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di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Pericolo nel Quartiere ***
Capitolo 3: *** Corteo funebre ***
Capitolo 4: *** Danzano le streghe ***
Capitolo 5: *** La profezia del veggente ***
Capitolo 6: *** Viaggio nel tempo ***
Capitolo 7: *** La festa dei fantasmi ***
Capitolo 8: *** Mondo prigione ***
Capitolo 9: *** Le origini del male ***
Capitolo 10: *** La strega e il cacciatore ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

“La magia è tanto un falso sistema di leggi naturali quanto una guida fallace della condotta.”
(James Frazer)
 
Oggi, Febbraio, Chicago
La biblioteca dell’università era il luogo preferito di Artemis. Era enorme, decorato da stucchi dorati sul soffitto che risalivano all’epoca barocca, e file chilometriche di scaffali ricolmi di libri. Insomma, per una studiosa come lei era il Paese delle Meraviglie. La biblioteca era piena quel pomeriggio poiché era la settimana prima dell’inizio delle lezioni e tutti cercavano di recuperare i libri di testo necessari. Artemis si era riunita con Lauren e Noah per fare alcune ricerche di storia della manifattura inglese.
“Incredibile.” Borbottò Lauren.
Artemis la ignorò, era troppo concentrata a trascrivere un passaggio per dar retta all’amica che scrollava la home di Instagram.
“Super incredibile.” Ripeté Lauren.
Noah sollevò gli occhi verso la ragazza con il sopracciglio inarcato.
“Lauren, che hai da borbottare?”
“Madame Marie dice che una strana congiunzione astrale causerà catastrofi.”
Artemis mise da parte la penna per rivolgere uno sguardo scettico all’amica.
“Madame Marie è quella che legge i tarocchi in televisione?”
“Ora ha anche aperto un canale YouTube e una pagina Instagram.” Rispose Lauren.
“Quella è una bugiarda. Le sue previsioni sono sciocchezze.” Disse Noah.
“Artemis sa leggere le carte.” Fece notare Lauren.
Noah guardò Artemis, che intanto era arrossita per la vergogna. Una sola volta aveva letto i tarocchi e Lauren la tormentava ancora con quella storia. Però, a differenza di quella ciarlatana di Madame Marie, Artemis sapeva davvero scorgere la magia delle carte.
“Davvero sai leggere le carte?”
“Più o meno, ma comunque non interessa a nessuno. Siamo noi gli artefici del nostro destino.”
Lauren ridacchiò e tornò a scorrere la home del social con estrema attenzione.
“Anche Sir Walter dice che il pianeta Venere è troppo vicino a Giove.”
“Chi è Sir Walter?” domandò Noah.
“Un astrologo molto in gamba.”
“Un altro ciarlatano.” Disse Artemis.
Lauren bloccò lo schermo e incrociò le braccia al petto, poi diede una leggera gomitata ad Artemis.
“Sir Walter dice che questo è il weekend fortunato per l’amore.”
Noah fece rimbalzare lo sguardo fra le due ragazze con bizzarra curiosità.
“Artemis ha un ragazzo?”
“No.” Disse Artemis.
“Sì.” Disse Lauren.
“Lui non è il mio ragazzo. Smettila, Lauren.”
“Lui chi sarebbe?” chiese Noah.
“Artemis la scorsa primavera è stata a New Orleans e ha conosciuto un bel tipo. Si chiama Niklaus, fa il pittore ed è ricco sfondato. Secondo me ha anche uno yacht.”
Artemis sbuffò, odiava parlare di Klaus con i suoi amici. Anzi, odiava parlare di sentimenti con chiunque.
“Niklaus non è il mio ragazzo.”
“Solo perché non avete ancora D-t-r.” Precisò Lauren.
“D-t-r?” fece Noah.
“Definire Tipo Relazione. Artemis e Niklaus fanno questo giochetto da mesi ormai.”
“Parli del diavolo…” sussurrò Artemis.
Lo schermo del cellulare si illuminò all’arrivo di una notifica. Era il centesimo messaggio che Klaus le mandava quella mattina. C’erano anche una decina di chiamate perse da parte sua.
“Magari non avete definito la vostra relazione perché tu non sei interessata.” Disse Noah.
Lauren gli tirò un calcio sotto il tavolo e lui fece spallucce.
“Non parliamo di Niklaus e di relazioni. Pensiamo a questa ricerca.” Disse Artemis.
 
Nello stesso momento, New Orleans
“Artemis, è il quinto messaggio in segreteria che ti lascio. Rispondimi. Ti prego.”
Klaus chiuse la segreteria con un sospiro. Cercava di contattare Artemis da ore ma lei si ostinava a non rispondere.
“Novità?” esordì Freya.
“Nessuna. Sei sicura che stia bene?”
Freya controllò di nuovo la cartina di Chicago e vide il sangue di Artemis spostarsi dall’università verso la metropolitana.
“Posso dirti che è viva e che si sta muovendo, ma non posso sapere quanto stia bene o male.”
“Non capisco perché non risponda.” Disse Klaus.
“Perché la stai tartassando. Sei ossessivo.” Replicò Freya.
“Non sono ossessivo. Sono semplicemente preoccupato considerati gli ultimi eventi.”
Freya richiuse la cartina e si morse le labbra per non ridere. Klaus sembrava un cane bastonato, il che lo rendeva uno spettacolo divertente.
“Diventi insopportabile quando ti piace qualcuno.”
Klaus roteò gli occhi, non gli piaceva essere deriso per i suoi sentimenti.
“E’ insopportabile voler proteggere la figlia della mia amica Yvette?”
Freya arricciò il naso ma non disse nulla, represse i commenti sarcastici per non infastidire il fratello più del dovuto.
“Artemis blocca anche i miei messaggi magici.”
“Sta mettendo a dura prova la mia pazienza già di per sé scarsa.” Disse Klaus.
Le cose fra lui e Artemis non andavano bene da mesi. Dopo capodanno i loro rapporti erano giunti ai ferri corti e avevano smesso di parlarsi, dunque era comprensibile la diffidenza della ragazza.
“Oppure le hai fatto qualcosa e ora lei è arrabbiata con te.”
“Ti sbagli, sorella.”
“Allora che cosa è successo a Vienna?” domandò Freya, curiosa.
Klaus sospirò e si passò una mano sulla fronte. I ricordi di quel viaggio erano sigillati in un cassetto della sua mente che non voleva riaprire.
“Vienna è stato un grande errore.”
 
Tre mesi prima, 31 gennaio, Vienna
Il Concerto di Capodanno era da sempre l’evento culmine di Vienna. Ogni anno il 31 di gennaio l’Orchestra Filarmonica si esibiva al Musikverein per celebrare la fine dell’anno nella maestosa sala da concerto. Alla musica si accompagnavano balletti eseguiti dai migliori danzatori del Paese. Ottenere i biglietti era quasi impossibile, o si prenotava un anno prima oppure si sborsava una grande somma di denaro per accaparrarsi gli ultimi.
Klaus Mikaelson ogni anno si recava a Vienna per il concerto, era una tradizione a cui non sapeva rinunciare. La musica, la danza, l’atmosfera carica di emozione lo incantavano da anni. Era un personaggio noto, perciò a lui i biglietti venivano regalati proprio dall’Orchestra.
“Sei mai stata a Vienna?” domandò Klaus.
“Io e mamma non avevamo abbastanza soldi per viaggiare.” Rispose Artemis.
Pochi giorni prima Klaus si era presentato da lei con due biglietti aerei e le aveva proposto di passare insieme la festa di capodanno. Artemis, che altrimenti sarebbe rimasta sul divano fino al conto alla rovescia, aveva accettato subito. Vienna era la città perfetta per una studiosa di storia.
“Allora è un onore per me presentarti questa magnifica città.”
“Vienna ti piace proprio, eh?”
Klaus le offrì il braccio e insieme si incamminarono verso l’entrata del Musikverein.
“Io adoro Vienna. Ero qui nel 1814, quando sono iniziati i lavori del Congresso per la Restaurazione.”
“Hai incontrato qualcuno?”
“Ho bevuto un tè con lo zar Alessandro I.” disse Klaus sorridendo.
Artemis spalancò la bocca per la sorpresa. Klaus era un pozzo di conoscenze storiche, era come una enciclopedia vivente da cui attingere informazioni.
“Napoleone definiva Alessandro I come un ‘bizantino’. Era vero? Lo zar aveva questo alone di oriente che lo avvolgeva?”
Klaus ghignò, soltanto la storia poteva distrarre Artemis dalla bellezza della città.
“Sì, Alessandro amava molto la Grecia e la cultura bizantina. Nella sua biblioteca personale conservava molti testi in greco.”
“Che meraviglia!” esclamò Artemis.
Si fermarono all’ingresso per mostrare gli inviti, dopodiché furono scortati ai loro posti. Un valletto li guidò all’interno dell’edificio attraverso un lungo corridoio illuminato da candelabri antichi. Dietro una tenda di velluto rosso si apriva l’immensa sala del concerto
“Questa è la Goldener Saal, la Sala Dorata.” sussurrò Klaus.
Artemis sentì uno sfarfallio allo stomaco. Davanti a lei si allargava uno spazio rettangolare completamente rivestito in oro. La sala era coperta da un elaborato soffitto a cassettoni intagliato e dipinto. Lungo le pareti correva un ballatoio con balaustra scolpita correva lungo le pareti ed era sorretto da cariatidi dorate. Le poltrone erano imbottite e racchiuse in assi di legno. Dal soffitto pendevano lampadari di cristallo che riflettevano la luce sui muri.
“Sono senza parole.” Disse Artemis.
Mentre intorno a loro la gente si affrettava a prendere posto, lei restava ferma a osservare ogni dettaglio scintillante della sala. Klaus la guardava con un sorriso compiaciuto.
“Ho prenotato i posti in prima fila. L’Orchestra suonerà ‘Viene la sera’ da ‘Madama Butterfly’ di Puccini.”
Klaus aiutò Artemis a togliersi il soprabito e lo ripiegò sul bracciolo della poltrona. Si sbottonò la giacca e si sedette accanto a lei. La ragazza indossava un semplice abito nero e un paio di stivaletti col tacco, ma si sentiva a disagio in mezzo a quelle persone tanto eleganti e raffinate.
“Di cosa parla il brano?”
“Di solitudine, ombre e quiete.” Disse Klaus.
Pochi minuti dopo le luci si spensero e il sipario si aprì. Artemis sorrise quando la cantante intonò le prime note.
 
Artemis era esausta dopo una giornata così intensa che era iniziata con un tour della città e si era conclusa con il concerto. Mancava mezz’ora alla fine dell’anno e loro avevano deciso di tornare in hotel a piedi. Le strade pullulavano di gente in festa, alcune persone erano già ubriache e altre andavano in giro con le bottiglie sotto braccio.
“Propositi per il nuovo anno?” esordì Klaus.
Sotto le luci che decoravano la strada i suoi capelli sembravano più biondi del solito. Artemis notò che un riccio gli ricadeva perfettamente sulla fronte; era bello senza doversi impegnare.
“Superare gli ultimi esami e laurearmi. Propositi banali, eh?”
“Propositi umani, oserei dire.” Commentò Klaus sorridendo.
“E tu, millenario ibrido, hai ancora propositi per il nuovo anno?”
Klaus si mise le mani dietro la schiena e sollevò il mento per osservare il cielo.
“Sebbene io abbia vissuto a lungo, ci sono ancora centinaia di propositi che non ho soddisfatto. La mia vita sa essere spesso incostante.”
“Cosa vorresti fare quest’anno?” domandò Artemis, curiosa.
“Vorrei passare più tempo con mia figlia. Vorrei dipingere di più. Vorrei provare sentimenti forti.”
“Sei un vampiro, provi sentimenti forti da sempre.”
Klaus ridacchiò e le scoccò un’occhiata di traverso. Artemis adesso aveva i capelli più lunghi che le sfioravano le scapole e i riflessi ramati erano come linee di sangue fra le ciocche castane.
“Il vampirismo non è l’unica ragione per provare sentimenti di una certa portata.”
Artemis si irrigidì all’istante. Aveva capito a cosa si riferisse Klaus, e non ne era affatto contenta.
“E’ questo che ti aspetti da me? Pensi che un bel viaggio in una bella città mi convinca a stare con te?”
Klaus inarcò le sopracciglia, colto alla sprovvista da quella reazione.
“Artemis, non voglio rovinare la serata con un litigio. Siamo stati troppo bene oggi per litigare.”
“Okay.”
La passeggiata proseguì in silenzio e con la tensione al massimo. Artemis camminava a passo di marcia, voleva tornare in hotel il prima possibile per stare da sola.
 
Mancavano due minuti alla mezzanotte. Artemis si era già messa a letto, troppo stanca per continuare i festeggiamenti. Era di cattivo umore e questo peggiorava la situazione. Stava per addormentarsi quando qualcuno bussò alla porta.
Sulla soglia c’era Klaus ancora vestito, a eccezione della giacca e della cravatta.
“Che vuoi?”
Klaus si appoggiò allo stipite della porta e fece tintinnare due calici di champagne.
“Tre, due, uno… buon anno, mia cara Artemis.”
Artemis arraffò il calice e lo tracannò in un colpo solo, pentendosene subito dopo quando l’alcol le bruciò la gola.
“Buon anno e buona notte.”
“Artemis, parliamone. Non tenermi fuori.” La pregò Klaus.
“Non c’è niente da dire. Tu mi hai portata a Vienna per conquistarmi, giusto?”
L’ibrido abbassò lo sguardo con fare colpevole. Il suo piano era andato in fumo per colpa sua.
“Speravo che tu capissi quanto sono interessato. Ci tengo a te, Artemis. Volevo solo che la magia di Vienna fosse un impulso a stare insieme.”
“Ma io ti ho chiaramente detto che non sono pronta. Ho bisogno di tempo.”
“Io ho ancora mille vite a disposizione. Tu, invece, sei mortale e la tua vita ha breve durata. Non voglio sprecare tempo.”
Artemis sospirò e si passò una mano fra i capelli. Si sentiva soffocare come quando era a New Orleans.
“Io non voglio stare con te, Klaus. Ho bisogno di pensare a me stessa. Devo sistemare tutto ciò che non va nella mia vita.”
“Possiamo farlo insieme!”
“No. Devo farlo da sola.”
Artemis cercò di chiudere la porta ma Klaus riuscì a intrufolarsi nella stanza.
“Artemis, per favore…”
“Vattene. Se non sparisci subito sarò costretta a usare la magia.”
Klaus annuì e alzò le mani in segno di resa. Quella era una battaglia persa. Intrappolare Artemis in una relazione che non voleva era come rinchiuderla in gabbia, e lui aveva imparato a mollare la presa.
“Ti aspetterò.”
“Potrei non arrivare mai.” Disse Artemis.
“L’immortalità mi ha concesso un dono: l’eternità per aspettare.”
 
Oggi, febbraio, Chicago
Artemis si stavano scaldando la voce in attesa del pubblico. Il padre di Lauren aveva da poco acquistato un pub e aveva chiesto ad Artemis di cantare ogni venerdì sera. La ragazza, che aveva bisogno di soldi per ripagare la banca, accettava ogni offerta di lavoro possibile.
“Ehilà!” la salutò Lauren.
“Tuo padre è un vero patito della musica country.” Disse Artemis.
Il pub era in stile country dal bancone ai tavoli, dalle travi di legno del soffitto alle chitarre appese alle pareti come ornamento.
“Mio padre odia lo stile country, però mia madre lo adora e lui ha arredato il locale per lei.”
“Lo avevo dedotto dalla scaletta delle canzoni.”
Lauren si chinò sul foglio della scaletta e si mise a ridere per le scelte smielate del padre.
“I miei genitori sono schifosamente sdolcinati. Pensa che ogni sabato sera ballano in salotto con la loro canzone in sottofondo.”
Artemis per un secondo ripensò a quando aveva ballato con Klaus alla festa di Miriam. Un brivido le attraversò la schiena al ricordo delle mani dell’ibrido, al suo sorriso e al suo profumo.
“Beati loro che hanno trovato la giusta sintonia.”
“Tu e il riccone di New Orleans avete rotto?” indagò Lauren.
“Diciamo così. Lui vuole qualcosa che io non posso dargli.”
La conversazione fra le amiche fu interrotta dal sonaglio all’ingresso che annunciava l’arrivo di un cliente.
“Ciao, ragazze!” disse Noah.
Lauren lo salutò con un cenno della mano e tornò a spolverare i tavoli prima dell’inizio della serata.
“Hai trovato i libri che ti ho chiesto?” gli domandò Artemis.
Noah depose a terra il pesante zaino e tirò fuori due grossi tomi di storia europea.
“Ecco a te il carico prezioso. Ti servono per la tesi?”
“Non ho ancora scelto l’argomento per la tesi. Fra le lezioni e gli esami non ho molto tempo per riflettere.”
Artemis aveva una vita frenetica: dal lunedì al giovedì cantava all’hotel Viceroy, il venerdì sera ora lavorava al pub di Lauren e la domenica mattina spesso era impegnata in un centro per anziani. A stento dormiva e mangiava poiché le ore libere era dedicate allo studio.
“Sono sicuro che ce la farai. Sei in gamba, Artemis.”
Lauren alle spalle di Noah fece un cuoricino con le mani e Artemis la fulminò con lo sguardo.
“Lo spero. Tu hai già scelto l’argomento?”
“I processi giudiziari del Seicento in America.” Disse Noah.
“Intendi i processi alle streghe?”
“Le streghe non esistono. A me interessa solo la parte storica e giuridica dei processi.”
Artemis finse una risatina per smorzare l’atmosfera. Per un momento le si era accapponata la pelle. Nessuno doveva sospettare che esistessero le streghe, altrimenti lei sarebbe stata in pericoloso.
“Già, le streghe non esistono.”
“Esistono solo nelle favole e sono brutte, vecchie e volano sulle scope.” Rise Noah.
Artemis avrebbe voluto dirgli che in verità streghe e sciamani non avevano mai volato sulle scope e che il loro aspetto fisico era identico a quello degli umani. Però quelle puntualizzazioni avrebbero portato a domande e poi a risposte scomode.
“Mmh, sì.”
 
“Artemis, è tutto pronto.” L’avvertì il padre di Lauren.
Artemis recuperò la chitarra e il microfono, dopodiché uscì sul palco. La stanza era semibuia, un occhio di bue illuminava il centro per puntare l’attenzione su di lei. La folla era numerosa, dovevano esserci almeno un centinaio di persone.
Artemis si sedette sullo sgabello con la gamba destra piegata e sistemò il microfono alla giusta altezza. Chiuse gli occhi, fece un respiro e mosse le dita sulle corde della chitarra.
La prima canzone in scaletta era ‘I Fall To Pieces’ che Patsy Cline aveva cantato per la prima volta nel 1961.
I fall to pieces each time I see you again. I fall to pieces; how can I be just your friend? You want me to act like we've never kissed. You want me to forget, pretend we've never met. And I've tried and I've tried but I haven't yet. You walk by and I fall to pieces.”
Klaus si era messo in un cantuccio del pub al riparo dal palco per non farsi vedere da Artemis. Era atterrato a Chicago da un’ora e aveva seguito le indicazioni di Freya per trovare la ragazza. Era arrabbiato da giorni perché lei lo ignorava, pensava di farle una ramanzina con i fiocchi e sull’aereo aveva addirittura meditato su come farla sentire in colpa. Poi tutto era cambiato quando l’aveva sentita cantare. Artemis era seduta al centro del palco, illuminata da un faro, cantava ad occhi chiusi mentre le sue mani sfioravano lo strumento.
“…I fall to pieces each time someone speaks your name. I fall to pieces time only adds to the flame. You tell me to find someone else to love. Someone who'll love me, too, the way you used to do but each time I go out with someone new. You walk by and I fall to pieces. You walk by and I fall to pieces.”
Quella canzone sembrava scritta per loro due. Era così che Klaus si sentiva: andava in mille pezzi ogni volta che Artemis gli stava accanto; tutto in lui si frantumava quando qualcuno pronunciava il suo nome, quando fingevano di non essersi mai baciati, quando fingevano di essere sconosciuti.
Quando riportò l’attenzione sul palco, vide che Artemis lo stava guardando. Klaus inclinò la testa e le fece un cenno con il mento.
“Grazie. Grazie a tutti! Tornerò dopo una breve pausa.” Disse Artemis.
Si inchinò agli applausi e sorrise a tutti, poi lasciò il palco in fretta per raggiungere l’uscita sul retro. Faceva freddo e lei aveva addosso soltanto una camicetta nera di velo. Era sgusciata fuori di corsa senza prendere la giacca.
Sussultò quando sentì qualcosa scivolarle sulle spalle. Klaus si era tolto il cappotto per darlo a lei e non farla tremare di freddo.
“Voi umani avete la cattiva propensione al raffreddore.”
Artemis si strinse nel cappotto, inalando il profumo di pittura e bourbon che impregnava la stoffa.
“Che ci fai qui?”
“Sei stata eccezionale prima. Sei un animale da palcoscenico.”
“Niklaus, non tergiversare. Non ho molto tempo. Che vuoi?”
“Sono venuto a controllare se stessi bene. Non rispondi alle mie chiamate e ai miei messaggi, ignori anche i messaggi magici di Freya.”
Klaus la guardava con severità, benché nel suo sguardo vi fosse anche una buona dose di preoccupazione.
“Non avevo voglia di sentire voi Mikaelson. E’ successo qualcosa?”
“Artemis, dove sei? Devi tornare sul palco!” gridò Lauren dall’interno.
Artemis si tolse il cappotto di dosso e lo restituì a Klaus. Le loro dita si sfiorarono per un breve secondo e lei si ritrasse come se si fosse scottata.
“Devo tornare sul palco. Dove ti trovo?”
“Alloggio al Four Seasons, stanza 313. Ti aspetto.” Disse Klaus.
Lauren sbucò alle spalle di Artemis e trovò l’amica a fissare il vuoto. L’Originale si era già dileguato.
“Artemis, tutto okay? Stavi parlando da sola?”
“Ehm… stavo ripetendo la prossima canzone. Sai che ho una pessima memoria.”
Lauren rise e la trascinò di nuovo dentro il locale.
 
L’orologio digitale segnava le due del mattino. Klaus si era scolato una bottiglia di bourbon e aveva anche bevuto il sangue del facchino. Il ragazzo era poi tornato a lavorare con la mente offuscata dal soggiogamento.
L’ibrido era irrequieto. Il ritardo di Artemis poteva essere causato da svariati motivi, molti fra i quali anche la morte. Sobbalzò quando bussarono un paio di volte.
“Apri, Mikaelson.”
Un sospiro di sollievo sfuggì dalle labbra di Klaus. Artemis stava bene, e stava decisamente una favola con gli anfibi e la giacca di pelle borchiata.
“Sono felice che tu sia qui.”
La ragazza si sedette sul letto e si mise a braccia conserte. Indossava così tanti bracciali che i polsi non si vedevano.
“Dunque? Parla, su.”
“Ti è successo qualcosa di strano ultimamente?”
Artemis aggrottò la fronte, un senso di disagio le serrava lo stomaco.
“Perché questa domanda? Deduco che a New Orleans sia successo qualcosa di strano.”
Klaus bevve un altro sorso di bourbon dalla seconda bottiglia che aveva ordinato. Era nervoso, aveva fame, ma almeno l’alcol riusciva a lenire i nervi irritati.
“Miriam è morta.”
Artemis sgranò gli occhi. Lo shock quasi le mozzò il fiato. Certo, Miriam aveva tentato di strapparle il cuore e sacrificarla, ma era pur sempre una vita ormai stroncata.
“Come è possibile? Le congreghe l’hanno isolata.”
“A quanto pare è un suicidio.” Rispose Klaus, incerto.
“Una come Miriam non si toglie la vita senza una ragione reale. Davvero credono che si sia ammazzata?”
“E’ l’unica spiegazione plausibile. Del resto il luogo dell’isolamento è accessibile solo alle streghe.”
Artemis colse l’allusione nella voce di Klaus. Anche lei era giunta alla stessa conclusione.
“Qualcuno potrebbe averla uccisa.”
“Esatto. Ecco perché ti cercavo. Miriam era tua sorella, ho temuto che anche tu fossi in pericolo.”
Klaus sentì il cuore della ragazza accelerare. Avrebbe voluto sorridere ma le tristi circostanze lo obbligarono a restare serio.
“Nathaniel sta bene, l’ho sentito l’altro giorno per telefono. Non credo che stiano dando la caccia a noi.”
“Volevo esserne comunque certo. Ho fatto una promessa a tua madre.” Ribatté Klaus.
“Una promessa da cui posso liberarti. Ho ventitré anni e sono una strega, me la so cavare da sola.”
“E’ a questo che siamo arrivati, Artemis?”
Artemis sostenne lo sguardo dell’ibrido con alterigia. Non aveva bisogno del bel tenebroso che la salvasse ogni volta.
“Hai fatto una promessa a una donna morta. Mia madre non c’è più e il tuo voto si è spezzato.”
“Tu proprio non mi vuoi fra i piedi.” Disse Klaus.
“Mi soffochi, Klaus. Vuoi esercitare il tuo controllo anche su di me. Non ti basta sorvegliare la tua famiglia?”
Klaus rimase ferito da quelle accuse. Lasciò il bicchiere sul tavolino e si affacciò alla finestra per non mostrare la propria delusione.
“Non voglio controllarti. Non sono più quell’uomo.”
“Ora sei un padre diligente che vive in una casa con lo steccato bianco?” lo pungolò Artemis.
Klaus si voltò con un sorriso diabolico, uno di quelli che per secoli aveva terrorizzato interi villaggi.
“Sono un padre che ama sua figlia e che vive in un palazzo centenario. Nel tempo libero mi diletto a dipingere e occasionalmente a spargere il sangue dei miei nemici.”
“Parli di spargere sangue e pensi di essere cambiato. Non noti la discrepanza fra le tue parole e le tue azioni?”
“Neanche tu sei una santa.” Disse Klaus.
Artemis strinse le mani a pugno, trattenendo la magia che voleva esplodere e dare fuoco alla stanza.
“Non mi sono mai proclamata una santa.”
Klaus si avvicinò a lei in un baleno. Le sollevò il mento con le dita e la scrutò negli occhi scuri in cerca di qualcosa.
“Oh, lo so. Riesco a scorgere il fuoco della tua anima, mia cara. Le fiamme sono dense, nere e mortali. Sei una creatura incantevole.”
Artemis ebbe l’impulso di baciarlo. Non resisteva quando lui usava quel tono di voce suadente. Ma aveva paura che un solo tocco avrebbe potuto cambiare tutto. Si rifiutava di toccarlo e di manipolare le sue emozioni, pertanto si allontanò con uno scatto.
“Torna a New Orleans, Mikaelson.”
 
Artemis soffocò un urlo nel cuscino. Non riusciva a dormire, aveva la mente affollata di pensieri. Scostò le coperte e andò in cucina a preparare un infuso di camomilla. Mentre aspettava che l’acqua bollisse, si perse a fissare il computer.
“Al diavolo!”
Accese il portatile e in rete cercò l’articolo che Lauren le aveva letto quella mattina. Stando alla notizia, quella sera il pianeta Venere si era posizionato in parallelo al pianeta Giove. Sin da bambina alle streghe e agli sciamani venivano impartire lezioni di astronomia per conoscere gli eventi celesti e sfruttarli come fonte di potere. Ecco perché Artemis fu insospettita da quella vicinanza fra pianeti.
“E’ strano. Troppo strano.” Mormorò fra sé.
Decise di indagare più a fondo e cercò gli eventi celesti che erano avvenuti nelle ultime settimane. Scoprì che soltanto due giorni prima la Luna e Saturno erano entrati in congiunzione. Un altro articolo riportava che dieci giorni prima era stato segnalato un picco di Liridi, ovvero stelle cadenti derivanti dalle polveri della cometa Thatcher.
Tornò in camera per prendere il cellulare e compose l’unico numero utile.
“Ti mancavo?” disse Klaus.
“Vieni subito a casa mia. C’è qualcosa che non va.”
 
L’ultima volta che Klaus era stato in quel bilocale loro due erano finiti a fare l’amore. Invece, con suo disappunto, adesso Artemis aveva l’espressione cupa.
“E’ successo qualcosa, vero?”
“Non ci avevo fatto in caso fino ad ora. Lauren mi ha parlato per settimane di bizzarri eventi celesti a cui non ho mai dato peso.”
“Ma stasera hai cambiato idea.” Aggiunse Klaus.
Artemis, con addosso un pigiama di pile di Lisa Simpson e un paio di ciabatte a forma di dinosauro, annuì e gli indicò lo schermo luminoso del computer.
“Si sono verificati eventi celesti insoliti con un estremo anticipo. Vieni, ti faccio vedere.”
Klaus si accomodò al suo fianco e si sporse per leggere gli articoli che lei gli stava mostrando.
“Sono congiunzioni astrali?”
“Sì. Dieci giorni fa le Liridi erano visibili, banalmente sono le stelle cadenti.” Disse Artemis.
“Ed è insolito?”
“Un tale picco di Liridi è visibile solo intorno a metà aprile. Inoltre, due giorni fa la Luna e Saturno erano in congiunzione, evento che accade solo il dieci marzo.”
“Altri eventi anticipati?” domandò Klaus.
“Purtroppo sì. Stamattina Venere e Giove erano congiunti, il che si verifica solo l’11 febbraio.”
“Tre eventi celesti che non dovrebbero ancora verificarsi ma che si sono verificati.”
Artemis chiuse il pc con uno sbuffo di irritazione.
“Klaus, sai quanto me che il tre è un numero mistico. Tre rappresenta uno schema.”
“Cosa credi possa essere?”
“Proviamo a leggere il sale.” Disse Artemis.
Klaus spostò in computer in modo che lei distribuisse il sale sulla superficie del tavolo. Era una magia che lui conosceva grazie a Yvette.
“Il sale formerà un’immagine, giusto?”
“Giusto. E speriamo che l’immagine sia tanto chiara da essere interpretata nel modo corretto.”
Artemis spense la luce e accese una candela che depose all’angolo del tavolo. Immerse le dita nel mucchio di sale e fece un respiro profondo.
Mostrāre simulacrum tuum. Mostrāre simulacrum tuum. Mostrāre simulacrum tuum.”
La candela si rovesciò e la fiammella bruciò il sale. I granelli bianchi svanirono mentre un simbolo prendeva forma dal sale che non era evaporato.
Klaus non riconobbe l’immagine ma il cuore rumoroso di Artemis batteva troppo all’impazzata per non essere allarmante.
“Che simbolo è?”
“E un Trishula. E’ un simbolo di distruzione.”
“Tu verrai a New Orleans con me. Non si discute!”
Artemis incrociò le braccia al petto e fece una smorfia.
“Non se ne parla! Io devo lavorare, lo sai che ho una marea di debiti. E poi cosa dovrei venire a fare in Louisiana? Freya e Vincent possono cavarsela.”
“Tu non capisci quanto siano incrinati i rapporti della mia famiglia con le streghe. Non ci permettono di vedere il corpo di Miriam, pertanto Freya non può fare nessuna analisi di tipo magico. Tu sei la sorella di Nathaniel e sono sicuro che a te sarà permesso vedere la salma.”
“Vuoi usarmi come addetta alle pompe funebri.” Asserì Artemis.
Klaus fece un respiro per ingoiare un commento perfido. Artemis era una persona difficile e lui aveva bisogno del suo aiuto.
“Miriam è morta e un simbolo di distruzione preannuncia una catastrofe. Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi.”
“Klaus…”
“Hope è una strega, capirai bene le mie ansie. Non posso rischiare di nuovo la vita di mia figlia.”
Artemis avrebbe voluto sbatterlo fuori di casa con uno schiocco di dita, ma l’apprensione di Klaus per Hope era un punto debole.
“D’accordo. Lo faccio per Hope.”
“Ti ringrazio davvero.” Disse Klaus.
“Tre giorni ti concedo, dopodiché tornerò alla mia vita.”
“Tre giorni.”
 
Salve a tutti! ^_^
Scusate il ritardo nella pubblicazione ma l’università non mi ha dato tregua.
Eccomi tornata con la seconda parte che inizia già con botto.
Miriam ne combina sempre una, anche quando muore!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
Ps. Tutti gli incantesimi che troverete nella storia sono stati inventati da me e presi da internet, quindi potrebbero anche essere sbagliati.

 

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Capitolo 2
*** Pericolo nel Quartiere ***


1. PERICOLO NEL QUARTIERE

“Poiché ogni cosa strana è magica, gli eventi dannosi vengono prontamente attribuiti a una forma maligna di magia.”
(Richard Cavendish)
 
Artemis sorseggiava una tazza colma di caffè bollente mentre infilava i vestiti nel borsone. Klaus aveva prenotato due biglietti per New Orleans sul volo delle dieci e mezza. Poche ore prima il simbolo di distruzione comparso nel sale aveva messo entrambi in allarme.
Inoltre, Nathaniel era dilaniato dal dolore e forse aveva bisogno di una spalla su cui piangere. Artemis non era brava come sorella – sorellastra – ma sperava che Nathaniel potesse accettare quantomeno la sua presenza.
“Ho i biglietti. Tu a che punto sei?” esordì Klaus.
“A metà caffè, quindi fai silenzio per la prossima metà.”
L’Originale si buttò sul divano e si massaggiò gli occhi; era estenuante avere a che fare con una ragazza tanto testarda.
“Come conosci quel simbolo? Il Trishula.”
Artemis gli lanciò un’occhiataccia da sopra la tazza, sbuffando perché la sua colazione veniva interrotta.
“Mia madre raccoglieva i simboli magici nel suo grimorio. Il Trishula è un tridente originario dell’India meridionale ed è un simbolo in diverse religioni. Rappresenta un’arma, dunque indica la distruzione.”
“Hai letto il grimorio di tua madre? Ne sono lieto.” Disse Klaus sorridendo.
Artemis aveva imballato le cose di sua madre dopo il funerale e non aveva mai più aperto quello scatolone. Solo dopo essere tornata da New Orleans e aver scoperto il suo potere speciale aveva deciso di dare un’occhiata al grimorio. Cercava risposte a domande troppo complesse.
“Vincent e Freya mi hanno suggerito di studiare, ecco perché ho frugato tra i libri di mia madre.”
“Sei una strega potente, Artemis. Devi solo sviluppare al meglio le tue capacità.”
“Io voglio essere soltanto una storica.” Replicò lei.
Per fortuna Klaus fu bloccato dal campanello che suonava. Artemis andò ad aprire e inarcò il sopracciglio quando vide Noah sulla soglia.
“Buongiorno, Artemis.”
“Noah, che ci fai qui?”
“Ti ho portato altri libri per aiutarti nella scelta per la tesi. Sei da sola?”
“Artemis, tesoro, chi è?” si intromise Klaus.
Artemis lo fulminò con lo sguardo quando l’ibrido le mise un braccio intorno alle spalle.
“Oh… ehm, ciao! Io sono Noah.” Balbettò Noah in imbarazzo.
Klaus gli strinse la mano un po’ troppo forte tant’è che il ragazzo si massaggiò il polso indolenzito.
“Io sono Niklaus, il…”
“…il cugino di mia madre!” concluse Artemis.
Noah guardò prima Klaus e poi Artemis nella totale confusione. La sua amica non aveva parenti e quel tipo sembrava proprio lo stesso di cui parlava Lauren.
“Allora ti lascio i libri e me ne vado. Ci vediamo stasera al pub?”
“No. Artemis ha da fare.” Rispose Klaus.
Artemis serrò la mascella tanto forte da sentire quasi i denti scricchiolare. Si liberò dal braccio di Klaus e prese i libri da Noah.
“Klaus intendeva dire che non ci sarò nei prossimi giorni perché parto.”
“E come farai col lavoro?”
“Ho già avvisato il padre di Lauren e ho richiesto le ferie al Viceroy. Si tratta solo di un weekend.”
“O anche di più, chi può dirlo!” si intromise Klaus.
“Taci, cugino.” Lo rimproverò Artemis.
L’ibrido le fece l’occhiolino e tornò dentro per lasciare i due amici ai saluti. Noah si pettinò i ricci rossi con lo sguardo da cucciolo bastonato.
“Lui è il tizio ricco di New Orleans, vero? Lauren mi ha detto che è alto e biondo.”
“E anche incredibilmente fastidioso.” Commentò Artemis.
Noah ridacchiò, lui trovava divertente quel modo di fare tagliente dell’amica.
“Senti, Artemis, era da un po’ che volevo chiedertelo… ti va di uscire insieme?”
“Noi usciamo già insieme.”
“Ahm… io volevo dire insieme come una coppia, ecco.”
Artemis si morse la lingua e strinse le dita intorno alla tazza per ricavare conforto dal calore del caffè.
“Sei un amico grandioso, ma non c’è altro da parte mia.”
Noah sembrava sul punto di svenire. Era diventato bianco e tremava come una foglia.
“O-okay… va bene così. Ehm… io me ne vado. Buon viaggio.”
“Ciao.” Disse Artemis.
Klaus si stava guardando le unghie con un ghigno divertito quando la ragazza tornò a preparare la valigia.
“Il tizio di New Orleans, eh?”
Artemis chiuse la magno a pugno e Klaus si piegò in due per il dolore che gli esplodeva nella testa.
“Solo un aneurisma magico può zittirti, eh?”
L’ibrido rise quasi trovasse piacevole quel dolore che gli faceva pulsare le tempie.
“Quanto ti piaccio!”
Artemis lo ignorò, non voleva cadere nella trappola di quel farabutto. Tutto quel punzecchiarsi sarebbe finito in un gran litigio oppure in un bacio.
“Taci, Mikaelson. Taci.”
 
Due ore dopo, New Orleans
Artemis camminava a passo spedito attraverso il Quartiere Francese in direzione del palazzo degli Originali. Essendo febbraio e avendo smesso di piovere da poco, si strinse la sciarpa al collo e affondò le mani nelle tasche del cappotto. Klaus, invece, andava in giro solo con una giacchetta di pelle e una maglietta con lo scollo a ‘v’.
“Ti serve una tazza di cioccolata calda. O preferisci un tè?” chiese lui.
“Un goccio di grappa sarebbe ideale.”
“Una volta in Serbia ho bevuto una grappa che mi ha scaldato anche l’anima.”
Artemis scacciò i brividi di freddo e si coprì la testa col cappuccio, benché la stoffa fosse umida di pioggia.
“I vampiri hanno un’anima da scaldare? Impressionante.”
“Tu scaldi la mia fredda anima con un solo sguardo, mia cara.” Disse Klaus.
La ragazza si sforzò di non ridere, non volendosi dimostrare troppo aperta e disponibile. Il suo unico obiettivo era quello di mantenere le distanze da lui. Più stavano lontani, più la sua magia non poteva toccarlo.
“Non ci posso credere! La mia amicona è tornata!” esclamò Gabriel.
Era appena uscito dal Rousseau con gli angoli della bocca sporchi di sangue. Dopo di lui uscì una giovane donna con il polso lacerato, ma tutto sommato sembrava stare bene.
“Mordi, bevi e cancella.” Spiegò il vampiro.
“Un barbaro vestito da gentiluomo.” Commentò Artemis.
“Sei più acida di quanto ricordassi. Il mio paparino non ti tratta come si deve?”
“Dovrei spezzarti il collo più spesso.” Disse Klaus, irritato.
Artemis scosse la testa e riprese a camminare, lasciando i due uomini a insultarsi. Raggiunse il palazzo con il borsone in spalla ed entrò senza bussare. Al centro del cortile scoppiettava un fuoco intenso a cui Artemis si avvicinò per scaldarsi le mani.
“Artemis Dumont, quale onore!”
Freya sbucò dalla balaustra del primo piano con un sorriso sornione. Scese le scale e andò ad abbracciare la nuova arrivata.
“Freya Mikaelson, la mia strega preferita.”
“Sono contenta che tu sia qui. Le cose non vanno bene di recente.” Disse Freya.
Artemis la seguì in cucina e si sedette al tavolo mentre Freya metteva a bollire l’acqua per il tè.
“Miriam è morta, lo so. Come è possibile? Le streghe hanno sigillato il posto dove era prigioniera.”
“Non ne ho idea. Io purtroppo non conoscono i dettagli dell’accaduto. Le congreghe mi tengono lontana perché non sono un loro membro.”
Freya mise due bustine di tè alla vaniglia in due tazze di acqua bollente per l’infusione. Servì la tazza ad Artemis e si sedette di fronte a lei.
“Klaus ti ha parlato del Trishula?”
“Purtroppo sì. Credi che sia collegato alla morte di Miriam?”
“Forse. Inoltre, si sono verificati in anticipo diversi eventi celesti.” Disse Artemis.
“Un triangolo magico.” Mormorò Freya.
Artemis osservò il tè che sulla superficie disegnava linee contorte; anche il fumo si alzava in volute distorte.
“Qualcosa non sta andando nel verso giusto. Guarda il tè.”
Freya guardò il proprio tè e vide le stesse linee contorte. Poi di colpo entrambe le tazze si raffreddarono tanto da risultare congelate contro i palmi.
“La minaccia è reale.”
 
Artemis si era fermata davanti a quello che un tempo era stato il negozio di sua madre. Ora si trattava di una palazzina ristrutturata e il locale era diventato un bar.
“Tua madre adorava il suo negozio.”
Klaus spuntò da dietro il muro con le mani dietro la schiena e l’espressione meditabonda.
“Avevo detto che sarei andata da sola. Tu non puoi entrare nel cimitero oggi.”
“Non credere che io ti lasci andare da sola in mezzo a quel branco di avvoltoi.”
Artemis sbuffò e il fiato creò una nuvola bianca nel gelo di New Orleans. Si era infilata un cappello blu che le copriva le orecchie e le dava un poco di sollievo alla testa.
“Non mi serve una guardia del corpo.”
“Invece sì. Lo sai che le streghe non ti sopportano.” Disse Klaus.
Artemis riprese a camminare e subito fu affiancata dall’ibrido che le lanciava sguardi di sottecchi.
“Lydia mi ha accettata e le congreghe sono state d’accordo. Non mi considereranno una di loro, ma almeno non rischierò di essere scacciata dagli antenati.”
“Lydia è una vecchia signora che tutti rispettano solo perché ha la stessa età di questa città.”
“Anziché offendere una vecchia signora, potresti aiutare Freya a scoprire cosa succede.”
Klaus le diede una lieve spallata e sfoggiò un sorriso divertito.
“E smetterla di tormentarti? Assolutamente no.”
Artemis imboccò uno dei tanti vicoli di Bourbon Street che portavano fino al Lafayette. New Orleans aveva una pianta intricata, ogni strada conduceva dappertutto e da nessuna parte.
“E’ davvero gent-… Klaus!”
Klaus guardò il muro alla sua sinistra e imprecò a bassa voce. Sui mattoni a vista era inciso il Trishula per tre volte.
“E’ stato disegnato col sangue, l’odore è ancora fresco.”
Artemis poteva annusare nell’aria il sentore metallico del sangue. Alcune gocce stavano ancora colando lungo il muro.
“Sangue di chi?”
“Sangue di strega. Sento il forte odore di magia.” Disse Klaus.
“Potrebbe essere il sangue di Miriam dato che è morta.”
Klaus mise la mano sulla spalla di Artemis e la spinse via da quel vicolo. Se qualcuno aveva usato il sangue di strega, anche lei era un bersaglio.
“Dobbiamo andarcene da qui.”
 
Dopo aver varcato i cancelli del cimitero, Artemis si voltò a guardare indietro ma Klaus era già sparito. Sapeva che lui era lì da qualche parte a tenerla d’occhio, e doveva ammettere che si sentiva più tranquilla al pensiero che ci fosse un ibrido a coprirle le spalle.
“Artemis? Che sorpresa!”
Bella, la fidanzata di Nathaniel, le andò incontro con un sorriso cordiale. Era vestita di nero in segno di lutto e indossava anche una veletta di pizzo sul viso.
“Freya Mikaelson mi ha detto di Miriam e sono venuta per Nathaniel.”
“Nate ne sarà felice. Vieni, dai.”
Le due ragazze si addentrarono nel cimitero silenzioso e lugubre. Le cappelle e le tombe singole sembravano bisbigliare all’orecchio di Artemis, che si guardava attorno come se temesse la mano di un cadavere alla gola.
“Com’è il funerale di una strega?” domandò Artemis.
“Le streghe vengono consacrate per affidare il loro potere alla terra, dopodiché quel potere viene assorbito dagli antenati nel regno dei morti e noi lo possiamo usare da questa parte. Tua madre non è stata sepolta così?”
Artemis ricordava a malapena il funerale della madre, tutto era offuscato dal dolore e dal senso di colpa. Era sola a Chicago, non conosceva altre streghe che potessero aiutarla e aveva fatto ricorso alla canonica sepoltura umana.
“Mia madre non è stata consacrata. Lei ha avuto un funerale da umana ed è stata sepolta nel cimitero comunale.”
“Oh, che cosa strana per una strega così potente.” disse Bella, allibita.
“Tu conosci mia madre?”
“Conosco la fama dei Dumont. La tua famiglia ha un retaggio particolare. Un tempo era la famiglia di streghe più potente della città. I tuoi antenati erano leggende, persino i tuoi nonni.”
Artemis non conosceva la storia della sua famiglia. Sua madre non parlava mai del passato, dei nonni e degli antenati. Yvette aveva lasciato New Orleans ma anche tutto il resto.
“Quindi il potere di mia madre che fine ha fatto?”
“E’ probabile che sia rimasto nei suoi resti. Le ossa sono veicoli di magia.” Disse Bella.
Nel frattempo avevano raggiunto la cappella della famiglia Cooper, ovvero una grande cupola di pietra bianca ornata da due angeli ai lati dell’ingresso. Uno dei due angeli fissava i passanti e pareva giudicarli con i suoi occhi vuoti.
“La consacrazione inizierà a breve.” Riferì una ragazza.
“Dov’è Nate?” domandò Bella.
“Sono qui.”
Artemis era nel panico. Non sapeva come comportarsi, le parole sembravano inutili in una simile circostanza. Lei era là per indagare sulla morte di Miriam, però le toccava anche consolare il fratellastro.
“Ciao, Nate.”
Nathaniel schiuse la bocca per la sorpresa. I suoi occhi erano cerchiati da segni scuri e le rughe intorno al naso si erano accentuate.
“Miriam ha tentato di ucciderti e tu partecipi alla sua consacrazione?”
Artemis voleva scappare – era brava a farlo – perché non sapeva come spiegare la propria presenza. Miriam l’aveva rapita per sacrificarla e nessuno si aspettava di vederla lì per l’ultimo saluto.
“Non sono venuta per Miriam. Sono qui per te.”
Nathaniel abbozzò un piccolo sorriso, ma i tratti del suo volto erano troppo stanchi per essere addolciti.
“Ti ringrazio. Significa molto per me.”
“Tranquillo.” Disse Artemis, dandogli una pacca sulla spalla.
 
Artemis esaminava con attenzione e curiosità ogni gesto. Sua madre l’aveva sempre tenuta lontana dal mondo magico, non conosceva i riti e le pratiche delle streghe. Per più di venti anni Yvette si era tenuta a debita distanza dalla magia per evitare che le congreghe la scovassero.
Nathaniel intinse il pollice in una scodella di incenso e tratteggiò un simbolo sulla fronte di Miriam. Le streghe della Congrega Lyra si riunirono in cerchio attorno al corpo e si strinsero le mani.
Ave atque vale.” Disse Nathaniel.
Le porte della cappella si spalancarono e una folata di vento gelido sollevò la polvere dal pavimento. Artemis si strofinò gli occhi e intravide una figura entrare nella tomba.
Si tratta di una donna alta e col collo lungo, capelli castani racchiusi in uno chignon e abbigliata di nero. Portava una collana a forma di luna piena.
“Vattene, Artemis. Sparisci.” Bisbigliò Bella.
Artemis fece qualche passo indietro nella speranza di sgattaiolare via, ma la donna aveva già puntato i suoi occhi neri su di lei.
“Perché quell’abominio si trova qui?”
“Zia, non è il momento. Per favore.” Disse Nathaniel a bassa voce.
Artemis cercò di raggiungere le porta ma l’angelo di pietra si mosse bloccandole l’uscita.
“Voi Dumont fuggite sempre come ratti.”
“Non voglio problemi.” Disse Artemis.
La donna schioccò le dita e l’angelo sguainò la spada per piantarla nel terreno.
“Non sei la benvenuta in questa città e in questo cimitero.”
“E chi me lo sta dicendo?”
“Brenda Cooper.”
Artemis ghiacciò sul posto. Quella era sua zia, ossia la sorella di suo padre. Era stata lei a scoprire la tresca fra Oscar e Yvette e convincere lui a liberarsi della bambina.
“Zia, basta. Artemis è venuta per darmi sostegno.” Intervenne Nathaniel.
“Oppure è venuta qui a godere per la morte di Miriam.” Ribatté Brenda.
Artemis, che non voleva sopportare un secondo di più quelle offese, avvolse le dita intorno alla spada dell’angelo e chiuse gli occhi.
Lībĕra viam.”
La statua esplose schizzando la pietra dappertutto. I presenti si scansarono per non essere colpiti mentre un sibilo di paura strisciava fra di loro.
“Artemis…” tentò di dire Nathaniel.
“Lasciala stare. Certe bestie non possono essere ammansite.” Disse Brenda.
Artemis sorrise, non avrebbe mai mostrato la sua vulnerabilità davanti a quella arpia. Fece un inchino con le braccia allargate e scavalcò la testa mozzata dell’angelo.
“La bestia vi saluta.”
 
“Che diamine è successo? Ho sentito un boato.” Disse Klaus.
Era saltato fuori da una stradina laterale e si era affrettato a controllare che lei stesse bene.
“Ho fatto esplodere una statua.”
“Perché? Le streghe ti hanno fatto del male? Dì solo una parola e io le trucido tutte.”
Artemis estrasse il cellulare e notò che erano le cinque di pomeriggio. La consacrazione era andata per le lunghe e lei era stanca per via del viaggio.
“Brenda Cooper è in città. Non le piace la mia presenza.”
Klaus impallidì alla menzione di Brenda. Quella donna venti anni prima aveva sollecitato Oscar ad abbandonare Yvette incinta, di certo vedere Artemis era stato un brutto colpo.
“Torniamo al palazzo, lì sarai al sicuro da Brenda e dalle congreghe.”
Quando si ritrovarono nel Quartiere Francese, Artemis poté tornare a respirare. Klaus si era guardato le spalle per tutto il tempo, temendo che Brenda li avesse seguiti e attaccati.
“La nostra ipotesi è confermata.”
“Hai scoperto qualcosa?” chiese Klaus.
“Durante il rituale ho notato una macchina sul polso sinistro di Miriam. Credevo fosse un segno consacrativo, poi mi sono avvicinata e ho scoperto che la macchia è in realtà un Trishula.”
“Miriam è stata uccisa da qualcuno di pericoloso.” Disse Klaus.
“Qualcuno addirittura preannunciato da bizzarri eventi celesti.” Aggiunse Artemis.
“Con l’arrivo di Brenda la situazione precipiterà. Quella donna meschina vorrà condurre delle indagini sulla morte della nipote.”
Klaus era nervoso, i muscoli del suo corpo erano così tesi che Artemis poteva captarlo anche a distanza.
“Perché sei così preoccupato? Brenda non oserà sfidare gli Originali.”
“Quella strega è il male personificato. Vieni con me, togliamoci dalla strada.”
 
Da quel punto del palazzo la vista si estendeva dal Quartiere Francese fino alla chiesa di Saint Louis. Lo sguardo si perdeva fra le luci e i suoni ammalianti.
Artemis sorrise fra sé, godendosi quella visuale scintillante ancora per poco.
“Magnifico, vero?”
Klaus si appoggiò al parapetto e si mise a guardare il sole che ormai tingeva il cielo di blu. Il profumo di alcol si mescolava alle trombe dei jazzisti di strada.
“Questa città è un incanto. E’ luminosa e buia al tempo stesso.” Disse Artemis.
L’ibrido la guardò con la coda dell’occhio e si morse le labbra, respingendo la voglia di toccarle la mano e di stringerla a sé.
“Mia cara, un giorno scoprirai che la gioia della vita è nell'altalenante gioco di chiaroscuri, nel disfarsi e ricomporsi del cielo dopo la tempesta.”
Artemis ebbe un fremito. La voce di Klaus, il modo suadente con cui pronunciava ogni singola parola, la facevano palpitare.
“Ritengo che in questi giorni ci sia solo tempesta.”
“C’è qualcosa che si muove nell’ombra, questo è certo. E’ importante capire quale sia la nuova minaccia.”
“Perché non ve ne andate? Questa città ha recato solo dolore alla vostra famiglia. Tu potresti trasferirti a Mystic Falls per stare vicino a Hope.”
Klaus sospirò, lo sguardo che accompagnava il sole morente.
“New Orleans è casa nostra. Noi abbiamo fondato questa comunità e tocca a noi governare questo quartiere. Hope un giorno erediterò tutto quanto.”
“Erediterà anche i vostri nemici.”
“Oh, io li ucciderò tutti prima che possano solo pensare di far del male a mia figlia.”
Artemis annuì con una tristezza che le si annodava in gola. Anche lei desiderava una famiglia, qualcuno che lottasse per lei a ogni costo.
“Sei una persona discutibile, Klaus, ma sei un buon padre.”
“Non posso essere perfetto. Quel ruolo spetta a Elijah.”
“Parli del diavolo, fratello.” disse Elijah.
Artemis si mise dritta e sollevò il mento per darsi un’aria più matura, anche se Elijah non sembrava curarsene.
“E’ un piacere rivederti, Artemis. Vorrei che le circostanze fossero più rosee.”
“Le circostanze in cui incontro voi Mikaelson sono morti e distruzioni.”
“Una tipica giornata nel Quartiere Francese!” esclamò Klaus.
Elijah si sfiorò il ponte del naso col l’indice e nascose un sorriso, era infelice ridere della morte che abbracciava quella città.
“Sono venuto a dirvi che la cena è servita. Keelin ha deciso di cucinare per un intero esercito.”
“Il mio stomaco vale quanto quello di mille soldati affamati.” Disse Artemis.
 
“Quali sono i tuoi piani?” domandò Keelin a fine cena.
Artemis affondò la forchettina nella torta di cacao amaro prima di parlare.
“Domattina si terrà il funerale di Miriam e io cercherò di partecipare senza farmi scoprire da Brenda. Domenica mattina alle dieci ho il volo di ritorno per Chicago.”
“Non vuoi proprio restare?” la incalzò Freya.
“Devo studiare e devo lavorare. Non posso permettermi una vacanza.”
“Questa estate potresti passare le vacanze qui.” Disse Keelin.
Artemis posò il piattino sul tavolo e bevve un sorso d’acqua. L’idea di trascorrere l’estate nello stesso posto di Klaus la faceva stare male.
“Questa estate sarò impegnata. Il padre della mia amica ha aperto un nuovo pub e ha bisogno di qualcuno che canti ogni weekend. Mi paga bene.”
Keelin e Freya si scambiarono uno sguardo: entrambe sapevano che Artemis aveva mollato Klaus a Vienna ed era sparita per mesi senza dare notizie.
“Klaus mi ha detto che hai letto il grimorio di tua madre.” Disse Elijah.
“Sì, infatti. Ci sono incantesimi che non avevo mai visto. Mia madre era anche appassionata di simbologia magica.”
Klaus vide un luccichio negli occhi di Artemis mentre parlava di sua madre. Era come se raccontasse le audaci gesta di una regina.
“Conosci la storia di quel grimorio?” chiese Klaus.
Artemis, che lo aveva evitato per tutta la cena, gli lanciò un’occhiata fugace.
“No. Che storia?”
“Una strega italiana lo aveva regalato a tua nonna durante il suo viaggio di nozze con tuo nonno a Venezia. Quel grimorio risale all’epoca del Rinascimento italiano, è un pezzo unico.”
Artemis non sapeva nulla dei suoi nonni a parte i loro nomi – Mabel e Randall - e che avevano vissuto tra New Orleans e Città del Capo. Tutta la sua famiglia era avvolta da un manto di mistero che lei non riusciva a strappare via.
“Tu non hai un grimorio personale?” chiese Keelin.
“No. Non credevo di averne bisogno.” Disse Artemis.
Freya le diede un buffetto sulla testa e le scoccò un sorriso radioso.
“Ogni strega che si rispetti ha un grimorio personale. Ora che sei entrata nel mondo magico ti spetta un tuo libro di incantesimi.”
“Io non penso di restare nel mondo magico a lungo. Si può vivere benissimo anche senza magia.”
Klaus si bloccò con il bicchiere contro le labbra. Yvette adorava la magia, adorava la sua essenza di strega e aveva vissuto sempre con fierezza la sua provenienza. Artemis, al contrario, preferiva nascondere la propria natura e fingere di essere una semplice umana.
“Come mai? Hai un potenziale che farebbe invidia a qualsiasi strega e sciamano.”
Artemis arrossì, non amava essere al centro dell’attenzione e in quel momento tutti gli occhi erano fissi su di lei.
“Manipolare le emozioni degli altri non è un bel potere. E poi, non mi reputo una strega capace.”
“Tu sei molto più che capace, Artemis. Tu sei straordinaria.”
Elijah captò il disappunto di Klaus e gli venne da ridere. Suo fratello era così prevedibile quando si innamorava. Sin da ragazzo i sentimenti si dipingevano nei suoi occhi chiari dandoli in pasto al mondo.
“Scusatemi, sono stanca e voglio riposare.” Disse Artemis.
Lasciò cadere il tovagliolo sulla sedia e fece un cenno di saluto con la testa. Klaus la guardò salire le scale e svanire oltre il corridoio.
“Fratello, la decisione non spetta a te. Artemis non vuole essere una strega.” Disse Elijah.
“Artemis non sa quello che vuole, per questo ci sono io a darle qualche consiglio utile.”
Freya si riempì il bicchiere di vino e mandò giù un paio di sorsi.
“Vienna deve proprio aver lasciato una ferita nel tuo cuore.”
Klaus si alzò strisciando la sedia sul pavimento con fare teatrale. Si avvicinò alla sorella e le accarezzò le spalle con troppa pressione.
“Non saprai mai cosa è successo a Vienna, quindi smettila di provaci.”
 
Artemis si stava lavando i denti quando sentì la musica di un pianoforte provenire dal secondo piano. Finì di sciacquarsi la bocca canticchiando una canzoncina inventata sulle note di quella melodia. Fu un sollievo infilarsi il pigiama e mettersi a letto. Keelin le aveva riservato di nuovo la camera di Rebekah con il letto a baldacchino e le lussuose lenzuola di seta.
Si allungò sul comodino per prendere il cellulare e controllare le notifiche. C’erano alcuni messaggi di Lauren, una e-mail dell’università e una chiamata persa di Noah.
“Posso entrare oppure continuerai a fingere che io non esisto?”
Klaus se ne stava appostato fuori dalla stanza con quel suo ghigno malizioso che Artemis avrebbe voluto toglierlo a suon di schiaffi.
“Che vuoi, Klaus? Sono esausta.”
“Voglio solo parlare. Concedimi almeno cinque minuti.”
Artemis annuì e con la mano lo invitò a entrare. L’ibrido andò a sedersi alla toilette mentre lei restava sotto le coperte.
“Chi sta suonando?”
“Il musicista in famiglia è Elijah. Devo confessare che anche io so suonare il pianoforte.”
“Non lo sapevo.”
Klaus le rifilò l’ennesimo ghigno per cui lei roteò gli occhi.
“Mia cara, ci sono molte cose che non sai di me.”
Artemis si mise seduta e si aggrovigliò le coperte ai fianchi per avere le mani libere. Si portò le dita al mento nell’atto di pensare.
“Ti serve qualcosa?”
“Volevo darti questo. In verità volevo regalartelo a Vienna dopo il concerto ma tu sei scappata.”
Klaus depose sul comodino un pacco bianco chiuso da un fiocco rosso e ornato da un rametto di vischio.
“Perché il vischio?”
“Perché la prima volta che ci siamo baciati ci trovavamo sotto il vischio.”
Artemis ricordava di aver pensato che quel bacio fosse il risultato di un filtro d’amore. Lo spirito di Marie-Sophie e quello di Max si erano fatti grasse risate.
“Se lo scarto esce un pagliaccio a molla?”
“Aprilo. Per favore.” La invitò Klaus con una certa urgenza.
Artemis sciolse il fiocco e tolse il coperchio, tastò il fondo della scatola e tirò fuori un libro dalla copertina bordeaux. Sulla fronte c’era inciso il suo nome in oro. Sotto il nome era riportato in latino in motto della famiglia Dumont: Macte nova virtute, sic itur ad astra.
“Coraggio, è così che si arriva alle stelle.” Sussurrò lei, traducendo la citazione.
Klaus sfiorò con le dita la copertina fino a toccare con l’indice il nome della ragazza inciso.
“E’ il tuo grimorio. Sapevo che non ne avevi uno e volevo che il tuo primo libro di incantesimi fosse un dono da parte mia. Vai alla prima pagina e leggi ad alta voce.”
Quando Artemis aprì la prima pagina, trovò una dedica scritta dall’elegante grafia di Klaus.
“Fa della tua vita un’autentica magia.”
“Ti auguro di vivere una vita piena di avventure e di meraviglie.” Disse Klaus.
Artemis si morse l’interno della guancia per combattere contro la voglia di abbracciarlo. Aveva promesso a se stessa che non avrebbe osato toccarlo per paura di stravolgere i suoi sentimenti.
“E’ un regalo bellissimo. Lo apprezzo tanto. Grazie, Klaus.”
“Prego, mia cara.”
Klaus si chinò con l’intenzione di baciarla ma lei scattò all’indietro per scansarlo.
“Non farlo.”
“Io proprio non ti piaccio, eh?”
Artemis non disse nulla, si limitò ad abbassare lo sguardo colpevole. Klaus si allontanò e le accarezzò il mento dolcemente.
“Ora è tutto chiaro, Artemis. Me ne farò una ragione.”
“Sono stanca.” Tagliò corto Artemis.
“Allora ti lascio riposare. Buonanotte.”
L’ibrido si soffermò sulla soglia per qualche secondo, voleva girarsi e farsi spiegare quella reticenza. Poi udì il cuore di Artemis battere veloce e preferì lasciarla andare.
 
“Lei ti piace.” esordì Elijah.
Klaus bagnò il pennello nel turchese che aveva appena creato e dipinse una linea per completare il cielo. Stava lavorando ad una nuova tela ispirata al mare.
“Ma io non piaccio a lei. Vuoi gongolarti, fratello?”
“Sono qui per offrirti la mia spalla in caso volessi piagnucolare.” Disse Elijah.
Il fratello più grande si versò da bere e sorseggiò il drink osservando la tela con disinteresse.
“Il mio ego non sarà di certo intaccato da una ragazzina che mi rifiuta.”
“Ragazzina? Certo, capisco. Pronunciare il suo nome ti fa battere il cuore e preferisci un distacco netto.”
Klaus infilzò il pennello nella tela con rabbia. Chiuse gli occhi e quasi ringhiò come il lupo che era.
“Elijah, che vuoi? Suppongo che tu stasera voglia un buco nel petto, altrimenti non capisco questo teatrino penoso.”
Elijah si affacciò al balcone ed esaminò la strada nella speranza di cogliere ombre muoversi fra i palazzi. C’erano solo turisti rumorosi e vampiri ubriachi.
“Brenda Cooper resterà in città per qualche tempo. In giro si vocifera che voglia diventare il capo delle congreghe.”
“E’ impossibile. E’ Lydia, quella vecchia insolente, che dirige le congreghe.”
Klaus recuperò il bicchiere dal vassoio e lo riempì di alcol, dopodiché lo bevve in un paio di sorsate.
“Brenda in passato ha già sfidato l’autorità a capo delle congreghe.” Disse Elijah.
“Ora che sua nipote è morta di certo vorrà il controllo sulle streghe e sugli sciamani.”
“Esattamente. Domattina incontrerò Vincent per discutere la questione.”
“Tienimi informato.” Lo ammonì Klaus.
Elijah si mise le mani in tasca e si avviò verso la propria camera da letto, dormiva da solo quando Hayley restava nel Bayou con i nuovi lupi.
“Se non sarai troppo impegnato a rincorrere la tua fanciulla.”
“Sparisci prima che ti pugnali e ti lasci a marcire in una bara.” Lo minacciò l’ibrido.
 
Salve a tutti! ^_^
Artemis come al solito incappa sempre nei guai. Ora ci mancava la zia malefica!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
 

 

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Capitolo 3
*** Corteo funebre ***


2. CORTEO FUNEBRE

“Il mondo è pieno di cose magiche, pazientemente in attesa che i nostri sensi si acuiscano.”
(William Butler Yeats)


Artemis scese in cucina che erano le sette del mattino. Il palazzo era silenzioso e la città sembrava tranquilla dopo i festini durati tutta la notte. Si muoveva a passo felpato per non infastidire gli altri abitanti, del resto tre di loro avevano il super udito e il sonno leggero.
“Vai da qualche parte?”
Artemis emise un gridolino e si girò di scatto con la mano sul cuore. Sospirò quando riconobbe Klaus in cima alle scale.
“Non farlo mai più, Mikaelson. Potevo schiattare di paura!”
“Ma sei ancora viva e vegeta.”
“Ah, ah, ah, che simpatico.”
Klaus aprì il frigo e tirò fuori una bottiglia di sangue per sé. Dalla dispensa prese una ciotola, versò il latte di mandorla e i cereali.
“Vuoi anche il caffè?”
Artemis guardò prima la ciotola e poi l’ibrido con l’espressione allibita. Era così strano vedere Klaus Mikaelson in pigiama che le preparava la colazione. Che poi l’abbigliamento dell’Originale consisteva in pantaloni di tuta e canottiera grigia in pieno febbraio.
“Sei maledetto? Hai battuto la testa? Hai bevuto sangue avariato?”
Klaus ridacchiò e si riempì un bicchiere di sangue, poi accese la moka e il sentore di caffè si propagò in tutto l’ambiente.
“Non sono mica io quello che indossa buffe pantofole.”
Mentre lui era scalzò poiché non rischiava una bronchite, Artemis calzava un paio di pantofole a forma di tigre che Lauren le aveva regalato per natale.
“Le mie pantofole sono stupende e io ne vado fiera. Non siamo tutti immuni dal raffreddore come voi vampiri.”
“Per questo indossi quell’orribile pigiama di pile?”
Artemis si strinse nelle spalle e lo fulminò con gli occhi. Arraffò la ciotola e si mise a mangiare.
“Ti sei svegliato con la voglia di prendermi di mira? Non ti conviene.”
Klaus si appoggiò all’isola della cucina con la schiena e le fece l’occhiolino da sopra il bordo del bicchiere.
“Adoro prenderti di mira.”
“Ti odio.” Borbottò Artemis.
“Il sentimento non è affatto reciproco.”
Rimasero in silenzio per un po’, ciascuno concentrato sul proprio pasto e sulle proprie riflessioni. C’era un piacevole clima di intimità fra di loro. Il fatto che fossero entrambi in pigiama, seduti in cucina a fare colazione e a chiacchierare come se fossero due persone comuni.
“Perché stai sorridendo, Mikaelson?”
“Perché mi rende felice essere qui con te.”
Artemis ignorò quella risposta, non aveva voglia di attaccare briga. Si versò il caffè in una tazza e lo bevve caldo come piaceva a lei. I suoi occhi vagarono sui mobili prima di indugiare sui muscoli delle spalle di Klaus che guizzavano ad ogni movimento. Maledetti vampiri che non soffrivano il freddo!
“Cosa ne farete delle informazioni che vi ho dato? Ormai è chiaro il collegamento fra la morte di Miriam e il Trishula.”
“Parlate di morti già alle sette del mattino? Incredibile.” Esordì Keelin.
Faceva ritorno dal turno di notte con un sacchetto che emanava un profumo di cannella e mandorle.
“Quelli sono bignè?” domandò Klaus con l’acquolina in bocca.
“Sì, sono passata in pasticceria prima di tornare. Quelli alla fragola sono per Freya, potete mangiare tutto il resto.”
Keelin depose i bignè alla fragola su un piattino, preparò due tazze di caffè e sistemò il tutto su un vassoio.
“Io prendo quelli alla crema di cioccolato.” Disse Klaus.
Artemis si chinò sul sacchetto per scegliere quale bignè mangiare. Optò per uno con la crema verde.
“E’ al pistacchio, sono ottimi. Sono i miei preferiti.” Disse Keelin.
Klaus intanto aveva divorato quasi tutti i bignè al cioccolato e ora si leccava le dita come un bambino. Artemis scoppiò a ridere mentre addentava il proprio dolcetto.
“Perché ridi?”
“Perché hai il cioccolato sul naso. Hai mille anni ma sembri averne due.” Scherzò lei.
Klaus si pulì il naso col tovagliolo e si lavò per bene le mani.
“Però ti ho fatta ridere.”
Artemis smise di ridacchiare e tornò seria, come una specie di interruttore che si disattiva in caso di emergenza.
“Vado a prepararmi per il funerale.”
Klaus sospirò di frustrazione mentre guardava la ragazza sgusciare via dalla cucina in fretta.
“Artemis resiste al fascino dei Mikaelson.” Disse Keelin.
“Io non le interesso. Non importa, va bene così.”
“Niklaus Mikaelson si arrende così facilmente? Suvvia, prenditi ciò che vuoi prima che sia troppo tardi.”
 
Artemis si faceva strada in mezzo alla calca di turisti che invadeva il Quartiere Francese in vista del carnevale, una delle festività principali della città. Nonostante sciarpa e cappello, il gelo la pungolava nelle ossa e la faceva rabbrividire. La notte precedente non aveva dormito molto, c’era quello strano formicolio nel sangue che le aveva dato filo da torcere.
“Sciagura!” gridò un uomo.
Artemis si girò e vide che l’uomo in questione era seduto ad un banchetto con indosso un mantello di lana nero.
“Parla con me?”
“Io ho visto la sciagura che ti segue come un cane fedele.”
La ragazza si accorse che l’uomo aveva un occhio cieco e che maneggiava un mazzo di tarocchi, dunque era un veggente. Si avvicinò al banchetto e si mise sul piccolo sgabello di fronte a lui.
“Tu sai chi sono?”
“Sangue di strega non mente, ragazza.” Rispose l’uomo.
“Che cosa hai visto di preciso?”
L’uomo chiuse gli occhi e si toccò le tempie con gesti rapidi e ripetitivi. Col dito indice cominciò a tracciare dei segni nell’aria mentre sussurrava qualcosa in chissà quale lingua. Artemis avvertì un brivido lungo la schiena che la fece trasalire sul posto. Sobbalzò quando l’uomo spalancò gli occhi bianchi e vitrei.
“1-6-9-2.”
“Che significano questi numeri?” domandò Artemis.
L’uomo si coprì la faccia con le mani ed emise un rantolo di dolore. I fiori del mercatino attorno a loro appassirono all’improvviso. Alcuni turisti applaudirono credendo che fosse un banale trucco di magia. Artemis, però, sapeva che si trattava di una faccenda reale e pericolosa.
“Danzano le streghe intorno alla fiamma. La loro danza sembra un diagramma, nasconde in fondo un segreto profondo. La loro danza è l’arcano del mondo.”
“Che significa?”
Artemis balzò in piedi quando le carte dei tarocchi presero fuoco. L’uomo invece fissò la fiamma come se vi leggesse i segreti dell’universo.
“La sciagura ti insegue come un cane fedele.”
“Che cosa significa? E’ una previsione?”
“La sciagura ti insegue come un cane fedele.” Ripeté l’uomo.
Artemis indietreggiò e andò a sbattere contro qualcosa di duro. Si voltò con le mani pronte a un incantesimo di difesa.
“Sul serio stai perdendo tempo con Joaquin?” disse Gabriel.
La ragazza si rilassò e abbassò le braccia, poi infilò le mani nella tasca del cappotto per scaldarle.
“Che cavolo vuoi, Gabriel?”
“Klaus mi ha ordinato di accompagnarti al funerale di Miriam. Lo sai che papino è iper protettivo.”
Artemis lanciò un’ultima occhiata al veggente prima di incamminarsi verso il centro del Quartiere.
“Perché eri sorpreso che stessi parlando con quell’uomo?”
“Perché Joaquin ha la tendenza a prevedere catastrofi un giorno sì e l’altro pure. Le sue visioni non si avverano da almeno dieci anni.”
“Ciò non significa che non siano vere.” Obiettò Artemis.
“Ti intendi di veggenza adesso? Credevo fossi una storica.”
“Sono multitasking.”
Gabriel ridacchiò e le diede una leggera spallata mentre si dirigevano al cimitero.
“Comunque non dare retta alle parole di Joaquin, non succede mai quello che dice. Puoi stare tranquilla.”
Artemis annuì, ma in cuor suo sentiva che il veggente aveva ragione. Più tardi, quando sarebbe rimasta sola, avrebbe fatto qualche ricerca perché ignorare una previsione era da sciocchi.
 
Mezz’ora dopo Artemis si trovava in Bourbon Street dietro ad almeno duecento persone in fila. Tutti seguivano a piedi il feretro di Miriam riccamente ornato di fiori profumati. Lei e Gabriel si erano messi tanto indietro per non essere visti di Brenda. La congrega Lyra piangeva, pregava gli antenati e cantava inni di gloria. Le altre congreghe, invece, tenevano le mani giunte e mormoravano formule magiche che scortassero l’anima di Miriam nel mondo dei morti.
“I funerali sono noiosi.” Esordì una voce femminile.
Artemis accanto a sé vide una ragazza che era apparsa dal nulla. Vestiva di nero e aveva le mani giunte, ma non sembrava partecipe della funzione funebre.
“Sarebbe insolito se i funerali fossero divertenti.”
“Dovrebbe almeno esserci dell’alcol gratis.” Disse la ragazza.
“Emilie, fa la brava per un giorno.” La rimbeccò Gabriel sorridendo.
“Non mi riesce bene fare la brava. Allora, come ti chiami?” domandò Emilie.
“Artemis Dumont.”
“Io sono Emilie Lefebvre. Tu sei la pupilla di Klaus Mikaelson!”
Artemis aggrottò la fronte e si strinse nelle spalle per combattere il freddo.
“Non sono la pupilla di nessuno. Conosco la famiglia Originale, tutto qua.”
“E sei anche la sorellastra di Miriam e Nathaniel Cooper. Sei famosa!” esclamò Emilie.
“Ti serve qualcosa per caso?”
“Emilie è una strega Tremé, puoi fidarti.” Disse Gabriel.
Artemis, stufa di quelle chiacchiere inutili, accelerò il passo per allontanarsi da loro e proseguire da sola. Tra la folla riconobbe Vincent ma non si avvicinò per non farsi vedere da Brenda.
“Per farmi perdonare per la mia insolenza potrei passare dal mio salone e farti aggiustare i capelli.”
Emilie prese Artemis a braccetto e quasi la trascinò più indietro per tornare da Gabriel.
“Sono venuta solo per stare accanto a Nathaniel.” Disse Artemis.
“Eppure te ne stai nascosta qua dietro con noi emarginati.” Sottolineò Gabriel.
“Solo perché Brenda Cooper mi odia.”
“Lei odia tutti.” Precisò Emilie.
Artemis rise, quella Emilie aveva qualcosa che le piaceva. Era bello che a New Orleans conoscesse qualcuno oltre ai Mikaelson.
“E’ ancora valido l’invito al salone?”
“Assolutamente sì!”
 
Era pomeriggio inoltrato quando il corteo funebre concluse il percorso al cimitero. Il corpo di Miriam fu deposto nella cappella di famiglia e la porta fu sigillata con un incantesimo. L’angelo che Artemis aveva fatto esplodere il giorno prima era stato sostituito da una nuova statua a forma di putto con l’arco sguainato.
“Che ingresso teatrale.” Mormorò Gabriel.
“Andiamo via, non vorrei dare spettacolo.” Disse Artemis.
Lei e il vampiro si incamminarono verso i cancelli del Lafayette in silenzio e con il capo chino per non attirare attenzione. Entrambi si trovavano in territorio nemico.
“Credi davvero che io non ti abbia notata? Un corvo in mezzo alle rondini è sempre visibile.”
Artemis si bloccò e sospirò, poi si voltò per incrociare lo sguardo furente di Brenda. Avevano lo stesso naso all’insù che apparteneva anche a suo padre e alla sorellastra; era un tratto comune della famiglia Cooper.
“Me ne stavo giusto andando. Volevo solo che Nathaniel sapesse che gli sono vicina.”
Nathaniel, che stava accanto alla zia e a Bella, accennò un sorriso gentile.
“Grazie, Artemis. E’ importante per me.”
“O magari sei qui a gongolarti per la morte di mia nipote.” Disse Brenda.
“Perché non pensi a tua nipote invece di infastidire me?” replicò Artemis.
“Perché voi Dumont siete come vipere che strisciano sputando veleno. Sei venuta qui con uno scopo ben preciso, e io voglio sapere qual è.”
“Non sono tenuta a dirti nulla. Adesso me ne vado.” Disse Artemis.
Gabriel le mise una mano sulla schiena e la invitò a lasciare il cimitero prima che la discussione peggiorasse. Mentre raggiungevano i cancelli, una statua di leone schizzò in aria ed esplose davanti a loro.
“Tu resti qui e mi dici perché sei venuta a New Orleans.” Tuonò Brenda.
“Brenda, lasci stare. Artemis non ha fatto nulla di male.” Intervenne Bella.
“Taci tu! Ancora non so perché mio nipote abbia scelto una strega di una congrega diversa.”
“Zia, adesso basta!” sbottò Nathaniel.
Brenda lo guardò in tralice, poi tornò a fissare i suoi occhi scuri su Artemis.
“Tu hai ucciso Miriam. Ne sono sicura. Capiti casualmente a New Orleans quando lei muore.”
“Non avevo motivo di ucciderla.” Si difese Artemis.
“Lo sappiamo tutti che Miriam ha ucciso tua madre, ti ha rapita per sacrificarti e ha anche minacciato la figlia di Klaus Mikaelson. Forse gli Originali ti hanno ingaggiata per ucciderla. Del resto, soltanto una strega poteva accedere al luogo dove Miriam era imprigionata.”
Un verso di sorpresa serpeggiò fra i presenti. Di primo impatto la teoria di Brenda sembrava plausibile. Artemis che uccideva Miriam per vendicare la madre era una storia a cui tutti potevano abboccare facilmente, ma la realtà era lungi da quella ipotesi.
“Ero a Chicago quando Miriam è stata assassinata. E sì, lei ha ucciso mia madre e io avrei voluto vendicarmi ma non l’ho fatto. Uccidendo Miriam avrei colpito Nathaniel, e lui non se lo merita.”
“Io le credo.” Disse Nathaniel.
“Tu credi a chiunque ti dimostri un briciolo di affetto.” Disse Brenda, stizzita.
“Non ti conviene fare questo gioco, Brenda Cooper. Perderesti.”
Artemis alzò la testa e vide Elijah sul tetto di una cappella. Indossava un cappotto nero che lo faceva assomigliare ad un angelo vendicatore.
“Il nobile Elijah, che di nobiltà non ha nulla.” Lo accolse Brenda.
Elijah con un salto affiancò Artemis e le sfiorò il gomito con un piccolo cenno della testa.
“La nobiltà ha diversi volti, io cerco di indossarli tutti.”
“Io accuso la vostra pupilla e tu sbuchi all’improvviso. Curioso, vero?” fece Brenda.
“Non è curioso. Seguo Artemis da quando ha lasciato il palazzo per assicurarmi che nessuno le faccia del male. Voi streghe siete poco propense al perdono.”
“Non perdoniamo i traditori.” Urlò la voce di un uomo.
Artemis inarcò il sopracciglio e incrociò le braccia al petto, era stanca di quelle chiacchiere inutili.
“Io non ho tradito nessuno. Vi ricordo che Miriam ha ammazzato mia madre senza alcun motivo!”
“Il motivo è evidente: Yvette ha disobbedito alle regole.” Disse Brenda.
“Mia madre viene punita mentre Oscar Cooper continua a vivere in tutta serenità. Non mi sembra giusto.”
Brenda fece un passo avanti ma Elijah si mise fra lei e Artemis come un soldato che difende la sua regina.
“Non ti conviene sfidare Artemis. Mio fratello ne sarebbe contrariato.”
“Anche io vorrei sapere cosa pensa mio fratello, peccato che non lo senta da mesi.”
“Lui fa sempre così. Sparisce per lunghi periodi.” Si giustificò Nathaniel.
“Questa volta è diverso. Prima di scomparire mi ha lasciato un messaggio nel quale mi diceva che lo stavano inseguendo. Tutti sanno che ai vampiri piace la caccia.”
Artemis guardò Brenda e per la prima volta scorse sincera preoccupazione nel suo sguardo di ferro. Oscar era davvero svanito senza lasciare tracce.
“Dove si trovava l’ultima volta che l’hai sentito?” chiese Artemis.
“Ti interessa di tuo padre? Fingi che ti importi per allontanare i sospetti.” Disse Brenda.
Elijah si abbottonò il cappotto e lanciò uno sguardo ombroso a tutte le streghe e gli sciamani riuniti per il funerale. Si avvicinò ad Artemis e le porse il braccio.
“Torniamo al palazzo, Artemis. Qui non siamo i benvenuti.”
Artemis guardò Nathaniel per qualche istante prima di lasciare Lafayette con Elijah e Gabriel.
 
“L’hai lasciata da sola? Devi essere impazzito! Potrebbe succederle qualsiasi cosa!”
Elijah osservava Klaus con indifferenza, quegli scatti paranoici non erano una novità per lui.
“Artemis voleva solo andare a bere un drink con Emilie. Non è la fine del mondo, fratello.”
“Brenda Cooper è in città e accusa Artemis di aver rapito Oscar, di aver ammazzato Miriam e di essere una traditrice. E tu che fai? La lasci senza protezione!”
“E’ una strega potente, sa come difendersi da sola.”
Klaus sbatté i pugni sulla scrivania così forte che la lampada tremolò. I suoi furenti occhi cristallini erano fissi sul fratello come una spada alla gola.
“Artemis non sa controllare bene il suo potere. Se qualcuno dovesse scoprire che ha particolari capacità…”
“E’ tornata.” Annunciò Elijah.
Klaus si fiondò giù per le scale e quasi andò a sbattere contro la ragazza. Artemis gli diede uno schiaffo sul braccio.
“Stavo per essere travolta da un vampiro in modalità trottola!”
L’ibrido avrebbe voluto dirle tante cose, dal rimproverarla per essere andata a zonzo con una sconosciuta ad abbracciarla perché era ancora viva. Invece rimase impalato con sguardò trasognato.
“I tuoi capelli…”
“E’ stata Emilie, la strega che ho conosciuto al corteo funebre. E’ davvero brava.”
Dopo un drink analcolico al Rousseau, Emilie l’aveva convinta a rifarsi il look a partire dai capelli. Ecco perché adesso Artemis aveva i capelli più corti e la frangetta verde.
“Stai molto bene, Artemis.” Si complimentò Elijah.
Artemis si accarezzò una ciocca e sorrise con imbarazzo.
“Grazie, Elijah. Mi sono persa qualche dramma?”
“Soltanto Niklaus che mi ricordava quanto tu sia importante.”
Klaus, che fino ad allora non aveva smesso di guardare Artemis, aggrottò la fronte.
“Non puoi andare in giro nel Quartiere come se niente fosse. Brenda e le congreghe sono sul piede di guerra.”
“Il problema è tuo perché hai rapito Oscar.” Disse Artemis.
Elijah si passò il pollice e l’indice sul mento mentre la sua faccia assumeva un’espressione di esasperazione.
“Niklaus, ti prego, dimmi che non è vero. Dimmi che non hai rapito il fratello di una strega.”
“Non te lo dico allora.” Fece Klaus spalancando le braccia.
Artemis intanto si era versata del bourbon in un pregiato bicchiere di cristallo e ne bevve un piccolo sorso. Klaus glielo tolse di mano e alzò una mano col palmo aperto.
“Tu non bevi.”
“Ho quasi ventiquattro anni e sono libera di fare ciò che voglio, incluso bere alcol.”
Elijah si massaggiò le tempie, quei due insieme erano come cane e gatto che si torturano a vicenda.
“Restituiscile il bicchiere, Niklaus. La signora desidera bere.”
“Capito? La signora desidera bere.” Ribadì Artemis con fare teatrale.
“Io qui vedo solo una ragazzina.” Replicò Klaus.
Elijah preparò un altro bicchiere e lo offrì ad Artemis, che accettò con un sorriso.
“Dunque, fratello? Hai rapito Oscar Cooper.”
Klaus si sedette sul divano e allungò le gambe, sembrava rilassato malgrado l’interrogatorio.
“Rapire mi sembra eccessivo. Diciamo che Oscar è un mio ospite obbligato.”
“Perché diamine lo hai rapito?” chiese Artemis.
“Per te, mi sembra ovvio. Volevo che mi aiutasse a capire il tuo potere.”
“E per fare ciò ti stai inimicando Brenda.” Disse Elijah.
“Brenda ci odia a prescindere.”
Artemis si appoggiò al bordo della scrivania e sospirò, ogni volta che metteva piede in quella città accadevano delle catastrofi.
“Devi liberare Oscar. E non lo dico perché è mio padre, ma te lo consiglio per evitare che Brenda dia fuoco alla tua bella casa.”
“Miriam è morta e Oscar è sparito, di sicuro Brenda vorrà delle risposte.” Disse Elijah.
Klaus udì dei passi veloci varcare il cancello e risalire la scalinata. Si mise dritto e aprì la porta dello studio. Freya era sconvolta, aveva il fiatone e le guance arrossate per la corsa.
“E’ successo di nuovo. Venite con me!”
Klaus, Elijah e Artemis uscirono in strada seguendo i movimenti rapidi di Freya. Camminarono a passo di marcia fino al Presbytère, uno dei tanti monumenti storici di Jackson Square, e si ritrovarono imbottigliati nel traffico. Dovettero farsi strada fra le auto che suonavano i clacson e i guidatori che sbraitavano bestemmie.
“Ci siamo. Date un’occhiata alle scale.” Disse Freya.
Artemis diede una gomitata ad un grosso omone e sgusciò davanti a Klaus per avere ampia visuale dell’edificio. Sui due gradoni di accesso vi era un corpo ricoperto di sangue. Il collo era spezzato e la testa aveva una posizione innaturale.
“Si conosce il nome della vittima?” volle sapere Elijah.
Freya abbassò lo sguardo e arricciò il naso come a voler trattenere le lacrime.
“E’ Emilie Lefebvre.”
Per un secondo Artemis smise di respirare. Sentì il bourbon bruciarle lo stomaco e a stento non vomitò sulle scarpe eleganti di Elijah.
“Artemis, vieni. Non devono vederti qui.” Sussurrò Klaus.
Poiché la ragazza non accennava a spostarsi, Klaus la prese per mano e la trascinò verso il palazzo. Mentre attraversavano la strada, notò che Brenda li guardava da lontano con occhi severi.
 
Artemis stava infilando i vestiti nel borsone quando Klaus andò a controllare che stesse bene.
“Che stai facendo?”
“Me ne vado. Se arrivo adesso in aeroporto, forse riesco ad acquistare un biglietto per il volo delle dieci.”
“Ma hai il volo prenotato per domattina.” Disse Klaus.
La ragazza chiuse la zip del borsone e si mise in cerca del giubbotto e del cappello. A quell’ora in aeroporto doveva fare decisamente freddo.
“Non posso restare. Miriam ed Emilie sono state uccise, un simbolo di distruzione è apparso sui loro cadaveri, un vecchio blatera di sciagure, e Brenda è sul piede di guerra. Inoltre, tu hai rapito mio padre e io non voglio essere coinvolta.”
“Non è sicuro spostarsi di notte. In aeroporto sei una preda facile.”
“Sono una strega, posso cavarmela.”
Klaus l’afferrò per il braccio mentre si allacciava la sciarpa al collo. Era la prima volta che si toccavano ed era una sensazione inconsueta.
“Tu non vai da nessuna parte. Non essere avventata, Artemis. Tu sei sola mentre Brenda ha una schiera di streghe e sciamani al suo seguito. Tra l’altro, dettaglio da non dimenticare, c’è un folle che a quanto pare si diverte a uccidere le streghe.”
Artemis si liberò il polso e tornò alla sciarpa, non avrebbe atteso un secondo di più in quella casa.
“Non sono avventata, semplicemente penso alla mia sopravvivenza.”
Klaus emise un verso di disappunto e scosse la testa, irritato da quell’ostentata sicurezza della strega.
“E chissà come mai la tua sopravvivenza è sempre cento miglia lontana da me.”
“Falla finita con questa storia, Mikaelson.”
“Quale storia? Fra di noi non c’è alcuna storia. Ci sei tu che scappi e io che ti rincorro.”
Artemis strinse le dita intorno ai manici del borsone e guardò Klaus con una freddezza disumana.
“Allora smettila di rincorrermi.”
“Non posso.”
“Ti ho già detto che non devi più proteggermi. Hai mantenuto la promessa che hai fatto a mia madre quando l’anno scorso mi hai salvata dalla grotta.”
Klaus con una falcata le fu di fronte, erano così vicini che un centimetro separava le loro labbra da un bacio.
“Non lo faccio più per tua madre. Tu davvero pensi di potermi sfuggire?”
Artemis deglutì. La voce di Klaus era bassa e suadente combinata con il suo inconfondibile odore di bourbon e pittura, un mix letale. Era una tentazione a cui era difficile resistere, ma lei doveva restare salda nella sua decisione.
“Mi dispiace, Klaus.”
Klaus non ebbe il tempo di ritrarsi perché Artemis gli aveva già messo la mano sulla spala e aveva socchiuso gli occhi. Un secondo dopo l’ibrido sentì che la rabbia svaniva per fare posto alla calma più totale. La ragazza era diventata brava a manipolare le emozioni, soprattutto con i vampiri che avevano un miscuglio esplosivo di sentimenti.
Ad somnum!” recitò Freya entrando nella stanza.
Artemis cadde a terra in un sonno profondo. Elijah la prese in braccio e la depositò delicatamente sul letto.
“Che cosa è successo?” chiese Klaus, confuso.
“Artemis voleva scappare e ha manipolato la tua rabbia.” Spiegò Freya.
Klaus si stropicciò gli occhi come se si stesse svegliando da un brutto sogno, era così che capita quando le emozioni venivano intaccate. La magia di Artemis era simile al soggiogamento: lasciava un tremendo senso di vuoto inspiegabile.
“Freya, sigilla la stanza. Artemis non deve uscire.”
“Non è la soluzione migliore, fratello.” lo avvertì Elijah.
Klaus accarezzò la guancia di Artemis con un sospiro, era sollevato che fosse al sicuro con loro ma deluso dal tentativo di fuga.
“E cosa proponi?”
“Lasciamola dormire. Domattina prenderà il volo per tornare a Chicago. Il Quartiere Francese non è sicuro per lei.”
“Brenda vuole scacciare Lydia.” Disse Freya.
“Se Brenda diventa la reggente delle congreghe otterrà un grande potere.” Rifletté Klaus.
Elijah si affacciò per dare una lunga occhiata alle strade piene di turisti, vampiri in cerca di sangue e streghe a lutto.
“C’è una nuova minaccia. Dobbiamo agire subito.”
“Artemis ha menzionato un vecchio che ha predetto una sciagura.” Disse Klaus.
“Glielo chiederemo domani. Meritiamo tutti una notte di riposo.” Disse Freya.
 
Gabriel arrivò puntuale sul luogo d’incontro. Il porto era isolato nella sezione destinata ai container. Nessuno lo avrebbe visto aggirarsi in quella zona, dunque nessuno avrebbe fatto domande scomode.
“Avevo dei dubbi su di te.” Esordì una voce.
“Sono qui. Che vuoi?”
Brenda uscì allo scoperto con i tacchi degli stivali che riecheggiavano sull’asfalto come proiettili.
“Ti ho voluto qui per fare un accordo.”
“Non faccio accordi con le streghe.” Disse Gabriel.
“Neanche se le streghe hanno rintracciato la tua famiglia?”
Il vampiro si morse le labbra così forte da avvertire il sangue in bocca. Aveva lasciato Siviglia da anni senza voltarsi indietro per la vergogna che pesava sulla sua famiglia. Nessun genitore avrebbe sopportato la presenza del figlio tossico e ubriacone in casa.
“La mia famiglia non c’era niente in tutto questo.”
“A me non interessa. Se fai ciò che ti dico, la tua famiglia vivrà.” Disse Brenda.
“Che cosa dovrei fare per te?”
“Uccidi Artemis.”
 
Salve a tutti! ^_^
Brenda è un osso duro, eh! E Klaus e Artemis non vanno mai d’accordo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
Ps. La profezia di Joaquin sulle streghe che danzano è un pezzo di testo che ho trovato su internet.

 

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Capitolo 4
*** Danzano le streghe ***


3. DANZANO LE STREGHE

“La magia è come se fosse naturalmente presente in noi. Tendiamo a nutrirci di quella magia gratuita e non ci sforziamo neanche per crearla.”
(Tom Robbins)
 
Artemis grugnì e si voltò dall’altra parte, le gambe avvinghiate alle calde coperte. Aprì lentamente un occhio e vide che la stanza era invasa dalla luce, dunque aprì anche l’altro occhio. Aveva un atroce mal di testa ed era accaldata. Si mise sulla schiena e osservò il soffitto mentre un odore di caffè aleggiava nell’aria.
“Ma che diamine.” Borbottò fra sé.
“Noto che sei già di buon umore.”
Artemis si sedette sul materasso e vide che Klaus se ne stava accanto alla toilette con un vassoio pieno di cibo. Sebbene facesse freddo, lui indossava una camicia di lino nero con i primi bottoni aperti. Una parte del tatuaggio della piuma era appena visibile.
“Un incantesimo del sonno. Siete una famiglia di psicopatici.”
“E’ uno dei tanti modi per definire la mia famiglia.” Disse Klaus sorridendo.
La ragazza appoggiò i piedi a terra e notò che indossava ancora i vestiti del giorno prima, per fortuna nessuno aveva osato spogliarla per metterle il pigiama. Solo gli stivali erano stipati sotto la sedia della toilette.
“Passami lo zaino.”
“Cerchi questa?”
Klaus allungò il braccio e nella sua mano vi era una aspirina. Artemis imprecò a bassa voce, si infilò la medicina in bocca e la ingoiò con l’acqua sul comodino.
“Che ore sono? Sono in tempo per il volo?”
“Sono le sette e un quarto, sei in perfetto orario.” Rispose Klaus.
Artemis si alzò e dovette reggersi alla spalliera del letto a causa di un capogiro. Gli incantesimi del sonno riuscivano a farti dormire per ore ma al risveglio il cervello sembrava sul punto di esplodere.
“Posso andarmene oppure mi fermerete un’altra volta?”
“Lo abbiamo fatto solo per precauzione.” Disse Klaus.
“Precauzione è un eufemismo.”
L’Originale diede un’occhiata alla strada e, malgrado fosse tutto nella norma, i suoi sensi gli suggerivano che il pericolo era dietro l’angolo.
“Partire di notte era un rischio. Brenda ti ha puntata, ciò significa che vuole catturarti e scoprire dove si trova suo fratello. Partire in pieno giorno ti dà un vantaggio, non oserebbe mai attaccarti alla luce del sole.”
Intanto Artemis stava frugando nel borsone in cerca di abiti puliti, ogni tanto chiudeva gli occhi per il dolore che le pungolava la nuca.
“O magari potresti confessare che sei stato tu a rapire Oscar. Non puoi semplicemente restituirle il fratello?”
“Confessare di aver rapito Oscar vuol dire innescare una guerra. Anche se glielo restituissi, Brenda vorrebbe comunque la mia testa su un piatto d’argento.”
“Non sarebbe male come prospettiva.” Commentò Artemis.
Klaus si portò una mano sul petto con un’espressione di finta offesa.
“Ti ricordo che l’ho rapito solo per te.”
“Ma nessuno te lo ha chiesto, Klaus!” sbottò Artemis.
“Quindi adesso sono io il cattivo?”
La ragazza si passò le mani fra i capelli e sospirò per la frustrazione.
“Ti atteggi a padrone del mondo, ma non lo sei. Io non ti ho mai chiesto di rapire Oscar per capire il mio potere, è stata una tua stupida iniziativa. Perché lo hai fatto?”
“Perché ci tengo a te! Perché voglio che tu impari a gestire il tuo potere!” disse Klaus.
“Io gestisco alla grande il mio potere quando sono lontana da te!” gridò Artemis.
L’ibrido rimase zitto, immobile accanto alla finestra che tingeva di luce fredda i suoi riccioli biondi.
“Allora ti conviene prendere le distanze da me. Buon viaggio, Artemis.”
Venti minuti dopo Artemis sgattaiolò dal palazzo tramite la porta della cucina. Klaus era uscito dopo la loro discussione, Elijah e Freya sorseggiavano tè e parlavano degli ultimi avvenimenti. Raggiunse a piedi il Rousseau e salì a bordo del taxi che aveva prenotato via telefono.
“Dove la porto, signorina?” chiese il taxista dai lunghi baffi.
In quel momento Joaquin, il veggente che aveva incontrato il girono prima, passò accanto all’auto e le fece un sorriso dai denti spezzati.
“Danzano! Le streghe danzano! Sciagura!” strillò il veggente fra le risate.
“Dove la porto?” ripeté il tassista.
“Alla Tulane University, per favore.”
 
La biblioteca della Tulane University era piena di studenti che passavano ore e ore sui libri in vista della sessione invernale degli esami. Anche Artemis avrebbe dovuto prepararsi per l’esame di Storia delle Istituzioni Politiche anziché bighellonare per New Orleans in cerca di chissà cosa.
“Buongiorno. Posso esserle d’aiuto?” l’accolse la bibliotecaria.
“Sto cercando la sezione dedicata ai processi di Salem. E’ per la tesi di laurea.”
“Intende i processi oppure la caccia alle streghe?”
Artemis non sapeva da dove iniziare, sapeva solo che Joaquin le aveva fatto una certa pressione con la sua previsione e lei non avrebbe lasciato la città senza indagare.
“Entrambi gli argomenti.”
“Allora le sezioni dedicate sono due: il 3C e 1D. Le consiglio anche di leggere qualcosa sul folcrore, non si sa mai!”
“La ringrazio.”
Artemis andò dritta verso i corridoi indicati e passò in rassegna ogni scaffale per trovare i testi più adatti.
“Freya aveva ragione.”
La ragazza trasalì per lo spavento e fece cadere a terra un tomo di legislazione seicentesca. Si girò e riconobbe Keelin che avanzava fra gli scaffali.
“Che ci fai qui?”
“Freya voleva essere sicura che tu stessi bene, quindi ti ha localizzata e ha scoperto che eri venuta qui. Perché non hai preso il volo per Chicago?”
“Perché un veggente mi ha detto delle cose che mi fanno preoccupare.”
Keelin si avvicinò a lei per dare uno sguardo ai libri. Aggrottò le sopracciglia per gli assurdi titoli che parlavano di leggi, condanne e di streghe.
“Quale veggente?”
“Joaquin, il vecchio sdentato nei pressi di Jackson Square. Mi ha parlato di una sciagura. Ha menzionato dei numeri e una specie di filastrocca. I veggenti vaticinano spesso le previsioni tramite parole in rima.”
“I numeri quali sono?” chiese Keelin.
“1-6-9-2. La filastrocca, invece, fa riferimento alle fiamme e alle streghe che danzano.”
“Questo ti ha condotta alla Tulane in cerca di libri su processi e punizioni?”
Artemis prese un libro dallo scaffale dietro l’amica e le mostrò il titolo a caratteri cubitali: In the devil's snare : the Salem witchcraft crisis of 1692, scritto da Mary-Beth Norton.
“I numeri insieme compongono una annata: 1692, l’anno in cui a Salem iniziano i processi alle streghe. L’anno in cui Mary Walcott è considerata una delle streghe più pericolose delle colonie.”
Keelin prima guardò il libro e poi guardò Artemis, leggendo nei suoi occhi una forte convinzione.
“Non vedo ancora il quadro completo.”
“Ti basta mettere in fila i dati: eventi celesti anticipati, due streghe morte, il Trishula che appare sui cadaveri e nel sale. Coincidenze? Non credo proprio.”
“Uno schema di tre. Uno schema magico.” Disse Keelin.
Artemis aspettò che una coppia di ragazzi le superò per parlare.
“Qualcuno sta uccidendo le streghe.”
 
“Hai altre informazioni utili per me oggi? Non vorrei sporcare questa bella giacca di sangue.”
Oscar Cooper sibilò fra i denti quando Klaus entrò nella cella. Per mesi era stato confinato sotto il palazzo dei Mikaelson in un cerchio magico che gli impediva di uscire, mentre due giorni prima era stato trasferito in quello che un tempo era il cosiddetto ‘Giardino’ di Marcel Gerard.
“Artemis lo sa che mi tieni prigioniero?”
Klaus si appoggiò alla parete e incrociò le braccia, il ginocchio destro piegato per reggersi. Sorrise e si guardò le unghie con fare disinteressato.
“Lo sa e non le importa. Non mi ha di certo pregato perché ti liberassi. Tu non conti nulla per lei.”
“La capisco. Non mi conosce come suo padre.” Mormorò Oscar.
“Tu non capisci. Ad Artemis non importa di avere un padre. Tu non sei mai esistito, non ha mai sentito la necessità di cercarti. Yvette ha fatto un ottimo lavoro con lei. L’ha cresciuta bene.”
“Le ha insegnato a odiarmi.”
Klaus alzò gli occhi al cielo e si grattò la nuca, dopodiché si inginocchiò davanti al suo prigioniero.
“Artemis è più di questo. E’ estremamente intelligente e sagace. E’ appassionata. E’ determinata. Lotta per le sue idee. E’ tutto ciò che tu non sei stato e mai sarai. Tua figlia è migliore di te.”
Oscar assottigliò gli occhi e l’attimo dopo si mise a ridere, era così ovvio che non ci aveva fatto caso.
“Tu sei innamorato di lei!”
“E anche se fosse?” lo rimbeccò Klaus.
“Artemis non può stare con nessuno. Il suo potere glielo impedisce.”
“Di che stai parlando?”
Oscar sospirò e si mise comodo, sebbene la breccia e la terra dura gli avevano intorpidito gambe e schiena.
“Rispondi a questa semplice domanda: Artemis ti tocca?”
Klaus, che non ne poteva più di quella irriverenza, afferrò Oscar per la gola e lo spinse contro la parete rocciosa.
“Ora mi dirai tutto quello che sai senza tralasciare nessun dettaglio. Ti suggerisco di cominciare a parlare prima che io ti strappi le corde vocali e che te le faccia ingurgitare.”
Oscar sbatté le palpebre e annuì. Anche se era impossibile soggiogare uno sciamano, gli occhi gialli e i canini dell’ibrido lo indussero a parlare.
“Il potere di Artemis si chiama ‘trasferimento empatico’, ossia riesce a trasferire agli altri delle emozioni manipolando le loro menti. E’ un potere enorme e magmatico poiché è nata dall’unione di due potenti congreghe. Quando una tale energia non viene gestita bene può capitare di fare pasticci con le emozioni. Artemis è sola, nessuno le insegna come imparare a usare il suo potere e questo la rende instabile. Quando tocca qualcuno, potrebbe manipolare le loro emozioni per sbaglio.”
“Mi stai dicendo che Artemis non mi tocca perché potrebbe alterare le mie emozioni?”
“Sì. Se ti toccasse, se ti baciasse, potrebbe farti provare emozioni indotte dalla magia. Nulla potrebbe essere reale fra di voi, tutto potrebbe essere frutto del suo potere.”
Klaus adesso capiva le reticenze di Artemis. Ogni volta che aveva provato a sfiorarla lei aveva reagito male. Era così sfuggente per colpa di un potere che non sapeva come usare.
“Tu la puoi aiutare? Puoi insegnarle a gestirsi?”
“Io non sono in grado. Nessuna strega o sciamano è in grado di aiutarla.” Disse Oscar.
“Dovrà pur esserci qualcuno con la stessa abilità di Artemis!” sbottò Klaus.
“Non esiste una cura alla tua malattia, ibrido.”
Gli occhi di Klaus baluginarono di giallo, vene nere circondavano i bulbi. Afferrò Oscar per il collo e lo sbatté contro la parete.
“Un giorno smetterai di essere utile e allora potrò ucciderti.”
“Lei non sarà mai tua.”
 
Elijah rimase stupito quando Klaus entrò in cortile come una furia. Rebekah, che era andata a trovare la famiglia, depose la tazza di tè sul tavolino e accavallò le gambe.
“Che cosa ti tormenta adesso, Nik?”
“Devo andare a Chicago immediatamente. Devo parlare con Artemis.”
“Sono qui.”
Klaus si voltò con gli occhi sbarrati per la sorpresa. Artemis, con la sua solita salopette di jeans e un maglioncino viola, lo salutò con la mano.
“Credevo fossi su un aereo. Stai bene?”
“Artemis ha scoperto qualcosa degno di nota, fratello.” disse Elijah.
Klaus si accorse che c’era una pila di libri sul tavolo della cucina. Freya ne stava sfogliando uno mentre indicava delle figure a Keelin.
“Deduco si tratti di presagi funesti.” Disse Klaus.
Artemis gli tese un libro con la copertina in pelle che faceva parte di un catalogo di legislazione americana.
“Ritengo che qualcuno stia dando la caccia alle streghe. Apri il libro al capitolo dodici.”
L’ibrido eseguì l’ordine e lesse il titolo del capitolo che faceva riferimento ai processi di Salem.
“Qualcuno dà la caccia alle streghe come a Salem?”
“Ascolta l’ipotesi di Artemis, è interessante.” Lo invitò Rebekah.
Klaus si sedette sul divano e si versò del bourbon, dopodiché focalizzò l’attenzione sulla ragazza. Artemis si schiarì la voce, non era facile parlare ad un pubblico di vampiri antichi.
“Il veggente Joaquin mi ha dato dei numeri che all’inizio mi sembravano casuali e sconnessi, poi ho capito che formavano un anno: il 1692, l’anno in cui a Salem Mary Walcott viene accusata di stregoneria e vengono avviati i processi.”
“Questo non significa niente, potrebbe essere il delirio di un vecchio.” Obiettò Klaus.
“Il veggente ha anche declamato i versi di una filastrocca: Danzano le streghe intorno alla fiamma. La loro danza sembra un diagramma, nasconde in fondo un segreto profondo. La loro danza è l’arcano del mondo.”
“Streghe e fiamme, gli ingredienti base per un processo.” Chiosò Rebekah.
“Già. Le streghe bruciavano su roghi di fiamme.” Aggiunse Elijah.
Artemis frugò nella galleria del cellulare e mostrò un’immagine a Klaus, si trattava di un dipinto che raffigurava donne volanti intorno ad un fuoco.
“Durante i processi le streghe erano accusate di riunirsi a notte fonda nei boschi e di volare su delle scope attorno ad un fuoco per invocare i demoni.”
“Dunque il Trishula preannuncia la caccia alle streghe?” domandò Klaus.
“Penso di sì. Comunque, non sono segnali da ignorare.” Rispose Artemis.
Rebekah si versò un goccio di bourbon nel tè e lo bevve con il mignolino alzato come una nobildonna.
“Perché qualcuno vorrebbe uccidere le streghe proprio adesso? Sono passati secoli!”
“Ci sono mille ragioni per odiare le streghe di questa città.” Disse Elijah.
Un fruscìo interruppe la conversazione. Dai cancelli entrò Gabriel a passo baldanzoso con addosso una ridicola camicia hawaiana.
Hola, amigos!
“Sei qui perché hai delle soffiate o per darci fastidio?” lo attaccò Klaus.
“Sono venuto in pace. E comunque ambasciator non porta pena!”
Artemis sbuffò, era irritante il fatto che Gabriel trovasse tutto divertente anche quando non lo era affatto.
“Hai visto il corpo di Emilie?”
“Sì, la mia bella faccia apre tutte le porte.” Disse Gabriel ammiccando.
Elijah si toccò il ponte del naso con un sospiro, alle volte quel giovane vampiro era ingestibile.
“Ebbene, qual è il verdetto?”
“Emilie ha uno strano simbolo sul polso. Un tris…trisha… insomma, quel coso di cui parlava Artemis.”
“Un Trishula.” Lo corresse Rebekah con stizza.
“Sì, proprio quello!”
“Anche la seconda vittima è una strega e anche lei ha il Trishula sul polso.” Disse Artemis.
“Dobbiamo preoccuparci?” volle sapere Klaus.
“Sì. Decisamente sì.”
 
Klaus scarabocchiava su un album mentre aspettavano che Vincent si presentasse. Freya lo aveva avvisato che in città qualcuno dava la caccia alle streghe e lui aveva promesso che sarebbe arrivato il prima possibile.
“A cosa stai pensando, fratello?”
Elijah si accomodò sulla poltrona con un calice di sangue che sembrava vino rosso alla fioca luce della stanza.
“Che New Orleans non smette di meravigliarmi con le sue costanti minacce.”
“E’ una città particolarmente oscura, e lo sapevamo quando l’abbiamo aiutata a emergere.”
“Ma questa oscurità si accanisce sulla nostra famiglia. Una caccia alle streghe mette in serio pericolo Hope, Freya e Artemis.”
Elijah nascose un ghigno dietro il bordo del bicchiere. Klaus aveva guardato Artemis con gli occhi da cucciolo bastonato, faceva così quando provava immenso affetto per qualcuno.
“Artemis è rimasta, suppongo che tu ne sia felice.”
“Non provocarmi, fratello.” lo ammonì Klaus.
Il volto di Artemis fece capolino dalla porta dello studio, la sua frangetta colorata tendeva al blu nell’ombra della luce.
“Ehi, Vincent è arrivato.”
Klaus chiuse l’album da disegno e si alzò, stiracchiandosi le dita delle mani e la schiena.
“Andiamo a sentire il nostro petulante amico.”
Vincent era in cortile insieme a Freya, Keelin e una Rebekah che stava svuotando un bicchiere di sangue. Lo sciamano li salutò con un cenno del capo.
“Freya mi ha aggiornato. Davvero vogliamo pensare ad una caccia alle streghe?”
Artemis irrigidì la mascella, odiava essere messa in dubbio come le sue teorie fosse esagerate.
“Altrimenti come le spieghi due streghe morte con un simbolo di distruzione sul polso?”
“Potrebbe essere magia sacrificale.” Disse Vincent.
“Ammesso che sia così, perché qualcuno dovrebbe fare sacrifici?” chiese Klaus.
“A New Orleans tutti fanno sacrifici, questa volta il colpevole è stato solo più sbadato a lasciare le prove.”
Elijah si mise le mani in tasca e camminò avanti e indietro, riflettendo sulle parole dello sciamano.
“Abbiamo sottovalutato il Vuoto e siamo stati quasi spazzati via tutti quanti. Questa volta dobbiamo essere più furbi e vigilare meglio.”
Artemis non capiva la riluttanza di Vincent. In una città malvagia come New Orleans, dove sanguinari omicidi magici avvenivano all’ordine del giorno, un killer di streghe non era poi una fantasia tanto surreale.
“Vincent, che cosa ci nascondi?”
Vincent si ritrovò gli occhi di tutti addosso e fece un passo indietro, andando a sbattere contro la colonna che gli impedì di scappare.
“Oppure preferisci essere torturato?” disse Klaus sorridendo.
Lo sciamano gli scoccò un’occhiataccia, eppure la sua espressione era deformata dalla delusione.
“Chi ha ucciso Miriam è una strega o uno sciamano. Solo chi ha il sangue magico poteva entrare nel luogo dove Miriam era prigioniera.”
“Avete idea di chi sia?” domandò Keelin.
“Purtroppo no. Abbiamo analizzato la scia magica all’interno della cella ma non abbiamo scoperto nulla. Era come se la scia non esistesse.”
Freya corrugò la fronte, le dita serrate intorno al ciondolo a forma di mezza luna appeso al collo.
“E’ impossibile. Ogni strega ha una propria scia magica che è come le impronta delle dita.”
“Appunto. Chiunque sia entrato in quella cella ha nascosto la propria scia per non essere identificato.”
Ad un certo punto le voci si fecero lontane e indistinte. Klaus aveva acuito l’udito e sentiva che in strada qualcuno stava gridando.
“Sta succedendo qualcosa fuori.”
 
Marcel fu travolto dalla folla di turisti che invadeva Bourbon Street. La musica era coperta dalle migliaia di voci che cantavano, parlavano e ridevano. L’odore di sangue era corrotto dall’alcol che scorreva nelle vene dei più giovani. Davanti al Rousseau vide Gabriel che faceva lo splendido con una turista.
“Aiuto! Aiuto!”
Nessuno aveva ascoltato quel grido, soltanto lui grazie all’udito sviluppato. La voce piangente proveniva dalle scale di Saint Anne, la chiesa che un tempo era appartenuta a Kieran. Corse in quella direzione quando intravide la testa bionda di Rebekah.
“Rebekah!”
La vampira non lo aveva sentito, anzi adesso camminava verso la chiesa insieme ai Mikaelson, Artemis e Vincent.
“Marcel, lo senti anche tu?”
Gabriel si era materializzato alle sue spalle con il drink ancora in mano, l’ombrellino che sbucava oltre il bordo.
“C’è odore di sangue dappertutto. Viene dalla chiesa.”
Sopraggiunsero davanti alla chiesa con grande difficoltà, la gente era troppa e la super velocità avrebbe dato nell’occhio. Individuò Rebekah e l’afferrò per la spalla.
“Marcel! Hai sentito anche tu?”
“Sì. Sangue e grida. La tua famiglia c’entra qualcosa?”
“Stranamente no.” Disse Klaus, il solito ghigno sulle labbra.
Nel frattempo Artemis si era staccata dal gruppo per avvicinarsi alla chiesa. C’era una striscia di sangue che dalle aiuole lungo il marciapiede portava direttamente alle scale.
“Non ti conviene guardare.” Disse Elijah dietro di lei.
“E’ Nate?”
La paura si impossessò di lei per un attimo. Non conosceva bene Nathaniel, non lo considerava neanche suo fratello, ma era un bravo ragazzo e non meritava una fine atroce.
“No. E’ uno sciamano che non conosco.”
Una donna si spostò e purtroppo Artemis fu costretta a guardare le condizioni del cadavere. Il cadavere giaceva disteso sugli scalini della chiesa con la pelle ustionata e coperta di vesciche che emanavano cattivo odore. Ai piedi si raccoglieva una pozza di sangue che si stava asciugando e seccando.
“E’ Simon, uno sciamano della congrega di Algiers.” Disse Vincent.
 
“Da domani setacceremo tutta la città. Interrogheremo ogni strega e ogni sciamano. Se non vorranno collaborare, allora passeremo alle minacce. Ricaveremo le informazioni con le buone o con le cattive!”
Rebekah guardava Klaus con noia, i suoi deliri erano ormai storia vecchia. Andava sempre nel panico quando capitava qualcosa che sfuggiva al suo controllo.
“Le streghe non parleranno mai, soprattutto non con un ibrido Originale dal pessimo carattere.”
Klaus la fulminò con gli occhi. Lui era il grande lupo cattivo, il vampiro spietato, e quelle creature si sarebbe sottomesse al suo volere.
“Con la mia mano stretta intorno al loro cuore parleranno di sicuro.”
“Nik…”
“No! Non dire altro! Ci sono in gioco le vite di mia figlia, di mia sorella e della ragazza che… e di Artemis! La faccenda è diventata fin troppo seria.”
Artemis, che si era appiattita contro la parete per origliare, si morse le labbra. Klaus stava mettendo a repentaglio la tregua con le streghe perché aveva paura per Hope e per Freya, ma anche perché provava qualcosa per lei. I sentimenti erano diventati una spada di Damocle in procinto di trafiggerla al primo passo falso.
“Artemis, puoi venire fuori. Lo so che sei lì.” Disse Rebekah, ridendo.
La ragazza entrò nello studio con le guance rosse per la vergogna di essere stata beccata. Klaus stava seduto allo scrittoio con i palmi delle mani aperti sulla superficie e lo sguardo accesso dalla rabbia.
“E’ morto qualcun altro negli ultimi venti minuti?”
“Per fortuna no. Volevo solo dirvi che ho un’idea.”
“Parla pure, piccoletta.” Disse Rebekah.
“Elijah mi ha detto che la Salvatore School ha una biblioteca ben fornita e che il preside conosce molto bene la letteratura magica. Potrei andare in visita e cercare la profezia di Joaquin.”
“Profezia?” le fece eco Klaus.
“Vincent e Freya credono che si tratti di una profezia e non di una semplice filastrocca.”
“Buona idea. Alaric è un vero esperto, malgrado sia un idiota.” Disse Rebekah.
“Rebekah, per favore, lasciaci da soli.”
Rebekah diede una pacca sulla spalla ad Artemis e lasciò la stanza con il rumore dei tacchi che riecheggiava nel corridoio.
“Siedi, Artemis.”
Artemis prese posto con cautela, temeva una paternale dall’ibrido. Klaus aveva la brutta abitudine di sgridarla come fosse una bambina.
“Non andrò da sola a Mystic Falls, se è questo che ti preoccupa. Posso chiedere a Freya o a Gabriel di venire con me.”
“Non lascerei mai la tua vita nelle mani di Gabriel. Non dire assurdità.”
“Allora porterò Freya.”
Klaus prese a giocare con una penna, toglieva e rimetteva il tappo come un tic nervoso.
“Ti accompagnerò io a Mystic Falls.”
“Che?! No, no! Non è necessario!” si affrettò a dire Artemis.
Il pensiero di fare un viaggio con lui, di trascorrere ore e ore insieme, era insopportabile. Sarebbe stato difficile non toccarsi durante tutto il tempo assieme, e lei non poteva permettersi errori.
“Ho promesso a tua madre che ti avrei protetta, intendo onorare il voto in questa situazione di emergenza.”
“Mia madre è morta. Non le devi più nulla.”
“Io non ti abbandono, Artemis. Anche se tu mi respingi, anche se mi tieni lontano, io resto al tuo fianco. Nessuno ti farà del male e la passerà liscia fino a quando sarò in vita.”
“Non fare promesse che non puoi mantenere.” Ribatté Artemis.
Klaus si sfilò l’anello nero che portava all’indice e lo mise sullo scrittoio, poi lo fece scivolare verso di lei.
“E’ un amuleto di protezione che Hope ha realizzato per me. Voglio che lo tenga tu per ricordarti che io sono sempre con te.”
Artemis guardò l’anello e sentì un groppo alla gola. Era un gesto intimo e affettuoso, proprio ciò che non le serviva.
“Sei melenso, Mikaelson.”
“Indossa l’anello, ti prego. Ti terrà al sicuro.” Sussurrò Klaus.
“E’ troppo grande per le mie dita, mi servirà una collana.”
“Freya sarà lieta di donarti una delle sue centinaia di collane.”
Artemis strinse l’anello fra le mani e fece un piccolo sorriso.
“Quando partiamo per Mystic Falls? Posso prenotare un volo adesso.”
“Partiremo domani all’alba e andremo in macchina. Undici ore lontani da questa città è quello che ci serve. Almeno sarai una strega in meno sulla lista dell’assassino.”
“Undici ore insieme suonano come una sentenza di morte.” Disse Artemis.
Klaus le rivolse un sorriso malizioso, nei suoi occhi cristallini baluginava la stessa malizia.
“Mia cara, non sottovalutare il fascino della morte.”
 
Salve a tutti! ^_^
Le cose si fanno interessanti, e ora si torna a Mystic Falls!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio, alla prossima.
 
Ps. I libri che Artemis visiona alla Tulane sono reali e sono alla base di molti studi sui processi di Salem.
 
 

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Capitolo 5
*** La profezia del veggente ***


4. LA PROFEZIA DEL VEGGENTE

“Il Soprannaturale è il naturale non ancora compreso.”
(Elbert Green Hubbard)
 
Artemis non ne poteva più di quel sedile che dopo cinque ore di viaggio era diventata la cosa più scomoda che avesse mai provato. Aveva cambiato posizione più volte ma senza ottenere risultati. Adesso distese le gambe come poté e sbuffò di nuovo.
Klaus intanto guidava senza stancarsi, il vantaggio di essere un vampiro originale. Ogni tanto tamburellava le dita sul volante e intonava un motivetto fischiando.
“Tutto bene, Artemis?”
“Il mio culo si è appiattito su questo sedile. Manca ancora molto?”
“Sei ore. Fra venti minuti ci fermiamo ad una stazione di servizio.”
Artemis emise un verso di protesta, altri venti minuti in quella macchina e avrebbe perso il senno.
“Non potevamo prendere l’aereo come le persone normali? Devi sempre complicare tutto, Mikaelson.”
“Ti ho già spiegato che muoverci in macchina ci permette di restare lontani dal Quartiere Francese per un bel po’. L’assassino non si fermerà, ma oggi non sarai una sua vittima.”
Artemis non aveva voglia di affrontare di nuovo l’argomento, quindi accese la radio e sintonizzò il primo canale a caso. La canzone trasmessa era "Eternal" di Holly Herndon. Lei iniziò a canticchiare a bassa voce la strofa che più o meno conosceva.
“It's all my fault with love for you. Want to see around you. Breathe, breathe on. Oh, please breathe. All my dreaming belongs to you.”
Klaus inarcò un sopracciglio e sfoggiò un sorriso carico di malizia.
“Ah, sì?”
Artemis gli diede un pugno sulla spalla e scosse la testa, poi sbuffò ancora.
“Era la strofa della canzone, idiota. Pensa a guidare, su!”
Klaus guidò con un sorriso divertito stampato in faccia che infastidiva la ragazza a tal punto che si mise a fissare fuori dal finestrino pur di distrarsi. Rallentarono in prossimità della stazione di servizio, un enorme spiazzo munito di quattro pompe e un misero bar.
“Io faccio benzina, tu puoi andare a prendere qualcosa da mangiare.” Disse Klaus.
Parcheggiò l’auto davanti ad un erogatore e spense il motore. Artemis si slacciò la cintura e scese in fretta per sgranchirsi le gambe.
“Io devo andare al bagno. Mi sono venute le mestruazioni, le mie ovaie si sono suicidate nel giorno sbagliato.”
Una smorfia di dolore la costrinse a piegarsi in due, facendo preoccupare Klaus.
“Stai bene?”
“Mi serve un antidolorifico. E’ nella mia borsa.” Rispose Artemis.
“Ci penso io.”
Klaus aprì lo sportello e recuperò la tracolla dai sedili posteriori. La confezione del medicinale apparve davanti a lei in una frazione di secondo.
“Grazie.”
Artemis ingoiò la compressa e bevve gli ultimi sorsi di acqua contenuti nella bottiglia.
“Ti aspetto qui. Non metterci troppo, dobbiamo ripartire entro dieci minuti.”
Artemis annuì e andò dritta verso le cabine dei bagni. Klaus controllò il cellulare e trovò due chiamate perse di Elijah. Cliccò il bottone verde per richiamare il fratello.
“Elijah, che succede? Non dirmi che è morto qualcun altro.”
“Molto peggio, fratello. Brenda ieri sera ha organizzato un incontro con le congreghe perché vuole essere nominata reggente.”
“Ciò non deve accadere. Quella donna è pericolosa.” Disse Klaus.
“Per questo stamattina vedrò Lydia e Nathaniel, per capire come possiamo risolvere la questione senza spargimenti di sangue.”
“Nel caso vi fossero spargimenti di sangue, allora sarebbe quello di Brenda.”
“Niklaus, non tirare troppo una corda già tesa.” Lo ammonì Elijah.
“Una corda che starebbe bene al collo di quelle maledette congreghe.”
“Me ne occupo io. Tu pensa a trovare quella profezia, semmai esiste.”
Klaus udì il rumore della porta e vide Artemis che usciva dalla cabina asciugandosi le mani. la sua frangetta verde spiccava nel grigiore mattutino.
“Adesso devo andare. Mi farò sentire non appena avrò novità.”
Artemis montò in macchina senza dire nulla, mentre la benzina riempiva il serbatoio emanando il suo tipico odore pungente.
“Perché quella faccia? La telefonata deve averti innervosito.”
“La tua zietta si candida a reggente. E’ una rogna.” Spiegò Klaus.
“E se le restituissi Oscar? Magari lascerebbe perdere la reggenza se riavesse suo fratello.”
L’ibrido si accigliò, quella opzione non era contemplata affatto. Ritirò lo scontrino della benzina e si mise di nuovo alla guida.
“Non cederò al ricatto di quella perfida donna. Oscar mi serve. Anzi, ci serve.”
“Serve solo a te, Klaus. A me non interessa di lui.” Disse Artemis.
“Ti interessa conoscere meglio il tuo potere?”
Quella domanda attirò l’attenzione della ragazza, che si mise dritta sul sedile e gettò un’occhiata furtiva all’Originale.
“Di che stai parlando?”
Klaus ingranò la marcia e accelerò, voleva arrivare a Mystic Falls prima di sera. Esaminò più e più volte lo specchietto pur di evitare lo sguardo confuso di Artemis.
“Sai che ho rapito Oscar perché volevo aiutarti a gestire la tua abilità. Il tuo potere si chiama ‘trasferimento empatico’ e riesce a trasferire agli altri delle emozioni manipolando le loro menti.”
“Sì, questo lo so già. Io scelgo un’emozione e la trasferisco alla persona che voglio manipolare.”
Quando l’auto si immise sulla strada principale, Klaus rallentò e azzardò una rapida occhiata alla sua destra. Artemis lo guardava con gli occhi spalancati, sembrava paura mista a curiosità.
“Oscar mi ha detto che è difficile gestire un tale potere e che capita di combinare dei guai.”
Artemis girò la faccia verso il finestrino, era troppo l’imbarazzo per non sfuggire allo sguardo indagatore di Klaus.
“So anche questo. Insomma, Oscar non ti ha detto niente di utile.”
“Parlerà. Sotto tortura alla fine parlano tutti.”
“E chi sei, la Santa Inquisizione Spagnola? Piantala.”
“Vale la pena rischiare questa volta.” Disse Klaus.
“Non credo sia una buona idea seguire i consigli di Oscar. Lo hai rapito e sua figlia è morta. Non penso che ci darà mai una mano.”
Klaus strinse le mani attorno allo sterzo e si morse l’interno della guancia. C’era un piccolo dettaglio che non aveva ancora rivelato.
“Oscar non sa che Miriam è morta.”
“Klaus, maledizione! E’ sua figlia!”
“Ha tentato di uccidere te e Hope! Non vedo perché dovrei mostrare pietà. Miriam meritava di morire, questo è un dato di fatto.”
Artemis poggiò la fronte contro il finestrino e sospirò, anche se avrebbe preferito dare una testa al vetro.
“Devi liberare Oscar. Lascia perdere questa storia del potere.”
“Non lascio perdere un bel niente. Quell’uomo non è mai stato degno di essere tuo padre, ma spero che voglia rendersi utile almeno adesso.”
“Klaus…”
Klaus le mise una mano sulla spalla e la zittì con uno sguardo severo.
“Io ti aiuterò, Artemis.”
 
Tre ore dopo
Klaus lasciò stare il bicchiere di vino, nauseato dal sapore tremendo della bevanda. Si erano fermati ad una tavola calda per pranzare e Artemis aveva occupato un tavolino accanto alla grande finestra che dava sulla boscaglia.
“Avete deciso cosa ordinare?” domandò la cameriera.
“Io prendo una insalata, un sandwich vegetariano e acqua naturale.” Disse Artemis.
“E lei, signore?”
“Waffle con zucchero a velo e sciroppo d’acero.”
“Torno subito.”
La cameriera, una cinquantenne dai ricci rossi incastrati sotto una cuffietta, sorrise e portò via i menù. Artemis si rilassò sulla sedia e bevve un sorso di vino dal bicchiere di Klaus. Lo sputò un attimo dopo.
“Bleah, fa schifissimo.”
“E’ questo che ti servono nelle bettole. Non è certo un ristorante stellato di Parigi.”
La ragazza incrociò le braccia al petto ed emise un verso strozzato.
“Sembri uno dei fighettini chic che spendono miliardi in abiti firmati e ristoranti costosi mentre nel mondo ci sono Paesi che regrediscono e bambini che patiscono la fame.”
Klaus posò il mento sulle mani e sorrise, i suoi occhi catturavano ogni movimento della bocca della ragazza mentre parlava.
“E tu sembri una attivista squattrinata degli anni ’70 che vuole salvare il mondo dalle ingiustizie e si incatena agli alberi.”
“Perché io vivo nel mondo reale e so che le ingiustizie esistono.”
“Sei una strega. Sei un essere soprannaturale al di sopra delle parti. La vita normale, umana, non dovrebbe interessarti.”
Artemis scosse la testa, non era possibile vivere senza preoccuparsi del mondo circostante.
“Mentalità come questa causano le ingiustizie. Davvero non ti importa di queste cose?”
“Sono per metà lupo e per metà vampiro, le faccende umane per me sono lontanissime e futili.”
La conversazione fu troncata dall’arrivo della cameriera. Per fortuna il sandwich vegetariano di Artemis – mais, pomodori, senape e sale – aveva un odore che le fece subito venire l’acquolina. Anche i waffle di Klaus, ancora caldi, emanavano un profumo delizioso.
“Mangi un sacco di dolci, Mikaelson.” Disse Artemis masticando.
Klaus affondò la forchetta nella pasta croccante dei waffle e ne mangiò un pezzo imbiancato dallo zucchero a velo.
“I vantaggi di un metabolismo super veloce. Sei vegetariana?”
“Lauren mi ha convinta a cambiare dieta. Mi ha portata ad un incontro fra vegetariani e mi sono trovava d’accordo con le loro posizioni. Voglio dire, con che coraggio mangi un coniglio o un agnello?”
Klaus versò altro sciroppo d’acero nel piatto, forse troppo per un essere umano, e inzuppò un altro pezzo di waffle.
“Non saprei. Io mi cibo di persone viventi.”
“Touché.”
Artemis rise e un pizzico di senape le colò sul mento per poi caderle sulla salopette. Klaus si sforzò di non sorridere ma era una scena così tenera che gli sfuggì un mezzo ghigno.
“Ti sei sporcata la salopette. A proposito, dove le trovi di tutti i colori e per tutte le stagioni?”
La ragazza tentò di ripulire la macchia con un tovagliolo, ma ormai il danno era fatto e lasciò l’alone in bella vista. Aveva fame e dunque tornò al suo sandwich.
“A Chicago c’è una boutique di abiti vintage dove mia madre andava sempre a comprare giacche e sciarpe. Un giorno ho visto una salopette a pois, l’ho provata e me ne sono innamorata. Adoro le salopette. Sono il mio marchio.”
“Beh, ti donano molto.” Disse Klaus.
Artemis diede un altro morso al sandwich senza replicare. Non voleva ricevere complimenti dalla persona che cercava in tutti i modi di tenere a distanza.
“Hope sa che stiamo andando nella sua scuola?”
“Sì. L’ho chiamata ieri sera per avvertirla. Non vedo l’ora di abbracciarla.” Disse Klaus.
“Anche io voglio rivederla. Ci siamo sentite qualche volta.”
“Lo so. E’ stata Hope a dirmi che lavori per il padre di Lauren.”
“Quella piccola spia.” Mormorò Artemis.
Klaus mangiò l’ultimo pezzo di waffle e con la forchetta raccolse il miscuglio di sciroppo d’acero e zucchero filato rimasto sul fondo del piatto.
“Dunque credi davvero che si tratti di una caccia alle streghe?” domandò lui.
Artemis si pulì la bocca con il tovagliolo e bevve un sorso d’acqua, poi si rilassò sulla sedia con un sospiro.
“Non ne sono sicura. E’ solo un’ipotesi da convalidare. Gli elementi per pensarlo ci sono tutti.”
“E dove troveremo la profezia? Ci sono una moltitudine di libri.”
“Per questo stiamo andando a Mystic Falls dal tuo esperto dell’occulto.” Disse Artemis.
Klaus era sul punto di parlare quando un’ombra si abbatté sulla finestra accanto a cui erano seduti. Il cielo si era fatto nero e il sole era stato oscurato.
“E’ una eclissi solare?”
Artemis d’istinto si alzò in piedi e uscì fuori dalla tavola calda per osservare meglio il fenomeno. Klaus la seguì a ruota.
“Sì, è una eclissi. Ma è impossibile! Il telegiornale ha detto che si sarebbe verificata fra due settimane.”
D’improvviso si era alzato un vento che fece tentennare l’insegna del locale. Gli alberi erano sballottati dalle folate ventose, ululavano come lupi.
“Questo è il quarto evento celeste in anticipo.” Urlò Klaus.
Artemis si tappò le orecchie per il troppo vento che le fischiava nella testa. Afferrò Klaus per la manica della giacca e lo trascinò all’interno. I clienti ammiravano con stupore quello spettacolo che ai loro occhi appariva normale.
“Dobbiamo andarcene subito.”
“Aspettiamo che il vento si plachi. Mettersi in macchina adesso è pericoloso.” Disse Klaus.
“Volete ordinare altro?” domandò la cameriera.
Artemis si accasciò sulla sedia con lo sconforto che le pesava sulle spalle. Un weekend a New Orleans si era appena trasformato in una missione di salvataggio.
“Waffle, grazie. Senza sciroppo d’acero e con tanto zucchero filato.”
 
Tre ore e mezzo dopo
Artemis aveva inserito la quarta e sfrecciava sull’autostrada come se si trovasse in un inseguimento con la polizia.
“Potresti anche andare più piano.” Disse Klaus.
“Abbiamo già perso un’ora in quella tavola calda per colpa della bufera, non possiamo permetterci altri ritardi. Una eclissi non programmata è un segnale critico.”
“Siamo nei guai, vero?” scherzò lui.
La ragazza gli diede un pugno sulla spalla e lo fulminò con lo sguardo.
“Non c’è niente da ridere, imbecille. Non si scherza con gli eventi celesti, soprattutto quando si verificano in tempi spagliati. Il sole che si oscura è simbolo di dolore e pericolo, è la speranza che viene annebbiata dalla paura.”
“Mystic Falls è abitato da molte streghe.” Rifletté Klaus.
“Appunto. La Salvatore School è una fonte di magia immensa che può attirare qualsiasi cosa o persona, buona o cattiva che sia.”
L’ibrido era in pensiero per sua figlia. Se davvero esisteva un cacciatore di streghe, allora Hope era in grave pericolo. Era una delle streghe più potenti della storia e ciò la rendeva un bersaglio succulento.
L’auto dopo qualche miglio superò il Wickery Bridge ed entrarono nella contea di Mystic Falls. “Questa cittadina è un buco di mondo.” Disse Klaus.
“Città di provincia, vita di provincia.” Bisbigliò Artemis.
L’Originale sorrise, aveva detto le stesse parole a Caroline anni prima. Dopo mille anni trascorsi a girare il mondo la Virginia appariva come un minuscolo puntino sulla cartina.
“La scuola è in periferia, nella vecchia dimora dei Salvatore.”
Artemis guidò nel centro della città passando davanti alla chiesa e al Mystic Grill per poi dirigersi verso il confine.
La casa dei Salvatore era stata ingrandita, il giardino occupava una ventina di ettari in più rispetto a prima e l’ingresso era maestoso con quei cancelli in ferro battuto.
“La retta scolastica si paga in lingotti d’oro, eh.” Commentò Artemis.
“Più o meno.” Disse Klaus.
La ragazza si morse le labbra, tutto quello sfarzo per una scuola di magia era eccessiva. A lei sarebbe bastato mezzo lingotto d’oro per risolvere tutti i suoi problemi.
“Con tutti quei soldi riuscirei a ripagare i debiti con la banca.”
“Lo sai che posso darti i soldi. Ti basta chiedere.”
“Non voglio la tua pietà, Mikaelson. E poi adesso ho due lavori! Me la cavo.”
Klaus inarcò il sopracciglio perché quei due lavori a stento coprivano tutte le spese e lei spesso saltava i pasti per arrivare a fine mese, ma non disse nulla e si limitò ad annuire.
“Alaric sa che saremmo arrivati.”
Artemis si fermò davanti al citofono e spinse il bottone. Un crepitio anticipò la voce di una ragazza.
“Salvatore School. Come posso aiutarvi?”
“Abbiamo un appuntamento con Alaric Saltzman.”
“Chiedo confer…”
“Sono Klaus Mikaelson.”
La voce fece un brusco respiro. Artemis rimase sbalordita dal modo in cui il solo nome dell’ibrido riuscisse a incutere un simile timore.
“Il cancello è aperto. E’ il benvenuto, signor Mikaelson.”
“Non c’era bisogno di spaventare quella poverina.” Disse Artemis.
“Mia cara, la fama mi precede. Quando uno è famoso!”
 
“Papà!” esultò Hope.
Klaus allargò le braccia e sua figlia lo abbracciò stretto. Lui le stampò un bacio fra i capelli e la strinse a sua volta.
“Contenta di vedermi?”
“Sempre. Chi c’è con te?” domandò Hope.
“Sorpresa!” esclamò Artemis sorridendo.
Hope corse da lei e le si gettò addosso tanto che Artemis vacillò all’indietro per un attimo.
“Sono felice che tu sia qui! Mi sei mancata tanto.”
“Anche io sono felice di rivederti. Però devo ammettere che qui stai da lusso.”
“Non è niente male in effetti.”
Artemis avrebbe voluto dirle che nel suo liceo all’epoca non c’erano neanche le porte nei bagni, ma fu distratta dall’arrivo di una bellissima ragazza bionda. Il suo sorriso era meraviglioso come i suoi luminosi occhi azzurri.
“Klaus Mikaelson, sei una vera disgrazia.”
“E tu, Caroline Forbes, sei meravigliosa come sempre.”
Hope notò che Artemis si era irrigidita e guardava il padre con sguardo truce. Aveva la gelosia stampata in faccia.
“Lei è la direttrice della scuola insieme ad Alaric. E’ stata sposata con Stefan Salvatore.”
“E sono stata anche Miss Mystic Falls!” aggiunse Caroline ridendo.
Artemis si sforzò di sorridere, anche se doveva apparire ridicola con la frangetta verde e quel cappotto grigio slavato. Caroline era perfetta, bella e solare, vestita firmata da capo e piedi. Se fossero state in un film, il titolo sarebbe stato ‘’la principessa e la povera’’, e Artemis sarebbe stata ovviamente la povera.
“Mentre voi vi salutate, io vorrei parlare con Alaric. Dov’è?”
“Ti accompagno io in biblioteca.” Disse Hope.
Prese Artemis a braccetto e la trascinò su per la scalinata che conduceva all’ingresso.
“Mi unico a voi.” Disse Klaus.
“Non preoccuparti. Ci penso. Resta qui a… chiacchierare.” Disse Artemis.
Klaus rimase a fissare Hope e Artemis che ridacchiavano mentre entravano nella scuola, l’espressione confusa dalle parole della sua amica.
“Klaus Mikaelson colpisce ancora.” Canticchiò Caroline.
“Di che parli?”
“Fra te e quella ragazza c’è qualcosa, è evidente. State insieme?”
Klaus sfoggiò un sorriso compiaciuto che fece ridacchiare la donna.
“Sei gelosa, Caroline Forbes?”
“Non meriti una risposta.”
 
La biblioteca della scuola era mastodontica. Vi si poteva trovare ogni genere di libro, da come sfruttare le piante in magia a come far bollire il sangue dei vampiri, da come trarre potere dalla luna a come stendere un licantropo con lo strozzalupo. Artemis si sentiva come una bambina al parco giochi: tutto era magico e lei si sentiva al settimo cielo.
“Tu devi essere Artemis Dumont, giusto?”
Un uomo alto e con la barba perfetta uscì da dietro uno scaffale con la giacca impolverata.
“Artemis, questo è il professor Saltzman.” Spiegò Hope.
“Alaric per gli amici.” precisò l’uomo.
“Io vi lascio a fare i topi da biblioteca e torno a lezione. Ci vediamo dopo.” Disse Hope.
Artemis la salutò con un sorriso e depositò la borsa a tracolla su una sedia attorno al grande tavolo che si ergeva al centro.
“Klaus per telefono mi ha detto che state cercando una profezia.” Esordì Alaric.
“In verità cerchiamo una presunta profezia. Non ne sono certa. Sono qui per avere una conferma.”
“Allora questi ti saranno d’aiuto.”
Alaric le indicò una pila di libri di forme e dimensioni diverse. Alcune pagine si erano scollate e pendevano oltre il bordo della copertina. Artemis sfiorò gli angoli del primo tomo sulla preveggenza.
“Sono almeno una cinquantina di libri. Caspita!”
“Oh, puoi usare un incantesimo. Ogni parte di questo edificio è intriso di magia.” Disse Alaric.
Artemis chiuse gli occhi e prese un respiro. Allungò le braccia e stiracchiò le dita. Poggiò le mani sul libro in cima e focalizzò le parole in rima di Joaquin.
“Montre-moi les mots cachés. Montre-moi les mots cachés. Montre-moi les mots cachés.”
Il cumulo di libri incominciò a tremare e il tavolo fischiò come un treno in corsa. I primi cinque volumi caddero a terra con le copertine chiuse.
Montre-moi les mots cachés. Montre-moi les mots cachés. Montre-moi les mots cachés.
Altri due libri si riversarono sul pavimento mentre Artemis sussurrava quella cantilena. L’incantesimo serviva a cercare in fretta la profezia che aveva in mente, una consultazione persino più rapida di internet.
Mostrami le parole nascoste!”
Un libro si librò nell’aria e si aprì con uno schiocco. Le pagine si sfogliavano da sole per magia. D’improvviso il volume si richiuse e piombò sul tavolo sollevando una nuvola di polvere.
Artemis sventolò le mani per scacciare la coltre e si chinò a leggere il titolo.
“E’ il ‘Malleus Maleficarum’, avrei dovuto immaginarlo.”
“E’ la copia originale che risale al 1487.” Disse Alaric con orgoglio.
Artemis, da studentessa appassionata di storia, provò una certa emozione nel mettere le mani su un testo originale di quel calibro. Sfiorò la copertina polverosa con delicatezza come fosse un fiore di cristallo.
“Questo libro tratta di stregoneria e paganesimo nei dettagli. E’ incredibile e terrificante.”
“Perciò qui dentro si trova la profezia?” domandò Alaric.
“Non lo so. Devo studiarlo con calma. Posso fermarmi qui?”
“Certo. La biblioteca è a tua disposizione per tutto il tempo che ti serve. Non entrerà nessuno a disturbarti.”
“Grazie, Alaric.”
Alaric fece un cenno con la testa e si chiuse la porta alle spalle. Artemis si accomodò, tirò fuori dalla borsa un taccuino e aprì lentamente il libro.
“Vediamo un po’ quale diavoleria scoprirò.”
 
Hope non aveva smesso di parlare da quando aveva obbligato Klaus a fare un tour della scuola. Gli aveva descritto ogni stanza e ogni attività, gli aveva mostrato il grande giardino e i suoi fiori, lo aveva addirittura portato in cucina per preparargli una tazza di tè indiano. Klaus aveva sorriso e annuito, aveva fatto domande e osservazioni, e l’entusiasmo di Hope era aumentato alle stelle.
“Questa è la scuola per cui tu e la mamma pagate una retta salata.”
“Lieto di sapere che i miei soldi sono spesi bene.”
“In maniera eccellente.” Disse Caroline alle loro spalle.
Klaus sorrise e fece roteare gli occhi, sebbene pensava davvero che quell’istituto fosse il posto adatto a sua figlia.
“Ah, ecco la padrona di casa. Eri fuggita per evitare di restare affascinata dal mio charme?”
Caroline sbuffò e si mise a braccia conserte, tipica posizione che assumeva quando voleva fingere di essere arrabbiata.
“Io sono una donna impegnata. Non posso sprecare il mio tempo dietro al tuo charme inesistente.”
“Fingerò di crederci.” Replicò Klaus.
Hope avvertì una fitta di irritazione per quello scambio di battute. Sapeva che in passato c’era stato del tenero fra Caroline e il padre, ma sembrava che in quel momento si stessero abbandonando ai vecchi tempi. Ma Klaus era lì con Artemis, non era giusto che lui facesse il cascamorto con la direttrice.
“E’ tutto pronto per stasera?” domandò Hope.
“Sì. Anzi, se vuoi, puoi aiutare Lizzie e Josie con i preparativi.” Disse Caroline.
“Preparativi per cosa?” indagò Klaus.
Caroline scostò una delle tende e la luna si mostrò nel suo candido splendore. Era piena e stava salendo in cielo.
“E’ il plenilunio. Tu e Hope siete fortunati a poter controllare la trasformazione, ma qui i lupi ogni mese vengono incatenati nelle segrete fino al giorno dopo.”
“Non è mai scappato nessuno?”
“Le streghe ovviamente barricano l’edificio.” Disse Caroline.
Dal fondo del corridoio sbucò Alaric con la balestra e la faretra nel caso in cui ci fossero stati problemi. Del resto anche gli incantesimi migliori avevano delle falle.
“Siete qui! Artemis non è ancora risorta dalla biblioteca?”
“E’ lì dentro da almeno dure ore. Tra poco sarà servita la cena.” Disse Hope.
“Vado a chiamarla io. Tra dieci minuti vi raggiungeremo per la cena.” Disse Klaus.
Riuscì a trovare la via per la biblioteca seguendo l’odore di Artemis, il suo sangue gli ricordava quello di Yvette. Man mano che si avvicinava alla porta di legno massello l’odore ferroso aumentava. Sorrise quando vide che la ragazza scriveva mordendosi le labbra per la concentrazione. Anche lui avrebbe voluto morderle le labbra in un bacio appassionato, ma si limitò a tossire per farsi notare.
“La tua acqua di colonia si riconosce a chilometri di distanza.” Disse lei senza voltarsi.
“Riconosceresti il mio profumo tra mille.” la punzecchiò Klaus.
Artemis fece una sorta si grugnito, quei tentativi di flirt le davano sui nervi.
“Sparisci, Mikaelson. Ho bisogno di silenzio per lavorare.”
Klaus adocchiò il libro e identificò che lingua in cui era scritto era latino. Doveva essere un testo molto antico per essere stato prodotto in una lingua simile.
“Io conosco bene il latino. Posso aiutarti con la traduzione.”
Artemis gli scoccò un’occhiataccia come se l’avesse appena offesa in modo irreparabile.
“Ho studiato latino al liceo e ho seguito un corso al primo anno di università. Sono una strega, è ovvio che conosco il latino alla perfezione.”
“Intelligente, colta e bellissima.” Disse Klaus.
Artemis si tirò indietro quando lui tentò di toccarle la mano. Voleva sentire il calore della pelle di Klaus, sentire le sue mani ruvide da pittore, ma non poteva concedersi quella gioia.
“Ne ho ancora per molto. Ho bisogno di stare da sola.”
“Tra poco si cena. Hai bisogno anche di mangiare e di distrarti un po’.”
La ragazza tornò al libro e al taccuino, non voleva indugiare in quelle chiacchiere stupide.
“Ho bisogno soltanto di capire chi è il bastardo che ammazza le streghe. Dopo mangerò e mi riposerò, forse.”
“Come preferisci.”
Klaus si soffermò con la mano sulla maniglia per qualche secondo. Il cuore gli era schizzato in gola quando Artemis lo aveva scansato. Sapeva che quella diffidenza era causata dalla paura, eppure una parte di lui pensava che la ragazza non fosse interessata.
 
“… e quindi alla fine la pozione è esplosa ed è rimasta appiccicata sul soffitto.” Concluse Hope.
Klaus annuì distrattamente, aveva solo intuito che la figlia gli aveva raccontato di un esperimento magico finito male in laboratorio.
“Perché tutti mi fissano?”
Hope rimase col cucchiaio in aria e un po’ di zuppa ricadde nel piatto. In effetti, la mensa era piena di volti pallidi che fissavano il loro tavolo con le gambe tremanti.
“Perché c’è un Originale che mangia nella mensa di una scuola.”
“Sono qui in veste di padre, non di Originale.” Replicò Klaus.
La figlia lo guardò come se avesse appena bestemmiato. Rimise il cucchiaio sulla tovaglia e sospirò, morendosi le labbra.
“Papà, qui tutti sanno chi sei e cosa hai fatto. Hanno paura di te.”
Klaus non disse nulla. Spostò la testa di lato per guardare dietro Hope. C’era un vago sentore di sangue che aleggiava nella mensa.
“I vampiri bevono sangue fresco?”
“No. Caroline e Alaric prendono il sangue dagli ospedali.” Rispose Hope.
Klaus si alzò e un ragazzino seduto al tavolo di fronte diventò bianco come un cencio. L’ibrido lo ignorò, non era il caso di terrorizzare inutilmente quella gente.
“C’è odore di sangue. Non è forte ma c’è.”
Per un attimo l’odore di ferro fu sovrastato dalla fragranza di limone che Caroline usava come profumo.
“Klaus, anche io sento il sangue. Nella sala stanno tutti bene.”
Gli studenti stavano cenando in tutta serenità, parlavano e ridevano, tagliavano il pane e bevevano aranciata.
“Il sangue proviene da qualche altra parte.”
La calma fu spazzata via dall’allarme che aveva cominciato a lampeggiare in tutta la mensa. Gli altoparlanti suonavano e una voce metallica suggeriva agli studenti di seguire le norme di protocollo.
“Qualcuno o qualcosa ha fatto scattare l’allarme.” Disse Alaric, la balestra tra le mani.
Caroline diede uno schiaffo sulla mano di Alaric e lui abbassò l’arma immediatamente.
“Qui siamo al sicuro. La mensa è protetta da un incantesimo che non fa entrare niente e nessuno.”
“La biblioteca! La biblioteca non è protetta!” disse Alaric.
Nel giro di un secondo Klaus svanì per raggiungere la biblioteca il più in fretta possibile.
                                                                                                                                                
“Perché la biblioteca non è protetta?” domandò Hope, preoccupata.
Caroline camminava davanti a lei con i capelli che svolazzavano e i canini sguainati.
“Artemis e Klaus non sono registrati e avrei dovuto inserire il loro sangue nella porta per farli entrare in biblioteca, questo però avrebbe richiesto troppo tempo e ho abbassato le difese.”
Giunte alle porte della biblioteca, Hope entrò dentro senza indugiare. L’odore di sangue era intenso e dunque era quella la fonte.
“Papà!”
Klaus era disteso a terra accanto ad Artemis. Entrambi avevano gli occhi chiusi ma per fortuna respiravano ancora.
“Papà…”
“Sono ancora vivi. Avverti subito Alaric ed Emma.” Disse Caroline.
Hope indugiò sul volto cereo del padre per un altro secondo prima di correre in corridoio con le lacrime agli occhi.
 
Salve a tutti! ^_^
Beh, un pizzico di gelosia non poteva mancare! Chissà che cosa è successo…
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 

 

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Capitolo 6
*** Viaggio nel tempo ***


5. VIAGGIO NEL TEMPO

“L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi.”
(Khalil Gibran)
 
Artemis spalancò gli occhi annaspando in cerca di aria. I polmoni le bruciavano come se avesse ingerito fuoco. Si massaggiò la nuca dolorante, doveva aver preso una brutta botta alla testa. Si guardò in giro con aria spaesata. Intorno a lei c’erano solo alberi, foglie ingiallite e il mormorio dell’acqua in lontananza.
“Ma che diamine…”
L’ultima cosa che ricordava era la biblioteca della Salvatore School. Stava scrivendo gli ultimi appunti quando aveva avvertito la presenza di qualcuno alle sue spalle. Poi il buio totale.
Si tastò le tasche della salopette ed estrasse il cellulare. Non c’erano tacche di segnale e non poteva comunicare con nessuno. Si mise in piedi vacillando e chiuse gli occhi per trattenere i conati di vomito.
“Alza le mani! Stai ferma!” gridò una voce.
Artemis sollevò le braccia e si voltò lentamente, sperava che fosse Alaric o qualche altro studente della scuola privata.
“Non fare gesti bruschi!” disse ancora la voce.
Le speranze di Artemis si frantumarono quando vide un ragazzo che le puntava una lancia alla gola. Era Klaus. O meglio, era Klaus con i capelli lunghi e abiti stracciati.
“Klaus! Che cosa è successo? Dove ci troviamo? E perché sei vestito così?”
“Come sai il mio nome? E perché tu sei vestita così?”
Klaus – quel Klaus – era spaventato. Solo adesso Artemis si rendeva conto che non aveva la barba, che le ciocche bionde ricadevano su una tunica ornata da un gilet marrone. Indossava calzoni neri infilati in un paio di stivali strani tenuti insieme da un laccio.
Un pensiero orribile le attraversò la mente.
“In che secolo ci troviamo?”
“Che significa? Sei un demone! Sì, sei un demone!” strillò il ragazzo.
Artemis indietreggiò quando la punta della lancia le sfiorò la gola, graffiandole la pelle.
“Sta calmo. Non sono un demone e non voglio farti del male.”
“Allora perché sei qui?”
“Io non lo so. Credo di essermi persa.”
Klaus abbassò l’arma e annuì, di colpo la sua espressione si era ammorbidita.
“Perdonami, credevo fossi un lupo mannaro. C’è un branco nei dintorni che si diverte a spaventare il nostro villaggio.”
“Questo vostro villaggio esattamente dove si trova?” chiese Artemis.
“A Vinland. Tu da dove vieni?”
Artemis fece mente locale, conosceva quel nome perché lo aveva letto in qualche libro di storia. Si sforzò e pochi istanti dopo giunse alla soluzione: Vinland era il nome con cui i vichinghi chiamavano l’America Settentrionale. La Colonia della Virginia era stata fondata a nord, pertanto quella terra un giorno sarebbe diventata Mystic Falls.
“Mi trovo nell’XI secolo. Come è possibile? Un minuto fa ero in biblioteca!”
Klaus intanto fissava la ragazza come fosse un animale mitologico. Indossava bizzarri abiti e aveva una porzione di capelli color verde acqua; che fosse una ninfa dei boschi?
“Che cos’è una biblioteca? E’ il nome del tuo villaggio?”
Artemis fece un respiro profondo e placò i battiti del cuore, oppure le sarebbe schizzato fuori dal petto. Si trovava nel Medioevo insieme ad un Klaus Mikaelson ancora umano.
Un qualche tipo di incantesimo l’aveva spedita indietro nel tempo per chissà quale motivo. Per tornare alla sua epoca aveva una sola chance: farsi aiutare dalla strega più potente della storia.
“Klaus, portami da tua madre.”
 
Klaus rotolò sulla schiena emettendo un rantolo di dolore. Si toccò la nuca e le dita si macchiarono di sangue. Ricordava di essere stato tramortito mentre Artemis era svenuta sul pavimento della biblioteca.
Aprì gli occhi piano, la luce gli feriva la retina come fossero braci accese.
“Finalmente! Come ti senti?”
Caroline apparve nella foschia della sua mente, era bella come un sogno. Klaus la mise a fuoco con difficoltà.
“Mi sento frastornato. Hope dov’è? E Artemis?”
“Hope sta bene. Sta riposando dopo aver passato la notte a vegliare su di te.”
L’ibrido posò i piedi a terra e si passò le mani sulla faccia che sembrava intorpidita. Quando il collo di un vampiro veniva spezzato, il risveglio era simile a un post sbornia ma senza il retrogusto dell’alcol in bocca.
“Artemis? Sta bene?”
“Artemis è incosciente.” Rispose Caroline.
“In che senso è incosciente?”
“Ce la fai a camminare? Vieni.”
Klaus si infilò le scarpe e seguì Caroline fino alla brandina più nascosta dell’infermeria. Artemis giaceva supina dietro un paravento bianco. Le braccia lungo i fianchi, le gambe dritte, l’espressione spaventosamente serena. Sembrava una Biancaneve moderna.
“Che cosa è successo?”
“Secondo noi è bloccata in uno stato di incoscienza. Chiunque l’abbia aggredita deve aver spedito la sua coscienza da qualche parte, forse in una dimensione psichica.”
“Il suo corpo è qui ma la sua mente è altrove.” Mormorò Klaus.
“Esatto. Ricordi chi è stato?”
Klaus accarezzò la guancia di Artemis, la pelle era fredda come il ghiaccio. Le scostò la frangetta in modo che non le desse fastidio, anche se in quello stato non aveva coscienza.
“No. Sono stato colpito alle spalle. Quando sono arrivato in biblioteca, Artemis era svenuta e mi sono inginocchiato per controllare il battito. Pochi secondi dopo qualcuno mi ha spezzato il collo.”
Caroline annuì, sbalordita dalla dolcezza con cui Klaus guardava la ragazza addormentata.
“Dalle telecamere si vede una figura incappucciata che si intrufola in biblioteca e aggredisce Artemis.”
“Il taccuino di Artemis? Lo avete trovato?”
“Non c’era nessun taccuino.” Rispose Caroline.
Klaus prese la mano di Artemis e col pollice le accarezzò le nocche. Quel tocco non faceva male a nessuno dei due, considerato che la strega non poteva praticare la sua magia.
“Dunque Artemis aveva scoperto davvero qualcosa. Chi ci ha aggrediti ha rubato il taccuino per non farsi scoprire. Non c’è nessuna traccia magica?”
“Alaric e le streghe stanno ancora indagando. Faremo il possibile.”
Klaus drizzò la schiena e serrò la mascella, era pronto a radere al suolo intere città pur di trovare il responsabile.
“Nel frattempo io chiederò a Freya come risvegliare Artemis.”
“Klaus…”
“No! Non dirmi che è impossibile. Artemis si sveglierà e tornerà da me.”
Caroline si fece da parte per far passare Klaus e tutta la sua rabbia che lo avvolgeva come un mantello invisibile. La magia diventava mille volte più pericolosa quando c’erano di mezzo i sentimenti.
 
Artemis non ne poteva più di camminare. Gli stivali di camoscio diventavano umidi ad ogni passo che affondava nella terra bagnata. Febbraio era un pessimo mese per fare un viaggio nel tempo, soprattutto in un’epoca in cui mancava il riscaldamento elettrico.
“Quello è il mio villaggio.” Esordì Klaus.
Il villaggio in questione era un agglomerato di circa dieci case disposte intorno alti alberi rigogliosi. C’era una pira al centro e vi erano svariate strutture di legno su cui i panni erano stesi ad asciugare.
“E’ carino. Qual è casa tua?”
Klaus si era oscurato in viso. La gentilezza dei suoi tratti si era tramutata in tristezza.
“Aspetta qui. Recupero un vestito di mia sorella, così sembrerai una del luogo.”
“Oh, va bene.”
Artemis rimase nascosta dietro i cespugli per una quindicina di minuti. La salopette era sporca di fango e una foglia le si era incastrata nella manica del maglioncino. Si passò le dita fra i capelli increspati per massaggiare la nuca che ancora le faceva male. Per quanto obbligasse la sua mente a ricordare, non aveva idea di chi l’avesse aggredita.
“E tu chi sei?”
Artemis sobbalzò e cadde a terra per lo spavento. In piedi davanti a lei c’era Rebekah – lunghissimi capelli biondi intrecciati a una corona di fiori – con l’arco armato da una freccia.
“Sono… un’amica di Klaus. Lo so che può sembrare assurdo ma ti giuro che è la verità.”
“Sorella, abbassa l’arco. Dice il vero.”
Klaus era sbucato al momento giusto con un abito appeso al braccio e una cuffia bianca in mano.
“Quello è un mio vestito. Non vorrai che lo indossi lei!” sbraitò Rebekah.
Klaus si avvicinò ad Artemis e le tese la mano per aiutarla ad alzarsi. Addirittura le spazzolò i capelli per rimuovere le foglie secche.
“Va a cambiarti, qui ci penso io.”
Artemis accettò gli indumenti e andò a ripararsi dietro una grossa quercia per spogliarsi.
“Che cosa combini, Nik?” domandò Rebekah, stizzita.
“Sto solo aiutando quella ragazza. Deve tornare a casa e ha bisogno dell’aiuto di nostra madre. Un aiuto magico, si intende.”
La bionda sospirò, il fratello aveva un debole per le situazioni di emergenza. Da bambino aveva rischiato di rompersi un braccio pur di aiutare un pettirosso a volare.
“Non è una buona giornata. C’è la luna piena stanotte, nostro padre è più nervoso del solito.”
“Ma io ho promesso che l’avrei aiutata. Non posso tirarmi indietro!” ribatté Klaus.
Artemis, che aveva origliato la conversazione, tornò da loro sollevando l’orlo del vestito. Era una semplice tunica lunga fino alle caviglie, con le maniche ampie e i lacci sul davanti. Era di un azzurro intenso che faceva risaltare i suoi capelli scuri. Sulla testa si era allacciata la cuffia bianca per nascondere la frangetta, nel medioevo era bizzarro che qualcuno si tingesse i capelli a quel modo, pertanto era meglio non attirare l’attenzione.
“Non importa se non puoi aiutarmi. Troverò un altro modo.”
Rebekah la fulminò con gli occhi, anche se doveva ammettere che quel suo vestito le stava piuttosto bene.
“Da dove vieni, straniera?”
“Dalla Russia, un paese lontano lontano.” Mentì Artemis.
Facendo due calcoli rapidi, nell’XI secolo i vichinghi conoscevano l’impero russo ma non tutti si erano spinti verso quelle terre. Il suo Klaus – quello del tuo tempo – non le aveva mai detto di essere stato in Russia prima della trasformazione, dunque quella bugia reggeva bene.
“E va bene, ti aiuteremo a tornare nel tuo paese. Però non puoi incontrare nostra madre.”
“Conosci un altro modo per tornare a casa tua?” domandò Klaus.
Artemis si grattò il mento mentre rifletteva su quanto aveva origliato. C’erano i lupi nei dintorni del villaggio e c’era anche la luna piena, una combinazione sovrannaturale utile ad una strega. Avrebbe sfruttato il plenilunio per lasciare quell’epoca.
“Portatemi nel punto in cui la luna è più alta di notte.”
“Da questa parte.” Disse Rebekah.
Il trio si incamminò verso la parte opposta al villaggio, mettendo più distanza possibile fra loro e Mikael. Rebekah guidava il gruppo mentre Klaus e Artemis camminavano vicini alo stesso passo.
“Come fai a sapere il mio nome? E come conosci mia madre?”
Artemis doveva aspettarsele quelle domande, erano le stesse che ponevano nei film in cui avvenivano assurdi viaggi nel tempo.
“Io sono una veggente, conosco molte cose e molte persone.”
“Oppure sei una spia dei lupi.” Disse Rebekah.
Artemis scavalcò una radice di albero e si abbassò per evitare di sbattere contro un ramo.
“Se fossi una spia dei lupi a quest’ora vi avrei già legati ad un albero in attesa di sbranarvi con la luna piena.”
“Una spia fingerebbe di essere innocua.” Replicò la bionda.
“Rebekah, basta. Artemis vuole solo tornare a casa sua.” Disse Klaus.
Rebekah scosse la testa ma non disse nulla. Suo fratello alle volte era così testardo che neanche la minaccia di suo padre lo faceva desistere.
Continuarono a camminare in silenzio, solo i loro passi e il cinguettio degli uccelli scandiva il tempo. Artemis era esausta, non aveva mai camminato tanto in vita sua e non su un terreno duro come quello.
“Siamo arrivati. Però ci fermiamo qui.” Annunciò Rebekah.
“Non possiamo invadere il territorio dei lupi.” Spiegò Klaus.
Artemis non vedeva niente – né capanne né persone – ma da lì riusciva a scorgere il fumo che saliva dai focolari. I lupi si stavano preparando per la notte di trasformazione.
“Perché ti servono i lupi per tornare a casa?” chiese Rebekah.
“A dire il vero, mi serve la magia del plenilunio. Sfrutterò la luna piena nel suo massimo punto per fare l’incantesimo e andare via di qui.”
“Parli come nostra madre.” Mormorò la bionda.
Artemis si sedette su un tronco caduto e spezzato e distese le gambe intorpidite. Se la sua coscienza era finita in quella specie di limbo magico, il suo corpo doveva ancora trovarsi in biblioteca. Sperava che Klaus – il suo Klaus – riuscisse a svegliarla nel caso in cui l’incantesimo fosse fallito.
“Vostra madre è una strega davvero potente.”
Klaus si sedette accanto a lei e prese un rametto su cui alloggiava una coccinella rossa.
“Ma si limita a incantesimi basilari. Lei ama praticare la magia naturale attingendo potere dai fiori e dalle piante.”
Artemis vide che coccinella adesso gironzolava sulla mano di Klaus, superando le nocche come fossero dossi stradali. Lui sorrideva e muoveva le dita per far passare l’animaletto.
Era così innocente che quasi non sembrava lo stesso uomo.
“Ti piacciono le coccinelle?”
“Mi piacciono tutti gli animali, ma i cavalli sono i miei preferiti.”
Artemis voleva scoppiare a ridere per lo stupore. Era incredibile che quel ragazzo dolce e gentile fosse l’ibrido spietato che conosceva lei.
“Quanti anni hai, Klaus?”
“Ho compiuto da poco venticinque giri intorno al sole.”
Dunque aveva venticinque anni, ovvero mancavano ancora tre anni alla trasformazione in vampiro. Per ora era solo un lupo mannaro inconsapevole della propria natura.
“Io me ne vado. Klaus, tu dovresti venire con me. Non è sicuro qui.” Disse Rebekah.
“Ma non possiamo lasciare Artemis da sola!”
“E’ una strega, sa cavarsela. Se i lupi ci scoprono… o peggio, se nostro padre ci scopre…”
Artemis lesse negli occhi dei due Mikaelson il terrore puro. Sapeva che Mikael era un padre violento e meschino, ma quel terrore era così tangibile che le vennero i brividi.
“Rebekah ha ragione. Dovreste andarvene prima che vi scoprano.”
Rebekah agguantò la mano del fratello per trascinarlo via ma lui si ritrasse con uno scatto.
“Tu va pure, io resto con Artemis. Tornerò non appena avrà concluso l’incantesimo.”
“Sei uno sciocco, Nik.” Borbottò Rebekah.
“Ora va e cerca di intrattenere nostro padre.” Disse Klaus.
Rebekah lanciò un’occhiata minacciosa ad Artemis, quello era un tratto della personalità che aveva conservato nei secoli. Anche la sua Rebekah gettava occhiate torve a chiunque fosse un pericolo per la famiglia.
“Se succede qualcosa a mio fratello, ti vengo a cercare e ti scuoio come un cinghiale.”
“Sei sempre gentile e delicata, Rebekah.” Disse Artemis.
La ragazza si voltò con un teatrale schiocco di capelli e riprese la via del ritorno al suo villaggio.
“Allora, Artemis, come posso aiutarti per l’incantesimo?” disse Klaus con un sorriso.
 
“Papà?”
Hope entrò in infermeria in punta di piedi, ma suo padre l’aveva sentita comunque avvicinarsi. Non aveva lasciato neanche per un attimo il capezzale di Artemis, era rimasto seduto a vegliare su di lei per tutto il tempo. Non si era nemmeno cambiato i vestiti sporchi di polvere.
“Ehi, Hope. Che c’è? Stai bene?”
“Io sto bene. Tu come stai? Ti fa male il collo?”
Klaus abbozzò un sorriso per la tenerezza di quella domanda.
“Sono un ibrido, guarisco in una manciata di secondi. Il mio collo è sano e salvo.”
Hope annuì e si avvicinò al letto, prese la mano di Artemis e le sfiorò il dorso col pollice.
“E’ fredda.”
“Già. Freya dice che è normale, che succede quando la coscienza viene trasferita altrove.”
“Non c’è modo di sapere dove è stata trasferita?”
Klaus sospirò, aveva posto la stessa domanda a Freya e aveva ricevuto una risposta insoddisfacente.
“Non c’è modo. La sua coscienza potrebbe essere finta ovunque, non possiamo scandagliare centinaia di dimensioni magiche. Possiamo solo aspettare che si svegli.”
Hope si soffermò ad osservare la mano di Artemis che stringeva. Era ghiacciata e pallida, le vene erano blu come corsi d’acqua su una mappa. Ogni dito era ornato da un anello che fosse una fascetta o una pietra colorata. Anche alle orecchie indossava perle colorate. Un dettaglio attirò la sua attenzione: una sottile corda nera attorno al collo.
“Questo cos’è?”
“Cosa?” domandò Klaus distrattamente.
Hope tirò la corda e dal maglioncino di Artemis sbucò una collana. Il pendente era un semplice cerchio nero.
“Papà, questo somiglia al tuo anello.”
Klaus riconobbe che era proprio il suo anello, quello che aveva donato ad Artemis come amuleto. Si trattava di un gingillo che aveva acquistato secoli prima in India, era rivestito di quarzo nero e glielo aveva venduto una strega del luogo.
“So come riportare Artemis indietro. Chiama subito Caroline e Alaric!”
 
“Poi intrecci le parti finali insieme e chiudi tutto con un nodo.”
Klaus terminò il nodo della corona di fiori e la mostrò ad Artemis con un sorriso. La ragazza batté le mani per l’eccitazione, sin da bambina desiderava imparare a intrecciare i fiori.
“E’ bellissima! Sei davvero bravo, ma questo lo sapevo già.”
“Lo sapevi già?” le fece eco Klaus, perplesso.
Artemis aveva visto l’arte di Klaus, i dipinti e i disegni, gli oggetti intagliati, e lo reputava un egregio artista. Gli bastava una matita o un coltellino da burro per creare un’opera d’arte.
“Nel senso che… cioè, si capisce che sei bravo. Ecco!”
Klaus arrossì fino alle punte delle orecchie e si morse le labbra. Non era abituato ai complimenti. Suo padre lo insultava e le ragazze del villaggio lo ritenevano un debole. Solo Rebekah ed Elijah si complimentavano con lui quando realizzava un nuovo colore.
“Questa è per te.”
Artemis abbassò la testa e Klaus le sciolse la cuffia bianca per sistemarle la corona sui capelli.
“Come mi sta?”
“Bellissima come una vera regina.”
Questa volta fu Artemis ad arrossire. Non importava in quale secolo fosse, Klaus Mikaelson riusciva sempre ad affascinarla.
“Grazie, Klaus, sia per la corona sia per l’aiuto.”
Lo sguardo di Klaus si adombrò, i suoi occhi diventarono grigi per la tristezza.
“So che cosa vuol dire essere soli e desiderare una mano d’aiuto.”
“Dici così per via di tuo padre? Sembra che lui sia un mostro.” Disse Artemis.
“Mia madre lo giustifica sempre, dice che è un uomo irascibile e che dobbiamo comportarti bene con lui. Io mi comporto bene, ma sembra che lo irriti la mia sola esistenza. Mi odia.”
Artemis sentiva gli occhi pizzicare, avrebbe voluto piangere per la sofferenza nella voce di Klaus. Era diventato crudele e paranoico per colpa di un padre che lo aveva detestato.
“Mi dispiace. Nessuno dovrebbe soffrire per colpa della famiglia.”
“Ma il vero amore include la sofferenza.” Disse Klaus.
Artemis gli accarezzò la guancia senza pensarci, senza preoccuparsi di manipolarlo. La pelle di Klaus era liscia e odorava di muschio, al contrario di quella ruvida e odorosa di bourbon che conosceva lei.
“L’amore non è mai sofferenza. La famiglia deve essere un porto sicuro, ricordatelo.”
Klaus chiuse gli occhi e si abbandonò alla carezza, gli anelli di Artemis erano freddi contro la sua guancia. Gli sembrava di conoscerla, di aver già sentito quel tocco sulla pelle, di riconoscere il suo profumo. Era solo immaginazione? Oppure era l’angelo che sognava di notte perché lo salvasse dalle botte di suo padre?
“Chi sei tu? Un angelo. O una dea.” sussurrò piano.
Artemis studiò il suo viso – che avrebbe riconosciuto anche bendata – e si impresse nella memoria nella linea della mascella, le labbra piene, la curva del mento, quelle sopracciglia che un giorno lo avrebbero resero ammiccante.
“Sono soltanto Artemis.”
“Niklaus!” tuonò una voce rabbiosa.
Klaus schizzò in piedi come una molla, l’agitazione che lo faceva tremare come una foglia.
“Niklaus! Figlio ingrato, dove ti nascondi?”
“Scappa, Artemis! Scappa!”
Artemis gli afferrò la manica della tunica e gli prese il mento con forza per farsi guardare in faccia.
“Scappiamo insieme. Non ti lascio con quello stronzo di tuo padre.”
“Ma il tuo incantesimo? Perderai l’occas-…”
“Non importa. Adesso andiamo!”
 
“Klaus, il battito cardiaco sta rallentando.” Disse Caroline.
Klaus tastò il polso di Artemis e appena appena riuscì ad udire la pulsazione. Stava morendo.
“Freya, sta morendo. Artemis non ha più tempo!”
“Com’è possibile che stia morendo? Il suo corpo è qui.” Si intromise Hope.
Freya era apparsa lì in forma di proiezione astrale grazie ad un cristallo che le consentiva di mostrarsi a tutti loro.
“Il suo corpo sta morendo perché la sua coscienza sta morendo. Qualcuno cerca di ucciderla nella dimensione in cui si trova.”
“Se qualcuno uccide la sua coscienza anche il corpo morirà?” indagò Caroline.
“Sì. Mente e corpo sono strettamente connessi.”
Klaus ebbe la sensazione di essere pugnalato al cuore. Aveva già rischiato di perdere Artemis un paio di volte, una terza non era ammissibile.
“Puoi salvarla, Freya?”
“Posso provarci. Posso usare la collana per rintracciarla e poi un incantesimo di telecinesi per riportare qui la sua coscienza. Avrò bisogno di Hope.”
“Certamente.” Acconsentì Hope.
“Hope si occuperà di localizzare l’amuleto e io penserò a riportare Artemis qui.” Disse Freya.
“Non puoi semplicemente localizzare Artemis?” domandò Caroline.
“Il suo corpo è qui, la localizzazione mi condurrebbe qui. Localizzare la coscienza è impossibile, anche perché non sappiamo dove sia. Nella dimensione in cui si trova ha con sé i vestiti e i gioielli, quindi possiamo rintracciare la magia dell’amuleto.”
“E’ geniale.” Commentò Hope.
Freya mosse le mani per recuperare una candela ma la proiezione mostrava solo un movimento convulso delle braccia.
“Hope, stringi l’anello di tuo padre e recita la formula che ti ho scritto.”
“Quale formula?”
Un odore di incenso si liberò nella stanza e Hope si ritrovò un biglietto ripiegato in tasca.
“Quella formula.” Disse Freya.
La ragazza strinse l’anello di Klaus appeso al collo di Artemis e lesse l’incantesimo ad alta voce.
Phasmatos tribum, nas ex veras, seguitas sanguinem.”
A quel punto Freya allungò le mani sopra il corpo di Artemis e spalancò gli occhi per trovare la sua coscienza nell’immensa vastità delle dimensioni magiche.
 
Artemis si appoggiò ad un tronco e si piegò con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Klaus controllava che Mikael non li avesse raggiunti ancora. Ormai si stava facendo buio e il padre sarebbe dovuto tornare a casa prima della luna piena.
“Artemis, il tuo tempo sta per scadere. Ti stai allontanando troppo.” Disse Klaus.
“Non importa. Non lascerò che tuo padre ti picchi per colpa mia.”
Artemis sentiva le vesciche ai piedi, correre con quegli stivaletti non era stata una grande idea. Si passò le mani fra i capelli con la frustrazione che aumentava. Dove diamine era finita? Era un sogno? Un incubo? Una prigione mentale? Non sapeva dirlo con certezza. Poteva essere tutto e niente, un semplice sonno disturbato oppure una dimensione in cui era stata abbandonata.
“Mio padre mi picchia perché sono una nullità. Perché sono un debole e merito di essere raddrizzato.”
“Smettila di pensare queste cose!” sbottò Artemis.
Il suo Klaus era sicuro di sé, spavaldo e calcolatore mentre questo era un ragazzo spaventato e pieno di incertezze.
“Scusami.” Disse Klaus.
Artemis sospirò, forse preferiva la versione baldanzosa di Klaus. Andò da lui e gli diede una pacca sulla spalla.
“I genitori fanno schifo. Fidati, io lo so bene. Però noi non siamo i nostri genitori. Possiamo decidere quale strada prendere in base a ciò che vogliamo. Non permettere a tuo padre di trasformarti in qualcuno che non sei.”
“Niklaus! Bastardo! Ti nascondi come un maialino impaurito!” gridò Mikael.
Artemis spinse Klaus verso la parte opposta, in direzione del fiume che portava fuori da Mystic Falls.
“Corri!”
Era difficile distinguere gli alberi poiché il buio si stava stendendo coma una pennellata su una tela. Artemis inciampò almeno un paio di volte, imprecò e riprese a correre facendo slalom fra cespugli e querce secolari.
“Poveri sciocchi!”
Artemis piantò gli stivali nel terreno e cadde sulle ginocchia. Klaus sollevò le mani in segno di resa.
“Padre, io vi supplico…”
Mikael lo zittì colpendolo con un bastone sul fianco. Gli diede una seconda bastonata sulla spalla.
“Mi supplichi? E’ l’unica cosa che sai fare, bastardo. Sei un debole verme che arranca per sopravvivere.”
“Qui l’unico bastardo sei tu!” sbraitò Artemis.
Si era messa in piedi, anche se la caviglia destra era gonfia per via della caduta. Guardava Mikael con la stessa sfida con cui aveva affrontato i bulli al liceo.
“Niklaus, ti fai difendere da una femmina adesso?” lo derise Mikael.
Klaus era ancora a terra, le dita piantate nel terreno umido, e tremava di paura. Stava singhiozzando.
“Lei non c’entra niente. Lasciatela andare, padre. Lasciatela andare e i farò tutto ciò che mi direte.”
Mikael rise, e la sua risata era simile al gorgoglio di un mostro che sta per divorare la sua vittima.
“Tu sei inutile, non potresti fare quello che ti dico. Non mi servi a niente! Sei solo uno spreco di carne umana!”
Qualcosa scattò dentro Artemis. Ripensò a suo padre Oscar, all’indifferenza che aveva provato per lei, al modo in cui l’aveva abbandonata per salvarsi la reputazione nel Quartiere Francese.
Lihednat dolchitni.”
Il ghigno di Mikael si contorse in una smorfia. Artemis gli stava bloccando le vie respiratorie fino a causargli asfissia.
“Artemis, basta. Non ucciderlo. Basta!” la pregò Klaus.
“Lui è un mostro. Merita di morire!”
Klaus le mise la mano sulla spalla e la guardò con gli occhi lucidi.
“Non macchiarti la coscienza con la sua morte, non ne vale la pena. Fermati.”
Artemis interruppe il processo e Mikael svenne all’istante. Klaus gli controllò il respiro per assicurarsi che fosse ancora vivo.
“Sei troppo buono, Klaus.” Disse Artemis.
Klaus sorrise ma una fitta di dolore al fianco lo fece piegare in due. La pelle stava già diventando viola livido.
“Non sono un assassino. E non lo sei neanche tu.”
Artemis avrebbe voluto credergli, però sapeva che negli anni tutto sarebbe cambiato: lui sarebbe diventato il tanto temuto Klaus Mikaelson, l’ibrido spietato che tortura e uccide per diletto. Eppure cominciava a pensare che la storia fosse ben diversa.
“Artemis! Artemis, riesci a sentirmi?”
La ragazza si guardò attorno ma vide solo ombre e nebbia. Poi scorse una figura indistinta che avanzava verso di lei.
“Artemis, sei qui? Riesci a sentirmi?”
La figura diventò sempre più nitida e Artemis scoppiò a ridere di cuore. Il sollievo la travolse scaldandole il petto.
“Freya, sono qui. Ti sento e ti vedo! Sono qui!”
Freya sorrise a sua volta e sventolò le mani per salutarla. Artemis era come una luce in un mare di tenebra.
“Dobbiamo andare. Stai morendo, devi svegliarti.”
Artemis non aveva la sensazione di essere in fin di vita, ma c’era qualcosa di freddo che pareva sgusciarle nel sangue e nelle ossa. Più tempo trascorreva in quella dimensione, più alta era la probabilità di morire entro poche ore.
“Klaus, devo andare. Dobbiamo salutarci.”
Klaus le strinse entrambe le mani e le baciò, poi fece un mezzo inchino e sorrise.
“E’ stato un onore conoscerti, Artemis. E grazie per avermi protetto da Mikael.”
Artemis si issò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia, assaporando quel momento ancora un poco.
“Addio, Niklaus.”
 
Phasmatos motus robix!”
Freya fu sbalzata indietro, per fortuna la sua proiezione non poteva essere ferita in nessun modo. Seguì un silenzio assordante. Tutti aspettavano che Artemis si vegliasse.
“Niklaus!” strillò Artemis.
La ragazza quasi si rovesciò sul pavimento per essersi svegliata di soprassalto.
“Sono qui.”
Klaus, seduto sul letto accanto a lei, le sorrise e le scostò la frangetta dagli occhi. Artemis prima lo fissò con incredulità e poi si gettò fra le sue braccia. Lo strinse a sé come se fosse il porto sicuro in mezzo alla tempesta.
“Shh, va tutto bene.” la consolò Klaus.
Era la prima volta che si abbracciavano dopo mesi. Klaus affondò il viso nei suoi capelli e respirò a pieni polmoni il suo profumo. Tenerla fra le braccia fu come tornare a respirare dopo l’apnea.
“Dovresti mangiare qualcosa. Vado a prepararti un brodo di pollo.” Disse Caroline.
“E’ vegetariana.” Disse Hope.
“Era una scusa per lasciarli da soli.”
Alaric, Hope e Caroline lasciarono l’infermeria senza fare troppo rumore. Artemis si staccò da Klaus e si coprì la bocca con la mano per non scoppiare a piangere dal sollievo.
“Che cosa è successo, Artemis? Dov’eri?” chiese Klaus.
“Ero con te nell’XI secolo. Stavi davvero bene con i capelli lunghi e senza barba.”
“Io e te abbiamo molte cose di cui discutere. Fammi posto.”
Artemis si rannicchiò all’angolo della brandina e Klaus si distese al suo fianco, nessuno dei due osava toccarsi.
“Ti racconto come è andata.”
 
Salve a tutti! ^_^
L’idea di un viaggio nel tempo mi è sembrata davvero carina, soprattutto perché Klaus era diverso prima della trasformazione in vampiro/ibrido e volevo che Artemis conoscesse anche quella parte di lui.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 7
*** La festa dei fantasmi ***


6. LA FESTA DEI FANTASMI

“Voglio credere alla magia di questo ardente e stupefacente universo, al significato e al potere dei simboli.”
(Dylan Thomas)

 
Il giorno dopo, New Orleans
Freya fissava il cancello con insistenza. Non aveva dormito molto, si era svegliata all’alba e si era seduta in cortile ad aspettare. Klaus e Artemis stavano tornando da Mystic Falls, la ragazza era stata costretta a riposare prima di ripartire.
“Smettila di muovere la gamba.” Disse Keelin.
Freya non si era neanche accorta che la sua gamba sinistra si alzava e si abbassava in preda all’agitazione. Premette la mano sul ginocchio per impedire altri spasmi nervosi.
“Sono preoccupata per Artemis. Quello che è successo stava per ucciderla.”
“Dunque hai capito cosa le è successo?” domandò Elijah.
Il vampiro stava bevendo sangue fresco in una graziosa tazza di porcellana i cui bordi bianchi si erano macchiati di rosso.
“Era una specie di sogno. La magia onirica può condurre la coscienza in infinte dimensioni.”
“La magia dei sogni è potente, bisogna fare attenzione.” Osservò Keelin.
“Chi ha lanciato l’incantesimo è una strega esperta. Potrebbe essere stata Brenda Cooper?”
Elijah arricciò il naso e lasciò la tazza sul tavolino, non aveva più fame.
“Brenda Cooper ha validi motivi per odiare Artemis e volerla morta, eppure c’è qualcosa che non mi convince. Quando una strega come Brenda vuole ucciderti, lo fa senza perdere tempo.”
“Invece con Artemis ha allungato la tortura.” Disse Freya.
“Forse voleva prolungare la sua sofferenza e godersi lo spettacolo?” tentò Keelin.
“Oppure ucciderla non era la vera intenzione.” Disse Elijah, sospettoso.
La conversazione fu troncata da un rombo di motore. Freya si precipitò fuori dal palazzo e Keelin la seguì a ruota.
Dall’auto parcheggiata nel viale scese Klaus che fece il giro per aprire lo sportello ad Artemis e aiutarla come un vero gentiluomo.
“E mi è colata la ceralacca sulla mano.” Stava dicendo lui.
“Hai fatto una figuraccia davanti alla regina di Spagna, vergognati!” scherzò Artemis.
“Artemis!” la richiamò Freya.
La ragazza le andò incontro e l’abbracciò, dopodiché abbracciò anche Keelin. Sorrise quando Elijah le passò accanto e le toccò gentilmente la spalla.
“Lieto di rivederti, Artemis.”
“Lieta di essere tornata viva.” Replicò lei.
Mentre Elijah si avvicinò al fratello per confabulare, Freya e Keelin portarono Artemis dentro. L’odore di bourbon si mescolava a quello del ferro e lei ebbe la sensazione di trovarsi davvero a casa.
“Come stai? Keelin dovrebbe visitarti.” Disse Freya.
Artemis fu obbligata a sedersi sul divano e Freya le offrì una tazza di tè al bergamotto. Bevve un sorso e si scottò la lingua.
“Sto bene. Alla Salvatore School hanno fatto tutti i controlli. Inoltre, Klaus ha voluto che Elena Salvatore mi visitasse. E’ tutto apposto.”
“Ma certo che stai bene. E’ solo che Freya si sta agitando troppo.” Disse Keelin.
“Faccio bene ad agitarmi. Qualcuno ha mandato la sua coscienza in una dimensione passata!”
Artemis rise e bevve altro tè, il calore si diffondeva piacevolmente in bocca e inumidiva la gola secca.
“Però prima di farmi un bel viaggetto ho scoperto qualcosa.”
“Ah, sì?” fece Keelin, sorpresa.
“Ho appuntato tutto sul taccuino che è stato rubato. Nel Malleus Maleficarum ho trovato la profezia annunciata da Joaquin. La profezia risale al ‘400 ed era stata profetizzata da una strega italiana bruciata sul rogo a Firenze.”
“Cosa c’entra questo con noi?” domandò Freya.
Artemis finì la bevanda e tirò fuori dalla tracolla il cellulare per mostrare loro le foto di tre dipinti di donne.
“La profezia compare più volte nella storia: nel 1457 in Italia, nel 1591 in Germania, nel 1692 a Salem e pochi giorni fa qui a New Orleans. Le donne dei tre dipinti sono le streghe bruciate sul rogo in quelle date.”
Freya studiò le donne, avevano acconciature e abiti diversi, erano anche diverse per età e colore della pelle.
“Conosci i loro nomi?”
“Sì. I nomi delle donne uccise durante i processi erano registrati. Loro sono Ginevra Beccarini, Viveka Schulz e Mary Walcott che tutti noi conosciamo.”
“Manca la quarta strega di New Orleans.” Disse Keelin.
“Questo è un problema. A New Orleans sono state uccise due streghe e uno sciamano, però non possiamo sapere chi di loro sia effettivamente la vera vittima.”
“Oppure la vera vittima non è ancora stata uccisa.” Disse Freya.
Artemis si infilò il cellulare in tasca e prese una lista di nomi che per fortuna non era stata rubata.
“Questi sono i nomi di tutte le streghe e gli sciamani di New Orleans. Me l’ha inviata Vincent ieri sera. Forse una di queste persone è la vera vittima.”
Freya passò in rassegna i nomi ma non aveva idea di qualche fosse una presunta vittima.
“Eventi celesti bizzarri, una profezia che collega quattro donne nei secoli e una caccia alle streghe nel Quartiere Francese. Non ha molto senso.”
“Tutto porta alla comunità delle streghe. E’ da lì che dobbiamo partire.” Disse Artemis.
 
Artemis smise di scrivere sul suo grimorio, quello regalatole da Klaus, non appena udì un fruscio. Sulla soglia della sua camera apparve Gabriel con uno dei suoi sorrisi maliziosi.
Hola, chica.”
“Sei vivo? Klaus ti sta cercando per tutto il Quartiere.”
“Ogni tanto bisogna prendersi una pausa dai Mikaelson. Sei d’accordo?”
Artemis chiuse il grimorio e lo ripose nel cassetto, poi lo sigillò con un incantesimo perché nessuno lo trafugasse. Perdere il taccuino era già stato un grosso danno, non era necessario perdere anche il proprio diario.
“Che vuoi, Gabriel? Sono sicura che ti serva qualcosa.”
Il vampiro si dondolò sui piedi e si infilò le mani in tasca, ma Artemis aveva colto il leggero tremolio delle dita. Non era da lui era così nervoso.
“Stasera c’è una festa a Black Pearl, un quartiere di periferia. C’è una grande villa abbandonata dove ogni anno le creature sovrannaturali vanno a festeggiare prima di Mardi Gras.”
Quell’anno il martedì grasso cadeva il cinque marzo, dunque mancavano due settimane alla grande celebrazione che avrebbe chiuso il Carnevale.
“E chi partecipa a questa festa?”
“Streghe, vampiri, lupi, folletti e gnomi da giardino. Insomma, più siamo e meglio è!”
Artemis storse la bocca, un luogo abbandonato che diventa il fulcro per una festa soprannaturale non ispirava fiducia.
“Le streghe e i lupi odiano i vampiri. Come mai si riuniscono?”
“La festa del Black Pearl è l’unica capace di riunire le tre fazioni. Solo gli umani sono esclusi. Non tutti seguono la regola secondo cui non devono esserci contatti fra le specie.”
“Come siete progressisti e festaioli, voi gente di New Orleans.”
Gabriel si sedette alla toilette e si tolse la giacca di jeans per sistemarla sullo sgabello. Dalla stoffa proveniva un intenso odore di mirra che fece starnutire Artemis.
“Salute! Allora, vieni o no alla festa? Serve anche a te una pausa dai Mikaelson.”
“Ci vengo.” Disse lei con un sorriso.
“Ti vengo a prendere alle otto. Non farti beccare da Klaus, altrimenti ti rinchiuderà nei sotterranei.”
 
Gabriel arrivò in anticipo. Artemis aveva intenzione di indossare qualcosa di carino per la festa, ma per la fretta aveva optato per la solita salopette nera e un maglioncino beige. Si era allacciata gli anfibi alla rinfusa, si era pettinata i capelli e si era infilata al volo il cappotto. Sulla testa si era calata un cappello nero con la scritta ‘bad hair today’.
“Fai bene a nascondere la frangetta col cappello, quella tinta verde è indecente.”
“Nessuno ha chiesto la tua opinione.” Ribatté Artemis.
Gabriel rise e le fece l’occhiolino. Camminarono a piedi fino a Jackson Square e da lì proseguirono sulla decappottabile rossa che il giovane vampiro aveva acquistato subito dopo la trasformazione. L’auto frecciava talmente veloce che Artemis sentiva la cena che le risaliva lungo l’esofago; dovette faticare per non vomitare sui costosi tappetini.
Dopo una ventina di minuti – e dopo aver infranto l’intero codice stradale – Gabriel con una sgommata parcheggiò nei pressi della chiesa di Mount Moriah Baptist.
“Che la festa abbia inizio!” esclamò Gabriel.
Artemis trattene un conato di vomito. Si guardò intorno scoprendo quel quartiere per la prima volta. La strada era illuminata dai lampioni ed era costeggiata da una serie di villette, alcune erano ridotte in pessime condizioni. Anche il tetto della chiesa sembrava sul punto di cedere. Da una casa scaturivano luci colorate che variavano dal viola al blu, dal rosso al giallo. La musica tecno rimbombava in tutto l’isolato.
“C’è tutto il Quartiere Francese là dentro?” domandò Artemis, scettica.
“Vieni a vedere.”
Gabriel aprì la porta e una folata di alcol e sudore diede loro il benvenuto. Artemis si accorse che i vampiri entravano senza essere invitati, perciò la casa non aveva proprietari in vita. L’interno era stracolmo di gente che beveva, rideva e ballava dove trovava posto. La villa contava tre piani, i primi due era destinati alla festa mentre il terzo era chiuso a chiave.
“Ehi, Gabe! Credevo non arrivassi più!” urlò un ragazzo.
Aveva lunghi capelli castani e una t-shirt che metteva in evidenza il tatuaggio di una luna nera sul petto.
“Sono arrivato in tempo per la birra. Ah, lei è la mia amica Artemis.”
“Non sono sua amica ma mi chiamo Artemis.”
“Mi piaci, ragazza. Io sono Drew, il braccio destro di Hayley Marshall.” Spiegò il ragazzo.
“Sei un lupo mannaro che offre birra a un vampiro? Wow.” Commentò Artemis.
Drew rise e il suo alito era tanto impregnato di rum che lei fece un passo indietro.
“Da quel che so anche tu frequenti i vampiri. Sono morti e petulanti, ma portano l’alcol migliore alle feste.”
“A proposito, cosa desidera la strega?” domandò Gabriel.
Artemis non avrebbe bevuto nulla, sua madre le aveva insegnato a non accettare cibo e bevande dagli sconosciuti, soprattutto se a offrirli sono un vampiro e un licantropo.
“Portami una birra. Io intanto faccio un giro della casa.”
“Ti accompagno io, sono una brava guida turistica.” Si propose Drew.
Gabriel si allontanò e in cucina incontrò un altro amico con cui si fermò a chiacchierare. Artemis aveva la possibilità di ispezionare la villa senza intoppi.
“Bene, Drew, fammi strada.”
 
“Nei mesi estivi in questa stanza si tengono le sedute spiritiche.” Disse Drew.
Artemis entrò nella stanza e si accorse che c’era un tavolo rotondo al centro, vecchie candele sciolte e un mazzo di carte dei tarocchi.
“Le candele non bastano a invocare gli spiriti. Più che sedute spiritiche, io direi che sono delle vere truffe.”
“Sei tu qui l’esperta di spettri.” Rise Drew.
Artemis si avvicinò ad una parete e staccò un lembo della carta da parati. Accostò l’orecchio e sentì un ronzio basso e vibrante.
“Spiriti e spettri non sono la stessa cosa. Questa casa è infestata, vero?”
“Leggende locali narrano che in questa villa Claire Shepard abbia assassinato la sua famiglia.”
“E’ una balla. Le leggende sui fantasmi accusano sempre le donne, il che è inverosimile.”
Drew rise e svuotò la lattina di birra in due sorsate. Fece un rutto e si pulì la bocca con la manica.
“Sei la paladina delle donne fantasma?”
Artemis posò i palmi aperti sul pavimento e provò una scossa che le fece il solletico. Lo spirito di quella casa la stava salutando.
“Claire Shepard non ha fatto niente di male.”
“Te lo dicono le piastrelle del pavimento?” la derise Drew.
Il tavolo rotondo cigolò e le carte si sparsero per terra, creando un ventaglio di figure. Una sola carta era rivolta verso l’alto: gli amanti.
“Me lo sta dicendo Claire. Probabilmente suo marito ha ucciso lei e i tre figli.”
“Il fantasma è qui? Adesso?”
Artemis si mise in piedi e nello specchio sporco di forma ovale intravide il viso sorridente di una donna. Ricambiò il sorriso.
“E’ andata via. Giustizia è stata fatta.”
Drew sobbalzò quando l’asse di legno del corridoio fece rumore. Sospirò nel vedere Gabriel che barcollava nella sua direzione.
“Sei ubriaco, Gabe? Sei stato via solo dieci minuti.”
“Ho bevuto sangue contaminato da alcol. Sono brillo!” spiegò il vampiro.
 
Klaus rientrò a palazzo intorno alle dieci di sera. Era andato al Giardino per accertarsi che Oscar fosse ancora vivo e poi era passato in pasticceria per comprare una vaschetta di gelato per Artemis. Immaginava che la ragazza fosse rimasta in stanza a guardare qualche vecchio film al computer.
“Sono tornato. C’è qualcuno?”
Il suo udito non captava niente, non c’erano cuori che battevano al piano di sopra. Infatti, la stanza di Artemis era vuota e il letto era intatto. Klaus selezionò il numero di Freya dalla rubrica e fece partire la chiamata.
“Pronto?”
“Artemis è con te?”
“No. Io e Keelin siamo andate a cena fuori da sole. Elijah è al Bayou con Hayley.”
Klaus sospirò per la frustrazione. I vestiti della ragazza erano ancora lì, anche il computer e un paio di libri, dunque non era scappata come al solito.
“Artemis non è a casa. Puoi localizzarla?”
“Klaus, sono in un ristorante e non ho sangue a disposizione per rintracciarla. Posso tornare a casa, se vuoi.”
“Non fa niente. Tu e Keelin godetevi la serata.”
Klaus decise di frugare nel computer di Artemis, di sicuro nella cronologia si era conservato qualcosa. Si accedeva al sistema per mezzo di una password che lui conosceva perché l’aveva spiata mentre la digitava. Scrisse ‘themorticiandaughter’ e attese qualche secondo prima che il desktop si sbloccasse.
“Vediamo un po’ che cosa hai cercato.”
Nella cronologia c’erano ricerche che risalivano a due ore prima e riguardavano tutte Claire Shepard. Klaus sapeva che, stando alle voci dell’epoca, a fine Ottocento Claire aveva sgozzato tutti i membri della sua famiglia e poi si era tolta la vita. Secondo le streghe, la casa degli Shepard a Black Pearl era infestata dal fantasma di Claire.
Il cellulare vibrò per segnalare l’arrivo di una notifica da parte di Freya: era una foto che ritraeva tre ragazzi mezzi ubriachi e sullo sfondo si vedeva una ragazza con la frangetta verde. Richiamò la sorella per avere una delucidazione.
“Da dove viene quella foto?”
“Keelin ha dei mezzi moderni di localizzazione. Ha trovato la foto su Instagram e la posizione indica che si trova ad una festa a Black Pearl.”
La festa nel quartiere di Black Pearl era nota a tutti, persino Klaus negli anni Novanta aveva partecipato ma poi si era annoiato e non ci era più stato.
“Freya, è possibile contattare uno spirito? Credo che Artemis sia andata là per Claire Shepard.”
“Claire non è un semplice spirito. Lei è uno spettro perché ha davvero ucciso la sua famiglia.”
Klaus serrò i pugni per la rabbia. Artemis si era appena cacciata in un grosso guaio.
 
Artemis si era messa in disparte in un angolo del soggiorno con un bicchiere di tequila in mano. Aveva accettato il drink per non essere maleducata, ma non aveva toccato neanche un goccio.
“Guarda un po’ chi si rivede. La mia assassina!”
Florie cinse le spalle di Artemis con un braccio, anche il suo alito sapeva di tequila mescolato a sangue.
“Scusami ancora per averti uccisa.”
“Sto meglio da morta, non trovi?” scherzò Florie.
Artemis annuì e si scostò, non era il caso di stare appicciata ad una neo-vampira ubriaca.
“Florie, in questi giorni hai visto Gabriel? Klaus lo stava cercando.”
“Gabriel non era qui. Due giorni fa è andato in Virginia, lo so perché gli ho prestato i soldi per comprare il biglietto. Secondo me c’è di mezzo una ragazza, o un ragazzo.”
I dubbi di Artemis ebbero conferma. Gabriel era sparito dalla circolazione perché si trovava in Virginia, proprio dove anche lei e Klaus si erano diretti. Ormai le coincidenze erano troppe per credere che fosse tutto casuale.
“Vado a chiederglielo. E’ divertente dargli fastidio.”
Florie rise e accartocciò il bicchiere vuoto con sole due dita. Artemis capiva perché essere una non-morta avesse i suoi vantaggi.
“Dagli fastidio anche da parte mia. E divertiti, Artemis!”
Artemis dovette strisciare fra i corpi che ballavano per raggiungere la cucina. Gabriel e Drew stavano facendo una gara di bevute mentre un gruppo di lupi e vampiri battevano la mano.
“Ho vinto!” esultò Drew, le braccia in aria.
Gabriel si asciugò la birra colata sul mento e diede un pugno sulla spalla al licantropo.
“Hai vinto solo perché Artemis mi ha distratto.”
“Beviti anche queste stupide lusinghe.” Replicò Artemis.
Il gruppetto si mise a ridere e qualcuno fischiò. Gabriel rise e fece spallucce.
“Le piaccio, è solo che non vuole ammetterlo. Cadrà ai miei piedi molto presto.”
Artemis avrebbe voluto stringere la mano e fargli esplodere le vene del cervello, invece alzò gli occhi al cielo e abbozzò un sorriso.
“Sei ubriaco marcio, andiamo a fare una passeggiata in giardino.”
“Non fate troppo rumore!” gridò una vampira.
Artemis agguantò Gabriel per il colletto della giacca e lo spinse in veranda.
 
Klaus guardò con disgusto la villetta degli Shepard. La musica era così alta che non riusciva a distinguere le voci all’interno. Le sue narici annusavano alcol, sudore, sangue ed eccitazione. Era una festa sovrannaturale e immorale in tutti i sensi.
“Tu non sei il benvenuto qui.” Disse uno sciamano.
Klaus sentì la collera vibrare dentro di lui. Avrebbe volentieri conficcato i canini nel collo del ragazzo, ma ciò avrebbe significato dichiarare guerra aperta alle congreghe. Scelse la via della diplomazia.
“Sto cercando una persona. E’ una ragazza, alta circa un metro e settanta, capelli castani e frangetta verde. E’ venuta qui con Gabriel Garcia.”
“Non conosco nessun Gabriel Garcia e non ho visto la tua ragazza.”
L’ibrido a quel punto abbandonò ogni speranza di comunicazione. A volte le cattive maniere erano le più efficaci.
“Impiegherò meno di un minuto a uccidere tutti i presenti alla festa se non mi dici dove si trova la mia ragazza. Lo sapete, non sono noto per la clemenza.”
Alle spalle dello sciamano spuntò Florie, avvolta in cappotto di panno rosso che sembrava intinto nel sangue.
“Klaus, vogliamo solo divertirci. Artemis e Gabriel sono in giardino.”
“Ecco, bastava la sincerità. Tornate alla vostra stupida festa.”
Klaus sfruttò la supervelocità per raggiungere il giardino. Era un ammasso di erbacce secche, fiori morti e foglie ingiallite. C’era una fontana rotta e una serie di pesci rossi senza vita. Per sua fortuna l’odore di Artemis copriva il tanfo delle piante decedute. Seguì la fragranza imboccando il corridoio erboso che portava al labirinto.
 
Artemis con la coda dell’occhio vide Claire che fluttuava dietro di lei, un’ombra morta che seguiva un’anima viva. Aveva pianificato tutto nei minimi dettagli, incluso il rituale per attirare gli spettri. Gabriel non poteva sfuggire alla punizione.
“Mi porti nell’angolo più remoto del giardino per baciarmi? Pensavo ti piacesse Klaus.”
Gabriel si appoggiò al tronco di un albero e scoccò un sorriso ammaliante.
“Lo sai che Claire ha ucciso il marito con un bacio avvelenato?”
“Avevi detto che Claire non era l’assassina.”
Artemis sorrise e fece un giro su se stessa sotto lo sguardo terrorizzato di Gabriel.
“Ho mentito. Ma hai mentito anche tu.”
“Artemis…”
Il vampiro arretrò ma Artemis lo artigliò per la spalla e gli prese la mano. Strinse le dita attorno all’anello solare e chiuse gli occhi.
Phesmatos sul opraem chele kouzlo.”
L’anello si sciolse e il metallo gocciolò sul terreno formando una piccola pozza argentata.
“Il mio anello! Morirò al sole senza!” si lagnò Gabriel.
“E’ quello che ti meriti dopo avermi stordita e spedita in una dimensione magica.”
Un rumore fece agitare Artemis, che allungò il braccio libero per difendersi da chiunque. Dal buio emerse la figura slanciata di Klaus, solo i ricci biondi spiccavano in mezzo al buio.
“Che cosa intendi, Artemis?” domandò l’ibrido.
I suoi occhi ardevano di rabbia cieca, avrebbe potuto dare alle fiamme il mondo intero.
“E’ stato Gabriel ad aggredirci alla Salvatore School. Prima di svenire ho sentito odore di mirra. Quando oggi è venuto al palazzo per invitarmi alla festa ho sentito lo stesso identico odore.”
“E hai capito che era stato lui.” Aggiunse Klaus.
“Avevo il sospetto, ecco perché ho accettato l’invito. Poi Florie mi ha detto che ha prestato dei soldi a Gabriel per comprare un biglietto aereo per la Virginia. Lui si trovava in Virginia nei giorni in cui noi eravamo a Mystic Falls.”
Klaus ebbe modo di congiungere i punti: Gabriel li aveva pedinati e poi aveva approfittato delle barriere magiche fuori uso per aggredire Artemis.
“Gabriel, chi ti ha ordinato di uccidere Artemis?”
“Non posso dirvelo.” Mormorò Gabriel.
Artemis lasciò andare la mano di Gabriel e gli premette il pollice sulla fronte.
“Parla o ti faccio schizzare i neuroni, quei pochi che ti restano.”
“Artemis, per favore, spostati.” Disse Klaus con gentilezza.
La strega fece un passo indietro e insaccò le mani in tasca, altrimenti avrebbe staccato la testa di Gabriel a suon di magia.
“Klaus, no. Ti supplico!” piagnucolò Gabriel.
Klaus gli mise le mani al collo e lo spintonò contro il tronco dell’albero; una parte della corteccia si spaccò per l’impatto.
“Hai tentato di uccidere una persona che mi sta molto a cuore. Come posso avere pietà?”
“L’ho fatto per mia sorella! Lei la minacciava!”
“Lei chi?” intervenne Artemis.
“Non pos-…”
Il viso di Gabriel si contorse in una smorfia disumana. Klaus aveva ficcato la mano nel suo petto e gli stritolava il cuore.
“E’ stata Brenda a darti l’ordine, vero? Parla e io ti concederò una morte rapida.”
“V-ve-er-o.”
L’ibrido ritrasse la mano e dalle sue dita trasudò sangue mischiato ad acqua e altri liquidi. Strofinò la mano sulla giacca di Gabriel con un sorriso soddisfatto, sembrava anche piuttosto divertito dalla tortura.
“Artemis, fai ciò che più ti aggrada.”
Artemis tirò fuori dalla tasca del cappotto tre fiale di sale e lo versò sul terreno creando un cerchio intorno a Gabriel. Il sale si infiammò per un momento e poi restò solo il fumo bianco.
“Il cerchio di sale ti intrappola. Non puoi entrare e non puoi uscire.” Disse lei.
“Morirò all’alba senza l’anello solare.” Ribatté Gabriel.
Reverto.” Bisbigliò Artemis.
La pozza di metallo prese vita e si arrampicò lungo la gamba di Gabriel per strisciare fino alla mano. Si ancorò al pollice nella stessa forma di prima.
“Artemis ti sta risparmiando la vita. Dovresti ringraziarla.” disse Klaus.
“Devo ringraziarla perché mi terrà inchiodato per sempre in questo cerchio di sale?”
“Non mi scuserò.” Disse Artemis.
Gabriel le lanciò un’occhiata minacciosa che l’avrebbe potuta incenerire.
“E io non ti ringrazierò.”
Klaus si mise fra di loro per interrompere qualsiasi contatto. Era finita. Mise una mano sulla spalla di Artemis e con la testa accennò in direzione della fontana.
“Usciamo da qui. La festa è finita.”
 
Solo gli stivali di Artemis interrompevano il silenzio che era piombato fra di loro. Klaus l’aveva fatta salire in macchina ed erano tornati nel Quartiere Francese senza dirsi mezza parola.
Adesso l’ibrido si stava versando da bere con una calma serafica che metteva la ragazza in allarme. Klaus Mikaelson non era mai così tranquillo a meno che non stesse meditando su una strage di sangue.
“Okay, adesso basta. Non mi chiedi niente? Non mi fai la ramanzina? Non mi dici che sono la solita ragazzina infantile che si caccia nei guai?”
Klaus sollevò lo sguardo dal bicchiere e sbatté le palpebre, sembrava che quasi non l’avesse ascoltata. Poi sospirò.
“Niente ramanzina.”
Artemis aggrottò le sopracciglia e si accasciò sulla poltrona con incredulità.
“Sul serio? Io faccio una cosa senza il tuo permesso e tu resti calmo?”
L’Originale bevve il bourbon con estrema lentezza, gustandosi il sapore ma anche l’espressione imbronciata della ragazza.
“Sei stata coraggiosa e intelligente. Hai smascherato Gabriel prima di me. Ti devo solo i miei complimenti.”
Artemis rimase interdetta. Non era da Klaus quella placidità, non era da lui complimentarsi quando lei finiva in qualche situazione pericolosa. Affondò le unghie nei braccioli della poltrona.
“Ma io ho fatto tutto da sola!”
“Perché ci tieni tanto ad essere rimproverata? Se proprio vuoi, posso inventarmi una ramanzina su due piedi.”
“Non voglio essere rimproverata!”
Klaus la guardò come se fosse pazza e avesse appena avuto un episodio allucinogeno.
“E allora che cosa vuoi? Sei stata in gamba, tutto qui. Sono fiero di te.”
“Tu sei fiero?” ripeté Artemis, confusa.
“Artemis, io non posso comandarti. Non sono il tuo padrone e non intendo esserlo. Hai rischiato la vita partecipando ad una festa de genere? Sì. Ed è stato ancora più rischioso che tu abbia contattato lo spettro di Claire Shepard. Ma hai scelto tu per conto tuo.”
Artemis si alzò e si mise le mani sui fianchi, la sua bocca era ancora tesa in un broncio.
“Ero convinta che ti arrabbiassi perché ho agito di testa mia.”
“Sei come tua madre. Anche Yvette non sapeva stare al suo posto.” Disse Klaus.
“Devo aver preso tutto da lei.”
“Già.”
La ragazza si sentì di colpo a disagio. Klaus continuava a bere e la ignorava.
“Io vado a dormire. Buonanotte.”
“Sogni d’oro.”
Artemis salì la scalinata con il cipiglio stampato in faccia. Sbatteva i piedi sugli scalini come una bambina offesa che non ha ottenuto il giocattolo che desiderava.
“Che stronzo.” Sussurrò fra sé.
“Ti ho sentita.” Disse Klaus dal cortile.
Artemis non ne poteva più, sentiva lo scherno nella voce dell’ibrido. Tornò di sotto a passo spedito e puntò il dito contro Klaus.
“Tu sei davvero irritante!”
“Non ho fatto niente per irritarti oggi.”
“Appunto! Se tu non mi irriti…”
“Sì?” la incoraggiò Klaus.
Artemis si morse le labbra e abbassò lo sguardo. Era stata debole a lasciarsi coinvolgere da lui. Aveva ceduto ai sentimenti con una facilità che poteva ucciderlo.
“E’ più facile starti lontano quando mi irriti. Quando sei carino e gentile, io ci casco come una stupida.”
Klaus aprì la bocca per parlare ma Artemis lo bloccò alzando la mano. Aveva una marea di pensieri nella testa che voleva tirare fuori come una tempesta.
“Lasciami finire. C’è una cosa che non ti ho detto della dimensione in cui Gabriel mi ha mandata. Io stavo per morire perché volevo proteggerti da Mikael. Stavo per morire perché non volevo lasciarti da solo.”
Gli occhi di Klaus diventarono lucidi, ora il colore verde-azzurro tendeva ad essere più luminoso.
“Non era reale. Stavi morendo per un Klaus che non era vero.”
“Lo so… ma eri comunque tu. Io… io potevo starti vicino, potevo toccarti e potevo salvarti da tuo padre. Capisci? Io lì potevo stare con te come non posso fare qui nella realtà.”
Klaus si alzò e lasciò il bicchiere, poi si avvicinò lentamente a lei per non spaventarla.
“Conosco il tuo segreto. So che non vuoi toccarmi perché hai paura di cambiare le mie emozioni.”
Artemis stava tormentando l’anello di sua madre, stava quasi per staccare la pietra blu.
“Tutto quello che hai provato potrebbe essere falso. I baci, gli abbracci, quella notte a casa mia, potrebbero essere stati manipolati dal mio potere. Se io sono contenta di baciarti di conseguenza lo sei anche tu.”
“Oh, Artemis.” Sussurrò Klaus, afflitto.
“Magari tu credi di essere innamorato di me ma non è vero.”
“E perché ti voglio anche quando siamo lontani? Perché provo qualcosa per te anche se non ti tocco da mesi? Spiegamelo.”
“Non lo so… forse il mio potere si estende?”
Klaus ridacchiò e inclinò la testa di lato come quando Hope era piccola e pronunciava una parola buffa.
“Non essere sciocca, Artemis. Sai bene che il tuo potere funziona solo tramite il contatto, perciò cambi le emozioni solo quando tocchi qualcuno.”
Artemis intanto si era stretta nelle spalle e si mordicchiava le labbra fino a spaccarle.
“Questo non cambia le cose fra di noi.”
Klaus prese una ciocca castana e se la rigirò fra le dita, sorrideva e fissava la bocca screpolata della ragazza.
“Troverò un modo per far funzionare le cose. Se tu adesso dici che mi ami, che provi anche un misero straccio di sentimento per me, allora io troverò un modo.”
Artemis era mossa da miriadi di emozioni. Era ansiosa, inquieta, ma anche affascinata. Stare con Klaus era come camminare sui carboni ardenti, scottarsi la pelle ma volerne sempre di più malgrado il dolore. Era quello l’amore? Caldo e freddo insieme, dolce e amaro, piacere e sofferenza.
“Artemis.”
Klaus aveva il terrore dipinto negli occhi. Aveva sempre odiato mostrarsi vulnerabile, aprire il proprio cuore implicava una fiducia che lui non era stato capace di dare a nessuno. Ma con Artemis era diverso. Con lei riusciva ad essere se stesso senza maschere. Era Niklaus, un uomo innamorato dell’idea dell’amore ma che non l’aveva mai vissuto davvero.
“Artemis, parlami. Dimmi qualsiasi cosa. Mandami pure al diavolo.”
Artemis deglutì e lui sentì l’eco del suo cuore veloce nelle orecchie. Osò sfiorarle la guancia con le nocche e, dato che lei non si spostava, azzardò una carezza sul mento.
“Parlami. Ti prego, Artemis. Sto impazzendo.”
Artemis non poteva essere egoista. Non poteva confessargli tutto e aspettarsi che lui mantenesse le distanze. Non c’era una soluzione. Il suo potere era incontrollabile e spettava a lei imparare a gestirlo.
“Sì.”
Klaus capì che quel semplice ‘sì’ significava ‘anche io provo qualcosa’, e questo gli bastò. Aveva imparato che forzare i sentimenti era controproducente, era meglio lasciare che si muovessero lenti ma costanti.
“Adesso lo so.”
L’Originale non sopportava più quella distanza. Mise una mano sulla nuca di Artemis e la baciò. Fu un bacio a stampo, casto e rapido.
“Ti amo, Artemis.”
Artemis si issò sulle punte e gli circondò il collo con le braccia. Le si mozzò il respiro all’idea di stargli praticamente addosso, ma era stanca di evitarlo ancora.
“Dovresti baciarmi a questo punto.” Disse Klaus ghignando.
Artemis non indugiò oltre e fece scontrare le loro labbra in un bacio famelico. L’ibrido l’attirò a sé e la strinse forte, voleva ubriacarsi di lei e del suo odore. Nella foga del momento si ritrovarono avvinghiati l’uno all’altra. La schiena di Artemis finì contro il muro e Klaus intensificò il bacio. Le sue svelte mani da vampiro le stavano già slacciando la salopette per infilarsi sotto il maglione.
“Klaus! Artemis è viva?”
Artemis si staccò per prima e rise per la preoccupazione di Freya. La morte aveva messo piede in quel palazzo così tante volte che quasi ci avevano fatto l’abitudine.
“Sono viva!”
Klaus la liberò e insieme tornarono in cortile. Freya e Keelin sospirarono di sollievo nel costatare che la ragazza stava bene.
“Klaus ha comprato il gelato. Chi ne vuole?” domandò Artemis.
“Io!” si prenotò Freya.
“Anche io. Magari riesce a mitigare il vino che mi sta dando alla testa.” Disse Keelin.
Mentre la coppia andava in cucina mano nella mano, Artemis si voltò a guardare Klaus che era rimasto in cima alle scale.
“Vuoi il gelato, Mikaelson?”
“Prima devo chiamare Hope. Me ne lasci un po’ oppure tu e quelle due avete intenzione di spazzolare tutta la vaschetta?”
“Forse te ne lasceremo un po’, ma non ti prometto niente.”
Artemis rise, e Klaus sorrise per il suono cristallino che gli rimbombava nelle orecchie.
 
Salve a tutti! ^_^
Tra fantasmi e baci siamo giunti ad una mezza confessione, meglio di niente!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 8
*** Mondo prigione ***


7. MONDO PRIGIONE

“Si ha un pensiero magico quando insistiamo a voler vedere un collegamento anche quando è dimostrato che non esiste.
(Henrik Fexeus)

 
Il giorno dopo
Klaus stava leggendo il giornale quando fu attratto da un rumore di passi. Seguì un odore di fiori di iris che impregnò l’aria. Pochi istanti dopo Artemis comparve in cucina con i capelli freschi di shampoo e l’espressione mezza assonnata.
“Nottata difficile?”
La ragazza mugugnò e si lasciò cadere sullo sgabello della penisola. Si prese la testa fra le mani e si massaggiò le tempie.
“Ho dormito scarso tre ore. Mi sento come uno zombie.”
“Allora ho fatto bene a comprarti una colazione sostanziosa.” Disse Klaus.
Artemis allungò le mani su una scatola bianca con il logo di Starbucks. Persino il cartone emanava un aroma dolciastro. Lo scartò e vide un bicchiere e un sacchetto di biscotti.
“Che cosa sono?”
“Cappuccino al latte di soia con aroma di cannella e biscotti a base di frutti rossi. E’ tutto vegano, però suppongo che vada bene anche per te che sei vegetariana.”
Artemis rimase a fissare la colazione con sguardo da pesce lesso. Era incredibile che un gesto semplice come quello nascondesse un’intimità tanto grande.
“E’ perfetto. Grazie, Klaus.”
“Prego.”
Klaus bevve sangue fresco dalla sua tazza mentre un sorriso soddisfatto si formava sulle sue labbra. Era meravigliosa l’espressione di gioia e stupore di Artemis, era l’indizio che aveva gradito il gesto.
“Tu che cosa bevi? Hai preso un caffè particolare?” chiese lei a bocca piena.
“E’ sangue, a dire il vero. Un B positivo fresco di frigorifero.”
“Buon per te, Dracula.”
La ragazza divorò un paio di biscotti in meno di un minuto, aveva fame e sperava che gli zuccheri addolcissero il malessere fisico.
La colazione proseguì in silenzio. Lei mangiava e beveva, lui leggeva il giornale e borbottava contro la corruzione dei mercati. Ogni tanto Klaus la guardava con la coda dell’occhio e sorrideva intenerito dal buffo modo in cui Artemis addentava i biscotti.
“Ti serve altro, milady?”
“Mi serve un favore. Mi accompagneresti a casa di Nathaniel? Sono giorni che provo a contattarlo ma non risponde. Mi sta evitando.”
“Non credo sia una buona idea. Sua zia vuole ucciderti.” Obiettò Klaus.
“Parecchie persone vogliono uccidermi.” Ribadì Artemis facendo spallucce.
La fronte di Klaus fu attraversata da una ruga quando sentì il cancello di ingresso che sbatteva. La proprietà del palazzo era intestata a Freya e solo lei poteva invitare qualcuno a entrare, perciò doveva essere un membro della famiglia.
Hayley irruppe in cucina ancora prima che Klaus potesse sbattere le ciglia.
“Elijah è qui?”
Artemis notò subito le guance arrossate della donna e il fiatone, doveva aver corso per arrivare nel Quartiere.
“No. Ieri sera è venuto da te al Bayou.”
“Non è mai arrivato. L’ho chiamato un centinaio di volte ma parte sempre la segreteria telefonica.”
Klaus si accorse che era appena entrato qualcun altro. A giudicare dal passo pesante, doveva essere Marcel.
“Klaus! Abbiamo un problema!”
Artemis, Klaus ed Hayley si precipitarono all’ingresso. Anche Freya si era affacciata dalla balconata interna.
“Che cosa ti disturba, Marcel?” domandò Klaus.
“Rebekah è sparita. Stamattina avevamo appuntamento in chiesa ma lei non si è presentata.”
“In chiesa?” ripeté Freya, perplessa.
Marcel sbarrò gli occhi, si era lasciato sfuggire quella informazione senza volerlo.
“Io e Rebekah abbiamo deciso di sposarci a maggio e lei vuole una classica cerimonia in chiesa.”
Klaus digrignò i denti. La sua famiglia perseverava in un circolo vizioso di segreti che venivano fuori nei momenti meno consoni.
“E quando volevate condividere con noi la gioia? Oppure avreste fatto tutto di nascosto come siete abituati?”
“Klaus, non è questo il punto.” Mormorò Artemis.
“Il punto è che Elijah e Rebekah sono scomparsi.” Disse Hayley.
Freya ebbe un brutto presentimento, ecco perché provò a chiamare Keelin almeno un paio di volte.
“Keelin non risponde. Forse anche lei è scomparsa.”
“E’ sicuramente scomparsa.” Disse una voce.
Tutti si voltarono verso il cancello e videro la figura di un uomo vestito di nero che sorrideva. Aveva i capelli rasati ai lati e un lungo ciuffo al centro che veniva tenuto all’indietro dal gel. I suoi occhi verdi brillavano alla luce del sole.
“Oh, guarda caso oggi sono dell’umore per uccidere.” Disse Klaus.
“Sta a cuccia, cagnolino. Sono qui per miss Dumont.”
“Chi sei e che cosa vuoi?” domandò Artemis.
L’uomo le scoccò un’occhiata maliziosa e fece un inchino malfermo.
“Mi chiamo Jean-Luc e sono un caro amico di Brenda Cooper. Lei vorrebbe vederti per discutere di affari.”
“Scommetto che Brenda ha rapito la nostra famiglia.” Disse Hayley.
“Bingo! Allora non siete stupidi come credevo.”
Klaus serrò le mani a pugno lungo i fianchi per non scagliarsi contro quello sciamano sconsiderato.
“Artemis non verrà con te. Sarà Brenda a venire qui, se ci tiene tanto.”
“Brenda ha la tua famiglia, si gioca secondo le sue regole. Scacco matto!” disse Jean-Luc.
Artemis prese il pugno di Klaus e lo obbligò a rilassare la mano per far incastrare le loro dita.
“Va bene, Klaus. Ci vado. Farò tornare la tua famiglia sana e salva.”
“Anche tu sei parte della famiglia.” Sussurrò Klaus.
“Allora tornerò anche io.”
L’ibrido annuì e con riluttanza la lasciò andare. Tentare di fermarla sarebbe stato controproducente. Amare significa anche mollare la presa.
“Ti aspetto.”
 
Artemis fu condotta in una ricca area residenziale della città. Tutto intorno si ergevano grandi case coloniali che contavano tre o quattro piani, con le colonne all’ingresso e i mattoni bianchi all’esterno. Era la parte di New Orleans edificata dai grandi proprietari che sfruttavano gli schiavi per lavorare i campi.
“Questo viale ti dice qualcosa?” domandò Jean-Luc.
“Dovrebbe?”
Conosceva solo il passato di quel viale, lo aveva studiato per l’esame di storia del colonialismo e si era soffermata con interesse sul capitolo che riguardava la Louisiana.
“Qui vivevano Mabel e Randall, i tuoi nonni materni.”
Artemis sapeva poco dei suoi nonni. Yvette era sempre stata evasiva circa la sua famiglia. Si era limitata a dire che Mabel e Randall erano venuti a mancare quando lei era molto giovane e che da allora aveva vissuto da sola grazia al negozio.
“Brenda è qui?”
“Ti aspetta dentro.” Rispose Jean-Luc.
Si fermarono davanti ad una delle case, era enorme e con un quadriportico dalle colonne ioniche sul fronte. I balconi erano bombati e laccati d’oro, anche se la ruggine stava consumando il poco di pittura che restava.
“E cos’altro mi aspetta dentro?”
“Questo ti toccherà scoprirlo da sola. Prego, entra pure.”
Artemis varcò il cancello mezzo rotto e si guardò indietro per non vedere niente. La città era svanita. Gli alberi, le auto, le case erano tutte svanite. Anche Jean-Luc non c’era più.
“Sono stata io. Ho isolato la casa perché potessimo avere privacy.”
Brenda Cooper era una macchia nera nel grigiore di febbraio. I capelli grigi sulle tempie venivano messi in risalto dal trucco nero che le ornava gli occhi. Anche lei aveva il naso all’insù come Oscar e Artemis.
“Privacy per uccidermi a casa dei miei nonni? Meschino anche per te.”
“Non voglio ucciderti. Voglio portarti in un posto.” Disse Brenda, stizzita.
“A Disneyland?”
“In un mondo prigione.”
Artemis ghiacciò sul posto. Hope le aveva parlato dei mondi prigione e di come avveniva il rituale per spedirvi le persone, ma non credeva che ne avrebbe mai visitato uno.
“Per accedere ad un mondo prigione c’è bisogno di un evento celeste e dell’ascendente.”
“L’evento celeste che sfruttiamo oggi è la costellazione di Orione.” Disse Nathaniel.
Nella mano del ragazzo scintillava un oggetto argentato simile ad un meccanismo da orologio. Su di esso erano incisi simboli magici e numeri.
“Non rispondi al telefono perché sei impegnato a confabulare con tua zia?”
“Non ho risposto perché ero in Corea in cerca dell’ascendente.” Disse Nathaniel.
“Lo stiamo cercando da quando Miriam è morta.” Aggiunse Brenda.
Artemis guardò prima il fratellastro e poi la donna, dopodiché scosse la testa con una risatina incredula.
“Volete imprigionarmi? Credete che sia io a uccidere streghe e sciamani, dunque volete punirmi.”
“Ti sbagli. Sappiamo che tu sei innocente.” Disse Brenda.
“Ma se fino alla settimana scorsa mi accusavi pubblicamente!”
“Le cose sono cambiate da allora. Artemis, devi ascoltarci.” La pregò Nathaniel.
Artemis mise le mani in tasca e sfiorò l’anello di sua madre in cerca di conforto.
“Vi concedo tre minuti solo se mi assicurate che i Mikaelson e Keelin stanno bene.”
Brenda fece una smorfia ma non si oppose. Mormorò alcune parole e una porta si spalancò rivelando una piccola sala da ballo. All’interno Rebekah, Elijah e Keelin giacevano addormentati.
“Si sveglieranno illesi fra poche ore, il tempo necessario ad andare e tornare.”
“Perché dovrei fidarmi di voi?” chiese Artemis.
“Non hai scelta. Il cacciatore è vicino. Ho letto il tuo taccuino.” Disse Brenda.
“Cacciatore? Sapete che è maschio?”
Nathaniel lasciò l’ascendente alla zia e si avvicinò alla ragazza per metterle una mano sulla spalla.
“Artemis, fidati di me. Non ti faremo del male. Vogliamo solo scoprire la vera identità del cacciatore.”
Artemis ripensò allo sguardo atterrito di Klaus mentre si preoccupava di Hope. Ripensò a Freya, a quanto avrebbe sofferto Keelin se le fosse successo qualcosa. E ripensò a Emilie che l’aveva fatta ridere mentre le tingeva i capelli. Lo doveva a tutti loro.
“Poche ore, non di più. E dopo libererete i Mikaelson.”
“Hai la nostra parola.” Giurò Nathaniel.
Brenda si bucò il dito con un coltellino e fece gocciolare il sangue sull’ascendente. Il meccanismo si mise subito in moto ronzando rumorosamente. Lanciò un’occhiata divertita ad Artemis.
“Togliti il cappotto, stiamo andando nell’estate del 1987.”
“Chi stiamo per incontrare?”
“Oh, lo scoprirai molto presto.”
Mentre Artemis si sfilava la sciarpa, una luce abbagliante avvolse il terzetto e si udì un cigolio simile ad una porta che si apre.
 
Artemis atterrò perfettamente in piedi nel giardino della stessa villa. Se prima era un edificio fatiscente, adesso era una dimora nel pieno della gloria. I mattoni bianchi brillavano e riflettevano i raggi del sole, i balconi sembravano scrigni dorati e l’erba era rigogliosa.
“Chi hai imprigionato qui?”
Brenda si spazzolò la polvere dai pantaloni e ripose l’ascendente della borsa, al sicuro da ogni tentativo di furto.
“Cosa ti fa pensare che sia stata io?”
“Per azionare l’ascendente hai usato il tuo sangue, ciò vuol dire che sei stata tu a imprigionare qualcuno qui. Ho studiato, sai.”
“Che brava!” la schernì Brenda.
“C’è una persona che non vede l’ora di conoscerti.” Disse Nathaniel.
Artemis si tirò su le maniche del maglione e si legò i capelli in una coda alta. Doveva per forza finire in un mondo magico durante l’estate?
“Ah, sì? Immagino ci sia la morte con la falce ad attendermi.”
Brenda si incamminò verso la grande casa, sembrava un corvo che ispeziona la zona di caccia. Si guardava attorno con fare guardingo, non si fidava neanche delle finte foglie che calpestava sotto gli stivali.
“E’ peggio della morte.”
Nathaniel mise un braccio intorno alle spalle di Artemis e la spinse dolcemente al seguito della zia. Artemis voleva svincolarsi, rubare l’ascendente e tornare subito a New Orleans, ma si costrinse a camminare verso l’ignoto in memoria delle persone morte.
“Ehi, siamo qui! Apri!” gridò Brenda battendo un pugno sul portone.
Artemis si sventolò una mano sul viso nel tentativo di trovare ristoro dal caldo, ma sembrava che l’afa aumentasse a dismisura. Trasalì quando il portone si aprì con un colpo secco.
“L’hai portata?” gridò di rimando una voce.
“Sì. E’ qui.” Rispose Brenda.
Pochi istanti dopo una donna sulla quarantina uscì sul portico. Indossava un abito azzurro a stampa floreale e un paio di sandali bianchi con la zeppa. I suoi boccoli dorati si abbinavano a due grandi occhi color nocciola.
“Tu devi essere Artemis.”
La ragazza inarcò il sopracciglio e squadrò la donna da capo a piedi. Aveva la sensazione di conoscerla.
“Sì. E tu saresti?”
“Io sono Mabel. Sono tua nonna.”
Artemis scoppiò a ridere spaventando Nathaniel al suo fianco. Era una risata isterica generata dal panico.
“Mia nonna? E’ questo il teatrino che vi siete inventati?”
“Sono davvero tua nonna. O meglio, fra una decina di anni tu nascerai ma io già sarò imprigionata qui.”
In effetti, il biondo grano dei capelli era identico a quello di Yvette. Anche i boccoli perfetti erano identici.
“Perché sei stata imprigionata?”
“Perché ho salvato New Orleans ma nessuno mi ha ringraziata.” Replicò Mabel.
“Non è andata proprio così.” Precisò Brenda.
Artemis si appoggiò a una delle colonne del portico e si passò una mano sul viso. Ragionando con lucidità, Yvette non aveva mai detto nulla sulla nonna materna e questo era dovuto al fatto che fosse in un carcere sovrannaturale.
“Che cosa hai fatto? Perché sono qui? Come fai a conoscermi?”
Mabel ridacchiò e sollevò le mani, la fede luccicava ancora all’anulare.
“Sei qui perché so contro chi state combattendo. So chi è il cacciatore di streghe. Per favore, entrate a bere qualcosa.”
 
Artemis rimase sorpresa dal buon sapore del succo di mirtilli che Mabel aveva offerto loro. Per essere un mondo prigione, non era niente male. L’interno della casa era immutato, l’arredamento era quello del 1987 con tanto di piante annaffiate e mobili spolverati.
“Dunque, Brenda mi ha detto che sono morte già parecchie persone. Tre streghe e uno sciamano sono abbastanza per destare sospetti.”
“Sei già informata?” fece Artemis.
“Sono venuta da Mabel dopo la morte di Simon.” Spiegò Brenda.
Mabel bevve un altro sorso di succo e mangiò un pasticcino alle mandorle. Sembrava la prigioniera più felice dell’universo.
“Anche nell’estate del 1987 New Orleans fu presa di mira dal cacciatore. Credevo che quella storia fosse acqua passata, invece quel demonio è tornato.”
“Raccontaci come sono andate le cose.” La invitò Nathaniel.
Mabel rivolse lo sguardo alla finestra come se la sua mente si stesse smarrendo nei ricordi.
“Nell’estate del 1987 nel Quartiere Francese sono morte tre streghe che appartenevano alle congreghe di Algiers, Gentilly e Ninth Ward. Sapevo che la prossima vittima sarebbe stato qualcuno della Congrega Corvi, dunque ho studiato i cadaveri e ho scoperto che sul polso era inciso il Trishula.”
“Il simbolo di distruzione. Anche adesso è apparso.” Disse Nathaniel.
Le mani di Mabel tremarono attorno al bicchiere, la sua allegria era stata sbiadita dai ricordi dolorosi del passato.
“Ma non è stato quel simbolo a mostrarmi la via, bensì un ragazzo della mia congrega. Si chiamava Joaquin, possedeva il dono della preveggenza. Lui mi recitò una profezia e io la cercai fino a trovarla.”
“La danza delle streghe intorno al fuoco, la conosciamo.” Intervenne Artemis.
“Deduco che tu abbia scoperto qualcosa.”
Artemis sentì addosso gli sguardi indagatori di Nathaniel, mentre Brenda già sapeva quanto aveva scoperto dopo che Gabriel le aveva consegnato il taccuino rubato.
“La profezia è comparsa tre volte nella storia legata a tre streghe bruciate sul rogo: Ginevra Beccarini ne 1457 in Italia, Viveka Schulz nel 1591 in Germania e Mary Walcott nel 1692 a Salem. Pochi giorni fa la profezia è comparsa anche a New Orleans ma non riesco a individuare a quale strega possa essere collegata.”
“Non è la prima volta che la profezia si verifica a New Orleans. Si stava per verificare anche nel 1987 ed era collegata a me.”
“A te?” le fece eco Brenda.
Mabel le riservò uno sguardo torvo, lo stesso che Yvette assumeva per rimproverare Artemis da bambina.
“Viveka e Mary erano le discendenti di Ginevra Beccarini. Anche io sono una sua discendente.”
“Quindi lo è anche Artemis.” Disse Nathaniel.
“Esatto.” Confermò Mabel.
Artemis sentì lo stomaco in subbuglio. Avrebbe voluto che Klaus fosse lì, le sarebbe stato una sola occhiata per sentirsi più a suo agio.
“La Congrega Corvi è nata in Italia con Ginevra?”
“Sì, poi la congrega si è spostata a New Orleans nel Settecento perché il Quartiere Francese è il posto adatto alle comunità soprannaturali.”
“Ginevra ha avuto molte discendenti prima di Viveva, di Mary e di te. Perché ha scelto voi?”
Mabel si guardò le mani, la fede era il dolce ricordo di Randall, e strinse forte le dita fino a far sbiancare la pelle.
“Perché noi possediamo il potere del trasferimento empatico.”
Artemis avvertì subito gli occhi scioccati di Brenda e Nathaniel, però non ebbe il coraggio di voltarsi. Continuò a guardare dritto con espressione impassibile.
“E’ questo il tuo potere: manipolare le emozioni. Eccezionale!” esclamò Nathaniel.
“Subdolo.” Chiosò Brenda a bassa voce.
“Non è bello come sembra, vero?” disse Mabel dolcemente.
Artemis deglutì, sentiva la bile che le risaliva lungo la gola e trattenne un conato di vomito.
“E’ orribile. Non riesco a gestirlo.”
“Ci vogliono tempo e pazienza. Io avevo quindici anni quando mia madre mi confidò quale fosse il mio potere speciale, ho avuto anni di duro addestramento per gestire il mio tocco.”
“Tua madre era un’altra serpe velenosa.” Commentò Brenda.
Nathaniel diede un colpetto al gomito della zia per ammonirla di quel comportamento maleducato.
“Perdonate mia zia, spesso non sa quel che dice.”
Artemis inarcò le sopracciglia perché Brenda non parlava mai a sproposito.
“Mia madre apparteneva alla congrega Corvi e mio padre era uno sciamo Tremé.” Disse Mabel.
“Figlia di due congreghe diverse.” Mormorò Nathaniel.
“Lo erano anche Ginevra, Viveka e Mary. Anche Artemis.”
Brenda si versò altro succo di mirtilli e lo bevve immaginando che fosse un Martini.
“Ma se il cacciatore dà la caccia alle streghe che hanno questo particolare potere, perché non è menzionata la profezia del 1987?”
“Perché io ho cancellato ogni traccia di quella estate.” Disse Mabel.
“Come?” domandò Nathaniel.
“Ho cancellato la morte di quelle streghe dagli annali e poi ho costretto tutti a dimenticare ciò che era successo. Nessuno sapeva e quindi nessuno ha registrato la profezia.”
Un senso di vertigine colse Artemis, che serrò le dita all’anello di Klaus che portava al collo come amuleto.
“Questo significa che noi possiamo cancellare la memoria delle persone?”
Mabel sorrise sorniona, aspettava quella domanda come se fosse il vero fulcro di quella visita.
“Non proprio cancellare. Possiamo modificare i loro ricordi manipolando le loro emozioni. Mi è bastato trasformare la loro rabbia e il loro dolore in un ricordo lontano e sfocato. Se chiedi a qualcuno cosa ricorda di quella estate, ti diranno che ha i ricordi confusi.”
“Perciò il cacciatore adesso è tornato per Artemis.” Disse Brenda.
“Sì. Anzi, dipende da dove vive Artemis.”
“Abito a Chicago, eppure le streghe sono morte a New Orleans.” Disse Artemis.
Mabel si agitò sulla sedia come se fosse stata colpita da un fulmine. Afferrò le mani di Artemis fra le proprie e la fissò negli occhi.
“Allora il cacciatore era a Chicago. Magari è il tuo vicino di casa, il postino, il giardiniere. Magari ha un carretto di hot dog! Oppure è…”
E all’improvviso Artemis capì. C’era un solo ragazzo che era entrato nella sua vita nell’ultimo anno: Noah. Il gentile Noah che le portava sempre il caffè a lezione, che le procurava i libri per gli esami, che stava scrivendo una tesi sui processi di Salem.
“Oppure un amico.”
“Sai chi è?” si affrettò a chiedere Brenda.
“E’ Noah, un mio compagno di università. Sta casualmente scrivendo una tesi su Salem.”
“Folti ricci rossi, immensi occhi luminosi e sorriso tenero.” Sussurrò Mabel.
“Sì, sì, è proprio lui.” Asserì Artemis.
“Come lo hai ucciso?” volle sapere Nathaniel.
“Ucciso? Il cacciatore non può essere ucciso. Io l’ho solo relegato nelle paludi di Bayou.”
“Tutti possono essere uccisi, persino gli Originali!” sbottò il ragazzo.
Mabel lo guardò con altezzosità, come se solo lei fosse a conoscenza del grande segreto che avvolge questa misteriosa figura.
“Il cacciatore non è un uomo fatto di carne e ossa. E’ uno spirito antico che viene richiamato quando qualcuno ha bisogno di un sicario.”
Artemis strabuzzò gli occhi, la sua bocca si piegò in una linea dura e tesa.
“Oltre al cacciatore c’è il suo padrone? Grandioso!”
“Il cacciatore è uno spirito vendicativo, risorge solo se ha un compito da svolgere. I suoi padroni lo invocano e gli chiedono di uccidere qualcuno. E’ così che funziona.”
“Qual è l’origine del suo potere? Com’è morto?” chiese Brenda.
Mabel sospirò e tornò a sedersi sulla poltrona in vimini del giardino. Sembrava più vecchia di prima, le rughe che rovinavano la sua bella fronte.
“Non l’ho mai saputo purtroppo. All’epoca scrissi un incantesimo che lo confinasse nelle acque della palude perché non avevo tempo. Stavano morendo troppe streghe e sapevo che sarebbe arrivato a me per rubare il mio potere.”
“Lui cerca Artemis per rubarle il potere?” domandò Nathaniel.
“Sì, ma non so perché. Tocca a voi scoprirlo. Io sono stata imprigionata qui perché il mio incantesimo era ritenuto poco ortodosso.”
Uno scossone fece tremare la casa e il succo di mirtilli si rovesciò sul patio. Artemis si avvinghiò ai braccioli della poltrona per reggersi.
“Che diavolo è stato?”
“Gli ospiti non possono restare troppo a lungo nei mondi prigione. Avete pochi minuti prima di essere risucchiati qui per sempre. Dovete andare e fermare il cacciatore.”
Brenda e Nathaniel furono i primi ad alzarsi e a dirigersi verso la porta, mentre Artemis rimase con sua nonna ancora un momento.
“Puoi aiutarmi col mio potere, Mabel? Posso bloccarlo in qualche modo?”
Mabel si sfilò un bracciale, un sottile cerchio d’oro con una runa incisa, e glielo allacciò al polso.
“Questo bracciale bloccherà il trasferimento empatico solo per due giorni. Capito, Artemis? Due giorni.”
“Ho capito.”
Artemis tentò di seguire Nathaniel ma Mabel la trattenne fra le braccia. L’abbracciò e le accarezzò i capelli come avrebbe fatto una qualsiasi nonna con la nipote.
“So che Yvette è morta. Mi dispiace così tanto, bambina mia.”
Un’altra scossa fece vacillare la villetta. Un lampadario del corridoio si schiantò a terra spaccandosi in mille pezzi di vetro.
“Artemis, dobbiamo andare!” gridò Brenda.
“Devi andare, piccola. Uccidi il cacciatore e salva la tua vita.” disse Mabel.
“Nonna…”
Artemis si sentì risucchiare in un turbine di luce bianca e sua nonna svanì in pochi secondi. Atterrò sull’erba secca con le ginocchia e le mani ancora piegate a stringere Mabel che non c’era più.
“Quanto tempo siamo stati via?” stava dicendo Nathaniel.
Brenda si pulì le maniche della giacca dalla terra e si pettinò i capelli alla bell’e meglio.
“Il tempo scorre in maniera diversa nel mondo prigione, è tutto più lento e veloce insieme.”
Artemis si mise in piedi e si accorse che era diventata sera. Il tramonto era rosso come una lingua di fuoco e stava per inabissarsi nella notte nera. Era stata con Mabel per ore ma lì erano parse a stento due ore.
“Adesso libera i Mikaelson e Keelin.”
Brenda entrò in casa – che ora era tornata cadente come prima – e risvegliò i tre con la magia.
“Dobbiamo collaborare per annientare il cacciatore.” Disse Nathaniel.
Artemis stava controllando il cellulare, lasciò perdere i messaggi di Lauren e di Klaus, e si concentrò sulle chiamate perse di Noah.
“Il bastardo mi sta cercando. Credo che sia vicino.”
“Non essere avventata, Artemis. Dobbiamo prima conoscere il suo passato, la sua storia, per poterlo sconfiggere.”
“Hai ragione.”
Artemis lasciò cadere il discorso, non era dell’umore per essere gentile con il fratellastro. Si abbandonò ad un sorriso solo quando vide che Rebekah, Elijah e Keelin stavano bene e camminavano verso di lei.
 
Marcel abbracciò Rebekah così forte che le mozzò il respiro. Anche Elijah ed Hayley parlavano fitto e si sorridevano. Freya, ansiosa quale era, controllava ogni centimetro del viso di Keelin in cerca di eventuali ferite.
Artemis osservava tutto dalla balaustra. Non era in vena di sorridere e di gioire, preferiva quell’angolo buio per starsene da sola. Odiava le folle.
“Ecco l’eroina che guardava alla sua epica impressa con il distacco che appartiene solo ai grandi guerrieri.”
Klaus si sporse per adocchiare la sua famiglia riunita. Era felice quando loro erano felici.
“Non sono una eroina. E non ho nemmeno il distacco dei grandi guerrieri.”
“Ma hai un nuovo bracciale. Regalo di uno spasimante?”
L’ibrido non riuscì a nascondere la gelosia. L’idea che lei indossasse il regalo di un altro era intollerabile.
“Sei patetico.”
“Sono geloso, è diverso.” Ribatté lui.
“Allora sei un geloso patetico perché me lo ha dato Mabel.”
Artemis aveva raccontato tutto per filo e per segno del mondo prigione, di Mabel e del cacciatore. Aveva tenuto per sé solo due dettagli: il bracciale e lo scadere del tempo.
“A che serve il bracciale?”
“Blocca il trasferimento empatico per quarantotto ore.”
Klaus si accigliò, non capiva la ragione di quel monile inibitore.
“Perché Mabel te lo ha donato? Non vedo il motivo per cui dovresti frenare il tuo potere.”
Artemis prese le distanze, lo faceva ogni volta che stava per dire qualcosa di tragico.
“Per degli eventuali addii.”
“Addii? Non capisco.”
“Klaus, ascoltami bene. Se non trovo una soluzione per uccidere il cacciatore, allora io morirò perché lui prenderà la mia magia e di me non resterà nulla.”
“Artemis…”
Artemis lo afferrò per i polsi senza preoccuparsi di lasciare segni, tanto la pelle dell’ibrido guariva già mentre lo stringeva.
“Se non lo uccido, io e te avremo poco tempo a disposizione e non voglio sprecare neanche un minuto.”
Klaus ebbe un sussulto. Il suo cuore, di solito tumultuoso come quello di un lupo, perse alcuni battiti.
“Ma tu meriti di vivere, Artemis.”
Artemis gli accarezzò la guancia mentre con l’altra mano gli scostava un ricciolo biondo dalla fronte. Con gli occhi lucidi e la bocca schiusa somigliava al bellissimo ed eterno angelo dipinto da Leonardo da Vinci.
“Farò il possibile per restare in vita, ma questa è una promessa che non posso farti.”
“Dovrai fare il massimo per mantenerla.”
Klaus a quel punto la avvolse in un abbraccio che sapeva di bourbon, pittura e sangue; il tipico odore di Klaus, quello che lei aveva imparato ad apprezzare.
Artemis si staccò con un sorriso appena accennato, il malumore appannava ogni suo pensiero.
“Ti va una birra al Rousseau, Mikaelson?”
“Certo.”
 
Salve a tutti! ^_^
Che ne dite di Mabel e del mondo prigione? Vi aspettavate che fosse Noah il nemico?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 

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Capitolo 9
*** Le origini del male ***


8. LE ORIGINI DEL MALE

“La magia è credere in se stessi: se riusciamo a farlo, allora possiamo far accadere qualsiasi cosa.”
(Johann Wolfgang Goethe)
 
Artemis inciampò sulle scale e si mise a ridere, mentre Klaus la teneva per i fianchi per reggerla.
“Klaus, tu lo sai qual è il colmo per un cane?”
Klaus la trascinò in cima alla scalinata e l’aiutò a togliersi il cappotto, la sciarpa e il cappello.
“Qual è?”
“Incontrare un osso duro!”
La ragazza scoppiò di nuovo a ridere aggrappandosi al corrimano. Due birre al Rousseau erano state sufficienti per farla cadere in quello stato di euforia.
“E’ la cosa meno divertente che io abbia sentito in mille anni.”
Sebbene Klaus tentasse di rimanere serio, la risata di Artemis era così coinvolgente che si lasciò sfuggire un sorrisetto.
“Lo vedo che sorridi! E’ divertente!”
Klaus la spinse nella camera che le avevano ceduto e chiuse la porta. Intanto lei si stava ancora sbellicando dalle risate.
“Shh, non urlare. Non vorrei svegliare la famiglia e spiegare che sei mezza ubriaca.”
Artemis di colpo tornò seria. Un’ombra scura si era abbattuta su di lei come un velo nero.
“Non sono ubriaca. Sto solo per morire e ho voglia di ridere per cose stupide.”
“Non morirai. Non finché ci sarò io.”
La ragazza si buttò sul letto e si coprì gli occhi con le mani, era troppo sensibile alla luce. Klaus le prese una gamba e le tolse lo stivale, poi fece lo stesso con l’altra gamba.
“Sei diventato il mio babysitter?”
“Mi adatto alle circostanze.” Replicò lui.
Artemis si mise seduta a quel punto, la frangia verde era sparata in tutte le direzioni come una tenda sbatacchiata dal vento.
“Secondo te rivedrò mia madre?”
Klaus sedette accanto a lei con espressione lugubre. Tutti quei discorsi sulla morte lo stavano angosciando.
“Tu non morirai. Troveremo un modo per uccidere il cacciatore. E se non dovessimo ucciderlo, allora troveremo un modo per imprigionarlo di nuovo.”
“Klaus…”
L’Originale le riservò un’occhiata truce. Le prese la mano e fece incastrare le loro dita.
“Tu non vai da nessuna parte, milady.”
Artemis ridacchiò, sebbene sentisse un peso soffocante sul petto. Che vivesse o morisse, il potere di plasmare le emozioni restava la sua condanna. Guardò il bracciale di Mabel, un sottile cerchio che tratteneva una magia potente e ingestibile. Era la sua occasione per godersi un po’ di tempo senza quella sensazione tremenda.
“Ti va di restare a dormire qui?”
Klaus sollevò le sopracciglia in segno di sorpresa. Per mesi Artemis lo aveva tenuto a debita distanza, per mesi aveva agognato un semplice tocco che gli era sempre stato negato, e adesso quella proposta gli sembrava surreale.
“Stai forse cercando di sedurmi? Che bricconcella.”
“Sei un imbecille millenario.” Commentò Artemis.
Klaus emise una breve risata, poi assottigliò lo sguardo come un falco che ha individuato la preda.
“Hai osato offendere la creatura più pericolosa del mondo. Adesso devi pagarne le conseguenze!”
“No, Klaus! Non ci provare!”
Un secondo dopo Artemis si ritrovò a correre per tutta la stanza per sfuggire alle mani dell’ibrido. Si fronteggiavano ai lati del letto, lei con le mani sollevate e lui con le dita che si muovevano simulando il solletico.
“Chiedi perdono per avermi recato offesa.”
“Smettila, per favore. Fai il serio.” Disse Artemis.
Klaus si sdraiò sul letto a pancia in giù con un sospiro. Lei, invece, rimase in piedi a fissarsi le unghie.
“Pensi ancora che potresti morire?”
“Penso che la tua brutta faccia potrebbe mancarmi.” Ammise lei.
Klaus batté la mano sul materasso e Artemis si sedette a gambe incrociate, gli occhi sempre puntati sulle proprie mani.
“Solo un paio di anni fa ho rischiato di perdere mia figlia. Non permetto a nessuno, neanche allo spirito di un cacciatore, di portare via anche te.”
“Ma io non sono la principessa chiusa nella torre e tu non sei il principe azzurro.”
“Perché non mi hai ancora visto in smoking. Sono un vero bocconcino!”
Artemis proruppe in una risata rumorosa, senza preoccuparsi degli altri abitanti del palazzo che potevano sentirla.
“Potresti indossarlo per il mio funerale.”
Klaus mise la mano sul ginocchio della ragazza e lei lo guardò con quei suoi grandi occhi marroni che sembravano contenere il mondo intero.
“Rebekah e Marcel si sposeranno. Io voglio che tu mi accompagni al loro matrimonio.”
“Che cosa smielata e ridicola.” Disse lei.
“E’ romantico.” Ribatté Klaus.
“E’ ridicolo.”
“Come sei cinica!”
Artemis voleva mettere un punto a quella conversazione. La sua vita era in bilico, e forse anche quella dell’intero Quartiere, perciò perdersi in quelle stupide fantasie le impediva di concentrarsi sulla realtà. E la realtà dei fatti riguardava uno spirito vendicativo che voleva ammazzarla.
“Niklaus Mikaelson, ibrido meschino di mestiere e uomo romantico nel tempo libero.”
Klaus fece uno dei suoi sorrisi magnetici, quelli che facevano cadere ai suoi piedi uomini e donne.
“Lascia che ti mostri quanto sono romantico.”
Artemis si chinò e le loro labbra si incontrarono in un bacio dolce. Il contatto ben presto diventò più intenso, un fuoco che si alimentava di passione. Klaus le infilò la mano fra i capelli e gliela premette sulla nuca per avvicinarla. Grazie al monile di Mabel, toccarsi era sicuro ed era vero.
Artemis si tirò indietro, aveva gli occhi chiusi e la fronte corrugata. Klaus le accarezzò il mento invogliandola ad aprire lo sguardo.
“Scusami. Ho esagerato. Lo so che tu…”
Le parole furono troncate dalla bocca di Artemis che si avventava sulla sua. Questo era un bacio famelico, quasi selvaggio. Le mani della ragazza subito gli sbottonarono la camicia per toccargli le spalle, le dita che tracciavano il contorno della piuma tatuata.
“Regalami questa notte.” Sussurrò lei.
Klaus rabbrividì e si affrettò ad annuire per non farsi scappare l’occasione. La spinse dolcemente sul letto e la liberò della salopette con una lentezza che faceva venire la pelle d’oca alla ragazza. Vestita solo con il maglione e gli slip, Artemis capovolse le posizioni per sedersi cavalcioni sulle gambe di Klaus e riprese a baciarlo.
“Artemis, io ti amo.”
La ragazza si bloccò di colpo, la bocca semi-spalancata per lo shock. Klaus la guardava con adorazione, come se lei fosse la luna e le stelle e il cielo intero.
“Ho rovinato tutto?” bisbigliò Klaus, colpevole.
Artemis sbatté le palpebre per tornare alla realtà e scosse la testa, le parole facevano fatica a uscire.
“Non hai rovinato niente.”
Klaus si sentiva come quando era ragazzino e diceva qualcosa che innervosiva il padre. Ma Artemis non era Mikael, la freddezza di lei dipendeva dall’impossibilità di lasciarsi andare.
“Non devi dire niente. Io so che provi qualcosa per me.”
“Okay.” Disse Artemis, incerta.
Klaus passò il pollice sulle labbra secche della ragazza e sorrise d’istinto. Più la guardava, più la baciava, e più si sentiva attratto da lei.
“Ti amo.” Ripeté senza pensarci.
Artemis arrossì per la vergogna di non essere in grado di ricambiare. Aveva trattenuto così a lungo i sentimenti per lui che adesso tutto sembrava confuso. Gli prese il viso fra le mani e gli diede un bacio a stampo.
“Sei un maledetto stronzo.”
“Mmh, dicono di me.” Chiosò Klaus sorridendo.
Artemis lo baciò mentre sorrideva e di conseguenza sorrise anche lei. L’Originale fece scivolare le mani sull’orlo del maglioncino e glielo tolse con un gesto rapido. Si piegò a baciarle la porzione di seno rigonfia sulle coppe di stoffa rossa.
“Ti dispiace se ci fermiamo?” domandò Artemis.
Klaus smise di baciarle il collo e allontanò le mani dal bordo dei suoi slip. Artemis era stanca e anche triste, di certo lui non avrebbe peggiorato la situazione.
“Non mi dispiace. Posso restare a dormire con te?”
“Certo.”
Artemis recuperò il maglioncino e si infilò sotto le coperte. Klaus, con addosso solo i pantaloni, la seguì e la coprì perché non prendesse freddo.
“Hai sonno?” chiese Klaus.
“No.”
Artemis poggiò la testa sul suo petto marmoreo e Klaus la circondò con le braccia, le sue dita che le toccavano i capelli.
Il resto della notte trascorse fra baci, carezze e parole mormorate nel buio.
 
L’indomani Artemis si svegliò con un ronzio nella testa. Da quando indossava il bracciale sembrava che il suo potere si fosse nascosto ma che crepitasse in fondo alla sua anima. Era una sensazione fastidiosa ma sopportabile. Un forte senso di vertigine la colse quando provò ad alzarsi.
“Serve un controllo medico?” domandò Keelin.
La donna reggeva una tazza di caffè fumante e osservava Artemis con la tipica apprensione da medico.
“Credo sia colpa del bracciale. Bloccare la magia ha sempre un prezzo.”
“Noi ti aspettiamo di sotto, tu fai con calma.”
“Ti adoro, Keelin.”
Artemis si trascinò in bagno per una doccia bollente che sciogliesse i muscoli indolenziti. Si lavò i denti, si vestì e si allacciò gli anfibi mentre scendeva.
I Mikaelson erano tutti lì, inclusi Marcel ed Hayley. Lo sguardo di Klaus saettò su Artemis non appena annusò il suo odore nell’aria.
“Buongiorno, mia cara. Per quanto tu sia sempre bella, hai una pessima cera.”
Artemis si accasciò sul divano del salotto e si passò una mano fra i capelli. Sentiva un buco allo stomaco ma non aveva fame.
“Sono stata meglio. Il bracciale di Mabel ha degli effetti collaterali.”
Freya le diede una tazza che emanava una fragranza di bergamotto, la porcellana era calda ma la bevanda era fredda. Era un intruglio magico per placare il suo malessere.
“Il trasferimento empatico è un potere intessuto nel tuo sangue, inibirlo comporta delle conseguenze.”
“Grandioso.” Borbottò Artemis fra sé.
Keelin entrò nella stanza con un piatto di biscotti ai cereali che Artemis rifiutò a causa di un conato di vomito.
“Non possiamo aiutarla?” domandò Klaus, innervosito.
“Purtroppo no. L’unica soluzione sarebbe togliere il bracciale.” Disse Freya.
Artemis provò a sganciare il bracciale ma il metallo restava attaccato alla pelle come un tatuaggio.
“Non si toglie. Allo scadere delle quarantotto ore dovrebbe sganciarsi da solo. Nel frattempo abbiamo del lavoro da fare.”
“Come abbiamo intenzione di agire?” chiese Elijah.
Artemis si alzò a fatica e Klaus la prese per il gomito in modo da sorreggerla. La ragazza gli rivolse un piccolo sorriso di gratitudine.
“Dobbiamo conoscere la storia di Noah. Se conosciamo le sue origini, se scopriamo qualche falla, magari possiamo sfruttarla a nostro vantaggio.”
“Non possiamo imprigionarlo come ha fatto Mabel?” domandò Rebekah.
“L’incantesimo di Mabel si è spezzato quando Noah è stato evocato.” Spiegò Freya.
“Dobbiamo anche capire chi ha evocato il cacciatore questa volta.” Disse Artemis.
Klaus, seduto alla sua poltrona dietro lo scrittoio, sorseggiava bourbon e fissava un punto indefinito nella parete.
“Chi ha evocato il cacciatore ti odia con ferocia. Mia cara, hai forse dei nemici?”
Artemis ci pensò su ma non le venne in mente nulla. Si era davvero inserita nel mondo magico l’anno prima a New Orleans. Sua madre l’aveva sempre tenuta lontana dal sovrannaturale.
“Non che io sappia. Miriam mi odiava ma è morta, quindi è da escludere. Brenda è diventata nostra alleata. Nathaniel e io andiamo d’accordo.”
“Per evocare uno spirito antico è necessario un sacrificio.” Esordì Elijah.
“Come nel caso del Vuoto.” Disse Hayley.
“Ci sono stati sacrifici di recente?” domandò Marcel.
Freya, che teneva sotto controllo le linee magiche e ogni possibile evento sovrannaturale, scosse la testa. Eppure c’era qualcosa che le frullava per la testa.
“C’è una cosa che devo verificare. Scusatemi.”
La strega lasciò il salotto insieme a Keelin, che aveva notato il turbamento sul volto della moglie.
“Non capisco perché Mabel sia stata imprigionata. Ha salvato la città!” disse Rebekah.
Artemis si appoggiò allo scrittoio, sembrava che anche i muscoli delle gambe si fossero irrigiditi.
“Mabel ha confinato Noah nelle acque del Bayou. Un incantesimo del genere richiedere una grande fonte di potere e per questo ha dovuto compiere un sacrificio.”
“Me lo ricordo: ha ucciso tre lupi durante la luna piena.” Disse Marcel.
“Esatto.” Convenne Artemis.
“Le congreghe pensavano che fosse diventata una minaccia per il Quartiere e l’hanno spedita nel mondo prigione.”
“Artemis dovrà uccidere qualcuno per sconfiggere Noah?” fece Hayley, preoccupata.
Klaus intanto si era piazzato affianco ad Artemis, le loro spalle e le ginocchia si toccavano.
“Niente affatto. Può anche incanalare il potere di un Originale, meglio se è ibrido.”
“Ci occuperemo di questo più in là. Ora devo fare una cosa.” Disse Artemis.
“Cosa?”
“Voglio parlare con Brenda. E prima che tu possa seguirmi, ti dico che vado da sola.”
 
La tomba della famiglia Cooper era la stessa dall’ultima volta che Artemis ci era stata. Se prima era stata ripulita per ospitare la salma di Miriam, adesso una spessa coltre di polvere ricopriva ogni superficie.
Brenda era inginocchiata davanti ad un cerchio di candele e pronunciava una qualche formula magica.
“Disturbo?”
La donna aprì gli occhi con uno sbuffo di impazienza. Passò la mano sopra le candele per spegnere le fiammelle.
“Sì, come al solito. Hai scoperto qualcosa?”
Artemis si guardò intorno e per un soffio scansò una fitta ragnatela. La lapide di Miriam era lucida, una colomba era stata incisa nel marmo in segno di vita eterna.
“Sono qui per un’altra questione. Mabel ha ucciso tre lupi per assorbire la forza necessaria a incatenare il cacciatore, giusto?”
“Giusto. Sei qui per sapere quale fonte usare?” domandò Brenda.
“Sì. Klaus si è proposto come catalizzatore, però io non sono d’accordo.”
Brenda si prese qualche secondo per osservare la ragazza. Aveva il naso all’insù tipico dei Cooper, eppure nei suoi occhi marroni luccicava la determinazione di Yvette.
“Tu hai qualche brutta idea in mente, te lo leggo negli occhi.”
Artemis, le mani in tasca e il mento affondato nella sciarpa, fece spallucce.
“Ho una bruttissima idea. La peggiore che abbia mai avuto. Mi aiuterai?”
“Come? Uccidere un cacciatore del genere richiede un potere immenso. Neanche gli Originali messi insieme sarebbero tanto potenti.”
“Per questo userò il mio potere. Il trasferimento empatico è così forte da disintegrare quel bastardo?”
Brenda sbarrò gli occhi per l’orrore di quella affermazione. Artemis era ingenua a credere che quella fosse la giusta soluzione.
“Tu non capisci. E’ pericoloso.”
“Non pensavo ti importasse di me.” Replicò Artemis.
“Artemis, ascoltami bene. Se userai il tuo potere contro il cacciatore non resterà nulla dentro di te.”
“In che senso?”
“Perderai la tua umanità.”
 
“Insomma? Dì qualcosa!” sbottò Keelin.
Freya fissava un articolo di giornale come se fosse una reliquia. In particolare era concentrata su un trafiletto che riportava la notizia di un omicidio.
“Mesi fa ad Amite City è stato trovato un cadavere con strani simboli incisi sul corpo.”
“E cosa c’entra con noi?”
“La pelle del cadavere riportava una serie di tagli su tutto il corpo. Non sono semplici ferite, bensì sono rune di magia nera.”
“Un sacrificio.” Mormorò Keelin.
“Il sacrificio che ha fatto risorgere il cacciatore.” Sottolineò Freya.
“Continuo a non capire, Freya.”
“In quel periodo Oscar Cooper era ad Amite City. E’ lì che io e Rebekah lo abbiamo preso.”
La porta della camera da letto si spalancò e Klaus comparve sulla soglia con la mascella serrata.
“Ebbene? Suppongo che abbiate delle novità per me.”
“E’ stato Oscar a evocare il cacciatore. Non abbiamo trovato nessuna scia magica perché il cacciatore è uno spirito e non dissemina tracce.”
Klaus non era affatto sorpreso. Aveva sempre sospettato che Oscar sapesse più di quanto dicesse. Ciò che gli sfuggiva era la motivazione.
“Perché vuole uccidere Artemis? Questa è la domanda attorno a cui ruota la faccenda.”
 
Elijah notò che Hayley era troppo silenziosa. Seduti nello studio di Klaus, stavano sfogliando alcuni vecchi libri di Freya per cercare informazioni sulle streghe uccise nei secoli precedenti.
“Hayley, va tutto bene? Se sei stanca, posso proseguire da solo.”
La donna gli regalò un meraviglioso sorriso che scaldò il suo freddo cuore da vampiro.
“Stavo riflettendo. Non capisco perché il cacciatore dia la caccia proprio alle streghe che possiedono il potere di Artemis. Deve esserci una ragione valida.”
“Sappiamo che Artemis è la discendente di Ginevra, Viveka, Mary e Mabel. Sappiamo che tutte sono figlie di due congreghe diverse.”
Hayley inclinò la testa di lato come se avesse appena scorto un dettaglio importante.
“E se fosse questo? I genitori di queste streghe facevano parte di gruppi diversi che erano in lotta fra di loro.”
“Può essere un collegamento.” Disse Elijah.
Hayley raccattò da terra un pesante volume che riguardava le discendenze delle streghe con le date, i luoghi e i nomi. Aprì il libro e mostrò ad Elijah una pagina in particolare.
“Guarda: Ginevra, Viveka, Mary, Mabel e Artemis sono per metà membri della Congrega Corvi e per metà della Congrega Lyra.”
Elijah passò il dito su ciascuna riga della pagina. Era un attento osservatore e questa capacità si rivelò utile quando individuò una nota a margine.
“Ginevra aveva un fratello: Noè Beccarini. E’ nato senza magia e per questo è stato allontanato dalla comunità sovrannaturale. Dopo l’esilio si perdono le sue tracce.”
“Noè è la versione italiana di Noah.” Disse Hayley.
“Il cacciatore è il fratello della prima strega uccisa.”
 
Il taxi si fermò all’imbocco di Black Pearl. Artemis pagò la corsa e scese nella fredda aria di New Orleans. Sembrava che in quel quartiere il vento fosse più gelido, oppure era solo colpa della presenza di Claire Shepard.
Mentre si dirigeva verso la villa degli orrori, la stessa dove si era tenuta la festa qualche giorno prima, incominciò a piovere. Artemis si aggiustò il cappello e corse verso la casa. La porta ovviamente non era chiusa a chiave, dunque le bastò spingerla un poco per entrare.
Dentro la temperatura era glaciale, le tendine stracciate del soggiorno svolazzavano sospinte dal vento e dalla pioggia.
“Claire? Sei qui?”
Un fruscio le fece rizzare i peli sulle braccia. Un debole gorgoglio anticipò la comparsa di Claire.
“Sono sempre qui.”
La ragazza si spostava attraverso i muri e aleggiava nelle stanze, ma quella volta decise di camminare come un essere vivente. Malgrado questo, il suo aspetto era semitrasparente proprio come quello di uno spettro.
“Ciao, Claire. Hai tenuto d’occhio il vampiro?”
“Sì. E’ ancora bloccato in giardino. Si sta essiccando, credo.”
Artemis si spostò in giardino con lo spettro che la guidava verso la fontana. Le erbacce scricchiolavano sotto gli anfibi, un suono pari a quello delle ossa rotte.
Gabriel era ancora lì, confinato nel cerchio di sale. Era seduto a terra con le ginocchia al petto e la testa penzoloni.
“Ehilà?”
Gabriel sollevò gli occhi rossi su di lei ed emise un sospiro stanco. La sua pelle, di norma color caramello, era grigia e si stava seccando.
“Sei venuta a uccidermi?”
“Sono venuta a proporti un accordo.”
Artemis sentiva le gambe molli, il bracciale stava amplificando il malessere fisico, e dovette sedersi sul bordo della fontana. Per fortuna la statua di una palma la riparava dalla pioggia.
“Quale tipo di accordo? Scommetto che papino non ne sa niente.” Rise Gabriel.
“Sono venuta da te proprio per salvare Klaus. Vuole immolarsi per me.”
El amor es una maldición.”
Artemis lo sapeva bene che l’amore era una maledizione. Aveva amato sua madre e lei era morta. Stava amando Klaus e lui rischiava di morire.

“A parte le tue perle di saggezza in spagnolo, non hai molte speranze di restare vigile ancora a lungo. L’essiccazione è iniziata e sarà veloce.”
“Mi liberi se accetto l’accordo?”
“Sì.”
Gabriel sorrise e i canini parvero perle bianche appuntite.
“Dimmi tutto, chica.”
Il cellulare di Artemis vibrò un paio di volte per segnalare l’arrivo di un messaggio. Il mittente era Klaus e in breve le scriveva che Oscar c’entrava
qualcosa con il cacciatore.
“Adesso devo andare. Tornerò stasera con una sacca di sangue per rimetterti in forze.”
“Grazie a te sono costretto ad aspettarti qua.” Disse Gabriel, sprezzante.
Klaus trascinò Rebekah sulla terrazza per parlare in privato. Doveva chiederle un favore e si fidava soltanto di lei.
“Affari loschi, Nik?” lo canzonò la sorella.
“Devi farmi un enorme favore. Ti costerà lasciare la città per un po’.”
Rebekah inarcò il sopracciglio, ogni volta che la famiglia aveva bisogno di lei finiva in qualche guaio. Eppure avrebbe dato la vita per loro.
“Che ti serve?”
“Devi andare a Chicago e recuperare la bara di Yvette. Devi riportare qui i suoi resti e consacrarli nel cimitero della sua congrega.”
“Come faccio a consacrarla? C’è bisogno di una strega.” Obiettò la bionda.
“Di questo se ne occuperà Nathaniel. L’importante è recuperare quei resti prima che sia troppo tardi.”
Klaus era visibilmente agitato. Si gettava continue occhiate avanti e dietro, come se aspettasse di essere attaccato dalle tenebre da un momento all’altro.
“Perché vuoi consacrare Yvette? E’ fuggita da questa città.” 
“Perché questo è il fulcro della sua magia. E’ qui che deve essere sepolta.”
“Nik, non mi stai dicendo tutto. Mi nascondi una parte della storia.”
“Lo faccio per Artemis.”
Rebekah non ebbe nulla da replicare. Quando Klaus si affezionava a qualcuno era capace di fare anche l’impossibile. Ed era chiaro che quella ragazza avesse
fatto breccia nel suo cuore di pietra.
“Io e Marcel partiremo per Chicago stanotte.”
Klaus le mise le mani sulle spalle e le baciò una guancia.
“Grazie, sorella.”
“Hai capito tutto?” domandò Freya.
Artemis si grattò il mento mentre cercava di elaborare la mole di informazione che i Mikaelson avevano reperito in quelle ore.
“Oscar ha ucciso una persona, ha inciso rune malefiche sul corpo e lo ha usato come sacrificio per risvegliare lo spirito di un cacciatore. Il suddetto cacciatore è il fratello di Ginevra Beccarini, è nato senza magia e per questo la sua congrega lo ha esiliato.”
“Poi ha iniziato a dare la caccia e a uccidere le streghe per vendicarsi.” Concluse Keelin.
Artemis annuì, sebbene il suo cervello fosse sull’orlo di una esplosione di neuroni.
“Noah mira alle streghe che hanno il mio potere perché sua sorella Ginevra è stata la prima a possederlo.”
“Streghe i cui genitori appartengono alla congrega Lyra e alla congrega Corvi.” Specificò Elijah.
“Ma allora perché uccide anche gli altri? Miriam, Emilie e Simon non possiedono la mia abilità e i loro genitori sono membri della medesima congrega.”
“Uccide gli altri per spaventare la vera prenda.” disse Freya in tono affranto.
“E’ un cacciatore, si diverte a cacciare.” Disse Hayley.
“Avverte la preda che sta arrivando. Gioca con essa, la getta nel terrore.” Continuò Elijah.
“Noah si è divertito a fingersi mio amico per mesi.”
Artemis stentava ancora a realizzare che il nemico fosse Noah. Il ragazzo dai riccioli rossi, il sorriso impacciato e la voce calma.
“Ti spiava. Studiava le tue abitudini.” Disse Klaus.
Lui e Rebekah si unirono al gruppo in salotto. Elijah lanciò un’occhiata interrogativa a Rebekah, ma lei lo ignorò apposta.
“Dobbiamo scrivere un incantesimo prima del prossimo tramonto.” Disse Freya.
Ventiquattro ore. Entro quell’arco di tempo Artemis doveva creare un incantesimo, attuarlo e sconfiggere un fantasma centenario. Ma doveva anche trovare il
tempo per dire addio.
“Dovete prima riposare. Un tale incantesimo richiede grande sforzo.” Disse Keelin.
Artemis si alzò e un capogiro le fece piegare le ginocchia. Klaus l’afferrò prima che cadesse.
“Hai bisogno di stenderti.”
“Ci vediamo tutti all’alba al Bayou.” Ordinò Elijah.
Artemis si svegliò un paio di ore dopo. Si sentiva frastornata come se avesse preso una botta in testa. Si mosse e capì di trovarsi a letto, considerate le coperte avvolte intorno alle gambe.
“Ben svegliata.”
Klaus era seduto sulla poltrona all’angolo della camera e leggeva sotto la tiepida luce dell’abatjour. Ad un secondo sguardo, Artemis si accorse di essere nella camera da letto dell’ibrido. 
“Sono svenuta?”
“Sì. Il tuo bracciale…” disse Klaus indicando il monile.
Artemis vide che il metallo si era annerito, segno che la libertà stava per scadere. La pelle del polso si era arrossata, ustionata dal bracciale che sarrugginiva di ora in ora.
“Maledetto bracciale. Mabel non mi aveva parlato di effetti collaterali.”
Klaus richiuse il libro e si avvicinò a lei per aiutarla a mettersi seduta. Le accarezzò la fronte per accertarsi che non avesse la febbre.
“Come ti senti? Avverti nausea o altri sintomi?”
“Adesso no. Mi sento solo un po’ assonnata.”
“Meglio così. Hai fame? Sete? Posso prenotare da mangiare o prepararti una tisana.”
Artemis sorrise per la gentilezza di Klaus. Sapeva essere la persona più premurosa del mondo quando abbandonava i suoi intenti sanguinari.
“Un bicchiere di vino è eccessivo?”
“Ho quello che fa per te. Torno tra un attimo.”
Dopo che Klaus si fu dileguato, Artemis si slacciò le bretelle della salopette e si tolse il maglione restano in canottiera. Il camino nella stanza ardeva riscaldando fin troppo l’ambiente. Poggiò i piedi sul pavimento per trarre fresco dal marmo.
“Ti sei messa comoda, mi fa piacere.”
L’ibrido era già tornato. In mano reggeva una bottiglia di vino e due calici.
“Che servizio eccellente. Lo farò sapere alla direzione.” Scherzò Artemis.
Klaus sorrise, stappò la bottiglia e versò il liquido rosso nei bicchieri.
“Mia cara, tratto bene i miei ospiti. Soprattutto una bella donna nel mio letto.”
“Ecco Niklaus Mikaelson che fa sfoggio del suo famoso charme.”
“Dunque riconosci il mio charme?” la rimbeccò Klaus.
“Negarlo è inutile.” Rispose lei sorridendo.
Artemis accettò il calice e annusò il vino prima di berne un sorso. Il sapore le fece vibrare le papille gustative per quanto era buono.
“E’ delizioso. Che vino è?”
“E’ un Clos de Vougeot prodotto nella Borgogna francese. Questa bottiglia risale al 1990, l’ultima volta che ho visitato la cantina di Domaine Faiveley.”
Artemis bevve ancora permettendo al vino pregiato di scaldarla. Il liquido rossastro pareva sangue ma era dolce come zucchero.
“La Borgogna è uno dei posti che vorrei visitare. E’ ricco di storia.”
Klaus prese posto accanto a lei sul letto, le lenzuola avevano il suo odore. Le regalò un sorriso malizioso.
“Ti ci posso portare. C’è un pittoresco hotel che ti piacerebbe. Potremmo assaggiare diverse qualità di vini, passeggiare al chiaro di luna, fare l’amore al buio.”
“Niklaus!” esclamò lei tirandogli uno schiaffo sul braccio.
“Che c’è? Stavo illustrando le attività che potremmo svolgere in Borgogna. Anche se l’ultima potrebbe anche essere svolta in qualunque posto.”
Klaus rise per l’espressione indispettita di Artemis, sebbene stesse ridendo sotto i baffi.
“E’ il tuo modo per conquistare le donzelle?"
L’Originale si chinò per parlarle all’orecchio, sfiorandole il lobo con le labbra.
“E’ il mio modo per dirti che voglio fare l’amore con te.”
Salve a tutti!
Come al solito Artemis ha avuto una pessima idea. Chissà come andrà a finire!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

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Capitolo 10
*** La strega e il cacciatore ***


9. LA STREGA E IL CACCIATORE

“L’intuito non mente allorché ci bisbiglia: non sei polvere, tu sei magia.”
(Richard Bach)
 
Artemis avvertiva un dolore lancinante al petto, come se qualcuno le stesse strattonando le costole con un uncino. Era uno degli effetti collaterali del bracciale di Mabel: il tempo si stava esaurendo e il dolore scandiva i minuti.
Klaus era così vicino che le loro labbra si sfioravano. Artemis deglutì, scossa dal desiderio di baciarlo e di stringerlo a sé. Eppure c’era quella maledetta vocina nella sua testa che le gridava di scappare, di prendere le distanze come aveva sempre fatto. Poteva avere paura di un bacio? Era stupido, ma era l’unico pensiero che per mesi l’aveva tormentata.
“Artemis.” Sussurrò Klaus.
Le loro labbra si erano appena toccate quando lui aveva parlato. Artemis lo guardò negli occhi e sentì il cuore che accelerava.
Si era innamorata di lui. Ormai lo sapeva, lo aveva capito anche se non voleva ammetterlo. Amare Klaus Mikaelson era come amare la notte oscura e misteriosa ma fulgida di stelle luminose. Ma amarlo era anche come essere scaldati dai raggi del sole appena dopo l’alba.
A quel punto cedere fu facile.
Artemis avvicinò la bocca a quella di lui ed esitò qualche istante, mentre Klaus la guardava come se da lei dipendesse la sua esistenza.
“Non ci resta molto tempo.” Bisbigliò lei.
Il polso si era arrossato e il bracciale si stava annerendo di secondo in secondo. La clessidra che tratteneva il suo potere stava per liberare gli ultimi granelli.
“Allora facciamo sì che ne valga la pena.” Disse Klaus.
Artemis si sdraiò sul letto e un attimo dopo Klaus fu sopra di lei. Ripresero a baciarsi con fare febbrile mentre con gesti scattanti si toglievano i vestiti.
Le mani di Artemis gli slacciarono la cintura e li tirarono via, mentre lui le baciava il collo con la bocca bollente. Klaus la desiderava così tanto che faceva male. Per troppo tempo si erano negati il desiderio e adesso erano sul punto di esplodere.
“Ahia.” Si lamentò Artemis.
La mano destra si era irrigidita per colpa del bracciale di Mabel. La pelle pizzicava come se si fosse scottata.
“Fa tanto male?”
Klaus le prese il polso e baciò le vene blu che pompavano sangue. Artemis sospirò e ritrasse il braccio con un mezzo sorriso.
“Sto bene. Non fa tanto male.”
“Bugiarda.” L’ammonì Klaus.
Artemis ridacchiò e poi gli cinse il collo con le braccia per baciarlo ancora. Klaus si dimenticò di tutto – del cacciatore, dell’incantesimo, dell’alba sempre più vicina – e la baciò a sua volta in modo più profondo. Con le labbra si abbassò a baciarle il collo, le spalle, le clavicole. Si fermò solo per toglierle il reggiseno e poi baciò ogni centimetro dei seni.
Artemis fremeva sotto di lui, sentiva caldo e freddo al tempo stesso. Emise un piccolo gemito quando Klaus le sfilò gli slip lasciandola completamente nuda.
“Te la senti di continuare?”
Artemis era talmente annebbiata dal desiderio che aveva dimenticato il fastidio al polso. Serrò le caviglie contro la parte bassa della sua schiena e gli baciò la mascella.
“Sì.”
Quello bastò per infiammare il cuore di Klaus. Essendo per metà vampiro, ogni emozione era amplificata e il desiderio fisico gli vibrava in ogni fibra del corpo. Tutto ciò che voleva quella notte era provocare e provare piacere, e voleva che lei fosse il centro dei suoi pensieri.
Si spogliarono degli ultimi indumenti in una frenesia di baci e carezze. Artemis accarezzò le spalle di Klaus con le unghie, un brivido corse lungo la schiena dell’ibrido.
Klaus si lasciò scappare un gemito gutturale, quasi disperato. La sua mente pensava soltanto alle mani di lei che scendevano e salivano per toccargli la schiena.
Artemis, dal canto suo, gli passò le dita fra i ricci dorati e si sporse per baciarlo con passione. Poi gli baciò il mento, baciò la guancia, fino a sfiorargli l’orecchio con la bocca.
“Vieni più vicino, Mikaelson.”
Klaus, non riuscendo a sopportare quella tensione, le scivolò dentro. Quel contatto accese ogni singolo nervo dei loro corpi. Artemis ansimò, il suo cuore batteva tanto forte da riecheggiare nelle orecchie dell’ibrido.
Le spinte aumentarono e di conseguenza i loro gemiti. Era un miscuglio di tristezza, amore, passione che rendeva tutto ancora più complesso.
“Artemis.” Ansimò Klaus con voce roca.
Artemis cambiò l’inclinazione dei fianchi spingendosi sempre più vicina a lui. Quella posizione fece gemere entrambi senza controllo.
Klaus sentiva la tipica sensazione di calore che gli ribolliva nel sangue. Guardò Artemis sotto di sé che lo stringeva e sospirava di piacere. Fu troppo per lui, dovette chiudere gli occhi per restare lucido.
“Klaus, guardami.”
Artemis rimase stupita quando vide che gli occhi di Klaus erano dorati, il colore dell’ibrido. In un secondo tornarono verde-azzurri, sebbene fossero liquidi per il piacere.
“E’ questo l’effetto che mi fai, milady. Mi fai impazzire.”
“Dimostramelo.” Lo sfidò lei.
Klaus ghignò, si ritrasse e spinse di nuovo. Questa spinta fu decisiva, portandoli entrambi al culmine. Artemis gli graffiò la schiena mentre il mondo intorno a lei si sbiadiva. Tutto era offuscato dall’appagamento dei loro gesti.
Klaus premette la fronte contro la spalla di lei e ansimò con cuore che gli sbatteva come ali nella gabbia toracica.
 
Artemis era assonnata ma non voleva dormire. Voleva godersi ancora qualche istante di quella vita piena di umanità.
Sorrise ad occhi chiusi mentre Klaus le baciava lo spazio fra le scapole. La sua schiena aderiva al petto muscolo dell’ibrido in un intreccio di pelle bollente.
“L’offerta per la Borgogna è sempre valida.” Disse lui.
“E’ una bella fantasia.”
“Oppure una bella realtà, dipende da te.”
Artemis si scostò dall’abbraccio, si mise seduta e si portò le ginocchia al petto. Klaus era così sereno e sorridente che non ebbe la forza di contraddirlo. Era stata una notte perfetta e rovinarla con l’idea della sua umanità spezzata non era giusto.
“La Borgogna mi piace.”
Klaus le regalò un sorriso luminoso, uno di quelli rari che solo la sua famiglia aveva visto nei secoli.
“E a me piaci tu.”
“Invece tu non mi piaci per niente, Mikaelson.”
Artemis si chinò a baciarlo e lui ne approfittò per farla stendere di nuovo. La mano dell’ibrido la accarezzava dal ginocchio alla coscia e viceversa, mentre si baciavano lentamente.
“Ti amo, Artemis. Più di quanto tu possa immaginare.”
Lei sorrise, non avendo il coraggio di ricambiare quelle parole. Non disse nulla, incapace di parlare e non piangere. Appoggiò la testa sul petto di Klaus e si lasciò abbracciare fino ad addormentarsi.
 
Artemis si muoveva furtiva mentre scendeva le scale senza farsi sentire. Aveva lasciato Klaus addormentato, anche se l’ibrido ci avrebbe impiegato poco a risvegliarsi.
La casa era ancora buia, non c’erano rumori e tutti stavano ancora nelle rispettive camere.
“Vai da qualche parte?”
La luce del corridoio si accese e illuminò il volto spigoloso di Freya. Stava appoggiata alla parete con le braccia conserte.
“Freya, come mai sei in piedi? Io stavo andando in cucina a bere.”
“Ti metti il cappotto per andare in cucina?” replicò Freya.
Artemis non era stata furba. Con addosso cappotto, cappello e sciarpa era stata stupida a mentire.
“Sto uscendo per una commissione.”
“Sono le tre del mattino. Che cosa devi fare?”
“Lo sai.”
Freya sospirò, sperava nel profondo che la ragazza non volesse agire da sola.
“Artemis, non puoi affrontare Noah da sola. Ti serve una mano.”
“Tu non capisci. Devo farlo da sola! Klaus vuole farsi incanalare per uccidere Noah, ma questo lo ucciderebbe perché neanche la magia di un ibrido è così forte. Noah è uno spirito antico, per metterlo fuori gioco serve una quantità enorme di potere.”
“E quale fonte di magia ha un simile potere?”
Artemis abbassò lo sguardo, non voleva che la verità ferisse l’amica. Freya avrebbe fatto il possibile per aiutarla ma lei non era disposta a perderla.
“Il trasferimento empatico è in grado di distruggere Noah.”
“Vuoi incanalare te stessa?” domandò Freya, scioccata.
“Esatto. Mabel lo ha solo relegato in fondo al Bayou, ma io voglio ucciderlo.”
“Uccidere uno spirito così antico e forte è difficile. Potresti perdere la vita!”
Artemis non batté ciglio. Sapeva a cosa andava incontro. Sapeva che battersi con Noah avrebbe comportato delle gravi conseguenze, eppure era felice di accettarle.
“Non morirò se tutto andrà secondo i piani.”
Freya colse una nota fredda nella voce della ragazza, un tono che preannunciava catastrofi.
“Cosa perderai nel processo?”
“La mia umanità.”
“Oh, Artemis…” mormorò Freya con sconforto.
Artemis non vacillò, non erano previsti cambi di programma. Perdere l’umanità pur di salvare centinaia di streghe e sciamani era la cosa giusta da fare. Sua madre lo avrebbe fatto di certo.
“Ora sai la verità. Vuoi aiutarmi o no?”
 
Brenda parcheggiò l’auto nei pressi di una capanna di caccia dismessa da anni. Artemis le aveva dato appuntamento nel Bayou alle cinque del mattino. Imboccò il sentiero che portava alle paludi seguendo il gorgoglio dell’acqua.
“Artemis?”
“Siamo qui!”
Brenda raggiunse un vecchio capanno di caccia ed entrò, incurante del fango che lasciava le pedate sul pavimento. Artemis era in compagnia di Freya Mikaelson.
“Perché Freya è qui? Credevo fosse un affare di famiglia.”
“Perché Artemis è anche parte della mia famiglia.” Rispose Freya.
Artemis nel frattempo stava tirando fuori dallo zaino un contenitore di granito, sale e incenso.
“Lui dov’è?” chiese Brenda.
“Lo abbiamo sistemato là.”
Artemis puntò la torcia verso un albero e Gabriel salutò con la mano la nuova arrivata. Lei e Freya si erano fermate a Black Pearl per prelevare il vampiro che serviva per l’incantesimo.
“Quindi voi tre adesso siete amiche?” domandò Gabriel.
Brenda gli scoccò un’occhiataccia, non sopportava quel ragazzo con la lingua lunga e la tendenza al tradimento.
“Sta zitto, Gabriel. Sarai inutile dopo che ti avremo preso il sangue.”
Freya guardò l’orologio e poi alzò gli occhi al cielo: mancavano circa due ore all’alba.
“Abbiamo ancora tempo. Posso conoscere il piano adesso?”
“Anche io vorrei saperne di più.” Aggiunse Brenda.
Artemis richiuse il suo grimorio, lo infilò nello zaino e si inginocchiò per terra a tastare la superficie.
“Ho avuto un’idea mentre tornavo dal cimitero. E’ pericolosa, potrebbe fallire in mille modi diversi, ma reputo che possa funzionare.”
“Allora è un’idea stupida.” Chiosò Brenda.
Freya si spostò quando Artemis controllò il terreno sotto le sue scarpe. Sembrava un segugio sulle tracce di un cervo.
“Che stai facendo?”         
“Il terreno del Bayou è pregno di magia, ma vicino ai corsi d’acqua la magia è ancora più intensa. Cerco il punto adatto su cui disegnare il pentacolo.”
“Pentacolo, bambola voodoo, sangue di vampiro. Hai già scritto l’incantesimo, vero?”
“Sì.” Ammise Artemis.
Si rimise in piedi, si spazzolò la salopette e traccio un segno nel terreno con la punta dello stivale.
“Che cos’hai in mente?” domandò Freya, preoccupata.
“Voglio attirare qui Noah usando la bambola, seguirà l’odore della magia nel mio sangue. Lo voglio intrappolare nel pentacolo e lo voglio spedire nel mondo prigione di Mabel.”
“Ecco perché volevi l’ascendente.” Disse Brenda.
Artemis l’aveva chiamata mentre usciva dalla camera di Klaus per accordarsi circa il luogo d’incontro e l’ascendente. Brenda credeva che volesse liberare Mabel, mentre la ragazza aveva altri progetti.
“Lo rinchiuderai nel mondo prigione insieme a Mabel? Crudele.” Disse Freya.
“Farò uscire Mabel e poi farò esplodere il suo mondo con Noah dentro.” Precisò Artemis.
Brenda strabuzzò gli occhi. Aveva sprecato fatica e magia per creare quel mondo, non poteva essere distrutto da una ragazzina.
“Tu non libererai Mabel. Avevo solo sedici anni quando ho creato il mondo prigione, e l’ho fatto per dimostrare il mio valore alla congrega.”
“I tempi sono cambiati. Le necessità sono cambiate.” Replicò Artemis.
“Ma non le modalità: ti serve un evento celeste per usare l’ascendente.”
Artemis sorrise come un gatto che insegue il topo e sta per schiacciarlo sotto la zampa.
“Lo so bene. Infatti, Marte sarà in congiunzione con la Luna poco prima dell’alba. Te l’ho detto che ho un piano.”
Brenda serrò la mascella e chiuse le mani a pugno, aveva voglia di scaraventare quella ragazza contro un albero ma cercò di mantenere la calma.
“Tua nonna è pericolosa. Ha ucciso tre lupi!”
“Mabel ha salvato questa città, sebbene il metodo non sia stato dei migliori.” Disse Freya.
“Tu non la libererai.” Ribadì Brenda.
Artemis si girò verso di lei con le mani tese in avanti, l’espressione dura come la roccia.
“Non sfidarmi, Brenda.”
Freya si mise in mezzo con la braccia sollevate, pronta a usare la magia pur di tenerle a bada.
“Manteniamo la calma. L’alba sta per sorgere, abbiamo poco tempo per preparare l’incantesimo. Non possiamo fallire. Brenda, sei dei nostri?”
“A due condizioni: Mabel verrà con me e sarà rinchiusa in una prigione della Congrega Lyra.”
Freya guardò Artemis con severità, entrambe sapevano che accettare quella condizione era l’unica strada per garantirsi l’aiuto di Brenda. Più avanti avrebbe trovato il modo per liberare Mabel definitivamente, ma per ora doveva scendere a compromessi.
“D’accordo.” Acconsentì Artemis.
“La seconda condizione prevede che Oscar sia liberato. Lo so che gli Originali lo tengono prigioniero.”
“Convincerò Klaus a rilasciarlo.” Disse Freya.
“Bene. Ora possiamo perfezionare il vostro pessimo piano.”
 
Klaus si rigirò fra le lenzuola con un sorriso istintivo. Allungò il braccio per toccare Artemis ma trovò solo il vuoto. Aprì gli occhi di colpo, era solo in camera e i vestiti della ragazza non c’erano. L’orologio a pendolo segnava le quattro del mattino. Solo un’ora prima si era addormentato con Artemis fra le braccia, mentre adesso il letto era desolato.
Abbandonò le calde coperte per mettersi in cerca della maglia. I suoi vestiti erano disseminati per tutto il pavimento, la prova di quanto era successo poco prima.
“Niklaus.”
Elijah sostava sulla soglia con espressione angustiata. Col completo scuro sembrava confondersi col buio del corridoio.
“E’ successo qualcosa, vero?”
“Non possiamo uscire. Qualcuno ha lanciato un incantesimo sulla casa.”
“Venite a vedere!” gridò Hayley dal cortile.
Klaus si vestì in fretta e seguì Elijah al pianoterra del palazzo. Hayley era inginocchiata davanti a qualcosa che brillava. Era una linea di sale ammucchiata davanti al cancello.
“E’ questa che ci blocca?” chiese la donna.
“L’incantesimo di confinamento funziona finché il cerchio è intatto.” Spiegò Elijah.
“E solo con la magia si può spezzare.” Aggiunse Klaus.
Hayley toccò il sale e avvertì una piccola scossa. Ritrasse la mano con i nervi intorpiditi.
“Artemis o Freya?”
“Tutte e due.” Rispose Keelin.
Indossava ancora il pigiama e si era coperta con una felpa che apparteneva alla moglie poiché il cortile era aperto e il vento gelido di febbraio penetrava fra le mura.
“Quelle due stanno ridefinendo il mio concetto di pazienza.” Borbottò Klaus.
Elijah osservò sconsolato la linea bianca. Freya aveva da sempre l’inclinazione a sacrificarsi per la famiglia a prescindere dai pericoli.
“Chiamo Vincent e cerchiamo di capire come uscire da qui.”
 
Freya leggeva l’incantesimo scritto da Artemis con sospetto. Un dubbio si insinuò dentro di lei che subito si trasformò in preoccupazione.
“Artemis, come hai fatto a scrivere questo incantesimo? E’ perfetto, troppo perfetto per una strega inesperta come te.”
Brenda gettò uno sguardo al grimorio della ragazza e corrugò la fronte. In effetti era scritto con formule antiche che una come lei non poteva conoscere.
“Perché non lo ha scritto lei. Sono formule di magia nera.”
“Artemis.” La incalzò Freya.
Artemis si mise le mani sui fianchi e guardò le due donne con nonchalance. Pur di sconfiggere Noah era disposta a tutto.
“Ho chiesto l’aiuto di uno sciamano pratico di magia nera.”
“Nel Quartiere nessuno la pratica da anni.” Disse Brenda.
“Artemis, a chi hai chiesto aiuto?” insistette Freya.
“Beh, la faccenda è andata più o meno così…”
 
Undici ore prima
Artemis camminava senza sosta da almeno quaranta minuti. Al suo fianco Claire Shepard fluttuava nel suo abito bianco macchiato di sangue; era sangue di innocenti che non sarebbe mai andato via per rammentarle le sue azioni.
“Dove stiamo andando?” cinguettò Claire.
Un tempo doveva essere stata molto bella con i lunghi capelli neri e i luminosi occhi grigi. Eppure in fondo al suo sguardo c’era un barlume di follia che era sfociato nell’assassinio della sua famiglia.
“Dove i vivi incontrano i morti.”
Claire ridacchiò e batté le mani, entusiasta di accompagnare la ragazza nei luoghi oscuri di New Orleans.
Artemis quel pomeriggio aveva scoperto che il Vuoto – l’entità che aveva quasi spazzato via gli Originali – era comparsa per la prima volta in una casa stregata nel Bayou. Si diceva che avesse attaccato un bambino e che poi l’infezione avesse fatto ammalare Hope. Lei voleva sfruttare quel suolo intriso di magia per invocare uno spirito.
“Che puzza! La magia nera è dappertutto.” Disse Claire.
Artemis sorrise trionfante quando la casa abbandonata comparve alla sua vista. Si trattava di una piccola dimora diroccata, il legno marcio che si staccava e gli animali che la usavano come rifugio per il letargo.
All’interno l’arredamento era stato intaccato dalla muffa. La cucina cadeva a pezzi e il divano era stato rosicchiato dagli scoiattoli.
“Claire, sei pronta?”
“Certamente.”
Lo scopo di quella gita era invocare lo spirito di uno sciamano e costringerlo a scrivere un incantesimo. La presenza di Claire serviva ad Artemis per proteggersi da eventuali fantasmi che avessero tentato di attaccarla.
“Adesso accendo le candele e posiziono il rosario. Tu resta accanto a me.”
Claire annuì e svolazzò per poi adagiare i piedi scalzi sul terreno. Artemis avvertiva la presenza della donna fantasma tramite una serie di brividi freddi.
Accese tre candele e al centro depose il rosario che un tempo era appartenuto allo sciamano. Trovò la concentrazione e posò le mani sulla collana.
“Maltuscanum anium par vas.”
Claire represse una risatina mentre il rosario bruciava e una cortina di fumo si sollevava dalle candele. Poco dopo prese forma un uomo abbigliato di nero e con le mani giunte in segno di preghiera.
“Chi sei tu? E perché hai osato evocarmi?”
Artemis ignorò il cellulare che vibrava nella tasca, tanto sapeva che era Klaus a chiamarla, e portò gli occhi sullo sciamano.
“Tu sei Dominic, hai servito il Vuoto in passato. Conosci la magia oscura.”
Dominic sorrise, un ghigno simile a quello di un demone.
“Sono un fervido cultore delle arti oscure.”
“Allora puoi essermi utile.” Disse Artemis.
Era sbagliato, lo sapeva ma non le importava. Mesi prima Klaus le aveva raccontato di Dominic e del suo tentativo di sterminare gli Originali, le aveva anche raccontato di quanto fosse legato al Vuoto e alla sua magia.
“Tu sei la pupilla di Klaus Mikaelson, l’uomo che ho cercato di uccidere. Perché vuoi il mio aiuto?”
“Perché sei l’unico sciamano oscuro che conosco. E sei morto, quindi non puoi ferire Klaus.”
“Non aiuterò chi lavora per i Mikaelson.” Ribatté Dominic.
Artemis sospirò, la frustrazione di quella trattativa fallimentare rischiava di farle perdere il controllo. Raddrizzò le spalle e guardò lo sciamano dritto in faccia.
“Che cosa vuoi in cambio?”
“Tornare in vita non sarebbe male.”
Claire si avvicinò a Dominic e gli tastò la fronte come se avesse la febbre. Poi si mise a ridere.
“Tu vuoi rivedere tuo marito. E’ morto l’anno scorso.”
Dominic fremette ma i suoi occhi color petrolio adesso erano cupi di tristezza. Rivolse uno sguardo mesto ad Artemis.
“Io ti aiuto e tu mi fai rivedere mio marito. Siamo d’accordo?”
“Non so come fare.” Disse Artemis, afflitta.
“Ci penso io. Posso raggiungere lo spirito di tuo marito e portarlo qui.” Propose Claire.
Artemis fece un calcolo a mente sul tempo che le candele avrebbero impiegato per spegnersi.
“Tu e tuo marito avete all’incirca tre ore, dopodiché le candele si spegneranno e tu svanirai.”
“Accetto. Tre ore con Steve mi bastano.” Disse subito Dominic.
Artemis ripensò a Klaus, una punta di dolore la trafisse al petto. Quando ami qualcuno e c’è il rischio di perdere tutto si è disposti a fare l’impossibile. Avrebbe salvato Hope e Freya per lui. Avrebbe sistemato le cose a qualunque costo.
“Dettami l’incantesimo mentre Claire cerca tuo marito.”
 
“Dove hai trovato il rosario di Dominic?” fu la domanda di Freya.
“Elijah lo aveva scaricato in soffitta insieme ad altri oggetti.” Disse Artemis.
Brenda rilesse il grimorio e lo richiuse con disgusto. Lanciò il libro a terra e si fregò le mani sui pantaloni.
“La magia nera è un male. Miriam era stata corrotta e hai visto che fine ha fatto.”
“Purtroppo non abbiamo altre soluzioni.” Disse Artemis.
“Facciamolo.” Decise Freya.
Brenda si passò una mano fra i capelli e scosse la testa. Non avrebbe preso parte a qualcosa che aveva ucciso la sua amata nipote.
“Io me ne vado.”
“Lasciami un po’ del tuo sangue per l’ascendente.” Le ricordò Artemis.
“Stai esagerando, Artemis. Non finirà bene.”
“Ho perso mia madre, per me non finisce mai bene.”
 
Mezz’ora dopo tutto era pronto. Mancano gli ultimi ritocchi prima di innescare la trappola.
“Gabriel, ci serve il tuo sangue.” Disse Freya.
“Come fosse latte scremato al banco del supermercato.” Brontolò il ragazzo.
“Datti una mossa.”
Con i canini si bucò il palmo della mano e fece scorrere il sangue in un recipiente di pietra.
“Basta?”
“Devi riempire il recipiente fino all’orlo.”
Artemis, invece, stava assemblando l’ascendente e ogni due minuti valutava l’avvicinamento di Marte alla Luna.
“Manca mezz’ora alla congiunzione astrale. Come stiamo a sangue?”
“La macelleria sta servendo la clientela.” Ironizzò Gabriel.
Quando il sangue ebbe lambito l’orlo, Freya si doperò per tracciare il pentacolo che avrebbe attirato Noah.
“Il pentacolo è pronto. La bambola?”
Artemis recuperò la bambola voodoo e notò che Brenda l’aveva realizzata con le fattezze identiche: anche la bambola aveva fili marroni e verdi per capelli, lucenti bottoni al posto degli occhi e una minuscola pietra blu alla mano.
“Ora che faccio?”
“Impregna la bambola col tuo sangue e poi mettila al centro del pentacolo.” Disse Freya.
Artemis si tagliò un polpastrello con un coltellino svizzero e distribuì il sangue sulla stoffa in maniera casuale. Avvolse un fazzoletto intorno al dito e lanciò la bambola in mezzo alla stella.
“Devi chiamare il super cattivo?” volle sapere Gabriel.
“Già.”
Dalla rubrica selezionò il numero di Noah e prese un respiro per placare i nervi.
“Artemis, che piacere! Come mia mi chiami a quest’ora?”
“Non prendiamoci ancora in giro, Noè. Ti aspetto nel Bayou. E porta anche il tuo amichetto Oscar, si trova al Giardino di Marcel Gerard.”
Terminò la telefonata prima che Noah potesse parlare. Lui avrebbe seguito l’odore del potere di Artemis intriso nella bambola voodoo e l’avrebbe trovata molto presto.
Freya si affrettò a raccattare il recipiente e lo zaino, mentre Artemis e Gabriel si dirigevano verso la fitta boscaglia.
“Quando Noah resterà bloccato nel pentacolo, io aprirò il varco per il mondo prigione.”
“E io incanalerò il mio stesso potere per distruggere quel mondo con il bastardo dentro.”
“Secondo me moriremo tutti.” Disse Gabriel.
 
Oscar trasalì quando udì dei passi veloci. Elijah era passato due giorni prima per lasciargli acqua e cibo, dunque quella visita era inaspettata.
“Elijah, sei tu?”
I passi si interruppero e una risata riecheggiò fra le pareti rocciose del Giardino. Un uomo alto e snello sbucò nello spazio della cella. I suoi folti ricci rossi baluginavano alla luce delle torce.
“Buonasera, Oscar. Non mi riconosci?”
Oscar sollevò le mani nell’atto di difesa, anche se le manette gli impedivano di praticare la magia. Sgranò gli occhi quando capì chi era quel giovane (che tanto giovane non era).
“Noè Beccarini. Sei qui! Io credevo che non avesse funzionato…”
Noah si appoggiò alla parete e spalancò le braccia per mostrarsi in tutta la sua altezza.
“Sono io in carne ed ossa. Grazie a te sono tornato in vita.”
“Avevo perso le speranze.” Mormorò Oscar, quasi commosso.
“Da quanto tempo sei rinchiuso qui dentro?”
“La notte che ti ho evocato, pochi minuti dopo aver praticato l’incantesimo, Rebekah e Freya Mikaelson mi hanno rapito. Non ho potuto vederti, ecco perché pensavo di aver fallito.”
Oscar ricordava bene la violenza con cui Freya lo aveva sbattuto contro il muro e la forza disumana con cui Rebekah lo aveva trascinato fuori dal motel.
“Sono risorto svariate ore dopo il tuo rapimento. Evocare uno spirito arcano come me richiede tempo, la mia anima dove ricongiungersi col mio corpo entro tempi stabiliti dalla magia.”
“E cosa hai fatto poi?” domandò Oscar, curioso.
Ho letto i tuoi appunti e il tuo grimorio e ho capito quale fosse il tuo obiettivo. Mi sono subito messo all’opera per spaventare la mia vittima.”
“Per spaventare intendi che hai ucciso qualcuno?”
Noah sorrise e annuì, la sua alterigia si abbinava ad un ghigno meschino.
“Lo sai che uccido sempre tre persone prima di arrivare alla preda.”
“Chi hai ucciso?”
“Ricordo solo i loro nomi: Emilie, Simon e Miriam.”
Il mondo intorno ad Oscar smise di girare. Per un secondo tutto si fece buio come la notte più nera.
“Miriam? Hai ucciso…”
“Sì, credo proprio di aver ucciso tua figlia. Le ho stritolato il cuore con le mani.”
“Tu sei un mostro!” sbraitò Oscar fra le lacrime.
Noah fece una giravolta su se stesso, i ricci simili ai serpenti letali di Medusa.
“Sono il mostro che tu stesso hai scelto. La magia nera ha un caro prezzo.”
 
Klaus si era volatilizzato verso il Bayou non appena Vincent aveva spezzato la barriera di sale che lo confinava in casa. Elijah ed Hayley lo avevano raggiunto soltanto in seguito.
L’alba stava sorgendo, timida con i suoi deboli raggi. La notte prevaleva ancora.
“Sono qui. Sento l’odore.” Disse Elijah.
Hayley annusò l’aria che sapeva di sangue, magia e acqua paludosa.
“Si trovano vicino al corso d’acqua dove Mabel ha ingabbiato Noah.”
Klaus si mosse senza dire una parola. Era infuriato con Artemis per averlo tenuto all’oscuro dei suoi piani, però era anche agitato all’idea che fosse in grave pericolo.
Se c’era una cosa che aveva imparato nell’ultima anno era che stare con Artemis significava attraversare una tempesta di sentimenti: rabbia, rimorso, gioia, passione, dolore e amore. Era un’altalena di emozioni che spesso gli mozzavano il fiato.
Aveva più di mille anni ma quella ragazza riusciva ancora a fare tremare il suo mondo.
Un’auto sfrecciò nel buio sollevando una manciata di foglie e terra. Keelin parcheggiò malamente la gip e si riunì agli altri.
“Le avete trovate?”
“Sì, vieni.” Disse Hayley.
 
Artemis sentiva l’agitazione sgusciarle in tutto il corpo. Il momento decisivo era arrivato. Era la sua unica occasione di eliminare Noah, affrontare suo padre e porre fine agli omicidi.
Freya stringeva l’ascendete fra le mani così forte che le nocche erano sbiancante. Se le cose fossero andate male, Noah avrebbe scatenato l’inferno a New Orleans. Era compito loro assicurarsi che ciò non accadesse.
“Oh, oh, abbiamo visite.” Canticchiò Gabriel.
Artemis, nascosta dietro il tronco di un albero, vide Klaus avanzare nella tiepida luce dell’alba. Sembrava un angelo dipinto da Caravaggio, bello e letale, ma soprattutto irraggiungibile.
“Freya, dobbiamo fare qualcosa. Klaus non deve avvicinarsi.”
Freya si accorse del tremolio nella voce di Artemis. Aveva paura per Klaus, voleva tenerlo lontano per salvarlo.
Incendia!
Un cerchio di fuoco divampò attorno a Klaus, Hayley, Elijah e Keelin. Era un confine magico che li proteggeva.
“Artemis!” gridò Klaus.
“Freya? Ti prego, lasciati aiutare.” Disse Keelin, disperata.
Artemis uscì allo scoperto e andò verso il fuoco per parlare con Klaus. Sfumature rosso-arancioni coloravano il volto sofferente dell’ibrido.
“Artemis, ti supplico, non fare idiozie.”
“Lo faccio per te. Se ti lasci incanalare…”
“Artemis…”
“Non ti permetto di morire per me, Klaus.”
Klaus fece un passo avanti ma fu sbalzato all’indietro dalla barriera infuocata. Artemis si portò una mano sul cuore che traboccava di dolore.
“Qualunque cosa succeda, tu ricordati di riportarmi indietro.”
“No! Artemis! Non farlo!”
Le urla di Klaus furono inghiottite dalla notte che lasciava posto ad un nuovo e terribile giorno.
 
Salve a tutti! ^_^
Artemis è talmente disperata da ricorrere alla magia nera.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
Ps. Dominic compare nella 4° stagione e lavora per il Vuoto, giusto per rinfrescarvi la memoria.

 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


EPILOGO

“È una magia talmente potente che, in mancanza di voluttà vera e propria, la sola idea è già sufficiente.”
(Amelie Nothomb)

 
Yvette diceva sempre che la magia richiede il sacrificio del corpo e della mente, solo così essa può davvero funzionare.
Artemis stava seguendo i dettami di sua madre. Stava per sacrificarsi pagando alla magia un caro prezzo: la propria umanità. Cos’era la sua anima in confronto a cento anime?
“Artemis, ascoltami. Possiamo risolvere la questione insieme.” Disse Klaus.
Le fiamme del cerchio magico illuminavano i suoi occhi di una sfumatura dorata che fece venire la pelle d’oca ad Artemis. In un’altra vita, se loro fossero stati due semplici umani, avrebbe perso la testa per lui.
“Non ti permetterò di morire per me. Hope ha bisogno di suo padre.”
Un vento gelido fece tremare le fronde degli alberi. La terra sollevò un polverone che costrinse tutti i presenti a chiudere gli occhi.
Noah e Oscar comparvero in mezzo a loro dal nulla.
“Sei una ragazza sciocca, Artemis. E anche avventata.” Disse Noah.
Artemis strinse le mani a pugno e serrò la mascella fino a sentire i denti digrignare.
“Hai ragione. Sono stata una sciocca a credere che tu fossi una brava persona.”
“E’ il mio aspetto angelico che inganna la gente.” Replicò Noah, sorridendo.
“Hai un’opinione troppo alta di te stesso.”
Noah rise, i suoi occhi brillarono di una luce cupa. Al suo fianco Oscar aveva il viso seccato dalle lacrime.
“Che cosa gli è successo?” domandò Freya.
“Oscar ha appena scoperto che ho ammazzato sua figlia. Credo che il nostro rapporto adesso sia in crisi.”
Oscar lanciò un’occhiata ferita ad Artemis, che provò una fitta allo stomaco. Conosceva fin troppo bene il dolore della perdita, sapeva che lasciava un vuoto immenso e impossibile da colmare.
“Oscar, perché hai evocato Noah? Perché ti serviva un cacciatore per uccidermi?”
“Avanti, Oscar, confessa!” lo incitò Noah.
“Perché ho perso i miei poteri.” Sussurrò Oscar.
Artemis e Freya si scambiarono uno sguardo confuso. Le azioni di Oscar ancora non avevano un senso.
“Spiegati meglio.” Disse Freya.
Oscar si guardò attorno: era accerchiato da ogni parte, non aveva alcuna via di scampo. Non gli restava che raccontare tutto e sperare che la figlia lo perdonasse.
“Cinque anni fa sono andato in Arizona in cerca di una reliquia mistica.”
“Quale?” domandò Artemis.
“Il frammento di uno specchio mesoamericano.”
Klaus aggrottò la fronte alla menzione dello specchio. Quando Yvette era stata la sua compagna di viaggio, gli aveva parlato di particolari superfici in grado di aprire dimensioni alternative.
“A cosa ti serve uno specchio mesoamericano?”
Artemis scoccò uno sguardo interrogativo a Klaus, che fissava Oscar con sospetto.
“Che cos’è questo specchio?”
“Lo specchio è un portale dimensionale.” Intervenne Noah.
“Porta in qualsiasi dimensione?” volle sapere Freya.
“Sì. Basta versare poche gocce di sangue sullo specchio e visualizzare nella mente la dimensione dove si vuole andare.”
Artemis si avanzò di poco per osservare Oscar che si mordeva le labbra per il nervosismo.
“Che c’entra lo specchio con Noah? Parla!”
“Ho rubato il frammento e la popolazione locale che lo proteggeva mi ha catturato. Sono stato condannato alla perdita dei poteri. E’ stato un procedimento lungo e doloroso.”
“Hai evocato Noah per rubare i poteri di Artemis.” Disse Freya.
“Rispondi!” tuonò la voce di Klaus.
“Sì! Ho evocato il cacciatore per trovare Artemis e prendermi tutto il suo potere. E’ una strega potente, tutta quella magia mi allettava.”
Artemis rimase ferita da quella confessione. Una minuscola parte di lei sperava che il padre ci tenesse, invece a lui interessava solo rubarle la magia. La cosa peggiore era che il suo piano alla fine aveva coinvolto le sue due figlie.
“Per rubarmi i poteri hai causato la morte di Miriam. Non ti fai schifo da solo?”
“Ops! Quella è colpa mia.” Ridacchiò Noah.
Artemis non lo degnò di attenzione, era troppo impegnata a concentrare l’odio su Oscar.
“Avresti davvero lasciato che Noah mi uccidesse per prendere la mia magia? Tu sei mio padre.”
“Ti avrò anche dato la vita, ma non sono tuo padre.” Disse Oscar.
Klaus attraverso la cortina di fiamme vide gli occhi di Artemis farsi lucidi. Sebbene non considerasse Oscar suo padre, era difficile accettare che un genitore vuole ferirti. Anche lui, dopo secoli, faticava ad accettare che Mikael lo detestava a morte.
“Dunque possiamo porre fine a questa follia?” esordì Elijah.
Noah smise di sorridere. La sua espressione era fredda e severa come poche volte.
“Devo portare a termine il mio incarico quando vengo evocato. E’ così che ha stabilito la maledizione.”
“La maledizione?” gli fece eco Hayley.
“Oh, voi non lo sapete! Non avete fatto bene i compiti a casa!”
Artemis sentì la rabbia aumentare quando Noah scoppiò a ridere. Mancava un pezzo del puzzle e toccava a lei scoprirlo. Sollevò le magni a pugno e immaginò di stringere le dita al collo del cacciatore. Noah si piegò in due dal dolore, le mani premute sulla trachea.
“Ba-s-st-a… Art-em-mis…”
“Può bastare, Artemis.” La richiamò Freya.
Artemis mollò la presa e Noah tornò a respirare. Adesso stava ghignano come se lo strangolamento lo divertisse.
“Quale maledizione?” ribadì la ragazza.
“Mia sorella Ginevra ha ordinato il mio esilio, perciò ho vagato da solo per anni in cerca di un posto da chiamare casa. Un giorno mi sono fermato in India e ho scoperto una congrega di sciamani specializzati in maledizioni. Ho chiesto loro di donarmi la magia, peccato che abbiano interpretato male la mia richiesta.”
“Sei stato raggirato dagli sciamani.” Lo derise Klaus.
“Purtroppo sì. Hanno maledetto la mia anima con un incantesimo antichissimo: sono destinato a dormire per anni finché un nuovo padrone non mi sveglia, allorché obbedisco agli ordini del padrone e torno a dormire solo quando ho terminato l’incarico.”
“Non puoi resistere all’impulso?” chiese Artemis.
“No. La voce della mia testa si placa solo quando la mia preda muore e il padrone è soddisfatto.”
“Oscar, annulla l’invocazione. Spezza il tuo legame con Noah.” Disse Klaus.
Oscar rimase impassibile, lo sguardo tetro e furioso posato su Artemis.
“Non lo farò. Artemis deve morire.”
Artemis non si lasciò spaventare. Era intenzionata a dimostrare a suo padre che era coraggiosa e forte.
“Allora dì al tuo cagnolino che sono pronta a morire.”
“Artemis, no!” gridò Klaus.
Elijah fermò il fratello prima che si gettasse tra le fiamma per superare il cerchio di fuoco.
“Fratello, calmati. Per favore.”
“Morirà! Se non faccio qualcosa, qualsiasi cosa, Artemis morirà.”
“Non morirà. Lei e Freya hanno un piano.” Disse Keelin.
Hayley inarcò le sopracciglia, ma ora capiva perché Keelin fosse più serena rispetto a loro.
“Klaus, devi fidarti di loro. Artemis e Freya possono farcela.”
Klaus guardò Artemis attraverso le fiamme: sembrava una dea dalle ali infuocate, meravigliosa e agguerrita.
 
Artemis era pronta. Sentiva l’energia fluire nelle vene insieme al sangue. Si sentiva potente e furiosa, un demone in procinto di radere al suolo il mondo.
“Vieni avanti, Noè. Concludi la caccia.”
Noah fece due passi di lato e si dondolò sui talloni, un sorriso divertito si apriva sulle sue labbra.
“Lo so che avete tracciato un pentacolo e che lo avete nascosto sotto le foglie.”
Freya imprecò, il loro progetto era appena andato in fumo. Cercò di mantenere un contegno restando salda
“Come lo sai?”
“L’odore acre della magia si mescola a quello del sangue di vampiro. Povero naso mio!”
“Adesso!” gridò Artemis.
Tutto accadde in pochi istanti. Gabriel uscì dal suo nascondiglio e balzò addosso a Noah, afferrandolo per i polsi. Lo scaraventò contro nell’acqua paludosa e fece un cenno della testa.
Artemis sollevò le mani, le aprì e le richiuse a scatti. Una gabbia di acqua si stava ergendo intorno a Noah, intrappolandolo di nuovo come aveva fatto Mabel.
“Abbiamo tracciato un altro pentacolo sul fondo dell’acqua.” Disse Freya.
“Sapevamo che non ci saresti cascato facilmente.” Aggiunse Artemis.
Noah toccò la gabbia di acqua e si scottò la pelle come se fosse di ferro rovente. Le due streghe avevano giocato d’astuzia e lo avevano battuto.
“Non cambia niente. Quando il prossimo padrone mi evocherà, questa gabbia si scioglierà e io sarò di nuovo libero.”
“Non penso proprio. Freya, è il momento.” Disse Artemis.
Freya versò poche gocce del sangue di Brenda sull’ascendente e rivolse l’ingranaggio alla luce dorata dell’alba nel momento in cui la notte si dissolveva.
Sanguinem filio, sanguinem effurgarex perpetuum. Phesmatos filio, phesmatos effurgarex perpetuum!
Una luce accecante si abbatté su di loro. In mezzo al bagliore intenso si aprì un varco e comparve il viso incuriosito e spaventato di Mabel.
“Artemis, sei tu? Che succede?”
“Prendi la mia mano! Ora!”
Mabel allungò il braccio e strinse la mano di Artemis, che la tirò nel mondo reale. Caddero insieme per terra, sporcandosi di foglie secche e terra umida.
“Mi hai liberata?” domandò Mabel, ancora scossa.
“Non c’è tempo di spiegarti. Spostati, mettiti in salvo. Vai!” disse Artemis.
Mabel corse via e Gabriel la portò dietro una grossa quercia per nascondersi. Era giunto l’atto finale di quello spettacolo macabro. Joaquin aveva ragione: le streghe avevano danzato e adesso il fuoco reclamava il suo sacrificio.
“Te la senti?” chiese Freya.
Artemis sentiva la determinazione che la proteggeva come una armatura. Era convinta, dunque non restava che mettercela tutta per salvare la città.
“Posso farcela. Tu sparisci, voglio saperti al sicuro.”
Freya allora l’abbracciò con le lacrime agli occhi. Artemis era la sua più cara amica e perderla era una ferita che avrebbe sanguinato per molto tempo.
“Ti voglio bene, Artemis. Grazie.”
“Ti voglio bene anche io.”
 
Klaus non ci stava capendo più niente. Mabel era saltata fuori dal mondo prigione; Noah tentava invano di spezzare la gabbia; Freya correva verso Keelin per mettersi al riparo.
“Freya, perché hai lasciato Artemis da sola?”
La sorella gli rivolse uno sguardo colpevole. Con uno schiocco di dita il cerchio di fuoco che lo proteggeva si spense, emanando un forte sentore di incenso bruciato.
“Va da lei.”
E fu allora che Klaus avvertì cento spine che gli trapassavano il cuore. Artemis non sarebbe sopravvissuta all’incantesimo. La stava perdendo per davvero questa volta.
“Niklaus, il tempo sta per scadere. Vai da lei.” Disse Elijah.
Klaus superò la striscia di incenso fumante e si diresse vero Artemis che si era posizionata fra il varco aperto e la gabbia d’acqua.
“Artemis, ti supplico di fermarti. Non lasciarmi.”
La ragazza sospirò, poi lo guardò con un sorriso triste.
“Riportami indietro.”
“Artemis…”
“Stammi a sentire: la mia umanità non ci sarà più dopo questo incantesimo. Devo incanalare il trasferimento empatico per distruggere Noah, e lo farò anche se tu non vuoi.”
Klaus represse la voglia di portarla via, di rinchiuderla a vita nelle segrete di palazzo Mikaelson e tenerla al sicuro. Ma aveva imparato che quel modo di gestire i sentimenti era sbagliato e tossico. Se ami qualcuno, e lo ami davvero, impari a lasciarlo andare.
“Cosa farò dopo?”
“Dovrai riportarmi indietro. Dovrai ritrovare la mia umanità.” Disse lei.
“Perché proprio io?”
Artemis si issò sulle punte e lo baciò. Klaus la strinse forte a sé quasi a voler catturare la sua anima e preservarla. Quando lei si scostò, gli sorrise e gli accarezzò i ricci che tanto adorava.
“Perché ti amo, Klaus.”
Klaus chiuse gli occhi e sentì Artemis sfuggirgli sotto le mani. La notte nel suo cuore era più nera che mai.
 
Artemis si mise la mano sinistra sul cuore e pose l’altra sulle sbarre d’acqua che avvolgevano Noah.
“Insulsa ragazzina, tornerò e ti darò la morte per mano mia.” Minacciò Noah.
Una luce azzurra si accese nel petto di Artemis e lei la assorbì nelle vene per poi cacciarla dalle dita in sbuffi verde-blu.
Il varco del mondo prigione si spalancò e risucchiò all’interno la gabbia di Noah. 
“Fa buon viaggio di sola andata all’inferno!”
Un lampo azzurro esplose scatenando un boato che fece tremare gli alberi. Artemis era avviluppata di un bozzolo di bagliore argentato che rendeva la sua pelle bianca come porcellana.
Sentiva freddo. O meglio, sentiva il calore che abbandonava il suo corpo. Poi una mano invisibile si conficcò nella sua anima e la lacerò in mille pezzi. Il dolore fu insopportabile.
E’ questa la sensazione che si prova quando la tua anima viene spezzata? Una sofferenza oscura e senza fine, un buco dentro che si allarga a dismisura.
 
Klaus sbatté le palpebre diverse volte prima di tornare ad avere una visuale lucida. Il varco era svanito e l’acqua della palude era prosciugata.
“Ha funzionato?” chiedeva Hayley.
“L’ascendete è distrutto, quindi ha funzionato. Artemis ce l’ha fatta.” Diceva Freya.
Artemis giaceva svenuta a terra. Klaus si precipitò da lei e la prese fra le braccia. Era congelata al tatto, eppure era illesa.
“Artemis? Ehi, svegliati.”
La ragazza mugugnò e riaprì gli occhi lentamente. Si mise seduta e si massaggiò la testa dolorante.
“Stai bene?” domandò Keelin.
Artemis fece un ghigno, un sorriso subdolo che non le era mai appartenuto prima d’ora.
“Mai stata meglio.”
 
Due giorni dopo
Freya entrò nella camera in punta di piedi per non disturbare il sonno di Artemis. La ragazza, però, era già sveglia ed era anche vestita. Stava preparando i bagagli.
“Che cosa stai facendo?”
“Me ne vado. Sono stufa di stare chiusa in questo castello.”
“Artemis, non è il caso.” Disse Freya.
Artemis sbuffò e infilò un’altra maglia nel borsone. Aprì l’armadio e si mise a raccogliere tutti i suoi oggetti personali.
“Non mi interessa ciò che pensate voi creature secolari. Questo posto mi soffoca. Anzi, voi mi soffocate!”
“Che sta succedendo?” domandò Elijah.
Artemis alzò gli occhi al cielo, Elijah e la sua flemma era una delle cose che non tollerava più.
“Artemis se ne vuole andare.” Rispose Freya.
“A meno che non vogliate gettarmi nelle segrete e torturarmi affinché io riacquisti la mia umanità.”
“Nessuno vuole torturarti.” La assicurò Elijah.
Artemis annuì, ficcò in valigia le ultime cose e richiuse la zip. Indossò il cappotto e si avviò verso la porta.
In corridoio incontrò Klaus, le mani dietro la schiena e l’espressione lugubre.
“Dunque hai deciso di andartene.”
“Già. Sei pregato di levarti dalle palle.” Disse Artemis, rabbiosa.
“Ti rendi conto di essere fuori controllo? Non è saggio restare da sola.”
“E tu ti rendi conto che non me ne frega niente di quello che pensi? Spostati. Adesso.”
“Artemis…”
Artemis non voleva capire ragione. Aprì le mani e un’ondata sbatté Klaus sul pavimento. Prima che potesse rialzarsi, Artemis gli puntò il tacco dello stivale sul petto.
“Io adesso me ne vado e tu non mi seguirai. Lasciami stare, Klaus, o ne pagherai le conseguenze. Non vorrei fare del male a Hope, ma gliene farò se tu insisterai a cercarmi.”
Klaus sollevò le braccia in segno di resa e si alzò dopo che lei ebbe tolto il piede dal suo sterno.
“Sei libera di andare.”
Artemis lo superò con una spallata e scese le scale fischiettando. Klaus sentì il suo odore scomparire e confondersi con la città.
“Davvero la lasciamo libera?” chiese Freya.
“Ovviamente no.” Disse Elijah.
Klaus raddrizzò le spalle e prese un respiro profondo, si prospettava una lunga battaglia per il recupero dei sentimenti di Artemis.
“Riporterò indietro la donna che amo a ogni costo.”
 
Il giorno dopo
Quando Brenda entrò nella tomba, Mabel era seduta accanto ad una candela accesa e guardava la cera che colava sul pavimento.
“Sei venuta a goderti lo spettacolo? So che adori vedermi rinchiusa.” Esordì Mabel.
“Sono venuta a vedere come stai. Non ti lascerò morire di fame, non sono così crudele.”
“Ma Oscar sì. Era addirittura disposto a uccidere Artemis.”
Brenda distolse lo sguardo. Si sentiva colpevole. Non sapeva che il fratello avesse perso i poteri, e neanche immaginava che potesse arrivare a tanto pur di recuperarli.
“Oscar ha perso la ragione, ecco perché l’ho lasciato nelle mani degli Originali. Ormai lui non è più un membro della Congrega Lyra.”
Mabel non aveva neanche salutato Artemis, era stata trascinata via da Brenda mentre sua nipote giaceva ancora prima di sensi fra le braccia di Klaus Mikaelson. Tutto ciò che sapeva era che Artemis aveva ceduto la sua umanità per eliminare Noah. La magia aveva sempre un prezzo che alle volte era fin troppo caro.
“Lo sai perché le streghe usufruiscono delle candele?”
Brenda si appoggiò contro la sfilza di lapidi incassate nella parete e incrociò le braccia, la solita espressione burbera le segnava il volto.
“Perché traggono energia da esse. Sono esperta, non mi servono le tue lezioni.”
Come d’accordo, Mabel era stata consegnata a Brenda subito dopo aver annientato il cacciatore. Mabel era stata condotta al Lafayette, per la precisione in una tomba sconsacrata, ed era stata incatenata al pavimento con le manette anti-magia.
“Nella cera che cola dalla candela si possono scorgere certe verità.”
“Quali verità?”
Mabel si bagnò la punta dell’indice nella cera ancora calda e tracciò una specie di simbolo intricato. Si trattava di una spirale che si avvolgeva intorno a se stessa come una corda che viene fatta girare tre volte.
“La spirale è un simbolo di morte e distruzione.”
Brenda si chinò sul disegno e notò che da vicino era ancora più contorto. Una ruga di preoccupazione le attraversò la fronte.
“Che significa?”
Mabel disegnò una seconda spirale, questa volta sembrava che la cera ribollisse ancora.
“Significa che la morte è vicina. La distruzione è appena iniziata.”
 
Due settimane dopo, Marti Gras
Hope ammirava estasiata i carri ornati da perline, nastri e fiocchi colorati. Era Marti Gras e lei era tornata a New Orleans il giorno prima per i festeggiamenti. Il carnevale per le streghe del Quartiere Francese era una celebrazione fondamentale, più importante di natale.
Ciascuna fazione – streghe, vampiri, licantropi e umani – costruivano carri pieni di decorazioni di ogni genere e scendevano in strada mentre la musica risuonava per le strade.
I turisti si guardavano attorno con occhi ricolmi di meraviglia: la città non era mai stata così bella.
“Papà, qual è il tuo carro preferito?”
Klaus scrutò i carri e ne vide uno guidato da Hayley e il suo branco. Era ornato da una testa di lupo bianca con magnetici occhi dorati.
“Quello della mamma è il mio preferito perché è dedicato a te.”
“Oh, che cosa melensa.” Commentò una voce.
Artemis era dietro di loro che beveva un frullato. Indossava un attillato vestito nero che lasciava la pancia scoperta e il piercing all'ombellico in bella mostra. La giacca di pelle borchiata completava il look.
“Artemis!” esclamò Hope, scioccata.
“Sì, è il mio nome. Vuoi il frullato? Non ci ho sputato dentro, fidati.”
Klaus abbassò lo sguardo per non sopportare quella vista. Artemis non era la stessa. Senza la sua umanità era apatica, spenta e menefreghista.
La ragazza che amava non c’era più.
“Credevo fossi tornata a Chicago.”
Artemis buttò il frullato nella spazzatura e si pulì le mani sulla giacca di un turista che passava di là; l’uomo parve non accorgersene neanche.
“A Chicago mi aspettano debiti, esami e sfiancati ore di lavoro. Non torno lì a sgobbare!”
“Hope, va da tua madre.” Disse Klaus.
Hope fece rimbalzare gli occhi fra il padre e Artemis, dunque capì che era meglio lasciarli soli.
“Sì, vado a guardare il carro più da vicino.”
“Ciao, Hope!” la salutò Artemis sventolando la mano.
Klaus aspettò che la figlia si allontanasse per fissare il suo sguardo minaccioso sulla ragazza.
“Che ti serve, Artemis?”
“Voglio sapere dove si trova Oscar.”
Quando il mondo prigione era esploso uccidendo Noah, Klaus si era fiondato per assistere Artemis che era svenuta. Nel frattempo Elijah ed Hayley avevano prelevato Oscar e lo avevano riportato al Giardino per incarcerarlo.
“Non lo so. Ero occupato ad assicurarmi che tu fossi viva.”
“Non sei bravo a mentire come credi. Dove si trova Oscar?”
Klaus le voltò le spalle e riprese a camminare, ogni due passi doveva scansare qualcuno vestito da carnevale.
“Niklaus, non giocare con me. Non sono più la brava ragazza di prima.”
Artemis lo prese a braccetto e affondò le unghie nella piega del gomito di Klaus, che rimase indifferente al dolore.
“Lo vuoi sapere per ucciderlo, vero?”
“Non sono affari tuoi. E poi, ti dispiacerebbe se quel verme morisse?”
Klaus oltrepassò una bancarella di mele caramellate e spinse Artemis in un vicolo stretto e buio. Controllò che nessuno li stesse osservando prima di parlare.
“Non ti permetterò di uccidere un uomo. Quando tornerai in te, quando riavrai la tua umanità, mi ringrazierai.”
La ragazza rise, un suono simile alle unghie strisciate sul vetro.
“Io non voglio indietro la mia umanità. I sentimenti sono un fardello inutile.”
Adesso Klaus capiva cosa doveva aver provato Elena quando Stefan aveva spento la sua umanità. Non riconoscere più la persona che ami è un dolore acuto che pare graffiarti il cuore.
“Si dà il caso che non interessi cosa vuoi tu. Io ti restituirò l’umanità.”
“Io posso ucciderti, Klaus.” Sussurrò Artemis con voce suadente.
“Mia cara, molti ci hanno provato e molti hanno fallito. Come vedi, sono ancora qui.”
La sicurezza di Klaus vacillò, la rabbia sadica negli occhi di Artemis gli faceva paura.
“Avrò anche perso il trasferimento empatico, ma possiedo ancora i normali poteri di una strega.”
“Io non ti temo.” Replicò Klaus.
Artemis gli mise una mano intorno alla gola e premette l’indice sulla carotide che pompava sangue.
“Allora commetti un grave errore perché io so dove nascondi l’unico paletto di quercia bianca sopravvissuto.”
Il sorriso di Klaus si spense. Artemis doveva essersi impegnata a fondo per trovare l’unica arma che poteva uccidere un Originale.
“Non oseresti.”
“Dimmi dove si trova Oscar e io ti lascio vivere.” Disse Artemis.
“Si trova al Giardino. Freya lo ha intrappolato là.”
“Mi prendi per idiota?”
Klaus sospirò e fece un passo indietro. Più stava vicino a lei, maggiore era la voglia di baciarla.
“Ti dico la verità. Oscar è incatenato al Giardino.”
Artemis aggrottò la fronte, preoccupazione mista a incredulità.
“Non è possibile. Stamattina ho ispezionato il Giardino ed era vuoto.”
“Stai dicendo che…”
“Oscar è scappato.”
 
Salve a tutti! ^_^
Finale con il botto! Artemis senza umanità e Oscar in fuga.
Klaus ce la farà a sistemare le cose? Lui e Artemis staranno mai insieme?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie di cuore a tutti voi per aver seguito la storia. Spero davvero che questa seconda parte vi sia piaciuta.
Alla prossima, un grande bacio.

 

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