Happily Ever After

di jomonet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alba ***
Capitolo 2: *** Stelle ***
Capitolo 3: *** Pioggia ***
Capitolo 4: *** Neve ***



Capitolo 1
*** Alba ***


Note iniziali

Questa one shot partecipa alla Rivetra Weekend 2021 progettata su Tumblr, seguendo la tematica Breeze.

Buona lettura!✨

 

Alba - Sunrise

 

I primi raggi di sole del primo giorno di primavera facevano capolino tra le colline che si stagliavano lontane dalla loro casa, illuminando delicatamente la natura che la circondava. La luce chiara e fioca si rispecchiava nelle piccole gocce che scendevano lentamente da ogni bocciolo, da ogni petalo, da ogni ramo alto degli alberi accanto alla loro dimora, dal tetto e dagli scalini che portavano alla porta d’ingresso. Petra stiracchiò le braccia verso l’alto, mentre si alzava dalla panchina che lei stessa aveva voluto nel loro portico. Le piaceva osservare e ammirare sia l’alba che il tramonto e adorava poterlo fare stando direttamente in contatto con la natura, con il vento che le scompigliava i capelli e il profumo dell’erba fresca mescolato con quello dei primi fiori sbocciati che le rinfrescava l’anima. La donna si strinse maggiormente nella piccola coperta di lana che indossava sopra alla sua lunga vestaglia bianca. “È stupenda.” Disse a bassa voce, mentre un raggio di sole le accarezzava caldamente una guancia. Si appoggiò con una spalla contro una delle colonne del portico, abbandonandosi ad una piccola folata d’aria fresca. Chiuse i suoi occhi, inspirò profondamente e stette così per un po’, fino a quando non sentì dietro di lei il rumore sottile della zanzariera del portone aprirsi lentamente. Espirò e nel farlo le sfuggì una piccola risata sincera, poiché sapeva già cosa le stava per riferire con tono duro e infastidito.

“Quante volte ti ho detto di non uscire con questo freddo nelle tue condizioni?”

“Sto bene.”

Udì un leggero sfregamento di tessuto e Petra lo immaginò mettersi a braccia conserte, mentre il suo sguardo azzurro, nascosto dietro ad un’espressione corrucciata, si posava delicatamente verso la fioca luce solare.

Riaprì dolcente le sue palpebre, sentendosi completamente parte di quella natura così calma e selvaggia. “Stai tranquillo.”

“No.”

Ridacchiò un’altra volta sotto i baffi, cercando di non farsi udire dal marito. Lo conosceva fin troppo bene, come le sue stesse tasche. “Torna dentro. Torna a dormire.” Aveva imparato da anni a conoscere il suo comportamento rude, freddo e distaccato che celava un cuore d’oro, gentile e premuroso. Lei lo amava così, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. 

“No.” Lo sentì espirare una forte manciata d’aria. “Non ti lascio sola.”

“Tra cinque minuti rientro. Tu intanto vai.”

Quattro passi lenti e pesanti si avvicinarono a lei. “Petra” la chiamò con distinta profondità. “Ti conosco. Se qualche tempo fa potevi ancora permetterti di tenere qualche segreto con me, ora non è più così. E tu lo sai. Per me, ormai, sei come un libro aperto. Quindi so che non rientrerai in casa tra cinque minuti.” Strinse la sua mano sinistra attorno a quella della moglie. “Andiamo.”

“Ma si sta così bene qui fuori.”

“No, non è vero. Rischi di ammalarti e non puoi permettertelo.”

Petra si voltò lentamente verso il volto serio e pallido dell’uomo per regalargli un dolce e puro sorriso appena accennato con le sue labbra leggermente screpolate a causa del gelo mattutino.

“Petra…” le sussurrò, sollevando le dita della mano di destra per sfiorarle le piccole ferite. “La tua bocca…”

“Mh” la donna si mangiucchiò istintivamente le labbra, bagnandosele velocemente. “È orrenda…” si morse quello inferiore. “È screpolata, non è vero?”

“Già.”

“Cavolo…” rise tra sé, cercando di mascherare la sua colpevolezza. “Mh, forse… e dico forse… è colpa…”

“Del freddo.” Levi strinse maggiormente la sua mano sinistra in quella di Petra. “Forza. Torniamo dentro.” E con un rapido scatto si voltò verso la porta, trascinando con sé la moglie. 

“Sei passato da Peter?” Gli chiese con tenerezza, avvicinandosi velocemente all’orecchio del marito.

“Sì. Prima di venire a ricuperare voi due.” Si fermò ad un passo dalla maniglia del portone. “Sta bene. Dorme come un ghiro.” Le sue labbra si incurvarono leggermente verso l’alto. “Come sua madre.”

“Ma immagino che non si sia mosso neanche di un millimetro.” Sogghignò tra sé. “Come suo padre.” Inarcò simpaticamente un sopracciglio sotto lo sguardo impassibile di suo marito. “Lo so che vuoi ridere… o almeno sorridere.” Ammorbidì i suoi occhi gialli, tentando di rubargli un’espressione felice.

Levi separò le loro mani intrecciate e, solo dopo averle lanciato un’intensa occhiata furtiva al suo sguardo calmo e contento, le rubò la coperta di lana per un momento, alzandola e pulendola da un po’ di polvere. “Perché ti sei appoggiata contro quella colonna?” Le chiese con severità. “Ieri sera a cena ti avevo detto che il portico era sporco a causa dei temporali di qualche giorno fa. Stamattina lo avrei pulito.”

“Ti posso dare una mano.” Un affettuoso sorriso nacque sul volto luminoso di Petra.

“Sai già la risposta.”

La donna incrociò le sue braccia e fece una piccola smorfia. “Perché no?”

“Perché devi stare attenta.” Le ripose delicatamente la coperta sulle spalle, stringendogliela appena, ammorbidendogliela con qualche leggero colpetto lungo il corpo e accarezzandole dolcemente la sua sporgente pancia. “Ti devi riposare. Non voglio che…”

Petra raccolse il viso del marito fra le sue dita calde e profumate, immobilizzandolo. “Levi…” sussurrò teneramente il suo nome. “Non ho intenzione di stare in una palla di cristallo.”

“Lo so, ma…”

“È la seconda gravidanza che affronto. Ho imparato un po’ come funziona.”

Levi arricciò appena le labbra. “Sì, lo so, ma il dottore ti ha raccomandato di stare il più lontano possibile da qualsiasi cosa che possa essere per te frutto di stress.” Ghignò. “E pulire il portico non è così tanto rilassante.”

“Posso passare la scopa.” Petra inarcò furbamente un sopracciglio. “Lo faccio anche dentro casa.”

“La merda che c’è qui fuori non è paragonabile a quella che c’è in cucina.” L’uomo lanciò una veloce occhiata al loro portico e sul suo volto si palesò immediatamente un’espressione di totale disgusto. “Sembra un porcile.”

Petra chiuse le sue mani in due pugni, che appoggiò contro il suo bacino, facendo aprire la coperta di lana che suo marito le aveva avvolto delicatamente. “Sei un coccione.”

Levi si voltò rapidamente verso lo sguardo innervosito della donna al suono di quel nomignolo. “Io?”

“Sì.”

“Io?” Ripeté sbalordito, non credendo alle proprie orecchie. “Sei sicura?”

La donna si accigliò maggiormente, tant’è che le sue labbra iniziarono a tremarle. “Sì.” Sbuffò piano. “Tu e Peter siete proprio uguali in questo.”

“Peter ed… io?”

Le palpebre di Petra si fecero molto sottili, assumendo per un istante le stoiche e imperturbabili espressioni di suo marito. “Certo.” Si richiuse da sola la coperta, buttando all’indietro uno dei suoi lati più lunghi contro la schiena. “Sarà inutile distoglierlo dalle tue pulizie… anche se ha solo tre anni, ha la tua stessa mania per il pulito.” Si strinse di più tra le sue braccia, lasciandosi abbracciare dal calore della lana. “Spero solo che lei non sarà così.” Abbassò il volto verso la sua pancia gonfia e passò lentamente le dita sul suo ventre tondo, lasciandogli diverse dolci carezze.

Levi serrò la maniglia del portone e con uno rapido scatto l’aprì. “Entriamo.” Si spostò di lato per lasciar passare prima la moglie, che lo superò immediatamente non alzando neppure per un secondo il suo sguardo dalla sua calda pancia.

“Non ti sei vestito.” Gli disse Petra, mentre abbandonava la sua coperta su di una sedia della cucina e si avvicinava ai fornelli con piccoli passi. “Di solito…” sorrise tra sé. “Indossi gli abiti della giornata non appena metti piede fuori dal nostro letto.” Si voltò verso suo marito che, nel frattempo, aveva chiuso la porta e, in piedi accanto al tavolo, l’osservava attentamente nei suoi movimenti precisi. “Vuoi tornare a dormire?” Prese un pentolino dalla credenza.

Dipende.”

Petra aprì il rubinetto e riempì gran parte del piccolo contenitore. “Dipende?” Si sporse di lato per prendere meccanicamente due tazze lasciate ad asciugare quella notte vicino al lavabo. “Da che cosa?”

“Dipende.” Il tono dell’uomo rimaneva fermo e neutro.

Petra accese il fuoco del fornello in cui il pentolino pieno d’acqua fresca attendeva pazientemente.

Levi cominciò muoversi. Con piccoli passi lenti, ma decisi, si avvicinò alla figura di sua moglie e appoggiò delicatamente le sue mani sulla sua schiena. Il fiato si accorciò. Le sue dita ripercorsero gradualmente il percorso delle sue ossa che le accompagnarono fino alle spalle rigide, ma forti, della donna. Il cuore iniziò a pompare istintivamente più sangue nelle sue vene. Inspirò profondamente ed espirò una grande manciata d’aria calda che fece rabbrividire la pelle del collo di sua moglie. Spinto da un calore sempre più insistente e pressante nel suo corpo, continuò a delineare i lineamenti di lei, scendendo sulle sue braccia e aggrappandosi ad esse con entrambi i palmi, stretti attorno al tessuto bianco della sua camicia da notte. Respirò nuovamente sotto l’orecchio della donna, provocandole altrettanta pelle d’oca in quella zona piuttosto sensibile a lei. La sua preferita. Scivolò lentamente con le mani fino ai gomiti, mentre si avvicinava con il volto sotto il lobo destro di sua moglie. “Ferma.” Le sussurrò con voce roca e tremendamente profonda, lasciando fuoriuscire dalla sua gola desideri e sentimenti ancora inespressi. 

Petra non riusciva più ad inspirare normalmente del banale ossigeno. Aveva la vista appannata, come se si fosse trovata improvvisamente all’interno di una fitta nebbia che non le permetteva di vedere nulla. Riusciva a mala pena a intravedere delle piccole bollicine dentro il pentolino pieno d’acqua. Il suo petto era pregno di un forte, intenso e violento calore che le circondava tutto il corpo, esplodendo sulla sua pelle in ogni parte in cui suo marito la toccava e l’accarezzava. Il suo collo si era ormai trasformato in un vero campo di lava bollente e quando l’uomo espirò un’altra volta profondamente contro la sua pelle nuda, un forte fuoco esplose in ogni centimetro del suo corpo, divampando e bruciando nelle sue vene in maniera incontrollata. Le dita di Levi attorno ai suoi gomiti e alle sue braccia emanavano un forte e sottile calore, che si insinuava pericolosamente all’interno della sua pelle, unendosi al suo fuoco e infiammando insieme l’atmosfera che li circondava. L’odore del gas acceso le stuzzicava il naso, eppure l’elettrizzava, regnandole diverse emozioni diverse che si incastravano perfettamente fra di loro. Il sottile odore riempiva l’aria, mescolandosi con il profumo dei loro corpi vicini, caldi e desiderosi di qualcosa. Levi le aveva detto di fermarsi, prima che lei riuscisse a prendere la scatola dello zucchero. Ora era lui al timone delle sue braccia. Si voltò appena con lo sguardo verso destra e subito le sue iridi gialle si scontrarono contro l’occhio sinistro dell’uomo, fermo e inespressivo, ma così intenso e pieno di parole non dette, che navigavano e affogavano nel mare blu e grigio racchiuso nella sua sottile palpebra. Senza distogliere ed eliminare il contatto fra i loro sguardi, Levi si chinò appena in avanti per lasciarle morbidi, lunghi e umidi baci lungo il suo collo accaldato. Petra ingoiò difficoltosamente un po’ di saliva, riuscendo a mala pena a controllare le forti emozioni che incendiavano il suo corpo in ogni dove. In quel momento l’acqua all’interno del pentolino cominciò a bollire e la donna usò quel rumore fastidioso per tornare a galla, toccando con la punta dei piedi il fondo. “Levi…” sussurrò con voce rotta, trattenendo un gemito al centro della gola, mentre suo marito le mordeva delicatamente il lobo del suo orecchio.

Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile e spostò nuovamente le sue mani verso le spalle di sua moglie e scivolare pericolosamente verso il bacino.

“Levi…” lo richiamò lei. “E se… Peter si svegliasse…” Le bolle all’interno del pentolino si erano fatte davvero grandi e scoppiettavano ripetutamente contro il contenitore. Con un rapido e furtivo movimento, che per un istante le ricordò i loro allenamenti durante la guerra contro i giganti, Levi spense il gas del fornello acceso e la fece voltare verso di lui. Petra perse uno o più di un respiro in qualche secondo. “Levi…” riuscì solo a dire. Lo sguardo dell’uomo si fece duro come quello di un ritratto, ma allo stesso tempo lei notò i suoi lineamenti ammorbidirsi e farsi più dolci non appena la bocca di lui si avvicinò di molto alla sua. 

“Non si sveglierà.” La rassicurò, solleticandole con il respiro le labbra. “Prima devo sapere una cosa.” Si allontanò dal suo volto per accarezzarle i capelli rossi, ma il suo sguardo era concentrato e fuso con quello di lei. “Dimmi… hai finito di dire stronzate?”

Petra ci rimase di stucco. “Eh? Io non…” sbarrò la bocca, non comprendendo l’accusa di suo marito fino a quando lui stesso non le indicò con la testa prima la porta d’ingresso e poi i fornelli spenti. “Io non…” aprì maggiormente le sue palpebre. “Ora ho capito il tuo ‘dipende’…”

“Se non avevi terminato tornavo a dormire, mentre se avevi finito rimanevo.”

Petra gli lanciò un’occhiata piena di rabbia e di disappunto e si allontanò con un lungo passo dalla cucina, ma soprattutto da lui. “Stronzo.” In pochi istanti sentì delle dita attorcigliarsi attorno al suo polso che possedevano la forza giusta per fermarla al centro della stanza. Si girò velocemente con tutto il corpo verso l’uomo. “Cosa vuoi?”

“Non andare.” Le disse pacatamente.

“Sei uno stronzo, Levi Ackerman.”

“Lo so.” L’espressione più fredda dell’inverno.

“Pensavo che io fossi l’eccezione.” Ingoiò furiosamente della saliva. “Invece non è così. Durante la guerra lo potevo capire… sai… la confusione… le perdite… il sangue… le continue e strazianti lotte…” Petra staccò il suo polso dalla presa di suo marito. “Ma ora… dopo anni di pace… dopo anni dal nostro matrimonio. Levi… stiamo aspettando un altro figlio! Ancora vuoi…”

“Petra, ma che stronzate stai dicendo?!”

Stronzate?!”

“Certo!”

La donna serrò brutalmente la sua bocca. “Vado a controllare Peter.” Si voltò di nuovo verso il corridoio che conduceva alle camere da letto.

“No, aspetta.” La voce dell’uomo tremò. “Petra, aspetta.” 

La donna si bloccò sui suoi passi. Con passo sostenuto era riuscita in poco tempo ad arrivare sotto la volta del corridoio.

Aspetta.”

“Cosa?” Bisbigliò, serrando fortemente le sue mani in due pugni, mentre il naso le cominciava a pizzicare. 

“Non andare. Rimani.”

In un attimo nella loro cucina piombò un silenzio fastidioso e rumoroso, pesante e piuttosto ingombrante tra di loro. Petra si avvicinò lentamente ad una delle sedie dove vi si sedette con le gambe tremolanti. Si coprì il volto con entrambi i polsi, cercando di fermare il flusso insistente delle sue lacrime che avevano cominciato a bagnarle rapidamente le guance. “Me- merda.” Farfugliò tra sé.

Levi fece qualche passo in avanti, cingendosi a sedere nella sedia libera più vicina a sua moglie. Appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e premette il pollice sinistro contro una delle sue cicatrici. Attese che Petra si fosse sfogata almeno un po’, liberandosi di qualche peso, mentre lui ripercorreva mentalmente i loro momenti, dal portico alla cucina. Buttò fuori dalla bocca parecchia aria pesante, che gli comprimeva lo stomaco, e avrebbe voluto scusarsi, pensando a quanto sia stato scontroso con lei, più del solito, ma sua moglie lo anticipò.

“Scusa.” Bisbigliò più a se stessa che all’altro, prima di sollevare gli occhi su suo marito. “Scusa.” Ripeté fermamente, mentre una lacrima si accodava ad un’altra ferma al centro della sua guancia. “La gravidanza… sai… che con la gravidanza divento più… ho una terribile fusione di stati d’animo… in me.”

“Lo so.”

“E me la prendo facilmente… mi dispiace.”

“No.”

“No?” Lei si immobilizzò, abbandonando le sue braccia sul tavolo.

Levi la guardò seriamente, come nelle loro missioni al di fuori delle vecchie mura. Dal suo sguardo non traspirava nulla, se non un sentimento di puro pentimento nascosto a mala pena in piccolo lato dell’occhio sinistro. “Petra, è colpa mia.”

“Ma che cosa dici… io…”

“Lo so. So bene di questi sbalzi e proprio per questo sbaglio. Non ti aiuto come dovrei. È colpa mia.” Ripeté, allargando inavvertitamente il petto. “So che sei stanca del mio carattere. Immaginavo che sarebbe arrivato questo momento.”
“No, Levi.”

Lo sguardo dell’uomo si fece tagliante, ma non era rivolto a lei, piuttosto a se stesso, o meglio, al suo riflesso nel forno. “L’ho sempre atteso con terrore.”

“Ma cosa dici!”

“Petra… perdonami se non sono il marito perfetto e se sono… così.”

“Levi, smettila! Vai bene così. Non sei perfetto… è vero, ma per me sì. Io ho sempre voluto solo te. Conoscevo fin troppo bene il tuo carattere già all’epoca della nostra prima squadra. Sapevo a cosa andavo incontro. Sapevo dove mi stavo lanciando.”

“Petra… era diverso. C’era la guerra.”

“Levi, smettila, per favore.” Accostò la sua mano a quella dell’uomo. “Sei un padre e un marito stupendo. Sei premuroso, ti preoccupi davvero tanto per la tua famiglia e…”

“Quante volte ti ho detto ‘ti amo’?” La fermò, allontanando le sue dita da quelle di sua moglie. “Quante volte ti ho detto seriamente cosa provo?”

“Che…?”

“Rispondi.”

Petra spalancò la bocca e asciugò frettolosamente una nuova lacrima. “Non lo so.”

“Una volta… o forse un paio, ma sono pur sempre troppo poche. Non sono il tipo che ama le parole. Preferisco i fatti.”

“Lo so e a me va bene così.”

“Tu non lo meriti.”

Io so che merito te, come tu meriti me.” Sorrise, riprovando a far ricongiungere le punte delle loro dita sul tavolo. “Non mi importa delle parole. Dopo tutti questi anni ancora non hai capito che funzioniamo davvero bene insieme? Tutti gli anni passati nell’esercito a combattere fianco a fianco… non ti hanno lasciato niente?”

“Sì e anche per quello chiesi la tua mano.”

“Allora… quando hai questi stupidi pensieri… ricordati quei momenti e poi pensa al presente. Al nostro presente.” Petra si sporse maggiormente in avanti e racchiuse tutte le dita del marito nel suo palmo. “Sei cambiato, Levi… con la fine della guerra, con il matrimonio, ma soprattutto da quando è nato Peter.” Prese un leggero respiro, mentre i suoi occhi si concentravano sul volto dell’uomo. “Mi dispiace di averti trattato così prima.”

“No, dispiace a me. Davvero… tanto. Ti prego, credimi.”

Un accenno di sorriso lieve e sincero si disegnò sul viso bagnato della donna. “Levi… io mi fido di te dal primo momento che mi hai scelto per far parte della tua squadra.”

“Cercherò di… migliorare.” Levi si alzò dalla sedia, seguì lentamente il perimetro del tavolo per accostarsi infine a fianco di sua moglie, appoggiando la sua fronte contro l’altra e accarezzando dolcemente il ventre tondo di lei. “Soprattutto in questi mesi. Ti sosterrò… meglio di quando feci la scorsa volta, mentre attendevamo trepidanti Peter.”

Petra chiuse le sue palpebre, assaporando l’odore buono di suo marito che l’inebriava fino dentro la sua anima, partendo dalle narici, scendendo lungo la sua gola, diffondendosi nei suoi polmoni ed espandendosi in tutto il suo corpo, accendendo e abbracciando il suo cuore e l’altro che portava in grembo.

Levi raccolse il volto di sua moglie tra i suoi palmi, tentando di riscaldarle le guance fredde e bagnate con il proprio calore umano. “Petra…”

La donna riaprì i suoi occhi, facendo rincontrare lentamente i loro sguardi così giovani, ma allo stesso tempo maturi e vecchi. Iridi gialle e blu che hanno visto e vissuto l’impensabile proprio ad un passo da loro. Sorrise, abbandonandosi al tocco morbido e delicato delle dita di suo marito contro la sua carne improvvisamente assetta e nuovamente desiderosa della sua. “Sì?”

L’uomo si spostò leggermente in avanti, sfiorando con la punta del proprio naso l’altro a punta. La sua vista era totalmente persa in lei, cadendo e mescolandosi nei colori intensi e accesi di cui erano pregne le iridi gialle. Il suo collo si mosse spontaneamente, guidato dallo stesso intimo istinto che ogni volta, da diversi anni, gli regalavano potenti scosse elettrizzanti ed eccitanti quando il suo sguardo rimaneva imprigionato più di un singolo momento a quello di Petra. Le loro labbra si sfiorarono rischiosamente un’altra volta e i loro respiri si fermarono per un tempo che parve ad entrambi infinito. Lui spostò delicatamente i suoi mignoli verso la bocca semiaperta di sua moglie, stuzzicando la poca aria che li separava elettrizzandola e accaldandola pericolosamente. “Ti amo.” 

Una scarica calda irrequieta si espanse lungo la sua schiena.“Anche io.” Fece in tempo ad inspirare un poco dell’ossigeno, immobile e umido tra di loro, con il naso, prima che le sue labbra calde e carnose, ancora leggermente screpolate, furono rapite e imprigionate da quelle fredde e sottili di suo marito, affogate e immerse nel desiderio irresistibile e implacabile di farle sue. Le dita sul suo suo volto si fecero più strette, imprimendo delicatamente i loro polpastrelli nell’incavo magro delle sue guance accaldate. Il contatto leggero e tenue tra le loro bocche fu subito inghiottito dalla passione travolgente e carnale e dalla voglia irrefrenabile e incontrollata, che in poco tempo si impossessò dei loro corpi, diramandosi velocemente fin dentro le loro fibre per guidare e spingere ogni loro movimento istintivo e vorace, ricco di desiderio e di un amore puro. Le labbra di Levi premevano duramente contro le sue, quasi a volerle supplicare di aprirsi e di concedersi totalmente a loro per cadere insieme in un oscuro limbo profondo contornato da bagliori d’oro e luminosi, capaci di trasportarli in un’altra dimensione di puro calore. Petra si sentì molle, leggera come una nuvola, ma calda e potente come i primi raggi solari in una prima fresca mattina di primavera, graziosamente accolti tra le braccia gelate della natura raffreddata dalla notte appena passata. Premette le sue mani contro il petto forte del marito, raccogliendo nei suoi pugni un po’ del tessuto del suo pigiama. Lei voleva di più. Il suo corpo glielo chiedeva, il suo cuore la pregava ansiosamente. Socchiuse gli occhi e notò l’espressione decisa e annebbiata celata dietro l’iride azzurro, che la guardava con desiderio, amore e devozione. Lo sguardo chiaro, acceso, ma velato da piccole e sfumate ombre nere e grigie la fissava intensamente, perforandola fin dentro l’anima. Sussultò appena con il corpo, mentre della pelle d’oca le solleticava eccitante la schiena e il collo, sentendosi pervasa dalla sensazione di vuoto mista all’insaziabile bramosia di cui il volto di Levi ne era colmo. L’iride azzurra non si staccò dalle sue palpebre semichiuse, rimanendo puntata sul suo viso dolcemente sfumato da un rosso chiaro, anche quando la sua lingua le leccò maliziosamente e ripetutamente la sua bocca, che si separò languidamente ad ogni sottile e forte tocco premuto con passione. Petra sentì il suo corpo prendere improvvisamente fuoco, come la prima volta che si baciarono nascosti dentro alla camera chiusa di lui. Delle fiamme calde e impazzite le risalirono dal petto all’inizio della gola, incendiando e seccando la sua bocca. Necessitava tremendamente dell’acqua. Petra era consapevole che era lui la causa delle sue esplosioni fin troppo intime di calore, ma era anche la linfa che desiderava ardentemente e che la sua carne voleva e bramava fin dentro le ossa. Lei serrò ancora di più i suoi pugni stretti sulla maglia del pigiama di suo marito, facendogli ben intendere la sua pulsione e il suo profondo appetito che riservava per la sua lingua e per la sensazione elettrizzante, che l’invadeva voracemente ogni volta che l’unione dolciastro delle loro salive le scivolava lungo la gola secca. Levi non si fece attendere per un altro inutile istante in più e, con una brutalità veloce e dolce, si tuffò insaziabilmente tra le labbra carnose e ormai gonfie di lei. La sua bocca fu invasa da un’onda anomala che ne bagnò immediatamente ogni parte, assettata e impaziente di unirsi completamente a lei. Levi pareva mangiarla e divorarla con le proprie labbra e la sua lingua che si scontrava ferocemente e si incontrava amabilmente con la sua. La sua fame era incontrollata come quella di lui. Parevano fossero passati lunghi e infinti giorni dal loro ultimo pasto, dal loro ultimo bicchiere bevuto. Entrambi ne erano consapevoli, ma non potevano fare niente contro l’irresistibile magnitudine che li legava ogni volta che si baciavano, e che spesso tentavano di nascondere tra le loro semplici e abituali chiacchiere a tavola o quando si sfioravano per sbaglio o si abbracciavano nel letto.  Era una sensazione che li attorcigliava insieme come un filo invisibile che li teneva stretti l’una all’altro. Era inevitabile, poiché questo era qualcosa di più forte di loro. Era quasi metafisico, univa le loro anime e solamente in certe occasioni si percepiva maggiormente, come un leggero tocco sfiorato alla fine del loro collo che li stringeva e si diramava come tanti fiumi per il loro corpo. Come in quel momento. Le piccole scariche fresche si espansero al centro del loro petto e salivano rapidamente come fulmini verso la loro bocca, contrastando il calore  eccessivo della loro pelle per incrociarsi e incastrarsi nella danza passionale, selvaggia e ardente delle loro lingue, provocando intime sensazioni profonde e intense fin dentro l’animo dei due amanti. Levi aveva iniziato a scendere con le dita dal suo volto scottante, accarezzandole delicatamente con i polpastrelli il collo bollente e crearle diversi brividi lungo le spalle, mentre le sue mani abbandonavano il pigiama di suo marito per dirigersi lentamente verso la sua nuca rasata e immergersi successivamente nella sua nera chioma liscia, quando una voce famigliare ad entrambi li fermò nell’immediato.

“Mamma?” Il tono calmo e assonnato proveniva dal corridoio buio. “Papà?”

Levi si ricompose velocemente e, offrendo una mano a sua moglie, l’aiutò ad alzarsi dalla sedia della loro cucina con tranquillità, facendo attenzione alla pancia gonfia. Con passi lunghi e spediti si avviarono sottobraccio verso la voce di loro figlio, una mano intrecciata in quella di Petra e l’altra appoggiata delicatamente sul suo ventre caldo.

“Amore mio.” La donna intravide subito l’ombra di Peter accanto alla porta della sua camera da letto illuminata dalla sottile luce dei raggi solari filtrati dalle tende. “Stai bene?”

“Cos’è successo, piccolo?” Gli chiese il padre con un leggero tremolio nella voce.

“Niente…” Peter si grattò con un polso l’occhio ancora semichiuso. “Mi… so… no…svegliato.”

Levi si accucciò davanti a suo figlio e cinse amorevolmente le sue braccia attorno all’altro corpicino per sollevarlo e prenderlo in braccio. “Forse tua madre ed io abbiamo parlato un po’ troppo forte. Scusaci, piccolo marmocchio.” Gli accarezzò i capelli neri e toccò buffamente la punta del suo naso.

Peter gli regalò l’accenno di un allegro sorriso ancora assonato e si tuffò con le sue braccine attorno al collo del padre, osservando con i suoi grandi occhi gialli i capelli rossi di sua madre. “Mamma?”

“Sono qui, tesoro.” Petra gli lasciò un morbido e dolce bacio sulla fronte ricoperta da una piccola frangia, voluta esplicitamente dal bambino per assomigliare ancora di più a Levi.

“Ho… fame.” Biascicò il bimbo, accomodandosi sulla spalla di suo padre. “Ho… tanta… fame, mamma.”

La donna gli accarezzò amorevolmente la guancia, facendo scorrere ripetutamente e delicatamente le sue dita dal mento a punta alle corte ciocche nere come la pece del bambino. “Mamma, ora ti prepara una fantastica colazione con tanti biscotti al cioccolato.” Posò nuovamente le sue labbra sulla fronte del figlio, prima di regalare un nuovo e soffice bacio a suo marito. “Andiamo in cucina che la pancia di questo piccolo guerriero brontola.” Si rivolse a Levi, mentre con le mani solleticava il fianco destro del bimbo a livello del suo stomaco.

La risata fresca e leggera di Peter si diffuse rapidamente per tutto il corridoio, riempiendo ogni stanza silenziosa e vuota della loro casa, illuminandola assieme alla luce fioca, ma più forte, del nuovo sole primaverile, che con timidi raggi riuscì ad entrare in ogni angolo della dimora campagnola. Il bimbo si strinse maggiormente attorno al collo del padre, mentre i suoi genitori lo conducevano nella stanza più luminosa, sommersa completamente dal giallo e dal bianco solare che si rispecchiava nei due colori delle pareti e della cucina stessa. “Papà…” sussurrò il piccolo. “Papà… mangi con me, non è vero?”

Levi inarcò un sopracciglio. “Certo.”

“E…” una luce veloce, quasi impercettibile, attraversò gli occhi grandi del bambino. “Dopo ti va… di giocare… con me?”

L’uomo non disse nulla per un po’, ascoltando i rumori della cucina prodotti da sua moglie che si cementò rapidamente a riscaldare un bicchiere di latte e due tazze di tè. Le iridi gialle di suo figlio l’osservavano attentamente, come incuriosite o terrorizzate all’idea di poter tralasciare qualunque piccola caratteristica del suo sguardo serio. Levi lo strinse di più contro di sé, incastrando il suo volto nel piccolo incavo tra il collo e la spalla del bimbo per assaporare il naturale profumo buono di suo figlio. Ogni volta che i suoi polmoni ne erano sommersi e pieni, aveva la netta impressione che il mondo attorno a loro si fermasse e che ogni suo muscolo riuscisse finalmente a rilassarsi dopo tanti sforzi e disumani pericoli vissuti per troppo tempo. Quel profumo, simile a quello delle piante selvagge che per anni aveva odorato unito a quello dell’acqua fresca e dei fiori gialli, lo immergeva e lo coccolava come una calda coperta morbida e appena pulita. Ancora con il volto nascosto accanto al piccolo orecchio di suo figlio, Levi gli accarezzò simpaticamente la chioma nera leggermente scompigliata, sistemandogliela poco a poco. Quando il suo sguardo azzurro incontrò nuovamente quello gentile e infantile giallo, l’uomo gli regalò un sincero e accennato sorriso affettuoso. “Certo, piccolo marmocchio. Non vedo l’ora.”

Peter ricambiò all’ espressione totalmente pacifica e calma di suo padre con un immenso e allegro sorriso, ricco di pura gioia ed entusiasmo. “Anche io!” Si rannicchiò nuovamente tra le braccia di Levi, mentre questo gli sfiorava delicatamente la schiena con le dita per farlo rilassare e trasmettergli una piccola sensazione di protezione. “Ti voglio bene, papà.” Bisbigliò, proprio quando Petra lo chiamò.

“Peter?”

“Mamma?” 

“È pronta la colazione. Vuoi stare un po’ in braccio a me?”

Peter sollevò la testa dal petto di suo padre, arricciando contemporaneamente sia le labbra che le sopracciglia. “No, mamma. Sono grande. Posso mangiare da solo.”

Petra si grattò distrattamente la tempia. “Sei grande per mangiare da solo… è vero… però ancora non sei grande per stare lontano dai miei abbracci!” Fece finta di offendersi, incrociando le braccia al petto.

“Stai un po’ con la mamma.” Gli disse Levi con voce seria, accentuando un pizzico di dolcezza nelle ultime due parole. Lo strinse un’ultima volta, prima di avvicinarsi a sua moglie per lasciarglielo tra le braccia. “Ti voglio bene, piccolo marmocchio.” Gli sussurrò, baciandolo sulla fronte. “Non puoi immaginare quanto.” Il suo sguardo incontrò quello innamorato di sua moglie, in completa adorazione per il quadro padre-figlio che stava osservando con tanto amore e attenzione. Allargò appena le sue labbra per regalarle un sereno, spontaneo sorriso speciale, di quelli che raramente aveva avuto l’occasione di mostrare, fatta eccezione del giorno del loro matrimonio avvenuto tre anni prima. “Petra.” Posò Peter tra le gambe di sua moglie già seduta al tavolo, mentre si accarezzava il ventre gonfio.

“Sì?”

Il bambino rivolse ad entrambi uno sguardo curioso e furbo, immaginandosi già quanti biscotti al cioccolato sua madre gli avrebbe permesso di mangiare.

“La mattina… l’alba… per qualche altro mese… cerca di vederla dalla finestra della cucina che fa ancora piuttosto freddo la mattina.”

Petra rise sinceramente tra sé, coprendosi la bocca con una mano. “Va bene, tesoro. Te lo prometto.”

 

Spazio Autrice:

Salve a tutti!🌻

Torno nel fandom di AOT grazie alla Rivetra Weekend organizzata su Tumblr e che si svolgerà proprio in questi giorni!✨ Per l’occasione ho pensato di condividere con voi la prima storia di una piccola raccolta di one shots che ho voluto creare per soddisfare i miei sfegatati sogni e innocenti desideri di vedereimmaginare Petra e Levi costruirsi pian piano una famiglia sempre più unita e grande. 

Spero con tutto il mio cuore che questa prima e iniziale one shot vi sia piaciuta e vi abbia regalato un po’ di felicità e di serenità.❤️

Alla prossima!

Baci,

jomonet

 

PS: tornerò mooolto presto per la seconda!👀

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Capitolo 2
*** Stelle ***


Note inziali:

Questa one shot partecipa alla Rivetra Weekend 2021 progettata su Tumblr, seguendo la tematica Harmony.

Buona lettura!✨

 


Stelle - Stars

 

Dopo 6 mesi

 

Le stelle coprivano la distesa scura del cielo e, come tante lucciole, brillavano vivacemente, illuminando il cammino dei viaggiatori e facendo compagnia a chi per amore o per solitudine si soffermava ad osservarle e studiarle ammirevolmente. Un grillo cantava sotto la luce argentea della luna, l’unico a creare del rumore in mezzo alla distesa campagnola avvolta da un tenue buio. L’animale fischiettò per un po’ di tempo, saltellando da una foglia ad un’altra di un cespuglio, avvicinandosi velocemente alla dimora. Si tuffò sopra ad un gambo di un fiore bianco, i quali petali risplendevano come pietre luccicanti alla luce lunare. Il grillo cantò  un’ultima volta, ammirando e adorando con la sua voce la tonda bellezza argentea da cui proveniva quel bagliore brillante e chiaro. Con un lungo salto riuscì a raggiungere il pianerottolo di una delle tante finestre che costeggiavano la casa in penombra. Una piccola e fioca luce gialla si irradiò lentamente dietro di lui, da dentro la camera da letto dove era capitato. L’animale si voltò per notare la fiamma di fuoco racchiusa all’interno di un contenitore di vetro. Attratto, ma spaventato da un rumore indecifrabile si buttò nuovamente tra l’alta erba.

 

Aio.” Esclamò una piccola e infantile voce. “Mi sono fatto male…” Si disse il bambino, toccandosi la parte alta del braccio, mentre con gli occhi esaminava il tragitto che conduceva dal suo letto alla porta. Si strofinò le mani, incurante del leggero dolore, sceso in secondo piano per l’eccitazione e per l’ansia gioiosa che provava al pensiero di poter vedere le stelle insieme a suo padre. Glielo aveva promesso.

Non era mai uscito a quell’ora di notte e la sensazione di star per vivere qualcosa di nuovo e di strano dalla sua quotidianità lo entusiasmava molto. Doveva attendere l’arrivo di suo padre sotto le coperte, come gli aveva raccomandato più volte sia lui che sua madre durante la cena, ma l’euforia si era impossessato di lui fin dentro i suoi sogni, mostrandogli sempre e solo la stessa immagine ripetuta in continuazione: lui seduto tra l’erba con accanto suo padre che gli indicava qualche stella nel cielo.

Fece un piccolo passo in avanti, mordendosi indeciso un labbro. Giocherellò distrattamente con i suoi pollici, come spesso faceva con sua madre, e involontariamente mise nuovamente un piede di fronte all’altro. Lentamente, osservando le sue gambe spostarsi passo dopo passo, sempre più in avanti, arrivò sulla soglia della porta aperta. Saltellò sui suoi piedi e, dopo aver fatto un grande sorriso, si avviò verso l’altra camera da letto con un immenso e allegro sorriso dipinto sul suo volto. Testando con le mani le pareti del corridoio, giunse attentamente nella stanza grande dei suoi genitori. Peter inspirò ed espirò rumorosamente dell’aria, temendo per un istante veloce la reazione dispiaciuta di suo padre, ma subito si coprì la bocca con entrambe le mani, poiché si ricordò tutte le volte che la mamma lo avevo sgridato per aver svegliato la sorellina, mentre lei dormiva nella sua culla accanto al loro enorme letto. Mantenendo tutte le dita ben serrate tra di loro contro il suo volto e volendo essere improvvisamente leggero e invisibile come una nuvola per sua sorella, si avvicinò alla figura dormiente di sua madre con passi davvero lenti e silenziosi. Allungò un solo dito verso la chioma rossa della mamma, che emergeva perfettamente tra tutto il buio alleggiante nella camera e in tutta la casa, risplendendo come un piccolo sole oscurato tra le lenzuola azzurre e bianche. Picchiettò un paio di volte contro la testa di Petra, cercando di svegliare solo lei, rimanendo in silenzio. Tuttavia la donna non pareva destarsi, o almeno di essersi accorta di qualche contatto estraneo tra le sue ciocche morbide e profumate. Peter abbassò gli occhi triste e desolato. Non voleva in alcun modo fare rumore e svegliare la sua sorellina, ma fremeva dal saltellare tra le gambe dei suoi genitori e gridare di gioia per farli alzare e andare tutti insieme sotto le stelle. Veloci formicolii lungo le braccia gli facevano tremare pericolosamente le dita. Stava per voltarsi e tornare nella sua camera, quando una voce rauca e profonda lo fermò.

“Peter,” lo chiamò. “Che ci fai qui?”

Il bambino sollevò entrambi gli occhi oltre alle sopracciglia, sfoggiando nuovamente un grande e luminoso sorriso sul suo viso. Un’immensa felicità lo divorò, aumentandogli di gran lunga il suo battito e arrossandogli appena le guance, nascoste dal nero del buio della stanza. “Papà!” Esclamò contento, scordandosi per un momento il luogo in cui si trovasse.

“Ssshh!” Fece subito l’uomo per rimproverarlo, portandosi l’indice sinistro contro la bocca.

“Mh” mugugnò qualcosa Petra, stringendo maggiormente le braccia attorno al suo cuscino. “Levi…” sussurrò, iniziando a svegliarsi. “È successo… qualcosa?” Si grattò distrattamente un occhio.

“No, amore.” La rassicurò immediatamente con tono dolce per farla rilassare.

“Dorme… lei?” Petra si avvicinò verso suo marito con il corpo per accoccolarsi sul suo petto.

“Sì.” Le lasciò un bacio sulla fronte.

“Va… bene…” Petra sbadigliò. “Allora… possiamo dormire… abbiamo… un altro po’ di tempo…” Il suo tono si fece sempre più basso e incomprensibile e, allungando un braccio verso Levi, stava per cadere di nuovo nel sonno.

“Non posso” le disse a bassa voce. “Mi devo alzare.”

Petra socchiuse immediatamente un occhio e sfiorò una guancia di suo marito con alcune dita che le tremarono per la tensione eccessiva, e anche per la naturale preoccupazione che la colpiva ogni volta che Levi desiderava alzarsi di notte. Molte volte, soprattutto nel primo periodo dopo la guerra e nei primi mesi di convivenza, era capitato a causa di incubi o di ricordi legati alle varie battaglie, che avevano dovuto combattere fino a qualche anno prima, e ogni sera lei gli faceva compagnia con una tazza di tè in più, non importandole affatto del sonno arretrato o delle occhiaie ancora più profonde che avrebbe avuto la mattina dopo. Con la nascita del loro primo figlio tutto era migliorato, cambiato, trasformato in un arcobaleno, o meglio, in una nuova aurora che illuminava i loro animi torturati e oscurati dall’orrore della guerra, nonostante le continue pappe e il sonno che diminuiva sempre di più. Erano insieme e lo avrebbero affrontato assieme. Com’era sempre stato. Lo capiva perfettamente e non voleva lasciarlo da solo, abbandonarlo tra gli spinosi pensieri che ancora si insediavano anche nella sua mente. “Perché?” Gli chiese con leggero tremolio.

“Perché l’altro è sveglio.”

Petra si sollevò improvvisamente con il proprio busto e rivolse uno sguardo interrogativo al marito, nonostante l’oscurità che li avvolgeva. “L’altro?” Si voltò istintivamente verso una piccola figura nera che alleggiava alla sua destra accanto alla sua parte del materasso. “Peter?” Domandò incerta. 

“Mamma!” Esclamò di nuovo il bimbo, ma questa volta a bassa voce, ricordandosi di fare silenzio.

Levi accarezzò delicatamente una guancia di sua moglie, comprendendo a cosa la sua mente si fosse aggrappata fino a quel momento, ripensando anche lui ai primi mesi trascorsi nella loro casa e alla loro sofferenza condivisa.

Petra capì quel gesto e lo accettò molto volentieri, baciandogli dolcemente e ripetutamente il palmo caldo e morbido della sua mano, prima di voltarsi, far salire e sistemare Peter sotto le lenzuola con loro. “Hai fatto un incubo? Non riesci a dormire?” Gli chiese preoccupata.

Il bimbo si mangiucchiò distrattamente solo alcune delle unghia delle sue dita, poiché furono subito fermate e sequestrate da Levi che non aveva mai sopportato quel gesto così indecente.

“Allora?” Lo riprese la madre, abbassando la voce.

“Io… non… vedevo l’ora… di uscire con te, papà!” I suoi occhi gialli brillarono come lucciole nel buio della notte. “Voglio vedere le stelle!”

“Peter…” sussurrò Levi infastidito. “Ti avevo detto…”

“Lo so, papà, ma non riuscivo a non pensarci!” Lo fermò con sottile euforia bisbigliata. “Lo so che…” la sua voce fu bloccata da un leggero mugugno ovattato dalle lenzuola che provenne dalla figura oscura di suo padre.

“Petra…” Levi si rivolse a sua moglie, sollevandosi sui suoi gomiti e tirandosi all’indietro la frangia, che prontamente tornò al suo posto iniziale. “Puoi accendere una candela?” Riuscì a intravedere nel buio un veloce spostamento della testa ramata verso il comodino e udì alcuni sordi rumori quotidiani, come l’apertura e la chiusura di un cassetto. Sentì l’odore fastidioso del fiammifero sfregato contro una scatoletta, vide due piccoli scintille viola e bianche e infine una fioca luce gialla. Gli occhi gialli di sua moglie lo osservavano con dolcezza, malizia e profondo amore, celato dietro al riflesso della fiamma ben delineato nelle sue iridi leggermente annebbiate. Abbassò appena lo sguardo e finalmente poté incontrare gli altri occhi colorati di ambra di cui era sinceramente innamorato, che lo fissavano con ingenua speranza.

“Papà…”

Dandosi maggiore forza con il braccio sinistro, Levi si sedette sotto le coperte e lanciò una veloce occhiata alla culla per controllare se sua figlia non si fosse svegliata a causa della luce o del nuovo arrivato nella loro camera da letto. “Petra…” sussurrò con tranquillità mescolata ad un tocco di puro amore. “Dorme.” Si voltò verso sua moglie e sul suo viso si disegnò spontaneamente un naturale sorriso accogliente dinanzi all’immagine di Petra che accarezzava dolcemente i capelli neri di Peter, accoccolatosi sul ventre di sua madre, caduto improvvisamente in un sonno profondo. “Come… hai… fatto?” Le chiese ingenuamente sbalordito.

La donna mosse rapidamente le dita dell’altra mano libera in aria. “Mani magiche.” Gli fece un simpatico occhiolino. “Tocco materno.” Allungò quello stesso braccio verso suo marito. “Lo vuoi anche tu?” Gli sorrise dolcemente.

Levi le lasciò un bacio sul dorso morbido, come farebbe un principe dinanzi alla sua principessa, e, inchinandosi appena con il collo, continuò a sfiorarle la pelle con le sue labbra, dito dopo dito, fino a quando Petra fermò la sua adorazione, sollevando inaspettatamente l’indice contro la punta del suo naso.

“Mi raccomando… più tardi… andate.” Indicò con gli occhi il figlio che dormiva su di lei.

“Sì, certo. Non ti preoccupare. Gliel’ho promesso.”

La donna gli regalò un sincero e devoto sorriso, accarezzandogli delicatamente il mento con gli unici polpastrelli liberi dalla stretta di Levi. “So che sei un uomo di parola.” 

L’uomo si rimise lentamente sotto le coperte, accoccolandosi anche lui accanto a sua moglie e al corpicino addormentato di suo figlio. “Rimaniamo con il nostro piano iniziale…” le bisbigliò, prima di lasciarle un bacio a stampo, stando attento a non destare Peter, rannicchiato tra di loro. “Quando Daisy si sveglierà per la sua pappa notturna, vuol dire che la nostra sveglia sta suonando e andremo fuori a vedere le stelle.” Il suo sguardo cadde sulla chioma nera che riposava tranquillamente accanto a lui. “Se vorrete… anche voi due… tu e Daisy potreste… raggiungerci.”

“Oh! Sarebbe stupendo!” Esclamò a bassa voce Petra con pura felicità. “Dovrò coprire per bene la piccola… anche se la temperatura è ancora piuttosto calda… non voglio rischiare. Forse… con il canto dei grilli si addormenterà di nuovo con più facilità.” I suoi occhi si addolcirono maggiormente, mostrando sotto alla luce gialla della candela delle nuove scintille imprigionate dentro le sue grandi palpebre sorridenti e innamorate. “Grazie.” E così dicendo, baciò suo marito con silenziosa passione e insieme si abbandonarono tra le braccia della notte, mentre la cera della candela si consumava lentamente e le ombre della stanza si allungavano, sempre di più, fino a quando nella camera regnava solo il buio più oscuro e una forte cantilena di una bambina piangente non destò il resto della famiglia.

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Capitolo 3
*** Pioggia ***


Note iniziali:

Questa one shot partecipa alla Rivetra Week 2021 progettata su Twitter, seguendo la tematica Bacio sotto la pioggia.

Buona lettura!✨


Pioggia - Rain


Le piccole braccia morbide si allungavano curiosamente verso il vetro che separava le tonde mani dai piccoli dolcetti dalla forma divertente e particolare della panetteria. Il volto si avvicinò sempre di più fino ad appoggiarsi totalmente per vedere molto più da vicino tutti i piccoli pasticcini colorati e ricchi di cioccolato.

“Daisy…” la richiamò la madre. “Non ti attaccare. Puoi lasciare tante impronte e la panettiera si potrebbe arrabbiare!” La prese per una mano. “Tu e tuo fratello siete proprio innamorati del cioccolato!” Sghignazzò tra sé la donna, sorrido alla panettiera che osservava con adorazione la piccola bambina di due anni dai capelli rossi come la madre.

“È una bambina molto carina!” La donna si sporse in avanti per regalare un piccolo biscotto con tante gocce di cioccolato alla bambina. “Tieni. Spero che ti piaccia.” Le sorrise teneramente. 

Daisy sorrise timidamente, nascondendosi dietro alcuni ciuffi che le cadevano davanti agli occhi, e annuì con la testa.

“Come si dice?” Petra le mosse rapidamente la mano che teneva stretta nella sua. “Cosa devi dire alla panettiera?”

“Gr-grazie.” Balbettò la bimba, dando un primo piccolo morso al suo pasticcino.

“E grazie per il tè e il pane!” Continuò la madre, salutando e uscendo dal negozio.

 

“Papà sarà felice!” Esclamò Daisy, aggrappandosi alla gonna della mamma, mentre tornavano a piedi verso la loro casa. “Il tè profuma! È buono! Lo sai… Lo sai, mamma, che papà mi ha detto che gli piace tantissimo il tè? Lo beve sempre.” Saltellò sul proprio posto un paio di volte e infine fece un lungo passo in avanti. “Anche io lo voglio bere. Mamma, posso? Non è vero? Voglio che piaccia tanto anche a me.” Sorrise, guardando gli occhi allegri e spensierati di Petra. “Come papà.”

“È un po’ presto per te…” le fece presente la madre, accarezzandole dolcemente i capelli. “Ma quando vedrai tuo padre, diglielo subito…” le lasciò un piccolo bacio sulla fronte. “Sono sicura che ne sarà orgoglioso.” Ridacchiò serenamente tra sé, mentre prendeva in braccio la figlia di due anni. “Ti piace il biscotto?” Indicò il pasticcino mangiucchiato tra le sottili mani della bambina. “Lo hai quasi finito! È la prima volta. Sei davvero brava!”

“Allora…” sul volto di Daisy si disegnò un grande e magico sorrisetto. “Per merenda posso bere il latte col cioccolato?” Si raddrizzò meglio tra le braccia della madre.

“Va bene. Lo prepariamo anche per Peter, sei d’accordo?”

La bimba annuì prontamente con la testa e, guardando furbamente sua madre con i suoi occhi azzurri e limpidi come il mare, diede l’ultimo morso al suo biscotto. “Papà torna?”

“Certo!”

“Mangia con noi?”

Petra si morse spontaneamente un labbro e sentì inavvertitamente le gambe tremare. “Non lo so, tesoro…” raccolse la testolina della figlia in una mano, cingendosela su una spalla, mentre con lo sguardo osservava guardinga e preoccupata il cielo sempre più grigio e pieno di nuvole temporalesche. “Papà torna…” sussurrò. “E spero… questa sera.” Una forte volata di vento scompigliò bruscamente le ciocche rosse delle due. Petra strinse la busta della spesa che teneva nell’altra mano e fece rannicchiare maggiormente il corpo della bambina contro di sé con una spinta. “Manca poco per arrivare a casa. Daisy accoccolati a mamma. Non voglio che prendi freddo.”

La bimba obbedì immediatamente e cinse le sue piccole braccia attorno al collo della madre, nascondendo il volto vicino al suo vestito morbido e profumato di fiori. “E… Peter?”

“Peter è a casa del suo amico Joshua. Ti ricordi di lui?”

“Sì.” Sussurrò con tono lieve e quasi impercettibile. “Quando torna, Peter?” Si aggrappò ancora più stretta alla madre.

“Lasciamo la spesa in cucina e poi, insieme, lo riportiamo a casa.” Ridacchiò tra sé, muovendo velocemente le dita sulla schiena della bimba per farle il solletico. “Presto saremo di nuovo tutti insieme. Stai tranquilla, Daisy.” Il suo sguardo cadde nuovamente sul cielo sempre più scuro e turbolento, dove una guerra silenziosa decideva il destino delle tante nubi intrecciate e violente sopra di loro. “Te lo prometto, angelo mio.”

 

“Tra poco ci sarà un fortissimo temporale!” Esclamò gioiosamente Peter, affacciandosi velocemente alla finestra della cucina lasciata un poco aperta. “Mamma, guarda!” Si sollevò sulle punte e indicò gli alberi davanti alla loro abitazione che si piegavano facilmente alla potente volontà del vento. “È così… bello!”

“Peter!” Lo richiamò Petra. “Perché ti sei alzato dalla tavola? Non hai finito di mangiare la tua cena!”

“Ma mamma… tra poco ci saranno anche i fulmini! Li voglio vedere!” Il bambino di cinque anni congiunse le mani vicino al suo cuore. “Ti prego, ti prego!”

“No, devi finire la tua verdura.”

“Ma se rimango vicino alla finestra posso… vedere… papà che torna…”

A quelle parole, anche Daisy si alzò dalla sua sedia, sgattaiolando vicino al fratello e saltellando per riuscire a guardare almeno la punta di un alto albero. “Mamma, quando torna papà?”

Petra scattò in piedi e li raggiunse immediatamente, prendendo per una mano la figlia e per il polso il figlio. Con una veloce presa e un fulmineo passo, li rimise a sedere entrambi ai suoi lati. “Papà è ancora in viaggio e voi dovete finire la vostra cena.” Ordinò, stupendosi da sola del suo tono duro e brusco, molto simile a quello che usava Levi. Sospirò e osservò i suoi bambini rattristarsi, mentre inforcavano lentamente gli ultimi pezzi abbandonati sui loro piatti. Petra sapeva benissimo come si sentivano e le dispiacque molto di averli richiamati in quel modo, ma anche lei come loro era impaziente, nervosa e stanca di aspettare il ritorno di suo marito.

-

“Dove vai, Levi?” 

Il corvino aveva la testa china sulla sua sacca piena di cibo e di vestiti puliti. “Petra, devo risolvere alcune faccende con Jean e Connie.”

“È ancora… Per caso, riguarda gli accordi…?”

“Sì, ma ci vorrà poco.” L’anticipò lui insieme ad un benevolo e docile sorriso.

Il cuore di Petra si bloccò improvvisamente, come se un fulmine l’avesse colpita in pieno petto. “Cosa dirò ai bambini? Quanto tempo starai via?”

Levi le rivolse un’occhiata seria, matura, ma allo stesso tempo dolce e piena di significato. “Andrà tutto bene. Ai bimbi… dì loro che devo fare alcuni giri con due miei vecchi amici e…” si fermò per inspirare un po’ d’aria e per guardarla meglio negli occhi. “Petra, te la caverai. Io me la caverò. Ce la caveremo. Insieme. Come abbiamo sempre fatto. Non starò via per molto, tesoro. Al massimo una settimana.” Raccolse il volto di sua moglie tra le mani.

“Ci mancherai.” Bisbigliò, mentre due lacrime bagnavano le sue gote abbracciate dal naturale calore di Levi.

“Tornerò prima che voi vi possiate accorgere della mia assenza.”

-

Il naso le prudeva terribilmente e in un attimo i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime, mentre nella sua mente scorreva come una frenetica pellicola il ricordo dell’ultima conversazione avuta con suo marito ben dieci giorni prima. Era passata più di una settimana e di Levi non c’era traccia. 

“Levi… mi hai mentito. Ci hai mentito.” Sussurrò, prima di serrare la bocca dietro al palmo di una sua mano, mentre lavava i piatti sporchi in una cucina lasciata alla penombra, vuota e lontana dalle risate di sua figlia e dai continui discorsi fatti ad alta voce di suo figlio nelle loro camere.

“Petra…” Un fulmine investì rapidamente il cielo, illuminando per un fugace istante tutta la stanza di un bianco puro come la neve e lasciando sulla donna fiumi di pelle d’oca al solo udire il suo nome pronunciato da quella voce che conosceva fin troppo bene, trasportata e rubata via dall’incessante temporale.  

La donna si voltò immediatamente verso la porta, facendo scivolare parte del sapone per terra. “Levi?” Bisbigliò con occhi sgranati. “Le-Levi?” La sua voce cominciò a morirle al centro della gola, come congelata e strappata violentemente da lei. Tanti brividi le solleticarono la schiena e le gambe, mentre si asciugava le mani su un panno accanto al lavandino chiuso. La cucina era vuota. Non c’era nessuno con lei. “Eppure…” sussurrò tra sé. “Mi era sembrato… di… sentirlo…” Si coprì gli occhi e cominciò a piangere, ringraziando mentalmente la pioggia di attenuare e coprire i suoi singhiozzi con il suo naturale e continuo frastuono di ticchettii contro i vetri. Un tuono rimbombò per tutta la loro campagna, dando la possibilità alla donna di poter terminare il suo sofferto pianto nascosto e di soffiarsi il naso senza che i suoi figli si preoccupassero e la vedessero in quello stato dolorante, pallida e priva di forze. “Io… io non posso… non posso fargli questo.” Si ripeté come un mantra, mentre asciugava le gocce di sapone sul pavimento e sistemava i piatti dentro la credenza. “Io non posso… io ho sempre creduto in lui anche…” si morse violentemente un labbro, prima di espirare una manciata d’aria pesante. “Anche quando non c’era alcuna via d’uscita dalla guerra. Io non posso… ora… lui non se lo merita.” Sospirò tremante. “Io devo credere in lui, in mio marito.” Ingoiò con forza un po’ della saliva per umidificare la gola secca e, con un movimento deciso, si aggiustò la gonna del suo vestito. “Io so che tornerai.”

In quel momento una voce dal corridoio richiamò la sua completa attenzione. “Mamma! Mamma! Peter mi ha rubato Molly!”

Petra si strofinò velocemente la faccia per svegliarsi da quel sogno, dal sapore simile di un incubo ad occhi aperti, fatto di lontani e vicini ricordi, addobbato dai suoi sentimenti fortemente in contrasto dentro di lei. Si stiracchiò le braccia, si accorciò le maniche e con passo svelto si incamminò verso le voci squillanti dei suoi bambini. “Levi tornerà, Levi tornerà, Levi tornerà.” pensava tra sé, mentre la sua voce e il suo corpo mostravano una Petra più sicura di sé, che si allontanava sempre di più dalla cucina vuota.

 

“Mamma! Daisy ha disegnato dentro i miei libri sulle stelle!” 

“Lui mi ha rubato la bambola!” Intervenne la più piccola.

“Sì, perché… guarda cosa stai facendo, Daisy!” Peter era rannicchiato sul suo letto in ginocchio con le braccia conserte e con un rosso broncio che spiccava dietro la sua frangia nera. “Quei libri me li ha regalati papà e lei me li ha rovinati!” Indicò con rabbia la sorella che iniziò a piangere in quell’istante, chiamando più volte sua madre.

Petra la raccolse da terra, dove era accovacciata a disegnare su qualche foglio bianco e, purtroppo, in qualche pagina dei libri di suo fratello. Abbracciò e coccolò teneramente sua figlia tra le sue braccia, sussurrandole frasi dolci e rilassanti e spiegandole altrettanto cosa aveva sbagliato e il motivo della rabbia di Peter.

“Io non volevo…” bisbigliò Daisy. “Anche a me piacciono le stelle.” Si grattò docilmente un occhio umido, prima di rivolgersi direttamente a suo fratello. “Scusa.”

Come risposta, Peter strinse maggiormente le dita delle mani e dei piedi scalzi, intento a non voler cedere facilmente alla pace. Si voltò di scatto verso la finestra proprio nel momento in cui la pioggia aumentò la sua potenza, battendosi selvaggiamente contro i vetri.

“Peter… tua sorella sta chiedendo il tuo perdono.” Petra si avvicinò al letto del bambino e si sedette accanto a lui. “Non l’ha fatto apposta. Ha usato solo la matita, quindi si può cancellare facilmente tutto.” Afferrò il corpo rigido del figlio da dietro la schiena per stringerselo a sé insieme a Daisy. “Fate pace?” Percepì le braccia di Peter farsi improvvisamente più morbide e calde, mentre si sistemavano attorno a lei, e il suo respiro diventare più calmo e rilassato contro il suo vestito. “Allora?”

“Va bene…” acconsentì il bambino dal cuore d’oro. 

“Bravo, tesoro della mamma.” Gli regalò un soffice e affettuoso bacio sulla fronte, accarezzando ripetutamente le sue ciocche nere. “È ora di fare la ninna. Tutti e due.”

“Mamma…?”

“Dimmi, Peter.”

Il bimbo sollevò i suoi occhi gialli pieni di vita su quelli annebbiati e ombrosi di sua madre. “Vuoi che dorma con te stanotte?” 

“Peter, sei un bambino davvero premuroso.”

“Non voglio che tu sia sola…” spiegò il piccolo, abbracciandola maggiormente. “E poi… fuori c’è il temporale. Sembra che stia per finire il mondo.”

Petra ridacchiò silenziosamente tra sé, lasciando un altro bacio tra i capelli di suo figlio e uno nuovo sulla guancia della piccola Daisy, i cui occhi tentavano invano di rimanere svegli più che potevano. “È solo una forte tempesta. Dopo giorni caldi, purtroppo c’era da aspettarselo.”

“Sì, ma hai bisogno che qualcuno… sì… che ti stia a fianco.” Insistette il bambino con un po’ di esitazione. “Potresti avere paura.”

“Peter, tua madre è forte.” Lo rassicurò. “Lo sai, anche se…”

Lo sguardo del bimbo si illuminò, aprendosi e sfoggiando tutte le allegre e affascinanti sfumature che nascondeva, comprese le sue illeggibili paure mescolate alla sua infantile vivacità.

“Stanotte vorrei essere accompagnata da un valoroso cavaliere e da questa piccola dama…” La donna mosse il braccio che teneva sua figlia ben salda contro di sé. “Che è già volata nel mondo dei sogni. Vogliamo raggiungerla, mio cavaliere?” Propose a Peter con un affettuoso sorriso, mentre lo aiutava a scendere dal suo letto per raggiungere insieme la camera da letto più grande.

 

Un grosso boato temporalesco destò Petra dal suo sonno irrequieto. Si sollevò delicatamente con il busto, puntando i gomiti nel materasso, e di scatto si voltò subito a controllare i suoi figli. Sia Daisy che Peter dormivano beatamente e profondamente accanto a lei, non accorgendosi affatto della tempesta che infuriava fuori dalla loro casa. La pioggia era aumentata di gran lunga, il vento piegava pericolosamente i rami degli alberi e il cielo era un campo di battaglia tra fulmini e tuoni. Petra scivolò silenziosamente fuori dalle coperte e si incamminò verso la cucina, necessitando assolutamente di un tè che potesse calmare la sua mente confusa e piena di pensieri. Dopo qualche passo fatto in punta di piedi, accese una piccola luce vicino ai fornelli e prese un pentolino per l’acqua. Stava per aprire il rubinetto, quando udì un suono simile al nitrito di un cavallo venire dal giardino. Fu in un secondo. O poco meno. Lei sgranò gli occhi, la gola le si seccò, la testa le vorticò e le braccia si bloccarono insieme alla gambe come delle colonne di puro ghiaccio. “È mai possibile…” Non aspettando altro tempo inutile, lasciò cadere il pentolino ancora vuoto nel lavandino e corse velocemente verso la porta. Strinse tra le mani la maniglia e in quel momento le riaffiorò in mente, come un’esplosione abbagliante ed elettrica, il ricordo di lei incinta che osservava l’alba della primavera, mentre Levi preoccupatosi per lei e per la sua seconda gravidanza la incitava a rientrare. Gli occhi gialli, scuri e tentennanti di Petra erano fissi sull’oggetto freddo che teneva fra le dita improvvisamente umide e sudate, quando un’ombra scura, contornata da tantissimi rami spogli, si mosse distante dalla sua finestra. “C’è qualcuno…” bisbigliò, proprio nell’istante in cui un altro nitrito più acuto riecheggiò per la campagna, segno che questa persona stesse frenando il suo cavallo dopo una lunga e irrefrenabile corsa. Lei lo sapeva bene. Grazie alla sua esperienza da soldato, lei lo capì subito. Inspirò ed espirò, tentando invano di tranquillizzare le sue emozioni dominanti e attorcigliate nel suo stomaco esplose per tutto il corpo contemporaneamente ai tre fulmini caduti lontani nel cielo. Lei sapeva. Lei sapeva che quella persona non era un estraneo, non era un ladro, non era un vagabondo o uno straniero bisognoso di un riparo. Inspirò nuovamente e, guidata dalla forza dirompente del suo istinto, aprì la porta e corse verso la fonte del terzo nitrito dell’animale, nascosto ormai dentro la stalla nel posto riservato al cavallo di Levi.

“Levi.” Sussurrò affannosamente, seguendo le orme nel fango con grandi falcate. “Levi!” Finalmente urlò con tutto il fiato che possedeva in gola, mentre la pioggia cominciava a bagnarle ogni centimetro del vestito, dei capelli, del corpo. “Levi! Levi!” Si fermò sotto la tettoia della stalla completamente zuppa, dalla testa ai piedi, attendendo. 

Da dietro la criniera del cavallo sbucò a passo lento l’ombra di un uomo incappucciato che si dirigeva verso di lei.

“Levi…” bisbigliò un’ultima volta a se stessa, come a volersi destare da quel possibile e agognato sogno senza che alcuna vera lacrima la minacciasse di bagnarle gli occhi.

La figura oscura avanzò, abbassò lievemente il mantello, strizzò la sua sacca vuota e la lanciò su di una sedia lì accanto, si spazzolò dalle braccia qualche goccia d’acqua piovana e, solo infine, si tolse completamente il cappuccio per lasciarsi guardare in faccia dalla donna. “Petra…” sospirò ansimante. “Sono io.”

“Lo so.” Si portò una mano davanti alla bocca e morse violentemente un labbro, tanto da sentire un leggero sapore di metallo correrle lungo la lingua.

Senza esitare, l’uomo ridusse la poca distanza che li separava. “Finalmente ho un po’ di luce che rischiara e riscalda di nuovo il mio cammino.” Le disse con tono basso e roco, aggrappando una mano attorno al polso sollevato di Petra per abbassarglielo delicatamente. “Non sai quante volte ho avuto bisogno di te durante il viaggio.” Le accarezzò il mento e il collo. “Della parte più chiara, gentile, buona della mia anima, che conservi tu.” Le dita scivolarono sulla piccola ferita del labbro inferiore. “Ne avevo davvero bisogno. Sai come posso diventare senza…” socchiuse appena gli occhi, che per un fugace istante si posarono lontano dal volto di lei. “Mi sei mancata.” Sospirò lievemente. “Petra…” sussurrò il suo nome con sottile e silenziosa veemenza, prima di concedere alle loro bocche un bacio dalle sfumature calde, umide, salate e dolci, piene di bramosia e di impazienza, fiamme ardenti, lucenti ed elettrizzanti fulmini si racchiusero magicamente e desiderosamente tra le loro danzanti e vivaci lingue, mentre le loro smaniose mani si aggrappavano e afferravano tutto ciò che toccavano o sfioravano dell’altro.

Un tuono rimbombò per tutta la campagna. I due amanti si staccarono appena l’uno dal volto dell’altra, unendo le loro fronti e intrecciando le loro dita lungo i fianchi, mentre i loro sguardi si cercavano curiosi e felici tra le ombre profonde e stanche che contornavano le loro palpebre semichiuse.

Le labbra di Petra si curvarono leggermente verso l’alto, osservando dettagliatamente le iridi dell’uomo spolverate di un chiaro azzurro misto al bianco, che le regalavano un’infinità di intimi brividi accoglienti e pericolosi. Spinta da una selvaggia e dirompente scossa, forte e potente quanto il vento che le accarezzava il corpo bagnato e piegava ogni albero attorno a loro, e dall’argentato riflesso sottile e ramificato di un fulmine imprigionato negli occhi burrascosi e roventi di Levi, Petra si abbandonò nuovamente alla passione che l’aveva consumata in tutti quei lunghi giorni d’attesa. Un desiderio sofferto, sperato, amato e bramato nel silenzio, tormentato e confuso, triste e sognato tremendamente tra molte lacrime. Lo abbracciò fortemente contro di sé e lo baciò, mordendogli le labbra con disperazione e leccandogli ogni centimetro della bocca con amore.

Attorno a loro la natura infuriava in un immenso turbine di battaglie fra gli elementi, accolti in un cielo in guerra, rastrellato da lampi e saette contornati continuamente dalla figura sottile e trasparente dell’incessante pioggia testarda e pesante, mentre il puro e l’esplosivo caos avvolgeva i due amanti ansimanti e schiavi delle volontà delle loro anime e dei loro corpi.

Sono a casa, Petra.” Bisbigliò Levi con tono profondo.

Petra lo strinse maggiormente a sé. “È finita? Avete risolto… tutto quanto?”

A quelle due domande lui si staccò appena da lei, ma solo per poterla guardare dritta negli occhi e affondare le mani sulle sue spalle. “Domani ti racconterò tutta quella merda. Ora non è il momento.” Socchiuse di molto le palpebre. “Sei zuppa e questo non va bene.”

La donna ridacchiò sinceramente, pensando a quanto le fosse mancato suo marito e la sua sincera premura verso di lei e i suoi figli.

Tzk. Rischi una merda di raffreddore o, peggio, la febbre. Forza…” prese per mano la moglie e alzò appena il suo mantello per coprirla dall’acqua piovana. “Sbrighiamoci.” E improvvisamente la sua voce si abbassò di nuovo, ma questa volta le note furono più dolci e affettuose. “Voglio vedere Daisy e Peter. Quei marmocchi mi sono mancati così tanto… più dell’odore del pulito.” I suoi occhi azzurri si posarono lentamente su quelli gialli e innamorati di Petra. “Ma prima di svegliarli… voglio stare solo con te.” Posò con genuina morbidezza le labbra su quelle gonfie e ormai consumate di lei. Poco a poco, seguendo il suono e il ritmo sempre più forte della pioggia contro la tettoia della stalla, intensificò il loro incontro, trasformandolo ben presto in un puro, ruvido, volgare ed eccitante bacio d’amore, che travolse entrambi in un’immaginaria e intima onda di intense sensazioni furiosamente vivaci e terribilmente ardenti. I loro corpi bruciavano scintillanti come diamanti sotto le tante e continue gocce di pioggia, che scendevano come rapide sulle loro pelli scottanti e unite.

“Ti va di rientrare, Ackerman?” Bisbigliò lei con tono malizioso mescolato ad un leggero accento simpatico.

“Certo, Signora Ackerman.”

Petra gli accarezzò teneramente una guancia, asciugandogliela dalle gocce fredde di pioggia. “Bentornato a casa, Levi.”

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Capitolo 4
*** Neve ***


Note iniziali

Questa one shot partecipa alla Rivetra Month 2021 progettata su Twitter, seguendo la tematica Domestic.

Buona lettura! ✨

 

Neve - Snow

 

Grandi fiocchi di neve cominciarono a cadere lentamente dal cielo bianco che ricopriva tutta quanta la cittadina, come una larga coperta chiara e grigia, inaugurando l’inizio dell’inverno.

“Bambini, state attenti a non sporcarvi.” Esclamò la maestra, mentre aiutava alcuni suoi alunni con i colori. “Domani sarà l’ultimo giorno per sistemare il vostro lavoretto di Natale, prima delle vacanze.” Sistemò due piatti sporchi di pittura sulla cattedra e iniziò a girare tra i banchi. “E’ bellissimo! Ottimo lavoro, Hannah! E’ stupendo, Kim! Ti manca poco per finirlo! Bravo!” Deliziò i suoi piccoli scolari della prima classe con diversi complimenti. “Joe, sono sbalordita! Mi piacciono molto i colori che hai usato per ricreare la…”

Neve! Guardate, amici! Nevica!” Urlò gioiosamente il bambino dai capelli neri seduto accanto ad una delle finestre dell’aula, alzandosi in piedi e attaccando il volto contro il vetro.

Quell’esclamazione ricca di pura felicità fermò il via vai di fogli, piatti, bicchieri e di tavolozze tra i bimbi, che furono attratti dalla grande cascata bianca fuori dalla loro scuola.

“Peter…” l’insegnante sospirò sottovoce, dando prima una veloce occhiata all’alunno dalla testa nera come la pece che aveva notato per primo la grande nevicata.

I piccoli studenti di sei anni osservano attentamente con la bocca aperta e con occhi spalancati lo stupore davanti a loro in un rigoroso silenzio, dando spazio allo stupore che traboccava dai loro ingenui sguardi. Tuttavia quella rilassante quiete durò per poco tempo, giacché tutti gli alunni cominciarono ad urlare contemporaneamente vivaci espressioni.

“Maestra, la neve! È la neve!” Gridò Kim.

“Che bella!” Esclamò Hannah.

“Guarda come scende! Io ci ho già giocato, sai?” Intervenne Joshua.

“Anche io!” Gli rispose il suo compagno di banco Peter. 

“Io lo vorrei tanto…” Si intromise Joe. 

“Maestra! Maestra!” Urlò ancora Kim.

Uno dei bambini si allontanò di poco dalla finestra e si voltò distrattamente verso l’insegnate appostata dietro di loro, cercando di catturare la sua attenzione. “Ehm… maestra? Possiamo uscire?”

“Sì!” Tutta la classe gridò in coro con le mani giunte, strette strette, al petto. “Per favore! Per favore! Per favore, maestra!”

L’insegnante si morse delicatamente un labbro. “Bambini…” cominciò, alleggerendo e ammorbidendo il suo tono di voce. “Dobbiamo finire i lavoretti per Natale! Non volete regalare qualcosa fatto da voi ai vostri genitori?” 

“Sì!” Gli alunni le risposerei nuovamente all’unisono.

La maestra tirò un silenzioso sospiro di sollievo, alleggerendo la leggera tensione raccolta sulle spalle in poco tempo. “Allora… forza! Finiamo i vostri doni!” Esclamò, allargando gli occhi insieme a quelli gioiosi e allegri dei bimbi e muovendo le braccia per farli sistemare ognuno al proprio posto. 

I suoi piccoli studenti le camminarono velocemente accanto. “State attenti!” Diceva loro, mentre scuoteva qua e là i capelli di chi le capitava sottomano. “Mi raccomando! Non correte! I lavoretti non scappano!” Sorrise a ciascuno, tentando di ristabilire l’ordine nella sua aula. “Allora… ricominciamo?” Si sfregò rapidamente le mani con una faccia divertente e buffa, sollevando un’onda di risate infantili e melodiose. “Pronti! Partenza… via!” 

Al suono allegro e vivace dell’ultima parola urlata della maestra tutti i bambini iniziarono a giocherellare e a lavorare sui propri futuri regali, dimenticandosi dei grandi fiocchi di neve che cadevano lentamente a qualche metro da loro. L’insegnate provò con diverse musichette cantate e con alcuni simpatici e innocui passetti di danza a far concentrare l’attenzione dei suoi studenti su quello che accadeva dentro e non fuori le mura della classe.

Fatta eccezione di uno.

L’alunno dalla chioma nera come la pece, innamorato della natura e dell’avventura. 

Peter Ackerman, seduto all’ultimo banco, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla lenta meraviglia e silenziosa armonia che ballava e splendeva al di là della finestra, fuori dall’aula. Il regalo per la sua famiglia giaceva indisturbato e solo a qualche centimetro dai suoi gomiti, piegati a sorreggere il suo volto paffuto e caldo rivolto verso il paesaggio sempre più bianco. Aveva quasi completato il suo lavoretto, gli mancava giusto da attaccare qualche fiocchetto al pupazzo di neve che aveva disegnato nel piccolo album ricco di suoi disegni, perciò si lasciò trasportare dal ritmo soffice e danzante dei fiocchi di neve senza alcun pensiero o senso di colpa invadente. Fece scivolare lentamente le sue guance da un palmo ad un altro, mentre osservava cautamente e attentamente la nevicata che diventava sempre più maestosa e veloce. Il suo grande sguardo giallo, curioso e birichino, si perse tra i balli silenziosi e ondeggianti dei fiocchi, catturato e persuaso dal bianco e trasparente venticello che giocherellava tra la neve e roteava armoniosamente tra gli spogli rami degli alberi della scuola. Quella scia invisibile e banale a chiunque, ben presto si trasformò ai suoi occhi ricchi di fantasia in scintille brillanti, polveri magiche e code fatate. Tutti elementi e caratteristiche delle favole che sua madre gli raccontava prima di addormentarsi sotto le sue coperte calde e accoglienti. Spinto da un’azione istintiva e naturale, Peter si accarezzò le braccia e si curvò maggiormente su se stesso, come era abituato a fare dentro il suo letto dopo ogni storia dei suoi genitori per augurarsi la buonanotte e poter dormire. Un piccolo sorriso nacque sul suo volto sereno e incantato, mentre intravedeva con l’immaginazione lucenti scie colme di stelline argentate che si univano alla precisa e deliziosa danza dei fiocchi, accompagnandole lungo la loro caduta. “Non vedo l’ora… di tornare a casa…” confessò con voce sognante e lo sguardo ipnotizzato e meravigliato dalla neve. “Chissà se… mamma è felice… che nevichi.” Il volto sorridente di Petra si disegnò facilmente nella mente del bambino che si rallegrò ancora di più nell’immaginarlo, sprofondando maggiormente nel desiderio di voler riabbracciare e stare con la sua famiglia. “Joshua.” Chiamò il suo amico e compagno di banco. “Oggi… devo tornare con te! Ti ricordi?”

Il bimbo alzò la testa dal suo lavoretto ancora incompleto. “Sì! Che bello!” Esordì con entusiasmo. “Torni con me e mamma.” La sua bocca si aprì per lasciar spazio ad un grande sorriso. “Ci divertiamo!”

Peter annuì prontamente e rispose all’emozionante espressione colorata sul volto dell’amico con due grandi e brillanti iridi gialle colme di gioia. “Sì! Giochiamo!” 

 

“Peter…” Sospirò il nome di suo figlio, trattenendo a stento un dolce sorriso, mentre gli accarezzava qualche ciocca nera bagnata. “Se ti vedesse tuo padre…” Abbassò di molto il suo tono.

“Mi manda subito a fare la doccia!” Esclamò il piccolo, alzando le braccia in alto e sogghignando. 

“Che cos’è successo?” Gli chiese con voce preoccupata dal pizzico curioso. “Avete giocato a palle di neve?” Inarcò un sopracciglio e guardò di sottecchi il figlio, strappandogli una piccola e melodiosa risata sincera dalle sfumature accese e rosate delle gote.

“Sì, mamma…” ammise in un dolce sussurro. 

Petra si piegò sulle sue gambe per essere alla stessa altezza di Peter. Gli diede una veloce occhiata per tutto il corpo, notando da vicino i pantaloni bagnati fino alle ginocchia, qualche chiazza d’acqua sui polsi e tutte le ciocche gocciolanti. “Tesoro…” strofinò le dita sui tessuti umidi. “Dobbiamo subito farci una doccia!”

“Ma… mamma… io ho fame!” Si lamentò il bimbo, accarezzandosi la pancia.

“Peter!” Lo richiamò una voce forte e decisa dietro di lui, accompagnata dalla bassa statura ferma sulla soglia tra la cucina e il corridoio. “Forza!” Lo incitò ancora. “Cosa aspetti? Hai le scarpe sporche…” borbottò tra sé alcune imprecazioni, alzando lo sguardo azzurro al soffitto pur non incrociare quello rimproverante di sua moglie.

Il bambino si voltò verso la fonte di tutti quei indistinguibili brontolii acidi e impazienti. “Papà!” Gli occhi gialli si illuminarono come due lampioni caldi in una città sommersa dal bianco, lo stesso colore che accoglieva quella stanza spennellata dal grigio del cielo innevato.

Levi si incurvò lentamente in avanti senza fare alcun passo, stabile e immobile nella sua posizione, e incrociò le braccia al petto. “Peter.” Con un veloce scatto della testa indicò al figlio la porta del bagno nel corridoio. 

Il bimbo annuì prontamente e cominciò a muoversi per raggiungere il padre. “Va bene, pa…” 

“Fermo!” Lo bloccò, allungando le braccia e aprendo le dita verso il bambino. “Non fare nessun… non provare a sporcare il pavimento della cucina con quelle me…” Al suono di quella sillaba, annunciatrice di una parola ritenuta impronunciabile davanti ai loro figli, il suo sguardo si spostò da solo, posandosi spontaneamente sulle iridi sgranate, accese e infiammate di Petra. “Ehm… quelle sudice e luride scarpe di me…”  Si morse la lingua dinanzi agli occhi sempre più cattivi e rimproveranti di sua moglie. “Di… di…” La mente correva velocemente alla ricerca di un’altra parola che sostituisse il suo tipico e offensivo “merda”, ma con risultati davvero pessimi.

“Levi.” Petra chiamò l’attenzione di suo marito improvvisamente balbettante. “Sta’ tranquillo.” Prese in braccio Peter, toccandogli ancora qualche ciocca bagnata per eliminare qualche goccia di troppo e tentare di tamponarle un poco. “Dopo pulisco…”

“No. No.” Si intromise il marito, staccandosi finalmente dalla porta per andare incontro a sua moglie e al suo primo figlio. “Ci penso io.”

“Anche io! Anche io!” Esclamò con eccitazione il bambino, saltellando tra le braccia della madre e rubando un sincero sorriso dalle sottili labbra di suo padre.

“È proprio tuo figlio…” Commentò lei con tono scherzoso. 

“Perché c’erano dubbi?” Levi la guardò di sottecchi, sottolineando un’espressione al limite della sua solita serietà.

Petra sogghignò tra sé, facendo sobbalzare suo figlio su un braccio per sistemarlo meglio contro di sé. “No. Ci sei sempre stato solo tu.” Diede un fugace bacio alla bocca fresca di suo marito, prima di avviarsi in bagno con Peter che osservava felicemente il volto sorpreso e addolcito di suo padre tra le ciocche rossastre di sua madre. “Ti stai facendo sempre più grande!” Esclamò lei al bambino, che distolse subito il suo allegro e curioso sguardo da Levi per guardare Petra e regalarle due bacetti sulla guancia.

L’uomo sbatté più volte le palpebre, mentre osservava sua moglie scomparire lentamente dalla sua vista insieme a Peter. Dovette ammettere a se stesso che, nonostante i tanti anni di matrimonio ormai alle loro spalle e i momenti condivisi prima, ancora doveva abituarsi davvero a quelle dichiarazioni così sincere, nette e precise come frecce nel petto, cariche di un forte calore e del puro e solido amore di sua moglie. “Ehm… Petra?” La chiamò senza rendersene conto.

La donna si fermò sui suoi passi al suono impreciso e delicato della voce di suo marito. “Dimmi… Levi.” Gli rivolse un’espressione interrogativa. 

Lui tossì, fingendo di doversi schiarire la gola ed espirare un po’ d’aria, quando in realtà cercava di prendere del tempo per sé per poter trovare una buona scusa per averla bloccata improvvisamente all’inizio del corridoio. “Daisy!

“Sì…? Le è successo qualcosa…?”

“No!” Gli sfuggì con lo stesso tono troppo alto con cui aveva detto il nome della figlia. “No.” Si ricompose in poco tempo. “No. Sono andato a controllarla. Ancora dorme, ma temo che con il rumore della doccia si possa svegliare.”

Petra sbatté le palpebre, ascoltando attentamente suo marito. “Va… bene. Non fa niente. È passata più di un’ora da quando l’abbiamo messa a letto per il suo riposino pomeridiano.” Gli fece un occhiolino e lo lasciò da solo nella cucina vuota e illuminata dal tepore bianco e accogliente delle nuvole innevate, mentre una dolce e melodiosa canzoncina accompagnata dal suono ritmico e scrosciante dell’acqua rischiaravano e abbellivano l’aria calda e familiare della loro casa sempre più piena.

 

Un leggero lamento lo chiamò nella sua camera addobbata ancora una volta da un lettino in più. Nella penombra grigia, sfumata da pennellate bianche qua e là, giaceva nella sua culla il piccolo Ivan Ackerman: nato più di anno fa, nove mesi dopo il lungo e uggioso viaggio compiuto con alcuni suoi vecchi amici di guerra. Il bambino gli assomigliava tantissimo, occhi azzurri e capelli neri, fatta eccezione del taglio del suo sguardo, vivo e dolce, chiaramente ereditato da Petra. Potevano sembrare due gocce d’acqua dinanzi ad uno sconosciuto, ma Levi sapeva riconoscere il vivido e allegro sprazzo scintillante rannicchiato giocosamente tra le iridi dorate di sua moglie. E lui riusciva a vederlo chiaramente in quelle azzurre di suo figlio che lo osservavano con gioia e stupore. Ivan allungò le morbide braccia verso il padre, come a volerlo chiamare. Levi si avvicinò al piccolo e si lasciò accarezzare il naso, le guance e la bocca dalle dita grassottelle e calde di suo figlio, che non smetteva di regalargli tanti sorrisi diversi, ma tutti contenti e solari. Il papà gli sfiorò più volte la pancina con la punta del naso, facendolo ridere spensieratamente come se quello fosse il gioco più divertente al mondo. “Allora, piccolo ometto…” lo guardò di sottecchi. “Ti vuoi alzare?” Annuì con la testa per contagiare la risposta del figlio che subito copiò il suo movimento. “Perfetto. Sei davvero bravo!” Si accovacciò e lo prese in braccio per dondolarlo un po’.

“Papà!” Un altro lamento, decisamente diverso da quello di Ivan, arrivò dalla stanza accanto. “Papà!” La sonora e squillante voce si avvicinava velocemente. “Papà!” Più il suo nome veniva chiamato, più il tono si faceva vicino a loro. “Papà!”

Levi si voltò rapidamente verso la porta, dove una meravigliosa bambina di tre anni era ferma come un piccolo soldatino. “Che cosa c’è, Daisy?”

“Nulla!” La piccola allargò simpaticamente le braccia. “Sono sveglia!” Sogghignò tra sé e corse più veloce di un razzo verso il letto di Petra e Levi, dove vi salì per abbracciare il padre e il fratellino. “Che facciamo adesso?”

Levi le accarezzò teneramente i capelli ramati come quella della moglie. “Non lo so… vuoi giocare?”

“Con te?”

“Papà deve pulire la cucina.”

Daisy sbuffò silenziosamente. “Va bene… ti posso aiutare?”

“Sì! Mi faresti molto contento!” Le baciò la fronte e la punta del suo nasino. 

“Ma…” Stirò in avanti la maglia del suo pigiama, come se si vergognasse un pochino. “Prima… possiamo… bere del tè?” 

Ivan sobbalzò gioiosamente tra le strette e forti braccia di Levi.

“Sì! Lo sapevo! Il mio fratellino è d’accordo!” Daisy alzò le braccia verso l’alto e cominciò a saltare sul morbido materasso del letto.

“Hey!” La richiamò Levi con tono duro. “Conosci anche le regole. Non si saltella sui letti!” La rimproverò, cercando invano di afferrarla con solo una mano libera. Tra una presa falsa e un’altra completamente a vuoto, sentì un rumore sordo e deciso provenire dal bagno e la cascata d’acqua della doccia spegnersi subito dopo. “Petra!” Gridò, lasciando perdere la figlia felice che continuava a ripetere la parola ad ogni salto.

“Sì, Levi? Noi abbiamo finito!” Lo informò, urlando dall’altra stanza.

“Fantastico!”

Petra si schiarì e abbassò leggermente la voce. “Che cos’è successo?” Capì subito che qualcosa non andava dal tono sarcastico del marito.

“Mi serve una mano. Le due pesti più piccole si sono svegliate!”

 

Il fuoco scoppiettava animatamente nel camino del piccolo soggiorno, scintillando tra i pezzi di legna stuzzicati da un paio di pinze in ferro battuto. Levi le muoveva abilmente tra le rosse e gialle lingue vivaci della calda fiamma che gli colorava lievemente le gote e faceva brillare il sottile occhio color ghiaccio. Seduto sulle sue ginocchia, dava un ultimo sguardo al gioco ipnotizzante del fuoco, cercando di rimanere aggrappato al presente e a tutto ciò che possedeva ora. I flashback del suo passato alleggiavano ancora attorno a lui, ma solo come silenziosi e innocui fantasmi. Adesso c’erano le risate, le grida, la felicità e l’infantile spensieratezza a incorniciare la sua nuova vita e che facevano tacere tutti i suoi ricordi bui. Un inizio cominciato diversi anni prima, dove ora abitava con gioia, piacere e pace. Il ruolo di padre non era facile, ma era bello, divertente e stimolante e lo preferiva di gran lunga a quello di capitano di una fazione abituata alla morte e alla perdita. Espirò dalla bocca una manciata d’aria per spazzare e mandare lontano da lui le ombre passate che si erano fatte di nuovo troppo vicine a lui.

“Papà!”

Eccola la luce. Un potente e forte raggio che schiarì e aiutò la sua mente a spazzare via, ancora una volta, quei fantasmi. Levi si voltò verso la voce squillante di suo figlio, che con piccoli e precisi passi lo raggiungeva con in mano una tazza di tè. “Peter… sarei arrivato da voi tra poco. Così rischi di bruciarti le mani…”

“Non scotta.” Lo rassicurò subito il bimbo, rivolgendogli un sorriso smagliante e porgendogli la tisana fumante. “Ci ho soffiato sopra per cinque volte.” Ammise, intrecciando orgogliosamente le dita dietro la sua schiena per gonfiare simpaticamente il petto.

“Le hai contante?” Le labbra del padre si curvarono dolcemente verso l’alto.

“Sì.” Peter annuì prontamente. “E con tutta l’aria che avevo. Sai…? Sono molto bravo! Al mio compleanno la maestra me l’ha detto! Sono molto bravo a soffiare! Ho spento tutte le candeline insieme!” Allargò ancora di più il suo puro sorriso. “Diventerò forte come te, papà! Non è vero?”

Levi aprì un braccio e spinse il figlio contro di sé per farlo cadere su di lui e poterlo abbracciare affettuosamente. Lasciò la tazza su un piccolo tavolino dietro di loro e strinse maggiormente Peter addosso di lui. Voleva che il fresco e dolce profumo del bimbo gli inebriasse completamente ogni senso e lo inondasse con la sua morbidezza. “Sei un super ometto!” Esclamò, cominciando a fargli il solletico. “Non è da tutti saper soffiare così bene!”

Peter iniziò a ridere spontaneamente, muovendo confusionalmente braccia e gambe, mentre cercava di proteggersi invano la pancia e le ascelle: i suoi punti deboli. 

Levi continuò per un altro po’, fino a quando notò le guance di suo figlio colorasi di un lieve rosa più scuro. Gli accarezzò i capelli neri come i suoi e allisciò qualche ciuffo ribelle. “Peter…” lo richiamò con tono basso e benevolo, sistemandogli la frangia che ostinatamente aveva voluto mantenere nel tempo per continuare ad assomigliare a lui. “Mio piccolo marmocchio.” Attese che i grandi occhi gialli si posassero su di lui, incontrando il suo sguardo inteso e affettuosamente serio. “Diventerai migliore di me. Sarai più forte di me… perché tu sei nato dalla parte più bella di me.”

Peter sbatté le palpebre per un paio di volte, tentando di comprendere il significato dietro a quelle parole pesanti e forti di suo padre, ma ancora era troppo acerbo, troppo piccolo per quelle frasi pregne di un’accessibile sincerità ed elevata maturità.

“Ricordatelo.” Gli sorrise amorevolmente. “Un giorno capirai. Sta’ tranquillo.”

“Hey! Hey! Cosa sta succedendo qui? Cos’erano tutte quelle risate?” Esordì Petra, entrando nella stanza con in braccio l’ultimo arrivato della famiglia Ackerman che giocherellava con alcune delle sue ciocche rosse. 

“Papà!” Esclamò gioiosamente Daisy, balzando con le braccia aperte da dietro la gonna lunga di sua madre per pararsi al centro del soggiorno. “Sorpresa! Ci sono anche io!” Sghignazzò tra sé. “Ti sei spaventato?” Socchiuse i suoi vispi occhi azzurri ricchi di furbizia. 

Levi le fece segno di avvicinarsi con la testa, ma la bimba arricciò la bocca, puntò i piedi per terra e fece cenno di no con la testa. 

“Daisy!” La chiamò Petra. “Che fai? Non vai anche tu ad abbracciare papà?”

Ivan mugugnò qualche versetto contento, cingendosi maggiormente attorno al collo della mamma. 

“No, no, no!” Le rispose la bimba, negando con un dito. “Papà mi vuole fare il solletico!”

Levi la guardò di sottecchi, sorridendo con simpatica malizia.

Peter ridacchiò tra sé, alzandosi dalle gambe del padre per correre verso la sorellina e convincerla a seguirlo. “Papà è buono!”
“Lo so!”

“E allora vieni!” La prese per mano e iniziò a trascinarla letteralmente con sé per andare insieme da Levi, che li attendeva a abbraccia aperte.

Daisy iniziò a urlare, continuando a puntare i piedi per terra e tirando il suo braccio dalla parte opposta. “No! No! Peter, non voglio!” Lasciò andare la presa del fratello e subito corse a nascondersi dietro la gonna della mamma.

Petra puntò lo sguardo in quello sorpreso di suo marito e sgranò gli occhi. “Daisy…” Si voltò su se stessa e si sedette sulle proprie gambe per avere la stessa altezza di sua figlia. “Tesoro… tutto d’un tratto hai paura di papà?”

Daisy nascose il volto sotto le sue stesse ciocche rosse che le cadevano davanti come foglie autunnali.

“Eri felicissima di venire a chiamare papà!” Le ricordò Petra, scompigliandole alcuni capelli per lasciare un bacio in quella chioma profumata di rose.

La bambina incurvò la schiena in avanti, prima di tuffarsi nel calore rassicurante, rilassante e sempre morbido della mamma, aggrappandosi alla spalla libera dove non vi era Ivan. Giocherellò per un po’ con le gambe, muovendole ritmicamente sotto il suo piccolo vestito azzurrino e bianco, e iniziò a sbirciare l’espressione contenta e simpatica del padre da dietro alcune ciocche rosse di Petra. Presto un audace e allegro sorriso cominciò a disegnarsi sul suo viso scaltro e timido. 

Tzk. Mia piccola principessa…” sogghignò Levi, aggrappando le dita sulla sua tazza di tè abbandonata sul tavolino. Fece un lungo sorso, non staccando il suo sguardo benevolo dalla figlia nemmeno per un singolo momento. “Sei proprio una volpe furbetta!” Si alzò in piedi e, dopo aver fatto salire suo figlio sulla sua schiena, si diresse verso la bimba, che lo guardava ancora con innocente gioco. 

Daisy seguiva ogni movimento leggero e lento di suo padre con i suoi occhi accesi e vivaci e, non riuscendo più a trattenersi, si lasciò andare ad una fragorosa risata dal sapore puro di felicità e di infantile eccitazione. 

Levi la raggiunse e, con l’aiuto di sua moglie, la sollevò da terra, facendola dondolare avanti e indietro per tutta la stanza, ormai cullata dal suono melodioso e spumeggiante delle risate di tutti i bambini, che saltellavano, girovagavano e ridevano allegramente e spontaneamente insieme ai loro genitori da una parte all’altra.

“Papà! Non mi prendi!” Esclamò Peter, ridendo ed evitando le mani aperte di suo padre che tentava di ricuperarlo. 

Daisy si accodò al fratello più grande e prese un cuscino dal divano per difendersi dalle braccia aperte dei loro genitori tese verso di lei. Squittiva ogni volta che un solo dito si avvicinava troppo al suo viso o alla sua spalla, facendo saltellare più volte le sue ciocche a ritmo dei suoi veloci e scattanti passi. 

Ivan batteva ripetutamente i pugni chiusi contro il tessuto morbido del tappeto da dove osservava con pura e innocente gioia quel gioco strano che il resto della sua famiglia metteva in scena davanti ai suoi grandi e profondi occhi azzurri. Chiamava i suoi genitori e applaudiva, facendo sorridere ancora di più i suoi fratelli, che scappavano imperterriti dalle grinfie dei due adulti. 

La luce bianca e opaca dell’esterno filtrava dalla finestra, allungandosi e scontrandosi a fatica e con poca forza con quella calda e sinuosa del camino, avvolto in un alone rosso e allegro, incorniciato da schiamazzi e grida di felicità e divertimento. L’aria fredda e invernale penetrava lievemente dai vetri, abbracciati e circondati da piccoli fiocchi di neve posati e sciolti sulla loro superficie liscia e trasparente. Il vento soffiava potente, ma il suo ululare fievole e gelido non era forte quanto il vociare e il calore diffuso per la campagna dalla casa degli Ackerman, coperta e rannicchiata sotto la volta bianca del cielo che velocemente cominciava a trasformarsi, a cambiare le sue tonalità, oscurandosi nei suoi nebulosi e pesanti abiti invernali.

 

“Sei stanco?” Gli domandò lei. “Oggi abbiamo lavorato più del solito.” Ridacchiò tra sé, rannicchiandosi meglio sotto la coperta e allungando i piedi vicino al fuoco morente. 

Lui si voltò verso sua moglie, che osservava assorta la piccola fiamma rossastra tra gli ultimi due pezzetti di legno bruciato e ormai grigio. “Sì.” Confessò, abbassando il suo sguardo sulle labbra schiuse di lei per un solo fugace istante, prima di sorridere appena e soffermarsi sulle sfumature profonde, accese e scure delle iridi ambrate.

Guardando dinanzi a lei, Petra si spostò leggermente a destra, cadendo e avvicinandosi appena alla figura dritta e perfetta di suo marito. “È stato… un pomeriggio davvero unico. Sono felice che i bambini si siano divertiti.”

Levi si aggrappò al profilo morbido e rassicurante di sua moglie. Lo aveva sempre adorato e quante volte aveva amato toccarlo con la punta delle dita. Sospirò, diminuendo il volume del suo petto ingrossato da un dolce peso trasparente. “I nostri bambini…” Commentò sottovoce, chiamando su di sé l’attenzione di Petra. La gola gli punzecchiò e tremanti sensazioni invasero le sue mani lasciate a penzoloni sulle ginocchia. 

Entrambi erano seduti stranamente, per la prima volta, a terra sotto una profumata e pulita coperta, a qualche centimetro del camino, con la schiena appoggiata contro il tavolino del soggiorno. Il fuoco li accompagnava, li riscaldava, li illuminava, creando un alone rossastro e giallo, luminoso e rilassante, attorno a loro per eliminare e allontanare l’oscurità che alleggiava nella stanza.

“Petra…” Levi si avvicinò al viso di sua moglie e appoggiò con delicatezza la fronte su quella di lei. “Siamo in cinque.” Inspirò velocemente una manciata d’aria dal sapore salato e pizzicante.

La donna chiuse gli occhi, allungando una mano sul volto caldo e sereno di suo marito per accarezzarlo e trasmettergli tutto il suo puro e vero amore. 

“Non siamo più soli, Petra.” 

“No, Levi. Siamo insieme. Tutti.” Riaprì le palpebre per tuffarsi a braccia aperte nell’intenso e bagnato azzurro che si espandeva dietro alcune ciocche nere di lui.

“Petra.” Le prese il volto fra le dita per osservarla bene, dritta negli occhi. “Grazie. Mi hai reso la persona più felice di questo mondo. Le tenebre, il passato, i fantasmi… ormai sono innocui. Mi hai permesso di vivere un’altra vita.” Strinse appena la sua presa per marcare ancora di più le sue parole. “Grazie, amore mio.” 

La donna schiuse maggiormente le labbra e un’esplosione di gioia mista alla sorpresa con un pizzico di orgoglio culminò al centro del suo petto, disperdendosi per tutto il suo corpo e regalando alle sue braccia la spinta di sollevarsi e aggrapparsi ai polsi rigidi e stranamente freddi di lui. 

“Però…” continuò l’uomo. “Devo sapere una cosa. Devo esserne sicuro… per essere pienamente in pace con me stesso.” Ingoiò rumorosamente un groppo pesante di saliva salata. “Dimmi… ti prego… se stai bene, se tu sei felice con tutto questo…”

Lei sgranò le palpebre. “Levi, ma cosa stai dicendo? Certo che…!”

“Aspetta.” La fermò, sorridendole. “Fammi finire, amore mio.” Inspirò dell’ossigeno caldo e consumato dal fuoco sempre più fievole. “Lo so che questo, avere una famiglia, era il tuo più segreto, amabile e speranzoso sogno…” Fece scivolare i suoi polpastrelli lungo le guance rosate di lei per cadere tra le sue dita soffici e ruvide. “Ma io… Petra, dimmi… ti sei mai pentita di stare con me? Voglio dire… alla fine dei conti, dopo tre figli, sei felice di stare ancora con me? Io… io ho cercato di… migliorare come marito, di lasciarmi andare… e di… essere completamente me stesso per dare tutto ai nostri figli e a te. Dimmi… ti prego, se è abbastanza… o…”

“Levi.” Lo fermò questa volta lei con espressione decisa e seria, ma con sorriso morbido a incorniciarne i lineamenti. “Sei uno spettacolo.” Ammise tutto d’un fiato. “Dov’è finita tutta la tua innata sicurezza?”

Un sorrisetto si disegnò sulla bocca di lui. “Io non ho avuto una bella infanzia, gran parte dei miei primi anni li ho vissuti nello schifo e nella merda e, anche se non si notava immediatamente,” affossò le linee sollevate delle labbra nella guancia, “tenevo alle persone, a tutte quelle che hanno fatto parte della mia vita, da semplici soldati a… ad amici.” Strinse i denti e irrigidì la mandibola. “Non ho perso la mia sicurezza, io so chi sono, ma vorrei…ci tengo… che…” Sospirò, alleggerendo ogni muscolo facciale. “Quando si tratta della mia famiglia divento…” La frase le morì sulla lingua, scivolandogli di nuovo dentro la gola.

“Lo so.” Gli accarezzò una guancia. “Per questo puoi stare tranquillo e… non farmi più queste domande stupide. Ne parlammo quando aspettavamo Daisy… ti ricordi?”

“Sì.” 

“Bene.” Lo abbracciò stretto. “Temo che dovrò ripeterti ogni giorno quanto tu sia un padre e un marito meraviglioso, non è vero?”

“Solo se tu mi lascerai dire quanto tu sia una madre e una moglie… invidiabile.”

Petra rise felicemente, coprendosi le gote rosse dietro al dorso della mano. “Levi, sei… cambiato davvero tanto.” Chiuse quelle stesse dita sotto il mento. “Sto rivalutando tutta questa tua dolcezza.” Constatò con sarcasmo. “Mi manca la tua vecchia impostazione autoritaria, severa e… così… così sexy.”

Levi inarcò un sopracciglio. “Scusami, ho sentito bene? Sexy?

“Certo. Mi sono innamorata di te anche per quello! Era bellissimo ed elettrizzante ascoltarti e vederti dare ordini ai tuoi sottoposti. Eri freddo, autoritario e coraggioso, ma eri una sicurezza, un punto di riferimento. Tutti ti rispettavano con acceso volere. Ed io ero in prima fila tra di loro per osservarti guidare la nostra formazione, sicura e certa del tuo innato istinto. Ti brillavano gli occhi come stelle, ricchi di emozioni contrastanti, eppure fiduciose.” Confessò con tranquillità, sotto lo sguardo aperto e stupito di suo marito.

“Ok, sapevo che…” Un dito della donna si posò sulla sua bocca, zittendolo all’istante. 

“Non era un segreto, mio caro.”  Sghignazzò lei.

Levi le prese il polso e avvicinò pericolosamente i loro visi caldi e rossi, inebriati da un’aria ardente, secca e profumata. “Oh, mia dolce Petra.” Il suo tono si incupì, raffreddandone le sfumature con astuzia. “Posso essere ancora così… e sai perfettamente dove.” Assottigliò il suo naturale azzurro, abbracciato dalle ciocche nere come la pece, che scoppiettava insieme agli ultimi bagliori del fuoco. Inspirò profondamente e liberò dentro di lui la bufera che divampò, sparpagliandosi nel suo sguardo fine e serio, seppur benevolo e grezzamente penetrante. Nessuna pietà. La sua naturale fermezza si mescolava al vero amore e alla forte devozione che provava per sua moglie. Accarezzò i suoi lineamenti dolci e sinuosi. “Dopo tutti questi anni…” Cominciò a dire con voce roca e profonda, facendo scivolare il suo sguardo magnetico e lontano su ogni piccolo dettaglio che incorniciava e addolciva il volto solare e lucente di Petra. “Pensavo ormai di sapere tutto di te, eppure… riesci sempre a sorprendermi. Ogni volta scopro una tua intima e riservata riflessione sul nostro passato.” I suoi polpastrelli scesero sul mento di lei, disegnandole una piccola stella. “Un nuovo vecchio aneddoto.” Sorrise docilmente, affascinato dalle iridi splendenti della donna, dove il fuoco si rifletteva perfettamente nel loro colore dorato e prezioso. “Sei bellissima.” Concretizzò con poche e sintetiche parole il pensiero profondo e interiore, caldo e rassicurante, che vagava freneticamente nella sua mente e strabuzzava nel suo petto in maniera assordante da quando avevo osservato, con cura e amore, Petra dare la buonanotte a tutti i loro figli dentro i loro rispettivi letti. 

Un lieve sorriso si insinuò sulle labbra schiuse della donna. “Tu… sei una continua sorpresa. Hai un universo enorme dentro di te e io sono così fortunata di poterne scoprire ogni angolo, anche il più remoto, dolce o amaro che sia.” 

Levi inspirò e premette con dura e impetuosa passione la sua bocca assetata, silenziosamente desiderosa del buon odore che impregnava il viso roseo e grazioso di lei, divoratrice e bramosa di un contatto inesprimibile sulle invitanti e carnose labbra di sua moglie. 

Un rumoroso gemito scivolò via dalla gola palpitante di Petra, sciolta dal sapore inebriante, fresco e dolciastro dall’incontro delle loro lingue maliziose, frenetiche e vogliose della loro essenza vitale e profonda. 

Il fuoco inalò il suo ultimo respiro tinto di rosso tra i piccoli gialli bagliori deboli che scoppiettavano insieme ai battiti dei due amanti, improvvisamente sempre più vivi, forti e ardenti, infuocati da una divampante fiamma interiore condivisa e stretta dalle loro anime. Fu come se l’ossigeno, la linfa, la potenza dirompente e naturale del fuoco fosse stata risucchiata dai corpi dei due sposi, stesi e aggrovigliati fra loro a qualche centimetro dal camino, senza alcun rimorso o pietà. Il desiderio, l’amore, li consumava ad ogni tocco, carezza e incontro bramoso e impaziente delle loro mani tremanti, delle loro labbra gonfie e accoglienti, dei loro occhi velati e ubriachi. Loro pregni di passione, di calore e di freschezza allo stesso tempo: due corpi mescolati da un’unica forte e accesa volontà, che guidava i loro movimenti precisi e decisi, dolci e selvaggi, celestiali ed eccitanti. La loro frenesia di incontrarsi, di sentirsi e di unire ancora una volta in più le loro anime, lontane e distanti dall’oscurità, dal camino spento e dalla luce bianca e grigia che filtrava dalla finestra vogliosa di illuminare e benedire i loro passionali e sinuosi incastri, dalla neve e dai canti dei gufi nascosti tra le cime verdi e candide degli alberi.

 

Piccoli fiocchi bianchi scendevano lentamente dal cielo, mentre tra le nuvole riuscivano a farsi largo alcuni fievoli e sottili raggi solari che illuminavano il paesaggio completamente lucente, morbido e glaciale. Pareva di essere dentro un quadro, dove la luce filtrava il bianco candido e lo trasformava in una distesa preziosa di piccoli ed eleganti diamanti, incastonati l’uno all’altro, deliziati da coraggiosi fili d’erba di un puro verde scuro che facevano capolino dall’alta distesa di neve. Un alto fumo grigio volava in alto dal camino della casa Ackerman, unendosi e conformandosi perfettamente alla forma morbida e tondeggiante delle nuvole più scure e paffutelle che correvano in cielo per abbandonare la campagna. 

“Forza! Dobbiamo andare!” Incitò una voce maschile dai toni troppo acuti ed eccitati, che ruppe il religioso e pittoresco silenzio della natura addormentata sotto la neve. “Forza, Daisy!” Peter si affacciò dal portone, saltellando sul proprio posto, mentre osservava con i suoi enormi e meravigliati occhi ambrati la distesa di bianco che si estendeva davanti a lui. “Dai! Ci dobbiamo sbrigare! La neve può smettere di scendere da un momento all'altro!” Chiamava a rapporto tutta la sua famiglia, intenta a sistemarsi gli ultimi caldi accessori per uscire in giardino. “Mamma! Papà! Andiamo?” Il pompon giallo del cappello arancione di Peter sobbalzava insieme a lui e alle sue braccia allargate, come ali pronte a sfiorare le nuvole candide. 

“Peter, sii paziente.” Levi fece qualche passo verso il figlio e lo fermò all’istante, posando solamente una mano sulla sua spalla. 

Il bambino sentì un peso stretto e deciso appoggiarsi e attorcigliarsi vicino al suo collo, come se una pietra pesante si fosse aggrappata a lui. Rischiò di scivolare indietro per via della forza emanata dal palmo sulla sua spalla, ma allo stesso tempo seppe reggersi e ritrovare presto il suo equilibrio grazie alla medesima causa del suo improvviso blocco. 

“Ivan, Daisy ed io siamo pronti!” Annunciò Petra, sistemando un’ultima volta la sciarpa al figlio più piccolo e il cappello alla bambina. “Possiamo andare! La neve ci aspetta!”

Levi si voltò verso sua moglie e i due si scambiarono una tacita, maliziosa e divertita occhiata, dove vi alleggiava una trasparente, chiara e reciproca dichiarazione di profonda gratitudine e d’amore.

Peter sollevò i suoi occhi sul viso sereno e benevolo di suo padre, sicuramente opposto alla forza con cui ancora lo fermava vicino a sé, e lesse un messaggio cordiale e felice nello sguardo di Levi, luccicante alla luce della neve. Il bimbo si mordicchiò un labbro, indeciso sul da farsi: cominciare a saltellare tra i cumuli bianchi o restare ancora fermo accanto a papà? I suoi dubbi furono completamente cancellati da un semplice e istintivo gesto del padre. L’uomo lo colse alla sprovvista: fece un lungo passo in avanti, strinse le loro dita in un unico e forte pugno e lo trascinò con sé, correndo e saltando nella vasta pianura coperta esclusivamente da un morbido e freddo bianco dicembrino. Peter sguinzagliava in ogni dove con lo scopo di lasciare una sua orma o un qualsiasi segno di un suo passaggio su ciascun cumulo soffice e invitante che sbocciava sotto i suoi grandi occhi curiosi ed euforici. “È bellissimo!” Esclamò, lanciando in aria un po’ della neve che gli circondava i pantaloni di lana. “Mamma!” Si voltò verso la madre con un largo e smagliante sorriso dello stesso colore dei fiocchi, che scendevano e si posavano docilmente come brillanti e argentati petali sui loro cappotti. “Guarda!” 

L’attenzione di Petra fu catturata dal bambino che si buttò all’indietro, fidatosi ciecamente di una piccola montagnetta di neve dall’aspetto morbido e accogliente, e cominciò a muovere ritmicamente e contemporaneamente sia le braccia che le gambe. “Oh! Stai creando un angelo di neve! Tesoro, è stupendo! Sei davvero bravo!” Si avvicinò alla forma disegnata per terra dal figlio, balzato in piedi dopo aver terminato la sua opera, e si accucciò accanto ad essa per lasciar giocare anche il piccolo Ivan con un po’ di quella neve.

“Me lo ha insegnato ieri il mio migliore amico!” Annunciò Peter, continuando a saltellare sul proprio posto e appiattendo la piccola e sottile lastra di ghiaccio che sorgeva sotto i suoi piedi. “Daisy, vieni a farlo anche tu!” Chiamò la sorella, interrompendo la creazione di un piccolo pupazzo di neve cominciato insieme al padre. 

La bambina non si fece attendere e lasciò la sua iniziale idea per tuffarsi anche lei tra le morbide braccia invernali della neve.

Levi osservò quella scenetta simpatica e ricca di divertimento con in mano alcune nuove parti ghiacciate da inserire alla loro composizione, stando attento a non sporcarsi con la terra e a non bagnarsi troppo. Raccolse due rametti sporgenti dall’erba bianca e li sistemò precisamente ai lati centrali del pupazzo di neve. Il suo sguardo si muoveva curioso dall’ammasso bianco alla sua famiglia: Peter rideva e correva con il suo buffo e acceso cappello arancione, bagnando ogni centimetro di lana che indossava; Daisy saltellava qua e là, disegnando con i guanti tante piccole stelle per tutto il prato bianco; Ivan rimaneva saldo tra le braccia di Petra, ma si spingeva sempre in avanti con la schiena per raccogliere almeno un piccolo cumulo di neve da far vedere alla mamma. Sorrise. Una nuvoletta trasparente e calda fuoriuscì dalla sua bocca schiusa, coprendo in parte la vista spettacolare che si stagliava con la stessa forza d’animo del primo timido e lucente raggio solare della mattina. Diede alcune pacche al pupazzo di neve per compattare e far aderire bene ogni fiocco. Eppure il suo sguardo azzurro non riusciva a staccarsi dal quadro felice e allegro della sua famiglia a qualche passo da lui. Il suo animo ne era catturato, profondamente innamorato, legato e incantato da ogni singola persona che giocherellava, sorrideva e si divertiva a gran voce. “Un miracolo,” pensò “questo dev’esser proprio un miracolo che per qualche assurdo motivo mi sono meritato. Non so cosa io abbia fatto, ma… non potevo chiedere di meglio. È decisamente questo il mio posto, la mia casa, il mio cuore.”

Una debole palla di neve lo investì in pieno volto, destandolo dai suoi più profondi e intimi pensieri. “E questa?” Guardò con serietà sua figlia, che prontamente si nascose dietro la madre sorridente. 

“È stata un’idea della mamma!” Rispose Daisy indicando Petra, intenta a creare altre piccole palle di neve per Peter.

“Hey!” La donna si voltò verso la figlia. “Siamo una squadra! E una vera squadra non si separa mai.” Le solleticò buffamente una guancia. “Sei proprio una furbetta!”  La guardò di sottecchi con aria simpatica, prima di rivolgere al marito una fugace occhiata significativa.

 La bambina sghignazzò e iniziò ad aiutare la madre, raccogliendo più neve che poteva per farsi perdonare. 

“Vi siete schierati tutti contro di me?” Levi sbottò falsamente risentito, incrociando le braccia al petto, ma subito un’altra pallina bianca lo colpì sul petto. “E va bene… volete la guerra? E guerra…!” Non poté finire la frase che un altro colpo, questa volta più forte e grande, lo prese in piena faccia. 

Delle grosse risate si diffusero per tutta la campagna e quella più forte e vivace era proprio dell'emittente di quel ghiacciale e inaspettato regalo.

“Petra…” Il tono di Levi si fece più sottile, tagliente e basso. “Perché?”

Petra era piegata in avanti dalle risate, a mala pena riusciva a tenere in braccio Ivan a causa delle lacrime agli occhi e del leggero dolore alla pancia. 

“Avrai la mia vendetta, Petra!” Esclamò Levi, piegandosi per raccogliere un piccolo cumulo di neve, mentre altre innocue palle bianche gli bagnavano il cappotto.

“Ti sto aspettando.” Lo sfidò lei, sotto le risate dei loro bambini. “Non avrò alcuna pietà.”

“Nemmeno io.”

“Non ti credo.”

“Mh, ti ricordo che ero il soldato più forte dell’umanità.”

Petra si portò una ciocca dei suoi capelli ramati dietro l’orecchio, mentre tanti fiocchi di neve scendevano indisturbati dal cielo argenteo, abbracciandoli armoniosamente nella loro invisibile danza, frugando e intromettendosi tra i loro sguardi scaltri e maliziosi. “Sì, certo, ma io so che hai un’eccezione… a cui hai fatto una promessa molto e tanto tempo fa.”

Petra…”

“Sì, credo che sia proprio quello il nome di questa persona.” Sorrise lei, lanciandogli di nascosto un’altra palla di neve contro il petto. 

Levi si avvicinò velocemente a sua moglie, ma le sue gambe furono prese di mira da Peter e da Daisy che, insieme a Petra e a Ivan, lo spinsero in mezzo ad un alto cumulo di neve che sorgeva proprio dietro di loro. Peter e Daisy non aspettarono un altro istante in più e si tuffarono anche loro per raggiungere il padre, ricoperto dalla testa ai piedi da neve e ghiaccio. I due bambini ormai zuppi d’acqua per tutto il corpo, scoppiarono a ridere serenamente e cinsero le loro braccia attorno al loro papà.

Petra si piegò verso di loro e baciò la punta rossa del naso di suo marito. “Sei molto carino, mio pupazzo di neve.” 

Levi accarezzò dolcemente il cappellino di Ivan e rubò un casto bacio dalle labbra fredde e screpolate di Petra. “Vi amo. Vi amo tanto.” Le confessò con profonda dolcezza, prima di scoppiare in una semplice e sincera risata insieme ai suoi bambini. “È questa la mia vita ora. La nostra vita.”, pensò Levi, abbandonandosi totalmente al suono delle loro voci unite in un coro così puro, idilliaco e rilassante. “Questa… questa è la melodia del Paradiso! Non mi sembra ancora vero. Ogni giorno penso che sia solo una fantasia, eppure… loro… Petra, Peter, Daisy e Ivan… sono così reali e concreti accanto a me, un dolce e avvolgente uragano di felicità che colora le mie giornate. Sono così pieni d’amore verso di me… ed io non me ne voglio separare. Sono drogato del loro amore. Sono la cosa più preziosa che mi è rimasta, che gelosamente mi tengo stretto.” Il suo sguardo gioioso, velato e luccicante, si soffermò con un’improvvisa maturità su ogni volto allegro e vivace della sua famiglia.“Prometto di proteggervi sempre, di darvi un futuro migliore del mio passato, di farvi crescere in un mondo dove guerra, sangue e odio non esistono più, e… di donarvi tutto l’amore che possiedo, che meritate… fino alla mia fine.”


Spazio Autrice:


Salve lettori e lettrici! 🌻❄️
Siamo arrivati alla fine di questa mini raccolta di One Shots dedicate alla mia coppia preferita di AOT: Petra e Levi. 

Vi voglio ringraziare con tutto il cuore, uno ad uno, per aver sostenuto questa mia fantasia formata da una famiglia Ackerman ben allargata! ❤️

Ogni capitolo era un salto temporale con tanto di cambio stagionale e con un bambino in più da contare! 🥰 Spero che questo vi abbia fatto piacere e che vi abbia divertito almeno un po’ ✨ 

Sento già la mancanza di Peter, Daisy e Ivan: le loro dolci coccole, l’allegria e la spensieratezza che hanno regalato a Petra e Levi - e spero anche a voi - bisognosi di amore e di affetto dopo una lunga ed estenuante guerra. 

Dicembre è uno dei miei mesi preferiti ed io sono innamorata della neve. Guarda caso lol, in questo periodo cade sia il compleanno di Petra che quello di Levi ed è il Rivetra Month! 🎄🤍 Insomma, tante combinazioni per creare un finale perfetto, dal sapore dolce amaro! 🧡🖤

Grazie infinitamente per la vostra fiducia e spero di essere riuscita a trasmettervi serenità, amore e gioia ❤️

Vi auguro delle bellissime festività! 💫
Baci,

jomonet

 

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