A Song of Waves and Flames

di Kuroi Tenshi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riflessioni ***
Capitolo 2: *** Avvicinarsi ***
Capitolo 3: *** Complicità ***
Capitolo 4: *** Gratitudine ***
Capitolo 5: *** Coraggio ***
Capitolo 6: *** Guarigione ***



Capitolo 1
*** Riflessioni ***


1. RIFLESSIONI
 



Katara passeggiava nel bosco senza una meta precisa, voleva solo del tempo per sé. Erano passati cinque anni dalla sconfitta di Ozai e dall’incoronazione di Zuko. Da due giorni era ospite nella Nazione del Fuoco per via di un importante Concilio, in quanto Ambasciatrice della Tribù Meridionale dell’Acqua, era suo dovere parteciparvi. Il nuovo Signore del Fuoco occupava buona parte dei suoi pensieri, ripercorreva con la mente come avesse cambiato opinione su di lui nel corso del tempo.

La prima volta che lo aveva visto era stata al Polo Sud, a casa. Si era sentita così fragile e impotente: era l’unica Dominatrice dell’Acqua rimasta nella sua Tribù e non era in grado di contrastare quell’attacco. Aveva provato una gran rabbia nei suoi confronti, perchè le aveva sbattuto in faccia quanto fosse impotente. Fortunatamente era intervenuto Aang, che si era consegnato a lui in cambio della salvezza del suo popolo. Zuko avrebbe potuto distruggere il villaggio comunque, ma era stato accomodante e aveva accettato.
All’epoca non si era soffermata a considerare quella decisione, era troppo presa dalla scoperta che il suo nuovo amico fosse l’Avatar e dal pensiero di andare ad aiutarlo. Ma era già un segno che il ragazzo fosse diverso dai precedenti soldati della Nazione del Fuoco con cui avevano avuto a che fare. Lui non desiderava versare sangue inutilmente, se poteva ottenere ciò che voleva evitandolo.
Invece in quel frangente l’episodio era stato soltanto l’inizio di una lunga serie di attacchi e imboscate durante i quali il loro gruppo aveva fronteggiato il Principe.

Era una notte di luna piena. Anche prima di sapere che era il momento in cui il suo potere raggiungeva il culmine, le era sempre piaciuto guardare quella sfera argentata stagliarsi contro il cielo nero. A suo confronto le stelle impallidivano. Certo, al Polo Sud sembrava più vicina, da bambina era convinta che quando fosse cresciuta avrebbe potuto allungarsi e toccarla. Tese la mano in un gesto infantile, poi lentamente la riabbassò e scosse la testa con un sorriso ironico.

Ricordava quella notte in cui si stava allenando in riva al fiume per tentare di affinare la sua tecnica del Dominio dell’Acqua e aveva scoperto che i pirati li stavano inseguendo. Per sfuggire a loro era praticamente finita tra le braccia di Zuko. Lui l’aveva afferrata per i polsi, con fermezza ma senza stringere tanto da farle male, e aveva accostato il viso al suo: “Ti salverò io dai pirati”. Normalmente sarebbe stata una frase incoraggiante, ma pronunciata da lui, con quel tono perentorio, le aveva messo i brividi. Era stata la prima volta che aveva visto da vicino i lineamenti affilati del suo volto, l’occhio destro dorato e penetrante, l’ampia cicatrice che rendeva sottile il suo occhio sinistro. Nonostante la situazione, non aveva potuto evitarsi di pensare che dovesse essere stato molto doloroso.
Poi il corvino l’aveva legata ad un albero e aveva cercato di convincerla a dirgli dove si trovava Aang, dicendole che doveva catturarlo “per ripristinare il suo onore”. In cambio le aveva offerto di restituirle la collana di sua madre, che lei aveva perso alla nave metallica che faceva da prigione per la Nazione del Fuoco. Una volta capito che non avrebbe ottenuto alcuna informazione, Zuko aveva deciso di lasciarla perdere e accontentarsi di usarla come esca per attirare l’Avatar. Invece il Generale Iroh aveva pensato bene di intrattenerla con chiacchiere su chiacchiere. Tra i vari racconti, le era rimasto impresso uno in cui il nipote aveva deciso di salvare lui che era stato catturato da alcuni Dominatori della Terra invece di inseguire il suo gruppo. Cosa che avrebbe fatto chiunque, aveva pensato Katara in quel momento. Successivamente avrebbe avuto modo di conoscere la sorella e il padre del ragazzo e si sarebbe resa conto che invece quei due rappresentavano un’eccezione in quella famiglia.

Era giunta sulla spiaggia. Da lì la luna le sembrava quasi bella quanto quella che vedeva da casa. Respirò a pieni polmoni l’aria salmastra, socchiudendo gli occhi del colore dell’oceano. Lasciò che la leggera brezza le accarezzasse la pelle nuda delle braccia e le facesse ondeggiare i lunghi capelli castani, che le scendevano sciolti lungo la schiena in morbide onde.

Successivamente, lo aveva incontrato al Polo Nord, mentre Aang era nel Mondo degli Spiriti e lei avrebbe dovuto proteggere il suo corpo. Lui era piombato all'Oasi dello Spirito, e per la prima volta si erano affrontati in combattimento. Aveva avuto paura, perchè sapeva che Zuko aveva avuto modo di studiare il Dominio per tanti anni, mentre lei era quasi interamente autodidatta, salvo le più recenti lezioni impartitele dal Maestro Pakku. Ma se l'era cavata bene. L’arrivo dell’alba però aveva sottratto energia a lei per donarla a lui, e aveva segnato la sua sconfitta. Prima di perdere i sensi, aveva fatto in tempo a percepire le parole che le aveva rivolto:
“Tu sorgi con la Luna, io sorgo con il Sole”.
Tuttavia, quando poi avevano ritrovato Aang, e Zuko che lo aveva rapito, a differenza di Sokka si era sentita sollevata dalla decisione dell’Avatar di non abbandonarlo nella neve. Per quanto fosse un loro nemico, un conto era sconfiggerlo in battaglia, un altro lasciarlo perire alle intemperie. Era sempre stata una persona corretta e fiduciosa. Maledettamente fiduciosa.

Non c’era nessuno in giro in quella tiepida notte, e Katara tolse i calzari e avanzò nell’oceano. Aveva camminato a lungo, il mare non era vicino al palazzo reale, e il contatto con il suo Elemento donò immediatamente sollievo ai suoi piedi stanchi e al suo animo turbato. Le piaceva osservare come il chiaro di luna e le ombre dell’acqua creavano effimeri motivi sulla sua carnagione color zucchero caramellato.

Lo avevano poi incrociato molto dopo al villaggio abbandonato. Durante lo scontro con Azula, sia Zuko che Iroh avevano combattuto al loro fianco. Del resto, se l’onore del ragazzo dipendeva dalla cattura dell’Avatar, era ovvio che non fosse disposto a lasciare che fosse la sorella a compiere l’impresa.
L’attacco della Principessa all’anziano zio come diversivo per la fuga però era stato inaspettato per tutti, e Katara aveva visto il terrore e la disperazione negli occhi di Zuko mentre lo soccorreva. Era davvero molto legato all’uomo. Si era offerta di aiutarlo con i suoi poteri curativi, ma malgrado avessero appena lottato fianco a fianco, l'orgoglio e probabilmente la diffidenza gli avevano impedito di accettare. O forse era solo talmente sconvolto da non ragionare lucidamente.
Durante il viaggio nel deserto e il loro soggiorno a Ba Sing Se non lo aveva più visto. Non era neanche sicura che il Generale Iroh fosse sopravvissuto. Era stato uno shock per lei, poco dopo la partenza di Aang, Sokka e Appa, trovarseli davanti in una comunissima sala da tè della capitale del Regno della Terra, intenti a servire i clienti! Ma se non li avesse visti, non si sarebbe precipitata al palazzo e non avrebbe scoperto Azula, Mai e Ty Lee travestite da guerriere Kyoshi… E se Aang non avesse avuto la visione in cui lei era stata catturata da loro, non sarebbe tornato in città per aiutarli…
 
Per allontanare quei pensieri negativi e schiarirsi la mente, prese a passeggiare lungo il bagnasciuga. La sensazione delle onde che si infrangevano dolcemente contro i suoi piedi era sempre meravigliosa, e il canto del vento sul mare e tra le fronde degli alberi del bosco la rasserenava. Era molto tardi, ma era certa che se anche fosse tornata nella lussuosa stanza che il sovrano le aveva fatto preparare per il suo soggiorno non sarebbe riuscita a prendere sonno.

Era stata una sorpresa trovarsi davanti Zuko come prigioniero nelle gallerie di cristallo, ma vederlo così giù l’aveva fatta innervosire. Lui non era la vittima, lui era il cacciatore, li aveva inseguiti per tutto il mondo e attaccati in continuazione! Gli aveva riversato contro tutto il suo risentimento, aggiungendo:
“Tu non hai idea di cosa questa guerra abbia fatto a me personalmente! La Nazione del Fuoco mi ha tolto mia madre per sempre!”
Ma mai si sarebbe aspettata quella risposta pacata velata di tristezza.
“Mi dispiace. Questa è una cosa che ci accomuna.”
Possibile che proprio lui, tra tutti, la capisse…? Sensibile come era, si era scusata per l’eccesso di rabbia, e impulsivamente gli aveva confidato di avere sempre visto il suo volto quando pensava al nemico. A giudicare dalla sua espressione mesta, doveva averlo messo a disagio, anche se sostenne di esserci abituato. La confessione che seguì la lasciò senza parole:
“Il segno del Principe bandito, condannato ad inseguire per sempre l’Avatar. Ma ultimamente, ho capito che sono libero di decidere da solo il mio destino, anche se non sarò mai libero dal mio segno.”
Aveva distolto lo sguardo, pentita delle parole dure che gli aveva appena rivolto: dopotutto, nessuno nasce cattivo, lo si diventa… Spesso in seguito a qualcosa che ci viene fatto. Gli aveva proposto di tentare di curargli la cicatrice con l’acqua dell’Oasi dello Spirito del Polo Nord, e lui, anche se titubante, aveva chiuso gli occhi, esponendosi a lei per permetterle di compiere la sua magia. Fu strano vederlo abbassare la guardia a quel modo, rimanendo inerme alla sua mercé. Per un momento lo trovò bello, e gli sfiorò con delicatezza la cicatrice, scostandogli appena un ciuffo di capelli dalla fronte, e percependo la pelle marchiata dal fuoco, calda sotto le sue dita fresche. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa furono interrotti dall’irruzione di Aang e Iroh, e successivamente Zuko aveva scelto di combattere al fianco della sorella contro di loro.


Il ricordo di quell’ulteriore cambio di bandiera e di quello scontro le rodeva ancora. Se avesse usato l’acqua miracolosa su di lui, non avrebbe potuto salvare Aang dal colpo mortale che gli aveva inferto Azula. Però… Forse, se avesse fatto in tempo a curarlo, lui avrebbe capito che poteva davvero fidarsi di lei, e si sarebbe schierato dalla loro parte già da allora…

Lo rivide solo molto tempo dopo, quando il suo gruppo si era rifugiato al Tempio Occidentale dell’Aria. Come poteva credere che si fosse redento sul serio, dopo gli avvenimenti di Ba Sing Se? Certo, il fatto che Appa sembrasse trovarlo simpatico lasciava tutti perplessi, ma aveva già fatto la figura della sciocca a credergli nelle gallerie di cristallo, e non era disposta a lasciare che ricapitasse, magari mettendo in pericolo qualcuno.
Neanche la rivelazione che fosse lui lo Spirito Blu e avesse liberato Aang dal generale Zhao mesi prima bastò a convincerla, e nemmeno l’aiuto che dette loro nello sconfiggere il sicario, peraltro assoldato da lui stesso. Il suo discorso sul destino, sul salvare il mondo e sul ferire involontariamente le persone aveva avuto effetto su Aang perché gli aveva ricordato quella volta in cui l’aveva bruciata per errore, ma non su di lei.

All’epoca, dopo che gli altri avevano deciso di farlo restare, presentarsi alla sua porta per minacciarlo di morte in caso avesse compiuto anche un solo passo falso le era sembrata la cosa più giusta da fare, per mettere in chiaro il suo punto di vista e scoraggiarlo dal tramare qualcosa. Ora il ricordo delle frasi cariche di rancore che gli aveva rivolto era doloroso. Anche Zuko ne aveva passate tante, come tutti loro. Si immerse nell’acqua fino alle ginocchia, e cominciò con grazia a muovere braccia e mani, esercitando il suo Dominio, creando forme liquide armoniose che volteggiavano in sintonia col sospiro della risacca.

Nei giorni seguenti non perse occasione per lanciargli frecciatine velenose, specialmente per il fatto che il suo Dominio si era indebolito. Quando se ne andò con Aang per ripristinarlo, stette in pensiero, ma sapeva che l’Avatar era in grado di difendersi. Invece nei giorni in cui era sparito con Sokka senza dare notizie si era preoccupata. Temeva potesse essere capitato qualcosa di brutto, o che Zuko avesse architettato qualcosa ai danni di suo fratello. Era stata una sorpresa vederli tornare con il loro padre. Mentre riabbracciava Hakoda, scrutò con la coda dell’occhio il corvino, e vide che osservava quella riunione familiare con un velo di malinconia sul volto sfigurato.
Pochi giorni dopo, furono svegliati dall’attacco di Azula. Katara era ancora assonnata, e non si rese conto di essere in pericolo finché non sentì gridare: “Attenta!”. Nello stesso istante due forti braccia le circondarono saldamente la vita. Si sentì trascinare di schiena sopra un torace bollente e poi riversare a terra, lontano dalle pietre che rovinarono al suolo esattamente dove poco prima c’era lei. Fu una frazione di secondo, ma percepì un petto tonico infondere calore contro le sue spalle, anche se si allontanò subito da lei. Poi realizzò cosa fosse successo. Le aveva salvato la vita. Zuko. A disagio per essere stata colta impreparata e per l’inaspettata ma soprattutto eccessiva vicinanza, sbottò:
“Che stai facendo?”
“Evito che le rocce ti schiaccino!” rispose lui, sottolineando l'ovvio.

“D’accordo, non mi hanno schiacciata, quindi adesso puoi pure lasciarmi!” ribattè, e lo scansò malamente. Poco dopo il ragazzo corse incontro alle aeronavi della Nazione del Fuoco per affrontare la sorella, mentre loro organizzavano la fuga. Stavano appunto scappando in volo su Appa, quando lo vide precipitare: malgrado il suo scetticismo, istintivamente gli aveva teso la mano per afferrare la sua e trarlo a bordo.
Quella sera, quando suo fratello propose un brindisi proprio a Zuko, si alzò indignata e si allontanò dal fuoco per sbollire, ma lui la seguì. Cercò di ignorarlo, ma invano, perché le chiese: “Non riesco a capirti! Sembra che tutti gli altri si fidino di me adesso, perché tu no?” Sul serio?
“Oh, tutti si fidano di te adesso? Io sono stata la prima a fidarmi di te! Non so se te lo ricordi, eravamo a Ba Sing Se, e tu mi hai voltato le spalle e mi hai tradito. Hai tradito tutti noi!” aveva urlato. Non alzava quasi mai la voce, ma tutta quella situazione l'aveva resa fin troppo irritabile.
“Che cosa posso fare per convincerti?” aveva domandato ancora, esasperato.
“Vuoi saperlo davvero?" sbuffò, "Magari potresti riconquistare Ba Sing Se in nome del Re della Terra! Oh, sì, lo so, potresti restituirmi mia madre!”
E se ne andò lasciandolo solo alla riva. Credette di sentirgli mormorare: "Se potessi..."


Provava vergogna per come si era comportata. A guardarsi indietro, aveva realizzato che aveva sfogato su di lui tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. E lui gliel’aveva permesso. Aveva dato modo ai suoi sentimenti di esplodere, accogliendoli su di sé, anche se chiaramente non aveva avuto nulla a che fare con la scomparsa di Kya. Si concentrò di più nei movimenti che compiva, spostando quantità sempre maggiori di acqua, con gli occhi chiusi e la fronte corrugata. Se prima i suoi gesti erano fluidi e aggraziati, ora erano feroci e lasciavano trasparire l’inquietudine del suo animo.

Il mattino seguente Zuko la aspettava fuori dalla sua tenda. La proposta di accompagnarla a cercare l’assassino di sua madre la lasciò spiazzata. Ma le diede forza. Aveva qualcosa da fare. Un modo per sfogare la sua ira malrepressa. Al diavolo le belle prediche da monaci di Aang sulla vendetta e il perdono. Lei non voleva perdonare.
Non parlò molto durante il volo su Appa, ma ad un certo punto gli raccontò come erano andate le cose quel terribile giorno. In fondo, stava cercando di aiutarla, le sembrò giusto condividere con lui quella parte del suo passato con cui si apprestava a fare i conti.
Nella cabina del Comandante dei Predatori Meridionali, Katara scorse un barlume di timore nello sguardo del ragazzo, quando la vide praticare il Dominio del Sangue sul malcapitato, che alla fine si rivelò essere l’uomo sbagliato.
Infine trovò il vero assassino, un uomo ormai anziano di nome Yon Rha, e seppe che sua madre si era sacrificata al suo posto, gli aveva detto di essere lei l’ultima Dominatrice dell’Acqua della Tribù per proteggerla. Avrebbe potuto vendicarla, ma sapeva che Kya non sarebbe stata felice se la figlia fosse diventata a sua volta un’assassina solo per un inutile desiderio di vendetta. Uccidere quel patetico vecchio non le avrebbe riportato indietro sua madre.
Tornarono all’accampamento in silenzio, e di questo gli fu riconoscente. Atterrati, Katara si ritirò al molo per elaborare l’accaduto, e Aang e Zuko la raggiunsero. Aang era contento di quello che lei non aveva fatto. Lei era contenta di quello che non aveva fatto Zuko. Non l’aveva biasimata per il suo rancore e non le aveva dato consigli non richiesti, nonostante lei stessa, col senno di poi, riconoscesse di essere stata precipitosa, e non le aveva fatto domande su quel potere spaventoso che aveva esercitato. Senza una parola fuori posto, si era dato davvero molto da fare per aiutarla, aveva trovato le informazioni sui Predatori Meridionali alla torre di controllo, poi aveva costretto il Comandante in carica a rivelare chi poteva essere l’uomo che cercavano, e infine aveva bloccato Yon Rha col suo fuoco. Forse davvero era quello che più di tutti riusciva a comprendere come si sentisse.
“Ne ha bisogno”, aveva detto. Ed era stato davvero così.
I discorsi di Aang alla fine erano stati utili, ma il rispetto e lo spazio accordatile dal Principe… L’avevano fatta sentire libera dai giudizi e padrona delle sue scelte. Era sempre vista come un punto di riferimento all’interno del gruppo, e alla lunga quella responsabilità pesava. Invece nel perseguire il suo obiettivo si era sentita leggera. Sapeva di aver preso la decisione più giusta risparmiando la vita di quell'uomo, anche se non lo avrebbe mai perdonato.
“Ma sono pronta a perdonare te.” disse a Zuko, con un accenno di sorriso. Gli diede un rapido abbraccio di ringraziamento e riconciliazione. Lo sentì irrigidirsi a quel contatto inaspettato, a quel gesto che segnava la fine dell’astio di Katara nei suoi confronti, prima di ricambiare la stretta esitante, con delicatezza. Aveva un buon profumo, quasi di selvatico, con un accenno di tè e un leggero sentore di fumo, probabilmente dovuto all’esercizio del Dominio.


Di colpo, abbandonò le braccia lungo i fianchi e lasciò cadere tutta l’acqua che aveva mobilitato. Le onde ripresero ad accarezzarle lievi le gambe, e tornò a dirigere lo sguardo alla luna, che sembrava ricambiare, immobile e silente. Poi lo volse sul mare. Ad un tratto, un leggero fruscio sulla sabbia alle sue spalle le suggerì che non era più sola.

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Capitolo 2
*** Avvicinarsi ***


2. AVVICINARSI



La sera dello spettacolo teatrale sull’isola di Ember era iniziata bene, se non si prendevano le cose sul serio era facile ridere di loro stessi, e Katara si era divertita stuzzicare Zuko che si lamentava della sua rappresentazione, anche se poi la scena di lei e Jet l’aveva imbarazzata. Ma quando si rivide nelle gallerie di cristallo con il Principe, sentendo insinuare che tra loro ci fosse del tenero, non si infastidì come era avvenuto in passato con la cacciatrice June. Rimase qualche momento perplessa per cercare di capire come si sentisse. Sbirciò il ragazzo al suo fianco. Aveva qualche ciocca di capelli ribelli a coprirgli parzialmente l’occhio buono, e pensò che dovesse essere per forza un gioco di luci dovuto al buio della sala a darle l’impressione che il suo incarnato di solito così chiaro si fosse tinto lievemente di rosso.
Le affermazioni dell’attrice che la interpretava riguardo il suo rapporto con Aang la fecero riflettere. Cosa provava per lui? Si erano baciati qualche volta, ma lo amava? Sicuramente gli voleva bene, ma in quale modo?  E lui nei suoi confronti come si sentiva? Ringraziò l’inizio del secondo intervallo. Ma non era preparata alla conversazione che avvenne con l’Avatar. Quelle confessioni da parte sua la lasciarono, se possibile, ancora più turbata di prima. Fu sollevata quando lo spettacolo finalmente terminò, nonostante la conclusione tragica, e tornarono alle tende.
Non riuscendo a prendere sonno, decise di uscire. Il palazzo estivo del Signore del Fuoco era immenso, ma i giardini lo erano anche di più. Le piaceva camminare in mezzo a tutte quelle varietà di piante e fiori che le erano in gran parte sconosciute, al Polo Sud non c’era molta vegetazione. Era immersa nei suoi pensieri, cullata dai profumi della natura, quando avvertì un movimento più avanti di fronte a sé. Avvicinandosi, scorse Zuko intento ad allenarsi con le due spade. Indossava soltanto i pantaloni, e Katara poteva vedere i muscoli definiti delle braccia e del petto contrarsi ad ogni gesto. Il suo stile di combattimento era molto diverso da quello che era abituata a vedere eseguito da Sokka, era altrettanto deciso ma più marziale, meno sciolto. Doveva fare pratica da tanti anni. Fu distolta dalle sue considerazioni quando lui parlò rivolgendosi a lei: “Hai visto abbastanza?”
“Non volevo disturbarti,” si scusò, arrossendo, “E’ solo che non riuscivo a dormire e ho pensato di fare una passeggiata…” . Non ricevendo risposta, dedusse che fosse seccato, e fece per andarsene.
“Non mi stai disturbando.” Si fermò e si volse indietro, per vedere che il corvino aveva ripreso l’allenamento. Sedette su una roccia seguendo i suoi movimenti. Studiandoli nella loro rigidità, le venne spontaneo paragonarli ai suoi che utilizzava per il Dominio dell’Acqua, che al contrario sembravano una danza. Ad un certo punto, lentamente gli si avvicinò e iniziò a muoversi insieme a lui. Ognuno nel proprio stile, così simili e così diversi, complementari come gli Elementi che rappresentavano, pur senza farne uso. Sembrava si stessero attaccando a vicenda, con mani, piedi e spade, ma senza mai sfiorarsi, percepivano solo i rispettivi spostamenti d’aria. Continuarono con la loro bizzarra coreografia a lungo, finché, entrambi stanchi, si sedettero sul prato che aveva fatto loro da palco per riprendere fiato.


Il Signore del Fuoco la guardava da riva, composto e regale anche nella semplice veste leggera che indossava, con i capelli scuri sciolti e mossi dalla brezza che gli incorniciavano il viso e scendevano fino alle spalle. Con pochi passi, sospingendosi con le onde, la ragazza lo raggiunse e gli sorrise: “Non riesci a dormire?”
“Ormai sono abituato a fare tardi.” rispose con un mezzo sorriso rassegnato.
“E quando non dormi scendi spesso fino alla spiaggia?” chiese.
“Qualche volta. Mi aiuta  a liberare la mente.”
Katara non poté che dirsi d’accordo.

“Che cos’hai?” domandò infine. Il ragazzo le rivolse uno sguardo interrogativo sollevando il sopracciglio, quindi proseguì: “Durante il ritorno Toph mi ha accennato che lo spettacolo ti ha scombussolato più di quanto voglia dare a vedere. E adesso ti trovo in giardino nel cuore della notte ad allenarti…”
“Potrei chiederti la stessa cosa.” fu la risposta evasiva e velata di ironia.
“Pensavo. Alla mia casa, al nostro viaggio, a tutte le persone che abbiamo incontrato, e a come andrà a finire questa guerra...” scosse la testa alzando gli occhi al cielo, per minimizzare quanto in realtà l’ultimo interrogativo la tormentasse.
“Ce lo domandiamo tutti.” Quello era Zuko.
 Accettava le sue domande senza cercare a tutti i costi di trovare risposte, semplicemente prendendo atto di non avere una soluzione a tutto.
“Credi che tuo zio stia bene?” chiese lei all’improvviso. Lui si prese qualche istante prima di rispondere.
“E’ l’uomo più in gamba che io conosca, ed è riuscito ad evadere dalle prigioni del Palazzo del Fuoco. Sono certo che se la stia cavando alla grande.”
“Allora cos’è che ti preoccupa?” incalzò lei, fissandolo. Il ragazzo le indirizzò un’occhiata a metà tra il divertito e lo sconcertato. Riusciva a comprenderlo bene.
“Il fatto di non sapere se potrà mai perdonarmi per come mi sono comportato in passato.” sospirò infine.
Katara sorrise. “Sono sicura di sì. Credo che sappia che sei cambiato e che stai facendo tutto il possibile per rimediare ai tuoi errori, le voci su di noi corrono veloci.”
Lui sollevò il viso verso la volta nera sopra di loro, con una smorfia di amarezza. Raccolse le ginocchia al petto appoggiandovi le braccia, e sussurrò: “Ma sarà sufficiente?”
La ragazza intuì che non si stesse riferendo solo all’ottenere il perdono del Generale.
“Zuko…” allungò leggermente una mano, fino a posarla su quella diafana di lui, creando un interessante contrasto con la sua color caramello. “Tutti sbagliamo, chi più e chi meno. Io ad esempio, se non mi fossi resa conto che il comandante dei Predatori Meridionali era l’uomo sbagliato, avrei potuto commettere l’irreparabile, da quanto ero accecata dall’ira.”
“Ma non l’hai fatto. Le tue mani possiedono il dono della guarigione, non sono fatte per ferire.” lasciò un ‘a differenza delle mie’ in sospeso. Non lo pronunciò, ma lei intuì che dovesse pensarlo. Poi inaspettatamente il corvino girò la propria mano e sfiorò piano la sua, provocandole un brivido. Poteva sentire i calli dovuti in parte all’utilizzo del Dominio e in parte alla pratica con le spade. Non si era mai resa conto di quanto le mani di lui fossero più grandi delle sue, eppure affusolate, belle nonostante i segni dei duri allenamenti. E calde, a confronto con le sue fresche.
“Non è sempre così." ribatté, “Ciò che hai visto quella notte… Si chiama Dominio del Sangue. Si tratta di una variante del Dominio dell’Acqua, eseguibile solo nelle notti di plenilunio. Consente di controllare l’acqua contenuta negli esseri viventi, animali… E persone.” esitò. Lui la guardava in silenzio, aspettando che proseguisse. “Non desideravo impararlo. E in quella cabina stavo per fare un terribile errore.”
“Sì, ma non l’hai fatto!” esalò Zuko, scostando la mano da quella di lei, “Possibile che non capisca la differenza tra l’aver fatto e l’aver avuto la possibilità di fare del male? Tu, Aang, Sokka, Toph… Avete fatto sempre le scelte giuste! Io ho continuato a ferire e distruggere per anni!”
Katara tacque. Sentiva che il suo tormento in parte era dovuto anche a lei e alle parole che gli aveva rivolto nel corso del tempo. Ci pensò su, poi sentenziò con calma: “A volte le cose che facciamo sono anche il frutto di quello che ci circonda. Io ho avuto un’infanzia felice, con i miei genitori e mio fratello, piena di amore."
Lo fissò intensamente: "Tu invece sei stato addestrato al combattimento fin da piccolo, hai dovuto affrontare da solo la perdita di tua madre e hai subito le cattiverie di tua sorella e il disprezzo di tuo padre." enumerò con le dita, "Tutto questo ha sicuramente influenzato il tuo modo di agire. Non sto dicendo che non abbia le tue colpe nelle decisioni che hai preso… Però non addossartene più del necessario. Ora stai cercando di fare la cosa giusta, non avere fretta. Avanza al tuo passo, nel percorso di redenzione che hai deciso di intraprendere.”
Zuko la ascoltò attentamente, cercando di imprimersi nella mente quelle parole cariche di misericordia e speranza. Katara si voltò verso di lui e gli offrì un sorriso conciliante: “Magari non ti libererai mai del tuo fardello. Ma può darsi invece che un giorno ti sveglierai e ti sentirai libero dal rimorso.” fece una breve pausa. “Io te lo auguro di cuore, Zuko.”
Detto questo si alzò, si raccolse il sudore di dosso con un breve movimento, lo gettò via e si spolverò gli abiti “E comunque non è vero.”

Lui la scrutò perplesso. “Che cosa non è vero?”
“Che hai sempre fatto del male,” rispose sorniona, “Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Se avessi voluto, avresti potuto radere al suolo l’intero villaggio. Ne avevi tutti i mezzi. Ma hai scelto la via meno violenta.” Un timido sorriso comparve sul volto del ragazzo. “Io torno a letto. Grazie dell’allenamento e della chiacchierata, dovremmo rifarlo qualche volta. Buonanotte Zuko.”
"Grazie a te per le tue parole, Katara. Non credevo che proprio tu tra tutti mi avresti mai detto di essere più indulgente con me stesso." replicò lui. Pareva rincuorato.
Lei lo guardò un istante. Poi, non sapeva nemmeno lei come le fosse venuto, si chinò e gli baciò delicatamente la guancia sinistra, vicino alla cicatrice. Un contatto leggero e veloce, dal gusto salato a causa del sudore che imperlava ancora la pelle di lui. Quindi senza indugiare ulteriormente si avviò spedita verso la casa, per impedirgli di notare il rossore comparso sulle sue gote.


Comminavano lentamente sulla spiaggia, fianco a fianco. Ogni tanto Katara gli lanciava qualche fugace occhiata furtiva.
 “Allora? A cosa stai pensando questa sera?” ruppe il silenzio Zuko.
“A niente di particolare!” mentì, troppo in fretta, e lui le rivolse uno sguardo poco convinto corrugando la fronte. “Stavo solo ripercorrendo tutto quello che abbiamo passato negli ultimi anni…” corresse il tiro con una mezza verità. Il modo migliore per raccontare bugie, camuffarle con la verità.

Da quella volta in giardino era capitato spesso che la notte stessero alzati a parlare ed esercitarsi dopo che gli altri si erano addormentati. Zuko le aveva raccontato di come si era procurato la cicatrice come punizione per essere intervenuto senza permesso a difesa del suo popolo in un Consiglio, di come per combattere alcune ingiustizie a cui aveva assistito aveva iniziato a vestire i panni dello Spirito Blu, della famiglia che aveva aiutato nel Regno della Terra ma che lo aveva scacciato appena scoperta la sua identità, e della vita tranquilla che aveva condotto a Ba Sing Se. Lei gli aveva parlato del Polo Sud, della sua famiglia, dei loro viaggi, di quando si era calata nei panni della Signora Dipinta per aiutare la gente del fiume, di come aveva appreso il Dominio del Sangue per salvare Aang e Sokka da Hama. Aveva trovato nel corvino un interlocutore attento, un confidente rispettoso, un amico divertente. Una sera, improvvisamente, le chiese di esercitare il Dominio del Sangue su di lui. Katara lo fissò con occhi sbarrati.
“Come puoi chiedermi questo? Ti ho spiegato quanto sia terribile, perché vuoi spingermi ad usarlo?”
“Non ti agitare. Ho capito che non avresti voluto questo potere e che lo temi. Ma credimi se ti dico che un potere di cui si ha paura è ancora più pericoloso, perché è facile perderne il controllo. Per il bene di tutti penso sia meglio che impari comunque a gestirlo.” ragionò Zuko, muovendo appena le mani davanti a sé. In effetti aveva senso, ma non abbastanza da persuaderla.
“E se ti facessi del male?” obiettò titubante, abbassando lo sguardo.
“Beh, potresti dire di esserti presa la rivincita per tutto quello che vi ho fatto passare nei mesi in cui vi ho braccati.” tentò di sdrammatizzare lui, guadagnandosi un’occhiata fulminante. “Ascolta, è difficile che un Elemento sfugga seriamente al nostro controllo, e in tal senso possiamo dire che il Fuoco è senza dubbio quello più pericoloso. Però in questo caso, se dovessi sentirti insicura, ti basterebbe smettere di Dominare per fermare tutto.”
La ragazza era ancora incerta, sembrava voler trovare ad ogni costo un valido motivo per rifiutarsi. Lui approfittò della sua esitazione per insistere: “Va bene se non desideri farne uso. Credo che una simile capacità sia mille volte meglio posseduta da una persona che si rende conto di quel che può fare e cerca di evitarlo, piuttosto che da una che lo sfrutta senza scrupoli. Ma se ti trovassi in una situazione disperata… Ad esempio, se volessi fermare un Dominatore che sta attaccando uno dei tuoi amici che non sarebbe in grado di schivare o di opporsi… Quest’abilità potrebbe salvargli la vita.”
Nella mente di lei comparve prepotente l’immagine di Long Feng che scagliava un blocco roccioso contro un Jet totalmente incapace di difendersi. Abbandonando la riluttanza e armandosi di determinazione, accettò.


“Non abbiamo avuto molto tempo per parlare, da quando sei qui, sto essendo un pessimo ospite.” osservò lui.
“Il tuo ruolo ti tiene impegnato, è normale… E poi anche io sono stata presa con le varie riunioni, in qualità di portavoce della mia Tribù.” lo rassicurò lei con un’alzata di spalle.
“Come stai, Katara?”
“Bene. A casa va tutto bene, Suki si è stabilita definitivamente da noi, anche se non si è ancora abituata del tutto al freddo. Aang è sempre in viaggio per adempiere ai suoi doveri di Avatar. Il mese scorso Toph ci ha fatto visita, ma non è stata molto contenta… Sai, ha dovuto indossare per forza degli stivali, non poteva mica camminare a piedi nudi sulla neve… Brrr!” si concesse una risatina nervosa. Non sapeva perché stesse sproloquiando a quel modo. Era sempre stata chiacchierona, ma di solito non investiva le persone con una raffica di informazioni sconnesse come in quel momento.
“Katara,” la interruppe lui, “mi fa piacere che stiano tutti bene, davvero. Ma io ti ho chiesto come stai tu.”

Durante la simulazione con il Signore dell’Anguria, Sokka stabilì che lei e Zuko attaccassero insieme. Mentre aspettavano tra le rocce il loro turno di entrare in azione, scorse un’espressione combattuta sul volto di lui. “Qualcosa non va?” chiese.
“Se non conti che mi sto allenando per uccidere mio padre, no!” sbuffò, probabilmente più tagliente di quanto non avesse voluto, perché subito dopo chinò il capo e riprese: “Scusami, Katara. Apprezzo che ti preoccupi per me, davvero. E’ solo che è una sensazione strana, fino a poche settimane fa avrei fatto qualsiasi cosa per avere la sua approvazione, e ora… Mi sto mettendo contro di lui, per cercare di essere un sovrano migliore di lui, per un popolo che ha esultato nel vedermi uccidere, anche se nella finzione…”
Notò che mentre parlava aveva stretto i pugni attorno alle else delle spade. “Zuko…” le faceva male vedere quanto a fondo quel dannato spettacolo avesse rivangato nel suo dolore. Gli posò piano una mano sulla spalla. “Quelle persone non ti conoscono. Ma io sono certa che quando diventerai Signore del Fuoco saprai farti vedere per come sei veramente, e sarai amato e rispettato.” disse con dolcezza.
“Ne parli come se sapessi che succederà di sicuro, che vinceremo questa guerra.” commentò scettico.
“E’ il destino di Aang mantenere la pace e l’armonia nelle Quattro Nazioni. E lo compirà!” affermò con convinzione.
Lui la fissò per alcuni secondi che le parvero interminabili, e lei distolse lo sguardo, imbarazzata, ripensando a quanto dovesse essergli sembrata al contrario insicura e preoccupata soltanto poche sere prima.
“Grazie." disse piano Zuko," Sai sempre cosa dire per far coraggio a tutti noi… Sei davvero l’essenza stessa della speranza. Quello che ci tiene insieme e ci impedisce di cadere nel pessimismo e nello sconforto.”
Si voltò di scatto nella sua direzione, sorpresa, e lui le regalò un sorriso grato. Poi arrivò il loro turno di attaccare il Signore dell’Anguria, e corsero fuori dal loro nascondiglio, combattendo fianco a fianco le pietre infuocate manovrate da Toph.
Non ebbe mai modo di dirgli quanto quelle poche frasi le avessero fatto piacere. Era vero che tutti andavano da lei quando sentivano il bisogno di una parola di sostegno, ma spesso veniva anche presa in giro per il suo inguaribile ottimismo. E ci scherzava su, sapendo che in fondo erano contenti di potersi rivolgere a lei per qualsiasi cosa. Zuko invece le aveva espresso con candore quanto apprezzasse quel suo lato, e ne era stata felice. Come lei era la roccia del gruppo, inconsapevolmente aveva fatto di lui la propria. Se qualcosa non andava, o si sentiva particolarmente scoraggiata, era con lui che si confidava. Perché sapeva che avrebbe accolto le sue incertezze senza disorientarsi alla sua esternazione di fragilità, semplicemente riconoscendo che si trovavano tutti nella stessa situazione. Anche solo il fatto che la ascoltasse con serenità le era di conforto.

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Capitolo 3
*** Complicità ***


3. COMPLICITA'
 


Più tardi, Katara scese in giardino, e poco dopo vide comparire Zuko nell'ombra dell'ingresso. Ma c’era qualcosa di diverso. Indossava gli abiti neri e attillati che aveva usato per andare a cercare i Predatori Meridionali, un cappuccio a coprirgli la testa, e teneva in mano una maschera da demone bianca e blu. Aveva uno strano sguardo, sembrava quasi indispettito di trovarla lì.
“Che hai in mente?” gli chiese.
“Questo pomeriggio, prima di raggiungervi in spiaggia, ho visto dei soldati della Nazione del Fuoco prendersela ingiustamente con dei pescatori al villaggio.” rispose con riluttanza lui. La ragazza comprese al volo la situazione.
“Dammi qualche minuto.” disse, lasciandolo lì perplesso. Corse di sopra, si cambiò, si applicò il trucco rosso della Signora Dipinta e tornò da lui, che la squadrò dubbioso:
 “Non devi…” esordì.
“Lo so. Ma voglio.” lo anticipò lei.
“Potrebbe essere pericoloso.” provò a dire Zuko, tentando di dissuaderla.
“So anche questo.” Katara corrugò la fronte. Per chi l’aveva presa? Sapeva badare a se stessa. Voleva solo aiutarlo, non essergli di intralcio.
“E’ il mio popolo…” insistette.
“Prova a dirmi qualcosa che ancora ignoro!” replicò esasperata.
“Voglio dire che spetta a me il compito di difenderlo dalla prepotenza della loro stessa patria.” scandì lui.
Finalmente capì. “Non si tratta solo di questo, vero? Non è soltanto senso del dovere. Tu vuoi fare ammenda per gli errori che hai commesso e che ha commesso la tua famiglia. In ogni modo possibile.”

Il Principe della Nazione del Fuoco chinò il capo davanti alla Dominatrice dell’Acqua.
Lei gli si avvicinò, gli posò delicata una mano sulla guancia sinistra, accarezzando lievemente la cicatrice, e scelse le parole con cura: “E’ una cosa bella e ti fa onore, Zuko. Ma lascia che ti accompagni. Permettimi di supportarti in questa tua scelta.” Lui appoggiò il volto contro la mano fresca di lei, come a trarre forza da quel contatto gentile a cui non era abituato. “Oltretutto, mi hai detto che quando vesti i panni dello Spirito Blu non usi il tuo Dominio per evitare che ti scoprano, allora a maggior ragione ti farò comodo. Io al contrario posso usare il mio tranquillamente. Anzi, potrebbe anche confondere ulteriormente le idee sulla tua identità.”
Alla fine il ragazzo cedette. “Fai attenzione però.”
“Anche tu” ribattè lei con un sorriso di sfida. E così lo Spirito Blu e la Signora Dipinta si avviarono al villaggio, per punire i soprusi e aiutare la popolazione.


Katara non sapeva cosa rispondergli. Stava bene, no? I suoi cari stavano bene, quindi era tutto a posto, giusto?
“Te lo chiedo perché sei sempre stata abituata a farti carico dei problemi di tutti… Ma so che difficilmente parli delle tue preoccupazioni.” acuto come sempre Zuko. Le tornarono alla mente le serate passate insieme all'Isola Ember, e come si sentiva bene a potersi confrontare con lui senza doversi mostrare forte per qualcuno.
La ragazza smise di camminare e si sedette sulla spiaggia, indicando la sabbia fine accanto a sé per invitarlo a raggiungerla, e il corvino lo fece. “Ti ringrazio. Va tutto bene. Sto insegnando un po’ di storia e di movimenti del Dominio ai bambini della Tribù. Anche se non tutti sono Dominatori, è bene che li imparino per poterli un giorno tramandare, e poi si divertono.”
Lui attese pazientemente che lei continuasse, intuendo che non avesse finito: “Ho smesso di viaggiare con Aang.”

Avevano trovato i soldati della Nazione del Fuoco alla taverna, intenti a vantarsi delle malefatte della giornata e a far danni al povero oste a causa del troppo vino. Per non attirare l’attenzione avevano aspettato che uscissero, prima di intervenire. Mentre percorrevano una strada poco illuminata, lo Spirito Blu si parò innanzi a loro con le spade sguainate. Quelli avevano iniziato a fare commenti e battute per provocarlo, ma lui, senza una parola, era partito all’attacco. Sicuramente avrebbero reagito, ma la Signora Dipinta era apparsa alle loro spalle, e aveva bloccato i loro piedi a terra con lamine di ghiaccio. Rapido come un fulmine, il ragazzo li mise al tappeto uno dopo l’altro, prima che avessero tempo di gridare e chiamare eventuali rinforzi. Poi frugarono nelle vesti degli uomini per recuperare il denaro che avevano sottratto agli abitanti del villaggio, quindi lo ridistribuirono alla popolazione.
Durante la ricognizione Katara si fermò in alcune case per guarire qualche malato (chi tossiva, chi respirava male, chi si lamentava nel sonno), e Zuko l’aveva attesa fuori dagli usci, vigilando sulla strada ed osservandola concentrare l’acqua sui palmi delle mani per trasformarla in energia curativa.
Erano rientrati quasi all’alba, esausti ma soddisfatti, e dopo essersi salutati con un cenno silenzioso del capo si erano diretti ognuno alla propria camera.
Al loro risveglio si sarebbero resi conto della scomparsa di Aang.


“Non è andata come ti aspettavi?” le chiese cautamente lui, incerto su come interpretare il silenzio dopo quella frase.
“Sì e no… Cioè, era divertente viaggiare insieme in tempo di pace, aiutare villaggi e persone in difficoltà quando ce n’era l’occasione, non doversi preoccupare di scappare da qualcuno o di travestirsi per non farsi riconoscere… Però ad un certo punto ho realizzato che… Non era quello che avrei voluto fare per il resto della mia vita." raccontò, con un velo di tristezza ad oscurarle lo sguardo." Un conto era vivere un’avventura, un altro era fare di questa la mia vita, senza avere mai neanche una dimora stabile… Desideravo fare qualcosa per la mia gente, stare coi miei cari, avere una famiglia…” le ultime parole le lasciò uscire in un bisbiglio. “Quindi mi sono fermata. Sono tornata a casa. Da allora ho visto Aang solo di rado.”
“Ti senti in colpa?” chiese Zuko.
Katara sollevò la testa, puntando gli occhi blu sgranati in quelli dorati di lui: “Credi che dovrei?” sembrava quasi implorante.
“Non mi fraintendere, te l’ho chiesto perché mi hai dato quest’impressione, non perché ritengo che sarebbe giusto.” si affrettò a puntualizzare il ragazzo, “Anzi, francamente, ti capisco. Certo, è stato bello girare il mondo con mio zio… Ma rimanevo un esiliato, senza una casa dove tornare o qualcuno che mi aspettasse." ricordò. "Se hai sentito che quella non era la tua strada, hai fatto bene a tornare sui tuoi passi. E te lo dice uno che ha percorso davvero a lungo un cammino che non sentiva pienamente come proprio.” accennò un mezzo sorriso con l’ultima allusione al periodo in cui li aveva inseguiti per ogni dove.
Per la ragazza fu come se in quel momento le venisse tolto un grosso peso dal cuore. Già, perché per quanto odiasse sentirsi definire la mammina del gruppo, era vero che si comportava così, sia nel senso che ascoltava e supportava sempre tutti… Ma anche nel senso che non le capitava quasi mai di condividere le sue incertezze. Lo ringraziò, poi si alzarono e ripresero a passeggiare.

Per cercare Aang, Zuko suggerì di dirigersi verso il Regno della Terra, dove in una squallida locanda trovarono la cacciatrice June. Uno dei primi commenti che fece fu constatare con il corvino che andava tutto bene con “la sua fidanzata”, riferendosi a lei. Reagirono all’unisono, precisando imbarazzati che tra loro non c’era quel tipo di legame.
Quando anche per il segugio della donna risultò impossibile individuare l’Avatar, optarono per trovare invece Iroh, e l’animale li condusse alle porte di Ba Sing Se.
Nella notte furono sorpresi dal fuoco di Jeong Jeong, che li aveva trovati insieme al Re Bumi, al Maestro Pakku e al Maestro Pian Dao. Giunti all’accampamento del Loto Bianco, Zuko si diresse immediatamente verso la tenda indicatagli come quella del Generale, ma si fermò all’entrata, sedendo al suolo a testa china. Katara lo raggiunse e si inginocchiò al suo fianco. Sapeva che aveva atteso quel momento con angoscia e trepidazione.
“Va tutto bene?”
“No, non va bene. Mio zio mi odia, lo so. Mi ha amato e sostenuto in ogni modo possibile, e io l’ho sempre ignorato. Come faccio ad affrontarlo?” sospirò tristemente lui.
“Zuko. Ti dispiace per quello che hai fatto, vero?” chiese con dolcezza.
“Più di ogni altra cosa che abbia mai fatto in vita mia.”
“Allora ti perdonerà. Sul serio.”
Anche se non aveva detto niente di speciale, evidentemente era stato sufficiente a rincuorare il ragazzo. Le concesse un leggero sorriso, che lei ricambiò incoraggiante, e si decise ad alzarsi ed entrare nella tenda.
Più tardi, quando zio e nipote uscirono, con gli occhi arrossati e ma sereni, scambiò uno sguardo d'intesa con Zuko, che le espresse tacitamente tutto il suo sollievo e la sua gioia per essersi riappacificato con Iroh.


“E qui? Come vanno le cose?” s'informò Katara, scrutando con disappunto le occhiaie che segnavano gli occhi dell’amico.
“Non è che sia successo granché a dire il vero, dopo aver sistemato le cose con le ex Colonie e Azula. Stiamo sviluppando l’agricoltura e l’allevamento nelle zone più rurali per far sì che ogni piccolo insediamento sia autosufficiente, abbiamo ultimato le stampe dei nuovi libri di storia riveduti e corretti, e mantenuto rapporti cordiali con le altre Nazioni, anche se l’Ambasciatrice della Tribù Meridionale dell’Acqua è tosta.” ammiccò nella sua direzione.
“Ahssì? Forse non avrebbe bisogno di essere tosta, se le situazioni non lo richiedessero!” ribatté lei, tirata in causa.
“Cioè?” le chiese innocentemente.
“Ma dai, non hai visto come mi trattava il consigliere Liong all’ultima riunione? Solo perché secondo lui sono troppo giovane per prendere parte alle decisioni politiche! E poi credeva di potermi spiegare le strategie diplomatiche che intendete adottare… Peccato che siano state ideate e suggerite da Sokka! E comunque ho soltanto un anno in meno di te!” inveì la ragazza.
Zuko rise brevemente. Non gli capitava spesso, ma era rigenerante ogni tanto. “Non volermene, ti stavo solo prendendo in giro. Secondo me sei stata grande a rimetterlo al suo posto come hai fatto.”
“Per forza, alla fine sono stata io a spiegare la mappa concettuale a lui!” borbottò lei, anche se in realtà era fiera del complimento ricevuto.
“Perché Sokka le sa leggere bene ma è una frana nel prepararle…” asserì il ragazzo, scherzoso.
Gli occhi chiari di lei si ridussero a due fessure “E’ così?” e con un rapido movimento della mano, schizzò con acqua di mare il volto del Signore del Fuoco. Lui la guardò sbigottito per qualche secondo. Evidentemente non era avvezzo a quel tipo di gioco, ma si riscosse in fretta, assottigliò a sua volta lo sguardo e si mise come in posizione di attacco. L’espressione soddisfatta di Katara svanì: “Zuko…?”

Il mattino seguente tennero una riunione per decidere il da farsi. In effetti il ragionamento di Iroh su come sarebbe stata vista dai posteri la sconfitta di Ozai per mano sua, anche ipotizzando che ne fosse stato in grado, era sensato. Ricordava con quanta naturalezza l’uomo avesse poi affermato che in caso di vittoria non sarebbe stato lui a sedere sul trono, ma “un idealista con un grande cuore puro e con un onore indiscutibile”, riferendosi al Principe. In quel momento più che mai la ragazza ebbe la prova di quanto lui fosse cambiato e maturato, vedendolo incerto alla prospettiva di detenere il potere. Se non fossero stati in mezzo a tutti gli avrebbe tirato una gomitata rinfacciandogli le parole che lui stesso aveva rivolto a lei sulle sue analoghe remore circa l’utilizzo del Dominio del Sangue.
Dopo aver convenuto che il Generale e la Confraternita avrebbero pensato a liberare Ba Sing Se, Iroh si rivolse al nipote: ”Zuko, tu devi tornare alla Nazione del Fuoco, così quando il Signore del Fuoco cadrà tu potrai assumere il comando e ristabilire la pace e l’ordine. Ma Azula sarà lì ad attenderti.”
Il ragazzo assentì: “Ci penserò io ad Azula.”
“Non da solo. Ti occorre aiuto.” consigliò saggiamente l’anziano.
“Hai ragione. Katara, vorresti aiutarmi a sistemare Azula?”
Fu sorpresa e lusingata di quanto spontaneamente si rivolse a lei per chiederle di partecipare all’impresa, ma dopotutto come Spirito Blu e Signora Dipinta si erano trovati piuttosto affiatati sul campo, quindi accettò prontamente.


In un attimo, lui le si scagliò contro, afferrandola per la vita (come aveva fatto anni prima per salvarla dal soffitto del Tempio dell’Aria che stava crollando) e trascinandola verso il mare, finché non vi caddero entrambi. Riemergendo, la ragazza cercò di fare una faccia scandalizzata di rimprovero, ma alla fine le risate ebbero la meglio. Ingaggiarono un'amichevole lotta a colpi di schizzi, che senza alcuna sorpresa si concluse con la vittoria di lei. Quindi entrambi si sdraiarono ansanti sulla spiaggia, a ridosso del bagnasciuga. Quel breve momento di ilarità era servito ad abbattere la barriera che il tempo, i rispettivi titoli e la lontananza avevano creato tra loro, e si sentivano più rilassati in compagnia l’uno dell’altra.

La sera prima della partenza, Katara sedeva sotto un albero con la schiena appoggiata al tronco, fissando assorta il cielo notturno, e non si accorse di essere stata raggiunta da Zuko finché questi non le sedette accanto.
“Sei preoccupata.” Non era una domanda. Lo aveva semplicemente constatato. “E’ normale, non importa quanta fiducia possiamo avere nelle nostre capacità o nel ritorno di Aang. Una battaglia è sempre una battaglia.”
“Anche tu lo sei?” aveva domandato.
“Certo. Non ho mai sconfitto mia sorella. Ma era prima che i Draghi mi considerassero degno di apprendere il vero Dominio del Fuoco, e spero che questo fattore influisca sull’esito finale.”
Non si era aspettata una risposta tanto trasparente. Poi lui aggiunse: “Inoltre, tu sei la migliore alleata che potessi desiderare di avere in questo scontro.”
Gli rivolse un sorriso riconoscente. Era incredibile quanto poche parole fossero bastate per rinfrancarla. Adagio, aveva appoggiato la testa sulla spalla del ragazzo, godendo del calore intrinseco che emanava il corpo di lui, che scoprì avere un potere calmante sulle sue emozioni. L’improvviso allentamento di tensione le fece piombare addosso tutta la stanchezza accumulata in quei giorni, e chiuse gli occhi, cedendo pian piano al sonno.
Si svegliò solo il mattino seguente, trovandosi distesa con la testa sulle gambe di Zuko, mentre lui dormiva ancora, seduto con la schiena contro l’albero. Sentendosi in colpa per averlo costretto in quella posizione scomoda tutta la notte, lo fece coricare lentamente sull’erba morbida per concedergli ancora un po’ di riposo. Poi si alzò e si voltò ad osservare il sole che sorgeva illuminando le mura di Ba Sing Se e il loro accampamento. Era pronta.

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Capitolo 4
*** Gratitudine ***


4. GRATITUDINE
 


Katara asciugò in un attimo entrambi dall’acqua di cui si erano inzuppati, poi si avviarono verso il palazzo, chiacchierando di tutto e niente, riempiendo le lacune di quegli anni in cui si erano visti poco. Giunti a destinazione, decisero di fare una tappa nelle cucine per bere un tè prima di andare a dormire. La ragazza sedette al tavolo e osservò sorridendo l’amico armeggiare tra i vari scaffali colmi di barattoli che emanavano profumi esotici. Quando ebbe scelto gli ingredienti ignorò il bollitore, versò l’acqua direttamente nelle tazze, le portò in un attimo alla temperatura giusta e gliene porse una: “Senza zucchero, vero?”
Stupita che ricordasse un dettaglio come la sua preferenza per la bevanda, annuì.
“Non capita tutti i giorni di bere un tè preparato e servito dal Signore del Fuoco.” commentò, notando che nemmeno lui aveva aggiunto niente alla sua tazza.
“Non lo faccio spesso, puoi ritenerti onorata.” ribattè lui con un ghigno.
“E anche soddisfatta! E’ davvero buono!” esclamò dopo averlo assaggiato. Lui distolse gli occhi dai suoi, con un leggero rossore sul viso normalmente pallido. Ma replicò come se niente fosse:
“Puoi ben dirlo, si tratta si una miscela inventata da mio zio!”
Dopotutto Zuko era sempre lo stesso, nonostante la carica che ricopriva aveva conservato quel velo di timidezza che lo rendeva impacciato nel ricevere complimenti.
“Come va la sua sala da tè a Ba Sing Se, a proposito?” chiese.
“A gonfie vele.” ma non la guardò nel darle quella risposta, e Katara scorse un’ombra di malinconia ad incupirgli il volto.
“Ti manca?” seppe di averci preso dall’espressione indecifrabile che lui assunse.
“Ogni giorno. Ma sono felice per lui. Dopo una vita intensa come la sua, si merita un po’ di pace e serenità. Mi dispiace solo di non poterlo vedere spesso quanto vorrei.”
“Ti capisco… E’ normale che ad un certo punto nella vita le strade si dividano.”
“Stai pensando ad Aang?” perspicace come al solito.
“Sì. Mi hanno fatto bene le tue parole di prima, mi hanno aiutata a vedere la situazione con maggiore serenità. Effettivamente non eravamo compatibili.” gli sorrise, grata.
Lui ricambiò il sorriso, lieto della sua riconoscenza. “Mi è successa la stessa cosa con Mai.” confessò, “Quando si passa da un'esperienza poi è più facile dire le cose giuste agli altri.”
“Mi dispiace, non lo sapevo!” proruppe subito lei.
“Non dispiacerti. Era la soluzione migliore per entrambi. Eravamo troppo diversi.” la rassicurò il ragazzo, con un gesto vago della mano. “E poi in quel periodo mio zio si trovava qui in visita, pertanto ho avuto il suo prezioso supporto e qualche buon consiglio. E tu?”
“Io cosa?”
“C’era qualcuno accanto a te quando hai lasciato Aang?”
Quella domanda la colse impreparata. Certo, aveva avuto vicini suo fratello e Suki, ma non aveva mai parlato molto della cosa, prima di allora. E da come lui la scrutava sembrava che lo sapesse. “Beh, eravamo tornati al Polo Sud per un periodo… Essere di nuovo circondata dalla mia gente, insieme alla nonna e a Pakku, mi ha fatto capire che desideravo fermarmi. Ovviamente non è stato facile parlargliene… Ma mi è sembrato capire.”
“Parlarne è la parte più difficile. Però dopo arriva il sollievo.”
Lei esitò. Per lei non era stato così. Aveva liquidato chiunque avesse tentato di sapere qualcosa sull’argomento con risposte brevi e concise, prevalentemente formate da frasi fatte, finché avevano smesso di insistere. Forse aveva avuto paura di essere giudicata. Magari non aveva avuto modo di sentire parole che la rinfrancassero proprio perché non ne aveva mai davvero parlato con nessuno, fino a quella sera. “Sì, col tempo sì.” rispose laconica, fissando la sua tazza.
Finito il tè, si diressero verso l’ala Nord del palazzo, dove si trovavano le stanze di entrambi. Katara era rimasta impressionata la prima volta che aveva visto i corridoi lunghi e alti, le scale imponenti e le decorazioni massicce di quella dimora, ma col tempo ci aveva fatto l’abitudine. Tuttavia non si stancava di rimirarle, ogni volta che era in visita scopriva qualcosa di nuovo, e il padrone di casa era sempre disponibile a raccontarle della loro arte, della loro cultura, delle loro tradizioni. Arrivati alla porta dell’Ambasciatrice, lui le diede la buonanotte e si diresse verso i suoi appartamenti, ma la ragazza lo richiamò: “Zuko?” Lui si voltò a mezzo, fermandosi. “Grazie. Mi è sembrato di tornare all’isola di Ember.”
Il corvino la guardò e le sorrise nostalgico, probabilmente ripensando alle serate che avevano condiviso: “Anche a me. Possiamo rifarlo qualche volta, finché starai qui.”
Aveva ripetuto quello che lei gli aveva detto dopo quella prima sera in cui si erano allenati insieme. “Volentieri. Buonanotte Zuko.”
E con un cenno si separarono.

Il volo su Appa alla volta della Nazione del Fuoco era stato tranquillo e anche piuttosto silenzioso, erano entrambi persi nei rispettivi pensieri. Per quel poco che avevano parlato, si erano fatti coraggio a vicenda, erano una squadra ormai. Arrivarono al castello e fecero irruzione proprio durante l’incoronazione di Azula.
Katara sentiva che non era una buona idea accettare la sfida Agni Kai che lei aveva lanciato, si era dimostrata subdola e sleale in più occasioni. Comprendeva il desiderio di Zuko di tenerla fuori da quella questione famigliare per proteggerla, ma non si fidava della ragazza. Eppure, malgrado la tensione, lui appariva sicuro di sé, perciò alla fine si era fatta da parte.
Era la prima volta che assisteva ad un vero scontro tra Dominatori del Fuoco. Le fiamme rosse di Zuko si scontravano con le saette azzurre di Azula, l’aria era incandescente, quasi irrespirabile. In seguito alle provocazioni del fratello, la Principessa si concentrò per scagliare un fulmine particolarmente potente. Ma all’ultimo istante decise di cambiare bersaglio, dirigendo l’attacco contro di lei. Si era vista arrivare addosso il lampo con una potenza inaudita, poteva percepirne la tensione elettrica anche a distanza. Ma l’urto non avvenne mai. Zuko si era frapposto tra lei e il colpo della sorella, non riuscendo però ad eseguire i movimenti per deviarlo, e quindi assorbendolo completamente.

Katara aprì gli occhi all'improvviso. Era da tanto tempo che non sognava quella terribile scena. Probabilmente l'aver ritrovato la complicità con Zuko dopo gli anni di lontananza le aveva riportato a galla anche quei ricordi spaventosi, oltre a quelli piacevoli. Si preparò con calma, scelse un completo rosso con pantaloni e maniche svasati, poi spazzolò i lunghi capelli castani e li raccolse nell’acconciatura intrecciata tipica della sua Tribù. Quando scese nel salone della colazione, vi trovò alcuni funzionari delle varie Nazioni attorno ai tavoli con le vivande che erano disposti nella sala. Il soffitto era a volta, sostenuto da alte colonne, e raffigurava i vari Avatar appartenenti a quella Nazione. Stava per sedersi insieme ad un gruppo di dignitari del Polo Nord, quando il Signore del Fuoco le chiese di prendere posto vicino a lui per discutere di alcune questioni. Perplessa, corrugò appena la fronte e gli si avvicinò guardandolo interrogativa.
“Scusa,” le sussurrò lui come lo ebbe raggiunto, mentre scostava la sedia dal tavolo per farla accomodare, “ma stava per mettersi qui il consigliere più logorroico e monotono del Regno della Terra. E siccome non abbiamo parlato molto in pubblico, mi sembrava una buona scusa per scampare una colazione mortalmente noiosa e deleteria.”
La sua espressione era serissima, la fissava con quel suo sguardo dorato, impassibile come se la stesse realmente mettendo a parte di affari di vitale importanza, e lei dovette fare le acrobazie facciali per non scoppiare a ridere davanti a tutti. Consumarono il loro pasto tranquillamente, parlando davvero dei provvedimenti presi per favorire i rapporti diplomatici con le Tribù dell’Acqua, come le tratte di navigazione e il commercio (la Nazione del Fuoco procurava loro ferro e carbone di cui i suoi giacimenti erano ricchi, ricevendo in cambio forniture di prodotti dell’oceano e olio).
Al momento di alzarsi, Katara stava per andare a fare una passeggiata in giardino, quando Zuko la sorprese invitandola ad una riunione. “Sai, ho ripristinato il Consiglio dei Saggi del Fuoco, credo potresti trovarlo interessante.”
Osservò con ammirazione il modo in cui il ragazzo si destreggiava in quell’ambiente, ascoltando con umiltà le lamentele, le richieste, le segnalazioni, le proposte, elaborando il tutto, confrontandosi coi vari ministri per le decisioni da prendere.
Le ricordò molto le assemblee delle Tribù dell’Acqua, e si chiese se non si fosse ispirato proprio a loro per ricostituire quell’organo. Si distrasse per qualche istante, ricordando come tre anni prima Zuko aveva affrontato le proprie incertezze e sfidato le molte opinioni contrarie, comprese la sua e quella di Aang, arrestando il movimento di liberazione del Regno della Terra in quella che sarebbe poi diventata Republic City. Aveva fatto una scelta innovativa che si era rivelata la più giusta non solo per il suo popolo, ma anche per tutte le altre comunità coinvolte nella disputa, e i frutti si vedevano.
In effetti, a guardarlo in quel frangente, con i lunghi capelli scuri raccolti parzialmente dall’ornamento regale a forma di fiamma e la struttura rigida a sostegno del mantello che gli faceva le spalle più ampie, corrispondeva all’immagine dell’uomo e del monarca che era diventato.

Avrebbe voluto precipitarsi immediatamente al suo fianco per soccorrerlo, ma Azula la aggredì, costringendola ad allontanarsi da lui per difendersi. Nell’ansia del momento, si ricordò delle parole di Zuko sul fatto che la sorella fosse più debole. Si sforzò di mantenere la calma mentre schivava i fulmini e cercava di contrattaccare, e si rese conto che aveva ragione. Pareva fuori di sé, gridava minacce a vuoto, e i colpi che sferrava erano potenti ma venivano scagliati con furia, a discapito della precisione.
Lei invece si concentrò per studiare il campo di battaglia, e si accorse dell’acqua che scorreva sotto la grata del porticato. Attirò la sua avversaria proprio in corrispondenza del fluido, e con un solo gesto intrappolò entrambe in un’onda di ghiaccio. Poi, lentamente, sciolse prima l’acqua attorno a sé, per poter passare alle spalle della Principessa e legarle le mani dietro la schiena, così da neutralizzarla. Appena la ebbe assicurata all’inferriata, fece cessare il Dominio e corse accanto a Zuko, che giaceva poco distante. Gli si inginocchiò vicino e lo voltò con attenzione, constatando con sollievo che respirava ancora.

Nel pomeriggio, Katara stava andando in biblioteca per cercare qualche libro con cui passare il tempo la sera, quando da una finestra del corridoio in cui si trovava vide Zuko in giardino. Indossava una semplice casacca senza maniche e pantaloni da allenamento, ed era intento ad esercitarsi nel combattimento marziale. Animata dalla curiosità di verificare i suoi progressi, abbandonò i suoi piani di lettura e scese le scalinate. Arrivata sotto al portico rialzato che circondava il giardino, saltò giù e lo raggiunse, arrestandosi vicino al pozzo al centro del cortile, a qualche passo di distanza da lui per non intralciarlo:
“Ti dispiace se mi unisco a te?”
Lui si fermò un attimo a guardarla, e un guizzo divertito gli attraversò gli occhi: “Come ai vecchi tempi?” chiese.
“Come ai vecchi tempi.” confermò lei, con un sorriso di sfida. E iniziarono a muoversi in sincrono. A volte sembrava che andassero ognuno per conto proprio, altre pareva che danzassero insieme, arrivando quasi a sfiorarsi. Erano talmente concentrati che non si accorsero che diverse persone, dalle finestre e dai portici attorno al cortile, si erano fermate ad osservare quella visione singolare. Katara percepiva il suo cuore pompare rapido per lo sforzo, il profumo delle siepi di gelsomino che circondavano il perimetro in cui si trovavano si mischiava all’odore acre del sudore e le invadeva le narici. Esistevano solo lei, Zuko e quella loro stravagante ma armoniosa coreografia. Quando infine si fermarono, affannati, la maggior parte degli spettatori riprese il proprio cammino e le proprie mansioni, ma un uomo si avvicinò loro, battendo le mani. Quando si voltarono e lo riconobbero, entrambi gli corsero incontro e lo abbracciarono.
“Bentornato, zio! Non mi avevi avvertito che saresti venuto!” disse Zuko.
“In realtà ho fatto più tardi del previsto. Speravo di arrivare per l’inizio del Concilio, ma sai com’è, fermati da una parte, visita questo, passa dall’altro…” L’anziano Generale aveva il dono di riuscire a farsi benvolere ovunque andasse. “E’ un piacere trovarti qui Katara, sei diventata ancora più bella! Hai fatto buon viaggio?”
La ragazza arrossì lievemente, ringraziò per il complimento e rispose affermativamente.
“Come vanno le cose a Ba Sing Se?” chiese poi.
“Tutto molto bene, grazie mia cara. Le ex colonie sono sempre più floride, e c’è pace e prosperità. Ma ditemi, è molto che fate pratica insieme, voi due?”
“Affatto, zio.” rispose il ragazzo. “Era capitato qualche volta anni fa, quando viaggiavamo con l’Avatar, ma era da molto che non ne avevamo occasione.” soggiunse con una punta di rammarico.
“Capisco, capisco” sentenziò Iroh, “Dunque, che ne direste di una tazza di tè ristoratore?”
“Ma certo!” esclamò subito la ragazza, “Oh, aspettate. Zuko, fermati.” lui fece come gli aveva detto, e con un rapido gesto della mano Katara attinse acqua dal pozzo al centro del giardino, investendo entrambi. Lui rimase un attimo interdetto, ma prima che potesse protestare lei ritirò completamente il liquido altrettanto in fretta quanto li aveva inzuppati.
"Quindi volendo tu non avresti mai bisogno di fare il bagno?" la stuzzicò il corvino.
"Spiritoso! Uso questo trucchetto solo occasionalmente, per fare prima. Altrimenti per prendere il tè rischiamo di fare tardi a cena." si giustificò lei, "Sapete, Generale, ieri sera Zuko me ne ha preparato uno delizioso, e ha detto che era una vostra ricetta!” raccontò entusiasta, avviandosi verso le cucine.
Iroh inarcò appena le sopracciglia mentre la seguiva, e rivolse un’occhiata in tralice all’interessato, che al contrario evitava accuratamente il suo sguardo: “Ma davvero? Mio nipote ti ha preparato il tè?”
“Oh, sì! Uno dei più buoni che abbia mai assaggiato! Deve averci messo anche delle spezie e della frutta, perché aveva un gusto particolare, dolce ma intenso…”
Katara andò avanti a chiacchierare spensieratamente, precedendoli lungo il corridoio, senza notare il compiacimento negli occhi del Dragone dell’Ovest o l’imbarazzo in quelli del Signore del Fuoco.

Immediatamente estrasse l’acqua della sua borraccia e la portò all’addome di lui, dove era stato colpito dalla saetta, posandovi poi le mani e rilasciando il suo potere curativo. Zuko emise un flebile gemito, poi il suo volto si rilassò, aprì appena gli occhi e mormorò: “Ti ringrazio, Katara.”
Poche volte in vita sua un suono le era parso tanto bello e rassicurante. Ce l’aveva fatta. Concesse alle lacrime che fino a quel momento aveva trattenuto di fuoriuscire: “Credo che dovrei essere io a ringraziare te.”
Dopotutto, lei gli aveva solo reso una vita per una vita.
Lui allungò una mano a raccogliere una delle perle liquide che le solcavano le guance, in una leggera carezza consolatoria. Adagio, lo aiutò a mettersi seduto e lo abbracciò, con delicatezza per non pesare eccessivamente sul suo fisico già provato, nascondendo il viso tra il collo e la spalla del ragazzo. Si perse nel suo aroma di tè ormai così familiare, anche se in quel momento era offuscato dai sentori di fumo e sudore. Lo sentì accarezzarle altrettanto delicatamente i capelli, finché i suoi singhiozzi si placarono e il battito del suo cuore tornò calmo, sincronizzandosi con quello regolare di lui.
Si riscosse sentendo urlare Azula, che, ormai sconfitta e in preda alla frustrazione, sputava fuoco azzurro dal naso e dalla bocca, contorcendosi e piangendo. Nonostante tutto il male che aveva fatto, rimaneva una ragazza della sua stessa età. Avevano avuto la meglio, ma non c’era nulla da festeggiare in quella vittoria. Zuko osservava la sorella con un misto di compassione e tristezza: le eccessive aspettative nei suoi confronti e il desiderio disperato di compiacere il padre l’avevano condotta quasi alla follia.
Katara posò piano una mano sul suo braccio. Non c’erano parole che avrebbero potuto farlo sentire meglio, poteva solo fargli sapere attraverso quel contatto che lei c’era, che era lì, che era con lui.

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Capitolo 5
*** Coraggio ***


5. CORAGGIO
 


Katara si trovava al palazzo della Nazione del Fuoco da diversi giorni, e aveva stabilito una sua routine quotidiana. Le riunioni si tenevano solo al mattino, quindi nel pomeriggio si allenava con Zuko e spesso anche con le Guerriere Kyoshi, e poi dopo cena si trovavano per un tè, dei giochi o una passeggiata. Una sera però il sovrano la fermò prima che entrasse nel salone dove si trovavano le ragazze:
“Oggi ho un impegno, ci vediamo domani.”
Katara rimase un po' delusa: "Ah, va bene... Devi sbrigare qualche faccenda urgente?”
“Una via di mezzo tra una visita di cortesia e un giro di ricognizione.” rispose. Poi, guardandola, notò la sua espressione incupita: “Vorresti accompagnarmi?” domandò.
“Posso venire?” chiese subito lei, rianimandosi all’idea di fare qualcosa di diverso in sua compagnia. Voleva bene a Ty Lee e alle altre Guerriere, ma era Zuko la persona con cui preferiva trascorrere il tempo.
“Se vuoi. Ma dobbiamo prendere i cavalli-struzzo. Il posto dove voglio arrivare è troppo lontano per andarci a piedi.” la informò con un sorriso enigmatico.
La ragazza corse nella sua stanza a prendere il mantello, e si trovarono poco dopo alle scuderie. Notò che lui aveva indossato abiti semplici, non portava la corona e i capelli castani erano tirati indietro da un semplice laccio. Durante il viaggio la ragazza si decise a parlargli di una questione che le premeva particolarmente affrontare:
“Sai… In questi anni mi è capitato di tornare al Polo Nord, e ho avuto modo di procurarmi un’altra fiala dell’Acqua dell’Oasi dello Spirito. Se me lo consenti, potrei tentare quello che non sono riuscita a fare nelle gallerie di cristallo di Ba Sing Se. Oltretutto adesso il mio Dominio è anche più forte di allora.”
Lui la guardò sorpreso, e riflettè qualche momento prima di rispondere: “Ti ringrazio di aver pensato a me, Katara. Ma non desidero più cancellare questa cicatrice. Una volta mi creava imbarazzo, perchè mi rendeva facilmente riconoscibile… Però adesso non ha più importanza." si voltò verso di lei, e leggendo lo stupore nei suoi occhi azzurri aggiunse: "Vedi, se mio padre non mi avesse procurato questo marchio esiliandomi, probabilmente sarei rimasto per sempre succube di lui e di mia sorella. Non avrei imparato tutto ciò che ho appreso nei viaggi con mio zio, non avrei mai conosciuto voi, non mi sarei reso conto di quante cose stessi sbagliando nella mia vita, non avrei mai ricevuto il dono del vero Dominio del Fuoco dai Draghi…" sembrava ripercorrere con la mente i fatti che avevano segnato maggiormente i suoi cambiamenti. "Lui voleva ferirmi, bandendomi, ma in realtà è stata la cosa migliore che abbia mai fatto per me. E questo segno mi ricorda ogni giorno come ero, e tutta la strada che ho percorso, quindi non è più qualcosa di cui vergognarmi.” concluse.
La ragazza non si aspettava un rifiuto, ma sorrise e annuì, presa alla sprovvista da quella confessione aperta e inusuale per lui, normalmente così introverso. L’accettazione di sé era qualcosa di tanto importante quanto difficile da raggiungere, ed era sinceramente lieta dei progressi che Zuko aveva fatto in tal senso.  Si chiese se si fosse finalmente liberato dai sensi di colpa, ma prima che potesse domandarglielo lui con un gesto le fece intendere che erano arrivati a destinazione.
Non se ne era accorta, chiacchierando del più e del meno, ma avevano attraversato la foresta, ed erano giunti alla cittadina di Hira’A. Giunti davanti ad una delle tante case a due piani con un bel giardino, smontarono dalle loro cavalcature e il corvino bussò alla porta. Questa venne spalancata quasi subito da una bambina, che appena vide Zuko si lanciò tra le sue braccia: “Fratello!” strillò Kiyi. Poco dopo, anche Ursa e Ikem si affacciarono all’ingesso: “Dai, tesoro, lascia passare i nostri ospiti.” La riprese dolcemente suo padre. Appena si furono accomodati, il Signore del Fuoco si mise ad aiutare sua madre a preparare il tè (veramente, finì col pensarci lui) mentre la Dominatrice giocava con la piccola.
“Sai, il mio fratellone viene spesso a trovarci, quando riesce a liberarsi dai suoi impegni… Ma è la prima volta che porta qualcuno!” le mormorò Kiyi, con fare cospirativo. Katara le sorrise condiscendente, non faticava a immaginare Mai rifiutarsi di andare in un umile villaggio di contadini.
A quanto poteva vedere, Zuko aveva instaurato un ottimo rapporto sia con la sorellina che col marito della madre, e ogni gesto tra lui e Ursa lasciava trasparire tutto l’amore e la cura che avevano l’uno per l’altra. Ma non la fecero mai sentire di troppo, e trascorse una serata molto piacevole, intrattenendosi un po’ con tutti, ma specialmente con la donna.
“Katara, tu sei una Dominatrice dell’Acqua, vero?” le disse ad un tratto.
“Sì, è così.” confermò.
“Sai, io sono la nipote dell’Avatar Roku, e sono cresciuta circondata da Dominatori del Fuoco… Ma mi ha sempre affascinata il Dominio dell’Acqua! Se non ti dispiace, potresti farci vedere qualcosa?”
Gli occhi della bambina scintillarono alla richiesta della madre, e Katara eseguì volentieri qualche dimostrazione con l’acqua della brocca. Formò piccoli fiori e animali, mentre Kiyi rideva e batteva le mani entusiasta. Dall’altro capo del tavolo, in un paio di occasioni, incrociò lo sguardo di Zuko, scambiando con lui un sorriso, e trovandosi ad arrossire appena sotto quegli occhi dorati. Non l’aveva mai visto tanto rilassato e a suo agio, tranne forse nel periodo in cui avevano viaggiato insieme con gli altri del gruppo. Dopo un po' lui uscì per insegnare qualche mossa del Dominio del Fuoco alla sorellina, Ikem si mise a riordinare la cucina, e lei rimase con Ursa.
"Come ti trovi al palazzo?" le chiese.
"Molto bene. Le riunioni a volte sono stancanti, ma nel pomeriggio abbiamo modo di stare più tranquilli." Le raccontò delle loro giornate, degli allenamenti, dei giochi che facevano, delle lunghe passeggiate. Più parlava più si rendeva conto di quanto il rapporto tra lei e Zuko si fosse fatto pian piano più stretto. Si interruppe realizzando che le sarebbe mancato, una volta tornata a casa.
La donna la guardava sorridendo silenziosamente, come se avesse compreso qualcosa di importante. Immaginò che dovesse farle piacere essere messa a parte di momenti della vita del figlio in cui lei non era presente. Quando fu ora di rientrare, salutò tutti affettuosamente, promettendo di ripassare a trovarli prima di ripartire per il Polo Sud.
 
Alla fine Aang era rimasto fedele a se stesso, sconfiggendo Ozai senza ucciderlo, e tutto si era risolto nel migliore dei modi. Per giorni aveva controllato regolarmente la ferita del Principe, per essere sicura che la guarigione procedesse a dovere. Era ancora debole, ma si stava rimettendo bene.
Si ricordava di come allo stesso modo aveva assistito l’Avatar dopo l’attacco di Azula, e non poté fare a meno di notare alcuni parallelismi tra i due: entrambi i colpi erano stati inferti dalla Dominatrice del Fuoco e poi curati da lei. Anche le posizioni avevano un che di simbolico. Aang era stato colpito alla schiena, e il suo conflitto interiore riguardava semplicemente la modalità in cui compiere il suo destino, senza che questo fosse messo in discussione. Zuko aveva ricevuto il colpo in pieno petto, e il suo conflitto interiore riguardava invece proprio la scelta del destino da intraprendere. E aveva scelto di difendere lei, rischiando la sua vita.
Quando Mai giunse al Palazzo dalla Roccia Bollente, ritenne opportuno prendere le distanze dai due, per evitare malintesi, e in compenso si riavvicinò ad Aang.  


Il giorno seguente, dopo pranzo, Katara si diresse in giardino per il consueto allenamento, ma il sovrano la invitò a seguirlo altrove, e attraversarono lunghi corridoi finché arrivarono in un’ala del castello poco frequentata. Si fermarono davanti ad una parete con un bassorilievo rappresentante un gigantesco stemma della Nazione del Fuoco. Le fece cenno di stare indietro, e scagliò una fiammata contro il muro, ripercorrendo il disegno, e si aprì un passaggio. Ebbero così accesso ad una stanza che pareva molto antica, con scaffali colmi di libri e oggetti provenienti da ogni parte del mondo, alcuni bauli, un ampio divano, un tavolo con una specchiera e un invidiabile set di profumi, gioielli e accessori di ogni genere. Era bellissima, anche se molto impolverata.
“Questa stanza era la preferita di mia madre. Quando ero piccolo passavo molto tempo qui con lei, mi leggeva ogni sorta di fiabe e avventure.” le raccontò Zuko, abbracciando con uno sguardo nostalgico la camera. La ragazza si guardava intorno estasiata. Conosceva solo alcuni dei testi presenti sui ripiani, molte storie probabilmente non erano mai pervenute al Polo Sud, dove quelle che si narravano venivano tramandate perlopiù oralmente.
“Posso vedere i libri?” chiese, esitante.
“Certo, non ti ho portata qui per farti stare lì a guardare, ho notato le tue tappe in biblioteca.”
Katara arrossì imbarazzata, e si girò per ispezionare i titoli, scegliendone qualcuno che la ispirava particolarmente da portare in camera sua per leggerlo quella sera. Lui invece andò alla scrivania, rovistò in qualche cassetto, poi trovò quel che stava cercando: “Vieni qui un attimo.”
Quando si avvicinò allo specchio, lui le fece spazio davanti alla superficie riflettente, e le accostò alla testa qualcosa di blu, che realizzò essere un fermaglio d’argento con incastonati quelli che parevano zaffiri.
“Cosa…?”
“Te lo regalo.”
“Ma ha l’aria molto preziosa…”
“Lo è, si dice che sia talmente antico da essere stato forgiato nella fiamma di un drago. Per la vita che conduce ora mia madre non lo indosserebbe comunque, ma è un peccato lasciarlo a prendere polvere in una stanza dimenticata. Inoltre trovo che s’intoni al colore dei tuoi occhi.” la fissò in quelle pozze di mare e le sorrise incoraggiante. “Davvero, puoi tenerlo. Ieri sera l’ho anche chiesto a mia madre. Lei ha detto che puoi prendere tutto quello che desideri, naturalmente, ma questo in particolare mi ricordo che anche se le piaceva molto lo indossava di rado, perché aveva poco a che vedere coi colori della Nazione del Fuoco.”  fece un gesto vago con la mano libera, “Ma coi tuoi si abbina alla perfezione.”
“Hai chiesto a tua madre se potevi regalarmi un suo gioiello?” fece eco Katara con un filo di voce, per essere sicura di aver capito bene.
“Sì. E poi avevo bisogno di sapere dove si trovasse esattamente questo posto, ero piccolo l’ultima volta che ci sono venuto, e da quando lei se n’è andata non ci ero più tornato.” spiegò con una scrollata di spalle.
La ragazza era allibita. Osservò il fermaglio accostato ai suoi capelli castani, raccolti in una coda alta perché pensava di trascorrere il pomeriggio ad allenarsi.
“Permetti…?” chiese rispettosamente il corvino. Lei annuì titubante, e lui senza scioglierle l’acconciatura le fissò il fermaglio in cima. Poi fece un passo indietro per poterla guardare meglio nel riflesso, e annuì soddisfatto. “Come ti sembra?”
“E’… Bellissimo. Però, Zuko, un oggetto così di valore, non so se è il caso…”
“Avanti. Io vorrei che lo avessi perché ti sta bene e mia madre è d’accordo. Che c’è di male?”
“Nulla, suppongo…” si arrese sospirando, e rimirando ancora una volta il proprio riflesso. “Grazie. Mi piace davvero tanto.” Disse piano. Lui si limitò ad annuire e le sorrise di rimando dal vetro.
Quando uscirono dalla camera e si diressero in giardino per l’allenamento, videro che nel frattempo era scoppiato un temporale. Lei mosse qualche passo sotto la pioggia e fece una giravolta, chiudendo gli occhi e inspirando a pieni polmoni l’umidità intrisa del profumo dei gelsomini.
Il ragazzo la guardò da sotto il portico con finto disappunto: “Ma non ti dà fastidio?”
Katara però rise, si girò verso di lui e ribattè: “Zuko, sono una Dominatrice dell’Acqua!”
“Sì, e io un Dominatore del Fuoco, ma questo non significa che mi piacerebbe prendere fuoco.” replicò lui con logica.
Lei gli rivolse una piccola linguaccia scherzosa, a cui lui rispose scuotendo la testa, ma tornò verso di lui, asciugandosi poi in un attimo. Alla fine quel pomeriggio optarono per una tranquilla partita a carte in uno dei saloni insieme ad Iroh e alle Guerriere Kyoshi, davanti a un buon tè e un vassoio di biscotti.

L’indomani mattina Katara fu svegliata dal trambusto fuori dalla sua porta. Si vestì in fretta e uscì di corsa, per scontrarsi con Ty Lee: “Che sta succedendo?” indagò.
“Oh, meno male, sei sveglia!” esclamò la Guerriera, concitata. “Stavo giusto venendo a cercarti… Stanotte un fiume a valle è straripato per colpa dell’acquazzone, c’è un villaggio in difficoltà, e siccome sta ancora diluviando i Dominatori del Fuoco possono fare un gran poco... Per cui ci chiedevamo se…”
“Dimmi solo dove devo andare!” la interruppe la ragazza.
Mentre scendevano alle scuderie si fece indicare precisamente l’ubicazione dell’insediamento da raggiungere, montò su un cavallo-struzzo e partì al galoppo.
Arrivata sul posto non si sorprese di trovarvi il Signore del Fuoco in persona, bagnato come un pulcino, intento a coordinare le manovre per cercare di arginare i danni. Appena la vide le rivolse un’occhiata colma di sollievo e speranza: “Grazie di essere venuta! Pensavamo di cavarcela, ma la corrente è troppo forte, e la pioggia non accenna a diminuire…”
“Incosciente! Da quanto tempo sei qui? Avreste dovuto chiamarmi subito!” gli urlò in faccia lei, per sovrastare lo scrosciare, ma si calmò a notare il suo sguardo supplichevole, che sembrava volerle dire ‘non ora’. Non indossava alcun ornamento sul capo, e i capelli fradici gli scendevano fino alle spalle aderendo alla fronte, alla mascella e al collo. Gli occhi dorati erano accesi dalla fatica, ma segnati da ombre scure: doveva essere lì già da un pezzo, nonostante fosse mattina presto. “Non importa, quello che conta è che ora sia qui. Vediamo innanzitutto di far tornare il fiume al suo posto!”
Sola contro la tempesta, cominciò ad eseguire i movimenti del suo Dominio, per allontanare l’acqua dalle case e dalle strade. “Ci sono feriti? Manca qualcuno?” chiese, per avere un quadro della situazione.
“No, gli abitanti ci sono tutti, ma sono terrorizzati, stiamo cercando di organizzare un’evacuazione, ma non è semplice.” rispose subito l’amico.
“Ho capito! Io penso alla corrente, voi occupatevi di loro!” stabilì la ragazza.
Il fiume tuttavia era impetuoso, non era semplice neanche per lei Maestra tenerlo a bada. Per riuscire a dare alla popolazione il tempo necessario a mettersi in salvo, decise di tentare una tecnica che aveva visto solo nei libri. Lì era stata usata con della neve, per arrestare una valanga, ma poteva funzionare anche in quel frangente. Avanzò a fatica nell’acqua fino al bacino, con gambe e piedi paralleli, e alzò lateralmente le braccia portandole all’altezza della vita, con le mani aperte e i palmi rivolti alla corrente, quindi cominciò a lasciar fluire l’energia. Lentamente ma inesorabilmente, il fiume cominciò a prendere il corpo della Dominatrice come riferimento per il suo corso, era come se avesse materializzato una diga invisibile, il cui unico baluardo era proprio lei.
Zuko si fermò un attimo per guardarla meravigliato: era incredibile quanto quella donna fiera e forte fosse diversa dalla ragazzina spaventata e inesperta che aveva conosciuto la prima volta che si era recato al Polo Sud, eppure così simile, avendo mantenuto la stessa allegria e generosità che la contraddistinguevano anche allora. Animato dal suo gesto che concesse loro di muoversi più agevolmente, si impegnò ancora di più per far evacuare gli abitanti: l’acqua del fiume era gelida, Katara non poteva resistere a lungo.
Il tempo passava lento, ma lei manteneva la posizione, immobile come una statua, gli occhi chiusi per isolarsi dalla confusione che la circondava e rimanere concentrata, i lunghi capelli attaccati al corpo e agli abiti. Sembrava un cadavere, salvo per il flusso di energia che emanava. Improvvisamente, sentì due forti braccia cingerle piano la vita. Pronta a respingere chiunque fosse, ruotò appena col solo busto, per non far cedere la barriera, ma si fermò quando si trovò vicinissima al viso del corvino. Lo scrutò interrogativa.
“Rischi di andare in ipotermia se vai avanti così. Le Guerriere e i miei uomini possono gestire la gente del villaggio. Ma se cedi tu siamo tutti perduti. Almeno in questo modo non rischi di sentirti male.” spiegò sbrigativo, stringendola appena a sé.
Effettivamente stava tremando, e il corpo naturalmente caldo del ragazzo premuto contro il suo le infondeva un tepore che contrastava piacevolmente con il freddo dell’acqua che le scorreva addosso. Rinfrancata da quel contatto, si appoggiò con la schiena al torace di lui, posando la testa nell'incavo tra il collo e la spalla, e rilasciando il suo potere con maggior vigore.
Piano piano, finalmente l’intensità del temporale iniziò a diminuire, e il livello dell’acqua a scendere. La popolazione era ormai al sicuro, e Katara, chiamando a raccolta le ultime forze rimastele, eseguì un ultimo ampio movimento che scaraventò tutta l’acqua in eccesso su quell’argine dall’altra parte del fiume, dove si trovavano solo pascoli. Soddisfatta, si girò verso Zuko, con l’accenno di un sorriso sul volto, e l'ultima cosa che vide prima di svenirgli tra le braccia fu la sua espressione preoccupata.
 

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Capitolo 6
*** Guarigione ***


6. GUARIGIONE



Immediatamente, Zuko sollevò tra le braccia Katara priva di sensi, delegò la sistemazione del villaggio alle Guerriere Kyoshi e prese il primo cavallo-struzzo che trovò per correre al palazzo. La sentiva inerte e fredda contro la sua spalla, e si accorse di essere scosso da un tremore che nulla aveva a che vedere con il freddo. Una volta arrivati, non permise a nessuno di toccarla, ma la trasportò personalmente e diede ordine di far venire subito la guaritrice nelle stanze della ragazza, che arrivò più in fretta che poté. Era una donna anziana, minuscola sia di altezza che di corporatura, ma con un carattere bisbetico e irriverente. Conosceva bene la Dominatrice, in più occasioni durante le sue permanenze si erano confrontate sui rispettivi rimedi usati, ed era stata informata su cosa avesse fatto al fiume per ridursi così. Quando arrivò, vide che il sovrano l’aveva già adagiata a letto, e gli ordinò di uscire, ma questi la guardò indignato:
“E’ mia amica, voglio starle vicino, lascia che ti aiuti!”
La guaritrice inarcò un sopracciglio: “Molto bene, mio Signore. In tal caso, toglietele i vestiti bagnati. Deve indossare al più presto qualcosa di asciutto.” e si voltò a mezzo per controllare la reazione di lui, constatando che tutto il suo viso aveva assunto la stessa tonalità di rosso della cicatrice. “Perdonate l’impudenza. Ma non dò mai istruzioni casuali o superflue. Ora, se non vi dispiace, chiamate le ancelle per sbrigare questa mansione, dopo potrete rientrare. Nel frattempo cambiatevi anche voi. Non vorrei dovermi dividere tra troppi pazienti, dato che mi par di capire che molti altri torneranno raffreddati dal villaggio.”
Stavolta il ragazzo annuì e fece quanto gli era stato chiesto senza più replicare. Tornò poco più tardi, seguito dal Generale, che reggeva un vassoio con quattro tazze di tè caldo. Ne presero una a testa, lasciando sul comodino l’ultima per quando Katara fosse stata in grado di bere, quindi i nuovi arrivati si informarono sulle sue condizioni.
“Ha preso molto freddo, ha la febbre alta, ma finché respira normalmente non c’è ragione di preoccuparsi, ha bisogno solo di restare al caldo e a riposo completo per alcuni giorni. E’ probabile che le abbiate risparmiato una brutta polmonite, riparandola dalla corrente per quanto potevate.” Soggiunse infine con approvazione rivolgendosi a Zuko, che arrossì nuovamente, imbarazzato, mentre Iroh annuiva, orgoglioso della prontezza di spirito del nipote.
Nei giorni seguenti, il Signore del Fuoco approfittò di ogni momento libero dalle riunioni per visitare Katara, spesso portandole miscele ricostituenti studiate da suo zio e dalla guaritrice. Le sue condizioni non si erano aggravate per fortuna, ma la ripresa era più lenta del previsto, solo in poche occasioni l’aveva trovata sveglia ed era riuscito a scambiare qualche parola con lei. Naturalmente aveva chiesto degli abitanti del villaggio, ma parlare le era faticoso, perciò, per evitarglielo, Zuko si era dilungato nel farle un resoconto dettagliato di come tutti fossero sani e salvi e le opere di ricostruzione fossero già cominciate. Lei lo aveva ascoltato sorridendo debolmente, grata delle sue parole, col busto adagiato sui cuscini e una tazza calda tra le mani. Lui aveva espressamente omesso quanto fossero dure le riunioni senza il suo prezioso supporto. In effetti la preoccupazione per la sua salute gli impediva di essere totalmente concentrato, ma se la stava cavando bene, gran parte delle questioni erano state risolte. Tuttavia, sentiva la sua mancanza.

Un giorno, alcuni bambini del villaggio fecero visita alla loro salvatrice. In quel momento il sovrano si trovava con lei, e rimasero un po’ intimoriti dalla sua presenza. Ma Zuko sorrise incoraggiante, invitandoli ad entrare, e loro, vincendo l’iniziale riverenza, si presentarono e si accomodarono sui cuscini sparsi sul pavimento. Si guardavano intorno, meravigliati dall’eleganza della stanza: le pareti grigio perla contrastavano piacevolmente con le colonne dorate poste agli angoli e con il tappeto porpora che ricopriva il suolo, per non parlare del mobilio finemente intagliato. Ad un certo punto una bambina si avvicinò timidamente alla ragazza e le porse un mazzo di fiori che aveva tenuto accuratamente nascosto dietro la schiena, dicendo: “Ecco… Questo è da parte di tutto il villaggio. Sappiamo che non è molto, ma è in segno di riconoscenza per quello che avete fatto per noi, Somma Katara.”
A sentirsi chiamare così, lei emise un lieve suono gutturale che somigliava vagamente a una risatina, e rispose piano: “Ti prego, chiamami soltanto Katara… Non servono titoli…” la voce le morì in gola, e lanciò uno sguardo eloquente a Zuko.
Questi, cogliendo la richiesta, si alzò e prese un vaso dal tavolo, dirigendosi poi verso la stanza da bagno per riempirlo d’acqua. Tornò pochi istanti più tardi, col recipiente colmo, e Katara vi depose accuratamente i fiori. Poi Zuko le posò il tutto sul comodino, e guardò i bambini, che si lanciavano occhiate incerte. Colto da un’improvvisa ispirazione, afferrò un libro vicino al vaso, e propose loro di leggere qualcosa. Rimasero tutti stupiti, ma il più grande si riprese più in fretta degli altri e accettò. Il Signore del Fuoco lesse loro una storia molto avvincente, che parlava di una principessa guerriera, un cavaliere in cerca del proprio destino, un giullare astuto e una saggia maga. Quando finì, il sole stava per tramontare, e accompagnò personalmente i bambini alle porte del palazzo, congedandosi da Katara, che rivolse a tutti un gesto con la mano. Una volta sola, ripiombò tra i cuscini, esausta. Le aveva fatto piacere quella visita inaspettata, ma era ancora debole, e si addormentò.
Riaprì gli occhi diverse ore dopo, e si rese conto che era calata la sera, e la sua stanza era illuminata da fiamme galleggianti. Voltandosi, trovò Zuko seduto accanto al letto, con un libro in mano.
“Ben svegliata”, la salutò, deponendolo, “Spero che tu abbia appetito, perché stasera c’è la zuppa di mare.”
Lei annuì piano, portandosi lentamente a sedere. Intanto lui si avvicinò al tavolo, prese la ciotola che vi si trovava, la riscaldò tenendola un momento tra le mani e gliela porse: “Non dovrebbe scottare, ma fai attenzione.”
Katara assentì nuovamente, e prese la scodella dalle mani di lui, sfiorandogli appena le dita. Alzò un attimo lo sguardo, per incontrare quello dorato chino su di lei, e istintivamente riabbassò il suo. Che le succedeva? Aveva sempre parlato con lui, ed era sempre stata diretta, fin troppo. Da dove arrivava quell’improvvisa timidezza? Decise che probabilmente era a causa della spossatezza, e si portò il cucchiaio alla bocca, soffiando piano.
“Ti lascio mangiare tranquilla.” disse Zuko, alzandosi.
“Aspetta” biascicò, senza neanche rendersene conto. Lui si voltò a guardarla, in attesa. “Voglio dire… Se non sei impegnato, puoi restare… Non mi dispiace avere compagnia…”
Non glielo avrebbe confessato, ma aveva sofferto la solitudine di quei giorni. La sua camera era molto confortevole, e lui e le Guerriere Kyoshi cercavano di non lasciarla mai sola, ma era pur sempre sola in un paese straniero. Lui parve capire. La capiva sempre. Con un cenno del capo, tornò a sedersi, e riprese il libro dal comodino.
Mentre lei consumava il pasto, lui lesse in silenzio. Ma non era un silenzio scomodo o imbarazzato, semplicemente godevano della reciproca presenza senza bisogno di arricchirla con chiacchiere. Il che era insolito da parte di lei, ma del resto aveva la bocca impegnata. Quando finì, Zuko le prese la ciotola dalle mani, sfiorandogliele nuovamente, e constatò di sfuggita che mangiando erano diventate calde. Katara abbassò le palpebre. Avendo dormito prima, non aveva sonno, ma non poteva certo chiedergli di rimanere ancora, il mattino dopo avrebbe avuto delle riunioni. Non si accorse che intanto lui la osservava di sottecchi. Studiava la sua incertezza, il modo in cui sembrava volesse chiedere qualcosa ma si frenava mordicchiando con i denti il labbro inferiore, per… Cosa, poi? Katara non era mai stata timida, men che meno con lui. Eppure era titubante.
“Ti va se ti leggo ancora qualcosa?” offrì. Lei rialzò la testa, con una scintilla speranzosa in quegli occhi blu. Gli sorrise riconoscente, ma esitante.
“Te la senti? Non sei stanco dopo la giornata?”
“Non è un peso leggere per tirare su di morale un’amica triste.” replicò  lui. Katara arrossì leggermente, mentre tornava a sdraiarsi.
Quello diventò il nuovo rituale serale per il resto della convalescenza della ragazza. Lei non parlava molto, ma riposava con gli occhi chiusi, annuendo di tanto in tanto per fargli sapere che era ancora sveglia, con l’ombra di un sorriso sereno sul volto. Le piaceva la voce di Zuko. Era calda e avvolgente come il suo Elemento, più profonda rispetto a quando era adolescente, tendenzialmente pacata, ma riusciva a porre la giusta enfasi per interpretare bene le storie che le leggeva. Immaginò che dovesse aver fatto pratica con la piccola Kiyi.
Un pomeriggio, quando il corvino bussò alla porta, rispose Ty Lee. Perplesso, entrò, e vide Katara in piedi, tremante, sorretta dalla Guerriera.
“Ti trovo meglio!” esclamò sorpreso.
“Puoi ben dirlo! Stamattina la guaritrice mi ha dato il permesso di alzarmi, finalmente un progresso concreto!” ansimò lei. La voce era flebile, non aveva ancora recuperato le forze.
“Sì, ma non gasarti troppo, ti ricordo che ha detto anche di fare solo pochi passi alla volta.” puntualizzò Ty Lee. “Alle volte questa ragazza è cocciuta come un rinoceronte, insiste sempre per fare di più, finché non arriva al limite e la devo riportare a letto di peso, beata pazienza!” riferì al sovrano, come se l’interessata non fosse presente, guadagnandosi uno sguardo indispettito da parte di quest’ultima e un’occhiata divertita da parte di lui.
“Va bene, Ty Lee, lascia che ti dia il cambio per un po’.” suggerì Zuko, avvicinandosi a Katara dal lato opposto a quello dove si trovava lei.
“Davvero? Volentieri! Così la guaritrice sgrida te e non me se esagera!” accettò subito la ragazza, assicurandosi che l’Ambasciatrice si fosse ben ancorata al braccio di lui, prima lasciarla e imboccare la porta saltellando e augurando ridendo: “A più tardi, buona passeggiata!”
Una volta soli, lui guardò l’amica: “Non devi strafare. Sono contento che ti stia rimettendo, ma prenditi il tempo che ti serve per recuperare. Se acceleri troppo rischi una ricaduta.” lei lo ignorò, fecero qualche passo esitante, e il ragazzo notò subito che si era aggrappata al suo braccio con più forza già dopo essersi mossa così poco. “Fermiamoci.” suggerì.
“No. Voglio arrivare alla sedia.” fu la caparbia replica, a dispetto del brivido che la percorse facendole venire la pelle d’oca. Ma non passò inosservato.
Spazientito dalla sua testardaggine, Zuko la sollevò per la vita stringendola a sé, trovandola più leggera di quanto pensasse. Ignorando le sue lamentele e il profumo di lavanda che gli aveva investito le narici, avanzò fino a depositarla sulla sedia. “Ecco. Ci sei arrivata.”
“Così non vale! Non guarirò mai di questo passo!” protestò Katara.
“Non guarirai mai se continui ad eccedere! Lo so che sei abituata ad occuparti sempre di tutti, ma qui non c’è nessuno a cui debba fare da balia! Per una volta, lascia che qualcun altro si prenda cura di te!” sbottò lui. La ragazza spalancò gli occhi del colore dell’oceano, fissandoli su di lui. Rendendosi conto di quanto aveva appena detto, questi fece un respiro profondo, e riprese con più calma, cercando di celare l’imbarazzo: “Ti ricordi quando mi hai salvato la vita alla fine della Guerra dei Cent’anni?”
Lei annuì. “Mi sei stata accanto per giorni. Forse non te ne sei accorta, ma abbaiavi ordini di continuo. Cosa dovessi fare, cosa non dovessi fare, persino cosa dovessi mangiare e bere, arrivando spesso ad essere fastidiosa, mi sembrava di avere vicino una madre petulante e iperapprensiva.”
Sorrise alla smorfia che comparve sul viso di lei, ma proseguì: “Il punto è, Katara, che volevi che stessi meglio, e pur di raggiungere il tuo obiettivo sei arrivata a renderti quasi insopportabile per l’eccesso di zelo. Ma è servito. Non so se sarei stato così disposto a dar retta a qualcuno di meno… Autoritario. Certo non tutti sarebbero stati in grado di bloccarmi a letto con una lamina di ghiaccio.” La smorfia della Dominatrice divenne un ghigno al ricordo di quell’episodio. “Hai fatto in modo che seguissi scrupolosamente la prognosi, e mi sono completamente ristabilito.”
Si fissarono per qualche secondo, poi lui concluse: “Puoi smetterla di fare quello che ti pare e rispettare le istruzioni della guaritrice, o posso trovarti un cane da guardia che ti costringa a farlo. Sarei felice di pensarci personalmente per rifarmi di quella volta, ma purtroppo i miei impegni come Signore del Fuoco non me lo consentono.”
“Oh, sentiamo, e chi dovrebbe essere questo cane da guardia? Ty Lee?”
“No. Pensavo di chiamare Sokka. Sono sicuro che se sapesse che stai male si precipiterebbe qui a nuoto pur di essere di qualche utilità.”
Gli occhi di lei si ridussero a fessure e aggrottò la fronte: “Non lo faresti.”
“Credi che non sarei disposto a disturbare tuo fratello? Mi sottovaluti, ragazzina.”
Non la chiamava così da quando dava loro la caccia, e fu questo, forse più di tutto il discorso, ad ammansire Katara. Odiava apparire debole, e pur di dimostrare di non esserlo si era sforzata per ostentare energie che in realtà non aveva ancora recuperato. Facendo preoccupare tutti. Che era esattamente l’opposto di quel che desiderava. Il suo sguardo ostinato mutò in rassegnazione, e Zuko seppe di avere vinto.
Più gentilmente di prima, la prese da dietro la schiena e da sotto le ginocchia e la riportò a letto. Le sistemò i cuscini, e la sondò brevemente. I lunghi capelli castani erano sparsi attorno al capo, e aveva l’aria stanca e imbronciata per l’esito della discussione, ma in fondo a quegli occhi blu scorse ancora la determinazione che la caratterizzava. Senza pensarci, allungò una mano e le sfiorò la testa, il viso, finché una ciocca gli si impigliò tra le dita, e si perse un attimo nel saggiarne la consistenza setosa. Sentendo su di sé lo sguardo perplesso di Katara, si ritrasse, come se si fosse scottato (lui, il Signore del Fuoco..!), e deviando gli occhi disse: “Vedrai che se seguirai le indicazioni della guaritrice ti rimetterai presto!”
E uscì, senza più voltarsi. Chiusa la porta, alzò le mani ai lati della testa e massaggiò brevemente le tempie, per riacquistare il controllo di sé, e si diresse in giardino per allenarsi con suo zio.  Gli avrebbe fatto bene distrarsi un po’.
All’interno della stanza, Katara era rimasta altrettanto basita per quel gesto così intimo. Ma per quanto l’avesse sorpresa, le era sembrato naturale… Giusto. Decise di procrastinare le riflessioni in merito a quando si fosse completamente ristabilita.

Dopo alcuni giorni, l’Ambasciatrice della Tribù dell’Acqua tornò a partecipare ad una riunione. Per l’occasione si era vestita con particolare cura, scegliendo un abito celeste alla foggia della sua gente, e aveva raccolto solo parte dei capelli in una mezza coda, adornando l’acconciatura col fermaglio regalatole da Zuko. Fu accolta con calore, era apprezzata e rispettata da quasi tutti i dignitari, e molti si complimentarono per la difficile tecnica con cui aveva salvato il villaggio e si congratularono per la guarigione. L’incontro trascorse tranquillo, la ragazza intervenne con competenza su diversi argomenti, con sorpresa dei magistrati più scettici nei suoi riguardi, che non si aspettavano che fosse aggiornata. Illusi. Aveva passato gli ultimi giorni a farsi riferire per filo e per segno tutto quello che era stato detto nelle due settimane in cui era stata assente. Il sole era alto e la luce che entrava dalle finestre le permise di notare che Zuko aveva profonde occhiaie. Dovevano essere stati giorni estenuanti, anche se non gliene aveva fatto parola durante le sue visite.
A pranzo si intrattenne con lui e le Guerriere Kyoshi, e constatò che il suo pasto era diverso dagli altri, più leggero. Sicuramente un’attenzione in più che le aveva riservato il corvino. Gli lanciò un’occhiata riconoscente, che venne intercettata e a cui lui rispose con un leggero sorriso. Nel pomeriggio, Iroh si unì al loro gruppo per giocare a carte. Katara era contenta di trascorrere nuovamente del tempo in compagnia. Il concilio sarebbe finito a giorni, e si ritrovò a pensare con malinconia che la sua permanenza al Palazzo volgeva al termine.



 
 

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