Percy doesn't know

di hermy09
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** Capitolo3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


"Questo non sta accadendo davvero... Questo non sta accadendo davvero"
Percy provava a ripeterselo da almeno due minuti di canzone.

La band della sua ragazza, Rachel Elizabeth Dare, quella sera si stava esibendo all'evento che ogni anno nella loro città apriva l'estate, la grande festa a casa dei fratelli Stoll. Travis e Connor in realtà non erano poi nemmeno così popolari, era la loro casa ad essere pazzesca. Loro padre gestiva una ditta di trasporti che fruttava parecchio.
Solitamente la maggior parte degli invitati se ne stava in piscina o in giro a giocare a beer pong, gioco della bottiglia e simili, perciò Rachel non si aspettava chissà quale pubblico interessato (oltre a Percy naturalmente), quindi Percy era andato alla festa anche con l'intenzione di sostenerli.
Ma, sepurtroppo per tutti gli altri, quella sera aveva piovuto nel bel mezzo della serata e si dovette riunciare alla piscina. In compenso però si erano messi tutti al riparo in garage, che in realtà era così grande e ben arredato da sembrare un altro piano della casa.
Un gruppetto di ragazzi avevano preso possesso di un tavolo da ping-pong. Altri continuarono a bere avvolti nei teli da bagno cercando di asciugarsi e nel frattempo continuarono ad ascoltare la band

Luke Castellan, il cantante del gruppo, era cugino dei fratelli Stoll. A Percy quel tipo aveva sempre fatto una strana impressione. A Rachel e a Thalia, la bassista, stava molto simpatico, c'era molta sintonia nel loro gruppo. Ma Percy non riusciva a capire se poterlo considerare un possibile amico o no. Non voleva dire che era falso, però...

"Spero sia stata per tutti una bella serata". La band si era sistemata in fretta ed aveva continuto lo spettacolo. Rachel seduta dietro la batteria salutò Percy con la mano, erano stati insieme poco e niente. Percy le mandò un bacio. Quella sera era proprio carina. I capelli ricci erano molto più... Ricci del solito? Negli occhi aveva messo qualcosa che luccicava, e il top nero stretto con la camicia a quadri aperta le donava molto.
Cessato l'applauso Luke continuò col suo discorso di apertura.
"Vogliamo chiudere la serata con una cover che spero tutti riconoscerete, seppur mi sia preso un po' di libertà poetica sul testo. Speriamo vi divertiate".

Dopo che Rachel ebbe battuto le bacchette la canzone iniziò e Percy la riconobbe dalle prime note di chitarra. Era "Scotty doesn't know" dei Lustra.
Era già pronto a cantare quando si accorse che il testo non combaciava.
Luke partì in quarta, quasi senza dargli il tempo di metabolizzare.

"Percy doesn't know, that Rachel and me, Do it in my van every Sunday..."

E forse avrebbe anche lasciato a Luke il beneficio del dubbio, se nel volto di Rachel non si fosse subito dipinta una espressione di panico.

Percy invece era sicuro di assomigliare a uno dei pesci dell'acquario dove lavorava, gli si era aperta la bocca e non riusciva più a chiuderla.
E pregò nella sua mente che gli altri nella stanza non ci avessero fatto caso, non aveva il coraggio di girarsi per controllare lui stesso.

Questo non stava accadendo davvero. Rachel impazziva per lui. Luke era solo un suo amico. Quella era solo una canzone. Era uno scherzo.
No?

Luke continuava tranquillissimo con quell'aria da splendido a cantare.

"Percy doesn't know
Percy doesn't know
Percy doesn't know
So don't tell Percy"

Thalia che all'inizio era presa dalla sua chitarra aveva cominciato a capire cosa stesse succedendo e sembrava un po' confusa.
Rachel continuava a suonare guardando fisso davanti a se, con l'aria di una che doveva star sudando 7 camicie.

Durante l'ultima strofa che solitamente andava cantata in coro Luke ebbe la decenza di smettere di usare il suo nome.

Non sapeva per quanti in quella sala fosse così, ma Percy ne era certo.
Luke non era suo amico.
E lui non era l'unico ragazzo con cui Rachel andasse a letto.

Dovevano parlare.

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"Che cosa abbiamo in fondo da dirci noi due Percy"

Lui e Rachel erano sul retro del casa. Vi era stata costruita una tettoia di legno, ed era arredato con dei divanetti e un dondolo. Che luogo romantico per essere mollati.

"Rachel, forse non realizzi la gravità di ciò che è accaduto... E poi non capisco, da quando ti piace Luke?"

Rachel aveva la faccia tosta di sembrare quasi... annoiata.

Tirò fuori un accendino dalla tasca per accendersi una sigaretta.
Percy per l'ennesima volta quella sera si rese conto di quanto fosse stata cieco.
Rachel prima fumava solo sigarette rollate, aveva da poco iniziato con i pacchetti aromatizzati, ma nessuno dei loro amici le usava... Tranne Luke.

"Te lo avrei comunque detto io molto presto. Tra di noi è da tempo che... "

Percy la interruppe "Già sarebbe stata una mossa più elegante di quello che ha fatto Luke..."

Rachel lo ignorò "Non spostare l'attenzione su altro. Dicevo: per come andavano le cose tra di noi, per come la vedo io questo è il divenire naturale delle cose".

Percy non era un tipo aggressivo, cercò di tenerlo a mente.

"Il divenire NATURALE?"
"Fartela alle mie spalle con quel perdente di Luke è una cosa NORMALE per te?".

Rachel soffiò il fumo.
"Luke non è un perdente. È molto maturo".

Maturo. Luke. Luke che aveva poco prima offerto quello spettacolo degno da telenovela.

La sua espressione dovette far transparire i suoi pensieri perché Rachel subito continuò dicendo: "Di lui mi piace che mi tratti come la me completa. Vede me al 100%, anche più di quanto possa far io"

Percy cominciò a pensare che invece delle sigarette Rachel fumasse altro, era così oppure Luke era un manipolatore di serie A.

"Stai sparando cazzate" Percy perse la poca pazienza rimastagli.
"Continui a fare discorsi sul nulla ma non mi dici nulla su di noi. Pensavo ti piacessi Rachel, che fossi affezionata a me, che fossimo una vera coppia"

Rachel continuava a fumare. "Oh per favore...C'è davvero bisogno che ti spieghi cosa non vada tra noi? Sembriamo due bambini dell'asilo sul versante coppia".

Percy era sbigottito "Io semplicemente non volevo farti molte pressioni... La smetti di fumarmi in faccia?".

Rachel spostò la mano seccata "Beh a me piace chi sa prendere l'iniziativa. Onestamente c'è zero chimica tra noi. A volte mi domando se sei un minimo attratto da me".

Percy decise che ne aveva abbastanza.
"Giusto per non avere altre sorprese. Ora che ci siamo lasciati, tu e Luke uscirete insieme no?".

"Oh no siamo una coppia aperta. Luke pensa sia abbastanza intelligente da gestirlo".

"Bene" Percy cominciò ad allontanarsi, ma ci pensò un attimo e si girò.
"Spero che oltre al vizio del fumo ti passi anche qualche malattia venerea. Fossi in te comprerei una pomata per la candida, dicono che in estate sia più facile beccarla".

La faccia che fece Rachel lo fece sentire leggermente più soddisfatto.

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Fortunatamente la band di Rachel sembrò essere andata via dalla festa.
Percy voleva stare un po' da quel lo. Cercò un modo per riprendersi e lo trovò nel sedersi su un divanetto con una birra in mano. Poi pensò che gli sarebbe anche servita una distrazione, e quella arrivò da lui con un costume rosa a due pezzi addosso.

"Percy! Posso sedermi vero?" disse Drew Tanaka mentre prendeva posto accanto a lui.
L'acquazzone era fortunatamente scampato e gli invitati si erano un po' sparpagliati per tutta la casa, ciò permetteva di avere un po' più di privacy, ma ovviamente non era la serata fortunata di Percy.
"Serataccia non è vero?" gli disse infatti Drew.
"Davvero? Cosa te lo fa pensare?"
Drew fece una risatina.
"Qualcosa riguardo la schifosissima musica della band".
"Se sei qua per rigirare il coltello nella piaga...". Drew quando voleva sapeva essere insopportabile.
"Oh no, vedi, io sono una persona molto positiva".
Drew si sollevò leggermente per spostare le gambe, facendo rumore con la pelle che si era attaccata al divano per l'umidità.
"A me piace vedere anche le cose brutte come una opportunità". Detto ciò le gambe lisce e morbide di Drew si piantarono in grembo a Percy
Si sentiva arrivare da fuori a tutto volume "Just Dance" di Lady Gaga, ma non troppo forte per cui Percy non potesse sentire Drew. La ragazza però doveva pensarla diversamente in quanto quasi si attaccò al suo orecchio.
"Gli altri potranno aver pensato che ti hanno fatto le corna".
Percy cercò un punto dove guardare per evitare l'imbarazzo della situazione.
"Ma io la vedrei più come esser diventati single" continuò Drew.
Percy finì con lo sguardo sulle tette di Drew che si avvicinavano minacciosamente al suo petto.
Okay, meglio fare un altro tentativo.
"Rachel non è certo l'unica disponibile in circolazione".
E quando la mano di Drew cominciò a risalire la sua coscia dal ginocchio in su Percy decise che per lui la festa era ufficialmente finita.
Si alzò lasciando Drew a bocca asciutta. Percy aveva il sospetto che Drew avesse bevuto. Era una persona molto... Espansiva, ma ognuno aveva dei limiti. E salire su di lui quasi nuda davanti a tutti doveva esserlo per Drew in una condizione più lucida.
Meglio evitare altri scandali per quella sera.

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Percy sarebbe potuto tornare a casa, ma ciò avrebbe solo peggiorato il suo umore. Sua madre e il suo ragazzo Paul avrebbero passato la notte fuori, quindi Percy per quella sera aveva certi programmi. Il tornare a casa da solo non era il modo per potersi distrare dal fatto di esser stato tradito e mollato, quindi era da escludere. Ma nel buco di città in cui viveva chi oltre lui non si trovava alla festa da cui era fuggito?
Un tonfo forte lo fece sussultare.
Jason Grace era fuori casa a gettare la spazzatura.
Ovviamente l'unico a non essere alla festa era quella secchia snob di Jason.
Percy non si rese conto di starlo fissando finché non venne richiamato proprio da lui.
"Hai perso le chiavi di casa Jackson?".
Percy lo guardò confuso ma poi realizzò che Jason doveva averlo visto fissare la porta di casa senza però entrare per un bel po'.
Jason viveva di fronte a lui due case più a destra, ma non erano poi così amici. Ma, onestamente, quella sera perfino Jason era meglio di niente.
"È successo una specie di casino".
"Ma non mi dire" Jason sistemò anche un sacco che dal rumore doveva contenere del vetro. "Che è successo?" "Qualcuno si è ubriacato troppo e ha cominciato a farlo in mezzo alla piscina?"
Una cosa del genere un anno fa era davvero quasi successa, a Percy vennero i brividi al pensiero di che schifo doveva esserci nella piscina degli Stoll".
"Troppo importante per venire tu stesso alla festa?".
Jason smise di sistemare i sacchi e mise le mani in tasca.
"Lo sai, non è il mio ambiente".
Jason era forse l'unico ragazzo della cittadina a non essere nato e cresciuto lì. Jason Grace si era trasferito due anni fa a vivere con la madre e la sorella Thalia. I loro genitori erano separati e fino ad allora Jason aveva vissuto col padre. Ma non si era mai del tutto integrato, anche per lui ogni occasione era buona per andare a trovare il padre. Ora che ci pensava a Percy venne da chiederglielo.
"Non dovresti già essere fuori città?".
Jason annuì "Sì, ma quest'anno mio padre ha aperto più tardi". Il padre di Jason possedeva un super residence/resort per ricconi fuori città. Jason passava l'estate a lavorare lì.
Percy non disse nulla, preso nuovamente dai suoi pensieri.
"Sul serio Jackson sembri rimbambito stasera. Mi vuoi dire che ci fai qui fuori?".
Percy fece l'ennesima cosa lontana dalla sua personalità quella sera. Buttò indietro la testa, si sfrego tempie e occhi, e quasi gridò dalla frustrazione. Non pensava di essere capace di emettere un suono così.
"Okay, forse ti serve qualcosa, una birra?"
"Oh sì, Drew non m'ha manco dato il tempo di finirne una".
Jason era sempre più confuso.
"Okay dovrai spiegarmi anche questa" .

Essendo la madre di Jason sveglia, ed essendo Percy ancora ostinato a non voler entrare a casa propria, optarono per salire sul tetto.
Erano già alla terza lattina quando Percy arrivò alla parte di Drew.
"Cioè ti è salita addosso così? Nuda?"
"Beh dai non era nuda, era in costume".
"Beh come se fosse".
"Non l'hai mica vista che ne sai".
"Sei tu che hai parlato di costume dentro al sedere e tette di fuori". Avrebbe dovuto far bere Jason più spesso, diventava più divertente. O forse non aveva mai parlato con Grace per davvero.
"Comunque, non capisco perché sei con me e non con lei al momento".
Percy storse il naso "Per cortesia, era l'ultima cosa di cui avessi voglia".
"Ma guarda almeno ti saresti preso una rivincita".
"E su di chi? Non penso proprio che a qualcuno dei due importi". Percy si riferiva ovviamente a Luke e Rachel.
"Pensi che Luke abbia un van?"
"Un che?"
"Un van, sai no? Come nella canzone"
A Percy quasi andò di traverso la birra.
"Non mettermi in testa ulteriori immagini raccapriccianti"
Jason era tutto risatine.
"La cosa che mi fa impazzire è la roba che mi ha detto".
"Non aveva molto senso in effetti"
"Capito? Io credevo che semplicemente non avesse voglia, non che avesse qualcun altro"
"Forse dopo le prove non aveva più manco energie per te"
Percy lo guardò torvo.
"Ehi io sono comunque dalla tua parte, quel Luke è un vero cretino". Jason cercò di confortarlo.
"Non è manco così bello".
"Lo pensi davvero?"
"Certo" Jason masticò delle patatine che avevano portato su.
"O almeno, fisicamente parlando non hai nulla in meno di lui. Anzi".
Tutto il tempo libero che il nuoto agonistico toglieva a Percy bisognava ammettere che veniva compensato con la forma fisica che aveva ottenuto.
"Già, non è nulla di speciale. Manco mi piacciono i biondi".
"Ehi!" disse Jason.
"Io sono biondo".
"Che c'entra siere diversi, tu hai gli occhi azzurri".
"Anche Luke ha gli occhi azzurri".
Ah, Percy non lo aveva notato.
"Vabbè ma siete comunque diversi. Lui non è bello".
Jason ci pensò e sbatté le ciglia.
"Wow Jackson non sapevo avessi una cotta".
"Ma piantala, sono solo oggettivo, è questione di... Struttura ossea ecco".
Percy e Jason non erano amici. Non c'era una particolare faida tra loro, erano solo, come di mondi diversi. Avevano amici diversi, facevano sport diversi, tifavano squadre di basket diverse. Erano pure uno contro l'altro nel club di dibattito!
A scuola spesso si ritrovavano a discutere in classe. Erano due personalità molto forti ecco.
Però anche Jason quella sera sembrava uscito da suo solito personaggio serioso e composto che teneva a scuola, da cui Percy stava alla larga.
"Sai quale è il tuo problema?" gli chiese Jason. "Sei troppo sottone".
"Sottone? Io? Io non sono sottone".
"Oh si invece, riesco a immaginarti. Ti prego Rachel non lasciamoci, io pensavo ci amassimo" lo prese in giro Jason.
Percy gli lanciò la linguetta di una lattina.
Jason gli lanciò un patatina. "È così però, devi fare lo stronzo".
Jason si succhiava il sale delle patatine dalle dita e vedendo che Percy lo guardava mise su un'espressione di dubbio.
"Pensavo solo che sei umano a quanto pare, sai divertirti".
"Oh io sono simpaticissimo attorno a chi riesce a farmi divertire" rispose Jason.
"Ora non esagerare. Per arrivare ad essere simpatico ce ne vuole".
Jason fece un sorrisetto di sfida che a Percy sembrò di riconoscere.
"Tu invece ti sapresti divertire?"
"Vorresti mettermi in dubbio?"
"Beh qualcuno ha dovuto cercare divertimento da altre parti".
"Giochi sempre sporco tu eh?". Percy sentiva di aver bevuto al punto giusto per trovare quasi tutto un valido motivo per cui ridere, quindi non si arrabbiò nemmeno.
"Da quando stavi con Rachel te la tiravi tanto" continuò Jason.
"Io me la tiravo?".
"Certo si vedeva da un chilometro. E invece si scopre che Jackson non ci sa proprio fare".
Percy posò la birra.
"Fermi fermi fermi" era partito in quarta. "Questa è un'idea che ti sei fatto tu".
"Se Rachel pensava che non fossi nemmeno attratto da lei. Che facevate invece di pomiciare, vi guardavate negli occhi?".
Percy cringiò all'uso della parola pomiciare, cosa che divertì Jason ancora di più.
"Per la cronaca, io sono fantastico a pomiciare".
"Pff" lo prese in giro Jason. "Ti stai di nuovo montando la testa".
"Con che licenza parli tu? Non mi pare che tu sia circondato da ragazze".
"Percy. La tua di ragazza ti ha fatto le corna. Non parlerei al tuo posto".
"E un'altra mi è salita addosso. Sono comunque molto richiesto".
"Eh, magari però poi scappano".
Percy alzò gli occhi al cielo.
"Beh io vedo comunque zero prove a tuo sostegno". Pareva di essere a lezione di dibattito.
"Oh ma io ho le prove. Prove pratiche".
"Beh mettile agli atti".
Percy si rese conto in ritardo di cosa aveva detto, ma non ci diede peso, o almeno ci provò.
Jason rise "Dovrei usare il metodo Drew Tanaka?".
"Oh non so se riesci a riprodurre l'effetto" disse Percy e si mise a ridere all'idea.
A Jason però l'idea dovette piacere. Con un colpo di reni si alzò, per poi mettersi a cavalcioni quasi in braccio a Percy.
"Che cretino che sei".
"So che manca il costume ma dovrai accontentarti".
Una parte di Percy sentiva che lo scherzo in quanto tale doveva finire in risata li, ma nessuno dei due si mosse, quindi continuarono.
Jason passò le mani su dalle ginocchia di Percy fino ad arrivare alle spalle, per poi sostenersi poggiandogliele dietro al collo. Percy penso che stando sul tetto c'era molto più freddo, quasi da brividi.
"Pure se fossi in costume per quanto potresti impegnarti, dubito riusciresti a convincermi".
"Ehi sei tu quello che va in giro a vantarsi di avere certe abilità".
"Fino ad ora tu nell'imitazione di Drew Tanaka non arrivi neanche a sei".
Jason alzò un sopracciglio.
"È che non ci metto tutto me stesso". Jason si era avvicinato, e Percy sentiva ogni parola scandita con le labbra di lui sul suo lobo sinistro.
Jason aveva smesso di ridire e Percy cominciava a sentire tutti i muscoli tesi.
"Dovresti saperne qualcosa, forse non ci mettevi impegno dopo tutto?" Jason tornò a guardarlo a mo di sfida.
È vero i suoi occhi erano azzurri ma, con Luke, Percy pensò che non c'entrasse assolutamente niente.
"Ti assicuro che quando voglio so impegnarmi benissimo".
Grace aveva sempre avuto quella cicatrice all'angolo delle labbra?
"Questo è da vedere".
Abbastanza. Percy si sporse in avanti. Non seppe dire se fu una scelta impulsiva, gli era sembrata la cosa più logica da fare. Del tipo stimolo risposta, ti lanciano qualcosa e ti scosti, oppure la afferri.
Percy voleva concentrarsi sul dare prova della sua bravura, ma sentì di essere distratto dal sapore salato che era rimasto in bocca a Jason dopo aver mangiato quelle patatine, e dopo un po' si perse. Non seppe neanche lui in quanti millesimi di secondo pensò di aver fatto bene a non fumare quella sera, perchè dovette davvero usare ogni suo secondo per concentrarsi nello stare dietro a Jason.
Grace si stava impegnando eccome, altro che Drew Tanaka.
Percy non voleva permettere a Jason di avere ragione, quindi cerco si riprendere in mano la situazione, ma era così... difficile. Sentiva con insistenza la lingua di Jason, anche se non capiva come ci fossero arrivati a quel punto. Stava provando a capire se fosse possibile che percepisse la cicatrice di Jason, o era solo la sua immaginazione dato che l'aveva notata un minuto fa. E poi Grace che prima si era messo a cavalcioni ora gli stava proprio stretto in braccio... Un momento.
Grace era in braccio a lui. Jason Grace del club di dibattito. Jason Grace che abitava vicino casa sua. Jason Grace sul tetto, che riusciva a sentire praticamente qualunque cosa avesse mangiato quella sera, seduto su Percy Jackson e con le braccia attorno al suo collo. Era tutto un po' troppo fuori personaggio.
Percy poggiò piano le mani sul petto di Jason, e per un secondo si preoccupò, perché stava rischiando di stringerselo addosso invece che scostarselo di dosso. Fortunatamente Jason mise un ultimo pizzico di foga in più prima di fermarsi e dargli un sonoro bacio a stampo, come se ci fosse stato solo quello per scherzare, e infine allontanarsi.
Percy nella sua testa stava cercando delle parole di senso compiuto per formare una frase, ma era troppo... stordito.
Fortunatamente se ne occupò Jason, di nuovo.
"Visto?" disse scendendo da dosso a Percy "È questo metterci tutto il proprio potenziale. Spero che almeno lo imparerai così non avrò messo agli atti le prove inutilmente".
Percy sembrò ricordarsi il loro discorso originario.
"Almeno tu al posto di Rachel non ti stai lamentando".
"Ho avuto di peggio".
Dalla strada sentirono arrivare risate e dei gridolini.
Thalia, Luke, Rachel e un'altra persona stavano tornando a casa, a casa Grace.
"Che stanno facendo quei tre?" disse Percy.
"Beh quella è la nuova coppia, e l'altro sarà il nuovo tipo di Thalia. Saranno troppo brilli per fare tre strade diverse" disse Jason. Subito dopo cominciò a lamentarsi.
"Bleah oddio. Non mi va di rientrare a casa con una situazione del genere, ho paura di ciò che potrei sentire o vedere domani mattina".
Percy si offrì. "Se vuoi puoi restare qua, i miei non ci sono".
Jason lo guardò.
"Uuh, sono riuscito in quello che Drew ha fallito?".
"Che scemo" Percy gli diede un spallata.
"Aiutami a scendere, sono troppo ubriaco".

Alla fine in qualche modo Percy riuscì a far scendere Jason, preferirono usare il lucernario che portava alla sua stanza. I vantaggi di avere la propria camera in mansarda. Jason avrebbe anche potuto dormire nel divano, ma a Percy non andava di spiegare domani a sua madre che ci facesse lì il figlio dei vicini.
Alla fine essendo il suo letto a due piazze si sistemarono lì e chiusero a chiave la porta per evitare fraintendimenti al mattino. La cosa aveva un grande probabilità di rendere il tutto ancor più strano, ma fortunatamente Percy trovò Grace addormentato appena tornò dal bagno. Cercò di addormentarsi anche lui nonostante i pensieri martellanti che stava avendo. Sicuramente tutta la situazione di Rachel era stata scioccante, ma dopo pochi minuti quel pensiero venne scavalcato da un altro. Girò la testa sul cuscino. Lui e Grace avevano per davvero pomiciato?
La parola fece di nuovo ridere Percy. Neanche lui era tornato sobrio. Tutto ciò non stava accadendo davvero. Si addormentò anche lui subito come un sasso.

E niente questa doveva essere una oneshot e invece mi sono lasciata trasportare quindi avrete più capitoli e un storia super drama.
La canzone all'inizio del capitolo esiste davvero, vi consiglio di cercarla.
Ricordatevi di lasciare una recensione e salvare la storia tra i seguti perché ho già 4 capitoli pronti, quindi sarò più costante negli aggiornamenti rispetto al mio solito.
<3<3

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Capitolo 2
*** II ***


Svegliatosi l'indomani la prima cosa che Percy pensò fu: "Ho sete". Sentì che alzarsi era impossibile. Percy si maledì per aver alzato così tanto il gomito. Ricomporre Jason era la parte più complicata. Pareva non essere fisicamente in grado di aprire gli occhi. Una volta che riuscirono a mettersi entrambi in piedi cominciò il mal di testa. Erano nel bagno, mentre Percy cercava due Oki nell'armadietto dei medicinali, Jason stava seduto sul water chiuso e si sporgeva verso il lavandino per bagnarsi la faccia. "Mannaggia a te". "Una volta mi fai pena e guarda come mi fai ridurre". Percy sciolse l'Oki in un bicchier d'acqua per Jason. "Non è colpa mia se reggi poco, dovresti cominciare ad abituarti". Jason lo guardò torvo. Percy gli passò il bicchiere, che il ragazzo bevve tutto d'un sorso. Una volta finito fece una espressione disgustata. "Odio le medicine". E tossì. "Ti va di mangiare? E smettila di guardarmi così" disse Percy. Jason non la smise. "Vorrei lavarmi i denti". Nel cassetto sotto al lavandino Percy trovò uno spazzolino ancora da utilizzare. Jason si lavo i denti, e dopo essersi sciacquato la bocca si leccò le labbra Percy ebbe un flashback della sera prima. Cercò di trovarsi qualcosa da fare e decise di andarsi a cambiare. Quando Jason tornò nella sua stanza era del tutto vestito tranne per i pantaloni della tuta. Sentendosi tutto a un tratto più consapevole della situazione finì di vestirsi in tutta fretta per evitare di stare in mutande davanti a Jason, ma il ragazzo non lo aveva neanche visto. Jason mostrò il cellulare a Percy. 10 chiamate perse da "Thalia. Deve essersi accorta che non sono tornato a casa". "Richiamala". Disse Percy. "E che le dico. Non voglio dirle che sono qua". Percy lo guardò confuso. "Dovrei spiegargli che sono qua perché mi sono ubriacato. E mi romperà le scatole se lo scopre. ". "Credo che lo scoprirà comunque... Fai un brutto odore". Jason si sentiva un po' sudato e lavarsi i denti non era bastato a mandar via l'odore di alcol. "È la tua stanza. Quale stupido decide di dormire in mansarda?"

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Mentre Jason faceva la doccia Percy non sapendo cosa fare si rifece il letto e vi si sedette ad aspettare. Non avendo nulla da fare ritornò a pensare troppo. Jason ricordava l'accaduto vero? Certo che doveva ricordarlo, non avevano bevuto fino ad un blackout totale, avevano avuto solo un brutto post sbornia. Semplicemente di sicuro a Jason non importava, perché effettivamente non era una cosa importante. Ma allora perchè Percy ci stava ancora pensando? Dovevano evitare che qualcuno lo sapesse? C'era il pericolo che Jason lo raccontasse a qualcuno? Controllò il telefonino, ma come c'era da aspettarsi nessun segno di vita da Rachel. Invece trovò un messaggio da parte di Grover. "Ehi amico ho saputo di ieri sera Tutto bene?". Percy stava per spegnere lo schermo e non rispondere, ma Groover si meritava un risposta, non glielo stava chiedendo con malizia, era il suo migliore amico "Diciamo di sì, non preoccuparti" Dopo aver visualizzato Grover lo chiamò comunque. "Ti ho già detto che sto bene, non preoccuparti". "Lo so" gli rispose Grover. "Ma non ero sicuro fosse vero, ieri alla festa non c'ero". "Ora che ci penso hai ragione, come mai non c'eri?" Jason rientrò in camera. Percy gli aveva dato un cambio, ma era evidente che la maglietta di Percy fosse troppo piccola per Jason. "Pronto Percy, ci sei?" "Ehm, sì. Scusa non ho ben capito". "Ti dicevo che da questa settimana lavorerò anche il venerdì e il sabato sera". "Ma non facevi già il doppio turno?" "Sì ma ora arriva l'estate e questo è l'unico fast food della città e dintorni". Percy sospirò. "Capisco". "Comunque avrei voluto esserci per prendermela con quel cretino di Luke". "Tu attacar briga con qualcuno? Soprattutto uno dell'ultimo anno?" "Beh... Di sicuro lo avrei guardato storto tutto il tempo". Percy riuscì a ridere un po'. Ma smise subito pensando al fatto che se Grover aveva saputo in meno di 24 ore cosa era successo la sera prima, ormai chiunque doveva saperlo e ne stava parlando. Fantastico. "Senti un'altra cosa... È vera la cosa di Drew?". "Qualèecosa di Drew?". Percy si sentì gelare "Che hai pomiciato con Drew?" "Grover... Chi usa più la parola pomiciare??". Percy dovette smentire anche questa voce. Si salutarono e Percy mollò il telefono sul letto svogliato, per poi sdraiarsi a guardare il soffitto. "Era scontato che lo sapessero tutti sai?". Jason si stava mettendo le scarpe. "Se la scena è stata come me l'hai descritta ieri sera". Jason tirò i lacci per stringere meglio la scarpa. "Questo posto è schifosamente piccolo". Percy guardò attorno a se e poi verso Jason, indeciso se offendersi. "Non la tua stanza, tonto. Questa città". Percy fece un verso di frustrazione. "Lo so, e questa estate mi sentirò in trappola più del solito". "Sei diventato un topo?". "I miei piani per questa estate erano rilassarmi e stare con la mia ragazza, ora sono senza ragazza e senza piano". "Che piagnone". Jason si mise in piedi. "Allora ascolta, questo è il mio alibi". Percy si girò a guardarlo. "Diremo a Thalia che ero qui per consolarti per ciò che è accaduto ieri". Percy protestò "Ma così sembrerà che io sia disperato. Parlerà con Rachel, non voglio che creda che mi importi". "Non ci sono alternative, e poi sappiamo tutti che ti importa". Percy mise il broncio. "Stavo dicendo, dirò a Thalia che sono stato qui per quello, e sicuramente non mi crederà, quindi..." "Ehi". Jason aveva preso il cellulare di Percy. "Come sapevi la password". "Fai sul serio? 0000". Ah già, non così difficile. "Ho messo il mio numero. Se Thalia dovesse cercarti, e sicuramente lo farà, nega tutto se dovesse farti domande che non coincidano con la nostra versione dei fatti, intesi?". "Va bene, ma non capisco tutta questa agitazione. Come mai non vuole che tu beva, siete per caso mormoni?". "Fidati meglio evitare. Perciò come esco da qua?". Con non poca fatica Percy riuscì a far risalire Jason dal lucernario e farlo arrampicare giù. Sua mamma era ancora in casa. Provò a salutare Jason con la mano ma quello filò subito via senza guardarsi indietro. Quando Percy scese giù in salotto, sua madre si limitò a dirgli "Hai fatto le ore piccole ieri sera eh?" A Percy non andava per nulla di parlarle di Rachel, o farle notare che fosse ancora un po' in post sbornia, perciò si nascose tutto il giorno dietro le faccende di casa. Tanto non è che avesse altri impegni. Verso sera controllò il telefono per vedere se ci fossero messaggi da Thalia. La ragazza non lo aveva cercato, in compenso vide l'anteprima di un messaggio, che non aprì, da parte di un suo compagno di nuoto. "Ehi Percy, scusa se ti disturbo, ma ho saputo di ieri sera e volevo solo sapere se...". Percy decise che non poteva reggere. Era già la seconda persona che gli chiedeva della faccenda. Rachel non si era fatta sentire e a Percy venne in mente una idea. Aprì il suo profilo su instagram e cancello l'unica foto che aveva postato con lei. Pensò si smettere di seguirla per evitare di vedere foto con Luke, ma era inutile, non poteva evitarli per sempre. Ma decise che almeno sul cellulare poteva nascondersi dal circolo di chiacchiere del suo paese. Disattivò i suoi profili social. Disinstallò anche whatsapp. Ecco ora era raggiungibile solo per questioni di vita o morte. Grover sarebbe stato contento, non faceva che dirgli che a tutti farebbe bene un "detox dai social". Dopo pochi minuti ricevette un messaggio da Jason. "Ho preso il tuo numero da Thalia. Non ha chiamato vero?". "No. Ti avrei avvisato". Jason ci mise un po' a rispondere. "Non si sa mai con te". "..." "Comunque. Thalia non ti ha detto nulla per aver dormito da me?" "No. Si è comportata in modo molto strano, quando gliel'ho detto non era per nulla sorpresa e non mi ha fatto domande" "La fortuna dei novellini". "Ma dai. Comunque non ti ho cercato per questo". "E per cosa" "Potrei avere un modo per farti venir fuori dalla trappola". "Chiamami, non ho messaggi illimitati". "Ma perché non rispondi su whatsapp?". "Storia lunga. Chiamami ho detto". Per quanto Jason fosse testardo Percy riuscì a farsi telefonare. "Da mio padre hanno bisogno urgentemente di un bagnino". "E quindi...?". "E quindi che, sbaglio o ti vanti dalla sera alla mattina di essere il capitano della squadra di nuoto? ". "Ehi, io non mi vanto". "Comunque, il bagnino che avevamo assunto ci ha bidonato all'ultimo. Non serve neanche che tu faccia un colloquio e pagano bene". "Quanto bene?". "Più di quanto possa sperare che qualcun' altro dia a un tipo come te". "Non ti smentisci mai". Percy preferiva Jason brillo. "Sei tu che fai domande sciocche. Di preciso non so quanto paghino, ma in base al mio di stipendio, fidati che la busta paga è profumata. Inoltre avresti l'alloggio incluso senza detrazioni". Ah già, il residence era lontano. "Mmh, non sarà che mi hai un po' raccomandato?". "E allora? Dopo che sono costretto a passare tutta l'estate qua figurati se non posso fare almeno questo. E comunque è una situazione particolare, apriamo tra pochissimo e senza bagnino la piscina non può essere usata. I figli piccoli dei ricchi sono troppo stupidi e viziati per nuotare bene". "Tu sei uno stupido figlio di ricchi". Percy sperò che Jason si immaginasse il suo ghigno. "Io vengo cresciuto da povero. Allora cosa ne pensi?". "Quando si comincia ?" chiese Percy. "Parto domani pomeriggio. Ti offro anche il passaggio". "Che cavalleria". "Ordini del superiore". "Va bene ma, domani? Così su due piedi? Devo avere il tempo di parlarne con mia madre, fare la valigia. Che devo portare?". "Parlane con tua madre stasera. Nel frattempo, se mi lasci la sua mail, le invio il contratto che firmerai per farglielo vedere, e a te scrivo cosa devi portarti per sopravvivere".
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E così il giorno dopo Percy caricò le valigie sull'auto di Jason. O meglio, nel bagagliaio della macchina guidata dall'autista della famiglia Grace. "A volte mi scordo che siete ricchi". "Preparati in questa settimana non potrai fare a meno di pensarci". Jason chiuse il bagagliaio e salirono in macchina. Thalia aveva un' animo punk. Quindi nonostante i soldi che Percy supponeva dovessero avere, non si poteva capire semplicemente dall'apparenza che era praticamente una futura ereditiera. A Percy piaceva prendere in giro Jason dicendogli che fosse uno snob super pettinato, con quei suoi maglioni da cui usciva sempre il colletto di una camicia che metteva a scuola. Ma era più una questione di stile, Jason non ostentava chissà quale lusso nella vita di tutti i giorni. "Mi stupisce con quanta rapidità tua madre ti abbia spedito". Sally era stata contentissima della proposta. Diceva che era un ottimo modo per responsabilizzare Percy. Lui sospettò che fosse anche contenta di esser libera di poter stare col suo compagno. Ma non la biasimava, aveva fatto la madre single per tutta la vita. Meritava un po' di spensieratezza. "Beh, era una super occasione". Lui e Jason erano seduti entrambi nei sedili posteriori. Un vetro li separava dall'autista così che avessero un po' di privacy. "Senti un po' ma perchè devi lavorare tu?" chiese. "Mio padre è un sostenitore del modello self-made man. Dice che solo perché siamo i suoi figli non dobbiamo adagiarci, e capire il valore dei soldi guadagnati con fatica, come lui da giovane". Recitò Jason non troppo convinto. "Ma comunque a me non importa granché del pensare se sia giusto o no. Lui mi chiama solo d'estate perché vuole che durante l'anno mi impegni con lo studio. Essendo suo figlio, non lavoro duramente quanto il resto dello staff, e poi in fondo non mi dispiace il residence. Andare fuori città per tre mesi è rigenerante". Sarebbero stati via fino ai primi di Settembre. Praticamente avrebbero fatto ritorno un giorno prima che iniziasse la scuola. Percy era felice di non doversi far vedere in giro per un po' dopo l'umiliazione pubblica, chissà magari una volta tornati sarebbe già stata dimenticata da tutti. Ma si chiese se a Jason davvero andasse bene star via tutto quel tempo. Non ne avevano mai parlato sul serio non essendo amici, ma era abbastanza sicuro che si frequentasse con Piper, la sua vice nel club di dibattito. Jason era uno molto impegnato a scuola, coinvolto nel comitato studentesco. C'era anche qualcuno con cui si faceva vedere in giro spesso. Possibile non avesse amici che gli sarebbero mancati? Percy non ce la fece a chiedergli nulla. In fondo le cose non erano molto cambiate tra loro due. Poteva considerarsi una semplice tregua dal loro continuo punzecchiarsi, non una vera amicizia. Dopo un po' Jason tornò silenzioso e si appisolò. Percy invece mise le cuffiette e cercò di rilassarsi.
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Durante le 4 ore di viaggio a Percy venne di fare pipì, con grande disappunto di Jason, e si fermarono ad una stazione di benzina. Poi gli venne fame, e passarono da un Mc-Drive, ma la macchina non poteva essere sporcata e mangiarono in piedi in un parcheggio, con lieve disappunto dell'autista, che di sicuro voleva solo finire il suo lavoro e tornare a casa. Alla fine verso le 20:30 finalmente arrivarono. Il residence si presentava per bene già dal cancello in ferro, con lo stemma di una grossa aquila al centro. L'ingresso si apriva con un curatissimo giardino e una grande fontana in pietra con al centro un'alta scultura di un... Tritone? Jason mandò un sms, nel frattempo si fermarono al parcheggio e l'autista scaricò i bagagli. Trasportarono le valigie per un po' di metri attraversando il giardino fino a quando arrivati vicino a quello che doveva essere l'ingresso delle abitazioni Percy vide una ragazza. Aveva la pelle un po' scura, i capelli castani, e indossava una polo viola con il logo del residence. Aveva una espressione seria ma quando vide Jason si illuminò. "Jace!" Jason lasciò la valigia per abbracciarla. "Reyna, questo è Percy Jackson il nuovo bagnino. Percy lei è Reyna, una mia amica e collega". La ragazza gli strinse la mano. Percy cercò di interpretare il loro rapporto, e intuì fossero amici di lunga data. Mentre veniva portato ai dormitori dello staff si aggiornavano chiacchierando animosamente. La stanza di Percy era fortunatamente una singola, non era granché, ma sembrava comoda e funzionale. Reyna chiese se avessero già cenato. Percy rispose di sì, ma i due lo ignorarono e decisero che avrebbe mangiato di nuovo. Nel frattempo che si dirigevano...Percy in realtà non lo sapeva, Reyna e Jason gli mostrarono il residence. La piscina dove avrebbe lavorato, l'area comune, i bagni dello staff, la sala da pranzo. Percy si fece anche dare informazioni essenziali tipo la password del wi-fi. Nonostante in giro le luci fossero accese il residence era vuoto e silenzioso. "Domani apriamo al pubblico, la maggior parte dello staff arriverà in mattinata. Noi siamo già qua perché siamo gente che conta". Jason alzò gli occhi al cielo e spiegò. "I genitori di Reyna sono soci di mio padre. Lavorano anche loro qua all'amministrazione e menagement, perciò a Reyna tocca il mio stesso triste destino". "Chiamalo triste". Disse Reyna, e tirò fuori un grande mazzo di chiavi. Erano nella cucina del ristorante del Residence. Presero del gelato da uno dei frigoriferi grandi quanto un armadio. "Siete sicuri che possiamo?" chiese Percy". "Il tuo amico è un po' agitato" disse Reyna prendendo tre ciotole e i cucchiai . "Non sono agitato. Sono solo... Impressionato. E poi non sono <>". Cominciarono a mangiare. "Tranquillo, ci farai l'abitudine. Calcola che da domani sarà pieno di gente e ti sembrerà tutto ancora più grande" disse Reyna. Jason fece una faccia strana. E Reyna si mise a ridere. Percy era confuso "Che c'è?". "A Jason è arrivato il freddo al cervello". "Ma non è mica una bevanda ghiacciata, è solo gelato" osservò Percy. "Si ma Jason non tollera le cose fredde, sarà che lo è già troppo lui". Jason alzò gli occhi al cielo. "Hai una intera estate davanti Reyna, non sprecare tutte le tue battute in una sera". "Sono contenta che te lo sei portato" Reyna indicò Percy col cucchiaio "Serviva una novità". "Oh non avere grandi aspettative". "Ehi, io sono qui" disse Percy. "E poi Grace dovresti rivalutare l'avermi portato qua con te. Potrei stravolgerti l'estate. L'ho già fatto l'altra sera". "Che è successo l'altra sera?" chiese Reyna interessatissima. "Non è successo niente!" Jason ingoiò il gelato in tutta fretta. "Ieri sera ho sbloccato la versione di Jason brilla. Fin'ora conoscevo solo Jason irritante". "LO HAI CONVINTO A UBRIACARSI?". "Non mi sono ubriacato!" corresse velocemente Jason. "Ho solo bevuto qualche birra in più". Reyna diede un colpetto a Jason con la spalla e poi si rivolse a Percy. "E dimmi, come era". "Oh mi ha ascoltato senza interrompermi o perdere l'attenzione per la prima volta nella sua vita e poi... " Percy fece una pausa che mise Jason in tensione "Beh è diventato molto più... Espansivo". Jason diede un calcetto a Percy sotto al tavolo che sussultò un po'. "Il giorno dopo è tornato il solito scorbutico di sempre come puoi vedere. Ma va perdonato per avermi offerto un lavoro". "A proposito di lavoro. Mi raccomando, domani alzati presto, ci sono molte cose da fare e devi essere pronto prima che arrivino i clienti. Siamo molto fiscali con gli orari qua" disse Reyna. "Non preoccuparti, posso farcela". "Ad addormentarti di sicuro". Jason mangiò l'ultima cucchiaiata di gelato. "Mi sa che il tuo problema sarà svegliarti, dormi come un sasso, sbavi pure". Una volta tornati ognuno nella propria stanza, Percy disfò la valigia e puntò la sveglia presto. Non sapeva perché, ma durante il viaggio aveva dato per scontato che avrebbe diviso la camera con Jason. Mandò un messaggio a sua madre che voleva che le desse la buona notte e poi cercò di addormentarsi.

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Capitolo 3
*** Capitolo3 ***


"Pronto? Cheese".
Reyna aveva portato Percy a fare la foto per il tesserino dello staff. Ne prepararono due. Uno per il cartellino da appuntare alla divisa dello staff, e uno per un badge da appendere al collo quando stava in piscina.

Quella mattina avevano anche sbrigato faccende burocratiche come la firma del contratto, assicurazione e altro. Percy nella sua ignoranza si era immaginato che avrebbe incontrato il signor Grace in persona, ma ovviamente di lui si occupò un semplice menager della struttura.
Gli avevano consegnato la divisa base dello staff. Lui non aveva ricevuto la polo viola che indossavano Reyna e i manager, ma una azzurro chiaro.
Tuttavia Reyna gli disse di risparmiare tempo e indossare direttamente il costume da bagno. Percy fu felice di vedere che era un modello a pantaloncini rosso, e non a slip.
Mentre lo accompagnava in piscina Reyna gli aveva elencato tutte le regole che avrebbe dovuto seguire, anche se Percy faticava a starle dietro. Una volta arrivato alla sua sedia Reyna lo salutò perché doveva andare a "fare l'accoglienza". Percy si mise la crema solare, e prima che arrivasse qualcuno in piscina, assecondò l'impulso di soffiare il fischietto che aveva al collo.
Quella mattina non aveva visto Jason, probabilmente anche lui si occupava di accogliere i residenti.
A Percy faceva ridere l'idea di Jason che faceva lo splendido mentre diceva "Benvenuti al resort Olympus!".
Sistemò le sdraio ed aprì gli ombrelloni.
Dopo un paio di orette cominciò ad arrivare gente.
Vedendo che le prime persone erano due vecchiette pronte a piazzarsi sul lettino tutto il giorno, Percy pensò che quel lavoro non era per nulla male.
Pensò male per l'appunto.
Dopo un po' dei bambini piccoli arrivarono letteralmente correndo e si tuffarono in piscina. Dettaglio importante che Reyna gli aveva detto di attenzionare sempre: non avevano i braccioli.
Percy entrò in acqua per assicurarsi che il primo giorno non iniziasse con bambini annegati e li riportò ad uno ad uno a bordo piscina.
I mostriciattoli ridevano divertiti, e con tutta la calma del mondo arrivarono quelle che dovevano essere le loro mamme.
"Non si corre, regola numero uno della piscina" i bambini lo ignorarono del tutto e sentendosi chiamare andarono dalle madri.
Fortunatamente passarono il resto del tempo in braccioli quindi Percy non dovette stargli dietro. Ma uno di loro in particolare sembrava interessato a lui.
"Ehi!" sentì dire dopo che gli arrivò uno schizzo.
"Non si schizza chi sta fuori dalla piscina" provò ad ammonirlo Percy, ma venne ignorato, di nuovo.
"Cosa è quella cosa che hai al collo?".
"È il mio badge" disse Percy mentre glielo mostrava.
"Ti chiami Percy?".
"Sì" gli rispose.
"Che nome buffo".
Ma il suo nome non era buffo...
"Io mi chiamo Magnus".
Quella pulce si chiamava come un gelato e lo prendeva pure in giro?
"Non esiste questo nome".
"E invece sì, guarda".
Il bambino gli mostrò la targhetta di metallo che aveva al collo.
Si chiamava per l'esattezza Magnus Chase.
"Come mai ridi?"
"Fai ridere, hai il naso rosso".
Naso ros... Percy aveva messo la crema protettiva... MA NON SULLA FACCIA.
Andò subito a metterla e sentì un lieve bruciore. Sperò non fosse troppo tardi.
Nel frattempo il bambino si era allontano, distratto dai suoi amichetti.

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"Ammetto che me lo aspettavo, ma addirittura al primo giorno".
Stavano cenanado prima che iniziasse l'animazione della serata.
Appena Jason lo aveva visto era scoppiato a ridere, e ora non faceva che prenderlo in giro.
"Sta attento mentre mordi la piadina".
Reyna gli aveva fatto usare una crema per le scottature e ne aveva il naso pieno.
"Ero troppo concentrato sul lavoro e mi sono dimenticato. Vuol dire che prendo la cosa con serietà"
"Sai, quasi ti sta bene, sembri un personaggio dei cartoni animati perennemente in imbarazzo" continuò Jason.
"Sembra ti abbiano messo il fard" disse Reyna.
"Va bene ho afferrato, si nota molto" rispose Percy.
"Non preoccuparti, è normale, anche a noi è capitato le prime volte. Anche se non stiamo in piscina, facendo avanti e indietro stiamo tanto al sole.
"Oggi io sono stato fortunato" disse Jason. "Mi hanno messo per un po' alla reception dell'edificio B1".
"Un buon upgrade per chi ha iniziato come facchino" disse Reyna.
"Facevi il facchino?" chiese Percy.
"Te l'ho detto. Mio padre, duro lavoro, il valore del denaro eccetera eccetera.
"Mio padre è più del tipo spendi e spandi, praticamente sono qua perché crede io sia troppo viziata".
"Tu sei viziata" disse Jason.
"Mi piacciono le cose belle. Percy, se potessi farlo tu non compreresti il più possibile cose che trovi belle?".
"Beh, non ha torto" disse Percy a Jason.
Jason si alzò e raccolse le sue stoviglie.
"Ricordatevi che ci sono cose che, per quanto ci piacciano, non possiamo avere. Neanche comprandole".
E si allontanò per posare tutto.
"Che barba" disse Reyna infilzando l'ultimo pezzo di pollo con la forchetta.

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"Reyna, sbaglio o quelle tre mi stanno fissando?".
Quella sera c'era in programma una festa in piscina per l'apertura della stagione estiva. Nulla di straordinario. Servivano da bere e c'era la musica.
Jason era la, ma mentre Percy e Reyna ciondolavano fingendosi occupati, lui dava una mano e non si era fermato un attimo.
"No Jackson, ti fissano ma con aggiunta di risatine. E questa mi sembra una occasione ottima per illustrarti altre regole".
"Ancora regole?".
"Già" disse Reyna. "Ti avviso che per noi membri dello staff è severamente vietato flirtare e avere qualunque tipo di contatto troppo ravvicinato con la clientela".
"Ma questa è una di quelle regole che c'è ma nessuno segue davvero, giusto?" disse Percy.
Il sorriso beffardo di Reyna cadde.
"No, questa è una di quelle che può farti licenziare".
Le ragazze in lontananza avevano preso a bisbigliare.
"Percy questa è gente ricca, e la gente ricca AMA denunciare. Tipo il cameriere che ha messo incinta una cliente due estati fa... ".
Percy sussultò. "E la cliente ha denunciato il ragazzo??".
"No, i genitori della ragazza, che aveva 16 anni, denunciarono il resort. E sai chi odia le denunce? Il signor Grace".
"Lo spaventoso padre di Jason?".
"Proprio lui".
"Afferrato" disse Percy.
"Ottimo".
Proprio in quel momento arrivò Jason che prese posto accanto a loro su uno degli sgabelli.
"Oddio, non ricordavo che fare il cameriere fosse così stancante. Perché voi non state facendo nulla?".
"In realtà spiegavo a Percy il protocollo castità".
"Oh Percy è appena stato mollato, è già entrato in protocollo castità".
"Ehi, non mi hanno mollato".
"Ah vero, peggio".
"Che è successo?" chiese Reyna subito incuriosita.
"Niente" disse Percy.
"Ah no Percy. Regola non scritta, non puoi non rispondere alle domande di Reyna" disse Jason.
"Questa regola valeva per Jason, e ora si estende anche a te" precisò Reyna. "Ora dimmi: chi ti ha spezzato il cuore in tempo per l'estate?".
"La mia ex" borbottò Percy.
"Grazie mille, nome?" disse Reyna.
"Che dico a fare il nome? Nemmeno la conosci".
"Ma dai dal nome si capiscono tante cose" rispose Reyna.
"Piper una volta ha detto che Rachel era un nome da t...".
"JASON" lo interruppe subito Reyna.
"Stavo riportando le sue parole, sai che non uso questi termini" disse Jason
"E certo, ti ho educato io" rispose Reyna fiera. Jason le soffiò in viso per darle fastidio.
"E perciò, si chiama Rachel giusto?"
"Sì, e Piper ci ha visto bene, perché non si è esattamente comportata da santa".
Percy riassunse in breve la serata provando anche ad apparire distaccato, ma fu subito sottolineato da Jason quanto quella sera ci fosse rimasto male.
"Beh che dire, un po' stronza si può dire lo sia" disse Reyna.
Percy annuì.
"Ed è amica di tua sorella Thalia?" chiese rivolta a Jason.
"Già" disse Jason "Hanno insieme questa band scarsa".
Percy sentì la nausea al pensiero che prima sentendo una frase del genere avrebbe difeso le loro performance mediocri.
"E questo tizio, Luke, va a scuola con voi?" chiese Reyna.
"Non più da settembre. Si è diplomato quest'anno" spiegò Percy.
"Almeno a scuola starò tranquillo".
"A-a-ah. No Jackson! Atteggiamento errato".
Percy non ebbe il tempo di rispondere perché Reyna continuò.
"Lei è in torto, deve essere lei quella preoccupata per quando tornerete a scuola".
"Ti assicuro che l'ho vista molto serena. Non credo che ciò cambierà" disse Percy.
"Beh se questo è il tuo spirito è sicuro".
"Che dovrei fare scusa? Non voglio tornare con lei, quindi non mi importa".
"Dovrebbe importarti il non fare la figura del fesso".
Jason intervenne: "Ha ragione Reyna".
"Grazie Jay"
"Che dovrei fare secondo te allora?" chiese Percy.
"Data la sua tranquillità nell'essere stata beccata a tradirti non devi assolutamente mostrarti turbato. Evita sceneggiate del tipo toglierle il saluto o bloccarla sui social. Deve vedere e mangiarsi le mani piuttosto". Iniziò Reyna.
"Al momento ho disattivato tutti i social comunque" spiegò Percy.
"Va bene un po' di mistero per adesso. Dopotutto sei fuori città tutta l'estate. Ma appena torni riapri tutto".
Reyna continuò a spiegare. "Se qualcuno dovesse chiederti dell'accaduto dimostrati sicuro di te ma distaccato. Non far sembrare che ti importi troppo parlandone dettagliatamente o parlando male di lei. Ma nemmeno evita l'argomento infastidito, al massimo cerca di dare l'impressione che per te sia acqua passata, e quindi inutile parlarne".

"Wow "Reyna la ragazza di città". Cosa è questa mente diabolica da ragazza di paesino?" chiese Jason.
"La mia migliore amica gestisce la pagina spotted-gossip del nostro liceo. Ho imparato un paio di cose".

"Per finire, dato che in realtà sappiamo quanto ci pensi e brami vendetta, se c'è qualcuna che ti piace e ci sta, frequentala. Punti in più se a lei sta antipatica".

"Quanto siete dozzinali, perché non vi andate a sedere laggiù?". Jason indicò il gruppetto di ragazze di prima.

Reyna si girò di scatto verso Percy che guardava curioso le ragazze.

"Ero seria comunque. Niente ragazze, qui".

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Arrivato alla sera Percy era stanchissimo. Solo che non riusciva a dormire.
La prima sera essendo ancora un po' in post sbornia era crollato, ma adesso non riusciva a prendere sonno in una stanza che non fosse la sua. Verso le tre gli venne un'idea fissa, sentiva di dover andare al bagno. Ma dove stava? Non ne aveva idea. Di andare in giro al buio a cercare alla cieca e col rischio di sbagliare non gli andava, quindi pensò a una soluzione ancora più infelice.

Per la seconda volta bussò alla porta della stanza di Jason.
Nessuna risposta. Bussò di nuovo, leggermente più forte.
Stava per tornare indietro ma stavolta la porta si aprì.
"Jackson" Jason sussurrava ma si intuiva che fosse seccato.
"Sei sonnambulo per caso?".
"Mi serve un aiuto ".
"Per cosa!?" Jason aveva, come diceva la madre di Percy, il cuscino stampato in faccia.
"Devo andare in bagno, ma non so dov'è".
Jason si passò una mano sulle tempie.
"Entra".
"Eh?".
"Più tempo stai qua a parlare più rischiamo di svegliare tutti, entra ho detto".
Percy entrò. Jason chiuse la porta e accese la lampada che aveva sul comodino.
"Per stasera usa il mio bagno, domani ti mostro dove sono quelli dello staff".
"Perché tu hai il bagno in camera?"
"Piantala e vedi di sbrigarti, ho sonno"
Percy entrò nel bagno e cercò di fare più in fretta possibile. Era piccolo ma c'era il water, la doccia, un lavello e uno specchio, tutto ciò che occorreva insomma.
Quando uscì trovò Jason seduto sul letto, che gli chiese subito: "Mi spieghi come fai a non sapere dove sono i bagni dei dormitori?".
"Ho usato tutto il giorno quelli vicino alla piscina" rispose Percy.
"Scusa se ti ho svegliato".
Jason aveva una espressione un po' infelice. "Ero comunque sveglio, non sto riuscendo ad addormentarmi stasera".
Percy si guardò attorno. La camera di Jason era decisamente diversa dalla sua.
"Hai la tv... E un mini frigo!".
Percy lo aprì.
"No ma fai con comodo".
"Uffa solo coca cola".
"Sei sempre in cerca di guai? Non terrei mai alcolici qui".
"Lo so, ma almeno un energy drink" Percy chiuse lo sportello.
"Beh, vorrei evitare di andare in giro alle 2 perché devo far pipì".
Percy sbruffò.
"Dovresti farti controllare per questa cosa" continuò Jason. "Durante il viaggio ci hai fatto fermare due volte".
"Sono un persona normale IO, sei TU ad essere così contenuto da reprimere dei bisogni fisiologici per tutto quel tempo".
Percy vide che quella sua scenetta era riuscita a far sorridere un po' Jason, e per qualche motivo fu contento.
"Perché non ti riesce di dormire?"
"Mi capita. La fregatura è che sono stanco, ho lavorato abbastanza" disse Jason.
"Però ti piace, o no?" chiese Percy.
Jason scostò il braccio che gli copriva gli occhi per guardare Percy e ci riflettè un attimo.
"Non lo so, credo mi piaccia poter stare lontano per tre mesi".
"A volte non ci penso al fatto che tu sia un ragazzo di città. Non ti piacerà mai la vita da piccola cittadina".
"Mh, più o meno" mormorò Jason.
Percy avrebbe voluto restare a parlarne di più, ma Jason gli ricordò per fare il bagnino doveva dormire bene. Percy augurò la buonanotte a Jason e tornò nella sua stanza.

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La mattina dopo in piscina Percy subì un attacco. Le due ragazze di ieri sera, che aveva scoperto si chiamavano Kelli e Tammi, si erano messe a prendere il sole in piscina e continuavano a fissarlo. Lo avevano anche chiamato un paio di volte con qualche scusa inutile, tipo aprirgli una sdraio in più per le borse.
Doveva ascoltare Reyna, ma comunque non gli fu difficile. Nessuna delle due sembrava essere il suo tipo, non valeva per nulla la pena rischiare. Pur di evitarle alla fine si ritrovò a intrattenere i bambini. Magnus, il bambino della mattina precedente, lo aveva preso a simpatia e aveva deciso di presentargli i suoi due amichetti.
"Loro sono Sadie e Carter". I due fratellini lo guardavano come quando da piccolo guardi un giocattolo nuovo che non vedi l'ora di distruggere.
Non potendosi distrarre troppo i bambini si accontentarono che facesse l'arbitro mentre loro giocavano.
"Marcoooo" gridò Magnus mentre teneva gli occhi chiusi.
Sadie emerse da un lato della piscina, e Carter da quello opposto.
"Polo!" urlarono in coro, lasciando Magnus visibilmente confuso.
"A-a-ah! Non si sbircia" lo ammonì Percy.
Le due ragazze nel frattempo dovevano essersi annoiate e si erano appisolate sotto l'ombrellone.
Poco dopo Sadie e Carter salirono in superficie prendendo Magnus alla sprovvista e gli schizzarono dell'acqua. A quel punto il bambino si tuffò a raggiungerli e fu allora che Percy la sentì.
"Dei del cielo!!".
Una signora parecchio ingioiellata, con un costume dorato abbastanza poco sobrio, grandi occhiali da sole, e i capelli acconciati in una treccia si alzò dal suo lettino.
Percy stava sistemando le sdraio di una coppia di clienti che era andata via quando la signora lo chiamò da lei.
"Ragazzo!".
Percy si affrettò.
"Devi cacciare quei mostriciattoli". Disse con tono severo. A Percy i prepotenti non erano mai piaciuti.
"Non credo di poterlo fare".
"Beh credo che dovrai farlo comunque, o ti faccio licenziare".
Percy cercò di mantenere la calma.
"Signora, dirò semplicemente ai bambini di fare più attenzione, ma non posso cacciarli così, sono cose che possono capitare. E poi le madri non sono neanche qua al momento, e non ne sarebbero contente". 
"Devi rivalutare la gerarchia nel trattare la clientela signorino" disse la donna.
Percy non poteva crederci.
"Tutti qua in piscina son clienti paganti sullo stesso piano, non ci sono clienti di serie B...". Percy non potè continuare perchè la donna iniziò ad urlare.
"Hai la minima idea di chi io sia??".
A salvarlo in quel momento arrivò Reyna quasi correndo.
"Signora Grace! Che piacere non la aspettavamo già qua".
Percy ora era davvero confuso.
"Perdoni il bagnino, è nuovo. Ha ancora molto da imparare, grazie per averlo ripreso al posto mio, ahahahah". Reyna cercava di mantenere un tono cordiale e tranquillo ma aveva una risata più che nervosa.
Disse all'orribile signora che se voleva la spa era appena stata preparata e in qualche modo la convinse ad andare, dopo altre mille scuse.
Quando si fu allontanata Reyna prese Percy per un braccio. Andarono dietro la cabina del bagnino lontano dai clienti.
"Chi era quella e perché hai...".
"Non hai idea di che stavi per fare Percy!". Reyna era in modalità capo.
"Stavi litigando con Era Grace, la terribile matrigna di Jason".

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Un reclamo già al suo secondo giorno di lavoro... Percy pensò che doveva essere l'equivalente di quando era finito dal preside la prima volta.
Stava attendendo seduto su una  davanti a un ufficio. Volevano licenziarlo? Reyna aveva detto che c'era una minima possibilità che nessuno ascoltasse Era. Percy sperò non lo licenziassero, non voleva tornare a casa.
Una volta entrato in ufficio, un uomo che doveva essere sulla trentina, con l'aria di chi era stato disturbato e ora era molto infastidito da qualcosa lo fece sedere.
Percy aveva la sensazione che fosse stato proprio il suo incidente di prima a indispettirlo.
Cominciò a spiegargli quanto difficile fosse la situazione, quanto Era fosse arrabbiata, e arrivati a parlare del fatto che in fondo lavorava da pochissimo Percy fu certo lo avrebbero licenziato... Quando la porta si aprì.
"Signorino Grace, sono occupato".
Percy non era mai stato così felice di vedere la testolina bionda di Jason sbucar fuori da una porta.
"Mi manda Era" disse Jason. Percy cercò lo sguardo del ragazzo, ma era molto preso dalla parte. Parlò con il manager dicendo che si era accordato personalmente con Era e non c'era da preoccuparsi.
Alla fine Percy fu lasciato andare.
Usciti dalla porta Jason si scompose e lo fulminò con uno sguardo che somigliava un sacco a quello di Reyna.
Percy allora tirò fuori la sua espressione più pietosa.
"Non hai nulla da dire?".
"Grazie, grazie, grazie. Sei la mia grazia salvatrice..." Percy voleva abbracciare Jason, ma quello lo sposto subito dopo due secondi.
"È la seconda volta che mi fai cacciare in un guaio".
"Reyna mi ha detto solo dopo chi fosse Era, io non ne avevo idea. Non sapevo nemmeno avessi una matrigna". Piagnucolò Percy.
"Vieni con me, ti spiego mentre termino una cosa".
"Non devo tornare in piscina?"
"Ti stanno sostituendo. A proposito: avrai contro anche Reyna adesso, lei odia stare in costume".

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Percy credeva ci fosse un limite a quanto le mani potessero diventare grinzose, ma gli sembrava che la situazione delle sue peggiorasse a ogni stoviglia lavata.
"Per far parte del comitato studentesco non sei granchè nel trarre vantaggio dai compromessi" disse Percy a Jason.
"Fidati, sono stato bravo" . Jason se ne stava poggiato al bancone con le braccia incrociate. Indossava la divisa da cameriere: un pantalone scuro e la camicia azzurra a cui aveva arrotolato le maniche.
"E il tuo startene a guardarmi con quell'aria divertita fa parte dell'accordo?" .
"No" rispose Jason. "Quello è una ricompensa per me".
Percy gli schizzò un po' di acqua con le dita e Jason si scansò.
Jason era riuscito a non far licenziare Percy con l'accordo che lavorasse di più, svolgesse altre mansioni oltre ad essere il bagnino, non venendo però pagato un centesimo di più. Oh i ricchi, ecco come non diventavano mai poveri.
Stasera si lavavano le stoviglie dopo cena.
"Ricompensa per cosa? Tu e Reyna mi avete fatto mille raccomandazioni, tranne la più importante. Come hai fatto a non menzionare la regina cattiva che si aggira per il residence?" .
"Non sarebbe dovuta essere qui così presto. Ci ha presi alla sprovvista" rispose Jason.
"Avrebbe dovuto trovarsi in non so quale nave privata con mio padre, ma la vacanza deve essere saltata, cosa che l'avrà resa ancora più irritabile" .
"Irritabile è riduttivo, ho pensato fosse capace di sputare fuoco" disse Percy.
"Beh la parte peggiore toccherà a me. Ora che non è con mio padre le servirà qualcun altro da tormentare, e quel qualcuno sono io".
Jason prese uno strofinaccio e cominciò ad asciugare la pila di piatti che Percy aveva lavato.
"Sapevo che eri schivo come persona ma non pensavo fino a questo punto" disse Percy.
"Mh?" Jason lo guardò confuso.
"Beh, sei da poco in città, ma tutti sanno chi sei. Eppure credo che quasi nessuno sappia qualcosa di te..." .
"Questo perché viviamo in un buco di città dove la gente è pettegola, quindi meglio tenere le cose private" lo interruppe Jason.
"Sì ma voglio dire. Non avevo idea fino a stamattina che avessi una matrigna, un realtà fino a pochi giorni fa non sapevo quasi niente della tua vita a quanto pare".
"Non c'è mica granché da sapere..." .
"Non c'è granché? Iniziando dalla tua famiglia: tuo padre è il proprietario di un posto che è come un piccolo regno ricchissimo pieno di servitori tutti spaventati da lui, nonostante non si veda mai in giro, il che rincara l'aria di mistero. Hai una matrigna cattiva che spaventa tutti. Tua sorella invece e la ribelle della famiglia. Tu a scuola sei lo studente modello che sembra in grado di far tutto bene ed è amatissimo dagli insegnanti. Sparisci qui tutte le estati senza che nessuno abbia idea di questa specie di tua seconda vita dove hai tutta un'altra personalità, e passi tre mesi con la tua migliore amica figa...".
"Ehi!" lo interruppe Jason dandogli un colpetto sulle mani con la pezza per i piati.
"Non intendevo in quel senso! Dico solo che Reyna è in gamba. Comunque in sostanza, sei un personaggio di una fiaba praticamente" .
Jason lo guardò con una espressione che diceva "Che esagerazione".
"Hai pure i capelli biondi e gli occhi azzurri" .
"Piantala Jackson, dove vuoi arrivare?" .
"Dovrei iniziare a chiamarti principe Jason" .
"No...".
"Sapevo non ti sarebbe piaciuto, ecco è ufficialmente il soprannome giusto" .
"Non ha alcun senso" .
"Si invece. La storia di base abbiamo detto che c'è. L'aspetto stereotipato anche. In più sei sempre tutto composto e diplomatico, anche se è tutta scena... Non guardarmi così!" .
"Ogni volta che parlo con te mi ricordo perché non lo facevo mai".
"E hai pure salvato dai guai una persona che non sopportavi, due volte! Me! Se non ti rende un cavaliere..." .
"Limitati a principe per favore".
Percy guardò Jason ridendo. Una piccolissima bollicina di sapone per piatti che fluttuava verso l'alto gli scoppiò sul naso. Era vero che aveva proprio un viso classico e pulito. Molto... Maschile? Però non era brutto. Percy si ritrovò a corto di parole per descriverlo anche nei suoi pensieri.
Nel momento in cui Jason si stava voltando, probabilmente proprio per chiedere cosa Percy avesse da guardare la porta della cucina sbattè.
"Tu Percy sei in debito con me".
Reyna era entrata nella cucina. Prese un grembiule e cominciò a riempire un secchio d'acqua in un lavello.
"Scatenare l'ira di Era è abbastanza facile ma tu devi proprio aver battuto un record" disse la ragazza.
"Fare la bagnina non ti è piaciuto, vero?" Percy cercò di fare la sua espressione più innocente.
Dopo aver aggiunto il detersivo Reyna intinse il mocio nell'acqua.
"Sono più i ricconi viscidi e vecchi a infastidirmi".
"Mi dispiace Reyna, davvero".
La ragazza dopo aver riempito il pavimento di acqua strizzò il mocio nel secchio.
"Fa nulla, limitiamoci a chiudere in fretta qui".
Percy e Jason finirono di asciugare i piatti e Reyna completò il pavimento.
Nel tentativo di non lasciare impronte sulle mattonelle che ancora erano bagnate Percy saltellò con un piede solo alla volta fino all'uscita. All'ultimo passo scivolò, e sarebbe caduto di faccia se non fosse stato per Jason che lo aveva preso al volo. Percy guardò su ancora sostenuto da Jason per le ascelle.
"Beh, mi sa che siamo a tre salvataggi!".
Jason alzò gli occhi esasperato.
"Sei terribile".
_______________________________________

Più lavorava al residence più il tempo sembrava volasse.
Lavorare a tempo pieno era faticoso, ma Percy era in buona compagnia.
Reyna era una ragazza tutta d'un pezzo, ma era veramente simpatica. Piano piano ebbero modo di conoscersi meglio. Lei raccontò, o meglio: Jason la spinse a raccontare di tutti i suoi successi, lei era molto riservata e modesta. Reyna era brava a scuola, brava del tipo vincere borse di studio e frequentare i corsi più avanzati di materie scientifiche . Era anche un'atleta, con la sua squadra di corsa avevano vinto l'ultimo campionato, non che non si potesse già intuire dal fisico. Faceva volontariato. Era la presidentessa del club di storia e lettere classiche (una cosa molto nerd in cui a volte facevano anche spettacoli in toga). Insomma aveva un biglietto di andata pronto per una università di prima categoria. Percy di solito avrebbe temuto il giudizio su di se, o il confronto, ma Reyna sembrava sempre genuinamente interessata a ciò che le raccontava.
Percy le parlo ovviamente della squadra di nuoto, della sua passione per lo skate, della musica che ascoltava. Riuscì anche a fargli raccontare di sua madre Sally, anche se poi a Percy dispiacque averne parlato perché Reyna disse "Bello, se avessi avuto una madre l'avrei voluta così".
Jason gli spiegò poi meglio che la madre di Reyna non era morta, ma se ne era lavata le mani e non l'aveva cresciuta.
Una cosa che stupì Percy fu il comportamento di Jason. Quando in quei momenti più intimi Percy parlava, Jason non lo interrompeva mai, non lo prendeva in giro e non faceva battute.
Anzi, scoprì addirittura che lo ascoltava.
Una sera stavano prendendo un gelato come il giorno in cui erano arrivati. Jason gli aveva tolto la ciotola vuota dalle mani.
"Aspetta, tieni". E gliene aveva data una blu.
Poi un giorno dal nulla gli aveva chiesto se il non potersi allenare a nuotare, dato che stava lavorando, sarebbe stato un problema quando sarebbero tornati a scuola. Percy aveva risposto "Naah, sono forte comunque" solo per vedere Jason esasperarsi.
Oppure quando Percy aveva dimenticato ricaricare l'abbonamento della scheda telefonica, Jason si era offerto di prestargli il suo cellulare, perché sapeva che quello era proprio il giorno della settimana in cui telefonava a sua madre.
E la cosa peggiore era, e Percy non poteva neanche solo pensare di dirlo ad alta voce, che Grace non era antipatico!
Cioè, Percy non sapeva se era la presenza di Reyna, o il contesto diverso in cui si trovavano, ma Jason non faceva più tutte quelle cose odiose che di solito lo spingevano ad evitarlo. O forse Percy ora le sopportava per qualche misteriosa ragione. Di solito quando ci pensava mentre fissava Jason quello si girava seccato.
"Cos'hai?".
"Nulla".
"Non è vero. Hai una faccia strana".
"Quello me lo dici sempre".
"Conosco quell'espressione. Non architettare nulla".
Il fatto che ora a Percy piacesse passare del tempo con Jason, non significava che avesse smesso di punzecchiarlo di tanto in tanto. Era divertente vederlo sulle spine.
Percy gli fece una linguaccia.
Jason rispose pizzicandogli il naso. "Ahii!".

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"Alle persone piace davvero coprirsi con questa roba?"
"Vi si immergono Percy" rispose Reyna. "Mai sentito parlare di un bagno di fango?".
Prima di aprire la piscina Percy era andato con Reyna a sistemare un po' il centro benessere. Non poteva fare a meno di domandarsi se tutte quelle poltiglie costose funzionassero o fossero solo una presa in giro.
Reyna sembrava molto divertita dal disgusto di Percy.
"Questa ti assicuro è la cosa più pulita qua dentro. Potresti trovare in giro pezzi di unghie tagliate, scaglie di pelle morta...".
"In che senso...".
"Fanno manicure e pedicure" disse Reyna ridendo.
Mentre piegavano degli asciugamano Percy disse "Chissà che fa oggi Jason".
"Sarà molto impegnato come al solito".
"Già" sospirò Percy.
"Ehi ehi ehi, a qualcuno si è intenerito il cuore".
Percy sobbalzò.
"Non fare il finto stupito, lo vedo che andate molto più d'accordo voi due".
"Ma se sta sempre a rimproverarmi".
"Questo è perché ci tiene che non ti sbattano fuori". Percy arrossì.
"Da quando ci sei tra l'altro lo vedo più spensierato. Lo fai ridere tanto, credo gli faccia bene".
Era così?
"Però fate meno gli amichetti voi due." disse Reyna. "Sono gelosa".
Percy colse l'occasione per togliersi un piccolo dubbio. E all'improvviso cambiò argomento.
"Reyna c'è una cosa che vorrei chiederti". Reyna lo guardò curiosa.
"Tra te e Jason c'è stato qualcosa?".
Reyna spalancò gli occhi e poi si mise a ridere.
"Perché questa domanda?".
Percy aveva fatto un gaffe, ma si spiegò come meglio poteva.
"Il fatto è che a scuola ci sono molte ragazze che starebbero con Jason, ma lui non esce mai con nessuna. E dato che vi conoscete da così tanto ho pensato che magari potesse essere perchè stava con te".
"No no" rispose Reyna. "Ti assicuro, io e Jason siamo solo e sempre stati buoni amici. Non c'è proprio possibilità che accada di più".
"Capisco".
"Per il resto, perché non lo chiedi a lui come mai non ha relazioni?". Reyna lo guardava con aria furba.
"Ma no, non è così importante. Era solo un pensiero".
Tornarono in fretta a finire il lavoro.

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Quel pomeriggio i soliti piccoli frequentanti della piscina avevano deciso di non dare tregua a Percy. Continuavano a provare ad andare nella parte alta della piscina, in cui a loro era vietato nuotare senza braccioli. Lo facevano apposta per far avvicinare Percy. Alla fine per facilitarsi il compito Percy entrò direttamente in acqua impedendo ai bambini di avvicinarsi. Magnus era il più ostinato. Col tempo Percy aveva notato quanto i fratellini Kane potessero essere pestiferi, ma aveva capito che Magnus era la mente dietro ogni loro marachella.
Si erano messi in fila davanti a lui, dove la piscina cominciava a diventare più profonda. Percy non giocava a calcio, ma si sentiva come un portiere ai rigori che non sa da che lato arriverà la palla da bloccare. I bambini lo trovavano molto divertente.
Ad un certo punto le loro madri li chiamarono per mangiare un gelato.
Percy ne approfittò per prendere un respiro. Si avvicinò al bordo della piscina e vi mise le braccia. Poggiò anche la testa. Stette così per qualche minuto, pur sapendo di dover tornare operativo.
"Non si dorme sul posto di lavoro". Percy alzò la testa di scatto. Era solo Jason per fortuna.
"Mi hai fatto preoccupare".
"Beh fai bene. Gerarchicamente parlando sono al di sopra di te. Potrei ammonirti".
Percy gli bagnò un po' la punta delle scarpe.
"Non scherzi con il fuoco signorino Jackson". Continuò Jason
"Potrei finire nei guai a causa sua se ho la divisa fuori posto.
"Facile a dirsi, sei intoccabile in realtà". Disse Percy
"Essere il figliastro del re e della regina cattiva dovrà pur avere qualche vantaggio" . Rispose Jason abbagliandolo con un sorriso che di solito riservava alla clientela.
"E a proposito di questo, ero qui per proporti qualcosa che fa proprio al caso tuo. Che ne dici di una serata libera?"
Percy cercò di metabolizzare quelle due parole: SERATA LIBERA.
"Pensavo di non poter più..."
"Infatti non puoi, ma ho convinto qualcuno a fare la festa del sabato da un'altra parte, così non potranno dirti di fare il cameriere". Solitamente la festa del sabato veniva fatta in piscina. E da quando Percy aveva avuto quel bisticcio con Era, i suoi superiori passavano verso il tardo pomeriggio quando lui stava sistemando e lo incastravano dicendogli di dare una mano, tanto si trovava già lì.
"Sei fantastico Grace, se non fossi in acqua ti bacerei".
Jaso si ritrasse come se avesse paura che Percy lo facesse davvero.
"Scemo, non dire queste cose, ci sono bambini".
Per così poco? E poi i bambini non stavano manco prestando attenzione. E anche se li avessero sentiti Percy dubitava gliene sarebbe importato. Forse era Jason quello in imbarazzo al solo sentire la parola bacio?
"Comunque" disse Percy" Non potevi prendere un'iniziativa migliore, mi ci vuole un attimo di riposo".
Jason ricevette un messaggio sul walkie-talkie dello staff.
"Io vado, mi vogliono ai campi da golf" .
"Va bene. A stasera, mio principe!".
Jason che si era già incamminato, si voltò di scatto per lanciargli uno sguardo di rimprovero.
Percy restò con le braccia poggiate al bordo della piscina mentre lo guardava andare via. Aveva le spalle più grandi ultimamente. Si era allenato?
Stava iniziando a ripensare alla conversazione avuta prima, ma fu interrotto.
"Percy".
Si girò. In piedi di fronte a lui c'era Annabeth Chase.
Percy andò in panico. Alla fine riuscí a dirle "Ciao".
Annabeth Chase non era la sua ex, ma non era nemmeno una sua amica. Questo perchè averle dato buca al loro primo appuntamento aveva totalmente escluso che il loro rapporto entrasse nella prima categoria, e aveva distrutto il suo status di amico.
Prima che iniziasse il secondo anno di scuola superiore, lui ed Annabeth avrebbero dovuto andare al cinema insieme. Sua madre gli aveva chiesto più volte se quello fosse un appuntamento, e Percy non se ne era reso conto all'inizio, ma sì, doveva proprio esserlo. Non erano mai usciti da soli in fondo. Annabeth aveva invitato solamente lui. Stava pensando a questo mentre camminava verso il cinema, quando si imbattè in Rachel.
"Sei tu!" .
"Io cosa...?" .
"La persona di cui abbiamo bisogno!". Percy conosceva Rachel di vista, non ci sono in giro molte persone dai capelli rosso fuoco, ricci e voluminosi. Si ricordava di averla vista a scuola, perciò era anche abbastanza sicuro che non fosse color oro dalla testa ai piedi. Lo aveva bloccato in mezzo alla strada senza nemmeno salutarlo.
"Io e i miei amici abbiamo organizzato una protesta artistica, ma Clovis ha vomitato e non può più partecipare, ci serve un sostituto" . Si spiegò lei.
"E perché servirei io...?" Percy era confuso.
"Fai parte della squadra di nuoto no?".
Percy annuì.
"Bene, allora ti ho riconosciuto anche se indossavi occhialini e cuffietta, quello era il tuo fisico. Dovevo pensare a chiederti di partecipare prima, attirerai l'attenzione".
Rachel era una macchinetta e Percy faceva fatica a starle dietro. Era venuta alle sue gare di nuoto? E come lo aveva riconosciuto, neanche si conoscevano ufficialmente.
"Per cosa protestate?" .
Rachel fece una espressione addolorata. "Stanno per chiudere l'unico museo e galleria d'arte in città" spiegò.
"Io e i miei amici ci siamo organizzati. Staremo qua davanti al municipio in attesa che qualcuno si degni di dare spiegazioni, e nella speranza di sensibilizzare anche altre persone" .
"E la polverina dorata...?".
"Oh, siamo statue d'oro". Disse Rachel come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"Che dici quindi? Ci aiuterai?".
Percy era perplesso.
"Fallo per me!".
E così percy si ritrovò pieno di pittura e polvere dorata. Anche se in realtà, per come era stata sistemata la toga, era praticamente a petto nudo. Lo avevano convinto che senza maglia avrebbe funzionato meglio.
Almeno aveva tenuto su i jeans, ma si sentiva abbastanza oggettificato. Percy quel pomeriggio cercò di giustificare a se stesso le sue azioni pensando che anche ad Annabeth sarebbe dispiaciuto un sacco se il museo avesse chiuso. Il museo lo salvarono, ma non rese meno furiosa Annabeth. Se quell'episodio aveva raffreddato il loro rapporto, l'aver cominciato a uscire con Rachel era stato il colpo di grazia. Non ricordava l'ultima volta che avevano parlato. Ed ora eccola lì. Ogni giorno in quel residence era un sorpresa.
Annabeth non collaborò continuando la conversazione. Percy cercò di riprendersi.
"Che... Cosa fai qui?".
"Il bagno?".
"Sì ma...".
"Percy, so che intendevi il residence, stavo scherzando". Percy odiava quando Annabeth faceva così. E puntualmente lui ci cascava.
"I miei zii ci hanno invitati a passare qua una giornata. Ma piuttosto tu come mai sei qua".
"Beh sono il bagnino".
"Quindi lavori al residence, da quando?".
"Beh in realtà ho iniziato da tre settimane".
"Ma così all'improvvi... Aspetta". Annabeth aveva la sua espressione da sto unendo i puntini.
"Hai avuto il lavoro tramite Jason Grace, non è vero?".
"Beh sì" ammise Percy.
"Immagino andiate davvero d'accordo adesso". Disse Annabeth. Percy non capì che volesse dire esattamente.
"Già... Ma, diciamo che è un rapporto Odi et Amo. Più Odi però".
Annabeth lo scrutò come se stesse facendo dei calcoli. Percy lo sapeva perché glielo aveva visto fare molte volte.
"Capisco" disse soltanto.
Si salutarono cordialmente e lei andò a fare il bagno dall'altro lato della piscina.
Percy sentì una malinconia amara che fino ad allora aveva coperto con pensieri più allegri tipo la sua ragazza. Ma adesso, ripensando a quanto tempo passasse con Annabeth prima che si frequentasse con Rachel... .
Riflettendoci aveva cominciato a frequentare sempre di meno anche altre persone. Ad esempio era da un bel po' che non sentiva Charlie, o Michael View. Grover era spesso impegnato.
Percy cominciava ad aver paura di ritrovarsi solo.

_______________________________________

"Non riesco a crederci". Jason sussurava nonostante fossero soli.
"Riesco a farti prendere una serata di riposo e questo è quello che vuoi fare".
"Piantala Grace. Hai il costume no?" disse Percy.
"Dobbiamo andare in piscina, certo che ho il costume".
I due ragazzi continuarono a camminare verso la piscina che, grazie a Jason, era insolitamente vuota. Si poteva sentire da lontano, in modo soffuso, la musica della festa del sabato.
Percy si tolse i vestiti. Fino a restare in costume.
"Via libera?". Chiese.
Jason disse di sì.
Cercando di non fare troppo baccano, se era possibile una cosa del genere, Percy si tuffò. L'acqua era fresca, il che era perfetto data l'afosa serata.
"Sei peggio dei bambini a cui badi". Jason si prese il suo tempo per spogliarsi. Per qualche motivo diede la schiena a Percy. Jason non nuotava, ma aveva comunque le spalle un po' larghe e mentre si sfilava la polo della divisa si potevano vedere i muscoli della schiena flettersi. Aveva le gambe lunghe, da bravo giocatore di basket. Quando si voltò Percy cercò di non far vedere che lo stesse osservando.
Jason non si tuffò, si sedette sul bordo con le gambe a mollo nell'acqua.
"Che fai Grace, ti tiri indietro all'ultimo? ".
"Non mi va di nuotare". Rispose Jason. "Anzi sto ancora aspettando che mi spieghi perché siamo qui".
"Primo: fa caldo anche la sera qui e volevo rinfrescarmi".
Percy nuotò all'indietro fino a fermarsi a galleggiare a pancia in su.
"Secondo: volevo godermi la piscina da solo".
Percy sentì che Jason lo guardava.
"Il fatto è, anche se lavoro qua ogni giorno, non è per nulla la stessa cosa".
Percy si riavvicinò a dove stava Jason.
"Mi mancava nuotare o solo stare nell'acqua in pace".
Percy si chiese se Jason lo capisse. Per lui nuotare era una delle cose più importanti della sua vita. Riusciva a rilassarlo e lo faceva sentire bravo in qualcosa. Nuotare lo faceva sentire in pace e in qualche modo anche potente. L'acqua era praticamente il suo elemento.
"Sarebbe figo se tu potessi usare la piscina per allenarti ogni tanto" gli disse Jason.
"Già, ma credo che il vice di tuo padre mi licenzierebbe al volo". Disse Percy ridendo.
"Non è la prima volta che me lo dici. Perché te ne proccupi?". Chiese a Jason.
"È che, per te nuotare è molto importante. E se non ti alleni rischi non arrivare in forma per l'inzio della scuola".
Non ne avevano mai parlato, che ne sapeva che per lui fosse importante?
"Anche per te il basket è importante, e hai ancora meno tempo di me per fare allenamento".
"No il basket non è importante come per te è importante il nuoto".
Percy era perplesso.
"Che dici, certo che è importante. Ti piace giocare no? Sei anche bravo, lo dicono tutti".
"Lo so, è bello giocare" rispose Jason. "Ma fare basket è importante per entrare al college, quindi è importante per mio padre... più che per me".
"Cosa è che ami fare allora?" chiese Percy. Da come lo guardò Jason, Percy si chiese se qualcuno avesse mai fatto a Jason quella domanda.
"Credo di doverlo ancora capire. Sono troppo abituato a farmi piacere quello che devo fare".
"Eh dai, pensaci un po' invece di piangerti addosso".
Jason sbruffò. "Okay... Mi piaceva il club di lettere classiche che frequentavo con Reyna nella mia vecchia scuola".
"Oh, e io che pensavo avresti risposto che ti piace il club di dibattito".
"No, c'è un problema. Ci sei tu".
Percy gli schizzò altra acqua.
"Piuttosto perché non entri?" chiese Percy.
"Nah" disse Jason un po' a disagio.
"Dai che stai a fare la".
"Non rompere Jackson". Ecco si era rotta l'atmosfera delle confidenze.
"Tu non fare il guastafeste. Dai facciamo a chi arriva prima dall'altro lato".
"Non posso..." disse Jason.
"Che significa..." nel cervello di Percy si accese una lampadina. "Aspetta non mi dirai che non sai nuotare".
"Percy...".
"Okay ora devi per forza entrare".
"Vuoi affogarmi?".
"Ti insegnerò a nuotare!".
"Sì, illuditi pure".
Percy si avvicinò a Jason e gli bloccò le gambe.
"Non provare ad alzarti".
"Percy levati di dosso".
Jason tentò di divincolarsi e Percy lo avvertì.
"Decidi ora, entri tu, o ti ci trascino io". Gli disse tirandolo un po'.
Jason sospirò. "Sei impossibile".

Fu complicato. Jason non era coordinato in acqua, e non si fidava di Percy.
"Dai, dobbiamo spostarci dove non si tocca, se no che senso ha".
Provò a fargli imparare a muovere almeno le gambe per iniziare.
Dopo svariati tentativi, Jason era riuscito a muovere correttamente le gambe e nuotava nella parte alta della piscina mentre Percy lo teneva per le mani.
Percy si stava divertendo un mondo, Jason era stato veramente impacciato, e ora che non avrebbe toccato il fondo della piscina se avesse lasciato le mani di Percy, era preoccupato.
A volta Percy faceva qualche finta, liberando due dita dalla presa per poi stringere di nuovo Jason, che se non fosse stato bloccato in quella posizione probabilmente lo avrebbe strangolato.
Alla fine Jason riuscì a nuotare da un bordo all'altro della piscina da solo. Andò verso Percy come un bambino che impara a camminare. Percy glielo disse e Jason si mise addosso a lui a peso morto per farlo andare giù. Percy si liberò subito ma gli entrò un po' di acqua in bocca.
"È colpa tua. La tua influenza mi fa diventare infantile" gli aveva detto Jason.
Si erano seduti a bordo piscina avvolti nei teli da spiaggia.
"Perchè sbatti i denti così?". Disse Jason.
"Perchè non li sbatti anche tu. Sto gelando".
"È una serata estiva Percy".
"Sono bagnato, Jason. Inoltre qualcuno  mi ha bagnato per bene i capelli".
Jason alzò gli occhi al cielo.
Gli mise le mani sulle ginocchia oer farlo voltare di fronte a lui. Percy lo assecondò seppur non capisse.
Jason si tolse la tovaglia e la passò sulla testa di Percy per asciugarlo.
Quando la tolse Percy si ritrovò di fronte Jason con una espressione che non capiva. Sembrava... Dolce? Era un modo per prenderlo in giro di certo.
"Va meglio?" gli chiese.
"Un po'." rispose Percy.
Jason non si rimise la tovaglia. Percy ebbe un sospetto, e gli mise una mano sulla spalla.
"Com'è che hai la pelle calda?".
"L'acqua era fredda" rispose Jason "E poi mi hai fatto faticare un sacco".
Percy pensò che esagerasse. Col fisico che aveva doveva perforza avere la forza necessaria per nuotare.
"Non era male per una prima volta, mi aspettavo fossi più negato".
Jason gli diede una leggere spallata.
"Avrei potuto usare il vecchio metodo" continuò Percy.
"Cioè?".
"Buttarti in acqua e invocare lo spirito di sopravvivenza... Non guardarmi in quel modo, ho imparato così io!".
"Mi sembra una cosa molto da te". Disse Jason.
"Mh?" chiese Percy.
"Buttarti in qualcosa a capofitto e alla cieca".
Percy era rimasto molto vicino a Jason spalla contro spalla. Il suo calore lo stava riscaldando. Fortunatamente Jason non si lamentò.
"Prima o poi imparerai anche tu, lo stai già facendo con me. Diventerai più leggero" disse Percy.
Senti che Jason si irrigidì. Guardava su.
"Lo vorrei tanto...".
Percy si preoccupò. Jason dovette notarlo perché si voltò a guardarlo e disse "Domani arriva mio padre".

Questo credo sia il mio capitolo preferito. Le recensioni sono molto gradite <3 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


"Credo che venga qui perchè dopodomani è il mio compleanno" disse Jason

"Oh" rispose Percy. Jason assomigliava sempre di più a una corda di violino.
"Ed è un male?" gli chiese Percy.
Jason non rispose.
Dopo un po' di silenzio Percy chiese cauto. "Non vuoi parlarne?".
Jason trovò la forza di rispondere.
"È solo che... È da una settimana che cerco di evitare anche solo di pensarci. Forse peró dovrei solo parlarne".
"Puoi farlo se vuoi". Percy non voleva risultare invadente, ma l'espressione angosciata di Jason non gli piaceva per nulla. Voleva migliorarla.
"Pensavo che stare da tuo padre ti piacesse, ci vai così spesso, come se non ti piacesse vivere con tua madre e Thalia". Tentò Percy.
Jason fece un respiro profondo.
"È che in realtà stare da mio padre a volte mi piace ancora di meno".
Erano seduti a bordo piscina con le gambe a mollo in acqua.
Jason continuò a parlare. "Di solito quando torno da lui non stiamo mai insieme, è sempre fuori per lavoro, quindi non è un problema".
"Come è quando vi vedete?".
"Strano". Disse Jason. "Non ci vediamo dalle vacanze di primavera. Quindi so già che parleremo della scuola, del basket, del college, del lavoro... Fino ad arrivare alla mia morte per esaurimento nervoso probabilmente".

"Quando ero piccolo non ci trovavo nulla di strano nel suo modo di fare. Poi però ho fatto un confronto con i miei coetanei. I genitori dovrebbero avere un amore incondizionato. Mio padre mi vuole tanto bene quanto tanto mi comporto bene".

Percy pensò a cosa dire.
"Un po' ti capisco. Non è la stessa cosa, ma mi sento sempre in colpa verso mia madre" disse infine.
"Verso tua madre?". disse Jason.
"Sì. Lei mi ha avuto così giovane, e ha rinunciato a così tanto per crescermi, a volte penso che dovrei fare di più. Dovrei essere un figlio migliore, per ringraziarla. E invece...".
"Sai...da qual che mi risulta non sei diventato uno spacciatore e non sei finito in carcere, sei solo un po' stupido".
Percy lo guardò torvo "Era un momento così profondo, e sei riuscito a rovinarlo lo stesso!".

Ne valse un po' la pena perchè almeno Jason sorrideva. Percy si sentiva molto meglio. Jason si alzò e guardo l'orologio da polso che aveva lasciato su una sedia a sdraio. Guardò Percy "Andiamo, è ora".

"Ora di cosa?" chiese Percy.

"Dobbiamo alzarci presto domani, come sempre. Si va a dormire"

Percy si alzò per guardare l'orario. Mezzanotte. "Tutto ciò coincide con il tuo stato di principe, ma non pensavo io fossi Cenerentola".

Jason sbuffò mentre rimetteva la maglietta. "Mi pare tu sia maschio, quindi nessuna cenerentola".

"Posso essere Cenerentolo!".

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Il giorno dopo la scintillante macchina nera del signor Z arrivò al residence. Tutto lo staff sembrava particolarmente testo, come se il capo della giostra dovesse apparire alle spalle di ognuno all'improvviso. Questo pericolo non si poneva però, Reyna infatti gli aveva detto che il signor Z sarebbe stato occupato, lui e Jason avrebbero pranzato insieme al ristorante del residence. Percy voleva tanto vedere il padre di Jason . era molto curioso, ma ancor più avrebbe voluto sapere se Jason stesse bene. Così Percy fece ciò che ogni altra persona razionale avrebbe fatto per un amico.
Andò al ristorante a perlustrare la situazione.
Tanto era in pausa pranzo anche lui.

Si era asciugato in fretta ed era corso al ristorante. Jason e suo padre erano lì. Purtroppo si trovavano troppo in fondo per poter sentire cosa si stessero dicendo. Percy riusciva solo a intuire che Jason stesse tenendo lo sguardo basso, e che non fosse particolarmente al settimo cielo. Fu allora che a Percy venne un'altra razionalissima idea.

"Che stai facendo?" gli chiese la caposala mentre Percy si allacciava il grembiule da cameriere.

"Mi hanno chiamato perchè serviva una mano visto che sono in pausa".

La caposala sembrava confusa "Ne sei certo? Perchè io non ho...".

"Reyna stessa mi ha chiamato!" Si affrettò subito a dire Percy nella speranza che funzionasse. Funzionò. Ritornò nella sala e vide un Clovis dall'aria molto spaventata.

"Percy" lo fermò. "Sei di turno qui?". Percy confermò.

"Puoi farmi un favore?" chiese il ragazzo timoroso della risposta.

"Certo, dimmi".

Clovis indicò un punto della sala che Percy seguì con lo sguardo.

"Puoi andare a servire quel tavolo laggiù? Il numero 5".

"Certo non preoccuparti amico". Il tavolo era proprio quello di Jason. Percy prese il taccuino per segnare l'ordinazione e si diresse da loro senza sapere cosa avrebbe fatto esattamente.

Mentre si avvicinava Percy potè osservare meglio la situazione. Il signor Z indossava un completo con la giacca nonostante il caldo, Jason non era in divisa ma in abiti informali, seppur comunque curati secondo il suo stile. Aveva il mento puggiato sulla mano, ed era chiaro che avrebbe preferito essere dovunque tranne che lì. Suo padre doveva averlo ripreso perchè si rimise composto. Arrivato al tavolo non sembrò accorgersi della sua presenza. Il signor Z smise di parlare a Jason ma continuò a guardarlo con aria severa.

"Salve, cosa desiderate ordinare?" chiese Percy cercando di non dare a vedere che il signor Z lo rendesse nervoso.

A sentire la voce di Percy, Jason cercò di nascondere la sorpresa, sgranò leggermente gli occhi e si girò lentamente verso Percy. Poteva sembrare che il figlio del grande Z avesse una espressione neutrale ma Percy decodificò il messaggio implicito "Che ci fai quì?".

Il signor Z ordinò due bistecche con contorno senza chiedere pareri a Jason.

Percy cercò di fare il sorriso più convincente che aveva nel suo repertorio.

Appena finì di segnare tutto il signor Z si rivolse a lui in malo modo.

"Vedi che puoi andare non voglio altro, non rallentare il servizio".

"Ehm certo". Rispose impacciato Percy. Se ne andò, ma non prima di aver fatto un occhiolino a Jason, che era sempre più allibito.

Tornò in fretta alle cucine, dove le bistecche erano già sul fuoco.
"Ordina sempre la stessa cosa" gli disse Clovis.
Percy era agitato, perché non aveva idea di ciò che stesse facendo.
Continuò a prendere le ordinazioni e notò che Jason lo seguiva con lo sguardo. Le loro bistecche erano già arrivate, ma Jason non pareva particolarmente interessato a finirla.
Mentre portava l'acqua al tavolo a fianco, captò il signor Z dire "Jason mi stai ascoltando?".

Forse Percy aveva fatto male a venire lì.
Ma questo riflettere sui suoi errori lo fece distrarre, o forse era stato Clovis a non averlo visto. Fatto sta che andò a sbattere contro Clovis che portava una caraffa di limonata.
Caraffa di limonata che si rovesciò addosso al signor Z.

"Oh mio Dio" disse Clovis. E probabilmente chiunque avesse visto la scena.
Percy corse a prendere dei tovaglioli.
Una volta tornato trovò Clovis isterico che stava provando ad asciugare la giacca del padre di Jason con un tovagliolo. Jason era rimasto pietrificato sulla sua sedia. Tornò vivo quando Percy disse "Clovis tieni". Passò una pezza da cucina a Clovis, che continuava a scusarsi.
"Signor Grace lasci che l'aiuti". Disse poi. Ma Jason non capì che non si stava riferendo al padre, che era sull'orlo della collera. Percy prese la mano di Jason e lo fece alzare. Lo portò dietro una delle finte e pompose colonne di marmo della sala da pranzo e gli passò un tovagliolo di stoffa tra i capelli come se fosse un asciugamano.
Jason lo fermò. "Non mi sono bagnato io".
"Lo so" disse Percy sorridendo, "Ma ora sembri un pulcino giallo spennacchiato.
Jason sbuffò e gli tolse il tovagliolo dalle mani.
"Che stai facendo quì?". Disse Jason.
"Non è che avessi un piano così eleborato, ero solo venuto a dare un'occhiata. Sono abbastanza soddisfatto dei miei risultati".
Sentendo delle voci, i due guardarono da dietro la colonna che cosa stesse succedendo.
La povera caposala si era avvicinata.
"Vuole che le prepari un altro tavolo?". Clovis invece guardava a terra come se la sua vita dipendesse da quello.
"No, ho bisogno si cambiarmi". Stava gridando il signor Z.

Tornarono a nascondersi dietro la colonna. Jason sospirò.
"Andiamocene" disse tirando il braccio di Percy.
Quello cercò di fermarlo. "Dove?".
"Mi basta non vederlo". Rispose Jason.
"Ma non si arrabbierà?".
"Pensi davvero che se ne accorgerà o gli interessi?" disse Jason facendo un cenno col capo verso suo padre.
"Immagino di no" disse Percy.
"Forza andiamo".

Jason portò Percy in cucina.
"Cosa stai cercando?".
"Mi servono zuccheri". Jason prese un vassoio pieno di Brownies.
"Non li finiscono mai a colazione. Il dolce più sottovalutato del menu".
"Beh sai come è, con 35 gradi all'ombra non viene proprio l'acquolina". Rispose Percy
"Mangiali e basta" Jason gli diede un brownies in un tovagliolo.
Percy però mangiò senza.
"Ti sporcherai tutte la mani".
Percy si guardò attorno "Uh e chi è qui pronto a sgridarmi? A parte te".
Jason scosse la testa rassegnato.
Percy diede un morso ai migliori brownies della sua vita.
"Sono spettacolari!" disse.
"Lo so" Jason aveva già finito il suo ed era fiero come se li avesse cucinati lui stesso.
"Non che me li meriti". Disse Percy. "Scusa per il disastro che ho fatto".
"Vuoi scherzare?" disse Jason. "È stato fantastico, mai avrei pensato di trovare divertente mio padre che si arrabbia".
Percy tirò un sospiro di sollievo.
"Allora ho finalmente fatto qualcosa di buono?" disse.
"Mmh, tecnicamente è stato Clovis".
Percy alzò le sopracciglia.
Jason si mise a ridere.
"Okay hai fatto la tua parte nella concatenazione degli eventi. L'uragano che ti porti dietro ovunque tu vada è stato utile". Disse Jason.
Rimasero per un po' seduti a finire di mangiare.
"Che cosa ti ho risparmiato di ascoltare?" chiese Percy.
Jason si pulì le mani e la bocca.
"La tua pausa sta finendo. È meglio se vai".
Percy lì su due piedi ci rimase male, ma poi Jason gli diede una pacca sulla spalla prima di uscire.
"Ne parliamo stasera quando ci vediamo". gli disse Jason.

_______________________________________

Stasera.
Il pensiero che quella sera si sarebbe visto con Jason continuò a frullargli nella testa per tutto il pomeriggio.
Non che fosse qualcosa di così speciale, si vedevano tutti i giorni in fondo.
Però Percy non vedeva l'ora.
Era così concentrato su quello che si dimenticò il vero motivo per cui Jason gli aveva detto che gli avrebbe raccontato tutto quella sera.

Era la serata cabaret. E chi era stato scelto per fare uno sketch?
Percy però non era una attore, ma nessuno degli altri che di solito recitavano voleva fare la sua parte.

La scenetta a cui doveva partecipare era forse la più brutta della serata. O almeno a Percy non faceva ridere. In scena c'erano già gli altri personaggi. Era un gruppo di amici squattrinati che sostenevano tutti di indossare "i vestiti di Giorgio Armani". Solo che si accusavano a vicenda di mentire, perché troppo poveri per poter vestire Giorgio Armani. Alla fine entrava Percy, lì sul palco in mutande, dicendo al pubblico "Ciao! Sono Giorgio Armani, qualcuno ha visto i miei vestiti?". Già, terribile. Inoltre per aumentare l'effetto comico, indossava dei mutandoni da vecchio, bianchi a pois rossi.  

"Che figurino!" Percy era finalmente vestito e Reyna e Jason erano andati da lui. Lo spettacolo stava per concludersi e tutto lo staff stava riposando. 

"È stata la cosa più idiota che io abbia mai fatto. Anzi, la più brutta figura che io abbia mai fatto" disse Percy". Reyna gli passò un piatto con un po' di pizza. Tutti e tre insieme si andarono a sedere

"Per esperienza posso dire che non è stata questa la tua più brutta figura" gli disse Jason. Percy lo colpì leggermente col gomito. "Non eri presente quindi non conta". Percy pensò si riferisse alla festa degli Stoll.

Come spesso facevano, i tre restarono insieme a chiacchierare.
Sul tardi Reyna disse di essere stanca e andò a dormire. Anche Jason lo avrebbe fatto, ma si bloccò. Sentì tirare perché Percy gli teneva la manica.

"Mi è stata promessa una storia" disse Percy. Jason fece un piccolo sorriso che Percy non poté fare a meno di copiare. Si sedettero insieme su una panchina vicino ai dormitori.
All'inizio Jason cercò di parlare di altro.
"Dovresti diventare animatore".
"Mai più nella mia vita" disse Percy.
Jason rise.
"Come fanno a ridere le persone? Non c'era una singola scenetta accettabile".
"Beh era un pubblico di adulti e bambini" disse Jason. "È facile con loro".
"Mia mamma è adulta, e lei non avrebbe riso" disse Percy.
Jason lo guardò come a dirgli 'ne sei sicuro?'.
"Beh forse quello stoccafisso del suo ragazzo".
Jason alzò gli occhi al cielo ma tenne il sorriso.
"Comunque... Sto aspettando" disse Percy.
Jason distolse lo sguardo e fece un respiro profondo.
"Abbiamo parlato del solito, me, Talia, mia madre". Jason, che faceva dondolare la gamba sinistra, mise la testa tra le mani e i gomiti sulle ginocchia.
"Lui pensa che dovrei tornare a vivere con lui...che per me sarebbe meglio".
Percy lo ascoltava con attenzione.
"Avevo capito ti piacesse la tua vecchia città". Disse.
"Sì, è questo il problema". Rispose Jason.
Fece un respiro profondo. "Una parte di me vorrebbe tornare alla vita di prima. Ma questo mi fa sentire in colpa".
Jason lasciò perdere la posizione controllata e lasciò che la sua gamba dondolasse.
"Non voglio lasciare Talia da sola con la mamma, e non voglio nemmeno lasciare sola la mamma nel caso in cui Talia vada al college. Allo stesso tempo però non penso di essere d'aiuto stando da loro... E sentirlo dire anche da mio padre è.. è solo. È peggio se anche lui la pensa così". 

Percy tentò di nuovo. 

"Sì ma perché il fatto che padre la pensi così dovrebbe significare qualcosa di così..."
Jason sembra essere entrato nel pallone solo a parlarne.
"Perché, se anche lui è arrivato alla mia stessa conclusione, allora è vero che sono egoista. Che in realtà non voglio bene a mia madre e a Talia, se sono.... sollevato ogni volta che... vado via".
Jason aveva il fiato corto. Non c'era così freddo da tremare, era una nottata estiva.
Percy non riuscì bene a capire il discorso. Non sapeva perché Jason non volesse lasciare la madre. Ma invece di fare molte dolorose domande tentò di fare qualcosa di effettivamente utile.
Toccò un attimo il ginocchio di Jason per fermare il tremolio della gamba.
"Jason posso abbracciarti? Solo se vuoi però". La domanda suonò subito strana alle sue orecchie, ancora più di quanto fosse nella sua testa, ma non voleva peggiorare la situazione, quindi chiese per prevenire.
Jason però sembrava averne veramente bisogno, perché strizzò gli occhi e fece sì con la testa.
Restarono seduti, girati l'uno verso l'altro. Jason nascose gli occhi lucidi contro la spalla di Percy, che cercava di confortarlo accarezzando la parte alta della schiena, come faceva sua madre per consolarlo.
Quando Jason sembrò non essere più sull'orlo del pianto sciolsero l'abbraccio, Percy lasciò un braccio attorno alle spalle di Jason.
"Un figlio egoista non si farebbe tutti questi problemi".
Jason si premeva le guance con le mani.
"Anche tu hai diritto a volere la migliore vita possibile per te. Se però sei disposto a fare sacrifici per la tua famiglia, questo ti fa solo onore!".
Gli diede delle pacche sulla spalla.
"Sei sempre così severo con te stesso".
Jason gli chiese qualcosa che lo stupì molto.
"Ti va di restare nella mia stanza stasera? Da solo passerei tutta la notte a pensarci e basta".
"Certo" rispose Percy.
Si sistemarono comodi. Il letto di Jason diventava a due piazze se tiravi l'altro materasso da sotto il lettino. Cercarono per un po' qualcosa da guardare in tv, e Percy fece l'ennesima scoperta.
"Com'è che hai anche i servizi streaming?".
Jason alzò le spalle "Privilegi da principe".
Percy scorreva tra i titoli in cerca di qualcosa di non troppo impegnativo. Optarono per Hercules. Dopo una ventina di minuti Jason ricominciò a parlare.

 "Questo film è la trasposizione meno accurata della mitologia greca che ci sia".

Percy aggrottò un sopracciglio. "Che ha che non va? Mi sembra di ricordare che i nomi degli dei siano quelli".

"Se vogliamo parlare di nomi: Hercules non è il nome giusto. Il suo vero nome è Heracles, e non era il figlio di Hera". Spiegò Jason.

"Oh, è vero". Il professore di Percy aveva fatto ricreare alla sua classe l'albero genealogico delle divinità greche...non fu divertente, ma sicuramente fece imprimere nella sua memoria un po' di nomi e fatti. E tra i figli del re e della regina del cielo non c'era Heracles. 

Mentre le muse afroamericane cantavano "Zero to Hero" Jason continuò a raccontare il vero mito, i serpenti nella culla, le dodici fatiche...

"Inoltre, Ade non era cattivo". Aggiunse infine.

"No questo no" disse Percy. "Non rovinerai il miglior cattivo dei cartoni che ci sia". 

"Non lo sto rovinando, è accuratezza storica!". 

"Il Dio dei morti non può non essere cattivo. E nemmeno tu hai l'accuratezza storica, l'hai incontrato?". disse Percy.

"Ovviamente no, lo hai incontrato tu piuttosto?". 

"No" rispose. "Ma se esistesse e potessi incontrarlo non penso sarebbe molto amorevole".

Jason continuò "Di sicuro riusciresti a infastidirlo, ma il punto è un altro. Ade è sempre il cattivo negli adattamenti moderni, perché sceneggiatori e registi applicano la tradizione cristiana al paganesimo. Pensano che siccome Ade sia il dio dei morti e viva negli inferi, questi siano uguali all'inferno e lui a Lucifero, quando in realtà..."

Jason ormai si era lanciato nello spiegone. Percy fu sollevato nel vedere che sembrava essersi distratto.

"Ti piaceva proprio quel club di lettere classiche" disse Percy sorridendo.

Jason intrepretò male perché strinse le labbra in una linea sottile e tornò a guardare il film.

"No! Che hai capito. Ti stavo ascoltando, non era una presa in giro".

Jason alzò un sopracciglio. Percy si avvicinò a lui con il busto, tenendo le mani giunte verso il petto di Jason

"Ti prego dimmi la trentanovesima cosa sbagliata nell'adattamento del mito, sono tutto orecchi".

Jason gli diede un leggero pizzicotto sulla spalla. "Si dice trasposizione".

"Giusto. Trasponi per me, per favore". Era un gran miglioramento considerando che Percy si aspettava di essere buttato giù dal letto.

"E non provare a nasconderti, so che stai ridendo".

"Non sto..." Jason si interruppe perché Percy gli sfilò il cuscino che stava stringendo dalle mani.

"Ehi!" Jason provò a riprenderselo facendo finire Percy sulla schiena.

Stavano ancora bisticciando quando sentirono bussare... al muro?

Si voltarono verso il muro a cui era poggiato il letto. Sentirono tre tonfi.

Jason guardò Percy sotto di se, che disse "Mi sa che dalla stanza accanto ci dicono che vogliono dormire".

"Anche noi dovremmo dormire" Jason osservò. Gattonò via. "Domani si lavora comunque".

Jason si addormentò in pochissimo. Mentre Percy mandava la buonanotte a sua madre e impostava la sveglia, riusciva a vedere il viso di Jason con la luce soffusa del cellulare. Percy si chiese se fosse la sua apprensiva immaginazione o se fosse davvero possibile poter scorgere sul volto dell'amico la preoccupazione che si portava dentro per tutto il giorno. Sperò che almeno riuscisse a dormire bene. 

Quando si sistemò sotto il lenzuolo non capì perché ma gli tornò in mente la sera in cui Jason aveva dormito da lui dopo aver...bevuto. Dopo che avevano bevuto. Scacciò il ricordo che lo metteva stranamente a disagio. 

Era inevitabile però notare quante cose fossero cambiate da quella sera.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


"Jason..."

"Mmh"

"Jason...Jason!".

Quando Percy lo colpì col cuscino, Jason finalmente aprì gli occhi.

Guardò seccato Percy per essere stato svegliato. "Era necessario?".

Percy lo fissò colpevole. "Buon compleanno!".
Jason si mise seduto e si strofinò gli occhi.

"Grazie...".

Percy vide che Jason dopo essersi stiracchiato ebbe un sussulto. Si strofinò il ginocchio.
"Che hai?" chiese.
"Non lo so, ieri ho urtato una sedia, ma non pensavo che potesse ancora far male".
"Sono i segni dell'invecchiamento" disse Percy.
Jason scosse la testa.
"Certo".

"Allora? Cos'hai in programma per il tuo primo giorno da diciasettenne?".

Jason scavalcò Percy per scendere dal letto.

"Fare una doccia, mettermi la divisa e andare a lavoro".

Quella di Percy non era una vera domanda, Percy sapeva cosa avrebbe fatto Jason il giorno del suo compleanno. Tutto lo staff lo sapeva, eccetto per Jason.

Era da una settimana che Reyna lo istruiva sul da farsi per la sorpresa. Non la si poteva chiamare festa a sorpresa, perché conoscevano troppo bene Jason per rovinargli il compleanno con qualcosa di grande come una vera e propria festa, quindi avevano evitato. Però a tutti piaceva mangiare la torta no?

Percy sperò che andasse tutto bene. A partire da quel week-end avrebbe diviso la giornata di lavoro in piscina con un altro bagnino assunto da poco, e quel giorno era sabato. Quando il suo turno stava per finire, mandò un messaggio a Jason per dirgli di raggiungerlo con una scusa. Era meglio stesse lontano dalla cucina, dove si stavano preparando per quella sera. Quando il festeggiato arrivò, Percy stava aprendo la cabina per andare a cambiarsi, prima che potesse togliere le chiavi dalla toppa era arrivato Magnus con uno dei gemelli Kane, il maschietto.

"Puoi prenderci il gonfiabile?".

Percy odiava quando usavano i gonfiabili, ma sarebbe stato un problema dell'altro bagnino, quindi li accontentò.

"Jason" Percy lo chiamò da dentro la cabina. "Puoi aiutarmi? É messo troppo in alto".

Jason entrò per aiutarlo.

"Quindi ammetti che sono più alto di te" disse Jason con un sorrisetto mentre allungava le braccia verso l'alto e si metteva in punta di piedi verso lo scaffale.

"Appena visibile" disse Percy.

"Beh, io direi notevolmente visibile" disse Jason, che dopo aver preso il gonfiabile si voltò verso di lui guardandolo negli occhi a testa alta. Per un attimo Percy percepì quei due centimetri di differenza che c'erano tra loro come triplicati, era forse cresciuto in una notte? L'espressione altezzosa restava la stessa però.

Percy stava pensando a come rispondere e non si accorse della porta che si chiudeva, fino quando sentirono un tonfo e poi lo scatto della serratura. Entrambi si voltarono e da dietro la porta sentirono risatine di bambini. Jason si girò di nuovo verso di lui. "Hai lasciato la chiave nella toppa vero?".

Percy non era intimorito, si sentiva minacciato forse... ma non intimorito. Però deglutì lo stesso e guardò altrove.

Jason cercò di aprire la porta come se potessero essersi sbagliati, ma quella ovviamente restò chiusa.

"Chiamiamo aiuto, qualcuno dovrà pur sentire" non appena Percy diede voce a quell'idea, sentirono la musica partire a tutto volume. Il bagnino di quel turno aveva azionato l'impianto stereo della piscina.

"La spegnerà prima o poi no?" chiese Jason.

Percy sospirò. "Che giorno è oggi?"

"Il mio compleanno".

"Intendevo della settimana".

"Ah, Giovedì".

Percy prese un gonfiabile e lo sistemò per terra.

"Giovedì fanno acqua-gym e balli di gruppo. Ci conviene metterci comodi".

Dopo aver chiamato aiuto per un po' si rassegnarono.

"Il mio walkie talkie, proprio oggi, non funziona".

Ovvio che non funzionava, togliere le batterie al walkie talkie di Jason faceva parte del piano, in modo che potesse restare tutto il giorno nello stesso posto senza essere chiamato altrove.
Percy si sposto sul gonfiabile, producendo un terribile rumore per via della plastica.
"Sai. Potresti prenderla diversamente, hai l'opportunità di riposare".
Jason non disse nulla. Si girò verso di lui inespressivo.
Dopo un po' rispose. "Ci sarebbero posti molto più comodi qui al resort dove riposare".
Effettivamente quello stanzino era troppo piccolo. Pur mettendo la schiena contro il muro, dovevano comunque tenere le ginocchia piegate
"Magari se...".
Tentarono di sistemarsi meglio, rischiando di scivolare col sedere sul pavimento umidiccio.
Sospirarono esasperati.
"Ho un'idea".
"Oh, che novità".
Percy si mise all'estremo del materassino.
"Poggia la testa" disse picchiettando con la mano sulle sue cosce.

Jason lo guardò perplesso. "Perché mai dovrei...".

"Dai almeno così potrai stendere le gambe, ti fa ancora male il ginocchio non é vero?".

"Sì, ma..."

"Grace, preferisci soffrire? Il tuo ego è davvero così importante?".

"Va bene, non parlare più per favore".

Jason poggiò la testa sulle gambe di Percy e distese le gambe.

"Come hai sbattuto?". Chiese Percy guardando il muro di fronte a se.

"Nulla di che, ero distratto".

"Deve essere stato un colpo forte se ti fa ancora male" osservò Percy.

"Il ginocchio mi fa male spesso, credo che io gli abbia solo dato il colpo di grazia".

Percy abbassò lo sguardo su Jason. "Perché spesso?".

"Non lo so, capita quando sto molto tempo in piedi".

"Eh certo, lavori sempre".

"Devo lavorare".

"Non devi, sei il figlio del capo".

Jason e Percy si guardarono, Percy inclinando la testa verso il basso, Jason alzando il mento per tenere la testa dritta.

"Beh mi sentirei in colpa se lavorassi meno degli altri. Verrei pagato per nulla mentre gli altri sfacchinano per molto meno".

"Sei così corretto da essere irritante, o forse sei semplicemente buono".

Percy chiuse la mano a pugno e scompigliò i capelli di Jason.

Jason si dimenò un po'. Poi ebbe una realizzazione.

"Non hai il cellulare con te?".

"No", disse Percy. "Non lo porto mai con me in piscina, ho sempre paura possa finire in acqua. Tu?".

Jason sospirò "No".

"Ma è il tuo compleanno, non dovresti ricevere messaggi e telefonate d'auguri?".

"Già, stavo evitando proprio questo".

"Sempre per tuo padre?".

"No. Sfuggo da sua moglie oggi".
Percy pensò a quando aveva fatto arrabbiare la signora Grace "Non ti biasimo sinceramente". Poi gli venne una curiosità. "Lei che ne pensa rispetto a ciò che ci siamo detti ieri?".

"Che può pensarne, lei è la guardia di mio padre. Potrei sfuggire ai suoi piani dato che lui non c'è mai, ma ci pensa lei a controllare che faccia ciò che devo fare".

"E quali sono questi piani?".

"Beh come ha avuto modo di ricordarmi mio padre l'altro giorno, ovviamente devo lavorare con lui in futuro. Quindi, ovviamente, devo andare al college e laurearmi in economia e business..."

"Aspetta" Percy tolse le dita dai capelli di Jason (che fino ad all'ora erano rimaste lì distrattamente, quando se ne rese conto si chiese come fosse possibile che Jason lo avesse lasciato fare).

"Intendi che secondo il piano dei tuoi, devi diventare come quei tizi ossessionati dalle cripto-valute?".

"Sai penso che mio padre abbia investito un po' di tempo fa anche in quelle".

"Oppure avere la mentalità di chi fa quei video pseudo motivazionali su come guadagnare?".

"Quali video?". Chiese Jason.

"Hanno sempre una persona che si alza alle 5 del mattino, e invece di chiamare questa abitudine masochismo dicono che sia un mindset".

"Non so se ne sarei capace, troppo cringe".

"Ti ci vedi a fare un podcast?".

"Non credo di essere abbastanza sessista. E comunque grazie, mi hai mostrato scenari peggiori di star chiuso in ufficio".

Percy rise.

"Probabilmente staresti bene in giacca e cravatta".
Percy pensò a quando quella mattina lo aveva guardato indossare la divisa e aveva pensato a quanto gli stesse bene.
Tutto ciò che Jason indossava sembrava essergli stato cucito addosso. Avevano la stessa età, eppure a Percy sembrava che Jason si stesse sviluppando in maniera diversa da lui.
Percy si guardava allo specchio e pensava sempre delle cose che sua madre gli ripeteva non fossero vere. Aveva le braccia troppo lunghe rispetto al corpo, lo facevano sembrare goffo. Da un paio di mesi un occhio sembra essere diventato più grande rispetto all'altro. Non c'era qualcosa che trovasse particolarmente brutto. Solo che gli sembra tutto così strano. Non riusciva a cogliere un insieme armonioso nel suo aspetto. Aveva preso un sacco di centimetri in altezza nel giro di manco un anno. Era come se avessero sostituito il suo corpo con un'altro. Jason camminava come se avesse ogni singola fibra del corpo al posto giusto.

Ritornato alla realtà si accorse che Jason non gli aveva risposto. Lo guardò inclinando la testa, come se gli facesse una domanda implicita.
"Non so, può darsi" borbottò Jason.

A Percy venne in mente un'altra domanda.

"Se non fosse per tuo padre, cosa studieresti?".

Jason ci pensò. "Non ho mai pensato potessi avere altre opzioni".

"Qualcosa che ti piaccia davvero".

"Mmh, credo che studierei letteratura, o storia, magari farei il professore...okay ora perché mi guardi così però".

"Scusa" Percy si mise una mano sulla bocca. "È solo che è una cosa così da te, il professor Grace".

"Sai, potrei fare un sacco di battute sul fatto che il professor Stockfiss stia con tua madre, e ti stenderei, ma sono un signore... Aiha".

Percy lo pizzicò in mezzo alle sopracciglia.

"Meritato" disse Jason strofinandosi quel punto con le dita.

"Non voglio nemmeno pensare a lui".

"Gelosetto". Commentò Jason.

"Beh si, per quanto mi sforzi di ignorare la sua esistenza sparendo quando so che passerà da casa, vederlo ogni giorno a scuola mi costringe ad accettare la situazione".

"È grazie a lui che vai bene a storia?".

"No, il raccomandato resti sempre tu".

Jason sbruffò.

"Diciamo che mia madre mi ha costretto ad andar bene perché si rifiutava di" Vedere Paul costretto a rimandarti".

"Tu come lo chiami? Professor Stockfiss o Paul?".

"Non lo chiamo. Cerco di non riconoscere la sua esistenza più che posso".

"È una fase" Jason chiuse gli occhi.
"Ci sono passato anche io da piccolo con Era. Un giorno senza rendertene conto ti accorgerai che ormai gli rivolgi la parola spontaneamente".

Percy avrebbe chiesto quanto piccolo fosse stato Jason quando suo padre si era risposato, se non si fosse aperta la porta.

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"Dov'è?".
"È lì".
"Lì dove? Non lo vedo!".

Percy fece voltare Gwen prendendole il viso con la mano. Jason era dall'altro lato della sala, bloccato da Dakota che gli parlava animosamente.

"Okay, quando il secondo sarà stato servito, lo prendi da parte con una scusa, e nel mentre la torta arriverà".

"E che scusa posso usare?".

"Boh, potresti chiedergli un consiglio su Dakota..."

"Dakota? Cosa c'entra Dakota?".

"Ah ah non provarci, sappi che e palese. Aspettiamo tutti solo che uno di voi due si decida a fare un passo".

"Io non devo... pensa per te!".

Percy le avrebbe chiesto cosa c'entrasse ma arrivò Reyna.

"Abbiamo un problema".

"Problema? Che problema?".

"Il dolce non è ancora pronto. Inoltre dobbiamo decorare la tavola. Dovremmo rimandare a dopo aver sparecchiato, ma serve un diversivo per tenere lontano Jason".

"Quindi...?".

"Quindi lo porti fuori e lo distrai".

"Ma mi scoprirà subito, che dovrei dirgli?".

"Si te stesso, dovrebbe darci abbastanza tempo. Quando è tutto pronto ti chiamiamo".

Finita la cena Jason avrebbe sicuramente aiutato a sparecchiare, ma non doveva assolutamente avvicinarsi alla cucina.

"Puoi farcela". Gli disse Gwen mentre Percy si preparava ad entrare in azione.

"Ma che gli dico? Siamo stati tutto il giorno insieme, cosa dovrei avere di così urgente da dirgli proprio adesso?".

"Percy, è il suo compleanno, fagli un bel discorso sull'amicizia e cose così".

Percy non era convinto

"Si avvicina, vai!" Gwen gli diede una piccola spinta.

Percy non aveva un piano. Andò d'istinto.

"Vieni. Devo parlarti".

"Percy ma..." Jason stava protestando, ma Percy lo aveva preso per il polso e se lo stava portando via.

Lo portò fuori dal locale usando un'uscita di emergenze, e si accorse subito che erano soli.

"Devo lavorare".

"Tranquillo ho già chiesto il permesso tramite Reyna".

"Reyna si è scomodata a chiedere il permesso alla caposala?".

"Era importante!" si giustificò Percy.

Jason lo guardò perplesso. "Beh siamo quì. Dimmi tutto".

Percy doveva pensare. Velocemente. E soprattutto capire cosa dire. Velocemente. Ma doveva anche avere senso. Cosa difficile con l'Adhd. Inoltre con tuto quel silenzio il rumore della fontana davanti a loro lo infastidiva.

"Oggi è il tuo compleanno!"

"Ho notato". Jason aspettava.

Percy sentiva che gli stava per venire l'ansia. Perchè era così ansioso?

"Certo. Volevo dirti che sono molto felice di essere qui. Non 'qui' come 'qui fuori'. Qui al residence per festeggiare".

"Avevo capito, hai detto festeggiare?".

Cavolo no, perchè aveva detto festeggiare? Ora doveva distrarlo anche da quello.

"Nel senso, che abbiamo passato la giornata insieme! Passare il compleanno delle persone a cui teniamo con loro è bello".

"Siamo rimasti chiudi dentro un armadio...".

"Cabina. E comunque non ha importanza, ormai siamo vicini".

Jason era visibilmente confuso.

"Cioè, ultimamente andiamo d'accordo..."

Jason aggrottò le sopracciglia come a dire "Ah si?".

"Beh è normale discutere se no non saremmo noi due. Intendo che ci conosciamo meglio, quando stiamo insieme non è mai noioso, qualunque sia la situazione".

"Okay ma non capisco, cosa c'entra con il mio compleanno?". Disse Jason molto confuso.

"Ecco... è che per dirtelo ho aspettato il tuo compleanno!"

Eh? Non aveva senso perché avrebbe dovuto aspettare il suo compleanno? Ad ogni parola che gli usciva fuori ingarbugliava sempre più il filo del discorso.

"Ho... aspettato il tuo compleanno... perchè in realtà aspettavo il momento giusto per dirti quanto la mia opinione su di te sia cambiata".

"Cambiata come?".

"Beh ho sempre pensato tu fossi uno spaccone snob che se la tirasse..."
Jason alzò le sopracciglia.

Okay, scelta di parole errata.
"...Ma ora so che non è così! In realtà sei...sei". Percy non riusciva a credere di doverlo fare. Fece un respiro profondo per cercare di sembrare calmo.

"Sei una persona molto..."

Sentirono un tonfo provenire da dentro. Jason si sporse con la testa per guardare verso la porta finestra.

"Tu!" Percy prede Jason per le mani e lo spostò davanti a se in modo che guardasse lui e non cosa stava accadendo in sala pranzo.

"Tu sei un ragazzo responsabile, buono, premuroso. Non sei neanche così tanto sicuro di te come fai credere...".

A Jason non piacque quell'ultima frase. Che casino.

"No no. Intendo che non vedo perché dovresti essere insicuro, dato che in realtà tutti ti ammirano. E anche io penso tu non abbia motivo di esserlo. Anzi, forse a volte faresti meglio a pensare di più a te stesso. Mi i nervi che io ti abbia conosciuto davvero solo adesso. Perché avvicinandomi a te ho capito che sei fan...".

"Percy." Jason fermò quel suo nonsense. Guardava le proprie mani, che Percy stava ancora stringendo nervosamente.

"Stai per caso... cercando di dichiararti?". Jason alzò lo sguardo in cerca di una conferma.

Percy si sarebbe aspettato qualunque cosa, ma non era pronto a quello.

"Perchè pensi io mi stia...?".

"Non lo so. Perché farfugli, ti sudano le mani e mi stai tenendo qua fuori da 10 minuti?".

"Beh... ecco". Percy sperò in qualcosa, una chiamata di Reyna principalmente, ma poteva accontentarsi. Un segno divino, un colpo di vento, un fulmine.

"Sì" rise nervosamente "Mi hai scoperto".

Jason restò a bocca aperta per un secondo. "Aspetta. Fai sul serio? Non stai scherzando?".

"Ecco... è complicato".

"Aspetta". Jason gli puntò un dito contro. "É per questo che mi hai baciato?".

ALLORA JASON SE LO RICORDAVA. E per la prima volta lo aveva menzionato.

"Sei stato tu a baciarmi!".

"Non ti sei spostato però".

"Sei stato comunque tu".

"No, avevo bevuto ma non così tanto". Si difese Jason.

"Ti dico che sei stato tu! Non lo ricordi ma...".

"PERCY". La voce di Reyna lo richiamò.

"Che ci fate qua fuori? Ci serve una mano!".

Jason si voltò verso Percy. "Avevi chiesto eh?".

Percy fece spallucce.

"Entriamo. Ne parliamo dopo".

"Jason aspetta non così in fretta"

Percy cercò di stare al suo passo lungo il corridoio. Ovviamente Reyna non c'era. Gli afferrò il braccio con la mano in modo da farlo rallentare. Aveva paura che gli altri non avessero il tempo di nascondersi.

Una volta entrati Jason si chiese giustamente "Perché è tutto al buio?".

"Forse gli serviva aiuto per questo" disse Percy.
"Coraggio, muoviti".
"È buio". Disse Jason.
"Non così buio, forza".
Percy dovette quasi trascinare Jason. Quel giorno era ancor meno collaborativo del solito.
"Okay, mettiti... qui". disse Percy facendolo fermare.
"Ho perso il conto di quante volte mi hai sballottolato in giro oggi".
"Siediti e basta".
"Sedermi?".
C'era una sedia esattamente dove avevano concordato di metterla con Gwen, sopra una x. Il nastro argentato era ben visibile nella penombra.
Fortunatamente la sala era piena di finestre facendo entrare la luce dei neon fuori.
Percy girò intorno alla sedia e mise le mani sulle spalle di Jason. Fece pressione per farlo sedere.
"Ecco, siamo pronti!".

Subito dopo Reyna e Dakota entrarono in sala, con un vassoio tra le mani. Sul dolce che portavano risplendeva una candelina.

Si accesero le luci, e il resto dello staff sbucò fuori dai sotto i tavoli. Tutti cominciarono a cantare 'tanti auguri'.

Percy scosse un po' Jason che probabilmente era rimasto sconvolto troppe volte nel giro di così poco tempo.
Jason si girò e guardò in alto verso Percy.

"Te l'ho fatta eh?" Percy gli diede un colpetto dietro al collo "Buon compleanno!".

Si aspettava uno sguardo assassino, ma Jason era troppo occupato a guardarsi attorno. Avevano appeso dei festoni e gonfiato un mucchio di palloncini.

"Okay Jace. Se per favore vieni più avanti, qualcuno non ha posizionato bene il tavolo della torta" disse Reyna guardando male Dakota.
"Oh mamma, sposto il tavolo e basta" disse Clovis, e spinse il tavolo verso Jason. Sistemarono la torta davanti a Jason e tutto lo staff lo circondarono.
Reyna che era seduta a destra di Jason si fece passare un accendino e riaccese la candelina che si era spenta.
"Esprimi un desiderio. E tu" si rivolse a Percy che era seduto alla sinistra di Jason "Non spegnere le candeline al posto suo".
Percy alzò le mani come se davanti avesse un poliziotto.
"Cerca di farmi anche un bel sorriso". Disse Gwen con il telefono in mano evidentemente pronta a fare foto e video.
Quando fu pronto Jason soffiò.
Dopo che gli amici ebbero finito di cantare di nuovo parlò.
"Ragazzi vi ringrazio tantissimo, ma veramente non dovevate...".
Percy gli fece interrompere il suo discorso, perché prese della panna dalla torta con il dito e sporcò il naso di Jason.
Quello ci rimase di stucco ma Percy non lascio che replicasse.
"Se sento dirti qualcosa che non sia grazie mille ragazzi, sapete che amo i brownies, ti ci faccio tuffare tutta la faccia".
Jason si levo via la panna con il dorso della mano.
"Sono davvero brownies?" disse guardando il vassoio.
"Una torta brownies! Ricoperta di panna" disse Reyna con orgoglio.
Gli passò la paletta per torte e cominciarono a dividere le porzioni. Dakota si avvicinò a Jason. "So che non possiamo far feste".
"Non mi starai chiedendo di prendere l'alcool? " lo ammonì Jason.
"Idea stupenda, ma no. Volevo chiederti se potessimo mettere la musica".
"Okay ma piano".

Mentre mangiava la torta percy trovò che quello fosse il perfetto compromesso tra una festa e il nulla totale che Jason avrebbe fatto quella sera se fosse dipeso tutto da lui.
Jason chiacchierava con Reyna, che sembrava una sorella orgogliosa.
Come aveva potuto pensare che tra loro ci fosse qualcosa?
Era palese non fosse così.
Si stava per alzare e buttare il piattino di plastica, quando Gwen si avvicinò e gli mise il telefono di fronte al viso.
"Grazie per l'irripetibile foto!". Disse con un sorrisetto.
Percy prese il telefono per guardare meglio.
Era una foto di Jason con il naso sporco di panna, l'espressione ancora sorpresa . Accanto a lui Reyna rideva ma disapprovava il gesto con lo sguardo. Percy sorrideva.
"Irripetibile?" chiese Percy.
"Poteva permettere solo a te di sporcarlo con la panna".
Risero. "Me la mandi?".
"Più tardi sistemo video e foto e le invio a tutti".
Percy si alzò per avvicinarsi al tavolo di Jason. Gli mise una mano sulla spalla
"Ti è piaciuta la torta brownies?".
Jason si voltò e sorride. "Tantissimo".
"Sapevo che era una buona idea" disse Reyna, che si alzò per andare verso Gwen.
Percy prese posto accanto a Jason.
"Lo vedo, contieniti o ti sporcherai le mani".
Jason alzò un sopracciglio.
"E chi è qua per sgridarmi?".
Si avvicinò a lui col busto, facendo confondere Percy. Per un secondo gli sembrava volesse... Ma poi sentì la panna che sporcava il suo naso.
"Ah ah ah". Cercò un tovagliolo.
Jason continuò a ridacchiare.
"Ti va bene che è il tuo compleanno".
"Per essere il mio compleanno oggi mi hai fatto diventare matto. Consiglio per la vita, non dichiararti mai neanche per davvero".
"Non stavo andando così male! Era una improvvisata".
"Esercitati la prossima volta". Jason prese l'ultimo boccone con la forchetta da dolce.
"È incredibile che io non vi abbia scoperti".
"È incredibile che tu non abbia rotto per andare in cucina, non ci credevo neanche io che ti saresti risparmiato un po' di fatica".
"Ammetto che oggi ero un po' svogliato" disse Jason alzandosi. "Che fai lì seduto? Alzati".
"Perché?". Chiese Percy
"Qualcuno dovrà pulire... E io sono il festeggiato no?". Disse Jason.
"Vedo che ti sei adattato bene alla situazione, ma non ti ci abituare". Percy pizzicò leggermente Jason s braccio, che ricambiò restituendogli il colpetto dietro al collo che aveva ricevuto prima.

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Più tardi nel suo letto Percy non si addormentava. Si mise allora a ripensa re agli eventi della giornata. Sentiva che era tutto andato a gonfie vele, Jason si era goduto un momento per se. O almeno Percy sperò fosse davvero stato così. E menomale perché non si sarebbe mai scordato quei 5 minuti di panico fuori dal ristorante. Si dispiacque però. Ovviamente non voleva dichiararsi ma quelle cose le pensava veramente. Forse avrebbe davvero dovuto dirgliele, in un altro modo. Ma a che scopo, non sarebbe sembrato comunque strano?
Prese il cellulare per vedere che ore fossero e vide una notifica di Gwen.
Aveva mandato una sfilza di foto di gruppo della serata in un gruppo con solo i colleghi invitati quella sera.
Poi vide che aveva inviato qualcosa solo a lui.

"Beccati ;)"

Era una foto di quando Jason lo aveva sporcato con la panna ed era ancora molto vicino lui. Non pensava che qualcuno li stesse guardando, specialmente Gwen. Percy era visibilmente rosso. A rivedere la scena e l'espressione di Jason, si sentì di nuovo la faccia scottare.
Chiuse tutto in fretta e decise di riprovare a dormire.

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