Parabellum 2

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Città desolata ***
Capitolo 2: *** Nulla è perduto ***
Capitolo 3: *** Gioia e dolore ***
Capitolo 4: *** Profonde paure ***
Capitolo 5: *** Errore di sistema ***
Capitolo 6: *** Candeline e desideri ***
Capitolo 7: *** La verità bugiarda ***
Capitolo 8: *** I nostri peccati ***
Capitolo 9: *** Fossa profonda ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Città desolata ***


1. CITTA’ DESOLATA

Lo skyline di Buckhead Atlanta era completamente svanito. Se un tempo si potevano vedere i tetti dei colossali grattacieli, adesso era possibile scorgere soltanto il cielo. La città in passato era viva, colori e suoni intasavano le strade, la gente chiacchierava all’aperto e i bambini si rincorrevano al parco. Ora al posto del parco c’era terra nera e secca, l’erba spazzata via dalle bombe sganciate dall’esercito.
Astrid guidava facendo attenzione agli ostacoli: macchine distrutte, parti di edifici crollati, corpi di vaganti sparsi sull’asfalto.
“Disgustoso.”
Negan si affacciò dal finestrino e vide la ruota schiacciare il braccio di un vagante che prima doveva essere stato un uomo.
“Ho visto di peggio.”
“Tipo il sangue sulla tua mazza ferrata?” lo rimbeccò Astrid.
“Attenta a come parli di Lucille, è una signora sensibile.”
“E’ una mazza di legno, Negan. Solo una mazza.”
Negan non disse nulla, non gli piaceva sfiorare argomenti che lo avrebbero messo di malumore. Continuarono a spostarsi seguendo la moto di Daryl che andava verso il Centro Controllo Malattie. Il tragitto fu lungo e lento, spesso dovettero fermarsi per rimuovere calcinacci o pezzi di latta.
“Quindi tu e Daryl…” incominciò Negan.
“Io e Daryl niente. Siamo amici.” Tagliò corto Astrid.
“Da quando gli amici si baciano appassionatamente di nascosto?”
La ragazza gli lanciò un’occhiataccia che lo fece scoppiare a ridere.
“Smettila, Negan. Così ti rendi ancora più insopportabile.”
“Mi piace essere quello antipatico del gruppo. Mi dona un certo fascino!” replicò lui.
“Sì, il fascino da imbecille. Tu adori essere odiato e non capisco il perché. Finalmente hai trovato una comunità, eppure ti ostini a fare lo stronzo.”
Negan avrebbe voluto dirle che lui non se ne faceva niente di una comunità, che lui voleva restare da solo insieme alla sua Lucille. Invece sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi.
“Ho te! Tu sei mia amica più o meno. Anche se mi hai portato qui perché sono sacrificabile.”
“Sono in debito con te per avermi aiutata con la storia di Caroline. Per guadagnarti la mia amicizia dovrai lavorare sodo.”
“Farò del mio meglio.” Promise Negan.
Astrid era scettica al riguardo, soprattutto perché Negan aveva la propensione a cacciarsi nei guai con la stessa facilità di Hunter.
“Daryl si è fermato.”
Parcheggiata l’auto, Astrid e Negan raggiunsero Carol e Daryl che stavano guardando qualcosa.
“Che c’è? Qualcuno vivo?” scherzò Negan.
Astrid si avvicinò con nonchalance e solo il braccio di Daryl le impedì di cadere. Ai loro piedi si apriva una voragine che aveva inghiottito auto, persone, animali e uno scuolabus. Attraversare la strada era impossibile.
“La bomba doveva esplodere giusto qui. Che fortuna.” Ironizzò Carol.
“Si sta facendo buio. Dobbiamo trovare un posto dove stare.” Disse Daryl.
Il sole stava tramontando da quando avevano imboccato l’entrata alla città, entro mezz’ora sarebbe calato il buio e questo li avrebbe esposti ai vaganti.
Astrid riconobbe che quella strada era vicina a Courtland Street, uno dei centri pulsanti della città.
“Qui vicino c’è l’Hotel Hilton. Sono più di dieci piani, suppongo che uno di quelli alti possa essere un valido rifugio.”
“Mi sembra un’ottima idea.” Disse Carol.
 
L’Hilton Hotel svettava fino al decimo piano. Il resto era crollato bloccando i cancelli d’ingresso. Le luci erano spente, le finestre erano rotte e il vento agitava i cavi elettrici come fossero braccia.
“Non è male.” Disse Astrid, incerta.
Daryl sospirò e scosse la testa, un hotel buio e deserto di sicuro nascondeva qualcosa o qualcuno. Però non avevano altra scelta, dunque si incamminò per cercare un modo di entrare.
“Uh uh, sembra che la coppia sia già in crisi.” Disse Negan sottovoce.
Astrid gli diede una gomitata nelle costole che fece ridacchiare l’uomo. Prese lo zaino dalla macchina e seguì Carol verso l’hotel. Negan si accodò a loro fischiettando.
“Come fai a sopportarlo?” chiese Carol.
“Non lo sopporto, il fatto è che non posso ucciderlo.” Rispose Astrid.
Le due donne si misero a ridere mentre seguivano Daryl che puntava la balestra davanti a sé.
“Da qui possiamo entrare.”
La targhetta sopra la porta indicava che quella era la lavanderia dell’hotel. Difatti, un cesto di lenzuola bianche bloccava la porta insieme alla mano rinsecchita di una vagante.
“Spostiamo il corpo e il cesto, dopodiché manomettiamo la por…-“
Le parole di Carol furono interrotte da un brusco rumore. Negan diede un calcio alla mano attaccata alla maniglia e col piede staccò l’arto dal braccio. Con una sola spallata riuscì a sfondare la porta già manomessa.
“Prima le signore.”
Carol fece spallucce ed entrò con la torcia accesa. Astrid prima scrutò il buio pesto della sala e poi si decise a entrare.
“Tocca a te.” Disse Daryl.
“Come sei premuroso.” Ribatté Negan.
“Spero che un vagante ti stacchi a morsi la faccia.”
“Bambini, smettetela di litigare.” Li rimproverò Astrid.
La puzza all’interno della lavanderia era insopportabile. Era un misto di detersivi scaduti, olezzo di cadaveri e sostante chimiche ammuffite. Astrid tossì e si tappò il naso col gomito, sebbene ormai il suo stomaco fosse nauseato.
“Fate attenzioni ai corpi.” Disse Carol.
Astrid puntò la torcia verso il pavimento e vide almeno una decina di corpi putrefatti con le bocche aperte e gli occhi vuoti. Alzò la gamba per superare il cadavere di un ragazzo quando si sentì afferrare la caviglia.
“Ah!”
Diede un calcio in faccia al vagante e si divincolò fino a cadere a terra. Una sostanza liquida le colò lungo il collo, era una sensazione viscida.
“Va tutto bene.”
Daryl la tirò su per le spalle e la allontanò da una vagante che muoveva la bocca come un automa. Carol le piantò il coltello nella testa per ucciderla.
“Grazie.” Mormorò Astrid.
“Andiamo.” Disse Daryl.
L’arciere la lasciò andare e si mise in testa al gruppo per guidarli fuori dalla lavanderia. Negan recuperò lo zaino di Astrid che era caduto durante l’agguato e se lo caricò in spalla.
“Ci penso io allo zaino.”
Astrid rimase ferita dalla freddezza di Daryl. Certo, era stata stupida a gridare e questo aveva indispettito l’arciere. Ogni volta che si avvicinava a lui di conseguenza faceva dieci passi indietro.
“Okay.”
 
Sbucarono direttamente nella hall da una tenda dietro una pianta. L’area era devastata: poltrone distrutte, lampadari schiantati per terra, i corpi dello staff erano riversi dappertutto.
“Gli ascensori sono fuori uso.” Disse Carol.
Astrid notò che nell’ascensore c’erano due vaganti del tutto morti e sangue sulle pareti.
“Quanto in alto dobbiamo arrivare per essere al sicuro?”
“Da nessuna parte siamo al sicuro.” Disse Daryl.
Negan vide che Astrid aveva abbassato lo sguardo, vergognandosi come una ladra per aver accennato alla sicurezza.
“Possiamo provare almeno a raggiungere il sesto piano. Usiamo le scale.”
Carol illuminò le scale e per fortuna costatò che era quantomeno sane per essere utilizzate.
“Negan ha ragione. Le scale sono piuttosto integre.”
“Voi salite, io faccio un giro qua sotto.” Disse Daryl.
Astrid sentì un brivido sulla schiena. Era paura. Paura che un vagante attaccasse Daryl e che lo uccidesse.
“Daryl, non farlo. Restiamo uniti.”
L’arciere non la degnò di uno sguardo, le diede le spalle e si allontanò a passo spedito.
“Lascialo stare. Vuole stare da solo.” Spiegò Carol.
Astrid iniziava a credere che Daryl ce l’avesse con lei. Forse andare in missione con loro era stato un grande errore, peccato che tornare indietro ora era impossibile. Come diceva sempre suo padre: se una molecola non torna al punto di partenza è meglio proseguire con l’esperimento.
“Saliamo. Quei sei piani non saranno una passeggiata!” disse Negan.
Salire le scale risultò un’impresa difficile. Molti scalini erano crollati lasciando vuoti, alcuni erano spaccati a metà e quelli interi a malapena erano sufficienti. Carol si muoveva rapida, quasi sembrava volare mentre superava le scale mancanti con un balzo. Astrid e Negan, invece, erano più lenti e spesso avevano rischiato di cadere.
“Smettila di pestarmi i piedi.” Si lamentò Astrid.
“E tu smettila di inciampare.” La rimbeccò Negan.
Quando arrivarono al sesto piano fu come tornare a respirare. Carol li attendeva nel corridoio con l’arco stretto fra le mani.
“Ah, finalmente siete arrivati. Siete mosci come dei bradipi.”
“L’importante è arrivare.” Disse Negan.
Astrid tirò fuori le daghe a rondelle e sollevò i gomiti in posizione di difesa. Il corridoio era illuminato solo dalle loro torce. L’unico ronzio proveniva dalle porte distrutte dell’ascensore.
“Ispezioniamo le camere e troviamone una dove passare la notte.” Disse Carol.
Si separarono per controllare le sette camere del piano. A parte polvere e calcinacci, tutto sembrava tranquillo. Evidentemente gli ospiti erano partiti nella speranza di scappare prima che le bombe colpissero la città.
“Ho trovato la suite di questo piano!” esordì Negan.
Astrid e Carol restarono meravigliate dalla suddetta suite. Si trattava di una stanza enorme munita di cucina, un bagno di lusso e piscina sul terrazzo. I divani erano ancora intatti, così come i mobili e il materasso. Il letto era sormontato da un quadro che raffigurava il ‘Bacio’ di Klimt.
“Restiamo qui.” Disse Carol.
Negan si lanciò sul letto con un sospiro di sollievo. Il viaggio era stato infinito e salire le scale lo aveva sfiancato. Carol andò in cucina a curiosare nella dispensa.
“Astrid, hai della roba che ti cola dal braccio.” Osservò Negan.
La maglietta di Astrid era impregnata di liquido rosso scuro, anche il braccio e il collo erano sporchi.
“E’ il sangue di quella vagante in lavanderia. Ho bisogno di cambiarmi. L’acqua c’è?”
“Adesso sì.”
Daryl comparve alle sue spalle facendola trasalire. In mano reggeva due lampade a led che per fortuna non avevano bisogno dell’elettricità per funzionare.
“Hai sistemato l’acqua?” domandò Carol.
“Io e Merle abbiamo lavorato qui per qualche mese. So che hanno un generatore nella sala caldaie che conserva l’acqua in caso di emergenza.”
“Allora vado a lavarmi. Grazie, Daryl.”
“Mmh.”
Astrid si aspettava almeno un piccolo sorriso da lui, invece l’arciere andò a lasciare lo zaino per sedersi sul divano.
 
Carol fece una smorfia dopo aver annusato una busta scaduta di biscotti. Negan sembrava essersi appisolato, oppure fingeva di russare per non essere disturbato. Dal fondo del corridoio si sentiva l’acqua scrosciare dal lavandino.
“Trovato qualcosa di commestibile?” chiese Daryl.
“Dopo dieci anni di commestibile non è rimasta neanche l’aria qui dentro.”
“Possiamo sempre mangiare quello che abbiamo portato.”
Carol aprì lo zaino e tirò fuori una scatola di carne. Odiava quella roba ma era l’unica fonte di cibo che permetteva loro di andare avanti.
“Perché tratti male Astrid?”
“Non la tratto male. La tratto come al solito.” Rispose Daryl.
“Non è vero. Ti comporti da stronzo perché ti piace. Fai sempre così, idiota.”
Carol lo aveva capito che Daryl si era affezionato ad Astrid. La guardava quando lei era distratta, sorrideva di nascosto quando lei diceva qualcosa di divertente e si irrigidiva quando lei lo toccava.
“Astrid non fa per me. Lei è… non lo so. E’ solo che non fa per me.”
“Quella donna è cotta di te, ma tu sei troppo impegnato a criticarti per accorgertene.”
Daryl sbuffò. Non era in vena di parlare dei suoi stupidi sentimenti. Il bacio con Astrid aveva peggiorato le cose. Se prima era più facile ignorarla, adesso ogni volta che la guardava ripensava alla sua bocca. Era diventata una maledizione.
“Non è importante.”
“Che cosa non è importante?”
Astrid si avvicinò alla cucina con i capelli umidi e una t-shirt pulita. Daryl rabbrividì e guardò altrove.
“Stavo dicendo a Carol che dovremmo metterci in contatto con Alexandria.”
“Vado a prendere la radio.”
Carol diede uno schiaffo a Daryl sul braccio e poi uno in testa.
“Non fare lo stronzo.”
Astrid tornò poco dopo con la radio, si sedette accanto a Carol e attivò l’aggeggio. Un crepitio anticipò un ‘bip’, poi si udì un fruscio.
“Alexandria. Qui parla Eugene.”
“Eugene, sono Daryl. Siamo arrivati ad Atlanta ma siamo bloccati in hotel perché la strada è interrotta. Domani mattina cercheremo un modo per arrivare al Centro.”
“Ricevuto. Io e Remy continuiamo a decifrare il diario misterioso. Stiamo adottando metodologie del tutto innovative. Lo sapevate che utilizzando le prime lettere degli elementi alcalini…”
“Basta così. Abbiamo capito!” si affrettò a dire Carol.
“Eugene, sono Astrid. Come state? Come vanno le cose?”
“Stiamo tutti bene. Ezekiel e Gabriel bisticciano su chi deve dare gli ordini, ma tutto sommato le cose procedono per il verso giusto. Come disse Albert Camus: La speranza equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.
Astrid ridacchiò per la vivacità di Eugene. Lo conosceva da poco tempo ma aveva imparato ad apprezzare la sua parlantina.
“Grazie per la massima, guru. Ci metteremo in contatto domani.”
“A domani.”
Un altro ‘bip’ concluse la connessione radio. Carol strappò la linguetta della carne in scatola e l’annusò per essere certa che fosse ancora buona.
“Non ci resta che cenare. Che ne dite?”
“Carne in scatola? Cibo da lusso per una suite.” Disse Astrid.
Daryl si lasciò sfuggire una breve risata, poi si ricompose subito. Si alzò e scavò nello zaino in cerca delle altre scatolette.
“Apriamo due scatole e le dividiamo. Non conviene sprecare molto cibo.”
Mentre Carol divideva le porzioni e Daryl recuperava l’acqua potabile, Astrid andò a svegliare Negan che ormai russava con la bocca aperta.
“Bella addormentata, svegliati. La cena è pronta.”
Negan mugugnò e si rotolò sul letto prima di mettersi seduto a fatica. Si passò una mano fra i capelli brizzolati, spettinandoli ancora di più.
“C’è una raffinata cena gourmet?”
“Solo schifosa carne in latta. Muoviti.”
Si sedettero a tavola e Carol consegnò loro i piatti e le posate che avevano portato da Alexandria. Daryl aveva riempito i bicchieri fino all’orlo, avrebbero bevuto solo quella quantità di acqua per non sprecarne troppa.
“Come superiamo la voragine? Il Centro è proprio dalla parte opposta.” Disse Astrid.
“Dobbiamo per forza aggirarla facendo un giro più lungo.” Disse Daryl, laconico.
Negan addentò la carne e bevve un sorso per mandare giù il boccone; odiava il cibo in scatola.
“Da qui al Centro di norma si impiega mezz’ora, ma senza traffico ci vorranno venti minuti.”
Daryl lo guardò come se avesse detto la cosa più stupida del mondo.
“Devi tenere conto dei vaganti, dei palazzi crollati, delle auto che ostruiscono le strade.”
“Nello zaino ho la mappa cittadina, possiamo usarla per scegliere il percorso.” Propose Astrid.
“Potete occuparvene tu e Daryl.” Disse Carol sorridendo.
Astrid deglutì la carne con difficoltà, era come se il peso che aveva sullo stomaco fosse risalito alla gola.
“Se per Daryl va bene…”
“Mmh.” Si limitò a dire Daryl.
Negan soffocò una risata premendo le labbra sul bordo del bicchiere e fingendo di bere; quella scenetta era patetica.
“Io e Negan penseremo al resto: provviste, partenze e altro.” Fece Carol.
 
Dopo aver mangiato e parlato ancora della missione, non restava che organizzarsi per la notte.
“Come dormiamo?” domandò Carol.
Astrid sapeva di dover scegliere prima che fosse troppo tardi. Meglio ricorrere ai ripari prima dei danni.
“Io e te potremmo dormire insieme nel letto, mentre Daryl e Negan dormono sul divano.”
“Io non dormo con quella bestia.” Obiettò Negan.
“E io non dormo con quell’assassino.” Ribatté Daryl.
Carol si mise le mani sui fianchi e roteò gli occhi, era stufa di quei due che bisticciavano come poppanti.
“Sul serio avete intenzione di fare così? Siete petulanti come i vecchi in banca!”
“Io posso dormire con Astrid.” Disse Negan con un sorriso furbo.
Daryl strinse le mani a pugno, le narici si allargavano ai suoi respiri furiosi.
“Tu non dormirai con Astrid. Puoi anche metterti in ammollo in piscina, non mi interessa.”
“Ma la piscina è putrida e mi rovinerebbe la pelle.”
Astrid voleva ridere per l’idiozia di Negan, doveva ammettere che col sarcasmo era davvero bravo.
“Per me va bene dormire con Negan, a patto che tenga le mani lontanissime da me.”
“Fa come ti pare.” Mormorò Daryl.
L’arciere, ormai stanco di quella discussione, prese le sue cose e si diresse fuori in terrazza.
“Vai a parlare con lui.” Disse Carol.
Astrid annuì e si infilò la giacca di jeans, ormai la sera tirava un venticello fresco e al sesto piano faceva ancora più freddo.
 
Daryl si era acceso una sigaretta e con piede disegnava cerchi confusi nella polvere del pavimento. L’acqua della piscina era marrone e puzzava, il cloruro doveva essersi combinato con gli agenti atmosferici e il sangue dei vaganti per emanare quel tanfo. Non gli importava, almeno lì poteva starsene da solo. Aveva trovato una sdraio ancora in buone condizioni e vi si era gettato con tutto il corpo spossato.
“Disturbo?”
Astrid era davanti a lui che si dondolava sui talloni e teneva le mani nelle tasche posteriori dei jeans. Era così agitata che tremava come una foglia. Daryl si mise seduto e le indicò il posto vuoto. La ragazza si accomodò e la sua gamba destra incominciò a tremolare.
“Ehm, Daryl… io non capisco cosa succede. Ho sbagliato qualcosa? Mi dispiace se ti ho ferito in qualche modo. E’ per il bacio? Perdonami, non lo farò più. Credevo che tu lo volessi e…”
“Astrid, calmati. Respira.”
“Scusami.”
Astrid prese un respiro ma i battiti del cuore non si placavano. Daryl le diede una leggera spallata giocosa.
“Tu non hai fatto niente. Non chiedermi scusa per ciò che non hai fatto.”
“E allora perché mi tratti male da quando abbiamo lasciato Alexandria?”
Daryl sentì una fitta che gli lacerava lo stomaco. La voce di Astrid era così affranta che si sarebbe preso a pugni da solo per averla fatta soffrire.
“Non volevo che venissi in missione. E’ troppo pericoloso e io passo tutto il tempo a preoccuparmi per te. Se ti dovesse succedere qualcosa non me lo perdonerei mai.”
“Quindi un pochino ti importa di me?”
“Lo sai.” Disse Daryl.
Astrid ridacchiò e gli mise una mano sul ginocchio, al che l’arciere si irrigidì ma non si ritrasse.
“So che non sei contento della mia presenza, che hai paura per me, ma devi imparare ad avere fiducia. Se ti fidi di me, se smetti di preoccuparti, sono sicura che la missione sarà più facile. Io non ho bisogno di un cavaliere dall’armatura lucente.”
“Io mi fido di te.” Confermò Daryl.
“Dimostramelo. Smettila di tenermi il broncio e inizia a collaborare con me. Io sono una sentimentale, però so che in questo momento i sentimenti devono essere messi da parte. Dobbiamo pensare alla cura.”
Daryl si perse a guardarla, ad ammirare il modo in cui i suoi capelli castani sembravano luccicare sotto la luna, a come muoveva la bocca mentre parlava. Era bella, diamine se era bella.
“D’accordo.”
“Grandioso!”
“Mmh.”
Astrid fece scorrere la mano sulla sua coscia facendolo irrigidire sempre di più. Daryl si sentiva oppresso da quel tocco, era ingestibile per lui. Ecco perché si alzò di scatto e si avvicinò al parapetto.
“Scusami. Ho esagerato.” Disse Astrid, imbarazzata.
“Ti butto in piscina se non la smetti di scusarti.”
“No, nella piscina no! Quell’acqua è così schifosa che potrebbero spuntarmi la coda da sirena.”
Entrambi risero sciogliendo quel nodo di tensione che si era venuto a creare.
“Senti, Astrid, le cose sono… complicate.”
“Ehi, non devi giustificarti. Ne riparleremo quando torneremo a casa. Atlanta non è il luogo giusto per perdersi in fantasie romantiche.”
“Okay.” Disse Daryl più sereno.
Astrid sollevò la testa e vide che il cielo era pieno di stelle. Dieci anni prima tutto quel luccichio non si sarebbe mai visto, ma senza palazzi alti e smog la natura era tornata maestosa.
“Mi piacciono le stelle.”
Daryl rivolse uno sguardo al cielo notturno e poi tornò a guardare lei.
“La Costellazione del Dorado ha la stella più luminosa del cielo: la R136a1. Di solito è quella che ci sembra splendere di più.”
“Daryl Dixon è un esperto di stelle. Affascinante!”
Astrid gli diede una spinta e gli fece la linguaccia. Daryl sorrise, le guance che si tingevano di rosso.
“Falla finita. Sono serio.”
“Anche io sono seria. Tu non te ne rendi conti, ma sei davvero un uomo incredibile.”
“Sì, come no.”
Astrid stava per replicare quando Carol uscì in terrazza con un diavolo per capello.
“Possiamo affogare Negan nella piscina?”
“Vengo messo alla gogna solo perché voglio dormire nel letto!” gridò Negan dietro di lei.
Nel caos generale l’attenzione di Daryl fu catturata da una luce che sfrecciava nel buio delle strade. Assottigliò gli occhi e capì che si trattava di una macchina.
“In città c’è qualcuno. Vedete, laggiù c’è una macchina in movimento.”
Astrid, Carol e Negan si affacciarono oltre il parapetto. In effetti una macchia scura avanzava spedita verso il Grady Memorial, o quello che ne rimaneva.
“Credi che si tratti del gruppo di Dawn?” sussurrò Carol.
“Chi è Dawn?” indagò Astrid.
“Dawn e il suo gruppo sono morti. Forse qualcun altro si nasconde in ospedale.” Disse Daryl.
“Qualcuno bisognoso forse di cure mediche.” Ipotizzò Negan.
Astrid si accorse dell’espressione cupa di Daryl. I suoi occhi si era adombrati lasciando spazio ad una grande sofferenza.
“Possiamo andare a controllare domani, se vuoi. Possiamo dividerci.”
“Astrid ha ragione. Togliamoci il dubbio.” Disse Carol.
“Nessuna distrazione. Concentriamoci solo sulla nostra missione.” Disse Daryl.
 
Alla fine, dopo una valanga di proteste, Negan si era conquistato il letto. Carol e Astrid avrebbero preso il divano. Daryl, invece, aveva raccattato il materasso della stanza accanto e lo aveva malamente gettato sul pavimento.
“Starai comodo?” domandò Astrid.
Lei si stava slacciando gli anfibi mentre Carol era immersa nella cabina-armadio in cerca di soffici cuscini.
“Starò benone.”
“Se ti va… puoi avvicinarti … a me e a Carol.”
“Vuoi che ti tenga la manina?” scherzò Daryl.
Astrid arrossì e fece una risatina nervosa. Si sedette a gambe incrociate sul divano-letto e con l’indice disegnò cerchi immaginari sul bracciolo.
“Era una cosa stupida. Lascia perdere.”
Daryl aveva capito la sua richiesta, lo fece sorridere sapere che lei lo voleva vicino. Quindi spinse il materasso affianco al divano in modo da dormire accanto a lei. Poi si sdraiò e si mise le mani dietro la testa.
“Ora sto molto più comodo.”
“Posso tenerti la manina?” lo prese in giro Astrid.
Daryl sorrise e allungò la mano, al che lei la strinse e fece incastrare le loro dita. Era un gesto così dolce e intimo che rimasero in silenzio per un po’.
“Questi cuscini sono incredi-… oh, scusate l’interruzione!” disse Carol.
Daryl ritrasse la mano e si mise seduto con evidente imbarazzo. Lo metteva a disagio essere beccato mentre stringeva la mano di Astrid.
“Che dicevi dei cuscini?”
“Che sono incredibilmente morbidi. Possiamo portarli ad Alexandria?”
Astrid prese un cuscino e lo stritolò fra le mani godendosi quella morbidezza che tanto le mancava.
“Io questo me lo metto nello zaino!”
Carol si coricò, spiegazzò il cuscino per bene e si mise comoda per dormire.
“Come fa quello a dormire?”
Negan aveva ricominciato a russare non appena si era messo a letto. Occupava tutto lo spazio con le gambe e le braccia allargate.
“E’ come uno scarafaggio, si adatta a tutto.” Disse Astrid.
“Domani dovremo dividerci per controllare più velocemente i laboratori.” Esordì Daryl.
“Posso andare io con Negan.” Si offrì Astrid.
“Siete molto amici, eh.” Commentò Carol, scettica.
“Non si tratta di amicizia. Reputo che Negan sia un valido aiuto.”
Daryl sapeva che Astrid aveva ragione e odiava che fosse così. Negan era stato di grande aiuto contro i Sussurratori, soprattutto quando aveva agito sotto copertura per uccidere Alfa.
“Te la senti di andare con lui? Ti basta una parola e cambiamo tutto.”
Astrid sorrise per l’apprensione dell’arciere, era bello sapere che lui ci teneva a proteggerla sempre.
“Me la sento. Io e Negan andiamo abbastanza d’accordo.”
“Okay. Però dopo i primi sopralluoghi cambiano partner.” Disse Carol.
“Sì.” Acconsentì Daryl.
“Per me va bene. Per quanto riguarda l’ospedale? Secondo voi dovremmo dare un’occhiata?”
“Non faremo niente. Atlanta è troppo pericolosa per andarsene in giro.” Disse Daryl.
Se si concentrava, Astrid riusciva a riconoscere i vaganti che dalla strada emettevano quei gorgoglii mostruosi. Era come un fitto esercito di formiche che assalta il tronco di un albero.
“Diamoci due giorni di tempo. Due giorni e poi torniamo ad Alexandria.”
“Sì, qui siamo troppo esposti.” Disse Carol.
 
Iris arrancava passo dopo passo. La ferita alla gamba aveva ripreso a sanguinare copiosamente. Un capogiro la costrinse a fermarsi e piegarsi in avanti per vomitare. Il dolore era intollerabile.
“Iris, non possiamo fermarci. Forza!” disse Logan.
“Non ce la faccio. Non posso andare avanti con questa gamba. Lasciami qui.”
Logan l’afferrò per la vita e la rimise in piedi, facendosi carico di tutto il suo peso.
“Remy mi uccide se ti mollo qui. Possiamo farcela. Dobbiamo restare uniti.”
“Sono giorni che scappiamo. Ho bisogno di riposo.” Disse Iris.
Logan si guardò intorno: si trovavano in un quartiere residenziale, uno abbastanza vicino al centro della città. I suoi occhi si posarono su una croce rossa appesa malamente ad un muro.
“Lì in fondo c’è un ospedale. Ci rifugeremo per una notte. Domattina ci muoveremo all’alba.”
Raggiungere l’ospedale fu difficile sia per Iris che zoppicava sia per le macchine accatastate lungo la strada. Logan dovette rimuovere un masso per far passare Iris.
Quando varcarono alle porte del Grady Memorial furono accolti da una sfilza di cadaveri rinsecchiti. La puzza era tremenda. Logan trattenne il respiro per non rigurgitare.
“Troviamo qualcosa per pulire e bendare la ferita.”
“Agli ordini, capitano.” Disse Iris.
Poiché gli ascensori erano fuori uso, Logan dovette trascinare Iris su per le scale con le sue sole forze. Arrivati al primo piano, il ragazzo era così sudato che i riccioli biondi gli si erano appicciati alle tempie e alla nuca.
“Ecco una stanza.”
Iris crollò sul lettino con un rantolo di dolore. I jeans erano sudici di sangue, quindi strappò la stoffa con facilità. La pelle riportava una profonda ferita che di certo doveva essersi infettata.
“Logan, cerca disinfettante, bende, aghi, antibiotici e antidolorifici.”
“Sei in grado di ricucirti da sola?”
“Sono una genetista, direi che sto rattoppare una ferita.” Replicò lei.
Logan rise nel costatate che l’amica non aveva perso la sua solita sfacciataggine. Andò direttamente nel deposito dei medicinali in cerca del necessario.
“Ho trovato tutto. C’erano tanti antibiotici e li ho presi tutti… Iris?”
Iris stava singhiozzando mentre premeva le labbra sulla fede nuziale. Il dolore fisico si era unito a quello psicologico provocandole un crollo emotivo.
“Mi manca Remy. Mi manca terribilmente.
“Ti capisco.” Disse Logan.
“Lo capisci perché sei innamorato di Astrid?”
Logan spalancò gli occhi, colto in pieno con le mani nel sacco. Rise per smorzare l’imbarazzo.
“Cosa? No, io non… okay, forse…”
“Logan, piantala. Lo sappiamo tutti che tu e Astrid siete innamorati da una vita. Sareste già sposati e avreste già dei figli se non ci fosse stato il virus.”
“Sono passati tre anni, non credo che Astrid pensi ancora a me. Forse si è messa con Ryan.”
Iris fece una smorfia tanto per il dolore quanto per l’ipotesi di Logan.
“Sarà magico quando tu e Astrid vi rivedrete. Il vero amore vince sempre.”
Logan sospirò, una misera speranza si stava accendendo nel suo cuore. Sperare di rivedere Astrid era l’unico motivo per cui lottava ogni giorno. Lei era la sua stella e lui l’avrebbe ritrovata.
 
Salve a tutti! ^­_^
Sono ritornata! Questo capitolo getta un po’ le basi per la storia.
Daryl come sempre se ne sta per conto suo e si chiude, ma Astrid è determinata a entrare nel suo mondo.
Ma Logan? Oh oh, credo che resterà molto deluso… oppure no?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 2
*** Nulla è perduto ***


2. NULLA E’ PERDUTO

Astrid si svegliò che era ancora buio. Dovevano essere all’incirca le cinque del mattino. Voleva fare una doccia veloce prima che gli altri si svegliassero. Carol accanto a lei dormiva ancora beata, per sua fortuna riusciva ad adattarsi a qualsiasi situazione. Anche Negan russava bellamente con la faccia affondata nel cuscino. Le scappò un sorriso quando vide che Daryl dormiva a pancia in giù con il gilet ancora addosso. Era calmo e tenero, due qualità che l’arciere da sveglio nascondeva sempre. Era bello vedere che ogni tanto anche il rigido Daryl Dixon si prendeva una pausa. A passo felpato raggiunse il bagno, chiuse la porta e si spogliò in fretta. L’acqua era fredda ma era pur sempre piacevole. Non aveva bagnoschiuma e shampoo a disposizione, quindi pulì lo sporco e il sudore sfregandosi la pelle con forza.
“Astrid?”
Astrid rischiò di scivolare in doccia per lo spavento. Interruppe l’erogazione dell’acqua e si avvolse in uno striminzito asciugamano che aveva portato da Alexandria. Strizzò i capelli prima di affacciarsi fuori.
“Ciao, Daryl. Scusami se ti ho svegliato.”
Daryl con lo sguardo seguì una goccia d’acqua che dai capelli le scivolava sulla spalla e lungo il braccio. Deglutì e abbassò gli occhi sul pavimento.
“Credevo fosse successo qualcosa. E non mi hai svegliato, ero sveglio da un pezzo.”
“Volevo lavarmi prima di lasciare l’hotel.”
Astrid sarebbe voluta sprofondare per la vergogna. Era lì davanti a Daryl mezza nuda che grondava acqua come un pulcino bagnato.
“Ti lascio continuare.” Disse Daryl.
Astrid si vestì alla velocità della luce, si lavò i denti e si asciugò i capelli meglio che poté grazie ad un phon trovato nel bagno dell’hotel. Quando venti minuti tornò in camera, tutti erano svegli e Carol stava preparando il caffè.
“Caffè solubile, una schifezza.” Esordì Carol.
“Mi mancano da morire le pasticcerie.” Disse Astrid.
Daryl intanto stava controllando le punte delle frecce. Con la coda dell’occhio vide Astrid che versava il caffè mentre ridacchiava con Carol.
“Sembri uno stalker.” Disse Negan.
“Vai al diavolo.” Replicò Daryl.
Quando l’arciere guardò verso la cucina, Astrid lo stava guardando e gli sorrise. Era fottuto. Se un solo sorriso bastava a fargli venire i brividi allora la situazione stava precipitando.
“Fatti avanti con lei prima che lo faccia qualcun altro.” Disse Negan.
“Qualcuno chi? Tu?”
“Forse sì, forse no. Una come Astrid devi tenertela stretta.”
Daryl incenerì Negan con lo sguardo. Passava tutto il tempo a flirtare con Astrid ma non pensava che fosse davvero interessato a lei.
“Daryl, il caffè è pronto.” Lo richiamò Carol.
Astrid gli passò il bicchiere e gli regalò l’ennesimo sorriso radioso.
“Buongiorno di nuovo.”
“Buongiorno a te.”
Daryl sorrise mentre sorseggiava quell’acqua che sapeva di caffè poco e niente.
 
“Questa è la mappa di Atlanta. Noi siamo… qui!” disse Astrid.
Daryl srotolò la cartina sul cofano della macchina e si chinò per guardare il punto indicato dalla donna.
“L’unico modo per arrivare al Centro è attraverso la periferia. Il centro della città è completamente distrutto.”
“E chi ci dice che la periferia sia agibile?” chiese Negan.
“Nessuno. Dobbiamo comunque tentare, a meno che tu non abbia idee intelligenti.”
“E se attraversassimo il ponte?” propose Astrid.
“Il ponte è distrutto. Lo so perché io e Daryl siamo caduti da lassù.” Disse Carol.
“Attraversare la città è pericoloso. Incontreremmo troppi vaganti.” Proseguì Daryl.
“Vada per la periferia.” Si rassegnò Negan.
Daryl annuì e ripiegò la cartina, poi la infilò nello zaino di Astrid e la aiutò a metterselo in spalla.
“Andremo tutti al Centro Controllo delle Malattie e da lì ci separeremo per controllare i primi due depositi. Remy vi ha dato la copia della mappa?”
“Sì.” Confermò Astrid.
“Allora siamo pronti.”
 
“Come hai convinto il tuo fidanzato a lasciarmi venire con te?” chiese Negan.
Astrid chiuse lo sportello e accese il motore, ingranò la seconda e si avviò tenendo la mappa sulle gambe.
“Daryl non è il mio fidanzato. E poi non sta a lui decidere con chi devo stare. Sono in grado di fare le mie scelte.”
“Ma lui ti piace e non vuoi deluderlo.” Disse Negan.
“Non fare lo psicologo, Negan. Con me non funziona. Ora taci e fammi concentrare.”
Negan appoggiò la testa contro il finestrino e si appisolò. Astrid fu lieta di poter guidare senza le chiacchiere infinite del suo terribile compagno di viaggio. La moto di Daryl a un certo punto l’aveva superata per dirigersi dalla parte opposta, e per un breve istante Carol l’aveva salutata e Astrid aveva fatto un cenno della testa. Da lì tutto era filato liscio, a parte auto accartocciate e cadaveri spalmati sull’asfalto.
“Negan, muoviti. Siamo arrivati.”
Negan si trascinò fuori dall’auto con gli occhi ancora assonnati. Era stanco e affamato, però non osò lagnarsi visto che Astrid era attiva e pimpante.
“Questo è il deposito? Tutto qui?”
Il deposito in questione era un piccolo edificio con i mattoncini a vista, un cancello blindato e finestre sbarrate. Quanto ne restava erano vetri rotti, catenaccio divelto e mattoni crollati.
“Dista quindici minuti dal Centro ed è proprio dove indica la mappa. E’ questo il posto.”
“Troveremo la cura sotto l’albero di natale?”
“Se devi parlare per sputare veleno, meglio che stai zitto.” Disse Astrid, stizzita.
“Sei nervosa?”
“Certo che sono nervosa! Potremmo scoprire la cura tra pochi minuti.”
Negan fece spallucce, era scettico in merito alla cura. Riteneva che fosse uno scherzo, che quel diario fosse stato scritto da qualche folle prima che il virus lo consumasse del tutto.
“Non ci resta che entrare. Prima le signore, prego.”
“La galanteria funziona solo in caso di vaganti, eh.” Lo riprese Astrid.
L’interno era illuminato solo dalla luce solare che penetrava dalle finestre rotte e dalle porte distrutte. Ogni area era ricoperta da calcinacci, lampade e mobili spaccati. La segretaria, quella che un tempo lo era stata, si trovava schiacciata sotto la scrivania. Alcuni dipendenti del laboratorio erano disseminati lungo il corridoio principale. Il tanfo dei cadaveri era rivoltante.
“Almeno nessuno ci interromperà.” Disse Negan.
Astrid roteò con gli occhi per l’esasperazione, anche se doveva ammettere che l’attitudine di Negan poteva essere d’aiuto.
“Cerchiamo documenti, fiale, qualsiasi cosa che possa darci indizi sulla cura.”
“Dividiamoci, anche se sentirai la mia mancanza.” Disse Negan.
“Non posso vivere lontana da te.” Replicò Astrid con tono piatto.
Negan le fece l’occhiolino e imboccò un corridoio secondario. Astrid pescò il diario misterioso e rilesse alcuni passi nella speranza di essere guidata.
Trascorsero all’incirca un’ora a gironzolare nel deposito senza risultati. I fogli erano strappati, bruciati e ingialliti. Molti di essi erano inutili, altri erano disegni e altri ancora giacevano sotto i corpi dei morti.
“Astrid, vieni! Forse ho trovato qualcosa!” gridò Negan.
Astrid raggiunse la sala di controllo, c’erano apparecchi e pannelli dappertutto ma i tasti erano spenti poiché fuori uso. Si abbassò per evitare una ragnatela.
“Che cosa hai trovato?”
Negan le fece cenno di avvicinarsi ad una specie di libreria in metallo. Erano impilati un centinaio di raccoglitori che riportavano date, nomi e esiti degli esperimenti.
“Remy nel diario ha trovato un riferimento a Frankenstein, giusto?”
“Sì. Chi ha scritto il diario aveva paura che Frankenstein lo scoprisse e uccidesse.”
Negan prese uno dei raccoglitori e lo aprì su un esperimento sui topi. Col dito indicò un nome sul bordo dei ricercatori.
“Vedi? Tra i nomi dei ricercatori spunta questo dottor Frank Stein.”
“Frankenstein. Frank Stein.” Rifletté Astrid.
“Non credo sia una coincidenza. E’ troppo palese.”
Astrid tornò di corsa all’ingresso e si fermò davanti ad un cartello che sfoggiava una serie di nomi. Era la lista degli impiegati del Centro Controllo Malattie. Fece scorre la mano fino alla lettera ‘S’.
“Eccolo! Dottor Frank Stein, Capo del settore ricerche del Centro Controllo Malattie.”
“Quindi questo Stein voleva uccidere qualcuno?” chiese Negan, perplesso.
“Ma perché? L’unica spiegazione è che Stein voleva nascondere qualcosa.” Disse Astrid.
Un rumore stroncò la conversazione. Si udì un forte boato e un rumore di passi. Una serie di gorgoglii riecheggiò fra le pareti.
“Vaganti. Dobbiamo andare.” Disse Negan.
Astrid infilò il raccoglitore nello zaino e seguì Negan verso l’uscita. I vaganti zoppicavano dietro di loro, ma per fortuna erano in vantaggio e uscirono prima di essere raggiunti.
“Non possiamo bloccare il cancello. Sali in macchina!” ordinò Astrid.
In pochi secondi presero le distanze da quel piccolo esercito di morti con le bocche affamate.
 
Daryl insaccò i fogli nello zaino e recuperò la balestra. Lui e Carol abbandonarono il deposito dopo aver preso alcuni fascicoli che sembravano degni di nota.
“Speriamo che Astrid abbia avuto più fortuna.”
“Astrid, eh? Ieri sera vi ho visti mano nella mano.” Disse Carol sorridendo.
“Piantala, Carol.”
“Non c’è niente di male se ti piace.”
Daryl grugnì come un animale. Odiava parlare dei suoi sentimenti, odiava mostrare quella parte di sé che cercava di nascondere in tutti i modi.
“Smettila. Astrid e io siamo solo amici.”
“E tu sbavi dietro a tutte le tue amiche? Stamattina l’hai fissata per tutto il tempo, eri davvero patetico!”
Daryl buttò lo zaino sul sellino della moto con un gesto rabbioso. Si rivolse a Carol come una furia.
“Ti ho detto che devi piantarla.”
“E tu piantala di mentire a te stesso! Perché hai paura di provarci con lei?”
Daryl alzò le braccia in alto come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Hai visto bene Astrid? Lei è perfetta. E’ buona, intelligente, spiritosa e premurosa. Secondo te una donna così vorrebbe mai stare con un rifiuto come me? Io sono soltanto uno stronzo ex alcolizzato che è stato in prigione innumerevoli volte. Astrid non dovrebbe mai avvicinarsi ad uno scarto della società come me.”
Carol gli diede un pugno sulla spalla e poi lo spintonò per dispetto.
“Tu non sei un rifiuto. Astrid sarebbe fortunata a stare con te. Non puoi restare da solo per sempre, Daryl. E’ il momento di provarci.”
Il loro bisticciò fu interrotto dal motore di una macchina che andava verso di loro. Astrid inchiodò e parcheggiò in mezzo alla strada.
“Abbiamo beccato un covo di vaganti.” Spiegò Negan.
Daryl distolse lo sguardo quando Astrid scese dall’auto e si avvicinò a loro.
“Io e Negan abbiamo scoperto qualcosa di interessante. Voi?”
“Abbiamo preso dei fascicoli che riguardano il virus.” Rispose Carol.
Astrid fece un passo verso Daryl ma lui si ritrasse e lei rimase ferma. A volte aveva l’impressione che l’arciere la odiasse e che cercasse di evitarla in tutti i modi.
“Negan ha scoperto il nome di un certo Frank Stein, il capo delle ricerche svolte dal Centro Controllo Malattie. Nel diario viene menzionato un certo Frankenstein che sembra pericoloso.”
“Dobbiamo immaginare che siano la stessa persona?” domandò Carol.
“Credo di sì. In fondo, se ci pensiamo bene, tutto riporta agli esperimenti condotti dal Centro.”
“Dovremmo chiederlo a Remy, ne sa più di noi.” Disse Negan.
“Però ora non abbiamo tempo. Dobbiamo perlustrare gli altri due depositi.” Dichiarò Astrid.
“Io vado con Negan. Tu vuoi andare con Daryl questa volta?” chiese Carol.
“Okay.” Si limitò a dire Astrid.
 
Astrid non era mai andata in moto prima dell’apocalisse. Si era sempre spostata o in bici oppure con il suo maggiolino. Adesso che il vento le accarezzava il viso mentre Daryl sfrecciava ebbe la sensazione quasi di volare. Non stringeva le braccia intorno a lui, non voleva farlo irritare più del solito. Teneva le mani inchiodate sotto il sellino in modo da reggersi. Quando giunsero a destinazione, Astrid smontò senza chiedere aiuto. Rischiò di inciampare ma si rimise in equilibrio da sola.
“Pronta?” chiese Daryl.
“Sì.”
Astrid andò avanti senza di lui. Sfoderò le daghe e tese le braccia in avanti per qualsiasi evenienza. Anche qui il cancello era devastato, pertanto entrare fu una passeggiata. Il deposito era identico all’altro, stessi mobili e stesso cartellone con i nomi dei lavoratori.
“Astrid, aspettami.”
“Io controllo le stanze sulla destra, tu quelle sulla sinistra.” Disse Astrid.
Daryl sospirò mentre lei si svaniva oltre una porta. Non gli restava che mettersi al lavoro. Entrò in una piccola stanza e incominciò a spulciare i faldoni di documenti. Uno dei faldoni era incastrato fra la parete e gli scaffali, perciò dovette spostare il mobile per tirarlo fuori. Fu allora che Daryl vide una sorta di botola incassata nella parete. Sulla porticina c’era scritta una combinazione di lettere e numeri.
“Astrid, vieni a vedere!”
“Di là non c’è mol… che diavolo è quella?”
“Un ottimo nascondiglio.”
Astrid si piegò sulle ginocchia per arrivare all’altezza della botola. Era stata realizzata di fretta, i bordi frastagliati ne erano una prova. Prese la radio dallo zaino e premette il tasto per avviare la comunicazione.
“Qui parla Astrid. Qualcuno è in ascolto?”
“Qui parla Remy. Ciao, sorellina! Ti ascolto.”
“Remy, qui c’è una specie di formula matematica. Ci sono una ‘X’ maiuscola, una ‘t’ minuscola con un ‘1’, poi una ‘k’ e una parentesi.”
“E’ la Teoria del Caos! Robert May l’ha scoperta nel…”
“Vai al sodo, Remy.” Disse Daryl, spazientito.
Astrid rise per l’entusiasmo che la matematica e i numeri suscitavano nella sorella. Remy fece un versetto di disappunto prima di riprendere il discorso.
“Nel diario spesso si fa riferimento al Caos, quindi dovreste essere nel posto giusto. Aprite la botola per scoprire cosa si cela all’interno.”
“D’accordo. Ci sentiamo dopo. Saluta i ragazzi da parte mia.” Disse Astrid.
“Lo farò. Buona fortuna. Passo e chiudo.” Replicò Remy.
“Perché proprio la Teoria del Caos?” domandò Daryl.
Astrid si era messa da parte e lui con una tenaglia cercava di manomettere il lucchetto della botola.
“Secondo questa Teoria non esiste nessun vero processo che sia determinabile con precisione, ciò vuol dire che un processo è in continua evoluzione attraverso il tempo.”
“Credevo fossi un’assistente sociale e non una scienziata.” Scherzò Daryl.
“Quando passi molto tempo con Remy e ascolti le sue farneticazioni impari qualcosa di utile.”
Daryl diede una spallata alla porta della botola e questa si aprì con uno scatto. Lo spazio era piccolo e custodiva un pacco di lettere annodate da un nastro nero.
“Non ti sembra troppo facile?”
“Dobbiamo comunque tentare.” Disse Astrid.
Allungò il braccio dentro la botola e chiuse la mano intorno alle lettere. Mentre estraeva il pacco qualcosa l’afferrò per il polso. Il braccio di un vagante era sbucato dall’interno della botola e la stava strattonando per morderla. La sua lingua nera stava per sfiorarle il polso quando Daryl gli conficcò la tenaglia nel cervello.
“Stai bene?”
Astrid si strinse il braccio al petto e si accarezzò la mano, respirava con affanno.
“Sto bene. Grazie.”
Daryl raccattò le lettere e le mise al sicuro nel proprio zaino. Prese la tenaglia e diede un’occhiata al corridoio.
“Dobbiamo andare. E’ troppo pericoloso.”
Astrid scrollò le spalle come a voler scacciare la sensazione viscida della mano del vagante.
“Mentre usciamo dobbiamo segnarci i nomi dei dipendenti. Potrebbero tornare utili.”
“Sbrighiamoci, si sta facendo tardi.”
 
Alle sette di sera rientrarono all’Hotel sani e salvi. Astrid si era diretta in bagno per lavare via il liquido nero che il vagante le aveva appiccicato sulla pelle. Era così stanca che a stento riusciva a stare in piedi. Quando Daryl si affacciò, la trovò seduta sul water che si passava un panno umido sull’avambraccio.
“Non strofinare tanto forte, oppure si arrosserà la pelle. Dai a me.”
Astrid gli diede il panno e Daryl delicatamente glielo passò sullo sporco. Il polso di lei era esile nella sua mano, le vene erano evidenti sotto la pelle tesa. Daryl d’istinto le sfiorò col pollice la vena che pulsava. Astrid rabbrividì.
“Quando partiamo per Alexandria?”
“Domattina presto. Entrò sera saremo di nuovo a casa.” Rispose Daryl.
Rimosse con cura tutta la sostanza nerastra dal polso fino al gomito, dopodiché getto il panno nel lavandino.
“Grazie.” Sussurrò Astrid.
L’arciere le lasciò andare la mano e annuì, l’imbarazzo era troppo per restare ancora in quella stanza.
“Ti aspetto in cucina.”
Astrid sospirò quando rimase sola. Avrebbe voluto baciarlo, abbracciarlo, avrebbe voluto sentirlo vicino. Ma Daryl era lontano, sempre più lontano da lei.
 
Negan si fiondò sul letto subito dopo cena. Anche quella sera avevano mangiato carne in scatola, e ormai era diventata una prelibatezza. Carol e Daryl erano seduti in terrazza a fumare e a chiacchierare.
“Il tuo fidanzatino ti ha mollata?”
Astrid, che stava leggendo alcuni documenti, gli scoccò uno sguardo truce.
“Credevo dormissi, invece dai ancora aria alla bocca.”
“Sei nervosetta, chiaro sintomo di problemi d’amore.”
Negan si sdraiò ai piedi del letto in modo da guardare Astrid seduta sul divano.
“E tu sei un esperto in amore, dico bene?”
“Un tempo, prima di questi fottuti vaganti, avevo una moglie. Lei era incredibile, bella e forte, ma io me ne sono accorto troppo tardi.”
Astrid rimase stupita da quella confidenza. Mise da parte i fascicoli e rivolse tutta l’attenzione a Negan.
“Hai perso tua moglie?”
“Purtroppo sì. Sono stato punito per i miei peccati.”
“Per questo sei diventato un mostro che ha terrorizzato la gente per anni?”
Negan abbozzò un sorriso sconsolato, quell’accusa era tanto vera quanto dolorosa.
“Ero solo con me stesso. La solitudine mi ha portato alla cattiveria. Sono diventato un mostro perché non avevo più nessuno.”
“E perché adesso stai rigando dritto?” domandò Astrid.
“Perché magari, se mi comporto bene, qualcuno vorrà stare con me. Sono stanco di essere solo.”
Astrid guardò la terrazza con un tuffo al cuore. Daryl stava ridendo per una battuta di Carol, e lei pensò che avesse una bella risata. Di colpo si sentì terribilmente sola. Remy aveva la sua passione per la biochimica. Daryl aveva Carol. Hunter aveva la musica. Yana aveva la religione. Clara aveva i suoi nuovi amici con cui giocare. Ma lei? Lei cosa aveva?
“Anche io mi sento sola.”
“Potremmo essere due solitari che ogni tanto parlano da amici.” Disse Negan.
“Se continui a rigare dritto, forse ogni tanto potremo parlare da amici.” Ribatté Astrid.
Negan per la prima volta dopo tanto tempo andò a dormire senza la solita tristezza nel petto.
 
Daryl aveva abbandonato la speranza di addormentarsi quasi subito. Si era girato e rigirato sul materasso senza ottenere risultati. Si mise seduto e si passò una mano fra i capelli. Negan russava come sempre e Carol dormiva sul fianco destro. Astrid non c’era. Sbirciando fuori, la vide seduta a terra con carta e penna. Chiuse piano la porta della terrazza per non svegliare gli altri.
“Trovato qualcosa?”
Astrid sobbalzò e si rilassò solo quando lo vide sedersi di fronte a lei. Aveva gli occhi arrossati dalla stanchezza ma sembrava vigile come sempre.
“Niente di interessante. Ci sono mezze frasi, numeri, formule incomprensibili. Toccherà a Remy e a Eugene decifrare questa roba. Io non ne capisco molto.”
“Ti sottovaluti troppo. Sei in gamba.” Disse Daryl.
Astrid si mise a giocare con la penna, un po’ di inchiostro le aveva sporcato le nocche a destra.
“Faccio del meglio come gli altri. Non sono tosta come Carol o super intelligente come Remy. Io faccio la babysitter e ogni tanto do qualche pessimo consiglio.”
“Parli così solo perché non ti guardi con gli occhi degli altri.”
“In che senso?”
Daryl sentì un nodo in gola, era lì che si stavano aggrovigliando tutte le parole. Voleva dirle tutto ciò che pensava di lei ma c’era la paura a bloccargli la lingua.
“Sei troppo critica nei tuoi confronti. Sei tosta e sei intelligente.”
Astrid arrossì e distolse lo sguardo, era come se una freccia l’avesse colpita in pieno petto.
“La verità è che questo nuovo mondo è difficile e io a volte a stento riesco a stare a galla. Alcuni giorni è davvero dura, soprattutto se penso che Clara, Yana e Hunter dipendono da me.”
“Avere paura è normale. E’ quella che ci fa andare avanti. Se smettiamo di lottare è finita.”
“Che saggezza.” Commentò Astrid ridendo.
“Arriva con l’età.” Disse Daryl.
La ragazza distese le gambe e si massaggiò le ginocchia, era così che faceva sua madre quando cadeva dalla bici e si sbucciava.
“Ti offrirei la mia spalla come tu hai fatto per me e ti direi che in qualche modo le cose andranno meglio.”
“Citazione di qualche poeta?” domandò Daryl.
“E’ una citazione da ‘La casa sul lago del tempo’, il mio film preferito. La sera prima di fuggire da Atlanta guardai il film per l’ennesima volta insieme a mia madre.”
“Come mai è il tuo film preferito?”
Daryl si accese una sigaretta per sciogliere la tensione, ma doveva ammettere che quella conversazione spensierata era d’aiuto ai suoi nervi esausti.
“Racconta una storia d’amore che sfida le leggi del tempo e dello spazio. Quando i protagonisti credono che sia finita, è proprio allora che si riuniscono. E vissero tutti felici e contenti!”
“Non tutti hanno il lieto fine.”
Astrid notò un velo di tristezza nella voce dell’arciere. La sua vita tormentata lo aveva reso cinico, e lei dopo l’apocalisse lo poteva ben capire.
E’ una costante nella mia vita, che io tenga a ogni cosa a distanza e ogni persona. E’ questo che la protagonista dice di sé, e credo che si adatti molto a te.”
“Mantenere una certa distanza è una forma di protezione.” Disse Daryl.
“Magari qualcuno vuole spezzare la distanza e avvicinarsi.” Mormorò Astrid.
Daryl alzò lo sguardo su di lei. La guardò come se la vedesse per la prima volta.
“E se ti avvicini e non ti piace quello che c’è?”
Astrid si spinse verso di lui, adesso era in ginocchio e le sue mani si posarono sulle spalle di lui.
“A me già piace quello che c’è.”
“Astrid, io non bravo con queste cose. I sentimenti, le relazioni… non fanno per me.”
“Neanche io sono brava. Sono stata fidanzata solo una volta e ci siamo lasciati pochi mesi che il virus si diffondesse. Non credere che io ne sappia più di te.”
Daryl ridacchiò, era rassicurante sapere di non essere l’unico incapace nelle questioni di cuore.
“Sono una persona difficile. A lungo andare potresti stancarti di me.”
Astrid gli scostò i capelli dagli occhi e gli accarezzò il mento con estrema delicatezza.
“Sono dieci anni che ti aspetto e non mi sono stancata di te.”
“Astrid, non può funzionare. E se poi va tutto male? Non saremmo neanche più amici.”
“Io ti guardo e vedo l’uomo che voglio. Non c’è amicizia da parte mia.”
Daryl abbassò gli occhi, la vergogna se lo mangiava vivo. Per anni suo padre lo aveva additato come un fallito, come uno spreco, e lo aveva riempito di botte fino al sangue. E poi anche Merle gli aveva fatto credere di essere un reietto che poteva aspirare solo ad una vita di stenti. Invece ora con Astrid era diverso. Lei lo voleva. Voleva stare con lui, voleva baciarlo, lo voleva come suo compagno.
“Non lo so. Non credo sia giusto.”
“E’ giusto. E’ giustissimo.”
Daryl si alzò e si allontanò con le mani fra i capelli. Astrid gli andò dietro e lo abbracciò posando la guancia sulla sua schiena. L’arciere sussultò nel sentire la pelle di lei contro una cicatrice.
“Spostati.” Ringhiò lui con rabbia.
“No. Lo so che hai delle cicatrici. Pensi che sia un motivo valido per tenermi lontana? Ti sbagli.”
“Sono orribili. Ti farebbero schifo.”
Astrid gli si parò davanti e gli mise le mani sul petto, il cuore dell’arciere batteva all’impazzata.
“Fidati, in questo momento ti strapperei la camicia per saltarti addosso. Non mi faresti schifo in nessun caso.”
Daryl sorrise per qualche assurda ragione, assurda come le parole di Astrid.
“Tu sei pazza.”
“Pazza di te, signor Dixon.” Rise Astrid.
Daryl le scoccò un’occhiata divertita. La loro differenza di altezza gli permetteva di guardarla dall’alto.
“Potremmo andarci piano, molto piano.”
“Forse.”
Daryl si limitò ad annuire e fece un passo indietro. Si sentiva a disagio al pensiero di avere una specie di ragazza. Insomma, a quarantasette anni non credeva fosse possibile sentirsi come un sedicenne cotto a puntino.
“Dovremmo tornare a dormire, tra poche ore dobbiamo partire.”
Astrid piantò i piedi a terra e incrociò le braccia al petto.
“Torno a dormire solo se mi dai il bacio della buonanotte.”
“Astrid.” La rimproverò lui.
“Okay, okay! Che precisino!”
Rientrarono in silenzio e Astrid quasi cadde mentre strisciava per tornare al suo posto. Si mise di lato e fece penzolare la mano dal letto.
“Buonanotte, Daryl.”
Daryl le prese la mano e se la portò sul petto, poi la coprì con le proprie mani.
“Notte.”
 
Poche ore erano svegli di nuovi, già pronti a muoversi. Il sole non era neanche spuntato. Non si fermarono neanche a bere il caffè annacquato, era meglio lasciare Atlanta il prima possibile.
“Quei due sembrano andare d’accordo.” Disse Negan.
Carol, che stava piegando i vestiti nello zaino, vide Daryl e Astrid che parlottavano in terrazza mentre impacchettavano le loro cose. Stavano ridendo e l’arciere toccava la spalla di Astrid senza timore.
“Era ora! Non li sopportavo più i loro momenti drammatici.”
Negan provò un senso di fastidio, qualcosa che gli fece digrignare i denti in una smorfia di disgusto.
“Siete pronti?” volle sapere Daryl.
Negan fece scoccare la lingua sul palato prima di esprimere il suo risentimento.
“Io e Carol sì. Tu e la signorina avete finito di flirtare o dobbiamo attendere ancora?”
“Io e Daryl stavamo scegliendo il percorso più sicuro per uscire dalla città.” Disse Astrid.
Daryl e Negan si guardarono in cagnesco, poi l’arciere gli voltò le spalle per recuperare la balestra e lo zaino.
“Negan, aiutami con i faldoni.” Disse Carol.
Astrid aspettò che i due scomparissero oltre la porta prima di dedicarsi a Daryl.
“Negan si diverte a istigarti. Lascialo perdere.”
“Sicura di voler andare in auto con lui? Possiamo ucciderlo e mollarlo qui.”
Astrid scoppiò a ridere mentre indossava la felpa e fissava i pugnali alla cintura.
“Lui ci serve, strano ma vero. Lo bacchetterò sulle mani se farà lo scostumato.”
“Mmh.”
Daryl stava per superarla quando Astrid lo bloccò sulla soglia. Lui aggrottò le sopracciglia.
“Ci vediamo a casa, Dixon.”
L’attimo dopo lo baciò. Daryl fu così sorpreso che gli mancò il respiro per una manciata di secondi, dopodiché si lasciò andare e la baciò a sua volta.
 
A metà strada la moto di Daryl rallentò e Astrid fece lo stesso. Carol e Daryl stavano fissando qualcosa, al che Astrid scese dalla macchina.
“Che c’è?”
“Il motore di quest’auto è acceso. C’è qualcuno nelle vicinanze.” Spiegò Daryl.
Astrid estrasse le daghe e Carol sfoderò l’arco. Anche Negan era con loro e stringeva un coltello nella mano.
“Ci dobbiamo preoccupare?”
“Ehi! Mettete giù le armi! Non vogliamo guai!” gridò una voce maschile.
Tutti e quattro si girarono mentre due figure camminavano verso di loro con le mani in alto. Daryl puntò la balestra su di loro e prese la mira.
“Chi siete? Che ci fate qui?”
“I nostri nomi sono Logan e Iris. Siamo qui solo di passaggio!”
Quando il sole illuminò le due persone, Astrid le riconobbe subito: pelle scura lei e riccioli biondi lui.
“Logan! Iris!”
Logan spalancò la bocca e i suoi occhi si inumidirono all’istante. Iris al suo fianco tremò come una foglia.
“Astrid!”
Astrid gettò via le daghe e corse da loro. Il cuore le esplose di gioia quando Logan e Iris l’abbracciarono.
“La festa è finita.” Disse Negan con un ghigno.
Daryl serrò la mascella. Tutte le promesse della notte precedete erano appena sfumate.
 
Salve a tutti! ^_^
Astrid e Daryl sono ‘mai una gioia’ come sempre.
E adesso che succederà?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
 

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Capitolo 3
*** Gioia e dolore ***


3. GIOIA E DOLORE

Astrid non smetteva di piangere mentre stringeva Logan e Iris. La gioia di rivederli faceva a pugni con il dolore per l’assenza di sua madre. Dallo sguardo di Logan capiva che doveva essere successo qualcosa.
“Mia madre… lei è… viva?”
Iris ricominciò a piangere, le lacrime si mescolavano allo sporco incrostato sul viso.
“Mi dispiace, Astrid.”
Daryl sospirò, osservando la scena con il cuore in gola. Sapeva quanto Astrid ci tenesse a riavere sua madre, sapeva che il suo dolore era così grande da togliersi il cibo come forma di punizione.
“Come è morta?” sussurrò Astrid piangendo.
Logan le cinse le spalle con il braccio e la strinse di nuovo a sé.
“Ella è morta in quel centro commerciale. Ha permesso a me e ad Iris di scappare. Si è sacrificata per noi.”
“Tipico di mia madre.”
“Remy? Come sta? Dov’è?” domandò Iris.
“Lei sta bene. E’ al nostro nuovo insediamento. E’ intelligentissima e indelicata come sempre.”
Iris sorrideva e piangeva al ricordo di sua moglie, ogni singolo aspetto di Remy le era mancato da impazzire.
“Ci possiamo fidare? Sono casualmente sbucati al momento giusto.” bisbigliò Negan.
Daryl gli lanciò un’occhiata nervosa perché aveva ragione. Carol guardò il suo migliore amico con uno sguardo scettico che la diceva lunga.
“La fiducia è un lusso.” Disse Daryl.
“Che non possiamo permetterci.” Proseguì Carol.
Astrid con la coda dell’occhio notò che Daryl, Carol e Negan si erano messi a parlottare a bassa voce. Decise allora di avvicinarsi per saperne di più.
“Va tutto bene?”
“Sì. Stavo giusto dicendo a Negan che gli toccherà guidare.” Disse Carol.
Daryl non osò guardarla e Astrid capì che Carol stava mentendo. Però era così felice che non voleva preoccuparsene, quindi sorrise e annuì.
“Ovviamente Logan e Iris vengono con noi.”
“Ovviamente.” Ripeté Negan, sarcastico.
“Andiamocene prima che faccia buio.” Disse Daryl.
 
Astrid fissava Logan e Iris attraverso lo specchietto. Era come un bel sogno e temeva di svegliarsi da un momento all’altro. Alla sua sinistra Negan guidava e ogni tanto fischiettava, però i suoi occhi più volte si erano posati sui nuovi arrivati.
“Dove siete stati fino ad ora?” chiese dopo un po’.
“Ad Austell, in una vecchia pensione puzzolente.” Disse Iris.
“Con chi? Siete stati rapiti oppure siete andati volontariamente?” indagò Negan.
Logan aggrottò le sopracciglia e un riccio biondo gli ricadde sulla fronte.
“E’ un interrogatorio, per caso?”
“Vogliamo solo sapere dove siete stati. Tre anni sono tanti.” Spiegò Astrid.
Iris toccò la mano di Logan per rabbonirlo, era troppo stanca per un battibecco.
“Dopo che i vaganti ci hanno attaccato al centro commerciale, siamo rimasti bloccati nei magazzini per tre giorni. Le pareti erano crollate e avevano bloccato le uscite. Dopo tre giorni qualcuno ci ha tirati fuori, si trattava di un gruppetto di cinque persone. Ci hanno dato da bere e da mangiare, poi ci hanno chiesto le solite cose. Abbiamo detto loro che volevamo tornare al nostro insediamento ma non ci hanno dato ascolto. Siamo stati tramortiti e portati ad Austell. Per tre anni abbiamo vissuto sotto sequestro insieme a quelle persone.”
“Chi sarebbero queste persone?” domandò Astrid.
“Il loro capo si chiama Frank. La comunità è composta da circa cinquanta persone, bambini inclusi. Non sappiamo altro perché ci tenevano o in cella oppure nei campi a lavorare.”
“E come siete scappati?” volle sapere Negan.
“Una donna del gruppo ci ha dato una mano. Ci ha prestato una macchina e ci ha dato le indicazioni per raggiungere Atlanta.”
“Una buona samaritana, eh.” Disse Negan.
“Hai finito col sarcasmo?” Sbottò Logan.
Astrid mise una mano sul braccio di Negan per invitarlo a stare zitto, al che lui sbuffò e tornò a guardare la strada.
“Logan, adesso siete al sicuro. Non dovete avere più paura.”
“Quelle persone verranno a cercarci. Verranno a cercare la cura.” Disse Iris.
 
Due giorni dopo
“Stronzate. Sono tutte stronzate.” Disse Negan.
All’alba Carol lo aveva tirato giù dal letto per una riunione segreta con Daryl, Gabriel e Aaron. Negan aveva raccontato ciò che Iris aveva riferito durante il viaggio di ritorno e ora stavano traendo le conclusioni.
“Chi ha preso Iris e Logan cerca la cura, ecco perché li tenevano imprigionati.” Disse Aaron.
Gabriel annuì e scrutò fuori dalla finestra per accertarsi che tutti dormissero ancora.
“Questo per noi è un problema dato che noi stiamo lavorando sulla cura.”
“Noi crediamo davvero a quei due?” fece Negan, perplesso.
“Diamo loro il beneficio del dubbio.” Disse Carol.
“Tu credi sul serio che siano fuggiti da un fottuto carcere grazie ad una brava donnina?!”
“Daryl, sei silenzioso.” Osservò Aaron.
“Negan ha ragione. Qualcosa non torna.” Disse l’arciere.
“Se Negan ha ragione allora siamo spacciati.” Commentò Carol.
“Dovremmo parlarne con Astrid. Lei conosce Logan e Iris meglio di noi.” Disse Gabriel.
Daryl aveva i palmi sudati e li asciugò passandosi le mani sui pantaloni. Non dormiva da due giorni, era troppo allarmato per riposarsi.
“Astrid non ne deve sapere niente. Se Logan e Iris sono coinvolti, capirebbero se Astrid cambiasse atteggiamento.”
“Vuoi usarla come una sorta di esca?” domandò Carol.
Era un pensiero orribile, Daryl lo sapeva, ma erano due giorni che evitava Astrid per riflettere sul da farsi. Non poteva lasciare che i sentimenti offuscassero il suo giudizio.
“Astrid e Remy potrebbero essere in combutta col gruppo di Austell, dobb-…”
Carol si alzò come una furia tanto da far rovesciare la sedia a terra.
“Davvero stai accusando Astrid e Remy?”
“Non possiamo fidarci di loro. Astrid, Remy, Logan e Iris sono una famiglia. E la famiglia viene prima di tutto.”
“Suppongo che Daryl sia l’unico a poterlo giudicare.” Disse Gabriel.
“In che senso?” chiese Daryl.
“Tu sei quello più vicino ad Astrid. Tu sei in grado di indagare e di capire se nascondono qualcosa. Dovrai essere la nostra spia.”
“Daryl, no!” si oppose Carol.
Daryl sentì una fitta dolorosa allo stomaco. Lui e Astrid avevano appena trovato un punto d’incontro, si erano confessati, e ora Gabriel voleva sfruttare il loro rapporto. Aveva abbassato le difese per Astrid, si era aperto e si era lasciato andare, ma era tempo di innalzare barriere ancora più alte. Doveva farlo per Alexandria, per Carol, per Judith e per la memoria di Rick.
“Lo farò.”
 
Astrid scese a fare colazione con un sorriso raggiante. In cucina c’era fermento: Iris e Remy che imburravano il pane e si sbaciucchiavano; Hunter che mostrava a Logan come suonava la chitarra; Yana che scaldava il latte per Clara.
“Buongiorno, famiglia!”
Logan le andò incontro con un sorriso altrettanto radioso e le scoccò un bacio sonoro sulla guancia.
“Ecco la nostra dormigliona! Vieni, siediti con noi.”
Astrid prese posto accanto a Clara che si rifugiò tra le sue braccia. La piccola non riusciva ancora a sentirsi a proprio agio con Logan. Del resto anche lui faticava ad entrare in sintonia con sua figlia. L’ultima volta che l’aveva vista aveva due anni e ora era una bambina cresciuta di cinque anni.
“Somiglia ad Olga in maniera impressionante.” Disse Logan.
Accarezzò il braccio di Clara e le baciò i lunghi capelli che odoravano di shampoo.
“Ma ha i capelli biondi come i tuoi.”
“Questo non fa di me un padre.” Mormorò Logan.
“Ehi, non abbatterti. Ti serve tempo. Sei stato lontano per tre anni, devi adattarti con calma.”
Astrid gli strinse la mano e per un attimo fu come tornare indietro nel tempo, a quando erano semplici ragazzi pieni di sogni e aspettative. La realtà, però, era diversa e ancora più spaventosa.
“Sei sempre la mia stella fissa, Astrid.”
Dall’altro capo del tavolo Remy osservò la scena con un certo disappunto. Logan non era mai stata la persona giusta per Astrid, era troppo pieno di sé e troppo finto alle volte.
“Conosco quello sguardo. Che c’è?” le chiese Iris.
Iris, sua moglie, la donna più bella del mondo, era tornata. Stentava ancora a crederci. Remy l’aveva tenuta stretta a sé per due giorni interi. Tre anni erano stati sufficienti e ora voleva soltanto restare al suo fianco per proteggerla.
“Logan è appena tornato e già fa il cascamorto.”
Iris ridacchiò e addentò un biscotto. La sua testa era perfettamente rasata, solo una piccola cicatrice dietro l’orecchio sinistro indicava che qualcosa era cambiato.
“Logan ha sempre fatto il cascamorto con tua sorella. Qual è il problema?”
“Il problema è che Astrid tende a distrarsi quando c’è di mezzo Logan. E ora non possiamo permetterci distrazioni.”
Astrid rise per qualche battuta di Logan, faceva sempre così anche quando lui non era divertente. Remy alzò gli occhi al cielo e Iris le accarezzò la mano.
“Remy, amore, calmati. Ci siamo appena ritrovati, abbiamo bisogno di stare insieme e di non pensare a niente.”
“No. Abbiamo bisogno di trovare la cura e cambiare le nostre vite.”
“Remy, sei scontrosa come al solito.” Disse Logan ridendo.
Remy non gli diede retta, non era dell’umore per scherzare con nessuno. Spinse la sedia a rotelle fino alla porta e si voltò per un breve cenno del capo.
“Io vado da Eugene, abbiamo molto lavoro da fare.”
 
Daryl era da poco rientrato da una battuta da caccia. Aveva consegnato le prede a Jerry e si era avviato verso casa. Erano le dieci del mattino e tutti ad Alexandria si erano messi all’opera. Riconobbe Carol mentre superava la villetta di Gabriel e Rosita.
“Daryl! Daryl, aspetta!” lo chiamò Lydia.
Lei e Yana stavano raccogliendo gli ortaggi in un cesto, poi avrebbero lavato tutto e portato a Jerry e a sua moglie.
“Che c’è?”
“Volevo dirti che stanotte resto a dormire da Yana. Ho già avvisato Carol.”
Daryl era contento che Lydia avesse fatto amicizia con Yana, erano entrambe ragazze sole che avevano bisogno di una spalla.
“Non combinare casini.”
“Non lo farò. Buona giornata!”
Lydia tornò al suo lavoro e Yana sventolò la mano per salutare Daryl. L’espressione rilassata dell’arciere cambiò quando vide una figura accucciata sull’altalena dietro casa sua. Si affrettò ad avvicinarsi per capire chi fosse. A pochi metri capì che era una donna e stava piangendo.
“Astrid?”
La ragazza si voltò e si asciugò le lacrime alla buona. Aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto.
“Ehi, Daryl!”
“Perché piangi?”
Daryl si fece più vicino e poggiò la balestra per terra, dopodiché si mise le mani in tasca e la guardò.
“Lascia stare. E’ una cosa stupida.”
“Dimmi la cosa stupida.” La incitò lui.
Astrid tirò su col naso un paio di volte prima di schiarirsi la voce roca per aver pianto.
“E’ per mia madre. Sono al settimo cielo per il ritorno di Iris e Logan, ma speravo ci fosse anche mia madre. Ho sempre creduto che fosse viva. E’ come se fosse scomparsa di nuovo.”
“E’ comprensibile.” Disse Daryl.
“Ma non posso permettermi di essere debole! Devo pensare alla mia famiglia, alla cura e a sopravvivere.”
Astrid sospirò, una lacrima le rigò la guancia. Stava muovendo la gamba su e giù per il nervosismo.
“Astrid, va tutto bene. Puoi concederti di piangere, soprattutto per tua madre. Non farti carico di mille responsabilità. La tua famiglia è in grado di cavarsela.”
“Che disastro.”
Astrid si mise le mani in faccia e soffocò un singhiozzo; aveva ricominciato a piangere. Daryl le accarezzò la spalla e si chinò per parlarle all’orecchio.
“Se non la smetti di piangere, chiamo Dog e ti faccio leccare tutta la faccia.”
“No, Dog no!”
Astrid scoppiò a ridere e abbassò le mani, anche il naso era rosso come gli occhi.
“Ho i miei metodi di persuasione.” Replicò Daryl.
“Sono molto convincenti.”
Adesso erano così vicini che Astrid notò tutte le screpolature sulle labbra dell’arciere. Avrebbe voluto baciarlo, avrebbe voluto abbandonarsi ad un momento di felicità e dimenticare i problemi. Stavano per baciarsi quando un ramo spezzato li interruppe.
“Ops! Scusatemi tanto.”
Logan se ne stava lì impalato con le sopracciglia inarcate. Daryl si mise dritto e strinse le mani a pugno per mantenere la calma.
“E’ successo qualcosa, Logan?” chiese Astrid in imbarazzo.
“Clara ha bisogno di te. E’ caduta e si è sbucciata un ginocchio. Io non sono pratico di queste cose.”
Astrid si alzò dall’altalena, si asciugò per bene il viso con le maniche della maglia e si riavviò i capelli.
“Ci penso io.”
“Vengo con te.” Disse Logan.
“Vengo anche io.” aggiunse Daryl.
 
Clara non aveva smesso di piagnucolare per tutto il tempo che Astrid aveva pulito la ferita. Si erano sistemati sulle scale della villetta di Jerry, all’ombra e al riparo dai bambini che giocavano beatamente.
“Adesso mettiamo questa benda e vedrai che domani sarai come nuova.”
Astrid avvolse una benda intorno all’esile gamba di Clara, non era necessaria ma la bambina sembrava più serena.
“Potrò giocare con i miei amici?”
“Certo. Potrai anche mangiare due fette di crostata preparata da Iris.”
“Okay.”
Astrid rimise tutto l’occorrente nel kit di primo soccorso, si alzò e si spazzolò la polvere dai jeans.
“Ho finito. Vuoi andare a casa? C’è Hunter che aiuta Iris a cucinare.”
“Sì.”
“Andiamo, su.”
Clara provò ad alzarsi e arricciò il naso per il dolore; stava esagerando, ma del resto aveva cinque anni e ogni graffio pareva la fine del mondo.
“Non posso camminare. Mi fa male.”
“Non può farti così male. Prova di nuovo ad alzarti.” Disse Logan.
La bambina fece un altro tentativo ma cadde di nuovo seduta sullo scalino. Daryl allora si abbassò alla sua altezza e allungò le braccia.
“Ti porto in braccio fino a casa. Va bene?”
“Come una principessa.” Disse Astrid.
“Sì, proprio come una principessa.” Confermò Daryl.
Clara si aggrappò al collo dell’arciere e si lasciò sollevare. Daryl le accarezzò i capelli per tutto il tragitto.
 
Il resto della giornata trascorse veloce. Astrid aveva mostrato la città a Logan e ad Iris, aveva spiegato loro come funzionava la comunità e aveva presentato loro alcuni amici. All’ora di cena Remy tornò a casa con un faldone di carte sulle gambe.
“Che roba è?” domandò Hunter.
“Roba su cui io e Iris dobbiamo lavorare.”
Iris, che stava girando il mestolo nella pentola, adocchiò le carte che la moglie aveva messo sul tavolo.
“Dorothy?”
“Sì. Sono documenti che provengono dai depositi del Centro Controllo Malattie.”
“Astrid mi ha accennato qualcosina.” Disse Iris.
La porta di ingresso si aprì e Yana entrò in compagnia di Lydia. Hunter distolse lo sguardo e si premurò di apparecchiare la tavola.
“Lydia resta a cena e a dormire. E’ un problema?” domandò Yana.
“No, anzi ci fa piacere avere ospiti. Vieni, Lydia, scegli un posto.” La invitò Iris.
Remy fece spallucce, era incredibile come tutti loro vivessero tranquilli. Sembrava che a nessuno importasse della cura. Erano tutti così a loro agio che le veniva il voltastomaco.
“Questa casa è diventato un albergo. Me ne vado in camera a lavorare.”
“Remy!” la richiamò Iris.
“Vuole stare da sola. Non è la stessa Remy che conoscevi.” Disse Hunter.
Le risate di Astrid e Logan rimbombarono fra le pareti mentre entravano in cucina. Sembravano gli unici sereni e felici, a dispetto degli altri inquilini che avevano il muso lungo.
“Il piccolo Hunter ha imparato a cucinare. Complimenti!” disse Logan.
Hunter fece un inchino buffo e agitò il mestolo come se fosse una bacchetta magica.
“Non c’era molto da fare alla Guardia se non cucinare. Sono uno chef stellato.”
“E sei anche molto bravo con la chitarra.” Intervenne Yana.
Hunter smise di sorridere e tornò a mescolare la pentola. Lui e Yana non si parlavano da settimane, non dopo che lei lo aveva rifiutato. Tra di loro si era creato un muro di cemento che il ragazzo ogni giorno si sforzava di rafforzare.
“Noto della tensione.” Sussurrò Logan.
“Hunter ha confessato a Yana di avere una cotta e lei lo ha respinto.” Spiegò Astrid.
Logan sogghignò, sapeva che prima o poi Hunter si sarebbe invaghito di Yana. Già da bambini erano affiatati e crescere insieme alla Guardia doveva aver aumentato il loro legame.
“Capita di innamorarsi della propria migliore amica.”
Astrid trattenne il respiro. Si riferiva a lei? Logan le stava indirettamente dicendo di essere innamorato di lei?
“I ragazzi sapranno risolvere la cosa.”
“Lo so.” Rispose Logan, deluso.
“E’ pronto! Muovete le chiappe!” strillò Hunter.
Tutti presero posto in fretta, la fama si faceva sentire dopo una giornata faticosa. Hunter e Astrid deposero i piatti contenenti il pasticcio di carne e il purè. Yana e Lydia riempirono i bicchieri di acqua.
“Remy dov’è?” domandò Astrid.
“Vuole stare da sola. Deve lavorare.” Rispose Iris, avvilita.
Nessuno disse niente, si limitarono a mangiare in silenzio. Soltanto la vocina di Clara spezzava quel mutismo con le sue richieste.
 
Erano le dieci di sera quando Astrid finalmente indossò il pigiama. Era stanca ma felice, e sperava che quella sensazione durasse. Sentì Yana e Lydia ridere mentre guardavano un vecchio film in bianco e nero; era lieta che le due ragazze fossero amiche. Hunter, invece, se ne stava in camera sua a strimpellare con la chitarra. Quando Astrid si affacciò, il ragazzo stava scarabocchiando su un quadernino.
“Tutto okay, Hunter?”
“Sì.”
Hunter continuò a scrivere senza alzare lo sguardo. La cicatrice sulla testa era visibile sotto la coltre sottile di capelli che stavano crescendo. Astrid avrebbe voluto accarezzare quel segno come quando era bambino, ma i rapporti fra di loro di recente erano incrinati.
“Sei arrabbiato con me? Ultimamente non mi parli più.”
“Non credo che tu voglia sentirmi dopo quello che ti ho detto.”
Astrid aggrottò la fronte nella totale confusione. Erano successe tante cose nei giorni passati ma non ricordava nessuna discussione col giovane.
“Non capisco. Di che parli?”
Hunter mise da parte il quaderno e con le dita giocò sulle corde della chitarra. Produsse una nota stonata e sospirò per la frustrazione.
“Ricordi l’ultimo giorno al Regno? Siamo stati attaccati e Jerry è stato ferito al braccio.”
“Purtroppo me lo ricordo. Vai avanti.”
“Ti ho urlato contro che non sei mia madre, che non sei nemmeno la mia tutrice. Ti ho detto che tu non vali niente, che Remy è più intelligente e importante di te. Ti ho detto che sei soltanto una babysitter.”
Astrid comprese a quale episodio faceva riferimento Hunter. Le venne da sorridere per come il ragazzo appariva piccolo e indifeso. Si inginocchiò davanti a lui e gli sfiorò la cicatrice sulla testa.
“Eri spaventato, ecco perché te la sei presa con me. Lo so che non sono tua madre e neanche voglio fingere di esserlo. Io ti voglio bene a prescindere da tutto. Tu sei il mio bambino, Hunter. E non importa chi sono io per te perché tutto ciò che conta sei tu.”
Hunter si accasciò contro la spalla di Astrid e lei gli baciò la guancia.
“Mi manca mia madre. Non so che fine abbia fatto, se sia viva o morta.”
“Anche a me manca mia madre. Capisco il tuo dolore e la tua mancanza, ma chiuderti in te stesso non ti fa bene. Io ci sono sempre per te, anche quando litighiamo.”
“Okay.”
Astrid pensò a quando Hunter somigliasse a Daryl: entrambi avevano avuto un’infanzia difficile, erano taciturni e solitari, eppure tutti e due meritavano amore incondizionato.
“Adesso ti lascio da solo prima che mi urli di nuovo contro. Stai scrivendo una canzone?”
“Forse.”
“Me la farai ascoltare un giorno?”
“Neanche per sogno.”
“Come vuoi.”
Astrid rise, consapevole di aver fatto pace con Hunter. Si voltò un’ultima volta prima di lasciare la camera.
“Astrid?”
“Sì?”
“Anche io ti voglio bene.”
“Lo so.”
 
“Quel ragazzo ti adora.” Esordì Logan.
Era appostato in corridoio, i ricci erano bagnanti e indossava solo un asciugamano attorno ai fianchi. Astrid si guardò le unghie per non arrossire.
“Hunter è un tenerone nel profondo.”
“A te piacciono i casi disperati, mia cara Astrid.”
“Non è vero. Non dire idiozie.”
Logan incrociò le braccia al petto e i muscoli si tesero così tanto che Astrid deglutì. Lui era sempre stato bellissimo, sin dal liceo le ragazze avevano fatto follie per lui. Anche Astrid era stata innamorata persa di lui, ma era una cotta adolescenziale che era finita come era iniziata.
“Quel Dixon mi sembra un caso disperato. Sono uno psicologo, certe persone sono facili da leggere per me.”
“Daryl è una persona fantastica. Certo, ha un passato turbolento, e questo è facile per te da dedurre. Lui è uno dei pochi che ha saputo ricavare il meglio da questa apocalisse.”
Logan serrò la mascella mentre i suoi occhi studiavano il modo in cui la sua amica stava sorridendo.
“Lui ti piace. C’è qualcosa tra voi? Ci sei andata a letto?”
Astrid spalancò la bocca per la sorpresa. Non poteva – e non voleva – credere alle sue orecchie.
“Logan, per la miseria! Sei impazzito?”
“Ho toccato un tasto delicato? Scusami, ma credevo che tu fossi più sveglia.”
“Ma ti senti? Stai delirando! Le mie frequentazioni non sono affar tuo. Capisco che gli ultimi tre anni sono stati terribili per te, però non fare il bastardo con chi ti vuole bene.”
 
Daryl si svegliò di soprassalto quando qualcuno bussò alla sua porta. Rimase sorpreso nel trovare Remy sull’uscio di casa. Si guardava attorno come se temesse di essere stata seguita.
“E’ successo qualcosa?”
“Fammi entrare.”
Daryl si fece da parte e Remy spinse la carrozzina fino al soggiorno, poi si affacciò alla finestra per controllare la strada.
“Remy, che c’è? Astrid sta bene?”
“Astrid sta più che bene. Questo è un grosso problema.”
“Non capisco.” Disse Daryl.
Remy lo guardò in faccia con un fuoco negli occhi che mostrava una determinazione di ferro.
“C’è qualcosa che non va, Daryl. La storia di Logan e Iris non mi convince.”
“Non ti fidi di tua moglie?”
“Non mi fido di nessuno al momento. Neanche di mia sorella.”
Daryl si sedette sul divano e si passò una mano sul mento nell’atto di pensare.
“Perché dubiti di loro?”
Remy sospirò, il suo sguardo scivolò sulla fede nuziale e la toccò come se fosse un cimelio delicato.
“Iris è una genetista in gamba. E’ una delle scienziate migliori che io conosca, brillante e lucida. Come mai una persona del genere non è interessata ad una ricerca scientifica?”
“Mi stai dicendo che Iris non vuole lavorare su Dorothy?”
“Esattamente. Iris ha rischiato la vita per recuperare i documenti, mentre adesso non le importa più nulla. Fino a tre anni non dormiva per studiare Dorothy e trovare una cura, invece ora non fa nemmeno una domanda. Non ti sembra strano?”
Daryl ripensò all’incontro di quella mattina con Gabriel. Se anche Remy aveva dei sospetti, allora le preoccupazioni del Consiglio erano reali.
“Quindi stranamente Iris non vuole più scoprire la cura.”
“Così sembra.” Disse Remy.
“E perché sospetti di Logan? Ha detto o fatto qualcosa di insolito?”
“Di lui non mi fido a prescindere. Logan non mi è mai piaciuto. Astrid diventa una ragazzina innamorata quando c’è lui di mezzo.”
Daryl avvertì una punta di gelosia scavargli nelle ossa. Sapere che Astrid provava dei sentimenti del genere per Logan stava a significare che una relazione con lei era impossibile.
“Astrid è innamorata di lui?”
“Astrid è innamorata di te, ed è per questo che devi farti avanti prima che Logan faccia la sua mossa.”
“La sua mossa?”
Remy sbuffò e alzò le braccia in aria con fare disperato; Clara aveva la sua stessa abitudine.
“Sei davvero un tonto. Astrid da ragazza era cotta di Logan, io e Iris credevamo che si sarebbero addirittura fidanzati. Poi il virus ha cambiato tutto e loro sono rimasti amici. Adesso però Logan è tornato e di sicuro ha intenzione di riconquistarla.”
“E cosa c’è di strano di questo? Non è un buon motivo per dubitare di lui.”
“Logan e Iris vengono tenuti prigionieri per tre anni da una banda di super cattivi e poi d’improvviso riescono a fuggire con tanta facilità? Sento puzza di bruciato!”
Daryl doveva ammettere che Remy aveva ragione, la sua riflessione non faceva una piega. Se Remy sospettava di sua moglie, doveva esserci un fondo di verità.
“James al Regno disse che la sua gente è dappertutto. Credi che Logan e Iris siano stati presi da queste persone?”
“Può darsi. Magari hanno accettato di collaborare con loro pur di salvarsi. Io non sto dicendo che Iris e Logan sono i nemici, però dico che dobbiamo fare attenzione. Io e Eugene siamo vicini alla risoluzione, sarebbe un peccato perdere tutto. Per te sarebbe un peccato perdere Astrid.”
“Non posso obbligare tua sorella a stare con me.” Disse Daryl.
Remy gli diede una pacca sulla spalla, era forte per essere una biochimica sempre col naso sui libri.
“Il compleanno di Astrid è la prossima settimana. Io ti ho avvisato, ora sappi sfruttare questa informazione.”
 
Yana si rigirò nel letto per l’ennesima volta. Lydia, dal canto suo, sonnecchiava serenamente accanto a lei. Una melodia proveniva dalla fuori, era Hunter che stava suonando. Yana si affacciò alla finestra e vide che il ragazzo era seduto in giardino a canticchiare. Si affrettò a raggiungerlo prima che rientrasse, aveva bisogno di parlare con lui e chiarire.
“Hun.”
Hunter trasalì. Strinse le mani intorno alla chitarra e fissò a terra, incapace di guardare lei.
“Scusa per il rumore. Adesso me ne vado a dormire.”
“Aspetta.”
“Che vuoi, Yana? Un rifiuto mi è bastato.”
Yana si morse il labbro, avrebbe voluto abbracciarlo per consolarlo ma lui sembrava lontano anni luce.
“Mi manchi, Hun. Rivoglio indietro il mio migliore amico. Ho bisogno della nostra amicizia.”
“Hai Lydia, ti basta e avanza. Lasciami perdere.” Replicò Hunter, brusco.
“Ma io voglio te!”
Il ragazzo emise una risatina nervosa, le nocche erano bianche attorno alla chitarra.
“Anche io ti voglio, Yana. Ti voglio abbracciare, ti voglio baciare e voglio cantarti stupide canzoni d’amore.”
“Non intendevo…”
“Lo so cosa intendevi. Però io non ti voglio come amica. Non riesco ad essere il tuo migliore amico.”
“Mi dispiace, Hun.”
Yana abbassò la testa e i lunghi capelli le scivolarono sul viso come una tenda. Hunter le scostò una ciocca e le sfiorò la guancia con il pollice.
“E’ proprio vero che le cose belle sono quelle che fanno più male.”
 
Salve a tutti! ^_^
I sentimenti sono un grande miscuglio, non si capisce più niente!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 4
*** Profonde paure ***


4. PROFONDE PAURE

Il giorno dopo
Astrid uscì dall’infermeria con un sorriso soddisfatto. Aveva accompagnato Hunter per il suo primo giorno di apprendistato con la dottoressa di Alexandria. Era rimasta piacevolmente stupita quando il ragazzo aveva espresso la volontà di studiare medicina. In un mondo in cui fare il cantante non aveva senso, Hunter almeno sperava di poter diventare un medico e occuparsi dei bisognosi.
Mentre tornava a casa riconobbe una figura che camminava a passo spedito verso i cancelli.
“Daryl!”
Daryl si voltò e si fermò per aspettarla. Astrid corse da lui con un sorriso talmente raggiante da fare invidia al sole.
“Signor Dixon, dove stai andando?”
“Vado a caccia. Jerry dice che abbiamo bisogno di alcune provviste.” Rispose Daryl.
“Posso venire con te?”
“Tu odi cacciare.”
“Ma adoro passare il tempo con te.” Replicò Astrid.
Daryl sospirò, i segreti che stava mantenendo lo stavano anche logorando. Mentire ad Astrid era ingiusto, soprattutto per la fiducia che lei nutriva nei suoi confronti, ma sapeva che era necessario.
“Mi accompagna Carol, ci siamo già messi d’accordo.”
Astrid ci rimase male ma finse che tutto andasse bene. Sorrise appena e annuì.
“Certo, capisco. Io aiuterò Ezekiel con… beh, qualsiasi cosa.”
“Okay.” Disse Daryl.
In quel momento Carol li raggiunse con l’arco in spalla e la faretra in mano; somigliava alla dea Artemide.
“Ehi, Astrid! Come mai già in strada?”
“Hunter inizia l’apprendistato con la dottoressa e l’ho voluto accompagnare. Un po’ come una mamma che accompagna il figlio per il primo giorno di scuola.”
“E’ carino da parte tua.” Disse Carol sorridendo.
Astrid si sentì di colpo a disagio. Daryl sembrava nervoso e Carol sorrideva troppo, indice che entrambi non vedevano l’ora di andarsene.
“Devo andare. Vi auguro una buona caccia.”
“Grazie.” Disse Daryl.
Astrid si incamminò verso casa con le spalle ingobbite. Perché Daryl non voleva stare con lei? Aveva sbagliato qualcosa? Quei pensieri la tartassarono per tutto il tragitto.
 
“Astrid sospetta qualcosa.” Esordì Carol.
Stavano attraversando il bosco con cautela, facendo attenzione sia agli animali sia ai vaganti.
“Non sospetta nulla. Pensa solo che io la stia ignorando.” Disse Daryl.
“Perché è vero che la stai ignorando. Davvero credi che lei menta? A me sembra una brava persona.”
“Anche le brave persone fingono e tradiscono. Non farti ingannare.”
Carol mise le mani sui fianchi e si bloccò davanti a lui, sbarrandogli la strada.
“Qual è il vero problema? Mi sembra che tu voglia trovare a tutti i costi una ragione per allontanare Astrid.”
“Remy ha detto che Astrid non è lucida quando c’è di mezzo Logan. Il problema è che Logan potrebbe manipolare Astrid e fregarci tutti.”
“E quale sarebbe la soluzione? Se allontani Astrid potremmo perderla.”
Daryl sbuffò e girò intorno a Carol per proseguire. Dopo la conversazione di Remy aveva meditato sul da farsi, aveva meditato su come portare Astrid totalmente dalla loro parte.
“Astrid è una romanticona, farò leva su questo.”
“Sul serio vuoi conquistare Astrid solo per la cura? Daryl, questo non è da te. Lei non se lo merita.”
Daryl scoccò all’amica un’occhiata lugubre, i suoi occhi azzurri si erano fatto scuri.
“Tante volte abbiamo aspettato e abbiamo fallito. Non abbiamo ucciso subito Negan e abbiamo perso Carl. Non abbiamo ucciso subito Alfa e abbiamo perso molta gente, tra cui il tuo Henry. Non siamo intervenuti subito contro Dawn e Beth è morta. Ogni volta che abbiamo esitato e abbiamo provato ad avere fiducia siamo stati fregati. Non voglio rischiare di perdere te, Judith, Lydia e tutta la nostra gente.”
Carol tremò al ricordo di Henry, il suo dolce bambino che era stato vittima di un gioco spietato. Trattenne le lacrime per non affogare nel dolore.
“Astrid non è Negan! Non è Dawn, non è Alfa!”
“Ma potrebbe esserlo! Rick è morto, non voglio vedere anche te sottoterra.”
Fu allora che Carol colse la paura di Daryl. Era un terrore oscuro che lo stava dilaniando.
“Oh, Daryl…”
“Che c’è?”
“Ti stai innamorando di Astrid e hai paura che lei possa essere nostra nemica. Hai paura di soffrire qualora lei dovesse tradirci.”
Daryl respirò con le narici come un toro messo all’angolo. Le parole di Carol lo avevano preso a schiaffi e avevano lasciato il segno.
“Voglio solo essere sicuro che Astrid sia dalla nostra parte. Abbiamo sofferto abbastanza, non meritiamo l’ennesimo tradimento.”
“Questa volta ti stai sbagliando, Daryl.”
 
Ezekiel fu felicissimo della visita di Astrid. Non si erano ancora visti da quando lei era tornata da Atlanta. Ora sedevano nel piccolo salotto di Ezekiel e sorseggiavano tè verde.
“Ieri Gabriel mi ha fatto una proposta.” Disse l’uomo.
Astrid intinse un biscotto nel tè e lo mangiò tutto in un solo boccone.
“Quale?”
“Gabriel vorrebbe organizzare un memoriale per ricordare tutte le persone che abbiamo perso. Vorrebbe organizzare una piccola festa. Ti piacerebbe aiutarmi?”
“Me lo chiedi perché ho appena saputo che mia madre è morta?”
Ezekiel depose la tazza e prese la mano di Astrid, era così piccola e liscia nella sua.
“Perdere una persona cara provoca un grande dolore che è difficile da superare, ma bisogna accettare quella sofferenza per andare avanti. Vorrei che tu affrontassi la perdita organizzando il memoriale.”
“Va bene. Accetto volentieri. Forse mi sentirò un pochino meglio dopo.” Disse Astrid.
“Grandioso! Dopo pranzo ci incontreremo con Gabriel per discutere i dettagli.”
Fecero un brindisi con il tè e mangiarono qualche altro biscotto che proveniva dalla scorta che Carol aveva regalato a Ezekiel.
“Carol ti prepara ancora i biscotti. Ci sono novità?”
“Purtroppo no. Il nostro matrimonio è ormai finito. Restano soltanto questi biscotti.”
“Mi dispiace, Ezekiel. So che la ami molto.”
“Ho imparato che ogni cosa ha il suo tempo in questa vita.” disse Ezekiel.
“Vorrei sapere se c’è anche un tempo per me e Daryl.” Mormorò Astrid.
“Ah, l’arciere ha fatto centro con la sua freccia.”
Astrid scoppiò a ridere e si sentì più leggera, stare con Ezekiel era sempre un piacere.
“Daryl è sempre così sfuggente. Ho paura di non piacergli come credevo.”
“Lui è un tipo difficile. Si tiene tutto dentro, un po’ come Carol. Devi solo farti strada attraverso la corazza che lo protegge.”
“Re e saggio. Ci sono altre qualità che non conosco di te?” scherzò Astrid.
Ezekiel rise e bevve un sorso di tè ormai freddo.
“Ex domatore di leoni e tigri, appassionato di filosofia, grande cultore di film d’azione.”
“Un uomo davvero incredibile!” esclamò Astrid ridendo.
La porta di ingresso cigolò e poco dopo Rosita fece capolino in salotto. Con lei c’era la piccola Coco che si guardava attorno con meraviglia.
“Gabriel mi ha parlato del Memoriale. Vi serve una mano?”
“Tutto l’aiuto è ben accetto.” Disse Ezekiel.
 
Yana e Lydia stavano piantando nel terreno i semi che Aaron aveva affidato al loro orto. Il grande orto di Alexandria era diviso in settori e ciascuno di essi ospitava una coltura. Il loro terreno era destinato ai pomodori.
“Hunter è ancora arrabbiato con te?” domandò Lydia.
Yana si tolse i guanti e si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore; sebbene fosse ottobre, lavorare la terra era una fatica.
“E’ infuriato. Non vuole neanche parlarmi! Secondo me esagera.”
“Non esagera, è solo stracotto di te e tu lo rifiuti.” Disse Lydia.
“Mio nonno avrebbe di sicuro un proverbio indiano anche per questo.” Ribatté Yana.
Ripresero a scavare nella terra e sotterrare i semi, ogni tanto parlavano e ogni tanto procedevano in silenzio. Ad un certo punto Lydia fu distratta da un rumore metallico.
“Hai sentito?”
“Cosa?”
“Shh! Ascolta.”
Yana tese le orecchie e udì una specie di ronzio simile ad uno sciame di api in volo. Il rumore si fece man mano più intenso.
“Lydia… corri! Scappa!”
Alle spalle di Lydia c’erano una decina di vaganti. Camminavano piano, le bocche aperte e gli occhi vuoti. Allungavano le mani ossute come fossero artigli.
Yana afferrò Lydia per il braccio e la trascinò verso la chiesa per mettersi al riparo. Il portone era sbarrato, dunque non potevano entrare.
“Chiediamo aiuto.” Disse Lydia.
Le ragazze corsero verso la piazza cittadina gremita con le braccia che svolazzavano in aria.
“Vaganti! Vaganti!” strillò Yana.
Aaron, che stava spostando un barile di acqua potabile, si avvicinò alle ragazze con il braccio metallico pronto all’azione.
“Andate via. Portate i bambini al sicuro!”
Yana prese Clara in braccio e i figli di Jerry si misero al suo seguito. Lydia, invece, diede la mano a Gracie e gli altri bambini le andarono dietro.
“Aaron, dietro di te!” gridò Astrid.
La donna aveva sentito le urla di Yana e si era precipitata in strada per soccorrerla. Adesso sguainava le daghe a rondelle mentre correva verso Aaron. Un vagante cadde a terra con un ramo conficcato nel cranio. Negan emise un verso di disgusto.
“Questi bastardi hanno il sangue puzzolente.”
“Sono felice di vederti, Negan.” Disse Astrid.
“Lo dici solo perché ti ho appena salvato il culo.”
Astrid allungò il braccio e piantò la prima daga nell’occhio di una vagante, poi ficcò la seconda daga nel cervello e spinse con forza fino a ucciderlo definitivamente.
“Anche io ti ho appena salvato il culo.”
“Astrid!” la richiamò Logan.
Stava correndo da lei con un bastone appuntito fra le mani. Sorpassò una vagante e la uccise con la punta nella nuca.
“Logan, tutto bene? Clara dov’è?”
“Clara sta bene, è con Yana e gli altri bambini. Anche io sto bene. Ero preoccupato per te.”
Logan la strinse in un forte abbraccio. Astrid per qualche strana ragione non riconobbe il calore familiare dei suoi abbracci. C’era qualcosa di nuovo e di diverso nel suo migliore amico, che fosse positivo o negativo non sapeva dirlo.
“Sto bene. Me la so cavare da sola. E poi c’era Negan con me.”
“La tua amica è una tipa tosta.” Disse Negan.
“Lo so. E’ una donna incredibile.” Disse Logan con un sorriso.
Astrid arrossì e si staccò dall’abbraccio. Si sentiva a disagio vicino a lui.
“Vado a vedere come stanno le ragazze e i bambini. Li porto in infermeria per precauzione.”
“Vengo con te.” Si offrì Logan.
“No. Tu resti con me a seppellire questi vaganti.” Disse Negan.
“Okay.”
Astrid si allontanò di corsa, troppo preoccupata per Clara. Logan la rimase a fissare fino a quando non svanì dietro una casa.
“Non fissarla troppo oppure la sciupi.” Disse Negan, stizzito.
“Qual è il tuo problema? Ti piace Astrid e fai il geloso?”
Logan aveva capito che intorno ad Astrid gravitavano parecchi uomini: Daryl, Ezekiel e adesso anche Negan.
“Astrid è mia amica, e io proteggo sempre i miei amici.”
“Perdere gli amici è facile.” Disse Logan.
Negan lo afferrò per il colletto e lo strattonò, nonostante tutti lo stessero guardando.
“Io non mi fido di te. Se succede qualcosa ad Astrid o alla sua famiglia, ti vengo a prendere e ti stacco la testa con la mia mazza. Ci siamo intesi?”
Logan rise e si tolse le mani di Negan di dosso. Nei suoi occhi verdi riluceva una macabra perfidia.
“Astrid è mia, e io proteggo sempre ciò che mi appartiene.”
 
Eugene si sfregò gli occhi arrossati dalla stanchezza. Erano ore che lui e Remy revisionavano i documenti recuperati ad Atlanta. Dovette alzarsi per sgranchire schiena e braccia.
“Non abbiamo trovato nulla. Secondo me in questi fascicoli non c’è nulla.”
Remy non lo degnò di attenzione. Aveva trovato una bizzarra pagina in mezzo alle carte prelevate dai depositi.
“Credo di aver trovato qualcosa. Vieni a dare un’occhiata.”
Eugene si chinò sul tavolo e spalancò gli occhi: la pagina conteneva una serie di coordinate.
“Da quale fascicolo proviene?”
“E’ una delle lettere che Astrid e Daryl hanno trovato incassate nel muro.”
“Dobbiamo concentrarci sul pacco delle lettere.” Disse Eugene.
“Sì, reputo sia l’unica strada.” Concordò Remy.
Entrambi sobbalzarono quando la porta della cabina di Eugene si aprì. Iris si affacciò con un sorriso timido.
“Disturbo?”
Remy nascose la pagina che aveva trovato e incrociò le braccia al petto.
“E’ successo qualcosa?”
“Un gruppo di vaganti è entrato in città, ma per fortuna stanno tutti bene.”
“Vaganti? Impossibile, io e Aaron abbiamo pattugliato il perimetro stamattina.” Disse Eugene.
“La rete ha un buco a est che i vaganti hanno usato per entrare.” Spiegò Iris.
“Ribadisco che non c’era nessuna falla.” Ripeté Eugene.
“Oppure qualcuno ha fatto un buco nella rete dopo il pattugliamento.” Disse Remy.
Eugene sbiancò, quasi sembrava che avesse visto un fantasma.
“Questo implica che ad Alexandria ci sono dei nemici infiltrati.”
“Hai qualcosa da dire, Iris?” domandò Remy.
Iris aggrottò le sopracciglia e scosse la testa per quelle accuse infondate.
“Credi che sia io la nemica? Sono tua moglie! Remy, che diavolo ti prende? Ci siamo riunite ma a te non importa. Continui ad attaccarmi come se fossi io la cattiva.”
“Magari lo sei. Di solito i cattivi non dicono mai esplicitamente di essere cattivi.”
“E magari questo matrimonio è giunto alla fine.” Disse Iris.
Eugene era rosso per l’imbarazzo, odiava trovarsi in mezzo ai litigi di coppia. Remy non si scompose quando Iris se ne andò sbattendo la porta.
“Davvero dubiti di tua moglie?”
“Dubito di tutti, persino di me stessa.” Rispose Remy.
 
Astrid accarezzò i capelli di Clara e le diede un bacio sulla fronte, dopodiché lasciò la bambina che dormiva beatamente. Si infilò gli anfibi e scese in soggiorno per recuperare la giacca di jeans. Iris e Yana dormivano sul divano poiché Remy era rimasta da Eugene per studiare ancora le carte. Anche Logan e Hunter dormivano, perciò per lei fu facile sgusciare fuori casa. Aveva bisogno di stare da sola. Doveva elaborare troppe emozioni: la morte certa della madre, il ritorno di Logan e Iris, l’indifferenza di Daryl.
Si sedette sull’altalena del piccolo parco e si dondolò fino a guadagnare una discreta velocità.
“Uscire al buio è pericoloso.”
Daryl emerse dall’oscurità con la balestra, indossava ancora il gilet.
“Avevo bisogno di aria. Tu che ci fai fuori?”
“Io e Carol siamo appena tornati. E’ stata una giornata dura, Carol era stanca ed è tornata a casa.”
“E tu perché non sei a casa? Devi essere stremato.”
Daryl prese posto sulla seconda altalena senza muoversi, gli faceva male ogni singolo muscolo per fare altri sforzi.
“Ti ho vista qui da sola e sono venuto a controllare. Stai bene?”
“Stare bene è diventato relativo.” Disse Astrid.
“So che oggi dei vaganti sono entrati in città. Come è successo?”
“Aaron mi ha detto che c’era un buco nella reta a est. Non so altro.”
Daryl avvertì una nota triste nella voce di Astrid. La luce che lei di solito portava con sé si era affievolita.
“Astrid…”
“Domani chiederò ad Aaron altre notizie, se vuoi. Io e lui siamo abbastanza in confidenza.”
“Non stavo parlando di Aaron o dei vaganti.”
“E di cosa stavi parlando?” domandò lei senza guardarlo.
“Di te. Di noi.”
Daryl stava tremando. Non era bravo con i sentimenti e con le parole, quindi quella confessione gli stava provocando una grande fatica fisica e mentale.
“C’è un noi? Dopo Atlanta le cose si sono un po’ bloccate.”
“E’ colpa mia. Ho paura.” Mormorò Daryl.
“Lo sai che ci sono se hai bisogno di sfogarti. Sono brava ad ascoltare.” Disse Astrid.
“Tu ascolti sempre ma non parli mai.”
“Non ho nulla da dire.”
Daryl la fulminò con gli occhi. Per quanto Astrid fosse espansiva, c’erano delle cose che teneva solo per sé.
“Hai molto da dire ma nessuno ti ascolta. Remy è troppo presa da Dorothy; Yana e Hunter sono impegnati a bisticciare; Clara ha cinque anni.”
“Però adesso c’è Logan.”
“Lui ti ascolta davvero?” chiese Daryl.
Astrid abbassò lo sguardo e si morse il labbro. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi ma riuscì a trattenersi.
“Neanche tu mi ascolti. Non mi ascolti quando dico che mi piaci e che vorrei stare con te.”
“Perché sono un coglione che ha paura.” Disse Daryl.
“Paura di cosa?”
“Paura di innamorarmi davvero.”
Astrid trattenne il respiro. Doveva essere arrossita come un pomodoro perché sentiva le guance in fiamme.
“Quindi mi tieni lontana per paura?”
“Già. Senti, Astrid, io non sono il tipo da relazione. Prima ero un alcolizzato che andava a zonzo col fratello e finiva spesso in galera. Adesso sono uno che cerca di sopravvivere. Ho un passato difficile che mi dà ancora il tormento. Non vado bene per una come te.”
“Una come me? Io sono una sopravvissuta proprio come te.”
Daryl fece un piccolo sorriso, era incantevole l’ingenuità di quella donna.
“Tu sei davvero in gamba. Sei laureata, hai una bella famiglia, sei stata amata dai tuoi genitori, hai avuto una vita normale. Anche adesso riesci ad avere una vita discretamente bella. Una donna come te non dovrebbe perdere tempo con uno come me.”
Astrid si alzò dall’altalena e si dondolò sui talloni, il labbro schiacciato fra i denti.
“Io non sono più quella ragazza. La mia laurea non serve a niente, la mia famiglia è un disastro, i miei genitori sono morti e la mia vita è incasinata. Nemmeno tu sei più quello di prima. Non sei più alcolizzato, hai una casa fissa e non finisci più in carcere. Non lo capisci? Siamo cambiati entrambi.”
“Non significa niente. Io non sono comunque alla tua altezza!” obiettò Daryl.
“Smettila con queste stupidaggini! Mi piaci, Daryl! Fattene una ragione. Puoi allontanarmi quanto vuoi, ma questo non cambia i miei sentimenti.”
Daryl rimase zitto, incapace di trovare le parole giuste. Si era sempre sentito un emarginato, suo padre glielo aveva dimostrato con insulti e botte. La paura di provare dolcezza lo paralizzava.
“Daryl, io sono stanca di aspettare. Le nostre vite sono un caos totale e forse andrà peggio in futuro. Il tempo non è dalla nostra parte. Anzi, il nuovo mondo è così imprevedibile che potrebbe spazzarci via in un soffio. Ma io non voglio avere paura. Io non voglio aspettare. Cercami quando avrai capito che cosa vuoi davvero.”
Astrid se ne andò stringendosi nelle spalle. Sembrava che una conversazione pacifica con Daryl fosse impossibile. Ogni volta che parlavano finivano a discutere. Era estenuante, metteva a dura prova i suoi sentimenti già vulnerabili. Sperava che almeno una bella dormita avrebbe chiarito i pensieri.
 
Quando Daryl varcò l’uscio di casa non si aspettava tutta quella gente. In salotto c’erano Carol, Gabriel, Remy e Eugene.
“Un altro attacco?”
“Per fortuna no. Remy ha scoperto qualcosa di interessante.” Disse Gabriel.
Remy spinse la sedia a rotelle verso il tavolo e vi depose una lettera che riportava una serie di numeri.
“Questa viene dal pacco di lettere che Astrid e Daryl hanno trovato. La lettera contiene delle coordinate. Eugene e io abbiamo passato l’intera giornata a decifrare le coordinate e a trovare sulla mappa.”
“Avete avuto dei risultati?” indagò Carol.
“Ottimi risultati!” esclamò Eugene.
Remy mostrò a tutti una seconda pagina, questa volta i numeri erano diventate lettere.
“Le coordinate indicano dieci luoghi diversi. Ciascun luogo si trova vicino ad un corso d’acqua o in collina. Chi ha scritto le coordinate deve aver nascosto qualcosa in questi luoghi.”
“Sono stanco di questa caccia al tesoro. Quando finirà?” sbottò Daryl.
Il diario prima li conduceva ad Atlanta e ora li sballottava in altri dieci posti diversi. Era diventato un gioco che non lo divertiva più.
“Dobbiamo mantenere la calma e seguire le istruzioni.” Disse Gabriel.
Carol sbuffò e si accasciò sul divano, era infastidita dalla calma del prete.
“E se in quei posti troviamo altre coordinate? Non possiamo continuare a cercare il nulla per sempre.”
“Carol ha ragione. Non possiamo continuare così.” Sottolineò Daryl.
“E se invece fosse la volta buona? Magari qui c’è la cura.” Disse Remy.
“Oppure chi ha scritto il diario ci sta prendendo in giro.” Ribatté Carol.
“Non credo a questa ipotesi. Sono convinto che il diario sia la nostra salvezza.” Disse Eugene.
“Quindi adesso molliamo tutto e andiamo a ispezionare i luoghi?” domandò Daryl.
“No. Tu resterai qui per aiutarmi a condurre delle indagini.” Disse Gabriel.
L’arciere emise un sospiro e si grattò il mento con stizza. Odiava restare in panchina mentre l’azione ruotava intorno a lui.
“Indagini su Logan e Iris? Può pensarci Carol. Io voglio andare sul campo.”
“Tu devi pensare ad Astrid. Devi capire quanto sia stata manipolata da Logan.” Disse Remy.
“Non me la sento.”
Carol nascose un sorriso compiaciuto. Solo pochi giorni prima Daryl sembrava intenzionato a ingannare Astrid, ma adesso il solo pensiero lo faceva stare male.
“Daryl, eravamo d’accordo che avresti spiato Astrid.” Gli ricordò Gabriel.
“Astrid è apposto. Se Logan e Iris sono coinvolti, lei non ne fa parte.”
“Fino a due giorni fa l’accusavi di chissà quale crimine.” Gli fece notare Gabriel.
Daryl grugnì. Già sentiva di essere confuso, di sicuro Gabriel stava peggiorando le cose.
“Se Astrid fosse coinvolta, vorrebbe sapere che cosa abbiamo scoperto ad Atlanta e cercherebbe di convincere Remy a farsi dire tutto.”
“Ma Astrid non mi sta chiedendo nulla.” Disse Remy.
“Appunto! Tua sorella sa che ti piace lavorare con calma, in questo modo sei più produttiva.”
“Però restano i dubbi su Logan e Iris.” Disse Carol.
“Che potrebbero manipolare Astrid e portarla dalla loro parte.” Aggiunse Gabriel.
“Astrid alle volte sa essere molto ingenua.” Disse Remy.
Daryl non voleva più ascoltare. Aveva avuto una giornata lunga e faticosa, voleva solo mettersi a letto e grattare il pancino di Dog. Tutte quelle chiacchiere stavano esaurendo le sue energie.
“Ci penso io ad Astrid. Il giorno del suo compleanno la porterò a fare una gita per capire quanto possa essere coinvolta.”
“Pensaci per bene questa volta.” Tuonò Gabriel.
“E’ una minaccia?”
Carol si mise fra Daryl e Gabriel per evitare una scazzottata che avrebbe destato troppa attenzione.
“Diamoci tutti una bella calmata.”
“Sono preoccupato. Quel buco nella rete è un grande segnale di pericolo.” Disse Gabriel.
Daryl lo fulminò con lo sguardo. Anche lui era preoccupato, sapeva che una falla nel recinto era una grave violazione della sicurezza.
“Siamo tutti preoccupati. Se James diceva la verità, questi bastardi che cercano la cura sono dappertutto. Forse anche Logan e Iris fanno parte del loro gruppo di fottuti psicopatici. Per questo dobbiamo agire con cautela. Se Astrid è la loro chiave, e credo che lo sia, dobbiamo stare attenti.”
“Una mossa falsa e perdiamo tutto.” Disse Remy.
“Daryl si occuperà di Astrid. Io, Negan, Aaron e Carol penseremo ai luoghi delle coordinate.”
Carol annuì, felice di potersi rendere utile e uscire dai confini della città.
“Partiremo quando Daryl e Astrid saranno lontani, lei è intelligente e capirebbe che qualcosa sta capitando.”
“Io e Remy intanto continueremo a cercare.” Disse Eugene.
 
Remy sbarrò gli occhi e vide solo il buio. Non riusciva a prendere sonno, tanto valeva tenere gli occhi aperti anche se non vedeva molto. La finestrella della cucina faceva entrare la fioca luce esterna che a malapena illuminava le tendine. Tutti in casa dormivano, soprattutto Hunter che russava come un trattore col motore scassato.
“Sei sveglia? Non fingere di dormire.” sussurrò Iris.
Remy si irrigidì quando la mano di Iris le accarezzò il fianco. Un tempo piangeva al ricordo di quelle carezze, adesso sembravano una coltellata.
“Non mi va.”
“Mi dici che ti succede? Siamo state separate per tre anni, ogni giorno ho pianto perché mi mancavi e mi aggrappavo al tuo ricordo. Ora mi tratti come se fossi una pulce da scacciare.”
“E’ un periodo complicato. E non mi aspettavo il tuo ritorno.”
Iris si mise seduta sul divano-letto e accese il lume posto sul tavolino da caffè.
“Dimmi la verità: tu sei innamorata di un’altra? Io posso capirlo, del resto credevi fossi morta.”
“Non c’è nessuna donna.” Rispose Remy.
“Allora c’è un uomo?”
Remy aggrottò la fronte e fece una smorfia di disgusto.
“Per fortuna sono lesbica fino al midollo. Non sopporterei neanche la vista di un uomo.”
Iris ridacchiò e per un secondo Remy si abbondonò ad un piccolo sorriso.
“Quindi mi ami ancora?”
“Sì. Ti amo ancora. E’ solo un periodo complicato.”
“Ti amo anche io.” disse Iris.
“Bene.”
Iris si chinò a baciarla a Remy accettò la sua bocca volentieri. Nonostante pensasse – e temesse – che sua moglie fosse una possibile spia, doveva ammettere che aveva sentito la sua mancanza. Riaverla fra le braccia, vederla sorridere, sentirla parlare, era stato un dono del cielo.
“Ora ti va? Perché a me è mancato da morire fare l’amore con te.”
Remy inghiottì veleno amaro. Davvero Iris poteva dire quelle cose e al tempo stesso tradire la sua fiducia? Purtroppo dieci anni di lotta contro i vaganti le avevano dimostrato che gli esseri umani sono capaci di tutto.
“Dovrei riposarmi per essere fresca e attiva per il lavoro. Sai, Dorothy…”
Iris le mise sul dito sulle labbra per zittirla e iniziò a baciarle a collo lentamente.
“Remy Williams, parli troppo. E’ tempo di fare silenzio e godere.”
 
Yana aspettava fuori dal bagno del secondo piano da diversi minuti. La porta era chiusa e la luce filtrava da sotto, dunque era occupato. Si appoggiò alla parete e si mise a contare le venature nel parquet.
“E’ libe… ah, sei tu.” esordì una voce.
Hunter se ne stava imbambolato nel corridoio con addosso solo i pantaloni del pigiama. Fu così che Yana si accorse di un luccichio al pettorale sinistro.
“Hunter, cos’è quello?”
“E’ un piercing al capezzolo. Non dirlo ad Astrid, altrimenti mi sgriderà a vita.”
“Chi te lo ha fatto?”
Yana non riusciva a staccare gli occhi da quel piccolo cerchio argentato. Hunter aveva messo su una quantità di muscoli che le fecero venire un brivido lungo la schiena.
“Me lo ha fatto Cassie, è la ragazza che fa l’apprendistato con me in infermeria.”
“Questa Cassie è simpatica?”
Yana sentiva una punta di fastidio all’idea che una ragazza a caso avesse visto Hunter senza maglia e che addirittura gli avesse fatto un piercing.
“Che ti importa? Non sei mia sorella e non sei la mia ragazza, non farmi il terzo grado.”
Hunter si girò sui talloni per tornare in camera quando Yana lo afferrò per il polso.
“Scusami. Mi perdoni se ti preparo un panino? Hai sempre fame di notte.”
“Remy e Iris stanno facendo baldoria di sotto, non mi sembra il caso. E comunque ho sonno.”
“Hun, ti prego, non fare così.” Disse lei in tono supplichevole.
Hunter l’attirò a sé e fece scontrare i loro corpi. Yana era poco più bassa di lui e questo gli permetteva di guardarla dall’alto.
“Mi stai torturando. Smettila di essere gentile e carina con me. Smettila con queste stronzate.”
“Voglio solo essere tua amica.”
“Hai perso il diritto dopo che mi hai rifiutato. Adesso tu hai Lydia e io ho Cassie, andiamo bene così.”
“Davvero stai bene senza di me?” sussurrò Yana.
Hunter tremò quando la ragazza si fece così vicina a sfiorargli la bocca. Un millimetro e si sarebbero baciati. Un millimetro tremendo che lo separava da tutto ciò che desiderava.
“Io starò bene quando riuscirò a dimenticarti.”
“Non farlo. Non dimenticarti di me. Non dimenticarti della tua migliore amica.”
“Ma tu per me sei molto più che una semplice amica.”
Poi accadde tutto in un secondo. Yana si issò sulle punte e lo baciò. Hunter dapprima rimase fermo, poi ricambiò il bacio con ardore. Quello era il primo bacio per entrambi.
Hunter cercò di approfondire il bacio ma Yana si tirò indietro con le lacrime agli occhi.
“Non posso. Io… non posso. Perdonami, Hunter.”
Hunter trascorse ancora qualche minuto davanti alla porta del bagno prima di tornare a letto e raggomitolarsi con un peso sul cuore.
 
Salve a tutti! ^_^
Daryl è una drama queen e Yana complica le cose.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 5
*** Errore di sistema ***


5. ERRORE DI SISTEMA

Il giorno dopo
Astrid era sempre l’ultima a svegliarsi. Era così da quando era adolescente, a differenza di Remy che all’alba era già sveglia e pimpante. Si fece una doccia veloce, si legò i capelli in una coda alta e si infilò gli anfibi senza allacciarli. Hunter era già andato in infermeria per l’apprendistato. Yana e Lydia stavano sistemando l’orto danneggiato dai vaganti. Remy era già a lavoro con Eugene. In casa c’erano Logan, Iris e Clara.
“Astrid sembra distante.” Stava dicendo Logan.
Astrid si nascose dietro la parete e si mise in ascolto. Non era sua abitudine origliare, ma voleva sapere di cosa parlottavano Iris e il suo migliore amico.
“Anche Remy. Non si fidano di noi.” Disse Iris.
“Tre anni di lontananza creano dei problemi. Dobbiamo ricordare loro che siamo una famiglia. Niente e nessuno può dividerci.”
Astrid sentì una morsa allo stomaco. Per tre anni lei e Remy credevano di aver perso tutto, che la loro famiglia fosse distrutta, e adesso quella tristezza non svaniva. Era possibile stare ancora male nonostante Logan e Iris fossero tornati? Perché sentiva nel profondo che c’era qualcosa di sbagliato?
Quel flusso di pensieri fu interrotto dal campanello. Logan andò ad aprire e trovò una bambina con un cappello da cowboy.
“Sì?”
“Ciao, io sono Judith. Cerco Astrid. Sono una sua amica.” Rispose la bambina.
Astrid si fiondò verso l’ingresso fingendo di essere assonnata in modo che Logan non sospettasse nulla.
“Judith, tesoro, che piacere! Fai colazione con noi? Ci sono le frittelle dolci.”
“Uh, mi piacciono le frittelle.”
Judith entrò in casa e Clara corse ad abbracciarla, poi le due bambine si misero a parlare del cerotto sul ginocchio della più piccola.
“Da quando hai amiche dalla bassa statura?” scherzò Logan.
“Judith è speciale. Lei è la figlia di Rick Grimes.”
“Quel tizio che ci ha contattati via radio? Lo sceriffo?”
“Proprio lui. Andiamo a tavola, muoio di fame.”
Astrid e Iris servirono le frittelle e le tazze, gli adulti bevvero caffè e le bambine ebbero il latte. Judith mangiò la sua frittella e bevve la tazza di latte in silenzio, era molto educata per essere così piccola.
“Era tutto buonissimo.”
Astrid ridacchiò e le pulì il mento dalle briciole, dopodiché le sistemò il cappello perché non cadesse.
“Come mai sei qui?”
“Gabriel mi ha detto che cercavi un libro di poesie per il Memoriale. Ecco a te.”
Judith depose sul tavolo un libro sgualcito, con le pagine ingiallite e gli angoli stropicciati. Astrid lo accarezzò come se fosse un oggetto prezioso, e trovare un libro durante la fine del mondo era qualcosa di straordinario.
“Ringrazia Gabriel da parte mia. Sono felice di poter organizzare il Memoriale e presentare qualche poesia. Judith, c’è qualcuno che vorresti ricordare?”
“Mio padre, mia madre e mio fratello. Anche mamma Michonne, se è possibile.”
“Certamente.”
“Buongiorno a tutti voi!” esclamò Ezekiel.
La finestra della cucina era aperta e lui si era affacciato con quel tipico sorriso allegro.
“Ciao, Ezekiel. Porti novità?” chiese Iris.
“Sì. Gabriel vuole che tu e Astrid aiutate gli altri a riparare la recinzione. Logan, tu oggi sei di turno in cucina.”
“Vado io con Astrid. Me la cavo piuttosto bene nel riparare le cose.” Disse Logan.
“Per me va bene. A me piace cucinare!” disse Iris.
Astrid aggrottò la fronte a quel siparietto finto. Era così palese che Iris stesse appoggiando Logan. Insomma, lei era una genetista che non si stava interessando a Dorothy. Quella sensazione di disagio strisciò di nuovo addosso ad Astrid come una biscia velenosa.
“Sei una genetista, Iris. Il tuo compito è quello di trovare la cura.”
“Ero una genetista.” La corresse Iris.
“La verità è che Remy non vuole Iris tra i piedi. L’ha cacciata l’altro giorno.” Disse Logan.
“Remy ha rifiutato il tuo aiuto?” domandò Astrid, sbigottita.
Iris addentò un biscotto e annuì, i suoi grandi occhi neri erano tristi.
“Secondo Remy non sono in grado di collaborare. Lei e Eugene preferiscono fare da soli.”
Astrid fissò la piccola Judith che rideva con Clara, eppure quella tenera scena non riusciva ad addolcire il brutto presentimento in lei. Perché Remy aveva escluso Iris? Perché non si fidava di sua moglie?
“Il gruppo si è già riunito. Dovreste sbrigarvi.” Disse Ezekiel.
“Andiamo, Astrid. Avrai tempo per imbambolarti a fissare il vuoto.” La canzonò Logan.
 
“Abbiamo rete a sufficienza per sistemare il buco?” chiese Daryl.
Nadia diede un’occhiata al borsone e storse il naso lentigginoso. Lei in passato era stata a capo di una fonderia a nord di Atlanta.
“Dovremmo farcela a stento. Dobbiamo almeno essere sicuri di fondere bene il metallo.”
“Buongiorno.”
Daryl si girò e vide Astrid che avanzava verso di loro con un sorriso gentile. Indossava una t-shirt blu troppo grande che faceva fatica a tenere sotto la giacca di jeans. La felicità dell’arciere si spense quando Logan entrò nel suo campo visivo.
“Salve! E’ sempre un bene ricevere aiuto.” Li accolse Nadia.
“Siamo qui per questo. Aiutare gli altri fa bene all’anima.” Replicò Logan.
Daryl fece roteare gli occhi per il fastidio. Logan lo irritava, ormai non era un segreto. Con quei suoi luminosi occhi verdi, quei riccioli biondi e quel fisico scolpito sembrava uscito da una rivista di moda.
“All’anima farebbe bene anche un weekend in una Spa.” Disse Astrid.
“Per quella ti toccherà aspettare.” Ribatté Nadia ridendo.
Astrid si tolse la giacca di jeans e si arrotolò le maniche della maglietta fino ai gomiti.
“Ti sta bene la mia maglia.” Disse Logan.
Daryl scoccò un’occhiataccia verso Logan, irritato dal fatto che Astrid indossasse la sua maglia. Certo, erano amici da una vita e poteva essere una cosa normale, ma l’arciere supponeva che sotto ci fossero altre ragioni.
“Sempre meglio di quella volta che tu hai messo i miei pantaloncini.” Disse Astrid.
“Te lo ricordi? Dovevamo andare al concerto dei Simple Plan e i miei jeans si sono strappati.”
“Purtroppo me lo ricordo.”
Astrid e Logan scoppiarono a ridere. Daryl strinse le mani a pugno e respirò a fondo.
“Da quanto state insieme?” domandò Nadia.
“Non stiamo insieme.” Si affrettò a dire Astrid.
“Non ancora.” Precisò Logan.
Daryl scattò come una molla. Se fosse rimasto ancora là sarebbe scoppiato un litigio, però non poteva neanche andarsene. Doveva stringere i denti e sopportare le moine di Logan.
“Possiamo lavorare o volete un caffè?”
Astrid captò subito la durezza nella voce di Daryl. Sospirò e d’istinto prese a dondolarsi sui talloni. Tutta quella tensione negativa fra di loro era soffocante.
“Iniziamo a lavorare.”
Daryl annuì e si chinò sul buco nella rete per studiare i bordi. Erano netti e puliti come se fossero stati fatti da uno strumento.
“Come ripariamo il buco?” chiese Logan.
“Abbiamo delle reti nuove di zecca che useremo per cambiare questa porzione.” Disse Nadia.
Astrid notò che Daryl osservava il buco con estrema attenzione, stava cercando qualcosa che spiegasse la motivazione di quella apertura.
“Cerchi il mistero dell’universo?” scherzò lei.
Daryl si voltò a guardarla col sopracciglio inarcato. Per quanto fosse innervosito da Logan, si fece scappare un ghigno divertito.
“Stavo sperando di sbagliarmi.”
“Su cosa?”
“I bordi del buco sono puliti, ciò significa che qualcuno lo ha fatto di proposito per far entrare i vaganti.”
“Credi che possano essere le stesse persone che ci hanno attaccati al Regno? James disse che quella gente è dappertutto.”
Daryl si mise dritto e si toccò il mento con fare pensieroso.
“Può darsi. In fondo il loro scopo era quello di far uscire te e Remy allo scoperto.”
Astrid si inginocchiò e vide che un lembo di rete sbucava verso l’esterno. Se il metallo era rivolto verso l’esterno significava che qualcuno ad Alexandria lo aveva causato.
“Daryl, ritengo che il buco sia stato fatto dall’interno. Ho visto che…”
“L’ho visto anche io.” tagliò corto lui.
“C’è una spia fra di noi.” Sentenziò Astrid.
Dietro di loro Nadia e Logan chiacchieravano del più e del meno mentre rovistavano fra gli attrezzi da lavoro. Daryl ebbe il sospetto che Logan c’entrasse qualcosa. Era una coincidenza che la recinzione venisse manomessa proprio al suo arrivo?
“Dopo ne parlerò con Gabriel e il Consiglio. Per adesso cerchiamo di evitare ai vaganti di entrare.”
 
Remy fece forza con le braccia per far muovere le rotelle della sedia velocemente. Voleva tornare a casa prima che qualcuno la vedesse e le facesse domande scomode. In casa non c’era nessuno, tutti erano usciti per diverse mansioni, quindi lei poteva aggirarsi indisturbata fra le stanze.
“Ehi, Remy!” la salutò Judith.
“Entriamo in casa, forza.”
Judith tenne la porta aperta mentre Remy usava la pedana per salire. Sapeva che usare una bambina per i suoi piani era deplorevole ma non aveva altra scelta.
“Perché sono qui?”
Remy si affacciò alla finestra per essere sicura che nessuno le avrebbe interrotte.
“Devi farmi un favore. Io non posso salire le scale, perciò tu dovrai andare di sopra e portarmi lo zaino di Logan. E’ una borsa grigia stracciata qua e là.”
“Mia mamma dice sempre che sbirciare nelle cose altrui non si fa.”
“Tua mamma ha ragione, però io ho bisogno di una cosa di Logan per il compleanno di Astrid.”
Remy si sentiva meschina a mentire, soprattutto a una bambina, ma quella era l’unica occasione per ficcare il naso.
“Allora va bene. Ma lo faccio solo per questa volta!”
“Grazie, grazie, grazie.” Disse Remy con le mani incrociate.
Judith corse al secondo piano e seguì le indicazioni della donna fino alla camera di Logan. Prese lo zaino e, siccome era troppo pesante, lo trascinò giù per le scale a fatica.
“Logan ha davvero parecchia roba. Anche la cesta di giochi di RJ è così pesante.”
Remy prese in consegna lo zaino e ridacchiò per le parole innocenti della bambina.
“Grazie di cuore, Judith. Mi raccomando: mantieni questo segreto. Nessuno deve saperlo.”
“Non dirò nulla. Non voglio rovinare la sorpresa ad Astrid.”
“Brava. Adesso torna da tuo fratello, qui me la cavo da sola.”
Dopo che Judith ebbe chiuso la porta, Remy rovesciò in contenuto dello zaino sul tavolo della cucina. C’erano vestiti, un vecchio orologio fuori uso, una bottiglia d’acqua accartocciata, ma niente altro di particolare. Infilò le mani all’interno per scovare eventuali tasche nascoste. Strabuzzò gli occhi quando tastò un taschino segreto sul fondo dello zaino. Strattonò la cerniera e arraffò quando era nascosto.
“Che bastardo.”
Nel taschino vi era la collana di Astrid, quella che un tempo era appartenuta alla loro madre. Sua sorella credeva di averla perduta nel bosco ma forse era stato Logan ad averla presa.
 
“Non credo sia giusto. A me sembra storto.” Disse Logan.
Daryl sbuffò e alzò le mani in segno di resa. Erano passate tre ore e loro non avevano ancora chiuso il buco.
“Tu sai almeno saldare? Se non lo sai fare è meglio che stai zitto.”
“Datti una calmata, amico.”
“Non sono tuo amico.” Ringhiò Daryl.
“Daryl ha ragione. Gli elettrodi sono il modo per saldare in fretta la rete.” Intervenne Nadia.
“Certo, perché Daryl sa tutto!” replicò Logan, stizzito.
Astrid rimase allibita dal comportamento di Logan. Era sempre stato un tipo impulsivo nelle risposte, ma quella era proprio maleducazione.
“Logan, adesso basta. Daryl ne sa più di noi in fatto di saldature.”
“E ovviamente tu lo difendi! Sei ridicola. Sbavi davanti al primo uomo che incontri.”
“Ti conviene chiudere quella bocca.” Lo minacciò Daryl.
Logan, però, era in vena di sfida e pertanto sorrise a mo’ di offesa.
“Tu non conosci Astrid come me. Lei ha la pessima tendenza a fidarsi delle persone sbagliate. E’ un atteggiamento masochista che ha dalla nascita.”
Astrid rimase immobile mentre un groppo le bloccava la gola. Sentiva un dolore sordo farsi spazio nel torace come una colata di lava bollente.
“Logan, perché dici queste cose? Tu sei il mio migliore amico.”
“Ed è proprio per questo che cerco di difenderti da Daryl.”
Daryl non ci vide più dalla rabbia. La collera che in passato lo aveva alimentato ora esplodeva in lui come scintille. Fu così che tirò un pugno a Logan spaccandogli il naso.
“Astrid deve essere protetta da te, stronzo!”
Logan era caduto a terra col sangue che gli colava sul mento. Si rimise in piedi e saltò addosso a Daryl come una furia. Lo scaraventò contro la rete con una forza tale da rompere altro metallo.
“Basta! Basta! Smettetela!” gridò Astrid.
Era troppo tardi per smettere. Logan iniziò a prendere a cazzotti Daryl più e più volte. Non era mai stato violento e questo spaventò Astrid.
“Logan, smettila! Falla finita!”
Astrid cercò di tirarlo via e porre fine a quella follia, ma Logan si ritrasse con uno scatto e con la mano la spinse per terra.
“Stai bene, Astrid?” domandò subito Nadia.
Daryl con la coda dell’occhio vide che Astrid aveva il gomito sanguinante. Fu la goccia che fece traboccare il vaso della sua rabbia. Mise le mani attorno al collo di Logan e se lo tolse di dosso, dopodiché gli assestò un calcio nelle costole.
“Basta… basta…” biascicò Logan senza fiato.
Daryl lo lasciò andare, le mani gli prudevano dalla voglia di picchiarlo ancora. Invece preferì rivolgersi ad Astrid per aiutarla ad alzarsi.
“Stai bene?”
“E’ solo un graffio al gomito. Tu, al contrario, stai sanguinando.”
Solo allora Daryl si accorse del sangue che fuoriusciva dal fianco. Un pezzo della rete gli aveva perforato la pelle.
“Nah, niente di grave.”
Astrid guardò oltre di lui, laddove Nadia stava prestando soccorso a Logan.
“Ti devo medicare la ferita. Andiamo a casa tua.”
 
Daryl aveva smesso di sanguinare quando arrivarono a casa. Era tutto in disordine, dai piatti nel lavandino alle coperte disseminate ovunque. Dog rizzò le orecchie e si gettò sul padrone in cerca di coccole. Daryl gli grattò il muso e gli ordinò di stare a cuccia.
“Posso venire oppure Dog leccherà anche me?” chiese Astrid.
“Via libera.”
La donna lo raggiunse e lo aiutò a disfarsi del gilet e della cintura delle armi. L’arciere faceva respiri bruschi ad ogni movimento.
“Togliti la camicia e fammi controllare.” Disse Astrid.
“Eh?”
Daryl andò nel panico a quella richiesta. Non voleva spogliarsi davanti a lei, non voleva mostrarle la sua schiena martoriata. Non voleva essere giudicato.
“Devi toglierti la camicia per lasciarmi controllare la ferita.”
“Non è necessario. Me la cavo da solo.”
“Non essere sciocco, Dixon. Il mio amico ti ha appena gettato contro il metallo appuntito, il minimo che io possa fare è medicarti.”
“Sto bene. Ho anche smesso di sanguinare!”
Astrid inclinò la testa e lo fulminò con gli occhi. Poi capì il motivo di quella reticenza.
“Non guarderò la tua schiena, te lo prometto. Però quella ferita va medicata prima che si infetti.”
“Mmh.”
Daryl abbassò lo sguardo, sentendosi vulnerabile e fragile. Astrid gli prese la mano e accarezzò le nocche.
“Ti do un bacino se il disinfettante brucia.”
“Sei tremenda.” Disse Daryl ridendo.
Lentamente si tolse la camicia e la buttò a terra, segnando il pavimento di rosso. In effetti il fianco sinistro riportava un taglio non troppo profondo ma comunque sanguinante e doloroso. Sollevò il braccio per lasciare che Astrid desse un’occhiata.
“Non servono punti. Ora la pulisco per bene, applico una lozione e metto una benda. Dovrai cambiare la benda due volte al giorno.”
“Okay.”
Astrid riempì una bacinella di acqua tiepida, recuperò il disinfettante dal bagno e tornò in salotto. Daryl si era seduto sul tavolo in modo che per lei fosse facile raggiungere la ferita. Sussultò quando Astrid gli passò il panno umido sulla pelle lacerata.
“Scusami.”
“Nessun problema. Continua.”
L’arciere non si lamentò più, neanche il disinfettante lo fece trasalire. Astrid, invece, deglutiva e faticava a restare concentrata. Davanti a lei c’era Daryl Dixon senza camicia che metteva in bella mostra i muscoli. I suoi occhi rimbalzavano fra l’addome scolpito e i pettorali definiti. Qualche volta aveva indugiato con lo sguardo sulla cintura dei pantaloni.
“Questo brucerà parecchio.” Esordì lei dopo poco.
Daryl non emise un fiato quando Astrid gli applicò sulla ferita la pomata cicatrizzante per aiutare la pelle a rigenerarsi.
“Pensavo peggio.” Disse lui.
Astrid sorrise e si concentrò per tagliare le bende della stessa lunghezza.
“Daryl, tu resisti davvero a tutto.”
L’arciere si perse ad ammirarla mentre con accuratezza srotolava la benda bianca. Una ciocca le era sfuggita dalla coda e le ricadeva sulla tempia; il sole illuminava di riflessi dorati i suoi capelli castani.
“Non resisto a tutto.”
“Allora esiste qualcosa che fa tremare il cuore del valoroso Daryl Dixon.” Scherzò Astrid.
“Qualcuno.” Precisò Daryl.
Quando lei alzò il mento incontrò gli occhi azzurri dell’arciere che la fissavano. Arrossì e si morse le labbra per l’imbarazzo.
“Alza di nuovo il braccio. Tra qualche minuto sarà tutto finito.”
Era bello che qualcuno si prendesse cura di lui, pensò Daryl. Le mani di Astrid erano gentili e delicate, lo toccavano con una leggerezza incredibile. Lui era abituato alle botte, alle cinghiate e alle sigarette spente sulla pelle. Le mani di quella donna erano un toccasana per lui.
“Ecco fatto. Vado a prenderti una camicia pulita.”
Astrid fece per allontanarsi quando Daryl la trattenne per il polso. Era stanco di nascondersi. Era stanco di fingere di non provare nulla per lei.
“La mia schiena… voglio che tu la veda.”
“Oh, no. Daryl non sei obbligato.”
“Va bene così.”
Daryl si fece coraggio e lottò contro tutti i suoi dubbi. Lui non era solo un arciere che si dava da fare per la comunità, lui era anche quel passato di sofferenze.
Astrid smise di respirare quando finalmente vide la schiena d Daryl. Le cicatrici erano terribili, scure e frastagliate, alcune addirittura lunghe quanto la sua mano. Aveva voglia di piangere, pensare ad un bambino che viene picchiato era un dolore enorme. Ma si fece forza per lui.
“Adoro i diavoli tatuati.”
“Non erano i tatuaggi che volevo farti vedere.”
“Allora volevi farmi vedere i muscolo perfetti della tua schiena?”
Daryl sospirò, non sapeva se essere sollevato o indispettito da quelle chiacchiere inutili.
“Astrid…”
“Lo so che vuoi mostrarmi le cicatrici. Ma cosa ti aspettavi? Che scappassi via urlando?”
Daryl si girò verso di lei, un po’ per nascondersi ancora e un po’ perché voleva guardarla in faccia. Pensava di trovarla disgustata, invece Astrid aveva gli occhi lucidi e un sorriso gentile.
“Mi aspettavo una reazione diversa.”
Astrid si avvicinò a lui e lo abbracciò cingendogli i fianchi con le braccia. Poggiò il mento sul suo petto per poterlo guardare.
“Tu, Daryl Dixon, sei troppo bello.”
“Piantala.”
L’arciere era arrossito, teneva la testa basta nella speranza che i capelli celassero le orecchie rosse.
“La pianto solo se mi dai un bacio.”
“Davvero vuoi restare?”
Astrid sorrise per l’ingenuità di Daryl. Aveva conosciuto tanti bambini insicuri e fragili a causa di genitori violenti, e lui era uno di quelli anche a quarantasette anni.
“Davvero.”
“Okay.”
“Dunque dov’è il mio bacio?”
Daryl sorrise e si chinò, ma fu Astrid a fare scontrare le loro labbra. Quello fu un bacio diverso da solito. Era passionale, travolgente e non aveva nulla di casto. Astrid si fece più vicina e Daryl poté approfondire il contatto. Mentre le loro labbra continuavano a muoversi all’unisono, lei lo fece alzare e lo guidò fino al divano. Daryl era in balìa del momento, pertanto si lasciò cadere fra i cuscini e Astrid si sedette a cavalcioni. Si staccarono quando lui gemette di dolore.
“Scusa! Ti ho fatto male?”
La benda era pulita e quindi la ferita era ancora intatta. Daryl non si sarebbe staccato neanche se avesse cominciato a sanguinare.
“Tutto apposto.”
Astrid lo baciò di nuovo, spingendosi su di lui fino a sentire il suo petto nudo contro la stoffa della propria maglietta. Daryl le mise le mani sui fianchi per attirarla a sé. Quando lei gli iniziò a baciare il collo, si abbandonò ad un gemito di piacere.
“Daryl, sono tornata. Daryl! Sei in casa?” strillò la voce di Carol.
Daryl a malincuore mollò la presa su Astrid e si discostò per adocchiare la porta. Astrid stava ansimando al suo orecchio mentre tentava di regolarizzare il respiro.
“Carol è tornata. Non dovrebbe… trovarci così.”
“Carol è una guastafeste.” Mormorò lei.
Astrid si alzò e si sistemò la maglietta che Daryl aveva stropicciato fra le dita. Sapeva di avere le labbra arrossate per i baci e che Carol se ne sarebbe accorta. Si affrettò a riordinare il kit di pronto soccorso mentre lui si rivestiva.
“Eccovi qui! Nadia mia ha detto che sei ferito.” Disse Carol.
Daryl si abbottonò la camicia senza guardare la sua amica, altrimenti sarebbe stato come confessare quanto accaduto.
“Non è grave. Astrid mi ha medicato.”
Carol, però, aveva notato che i cuscini erano caduti dal divano e che i capelli di Astrid erano leggermente arruffati.
“Avete giocato al dottore e all’infermiera, eh.”
Astrid cercò di mantenere la calma abbozzando un’espressione serena.
“Io vado a vedere come sta Logan. Dobbiamo fare una lunga chiacchierata sul suo atteggiamento. Daryl, riposati per oggi. Ci vediamo dopo a cena.”
“Mmh.”
 
Astrid fece ritorno a casa con un sorriso da ebete che attirò subito l’attenzione.
“Come mai quel sorriso splendente?” la punzecchiò Yana.
“Beh, questa ragazzaccia qui ha appena trascorso i dieci minuti più belli degli ultimi anni.”
Clara sfrecciò in cucina con il suo peluche di coniglio incastrato nel gomito, zoppicava un poco per via della sbucciatura. Stava piangendo a dirotto.
“Astrid!”
Astrid la prese in braccio e la cullò per farla calmare. Anche Yana le accarezzò per placare le lacrime.
“Piccolina, che succede?”
“Papà mi ha sgridata perché giocavo a voce alta con Polly. Lui è cattivo!”
Polly era il peluche, lo aveva chiamato così dopo che Hunter le aveva raccontato che da bambino aveva una tartaruga con lo stesso nome.
“Logan non è cattivo.” Disse Astrid.
“Sì! Ha staccato l’orecchio di Polly!”
Il coniglio difatti aveva un orecchio mozzato da cui cadeva stoffa bianca. Per essersi accanito su un peluche doveva essere furioso.
“Yana ti aiuterà a sistemare l’orecchio del peluche. Io vado a parlare con Logan.”
Astrid irruppe nel soggiorno mentre Logan era inginocchiato alla ricerca dell’orecchio staccato.
“Astrid, lasciami spieg-…”
“No! Non dire una parola! Puoi offendere me, puoi gridarmi contro, ma non ti devi permettere di ferire Clara! E’ una bambina. Anzi, è la tua bambina!”
“Io non sono suo padre! Ho contribuito a concepirla ma non so nulla di lei. L’ultima volta che l’ho vista aveva due anni e anche allora non riuscivo ad essere un padre come si deve.”
Per la prima volta Astrid ebbe una triste rivelazione: Logan, il suo adorabile migliore amico, non c’era più. Il ragazzo gentile e spavaldo di una volta era stato spazzato via.
“Lo so che perdere Olga…”
Logan fece una risata nervosa, le mani fra i capelli che quasi tiravano con forza i ricci.
“Io e Olga abbiamo fatto sesso e per sbaglio è rimasta incinta. Non ero innamorato di lei, non provavo niente. Io non volevo che la bambina nascesse. Non volevo essere padre perché non ero pronto. E’ stata tua madre a convincere Olga a portare avanti la gravidanza.”
“Perché non me lo hai detto? Avremmo trovato una soluzione insieme!”
L’euforia di Astrid si era tramutata in freddezza. Se Daryl le aveva fatto battere il cuore, ora Logan lo stava infilando con cento lame.
“Astrid, io sono innamorato di te! Questa era la soluzione che avevo sempre sperato per noi. Credevo che ci saremmo sposati e che avremmo avuto dei figli, ma questo virus ha rovinato tutto. Sei sempre stata tu!”
“Non dire queste cose. Non le voglio sentire!” disse lei.
“Non le vuoi sentire perché sai che è la verità. E so che anche tu sei innamorata di me da sempre.”
Logan fece un passo avanti e Astrid indietreggiò, non voleva stargli vicino.
“Ero innamorata di te quando avevo diciassette anni! Poi le cose sono cambiate e quei sentimenti sono scomparsi. Io sto con un altro adesso.”
“Ovvio! Ti scopi quel topo di fogna con la balestra!” strillò Logan, inferocito.
“Abbassa la voce, di là ci sono Yana e Clara.”
“Io ti confesso il mio amore e tu mi parli di quei ragazzini? Sei incredibile!”
“Logan, calmati. Io non ti riconosco più.”
Logan avanzò con un passo lesto, l’agguantò per i polsi e la spinse contro la parete. I suoi luminosi occhi verdi erano oscuri come la notte.
“A me importa solo di te. Ho passato tre anni di inferno ad Austell. Mi hanno torturato, mi hanno affamato, e sono stato costretto a uccidere per restare vivo. Lo capisci quando ti amo?”
Astrid comprese che ormai per lui non c’erano speranze. La fine del mondo lo aveva inghiottito e aveva risputato una versione peggiore di lui.
“Sono felice che tu sia vivo. Sono felice che tu e Iris siate tornati. Sei il mio migliore amico da una vita e ti voglio bene, ma l’amore… l’amore è un’altra cosa.”
“Tu ami quel Dixon, vero?” sussurrò Logan.
Astrid aprì e richiuse la bocca, incapace di rispondere. Davanti a sé aveva uno sconosciuto che assomigliava al suo amico. Le torture e la fame avevano cambiato Logan trasformando in un mostro rabbioso. Non era vivo per tornare da lei, era vivo perché aveva ucciso qualcuno. Non c’era amore in quelle azioni.
“Vattene, Logan. Non sei più il benvenuto in questa casa e in questa famiglia.”
 
Remy si guardava attorno ma non vedeva Logan da nessuna parte. La piazza di Alexandria era ancora in fermento, gli adulti parlavano e i bambini giocavano. Hunter stava cantando una canzoncina a Clara, Lydia e Yana ridevano per chissà cosa, Iris stava esponendo a Nadia la sua opinione sulla genetica robotica.
“Ehilà.”
Astrid si sedette sulle scale di casa accanto a lei, sembrava giù di morale.
“Yana mi ha detto del tuo litigio con Logan. Lo hai cacciato di casa sul serio?”
“Logan non è molto in sé. Chi lo ha rapito deve averlo torturato fino a spezzarlo, ora è solo un uomo distrutto. Non so che fare. Vorrei aiutarlo ma non so da dove partire.”
“Non devi aiutare sempre tutti.” Disse Remy.
“Ma lui non è uno qualunque. Lui è il mio migliore amico. Se ha perso la strada, tocca a me aiutarlo.”
“Anche Iris non è più la stessa. Prima avrebbe fatto il possibile per decifrare il diario, invece adesso le importa poco e niente. Deve essere successo qualcosa di terribile ad Austell.”
Remy guardava Iris e vedeva una estranea. Aveva l’aspetto di sua moglie ma non era più lei.
“Vanno male le cose con Iris, eh? Mi dispiace. So quanto lo a ami.”
“Solo il tempo ci dimostrerà se vale la pena lottare.” Disse Remy.
Astrid non disse nulla. La sua mente era affollata di pensieri: il litigio con Logan, la sua famiglia che si sgretolava, la complicata relazione con Daryl.
“Ho baciato Daryl oggi. Anzi, ci siamo baciati parecchio.”
“Ecco perché l’omone non smette di guardarti.”
Astrid alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di Daryl che era seduto con Aaron e Gabriel. Lei sventolò la mano per salutarlo e lui ricambiò con un cenno del mento.
“Mi piace davvero tanto.”
“Lo capisco dalla bava che ti cola dalla bocca.” Scherzò Remy.
Le due sorelle scoppiarono a ridere, quasi sembrava di essere tornate sulla veranda di casa loro prima che la fine del mondo iniziasse.
“Astrid, ho sonno.” Disse Clara.
La bambina reggeva fra le mani il peluche con l’orecchio rattoppato, Yana aveva fatto un ottimo lavoro. Aveva gli occhietti rossi e sbadigliava.
“Andiamo a dormire, piccolina. Ti racconto una favola?”
“Sì! Hunter, vieni?” domandò Clara.
Hunter, benché non avesse sonno, decise di andare con la bambina per farla addormentare in fretta.
“Certo che vengo.”
“Io salgo più tardi.” Disse Remy.
Astrid annuì e le stampò un bacio sui capelli, dopodiché prese in braccio Clara e salì in camera con Hunter.
Rimasta da sola, Remy guidò la sedia a rotelle verso il Consiglio cittadino. Aaron smise di parlare quando lei fu vicina.
“Signori, non siate timidi.”
Daryl si era acceso una sigaretta e se ne stava stravaccato sul marciapiede a fumare col viso rivolto al cielo notturno. Gabriel si mise davanti a Remy come a volerla proteggere da orecchie e occhi indiscreti.
“I ricognitori sono tornati. Le coordinate che ci avete dato erano giuste. Negan e gli altri hanno trovato qualcosa.”
“Cosa?” chiese Remy, curiosa.
“Poesie.” Rispose Aaron.
“E’ uno scherzo?”
“Purtroppo no. In ogni luogo era nascosta una poesia. Secondo Negan e Carol potrebbero contenere indizi utili.”
“Ma io non sono un’esperta di poesie! Io sono brava con la fisica e la chimica.” Disse Remy.
“Per questo ci serve Astrid. Pensi che stia dalla nostra parte?” Concluse Gabriel.
“Logan per ora è fuori gioco, quindi Astrid potrebbe stare dalla nostra parte.”
Daryl aveva irrigidito la mascella, sentire il nome di Astrid gli aveva ricordato quei baci passionali sul divano di casa sua.
“Daryl, te ne occupi tu? Dobbiamo assicurarci la lealtà di Astrid.” Disse Gabriel.
“Me ne occupo io.”
“Potete lasciarci? Devo parlare in privato con Daryl.” Disse Remy.
“Ci riuniamo domattina all’alba per discutere maggiori dettagli.” Annunciò Gabriel.
Aaron e il prete tornarono alle rispettive dimore, e oramai tutti quanti stavano andando a dormire considerata l’avanzata della notte.
“Che devi dirmi?”
“Stamattina ho spiato nello zaino di Logan e ho trovato la collana di Astrid. Come è finita lì? Se Logan è rimasto ad Austell per tre anni è impossibile che abbia la collana.”
“Oppure Logan ha seguito Astrid per tutto il tempo.” Rifletté Daryl.
“Esatto. Logan non è sempre rimasto ad Austell, per qualche tempo deve averci seguiti dalla Guardia ad Alexandria. Daryl, devi fare molta attenzione.”
“Lui dov’è?”
“Astrid lo ha cacciato di casa dopo un litigio e ora è ospite di Ezekiel.”
“Dobbiamo risolvere la questione prima che qualcuno si faccia male.”
“Sono d’accordo.” Disse Remy.
 
Salve a tutti! ^_^
Che dire, Carol ha l’occhio esperto e ha beccato i due piccioncini.
Ma Logan? Che guastafeste!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 6
*** Candeline e desideri ***


6. CANDELINE E DESIDERI

Astrid nel dormiveglia si accorse che qualcuno stava bussando alla porta d’ingresso. La sveglia sul comodino segnava le sei del mattino. Clara era avvinghiata a lei, la bocca semiaperta e le lunghe ciglia bionde che tremolavano nel sonno. Si divincolò dalla bambina e scese di sotto senza fare troppo rumore. Superò il soggiorno in silenzio per non svegliare Remy e Iris. Quando aprì la porta sorrise in automatico. Daryl era in piedi davanti a lei, vestito e armato di balestra.
“E’ successo qualcosa?”
“Volevo chiederti se ti andasse di passare la giornata con me.”
“Perché? Non fraintendermi, sono felice della richiesta, ma temo ci sia dell’altro sotto.”
Daryl si appoggiò allo stipite della porta e frugò nello zaino, tirò fuori un pacchettino blu incartato alla bell’e meglio.
“Buon compleanno, Astrid.”
Astrid sorrise entusiasta. Scartò il pacchetto e sorrise ancora di più, gli occhi lucidi per l’emozione. Il regalo era il dvd de ‘La casa sul lago del tempo’, il suo film preferito.
“Come hai fatto a trovarlo?”
“Un paio di settimane fa io e Carol siamo andati a cercare delle provviste e siamo capitati nei pressi di una videoteca. Sono entrato, ho visto il dvd e l’ho preso.”
“Daryl, è fantastico… io non ho davvero parole. Grazie mille!”
Astrid si alzò sulle punte e lo abbracciò forte. Daryl le diede un paio di pacche sulla schiena.
“Sono contento che il regalo ti sia piaciuto.”
“Vuoi passare la giornata con me perché è il mio compleanno?”
“Sì. Ho detto a Gabriel che andiamo a perlustrare i dintorni di Alexandria, quindi abbiamo la scusa perfetta.”
Astrid si morse il labbro per non scoppiare a ridere di gioia. Abbracciò di nuovo l’arciere e gli diede un bacio sulla guancia.
“Vado a vestirmi e sono subito da te.”
“Mmh.”
 
Astrid si guardò un’ultima volta allo specchio prima di lasciare casa. Quella mattina si era svegliata con delle profonde occhiaie scure che venivano messe in risalto dal pallore della sua pelle. Sembrava non dormisse da giorni quando in verità quei segni violacei erano sempre stati parte di lei. Per l’occasione aveva indossato una t-shirt nuova di Remy a maniche lunghe e di colore viola. Si era addirittura pettinata i capelli in una treccia alla francese. Era stupido ma voleva sembrare carina nel giorno del suo compleanno.
Quando si chiuse la porta alle spalle, Daryl la stava aspettando sulla scalinata e fumava.
“Sono pronta.”
“Andiamo.”
Superarono i cancelli e salutarono le guardie del turno notturno che entro due ore avrebbero avuto il cambio. Daryl e Astrid camminavano vicini ma non troppo. Era una giornata di sole nonostante fosse ottobre.
“C’è un bel sole oggi.” Disse lei.
“Già.”
Astrid non sapeva come comportarsi. Era insicura su cosa dire e cosa fare, non voleva metterlo a disagio. Daryl però sembrava sereno, camminava piano come se stesse passeggiando.
“Andiamo a caccia o a pesca? Sappi che io non brava in nessuna delle due attività.”
“Non dobbiamo fare niente.” Disse Daryl.
“Oh, okay. Almeno evito di fare figuracce.”
“Mmh.”
Il silenzio calò fra di loro mentre l’arciere la guidava nella fitta boscaglia, la mano posata sull’elsa di un coltello nel caso fossero sbucati vaganti affamati. Astrid aveva rallentato per ammirare piccoli cespugli di fiori viola con sfumature bianche. Si chinò a prenderne uno e lo annusò.
“Viole del pensiero. Sono fiori che nascono spesso in autunno.” Spiegò Daryl.
“Sono bellissime. Hanno un qualche significato particolare?”
“Pare sia il fiore degli innamorati. Secondo alcune leggende francesi dentro i petali delle viole del pensiero è possibile scorgere il volto della persona amata.”
Astrid scrutò i petali in cerca di qualcosa, ma arricciò il naso quando non vide nulla.
“Non credo che le leggende siano vere.”
Daryl strappò un fiore e se lo rigirò fra le mani, poi lo allungò verso di lei.
“Oppure la persona è davanti a te.”
Astrid accettò la viola con le guance arrossate. C’era una strana luce nello sguardo dell’arciere, una sensibilità che mostrava di rado.
“Sei un esperto di fiori?”
“Quando vivi nei boschi alla fine impari qualcosa. Io e Merle dormivamo in un camper schifoso, non c’era molto da fare quando non cacciavamo e così io mi guardavo intorno. Ho imparato a riconoscere fiori e piante.”
Astrid rimase meravigliata. Daryl era una scoperta quotidiana. Proprio quando credeva di conoscerlo, lui la stupiva di nuovo.
“Quale fiore assoceresti a me?”
Daryl la squadrò per qualche secondo mentre in testa passava in rassegna tutti i fiori che conosceva.
“Il bucaneve è il tuo fiore, indica speranza.”
“Mi si addice.”
 
“Io e Remy stavamo infornando la torta per il mio compleanno quando è arrivata nostra nonna. C’era un bicchiere sul tavolo e lei credeva fosse acqua, quindi ha bevuto e non ha fatto commenti. La cosa divertente è che era grappa! Capisci? Era alcol e lei non si è accorta di nulla. Durante la cena era evidentemente brilla ma io e mia sorella non aveva il coraggio di dirle che si era scolata la bagna della torta.”
Daryl si mise a ridere al pensiero della nonnina che beveva grappa senza rendersene conto. Astrid aveva i crampi allo stomaco per le risate. Era da tempo che non si sentiva così leggera.
“La torta è venuta bene anche senza grappa?”
“Sì, per fortuna Iris ha sostituito l’alcol con una spremuta di arancia.”
“Remy e Iris stanno insieme da molto?” chiese Daryl.
“Da quindici anni. Remy l’ha corteggiata fino allo sfinimento e Iris alla fine ha ceduto. Io e Logan siamo stati i loro testimoni di nozze.”
Astrid si rabbuiò a quel ricordo. Parlare di Logan era difficile dopo quanto accaduto.
“Ho visto che Logan alloggia da Ezekiel. Avete litigato?”
“Non mi va di parlarne. Scusa.”
“Scusami tu. Non sono affari miei.”
“Non è questo. E’ la prima volta che io e Logan arriviamo ai ferri corti. Devo ancora metabolizzare la cosa.”
Daryl annuì, anche se voleva sapere per quale ragione avessero litigato tanto da dividersi.
“Capisco.”
Astrid fece un piccolo sorriso, grata di non doversi sforzare di raccontare tutto. Aggrottò le sopracciglia quando vide che Daryl aveva emesso un rantolo.
“Ti fa male la ferita? Fammi vedere.”
“Sto bene. La ferita sta guarendo. Su, proseguiamo.”
“Per dove?”
“E’ il tuo compleanno, no? Meriti qualcosa di decente.”
Astrid lo seguì con il cuore che batteva forte. Erano anni che non festeggiava il compleanno, non credeva nemmeno che avrebbe vissuto una giornata di relax. Non parlarono, si limitarono a camminare l’uno affianco all’altra lasciandosi avvolgere dal cinguettio degli uccelli.
 
Remy si intrufolò alla riunione del Consiglio senza interromperla. Erano presenti Gabriel, Aaron, Rosita e Carol, Jerry ed Ezekiel. C’era anche Negan, che la salutò con un cenno della testa e poi tornò a concentrarsi sulle parole di Gabriel.
“Siamo qui riuniti perché i nostri ricognitori hanno trovato delle poesie. So che sembra assurdo, però è un’altra pista da inseguire.”
“Secondo me stiamo perdendo tempo.” Disse Jerry.         
“Remy, vuoi dire qualcosa?” si rivolse a lei Gabriel.
“Io e Eugene lavoriamo giorno e notte al diario e ai documenti recuperati ad Alexandria, ma purtroppo fino ad ora non abbiamo ricavato granché. Queste poesie potrebbero essere uno scherzo, un depistaggio e utili fonti. Non posso mentirvi e assicurarvi che troveremo la cura.”
Aaron sospirò, toccava a lui il compito ingrato di riferire al Consiglio la decisione che aveva preso con Gabriel.
“Per ordine del Consiglio di Alexandria, con voto unanime, si stabilisce che soltanto Remy e Eugene continueranno a decifrare il diario. Il resto di noi tornerà alle mansioni di sempre e non si occuperà più della ricerca.”
Remy si sentì quasi svenire. Da dieci anni sudava su Dorothy, e lasciar perdere ora che era ad un passo dalla scoperta era una sofferenza intollerabile.
“No! Per favore, non è il momento di mollare. Abbiamo nuovi indizi, sappiamo che forse c’è una spia fra di noi, e abbiamo ancora una grande quantità di documenti da visionare. Per favore, non abbandonate le speranze.”
“Sono dispiaciuto, però non possiamo sprecare altre persone e altre risposte per questa caccia al tesoro. Quando e se tu e Eugene troverete qualcosa, noi saremo disposti a darvi una mano.”
“Gabriel, non farlo. Ti prego.” Lo supplicò Remy.
“Mi dispiace. La seduta è tolta.”
Remy rimase immobile a fissare il muro mentre tutti lasciavano la sala della riunione. Solo Negan le mise una mano sulla spalla a mo’ di consolazione.
“Posso darvi una mano io. Due occhi in più non fanno male.”
“Ti ringrazio.”
 
“Siamo arrivati.” Esordì Daryl.
Astrid si coprì la bocca aperta per la sorpresa. Si trovavano sul lato nord, a circa un’ora da Alexandria, e tutto era immerso nel verde. Un ruscello limpido scorreva alla sua destra e alla sua sinistra si ergeva una quercia secolare. Sotto la quercia c’era una piccola casa di legno, un prefabbricato usato dai pescatori come rifugio.
“Tutto questo solo per il mio compleanno?”
“Non avevo voglia di stare ad Alexandria, troppa gente.” Disse Daryl.
“Però hai portato me. Non vuoi restare da solo?”
L’arciere fece spallucce, in realtà non aveva una risposta. C’erano giorni in cui non sopportava le persone, dunque lasciava l’insediamento e se ne stava da solo nei boschi. Dog era il massimo della compagnia che riusciva a tollerare.
“Anche a te serve un giorno di pausa.”
“Effettivamente è vero. A casa la situazione è troppo tesa.”
Astrid si sedette a terra e rovistò nello zaino in cerca di acqua. Camminare così tanto le aveva fatto venire una gran sete. Daryl, dal canto suo, si mise a girovagare nei dintorni per raccogliere legna da ardere nelle ore successive.
“Daryl.”
“Mmh?”
“Secondo te chi è la spia che ha fatto il buco nella rete?”
Daryl si abbassò a prendere un rametto e lo spezzò immaginando di poter spezzar chiunque li avesse traditi.
“Non lo so.”
“Ti sei fatto un’idea, ne sono sicura. Perché non me lo dici?”
“Ne parliamo dopo.” Tagliò corto lui.
“Va bene.”
Astrid sbuffò, odiava quel mistero che sembrava tale solo a lei. Aveva la sensazione che Daryl sapesse qualcosa che lei ancora non capiva. Anche Remy sembrava piuttosto misteriosa negli ultimi tempi.
“Carol ti ha preparato i biscotti. Non sono una torta ma sono comunque buoni.”
“Con le gocce di cioccolato?”
“Mmh.”
Daryl le consegnò il proprio zaino e lei scavò in ogni tasca fino a quando non ebbe trovato la confezione. Addentò subito un biscotto e sentì il sapore del cioccolato in bocca.
“Fuesti fono i fiù fuoni del fondo.” Disse masticando.
“Attenta a non strozzarti.”
Astrid mangiò tre biscotti di fila, Carol era davvero la maestra della pasticceria. Dopo aver raggruppato legna a sufficienza, Daryl prese posto accanto a lei e mangiò un biscotto.
“Tanti auguri a me!” esclamò Astrid.
“Aspetta, mancano le candeline.”
Daryl estrasse da una tasca laterale dello zaino due numeri di cera, poi prese due biscotti e ci infilzò sopra le candeline. Usò l’accendino per accendere le fiammelle.
“Soffia ed esprimi un desiderio.”
Astrid ridacchiò, chiuse gli occhi e focalizzò nella mente il suo desiderio. Soffiò sulle candeline e sorrise mentre il fumo si dissolveva. Aveva appena compiuto trentadue anni ma si sentiva felice come una bambina.
“Grazie, Daryl. Erano dieci anni che non festeggiavo un compleanno.”
Gli occhi di Daryl si soffermarono sulle labbra di Astrid, erano così piene che deglutì un paio di volte. Avrebbe voluto baciarla ma la paura di essere rifiutato lo fece indietreggiare.
“Prego.”
Astrid scosse il capo e rise.
“Credevo che tu stessi per baciarmi. Sono la festeggiata, merito un trattamento particolare oggi.”
Daryl distolse lo sguardo, non poteva reggere tutta quella tensione. Ogni volta che stava con lei si sentiva uno sciocco. Non sapeva cosa dire e cosa fare, riusciva solo ad arrossire e a fare brutte figure.
“Vado a raccogliere altra legna per cucinare.”
Astrid rimase impalata come una statua mentre Daryl scappava via da quella vicinanza.
 
La bella giornata ben presto si era trasformata in una brutta. Daryl aveva acceso il fuoco e Astrid aveva messo a cuocere una zuppa, poi di colpo il sole era sparito e le nuvole si erano addensate. Il vento aveva cominciato a ululare fra gli alberi e loro si erano spostati dentro la piccola casa.
“Questa catapecchia resisterà?” domandò Astrid.
“Sì.”
Mangiarono in silenzio religioso. Ogni tanto Astrid diceva qualcosa e Daryl o annuiva o dava risposte brevi. Nel giro di due ore scoppiò un temporale che li costrinse a barricare la porta con un vecchio mobile.
“Vado a controllare fuori, non vorrei che i vaganti venissero attirati dalla pioggia.”
“D’accordo. Fa attenzione.” Si raccomandò Astrid.
Rimasta da sola con l’ansia che l’arciere incappasse in qualche pericolo, decise di rendere quel posto più accogliente. Sarebbero tornati ad Alexandria solo al termine del diluvio poiché un’ora di tragitto a piedi era impensabile in quelle condizioni. Distese una coperta sul pavimento e ci si sedette sopra con le gambe incrociate. Sobbalzò quando sentì un rumore esterno. L’attimo dopo la pioggia bagnò il pavimento quando Daryl entrò con la balestra sguainata.
“Non c’è nessuno. Non piove forte, tra un paio d’ore potremo tornare ad Alexandria.”
“Oppure potremmo restare qui per qualche giorno.” Azzardò Astrid.
“Non vuoi tornare dalla tua famiglia?”
“Mi piacerebbe anche stare qui… con te per un po’.”
Daryl annuì e abbandonò la balestra per terra, poi si tolse il gilet e lo mise sulla sedia ad asciugare.
“Possiamo tornare stasera dopo cena.”
“Vieni a sederti con me.” Lo invitò Astrid.
Daryl si sdraiò sulla coperta, non aveva domito la notte precedente per pattugliare la recinzione dell’insediamento. Socchiuse gli occhi e sospirò.
“I biscotti sono finiti?”
“Sì, ma possiamo sempre optare per un altro dessert.” Rispose lei.
Daryl spalancò gli occhi quando Astrid si sedette a cavalcioni su di lui. Ogni muscolo si era irrigidito, anche il suo cervello sembrava non ricevere più ossigeno.
“Astrid…”
“Non vuoi? Mi sembrava che l’altro giorno a casa tua si fosse creata l’atmosfera giusta.”
“Non mi sembra il caso.” Disse Daryl.
Astrid ci rimase male, quel rifiuto era l’ennesimo e cominciava a credere che l’arciere non fosse coinvolto quanto lei.
“Non avrei dovuto. Scusa.”
Qualcosa scattò dentro Daryl come una molla. Ormai fingere era inutile: Astrid gli piaceva e voleva abbattere le sue difese per lei. Perciò le strinse i fianchi per impedirle di alzarsi.
“Aspetta.”
“Daryl, non sei obbligato. Se non vuoi, se non ti senti pronto, va bene. Non ti devi preoccupare.”
L’arciere si mise seduto facendola sistemare meglio sulle proprie gambe. Astrid non lo toccava, teneva le braccia incrociate per non sfiorarlo con le mani.
“Non mi sento obbligato. Io vorrei… voglio… ma temo di non essere… adatto.”
“Sei bello come una divinità greca, voglio strapparti i vestiti dalla prima volta che ti ho visto, e tu pensi di non essere adatto? Oh, Dixon, tu sei proprio ingenuo.”
Daryl arrossì così tanto che sentiva le orecchie roventi. Astrid diceva quelle cose con una tale naturalezza da fargli battere il cuore a mille. Voleva stare con lei in tutti i modi possibili. Per anni si era tenuto lontano dall’amore, era sempre rimasto da solo in disparte ad osservare gli altri che si innamoravano. Lui non aveva mai pensato che un giorno avrebbe desiderato una donna come ora desiderava Astrid.
“E’ da molto tempo che non…”
“Anche io. Possiamo andarci piano e provare come va.” Mormorò Astrid.
“Mmh.”
Daryl non si mosse, aveva troppa paura di commettere errori e di deluderla. Ecco perché fu Astrid a cominciare il tutto. Si tolse la maglietta e la gettò da qualche parte.
“Adesso puoi vedere i miei famosi tatuaggi.”
In effetti, Daryl vide una rosa tatuata fra i seni. Era un disegno semplice e lineare, ma a lui sembrava chissà quale magnifica opera d’arte.
“Mi piace la rosa.”
“Dovresti togliermi il reggiseno per vederla meglio.”
L’arciere smise di respirare per qualche secondo. La pelle di Astrid era così calda mentre le sue mani le sganciavano il reggiseno.
“Posso?”
“Puoi fare tutto quello che vuoi.” Disse Astrid ammiccando.
Daryl fece scorrere le dita sul tatuaggio, accarezzò ciascun petalo della rosa con attenzione. Poi, in un inconsueto slancio di determinazione, posò proprio lì le labbra. Astrid si inarcò contro di lui e gli spinse la testa perché voleva sentirlo più vicino. Gemette quando sentì la bocca dell’arciere su entrambi i seni. Lui si ritrasse quando lei lo scostò.
“Ho sbagliato qualcosa?”
“No, ma abbiamo ancora tante altre cose da fare. Tipo questa.”
Astrid gli sbottonò la camicia e gliela levò in pochi secondi. Daryl rimase sorpreso quando lei si piegò a baciargli il petto e scese verso l’addome. La bocca di lei lo baciava e lo leccava seguendo la linea definita dei muscoli. Non si era mai sentito così bene con una donna. Certo, aveva avuto dei flirt che erano durati una notte e perlopiù era ubriaco. Ma con Astrid era tutta un’altra storia, solo un bacio riusciva a mandarlo in tilt.
“A-astrid.”
Intanto Astrid era arrivata all’orlo dei pantaloni e le sue mani stavano già slacciando la cintura.
“Sì.”
“Dammi un minuto.” Sussurrò lui, imbarazzato.
Astrid si sdraiò al suo fianco con la testa sul gomito piegato. Gli accarezzò i capelli con estrema dolcezza.
“Non tutto nella vita fa male. Lo so che addosso porti i segni di un tocco violento, ma posso assicurarti che le mie intenzioni sono buone. Non voglio farti male.”
Lei sapeva che l’arciere aveva cicatrici fisiche ed emotive, che ogni contatto per lui era un ricordo delle botte. La sua schiena era la prova tangibile della sofferenza che aveva dovuto patire.
“Mi sale il terrore quando qualcuno mi tocca. Nella mia mente rivivo le botte di mio padre.”
Astrid gli diede un bacio a stampo e gli regalò un piccolo sorriso tenero.
“Magari è arrivato il momento di creare nuovi ricordi positivi. Il nostro mondo già è difficile, se poi rivanghiamo il passato è ancora peggio.”
Daryl si morse l’interno della guancia, c’era una domanda che lo tormentava da giorni.
“Quindi tu e Logan non avete rivangato il passato?”
“Non c’è nessun passato da rivangare. Tra me e Logan non c’è niente di romantico. Ero cotta di lui quando era ragazzina, niente di più.”
“Sei sicura?”
Daryl voleva evitare l’ennesima delusione. Si trovava bene con Astrid, voleva stare con lei e provare a costruire qualcosa di positivo. Per la prima volta in vita sua desiderava sentimenti puri e onesti, qualcosa che rallegrasse la sua esistenza senza il timore di perdere tutto.
“Sono sicura. E tu? Lo sai che non voglio costringerti a stare con me o a fare qualcosa che non vuoi.”
“Non mi sento costretto.”
“Bene.” disse Astrid sorridendo.
“Astrid, non ti posso promettere che sarà tutto rose e fiori.”
“Lo so, e mi va bene così. Però non ho voglia di tirarmi indietro. Ci sono voluti dieci anni per ritrovarti, non ti perderò adesso.”
Prima che Daryl potesse dire altro, Astrid lo baciò per mettere a tacere qualsiasi dubbio. C’era una ragione se dieci anni fa si erano incontrati. Destino e semplice coincidenza, ognuno poteva interpretarla come voleva, ma restava il fatto che si fossero ritrovati.
“Neanche io voglio tirarmi indietro.” Sussurrò lui.
Astrid sorrise e lo baciò di nuovo. Tornò a sedersi su di lui, gli cinse il collo con le braccia i intensificò quel bacio. Le mani di Daryl, ruvide e callose, le accarezzarono la schiena facendole venire i brividi. L’arciere trattenne il respiro quando le dita di Astrid dalle spalle scivolarono verso la cintura.
“Posso?”
Daryl prima guardò le sue mani affusolate e poi lei, cercando la forza di affidarsi a qualcuno. Insomma, non era bello e giovane come Logan. Il suo corpo era pieno di lividi e cicatrici, era un ammasso di ricordi dolorosi. Ma lei era così bella e gentile che avrebbe fatto di tutto pur di accontentarla.
“Sì.”
Astrid gli tolse velocemente i pantaloni per non metterlo troppo a disagio. Per quanto sui si sforzasse di restare calmo, il suo corpo era teso come una corda di violino.
“Daryl, va tutto bene. Rilassati.”
Come poteva rilassarsi? Si stava letteralmente mettendo a nudo di fronte ad una donna. E se Astrid lo avesse trovato ripugnante? E se lui non fosse stato all’altezza della situazione?
“Sono rilassato.”
Astrid scosse la testa con un sorriso a incresparle le labbra. Era assurdo pensare che un omone grande e grosso come lui adesso sembrasse un innocuo agnellino.
“Tra un po’ sarai molto più rilassato.”
Daryl deglutì quando Astrid gli prese le mani e se le appoggiò sulla zip dei jeans. Il cuore dell’arciere correva così veloce che avrebbe potuto schizzargli fuori dal petto.
“Devo…?”
“Sì, per favore.” Rispose lei.
Daryl sganciò il bottone e abbassò la cerniera, poi l’aiutò a liberarsi dei jeans. Quando Astrid si sistemò di nuovo su di lui, indossava solo un semplice slip blu. Fu allora che lui vide il tatuaggio della stella sul gluteo sinistro.
“Ora ho visto tutti i tuoi tatuaggi?”
“Magari ne nascondo altri, tocca a te scoprirlo.” Sussurrò Astrid, maliziosa.
Daryl rise per il nervosismo, era la sua unica valvola di sfogo in quel momento. Le sue mani erano ferme sui fianchi di Astrid, che intanto gli stava baciando il collo. La sua bocca era caldissima e dolcissima, e Daryl si lasciò sfuggire un sospiro di apprezzamento. Sbarrò gli occhi quando Astrid lo spinse sulla coperta fino a farlo sdraiare. Sorrideva come una leonessa prima di addentare la preda.
“Ti dispiace se sto sopra?”
Daryl era talmente perso ad ammirarla che quella domanda lo raggiunse qualche secondo in ritardo.
“N-no. Va bene… tu… ehm…”
“Ce la fai a mettere insieme una frase sensata?” lo derise Astrid.
“In questo momento no.”
“Sei adorabile.”
“Piantala.” Si lagnò lui.
Astrid notò che la tensione muscolare di Daryl si era allentata, iniziava a sentirsi a proprio agio e questo metteva anche lei in una zona di comfort.
“Vuoi continuare?”
“Sì.”
 
Ad un certo punto Daryl aveva smesso di avere paura, preoccupazioni e ansie si erano dissipate. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era Astrid, al modo in cui i seni sfregavano contro il suo petto, al modo in cui si aggrappava a lui con le mani. La pioggia cadeva da ore, l’aria era diventata fredda e anche nel loro rifugio penetrava il vento. Ma i loro corpi avevano creato un calore tale da non sentire affatto il freddo.
Astrid ondeggiava sopra di lui facendo scontrare i loro fianchi più e più volte. Daryl la stringeva forte a sé assecondando ogni spinta, baciandole il punto in cui spalla e collo si univano.
Astrid ansimava e gemeva al suo orecchio, ripeteva il suo nome, e Daryl stava per toccare il cielo con un dito.
“Astrid.”
La voce roca dell’arciere fece tremare Astrid. Con i fianchi diede le ultime spinte fino a quando non ebbe la sensazione di vertigine. Daryl, che ormai era arrivato all’estremo, si lasciò trascinare dall’immenso piacere di quell’abbraccio. Pochi istanti dopo anche Astrid fu travolta da un’ondata di piacere altrettanto intensa. Lei si distese sul fianco destro e Daryl usò una sottile coperta che aveva conservato nel proprio zaino per coprire i loro corpi. Entrambi avevano il fiatone e tentavano di regolarizzare il respiro.
“E’ stato…”
“Già.” Disse Daryl.
Astrid si mise a ridere per l’imbarazzo che si era formato. Si mise a pancia in giù e diede una gomitata nelle costole di Daryl.
“E’ stato perfetto.”
L’arciere se ne stava sdraiato ad occhi chiusi e con le mani sotto la testa. Annuì e sorrise.
“Tu sei stata perfetta.”
“E’ una delle mie tante virtù.” Replicò lei.
“Nah, fai ancora schifo a prendere la mira.”
“Mi sembra giusto.”
Il silenzio fu spezzato dalle loro risate. Erano euforici, felici, adrenalinici. Peccato che quelle sensazioni sarebbero scomparse una volta tornati ad Alexandria.
“Logan ha detto di essere innamorato di me.”
Daryl serrò la mascella, tenendo sempre gli occhi chiusi.
“Lo hai cacciato di casa per questo?”
“Non lo so. E’ solo che non mi sento a mio agio con lui. E’ cambiato, gli anni di prigionia ad Austell lo hanno trasformato in una persona che non riconosco più.”
“Hai paura di lui?”
“Forse.” Confessò Astrid.
Daryl aprì gli occhi e vide la tristezza dipinta sul viso della donna. Capiva il suo stato d’animo, si era sentito così quando aveva visto Merle divorare le budella di un povero uomo. Quando tuo fratello diventa un mostro è impossibile tornare indietro.
“Tu non sei sola, Astrid.”
Astrid abbozzò un sorriso incerto, dopodiché si rannicchiò sotto la coperta. Daryl si mise seduto in cerca dei pantaloni e della camicia.
“Io amo la tua schiena.” Disse Astrid.
Daryl gemette quando sentì la bocca di lei sulle cicatrici. Tentò di spostarsi, non voleva quelle attenzioni su quei brutali segni.
“Non farlo. Smettila.”
Astrid continuò a baciare le cicatrici, adorava sentirlo sussultare per le sue carezze. La sua bocca sembrava porre dei cerotti su quelle ferite atroci. Daryl sospirava, gli occhi chiusi, la fronte aggrottata. Lei era la prima donna che gli baciava le cicatrici, e questo gli scaldava il cuore.
“Sei bellissimo.”
Daryl voleva piangere. Non meritava quella dolcezza. Non meritava quella donna straordinaria. Lui era un emarginato, un solitario che non voleva legami, era quello che tutti scaricavano.
“Da quale paradiso sei scesa?”
“Da uno fatto di zucchero filato.”
Daryl ridacchiò e Astrid gli baciò la guancia. Lui si girò e le diede un bacio sulla fronte.
“Vuoi tornare ad Alexandria?”
“Voglio restare qui con te ancora un po’.”
“Mmh.”
Daryl si distesse sulla schiena e allargò il braccio per invitarla ad avvicinarsi. Astrid poggiò la testa sul suo petto e con le dita tracciò il diavolo tatuato nella parte interna del bicipite destro. Nell’arco di dieci minuti si addormentò. L’arciere, invece, rimase sveglio per godersi quella bolla di felicità.
 
Astrid si allacciò gli anfibi e si infilò la maglietta. Daryl, già vestito da un pezzo, stava contando le frecce nella faretra. Si stava facendo buio, doveva incamminarsi prima che il sole tramontasse.
“Sei pronta?”
“Sì, eccomi.”
Superarono il ruscello per lasciarsi il rifugio alle spalle. Per fortuna non c’erano vaganti in quella zona. Aaron e Rosita spesso facevano il pattugliamento di quell’aria per ammazzare eventuali morti viventi.
“Di questo passo saremo a casa prima del buio.” Disse Daryl.
“Bene. Sto morendo di fame.” Replicò Astrid.
L’arciere camminava a qualche metro da lei per essere sicuro che non ci fossero pericoli. Astrid procedeva con le mani sui pugnali in caso fosse stato necessario.
“Ti meriti una bella cena, è il tuo compleanno.”
“Anche se il regalo più bello me lo hai fatto tu.” Disse Astrid.
“Non stai parlando del dvd, vero?”
“Vedo che mi capisci al volo, Dixon.”
Daryl si morse le labbra per non sorridere, non voleva darle questa soddisfazione.
“Smettila.”
Astrid corse verso di lui e gli afferrò la mano. Le loro dita si incastrarono facilmente.
“Va bene?” domandò Astrid.
“Va bene.”
 
Salve a tutti! ^_^
Capitolo super sentimentale, ci stava! Ho sempre pensato che Daryl odi essere toccato più del dovuto per via di suo padre, quindi volevo che lui si fidasse di Astrid completamente.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 7
*** La verità bugiarda ***


7. LA VERITA’ BUGIARDA

Il giorno dopo
Astrid sorseggiava il caffè mentre scarabocchiava su un foglio alcune idee per il memoriale. Entro due settimane si sarebbe tenuta la celebrazione per onorare i caduti. Lei, Rosita e Ezekiel si erano già organizzati per il banchetto e per il falò.
“Ah, la pecorella è tornata all’ovile.” Disse Remy.
“Buongiorno, splendore.”
Remy si bloccò davanti al frigorifero e si voltò verso la sorella con sguardo indagatore.
“Perché sorridi in maniera esagerata? Ieri sera sei rientrata tardi.”
Astrid sorrise ancora facendole l’occhiolino, a sua sorella maggiore non sfuggiva mai nulla.
“Ieri ho passato tutta la giornata con Daryl. E’ stato bello.”
“Quindi avete fatto sesso.” Disse Remy.
“Così rendi tutto meno romantico.” Si lagnò Astrid.
“Sei andata in infermeria? La dottoressa Morgan distribuisce la pillola del giorno dopo. Dovresti anche fare dei controlli.”
Astrid ingoiò la frittella dolce e corrugò la fronte.
“Controlli di che tipo?”
“Sulle malattie sessualmente trasmissibili. Ce ne sono davvero tante, dunque è sempre meglio anticipare la diagnosi.”
“Sei seria, Remy? Malattie sessualmente trasmissibili?”
Remy fece spallucce, poi si sfregò il mento nell’atto di pensare.
“Hai ragione, sai. Nel caso di Daryl è quasi impossibile che abbia una malattia del genere perché non gli girano intorno molte donne, anzi direi nessuna.”
“Preferisco non risponderti.” Disse Astrid, accigliata.
“Fa come ti pare. Io ti do solo utili consigli.”
“Sì, sì, sei proprio gentilissima.”
Remy si versò una tazza di latte e immerse due biscotti. Un pezzo le andò di traverso quando vide il libro di poesie che Judith aveva consegnato qualche giorno prima.
“Cos’è quello?”
“E’ il libro di poesie che uso per scrivere un discorso per il memoriale. Ti interessa la poesia?”
Remy osservò il libro con attenzione chirurgica, addirittura lo annusò come se potesse carpire chissà quali indizi.
“Devo andare.”
“Remy, aspetta! Che succede?”
Astrid sussultò quando la sorella andò via sbattendo la porta per la fretta.
 
Negan scattò in piedi quando vide Remy correre verso di lui. Le gomme della carrozzina sfrecciavano sull’asfalto. Il viso della donna era rosso per lo sforzo.
“Abbiamo un problema!”
“Buongiorno anche a te. Anche io sto bene, grazie. Mi fa piacere.” Scimmiottò Negan.
Remy non gli diede retta, era troppo stravolta da quanto scoperto per assecondarlo.
“Hai presente le poesie che i ricognitori hanno trovato?”
“Sì, quelle su cui sto lavorando.” Rispose Negan.
“Ecco, quelle poesie sono le stesse contenute in un libro che si trova qui in città.”
“Come è possibile?”
“Non ne ho idea. Dobbiamo riferirlo al Consiglio. E’ una coincidenza troppo eccessiva e Gabriel dovrà far ripartire le ricerche.”
“Ci serve Astrid.”
 
Due giorni dopo
Daryl guardava i cancelli di Alexandria con una fitta al cuore. Da due giorni si accampava nei boschi per stare da solo insieme a Dog. Aveva detto a Gabriel che andava a cacciare, ma in verità era rimasto tutto il tempo seduto nella sua tenda a riflettere. Remy e Negan gli avevano riferito che a quel punto avevano bisogno di Astrid, ciò significava dirle la verità e pagarne le conseguenze. Daryl toccò la coperta nel suo zaino, quella stoffa consunta aveva avvolto il corpo di Astrid solo due giorni prima. La verità avrebbe ferito la donna, e lui non poteva sopportare di averla fatta soffrire.
Gli vennero in mente le parole di Beth. Facevano male come mille coltelli nella carne.
Voglio che tu la smetta di comportarti come se non te ne importasse un cazzo.
Perché tu hai paura.
Non provi niente? Puoi passare la vita fissando un falò e mangiando serpenti?
Non aveva chiuso occhio per quelle maledette parole. Gli veniva da ridere. Se Beth fosse stata lì, lo avrebbe riempito di insulti con quella sua grinta da ragazzina.
“Ti muovi? Abbiamo da fare.” Lo chiamò Negan.
I cancelli ora erano aperti, Negan e Carol lo attendevano all’ingresso. Mise piede ad Alexandria con la voce di Beth nelle orecchie.
“Dov’è lei?”
“In piazza. Sta preparano il memoriale con Rosita.” Lo informò Carol.
Daryl andò dritto in piazza, a stento salutò chi incontrava sulla via. Vide Clara che giocava con i figli di Jerry a nascondino, e con loro c’erano Yana e Lydia che chiacchieravano e ridevano.
“Secondo me le panche dovrebbero stare sulla destra.” Diceva Astrid.
Daryl sentì una morsa allo stomaco. La donna stava mostrando a Rosita come disporre i posti a sedere. Aveva i capelli sciolti e il sole illuminava alcune ciocche rendendole color bronzo. Gesticolava e annuiva, ogni tanto sorrideva.
“Ciao, Daryl.” Disse Rosita.
Daryl sbatté le palpebre per tornare alla realtà e salutò l’amica con un cenno del capo.
“Chi non muore si rivede!” esclamò Astrid sorridendo.
“Astrid, possiamo parlare in privato?”
Il sorriso della donna si spense per lasciare spazio all’incertezza. L’arciere era troppo serio e questo era preoccupante.
“Vai pure. Qui finisco io.” disse Rosita.
Astrid la ringraziò e seguì Daryl in un luogo appartato. Faceva freddo, perciò si strinse nella giacca di jeans in cerca di calore e conforto.
“Astr-“
Daryl rimase impietrito quando Astrid lo abbracciò. La loro differenza di altezza faceva sì che lei poggiasse l’orecchio proprio sul cuore dell’arciere.
“Mi sei mancato. Sei sparito per due giorni e ho creduto che ti fosse capitato qualcosa.”
“Sto bene. Stavo solo pattugliando le zone esterne.”
Astrid si issò sulle punte e gli circondò il collo con le mani. Gli diede un bacio lungo e ricco di passione, uno di quelli da farti girare la testa. Daryl era fermo, non la toccava, si limitava a ricambiare il bacio.
“Va tutto bene? Sembri distante.” Disse Astrid.
“Tutto okay.”
Lei si morse le labbra e abbassò lo sguardo, sentiva che c’era qualcosa di brutto nell’aria.
“Ti sei pentito dell’altra notte? Mi dispiace se ti sei sent-…”
Daryl le mise un dito sulle labbra per farla tacere. Faceva male sapere che lei aveva addirittura creduto in un pentimento da parte sua.
“Non mi sono pentito. Non lo farò mai.”
“Allora che c’è? Te lo leggo negli occhi che c’è qualcosa che non va. Anche Remy è molto strana negli ultimi tempi.”
Daryl si allontanò come se si fosse appena scottato. La sensazione era quella: stare vicino ad Astrid accendeva un fuoco in lui che lo bruciava costantemente.
“Ciò che sto per dirti non ti piacerà.”
 
Astrid sedeva in disparte nella sala del Consiglio. Si era appollaiata sulla sedia e non aveva dato retta a nessuno. Si era chiusa a riccio per riflettere su quanto Daryl le aveva detto.
In poche parole Daryl e gli altri, inclusa Remy, avevano sospettato di Logan e Iris sin dall’inizio. Secondo loro potevano far parte del gruppo di James e Caroline. Astrid era stata tenuta all’oscuro di tutto perché reputavano che fosse facile per Logan manipolarla.
“Ehi, amica.” La salutò Carol.
Astrid non la guardò, era troppo amareggiata per fingersi cordiale.
“Amica? Bel concetto di amicizia avete qui.”
“Io non ero d’accordo a tenerti da parte. Sapevo che potevamo fidarci di te.”
“Ma mia sorella e Daryl non la pensavano come te.”
Astrid era così ferita da Remy e Daryl, era un doppio tradimento che avrebbe lasciato un segno dentro di lei.
“Perché sono una pessima sorella.” Esordì Remy alle sue spalle.
“Adesso pensiamo solo a Dorothy. Non perdiamo tempo.” Disse Astrid.
Le voci si acquietarono quando Gabriel entrò nella sala insieme a Daryl e Aaron. Il prete si sedette al lungo tavolo al centro fra i membri del Consiglio.
Negan, che fino ad allora aveva parlottato con Eugene, si andò a sedere accanto ad Astrid.
“Come va? So che ti hanno fatta incazzare.”
“Sono incazzata anche con te. Credevo fossimo amici, invece anche tu sei rimasto zitto.”
“Lo abbiamo fatto solo per proteggere Dorothy.”
Astrid non replicò, non voleva sprecare inutili parole con lui. Si sistemò sulla sedia per ascoltare Gabriel.
“Siamo qui per un ragguaglio sulle ultime scoperte. Senza indugi, lascio le spiegazioni a Remy.”
Remy spinse le rotelle fino a trovarsi davanti a tutti, schiena dritta e mento alto per affrontare la folla.
“Come sapete io e Eugene abbiamo decifrato un pacco di lettere che Astrid e Daryl hanno trovato ad Atlanta. Le lettere contenevano delle coordinate. I ricognitori sono andati nei luoghi indicati e hanno riportato dieci fogli di poesie. Stamattina, però, ho capito che non si tratta di dieci poesie diverse. Si tratta di una sola poesia divisa in dieci fogli.”
“A cosa ci serve adesso una poesia?” domandò Gabriel.
Eugene trascinò una lavagna in mezzo alla sala e si attaccò un grande foglio.
“Questa è la poesia intera. E’ stata scritta da Charles Baudelaire e si intitola ‘Io non ho dimenticato’. Riteniamo che i versi nascondano un indizio.”
“Ancora indizi. Sembra un gioco stupido ormai.” Disse Aaron.
“Quella poesia si trova anche nel libro che mi ha dato Judith.” Intervenne Astrid.
Daryl sollevò lo sguardo su di lei, era arrabbiata e delusa. Le sue sopracciglia erano increspate in un cipiglio, la postura era rigida e la bocca era una linea dura.
“Coincidenza surreale.” Commentò Carol.
Remy spostò la lavagna di lato per tornare al centro della sala.
“Infatti non è una coincidenza. Gabriel, dove hai trovato il libro di poesie?”
“L’ho trovato nella biblioteca. A dire il vero non lo avevo mai visto prima. Era in cima ad una pila di altri libri.”
“Questo significa che qualcuno ha messo lì il libro apposta.” Disse Eugene.
Il silenzio e lo stupore piombarono sui presenti come selvaggi corvi neri. Astrid si strinse nelle spalle a mo’ di conforto.
“Chi ha scritto il diario è vivo e si trova ad Alexandria.”
“Questa è la nostra ipotesi.” Disse Remy.
“Come si inseriscono Iris e Logan? Sono i buoni o i cattivi?” chiese Negan.
Daryl con la coda dell’occhio notò che Astrid si era agitata sulla sedia. Avrebbe voluto allungare la mano e stringere la sua, ma indossò una maschera di freddezza e si accese una sigaretta.
Remy non si fece addolcire dal ricordo di Iris. Se c’erano delle vite in ballo, era compito suo restare lucida anche dinnanzi all’amore per sua moglie.
“E’ questo il punto cruciale. Sappiamo che il nemico è il Dottor Frank Stein, all’epoca era un luminare della genetica. Ogni ricerca doveva essere approvata da lui prima di partire. Era il capo indiscusso del Centro Controllo Malattie. Iris lavorava al Centro.”
“Chi ha scritto il diario conosceva una cura. Perché aveva paura di Stein?” fece Aaron.
“Una delle ipotesi è che il virus abbia avuto origine in laboratorio.” Disse Eugene.
“Dobbiamo pensare che questo Frank Stein abbia creato il virus?” domandò Carol.
Remy e Eugene si scambiarono un’occhiata eloquente che fu la conferma dell’ipotesi.
“Stein probabilmente vuole accaparrarsi la cura.”
“Per creare una cura devi avere le competenze.” Disse Gabriel.
“Appunto. Suppongo che sia stato qualcuno del team di Stein.” Disse Remy.
Astrid ripensò alla lista di nomi posti all’ingresso di ciascuno deposito perlustrato.
“Io ho segnato tutti i nomi degli addetti che lavoravano nei depositi. Forse conosci qualcuno di loro.”
“Ottima idea. Magari ne viene fuori qualcosa.” disse Daryl.
Astrid fulminò Daryl con lo sguardo, non aveva bisogno della sua inutile approvazione. L’arciere non riuscì a sopportare quell’astio, dunque tornò a concentrarsi sulla sigaretta.
Gabriel si alzò in piedi per dare gli ordini da eseguire.
“Logan è con Ezekiel e Iris lavora ai campi con Jerry. Per ora sono sotto controllo, ma cerchiamo comunque di tenerli d’occhio.”
“Ci penso io.” disse Aaron.
“Astrid, ti occupi tu della poesia? Forse riuscirai a ricavare informazioni utili. Fatti aiutare da Carol”
“Certo.” Accettò Astrid.
“Io rileggerò tutti i documenti da capo.” Disse Eugene.
“Io leggerò i nomi per vedere se riconosco qualcuno.” Disse Remy.
“Daryl e Negan, voi due fate un giro in città e in biblioteca alla ricerca di tracce.”
 
Astrid lasciò la sala prima degli altri. Non aveva voglia di intrattenere conversazioni di circostanza. Con il libro stretto al petto si avviò in direzione dell’altalena. Aveva bisogno di un posto solitario e tranquillo.
“Astrid, aspetta!” gridò Daryl.
“Ho da fare. Lasciami in pace.”
L’arciere le sbarrò la strada e mise le mani avanti per bloccarla. Lei sbuffò.
“Che vuoi?”
“Mi dispiace. Non dubitavo di te. Avevo il timore che il tuo legame con Logan potesse offuscare il tuo giudizio.”
“Venire a letto con me faceva parte del tuo piano per ottenere la mia lealtà?”
Daryl fece un passo indietro, si passò la mano fra i capelli con un gesto nervoso.
“Non c’entra niente.”
“Ah, no? Forse hai pensato che il sesso fosse un ottimo strumento per convincermi a stare dalla tua parte.”
“Non è stato solo sesso per me. Lo sai.”
“No, non lo so. Non so più niente, Daryl. Mi avete nascosto tutte le nuove scoperte perché mi reputate una stupida che si abbindolare.”
“So quanto Logan sia importante per te. Dovevano capire quanto tu fossi disposta a fare per lui.”
Astrid aveva gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto per non dargli quella soddisfazione.
“Io ho scacciato il mio migliore amico per te. Ecco cosa sono disposta a fare per chi amo.”
“Non dire così.” La pregò Daryl.
“Invece lo dico affinché tu capisca come mi sento. Mi reputate una sciocca romantica che fantastica sempre, pensate che io sia debole, che io sia facile da manipolare. Avete messo in dubbio la mia persona senza alcun motivo. Io avevo capito subito che c’era qualcosa di strano in Iris e Logan. Se voi mi aveste confidato i vostri dubbi, io vi avrei confidato i miei.”
“Mi dispiace.”
Astrid si asciugò una lacrima e fece un respiro per calmarsi.
“Non ti dispiace abbastanza.”
 
Carol passò in rassegna tutte le parole che aveva scritto sul foglio per tentare di dare loro un senso. Assottigliò gli occhi nella speranza di scorgere chissà quale novità. Astrid, seduta di fronte a lei, leggeva e rileggeva la poesia da due ore senza riposare gli occhi.
“Quindi tu e…”
“Se stai per nominare il tuo amico, ti consiglio di non farlo.”
“E’ un peccato che questo intoppo abbia rovinato le cose fra di voi.” Disse Carol.
Astrid chiuse il libro di poesie con un sospiro frustato. Era stanca e arrabbiata, ma più di tutto era delusa da se stessa per non aver scoperto ancora niente.
“Ho sbagliato io a credere che la vita potesse essere uguale a prima. Insomma, il mondo è esploso e niente sarà come prima. I sentimenti e i rapporti interpersonali sono cambiati. Affetto? Amicizia? Amore? Non valgono niente. L’unica cosa che conta è la sopravvivenza.”
“Se smetti di crederci allora è davvero finita.” Disse Carol.
“Crederci mi ha solo portato sofferenza. Ho creduto nella mia famiglia e si è divisa. Ho creduto in Logan e non mi sono accorta subito che non era più lo stesso. Ho creduto in Daryl e lui è andato in direzione opposta.”
“Daryl è sempre stato combattuto. Non voleva spiarti, voleva solo essere sicuro che Logan non ti manipolasse.”
Astrid inarcò il sopracciglio in un chiaro segno di disappunto.
“Io non sono una stupida ragazzina che si fa manipolare. Sono sensibile, emotiva e anche una romanticona, ma so cavarmela da sola. Daryl crede di proteggere tutti e invece spesso allontana le persone.”
“Lui ha avuto una vita difficile, fa fatica a lasciarsi andare.” Disse Carol.
“Daryl non è più quel bambino che viene picchiato dal padre. E’ un uomo adulto e oggi può essere chiunque desideri essere. Sta a lui scegliere, ma tende a ricadere nelle vecchie abitudini.”
“Su questo hai ragione…”
Ad un certo punto la voce di Carol era diventata un’eco lontana. Astrid aveva colto un dettaglio fra i versi della poesia. Due parole erano evidenziate di rosso sia nella lettera sia nel libro.
“Ho capito! Come ho fatto non arrivarci prima?”
“Eh?!” fece Carol, sorpresa.
Astrid le mostrò la sua scoperta spingendole sotto il naso le carte.
“Sui fogli recuperati dai ricognitori e nel libro ci sono due parole scritte in rosso: ‘bianca’ e ‘casa’. L’indizio è una casa bianca.”
“Come quella del presidente? Andare a Washington mi sembra eccessivo.” Disse Carol.
“Non penso che quella sia l’unica casa bianca. Chi ha scritto il diario non può essere arrivato fino a Washington e poi tornato indietro.”
“Eugene!” strillò Carol.
La faccia paffuta e rubiconda di Eugene fece capolino dall’altra stanza. Aveva gli occhi vivaci come se si stesse divertendo ad un parco giochi.
“Ditemi, mie signore.”
“Conosci qualche casa bianca? Magari ad Atlanta.” Disse Carol.
“Ci sarebbe la White House, una replica della casa del presidente costruita nel 2002 da Fred Milani.”
“Ma certo! Mi è proprio sfuggito!” esclamò Astrid.
“L’ultima volta che siamo stati ad Atlanta l’edificio era ancora intero.” Ricordò Carol.
Astrid si alzò, chiuse il libro e se lo infilò nella tasca della giacca.
“Partiamo.”
“Aspetta! Non possiamo partire su due piedi.” Obiettò Carol.
“Fino ad ora avete agito come volevate ed è andata male, adesso si fa a modo mio.”
 
Negan si era acquattato sul pavimento della biblioteca in cerca di tracce. Daryl stava controllando le finestre per verificare se fossero state manomesse.
“La porta e le finestre sono apposto. Come diavolo ha fatto ad entrare?”
“Vieni a vedere qui.” Disse Negan.
Daryl si inginocchiò al suo fianco e seguì con gli occhi il dito di Negan che percorreva una fuga del pavimento. Battè un colpo sulla parete e il vuoto riecheggiò.
“C’è una intercapedine.” Disse Daryl.
Negan battè un paio di colpi e un pannello di legno della parete si aprì. Effettivamente vi era uno spazio vuoto e stretto, ma abbastanza grande per una persona minuta.
“Ha usato questa intercapedine per entrare e lasciare il libro di poesie. Dove arriva?”
“Dietro la biblioteca si trova l’orto, poi c’è un capanno per gli attrezzi e subito dopo c’è la recinzione.”
Quando andarono a ispezionare la recinzione, videro che non era ben conficcata nel terreno. Daryl toccò la terra per tastare la durata delle impronte di scarpe.
“Le impronte sono piuttosto fresche, ciò significa che almeno tre giorni fa qualcuno è passato di qui.”
“Qualcuno usa questo passaggio per entrare e uscire da Alexandria.” Disse Negan.
Daryl guardò oltre la rete nella speranza che il suo sguardo potesse cogliere qualche movimento, ma non c’era nulla di insolito.
“Chi ha scritto il diario ci sta osservando da molto tempo.”
“E’ entrato, ha lasciato il libro di poesie ed è uscito. Nel frattempo poteva anche aggirarsi in città di notte.”
“Dov’è? Insomma, sono settimane che pattugliamo il perimetro esterno e non abbiamo mai trovato nulla. Deve pur accamparsi da qualche parte.”
“Oppure si trova ad Alexandria.” Disse Negan.
Daryl aggrottò la fronte e grugnì. L’ipotesi che qualcuno si aggirasse indisturbato in città lo faceva infuriare.
“Potrebbe essere chiunque a questo punto. Conosco tutti qui, non credo che qualcuno di loro possa essere l’autore del diario.”
“Tutti nascondono dei segreti.”
 
Astrid si gettò lo zaino in spalla e recuperò le chiavi della Gip. Era intenzionata a partire anche da sola. Il Consiglio aveva agito alle sue spalle e aveva fallito, perciò era tempo di mettere in atto una nuova strategia.
“Astrid, fermati! Aspetta!”
Carol la rincorse e l’afferrò per il braccio. Astrid, però, con uno scatto si liberò dalla presa e marciò fino all’auto.
“Se ci muoviamo in gruppo è peggio. Nessuno deve capire dove sto andando. Ci penso io.”
“Non puoi andare da sola in una città infestata dai vaganti. Ragiona!”
“Ehi, che succede?” domandò Daryl.
Lui e Negan erano sbucati dal nulla e Astrid alzò gli occhi al cielo per la disperazione. Non aveva voglia di parlare con l’arciere.
“Astrid vuole andare a caccia di indizi da sola ad Atlanta.” Rivelò Carol.
“Sei impazzita? Tu non ti muovi da qua.” Disse Daryl.
Astrid incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione infastidita.
“Siamo ad una svolta e dobbiamo muoverci prima che sia troppo tardi. Abbiamo perso già fin troppo perdo.”
“Non possiamo perdere anche te.” Disse Negan.
“Allora vieni con me!” lo invitò Astrid.
Daryl strinse i pugni lungo i fianchi. Astrid lo stava ignorando e addirittura proponeva a Negan di accompagnarla. Quello era troppo per lui.
“Tu non esci da Alexandria. Se provi a ribellarti ti sbatto in cella. Sono stato chiaro?”
Astrid, che per guardarlo dove alzare la testa, gli lanciò un’occhiata truce.
“Io non prendo ordini da nessuno.”
“Sto cercando di proteggerti. Non puoi uscire da sola.”
“Togliti di mezzo, Daryl.”
Astrid fece un passo avanti ma Daryl l’agguantò per il polso e la tirò a sé. Erano così vicini che si sarebbero potuti baciare o sbranare.
“Non costringermi a portarti in cella.”
“Se adesso non mi lasci, giuro che non ti perdonerò mai.”
Daryl sentì la rabbia bruciare nelle vene. La collera che un tempo provava – oscura e meschina – si stava facendo largo dentro di lui come una malattia. Ma no, non poteva lasciare che quella oscurità emergesse e ferisse Astrid. Ecco perché mollò la pressa e fece un passo indietro.
“Devi tornare entro domattina.”
Astrid non ebbe modo di replicare perché Daryl le aveva voltato le spalle e si era incamminato verso la sala del Consiglio.
“Ci conviene partire prima che faccia buio.” Suggerì Negan.
“Ci penso io a Daryl.” Disse Carol.
Astrid annuì e salì in macchina con un peso sul petto. Lei e Daryl sarebbero riusciti a fare pace?
 
Erano le otto di sera quando Astrid parcheggiò l’auto davanti alla White House. I lampioni erano rotti e la strada era buia, il vento frusciava simile all’ululato dei lupi.
“Da film horror.” Mormorò Negan.
La White House era la replica identica della casa del presidente a Washington ma le dimensioni erano ridotte. Fred Milani, uno uomo ricco e pieno di risorse, si era fatto costruire quella dimora e poi l’aveva venduta per dieci milioni di dollari.
“Che sfarzo obbrobrioso.” Disse Astrid.
Negan si guardò attorno e notò una serie di piccole case a schiera ormai abbandonate e in uno stato decadente.
“Sicura che sia questo il posto?”
“Nella poesia c’è scritto: La nostra bianca casa, piccola ma tranquilla, la sua Pomona in gesso e la vetusta Venere che in un boschetto stento celavan nudità. Pomona e Venere sono statue, quindi immagino siano in giardino.”
“Ci servirà una pala.”
Astrid ridacchiò, almeno Negan era una compagnia quantomeno discreta. Accese la torcia e la puntò sul cancello per trovare l’ingresso.
“Andiamo.”
Varcato il metallo distrutto del cancello, superarono la grande piazzola di sosta posta davanti alla porta della casa e proseguirono sul retro.
“Perché qualcuno dovrebbe nascondere qualcosa in questo palazzo?” chiese Negan.
“Non lo so. Chi ha scritto il diario ha disseminato indizi dappertutto per una ragione. Credo che voglia tenere la cura lontana da mani estranee.”
Rimasero in silenzio fino al giardino. Era una vasta area bruna, l’erba si era seccata e i fiori erano morti perdendo i petali. Uno scoiattolo rosicchiava un filo d’erba annerito.
“Io e Daryl abbiamo scoperto un passaggio segreto in biblioteca. Qualcuno entra ed esce da Alexandria senza essere visto. Hai qualche idea?”
“Logan e Iris sono appena arrivati e non possono aver creato quel passaggio in poche settimane. Forse è qualcuno che vive in città già da diverso tempo.”
Negan infilò la pala nella terra e cominciò a scavare. Sentiva che gli occhietti gialli e curiosi dei gufi lo stavano fissando.
“Ma perché chi ha scritto il diario si nasconde? Se vive ad Alexandria, sa che noi stiamo cercando la cura. Potrebbe andare davanti al Consiglio e farsi conoscere.”
“Forse ha paura di mostrarsi.” Disse Astrid.
Lei intanto puntava la torcia a destra e a sinistra a caccia di eventuali segnali. Nel profondo sentiva di essere giunta ad una svolta clamorosa.
“Prima o poi troveremo la cura e questa persona sarà costretta a parlare.”
Carol stava parlando con Rosita quando vide Daryl camminare verso casa di Ezekiel. Era infuriato, lo si deduceva dai passi pesanti e la mascella contratta.
“Dove stai andando?”
L’arciere non rispose, continuò la sua marcia furiosa come un toro imbestialito.
“Daryl! Daryl!”
Carol corse appresso a lui perché aveva intuito le intenzioni dell’amico. Non era possibile fermare la sua collera, ma poteva mitigarla.
“Daryl, calmati!”
Ezekiel comparve sull’uscio della porta col suo consueto sorriso cordiale. Cambiò espressione quando Daryl gli scoccò un’occhiata furente.
“Che cosa sta succedendo?”
“Cerco Logan.”
“Mi hai trovato!” esclamò Logan.
Aveva ancora l’occhio nero per via della rissa, però sorrideva con la solita strafottenza.
“Esci. Dobbiamo parlare.”
“Io non devo dirti proprio niente. Astrid lo sa che sei venuto qui a minacciarmi?”
Daryl sentì il sangue ribollire alla menzione di Astrid. Logan era uno psicologo, sapeva bene quali tasti toccare per mandarlo in tilt. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Il Consiglio vuole interrogarti.”
“Non mi interessa. Io non ho fatto niente.”
“Ezekiel, spostati.” Sibilò Daryl fra i denti.
“Non mi sembra il caso.” Disse Ezekiel.
Carol, che si era avvicinata a loro, notò le mani di Daryl strette a pugno.
“Ezekiel, levati. Adesso.”
Ezekiel captò il nervosismo nella voce di Carol, dunque si fece da parte per evitare di essere travolto da Daryl.
“Sta lontano da me!” tuonò Logan.
L’attimo dopo Daryl gli tirò un cazzotto in faccia che gli spaccò il labbro. Logan tentò si reagire ma l’arciere lo afferrò per il gomito e lo scaraventò fuori dall’appartamento.
“O vieni con me o continuo a farti uscire il sangue.”
Logan era in ginocchio e sollevò le mani in segno di resa. Daryl lo strattonò per le spalle e lo trascinò fino alla cella. Qualche ora in gattabuia avrebbero smussato il suo brutto carattere.
 
Astrid si spazzolò le mani sui jeans ormai sporchi. Lei e Negan erano sudici di terra ed erba. Avevano scavato per ore senza ottenere risultati. Una delle pale si era addirittura spezzata.
“Credevo che fosse il posto giusto.” Sospirò Astrid.
“Credevo fossi brava a leggere.” Disse Negan.
Si misero a ridere per smorzare la stanchezza, ma anche ridere faceva male alle loro ossa martoriate.
Astrid chiuse gli occhi quando l’alba sorse e un raggio la colpì in volto.
“Torniamo a casa, su.”
Negan annuì, raccolse gli attrezzi e insieme tornarono all’auto.
“Astrid.”
“Che c’è?”
“Guarda.”
Astrid sbarrò gli occhi: sul parabrezza della Gip c’era una busta bianca. Sul retro c’era scritto il suo nome.
“E’ per me.”
Negan si guardò attorno ma non c’era nessuno. Chiunque avesse lasciato la lettera li aveva seguiti da Alexandria.
“Dentro che c’è?”
Astrid scartò la busta e tirò fuori una pen drive. Erano dieci anni che non vedeva una. Era un antico cimelio di un mondo che non esisteva più.
“E’ una pen drive. Mi sembra di aver appena visto un unicorno.”
Negan annusò l’aggeggio e arricciò il naso, conosceva bene quella fragranza.
“Viola del pensiero. Cresce nei dintorni di Alexandria.”
Astrid pensò a Daryl, alla loro conversazione sui fiori e avvertì una fitta sorda allo stomaco.
“Eugene e Remy troveranno un modo per leggerla. Andiamo.”
Mentre la macchina sfrecciava verso casa, una figura misteriosa sorrideva da dietro un albero. L’ultima fase della missione era appena iniziata.
 
Salve a tutti! ^_^
Beh, non poteva essere certo tutto rose e fiori! Qualche spina ci sta sempre bene.
Ma chi è che entra ed esce da Alexandria?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 8
*** I nostri peccati ***


8. I NOSTRI PECCATI

Il giorno dopo
Yana stava dormendo quando udì dei forti colpi provenire dal primo piano. Si alzò di scatto e trovò Clara che dormiva col peluche. Hunter russava come al solito. La camera di Astrid era vuota, il letto era intonso e le sue scarpe mancavano. Scese di corsa di sotto col timore che fosse successo qualcosa ad Astrid.
“Yana, stai indietro.” Le ordinò Remy.
Alla porta c’erano Daryl e Aaron, entrambi armati e anche piuttosto arrabbiati.
“Dobbiamo interrogare Iris per volere del Consiglio.” Disse Aaron.
Iris guardò prima i due uomini e poi Remy, ma sua moglie non ricambiò lo sguardo.
“Perché? Io sono innocente. Non ho fatto niente!”
“Lo deciderà il Consiglio se sei innocente. Forza, andiamo.” Insistette Aaron.
“Remy, dì qualcosa! questa è una ingiustizia!” gridò Iris.
Remy rimase impassibile. Alzò gli occhi sulla moglie e fece spallucce.
“Perché ti agiti tanto? Se non hai fatto niente non hai nulla da temere.”
“Remy…” mormorò Yana, scioccata.
“Ti portiamo via con le buone o con le cattive?” la minacciò Daryl.
Iris stava piangendo in silenzio, eppure a Remy non sembrava importare.
“D’accordo.”
Daryl agguantò Iris per il gomito e la scortò fuori di casa. Prima di allontanarsi, si voltò e scambiò un cenno della testa con Remy. Quando la porta si chiuse, Yana si mise le mani fra i lunghi capelli neri.
“Che diamine fai, Remy? Portano via tua moglie come fosse una criminale e tu non batti ciglio!”
Remy si girò con la carrozzina e fece di nuovo spallucce, però nel suo guardo c’era una tristezza amara.
“Ho fame. Cosa vuoi per colazione?”
Yana emise un gridolino e tornò di sopra in fretta. Non avrebbe passato un altro minuto di più a sopportare quella ingiustizia.
“Hunter! Hun, svegliati!”
Il ragazzo mugugnò e nascose la testa rasata sotto al cuscino; era troppo presto per lui.
“Hunter, dai!”
Yana salì sul letto e lo scrollò tanto forte da farlo uscire allo scoperto. Hunter le bloccò le mani e sorrise ad occhi chiusi.
“Basta, basta. Che vuoi?”
“Hanno arrestato Iris. Vogliono interrogarla.”
Adesso Hunter si svegliò del tutto. Si mise seduto e si ritrovò ad un palmo da Yana che era in ginocchio sul materasso. Una setosa ciocca nera le ricadeva sul viso e lui dovette reprimere l’impulso di spostarla.
“Yana, le cose sono complicate negli ultimi tempi. Non mi sorprende che Iris sia stata arrestata.”
“In che senso?”
“Logan e Iris sono diversi. Astrid ha cacciato Logan di casa perché lui sta dando di matto. E poi c’è una cosa strana che mi è capitata due giorni fa…”
Yana inclinò la testa e strinse le coperte con le dita, sapeva che stava per ricevere una brutta notizia.
“Cosa?”
“Ho visto Iris che di notte usciva per andare alla torre del ripetitore.”
“Voleva comunicare con qualcuno.” Rifletté Yana.
“Esatto. Ma se tutta la sua famiglia è qui, allora con chi doveva comunicare? E’ strano.”
“Hun, dobbiamo dirlo a Daryl. E’ una cosa troppo grande per tenerla segreta.”
 
Daryl si muoveva come un animale selvaggio. Carol lo osservava dalla cucina mentre sorseggiava una tazza di tè. L’amico era nervoso ed era preoccupato da quando Astrid aveva lasciato la città. Né lei né Negan si erano fatti sentire via radio. Tutto quel silenzio lo stava uccidendo.
“Buongiorno, brontolone.”
Daryl fece un cenno della testa senza smettere di contare le frecce. La sua balestra si era inceppata perché una punta di freccia era stata intaccata. Quei lavori manuali riuscivano a calmarlo un poco.
“Gabriel mi ha chiesto di interrogare Logan.”
“Te la senti? Suppongo che tu voglia strozzarlo.” Disse Carol.
“C’è qualcosa che non va. Ci sfugge qualche dettaglio importante. Devo farlo parlare anche a costo di fargli scoppiare un polmone.”
“Vacci piano. Astrid tiene ancora a Logan.”
Daryl emise un verso disgustato. Pensare ad Astrid lo faceva innervosire ancora di più.
“Astrid dovrebbe già essere tornata. Sono ventiquattro ore che è lì fuori.”
“C’è Negan con lei.” Precisò Carol.
“Da quando ci fidiamo di Negan?”
“Da quando Logan e Iris sembrano più loschi di lui.”
Daryl ghignò, almeno c’era la sua migliore amica a mantenere alto il morale.
“Secondo te Astrid mi perdonerà?”
Carol si sedette accanto a lui sul dondolo, il tè che fumava emanando una dolce fragranza di limone.
“Certo che ti perdonerà. Devi solo essere sincero con lei su quello che provi.”
“Non sono bravo con queste cose.” Disse Daryl.
“Per lei dovresti fare uno sforzo. Se ci tieni davvero non sarà difficile.”
 
Logan sobbalzò quando la porta della cella si aprì. Scattò in piedi e si avvicinò alle sbarre. Daryl e Gabriel richiusero a chiave la stanza e accesero la luce. Daryl stringeva in mano un coltello.
“Avete intenzione di uccidermi?”
“Se parli e ci dici tutto, forse ti lasceremo in vita.” disse Daryl.
“Non c’è bisogno di essere crudeli. Devi solo dire la verità.” Disse Gabriel.
Logan sospirò e si appoggiò alle sbarre con la fronte. I suoi occhi verdi erano scuri, tendevano al color petrolio per via della stanchezza.
“Sappiate solo che non era mia intenzione ferire Astrid.”
“Parla.” Lo intimò Daryl.
“E’ iniziato tutto quel giorno al centro commerciale. Io e gli altri della Guardia siamo andati là per fare provviste come capitava ogni settimana. Ryan e Astrid sono rimasti al primo piano per cercare i medicinali. Io, Iris ed Ella siamo saliti per prendere vestiti, coperte e altro. Ad un certo punto dal magazzino è venuta fuori un’orda di vaganti ed è scoppiato il caos. Abbiamo ucciso i vaganti e siamo scappati, ma Astrid e gli altri erano già andati via. Abbiamo aspettato un paio di ore nella speranza che tornassero a prenderci. Poco dopo sono arrivate delle persone a bordo di un furgone e ci hanno presi.”
 
Tre anni prima
Logan aveva paura. Sentiva gli occhi bruciare perché le lacrime volevano uscire, ma si obbligò a non piangere. Lui, Iris ed Ella erano stati caricati su un furgoncino nero da una decina di persone. L’interno del vano era buio e puzzolente, c’era odore di sangue putrefatto e sudore.
“Moriremo? Queste persone ci uccideranno?” sussurrò Iris.
“Sta tranquilla. Facciamo come ci dicono e cerchiamo di sopravvivere.” Rispose Ella.
Ella, la madre di Remy e Astrid, era una donna sveglia e pragmatica. Malgrado tutto, Logan era sollevato di trovarsi in quella brutta situazione con lei.
Dopo un tempo che parve infinito smisero di muoversi. Le porte del furgoncino si spalancarono e loro tre furono gettati per terra.
“Benvenuti ad Austell.” Disse un uomo ridendo.
“Che cosa volete da noi?” domandò Ella.
La folla di persone che si era riunita attorno a loro si diradò per far passare un uomo alto e snello, capelli bianchi legati in un codino e un sorriso meschino.
“Dottor Stein!” esclamò Iris, sbigottita.
“Salve, mia cara. Sono felice che ti ricordi di me. Sono un uomo che lascia il segno, eh.”
“Conosci questo tipo?” chiese Logan.
“Lui è Frank Stein, capo del settore ricerche del Centro Controllo Malattie.” Spiegò Iris.
“E sono anche il vostro salvatore. Austell è un vero paradiso!” disse Frank.
Logan fu attraversato da un brivido viscido. Il modo in cui Frank camminava, come parlava e come sorrideva erano per lui validi mezzi per conoscerlo. Essere uno psicologo aveva i suoi vantaggi.
“Che cosa ci facciamo qui? Dobbiamo essere utili se vi siete presi la briga di salvarci dai vaganti.”
Frank sorrise e annuì, tutto in lui era misurato e ostentava sicurezza.
“Siete qui perché stiamo lavorando ad una cura. Iris era la genetista migliore del Centro, anche più brava di Jenner. Ci serve lei per produrre la cura.”
“Ma avete rapito anche me e il ragazzo.” Gli fece notare Ella.
“Rapire non è il verbo che userei. Piuttosto vi stiamo offrendo una possibilità. Se resterete con noi potrete contribuire a salvare l’umanità.”
“Mia moglie è una biochimica strabiliante. Lei può aiutarci!” disse Iris.
Frank le diede una pacca amichevole sulla spalla, sebbene il suo sorriso ora fosse più forzato.
“Conosco Remy Williams e le nostre opinioni divergono. Non è la persona adatta per questo compito.”
Logan capì che Remy era troppo imprevedibile per Frank. Lei non si sarebbe mai piegata senza fare domande, avrebbe fatto di testa sua e questo non era compreso nei piani del dottor Stein.
“Ti serve qualcuno che esegua i tuoi ordini.” Disse Logan.
“Mi serve qualcuno disposto a tutto.” Replicò Frank.
 
“… quello fu l’inizio della fine per noi. Austell ha un laboratorio e Iris è stata confinata là insieme al team di Frank. Io ed Ella siamo stati gettati in prigione, sorvegliati notte e giorno dalle guardie e con pochissimo cibo a disposizione.”
“Frank è riuscito a manipolare Iris?” volle sapere Daryl.
Logan si buttò sulla brandina della cella, si mise le mani fra i ricci sporchi e sospirò.
“Lei credeva nella causa. Era convinta che Frank avesse ragione, che solo loro potevano trovare la cura. Le hanno fatto il lavaggio del cervello. Remy non è stata presa perché non potevano controllarla. Iris è più facile da manipolare.”
“Tu ed Ella che facevate? Stavate solo in prigione?” continuò Daryl.
“La situazione è precipitata ad un certo punto. Io ho fatto… ho dovuto fare delle cose di cui non vado fiero.”
 
Due anni prima
Logan non ne poteva più di quella puzza che infestava la prigione. Ogni settimana Frank ordinava l’arresto di qualcuno. Chiunque si opponeva a lui veniva gettato in cella e dimenticato. Alcuni erano morti di freddo e di fame, altri invece erano morti letteralmente di paura.
“Logan, dobbiamo trovare una via di fuga. Non possiamo restare.” Bisbigliò Ella.
Somigliava a Remy per via dei capelli color cioccolato e in naso all’insù, ma il suo carattere forte era uguale a quello di Astrid. Quanto gli mancava Astrid!
“Non c’è via di scampo. Austell è controllata dagli uomini di Frank, la prigione è sorvegliata e noi siamo troppo deboli per combattere.”
“Oppure una via c’è, benché sia sgradevole.” Esordì la voce di Frank.
Era sbucato dal nulla con la sua solita aria altezzosa e il sorriso finto. Logan credeva che ci fossero delle telecamere in prigione.
“Quale sarebbe?”
“Io e Iris stiamo avviando la fase di sperimentazione. Abbiamo creato un siero e dobbiamo testarlo. Ci servono dei volontari.”
“Ti servono delle cavie.” Lo corresse Ella.
Frank la liquidò con un gesto della mano, a lui non importava la parte sentimentale della faccenda.
“Ho una proposta per voi: sarete liberi, potrete abitare in un appartamento in città e avrete gli stessi comfort degli altri abitanti. In cambio voi dovete portarmi delle cavie. Sapete, le cavie tendono a morire troppo presto e l’esperimento fallisce subito.”
“Assolutamente no! Non saremo parte del tuo folle piano!” obiettò Ella.
Logan, però, ci stava riflettendo sul serio. Era stufo di quella prigione, del cibo avariato e del sudiciume della pelle. Voleva un letto comodo, un bagno pulito e voleva mangiare.
“Accetto.”
“No! Logan, non farlo! E’ una pazzia!” strillò Ella.
Frank sorrise e aprì la cella con la chiave appesa al collo. Allungò la mano e aiutò il ragazzo a mettersi in piedi.
“Abbiamo un vincitore. Logan, adesso sei un cittadino effettivo di Austell.”
 
“… io e altre due persone uscivano ogni giorno e cercavamo persone da poter usare come cavie. Quando gli esperimenti fallivano, seppellivamo i cadaveri in un campo di grano fuori città. Per due anni questa è stata la mia vita: davo la caccia alle persone e poi le seppellivo.”
Gabriel si portò una mano sulla croce di legno che portava in tasca, un promemoria per non abbandonare la fede.
“Ella come è morta?”
Logan scoppiò a piangere. Si era rannicchiato in posizione fetale sulla brandina, tremava come in preda alle convulsioni.
“Ella. Parlaci di lei.” Tuonò Daryl.
“Astrid mi odierà a vita per questo.”
Due anni prima
“Giuro che burro e marmellata di mele insieme sono una delizia.” Stava dicendo Trevor.
Logan e Trevor erano appena tornati ad Austell dopo aver sotterrato due cadaveri. Ormai era diventata una abitudine e loro riuscivano anche a scherzare mentre scavavano le fosse.
“Io non credo proprio. La marmellata di mele è orribile.” Disse Logan.
Entrarono in sala mensa e si misero in coda per ricevere il vassoio per il pranzo. La grande chiesa della città era stata trasformata in cucina e mensa, e tutti mangiavano in comunione.
“Ehi, Logan! Ti ho preso il posto!” lo richiamò Iris.
Ritirò il pranzo e andò a sedersi al tavolo degli scienziati. Lui e Iris pranzavano e cenavano insieme mentre chiacchieravano di tutto.
“Avete fatto progressi?” domandò Logan.
“Diciamo di sì. Secondo Frank manca la formula principale per produrre la cura.”
“E dove si trova questa formula?” chiese Trevor con la bocca piena.
“Frank dice che qualcuno l’ha nascosta. Cerca la formula da anni e crede di sapere dove si trova.”
Logan lesse una reticenza nello sguardo dell’amica, la conosceva troppo bene per darvi peso.
“Avanti, Iris, sputa il rospo.”
“Frank crede che la formula principale si trovi fra le carte che ho preso dal Centro prima di lasciare Atlante.”
“La formula si trova alla Guardia?”
“Sì. Forse fa parte di Dorothy.” Mormorò Iris.
Una misera speranza si accese nel cuore di Logan. Poteva rivedere Astrid, abbracciarla e confessarle il suo amore.
“Possiamo andare noi alla Guardia. Remy ci darà la formula senza pensarci due volte.”
“Astrid e Remy non ci daranno quella formula. Non dopo quanto è successo.”
“Che intendi? Che cosa è successo?”
Iris si morse le labbra e poi indicò la piazza cittadina fuori dalla chiesa.
“Frank ha voluto dare un esempio a coloro che si ribellano.”
Logan andò fuori col cuore che gli schizzava in gola. Un brutto presentimento gli divorava le viscere.
E poi vide una scena che non avrebbe mai più dimenticato.
 
“… in piazza c’era il cadavere dilaniato di Ella. Le avevano staccato la testa e l’avevano usata come bersaglio per le freccette. E’ morta perché si è ribellata. E’ morta perché io non l’ho difesa.”
Daryl chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Avrebbe voluto ammazzare Logan di botte. Avrebbe voluto vendicare Ella. Avrebbe voluto alleviare il dolore di Astrid.
“Dovevi morire tu.”
Logan piangeva ancora. Aveva anche vomitato un poco di colazione durante il racconto.
“Non mi perdonerò mai per quello che è successo.”
“Mi assicurerò che neanche Astrid ti perdoni.” Disse Daryl.
Gabriel si mise in mezzo perché quella discussione non finisse nella direzione sbagliata.
“Tu e Iris siete davvero scappati da Austell?”
“No. Frank ha cercato la formula ma non ha avuto risultati. Un giorno ha incaricato me e Iris di trovare Remy e di recuperare la formula. Per tutto il tempo abbiamo conosciuto la posizione e i movimenti di Remy e Astrid grazie a James e Caroline.”
“Siete stati voi ad attaccarci al Regno qualche mese fa?” indagò Daryl.
“Sì. Frank ha mandato i suoi uomini per catturare Remy, ma ha fallito e ha pensato di usare me e Iris.”
“Ad Alexandria ci sono altri vostri infiltrati?” proseguì Gabriel.
“No. Ci siamo solo io e Iris.”
“Perché avevi tu la collana di Astrid?”
Logan abbozzò un sorriso, ricordava ancora la gioia di Astrid quando la madre gliela aveva donata.
“Perché vi teniamo sotto d’occhio da tempo. Quando tu e Astrid siete andati al canale, io ero dietro di voi. Ho trovato la collana quando ve ne siete andati.”
Daryl si avvicinò alla cella e si abbassò all’altezza di Logan per guardarlo in faccia.
“Se stai mentendo e succede qualcosa, sappi che per te finirà molto male.”
Logan strisciò fino alle sbarre, avvolse le dita intorno al metallo e premette la faccia contro.
“Frank sta arrivando. Lui vuole Remy e vuole la formula. Preparatevi al peggio.”
Nella stanza irruppe Yana con un impeto che fece sussultare Gabriel. La ragazza pareva sconvolta, indossava la maglietta al rovescio e non si era pettinata i capelli.
“Daryl, devo dirti una cosa. E’ urgente.”
Daryl seguì Yana fuori dallo scantinato che usavano come cella e chiuse la porta.
“Cosa è urgente?”
“Hunter ha visto Iris alla torre del ripetitore due notti fa. Non sappiamo perché fosse lì ma ci sembrava importante.”
Daryl le mise una mano sulla spalla e fece una lieve pressione a mo’ di carezza.
“Avete fatto bene. Siete stati bravi. Avete notato qualcos’altro di strano?”
“No, mi dispiace.”
“Non dispiacerti. Avete fatto la cosa giusta. Ora torna da Hunter e Clara e restate in casa. La situazione potrebbe farsi pericolosa nelle prossime ore.”
Yana lo abbracciò di slancio, il suo odore speziato avvolse Daryl con immenso carole. Yana aveva fatto breccia nel cuore freddo di Lydia e questo per l’arciere significava molto.
“Grazie, Daryl.”
“Vai a casa, su.”
Dopo che Yana sparì oltre la soglia di casa, Daryl tornò dentro con più timori di prima. Gabriel gli lanciò uno sguardo cupo.
“Ho sentito tutto. Quanto dobbiamo preoccuparci?”
“Iris usa la radio del ripetitore per comunicare con Austell. Logan ha ragione quando dice che Frank sta arrivando.”
“Come possiamo difenderci?”
Daryl avvertì la paura che gli serrava lo stomaco. Pensò ad Astrid che non era ancora rientrata, poteva essere viva o ferita. Poteva essere addirittura morta. Il pensiero di perderla era come una ferita che bruciava.
“Carol, Aaron e Jerry devono raccogliere tutte le armi che abbiamo a disposizione.”
“E tu che farai?”
“Io vado a fare quattro chiacchiere con Iris.”
“Non possiamo perdere altro tempo.” Disse Gabriel.
“Tra un’ora attiva il protocollo di emergenza.”
 
Astrid non capiva cosa stesse succedendo. Era appena scesa dall’auto dopo aver guidato tutta la notte per tornare ad Alexandria. Negan dall’altra parte della macchina si stava stiracchiando la schiena.
“Ehi, Astrid!” la salutò Nadia.
Astrid trasalì per lo spavento, non l’aveva vista avvicinarsi. Nadia era un tipo silenzioso, non sapevi mai dove trovarla ma compariva sempre al momento giusto.
“Sembrano tutti agitati. E’ una mia impressione?”
“Gabriel ha detto a tutti di chiudersi in casa e ti tenersi lontani dalle finestre.”
Negan e Astrid si scambiarono un’occhiata eloquente: era uno stato di allerta.
“Anche mia sorella è tornata a casa?”
“Non ne ho idea. So solo che abbiamo un’ora di tempo per rincasare.” Disse Nadia.
“D’accordo. Grazie mille.” Disse Astrid.
Nadia sorrise e andò in direzione della sua villetta a passo svelto. Tutti scorrazzavano di qua e di là nel panico totale. Sembrava di rivivere la notte in cui Atlanta era stata bombardata.
“Astrid!”
Carol la stritolò in un abbraccio. Astrid si abbandonò alle braccia dell’amica dopo una notte insonne e faticosa.
“Io e Negan abbiamo portato una vera chicca. Dove sono gli altri?”
“Venite con me. Daryl vi spiegherà tutto.”
 
Remy fissava una crepa nella parete come se fosse di chissà quale interesse. Accanto a lei c’era Astrid che ascoltava il resoconto di Daryl. La sorella minore aveva lo sguardo impassibile, ascoltava e annuiva.
“Perciò abbiamo avviato il protocollo di emergenza.” Concluse Daryl.
Aveva riferito più o meno tutto, aveva tralasciato solo la parte sulla morte orribile di Ella. Non voleva che Remy e Astrid soffrissero più del dovuto.
“Fino ad ora non ho mai trovato la formula per la cura.” Disse Remy.
“Ma Frank Stein è sicuro di trovarla nelle carte di Dorothy.” Disse Daryl.
Astrid tirò fuori dalla tasca la pen drive e la depose sul lungo tavolo della sala del Consiglio.
“Qualcuno ha lasciato questa pen drive sul cofano della Gip mentre io e Negan perlustravamo la White House di Atlanta.”
Carol osservò l’oggetto con scetticismo, sembravano passati secoli dall’ultima volta che ne aveva visto uno.
“Tu credi che la formula sia lì dentro?”
“L’ipotesi è da prendere in considerazione.” Disse Negan.
“Comunque non abbiamo un computer in grado di leggerla.” Ricordò Remy.
Astrid si alzò e si asciugò i palmi sudati sulle cosce, poi si infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
“Alla Guardia abbiamo un computer che funziona.”
Il silenzio calò nella sala come un manto invisibile. Daryl guardò Astrid con le sopracciglia corrugate.
“Non possiamo lasciare Alexandria. C’è il rischio che Frank sia in viaggio verso di noi. E poi il protocollo di emergenza non permette a nessuno di uscire.”
“Daryl, lo sai che ho ragione.”
Per un breve istante esistevano solo loro. Astrid era così sicura di sé che la volontà di Daryl vacillò. Per la prima volta lei non si stava dondolando sui talloni. Era determinata, convinta e non aveva alcuna paura. Dieci anni in quel nuovo mondo infernale l’avevano trasformata.
“Solo Remy e Eugene possono recarsi alla Guardia. Li scorterò io di persona stanotte in modo che nessuno in città ci veda. Il coprifuoco inizia alle sette e noi partiremo allora. Useremo il passaggio segreto in biblioteca per andarcene. Fuori c’è una vecchia carrozza che può condurci alla Guardia”
“Dovrei venire con voi.” Disse Astrid.
“Non puoi. Non dobbiamo sollevare sospetti.” Intervenne Carol.
“Logan dice che non ci sono altri infiltrati, ma non possiamo fidarci.” Disse Daryl.
“Cosa facciamo noi nel frattempo?” domandò Astrid.
“Voi restate tutti a casa e non combinate casini.”
 
“Daryl! Daryl!”
Astrid dovette correre per raggiungerlo. L’arciere stava girovagando per Alexandria insieme a Dog. Entrambi erano segugi in cerca di tracce.
“Problemi?” fece Daryl.
“Che stai facendo? Credevo ti preparassi a partire.” Disse Astrid.
Lui si piegò vicino ad un cespuglio e raccolse da terra una manciata di petali viola.
“Viola del pensiero.”
“Anche io e Negan abbiamo trovato questi petali.”
“Assurdo.” Mormorò Daryl.
Astrid corrugò la fronte, non capiva il nesso fra quei petali.
“Spiegati meglio.”
“Chi ha scritto il diario abita in mezzo a noi ad Alexandria. Ci osserva, ci studia e si sposta liberamente. Ieri sera questa persona è uscita e ha seguito te e Negan, poi vi ha lasciato la pen drive sul cofano.”
“Ed è tornata qui. E’ uscita ed entrata senza essere vista.” Disse Astrid.
Daryl si guardò attorno e sospirò, era frustrato da quei vicoli ciechi in cui continuava a imbattersi.
“Come diavolo ha fatto? Aaron ha messo guardie in ogni angolo dell’insediamento.”
“Anche in biblioteca?”
“Sì. Nadia e Pablo sorvegliano il passaggio segreto in biblioteca. Sono stato da loro poco fa e mi hanno detto che nessuno è stato là.”
“Quindi o loro stanno mentendo oppure il nostro scrittore ha usato un’altra via.”
Daryl si grattò il mento e sospirò di nuovo. Per ogni domanda che si ponevano pareva non esserci alcuna risposta.
“Negli ultimi mesi molta gente si è trasferita qui da Hilltop e dal Regno. La persona sconosciuta potrebbe essere chiunque. Carol stamattina ha controllato tutti i nomi dei residenti ma non ha trovato nulla di sospetto.”
Dog si avvicinò alla sua gamba e gli sfregò il muso sul ginocchio, al che Daryl gli accarezzò lo spazio fra le orecchie. Astrid fece un piccolo sorriso per la tenerezza del cane. Ormai si è era abituata a lui e non gli faceva più paura come prima.
“Posso pensarci io, se vuoi. Se ti fidi di me.” Disse Astrid.
Daryl abbassò lo sguardo per la vergogna. Si era comportato male e chiedere scusa era la cosa più difficile del mondo per lui.
“Ascolta, Astrid, io non vado a letto con chiunque. Non pensare che io ti abbia usata per una notte. Non è da me.”
“Lo so. Ho sbagliato ad accusarti, ero solo troppo arrabbiata con te. Però resta il fatto che non ti sei fidato di me e del mio giudizio.”
“Perché sono un cretino che ha paura.”
“Paura di cosa?”
Daryl deglutì, eppure le parole gli si erano aggrovigliate nella gola e facevano fatica a uscire.
“Di perderti.”
Astrid fu colta alla sprovvista. Si mise una mano sul cuore che batteva forte.
“Tu credevi che ti avrei abbandonato per Logan?”
“Ero terrorizzato e geloso. Remy mi ha detto che tu eri cotta di Logan e pensavo che il suo ritorno potesse farti provare di nuovo quei sentimenti.”
Daryl stava spiattellando i propri pensieri con un coraggio enorme. Astrid sapeva che essere così sincero sui sentimenti lo metteva a disagio, ma lo stava facendo per lei.
“Daryl, sei sempre stato tu. Per dieci anni ci sei stato solo tu. Il ritorno di Logan non ha cambiato niente.”
Daryl trattenne il respiro quando Astrid gli prese la mano e fece incastrare le loro dita.
“Mi dispiace. Avrei dovuto fidarmi di te.”
“Hai fatto la cosa giusta per la tua gente. Era lecito dubitare. Però adesso basta segreti, adesso voglio solo verità fra di noi. Dobbiamo essere uniti per affrontare quello che verrà.”
“Te lo giuro.” Disse Daryl.
Astrid sorrise e gli accarezzò la guancia; le era mancata la loro vicinanza.
“Lo giuro anche io.”
 
Remy infilava i vestiti nello zaino distrattamente. Era troppo focalizzata sul da farsi per pensare di piegare gli indumenti per bene. Alla Guardia c’era un solo computer e sperava che fosse capace di leggere la pen drive, altrimenti tutto sarebbe stato inutile. Partire nel cuore della notte era difficile e pericoloso ma non avevano altra scelta.
“Questo lo porti?”
Remy sbatté le palpebre e vide che Yana le stava sventolando una felpa davanti agli occhi.
“Non ci entra più niente nello zaino. Starò bene, tranquilla.”
“Starai davvero bene? Insomma, Iris è stata sbattuta in cella e tu parti per un viaggio in piena notte. Stare bene è relativo.”
Yana aveva la stessa attitudine di Astrid: entrambe avevano quello spiccato senso di protezione che faceva sentire la famiglia al sicuro.
“Starò bene quando avrò letto il contenuto della pen drive. Sento di essere vicinissima alla soluzione.”
“Che succede se trovi la formula della cura?”
“Un passo alla volta, Yana. Non affrettiamo le cose e non illudiamoci.” Disse Remy.
“Eugene ti aspetta fuori.” Annunciò Hunter dalla porta.
Remy annuì, si posò lo zaino sulle gambe e Yana spinse la carrozzina giù per la discesa. Astrid stava parlando con Eugene chiarendogli alcune nozioni sulla Guardia: chi era Ryan, quale stanza poteva prendere, dove poteva sedersi per mangiare.
“Dov’è Daryl?”
“E’ andato a recuperare un’auto.” Disse Hunter.
“Ti senti pronta?” domandò Astrid.
Remy capì subito che la sorella era ansiosa, come dimostravano le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni. Da quando era iniziata l’invasione dei vaganti non si erano mai separate. Pochi giorni lontane per loro erano come una eternità.
“Sono pronta. Troverò quella formula a tutti i costi. Iris e Logan non vinceranno.”
“Sta attenta, per favore.”
“Va bene.”
Remy allargò le braccia e Astrid l’abbracciò. Il loro legame era indistruttibile. Non importava quante tempeste dovessero affrontare, loro lo avrebbero fatto insieme.
“Ti voglio bene.” disse Astrid.
“Ti voglio bene anche io. Mi raccomando ai ragazzi, li affido a te.”
Astrid si tirò indietro con gli occhi lucidi, odiava gli addii anche se si trattava di pochi giorni.
I fari di una macchina illuminarono la strada e poco dopo Daryl scese con la balestra sulla spalla.
“Per un cambio di programma usciremo dal cancello principale. E’ più rischioso ma è più veloce. Usare il passaggio in biblioteca ci farebbe perdere tempo prezioso.”
“Che l’avventura abbia inizio!” esclamò Eugene.
Hunter prese Remy in braccio e la sistemò sul sedile del passeggero, dopodiché richiuse la carrozzina e la depose nel portabagagli. Eugene prese posto dietro e distese le gambe per fare un sonnellino.
“Daryl…”
“Tua sorella starà bene. Hai la mia parola.” Promise Daryl.
Astrid si issò sulle punte e gli circondò il collo con le braccia. Daryl si lasciò andare a quell’abbraccio affondando il naso nei capelli della donna.
“Fate attenzione. Se ci sono problemi, se qualcuno vi attacca, io arriverò in un baleno.”
“Mmh.”
“Ci vediamo fra tre giorni, Dixon. Non uno di più.”
“Non uno di più.”
Hunter e Yana si strinsero attorno ad Astrid mentre i fari della macchina svanivano nella notte.
 
Salve a tutti! ^_^
Logan e Iris sono dei veri cattivoni, eh.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 9
*** Fossa profonda ***


9. FOSSA PROFONDA

Due giorni dopo
La casa non era mai stata così silenziosa. Anche nei momenti più bui, anche quando le condizioni erano pessime, c’era sempre stato spazio per le risate. Da quando Remy era partita, però, non c’era stata neanche mezza risata. Astrid si era chiusa in se stessa, parlava poco e passava il tempo in biblioteca. Hunter e Yana si dividevano fra il lavoro e l’accudimento di Clara. Qualcosa nella loro famiglia si era spezzato e continua a rompersi ogni giorno.
Yana girava il cucchiaio nella minestra meccanicamente. Davanti a lei Clara mangiava a grandi bocconi. Hunter era appoggiato al frigorifero e spiluccava nel piatto.
“Fanculo.” Mormorò il ragazzo.
Yana lo guardò con compassione, anche lei provava la sua stessa frustrazione.
“Hun, siediti. Il frigo si regge da solo.”
Hunter si accasciò sulla sedia e abbandonò la minestra, aveva lo stomaco chiuso da giorni.
“E’ incredibile. Logan e Iris si sono presi gioco di noi. Che bastardi!”
“Non si dicono le parolacce!” lo rimproverò Clara.
Yana accarezzò i capelli della bambina, erano biondi e lucenti come quelli di Logan. Come si reagisce quando qualcuno tradisce la famiglia? E’ possibile il perdono?
“Astrid è a pezzi. Logan è il suo migliore amico, è un fratello per lei, e lui l’ha tradita senza pensarci.”
Clara scese dalla sedia e andò in soggiorno per giocare con suo coniglio di peluche. Hunter si rilassò sulla sedia e distese le gambe sul tavolo.
“Anche Iris è una stronza. Lei e Remy stanno insieme da anni, sono sposate, eppure le ha voltato le spalle. Questa non è più una famiglia.”
Yana allungò il braccio e strinse la mano di Hunter. Lui si irrigidì ma non si ritrasse, aveva bisogno di quel conforto.
“Io, tu, Clara, Astrid e Remy saremo sempre una famiglia. Non dubitare mai di questo.”
Hunter si mise composto e guardò le loro mani unite. Desiderava restare così in eterno.
“Proprio perché siamo una famiglia devo scusarmi con te. Non posso obbligarti a provare dei sentimenti per me. L’amore non è un obbligo. Ti prometto che da oggi torneremo ad essere migliori amici come prima. Non voglio più essere arrabbiato con te.”
Yana trattenne il respiro. Aspettava quella riconciliazione da mesi, ma adesso sembravano solo parole vuote. Ad un certo punto da qualche tempo aveva iniziato a guardare Hunter con occhi diversi. Aveva notato che i suoi occhi avevano delle pagliuzze color ambra. Aveva notato che i suoi capelli – i pochi sopravvissuti alla rasatura – erano soffici.
“Migliori amici anche se ti ho baciato?”
Hunter si alzò e le diede una pacca amichevole sulla spalla.
“Era un bacio innocuo, me lo hai detto in un momento delicato. Non ci pensiamo più.”
Yana, però, sentiva ancora il sapore della sua bocca e dovette fingere un sorriso.
“Va bene. Migliori amici.”
 
Astrid era ferma davanti alla porta dello scantinato da almeno un’ora. Al di là della porta c’era Iris rinchiusa in una cella. Voleva entrare ma temeva di non sopportare quella vista.
“Entrare o non entrare? Questo è il dilemma.” Esordì Ezekiel.
“Voglio solo la verità.” Disse Astrid.
Ezekiel le circondò le spalle con un braccio e le diede un buffetto sul naso. Malgrado avesse trentadue anni, per lui era ancora quella ragazza di ventidue anni conosciuta tempo prima.
“Non sempre conoscere la verità è un bene.”
“Ma è un male necessario. Voglio capire perché Logan e Iris si sono comportati così.”
Astrid stava male da quando aveva scoperto che il suo migliore amico e sua cognata avevano tramato contro lei e Remy. Una daga nel cuore avrebbe fatto meno male.
“Astrid, non intraprendere questa strada. Finirai per stare peggio se rimugini.”
“Non ho altra scelta.”
Astrid spalancò la porta e scese le scale. Iris era sdraiata sulla brandina e si mise a sedere quando la vide entrare. Non era triste né dispiaciuta, era indifferente.
“Mi chiedevo quando saresti venuta.”
“Sono qui perché voglio risposte sincere.” Disse Astrid.
“Logan ha già spifferato tutto, non ho altro da aggiungere.”
Astrid, colta da un moto di rabbia, aprì la cella e afferrò Iris per il colletto. La sbatté contro la parete facendola sussultare di dolore.
“Tu hai tradito tua moglie. Hai tradito me. Hai tradito i nostri ragazzi. Dovresti vergognarti!”
“Astrid, no!” gridò Ezekiel.
Trascinò Astrid fuori dalla cella e chiuse il cancello, poi conservò la chiave nella tasca.
“Sei diventata manesca.” Commentò Iris.
“Divento ancora più manesca se ti metto le mani al collo.” Ribatté Astrid.
Ezekiel non la riconosceva. La sua amica ostentava una rabbia che non le apparteneva, o che almeno per anni era rimasta sepolta.
“Tu non vedi il quadro completo, Astrid.” Disse Iris.
“E quale sarebbe? Illuminami!”
“Non si tratta di amore e amicizia. Non si tratta neanche di famiglia. Si tratta di scienza, di scoperte che possono cambiare la storia dell’umanità.”
Astrid sospirò, era allibita e schifata da quel ragionamento contorto.
“Senza la tua umanità non puoi cambiare la storia. Sono le persone che cambiano il mondo. Persino la scienza ha bisogno delle persone!”
“Ci sono cose che non comprendi.” Disse Iris.
“Hai ragione. Non capisco come tu possa aver tradito tua moglie.”
“Non ho tradito nessuno. Il dottor Stein mi ha aperto gli occhi sulla missione che abbiamo in qualità di scienziati. Io e Remy alla Guardia non avevamo gli strumenti giusti per scoprire la cura. Frank Stein è l’uomo di cui abbiamo bisogno.”
Astrid sentiva lo stomaco in subbuglio. Iris parlava come una fanatica appartenente ad una setta. La sua venerazione per Stein superava l’amore per Remy.
“Perché non sei tornata? Tu e Frank potevate venire alla Guardia e chiedere l’aiuto di Remy. Invece avete agito per conto vostro, coinvolgendo addirittura Logan.”
“Logan era solo una pedina. Bravo a seppellire i cadaveri ma niente di più. Quanto a Remy, lei non avrebbe mai accettato di collaborare con Frank. Tua sorella ha sempre odiato la sperimentazione sugli umani.”
“Anche sperimentare sugli animali è scorretto.” Intervenne Ezekiel.
“L’uomo è in cima alla catena alimentare. Il regno animale è al nostro comando.”
Astrid incrociò le braccia al petto osservando Iris che si muoveva nella cella. Ora lei era l’animale in gabbia, su di lei poteva esercitare una qualche forma di comando.
“Remy è una biochimica eccezionale, tu e lei insieme avreste potuto fare grandi cose.”
Iris le scoccò un’occhiataccia e scosse la testa.
“La cura deve essere sperimentata sugli umani. Alla Guardia c’erano poche cavie, prima o poi avremmo dovuto lasciare l’insediamento e cercare altre persone da testare.”
“Siete spietati.” Commentò Ezekiel, disgustato.
“Siamo pragmatici. Sacrificare poche vite per salvarne migliaia.” Disse Iris.
Astrid avvertì un brivido lungo la schiena, era freddo e la lasciava attonita.
“Sei una genetista ma i calcoli non sono il tuo forte. La popolazione umana si è già dimezzata. Se sacrificate le persone per gli esperimenti non resterà nessuno a cui somministrare la cura.”
“Frank sa quello che fa.” Replicò Iris.
Astrid e Ezekiel si voltarono quando la porta dello scantinato si richiuse. Negan scendeva le scale con un coltello affilato in mano. Sorrideva come se nulla fosse.
“Gabriel vuole che io interroghi Iris. Il coltello è una misura necessaria se la nostra ospite non parla.”
“Non ho nulla da dire. Sapete tutto.” Disse Iris.
Negan si avvicinò alla cella con un sorriso allegro, si divertiva a fare il boia. Passò la punta del coltello sulle sbarre procurando un rumore metallico.
“Ci sono ancora delle questioni da chiarire. Ad esempio, sei stata tu a fare il buco nella recinzione?”
“No.”
“E’ stato Logan?”
“No.”
La voce di Iris era ferma, dunque stava dicendo la verità. Astrid cominciava a pensare che sotto ci fosse dell’altro, quel mistero che lei sentiva addosso ma senza coglierlo.
“Eugene ha detto che usavi il ripetitore per comunicare con due stazioni radio diverse. Con chi parlavi?”
“Con Frank e con altri nostri alleati.” Rispose Iris.
“Parlaci di questi alleati.” La incitò Negan col coltello.
“Chi sono? Si trovano qui ad Alexandria?” aggiunse Ezekiel.
Iris si mise a ridere e fece spallucce. Si sentiva a suo agio nel prenderli il giro.
“Non potete fermare la grande macchina, ormai è già in carreggiata.”
Astrid si sforzò di collegare i puntini per dare un senso a quella sensazione che le pungolava le ossa. Se Logan e Iris non avevano manomesso la recinzione significava che ad Alexandria c’erano altre spie. Ripensò alla lista di nomi trovata nei depositi di Atlanta, al passaggio segreto in biblioteca, alla pen drive lasciata sul cofano.
Le mancava l’aria là sotto, perciò risalì le scale e uscì in strada per respirare. Negan le fu subito accanto.
“Stai bene?”
“C’è un’altra spia. Chi ha fatto il buco nella rete è una persona esperta con i metalli. Chi ha sorvegliato il passaggio in biblioteca è una persona abile a mentire. Chi ha lasciato la pen drive è una persona veloce e scaltra.”
“Tu hai capito chi è.” Annunciò Negan.
“E’ Nadia.”
 
Carol avrebbe voluto spalancare la bocca per la sorpresa, invece si limitava ad annuire. Astrid aveva riunito tutto il Consiglio per dare loro una notizia sensazionale.
“E’ Nadia l’infiltrata. Lei era presente ovunque.  Lei c’era quando abbiamo riparato la rete, quando abbiamo scoperto il passaggio segreto, quando io e Negan siamo tornati da Atlanta.”
Negan alla sua destra annuì per rafforzare quella spiegazione.
“Nadia era a capo di una fonderia, sa come distruggere il metallo e quindi come bucare la recinzione.”
“E poteva usare il passaggio in biblioteca perché lei lo sorvegliava.” Disse Carol.
“E sempre lei ha accolto me e Negan dopo che abbiamo trovato la pen drive.”
Aaron fece irruzione nella sala con espressione lugubre. Rosita dietro di lui entrò con un diavolo per capello.
“Nadia è scomparsa. Nessuno la vede da ieri sera.”
“Forse sta andando ad avvisare Frank di attaccare.” Azzardò Aaron.
Un pensiero orribile si insidiò nella testa di Astrid. Si portò le mani fra i capelli.
“La pen drive era solo una scusa. Sapevano che Remy sarebbe andata alla Guardia per usare il computer. Volevano che lei uscisse allo scoperto.”
“Contatto subito la Guardia.” Disse Carol.
 
Daryl odiava essere al centro dell’attenzione. Alla Guardia tutti lo fissavano, lo salutavano, gli offrivano cibo e bevande, erano tutti premurosi all’inverosimile. Remy e Eugene si erano barricati nella sala computer, lasciandolo da solo a gestire quegli sconosciuti. L’unica consolazione è che gli avevano affidato la stanza di Astrid e lui si divertiva a guardare come la donna aveva allestito quello spazio. C’erano molti dei suoi vestiti – jeans, t-shirt e felpe – e tutti conservavano ancora tracce del suo odore. Sul comodino c’era una foto spiegazzata della sua laurea che la ritraeva insieme a Remy e a sua madre. Sotto al cuscino aveva trovato un piccolo libro di preghiere.
“Astrid andava in chiesa tutte le domeniche.”
Remy era comparsa sulla soglia con un sorriso malinconico. Aveva trascorso notti intere in quella camera con sua sorella a ridere, a piangere, a confidarsi.
“Tua sorella è il prototipo della brava ragazza.” Disse Daryl.
“Sai, Astrid non ha avuto una vita facile. Doveva sempre prendersi cura di me.”
“Mi sembri una che sa cavarsela da sola.”
Remy ridacchiò, lieta che l’arciere avesse notato il suo carattere forte.
“Andavo a cavallo prima dell’incidente. Ero una fantina professionista, una futura stella dell’equitazione.”
“E poi?” chiese Daryl, curioso.
“Poi una notte un camion ha travolto la mia auto. Mi sono svegliata in ospedale con la colonna vertebrale lesionata. Sono stata operata quindici volte, ho fatto fisioterapia per mesi, ma alla fine il danno era irreparabile. Ero finita sulla carrozzina e il mio sogno di cavalcare era stroncato. Avevo solo diciassette anni.”
“Come lo hai superato?”
Remy si spostò dalla carrozzina al letto, voleva stare più comoda e al sicuro sul suo vecchio materasso.
“All’inizio è stato difficile. Sono caduta in depressione, ho allontanato i miei amici e la mia ragazza dell’epoca. Rispondevo male ai miei genitori, maltrattavo Astrid per divertimento.”
“Scommetto che Astrid non si è tirata indietro.” Disse Daryl.
“Aveva quattordici anni ma era più matura di me. Lei passava tutto il suo tempo con me, mi leggeva i libri, mi obbligava a guardare stupidi film, mi costringeva a fare sedute di bellezza. Mi consolava quando avevo le mie crisi di pianto. Restava zitta quando la insultavo perché odiavo il mondo. E’ stata lei ad avermi regalato il primo manuale di biochimica.”
Daryl sorrise nell’immaginare una piccola Astrid che faceva i salti mortali pur di tormentare la sorella maggiore.
“Ti ha convinta lei a iscriverti all’università?”
“Sì. Mi disse che si sarebbe rasata i capelli a zero se non fossi andata al collage. Lei aveva de capelli così belli che sarebbe stato un peccato rasarli, quindi mi sono iscritta all’università. Al campus ho ritrovato la voglia di vivere. Grazie a mia sorella ho avuto amici, fidanzate e una laurea.”
“Astrid non lascia nessuno indietro.” Disse Daryl.
“Esatto. Lei ha messo in pausa la sua vita per aiutarmi.” Ammise Remy.
Daryl sfiorò il cuscino di Astrid con delicatezza. Sentiva la sua mancanza. Voleva vederla, sentirla ridere, parlare con lei di qualunque cosa. Beth aveva sempre avuto ragione: non poteva restare da solo.
“Io credo di essermi innamorato di lei.”
“Era ora!” esclamò Remy ridendo.
Anziché offendersi, Daryl si mise a ridere e roteò gli occhi. Lui e Remy di recente avevano legato molto. Oltre ad aver passato dei momenti bui, entrambi avevano in comune il bene per Astrid.
“Pensi che anche lei provi lo stesso?”
“Astrid ti aspetta da dieci anni, prova esattamente lo stesso.” Confermò Remy.
Daryl stava per dire altro quando la radio gracchiò. Azionò il bottone per ricevere il segnale.
“Qui parla Daryl.”
“Sono Carol. Abbiamo capito che Nadia è l’altra infiltrata. Lei ha bucato la recinzione, lei ha usato il passaggio e lei ha lasciato la pen drive come esca.”
“Come esca?” ripeté Remy, confusa.
“E’ una trappola!” disse Carol.
“Volevano farti uscire allo scoperto.” Spiegò Daryl.
“Che facciamo? La Guardia è sottoterra, è sicura.”
Daryl si alzò, raccattò la balestra e se la gettò in spalla.
“Dobbiamo andarcene. Anche la Guardia potrebbe essere corrotta.”
 
Mentre Remy andava a prendere il suo zaino, Daryl si mise in cerca di Eugene. L’ultima volta lo aveva visto nella torretta di guardia, dunque è lì che si diresse. Il corridoio era sgombro e silenzioso, soltanto i neon delle luci ronzavano. Daryl aveva l’impressione che il pericolo fosse dietro l’angolo. Percepiva un peso opprimente nel petto man mano che avanzava con la balestra sguainata.
“Daryl, no!” gridò Eugene.
Era troppo tardi. Daryl si beccò una gomitata nelle costole che lo fece piegare dal dolore. Gli arrivò un calcio in faccia che lo gettò a terra.
“Lascia la balestra oppure sparo al tuo amico.” Ringhiò Ryan.
Daryl buttò l’arma e alzò le mani in segno di resa. Gli facevano male le costole, sentiva che la ferita al fianco si era riaperta.
“Iris comunicava con te, eh. Dovevo immaginarlo.”
Ryan tolse la sicura e puntò la pistola sulla fronte dell’arciere. Solo il pollice sul grilletto lo frenava dallo sparo.
“Suppongo che tu non sia sveglio come gli altri credono.”
“Perché? Che cosa ci guadagni?” indagò Daryl.
“Frank Stein ha mio nipote Cole. Lui ha solo sedici anni, i suoi genitori sono morti e pensa che anche io sia morto. E’ per lui che sto tradendo la mia gente.”
Daryl in parte lo capiva. Anche lui avrebbe dato l’anima per Judith, per Lydia e per tutti i suoi cari.
“Possiamo salvare tuo nipote. Devi solo abbassare la pistola e poi potremo parlarne.”
“No! Stein ucciderà Cole entro mezzanotte se io non ammazzo Remy.” Disse Ryan.
“Hai il coraggio di ammazzare a sangue freddo una tua amica?”
“Non voglio farlo, ma lo farò per mio nipote. Ha sofferto già troppo.”
“Noi possiamo trovare la cura prima di Stein!” inveì Eugene.
Ryan si voltò e puntò la pistola contro la sua tempia.
“Voi non capite. Austell è una fortezza, protetta più di Alexandria e della Guardia. Stein ha allestito un laboratorio attrezzato negli anni e ha un team di scienziati al suo fianco. Lui è l’unico in grado di trovare la cura.”
“E che ne dici di Dorothy? So che Astrid contava su di te.” Disse Daryl.
“Dorothy era un bel sogno, niente di più. Tutte scartoffie inutili e indizi assurdi che non hanno mai portato da nessuna parte. Anche se Remy trovasse la formula non sarebbe in grado di produrre la cura perché non ha un laboratorio fornito.”
“Possiamo prenderci il laboratorio di Stein.” Indugiò Daryl.
Ryan inclinò la testa e lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.
“C’è un motivo se nel diario viene soprannominato Frankenstein. Lui è un mostro. Fa esperimenti su chi si ribella al suo dominio e poi seppellisce i cadaveri martoriati. Ha anche fatto dei test sui bambini.”
Daryl sentiva la testa pulsare di dolore. Era difficile concentrarsi con tutta quella sofferenza che gli lacerava il corpo. Si sforzava di restare sveglio e lucido. Remy presto sarebbe arrivata e lui intanto doveva guadagnare tempo.
“Tu non sei come lui. Astrid dice sempre che sei un uomo onesto, sei un vero amico.”
“Astrid è ingenua. Non riusciva neanche a vedere la cattiveria di Logan. Lei ripone troppa fiducia nelle persone.”
Un rumore sordo fendette l’aria. Ryan giaceva a terra col petto sanguinante.
“L’ho sempre detto che parli troppo.” Disse Remy.
Se ne stava in corridoio con un fucile nero lucido tra le braccia, lo sguardo determinato come mai nella vita.
“Ottima mira.” Si complimentò Daryl.
“Non sono mica pessima come mia sorella.”
Remy lo aiutò a rimettersi in piedi e si spostò per raggiungere Eugene. Per fortuna era illeso, solo molto spaventato.
“Forza, ragazzone, alzati.”
“E’ morto?” domandò Eugene, la voce tremante.
Daryl posò le dita sul collo di Ryan, il battito era debole ma presente.
“E’ vivo. Lo scarichiamo in infermeria?”
“Se ne occuperà Jade, è lei che ora comanda la Guardia.” Disse Remy.
“Noi torniamo ad Alexandria.”
 
Il giorno dopo
Astrid non aveva chiuso occhio. Avevano contatto la Guardia più e più volte prima di ricevere una risposta. Jade aveva raccontato loro gli avvenimenti della giornata: Ryan lavorava da mesi per Stein, era lui che aveva monitorato le ricerche di Remy e che aveva comunicato con Iris. Con suo grande rammarico, Astrid non ci era rimasta male. Ormai aveva capito che chiunque poteva tradire chiunque. Certo, Ryan lo aveva fatto per suo nipote ma il fine non giustificava i mezzi.
“Quanto è adorabile il tuo broncio.” Disse Negan.
Astrid non disse niente. Era a corto di parole e sorrisi, la sua mente era solo un miscuglio di preoccupazioni.
Negan si sedette sull’altalena e prese a dondolarsi, per quanto glielo permettessero le lunghe gambe magre.
“Astrid, smettila di tormentarti. Ti sta fumando il cervello.”
“Io non capisco. Non riesco a capire perché tutti ci abbiano traditi. Iris, Logan, Nadia e persino Ryan!”
“La gente fa cose brutte quando è disperata. Ne so qualcosa.” disse Negan.
Astrid si coprì la faccia con le mani, faticava a trattenere le lacrime. Avrebbe voluto essere risucchiata da una voragine piuttosto che affrontare quello strazio.
“Voglio andarmene, Negan. Voglio ritirarmi in solitudine in un posto tranquillo con la mia famiglia.”
“Non puoi. Questa è anche la tua battaglia.” Obiettò Negan.
“Più combatto, più accumulo perdite. Non ne vale la pena.”
Negan le strinse la mano e ne baciò il dorso. La pelle della donna era fredda e screpolata.
“Quando la mattina vedi il sole, quando senti il calore sulla pelle, è allora che capisci che vale sempre la pena. Tu combatti per Remy e per i tuoi ragazzi. Tu combatti perché la tua famiglia abbia un futuro migliore.”
“E tu per cosa combatti?”
“Per il ricordo di mia moglie. Voglio ricordarla fino a che avrò vita.”
“Chi l’avrebbe mai detto che sei un tipo romantico.” scherzò Astrid.
Entrambi si misero a ridere, e in quelle risate c’era un fondo di pianto.
“Anche i cattivi sono uomini e come tali possono essere sconfitti.”
Astrid di colpo sorrise e Negan si girò seguendo il suo sguardo. Da una Gip stavano scendendo Remy, Eugene e Daryl.
“Sono tornati. Ce l’hanno fatta!”
Astrid andò da loro correndo come una scheggia. Carol si era già fiondata a salutare Daryl e Rosita stava abbracciando Eugene.
“Remy! Remy!”
L’attimo dopo Astrid cadde in ginocchio e stritolò la sorella in un abbraccio. Remy ricambiò la stretta con gli occhi lucidi. Per un momento, quando Ryan aveva premuto il grilletto, aveva creduto di non rivederla mai più.
“Sorellina, mi sei mancata. Non ti lascerò mai più.”
“Ti voglio un mondo di bene.” sussurrò Astrid.
Alle loro spalle Daryl e Carol parlottavano a bassa voce con Negan per non interrompere le due sorelle.
“Avete visto qualcosa per strada?” domandò Negan.
“Non c’era nessuno. Non siamo stati pedinati, non siamo stati attirati in una imboscata, niente di niente.”
“Impossibile. Nadia se l’è svignata in fretta per avvertire Stein.” Disse Carol.
Daryl adocchiò Astrid e si morse le labbra, era felice di riavere Remy ma nel suo sguardo c’era una tristezza profonda.
“Le opzioni sono due: o Nadia si è nascosta oppure Stein sta arrivando col suo esercito.”
“Solo il tempo saprà dircelo.” Sentenziò Negan.
 
Astrid si godeva la brezza autunnale al riparo dagli altri. Aveva scovato una panchina appartata dove si rifugiava quando voleva stare da sola. Remy stava già dormendo, troppo sfinita dal viaggio, e così anche Clara. Yana e Hunter chiacchieravano di musica e proverbi indiani in giardino.
“Quella è Merope.”
Astrid, che fino ad allora si era persa ad ammirare le stelle, sorrise senza voltarsi.
“Fa parte delle Pleiadi, vero?”
“Abbiamo un’esperta di stelle qui.” Disse Daryl sorridendo.
“Tu detieni il primato, mio caro.”
Astrid gli fece spazio sulla panchina e posò la testa sulla spalla di Daryl dopo che lui si fu sistemato.
“Ho una cosa per te. Spero che vorrai indossarla ancora.”
L’arciere estrasse dalla tasca del gilet un piccolo sacchettino di iuta decorato da un fiocco bianco. Dentro era conservata la collana di Ella.
“La collana di mia madre.”
“L’ho ripulita, l’ho disinfettata e ho limato il bordo stagliato. E’ come nuova.”
La luce del lampione illuminava perfettamente la frase incisa sul davanti: animae duae, animus unus”, ovvero “due vite, un’anima sola”.
“Oh, Daryl.”
Astrid stava piangendo senza rendersene conto. Daryl non sapeva se fosse felice o triste, ma poi la vide sorridere fra le lacrime per la commozione.
“Astrid, tua madre…”
“Non voglio saperlo. Non voglio conoscere i dettagli della sua morte. Questa collana mi permette di tenerla sempre vicino al cuore.”
“Come preferisci.”
“Puoi mettermela al collo?”
“Certo.”
Astrid alzò i capelli e Daryl bisticciò col gancio per appuntare la collana; le sue mani erano troppo rozze per un oggetto tanto delicato. Lei sorrise e si mise sotto la luce per farsi vedere.
“Come mi sta?”
“Sei un incanto. La collana… volevo dire… la collana è un incanto.” Balbettò Daryl.
“Sei davvero incapace con i complimenti, Dixon.”
“Non sono bravo in queste cose. Scusami.”
Astrid sorrise per la dolcezza dell’arciere. Benché si mostrasse sempre di acciaio, aveva l’anima pura.
“Avrai tempo per allenarti. Insomma, puoi riempirmi di complimenti ogni quindici minuti.”
“Per caso è una minaccia?” ironizzò Daryl.
“Era una generosa offerta che non puoi rifiutare.”
“Tecnicamente mi stai dando un ordine.”
Astrid rise, si sentiva più spensierata adesso che lui era tornato.
“Minaccia, offerta, ordine, chiamala come ti pare. L’importante è che mi dici quanto sono fantastica ogni quarto d’ora.”
“E’ vero che sei fantastica.”
“Lo so.”
Daryl ghignò e si grattò la nuca per l’imbarazzo. Quella donna lo provocava e lui abboccava all’amo ogni volta. E gli piaceva quel gioco.
“Domani mattina vorrei che tu mi aiutassi a gestire il protocollo di emergenza.”
“Certo. Dobbiamo annullare il memoriale per prima cosa.” Disse Astrid.
“Ora come ora non possiamo festeggiare. Stein arriverà presto.”
“E noi saremo pronti.”
Rimasero in silenzio ancora un po’, godendosi quegli ultimi stralci di tranquillità. Poi Daryl si alzò e tese la mano verso di lei.
“Dai, ti accompagno a casa.”
 
Astrid aveva rallentato il passo. Si sentiva spossata, quasi non aveva più forza nelle gambe. Passarono davanti casa di Jerry e salutarono i bambini con la mano, poi augurarono una buona notte anche a Ezekiel.
“Astrid, ti senti bene? Sei pallida.” Disse Daryl.
“Sono stanca. Non dormo da tre giorni e a stento ho mangiato.”
“Devi mangiare. Punirti togliendoti il cibo è sbagliato.”
Astrid abbozzò un piccolo sorriso imbarazzato.
“Non si tratta di questo. Ero troppo agitata per mangiare. Tu e Remy eravate lontani e io ero in pensiero.”
“Ti avevo promesso che sarei tornato.” Ribatté Daryl.
“Questo mondo non sempre ci permette di mantenere le promesse.”
Nel frattempo avevano raggiunto casa di Astrid. Hunter e Yana erano ancora fuori a strimpellare con la chitarra. Meno male che erano tornati amici, i loro bisticci erano diventati insopportabili.
“Ehi!” li accolse Yana.
Astrid ebbe un capogiro che la costrinse a reggersi a Daryl. L’arciere le cinse la vita col braccio prima che cadesse a terra.
“Astrid, che hai?”
“Mi gira solo la testa. Devo mettere qualcosa sotto i denti.”
Daryl la sentiva molle fra le braccia. Era diventata così pallida da riflettere quasi la luce del lampione.
“Tu non stai affatto bene.”
“Non è nien-…”
Astrid svenne. Avrebbe battuto la testa sul marciapiede se Daryl non l’avesse agguantata in tempo.
“Astrid! Svegliati, su!” disse Yana.
Hunter toccò la fronte di Astrid, era bollente e sudata fradicia. Le sue labbra stavano diventando blu, la pelle erano cosparsa di brividi. Sulle mani stavano nascendo delle bolle rosse.
“E’ stata avvelenata. Portiamola dalla dottoressa Morgan.”
Daryl prese in braccio Astrid e seguì Hunter che lo guidava verso l’infermeria. Yana continuava ad accarezzare i capelli della tutrice e a sussurrarle parole di conforto.
“Vai ad avvisare Remy e Gabriel.” Ordinò Daryl.
Mentre Yana correva per dare l’avviso, Hunter si scagliò sulla porta dell’infermeria per bussare.
“Un momento! Un momento!” disse una voce.
La dottoressa Morgan si era svegliata di soprassalto, lo indicavano i capelli arruffati e gli occhiali storti sul naso.
“Che succede?”
“Astrid è stata avvelenata. Ha le labbra blu, eruzioni cutanee sulle braccia e sta aumentando la febbre.”
“Presto, entrate. Mettetela sul lettino e tamponatele il sudore. Hunter, sei pronto?”
Hunter era il suo apprendista da poche settimane ma si era reso un valido studente. Il ragazzo annuì perché avrebbe dato se stesso pur di salvare Astrid.
“Sono pronto.”
 
Salve a tutti! ^_^
Qui non si sta mai tranquilli, eh!
Questo Frank non ci piace per niente.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


EPILOGO

“Quando vuoi bene a qualcuno il dolore fa parte del pacchetto.”
(Beth Greene, episodio 4x01)
 
Due giorni dopo
Remy era rimasta al capezzale di Astrid per quarantotto ore di fila. Aveva mangiato e aveva domito accanto al letto in infermeria, nessuno riusciva a convincerla a tornare a casa. Hunter e Yana si occupavano di Clara e facevano a turno per assistere Astrid. Anche Carol aveva trascorso diverse ore con Remy. Oltre a lei, anche Daryl era fisso in infermeria. Passava ogni ora a controllare, e la sua speranza si spegneva quando trovava Astrid ancora priva di sensi. Non si era ancora ripresa ma le sue condizioni erano stabili. Secondo la dottoressa Morgan, la causa dell’avvelenamento era una elevata dose di stramonio ingerito.
“Novità?”
Remy si voltò e incrociò lo sguardo preoccupato di Daryl. Entrambi stavano soffrendo in quel momento.
“La dottoressa sta preparando l’antidoto. Per fortuna lo stramonio è una pianta diffusa nei dintorni e lei ha potuto studiarla. Dovrebbe essere pronto entro stasera.”
Daryl sfiorò la mano di Astrid, era così fredda che quasi non la riconobbe.
“Hai capito come possa aver ingerito lo stramonio?”
“Una sola persona che conosce le proprietà velenose di questa pianta: Iris.” Disse Remy.
“Ha avvelenato il cibo?”
“Credo di sì. Iris preparava sempre la colazione e Astrid mangiava ogni mattina le sue frittelle. Lo stramonio si nasconde bene sotto il sapore dello zucchero.”
“Non ha senso che Iris volesse uccidere Astrid.” Disse Daryl.
Remy scostò una ciocca di capelli dalla fronte della sorella e le accarezzò una tempia.
“Non penso che volesse ucciderla. Penso che volesse darmi una lezione. Colpire mia sorella è un metodo efficace per ferirmi.”
Daryl storse il naso. C’era qualcosa che non gli tornava. Iris e Logan avevano cercato di portare Astrid dalla loro parte, dunque avvelenarla e ucciderla non rientrava nel loro schema. A meno che non facesse esattamente parte del loro piano.
“E’ un diversivo. Sapevano che avremmo abbassato la guardia con Astrid fuori gioco.”
“Sono passati già due giorni ma non ci sono tracce di Stein.” Obiettò Remy.
“Oppure noi non riusciamo a vederle.” Mormorò Daryl.
 
“E’ roba buona?” chiese Negan.
La dottoressa Morgan lo fulminò con lo sguardo. Quell’uomo la irritava con le sue battutine stupide.
“Questo antidoto è a base di fisostigmina, un veleno estratto dalla fava del Calabar che cresce nell’Africa occidentale. Permette di superare il blocco tossico dello stramonio.”
“Astrid si riprenderà?” volle sapere Yana.
“Sì. Ci vorranno almeno un paio di ore perché l’antidoto faccia effetto.”
La dottoressa infilò l’ago nella vena e iniettò pochi milligrammi di fisostigmina, dopodiché interruppe il dosaggio di sonniferi.
“Adesso possiamo solo aspettare.” Disse Hunter.
Tutti trasalirono quando Ezekiel irruppe in infermeria con il volto ferito.
“Barricate le porte! Chiudete tutto!”
Hunter e Yana si affrettarono a sigillare ogni porta con catene e mobili, mentre la dottoressa Morgan allontanava i pazienti dalle finestre.
“Che diavolo sta succedendo?” domandò Remy.
“Ci stanno attaccando. Alexandria è accerchiata dai nemici. Alcuni vaganti sono riusciti a entrare.”
Negan andò alla finestra e sbarrò gli occhi: le mura della città erano circondate da uomini e donne armati. Davanti al cancello c’era un uomo dai capelli bianchi con un fucile in mano.
“Frank Stein è qui.”
“Dobbiamo proteggere i pazienti. Nessuno di loro è in grado di muoversi.” Disse Hunter.
Remy provò un moto di orgoglio nel costatare che Hunter era maturato, adesso era un giovanotto con uno scopo nella vita.
“Tu e Yana restate qui ad aiutare la dottoressa. Non fate entrare nessuno, barricatevi e aspettate. Vegliate su Astrid.”
 
Daryl si pulì le mani sul gilet. Era sporco del sangue dei vaganti che avevano ucciso non appena avevano varcato la recinzione. Stein aveva spaccato la rete e aveva spinto dentro una ventina di vaganti affamati. Lui, Carol ed Ezekiel li avevano ammazzati tutti.
“Che facciamo? Non resisteremo a lungo.” Disse Carol.
“Andiamo a parlare con Stein. Capiamo che cosa vuole e poi decidiamo.” Disse Gabriel.
Daryl non era d’accordo, era meglio sparare in testa a Stein e liberarsi di lui una volta per tutte.
“Se mettiamo un cecchino sul campanile…”
“No! Siamo in svantaggio numerico.” Intervenne Carol.
Daryl guardò l’amica in tralice, detestava quando lei non conveniva con le sue idee.
“Quello stronzo vuole Remy e Iris perché gli servono per la cura. Di sicuro ci proporrà uno scambio svantaggioso per noi. Gabriel, apri gli occhi!”
“Sei tu che non ragioni, Daryl. Sei preoccupato per Astrid e stai dando di matto.”
Carol si morse le labbra per l’imbarazzo. La tensione fra Daryl e Gabriel era tangibile e poteva essere tagliata con un coltello.
“Astrid non c’entra niente. Ti sto dicendo che non possiamo fidarci di Stein. Quello fa esperimenti sulle persone e poi le seppellisce come fossero cani. Potrebbe invadere Alexandria, rapire la nostra gente e ammazzarla nel suo fottuto laboratorio!”
Gabriel sospirò, dovendo riconoscere che l’arciere aveva ragione.
“Ma non possiamo neanche combattere perché siamo in pochi e abbiamo poche armi. Non resisteremo a lungo all’assedio.”
Nel frattempo Rosita e Aaron sbucarono dalla sala del Consiglio con i vestiti sporchi di sangue. Dietro di loro si intravedevano i corpi difformi dei vaganti.
“I vaganti continuano ad entrare da ogni lato.” Disse Rosita.
“Avete trovato una soluzione?” domandò Aaron.
“Andrò a parlare con Stein. Scenderò a patti con lui.” Annunciò Gabriel.
Daryl imprecò a bassa voce, staccò la freccia dal cranio di una vagante e si allontanò.
“Dove sta andando?” fece Rosita.
Carol sapeva che l’amico si stava dirigendo in infermeria, l’unico posto sicuro di Alexandria.
“Sta andando dall’unica persona in grado di calmarlo.”
 
“Qui è un tutto un casino. Gabriel che fa il prete anche senza chiesa. Carol che d’un tratto è diventata prudente. Fa schifo questa situazione.”
Daryl si era seduto accanto al letto di Astrid e aveva iniziato a parlare a bassa voce per raccontarle quanto si stava perdendo. Ogni tanto le toccava la guancia per controllare che la temperatura fosse giusta.
“Biancaneve si è svegliata perché il principe l’ha baciata.” Biascicò Astrid.
Daryl dapprima strabuzzò gli occhi e poi scoppiò in una risata liberatoria.
“Credevo fossi la Bella Addormentata.”
“Anche lei è stata baciata dal principe.” Replicò Astrid.
Sbatté le palpebre fino a che non si svegliò del tutto. Sentiva la bocca arida e le doleva la testa, ma finalmente era tornata nel mondo dei vivi. Cercò di mettersi seduta ma scivolò sui cuscini.
“Ti aiuto.” Si offrì Daryl.
Lentamente la fece sedere e le sistemò il cuscino dietro la schiena. Le versò anche un bicchiere di acqua che lei bevve in una sola sorsata.
“Ciao.” Sussurrò Astrid con voce roca.
Daryl fu pervaso dal sollievo come un’ondata di calore. Per due giorni aveva temuto il peggio, e risentire la sua voce era la cosa più bella delle ultime ore.
“Ciao anche a te. Come ti senti?”
“Mi sento uno straccio, però tutto sommato sto bene. Tu come stai?”
“Adesso va molto meglio.”
Astrid gli circondò il collo con le braccia e si abbandonò contro di lui. Daryl le diede una lieve carezza sulla schiena.
“Che cosa vuole Stein?”
“Non lo so. Gabriel gli sta parlando in questo momento.”
Astrid si staccò dall’abbraccio e gli diede un bacio sulla guancia.
“Devi andare a combattere al fianco dei tuoi amici. Stare qui è una perdita di tempo. Il tuo posto è là fuori, sul campo di battaglia.”
“Non ne sono più così sicuro.”
“A che pensi? Sfogati.”
Daryl appoggiò la fronte sulla spalla di Astrid, il suo odore si mescolava a quello del disinfettante.
“C’era questa ragazza di nome Beth, era una spina del fianco ma era un’anima pura. Una volta mi ha chiesto se volessi passare la vita fissando un falò e mangiando serpenti.”
“I serpenti sono difficili da digerire.” Sdrammatizzò Astrid.
Daryl emise una breve risata prima di tornare serio, le parole sgusciavano fuori con estrema facilità.
“Ho sempre pensato che avrei vissuto così, da solo e in mezzo ai boschi. Poi le cose sono cambiate quando ci siamo conosciuti.”
“Sono cambiate come?”
“Voglio una casa, Astrid.” Sussurrò Daryl.
Astrid sentì la felicità espandersi nel petto. Con ‘casa’ l’arciere intendeva lei, magari una relazione stabile e forse anche una famiglia.
“Daryl, io…”
Un boato fece tremare l’infermeria. Alcune barelle si rovesciarono a terra provocando un rumore sordo. Hunter si fiondò in corridoio per accertarsi che i pazienti stessero bene.
“Fuoco! Fuoco!” strillò una donna anziana.
Astrid e Daryl si affacciarono alla finestra più vicina e videro che il cancello stava prendendo fuoco. L’esercito di Stein esultava e rideva come se fosse divertente.
“Dobbiamo andare.” Disse Astrid.
“Tu non ti muovi da qui. Sei ancora debole.” Asserì Daryl.
“Non ti lascio da solo. Sono solo stata avvelenata, sto una meraviglia!”
“Assolutamente no. Rimettiti a letto.” Disse la dottoressa Morgan.
“Sto bene, ve lo giuro!”
Daryl la bloccò per le spalle e la guardò dritto in faccia con sguardo severo.
“Devi restare qui. Fallo per me.”
“Ma Daryl…”
“Ti supplico.”
Astrid sbuffò, sentirlo supplicare fu un colpo al cuore duro da incassare.
“Mi riposerò ancora un po’, ma sappi che fra un’ora scenderò in strada. Non mi puoi tenere rinchiusa qui.”
“Non ti arrendi mai, eh?”
“Neanche per sogno, Dixon.”
“Buono a sapersi.”
Astrid lo afferrò per il colletto della camicia e lo baciò con una tale intensità da sentire i brividi di piacere in tutto il corpo. Daryl ricambiò il bacio stringendola a sé ancora qualche minuto.
“Ora sparisci.”
“Sissignora.”
 
Un’ora dopo Astrid si stava allacciando la cintura con le daghe. Si sentiva ancora debole ma faceva il possibile per restare attiva. Deglutì respingendo la sensazione di nausea.
“Dovresti restare qui. Non sei nelle condizioni di combattere.” Disse Remy.
Stava imbracciando un fucile troppo grande per lei ma che riusciva a maneggiare alla perfezione.
“Devo aiutarvi. Stein è qui per te, non posso perderti di vista.”
“Là fuori è dura, Astrid. I vaganti sono dappertutto.”
Astrid dalla finestra sbirciò in strada e vide l’asfalto disseminato di cadaveri di vaganti e di umani; sangue e ossa si mescolavano emanando una puzza tremenda.
“Gabriel ha risolto qualcosa?”
“No. Sta ancora discutendo con Stein nella sala del Consiglio.”
“E’ solo l’ennesimo diversivo. Stein si diverte a giocare con noi, a illuderci che ci sia una speranza.”
Una freccia saettò a pochi centimetri dalla faccia di Remy e si conficcò nel materasso con precisione. Alla punta era stato infilzato un biglietto.
“Daryl ci sa fare con i messaggi.” Notò Remy.
Astrid srotolò il biglietto e concluse la lettura con un sospiro frustrato.
“Daryl scrive di portare i bambini e chi non può combattere fuori da Alexandria.”
“In che modo? Gli uomini di Stein sono ovunque, bloccano tutte le uscite.” Disse Remy.
“Dobbiamo usare le gallerie sotto la città. Si accede dalla chiesa.”
“Raggiungere la chiesa significa attraversa la piazza infestata dai vaganti.”
Astrid fece mente locale per calcolare il numero di persone: bambini, malati, anziani e chiunque non fosse in grado di usare armi.
“Dobbiamo portare fuori all’incirca trentasette persone.”
“Di cui molti bambini e molti malati. Non possiamo rischiare.” Disse Remy.
“Serve anche a noi un diversivo. Qualcosa che possa attirare l’attenzione dei vaganti e permettere alle persone di raggiungere la chiesa.”
“Una bomba?” esordì Negan.
Era entrato di soppiatto in infermeria e aveva ascoltato la conversazione fra le sorelle. Era sudato e sudicio di sangue sulle mani; una piccola ferita sul sopracciglio destro sanguinava.
“Che ci fai qui? Credevo che preferissi prendere a mazzate qualcuno.” Disse Astrid.
“Il tuo fidanzatino mi ha chiesto di darti una mano. Inoltre, le cose fra Gabriel e Stein non stano andando bene. Non abbiamo molto tempo.”
“Anche Remy deve lasciare la città, vero?”
“Sì. Daryl crede che entro stasera Alexandria cadrà nelle mani di Frank Stein.”
Remy si rabbuiò all’idea di dover scappare. Se solo non fosse stata una biochimica! La sua grande passione per la scienza la stava condannando a morte.
“Da sola non posso attraversare le gallerie. La carrozzina è troppo ingombrante.”
Astrid le mise una mano sulla spalla e le baciò i capelli.
“Ovviamente Yana e Hunter verranno con te. Anche gli adolescenti devono andarsene.”
“Vengo anche io.” disse una voce.
Remy sorrise di cuore quando vide Eugene con lo zaino in spalla e il suo cappello da pescatore in testa.
“Amico mio, sono felice di fuggire di continuo con te.”
Astrid era rincuorata dalla presenza di Eugene, un amico fidato che poteva vegliare su Remy quando lei non c’era.
“Daryl ha scritto di portare le persone al ponte crollato. Dov’è?”
“E’ dove Rick Grimes è morto. La boscaglia è fitta e possiamo nasconderci.” Disse Eugene.
Astrid rilesse il biglietto – sebbene la grafia dell’arciere fosse a tratti incomprensibile – e annuì.
“Nel biglietto c’è anche scritto che ci incontreremo tutti al ponte appena possibile.”
“E se le cose si mettono male?” domandò Remy.
Astrid e Negan di scambiarono uno sguardo, avevano un modo tutto loro di intendersi.
“Aspettate l’alba, dopodiché continuate a spostarvi.” Disse Negan.
“Non possiamo abbandonare gli altri!” obiettò Remy.
“Ma non potete rischiare di essere catturati. Stein inseguirà te e Eugene in capo al mondo.”
“Non solo. Stein vuole mettere le mani su tutti noi, vuole usarci come cavie.” Disse Astrid.
“Non abbiamo molto tempo. I vaganti si avvicinano alla piazza.” Riferì Hunter.
Astrid serrò le mani intorno alle daghe e prese un respiro profondo per ingoiare la bile che le era risalita in gola.
“Raduniamo tutti davanti all’infermeria e insieme ci muoveremo verso la chiesa. Da lì Hunter e Yana condurranno il gruppo lungo le gallerie, Eugene porterà Remy e io e Negan resteremo indietro per bloccare chiunque tenti di ostacolarci.”
 
Daryl non ne poteva più di quella attesa. Gli prudevano le mani dalla voglia di conficcare una freccia nel cranio di Stein e del suo esercito. Gabriel e lo scienziato erano ancora chiusi in riunione, nella sala c’erano soltanto loro due.
“Gabriel non riuscirà a fare un accordo.” Sussurrò Carol.
“Ovvio che no. Stein ci sta solo prendendo per il culo.”
Daryl indirizzò lo sguardo verso l’infermeria e riconobbe la figura di Astrid che gesticola mentre parlava con Negan. Anche Carol guardò il palazzo dell’infermeria, sospirò un paio di volte.
“Astrid saprà come uscire dalla città?”
“Alexandria è ancora nostra. I vaganti sono facili da eliminare. Quando Astrid scenderà in strada, noi andremo in suo aiuto. In meno di dieci minuti quella gente dovrà trovarsi nelle gallerie.”
Carol si guardò attorno, solo Aaron e Rosita erano insieme a loro. Gli uomini di Stein si erano collocati fuori dalla recinzione con le armi spianate, pronti a far fuoco anche ad un granello di sabbia.
“E se si accorgono che stiamo evacuando?”
“Dalla chiesa non si vede niente. Quegli stronzi non avranno la visuale.”
“A quel punto potrebbero insospettirsi ed entrare in città.” Disse Carol.
“Per questo ho mandato Negan in avanscoperta.” Replicò Daryl.
“Negan è il nostro diversivo. Molto furbo.”
“Astrid ha ragione quando dice che lui è sacrificabile.”
 
Negan fischiettava mentre collegava i fili tra loro. Astrid contorceva le dita per il nervosismo.
“Hai finito?”
“Calmati. Assemblare una bomba è difficile.”
“Credevo che tu fossi una super mente criminale.” Sbuffò Astrid.
“Criminale lo sono di certo.”
Negan controllò le indicazioni di Aaron prima di connettere l’ultimo filo. Emise un fischio di apprezzamento per il proprio lavoro.
“Tutto okay?”
“La bomba è armata. Scoppierà creando un enorme caos e gli uomini di Stein si concentreranno in questa area.”
“Mentre noi sgusceremo in chiesa.” Aggiunse Astrid.
“Esatto, tesoro.”
Negan le fece l’occhiolino, dopodiché si inginocchiò e azionò il timer della bomba. Al primo ‘bip’ Astrid si mise a correre verso l’infermeria. Ad aspettarla c’erano almeno una sessantina di persone, bambini e persone fragili incluse. Tutti i combattenti, invece, erano impegnati a difendersi dai vaganti.
“Andiamo, forza! Forza!” li incitò Negan.
Il gruppo si mosse come uno sciame d’api, compatto e determinato. Eugene e Remy stavano in testa poiché lui conosceva la città meglio di chiunque altro. Hunter, Yana e Lydia si occupavano dei bambini. Negan e Astrid chiudevano la fila e si coprivano le spalle a vicenda.
“Dove andremo dopo? Non possiamo vagare nei boschi.” Bisbigliò Astrid.
“Immagino che Daryl abbia un piano. Lui ha sempre un piano.”
Astrid udì un rumore e si voltò, però non vide nulla e riprese a camminare.
“Abbandonare Alexandria non servirà. Stein ci darà la caccia.”
“Ora pensiamo solo a sopravvivere per un altro giorno.”
Questa volta Astrid era sicura di aver sentito qualcosa frusciare alle sue spalle. Un vagante l’aveva agguantata e l’aveva scaraventata a terra. Le si gettò addosso con la bocca spalancata, un liquido nero imbrattò la maglietta della donna.
“Che schifo.”
Astrid tirò una gomitata nelle costole del vagante, slacciò il pugnale dalla cintura e glielo infilò nella nuca. Spinse il corpo morto di lato e si rimise in piedi. Un’ondata di nausea la fece piegare in due e vomitare sul marciapiede.
“Attenta a non rovinarmi le scarpe col vomito.” Disse Negan sorridendo.
In quel momento la bomba esplose facendo tremare ogni cosa. Astrid strinse il braccio di Negan per restare salda sulle gambe.
“Adesso! Via, via! Correte!” gridò Eugene.
Il gruppo adesso procedeva svelto, nessuno restava indietro perché gli uni aiutavano gli altri.
“Manca poco! Coraggio!” li spronò Remy.
Nel frattempo una decina di vaganti avanzarono verso di loro con le mani allungate e gli occhi neri. Astrid ne pugnalò uno in fronte e pulì la lama della daga sulla camicia stracciata del cadavere. Negan col bastone fece fuori due vaganti, poi spezzò il braccio di un terzo e lo usò per ucciderlo in via definitiva.
“Astrid, sta giù!” l’avvisò Remy.
Astrid si abbassò e Remy sparò un colpo che prese in pieno una vagante. La canna del fucile fumava e lei ci soffiò sopra come nei film.
“Remy Williams, sei pazzesca!”
 
Stein uscì dalla sala del Consiglio con la fronte corrugata.
“Che diamine sta succedendo?”
“Per sbaglio è esplosa una bomba.” Rispose Rosita.
“Per sbaglio, eh? Non siate ridicoli. Ogni vostro tentativo è vano. Io e Gabriel siamo scesi a patti.”
“Come?” domandò Daryl, stizzito.
Gabriel comparve dietro Stein, il mento basso e le mani strette attorno al crocifisso.
“Stein lascerà in pace Alexandria se gli consegniamo Iris.”
“E tu gli credi? Ci sfrutterà per i suoi subdoli esperimenti!” disse Carol.
Frank sorrise, sorpreso dalla donna che lo inceneriva con lo sguardo.
“Ho promesso a Gabriel che non vi darò fastidio. Sarete liberi come lo siete stati fino ad ora. Per Iris posso rinunciare a un centinaio di cavie. Sapete, c’è sempre qualcuno da uccidere in giro.”
“Ci ucciderai non appena avrai trovato la cura.” Asserì Aaron in tono cupo.
“Ma nel frattempo avrete guadagno qualche mese di vita in più!” rise Stein.
Daryl avrebbe voluto prenderlo a sprangate fino a fargli sputare i denti e toglierli dalla faccia quel sorriso divertito.
“Tu sei qui per Remy. Rinunci anche a lei?”
“Remy non mi interessa più. Adesso restituitemi Iris e lasciatemi andare.”
“Rosita, va a prendere Iris e consegnala.” Disse Gabriel.
“No.” Rifiutò Rosita.
“Vado io.” si offrì Carol.
“Qualcuno che ragiona in mezzo ai bifolchi.” Sorrise Stein.
 
Astrid stava di guardia davanti alla chiesa, i gomiti piegati e le daghe ben sollevate in posizione di difesa. Le scale erano ricoperte di sangue e budella. I vaganti erano distesi dappertutto, addirittura uno erano finito su un albero. Per fortuna non c’erano state vittime, il che era un grande sollievo per lei.
“Sono scesi tutti. Fra circa mezz’ora sbucheranno in superficie e andranno al punto di incontro.”
Negan si lasciò cadere sulle scale e si stiracchiò la schiena, sentiva ogni singolo muscolo bruciare per lo sforzo.
“Remy stava bene?”
“Sì. Eugene e Hunter si alterneranno per trasportarla in braccio. Andrà tutto bene.”
Astrid avvertì qualcuno dietro gli alberi e puntò le daghe in avanti.
“Abbassa le daghe, principessa Xena.” Disse Carol.
Astrid si fece scappare una risata e andò ad abbracciare l’amica.
“Sono felice di rivederti. Com’è andata fra Gabriel e Stein?”
“Gli abbiamo consegnato Iris a patto che lascia in pace Alexandria e tutta la sua popolazione.”
“Come, prego? Io credevo che lui volesse Remy.” Disse Negan.
“Stein dice che Remy non gli interessa.”
“Ovviamente c’è qualcosa sotto.” Disse Astrid.
Carol si accasciò su uno scalino e si scolò l’intera borraccia d’acqua.
“Siamo salvi per qualche settimana ancora. Dopo di che prevedo che Stein tornerà.”
“Dov’è Daryl?”
“Sono qui.”
Astrid buttò fuori l’aria che aveva trattenuto. Rivedere Daryl, sapere che stava bene, fu come tornare a respirare. Gli strizzò le guance per accertarsi che fosse vivo.
“Ero così preoccupata per te.”
Daryl si limitò a farle un cenno con la testa, era troppo infastidito dal fallimento per essere espansivo.
“L’evacuazione è stata inutile. Dobbiamo riportare tutti in città.”
“Tranne Remy e Eugene.” Consigliò Carol.
“Carol ha ragione. Remy deve stare lontana da Alexandria e dalla Guardia.” Disse Astrid.
Daryl gettò a terra la balestra, si accomodò accanto a Carol e si accese una sigaretta.
“C’è un posto sicuro dove posso accompagnarli. Saranno ben protetti.”
“Quale posto?” fece Negan.
“Meglio non saperlo. Daryl, mi fido di te.” Disse Astrid.
“Me ne occupo io.”
L’arciere si alzò, incoccò una freccia nella balestra e si caricò lo zaino in spalla. Terminò la sigaretta in pochi secondi e la spense sotto la scarpa. Mentre Negan e Carol parlavano di come ripulire la città dai resti della bomba, Astrid si avvicinò a Daryl e gli prese la mano.
“Vuoi che venga con te o vuoi restare da solo?”
“Ho bisogno di stare da solo.”
Lei annuì e gli baciò la guancia con una dolcezza che fece sorridere l’arciere.
“Come vuoi.”
“Magari più tardi possiamo stare insieme. Vado al ponte, riporto le persone a casa e poi ceniamo a casa mia.”
“Mi sembra un ottimo piano, Dixon.”
“Mmh.”
“Fa attenzione e saluta Remy da parte mia.” Si raccomandò Astrid.
“Vi rivedrete presto.”
Daryl la guardò per qualche altro secondo, voleva avere qualcosa di bello a cui pensare per distrarsi dalla catastrofe di quella giornata. Astrid gli sorrise e lui – forse per la prima volta in vita sua – sentì le famose farfalle nello stomaco.
 
Astrid si guardò allo specchio e si aggiustò i capelli che sfuggivano dalla freccia. Hunter e Yana ridevano e cantavano a squarciagola in cucina mentre Clara e Lydia battevano le mani. Tutti erano rientrati in città. Aaron aveva messo su una squadra per cercare Nadia. Carol e Rosita interrogavano Logan per saperne di più sull’insediamento di Austell.
Quando Daryl erano tornato, era passato a casa di Astrid per riferirle che Remy la salutava e le mandava un abbraccio caloroso. Astrid aveva sentito le lacrime sull’orlo del precipizio ma poi aveva sorriso nel riconoscere che sua sorella era al sicuro.
“Astrid, c’è Negan alla porta!” disse Hunter dal fondo delle scale.
Astrid prese la felpa, dato che lei e Daryl avrebbero fatto un giro in città per controllare che tutti stessero bene, e uscì al buio. Erano le otto di sera, il vento dei primi di novembre ululava fra gli alberi.
“Ehi, Negan. Qualche problema?”
“Mi dispiace.”
Astrid non vide altro che oscurità.
 
Daryl suonò il campanello con una strana agitazione in corpo. Astrid gli aveva detto che sarebbe andata a casa sua per le otto, però erano le nove e di lei non c’era traccia.
La faccia assonnata di Hunter sbucò da dietro la porta. La sua t-shirt era macchiata di cioccolato.
“Sì?”
“Astrid è qui? Dovevamo vederci.”
“Non è qui. Credevamo che fosse uscita. Anche se è insolito che non abbia salutato.”
“E’ uscita senza dire niente?”
“Circa un’ora fa è venuto Negan per dirle qualcosa.”
Daryl fece un passo indietro e la suola delle scarpe schiacciò un oggetto metallico. Era la collana di Astrid con il gancio spezzato.
Rabbia e disperazione gli spaccarono il cuore. Per mesi aveva temuto di perdere Astrid ed era appena successo.
“Avvisa tutti quanti: Negan ha rapito Astrid.”
 
“Porca miseria…”
Astrid prima avvertì un dolore lancinante alla testa e poi aprì gli occhi. Era avvolta nelle tenebre, un odore di muschio le pizzicava il naso. Tentò di muoversi ma aveva le spalle intorpidite.
“Sta buona. Tra qualche minuto riuscirai a muoverti.” Disse Negan.
“Tu, bastardo che non sei altro. Che vuoi? Dove mi hai trascinata?”
“Ti servirà del ghiaccio per la botta in testa che ti ho dato.”
Astrid si fece forza e si mise seduta malgrado il dolore. Era come avere mille aghi nel cervello che pungevano all’unisono. Si trovavano nel bosco, un fuocherello illuminava poco alberi e cespugli di viole del pensiero.
“Dove siamo? E perché mi hai portata qui?”
“Siamo al sicuro. E sei qui perché una persona ti vuole conoscere.”
Solo allora Astrid si accorse di una terza persona intorno al fuoco. Era una giovane donna dai capelli corvini e occhi blu come il mare. Era Nadia.
“Nadia! Voi due siete in combutta?”
La donna non si scompose, anzi fece spallucce con nonchalance come se non le importasse di Negan e della loro tresca.
“Il mio vero nome è Diana Stein. Frank è mio padre.”
Astrid voleva vomitare di nuovo tanto per il dolore quanto per lo shock di quella rivelazione.
“Che cosa vuoi da me?”
“Io ho scritto il diario.”
 
Salve a tutti! ^_^
Questo ultimo capitolo è stato pieno di guai dall’inizio alla fine.
Finalmente abbiamo scoperto chi ha scritto il diario! Wow!
Astrid e Daryl si ritroveranno presto? Chissà!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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