Mrs. Donquixote

di NicoRobin95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 2: *** Il Mercato degli schiavi ***
Capitolo 3: *** Il signorino di Dressrosa ***
Capitolo 4: *** Intrighi di corte ***
Capitolo 5: *** ricordi agrodolci ***
Capitolo 6: *** A cena con l'impostore ***
Capitolo 7: *** Un'amara delusione ***
Capitolo 8: *** Il prezzo della ribellione. ***
Capitolo 9: *** una notte tempestosa ***
Capitolo 10: *** Impegni quotidiani ***
Capitolo 11: *** La fila dei condannati. ***
Capitolo 12: *** si tirano le somme ***
Capitolo 13: *** Il temporale pomeridiano ***
Capitolo 14: *** Odore di guai ***
Capitolo 15: *** La principessa ribelle ***
Capitolo 16: *** Ritorno a palazzo ***
Capitolo 17: *** Conversazione segreta ***
Capitolo 18: *** L'amante del re ***
Capitolo 19: *** Dressrosa in festa ***
Capitolo 20: *** Storie parallele ***
Capitolo 21: *** schiava di sè stessa ***
Capitolo 22: *** Amore conflittuale ***
Capitolo 23: *** segreti e ricordi ***
Capitolo 24: *** frattura, rottura. ***
Capitolo 25: *** una strana richiesta ***
Capitolo 26: *** chiaroveggenza relativa ***
Capitolo 27: *** inizia l'avventura ***



Capitolo 1
*** Riunione di famiglia ***


Doflamingo passeggiava nervosamente avanti e indietro lungo la stanza piena dei membri della sua famiglia.
Il lungo tavolo su cui erano disposti fogli, penne, dolci, caffè, acqua e lumacofoni era al centro della stanza.
I presenti erano in piedi davanti alle loro sedie con la testa bassa in segno di dispiacere, ma anche di rispetto verso il "signorino"; non sopportava che qualcuno si sedesse prima che lui lo avesse fatto.
Nonostante la sua camminata fosse veloce e nervosa i suoi passi erano leggeri e ritmici.  Il cappotto di piume rosa che portava appoggiato sulle spalle scendeva lungo la schiena quasi a toccare terra e ondeggiava allo scandire dei suoi passi.

"Vi ho chiamati perché ho un problema, non per fare salotto. Tutto quello che siete stati in grado di fare in quest'ora è stato blaterare a vuoto. Credete davvero che solo perché appartenete alla famiglia io non possa punirvi. Datemi una soluzione al problema o vi prometto che non la passerete liscia.

"Signorino, quello che chiedi non è facile."

"Non mi pare di averti interpellato, Baby five, o sbaglio?"


Disse con tono sprezzante guardando la morettina che si nascose il viso per l'umiliazione.

"Trebol. Mi vuoi spiegare cosa hai ideato in quest' ora fruttuosa?"

"Doffy, perfezionare qualche cosa di già ben progettato non si può certo definire un'impresa facile."

"Non ti ho chiesto se è facile o no. Io so solamente che il mercato degli schiavi in questi due anni ha sempre reso tantissimo, mentre in questi ultimi mesi gli introiti non sono neanche un quinto rispetto a quelli iniziali. Qualcuno sa spiegarmi qual è il problema?"

"Doffy, con tutto il rispetto, non è possibile capire l'andatura di una fare prima di un certo periodo. All'inizio,come in tutti i casi in cui tutto è ben organizzato, la novità richiama la gente e fa incassi molto alti, questo commercio esiste ormai, da due anni, nonostante stia continuando a essere redditizio non puoi pensare che vada come all'inizio." rispose Diamante.

"A me non interessa, io voglio che continui ad andare così, e voi troverete il modo per soddisfare la mia richiesta e non passerete dei bei quarti d'ora." Disse con tono irragionevole e capriccioso tipico suo. Trebol pensó che in fondo non poteva lamentarsi del suo atteggiamento, dato che erano stati loro ad assecondarlo dandogli molto potere alla tenera etá di dieci anni. Appena chiedeva qualcosa, o se ne stufava loro agivano per accontentarlo come fosse un dio. Ed ora quello era il risultato finale.

"Se desideri che tutto vada come prima Doffy, devi trovare una soluzione perché il tuo affare sia ancora sulla cresta dell'onda e il modo per farlo e introdurre una novitá mai vista." continuó Senior Pink.

"Ohhh ma che grande rivelazione imbecille, dopo un' ora siete riusciti a capire che vi ho chiamati qua per questo."

"Il tuo mercato Doffy è ben diversificato e di alta qualità, per questo motivo è difficile trovare qualcosa di nuovo. Vendi i migliori schiavi e si ogni razza esistente per giunta." disse Pica con la sua voce acuta e inascoltabile.

" La tua voce è giá abbastanza irritante nel caso raro in cui dicessi delle cose sensate, risparmiaci se dobbiamo sentirla inutilmente cornacchia strozzata. Sei grande, grosso e idiota." Rispose Doflamingo furioso.

"Il tuo mercato è praticamente impeccabile signorino, non c'è nulla che manca o difetta per questo è difficile migliorarlo se non quasi impossibile come tutto quello che fai." disse Jolla con tono smielato.

Era più grande di Doflamingo di ben dieci anni, come quasi tutti i subordinati, ma ne sembrava attratta e interessata anche in senso fisico da quando era diventato un uomo, come darle torto quell'uomo avevo un fascino indiscutibile a dir poco tagliente; nonostante sapesse che non sarebbe servito a niente, cercava  ogni modo possibile di brillare e accontentarlo e soprattutto di dare il massimo sperando si accorgesse di lei.

"Le tue sviolinate Jolla tienile per qualcuno che è interessato a farsi incantare da te."

Il re di Dressrosa si sedette in modo scomposto sulla sua poltrona e si mise in bocca cinque biscotti. Normalmente mangiava con eleganza e grazia degna di un re, ma quando era furioso o contrariato sembrava cambiare radicalmente.

Senior Pink si alzò con calma e tenendo in mano delle schede magnetiche inizió ad appenderle una per una sulla lavagna davanti a tutti i presenti. Ognuna di esse raffigurava un categoria o un prototipo di schiavi venduto al mercato di Doflamingo.

" Queste sono le tipologie di schiavi venduti al mercato del signorino..."

Doflamingo non si alzò nemmeno con la sedia, con il suo potere di poter comandare le cose e le persone a distanza come attaccate a fili invisibili, senza nemmeno muoversi troppo, con un movimento della mano rovesció la lavagna in testa a Senior Pink in modo che si facesse male e disse:

"So cosa vendo nel mio commercio stupido, insolente!"

"Doffy ti prego, non voleva insultarti voleva solo fare un punto della situazione. Pensavamo che avere davanti ogni tipologia di schiavo disponibile ci venisse un'idea con più facilità."

Doflamingo che non era abituato a chiedere scusa anche quando fosse palese un suo errore disse:
"Se lo è meritato, e lo meriterebbe ognuno di voi. Ora io rimango qua, voi uscite dalla stanza, portatevi quello che vi serve anche quella lavagna insulsa, le ciambelle, il caffè, anche un asino volante se vi serve per ragionare. Tra cinque minuti vi mando a chiamare e se non avete una soluzione al mio problema sappiate che quello che è successo a quell'imbecille pochi secondi fa vi sembrerá una ricompensa. E adesso uscite, quando chiudete la porta inizio a cronometrare."

Tutti i subordinati lo guardarono immobili, senza muovere un muscolo.

"Ho detto fuori, siete sordi oltre che incapaci, fuori pezzi di idioti!"

Nel giro di un pochi secondi tutti avevano lasciato la stanza, terrorizzati dalla sua sfuriata. Per quanto non fosse certo buono, per i suoi subordinati aveva sempre avuto rispetto e onore, ma quando era nervoso anche quello cambiava.

Doflamingo si sedette, bevve alla velocità della luce un buonissimo bicchiere di vino rosso e poi lo sbattè vuoto sul tavolo.
Perché aveva dei subordinati così imbecilli?

Nota dell'autrice: Benvenuti in una mia nuova storia, mi scuso per non aver inserito subito l'html, purtroppo per disguidi tecnici ho dovuto scrivere dal cellulare. Buona lettura a tutti, lasciate recensioni anche critiche per migliorie e consigli sono molto curiosa. Prometto di andare avanti fino alla fine soprattutto se vede che piace.


 

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Capitolo 2
*** Il Mercato degli schiavi ***


Il re di Dressrosa aspettava impaziente a braccia conserte trangugiando vino e biscotti.
Era meglio per quei vermiciattoli aver trovato un’idea che lo soddisfacesse, altrimenti sarebbe stato peggio per loro.
La discussione fuori sembrava animata e nonostante, non lo disturbasse veramente glielo avrebbe fatto pesare appena rientrati da lui, dovevano capire la differenza tra lui e loro, gliela ricordava costantemente.
Era bello vedere come le persone si affannassero e fossero sotto pressione a causa sua, gli dava un senso di potere di cui lui era costantemente alla ricerca.
I forti comandano e i deboli devono accettare ciò che deciso, questa era la sua filosofia, tutto il resto erano solo chiacchiere.
I suoi piani, il suo sistema, tutto quello da lui concepito era perfetto e inattaccabile; altrimenti non poteva essere tra l’altro perché lui era nato e cresciuto da leader, da governante, ce l’ aveva nel sangue come ogni drago celeste.
Le sue doti erano obiettivamente non buone, eppure ne andava fiero, se non fosse stato così freddo, calcolatore, intelligente, distaccato e soprattutto insensibile non avrebbe mai potuto essere un sovrano così efficiente e inattaccabile; avrebbe sicuramente fatto la fine di tutti quei sovrani smidollati, idioti e rammoliti come Re Riku, Cobra Nefertari e via discorrendo.

“Chiamate quei buoni annulla, il tempo è scaduto e anche quello della loro durata di vita se non mi danno una soluzione.” Disse a due guardie che facevano sorveglianza alla porta.

Dopo dieci secondi, il gruppo entrò timoroso, dalle loro facce traspariva timore, preoccupazione e stress.

“Spero per voi che abbiate partorito qualcosa, soprattutto in virtù del fatto che nonostante, ci fosse la porta chiusa mi è venuto il mal di testa per il rumore delle vostre bocche vuote.”
Nessuno rispose: “Volete che vi trasformi tutti in giocattoli dopo avervi privato di qualche arto? Parlate, e spero per voi che l’idea sia buona, anche se ne dubito…”

Jolla lo guardava estasiata e con la faccia da ebete, nonostante la stesse minacciando nel peggiore dei modi. Nonostante, lui vivesse dell’adorazione e la sottomissione della gente il fatto che questo la rendesse felice e che la rendesse tranquilla anche al pensiero di essere punita o uccisa da lui era qualcosa che lo irritava molto.

“Jolla! Sembri l’ unica tranquilla, forse perché hai partorito qualche idea sensata. Parla, cosa hai da propormi?” disse sistemandosi i suoi appuntiti occhiali dalle lenti viola, che praticamente da anni ormai sostituivano i suoi occhi, che mai nessuno aveva visto o quasi. Non che servisse era molto affascinante con quegli occhiali perennemente sugli occhi.

“Signorino, sono onorata che tu mi abbia dato la parola! Abbiamo pensato a questo. Nel tuo mercato per quanto difficile da pensare c’è qualcosa che potrebbe essere aggiunto. E’ vero tu possiedi tutte le razze di esseri viventi possibili Umani, Tontatta, Uomini-pesce, Sirene, Visoni, Giganti, esseri umani “fruttati” (con poteri acquisiti grazie ai frutti del mare). In più oltre alla vasta scelta, anche la qualità e la quantità sono eccellenti infatti, non rimani mai senza uno di loro e scegli solo i più sani e utili per il tuo, mercato. Nonostante tutto, c’è qualcosa che non hai diversificato. Ovvero sia “il ceto sociale”. Chiunque venga venduto è si sano, della specie richiesta, forte, con i talenti e le capacità richieste, spesso prestante fisicamente, ma tutti quanti hanno una cosa in comune sono poveri o comunque di umili origini. Hai mai pensato di fare un’asta di schiavi solo con persone nobili?”
Doflamingo la guardò con aria interrogativa, tanto che fosse possibile capirlo nonostante i suoi occhiali.

“Pensa che novità!” continuò Jolla: “Nobili, reali di qualsiasi razza venduti come schiavi. In fondo, è il sogno proibito di ogni persona poter trattare un nobile come uno schiavo; ovviamente, ma non servirebbe nemmeno dirlo, non si parla dei draghi celesti stirpe a cui tu appartieni, ma nobili di rango principesse, principi, re, regine. La gente pagherebbe prezzi esorbitanti anche solo per avere la soddisfazione di averli al servizio. I paesi ne sono pieni e non sono d’importanza per il governo mondiale, per cui potresti farlo e a parer nostro sarebbe un gran successo.”

“Che razza di stupida idea? I nobili sono spesso deboli, incapaci di lavorare, combattere e con bassa resistenza fisica a causa del loro stile di vita agiato. Chi li comprerebbe?”

“Chi desidera vederli soffrire. Vendicarsi di loro, sentirsi potente, non essendo capaci a eseguire ordini e lavori avrebbero una scusa in piu’ per punirli, inoltre molti li userebbero come vanto, anche solo per esibire un trofeo di aver un nobile come schiavo.”

Senza scomporsi o mostrare segni di riconoscenza Doflamingo ritrovò la calma dicendo: “E’ incredibile come la mia autorità riesca a far ragionare anche un branco di idioti come voi. Se non altro sapete a chi siete sottoposti e vi rendete conto di chi dovete soddisfare.”

Invece di offendersi o essere abbattuti, i visi dei suoi subordinati si distesero: l’idea le era piaciuta, non sarebbero stati puniti.
“Avete un mese di tempo. Vi manderò in giro per i paesi, catturerete due nobili per tipo.”
“Certo Doffy.” esclamò Diamante: “Tra un mese avrai pronta un’asta coi fiocchi, ti consigliamo anche di dargli un nome d’effetto, che faccia capire che hai da vendere “articoli” speciali e ci occuperemo di farti pubblicità.”
“Forse nella vostra testa vuota, inizia a crescere qualcosa. Ma era troppo per voi capire le mie intenzioni. Gli esemplari che catturerete saranno per me. Sperimenterò se davvero questa cosa funziona, prima di metterli sul mercato. E’ sempre l’idea di una manciata di sciocchi, anche se motivata da un grande leader. Li testerò personalmente, pregate che funzioni e solo allora li metterò sul mercato.”

“Si Signorino!” risposerò in coro.
“Ora ritiratevi prima che cambi idea e vi punisca, sta sera a cena discuteremo dei dettagli. Vi dirò chi è il responsabile e vi darò tutti gli ordini, ora mi ritiro! Ho bisogno di un po’ di pace, soprattutto prima di incontrarvi di nuovo.”

Tutti uscirono, lui guardò le guardie:
“Se non altro, almeno i miei soldati sono efficienti.”
Alle due guardie si stampò in faccia un sorriso di riconoscenza compiaciuto.
“Sono molto stressato. Ordinate alle schiave di preparare il bagno e preparatene una di loro, condividerà con me il riposo pomeridiano nella mia stanza.”
“Come ordini sovrano!”
Le due guardie si inchinarono e aprirono la porta per farlo uscire, si diresse verso i bagni reali. Presto sarebbe stato pronto il suo bagno speciale.


Nota dell’autrice: Ciao ragazzi! Ben tornati. Come avrete capito, si! Ho un debole per questo villain, lo ritengo il personaggio piu’ carismatico di One Piece. Ovviamente se siete in questa fanfiction, presumo ragionevolmente che sappiate, almeno a grandi linee di cosa si tratta. Mi scuso con chiunque, magari essendo rimasto un po’ indietro con anime o manga di One Piece abbia avuto da questa storia qualche piccolo spoiler. Ne approfitto anche per dire che nella fanfiction scritta non tutto corrisponde alla vera opera, soprattutto per quanto riguarda i capitoli futuri. Il prossimo sarà un po’ più descrittivo, descriverò Doffy anche fisicamente (senza nulla di volgare, non è nel mio stile), per chiunque non lo conoscesse e stia comunque leggendo la mia fanfic per interesse o diletto diverso dall’amore per One Piece consiglio di informarsi a grandi linee sul personaggio per gustarsi meglio la storia anche se cercherò di dare i dettagli piu’ significativi soprattutto su carattere e filosofie di vita di questo controverso villan supersexy. Spero che vi piaccia e che mi seguiate fino alla fine, cercherò di essere coinvolgente e usare uno stile di scrittura non troppo ampolloso, anche se questo è un po’ il mio stile. Un bacione a tutte voi in particolare alle signore Donquixote.
(doffy)

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Capitolo 3
*** Il signorino di Dressrosa ***


AVVERTIMENTO: In questo capitolo vengono trattate tematiche un po' dure, infatti tre bambini verranno puniti duramente. Volevo ricordare per correttezza che Doflamingo non è un personaggio buono e quindi quello che fa nei confronti degli altri spesso è scorretto ed eccessivamente punitivo, non voglio in alcun modo esaltare il maltrattamento, gli insulti soprattutto riguardanti dei bambini. In realtà, in passato e purtroppo anche oggi in alcune culture punizioni di questo tipo sono comuni, ma proprio per ricordare la cattiveria del personaggio ho preso spunto da altri film (come anche Jane heire, principessa Sara) attempati per descrivere punizioni non proprio ortodosse. Ci sará comunque solo uno spunto, il capitolo infatti è incentrato su altro.


Allontanandosi dalla stanza in cui aveva sbraitato e rimproverato quella manica di sottosviluppati sicuramente sarebbe stato meglio. Il suo passo leggero, ma calmo rispetto a prima riecheggiava nel salone delle udienze. La sua poltrona, il suo trono erano vuoti e avrebbe fatto fare una brutta fine a chiunque ci si fosse anche solo seduto.

Ricordo' per un attimo un episodio successo dieci anni prima: Baby five ancora ragazzina si era messa a giocare nella sala delle udienze con Buffalo, entrambi bambini di dieci anni.

Stavano emulando proprio lui, Doflamingo il loro eroe che ai tempi aveva solo 19 anni. Giocavano con delle spade di legno. A un certo punto Baby five aveva ricreato una scena a cui aveva assistito, dove Doflamingo faceva combattere due persone contro il loro volere con il solo uso delle sue mani, limitandosi a controllarle da una sedia.

Buffalo aveva perso la conta, quindi insieme a Dellinger dovevano impersonare le vittime, lei avrebbe interpretato Doflamingo e per farlo si sedette sulla sua poltrona personale, il suo trono ufficiale.

Lui stava passando proprio vicino alla sala delle udienze, dove loro sapevano di non poter assolutamente entrare senza permesso, li vide lì dentro e allo stesso tempo vide Baby Five sulla sua poltrona.

Entro’ nella sala furioso:

"Cosa state facendo qua? Mocciosi inutili?"

La frase era stata scelta apposta, infatti sapeva che l'ossessione di Baby Five era proprio di rendersi utile ad ogni costo, questo dalla sua tenerissima età perché abbandonata dalla madre a morire in un posto isolato con l’accusa di essere inutile.

"Mi sembra di avervi detto già un sacco di volte che qua non dovete mettere piede senza il mio permesso."

I tre bambini iniziarono a tremare.

Buffalo e Dellinger furono tirati su di peso e dopo aver preso cinque schiaffi a testa gli disse:

"Sta sera non uscirete dalla vostra camera. E per un giorno intero rimarrete senza mangiare. Non permettetevi più di entrare qui o la prossima volta andrà molto peggio."

Così dicendo ordinò a due guardie di portarli nelle loro stanze, mentre i due bambini urlanti lo supplicavano di cambiare idea.

La peggio pero’ l'ebbe la ragazzina.

"Ti sei seduta sul mio trono?"

Non rispose.

Sorridendo sarcasticamente le accarezzò una guancia per poi afferrarle la faccia e stringendogliela la costrinse a guardare il sedile del trono, giocandoci sopra due capelli neri erano caduti sulla stoffa bordeaux di raso; avendoli molto lunghi era difficile non perderli, ma se non si fosse seduta di certo non sarebbero rimasti. Di sicuro non potevano appartenere a lui che aveva i capelli color biondo miele dalla nascita.

"Visto che ti piace tanto seminare i tuoi capelli in giro ti accontento subito."

La bambina cerco’ di scappare, lui l'afferrò per i capelli, trascinandola fino al tavolo dell’artigianato che aveva fatto installare nella sala davanti a sé per controllare personalmente il lavoro delle donne di carta, incaricate di confezionare i suoi vestiti e i suoi oggetti.
Strattonandola la bloccò con un ginocchio, tenendola ferma attaccata al tavolo, afferrò un paio di forbici che erano davanti a lui e nonostante le lacrime, le urla e le suppliche della bambina gli tagliò i capelli più corti dei suoi, alternandoli a qualche schiaffo in caso di urla, lamentele o suppliche.

A ogni ciocca che le tagliava le chiedeva:
"Ti piace il tuo nuovo taglio?"
E se non voleva un peggioramento della punizione lei doveva rispondere: "Si grazie signorino!"

Quando ebbe finito di tagliarle i capelli, ormai li aveva più corti di lui, praticamente a spazzola gli disse:

"Ora che i tuoi capelli sono sul pavimento sarai felice, ma sai che dopo aver giocato si rimette a posto tesoro. Quindi ora li raccoglierai personalmente e questa sera a cena aspetterai che tutti siano seduti ed entrerai a farti vedere con il tuo nuovo taglio dicendo che sei felice per il tuo nuovo look. Dopo di che servirai tu la cena a tutti noi, senza mangiare ovviamente. Anche tu starai un giorno intero senza mangiare, ma a differenza dei tuoi amichetti sbrigherai anche le faccende, sia le tue che le loro. Spero di essere stato abbastanza chiaro e la prossima volta che vorrai sederti sul mio trono pensaci due volte perché non sarai così fortunata."

Il suo trono era veramente intoccabile per lui, sembrava una sfida alla sua autorità anche solo avvicinarsi senza il suo consenso. Quella sala era una sala importante, spesso veniva usata per le notizie e le decisioni importanti e tale doveva restare; nessuno poteva permettersi di familiarizzare con il luogo soprattutto dei bambini, altrimenti avrebbero potuto trovarsi troppo a loro agio e il luogo non avrebbe più trasmesso timore come prima.

Non provò alcun rimorso per averli trattati così, anzi era convinto fermamente che da quel giorno avessero cominciato a rispettarlo di più.

I suoi pensieri furono interrotti dal rumore dell'acqua.
Si stava avvicinando al bagno privato, a quanto pare il bagno era pronto.

Prima di fare il suo ingresso in bagno si tolse il suo cappotto di piume per evitare che i vapori dell'acqua lo rovinassero appendendola a una gruccia argentata, la sua gruccia personale, per lasciare il suo soffice cappotto rosa, fatto interamente in piume di fenicottero. Era un capo molto prezioso, tessuto interamente a mano dai migliori artigiani di Dressrosa. Trebol glielo aveva fatto confezionare in occasione della sua ufficiale ascesa al trono, al compimento dei suoi diciassette anni. Glielo consegnò dicendogli che gli artigiani avevano attaccato una per una le piume di fenicottero, tessendole e cucendole interamente a mano.
“Un cappotto così delicato non poteva essere certo tessuto da macchinari. E’ un cappotto che solo uno come te re di Dressrosa, membro della flotta dei sette e Drago Celeste può possedere.” Le aveva detto Jolla, che aveva iniziato a guardarlo in modo suadente da qualche mese. Ormai era cresciuto e il suo fisico non aveva più nulla del bambino: era un uomo e ben sviluppato, probabilmente dovuto al suo stile di vita frenetico e molto impegnativo, tutti i muscoli erano perfettamente definiti e  sviluppati, non c’era nulla che non fosse perfetto a livello fisico in lui, questo nonostante, l’adolescenza fosse un periodo particolare, ma lui sebbene fosse solo un diciassettenne aveva un corpo che poteva tranquillamente dimostrare piu di vent’anni.
Distogliendosi da quei pensieri entrò nel bagno, cinque ragazze stavano lavorando perché tutto fosse pronto. Schiave comprate anni prima, tutte indossavano la cavigliera anti- ribellione tipica di chi era schiavo: non c'era modo di sfilarsela senza saltare in aria.

Iniziò a sbottonarsi la camicia bianca già aperta in precedenza sul petto muscoloso.
Notò con disappunto e irritazione che le schiave non erano ancora uscite, nonostante lui si stesse togliendo i vestiti.

"Cosa fate lì impalate viscide, insolenti. Andate fuori e vi chiamerò solo quando saro’ dentro la vasca per lavarmi."

Dopo aver accennato a un breve inchino seppur indugiando le schiave attesero fuori dal bagno. Doflamingo si sedette su una sedia di ferro battuto, forgiata a mano dai migliori artigiani edili del regno. Si tolse le scarpe nere e appuntite che portava ai piedi, dopo essersi tolto i pantaloni entrò in acqua immergendosi completamente, si tolse persino gli occhiali da sole. Chiuse gli occhi e si godette la piacevole sensazione dell'acqua tiepida che gli scioglieva i muscoli tesi per il nervoso e lo stress della riunione.

Dopo qualche minuto con il lumacofono subacqueo chiamò la guardia all'esterno del bagno.

"Mandami le schiave perché mi lavino.”
Immediatamente le schiave entrarono inchinandosi timidamente aspettando i suoi ordini.

Le guardò con sguardo penetrante mentre sorseggiava del vino rosso dal suo calice.

"Beh? Il mio corpo non si lava da solo. Venite a lavorare come vi ho ordinato. Voi tre! Tu coi capelli ricci penserai ai capelli e alle spalle, tu con il grembiule marrone penserai alle mani e le braccia e poi tu con il fermaglio rosso penserai ai piedi e alle gambe. Ricordatevi di stare attente, non tollero che mi si faccia cadere nemmeno un capello, se no saranno guai."

"In quanto a voi due, tu con la coda penserai al massaggio con gli oli e tu invece, penserai a pettinarmi i capelli. Andate pure nell'antibagno e iniziate a preparare tutto, non ho intenzione di aspettare nemmeno un secondo quando esco. Fuori! Non siete degne di guardare."

Le due ragazze si allontanarono dopo un breve inchino. Mentre stavano quasi per uscire esclamò:
"Un momento!" la ragazza che avrebbe poi dovuto pettinarlo si bloccò.

" Vieni qui!" disse appoggiando il calice di vino sul bordo della vasca di marmo.
Nel frattempo, la ragazza incaricata gli lavava la schiena e il torso di una perfezione incredibile, quanto era tonico e che muscoli sodi...

"Da dove vieni? In che paese ti ho comprato?"

"Vengo da Arabasta signorino."

"Ci avrei giurato" aggiunse con una delle sue tipiche risate: "fufufu quegli occhi scuri, capelli neri e pelle ambrata non ingannano. Come ti chiami dolcezza?" disse facendo un cenno con la mano, per ordinare a una delle ragazze di riempirgli il bicchiere di vino rosso.

Sembrava quasi gentile in quel momento, anche se sapevano bene che era solo un'impressione.

"Remisa mio sovrano."

"Che nome insolito e quanti anni hai?"

"Venti appena fatti re Doflamingo."

"Molto interessante" disse mentre sulla sua faccia regnava uno dei suoi sorrisi maliziosi. Si passò maliziosamente una mano nei capelli spessi, biondi e folti.

"Togliti la veste! Rimani in tenuta da bagno." disse Doflamingo alla ragazza, allungando un braccio sul bordo della vasca e inclinando la testa all’indietro per indicare alla ragazza di versargli l’acqua tiepida sui capelli.

Le altre ragazze in silenzio soffrivano per lei, poverina! Chissà com'era a disagio.

Si tolse la veste da schiava rimanendo in tenuta da bagno che consisteva in un intimo a due pezzi e un asciugamano corto avvolto intorno alla vita.

Lui la penetrò con lo sguardo, sembrava molto compiaciuto dal suo aspetto.

"Sana e proporzionata! È tutto a posto, ‘sta sera verrai preparata e mi raggiungerai nelle mie stanze.
Dopo aver finito il lavoro che ti ho assegnato, chiamerò chi di dovere perché tu sia impeccabile. Mi amor!"

La ragazza aveva gli occhi lucidi e tremava d'imbarazzo, soprattutto nel momento in cui lui l'aveva chiamata "amore mio" nella sua lingua madre: lo spagnolo, lingua che usava solo raramente quando era sinceramente soddisfatto.

Poi aggiunse: "Non ti emozionare! Non è che l'inizio mio grazioso possedimento."

Dopo essersi guardato le unghie delle mani destra per vedere se la schiava incaricata le avesse pulite disse:
"Ora puoi ritirarti nell'anti bagno, so che senti già la mia mancanza, ma non temere mia piccola schiavetta, questa sera passerai molto tempo in mia compagnia."

Con ormai un filo di voce la ragazza rispose: "Si signorino!"

"No, non è così che mi chiamerai da adesso in poi. Io per te sono "mi cariňo"

"Come tu desideri."

"Avanti, dillo"

"Mi cariňo" disse lei con la voce bassa, rotta dai singhiozzi.

"No te escucho, lo siento querida!" (Mi dispiace cara, non capisco)

"Mi cariňo" disse la ragazza a voce più alta raccogliendo ogni sua energia.

"Ahora mejor nena, pero estoy seguro que esta noche sabras hacer muy mejor." (Adesso va bene piccola, ma sono sicuro che questa notte riuscirai a fare molto meglio.)

"Puoi ritirarti. Prepara tutto per pettinare i miei capelli devo essere al top ‘sta sera."

Si inchinò ormai con le guance rigate di lacrime, non sapendo più dove trovare la forza di non crollare del tutto.

Lui era compiaciuto di sé stesso: quanto potere aveva! Si era persino dimenticato tutto il nervoso accumulato durante la riunione.

Dopo alcuni minuti schioccò le dita: "Basta così, ora potete uscire, finirò di lavarmi e uscirò dalla vasca. Non vi lascerò certo rimanere qui ad ammirarmi. Lasciate l'asciugamano di cotone pregiato sulla sedia vicino alla vasca e andatevene.!"

"Signorino domando scusa, i tuoi asciugamani sono giá pronti sulla sedia."

"Vattene allora. Vayanse ahora, fuera de aquì!" disse lui con aria tranquilla e di sufficienza.

Era davvero insensibile, egocentrico, odioso, umiliava di proposito chi gli stava intorno, ma accidenti se era bello.

Si avvolse l'asciugamano intorno alla vita e poi chiamò la ragazza incaricata a massaggiarlo.

"È tutto pronto querida?"

"Si signorino."

"Prima l'acqua termale all'olio e miele e poi l'olio delle fate Tontatta ok?"

"Si mio sovrano."

"Stai molto attenta a lavorare bene, stai toccando il mio corpo. Io sono un drago celeste, non sono come voi. Devi esserne grata e massaggiarmi con riverenza."

"Certo signorino, farò ogni cosa che hai ordinato al mio meglio."

"Non credo che basti! Devi fare di più, ricordate che ogni volta che lavorate per me, ne va della vostra vita.   Non accetto errori, non avresti quella cicatrice sotto l’occhio se non fosse così. ¿Està claro?”

“Si signorino!”
Le accarezzò la guancia, facendo scorrere poi la sua mano calda e grande sul collo della ragazza, fino quasi a raggiungere la sua scollatura. “Non deludermi ora, che sto incominciando di nuovo ad accettarti. ¿Vale mi nena?”

Nota dell’autrice: Eccoci qui! Come avreste notato, soprattutto voi ragazze questo capitolo è un po’ eccitante, anche se non volgare. In fondo, parliamo sempre di un re che ha tutti ai suoi piedi e ama esercitare anche in modo poco misericordioso la sua autorità; cosa che a molte piace 😉. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. E che abbiate apprezzato qualche battuta in spagnolo qua e là, se non altro, anche solo per il fatto che ho sclerato per trovare i simboli (tilde e punto di domanda rovesciato). Bacione al prossimo!
 

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Capitolo 4
*** Intrighi di corte ***


​Il re si sdraiò sul letto estetico costruito appositamente per i massaggi quotidiani che esigeva.
 
Si stese prono rilassandosi.
 
La serva si avvicinò e spiegò l'asciugamano che le copriva fianchi, glutei e cosce, il massaggio era completo e guai se non era svolto per intero.
 
Prese dell'acqua termale e iniziò a massaggiargli le spalle larghe e possenti, aveva una prestanza fisica a dir poco ottima.
 
Il pensiero andò a quello che successe tempo prima, sembrò quasi che lo sfregio sulla guancia le facesse male, quanto allora.
 
Era appena arrivata a palazzo, Jolla e Senior Pink i responsabili di reclutare schiavi per lui la condussero nella sala delle udienze insieme ad altre sei ragazze. Fu la prima volta che lo vide: una figura alta, grande, di un fascino irresistibile, nonostante fosse stata appena rapita dalla sua casa e dal suo fidanzato non potè non notarlo.
 
Sedeva sul trono. Aveva il viso appoggiato alla mano destra e l'altra appoggiata a un bracciolo del trono.
 
"Sono tutte qui?"
 
"Si signorino."
 
Le guardó spaventate e sofferenti, come si sentiva potente nel vedere la soggezione che tutti avevano di lui.
 
"Da oggi siete di mia proprietà, avrete cibo, alloggio e lavorerete per me. Se lavorerete come si deve sarete ben accette, ma se mi deluderete vi pentirete di essere nate."
 
Le guardó una per una e disse guardandola:
 
"Tu! Come ti chiami?"
 
"Maila"
 
"Servimi del vino."
 
La ragazza guardó Jolla con aria interrogativa.
 
"Che aspetti esegui gli ordini del signorino."
 
"Certo, immediatamente, ma non so dove posso prenderlo."
 
"È sul tavolo accanto a te. Possibile che tu non lo veda? Porta subito un bicchiere al re. Non farlo aspettare."
La ragazza versó il vino nel calice dorato, le mani le tremavano.
 
Quando ebbe finito Jolla si avvicinó: "Presto. Ora cammina a testa china e portaglielo fino al trono, quando arrivi di fronte a lui inginocchiati e daglielo. Svelta. Devi dire: ' A te signorino.' e poi glielo porgi."
 
La ragazza eseguí tutti gli ordini dati da Jolla, le altre ragazze la guardavano timorose, ansiose di vedere come fosse andata.
 
Quando gli stava per porgere il calice, quest',ultimo le scivoló, il vino finí a terra, sporcando le scarpe del re lucide e immacolate, uno schizzo di vino finí sul suo cappotto di piume.
 
La ragazza terrorizzata scoppió in lacrime, gettandosi a terra: "Mi dispiace signorino, ti prego abbi pietà."
 
Lui guardó il vino per terra, il cappotto macchiato e le sue scarpe inondate.
 
Con un atteggiamento perfettamente tranquillo cosa che servì solo ad aumentare l'ansia Doflamingo disse senza scomporsi:
 
"Sei al mio cospetto da cinque minuti, hai rovesciato del vino costoso, fatto cadere a terra il mio calice d'oro personale, mi hai macchiato le scarpe appena fatte lucidare e soprattutto... Il mio cappotto, che non si era mai sporcato ora è macchiato, e non sono nemmeno sicuro che si possa smacchiare."
 
"Signorino me ne occuperò personalmente, sistemerò tutto io te lo prometto." Disse Jolla cercando di tranquillizzarlo ma, anche di sedurlo.
 
"E cosa vorresti fare? Ritornare indietro nel tempo, riportare il cappotto a quando ancora non era mai stato macchiato, fare tornare le mie scarpe immacolate o il mio calice mai caduto a terra."
 
Guardò la ragazza con rabbia e risentimento, nonostante avesse gli occhiali sembró che in quel momento le sue lenti fossero espressive.
 
"Non avrò più indietro quello che mi è stato tolto, dobbiamo andare alla pari."
 
"Perdonami mio signorino, versami pure addosso il vino, danneggia pure i miei vestiti lo merito."
 
"Oltre che distratta sei presuntuosa vedo, questo ragionamento sarebbe giusto se tu valessi quanto me. Ti credi davvero così importante?"
 
"No assolutamente. Ma vorrei solo trovare un modo per farmi perdonare."
 
"So io come mettere fine a questa cosa. Non temere, non verrai torturata, nemmeno uccisa..." disse prendendole il viso con una mano.
 
"Tuttavia, devo arrecarti una punizione, anche tu non tornerai più come prima." Così dicendo estrasse il pugnale che portava sulla cintura dei pantaloni alla velocità della luce e le fece un taglio sulla guancia sinistra, verticale, da sotto l'occhio fino a metà guancia. La ragazza urlò per la paura e il dolore.
 
"Questo segno ti rimarrá, ti servirà a ricordarti che io esigo la perfezione quando impartisco un ordine, la prossima volta starai più attenta."
 
Tornó a sedersi sul trono sistemando il pugnale, la ragazza era accasciata per terra per il male e l'umiliazione, le altre erano sconcertante, terrorizzate.
 
"Che questo vi serva da dimostrazione, a tutte voi, siate sempre diligenti, efficienti e perfette in quello che comando e non succederà nulla. Sono stato chiaro?"
 
"Si signorino!" risposero tutte in coro.
 
"Adesso portatele nei bagni delle schiave. Controllate che si lavino per bene, che le unghie siano tagliate e pulite e poi portatele nell' ala dei meccanici, entro sta sera a tutte va messa la cavigliera. Non staccate gi occhi da loro finché non l'avranno."
 
In quel momento Jolla l'aiutó a sollevarsi: "Che sciocca che sei, farlo infuriare al tuo primo ordine da eseguire, non preoccuparti adesso penserò io a curare la tua ferita." Le disse, stranamente animata da un senso di umanitá. 
Normalmente odiava senza motivo le ragazze schiave che personalmente comprava per Doflamingo. Essendone segretamente innamorata, vedeva tutte loro come delle rivali, infatti solitamente poi lui sceglieva quelle che più lo aggradavano per passare la notte con lui, o anche solo per lavarlo, massaggiarlo, pettinarlo cose che comunque lei non avrebbe mai potuto fare.
 
Si rendeva conto che era lui che avrebbe dovuto odiare, infatti, era lui aveva incaricato lei per scegliere le sue schiave personali, comprarle e d educarle proprio per ricordarle costantemente il suo posto, cioè impotente e obbligata a soffrire per un amore impossibile; era un freddo calcolatore che usava l'arma della sofferenza, colpiva nei punti deboli anche di chi stava dalla sua parte solo per evitare che si montassero la testa e che si credessero speciali per lui. Sapeva che lei non sopportava il pensiero che altre donne si avvicinassero a lui in senso intimo e privato e proprio per questo l'aveva incaricata per prepararle e educarle a essere sue schiave, così ogni secondo, minuto, ora del suo lavoro le ricordasse che lei non aveva speranza di averlo e che ai suoi occhi non era che una lavoratrice. Ogni qual volta dovesse prepararle infatti, per scoraggiare la voglia di vestirle e prepararle in modo che non fossero appetibili, sperando che lui cambiasse idea le diceva: "Ricordati Jolla, fai in modo che mi piacciano, altrimenti ne risponderai personalmente." come a sottolineare di non azzardarsi a fare scherzi estetici.
 Tuttavia, quella ragazza in quel momento le sembrò così spaventata e sfortunata, era convinta che non fosse piú possibile che la chiamasse per dilettarsi e quindi ebbe un moto di umanitá. In realtà, sapeva bene che solo per fare soffrire e torturare psicologicamente la ragazza che aveva sfregiato avrebbe potuto chiamarla quella sera stessa per passare la notte con lui, ma nonostante tutto in quel momento le sembrava una vittima. In effetti, così successe, qualche sera più tardi quando era quasi guarita la ragazza fu designata da lui personalmente per passare la notte con lui, cosa che la fece scoppiare in lacrime, cosa che fece anche Jolla, non per gelosia, ma per tristezza verso di lei.
 
Ecco perché mentre la preparava e lei accettava dolorante nel cuore il suo destino iniziarono a parlare delle loro sofferenze ed ecco perché Jolla per la prima volta nella sua vita si sentì vicina a qualcuno, ben presto divennero amiche senza ovviamente che nessuno lo sapesse. Unite entrambe da destini crudeli, lei condannata a soffrire per un uomo spietato, che non l'avrebbe mai guardata, la ragazza obbligata a essergli schiava e soddisfarlo, proprio lui l'uomo che odiava, che le aveva tolto tutto: i suoi sogni, la sua famiglia, il suo amore, la sua bellezza e la sua purezza soprattutto. La chiamò solo una volta, giusto per umiliarla e torturarla nel momento in cui ancora soffriva di più.
 
Poi diventó come una serva qualunque che al massimo si prendeva cura della sua persona come lavoro. Anche questa seconda scelta era crudele, costretta a curare l'aspetto dell'uomo che l'aveva danneggiata esteticamente per sempre.
 
Cercò di scacciare quei pensieri, era giâ un po' che lo stava massaggiando, non sapeva quanto tempo fosse passato. Lui comunque doveva esserne soddisfatto, perché stava praticamente dormendo.
Anche quel giorno era salva probabilmente.
 
Dopo mezz'ora, lo svegliò dolcemente:
"Signorino?" Lo toccó sulla spalla in modo gentile.
 
Lo guardò: stava dormendo. Un pensiero la pervase... E se l'avesse ucciso? Avrebbe posto fine alle sue sofferenze, e a quelle di molte altre persone.
In fondo in quella stanza di oggetti contundenti poteva trovarne, anche solo una lima o un rasoio.
 
Eppure qualche cosa la tratteneva? Perché non aveva la forza di farlo... Non era paura, non aveva nulla da perdere se fosse morta, avrebbe corso volentieri il rischio, tanto per vivere cosí e allora cos'era che glielo impediva? Forse il fatto che non lo avrebbe più visto? Che in fondo anche lei lo amava? Poteva davvero essere così stupida da cascarci? Poteva amare chi l'aveva uccisa e continuava a farlo ogni giorno.
Non poteva essere!
Allora pensò a pochi istanti prima, l'aveva accarezzata dolcemente, la sua mano era soffice, grande e calda. La sua voce sensuale: "Non vorrai rovinare tutto ora che sto incominciando a riaccettarti mi Nena?"
 
Un brivido la percorse pensando alla sua voce calda, parlare con quell'accento latino e piccante.
Forse si era più stupida di quanto credesse.
 
"Perché ti sei interrotta pequeňita? Qualcuno te lo ha ordinato?"
 
"No... No signorino! Solo che, è giunto il momento di pensare alla parte davanti torso, braccia, mani, piedi e stavi dormendo e non sapevo come svegliarti."
 
"Avvolgimi l'asciugamano in vita. Non penserai che mi giri così."
 
La ragazza si inchinò ed eseguí l'ordine. Doflamingo si giró sulla schiena. La ragazza prese l'olio, lo spalmò sulle mani e inizió a distribuirlo sul petto muscoloso, lui le prese la mano e la fermó:
 
"Non voglio pensare che ti sei fermata per guardarmi Niňa? ¿Verdad?"
 
"No, no signorino non mi permetterei mai, dormivi e non sapevo se e come svegliarti."
 
"Sicura che non stessi pensando di uccidermi?"
 
La ragazza tremò dentro violentemente, le aveva letto il pensiero: "No, no signorino! Come potrei?"
 
"Bene. Allora adesso finisci il tuo lavoro, mi hai fatto rilassare parecchio per cui fingerò che nulla sia successo. Ora esegui i miei ordini, devo ancora pensare ai miei meravigliosi capelli. Ti piacciono Nena?"
 
"Si, si certo signorino, tutto in te è molto bello."
 
"Ne sei convinta?"
 
"Si, certo mio re."
 
"Bene" disse alzandosi "allora avvicinati!"
 
La ragazza si avvicinó a lui ormai in piedi.
 
Lui la prese per i fianchi e la giró di spalle, in modo da rimanere dietro di lei.
 
Le liberó il collo dai lunghi capelli castani-rossiccio.
Inizió a baciarle la guancia, quella non sfregiata, per poi darle una piccola scia di baci che scendevano verso il collo. Le spostó leggermente il vestito, in modo da scoprirle la spalla e lasciarle dei baci umidi proprio sulla scapola e la spalla scoperta, poi lo stesso fece con l'altra.
 
Lei tremava di brividi, erano misti, tra piacere e sofferenza. Si ricordó della notte passata con lui, l',umiliazione, la paura, il disagio, come si sentí sporcata. Tuttavia, era bellissimo, avrebbe voluto rimanere indifferente, ma non potè il suo corpo gradiva quel trattamento.
 
Lui si fermó. Poi ricoprendole la spalla, le mise le mise le mani su entrambe e stampandole un piccolo segno sul collo le disse: "Hai capito chi comanda e a chi appartieni cariña?"
 
 
"Si signorino."
 
"Ora finisci il tuo lavoro. Abbiamo giá perso anche troppo tempo." Disse come se quell' interruzione non fosse dipesa da lui.  La ragazza sentí crescere la rabbia e un forte disagio, ma era ancora intontita dal piacere provato quando le sue soffici labbra le aveva sfiorato il collo.
 
Dopo avergli massaggiato l'intero corpo mani e piedi compresi disse:
"Desideri qualcos'altro mio sovrano?"
 
"No. Esci! Cambiati e vai nelle cucine. Riferisci che questa sera mi preparino l'aragosta."
 
Era il suo piatto preferito.
 
"Avanti! Vattene!"
 
La ragazza uscí. Lui indossó un accappatoio e si recò nella stanza vicino dove la ragazza incaricata di pettinarlo era pronta per eseguire ogni suo ordine.
 
"Allora querida, sei pronta per la nostra serata insieme, i miei capelli devono essere perfetti. È praticamente impossibile sbagliare, parti giá avvantaggiata fufufu." Disse ridendo.
 
Si sedette su una sedia di pelle nera.
 
"Pettinali perfettamente, e stai attenta a non farmi male, sai che non lo tollero. Li voglio dritti, ma non metterci troppo gel non vorrai che questa splendida chioma bionda si rovini."
 
"Non sia mai signorino..."
 
Lui la guardò con tono di rimprovero.
 
"Cariňo.” Bisbiglió lei.
 
"Ora va meglio." disse lui.
 
"Avanti" disse lui inclinando la testa verso di lei. "Fai l'impossibile, rendimi ancora più sexy."
 
"Farò del mio meglio cariño"
 
Con un pettine d'avorio inizió a pettinarglieli dolcemente, stando attentissima a non fargli male, era una parola! Aveva i capelli folti e pieni di nodi. Nonostante tutto riuscì a sistemarglieli senza farsi punire. 
 
Quando ebbe finito con una gelatina pregiata e naturale glieli fissó come lui li aveva chiesti. Sapeva che odiava il calore sui suoi capelli erano una delle sue stranezze, diceva che i capelli erano come bruciati dopo l'asciugatura. 
 
Quando ebbe finito di fissarli lui le prese la mano e la baciò dolcemente. Lei ebbe un fremito piú che per il gesto inaspettato, per la morbidezza delle sue labbra.
 
"Ottimo lavoro mi amor, da questo momento sei la mia prescelta, almeno per questa sera e questa notte. Sei pronta per una notte da principessa accanto a me."
 
Lei rispose imbarazzata e a disagio:
 
"Certo cariño."
 
"Ohhh che faccino triste, fufufu non preoccuparti so io come farlo diventare allegro."
 
La guardò scrutandola dall'alto in basso, era triste e spaventata.
 
"Siedi qui!" disse dandosi una pacca sulle gambe.
 
"Come signorino?"
 
"Non mi pare di essere stato poco chiaro. Preferisci che te lo dica in un'altra lingua? !Sientate aquí! Querida mia!"
 
La ragazza si avvicinó, con la mano le toccó la schiena accompagnando il movimento della ragazza come a incoraggiarlo. Quando la ragazza si sedette le disse: "Ecco così va meglio!"
 
Le prese il viso e le mordicchió il lobo dell'orecchio, sentí la ragazza fremere:
 
"Sei sicura che questo non ti piacerá?"
 
Le prese il viso con una mano per guardarla, poi le stampó un bacio sulla bocca. Tolse la mano dal suo viso e le mise le mani sui fianchi sfiorando con le sue labbra il labbro inferiore della ragazza, iniziando a baciarla. Lei si sorprese, automaticamente le sue braccia circondarono quelle dell'uomo che la stava baciando come a ricambiarlo.
 
"Vedo che non stai poi soffrendo così tanto o sbaglio?"
 
Disse staccandosi. Giocherello con una ciocca dei suoi capelli neri. 
 
"Approfitta di questa occasione! Da questo momento e per tutta la notte non sei una schiava. Ti tratteró come una regina. Potrebbe non ricapitarti mai più. Un sacco di tue compagne vorrebbero essere al tuo posto." 
 
Poi la baciò di nuovo dolcemente: " Dimenticati di ciò che hai visto finora. Io so essere un vero gentiluomo quando lo desidero, soprattutto in certe situazioni."
 
"Si cariňo!"
 
"Ora ti manderò da Jolla, Baby Five e Senior Pink. Ti prepareranno per me. Ti aspetto alle 9 di questa sera fuori dalla sala da pranzo, cenerai con me e la famiglia Donquixote al completo. Claro cariňa?"
 
"Certo!"
 
"Fatti splendida sta sera. Passerai una notte indimenticabile. Vas a sonar!"
 
La ragazza si inchinò.  Uscì dalla camera e Jolla, Baby Five e Senor Pink la aspettavano fuori all'uscita per accompagnarla a prepararsi.
 
Doflamingo si guardò allo specchio, indossó i suoi occhiali da sole, coprendosi i suoi occhi grandi e scuri. Si ammirò: era irresistibile! Lo sapeva.
 
Si avviò verso le sue camere, in fondo anche per lui era giunto il momento di vestirsi.


Nota dell'autrice: Ragazzi! Ecco il quarto capitolo appena appena sfornato. Spero vi piaccia, l'ho letto e riletto prima di pubblicarlo, in questa parte ho voluto far capire bene il carattere e il modo di essere del personaggio. Nel nostro caso un re spaccone, che si crede onnipotente e di essere superiore a tutti tanto da poterli trattare come sue proprietà, ma a dispetto di tutto, molto bello e prestante a livello fisico! Nella prossima parte conoscerete altri dettagli perchè prima di entrare nel vivo della storia voglio farvi conoscere bene il personaggio. Un bacione da Kerry! Spero di leggere presto anche solo una piccola recensione.
 
 
 

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Capitolo 5
*** ricordi agrodolci ***


Uscì dall' antibagno e percorse un piccolo corridoio privato che portava alle sue stanze.

Quella dolce e piccola cosa sarebbe stata sua quella sera, non vedeva l'ora di incontrarla in privato.
Quella sera sarebbe stato impeccabile, non che normalmente non lo fosse. Ma in fondo era venerdì sera, il giorno a lui più caro perché, dava inizio al fin de semana (weekend in spagnolo).

Si guardò allo specchio, compiaciuto dalla sua immagine, era consapevole di essere affascinante, in fondo era sempre di stirpe nobile e tra i più belli di Marijoa tra l'altro, la sua famiglia era considerata una famiglia di "eccezionale bellezza", per quanto suo padre fosse un uomo inutile, forse qualcosa gli aveva dato in dono, anche se gli era sempre piaciuto pensare di aver preso di più dalla madre, che se non fosse stato per quell'idiota di suo padre sarebbe stata ancora viva.

Scacciando il pensiero, tornó a concentrarsi sul fatto che fosse un ragazzo sensuale e affascinante oltre che molto bello. Quella sera sarebbe stato impeccabile, più del solito. Si avvicinó al suo guardaroba, lasció cadere l'accappatoio sul pavimento e inizió a esaminare i vestiti.

Non fu difficile scegliere, il nero era un colore che lo valorizzava particolarmente e in più avrebbe dovuto divertirsi, essere al top quella sera.

Scelse una camicia nera aperta sul petto , come quasi tutte le sue camice e magliette, un pantalone a tre quarti in pelle e una cintura rossa per chiudere il tutto. Ovviamente abbinato alle sue scarpe scure e appuntite, i suoi inseparabili occhiali da sole e ovviamente naturalmente non poteva mancare il suo cappotto di piume.

Si accarezzó il viso, la sua mano con l'anello reale d'oro si posó sulla guancia. Non potè fare a meno di sbloccare un ricordo, un bacio di sua madre. Si ricordó delle dolci ninne nanne che gli cantava con la sua voce melodiosa. Spesso quando era piccolo suo fratello minore Rocinante andava a letto prima di lui, che essendo più grande aveva diritto a un'ora in più. In questo modo la madre poteva addormentare e coccolare entrambi.

"Doffy, hombrecito mio, allora sei giá pronto per la favola?"

"Si, mamma ho giá preso il libro."

"Bravo campione. Allora quale leggiamo questa sera?" chiese sedendosi sul letto vicino a lui e prendendolo in braccio. Sapeva bene come sarebbe andata a finire, ogni sera prendeva il libro, promettendo di volerne scegliere una da leggere, ma poi chiedeva sempre che sua madre ne inventasse una. In realtà, ne chiedeva spesso una in particolare: la nascitá della dinastia dei draghi celesti. Ne andava fiero di esserlo, anche troppo, per questo il padre era preoccupato, non voleva che i suoi figli crescessero convinti di essere superiori e di poter trattare male altri. Lui sapeva di essere un drago celeste da quando praticamente aveva cominciato a parlare, troppo presto a parere del padre. Comunque ormai giusto o sbagliato quello era ciò che sapevano. A Rocinante non sembrava importare granché, lui invece ne era affascinato e ne parlava in continuazione.

"Vuoi una storia con gli animali? Con i pirati? Con le principesse?"

"Sono tutte molto belle mamma, ma pensava a qualche cosa di diverso. Che ne dici della storia su Marijoa."

"Doffy, mi chiedi sempre la stessa. Perché non cambiamo un po' neno?"

"Ma è la piú bella mamma."

"Ma sempre la solita, non ne vuoi un'altra?"

"No. Voglio quella. E adesso."

"Come scusa? Mi pare di non aver sentito!"

"Me la racconti mamma per piacere?"

"Bravo, así me gusta mi amor. Devi sempre essere gentile con tutti."

"Non c'è bisogno se sono tutti più deboli."

"Chi te l'ha insegnato questo? Non io di certo."

"A scuola mamma. I più deboli hanno bisogno di essere gentili, se sei più forte non c'è n'è bisogno."

"Non è così che voglio che cresca mio figlio. Vuoi fare del male alla mamma?"

"No, mamma! Cosa dici? Io non ti tratterei mai male."

"La mamma soffrirebbe anche se sapesse che tratti male gli altri. Promettimi che non lo farai."

"Se me lo chiedi tu mamma allora lo farò, ma solo per te, non perché penso che tu abbia ragione."

"Bravo. Eccolo qui il mio Doffy è giá sufficiente, magari chi lo sa un giorno riuscirai anche a capirmi, adesso ti racconto una bella storia. " e così dicendo gli diede un bacio sulla guancia.

"Quella di Marijoa mamita?"

"Si mi pequeňo principe."

Il piccolo Doflamingo esultó felice.

A differenza di Rocinante che si addormentava prima di metà storia, il figlio più grande era un osso duro, spesso non solo rimaneva sveglio fino alla fine della storia ma, dopo averla raccontata tutta la madre doveva cantargli la ninna nanna.

La madre le raccontó la storia fino alla fine:
"Ed ecco perché noi oggi, siamo draghi celesti." Urló Doffy in coro con lei, quello era momento più bello della storia, la fine, lui non aspettava altro che dire quella frase.

"Ora dormi mocosito, domani se no non avrai abbastanza energia per la gita al lago."

"Non ho sonno mamma, ti prego ancora un pochino."

"No Doffy basta, tua fratello dorme giá da un'ora."

"Pappamolla." Sussurró Doffy.

"Cosa hai detto birichino?"

"Nada mamita. Stavo... Pensando ad alta voce."

"Ti ho già detto che non voglio che tu prenda in giro tuo fratello: è più piccolo, ha solo quattro anni. È più fragile di te."

"Io alla sua etá ero più in gamba."

"Non è vero, siete solo diversi, lui è molto piú tranquillo e calmo, ma meno male faccio fatica giá a controllare te, se ne avessi due così non ce la farei a gestirvi, giá tu da solo mi togli gran parte delle energie."

"Quindi vuoi più bene a lui mamma?" Chiese il piccolo con aria triste.

"No Doffy. Non pensarlo assolutamente, io amo entrambi siete i miei bambini nati dal mio grembo, siete solo diversi, e io amo tutti e due così come siete. Tu sei il mio primogenito come potrei non volerti bene?" disse coccolandolo e tenendolo tra le braccia.

Lui le mise le mani nei capelli biondi, lunghi e ondulati.

"Che bei capelli che hai mamma. Me li fai toccare?"

"Prometti di fare il bravo e cercare di dormire?"

"Si lo giuro."

"Allora si. Rimarrò con te finché non ti addormenti."  disse stendendosi vicino a lui nel letto a due piazze, comprato per entrambi i figli. Ne avevano uno in ogni rispettiva stanza.

"Amo i tuoi capelli mamma. Hanno un colore bellissimo."

" Anche i tuoi sono cosí tesoro, biondo miele come la mamma."

"Perché allora mio fratello li ha biondi più chiari quasi gialli?"

"Li ha presi dal papá. Semplice mi amor."

"Ma i nostri sono più belli vero?"

"No Doffy. Tutti e quattro siamo uguali, siamo solo diversi."

Il bambino non rispose, rassegnato si sdraió mentre la mamma gli abbottonava la camicia da notte bianca.

Adagiò la testa sul petto della madre, che accarezzandogli i capelli cantava per lui.

A metà ninna nanna era ormai addormentato, la madre si spostó lentamente, gli sistemò il cuscino e e rimboccó la coperta dorata di seta. Gli diede un altro bacio sulla guancia, un altro sulla fronte:
"Mi Angel, mi vida,duerme bien."

Tornó alla realtá, con le lacrime agli occhi e toccandosi ancora la guancia:

"Mamita! Quanto vorrei che fossi qui ancora con me. Pagheranno anche per questo."


Si vestí, ritrovando la sua solita voglia di vivere, indossó al polso un costosissimo orologio d'oro, quella sera doveva essere più affascinante del solito.

Uscì dalla sua camera, si sistemó sulle spalle il cappotto rosa e si diresse verso le sala dove Remisa lo aspettava.

Era curioso di vederla, non vedeva l'ora di incontrarla, avrebbero trascorso una notte indimenticabile che lei lo volesse o meno.

Si diresse verso la sala da ballo dove le aveva ordinato di aspettarlo e la vide, mentre si avvicinava a lei l'immagine diventava sempre più nitida.

Avevano davvero fatto un ottimo lavoro i capelli ricci e scuri erano raccolti con fermagli adornati di perle, il raccolto morbido lasciava ricadere sulla schiena ciocche consistenti dei suoi capelli neri, da cui lui era rimasto stregato. Il trucco leggero, ma ben steso risaltava i suoi occhi scuri e le ciglia lunghe, e le sue labbra carnose che non vedeva l'ora di baciare.

Indossava un vestito lungo color celeste a maniche corte, entrambe adornate da un velo bianco molto lungo fino ai piedi, sulle braccia e la scollatura portava gioielli di pelle abbinati ai fermagli...

"Buenas tardes mi amor." La salutó baciandole la mano: "Sei impeccabile, e molto bella, sei pronta ad essere mia questa sera."

"Si cariňo." Disse accennando a un sorriso malizioso.

"I miei complimenti mia dolce donzella, splendi più delle stelle." Lei per quanto nervosa inizió a sciogliersi e sorrise arrossendo leggermente.

"Mi cariňo" disse inchinandosi: "anche tu sta sera splendi, ancora più del solito."

"Una brava ragazza mi ha pettinato, dovró ricompensarla tu che dici?" E così dicendo l'attiró a sè mettendole le mani sulla vita.
Affondó il naso nei suoi capelli: "Anche il tuo profumo ti rende giustizia mia cara." E così dicendo le stampó un bacio sul collo, proseguì piano piano scendendo verso il petto, poi si fermó.

"Continueremo dopo cena. Avremo una lunga notte. Non sei contenta Nena?"

"Si cariňo." Disse lei finalmente in modo spontaneo, senza imbarazzo e con il primo sguardo desideroso.
Si accorgeva solo ora di quanto era stata fortunata.

"Come siamo vogliose mi amor. Ce la farai ad aspettare la fine della cena per avermi?"

"Ci proveremo." Disse con un risolino ricambiando l'abbraccio dandogli un bacio sullo zigomo appuntito sentendosi finalmente a suo agio.

"Mi accompagneresti a cena querida?"

"Certo. È un onore per me."

Con fare da vero cavaliere le porse il braccio e insieme varcarono la sala da pranzo.

 

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Capitolo 6
*** A cena con l'impostore ***


I due camminarono lentamente fino a raggiungere la sala da pranzo.

La tavola era stata apparecchiata con cose deliziose, un tipo di cibo completamente diverso da quello che mangiavano le schiave, che per quanto buono e nutriente fosse, non aveva certo quel gusto e quell'aspetto così invitante.

La tavola era lunga, interamente realizzata in ebano puro, con dei fenicotteri dipinti a mano con colori ad olio.

La tovaglia era di seta rossa, i piatti bianchi con dipinte delle greche cinesi. Sembrava tutto molto costoso e raffinato.

Il cibo era sublime c'era di tutto, filetti di carne pregiata di Kobe, vitello, manzo grigliati alla perfezione, intingoli di formaggio e verdure per accompagnarli; pizze molto grosse al pomodoro e mozzarella con sopra crostacei e molluschi freschi ancora nel loro guscio.

Ciotole di ramen con ingredienti scelti e freschi verdure, carne, pesce. Piatti di pasta con sughi e condimenti più buoni.

Hamburger spettacolari a più piani con patate fritte E anelli di cipolla.

Pesce grigliato, piatti di formaggi costosissimi e affettato molto costoso.

Senza contare che tutto era condito con tartufo e palline di caviale.

Il vino servito non era certo da meno, per volere di Doffy infatti, amante del vino rosso, sulla tavola ogni giorno c'erano bottiglie costosissime e di elevata qualità.

Quando Doflamingo entrò con la ragazza in sala da pranzo tutta la famiglia si alzò in piedi:

"Buonasera Signorino, lunga vita a te."

tutti accennarono a un discreto inchino.

"Benvenuta al nostro tavolo, dolce donzella."

Ripetè il gruppo facendo un inchino anche alla ragazza che rimase sbalordita e imbarazzata non capendo il perché di quel gesto.

"Sta sera sei la mia accompagnatrice prescelta, ho dato l'ordine di trattarti con onore, solo io sono più in alto di te."

"Io... Io non so cosa dire cariňo."

"Nada querida, goditi la serata e basta."

Jolla era visibilmente scossa e irritata, in quel momento avrebbe voluto uccidere quella piccola sgualdrina che per puro capriccio del re era sopra tutti loro quella sera. Ma del resto non potè non ammettere che era stato Doflamingo a darle quella posizione, cercó comunque di consolarsi. Era una cosa temporanea, prima di lei un sacco di altre ragazze avevano passato con lui una serata e nottata da sogno per poi essere dimenticate nell'oblio. Era convinta che anche quella per le ragazze scelte fosse una forma di tortura studiata da lui per poi renderle ancora più tristi.

Trattarle come regine per una notte, stare in intimitá con loro, darle rispetto e onore (cosa che lui non faceva mai con nessuno) e poi la maggior parte non erano mai state più viste. Non era mai capitato che qualche ragazza fosse stata chiamata da lui per una seconda volta, le più fortunate rimanevano nel palazzo. Alcune invece, sparivano dalla circolazione, vendute a qualcun altro oppure trasformate in giocattolo e buttate nella discarica dei giocattoli dopo aver perso la memoria.

La ragazza si sentí sorpresa e piacevolmente estasiata, anche se ancora era sotto shock per quello che aveva sentito.

Si sedettero prima lei e il sovrano, poi dopo di loro gli altri.

"Facciamo un brindisi alla nostra famiglia, e anche alla mia splendida accompagnatrice."

Tutti levarono in alto i calici.

"Allora, iniziamo a mangiare. Dov'è la mia aragosta?"

"È pronta Doffy." Rispose Trebol.

"Allora voi in cucina? Cosa fate? Dormite? Portate l'aragosta per il re."

Dalla cucina uscirono due cuochi che reggevano un vassoio molto grande, posarono il vassoio davanti a Doflamingo e uno dei due lo scoperchiò.

Sul vassoio c'era un'aragosta di almeno due chili, preparata ad opera d'arte e con intorno un sacco di salse e intingoli in accompagnamento.

Appena lo shichibukai (membro della flotta dei sette) inizió a mangiare tutta la famiglia iniziò a riempirsi il piatto di ció che preferiva.

"Ehi, vi siete dimenticati le buone maniere, prima servite la mia dolce donzella! Zotici!" Disse accarezzandole la schiena.

La ragazza tremó, erano emozioni troppo forti. Tutte quelle emozioni, da un uomo così sensuale, il re di tutto il paese che fino a qualche ora prima la considerava una schiava qualunque.

Doflamingo guardó la ragazza con in mano la forchetta.
"Non fare complimenti querida, mangia quello che preferisci."

La ragazza disse gentilmente: "Vorrei assaggiare la pizza con sopra il pesce se possibile."

"Certo mi Nena. Datele una pizza intera, guai a chi ne prende un pezzo, e se è l'unica presente ‘sta sera mangerete un'altra cosa."

"Non è necessario signorino, non mangio così tanto. Mezza pizza andrà benissimo, è molto grossa potreste mangiarci tutti."

"Non importa. Stasera è tua, se non la vorrai l'avanzerai, ma non devi rimanere senza per colpa loro."

La ragazza non osó protestare, la pizza intera le venne messa davanti giá tagliata.

Remisa l'assaggió, non aveva mai mangiato nulla di più buono.

Doflamingo le dedicó attenzioni per tutta la cena.
Si scambiarono cenni d'affetto con sfioramento di piedi sotto il tavolo, come se dovessero nascondersi da qualcuno. Le accarezzava le spalle, la stringeva a sè, le dava dei baci sul collo e le diceva cose divertenti e anche provocanti all'orecchio flirtando come un ragazzino.

 Addirittura, a un certo punto le disse:
"Devi assaggiare l'aragosta Nena. Mangia pure dal mio piatto."

Baby Five sentí come una coltellata dolorosissima al petto ogni volta che vedeva le attenzioni che lui dava alla ragazza.

Jolla stava letteralmente bollendo di rabbia. Ma cosa potevano fare? In fondo era lui, il suo gioco, il suo regno, la ragazza non aveva colpa.  
Erano convinte che anche queste erano strategie di tortura perpetuate di proposito nei loro confronti; loro mai e poi mai avrebbero avuto quella fortuna, nemmeno per una sera.

"Comes da mi plato mi amor. È tanta, l'ho presa anche per te."

Così dicendo ne staccó un pezzo abbastanza grande, lo intinse nella salsa bernese e lo diede in bocca alla ragazza, aveva un sapore indescrivibile! Non aveva mai mangiato nulla di così buono.

"Com'è florecita, ti piace? Ne vuoi ancora?"

"Si signorino! Ti prego."

"Va bene ma mangerai dalla mia mano!" Disse dandogliene un altro pezzo e facendole leccare il dito.

Dopo numerosi bocconi la ragazza disse:
" Sono piena, mi cariňo."

"Quindi questo corpo meraviglioso non ha più spazio per il dolce che ho fatto preparare."

"Wow, dolci? Mi piacciono è da molto che non ne mangio."

"Scommetto che so bene quale dolce ti piace di più?"

"Si? Davvero?"

"I churros fritti con il cioccolato."

"Si è vero. Come fai a saperlo?"

"Te l'ho detto che io so tutto, ma a quanto nostre tu sei piena."

"Credo di avere posto per quelli."

Mentre la cena finiva e i camerieri sparecchiavano la tavola in modo rapido, Doflamingo continuava a ricoprire la ragazza di attenzioni.

"Allora mi amor, ti rendi conto che la cena è quasi finita? Sai cosa significa vero."

"Che il dolce più buono me lo servirai alla fine?"

La guardò. Ormai era completamente presa, innamorata, assorta e desiderosa verso di lui. Era molto bravo ad affascinare e conquistare, soprattutto le ragazze. Per lui era un gioco, come un bambino coccola e cura dei giocattoli di cui poi presto si stufa.
La cosa che più amava era vedere come quelle ragazze il giorno dopo spesso rimanessero male nell'apprendere che loro erano sempre delle schiave, che una serata o notte magica con lui non cambiava le cose, anzi, gliela concedeva solo perché era lui a volersi divertire con loro.

"Vedo che capisci al volo nena."

Anche durante il dolce Doflamingo trattó la ragazza in modo dolce. Si scambiarono sguardi di intesa, carezze, baci. Remisa non riusciva a crederci che il re le riservasse tutte quelle attenzioni, era convinta che avesse un debole per lei. In fondo, l'aveva personalmente scelta per quella sera, chissá se avesse potuto anche ottenere di più.

Finito di mangiare il dolce, tutti aspettarono il permesso del signorino per congedarsi.

" Yo y mi florecita vamos a dar un paseo. (Io e il mio fiorellino andiamo a fare una passeggiata). È tutto per ‘sta sera potete andare e Trebol!  A meno che non siano questioni di estrema urgenza, non voglio essere disturbato, avrò molto da fare stanotte."

Disse guardando la ragazza negli occhi, e accarezzandole la spalla.

"Fuori, tutti quanti!" dopo un inchino tutti si dileguarono, ognuno nelle sue stanze probabilmente.

"Allora querida? Ti è piaciuta la cena?"

"È la piú buona che abbia mai mangiato! E poi non mi è mai capitato di essere riverita in questo modo."

Doflamingo la prese per i fianchi l'attiró a sé e la baciò appassionatamente, un bacio deciso, passionale, intenso.

"Ti è mai capitato di essere riverita cosí mia cara?"

"No cariňo!" disse lei mostrandogli il collo come per chiedere dei baci, lui avvicinó vertiginosamente la bocca al suo collo ma trattenne il bacio, le sussurró soltanto: "Quanta fretta che abbiamo tesoro! Vuoi forse farmi credere che passare la notte con me per te non sará piú una sofferenza?"

"Perdonami signorino, non pensavo certo che questa sera mi avresti corteggiato e conquistato in questo modo. Io non ho mai dormito con un uomo" disse lei arrossendo e tornando a quell'imbarazzo tipico di una schiava che subisce un destino che non accetta.

" Non volevo accettare di essere un tuo oggetto per una sera, pensavo mi avresti chiamato per soddisfare i tuoi desideri e poi mi avresti congedato."

"Fufufu" rise lui divertito: "questo perché non sapete quanto sono sadico. Potrebbe sembrare peggio così, in realtà la trappola più grossa è proprio questa perché anche se dovessi tornare ad odiarmi questa notte dovrai per forza ricordartela in modo piacevole nena."

"Non credo che sia un problema, un ricordo bello non puó fare male in nessun caso."

Quella frase arrivó dritta a Doffy come una freccia; com'era sciocca, ingenua e ancora tanto immatura quella ragazza: in realtá erano proprio i bei ricordi a fare più male, di quelli brutti. E se poteva dirlo lui che ne aveva molti di più appartenenti all'ultima specie che alla prima era vero.
Nulla lo uccideva di più del ricordo di sua madre mentre lo amava, lo coccolava, si prendeva cura di lui, lo addormentava, lo cresceva e questo nonostante lui la madre l'avesse vista anche ammalarsi, essere ferita e morire.


Scacciò quei pensieri che lo resero vulnerabile, tornando al suo presente, dove aveva una ragazza di abbindolare e poi gettare via la mattina dopo.
Notó un braccialetto molto semplice, ma ben fatto che la ragazza portava al polso, era troppo povero per fare parte di quelli scelti apposta per lei.

"Que preciosa esta pulserà! La hiciste tu?" (Grazioso! Lo hai fatto tu?)
 Disse accarezzandogli la mano su cui spiccava il braccialetto.

"No, è stato un regalo."

"Chi te lo ha dato?" Chiese notando come le corde di cuoio che lo formavano fossero perfettamente intrecciate.

"Me lo ha dato mia madre, il giorno prima che fossi rapita. Non so nemmeno come sta ora. Se è viva, se sta bene, lo stesso per mio padre, i miei fratelli."

Doflamingo capí che quello era il momento per cuocerla a puntino.

" Capisco la tua sofferenza, anche io ho perso mia madre quando avevo otto anni, mi manca così tanto; quindi, capisco che dev'essere molto penoso per te. Non posso rimandarti dalla tua famiglia, non credo avrebbe i mezzi per riacquistarti dato che sei qui, ma se tu me lo permetti posso alleviare il tuo dolore." Disse Doflamingo baciandole la mano, recitando alla perfezione la sua parte. La guardò! Ormai era cotta a puntino, non sarebbe stato più necessario respirare per conquistarla, ma lui era una persona molto competitiva e scherzava con i sentimenti di chi gli era sottoposto quindi decise di recitare ancora un po' per rincarare la dose.

"Forse chi lo sa, è il destino ad aver deciso che tu dovessi incontrarmi, per quanto io sia il re mi sento spesso solo e queste serate le richiedo proprio per questo, mi fanno sentire un po' meno solo, cosa forse impossibile dato che l'unica persona che mi amava davvero è morta."

"È molto probabile, forse è per questo che ho dovuto un soffrire prima per arrivare a te cariňo." Disse tremando leggermente mentre una folata di vento in giardino la fece rabbrividire.

Doflamingo le circondó le spalle con le braccia, abbracciandola da dietro.

"Ahor mejor querida?"

"Si Cariňo. Grazie mille. Hai delle braccia molto protettive."

"Sono geloso delle mie cose. Non voglio che nulla le danneggi o scalfisca, soprattutto senza il mio consenso."

Le baciò la fronte in segno di affetto e la strinse a sé sorridendo in modo diverso dal solito. Il sorriso non era freddo, perfido, calcolatore, sembrava dolce, innamorato, sincero. Doflamingo era un ottimo attore, soprattutto quando era necessario per fare funzionare un suo piano, sapeva fingere di essere l'uomo più dolce del mondo, sedurre in poche ore una ragazza e poi trattarla come se non fosse successo nulla.

"Querida inizia a fare freddo. Cosa ne dici se, ti mostro l'interno della mia stanza."

"Come tu desideri mi cariňo."

"Sei la benvenuta questa notte. Desideri veramente soddisfare i voleri del tuo re?"

"Vivo per questo. Signorino."

Le mise un braccio sulle spalle, camminarono insieme per tutto il palazzo fino a che non si trovarono al di fuori della stanza reale.

Non l'aveva mai vista, era sicuramente molto lussuosa.

La portá si aprí e il cuore sussultó come quello di una bambina che sta per aprire un regalo.

 

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Capitolo 7
*** Un'amara delusione ***


Appena la porta si aprí notó quanto quel posto fosse lussuoso e accogliente.
Non potè fare a meno di pensare anche a come fosse raffinata la cena, Doflamingo era davvero un uomo di classe, con gusti raffinati e pretenziosi; era abbastanza sicura di aver indossato, mangiato, visto, provato cose, soltanto in quell'unica serata, dal valore uguale a ció che aveva speso in tre quarti della sua vita, cosa che l'affascinó e la indispettì allo stesso tempo.

Quell'uomo di soli trent'anni viveva nel lusso sfrenato, probabilmente era sempre stato anche troppo bene, non aveva provato fame, sete, dolore, sofferenza, povertà... Nulla di tutto questo e se era così spietato, gli unici da ringraziare erano quei mascalzoni di Trebol, Diamante e la sua cricca di stramboidi che dall'etá di dieci anni, avevano iniziato a trattarlo come un dio.

La sua storia girava tra il popolo e nelle nazioni vicino. Il modo in cui fosse stato viziato era a dir poco disgustoso.

Una volta a undici anni era caduto sul pavimento di un paese vicino perché una piastrella non era ben fissata, subito quei quattro fuori di testa spietati avevano dato fuoco alla cittá e avevano piazzato esplosivi sulla strada.

Un'altra volta dei ragazzi un po' bevuti e spacconi non si erano inchinati al suo passaggio, addirittura uno l'aveva strattonato ma, senza fargli male era rimasto solo un piccolo bollo sul braccio. Trebol lo scorse quando il piccolo Doffy giorno dopo aveva indossato una maglietta a maniche corte, subito erano andati sul posto a ucciderli.

E queste erano solo alcune delle cose che lei conosceva, ad ogni modo quella sera quel personaggio sembrava sparito, non era più spietato e senza cuore, sembrava dolce, gentile e sofferente e Remisa iniziò a pensare che nascondesse qualcosa di orribile nel suo passato, qualcosa che forse lo aveva reso cosí.

Se, però Remisa aveva imparato qualcosa dalla sua vita era che, soprattutto quando non hai molte possibilità, gli attimi belli e le sorprese vanno godute e vissute senza pensieri e domande perché di certo non tornano indietro e non piovono a cascata su una persona. Quella sera era lí per divertirsi, quella sua scelta aveva rapidamente cambiato la sua posizione, perché non godersela?


"Querida, in bagno ho fatto preparare tutto ció che ti serve. Preparati e quando ti chiamo mi potrai raggiungere."

"Si cariňo."

"Non metterci troppo, non vedo l'ora di averti." Gli disse lui accarezzandole la schiena, lasciandole un brivido posteriore al suo tocco.

La ragazza entró in bagno si tolse il vestito, si sciolse i capelli e tolse i gioielli.

Guardò sulla sedia in ebano accanto a lei: c'era una bellissima camicia da notte color argento, era realizzata in seta lunga, con dei veli trasparenti. Era più pregiata di qualsiasi vestito avesse mai indossato, forse anche di quello che aveva indossato quella sera.

La indossó e poi guardó il suo braccialetto in corde: "Mamma, guarda dove sono, nella camera del re, sto per passare la notte con lui. So che mi hai parlato del vero amore, ma non credo ci sia, per cui se posso migliorare la mia posizione e nello stesso tempo godere di piacevoli attimi perché sarebbe sbagliato?"

"Vienes aquí mi amor. Estoy aburrido para esperarte!" (Vieni qui amore mio, sono stanco di aspettarti.)

Calzó le ciabatte da camera, decorate, soffici e abbinate alla sua camicia da notte, si guardò allo specchio: stava davvero bene! Sicuramente, vestita da schiava non era così valorizzata.

Uscì dal bagno inchinandosi, quello che vide le piacque, così tanto da non poterlo nascondere…

Il re stava sdraiato sull' enorme letto in ferro battuto, adornato con cuscini e lenzuola di raso, indossava una vestaglia nera e la guardava passionale...

"Sei uno spettacolo mi amor. Per caso ti sei trasformata in una stella?"  Lei si emozionó ancora di più e arrossí.

" Grazie mio re, tu non sei certo da meno."

"Vieni qui vicino a me." Disse facendo spazio nel letto.

"Come tremi Nena? Hai paura di me?"

"Perdonami mio sovrano, è la prima volta che sono così vicino a un uomo, a un re come te per giunta."

"Ohhh pequeňa, lo sai che questo non fa che aumentare il mio desiderio per te vero?"

Lei divenne paonazza.

"Penso che sia meglio scioglierti un po'." Disse dopo averle messo una mano nei capelli, inizió a baciarle il collo, il viso, le clavicole senza mai scendere di più delle scapole. La ragazza si sciolse, sorrideva, agevolava i suoi movimenti girando il collo e gettando la testa all'indietro per agevolare i suoi baci.

Lui si tolse la vestaglia rimanendo in intimo, lei vide un corpo a dir poco perfetto, lo conosceva! Molte volte lo aveva lavato, massaggiato, curato ma, quella sera era diverso; lo vedeva da sua amante. Quella piacevole visione sicuramente le mandó via la tensione completamente.

"Così mi piaci Nena! Allora sei mia?"

"Si mi amor."

"Ohhh, vedo che finalmente "mi amor" ti è uscito spontaneamente, questa notte lo ripeterai parecchie volte." Disse slacciando il primo fiocco del bustino della sua camicia da notte.

Si abbandonarono al piacere, lui era davvero un gentiluomo in quel campo ed era maledettamente sicuro di sè e abile.

Sicuramente quella notte non l'avrebbe più scordata.


Doflamingo si sdraió leggermente sudato sul letto, lei respiró un po’ affannosamente cercando di riprendersi: passare la notte con Doflamingo era estenuante a livello fisico, soprattutto per chi come lei non aveva ancora avuto altre esperienze.

L'uomo bevve un bicchiere di vino rosso.

"Ho perso il conto delle volte in cui hai detto ‘mi amor’. Devo dedurre che queste ultime due ore ti siano piaciute almeno, quanto sono piaciute a me?"

"Si signorino.” disse coprendosi con il lenzuolo, l'aria della notte frizzantina di fine estate entrava dalla finestra.

Le lancette del suo costoso orologio segnavano le tre di notte.

"Puoi ritirarti schiava." disse lui cambiando completamente il tono della voce.

"Come? Come dici signorino?"

"Per caso non capisci oppure sei diventata sorda? Ritirati pure, non ho più bisogno di te."

La ragazza lo guardó con gli occhi languidi.

"Ma signorino, io credevo che..."

"Cosa? Che ti avrei sposato? Oppure che fossi diventata la mia fidanzata. Te l'avevo detto una notte per mio divertimento e poi... Non sperare che capiti ancora. Non amo mangiare due volte lo stesso cibo."

La ragazza pianse ormai, in singhiozzi, come poteva essere così spietato? Le aveva preso la sua innocenza, illusa e adesso la buttava via proprio come un giocattolo che non voleva più.


"Non farmelo ripetere. Vattene! Non sará piacevole se chiamo le guardie."

Lei si inchinò ormai, sentendosi morire dentro coprendosi con la vestaglia.

"Aspetta!" disse lui fermandola: "Questa camicia da notte non è tua. I tuoi vestiti da schiava sono fuori all' ingresso. Non c'è nessuno, è il mio corridoio privato, cambiati lí. Non voglio che dei sudici vestiti da serva entrino nella mia stanza."

Poggiò la camicia da notte sul letto del re, uscì dalla stanza, cercó i suoi vestiti, erano per terra ammucchiati sul pavimento. Li prese e si coprí, si diresse con le lacrime agli occhi verso la sua stanza.

Era una sensazione orribile, le sembrava di essere un giocattolo rotto, un frutto morso e scartato, uno strumento con una corda infranta, un tasto rotto e per di più da quell'uomo spietato e perfido.

Come aveva potuto innamorarsi di lui, pensare di valere qualcosa. Come aveva fatto a ingannarla cosí?

Mentre tornava al suo letto, entrando in camera le altre schiave ridacchiarono guardandola con disprezzo:

"Il signorino ha già perso interesse per il suo nuovo giocattolo?"

"Almeno a me per una sera mi ha chiamato, tu sei qui invece, perché sei invisibile."

" Credi davvero di essere meglio solo perché Doflamingo ti ha toccata? Io almeno ancora non sono stata di nessuno. E poi non è detto che prima o poi chiami anche me."

"Accontentati di continuare a lavargli i vestiti sporchi e ad annusarli sbavando mentre pensi a lui. Io ‘sta sera sono stata con lui davvero."

"Non dev'essergli piaciuto particolarmente visto che sono le tre di notte e sei giá nel tuo letto, senza contare che domani dovrai alzarti presto come tutte noi, nonostante tu abbia avuto una notte impegnativa. Non si è nemmeno preoccupato di lasciarti dormire nel suo letto."

"Perché cosa credi? Che quando toccherà a te sará diverso?"

“Non lo so sinceramente. Quello che so io è che non mi sarei venduta per una cena e un po’ di sesso.”
“Non mi sono venduta tesoro. Non avevo scelta, se ti rifiuti, non oso immaginare cosa potrebbe accadere.”
“La medesima cosa che ti capiterà entro domani sera e la medesima cosa che è capitata a tutte quelle ragazze che si sono credute speciali prima di te. O verrai trasformata in un giocattolo e ti verranno cancellati i ricordi, oppure verrai venduta a qualche drago celeste e morirai di stenti.”

“Questo è da vedere. Potrebbero anche cambiare le cose.”

“Certo perché tu sei speciale nena?” disse la ragazza scimmiottando il modo in cui Doflamingo la chiamava, le altre ragazze risero tutte.
A quanto pare aveva già appositamente fatto in modo che nel palazzo girassero i dettagli della sua serata, in modo da umiliarla e far crescere il più possibile la sua vergogna.
Sicuramente lui aveva fatto in modo che i dettagli sulla loro serata si sapessero in moda da umiliarla e farla stare il più a disagio possibile alla mercè dei pettegolezzi del palazzo, animati dall'odio di chi la invidiava e anche di chi invece, la disprezzava. In più era abbastanza sicura che le sue compagne che quel pomeriggio erano con lei alla vasca avessero raccontato la conversazione avuta.
Come a confermare quell'ipotesi la ragazza che infieriva su di lei continuó:

"Adesso. Come farai quando il tuo cariňo sceglierá un'altra di noi."

"Non tirare troppo la corda, vacca marchiata.", Rispose in modo tagliente, tutte le ragazze risero alla sua battuta. Adesso alla gogna c'era l'altra ragazza.

"Scusa come mi hai chiamato?"

"Sei sorda oltre che sfregiata sul collo? Sei una vacca marchiata che lui non vorrá mai."
Non poteva farle commento piú crudele, ricordandole quello che era successo tempo prima.
 

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Capitolo 8
*** Il prezzo della ribellione. ***


Ripensó a due anni prima.
Erano tutte davanti a lui, ammanettate e sorvegliate come schiave.

A lei non interessava cosa avrebbe potuto farle, lei non avrebbe accettato di essere schiava di quell'uomo così crudele e calcolatore.
Era pronta a ribellarsi, qualsiasi prezzo avesse dovuto pagare, anche morire.

Lui le guardó:

"Questo è tutto quello che avete saputo trovare?"

"Signorino, abbiamo fatto del nostro meglio."

Passó davanti alle schiave una per una...

"Troppo magra, troppo alta, troppo minuta... Questa potrebbe andare, si, mi piace il suo fisico formoso." Disse mettendole una mano sulla scollatura. Lei non ci pensó due volte.

"Tieni giú quelle mani sporche di sangue innocente, signorino dei miei stivali. Non siamo animali, ci tratti peggio dei vermi, non ti apparteniamo, abbiamo una dignità e delle emozioni, non siamo i tuoi oggetti. Non permetterti più di allungarmi le mani." E così dicendo gli morse una mano.

Diamante, Trebol, tutti, si prepararono a intervenire, erano convinti che l'avrebbe uccisa.

Lui si limitò a togliersi l'anello... Sorrise guardandosi la mano segnata dal suo morso, si avvicinò al caminetto con un attizzatoio mise sul fuoco l'anello.

Lei capì ciò che stava per succedere.

"Tenetela ferma!" Ordinó ai suoi subordinati.

La ragazza si dimenava:

"Lasciatemi andare brutti schifosi, io non sono di vostra proprietà, sono un essere umano, con diritti e dignità."

Lui si avvicinò a lei, le diede uno schiaffo violento che le fece girare la faccia.

Poi le tirò i capelli strattonandola. Con la sua presa di ferro la costrinse ad abbassare il capo e poggiare la testa sul suo petto imponente. Il suo viso fece contatto con il bordo del suo cappotto di piume.

"Ora capisci a chi devi inchinarti. Non vuoi appartenere a me? Bene é un vero peccato perché da questo giorno chiunque ti vedrà, noterà subito il mio marchio sul tuo collo."

Così dicendo con lo stemma dell'anello arroventato la marchió tra il collo e la spalla.

La ragazza urlò di dolore, non solo fisico, per lo più morale.

Sottovoce le sussurró nell'orecchio:

"Ora tesoro, ovunque andrai, se anche morissi, qualsiasi cosa farai, se anche riuscissi a liberarti di me tutti sapranno che sei stata sotto di me. E come ben sai le mie schiave non fanno una bella fine, nè tantomeno sono appetibili visto che io ho la fama di prendere tutto ció che è possibile da loro."

La ragazza si accasciò a terra piangendo.

"Stará un giorno in isolamento senza cibo e acqua vedremo se il suo carattere diventerà più docile. Prima però lavatela come le altre, non voglio sporcizia nel mio palazzo, nemmeno nelle segrete."

Lo odiava, tantissimo, giuró a sè stessa che l'avrebbe ucciso, se non quel giorno, il giorno dopo o quello seguente ancora fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto prima di morire. Lui l'avrebbe pagata!

Poi però il tempo passò, vide di persona come quel sistema da lui freddamente gestito funzionasse innegabilmente alla perfezione, ogni giorno vedendolo ne rimaneva sempre un po' più catturata. Prima fu qualcosa di soft, non provò più ribrezzo nel guardarlo, poi diventò sopportabile, poi vederlo le sembrò piacevole e infine, si rese conto di non vedere l'ora di scorgerlo, vederlo passare per sbirciare con la coda dell'occhio mentre s'inchinava; arrivò persino a sperare di poter lavorare per lui, per i suoi vestiti, per i suoi effetti personali; in rare occasioni era stata convocata anche per il bagno e viveva quei giorni come fossero di festa.
Non si spiegava come fosse possibile che quell'uomo avesse quel potere di stregare, era sempre lui, indifferente, freddo, calcolatore, spietato, perfido, eppure le sembrava così sensuale e addirittura, se lo immaginava dolce con lei. Sapeva che anche se fosse mai capitato di essere chiamata da lui, la sua gentilezza sarebbe stata finta e limitata a quella sera, ma non le interessava, le sarebbe bastato: quello voleva, una notte magica con Doflamingo, per quanto finta, pianificata, e probabilmente eseguita per un suo temporaneo capriccio fosse.

Ma le storie che giravano nel palazzo le erano bastati per immaginarsi il signorino toccarla, baciarla, sedurla.

La sua vita non aveva più uno scopo e da molto tempo, era stata rapita, schiava di un uomo che odiava e che poteva disporre della sua vita in ogni momento, in qualsiasi modo e senza minimo riguardo. Aveva perso la famiglia, gli amici, la libertà, la voglia di vivere, la speranza di riavere indietro tutto quello.

Eppure, con il tempo viveva con quell'unico frivolo sogno: essere di Doflamingo per una notte.

Se ne vergognava, sapeva che da parte sua era ignobile e sleale. Quell'uomo era terribile, cattivo, spietato si sentiva in colpa per via dell'attrazione che aveva per lui.

Nel frattempo, la prima settimana del mese che aveva dato come limite di tempo per trovargli degli schiavi di stirpe nobile da testare personalmente stava quasi scadendo. I suoi subordinati dovevano presentargli quel venerdì stesso gli schiavi catturati da loro, nobili e pronti per essere collaudati, altrimenti sarebbero stati guai.
Era proprio curioso di vedere cosa avessero trovato.


Nota dell'autrice: eccoci qui, con un altro capitolo descrittivo. Tra poco inizieremo a entrare nel vivo della storia. Come avrete capito Doflamingo è un incantatore mica male. Spero di averne colto al meglio lo spirito, ovviamente mi sto sbilanciando, soprattutto in alcuni passaggi su cose che ho dedotto io e che non sono parte della vera e propria descrizione che fece Oda di lui, nonostante tutto alcune cose sono deducibili. Infatti, ai tempi Oda aveva velatamente rivelato che viola fosse la sua "prigioniera sessuale" costretta anche ad accondiscendere perchè non fosse fatto del male alla sua famiglia, ma con il tempo aveva iniziato a provare passione e amore malsano, una specie di sindrome di Stoccolma. Quindi non mi è stato neanche diffcile pensare che essndo un uomo amante dei piaceri e capriccioso avesse avuto intorno a sè un sacco di ragazze con cui giocare, dilettarsi e da usare per i suoi scopi. Aspetto con ansia una vostra recensione mi farebbe molto piacere; sono graditi anche consigli e critche costruttive. Un bacione.

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Capitolo 9
*** una notte tempestosa ***


Si addormentò soddisfatto di sé stesso, i suoi bisogni erano tutti stati soddisfatti. Si tolse gli occhiali da sole e finalmente i suoi occhi furono liberi, due occhi grandi dal taglio un po' allungato e dalle pupille dal colore verde molto scuro. Si stiracchiò lasciando in evidenza il petto muscoloso, abbronzato e ben definito, la luna che entrava dalla finestra aperta lo illuminava sembrava quasi scintillare. Si addormentò su un fianco e iniziò a sognare…

Sua madre era accanto a lui e cantava accarezzandogli la chioma biondo miele.
"Dormi principino che la mamma é qua, e mentre tu dormi ti proteggerà. Chiudi gli occhi e sogna mio futuro re, tutta la tua gente esulterà per te." la madre gli diede un bacio sulla fronte, era ancora piccolo non aveva più di otto anni.

Dopo averlo coperto la mamma lo salutò:
"Doffy, mio angelo, mia vita, piccolo mio dormi bene."

La madre si allontanò nella sua camicia da notte lunga color pesca mentre i suoi capelli biondo miele le ondeggiavano sulla schiena.


Dalla finestra della camera del bambino entrò una losca figura, incappucciata di nero.

"E così sei tu il futuro erede dei Donquixote? Ohhh immagino che abbiano grandi progetti per te. Ti staranno preparando a diventare la vergogna dei draghi celesti. Cosa ti stanno insegnando? Ad amare gli umani? A scendere tra di loro? A essere buoni e trattarli con dignità e rispetto? Non possiamo tollerare questo disonore. Quindi la minaccia più grande, tu piccolo Doflamingo, va sterminata per prima. C'é posto solo per uno sul trono, ma chi metteranno se tu muori? Tuo fratello Rocinante? Non ne ha la stoffa e sarebbe facile ucciderlo se anche ci arrivasse. Mi dispiace Doffy, ma devo ucciderti per il bene di tutti."
Così dicendo mentre il piccolo era nel sonno l'individuo conficcò un coltello nel suo petto, il bambino urlò di dolore in modo straziante.
La figura scappò.

La madre accorse.

Quando lo vide urlò di sofferenza e corse vicino a lui in lacrime, il corpo era quasi esangue e il sangue usciva copioso dalla ferita di suo figlio.

Lo baciò in volto disperata:

"Piccolo mio scusami, non ho saputo proteggerti, non me lo perdonerò mai."

Anche se lo faceva molto raramente usò il so potere del frutto che aveva mangiato da ragazza inavvertitamente. Lasciò che le sue lacrime cadessero sulla ferita del piccolo Doflamingo e dopo avergli estratto il coltello, la ferita piano piano si richiuse come se non fosse mai stata procurata.

Il bambino apri gli occhi e se ne stropicciò uno con la mano:
"Oh mio angelo! Stai bene!"
"Si mamma, ma ho avuto tanta paura!"
"Lo so piccolo mio, d'ora in poi dormirò qui con te. Ti prometto che presto andremo via di qui."

"Perché c'é tutto questo sangue sul mio letto?"

"Ora é passato, chiamiamo le cameriere e lo facciamo pulire, anche il tuo pigiama."

Si svegliò di soprassalto sudato e con le lacrime agli occhi. Piangeva nei singhiozzi e respirava a fatica:

"Perché? Perché? Ero solo un bambino! Non hanno avuto pietà!"

Si sdraió sul letto coprendosi le mani con il volto. Quegli incubi lo tormentavano spesso, se non era quello era un altro. I suoi fantasmi lo torturavano, non lo abbandonavano neanche ora che era un re, cresciuto, potente e inattaccabile. Perché? Non era debole vero? Lui non era debole.

Dopo aver bevuto un calice di vino rosso, provò a riaddormentarsi, ma non riuscì a dormire con tutti quei pensieri. Pensava a sua madre, come per colpa di suo padre non era piú in vita, come a causa di quegli spietati umani la sua famiglia era stata costretta alla povertà e la madre alla malattia, alla sofferenza e alla morte.

"Soffriranno tutti mamma. Te lo giuro, anche se tu mi hai insegnato il contrario. Pagheranno per avermi separato da te, per il male che ti hanno fatto e per quello che mi hanno tolto."
 Pensò in lacrime e pieno di rabbia. L'alba stava arrivando, i primi raggi di sole penetravano dalla sua finestra. Provare a dormire sarebbe stato inutile e la giornata di sicuro non poteva iniziare bene. Dopo una notte del genere.


Nota dall'autrice: eccovi a voi un piccolo stralcio da me personalizzato dell'infanzia di Doflamingo, come ho già detto la storia è anche modificata e riadattata dal mio punto di vista e non completamente attinente alla vera storia, diciamo che in linea generale rimane invariata, mi permetto solo di aggiungere qualche episodio o particolare che ho immaginato. Gli occhi, ne sono un esempio nessuno sa come siano. Io ho una passione per gli occhi scuri e penetranti e siccome sia la madre che il padre e anche il fratello minore Rocinante non li hanno chiari ho preso la palla al balzo per attribuirglieli di un bel verde scuro, colore raro e che amo tantissimo. Al prossimo capitolo. Buona lettura!

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Capitolo 10
*** Impegni quotidiani ***


Si stiracchiò rassegnato, aveva fatto molti tentativi per riprendere sonno ma erano stati vani. Quando si svegliava per colpa di un incubo non riusciva proprio a riaddormentarsi. Si sarebbe riposato quel pomeriggio. Il suo corpo completamente nudo si alzó dal letto, si affacció alla finestra, l'aria frizzantina gli scompigliò la folta chioma bionda. Il giardino del palazzo era ai suoi piedi, forse ci avrebbe passeggiato più tardi. Raggiunse i suoi bagni privati, si fece una doccia per svegliarsi, fredda e breve nonostante fosse giá quasi autunno amava una doccia fredda la mattina per svegliarsi.
 
Indossó la sua vestaglia di raso nera con bordo rosso sulla scollatura, dopo aver calzato le ciabatte prese il lumacofono:
 
"La colazione. Oggi non è giornata! Come mai non è ancora pronta?"
 
Appena finí di chiederlo sentí tre colpi leggeri alla porta.
 
"Chi è?"
 
"Signorino è la tua colazione."
 
"Entrata, portala sul terrazzo e vattene."
 
Una ragazza con vestiti semplicissimi, una cavigliera da schiava e dei lunghi capelli castani entró con in mano un vassoio d'argento molto largo e pieno di pietanze buonissime.
 
Portó sul terrazzo la colazione , l' appoggió sul tavolo.
 
"Non desideri che te la serva signorino?"
 
"No. Ho detto vattene, non ho voglia di vedere nessuno, tanto meno una schiava."
 
La ragazza s'inchinó e si affrettò ad abbandonare la camera camminando all'indietro per non dare le spalle al re.
 
"Ehi. Mostrami il volto!"
 
La ragazza alzò il viso timidamente: occhi verdi, naso a punta, bocca ben disegnata proporzionata, capelli ricci e castani. 
 
"Non sei male schiava. Potresti farmi da scaldaletto oggi pomeriggio, danno temporale e devo recuperare il sonno."
 
La ragazza non disse nulla.
 
Le prese le mani con il viso, le esaminó gli occhi, le pupille e l'interno della palpebra, le aprí la bocca: i denti erano tutti allineati e a posto. Le guardó le mani, le braccia, poi allargó la scollatura del vestito.
 
"Nel complesso sei piuttosto accettabile. Quando finirò la colazione, verrai tu a portare via i piatti sporchi così faremo conoscenza." Le disse sfiorandole il seno, non molto grande ma ben formato.
 
"Solitamente non mi accontento mai di qualcosa di meno di una quarta abbondante, ma visto che il viso non è male e hai un bel posteriore, accetto anche una seconda per farmi da scaldaletto pomeridiano."
 
La ragazza chinó la testa.
 
"Puoi andartene."
 
Uscí sul terrazzo, si accomodó sul grande tavolo e scoperchiò la colazione: uova Benedict, pane tostato, croissant alla crema, muffin al cioccolato e nocciole, yogurt, frutta fresca, succo d'arancia, cappuccino, cereali, miele, burro, marmellata, pancakes, crostino di pane con formaggio fresco e salmone. La mattina amava riempirsi per bene.
 
Inizió a fare la colazione, il giardino sottostante iniziava a colorarsi delle calde tinte autunnali, le fontane zampillavano felici, le vigne con vari tipi di uva che aveva dedicato a Sugar che ne andava a dir poco ghiotta stavano maturando quasi completamente.
 
Dopo colazione doveva dedicarsi a scegliere la punizione per i criminali che avevano trasgredito le sue regole, Doflamingo odiava chiunque trasgrediva anche solo minimamente i suoi ordini.
Sicuramente anche oggi Sugar avrebbe avuto il suo da fare, molti sarebbero stati trasformati in giocattoli.
 
All'ingresso del castello c'erano le guardie in fila con molti condannati in catene, arrestati per chissá quale crimine.
 
Avrebbe fatto comunque colazione con tutta la tranquillitá di questo mondo, avrebbero aspettato i suoi comodi, era lui il sovrano in fondo. E poi l'attesa avrebbe fatto crescere l'ansia a quegli insolenti che avevano osato andare contro i suoi ordini.
 

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Capitolo 11
*** La fila dei condannati. ***


Mentre faceva colazione pensava già a come punire tutti gli sventurati che gli fossero capitati davanti. Non avrebbe nemmeno ascoltato i loro crimini li avrebbe puniti a capriccio, dopo solo averli visti, in base alla sua simpatia, ammesso che ne potesse provare per degli inutili umani.

Quando stava finendo il succo d'arancia afferrò il lumacofono:

"Voglio le mie stanze perfette, mandatemi la stessa schiava che mi ha portato la colazione."

Dopo solo un paio di minuti gli stessi colpi alla porta di prima.

"Vieni!" disse sedendosi sulla poltrona in pelle nera che aveva vicino al letto.

"Sparecchio subito la tavola signorino. Con il tuo permesso."

"Te l'ho per caso ordinato sciocca servitrice?"

La ragazza abbassò lo sguardo.

"Vieni qui. In ginocchio!"

La ragazza s'inginocchiò davanti a lui. Era così imponente, in quel momento non poté non notare quanto tra loro ci fosse un abisso: lui bello, immerso negli agi, raffinato, circondato dal lusso e vestito con abiti pregiati; lei inginocchiata vestita praticamente di stracci e con una cavigliera da schiava che attentava alla sua vita in qualsiasi momento.

"Sei molto giovane?"

"Ho 23 anni signorino."

"Ero convinto ne avessi meno, il tuo viso é molto fine. Come sei arrivata a servirmi?"

"La mia famiglia aveva bisogno di soldi e io mi sono proposta di fare qualsiasi lavoro. Ma sono stata ingannata, é stato detto alla mia famiglia che avrei lavorato in un ristorante e invece, mi hanno venduto all'asta degli schiavi. Lì sono stata comprata per te insieme a un lotto di altre ragazze. Siamo state tutte acquistate praticamente per nulla."

"Quindi vorresti dire che lavorare per me é una punizione?"

"No signorino. Non volevo dire questo..."

"Non é quello che sembrava. Hai accennato alla tua famiglia descrivendola come "ingannata" dal fatto che lavorare in un misero ristorante sarebbe stato meglio che lavorare per me. É un onore per te e tutte le tue compagne poter lavare i vestiti sporchi di un drago celeste, poter lustrare i miei bagni e sbrigare la più umili faccende per me. Lo capisci questo? Sciocca insolente?"

"Certo. Perdonami Signorino."

"Ti faccio vedere..." Disse lo schichibukai tirandole i capelli per costringerla ad alzarsi. La strattonò per portarla davanti allo specchio: "la capisci la differenza che c'é tra noi, o comunque tra me e qualsiasi altro umano inutile come te? Dimmi cosa vedi?"

La ragazza aveva il magone e la voce strozzata.

"Lo vedi che differenza? Come la mia figura é imponente, magnifica, raffinata e autorevole e come la tua presenza sia misera?"

"Si. Si mio re." Singhiozzò lei mettendosi le mani nei capelli per il dolore mentre lui glieli stringeva nella sua presa di ferro.

"Quindi? Dirai ancora che ti aspettavi qualcosa di migliore di lavorare per me?"

"No. No mio sovrano."

"No te escucho bien, loca, estúpida!"

"Perdonami Signorino."

Improvvisamente mollò la sua presa di ferro e la ragazza cadde a terra, accasciandosi.

"Sparecchia e lustra la mia stanza, la voglio impeccabile se no é meglio che non immagini ciò che succederà e oggi pomeriggio verrai preparata per scaldarmi il letto. Spero riescano a renderti presentabile e un po' meno misera."

La ragazza faticava a trattenere le lacrime. Avrebbe voluto ucciderlo, se avesse avuto un'arma avrebbe provato, anche se avesse significato morire.

Mentre si dirigeva verso il terrazzo notò con la coda dell'occhio l'uomo che si toglieva la vestaglia e sceglieva i suoi vestiti. Se solo non fosse stato così bello, sensuale, affascinante sarebbe stato tutto piú semplice.

Dopo essersi vestito uscì dalla sua camera, il petto muscoloso sembrava esplodere da quella camicia aperta in seta bianca con ricami e rifiniture rosse. Nonostante non fosse chiusa faceva comunque fatica a contenere i suoi muscoli tonici e molto sviluppati. I suoi calzoni lasciavano scoperti i polpacci fini ma asciutti e la cintura stringeva i pantaloni a un addome a dir poco scolpito, il suo cappotto di piume ricadeva sulle spalle sembrando quasi un regale mantello.

Camminava giocherellando con il suo orologio d'oro costosissimo: erano le dieci in punto, aveva nel sangue la puntualità e l'essere calcolatore dopotutto, era un drago celeste, di razza superiore a quei viscidi vermi umani.

La ragazza iniziò a guardarsi in giro, c'era molto da fare in quella stanza.

Il letto grande e spazioso era disfatto, si capiva che il suo sonno era stato agitato, in più probabilmente c'era stato del consistente movimento prima di dormire; aveva saputo della povera ragazza chiamata per soddisfare il suo capriccio sessuale e poi rimandata a dormire in mezzo alle schiave prima che fosse mattina. Ciò che già sapeva fu confermato da una macchiolina di sangue sulle lenzuola: quella ragazza era stata deflorata da lui solo per puro gioco; rabbrividí al pensiero che forse presto sarebbe capitato a lei, anche perché lei aveva un amore, l'unico uomo a cui avrebbe voluto concedersi, l'uomo con cui era fidanzata e che avrebbe dovuto presto sposare se non fosse diventata schiava.
Avrebbe lottato con tutta sé stessa per rivederlo e amarlo, sposarlo, vivere con lui.

Con quel pensiero iniziò a pulire e rassettare la stanza, i guanti che Doflamingo aveva imposto a tutte le schiave quando toccavano le sue cose le davano fastidio e le facevano pizzicare le mani.
Quanto avrebbe voluto toglierli, ma al solo pensiero di lui e di quello che avrebbe potuto fare se l'avesse scoperta preferì continuare a soffrire.

"Non dovete toccare nulla con quelle mani viscide e appiccicose, sporche del peggio d soprattutto appartenenti a viscide donne umane."

Prese la sua vestaglia, lunga, nera in seta e raso, pregiata e costosa, cosa che lo rendeva ancora più odioso, avere tutto quel lusso senza meritarlo. Nonostante tutto, non potè fare a meno di essere inebriata dal dolce profumo che sprigionava, non le era mai capitato di poter toccare e tenere in mano così lungo un capo indossato dal re, soprattutto intimo e notturno.

Aveva un profumo inebriante, mascolino, dolce e piccante allo stesso tempo. Ricordava il sottobosco nella quale era cresciuta, il muschio bianco che trovava sulle rocce. E poi... L'odore della sua pelle, anche quello era inebriante, buono, sublime.
Perché quell'uomo doveva essere bello e affascinante quanto spietato e malvagio?
Chissà cosa stava facendo ora? Quante persone stava intimorendo, condannando, facendo soffrire?


Doflamingo sedette sul trono in maniera scomposta, come spesso faceva senza curarsi di niente e nessuno, Trebol alla sua destra, Diamante e Señor Pink allá sua sinistra.
La fila sottostante di persone tremanti legate e scortate dalle sue guardie lo irritavano e indisponevano soprattutto perché sentiva anche dei pianti qua e là.

Sugar era seduta sulle sue gambe impaziente d'incominciare a trasformare le persone in giocattoli; Monet e Baby 5 erano sedute ai suoi piedi sui gradini del trono pronte anche loro a intervenire.

"Allora piccolina ti ricordi cosa ti ha promesso Doffy?"

"Si! Si! Si! Se faccio bene il mio lavoro mi darai tantissima uva sta sera!" Rispose Sugar elettrizzata.

"Brava bambina, ora stai buona e ascolta quello che ti dico." disse sedendola meglio sulle sue gambe lunghe.

"Venite avanti uno per uno, con i criminali catturati, non più di uno alla volta. Trebol vi dirà quando avremo finito con uno e toccherà al prossimo."

"Avanti!" disse Trebol alla prima guardia.

Incatenata c'era una ragazza che non doveva avere più di quindici anni.

"Signorino, l'abbiamo trovata in giro dopo la mezzanotte. Tu non hai ordinato che dopo quell'ora gli umani non possono più uscire?"

Senza nemmeno ascoltare il motivo Doflamingo disse:
"Potrebbe fruttarci un po' di soldi, la venderemo a qualche Drago Celeste o Nobile all'asta degli schiavi."

La guardia trascinò via la ragazza che urlava:

"No ti prego signorino, abbi pietà, ho dovuto uscire per portare il brodo caldo a mia nonna che stava male."

La guardia la zittí dandole un colpo assestato sulla nuca:
"Zitta! Non parlare con il signorino, non ne hai il permesso, così ha deciso!"

"Il prossimo!"chiamò Trebol. Questa volta "il criminale" era un ragazzo di bell'aspetto sui vent'anni.

"Ha colpito una guardia che stava catturando la sua fidanzata come tributo per te signorino."

"E adesso la guardia come sta?  Ferita, ma si sta riprendendo!"

"La ragazza? Tra le schiave che dovrai scegliere oggi."

"Bene. Pequeñita, fai il tuo dovere." Disse accarezzando la testa a Sugar.

"Siiiiiii!" Esclamò la ragazzina trasformandolo in un orso di peluche vivente.

"Nella discarica! A lavorare per gli Smile."

"Noooo. Carmina dove sei? Lasciatemi, liberata la mia ragazza."

Anche il ragazzo venne trascinato via.

"Il prossimo."

"Qui abbiamo un caso furto signorino." Disse Monet guardando una cartella che teneva in mano.
"Se non sbaglio é stato trovato nei tuoi giardini a cogliere grappoli d'uva e rubare uova alle oche e pesci dallo stagno."

"Ohhh hai sentito Su? Ti ha preso i grappoli d'uva!" Disse Doflamingo cercando di aizzare la bambina.

"Cosa facciamo? Secondo me devi pensarci tu."

"Si! Si! Ti trasformeró in un giocattolo cattivo. Non si tocca la mia uva e neanche le uova e il pesce del signorino."

"Perdonami re Doflamingo! Devo informarti che ha una moglie che rimarrá sola." Specificó Monet.

"Non soffrirá certo di solitudine se mi fará da schiava qui a palazzo, del resto devo pur avere un compenso per ció che mi è stato rubato. Lui sará un giocattolo, arrestate immediatamente sua moglie." disse guardando la foto della donna che Monet gli stava mostrando: "ha molte qualità che qui verranno al meglio impiegate."

"Nooo, Signorino avevo fame... Ti prego, il nostro raccolto è andato distrutto, risparmia almeno mia moglie."



Nota dell'autrice: Eccoci qui! Non ho scritto per un po' perchè sono stata in vacanza. Spero sempre di trovare una recensione come sorpresa prima o poi! Siamo ancora nella parte narrativa e descrittiva nella storia ma, tra poco ci sarà lo sviluppo principale. Spero che vi piaccia anche questo capitolo. Un bacione a tutti!

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Capitolo 12
*** si tirano le somme ***


La mattinata trascorse cosí, lui giudicava i "criminali" in modo frettoloso e nel giro di sole tre ore aveva smaltito tutti i casi da esaminare, per cosí dire.

Dopo aver pronunciato il verdetto per l'ultimo condannato disse: "Finalmente abbiamo finito, nonostante sia divertente è anche impegnativo il mio lavoro. E tu niña? Hiciste muy bien! Avrai tutta l'uva che vuoi puoi mangiare quella tutto il giorno. L'importante é che tu non stia male. Tua sorella maggiore Monet ti darà un'occhiata. In quanto a voi signorine..." Disse rivolto a Monet che teneva la cartelletta e a Baby Five che aveva ancora la sua gamba sottoforma di fucile. "Non mancherò di ricompensarvi."

Trebol e Diamante sorridevano fieri di lui.

"Ragazzi ci facciamo un aperitivo per rilassarci?" Chiese ai due uomini vicino a lui.

"È un onore Doffy!" Rispose Trebol per entrambi.

Dopo solo mezz'ora si trovarono in giardino sotto un magnifico pergolato di garofani rossi, all'ombra degli alberi sorseggiando prosecco di ottima qualità e mangiando stuzzichini, ovviamente costosi.
Doffy era l'unico che anche per aperitivo beve a sempre il vino rosso.

"Doffy, vorremmo farti vedere una cosa."

"Spero sia qualcosa di buono, perché la giornata è giá stata molto impegnativa."

"Buonissimo!"

"In tal caso ditemi!" disse facendo roteare il vino nel calice e appoggiando un braccio sulla sua poltrona.

"Abbiamo scattato le foto di tutte le principesse e nobili che possiamo catturare per te. Vorremmo sapere se hai delle preferenze."

Cosí diciendo Diamante estrasse da una valigetta moltissime foto.

"Se per te va bene Doffy, metti una "X" su quelli che più ti aggradano."

Guardó attentamente le foto e scelse le nobili e i nobili migliori per ogni categoria due giganti, i migliori un maschio e una femmina, una coppia di Tontatta, una coppia di uomini-pesce e così via. Di nobili umani ne scelse molti di più femmine soprattutto.

Una foto lo colpì più di tutte.

"Chi è questo schianto?"

"È la principessa Viola, figlia di Re Riku del paese di Acacia qui vicino. Una volta regnanti di Dressrosa prima di fuggire per evitare di scontrarsi con te."

"Interessante!" disse con uno dei suoi ghigni più perfidi, nonostante portasse gli occhiali si potevano percepire i suoi occhi brillare.

"Prenderei due piccioni con una fava, danneggerei il vecchio Riku che ha abdicato per non combattere con me togliendomi tutto il divertimento. Adesso potrei attaccarlo sono uno Schichibukai e un re per giunta, senza contare che sono un ex drago celeste il governo non interverrà se lo uccido e in più mi prenderò sua figlia."

"Quindi la cattureremo per te Doffy?"

"No assolutamente voi pensate a tutte le altre, lei tenetela solo d'occhio, spiatela e raccogliete informazioni su di lei. Quando sarà il momento entreró io in azione personalmente."

"Va bene Doffy! Come tu desideri!"

I tre brindarono alla missione.

"Per quanto a volte avrei voglia di trasformarvi in giocattoli per quanto siete idioti, è anche vero che quando fate le cose come comando sono fiero che siate la mia famiglia."

Nonostante Doflamingo disprezzasse chiunque tranne sè stesso, aveva sempre riconosciuto un po' di onore ai membri della sua "famiglia" che aveva formato con gli anni. Una volta anche il suo fratello biologico minore ne faceva parte, ma poi lo aveva tradito, cosa per cui lui aveva sempre sofferto per quanto lo negasse, e quindi era stato costretto a sbarazzarsene con le sue mani.

Il pranzo era fresco, leggero e veloce, a differenza della cena non era consumato da tutti i membri allo stesso tavolo. Doffy lo aveva scelto leggero e sbrigativo, a differenza della cena per una questione organizzativa.

Finito il pranzo che per casualità aveva consumato in compagnia di Trebol e Diamante si stiracchiò e disse: 
"Ho bisogno di un riposino! Mi confermi che Señor Pink ha fatto il suo dovere?"

"Ne-ne Doffy! Certo che sì! Ci sta lavorando da stamattina tardi, credo che per soddisfatti non abbia nemmeno pranzato per finire il lavoro."

"Bene. Digli che mi mandi in camera quello che ho chiesto."

Le nuvole avevano coperto il sole e si erano fatte più nere, come Doffy aveva appreso dalle previsioni si preparava un bel temporale, infatti l'aria giá poco calda era diventata ancora piú fredda.

Doflamingo pregustó giá quello che sarebbe successo quel pomeriggio, avrebbe avuto uno scaldaletto umano, una bella ragazza che gli avrebbe fatto recuperare il sonno perso della notte precedente.

Si avvió verso le sue stanze. Il suo tipico ghigno stampato in volto non sembrava voler sparire.

Giunto davanti alla porta della sua stanza una guardia s'inchinó a lui e gli aprí.

Controlló la pulizia per cui era a dir poco fissato.

Quella ragazza aveva fatto proprio un bel lavoro, la sua camera era pulita, lustrata, ordinata e le lenzuola profumavano di bucato.

Si avvicinò al letto, si tolse i vestiti ammirando nello specchio la sua figura statuaria, tolse gli occhiali scoprendo i suoi affascinanti occhi scuri e grandi.
Stava per infilare la sua vestaglia quando sentí tre colpi leggeri alla porta.

"Si?"

"Il tuo ordine signorino."

"Avanti!" disse allacciandosi la vestaglia.

Dalla porta entró la ragazza che aveva scelto quella mattina. Indossava una vestaglia rosa cipria, di sera con trasparenze e volant e sotto aveva una lingerie dello stesso colore.
La ragazza tremava e la testa era bassa.

Doflamingo si avvicinò:

"Perchè tremi cosí? Non ho certo intenzione di mangiarti, nè di ucciderti. Passerai solo qualche ora con me." Disse spontandole i capelli davanti per liberarle il collo. Glielo bació un modo passionale.

"Dormirai con me, mi terrai caldo, mi onorerai. Non credo di volere fare attività fisica oggi. Devo dormire."

Quella frase non la sollevó per niente, avrebbe comunque dovuto baciare, abbracciare, dormire e lasciarsi toccare dall'uomo che avrebbe voluto uccidere.

In quel momento pensò al suo unico amore... 
"Akihiro come vorrei che tu fossi qui."




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Capitolo 13
*** Il temporale pomeridiano ***


"Io so sempre come trattare le belle ragazze in queste occasioni, sono sicuro che ti piacerá, alla fine mi ringrazierai te lo assicuro."
 
Lei non lo ascoltava stava pensando al volto del suo amato, cosí diverso da lui, un bellissimo samurai, di origini nobili, ma molto semplice, che non cercava i lussi e gli agi, anzi, si spendeva per gli altri. Dal fisico statuario, capelli neri e lisci e occhi dello stesso colore dei prati bagnati dalla rugiada e dalla brina, un verde scuro con degli accenni di grigio.
 
Si ricordó quello che le aveva detto nel loro ultimo incontro:
 
"Mia sposa, sei la donna più bella del mondo, ancora questo ultimo giorno di allenamento e domani a quest'ora saremo marito e moglie. Sta sera verró a casa tua, mangeremo insieme con i nostri genitori e domani a quest'ora ci saremmo giá giurati amore eterno."
 
Lei lo aveva abbracciato e gli aveva dato un bacio:
"Sta sera quando tornerai troverai una cena spettacolare fatta tutta da me."
 
"Non sará pero caso manzo di Kobe, con pasticcio di patate e peperoni grigliati?"
 
"Curiosone è una sorpresa, ora vai e torna presto."
 
Quello era stato l'ultimo giorno, l'ultima volta che l'aveva visto. 
 
Poi aveva fatto l'errore più grande: addentrarsi nel bosco da sola per cercare i frutti freschi per fare la crostata al suo amato.
 
Lí due uomini erano saltati fuori all'improvviso, l'avevano afferrata e ridendo avevano detto:
"Il signorino sará fiero di noi."
 
Lei aveva urlato, chiesto aiuto, ma era stato tutto inutile.
 
Alla fine una volta incontrato questo "signorino", scoprí che non era nemmeno soddisfatto che l'avessero catturata e che sarebbe stata tenuta come serva e schiava qualunque.
 
Aveva implorato di poter tornare dalla sua famiglia, aveva promesso di non dire nulla sull'accaduto, ma Doflamingo non era un uomo che dava la libertà, non era mai successo, lui adorava vedere le persone sottomesse e obbligate al suo volere, anche solo.per capriccio ed egoismo non sarebbe mai stato disposto a rimandarla a casa. Però le aveva promesso che un domani se non si fosse comportata male avrebbe potuto essere venduta, perciò riacquistata dalla sua famiglia, anche se lei sapeva che non sarebbe mai successo, in primo luogo perché Doflamingo avrebbe fatto in modo di impedirlo, e in secondo luogo la famiglia non avrebbe mai potuto permetterlo.
 
Con gli occhi fissi e lucidi per le lacrime stava immobile mentre lui le baciava il collo e le toglieva la vestaglia pian piano. Non era mai stata spogliata da un uomo.
 
"Sei un pezzo di legno querida. Credo che io debba aiutarti."
 
Si mise di fronte a lei, e prendendole la mano gliela posó sul suo petto muscoloso.
 
Lei sentí un brivido lungo la schiena, quel petto era liscio, muscoloso, tonico sembrava di marmo.
 
"È questo che venererai e di cui ti prenderai cura oggi. Avanti togli la vestaglia."
 
La ragazza si sentí morire, tolse la vestaglia e rimase in lingerie.
 
Anche lui si tolse la vestaglia e si sdraió sul letto.
 
"Vieni qui! Sdraiati!"
 
Lei lo seguì, sentendo crescere verso di lui un odio cocente.
 
Doflamingo era sdraiato sul letto, il lenzuolo copriva a malapena i suoi fianchi, il suo ampio petto e le braccia erano libere e perfettamente esposte.
 
Lei si sdraió vicino a lui.
 
"Baciami!"
 
Lei si pietrificò.
 
"Onora il tuo re per averti concesso quest'onore. Baciami il viso e il petto, soddisfa le mie necessità. Ho bisogno di coccole per addormentarmi."
 
La ragazza trattenne il magone e posó il primo bacio sulle sue scapole ben definite, odió sè stessa per averlo trovato piacevole, inizió con una piccola scia di baci sulla mascella, lo zigomo, poi il collo. Lo Schichibukai sorrideva ed emetteva piccoli gemiti di piacere.
 
Si sentì a suo agio tutto ad un tratto, si sentiva potente vedendo quell'uomo in balia delle sue attenzioni anche se sapeva che sarebbe stato temporaneo, inizió a provare piacere nell'ordine impartito.
 
Quando arrivò al petto, era completamente presa da lui tanto che senza che lui lo avesse chiesto lo abbracciò mentre lo baciava. Com'era possibile che quell'uomo avesse quell' ascendente su chiunque? Ogni qual volta sentiva raccontare di schiave disperate quando veniva scelte per passare la notte con lui che poi la mattina dopo uscivano dalla stanza innamorate perse le biasimava e non capiva come fosse possibile, ora però iniziava a capire cosa provassero, anche se non riusciva a spiegare cosa stesse succedendo.
 
Continuò a lasciargli piccoli bacetti umidi sui muscoli del petto, della schiena e dell'addome, un pochino più passionali e meno fugaci dei primi. Dopo un quarto d'ora era addormentato, avrebbe potuto smettere, ma dentro di lei sentiva il desiderio di continuare; nonostante tutto sapeva che se l'avesse svegliato avrebbe passato grossi guai quindi si mise vicino a lui con la testa sul petto addormentandosi.
 
Che buon profumo! Che respiro regolare e tranquillo, che petto scolpito e muscoloso.
 
Quell'uomo doveva avere qualche potere particolare, altrimenti non sarebbe stata lí stregata da lui pur sapendo che fosse dannatamente sbagliato, sapeva che si sarebbe sentita in colpa tutta la vita. Nonostante non avesse avuto nessun tipo di rapporto sessuale con lui, non poteva più dire di non aver mai dormito con un uomo, in più l'aveva baciato, e adesso dormiva vicino a lui con la testa sul suo petto, con una mano che lo accarezzava dolcemente come se non potesse controllarla.
Nel sonno lui le aveva circondato la schiena e le spalle con un braccio, quello era pieno tradimento si vergognava di sé stessa; non solo per aver tradito Akihiro, ma soprattutto per averlo fatto con un uomo orribile, orribile si, ma maledettamente bello, bellissimo!
 
Il suo corpo era soporifero, il calore, la sofficità delle coperte, l'imponenza e la piacevole temperatura del suo corpo, i tuoni e il rumore della pioggia, il peso del lavoro pesante che faceva e delle sue poche ore di sonno tutto conciliava con una bella dormita; in poco tempo infatti, perse i sensi.
 
Si svegliò dopo due ore di sonno profondo, era ancora nella stessa posizione in cui si era addormentata, aveva dormito di sasso. Del resto quel letto non aveva certo a che fare, anche solo lontanamente con il suo, aveva lenzuola in seta, coperte di raso, cuscini di piume, materasso confortevole. In più il petto scolpito, il calore del corpo, il dolce profumo e il respiro del suo padrone avevano sicuramente reso quel sonno a dir poco speciale. Il re dormiva ancora profondamente, ebbe un'unica occasione: quella di osservarlo. Era un uomo incredibile e di un fascino irresistibile, era di una bellezza inquantificabile. I suoi capelli biondi e pettinati all'insú sembravano quasi dorati nella penombra delle candele, la stanza era volutamente buia per i suoi riposini e rischiarata da candele come a lui piaceva, in più fuori c'era il temporale che Doflamingo amava tantissimo, il suo petto perfetto e i suoi muscoli d'acciaio danzavano al ritmo del suo respiro. Senza quei maledetti occhiali, che lui si ostinava portare, aveva un volto molto più dolce, per quanto certo quell'aggettivo non gli appartenesse.
La bocca arcuata e sottile era molto più armoniosa ora che non era alterata da uno dei suoi soliti ghigni calcolatori, il naso a punta contornava quel viso dai lineamenti mascolini, gli zigomi a punta e la mascella ben delineata. Anche le mani erano lunghe, affusolate e grandi.
Non potè resistere dall'essere attratta, sentí dentro di sè un vortice di emozioni. Si odiava, odiava sè stessa: era debole, sciocca e anche poco intelligente, quell'uomo era spietato, terribile, sadico, senza un briciolo di sentimenti, ma lei per via del suo aspetto fisico ne stava rimanendo incantata, stava andando contro a tutto ciò che credeva e che le era stato insegnato. In più il suo Akihiro, lo stava tradendo, non solo non aveva avuto la forza di ribellarsi agli ordini di quell'uomo che odiava, ma adesso ne era pure compiaciuta e il suo Akihiro probabilmente l'aspettava. Non sapeva nemmeno dov'era, nè se fosse viva o meno, eppure era sicura conoscendolo che ancora sperava in un suo ritorno. Con quei pensieri si tiró su sul letto a sedere, cercó la sus vestaglia per infilarsela.
 
"¿Qui te ha dicho que terminar?" 
L'uomo le accarezzò la spalla.
 
"Ti ho per caso congedato? Ti ho detto che puoi ritirarti?"
 
"No joven amo!" (Giovane padrone)
 
"Allora perché sei seduta? Vieni qui e fai il tuo dovere!"
 
"Perdonami signorino, certo sono qui."
 
La ragazza si ricoprì girandosi verso di lui, ricominciò con i suoi piccoli baci sul petto, sul viso, questa volta non essendo stanco lui ricambiava di tanto in tanto con baci sulla bocca, sulla spalla o anche solo accarezzandole la schiena.
 
A un certo punto lui la fermó:
 
"Ho bisogno di prepararmi per la cena! Voglio stare da solo un po', ritirati pure, se non sbaglio in cucina c'é un gran da fare."
 
La ragazza si alzò:
 
"Non hai più bisogno mio padrone?"
 
"Mi sembra di averti già detto che puoi ritirarti. In cucina hanno bisogno, sai cosa succede se la mia cena ha qualcosa che non va. Tu non vuoi che io ti ritenga responsabile vero?"
 
"No mi rey!"
 
"Allora vattene e anche in fretta, lascia i vestiti sulla sedia, fuori troverai i tuoi abituali. Ti cambierai in corridoio, i vestiti di stracci non devono neanche avvicinarsi alla mia stanza."
 
La ragazza s'inchinó: "Allora con il tuo permesso signorino."
 
Doflamingo fece un gesto con la mano per indicare alla ragazza che poteva congedarsi.
 
Bevve un bicchiere d'acqua, ancora poco e sarebbe arrivata l'ora di cena, aveva bisogno di un attimo per svegliarsi bene.
 
Infilò la vestaglia e guardò fuori, un temporale come piaceva a lui, sarebbe durato tutta la sera.
 
Amava l'odore di terra bagnata, di pioggia, della natura che si risveglia. Mentre si godeva quello spettacolo, quel contatto con la natura sentì un odore che lo disturbava, cercò di ignorarlo, ma non ci riuscì: brace, fumo, griglia. Non esisteva odore che detestava di più, aveva emanato in tutto il regno il divieto di grigliare la carne in quel modo. Amava il sapore della carne alla griglia, la mangiava spesso, ma non sopportava quell'odore, motivo per cui tutte le cucine del palazzo erano dotate di pietra, su cui cuocere la carne, griglie elettriche, ma non tradizionali, erano inoltre dotate in modo che l'odore non si disperdesse e chiunque ci avesse lavorato vicino non poteva presentarsi a lui finché non si fosse lavato e tolto ogni traccia di quell' odore.
Chi stava osando trasgredire quel suo ordine? Sapevano che quell'odore lo faceva letteralmente uscire di senno, chi aveva avuto il coraggio?
 
 
 

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Capitolo 14
*** Odore di guai ***


Rientró tempestivamente nella sua stanza, si tolse la vestaglia e indossó la sua camicia bianca, e i pantaloni. In tutta fretta uscì dalla sua stanza. Era furioso, l'avrebbero pagata cara. Si diresse verso le cucine, senza nemmeno cambiarsi, era ancora in vestaglia.
Con passo sostenuto si avvicinava alla cucina. Quando lo videro entrare tutti si inchinarono in riverenza. Era rarissimo vederlo privo del suo cappotto di piume, succedeva solo in casi di emergenza o quando era molto furioso. I suoi occhi attenti scrutarono la cucina, chi puliva il pesce, chi impastava il pane, chi lavava la verdura, qualcuno stava impastando i dolci, altri la pizza ognuno alla sua postazione, il colpevole non sembrava essere lí.

"Ditemi chi di voi sta grigliando la carne facendo fumo verso la mia stanza, lo sapete che non tollero sentire quell'odore in nessun luogo o circostanza. Ditemi chi è il colpevole o sarete tutti giocattoli viventi entro 'sta sera."

I servitori si guardarono uno con l'altro finchè dal fondo della cucina dalla parte più recondita e interna si sentì dire timidamente:

"Sono stata io, ma non l'ho fatto di proposito, perdonami signorino ti prego."

La ragazza che quello stesso pomeriggio aveva dormito vicino a lui, lo supplicava di perdonarla.

"Come hai potuto? Sottospecie di viscida vipera! Vuoi per caso disonorarmi, perché hai fatto fumo. Ho dato istruzioni ben precise per grigliare la carne nel mio palazzo. Pensavi forse di conoscerne di migliori?"

"No signorino, è stata una svista. C'era molta carne sul fuoco, io non sono pratica con la pietra, stavo grigliando la carne e ha fatto molto fumo così ho pensato di aprire la finestra per farne uscire il fumo. Non sapevo fosse proibito, sono nuova ti prego abbi pietà di me."

"Hai aperto di proposito la finestra? Per fare uscire il fumo? Questo è alto tradimento! Come ti permetti di venirmelo anche a dire piccola insolente? Non la passerai liscia. Trebol tra dieci minuti nella sala delle udienze, portala da me, saró lí ad aspettare e sistemeremo tutto. In quanto a voi cucinate come si deve, penso abbiate capito che questa sera rischiate grosso, molto più di qualsiasi altra."

La ragazza rimase per terra accasciata e piangendo:
"Perdonami signorino, ti prego!"

Lui si voltò e si diresse verso la sala delle udienze.

In cucina ripresero i lavori con grande fermento, erano tutti spaventati e nervosi, invece, di consolare la ragazza tutti la guardavano come se fosse colpevole delle loro disgrazie. Solo una ragazza si preoccupó di lei, sollevó dolcemente la ragazza porgendole un bicchiere d'acqua.

"È normale sbagliare, capita a tutti, è difficile la pietra all'inizio perché non hai chiesto aiuto?"

"Non volevo essere d'impiccio."

"Non chiedendo hai fatto un danno più grosso. Impara per una prossima volta, chiedi aiuto se non sei capace, tra noi schiavi ci dobbiamo aiutare."

"Ti ringrazio. Ma non ci sarà una prossima volta, questi saranno gli ultimi dieci minuti di vita che mi restano. Ne sono abbastanza sicura."

"Non è detto. Sii sempre positiva, molti ritornano dopo una sonora strigliata, sono pochi quelli che vengono uccisi. Doflamingo sa che uccidere significa perdere un guadagno, il peggio che può capitarti è diventare un giocattolo, ma continuerai a vivere, oppure verrai venduta, ma detto tra noi peggio di dove sei adesso dove puoi finire."

"Ho dormito con lui oggi pomeriggio. Come puó adesso trattarmi così."

"Oh tesoro. Davvero credevi che questo ti avrebbe reso speciale? Quasi tutte le ragazze che vedi hanno dormito o addirittura sono state in intimità con lui, eppure sono tornate qui e alcune hanno avuto punizioni esemplari. Siamo suoi giocattoli, suoi passatempi, i suoi capricci. Tutti sono terrorizzati di diventare giocattoli, ma in fondo adesso cosa siamo? Nessuno sá dove siamo, che fine abbiamo fatto, non abbiamo volontà o dignità. Se diventi un giocattolo e finisci a lavorare nella fabbrica degli smile la vita non sarà più dura di questa."

Nonostante molto tristi, quelle parole furono per lei di conforto, la rincuorarono e le diedero forza.

Trebol disse alla ragazza:

"Alzati! Non vorrai fare aspettare il signorino. Siamo già nei guai. Sei una delle schiave appena arrivate, adesso per colpa tua ce la vedremo brutta anche noi."

"Non l'ho fatto di proposito! È stata una distrazione."

"Credi che al signorino questo importi. L'incidente provocato ti costerà parecchio. Se riesci a salvarti questa volta poi saresti saggia se ti concentrassi sul lavoro."

"Ormai ciò che è fatto, è fatto. Non posso certo tornare indietro con il tempo. Andrò incontro alla mia sorte."

Trebol e Señor Pink la scortarono nella sala delle udienze... I passi che percorreva avrebbero potuto essere gli ultimi. Le porte si aprirono, Doflamingo era in piedi nel mezzo della sala del trono. Indossava ancora gli stessi vestiti "semplici" che indossava in cucina, evitando di sedersi sul trono con i vestiti "sporchi".

"Lasciatemi da solo con lei. Uscite!"

La ragazza cadde ai suoi piedi con un inchino.

"Guardami!" La ragazza alzò timidamente lo sguardo.
Si tolse la camicia rimanendo a petto nudo. 

"La vedi questa?"

"Si signorino." Gliela sbattè in faccia.

"Annusala e dimmi che odore ha?"

"Ha il tuo odore signorino."

"Sei sicura? Non ti conviene prendermi in giro. Che odore ha?"

"Odore di... Fumo di brace."
 
Con uno scatto veloce si avvicinó a lei dandole uno schiaffo così forte da farla indietreggiare.

Afferrò la camicia e iniziò a colpirla come se fosse una frusta. La ragazza cercava di parade i suoi colpi, anche perché i bottoni della camicia sbattevano sul suo corpo procurandole dolore.

"Sdraiati a pancia sotto. Non muoverti o sarà peggio per te."

Lui la colpí ripetutamente con la sua camicia sulle gambe, la schiena, le braccia. Quando era ormai per terra dolorante disse:

"Giá mi sembra di ascoltare le parole di Boa Hancock quando la vedrò alla riunione degli schichibukai, una delle donne più belle che io conosca. Mi sembra già di sentire la sua voce suadente dire: 'Doffy, una volta profumavi di muschio e spezie, che cos'è questo nuovo profumo carne bruciata?' Ho dato un preciso ordine, nessun tipo di odore che abbia a che fare con fumo, bbq o griglia. Lo capisci? Non per niente ho fatto installare della pietra dove potete cuocerla e vi ordino di farlo in una stanza appartata e soprattutto senza farne fuoriuscire l'odore. Volevi forse offendermi?"

"No signorino! Non mi permetterei mai." Disse singhiozzante massaggiandosi le braccia livide.

"La bravata che hai fatto ti costa una punizione esemplare. Farai due settimane a pulire lo sterco degli animali, mangerai solo pane e acqua e dormirai in isolamento. E credo di essere stato anche troppo indulgente. Che non ricapiti più, non sarò così fortunata la prossima volta. Ringrazia che sono a corto di cuochi."

"Grazie signorino! Grazie di avermi risparmiato la vita!"

"Sparisci prima che cambi idea. Trebol, venitela a prendere lavorerà nel recinto dei maiali e degli animali da allevamento. Non fatele toccare i fenicotteri per nessun motivo. Starà in isolamento e alle strette per due settimane."

La ragazza sembrava quasi sollevata.
Era ancora viva e non era un giocattolo, era stata davvero fortunata.


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Capitolo 15
*** La principessa ribelle ***


"Ah Pink!"
"Si Doffy?"
"Fai preparare il bagno, che sia rilassante e che mi disinfetti. Questi vestiti dagli fuoco! Gettali nel camino." Disse togliendosi i pantaloni e la camicia. Rimase da solo nella sala del trono. Si versó un abbondante calice di vino rosso e lo trangugiò letteralmente, quell'odore, quel maledetto odore di carne bruciata aveva risvegliato in lui ricordi a dir poco spiacevoli per questo l'aveva sempre proibito. Si mise le mani sulla testa e chiuse gli occhi:
"È tutto ok Doffy. Sei un re, tu sei nato per essere re, sei potente, hai in mano tutto, sei ricco e hai un sacco di schiavi è passato, tutto passato."

I suoi occhi erano umidi. Si tolse gli occhiali per asciugarli.

Chiunque l'avesse visto in quel momento avrebbe smesso di avere paura di lui, svestito, solo in intimo seduto per terra, a cercare di calmarsi e asciugarsi le lacrime.

Era tormentato da quei ricordi, spesso diventavano incubi e non lo lasciavano dormire. Il suo potere, la sua regalità, la sua ricchezza e la sua posizione non erano serviti a cacciarli.

C'era solo una persona che avrebbe potuto rimediare a tutto: sua madre. Lei si che meritava il suo amore, ci teneva al fatto che crescesse buono e si comportasse bene, sua madre non sarebbe certo stata fiera di lui. Ma lei con il suo comportamento che fine aveva fatto? Era morta! Di stenti, malattia e sofferenze per mano di quegli schifosi umani che appena erano venuti a conoscenza delle origini della sua famiglia li avevano cacciati come animali selvaggi o forse anche peggio. Perché un animale selvatico non lo torturi, non cerchi di tenerlo in vita per vederlo soffrire, non lo ferisci per il gusto di farlo.

Suo padre! Quell'uomo idiota, la colpa era sua. Scendere così tra gli umani e dichiarare come se niente fosse di essere un drago celeste. Non aveva dato alla popolazione nemmeno il tempo di conoscerli, doveva proprio dirlo. Aveva giá rinunciato al potere, al suo titolo era necessario anche dire in piazza la loro identità, senza pensare neanche per un secondo alle conseguenze?

Alla porta qualcuno bussó. Si ricompose Ed entró Trebol:

"Il bagno è pronto Doffy."

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

Viola impugnava la sua spada. La temperatura era perfetta, il tempo eccellente, un po' nuvoloso, non troppo caldo e soprattutto senza sole cocente.

Con la sua spada duellava con l'amica, che nonostante avesse iniziato a tirare di spada insieme a lei e frequentasse lezioni liberamente, a differenza di lei ostacolata dal padre, non era più in grado da tempo di tenerle testa. Viola fluttuava, si destreggiava con scatti felini e leggeri che l'amica Xenia proprio non riusciva a parare, nè imitare. Con un abile colpo le fece cadere di mano la spada disarmandola e disse:

"Tre su tre, direi che oggi ti ho abbastanza stracciato."

"Non è giornata, mi rifarò la prossima volta."

"Si. Come no!" disse Viola asciugandosi il sudore con una pezza di cotone.

"Certo sarei più fresca e concentrata se non dovessi iniziare il duello dopo mezz'ora di camminata nel bosco tutte le volte."

"Xenia lo sai che non è possibile! Non è colpa mia se mio padre è un retrogrado senza speranza. Finché mamma era in vita ci pensava lei a spalleggiarmi e mio padre spesso cedeva, ora sono da sola. Invidio Scarlett, mio sorella ha fatto la scelta giusta, a rinunciare al titolo di principessa e fare la sua vita. Anche io appena arriverà il momento lo farò."

"Cosa non ti piace della tua vita? Sei agiata, servita, nel lusso."

"Forse proprio questo. In più, è come se fossi prigioniera, non posso mangiare nulla di semplice, non posso correre, sporcarmi, sudare, lavorare, non posso indossare un abito che non sia elegante, andare in giro da sola, andare in un mercato per conto mio. Io voglio una vita normale, come le ragazze di Acacia, le popolane, sono così libere. E poi questa cosa stupida che non posso imparare a combattere e difendermi solo perché sono una donna. Mio padre ha ricevuto l'educazione di spadaccino, perché io non dovrei? Uffa... Devo solo tenere duro ancora per poco, un giorno avrò quello che mi spetta."

Viola si abbassó per bere l'acqua da una fontana.

"Non c'è bevanda che tenga rispetto a quest'acqua sulla tavola di mio padre. La berrei continuamente, è fresca, buona, semplice."

"A proposito non vuoi sapere cosa ha detto tuo padre a proposito della nostra vacanza allo chalet?" le chiese Xenia.

"Si! Si! Dimmelo ti prego."

"Ha detto che effettivamente non era molto convinto nel mandarti da sola, perché una ragazza in uno chalet di campagna non è di buon costume."

"Hmmmm" mugugnò Viola alzando gli occhi.

"Non ho finito..."

"Scusa, vai avanti."

"Ma visto che verrá anche Tiago e sarai in mia compagnia, non ci sono problemi."

"Siiiiiii!"

Tiago era il governante di Viola da quando era molto piccola, ormai affezionato alla famiglia reale come un membro d'essa. Il padre ne aveva appena fiducia, nonostante il padre ricordasse all' uomo di fargli rispettare le regole da lui imposte, spesso quest'ultimo non riusciva a dire di no a Viola e spesso copriva le sue "trasgressioni", con il passare del tempo i due erano diventati complici, praticamente amici fidati e quindi, la ragazza si sentì a capita, amata, libera in sua compagnia sapendo che lui non l'avrebbe mai tradita.

"Evvai! Avremo due settimane di puro divertimento! Te ne rendi conto? Faremo tutto quello che vogliamo."

"Ehi piano. Tuo padre ha detto che se tu fai qualcosa, o ne combini una delle tue stacca la testa anche a me. Per cui, tranquillizzati!"

" Eddai! Non rompere. Sono le uniche settimane da persona normale che ho. Non guastarmele ok?"

"Ti darò qualche goccia di sonnifero nel cibo!"

"Si! E tu avresti bisogno di un po' di voglia di vivere endovena. Ma seriamente vuoi passare la vita a fare quello che gli altri decidono per te?"

"A me va bene quello che decide mio padre."

"Si certo. E immagino che da piccola adorassi i broccoli, pregassi per andare a letto prima dell'orario e odiassi i dolci vero?"

"Ehhh spiritosa. Non ho detto questo!" disse Xenia facendo una smorfia all'amica. "Semplicemente io sono più tranquilla di te. Non ho bisogno di trasgredire, di oppormi sempre a tutto. Molte cose mi stanno bene?"

"Sei sicura che sei più tranquilla? E non semplicemente più fifona? Forse ti manca il coraggio per ribellarti."

"Non è vero. Considera che innanzi tutto i miei genitori per quanto nobili non sono severi come tuo padre, e poi io ho ancora la fortuna di avere mia madre che lo fa ragionare, scusa se lo puntualizzo, ma è un punto a mio favore. In piú, per quanto io ti voglia bene e ti rispetti, tu sei molto diversa da me, io non sono ribelle come te, sono molto più accomodante e in fondo, il mio futuro non mi dispiace."

"Ecco qual è la differenza, io voglio un futuro da sogno, tu ti accontenti di uno che non ti dispiaccia."

"Ascolta può essere, e anche se fosse, è un crimine?"

"No. Contenta tu. Fa come vuoi, ma non provare a ostacolare il mio, ho giá il mio da fare."

"Come vuoi bella senz'anima. Adesso comunque dobbiamo tornare a casa. Sarà meglio che ti cambi."

"Oh no!" Esclamò Viola mettendosi le mani sul viso.

La cosa che più odiava era rimettersi i vestiti eleganti da principessa dopo aver sudato nel combattimento. Guai se suo padre avesse scoperto l'uso dei vestiti da combattimento che faceva di nascosto.

Aveva sempre odiato quei vestiti lunghi, a balze, con pizzi, merletti e via discorrendo, amava i vestiti semplici, corti, leggeri quelli che suo padre non le permetteva di indossare.

"Mi cambierò una volta uscita dal bosco."

"Come vuoi tu!" Disse Xenia che invece, poteva tranquillamente tornare a casa in tenuta da spadaccina.

Invidiava la sua amica per due principali ragioni: la prima era che aveva due genitori molto più aperti, comprensivi e giovanili.
La seconda era che sua madre era ancora viva.

Guardò le foglie degli alberi, il gioco di ombre che facevano, sentì la brezza sfiorarle la faccia: ecco quello era un pezzo di libertà!


 

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Capitolo 16
*** Ritorno a palazzo ***


Viola uscì dal bosco, purtroppo il cruciale momento era arrivato: doveva cambiarsi d'abito.
Se fosse tornata a casa con la divisa corta da combattimento a suo padre sarebbe venuto un colpo, sicuramente l'avrebbe sgridata e forse anche punita.
Sbuffando cercò di non schifarsi mentre sul corpo sudato doveva indossare quell'orribile vestito a pois viola, con pizzo, merletti, lungo quasi fino ai piedi.
Per fortuna una volta fuori dal bosco il castello sarebbe stato molto facile da raggiungere. Dopo soli cinque minuti era a casa.
 
Il ponte levatoio si abbassò, entrò furtivamente, se fosse riuscita a evitare il padre non avrebbe nemmeno dovuto inventarsi una scusa.
 
Il suo fido governante Tiago le venne incontro:
 
"Oh principessa Viola. Che piacere vederti. Tuo padre attendeva il tuo ritorno, ora é nella sala delle udienze che discute di importanti affari di stato. Mi ha chiesto solo di avvisarlo se fossi tornata."
 
"Oh bene. Che fortuna! Sei la mia salvezza Tiago, dovrei dire a mio padre di pagarti di più."
 
"Non é necessario principessa. Lo stipendio che ricevo per me é più che sontuoso, ma ti ringrazio per il pensiero." disse accennando un breve inchino.
 
"Si, si va bene. Ma adesso me la filo in camera. Avverti tu mio padre che sono rientrata. Se chiede digli che sono rientrata da una passeggiata tranquilla con un'amica."
 
"Una passeggiata con la tua spada signorina?"
 
"Shh. Tiago sta zitto per carità." Disse Viola tappandogli la bocca con una mano.
 
"Scusa mia principessa." Disse Tiago con la mano ancora poggiata sulle labbra.
 
"Vado nella mia camera a lavarmi, lo vedrò all'ora di cena. Grazie Tiago, sei un angelo."
 
Si affrettò a raggiungere la sua camera, una volta all' interno salutò Luxor il suo gatto nero e si spogliò frettolosamente per liberarsi da quegli odiosi abiti. Sicuramente, suo padre pensava che ogni qual volta facesse il bagno dovessero esserci quattro o cinque ancelle di corte ad aiutarla, ma non era quello che lei voleva. Odiava tutte quelle cerimonie. Si fiondò nella vasca e fece scorrere l'acqua si lavò allegramente, rilassandosi con l'acqua tiepida e godendosi la sensazione di pulito sulla pelle. Era così bella la semplicità, perché era necessario complicare tutto?
Sapeva comunque che la sua felicità sarebbe durata poco dato che le attendeva una noiosissima cena, per di più con "amici" di suo padre che in realtà lei sapeva erano lì in veste di aspiranti mariti.
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
 
"Allora? Che novità ci sono?" chiese Doflamingo mentre abbracciava una ragazza a cui aveva ordinato di entrare nella vasca con lui per lavarlo.
 
"Abbiamo a che fare con una principessa diversa Doffy. Ribelle, fuori da ogni schema. Sembra che di nascosto da suo padre provi a condurre una vita normale. Combatte con la spada, sembra che voglia fare una vita non programmata, senza mariti prescelti dal padre, che non sopporti le cerimonie e la forma e odia in tutto e per tutto i vestiti lunghi e decorati."
 
"Interessante." disse Doflamingo mentre sorseggiava il suo amato vino rosso. La ragazza nel frattempo era uscita dalla vasca e gli lavava la schiena.
 
"Questo é tutto per ora, ma nei prossimi giorni la terremo d'occhio per sapere altri dettagli. Non mancheremo di soddisfarti Doffy. Posso fare qualcos'altro per te?" 
 
"É tutto Trebol. Congedatevi pure, voglio rilassarmi. Sta sera a cena ne discuteremo di nuovo. Quando avrò tutte le informazioni necessarie, andrò io sul campo ad agire."
 
I due subordinati si ritirarono.
 
"Ehi sguattera!" si riferì alla ragazza in piedi vicino alla porta.
 
"Si padroncino?"
 
"É ora di lavarmi i capelli non credi? Cosa fai lì impalata, non deve rimanere addosso nemmeno una traccia di quell'odore schifoso o saranno guai."
 
La ragazza si avvicinò, iniziò a inumidire e massaggiare i suoi capelli biondo miele, morbidi e lucidi. 
 
"Se tutto va come deve andare tra poco avrò una principessa come mia schiava personale." pensò.
 
Pensò alla figura che aveva visto nella foto.
 
Occhi scuri, espressivi, capelli neri, lunghi, mossi, una bellezza a dir poco tagliente. Sguardo penetrante e aria un po' selvaggia.
 
"Presto sarei nelle mie grinfie, principessa Viola. Anche tu cadrai ai miei piedi e subirai il mio fascino. Che tu lo voglia o no." Cullato da quei pensieri sfoderò una delle sue risate inquietanti. Le schiave attorno a lui non capendone il motivo rimasero più inquietate del solito. 
 
Cosa stava tramando quel calcolatore così spietato?

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Capitolo 17
*** Conversazione segreta ***


Doflamingo si avvolse nel suo accappatoio. Dopo aver terminato il bagno, i massaggi e la cura del corpo si recò nella sua camera.
 
Una schiava era stata incaricata di rassettarla dopo che lui si fosse svegliato dal suo riposo pomeridiano, era necessario che rimuovesse l'odore di brace nella sua camera, altrimenti sarebbero stati guai.
 
Quando varcò la soglia della sua camera la ragazza s'inginocchiò con aria solenne: "Mio giovane padrone."
 
"Continua pure a fare il tuo lavoro. Fa in modo che però, quando io rientri dopo cena sia tutto ordinato."
 
Il suo tono era calmo, quasi bonario e compassionevole, la ragazza né rimase sorpresa e lui più di lei, si maledisse. Per rimediare subito al suo errore puntualizzo:
 
"Non tollero il minimo sbaglio, altrimenti sai bene a cosa vai incontro."
 
"Si padroncino."
 
Doflamingo si sdraió sul letto. La sensazione di tristezza, debolezza, vulnerabilità era la cosa che più odiava, perché gli ricordava di essere un umano e con dei sentimenti per giunta: gli esseri più inutili al mondo! Deboli, incapaci di agire, bloccati e trattenuti dai loro sentimenti. 
Sua madre! Solo il suo ricordo era in grado di renderlo così. Era stata tutta colpa di quel maledetto odore di fumo di brace, non sarebbe stato così malinconico se non fosse stato per quello.
 
Si sedette sulla sedia, schioccó le dita e la ragazza si avvicinò a lui per pettinargli i capelli.
 
Si pulì le mani in uno strofinaccio e poi prese il pettine di avorio.
 
Guardò la ragazza dai lineamenti marcati, la pelle scura e gli occhi di giada . I riccioli neri e piccoli gli ricadevano sulla fronte.
 
"Tu vieni da Primula vero?"
 
"Si signorino."
 
"Ti abbiamo comprato cinque anni fa. Ricordo bene, eri in un orfanotrofio, servivano soldi e mi hanno venduto alcune di voi. Avevi 15 anni. Ti ho messa a spazzare i cortili i primi giorni e ho notato che eri molto diligente. Perché eri in una casa per orfani?"
 
"I pochi anni d'infanzia felici che ho avuto li ho passati con mio padre. É stato con me fino a quando ho compiuto dieci anni, poi ha avuto un malore, mi é morto davanti."
 
"E tua madre?"
 
"Non l'ho mai conosciuta padroncino, é morta dandomi alla luce."
 
Le prese una mano, la spostò davanti a lui e le prese il viso con la mano.
 
"Mi dispiace molto che tu non abbia conosciuto tua madre, deve pur esserci qualcosa di lei in te. Certo essendo cresciuta con un uomo non mi sorprende che tu sia portata per il lavoro manuale e pesante."
 
" Beh signorino. Mio padre era chiaro, con i capelli quasi biondi, quindi sicuramente non é da lui che ho preso fisicamente."
 
"Vedi che avevo ragione, ho un certo sesto senso per queste cose. Ad ogni modo forse, é anche per questo che sei una schiava. Conoscere le proprie origini, il proprio status e le proprie radici é l'unico modo per poter avere fama e potere. I miei genitori erano ricchi e potenti, dei draghi celesti. Hanno fatto entrambi scelte sbagliate, tuttavia, gli sono molto grato. É solo grazie a loro se ho il sangue nobile e adesso guardami: re, drago celeste e Schichibukai. Conosci altri uomini che hanno tutti questi titoli e poteri insieme?"
 
"No padroncino. Nessuno oltre a te."
 
"La vita é dura. Ingiusta, ma non dobbiamo mai farci abbattere dalle circostanze non dimenticarlo, non sarei qui se non avessi lottato. Forse non sarei nemmeno vivo. Lo stesso vale per chiunque abbia uno scopo e ci lavori duramente. Pensa solo a te stessa, nessuno lo farà per te. Gli altri sono solo delle comparse, sei tu la protagonista di quello che vuoi e il segreto per riuscirci é non lasciare mai che nemmeno una punta del tuo successo dipenda dal potere dato ad altri. Il potere é tuo, tuo soltanto, serviti degli altri solo se puoi dominarli, e anche allora non fidarti mai del tutto. Non perdere tempo ad amare, dare. Non ne vale la pena, l'unica volta in cui l'ho fatto ci ho solo perso."
 
"Perdonami padroncino. Scusami se te lo domando, ma tu amavi i tuoi genitori?"
 
"Li ho entrambi conosciuti appena. Ho perso mia madre a otto anni e a dieci anni ho dovuto rinunciare a mio padre."
 
"Quanto mi dispiace. Perché?"
 
"Non sono certo cose che racconterei a una schiava, ti ho già dedicato anche troppo attenzioni. Finisci di pettinarmi e quando hai finito rassetta la stanza, io devo andare a cena. Mi raccomando voglio tutto perfetto quando torno, altrimenti sarò implacabile."
 
"Certo perdonami Signorino!" disse la ragazza alzandosi e continuando a sistemargli quei morbidissimi capelli biondi folti e spessi.
 
Si vestí di tutto punto come faceva sempre. 
 
"Trebol!" Chiamò il sottoposto con il suo lumacofono:
"Sta sera voglio una grande festa all'arena, ballare fino all'alba. Che sia pieno delle mie ballerine e che ci sia musica alta e alcolici. Mi voglio divertire fino all'alba."
 
"Consideralo fatto Doffy." rispose Trebol.
 
Quella sera avrebbe avuto bisogno di lavare via ogni suo dolore, ricordo, malinconia, si sarebbe divertito e bevuto fino a non avere più tristezza.
 
Indossò una elegantissima camicia di seta grigio scuro lucida con maniche lunghe fino al gomito, una cravatta argento e dei pantaloni neri, lunghi fino ai piedi con una cintura nera a borchie argentate. I capelli dritti, laccati e messi in piega, di sicuro avrebbe fatto una strage.
 
Indossò il costoso orologio d'oro e il bracciale reale con inciso il suo nome e cognome e titolo onorifico: "Re Doflamingo Donquixote I" 
 
Si guardò allo specchio soddisfatto del risultato, strofinò sui polsi il suo profumo al muschio e mettendosi sulle spalle il suo cappotto di piume disse: "La conversazione che abbiamo avuto questa sera deve rimanere entro queste mura, se ne parlerai ti ucciderò personalmente. Sono stato chiaro schiava?"
 
"Si signorino."
 
"Allora fammi trovare la stanza degna di me quando rientro."
 
"Non ti deluderò padroncino."
 
"Lo spero, anche perché sarà peggio per te."
 
"Buona serata padroncino, che tu possa essere soddisfatto."
 
Doflamingo uscì dalla sua stanza, si recò nella sala da pranzo per mangiare con tutti i suoi subordinati, quella sera li avrebbe raggiunti anche Boa Hancock la sua amica e amante occasionale. Non vedeva l'ora di passare con lei una notte di passione travolgente, pensò alle sue forme, al suo viso, il suo corpo, i suoi lunghi capelli neri e non poté che ritrovare l'allegria, la voglia di divertirsi.
 
In fondo, ora era questo: un re, bello, giovane, aitante, pieno di potere e immerso in agi e lussi, pieno di schiavi e schiave obbligati a soddisfare ogni suo singolo capriccio, il passato era passato, il presente invece, era suo, era ora, adesso.
 
 

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Capitolo 18
*** L'amante del re ***


Doflamingo s'incamminò verso la sala da pranzo. Fuori sull'uscio appoggiata allo stipite ad aspettarlo c'era Boa Hancock una delle ragazze più belle che avesse mai visto, se non la più bella. Indossava un bellissimo vestito rosso, stretto, scollato simil kimono completamente glitterato. Lo scollo generoso permetteva al suo seno sodo e maturo di essere intravisto, lo spacco vertiginoso sulla gonna lunga la rendeva ancora più sexy e slanciata. I lunghi capelli neri e lisci erano sciolti sulla schiena e seguivano la curva dei suoi glutei rotondi. Alle orecchie portava un paio di appariscenti orecchini a forma di serpente color oro e lo guardava con i suoi occhi neri e sensuali.

Doflamingo la vide e disse:

"Querida, amor mío riesci sempre a togliermi il fiato come la prima volta se non di più. La luna impallidisce di fronte a te. Onoratissimo di averti con me sta sera." 

"Il piacere è tutto mio cariño, sai che vivo per compiacerti e non mi faccio bella per nessun altro."

"Per stare accanto a me è necessario che tu sia sempre impeccabile. Ma del resto sono sicuro che potresti fare bella figura vestita anche solo di stracci."

"Mi sei mancato Doffy. È dalla riunione degli Schichibukai che non ti vedo. Sará piú di una settimana."

"Anche tu mi sei mancata cara. Sai che puoi venire a trovarmi quando vuoi, il mio palazzo è casa tua, ma in questi giorni sono stato piuttosto, in ansia e impegnato e non volevo certo che il mio bellissimo giglio dovesse essere trascurata o vedere scene sgradevoli. Adesso sono tuo per tutto il weekend. Ho fatto preparare tutto in modo da accoglierti come la regina che sei. Ho fatto rassettare anche la tua stanza nel caso tu la voglia usare."

"Quale stanza? Io voglio stare con te mio re, dormire tra le tue braccia, ogni minuto e secondo."

"Lo immaginavo querida e allo stesso tempo lo speravo. Recupereremo tutto il tempo perso, te lo prometto, sai che il fin de semana penso solo a te."

Le accarezzò i capelli per poi posare una mano sul suo fondoschiena, con un braccio le cinse la vita e si scambiarono un bacio "spagnolo" pieno di passione, lungo, intenso. Baciava divinamente, come faceva quell'uomo tanto spietato ad essere così bravo a fare l'amore e affascinare?

"Sei felice querida?"

"Come potrei non esserlo signorino. Sono accanto a te." Non usava mai il titolo onorifico, se non per provocarlo o per giocare con lui in intimità.

" Allora vogliamo iniziare a divertirci querida. Sta sera ti porto a ballare all'arena va bene? Il Colosseo é stato allestito a discoteca."

"Uhhh, cattivello lo sai che io se mi offri un cocktail e mi porti a ballare perdo completamente le inibizioni."

"Pensi che io l'abbia organizzato per caso. Fufufu ingenua."

" Ma io volevo stare con te."

"Non preoccuparti, ti starò incollato e torneremo a casa a un orario ragionevole così poi continueremo la festa in privato."

"Mi piace. Va benissimo!"

"Allora vieni querida, la cena si fredda."

Boa Hancock era forse l'unica donna a cui Doflamingo riconosceva davvero un po' di onore e rispetto, era la persona che più si avvicinava a qualcosa di simile all'essere amata da lui. Da quasi due anni ormai, erano amanti e amici. Entrambi regnanti, capricciosi, snob, altezzosi e flottari.
L'ironia della sorta é che all'inizio tra loro le cose non erano certo iniziate nel migliore dei modi.

Lei lo odiava, lui non sapeva bene il perché, anche se non se ne curava più di tanto perché per lui era normale che le persone provassero odio nei suoi confronti. Lui invece, ne fu subito attratto forse proprio perché lei invece, non lo ricambiava.

Litigavano spesso, lui la provocava e punzecchiava nei ritrovi e le conversazioni. Fino al giorno in cui, una volta diventato re gli venne dedicata una festa al ritrovo della flotta dei sette e lei pur presentandosi perché vincolata dai suoi obblighi di flotta, se ne stava in disparte con il muso lungo.

Era stato proprio lui: il festeggiato a notarlo.

"Arrabbiata mia cara? Mi dispiace, dovresti divertirti, è una bella festa in fondo, nonostante sia in mio onore. Fufufu."

"Non mi abbasserò a festeggiarti solo perché il cibo è buono e il vino è raffinato, anzi mangiati anche il mio e spero che ti vada tutto di traverso."

"Fufufufufufu come siamo scontrose. Di solito non mi interessa essere rifiutato, ma non posso darmi per vinto se a farlo è una ragazza così bella e affascinante."

"Sei pregato di annoiare qualcun altro con le tue lusinghe. Non mi sei mai piaciuto, mai mi piacerai e anche se ho avuto la sfortuna di doverti vedere e lavorare con te perché hai il mio stesso ruolo, non saremo mai soci o amici."

"Wow. Che temperamento, come sei passionale! Mi piaci tanto mia cara. Sarebbe un peccato se andassi sprecata."

"Ahahah come? Sprecata io? Solo perché non sono ai tuoi piedi. Ti do una notizia Donquixote Doflamingo anche se sei un drago celeste non puoi obbligare le persone ad amarti e nemmeno puoi pensare che chi non accondiscende ai tuoi capricci è sprecato."

"Fufufufufu ecco cos'è allora! Invidi la mia stirpe nobile e non sopporti che io lo sia più di te, perché sono un drago celeste."

"Per questo e molte altre motivazioni, ma di sicuro non provo invidia per te. Stai attento, perché un giorno se non fossimo più uniti dalla flotta..."

"Cosa vorresti fare? Uccidermi? Torturarmi? Rapirmi? Fufufu mia cara non fantasticare. Io sono molto più forte di te." Disse prendendole entrambe le mani con la sua mano destra. Gliele alzò sopra la testa unite, la ragazza si dimenò:

"Lasciami brutto smargiasso. Non puoi fare tutto quello che vuoi! Sbruffone altezzoso!"

"Lo vedi che ti sto tenendo ferma con solo una mano senza troppo sforzo e senza usare i poteri. Non voglio usare la forza, sei uno splendore, tanta bellezza non va certo buttata via. So io come posso convincerti."

Così dicendo bació la ragazza sulle labbra che dopo pochi secondi smise di dimenarsi.

Con la mano sinistra spostò leggermente il collo alto del suo vestito, lei si dimenò.

"Lasciami stare. Non scoprirmi la schiena."

Lui la fece voltare tenendola ferma e una volta slacciato il suo Kimono le abbassò il colletto posteriore scoprendo la schiena.

"È proprio come pensavo allora."

"Maledetto. La pagherai, maledetto! Ti odio!" Urlava la ragazza in lacrime, mentre l'uomo guardava attentamente il simbolo stampato tra le sue scapole: un cerchio rosso con tre spunte in alto e una in basso. Era il simbolo degli schiavi, marchiato a fuoco, sulla sua pelle candida, morbida.

"È per questo che mi odi vero?"

"Odio tutto di te. Come ti sei permesso? Vattene, sparisci, spero che tu muoia, non voglio vederti mai più." disse la sovrana delle piratesse in lacrime, accasciandosi per terra dal dolore con in viso tra le mani.

Lui si inginocchiò vicino alla ragazza e le parlò in tono dolce:

"Ne avevo il sospetto dal primo giorno che ti ho conosciuta. Percepivo un odio intenso da parte tua, ma diverso da quello che ha la maggior parte delle persone verso di me. Più viscerale, antico, ancestrale, non ne avevo avuto la conferma, fino a sta sera, ma non è necessario che mi odi così tanto. Io sono un ex drago celeste, tu una ex schiava è il passato. Adesso siamo entrambi qui, tutti e due flottari, tutti e due regnanti. Questo dimostra che ciò che eravamo è morto per lasciare spazio ad altro, perché continui a tenerlo in vita?"

"Voi draghi celesti pensate che tutto vi sia dovuto, vi spetti di diritto, di poter possedere anche le persone, tu pensi che solo perché tu sia un drago celeste io debba cedere alle tue avance, ma non è così. Io non sono una schiava e tu non mi possiedi di diritto."

"Non ho mai detto questo! Nemmeno l'ho pensato. Io non sapevo fossi un ex schiava fino a questo momento, non ne ero sicuro, non potevo saperlo con certezza, eppure ho sempre cercato di conquistarti. Io ho un sacco di schiavi che lavorano incessantemente per me e schiave soprattutto, per soddisfare i miei capricci di qualunque natura essi siano. A loro non faccio avance, ordino e loro eseguono. Chiedo che siano preparate e poi, mi raggiungono in camera, se ho provato a corteggiarti è perché non ti reputo come tale. O sbaglio? Sei tu che mi hai odiato dal primo momento. Non io."

Il suo sguardo sembrava dolce, si poteva capire nonostante quelle spesse lenti viola, la sua bocca era rilassata non deformata dal suo solito sorriso malevolo. 

"Ho sofferto tanto per colpa di quelli come te. Perché tu dovresti essere diverso? Perché dovrei fidarmi?"

"Non sei costretta. Io ti sto solo chiedendo di dimostrarti che anche se sono un drago celeste posso farti sentire una regina. Ma la scelta é tua. Non ti costringerò, ne minaccerò e non perché io non possa farlo, piuttosto perché non voglio farlo e non ne ho intenzione."

Doflamingo si alzò, aiutò la ragazza ad alzarsi sollevandola da per terra mettendole le mani sulle spalle.

Con i suoi fili invisibili avvicinó a sé dei tovaglioli e una coppa di champagne dal tavolo dei rinfreschi. Porse alla ragazza la coppa di vino chiaro e frizzante e intanto le asciugò gli occhi con il tovagliolo.

"Questo segreto resterà tra noi. Nessuno lo saprà per quanto mi riguarda, anche se non so quanti ancora crederanno alla storia dell'occhio sulla tua schiena che pietrifica tutto. Ti lascerò in pace, così potrai stare tranquilla, anche andartene se vuoi. In fondo, la tua apparizione l'hai fatta per cui non hai più nessun obbligo come flottara. Ti chiedo solo una cosa." disse togliendosi il suo orologio d'oro e mettendoglielo al polso: "Se vuoi provare a conoscermi alla fine della festa mi riporterai l'orologio al mio palazzo, altrimenti me lo renderai quando ci vedremo alla prossima riunione."

Lo guardò con occhi languidi, ora che si soffermava a notarlo era un bellissimo ragazzo e molto affascinante, non poté smettere di pensare alle sue labbra soffici sulle sue, alla sua mano calda e grande con la quale la teneva ferma pochi attimi prima senza grande sforzo; alla sua voce sensuale e caliente, al suo accento latino appena accennato, al suo profumo dolce e piccante. Lo guardò allontanarsi, lo fermó con passo svelto:

"Doflamingo!"

"Si mia cara?"

"Ti prego!"

"Ti prego cosa?"

"Baciami ancora!" disse mentre si avvinghiava a lui.

"Fufufufu non credevo che decidessi così in fretta. Ma del resto ho sempre saputo che fossi una donna che sa quello che vuole e che fa."

"Ti prego perdonami. Voglio darti una chance, anzi ti chiedo di darmela. Posso avere l'onore di averti come ospite nel mio palazzo sta sera?"

"Fufufu accetterei volentieri cara, ma non posso assentarmi da palazzo per nessun motivo in questo periodo. Se desideri vorrei avere io l'onore di ospitarti."

" Sarebbe un enorme piacere per me."

"Chiamo subito Trebol e ordino che venga preparata la stanza reale accanto alla mia, é la più bella che possiedo e non la uso da tantissimo perché la preparo solo per ospiti più che illustri, ma tu mia cara non sei certo da meno."

"Ti prego, portami con te Doflamingo non lasciarmi sola da questa notte."

"Vedo che siamo belle coinvolte tesoro. Allora accompagnami. Facciamo questa telefonata e poi ci divertiamo per il resto della festa ti va bene?"

"Mi va benissimo cariño a patto che non duri troppo perché mi piacerebbe poter parlare con te. Vorrei raccontarti un po' di me, della mia storia."

"Avremmo tempo piccolo giglio, la notte é giovane sono solo le 11, divertiamoci un po'."

"Come tu vuoi. Ma aspetto ancora quel bacio."

"Prima il dovere e poi il piacere, fammi chiamare Trebol per ordinare di sistemare la tua stanza e poi posso anche baciarti tutta la notte."

"Mi piace la prospettiva, credo che valga la pena aspettare."

"Non te ne pentirai querida."

Da quella notte la loro relazione era stata sempre più passionale, intima e confidenziale. Lui sapevo molto di lei e lei conosceva alcune cose di lui, anche se sapeva bene che probabilmente moltissime cose gliele teneva nascoste. Nonostante tutto, il rapporto era solido e ben avviato e potevano definirsi quadi fidanzati anche se Doflamingo non voleva nemmeno sentirla pronunciare quella parola perché le dava idea di legame e impegno e lui, che si definiva uno spirito libero e un’anima selvaggia non poteva pensare a un legame così serio. Lei sapeva che durante la sua assenza lui dormiva con altre donne, schiave per giunta la maggior parte delle volte, ma come lui le aveva detto. 

"Tu sei l'unica con cui ci metto il cuore."

Nonostante, le desse sui nervi quella situazione la accettava come un male inevitabile, qualcosa a cui lui era assoggettato, come se facesse parte del suo lavoro.

"Buonasera famiglia. Salutate la mia splendida donna."

Tutti salutarono Boa Hancock e tutti, a parte Jolla e Baby 5 erano realmente felici di vederla.

"Come ben sapete Hancock é la mia amica e amante, quando viene a trovarmi dovete trattarla come se fosse la vostra regina. Ogni suo ordine é subordinato solo al mio chiaro? In questi giorni che trascorrerà qui dovrete trattarla con il riguardo che merita, deve essere servita e riverita al meglio, anche di più. Chi mancherá ne risponderà a me personalmente."

"Si signorino!" 

"Bene ora sediamoci a tavola. Un brindisi alla mia dama."

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Capitolo 19
*** Dressrosa in festa ***


A cena Doflamingo e Hancock furono a dir poco "nauseanti" sembravano due adolescenti smielati. S'imboccavano, mordeva o contemporaneamente lo stesso pezzo di cibo, Hancock gli si sedette in braccio, mangiavano entrambi dallo stesso piatto, se così si poteva dire, si divertivano a mangiare contemporaneamente lo stesso boccone mordendolo uno da una parte e uno dall'altra per poi finire con un bacio. 
 
Tutti erano a dir poco nauseanti e molto infastiditi soprattutto le due donne: Baby 5 e Jolla che erano sul punto di esplodere.
 
Finita la cena il fenicottero disse:
 
"Siamo pronti per partire. La mia auto é già disponibile? Non voglio certo arrivare in ritardo, o forse si, ma non per colpa dell'auto."
 
"Oh mio Dio Doffy sei impazzito? Non avrai mica?"
 
"Si! La limousine. Arriveremo così all'arena."
 
"Siiii. Grazie tesoro!" gli saltò al collo Hancock abbracciandolo e dandogli un bacio violento e passionale.
 
"Ohhh vacci piano querida! Ho appena cominciato." disse Doflamingo giocando con una ciocca dei suoi capelli neri.
 
"Trebol! Tieni sott'occhio il lumacofonino. Non arriverò finché non saranno tutti presenti. Farò la mia entrata da re. É un reato non riveriti d'altra parte." disse passandosi una mano nei capelli perfettamente pettinati davanti allo specchio.
 
"Ci vediamo là. Vieni dolcezza!" disse prendendo dolcemente la mano alla flottara.
 
Uscirono dal castello, passeggiando tra gli inchini e i saluti delle guardie e degli schiavi. Rimase soddisfatto degli sguardi invidiosi e sognanti di tutte le schiave e sottoposte rivolti sia a lui che alla sua accompagnatrice.
 
"Questi sono i tuoi sudditi Doffy?"
 
"Per la precisione sono schiavi acquistati e comprati. Sudditi sono quelli liberi nelle loro case, per ora fufufufufufu."
 
"Quindi queste persone sono tutte al tuo servizio. Hanno una vita privata? Dei sogni? Dei progetti?"
 
"No, altrimenti sarebbero lavoratori, sono schiavi vivono per lavorare ed eseguire i miei ordini."
 
"Ma Doffy, sai che io..."
 
"Tranquilla cara, non soffrono. Non vedi la gratitudine e la gioia nei loro occhi? Fufufufufufu, che c'é di meglio del servire me a questo mondo?"
 
"Doffy, sto parlando seriamente..."
 
"Anche io. Tesoro é due anni che frequenti il palazzo, scopri solo ora che ci sono schiavi? Come pensi che io abbia costruito il mio regno. Chi é più debole va domato e sottomesso al volere di chi é più forte e intelligente così, si riesce a diventare grandi."
 
"Quindi vorresti dire come hanno fatto con me?"
 
"No querida. Il tuo caso é diverso, sei stata schiava é vero, ma essendo forte alla fine sei riuscita a liberarti di quel titolo. Sei riuscita a fuggire e sopravvivere. Chi invece é debole esegue e soccombe. Anche io sono stato torturato e cacciato, sono sopravvissuto, cresciuto e ora guarda dove sono. Adesso é il mio turno di dominare."
 
"Se lo dici tu, signorino." disse lei con aria distaccata come a fargli capire di non essere alla sua altezza in modo sarcastico.
 
"Ehi, non farti venire in testa strane idee, ne abbiamo già parlato ok? Tu non sei una schiava? Ci siamo capiti. Non più ormai. E per me mai lo sarai."
 
"Ah no? Cosa ho di diverso da queste persone io?"
 
"Ti sei liberata da sola, hai avuto la forza di sopravvivere, sei diventata una regina, molto bella, regale, potente e sei parte della flotta dei sette una delle organizzazioni più importanti del mondo. In più sei l'unica donna per cui ho occhi."
 
"Sei un sadico adulatore. Ecco cosa sei." disse lei sciogliendosi.
 
"Fufufufufufu quanto hai ragione mia dolce piratessa. Sai che sei l'unica a cui permetto di parlarmi in questo modo, vero?"
 
"Sappiamo bene entrambe che non mi puniresti mai perché poi ti mancherei troppo."
 
"Devo darti ragione ancora una volta, sei l'unica che riesce ad ammalarsi e ipnotizzarmi con il tuo fascino e il tuo carattere."
 
"Non sono del tutto convinta che il tuo modo di governare sia giusto, ma io d'altra parte sono solo la tua amante e amica, non ho rapporti politici con te per cui non sono cose che mi riguardano. É due anni che provi a convincermi del contrario, ma non ci sei ancora riuscito mio caro."
 
"Dovrò impegnarmi di più allora querida."
 
"Non serve in realtà, puoi fare come vuoi."
 
"Ma io voglio farti felice, lo sai..."
 
"É solo che é più forte di me, ogni volta che vede queste persone ridotte alla schiavitù penso sempre che in fondo io... Sono una di loro..."
 
"No querida. Quante volte devo dirtelo!"
 
"Ok. Lo sono stata, ma comunque non cambia lo sarei ancora se fossi stata meno fortunata."
 
"Ma non lo sei stata! Ti é andata bene, sei stata forte e ora non lo sei più. Non ti appartiene più quello status fine della discussione." disse lui iniziando a spazientirsi.
 
Quell'uomo aveva un autorevolezza innata, si vedeva che era un drago celeste. Non aveva mai avuto paura di nessuno, poteva pietrificare chiunque in fondo. Chiunque la trovasse attraente e sapeva bene che non c'era uomo che non lo facesse. Con lui però, era diverso. Riusciva a metterle soggezione, a soggiogarla e tenerla buona, o forse in fondo temeva solo di scoprire che non sarebbe riuscita a pietrificarlo, e sarebbe stato pari a scoprire che lui non fosse davvero attratto da lei. Se lei fosse diventata di intralcio per i suoi scopi lui l'avrebbe subito dimenticata, non era come tutti gli altri uomini che per l'attrazione verso una donna perdono anche la testa. Lui era troppo freddo, calcolatore, concentrato sulla sua sete di potere per essere in grado di rinunciarci in nome di un amore, se così poteva definirlo.
Nonostante, tutto raccolse leforze avrebbe voluto rispondergli che non lo vedeva molto coerente con i suoi discorsi. Lei non doveva più considerarsi una schiava perché lo era stata ed ora era libera, lui però si considerava ancora un drago celeste anche se ufficialmente non lo era più. D'altro canto comunque, non voleva rovinarsi la serata per cose che non la riguardavano ed erano più che altro di natura filosofica. Quindi decise di cedere:
 
"Va bene cariño. Hai ragione, non pensiamo a queste sciocchezze. Godiamoci la serata."
 
"Ora ti riconosco querida. Dopo di te, CI aspetta una notte da urlo." disse con un cenno lasciando che fosse la prima ad entrare in macchina.
 
Mentre la limousine viaggiava per le strade di Dressrosa, Hancock guardava fuori dai finestrini la luna piena, il cielo blu, le stelle, le case, gli alberi, i monumenti sorseggiando il suo flute di champagne. Quella sera a tavola e in macchina aveva già bevuto dell'alcool, sicuramente alla festa avrebbe retto meno del solito. Se non voleva passare la notte a rigettare, cosa che lei in primis, ma anche Doffy non avrebbe gradito avrebbe dovuto bere poco.
 
La macchina prestigiosa si fermò davanti all'ingresso del colosseo, un grande tappeto rosso partiva dall' entrata principale per poi finire al centro.
 
"Sei pronta querida? Si scende!"
 
Doflamingo scese per primo e porse la mano alla bella regina che lo accompagnava.
 
"La macchina reale é arrivata preparatevi ad accogliere il re di Dressrosa e la sua bellissima accompagnatrice di sta sera."
 
Doflamingo s'incamminò verso il centro, appena fece il suo ingresso con la ragazza il Pavillion si animò in ovazione e riverenza. Complimenti, auguri di lunga vita, benessere e prosperità si librarono in alto. Mentre Doflamingo si apprestava a prendere il suo posto su una poltrona in raso nero, ed Hancock a sedersi vicino a lui in un divanetto comodo apposta per compiacerla (detestava stare seduta, anche nel suo regno stava spesso semi sdraiata), al suo passaggio tutti s'inchinava o in segno di rispetto.
 
Una volta accomodatosi Doflamingo disse:
 
"Possiamo iniziare la festa, che entrino le ballerine, ci divertiremo fino all'alba buona serata e buona notte. Che possiate tutti divertirvi." E come da tradizione con una pistola sparò in aria un fuoco d'artificio per dare il via a tutti gli spettacoli pirotecnici preparati. In cielo si liberarono fuochi d'artificio, stelle filanti, coriandoli, brillantini e per finire in bellezza dei fuochi d'artificio a forma di fenicottero per omaggiare il re in carica.
 
Il popolo era spesso tenuto buono da questi eventi. Nonostante, Doflamingo odiasse tutti gli umani permetteva ai sudditi liberi di parteciparvi, per mistificare e confonderli sulla sua vera natura.
 
Quello che succedeva all'Interno del palazzo infatti, era sconosciuto al popolo e il suo punto di forza era appunto questo, che i cittadini erano confusi su chi fosse realmente, non solo per la paura, ma anche perché chi veniva punito o fatto schiavo non riusciva più ad avere contatti con chi ancora era "libero",per così dire, sempre assoggettato alle sue leggi,a in casa sua con la sua famiglia e uno stile di vita dignitoso. Grazie a Sugar chi veniva trasformato in giocattolo era rimosso dalla memoria di chiunque lo conoscesse, anche se il giocattolo si ricordava della sua vita passata spesso finiva a lavorare nella fabbrica degli smile morendo d'inedia o stenti, oppure in rari casi veniva rimesso in libertà, ma non poteva entrare a casa di un essere umano, né un essere umano poteva entrare a casa del giocattolo per evitare che potessero avere un luogo appartato dove parlare del passato avuto in comune.
Le punizioni per questo reato cioè, entrare nella casa di un giocattolo o farlo entrare a casa propria erano severissime e comprendevano spesso i parenti, anche innocenti, del coinvolto motivo per cui tutti temevano di trasgredire la legge.
Inoltre, tranne nei giorni in cui Doflamingo lo permetteva personalmente, come quella sera, dopo la mezzanotte non era più possibile circolare, altrimenti si andava incontro a grossi guai. 
 
Queste leggi studiate e calcolate permettevano al monarca di confondere i cittadini, che addirittura pensavano, almeno la maggioranza, che fosse un re benevolo e che imponesse quelle leggi per una questione di ordine e benessere collettivo, cosa confermata ulteriormente da quegli eventi che organizzava per tutti. 
 
Sicuramente sarebbe bastata una visione più vasta e complessiva per capire come in realtà quell' ingenua impressione fosse sbagliata, ma del resto chi poteva averla? Con quelle leggi così ben funzionanti nel sostenere il suo folle progetto per capire che tipo di sovrano fosse realmente Doflamingo sarebbe stato necessario avere un occhio quasi veggente. Chi poteva avere un potere simile? Sicuramente non un comune cittadino di Dressrosa.
 

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Capitolo 20
*** Storie parallele ***


Viola mangiava silenziosamente seduta al vasto tavolo d'ebano, giocherellava con il cibo nel piatto. 
 
"Cosa c'é Viola? É dieci minuti che punzecchi con la forchetta quella fetta di carne. Hai sempre amato la carne rossa, non hai fame? Stai male?"
 
"No padre. Non é questo!" disse spostando la forchetta nel purè spostandolo nel piatto senza però mangiarlo.
 
"Non é cotta bene? É troppo cotta? Lo sapevo che la cottura per te era eccessiva, tu la vuoi rossa, non é così figliola?"
 
"No non é nemmeno questo."
 
"Allora puoi dirmi qual é il tuo problema?"
 
"Nulla! Sto solo pensando tutto qui!"
 
"A cosa esattamente?"
 
"Nulla d'importante."
 
"Così poco importante da toglierti la fame?"
 
"Sono cose che non cambierebbero anche se ne parlassi, quindi preferisco tenerle per me."
 
"Lo sai che puoi sempre parlare di tutto con me. Capisco che con la mamma ti trovavi molto più a tuo agio, anche se, come sai era troppo permissiva secondo me. Però se vuoi parlare, tuo padre é qui."
 
"Grazie papà, ma non voglio discutere con te."
 
"Prometto di ascoltare e non interromperti, anche se non sono d'accordo."
 
"Davvero?"
 
"Te lo prometto Viola."
 
"Innanzitutto volevo ringraziarti per avermi dato il permesso di fare la vacanza con Xenia."
 
"É una bravissima ragazza, nobile, posata, amica di famiglia dalla sua nascita, i suoi genitori erano amici di tua madre e miei prima che tu nascessi. In più Tiago verrà con voi."
 
"Ne sono felice. Però sto pensando a quando tornerò. Tu vuoi che io mi sposi subito. Non dico di non volerlo fare ma, ho solo 24 anni, non ho visto nulla al di fuori di questo palazzo e in qualche occasione la città circostante, non ho mai badato a me stessa, non voglio sposarmi ora. Vorrei fare un po' di esperienze prima. Viaggiare, conoscere persone, vedere luoghi lontani."
 
"Lo farai cara, da sposata potrai benissimo farlo, sei una principessa, che in futuro sarà regina agi e ricchezza non ti mancheranno. Potrai fare quello che vuoi."
 
"Non intendo questo. Se lo facessi da sposata e regina, non potrei nemmeno uscire senza scorta, senza protezione, non potrei mai conoscere veramente le persone perché tutte influenzate dal mio potere. Io vorrei andare in un posto dove nessuno mi conosce, vivere un anno nella semplicità e nell'anonimato. Ti chiedo solo questo padre, poi ti prometto che mi sposerò."
 
"Assolutamente no. Mia figlia non vivrà in povertà e fatica, né senza protezione. É mio compito proteggerti, sono tuo padre. Non intendo permetterti tutto questo."
 
"Ma padre. Cerca di capire, tutta la mia vita é già scelta e programmata da altri. Io non ho nemmeno il diritto di scegliere cosa mangiare, quando, come vestirmi. Dalla nascita é stato stabilito che dovessi sposarmi, regnare. Io voglio essere libera di fare una scelta."
 
" É il dovere che hai come principessa. Ha i suoi vantaggi, ma anche i suoi doveri, non puoi comportarti come una persona comune. É necessario che tu ti vesta, ti nutra, ti istruisca e sia capace a comportarti in un certo modo."
 
"Ma io non voglio sposarmi, non mi sento pronta! Non conosco nulla del mondo, come posso governare un regno?"
 
"Imparerai sul lavoro, come tutti, con l'esperienza..."
 
"E perché dovrei fare degli errori che hanno già fatto altri come se fosse inevitabile, quando mi basterebbe un po' più di conoscenza per rendermi conto dei bisogni di chi vive là fuori?"
 
"Viola io ti voglio bene. Ma il mio compito é proteggerti, non voglio che ti succeda nulla e quello che tu chiedi é molto pericoloso, mia figlia non vivrà neanche un'ora senza protezioni..."
 
"Non sembra che abbia funzionato nel caso della mamma." Il gelo scese nella stanza, Viola non si era nemmeno reso conto della frase pesante che aveva appena pronunciato. Le era uscita spontanea, senza pensare.
 
"Come hai detto?"
 
"Perdonami padre. Non l'ho detto con cattiveria, ma é la verità, la mamma era in gabbia, protetta, scortata eppure, non é più qui e cosa peggiore, lo sai che é morta con il rimpianto di non essere mai stata libera un giorno."
 
"Adesso basta signorina. Stai passando il limite, non azzardarti mai più a dire una cosa del genere chiaro? Tua madre é morta per via di un incidente."
 
"Nulla cambia che tutte le guardie e le dame che l'accompagnavano non hanno potuto evitarlo. Ammesso che un dardo avvelenato sparato proprio vicino al cuore possa chiamarsi incidente."
 
"Ora basta! Va in camera tua, non dire un'altra parola o ti sposerai senza nemmeno fare la vacanza con Xenia."
 
Viola si alzò arrabbiata e delusa:
 
"Ecco cosa sai fare padre! Minacciare, alzare la voce ogni qual volta non trovi un valido argomento per confutare i miei. Me ne vado, ma rifletti su questo: tua moglie si sentiva prigioniera a motivo dei doveri che le erano richiesti. É morta con questo rimorso. Vuoi che anche tua figlia viva la stessa sofferenza?"
 
"Va in camera tua. Sparisci Viola. Prima che ti chiuda nei tuoi alloggi."
 
"Me ne vado papà anche se con tutto il rispetto non sarebbe molto diverso da ora. Con permesso." Si avviò verso la sua stanza, gli occhi erano umidi, aveva un groppo in gola. Quanto avrebbe voluto che sua madre fosse lì con lei.
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
L'arena era piena di gente in festa, in pista tutte le persone dalla più povera, alla più ricca, dalla più umile alla più nobile tutte potevano godere di quell'intrattenimento. Bisognava riconoscere che Doflamingo era molto abile ad abbindolare e sviare le persone. Allo sguardo di un occhio esterno, in quel momento, sembrava davvero essere una nazione felice e prospera, anche se in realtà nessuno era davvero libero. Ma perfino il popolo che conosceva le leggi emanate ed era obbligato a rispettarle non ne era assolutamente indispettito anzi, le persone vivevano come una restrizione necessaria e benevola le leggi emanate dal monarca attuale, non chiedendosi nemmeno il perché di certe imposizioni e limitazioni.
 
Ecco chi era Doflamingo: un manipolatore, ipnotizzatore, un uomo molto pericoloso, in grado d'inchinare o con l'illusione o con la forza un popolo intero ai suoi piedi.
 
"Scendiamo in pista querida?" Chiese Doflamingo a Hancock sorseggiando il suo terzo cocktail ghiacciato.
 
"Speravo me lo chiedessi."
 
I due si recarono in mezzo alla pista, quando scelsero dagli spalti la folla sotto li acclamò in delirio. Nonostante l'adorazione e la voglia della folla di avvicinarsi a lui nessuno osava farlo pensando alle conseguenze a cui si sarebbe andati incontro.
 
All'arrivo del re in pista la musica partì a tutto volume, come una grande discoteca all'aperto intenzionata a non morire fino all'alba. Doflamingo ballava sensualmente con la flottara affascina, il suo corpo muscoloso si muoveva in modo sexy e armonioso tipico di chi come lui aveva la musica nel sangue, Hancock non era certo da meno. I suoi sottoposti e fidi subordinati erano autorizzati a divertirsi vicino a lui motivo per cui anche Jolla, Monet, Baby 5 e addirittura la piccola Sugar Ballarò o in sua compagnia fino alla fine della festa, ovviamente accompagnate anche da Trebol, señor Pink, Diamante e Machvise, insieme a Buffalo e Dellinger.
Doflamingo voleva bere, ballare, lavare via il suo tormento. Era un re, ricco, potente, disponeva di ogni ragazza che le piacesse.
Quella sera voleva divertirsi, dimenticare tutto al sesto cocktail ghiacciato la testa iniziò un po' a girargli.
 
Sapeva molto bene che non gli era permesso assolutamente di perdere il controllo, perché si dice che da ubriachi si é senza filtro e si rischia di dire, fare o mostrare cose che scoprono i più reconditi sentimenti, pensieri e soprattutto le proprie debolezze. A Doflamingo venne la pelle d'oca solo al pensiero, se qualcuno, anche solo un suo subordinato nella migliore delle ipotesi, avesse visto anche la benché minima debolezza in lui la sua supremazia, la sua autorità, il suo potere sarebbe stato intaccato. Eppure sentiva il bisogno di essere leggero quella sera, ma al contempo aveva paura di esserlo. Sicuramente anche la prospettiva di rigettare tutta la notte, invece di passarla con la splendida amante che si era scelto non era molto allettante, motivo per cui al settimo cocktail si fermò senza toccare più un goccio di alcool. Era un po', brillo, un po' leggero ma non così tanto da perdere il controllo.
 
Sinuosamente, nel modo più naturale possibile si muoveva sensualmente, in modo sinuoso e leggero senza bisogno di pensare come se fosse naturale quanto camminare o respirare. Hancock non rimaneva certo indifferente al tocco, il brivido, la sensazione del suo corpo muscoloso che strusciava il suo e ballava vicino a lei.
 
A notte inoltrata lei diede il meglio di sé regalandogli uno spettacolo di lap dance, usandolo come palo e sfoderando una della sue più provocanti performance, pur non spogliandosi lo spacco della gonna e la scollatura generosa fecero la loro parte.
 
Alle tre di notte inoltrate, Doflamingo si sentì pervaso dal desiderio e dandole un bacio pieno di foga e passione disse:
 
"Diamante! Annuncia che noi andiamo a casa, ci ritiriamo, ma il popolo può continuare a divertirsi fino all'alba. Noi continueremo la festa altrove."
Disse accarezzando i capelli di Hancock.
 
Le mise una mano sulla spalla e una volta scortato dalle due guardie raggiunse di nuovo gli spalti.
 
"Il re purtroppo desidera fare ritorno al castello ma, desidera che chiunque lo voglia faccia festa fino all'alba evitando ovviamente di uscire dall'arena se non per raggiungere le proprie abitazioni. Vi augura una buona notte e un buon divertimento."
 
La folla applaudí e urlò omaggi e auguri verso il giovane monarca che si limitò a salutare dagli spalti con la mano.
 
Le guardie si prepararono a scortare lui e la giovane donna all'uscita. Lì la macchina reale era già sul posto ad aspettarli.

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Capitolo 21
*** schiava di sè stessa ***


Percorsero tutto il tappeto rosso, tra gli applausi e gli apprezzamenti della folla si diressero verso la macchina.
Hancock rabbrividí leggermente all' aria frizzante che le sfiorava la pelle. Doflamingo si avvicinò posandole sulla spalle lo scialle che si era portata, ma che fino ad allora non aveva avuto bisogno di indossare.
 
"Copriti amor. Non vorrai ammalarti proprio ora che sei con me per qualche giorno."
 
"Grazie Doffy. Assolutamente no. Solo che credevo che per fare questo piccolo pezzo di strada non avessi avuto bisogno di coprirmi."
 
"Bastano pochi attimi per prendere freddo, non voglio che tu possa ammalarti, sono sempre molto attento e geloso delle mie cose."
 
"Quindi io sono una tua proprietà?" chiese entrando nella spaziosa auto di lusso.
 
"Sei tu a ricordarmelo costantemente querida. Non certo io, tu sei libera, le mie schiave sono di mia proprietà personale. Tu vieni a trovarmi quando vuoi." Doffy stappò una bottiglia di Champagne.
 
"Quindi se io un giorno, ammettiamo, trovassi l'amore della mia vita scoprendo che non sei tu, tu non mi puniresti o cercheresti di uccidermi come una schiava che cerca di fuggire."
 
"Non succederà mai pequeña, come staresti senza di me?" disse lui con aria sensuale e maliziosa dopo averle offerto un calice pieno di champagne.
 
"Non girare la domanda. Rispondimi."
 
"Lo vedrai se mai succederà. Anche se non credo che potresti mai barattarli con qualcun altro."
 
"Come hai ragione cariño mío. Tu sai stregarmi e tenermi prigioniera del tuo fascino."
 
" Vedi che ho ragione." Disse bevendo tutto il suo calice di champagne.
 
"Quindi questa sera, non ti va di dormire con me. Preferisci stare nella tua camera a pensare a chissà dove sia il tuo vero amore, che nome abbia e che volto abbia giusto?"
 
"Ma no. Cosa dici cariño. Come potrei non dormire con te. Sai che sono qui per questo." Disse lei togliendosi lo scialle e gettandogli le braccia al collo per iniziare a baciarlo. 
 
Lui mise una mano sulla sua scollatura generosa.
 
"Come siamo prosperose amore mio. Questa cosa di te mi farà sempre impazzire. Sei bella e formosa. E hai un profumo inconfondibile." Disse annusandole il collo e posandole un bacio tra le clavicole e cercando di proseguire verso la scollatura.
 
Le mise le mani sui fianchi, baciando la sua scollatura in modi delicato e poi le chiese mordicchiandole il collo:
"Faresti un bagno caldo con me?"
 
"Con immenso piacere mi cariño."
 
Dopo pochissimo scesero dalla macchina ed entrarono nel castello, ormai quasi tutti dormivano. Nonostante Doflamingo non la facesse passare in mezzo a loro di proposito Hancock non poté fare a meno di tutte quelle schiave che sfinite,dopo una giornata di lavoro sfiancante aggravato dalla costante paura di essere punite anche solo per capriccio del re, avevano consumato un pasto frugale, di erano lavate tutte insieme nel bagno adibito alle schiave e ora sfinite dormivano sul pavimento con un cuscino, e un materasso scadente.
 
La paura di essere punite, torturare o uccise non le lasciava nemmeno di notte anche se dopo un po' erano così stanche da non riuscire a rimanere sveglie nemmeno per paura. Conosceva anche troppo bene quella sensazione di stanchezza fisica perenne che l'aveva portata a dormire anche in piedi.
Era sicura che quelle schiave stessero passando esattamente quello che aveva passato lei, se non peggio forse. Lui non poteva capire, né tantomeno aveva la benché minima intenzione di provare a farlo, che cicatrici, segni e sofferenze ci si portava dietro anche nel remoto caso in cui si riuscisse a sopravvivere a quell' inferno.
 
Non solo portava dentro i suoi traumi, ma addirittura quelli di altri.
Uno degli episodi che più l'aveva segnata per sempre l'aveva vissuto a soli 15 anni.
Un drago celeste aveva appena acquistato una manciata di ragazzine come lei, molto belle dichiarando che se ne sarebbe servito per divertirsi.
 
Era giá spaventata e scioccata vedendo come piangevano e supplicavano di essere liberate e risparmiate prima che il padrone minacciasse tutte di torturarle e ucciderle in caso di ulteriori piagnistei.
 
Si doveva ancora riprendere da quella scena che trovava già a dir poco orribile, senza sapere che il peggio doveva ancora venire.
Mentre stava per condurle verso la sua abitazione, una donna dall'aria rabbiosa e incontrollata lo raggiunse, non ci volle molto a capire che fosse la moglie
 
"Così, ti pesco a fare il maiale un altra volta eh? Non hai imparato la lezione della scorsa settimana."
 
"Io sono un drago celeste, ho il diritto di avere le schiave che voglio anche se ho avuto la sfortuna di avere te per moglie."
 
"Anche io sono un drago celeste idiota. E non tollero rivali, specialmente se sono delle viscide schiave."
 
"Cosa intendi fare ora?"
 
Senza nemmeno rispondere la donna con un frustando corde iniziò a frustare le povere ragazze senza pietà, imploravano tregua, di essere liberate, provavano a brandire la loro innocenza, ma né quella donna orribile, né quell'uomo crudele accennavano a un minimo di rimorso.
 
"Vediamo cosa ne resta dopo che le avrò sfigurate a suon di frustate."
 
La donna le colpiva senza pietà, erano ormai livide, sanguinolente e moribonde. 
L'uomo disse:
 
"Non dovrei comprare delle schiave se tu adempissi ai tuoi doveri di moglie. Quindi é solo colpa tua. Spero che tu abbia imparato la lezione, se non mi farai mancare nulla ti prometto che non me comprerò mai più una senza il tuo permesso."
 
"Oh caro! Dici sul serio? Quindi non volevi davvero tradirmi?"
 
"No era solo una lezione per via del fatto che non sei mai a casa."
 
La donna gettò per terra la frusta.
 
"É solo perché sono una campionessa di scacchi, non posso piantare in asso i tornei."
 
"Ma io ti ho sposata per vederti, non perché tu vinca a scacchi."
 
"Senti la mia mancanza tesoro? Come sei carino!"
 
"Ma certo cara che mi manchi, non possiamo scendere a compromessi?"
 
"Facciamo che farò tardi a scacchi solo due volte alla settimana. Gli altri giorni tornerò prima, ma faremo qualcosa insieme."
 
"Affare fatto cara. Magari un bel giro a cavallo, un picnic o una bella serata a teatro."
 
"Siiii! Come mi conosci bene caro. Cosa ne farai ora delle schiave che hai comprato?"
 
"Mi servivano solo per fare pace con te. E poi sono quasi morte, é più il danno che il guadagno, spenderei di più per curarle che per rinunciarci, quindi le lascerò qui, che chiunque ne faccia ciò che vuole."
 
Era sbigottita! Aveva acquistato vite umane, le aveva danneggiate e infine aveva lasciato che fossero ridotte in fin di vita, solo per una stupida lite.
Sentì un brivido percorrerla, avrebbe potuto esserci lei al posto di quelle ragazze, per quegli insulsi draghi celesti la vita degli schiavi, soprattutto umani, valeva meno di quella dei vermi.
 
"Ma le hai pagate caro."
 
"Mi sono costate talmente poco e poi sono servite al loro scopo: farci riappacificare."
 
"Mi scoccia che tu le perda."
 
"Vi prego, lasciateci libere..." disse una con un filo di voce: "portatevi in un ospedale e lasciateci lì."
 
"Facciamo così" disse il marito ignorando la supplica:
"scegli tu cosa farne, in fondo le ho comprate. Te le regalo."
 
"Cosa ne ne faccio? Non le voglio, poi hanno poche ore di vita a essere generosi. Possiamo regalarle?"
 
"E chi le vuole così ridotte, te l'ho detto costa più curarle che perderle."
 
 "Allora lasciamole morire o anzi, facciamole uccidere così non si parlerà molto di questa cosa."
 
"Noo pietà... Vi prego!" Implorarono le ragazze ormai accasciate al suolo.
 
Non poteva finire così, torturate, uccise, lasciate morire sotto gli occhi indifferenti, anzi, accomodanti di tutti. Davvero sarebbe finita così? Con vite spezzate senza nemmeno una motivazione?
 
"Le prenderò io!" Una voce di levò in mezzo alla folla di draghi celesti, tutti lo fissarono.
 
"Io e mia moglie cerchiamo giusto cinque domestiche, le ho notate prima che questa pazzoide le sfigurasse, sembrano ragazze sane e in buona salute. Adesso dovrò curarle personalmente prima di poterle utilizzare."
 
"Si stavano mettendo tra me e mio marito, le ho frustate perché non fossero d'intralcio, tu pensa ai fatti tuoi."
 
"C'è un regolamento che vieta di uccidere o mutilare uno schiavo subito dopo averlo comprato, specialmente in pubblico. In più hai acquistato  ragazze adatte ai lavori domestici per poi mutilarle, due violazioni in pochi minuti. La colpa e tutta di tua moglie Eisuke, è impulsiva e viziata proprio come te."
 
"Ehi come ti permetti di..."
 
"Non fare il gradasso, o mi paghi la quota che hai versato per loro, oppure le prenderò comunque ma domani mattina sporgerò reclamo all' ufficio per il protocollo degli schiavi e non credo ti convenga visto che sarebbe la terza segnalazione per tua moglie."
 
"Non oserai..."
 
"Invece si. A te la scelta, hai un paio di minuti io intanto chiamo i soccorsi per loro."
 
"Andiamo Homing. Dovrei pagare una cifra esorbitante."
 
" Ti resta un minuto e trenta secondi."
 
"Cosa vuoi ottenere? Se anche ti pagassi quanto versato per comprarle non basterebbe per farle curare. Sai cosa costa curare uno schiavo."
 
"Manca un minuto, e comunque ho il dottore privato a casa."
 
"Dovrai curarle per molti giorni e potrebbero non riprendersi, avresti buttato via tempo e denaro. Perché non te ne compri di nuove."
 
" Trenta secondi, sono fatti miei e comunque le volevo già prima che arrivassi tu."
 
"Homing stai facendo una sciocchezza. Ti stai rovinando da solo, nessuno qui ha mai capito il tuo modo di ragionare."
 
"Dieci secondi e poi non avrai scelta, avrai il reclamo domani mattina."
 
"E va bene. Eccoti qui diecimila Berry. Hai ottenuto quello che volevi ora sparisci."
 
"Bene. Hai fatto la scelta migliore, e non preoccuparti, non ti succederà niente, finché tua moglie non ti caccerà di nuovo nei guai."
 
Le cinque ragazze furono trasportate d'urgenza di delle barelle nella casa dell' uomo lì vicino. 
Non seppe più nulla di loro, non sapeva se fossero morte o se si fossero salvate. Ad ogni modo pensare alla loro angoscia, le urla di dolore, le frustate di quella donna schifosa, ancora oggi la turbava. La indisponeva quasi quanto ricordare cosa le avevano fatto personalmente. Un braccio sulle spalle la distolse da quei pensieri, Doffy l'abbraccia a dolcemente. Trebol lo aspettava con aria assonnata:
 
"Ben tornato Doffy la tua camera è pronta e anche quella della tua amata se ce n'è bisogno. Buon riposo a entrambi."
 
"È tutto pronto come ti ho chiesto?"
 
"Si Doffy. In ogni dettaglio."
 
"Molto bene. Allora a domani Trebol, non vogliamo essere svegliati almeno prima di mezzogiorno. Faremo tardi sta notte."
 
"Come tu ordini Doffy. La colazione non arriverà prima di quell'ora."
 
" Vieni mia dolce donzella, divertiamoci un po' in privato."
 
"Certo Doffy volentieri." Disse stringendosi nel suo abbraccio, che petto muscoloso, che corpo possente e che tepore che emanava. Aveva un profumo così inebriante, delle mani così calde e grandi. 
 
Una schiava lo salutó: "Buonasera signorino!" Dopo un breve inchino aprì per lui con l'aiuto di un altra ragazza le porte delle sue stanze private, aspettarono che la coppia fosse entrata e la richiusero dolcemente.
 
"Allora mi florecita. Finalmente soli!"

"Si Doffy! Vedo che come tuo solito hai pensato a tutto per rendere la nostra serata indimenticabile."

"Non lo faccio sempre?"

"Si!" disse lei iniziando a sbottanargli la camicia.
 
 
 

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Capitolo 22
*** Amore conflittuale ***


"Come puoi avere un corpo sempre così perfetto? Com'é possibile che i tuoi muscoli siano sempre così perfettamente scolpiti? E la tua pelle così naturalmente abbronzata senza che tu prenda il sole e nonostante tu sia biondo, per giunta?"
 
"Fufufufufufu sei attratta da me querida? Non ti biasimo, in effetti sono un bel ragazzo e in più ho un fascino ereditario, la mia era considerata una delle famiglie più belle di Marijoa. Ad ogni modo potrei chiedere la stessa cosa a te."
 
La ragazza nel frattempo le aveva abbassato la camicia fino al fondoschiena, scoprendogli completamente le braccia e il petto anche se le maniche erano ancora trattenute dai polsi del giovane uomo. Con la sua bocca carnosa e soffice iniziò a baciarle il collo giocherellando con il suo pomo d'Adamo, lui socchiuse gli occhi per il piacere. Poi scese piano piano baciandogli quei muscoli perfetti, scolpiti e quella pelle così liscia, soffice. In quei momenti, era lui ad essere nelle sue mani, erano un uomo e una donna che condividevano la loro passione, non uno schiava e un drago celeste.
Era incredibile quanto potesse avere il controllo di quello schianto di uomo usando solo un po' di seduzione. 
 
Lui le sfilò il kimono lungo e luccicante, ricambio i suoi baci.
 
Quando la vasca idromassaggio iniziò a fare le bolle entrambe di svestirono completamente ed entrarono insieme in vasca per godersi quel rilassante trattamento.
 
Doflamingo entrò per primo mettendo in mostra i suoi muscoli, le sue cosce e i suoi glutei marmorei, si sedette nella vasca rilassandosi e in braccio a lui seduta davanti si sedette la regina dei pirati.
Si sedette davanti a lui mostrandogli la schiena. Lui non si fece certo attendere, le accarezzò le spalle con le sue mani morbide, calde e grandi regalandole un massaggio fantastico, la ragazza iniziò a rilassarsi, a godere di quello speciale trattamento. Dopo un po' le spostò i lunghi capelli neri da un lato scoprendo la sua schiena perfetta e candida, liscia come seta. Eccolo lì! Il simbolo con cui era stata marchiata come schiava, quello che la faceva tanto soffrire. Era tra le sue scapole, stampato indelebilmente senza possibilità di ritorno.
 
La sua pelle morbida era stata danneggiata con un ferro arroventato, quel simbolo l'aveva visto molte volte, su tante persone, ma non ci aveva mai fatto così tanto caso, né gli aveva dato importanza. Inizió a baciarle dolcemente il simbolo che tanto odiava, con baci umidi e leggeri, alternandoli a baci sul collo e sulla schiena. 
 
"Ti da piacere vero? Pensare che in fondo io possa essere considerata tua di diritto?"
 
"Cosa intendi?" Disse continuando massaggiarle le spalle.
 
"Che non perdi mai occasione quando siamo in intimità a scoprirmi quel simbolo e a dargli attenzioni. Sii sincero. Ti piace ricordarmi e soprattutto ricordarti, che io sia stata schiava e che tu fossi un drago celeste. Ti dà potere vero? Me lo ricordi per mettere le cose in chiaro per comunicare al mio inconscio che io debba ubbidirti e assecondarti in ogni tuo desiderio."
 
"Fufufufufufu siamo diventate psicologhe?
 Non lo sapevo querida, da quando?"
 
"Non sto scherzando. Rispondimi amo (padrone in spagnolo)." Disse con sarcasmo tagliente sfoderando uno dei suoi sguardi più minacciosi.
 
"Perché tutto questo astio mi amor. Io lo faccio per ricordarti che per me quel simbolo non significa nulla te lo bacio e massaggio come le spalle, il resto della schiena e tutte le altre parti del corpo non marchiate."
 
"Si certo. A chi vuoi raccontarla."
 
"Sono sincero querida. Ecco perché ora uscirò dalla vasca e questa notte non ti chiedo di dormire con me. Se vuoi puoi andare nella tua camera, come ti ho detto prima l'ho fatta preparare. Se vuoi vai pure. Sappi che però io uscirò dalla vasca tra dieci minuti quando sarà finito il trattamento. Sei tu che mi hai seguito in camera o sbaglio."
 
 
"Bene. Quindi o mi concedo a te o dormo da sola. Non hai contemplato nemmeno per un attimo che io possa voler dormire con te semplicemente senza fare nulla."
 
"Fufufufufufu hai la luna storta eh florecita. No assolutamente, certo che puoi dormire con me senza fare nulla di più, ma avevo capito che dormire con un drago celeste ti desse repulsione. In fondo, avresti potuto accusarmi di considerarti il mio "scaldaletto", sorte di molte schiave. Ma come vedi querida qualsiasi cosa dica sono sotto accusa qualsiasi cosa dica."
 
La ragazza lo guardó sorridere, quanto la irritava, sapeva di avere su di lei un ascendente particolare, lei non riusciva a stare lontano da lui, nè a stargli staccata quando lo aveva accanto. Lui le aveva detto tutte quelle parole, già sicuro che lei non avrebbe rinunciato a stare con lui quella notte. In più, sarebbe stata pure una sciocca, dato che aveva fatto tutto quel viaggio per stare in sua compagnia e per tutta la sera gli aveva chiesto di poter stare da sola con lui il più presto possibile.
 
Doflamingo si alzò e si preparò ad uscire dalla vasca. Lei guardó il suo corpo abbronzato, muscoloso e a dir poco perfetto, l'acqua brillava sulla sua pelle che scintillava alla luce delle candele. Non voleva cedere, avrebbe voluto essere determinata, ma lui era così bello.
 
"Allora lo champagne lo farò ritirare perché non si scaldi. Non voglio sprecarlo bevendolo da solo. Vorrá dire che lo terrò per quando e se cambierai idea querida."
 
Voleva resistere, ma sentiva la pressione del suo desiderio farsi sempre più consistente. Voleva abbracciarlo, baciarlo e dirgli di volerlo solo per lei.
 
"I miei capelli sono a dir poco perfetto sta sera, li ho fatti pettinare e sistemare in modo da essere bello per te tutta la notte. Perché voglio darti il mio meglio mia principessa. Ma non voglio forzarti, nè farti credere che ti consideri mia di diritto."
 
Si avvicinò al letto indossando una vestaglia nuova appena comprata, color blu notte, lucida, scollata e pregiata. Lei la notò subito era nuova, non l' aveva mai indossata, come se le avesse letto nel pensiero disse:
"L'ho comprata per te. La indosseró comunque, aspettando che tu decida di farmi compagnia. Non la indosseró per nessun altro." Disse lui avvicinandosi con sguardo sensuale.
 
Maledetto! Com'era possibile che riuscisse sempre a tenerla così in pugno? Non poteva definirsi una schiava, in effetti, era lei a volerlo essere, a non poter stare senza lui. Era lei a cercarlo sempre, a essere sempre in cerca delle sue attenzioni, ad andarlo a trovare e a chiedergli contatto fisico ed emotivo.
Ne era prigioniera, ancora prima che si riappacificassero. Era forse per quello che lei diceva di odiarlo: ne aveva paura! Aveva capito fin da subito che quel fascino, quell' autorità, quella bellezza mozzafiato non le avrebbero lasciato scampo e fiutando il pericolo aveva deciso di stare distante. Ma era stato lui ad avvicinarsi e lei da brava "donna forte e determinata" che sembrava essere, ma non era aveva subito ceduto a lui.
Anche perché per quanto spietato e senza cuore fosse come re, cosa che lui aveva sempre evitato a lei di constatare di persona, era un ottimo amante e  uomo. Ci sapeva fare, sapeva come prenderla, tenerla buona e tenerla legata a sé.
 
Sapeva bene come, quando lei non fosse presente, lui perpetrasse crudeltà e maltrattamenti nei confronti dei suoi sudditi e dei suoi schiavi molto simili a quelli da lei subiti. Lui però aveva ben pensato di non renderla mai testimone oculare di tutto questo. Lei era convinta che, per quanto lui dichiarasse di farlo per rispetto verso di lei e per non farla assistere a nulla di spiacevole per amor suo, lui la proteggesse da quello scenario per evitare che lei prendesse coscienza di chi fosse lui veramente cosa che l'avrebbe spinta finalmente ad allontanarsi e che non gli avrebbe più conferito quel potere di di lei.
 
"Allora amor de mi vida, io mi sdraio e dormo. Se vuoi dormi accanto me, altrimenti c'é la tua stanza, ci vediamo domani per la colazione se vuoi. Buona notte."
 
Lei non riuscì più a resistere:
 
"No Doffy, aspetta!"
 
"Che c'é mio splendore?"
 
"Ti prego, non volevo rovinare tutto, sono stata una sciocca, ti supplico, godiamoci la serata che avevi programmato."
 
Così dicendo uscì frettolosamente dalla vasca, di avvolse in un accappatoio e corse ad abbracciarlo
 
"Wow che stretta che hai tesoro. Fufufufufufu hai già cambiato idea?"
 
"Scusa. A volte certi pensieri mi rendono lunatica e nervosa, ma tu non hai fatto nulla, anzi, hai organizzato tutte queste meraviglie per me e io ti ho accusato. Ti prego scusami mio dolce signorino. É ancora valido l'invito a passare la notte con te?"
 
"Certo querida. Vedi che sei tu a voler stare con me. Non sono io che ti obbligo."
 
"É vero mio affascinante re."
 
Senza dire nulla gli porse il suo collo che lui riprese a baciare, nel frattempo le aveva circondato le braccia con le sue in un abbraccio. La ragazza gemeva di piacere e felicità, sussurró sorridendo:
 
"Doffy...."
 
" Si querida. Sicura che tu voglia parlare..."
 
"Doffy... Grazie... Ti prego... Tienimi con te sta notte."
 
"Sarà un piacere! Ora preparati, prenderai freddo se non ti asciughi. Di là c'é una bellissima lingerie di pizzo e una vestaglia molto costose, le ho scelte per te e se ti piacciono saranno tue."
 
"Arrivo subito amore mio."
 
Hancock si diresse verso il bagno pettinò i suoi lunghi capelli neri, indossò il completo color bronzo che lo Schichibukai le aveva regalato e entrò nella stanza dove lui la aspettava sul letto.
 
Si sedette accanto a lui.
 
"Festeggiamo questa notte insieme dopo molto tempo di distanza."
 
Così dicendo aprì lo champagne e ne porse una coppa alla piratessa accanto a lui. Dopo aver brindato iniziarono a baciarsi dolcemente, in men che non si dica si abbandonarono al piacere.
Dopo circa un'ora l'orologio segnò le 5:00 del mattino precise.
 
Doflamingo era disteso soddisfatto sul letto e Hancock era abbracciata a lui mentre con dito le accarezzava il petto e le lasciava qualche delicato bacio casuale.
 
"Allora querida. Ti sentí ancora prigioniera?"
 
"Tua ospite d'onore visto come mi hai trattato."
 
"Bene. Questo volevo trasmetterti e adesso se la mia gradita ospite non ha nulla in contrario io dormirei un po' che ne dici?"
 
"Solo se lo fai abbracciato a me."
 
"Come desideri principessa." disse dandole un bacio sulla fronte. Lei si sistemò meglio sul suo petto ascoltando il suo respiro ancora leggermente irregolare. Lasciò che lui la stringesse tra le sue braccia muscolose e possenti.
 
"Doffy. Hai un odore buonissimo."
 
"Anche tu dolcezza. Buona notte."
 
Rilassati e soddisfatti entrambi presero sonno con la consapevolezza che solo quando si fossero riposati abbastanza avrebbero aperto gli occhi.
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** segreti e ricordi ***


Nonostante quella sera avesse pensato spesso a cose spiacevoli Hancock dormí divinamente quella notte, o almeno così sarebbe stato se non fosse che dopo solo due ore di sonno fu svegliata dal respiro irregolare e il cuore che batteva all'impazzata di Doflamingo. Pioveva fuori, erano solo le sette del mattino, all'incirca, era autunno e si erano addormentati con indosso indumenti leggeri, anzi a dire il vero lui non indossava nulla, non c era davvero motivo per sudare. Tutto si poteva dire, ma non che facesse caldo. Allora perché il re di Dressrosa stava sudando agitandosi nel letto? Lei lo sapeva: stava avendo un incubo, non le aveva mai raccontato di che natura, ma lei sapeva che quando si comportava così nel sonno stava avendo un incubo e anche abbastanza intenso; quando questo accadeva l'unica cosa da fare era interrompere il suo sonno, cosa che lui aveva chiesto personalmente a lei.
 
"Doffy! Tesoro mio, svegliati!"
 
Lui non si svegliò, gli occhi erano chiusi e da essi scorrevano delle lacrime, copiose per giunta.
 
"Doffy! Svegliati, stai avendo un incubo. Doffy ti ho detto di svegliarti!" esclamò la ragazza con tono imperativo e la voce alta.
 
Lo scosse energicamente per svegliarlo: "Doffy! Apri gli occhi."
 
Lui scattò sedendosi di colpo, tutto sudato, con gli occhi bagnati di lacrime e urlando: "Vi ucciderò uno per uno."
 
Respirò affannosamente, Hancock gli accarezzò una spalla dolcemente:
"Stavi avendo un incubo e mi hai chiesto espressamente di svegliarti quando capita. Tutto bene cariño?"
 
"É ovvio che devo aver esagerato con il cibo o preso freddo, altrimenti non avrei avuto questo stupido incubo."
 
"Sono anni che dormiamo insieme, spesso hai questi incubi. Posso sapere il perché? Vorrei saperne qualcosa visto che disturbano anche il mio sonno oltre al tuo."
 
"Non mi va di parlarne. Ora vado a sciacquarmi la faccia e torno a letto."
 
"Non puoi scappare dai tuoi incubi per sempre Doffy. Se ti aprissi staresti meglio."
 
"Perché deve esserci dietro chissà che significato? Tu non fai mai incubi? Anche se forse tu hai dormito solo con me, ti assicuro che tutti ne fanno."
 
"É vero. Ma non così spesso, né così intensi, sei tutto sudato, hai il respiro affannato e piangevi."
 
"Ascolta io ho sonno. Vado un attimo in bagno e poi riprendo a dormire ok?"
 
Rassegnata lo guardò mentre si infilava la vestaglia blu scura dalla texture lucida e si dirigeva in bagno. Sentì lo scrosciare dell'acqua fredda, Doflamingo se la buttò in faccia con l'aiuto delle mani, si passò le mani bagnate sul collo e fra i capelli e ne bevve avidamente per rinfrescarsi la gola. Con un asciugamano si tamponò il viso. Era palese che stava diventando sempre più difficile nascondere il proprio passato alla donna che da quasi cinque anni ormai divideva il letto con lui. Non ne aveva mai avuti dormendo con le sue schiave e le rare volte che capitava le trasformava in giocattolo in modo che perdessero la memoria o le vendeva a qualcuno in modo che non potessero raccontare in giro di averlo visto piangere. Nessuno avrebbe mai dovuto sapere che anche lui avesse dei sentimenti, delle debolezze o della sofferenza dentro di sé, sarebbe stata la sua fine. Ma con quella donna, con lei era diverso non era una sua schiava, né il suo scaldaletto o il suo gioco, era maledettamente intelligente, lo scrutava e studiava e conoscendo le sue origini forse avrebbe anche potuto intuire qualcosa.
 
Dopo pochi secondi Hancock lo raggiunse in bagno, era preoccupata e visibilmente in apprensione.
 
" Signorino come stai? Va meglio?" gli chiese cingendogli la vita da dietro mentre lui si guardava allo specchio. Era raro che usasse il titolo onorifico per riferirsi a lui dato la confidenza che c'era tra loro. Lo faceva solo in intimità per gioco oppure, in pubblico per conferirgli onore e rispetto davanti agli altri, soprattutto se non appartenenti alla famiglia.
In alcune situazioni però, lo faceva per tirarlo su di morale, per dare una vena solenne alla circostanza o quando le parlava davvero in modo serio e questa era una di quelle volte, non essendoci nessuno oltre a loro e non trovandosi a scherzare o in intimità con lui poteva essere solo così.
 
"Tranquilla querida. Ora sto meglio, ti raggiungo subito, mi dispiace di averti svegliato."
 
"Non preoccuparti cariño, non dirlo neanche per scherzo. Io voglio solo che tu stia bene, completamente, per il resto nulla è importante."
 
"È solo un incubo nena. Ora arrivo, non preoccuparti eccessivamente, come i sogni gl'incubi arrivano a volte, senza chissà che motivo e ci disturbano il sonno."
 
"Mi dispiace di non aver contribuito a farti stare meglio in questo forse, io non bastò..."
 
"Non permetterti di pensarlo nemmeno.  Prima di dormire con te li facevo praticamente ogni notte. Ora sono più sporadici."
 
"Per questo li fai quasi almeno una notte per ogni weekend che sto con te?"
 
"Ti prego querida, sono molto stanco. Mi riaddormenteresti così magari dormo bene questa volta?"
 
"Come vuoi Doffy. Ma un giorno dovrai pur spiegarmi qualcosa in più su tutto questo."
 
"Non ora, casco dal sonno."
 
"Va bene andiamo a letto." disse lei rassegnata.
 
Lui si sdraió mettendo le mani dietro la testa, fissava il soffitto.
Lei si avvicinò le mise la testa sul petto accarezzandogli i folti capelli color miele.
 
"Cosa ti tormenta? Non riesco a capire sei bello, giovane, sei un re, uno Schichibukai, hai così tanto potere, vivi negli agi, puoi avere tutto ciò che desideri. È davvero possibile che qualcosa ti faccia soffrire?"
 
"Non ci sono nato così. Tutto ciò che ho l'ho ottenuto da solo."
 
"Alla nascita eri un drago celeste, quindi..."
 
"Ho detto che ho sonno, non te ne parlerò. Ora cerchiamo di dormire."

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Capitolo 24
*** frattura, rottura. ***


Che Doflamingo fosse davvero stanco non era certo una scusa usata per evitare di parlarle. Ne ebbe la conferma praticamente subito, infatti, appena la sua testa toccó il cuscino lo Schichibukai era praticamente crollato. Lo guardò accarezzandogli dolcemente i capelli.
 
"Sembri così duro e impenetrabile da sveglio, nessuno penserebbe che nel sonno tu possa essere così innocente e angelico. Deve pur esserci stato un tempo in cui anche tu hai amato, pianto, provato paura, cercato rifugio. Anche tu sei stato bambino, questo significa che anche tu sei stato cresciuto, amato, protetto da qualcuno e dovrai aver provato dei sentimenti buoni, delle emozioni. Mi sono sempre chiesta da chi tu abbia preso, chi fossero i tuoi genitori, se avessi fratelli, non me ne hai mai parlato. L'unica cosa che ho capito è che probabilmente hai molto rancore verso tuo padre, gli rimproveri le sue scelte e lo ritieni responsabile delle tue sofferenze." Pensò la ragazza.
 
Hancock osservò il suo viso dai lineamenti perfetti, il naso piccolo e appuntito, le sue sopracciglia perfette e la bocca carnosa, estremamente bella quando non alterata dai suoi ghigni malevoli o forzati.
 
"Chissà se un giorno scoprirò da dove vieni e chi sei Doflamingo. Per ora so solo che sei un drago celeste e che devi aver sofferto qualcosa di terribile... Un po' poco per tutto il tempo che abbiamo passato insieme. Mi piacerebbe sapere chi sei tuoi genitori devo ringraziare per averti dato questa bellezza fuori dal comune di cui ho l'onore di godere. Chissà se questi capelli dorati sono di tua madre, tuo padre, di entrambi, se questo colore verde scuro di cui sono tinti i tuoi occhi, che non vuoi mostrare a nessuno ma sono bellissimi, è un dono generoso di entrambi o di nessuno dei due, o solo uno di loro. Vorrei sapere se anche tuo padre aveva questo fisici marmoreo, questa altezza statuaria. E chissà da chi hai preso questo carattere passionale, folle e molto ambizioso."
 
Nel vortice di quei pensieri e con il viso del suo amante stampato in lei Hancock sentì gli occhi diventare pesanti, le forze abbandonarla, il sonno chiamarla e abbracciando Doflamingo si addormentó.
 
Nonostante fosse nuvoloso, la luce penetrava ormai dalle finestre, erano le undici e mezza del mattino, o almeno così diceva la sveglia che Hancock aveva guardato. Doflamingo dormiva ancora beato; com'era possibile con tutta quella luce? Come poteva essere così bello anche al mattino quando tutti per definizione sono al loro stato peggiore? Pensò ancora a come la sera prima gli incubi l'avessero tormentato. Hancock le diede un dolce bacio sulle morbide labbra e si avviò verso il bagno, si tolse la vestaglia e dopo essersi legata i capelli entrò nella doccia. L'acqua tiepida la svegliò e le mise il buon umore. Dopo essersi asciugata si spalmò la morbida pelle di un unguento pregiato, indossó nuovamente la vestaglia e si pettinò i lunghi capelli neri, dopodiché ritornó nella stanza dove Doflamingo ancora non accennava a svegliarsi. Si sdraió sul letto vicino a lui e iniziò a osservarlo accarezzandogli il viso.
 
"Sveglia tesoro mio, ormai è pieno giorno." sussurró accarezzandogli i capelli. 
 
Il giovane re si stiracchiò e schiuse gli occhi strizzandoli e sfregandoseli per la troppa luce.
 
"Querida! Abbassa la tapparella per piacere."
 
"No Doffy, è ora di alzarsi riposerai questo pomeriggio è mezzogiorno ormai."
 
"Ma io ho sonno."
 
"Vai a farti la doccia e mangiamo qualcosa. Se sei ancora stanco riposeremo oggi pomeriggio ok?"
 
"Sei una vera rompiscatole lo sai principessa?"
 
"Per questo mi ami no?"
 
Doflamingo si alzò controvoglia.
 
"Ti unisci a me?"
 
"No io l'ho appena fatta, ti aspetto qui e intanto apro un po' le finestre così cambiamo l'aria va bene?"
 
"Non puoi farlo fare alle schiave quando lasciamo la stanza? Non voglio tornare di qua e trovare la stanza fredda."
 
"Come vuoi allora uscirò un po' sulla terrazza a prendere aria. Non metterci troppo, ho tanta fame."
 
"Agli ordini signora!" Disse lui ironicamente stampandole un bacio sulle labbra. "Cosa ne dici di chiamare Trebol per farci portare il pranzo? Ti va di farlo mentre io faccio la doccia così dovrai aspettare meno?"
 
"Ma certo! Ci penso io. Mangiamo in terrazza vero?"
 
"C'è bisogno di chiederlo?"
 
Mentre Doflamingo si faceva la doccia Hancock si sedette sul letto e con il lumacofono chiamó Trebol.
 
"Buongiorno Doffy. Hai dormito bene? Vuoi che ti faccia portare la colazione o direttamente il pranzo?"
 
"Ciao Trebol, sono Hancock, manda il pranzo per tutti e due, mangiamo qua in terrazza."
 
"Va bene cara, allora ti mando una ragazza ad apparecchiare."
 
"No, fammi solo portare fuori le cose, al resto penserò io, voglio fare una sorpresa a Doffy."
In realtà, non sopportava di avere intorno altre donne quando lei era presente, soprattutto in camera, con la possibilità che lo vedessero nudo o comunque con solo un asciugamano in vita. Sapeva che lui non si faceva il minimo problema a girare così anche in presenza delle sue schiave, ma a lei irritava parecchio anche solo il pensiero che fosse guardato.
 
Dopo dieci minuti buoni lui uscì dalla doccia asciugandosi ed entrando nudo il camera, quando sentì bussare alla porta si mise in vita l'asciugamano.
 
"Si? Chi é?"
 
"La colazione mia signora."
 
Hancock aprì la porta e davanti a lei apparve la ragazza incaricata di servire il pranzo teneva la testa china, portava un grande carrello con i vassoi pieni di cibo.  La ragazza alzò gli occhi timidamente, aveva i capelli color mogano ondulati e splendidi occhi blu, la pelle era leggermente dorata dal sole ma un po' lentigginosa dovuta probabilmente al fatto che pur essendo chiara aveva preso il sole spazzando i cortili o lavorando all'aperto.
Hancock non aveva alcuna intenzione di farle incrociare Doffy.
 
"Torna pure in cucina, ci penserò io a portare tutto in camera. Voglio fare una sorpresa al signorino."
 
"Sei sicura padrona? Il signorino mi ha ordinato di portare tutto in camera, potrebbe arrabbiarsi se non eseguo i suoi ordini."
 
Si arrabbierebbe ancora di più se sapesse che mi hai disubbidito."
 
"Ma se fosse in collera con me perché ho permesso che tu lavorassi."
 
"Ti ho ordinato di lasciarla qua fuori, il signorino non si é ancora vestito e non gradisce che nessuno lo veda così."
 
"Entra pure schiava." Doflamingo aveva parlato dall'interno della stanza.
 
"No Doffy, ci penso io."
 
"Ho impartito un ordine. Quando impartisco un ordine esigo che mi si ubbidisca, tu compresa, sono il re oltre che il tuo amante. Se do un incarico a una schiava é perché desidero che sia la schiava designata che lo porti a termine, sono stato chiaro."
 
"Ma Doffy..."
 
"Sono stato chiaro querida?" Ripeté con tono più alto e irritato.
 
"Si Doffy."
 
"Allora adesso togliti di mezzo e fai entrate la mia schiava perché finisca il suo lavoro."
 
Hancock si fece da parte, la rabbia iniziò a bruciare dentro di lei. L'aveva ripresa davanti a uno schiava? E l' aveva preferita a lei che era sua amante da anni?"
 
La ragazza apparecchiò il tavolo in veranda con una pregiata tovaglia bianca, ci posó i due vassoi con il pranzo e aspettò da parte al tavolo per poterla servire.
 
"Ah adesso deve anche pranzare con noi?" chiese Hancock scocciata.
 
"Questo é il suo compito portare e servire il pranzo, non mi sembra che sia la prima volta che mangiamo insieme." Disse Doflamingo infilando la vestaglia.
 
"Si ma, non credevo fosse irrevocabile e obbligatorio che per forza debba esserci una schiava quando mangiamo. Volevo apparecchiare io per te, perché non me lo hai permesso e hai dovuto per forza farla entrare."
 
"Quando sarò tuo ospite apparecchierai per me. Ora ho deciso così e così si farà."
 
"Non avevi detto che ero come una regina e che potevo fare come se fossi a casa mia?"
 
"Si. Ma io sono sempre sopra di te, ricordatelo. Qua siamo nel mio regno e nonostante, tu sia una gradita ospite, non sei tu a decidere."
 
"Credevo che tenessi a farmi felice, ma forse ho capito male."
 
"Non sapevo fosse essere servita e riverita che t'irritasse. Se ci tieni tanto ad apparecchiare per me 'sta sera a cena ordinerai tu come allestire la tavola. Ok?"
 
"Ma io volevo farlo ora. Stare da sola con te, prepararti la tavola, servirti da bere ed essere soli noi due."
 
"Siamo soli io e te, stiamo facendo colazione e non apparecchiando la tavola avrai più energie per fare altro." Disse Doflamingo con tono malizioso.
 
"Non siamo soli, c'é lei da parte alla tavola che vede tutto quello che facciamo e sente tutto quello che diciamo. In più vista la tua ultima affermazione devo dedurre che mi consideri un tuo passatempo, il tuo oggetto sessuale. Non posso fare nulla che non sia fare apparizioni accanto a te e concedermi a te ogni volta che ne hai voglia."
 
"No querida ti sbagli, è il contrario, in realtà non trovo giusto che tu debba svolgere il lavoro per cui io ho designato una schiava."
 
"Sei un bugiardo, so benissimo che in realtà il motivo è che vuoi darle un'occhiata in modo che quando io riparta abbia scelto lo scaldaletto con cui rimpiazzarmi."
 
"Hancock adesso smettila, tu sai quanto io ti sia affezionato e quanta attrazione provo per te, ma non tirare troppo la corda. Sono sempre il re dopotutto, non ti permetto di parlarmi in questo modo."
 
"Davvero? Altrimenti che cosa fai? Sono una Schichibukai proprio come te, una regina, e tu un re siamo allo stesso rango. Io non sono un drago celeste, ma nemmeno tu lo sei quindi ti attireresti un sacco di problemi se osi anche solo toccarmi."
 
"È vero. Ma nessuno mi impedisce di chiudere con te, non ho mai sopportato la tua gelosia, ero disposto a passarci sopra finché fossi in grado di tenerla a bada, ma adesso basta, hai davvero esagerato questa volta. Sono un re, non siamo sposati, il fatto che abbiamo condiviso un letto e che abbiamo una relazione amorosa non significa che tu su di me abbia l'esclusiva. Come ti ho già detto tu sei l'unica con cui passo la notte per amore, questo non vuol dire peró che non possa servirmi delle mie schiave."
 
"Certo. Sai perché? Perché in realtà mi vedi come una di loro, semplicemente in questo momento sono quella che preferisci, ma non sarà così per sempre, forse già non lo è più. L'unica differenza tra me e le tue schiave è che io indosso bei vestiti, dormo in lenzuola di seta, ti accompagno agli eventi e mangio con te a tavola. Non è la stessa cosa che concedi anche alle schiave con cui ti trastulli anche solo per una notte. Ai tuoi occhi, quindi, io sono una di loro che ti aggrada semplicemente da più tempo. Sono anni che dormiamo insieme, non siamo fidanzati, ne sposati, siamo solo amanti, amici con privilegi e basta... Nient'altro. Io ti amo, ma tu no. Ora mi sono stufata. Me ne vado, fenicottero dei miei calzari."
 
"Hancock!" Si alzò Doflamingo con uno scatto, la raggiunse e le diede uno schiaffo sul viso che la fece cadere per terra.
 
"Non ti permettere di parlarmi così. Sono sempre superiore a te in fondo. Non sei autorizzata a parlarmi in questo modo, nemmeno tu."
 
"Ti pentirai di questo gesto e si tutto il resto. Te lo prometto Donquixote Doflamingo, me la pagherai."
 
"Come tremo di paura. Vuoi per caso minacciarmi?"
 
"Ti avviso soltanto. Stai in guardia, non la passerai liscia. Varcheró quella soglia e non mi vedrai mai più."
 
"Non voglio più vederti. Cosa credi che sentirò la tua mancanza? O che ti avrei permesso di insultarmi solo perché abbiamo diviso il letto in questi anni. Nessuno è indispensabile per me. Tu compresa. Se te ne vorrai andare non sarò io a chiederti di restare. E ringrazia che la tua punizione sia stata solo uno schiaffo, molte mie sottoposte sono state punite in modo peggiore per molto meno."
 
Hancock se ne andò sbattendo la porta e guardò la schiava che terrorizzata e con la testa bassa assisteva a tutta la scena.
 
"La pagherai sgualdrina, non pensare che mi dimentichi del tuo volto."
 
"Vattene, non dire un' altra parola se non vuoi che ti dia un altro schiaffo."
 
Doflamingo continuó a fare colazione come se nulla fosse, sembrava guardando il suo volto che nulla fosse successo, non c'era segno di tristezza, dispiacere e nemmeno di rabbia. Si capiva che doveva ancora calmarsi del tutto solo a causa di una piccola vena che gli pulsava sul collo.
 
"Servimi del succo d'arancia schiava." La ragazza si inchinó e gli versó del succo nel bicchiere.
 
"Hai delle fattezze niente male, questa sera starai con me. Ora ritirati, vai da Señor Pink e digli che ti ho scelto."
 
"Si mio signorino. Mi dispiace molto che..."
 
"Zitta! Non ti ho chiesto di parlare, ora congedati."
 
"Certo. Perdonami mio sovrano!"

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Capitolo 25
*** una strana richiesta ***


Come se niente fosse il giovane monarca continuò a mangiare tranquillamente il suo pranzo, sereno e rilassato come se nulla fosse successo.

La ragazza pensó alla sua espressione tranquilla e indifferente, come poteva essere così freddo e distaccato? Aveva litigato con quella che era stata sua amante e amica per anni, le aveva dato uno schiaffo e l'aveva cacciata, com'era possibile che non provasse nemmeno un emozione riguardo a tutto l'accaduto?

Doveva ammettere che aveva davvero un fascino fuori luogo, prima di lasciare la stanza le aveva lanciato un'occhiata discreta senza essere notata e l'aveva fatto con il rischio di essere colta in fallo, cosa che avrebbe significato passare guai grossi. Doflamingo non sopportava chi osava anche solo guardarlo senza il suo consenso, soprattutto se a farlo era una schiava. Lui poteva guardare, notare, usare chi volesse, ma non permetteva a nessuno il contrario. Eppure, teneva molto al suo aspetto ed era molto appariscente, perché se non voleva essere osservato? Era una trappola? Uno dei suoi numerosi giochi sadici? Oppure voleva semplicemente essere venerato come qualcosa di proibito o irraggiungibile?

La ragazza percorse il corridoio.

Señor Pink la incontró:
"Hai già finito di servire il pranzo al signorino? Non è un po' troppo presto? Non avrai fatto qualche guaio?"

"No. No Señor Pink, assolutamente no. Mi ha congedato."

"Ah già, effettivamente forse ha preferito rimanere solo con Hancock. È molto tempo che non stanno insieme."

"Beh. No non proprio capo, anzi mi ha ordinato di riferirti che vuole che io sia pronta per oggi pomeriggio. Vuole che gli tenga compagnia."

"Ti stai per caso burlando di me?"

"No capo, non mi permetterei mai, come potrei? Lo giuro, me lo ha ordinato."

"E la signorina Hancock che fine ha fatto? Non ne sarà certamente felice. Come può averti chiesto tutto questo con lei presente?"

La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata.

"Rispondimi ti ho fatto una domanda." disse lui alzando la voce.

"Ecco. Lei, lei se n'è andata."

"Come sarebbe? Perché?"

"Voleva servire personalmente il pranzo al signorino, io le stavo ubbidendo e stavo per lasciare la stanza, ma il signorino mi ha ordinato di rimanere e servire il pranzo come lui aveva deciso. Hanno avuto una discussione abbastanza... accesa e poi lei se n'è andata io gli ho servito il pranzo e prima di congedarmi mi ha ordinato di comunicarti questa decisione."

"Oh accidenti a me. Cosa ho fatto di male per dover affrontare tutto questo. Allora muoviti, andiamo a prepararti abbiamo pochissimo tempo."

"Ma capo. Adesso è l'ora del pasto per noi schiave."

"Che cosa? No! Non hai tempo per mangiare resisterai fino all'ora di cena dobbiamo pensare all'estetica, a lavarti, vestirti e acconciarti e Dio solo sa quanto tempo ci vuole a sistemare una schiava che da anni non fa nulla di tutto questo.'

"Ti prego capo, rischierò di svenire di fame, fammi solo passare dalle cucine, prenderó al volo qualcosa e lo mangerò subito. Per favore ti supplico."

"Ufff... Signore dammi la pazienza. Allora, facciamo così, ti faccio portare il pasto nelle sale adibite alla preparazione hai cinque minuti per mangiare non di più."

"Grazie! Grazie capo!"

"Con queste ragazze è una cosa incredibile. Andiamo, andiamo."

Con passo svelto si diressero verso le stanze adibite alla preparazione delle schiave.

Jolla li raggiunse quando passarono in prossimità delle cucine.

"Jolla dobbiamo prepararla per il signorino chiedi il pranzo per lei, non c'è nemmeno un secondo da perdere."

"Come sarebbe? Scusa e la signora Hancock?"

"Non ho tempo per le spiegazioni, vola nella spa con il suo rancio."

"Va bene. Sembra di stare in un manicomio qua dentro."

La ragazza era confusa, la testa le stava scoppiando e non capiva cosa stesse succedendo.

Una volta raggiunta la spa la ragazza mangiò voracemente il suo pasto frugale che consisteva in pane, formaggio e una frittata di verdure.
La sera e nei weekend anche le schiave mangiavano meglio ma il pranzo settimanale era molto leggero per evitare che si appesantissero troppo e non riuscissero a lavorare.

"Non alzare mai la voce e non ridere mai in modo esagerato quando stai in sua presenza."

"Finché non è lui a darti il permesso o a chiederlo non guardarlo negli occhi. Non essere mai tu a fare qualcosa per prima senza che lui lo voglia non gli toccare nemmeno la mano."

"In caso di rapporti intimi fai tutto ciò che ti chiede e non fare nulla di tua propria iniziativa, si sottomessa e comportati come fossi un oggetto."

"Non toglierti o metterti i vestiti finché non è lui a ordinarlo."

"Se non è lui ha invitarti non sdraiarti nel letto insieme a lui, o comunque da sola. Lui non sopporta chi si prende quella confidenza senza che lui la dia."

Mentre gli sottoponevano quella enorme sfilza di regole la ragazza cercava di ricordarle e allo stesso tempo di capire cosa le stessero facendo. Dopo un'epilazione completa di tutti i peli superflui sul corpo, venne massaggiata con oli essenziali e poi immersa in acqua tiepida, lavata con saponi e sali da bagno pregiati, trattata con unguenti costosi e vestita di tutto punto con un bellissimo vestito blu.
I suoi capelli furono pettinati a dovere e spuntati per essere poi messi un piega con una treccia attaccata al capo simile a un cerchietto.
I capelli naturalmente ondulati le furono trattati con hennè e balsamo perché fossero morbidi e lucidi, come schiave potevano lavarsi si, ma non con tutti quei lussi e non avevano certo tempo ed energia per curarsi.

Dopo averle fatto indossare gioielli abbinati al suo vestito Baby five le disse:

"Ricordati di toglierti gioielli e vestito se ti invita a dormire con lui." Così dicendo con un dosatore le fece cadere qualche goccia di essenza al gelsomino sul collo e la scollatura.

"Veloce, veloce, tra due minuti il signorino mi chiederà di farti entrare e dobbiamo ancora camminare per tutto il corridoio e raggiungere le sue stanze." Esclamò Señor Pink quasi isterico.

Dopo aver calzato delle scarpe basse ma molto impreziosite la ragazza lo seguì con passo svelto, un minuto e poi avrebbe chiesto di lei.

Quel corridoio sembrava allungarsi per prolungare il loro ritardo, considerando che da tradizione era necessario essere fuori dalla porta cinque minuti prima dell'orario.

Finalmente dopo l'ultima grande finestra ecco le porte degli alloggi reali.

La ragazza si fermò, cercando di riprendersi dal leggero fiatone procurato dalla breve corsa che era appena stata costretta a fare.

Il lumacofonino di Pink squilló.

"Si Doffy."

"È pronta la schiava che ho convocato?"

"Si Doffy. Siamo qua fuori, quando lo desideri ti raggiungerá."

"Quando sarò disposto la chiamerò personalmente."

"Certo Doffy. Lei attende qua fuori. Hai altri ordini?"

"La voglio anche per la cena e per sta notte. Per il resto è tutto."

"Come desideri Doffy."
Dopo aver riattaccato il lumacofonino Pink disse:

"Ho saputo adesso che gli farai compagnia per questa sera e questa notte oltre ad oggi pomeriggio. Mi raccomando, tieni presente che il suo umore è già compromesso considerando ciò che è successo."

"Non sembrava proprio da quello che ho potuto vedere." pensò, ma non si permise di dire nulla.

"Assecondalo e sii efficiente in tutto."
La ragazza sentì un brivido. In tutto?

"Farò il mio meglio."

"Anche di più tesoro se puoi."

"Schiava entra pure." la sua voce sensuale proveniva da dentro la stanza. Señor Pink aprí la porta aspettó che la ragazza fosse entrata e la richiuse dietro di sè. Si trovava sola con lui, alla presenza di quel sovrano bello quanto sprezzante e freddo.

I suoi occhi... I suoi occhi? Era la prima volta che li vedeva! Erano sorprendentemente scuri per appartenere a un ragazzo con i capelli color miele.
Erano grandi penetranti e incredibilmente espressivi, forse per questo in pubblico indossava sempre quel doppio strato di lenti viola. Molte volte aveva cercato di immaginare i suoi occhi, li aveva visualizzato chiari e cristallini verdi, azzurri, grigi, ma di sicuro non di quel colore nocciola e così enigmatici e profondi.

Cercó di non guardarlo troppo ricordandosi della regola che le imponeva la testa china finché lui non avrebbe accennato a voler fargliela alzare.

Lui le prese il viso con le mani. Lei continuava a tenere gli occhi bassi.

"Fammi vedere questi occhi." La ragazza li alzò timidamente.
"Da chi hai preso questi occhi di questo blu così intenso?"

"Entrambe i miei genitori, mio padre li ha scuri, mia madre celesti, credo sia stato un miscuglio."

"Generoso da parte loro."

"Grazie signorino."

"Mi stenderó solo mezz'oretta, mi farai compagnia nel frattempo. Tu poi potrai continuare a dormire, devo sbrigare alcune cose di una certa urgenza, mi servì come copertura. Se ci sei tu qua nessuno oserà disturbarmi."

"Va bene signorino, faró ciò che ordinerai."

"Riposa allora! Coricati."

"Io... Da sola... Nel tuo letto?" chiese titubante la ragazza.

"Si, togli i gioielli e il vestito, mettiti comoda e approfitta del dono che ti faccio, riposarti nel mio letto senza aver fatto nulla per meritarlo. Dormi tranquillamente finché non saró io stesso a svegliarti. Mi terrai il letto caldo e pensando che ho da fare con te non verró disturbato inutilmente. Io sarò qua alla scrivania." Disse prendendo in mano delle fotografie e dei fogli. "Lavorerò per tutto il tempo che riterrò opportuno, tanto con te mi daró da fare sta sera."

"Come vuoi padroncino."

"Ora riposa, non svegliarti finché non saró io a chiamarti."

Intanto la ragazza pensava a cosa potesse essere tanto urgente da tenerlo incollato a una scrivania per tutte quelle ore, e così importante da chiamare una schiava senza motivo solo per fare credere di essere impegnato.

Prima di prendere sonno la ragazza sentì nel dormiveglia la voce di Doflamingo, parlava al lumacofonino: "Trebol! Sono sveglio, ma non dirlo a nessuno, tu sai che sto lavorando a quell'affare urgente, sta sera a cena discuteremo dei dettagli quando la schiava mi aspetterá in camera e voglio novità da chi ho incaricato."

Dopodiché la ragazza si addormentó e non sentì più nulla.

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Capitolo 26
*** chiaroveggenza relativa ***


 
Una volta terminata la cena, la ragazza che quella sera avrebbe dovuto fare compagnia a Doflamingo lo stava aspettando nelle sue stanze per suo ordine.
 
"Sono tutte qui le informazioni che avete raccolto?"
disse Doflamingo guardando con aria sprezzante le poche foto e due documenti che avevano raccolto i suoi subordinati.
 
"É una ragazza schiva Doffy, inoltre il re, suo padre, la fa vivere come prigioniera nel palazzo, praticamente é già un miracolo che esca. É stufa di quella vita, come lo sarebbe chiunque, in fondo ha 24 anni e non é nemmeno libera di decidere una sola cosa della sua vita, nemmeno cosa mangiare." Disse Señor Pink che era stato scelto come portavoce di tutti.
 
"Hmmm. 24 anni? Interessante! Gliene avrei dati tranquillamente un paio in più."
 
"É una ragazza molto ribelle, non sarà facile adescarla."
 
"Poveri sciocchi sempliciotti. É esattamente il contrario, devo sapere cosa sogna, da cosa é attratta e sarà uno scherzo. É esattamente il contrario, se ubbidisse a tutto ciò che le viene detto e non prendesse mai un'iniziativa, allora si che sarebbe un problema."
 
"Stiamo facendo il possibile per riportarti ciò che sappiamo Doffy. Una cosa che abbiamo appena scoperto e che verrà in vacanza in uno chalet 
 nelle campagne di Acacia. Sembra che con lei ci saranno solo l'amica, che la contraddice sempre ma poi fa sempre ciò che vuole la principessa, e i maggiordomo suo complice nelle piccole trasgressioni quotidiane."
 
"Ahh, e cosa aspettavate a dirmelo? Possibile che non vi rendiate conto che questa é un'occasione più unica che rara?"
 
"Lo abbiamo saputo solo ora Doffy."
 
"Una principessa da sola, con la voglia di evadere, trasgredire e disubbidire. E soprattutto, con la voglia di innamorarsi. Fufufufufufufufufu."
 
"Siamo felici che tu abbia trovato il modo per agire Doffy."
 
"Ho già pronto un piano perfetto. Domani sera a cena Ve lo illustrerò. Tra quanto dovrebbe iniziare questa vacanza?"
 
"A quanto pare il prossimo fine settimana."
 
"Quindi contando che oggi é domenica abbiamo solo  cinque giorni per pianificare tutto. Ma siccome sono geniale me ne basteranno tre. Re Riku, preparati a darmi anche il tuo regno e tua figlia." Disse guardando voglioso le foto di Viola.
 
"Domani sera vi illustrerò il piano ed esigo che venga eseguito alla perfezione. Sono stato chiaro?"
 
"Si signorino." Rispose in coro la famiglia.
 
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Viola sedeva sul suo lussuoso letto, indossava una camicia da notte color porpora con ricami in argento a maniche corte, era sempre stata molto calorosa, raramente sentiva il freddo.
 
Mentre sedeva a gambe incrociate guardava la foto di sua madre, la sua defunta madre che ancora non riusciva ad accettare di aver perso.
 
Era così bella, era di origini arabe, un tempo principessa di Arabasta prima di sposarsi con il suo padre. Asenath sorella minore di Cobra Nefertari, re di Arabasta. Era bellissima, con bellissimi capelli neri, ondulati proprio come i suoi, occhi color giada che pure aveva ereditato; a differenza di lei però sua madre aveva una carnagione molto ambrata ed era un po' più esile. Viola era più alta, più formosa, con più seno e una pelle molto chiara, che tra l'altro non possedeva nemmeno suo padre. Nonostante amasse entrambi i suoi genitori, si poteva definire di sicuro più attaccata a sua madre, era dolce, gentile, molto diversa da lei; più composta, tranquilla, posata però, sempre pronta a sostenerla nonostante fossero così diverse.
 
"Mi ha mandato in camera durante la cena perché gli ho detto che vorrei essere libera e decidere della mia vita. Non riesce a capire che così non fa altro che strapparmi le ali; non capisce che soffro, che non potrò mai essere felice, se devo vivere una vita già decisa. Non posso nemmeno decidere cosa mangiare, devo aspettare di essere lontana dal palazzo per mangiare un pezzo di pane con del formaggio, un bicchiere di latte appena munto, un frutto colto nel bosco o arrostire una salsiccia sul fuoco e devo sperare che non mi scopra. Come se non bastasse, devo mettere tutti quei vestiti raffinati e scomodi, non posso indossare un vestito semplice ed essere comoda. Non fraintendermi, tu eri bellissima, stavi benissimo con quei vestiti, non me ne ricordo uno che ti stesse male. Credo di non poter dire di averti visto una volta senza che fossi bellissima o anche solo meno bella del solito. Neanche quando... Quando ci hai lasciato.
Eri una gioia per gli occhi, una regina bellissima, quei vestiti ormai, sembravano parte di te... Ma, io mamma non sono come te, non mi stanno bene, non me li sento miei, persino questa camicia da notte per me è troppo raffinata, non potrei averne una semplice come tutti? No perché, non posso neanche scegliere come dormire. Devo essere perfetta anche mentre dormo, come se qualcuno potesse vedermi. Sarebbe tutto più semplice se ci fossi tu, vorrei tanto che non fossi morta, che fossi ancora qua con me." Con gli occhi lucidi baciò la foto, sapeva che sua madre non c'era più, che non poteva sentirla, non era una preghiera, era semplicemente una conversazione simbolica, come se parlasse con sé stessa, per trovare un po' di sollievo da tutto il dolore e la rabbia che portava dentro di sè.
 
Si alzò dal letto, uscì sul terrazzino fuori dalla sua stanza, guardò il cielo, leggermente nuvoloso, ma le stelle si intravedevano ugualmente e una timida luna giallastra era velata da piccole nubi trasparenti. 
 
Due settimane, ne avrebbe avute solo due, poi la sua vita sarebbe cambiata radicalmente, avrebbe dovuto adempiere ai suoi doveri, avrebbe dovuto sposarsi, con qualcuno che avrebbe conosciuto a malapena, governare un regno, vivere in gabbia per tutta la vita, non voleva, non lo avrebbe accettato, piuttosto avrebbe voluto essere rinnegata.
 
Nulla le toglieva dalla testa e dal cuore quello sguardo dolce, ma perennemente malinconico di sua madre. Si vedeva che non era del tutto felice, anzi, era quasi sicura che non lo fosse affatto. Spesso Viola da piccola, l'aveva vista piangere senza sapere il perché. Aveva elaborato molte ipotesi. Era abbastanza sicura che le mancasse il suo paese, sia perché lontano, sia perché molto diverso da Acacia. Inoltre, lì c'era la sua famiglia e il suo popolo. Lei dichiarava spesso di amare suo marito, il re e di stare bene con lui, ma Viola era quasi del tutto convinta che lo dicesse per ingannare sé stessa. Sapeva bene che nemmeno sua madre aveva scelto nulla della sua vita e che da quando era ancora più giovane di lei le era stato imposto tutto. 
 
Non voleva fare la vita che la madre aveva sofferto, sentiva di dover lottare anche per lei se c'era una cosa che aveva imparato è che non è possibile sapere cosa riserva il futuro. Lei era chiaroveggente in un certo senso, ma non poteva vedere il futuro. Grazie al frutto ingerito durante l'infanzia poteva vedere ovunque e in qualsiasi momento cosa stesse succedendo in tempo reale. Nonostante questo, non poteva vedere nel futuro o nel passato, poteva vedere solo il presente.
Consapevole della propria impotenza, come quella di tutti del resto, di poter controllare il domani Viola guardò il cielo speranzosa; unica emozione che non aveva mai smesso di provare. Sapeva, sempre grazie ai saggi insegnamenti della madre, che per quanto brutta fosse stata una giornata, per quanto pesanti i propri pensieri possano essere il giorno dopo tutto è ancora da vedere e quindi, chiudere gli occhi e sperare nel domani era sempre la miglior soluzione, ecco perché Viola chiuse le finestre e dopo aver fatto un bel respiro spense la luce e si addormentó.
 
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Doflamingo aveva appena terminato il suo amplesso con la ragazza scelta, si staccò da lei sudato mentre il suo petto si abbassava e alzava velocemente cercando di trovare il giusto ritmo. La ragazza si accasciò sfinita sul cuscino. 
 
"Ti sei divertita?"
 
La ragazza rispose:
 
"È stato molto piacevole mio sovrano. Nonostante avessi un po' di paura all'inizio."
 
" Fufufufufufufufufu" rispose lui con la sua tipica risata: "Piccola ingenua! Ho fatto piangere molte donne ne ho fatte soffrire tante in molti modi. Ma, non è mai successo che abbia mai fatto soffrire una donna nel mio letto." Disse accarezzandole la spalla.
 
Si avvicinò a lei facendola girare sul fianco e poi abbracciarla.
 
"È molto tardi, rimani a dormire con me, non mi va di restare solo, ti ritirerai domani mattina."
 
" Come desideri signorino!" Sussurró lei sorridendo compiaciuta.

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Capitolo 27
*** inizia l'avventura ***


"Questo é il piano? É tutto chiaro? Se lo farete fallire non avrò pietà e sarò implacabile. Siamo intesi?"
 
"Si signorino."
 
"E ora preparate tutto. Andrò io personalmente come vi ho già ribadito non affiderei mai un incarico simile a uno di voi. Quando lei sarà in casa nello chalet in cui andrà in vacanza che voi scoprirete dove si trova, passeremo di lì. Mi butterete addosso dell'acqua gelata e indosserò vestiti strappati in più mi farete un bel taglio su un fianco, poi come tocco come tocco finale mi sdraierò per terra in una pozzanghera, se il tempo ci assiste. Starete appostati e non c'è ne andrete di lì finché non verrà a soccorrermi, una volta certi che mi abbia visto e soccorso, tornerete a palazzo e preparerete la seconda parte del piano. Ci sono domande?"
 
"No signorino." Nessuno comunque avrebbe osato farne, la cosa lo irritava parecchio.
 
"Bene. Ora potere ritirarvi. Domani scoprirete dove alloggerà e lunedì entreremo in azione."
 
"Eccoci arrivati signorine!" disse Thiago fermando la macchina davanti allo chalet di campagna. Nonostante, suo padre ritenesse quel posto " rustico e povero", per Violet era anche troppo lussuoso.
 
C'era il camino automatico, la vasca idromassaggio, lo schermo grande quanto la parete, la sauna e il bagno turco e addirittura una piscina fredda di giorno e calda la notte.
 
Per Violet quel posto significava libertà, relativa, ma pur sempre libertà poteva essere sé stessa, mangiare, vestirsi e comportarsi come voleva.
 
Appena entrata in casa corse felice fino al piano di sopra, adorava dormire in mansarda, si tolse quello scomodo vestito lungo pieno di pizzi e balze e indossò un semplicissimo vestito corto e semplice come tutte le ragazze di paese, sciolse i capelli acconciati e li raccolse in una normalissima coda di cavallo, scaraventò con i piedi quelle odiose scarpe a punta e indossò delle normalissime scarpe comode.
 
Finalmente avrebbe potuto andare al mercato la cosa che più desiderava, avrebbe acquistato del buon formaggio appena fatto, del pane fresco, delle salsicce da fare sul fuoco e soprattutto avrebbe riempito parecchie borracce dell'acqua buonissima che scorreva nella fontana della piazza. Avrebbe comprato anche olive, salame e molti altri cibi che non arrivavano mai sulla sua tavola perché considerati troppo frugali. "Se davvero non potrò sottrarmi dal diventare regina, almeno queste abitudini cambieranno, non continuerò queste assurde tradizione."
 
Violet arrivò all'inizio del mercato, alla prima bancarella c'era un pastore che offriva a tutti un assaggio del suo latte fresco, appena munto. Violet si avvicinò:
 
"Me ne sarebbe una scodella, la voglio bere subito, mi dica quanto costa."
 
"Certo cara signorina, ma dopo averlo provato sono sicuro che lo vorrai comprare per tutta la tua famiglia."
 
Violet ringraziò il signore che le porse la scodella, lo bevve tutto d'un fiato era buono e nutriente, nulla a che vedere con quello scremato perché "più sicuro" che arrivava sulla tavola reale ogni mattina.
 
"Sa ha proprio ragione é buonissimo, allora me ne venderebbe due litri."
 
"Certo signorina ma ti consiglio di acquistarlo alla fine del mercato, non ti conviene portartelo dietro, potrebbe deteriorarsi, fa caldo é una bella giornata. Passa da me dopo aver terminato i tuoi acquisti. Come vedi io tengo le bottiglie di vetro in acqua fredda così il mio latte rimane bello fresco."
 
"Lei é gentilissimo buon uomo. E il suo latte é speciale."
 
"Ti ringrazio e anche le mie mucche ti ringraziano."
 
Violet sorrise a quella battuta genuina: "Intanto le pago la scodella."
 
" Non voglio niente. É un omaggio della casa, pagherai solo il latte che compri dopo."
 
Violet incredula disse: "Ma no. Mi ha appena conosciuto, come fa a fidarsi potrei non tornare. Cioè, io tornerò ma lei come fa a sapere che non sono una di quelli che poi non lo fa."
 
"Mi fido della tua parola, nel caso tu non la mantenga il problema sarà tuo e a me invece, verranno abbinate due opere buone: l'aver avuto fiducia nel prossimo e l'aver offerto un bicchiere di latte a qualcuno."
 
Violet rimase colpita, quell'umile pastore era un uomo ricco in realtà, così ricco da avere tutta quella bontà e genuinità dentro di sé. Avrebbe tanto voluto essere come lui, scambiare la sua vita con quella di una qualsiasi persona, mai nella sua vita, nessuno a palazzo, nonostante fossero tutti più benestanti di quell'uomo semplice, aveva tutta quella ricchezza interiore.
 
"Lei é una gran bella persona, un giorno se mi sposerò vorrei trovare un uomo con il suo cuore."
 
"Ehi signorina, mia moglie é solo andata a comprare del pane in un altro banco, non posso scappare con te."
 
"Oh... No, ma io non intendevo, scusi..." disse Violet arrossendo.
 
"Sto scherzando gioia, non imbarazzarti, ho capito cosa intendi e ti ringrazio. In fondo, sai per vivere basta poco, non sarà per aver offerto un po' di latte che morirò di fame, se anche qualcuno m'ingannasse, forse potrei comprare un po' meno carne o un cappellino in meno a mia moglie, ma grazie alle mie fedeli mucche io un po' di latte e formaggio li ho sempre per riempirmi lo stomaco."
 
Quell' uomo forse non lo sapeva, ma per quanto fosse umile il suo stile di vita aveva tutto Violet le chiese cambiando discorso:
 
"Ma quindi fa anche il formaggio?"
 
"Certamente, é nel banco qui affianco, lo gestisce mia moglie che tornerà tra poco."
 
"Allora a fine mercato comprerò anche quello buon lavoro intanto."
 
"Buoni acquisti cara."
 
Violet di godette tutta la passeggiata e il mercato, com'era tutto così semplice, genuino, bello.
 
Comprò vestiti di qualità, ma comodi, semplici e lineari come piacevano a lei. 
 
Si fermò al banco dei salumi, del pane, dei dolci, del miele, comprò uova fresche, olive, del pesce, della frutta e della verdura e del buon vino.
 
Alla fine del mercato passò dal gentile signore che gli aveva offerto il latte e acquistò da lui formaggi freschi, stagionati e latte fresco.
 
Dopo averlo salutato tornò subito a casa per evitare che il caldo rovinasse il cibo comprato.
 
Nonostante avesse fatti molti acquisti non gli era di peso trasportare i sacchi grazie al trasportino con ruote che aveva acquistato all'inizio del mercato.
 
Tornò a casa che era quasi ora di pranzo.
 
"Thiago voglio cucinare e poi mangiare all'aperto con la spesa che ho fatto. Ti unisci a noi?"
 
"Ma principessa Viola io..."
 
"Non tollero un no come risposta e ti prego non rimanere in divisa. Rilassati siamo qua in vacanza."
 
Dopo circa una mezz'ora tutto era pronto formaggi, salumi, pane, vino rosso, verdura e frutta fresca e soprattutto l'acqua fresca presa dalla fontana.
 
Le due ragazze e il maggiordomo si sedettero insieme parlando allegramente e banchettando.
A causa dell' aria, dell'allegria e della bontà del cibo erano tutti molto affamati.
 
Alla fine del pranzo Thiago disse:
" Se mi vedesse il re, se sapesse che sua figlia la principessa ha apparecchiato, fatto la spesa e mangiato a tavola con un servitore... Se venisse a saperlo."
 
"Thiago! Per favore mio padre non c'é, perché pensi a lui... Puoi evitare per favore?"
 
"Certo, certo scusami principessa permettimi almeno di fare il caffè."
 
"Accetto, ma solo se lo prendi con noi e assaggi i dolci che ho comprato."
 
"Con grande piacere principessa."

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