Sound of Demons di GiulsOakenshield (/viewuser.php?uid=989835)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
PROLOGO
Quando i giorni sono freddi e le carte sono ripiegate
E i santi che vediamo sono tutti fatti di oro
Quando tutti i tuoi sogni falliscono e quelli che salutiamo
Sono i peggiori di tutti e il sangue non scorre
voglio nascondere la verità, voglio proteggerti
Ma con la bestia dentro, non c'è luogo ove nascondersi
Non importa quale sia la nostra razza, siamo ancora fatti di avidità
Questo è il mio regno che arriva, questo è il mio regno che viene
Il re di Imladris scese i gradini della cripta il più
velocemente possibile, mentre la notte celava la sua sinuosa figura all’interno
dell’ultima Casa Accogliente. La sorella aveva trovato quella grotta durante
una cavalcata nel bosco e da allora aveva iniziato a pianificare un modo per
porre fine al suo dolore immortale. Dopo lunghi mesi di pianti e di incubi
notturni aveva deciso di abbandonarsi a un sonno eterno e aveva sistemato la
cripta in modo che potesse accogliere il suo corpo, pronto per riposare in pace
dopo la guerra contro Azog dove aveva perso l’amore della sua vita e anche un
pezzo del suo cuore. Re Elrond non era mai riuscito a comprendere fino in fondo
il motivo della sua scelta, ma non conosceva persona più testarda di sua
sorella e alla fine si era arreso alla sua decisione. Afferrò una delle torce
appese all’ingresso della stanza per illuminare meglio il suo cammino. Non gli
era mai piaciuto quel posto, era freddo e oscuro, avrebbe preferito di gran
lunga che sua sorella riposasse in superficie, a contatto con l’aria e con il
sole, ma anche su quello era stata irremovibile, non doveva rimanere sotto gli
occhi di tutti, doveva restare celata al resto del mondo. E lo era stata. Per
quasi ottant’anni la guerriera aveva riposato in pace all’interno della sua
teca di vetro, mentre il mondo all’esterno scorreva veloce e portava con sé
tutte le fatiche della vita. Aveva fatto promettere al fratello che non
l’avrebbe svegliata, a meno che non fosse stato strettamente necessario. Vivere
su quella terra per lei non aveva più avuto senso dopo che Azog aveva ucciso
colui che amava. Aveva rinunciato a tutto pur di salvarlo, anche alla sua parte
nanica e mortale, ma nemmeno lei aveva potuto impedire al fato di compiersi.
Così, dopo aver ingerito la pozione preparata minuziosamente da Lady Galadriel,
si era addormentata sotto gli occhi del fratello e dei nipoti, accennando
un’ombra di un sorriso sul volto che ricordava una delicata porcellana.
A giudicare dall’espressione di beatitudine che aveva
impressa sul volto, re Elrond pensò che si trovasse davvero in pace in
quell’eterno sonno senza sogni. Anni prima, quando la guerriera aveva preso
quella decisione, gli aveva spiegato che andarsene semplicemente a Valinor non
avrebbe cancellato la sua pena per la perdita del nano, l’avrebbe solo
attenuata. Con il sonno eterno, invece, sarebbe stato come addormentarsi e non
provare più nulla, per sempre bloccata in un limbo privo di sensazioni e
sentimenti.
Nessuno sulla Terra di Mezzo aveva mai potuto raccontare
cosa succedesse realmente durante il sonno eterno, considerando che nessuno si
era mai risvegliato da esso. Il re di Imladris era titubante sullo svegliare la
sorella, non sapeva se facendolo ella sarebbe stata la stessa o se fosse invece
cambiata. Dopo che aveva rinunciato alla sua parte nanica, la guerriera aveva
assunto tutte le caratteristiche degli elfi: altezza, grazia, udito
infallibile, vista eccezionale e ovviamente orecchie a punta.
Il Sonno Eterno aveva preservato il corpo della sorella per
tutti quegli anni e ora riposava immobile tra le soffici vesti blu che le
ricoprivano il corpo. L’uovo di drago giaceva tra le sue mani, con quelle
sfumature verdi che lo contraddistinguevano. Elrond si chiese se quando Thorin
aveva scelto di donarle proprio quella pietra sapesse cosa fosse in realtà. Il
re Sotto la Montagna aveva un’intera sala piena di tesori e gioielli, ma aveva
optato per un semplice sasso verde con una forma bizzarra e per niente facile
da trasportare.
Re Elrond trasse un lungo sospiro, probabilmente l’avrebbe
ucciso una volta svegliata, ma la Terra di Mezzo aveva bisogno della sua
migliore combattente per i tempi oscuri che l’attendevano. Sauron aveva
iniziato a muoversi alla luce del sole, sapeva dove si trovava l’Unico e aveva
sguinzagliato i suoi fedeli servitori alla ricerca dell’Anello per la brama di
riconquistare il suo potere. Sua sorella era l’unica che aveva incontrato
l’Oscuro Signore di Mordor di persona, o meglio, nelle visioni indotte da lui
stesso. Il Signore di Mordor aveva cercato in tutti i modi di portarla dalla
sua parte, ma con la morte di Thorin l’unico sentimento che provava la
guerriera nei suoi confronti era odio puro. Purtroppo entrambi sapevano che
senza la distruzione dell’Unico, l’anima di Sauron avrebbe continuato ad
esistere, ma nessuno aveva più avuto notizio dell’Anello, fino ad allora.
Gandalf era riuscito a trovarlo, dopo tutti quegli anni
aveva scovato il flagello di Isildur tra le mani di uno hobbit della Contea e
ora il piccolo mezz’uomo stava portando quell’arma direttamente a Imladris. La
guerriera doveva destarsi dal suo sonno durato già fin troppo e combattere
un’ultima volta per la sua terra e per la vita di chi la popolava.
Il re di Imladris osservò ancora per qualche istante la
figura della sorella che riposava nella teca sospirando, per poi allungare le
mani e sollevarne il coperchio.
<< Mi dispiace, ma abbiamo bisogno di te>> disse,
mentre dalla tasca del suo preziosissimo vestito estraeva la fiala che settant’anni
prima lei gli aveva ceduto. Nel profondo sperò che la prima reazione della
sorella non fosse distruggere tutto quello che le fosse capitato a tiro, non
sapeva cosa aspettarsi dal suo risveglio, ma quel rischio ne valeva la pena.
Fece passare una mano dietro al capo della guerriera
millenaria e avvicinò la fiala alla sua bocca, pregando i Valar di sostenerlo
in quell’impresa. Riversò il contenuto della piccola ampolla nel cavo orale
della sorella e attese qualche istante.
Passarono alcuni secondi e non era ancora successo nulla,
così osservò la fiala accigliato per assicurarsi di aver preso quella corretta.
Il pavimento della cripta iniziò a tremare debolmente, mettendo in allerta
l’elfo che utilizzò la bara di vetro per aiutarsi con l’equilibrio.
Dovette ritrarre la mano di scatto poiché il suo palmo
iniziò a bruciare. Lo osservò e poi osservò la teca che si stava liquefacendo
lentamente, lasciando il tavolo di pietra su cui era appoggiata intatto.
Un’altra scossa fece temere al re di rimanere sepolto sotto
alla frana di pietre, ma si bloccò tutto subito dopo. Il re si avvicinò al
tavolo di pietra sul quale giaceva la sorella e osservò il suo volto,
impassibile. Notò che anche la pietra che teneva tra le mani la sorella stava
tremando, come percorsa da una scarica elettrica. Si stava sgretolando
lentamente, come un serpente che perde la sua muta. Dopo quelli che gli
sembrarono minuti interminabili, finalmente ella spalancò gli occhi blu.
Eruannie la guerriera si era risvegliata e non era la sola.
NdA:
The bitch is back!
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
Capitolo I
CAPITOLO I
La guerriera fece saettare gli scintillanti occhi blu per
tutta la cripta, mentre qualcosa accennava un leggero tremolio tra le sue mani.
La sua attenzione fu catturata da un timido movimento alla sua destra e
trafisse con lo sguardo il suo visitatore. Ci mise qualche secondo per mettere
a fuoco l’immagine, come se ci fosse stato un velo a coprirle gli occhi.
Riconobbe il viso di re Elrond che accennava un sorriso nella sua direzione, ma
lei si girò verso la piccola cosa che si agitava sul suo grembo. Per lei era
come se fossero passati pochi minuti da quando si era addormentata all’interno
della sua teca, ma sapeva in cuor suo che non era così.
Lo sentiva nell’aria che entrava timidamente nella cripta,
lo sentiva nelle acque del Bruinen di cui poteva percepirne lo scrosciare
lontano. La Terra di Mezzo era cambiata, una strana oscurità si faceva strada
tra i sentieri e tra le montagne, fino ad arrivare nel cuore di Imladris
stesso.
Dei versetti e dei piccoli sbuffi la costrinsero a osservare
la creatura che si dimenava tra le sue mani, lasciandola sorpresa e leggermente
delusa. Thorin le aveva donato quella pietra in uno dei suoi ultimi momenti di
lucidità, prima che Azog lo portasse via da lei. In effetti, quella doveva
essere la pietra con cui avrebbero seppellito la guerriera, ma i Valar erano
stati così gentili da riportarla indietro un’ultima volta. Era quindi comprensibile
che non fosse al settimo cielo quando si rese conto che la suddetta pietra era
andata in frantumi lasciando al suo posto una lucertola verde con le ali da
pipistrello. La creatura aveva una lunga coda che muoveva a destra e a sinistra,
provocando un leggero solletico sull’addome della guerriera. Sul dorso
spuntavano piccole punte che correvano lungo la cresta della sua colonna, ma
che terminavano poco prima dell’esile collo. Le zampe, ben piantate sulla sua
padrona, erano ancora un po’ incerte e ogni tanto cedevano sotto il suo peso,
mentre la creatura si divertiva a far uscire e ritrarre gli artigli. La cosa
che lasciò di sasso Eruannie fu la caratteristica della testa della lucertola:
era adornata da due corna robuste che demarcavano l’appartenenza della bestia
alla razza dei Draghi. Quello che la guerriera si era ritrovata tra le mani
altri non era se non il figlio di Smaug.
L’elfo femmina inarcò il capo e con una mano sollevò
l’esserino prendendolo per la coda. Questo si dibatté leggermente ed emise un
piccolo verso di sorpresa e di felicità, cose mai appartenute al padre. La
guerriera portò il cucciolo più vicino al suo viso per poterlo osservare
meglio. Aveva ancora qualche pezzetto di guscio attaccato alle sottili membrane
delle ali e glieli tolse come una madre premurosa, nonostante fosse ancora
abbastanza sconcertata per il suo incontro.
Qualcuno al suo fianco si schiarì la voce, attirando
l’attenzione di Eruannie su di sé. Il re di Imladris la guardava dall’alto
della sua posizione, tenendo le braccia unite in grembo.
<< Fratello>> disse semplicemente lei,
accennando ad alzarsi. Lasciò cadere il draghetto sul suo petto e si aggrappò
alla sporgenza della tavola di pietra che la sosteneva.
Il re si sporse verso di lei e l’aiutò a mettersi seduta,
mentre la creatura verdastra le si accoccolò in grembo esalando un piccolo
sospiro. Elrond inarcò un sopracciglio osservando la lucertola sputafuoco e poi
concentrò la sua attenzione sulla sorella, la quale continuava a guardarsi intorno
cercando di capire quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva
potuto vedere qualcosa o qualcuno.
<< Sei a Imladris, e sta per iniziare l’autunno
dell’anno 3018 della Terza Era>> l’elfo femmina lo fissò di sottecchi,
come per chiedergli se fosse per caso impazzito.
<< So dove siamo, quanto all’anno non credevo di aver
dormito solo 76 anni>> la guerriera posizionò i piedi nudi sul pavimento
in pietra della cripta e rabbrividì leggermente al contatto freddo con la
roccia. Con una mano sostenne il cucciolo e con l’altra si lisciò i lunghi
capelli corvini. Mosse prima un piede sondando il terreno, riabituando le sue
gambe a sostenere il peso del suo corpo. Elrond osservava i passi che la sorella
compiva, attento che non cadesse. Gli sembrò di essere tornato a quando le
insegnava a camminare da bambina e si premurava che non si facesse male. Ma la
guerriera non era più la sua piccola ed innocente sorellina, un tesoro prezioso
da proteggere. Era adulta e aveva affrontato esperienze strazianti sotto ogni
punto di vista. Il drago ronfava cullato dal movimento della sua padrona, la
coda attorcigliata su un braccio e la testa tra le zampe. Eruannie afferrò una
torcia appesa all’ingresso della stanza di pietra e si inoltrò nella cripta,
seguita dal fratello.
Vedeva la timida luce del sole che stava sorgendo su quel
nuovo giorno e si avvicinò all’uscita da cui proveniva. Non c’erano problemi ad
affollarle la mente. Per una volta, dopo la morte di Thorin, la tristezza non
stringeva il suo cuore e la rabbia non le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Un piede sfiorò il primo gradino della scala in pietra e si bloccò, incerta sul
da farsi. Che mondo avrebbe trovato una volta uscita? Era cambiato da quando si
era addormentata, ma che tipo di minaccia incombeva su di loro?
Suo fratello le diede una leggera spinta di incoraggiamento,
tenendo la mano sul fianco della sorella e osservando i suoi movimenti.
Eruannie si appoggiò alla parete di pietra che si faceva strada nella cripta
andando verso l’alto, sempre più su, incontro alla luce e alla vita.
Salì i gradini e si ritrovò nel mezzo della foresta di
Imladris, era l’alba e gli abitanti del bosco si erano svegliati da poco. I
forti cinguettii degli uccelli le solleticarono le orecchie a punta, il
gorgogliare del Bruinen le giungeva sempre più forte. Sentiva gli scoiattoli
che sbattevano le ghiande contro i tronchi degli alberi per assicurarsi che
fossero buone da mangiare. I cervi correvano indisturbati saltellando qua e là
alla ricerca di un posto tranquillo dove fermarsi a brucare un po’ d’erba. Il
vento soffiava leggero sulla sua pelle senza scompigliare i suoi capelli leggermente
mossi e portava con sé il suono dei pesci che si tuffavano nel fiume.
La guerriera socchiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni
l’aria fresca del mattino e beandosi dei timidi raggi di sole che, insinuandosi
oltre le fronde degli alberi, le illuminavano il volto. Sotto i piedi sentiva
il terreno umido di rugiada e l’erba le solleticava le caviglie. Riaprì gli
occhi e si voltò verso il fratello, osservandolo con ammirazione. Erano passati
76 anni da quando aveva visto un’altra persona. Anche se per lei era come se
fossero passati pochi secondi, era comunque una cosa a cui dovette riabituarsi.
<< Perché mi hai risvegliata, fratello?>> chiese
infine, dopo un’attesa che parve interminabile. Il sovrano di Imladris le fece
cenno di dirigersi verso l’interno e le porse un braccio per aiutarla nella
camminata.
<< Una minaccia incombe sulla Terra di Mezzo>>
iniziò con tono grave, come se l’oscurità che Eruannie percepiva aleggiare sul
mondo si fosse inoltrata anche nel suo cuore. Accettò il braccio che il
fratello le porgeva e si incamminarono verso l’Ultima Casa Accogliente.
<< L’Unico è stato ritrovato e ora il suo padrone
Sauron va cercandolo con determinazione, pronto a uccidere pur di riavere con
sé quel potere>> la guerriera parve stupita da quell’affermazione. Era
così dunque. Elrond l’aveva risvegliata per combattere un’ultima volta contro
l’Oscuro Signore di Mordor.
<< Una guerra si avvicina a noi, nessun popolo libero
verrà risparmiato>> Eruannie annuì, dovevano mobilitare immediatamente
tutte le loro forze e contrastare quel Male una volta per tutte.
<< Hai riunito le casate degli Elfi? Dobbiamo preparare
una strategia, allearci con gli altri popoli e combatterlo tutti insieme. Non
commetteremo lo stesso errore di Isildur, fratello>> il re fermò il suo
passo costringendo anche la guerriera ad arrestarsi. Si voltò verso la sorella
e le sorrise debolmente.
<< Sei rimasta nel Sonno Eterno a lungo, sorella mia.
Gli elfi hanno lasciato queste terre, pochi della nostra specie sono rimasti e
presto partiranno anche questi ultimi per Valinor>> riprese il cammino,
mentre sul volto della guerriera comparve un’ombra di stupore e fastidio. Come
avevano potuto reagire con la fuga? I suoi simili si erano dimostrati egoisti,
lasciavano la Terra di Mezzo al suo fato senza dare una possibilità ai popoli
liberi di difendersi e combattere il Male.
<< Non combatteranno? Ma…>> le proteste di
Eruannie furono bloccate da una mano del fratello, che le impedì di proseguire
con il suo sdegno.
<< Non possiamo giudicare coloro che hanno deciso di
lasciare questa terra. È stata una loro scelta, così come la nostra di restare
e resistere all’Oscurità>> la sorella annuì, comprendendo che le parole
di Elrond erano veritiere. Erano liberi e per questo potevano permettersi la
possibilità di scegliere un altro fato, ciononostante lei avrebbe combattuto
dando tutta se stessa per salvare la Terra di Mezzo. Quel mondo le aveva dato
tanto quanto le aveva tolto, non poteva permettere all’Ombra di Sauron di
renderla oscura e inospitale e rendere schiave le creature che vi abitavano.
Arrivarono al palazzo di Elrond e gli elfi li guardarono incuriositi,
non si vedeva tutti i giorni un elfo femmina che sbucava dalla foresta, per di
più con in braccio un drago. Presero le scale che portavano agli alloggi del
re, mentre la guerriera accarezzava dolcemente il cucciolo che teneva in grembo
e questo si stiracchiava leggermente.
<< Dimmi, fratello. Dove sono i miei nipoti?>> chiese
spostando la sua attenzione sul volto del Re, indurito dagli anni.
<< Elladan ed Elrohir sono appena tornati dal Nord e
stanno riposando nelle loro stanze>> l’Elfa annuì, erano giunti nel lungo
corridoio che metteva in comunicazione le stanze del re con quelle degli altri
componenti della famiglia reale.
<< E Arwen?>> chiese indicando con un movimento
degli occhi il patio dove soleva leggere la nipote.
<< Riposa. Quest’oscurità la rende ogni giorno più
debole>> Eruannie inarcò un sopracciglio. Arwen era una mezz’Elfa, la
parte immortale avrebbe dovuto preservarla da quel male. Il re sospirò e
proseguì verso la porta di quercia che si apriva sull’atrio della sua camera.
La sorella entrò senza farselo ripetere e si accomodò su una delle morbide
poltrone in velluto.
Il re si avvicinò al caminetto sul quale bolliva un
calderone di acqua. Ne versò un po’ in una teiera e lasciò delle foglie in
infusione.
<< Ebbene? Perché Arwen si sta indebolendo?>>
l’Elfa prese la tazza di tè che il fratello le stava porgendo, il vapore che
saliva dall’infuso fece svegliare il drago che fino a quel momento giaceva
indisturbato sul suo grembo. Osservò il liquido con curiosità e allungò il
collo verso la tazza. Eruannie rise e se la portò alle labbra, sorseggiando e
lasciando che l’intruglio le rilassasse la muscolatura ancora intirizzita per
il lungo riposo.
<< Ricordi Estel?>> l’Elfa annuì, si ricordava
fin troppo bene del suo pupillo. Lo aveva addestrato lei non appena il
ragazzino fu in grado di tenere in mano un’arma. Suo fratello le aveva
raccontato che era giunto da loro con la madre dopo che il padre era stato
ucciso dagli orchi. Le aveva rivelato che era figlio di Arathorn e che prima
della sua morte avevano viaggiato con i Raminghi del Nord a cui si erano uniti
anche i gemelli. Ma la guerriera non riuscì a comprendere come quel ragazzino che
aveva preso sotto alla sua ala prima di addormentarsi nel Sonno Eterno potesse
c’entrare qualcosa con Arwen e la sua salute.
<< Mia figlia se ne è innamorata e ha deciso di
rinunciare all’immortalità per lui>> Eruannie per poco non si strozzò con
il tè e ringraziò i Valar che i draghi non potevano ustionarsi. Nel tentativo
di ricomporsi aveva rovesciato la bevanda addosso al cucciolo, il quale non
aveva tardato a leccarsela via, compiaciuto di quella nuova scoperta. Elrond le
porse un tovagliolo per asciugarsi e si lisciò i capelli in attesa di un
confronto con la sorella.
<< Arwen ha fatto cosa?>> l’Elfa lasciò
trasparire un accenno di sorpresa e dissenso nei confronti della scelta della
nipote.
<< Credimi, sono contrariato tanto quanto te>>
il re parve indispettito da quell’argomento di discussione, ma ormai la
frittata era fatta.
<< Come hai potuto permettere una cosa del
genere?!>> aveva alzato la voce e il re poté notare che, nonostante avesse
rinunciato alla parte nanica, la sua indole non era cambiata affatto.
<< Ha avuto un ottimo esempio da cui prendere spunto,
se proprio lo vuoi sapere…>> l’elfo seguì la sorella con lo sguardo. Si
era alzata e il draghetto le si era arrampicato sulla spalla, attorcigliando la
coda al braccio. La creatura emise un piccolo verso soddisfatto mentre
osservava la scena.
<< Se stai alludendo al fatto che io ho rinunciato a
una parte di me pur di salvare qualcuno che amavo, credo che tua figlia abbia
sbagliato a interpretare le mie azioni>> camminava avanti e indietro per
la sala del re, lisciandosi i capelli in maniera compulsiva. Il vestito azzurro
che ondeggiava ai suoi piedi e le orecchie a punta più tese che mai per il
nervoso.
<< A lei non importa, ho provato a dissuaderla più
volte, ma non mi dà ascolto>> la guerriera vide con la coda dell’occhio
che il re aveva depositato la sua tazza ormai vuota sul tavolino che divideva
le loro poltrone.
<< Ma non ti ho risvegliata per discutere delle
decisioni sconsiderate di mia figlia>> Eruannie annuì e riprese posto
davanti al fratello.
<< Sauron. Cosa posso fare, El?>> la guerriera
osservava il re in attesa di ulteriori chiarimenti riguardo al piano per
sconfiggere l’Oscuro.
<< Ho indetto un Consiglio. Parteciperanno i rappresentati
di tutti popoli liberi e insieme decideremo sulle sorti dell’Anello>>
decretò l’elfo, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso una
scrivania piena di pergamene e libri.
<< Gandalf ha dato l’incarico a uno hobbit della
Contea di portare qui l’Anello>> afferrò una mappa e tornò dalla sorella
porgendogliela.
<< Contea…Bilbo?>> chiese lei aggrottando la
fronte. Lo hobbit doveva già essere morto considerando che aveva già una cinquantina
d’anni quando si erano conosciuti.
<< Frodo>> la corresse il fratello con un
sorriso leggero sul volto. Eruannie si allungò verso il parente e gli prese le
mani tra le sue.
<< Dimmi tutto>> lo incalzò lei, avvicinandosi
di più per non perdersi neanche un particolare. L’elfo le raccontò che, dopo essere
tornato a casa Baggins, Bilbo vi aveva vissuto fino a raggiungere la veneranda
età di 111 anni. Eruannie ne rimase affascinata, i Valar dovevano aver concesso
una vita così lunga al mezz’uomo per il coraggio dimostrato ad Erebor. Ma
Elrond la mise in guardia, Bilbo era vissuto tanto solo grazie ad un anello che
aveva trovato sulle Montagne Nebbiose. La guerriera non riusciva a comprendere,
non ricordava di aver mai visto un tale gingillo al dito di Bilbo. Il re le
spiegò che lo hobbit era stato furbo e lo aveva nascosto a tutti quanti,
persino Gandalf non si era reso conto di trovarsi di fronte all’Unico. Aveva
tranquillizzato lo stregone dicendogli che era un semplice anello, ma lui non
si era fatto ingannare e aveva messo in guardia il mezz’uomo sul pericolo di
utilizzare degli anelli magici senza giudizio. Dopo tutti quegli anni l’Anello
si era destato e aveva iniziato a chiamare il suo padrone a sé. Sauron aveva dunque
messo in campo i suoi servitori più fedeli: i Nove. Gandalf aveva avvertito il
giovane Frodo, al quale Bilbo aveva lasciato l’Unico prima di raggiungere gli
elfi, di lasciare la Contea e dirigersi verso Gran Burrone per allontanare
dagli hobbit la minaccia di Sauron. Bilbo era partito diciassette anni prima
alla volta di Erebor, voleva vedere la Montagna Solitaria un’ultima volta. Dopo
aver fatto visita ai loro vecchi compagni si era stabilito a Gran Burrone, per
vivere il resto dei suoi giorni e terminare il suo libro.
<< Quindi Bilbo è qui?>> chiese quasi senza
fiato l’Elfa, stringendo un poco le mani del fratello che annuì semplicemente.
Un grande sorriso si fece strada sul volto di Eruannie, ma il re aveva ancora
altro da aggiungere.
<< La guerra che si avvicina sarà devastante, il tempo
degli elfi è giunto al termine. Io non mi opporrò se decidessi di partire per
Valinor>> ma nel profondo sapeva che nessuno avrebbe allontanato la
sorella da una battaglia, soprattutto se significava distruggere per sempre il
vero responsabile della morte di Thorin.
<< Io partire per Valinor? Ti ricordo, caro fratello,
che è proprio per evitare quel posto che ho deciso di addormentarmi nel Sonno Eterno>>
la guerriera lasciò le mani del re e si alzò, dirigendosi verso la porta.
<< Bilbo alloggia nell’ala riservata agli ospiti, sono
sicuro che non faticherai a trovarlo>> Eruannie non poté vedere il volto
del fratello, ma sapeva con certezza che stava sorridendo. La guerriera di
Imladris era finalmente tornata e il Nemico doveva stare ben attento alle proprie
mosse.
Una volta uscita non ci pensò due volte e corse verso l’ala
est, salutando con un cenno del capo gli elfi che incontrava. Non stava nella
pelle, voleva riabbracciare il suo vecchio amico di avventure e presentargli il
suo cucciolo, forse l’avrebbe aiutata a trovargli un nome.
Il sole era ormai alto nel cielo, doveva essere quasi
mezzodì quando Eruannie bussò con impazienza alla porta dello hobbit, passandosi
una mano tra i capelli corvini che, illuminati dalla luce del giorno,
sembravano quasi assumere una sfumatura color mogano. Quando la porta si aprì
quello che si ritrovò davanti Eruannie era un simpatico vecchietto dai capelli
bianchi che ricadevano in piccoli boccoli sulle spalle. Indossava vestiti
hobbit, con un panciotto rosso adornato da splendenti bottoni dorati e delle ampie
tasche dove teneva le mani. Il mezz’uomo osservò la giovane per qualche istante
prima di aprirsi in un grande sorriso seguito da una risatina gioiosa.
<< Eruannie! Mia cara ragazza!>> allargò le
braccia e si gettò contro le gambe della vecchia amica, cingendole la vita per
quanto poteva. L’Elfa non ci pensò due volte e si inginocchiò a ricambiare
l’abbraccio dell’amico, il quale rimase alquanto stupido dal vedere la creatura
che se ne stava appollaiata sulla sua spalla e che lo annusava curioso.
<< Bilbo, amico mio>> sussurrò lei, stringendo
l’amico per quanto possibile. Sentì il drago fare un piccolo starnuto e si
ricordò solo allora della sua presenza.
<< E questo chi sarebbe?>> chiese lo hobbit
sorpreso, osservando il rettile che lo guardava con la testa piegata da un
lato.
<< Lui è…beh, non ho ancora trovato un nome. È il
figlio di Smaug>> la guerriera si affrettò a sostenere il mezz’uomo che dopo
quella notizia si era allontanato in fretta.
<< Se allevati con le giuste regole, i draghi sono
buoni>> spiegò lei, mentre avvicinava una mano al cucciolo e gli
consentiva di salirvi sopra. Una volta accomodato sul palmo lo portò davanti a
sé, permettendo a Bilbo di osservarlo più da vicino.
<< Ma…non pensi che abbia comunque una parte
malvagia?>> lo hobbit lo analizzò minuziosamente e il draghetto si mise
in una posa regale come se dovesse ricevere un giudizio.
<< Tutti abbiamo una parte malvagia, Bilbo>>
l’Elfa allungò la mano dove sostava il drago verso le piccole mani dello
hobbit, lasciando che vi scivolasse sopra.
<< Spetta a noi scegliere se farla prevalere o
meno>> terminò, osservando il cucciolo che si accoccolava sui palmi del
mezz’uomo che, intimorito, continuò a guardarlo con circospezione. Dopo qualche
secondo di attesa carica di tensione, il draghetto fece un verso buffo che fece
ridere i due amici.
<< Dopotutto, credo che ci sia del vero in quello che
dici>> lo hobbit tornò a guardare la guerriera e una piccola lacrima si
formò all’estremità di un suo occhio. L’Elfa si affrettò ad asciugargliela e a
posizionare una mano sulla sua spalla.
<< Sono passati tanti anni Ann, ma io li ricordo
ancora>> la guerriera annuì, per Bilbo non doveva essere stato facile.
Lei si era semplicemente addormentata portandosi dietro il suo dolore e la sua
rabbia, mentre tutti gli altri erano andati avanti cercando di sopportare
quelle ferite che mai si sarebbero rimarginate totalmente. Purtroppo quella
della guerriera era quella più difficile da curare, le aveva spezzato a metà il
cuore e se avesse potuto avrebbe rinunciato direttamente alla vita. Ma i Valar
le avevano fatto dono dell’immortalità, così si era limitata a cadere
nell’oblio, nel nulla.
<< Mi manca, ogni giorno. Mi mancano Fili e Kili,
poveri ragazzi>> il draghetto che giaceva tranquillo tra le sue mani si
sporse verso il volto dello hobbit piegando la testa di lato alla vista di una
lacrima che gli solcava una guancia. Mentre la guerriera si limitava ad
annuire, con la tristezza nel cuore, il rettile si allungò e leccò via la
goccia salata, facendo una buffa espressione dopo che l’ebbe assaggiata.
<< Preferisci il dolce, piccolino?>> chiese la
guerriera sorridendo in direzione del draghetto. Bilbo rise di gusto e le fece
segno di seguirlo, era ora di pranzo dopotutto e quale hobbit che si rispetti
si concede di saltare un pasto?
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Eruannie assaporò ogni piatto come se non avesse mangiato
per anni e in effetti era proprio così. Nonostante non avesse sofferto la fame,
il suo organismo aveva risentito la mancanza del puro piacere di mangiare.
Lo hobbit al suo fianco le raccontò di come, dopo la
Battaglia delle Cinque Armate, si era ritirato nella sua vecchia cittadina,
Hobbiville. Lì aveva vissuto in pace, sentendo sempre la mancanza lasciata
dalle avventure con i nani e soprattutto soffermandosi spesso a pensare se
avrebbe mai rivisto le montagne, in particolare la Montagna Solitaria. Spiegò
ad Eruannie che era riuscito a ritornare ad Erebor un’ultima volta diciassette
anni prima, per fare visita ai nani e lì aveva appreso che Balin era partito
per riconquistare Moria. Le raccontò che il nano, insieme a Ori, Oin e ad un
centinaio di altri compagni, aveva lasciato la Montagna e, dopo aver sconfitto
gli orchi, era divenuto signore di Khazad-dûm, anche se erano ormai passati
parecchi anni dall’ultima volta che Bilbo aveva avuto sue notizie e così anche
per i nani ad Erebor.
L’Elfa volle sapere cosa ne era stato dei loro vecchi
compagni e Bilbo le raccontò tra una risata e l’altra che Bombur era diventato
talmente tanto grasso da dover essere trasportato da ben sei nani su una
lettiga. Bifur e Bofur erano vivi e vegeti e si godevano la loro
quattordicesima parte del tesoro, insieme a Dori e Nori. Dwalin, d’altro canto,
viveva ancora sotto la Montagna ma si era accasato con una nana assai premurosa
nei suoi confronti e avevano avuto sette figli e tre figlie. Eruannie rimase
sorpresa nel realizzare che alla fine anche l’amico aveva aperto il suo cuore a
qualcuno e rise pensando al nano alle prese con i suoi piccoli. Bilbo le
confessò che una delle figlie l’aveva chiamata Annie in suo onore, mentre il
primogenito Thorin. Alla guerriera non mancò di versare una lacrima di
commozione per quel pensiero gradito.
Il pranzo si fece interessante quando Glorfindel, sempre
bello come il sole, apparve alla corte di re Elrond con un il suo solito
fascino come unico gioiello e rimase a fissare l’Elfa non appena la notò.
<< Sei sveglia>> asserì facendole alzare un sopracciglio.
La guerriera indicò un posto libero al suo fianco e lui le si avvicinò,
inchinandosi leggermente per salutarla. Stava per sedersi, quando la vista
della creatura che infilava la testa nel calice davanti a lui lo fece
arrestare.
<< Cosa sarebbe quella bestia?!>> tuonò l’elfo,
leggermente sorpreso e anche un po’ disgustato dal fatto che il draghetto
stesse letteralmente bevendo del vino elfico tra i più pregiati, per di più
direttamente dal bicchiere! Eruannie rise e depositò una leggera carezza sul
dorso del cucciolo.
<< Lui, Glorfindel, è il figlio di Smaug>> il
cavaliere sembrò divenire più bianco del normale e aggirò il tavolo con
circospezione, tenendo sott’occhio la creatura. Questa, come se avesse capito
che stessero parlando di lei, alzò il muso dal calice e passò la lingua lungo i
piccoli canini aguzzi che adornavano la sua bocca.
<< Sono esseri pericolosi, perché te lo fanno
tenere?>> l’Elfa sbuffò, alzandosi e fronteggiando l’amico millenario.
<< Lo alleverò io, sarà una potente arma contro
l’Oscuro>> sentenziò lei con una punta di acidità nella voce. La
guerriera aveva scelto la sua parte elfica, ripudiando la mortalità e tutto ciò
che riguardava il fisico dei nani, ma aveva mantenuto il suo carattere spavaldo
e orgoglioso, per non parlare della sua testardaggine ereditata sicuramente
dalla sua parte nanica.
Glorfindel lanciò alla creatura uno sguardo di disgusto e
tornò a concentrarsi sulla guerriera. Era felice che avesse deciso di unirsi
alla Guerra per la Terra di Mezzo, anche se forse sarebbe stato più corretto
dire che lo aveva deciso Elrond risvegliandola, ma era pur sempre una grande
risorsa per le loro armate in quel momento più che mai scarne.
L’Elfa tornò a sorridergli e gli gettò le braccia al collo,
stringendolo in un abbraccio stritolatore. Era stato lui a insegnarle tutto
quello che sapeva sul combattimento e sulla storia di Arda.
<< Sono contento di rivederti ancora una volta,
Eruannie la guerriera. Anche a te spetta una parte in questa avventura>>
l’Elfa aggrottò la fronte non capendo se l’avventura a cui si riferiva
Glorfindel fosse la guerra che incombeva su di loro o altro. In quel caso
l’elfo aveva scelto un termine assai bizzarro.
<< Anche io>> sussurrò lei, tornando al suo
posto e sorseggiando dallo stesso bicchiere dove poco prima il drago era
immerso.
<< E ha già un nome?>> chiese dubbioso,
indicando il cucciolo che gli si era subito avvicinato una volta preso posto.
Eruannie scosse la testa in segno di diniego, non aveva ancora avuto il tempo
per pensare a un nome e non sarebbe stato facile sceglierlo. I nomi dei draghi
rappresentavano tutti la loro forza e la loro lealtà all’Oscurità, per il suo
piccolo amico doveva trovarne uno più degno.
<< Che ne dici di “Ûr-Thalion”?>> il drago
fece correre lo sguardo dall’elfo alla guerriera che sembrò pensarci su un
attimo, poi si rivolse direttamente al rettile.
<< Sei d’accordo, ti piace Ûr-Thalion?>> chiese
osservandolo, mentre questo faceva oscillare la lunga coda da una parte
all’altra. La guerriera sorrise compiaciuta e tornò a conversare con
Glorfindel.
Quel giorno era nato l’Eroe del Fuoco.
Ûr: fuoco
Thalion: eroe
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
Capitolo II
CAPITOLO II
Una volta terminato il pranzo, Eruannie si congedò e si
avviò verso la sua vecchia stanza, nell’ala della famiglia reale. Voleva
abbandonarsi a un bagno ristoratore e cambiarsi di abito, poi avrebbe
accompagnato Bilbo per una passeggiata nella foresta. Come le aveva ricordato
lo hobbit, il cucciolo di drago aveva bisogno di imparare a procurarsi da solo
il cibo o una volta cresciuto non sarebbe sopravvissuto. La bestiolina fino a
quel momento non aveva fatto altro che sonnecchiare e scoprire quel nuovo mondo
in cui si era ritrovato, ma in quanto a fame non si era ancora lamentato.
Eruannie incontrò un paio di elfi che sgattaiolavano fuori dalle sue stanze,
Elrond le aveva sicuramente mandate a sistemarle per lei e fu grata al fratello
per questo pensiero. Notò con piacere che l’anticamera era rimasta intoccata:
le poltrone e il set da tè pronti per ogni evenienza, la piccola libreria in
ordine e il caminetto era stato acceso da poco per rilasciare un delizioso
tepore. Proseguì verso la camera e la trovò così come l’aveva lasciata,
l’armadio con i vestiti eleganti e quelli da guerriera ben separati, i pochi
gioielli che possedeva chiusi a chiave in un piccolo scrigno di legno
intagliato e un cesto di vimini contenente tutte le lettere non lette
provenienti da Bosco Atro. Eruannie alzò gli occhi al cielo, si avvicinò alla
scrivania in quercia bianca e gettò tutte le missive sul fondo di un cassetto.
Dopo tutti quegli anni, il rancore e la rabbia per quello che era successo ad
Erebor non erano sfumati. Con il Sonno Eterno aveva sperato di poter reprimere
anche quei sentimenti negativi, ma pensò che dopotutto dimenticare il
tradimento di un amico era una cosa che neanche il tempo avrebbe potuto
risolvere.
Afferrò il cestino e decise che quello sarebbe stato il
nuovo giaciglio del drago, almeno finché non avrebbero trovato una sistemazione
più comoda. Adagiò Ûr-thalion sul fondo della cesta e l’appoggiò sulla
cassapanca ai piedi del suo letto. Prese un respiro profondo e si affrettò
verso la zona bagno, dove le domestiche le avevano preparato una vasca ricolma
di acqua bollente con petali di rose. Si liberò del vestito che indossava da
ben settantasei anni e si immerse nel liquido. Rabbrividì leggermente per il
contrasto con l’aria esterna ma si abituò subito alla differenza di
temperatura, lasciando che il potere rilassante dell’acqua sciogliesse i
muscoli intorpiditi. Chiuse gli occhi e cercò di svuotare la mente e
concentrarsi sul canto degli uccellini che popolavano Imladris, sullo
scrosciare del Bruinen e sul fruscio prodotto dal vento che solleticava le
foglie. Dopo aver dormito per quasi ottant’anni non si accorse nemmeno di
cadere in un sonno che, dopo così tanto tempo, le regalava dei sogni.
Dopo anni si ritrovò di nuovo a Colle Corvo, immersa dalla
nebbia. Legolas la stringeva tra le braccia, impedendole di cadere a terra. Si
sentiva vuota, non sentiva più nessun suono della battaglia, il freddo non
l’avvolgeva più facendola rabbrividire, il suolo sotto i suoi piedi era sparito.
Voleva lasciarsi andare e magari finire nel dirupo che distava pochi passi da
loro. Il ghiaccio su cui si trovavano stava per sgretolarsi e l’elfo cercò di
scuoterla leggermente per farle capire che dovevano spostarsi.
Il suo corpo però non le apparteneva più, era ferma su quel
crinale e voleva solo che l’acqua gelida la portasse via. I nani avevano
trasportato il corpo senza vita di Thorin su una sporgenza lì vicina e stavano
piangendo la morte del loro re, ma Eruannie non trovava la forza nemmeno per
piangere.
Legolas la fissava con i suoi splendidi occhi azzurri ed
Eruannie voleva farglieli saltare fuori dalle orbite per averla fermata, per
averle impedito di correre dal nano quando Azog stava per trafiggerlo. L’urlo
di dolore che aveva lanciato vedendo quella scena aveva risuonato in tutta la
valle, facendo stringere il cuore di qualsiasi creatura l’avesse udito. Gli
occhi della guerriera erano vuoti, privi di qualsiasi sentimento e l’elfo non
riuscì a scorgervi nemmeno l’accenno di un’emozione.
La sollevò di peso, mentre tutto quello che voleva lei era
essere lasciata lì a morire congelata, perché era quello che si sarebbe
meritata per non averlo salvato. La portò sulla stessa sporgenza dove i nani si
erano radunati e la fece sedere con la schiena contro alla parete ghiacciata
della fortezza. I singhiozzi dei membri della Compagnia arrivarono alle
orecchie dell’Elfa come ovattati, nonostante avesse ormai acquisito tutti i
tratti degli elfi, udito compreso. I suoi occhi schizzarono sul volto di Legolas,
il quale, per tutta risposta, le lanciò un timido sorriso. Prima che potesse
prevedere le sue azioni, l’Elfa si alzò e con un balzo scaraventò l’amico a
pochi passi da lei, lasciandolo molto stupido per quel gesto.
<< È tutta colpa tua, principino dei miei
stivali!>> la voce era rotta dal dolore che provava, un male talmente
profondo da sgretolarla piano piano dall’interno.
<< Non dovevi impedirmi di salvarlo, ora pagherai
insieme a me il prezzo di questa tua azione>> furono le ultime parole che
rivolse all’elfo, prima di voltarsi e trascinarsi verso il corpo senza vita di
Thorin.
Come se il suo corpo avesse avvertito il dolore di quel
ricordo, Eruannie si risvegliò nella sua vasca con l’acqua che era ormai
diventata fredda, ricordandole il clima pungente del suo sogno.
Una lacrima le solcò una guancia mischiandosi con l’acqua
del bagno, il dolore per la morte del nano si era sicuramente attenuato grazie
al Sonno Eterno, ma non era sparito del tutto. Un movimento alla sua destra la
distolse da quei pensieri e l’Elfa si concentrò sulla piccola figura che aveva
appena immerso la testa nel liquido profumato che avvolgeva il suo corpo.
L’immagine di Ûr-thalion che si schiantava nella vasca e cercava poi di
uscirne disperatamente le provocò una risata sincera. Allungò una mano e aiutò
il draghetto a uscire, seguendolo poi a ruota.
<< Ai draghi non piace fare il bagno, temo>>
spiegò teneramente, mentre il cucciolo si scrollava di dosso il liquido e
osservava la padrona con la testa piegata di lato. La guerriera si avvolse in
un panno appeso al muro alle sue spalle e gli fece segno di seguirla in camera.
Si spazzolò i lunghi capelli corvini mentre guardava fuori dalla grande
finestra che dava sui giardini privati della famiglia reale, scorgendovi
l’elegante figura di Arwen accompagnata da un uomo. Eruannie si appoggiò al
davanzale, seguita dal draghetto che con un rapido salto l’aveva raggiunta e
scrutava anche lui la coppia.
<< Quello deve essere Estel…>> sussurrò al
cucciolo, che fece saettare il suo sguardo dalla padrona ai due giovani amanti.
L’Elfa scosse il capo contraria alla decisione della nipote di rinunciare
all’immortalità per amore. Aveva provato quel sentimento una volta e tutto ciò
a cui esso aveva portato era un dolore eterno.
<< Beh, è cresciuto>> il viso dolce del ragazzino
che si ricordava aveva lasciato posto al volto di un uomo maturo, una barba
scura gli circondava le guance e il mento, unendosi ai baffi della medesima
lunghezza. Due occhi azzurri rendevano il suo volto ancora più bello da guardare
e uno strano sentimento si fece strada nel cuore dell’Elfa quando l’uomo prese
la mano di sua nipote e se la portò al cuore, come se stesse per farle una
solenne promessa. Anche lei era stata innamorata come loro un tempo, un amore
puro e dolce che le era stato strappato via troppo presto. Il drago si
accoccolò posando la testa sul grembo di Eruannie e questa gliela accarezzò affettuosamente.
I due innamorati si diedero un tenero bacio, poi l’uomo si voltò e se ne andò,
lasciando sola Arwen che si ritirò nelle sue stanze dopo averlo guardato andare
via.
Eruannie doveva parlarle, farle capire che stava commettendo
un grave errore e che lui sarebbe morto, un giorno o l’altro, lasciandola sola
con un dolore insormontabile. Prima che potesse prendere qualsiasi decisione
qualcuno bussò alla sua porta e grazie ai suoi sensi affinati capì che si
trattava di suo fratello. Si infilò una vestaglia e andò ad aprire con il drago
alle calcagna.
<< Vestiti con indumenti da viaggio, sorella. Andrai
con Aragorn a Brea>> l’Elfa inarcò un sopracciglio non comprendendo la
frase del fratello.
<< Partirete tra dieci minuti>> e con un cenno
del capo si congedò senza darle ulteriori spiegazioni. Lei e il draghetto si
scambiarono uno sguardo e lesse negli occhi del cucciolo le stesse domande che
si stava ponendo lei stessa. Perché tutta questa fretta e soprattutto perché
Brea?
D’altro canto sapeva benissimo che Elrond non le assegnava
missioni per nulla, così indossò i suoi pantaloni di velluto marroni, una
casacca verde e una giacca del medesimo colore dei pantaloni. Si legò la
cintura con il fodero della spada in vita e si infilò gli stivali neri da
cavalcata. Non avrebbe avuto il tempo di andare in armeria per farsi rifornire,
così decise di portare con sé solo la sua spada che avevano deciso bene di
custodire in una piccola teca accanto al suo letto. Sperò fosse ancora
affilata, ma ci avrebbe pensato una volta arrivata a Brea. Si accovacciò lasciando salire il draghetto sul palmo della
sua mano e questo andò a posizionarsi sopra la sua spalla, attorcigliando la
coda attorno al suo braccio.
Giunse alle stalle poco dopo e notò un piccolo gruppo di
elfi che si era riunito per salutare lei e un uomo incappucciato già in sella
al suo baio. Elrond le indicò con un cenno del capo un palafreno color sabbia,
privo di briglie o altre costrizioni usate dagli umani. Afferrò tra le mani un
ciuffo della criniera del nuovo amico e si issò facendo leva sulle braccia.
Notò con piacere che, nonostante l’inattività degli ultimi settant’anni, era
ancora in forma.
<< Vi dirigerete a Nord, a Brea incontrerete il
Portatore e lo condurrete sano e salvo nei nostri confini>> le spiegò
Elrond, aiutandola a montare in groppa al destriero. Eruannie annuì e lanciò
un’occhiata al suo compagno di viaggio, con il volto ancora celato da un
cappuccio. riconobbe in lui i lineamenti della stirpe dei Dùnedain.
Il Re tirò leggermente la casacca della sorella, richiamando
la sua attenzione.
<< Dovete essere veloci e discreti. Gandalf è giunto
nel primo pomeriggio con delle brutte notizie, purtroppo>> a sentire il
nome dello stregone gli occhi della guerriera si illuminarono di gioia, ma
dovette tenersela tutta per sé.
<< Quando tornerai ti spiegherò, bad-na meleth Valar!>>
diede una piccola pacca sul posteriore dell’animale e questo partì al galoppo,
inseguito dal baio di Aragorn. Mentre lasciavano Imladris, Ûr-thalion
emise un lungo ruggito gracchiante, come saluto alla vallata in cui era nato.
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Cavalcarono per diverse ore e poco dopo il tramonto decisero
di fermarsi a riposare, nonostante Eruannie avrebbe continuato ancora. L’uomo
non era di molte parole e la guerriera si chiese cosa ci trovasse in lui sua
nipote. Si ritrovò a pensare che i loro incontri dovevano essere assai noiosi.
Il draghetto riposava sereno tra le sue gambe incrociate, mentre i due mangiavano
del Lembas in silenzio. Eruannie alzò gli occhi al cielo, si era stufata di
tutta quelle quiete, voleva estorcere all’uomo quante più informazioni poteva
per capire cosa avesse spinto la nipote a rinunciare all’immortalità.
<< Non so se ti ricordi di me, ero solo un ragazzino
quando ti sei addormentata>> quasi come se le avesse letto nel pensiero,
Aragorn iniziò una conversazione.
<< Egli parla!>> esclamò la guerriera
ridacchiando e facendo sussultare Ûr-thalion tra le sue gambe. Il
draghetto le lanciò un’occhiata di rimprovero e tornò a dormire. L’Elfa fece un
cenno con la mano come a sminuire quello che aveva appena detto.
<< Mi ricordo di te, Estel…>> continuò mentre
l’uomo inarcava un sopracciglio, prima di mettersi ad affilare la lama della
sua spada con una pietra.
<< Come potrei dimenticarmi del mio pupillo?>> chiese,
indicando poi la pietra che Aragorn stava adoperando. L’uomo alzò lo sguardo e
lesse negli occhi blu della guerriera un certo interesse per ciò che stava
facendo. Allungò la mano con la pietra verso di lei e questa iniziò ad affilare
la lama della sua arma.
<< Avevi promesso che saresti tornata per completare
l’allenamento…>> l’Elfa quasi si tagliò un dito quando l’uomo pronunciò
quelle parole. Aragorn notò il disagio della guerriera e si alzò con
l’intenzione di svolgere lui il lavoro di affilatura. Eruannie non vi prestò
attenzione e continuò con il suo compito.
<< Beh, vedo che hai portato a termine il tuo
addestramento senza di me, non è così?>> chiese senza distogliere lo
sguardo alla pietra che scorreva sul filo della lama. Non vi era risentimento
nelle sue parole, solo un leggero senso di nostalgia. Odiava lasciare le cose
fatte a metà e con l’allenamento di Estel era andata così. D’altra parte,
l’uomo sapeva in cuor suo che la maestra non lo avrebbe mai abbandonato senza
una valida motivazione.
<< Beh, avremo modo di parlarne, suppongo. Ma ora la
cosa che più mi incuriosisce è quel drago>> disse indicando la creatura
che sonnecchiava tra le gambe della guerriera, mentre lui tornava a sedersi al
suo posto.
<< È il figlio di Smaug, ma devo avvertirti che non
tutti i draghi sono malvagi come si vuol far credere>> Aragorn corrugò la
fronte e si perse a fissare il draghetto.
<< Vedi, secondo i racconti, i draghi furono creati da
Morgoth per contrastare la potenza degli elfi. Ma il primo Oscuro Signore non
aveva tale potere, bensì riuscì a corrompere le loro anime. Li allevò come armi
di distruzione supreme, avvelenando i loro cuori e costringendoli a compiere
atti disdicevoli>> l’uomo sembrò molto interessato a quel racconto. Si
tolse gli stivali e adagiò la schiena contro al tronco dove era precedentemente
seduto. Frugò nella sua bisaccia e iniziò a prepararsi la pipa, mentre la
guerriera proseguì con il suo racconto.
<< Dunque, se i draghi nascono lontano dall’Oscurità e
vengono cresciuti e allevati con amore, capisci bene come potrebbe esserci
d’aiuto questo piccoletto?>> chiese infine, terminando la sua affilatura
e restituendo la pietra al proprietario. L’uomo annuì e tirò una boccata dalla
sua pipa, facendosi invidiare dall’Elfa. La prima cosa che avrebbe fatto a Brea
sarebbe stato procurarsene una, con tanto di una bella dose di Erba Pipa.
<< Ora tocca a me farti una domanda, Aragorn>>
l’uomo alzò un sopracciglio colto di sorpresa. Cosa voleva sapere quella guerriera
elfica da un povero Ramingo come lui?
<< Perché permetti a mia nipote di lasciarsi morire in
quel modo?>> questa domanda gli trafisse il cuore come una spada
arroventata. Deglutì e si sistemò meglio contro il tronco. Tirò una lunga boccata dalla
pipa prima di risponderle.
<< Lei è libera di scegliere ciò che il suo cuore
desidera e se questo contempla una vita da mortale con me, dovete lasciarle compiere
tale scelta>> Eruannie rimase sorpresa da quella risposta, l’uomo l’aveva
colpita. Sentiva purezza nel sentimento che lo legava a sua nipote.
<< Se l’ami davvero, non dovresti permetterle
questo>> Aragorn scosse il capo leggermente e puntò i suoi occhi grigi in
quelli dell’Elfa.
<< Non è in vostro potere decidere cosa è meglio per
Arwen, né tanto meno mettere in discussione il sentimento che ci lega>>
Eruannie si pentì di aver desiderato
intraprendere una conversazione con quell’uomo.
<< Cosa ne puoi sapere dell’amore, mortale?>>
chiese con un accenno di disprezzo nella voce, mentre si alzava tenendo la
spada in pugno. Gli occhi dell’uomo corsero velocemente all’elsa della sua
arma, ma nello sguardo dell’Elfa non vi era nessuna intenzione di attaccarlo.
<< Te lo dico io, niente! La tua vita è troppo breve
per poterti illudere di provare un tale sentimento. Dimmi, saresti disposto a
morire per lei? Saresti disposto a rinunciare a tutti gli anni che ancora ti
restano pur di saperla salva?>> la guerriera lasciò quelle domande a
dissolversi nel venticello che si stava alzando, mentre voltò le spalle
all’uomo prima di arrampicarsi su un basso ramo di un albero.
<< Dormi pure, umano. Questo corpo ha riposato per
troppi anni, ne ho abbastanza del sonno>> terminò quella conversazione
prima di rischiare di sperimentare l’affilatura della sua lama, mentre un moto
di tristezza le riempiva l’animo. Era stata dura, ma doveva convincerlo a far
cambiare idea ad Arwen. Non avrebbe permesso a nessuno di coloro che amava di
morire, non più. Voleva bene al marmocchio di Gilraen, ma l’istinto di
protezione nei confronti di Arwen aveva preso il sopravvento sull’affetto che
poteva aver provato per quel ragazzino.
Vegliò sul sonno del suo compagno di viaggio fino alle prime luci del
giorno. Si stiracchiò e saltò giù dal ramo sul quale si era appollaiata,
avvicinandosi silenziosamente al giaciglio dell’uomo per svegliarlo. Quando si
abbassò per scuoterlo si ritrovò la lama di un coltello alla gola. Si sorprese
della rapidità di Aragorn ed emise un sibilo basso che uscì come il ringhio di
un gatto arrabbiato. L’uomo ritirò la lama non appena si accorse che il nuovo
arrivato altri non era che l’Elfa scorbutica con cui aveva avuto il piacere di
disquisire la sera precedente. La guerriera si voltò e cercò il draghetto con
lo sguardo. Lo aveva lasciato accanto al fuocherello la notte prima, ma ora di
lui non vi era traccia.
<< Ûr-thalion?>> chiamò come una
madre preoccupata per il figlio. Fece saettare gli occhi in tutte le direzioni
alla ricerca del cucciolo. Provò a guardare se si era rintanato sulla groppa di
uno dei cavalli, ma non lo trovò nemmeno lì.
<< Aragorn, hai visto Ûr-thalion?>> chiese
rivolta all’uomo, il quale era intento a sellare il suo baio. L’uomo scosse la
testa e iniziò anche lui a cercare il drago con lo sguardo.
Un senso di
malessere si fece strada nell’animo dell’Elfa. Come aveva fatto a non sentirlo
mentre si allontanava? Magari qualcosa lo aveva attirato e si era perso. Mille
pensieri affollarono la sua mente, mentre i suoi occhi correvano alla ricerca
disperata del draghetto.
Un rumore alle sue spalle la fece voltare, mentre in
un lampo aveva estratto la spada dal fodero e si preparava a scontrarsi con un
potenziale assalitore.
Una piccola figura verde con sfumature nere le trotterellò
incontro felice. Sul volto del draghetto vi era un’espressione soddisfatta,
mentre portava alla sua padrona un topolino appena cacciato. L’Elfa emise un
sospiro di sollievo prima di abbassarsi e confrontarsi con il cucciolo. Esaminò
la sua preda mentre questo si passava la lingua sui piccoli ma affilatissimi dentini, in attesa di un
complimento da parte della padrona.
<< Ma che bravo cucciolotto che sei stato! >>
Aragorn inarcò un sopracciglio a sentire la voce della guerriera. La forte e
potente Eruannie che utilizzava quel tono per parlare con un drago lo avrebbe
fatto ridere a crepapelle fino al giorno successivo, ma sapeva benissimo che
con lui non sarebbe stata tanto dolce come con il drago.
<< Ti ringrazio, Ûr-thalion, ma ho già fatto
colazione. Mangialo tu!>> il cucciolo emise un verso di felicità e prese
al volo il topo morto che la padrona gli lanciò, inghiottendolo in un sol
boccone e succhiando la coda con gusto.
<< Aveva fame, mi stavo giusto chiedendo se avesse
voluto rosicchiarmi il dito di un piede durante la notte>> la guerriera
tornò in sé e rivolse un’occhiataccia all’uomo, il quale si era dato da fare
per spegnere il fuoco senza creare troppo fumo e ora l’attendeva in sella al suo
destriero.
Eruannie ripose la spada nel fodero e allungò una mano verso
il draghetto. Questo non se lo fece ripetere due volte e si arrampicò fin sopra
alla spalla della guerriera, prima che questa montasse in groppa al palafreno.
<< Dovremmo arrivare a Brea entro sera>> la
informò Aragorn, mentre si allontanavano al passo per far abituare gli animali
al loro peso.
Eruannie annuì e rivolse un’occhiata furba all’uomo che
aggrottò la fronte.
<< Gara a chi arriva prima?>> disse poco prima
di spronare a voce la sua cavalcatura. Nonostante detestasse che sua nipote
volesse rinunciare alla sua immortalità per un semplice umano, doveva ammettere
che Aragorn le stava simpatico ogni attimo di più.
Il ragazzino che aveva
lasciato settant’anni prima era diventato un grande uomo ed Eruannie lo sapeva.
Non riusciva a spiegarselo, ma in lui vedeva una forza straordinaria e si
sentiva come attratta dall’uomo. Non fisicamente, era un bell’uomo ma non era
di certo quel tipo di attrazione. No, sapeva di potersi fidare di lui e il
desiderio di seguirlo ovunque andasse e di giurargli fedeltà si faceva sempre
più strada in lei. Forse, pensò tra sé e sé, se avessero vinto quella guerra
contro Sauron, avrebbe potuto anche accettare che sua nipote dividesse la sua
vita con lui.
ELROND: va’ con l’amore dei Valar
NdA: perdonate il ritardo, ma sono stata molto presa dal lavoro!
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
Capitolo III
CAPITOLO III
Quando arrivarono a Brea era ormai pomeriggio inoltrato.
Erano stanchi e affaticati dal viaggio e, nonostante fosse un elfo, Eruannie
sentiva l’impellente necessità di comprarsi una maledetta pipa. Era solita
condividerla con i suoi amici, come Gandalf o Dwalin o Bilbo stesso, questa
abitudine l’aveva fatta desistere dal prendersene una tutta per sé. Ovviamente
non aveva abbastanza confidenza con Aragorn per chiedergli se potesse fare un
tiro con la sua, quindi doveva inevitabilmente comprarne una. Si congedò
dall’uomo alle stalle della locanda dove avrebbero atteso il Portatore
dell’Anello e si diresse da un artigiano che ricordava essere il più abile
nella creazione di pipe.
Si era beccata un’occhiataccia da parte di Aragorn quando
gli aveva comunicato dove sarebbe andata, ma non vi aveva badato. Lui aveva la
sua dannata pipa, non poteva capire.
Non aveva evidentemente riflettuto sullo scompiglio che
avrebbe generato nella popolazione che, alla vista del drago sulla sua spalla,
iniziò a disperdersi nelle proprie case. Arrivata dall’artigiano, sorrise
caldamente verso l’ometto che vide al di là della vetrina. Era piuttosto basso
e scarno, le mani rovinate dal costante lavoro e sporche di tintura. Sul naso a
patata erano adagiati degli occhialetti spessi, mentre i radi capelli bianchi
si perdevano sotto a un berretto marrone. L’insegna sopra il suo negozio le
fece capire che doveva essere uno dei discendenti di Galenas, il vecchio
artigiano da cui comprò la sua prima pipa molti secoli prima.
<< Buongiorno, mastro artigiano>> disse entrando
nella bottega, calando il cappuccio che le celava il volto.
<< Come posso esservi d’aiuto?>> chiese
l’ometto, senza distogliere lo sguardo dall’abile intarsiatura che stava
decorando su un pezzo di legno. L’Elfa si avvicinò al bancone e iniziò a
frugare nella sua sacca finché non trovò un borsello di monete.
<< Avrei bisogno di una buona pipa e anche di un
sacchetto di Erba Pipa, per favore>> disse estraendo tre monete d’oro. Lo
scintillio attirò l’attenzione dell’artigiano che alzò lo sguardo di sfuggita
per poi fissare il denaro sul bancone davanti a lui.
<< V-vi porto subito la più bella pipa mai creata,
m-mia signora!>> abbandonò il pezzetto di legno che stava lavorando e
sparì nel retro. Fuori calò un buio improvviso e le narici di Eruannie
captarono odore di pioggia, mentre qualche piccola goccia iniziava a
ticchettare sulle grondaie e sui tetti di Brea. L’omino tornò dopo pochi minuti
con una graziosa borsetta di cuoio marrone e una pipa fine di legno bianco, sul
bordo vi era incisa una runa elfica che rappresentava la bellezza. L’Elfa
sorrise all’artigiano e prese la pipa dalle sue mani, rigirandosela e annusandola
per capire se la qualità del legno era buona. Annuì e prelevò anche la borsetta
di cuoio. Notò con piacere che al suo interno era stata inserita una buona
quantità di Erba Pipa di Pianilungone e il necessario per la pulizia della
pipa.
<< C-cos’è quell’essere sulla vostra spalla, mia
signora?>> chiese indicando spaventato il draghetto. La guerriera sorrise
e grattò il mento al cucciolo con affetto.
<< Lui è Ûr-thalion, saluta Ûr>> a quelle
parole, il drago emise un versetto che ricordava tanto l’abbaio di un cane e
osservò incuriosito la reazione dell’omino. Il poveretto, si riparò dietro al
bancone pensando che potesse incenerirlo. La guerriera rise deliziata dal
comportamento del suo cucciolo e si diresse verso la porta. Il drago non
avrebbe gradito la pioggia che ormai cadeva con violenza sulle strade di Brea.
Aprì la sua sacca e vi fece accoccolare Ûr-thalion. Prima di uscire si assicurò
di aver riposto pipa e borsetta porta tabacco al sicuro nella tasca interna
della sua giacca.
Coprì il capo con il cappuccio del soprabito e si lanciò
fuori dal negozio, venendo subito investita da una raffica di vento che la fece
bagnare da testa a piedi prima del previsto. Corse verso la locanda dove aveva
lasciato Aragorn più veloce che poté, ma ormai era zuppa d’acqua. Spalancò la
porta del Puledro Impennato e sbatté i piedi a terra prima di entrare,
accortezza che notò non tutti avevano avuto. Il pavimento era sporco di fango e
il calore della locanda mista al fumo di numerose pipe le avrebbe fatto
bruciare gli occhi se non fosse stata un elfo. Individuò il compagno di viaggio
in un angolino buio del locale e lo raggiunse. Abbassò il cappuccio una volta
di fronte al Ramingo e si strizzò i lunghi capelli corvini, facendo cadere non
poca acqua al suolo. L’uomo teneva il cappuccio a coprirgli il volto e fumava
dalla sua lunga pipa, mentre sembrava osservare con interesse un gruppetto di
mezz’uomini seduti a un tavolo dall’altra parte del locale.
Eruannie non vi badò e prese posto sulla sedia di fronte
all’uomo, che si rese conto solo allora della sua compagna. Una cameriera si
avvicinò al loro tavolo e non la degnò nemmeno di uno sguardo, rivolgendosi
solo all’uomo.
<< Vi porto altro, mio signore Grampasso?>> a
quel nome la guerriera dovette trattenere una risata, mentre l’uomo faceva
cenno di no con la testa. La donna stava per andarsene, quando l’Elfa la bloccò
trattenendola per un braccio.
<< Una pinta della vostra birra più buona>> disse
cacciandole una moneta d’oro in mano. La cameriera la guardò con gli occhi spalancati,
ma quando si accorse delle orecchie a punta che spuntavano dalla sua chioma si
limitò ad annuire e a sparire tra i molti ospiti del locale. Eruannie si voltò
verso Aragorn e inarcò un sopracciglio.
<< Grampasso? Davvero?>> scoppiò in una risata fragorosa
e l’uomo le si avvicinò, parlandole con voce così bassa e seria che le ricordò
molto quando Elrond le faceva una ramanzina per essersi ubriacata con i
gemelli.
<< Dobbiamo passare inosservati e nessuno deve sapere
i nostri nomi>> lo sguardo del Ramingo scese sulla sacca dell’Elfa che
continuava a muoversi in maniera bizzarra. La guerriera capì che non sarebbe
stato il caso di liberare un drago all’interno della locanda.
<< Ecco a voi>> la cameriera depositò la birra
sul tavolo e si dileguò. L’Elfa allungò una mano per afferrare la bevanda, ma
Aragorn la fulminò con lo sguardo.
<< Tra poco quel drago si metterà a divorarti la sacca
e salterà fuori attirando tutta l’attenzione su di noi>> le allungò una
chiave senza troppe cerimonie e le indicò il piano superiore con un cenno del
capo.
<< Prima porta a sinistra>> disse lasciando
Eruannie con un’espressione alquanto sorpresa sul volto. Si alzò strisciando la
sedia a terra e gli lanciò un’occhiataccia prendendo la sua adorata pinta e
allontanandosi al piano superiore.
<< Andiamo Ûr, Grampasso non ci vuole>> ringhiò
mentre accarezzava dolcemente il drago attraverso la stoffa della sacca.
La stanza non era un granché, ma rispetto alle notti con i
rami conficcati nella schiena sarebbe andata benissimo. Si affrettò ad
accendere un fuocherello nel caminetto e si tolse la giacca fradicia,
appoggiandola su una seggiola per farla asciugare. Aprì la sacca e aiutò il
draghetto a liberarsi. Si tolse gli stivali e li avvicinò al camino, mentre si
passava una mano tra i capelli nel tentativo di districarli dai nodi. La
pioggia era riuscita a bagnarle tutti i vestiti, appiccicandoglieli addosso.
Odiava il freddo e l’umidità e di sicuro avere degli abiti zuppi non era la
cosa più piacevole del mondo. Osservò con tenerezza mentre Ûr-thalion cacciava
un piccolo topo di campagna per poi gustarselo. Dei rumori al piano di sotto la
misero in allerta e si concentrò su quello che le sue orecchie elfiche le
fecero captare. Qualcuno stava salendo le scale e non era solo. Percepì un uomo
accompagnato da una creatura più piccola, il primo stava praticamente
trascinando il povero malcapitato. I rumori cessarono proprio davanti alla
porta della sua stanza, quando l’uomo la spalancò con un calcio. Quello che
accadde dopo fu una sequenza di eventi così veloce che se non fosse stata un
elfo non ci avrebbe capito un accidente.
Aragorn aveva gettato uno hobbit nella camera senza troppe
cerimonie e questo tremava di paura alla vista dell’uomo. La guerriera e il
drago avevano reagito allo stesso modo, si erano messi sulla difensiva e pronti
ad attaccare l’intruso. Il volto dell’Elfa si rilassò una volta capito di chi
si trattava e il draghetto la seguì. Si avvicinò al mezz’uomo e lo aiutò a
rialzarsi.
<< Chi siete?>> domandò impaurito lo hobbit,
facendo correre lo sguardo dalla guerriera all’uomo che saltava da una parte
all’altra della stanza spegnendo tutte le candele e il camino.
<< Ehi! Quello l’ho acceso con non poca fatica,
sai?>> si lamentò Eruannie, lasciando il fianco del mezz’uomo e raggiungendo
il compagno.
<< Mi chiamano Grampasso e lei è la mia compagna
Lhûg-thaur>> l’Elfa si indignò a sentire quel nome e incrociò le braccia
al petto, fulminando Aragorn con lo sguardo. L’uomo si piazzò davanti allo
hobbit e gli mise le mani sulle spalle, abbassando la voce come se temesse che
qualcuno potesse sentirli.
<< Ascolta, so cosa porti con te>> confessò il
Ramingo, lasciando il mezz’uomo a bocca aperta. Lo hobbit stava per ribattere,
quando altri tre intrusi irruppero nella stanza. Come prima, Eruannie e il
drago si voltarono di scatto nella loro direzione e la guerriera si lasciò
scappare un verso bizzarro dalla bocca, imitata dal cucciolo. Quando si accorse
che si trattava solo di alcuni hobbit portò una mano alle labbra sussurrando un
“Ops” e affrettandosi a sorridere ai nuovi arrivati. Loro non erano poi così
tanto contenti, brandivano alcune armi di fortuna e avevano un’espressione
minacciosa in volto che fece ridere la guerriera.
Aveva ben presente i tentativi di sembrare minaccioso di Bilbo
e quella scena le portò alla mente tanti ricordi felici, seppur con un accenno
di amaro.
<< Siamo dalla vostra parte, amici miei>> disse
facendo un piccolo inchino verso gli hobbit, i quali rimasero molto sorpresi da
quel gesto.
<< Veniamo per conto di Gandalf il Grigio, lui non ha
potuto raggiungervi. Vi accompagneremo a Gran Burrone>> la guerriera si
voltò a osservare l’uomo che aveva finalmente spento tutte le luci della
stanza. Quello si limitò ad annuire e chiuse la porta alle spalle dei mezz’uomini.
<< Stanotte dormirete qui, in modo che io e Lhûg-thaur
possiamo proteggervi>> l’Elfa alzò gli occhi al cielo non appena udì quel
soprannome ridicolo.
<< Potevi trovarne uno migliore, dico io?!>>
sbottò spazientita verso l’uomo. Lui si limitò a fare spallucce e iniziò ad
assegnare i letti ai loro nuovi compagni, intimando loro di riposare e non fare
rumore.
Dato che i loro giacigli erano stati occupati dai
mezz’uomini, l’Elfa e l’uomo si accontentarono di un paio di sedie. Aragorn era
rivolto verso la porta, una mano sull’elsa della spada e l’altra sulla pipa. A
Eruannie era toccato il lato delle finestre e osservava con attenzione la
cittadina ormai buia e silenziosa, mentre armeggiava per preparare la sua pipa.
<< Mi spieghi perché hai deciso di darmi quel
soprannome? Io non sono insopportabile!>> la guerriera ruppe il silenzio
sussurrando quella frase, mentre con un fiammifero accendeva la pipa e iniziava
ad aspirarne il fumo deliziata. Il draghetto sonnecchiava sulle sue gambe e gli
allungò una carezza dolce sul dorso.
<< Solo le persone insopportabili starnazzano per
negare di esserlo>> spiegò con tono beffardo l’uomo, mentre l’ombra di un
sorriso si faceva strada sul suo volto. L’Elfa alzò gli occhi al cielo e sbuffò
una nuvola di fumo. Qualcosa nelle strade silenziose di Brea si mosse,
attirando la sua attenzione. Poi un lungo grido stridulo si insinuò nelle sue
orecchie, facendole strabuzzare gli occhi. Portò la mano all’elsa
istintivamente, mentre un dolore lancinante al fianco destro la fece
rabbrividire. Non era reale, era solo un ricordo. Lo Stregone di Angmar non era
lì davvero, l’urlo lo aveva prodotto uno degli altri spettri. Il draghetto si
era svegliato quando aveva udito quel rumore e aveva fatto correre lo sguardo
dalla padrona alla finestra, assottigliando gli occhietti di smeraldo fino a
ridurli a due fessure. Eruannie passò una mano sul dorso del cucciolo per
tranquillizzarlo, gli spettri non li avrebbero trovati lì. Si erano registrati
con il finto nome di Aragorn e la camera degli hobbit era vuota. Inoltre non
potevano percepire l’Anello come Sauron, quindi se ne andarono furiosi,
galoppando nella notte alla ricerca dell’Unico.
Il Portatore, che si era presentato loro come Frodo, si
svegliò di soprassalto e puntò i suoi grandi occhi azzurri sui due guerrieri
davanti ai loro letti. Eruannie gli rivolse uno sguardo materno per
tranquillizzarlo e questi si rilassò un poco.
<< Cosa sono?>> chiese rivolto ai due, mentre la
guerriera distoglieva lo sguardo e la sua mente la riportava indietro di
secoli.
<< Una volta erano degli uomini. Sauron li stregò con
il potere di nove anelli che donò loro, consumò i loro cuori fino a farli
divenire degli spettri al suo servizio>> spiegò l’Elfa, mentre il suo
sguardo si perdeva nella pioggia che cadeva fitta fuori dalla locanda.
<< A capo dei Nazgûl vi è il più potente tra loro, lo
Stregone di Angmar, colui che mi inflisse questa>> alzò la casacca verde
ormai asciutta e mostrò allo hobbit la cicatrice sul suo fianco. Ormai si erano
svegliati anche gli altri e iniziarono a farle numerose domande.
<< Ma allora tu sei lei!>> esclamò il più
giovane dei quattro che si faceva chiamare Pipino. L’Elfa inclinò il capo di
lato e aggrottò la fronte, chiedendo allo hobbit di cosa stesse parlando.
<< Lo zio Bilbo raccontava spesso di te, di come ti
unisti alla Compagnia di Thorin per aiutarli a riprendersi Erebor>> Frodo
le spiegò che lo zio raccontava quella storia ogni volta che ne aveva
l’occasione, suscitando in loro stessi un desiderio di avventura. Spesso non si
limitava solo al racconto della Montagna Solitaria, ma si addentrava in alcune
vicende che avevano avuto la guerriera come protagonista. Tutta la Contea conosceva
ormai il suo nome, Eruannie la guerriera di Imladris, per metà elfo e per metà
nano. Una creatura bellissima, dotata di straordinari poteri magici e di un
temperamento che aveva fatto abbassare la cresta perfino a Thorin
Scudodiquercia. L’Elfa sorrise tristemente a sentir nominare il nano e il cuore
le si strinse in una morsa. Distolse lo sguardo dagli hobbit e li invitò a
riposarsi, dato che l’alba era ancora molto lontana e l’indomani si sarebbero
messi in marcia per Imladris.
*****
Quando sorse il sole fecero una rapida colazione, mentre Ûr-thalion
si apprestava a dare la caccia a un povero topolino. Eruannie sorrise deliziata
alla vista del piccolo draghetto che consumava il suo pasto in un sol boccone.
Era cresciuto da quando avevano lasciato Imladris, ormai non poteva quasi più
stare appollaiato sulla spalla e doveva accontentarsi di essere tenuto in
braccio o camminare da solo sulle sue zampette. Gli hobbit erano rimasti
affascinati da quella creatura e avevano voluto sapere ogni cosa sul drago, soprattutto
considerando che Bilbo gli aveva assicurato che Smaug fosse stato l’ultimo
drago esistente sulla Terra di Mezzo. Pipino e Merry sembravano i più divertiti
dalle buffe facce che rivolgeva loro il cucciolo, mentre Frodo preferiva
guardarlo da lontano e ridacchiare di tanto in tanto. Il più sospettoso era il
caro Samwise Gamgee, giardiniere e migliore amico di Frodo, che lanciava
occhiate dubbiose verso la creatura.
Eruannie caricò sul suo palafreno i bagagli di Merry e
Pipino, in modo che viaggiassero più leggeri e più veloci. Aragorn fece lo
stesso con quelli di Frodo e Sam, il quale però protestò e volle tenersi le sue
amate pentole. Il gruppo si mise in marcia di prima mattina e tennero un buon
passo, viaggiarono fino al crepuscolo e si fermarono quando il sole era ormai
tramontato. Le Terre Selvagge non erano posto per degli hobbit della Contea, ma
Eruannie aveva avuto modo di conoscere la tenacia e la forza di volontà di uno
di loro molto tempo prima, così non si lasciò ingannare dai continui lamenti
dei quattro mezz’uomini.
La sera faceva a turno con Aragorn per vegliare sul sonno
dei loro compagni e, più volte nel silenzio rotto solo dal russare di Sam o
dagli sbuffi di Ûr-thalion, si ritrovò a ricordare episodi di settant’anni
prima. Pensando di non essere sentita da nessuno, intonò spesso una melodia
sulla Montagna Solitaria e sui figli di Durin che lì vi persero la vita, mentre
calde lacrime solcavano le sue guance e le sue dita percorrevano le rune
naniche del suo braccio. Aveva fatto una promessa a Thorin dopo la sua morte e
aveva convinto Dwalin a tatuargliela affinché si imprimesse dentro di lei.
Durante una di quelle veglie notturne avvertì un movimento
alle sue spalle che la fece bloccare con la spada in pugno, pronta a dare
l’allarme se si fosse trattato di un nemico. I suoi occhi blu guizzarono subito
sulla piccola figura di Frodo che le si era fatto vicino e l’ascoltava
affascinato.
<< È una canzone molto triste>> ammise lo
hobbit, puntando lo sguardo sui suoi piedi pelosi e accomodandosi accanto
all’Elfa. La guerriera si rilassò e ripose l’arma nel fodero, mentre con la
mano libera si portava la pipa fumante alle labbra.
<< Dovresti dormire, mastro Baggins>> lo
rimproverò lei, mentre tentava di nascondere le lacrime al compagno. Ma era pur
sempre parente di Bilbo e non si lasciò scoraggiare da quelle parole.
<< Mio zio mi ha raccontato della tua storia, di come
rinunciasti ai tuoi poteri e alla possibilità di vivere una vita mortale per
salvare l’uomo che amavi>> Eruannie sbuffò una nuvola di fumo, mentre il
suo sguardo rimase perso nel vuoto buio della notte.
Una serie di immagini si
affacciarono nella sua mente, lei che combatteva contro Smaug facendo ricorso a
tutta la sua magia, il tradimento nei confronti di Thorin, lo sguardo folle che
si faceva strada sul volto del suo amato mentre la bramosia per l’Arkengemma
divampava nel suo petto. E poi arrivò la parte che più temeva, Azog che
conficcava la sua lama nel cuore del nano e un urlo disumano che fuoriusciva
dalla sua bocca.
Scosse debolmente il capo nel tentativo di scacciare quei
pensieri e rivolse un piccolo sorriso allo hobbit, il quale si era fatto
coraggio e stava studiando il volto della guerriera.
<< Il nano, Frodo. Era un nano>> precisò l’Elfa,
mentre faceva correre una mano a scompigliare i capelli del mezz’uomo.
<< Bilbo mi raccontò qualcosa riguardo a una
promessa>> lo hobbit aggrottò la fronte come per cercare di ricordare le
esatte parole dello zio.
<< Sempre e per sempre>> sussurrò la guerriera,
passando le dita sulle rune impresse sull’avambraccio. Dwalin aveva fatto
proprio un bel lavoro, i simboli partivano da ogni dito per poi unirsi al
centro del dorso della mano destra, arrivando fino a metà dell’avambraccio.
Frodo le osservò incuriosito e le chiese se fosse quella la promessa.
<< Una specie>> rispose l’Elfa ridacchiando.
Nonostante le facesse ancora molto male rievocare quei ricordi, notò con una
certa nostalgia che il dolore si attenuava più ne parlava. In un certo senso
era come riportare in vita il nano tutte le volte che raccontava di lui e
questo le dava un certo conforto.
<< Ora torna a dormire o domani dovremo portati di
peso!>> scherzò, incoraggiando poi lo hobbit con un piccolo buffetto
verso il suo giaciglio. Il mezz’uomo la salutò con un sorriso e si rimise a
dormire.
Avvertì i passi di Ûr-thalion, il quale si stava
allontanando furtivamente dal loro accampamento improvvisato, e si raccomandò
di farsi ritrovare lì prima dell’alba o niente più grattini sulla pancia. Il
draghetto diventava ogni giorno più grande, ormai aveva le dimensioni di un
piccolo cane e aveva sempre più bisogno di nutrirsi, così approfittava delle
pause notturne per cacciare indisturbato. Eruannie si ritrovò a pensare che
presto avrebbe iniziato anche a volare e sarebbe stato davvero un ottimo
perlustratore.
NdA:
Lhûg-thaur: drago insopportabile
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
Capitolo IV
CAPITOLO IV
Passarono altri due giorni di cammino ed Eruannie
approfondiva sempre di più la sua conoscenza con gli hobbit, mentre Aragorn se
ne stava quasi sempre in disparte chiuso nel suo silenzio. Scoprì con piacere
che anche Merry e Pipino condividevano la sua passione per l’Erba Pipa e spesso
si perdevano in lunghe chiacchierate riguardo a come fosse meglio fumarla, se
con un po’ di tabacco o da sola. Sam era il più taciturno dei quattro e si
rifiutava ancora di chiamarla con il suo vero nome nonostante l’insistenza
della guerriera. Sentiva che l’Oscurità dell’Anello si faceva strada sempre di
più nell’anima di Frodo, ma questi resisteva con grande forza e coraggio.
L’Unico chiamava a sé il suo Padrone e la guerriera riusciva a percepire la
presenza costante dei Nove che davano loro la caccia.
Ci misero un giorno intero per superare le paludi e
raggiungere finalmente Colle Vento, a metà strada tra Brea e l’Ultimo Ponte.
Erano sempre più vicini ad Imladris ed Eruannie non stava più nella pelle di
rincontrare Bilbo e il caro vecchio Gandalf. Suo fratello l’aveva spedita
subito in missione senza darle il tempo di incontrare lo stregone e tante erano
le domande che la guerriera avrebbe voluto porgli, in particolare si chiedeva
per quale motivo il vecchio amico non fosse andato con loro.
Era già calata la notte quando Aragorn si coricò insieme
agli hobbit, mentre a Eruannie toccava il primo turno di guardia. Decisero di
non accendere fuochi, la vecchia fortezza di Amon Sûl, dove si erano accampati, si
ergeva infatti al di sopra di un colle e chiunque avrebbe potuto individuare la
loro posizione.
Nel silenzio della notte, la guerriera si allontanò un poco
dal gruppo per affilare la lama della sua spada in modo da non disturbare il
sonno dei compagni. Teneva la pipa in bocca e ne aspirava il fumo di tanto in
tanto, mentre con maestria faceva correre la pietra sul filo dell’arma. Un
movimento sospetto la fece arrestare all’istante e, con agilità e grazia, si
alzò veloce come una lepre e osservò le figure che si stavano riunendo a pochi
passi da lei. Vide una scintilla e poi un piccolo fuocherello che si accendeva
subito dopo, mentre le vocette di Merry e Pipino le giungevano alle orecchie.
“Dannati hobbit!” pensò, mentre correva verso i tre mezz’uomini.
Pipino litigava sottovoce con il parente per alcuni pomodori, ma si bloccarono
tutti quando videro arrivare la guerriera, sul volto un’espressione indignata e
furibonda.
<< Cosa fate! Spegnete tutto!>> sbraitò lei,
mentre con un piede cercava di gettare quanta più terra possibile sul
fuocherello. Gli hobbit emisero degli urletti contrariati, avevano freddo e
fame e se nessuno li aveva individuati fino a quel momento che male c’era a
scaldarsi un po’? Il baccano fece svegliare anche Aragorn e Frodo, che si
avvicinarono ai quattro sostenendo le azioni della guerriera. Un grido stridulo
fece bloccare tutti, mentre il sangue si gelava nelle vene di ognuno di loro.
Eruannie avvertì la presenza degli Spettri farsi sempre più vicina, mentre Ûr-thalion
emetteva dei ringhi profondi rivolti all’oscurità dinanzi a loro.
I Nove li avevano raggiunti e si preparavano ad affrontare
chiunque si fosse messo tra loro e il Portatore. Aragorn ed Eruannie si misero
in posizione di difesa, la guerriera lo incitò a proseguire verso l’alto in
modo da avere meno punti scoperti da proteggere. L’uomo non se lo fece ripetere
due volte e iniziò a correre seguito dagli hobbit, mentre l’Elfa rimaneva a
fronteggiare gli Spettri. Fece mulinare la spada davanti a sé con grazia e assottigliò
lo sguardo mentre scrutava i suoi avversari uno ad uno. Quello al centro
attaccò per primo, sorprendendosi quando lei parò abilmente ogni suo fendente.
Aveva già provato una lama Morgul sulla sua pelle e non aveva intenzione di
ripetere l’esperienza. Gli altri Spettri non indugiarono e l’attaccarono in
quattro, mentre i restanti la superavano per raggiungere il Portatore. Eruannie
si concentrò sui suoi nemici, ci avrebbe pensato Aragorn a proteggere gli
hobbit. Estrasse un lungo pugnale dalla giacca marrone scuro e iniziò a
duellare contro gli avversari come se stesse danzando. Ûr-thalion osservava la scena
in disparte, la coda abbassata e un ringhio profondo che gli usciva dalla gola.
<< Non puoi ucciderci, stupida!>> la voce dello
Stregone di Angmar le giunse alle orecchie facendola rabbrividire. Quel pezzo
di lerciume non avrebbe vinto, non quella volta. Attaccò lo Spettro con un
fendente, ma gli altri quattro la bloccarono con le loro lame, ingaggiando con
lei un altro scontro. Vide con la coda dell’occhio lo Stregone che si
allontanava e si dirigeva verso l’alto, dove lei sapeva esserci Frodo. Capì le
intenzioni dello Spettro e urlò di rabbia, mentre parava i numerosi attacchi
dei suoi nemici. Un’ira incontrollabile prese possesso del suo corpo, se avesse
avuto ancora i suoi poteri li avrebbe inceneriti tutti. Si scagliò con tutta la
sua forza contro il primo Spettro che cercò di colpirla, bloccando con la sua
lama la spada dell’altro contro a una roccia. Girò su se stessa e gli diede un
calcio dritto al petto, spingendolo a terra. Si voltò appena in tempo per
parare un ulteriore attacco da parte di un altro avversario e spedì al suolo
anche lui. I due si alzarono come se non li avesse nemmeno sfiorati e si
avvicinarono con le lame alzate, pronti a colpirla in simultanea. Sapeva bene
che non sarebbe mai riuscita a bloccarli tutti, ma dietro di lei proruppe un
profondo ruggito seguito da una scarica di fuoco che avrebbe arrostito un
bisonte. Le fiamme colpirono gli Spettri che iniziarono ad emettere versi
striduli e urla, prima di gettarsi giù dalla Torre. Quando Eruannie si voltò
aggrottò la fronte in direzione del draghetto che sorrideva compiaciuto nella
sua direzione, la testa leggermente piegata di lato.
<< Grazie Ûr, ricordami di darti un bel coniglio
più tardi!>> un urlo di dolore le tolse il fiato, Frodo doveva essere
stato colpito.
<<
Frodo…>> sussurrò in un sospiro, prima di gettarsi in una corsa sfrenata
verso la cima del Colle. Aragorn se la stava cavando abbastanza bene contro gli
Spettri, mentre gli hobbit si erano riuniti intorno alla piccola figura del
loro amico. Eruannie arrivò mulinando la sua spada con Ûr-thalion alle calcagna.
Lanciò uno sguardo all’uomo, il quale aveva dato fuoco a una torcia vecchia di
mille anni e cercava di respingere i cinque Spettri restanti.
<< Ûr-thalion, Naur!>> il draghetto
non se lo fece ripetere e si scagliò contro gli Spettri sputando fuoco a
volontà, stando ben attento a non colpire l’uomo che lo osservava sorpreso. La
guerriera si gettò in ginocchio al fianco di Frodo, lo Spettro lo aveva
pugnalato a una spalla, poco sopra al cuore. Un centimetro più a destra e
sarebbe diventato uno di loro.
<< Era una lama Morgul, morirà per il veleno se non lo
portiamo subito da mio fratello>> dichiarò osservando la ferita, mentre
Aragorn dietro di lei gettava gli Spettri in fiamme giù dalla Torre.
<< Aragorn!>> urlò, richiamando l’attenzione
dell’uomo. Studiando più da vicino la spalla di Frodo notò che la punta della
spada era rimasta incastrata e progrediva rapidamente verso il centro del
petto.
<< Se arriva al cuore diventerà uno Spettro, presto
Sam!>> si alzò con lo hobbit tra le braccia come se non pesasse nulla e
ridiscesero per il Colle. Una volta arrivati ai cavalli caricò Frodo sul suo
palafreno, liberando l’animale da ogni peso.
<< Sam, ragazzi!>> chiamò gli hobbit vicino a
lei e spiegò loro di mettersi alla ricerca di un’erba che avrebbe potuto
rallentare l’avvelenamento.
Stava per mettersi lei stessa sulle tracce dell’Athelas,
quando il draghetto planò sul dorso del cavallo vicino a lei, facendo
spaventare la povera bestia. Eruannie si affrettò a pronunciare parole di
conforto per calmarlo e lanciò un’occhiataccia a Ûr-thalion.
<< Ora sai anche volare?>> chiese inarcando un
sopracciglio, mentre un’idea folle si faceva strada dentro di lei.
<< Amico mio, devi andare dritto di volata a Imladris,
ricordi la strada?>> il draghetto si diede una piccola spinta verso
l’alto e si librò nel cielo stellato, comprendendo subito cosa la padrona gli
stesse chiedendo. Senza bisogno di specificare nulla, il drago si lanciò in
picchiata verso est, perdendosi nella notte.
Aragorn arrivò di corsa dalla guerriera tenendo tra le mani
l’erba medicinale. L’Elfa si apprestò a recuperare una delle numerose ciotole
dal bagaglio di Sam, mentre l’uomo iniziava a spezzettare l’Athelas al suo
interno con maestria. Creò velocemente una poltiglia e la spalmò sulla ferita
di Frodo, provocando un gemito di dolore dello hobbit.
<< Ora va’, noi vi raggiungeremo a piedi>>
l’Elfa lanciò un’ultima occhiata all’uomo e fece un cenno con il capo, prima di
montare dietro al mezz’uomo.
<< Noro lim!>> la guerriera incitò il cavallo e
questo partì al galoppo, lasciandosi alle spalle Aragorn e gli hobbit. Doveva
essere rapida, i cavalieri erano ancora sulle loro tracce e avrebbero
sicuramente cercato di attaccarli per prendersi l’Anello.
Senza i bagagli a rallentarli e a cavallo riuscirono a
compiere molte miglia prima che il sole sorgesse e, quando questo fu ormai alto
nel cielo, si fermò per controllare la ferita di Frodo. Smontò dal destriero e
accolse lo hobbit tra le braccia, mentre studiava la sua spalla. Il veleno
aveva già raggiunto il petto del mezz’uomo, annerendo la rete venosa del
torace. Imprecò in Khuzdul e rifece l’impacco di Athelas sostituendo quello di
Aragorn, per poi ricaricare lo hobbit sul dorso dell’animale e riprendere la
loro corsa contro il tempo. Sentiva la presenza degli Spettri alle calcagna e
spronò ancora una volta il palafreno. Poteva percepire la sua stanchezza, ma se
si fossero attardati avrebbero perso per sempre Frodo.
***
Cavalcò per due giorni e per due notti senza mai fermarsi,
il volto dello hobbit era imperlato di un grosso strato di sudore, mentre i
suoi occhi diventavano sempre più bianchi e vuoti. Stava per entrare nel regno
degli Spettri, supplicò i Valar di concedergli più tempo. Il cuore del
mezz’uomo rallentò progressivamente i suoi battiti, il respiro si fece sempre
più affannoso e vaneggiava nel suo stato di trans.
<< No, Frodo! Non mollare!>> incitò il compagno
a resistere ancora un po’. Ormai poteva scorgere il ponte che conduceva ad
Imladris e il Bruinen che vi scorreva sotto, impetuoso e bellissimo come
sempre.
Un ruggito nell’aria la costrinse ad alzare lo sguardo al
cielo e notò con piacere la figura di Ûr-thalion che si librava con grazia
nella distesa azzurra. Poco più avanti vide che il drago non era tornato da
solo e si ritrovò a sorridere in direzione di un elfo dalla chioma dorata e
l’armatura scintillante. Glorfindel le fece un cenno con il capo e la raggiunse
al galoppo sul suo fidato Asfaloth.
<< I Cavalieri Neri vi inseguono, Ann>> la
guerriera alzò gli occhi al cielo all’udire le parole dell’amico. La sua voce,
come sempre bella e vellutata, aveva appena confermato il suo timore.
<< Il tuo cavallo è ormai stanco e in due non ce la
farete mai a raggiungere Imladris prima che Frodo passi nel regno degli
Spettri>> l’Elfa annuì e si perse a contemplare gli occhi grigi dell’elfo
dinanzi a lei, come a chiedergli consiglio sul da farsi.
Glorfindel smontò dal suo destriero bianco che sembrava
risplendere di una luce propria. Prese tra le forti braccia lo hobbit e lo
adagiò sul dorso di Asfaloth, che nitrì impaziente.
<< Noro lim, Asfaloth! Noro lim!>> sussurrò alle
orecchie dell’animale, che partì veloce come il vento in direzione di casa.
Eruannie gli lanciò un’occhiata contrariata, ma l’elfo non vi fece molto caso e
montò dietro alla guerriera, incitandola a seguire lo hobbit e il cavallo verso
Imladris.
<< Spero tu sappia cosa stai facendo, Glorfindel!>>
urlò all’amico, mentre anche la sua cavalcatura riprendeva velocità. Ovviamente
Asfaloth era molto più veloce del palafreno, soprattutto per il fatto che
portava un terzo del peso.
<< Ûr-thalion, veglia su di loro!>>
Eruannie si rivolse al drago che volava nel cielo ispezionando la terra
sottostante. L’animale emise un ruggito di assenso e sbatté le ali aumentando
la velocità per raggiungere cavallo e hobbit.
<< Preparati ad infuriarti una volta giunti a
casa>> sussurrò il guerriero millenario, mentre si reggeva con una mano
al fianco di Eruannie. Questa gli rivolse un’occhiata dubbiosa, non capendo a
cosa si stesse riferendo l’elfo. La loro attenzione fu catturata dalle figure
nere che si frapposero tra loro e Asfaloth. Gli spettri gli avevano teso
un’imboscata, nascondendosi nella radura che circondava il guado del Bruinen.
Ma il cavallo elfico era ben più veloce e rapido delle cavalcature dei Servi di
Sauron e lo attraversò rapidamente. Dietro di loro, Ûr-thalion sprigionò una
potente ondata di fuoco che costrinse i Cavalieri a entrare nelle acque del
fiume. Come se il Bruinen avesse avvertito il Male di quelle creature, si
generarono degli immensi cavalli di acqua che travolsero gli Spettri,
trasportandoli lontano. Frodo era salvo, era finalmente entrato nel Reame di
Elrond e il fratello della guerriera lo avrebbe salvato con la sua magia.
Eruannie si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e poté
tornare a concentrarsi sull’elfo dietro di lei.
<< Cosa intendevi dire con “preparati a infuriarti”?>>
chiese gettando un’occhiata al guerriero, il quale si aprì in un sorriso
furbetto.
<< Lo vedrai a tempo debito>> l’Elfa sbuffò
spazientita e invitò il cavallo a rallentare la sua andatura. Ûr-thalion
li affiancò rimanendo alla loro stessa altezza, mentre si esibiva in maestose
acrobazie aeree.
Eruannie sorrise nella sua direzione, era grata al drago che
in quei giorni le aveva salvato la pellaccia più volte. Notò che era cresciuto
ancora dall’ultima volta. Erano passati alcuni giorni da quando li aveva lasciati
in cerca di aiuto e l’Elfa constatò che era ormai grande quanto un pony.
Se avesse continuato a crescere con quella velocità, presto
sarebbe stato in grado di trasportare una persona adulta sul suo dorso.
***
Quando arrivarono ad Imladris Glorfindel fece un balzo
leggiadro abbandonando Eruannie. I due si scambiarono un’occhiata e un cenno di
saluto, prima che l’elfo tornasse alle sue faccende da immortale, tipo
pettinarsi i capelli.
La guerriera lasciò il suo cavallo alle cure di alcuni
stallieri che si offrirono di dargli cibo e acqua, oltre a un lauto premio in
carote e mele per averli condotti a casa sani e salvi.
Salutò l’amico con qualche parola di ringraziamento e corse
verso le stanze degli ospiti, dove sapeva avrebbero condotto Frodo. Era una bella
giornata di fine ottobre e si ritrovò a pensare che era proprio in un dì
soleggiato come quello che si era addormentata settant’anni prima. Con la coda
dell’occhio vide Ûr-thalion planare nel giardino comune al centro dell’ala
est. Un gran vociare la guidò verso la camera dello hobbit, gremita di elfi che
portavano pezze bagnate al loro Signore. Elrond pronunciava parole antiche,
mentre con la mano premeva delicatamente sulla ferita del mezz’uomo. Bilbo era
al suo capezzale, un’espressione assai preoccupata in volto mentre si torceva
le mani in attesa di un verdetto sulla salute del nipote.
Eruannie lo affiancò e gli strinse una spalla con la mano,
trasmettendogli quanta più speranza possibile. Lo hobbit si voltò gettando il
volto in grembo all’Elfa, che si inginocchiò per abbracciare stretto l’amico.
<< Elrond lo guarirà, non temere>> tentò di
consolarlo lei, ma sapeva benissimo che non si sarebbe dato pace finché il
giovane non si fosse risvegliato.
<< T-ti ringrazio per aver portato qui il mio ragazzo>>
singhiozzo lo hobbit, annuendo leggermente in direzione della guerriera. L’Elfa
gli rivolse un semplice sorriso e depositò un piccolo bacio tra i capelli
bianchi dello hobbit.
Dopo quelle che parvero ore infinite, Elrond terminò di
curare Frodo e spiegò a Bilbo che ci sarebbero voluti alcuni giorni prima che
il nipote potesse ridestarsi. Gli elfi lasciarono i due e anche Eruannie si
congedò, promettendo allo hobbit di ritornare a fargli visita ogni ora.
Seguì il fratello fuori dalla stanza e rimasero in silenzio
per qualche istante, studiandosi attentamente.
<< Il drago è cresciuto>> il Re ruppe la quiete
che si era creata e la sorella annuì orgogliosa, rivolgendo un ampio sorriso
alla creatura che se ne stava sdraiata nel giardino a pochi passi da loro.
<< Sa volare ora e sputa anche fuoco>> confermò
con fierezza mentre si dirigeva verso il drago insieme al fratello. Il re di
Imladris lo osservò affascinato, sarebbe stato un ottimo alleato contro il
nemico e si chiese se avesse davvero difeso la sorella fino alla morte. In tal
caso, doveva dissuadere la guerriera dall’incenerire un loro ospite giunto
quella mattina. L’Elfa si stiracchiò abbandonandosi sul prato, la schiena
poggiata sul fianco del drago che sonnecchiava al sole. La luce dei raggi le colpiva
il viso illuminandolo e si ritrovò a pensare quanto somigliasse a sua figlia
Arwen.
<< Sarai felice di sapere che Gandalf si è
ripreso>> la guerriera aggrottò la fronte e spalancò gli occhi studiando
il volto del fratello.
<< Che intendi dire? Era ferito?>> ecco svelato
il motivo per cui non si era unito a lei e ad Aragorn nel viaggio con gli
hobbit. Il Re le fece segno di seguirlo e il drago si accodò a loro, anche se
riceveva occhiatacce da tutti gli elfi che gli passavano a fianco. Elrond li condusse
nelle sue stanze dove trovarono il Grigio Pellegrino seduto su una poltrona,
intento a bersi un tè. Eruannie si aprì in un grande sorriso e corse ad
abbracciarlo, beandosi dell’odore di Erba Pipa che emanava il vecchio amico.
<< Mithrandir! >> esclamò stringendolo
teneramente. Lo stregone ricambiò la stretta con una risata e si perse qualche
secondo ad osservare il volto della guerriera.
<< Mia cara Ann>> sussurrò felice, ma un’ombra
triste attraversava la sua anima e all’Elfa non sfuggì. L’attenzione dello
stregone fu attirata dalla figura di una strana creatura alata che cercava di
accedere alla sala dove si erano ritrovati. Eruannie rise e, con fare materno,
aiutò il drago a superare le porte.
<< Lui è Ûr-thalion, il figlio di Smaug>>
Gandalf annuì estasiato alla vista di quella splendida creatura. Notò con
piacere che non aveva ereditato proprio nulla dal padre, se non il fatto di
essere un drago alato. L’animale gli rivolse un’occhiata curiosa e allungò il
collo nella sua direzione, facendo saettare gli occhi dallo stregone alla
guerriera.
“Cos’è, si mangia?” una voce attraversò la mentre di
Eruannie, la cui espressione mutò immediatamente e iniziò a guardarsi intorno.
<< Cos’avete detto?>> chiese ai due che aveva
davanti a sé, ma questi scossero il capo non capendo a cosa stesse facendo
riferimento.
<< Nessuno ha parlato, sorella>> Elrond aggrottò
la fronte e fece per avvicinarsi alla guerriera.
<< Perdonatemi, credo di essere stato io>> tutti
si voltarono a guardare con sorpresa il drago, il quale si era adagiato sulle
zampe posteriori e li osservava con aria divertita.
<< Tu parli?>> Eruannie era colpita e
meravigliata al tempo stesso. Aveva già avuto modo di interloquire con un drago
prima, con Smaug in persona in effetti, ma dal momento che il figlio non aveva
mai proferito parola non credeva avesse anche lui questa capacità.
<< Certo che parlo, sono un drago mica un
ronzino>> rispose indignato Ûr-thalion, mentre si sdraiava sulla
pancia e fissava goloso il tè tra le mani di Gandalf.
<< E perché non lo hai mai fatto prima?>> la
guerriera era curiosa di sapere per quale motivo si fosse deciso a parlare solo
in quel momento.
<< Perché anche noi draghi abbiamo bisogno di
apprendere, proprio come i vostri cuccioli>> i tre annuirono pensierosi.
Aveva senso, doveva prima imparare a parlare per poter comunicare con loro.
Così aveva approfittato dell’abile parlantina della guerriera per apprendere il
più possibile.
<< Ma come ho fatto a sentirti nella mia testa? Loro
non ti hanno udito prima>> il drago fece saettare lo sguardo da Eruannie
agli altri due e l’Elfa lesse nei suoi occhi le sue stesse domande.
<< Oh, a questo posso rispondervi io>> dichiarò
sapientemente Gandalf, attirando su di sé l’attenzione dei presenti. Eruannie
aggrottò la fronte e lo incitò a continuare con un cenno del capo.
<< Ecco, quando i draghi si legano al loro padrone
come credo abbia fatto Ûr-thalion con te, sono in grado di comunicare con lui i
propri pensieri. È di grande aiuto durante una battaglia, le vostre menti si
plasmano in modo che non vi sia bisogno di parlare. Siete…>>
<< Un tutt’uno>> conclusero drago e guerriera
insieme, scambiandosi un sorriso compiaciuto. Il lucertolone fece guizzare i
suoi occhi verso la tazza di tè che Elrond si stava preparando, mentre l’elfo
in questione si apprestava a mettere al corrente Eruannie circa una situazione
molto più importante.
<< Saruman ci ha traditi>> con quella frase
diede inizio a una delle conversazioni più tristi della sua lunga vita, prima
di cedere la parola a Gandalf. Lo stregone raccontò alla guerriera che, una
volta giunto ad Isengard per chiedere l’aiuto del vecchio amico, questi si era
rivelato in realtà come alleato di Sauron. Il capo dell’ordine degli Istari
doveva già essersi schierato da tempo con il nemico, perché conosceva gran
parte dei suoi piani e si era messo all’opera per creare un esercito degno di
Mordor. Avevano lottato e Saruman lo aveva rinchiuso nella torre di Orthanc,
come punizione per non essersi unito lui stesso all’Oscuro. Gandalf raccontò di
essere stato aiutato da Radagast il Bruno, che aveva inviato in suo soccorso le
aquile di Gwaihir ed era giunto a Rohan.
<< Re Theoden era molto contrariato quando ho scelto
di prendere con me Ombromanto, ma so essere molto persuasivo>> concluse
con un occhiolino rivolto alla guerriera, che si aprì in un sorriso ricordando
le tattiche di depistaggio e persuasione dello stregone. Le ferite riportate
dallo scontro con Saruman e la tristezza per aver scoperto il suo tradimento
gli avevano impedito di proseguire con loro alla volta di Brea e si era dunque
fermato a Imladris, dove Elrond si era preso cura di lui.
“Questo Saruman” la voce di Ûr-thalion giunse alla mente di
Eruannie chiara come l’acqua del fiume.
“Si mangia?” la guerriera alzò gli occhi al cielo e scosse
la testa ridacchiando. Possibile che il drago pensasse solo al cibo?
“Non è che sei imparentato con gli hobbit, vero?” chiese
divertita, mentre faceva correre lo sguardo nelle stanze di Elrond alla ricerca
di qualcosa di commestibile per l’amico rettile. Questi sbuffò dalle narici,
lasciando uscire un po’ di fumo.
“Vado a caccia prima di essere tentato dal corpicino di
qualcuno di voi” comunicò alla sua padrona, prima di alzarsi e uscire
teatralmente dalla stanza. I due uomini rivolsero uno sguardo dubbioso alla
guerriera che si limitò a fare un gesto con la mano.
<< Ebbene, ricapitolando abbiamo: un Oscuro Signore
che prepara le sue armate di orchi aiutato dal nostro più potente alleato, un
drago adolescente con la fame grande quanto la Contea e un destino incerto le
cui fondamenta poggiano su un fardello d’oro>> pronunciò lei, estraendo
con grazia la sua pipa e la borsetta del tabacco, preparandosi a una bella
fumata.
<< Oh dimenticavo, le probabilità di vittoria sono
ovviamente sotto agli stivali, ma ehi! Perché non organizzare una spedizione
suicida verso il Monte Fato?!>> Elrond aggrottò la fronte e concentrò la
sua attenzione sulla sorella che sbuffava fumo dalla sua pipa.
<< Oh andiamo, El. Ce lo hai scritto in faccia che
vuoi chiedere a qualcuno di distruggere l’Anello>> spiegò saggiamente la
guerriera, mentre un altro anello di fumo le usciva dalla bocca.
<< Non importa, io ci sto>> confermò ridacchiando,
prima di concentrarsi sulla sua fumata ristoratrice.
Noro lim! : cavalca veloce!
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
Capitolo V
CAPITOLO V
Eruannie si congedò dal fratello e da Gandalf, con
l’intenzione di ritrovare il suo drago e assicurarsi che si fosse rifocillato
con gli animali della foresta e non con gli abitanti di Imladris. La fatica del
viaggio e della battaglia contro i Nazgûl iniziò a farsi sentire, nonostante
fosse di razza elfica e non avesse una vera e propria necessità di riposare.
Trovò Ûr-thalion
sdraiato sulla pancia in una piccola radura nel folto del bosco, il sole a
illuminargli le impenetrabili scaglie verdi e nere, mentre era intento a
rosicchiare un osso della sua ultima preda.
“Cervo?” chiese la guerriera, annunciandosi così alla
creatura che non si preoccupò di distogliere la sua attenzione dal lavoro
minuzioso che stava svolgendo.
“Mmm” era così concentrato da non degnare la padrona neanche
di una risposta concreta. Il sole splendeva alto nel cielo e, nonostante fosse
ormai autunno inoltrato, era ancora abbastanza caldo. La guerriera si tolse la
giacca marrone e la utilizzò come cuscino improvvisato, arrotolandosi le
maniche della casacca verde fino ai gomiti e sdraiandosi accanto al drago.
“Cosa sono quelli?” l’Elfa sbuffò chiudendo gli occhi e
facendo correre le dita lungo le rune scure sul braccio.
“No, non quelle” la guerriera aprì gli occhi e guardò nella
direzione del drago, non capendo a cosa facesse riferimento.
“Quelli” con un gesto della grande testa indicò i segni sui
polsi della padrona, inarcando leggermente il capo di lato e attendendo una
risposta.
“Oh” l’immagine di lei nella vasca da bagno con i polsi
recisi le affollò la mente, mentre il drago lanciò un lungo ruggito mentale che
le arrivò forte e chiaro.
“Non dovrai più provarci, io e te siamo legati ora. Se ti
fai del male tu, lo fai anche a me e viceversa” spiegò pazientemente il lucertolone,
per poi tornare a finire di spolpare il suo osso.
Eruannie annuì semplicemente e tornò a rilassarsi al sole.
Rimasero così per delle ore, beandosi del tepore di quella giornata e del
silenzio che li circondava. Ûr-thalion aveva abbandonato la grossa
testa tra le zampe possenti e sonnecchiava insieme alla sua padrona.
L’immagine di un nano gli balenò nella mente. Erano
circondati da ghiaccio e neve, mentre un freddo pungente gli colpiva il volto.
Il vento soffiava forte, spostandogli i capelli corvini davanti al viso e si
rese conto di essere nel corpo dell’Elfa. La sua padrona stava sognando e aveva
trascinato anche lui dentro a quel ricordo amaro. Poteva percepire tutta la
tristezza e la sofferenza che la guerriera provava in quel momento, tutta la
rabbia che ella riversava contro l’elfo che cingeva le sue spalle.
Il nano davanti a lei era privo di vita, una profonda ferita
nel suo petto faceva sgorgare una quantità incredibile di sangue. Nella mente
dell’Elfa corse un pensiero omicida verso il biondo dietro di lei, ma qualcosa
la strappò da quel sogno riportandola alla realtà.
Un corno in lontananza annunciava l’arrivo di alcuni ospiti
nella Casa di Elrond. Eruannie si alzò a sedere e affinò l’udito, nel tentativo
di captare qualche indiziò.
<< È il corno dei nani di Erebor!>> esclamò
estasiata, mentre rapida come una lepre afferrava la giacca sotto di lei e si
gettava a capofitto nella boscaglia che li circondava. Ûr-thalion non se lo fece
ripetere e spiccò il volo, sovrastando gli alberi e seguendo dall’alto i
movimenti della guerriera. Con sicurezza corse verso l’entrata a Sud, mentre
una delegazione di nani faceva il suo ingresso a Imladris a cavallo di alcuni
pony. Eruannie sorrise verso uno di loro e si precipitò ad abbracciarlo.
<< Glóin, amico mio!>> il nano
ricambiò la stretta della guerriera, ridendo contento mentre lei si abbassava
per abbracciarlo meglio. Al loro fianco si avvicinò timidamente un secondo
nano, che calò il suo elmo per mostrare il volto all’Elfa. Eruannie si staccò
dall’amico per studiare attentamente il nuovo arrivato, per poi aprirsi in un
sorriso ancora più bello.
<< Gimli! Ma sei cresciuto tantissimo!>> il nano
arrossì, diventando quasi dello stesso colore di barba e capelli. Eruannie
salutò con garbo anche gli altri che li accompagnavano e fece loro strada verso
l’interno del palazzo.
<< Sono così contenta di vedervi, come stanno gli
altri?>> il nano più anziano si fece aiutare dall’Elfa che si era gentilmente
offerta di sostenerlo lungo la scalinata. Alcuni elfi della Casa di Elrond si
affrettarono a portare le loro cavalcature alle stalle, ricevendo alcune
occhiate titubanti dai nani rimasti indietro.
<< Oh, lo sapresti se avessi mantenuto la parola e
fossi venuta a trovarci, ragazza!>> non c’era rabbia nella voce del nano,
solo una leggera punta di dispiacere per la decisione della guerriera di non
fare più ritorno alla Montagna. L’Elfa sorrise tristemente, ma il suo
interlocutore si affrettò a cambiare argomento, notando il disagio sul suo
volto.
<< Stanno tutti bene, ma è da numerose lune che non si
hanno notizie di Balin, Ori e Oin>> la guerriera annuì leggermente,
aiutando il nano a salire l’ultimo gradino. Anche Bilbo gli aveva riferito la
stessa cosa e si chiese cosa potesse essere accaduto ai suoi vecchi amici. In
breve furono raggiunti da Elrond e da altri elfi, che si apprestarono a offrire
loro alcune stanze nell’ala est.
<< Sono felice di rivedervi Glóin, spero che il vostro
viaggio sia stato lieto>> il Re si affrettò a salutare il rappresentante
dei nani di Erebor, mentre lanciava un’occhiata al resto della sua compagnia.
<< Sarei stato più lieto di rivedervi in circostanze
migliori, mio signore>> ribatté lui, accennando implicitamente al motivo
per cui erano lì. L’elfo annuì mentre il suo sguardo vagava oltre i confini di
Imladris.
<< Spero troverete ristoro nella mia Casa, vi ho fatto
preparare alcune stanze e stasera gradirei la vostra compagnia a cena>>
il nano accettò volentieri l’invito e si ritirò con il figlio e gli altri nani,
congedandosi da Eruannie e dal Re. Nella mente della guerriera sorse un dubbio
impellente e sperò con tutto il suo cuore che il fratello rispondesse “no” alla
domanda che stava per porgli.
<< El, quali altri reami hai invitato?>> in quel
momento Ûr-thalion
atterrò accanto a loro alzando una folata di vento. Elrond sospirò e iniziò ad
incamminarsi verso l’ala riservata alla famiglia reale.
<< Tutti i rappresentati dei popoli liberi>>
tagliò corto il Re, illudendosi di poter chiudere lì la conversazione. Sapeva
bene infatti che, una volta scoperto chi altri era arrivato ad Imladris, la
sorella sarebbe andata in escandescenze. Il re sperò solo che il suo ospite
tardasse ancora un poco il suo rientro dalla cavalcata di quella mattina.
<< Non dirlo, ti prego…>> lo pregò lei, bloccandosi
e fermando il fratello per un braccio. Questi alzò gli occhi al cielo e aprì la
bocca per risponderle, ma il suono di un altro corno interruppe quello scambio.
Eruannie socchiuse gli occhi pregando i Valar di aver sentito male, avrebbe
preferito di gran lunga accogliere un esercito di orchi piuttosto che una
delegazione di Bosco Atro. Delegazione guidata da un odioso principino orecchie
a punta che avrebbe potuto lucidarle gli stivali.
<< Stai scherzando!>> ruggì inviperita, con gli
occhi che lanciavano fiammate di ira. Ûr-thalion provò le stesse sensazioni
della guerriera e dovette trattenersi dall’incenerire il Re e i nuovi ospiti
che sfilavano elegantemente oltre le mura di Imladris.
Il cuore dell’Elfa perse qualche battito quando i suoi occhi
individuarono la figura di un elfo biondo a capo di altri della sua razza. A
differenza dei suoi compagni, quell’essere aveva un portamento molto più regale
e si guardava intorno con ammirazione. Poi i suoi occhi si posarono su Eruannie
e si spalancarono per la sorpresa. Le ultime parole che l’Elfa gli aveva
rivolto a Colle Corvo gli risuonarono in testa, ci erano voluti anni prima che
quella frase potesse lasciarlo e ora, dopo tutti quegli sforzi, eccola che
ritornava.
No, non l’avrebbe mai dimenticata e non avrebbe mai smesso
di provare quei sentimenti per lei, nonostante la guerriera cercasse di
respingerlo tutte le volte. Pensò che fosse ancora più bella dell’ultima volta
che si erano visti. La luce crepuscolare le illuminava il viso, riflettendosi
nelle sue iridi blu. Aveva i vestiti leggermente sgualciti da qualche scontro
mentre la sua mascella era serrata in una morsa ferrea, la conosceva troppo
bene e sapeva che si stava trattenendo dall’urlargli in faccia.
Elrond accolse l’elfo e la sua delegazione, mentre questi
conducevano con sicurezza i loro cavalli alle stalle, come se conoscessero quel
posto a memoria. La guerriera li attendeva in cima alle scale, le braccia
conserte al petto e gli occhi leggermente assottigliati per rivolgere
l’occhiata più dura che poteva a quell’elfo presuntuoso.
<< Eruannie>> la salutò una volta giunto davanti
a lei. Questa si lasciò scappare un basso ringhio di odio, mentre cercava con
tutte le forze di non tirargli un pugno in faccia. Lui era vivo, lui poteva
ancora respirare e permettersi di rivolgerle la parola, mentre l’amore della
sua vita giaceva sotto a una montagna, mangiato dai vermi.
<< Legolas>> pronunciò quel nome con quanto più
disprezzo avesse potuto esprimere, mentre con la coda dell’occhio notò il suo
drago affiancarla e presentarsi a sua volta.
<< Ûr-thalion!>> l’elfo incoccò
rapido una freccia e la puntò al muso del lucertolone, mentre Eruannie si
frapponeva tra i due con la spada in mano. Legolas fece correre lo sguardo da
lei al drago, senza capire cosa li legasse e perché la guerriera stesse
prendendo le sue difese.
<< Principe Legolas, perdonerete le maniere rozze di
mia sorella, venite vi prego>> Elrond si affrettò ad accompagnare il
nuovo arrivato verso le stanze degli ospiti, lanciando un’occhiata di
rimprovero alla guerriera. I due elfi scomparvero dalla loro vista ed Eruannie
si diresse verso le sue stanze, più inviperita che mai.
Spalancò la porta della sua camera sbraitando in Khuzdul, in
modo che anche se qualcuno l’avesse sentita non l’avrebbe comunque capita. Ûr-thalion
la seguì e si accoccolò sulla veranda che dava sul giardino della famiglia,
mentre la guerriera si dava da fare per prepararsi un bagno.
<< Non abbiamo bisogno di lui, io e te bastiamo per
combattere Sauron>> urlò spazientita, mentre gettava la giacca marrone di
lato e rimboccava le maniche della casacca verde fino al gomito. Mise un
pentolone a scaldare sul fuoco del caminetto e affiancò il drago sulla veranda,
munendosi della propria pipa.
Si mise a pulirla con cura e vi inserì qualche foglia di
Ebra Pipa che accese subito dopo con un fiammifero contenuto nella borsetta
porta tabacco.
<< Dannato folletto dei boschi!>> ringhiò
lasciando fuoriuscire una nuvola di fumo che si perse nel vento. Il caldo
tepore di quella giornata stava lasciando posto al freddo della sera, che scese
rapida su di loro. Quando le sue orecchie le fecero intuire che l’acqua era
vicina al bollore rientrò nella stanza e la versò nella vasca, unendovi poi
degli oli profumati. Gettò i vestiti logori in un angolo e si calò nell’acqua
bollente, lasciando che il calore le rilassasse la muscolatura. Si rilassò a
contatto con il liquido e vi fece sprofondare i capelli, lavandoli
accuratamente. Non poteva sopportare la presenza di Legolas sotto lo stesso
tetto, non ci riusciva proprio. Si rigirò tra le mani l’anello che portava
sulla mano sinistra e la sua mente si perse nei ricordi.
Era al limitare di Reame Boscoso, il suo cuore era colmo di
tristezza e una voragine le dilaniava il petto. Thorin era morto, l’aveva
lasciata e tutto per colpa dell’egoismo di Legolas. Se solo quel dannato elfo
l’avesse lasciata intervenire nello scontro tra Azog e il nano, quest’ultimo
forse sarebbe stato ancora al suo fianco. Ma aveva voluto fare l’eroe, le aveva
impedito di immischiarsi nella lotta e l’Orco Pallido aveva trafitto il cuore
del suo amore. Maledisse sé stessa e maledisse il principe di Bosco Atro, si
era fidata di lui e in cambio aveva ricevuto quel tradimento che le faceva
ribollire il sangue nelle vene.
Thranduil le si avvicinò con il suo tipico portamento fiero
ed altezzoso, il lungo mantello argenteo gli faceva da strascico e il bastone
che teneva tra le mani gli dava un’aria ancora più nobile. Prese una mano della
guerriera e l’osservò titubante, prima di infilarvi un anello d’oro bianco con
incastonata una piccola pietra preziosa: una gemma di Lasgaren.
<< Thranduil sei sicuro…>> ma il Re la zittì con
un’occhiataccia, prima di sciogliersi in un piccolo sorriso.
<< Lei avrebbe voluto così>> spiegò con un
movimento della mano, come se a lui non costasse nulla quel semplice gesto. Ma
la guerriera sapeva bene quanto gli costasse separarsi da una di quelle gemme,
erano appartenute alla Regina e rappresentavano per lui la cosa più vicina a un
ricordo della donna che aveva amato.
<< Legolas ti ama e ti amerà per sempre, Ann. Non puoi
odiarlo per aver cercato di proteggerti>> sussurrò Thranduil prima che
fossero troppo lontani per poterlo udire, ma la voce giunse ovviamente solo
alle orecchie fini di Eruannie.
La guerriera spalancò gli occhi, la luce del tramonto aveva
lasciato posto all’oscurità della notte e ipotizzò fosse già passata da un
pezzo l’ora di cena. Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata e
l’acqua era ormai fredda. Uscì dalla vasca e si avvolse in un panno bianco.
“Meglio così” pensò tra sé e sé, mentre si dirigeva verso
l’ampio armadio di quercia. Indossò una camicia blu notte e un paio di
pantaloni neri, dando un’occhiata ai suoi stivali. Erano da buttare dopo la sua
avventura a Brea e tra le Terre Selvagge, ma pensò che una bella strofinata
sarebbe andata più che bene. Si acconciò i capelli con delle treccine ai lati
della testa, fissate da alcuni fermaglietti in argento che teneva gelosamente
in una piccola scatolina di legno. Con i capelli al centro decise di fare una
treccia più grande che scendeva su un lato lasciando sciolti i capelli
sottostanti.
Prese gli stivali e quella che era stata la casacca marrone,
ormai lacera e consunta, e si mise accanto al drago a pulire le calzature. Le
stelle splendevano in cielo e la luna illuminava il giardino della famiglia
reale.
“Chi era l’elfo?” la voce di Ûr-thalion le giunse chiara
nella mente concentrata a far risplendere i suoi stivali.
“Nessuno di importante” la guerriera non aveva per niente
voglia di rivangare il passato, figuriamoci poi mettersi a parlare di un
traditore come Legolas.
“Non mi sembrava che il tuo cuore lo reputasse un Nessuno”
puntualizzò il drago, tenendo la grossa testa alzata e protesa verso la
padrona.
“Il mio cuore” pensò rabbiosa, mentre strofinava con
maggiore intensità la superficie dei calzari.
“Il mio cuore non sa proprio un bel niente!” sentenziò,
chiudendo quella conversazione snervante. Ora anche il drago ci si metteva con
le prediche e le belle parole? Le bastava aver rivissuto il ricordo di
Thranduil che cercava di convincerla a perdonare il figlio.
“Il tuo amico elfo, quello con la corona di bacche e foglie
rosse…lui ha detto che quello ti ama, è così?” Eruannie sbuffò, alzando gli
occhi al cielo.
“Riesci a non insinuarti nella mia testa per più di cinque
minuti?” ruggì nella mente dell’altro, mentre lo sentiva ridacchiare di gusto.
Scosse la testa e tornò al suo lavoro, desiderosa più che mai di farsi una
fumata una volta terminato.
Il drago si alzò e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata
alla guerriera, si diede una spinta librandosi in aria e volando nella notte.
Aveva bisogno di cacciare, il cervo di quel giorno non gli era bastato e ne
voleva di più.
Le parole della creatura non abbandonarono Eruannie, nella
cui mente continuarono ad alternarsi il discorso di Thranduil e quello del
drago. Sbuffò e calciò via gli stivali, irritata da quelle persone che volevano
così tanto che si riappacificasse con l’elfo. Evidentemente non potevano capire
quello che lei provava, voleva bene a Legolas ma lui l’aveva tradita nel momento
stesso in cui aveva pensato di potersi mettere tra lei e Thorin. Si alzò di
scatto e si diresse alla scrivania, aprendo con rabbia il cassetto dove aveva
sepolto le lettere da Bosco Atro molte settimane prima.
Saranno state un centinaio, alcune di Thranduil e altre di
Legolas stesso, mandate dai due in quegli anni. Ne selezionò una dal mazzo e la
scartò, iniziando a leggere la bella grafia del traditore.
Cara Ann, questa è la quarantesima lettera che ti mando. Non
so se tu le legga o se le getti semplicemente nel fuoco non appena vedi il mio
nome sopra, ma ti chiedo per la quarantesima volta perdono. Non smetterò mai di
chiedertelo, ma allo stesso tempo non mi scuserò mai per averti salvata. Sì,
Ann. Io ti ho salvata quel giorno, perché se non te ne fossi resa conto eri
praticamente sfinita dopo il combattimento con Bolg, non ti reggevi in piedi.
Se ti fossi trovata di fronte Azog ti avrebbe aperto in due il cranio,
nonostante tu sia una delle migliori combattenti che io mi sia mai ritrovato davanti.
Se avessi avuto ancora i tuoi poteri forse, e ci tengo a sottolineare “forse”,
non ti avrei fermata, ma stavi andando incontro a morte certa!
Non smetterò mai di sentirmi in colpa per la morte di
Thorin, ma non puoi biasimarmi per averti salvata. Sai benissimo cosa provo per
te, lo sai da secoli credo. Se non vorrai perdonarmi me ne farò una ragione, ma
non odiarmi perché ti amo.
Legolas
Eruannie rilesse un paio di volte quell’ultima frase,
cercando di imprimersela bene in testa. Sapeva anche lei quali fossero i
sentimenti del suo amico e nel profondo sapeva che aveva ragione, ma non si
sarebbe mai abbassata a chiedere perdono né glielo avrebbe concesso così
facilmente. Afferrò quella lettera e la gettò nel caminetto, osservandola
mentre bruciava silenziosa con tutte le parole di Legolas.
Scelse un’altra lettera dal mucchio, questa volta di
Thranduil, e la scartò leggendola velocemente.
Cara Eruannie, sono anni che non rispondi alle mie missive e
la cosa sta iniziando a darmi sui nervi. Non sta a me rimproverarti per come
hai trattato Legolas, anche se devo ammettere che sei stata molto più
insopportabile di me. D’altro canto mio figlio ha preso la stramba decisione di
mettersi sulle tracce di alcuni Ramighi del Nord. Ci è giunta voce che un certo
Aragorn figlio di Arathorn si è unito a loro mesi fa e Legolas si è incuriosito
molto, dato che dovrebbe appartenere a una nobile casata. Come ben sai, non mi
sono mai fidato dei Raminghi e ti chiedo gentilmente, in onore dell’amore che
ci legava entrambi alla mia Regina, di vegliare su mio figlio, sento che una
strana Oscurità sta allungando la sua mano su queste terre.
Nella speranza che tu stia bene, non che me ne importi
qualcosa dopotutto,
Re Thranduil Oropherion
Sorrise per la schiettezza e il finto menefreghismo che
dimostrava nei suoi confronti. Sapeva che il re di Bosco Atro le voleva bene,
nel profondo. Dunque Legolas aveva conosciuto Aragorn anni prima, si chiese
quali grandi conversazioni avrebbero mai intavolato i due, entrambi alquanto
taciturni. Rise di quel pensiero e decise di conservare la lettera. Si sdraiò
sul letto e andò avanti a spulciare le missive, eliminando quelle di Legolas
senza nemmeno leggerle e soffermandosi invece su quelle di Thranduil.
Nonostante non ricevesse alcuna risposta dalla guerriera, il sovrano del Reame
Boscoso aveva mantenuto quel rituale per anni. Notò che l’ultima lettera risaliva
a qualche anno prima. Nel messaggio Thranduil le rivelava l’arrivo di una
creatura ambigua di nome Gollum, catturata dal figlio e da Aragorn su ordine di
Gandalf stesso. Lo aveva rinchiuso nelle celle di Bosco Atro dove lei stessa
era stata prigioniera con Thorin e i nani. Il Re le rivelò che più passavano i
giorni più la creatura lo inteneriva quasi, con i suoi gorgoglii e i suoi
lamenti. Lo avevano interrogato e lui aveva confessato di aver perso il suo
tesoro molti anni prima e che senza di esso la vita non aveva alcun senso per
lui. Il Sovrano descrisse come in effetti ricordava molto la loro vita, seppur
imbruttito dalla malvagità dell’Anello, Gollum aveva nel petto la stessa
voragine che accomunava i due elfi: aveva perso la cosa più preziosa per lui.
Il Re terminava sempre le sue missive con una frase che avrebbe irritato molti
altri, ma che faceva sempre sorridere Eruannie.
Terminate le lettere di Thranduil, si mise alla sua
scrivania intenzionata a rispondere all’elfo. Decise che avrebbe consegnato
quella missiva a qualcuno della sua delegazione, stando ben attenta a non
incrociare Legolas.
Caro Re dei miei calzari, mi rincresce non averti mai
inviato una risposta in questi anni. Ti basti sapere che non ero proprio
disponibile al dialogo con qualsivoglia creatura, non me ne vorrai se ho deciso
di prendermi una pausa dalla follia di questo mondo. Purtroppo leggo solo ora i
tuoi racconti, ma non per questo ne rimango meno affascinata. Sorvolando sui
vani tentativi di farmi riappacificare con tuo figlio che, per inciso, non
intendo perdonare tanto facilmente, posso dirti di aver conosciuto io stessa
Aragorn figlio di Arathorn e ti confesso che sotto tutti quegli strati di abiti
consunti e silenzi prolissi, si cela un brav’uomo. Sono certa che se lo vorrà
potrà reclamare il trono di Gondor una volta finita questa pazzia.
Spero di poterti rivedere un giorno, non troppo presto mi
auguro.
La tua adorata amica,
Eruannie di Imladris
Passò della cenere bianca sulla pergamena e vi soffiò sopra,
affinché l’inchiostro si asciugasse. Fece scaldare della cera e la calò nel
punto in cui chiuse la lettera, imprimendovi sopra lo stemma di Imladris. Il
tempo era passato così in fretta che non si era nemmeno resa conto che era già
l’alba.
Si infilò la missiva nella giacca marrone e uscì dalla sua
stanza, incamminandosi verso le stanze degli ospiti. Voleva assicurarsi che
Frodo stesse bene e dare una controllata anche a Bilbo.
Si sorprese di vedere Gandalf al capezzale dello hobbit, la
pipa in una mano e lo sguardo perso a contemplare il paesaggio di Imladris
fuori dalla finestra.
<< Ho saputo che hai avuto degli incontri,
ieri>> disse non appena udì i passi della guerriera dietro di lui. L’Elfa
prese posto su una seggiola accanto al mezz’uomo e posò una mano sulla sua
fronte, constatando che scottava ancora di febbre.
<< Alcuni piacevoli, altri meno>> replicò mentre
si adoperava per rinfrescare il volto dello hobbit. Stava espellendo il veleno
della lama, ma ci sarebbero voluti giorni prima che potesse risvegliarsi.
<< Immagino che in quelli meno piacevoli il
protagonista fosse un bel principe a cavallo, giusto?>> la guerriera
grugnì un “sì” molto tirato e continuò a tamponare la fronte di Frodo con un
panno bagnato.
<< Non provare a dirmi anche tu che devo perdonarlo,
Gandalf! O giuro sui Valar che chiamo Ûr-thalion e gli dico di
incenerirti>> la minaccia fece ridere lo stregone che si mise a fumare
dalla sua pipa.
<< Beh, se resti tu con il nostro Frodo io vado a fare
colazione. A furia di stare con gli hobbit viene fame anche a me a tutte le ore
del giorno!>> afferrò cappello e bastone e salutò la guerriera con un
occhiolino rapido. Quando rimase sola con il mezz’uomo si perse nei suoi
pensieri, inumidendogli un po’ le labbra affinché potesse bere indirettamente
alcune gocce. Frodo emise un flebile lamento di dolore e la guerriera aggrottò
la fronte, continuando il suo lavoro.
<< Fidati, nemmeno tu perdoneresti un tradimento del
genere!>> sbottò più rivolta a se stessa che ad altri. Passò la mattinata
a vegliare sul mezz’uomo, alternando momenti di riposo a momenti di cura verso
di lui. Si fece portare un libro da uno degli elfi a servizio di suo fratello e
si mise a leggere un resoconto sulle montagne della Terra di Mezzo. Dopo
qualche ora Ûr-thalion
la raggiunse sulla veranda della camera e si accoccolò beandosi del tempore
donato dalla bella giornata, iniziando ben presto a ronfare. A mezzodì Gandalf
le portò una mela con una caraffa d’acqua, chiedendole se non preferisse andare
al banchetto con gli ospiti del fratello. La guerriera rifiutò prontamente, non
avrebbe mai rischiato di incontrare il dannato elfo nemmeno se l’avessero
pagata.
La giornata trascorse piacevolmente e nel pomeriggio Bilbo
la raggiunse, portandosi dietro il suo adorato Libro Rosso e proseguendo il
racconto che da tempo lo teneva impegnato.
Verso sera Glóin fece capolino dalla porta e invitò
i vecchi amici a raggiungerlo all’esterno per una cena con gli altri nani,
lontani dalle orecchie a punta. Eruannie accettò volentieri, sollevata per non
essere costretta a incrociare la sua strada con quella di un certo elfo.
Per una volta dopo tanto tempo, Eruannie fu felice davvero.
Rideva e scherzava con i nani e Bilbo, soprattutto quando Gimli imitò il
vecchio Bombur.
<< Oh Ann, non ridevo così da anni!>> ululò Glóin
tra una risata e l’altra, complice la birra che avevano portato direttamente da
Erebor. La guerriera se ne era scolate due botti intere da sola e la testa
iniziava a girarle, mentre una sensazione di tranquillità e gioia la invadeva.
<< Non dirlo a me! Io ho dormito come un ghiro negli
ultimi settantasei!>> disse provocando le risate di tutto il gruppo. Il
loro chiasso era giunto fino alle stanze della famiglia reale, ne era certa. Si
chiese perché Elrohir ed Elladan non si fossero uniti alla loro piccola festa
privata.
<< Ehi! Ehi! Volete vedere una cosa veramente
strabigliante?>> chiese ai suoi amici, mentre con lo sguardo cercava il
suo fidato drago. Ûr-thalion la fissò contrariato, intuendo le sue
intenzioni. Era già tanto che non l’avesse incenerita per quelle assurde
vertigini che gli faceva provare bevendo quella brodaglia.
<< Ûr-thalionuccio! Vieni amore della
mamma!>> gridò, probabilmente facendo svegliare anche l’Occhio di Sauron.
“Non ridicolizzarmi, Elfa!” rombò nella sua mente come un
tuono. Il suo scopo era quello di riprendere la guerriera, ma ne provocò solo
la risata sguaiata.
<< Avanti, Ûr! Sputa del fuoco, facci vedere la
tua potenza!>> il drago alzò gli occhi al cielo, sapeva bene che non
l’avrebbe mai lasciato in pace se non l’avesse assecondata. Si alzò in volo e,
quando fu abbastanza lontano da non incenerire nessuno, spalancò le fauci
annoiato facendo eruttare il suo fuoco nel cielo stellato. Da terra poté udire
le acclamazioni e le urla di approvazione dei nani, mentre la sua padrona
applaudiva deliziata.
“Me ne vado prima che tu mi chieda di fare cose più stupide
e non ti azzardare a bere ancora quella roba, ho il mal d’aria!” disse prima di
dileguarsi nella notte, accompagnato dalle urla di tripudio dei nani.
<< Cos’è tutto questo chiasso?>> in un primo
momento Eruannie credette di vedere Thranduil che li osservava a braccia
incrociate e gli occhi ridotti a due fessure. Quando i suoi occhi smisero di
vedere doppio si concentrò sulla figura che si ergeva davanti a loro, il fuoco
che avevano acceso a illuminargli i lineamenti ben marcati.
<< Ci stiamo divertendo, Legolas. Unisciti a noi!>>
Bilbo incoraggiò l’elfo che alzò un sopracciglio verso il mezz’uomo.
<< Oh ma Laeg non sa cosa sia il divertimento, lui è
tutto onore e belle maniere>> la guerriera si avvicinò al nuovo arrivato,
barcollando leggermente nel misero tentativo di rimanere in piedi.
<< Sei ubriaca>> non era una domanda, ma
un’affermazione che faceva trasparire tutto il suo disappunto per quella
decisione malsana.
<< Mia la Casa, mie le regole!>> ruggì la
guerriera, ricevendo ovazioni di approvazione da parte dei nani.
<< Non sapevo tu fossi diventata Regina di
Imladris>> proseguì l’elfo, facendo un passo verso di lei e afferrandola
per un braccio prima che potesse cadere dopo essere inciampata nei suoi stessi
passi.
<< E tu, non sapevo fossi diventato così attraente>>
quella frase non aveva il minimo senso, non lo pensava davvero, le era uscita
così di getto e non era riuscita a controllarsi. Si scostò dal principe di
Bosco Atro e afferrò un altro boccale di birra, mentre i nani si zittirono
quando sul suo volto apparve un’ombra di collera.
<< Non era quello che aspettavi da sempre? Avermi
tutta per te, forse è per questo che hai lasciato morire Thorin>> gli
spettatori si scambiarono delle occhiate, improvvisamente seri. L’elfo aggrottò
la fronte e scosse il capo, non ci sarebbe mai più stata pace tra loro.
<< Non dici nulla? Avanti, Laeg! Dicci perché mi hai
impedito di correre a salvare Thorin quel giorno a Colle Corvo!>> la
guerriera allargò le braccia e gli fece segno di parlare, negli occhi un’ombra
folle. Era ubriaca e arrabbiata, forse lo sarebbe sempre stata.
<< Sei ubriaca>> ribatté l’elfo, prendendola per
un braccio e voltandola verso di sé. La guerriera reagì di istinto e gli mollò
un ceffone sul bel viso. Quello piegò leggermente la testa di lato e
assottigliò lo sguardo, indurendo la mascella. L’Elfa si portò una mano alla
bocca prima di scoppiare in una risata fragorosa. Legolas agì prima che lei
potesse fermarlo, si abbassò sulle gambe e se la caricò in spalla, deciso a
riportarla in camera sua. La guerriera protestò per metà del tragitto,
agitandosi e urlandogli di lasciarla andare.
“È tutta colpa tua, ti avevo detto di non bere quella cosa!”
le urlò Ûr-thalion
nella mente, mentre l’elfo procedeva verso le sue stanze come se non pesasse
nulla. Spalancò la porta senza difficoltà e la depositò a terra, stando attento
a sorreggerla quando traballò leggermente all’indietro.
<< Ti odio>> furono le parole che gli rivolse
dopo due minuti buoni di silenzio.
<< Non è vero e lo sai anche tu>> quelle parole
la colpirono, era vero. Non avrebbe mai potuto odiarlo, lo aveva allenato lei
stessa e aveva passato con lui momenti indimenticabili. Era stato il suo
migliore amico, l’unico di cui potersi fidare e con cui confidarsi, ma aveva
messo i suoi sentimenti davanti a quelli della guerriera, impedendole di
salvare Thorin.
<< Ti odio>> ripeté tirandogli un debole pugno
sul petto. Non avrebbe fatto male nemmeno a una formica, ma l’alcol la rendeva
lenta. Una lacrima le solcò una guancia e Legolas allungò una mano per
asciugargliela. Quando si accorse che stava piangendo davanti a lui odiò anche
se stessa. Iniziò a tirargli una raffica di pugni poco efficaci, mentre
esplodeva in un pianto carico di dolore e frustrazione. Si sentiva in colpa
ogni volta che lo guardava negli occhi. Loro erano lì, vivi, mentre l’amore
della sua vita se ne era andato per sempre. Non era giusto.
<< Ti odio!>> urlò più forte, mentre l’elfo le
bloccava l’ennesimo pugno rivolto al suo petto. Scosse la chioma bionda e
afferrò anche l’altro pugno che stava per mettere a segno.
<< Va bene, odiami. Preferisco essere odiato che non esistere
completamente per te>> confessò guardandola negli occhi blu, pieni di
lacrime. L’Elfa lo spinse fuori dalla stanza e richiuse la porta alle sue
spalle.
Barcollò verso il suo letto e abbracciò un cuscino di piume.
Perché l’amore doveva fare così tanto male? Perché dopo tutti quegli anni
doveva sentire ancora così tanto dolore?
La risposta le arrivò come un lampo in un cielo notturno in
piena estate.
“Perché era reale” le sussurrò nella mente Ûr-thalion,
atterrando sulla veranda e addormentandosi con la sua padrona.
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Capitolo 7 *** Capitolo VI ***
Capitolo VI
CAPITOLO VI
I giorni seguenti passarono senza che neanche se ne
accorgesse. Nei giorni precedenti l’arrivo di Aragorn e degli hobbit, Eruannie
riuscì ad intercettare Arwen e i gemelli. Salutò la nipote con un caldo
abbraccio e si scusò per non essere andata da lei appena destata dal Sonno
Eterno, ma la nipote comprese appieno la necessità della zia di partire per la
missione insieme all’uomo che amava. A sentirlo nominare, Eruannie si trattenne
dal dirgliene quattro sulla sua assurda idea di rinunciare all’immortalità per
un umano.
<< Sei sicura di quello che fai?>> le chiese
mentre sorseggiavano il tè nel patio della famiglia reale, con il respiro
pesante di Ûr-thalion
che sonnecchiava poco distante da loro. Ormai il drago era diventato abbastanza
grande da occupare da solo le scuderie di Imladris. Aveva dunque deciso di
ritirarsi nella radura nel mezzo del bosco quando si faceva notte. Il suo corpo
non ci sarebbe più stato sulla veranda di Eruannie, così avevano decretato che
avrebbero mantenuto il contatto mentale il più aperto possibile quando erano
distanti, in modo da correre l’uno in soccorso dell’altra qualora ce ne fosse
stata la necessità.
<< Sì, zia>> rispose decisa la figlia di Elrond
alzando gli occhi al cielo, era ormai la quattordicesima volta che le ripeteva
quella domanda. La guerriera annuì e posò la tazzina sul piattino, prima di
riporla sul piccolo vassoio poggiato sul tavolo davanti a loro. Si alzò e si
sistemò la casacca bordeau, piegandosi le maniche fino ai gomiti e lasciando in
bella mostra le sue rune naniche. Il sole di fine ottobre risplendeva sui suoi
capelli leggermente ondulati. Quel giorno aveva deciso di acconciarli come
imponeva la cultura nanica, come tutti i giorni d’altronde. Allungò la mano
verso la nipote, invitandola ad alzarsi insieme a lei.
<< I tuoi fratelli partiranno a breve, andiamo a
salutarli>> difatti i gemelli sarebbero ripartiti verso il Nord con i
Raminghi, volevano tenere a bada le forze del Male che si stavano ormai
impossessando di tutte le Terre Selvagge. Inoltre, su ordine di loro padre,
dovevano condurre una ricognizione oltre i confini di Imladris per assicurarsi
che non vi fossero appostati i Cavalieri Neri. Erano stati contenti di rivedere
la loro zia adorata, anche se dopo la sbronza colossale che si era presa una
delle prime sere, Elrond aveva vietato a tutti e tre di toccare qualsiasi tipo
di alcolico, almeno finché non se ne fossero andati tutti gli ospiti. L’Elfa
abbracciò i nipoti, raccomandandosi di essere prudenti e di non risparmiare
neanche un colpo ai nemici che avrebbero incontrato sul loro cammino.
Una
settimana dopo, Eruannie si trovava davanti allo stesso guado dove aveva
salutato i gemelli.
Ûr-thalion
l’aveva informata dell’imminente arrivo del Ramingo e dei tre hobbit, avvistati
durante una delle sue ronde aeree. I quattro sembravano molto stanchi quando
varcarono i confini di Imladris, ma subito una grande gioia e serenità popolò i
loro animi. Arwen corse incontro all’amato, che la strinse affettuosamente a sé
e le donò un rapido bacio. I tre hobbit furono contenti di vedere Eruannie ad
attenderli, Sam si affrettò subito a chiederle come stesse il loro amico Frodo e
l’Elfa gli raccontò che era stato molto forte e coraggioso e che migliorava di
giorno in giorno.
Merry e
Pipino, dopo essersi sincerati delle condizioni del loro parente, vollero
sapere ogni minimo dettaglio sul viaggio della guerriera, la quale ricambiò
altrettanto intensamente l’interesse verso il loro, di viaggio.
Chiese ai
due se Aragorn si fosse comportato bene e se gli avessero fatto uno scherzetto almeno
una volta al giorno. I tre risero insieme, mentre fumavano le loro pipe sul
bordo di uno specchio d’acqua vicino alla radura dove riposava Ûr-thalion.
<< È
cresciuto molto!>> constatò Pipino, osservando il dragone che sbuffava
dalle narici e spalancava le fauci in un ampio sbadiglio.
<< Hai
già provato a cavalcarlo?>> chiese incuriosito Merry, producendo anelli
di fumo con la bocca. La guerriera scosse il capo in segno di diniego, in
effetti non ci aveva proprio pensato. Il drago ora era abbastanza grande da
poter reggere il suo peso e forse librarsi con la stessa agilità di quando
volava in solitaria.
“Che ne
pensi, Ûr?”
il drago la fissò per un istante, prima di alzarsi sulle possenti zampe e
stiracchiarsi, spiegando le grandi ali e generando un forte vento.
“Possiamo
provare” dichiarò, prima di dare il dorso alla guerriera in attesa che montasse
in groppa. L’Elfa lanciò uno sguardo divertito ai due hobbit che ricambiarono
con parole di incoraggiamento.
“Non sarà
come cavalcare un ronzino, ti avverto” le comunicò il lucertolone, mentre la
guerriera faceva leva sugli avambracci e si posizionava sul suo dorso. Si
aggrappò ad uno dei numerosi spuntoni che fuoriuscivano dalla sua schiena e
fece un cenno con la testa.
Il dragone
iniziò a correre prendendo sempre più velocità e facendo abituare il suo
cavaliere a quell’andatura. Una volta arrivato al limite della radura sbatté le
forti ali e s’innalzò nel cielo limpido, il vento scivolava su di loro e il
senso di vuoto sotto i piedi diede una scossa di adrenalina ad Eruannie che si
lasciò scappare un urlò divertito.
“E questo è
niente, guarda qua!” intuendo le intenzioni del drago, la guerriera strinse di
più la presa poco prima che la creatura iniziasse a scendere in picchiata
avvitandosi su sé stesso. Poco prima di schiantarsi a terra riprese quota
sbattendo le ali con forza, mentre un vento possente si innalzava sotto di
loro. C’era una potenza sconosciuta nelle sensazioni che provava volando, come
se il vuoto che si creava nel suo stomaco per l’assenza della terra sotto i
piedi andasse in realtà a riempire la voragine che aveva nel petto. Percepì che
anche il drago provava la stessa cosa e risero insieme di quella sensazione
meravigliosa.
Da lassù
vide tutta Imladris. Il Bruinen scorreva sereno ai confini delle terre di
Elrond, i cervi e gli animali della foresta correvano liberi nei prati sotto di
loro. Riuscì anche a vedere i due hobbit che saltavano contenti nella radura,
cantando e inneggiando a Eruannie.
“Potremmo
andarcene, sai?” la guerriera aggrottò la fronte, senza capire le parole del
drago nella sua mente.
“Una volta
finito tutto questo, intendo. Potremmo andare ad est ed esplorare tutte le
terre ancora inesplorate” quel pensiero artigliò immediatamente il cuore di
Eruannie. Non aveva mai pensato a cosa avrebbe potuto fare una volta distrutto
Sauron, soprattutto perché non era nemmeno certa di poterlo sconfiggere
effettivamente.
“Potremmo”
disse semplicemente, prima di comunicare al drago che per quel giorno poteva
bastare. Non voleva stancarlo troppo ed entrambi avevano bisogno di essere
riposati e pronti a partire in qualsiasi momento. Ûr-thalion atterrò sollevando
una folata di vento che fece cadere a terra i due hobbit, i quali risero
deliziati da quel gesto. Una volta scesa Eruannie, il drago li salutò e si
librò di nuovo nel cielo per cacciare.
La guerriera
e i mezz’uomini si incamminarono verso la Casa di Elrond, quella sera avrebbero
banchettato e ascoltato racconti e canzoni. Ma ad attenderli vi era una
sorpresa ben più lieta di cibo e musiche.
Quando
giunsero all’interno della Reggia, Arwen li informò del risveglio di Frodo e i
due giovani hobbit corsero immediatamente dal parente. Anche Eruannie era
contenta, ma preferiva lasciar godere agli hobbit quel momento di gioia. Salutò
la nipote e Aragorn, il quale non aveva mai lasciato il fianco dell’amata da
quando era tornato, e si diresse verso le sale di lettura.
Il suono di
un corno a lei sconosciuto giunse alle sue orecchie. Incuriosita dal nuovo
visitatore, corse verso la porta a Sud e rimase stupita dal vedere un giovane
uomo entrare a cavallo. Il loro ospite era solo, portava con sé un grosso scudo
tondeggiante posto sulla schiena e un corno bianco al fianco, accanto al lungo
spadone. Era alto, molto più robusto di Aragorn e con una barba rossa ben
curata. Sembrava un nobile di una qualche casata del Sud, i suoi abiti
ricordarono alla guerriera uno dei cavalieri di Elendil ma non seppe dire quale
dinastia. I capelli rossi incorniciavano un volto vissuto, che conferiva
all’uomo più anni di quanti ne avesse in realtà. Eruannie scese velocemente i
gradini di pietra per accoglierlo, dato che nessun elfo si era ancora accorto
del nuovo arrivato.
<<
Benvenuto nell’Ultima Casa Accogliente di Sire Elrond, uomo del Sud>> la
guerriera fece un rapido inchino e si affrettò a prendere le briglie dello
stallone nero, evidentemente affamato e stanco per il viaggio.
L’uomo le
rivolse una rapida occhiata e tornò a osservare la bellezza di Imladris,
incantato come tutti quelli che vi giungevano per la prima volta.
<< Se
volete seguirmi, lasceremo il vostro cavallo alle stalle e…>> l’uomo la
zittì con un gesto della mano guantata, lasciando alquanto sorpresa l’Elfa.
<<
Perdonatemi, ma giungo da molto lontano e ho bisogno di vedere assolutamente
Sire Elrond>> la guerriera annuì e un senso di fastidio le corse lungo la
schiena. Odiava essere interrotta e quell’uomo aveva un’aria di supponenza che
non le piacque per niente.
<< Il
Re è occupato al momento, lo incontrerete più tardi>> tagliò corto lei,
allungando poi il passo verso le scuderie e affidando il cavallo a un elfo che
se ne sarebbe preso cura.
<<
Cosa vi porta a Imladris, se posso chiedere?>> l’uomo le lanciò un’occhiata
come per verificare se potesse fidarsi di lei.
<<
Sono Boromir di Gondor, figlio di Denethor, figlio di Echtelion. Giungo in
quanto sia io che mio fratello Faramir abbiamo avuto un’orribile visione sulle
sorti del nostro popolo>> la guerriera aggrottò la fronte, come avrebbero
potuto loro aiutare Gondor? Con tutti gli elfi che stavano lasciando la Terra
di Mezzo avrebbero al massimo potuto mandare un carro con dei rifornimenti.
<< Ecthtelion
me lo ricordo, io e suo padre combattemmo insieme anni fa>> l’uomo alzò
un sopracciglio e si fermò a osservare l’Elfa.
<< Non
mi sembrate adatto alla battaglia, mio signore>> Eruannie sbiancò.
“Signore?!”
pensò irritata. Quell’uomo le stava davvero dando sui nervi, prima la
interrompeva e ora le dava pure del maschio! Si vedeva benissimo che era un
elfo femmina.
Certo tra
loro si somigliavano un po’ tutti, maschi e femmine, ma aveva le curve tipiche
di una femmina, che cavolo!
“Infastidita?”
la voce si Ûr-thalion
invase la sua mente, creandole un leggero brivido.
“Irata!”
sbottò lei in risposta, mentre mostrava all’uomo l’ala degli ospiti.
<<
Direte a Re Elrond che desidero incontrarlo?>> chiese speranzoso, mentre
l’Elfa se ne andava lasciandolo alle cure di alcuni domestici. Annuì nella sua
direzione e si dileguò.
“Signore!”
la risata di Ûr-thalion le giunse forte e chiara, facendo ridere anche
lei.
<< Non
è divertente!>> si lasciò scappare mentre voltava un angolo, diretta alle
sue stanze. Aveva alzato gli occhi al cielo alla ricerca del drago, così non si
accorse quasi di andare a sbattere contro qualcuno. Prima ancora di aver
individuato il suo volto, un profumo di muschio e pino le giunse alle narici,
facendole capire immediatamente di chi si trattasse.
<<
Cosa non è divertente?>> chiese l’elfo con un leggero sorriso sulle
labbra. La guerriera lo sorpassò, maledicendo il dannato figlio di Thranduil
che continuava a perseguitarla.
<<
Tu!>> sibilò mentre saliva le scale che collegavano l’ala est con l’ala
ovest.
Quando
arrivò nelle sue stanze vi trovò Elrond seduto alla sua scrivania. L’elfo era
intento a scrivere un messaggio su una delle pergamene presenti sul tavolo, ma
si fermò subito non appena vide la sorella. Le lanciò un’occhiataccia di
ammonimento e l’Elfa inarcò la testa di lato non capendone il motivo.
<<
Potresti almeno evitare di urlare in quel modo sguaiato?>> si spiegò
l’elfo, alzandosi dalla sedia e porgendole la pergamena.
<< Mi
aspetto che ci sia anche tu questo pomeriggio. Presenzierai in vece del tuo
drago, unico della sua specie>> disse per poi sorpassarla e dirigersi
verso i suoi appartamenti regali.
Eruannie
aggrottò la fronte e si affrettò a leggere il messaggio che le aveva lasciato
il fratello.
Dolce
sorella, nonostante io sia ancora molto arrabbiato per la tua avventura con i
nani di qualche sera fa, mi trovo costretto a invitarti al Concilio di questo
pomeriggio. Ûr-thalion,
in quanto ultimo dei draghi, rappresenta una razza a sé e come nostro alleato è
caldamente invitato a decidere delle sorti dell’Anello quanto tutti gli altri.
Per la salute mentale dei nostri ospiti ti chiedo però di non portarlo
fisicamente, ma di sfruttare il vostro legame mentale per consentirgli di
partecipare e dire la sua opinione a riguardo.
Il tuo amato
fratello,
Elrond
Eruannie
alzò gli occhi al cielo, aveva invitato il suo drago ma non lei, ridicolo! Se
non fosse stato per Ûr-thalion non l’avrebbe nemmeno interpellata e tutto per
una semplice sbronza con dei nani!
Ma la
guerriera sapeva bene, in cuor suo, che il fratello non era arrabbiato per la
sbronza in sé, bensì per le sue conseguenze. Aveva costretto il drago a sputare
fuoco e coloro che non erano a conoscenza dello stupido scherzo avevano temuto
che fosse impazzito e stesse cercando di attaccare Imladris. Glorfindel stesso
si era preparato a ingaggiare una battaglia e come biasimarli? Tutti i draghi
di cui avevano sentito parlare fino a quel momento non avevano di certo la fama
di essere dei gran burloni.
Per fortuna
nessuno si era accorto della sua conversazione con Legolas e i nani erano stati
molto riservati sull’accaduto, non tirando mai fuori l’argomento.
“Ûr-thalion?”
mentre si sedeva sul bordo del letto chiamò il dragone a gran voce, sperando
non stesse ronfando come suo solito.
“Mmm?” il
senso di sazietà e di appagamento arrivò forte e chiaro alla guerriera, segno
che il lucertolone si stava rimpinzando con qualche povero animale della
foresta.
“Smetti di
mangiare e ascoltami! Siamo stati invitati al Concilio di mio fratello questo
pomeriggio, spero tu non abbia impegni” la risata roca del dragone le giunse
limpida e sincera, mentre il suo amico si stiracchiava e lasciava perdere per
un attimo il suo pranzo.
“Spero non
sia una cosa noiosa” la guerriera scosse leggermente la testa e lo
tranquillizzò, nulla con lei era noioso!
Quel
pomeriggio avrebbe partecipato anche Frodo insieme a Bilbo, così Eruannie
decise di andare loro incontro e aiutare i due hobbit. Frodo, in particolare,
era ancora molto provato dalla ferita del pugnale Morgul. Lei lo sapeva bene,
era stata trafitta lei stessa da una lama dei Cavalieri Neri molti secoli prima
e portava ancora con sé il dolore di quell’esperienza.
<< Non
guarirà mai del tutto, lo sai?>> chiese al mezz’uomo, dopo che vide con
la coda dell’occhio le sue continue smorfie di dolore. Lo hobbit annuì con aria
grave, massaggiandosi distrattamente la spalla ferita.
<< Sì,
tu la senti ancora?>> l’Elfa gli sorrise debolmente e si portò una mano
al fianco, pensandoci un po’ su.
<< A
volte mi sembra che non ci sia più, altre volte la sento come se me l’avessero
appena inferta>> spiegò saggiamente, aiutando i due hobbit a salire
alcuni scalini verso il giardino dove si sarebbe svolto il Consiglio.
<< Le
nostre ferite sono le testimonianze della vita che abbiamo vissuto>> i
due si voltarono verso Bilbo, il quale aveva assunto un’espressione assai
divertita e ridacchiava.
<< Un
vero avventuriero ha almeno una o due cicatrici da portare a casa una volta
terminato un viaggio, non credete?>> e, lasciandoli con uno sguardo assai
perplesso, si incamminò verso il giardino di Elrond.
In quel
luogo si trattavano questioni importanti riguardanti il Reame o la Terra di
Mezzo stessa e spesso il Re vi si riuniva con il Bianco Consiglio. Chissà
quante volte Saruman vi aveva partecipato per poi andare a riferire tutto al
nemico. Eruannie provò un’improvvisa rabbia pensando al tradimento dello
Stregone Bianco.
Frodo prese
posto accanto a suo zio Bilbo e a Gandalf. Eruannie notò subito che, pur non
essendo stati assegnati i posti a sedere, gli ospiti si erano divisi in base
alle loro razze. Accanto a Gandalf sedeva Glorfindel e al suo fianco vi era un
elfo dalla chioma scura di cui Eruannie non ricordava il nome, ma sapeva con
certezza provenire dai Rifugi Oscuri. La guerriera non calcolò minimamente
l’elfo biondo accanto a lui, il quale sedeva silenziosamente insieme alla
rappresentanza di Bosco Atro, ma passò in rassegna la disposizione dei nani. Glóin
sedeva accanto al figlio Gimli, da cui partivano i restanti nani della
delegazione di Erebor. Venivano poi gli uomini, Aragorn e Boromir di Gondor che
Eruannie aveva soprannominato “Boromir presuntuoso di Gondor” dopo il loro
breve incontro di quella mattina.
Accanto al
figlio di Denethor vi era una sedia libera che la guerriera reputò essere per
lei in vece del suo dragone. Lanciò uno sguardo a Frodo per controllare che
stesse bene e prese anche lei posto, attirando su di sé gli sguardi dei
presenti considerando che era l’unica a sedersi lontano dai suoi simili.
<< Iniziamo?>>
una folata di vento sopra di loro fece alzare a tutti gli occhi in aria. Le
reazioni furono varie, i nani salutarono con garbo e rispetto mentre gli elfi
lo osservavano con una punta di orrore negli occhi. Aragorn non se ne curò più
di tanto, mentre Boromir ne rimase affascinato.
<<
Cosa ci fa un drago a Imladris?>> chiese innervosito Legolas, mentre sul
suo volto si dipingeva un’ombra di disprezzo. Come altri della sua razza, anche
il principe di Bosco Atro aveva avuto modo di interagire con i draghi e non ne
era stato affatto contento.
<< Lui
sta con me>> la voce di Eruannie attirò tutti gli sguardi dei presenti,
mentre suo fratello faceva il suo ingresso regale nel giardino.
“Ora
iniziamo” il drago le lanciò un’occhiata divertita e si concentrò sulle parole
del sovrano.
A differenza
di quanto promesso al drago, il Consiglio fu abbastanza noioso. Elrond raccontò
a tutti i presenti le origini dell’Anello, partendo appunto da quando fu
forgiato da Sauron per dominare sugli altri anelli magici da lui stesso donati
ad elfi, nani e uomini, per poi arrivare a narrare della grande battaglia
contro il Signore di Mordor, dove questi perse l’Anello e tutto il suo potere.
Raccontò di
come aveva tentato invano di convincere Isildur, il quale aveva sconfitto
Sauron stesso strappandogli l’Unico, a gettare il gioiello nel Monte Fato e di
come l’uomo, ormai già corrotto dal potere dell’Anello, si fosse rifiutato.
Anni dopo si persero le tracce dell’Unico quando, in seguito ad un’imboscata,
Isildur fu ucciso e l’Anello andò perduto.
Da lì in poi
prese parola Bilbo, il quale narrò di come era entrato lui stesso in possesso
di un anello magico nelle caverne dei goblin, durante la sua avventura con la
Compagnia di Thorin. In un breve e per niente piacevole soggiorno sulle
Montagne Nebbiose, lo hobbit si era infatti perso nelle profondità della terra
e lì vi aveva trovato una creatura di nome Gollum. L’Anello aveva consumato a
tal punto l’essere da renderlo deforme e mostruoso, corrompendo anche il suo
animo. Bilbo aveva tenuto quel gingillo per ben sessant’anni, finché non decise
di abbandonare la Contea e lasciarlo a Frodo, come tutti i suoi averi.
Gandalf
raccontò invece di come, grazie all’aiuto di Aragorn, catturò la creatura e la
interrogò. Lo stregone venne così a conoscenza dell’identità dell’Anello ed
ebbe la conferma che si trattasse dell’Unico. Gandalf affidò Gollum agli elfi
silvani di Bosco Atro, affinché lo rinchiudessero nelle loro segrete e gli
impedissero di evadere.
Tutti i
presenti si rivolsero allora alla delegazione del Reame Boscoso, in attesa di
un ulteriore approfondimento sulla vicenda della creatura. Con riluttanza di
Eruannie, prese parola Legolas e spiegò loro che gli elfi silvani, inteneriti
dalla sorte di Gollum, gli avevano concesso di uscire dalle prigioni. In una di
queste uscite erano stati attaccati da un manipolo di orchi e, distratti dalla
lotta, non erano riusciti a tenere d’occhio la creatura che si era dileguata.
<< E
non è tutto>> la voce profonda di Gandalf provocò una certa agitazione
nello hobbit al suo fianco.
<<
Durante il mio interrogatorio, Gollum mi disse di essere stato torturato dagli
orchi di Mordor e di aver rivelato loro la posizione dell’Anello>>
concluse lanciando un’occhiata triste verso Frodo.
Tutto
tornava dunque. I Cavalieri Neri sapevano dove cercare l’Unico perché la
creatura glielo aveva confessato, ecco perché davano la caccia a Frodo. Gandalf
raccontò di come avesse avvertito lo hobbit di lasciare la Contea e condurre
l’Anello a Gran Burrone, lo avrebbe raggiunto lui stesso se Saruman non lo
avesse trattenuto a Isengard.
A sentire
quel nome Eruannie ebbe un moto d’ira e batté un pugno sul bracciolo della sua
seggiola.
<<
Quell’infido traditore!>> sbottò con furia, seguita dal ruggito del drago
sopra di loro.
Legolas le
lanciò un’occhiata di ghiaccio, come per ammonirla. Gli elfi presenti si erano
infatti spaventati leggermente dopo aver udito il verso dell’animale.
“Oh tu ne
sai qualcosa di tradimenti, vero folletto?” pensò irritata, provocando una
risata bassa del dragone.
<< E
così, non molti giorni fa l’Anello è giunto a noi e spetta a questo Consiglio
la decisione sul da farsi>> Elrond parlò chiaramente, facendo saettare i
suoi occhi grigi su tutti i presenti.
<<
Credo, fratello, che siamo tutti d’accordo su questo punto>> Eruannie
attirò l’attenzione su di sé e tutti l’ascoltarono.
<<
L’Anello va distrutto, Sauron non si fermerà mai e ucciderà pur di
riaverlo>> subito i nani le diedero ragione, affiancati dagli elfi. Anche
Gandalf si disse d’accordo, spalleggiato da Aragorn.
<<
Cosa ne pensa Gondor, seguirà la volontà del Consiglio?>> tutti si
voltarono verso Boromir, il quale non aveva ancora proferito parola a riguardo.
<<
Sono giunto a Gran Burrone per avere delucidazioni riguardo a una voce
ricorrente che popola il sonno mio e di mio fratello>> Elrond lo incitò a
rivelare loro cosa dicesse la voce, in modo che potessero aiutarlo a
comprenderlo.
<<
Cerca la Spada che fu rotta, a Imladris la troverai; I consigli della gente
dotta, più forti di Morgul avrai. Lì un segno verrà mostrato, indice che il
Giudizio è vicino, il Flagello d'Isildur s'è svegliato e il Mezzuomo è in
cammino>> la guerriera si chiese come potesse essere così ottuso. Era
alquanto palese il significato di quel sogno.
<< Per
quanto riguarda la Spada, faceva ovviamente riferimento ai frammenti di Narsil,
avendola vista io stesso questa mattina>> l’Elfa si scambiò un’occhiata
con Aragorn, seduto accanto a lei e che la implorava silenziosamente di non
dire nulla.
“Povero
illuso” il dragone verde le chiese il perché di quell’affermazione, era vero
che i frammenti della spada di Elendil erano custoditi a Gran Burrone.
“Come ogni
voce in qualsiasi sogno, la frase va interpretata e devi leggere tra le righe”
spiegò sapientemente lei, rivolgendo un rapido sguardo al suo amico alato.
Sbuffò, notando che questi ancora non comprendeva.
“Non si
riferiva ai frammenti di Narsil, bensì alla dinastia di Elendil che fu spezzata
con la morte del figlio Isildur” Elrond le aveva raccontato le origini di
Aragorn, lei sapeva bene che la Spada in questione era proprio il Ramingo. Lui
era il degno erede e re di Gondor, ma aveva rinunciato a quel fato molti anni
prima, decidendo di vivere in esilio.
“Ma non fu
davvero spezzata, Aragorn figlio di Arathorn dovrebbe ora sedere sul trono di
Gondor” il drago sbuffò dalle grandi narici, rivelando alla guerriera che lo
aveva sempre saputo che l’uomo fosse di stirpe reale.
Si erano
persi gran parte della spiegazione della profezia, ma Eruannie trasmise al
lucertolone ciò che secondo lei poteva significare.
<< Ora
che so per certo che l’Anello del Potere è nelle nostre mani, vi chiedo di
concedere a Gondor la possibilità di usarlo contro Mordor. Da anni il mio
popolo paga con il proprio sangue per proteggere tutti quanti da quella
minaccia, con questo Potere potremmo mettere fine a tutto ciò!>> la
guerriera scosse il capo e si alzò in piedi, alquanto irritata da quel comportamento
per niente perspicace.
<<
Nessuno può servirsi del Potere dell’Anello, solo Sauron può. Senza considerare
il fatto che è riuscito a corrompere anche il suo di cuore, quindi mi chiedo
come potrebbe riuscire un uomo tanto baldanzoso a non farsi trascinare nel
baratro dell’Oscurità>> l’Elfa si era mossa avanti e indietro davanti ai
suoi spettatori e ora teneva lo sguardo fisso negli occhi di Boromir, che si
sistemò sulla sedia leggermente irritato.
<<
Perdonami, ma non credo ci abbiano presentati. Tu che sai tutte queste cose
sull’Anello saresti…?>> l’uomo non voleva offenderla, ma si era
sinceramente chiesto cosa ci facesse un semplice stalliere ad un Consiglio così
importante e riservato.
<< Hai
il piacere di trovarti d’innanzi ad Eruannie di Imladris>> Glóin
si era alzato brandendo la sua ascia, affiancato dagli altri nani. Il tono
dell’uomo del Sud non gli era piaciuto per niente e si ritrovò a pensare che
gli era andata bene, la guerriera avrebbe potuto ordinare al drago di
incenerirlo sul posto.
<< La
guerriera della Terra di Mezzo? Colei che combatté ogni battaglia contro il
Male?>> Eruannie inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto,
assumendo una posa per niente elegante come imponeva il galateo elfico.
<< Non
proprio tutte ma sì, sono io>> confermò, facendo scoccare la lingua e
producendo un suono di irritazione.
L’uomo
deglutì e un lieve rossore gli colorò le guance, facendo distogliere
immediatamente lo sguardo a Eruannie. Elrond le lanciò un’occhiata e la
guerriera riprese posto a sedere, cogliendo al volo l’ammonimento del fratello.
<<
Come ha accuratamente illustrato mia sorella, l’Anello deve essere distrutto e
qui giunge la domanda più importante: chi di voi si farà carico di questo
fardello?>> il Re di Imladris guardò torvo i suoi ospiti, cercando di
individuare un qualche accenno. Ma nessuno di loro si offrì, rimasero tutti in
silenzio per un lungo momento, finché Bilbo non si alzò, dondolandosi sui
talloni e infilandosi le mani nelle tasche del panciotto.
<<
Beh, direi che si prospetta per me un’altra avventura! Io ho portato l’Anello
nella Contea e io lo riporterò a Mordor!>> Eruannie spalancò gli occhi,
stupita e allo stesso tempo affascinata dal coraggio che ancora una volta il
suo amico dimostrava.
Gandalf si
schiarì la voce e pose una mano sulla spalla dello hobbit, invitandolo a
risedersi.
<< Mio
caro Bilbo, ormai hai raggiunto la veneranda età di 128 anni. Il viaggio che si
prospetta per distruggere l’Anello è assai arduo e non privo di
pericoli>> la guerriera dovette dar ragione allo stregone, ormai il tempo
per le avventure di Bilbo era giunto al termine e qualcun altro doveva farsi
carico di quella missione.
“Chi si
offrirà? Gli uomini sono troppo deboli, i nani sono troppo testardi e, beh da
quello che mi pare di aver capito, non ci fidiamo degli elfi” Eruannie alzò gli
occhi verso Ûr-thalion
e gli rivolse un sorriso, il suo amico aveva ragione, nessuno dei presenti
sarebbe stato degno, eccetto uno.
“Attendi,
mio caro” il dragone dovette pazientare parecchio perché vi seguì un lungo
silenzio dove ognuno dei presenti si domandò in cuor suo se spettasse proprio a
lui il compito di portarlo.
<< Lo
porterò io!>> Frodo si alzò in piedi, osservando tutti quegli sconosciuti
attorno a lui e chiedendosi se avesse fatto davvero bene a proporsi. Una grande
angoscia lo invase e si pentì subito di quello che aveva fatto, nessuno lo
avrebbe seguito e sarebbe morto non appena avesse messo piede fuori dai confini
di Imladris.
<<
Solo, non conosco la strada…>> ammise con tono colpevole, mentre la punta
dei suoi piedi pelosi divenne improvvisamente molto interessante.
“Gli diamo
una mano?” la voce del dragone giunse chiara e limpida all’Elfa, mentre lei si
perse ad analizzare il mezz’uomo.
<< Io
e Ûr-thalion
ti seguiremo, Frodo. Anche fin dentro il Monte Fato se dovesse servire>>
disse mentre si alzava senza il minimo dubbio e, con uno sbuffo di assenso da
parte del drago, affiancò lo hobbit.
<<
Credo che uno stregone possa sempre farvi comodo, vi accompagnerò in questa
missione>> Gandalf si unì ai tre, lanciando un occhiolino a Bilbo, il
quale parve molto sollevato nel sapere che la vita del nipote era affidata a
due dei suoi migliori amici.
<<
Non ho molto da offrirti, Frodo>> anche Aragorn si alzò e camminò con
portamento regale inginocchiandosi poi ai piedi dello hobbit.
<<
Ma hai la mia spada>> dichiarò con fierezza, prima di rialzarsi e
prendere posto accanto a Eruannie. La guerriera vide un movimento tra gli elfi
e per un momento sperò che provenisse da Glorfindel, ma i componenti della sua
razza avevano scelto qualcuno con cui avrebbe dovuto imparare a convivere.
Legolas si piazzò di fianco ad Aragorn, promettendo a Frodo di difenderlo
contro il Male grazie al suo arco.
Eruannie
lanciò un’occhiata supplichevole in direzione dei nani, non avrebbe potuto
sopportare un viaggio in compagnia di Aragorn “musolungo” e Legolas
“traditore”.
Dopo un
breve confronto con la sua delegazione, Gimli si alzò e si unì alla Compagnia,
spiegando che mai si sarebbe tirato indietro laddove un elfo si era fatto
avanti.
<<
Una profezia mi ha condotto qui per un motivo. Se questa è la volontà del
Consiglio, allora Gondor la seguirà>> anche Boromir si inserì nel gruppo,
prendendo posto accanto a Gandalf e lanciando un’occhiata piena di ammirazione
verso Eruannie, la quale distolse subito lo sguardo imbronciata.
Elrond si
alzò dal suo scranno e si avvicinò ai sette compagni, pronto a dare la sua
benedizione e quella del Consiglio.
<<
Ehi! Padron Frodo non si muoverà di un passo senza di me!>> la piccola
figura sgraziata di Sam sbucò fuori da un cespuglio posto dietro alla sedia
precedentemente occupata dal migliore amico. Eruannie aggrottò la fronte,
chiedendosi come avesse fatto a nascondersi senza essere individuato da nessuno
di loro.
<<
No certo, è quasi impossibile separarvi! Anche quando lui viene invitato a una
riunione segreta e tu non lo sei!>> ma Samwise Gamgee non era la sola
sorpresa, le orecchie di Eruannie captarono infatti dei passetti concitati e i
suoi occhi guizzarono subito verso Merry e Pipino mentre i due lasciavano il
loro nascondiglio.
<< Ehi!
Veniamo anche noi!>> ulrò Merriadoc, prendendo posto davanti alle gambe
della guerriera con il sorriso più grande che l’Elfa avesse mai visto.
<<
Comunque, servono persone intelligenti per questo tipo di
missione…ricerca…>> Eruannie inarcò un sopracciglio e concentrò la sua
attenzione sul giovane Peregrino, mentre l’ombra di un sorriso fece capolino
sul suo volto.
<<…cosa!>>
il drago chiese telepaticamente alla guerriera se lei fosse conscia che quei due
si sarebbero fatti ammazzare.
“Mi
occuperò io stessa del loro allenamento, diventeranno guerrieri formidabili e
astuti” lo ammonì lei, dopo avergli scoccato un’occhiataccia.
<<
Ma così ti autoescludi, Pipino!>> la battuta di Merry fece ridere tutti i
presenti ed Elrond diede così la sua benedizione ai componenti della Compagnia
dell’Anello.
<<
Grandioso! Dov’è che andiamo?>> il drago sghignazzò nella mente di
Eruannie, leggermente dubbioso riguardo alla parte degli “astuti”.
“Dicevi?”
“Ma sta’
zitto”.
E così ebbe inizio quella che per i secoli successivi in molti
avrebbero decantato come l’Avventura dell’Anello o altri nomi assai più
grandiosi.
Mentre Eruannie avrebbe continuato a chiamarla “Quella folle pazzia
suicida”.
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Capitolo 8 *** Capitolo VII ***
Capitolo VII
CAPITOLO VII
Le settimane che seguirono il Concilio di Elrond trascorsero
in serenità a Imladris, nonostante nelle terre corresse voce del risveglio
dell’Oscuro e alcuni villaggi venivano presi d’assalto da orchi di Mordor.
Eruannie si offrì di istruire i piccoli hobbit all’arte
della guerra, concentrandosi per lo più sulla scherma. L’allenamento ferreo
dell’Elfa prevedeva la sveglia all’alba e una corsetta di un’ora intorno al
palazzo di Elrond, con tutte le lamentele e le minacce di avvelenamento da
parte dei mezz’uomini.
Dovevano rafforzare la loro muscolatura e avrebbe fatto bene
a tutti i membri della Compagnia rimettere in moto i corpi, così si unirono a
loro anche i due uomini, lo stregone e Gimli. Ovviamente Legolas si astenne da
quell’inutile spreco di energie e si concentrò ad affinare la sua tecnica di
tiro con l’arco, già sufficientemente perfetta.
Il nano, insieme agli hobbit, era quello che faticava di più
a tenere il ritmo, insistendo che quelli della sua specie non erano fatti per
la corsa campestre. Eruannie ironizzava spesso sul fatto che fosse stata
magnanima a non fargli fare una vera e propria corsa campestre, o si sarebbero
ritrovati dimezzati.
Dopo il riscaldamento seguivano due ore di esercizi di
potenziamento di braccia e addominali, seguiti da un’abbondante colazione dove
gli hobbit e Gimli divoravano ogni cosa gli capitasse sott’occhio.
I mezz’uomini erano abituati a numerosi pasti durante la
giornata e questo rallentava gli allenamenti, poiché almeno ogni due ore
dovevano fermarsi per concedere loro il tempo di rifocillarsi.
Frodo era l’unico a cui era consentito un po’ più di
riposo per via della ferita, anche se lo hobbit non prendeva di buon grado
quella premura nei suoi confronti.
Prima di pranzo spiegava loro le basi teoriche che stavano
dietro a un combattimento, mostrando loro come metterle in pratica usando a
turno Aragorn o Boromir. Nel pomeriggio veniva invece il loro turno e si
divertivano a duellare con i più “grandi”, come se fosse tutto un gioco. A lei
andava bene che la prendessero con ironia, sarebbero arrivati dei tempi molto
bui e dovevano approfittare di tutti quegli attimi di gioia e spensieratezza.
Prima del sorgere del sole dedicava qualche oretta ad
allenarsi con Ûr-thalion sul volo, in modo che diventasse più pratica sul
salire e scendere dalla sua groppa. Il drago diventava ogni giorno più forte e
cresceva in saggezza e intelletto, oltre che fisicamente, superando addirittura
la sua padrona in quanto a intuito. Impararono ad entrare sempre più in
sintonia, quasi che non ci fosse nemmeno più bisogno di leggersi nel pensiero
per sapere cosa avrebbe fatto l’altro o cosa stava progettando. Erano divenuti
un tutt’uno e provavano ognuno i sentimenti dell’altro, comprendendo gioie e
dispiaceri che la vita gli metteva davanti.
“Se ti pieghi di più riesci ad appiattirti meglio sul mio
dorso e prendiamo più velocità, guarda” suggerì il drago durante uno dei loro
allenamenti. Era passato quasi un mese dal Consiglio di Elrond e ormai erano
diventati imbattibili. Avevano mostrato ai compagni la radura nel mezzo del
bosco e ogni giorno mettevano in scena delle tattiche diverse, in modo da far
esercitare ognuno.
Si dividevano in due squadre, ognuna delle quali sceglieva
se avere dalla sua parte lo stregone o la guerriera con il drago. Ovviamente
Gandalf non ci andava leggero con i colpi di bastone e la nuca di Eruannie non
ne era per niente felice.
Quel giorno si era ritrovata con Boromir, Merry e Pipino. Il
drago calò bruscamente verso la radura, mentre gli occhi della guerriera
sfrecciavano da una parte all’altra per individuare gli avversari. La sua vista
da elfo le permise di scovare Frodo e Sam nascosti su un albero verso est,
mentre Gimli e Aragorn si erano posizionati sul lato ovest. Restavano solo
Gandalf e l’elfo biondo di cui non vi era traccia. Estrasse la spada dal fodero
al suo fianco e si preparò a saltare giù dalla sua cavalcatura alata, mentre Ûr-thalion
emetteva un ringhio profondo per intimorire gli avversari.
Quando ancora mancavano alcuni metri si diede una spinta con
i piedi e, facendo leva sul dorso del drago, spiccò un balzo di lato atterrando
senza che le si scomponesse un ciuffo, facendo poi una lieve capriola a terra
per attutire la caduta. Prima di rialzarsi avvertì un movimento alla sua destra
e parò il primo colpo del suo avversario, scoprendo con disappunto che si
trattava proprio di Legolas.
Il principe di Bosco Atro aveva deciso di duellare con i
suoi pugnali elfici e ingaggiò una danza sinuosa e letale contro Eruannie. Lei
stessa gli aveva insegnato ognuna di quelle mosse ed era in grado di prevederle
tutte. D’altro canto, l’elfo sapeva il fatto suo ed era diventato più agile e
veloce negli anni, eguagliando la sua maestra.
Mentre i due Immortali combattevano, Gandalf sbucò da ovest
cogliendo di sorpresa Ûr-thalion e scagliò una forte raffica di vento contro il
drago.
<< Tsk, mi fai il solletico, vecchietto!>>
sbuffò fuori il lucertolone, mentre con le ampie ali faceva una certa
concorrenza allo stregone. Boromir uscì dal suo nascondiglio e fece per correre
in aiuto di Eruannie, ma fu intercettato da Aragorn e Gimli che gli diedero del
filo da torcere. Gli hobbit non se lo fecero ripetere e si gettarono nella
mischia, scontrandosi tra di loro tra risa e urla di divertimento.
“La coda” consigliò la guerriera al drago, che colse il messaggio
all’istante e scagliò lo stregone lontano da lui, cercando di essere il più
delicato possibile.
“La caviglia” ribatté il lucertolone, accennando a un punto
cieco nella difesa dell’elfo. La guerriera non ci pensò due volte e gli tirò un
calcio, facendolo cedere per un momento. Era fatta. Menò un fendente verso il
fianco dell’avversario e questo dovette inginocchiarsi, lasciando esposto il
collo. La guerriera fece una capovolta e si ritrovò alle sue spalle, la lama
della spada puntata alla gola e un ghigno di vittoria stampato in faccia.
<< Morto!>> urlò, contenta di aver battuto il
principe di Bosco Atro. Ma sul volto di questo non si dipinse la sconfitta,
bensì apparve la stessa espressione della guerriera. Voltò lentamente il capo e
fece cenno all’Elfa di guardare verso il basso, dove questa scorse con sua
sorpresa la punta di un pugnale premuto contro il centro del suo addome.
<< Morta>> sussurrò Legolas, facendo scorrere
gli occhi dalla sua lama al viso della guerriera. Un ringhio di rabbia scaturì
dalla gola dell’Elfa, mentre dava una spinta con un ginocchio al principe,
allontanandolo.
<< Dimentichi sempre di disarmarmi, se fossi stato un
orco saresti già a terra senza vita>> la rimproverò lui, alzandosi con un
balzo senza la minima difficoltà.
<< E tu dimentichi sempre di chiudere il becco,
folletto dei boschi!>> sibilò mentre rinfoderava la lama, ormai stufa di
quel combattimento, anche se sarebbe stato più corretto dire che era stufa di
Legolas.
<< Per oggi abbiamo terminato!>> annunciò irritata,
avvicinandosi a grandi falcate verso la coda del dragone. Questi, dopo aver
lanciato uno sguardo allo stregone ed essersi sincerato che stesse bene, si
preparò al decollo. Eruannie iniziò a correre, più frustrata del solito, e si
gettò ad afferrare la coda del bestione, mentre questo prendeva il volo. Si
arrampicò agile e veloce fino a posizionarsi in corrispondenza dell’inizio del
suo collo, dove vi era l’attaccatura delle ali e poteva reggersi meglio.
“Sai che ha ragione, nonostante lo detestiamo” la guerriera
lo sapeva benissimo senza che il dragone glielo ricordasse. Ma la cosa che più
la fece infuriare fu la sensazione provata durante lo scontro.
“Sento quello che senti anche tu, Ann” l’Elfa sbuffò
irritata e chiuse gli occhi per qualche secondo, cercando di rilassarsi un poco
prima che la sua rabbia si trasmettesse anche a Ûr-thalion e questo iniziasse a
sputare fuoco ovunque.
“Non possiamo permettercelo, non con lui!” sentenziò
infuriata, mentre il drago si librava più in alto nel cielo azzurro. L’aria
fredda le faceva bene, la tranquillizzava quando era innervosita.
Fece dei respiri profondi e riaprì gli occhi, leggermente
inumiditi per la velocità a cui andavano.
“No, non possiamo. Ma non avresti dovuto nemmeno con Thorin
eppure l’hai fatto” puntualizzò il dragone, prima di sbattere nuovamente le
grosse ali.
“E sappiamo entrambi come è finita” rimasero in silenzio
dopo questa affermazione della guerriera. Aveva ragione, non poteva
permetterselo. In quelle settimane, nonostante cercasse di evitare il più
possibile l’elfo, egli le era capitato più volte tra i piedi. Non si erano mai
scambiati più dei saluti dovuti, ma ogni volta le faceva uno strano effetto.
Provava un misto di emozioni nei suoi confronti, a volte le mancava il suo
migliore amico, ridere e scherzare con lui. Ma poi la consapevolezza di quello
che lui aveva fatto si faceva strada in lei e si ritrovava a desiderare di
infilzarlo con la sua spada.
Il dragone, che provava le stesse cose della padrona,
l’aveva aiutata a capire il perché di quelle emozioni contrastanti a cui lui
non sapeva dare un nome. La guerriera si era affrettata a trovare un soprannome
anche a quelle, denominandole “stupidi e inutili pensieri per niente piacevoli”
e il drago se l’era fatto andare bene.
Sapeva bene che per far funzionare la Compagnia avrebbe
dovuto mettere da parte il suo risentimento nei confronti dell’elfo e questo le
metteva paura, avrebbe preferito affrontare Sauron in persona piuttosto che
quello.
Tutti questi pensieri non abbandonarono la sua mente nemmeno
quando il dragone atterrò nel giardino della famiglia reale, alzando un gran
vento che fece sventolare le tende del patio dove Arwen leggeva serena. La
guerriera smontò dalla creatura che se ne andò subito a caccia, lasciando l’Elfa
sola con la nipote.
<< Cosa leggi, mia cara?>> si avvicinò
sorridendo all’altra, mentre quest’ultima non distoglieva lo sguardo dal suo
libro.
<< Arwen! Te l’ho prestato solo questa
mattina!>> la nipote emise una risata cristallina, sentendo la voce
sbigottita della zia.
<< È così avvincente, zia!>> si giustificò lei,
finendo di leggere l’ultima pagina prima di riporre il libro sul tavolino
accanto a lei.
Eruannie alzò gli occhi al cielo e rise, anche lei era stata
così affamata di avventure da giovane. Ma, una volta che ci sei dentro ad una
di esse, non ti sembrano più così tanto avvincenti, anzi.
L’Elfa depositò un rapido bacio sulla fronte della nipote,
allontanandosi poi un poco per osservare il profilo del bosco di Imladris.
Arwen la raggiunse, facendo correre i suoi piedi nudi sul pavimento di pietra
del patio.
<< Cosa ti turba, zietta?>> chiese dolcemente,
appoggiando la testa sulla spalla dell’altra. La guerriera trasse un lungo
sospiro, ancora persa nei colori arancio della boscaglia dalla chioma
autunnale.
<< Nulla, mio tesoro>> la rassicurò, cingendole poi
la vita con una mano e voltandosi per abbracciarla. Era così pallida e priva
della tipica luce che l’avvolgeva. Passò una mano sulla guancia della nipote,
ritraendola velocemente poco dopo.
<< Sei fredda…>> un’ombra preoccupata le passò
sul volto, mentre l’altra le sorrideva debolmente.
<<…il veleno che corre in queste terre ti sta
uccidendo, perché non parti per Valinor?>> la nipote inarcò un
sopracciglio a quella domanda, sorridendo debolmente.
<< Ho fatto la mia scelta, come tu hai fatto la
tua>> Arwen fece correre le dita lungo le rune tatuate sul braccio della
zia.
<< Non puoi chiudere il tuo cuore all’amore per
sempre>> la guerriera si affrettò ad abbassare la manica della casacca
bordeaux che indossava e distolse lo sguardo dalla nipote, allontanandosi da
lei.
<< Ho fatto una promessa, Arwen. Ma tu sei ancora in
tempo>> l’Elfa scosse la testa, giocherellando con la Stella del Vespro
al suo collo.
<< Proprio perché sai cosa significa amare dovresti
comprendermi>> la guerriera si voltò di scatto verso la nipote, gli occhi
ridotti a due fessure buie.
<< È proprio perché so cosa significa che non voglio
che tu rinunci alla tua vita per esso!>> e, come ogni volta che qualcuno
provava a toccare quell’argomento, si dileguò nelle sue stanze.
Per quel giorno
ne aveva abbastanza di elfi e ramanzine sull’amore fatte da persone che lo
sperimentavano da nemmeno un secolo.
NdA:
Capitolo cortissimo questo, chiedo perdono! Mi rifarò con i prossimi, promesso!
Giuls
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Capitolo 9 *** Capitolo VIII ***
Capitolo VIII
CAPITOLO
VIII
Era una fredda e grigia sera di fine dicembre quando la
Compagnia dell’Anello si mise in marcia verso Mordor. Mentre gli altri si erano
vestiti con abiti pesanti per contrastare il freddo inverno, Eruannie e Legolas
indossavano semplici indumenti elfici.
La guerriera portava una casacca blu scuro come i suoi occhi,
sopra la quale indossava un’armatura marrone per proteggersi da eventuali
attacchi. Sapeva infatti che se avessero colpito lei avrebbero ferito di
conseguenza anche il drago e non avrebbero potuto permettersi di avere ben due
moribondi nella Compagnia. Indossava dei pantaloni neri infilati nei suoi
adorati stivali, mentre la giacca marrone la copriva in caso di pioggia o neve,
come sarebbe stato più probabile. Al fianco portava la sua spada ben affilata,
mentre aveva fatto cucire una serie di fibbie interne al soprabito in modo da
portare con sé il maggior numero di pugnali. Aveva lasciato arco e frecce ad
Aragorn e all’elfo, lei preferiva di gran lunga lo scontro corpo a corpo. Si
calò il cappuccio sulla testa e mise la sua sacca a tracolla, riponendovi
quante più scorte possibili di Erba Pipa. Senza farsi vedere dai suoi compagni,
si avvicinò furtiva a un elfo silvano dai lunghi capelli ramati.
<< Date questa al vostro Re una volta giunti a Bosco
Atro>> si raccomandò, porgendogli la lettera che aveva scritto quasi due
mesi prima a Thranduil. L’elfo le lanciò un’occhiata sorpresa per poi annuire e
riporre la missiva in una tasca della sua mantella.
Tornando dai suoi compagni, non le sfuggì la figura di Aragorn
che si distaccava leggermente rattristato dal fianco di Arwen. Quella scena la
intenerì, ma le parole di suo fratello la riportarono alla realtà.
<< La Compagnia dell’Anello va a Sud, possa la grazia
dei Valar accompagnare il vostro cammino>> e così, guidati dalla mente
esperta di Gandalf, iniziarono il loro viaggio. Eruannie, in coda al gruppo, si
voltò a salutare Elrond e la sua gente con un gesto del braccio.
<< I tul-back (tornerò)>> sussurrò rivolta al
fratello, mentre anche lui le dava il suo addio e sul volto di Arwen correva
una lacrima silenziosa. La guerriera sospirò, chiedendosi se avrebbe mai fatto
davvero ritorno. Un ruggito nel cielo la riportò alla realtà, mentre il suo
dragone si librava nell’aria sopra di loro.
“Ûr-thalion, tra poco dovremo attraversare le Terre
Selvagge. Precedici e comunicami ciò che vedi” il drago sbuffò in segno di
assenso e si spinse verso Sud, aumentando la velocità con un battito di ali
così forte da generare un grande vento sotto di sé.
<< Accidenti alla bestiaccia!>> sbottò Boromir,
mentre si ricomponeva raddrizzando il grosso scudo sulla sua schiena.
<< La “bestiaccia” potrebbe salvarti le chiappe un
giorno o l’altro…>> gli sibilò la guerriera, soffermandosi poi sul posteriore
dell’uomo che le aveva appena lanciato un’occhiata colpevole.
<<…o arrostirtele, vedremo come ti comporterai>>
terminò scoppiando in una fragorosa risata che contagiò Gimli poco più avanti.
Il gondoriano scosse la testa contrariato e riprese la sua marcia, nonostante
un angolo del labbro si era comunque alzato in un piccolo sorriso.
<< Questo silenzio è snervante!>> sbottò Pipino,
dopo qualche ora di cammino in cui nessuno aveva proferito parola. Eruannie, la
dea indiscussa delle conversazioni, era chiusa nel suo dialogo mentale con il
drago che le riferiva tutto ciò che vedeva dall’alto grazie ai suoi occhi
sviluppati che gli consentivano di vedere al buio.
<< Qualcuno racconti una barzelletta!>> propose
Merry, mentre aiutava il parente a superare un tronco caduto.
<< C’era una volta un giovane hobbit della
Contea>> iniziò la guerriera, attirando su di sé l’attenzione del gruppo,
mentre i piccoli mezz’uomini ridevano già.
<< Un giorno decise di intraprendere un viaggio verso
nemmeno lui sapeva dove>> proseguì, mentre la risata sguaiata di Merry le
giungeva forte e chiara alle orecchie appuntite.
<< E venne attaccato improvvisamente da un branco di
Ragni Giganti!>> l’urlo di Eruannie si sentì fino a Mordor tanto era
stato acuto, mentre con le mani si mise a fare un solletico togli-fiato al
poverino Pipino.
“Le spie di Saruman ci sorvegliano anche nella notte,
guerriera” la voce di Ûr-thalion le giunse come il rombo di un tuono in una serata
estiva e l’Elfa smise subito di scherzare. Allungò il passo e raggiunse
Gandalf, gettando occhiate da una parte all’altra della foresta. Attraverso il
legame con il drago poteva vedere le sagome di grosse bestiacce che li
scrutavano da una distanza sufficiente a fargli cogliere qualsiasi informazione
riguardo la Compagnia. Come, per esempio, la presenza di un grande dragone.
<< Saruman ha mandato i pipistrelli di Gundabad a
spiarci, il tuo piano di viaggiare con il favore delle tenebre non è
servito>> comunicò con una punta di irritazione. Il dannato Stregone
Bianco era riuscito a far riprodurre quei volatili diabolici e li aveva messi
sulle loro tracce. Il Grigio Pellegrino rispose con un semplice cenno del capo
e un verso pensieroso.
<< Pensavo che le Aquile li avessero sterminati nella
Battaglia delle Cinque Armate>> il ricordo di quel giorno le trafisse il
cuore, facendo sanguinare una ferita profonda di cui per qualche tempo si era
quasi dimenticata.
<< A quanto pare il nostro Nemico è più risoluto di
quanto pensassimo, riconquistare la Montagna gli ha sicuramente tolto un vantaggio
ma…>> la guerriera scosse la testa alle parole di Gandalf, era stato
tutto inutile allora.
<< Abbiamo sconfitto Azog, Thorin è morto per questo e
ora mi dici che il Nemico è più risoluto?!>> sbottò calandosi il
cappuccio per trafiggere Gandalf con un’occhiata omicida.
<< Risoluto?!>> ripeté a voce ancora più alta,
mentre i compagni dietro di loro si fermavano a osservarli.
<< Hai convinto Thorin a riprendersi la Montagna anche
per scongiurare una potenziale guerra e ora mi dici che nonostante i nostri
sforzi, nonostante lui ci abbia rimesso la sua stessa vita è stato tutto
inutile?!>> la guerriera si fece scura in volto, mentre fronteggiava
senza nessun timore lo stregone.
<< Smettila di crucciarti, guerriera! Thorin si
vergognerebbe del velo da vedova che ti porti appresso!>> quella frase
colpì Eruannie come se lo stregone avesse usato una spada arroventata.
“Ahi” confermò il drago al posto suo. Sì, aveva fatto male. La
guerriera gli lanciò un’occhiata rabbiosa e lo superò, lasciandosi alle spalle
la Compagnia di una decina di metri. Non era sicuro aggirarsi da soli per le
Terre Selvagge, soprattutto di notte, ma per una guerriera millenaria non
sarebbe stata un’impresa poi tanto ardua.
“Se non sbollisci la rabbia tra poco esplodo” l’avvertì il
drago e il senso di colpa la riempì. Avrebbe rischiato di rivelare la loro
posizione al Nemico e mettere in pericolo non solo la Compagnia ma anche il
dragone.
Dei passi leggiadri alle sue spalle la fecero voltare di
scatto, mentre un ringhio le uscì dritto dalla gola. Pensò che se avesse potuto
avrebbe sputato fuoco come Ûr-thalion, soprattutto dopo aver scoperto di chi si trattava.
<< Vattene!>> sibilò rivolta all’elfo davanti a
lei, ma quello non si mosse di un passo.
<< No. Ora facciamo parte della stessa Compagnia, metti
da parte l’odio che provi nei miei confronti e cerca di andare avanti, non sei
stata l’unica a perdere l’amore della tua vita quel giorno>> sentenziò
impuntandosi con lo sguardo in quello della guerriera, mentre questa incrociava
le braccia al petto e assottigliava lo sguardo in segno di sfida.
<< Cosa ne puoi sapere di quello che provo!>>
diede le spalle all’elfo e fece per allontanarsi da lui, ma qualcosa glielo
impedì. Le braccia di Legolas la stringevano contro il suo petto, mentre il suo
vecchio amico aveva gettato il volto nei suoi capelli neri. Cercò di
divincolarsi, afferrò gli avambracci dell’elfo e tentò di allontanarli dal suo corpo.
<< So che hai una voragine nel petto e ogni ricordo di
quel giorno l’allarga sempre di più. Credimi, perché io provo lo stesso>>
l’Elfa spalancò gli occhi blu, sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Lui
non aveva visto morire l’amore della sua vita, ma l’aveva comunque perso in un
certo senso.
“Resta con lui, ti sta tranquillizzando” le parole del dragone
le fecero aggrottare la fronte. Come poteva tranquillizzarla Legolas? Decise di
concentrarsi su ciò che provava in quel momento e scoprì che l’amico alato
aveva ragione. Piano piano si adattò alla stretta dell’elfo e la trovò quasi
piacevole, mentre uno strano brivido le corse lungo la schiena.
<< Mi manca…>> disse infine, mentre delle lacrime
silenziose iniziavano a percorrerle le guance. Sapeva che lo avrebbe ferito con
quell’affermazione, ma la sincerità è alla base di qualsiasi rapporto e se
voleva cercare di riavvicinarsi a lei, quella sarebbe stata la prima cosa che
avrebbe trovato.
<< Mi manca il suo odore, mi manca il suo tocco, mi
manca il suo viso, m-mi manca il modo in cui pronunciava il mio nome, nei
momenti belli e nei momenti brutti>> si voltò di scatto e compì un gesto
che non si sarebbe mai immaginata e che sorprese sia lei che l’elfo. Abbracciò
Legolas con la stessa intensità con cui lo avrebbe fatto anni prima. Lui si
irrigidì per il contatto inaspettato ma si sciolse rapidamente, facendo correre
le braccia lungo la schiena dell’Elfa e la strinse di più a sé.
<< Mi manca così tanto che certi giorni ho la sensazione
di non potercela fare nemmeno a respirare>> disse in un soffio, mentre un
singhiozzo le bloccò le parole in gola. Bagnò la casacca marrone dell’elfo, ma
gliene importava ben poco.
<< Non è vero che ti odio, Laeg. Non potrei mai odiarti.
La persona che odio davvero è la stessa che sta pronunciando queste parole,
n-non posso permettermi di provare ancora quelle cose>> Legolas aggrottò
la fronte non capendo a pieno il senso di quelle parole, ma le passò comunque
una mano sui capelli nel tentativo di tranquillizzarla.
<< Io non merito di essere amata, né di amare mai più.
Ho fatto una promessa>> sussurrò, mentre con i polpastrelli percorreva
minuziosamente le rune incise sul suo braccio. Legolas non disse nulla e forse
fu meglio così, se avesse detto anche solo una parola tutti i suoi buoni
propositi sarebbero crollati come la sua armatura e addio promessa.
L’elfo sciolse l’abbraccio e la prese per mano, riportandola
dalla Compagnia che nel frattempo si era accampata in una radura abbastanza
grande da accogliere anche Ûr-thalion. Erano tutti seduti attorno a un fuoco e Sam si
apprestava a preparare una cena frugale. Nessuno proferì parola quando
intravidero le loro sagome e la guerriera si diresse decisa verso il drago,
acciambellato su se stesso e prossimo al sonno.
Si coricò tra le sue zampe, stando ben attenta a un
disturbarlo troppo. Afferrò la pipa dalla sua sacca e iniziò a prepararsi per
una bella fumata.
“Dovresti scusarti, lo stregone aveva ragione” ignorò
intenzionalmente la voce del drago nella sua testa, mentre continuava ad
aspirare compulsivamente dalla sua pipa.
Merry e Pipino le si avvicinarono in silenzio, accoccolandosi
rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra. Nella mente del dragone
lesse le decisioni che avevano preso in sua assenza.
Malgrado i dubbi di Gandalf, il giorno dopo avrebbero iniziato
la scalata del Caradhras nel tentativo di valicare il Passo del Cornorosso. Era
stato Aragorn a proporre questa via e la maggioranza aveva accettato.
Nemmeno
Eruannie era d’accordo a prendere quella strada. Sapeva bene che le montagne in
quel periodo dell’anno non offrivano un clima molto ospitale e il Caradhras in
particolare sarebbe stato assai spietato, soprattutto con gli hobbit. La sua
sfuriata con lo stregone le aveva però tolto il potere decisionale in qualche
modo, quindi dovette adeguarsi alla scelta della Compagnia.
Aragorn
montò il primo turno di guardia e la guerriera si concesse qualche ora di
riposo, lasciando vagare la sua mente nei ricordi più profondi.
Quando riaprì gli
occhi si ritrovò ai piedi delle Montagne Nebbiose, subito fuori dalla grotta di
alcuni Goblin. Era notte fonda e dal pino accanto a lei vide alcune figure
impegnate a lanciare alcune pigne infuocate, mentre sentiva una morsa sempre
più forte intorno al suo collo. Cercò di mettere a fuoco il nemico che le
provocava quella sofferenza e si ritrovò a fissare le iridi glaciali di Azog.
L’Orco Pallido l’osservava con un ghigno malvagio impresso sul volto, mentre
con il braccio mozzato avvicinava alla scollatura della sua casacca la lunga
lama che vi stava incastonata sopra. L’Elfa rabbrividì, sentendo le forze
venirle sempre meno. Pensò che quella sarebbe stata la fine, mentre con la mano
annaspava a mezz’aria cercando la spada per difendersi. L’Orco ritrasse un poco
la lama prima di calarla sul suo cuore, facendola gridare di dolore e terrore.
Qualcuno
la scosse dolcemente e si destò dall’incubo, mentre ancora urlava disperata.
<<
Era un sogno>> la rassicurò Legolas, mentre l’accenno di un sorriso si
apriva sul suo viso pulito. La guerriera si portò istintivamente una mano al
petto per controllare che fosse tutto al suo posto, mentre annuiva debolmente
verso l’elfo biondo.
<<
Mi dispiace svegliarti, ma è giunto il tuo turno di guardia>> le comunicò
prima di allontanarsi in religioso silenzio e coricarsi accanto a Gandalf.
L’alba non doveva essere molto lontana, così si arrampicò sul dorso di
Ûr-thalion stando ben attenta a non svegliare i due hobbit che le dormivano
accanto. Dalla groppa del drago avrebbe avuto una visuale migliore e avrebbe
potuto individuare più facilmente eventuali nemici.
“Cos’era
quello?” il lucertolone, come al solito, era stato partecipe dello stesso incubo
di Eruannie e ne era rimasto turbato.
“Qualcuno
che è morto molto tempo fa…” spiegò la guerriera, mentre si affrettava a
prepararsi la sua amata pipa.
“È
lui?” l’Elfa annuì in risposta alla domanda del drago.
“Sì”
pensò mentre prendeva una boccata di fumo.
<< È l’Orco che ha ucciso Thorin>>
il dragone percepì chiaramente il malanimo che popolava il cuore della
guerriera e non indagò oltre. Quando giunse l’alba svegliò i suoi compagni,
fecero una colazione fugace con del Lembas e si misero in marcia verso il
Cornorosso. Su consiglio di Boromir si premurarono di raccogliere alcune
fascine di legna per potersi riscaldare una volta iniziata la scalata.
Era
ormai giunto mezzodì quando decisero di fermarsi per una breve pausa e Sam ne
approfittò per cucinare qualcosa di più sostanzioso del Pan di Via. Ûr-thalion
era andato a caccia e la guerriera se ne stava appollaiata su una roccia per
controllare i movimenti del dragone, mantenendo sempre un contatto mentale.
Il
clangore metallico delle spade arrivò alle sue orecchie appuntite, mentre le
vocette indispettite di Pipino e Merry le fecero intuire che i due si stessero
esercitando. La guerriera dava le spalle alla Compagnia, ma si accorse comunque
della presenza di Gandalf che le si era avvicinato.
<<
Mi dispiace per la scorsa notte, non avrei dovuto attaccarti in quel
modo>> sussurrò rivolta allo stregone, senza distogliere lo sguardo dalla
foresta lontana ai piedi delle Montagne Nebbiose.
<<
No, non avresti dovuto, ma ti perdono>> Eruannie ridacchiò contagiando
anche Gandalf, il quale la imitò e si accese la sua pipa.
<<
Credo avessi ragione, Thorin rimarrebbe deluso dal vedere come mi sono lasciata
sovrastare dalle emozioni>> lo stregone aggrottò la fronte e si zittì per
qualche istante, mentre traeva un lungo respiro dalla pipa.
<<
Eruannie di Imladris che, non solo si scusa, ma ammette la ragione altrui!
Posso dire di aver visto veramente tutto, ora!>> risero di gusto e la
guerriera si voltò verso di lui, scambiando un’occhiata di pura ammirazione e
amicizia.
<<
Cosa farei senza di te, Gandalf?>> chiese al vecchio amico, posando una
mano sulla sua spalla e sorridendogli. Poté giurare di aver visto una piccola
lacrima agli angoli degli occhi dello stregone, ma la voce del drago nella sua
testa la mise in allerta.
“Spie!”
ululò rabbioso, mentre un lungo ringhio proruppe dalla sua gola trasmettendosi
alla padrona.
<<
I Crebain da Dunland!>> la voce di Legolas fece eco agli avvertimenti del
dragone, mentre tutti si mossero il più veloce possibile per trovare un
nascondiglio. Eruannie, dopo aver messo al sicuro degli smarriti Merry e
Pipino, fece saettare gli occhi in ogni direzione alla ricerca di un posto
adatto. Qualcuno l’afferrò per la vita e la trasportò sotto un cespuglio di
arbusti che ricopriva un’alta roccia. Il profumo di pino e muschio che le
solleticò le narici le fece capire immediatamente di chi si trattava, mentre le
solite emozioni contrastanti si fecero strada in lei. La sua schiena poggiava
contro il petto dell’elfo, il cui respiro leggero sul collo le provocò dei
piccoli brividi lungo la schiena.
“Eruannie!”
quelle sensazioni furono cancellate immediatamente quando sentì nella sua mente
il richiamo di aiuto del suo dragone. Percepiva paura, sconforto e rabbia,
moltissima rabbia. Si sporse oltre il suo nascondiglio e riuscì a vedere un
grande stormo di corvi che calava sulla foresta dove sapeva esserci Ûr-thalion
a caccia. Il drago sarebbe stato sicuramente in grado di contrastarli, ma gli
uccellacci erano così tanti da poter oscurare tutta Imladris in un colpo solo.
Lo accerchiarono, impedendogli di reagire. Avvertì l’amico mentre faceva
scattare le fauci sui volatili, uccidendone qualcuno e ferendone altri, mentre
un getto di fuoco emerse dalla sua gola incenerendo i superstiti.
La
guerriera chiuse gli occhi, cercando di vedere le immagini che il drago
proiettava nella sua mente. Un branco di orchi possenti circondò la creatura,
tendendo gli archi contro di essa e tenendolo sotto scacco.
Eruannie
fece per uscire dal nascondiglio nel tentativo di correre in soccorso del
drago, ma Legolas la bloccò trattenendola per le braccia e tirandola di nuovo
sotto al cespuglio. La guerriera spalancò la bocca per urlargli di lasciarla
andare, ma l’elfo le schiacciò una mano sulle labbra e la spinse contro alla
parete di roccia dietro di loro. La inchiodò lì sotto, mentre con gli occhi
colmi di lacrime non del tutto sue lo supplicava di lasciarla. L’Elfa lesse
l’indecisione sul volto del principe di Bosco Atro, mentre in lontananza poteva
udire i ruggiti di rabbia e frustrazione del dragone.
“Scappa!”
urlò con tutte le forze che aveva, mentre tutte le sensazioni dell’amico la
travolgevano come un fiume in piena. Avvertì un dolore lancinante al braccio destro,
mentre una chiazza scura iniziava ad espandersi sulla manica della blusa, fino
a trapassare anche la giacca marrone.
La
guerriera scosse la testa nel tentativo di liberarsi dalla mano che Legolas le
teneva premuta sulla bocca. Quando l’elfo vide la macchia di sangue allentò la
presa, dando all’Elfa la possibilità di parlare.
<<
Lo hanno ferito!>> sbottò irata, mentre l’elfo stringeva di più la presa
intorno alle sue spalle, preoccupato che potesse rivelare al nemico la loro
posizione. Ma la guerriera non si mosse, tremava di rabbia e di dolore, mentre
cercava di trattenere le lacrime.
“Vai!
Vola via!” urlò terrorizzata al drago. Tutti i membri della Compagnia videro
una grossa sagoma sollevarsi dalla foresta ai piedi delle Montagne Nebbiose e
dirigersi verso Nord, faticando enormemente per mantenersi in volo.
Quando
i Corvi di Saruman si furono dispersi, uscirono tutti quanti dai loro nascondigli,
mentre Eruannie rimase incollata alla parete di roccia, le gambe che piano
piano cedevano lasciandola scivolare a terra. Il suo corpo fu scosso da forti
tremiti e si prese la testa tra le mani, continuando ad imprecare e a
borbottare insulti in Khudzul. Legolas, temendo che potesse scagliarsi contro
di lui come aveva già fatto in passato, lasciò che ad avvicinarsi alla
guerriera fosse Gandalf. Lo stregone prese le mani dell’Elfa tra le sue e
sussurrò alcune parole in una lingua antica a lui sconosciuta, mentre la
tensione accumulata nel corpo della guerriera si scioglieva piano piano.
<<
Ho fallito, Gandalf. Ancora una volta, non sono stata in grado di proteggere
una persona che amo>> con la voce tremante, Eruannie riuscì a buttare
fuori quella grande paura che le affollava l’animo. Lo stregone la strinse a sé
come il padre che non aveva mai avuto, confortandola e trasmettendole tutto
l’amore che solo Mithrandir poteva darle.
Gandalf
rivolse un’occhiata ad Aragorn che, una volta compresa la gravità della
situazione, si affrettò a raccogliere dell’Athelas e armeggiò per creare un
impacco.
Lo
stregone aiutò la guerriera a liberarsi di giacca e casacca, lasciandola con
solo la fascia a coprirle i seni. Gli hobbit si voltarono imbarazzati,
riflettendo su quanto fosse bello il cielo quel giorno. Boromir li imitò, con
un rossore ben visibile a colorargli le guance. Legolas, al contrario dei
mortali, non fu minimamente sfiorato dalla situazione e si concentrò sulla
ferita.
<<
Lo hanno colpito con una freccia nera avvelenata, possiamo rallentare il veleno
ma se il drago non verrà curato>> l’elfo zittì Aragorn con
un’occhiataccia, mentre l’uomo si affrettava a ricoprire il profondo taglio con
l’impacco di Athelas.
<<
Lo so, ma tu hai il dono della guarigione. Curala!>> lo supplicò, mentre
si apprestava a sorreggere la compagna facendole poggiare la schiena contro al
suo petto.
Il
Ramingo fece del suo meglio e fasciò il tutto con una benda improvvisata con il
bordo della propria casacca. Legolas e l’uomo aiutarono Eruannie a rivestirsi,
permettendo così anche ai compagni di disperdersi dalle loro ridicole
posizioni.
<<
Mezze calzette>> l’insultò in un sussurro la guerriera, scatenando una
risata generale.
<<
Eccellente, se scherza vuol dire che sta bene>> commentò lo stregone,
felice che si fosse ripresa dal suo apparente stato catatonico.
I
dieci ragionarono sul da farsi, considerato che Saruman aveva spie in ogni dove
e che il loro alleato più potente era stato ferito.
<<
Quando lo vedo giuro che lo decapito quello stregone da quattro soldi!>>
sbottò irata la guerriera, conficcando il pugnale con cui stava giocherellando
nel terreno al suo fianco, mancando per poco la mano di Legolas. L’elfo le lanciò
un’occhiata di rimprovero che lei ignorò.
<<
Rimane comunque un nemico al di là della nostra portata, dobbiamo affrettare il
passo verso il Cornorosso>> il commento di Gandalf non la rassicurò per
niente, la sua voglia di arrampicarsi sul Caradhras era pari alla voglia di
lavarsi per un orco.
<<
Non erano semplici orchi quelli che hanno attaccato Ûr-thalion. Erano di una
specie che non vedevo da almeno un’Era e sul volto portavano la Mano Bianca di
quello schifoso>> la rivelazione della guerriera fece rimanere di sasso
tutti, ovviamente tranne Gandalf. Lo stregone sospettava già da tempo che il
suo vecchio amico avesse mischiato le arti magiche e le arti oscure per
riprodurre delle creature assai più potenti di meri orchi.
Dopo
aver recuperato i loro bagagli, si rimisero in marcia con un senso di angoscia
sulle spalle. Senza il drago avevano perso una guida fondamentale
nell’avanscoperta ed erano praticamente ciechi.
Mentre
una folata di vento faceva loro presagire quanto il tempo sarebbe stato
avverso, il pensiero di Eruannie andò a Ûr-thalion. Lo aveva visto nascere, lo
aveva accudito e aveva imparato a condividere con lui una parte del suo cuore
eppure non era stata in grado di proteggerlo.
<<
Ann, spero tu capisca il motivo per cui ti ho fermata prima…>> la voce di
Legolas la distolse dai suoi pensieri, mentre la solita sensazione ambigua si
faceva strada dentro di lei.
<<
Sì, avrei rivelato la nostra posizione. Comprendo l’importanza della missione,
Laeg e ti ringrazio. Avrei potuto farci uccidere tutti>> l’Elfa fece un
occhiolino al principe di Bosco Atro e, sorprendendosi lei stessa del gesto, lo
sorpassò raggiungendo Pipino e Merry.
“Mi
dispiace, Ûr” sussurrò al drago, ormai lontano da loro. Qualcosa dentro di lei
si incrinò quando non udì alcuna risposta da parte dell’amico. Si chiese se
l’avrebbe mai perdonata e per una volta dopo tanti anni, capì come doveva
essersi sentito Legolas nell’ultimo secolo.
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Capitolo 10 *** Capitolo IX ***
Capitolo IX
NdA: in questo capitolo viene introdotto un popolo di mia
invenzione, i Meneliani. Ne ho dato qualche accenno nella Raccolta “You are the
reason” che vi consiglio di recuperare prima di leggere questo capitolo!
CAPITOLO IX
Una fitta alla spalla le fece emettere un piccolo gemito di
dolore che fu udito solo da Legolas. Pur essendo un’Elfa, il veleno stava
facendo effetto fin troppo in fretta e le forze le venivano meno ogni attimo
passato senza che il drago ottenesse le cure necessarie. Pregò i Valar che lo
facessero arrivare fino a Imladris da suo fratello, in modo che potesse salvarlo.
Non perché in questo modo avrebbe scongiurato la sua stessa morte, lei era
pronta ad affrontare anche quel viaggio, ma perché il suo amico non meritava la
morte per mano di orridi Uruk-hai.
Camminavano da almeno un giorno sulla neve del Caradhras e,
mentre tutti i suoi compagni sprofondavano nella soffice ed alta distesa
immacolata, lei e Legolas camminavano leggiadri sulla sua superficie. In
assenza del drago, assunsero loro l’incarico di andare in avanscoperta e, come
aveva già predetto il lucertolone prima che iniziassero la scalata, delle
nuvole oscure e tempestose si avvicinavano sempre di più alla Compagnia.
<< Io e te potremmo anche superare il valico del
Cornorosso, ma gli uomini e gli hobbit non ce la faranno>> Legolas annuì
a quella affermazione, concordando che l’idea di passare per le Montagne non
era stata delle migliori.
<< Se prendessimo la strada attraverso Moria forse
saremo più al sicuro, Balin sicuramente ci darebbe una mano e poi…>> un
accenno di un sorriso si aprì sul suo volto pallido, mentre con una mano si
riportava un ciuffo dietro alle orecchie a punta.
<<…non vedo l’ora di rivedere Ori e fargli i miei
complimenti per i suoi ritratti e per le sue poesie, chissà se avrà composto
qualche canzone o qualche ballata in questi anni>> si chiese pensierosa,
mentre i ricordi del nanetto le provocarono una piccola risata cristallina.
Legolas si perse per qualche istante ad ammirare la
compagna. Tante volte si era chiesto quando avrebbe avuto la possibilità di
ascoltare ancora la sua risata e ora non gli pareva vero. Da quando avevano
lasciato Imladris qualcosa era cambiato in lei, sembrava odiarlo di meno e
dalla loro chiacchierata nei boschi sembrava essersi sciolta di più nei suoi
confronti.
Decisero di ritornare dai loro compagni e riferire quanto
avevano visto riguardo alle nuvole minacciose, ma quando arrivarono da loro si
ritrovarono davanti una scena ancora più preoccupante. Boromir teneva tra le
mani l’Anello, mentre Aragorn era già pronto a scattare contro l’uomo di
Gondor. Eruannie portò istintivamente una mano all’elsa della spada, mentre
vide con la coda dell’occhio che Legolas sfiorava le piume di una freccia. Dopo
un attimo di tentennamento Boromir si avvicinò ciondolando a Frodo e gli
restituì l’Unico, scompigliandogli i capelli come se non fosse successo nulla.
Eruannie si scambiò un’occhiata preoccupata con il Ramingo,
prima di soffermarsi a controllare che Frodo stesse bene. Lasciò che la Compagnia
riprendesse il cammino e affiancò il mezz’uomo, circondandogli le spalle con il
braccio sano.
<< Stai bene?>> sussurrò inchinandosi un poco
verso le orecchie dello hobbit, che annuì balbettando leggermente. Le ricordava
così tanto suo zio Bilbo quando Thorin lo aveva minacciato ad Erebor, una morsa
le strinse il cuore ma lo lasciò andare subito dopo.
<< Per un attimo ho avuto paura che non me lo avrebbe
più ridato>> le confessò il mezz’uomo, mentre la guerriera gli stringeva
leggermente la spalla in segno di conforto.
<< In quel caso, avremmo visto quanto può urlare un
uomo di Gondor dopo che un elfo di Imladris gli ha infilato il suo bel corno su
per il>> Aragorn dietro di loro si schiarì la voce, ricordando alla
guerriera la sua presenza solo in quel momento.
L’Elfa lanciò un’occhiataccia all’uomo come a chiedergli se
volesse aggiungere altro, quando qualcosa si infranse contro la base del suo
collo e una sostanza fredda e bagnata si insinuò nei suoi vestiti, colando giù
per tutta la schiena. Lanciò un gridolino sorpreso e cercò di identificare
l’aggressore, facendo saettare i grandi occhi blu su ogni membro della
Compagnia.
Escluse Sam per la sua timidezza, non si sarebbe mai
azzardato. Gandalf era troppo vecchio e troppo lontano. Legolas era troppo
serioso e poi guardava avanti per individuare eventuali pericoli. Boromir
sembrava chiuso nel suo mutismo dopo aver tentato di impossessarsi dell’Anello.
Gimli rideva divertito, ma sulle sue mani non vi era alcun segno che lo
incriminasse. Rimanevano solo Merry e Pipino, che sghignazzavano di gusto pur
dandole le spalle. Arrivò da loro con due falcate, afferrò quanta più neve poté
e inondò i mezz’uomini con una potenza tale da far arrivare qualche fiocco
anche addosso a Sam e a Gimli.
<< Non siamo stati noi!>> protestò Merry,
alzandosi a fatica e ripulendosi come meglio poteva.
<< È stato Legolas a suggerircelo!>> il
tentativo di Pipino era addirittura più ridicolo di quello del cugino, cosa che
fece aggrottare la fronte di Eruannie.
Gandalf si era fermato a guardarli, lasciandosi scappare un
commento che solo l’Elfa poté udire e che la fece ridere di gusto, mentre gli
occhi della guerriera venivano attirati dalle nuvole temporalesche che si
avvicinavano con estrema velocità.
***
Camminavano da ore in quella tempesta di neve, mentre sul
loro fianco iniziavano a scorgere la parete di roccia del Cornorosso. I due
uomini si erano offerti di portare gli hobbit, dato che la neve si era alzata
così tanto da impedire ai piccoli della Contea di proseguire a piedi. Eruannie
aveva fatto la stessa proposta a Gimli, ma il nano si era rifiutato categoricamente,
in quanto Durin non si sarebbe mai perdonato di essere trasportato da qualcun
altro. Orgoglioso e testardo come un vero figlio della Montagna.
I due elfi precedevano la Compagnia, ispezionando il
percorso che gli si poneva davanti. Nessuno riusciva a vedere in quella
tempesta a parte loro, ma qualcosa o qualcuno li stava ostacolando a tal punto
da mettere in difficoltà anche due Immortali come loro.
<< Non potremo proseguire a lungo, sento una malvagia
entità nell’aria che ci impedisce di andare oltre!>> urlò la guerriera,
cercando di sovrastare il forte suono del vento che si abbatteva impetuoso su
di loro. L’elfo annuì e tornarono indietro a comunicare la situazione al
gruppo.
Le faccette degli hobbit facevano capolino dai loro
mantelli, mentre la neve gli veniva sbattuta in faccia con prepotenza dal vento
che infuriava. Anche gli uomini erano allo stremo delle forze, così come Gimli
e Gandalf.
<< Dobbiamo prendere un’altra via!>> la voce di
Eruannie arrivò con difficoltà ai compagni, che si sforzarono per udirla il più
possibile.
<< Gandalf, attraversiamo Moria!>> propose
Gimli, con grossi pezzi di ghiaccio incastrati nella barba rossa.
<< Concordo con Gimli!>> ululò la guerriera,
cercando di capire se gli hobbit fossero tutti vivi o se stessero morendo
assiderati.
Lo stregone annuì e si rivolse a Frodo in quanto portatore
dell’Anello. Lo hobbit, più ghiacciolo che carne, annuì energicamente. Così la
Compagnia ridiscese la montagna, riacquistando a poco a poco la sensibilità di
tutti gli arti.
Quando giunsero ai piedi delle Montagne Nebbiose, Eruannie
si allontanò dal gruppo senza dare troppo nell’occhio. Si appoggiò a un albero
vicino e si tenne i capelli con una mano, mentre si acquattava per rimettere il
poco Lembas che aveva mangiato la mattina. Si passò la fronte con il bordo
della giaccia per rimuovere lo strato di sudore che le imperlava il viso.
“Ûr-thalion devi resistere” con tono supplichevole sperò di
raggiungere il dragone, mentre un altro conato di vomito la faceva piegare in
due. Senza che se ne rendesse conto, qualcuno alle sue spalle le poggiò una
mano sulla schiena e le tenne la fronte mentre rimetteva, dandole un minimo
sollievo.
<< Sta peggiorando>> constatò Legolas, mentre
controllava la ferita sul braccio della guerriera. L’Elfa si scostò
leggermente, consentendo all’amico di guardarla negli occhi.
<< Perspicace>> ironizzò, mentre si accovacciava
a terra con la schiena premuta contro il tronco di un albero. L’elfo le lanciò
una rapida occhiata prima di allontanarsi di qualche passo e afferrare
dell’Athelas, con cui fece un impacco nuovo alla guerriera.
<< Grazie>> sussurrò l’Elfa, socchiudendo un poco
gli occhi e beandosi del vento freddo che li avvolse, mentre le narici
captarono il tipico profumo di muschio e pino dell’elfo.
<< Devi riposare, per stanotte coprirò io i tuoi turni
di guardia>> emise un verso contrariato udendo le parole di Legolas, ma
il principe era irremovibile. Senza nessun preavviso si inginocchiò e la prese
tra le braccia, conducendola più vicino al fuoco acceso da Boromir al centro
dell’accampamento.
<< Grazie Laeg>> sussurrò, mentre l’elfo la
depositava dolcemente su un giaciglio improvvisato. Legolas non disse nulla, si
posizionò accanto ai suoi piedi e la coprì con il proprio mantello, mentre una
sensazione di serenità riempì l’animo della guerriera, lasciando che cadesse in
un sonno profondo.
“Stupida guerriera! Hai lasciato che il tuo drago seguisse
la stessa sorte di Scudodiquercia!” una voce sinistra che ben conosceva le
invase la mente. Si guardò intorno cercando di capirne la provenienza, ma il
buio la circondava rendendola cieca.
“E ora perirete entrambi!” la voce di Sauron le fece male,
era come se una lingua di fuoco le bruciasse in testa.
“Esci dalla mia mente, laido!” urlò di rimando, mentre la
risata del Signore Oscuro si impossessava di lei.
“Hai già perso una persona che amavi, stai per perdere il
tuo drago…cosa farai quando perderai anche il tuo nuovo amore elfico?” Eruannie
scosse la testa, mentre vi portava le mani in un tentativo disperato di
cacciarlo dalla sua mente.
“No, tu non sai niente…niente!” fece uno sforzo immane per
chiudersi al suo controllo, provò ad erigere un muro tra loro e sembrò
funzionare. Il Signore di Mordor l’abbandonò, ma non prima di averle mostrato
una visione del suo futuro.
Una città alle sue spalle veniva attaccata da un esercito di
Orchi, erano talmente tanti che non riuscì nemmeno a quantificarli. Di fianco a
lei Legolas combatteva sinuosamente, mozzando teste con i suoi pugnali elfici e
scoccando frecce contro i nemici più lontani. Poi un grido stridulo sopra di
loro gli fece alzare lo sguardo, portandoli ad individuare un Nazgûl
a cavallo di un mostro nero alato proprio su di lei. L’elfo le lanciò
un’occhiata piena di terrore, mentre le si catapultava addosso, spostandola
dalla traiettoria del loro nemico. La bestia spalancò le fauci e afferrò il
corpo di Legolas, facendo scattare la mascella e imprigionando l’elfo nel suo
morso. Un grido di dolore lasciò le labbra del principe di Bosco Atro, mentre
un fiotto di sangue proruppe dalla sua bocca e un suono per niente rassicurante
di ossa rotte giungeva alle orecchie della guerriera.
Urlò di rabbia e di dolore, mentre si gettava contro la
bestia che le aveva portato via il suo compagno.
<< Eruannie, svegliati>> nonostante la voce
tranquillizzante dell’elfo, la guerriera continuò a gridare per qualche
istante, prima di destarsi completamente dal sonno.
<< Laeg?>> chiese timidamente non appena ebbe
incrociato gli occhi con quelli dell’altro. L’elfo aveva uno sguardo
preoccupato, ma si rilassò in un piccolo sorriso quando vide il blu delle sue
iridi.
Senza pensarci lo abbracciò di slancio, mentre il principe
di Bosco Atro lasciava che il profumo di rose dei suoi capelli penetrasse nelle
sue narici. Sarebbe rimasto così per molto tempo ancora, ma dovevano mettersi
in marcia al più presto. Si costrinse a interrompere quel contatto, ricevendo un’occhiata
contrariata dell’Elfa e aiutandola subito dopo a rialzarsi.
<< Come ti senti?>> chiese con la fronte
aggrottata e lo sguardo che studiava minuziosamente la fasciatura. La guerriera
si affrettò a infilarsi la giacca marrone e gli rivolse un sorriso caldo,
mentre la preoccupazione derivante dal sogno di poco prima stava lasciando il
posto a uno strano miscuglio di sensazioni. Con un gesto della mano liberò i
lunghi capelli scuri costellati di treccine e si preparò alla marcia verso
Moria.
<< Bene, credo che Ûr-thalion si stia
riprendendo>> affermò con convinzione, mentre l’elfo annuiva nella sua
direzione. Merry e Pipino le furono accanto in un batter d’occhio e il più
giovane le allungò un pezzo di Lembas per colazione.
<< Ci hai fatti preoccupare! Legolas non voleva che ti
svegliassimo, diceva che stavi male!>> si lagnò Merriadoc, mentre
scrutava la guerriera per controllare che stesse bene.
<< Laeg ha fatto cosa?>> sbottò leggermente
irritata. L’elfo non aveva il diritto di condividere con tutti la sua
condizione di debolezza, li aveva fatti preoccupare per nulla.
Pipino fece un gesto con la mano per minimizzare e la prese
sottobraccio, imitato dal parente. Eruannie rivolse loro uno sguardo
interrogativo e quelli non si fecero pregare per darle una spiegazione.
<< Dunque, abbiamo notato come si comporta l’elfo nei
tuoi confronti…>> iniziò Peregrino con il suo sguardo da furbetto dipinto
sul volto.
<<…quindi sputa il rospo, cosa c’è tra voi due?
Dobbiamo sapere se c’è un nuovo contendente!>> la guerriera ridacchiò
divertita, comprendendo dove volessero andare a parare.
<< Contendente?>> chiese mentre tutto il resto
della Compagnia volgeva un ultimo sguardo alle Montagne Nebbiose e si preparava
a percorrerle dall’interno.
<< Certo! Per la tua mano!>> le spiegò Merry
risoluto, facendo un piccolo saltello e unendo i piedi pelosi a mezz’aria,
prima di atterrare con grazia.
<< La mia mano?>> la guerriera scoppiò a ridere
e aggrottò la fronte, chiedendosi a che gioco stessero giocando quei due.
<< Ma certo! Io e Merry ci sfideremo a duello per
ottenerla, il principino cosa farà?>> Pipino parlava a voce così alta che
tutta la Compagnia li sentì. Eruannie arrossì prepotentemente, mentre Gimli li
affiancava.
<< Giovane mastro hobbit, la guerriera che ti trovi davanti
non può prendere un mezz’uomo come marito!>> sbottò con un accenno di
saggezza nella voce. Eruannie inarcò un sopracciglio, chiedendosi per quale
motivo ci si stesse mettendo anche il nano.
<< E perché mai?>> chiesero in coro i due
hobbit, assai incuriositi da quella nuova scoperta.
<< Beh, ma perché lei è di stirpe nanica! Dovrà
sposare un nano!>> sbottò Gimli, lisciandosi la lunga barba rossa.
Eruannie si divincolò dalla presa di quei tre, allontanandosi un poco da loro.
<< Voi>> indicò i suoi interlocutori con un
dito, mentre quelli le sorridevano sornioni.
<< Mi fate paura…>> concluse, lasciandoseli alle
spalle. Era bello poter distogliere la mente un poco dalla missione, ma doveva
concentrarsi e cercare di comunicare con Ûr-thalion.
“Dimmi che stai bene, ti prego” sperò con tutto il suo cuore
che il suo pensiero potesse raggiungere il drago.
***
Nel lontano Est, in una distesa incontaminata dove l’Occhio
di Sauron non si era mai posato e dove la pace aveva regnato sovrana per
diverso tempo, l’elfo Calen si prodigava nell’addestramento dei giovani di
Menel. La figlia della Madre faceva volteggiare la sua lancia sopra la testa,
mostrando agli adepti come colpire correttamente un bersaglio in movimento. I
Meneliani non erano mai stati un popolo di combattenti, anzi, ma quando il loro
alleato Re Thranduil aveva inviato il proprio figlio a chiedere loro una mano
nella guerra che avrebbe coinvolto tutta la Terra di Mezzo, la Madre non aveva
avuto dubbi sul da farsi. L’Albero della Vita aveva assegnato alla migliore dei
suoi figli il compito di insegnare a tutto il popolo di Menel a difendersi. Non
era stata certo una passeggiata convincere gli abitanti pacifici di quel pezzo
di paradiso a brandire un’arma, figuriamoci insegnargli le basi del
combattimento corpo a corpo. Per fortuna avevano avuto ben settantacinque anni
per esercitarsi e, quando il Male aveva iniziato ad espandersi sulla Terra di
Mezzo come aveva già fatto in precedenza, i Meneliani erano pronti. Certo, la
loro tecnica era da perfezionare, dovevano apprendere ancora molto e non
potevano di certo competere con i loro cugini di Bosco Atro, ma se la cavavano.
Una forte ventata gelida fece bloccare gli elfi di Bosco
Selvaggio. I volti verdi degli abitanti di Menel si voltarono istintivamente
verso un punto imprecisato nel cielo, rimanendo a fissare una strana figura che
si faceva sempre più vicina. Inizialmente pensarono ad un grande stormo di
corvi, ma più quella cosa si avvicinava e più le loro orecchie a punta si appiattivano
per la tensione.
Non era uno stormo, era un drago. Iar, l’elfo più anziano
del villaggio, affiancò rapidamente Calen, la quale aveva abbassato lentamente
la sua lancia. I due si scambiarono un’occhiata preoccupata, prima di iniziare
a impartire ordini a tutti gli elfi di Menel. Nel giro di pochi secondi, tutti
gli abitanti si rifugiarono nelle proprie abitazioni con la rapidità di un
coniglio inseguito da un predatore affamato. Calen si fiondò nella Tenda della
Madre insieme a Iar e, sbirciando dalla microscopica apertura nella stoffa,
poté ammirare il passaggio del drago sopra le loro teste.
Tutti a Menel conoscevano le leggende delle grandi creature
alate che dimoravano indisturbate sulle Montagne Rosse, ma nessuno di loro
aveva mai avuto il privilegio di vederle prima di quel giorno. Calen pensò
fosse un segno, se positivo o negativo non lo sapeva ancora, ma qualcosa si
stava muovendo nella Terra di Mezzo. Iar si prostrò d’innanzi alla Madre,
innalzando una supplica. Il grande albero al centro della tenda emanò una
leggera luce e la Madre gli parlò.
<< Calen, è giunto il momento di mandare il nostro
aiuto a coloro che ce lo chiesero>> l’elfo femmina si allontanò
dall’ingresso della tenda e si avvicinò all’albero, quando fu a pochi passi da
esso si inginocchiò e depositò la sua lancia al suolo.
<< Se questa è la tua volontà, io la
perseguirò>> abbassò il capo in segno di rispetto e accolse la
benedizione della Madre. La luce debole che circondava l’albero si fece sempre
più abbagliante, fino a esplodere nella tenda. Calen si alzò e, dopo aver
lanciato un rapido sguardo a Iar, lasciò l’abitazione per radunare i suoi
guerrieri. Un piccolo sorriso le si aprì in volto, non erano guerrieri e mai lo
sarebbero stati. Ma erano pronti a morire per mantenere la Vita sulla Terra di
Mezzo.
Calen emise un lungo fischio a cui si aggiunsero le voci di
tutti gli abitanti di Menel. In breve tempo si ritrovò circondata da tutti gli
esseri che popolavano il Bosco Selvaggio. Cervi, conigli, uccelli, volpi, lupi,
cinghiali e ogni altro genere di creatura. Gli occhi ambrati di Calen si
posarono su ognuno di loro, prima di iniziare a parlare una lingua antica come
la terra.
<< Il mondo in cui viviamo rischia di sparire, siamo
chiamati a intervenire in questa guerra>> l’elfo femmina fece correre il
suo sguardo sulle creature che la circondavano, mentre lei stessa si
sorprendeva di come riusciva a parlare così fluidamente una lingua che non
aveva nemmeno mai sentito prima.
<< Ci siamo nascosti per troppo tempo, è giunto il
momento di uscire allo scoperto e agire>> gli animali si fecero sempre
più vicini, mentre le loro orecchie recepivano ogni singola parola dell’elfo
femmina.
<< Combatterete con me per la Terra di Mezzo?>>
ogni creatura emise un verso di assenso, accompagnato dalle urla dei Meneliani.
Calen sorrise ai suoi compagni e si voltò verso la tenda
della Madre, ululando una promessa: sarebbero tornati vittoriosi da Lei.
***
Ûr-thalion volava sopra le Terre Selvagge da giorni ormai,
la ferita alla spalla pulsava e gli provocava alcuni scossoni di dolore che
penetravano nelle ossa e si espandevano in tutto il corpo. Sentiva che la
guerriera aveva cercato più volte di mettersi in contatto con lui, ma era
troppo debole per mantenere quel legame. Il suo istinto lo aveva guidato per
tutto quel tempo, anche se non sapeva esattamente dove si stesse dirigendo. Una
voce lontana lo chiamava come una madre e lui l’aveva seguita. Sentiva le
budella attorcigliarsi in una morsa mortale, ma doveva resistere. Non solo per
la sua stessa salvezza, ma anche per quella della guerriera a cui si era
legato. Fece scoccare ancora una volta le grosse ali verdi e i suoi occhi
guizzarono su una radura sotto di lui. Vide alcune figure microscopiche che si
muovevano sull’erba incontaminata mischiandosi con essa. Si chiese che tipo di
creature fossero, ma l’istinto gli diceva di non attardarsi. Le grandi Montagne
Rosse si stagliavano minacciose davanti a lui. Grosse rocce appuntite con una
spruzzata di neve a interrompere il grigio scuro che le dominava. Sentiva che
era la strada giusta, che non stava sbagliando e che lì avrebbe trovato la
risposta ad ogni sua domanda.
Si lasciò gli strani esseri verdastri alle spalle e valicò
con non poca fatica la catena montuosa che si ritrovava davanti. Al di là della
stessa, si ritrovò ad assistere ad uno spettacolo che mai avrebbe sfiorato la
sua mente.
Era a casa.
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Capitolo 11 *** Capitolo X ***
Capitolo X
CAPITOLO X
La notte era ormai calata su di loro da un pezzo, mentre
Gandalf cercava le parole giuste per far sì che le porte di Moria si aprissero
alla Compagnia. Eruannie sbuffava dalla sua pipa, mentre con lo sguardo perso
si domandava perché il suo drago ci stesse impiegando così tanto per
raggiungere suo fratello, in volo ci avrebbe impiegato molto meno di quanto ci
avevano messo loro a piedi a coprire la stessa distanza. I suoni ovattati di
sassi che si infrangono sulla superficie del Sirannon attirarono la sua
attenzione. Distolse lo sguardo da un punto imprecisato e si focalizzò sul
volto di Boromir il quale venne subito rimproverato da Aragorn. Alzò gli occhi
al cielo e tornò a impegnarsi nel ritrovare mentalmente il legame con il drago.
<< Come si dice amici in elfico?>> la voce di
Frodo la distolse ancora una volta da quel compito assai snervante. Sospirò
sbuffando un’altra nuvola di fumo chiaro e rispose senza nemmeno rendersene
conto.
<< Mellon>> la sua voce e quella di Gandalf si
mischiarono in quella semplice parola. La guerriera rise debolmente,
figuriamoci se i nani si fossero scelti una cosa elfica come parola segreta. Ma
il suono roco che produssero le porte schiudendosi per poco non la fece
soffocare con il fumo. Tossì aggrottando la fronte e si alzò di scatto dal suo
posto, mentre gli altri membri della Compagnia si preparavano ad entrare nella
miniera. Gimli l’affiancò con un grosso sorriso stampato in faccia.
<< Balin…>> sussurrò scambiandosi un’occhiata
con la guerriera, che si affrettò a ricambiare il sorriso mentre si caricava in
spalla la sua sacca e le armi.
<< E il giovane Ori insieme a Oin!>> esclamò
contenta. Non stava più nella pelle, finalmente avrebbe potuto rivedere i suoi
vecchi amici. Fino a quel momento non aveva realizzato quanto le fossero
mancati effettivamente. Mise una mano sulla spalla di Gimli e insieme varcarono
l’ingresso di Moria, con una grande gioia nel cuore.
“Cosa pensi di trovare qui, guerriera?” la voce del Nemico
le penetrò nella mente come il rombo di un tuono. Pensò che ormai doveva
essersi abituata a quella continua invasione da parte di Sauron, ma ogni volta
la coglieva sempre alla sprovvista, rendendola quasi debole a confronto.
“Morte!” all’udire questa parola abbassò istintivamente gli
occhi al suolo, inciampando in uno scheletro. Indossava l’armatura dei nani di
Erebor e imbracciava un’ascia possente, ma la freccia nel suo cranio non era
per niente nanica.
<< Goblin>> la voce di Legolas le giunse limpida
alle orecchie. Si voltò verso Gimli, il quale aveva iniziato a borbottare
parole incomprensibili. Imprecò in Khudzul e afferrò il nano per la manica
della casacca. Non voleva nemmeno pensare a cosa ne era stato di Balin e dei
due fratelli, dovevano uscire di lì al più presto prima di fare la loro stessa
fine. Boromir urlava di dirigersi verso la Breccia di Rohan, mentre nella mente
di Eruannie si susseguivano immagini di morte e distruzione se solo si fossero
avvicinati a Isengard.
Un grido alle sue spalle la fece concentrare sulla
situazione, mentre vide il corpo di Frodo che veniva trascinato via da loro da
un gigantesco tentacolo.
<< Frodo!>> il grido disperato di Sam costrinse
Eruannie a mettere in atto un piano di salvataggio più che improvvisato.
Scagliò Gimli all’interno delle mura di Moria, mentre ringhiava al resto della
Compagnia di rimanere dove si trovavano. Raggiunse Sam e si ritrovò sorpresa
dal vedere che lo hobbit aveva pugnalato il mostro ad un tentacolo. Quello,
sorpreso quanto la guerriera e mezzo dolorante, lasciò andare il mezz’uomo che
cadde nelle acque putride del Sirannon. La guerriera si tuffò nell’acqua fredda
e oscura e recuperò velocemente lo hobbit. Ne uscirono entrambi zuppi, ma si
affrettarono a ripararsi all’interno delle mura, mentre l’Osservatore
dell’acqua si vendicava distruggendo la loro unica via d’uscita, lasciandoli al
buio di Khazad-dûm.
<< Stai bene?>> chiese l’Elfa, abbassandosi un
poco per guardare Frodo negli occhi. Quello annuì e rabbrividì tremando per il
freddo. La guerriera lo abbracciò cercando di trasmettergli quanto più calore
possibile, mentre il mezz’uomo affondava il volto tra i capelli profumati della
compagna. Nonostante avessero fatto il bagno nell’acqua putrida, notò con
sorpresa che la guerriera era rimasta impeccabile nella sua bellezza.
<< Ora fate silenzio, sono tre giorni di cammino per
arrivare dall’altra parte e cose ben peggiori dimorano nelle profondità di Khazad-dûm>>
la voce di Gandalf fece rimettere in marcia la Compagnia, mentre Eruannie
avvertì la mano di Legolas sulla propria spalla. La guerriera si rialzò e
rivolse un rapido sorriso a Frodo, il quale si affrettò a raggiungere i suoi
cugini.
<< Mi dispiace, Ann>> l’Elfa annuì perdendosi
per qualche istante a fissare gli occhi azzurri del principe. Ormai la sua
speranza di trovare rifugio alla corte di Balin stava scemando rapidamente.
Poi, una forte fitta alla spalla ferita la fece piegare in
due per il dolore. Avvertiva come un fuoco bruciarle la carne, mentre un dolore
lancinante la costrinse ad aggrapparsi alla casacca dell’elfo per non urlare.
Legolas la guardò preoccupato e si affrettò a controllare la
ferita. Era come se qualcuno vi avesse applicato un ferro incandescente.
Sorresse la guerriera e l’aiutò a raggiungere il suolo in modo che fosse più
comoda.
Un ringhio inferocito e rabbioso si insinuò nella mente di
Eruannie, mentre intravide un grande fuoco che avvolgeva Ûr-thalion.
“Ûr! Lasciatelo stare!” urlò disperata, sperando di poterlo
raggiungere.
“Non sei solo, sono con te”
“Lo so” dopo giorni di silenzio, finalmente il drago si
degnava di risponderle. Questo riempì il cuore di Eruannie di gioia e ringraziò
i Valar per averlo protetto.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre sentiva le
braccia di Legolas che la stringevano. Si accoccolò contro il suo petto e
inspirò profondamente, lasciando che il profumo dell’elfo la inebriasse.
Senza pensarci due volte, si diede una leggera spinta e fece
combaciare le labbra con quelle di lui. Legolas rimase a dir poco sorpreso da
quel contatto, ma si riprese dopo poco iniziando a ricambiare il gesto. Fece
correre una mano dietro alla nuca della guerriera e attirò di più a sé il suo
volto.
L’unica volta che aveva potuto bearsi di tale contatto la
guerriera era preda del Sonno Eterno e si ricordò che le sensazioni provate non
erano state per niente come se le era sempre immaginate.
Quella volta però, nell’oscurità di Khazad-dûm circondati
dagli scheletri di nani e Goblin, un miscuglio di sensazioni si fece strada
dentro di lui. La testa gli girava in un modo assurdamente appagante, mentre la
voglia di approfondire ulteriormente quel contatto si impossessava
completamente della sua anima. Pensò che non ne avrebbe mai avuto abbastanza,
voleva di più. Con la mano libera attirò Eruannie a sé prendendola per la vita.
La guerriera intrecciò le proprie gambe dietro la schiena dell’elfo e si beò di
quel contatto così piacevole. Da tempo immemore non provava una tale gioia e
una tale attrazione per qualcuno. La lingua di Legolas corse sulle sue labbra,
facendole schiudere all’istante, mentre si preparava a riceverla contro la sua.
“Hai dimenticato in fretta il caro Scudodiquercia” la voce
di Sauron nella mente le fece interrompere quel contatto, mentre Legolas
spalancava gli occhi osservandola disorientato. Si avvicinò al suo volto,
volendo riprendere immediatamente da dove si erano interrotti.
<< No…>> sussurrò l’Elfa, puntando le proprie
mani sul petto del principe e respingendolo con non poca difficoltà. Si alzò
rapidamente, sistemandosi i vestiti mentre un leggero colorito rosato si faceva
strada sulle sue gote.
<< Non possiamo…>> scosse debolmente il capo e
fece per allontanarsi dall’elfo, quando la risata sadica del Signore di Mordor
la rese sorda a qualsiasi altro suono. Legolas si alzò agilmente e la
raggiunse. Numerosi erano i sentimenti che popolavano il suo animo in quel
momento, ma la guerriera aveva ragione. Dovevano concentrarsi sulla missione e
i loro compagni li stavano lasciando indietro, se i Goblin li avessero colti di
sorpresa non sarebbero serviti a nulla.
<< Andiamo?>> chiese rivolto alla compagna,
mentre questa annuiva. La risata di Sauron stava dissolvendosi nella sua mente
e mai come in quel momento avrebbe voluto staccargli la testa.
Quando raggiunsero il resto della Compagnia, Gandalf rivolse
loro un’occhiata di rimprovero. Eruannie distolse lo sguardo dallo stregone,
iniziando a giocherellare con il bordo della giacca.
“Oh ma smettila…anche tu avresti ceduto alla tentazione di
baciare quelle dannate labbra” si ritrovò a pensare, mentre il vecchio Istari
ordinava a tutti quanti di rimettersi in marcia.
<< Legolas, tu starai in testa e ci indicherai
l’eventuale presenza di trappole>> decretò Gandalf, lanciando una rapida
occhiata ai due elfi.
“Dannatissimo principino delle fate!” rivolse alla schiena
di Legolas un’occhiataccia fulminante, mentre questi si affrettava a
raggiungere la testa della fila.
<< Tu, Eruannie, chiuderai la fila e ci avvertirai in
caso di attacco. Viaggeremo in questo modo, così da evitare di attirare troppo
l’attenzione>> lo stregone si girò e agguantò Pipino per il bordo del suo
bagaglio.
<< Peregrino, tu starai tra me e Aragorn>> lo
hobbit abbassò lo sguardo, come a pentirsi di un silenzioso pensiero che si era
fatto strada nella sua mente. E così, nell’oscurità di Khazad-dûm, iniziarono
la loro marcia nelle tenebre, come unica luce a guidarli nel buio il bastone
dello stregone.
“Piaciuto lo scambio di saliva?” la voce di Ûr-thalion
raggiunse la sua mente, facendole ricordare solo in quel momento della ferita.
Si affrettò a controllare la spalla e si stupì nel ritrovare una cicatrice dai
bordi rosati al posto della lacerazione che fino a poco prima le faceva
storcere il naso per il dolore.
“Come hai…?”
“Non crederai mai a quello che ho scoperto!” il drago
interruppe la domanda della guerriera, mentre un senso di benessere e felicità
si faceva strada in lei. Attraverso il legame con il rettile poté percepire la
gioia dell’amico.
“Dove sei?” chiese continuando a camminare nell’oscurità,
facendo saettare i suoi occhi in ogni angolo buio nel tentativo di cogliere il
minimo movimento.
“Ti spiegherò tutto, dimmi dove posso raggiungerti” la
guerriera si affrettò a spiegargli dettagliatamente la loro posizione, precisando
di volare fino al confine Nord del bosco di Lorien.
“Stai attenta” l’Elfa sorrise a quella dimostrazione di
affetto e premura da parte del drago, intimandogli la stessa cosa.
Dovevano essere passate le nove di sera quando la Compagnia
decise di fermarsi a riposare. Erano stremati dal viaggio nell’oscurità e
nessuno di loro, a parte Gimli, era abituato a stare per così tanto tempo
sottoterra.
<< Come va la tua ferita?>> Aragorn si accomodò
accanto alla guerriera che affilava abilmente la lama della propria spada,
mentre il fumo della sua pipa le donava una leggera sensazione di serenità.
<< A quanto pare Ûr-thalion si è fatto curare da
qualcuno, anche se non vuole dirmi chi>> il Ramingo aggrottò la fronte.
<< Pensavo fosse tornato a Imladris>> la
guerriera annuì, rivolgendo poi tutta la sua attenzione al minuzioso compito
dell’affilatura.
<< Anche io, ma credo abbia fatto una deviazione
verso…casa>> disse quell’ultima parola come se stesse chiedendo conferma
ad Aragorn. Tramite il legame aveva avvertito che il drago si trovava in un
posto a lui molto caro e si chiese come potesse averlo conosciuto, dato che dal
momento in cui era venuto al mondo era sempre stato con lei.
<< Non so, quel drago è pieno di sorprese. Ci
spiegherà ogni cosa una volta che ci avrà raggiunti>> l’Elfa rivolse
all’uomo un sorriso materno, comunicandogli poi che avrebbe fatto lei il primo
turno di guardia. Dopo un pasto frugale preparato dal caro vecchio Samvise, la
Compagnia si concesse un meritato riposo, anche Legolas ne approfittò per
cadere nella sua trance giornaliera. Eruannie ringraziò mentalmente i Valar per
la decisione del compagno e si sistemò su una piccola roccia un poco più
lontana dal resto dell’accampamento. Estrasse la sua pipa e iniziò ad
armeggiare per pulirla al meglio, prima di introdurvi alcune foglie di Erba
Pipa e rilassarsi inalandone il fumo.
Sentiva che qualcuno li seguiva da giorni, ma non era ancora
riuscita a captarne abbastanza dettagli per comprendere se si trattasse di un
Goblin o di qualche altra creatura. Rizzò le orecchie in maniera da individuare
il minimo rumore o movimento, mentre la sua mente vagava per le Terre Selvagge
alla ricerca di Ûr-thalion.
Il legame li mise quasi subito in comunicazione. Il dragone
volava leggiadro a molti piedi da una distesa verdeggiante al centro della
quale spiccava un enorme lago cristallino. La guerriera non riconobbe il
paesaggio, nonostante nei suoi numerosi anni di vita avesse visitato quasi ogni
angolo della Terra di Mezzo.
“È il Mare di Rhún” le spiegò la voce di Ûr-thalion,
il quale aveva subito catturato la domanda nella mente della guerriera. Questa
sbuffò una nuvola di fumo, mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto di Khazad-dûm.
“Il mare di Rhún?” inarcò un sopracciglio e attese
pazientemente che il drago si spiegasse meglio, ma il lucertolone non rispose,
lasciandola con quella domanda in sospeso. Un rumore accanto a lei la fece
destare, mentre i suoi occhi saettarono sulla figura che si muoveva a pochi
passi dalla sua postazione.
<< Pipino!>> richiamò lo hobbit mentre questo si
sporgeva in un piccolo pozzo oscuro. Il mezz’uomo sussultò e qualcosa cadde
dalla sua mano, producendo un suono sempre più lontano che riecheggiò in tutta
la miniera. La guerriera rivolse al giovane Tuc un’occhiata di rimprovero,
prima di scattare in piedi e raggiungerlo con due grandi falcate.
Si sporse a guardare nella direzione dove lo hobbit aveva
lanciato il sasso, mentre un suono ben diverso da quello iniziava a prorompere
dalle viscere della terra, sempre più forte e minaccioso.
<< Maledizione, Peregrino! Fa funzionare un po’ quella
testolina!>> l’Elfa allontanò il mezz’uomo dal pozzo con uno spintone
innervosito. Erano stati ben attenti a non farsi trovare e ora la loro
posizione era stata rivelata.
<< Gandalf, Aragorn>> la guerriera svegliò i
compagni, dovevano ragionare in fretta ed escogitare un piano per coprire un
viaggio di almeno altri due giorni nel più breve tempo possibile.
<< Sciocco di un Tuc!>> sbraitò lo stregone,
mentre aiutava Eruannie a destare gli altri. Pipino si mise a preparare i suoi
bagagli in silenzio, con un’ombra di colpevolezza dipinta in volto.
<< Possiamo tornare indietro e cercare di rimuovere le
macerie dall’entrata>> propose Boromir, mentre aiutava Sam a sistemare il
suo adorato set di pentole.
<< No, potrebbero già essere arrivati i Goblin>>
Aragorn annuì, appoggiando le parole della guerriera.
<< Senza considerare il fatto che ci metteremmo troppo
tempo a sgomberarle>> Eruannie rivolse un sorriso fugace al Ramingo,
prima di concludere che in ogni caso non sarebbero mai riusciti a spostare
quelle pietre in quanto troppo pesanti per loro.
<< Forse i nani sono riusciti a barricarsi dentro a
qualche stanza ai piani inferiori>> propose Gimli, ancora con qualche
sfumatura di speranza nella voce. Eruannie lo confortò con una mano sulla sua
spalla, ma sapeva con certezza che l’unico nano ancora vivo là sotto era lui.
<< Dobbiamo proseguire>> sentenziò Gandalf,
sistemandosi il cappello a punta in testa. Legolas annuì, prima di gettarsi in
avanscoperta davanti alla Compagnia.
Eruannie lanciò un’occhiata a Pipino mentre gli hobbit le
sfilavano davanti, lo sguardo di rammarico sul volto del mezz’uomo la intenerì,
ma doveva imparare ad essere più sveglio soprattutto in situazioni come quella.
<< Non sentirti in colpa per il giovane hobbit, una
bella ramanzina non ha mai fatto male a nessuno>> storse il naso alle
parole di Boromir, sicuramente Pipino aveva sbagliato ma lei era stata fin
troppo dura con lui.
<< Sì ma lui non è un bambino>> disse
rimettendosi in marcia, mentre l’uomo di Gondor la precedeva lasciando
intravedere solo lo scudo sulla sua schiena. Eruannie non poteva vederlo in
faccia, ma era sicura che stesse sorridendo.
<< Pensi che una volta superata la fanciullezza non
servano a nulla i rimproveri? Mio fratello me ne fa in continuazione>> la
guerriera inarcò le labbra in un sorriso, mentre ripensava a tutte le volte che
Elrond l’aveva ripresa per le sue decisioni impulsive e sciocche.
<< Sì, anche il mio>> concordò l’Elfa, mentre
con gli occhi analizzava ogni anfratto per individuare il minimo movimento
nemico, senza accorgersi che l’uomo davanti a lei si era fermato e la osservava
dalla sua altezza. Eruannie non si rese nemmeno conto di andargli a sbattere
contro, finché non urtò il suo petto.
<< Scusami>> sussurrò nella penombra, riuscendo
a intravedere solo il sorriso smagliante del figlio di Denethor. Inarcò un
sopracciglio quando vide che l’uomo non accennava a muoversi.
<< Sai, fin da bambino sono cresciuto con le storie
dell’intrepida guerriera di Imladris>> Eruannie arrossì leggermente,
sapeva di essersi fatta un nome nella Terra di Mezzo, ma non pensava di essere
diventata una leggenda.
<< Ho sempre desiderato incontrarti, comunque>>
proseguì l’uomo, mentre i suoi occhi si perdevano a contemplare la guerriera.
Analizzando meglio il suo sguardo, l’Elfa non vi lesse bramosia o desiderio, ma
semplice ammirazione che le fece nascere un timido sorriso in volto.
<< Beh, non mi hanno insegnato come comportarmi
davanti a una leggenda, quindi…ecco>> la guerriera bloccò il flusso di
parole di Boromir mettendogli una mano sulla spalla. Quell’uomo era molto più
alto di lei, nonostante fosse un umano.
<< Boromir, siamo compagni, puoi comportarti come
faresti con qualsiasi amico>> l’uomo di Gondor le rivolse un sorriso
prima di voltarsi e proseguire nella marcia. Dovevano allungare il passo se
volevano raggiungere l’uscita prima di fare brutti incontri.
***
Moria era un insieme di labirinti e cunicoli oscuri, piena
di trappole nascoste che Legolas individuava di volta in volta. Il silenzio li
aveva avvolti da quando si erano rimessi in marcia dopo la grande idea di
Pipino, il quale si era rinchiuso nel suo mutismo.
Camminarono per miglia e miglia, prima di raggiungere il
salone più grande di Moria.
Eruannie, che pure aveva visto l’immensa grandezza e
bellezza di Erebor e di qualsiasi dimora elfica, rimase a bocca asciutta quando
si ritrovò nel cuore di Khazad-Dûm.
Immense colonne scavate nella dura pietra della montagna
reggevano l’imponente struttura. Tutta la Compagnia si dovette fermare qualche
secondo per realizzare di non ritrovarsi in un sogno.
<< È…>> la voce di Legolas le giunse come un
sussurro, facendola arrossire leggermente.
<<…è…>> trattenne a fatica una risata a sentire
lo stupore nelle parole di Boromir. Si guardò intorno e notò che anche gli
altri compagni erano rimasti a bocca aperta, ammirando silenziosamente la
sontuosità di Khazad-Dûm.
<< Non esistono parole in nessuna delle lingue della
Terra di Mezzo per descrivere la sua bellezza>> la guerriera espresse il
pensiero di tutti con quella frase, mentre Gimli l’affiancava e circondava la
sua vita con un braccio.
<< La nostra famiglia>> sussurrò e la guerriera
gli rivolse un sorriso caldo, facendo poi combaciare le loro fronti in un gesto
affettuoso. I Goblin potevano aver ucciso i loro amici e parenti, ma
gliel’avrebbero fatta pagare.
<< Ci accamperemo in quella sala laggiù, dormiremo
giusto il necessario per riprendere le forze e poi ci riemetteremo in
marcia>> annuirono tutti alla decisione di Gandalf, prima di proseguire
verso il posto designato per la notte, sempre che fosse effettivamente sera. Non
essendoci nemmeno una fessura che lasciasse entrare un po’ di luce, non
potevano sapere se fosse giorno o meno, quindi si lasciavano guidare dalla
stanchezza.
<< Eruannie ha fatto l’ultimo turno, tocca a
me…>> Legolas impugnò il suo fidato arco e si allontanò di qualche passo
dal resto della Compagnia. La guerriera lo osservò allontanarsi, pensando e
ripensando al loro bacio.
“Ti comporti come una ragazzina alle prese con la sua prima
cotta” alzò gli occhi al cielo sentendo le parole dell’Oscuro Signore di
Mordor. “Scusa tanto, ma questo è privato! Fuori dalla mia mente,
ora!” non aveva né il tempo né la voglia di stare ad ascoltare le provocazioni di
quel maledetto.
“Diventa mia alleata e io lascerò stare i tuoi amici”
proseguì Sauron, accompagnando la sua richiesta con una risata gutturale.
“E perdermi il divertimento di ridurre a brandelli i tuoi
adorabili orchetti?” Eruannie si lasciò scappare una risata soffocata, mentre
cercava di innalzare un muro tra lei e il Signore di Mordor. Si avvicinò a una
piccola roccia e iniziò ad armeggiare con la sua pipa.
“Non osare buttarmi fuori dalla tua mente, elfo!” l’avvisò
l’Ingannatore, mentre un ghigno provocatorio le spuntava sul volto.
“Ciao, Gorthaur!” lo salutò sprezzante, escludendolo dalla
sua testa e proteggendo i suoi pensieri. Quel laido doveva aver scoperto del
suo drago, altrimenti per quale altro motivo si sarebbe interessato ancora a
lei ora che non aveva più i suoi poteri? Con questa domanda si sistemò nella
posizione più comoda che riuscì a trovare e, dopo aver dato un’ultima boccata
alla sua pipa, cadde nel suo “sonno” profondo.
***
Legolas osservò attentamente i movimenti dell’Elfa. Sembrava
come se stesse vivendo una conversazione con se stessa all’interno della sua
testa. Pensò si stesse mettendo in contatto con Ûr-thalion, ancora disperso
chissà dove. Non si erano più rivolti la parola dopo quel breve momento che si
erano concessi, non che ce ne fosse stata l’occasione. Il principe di Bosco
Atro desiderava comprendere se per la guerriera quel gesto aveva avuto lo stesso
significato che lui gli attribuiva, ma sapeva bene che i loro sentimenti non
dovevano ottenebrare i loro pensieri. Avrebbero trovato il luogo e il momento
opportuno per parlarne e Legolas non si sarebbe più trattenuto dal rivelarle
ciò che provava da secoli.
Tutti i membri della Compagnia, dopo aver consumato una cena
molto povera, si coricarono per riposare le loro membra. Tuttavia, il giovane
Frodo sembrava tormentato da qualche pensiero che lo teneva sveglio. Si alzò
cercando di fare meno rumore possibile e iniziò a guardarsi intorno. Sapeva che
erano seguiti da qualcosa da diversi giorni, solo che non sapeva di cosa si
trattasse.
Anche Legolas ed Eruannie avevano avvertito la creatura, ma
in quell’oscurità nemmeno i loro occhi erano riusciti a scorgere granché.
L’elfo individuò i movimenti dello hobbit e lo raggiunse agilmente.
<< So cosa ti tiene sveglio, Frodo>> sussurrò,
mentre il mezz’uomo trattenne un urlo di spavento per la sorpresa. Legolas e la
guerriera si muovevano fin troppo in silenzio e le sue povere orecchie hobbit
non riuscivano a catturare il benché minimo rumore se i due non volevano farsi
sentire. Il principe di Bosco Atro sorrise nel buio di Khazad-Dûm.
<< Qualcuno ci segue>> l’elfo annuì, lasciando
che i suoi occhi vagassero nell’oscurità alla ricerca di quella presenza
estranea. Un forte olezzo di pesce marcio e putrefazione giunse alle sue narici
fini, facendogli storcere il naso. Fece qualche passo verso l’entrata della
stanza dove la Compagnia si era accampata e attese, facendo ricorso a tutti
suoi sensi nel tentativo di catturare qualche altra informazione sulla
creatura.
<< È Gollum>> sussurrò verso Frodo, mentre anche
il giovane hobbit si avvicinava all’ingresso. Assottigliò lo sguardo e cercò di
individuare quello che gli occhi elfici di Legolas avevano già inquadrato. Poi,
un movimento nell’oscurità lo fece sussultare, mentre due grandi occhi gialli
risplendevano nel buio silenzioso di Khazad-Dûm.
<< Non era molto diverso da uno hobbit una
volta>> gli spiegò Legolas, con la mente che si perdeva nei ricordi della
cattura di quell’essere.
<< Io e Aragorn gli abbiamo dato la caccia a lungo, su
ordine di Gandalf. Temevamo che potesse rivelare al Nemico la posizione
dell’Anello. Lo portammo da mio padre Thranduil, ma la creatura si approfittò
della bontà del mio popolo per scappare>> Frodo rabbrividì al ricordo dei
racconti di suo zio Bilbo. L’Anello avevo condotto Gollum alla pazzia,
corrompendo il suo animo già instabile.
<< Che peccato che Bilbo non lo abbia ucciso>>
sussurrò lo hobbit, assottigliando lo sguardo nella direzione dei due occhi
gialli che lo osservavano nel buio.
<< Peccato?>> la voce della guerriera alle sue
spalle gli fece emettere un gridolino sommesso, che fu avvertito solo dai due
elfi. Erano forse in combutta per fargli venire un infarto?
<< È stata la pietà a fermare la mano di Bilbo, quella
notte>> non poté vedere il volto di Eruannie, ma si immaginò che avesse
la fronte aggrottata e gli occhi puntati a guardare la creatura.
<< Molti di quelli che meritano di vivere muoiono e
molti di quelli che meritano la morte sopravvivono>> sentì la tristezza
farsi strada nella voce della guerriera. Conosceva la sua storia e suo zio non
gli aveva taciuto l’incredibile amore che l’aveva legata a Thorin.
Lo hobbit fece correre una mano verso quella dell’Elfa, che
ricambiò immediatamente il gesto e la strinse con affetto.
<< Nessuno di noi è in grado di decidere chi è degno e
chi no…>> sussurrò Legolas in risposta, voltandosi verso di loro e
lasciando perdere Gollum, consapevole che non si sarebbe mai azzardato ad
attaccarli in quanto in sfavore numerico.
<< Io sì, io non merito di…>> la frase della
guerriera fu interrotta da un gesto che lo hobbit non poté vedere. Un singhiozzo sfuggì dalle labbra dell’Elfa e Frodo
concluse che Legolas la stesse abbracciando.
Si sentì terribilmente in imbarazzo e fuori posto in quella
situazione, anche se avrebbe tanto voluto abbracciare lui stesso l’Elfa, ma
concluse che forse era il caso di tornarsene a dormire.
<< Ehm, io torno dagli altri…>> e, con le
orecchie rosse di vergogna, si dileguò verso il suo giaciglio facendosi strada
a tentoni.
Alle sue spalle, nell’oscurità di Khazad-Dûm, Legolas
Thranduillion stringeva a sé Eruannie di Imladris mentre le lacrime solcavano
il viso dell’Elfa, silenziose come le parole che i due avrebbero voluto dirsi.
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