raggiungendo Pipino e Merry.
“Mi dispiace, Ûr” sussurrò al drago, ormai lontano da loro. Qualcosa dentro di lei si incrinò quando non udì alcuna risposta da parte dell’amico. Si chiese se l’avrebbe mai perdonata e per una volta dopo tanti anni, capì come doveva essersi sentito Legolas nell’ultimo secolo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

NdA: in questo capitolo viene introdotto un popolo di mia invenzione, i Meneliani. Ne ho dato qualche accenno nella Raccolta “You are the reason” che vi consiglio di recuperare prima di leggere questo capitolo!

 

 

 

 

CAPITOLO IX

 

 

Una fitta alla spalla le fece emettere un piccolo gemito di dolore che fu udito solo da Legolas. Pur essendo un’Elfa, il veleno stava facendo effetto fin troppo in fretta e le forze le venivano meno ogni attimo passato senza che il drago ottenesse le cure necessarie. Pregò i Valar che lo facessero arrivare fino a Imladris da suo fratello, in modo che potesse salvarlo. Non perché in questo modo avrebbe scongiurato la sua stessa morte, lei era pronta ad affrontare anche quel viaggio, ma perché il suo amico non meritava la morte per mano di orridi Uruk-hai.

Camminavano da almeno un giorno sulla neve del Caradhras e, mentre tutti i suoi compagni sprofondavano nella soffice ed alta distesa immacolata, lei e Legolas camminavano leggiadri sulla sua superficie. In assenza del drago, assunsero loro l’incarico di andare in avanscoperta e, come aveva già predetto il lucertolone prima che iniziassero la scalata, delle nuvole oscure e tempestose si avvicinavano sempre di più alla Compagnia.

<< Io e te potremmo anche superare il valico del Cornorosso, ma gli uomini e gli hobbit non ce la faranno>> Legolas annuì a quella affermazione, concordando che l’idea di passare per le Montagne non era stata delle migliori.

<< Se prendessimo la strada attraverso Moria forse saremo più al sicuro, Balin sicuramente ci darebbe una mano e poi…>> un accenno di un sorriso si aprì sul suo volto pallido, mentre con una mano si riportava un ciuffo dietro alle orecchie a punta.

<<…non vedo l’ora di rivedere Ori e fargli i miei complimenti per i suoi ritratti e per le sue poesie, chissà se avrà composto qualche canzone o qualche ballata in questi anni>> si chiese pensierosa, mentre i ricordi del nanetto le provocarono una piccola risata cristallina.

Legolas si perse per qualche istante ad ammirare la compagna. Tante volte si era chiesto quando avrebbe avuto la possibilità di ascoltare ancora la sua risata e ora non gli pareva vero. Da quando avevano lasciato Imladris qualcosa era cambiato in lei, sembrava odiarlo di meno e dalla loro chiacchierata nei boschi sembrava essersi sciolta di più nei suoi confronti.

Decisero di ritornare dai loro compagni e riferire quanto avevano visto riguardo alle nuvole minacciose, ma quando arrivarono da loro si ritrovarono davanti una scena ancora più preoccupante. Boromir teneva tra le mani l’Anello, mentre Aragorn era già pronto a scattare contro l’uomo di Gondor. Eruannie portò istintivamente una mano all’elsa della spada, mentre vide con la coda dell’occhio che Legolas sfiorava le piume di una freccia. Dopo un attimo di tentennamento Boromir si avvicinò ciondolando a Frodo e gli restituì l’Unico, scompigliandogli i capelli come se non fosse successo nulla.

Eruannie si scambiò un’occhiata preoccupata con il Ramingo, prima di soffermarsi a controllare che Frodo stesse bene. Lasciò che la Compagnia riprendesse il cammino e affiancò il mezz’uomo, circondandogli le spalle con il braccio sano.

<< Stai bene?>> sussurrò inchinandosi un poco verso le orecchie dello hobbit, che annuì balbettando leggermente. Le ricordava così tanto suo zio Bilbo quando Thorin lo aveva minacciato ad Erebor, una morsa le strinse il cuore ma lo lasciò andare subito dopo.

<< Per un attimo ho avuto paura che non me lo avrebbe più ridato>> le confessò il mezz’uomo, mentre la guerriera gli stringeva leggermente la spalla in segno di conforto.

<< In quel caso, avremmo visto quanto può urlare un uomo di Gondor dopo che un elfo di Imladris gli ha infilato il suo bel corno su per il>> Aragorn dietro di loro si schiarì la voce, ricordando alla guerriera la sua presenza solo in quel momento.

L’Elfa lanciò un’occhiataccia all’uomo come a chiedergli se volesse aggiungere altro, quando qualcosa si infranse contro la base del suo collo e una sostanza fredda e bagnata si insinuò nei suoi vestiti, colando giù per tutta la schiena. Lanciò un gridolino sorpreso e cercò di identificare l’aggressore, facendo saettare i grandi occhi blu su ogni membro della Compagnia.

Escluse Sam per la sua timidezza, non si sarebbe mai azzardato. Gandalf era troppo vecchio e troppo lontano. Legolas era troppo serioso e poi guardava avanti per individuare eventuali pericoli. Boromir sembrava chiuso nel suo mutismo dopo aver tentato di impossessarsi dell’Anello. Gimli rideva divertito, ma sulle sue mani non vi era alcun segno che lo incriminasse. Rimanevano solo Merry e Pipino, che sghignazzavano di gusto pur dandole le spalle. Arrivò da loro con due falcate, afferrò quanta più neve poté e inondò i mezz’uomini con una potenza tale da far arrivare qualche fiocco anche addosso a Sam e a Gimli.

<< Non siamo stati noi!>> protestò Merry, alzandosi a fatica e ripulendosi come meglio poteva.

<< È stato Legolas a suggerircelo!>> il tentativo di Pipino era addirittura più ridicolo di quello del cugino, cosa che fece aggrottare la fronte di Eruannie.

Gandalf si era fermato a guardarli, lasciandosi scappare un commento che solo l’Elfa poté udire e che la fece ridere di gusto, mentre gli occhi della guerriera venivano attirati dalle nuvole temporalesche che si avvicinavano con estrema velocità.

 

***

 

Camminavano da ore in quella tempesta di neve, mentre sul loro fianco iniziavano a scorgere la parete di roccia del Cornorosso. I due uomini si erano offerti di portare gli hobbit, dato che la neve si era alzata così tanto da impedire ai piccoli della Contea di proseguire a piedi. Eruannie aveva fatto la stessa proposta a Gimli, ma il nano si era rifiutato categoricamente, in quanto Durin non si sarebbe mai perdonato di essere trasportato da qualcun altro. Orgoglioso e testardo come un vero figlio della Montagna.

I due elfi precedevano la Compagnia, ispezionando il percorso che gli si poneva davanti. Nessuno riusciva a vedere in quella tempesta a parte loro, ma qualcosa o qualcuno li stava ostacolando a tal punto da mettere in difficoltà anche due Immortali come loro.

<< Non potremo proseguire a lungo, sento una malvagia entità nell’aria che ci impedisce di andare oltre!>> urlò la guerriera, cercando di sovrastare il forte suono del vento che si abbatteva impetuoso su di loro. L’elfo annuì e tornarono indietro a comunicare la situazione al gruppo.

Le faccette degli hobbit facevano capolino dai loro mantelli, mentre la neve gli veniva sbattuta in faccia con prepotenza dal vento che infuriava. Anche gli uomini erano allo stremo delle forze, così come Gimli e Gandalf.

<< Dobbiamo prendere un’altra via!>> la voce di Eruannie arrivò con difficoltà ai compagni, che si sforzarono per udirla il più possibile.

<< Gandalf, attraversiamo Moria!>> propose Gimli, con grossi pezzi di ghiaccio incastrati nella barba rossa.

<< Concordo con Gimli!>> ululò la guerriera, cercando di capire se gli hobbit fossero tutti vivi o se stessero morendo assiderati.

Lo stregone annuì e si rivolse a Frodo in quanto portatore dell’Anello. Lo hobbit, più ghiacciolo che carne, annuì energicamente. Così la Compagnia ridiscese la montagna, riacquistando a poco a poco la sensibilità di tutti gli arti.

Quando giunsero ai piedi delle Montagne Nebbiose, Eruannie si allontanò dal gruppo senza dare troppo nell’occhio. Si appoggiò a un albero vicino e si tenne i capelli con una mano, mentre si acquattava per rimettere il poco Lembas che aveva mangiato la mattina. Si passò la fronte con il bordo della giaccia per rimuovere lo strato di sudore che le imperlava il viso.

Ûr-thalion devi resistere” con tono supplichevole sperò di raggiungere il dragone, mentre un altro conato di vomito la faceva piegare in due. Senza che se ne rendesse conto, qualcuno alle sue spalle le poggiò una mano sulla schiena e le tenne la fronte mentre rimetteva, dandole un minimo sollievo.

<< Sta peggiorando>> constatò Legolas, mentre controllava la ferita sul braccio della guerriera. L’Elfa si scostò leggermente, consentendo all’amico di guardarla negli occhi.

<< Perspicace>> ironizzò, mentre si accovacciava a terra con la schiena premuta contro il tronco di un albero. L’elfo le lanciò una rapida occhiata prima di allontanarsi di qualche passo e afferrare dell’Athelas, con cui fece un impacco nuovo alla guerriera.

<< Grazie>> sussurrò l’Elfa, socchiudendo un poco gli occhi e beandosi del vento freddo che li avvolse, mentre le narici captarono il tipico profumo di muschio e pino dell’elfo.

<< Devi riposare, per stanotte coprirò io i tuoi turni di guardia>> emise un verso contrariato udendo le parole di Legolas, ma il principe era irremovibile. Senza nessun preavviso si inginocchiò e la prese tra le braccia, conducendola più vicino al fuoco acceso da Boromir al centro dell’accampamento.

<< Grazie Laeg>> sussurrò, mentre l’elfo la depositava dolcemente su un giaciglio improvvisato. Legolas non disse nulla, si posizionò accanto ai suoi piedi e la coprì con il proprio mantello, mentre una sensazione di serenità riempì l’animo della guerriera, lasciando che cadesse in un sonno profondo.

“Stupida guerriera! Hai lasciato che il tuo drago seguisse la stessa sorte di Scudodiquercia!” una voce sinistra che ben conosceva le invase la mente. Si guardò intorno cercando di capirne la provenienza, ma il buio la circondava rendendola cieca.

“E ora perirete entrambi!” la voce di Sauron le fece male, era come se una lingua di fuoco le bruciasse in testa.

“Esci dalla mia mente, laido!” urlò di rimando, mentre la risata del Signore Oscuro si impossessava di lei.

“Hai già perso una persona che amavi, stai per perdere il tuo drago…cosa farai quando perderai anche il tuo nuovo amore elfico?” Eruannie scosse la testa, mentre vi portava le mani in un tentativo disperato di cacciarlo dalla sua mente.

“No, tu non sai niente…niente!” fece uno sforzo immane per chiudersi al suo controllo, provò ad erigere un muro tra loro e sembrò funzionare. Il Signore di Mordor l’abbandonò, ma non prima di averle mostrato una visione del suo futuro.

Una città alle sue spalle veniva attaccata da un esercito di Orchi, erano talmente tanti che non riuscì nemmeno a quantificarli. Di fianco a lei Legolas combatteva sinuosamente, mozzando teste con i suoi pugnali elfici e scoccando frecce contro i nemici più lontani. Poi un grido stridulo sopra di loro gli fece alzare lo sguardo, portandoli ad individuare un Nazgûl a cavallo di un mostro nero alato proprio su di lei. L’elfo le lanciò un’occhiata piena di terrore, mentre le si catapultava addosso, spostandola dalla traiettoria del loro nemico. La bestia spalancò le fauci e afferrò il corpo di Legolas, facendo scattare la mascella e imprigionando l’elfo nel suo morso. Un grido di dolore lasciò le labbra del principe di Bosco Atro, mentre un fiotto di sangue proruppe dalla sua bocca e un suono per niente rassicurante di ossa rotte giungeva alle orecchie della guerriera.

Urlò di rabbia e di dolore, mentre si gettava contro la bestia che le aveva portato via il suo compagno.

<< Eruannie, svegliati>> nonostante la voce tranquillizzante dell’elfo, la guerriera continuò a gridare per qualche istante, prima di destarsi completamente dal sonno.

<< Laeg?>> chiese timidamente non appena ebbe incrociato gli occhi con quelli dell’altro. L’elfo aveva uno sguardo preoccupato, ma si rilassò in un piccolo sorriso quando vide il blu delle sue iridi.

Senza pensarci lo abbracciò di slancio, mentre il principe di Bosco Atro lasciava che il profumo di rose dei suoi capelli penetrasse nelle sue narici. Sarebbe rimasto così per molto tempo ancora, ma dovevano mettersi in marcia al più presto. Si costrinse a interrompere quel contatto, ricevendo un’occhiata contrariata dell’Elfa e aiutandola subito dopo a rialzarsi.

<< Come ti senti?>> chiese con la fronte aggrottata e lo sguardo che studiava minuziosamente la fasciatura. La guerriera si affrettò a infilarsi la giacca marrone e gli rivolse un sorriso caldo, mentre la preoccupazione derivante dal sogno di poco prima stava lasciando il posto a uno strano miscuglio di sensazioni. Con un gesto della mano liberò i lunghi capelli scuri costellati di treccine e si preparò alla marcia verso Moria.

<< Bene, credo che Ûr-thalion si stia riprendendo>> affermò con convinzione, mentre l’elfo annuiva nella sua direzione. Merry e Pipino le furono accanto in un batter d’occhio e il più giovane le allungò un pezzo di Lembas per colazione.

<< Ci hai fatti preoccupare! Legolas non voleva che ti svegliassimo, diceva che stavi male!>> si lagnò Merriadoc, mentre scrutava la guerriera per controllare che stesse bene.

<< Laeg ha fatto cosa?>> sbottò leggermente irritata. L’elfo non aveva il diritto di condividere con tutti la sua condizione di debolezza, li aveva fatti preoccupare per nulla.

Pipino fece un gesto con la mano per minimizzare e la prese sottobraccio, imitato dal parente. Eruannie rivolse loro uno sguardo interrogativo e quelli non si fecero pregare per darle una spiegazione.

<< Dunque, abbiamo notato come si comporta l’elfo nei tuoi confronti…>> iniziò Peregrino con il suo sguardo da furbetto dipinto sul volto.

<<…quindi sputa il rospo, cosa c’è tra voi due? Dobbiamo sapere se c’è un nuovo contendente!>> la guerriera ridacchiò divertita, comprendendo dove volessero andare a parare.

<< Contendente?>> chiese mentre tutto il resto della Compagnia volgeva un ultimo sguardo alle Montagne Nebbiose e si preparava a percorrerle dall’interno.

<< Certo! Per la tua mano!>> le spiegò Merry risoluto, facendo un piccolo saltello e unendo i piedi pelosi a mezz’aria, prima di atterrare con grazia.

<< La mia mano?>> la guerriera scoppiò a ridere e aggrottò la fronte, chiedendosi a che gioco stessero giocando quei due.

<< Ma certo! Io e Merry ci sfideremo a duello per ottenerla, il principino cosa farà?>> Pipino parlava a voce così alta che tutta la Compagnia li sentì. Eruannie arrossì prepotentemente, mentre Gimli li affiancava.

<< Giovane mastro hobbit, la guerriera che ti trovi davanti non può prendere un mezz’uomo come marito!>> sbottò con un accenno di saggezza nella voce. Eruannie inarcò un sopracciglio, chiedendosi per quale motivo ci si stesse mettendo anche il nano.

<< E perché mai?>> chiesero in coro i due hobbit, assai incuriositi da quella nuova scoperta.

<< Beh, ma perché lei è di stirpe nanica! Dovrà sposare un nano!>> sbottò Gimli, lisciandosi la lunga barba rossa. Eruannie si divincolò dalla presa di quei tre, allontanandosi un poco da loro.

<< Voi>> indicò i suoi interlocutori con un dito, mentre quelli le sorridevano sornioni.

<< Mi fate paura…>> concluse, lasciandoseli alle spalle. Era bello poter distogliere la mente un poco dalla missione, ma doveva concentrarsi e cercare di comunicare con Ûr-thalion.

“Dimmi che stai bene, ti prego” sperò con tutto il suo cuore che il suo pensiero potesse raggiungere il drago.

 

***

 

Nel lontano Est, in una distesa incontaminata dove l’Occhio di Sauron non si era mai posato e dove la pace aveva regnato sovrana per diverso tempo, l’elfo Calen si prodigava nell’addestramento dei giovani di Menel. La figlia della Madre faceva volteggiare la sua lancia sopra la testa, mostrando agli adepti come colpire correttamente un bersaglio in movimento. I Meneliani non erano mai stati un popolo di combattenti, anzi, ma quando il loro alleato Re Thranduil aveva inviato il proprio figlio a chiedere loro una mano nella guerra che avrebbe coinvolto tutta la Terra di Mezzo, la Madre non aveva avuto dubbi sul da farsi. L’Albero della Vita aveva assegnato alla migliore dei suoi figli il compito di insegnare a tutto il popolo di Menel a difendersi. Non era stata certo una passeggiata convincere gli abitanti pacifici di quel pezzo di paradiso a brandire un’arma, figuriamoci insegnargli le basi del combattimento corpo a corpo. Per fortuna avevano avuto ben settantacinque anni per esercitarsi e, quando il Male aveva iniziato ad espandersi sulla Terra di Mezzo come aveva già fatto in precedenza, i Meneliani erano pronti. Certo, la loro tecnica era da perfezionare, dovevano apprendere ancora molto e non potevano di certo competere con i loro cugini di Bosco Atro, ma se la cavavano.

Una forte ventata gelida fece bloccare gli elfi di Bosco Selvaggio. I volti verdi degli abitanti di Menel si voltarono istintivamente verso un punto imprecisato nel cielo, rimanendo a fissare una strana figura che si faceva sempre più vicina. Inizialmente pensarono ad un grande stormo di corvi, ma più quella cosa si avvicinava e più le loro orecchie a punta si appiattivano per la tensione.

Non era uno stormo, era un drago. Iar, l’elfo più anziano del villaggio, affiancò rapidamente Calen, la quale aveva abbassato lentamente la sua lancia. I due si scambiarono un’occhiata preoccupata, prima di iniziare a impartire ordini a tutti gli elfi di Menel. Nel giro di pochi secondi, tutti gli abitanti si rifugiarono nelle proprie abitazioni con la rapidità di un coniglio inseguito da un predatore affamato. Calen si fiondò nella Tenda della Madre insieme a Iar e, sbirciando dalla microscopica apertura nella stoffa, poté ammirare il passaggio del drago sopra le loro teste.

Tutti a Menel conoscevano le leggende delle grandi creature alate che dimoravano indisturbate sulle Montagne Rosse, ma nessuno di loro aveva mai avuto il privilegio di vederle prima di quel giorno. Calen pensò fosse un segno, se positivo o negativo non lo sapeva ancora, ma qualcosa si stava muovendo nella Terra di Mezzo. Iar si prostrò d’innanzi alla Madre, innalzando una supplica. Il grande albero al centro della tenda emanò una leggera luce e la Madre gli parlò.

<< Calen, è giunto il momento di mandare il nostro aiuto a coloro che ce lo chiesero>> l’elfo femmina si allontanò dall’ingresso della tenda e si avvicinò all’albero, quando fu a pochi passi da esso si inginocchiò e depositò la sua lancia al suolo.

<< Se questa è la tua volontà, io la perseguirò>> abbassò il capo in segno di rispetto e accolse la benedizione della Madre. La luce debole che circondava l’albero si fece sempre più abbagliante, fino a esplodere nella tenda. Calen si alzò e, dopo aver lanciato un rapido sguardo a Iar, lasciò l’abitazione per radunare i suoi guerrieri. Un piccolo sorriso le si aprì in volto, non erano guerrieri e mai lo sarebbero stati. Ma erano pronti a morire per mantenere la Vita sulla Terra di Mezzo.

Calen emise un lungo fischio a cui si aggiunsero le voci di tutti gli abitanti di Menel. In breve tempo si ritrovò circondata da tutti gli esseri che popolavano il Bosco Selvaggio. Cervi, conigli, uccelli, volpi, lupi, cinghiali e ogni altro genere di creatura. Gli occhi ambrati di Calen si posarono su ognuno di loro, prima di iniziare a parlare una lingua antica come la terra.

<< Il mondo in cui viviamo rischia di sparire, siamo chiamati a intervenire in questa guerra>> l’elfo femmina fece correre il suo sguardo sulle creature che la circondavano, mentre lei stessa si sorprendeva di come riusciva a parlare così fluidamente una lingua che non aveva nemmeno mai sentito prima.

<< Ci siamo nascosti per troppo tempo, è giunto il momento di uscire allo scoperto e agire>> gli animali si fecero sempre più vicini, mentre le loro orecchie recepivano ogni singola parola dell’elfo femmina.

<< Combatterete con me per la Terra di Mezzo?>> ogni creatura emise un verso di assenso, accompagnato dalle urla dei Meneliani.

Calen sorrise ai suoi compagni e si voltò verso la tenda della Madre, ululando una promessa: sarebbero tornati vittoriosi da Lei.

 

***

 

Ûr-thalion volava sopra le Terre Selvagge da giorni ormai, la ferita alla spalla pulsava e gli provocava alcuni scossoni di dolore che penetravano nelle ossa e si espandevano in tutto il corpo. Sentiva che la guerriera aveva cercato più volte di mettersi in contatto con lui, ma era troppo debole per mantenere quel legame. Il suo istinto lo aveva guidato per tutto quel tempo, anche se non sapeva esattamente dove si stesse dirigendo. Una voce lontana lo chiamava come una madre e lui l’aveva seguita. Sentiva le budella attorcigliarsi in una morsa mortale, ma doveva resistere. Non solo per la sua stessa salvezza, ma anche per quella della guerriera a cui si era legato. Fece scoccare ancora una volta le grosse ali verdi e i suoi occhi guizzarono su una radura sotto di lui. Vide alcune figure microscopiche che si muovevano sull’erba incontaminata mischiandosi con essa. Si chiese che tipo di creature fossero, ma l’istinto gli diceva di non attardarsi. Le grandi Montagne Rosse si stagliavano minacciose davanti a lui. Grosse rocce appuntite con una spruzzata di neve a interrompere il grigio scuro che le dominava. Sentiva che era la strada giusta, che non stava sbagliando e che lì avrebbe trovato la risposta ad ogni sua domanda.

Si lasciò gli strani esseri verdastri alle spalle e valicò con non poca fatica la catena montuosa che si ritrovava davanti. Al di là della stessa, si ritrovò ad assistere ad uno spettacolo che mai avrebbe sfiorato la sua mente.

Era a casa.


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo X ***


Capitolo X

CAPITOLO X

 

 

 

La notte era ormai calata su di loro da un pezzo, mentre Gandalf cercava le parole giuste per far sì che le porte di Moria si aprissero alla Compagnia. Eruannie sbuffava dalla sua pipa, mentre con lo sguardo perso si domandava perché il suo drago ci stesse impiegando così tanto per raggiungere suo fratello, in volo ci avrebbe impiegato molto meno di quanto ci avevano messo loro a piedi a coprire la stessa distanza. I suoni ovattati di sassi che si infrangono sulla superficie del Sirannon attirarono la sua attenzione. Distolse lo sguardo da un punto imprecisato e si focalizzò sul volto di Boromir il quale venne subito rimproverato da Aragorn. Alzò gli occhi al cielo e tornò a impegnarsi nel ritrovare mentalmente il legame con il drago.

<< Come si dice amici in elfico?>> la voce di Frodo la distolse ancora una volta da quel compito assai snervante. Sospirò sbuffando un’altra nuvola di fumo chiaro e rispose senza nemmeno rendersene conto.

<< Mellon>> la sua voce e quella di Gandalf si mischiarono in quella semplice parola. La guerriera rise debolmente, figuriamoci se i nani si fossero scelti una cosa elfica come parola segreta. Ma il suono roco che produssero le porte schiudendosi per poco non la fece soffocare con il fumo. Tossì aggrottando la fronte e si alzò di scatto dal suo posto, mentre gli altri membri della Compagnia si preparavano ad entrare nella miniera. Gimli l’affiancò con un grosso sorriso stampato in faccia.

<< Balin…>> sussurrò scambiandosi un’occhiata con la guerriera, che si affrettò a ricambiare il sorriso mentre si caricava in spalla la sua sacca e le armi.
<< E il giovane Ori insieme a Oin!>> esclamò contenta. Non stava più nella pelle, finalmente avrebbe potuto rivedere i suoi vecchi amici. Fino a quel momento non aveva realizzato quanto le fossero mancati effettivamente. Mise una mano sulla spalla di Gimli e insieme varcarono l’ingresso di Moria, con una grande gioia nel cuore.

“Cosa pensi di trovare qui, guerriera?” la voce del Nemico le penetrò nella mente come il rombo di un tuono. Pensò che ormai doveva essersi abituata a quella continua invasione da parte di Sauron, ma ogni volta la coglieva sempre alla sprovvista, rendendola quasi debole a confronto.
“Morte!” all’udire questa parola abbassò istintivamente gli occhi al suolo, inciampando in uno scheletro. Indossava l’armatura dei nani di Erebor e imbracciava un’ascia possente, ma la freccia nel suo cranio non era per niente nanica.

<< Goblin>> la voce di Legolas le giunse limpida alle orecchie. Si voltò verso Gimli, il quale aveva iniziato a borbottare parole incomprensibili. Imprecò in Khudzul e afferrò il nano per la manica della casacca. Non voleva nemmeno pensare a cosa ne era stato di Balin e dei due fratelli, dovevano uscire di lì al più presto prima di fare la loro stessa fine. Boromir urlava di dirigersi verso la Breccia di Rohan, mentre nella mente di Eruannie si susseguivano immagini di morte e distruzione se solo si fossero avvicinati a Isengard.

Un grido alle sue spalle la fece concentrare sulla situazione, mentre vide il corpo di Frodo che veniva trascinato via da loro da un gigantesco tentacolo.
<< Frodo!>> il grido disperato di Sam costrinse Eruannie a mettere in atto un piano di salvataggio più che improvvisato. Scagliò Gimli all’interno delle mura di Moria, mentre ringhiava al resto della Compagnia di rimanere dove si trovavano. Raggiunse Sam e si ritrovò sorpresa dal vedere che lo hobbit aveva pugnalato il mostro ad un tentacolo. Quello, sorpreso quanto la guerriera e mezzo dolorante, lasciò andare il mezz’uomo che cadde nelle acque putride del Sirannon. La guerriera si tuffò nell’acqua fredda e oscura e recuperò velocemente lo hobbit. Ne uscirono entrambi zuppi, ma si affrettarono a ripararsi all’interno delle mura, mentre l’Osservatore dell’acqua si vendicava distruggendo la loro unica via d’uscita, lasciandoli al buio di Khazad-dûm.

<< Stai bene?>> chiese l’Elfa, abbassandosi un poco per guardare Frodo negli occhi. Quello annuì e rabbrividì tremando per il freddo. La guerriera lo abbracciò cercando di trasmettergli quanto più calore possibile, mentre il mezz’uomo affondava il volto tra i capelli profumati della compagna. Nonostante avessero fatto il bagno nell’acqua putrida, notò con sorpresa che la guerriera era rimasta impeccabile nella sua bellezza.

<< Ora fate silenzio, sono tre giorni di cammino per arrivare dall’altra parte e cose ben peggiori dimorano nelle profondità di Khazad-dûm>> la voce di Gandalf fece rimettere in marcia la Compagnia, mentre Eruannie avvertì la mano di Legolas sulla propria spalla. La guerriera si rialzò e rivolse un rapido sorriso a Frodo, il quale si affrettò a raggiungere i suoi cugini.

<< Mi dispiace, Ann>> l’Elfa annuì perdendosi per qualche istante a fissare gli occhi azzurri del principe. Ormai la sua speranza di trovare rifugio alla corte di Balin stava scemando rapidamente.
Poi, una forte fitta alla spalla ferita la fece piegare in due per il dolore. Avvertiva come un fuoco bruciarle la carne, mentre un dolore lancinante la costrinse ad aggrapparsi alla casacca dell’elfo per non urlare.
Legolas la guardò preoccupato e si affrettò a controllare la ferita. Era come se qualcuno vi avesse applicato un ferro incandescente. Sorresse la guerriera e l’aiutò a raggiungere il suolo in modo che fosse più comoda.

Un ringhio inferocito e rabbioso si insinuò nella mente di Eruannie, mentre intravide un grande fuoco che avvolgeva Ûr-thalion.
Ûr! Lasciatelo stare!” urlò disperata, sperando di poterlo raggiungere.
“Non sei solo, sono con te”
“Lo so” dopo giorni di silenzio, finalmente il drago si degnava di risponderle. Questo riempì il cuore di Eruannie di gioia e ringraziò i Valar per averlo protetto.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre sentiva le braccia di Legolas che la stringevano. Si accoccolò contro il suo petto e inspirò profondamente, lasciando che il profumo dell’elfo la inebriasse.
Senza pensarci due volte, si diede una leggera spinta e fece combaciare le labbra con quelle di lui. Legolas rimase a dir poco sorpreso da quel contatto, ma si riprese dopo poco iniziando a ricambiare il gesto. Fece correre una mano dietro alla nuca della guerriera e attirò di più a sé il suo volto.

L’unica volta che aveva potuto bearsi di tale contatto la guerriera era preda del Sonno Eterno e si ricordò che le sensazioni provate non erano state per niente come se le era sempre immaginate.
Quella volta però, nell’oscurità di Khazad-dûm circondati dagli scheletri di nani e Goblin, un miscuglio di sensazioni si fece strada dentro di lui. La testa gli girava in un modo assurdamente appagante, mentre la voglia di approfondire ulteriormente quel contatto si impossessava completamente della sua anima. Pensò che non ne avrebbe mai avuto abbastanza, voleva di più. Con la mano libera attirò Eruannie a sé prendendola per la vita. La guerriera intrecciò le proprie gambe dietro la schiena dell’elfo e si beò di quel contatto così piacevole. Da tempo immemore non provava una tale gioia e una tale attrazione per qualcuno. La lingua di Legolas corse sulle sue labbra, facendole schiudere all’istante, mentre si preparava a riceverla contro la sua.

“Hai dimenticato in fretta il caro Scudodiquercia” la voce di Sauron nella mente le fece interrompere quel contatto, mentre Legolas spalancava gli occhi osservandola disorientato. Si avvicinò al suo volto, volendo riprendere immediatamente da dove si erano interrotti.
<< No…>> sussurrò l’Elfa, puntando le proprie mani sul petto del principe e respingendolo con non poca difficoltà. Si alzò rapidamente, sistemandosi i vestiti mentre un leggero colorito rosato si faceva strada sulle sue gote.
<< Non possiamo…>> scosse debolmente il capo e fece per allontanarsi dall’elfo, quando la risata sadica del Signore di Mordor la rese sorda a qualsiasi altro suono. Legolas si alzò agilmente e la raggiunse. Numerosi erano i sentimenti che popolavano il suo animo in quel momento, ma la guerriera aveva ragione. Dovevano concentrarsi sulla missione e i loro compagni li stavano lasciando indietro, se i Goblin li avessero colti di sorpresa non sarebbero serviti a nulla.

<< Andiamo?>> chiese rivolto alla compagna, mentre questa annuiva. La risata di Sauron stava dissolvendosi nella sua mente e mai come in quel momento avrebbe voluto staccargli la testa.
Quando raggiunsero il resto della Compagnia, Gandalf rivolse loro un’occhiata di rimprovero. Eruannie distolse lo sguardo dallo stregone, iniziando a giocherellare con il bordo della giacca.
“Oh ma smettila…anche tu avresti ceduto alla tentazione di baciare quelle dannate labbra” si ritrovò a pensare, mentre il vecchio Istari ordinava a tutti quanti di rimettersi in marcia.

<< Legolas, tu starai in testa e ci indicherai l’eventuale presenza di trappole>> decretò Gandalf, lanciando una rapida occhiata ai due elfi.
“Dannatissimo principino delle fate!” rivolse alla schiena di Legolas un’occhiataccia fulminante, mentre questi si affrettava a raggiungere la testa della fila.
<< Tu, Eruannie, chiuderai la fila e ci avvertirai in caso di attacco. Viaggeremo in questo modo, così da evitare di attirare troppo l’attenzione>> lo stregone si girò e agguantò Pipino per il bordo del suo bagaglio.
<< Peregrino, tu starai tra me e Aragorn>> lo hobbit abbassò lo sguardo, come a pentirsi di un silenzioso pensiero che si era fatto strada nella sua mente. E così, nell’oscurità di Khazad-dûm, iniziarono la loro marcia nelle tenebre, come unica luce a guidarli nel buio il bastone dello stregone.

“Piaciuto lo scambio di saliva?” la voce di Ûr-thalion raggiunse la sua mente, facendole ricordare solo in quel momento della ferita. Si affrettò a controllare la spalla e si stupì nel ritrovare una cicatrice dai bordi rosati al posto della lacerazione che fino a poco prima le faceva storcere il naso per il dolore.
“Come hai…?”
“Non crederai mai a quello che ho scoperto!” il drago interruppe la domanda della guerriera, mentre un senso di benessere e felicità si faceva strada in lei. Attraverso il legame con il rettile poté percepire la gioia dell’amico.
“Dove sei?” chiese continuando a camminare nell’oscurità, facendo saettare i suoi occhi in ogni angolo buio nel tentativo di cogliere il minimo movimento.
“Ti spiegherò tutto, dimmi dove posso raggiungerti” la guerriera si affrettò a spiegargli dettagliatamente la loro posizione, precisando di volare fino al confine Nord del bosco di Lorien.
“Stai attenta” l’Elfa sorrise a quella dimostrazione di affetto e premura da parte del drago, intimandogli la stessa cosa.

Dovevano essere passate le nove di sera quando la Compagnia decise di fermarsi a riposare. Erano stremati dal viaggio nell’oscurità e nessuno di loro, a parte Gimli, era abituato a stare per così tanto tempo sottoterra.
<< Come va la tua ferita?>> Aragorn si accomodò accanto alla guerriera che affilava abilmente la lama della propria spada, mentre il fumo della sua pipa le donava una leggera sensazione di serenità.
<< A quanto pare Ûr-thalion si è fatto curare da qualcuno, anche se non vuole dirmi chi>> il Ramingo aggrottò la fronte.
<< Pensavo fosse tornato a Imladris>> la guerriera annuì, rivolgendo poi tutta la sua attenzione al minuzioso compito dell’affilatura.
<< Anche io, ma credo abbia fatto una deviazione verso…casa>> disse quell’ultima parola come se stesse chiedendo conferma ad Aragorn. Tramite il legame aveva avvertito che il drago si trovava in un posto a lui molto caro e si chiese come potesse averlo conosciuto, dato che dal momento in cui era venuto al mondo era sempre stato con lei.
<< Non so, quel drago è pieno di sorprese. Ci spiegherà ogni cosa una volta che ci avrà raggiunti>> l’Elfa rivolse all’uomo un sorriso materno, comunicandogli poi che avrebbe fatto lei il primo turno di guardia. Dopo un pasto frugale preparato dal caro vecchio Samvise, la Compagnia si concesse un meritato riposo, anche Legolas ne approfittò per cadere nella sua trance giornaliera. Eruannie ringraziò mentalmente i Valar per la decisione del compagno e si sistemò su una piccola roccia un poco più lontana dal resto dell’accampamento. Estrasse la sua pipa e iniziò ad armeggiare per pulirla al meglio, prima di introdurvi alcune foglie di Erba Pipa e rilassarsi inalandone il fumo.

Sentiva che qualcuno li seguiva da giorni, ma non era ancora riuscita a captarne abbastanza dettagli per comprendere se si trattasse di un Goblin o di qualche altra creatura. Rizzò le orecchie in maniera da individuare il minimo rumore o movimento, mentre la sua mente vagava per le Terre Selvagge alla ricerca di Ûr-thalion.

Il legame li mise quasi subito in comunicazione. Il dragone volava leggiadro a molti piedi da una distesa verdeggiante al centro della quale spiccava un enorme lago cristallino. La guerriera non riconobbe il paesaggio, nonostante nei suoi numerosi anni di vita avesse visitato quasi ogni angolo della Terra di Mezzo.
“È il Mare di Rhún” le spiegò la voce di Ûr-thalion, il quale aveva subito catturato la domanda nella mente della guerriera. Questa sbuffò una nuvola di fumo, mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto di Khazad-dûm.
“Il mare di Rhún?” inarcò un sopracciglio e attese pazientemente che il drago si spiegasse meglio, ma il lucertolone non rispose, lasciandola con quella domanda in sospeso. Un rumore accanto a lei la fece destare, mentre i suoi occhi saettarono sulla figura che si muoveva a pochi passi dalla sua postazione.
<< Pipino!>> richiamò lo hobbit mentre questo si sporgeva in un piccolo pozzo oscuro. Il mezz’uomo sussultò e qualcosa cadde dalla sua mano, producendo un suono sempre più lontano che riecheggiò in tutta la miniera. La guerriera rivolse al giovane Tuc un’occhiata di rimprovero, prima di scattare in piedi e raggiungerlo con due grandi falcate.

Si sporse a guardare nella direzione dove lo hobbit aveva lanciato il sasso, mentre un suono ben diverso da quello iniziava a prorompere dalle viscere della terra, sempre più forte e minaccioso.
<< Maledizione, Peregrino! Fa funzionare un po’ quella testolina!>> l’Elfa allontanò il mezz’uomo dal pozzo con uno spintone innervosito. Erano stati ben attenti a non farsi trovare e ora la loro posizione era stata rivelata.
<< Gandalf, Aragorn>> la guerriera svegliò i compagni, dovevano ragionare in fretta ed escogitare un piano per coprire un viaggio di almeno altri due giorni nel più breve tempo possibile.
<< Sciocco di un Tuc!>> sbraitò lo stregone, mentre aiutava Eruannie a destare gli altri. Pipino si mise a preparare i suoi bagagli in silenzio, con un’ombra di colpevolezza dipinta in volto.
<< Possiamo tornare indietro e cercare di rimuovere le macerie dall’entrata>> propose Boromir, mentre aiutava Sam a sistemare il suo adorato set di pentole.
<< No, potrebbero già essere arrivati i Goblin>> Aragorn annuì, appoggiando le parole della guerriera.
<< Senza considerare il fatto che ci metteremmo troppo tempo a sgomberarle>> Eruannie rivolse un sorriso fugace al Ramingo, prima di concludere che in ogni caso non sarebbero mai riusciti a spostare quelle pietre in quanto troppo pesanti per loro.
<< Forse i nani sono riusciti a barricarsi dentro a qualche stanza ai piani inferiori>> propose Gimli, ancora con qualche sfumatura di speranza nella voce. Eruannie lo confortò con una mano sulla sua spalla, ma sapeva con certezza che l’unico nano ancora vivo là sotto era lui.

<< Dobbiamo proseguire>> sentenziò Gandalf, sistemandosi il cappello a punta in testa. Legolas annuì, prima di gettarsi in avanscoperta davanti alla Compagnia.
Eruannie lanciò un’occhiata a Pipino mentre gli hobbit le sfilavano davanti, lo sguardo di rammarico sul volto del mezz’uomo la intenerì, ma doveva imparare ad essere più sveglio soprattutto in situazioni come quella.
<< Non sentirti in colpa per il giovane hobbit, una bella ramanzina non ha mai fatto male a nessuno>> storse il naso alle parole di Boromir, sicuramente Pipino aveva sbagliato ma lei era stata fin troppo dura con lui.
<< Sì ma lui non è un bambino>> disse rimettendosi in marcia, mentre l’uomo di Gondor la precedeva lasciando intravedere solo lo scudo sulla sua schiena. Eruannie non poteva vederlo in faccia, ma era sicura che stesse sorridendo.
<< Pensi che una volta superata la fanciullezza non servano a nulla i rimproveri? Mio fratello me ne fa in continuazione>> la guerriera inarcò le labbra in un sorriso, mentre ripensava a tutte le volte che Elrond l’aveva ripresa per le sue decisioni impulsive e sciocche.
<< Sì, anche il mio>> concordò l’Elfa, mentre con gli occhi analizzava ogni anfratto per individuare il minimo movimento nemico, senza accorgersi che l’uomo davanti a lei si era fermato e la osservava dalla sua altezza. Eruannie non si rese nemmeno conto di andargli a sbattere contro, finché non urtò il suo petto.
<< Scusami>> sussurrò nella penombra, riuscendo a intravedere solo il sorriso smagliante del figlio di Denethor. Inarcò un sopracciglio quando vide che l’uomo non accennava a muoversi.
<< Sai, fin da bambino sono cresciuto con le storie dell’intrepida guerriera di Imladris>> Eruannie arrossì leggermente, sapeva di essersi fatta un nome nella Terra di Mezzo, ma non pensava di essere diventata una leggenda.
<< Ho sempre desiderato incontrarti, comunque>> proseguì l’uomo, mentre i suoi occhi si perdevano a contemplare la guerriera. Analizzando meglio il suo sguardo, l’Elfa non vi lesse bramosia o desiderio, ma semplice ammirazione che le fece nascere un timido sorriso in volto.
<< Beh, non mi hanno insegnato come comportarmi davanti a una leggenda, quindi…ecco>> la guerriera bloccò il flusso di parole di Boromir mettendogli una mano sulla spalla. Quell’uomo era molto più alto di lei, nonostante fosse un umano.
<< Boromir, siamo compagni, puoi comportarti come faresti con qualsiasi amico>> l’uomo di Gondor le rivolse un sorriso prima di voltarsi e proseguire nella marcia. Dovevano allungare il passo se volevano raggiungere l’uscita prima di fare brutti incontri.

 

***

 

Moria era un insieme di labirinti e cunicoli oscuri, piena di trappole nascoste che Legolas individuava di volta in volta. Il silenzio li aveva avvolti da quando si erano rimessi in marcia dopo la grande idea di Pipino, il quale si era rinchiuso nel suo mutismo.
Camminarono per miglia e miglia, prima di raggiungere il salone più grande di Moria.
Eruannie, che pure aveva visto l’immensa grandezza e bellezza di Erebor e di qualsiasi dimora elfica, rimase a bocca asciutta quando si ritrovò nel cuore di Khazad-Dûm.
Immense colonne scavate nella dura pietra della montagna reggevano l’imponente struttura. Tutta la Compagnia si dovette fermare qualche secondo per realizzare di non ritrovarsi in un sogno.

<< È…>> la voce di Legolas le giunse come un sussurro, facendola arrossire leggermente.
<<…è…>> trattenne a fatica una risata a sentire lo stupore nelle parole di Boromir. Si guardò intorno e notò che anche gli altri compagni erano rimasti a bocca aperta, ammirando silenziosamente la sontuosità di Khazad-Dûm.
<< Non esistono parole in nessuna delle lingue della Terra di Mezzo per descrivere la sua bellezza>> la guerriera espresse il pensiero di tutti con quella frase, mentre Gimli l’affiancava e circondava la sua vita con un braccio.

<< La nostra famiglia>> sussurrò e la guerriera gli rivolse un sorriso caldo, facendo poi combaciare le loro fronti in un gesto affettuoso. I Goblin potevano aver ucciso i loro amici e parenti, ma gliel’avrebbero fatta pagare.
<< Ci accamperemo in quella sala laggiù, dormiremo giusto il necessario per riprendere le forze e poi ci riemetteremo in marcia>> annuirono tutti alla decisione di Gandalf, prima di proseguire verso il posto designato per la notte, sempre che fosse effettivamente sera. Non essendoci nemmeno una fessura che lasciasse entrare un po’ di luce, non potevano sapere se fosse giorno o meno, quindi si lasciavano guidare dalla stanchezza.
<< Eruannie ha fatto l’ultimo turno, tocca a me…>> Legolas impugnò il suo fidato arco e si allontanò di qualche passo dal resto della Compagnia. La guerriera lo osservò allontanarsi, pensando e ripensando al loro bacio.

“Ti comporti come una ragazzina alle prese con la sua prima cotta” alzò gli occhi al cielo sentendo le parole dell’Oscuro Signore di Mordor. “Scusa tanto, ma questo è privato! Fuori dalla mia mente, ora!” non aveva né il tempo né la voglia di stare ad ascoltare le provocazioni di quel maledetto.
“Diventa mia alleata e io lascerò stare i tuoi amici” proseguì Sauron, accompagnando la sua richiesta con una risata gutturale.
“E perdermi il divertimento di ridurre a brandelli i tuoi adorabili orchetti?” Eruannie si lasciò scappare una risata soffocata, mentre cercava di innalzare un muro tra lei e il Signore di Mordor. Si avvicinò a una piccola roccia e iniziò ad armeggiare con la sua pipa.
“Non osare buttarmi fuori dalla tua mente, elfo!” l’avvisò l’Ingannatore, mentre un ghigno provocatorio le spuntava sul volto.
“Ciao, Gorthaur!” lo salutò sprezzante, escludendolo dalla sua testa e proteggendo i suoi pensieri. Quel laido doveva aver scoperto del suo drago, altrimenti per quale altro motivo si sarebbe interessato ancora a lei ora che non aveva più i suoi poteri? Con questa domanda si sistemò nella posizione più comoda che riuscì a trovare e, dopo aver dato un’ultima boccata alla sua pipa, cadde nel suo “sonno” profondo.

 

***

Legolas osservò attentamente i movimenti dell’Elfa. Sembrava come se stesse vivendo una conversazione con se stessa all’interno della sua testa. Pensò si stesse mettendo in contatto con Ûr-thalion, ancora disperso chissà dove. Non si erano più rivolti la parola dopo quel breve momento che si erano concessi, non che ce ne fosse stata l’occasione. Il principe di Bosco Atro desiderava comprendere se per la guerriera quel gesto aveva avuto lo stesso significato che lui gli attribuiva, ma sapeva bene che i loro sentimenti non dovevano ottenebrare i loro pensieri. Avrebbero trovato il luogo e il momento opportuno per parlarne e Legolas non si sarebbe più trattenuto dal rivelarle ciò che provava da secoli.

Tutti i membri della Compagnia, dopo aver consumato una cena molto povera, si coricarono per riposare le loro membra. Tuttavia, il giovane Frodo sembrava tormentato da qualche pensiero che lo teneva sveglio. Si alzò cercando di fare meno rumore possibile e iniziò a guardarsi intorno. Sapeva che erano seguiti da qualcosa da diversi giorni, solo che non sapeva di cosa si trattasse.

Anche Legolas ed Eruannie avevano avvertito la creatura, ma in quell’oscurità nemmeno i loro occhi erano riusciti a scorgere granché. L’elfo individuò i movimenti dello hobbit e lo raggiunse agilmente.
<< So cosa ti tiene sveglio, Frodo>> sussurrò, mentre il mezz’uomo trattenne un urlo di spavento per la sorpresa. Legolas e la guerriera si muovevano fin troppo in silenzio e le sue povere orecchie hobbit non riuscivano a catturare il benché minimo rumore se i due non volevano farsi sentire. Il principe di Bosco Atro sorrise nel buio di Khazad-Dûm.
<< Qualcuno ci segue>> l’elfo annuì, lasciando che i suoi occhi vagassero nell’oscurità alla ricerca di quella presenza estranea. Un forte olezzo di pesce marcio e putrefazione giunse alle sue narici fini, facendogli storcere il naso. Fece qualche passo verso l’entrata della stanza dove la Compagnia si era accampata e attese, facendo ricorso a tutti suoi sensi nel tentativo di catturare qualche altra informazione sulla creatura.
<< È Gollum>> sussurrò verso Frodo, mentre anche il giovane hobbit si avvicinava all’ingresso. Assottigliò lo sguardo e cercò di individuare quello che gli occhi elfici di Legolas avevano già inquadrato. Poi, un movimento nell’oscurità lo fece sussultare, mentre due grandi occhi gialli risplendevano nel buio silenzioso di Khazad-Dûm.

<< Non era molto diverso da uno hobbit una volta>> gli spiegò Legolas, con la mente che si perdeva nei ricordi della cattura di quell’essere.
<< Io e Aragorn gli abbiamo dato la caccia a lungo, su ordine di Gandalf. Temevamo che potesse rivelare al Nemico la posizione dell’Anello. Lo portammo da mio padre Thranduil, ma la creatura si approfittò della bontà del mio popolo per scappare>> Frodo rabbrividì al ricordo dei racconti di suo zio Bilbo. L’Anello avevo condotto Gollum alla pazzia, corrompendo il suo animo già instabile.
<< Che peccato che Bilbo non lo abbia ucciso>> sussurrò lo hobbit, assottigliando lo sguardo nella direzione dei due occhi gialli che lo osservavano nel buio.
<< Peccato?>> la voce della guerriera alle sue spalle gli fece emettere un gridolino sommesso, che fu avvertito solo dai due elfi. Erano forse in combutta per fargli venire un infarto?
<< È stata la pietà a fermare la mano di Bilbo, quella notte>> non poté vedere il volto di Eruannie, ma si immaginò che avesse la fronte aggrottata e gli occhi puntati a guardare la creatura.

<< Molti di quelli che meritano di vivere muoiono e molti di quelli che meritano la morte sopravvivono>> sentì la tristezza farsi strada nella voce della guerriera. Conosceva la sua storia e suo zio non gli aveva taciuto l’incredibile amore che l’aveva legata a Thorin.
Lo hobbit fece correre una mano verso quella dell’Elfa, che ricambiò immediatamente il gesto e la strinse con affetto.
<< Nessuno di noi è in grado di decidere chi è degno e chi no…>> sussurrò Legolas in risposta, voltandosi verso di loro e lasciando perdere Gollum, consapevole che non si sarebbe mai azzardato ad attaccarli in quanto in sfavore numerico.
<< Io sì, io non merito di…>> la frase della guerriera fu interrotta da un gesto che lo hobbit non poté vedere.  Un singhiozzo sfuggì dalle labbra dell’Elfa e Frodo concluse che Legolas la stesse abbracciando.

Si sentì terribilmente in imbarazzo e fuori posto in quella situazione, anche se avrebbe tanto voluto abbracciare lui stesso l’Elfa, ma concluse che forse era il caso di tornarsene a dormire.
<< Ehm, io torno dagli altri…>> e, con le orecchie rosse di vergogna, si dileguò verso il suo giaciglio facendosi strada a tentoni.
Alle sue spalle, nell’oscurità di Khazad-Dûm, Legolas Thranduillion stringeva a sé Eruannie di Imladris mentre le lacrime solcavano il viso dell’Elfa, silenziose come le parole che i due avrebbero voluto dirsi.

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3969766