Oscar Pine - A character study

di flatwhat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Quarta parte ***
Capitolo 5: *** Quinta parte ***
Capitolo 6: *** Ultima parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Gli erano sempre piaciute le favole.


Sin da quando ne ha memoria.


Non ricorda quella notte. Aveva avuto una febbre talmente forte che, gli avrebbe raccontato la zietta quando era ormai diventato grande, avevano seriamente temuto che non ce l'avrebbe fatta.


Non ricorda il dolore che aveva provato, non ricorda quanto aveva pianto, o gli incubi che avevano continuato a svegliarlo. Era troppo piccolo perché lo ricordi adesso.


Ma ricorda la voce di sua madre. Che lo teneva stretto a sé e lo cullava. Ricorda quella sensazione di pace e fresco.


E ricorda la favola che sua madre gli raccontava.


"C'era una volta una bellissima fanciulla. Ella era tenuta prigioniera in una torre dal padre cattivo..."
 
Salve, gente! Da quanto tempo non mi trovavo a scrivere qui, eh? Sono stata impegnatissima con la vita reale ma finalmente posso andare in vacanza e rilassarmi.
Questa piccola challenge dal gruppo che trovate qui era quello che mi ci voleva per riprendere a scrivere!
Anche Selfish continuerà! In realtà, su AO3 era già continuata, ma devo ancora finire di tradurre l'ultimo capitolo, abbiate pazienza. Quella storia verrà completata, anche se ci dovesse volere ancora un po' di tempo! 

Alla prossima!

 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Gli erano sempre piaciute, le fiabe.
 
Quella della ragazza che cade in un altro mondo, per esempio.
 
Oscar aveva vissuto per tutta la vita nella stessa campagna, lontano dalle città e persino lontano dai Grimm. Non succedeva mai niente di interessante, da quelle parti.
 
La ragazza della fiaba, una volta tornata, era triste perché si sentiva cambiata. Oscar non l'aveva mai capita. Pensava sempre: se un giorno partissi per un viaggio, potrei finalmente divertirmi.
 
E poi c'era la sua fiaba preferita.
 
Quella che sua madre era solita raccontargli quando era piccolo.
 
Il valoroso eroe che salva la fanciulla dalla torre...
 
Oscar aveva sempre ammirato quell'eroe. Da piccolo, giocava spesso a essere lui, l'eroe, e la mamma gli faceva da principessa. Papà era un cavaliere cattivo o un Grimm, a seconda del bisogno.
 
Oscar non aveva mai avuto doti da Cacciatore. Non aveva mai avuto la possibilità di andare in una scuola da combattimento, figuriamoci una scuola per cacciatori.
 
Qualcosa come Beacon era irraggiungibile, per uno come lui.
 
Ma, per tutta l'infanzia, aveva coltivato il desiderio di farsi valere, un giorno. Di partire per un'avventura tutta sua e diventare un eroe su cui avrebbero raccontato fiabe e leggende, un giorno.
 
Ma a tredici anni, l'universo lo punì per le sue ambizioni.
 
I Grimm, che erano sempre passati al largo della noia di quel villaggio, come chiamati dal desiderio di Oscar, si erano abbattuti sulla sua casa.
 
Ricorda il fuoco che divampava, le fauci del Beowulf che si chiudevano sul suo collo.
 
Ricorda vagamente la voce di sua madre, che chiamava il suo nome.
 
Più tardi, si era risvegliato febbricitante su un letto che non era il suo.
 
Bruciature sulle mani, una ferita profonda al collo.
 
Faceva tutto male.
 
Ma era riuscito a vedere la zietta, al suo capezzale. Stava pulendo delle bende.
 
Tra il sonno e la veglia, si ritrovò con quelle bende al collo e alle mani. La pelle sotto bruciava e prudeva in modo insopportabile, ma non era quello ciò che gli premeva di più.
 
"Zietta... Dove sono mamma e papà?"
 
Lei scosse la testa.
 
"Mi dispiace tanto, Oscar."

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Non è destinato a essere un eroe.

 
Nessuna fiaba sarebbe mai stata scritta per lui.

 
Lo sa, eppure non può non guardare l'orizzonte, giorno dopo giorno, mentre lavora nell'orto, scrutare l'infinito davanti a lui. Tutto il mondo che non conosce è lì fuori, ma per lui solo quel campicello fino alla fine.

 
Questo è quello che pensa.

 
Almeno finché non si guarda allo specchio e vede un volto che non è il suo.

 
"S-salve?"

 
"Ciao! Sono il professor Ozpin!"

 
"Ma come hai fatto a cadere così?" Gli chiede la zietta dopo, mentre gli fascia la testa. "Devi fare più attenzione. Domani starai a riposo, mi occupo io del campo."

 
Oscar sbuffa. Non aveva certo voglia di avere ulteriori bende addosso.

 
Ozpin si scusa, nella sua testa, dice che non voleva spaventarlo a quel modo.

 
Oscar strizza gli occhi, cercando di ignorare quella voce. Forse ha davvero bisogno di riposare.

 
Sta uscendo di testa.

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Capitolo 4
*** Quarta parte ***


Non è destinato a essere un eroe.
 
Non che non ci abbia provato, questa volta.
 
Era andato da Ironwood pensando, sperando, che le sue parole bastassero a fargli cambiare idea. Come se un ragazzino di quattordici, quasi quindici anni, avesse mai potuto sperare di cambiare il cuore di chi sofferenza ne ha vista fin troppa.
 
"Anche tu hai sofferto molto," la voce onnipresente nella sua testa gli ricorda - le bende sul collo gli prudono come conferma. "Non è una gara. Tutti soffriamo, ma i nostri dolori non possono giustificare le nostre azioni."
 
"Questo vale anche per te," bofonchia Oscar, tastandosi il petto nel punto in cui è stato colpito dalla pallottola. Ozpin sarà anche tornato a salvarlo, ma Oscar è ancora arrabbiato con lui. Proprio perché è tornato...
 
"Ne sono consapevole," la voce di Ozpin è malinconica, ma sicura.
 
Ora che lui è tornato, Oscar sarà l'eroe della leggenda. Letteralmente. Ma non sarà più Oscar.
 
Non è destinato a essere un eroe in quanto Oscar.
 
"Ti fa ancora male?"
 
Pensare al dolore, se non altro, lo distrae da quei pensieri.
 
"Va tutto bene," dice, continuando a zoppicare in direzione della baraccopoli. Spera di trovare gente e un posto caldo, in attesa di ricongiungersi a Ruby e gli altri. Il petto gli fa male, e anche il collo, ma è abituato al dolore. Può sopportare.
 
"No che non va bene."
 
Oscar sbuffa.
 
"Non mi mancava la tua testardaggine."
 
"Anche tu sei testardo," nella voce di Ozpin, una punta di divertimento.
 
Nel suo petto comincia a irradiarsi una sensazione di caldo, conforto.
 
"Che stai facendo?"
 
"Velocizzo il recupero della tua aura."
 
Oscar alza gli occhi al cielo.
 
"Non ti stancherai?"
 
"È il minimo che io possa fare, dopo che tu ci hai salvati."
 
Ancora con quella storia.
 
"Fa un po' come vuoi." Oscar continua la sua marcia nella neve.
 
Il dolore si sta pian piano dissipando, così come il freddo.
 
Non lo ammetterà mai, ma forse, sotto sotto, è contento di avere di nuovo quella compagnia.

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Capitolo 5
*** Quinta parte ***


"Dove ti fa male?"


Che domanda idiota.


"Secondo te?" Sbuffa e tossisce. Le costole gli comprimono il torace. "Credo di avere qualcosa di rotto."


"Lascia che sia io a prendere il controllo." Oscar alza gli occhi al cielo. Sempre la solita storia.


"Te l'ho già detto. Con te ci andrà anche più pesante e poi sarò io a doverne subire le conseguenze."


"Allora pensiamo a un piano per scappare."


Ultimamente, Ozpin parla solo di due cose. Non che Oscar possa biasimarlo.


Oscar finisce per acconsentire che lenisca le sue ferite con lo sforzo congiunto delle loro aure combinate.


"Non mi va a genio che tu mi chieda di prenderti le torture al posto mio."


Non è perché è arrabbiato che Ozpin voglia di nuovo rubargli la scena. Non è mica questo il ruolo da eroe che Oscar ha sempre desiderato.


"Hai questa convinzione che tu ti meriti queste sofferenze e io no."


"E non è forse così?" Risponde Ozpin, con voce piatta, quasi spaventosa.


Oscar sputa un grumo di sangue. Quella è la sua risposta.


Più tardi, acconsente che Ozpin prenda il suo posto per farsi picchiare.


Molto più tardi, i due scappano.


La battaglia è stata assurda e terrificante.


Oscar ci ripensa, mentre il maggiordomo di Weiss gli cura le ferite.


Sutura senza anestesia. E pazienza.


"Ahio."


"Hai subito di peggio, oggi."


"Ozpin," ammonisce Oscar sottovoce. "Non è il momento di fare ironia."


Anche se in realtà sta sorridendo. Quel vecchio dannato spirito lo conosce troppo bene.


"Si chiama humor da patibolo, anche se per fortuna il patibolo ce lo siamo evitati entrambi."


"Già-  ahi!"

Klein si scusa. "Ho quasi finito. Questa spalla è mal messa ma nulla in confronto a quello che hai sul petto. Non so proprio come tu possa essere riuscito a sopportare tutto questo."


"Non avevo scelta."


"Poi vorrò dare un'occhiata anche alle bende sul collo e sulle mani."


Oscar non ha nessuna voglia di fargli vedere, quelle ferite. Ozpin lo rimprovera mentalmente, così alla fine cede.


Mentre Klein comincia a togliergli le bende sporche dalla mano destra, Oscar ripensa ai fatti accaduti.


"Ho ucciso una persona, oggi."


Klein lo guarda per qualche silenzioso secondo. Oscar evita di incrociare il suo sguardo. Non reggerebbe né al disgusto né alla pietà.


"Non avevo scelta." Ripete per la seconda volta quel giorno.


"Avrei voluto che non ti capitasse mai." Sospira Ozpin, triste. "Non ti dirò che diventa più facile, ma spero che tu possa superarlo."


Oscar riesce ad avvertire che il suo coinquilino spirituale sta rimuginando su un sacco di cose. Persone morte centinaia di anni fa, e l'essere tornato adesso e doversi scusare con Ruby e gli altri.


Oscar sospira di rimando.


"Non sei solo, lo sai?"


"Come, prego?"


Oscar sorride. Ozpin non l'aveva davvero sentito, tanto era preso a rimuginare.


Ma come lui non l'ha abbandonato, e si è preso le torture al posto suo, Oscar non intende abbandonarlo e lasciare che si prenda tutta la collera e i rimpianti da solo.


"Ehi, Oz?"


"Dimmi."


"Dove ti fa male?"

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Capitolo 6
*** Ultima parte ***


La sabbia si attaccava, calda e pesante, alle vesti e alla pelle.

Eppure, la marcia continuava. Doveva continuare.

Passo dopo passo, il cuore schiacciato dal dolore, Oscar Pine continuava ad avanzare, insieme ai suoi compagni e ai cittadini di Atlas.

"Ruby..."

Troppe lacrime aveva già versato, troppe lacrime avrebbe ancora versato. Non accennavano a fermarsi.

Erano morti. I suoi amici. La ragazza che amava...

Ma quale eroe? Non era riuscito a far nulla per aiutarli. Li aveva solo consegnati al loro destino. Se non avesse suggerito di usare la Reliquia, adesso forse...

"Saremmo morti tutti, cittadini di Atlas compresi," la voce di Ozpin soggiunse, calda, comprensiva.

Il terreno mancò da sotto i suoi piedi. Si ritrovò a terra, sulla sabbia cocente. Era esausto, dopotutto. 

"Forse sarebbe stato meglio.."

Il sole colpiva crudelmente. Le forze lo abbandonavano sempre di più.

"Forse sarebbe meglio se morissi ora."

Di scatto si rialzò sugli avambracci, come se una scossa elettrica lo avesse attraversato.

Era stato Ozpin?

"Oz?"

Lo chiamò, ma la presenza nella sua mente non gli rispose. Oscar riuscì solo a percepire rabbia e dolore.

Ren, Nora e Emerald lo raggiunsero.

"Ti porto io," disse Ren.

Oscar deglutì. Per quanto tutti i sopravvissuti avessero subito la perdita dei loro amici, continuavano a marciare e a compiere il loro dovere. 

Solo Oscar non ce la faceva più. Con che coraggio si definiva Cacciatore?

"No... Ce la faccio..."

Disse, ma le forze gli mancarono di nuovo. Si accasciò, ansimando e piangendo, sulle braccia.

Sentì Ren e Nora che lo circondavano con le proprie. Oscar fu caricato sulle spalle di Ren.

"Non c'è niente di male a farsi aiutare," disse il ragazzo, voce dolce e cristallina, come se stesse ignorando il proprio dolore per il bene di Oscar.

Ma quelle parole non gli risultarono di nessun conforto.

Erano morti... Ruby... Jaune... Tutti quanti...

"Sono ancora vivi."

Oz?

"Che cosa...?" Riuscì a sussurrare.

"Sento che sono ancora vivi," gli rispose Ozpin, secco.

Come fai a saperlo? Fu il pensiero che Oscar riuscì a mandargli.

"Non lo so con certezza, ma è un'impressione. Una speranza."

Come fai ad avere speranza in un momento del genere?

La presenza antica nella sua anima si addolcì.

"Sei stato tu a ricordarmi che cos'è la speranza."

Io? A Oscar venne da ridere. Le lacrime non si fermavano.

Sulle spalle del suo compagno di squadra, inerme, gemendo come un moccioso. Di che utilità poteva mai essere, uno come lui? Le cicatrici sotto le bende gli prudevano da matti, memento delle sue origini.

Sentì una mano sulla spalla. Nora?

Dall'altro lato, Emerald gli rivolse un sorriso.

"Non sei solo, Oscar," disse Ozpin.

Le parole che era stato lui a rivolgergli...

"E anche se potrai non crederci, c'è un'altra cosa che devo dirti," continuò il vecchio mago.

Una sensazione di calore lo avvolse. Non era come il caldo cocente del deserto, che lo prosciugava. Questo era un calore familiare, nostalgico, come un abbraccio della mamma.

"Tu sei il mio eroe."

Dopo tutte le torture e le perdite e i fallimenti. Dopo tutta l'angoscia e le lacrime, chissà come, Oscar sorrise.
 
Autrice: Grazie per avermi seguito fin qui. Ci vediamo presto con altri progetti e - si spera - la conclusione di Selfish!

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