Across the universe

di Eevaa
(/viewuser.php?uid=150608)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il tempo, maledetto infame ***
Capitolo 2: *** Il tassello ***
Capitolo 3: *** La traccia ***
Capitolo 4: *** La consapevolezza ***
Capitolo 5: *** Il presentimento ***
Capitolo 6: *** Il pianeta Morvir ***
Capitolo 7: *** Goku ***
Capitolo 8: *** Kakaroth ***
Capitolo 9: *** I Segreti di Morvir ***
Capitolo 10: *** La trattativa ***
Capitolo 11: *** Uno contro Uno ***
Capitolo 12: *** La Storia ***
Capitolo 13: *** Il detentore di ricordi ***
Capitolo 14: *** Backup ***
Capitolo 15: *** Concorso di colpa ***
Capitolo 16: *** Condividere ***
Capitolo 17: *** Il velo ***
Capitolo 18: *** Conseguenze ***
Capitolo 19: *** Attraverso l'universo ***
Capitolo 20: *** La parte razionale ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il tempo, maledetto infame ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.



 
 
 
AVVERTIMENTI:
Questa storia è ambientata in un periodo futuro - mooolto futuro - agli eventi di Dragon Ball Super, ma non ci saranno riferimenti alla saga di Moro, quindi nessuno spoiler. (Schema temporale a fine capitolo).
Verrà fatto abbondante uso del turpiloquio e, siccome non voglio turbare la sensibilità di nessuno, ci tengo a segnalare che i personaggi saranno OOC da questo punto di vista. 
La storia conterrà anche tematiche delicate tra le quali lutto e sindrome da stress post-traumatico.
Ci tengo inoltre a specificare che prima di vedere scene yaoi passerà tanta acqua sotto i ponti. Sarà una storia slowburn che tratterà di un rapporto in evoluzione ma, soprattutto nei primi capitoli, lo yaoi si vedrà solo col binocolo. Abbiate pazienza, please :D
 

Dedicata a Teo5Astor,
senza il quale uno dei personaggi principali di questa storia non esisterebbe.


- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 1
Il tempo, maledetto infame

 

 
«Non posso, non posso sopportarlo».
La rabbia.

«Lo so, Kakaroth».
«No, tu non lo sai!»
La stessa rabbia che pervade i Saiyan poco prima della trasformazione. Lampi verde acqua negli occhi, scintille calde, l'Aura in fiamme.
Vegeta l'ha visto altre volte così arrabbiato, ma solo con i nemici, con qualche essere tangibile, un capro espiatorio da sconfiggere.
Nessun nemico, ora. Niente avversari, niente pericoli.
Solo il tempo che, inesorabile, scorre e non guarda in faccia nessuno.
«Credi che non lo sappia?! Siamo sulla stessa maledetta barca, lo sai bene» sibila Vegeta.
Lo prende per le spalle e lo scuote. Kakaroth trema, abbassa la testa.

Fuori c'è il sole, dentro di loro piove. Loro, ultimi esponenti della razza di guerrieri Saiyan. Loro, destinati a sopravvivere ai loro cari.
«Sarà lo stesso anche per me. Quanto tempo pensi che resti a Bulma? Dieci, quindici anni?» grida e lo scrolla ancora, più forte.
«Smettila, basta!» Kakaroth gli ringhia contro.
Non lo sopporta. Non sopporta di sentirsi dire che un'altra amica morirà prima che loro possano anche soltanto invecchiare.
Non dopo Crilin e il maestro Muten, non dopo Chichi, che a soli sessantotto anni in quel momento è lì, appena sigillata in un'urna di ceramica decorata con fiori di pesco.
Kakaroth ha uno zaino sulla spalla e gli occhi rivolti verso le stelle. Il suo completo elegante da cerimonia funebre giace sparpagliato sul pavimento.
«Quello che stai cercando è solo un altro pretesto per andartene via, ecco cos'è».
«Non ti permettere, Vegeta! Non ti azzardare!» Kakaroth alza la voce, se ne infischia che al piano inferiore ci sono ospiti tutti vestiti di nero. «Sono sempre rimasto qui, specialmente negli ultimi anni».
Tenta di divincolarsi, ma Vegeta lo afferra più forte, lo arpiona per le spalle e gli conficca le unghie nella pelle.
«E allora perché andartene adesso?!»
Kakaroth abbassa lo sguardo di nuovo, i ciuffi neri di quei ridicoli capelli gli coprono gli occhi.
«Guardami in faccia, Kakaroth, se questo è un addio!»
Lo guarda. Forse è un segno, lui mente.
«No, non lo è. Tornerò tra qualche mese al massimo. Ma ora ho bisogno di stare solo. Per favore» il suo tono diventa una supplica. Vegeta ringhia, si arrabbia di più.
«Non è sparendo che risolverai le cose».
«Non c'è niente che io possa risolvere. Niente». Kakaroth riesce a divincolarsi, fa due passi indietro e stringe la fibbia dello zaino tra le dita. Diventano bianche talmente stringe, mentre il suo volto diventa sempre più carminio.
«E allora rimani!» ora è il tono di Vegeta a diventare una supplica aspra. «Rimani qui per chi ne ha bisogno! I tuoi figli, i tuoi nipoti...» Sua Maestà è troppo orgoglioso per ammettere che lui è una di quelle persone, quindi tace.
Anche Kakaroth tace. Il suo volto è arricciato in un'espressione che non gli appartiene. Ha gli occhi lucidi, si morde il labbro.
Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Bravo! Bravo, scappa! Codardo. È tutto quello che sai fare!» urla Vegeta, ma Kakaroth non c'è già più. Solo polvere e un completo elegante sul pavimento.

«Codardo! VIGLIACCO!»



Affanno, fame d'aria.
Vegeta si svegliò di soprassalto, sulle labbra il sapore amaro di un insulto rivolto al nulla. Nelle orecchie il ronzio di quella maledetta astronave.
«Buongiorno principessa, ben svegliata».
Quella voce graffiante gli giunse come uno schiaffo in faccia, mentre ancora lottava contro se stesso e il respiro affannoso. Si passò una mano sul volto imperlato di sudore freddo, poi si lasciò cadere di nuovo con la schiena contro il sedile.
«Tsk, vai a farti fottere» disse quindi, rivolto all'irritante compagno di viaggio seduto alla sua sinistra.
«Mi piacerebbe, e invece siamo ancora lontani due salti iperspaziali dal prossimo lurido attracco portuale».
Vegeta alzò gli occhi al cielo con un grugnito, poi voltò la poltrona e si issò in piedi. La cabina di pilotaggio era angusta, troppo piccola per potersi sgranchire le gambe.
«Ancora lo stesso sogno, mh?» gli domandò dunque il pilota, con un sorrisetto impertinente dipinto in volto.
Prima o poi Vegeta gli avrebbe tirato un pugno abbastanza forte da deturpargli quella faccia da idiota.
«Ancora a farti gli affari miei, mh?» ribatté Sua Maestà.
Il compagno di viaggio ridacchiò un poco, poi si portò le mani dietro la testa per rilassarsi e poggiò i piedi sul sedile oramai vuoto.
«E va bene, e va bene. Che carattere!» soffiò, con uno sbadiglio.
Vegeta ghignò. «Mi conosci da una vita».
«Due» puntualizzò il compagno di viaggio, con un altro sorrisetto beffardo.
Sul serio, gliel'avrebbe disintegrata quella faccia da culo.
«Sì, beh... argh» borbottò Vegeta, arrendevole. «Vado ad allenarmi sul ponte superiore».
«Sayōnara!»
Vegeta roteò gli occhi e uscì dalla cabina di pilotaggio borbottando ingiurie.
Decisamente una giornata partita col piede sbagliato. L'ennesima.

 
 

Novemilanovecentonovantaquattro.
Novemilanovecentonovantacinque.
Le flessioni su una sola mano erano pesanti, mai quanto i ricordi.
Novemilanovecentonovantasei.
«Papà... posso farti una domanda che non ho mai osato farti?»
Gli occhi di Bra erano stanchi, rossi dal pianto. Era stata una lunga, lunga nottata.
«Mh».
«Quanto tempo... quanto tempo vivrai? Oltre a noi...»
Vegeta si prese la testa tra le mani e ci sospirò dentro.
«Bra, per favore. Non voglio pensarci».

Novemilanovecentonovantasette.
«Papà, ti prego. Io voglio... voglio essere sicura di non vedere volare via anche te».
Gli faceva male sentirla parlare così. Gli faceva male pensare al tempo che passava e che, inevitabile, si portava via tutto ciò che aveva di più caro.

Il tempo, maledetto infame.
Novemilanovecentonovantotto.
Maledetto bastardo che si era portato via la sua Bulma. Che si stava portando via tutti, piano piano.
Ma no, i suoi figli no. Odiava solo il pensiero che il tempo gliel'avrebbe portati via.
«I Saiyan purosangue vivono in media centosessanta anni, il più vecchio ne aveva centosettantuno su Vegeta-Sei. Voi mezzosangue... beh, prospetterei circa centodieci anni di media» mormorò, stanco.
Il sorriso amaro di Bra gli lacerava il petto.
«Invecchieremo insieme, dunque. Rimarrai con noi» disse lei. Non aveva più lacrime.

Invecchiare. Vegeta aveva settantotto anni e non un segno del tempo gli solcava la pelle. Sarebbe invecchiato tardi, molto tardi. Bulma, invece, era morta alla sua stessa età con troppe rughe e i capelli tinti per nascondere il bianco.
Quanto tempo pensi che le resti? Dieci, quindici anni?” aveva detto a Kakaroth. Era stato ottimista. In cinque anni il tempo se l'era portata via. E lui non era ancora tornato.
Novemilanovecentonovantanove.
Tutto ciò che sperava era non vedere i suoi figli invecchiare prima di lui. Tutto ciò che sperava era che il tempo fosse clemente, almeno con loro.
Troppo dolore nel suo petto. Il dolore di chi ha perso troppo.
Il tempo era il nemico numero uno, per quelli come lui.
Diecimila.

Vegeta si accasciò a terra con un sospiro. Il pavimento freddo del ponte della nave era una piacevole sensazione sulla pelle bruciante.
Bruciava dentro, bruciava di rabbia, di frustrazione.
Erano passati cinque anni dalla morte di Bulma e ancora poteva sentirne il dolore. Dieci dalla partenza di Kakaroth, e la rabbia non era ancora scivolata via.
Ma, se dapprima aveva dato la colpa esclusivamente all'idiota ed era stato quindi facile non sentirne la mancanza, con il passare del tempo un tarlo gli si era insediato nella mente.
E se gli fosse successo qualcosa?
L'Aura di Kakaroth si era dissolta nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
Erano trascorsi dieci anni senza notizie, neanche una.
L'idiota era idiota, sì, era medaglia d'oro per l'evanescenza, ma lo era davvero a tal punto da abbandonare figli e nipoti senza neanche un ripensamento?
Improbabile.
Un forte scossone dell'astronave lo fece rotolare sul pavimento. L'ennesimo. Quantomeno era servito per destarlo dai propri catastrofici pensieri.
Si alzò con un ringhio e si diresse a passi concitati verso il piano inferiore. Avrebbe sfogato la frustrazione contro l'unica persona presente in quel cesso di astronave.
Quando la porta automatica della cabina di pilotaggio si aprì, il pilota si voltò verso di lui con il volto disteso e pacifico.
«Devi proprio guidare come un teppista?!» ringhiò Vegeta.
«È la mia natura, che ci vuoi fare!» si giustificò. Una vera fortuna che il pilota automatico fosse impostato per la maggior parte del tempo di rotta. «Fatto un buon allenamento?» aggiunse quindi, rilassato.
«Magnifico, quello che mi ci voleva era proprio la nausea da virate improbabili!»
«La prossima volta allora mi schianto in una pioggia di meteoriti, così torniamo entrambi all'Inferno e tanti cari saluti al tuo adorato Kakaroth».
Sua Maestà dovette prendere un paio di profondi respiri per evitare di uccidere il compagno di viaggio a calci in gola. Prima o poi non gli avrebbe riservato l'accortezza di trattenersi, nossignore.
«L'idea di merda che ho avuto a chiamare te» sospirò dunque, amareggiato.
«Dillo che ti sono mancato, dillo!»
«Come il virus dell'influenza» sibilò tra i denti Vegeta.
«Il virus di che?!» replicò il ritardato al comando della nave. Come dimenticare che egli non avesse vissuto abbastanza sulla Terra da potersi prendere una delle più fastidiose malattie intergalattiche. «Ad ogni modo, siamo qui da due mesi su questo catorcio a rovistare nella peggior immondizia spaziale di pianeti, non vorrai farmi credere che ti saresti divertito così tanto senza di me».
Vegeta alzò gli occhi al cielo e si diresse verso le docce. Poi si sarebbe fatto spiegare da quel deficiente il concetto di “divertimento”.
«Ammettilo che sono il miglior compagno di viaggio del cosmo!» questi gli urlò dietro di nuovo, prima che la cabina di pilotaggio si chiudesse.
Il migliore dei peggiori, pensò Vegeta. Di sicuro.

 
 
 

«Vegeta, non vorrei dirlo ma... non ti sembra un'idea un po'...»
«Il termine che stai cercando, Gohan, è “di merda”».

Gohan lo fissò con il naso arricciato e annuì.
«Sì, proprio quello. Perché? Perché proprio 
lui
Vegeta si lasciò andare in un sospiro, le Sfere del Drago radunate ordinatamente sotto un albero di mele lampeggiarono impazienti.
Già, perché proprio lui? Perché era ubriaco quando gli era venuta in mente quell'idea? Non così improbabile. Perché soffriva di masochismo? Forse.
«Perché mio malgrado lo conosco abbastanza bene e ci ho viaggiato insieme da quando ero alto come mia nipote» Vegeta rispose, invece.
Sua nipote, già. Trunks e Mai si erano sposati e avevano dato alla luce una graziosissima cucciola di Saiyan, Bulma Jr, una scimmietta impertinente di tre anni e tre denti, con un ciuffo ridicolo di capelli neri e gli stessi occhi azzurri della nonna. Vegeta avrebbe davvero voluto che Bulma avesse potuto vederla.

«So come lavora, so come si comporta e, anche se non lo sopporto, è un ottimo stratega» concluse. Non aveva voglia di pensare a Bulma. 
«Come la mettiamo col fatto che sia un assassino?» domandò quindi Piccolo, sempre in combutta con il figlio di Kakaroth.
«Hah, guarda un po' da che pulpito!» gli ricordò Vegeta. E questo valeva per entrambi.
Come dimenticare, lui e Muso Verde erano stati a loro volta gli assassini.

Piccolo alzò le spalle con un sorrisetto amaro. «Giusto».
«Dovrai educarlo a dovere per far sì che funzioni, direi» si intromise Gohan.
«Sì, a suon di schiaffi».




E alla fine Vegeta ce l'aveva fatta. L'aveva educato e ammaestrato come il grosso animale da circo che era.
Gli aveva spiegato tutto, ogni cosa. Assassino era e assassino rimaneva, ma se Vegeta aveva avuto una possibilità non vedeva perché non darla a qualcun altro. 
La possibilità che gli aveva dato l'idiota di Kakaroth gli aveva cambiato la vita in meglio. Kakaroth l'aveva cambiato in meglio, insieme a Bulma, insieme ai loro figli.
Se c'era stata speranza per lui, ci sarebbe stata anche per quel demente che stava guidando quel trabiccolo di astronave. Tuttalpiù che già in passato aveva intravisto scorci di bontà nel cuore di quel demente, che era stato sicuro meno meschino e bastardo di lui. 
«Altezza, si sieda. Siamo in dirittura d'arrivo sul pianeta Dagrabàh. Un buco di due miliardi di anime in una giungla che puzzerà senz'altro di morte» lo avvisò, quando finalmente Vegeta rientrò dopo una doccia durata quaranta minuti.
«Sono abituato al tuo fetore durante gli allenamenti» ghignò il Principe.
Il compagno di viaggio fece appositamente una manovra brusca per farlo barcollare e ridacchiò. Vegeta l'avrebbe ucciso di nuovo, prima o poi. Quando avrebbe smesso di tornargli utile.
«Sarà colpa della decomposizione. Vorrei vedere te a stare sotto terra per cinquant'anni» aggiunse il demente.
«Sì, va beh, pensa ad atterrare» gli rispose brusco Vegeta, allacciandosi la cintura di sicurezza.
«Ehi, stai parlando col miglior pilota dell'universo!»
Ed era anche piuttosto vero, per quanto doleva ammetterlo. Quel cretino era uno dei migliori piloti che avesse conosciuto nel cosmo, oltre che un ottimo contrabbandiere, falsificatore di documenti e stratega. Il peggior figlio di puttana delle quattro galassie, insomma. Esattamente ciò che gli serviva.
Era stato quello il motivo per il quale l'aveva chiamato. Non di certo per rivedere la sua faccia di merda.



Vegeta gli strappò il nastro isolante dalla bocca con un gesto brusco. Non fece neanche in tempo a intimargli di parlare che il demente si mise a urlare.
«Quindi tu mi stai dicendo che hai dovuto metterti un grembiule e fare i porci comodi di un gatto gigante?! Ahahahah!»
«Sul serio, di tutto questo discorso durato un'ora e mezza hai captato solo questa cosa?» ringhiò Vegeta, frustrato, poi si voltò verso il Muso Verde con uno sguardo supplichevole. «Piccolo, fammi un favore, ammazzalo di nuovo».
Questi gli restituì un ghigno beffardo.
«Io l'avrei proprio lasciato dov'era».

Il prigioniero, intrappolato contro un albero con delle corde fatte di Aura, smise finalmente di ridere come un cretino.
«Posso avere un drink nel frattempo che decidete la mia sorte? Sul serio, perché non mi avete resuscitato in un bar? Ce l'avete il Rokk, qui sulla Terra?»

Vegeta non riuscì più a trattenere la rabbia e si avvicinò a lui con passi concitati. Tuttalpiù che il Rokk era uno dei superalcolici più schifosi della Galassia dell'Est e solo ricordarne il sapore gli faceva venire il vomito.
«Guardami bene in faccia» gli urlò contro, prendendolo per i capelli. «Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?»

L'idiota sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta; che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili; che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se una serpe velenosa come te ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore; infine che ora dobbiamo salire su quel catorcio per andare in giro per i dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».

Vegeta si alzò e con un pugno sradicò una pianta. Una pianta che avrebbe tanto voluto fosse la testa dell'imbecille. 
«Il riassunto più inaccurato che io abbia mai sentito» urlò, poi. 
«La domanda è: perché proprio io?» domandò dunque il prigioniero, con il consueto ghigno da pazzo psicopatico.
«Fidati, ce lo stiamo chiedendo tutti» replicò Piccolo.

Gohan, Goten, Bra e Trunks annuirono dalla lontananza in conferma.
«Avrai tempo per le domande quando ce ne saremo andati da questo pianeta. Non voglio che tu rimanga qui un secondo di più» gli intimò il Principe. Aveva già avvisato tutti della partenza, non rimaneva altro che salpare alla volta del cosmo con il più improbabile dei compagni di viaggio.

Se questi avesse accettato, naturalmente.
«Quindi, Radish... ci stai o no?»
Il Saiyan imprigionato alzò il mento, provocatorio.
«Se dirò di no mi rimanderete dall'altra parte, giusto?»
«Ricettivo, il ragazzo» disse Piccolo, con un sorrisetto. L'aveva ucciso una volta, avrebbe potuto farlo di nuovo. Tuttalpiù che erano diventati tutti miliardi di volte più forti di lui.

Radish lanciò un'occhiata all'astronave, poi tornò con gli occhi su quelli di Sua Maestà.

«Beh, allora... quando si parte?»


 
Continua...

Giusto un poco di contesto temporale:
La storia è ambientata nell'anno 815, ben 35 anni dopo il Torneo del Potere. 
Date rilevanti per comprendere meglio la storia:
-Anno 780: Torneo del Potere (e eventi del film Broly)
-Tra 780 e 805: grande periodo di pace da nemici. Muoiono Crilin, maestro Muten, Tensing.
-Anno 805: Chichi muore a 68 anni. Goku scappa senza più tornare.
-Anno 810: Bulma muore a 77 anni. 
-Anno 812: nasce Bulma Jr, la figlia di Trunks e Mai
-Anno 815 (presente): Vegeta resuscita Radish e partono insieme alla ricerca di Goku.
Nel presente attuale Vegeta ha 83 anni, Goku 79, Radish all'incirca 33. Per qualsiasi dubbio sentitevi liberi di chiedere delucidazioni :)

Riferimenti:
-In Dragon Ball Super Vegeta ha dichiarato che i Saiyan sono molto longevi. Il fatto che vivano circa 150 anni in realtà è una mia stima totalmente inventata ai fini della storia. 
-Per resuscitare Radish ovviamente sono stati utilizzati due desideri: uno per ripristinare la sua entità, e uno per riportarlo in vita. 
-Il fatto che Radish sia un buon pilota e contrabbandiere (e il peggior figlio di puttana dell'universo) è inventatissimo. Siccome non lo abbiamo conosciuto bene, mi sono permessa di non segnalarlo come OOC. Ma se volete, consideratelo OOC!
-Rokk: non esiste per davvero nell'universo di Dragon Ball. Inventatissimo, ma non ci terrei comunque a provarlo. E voi?
-Per i nomi dei pianeti mi sono ispirata molto alla saga di Star Wars. Il pianeta Dagrabàh, infatti, è ispirato al sistema Dagobah. 
-La scelta di traduzione dei nomi dei personaggi è semplicemente a mio gusto. Alcuni ho preferito tenerli in italiano (Radish e non Raditz, ad esempio) mentre altri ho tenuto la versione giapponese perché mi piaceva di più (Piccolo, Kakaroth). Spero non vi infastidisca. 

 


ANGOLO DI EEVAA:
Ed eccomi qui, gente del fandom :D 
Che dire, che dire... finalmente è giunto il momento di tornare in pista! Dopo 76 capitoli di After All pensavo di aver esaurito per sempre le carte Kakavege e invece, anni dopo, eccomi qui all'inizio di questa nuova avventura. 
Perché sì, proprio di avventura si tratta, e ne vedremo sicuramente delle belle con questi due scemi nello spazio alla ricerca di Nemo. Ehm. Goku. A tal proposito voglio segnalare anche che Goku potrebbe risultare un poco OOC in alcune parti della storia a causa di alcuni eventi avversi (lutti, altri eventi che non voglio anticipare). 

Permettetemi di ringraziare in primis il mio carissimo Teo5Astor, grande fonte di ispirazione per la costruzione del personaggio di Radish. Tutta "colpa" sua se mi sono innamorata di questo personaggio e in particolar modo per la versione da lui proposta nelle sue storie (andate a leggerle, sono fighissime, in particolar modo "Remember Me"). È stato lui a proporre questo Radish molto irriverente, a tratti "scemo" seppur intelligente, leale e simpatico, dal quale ho tratto ispirazione per questa storia. Spero di rendergli giustizia!

Voglio ringraziare ancora una volta quel tesoro di Nemesis01 che mi ha aiutato di nuovo con la traduzione inglese di questa storia. Sarei persa senza di lei e i suoi #TroppoItaliano. Grazie, grazie, grazie.

E grazie ancora a StardustSteel del fandom inglese che con la sua meravigliosa "Agent Oblivion" mi ha dato l'idea di creare una storia ambientata nello spazio. Grazie di cuore!

Direi che per oggi ho finito di tediarvi, che sono praticamente più lunghe le note che il capitolo stesso xD
Allora, siete pronti all'avventura? A domenica prossima!
Eevaa

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il tassello ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 

 
AVVERTIMENTI:
Mi dissocio dai comportamenti molesti di Radish; abbondante uso del turpiloquio; lutto.
 
 


- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 2
Il tassello

 

«Un altro buco nell'acqua!» Radish sbuffò e si portò le mani dietro la testa, annoiato. Abitudine che aveva anche lo scemo di suo fratello. «Possibile che nessuno sappia niente? Era mica uno dei guerrieri più forti dei dodici universi?»
«Taci, ti prego» lo zittì Vegeta, affranto.
Era il ventunesimo pianeta che ispezionavano, tra quelli che avevano segnato come i più probabili nella mappa dell'Universo Sette. Neo Namekk, Yardrath, il Pianeta Senza Nome e molti altri che gli erano stati suggeriti dalla Pattuglia Galattica. Nessuna traccia di Kakaroth, neanche un passaggio, niente di niente. Non avevano piste, non avevano idee. Anche Re Kaioh aveva saputo dire loro nulla sulla posizione dell'idiota.
Camminarono svelti giù per le stradine periferiche di quella città iper-tecnologica, capitale del pianeta Takioine.
Avevano girovagato in lungo e in largo sui grattacieli, incontrato personalità importanti, partecipato persino a eventi mondani dal dubbio gusto per riuscire a ingraziarsi personaggi di spicco, ma niente.

«Forza, andiamocene da questo cesso» intimò Vegeta, brusco.
«Il signore è nervoso».

La voce gracchiante di uno strano essere sul lato della strada li fece frenare. Se ne stava lì, accovacciato su un gradino in marmo levigato, avvolto in un bizzarro mantello dai colori sgargianti. La pelle rugosa, gialla e butterata, e tre grandi occhi infossati sulla fronte spaziosa. Aveva tutta l'aria di essere un mendicante, a confronto della maggior parte della popolazione presente su quel ricco pianeta. Inoltre non sembrava un nativo.
«Il signore è sempre nervoso» ridacchiò Radish, beffardo.
«Perché manca un tassello. Al signore manca un tassello. Manca un tassello» gracchiò il vecchio, poi puntò il dito verso Vegeta. «Manca un tassello. Manca un tassello» continuò, in una sorta di nenia cantilenante. Si avvolse meglio nel mantello colorato e si alzò per avvicinarsi, ma i due Saiyan fecero un passo indietro.
«Ok, a te mancherà anche un tassello ma a questo manca qualche rotella» sussurrò Radish nell'orecchio di Vegeta.
«Dagrabàh» sussurrò il vecchio, sempre più vicino fino a mettere Sua Maestà con le spalle al muro opposto. Radish, a quel punto, non tradì la natura assassina e preparò la mano per poter porre fine a quella vita, ma Vegeta lo frenò con un gesto secco.

Aveva una sensazione strana riguardo a quell'essere.
«Come ha detto?» domandò quindi, sottecchi.
«Dagrabàh. Su Dagrabàh c'è chi vi aiuterà a trovare il tassello che manca al signore» cantilenò l'essere e, dopo avergli lanciato un'ultima penetrante occhiata con i suoi tre occhi, si voltò con uno scatto per tornare a sedersi sul gradino levigato. «Un tassello. Manca un tassello».
Vegeta, con lo sguardo corrucciato, riprese a respirare. La sensazione strana cessò, mentre il vecchio continuava a ripetere cose in cantilena riguardo al tassello.
Il tassello. Quale tassello?


E fu così che giunsero sul pianeta Dagrabàh: perché sul pianeta Takioine un vecchio strampalato gliel'aveva detto. E dire che quella era la loro pista migliore! In due mesi, per giunta.
Giusto per far capire quanto potessero essere a corto di idee.
Prima ancora che l'astronave poggiasse i lunghi piedi ammortizzatori sulla piattaforma, Vegeta poté chiaramente vedere con i propri occhi quanto quel luogo fosse bizzarro.
Sembrava una giungla, con la città principale rocciosa che si ergeva a mo' di tempio incastrato tra gli alberi. Un tempio altissimo, sulla quale cima vi era l'entrata piramidale di quello che sembrava essere un palazzo. Il resto delle abitazioni era incastrato nei gradini sottostanti, come un enorme alveare in pietra e rame.
Nell'arrivare avevano visto altre cittadine più piccole, periferiche, sempre strutturate con la medesima architettura.
Le piante, altissime, lasciavano cadere le loro liane sulle case, e gli abitanti del pianeta sembravano utilizzarle come mezzo di trasporto tra un distretto e l'altro della città. Alcune, invece, erano ornamentali e ricche di fiori colorati con frutti altrettanto sgargianti.
Un uomo ingobbito dalla pelle gialla e il mantello colorato – come quello del vecchio incontrato su Takioine – diede loro il lasciapassare per atterrare su una delle piattaforme ottagonali alla base della città, accanto all'ingresso della fitta giungla.
Non appena scesero, il più evidente dettaglio che già aveva suggerito il computer di bordo gli si fece noto come uno schiaffo in faccia.
«Dannazione, in questo posto fa un caldo infernale» borbottò Vegeta, scendendo a passi lenti dall'astronave.
Temperatura di 44°C con umidità 89%. Una sauna.
«Io te l'avevo detto che la mia divisa scosciata da sgualdrina sarebbe stata più indicata» gli fece notare Radish, camminando al suo fianco.
Non appena partiti per il loro viaggio, Vegeta gli aveva buttato nell'inceneritore delle scorie spaziali quella divisa ridicola e antiquata da Saiyan di terza classe e gli aveva fornito una nuova battle-suit. Nera, uguale alla sua, con il corpetto corazzato ed ergonomico.
«Meglio il caldo piuttosto che trovarmi costretto a guardare le tue chiappe. A proposito di sgualdrina, pensi di potercela fare a non provarci con qualsiasi forma di vita che respiri su questo Inferno di pianeta?»
Radish esplose in una risata sarcastica.
«Penso di sì» disse, poi gli si avvicinò di più e indicò alle sue spalle l'ometto che li aveva fatti atterrare. «Se le forme di vita sono tutte come questo qui».
Vegeta alzò gli occhi al cielo e iniziò a camminare verso quello che sembrava essere il palazzo principale. Se non altro lì qualcuno avrebbe saputo dare loro delle informazioni utili.


Inutile dire che non mancarono occhiate incuriosite da parte dei nativi, indice del fatto che non ci fossero molti stranieri su quel pianeta. Con tutta probabilità gli scambi commerciali avvenivano di rado, sintomo che possedessero sufficienti risorse e merci interne.
Un pianeta dunque ricco, a giudicare anche dal fatto che ci fossero delle piattaforme apposite per le astronavi e tecnologia adeguata per il loro supporto.
I nativi - da quel che riuscì a captare Vegeta durante la loro scalata verso la città alta - erano tutti esseri dalla pelle gialla o ocra, senza capelli, con conformazioni distinte in tre generi di sesso. La caratteristica più particolare, però, erano senz'altro gli occhi, che si radunavano sulle fronti spaziose a gruppi di tre, quattro o raramente cinque. Statura media, corporatura prevalentemente magra o muscolosa.
Sgargianti i loro costumi, sgargianti i gioielli, ma tono di voce molto basso. Le zone popolari come piazze o mercati erano ordinate e molto silenziose, come se le parole fossero perlopiù superflue.
Camminando attraverso un mercato Vegeta notò che i nativi venivano serviti alle bancarelle senza alcun bisogno di impartire particolari comandi, caratteristica piuttosto inquietante.
Quando giunsero in cima alla scalinata per il tempio piramidale, Sua Maestà ebbe la netta sensazione che si sarebbe sciolto nel sudore da lì a poco.
Incastonato nella superficie inclinata della piramide vi era un grosso portone in rame e al suo presidio tre guardie dall'aspetto femminile, tutte e tre vestite con un costume di colore magenta e delle lance appuntite a doppia estremità.
«Ok, rettifico: potrei farci un pensierino» ghignò Radish, nel vedere le forme poco nascoste delle tre guardie.
Vegeta roteò gli occhi così forte da farsi venire il mal di testa. O forse stava per svenire.
Una volta davanti al portone, la guardia in mezzo parlò con voce soffice. A differenza delle altre due, che avevano tre occhi, questa ne aveva quattro. Ciò che dalla lontananza non aveva notato, era che due di questi erano di colori differenti rispetto ai due centrali.
«Identificatevi».
«Principe Vegeta, quarto della mia dinastia, razza Saiyan, residente sul Pianeta Verde 887 comunemente detto Terra» dichiarò Vegeta, solenne, mostrando il documento identificativo interstellare sul palmare.
«Radish, figlio di Bardack, razza Saiyan, nessuna residenza» parlò Radish, con tono più annoiato.
Lo sguardo della guardia sostò a lungo su di lui, poi passò con uno scatto su Vegeta.
Avvertì di nuovo la strana sensazione che aveva avuto con il vecchio strampalato su Takioine.
«Enunciate cosa vi porta a Dagrabàh, uomini Saiyan» disse la guardia, indugiando ulteriormente con lo sguardo su Radish.
«Ci è stato reso noto che esiste qualcuno, sul vostro pianeta, che potrebbe aiutarci a risolvere un problema. Chiedo di poter parlare con qualcuno che possa darci informazioni in merito alla questione» parlò dunque Vegeta.
La guardia lo osservò con occhi socchiusi.
«Voi non mentite» asserì.
Beh, grazie. Certo che non mentiva, ma come faceva quella donna a saperlo?
«Come... cosa?» domandò quindi, confuso.
«Non siete a conoscenza dei poteri dei Dagrabàhni» disse poi la guardia. Non era una domanda, era come se già sapesse.
«No».
«I nostri occhi sono scrutatori. Oltre gli occhi che ci dispongono della vista, possediamo il potere di leggere diversi angoli della mente delle persone. Io possiedo l'occhio che indaga sulle intenzioni e quello che percepisce le emozioni. E voi, Principe della razza Saiyan, non avete cattive intenzioni. E, a giudicare dalla calma con la quale pronunciate le vostre parole, non mentite». La voce della guardia era calma, piatta, quasi artificiosa.
Quella era un'informazione singolare, ma che dava a Vegeta una risposta a quella sensazione di intrusione che aveva avvertito anche con il vecchio su Takioine.
«Permettetemi di sorvolare sulle intenzioni che percepisco nel vostro sottoposto» aggiunse la guardia, e Radish non poté proprio fare a meno di annuire e ammiccare come il buon pervertito che era.
Vegeta gli lanciò un'occhiata tagliente, poi chiuse gli occhi e inspirò per acquisire calma.
«La prego, non faccia caso alla mia intenzione di ucciderlo» disse quindi, a denti stretti.
«Voi non mentite» constatò la donna.
No, non mentiva.
«Desiderate parlare con qualcuno che vi spieghi la situazione. L'Imperatrice Diyn vi attende».
Quel modo di parlare senza porre domande iniziava a irritarlo, ma per convenzione sociale Vegeta chinò la testa in segno di ringraziamento.
Le guardie ai lati aprirono le porte senza attendere altri ordini, conferendo loro dunque il permesso di accedere.


Si addentrarono nella piramide – non prima che quel deficiente gettasse altre occhiate ammiccanti alle guardie – e camminarono lungo una navata di pietre color sabbia e inserti in rame. Liane e piante rampicanti pendevano dal soffitto, spiragli di luce intrecciati entravano da alcune feritoie laterali e un lungo tappeto dai colori sgargianti conduceva a un'alta pedana al centro della piramide.
Sulla pedana si ergeva un trono di rame e fiori presidiato da altre due guardie. Seduta sul trono vi era una persona dai tratti né femminili né maschili, colei che doveva essere senz'altro l'Imperatrice Diyn. Vestiva con un lungo mantello leggero e dorato, la sua pelle virava verso l'arancione e, sotto una corona di fiori color amaranto vi erano incastrati sei occhi, quattro di colori differenti l'uno dall'altro.
Non appena l'Imperatrice li vide, si sporse sul trono per osservarli meglio. Quello che aveva capito Vegeta era che il potere dei loro occhi funzionava solo se le persone fossero sufficientemente vicini e con un contatto visivo e, proprio per quel motivo, fece loro un chiaro segno di salire i gradini della pedana.
Vegeta e Radish si lanciarono un'occhiata fredda, poi raggiunsero il trono e si inchinarono profondamente di fronte all'Imperatrice.
Il contatto con il suo sguardo generò in Vegeta la sensazione di intrusione, ma si guardò bene dal voltarsi altrove. Non aveva nulla da nascondere.
«Benvenuti, uomini Saiyan. Siamo sorpresi dalla vostra presenza» parlò finalmente l'Imperatrice, con voce grave e molto bassa.
Vegeta non era decisamente tipo da formalità ma, nei pochi anni che aveva vissuto a corte sul suo pianeta, aveva appreso le fondamentali regole aristocratiche. Tuttavia, se nel passato si era raramente rivolto con riverenza a qualcuno, nel corso del tempo aveva appreso di non essere l'unico principe nella faccia dell'universo, di non essere superiore, e quindi a mostrare almeno un poco di rispetto per le alte cariche.
«Grazie per averci accolto, Imperatrice Diyn».
«La formalità non vi si confà, ma vi ringraziamo a Nostra volta».
Gli dava sui nervi parlare con delle persone che gli leggevano nella mente.
«Sono sicuro ordunque non sarà necessario spiegarvi il motivo della mia visita» sibilò Vegeta, nel tentativo di nascondere l'irritazione. Aveva notato che l'Imperatrice si rivolgesse a se stessa - loro stessi? - con il noi e quindi, per rispetto, Vegeta provò a fare lo stesso. Anche se si faceva chiamare "Imperatrice" al femminile. Per quanto suonasse strano, chi era lui per sindacare il genere altrui? 
«Non del tutto esatto. Il popolo di Dagrabàh possiede gli occhi scrutatori, ognuno con un potere diverso. I commercianti possiedono la capacità di percepire i desideri delle persone, le speranze, alcuni captano le emozioni, le guardie perlopiù le intenzioni; i più fortunati, come Noi, riescono a leggere nel passato delle persone, altri leggono le sensazioni e i sentimenti. Raramente c'è chi indugia sui crucci, conflitti e le mancanze. Non leggiamo nel pensiero, Principe dei Saiyan, ma solo in alcune aree del pensiero».
Vegeta colse il riferimento ai commercianti, e del perché vi era così tanto silenzio nel mercato della cittadella. Nessuno aveva bisogno di dare loro la lista della spesa, insomma.
Decisamente affascinante. E snervante. Sì, soprattutto snervante.
«E cosa potete leggere in me?» domandò Vegeta.
«Siete tormentato. Terribilmente tormentato. Alcuni dei vostri tumulti risalgono al vostro passato da assassino da cui vi siete redento, ma il vostro tormento deriva da qualcos'altro. Frustrazione? Sì. Siamo certi che siete qui per ricevere un aiuto, lo desiderate. Non siamo Noi coloro che possono darvelo» concluse l'Imperatrice, stringendo le labbra sottili. Si sporse un poco in avanti e un raggio di luce solare proveniente da una feritoia colpì il suo volto. Aveva la mandibola squadrata e il naso all'insù, ed emanava il forte profumo dei fiori che adornavano il capo e il trono. «Nella giungla, verso Est. Un albero a forma di luna crescente, sette passi a destra. La notte porta consiglio» cantilenò.
Vegeta storse il naso. Non gli piacevano gli indovinelli, non gli piacevano le sostanze stupefacenti del quale facevano evidentemente abbondante uso su quel pianeta.
Quella era senza dubbio l'avventura più strampalata alla quale avesse mai preso parte.
«C'è qualcuno lì che potrà aiutarci?» domandò dunque Sua Maestà. Tutto quello che gli importava era riuscire a seguire una pista.
«Tutto dipende dal quanto vi farete leggere, Principe dei Saiyan».
Quello voleva forse dire che avrebbe dovuto farsi fare il lavaggio del cervello da chicchessia? In cinquant'anni sulla Terra non aveva mai accettato di farsi analizzare da uno strizzacervelli, nonostante ne avesse avuto un gran bisogno. E ora avrebbe dovuto farsi aprire la scatola cranica e offrire la sua materia grigia agli occhi di un santone qualsiasi?
Kakaroth gliel'avrebbe pagata cara, se la mai l'avessero trovato da qualche parte. Vivo.
«Vi ringrazio, Imperatrice Diyn» disse infine, giusto per togliersi dalla testa la malsana idea che quel decerebrato fosse morto.
Con una riverenza si congedò dall'alta carica e, dopo che Radish fece lo stesso, scesero lentamente i gradini della pedana per tornare nel mondo esterno.
La voce dell'Imperatrice però lo colse di sorpresa.
«Siamo certi che il tassello mancante tornerà al proprio posto».
Si irrigidì. Il dannato tassello! Ancora quel dannato tassello del quale aveva sproloquiato il vecchio su Takioine.

Radish gli lanciò un'occhiata confusa, Vegeta la restituì, poi si incamminarono verso l'uscita.
«Amico, mi sa proprio che quello a cui manca qualche rotella allora sei tu» convenne, una volta di nuovo usciti all'esterno.
Un vero peccato, visto che la temperatura nella piramide era molto più sopportabile.
«Mi manca un tassello, non una rotella» puntualizzò Vegeta, stanco. Fottuto tassello.
Camminarono lungo la scalinata dopo aver accuratamente evitato lo sguardo delle tre guardie, poi si addentrarono nella cittadina inferiore.
«Un po' inquietanti questi tizi, mh? Sanno più cose loro di te di quante ne sappia tu».
«Tsk. Più che inquietanti li definirei insopportabili».
«Non mi dispiacerebbe andare a farmi un giretto sotto le lenzuola con una di queste. Ci pensi? Coglierebbe al volo ogni mio desiderio» ammiccò Radish.
Vegeta alzò gli occhi al cielo. «E quindi si getterebbe giù da una finestra piuttosto che assecondarlo».
«Non si può dire che tu non mi conosca» ridacchiò Radish.
Purtroppo sì, lo conosceva bene, lui e tutte le perversioni da maniaco che l'avevano portato anche a farsi inseguire per due galassie durante una missione, tutto perché ci aveva deliberatamente provato con la figlia del Re di un pianeta di conservatori. Come dimenticare.
«Che dici, ce l'abbiamo il tempo per un drink?» domandò Radish, fermandosi di fronte a quella che sembrava essere una taverna. L'insegna era scritta nei caratteri indecifrabili della lingua del posto, niente di riconducibile al sistema di comunicazione intergalattico che usavano per parlare.
«Possibile che pensi solo a bere e scopare? Voglio ricordarti che siamo qui per un altro motivo. E poi chissà cosa diamine avranno di commestibile in questo posto» sbuffò Vegeta.
«Qualcosa con i fiori, sicuro» convenne Radish. Effettivamente tutto di quella cittadina sembrava vertere su quei giganti fiori a petali ampi. «Io entro, non riesco a ragionare a stomaco vuoto».
Vegeta soffiò tra i denti tutta la sua voglia di staccargli la testa dal corpo, poi si arrese. Solo perché aveva fame. E sete, prima di tutto.
«Un'ora, non un minuto di più» si raccomandò, ma l'idiota era già partito alla volta dell'ingresso.
«Ok, ok. Un'ora, poi andiamo a cercare la rotella che ti manca».

 


Avevano davvero mangiato fiori. Come le capre terrestri. Antipasto di fiori, carne strana di vattelappesca con fiori di contorno.
Ma, quando Vegeta aveva pensato di non poter cadere più in basso di così, si era ritrovato sul tavolo un drink forte e colorato – decorato con fiori - perché, a quanto pareva, il cameriere aveva captato con il suo occhio scrutatore che fosse esattamente ciò che desiderasse. 
Non che avesse torto. Desiderava qualcosa di forte da bere, eccome, ma magari che non sapesse di fiori.
Uscirono dalla taverna con gli stomaci pieni, profumati come la serra botanica della Città dell'Ovest, poi si incamminarono in direzione Est nella fitta giungla.
Il vero problema? Quando tentarono di volare, non ci riuscirono. Non era una questione di Ki, di potenza – gli attacchi dell'Aura riuscivano a scagliarli – ma semplicemente non riuscivano a utilizzare la tecnica di volo. C'era qualcosa che inibiva quel potere. Oppure era chiaro che avrebbero dovuto affrontare quella prova con tutte le difficoltà del caso.
Dopo un rosario di imprecazioni rivolte agli Dei, si incamminarono tra le foglie ampie, le liane e, ovviamente, i fiori di quella torrida giungla.
Man mano che camminavano, però, si accorsero che la luce penetrava sempre meno dagli alberi, la vegetazione si faceva sempre più fitta e versi di alcuni animali non identificabili giungevano alle loro orecchie.
Il caldo sempre più soffocante, l'umidità che gli faceva appiccicare le tute da battaglia addosso. Ben presto si ritrovarono costretti a strapparne le maniche e le gambe, e addio al buon proposito di non vedere di nuovo le chiappe di quello scimmione di Radish.
«Vegeta, camminiamo da ore! Io dico che ci siamo persi».
«Io invece dico che devi stare zitto» sibilò il Principe, sfinito, grondante fino alla punta dei capelli.
Radish si appoggiò con il braccio al tronco di un albero e ringhiò di frustrazione.
«Starò zitto quando moriremo disidratati. Quindi a breve, secondo i miei calcoli. Ma fino ad allora mi lamenterò e lo farò in faccia a te».
Vegeta strinse i pugni, oramai al limite della sopportazione.
«Che tu sia maledetto. Tu e tutta la tua stirpe. Soprattutto quel coglione di tuo fratello».
Già, dannato Kakaroth. Dannato il giorno in cui aveva pensato di andare a cercarlo. Dannato il giorno in cui era partito e soprattutto dannato lui per non averlo preso per i capelli e non averlo costretto a restare.
Si sarebbe evitato dieci anni di frustrazione e, soprattutto, di stare in quella giungla di merda, con un deficiente malato di mente al suo fianco, con quel maledetto odore di fiori sotto al naso.
«Sei tu che hai detto che eri disposto a spingerti oltre i confini dell'universo per trovare Kakaroth e mi hai scomodato per venire qui, in questo posto dimenticato dagli Dei» ruggì Radish, in un impeto di rabbia.
E dire che, nonostante i primi giorni fossero stati piuttosto burrascosi, non avevano mai avuto una vera discussione. Radish non aveva mai dato problemi - a parte il suo essere un idiota mediamente molesto e ficcanaso.
«Oh, perdonami se ti ho tirato fuori dall'Inferno per darti una cazzo di possibilità!» gli gridò di rimando Vegeta. 
E aveva dovuto fare abbondanti conti con il fatto che non l'avesse resuscitato cinquant'anni prima. Per fortuna Radish era un Saiyan anomalo almeno quanto suo fratello, abbastanza incline al perdono. Non aveva fatto più che lanciargli qualche frecciatina velenosa sul fatto di averlo lasciato marcire sotto terra per tutto quel tempo. 
Avevano avuto trascorsi abbastanza burrascosi, ma in quei due mesi a stretto contatto su quell'astronave si poteva dire che le cose fossero tornate esattamente come un tempo. Ossia Vegeta taciturno, Radish che blaterava in continuazione, Vegeta che sopprimeva l'idea di ucciderlo, Radish che più Vegeta si infastifiva più calcava la mano. Normale amministrazione, quando erano due giovani mercenari per conto di Freezer. 
«Beh, Altezza, mi hai tirato fuori dalle fiamme dell'Inferno dopo soli cinquant'anni e mi hai messo qui su questa palla di fango, la quale temperatura è persino superiore a quella dell'Inferno» replicò, spintonandolo. 
Vegeta ci vide rosso e lo spintonò a sua volta, facendolo ribaltare al terreno. Si erano allenati a lungo, Radish aveva persino raggiunto lo stadio di Super Saiyan, ma non vi era paragone tra i livelli di potenza.
«Allora, visto che gradisci, facciamo che ti ci rispedisco subito all'Inferno, va be-»
«Vegeta! Vegeta, guarda!» Radish lo interruppe prima che potesse finire la frase.
Sdraiato per terra, fissava un punto appena sopra di lui.
«Cos'è, uno scher-» fece per rispondere il Principe, irritato, ma poi comprese quale fosse l'oggetto di tante attenzioni.
L'albero al quale Radish si era appoggiato poco prima. Non ci avevano fatto caso, ma il tronco era nettamente più chiaro rispetto alla flora circostante, e si inarcava in modo bizzarro fino a creare un effetto ottico con il sottobosco scuro.
Una mezza luna crescente.
«È quello di cui parlava l'Imperatrice!» sospirò Vegeta.
«Maledetta vacca, allora non ci ha mentito!» Radish si alzò in piedi in fretta, rinvigorito da quella scoperta. Il suo tono più calmo, niente più accuse. Il solito idiota di sempre, insomma. «Cos'è che aveva detto? Nove passi...»
«Sette» lo corresse Vegeta.
«A sinistra...»
«Destra. Sul serio, a cosa diamine stavi pensando?!» sbuffò Sua Maestà.
Radish si portò le mani dietro la nuca. Quando faceva così gli ricordava Kakaroth. Lui e la sua stupidità patologica.
«Beh, era affascinante» ridacchiò. 
«Mi sarei fatto volentieri un giro su di lei, ehm, loro».
Ecco, quella era una riposta che Kakaroth non avrebbe dato. Ripensandoci, non ci somigliava quasi per niente. Radish rideva come un ebete, ma non era lo stesso sorriso da clown di suo fratello. Vegeta lo stimava per le sue capacità di volo e di essere un figlio di puttana, non lo stimava perché era un degno avversario, o per il buon cuore. A volte era quasi divertente stare intorno a Radish, ma non era piacevole come quando lui e Kakaroth combattevano e si sfidavano.
Diversamente stupido, diversamente insopportabile, diversamente... diversamente Kakaroth.
«Ci rinuncio. Andiamo» sbottò Vegeta infine, poi si mise a contare i fatidici sette passi a destra. Si ritrovarono di fronte a un cumulo di rocce e, per la miseria, una pianta di fiori.
Niente più, niente meno. Si guardarono intorno ma nulla catturò la loro attenzione. Il posto era quello giusto, ma non vi era nulla, niente che potesse far loro intendere che ci fosse qualcuno ad aspettarli.
Niente indicazioni, niente di niente.
Cosa avevano sbagliato? Cosa c'era di sbagliato?
«La notte porta consiglio, ha detto l'Imperatrice. Credo dobbiamo aspettare l'imbrunire» mormorò Radish. Ecco cosa aveva dimenticato, Vegeta. Sempre piacevole scoprire di avere un cervello in due con un idiota. «Beh, non hai portato le carte da Sabaq?» commentò, sedendosi su una pietra piatta.
Vegeta roteò gli occhi e lo imitò. Convinti di metterci poco non avevano portato neanche le provviste, figurarsi se aveva delle carte da Sabaq!
E comunque l'avrebbe stracciato, a Sabaq.
Non rimaneva altro che attendere la notte. Avrebbe portato consiglio?


Una cosa era certa: Kakaroth gliel'avrebbe pagata cara per tutto quello che stava facendo per lui.
Sempre che sia vivo, gli intimò la sua coscienza. Vegeta scosse la testa, non voleva pensare a quella drastica possibilità.
Magari non è mai tornato perché non gli interessava tornare, sussurrò di nuovo quel neurone pessimista sotto l'ipotalamo.
No. Non più. Quello era ciò che si era imposto di credere all'inizio, quando la rabbia aveva sopperito il senso di lontananza, quando ancora percepiva il suo Ki sebbene distante. Ed era quello che si era costretto a credere.
Poi Bulma si era ammalata e lui aveva avuto altro a cui pensare, fino al giorno in cui il neurone solitario aveva iniziato a mettergli idee in testa, strane sensazioni, strane emozioni.
Così il pensiero più martellante degli ultimi cinque anni aveva cominciato a ossessionarlo.
E se gli fosse successo qualcosa?
Le scuse per non seguire quella sensazione erano state molteplici. Ma poi era impazzito, era diventato un chiodo fisso, una spada di Damocle conficcata nell'orgoglio, nel petto.
Pazzo, sempre più pazzo, si era ritrovato a vivere di ricordi, di mancanza – anche se ad alta voce non l'avrebbe mai ammesso – e quindi si era deciso.
Aveva deciso di seguire quel presentimento e non c'era stato più niente a fermarlo. Niente e nessuno. Nemmeno l'universo sconfinato che stavano attraversando, nemmeno quella giungla di merda e la notte che sembrava non arrivare mai.
Oh, Kakaroth gliel'avrebbe pagata cara, ma era tutto ciò che Vegeta desiderava: trovarlo e trascinarlo a casa per i capelli. A calci nel sedere, possibilmente.
Là dove apparteneva, vicino alla sua famiglia, a ciò che rimaneva dei suoi amici. A lui.
Se l'erano tacitamente promesso.


«Vegeta... ho paura. Per la prima volta, ho paura».
Vegeta sapeva di aver capito bene, anche se non era da lui dire certe cose.
«Di cosa hai paura?» gli domandò. Il cielo era cosparso di stelle. Loro, seduti sotto gli alberi nei loro completi formali, avevano occhi che brillavano.
«Stiamo perdendo tutti. Ora è toccato a Crilin... poi? Poi chi altro?»
Il panico nella sua voce suonava stranamente amaro nelle orecchie di Vegeta. Dispiacere?
Forse. Non gli piaceva vederlo in quello stato. Una volta gli sarebbe piaciuto. Dopo tutti quegli anni, oramai, non più.

«Kakaroth, non ci pensare adesso».
Kakaroth si rannicchiò sul tronco dove sedevano.
«Cosa faremo quando se ne andranno tutti?»
Il tempo era un maledetto infame, Vegeta lo sapeva. Sapeva già dal principio che prima o poi avrebbe dovuto seppellire Bulma, che avrebbe dovuto magari seppellire i suoi figli, cosa che si augurava meno che mai. Si era abituato a quell'idea sin da quando era giunto sulla Terra e aveva costruito una famiglia.
Kakaroth invece no. L'aveva scoperto qualche anno prima, quando si era reso conto che tutti stavano invecchiando tranne loro due. Troppo poco tempo di metabolizzare.

«I nostri figli sono mezzosangue. Non se ne andranno molto prima di noi. Almeno spero» disse Vegeta. Forse quell'insicurezza avrebbe potuto evitargliela, ma non voleva dar lui false speranze.
«Kami... rimarremo solo noi... solo noi» Kakaroth si prese la testa tra le mani e ci sospirò dentro.
«Non devi pensarci adesso. Ci penseremo quando e se... rimarremo... solo noi» disse Vegeta.
In effetti era strano pensare che sarebbero rimasti soli. Ma c'era qualcosa di dolce-amaro in tutto quello, qualcosa che anche Kakaroth percepì.
Alzò la testa e lo fissò negli occhi. Brillavano le stelle, brillavano le iridi seppur nere. Allungò una mano verso il polso e glielo strinse un poco. Vegeta provò l'impulso di staccarsi come molte volte aveva fatto. Non gli aveva mai permesso quel contatto, odiava i contatti. Ma quella notte l'impulso non era così forte. Forse l'impulso era quello di mettere una mano sopra la sua e dargli un po' di forza, ma si limitò a sostare sotto quei polpastrelli.
«Almeno ci sarai tu con me» mormorò Kakaroth, dando voce alle parole troppo sentimentali che Vegeta mai avrebbe pronunciato ma che sì, in qualche modo sentiva gli appartenessero.
Almeno sarebbero rimasti in due.
Almeno avrebbe avuto Kakaroth.



 
Continua...

Riferimenti:
-Il nome del pianeta Takioine è ispirato a Tatooine, celebre pianeta natale di Anakin Skywalker in Star Wars.
-I costumi e le lance delle guardie Dagrabàhne sono ispirate a quelle delle combattenti del Wakanda, dell'MCU.
-Per la città principale di Dagrabàh mi sono ispirata a una delle location presente nel videogioco Uncharted, al momento mi sfugge davvero quale dei quattro.
-Il gioco Sabaq è ispirato ovviamente al Sabacc - gioco d'azzardo presente in Star Wars. Ho preso poca ispirazione da Star Wars, eh?
-La lingua intergalattica standard: in molte fanfiction inglesi viene citato spesso questo "integralactic standard" che sarebbe poi la lingua della Terra, che si differenzia da alcune lingue particolari tipo il namecciano, la lingua Saiyan. Non credo sia una cosa canonica, ma mi piaceva e ho adottato anche io questo sistema di comunicazione.
-Il documento di identificazione interstellare sul palmare non è canonico, ho solo pensato che sia credibile che ce ne sia uno.
-NB: le parti scritte in corsivo sono dei ricordi.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno viaggiatori dello spazio!
Che dire... sono stata felicissima di leggere con che entusiasmo avete apprezzato il primo capitolo di questa storia! Spero davvero che anche questo sia stato di vostro gradimento. L'avventura è solo agli inizi, ma già i nostri due Saiyan stanno incontrando non poche difficoltà.
Proprio come il Radish di Teo5Astor, anche questo Radish è un mandrillone di prima categoria che fa fare delle pessime figure al nostro principone xD
Nel finale si è visto un altro breve ricordo di Kakaroth, del suo modo di affrontare il lutto che lo porta a essere un poco OOC rispetto alla sua consueta giovialità. Però volevo ricordare che durante il Torneo del Potere, quando il Genio ha rischiato di morire, abbiamo visto che Goku ha reagito molto male: forse è stata la prima volta che l'abbiamo visto piangere in tutto l'anime... quindi mi è sembrato abbastanza credibile dargli questa caratterizzazione un poco sofferta. Del resto è morto uno dei suoi migliori amici, nel ricordo!
Grazie di nuovo di cuore a tutti per il supporto che mi avete dato in questo nuovo inizio :) Grazie soprattutto a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione e di nuovo a Teo5Astor per aver dato al fandom il suo Radish al quale mi sono ispirata <3
A domenica prossima!
Eevaa
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La traccia ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.



 


- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 3
La traccia

 
 

Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Bravo! Bravo, scappa! Codardo. È tutto quello che sai fare!» urla Vegeta, ma Kakaroth non c'è già più. Solo polvere e un completo elegante sul pavimento.

«Codardo! VIGLIACCO!»



Vegeta si svegliò di soprassalto. L'ennesima volta, con un insulto a fior di labbra e il sudore sulla fronte. Non il solito sudore freddo, non quella volta.
Completamente madido e appiccicoso si mise a sedere, la schiena graffiata dal tronco di quell'albero sul quale si era appoggiato per riposare.
Si guardò intorno, la giungla era fitta e oscura. Radish russava come un ghiro, a pochi metri di distanza, appisolato in una posizione innaturale per un essere umano, accasciato contro una pietra perpendicolare al terreno.
Si erano addormentati come mocciosi, complice il caldo sfiancante e i suoni surreali di quella foresta umida.
Quantomeno la notte era calata. Aveva portato consiglio? Neanche per idea.
Vegeta si alzò a fatica, i muscoli rattrappiti e la netta sensazione di essere stato gettato in una vasca di acqua bollente. Puzzava da fare schifo ma, beh, quantomeno non profumava più di fiori.
Cercò con lo sguardo qualsiasi indizio di essere perlomeno nella giusta ubicazione ma non trovò niente, se non l'oramai fuori moda albero a forma di luna crescente a sette passi da loro.
Niente che lasciasse presagire indizi.
Forse era davvero il caso di tornare indietro e lasciare una volta per tutte quell'Inferno di pianeta ma, non appena si avvicinò al compagno di viaggio per svegliarlo con un calcio nelle costole, qualcosa gli saltò all'occhio: appena sotto al corpo malamente coricato di Radish, un simbolo brillava di bagliore lunare. L'indizio.
Vegeta non si astenette dal tirare comunque il calcio.
«SONO SVEGLIO, NAPPA, SONO SVEGLIO!» si destò con un grugnito, sebbene piuttosto confuso. Forse memore dei bei tempi in cui Nappa badava a loro, quando erano solo due scimmiette di Saiyan e li svegliava nel cuore della notte per conquistare pianeti. Radish aveva sempre fatto una gran fatica a svegliarsi. Più volte avevano dovuto ricorrere alla classica secchiata di acqua gelida. O un Ki-blast.
«Oh, ehi, Vegeta, che-» grugnì, massaggiandosi gli occhi con i pugni.
«Alzati, idiota! Muoviti!»
«Quanta fretta» si lagnò, alzandosi per sgranchirsi.
«Guarda, guarda qui». Vegeta si accovacciò dove poco prima si era appisolato Radish e, inciso nella pietra semi levigata, si poteva finalmente vedere per intero il simbolo dal bagliore lunare.
«Sembra una... freccia?» sussurrò Radish, con lo sguardo corrucciato.
«Già. Andiamo!»
Si incamminarono svelti nella direzione in cui puntava la freccia, facendosi strada tra le liane, i fiori oramai chiusi e piante attorcigliate.
Un altro simbolo, un'altra freccia apparve dopo una trentina di metri, intagliata sul tronco di una pianta bizzarra. La seguirono ancora, fino a trovarne una nuova.
Alla quarta freccia, in lontananza, il piacevole suono di acqua corrente giunse alle loro orecchie. Doveva esserci un ruscello, un fiume o qualcosa di simile.
Fu una vera fortuna che Radish fosse sufficientemente alto, o altrimenti a Vegeta sarebbe sfuggito lo strano simbolo semi-nascosto dal ramo di una pianta. Non avendo il potere di librarsi in volo, Sua Maestà fu costretto ad arrampicarsi per poter scostare le foglie e comprendere la corretta direzione da seguire.
Un vero peccato che, così facendo, aizzò contro di loro uno sciame di insetti a doppio pungiglione urticante.
«OH CAZZO, CAZZO, CAZZO!» urlò Radish, nel panico.
«CORRI A SINISTRA, A SINISTRA!» gridò Vegeta. Quantomeno aveva fatto in tempo a vedere la corretta direzione. Scapparono dallo sciame a gambe levate, nella speranza che quei dannati pungiglioni non possedessero un veleno mortale o chissà cosa. Quelle punture bruciavano come lava.
Corsero nella giungla e si fecero largo tra gli arbusti senza risultati: quei merda di insetti continuarono a inseguirli ma, per bilanciare alla sfortuna che li aveva colti, la tanta agognata fonte d'acqua apparve in lontananza. Un lago di un colore singolare, che virava in una strana sfumatura di ottanio, con una cascata di media altezza incastrata tra le rocce. Ma chi era Vegeta per giudicare il colore dell'acqua del pianeta? E, soprattutto, non era il momento di sindacare.
Corsero fino alla riva e ci si buttarono dentro senza indugio.
Una piacevole sensazione di fresco li avvolse dalla testa ai piedi, rinvigorente, nella lista delle cose più piacevoli che gli fossero capitate dall'inizio del loro viaggio. Persino le punture di quei maledetti insetti sembrarono smettere di bruciare, o almeno diminuire d'intensità.
Riemersero dopo pochi secondi con la piacevole scoperta che gli insetti avessero finalmente desistito dal volerseli divorare.
«Beh... è stato divertente» ansimò Radish, stendendosi a morto a pelo dell'acqua.
«Sul serio, mi dovrai spiegare il tuo concetto di divertimento» borbottò Vegeta, prendendo un lungo sospiro.
«Ti prego, non rovinarmi la festa. Mi manca solo un Rokk ghiacciato e una giovine donzella, poi sarebbe la pace dei sensi».
Effettivamente non aveva tutti i torti: dopo un giorno intero trascorso a grondare, quella era una manna dal cielo. Anche se di certo non si sarebbe azzardato a bere quell'acqua per idratarsi.
«Invece ti dovrai accontentare della mia presenza, pensa un po'» ghignò Sua Maestà, immergendosi ancora un poco nella frescura.
«Per quanto tu sia un uomo affascinante, Vegeta, non sei molto il mio tipo» disse, fingendosi dispiaciuto, con i lunghi capelli sparpagliati dappertutto sul filo dell'acqua.
«Oh, vado a struggermi di dolore in un angolo» ribatté quindi il Principe, cinico. Anche se non avrebbe mai capito a cosa corrispondesse la definizione di “tipo” di Radish, se non “qualunque essere vivente che respiri e abbia almeno un buco”. «Che poi, come diavolo fa a piacerti il Rokk?! Ma che razza di gusti hai?»
«Non capisci proprio un c-»
«Ehi, guarda là!» lo interruppe Vegeta.
In quella pausa piuttosto piacevole dalle ricerche si era per un secondo scordato il motivo per il quale fossero lì. Tuttavia vi era qualcosa di piuttosto evidente in grado di riportarlo con i piedi per terra, alla realtà.
Due nuovi simboli a forma di freccia convergevano ai lati della cascata, intagliati nella roccia. Una direzione piuttosto chiara che la loro via avrebbe dovuto proseguire lì dentro.
Si lanciarono un'occhiata dura e iniziarono a nuotare in direzione della cascata poi, una volta giunti sotto, si arrampicarono sulle rocce scivolose nel tentativo di issarsi. Inutile dire che scivolarono più volte in acqua e maledissero quell'inibizione del potere di volo a gran voce.
Quando finalmente furono entrambi ben arpionati alle rocce, scivolarono contro la parete per raggiungere l'entrata. Difficile, per Vegeta, resistere all'impulso di farsi esplodere o gettarsi di nuovo in acqua quando un allegro serpente orrendo si fece largo tra i suoi piedi per tornarsene in un buco. Nonostante il caldo, il suo volto assunse un pallore fuori dal normale.
«Non hai ancora superato il terrore delle cose che strisciano, mh?» ridacchiò Radish. «Come biasimarti, dopo che Nappa ha dovuto tirarti fuori dalla bocca di quel gigantesco serpentone sul pianeta 665. Traumi infantili non indifferenti!»
«Stai. Zitto» sibilò tra i denti Vegeta. Il solo ricordo di quel giorno era un affronto alla sua dignità e, soprattutto, gli veniva il vomito a pensarci.
Radish rise più forte, e Sua Maestà valutò seriamente l'opzione di gettarlo nel lago e affogarlo con le sue stesse mani, ma non era per quello che erano lì. Si fece scivolare lungo la parete e raggiunse la cascata.
Ci infilò un braccio e, senza alcuna sorpresa, trovò una cavità dietro l'acqua. Una grotta.
«Smettila di ridere e andiamo. Idiota» borbottò e, dopo aver preso un grosso respiro, ci si infilò dentro.



Contrariamente alle aspettative, la grotta era illuminata. Delle torce erano sistemate ai lati delle pareti, disposte ordinate, le quali fiamme sembravano resistere all'umidità e alle gocce d'acqua che cadevano dal soffitto.
Stalattiti e stalagmiti ai lati del vicolo, ma nessun odore sulfureo. La via era chiara, dritta, libera. Un chiaro invito a proseguire.
Camminarono per pochi minuti, fino a ritrovarsi di fronte a una tenda di liane e – che sorpresa! - fiori. Un forte odore di incenso con note di miele, candele sparse sul pavimento fin troppo vicine alle piante - per la gioia di un piromane.
Scostarono la tenda e si trovarono all'ingresso in quello che era uno spazio tondeggiante, colmo di cianfrusaglie in rame, decorazioni floreali dal dubbio gusto estetico, costellazioni di candele ovunque, statuette in pietra, vecchi cimeli di rappresentazioni di chissà quale religione. Insomma, un posto che aveva tutta l'aria di essere ciò che i terrestri sapientemente definivano “un covo di fricchettoni”.
L'odore di rame era intenso, ma ciò che più colpì Vegeta fu senza dubbio una figura piccola e affaccendata in quella che sembrava la preparazione di un pasto – o qualunque diavoleria fosse.
Malgrado non avessero prestato parecchia attenzione a utilizzare un passo felpato e silenzioso, essa non li degnò neanche di uno sguardo e continuò il movimento perpetuo e calmo di girare la sbobba nella pentola, ficcandoci dentro fiori e strane spezie.
I due Saiyan si lanciarono un'occhiata confusa, poi fecero un passo in avanti.
«Ehm... salve?» tossicchiò Radish, per richiamare l'attenzione.
La figura non li calcolò di striscio. Era bassa rispetto alla popolazione della città, con fattezze femminili, un mantello col cappuccio tirato fino alla fronte e il viso solcato da segni del tempo.
«Perfetto, è pure sorda» borbottò sottovoce Radish.
«Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire» la figura rispose.
«Ops».
Radish si portò una mano alla bocca, in preda al tentativo di non scoppiare a ridere come il demente che era. Ma, mentre Vegeta stava invece tentando di non strangolare il suo compagno di viaggio, la vecchia li degnò finalmente di uno sguardo.
«Non c'è peggior cieco chi non vuol vedere» disse e, con un gesto lento, si sfilò il cappuccio. Una costellazione di occhi di colori diversi le coprivano la fronte, dieci, forse di più.
Vegeta avvertì di nuovo la sensazione di intrusione, molto più amplificata, molto più intensa, tanto che quasi fece fatica a mantenere lo sguardo su di lei. Faceva quasi male.
«Mi hanno detto che lei può aiutarmi» disse quindi, pur di scacciare via la sensazione.
«Dipende se voi volete aiutarvi».
Criptica, naturalmente.
«In che senso?»
«Non c'è peggior ignorante di chi non vuol sapere» rispose lei. Con un gesto della mano spense il fuoco sotto la pentola. «Voi volete sapere. Volete sentire. Volete guardare, Principe dei Saiyan». Sua Maestà si irrigidì. Con tutti quegli occhi scrutatori, la vecchia avrebbe potuto leggergli persino i mitocondri. «Ma quello che non volete fare è accettare».
«Accettare cosa?»
La vecchia si avvicinò così tanto che Vegeta si ritrovò costretto ad abbassare lo sguardo. Era come se gli stesse prendendo il cervello e sbrogliando tutti i nodi.
«Il tassello».
Ancora il tassello, dannazione!
«Il vostro amico deve uscire» aggiunse lei.
Non è mio amico, Vegeta si trattenne dal dire. Forse perché era un po' una menzogna e lei l'avrebbe sicuramente captata.
«Ehi, un momento, perché devo uscire?» si lamentò Radish.
«Perché non è a voi che manca il tassello. Perché voi siete solo un accompagnatore, Radish, figlio di Bardack» spiegò lei, scrutando a fondo la mente di Radish. Probabilmente ci aveva appena visto il vuoto cosmico.
Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
«Che noia».
«Vai a immergerti dov'eri prima, la pace dei sensi, quella roba lì» gli intimò Vegeta, stanco, e lui fece spallucce.
«Ok, mi hai convinto. Ma non drogarti. Non senza di me, intendo. Se dovesse offrirti qualche bizzarro intruglio o roba che profuma in modo str-»
«Radish. Sparisci» sibilò.
Questi se ne andò borbottando lamentele ridicole, con le mani intrecciate dietro la testa.

Vegeta tornò dunque con lo sguardo sull'anziana nativa. Prima o poi si sarebbe abituato a quella maledetta mania d'intrusione senza permesso. Sul serio, non ce l'avevano una legge sulla privacy in quell'Inferno di pianeta?
«Chi è lei?» domandò, nella speranza magari di apprendere qualcosa di più su colei che gli stava aprendo il cranio come una noce di cocco.
«Il mio nome è Nînyssi, oracolo di Dagrabàh, portatrice dei tredici occhi della mente» si presentò. La voce era calma, piatta come quella dell'Imperatrice e degli altri nativi. «Regna un grosso fardello su di voi» disse Nînyssi, dopo averlo squadrato a fondo.
Ma non mi dire, pensò Vegeta. Fardelli di qualsiasi ordine e grado avevano iniziato a regnare su di lui dal momento in cui era stato tolto dalle braccia di sua madre.
«Siete supponente».
Alla faccia di chi non sapeva leggere nel pensiero.
«Mi perdoni, ma non sono abituato a farmi leggere. Avrei solo bisogno di sapere come... come posso risolvere un problema. Devo trovare u-» Vegeta si interruppe all'avvertire di una stilettata proprio lì, nel lobo frontale. Un dolore acuto.
«Vedo molti problemi. Siete tormentato. Pentito. Eravate un assassino, Principe dei Saiyan, ma prima di tutto eravate uno schiavo. Qualcuno ha saputo perdonarvi. Vedo gratitudine, e difficoltà a dimostrarla. Vedo un grande, immenso amore. Vedo dei figli. Vedo le fiamme dell'Inferno. Voi siete stato lì».
Vegeta si sentì senza fiato, un mastodontico mal di testa stava montando su per la cervicale. Farsi invadere in quel modo era... pesante.
«Due volte» confermò però, a denti stretti. Poi di nuovo l'intrusione, ancora più profonda, ancora più dolorosa.
«Grandi battaglie. Vedo un grande periodo di pace, poi vedo sofferenza. Vedo emozioni celate. Lacrime trattenute. Una... due gravi perdite. Di diversa natura. A una di esse volete porre rimedio» concluse infine Nînyssi, e con le sue parole anche la tortura.
Perdite, aveva detto. Sicuramente la perdita di Bulma era stata fisiologica, non per questo meno dolorosa. Ma la perdita di Kakaroth, al contrario, non aveva senso di esistere. Non era così che sarebbe dovuta andare.
«È per questo che sono qui» sibilò Vegeta. Avvertì qualcosa di caldo colargli sulle labbra. Sangue. Nessuno l'aveva avvertito degli effetti collaterali di quelle intrusioni. Gli sarebbe scoppiato davvero il cervello?
«Io non posso aiutarvi a ritrovare quella persona,» parlò l'oracolo, e Vegeta percepì il desiderio di dare fuoco e fiamme a quello schifo di rifugio per fricchettoni, «ma voi potete farlo. Per farlo però voi dovete accettare».
Tutto quell'essere criptici in effetti gli faceva venire una gran voglia di accettare qualcuno, nel senso figurato del termine. «Cos'è che devo accettare?»
Nînyssi si avvicinò ancora un poco, quasi in punta di piedi per potergli parlare faccia a faccia. Non capiva se ciò che lo mettesse in soggezione fosse l'intrusione, i tredici occhi di colori diversi o semplicemente il volto scavato dal tempo dell'oracolo.
«Quello che risiede nell'angolo della vostra mente, quello che vi rifiutare di analizzate. Che vi siete sempre rifiutato di comprendere».
Vegeta si irrigidì.
«Non ha senso». Come del resto non aveva senso trovarsi su quel pianeta, in quella caverna dimenticata dagli Dei, con una sorta di vecchia strega.
«Allora voi non siete pronto a trovare il tassello».
Sarebbe esploso. Vegeta sarebbe esploso immediatamente, se lo sentiva. Avrebbe commesso una strage di candele, fiori e qualunque altro ninnolo presente in quel buco. Se mai avesse trovato quell'ipotetico tassello l'avrebbe accartocciato e gettato nella lava di un vulcano in eruzione. Sempre in via ipotetica.
«MA COSA CA-» fece appena in tempo a rendersi conto di aver perso la pazienza, quando si ricordò che fosse lì per un motivo e avrebbe dovuto sfruttare al meglio quella possibilità. Gli occhi dell'oracolo si strinsero, e lui prese un grosso respiro per potersi calmare. «La prego,» disse quindi, con la mandibola contratta e le labbra strette per riuscire a trattenere un ruggito, «mi aiuti a capire. Cosa diavolo sarebbe questo tassello?»
Nînyssi si voltò, diede un nuovo giro alla minestra di vattelappesca e ci ficcò dentro qualche fiore, tanto per gradire.
«Ciò che vi manca per comprendervi davvero» disse, di spalle.
«Si fidi, non riuscirò mai a comprendermi, neanche in un milione di anni. Io vorrei solo trovare quella persona. Io...» si interruppe. Dannato Kakaroth, l'avrebbe ucciso. Si stava facendo strizzare il cervello per lui, solo per trovarlo. Ma era disposto a continuare a farlo fino a che non avrebbe ottenuto una pista utile. «Io lo voglio davvero, io devo farlo. Devo trovarlo».
Quasi stentava a credere alla supplica insita nelle proprie parole. Non aveva mai supplicato in vita sua.
Nînyssi si voltò di nuovo e lo scrutò con pazienza.
«Voi avete bisogno di lui».

Forse era quello il motivo della sua supplica. Aveva bisogno di quello squinternato di Kakaroth. Ne aveva sempre avuto bisogno, per migliorare, per combattere, per avere un rivale. Anche se c'era stato un tempo in cui aveva creduto di odiarlo per davvero, anche a quel tempo aveva avuto bisogno di lui.
Era una costante. E quello che gli mancava era quella fastidiosa costante.
«Io... sì» ammise. Tanto sicuramente l'oracolo l'aveva già capito, a giudicare da quel prurito al lobo frontale.
Nînyssi annuì, l'ombra di un sorriso sulla linea nera e sottilissima delle labbra.
«È solo un piccolo passo, ma è già un passo» disse. «Non posso aiutarvi a trovare il tassello che manca, quello è vostro compito. Ma io ho visto qualcosa di insolito che potrebbe aiutarvi a ritrovare quella persona».
Il Principe sussultò. Quello sì che si poteva definire un passo in avanti.
«Come?»
«Io non so dove lui si trovi». L'oracolo si avvicinò, con tutti e tredici gli occhi che convergevano su di lui. Il sangue iniziò a sgorgare di nuovo dalle sue narici, tuttavia Vegeta si fece forza per resistere. «Ma c'è una parte di lui in voi. Una traccia. Voi due... eravate una cosa sola».
Una cosa sola? Quella era una frase bizzarra. Imbarazzante, perlopiù, di primo ascolto. Forse Nînyssi aveva frainteso il tipo di rapporto che incorreva tra lui e Kakaroth – anche se, a tutti gli effetti, c'erano stati dei momenti in cui era stato talmente tanto a contatto con quel deficiente che chiunque avrebbe potuto... fraintendere?

Ma poi Vegeta venne colto da una ispirante illuminazione, forse data dal mal di testa incessante. Nînyssi non aveva frainteso un bel niente, e la risposta era molto più semplice.
«La Fusione» sussurrò, più a se stesso che all'oracolo.
«La perspicacia non vi manca. Se solo foste più disposto...» convenne lei.
Se gli avesse suggerito di trovare il tassello le avrebbe cavato tutti e tredici gli occhi.
«Le prometto che mi impegnerò per trovare il dannatissimo tassello, una volta però che avrò riportato Kakaroth a casa. Mi dica come posso cercarlo» borbottò Vegeta, stremato dalla situazione, dalle continue intrusioni, dal sangue che continuava a sgorgargli dal naso e soprattutto da quell'odore di incenso dolce.
«Dovete seguire la traccia di lui che c'è in voi».
Vegeta corrucciò le sopracciglia.
«Ma...»
«Già è accaduto, più di una volta. L'avete sentito. Una sensazione insolita, vedo. Voi la ricordate».
Vegeta avvertì i sensi mancargli, la terra roteare sotto i piedi. Un dolore acuto alla base del cranio.


 


«Ah! Zeno santissimo, Kakaroth, cosa diamine stai facendo qui?» urlò silenziosamente, come un sibilo. Al piano di sopra stavano dormendo tutti e Kakaroth, in piedi di fronte a lui, gli aveva appena fatto sputare il bicchiere d'acqua che era andato a cercare in piena notte.
Questi si guardò intorno stralunato, poi tornò con lo sguardo su di lui.
«Cosa ci fai tu qui! Tu non dovresti essere qui. Tu eri...»
«Cosa diamine vai farneticando?!» ringhiò Vegeta. Gli era dato di volta il cervello?! «Questa è casa mia, per tutte le galassie! In che senso non dovrei essere qui?»
Kakaroth corrucciò la fronte, poi gli si avvicinò di un passo.

«Urcaaa! Ok, allora è successa una cosa strana: ero a casa mia, ti sentivo lì vicino ma non ti vedevo, pensavo volessi farmi uno scherzo. Allora ho attivato il teletrasporto per trovarti e mi sono ritrovato qui alla Capsule Corporation. Ma ti giuro che mi sembrava che tu fossi... ehm, nel mio letto?»
Vegeta spalancò la bocca. A parte il fatto che proprio non si spiegava come potesse balenargli nella mente l'idea che lui avesse voglia di fargli degli scherzi, in piena notte persino. Ma poi... che diamine?!
«Ok, sorvoliamo un attimo sulla parte bizzarra e imbarazzante della cosa. Da quanto sei qui?» domandò il Principe, sottecchi.
«Beh, mi hai visto arrivare. Sono arrivato ora» rispose Kakaroth, con tanto di spallucce.
Vegeta strinse le labbra. Allora era tutto vero: aveva provato la stessa identica cosa. Si sedette su uno sgabello da cucina e si portò la testa tra le mani.
«Ti sentivo. Ti sentivo qui intorno da ore, pensavo fossi vicino ad allenarti, che probabilmente i miei sensi fossero alterati dal sonno, per questo mi sono alzato per bere» ammise Sua Maestà.
Quello era strano. Anche Kakaroth si accigliò, poi si sedette sullo sgabello appena di fronte. Si guardarono straniti per qualche secondo.

«Che cosa sta succedendo?» gli domandò poi Kakaroth, confuso e stranamente serio per i suoi standard.
Magari era una sorta di condizionamento post-mortem? Era passato poco tempo da quando erano tornati in vita entrambi, dopo la battaglia contro Majin-Bu. Ma come poteva essere? Non aveva senso.
«Non ne ho idea».


 
••
 

Kakaroth aprì gli occhi e gli elargì un grosso sorriso da clown.
«Ti sento» trillò.
«Impossibile!» berciò Vegeta, completamente rosso in faccia. Aveva azzerato l'Aura, impossibile che lo sentisse.
«Te lo giuro» confermò questi, portandosi un braccio dietro la testa per grattarsi la nuca, abitudine sciocca. E decisamente da Kakaroth.
«Ok, chiudi gli occhi» gli intimò Vegeta, secco. «Aspetta un minuto e raggiungimi».
Non appena il cretino chiuse gli occhi, Sua Maestà sopperì la voglia di tirargli un pugno sul naso e partì alla volta del bosco per nascondersi.
Si appostò abbastanza lontano, vicino al tronco di una betulla. Dopo pochi secondi, però, l'imbranato apparve proprio di fronte, con una fragorosa risata.
«Ma, ehi! Io ho azzerato l'Aura!» urlò di nuovo Vegeta, spintonandolo con una mano. Goku barcollò un attimo e rise di nuovo.
«E invece sentivo la tua Aura – o qualcosa di simile, forse – vicino a me. Te lo giuro. Però, seguendola con il teletrasporto, mi ha fatto apparire qui» spiegò Kakaroth.
Vegeta si accigliò per un momento. Era già successa quella cosa, molti anni prima, dopo la battaglia contro Majin-Bu. Aveva pensato fosse un condizionamento post-mortem, ma in quel caso non aveva alcun senso. Non erano più morti. Avevano combattuto contro Zamasu e ne erano usciti vittoriosi grazie a...
«Un momento!» gracchiò Vegeta. Come aveva fatto a non pensarci? C'era qualcosa che accomunava quelle due battaglie, c'era una risposta abbastanza ovvia a tutto quello.
«Che c'è?»
«Kakaroth, la Fusione! Questo è uno strascico della Fusione!» gli disse, vittorioso.
«Urcaaaa! Che forza!»
«Ma che forza un tubo! C'è di buono che, come l'altra volta, dovrebbe svanire a breve. Non ne posso più di sentirti attorno».


 
•••
 

«È stata una battaglia epica, ma ora sono stanco morto» annunciò Kakaroth, con un sonoro sbadiglio talmente ampio che Vegeta gli avrebbe potuto scrutare anche l'esofago. «Comunque sei andato alla grande, la trasformazione in God ti dona parecchio. Eheh, facevi quasi paura!»
Sua Maestà non amava i complimenti fatti dagli altri, preferiva di gran lunga cantarsele da solo.
Ma sì, effettivamente in quella trasformazione era portentoso.
«Kakaroth, io sono stato progettato per fare paura. E se non ti fossi intromesso l'avrei battuto da solo, Broly».
«Ma non dire sciocchezze!» rise lui, stendendosi sulla battigia di quella spiaggia finissima. Il tramonto al mare era il miglior modo per distendere i muscoli dopo una battaglia. «Ci stava per ammazzare entrambi, per fortuna abbiamo fatto la Fusione».
Vegeta gli lanciò una manciata di sabbia in faccia.
«E adesso mi tornerà quella tremenda sensazione di averti sempre addosso».
Kakaroth sputacchiò granelli di sabbia e rispose al gesto con poca enfasi. Erano troppo stanchi per mettersi a litigare, o a far finta. Come loro solito.
«Sai, non è così spiacevole. Un peccato che svanisca in fretta, o potremmo sfruttare questa connessione nelle battaglie».
Non un punto di demerito, ma c'erano troppi contro in quella possibilità.
«Grazie, ma no grazie. Preferisco averti intorno solo fisicamente» ghignò Vegeta.
Kakaroth si alzò e lo degnò di un sorriso quasi intenerito.

«Aww!»
Ma che diamine aveva capito? Imbecille che non era altro. Non intendeva... argh!
«Non era un complimento! Come hai potuto prenderlo per un complimento?!» berciò Sua Maestà, rosso in volto.
«Perché lo so che alla fine ti sto simpatico» ammiccò Kakaroth, divertito.
Vegeta sospirò e roteò gli occhi, arrendevole.

«Sì, 'fanculo anche a te, Kakaroth».



Vegeta si aggrappò al tavolo in pietra al centro della stanza, facendo ribaltare tutti i cimeli in rame sopra esso. Il sangue gocciolò dal suo naso fino al pavimento.
Quell'intrusione era stata debilitante persino per il suo fisico, oltre che per la mente. Aveva sepolto nei meandri dell'inconscio quella sensazione, quella connessione che li aveva ingarbugliati dopo le tre volte che avevano utilizzato la Fusione.
Era qualcosa di strano, lontano. Eppure in quel momento gli sembrava quasi... malinconico? Sì, forse nostalgico, a pensarci bene. Il tempo in cui erano sereni. In cui trascorrevano le giornate ad allenarsi e le sere con le loro famiglie, riunite. Il tempo in cui non c'era neanche bisogno di parlarsi per intimarsi di scappare dalle cene in famiglia e andare a lottare, il tempo in cui andavano sul pianeta di Beerus e affrontavano nuove sfide.
Il tempo prima che il tempo smettesse di essere clemente.
Nînyssi rimase impassibile mentre Vegeta tentava di ricomporsi, poi parlò.
«Sì, voi avete capito di cosa sto parlando».
Il Principe si asciugò il sangue con il dorso della mano.
«Ma... ma non la sento più! Non sento più quella connessione da troppo. E poi io non so utilizzare la trasmissione istantanea, non posso teletrasportarmi da lui».
Maledetto il giorno in cui gli aveva detto di no alla proposta di farsi insegnare il teletrasporto.
«Se la cercate in fondo alla vostra mente, una traccia c'è. La vedo, la percepisco».
Beh, se lo diceva lei che aveva tredici occhi e oramai conosceva le sue vite, morti e miracoli, forse un fondo di verità c'era. Qualcosa di Kakaroth giaceva ancora in lui.
La Fusione li aveva connessi in modo irreparabile, così come del resto gli era stato prospettato la prima volta. Solo che, al posto di rimanere uniti nel fisico – e grazie al cielo non era avvenuto – erano rimasti uniti spiritualmente. O mentalmente, che dir si voglia.
Tutto ciò aveva un qualcosa di inquietante e profondo allo stesso tempo.
«Resta il fatto che non posso teletrasportarmi».
«Ma potete seguire la traccia» ripeté Nînyssi.
«Come posso fare?»
Non gli era ancora chiaro. Non avvertiva la traccia, ma a quello avrebbe potuto lavorarci. Tuttavia rimaneva comunque il problema che, qualora l'avesse scovata nei meandri di se stesso, avrebbe potuto percepire Kakaroth, ma non andare da lui. L'avrebbe sentito vicino, ma senza riuscire a identificare la reale provenienza della sua Aura, o qualunque cosa fosse.
O forse non ci era mai riuscito perché non ci aveva mai provato a fondo, e si era limitato a maledire quella sensazione e basta?
«L'uomo che chiamate Kakaroth, cosa rappresenta per voi?»
Vegeta divenne una statua di sale.
Cosa?
Cosa diavolo stava a significare quella domanda? E... un momento... quella era la prima domanda che gli era stata posta da quando era giunto su quel pianeta.
«Lei... lei non riesce a leggermelo nella mente?» balbettò Vegeta.
«Certi tipi di sentimenti, emozioni... sono indecifrabili persino per l'occhio scrutatore. Posso immaginarlo, posso dedurlo, ma non dirlo con certezza. Se volete trovare colui che vi manca, guardatevi dentro» suggerì Nînyssi.
Quella era la conversazione più bizzarra e fuori luogo a cui avesse mai preso parte. Vegeta fece per ribattere qualcosa su quanto quelle sciocchezze non confacevano al suo orgoglio da guerriero, o quanto niente di tutto quello lo stava aiutando a portare avanti la sua missione ma, infine, Nînyssi parlò di nuovo.
E il tarlo che gli aveva mangiucchiato la mente per dieci anni fu finalmente sazio.

«Pensate che quello che vi ha spinto a percorrere tutto l'universo sia un presentimento... e se fosse invece la traccia stessa?»




 
Continua...

Riferimenti:
-L'aneddoto su come Vegeta abbia sviluppato la fobia delle cose che strisciano me lo sono immaginato.
-Radish che dorme in posizioni innaturali è un po' un ispirazione a Berthold di Attack on Titan. 
-Il nome dell'oracolo Nînyssi ispirato alla mia gatta, Katniss, che spesso chiamo "Nissi" o anche "Ninissi". Sì, ho dei problemi.
-Il legame, la "traccia" post-fusione è qualcosa che mi è spesso piaciuto immaginare. Anche nella mia vecchia storia "After All" avevo scritto qualcosa di simile.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, viaggiatori dello spazio! 
Un capitolo decisamente mistico, no? Finalmente i nostri avventurieri sono riusciti ad avere qualche indizio in più a Fricchettonilandia.
Abbiamo capito che Vegeta ha una traccia di Goku dentro di sé a causa della fusione e, se sfruttata in modo corretto, potrebbe condurlo fino a lui. E ciò che ha detto Nînyssi alla fine potrebbe essere interessante: magari sono già sulla strada giusta senza saperlo, inconsciamente. Il presentimento di "e se gli fosse accaduto qualcosa" potrebbe essere reale e dato dalla loro connessione. 
In più è tornata ridondante la questione del "tassello". Cos'è il fottuto tassello? Il tassello non è Kakaroth stesso, ovviamente, da quello che si evince. E allora cosa diavolo potrebbe essere? Teorie? Complotti?
Che dire... l'avventura continua domenica prossima, amici! 
Ringrazio come sempre tutti per il supporto e il sostegno che mi date, e soprattutto ringrazio Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione in inglese di questa storia. 
Un abbraccio,
Eevaa

PS: voglio riprendere l'abitudine di fare una cosa che molti mi chiedevano nel fandom di Harry Potter: 


Nel prossimo capitolo!
«Oh, e dai! Tralasciando qualche incidente di percorso io mi sto anche divertendo, mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi!» ghignò Radish, d'improvviso più entusiasta. «Conquistare pianeti – con la differenza che siamo diventati bravi ragazzi e non uccidiamo nessuno, bere nelle peggiori taverne delle città in culo all'universo, belle ragazze di diverse razze che ci attendono. Meglio di così!»
«I vecchi tempi, per te, sono tipo sei mesi fa» puntualizzò Vegeta.
«Sì... beh, ok. Ma prendila come una vacanza, e quando troveremo mio fratello gli faremo pagare tutte le spese di viaggio» disse, con un sorriso beffardo. Poi si alzò dalla cuccetta e si diresse baldanzoso alla cabina di pilotaggio.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La consapevolezza ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 
AVVERTIMENTI: Accenni alla tematica della prostituzione. Ci tengo a specificare che non giustifico il comportamento di alcuni personaggi. 



- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 4
La consapevolezza

 



«Ti sei fatto menare da quella vecchia decrepita?!»
L'espressione sul volto di Radish era pressappoco costernata, sconvolta dalla faccia e dal mento imbrattati di sangue di Vegeta.
Quando era uscito dalla grotta aveva trovato Radish spaparanzato a mollo nel lago, quasi in procinto di addormentarsi. Un vero peccato che non ci fosse affogato dentro, aveva pensato Sua Maestà. Si sarebbe risparmiato di sentirsi dire stronzate.
Ovvio che Nînyssi non l'avesse colpito! Si era solo limitata a strizzargli la materia grigia fino a condurlo a dissanguamento per epistassi.
«Sul serio, ti sei fatto ridurre in quello stato da-»
«Sì, Radish, certo. Durante un amplesso sadomasochista, per giunta» ringhiò Vegeta, sciacquandosi il volto con diverse manciate di acqua fresca.
Radish ridacchiò, poi divenne un poco più serio nello scrutare il viso del Principe, pallido e contratto.
«Scherzi a parte, sei sicuro di stare bene? Hai una faccia!»
«Sarà che per poco non mi stava venendo un aneurisma a furia di farmi spremere le meningi?!» sibilò Vegeta, stanco. «Forza, leviamoci dalle palle da questo posto infernale».
«Proprio ora che mi stavo rilassando» borbottò Radish, poi si alzò dal giaciglio e iniziò a guadare il lago fino a riva.
Vegeta lo seguì con gesti più goffi del normale. Si sentiva tremendamente stanco e spossato, con una forte emicrania e una strana sensazione di intorpidimento alle dita.
Mosse un passo, si sentì cedere. Ne mosse un altro, qualcosa non andava. La voce di Radish che enunciava qualche altra cavolata gli giunse quasi intermittente.
Non fece in tempo a raggiungere la riva: cadde a peso morto in acqua con le orecchie che fischiavano e la vista sempre più offuscata.
«Ma che... VEGETA! MA CHE CAZZO?!»
La voce di Radish era sempre più lontana. Sentì delle mani addosso, un fischio sempre più acuto.
«EHI! STAI SVEGLIO!»
Ma era troppo difficile. Tutto si fece più buio.

 
 

Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«NO, ASPETTA!» Vegeta glielo urla, gli scaccia le mani dal volto.
Kakaroth sussulta, poi si incupisce.

«Vegeta... per favore...»
«Non andare. Non andartene» ripete Vegeta, gli blocca le mani per non farlo teletrasportare.
«Perché mi chiedi questo?» sussurra Kakaroth.
Vegeta abbassa lo sguardo, ma non lascia andare le sue mani. Sono calde.
«Voglio che tu rimanga» confessa, a fatica.
«Perché?»
«Perché se te ne vai... non tornerai più» gli dice Sua Maestà, la voce più tremante di quello che vorrebbe.
Kakaroth sussulta, poi stacca delicatamente una mano e gliela poggia su una spalla. La stringe, quasi per calmarlo.

«Guardami» gli dice, poi sorride. Vegeta alza lo sguardo e vorrebbe solo tirargli una testata in mezzo agli occhi. O piangere. «Te lo prometto, tornerò» dice infine lui.
Il Principe sente la rabbia montargli nel petto.
«No, non tornerai. Passeranno dieci anni e io dovrò attraversare l'universo senza neanche la certezza di poterti trovare. Non funziona niente, Kakaroth. Quando mi sembra di fare un passo avanti, ne faccio sempre indietro». È arrabbiato, ma le sue parole sembrano quasi una supplica.
Il sorriso di Kakaroth svanisce in un lampo.
«Ma tu sai dove trovarmi. Sai come trovarmi. Io sono sempre stato qui» enuncia, serio.
Vegeta sente la presa di Kakaroth sulla sua spalla farsi più forte, poi la mano sale fino alla tempia, anche l'altra raggiunge quella opposta.
«Ma... ma che...» balbetta Vegeta. Le mani di Kakaroth gli stringono la testa, delicate.
«Sono qui da qualche parte. Devi solo trovare il tassello».
Vegeta vuole urlare. Forse lo fa, ma diventa tutto bianco e Kakaroth si allontana. Si porta le dita in fronte.
«No... non andare! Non andare! Non-»

 

«Non andare! Non andare!»
«Vegeta!»
«Non andare!»
«VEGETA!»
Si alzò con un respiro affaticato, la consueta pellicola di sudore freddo appiccicato addosso, gli occhi gonfi e le mani tremanti.
Fece fatica a mettere a fuoco, ma finalmente riemerse da quel sogno inquietante. Percepì un forte ronzio nelle orecchie, ma si rese ben presto conto che si trattava del motore dell'astronave. Si guardò intorno: si trovava nella sua cuccetta.
Radish, accanto a lui, lo osservava con un'espressione sollevata.
«Che sollievo. Pensavo che saresti rimasto rincoglionito. Aspetta, non sei rincoglionito, vero?» domandò, riluttante.
Vegeta si passò una mano tra i capelli umidi di sudore, poi sbuffò.
«Non quanto te».
Radish sembrò piuttosto sollevato da quell'acida risposta. Tirò un sospiro di sollievo e si lasciò cadere sulla sua cuccetta, a poco più di un metro di distanza. Giusto per rimarcare quanto la privacy non fosse contemplata in quell'astronave. Avevano risparmiato spazio per il ponte superiore per gli allenamenti, una vasta area medica e una sala comandi di tutto rispetto, ma sulle zone abitative quelli della Capsule Corporation erano stati molto parchi. Del resto quel modello – la Caps12RC – era progettato per due persone.
Se mai avessero trovato Kakaroth, l'avrebbero messo a dormire vicino allo scarico merci. O nella spazzatura.
«Come ti senti?» domandò quindi Radish.
Vegeta si sgranchì un poco il collo e le spalle. Non era proprio nel fiore delle forze, ma quantomeno il mal di testa era sparito.
«Intorpidito. Cos'è successo?» Si ricordava veramente poco. Rammentava di essere uscito dalla caverna, di aver raggiunto Radish, essersi sciacquato la faccia e poi un grande vuoto.
«È successo che sei cascato come un sacco di merda, svenuto. Pensavo ti fosse partita davvero qualche vena, quindi ti ho portato di peso – in braccio, pensa che cavaliere! - fino all'astronave per analizzarti. Mi sa che farsi spremere il cervello così tanto non è proprio salutare, ma non risulta alcun danno. Anche se hai dormito tutto il giorno» asserì quindi Radish, con tono annoiato.
Ok, forse ricordava meglio.
«In braccio?! Zeno, avrei preferito se mi avessi lasciato morire lì». Vegeta avrebbe voluto sotterrarsi per l'umiliazione.
Il deficiente rise a gran voce.
«Non dirlo a me! Ero stremato! Con il caldo che faceva in quel posto, poi! Per fortuna sei... compatto» disse, e Vegeta ringhiò. Non gli era mai piaciuto che rimarcasse la sua statura. «E per fortuna abbiamo levato le tende» continuò però Radish.
«Dove siamo diretti?»
Vegeta non ricordava che avessero una rotta precisa. A dirla tutta aveva sperato di poterne trovare una a partire da Dagrabàh, ma quella visita si era rivelata solo l'ennesimo buco nell'acqua.
Più o meno.
«Verso il sistema Eldereen, estremo Sud dell'Universo Sette. Arriveremo sul pianeta portuale di Vortax tra un paio d'ore. Abbiamo bisogno di rifornimenti medici, carburante e anche alcuni pezzi di ricambio, che non si sa mai. Su Dagrabàh non avevano niente di niente, forse le loro astronavi funzionano a fiori!»
Lo stomaco di Vegeta gorgogliò. In effetti non metteva nulla sotto i denti dal giorno prima, quando aveva mangiato quelle pietanze dal dubbio gusto.
«Spero che abbiano anche qualcosa di commestibile e appetibile. Senza fiori» borbottò Vegeta, e Radish annuì per concordare.
«Già. Ah, a proposito di fiori, non mi hai raccontato cosa è successo con la vecchia strega».
Sua Maestà si irrigidì un poco. Tutta la conversazione con Nînyssi era stata un connubio di misticismo e sproloqui su quel dannato tassello mancante.
«È successo che non abbiamo più informazioni di quante ne avessimo prima, solo un pugno di mosche e qualche neurone scoppiato in testa» sbuffò Vegeta, affranto.

O almeno, non avevano alcuna informazione per il momento. Anche se onestamente dubitava di poterne trovare davvero all'interno della sua mente – come aveva anche detto Kakaroth in quel sogno bizzarro. Gli sembrava tutto un cliché alla “segui il tuo cuore, troverai la tua strada”, se non fosse che avesse delle basi abbastanza fondate.
Era probabile che ci fosse qualcosa di Kakaroth in lui, data la Fusione. Ma non aveva idea di come trovarlo e di come eventualmente questo potesse condurlo da lui. Sempre che egli esistesse ancora.
A quel pensiero si rabbuiò e si mise le mani sulle tempie. Quasi poteva avvertire ancora la pressione delle dita di Kakaroth, reminiscenze di un sogno che non aveva senso.
«Lo troveremo».
La voce di Radish lo colpì dritto in faccia. Vegeta sollevò lo sguardo su di lui, lo trovò incredibilmente serio. Erano arrivati a quel punto? Addirittura a capirsi senza le parole? Quella sì che era una novità.
«Radish...» soffiò Sua Maestà. Non voleva essere compatito, ma soprattutto non voleva crearsi false illusioni.
«Oh, e dai! Tralasciando qualche incidente di percorso io mi sto anche divertendo, mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi!» ghignò questi, d'improvviso più entusiasta. «Conquistare pianeti – con la differenza che siamo diventati bravi ragazzi e non uccidiamo nessuno; bere nelle peggiori taverne delle città in culo all'universo; belle ragazze e bei ragazzi di diverse razze che ci attendono. Meglio di così!»
E addio alla serietà di Radish.
«I vecchi tempi, per te, sono tipo sei mesi fa» puntualizzò Vegeta. Quel cretino era stato riportato in vita dopo cinquant'anni e stava parlando come se fossero trascorsi davvero, per lui.
«Sì... beh, ok. Ma prendila come una vacanza, e quando troveremo mio fratello gli faremo pagare tutte le spese di viaggio» disse, con un sorriso beffardo. Poi si alzò dalla cuccetta e si diresse baldanzoso alla cabina di pilotaggio. «Forza, Principino. Fatti una doccia che puzzi da far schifo. Non possiamo mica presentarci dalle pupe aliene in questo stato» concluse.
Vegeta roteò gli occhi. Quantomeno quel cretino non aveva perso le speranze e stava facendo qualcosa di concreto per tenere vivo l'entusiasmo.

 


Atterrarono sul pianeta Vortax intorno alle sei del pomeriggio orario Terrestre anche se, con non troppo piacere, scoprirono che in quel sistema non vi era alcuna stella sufficientemente luminosa e vicina da regalar loro distinzione tra giorno e notte. A differenza di Dagrabàh il clima era freddo, ogni superficie sterile e meccanica. Niente flora e fauna, solo attracchi portuali con città asettiche costruite intorno. Un porto di pirati spaziali, il buco del culo di una galassia inospitale, periferia dell'universo.
Vortax non era un bel posto in cui vivere, probabilmente gli abitanti del sistema di Eldereen lo sfruttavano solo per il lavoro, lo scambio merci. Era un pianetello inospitale, piccolo e fatiscente.
Nell'attracco principale nel quale erano atterrati vi erano a malapena tre piattaforme di meccanica, un pulcioso motel nel quale dormire, una taverna che emanava odore di gas di motore e nella quale era chiaro ci fosse un losco giro di prostituzione.
Vegeta ne aveva visti eccome di posti simili per le galassie, ma quello rientrava sicuro nella classifica dei peggiori.
«Non voglio sapere cosa c'è dentro in questa zuppa» convenne Radish, rigirando una sbobba dal colore putrescente in una ciotola che sembrava non essere lavata dall'anno 720.
«No, perché mai?! È un posto così elegante» commentò Vegeta, cinico. Rimpiangeva di gran lunga i fiori di Dagrabàh.
Avevano scoperto loro malgrado che le piattaforme meccaniche erano in pausa dai rifornimenti. Ci sarebbero volute dalle sei alle otto ore per ottenere le merci di cui avevano bisogno e delle scorte di carburante. Quale modo migliore per passare il tempo se non rifugiarsi nella peggior bettola dei dodici universi?
«Sono spiacente, Maestà, se questo non è posto adatto al suo rango sociale» borbottò Radish e, a fatica, deglutì il cucchiaio di minestra con il naso arricciato e l'espressione tipica di chi ha ingoiato un rospo. «Anche se questo posto non sarebbe adatto neanche alla peggior feccia plebea dell'universo» concluse.
Vegeta diede un morso a quello che doveva essere un tocco di pane raffermo – o un topo morto, chissà – poi decise di arrendersi. Meglio i pasti confezionati della Caps12RC, acquistati sapientemente in abbondanza su Yardrath, dove il cibo non era un granché ma quantomeno non aveva niente di floreale o malsano.
«Per fortuna hanno il Rokk». Radish fece spallucce e ingurgitò il drink blu alla goccia, rabbrividendo.
«Chiamala fortuna...» sbuffò Vegeta.
Intorno a loro la clientela era quanto di meno raccomandabile, l'aria irrespirabile a causa della nube di fumo proveniente da chissà quale tabacco o sostanza dalla dubbia salubrità e, naturalmente, uomini e donne provocanti dalla varia provenienza che si prodigavano in moine svogliate. Il proprietari al bancone del bar parevano non essere infastiditi dal giro di prostituzione e, anzi, avevano tutta l'aria di chi godesse di quel genere di profitto.
Una donna molto bella dalla pelle color amaranto, quattro braccia e una lunga chioma corvina si avvicinò al loro tavolo con due drink in mano.
Fece l'occhiolino a entrambi e posò i bicchieri sul tavolo.
«45 Yēŏn» enunciò, provocante e annoiata allo stesso tempo. «Più sei, per i drink».
Radish sollevò le sopracciglia in ammirazione, poi si rivolse a Vegeta.
«Beh, se non posso mangiare qualcos'altro dovrò pur fare, no?» ghignò, poi frugò nelle tasche della tuta e porse il compenso alla ragazza. Questa sorrise e lo prese per un braccio, trascinandolo sul retro della taverna. «Con permesso, Maestà» gli urlò Radish, ridacchiando.

Vegeta scosse la testa con disappunto e si dedicò solitario al suo drink. Sin dai tempi in cui viaggiavano sotto l'armata di Freezer era abituato alle passioni poco eleganti di Radish ma, a differenza di Nappa, almeno lui le prostitute le trattava bene e le lasciava in vita.
Al Principe non era mai piaciuto quel giro. L'idea di intrattenere rapporti sessuali con persone dall'ignota provenienza – e igiene personale – non era esattamente il suo concetto di divertimento. In quel tipo di bettole, poi!
Si era concesso talvolta qualche sfogo di alta classe, nei pianeti più ricchi e con escort dall'aspetto tutt'altro che sfruttato. Non che al tempo gli interessasse molto la morale della questione – era il peggior assassino e sicario della galassia – ma almeno non aveva avuto l'impressione di andare a letto con il primo o la prima sgualdrina. Era pur sempre un Principe, dannazione!
In quel momento, invece, la prostituzione di bassa lega di quel tipo gli arrecava anche parecchi dubbi morali.
Bevve un sorso del suo orribile drink e si accasciò sul divanetto lurido della taverna, e quasi non si accorse della morbida figura femminile che gli si avvicinò con un movimento di fianchi accentuato.
«Sei solo?»
Gli si sedette accanto accavallando le gambe e si accese una sigaretta, poi gliene porse una. Vegeta alzò gli occhi al cielo e accettò l'offerta. Non fumava spesso, ma se non poteva mangiare qualcosa doveva pur fare, no?
«Ora non più, immagino» rispose Vegeta, secco. Lei gli accese la sigaretta e si avvicinò di più, incuriosita, meno annoiata della prostituta che si era approcciata a Radish.
«100 Yēŏn. Sigaretta in omaggio, perché mi stai simpatico» ammiccò e gli carezzò l'avambraccio con una mano. A differenza di qualunque altro dubbio personaggio nel locale, quantomeno la ragazza profumava in modo gradevole. Aveva due grandi occhi neri e la pelle verde. Non aveva un aspetto del tutto riconducibile alla razza umana o Saiyan, ma non per questo poco attraente.
«No, grazie. Ti pago la sigaretta» borbottò Vegeta, lanciando sul tavolo una piccola moneta quadrata, valuta interstellare.
Lei ghignò.
«Il prezzo non è trattabile, tesoro».
«Semplicemente non sono interessato alla prestazione».
Un'espressione sorpresa apparve sul volto della donna.
«Preferisci che ti mandi un mio amico? Quello laggiù?» domandò, un poco affranta, indicandogli un ragazzo giovane dal bell'aspetto al bancone del bar. Molto, molto dal bell'aspetto.
Vegeta lo guardò un poco, poi scosse la testa. Forse un tempo ci avrebbe persino pensato, se non fosse stato in una bettola del genere.
«Non è questo il punto. Non sono interessato a questo tipo di servizi» spiegò, dopo aver consumato un altro tiro della sigaretta.
«Sai, ti svelo un segreto: io non vengo da qui. Non paragonarmi alla feccia di prostitute di questo luogo, non ho un padrone, non sono una schiava. E tu mi sembri un tipo a cui piace il lusso» spiegò.
Quello era un punto a suo favore, forse all'epoca avrebbe fatto un pensierino pure a ciò, ma in quel momento non era proprio il caso. Fece cenno di no con la testa, convinto.
Lei fece spallucce e si accomodò più rilassata sul divanetto, probabilmente desiderosa di una pausa dalla clientela pervertita di quel posto. Scompose la posa provocante e lo osservò con curiosità.
«Sei sposato, allora» convenne.
«Sì» disse, erroneamente. Non era ancora abituato a rispondere diversamente alla domanda. Prese un nuovo sorso del suo drink e rabbrividì. «... vedovo».
«Oh. Soffri ancora, dunque? Per questo non accetti compagnia?» domandò la donna.

Vegeta si accigliò, non sapendo cosa rispondere. Ovvio, avrebbe sempre sofferto la perdita di Bulma. Ciò che avevano costruito era stato meraviglioso, lei l'aveva accolto e amato come non avrebbe mai sperato nella sua vita da assassino. Gli sarebbe mancata per sempre, quello era indiscutibile.
Non ci sarebbe stata nessun'altra persona come Bulma ma, anche se aveva oramai superato la terribile fase del “non vorrò mai più accanto nessuno in vita mia”, non aveva mai sentito il reale bisogno di trovare un'altra persona da amare.
Nel vederlo perso e impazzito nell'ultimo periodo sulla Terra, quella bisbetica di Bra aveva persino provveduto a combinargli un appuntamento con una sua amica. Una donna molto bella, molto abbiente, intelligente e persino arguta, ma lui aveva avuto altro per la testa.
Non era mai stato il tempo giusto di trovarsi una nuova compagna di vita – o un compagno: la razza Saiyan era versatile per indole, da quel punto di vista. E nemmeno in quel momento sentiva il bisogno – neanche fisico – di intraprendere incontri ravvicinati del terzo tipo.
Non perché si sentisse in colpa nei riguardi di Bulma – lei sarebbe stata la prima a dirgli di andare avanti – ma perché il suo obiettivo era un altro.
«O... c'è forse qualcun altro nella tua vita?» domandò irruente la donna, terminando con un tiro la sua sigaretta. La gettò a terra e la spense col piede. Non c'erano neanche i posacenere, in quel posto.
«Io...» disse Vegeta, distratto da un pensiero costante.
Voleva solo trovare Kakaroth. Solo Kakaroth.
Non voleva andare in giro ad accoppiarsi per i dodici universi, voleva solo... solo riavere quel deficiente.
Aveva qualcun altro nella sua vita? In fin dei conti era stato disposto a rinunciare alle comodità agiate sulla Terra, salutare la propria famiglia per partire alla volta degli universi, era stato stato disposto a mettere in pausa la sua stessa esistenza, a rifiutare persino le avance di persone attraenti in momenti liberi, il tutto per quel pensiero costante. Il tutto perché qualsiasi cosa lo portava a pensare a Kakaroth. Al volerlo ritrovare.
L'uomo che voi chiamate Kakaroth, cosa rappresenta per voi?” gli aveva chiesto Nînyssi.
La sigaretta gli si spense tra le mani e la cenere cadde sui pantaloni della tuta, ma lui quasi non se ne accorse. Perché Kakaroth in quel momento era più importante persino di se stesso, della propria serenità, di ogni cosa.
«Chiedo scusa, devo andare» soffiò Vegeta, congedandosi di tutta fretta dalla donna.
Terminò con un solo sorso il drink e uscì di corsa sotto al cielo buio di Vortax. Poche stelle, poche luci.


Camminò per un vicolo buio con le mani nelle tasche e nelle orecchie le risate e i gemiti provenienti dal retro del locale. Diretto chissà dove calciò la lattina vuota di quella che sembrava una bevanda troppo zuccherina.
Odiava quel posto, gli mancava la Terra. Gli mancava la sua famiglia e, anche se non l'avrebbe mai ammesso, gli mancava Kakaroth.
Si accasciò contro il muro di un rudere e si prese la testa tra le mani.
L'uomo che voi chiamate Kakaroth, cosa rappresenta per voi?”.
«Lui è... importante» soffiò Vegeta, tra le proprie mani.
Chiuse gli occhi e gli si fece tutto molto più chiaro. Lo vedeva chiaramente, lì di fronte a sé, con quel sorriso da coglione patentato e quel gesto di grattarsi la nuca che gli faceva saltare i nervi.
Gli mancava terribilmente. Non lo vedeva da dieci anni e non avrebbe mai pensato che gli sarebbe mancato così tanto.
Voi avete bisogno di lui” gli aveva detto l'oracolo.
Sì, aveva bisogno di lui. Perché era importante, più importante di quello che aveva mai ammesso di pensare.
Era importante, ed era lì davanti a sé, e più ammetteva a se stesso che tutto ciò che avrebbe desiderato era poter afferrare il ricordo che aveva di lui, più l'immagine si faceva nitida. Per la prima volta dopo anni quell'immagine mentale era chiara, sgargiante, quasi poteva avvertire la sua Aura, poteva sentirlo vicino. O forse non era l'Aura vera e propria - quella non riusciva a percepirla per davvero - ma era qualcosa di molto simile... qualcosa che aveva già sentito.
Se volete trovare colui che vi manca, guardatevi dentro”.
Con gli occhi chiusi allungò una mano come per afferrare quell'immagine, ma era solo aria, aria fredda e vuota. Kakaroth si era spostato più lontano, faceva fatica a raggiungerlo, ma qualcosa gli intimava che doveva seguirlo, tentare di afferrarlo.
Era come un presentimento.
Pensate che quello che vi ha spinto a percorrere tutto l'universo è un presentimento... e se fosse invece la traccia stessa?”
Vegeta spalancò gli occhi, senza fiato.
La traccia era chiara. Perché? Perché aveva finalmente trovato il tassello, o parte di esso: la consapevolezza.
La consapevolezza che ciò che legava lui e Kakaroth fosse ben più forte di ciò che li separava.


 


Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Bravo! Bravo, scappa!» urla Vegeta, ma Kakaroth non c'è già più. Solo polvere e un completo elegante sul pavimento. «Scappa, forza! Tanto ti troverò. TI TROVERÒ, HAI CAPITO?! Fosse l'ultima cosa che faccio. Ti troverò e non ti permetterò più di scappare! Ti troverò!»



«Ti troverò!»
«VEGETA!»
La voce di Radish lo destò d'improvviso, di nuovo.
«Per tutte le galassie, ti ho cercato dappertutto!» berciò questi, in piedi di fronte a lui. «Che razza di problemi hai? Sei narcolettico!? O sei semplicemente ubriaco?»
Vegeta si passò una mano tra i capelli e si guardò intorno, era ancora in quel vicolo buio. Forse Radish non aveva tutti i torti: aveva qualche problema con il sonno. Forse anche complice il trauma cerebrale che gli aveva causato Nînyssi.
Vegeta si alzò a fatica con le spalle contro al muro.
«Che cazzo hai bevuto? Hai una faccia che fa schifo. Ma poi non potevi rispondermi al cerca-persone?! È un'ora che ti-»
«So dove andare» disse Vegeta, secco, senza preamboli.
«Sì, a fare in culo, prima di tutto» ringhiò Radish.
«No, Radish» scandì Sua Maestà, avvicinandosi di un passo. «So dove andare».
Un barlume di comprensione apparve sul volto del suo compagno di viaggio, il quale si tolse di dosso l'espressione imbronciata da mammina preoccupata – sul serio, gli stava davvero facendo la morale perché non aveva risposto alle chiamate?!
«Stai scherzando?» domandò Radish, a bocca aperta.
«Mi hai mai sentito scherzare anche solo una volta, durante la tua lurida esistenza?» ribatté Vegeta, Principe del cinismo.
Si guardarono per parecchi secondi con occhi gravi..
«Sei proprio certo di sapere dove andare?» chiese Radish. Il suo tono di voce lasciava presagire che fosse speranzoso, in qualche modo. Strano ma vero.
Vegeta ghignò.
«Assolutamente no» disse. Una visione mistica basata su un legame del tutto inspiegabile era la loro unica pista e, per un uomo dedito alla scienza come lui, ciò non comportava alcuna tangibile certezza. «Ma sempre meglio che niente. Andiamo!»


Non dovettero attendere molto prima dell'apertura delle piattaforme meccaniche. Non erano molto rifornite, il carburante non era della più alta qualità, ma dubitavano davvero che ci fossero altri attracchi nelle vicinanze con merci migliori.
La Caps12RC era in ottime condizioni, quindi non aveva necessitato di grandi riparazioni se non qualche danno da polvere di asteroidi, tutto risolvibile con un buon saldatore e levigatore di metallo.
Si poteva dire tutto di Radish, ma non che non fosse un esperto in riparazioni. Ci vollero solo quaranta minuti per completare l'opera, minuti durante i quali un gruppetto di strani individui curiosi non gli aveva mai tolto gli occhi di dosso. In effetti quel modello di astronave doveva essere una rarità, da quelle parti della galassia.
«Per i pezzi di manutenzione e rifornimenti sono in totale 230 Yēŏn» disse il meccanico. Molto caro, contando che non avevano dovuto usufruire della manodopera. «E mi serve un documento del proprietario per lo schedario di sistema dell'astronave».
Vegeta si accigliò. Quella gli era decisamente nuova.
«Non mi è mai stato chiesto».
Il meccanico sorrise quasi dispiaciuto.
«La prassi su Vortax, signore» disse.
Vegeta sbuffò e gli porse il palmare di identificazione, e il tizio lo prese con uno dei suoi otto lunghi tentacoli gialli.
Indugiò un poco su quanto scritto, poi glielo restituì. Vegeta fece per prendere il compenso monetario dalle tasche, quando lo vide voltarsi verso il gruppetto che li aveva osservati poco prima e annuire.
«C'è qualche problema?» domandò Radish.
«Oh, no no. Assolutamente» sorrise il meccanico, prendendo la retribuzioni dalle mani di Vegeta. Ma, non appena questi afferrò il proprio compenso, dei gran rumori di caricatori di blaster giunsero da tutta la piattaforma meccanica.
Tutti gli alieni intorno gli puntarono loro addosso i fucili. Erano cinquanta, forse di più. Erano circondati.
«FERMI DOVE SIETE, MANI BENE IN VISTA. SIETE IN ARRESTO!»


Continua...

Riferimenti:
-Le parti in grigio ovviamente sono sogni, Vegeta sta "modificando" il proprio ricordo dell'ultimo incontro con Goku in sogno.
-Il sistema di Eldereen è ispirato ad Alderaan di Star Wars. 
-Yēŏn: in Dragon Ball Super si è visto spesso nel Manga che c'è un sistema di pagamento interstellare, delle strane monete o pezzi di metallo alle quali però non mi sembra ci fosse un nome (Space Gold, forse, nell'ultimo capitolo di Super), quindi ho voluto inventare una valuta intergalattica. Nome a caso! XD
-Bisessualità saiyan: oramai è un grande headcanon classico di tutte le fanfiction yaoi, quindi non mi sono inventata nulla. 
-Caps12RC: l'astronave dei nostri saiyan ha preso questo nome composto da Caps12 (Capsule Corp modello 12) RC ispirato a Razor Crest di The Mandalorian. 
-Spero che un Vegeta che si concede una sigaretta ogni tanto non sia troppo OOC per voi.

 
ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente!
Siamo giunti finalmente al quattro capitolo e FORSEEEE, forse abbiamo una rotta. Una strada, un qualcosa da seguire. Vegeta ha guardato bene all'interno della propria mente e con la consapevolezza è riuscito a trovare la traccia di Goku dentro di sé. Un vero peccato che al momento di partire qualcuno ha voluto mettergli i bastoni tra le ruote, mh? Chi sono questi stronzi? Cosa vogliono, e per quale reato vorranno arrestare i nostri saiyan? Sentitevi liberi di scrivermi le vostre teorie a riguardo.

Nel frattempo voglio rendervi partecipi del fatto che io sono una grandiiiisssima amante di The Sims, quindi mi sono divertita un sacco a creare la Caps12RC nel gioco xD guardate un po', ecco l'astronave dei nostri saiyan:




Se aprite le immagini in una nuova scheda si vede meglio! Mi sono divertita un saaaaacco!
Grazie di nuovo a tutti per l'entusiasmo che mi dimostrate ad ogni capitolo e grazie come sempre a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione.
A presto,
Eevaa

Nel prossimo capitolo!
«Posso ucciderli, ora?!» ringhiò Radish, dopo perseveranti schiere di pugni da parte di una cerchia di alieni.
«Permesso accordato» grugnì Vegeta, correndo in suo aiuto.
Radish, trasformato nel primo livello, emanò un doppio potente raggio dalle mani, mettendo così al tappeto due dei nemici.
«Del resto tu li avevi anche avvertiti. Questo non è...» Radish colpì in testa un nemico con una ginocchiata «...sterminio».
Poi prese altri due alieni bluastri e li fece saltare in aria senza troppi complimenti. «Questa è selezione naturale!»

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il presentimento ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
AVVERTIMENTI: Turpiloquio, volgarità, scene leggermente violente.



- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 5
Il presentimento



«FERMI DOVE SIETE, MANI BENE IN VISTA. SIETE IN ARRESTO!»
A parlare era stato un grosso alieno dalla pelle violacea e bitorzoluta, con un doppio blaster ultimo modello in mano e un'uniforme troppo stretta per il suo addome prominente.
Vegeta e Radish non si scomposero, ma nemmeno azzardarono a muoversi.
Erano circondati da armi puntate contro di loro ma, ammesso e non concesso che quella folta schiera di personaggi possedessero un livello combattivo mediamente alto, a Vegeta sarebbe bastato uno schiocco di dita per far saltare in aria quel luogo, blaster, uomini e piattaforme comprese.
Quel che gli interessava, però, era che l'astronave rimanesse in condizioni utili per viaggiare. Proprio per quel motivo, quando avvertì l'aura di Radish iniziare a ribollire, gli lanciò una dura occhiata giusto per fargli intendere che non fosse il caso di radere al suolo tutto con così tanta fretta.
E nel corso degli anni aveva imparato che una buona trattativa portava a risultati migliori che una piazza pulita.
Vegeta apri i palmi delle mani in segno di resa e li rivolse verso l'alieno viola.
«Quale sarebbe il problema?» domandò, calmo.
Un borbottio cinico si levò tra la folla.
«Il problema, feccia, dovrebbe esservi chiaro» grugnì l'alieno, quasi schifato. «Voi non siete i benvenuti qui. Non a Vortax, non nel sistema di Eldereen, non in questa galassia».
Vegeta, il quale faticava a comprendere il perché di cotanto astio, si accigliò. Anni addietro non avrebbe perso un attimo a far saltare in aria il cervello di quel pezzo di merda - e forse l'istinto da qualche parte lottava ancora per venire fuori, causandogli un grave prurito sotto i guanti bianchi.
«Stavamo giusto per andarcene» si limitò a dire.
«E non che la cosa ci addolori particolarmente» aggiunse Radish. Ma, per quanto avesse ragione, Vegeta gli lanciò un'occhiataccia, di nuovo.
«Oh, certo che ve ne andrete. All'Inferno! Il posto giusto per quelli come voi!» berciò un altro alieno tra la folla, caricando il blaster.
«Quelli come noi?» chiese Vegeta.
«Saiyan, la peggior feccia dell'intero Universo Sette» sibilò il soldato dalla pelle viola. Si avvicinò di un passo e sputò fin troppo vicino agli stivali di Vegeta. «Pensavamo foste stati sterminati, per la gioia di tutto questo sistema».
Il Principe dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per afferrare il braccio di Radish e impedirgli di compiere giustificabili efferatezze. Con tutta probabilità avevano sospettato di loro a causa della coda di quell'idiota, e non avrebbero potuto nemmeno dire niente a loro discolpa o fare i finti tonti: sul documento consegnato era menzionata l'alta carica di Vegeta, Principe della specie Saiyan.
«Non siamo qui per conquistare o distruggere. Non operiamo più per conto di Freezer da decenni» tentò Vegeta.
Qualcuno ridacchiò, qualcuno si esibì nei più coloriti degli insulti in lingua intergalattica.
«Lo credo bene, avete già distrutto tutto ciò che c'era da distruggere, qui intorno!» gridò un tizio.
«Non siamo qui per trattare, siamo qui per distruggervi una volta per tutte» soffiò l'alieno dalla pelle viola, dopo aver imbracciato meglio l'artiglieria.
Vegeta inspirò forte con il naso e alzò gli occhi al cielo. Era passato più di mezzo secolo da che non si trovava a ricorrere a un certo tipo di discorsi. Solo che un tempo il discorso sarebbe stato “arrendetevi o vi facciamo fuori”, per poi far fuori tutti ugualmente. Mentre in quel momento sentiva di essere diventato molto più diplomatico.
«Se vogliamo metterla su questo piano, allora, vi sconsiglio caldamente di provarci. Con il livello combattivo che possiedo sarei in grado di far saltare in aria questo cesso di pianeta prima che qualcuno possa sparare anche solo un raggio di blaster. Il mio collega qui, che è di gran lunga molto meno forte di me, potrebbe frantumare il cranio di ognuno di voi in meno di cinque minuti, seppur disarmato. Questa non vuole affatto essere una minaccia, non faremo nulla di tutto ciò a meno che costretti. Quindi, per la vostra sopravvivenza, il mio spassionato consiglio è quello di mettere le armi a posto e lasciarci partire senza fare storie. Non ci vedrete più da queste parti, e questa è una promessa».
Un silenzio tombale calò sullo spiazzo buio di quella piattaforma, l'attimo prima di una grande risata collettiva. L'attimo prima che, a blaster spiegati, gli alieni della Galassia del Sud iniziassero ad attaccarli.
Quello era senz'altro il risultato di essere stati per secoli una delle razze più temute dell'universo.

«Ok, amico, questi sono duri di comprendonio» ringhiò Radish, deviando un paio di colpi rivolti al proprio cranio.
«Lo credo anche io. Mettiamoli al tappeto. Magari cerca di non ucciderli» si raccomandò Vegeta. Sì, negli anni era decisamente diventato un bravo ragazzo: ne aveva avuto abbastanza di sterminare popolazioni di innocenti per niente. Anche se quei tizi si stavano rivelando tutt'altro che innocenti.
Radish sbuffò annoiato e iniziò a balzare per aria per poter schiacciare i nemici al suolo, Vegeta si fece largo tra la folla incenerendo i blaster.
Tra le urla di battaglia e i fasci di luce, il primo pensiero di Vegeta fu soprattutto quello di preservare l'integrità dell'astronave. Un vero problema che alcuni dei nemici si rivelarono molto più forti di quanto pronosticato, almeno per Radish.
«Posso ucciderli, ora?!» ringhiò questi, dopo perseveranti schiere di pugni da parte di una cerchia di alieni.
«Permesso accordato» grugnì Vegeta, accorrendo in suo aiuto.
Non avrebbe mai immaginato di doversi persino trasformare in Super Saiyan di secondo livello per poter fronteggiare quelle che sembravano mezze calzette.
Radish, trasformato nel primo livello, emanò un doppio potente raggio dalle mani e mise così al tappeto due dei nemici.
«Del resto tu li avevi anche avvertiti. Questo non è...» Radish colpì in testa un nemico con una ginocchiata «...sterminio». Poi prese altri due alieni bluastri e li fece saltare in aria senza troppi complimenti. «Questa è selezione naturale!»
Vegeta roteò gli occhi e deviò un colpo senza troppa fatica. Il cretino non aveva nemmeno così tanto torto, e quella cosa ridicola stava durando anche troppo.
«Forza, mettiamo la parola fine a questa pagliacciata» si spazientì Vegeta e, solo con il contraccolpo della trasformazione in Super Saiyan God, ridusse in polvere i tre nemici che gli si erano messi alle calcagna.
Alcuni di loro, spaventati, gettarono a terra armi e bagagli e scapparono a gambe levate.
Un vero peccato che Radish - forse troppo entusiasta - lasciò partire un colpo a tradimento verso due di loro.
Vegeta gli ringhiò contro. «Smettila di fare casino, idiota! Vai sulla navicella e inizia ad accendere i motori».
Il Principe si occupò dei pochi perseveranti rimasti e lo seguì di corsa nel giro di mezzo minuto e, una volta chiusa la rampa di atterraggio, lo raggiunse nella cabina di pilotaggio a passi concitati.
«Si parte!» annunciò Radish, gioviale. Con un grosso rombo di motori l'astronave si sollevò dalla piattaforma e partì verso l'orbita. E tanti cari saluti a quella fogna di pianeta.
«Quell'ultimo colpo avresti anche potuto risparmiartelo» lo redarguì Vegeta, con disappunto. Un disappunto che virò presto verso se stesso: quello era un discorso decisamente troppo tipico di Kakaroth, del suo buon cuore leale. Troppo leale, troppo buono.
«Mi è scappato!» si giustificò Radish, innocente, con tanto di spallucce.
«Sì, come il tuo cervello».

Avrebbero dovuto lavorare ancora un po' sulla sua integrità morale. Avevano avuto due mesi di dibattiti e battibecchi, spiegazioni, confronti nei quali Vegeta aveva impiegato tutta la pazienza di cui disponeva – pochissima – per educare quello scimmione troppo cresciuto. E, accorgendosi che dopo cinque minuti i loro discorsi viravano sempre su una lotta all'ultimo sangue in cui Vegeta picchiava Radish fino a sentirsi dire “sì, ok, forse hai ragione”, si era reso conto di quanta diamine di forza di spirito avessero avuto Bulma e Kakaroth per sopportarlo in tutti quegli anni, quando ancora era il borioso Principe dei Saiyan. La pazienza di attendere un suo cambiamento, la forza di perdonarlo, di dargli una, due, tre quattro possibilità.
E lui era stato di gran lunga un figlio di puttana peggiore di Radish, ai tempi d'oro. Ci aveva messo due decadi, due resurrezioni e due figli per poter diventare una persona migliore, per redimersi anche in minima parte.
Pretendere che Radish cambiasse in soli due mesi o poco più era davvero utopico ma, a parte qualche piccolo colpo di testa, era sulla buona strada. Era più portato di lui? O forse il suo metodo educativo - picchiarlo molto forte ogni volta che la sua parte malvagia veniva fuori – era efficiente?


Uscirono dall'orbita di Vortax in pochi secondi, con un grande sollievo nel petto e una gran voglia di mettere qualcosa nello stomaco che non fosse sbobba di colori improbabili e della dubbia provenienza.
«Ok, devo impostare la rotta. Dove si va?» domandò Radish, armeggiando con i comandi.
Vegeta si accigliò. Quella era una domanda interessante. Non aveva una meta precisa - non in quel momento - ma il presentimento che aveva avvertito era di andare verso Ovest. Non sapeva quanto lontano, forse giorni, forse settimane, ma avvertiva chiaramente di dover seguire quella sensazione. Quell'Aura non-Aura si trovava là, da qualche parte.
«Ovest».
Radish lo fissò perplesso.
«Ovest» ripeté. «Tutto qui?»
«Per cosa mi hai preso, per un radar?!» ringhiò Vegeta, punto sul vivo.
«Non so, avrei immaginato di sentirmi dire qualche informazione più precisa. Ma Ovest sia!» alzò le mani Radish, esterrefatto. Iniziò a impostare la direzione sulla mappa interstellare, la navicella virò e, con uno scatto violento, partì a velocità aumentata.
«Credo di poter... capire quando ci troveremo più vicini» borbottò Sua Maestà, con un broncio imbarazzato.
«Beh, questa è esattamente la mia definizione di “radar”» fece presente Radish, il quale nel frattempo non stava smettendo di armeggiare con alcuni comandi di partenza, aggeggi davvero complessi che Vegeta conosceva solo in parte. Avrebbe saputo manovrare quell'affare, ovviamente, ma non senza poche difficoltà. Lui aveva viaggiato nello spazio con pochi tipi di tecnologia.
«Senti, non so spiegartelo in modo razionale. Neanche quella vecchia megera su Dagrabàh ha saputo farlo, ma io e Kakaroth avevamo una sorta di “collegamento mentale” post-Fusione, quella tecnica orribile e stupida della quale ti ho spiegato. Quindi ho una sorta di connessione che mi permette di avvertirlo. Ora ho capito come attivarla e, secondo la mia supposizione, devo seguire questa... traccia» spiegò Vegeta, a braccia conserte. Radish gli lanciò un'occhiata sul confine tra il divertito, l'incredulo e il compassionevole. «Oh, non mi guardare così, so che sembra assurdo!»
«Lo è».
«Ma è la nostra pista migliore. E questo la dice lunga, ma... non ci resta che provare. Quando saremo vicini a lui lo sentirò» concluse Vegeta, rosso in volto.
Era già abbastanza un discorso imbarazzante da fare a se stesso, figurarsi parlarne con un deficiente di prima categoria.
Radish lo fissò ancora un poco, poi fece spallucce, divertito.
«Ok! Non mi resta che attendere che tu emetta degli strani segnali acustici. Oppure semplicemente capirò che saremo abbastanza vicini a Kakaroth quando inizierà a tirarti l'uccello a intermittenza nella sua direzione».
Vegeta quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«RADISH!» urlò, alzandosi in piedi di scatto nella cabina di pilotaggio.
«Ah, non funziona così?» ridacchiò questi.
Ed ecco che la conversazione virava dall'imbarazzante al grottesco.
«RADISH, COSA CAZZO STAI INSINUANDO?!» urlò Vegeta, livido.
«Non sto insinuando!» strascicò lui, poi si portò una mano sotto al mento. «Sto insinuando? Oh, forse sto insinuando».
Ok, quello era troppo. Radish era decisamente troppo, troppo grosso e troppo stupido per poter condividere il suo stesso ossigeno in uno spazio così ristretto. E per spazio ristretto Vegeta intendeva l'intero universo.
«STO PER AMMAZZARTI!»
Ma la verità era che fosse bloccato di fronte a quella insinuazione.
«Ok, ok, calmati, era solo uno scherzo» ghignò Radish, riprendendo ad armeggiare con i comandi con nonchalance. «Fammi uscire da questo sistema infelice, adesso».
«Ti farò passare la voglia di scherzare» soffiò Vegeta e, con le ultime forze delle quali disponeva, si allontanò dalla cabina di pilotaggio, rosso come un pomodoro e con le mani tremanti dalla rabbia.
Sentì ridere Radish fin dal ponte superiore.
Prima o poi l'avrebbe ammazzato sul serio.

 


Un giorno e un paio di salti iperspaziali più tardi, Vegeta percepì la netta sensazione di dover cambiare rotta, di nuovo verso Sud. E ad ogni salto iperspaziale e ogni ora avvertiva il presentimento farsi più preponderante, più incessante.
Ora che aveva capito come far caso a ciò, ora che aveva trovato il tassello era di gran lunga più facile. Nînyssi aveva avuto ragione. Ed era tanto uno smacco per il proprio orgoglio quanto un fastidioso senso di illusione e speranza che non avvertiva da troppi anni.
Il tempo di pensare era tanto – forse anche troppo - durante le giornate e nottate di silenzio con un ronzio di un'astronave di sottofondo. E quasi – QUASI – trovava rifocillante per la propria sanità mentale i momenti in cui il deficiente del suo compagno di viaggio teneva occupata la sua mente con le sue esternazioni di cretinaggine, qualche allenamento in simultanea e qualche momento trascorso a ricordare il passato.
Tanto per rimarcare quanto fosse uno dei figli di puttana più scaltri della galassia, Radish era riuscito tramite un vecchio contatto a hackerare il sistema di identificazione e procurarsi una modifica del chip di riconoscimento.
Secondo la sua opinione – condivisa da Sua Maestà – non sarebbe stato saggio viaggiare in quel quadrante della galassia con la loro identità di Saiyan, non dopo ciò che era accaduto su Vortax. Quindi, dopo ore trascorse ad armeggiare con i palmari di identificazione, aveva creato loro dei documenti falsi.
La scelta del nome era stata piuttosto immediata e così, da un giorno con l'altro, Sua Maestà il principe Vegeta IV era diventato Trunks 98p8, un politico estero proveniente da Hyndor – un pianeta ai confini della Galassia del Nord con abitanti dalle sembianze umanoidi. Mentre Radish, dopo una grande indecisione nella scelta del nome in codice, aveva ben pensato di chiamarsi come uno dei parenti più stretti che possedeva ancora in vita. Così era diventato Gohan 33g9, la guardia del corpo del politico estero. E, con non poca sofferenza, si era visto costretto alla recisione della coda.
Vegeta aveva apportato delle piccole modifiche alle loro battle-suit – specialmente nel corpetto – giusto per fare in modo che non ricordassero quelle dell'esercito di Freezer o dei Saiyan.
Quella missione era già lunga e difficoltosa di per sé, non avevano tempo da perdere contro popolazioni rancorose.



Quella sera, dopo l'ennesimo lieve spostamento di rotta, il silenzio nella cabina di pilotaggio venne infranto da una chiamata dalla Terra.
«NONNINOOO!»
La vocetta della piccola Bulma Jr risuonò squillante tramite gli altoparlanti, e dal monitor al centro della cabina apparve il sorriso a due denti della bambina. Vegeta alzò un sopracciglio, divertito.
«Bulma, non appiccicarti alla videocamera, così la appanni» disse Trunks, poi se la tirò in braccio per tenerla ferma. Una vera missione impossibile, dato che quella mocciosa era peggio che un tornado. «Ehi, papà!» salutò poi Trunks, con un largo sorriso.
Dietro di lui Mai, Bra e Goten, schiacciati tra loro per poter entrare nell'inquadratura, salutarono altrettanto calorosamente.
«Ciao. Come va, lì?» domandò Vegeta, serio. In realtà era piuttosto sollevato di vederli tutti lì, insieme, sereni.
«Ciao, gente!» salutò poi Radish, ma nessuno parve particolarmente entusiasta della cosa. Erano ancora tutti piuttosto diffidenti.
«Non c'è male, tutto nella norma» rispose Trunks, nel tentativo di frenare la figlioletta dal saltellargli tra le braccia.
«E lì come vanno le cose? Qualche novità?» domandò poi Bra, avvicinandosi di più alla telecamera.
«Niente di così degno di nota» rispose Sua Maestà. Non voleva illudere nessuno, non quando la loro unica pista sembrava provenire solo da presentimenti e sensazioni.
Gli occhi di tutti parvero perdere un poco di giovialità, esattamente come l'ultima volta che li aveva sentiti. Nessuno di loro era stato entusiasta di vederlo partire alla volta dell'universo con un compagno di viaggio non del tutto raccomandabile, anche se tutti loro possedevano nel cuore la speranza di poter rivedere il loro amato Goku.
Era stata un'ardua impresa convincerli che quella di partire fosse la decisione giusta e, ogni volta che si sentivano e Vegeta non portava loro le notizie sperate, non era difficile immaginare la delusione che arrecava loro. Era invece difficile continuare a portare avanti la sua idea e le sue convinzioni.
Tuttavia lui si era ripromesso che non sarebbe tornato sulla Terra se non in compagnia di Kakaroth, e non avrebbe voluto fallire per nulla al mondo. Sentiva che era vivo. Sentiva che doveva trovarlo.
«Papà... sono passati due mesi e mezzo. Non... non credi sia ora di fare una piccola pausa? Hai l'aria stanca» suggerì suo figlio. Erano preoccupati per lui, si vedeva a occhio nudo.
Erano anni che non lasciava la Terra per così tanto tempo. Lui e Kakaroth si erano spesso allontanati per recarsi sul pianeta di Lord Beerus ad allenarsi, ma era un periodo oramai lontano. Gli Dei non avevano più avuto nulla da insegnar loro, dopo che entrambi erano riusciti a ottenere l'Ultra Istinto.
Erano rimasti in buoni rapporti con Whis e Beerus ma negli ultimi anni le due divinità si erano prese un periodo sabbatico sul pianeta di Zeno. Sarebbe stato molto più semplice chiedere a Whis una ricerca su dove si trovasse Kakaroth ma, naturalmente, era impossibile tentare di comunicarci.
«Non ti preoccupare, Trunks. Sto bene, ho trascorso periodi peggiori e più lunghi nello spazio».
«Lo sappiamo. E sappiamo anche che non ti arrenderai fino a che non avrai trovato Goku. Solo... ci manchi un po', sai?» mormorò Bra, sincera. Lei era sempre sincera, emotiva come sua madre, sebbene forte e determinata.
Vegeta arrossì un po' sulle gote, mentre Radish iniziò a ghignare di gusto.
«... tsk, sì» mormorò Sua Maestà, in imbarazzo. Anche voi, avrebbe voluto dire, ma era troppo emotivamente incapace per esternare sentimenti di quel tipo. «Ma tornerò il prima possibile, è una promessa».
«Nonnino, quando torniii? Quando torni quando torni quando torni? Eh?» trillò la piccola, insistente. Tanto irriverente che le ricordava Bra da piccola. “Tutta la zia!” diceva sempre quest'ultima, con fierezza.
«Abbi pazienza, signorina» la redarguì Vegeta, ostentando la consueta severità insita nel suo personaggio. La realtà era che era totalmente perso per quella mocciosa.
Diventare nonno era stata un'esperienza traumatica ma entusiasmante allo stesso tempo, soprattutto perché era accaduto in un periodo vuoto della propria vita. La mocciosa aveva saputo riempire per un po' il vuoto cosmico lasciato dalla perdita – dalle due perdite importanti.
La verità era che i pomeriggi passati insieme a quella turbolenta poppante gli mancavano più di quanto avesse osato immaginare.
«Forza, è ora di salutare il nonno e lasciarlo alla sua missione» la frenò Trunks. «Papà, mi raccomando, stai attento».
«Sono sempre attento» ghignò Sua Maestà.
«E fatti sentire! E cerca di stare bene!» aggiunse Bra, in una raccomandazione forse troppo asfissiante. Era il Principe dei Saiyan, non un ragazzetto sprovveduto in gita scolastica.
«Sì. Anche voi».
«Anche io cercherò di stare bene, grazie per l'interesse!» si intromise Radish, impertinente.
«Mh, fantastico» sbuffarono i ragazzi a casa, i quali iniziarono poi a congedarsi con più entusiasmo. «Ciao ciao!»
«Ciao nonninoooo!»

Vegeta chiuse la chiamata con un sospiro.
Nonostante fossero una banda di personaggi fin troppo allegri ed esuberanti, gli mancavano per davvero. Chissà quanto ancora ci sarebbe voluto, chissà quando sarebbe riuscito a tenere fede alla promessa di tornare.
Fu Radish, come al solito, a distrarlo dall'entità deprimente dei suoi pensieri.
«Di tutto mi sarei immaginato nella vita, ma non di vederti come premuroso e sentimentale padre di famiglia» ghignò questi. «Oh, a proposito... tua figlia è single?»
E a fargli tornare l'istinto omicida di un tempo.
«NON TI AZZARDARE!» urlò Vegeta, con un minaccioso dito puntato verso di lui.
«Chiedevo solo!» si giustificò Radish, alzando le mani in segno di resa. «Molto carina, comunque, i miei complimenti. Deve avere preso dalla mamma» continuò, irriverente.
«Divertente» sbuffò Vegeta, livido. «Non ci pensare neanche, Radish. Tieni gli occhi lontani da lei. Ed è sposata con tuo nipote Goten, peraltro».
Senza contare che non avrebbe dato la sua progenie in pasto a Radish nemmeno se fosse stato l'ultimo uomo sulla faccia dei dodici universi.
«Uh, questo ci rende parenti, allora?! Oh, un momento, questo rende anche te e Kakaroth parenti!» realizzò Radish. «Consuoceri! La cosa si fa piccante!» ammiccò.
La rabbia di Sua Maestà crebbe a dismisura, insieme a quella sensazione di imbarazzo che gli provocava un rossore pericoloso dalle dita dei piedi alla punta delle orecchie.
«Radish. Chiudi. Il. Becco» sibilò a denti stretti.
Il deficiente ridacchiò di nuovo, spaparanzandosi meglio sul sedile di pilotaggio.
«Interessante il tuo concetto di famiglia allargata. Sulla Terra sono consentite le unioni tra parenti acquisi-»
«RADISH!» abbaiò Vegeta, livido. «Ho ucciso per molto meno!»
Ed era vero.
«In effetti...» ridacchiò questi.
«E smettila di insinuare cose che non stanno né in cielo né in Terra. Io e quel coglione di tuo fratello non avevamo affatto quel tipo di rapporto» grugnì Vegeta, adirato.
«Lo credo bene, sei diventato troppo leale per avere relazioni extraconiugali. Ma adesso siete entrambi soli, no?»
«RADISH, NON UNA PAROLA DI PIÙ».
Che diavolo di problemi aveva, quello?! La risposta era inverosimilmente semplice, a dirla tutta: tanti.
Ma era già la seconda volta in quei giorni che quel deficiente insinuava strane cose sui sentimenti che incorrevano tra lui e Kakaroth. Non era stata la prima volta che gliel'aveva fatto intendere. A Sua Maestà non erano sfuggiti alcuni sguardi maliziosi, alcune frasi ambigue durante i loro racconti. Non c'era mai stata cattiveria nelle parole di Radish, solo un gran quantitativo di malizia o, talvolta, anche compiacimento.
Evidente che avesse frainteso.
Aveva davvero frainteso?


«Non lo trovi rasserenante un matrimonio, in tempi come questi?»
Kakaroth si stiracchiò sulla panchina del parco dei ciliegi in fiore, e Vegeta fece lo stesso. Erano entrambi pieni dal banchetto e troppo stanchi della confusione di balli, discorsi e canti degli ospiti al lieto evento.
Bra e Goten si erano sposati una calda mattina di fine aprile, appena un mese dopo della morte del caro Genio delle Tartarughe. La sua presenza era mancata parecchio, quel giorno, ma l'avevano ricordato a dovere con una lunga serie di brindisi e conseguente karaoke.

«Si può considerare un momento felice. Ne avevamo tutti bisogno» convenne Sua Maestà. «Anche se questo ci rende ufficialmente parenti, che Zeno mi uccida».
Kakaroth si voltò di scatto verso di lui, gli occhi scuri che brillavano al tramonto e i capelli pieni di quei ridicoli petali bianchi e rosa che continuavano a cadere dagli alberi.

«Caspita, sai che non ci avevo pensato?!»
«E chissà perché la cosa non mi sorprende!» lo prese in giro Vegeta.
Il cretino gli fece una smorfia e tornò a sedersi scomposto, rilassato. «Forse perché in fin dei conti per me eri già parte della mia famiglia, da tempo» convenne, con un sorriso meno largo e meno idiota del solito, forse più timido.
Vegeta si strinse nelle spalle e arrossì.

«Uhmpf... Kakaroth... che razza di sentimentalismi» borbottò.
«Ma è la verità! In fin dei conti i miei figli ti chiamano "zio", i tuoi figli fanno lo stesso con me. Per me sei sempre stato come un... fratello?» si interrogò Kakaroth, divenendo più serio.
Il Principe si irrigidì ancora un poco sulla panchina, oramai livido in volto.
Ciò che gli aveva detto Kakaroth era una gran bella cosa, ma Vegeta non era affatto abituato a quel tipo di discorsi, non con lui. Non avevano mai avuto bisogno di parlare di ciò che avevano, di ciò che provavano, e di questo Vegeta ne era sempre stato grato.
Aveva odiato quello squinternato, l'aveva invidiato, poi l'aveva rispettato e aveva imparato in tutti quegli anni a... volergli bene? Sì, si poteva definire così, anche se non gliel'aveva mai detto.

E, nonostante lo facesse incazzare oltre l'inverosimile, era bello averlo intorno. Era bello condividere quella nuova quotidianità di pace, con le loro famiglie, con i loro figli ma anche nei momenti solo per loro.
Erano amici. Ma, chissà come, “fratello” era un termine con il quale l'avrebbe definito solo molto tempo prima. Prima della confidenza che avevano in quel momento.

In qualche modo sembrava che perfino Kakaroth ci stesse riflettendo, più serio del solito, con lo sguardo corrucciato verso il tramonto.
«Tsk... che ti prende, adesso?» domandò Vegeta, in imbarazzo a causa di quel lungo silenzio. E dire che di solito il silenzio era il momento che prediligeva!
«Uhm, se da un lato “fratello” mi sembra un termine gentile per definirti, per certi versi mi suona un po' strano. Quasi inappropriato» convenne Kakaroth.
Vegeta deglutì, in imbarazzo. Forse perché stava pensando anche lui la stessa cosa. Il perché, però, era un vero mistero.
«Ma è solo una sciocchezza!» continuò di tutta fretta Kakaroth, tornando gioviale come di consueto. Si rivolse a lui con un sorriso molto più largo, molto più innocente. «Mi piace quello che abbiamo così com'è!» concluse, sereno.
Vegeta distolse lo sguardo e incrociò le braccia al petto. In fin dei conti, nonostante fosse di gran lunga un discorso imbarazzante, l'idiota non era nel torto. E gli era grato per aver messo una parola fine a quella riflessione.

«S-sì... come vuoi, Kakaroth».


Vegeta fissò l'orizzonte di stelle luminose di fronte a lui, lo spazio che scorreva veloce davanti ai propri occhi.
Ricordava quel giorno come se fosse ieri, così come ne ricordava molti altri, ma non si era mai impegnato troppo a comprendere il perché di certe cose, certe dinamiche.
Era davvero Radish ad aver frainteso tutto? Era stata Nînyssi ad aver frainteso? O era il loro tipo di rapporto, i sentimenti che li legavano a essere ben fraintendibili?
Non c'era mai stato niente tra lui e Kakaroth, niente di fisico. Ma dopo dieci anni, una lettura mentale da aneurisma e una presa di consapevolezza di quanto fosse forte quel legame, Vegeta in quel momento poteva assumere con più facilità le implicazioni di certi discorsi.
“Fraterno” non era il termine migliore per definire il loro rapporto, semplicemente perché non si dovrebbero fare certi tipi di pensieri – per lo più innocenti – su un fratello.
Considerare una persona molto attraente, ad esempio, provare certe sensazioni nel combattere, nel stare vicini l'uno all'altro. Un'attrazione che, con evidenza, avevano sempre percepito entrambi, ma con tutto il rispetto per l'altro e per le loro famiglie.
Non avevano mai, mai osato nulla di troppo e non ne avevano mai parlato. Quei tipi di pensieri erano rimasti lì, sepolti nel semi-conscio dove avrebbero dovuto albergare. Inopportuni, forse, ma totalmente innocenti.
Erano amici. Erano stati tanto, tanto amici.
E Kakaroth era importante per lui, gli mancava e sentiva il suo bisogno esattamente per come stavano le cose prima che se ne andasse, non di più, non di meno. Non avrebbe voluto altro, non avrebbe voluto nient'altro se non riportarlo indietro.

Rimarremo solo noi... solo noi”.

Anche se effettivamente, come aveva detto Radish... erano entrambi soli.


 
Continua...

Riferimenti:
-Hyndor: nome ispirato a Endor, sempre di Star Wars. L'ho già detto che ho preso parecchia ispirazione da Star Wars? XD
-Per le false identità di Vegeta e Radish mi è piaciuto un sacco dare loro nomi già conosciuti, Trunks e Gohan, appunto. Spero vi piaccia, perché verranno utilizzate spesso nei prossimi capitoli.
-Il fatto che Whis e Beerus siano assenti in questa storia è un'assoluta comodità ai fini di trama, altrimenti sarebbe stato tutto troppo semplice. Spero che la scusante di essersi presi degli impegni con Zeno-sama non sia troppo forzata, ma in qualche modo dovevo levarmeli dalle balle!
-Le coppie BraxGoten e MaixTrunks non sono segnalate semplicemente perché sono uno sfondo davvero poco importante, non appariranno quasi mai.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente di mare! O meglio, gente dello spazio :)
Questo è stato senza alcun dubbio un capitolo di passaggio, ma è un passaggio comunque abbastanza fondamentale. Abbiamo capito che i saiyan non sono tutt'ora ben visti da qualche parte nell'Universo Sette, nonostante siano passati anni e anni. La cosa costerà qualche difficoltà ai nostri eroi nel proseguimento del loro viaggio.
Finalmente ho risposto alle domande di molti: Goku e Vegeta si amavano già da prima? C'è stato qualcosa tra loro? No e no. Credo fortemente nell'amore di Bulma e Vegeta, quindi ho voluto sottolineare che il rapporto tra Goku e Vegeta non fosse mai andato oltre proprio per rispetto a una coppia che amo particolarmente :D
Sicuramente tra Goku e Vegeta c'è stato un legame importante, fondamentale e intenso. Non si può dire che fosse amore nel senso romantico nel termine, ma sicuramente c'era già del profondo affetto e anche un bel pizzico di attrazione fisica.
Anche se mi sono divertita parecchio a scrivere le insinuazioni di Radish xD ha l'occhio lungo, il nostro caro amico, e non ha per niente torto.
Che dire... se questo capitolo è stato di passaggio, nel prossimo si evolveranno le cose. Il tassello, la traccia, la consapevolezza, il presentimento... insomma, siamo sempre più vicini. Quanto vicini? Shhh. Io non parlo più.
Grazie di nuovo a tutti per il vostro entusiasmo e grazie di cuore a Nemesis01 per la traduzione <3 e Teo5Astor per avermi ispirata con Radish, nella speranza che questo mentecatto sia mentecatto almeno quanto il suo xD
Un abbraccio,
Eevaa

 
Ps: per chi volesse, pochi giorni fa ho pubblicato una OS per il mese della Salute Mentale: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3976890&i=1


Nel prossimo capitolo!
No, non poteva demordere in quel momento che era così vicino.
«Posso resistere. Abbiamo affrontato periodi di privazione di sonno peggiori quando eravamo nell'Esercito di Freezer» disse Vegeta.
Radish si prese i capelli con le mani, esasperato.
«Ed eri altrettanto intrattabile. Tant'è che Nappa una volta ti ha messo un calmante nella zuppa,
pur di farti smettere di inveire contro qualsiasi cosa respirasse e uccidere chiunque ti rivolgesse la parola».
«Nappa ha fatto cosa?!»

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il pianeta Morvir ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 



- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 6
Il pianeta Morvir



 
Il suo sogno ricorrente era sempre lo stesso.
Kakaroth che se ne andava, lui che lo insultava per poi svegliarsi madido di un sudore troppo, troppo freddo.
Talvolta variava, specialmente nell'ultimo periodo.
Cambiavano le parole, cambiavano i gesti, ma alla fine Kakaroth se ne andava sempre e lui si svegliava sempre sudato, sempre freddo.
A volte gridava, a volte – come gli riferiva Radish – pronunciava frasi sconnesse nel sonno. Ma ciò che stava accadendo sempre era che, dopo il sogno, il suo presentimento si faceva più intenso, la traccia più vicina.
Una percezione aumentata che portava di conseguenza a una lieve ricalibratura della rotta. La precisione sempre più millimetrica.
Erano trascorsi cinque giorni dalla loro partenza da Vortax e si erano fermati una sola volta, in un attracco portuale di emergenza – quello che i terrestri avrebbero definito l'Autogrill dello spazio aperto – per caricare il carburante dei salti iperspaziali.
Caps12RC era dotata di un grande serbatoio per il normale carburante da viaggio – che avrebbe potuto durare anche mesi – ma, come tutte le astronavi, il carburante per i salti nell'Iperspazio si consumava troppo in fretta.
Sebbene si trovassero ancora nel quadrante Sud della galassia, non avevano avuto alcun problema di identificazione, nessuno aveva chiesto loro documenti. Forse il problema su Vortax era stato proprio la coda di Radish.
Vegeta aveva utilizzato quegli ultimi giorni di viaggio per riflettere e, naturalmente, ciò aveva portato ad attacchi di rabbia incontrollabili che si erano riversati perlopiù sull'unica persona nel raggio di quei settanta metri quadri di astronave.
Ma, sebbene Radish sembrasse apprezzare molto gli allenamenti intensi sul ponte gravitazionale, aveva ben notato degli scompensi nell'Aura del suo compagno di viaggio.
Una vera fortuna che il ponte fosse imbottito per supportare la trasformazione in Super Saiyan e attacchi conseguenti ma, a dirla tutta, più volte Vegeta aveva rischiato di sfociare nelle forme divine e quindi di far saltare in aria l'astronave ed entrambi loro.

«Sul serio, Vegeta, dovresti prendere in considerazione l'idea di un calmante» propose un giorno Radish, dopo che Sua Maestà l'aveva quasi incenerito con un attacco sul finale dell'allenamento.
«SONO CALMO!»
«Il tuo concetto di calma è assolutamente da discutere» puntualizzò Radish, guadagnandosi l'ennesima occhiataccia. «Senti... dovresti dormire. Sul serio, passi le notti a rigirarti nel letto – e disturbarmi, ma sorvoliamo – a implorare e poi inveire. E da quando dici che siamo più vicini la cosa è peggiorata. Ora mettiamo in pausa i motori, prendi un sonnifero e ti fai otto ore di sonno in santa pace, poi riprendiamo».
Vegeta gettò per terra l'asciugamano con uno scatto furibondo.
«Perché non andiamo anche in una SPA? E poi diamo anche una festa, visto che possiamo permetterci di perdere tempo!»
Radish scosse la testa e sbuffò, tamponandosi il sudore con una salvietta.
«Hai aspettato dieci anni, sarebbe così una tragedia attendere otto ore in più?!»
Vegeta si irrigidì pur di trattenere l'istinto di decapitarlo con un raggio dell'Aura, perché quelle parole facevano male. Aveva atteso dieci anni per decidersi ad andare a cercare Kakaroth. Dieci dannatissimi anni. E se davvero nel frattempo fosse successo qualcosa?
No, non poteva demordere in quel momento che era così vicino.
«Posso resistere. Abbiamo affrontato periodi di privazione di sonno peggiori quando eravamo nell'Esercito di Freezer».
Radish si prese i capelli con le mani, esasperato.
«Ed eri altrettanto intrattabile. Tant'è che Nappa una volta ti ha messo un calmante nella zuppa, pur di farti smettere di inveire contro qualsiasi cosa respirasse e di uccidere chiunque ti rivolgesse la parola».
«Nappa ha fatto cosa?!» sibilò Vegeta, sottecchi.
«Ti ha risparmiato un esaurimento. E di conseguenza anche a me, se vuoi proprio saperlo. Sul serio, in questo stato sei peggio di un cannone blaster ficcato su per lo sfintere anale. So che a qualcuno potrebbe piacere, ma-»
«Radish, non iniziare».
«Potrei continuare tutto il giorno a fare allusioni, se questo servisse per farti prendere quel fottuto calm-»
«Aspetta!»
Vegeta lo frenò con la mano prima che potesse aggiungere altro. Una strana sensazione alla bocca dello stomaco l'aveva colto d'improvviso, come un forte scossone, come se l'impulso fosse quello di vomitare.
«Col ca-»
«Radish, chiudi il becco un attimo!» berciò Vegeta, e Radish finalmente smise di parlare, contrariato ma più che altro incuriosito dall'espressione sul volto di Vegeta.
Provò a respirare a fondo, ma qualcosa gli stava facendo contorcere le interiora. Non era una sensazione nuova, ma era forte, molto più forte di come si era manifestata negli ultimi giorni.
Chiuse gli occhi e l'immagine di Kakaroth era nitida, bordi netti e occhi luminosi. Se ne stava lì, alla sua destra, appoggiato alla paratia del ponte gravitazionale.
Vegeta riaprì gli occhi e, anche se non lo vedeva, lo percepiva esattamente in quel punto. Si precipitò di corsa all'oblò, schiacciandoci il naso contro.
Un'altra sensazione di vuoto lo colse nello scorgere un pianeta lontano nel buio della galassia. Poco più grande di un puntino giallastro.
Chiuse gli occhi di nuovo, Kakaroth stava volando in quella direzione. Un brivido lo percorse da capo a piedi.
«Deviamo! Deviamo da quella parte!» ruggì poi, rivolto verso Radish.
Si precipitarono giù in cabina di pilotaggio di corsa e, una volta lì, il pilota effettuò una manovra brusca di virata per poter cambiare rotta. Vegeta per poco non finì nel vano portaoggetti a gambe all'aria - dannato il suo vizio di non allacciare mai la cintura di sicurezza.
«Che pianeta è quello nella rotta?» domandò il Principe.
Radish aprì la mappa interstellare sul monitor, lo ingrandì con le dita e apparve una lista di caratteristiche.
Pianeta Giallo 022, comunemente detto Morvir” annunciò l'intelligenza artificiale di Caps12RC. “Circonferenza equatoriale di 8208,6 km, gravità di 12.23 Netwon, 5,7 milioni di abitanti, temperatura attuale di 36°C, perlopiù desertico con fonti d'acqua sotterranee. Alta presenza di metalli preziosi. Popolazione ad alto livello tecnologico, con abilità magiche sconosciute, poco ostili, sussistenza a scambio di metalli con altri pianeti. Sistema di comunicazione: lingua madre Morviriana e lingua intergalattica. Sistema politico: impero. Sistema monetario: moneta intergalattica YēŏnSistema bellico: esercito imperiale a livello combattivo medio alto. La storia di Mor-”
«Grazie, Caps, per il momento è sufficiente» la interruppe Radish. «Sia mai che troviamo un pianeta fresco, mh
Vegeta sospirò, mentre il globo all'orizzonte diveniva ai suoi occhi sempre più grande.
Aveva come l'impressione che Kakaroth fosse tanto vicino da poterne sentire persino l'odore. Come in quei giorni dopo la Fusione, quando sembrava di averlo vicino persino mentre si faceva una doccia. Che gran fastidio!
E, più si avvicinavano, più la sensazione alla bocca dello stomaco si faceva più forte. Una volta giunti nei pressi dell'orbita del pianeta – giallo, dall'aspetto desertico, con tre anelli di detriti e due lune poco distanti – Vegeta non ebbe più alcun dubbio: il suo presentimento lo conduceva lì.
«Dobbiamo atterrare» soffiò, con le dita tremanti.
«Kakaroth è laggiù?» domandò Radish, a bocca aperta.
, avrebbe voluto rispondergli. Ma la verità era che non ne poteva avere la completa certezza.
«Non lo so... ma sento che dobbiamo atterrare» disse quindi.
Il concetto di “avere il cuore in gola” non gli era mai stato più chiaro di così.

 

Il sistema di riconoscimento di Morvir li aveva contattati prima ancora di raggiungere l'orbita del pianeta e, dopo essersi identificati e aver fatto richiesta di accoglienza, erano stati autorizzati ad atterrare su una piattaforma della città Capitol Anima, la grande metropoli desertica.
Nonostante l'apparente aspetto rurale – tipico delle costruzioni terrestri della Città d'Oriente – era bastato sorvolare lentamente la città per notare lo sfarzo e le ricchezze della capitale. Ogni edificio color sabbia era ornato di inserti dorati, mosaici che viravano dall'acquamarina fino all'ocra, cupole a bulbo grandi e scintillanti. I vicoli delle strade erano intervallati da piazze ottagonali grandi - decorate con lanterne di carta velina verde acqua - perlopiù sedi di commercio mercantile.
Ciò che differenziava quei mercati da quelli tipici di Città d'Oriente era l'alto livello tecnologico, con il quale la messa in mostra delle merci avveniva tramite sistemi di ologrammi matematici.
Le persone si spostavano tramite pedane gravitazionali singole o multiple e, al posto di comuni mezzi di trasporto e infrastrutture, vi erano dei punti appositi di trasmissione istantanea.
L'atmosfera dorata del pianeta rendeva tutti i colori caldi e brillanti, compresi i vestiti dei nativi, che viravano dal rosa indiano e oro per i maschi all'acquamarina delle femmine, mentre quelle che sembravano le guardie al presidio del paese erano vestite di bianco e oro.
Quelli che si potevano identificare come i nativi avevano sembianze fisiche umanoidi, con quattro braccia poco più corte rispetto a quelle dei terrestri. La loro pelle aveva una grana particolarmente porosa e di colore che virava dal verde acqua fino all'ottanio. Gli occhi, grandi e tondeggianti, avevano palpebre verticali. Sia i maschi che le femmine avevano vibrisse lunghe fino ai polpacci e bocche larghe e all'ingiù, come quelle dei pesci. Erano calvi ma portavano copricapi conici colorati abbinati agli abiti.
Quando Radish e Vegeta mossero i primi passi fuori dalla rampa dell'astronave, accolsero con discreto piacere la sensazione di un caldo molto secco sulla pelle, molto più sopportabile rispetto all'umidità di Dagrabàh. Deboli folate di vento rendevano tutto più vivibile.
Una volta poggiati i piedi sulle pietre levigate della piattaforma e chiusa l'astronave nella capsula, uno squadrone di cinque guardie li accolse facendo risuonare per terra dei lunghi bastoni dorati con una pietra azzurra alla sommità, in quello che doveva essere una sorta di rito di accoglienza. Ne uscì un suono metallico come un tintinnio riverberante, di quelli che rimbalzano tra le pareti della scatola cranica.
«Documenti di identificazione!»
La voce della guardia principale - un nativo alto e muscoloso - era più dolce di quello che Vegeta si sarebbe aspettato. Erano tutti vestiti di tuniche bianche lunghe fino al ginocchio, con inserti dorati, il pezzo superiore in stile poncho con disegni triangolari dorati e nessun copricapo, solo una fascia circolare in oro con una pietra azzurra sulla fronte.
I due Saiyan porsero le loro schede identificative contraffatte a due guardie dall'aspetto molto diverso – sicuramente non nativi, a giudicare dai tratti – ed essi le scrutarono con attenzione e le passarono a cerchio attorno al cristallo azzurro del loro bastone.
La paura di Vegeta era quella che, dato l'alto livello tecnologico, avrebbero saputo facilmente decifrare l'inganno.
La tensione fu palpabile, ma la faccia da culo di Radish non si sarebbe scomposta nemmeno se li avessero minacciati di prigionia. Finalmente, dopo trepidanti secondi di attesa, le guardie restituirono loro le schede identificative.
«Presidente Trunks di Hyndor, Gohan di Hyndor, benvenuti a Morvir» li accolse quindi la prima guardia, il nativo. Nuovamente tutti e cinque fecero risuonare i loro bastoni e marciarono coordinati verso le scale della piattaforma.
Radish lanciò a Vegeta un'occhiata baldanzosa.
«Presidente, credo sia ora di darmi un aumento».
Vegeta roteò gli occhi, ma sorrise un poco. In fin dei conti era una vera fortuna che Radish fosse un portento nel contrabbando di documenti falsi.
«Preferisci paga in schiaffi o un calcio in culo?».

 

Giunsero al centro della città tramite una pedana di trasferimento istantaneo. Il sistema era davvero funzionale, comodo e veloce, anche se per chi non era abituato – come Radish – inizialmente poteva provocare qualche capogiro. La sensazione era molto simile a quella del teletrasporto con Kakaroth, e Vegeta aveva avuto ben modo di sperimentarla.
Il presentimento, da quando erano atterrati sul pianeta, si era fatto molto preponderante, molto fitto, talmente forte che non riusciva più a identificare una corretta direzione da prendere. Era come se Kakaroth fosse tutto intorno. Ogni tanto si voltava di scatto, colto dalla sensazione che fosse appena dietro di lui, ma poi vedeva solo nativi o assolutamente niente.
La grande metropoli era abitata per la stragrande maggioranza da nativi, tranne le guardie: nel corpo dell'esercito vi erano tanti stranieri. E queste ultime erano dappertutto, agli ingressi delle piazze, dei negozi, dei centri di commercio, ristoranti. La città era totalmente presidiata da guardie, forse a causa della sovrabbondanza di ricchezze.
I forestieri erano pochi, perlopiù sembravano uomini d'affari, ricchi e potenti da potersi permettere trattative. Turisti non pervenuti per ciò che avevano potuto notare, nonostante la metropoli possedesse numerosi punti di esposizione artistica, musei, luoghi di culto dalla bellezza straordinaria.
Ed era stata una vera fortuna che nei loro documenti di identificazione ci fosse scritto che erano parte della vita politica di un paese, perché Vegeta iniziava ad avere il dubbio che uomini dal lavoro umile non li facessero entrare.
Con grande gioia scoprirono che Morvir avesse una cultura culinaria molto prelibata – anche se Vegeta si domandò da dove diavolo provenissero i generi alimentari, data la scarsa possibilità di agricoltura e allevamento in un pianeta deserto.
Quello fu il primo vero pasto decente da più di tre settimane, anche se pranzare sotto sorveglianza delle guardie non fu l'emblema della serenità. E, soprattutto, lo stomaco di Vegeta si era rivelato fin troppo in subbuglio per poterselo godere appieno.
«V-Presidente, è tutto molto bello... ma vorrei farle notare che non hanno il Rokk» gli disse Radish, sorseggiando una bevanda calda, alcolica e frizzante di fine pasto. Qualcosa che, a detta del cameriere, avrebbe aiutato la digestione.
«Zeno sia lodato. Sul serio, hai anche il coraggio di lamentartene?»
Vegeta prese un sorso della bevanda e, anche se non era poi nulla di speciale, si lasciava bere. Meglio del Rokk, sicuramente, ma avrebbe preferito un caffè nero.
«Quindi... quali sono i programmi?» domandò Radish, curioso.
Quella era una domanda interessante. Non aveva idea di come muoversi in quel pianeta, ed entrambi – dopo il controllo delle guardie - erano rimasti d'accordo di mantenere un basso profilo fino ad averci compreso qualcosa di più.
Fece per aprire la bocca e rispondere, quando un nativo dall'aspetto composto giunse al loro tavolo con un profondo inchino.
«Chiedo scusa se mi sono fatto attendere, signori. La vostra visita era inaspettata, ma siamo sempre preparati e onorati di ricevere sorprese dell'ultimo minuto. Lieto che abbiate trovato di cui rifocillarvi. È stato un lungo viaggio?» domandò questi, le quattro mani giunte davanti a sé. Le tre dita per mano erano inanellate di pietre preziose, ed era vestito con una lunga tunica rosa indiano e oro.
Vegeta e Radish si lanciarono un'occhiata perplessa.
«Mi perdoni, temo di non aver capito chi lei sia» parlò Vegeta.
Il nativo sorrise e fece ondeggiare le lunghe vibrisse verdi.
«Khinô, il vostro accompagnatore su Morvir. Ogni uomo d'affari che viene qui ha il diritto a una guida, sicché possa procedere con le trattative in completa sicurezza e nel rispetto delle tradizioni Morviriane» si inchinò di nuovo. «Come posso esserle utile, presidente?»
Vegeta si irrigidì un poco sulla sedia vellutata del ristorante. Quello dava senz'altro adito ai suoi sospetti che il turismo, in quel posto, non fosse contemplato.
Sarebbe stato saggio rivelare le loro vere intenzioni – ossia che si trovavano lì per la ricerca di un uomo scomparso? Il sospetto era quello che così facendo li avrebbero cacciati.
Cosa dire, dunque? Cosa inventarsi? Non sapevano nulla di cosa consistessero gli affari su Morvir. Forse avrebbero dovuto informarsi di più su Caps12RC prima di addentrarsi in un posto del genere.
Vegeta fece per rispondere, ma Radish gli fece un cenno solenne del capo e si prodigò a parlare per lui.
«In qualità di guardia del corpo e consigliere, posso affermare che il presidente Trunks sarebbe felice di apprendere di più della cultura di Morvir, prima di procedere con gli affari. È possibile, signore?» domandò, elegante, dando sfoggio della miglior gran faccia da culo in repertorio.
Khinô annuì solennemente, quasi deliziato, e Vegeta tirò un flebile sospiro di sollievo.
Nonostante il fastidio dovuto al fatto che lui non avesse affatto bisogno di consiglieri, fu stupito e soddisfatto della risposta data da Radish. Un ottimo modo per prendere tempo e saperne di più.
«Assolutamente, Gohan di Hyndor. Sarò onorato di potervi accompagnare nella tradizione. Sentite il bisogno di riposare agli alloggi, o posso deliziarvi con una presentazione del centro di Capitol Anima?» propose Khinô.
Vegeta negò con la testa all'idea di andare a dormire, anche se la curiosità riguardo agli “alloggi” era forte.
«Avremo modo di riposare più tardi. Procediamo verso il centro».


 
 


Khinô fece fare loro un excursus piuttosto dettagliato della cultura di Morvir, le origini, la storia, la cultura. Passeggiarono e si teletrasportarono tutto il pomeriggio in giro per la metropoli, i suoi vicoli, le sue piazze, le mostre e le sale da museo.
Scoprirono che Morvir fosse altresì detta “il Gioiello della Galassia”, sede di grandi ricchezze e prosperità. Grazie ai vasti possedimenti di metallo, oro e pietre preziose, i grandi signori Morviriani non erano affatto interessati ad arricchirsi ulteriormente di oro, quanto più di risorse tecnologiche, tecniche di combattimento – l'esercito era ben addestrato per poter difendere le città dai bracconieri – beni culinari e sostanze stupefacenti legali.
Non era raro che uomini d'affari di altri pianeti giungessero quindi su Morvir per vendere la loro cultura in cambio d'oro, ed era proprio grazie a ciò che Morvir – ma soprattutto Capitol Anima – possedesse il più ampio spettro di tecnologia di tutta la Galassia del Sud.
La crescita tecnologica era avvenuta negli ultimi quarant'anni, durante i quali Morvir aveva imparato a sfruttare le proprie ricchezze per avvantaggiarsi sul fronte combattivo e difendersi così dai pirati spaziali – specialmente dagli uomini dell'esercito di Freezer, che dapprima sfruttavano il pianeta per depredarne le risorse.
Vegeta ingoiò un grosso rospo a quella spiegazione e ringraziò i rancorosi abitanti di Votrax per averli attaccati e fatti preparare con anticipo con documenti falsi.
Manna dal cielo fu che Vegeta provenisse dal più importante colosso scientifico-industriale della Terra, le quali tecnologie erano molto all'avanguardia. Sarebbe bastato inventare che fossero lì per vendere alcune tecnologie della Capsule Corporation, fondata su Hyndor con sede industriale sul pianeta Terra. Una stronzata colossale, ma una copertura perfetta.
Ma alcune bugie erano a fin di bene, no?
«Siamo finalmente giunti ai quartieri imperiali. Quello laggiù è il palazzo dell'Imperatore Zinnĩr, sede principale dei segreti magici di Capitol Anima» illustrò Khinô, quando furono nei pressi di una gigantesca piazza ottagonale con al centro un altrettanto enorme palazzo della stessa forma.
Un edificio molto alto, dalle pareti color sabbia con poche finestre dai telai dorati, con diverse guglie dalla cupola a cipolla sempre in oro. Il palazzo possedeva molteplici ingressi, pesanti portoni d'oro massiccio presidiati da guardie. Tutta la piazza intorno era vuota, spoglia, con delle fontane a ologramma agli otto angoli di essa.
«Segreti magici?» domandò Vegeta, incuriosito.
Khinô allargò la bocca a pesce in un sorrisetto.
«Beh, presidente Trunks, se ve li rivelassi non sarebbero segreti, giusto?» disse. «Neanche la popolazione ne è a conoscenza, non di certo io che sono una umile guida. La magia è prerogativa solo dei Saggi, che vivono negli alloggi imperiali e si occupano degli affari. Li incontreremo quando sarete pronti a esporre le vostre trattative. Ma prendetevi tutto il tempo che vi occorre» concluse, con le quattro mani giunte di fronte al petto.
Radish e Vegeta si guardarono intorno, piuttosto affascinati dallo sfarzo di quel luogo.
«L'Imperatore non prende mai parte alle trattative?» domandò sua maestà.
«Solo a quelle riguardanti le strategie belliche ma, naturalmente, sono diversi decenni che ciò non è necessario. Nessuno sarebbe tanto sciocco da voler conquistare Morvir, al giorno d'oggi, con la tecnologia e l'esercito di cui disponiamo» spiegò Khinô, con estrema fierezza.
Nel frattempo un plotone ordinatissimo di guardie si stava dando il cambio con quelle all'interno del palazzo.
«Sebbene Freezer sia stato sconfitto, dicono che alcune cellule della sua armata siano ancora attive. Contrabbandieri, perlopiù» disse Radish, facendo un poco il finto tonto.
«Disponiamo dei migliori combattenti della galassia e, detto tra noi, le cellule rimanenti dell'esercito di Freezer sono composte da guerrieri di basso rango. Niente di cui preoccuparci» rispose la guida.
Effettivamente non aveva torto. Lui e Kakaroth avevano distrutto Freezer poco tempo dopo il Torneo del Potere, quando questi aveva tentato per l'ennesima volta di impadronirsi delle Sfere del Drago. Da allora le sue armate si erano disperse in giro per la galassia, ma non avevano mai arrecato loro problemi. Erano solo delle mezze calzette, dopotutto. Freezer, dopo che era stato abbandonato dai Saiyan e aveva perso i suoi più validi guerrieri – Zarbon, Dodoria, la squadra Ginew – era stato capace di circondarsi solamente da idioti.
«Posso chiedere come mai il turismo non è incentivato?» chiese Radish, nell'ammirare l'architettura particolare del palazzo.
Khinô ridacchiò un poco e fece ondeggiare le lunghe vibrisse.
«Una domanda dalla facile risposta, signor Gohan. Non trova?»
«Ovviamente è chiaro che Morvir non ha alcun interesse nell'arricchirsi, né di far trapelare troppo le grandi ricchezze tecnologiche del pianeta. Inoltre, con il turismo, potrebbero anche giungere parecchi impostori» dedusse Vegeta, continuando a camminare lento per la piazza. Khinô annuì deliziato.
«Tutto corretto, presidente. Anche se sull'ultimo punto avrei da dissentire: su Morvir non temiamo più di troppo gli impostori. Solamente uno sciocco proverebbe a invadere Morvir con cattivi intenti» illustrò. «Altresì vero che con l'affollamento di forestieri sarebbe un poco più difficile operare un controllo adeguato ma, ripeto, abbiamo il corpo bellico più efficiente della galassia».
Corpo bellico che non riesce a distinguere dei documenti falsi creati da un figlio di puttana ex membro dell'esercito di Freezer, aggiunse mentalmente Vegeta.
Quindi le cose erano due: o avevano avuto fortuna nell'essere controllati da guardie inefficienti, oppure li stavano tenendo sotto sorveglianza per capire cosa ci facessero lì.
In ogni caso avrebbero dovuto stare molto attenti alle loro mosse, muoversi con circospezione. Una volta agli alloggi avrebbero elaborato un piano per poter andare a zonzo alla ricerca di Kakaroth senza dare troppo nell'occhio.
Una circospezione che, però, crollò come un castello di carte nel giro di una manciata di secondi.
Vegeta avvertì come una forte scossa sulla base della spina dorsale, le gambe rischiarono di cedergli. Si voltò di scatto e il respiro gli si mozzò in gola.
Si aggrappò alla spalla di Radish, un po' per non cadere, un po' per attirare la sua attenzione. Come poter mantenere un basso profilo, quando ti si presenta davanti agli occhi tutto ciò che hai desiderato negli ultimi anni?
Avrebbe voluto urlare, ma tutto ciò che ne uscì fu un soffio.
«Kakaroth!»



 
Continua...

Riferimenti:
-Morvir: a differenza degli altri pianeti, per il nome Morvir mi sono ispirata a "Vormir", pianeta presente nel'MCU dove si può reperire la Gemma dell'Anima e, non a caso, la capitale di Morvir si chiama Capitol Anima. 
-Città d'Oriente: me la sono inventata e ovviamente è ispirata alle tipiche architetture arabe. Nell'universo di Dragon Ball esiste la Città dell'Est, ma non mi riferivo a quella. 

-Khinô: così come Nînyssi, anche questo nome deriva da un soprannome con il quale chiamo l'altro mio gatto, Anakin. Che diventa Anakino, poi Kino. Sì, continuo ad avere dei problemi. 
-Tutta la descrizione del pianeta, politica, abitanti, abiti, storia e tutto il resto è tutto un parto della mia mente. Mi piace andare a spasso con la fantasia xD


ANGOLO DI EEVAA:
Ebbene... sembrerebbe che l'abbiano trovato. 
Così, debbotto, senza senso (cit.)
A fine capitolo è spuntato un Kakaroth selvatico e, come pronosticabile, Vegeta è andato in crash di sistema. Non posso ancora dirvi nulla su di lui, su cosa ci stia facendo lì su Morvir, ma è davvero una grande fortuna che l'abbiano trovato subito il primo giorno, no? Oppure sarà lui che è giunto lì perché ha sentito i loro Ki?
Ho la bocca cucita, ma spero che siate incuriositi. Grazie come al solito a tutti per le bellissime recensioni che mi lasciate e grazie di cuore a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Oggi ho pubblicato con anticipo perché domani sarò impegnata tutto il giorno, ma il prossimo aggiornamento sarà domenica prossima come al solito!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Grazie per esserci anche ora. E per esserci sempre stato» mormorò.
Vegeta non era abituato a quei sentimentalismi. Soprattutto perché non completamente meritati.
«Non è vero che ci sono sempre stato».
«Quando ne avevo bisogno, sempre. Sia in battaglia, sia fuori. E ora che ho semplicemente bisogno di stare qui, sei qui anche tu» controbatté Kakaroth, convinto.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Goku ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 
ATTENZIONE! 
In questo capitolo verrà fatto accenno all'uso di droghe.



- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 7
Goku

 

«Kakaroth!»
«Come dice, presidente Trunks?»
La voce di Khinô fu un lontano rumore di fondo.
Tutta l'attenzione di Vegeta era focalizzata altrove, non troppo lontano, rivolta verso un gruppo di guardie che marciavano fuori dal palazzo imperiale. Per la precisione verso una delle guardie.
Un uomo alto, muscoloso, con i capelli neri raccolti in uno chignon poco ordinato, dal quale un paio di ciuffi ricadevano sugli occhi scuri fissi di fronte a sé.
Occhi che Vegeta ricordava troppo bene per non riconoscerli, occhi con i quali aveva condiviso gran parte della sua vita, ma che in quel momento avevano un'espressione più spenta. Niente gioia, niente rabbia, niente luce.
Tuttavia, in quel momento, a Vegeta della luce non importava niente. Un fiume di ricordi invase il suo petto, tutte le grandi battaglie, i battibecchi, i combattimenti, i sorrisi che non aveva saputo trattenere, le avventure. Tutto gli passò davanti agli occhi, dal primo incontro in quel deserto roccioso fino all'ultima volta che si erano visti, in quella stanza sui monti Paoz.
Erano trascorsi dieci anni e da un lato sembrava ieri, dall'altro sembrava essere passato un secolo.
Per un attimo Vegeta dimenticò ogni cosa, ogni proposito di prenderlo a calci nel sedere, ogni insulto che avrebbe voluto riservargli. Il solo istinto fu quello di corrergli incontro, prenderlo per le spalle e ringraziare il cielo e le stelle per averlo trovato.
Si dimenticò però perfino che quella non sarebbe stata la mossa più indicata da fare, non in quel momento, non in quel luogo del quale sapevano ancora troppo poco.
«Kakaroth!» lo chiamo più forte, mentre Radish lo afferrò per un braccio per impedirgli di allontanarsi troppo. «KAKAROTH!» urlò.
Come colto da un'improvvisa scossa elettrica, la guardia in questione sbarrò gli occhi, lo sguardo si fece quasi terrorizzato. Si voltò piano, lento, e finalmente incrociò lo sguardo del Principe.
Quello scontro di sguardi fu totalmente alienante, quasi distorsore della realtà circostante.
D'improvviso sembrò non esistere più nulla.


Alzò la testa e lo fissò negli occhi. Brillavano le stelle, brillavano le iridi seppur nere. Allungò una mano verso il polso e glielo strinse un poco. Vegeta provò l'impulso di staccarsi come molte volte aveva fatto. Non gli aveva mai permesso quel contatto, odiava i contatti. Ma quella notte l'impulso non era così forte. Forse l'impulso era quello di mettere una mano sopra la sua e dargli un po' di forza, ma si limitò a sostare sotto quei polpastrelli.
«Almeno ci sarai tu con me» mormorò Kakaroth, dando voce alle parole troppo sentimentali che Vegeta mai avrebbe pronunciato ma che sì, in qualche modo sentiva gli appartenessero.
Almeno sarebbero rimasti in due.
Almeno avrebbe avuto Kakaroth.


Quella tacita promessa che per la prima volta dopo più di un decennio era tornata a brillare, consistente, luminosa.
Buio intorno a loro, buio su Morvir, ma luce intensa dentro al petto.


«Non voglio tornare a casa. Possiamo... possiamo rimanere ancora un po'?»
La mano di Kakaroth ancora avvolta intorno al polso. Il suo sguardo era appannato, lucido, di chi aveva troppe lacrime trattenute. La perdita di Crilin era stata un duro colpo, Vegeta non se la sentì di dirgli di no.
Si limitò ad annuire e rimanere immobile, lì vicino a lui. Kakaroth sospirò e abbassò lo sguardo verso i propri piedi.
«Grazie per esserci anche ora. E per esserci sempre stato» mormorò.
Vegeta non era abituato a quei sentimentalismi. Soprattutto perché non meritati.
«Non è vero che ci sono sempre stato».
«Quando ne avevo bisogno, sempre. Sia in battaglia, sia fuori. E ora che ho semplicemente bisogno di stare qui, sei qui anche tu» controbatté Kakaroth, convinto.
Vegeta arrossì, odiava sentirsi dire certe cose. Che poi per certi versi erano vere, ma non tenevano conto di un'altra lunga, lunghissima lista di momenti in cui invece si era comportato come un autentico stronzo nei suoi confronti.

«Mi sopravvaluti».
Kakaroth si voltò di nuovo verso di lui e lo fronteggiò più vicino.
«Dico solo la verità. Perché so che, qualunque cosa succeda, se dovessi essere in difficoltà saresti in prima fila ad aiutarmi. Se fossi in pericolo verresti a salvarmi».

Il Principe deglutì e sottrasse lo sguardo per un secondo. Non poteva negare, non poteva controbattere. Perché quella era semplice e pura verità. Ma sapeva anche di non essere il solo: Kakaroth avrebbe fatto lo stesso per lui, forse anche di più.
Tuttavia quel discorso stava andando troppo oltre, per due come loro. Vegeta raccolse un po' di coraggio, deglutì l'imbarazzo e lo fronteggiò di nuovo con un ghigno più cinico.
«Beh, perché te l'ho sempre detto: quando morirai, sarà solo per mano mia».



Quella notte sembrava che fosse ieri. La notte in cui erano stati seduti su quel tronco d'albero nella foresta fino all'alba, vicini, perlopiù in silenzio. La notte delle promesse. “Se fossi in pericolo verresti a salvarmi”. E alla fine l'aveva fatto per davvero. Ma... ma Kakaroth era davvero in pericolo? Sembrava stare bene, tuttavia lo sguardo che gli stava riservando in quel momento era di puro terrore. Si guardarono fissi per tanto, troppo tempo. Un tempo non quantificabile che venne interrotto dalla voce roca di Khinô.
«Presidente Trunks, si sente bene?»
Radish gli diede uno scossone che lo costrinse a distogliere lo sguardo per un secondo. L'esitazione di Kakaroth svanì, e tornò a marciare in fila alle altre guardie del quartiere imperiale.
Vegeta finalmente si ricordò delle condizioni in cui si trovavano, di Morvir, delle loro false identità.
«C-chiedo scusa...» esalò, ancora troppo scosso per riuscire a pensare. «Credevo di aver visto qualcuno che conosco».
Khinô lo guardò storto per un attimo, poi scosse la testa.
«Improbabile, signor presidente. Si riferisce alla guardia non nativa con lo chignon?» domandò, accigliato.
Vegeta deglutì. «Esattamente».
«Si chiama Goku, è a capo dello squadrone di élite dell'imperatore! Decisamente non il Kakaroth a cui si stava appellando» spiegò Khinô, con un tono di voce molto più enigmatico di quando li aveva accompagnati a visitare la metropoli.
Sospettoso?
«Credo che il presidente Trunks l'abbia scambiato con uno dei critici d'arte più prestigiosi di Hyndor. In effetti gli somigliava molto» si intromise Radish, il quale si era ricomposto e aveva indossato la maschera da faccia di bronzo. «Quel pover'uomo è morto tre anni fa, un fatale incidente con un astronave. Pace all'anima sua. Ricorda? Era su tutti i notiziari» domandò, rivolto direttamente a Vegeta.
Giusto per aumentare la buona dose di stronzate che costituivano la loro copertura. Il Principe fece finta di pensarci un attimo, poi annuì.
«Già... giusto. Chiedo perdono per la mia svista».
Il volto di Khinô sembrò tornare più rilassato e cordiale.
«Nessun problema, presidente. Dopo il lungo viaggio e tutto il camminare che abbiamo fatto c'è da essere ben stanchi! Gradite essere accompagnati agli alloggi?» propose.
Vegeta annuì. Quello senz'altro sarebbe stato un ottimo momento per un briefing privato.
«Sì, ho bisogno di riposare».


 


Gli alloggi erano situati appena fuori dal quartiere imperiale, un vicolo di edifici bassi, tondi, che convergevano in un quartiere inverosimilmente verde con una fontana a ologramma e tante lampade di carta. Tutti gli edifici di Morvir non avevano vetri alle finestre, solo ampie tende leggere di stoffe pregiate.
Il loro alloggio era di dimensioni molto grandi per due sole persone, con due camere con letti giganti e un grande salotto open space. Sebbene l'arredamento fosse quasi antiquato, la tecnologia che lo componeva era molto moderna.
Khinô si congedò da loro consigliandogli un luogo vicino per rifocillarsi o ordinare del cibo – anche se nella dispensa refrigerata vi era tutto l'occorrente per poter mangiare – e promise loro che sarebbe stato puntuale alle otto dell'indomani per poter proseguire nella scoperta della città o, se avessero avuto fretta, nell'accompagnarli per via diretta dai saggi per gli affari.
Non appena l'accompagnatore si chiuse la porta in legno scuro alle spalle e avvertirono i suoi passi allontanarsi lungo il vicolo, i due Saiyan si avvicinarono l'un l'altro per potersi urlare addosso a bassa voce.
«Alla faccia del mantenere un basso profilo!» sibilò Radish, rosso in volto. Vegeta arricciò il naso e strinse le labbra.
«Lo hai visto anche tu, o l'ho visto solo io?!» soffiò, puntandogli un dito contro.
«Certo che l'ho visto, cazzo! Non sono mica cieco!» replicò Radish, con le mani nei capelli. «Ma hai sentito cos'ha detto il tizio: possiedono la tecnologia più avanzata e l'esercito bellico più pericoloso della galassia. Se ci scoprissero potrebbero sbatterci fuori e tanti saluti a tutti» fece presente, allargando le braccia.
Vegeta strinse gli occhi.
«Hai veramente paura di loro!? Posso ricordarti che ho combattuto contro i guerrieri più forti dei dodici universi? C'è da domandarsi il perché ci sia Kakaroth a capo di quel cazzo di esercito, piuttosto» borbottò, poi fece quattro passi e si lasciò cadere su un pouf color pervinca dalle frange dorate. Già, quello era il punto focale della questione: cosa diamine ci faceva Kakaroth lì?
Radish si avvicinò, prese una sedia e gli si sedette di fronte.
«Sì. Dobbiamo indagare senz'altro su questa questione, ma io dico che dovremmo farlo comunque mantenendo un basso profilo. Oppure, che ne so, prendiamo Kakaroth e facciamo saltare in aria questo pianeta di megalomani, ma non mi pare sia più nelle tue corde fare strage di vite a caso. Per quanto mi riguarda, se sei sicuro di vincere, possiamo farlo anche adesso» disse, cinico.
Vegeta alzò gli occhi al cielo.
«Ovviamente no».
«E allora facciamo le cose fatte per bene e indaghiamo sulla questione con un fottutissimo basso profilo» concluse Radish, allargando le braccia.
Vegeta lo guardò storto per un secondo, poi sospirò e annuì. Era proprio per quella capacità di ragionamento e sangue freddo che aveva scelto lui per accompagnarlo in quella missione. Radish era sempre stato un ottimo stratega e, a differenza sua, era raro che scoppiasse in esplosioni emotive. Forse perché non era mai stato mosso da particolari sentimenti verso niente e nessuno? Era solamente un freddo e astuto calcolatore? Ne dubitava. A differenza sua era anche sempre stato piuttosto leale nei suoi confronti, e uno che agisce solo per tornaconto personale non mostra lealtà verso nessuno. Semplicemente avrebbe dovuto accettare il fatto che Radish fosse molto più in gamba di lui dal punto di vista strategico.
Ma non era quello il punto focale della questione.

«Non posso credere che l'abbiamo trovato per davvero» disse infatti Radish, dopo un lungo sospiro.
In effetti aveva dell'incredibile. C'erano voluti due mesi e diciassette giorni, ma alla fine l'avevano trovato. Vivo, fortunatamente, e all'apparenza in salute. Meglio di quanto Vegeta avesse sperato, e soprattutto seguendo una traccia della quale tutt'ora era perplesso, suggerita da una vecchia strega di un pianeta di fricchettoni.
L'aveva trovato. L'aveva trovato per davvero, dopo dieci anni finalmente l'aveva avuto lì davanti in carne e ossa, non solo nei suoi sogni, non solo nei ricordi. L'aveva trovato ma la situazione in cui erano immersi era assurda, particolare, tanto che in testa gli si erano affollate domande che mai avrebbe pensato di formulare. Prima tra tutte, quella che non riuscì proprio a tenere per sé.
«Tu pensi... tu pensi che... mi abbia riconosciuto?» soffiò, con la testa tra le mani.
Quando si erano guardati negli occhi era accaduto di tutto nel suo petto, nella sua mente. Era stato bizzarro, fuori da ogni logica. E la risposta nello sguardo di Kakaroth era stata ancora più un'incognita.
«È quello che mi domando anche io. Ti ha guardato in un modo strano, quasi come se fosse confuso o terrorizzato, poi si è voltato come se nulla fosse. O magari ha fatto finta di non riconoscerti?» rispose Radish, accasciandosi di più sulla sedia in legno. Le tende alle finestre si gonfiavano e si sgonfiavano con il respiro del vento, il calar della luce del giorno rendeva i colori ancor più caldi.
Vegeta si accigliò. Il cretino aveva ragione: non era stato uno sguardo qualsiasi. Qualcosa era successo, qualcosa gli aveva scatenato.
Ma le domande erano esattamente quelle: l'aveva riconosciuto e aveva fatto finta di niente? O magari – per qualsiasi motivo - non si ricordava più di lui ma quello sguardo gli aveva tirato fuori strane reminiscenze? Per quale motivo si trovava lì? Da quanto? Perché aveva detto il suo vero nome, ossia Goku? Era obbligato, costretto da qualche tipo di patto, minaccia... qualsiasi cosa?
Oppure si era unito volontariamente all'esercito, il suo obiettivo era quello di non farsi trovare e quindi il fatto che l'avessero trovato era stato per lui motivo di agitazione? Vegeta sperava nel suo cuore che non fosse così. Non poteva credere che fosse scappato dal pianeta Terra per andare a fare la guardia imperiale in un pianeta di stronzi. Aveva una famiglia, dannazione! Aveva... avevano una promessa.
No, non voleva credere che fosse così. C'era qualcosa sotto.
«Non ne ho idea. Ma sicuramente c'è un motivo per il quale è finito qui a fare la guardia imperiale. Dobbiamo scoprirlo».


 


Uscirono dagli alloggi alla ricerca di cibo dopo una lunga doccia rifocillante. Persino gli asciugamani erano morbidi e preziosi su quel diavolo di pianeta!
L'intento, oltre quello di mangiare, era senza dubbio riuscire a indagare di più sul corpo d'armata d'élite. Erano molto lontani dalla città imperiale e non sarebbe stato saggio allontanarsi troppo dagli alloggi – se qualcuno li avesse visti avrebbe iniziato a sospettare di loro. Sempre che già non fossero controllati.
Si infilarono nella taverna meno frequentata del quartiere e, ben attenti a captare il più possibile i discorsi degli altri commensali, si rifocillarono di cibo saporito e alcol di alta qualità. Con grande disappunto di Radish, niente Rokk.
Calò la notte e due brillanti lune gialle fecero la loro ascesa nel cielo, visibili dalla finestra di quella taverna. Durante il tempo trascorso nel luogo conviviale, nessun discorso fu sufficientemente interessante da poterci trarre delle informazioni. C'erano due coppie di nativi, un gruppetto di uomini d'affari con accompagnatori annessi e un paio di guardie a sorvegliare la zona. Nulla che potesse dar loro qualche informazione. O almeno fino a che non giunsero delle guardie a fine turno, evidentemente intente a smaltire le fatiche del lavoro nell'alcol e nelle sostanze stupefacenti che vendevano nel locale. La droga circolava in abbondanza, ma su Morvir a quanto pare la chiamavano “sostanza stupefacente legale”.
Vegeta e Radish si lanciarono qualche occhiata eloquente, poi ordinarono un altro giro da bere. Poi un altro, poi un altro ancora. La prerogativa dei Saiyan era indubbiamente saper reggere bene l'alcol e di conseguenza, quando le tre guardie furono all'apparenza molto allegre, loro due faticavano ancora ad avvertire l'ebbrezza.
I due Saiyan pagarono e uscirono nel vicolo con la scusa di prendere aria e fare una passeggiata nei dintorni, in attesa che i soldati concludessero la loro serata conviviale.
Non dovettero attendere molto e, per loro grande fortuna, una delle guardie si congedò dalle altre per potersi avviare alla piattaforma di teletrasporto opposta. Non era un nativo, ma quello avrebbe potuto anche essere un vantaggio: sarebbe stato più facile corromperlo con delle ricchezze?

Lo seguirono per qualche passo, poi Radish si prodigò a mettere in atto il loro piano.
«Chiedo scusa, buon uomo. Ho come la sensazione che ci siamo persi e, mh, l'alcol di questo pianeta è un po' forte. Potrebbe indicarci come raggiungere gli alloggi degli ospiti?» domandò, con una cortesia che gli apparteneva davvero poco.
L'alieno si voltò e fece risuonare il bastone a terra in segno di saluto, il loro modo di far capire di essere sull'attenti. Era un alieno rosa grassoccio, con il naso schiacciato e tre paia di occhi gialli, lunghe orecchie da pipistrello e un corno in mezzo alla fronte.
«Dovere, signori, dovere» rispose questi. Beh, se non altro avevano un buon concetto di cortesia, nonostante il turismo non fosse contemplato. «Seguitemi, non è lontano!» disse poi, camminando nella direzione opposta alla piattaforma di teletrasporto sulla quale stava per salire.
I due Saiyan lo seguirono.
«Lei è molto gentile. Fa parte dell'esercito imperiale?» domandò Radish.
«Quinta divisione quartiere sud-ovest, signore».
«Uh. Avrei giurato di averla vista nel corpo di élite» mormorò, con la consueta faccia da culo.
Sarebbe stato difficile persino per un indovino capire quando mentiva e quando no.
«Un giorno, magari. Sono forti, quelli dell'élite, combattenti di punta per difendere l'Imperatore Zinnĩr» spiegò la guardia, con un sorrisetto sghembo che tagliò in due il volto porcino.
«Oh, devono essere molto forti. Chi è il più forte?» chiese Radish, fingendosi entusiasta per le parole dell'alieno.
Questi frenò un poco la sua camminata e gli riservò un'occhiata sghemba.
«Perché mi sta chiedendo questo, signore?»
Dannazione, pensò Vegeta. Che avesse iniziato a sospettare qualcosa?
«Mi è sembrato di vederne uno più forte degli altri» strascicò quindi Radish, noncurante, nello svoltare dietro un vicolo più stretto. La guardia, a quel punto, frenò i suoi passi e li osservò torvo.
Era meno tonto di quanto avessero previsto, e sicuramente non così tanto ubriaco da cantare.
«Siete un guerriero, signore?» domandò questi, a occhi stretti.
Una vera fortuna che gli assi nella manica non mancavano.
«Il mio presidente, qui, è un uomo d'affari. Appassionato di armamenti. Gradirebbe avere delle informazioni sulla guardia di nome Goku, visto che gli è parso davvero molto, molto forte» mormorò Radish. Una copertura molto vacillante, ma pur sempre una copertura.
Al solo udire quel nome, Vegeta dovette lottare per non farsi prendere dai tremori.
La guardia non cedette, alzo il mento e arricciò il naso.
«Informazioni riservate» disse, piatto.
Radish, però, si lasciò andare in un sorrisetto impertinente.
«Ho una proposta per renderle meno riservate» sussurrò, prendendo dalle tasche un grosso quantitativo di Yēŏn. Possedevano molto denaro, ma quei bussolotti erano senza dubbio contraffatti.
La guardia osservò riluttante le monete, e Vegeta ebbe come l'orribile sensazione che avrebbe tentato di arrestarli seduta stante, invece ghignò.
«Sono venuto su Morvir perché mi pagano abbastanza, non mi serve denaro».
Vegeta alzò gli occhi al cielo e maledisse quel pianeta di abbienti bastardi. Ma, proprio quando Sua Maestà fu sul punto di prendere in considerazione l'idea di far saltare in aria tutto come avrebbe fatto una volta, si ricordò che Radish fosse il peggior figlio di puttana della galassia.
E non c'erano solo i soldi per operare una corruzione fatta come si deve.
Frugò nel corpetto della battle-suit e ne estrasse una capsula, la fece aprire e ne rivelò un blister di plastica con delle strane pastiglie.
Vegeta le riconobbe: una schifezza piuttosto pesante che girava nella Galassia del Nord. Illegale tenerla, illegale consumarla, illegalissimo venderla. Quelle pastiglie sarebbero potute costare a Radish dai cinque ai dieci anni nelle celle della Pattuglia Galattica.
«Che ne dice allora di questa?» disse Radish, sventolandogli il blister di fronte al muso schiacciato.
«Cosa sarebbe?» domandò la guardia, con riluttanza.
«Presente la roba che qui chiamate “sostanza legale”?» sibilò Radish, ammiccante. «Quella che abbiamo noi, su Hyndor, favorisce effetti di gran lunga migliori».
Peggiori, si disse mentalmente Vegeta. Ed era anche piuttosto sicuro che, sebbene Radish fosse dedito al consumo di qualche blanda sostanza stupefacente, non era così ridotto male da usare quella schifezza. Anche perché il blister era pieno, probabilmente lo teneva da parte per il contrabbando.
La guardia, però, iniziò a fissarli con rinnovato interesse.
«Cosa mi dice che non sia velenosa?» chiese. Giustamente, anche. Velenosa lo era di sicuro, quella roba bruciava il cervello per davvero. Certo, questo presupponeva averne uno, di cervello.
Radish sembrò titubare per un secondo, poi alzò gli occhi al cielo. Immolandosi per la causa, prese dal contenitore una pastiglia e la inghiottì, mostrando persino la cavità orale libera. «Effetto garantito in tre minuti. Siate libero di arrestarci o denunciarci a più alte autorità, in caso contrario».
Vegeta sospirò. Non avrebbe dovuto farlo, razza di idiota. Eppure sembrava aver funzionato, dato che la guardia si convinse e, dopo essersi girato tra le mani l'intero blister, ingoiò una pastiglia e poi se lo cacciò in tasca.
Radish sorrise soddisfatto, mentre Vegeta sospirò spazientito. Con il suo compagno idiota avrebbe fatto i conti dopo.
«Il guerriero di nome Goku» parlò Sua Maestà, per incentivare la guardia a cantare. E questa cantò.
«È arrivato qui tanto tempo fa».
«Quanto?» incalzò Vegeta, pragmatico.
«Circa una decina di anni or sono, oramai. Dicono sia giunto qui senza memoria di chi fosse, né da dove provenisse. Sapeva solo il suo nome. Su Morvir sono molto accoglienti per chi può arruolarsi nell'esercito, offrono asilo e ricchezze in cambio dei servigi. Penso che inizialmente l'abbiano tenuto qui per pietà, ci sono voluti molti mesi per scoprirne il potenziale e metterlo nell'élite. Non ci ho mai parlato nonostante viva nel mio quartiere, quello dei forestieri, ma dicono sia un tipo piuttosto confuso» concluse infine la guardia. Poi indicò con la mano il vicolo sul fondo della strada. «I vostri alloggi sono dietro quell'angolo, a destra».

Vegeta si morse il labbro per non farlo tremare, chiuse i pugni fino a far scricchiolare i guanti. Non era il caso di fare una scenata, non in quel momento, non davanti alla guardia.
Radish, che aveva capito l'antifona, si prodigò per porre fine a quella conversazione.
«Grazie, buon uomo. Si goda quelle pillole, sono preziose su Hyndor. Ne faccia uso moderato» consigliò. La guardia annuì con divertimento poi, dopo aver picchiato il bastone al terreno, voltò i tacchi e si allontanò a passo molto più baldanzoso e scomposto di poco prima.
Prima ancora che Vegeta potesse però esplodere in una qualsivoglia esternazione di rabbia, Radish si allontanò di qualche passo e, dopo essersi cacciato due dita in gola, iniziò a vomitare copiosamente al terreno.
«Che schifo» sputacchiò una volta finito, pulendosi poi la bocca con il dorso della mano. «Spero di aver bloccato gli effetti di quella merda, anche se temo di avvertire già qualcosa. L'ho provata una volta sola, è terrificante» concluse, poi si rimise in piedi con gli occhi lucidi e le gote rosse.
«Non avresti dovuto prenderla» lo redarguì Vegeta.
«Avevi idee migliori?»
In effetti, no. E se tanto gli dava tanto, tutto ciò li aveva portati ad avere preziose informazioni. Informazioni troppo amare, troppo difficili da sentire.
Kakaroth era giunto in quel posto dieci anni prima, probabilmente pochi mesi dopo che era partito, ed era giunto lì senza memoria alcuna. Cosa diavolo gli era successo? Chi gli aveva fatto ciò?
«Dovremmo... cerca-re... altr...e» fece per proporre Radish, ma ciondolò talmente tanto quasi da schiantarsi contro il muro. Vegeta sospirò, poi lo prese per un braccio e iniziò a trascinarlo per il vicolo. Quello non era il momento migliore per cercare nuove tracce, nuove informazioni e nuove piste.
«Torniamo agli alloggi. Sei ridotto uno schifo» gli disse. Una vera fatica camminare dritti, con quell'energumeno alto quasi il doppio di lui che gli ciondolava addosso. Rischiò di cadere un paio di volte, persino, ma Sua Maestà lo mantenne ben saldo. Il minimo che potesse fare per ringraziarlo per essersi preso il rischio pur di indagare, insomma.
Non appena giunsero agli alloggi Radish fece per gettarsi sul divano a peso morto ma, ovviamente, lo mancò e rovinò sul tappeto con un rumore sordo.
«Ouch» brontolò.
«Non ti porterò a letto in braccio, se vuoi dormire comodo alzati» gli intimò Vegeta, ma Radish stava già russando come dopo le serate nelle peggiori bettole della galassia.
Vegeta sospirò e scosse la testa. Il bestione se la sarebbe cavata anche dormendo per terra per una notte. Si trascinò fino all'ampio letto e ci si gettò sopra supino, a braccia aperte e lo sguardo rivolto verso una crepa nel soffitto.
La sensazione di avere Kakaroth attorno non si era affievolita e, quella sera come non mai, gli sembrava di averlo vicino.
Magari, pensò Vegeta. Magari avesse potuto averlo lì, di fronte a sé. Sarebbe stata la prima volta in tutta la sua miserabile esistenza a domandargli perdono.
Kakaroth aveva perso la memoria. Non era tornato a casa perché aveva perso la memoria, e chissà chi aveva causato ciò. E lui aveva atteso dieci fottutissimi anni per andare a cercarlo. In dieci anni non aveva mai dato retta al suo presentimento, era stato troppo orgoglioso, troppo testardo.
Per dieci anni Kakaroth era stato su quel pianeta a vivere una vita che non gli apparteneva, il tutto perché nessuno si era degnato di andare a salvarlo.

Perché so che, qualunque cosa succeda, se dovessi essere in difficoltà saresti in prima fila ad aiutarmi. Se fossi in pericolo verresti a salvarmi”.

Vegeta si portò le mani sul volto e ci sospirò dentro. Avrebbe voluto piangere, forse l'avrebbe anche fatto.
Kakaroth l'aveva sopravvalutato per davvero. Era scomparso e lui non si era degnato di cercarlo per tutto quel tempo. Certo, ora l'aveva trovato, l'avrebbe salvato. Ma ci erano voluti dieci anni e, anche se Kakaroth avrebbe potuto perdonarlo perché aveva il cuore troppo buono, Vegeta non si sarebbe mai perdonato.
Per dieci anni lui non c'era mai stato, non aveva mantenuto fede a quella tacita promessa.
Non l'aveva mai salvato, e non si sarebbe mai odiato abbastanza.
Non si sarebbe mai perdonato.



 
 
Continua...

Riferimenti:
-Non mi sono ispirata a nessun tipo di droga esistente per quelle pillole assunte da Radish - anche perché sono per fortuna ignorante in materia xD - ma trovo abbastanza credibile che ci sia qualcosa nel nostro mondo con questo tipo di effetti indesiderati. 

ANGOLO DI EEVAA:
Ebbene sì, con le anticipazioni di settimana scorsa ho fregati tutti MWUHAHAHA! Pensavaaaaate che avessero trovato Goku e tanti cari saluti, eeeh?
E invece no. Goku a quanto pare non ci ricorda una cippa di niente, è finito su questo pianeta dopo aver perso la memoria - come? Chi gli ha fatto ciò? - e si ricorda solo che si chiama Goku e basta. 
Dai, mica potevate davvero credere che avrei reso tutto così facile, suvvia xD mi conoscete, oramai, sono una perfida autrice. Ora i nostri due eroi dovranno indagare e cercare di riportare lo smemorato in una condizione normale. Sarà facile? SPOILER: col cazzo in insalata. 
Ci sarà da divertirsi xD beh, quando Vegeta la smetterà di autocommiserarsi, naturalmente. E quando Radish si ripiglierà dall'uso di sostanze illegalissime, poveretto. 
Grazie come sempre a tutti per l'entusiasmo, cari e care! Vi abbraccio uno per uno, specialmente la mia dolce Nemesis01 che mi sta aiutando con la traduzione in inglese. 
Eevaa

 

Nel prossimo capitolo!
«Era compito mio» disse solamente. La promessa era la loro.
Radish ghignò, cinico. «La tua mania di controllo e di egocentrismo non conosce limiti, amico».
«Sei tu che hai detto di conoscermi» controbatté Vegeta, secco.
Gli faceva un gran male la testa e avrebbe solo voluto essere lasciato in pace nel suo essere un completo stronzo. Radish, però, non si arrese.
«Ti conosco abbastanza da dirti che l'agire altrui non dipende, ancora e per fortuna, dalle tue mosse. Altrimenti saremmo tutti fottuti».

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Kakaroth ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 8
Kakaroth




Di buona lena si erano svegliati, erano usciti e avevano cercato. Non era stato difficile. L'avevano trovato subito, la sua Aura era importante, quasi prepotente.
Era stato sufficiente seguirla, poi bussare alla porta di quello che era il suo alloggio.
La porta si era aperta, lui era lì in piedi. Occhi negli occhi, come il giorno prima alle mura della città imperiale.
«Kakaroth». La sua voce è un soffio, Kakaroth trasalisce.
«Chi siete?! Cosa volete da me?» dice lui, in preda al panico. Nei suoi occhi non c'è alcuna gioia.
«Io... Kakaroth... non ti ricordi di me?» domanda Vegeta, con una lama nel cuore.
Lui indietreggia, l'espressione confusa mista a disgusto.
Poi, d'improvviso, una voce proveniente dall'interno della casa.
«Amore, chi è che c'è?»
Vegeta sussulta. Una donna nativa compare da dietro l'angolo con un bambino in braccio. Un bimbo con i capelli neri e la coda dello stesso colore.
«Nessuno. Non li conosco, devono essersi sbagliati» dice Kakaroth, sforzandosi di sorridere alla donna.
Vegeta apre la bocca, un senso di nausea sale lungo il petto. Fa male, fa ancora più male quando, impotente, lo osserva chiudere la porta e sparirci dietro per sempre.

«Kakaroth! No, KAKAROTH!»

Vegeta si alzò di scattò, in bocca un sapore acido e gli occhi brucianti. Si accorse di far fatica a respirare, si accorse che la nausea non riusciva a scemare.
Si guardò intorno con il fiatone e realizzò di essere nei suoi alloggi, il suo cuscino fradicio di sudore.
Doveva vomitare.
Si alzò di scatto dal letto e inciampò più volte per raggiungere il bagno di corsa. Con le ginocchia sul pavimento si aggrappò a quello che era un gabinetto pacchiano e ci vomitò dentro una, due, tre volte.
Non aveva bevuto quasi niente, eppure si sentiva lo stomaco scosso da conati e spasmi. Ripensò a quel sogno e vomitò ancora.
Provava dolore, dolore al solo pensiero che potesse rivelarsi reale. Vomitò e respirò a fatica, il senso di colpa lo colpì dietro la nuca.
Se fosse stato tutto reale, sarebbe stata solo colpa sua. Lui l'aveva lasciato lì su quel pianeta per dieci anni, lui non si era mai degnato di andare a cercarlo. Lo stomaco in subbuglio era solo la minima pena che potesse meritarsi.
Sputò acido e saliva e si maledisse in tutte le lingue galattiche che conoscesse.
«Sarei io a dover vomitare».
La voce di Radish alle sue spalle lo colse alla sprovvista. Si voltò verso di lui e, beh, non che avesse tutti i torti. Era sicuro di essere in condizioni pietose, ma il volto del suo compagno di viaggio era un chiaro invito al ricovero coatto.
«Prego,» grugnì Vegeta, tirò l'acqua e poi si accasciò al terreno con la schiena contro il muro, «tutto tuo».
Radish fece spallucce e, debole, si accasciò anch'egli lungo il muro opposto. Due cadaveri.
Si guardarono negli occhi per un lungo tempo nel quale nessuno dei due osò fiatare. Se non fosse stato frastornato da tutto, Vegeta avrebbe colto una grande ironia in quella situazione.
Poi Radish decise di mettere la parola fine al tempo sospeso in cui si erano concessi per stare l'uno di fronte all'altro a commiserarsi.
«Sai... nonostante una breve pausa di cinquant'anni trascorsi nel fottuto Inferno, posso dirti di conoscerti abbastanza da capire cosa ti stia passando in quella testa di merda che ti ritrovi» disse, con la voce ancor più bassa e graffiante del consueto.
Vegeta soffiò, cinico. Ne dubitava altamente.
«No, non credo tu possa capirlo» rispose.
«Vegeta...» soffiò Radish, incredibilmente più serio, forse persino stanco. «Da quanto mi hai raccontato mio fratello era piuttosto incline all'evanescenza».
Sua Maestà sbarrò gli occhi per un secondo. Forse aveva dubitato erroneamente delle capacità empatiche di Radish. Aveva centrato il punto della situazione, doveva dargliene atto. Un vero peccato che non avesse anche la ragione dalla sua parte.
«Quello era il passato. Kakaroth non si era più allontanato dalla Terra, non nell'ultimo periodo» borbottò Vegeta.
Certo, Kakaroth era stato sicuramente colui che aveva scelto di rimanere lontano dalla sua famiglia per sette anni al posto che tornare in vita, colui che spesso e volentieri aveva abbandonato tutto e tutti per mesi per andare ad allenarsi altrove senza fare avere sue notizie... ma poi era cambiato, in qualche modo. Col passare degli anni non si era più allontanato per troppo tempo e, quando lo aveva fatto, erano sempre partiti insieme.
Quando se ne era andato, dopo il funerale di Chichi, gli aveva detto che sarebbe stato per poco tempo, pochi mesi. E Vegeta non gli aveva creduto. Non gli aveva dato fiducia, quando invece sarebbe tornato per davvero... se solo non fosse rimasto bloccato lì, su Morvir. Ad attendere che qualcuno lo salvasse.
Vegeta si mise le mani tra i capelli e strinse, forse avrebbe voluto vomitare di nuovo.

«Kakaroth ha dei figli, entrambi adulti e vaccinati. Non mi pare che loro si siano mossi per cercarlo» puntualizzò Radish.
Il Principe scosse la testa e sospirò.
«Era compito mio». La promessa era la loro.
Radish ghignò, cinico. «La tua mania di controllo e di egocentrismo non conosce limiti, amico».
«Sei tu che hai detto di conoscermi» controbatté Vegeta, secco.
Gli faceva un gran male la testa e avrebbe solo voluto essere lasciato in pace nel suo essere un completo stronzo. Radish però non si arrese.
«Ti conosco abbastanza da dirti che l'agire altrui non dipende - ancora e per fortuna - dalle tue mosse. Altrimenti saremmo tutti fottuti. Il deficiente di Kakaroth ha scelto di andarsene? Si è preso le conseguenze. È già una fortuna per lui che tu sia talmente masochista da attraversare l'universo per salvargli le chiappe. Nessun altro l'avrebbe fatto, solo tu e la tua testardaggine. Ed è ancora più fortunato che siamo riusciti a trovarlo, e solo grazie al fatto che tu e lui siete così schifosamente legati da percepirvi a distanza. Pensavo che certe cose accadessero solamente nel catalogo dei film romantici e cartoni per bambini terrestri su Caps12! A proposito, anche il Principe Azzurro ci ha messo anni a trovare la Bella Addormentata, ma poi sono vissuti felici e contenti» ridacchiò. Vegeta gli lanciò un'occhiata omicida, ma questi non si arrese. «Allora... vuoi commiserarti un altro po' nei rimpianti o possiamo elaborare una strategia efficiente per portarlo via da questo pianeta di megalomani?»
Sua Maestà prese un denso respiro. Per quanto avrebbe voluto mettere le mani al collo di Radish per tutta la questione del Principe Azzurro, il suo punto di vista non era del tutto criticabile. Quello era il suo modo personalissimo di fargli alzare le natiche dal pavimento e rimettersi in gioco.
Perché, Vegeta se ne rese conto, rimanere lì a crogiolarsi nell'autocommiserazione non avrebbe portato a un bel niente. Avrebbe pensato ai suoi rimpianti più avanti, quando avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze con il diretto interessato.
In quel momento la cosa importante era riportare Kakaroth a casa sua. Quella vera.
Quindi, dopo aver buttato fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, Vegeta guardò l'amico e annuì.
Radish sogghignò compiaciuto poi, con un grande sforzo, si tirò in piedi.
«Radish...» lo chiamò Vegeta, prima che questi potesse andarsene dal bagno. Non sapeva perché lo avesse fatto, ma sentiva che avrebbe dovuto quantomeno dimostrargli qualcosa.
Se non ci fosse stato lui, non avrebbe trovato alcuna forza di alzarsi dal pavimento.
«La parola che stai cercando ma che non riuscirai mai a pronunciare è “grazie”. Te la risparmio, sempre perché ti conosco abbastanza» lo anticipò Radish, il naso arricciato dal compiacimento.
Vegeta aspettò che se ne andasse, poi sorrise.
Forse riportarlo in vita non era stata così tanto un'idea di merda.


 

 

Come da accordi, Khinô si presentò alla soglia degli alloggi alle otto precise dell'orario intergalattico. La luce della stella luminosa del sistema era già calda e accecante, forse anche troppo per occhi che avevano dormito poco e male.
Vegeta aveva trascorso tutta la notte a contemplare il soffitto in preda alla disperazione e, nei pochi istanti in cui si era lasciato andare a un sonno agitato, incubi terrificanti avevano fatto in modo di calcare la dose dei suoi tormenti.
Radish, invece... beh, lui a mezzogiorno stava ancora tentando di capire dove si trovasse. Non una delle sue trovate più brillanti quella di calarsi una pasticca della peggior droga della Galassia del Nord. Quantomeno era servito a qualcosa.
Per loro grande gioia, Khinô aveva deciso di estendere il tour della visita in una grotta mineraria appena fuori da Capitol Anima. Quantomeno lì sotto si stava al fresco e al semi-buio, e fu una vera manna dal cielo per l'insonnia di Vegeta e i postumi di Radish.
Ciò che non fu affatto una manna dal cielo, però, fu quello che il loro accompagnatore ebbe da dirgli a metà del loro tour minerario – durante il quale, ovviamente, erano stati tenuti sotto sorveglianza da un plotone di guardie imperiali.
«Quando siete pronti possiamo andare nel Quartiere Imperiale, così potrete procedere con gli affari, se volete» disse Khinô, mentre risalivano la grotta mineraria per giungere in superficie.
«Il mio presidente non si è sentito molto bene questa notte, insonnia da viaggio. Forse preferirebbe riposare» intervenne Radish, pronto.
Non avevano tempo per gli affari, il loro piano era di poter parlare con Kakaroth il prima possibile.
«Oh! Presidente, se ha bisogno di andare in drogheria troverà delle erbe provenienti da Yvore, un toccasana per il riposo» cinguettò Khinô. Ogni volta che parlava le lunghe vibrisse ottanio si dimenavano frizzanti, e il suo tono di voce sempre piuttosto gaio. «Anche perché domani dovrà essere senz'altro una giornata impegnativa!»
Vegeta inarcò un sopracciglio. Si era perso qualche passaggio?
«In che senso?» domandò.
«Beh, come ben sapete bisogna presentare i propri affari entro tre giorni dall'arrivo su Morvir, in modo da poterli concludere entro i sette giorni di permesso di soggiorno» spiegò l'accompagnatore.
Un secchio di acqua gelida addosso. Sì, decisamente si era perso qualcosa e, a giudicare dal sorriso forzato di Radish, anche lui. Un sorriso così delizioso da farlo sembrare un maniaco. O forse lo era?
«Giusto, giusto. Bene, allora sì... torniamo in città per riposare, così saremo freschi per domani, no, presidente?» farneticò Radish, gioviale in modo strano.
Quelle non erano buone notizie: avevano tempo sette giorni per poter trascinare il culo di Kakaroth fuori da quel pianeta. E l'indomani avrebbero dovuto presentare un programma di affari ai Saggi Imperiali.
E, mentre le possibilità di farsi scoprire aumentavano esponenzialmente, diminuiva in modo drastico la probabilità di andarsene da quel pianeta senza commettere una strage.



Quando giunsero in centro a Capitol Anima, prima di prendere la piattaforma di trasmissione agli alloggi, decisero di esprimere qualche domanda casuale a Khinô, per mostrarsi interessati al sistema politico, scolastico, finanziario e medico di Morvir. Giusto per giungere con completa casualità alla domanda che più interessava loro.
«Abbiamo notato che molte guardie non sono Morviriane. A loro è consentito vivere con la popolazione, o hanno degli alloggi dedicati?» domandò Radish, fingendosi distratto. Ovviamente sapevano che ci fosse un quartiere dedicato ai forestieri, ma dove?
«Una domanda interessante, signor Gohan. Su Morvir le nostre guardie sono ospitate con piacere, scegliamo le più forti dell'universo. Vengono qui ad arruolarsi perché paghiamo bene, ma i loro alloggi sono separati dai nativi, in quanto non è permesso il sangue misto sul nostro pianeta. Vedete, ecco qui, questo è il Quartiere dei Forestieri di Capitol Anima, poco distante da quello degli Ospiti» spiegò Khinô, con la consueta gentilezza e precisione che ricordavano quasi quelle di Whis. Indicò un punto preciso sull'ologramma delle piattaforme di trasmissione istantanea.
«Non è permesso ai forestieri di accoppiarsi con i nativi?» chiese Vegeta, con lo stomaco di nuovo in subbuglio a causa del sogno della notte precedente.
«No, presidente. È una regola severissima, su Morvir. Però accade che tra le guardie straniere ci siano unioni, ma è raro che ottengano il permesso di riproduzione. Non ci sono molti bambini stranieri su Morvir anche se, quando accade, siamo ben lieti di crescerli nelle nostre accademie di lotta».
Vegeta strinse i denti. Se da un lato era sollevato dal fatto che il suo sogno senz'altro non fosse stato premonitore, questo non gli dava la garanzia che Kakaroth non si fosse trovato una compagna... o un compagno. Il solo pensiero gli metteva i brividi.
Inoltre l'antifona era piuttosto chiara: la riproduzione tra forestieri era permessa solo per dare alla luce nuovi futuri combattenti. Bambini allevati col solo scopo di diventare delle guardie, senza il diritto allo studio, senza poter stare con gli altri coetanei. Separati in un ghetto. Una volta non ci avrebbe trovato nulla di strano – era quello che era stato anche lui sotto l'Esercito di Freezer: un bambino schiavo. In quel momento, invece, il pensiero gli dava il voltastomaco. Vivere sulla Terra l'aveva ammorbidito parecchio.
Decise di sorvolare sulla questione per il momento, anche se la politica di Morvir stava iniziando a fargli prudere fin troppo le mani.
Avevano ottenuto l'informazione che desideravano, quello era ciò che importava.


 


Uscirono dagli alloggi in tarda serata, dopo una cena veloce, un momento di riposo e una doccia lunghissima per entrambi.
Vegeta aveva dovuto sorbirsi una lunga lamentela da parte di Radish sul fatto che non gli sarebbe affatto dispiaciuto mettere le mani su qualche bella signorina di razza Morviriana e che, se ci avesse provato, queste non avrebbero saputo dire di no al suo incontestabile fascino. Sull'incontestabile, Vegeta aveva avuto parecchio da ridire – preferiva di gran lunga uomini un pelo più bassi. Magari con i capelli più corti, i lineamenti meno duri. Vestiti di arancione, forse.
Ad ogni modo Sua Maestà gli aveva categoricamente proibito quel tentativo di approccio con le native, dato che già il rischio di venire espulsi da quel pianeta era alto a sufficienza senza che Radish desse sfoggio delle sue abilità da maniaco.
Quando, dopo una lunga passeggiata disinteressata, si ritrovarono nel Quartiere dei Forestieri, i due Saiyan si accorsero che lo sfarzo non era da meno rispetto alla città dei nativi. Certo, le case erano più piccole, gli ambienti un poco meno curati, ma comunque del tutto rispettabili. Il palazzo dell'accademia militare si trovava proprio lì, al centro del quartiere, alto e molto più lussureggiante rispetto alle altre strutture.
Ciò che saltò all'occhio fu il bordello del quartiere, totalmente frequentato da ospiti o guardie non native. Vegeta dovette prendere Radish per un orecchio per farlo rimanere in carreggiata, con una solenne promessa che nel viaggio di ritorno sarebbero passati nella Galassia dell'Ovest ove, era risaputo, ci fossero servizi di quel tipo di alta qualità.
Si ritrovarono quindi a girare come trottole tra le vie del Quartiere dei Forestieri alla ricerca di Kakaroth, nella speranza che esso si fosse fatto vivo nel tornare a casa dal turno, o che Vegeta cogliesse la sua Aura-non-Aura più forte. Molto difficile, visto che erano due giorni che l'avvertiva praticamente dappertutto.
Ma, proprio mentre stavano camminando davanti a un complesso di case ad alveare, Vegeta avvertì una forte scossa elettrica lungo la spina dorsale. Un brivido, un cedimento delle gambe proprio lì, davanti a un portone in legno scuro. Nel muro poroso color sabbia vi era inciso un numero in standard galattico, davanti al portone un tappeto acquamarina insabbiato.
Vegeta tremò. Non ricordava quei dettagli nel sogno, ma sperava fino in fondo alle ossa che Kakaroth fosse solo in casa, che non avesse intrapreso nessuna relazione significativa durante quei dieci anni. Ma, al contempo, sperò che avesse avuto almeno qualche amico, qualcuno con cui parlare.
Che cosa schifosamente terrestre da pensare.
«Pensi sia qui?» gli domandò Radish, facendolo sussultare. Il vicolo era stretto, non c'erano guardie negli immediati paraggi, se non quelle nelle loro dimore.
Vegeta annuì e provò a deglutire quel masso che gli si era incastrato in gola, invano.
«Fai parlare me, d'accordo?» si raccomandò Radish.
Vegeta grugnì in segno di disappunto. «Perché diavolo?»
«Onestamente, mi sembri troppo coinvolto. Cerchiamo di non affrettare le cose, non è saggio andare da uno che ha perso la memoria a spiattellargli in faccia una vita di cui non si ricorda, non trovi?» fece presente Radish. Non del tutto nel torto, peraltro.
Vegeta annuì, fin troppo agitato per poter contestare quelle piccolezze.
«E ricorda: basso profilo».
«Sì, Radish, dannazione» sbottò Vegeta. Poi, dopo un lungo respiro, busso con le nocche guantate alla porta dell'edificio.


L'attesa provocò in lui almeno un'infinità di dubbi, incertezze, paranoie. Non ricordava l'ultima volta nella sua vita in cui era stato così in pena per la sorte di una persona. Forse solo durante la malattia di Bulma, ma la differenza consisteva che in quel caso lui non aveva potuto fare assolutamente niente di niente per cambiare le cose. Mentre in quel momento tutto sarebbe dipeso dalle sue scelte.
Quando i due Saiyan riuscirono a udire dei passi leggeri dall'interno, Vegeta provò come l'impulso di vomitare di nuovo. E, non appena la porta si aprì, credette di dover dar di stomaco per davvero.
Kakaroth.
Avrebbe voluto urlargli addosso, avvicinarsi, prenderlo per le spalle e scuoterlo fino a fargli tornare la memoria, ma si limitò a fissarlo come il pomeriggio precedente, con il respiro mozzato e il sasso in gola che aveva raggiunto le dimensioni di una Sfera del Drago. Di Namek.
Lui ricambiò lo sguardo di Radish per qualche istante, poi spostò gli occhi su Vegeta. Sembrava perplesso, quasi sconvolto.
Indossava la tunica bianca delle guardie, con il poncho dalle maniche dorate e la corda attorno alla vita. I capelli erano ancora raccolti nello chignon disordinato, e sulla fronte portava una tiara con un una pietra preziosa azzurra. La pelle era più abbronzata di come Vegeta la ricordava, forse a causa del sole cocente di Morvir.
Il suo sguardo, nonostante gli occhi fossero i suoi, era decisamente meno sereno. Sembrava stanco, spaventato, confuso.
«Chi siete? Cosa volete?» finalmente parlò, la voce molto più seria e piatta del consueto. Ma quello non era un problema, non quando le parole da lui pronunciate erano le stesse che gli aveva rivolto in sogno.
Sua Maestà sussultò e, inconsciamente, si ritrovò a vagare con gli occhi alle sue spalle, dentro la casa. Sembrava vuota.
«Buonasera, Goku. Siamo venuti a parlare con te» lo salutò Radish, cordiale. Fin troppo cordiale. Si vedeva lontano un miglio che quell'incontro ravvicinato con il fratello fosse per lui motivo di agitazione. Contando che l'ultima volta che si erano parlati avevano fatto insieme un viaggetto all'Altro Mondo.
«Cosa volete da me? Io... io vi ho visti, ieri» sussurrò Kakaroth, osservandoli sottecchi.
«Ci fai entrare? Non è il caso di parlarne qui fuori. Siamo disarmati, se vuoi controllarci» chiese Radish.
Kakaroth li osservò torvo, poi fece un passo indietro. Non aveva alcuna paura di essere attaccato.
E quando mai! Almeno non aveva perso la sua sciocca ingenuità. O forse non temeva nulla, dato che era il guerriero più forte su quel pianeta. E dell'intero Universo Sette.
Vegeta e Radish si addentrarono con un cenno del capo come ringraziamento, poi Kakaroth chiuse la porta con un gesto secco.
L'interno della casa era spoglio, poco arredato. Niente soprammobili a parte una strana pianta carnivora, una cucina con un tavolo e una sedia sola – per il grande sollievo di Vegeta – e un divano color senape. Con grande sorpresa vi era una grossa libreria alla parete e un libro aperto sul tavolino del soggiorno. A quanto Vegeta ricordava, a Kakaroth non era mai piaciuto troppo leggere.
Appoggiato al muro il suo bastone dorato da guardia e, accanto, un paio di sandali in pelle marrone. Si poteva intravedere una camera piccola, con un letto singolo e un armadio a parete. La porta di quello che doveva essere il bagno, invece, era socchiusa e le luci spente. Una dimora piccola che di casa sapeva davvero ben poco. Come se fosse lì in alloggio da una settimana, mentre invece ci abitava con probabilità da dieci anni.

Radish e Vegeta rimasero in piedi al centro della stanza, mentre Kakaroth si parò davanti con le braccia conserte.
«Quindi? Cosa state cercando da me?» domandò, accigliato.
Radish finì di guardarsi intorno e raggiunse lo sguardo del fratello.
«Non ti ricordi di noi, Goku? Non intendo da ieri, ovviamente».
Kakaroth stinse le labbra e, sebbene stesse sostenendo la conversazione con Radish, non riusciva proprio a staccare gli occhi da Sua Maestà. Forse perché Vegeta lo stava guardando con un'espressione che camminava sul filo tra il dolore e la voglia di mettergli le mani al collo.
«Dovrei conoscervi?» domandò questi.
Il Principe soffiò con il naso una risata cinica. Quella era la frase più stupida che avesse mai udito dalla bocca di Kakaroth. E di cose stupide ne aveva ben sentite!
«Diciamo di sì. Dovresti» asserì Radish. «Non ti sembra di averci già visti da qualche parte?»
Kakaroth tacque e, dopo averli passati per bene sotto uno sguardo tagliente, si morse il labbro inferiore.
«È un sì?» Radish ghignò compiaciuto, ma Kakaroth non perse tempo a sbottare. E Kakaroth era davvero, davvero raro che sbottasse.
«Sentite, io non so chi voi siate, ma vi conviene dirmi cosa volete da me. Agli affaristi non è permesso stare qui, potrei portarvi all'esilio seduta stante!» ringhiò, sull'evidente orlo di esasperazione.
Ciò fece perdere le staffe a Vegeta ma, ben lo sapeva, avrebbe dovuto portare una discreta pazienza nei suoi confronti. Oppure picchiarlo fino a fargli riacquistare la memoria.
«Il nome "Kakaroth" cosa ti dice?» parlò Vegeta, per la prima volta da quando erano giunti lì. Il grosso sasso in gola fece uscire un tono di voce più strozzato del previsto.
Kakaroth sembrò inorridire. Qualcosa di molto strano accadde al suo viso, poi scosse la testa per negare.
«Mi ha chiamato anche l'altro giorno in quel modo. Non sono colui che sta cercando» gli rispose, con un soffio.
Vegeta chiuse gli occhi per un secondo. Giusto per non cedere al panico. Dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto quello che avevano avuto ora gli dava del lei, si rivolgeva a lui come se non lo conoscesse. Come se non avessero passato quasi quarant'anni fianco a fianco, a lottare, a odiarsi, a condividere ogni fottuto giorno delle loro vite. E anche qualche morte.
«Evidentemente no... non più» sibilò Vegeta, disgustato. Non era più l'uomo che conosceva.
«Cosa intende?» chiese Kakaroth.
Il colpo di grazia per Sua Maestà e la sua già vacillante pazienza.
«Piantala di darmi del lei! Ci conosciamo da una vita, porca puttana!» sbottò, con i pugni stretti e i denti digrignati. Non avrebbe dovuto spazientirsi, ma qualcosa nel suo stomaco gli intimava che non avrebbe potuto reggere.
«Ve-presidente, non perda la calma» Radish lo prese per un braccio e parlò a denti stretti, ma Vegeta si divincolò con un gesto brusco.
«Presidente un corno!» ringhiò, poi si rivolse di nuovo al diretto interessato. «Kakaroth, davvero non ti ricordi di me? Neanche di lui? È tuo fratello, dannazione! Non ricordi nemmeno i tuoi figli?! Gohan, Goten!»
Kakaroth indietreggiò fino a trovarsi con le spalle al muro. Spaventato, inorridito.
«Ma cosa... cosa sta...» balbettò.
Radish si parò davanti per tentare di frenare la furia di Vegeta.
«Goku, quando sei arrivato qui?» domandò, cercando di mantenere la calma.
«Cosa vuol dire da quando sono qui?! Sono qui da sempre! Non ho nessun fratello, e soprattutto non ho figli!» pigolò.
Radish alzò un sopracciglio e aggrottò la fronte, stupito.
«Da sempre? Che intendi con da sempre
«Sono nato qui, su Morvir!»

Vegeta e Radish spalancarono gli occhi e si lanciarono un'occhiata stranita. Quella non era la risposta che si aspettavano di sentire. Non aveva alcun senso! Era giunto lì senza memoria, ricordava solo il suo nome, com'era possibile che stesse sostenendo di essere lì da sempre?
Le questioni erano due: o stava mentendo lui, o aveva mentito la guardia della sera prima. Qualcosa non stava girando in modo corretto.
«Chi erano i tuoi genitori?» scattò Vegeta, avvicinandosi di nuovo di un passo.
Kakaroth rimase in silenzio, con lo sguardo fisso in quello di Vegeta. Eppure sembrava perso, frastornato.
«Quali erano i loro nomi?» rimbeccò Vegeta.
Kakaroth si spalmò ancor di più contro il muro, il labbro tremante e gli occhi persi in ricordi che non avevano luogo.
«Io... io...»
«CHI TI HA CRESCIUTO QUI SU MORVIR?» Vegeta iniziò a gridare e si avvicinò di più, oramai le loro fronti quasi si sfioravano. Come quando avevano combattuto mentre era posseduto da Babidi, come quando l'intento era quello di fargli davvero del male.
«Io...»
«COSA RICORDI DELLA TUA INFANZIA?!»
Il Principe si aggrappò alla sua tunica e iniziò a strattonarlo, ma Kakaroth si divincolò.
«La smetta! La smetta! Andatevene immediatamente o vi faccio esiliare!» disse, il tono di voce molto più insicuro di quando erano entrati.
Radish prese Vegeta per le braccia e lo costrinse con la forza a staccarsi, poi lo trascinò indietro in direzione della porta.
«Kakaroth, sforzati di ricordare quello che c'è in quella testa bacata!» gli urlò ancora, puntandogli un dito contro mentre veniva trascinato fuori.
«Vieni» gli disse Radish, molto meno rude di quanto avrebbe dovuto essere.
«Kakaroth! Noi avevamo una promessa! AVEVAMO UNA PROMESSA!» gli gridò in ultimo luogo, quando oramai erano già nel vicolo buio del quartiere.
Kakaroth lo fissò con occhi terrorizzati, lucidi, poi chiuse la porta con un gesto secco.
Non era più l'uomo che conosceva, e fece più male di quanto Vegeta si aspettasse.




 
Continua...

Riferimenti:
-La primissima parte del capitolo era un sogno, ma non ho voluto metterla in corsivo apposta per confondervi. Chiedo perdono xD 
-Il permesso di soggiorno su Morvir dura sette giorni, ma entro tre vanno presentati gli affari perché - nel caso a qualcuno fosse sfuggito - non è permesso alla gente comune di soggiornare a Morvir. 


ANGOLO DI EEVAA:
Ehehe... vi siete spaventati all'inizio, eeeeeeeeh! *risata satanica* Beh, anche Vegeta, poveraccio. "Si è cagato sotto il caghetta!" (Cit.)
Scusate, sono imperdonabile xD sentitevi liberi di insultarmi come meglio credete. 
Ma alla fine è andato tutto... bene? Beh, da quel punto di vista, almeno. Goku non si è fatto nessuna nuova famiglia, per fortuna. 
Però c'è decisamente qualquadra che non cosa. Qualcuno sta mentendo? Chi sta mentendo? Cosa diamine è accaduto? Il mistero s'infittisce, ma per fortuna c'è Radish a tenere meglio le redini della situazione, perché Vegeta sembra tutto fuorché in grado di farlo.
Ve l'avevo detto che si sarebbe mostrato utile, il nostro Radish. E non solo per assicurarsi posti caldi tra le lenzuola delle belle signorine xD
Well, well, well... nel prossimo capitolo verranno fuori delle belle verità. Vi aspetto al varco e prometto di non farvi più scherzoni come quello di oggi <3
Un abbraccio e grazie di cuore a tutti, e grazie come sempre a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione in inglese. 
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Cosa stai cercando?» domandò Vegeta, vedendo l'amico smanettare con il motore di ricerca.
«Ricordi cosa ci ha detto Khinô sui segreti di Morvir?»
«I segreti dei Saggi? Ha detto che nessun abitante ne è al corrente» tentò di ricordare la conversazione. Il rumore delle dita di Radish sulla tastiera del computer era incessante.
«Sembra che neanche il motore di ricerca intergalattico ne sia al corrente. Ma ho scoperto che ci sono dei sistemi bloccati. Devo trovare il modo di hackerarli, ma sembra che in questi cinquant'anni io abbia perso lo smalto. O semplicemente le protezioni si sono irrigidite o modificate».

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** I Segreti di Morvir ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 9
I Segreti di Morvir




Le mani di Radish lo trascinarono fino all'angolo del vicolo poi, con un gesto brusco, questi lo spintonò fino al muro e lo immobilizzò.
Se fosse stato nel pieno delle sue facoltà, Vegeta gli avrebbe risposto con una testata in fronte. Ma Vegeta era troppo scosso, troppo incazzato, troppo deluso.
Radish si avvicinò con il volto minaccioso.
«Ma sei impazzito?!» gli soffiò in faccia.
La risposta era un sì. Era impazzito. Completamente andato, perso.
Vegeta gli ringhiò in faccia e tentò di divincolarsi, ma non ci riuscì. A dirla tutta non ci mise alcun impegno, altrimenti lo avrebbe spazzato via come un moscerino. Continuò invece a respirare affannosamente, con i denti digrignati dalla rabbia e i pugni stretti alla battle-suit di Radish, ma questi lo trattenne per le spalle fino a quando, per rassegnazione, Vegeta si calmò.
Solo quando Sua Maestà fu sufficientemente tranquillo da non rischiare di prendere fuoco, trasformarsi in Super Saiyan Blue e distruggere quel pianeta di merda, Radish mollò la presa.
«Dobbiamo rivedere il tuo concetto di “basso profilo”» borbottò.
Vegeta sbuffò aria calda, poi si prese i capelli tra le mani, disperato.
«Sul serio, V-» Radish si interruppe prima di poter rivelare il suo nome ad alta voce per i vicoli di Capitol Anima. «Sei sempre stato tu quello saggio tra noi due. Non sempre in grado di mantenere il sangue freddo, ok, ma quantomeno non sei mai stato tanto folle da mettere a repentaglio una missione. Cosa diamine ti sta succedendo?»
Vegeta grugnì, esasperato. In fondo quel deficiente aveva ragione e gli dava un gran fastidio. Certo, si era fatto guidare spesso e volentieri dalla rabbia, ma in passato non avrebbe mai scomposto la padronanza di se stesso per un semplice sentimento personale.
Eppure non ce l'aveva fatta: quando Kakaroth aveva iniziato a dargli del lei, a non riconoscerlo, a trattarlo come se nulla tra loro fosse successo... era semplicemente scoppiato. Non aveva saputo trattenere la frustrazione, la delusione.
In primo luogo perché sapeva che tutto ciò fosse in qualche modo colpa sua – se solo gli avesse impedito di partire non sarebbe successo. In secondo luogo, invece, perché non aveva proprio idea di come fargli tornare la memoria. L'avrebbe mai riacquistata?
E come avrebbero fatto a convincerlo ad andare via di lì, se lui li considerava due perfetti sconosciuti?
«Non ricorda niente... niente di niente» ringhiò Vegeta, frustrato.
Radish scosse la testa e arricciò le labbra. Cos'era, quella? Pietà? Commiserazione?
Vegeta odiava che qualcuno provasse quel tipo di sentimenti nei suoi confronti ma, se persino Radish lo stava osservando come se fosse una completa causa persa, forse lo era per davvero.
Doveva essere davvero, davvero penoso.
«Immagino sia... difficile» disse Radish, lentamente. No, non poteva davvero immaginarlo quanto fosse difficile. «Ma puoi mettere da parte i tuoi sentimenti personali per mio fratello per un attimo?» domandò infine, affranto.
Vegeta si irrigidì e gli puntò un dito contro.
«Non osare!»
«OH, DANNAZIONE!» sbottò Radish, oramai esasperato. «Pensi che sia deficiente fino a questo punto? Non me ne può fregare un accidenti di che rapporto abbiate, sono affari vostri. Quello che voglio dire è che io sarò anche uno stratega, ma ho bisogno di collaborazione. Ho bisogno del condottiero che mi ha guidato per anni nello spazio, non ho bisogno di un patetico sentimentale che va in escandescenza perché le cose non vanno come dovrebbero andare».
Vegeta divenne livido. Lo spintonò contro il muro opposto così forte da lasciarci le crepe dentro, così incazzato che proprio non comprese con quale grazia divina non l'avesse ancora incenerito da capo a piedi. Come osava parlargli in quel modo?
«Dammi del patetico ancora una volta e ti rispedisco all'Inferno, R-Gohan».
Tuttavia Radish decise di non demordere. «E allora non esserlo!» gli rispose, senza però sfiorarlo neanche con un dito. «Tu non sei così, non lo sei mai stato, neanche in questi due mesi e mezzo. Da quando siamo qui sembra che tu sia completamente rincoglionito. Vuoi salvare mio fratello? Allora ricomponiti e collabora, perché così non mi servi a un bel niente» sibilò in conclusione, poi gli voltò le spalle e si incamminò verso casa senza degnarlo più neanche di uno sguardo.
Vegeta resistette a malapena all'impulso di prenderlo per i capelli e farlo saltare in aria con un ki-blast, solo per aver osato dargli le spalle. E averlo definito un patetico, rincoglionito sentimentale.
Resistette e il motivo era uno soltanto: in fin dei conti quel deficiente non aveva nemmeno così torto.


Quando era successo? Quando aveva iniziato a lasciar da parte il proprio orgoglio a causa dei suoi sentimenti? Anni prima, di sicuro. Era stato un processo lento, inevitabile, da quando era giunto sulla Terra in poi. Lo stesso motivo per il quale si era fatto possedere da Babidi e aveva letteralmente venduto l'anima al diavolo per tornare a essere lo spietato Saiyan di una volta.
Poi aveva capito che non gli piaceva davvero essere quel Saiyan. Era cambiato, anno dopo anno si era redento da quelli che erano stati i suoi peccati, era diventato una persona rispettabile. Non sempre buona, non di certo un eroe, ma un essere umano degno di essere chiamato tale.
Eppure, nonostante i sentimenti, le emozioni, l'amore per la propria famiglia fossero cresciuti esponenzialmente in tutti quegli anni, Vegeta non si era mai più sentito in difetto verso la propria dignità o il proprio orgoglio. Non aveva mai perso il lume della ragione a causa di essi, non aveva mai commesso azioni sciocche, non aveva mai perso il senno come lo stava perdendo in quel momento su Morvir.
Aveva deciso di percorrere e attraversare l'universo per Kakaroth e ne aveva avuto completa ragione. Aveva resuscitato un criminale dall'Inferno per poterlo accompagnare e, sebbene potesse essere sembrata un'idea di merda, alla fine il suddetto criminale si era rivelato un alleato prezioso.
E, per quanto Radish spesso fosse stato un completo idiota, in quel momento Vegeta non riusciva più a fare a meno di pensare che non avesse torto.
Da quando erano giunti su Morvir, l'idiota era stato lui. Vegeta si era comportato in modo patetico, aveva gettato la sua dignità e il suo orgoglio a terra e ci aveva camminato sopra, il tutto perché non era riuscito a porre un freno a ciò che provava nel profondo.
Non era così che doveva essere. Non era così che si comportava un buon condottiero. Comportandosi in quel modo non aveva fatto altro che rischiare di compromettere quella missione.
Faceva male sentirselo dire da un guerriero di terza classe, ma faceva ancor più male realizzare che fosse tutto vero.
Era patetico.
Vegeta camminò a testa bassa lungo i vicoli bui di Morvir ma, una volta giunto ai propri alloggi, trovò il coraggio e la forza di raddrizzare le spalle. Non si sarebbe più permesso di cedere, non fino a quando non avrebbero portato via Kakaroth di lì. Le emozioni avevano un tempo preciso, l'orgoglio un altro.
E quello era tempo di essere orgogliosi. Era tempo di essere il Principe dei Saiyan.


Entrò nell'alloggio e trovò Radish intento ad armeggiare con un Capsule Computer. Non appena lo vide entrare, si interruppe e gli puntò addosso uno sguardo glaciale.
Vegeta glielo restituì con interessi, poi si avvicinò. Non gli avrebbe detto che aveva ragione, non avrebbe mai ammesso quella debolezza, non a lui. Era già stato troppo doloroso ammetterlo a se stesso.
«Abbiamo due versioni differenti dei fatti. La questione è sospetta» disse semplicemente Vegeta, piatto.
Qualcosa nello sguardo di Radish brillò. Un ghigno soddisfatto apparve sul suo viso e, per grande gioia di Sua Maestà, lasciò cadere la questione precedente nel baratro del nulla.
Perché sì, Vegeta avrebbe potuto confermarlo, Radish lo conosceva abbastanza bene. E rispettava il suo orgoglio più di quanto lo avesse rispettato lui stesso in quei giorni.
«Molto sospetta. La versione della guardia e quella che ci ha dato Kakaroth non corrispondono» rispose. Lo sguardo affilato di entrambi venne meno e, finalmente, tornarono a essere una squadra. Come quando lavoravano per conquistare pianeti nell'Esercito di Freezer, ma con intenti meno aberranti.
«E a meno che Kakaroth non sia un po' matto - da non escludere - c'è qualcosa che non va. Conoscendolo lui non stava mentendo, lui è veramente convinto di essere nato qui. La guardia ci ha nascosto qualcosa?» si chiese Vegeta, riluttante.
«Che motivo avrebbe avuto? Ha detto la semplice verità. No... io credo che ci sia sotto qualcosa. La cosa mi puzza parecchio».
In effetti la guardia aveva solo confermato il vero: Kakaroth era giunto lì dieci anni prima senza memoria.
«Cosa stai cercando?» domandò Vegeta, vedendo l'amico smanettare con il motore di ricerca.
«Ricordi cosa ci ha detto Khinô sui Segreti di Morvir?»
«I segreti dei Saggi? Ha detto che nessun abitante ne è al corrente» tentò di ricordare la conversazione. Il rumore delle dita di Radish sulla tastiera del computer era incessante.
«Sembra che neanche il motore di ricerca intergalattico ne sia al corrente. Ma ho scoperto che ci sono dei sistemi bloccati. Devo trovare il modo di hackerarli, ma sembra che in questi cinquant'anni io abbia perso lo smalto. O le protezioni si siano irrigidite o modificate» spiegò Radish, ringhiando dalla frustrazione all'ennesimo diniego del computer di dare lui l'accesso a un sito oscurato. 
«O questo computer di merda non ha i software adeguati per farlo».
Vegeta ghignò. Era giunto il momento di tirare fuori tutti gli assi nella manica.
«Sai chi è l'hacker più esperto che conosca?» domandò, sporgendosi beffardo verso Radish. «Bra».
Radish corrucciò per un istante lo sguardo, poi venne colto da un moto di realizzazione.
«Quella gran fi-»
«Radish. Ci tieni a vivere, vero?» lo interruppe Vegeta, più serio. O omicida, che dir si voglia.
«... figlia di un principe. Quella gran figlia di un principe!» si corresse, innocente.
Non importava quanto potesse essere saggio, motivante, un ottimo alleato o stratega. Deficiente era, deficiente sarebbe rimasto.


 


Nonostante fossero state le cinque del mattino sulla Terra, Bra non aveva tardato a rispondere alla loro richiesta di aiuto.
Inutile dire che Vegeta aveva dovuto spiegare per filo e per segno tutto ciò che fosse accaduto. L'entusiasmo per il fatto che avessero trovato Kakaroth si era però presto spento a causa delle condizioni in cui egli si trovasse. Goten aveva manifestato parecchia preoccupazione in merito, ma Vegeta non aveva lasciato loro tempo di disperare o fare troppe altre domande.
Avevano incaricato Bra di svolgere ricerche sui così detti “Segreti di Morvir” ma, naturalmente, non sarebbe stato compito facile. Hackerare il motore di ricerca intergalattico richiedeva grandi abilità e anche tempo in abbondanza.
Si erano salutati con la promessa di tenersi in contatto. Bra li avrebbe avvisati con tempestività non appena ottenute le informazioni di cui avevano disperatamente bisogno.
Nel frattempo lui e Radish avevano dovuto lavorare a una copertura sufficiente per gestire gli affari con i Saggi Imperiali il giorno dopo.
L'opzione delle Capsule Oplà non si era rivelata così una brutta idea. Avrebbero inventato che Vegeta – o meglio, il presidente Trunks – era il pezzo grosso dell'azienda Capsule Corporation, fondata a Hyndor con sede aziendale sulla Terra per via delle risorse tecnologiche del pianeta.
Radish aveva dovuto hackerare il sistema della Capsule Corporation per modificarne temporaneamente le caratteristiche, sicché al posto dei dati reali comparissero quelli alterati. Con Trunks di Hyndor come presidente e con una falsa storia e sede.
Insomma, avevano passato l'intera notte al computer a modificare l'intero sistema, onde evitare controlli serrati da parte dei Saggi.
Che poi... ai Saggi sarebbe importato davvero qualcosa? Avrebbero controllato? Sempre meglio tenersi tutelati. Non avrebbero potuto rischiare di essere sbattuti fuori dal pianeta prima di riprendersi Kakaroth.
E Vegeta voleva evitare di compiere una strage di innocenti per farlo.


 


Dopo un'altra notte quasi insonne, Khinô si presentò alla loro porta con il consueto sorrisetto da pesce e un entusiasmo decisamente fuori luogo.
Li accompagnò fino al Quartiere Imperiale sproloquiando su quanto fosse complesso il sistema affaristico di Morvir, spiegando loro che i Saggi parlassero solamente la lingua Morviriana e quindi lui fosse tenuto a fare da interprete durante le loro sedute d'affari.
Gli spiegò come i colloqui si protraessero persino per ore, talvolta anche per giorni prima che si riuscisse a raggiungere un accordo soddisfacente. A volte, invece, i Saggi ritenevano poco interessante l'affare proposto e disponevano l'immediato espatrio degli affaristi.
Vegeta e Radish, a quell'eventualità, si lanciarono un'occhiata preoccupata.
«Ebbene sì, sarebbe un vero peccato dopo il vostro lungo viaggio!» convenne Khinô, poco prima di salire i gradini del palazzo imperiale. «Siamo arrivati. Dunque, vi chiedo di mantenere l'assoluto silenzio fino a che non sarà lo stesso Saggio a darvi la parola. È pronto, presidente Trunks?»
Vegeta annuì senza entusiasmo poi, dopo un serrato controllo di due guardie native, il portone principale Ovest del palazzo si aprì con un cigolio.
L'interno del palazzo era sfarzoso oltre ogni immaginazione. L'entrata portava a un corridoio lungo che terminava in un ampio atrio ottagonale, dal soffitto altissimo a cupola. Le pareti erano rivestite di affreschi coloratissimi, il pavimento un unico grande mosaico azzurro e oro raffigurante una divinità dalle sembianze native. Circondanti lo spiazzo ottagonale, vi erano otto stanze separate da grossi tendaggi, cinque dei quali erano tirati, mentre gli altri tre erano aperti. Al centro dell'atrio vi era una pedana e, sopra essa, una cupola di vetro dorato, ove all'interno era seduto un uomo vestito con una lunga tunica oro, ricoperto di gioielli dalla testa ai piedi. Quello doveva essere l'Imperatore Zinnĩr in tutto il suo splendore. O megalomania, che dir si voglia. In quella posizione gli sembrava solo un pesce in una boccia.
La cupola era presidiata da un plotone di guardie e, naturalmente, tra esse vi era la guardia che prendeva il nome di Goku.
Vegeta sussultò quando i loro occhi si incontrarono di nuovo, ma si concesse solo pochi istanti per poter cedere al panico. Deglutì la frustrazione e continuò a camminare sostenendo lo sguardo.
Kakaroth parve irrigidirsi, ma non scompose la posizione sull'attenti nemmeno quando furono vicini pochi piedi l'uno dall'altro.
Ti porterò via da qui, maledetto figlio di puttana, pensò Sua Maestà. Poi strinse le labbra per non lasciarsi andare in un ghigno cinico.
Khinô, nel frattempo, si era posizionato di fronte la pedana dell'Imperatore e si era inchinato profondamente all'autorità. Vegeta e Radish, per non essere da meno, lo emularono.
A quel punto Khinô disse qualcosa di incomprensibile in lingua Morviriana e l'Imperatore, dopo averli scrutati con attenzione, indicò con un gesto distratto e svogliato della mano una delle tre stanze aperte.
L'accompagnatore fece loro cenno di seguirlo e, dopo un altro profondo inchino, si avviarono nella stanza designata. Non senza prima lanciare un'ultima occhiata di sfida a Kakaroth. Oramai era diventato proprio quello: una sfida. L'avrebbe tirato fuori da quel cesso di pianeta, lontano da quel megalomane di un Imperatore e la politica incredibilmente totalitaria di quel luogo.


Non appena entrarono nella stanza, due delle quattro guardie all'interno di essa chiusero i due grossi drappeggi rosa indiano e oro. Al centro vi era un'anziana nativa, vestita anch'essa di una tunica dorata con una grossa fasciatura acquamarina in vita. Le quattro braccia erano adornate di bracciali preziosi, seppur in quantità minori rispetto a quelle dell'Imperatore.
Era seduta a gambe incrociate su un pouf largo, circondata di tappeti e pezzi di antiquariato che facevano sembrare quella stanza un vero e proprio harem.
Khinô si inchinò di nuovo e la donna li invitò a sedersi sulle sedute preziose di fronte a lei. Dopo averli osservati con attenzione, finalmente, parlò.
Una lingua complessa il Morviriano. Vegeta non aveva sentito nulla di simile, e di lingue strane per la galassia ne aveva sentite eccome! Il Namecciano primo tra tutti.
«Presidente Trunks di Hyndor, stavo aspettando da giorni la tua proposta» Khinô si affrettò a tradurre le parole del Saggio.
Vegeta strinse le mani sul tessuto vellutato del divanetto. Era un'accusa di ritardo, quella? Era così che iniziavano i loro affari in quel posto?
Tuttavia, come da accordi presi con Radish, avrebbe dovuto essere più condiscendente possibile, se voleva avere una speranza di essere ascoltato.
Montò la sua miglior espressione elegante e parlò.
«Sono rimasto affascinato del vostro pianeta, tant'è che mi sono riservato di goderne la bellezza prima di procedere al lavoro. Il viaggio è stato lungo e stancante, ho pensato di concedermi una piccola vacanza dagli affari».
Vegeta odiava essere condiscendente. Non lo era mai stato, era Radish quello addetto ad essere paraculo. Ma, essendo lui il presidente di Hyndor, non avrebbe potuto far parlare un semplice sottoposto.
La donna parlò di nuovo, priva di espressione, e Khinô tradusse le sue parole.
«Sono pari a zero gli ospiti che non gradiscono l'esperienza su Morvir. Così come sono pari a zero gli affari che non vanno in porto, se l'interesse da parte nostra è alto».
Vegeta non dovette sforzarsi troppo per assumere un'espressione colpita. Colpito lo era per davvero, non tanto per le statistiche, quanto per l'egocentrismo e le manie di superiorità degli abitanti di quel diamine di pianeta.
«La vostra abilità vi precede, onorevole Saggio. Spero di portarvi cosa gradita» decise di tagliare corto Sua Maestà. Non avrebbe sopportato ulteriori false riverenze e risposte autoreferenziali.
Il Saggio sollevò il mento e fece ondeggiare le vibrisse, in quella che era forse la prima reazione emotiva del loro discorso. Sembrava incuriosita.
«Mi illustri la proposta».

Vegeta estrasse dal corpetto della battle-suit una scatoletta metallica quadrata serigrafata in argento opaco. La aprì e ne rivelò quattro capsule con iniziali diverse. Ne estrasse una e la prese tra due dita, esponendola con cura alla donna.
Era giunto il momento di mettere appunto le sue capacità di venditore. Che erano piuttosto scarse, ma aveva seguito spesso Bulma nel passato durante le sue conferenze scientifiche e l'aveva ascoltata decantare spesso le sue invenzioni.
«Penso che queste possano implementare ulteriormente la vostra ricchezza tecnologica. Le Capsule Oplà sono un modello oramai piuttosto in voga nella Galassia del Nord dalla quale provengo. All'interno di esse si può rinchiudere qualsiasi tipo di oggetto, di qualsiasi dimensione e qualsiasi natura» illustrò, poi rimise al proprio posto la capsula e mostrò l'intero contenuto della scatola. «Questo è solo un esempio: un kit per le emergenze da viaggio contenente una Capsule Hub – una tenda rinforzata per due persone con sistema idrico per la toilette e la doccia - un Medbay, un aeromobile, un sistema refrigerato con provviste e acqua. L'ideale per viaggiare. Il funzionamento è semplice, basta premere il cappuccio superiore e lanciare la capsula a terra, e ne comparirà l'oggetto inoculato in precedenza» spiegò. Non vi era alcun bisogno per Khinô di tradurre quanto stesse dicendo perché, ovviamente, il Saggio conosceva alla perfezione lo standard intergalattico. Solo non si abbassava a parlarlo, in quanto “essere superiore”.
Il Saggio sembrò interessata a quanto avesse da dire, così Vegeta decise di non dar lei tempo di discuterne.
«Ho notato che nel vostro sistema di mercato utilizzate la trasmissione istantanea di oggetti direttamente da scorte di magazzino, ma le piattaforme a disposizione sono di dimensioni ridotte. Queste capsule potrebbero favorire il passaggio di oggetti più grandi, ridurre la dimensione delle piattaforme di spostamento con conseguente utilizzo migliore dello spazio» aggiunse Sua Maestà. Non sapeva da dove gli fosse venuta quell'idea, ma gli insegnamenti indiretti di Bulma erano stati preziosi e lui era una persona molto ricettiva. Persino Radish sembrò piuttosto colpito dalle sue parole, oltre che Khinô e il Saggio. Quest'ultima si sporse in avanti sul proprio pouf per osservare meglio la scatoletta tra le mani di Vegeta, poi parlò.
«Gradirei una dimostrazione pratica dell'utilizzo».
Quella era senza dubbio una reazione positiva, ed era già qualcosa. Vegeta annuì con aria solenne e, dopo aver scelto la capsula con il sistema di refrigerazione, premette il tappo e la lanciò poco distante.
Con un pop e una nuvoletta di fumo apparve un frigorifero quadrato dal quale Vegeta ne estrasse una lattina di tè freddo per dimostrazione. Dopodiché premette nuovamente il cappuccio della capsula e l'oggetto tornò al proprio posto.
«Naturalmente questo è solo un kit dimostrativo con oggetti che credo non siano di vostro interesse. Abbiamo a disposizione capsule vuote nelle quali inserire gli oggetti che più vi aggradano» concluse Sua Maestà, sedendosi al proprio posto.
Il volto del Saggio tornò a essere inespressivo. Era una cosa negativa?

«Interessante. Quante capsule avete portato per la vendita?» Khinô tradusse le parole del Saggio. Radish sembrò illuminarsi: la loro trattativa stava andando a buon fine.
Nessuna cosa negativa, dunque. Semplicemente era il modo dei Saggi di non mostrarsi troppo entusiasti di fronte a tecnologia proveniente da altri pianeti. Ed era davvero il colmo, dato che tutto ciò che c'era su Morvir era stato comprato altrove. Incredibile la loro capacità di vantarsi di invenzioni altrui!
«Ne abbiamo a disposizione una cinquantina, sulla nostra nave» spiegò Vegeta. Forse non ne avevano veramente così tante vuote, ma avrebbero potuto ricavarle dai doppioni dei vari kit.
Il Saggio storse il naso in disappunto. Perché sì, l'entusiasmo era cosa proibita, ma il disappunto sapevano mostrarlo benissimo.
«Troppo poche. Ma sarebbe gradito avere a disposizione la tecnologia che le compone, così da poterne riprodurre sul nostro pianeta» spiegò.
Vegeta strinse gli occhi. Non che non se lo aspettasse: era chiaro che non se la sarebbero cavata vendendo una manciata di capsule, anche se ci aveva sperato.
Su Morvir non si accontentavano di poco.
«Possiamo farvene avere altre da Hyndor. O... per una cospicua retribuzione, potrei optare per una cessione di parte delle royalties del brevetto in questione» disse quindi Vegeta, a denti stretti.
Non era molto felice di cedere il brevetto inventato da Bulma e suo padre a quei figli di puttana, seppur vero che non sarebbe cambiato niente. Loro avrebbero continuato a produrle sulla Terra senza alcun problema a riguardo.
Il Saggio annuì.
«La cospicua retribuzione non sarà un problema per Morvir. Quali sarebbero le condizioni di cessione?»
Vegeta si sentì strano. Per un secondo sentì di voler proporre una somma in denaro, in oro o in metalli preziosi. Una somma che non valeva assolutamente il prezzo della tecnologia da lui proposta.
Non aveva la minima idea del perché avesse pensato a ciò, forse per liberarsi alla svelta di tutta la questione degli affari. Poi però si ricordò che non fosse saggio concludere con così tanta fretta degli accordi: se avessero suggellato l'affare, il loro permesso di soggiorno sarebbe scaduto.
Eppure aveva una gran voglia di sancire la conclusione delle trattative. Una voglia innaturale di andarsene da quel luogo.
No, avrebbe dovuto prendere più tempo. E magari portarsene a casa un profitto migliore di ciò che aveva pensato in primo luogo.
«Sono giunto qui per vendere dei prodotti, non la tecnologia stessa. Per una rivalutazione gradirei del tempo a disposizione per discuterne in conferenza anche con il vicepresidente» propose quindi Vegeta.
Il Saggio strinse gli occhi, quasi delusa. Per un attimo il Principe ebbe una gran paura che avrebbe potuto dirgli di no ma, dopo un lungo silenzio contemplativo, la donna parlò. Il suo tono sembrava aspro.
«Permesso accordato. Concedo ventiquattro ore di tempo per presentare un nuovo accordo. Siete congedati, per oggi».
Vegeta e Radish si rilassarono sulle loro sedute.
«La ringrazio, onorevole Saggio» concluse Sua Maestà.
Khinô si alzò di scatto e procedette con un inchino, richiamandoli all'ordine.
Uscirono di tutta fretta dal palazzo, Kakaroth era ancora a presidio dell'Imperatore, ma Vegeta se ne guardò bene dal sostare troppo a osservarlo.
Si sentiva già piuttosto confuso e frastornato da quella chiacchierata affaristica.


 


«Un'ottima trattativa, presidente Trunks» il tono di Radish era gioviale e allegro, mentre si apprestavano a rientrare nei loro alloggi dopo un lungo pranzo logorroico con Khinô. «Dovresti valutare una carriera in questo ambito, stavo per comprartele io quelle capsule» continuò.
Vegeta scosse la testa, divertito.
«E cosa ci metteresti dentro, di grazia? Un bordello portatile?»
Radish spalancò gli occhi e gli saltellò davanti con un entusiasmo che gli ricordò tanto, troppo quello di Kakaroth. Con la sottile differenza che Kakaroth fosse troppo squisitamente ingenuo per conoscere cosa fosse un bordello.
«Sei un genio! Anche un inventore, oltre che un ottimo venditore! Facciamoci i soldi!» trillò, e Vegeta lo scansò con una manata per poter entrare negli alloggi e farsi a una lunga, scrosciante e rinfrescante doccia.
Ignorò le ulteriori proposte indecenti di affari di Radish e si addentrò in casa quando, dall'area del salotto, un incessante trillo proveniente dal computer li fece zittire entrambi.
Una videochiamata.
I due Saiyan si lanciarono un'occhiata allarmata e corsero verso il computer, accettando la ricezione in collegamento dalla Terra.
«Bra!» soffiò Vegeta, nel vedere apparire il volto stanco della figlia sullo schermo. Aveva l'aria di chi ha lavorato tutta la notte. Non molto diversamente da loro, in fin dei conti.
«Ma dove caspita eravate finiti?! Sono due ore che provo a chiamarvi!» ringhiò lei, con un tono del tutto riconducibile a quello che utilizzava Bulma per redarguire lui e Kakaroth quando tardavano dagli allenamenti.
«Eravamo nel pieno degli affari. Hai scoperto qualcosa?»
Fu un vero sollievo vederla annuire dall'altra parte dello schermo. Un vero peccato che la sua espressione tradisse una certa preoccupazione.
«Oltre che disposti di incredibili ricchezze, i Morviriani sono noti come abili affaristi. Si dice che nessun affare sia mai andato male su Morvir» spiegò Bra. Vegeta sollevò in sopracciglio. Quella notizia l'avevano già appresa quel giorno, il Saggio aveva spiegato loro lo stesso. «Ma, come ci insegnano le statistiche,» continuò Bra, «non bisogna mai, mai fidarsi di un 100%».
Radish e Vegeta si lanciarono un'occhiata confusa.
«Cosa intendi dire? Hanno alterato le loro statistiche? Ma cosa può interessarci? E cosa c'entra con i Segreti di Morvir?» domandò Radish.
«Quello che intendo dire è che, hackerando il sistema intergalattico, ho scoperto il perché di questo strano 100%. Molti degli affaristi che giungono su Morvir tornano poi al loro pianeta e vengono spesso giustiziati o messi in prigione in regimi totalitari, oppure finiscono per venire screditati o licenziati. Questo perché gli affari non terminano mai, mai con uno scambio equo, e nessuno è riuscito a spiegarne il perché. Spesso sono state vendute tecnologie complesse o ricchezze per un pugno d'oro o poco più» illustrò Bra, e Vegeta spalancò la bocca.
Qualcosa non andava: lui stesso aveva quasi concluso un affare proponendo una somma ridotta in oro per le royalties di una tecnologia che valeva miliardi, e gli era sembrata quasi una buona idea.
«Aspettate... io stavo... stavo per concludere l'affare oggi per pochissimo profitto, prima di ragionare sul fatto che fosse il caso di desistere. Ma non perché mi fosse sembrato poco, ma perché non volevo scadesse il permesso di soggiorno» ammise Vegeta, confuso.
«CHE COSA?!» sbraitò Radish, esterrefatto. «Ritiro tutto ciò che ho detto sulla tua capacità di venditore».
Bra, dall'altra parte dello schermo, sospirò di sollievo.
«Dannazione! Era per questo motivo che ho tentato di chiamarvi per tutto il tempo. Una fortuna che tu sia abbastanza forte, papà».
Forte? Cosa c'entrava la forza in tutto quello? Vegeta non riusciva proprio a capire dove fosse il problema.
«Bra, spiegati».
«Il grande segreto di Morvir è che i Saggi sono in grado di utilizzare un potere a loro insegnato anni e anni fa, giunto sul pianeta con gli ultimi superstiti degli Tsufuru».
Vegeta trasalì. Gli Tsufuru erano la popolazione del pianeta Plant, il pianeta meglio conosciuto come Vegeta-Sei, prima della sua esplosione. I Saiyan avevano ucciso tutti gli Tsufuru e conquistato il loro pianeta. E, purtroppo, Vegeta conosceva bene quali fossero le caratteristiche di quegli alieni.
«I Saggi hanno appreso la manipolazione mentale, è per questo che le trattative si concludono con facilità. Utilizzano metodi di convincimento davvero poco ortodossi per suggellare gli affari» concluse Bra, amaramente.

Non era necessaria ulteriore spiegazione per comprendere quali fossero le implicazioni di tutto ciò.
Vegeta e Radish si voltarono l'uno verso l'altro molto lentamente, inorriditi, disgustati.
Tutto si era fatto più limpido.
Kakaroth non aveva mentito quando aveva detto di essere convinto di essere nato lì. Ma nemmeno la guardia aveva mentito, quando aveva detto loro che Goku fosse lì da dieci anni senza alcuna memoria.
C'era solo una piccola imprecisione, in tutto quello: Kakaroth non era arrivato lì senza memoria.
Erano stati loro a togliergliela.




 
Continua...

Riferimenti:
-Imperatore Zinnĩr: per il nome mi sono ispirata a un soprannome stupido che i nostri amici danno al mio ragazzo xD e anche per alcuni tratti della descrizione fisica. Per lui è stata una vera sorpresa ritrovarsi in una mia storia come un imperatore megalomane xD
-Tsufuru: la storia degli Tsufuru e del pianeta Plant è canonica e reale, per quanto riguarda la manipolazione mentale non sono convinta che sia un loro reale potere, non ricordo, ma mi piaceva pensare che loro fossero coinvolti. Mi sembrava anche credibile che i Saggi potessero apprendere la tecnica della manipolazione mentale, così come Goku è riuscito ad apprendere tecniche di altre razze aliene (il teletrasporto su Yardrath).
-Nel mio immaginario quella gran fi...glia di un principe di Bra è la degna discendente di Bulma in termini di intelligenza e di professione. La rappresentazione del GT non mi ha convinta molto. 
-Nella traduzione inglese ho pensato ai Saggi come "the Elders", ma in italiano non sono riuscita a trovare qualcosa che mi piacesse e che fosse neutro visto che sono maschi e femmine. "La Saggia" non mi piaceva proprio :/ ho tenuto il maschile, anche se mi rendo conto sia una scelta un po' stramba. Chiedo scusa nel caso vi abbia dato fastidio.

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente!
Che dire, alcuni di voi avevano ipotizzato qualcosa di simili, alcuni ci sono andati più vicino di altri, ma qui il problema è proprio questo: i Morviriani sono degli stronzi. I Saggi, in primis, che manipolano la gente per trarre profitto in tecnologia e altre risorse. Probabilmente, accorgendosi della potenza di Goku, hanno manipolato la sua mente per assoggettarlo e renderlo parte del loro esercito.
Ma... i civili saranno al corrente di ciò, o come dice Khinô sono Segreti solo dei Saggi e l'Imperatore? Chissà, chissà, chissà. 
Una vera fortuna che la mente del principe non sia così facilmente penetrabile e ha ragionato prima di poter concludere l'affare e venire espatriato. Come agiranno adesso i nostri eroi? Si accettano teorie. 
Grazie come al solito a tutti per il vostro supporto e il vostro entusiasmo! E grazie alla mia cara Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«... sei un figlio di puttana, lo sai?» asserì Radish, beffardo.
Vegeta ammiccò. «Il migliore».
«E comunque voglio i diritti d'autore della mia terapia psicologica motivazionale» aggiunse Radish.
«Troppo tardi».

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La trattativa ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 10
La trattativa

 



 
Vegeta ringhiò.
Avvertì il proprio il sangue ribollire nelle vene, un ancestrale bisogno di fare fuoco e fiamme e radere al suolo l'intero pianeta. Senza guardare in faccia nessuno, senza preoccuparsi di niente se non trarre in salvo le uniche persone di cui gli importava ancora qualcosa, lì.
Tuttavia si era ripromesso di non perdere mai più le staffe per questioni sentimentali, non nel pieno di una missione. Non era più un assassino, non era più nell'esercito di Freezer e il suo scopo non era quello di fare strage di innocenti. C'erano dei bambini su quel pianeta, c'erano delle persone che erano solo vittime di quel sistema politico dispotico.
Quindi respirò a fondo, tentò di calmarsi, di ragionare e mettere da parte quella malsana voglia di pluriomicidio.
Eppure, sebbene Radish fosse colui che aveva millantato sangue freddo, non sembrava più essere della stessa idea.
«Lo stanno controllando, porca puttana!» esplose, tirando un pugno al tavolo che, sotto la forza bruta, cedette. Il Computer Capsule rimase in bilico tra i ciocchi spezzati di legno scuro e Bra, in collegamento, borbottò in disappunto del gesto di Radish.
Vegeta invece non disse niente. Oramai gli importava poco o niente di preservare l'integrità degli spazi di quel luogo di farabutti. Certo, se avesse iniziato a dare di matto assassinando persone a caso l'avrebbe fermato, ma per il momento lo osservò semplicemente andare in escandescenza.
«Dobbiamo prenderlo e portarlo via di qui. Ci hanno preso in giro fino adesso, e nessuno può permettersi di prendere in giro i Saiyan» ringhiò Radish, puntandogli un dito contro. «Diamo fuoco a questa palla di fango e andiamocene!»
Per l'appunto.
Molte cose si erano fatte più chiare da quando Bra aveva rivelato loro il grande segreto di Morvir: la manipolazione mentale acquisita dagli Tsufuru. Non aveva idea di come Kakaroth fosse giunto su Morvir – comprato al mercato nero come combattente? Improbabile. Qualche impostore che gli aveva suggerito di andare lì? Già più plausibile – ma ciò che era certo è che lo avessero manipolato. Forse aveva combattuto inconsciamente per non farsi manipolare, forse ci era voluto tanto tempo e questo avrebbe spiegato anche il perché la sua Aura si fosse spenta a poco a poco.
Vegeta scosse la testa e strinse le labbra. Era vero: dovevano portare Kakaroth lontano da quel pianeta, ma per evitare di commettere stragi sarebbe stato molto più saggio scoprire chi lo stesse manipolando – un Saggio, a questo punto - e farlo smettere, quindi portare via Kakaroth successivamente. Senza doverlo costringere con la forza sarebbe stato più facile, meno drastico.
Vegeta socchiuse gli occhi, un'idea si fece largo tra le sue sinapsi.
«Sono d'accordo con te, Radish, dobbiamo portarlo via. Ma dobbiamo fare in modo di utilizzare in modo saggio le nostre carte e farlo in modo conveniente e corretto. Basso profilo, insomma» spiegò Vegeta, calmo.
«CHE COSA?!» berciò Radish, avvicinandosi sottecchi. «È di mio fratello che stiamo parlando. Non posso accettare che utilizzano il sangue Saiyan in questo modo senza pagarla cara».
Oh, e non aveva visto come Zamasu aveva sfruttato il corpo di Kakaroth! Ancora a Vegeta ribolliva il sangue solo al pensiero.
«Scusami, ma l'unica volta che hai visto tuo fratello hai combattuto con lui per ucciderlo» fece presente Vegeta. Radish si stava dimostrando fin troppo protettivo, per uno che di suo fratello se ne era infischiato per tutta la vita.
«Oh, andiamo, non ricalcare il passato! E comunque l'avevo visto nascere, quel soldo di cacio» grugnì Radish, irritato. «Ad ogni modo tutto 'sto lavaggio del cervello sentimentale che mi hai fatto in questi mesi sulla famiglia e sugli affetti alla fine mi ha coinvolto, va bene?!» aggiunse a braccia conserte, quasi offeso, sicuramente in imbarazzo.
Vegeta ghignò. Non avrebbe mai sperato di riuscire davvero ad addomesticare quel bastardo.
«Bene, ma ora non ho bisogno di un patetico sentimentale che va in escandescenza quando le cose non vanno come dovrebbero. Ricomponiti e collabora, perché così non mi servi a un bel niente» disse poi, con un sorrisetto canzonatorio. Gli era sempre piaciuto rigirare a proprio vantaggio le situazioni.
Radish strinse gli occhi, riconoscendo quelle parole come quelle che gli aveva detto lui stesso la sera precedente. Sembrò calmarsi. In effetti erano davvero d'aiuto per riuscire a rimettersi in carreggiata.
«... sei un figlio di puttana, lo sai?» asserì Radish, beffardo.
Vegeta ammiccò. «Il migliore».
«E comunque voglio i diritti d'autore della mia terapia psicologica motivazionale» aggiunse Radish.
«Troppo tardi».
«Ehm, scusate, non vorrei interrompere questa bizzarra conversazione, ma quindi cosa avete intenzione di fare?» domandò Bra, ancora in collegamento diretto dalla Terra.
Sua Maestà lasciò perdere l'alleato e si portò due dita sotto il mento, come per pensare. L'idea balenata tra le sue sinapsi iniziò a ingranare, a prendere forma.
Avrebbe tentato la soluzione più folle pur di portarsi via Kakaroth con le buone, ma non vi era alcuna certezza che funzionasse.
«Darò una chance a quegli stronzi imperiali di vivere. Una sola. Ma, se la cosa non dovesse funzionare, beh, non sarò io a fermarti se vorrai far scivolare qualche Ki-blast sulla testa di qualcuno, Radish» annunciò Vegeta, gli occhi stretti e un sorriso sardonico.
Radish emulò il ghigno, pronto all'ascolto di quello che sarebbe stato il gran finale del loro viaggio su Morvir.
«Qual è il tuo piano?»


 

 

Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Kakaroth, aspetta!» urla Vegeta.
Kakaroth riapre gli occhi e corruccia lo sguardo.

«Cosa devo aspettare?»
Vegeta si avvicina di un passo, gli mette entrambe le mani sulle spalle.
«Devi aspettare me. Ci metterò tanto... ma alla fine ti cercherò. E ora ti ho trovato» gli dice, i polpastrelli premuti nei suoi muscoli.

«Non capisco cosa intendi» gli risponde Kakaroth, confuso.
«Ti ho trovato, Kakaroth. Ora devo solo portarti via da questo luogo. Abbi solo ancora un po' di pazienza. Ti porterò via. Ti porterò a casa» promette.
Quella promessa l'avrebbe mantenuta. Kakaroth sorride, si convince.

«Mi fido di te, allora, Vegeta».
Si fida. Si è sempre fidato di lui, anche quando non avrebbe dovuto farlo. Ma quella volta non l'avrebbe deluso. L'avrebbe portato a casa per davvero.

«Aspettami» gli sussurra di nuovo Vegeta. Vorrebbe rimanere aggrappato lì, ma sa che non può. Ha una promessa da mantenere.
Kakaroth si allontana e si riporta le dita sulla fronte.
«Ti aspetterò» dice, poi scompare.

Poco importava. L'avrebbe ritrovato.



Faceva caldo quella mattina, su Morvir. Un caldo infernale, eppure Vegeta doveva lottare contro i brividi che gli percorrevano la spina dorsale, vertebra dopo vertebra. Non aveva dormito molto neanche quella notte, i suoi sogni l'avevano tenuto in uno stato di semi-coscienza ma, se tutto fosse andato come sperato, quello era il momento della resa dei conti. Nel giro di poco tempo le cose si sarebbero smosse.
«Tu sei completamente certo di quello che stiamo facendo, vero?» gli domandò Radish, mentre camminavano veloci verso la piattaforma di trasmissione più vicina ai loro alloggi.
«Assolutamente no».
Vegeta non era certo che ciò che aveva in mente avrebbe funzionato, anche se ci sperava. Non era più un assassino, non era più colui che uccideva per ottenere ciò che voleva.
«Ottimo» convenne Radish, soddisfatto, «Per fortuna c'è il piano B».
Il piano B. Ovvio che c'era un piano B, ma Vegeta sperava davvero con tutto il cuore di non arrivare a quel punto.
«Ricordati, Gohan,» mormorò, guardandosi intorno per comprendere se qualcuno li stesse ascoltando, «che il piano B è l'ultima spiaggia. E lo decido io quando e se ricorrervi».
Radish alzò gli occhi al cielo, però annuì. Sua Maestà comprendeva la sua riluttanza: i Saggi non erano persone oneste. Stavano manipolando la mente di un uomo – così come avevano manipolato molti altri – per il proprio tornaconto personale. Non meritavano chissà quale compassione, ma le politiche di quel pianeta erano quelle e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto provare a rispettarle.
Fino a un certo punto.
«Certo, presidente» disse infine Radish.
C'era solo da capire quanto fosse labile quel “certo punto”.
«Signori, siete mattinieri!» Khinô li accolse con la consueta voce morbida ed entusiasta. Gli avevano dato appuntamento poco dopo il sorgere del sole – o qualunque fosse il nome della stella luminosa di quel sistema – ed egli non aveva tardato a farsi trovare vicino alla piattaforma di trasmissione.
Vegeta montò un'espressione compiaciuta tanto quanto falsa, poi parlò.
«Oh, sì, ho raggiunto degli accordi con gli altri grandi esponenti della società per procedere con la trattativa».
Khinô spalancò i grandi occhi neri con entusiasmo, poi unì le quattro mani di fronte al petto.
«Uh, allora non perdiamo tempo. Al Quartiere Imperiale!»


 
 


Il Saggio che li aveva accolti per la trattativa era la stessa donna del giorno prima, sempre vestita della stessa tunica, sempre seduta a gambe incrociate sul grande pouf della medesima stanza.
Dopo gli inchini e formalità che Vegeta era stato costretto a emulare, ella non aveva atteso molto tempo prima di parlare. E, al contempo, a tentare un accesso forzato alla mente di Vegeta.
«Avete trovato un compenso che possa soddisfare le vostre aspettative?»
Dal momento in cui Khinô aveva tradotto le sue parole, Sua Maestà aveva iniziato ad avvertire l'impulso malsano di concludere l'affare per pochi Yēŏn o una manciata d'oro. Aveva provato a chiudere gli occhi, ma la manipolazione mentale era forte. Il giorno prima aveva smesso di avvertire ciò solamente dopo che si era allontanato a sufficienza. Probabilmente era necessaria una vicinanza fisica per mettere in atto quel potere.
Vegeta strinse i denti e si sforzò di mantenere un atteggiamento indifferente.
«Oh, sì. Ciò che manca sul nostro pianeta è una difesa di combattenti adeguati e, come voi saprete, il mercato nero non è un buon posto per arruolare personale. Abbiamo appreso che le vostre forze armate sono un'eccellenza, per questo motivo abbiamo deciso che siamo disposti a cedere il 60% delle royalties del brevetto per almeno uno dei vostri guerrieri di élite, sicché possa proteggerci alla sede del colosso scientifico» dichiarò Vegeta.
Per la prima volta il Saggio sembrò realmente colpito dalle parole del Principe. Quella doveva suonargli proprio nuova!
Sua Maestà dovette compiere un grandissimo sforzo per non lasciarsi sfuggire una grassa risata. Lui era il Principe dei Saiyan, aveva già sperimentato in passato la manipolazione mentale e ne era uscito vittorioso.
«Non... non decisamente quello che mi aspettavo. Siete proprio sicuro di voler proseguire con codesto tipo di trattativa?» Anche la voce di Khinô suonò molto stupita.
Vegeta avvertì una pressione manipolativa molto più forte, molto più intrusiva, talmente forte che quasi gli venne spontaneo fare cenno di diniego. Ma se neanche la potenza di un demone come Babidi era riuscito a farla franca contro la sua volontà, non sarebbe stata certo una vecchia con un potere appreso da un popolo di stronzi a metterlo alle strette.
«Assolutamente» annuì quindi, quasi impassibile nonostante il grande sforzo.
Il Saggio socchiuse gli occhi. Sembrava quasi arrabbiata, frustrata, e ciò era molto soddisfacente per Vegeta.
Poi, d'un tratto, la donna si alzò dal proprio pouf con un volo meditativo e, fluttuando nell'aria, raggiunse la tenda che separava la stanza dall'atrio e sparì dietro essa.

«Dove sta andando?» domandò Radish, confuso.
Khinô si sporse verso di loro con aria esterrefatta. «Sono anni che nessuno osa una trattativa di questo tipo» sussurrò con un sibilo.
Vegeta storse le labbra in un ghigno. Erano anni che, evidentemente, nessuno dava a quel pianeta di stronzi un po' di filo da torcere.
«Ricordate cosa vi ho detto? L'Imperatore partecipa solo alle trattative riguardanti l'esercito» aggiunse Khinô. Sembrava preoccupato.
«Sarà un onore parlare con l'Imperatore, allora» tagliò corto Vegeta e, nell'esatto istante, la tenda color rosa indiano si aprì con uno strappo.
Il Saggio entrò per primo, seguito poi da una cerchia di sei guardie che circondavano una figura esile al centro. E, naturalmente, una delle sei guardie chi poteva essere, se non colui che chiamavano Goku?
Vegeta strinse le labbra per non farle tremare quando Kakaroth gli riservò una delle occhiate più glaciali che avesse mai visto sul suo volto. L'unica volta che l'aveva guardato in quel modo era, appunto, quando si era trasformato in Majin.
Il Saggio, le guardie e l'Imperatore marciarono silenziosi e coordinati fino al centro della stanza. Vegeta, Radish e Khinô si alzarono per inchinarsi all'alta carica, e attesero fino a che Zinnĩr non fu seduto per tornare ai loro posti. Fu l'Imperatore stesso a sedersi sul pouf, mentre il Saggio rimase in piedi a fianco delle guardie circostanti.
L'Imperatore Zinnĩr era un uomo di statura medio alta e caratterizzato da un'eccessiva magrezza. L'aspetto era giovane, sebbene qualche segno del tempo a lato degli occhi rivelasse la sua non più tenera età. Ciò che saltava nell'immediato all'occhio, però, era il grosso quantitativo di gioielli che ricoprivano ogni superficie di pelle visibile. Bracciali, anelli, cavigliere e collane adornavano la pelle di un ottanio molto chiaro. Il copricapo conico che indossava sembrava pesante, ricoperto d'oro, e anche le ossa sopraccigliari erano completamente ricoperte di orecchini e cerchi dorati.
Li fissò con occhi inespressivi, ascoltando le parole in lingua nativa del Saggio che però Khinô non si prese la briga di tradurre.
Quando l'Imperatore rispose al dibattito con il Saggio, la sua voce risuonò molto più alta di quanto Vegeta si fosse immaginato, quasi vellutata e femminile.
«Cosa si stanno dicendo?» sussurrò Radish, rivolto a Khinô.
«Non sono tenuto a tradurre la loro privata conversazione, mi dispiace» rispose quest'ultimo, rimanendo ben sull'attenti e all'ascolto del discorso.
I nervi di Vegeta vennero messi a dura prova da quel dibattito in una lingua che non capiva.
«Secondo me si stanno ricordando vicendevolmente quanto sono figli di puttana» sussurrò Vegeta, rivolto a Radish. Egli spalancò gli occhi e si portò una mano sulla bocca per non ridere. Erano diverse decadi che non discutevano in lingua Saiyan antica.
Khinô, che era l'unico abbastanza vicino da aver sentito qualcosa, si sporse verso di loro di nuovo.
«Come dice, presidente?»
«Non sono tenuto a tradurre la lingua di Hyndor, mi dispiace» controbatté Vegeta, e la pelle blu del loro accompagnatore sembrò assumere una certa sfumatura pallida.
«Se solo tu fossi una giovane donzella, ti amerei» ridacchiò Radish, e Sua Maestà provò come l'impulso di vomitare sulla bella veste dell'Imperatore di fonte.
Il Saggio e Zinnĩr sembrarono accorgersi di quello scambio di battute privato e, finalmente, tacquero. Tutti gli occhi erano puntati verso i due Saiyan, con espressioni di finta indifferenza. L'unico che non si stava affatto sforzando di apparire calmo era Kakaroth, il quale non aveva ancora tolto lo sguardo di dosso al Principe.

Quando l'Imperatore si decise a parlare, la voce di Khinô traballò nel tradurre.
«I nostri combattenti di punta non sono in vendita. Non per così poco, almeno».
Non che Vegeta non se l'aspettasse. E non fu nemmeno così sorpreso di ricevere un nuovo trattamento gratuito di manipolazione cerebrale da parte del Saggio, la quale sembrava  volerlo portare a vendere la tecnologia Capsule per un pugno di mosche.
Vegeta non cedette a quella tentazione e rialzò l'offerta.
«Posso concedere l'80% delle royalties» propose Vegeta.
Lo sguardo dell'Imperatore si posò costernato sul Saggio, la quale rispose con evidente preoccupazione.
Radish soffocò nel naso una risatina, divertito dal fatto che Sua Maestà stesse mandando in crisi il potere manipolatorio di quei bastardi.
«Per questa bassa cifra potrei essere disposto a cedere cinque delle guardie della terza divisione» propose Zinnĩr, piccato.
Vegeta provò di nuovo l'impulso di concludere l'affare, accettare la proposta senza troppe remore. Stava iniziando a fargli male la testa per quanto fosse forte il tentativo di manipolazione, ma lui era consapevole. Doveva resistere.
«E se salissi alla totale cessione? Avreste il completo monopolio della produzione delle capsule» propose quindi. Era il massimo che potesse offrire loro.
L'Imperatore sembrò quasi offeso ma, dopo aver preso un profondo respiro col naso, si sforzò di mantenere la calma.
«Sarebbe un'eccellenza possederle, naturalmente. Ma noi non ne trarremmo comunque profitto dalla vendita: siamo ricchi abbastanza. Al massimo posso concedervi dieci guerrieri, prendere o lasciare».
Khinô rivolse loro uno sguardo che sembrava intimargli di accettare quell'offerta senza pensarci, come se già il fatto che avesse concesso così tanto fosse qualcosa di incredibile.
Un vero peccato che Vegeta non se ne facesse niente dei dieci guerrieri di terza divisione. Tutto quel piano era servito semplicemente a uno scopo.
I Morviriani avevano messo le mani su Kakaroth e l'avevano manipolato per tenerlo su quel pianeta? Beh, se l'unico modo per non scatenare una guerra fosse seguire le tradizioni di Morvir, allora la soluzione era una soltanto: comprare Kakaroth.

«Sa, Imperatore... io sono rimasto colpito da un guerriero solo» sussurrò Vegeta, ampliando il falso sorriso cortese.
Con la coda dell'occhio, Sua Maestà scorse Kakaroth sussultare. Era sull'attenti, ma il bastone dorato nella sua mano destra iniziò a tremare.
Non era così stupido come sembrava, allora!
Zinnĩr strinse gli occhi e le labbra da pesce, come se avesse subito uno dei peggiori affronti di tutta la sua esistenza. Si sporse un poco in avanti per poter parlare. E, per la prima volta, parlò nella lingua standard intergalattica.
«E chi sarebbe?» disse. Khinô e il Saggio spalancarono la bocca dallo stupore.
Vegeta sbatté due volte le palpebre e, in completo compiacimento, alzò un dito in direzione della guardia alla destra dell'Imperatore. La guardia che tutti chiamavano Goku.
«Lui» rispose.
Kakaroth trasalì mentre tutti gli occhi della stanza saettarono nella sua direzione. Si guardò intorno nel più totale sconcerto, poi tornò su Vegeta.
Ci furono secondi scanditi dal più totale silenzio, respiri trattenuti, battiti accelerati, poi un'esplosione di parole in una lingua che Sua Maestà continuò a non capire. I toni erano alti, animati. Una delle guardie uscì e tornò indietro con altre guardie e gli altri sette Saggi, tutti vestiti uguali, tutti molto anziani.
Ma, mentre l'animata discussione proseguì sempre più accesa, Kakaroth sembrava perso in un bicchiere d'acqua, ricercando negli occhi di Vegeta un senso a tutto ciò che stesse accadendo.
Ti porto via, avrebbe voluto rispondergli Sua Maestà, ti porto a casa.
Non disse nulla, invece. Radish, al suo fianco, gli lanciava occhiate preoccupate. I toni dei nativi sembravano più alti, l'Imperatore continuava a indicarli con gesti nervosi.
Con tutta probabilità il tentativo di portar via loro il loro combattente preferito - rubato e manipolato - doveva averli insospettiti parecchio. C'era da immaginarselo.
Poi, finalmente, uno dei Saggi - quello che sembrava il più anziano di tutti - si rivolse a loro con un cipiglio tutt'altro che amichevole, ma con un tono gentile in lingua standard.
«Posso chiedervi di nuovo le vostre identità?» chiese.
Vegeta avvertì come se qualcuno gli stesse spremendo le meningi dall'interno, una presa mentale possente che lo costrinse a tremare, a ringhiare. La tentazione di sputare fuori il proprio nome fu devastante, ma Sua Maestà non cedette.
«Sono il presidente Trunks di Hyndor» sibilò.
Purtroppo, non per colpa sua, Radish non aveva mai provato su di sé quel tipo di assoggettamento e, quando il Saggio volse lo sguardo su di lui, egli iniziò a balbettare.
«Il mio nome... è... Go... R-R» tentò con tutte le sue forze di resistere, ma persino uno sciocco si sarebbe accorto che stava tentando di mentire. «... Ra-di... G-»
Alcune guardie si avvicinarono di un passo verso di loro, e il Saggio pronunciò un ordine in lingua natia.
«Gradirei le vostre schede identificative» domandò una guardia, porgendo loro due dei quattro arti.
Erano fottuti. Li avevano scoperti. Quello era il momento di giocare l'ultima carta a loro disposizione, l'ultima chance di non prendersi Kakaroth con la forza.
«Quel guerriero non vi appartiene e lo sapete benissimo. Lasciatelo andare, smettete di controllarlo e restituitelo a noi. Sono disposto a mantenere la mia offerta valida, purché voi lo lasciate libero» ringhiò Vegeta, rivolto all'Imperatore.
Zinnĩr trasalì e, dopo aver preso un sospiro aspro con le narici, sibilò qualcosa in lingua Morviriana che non sembrava essere assolutamente nulla di amichevole.
Al suono di quell'ordine, tutte le guardie fecero un passo verso di loro e puntarono i bastoni alle loro teste. Kakaroth compreso.
Vegeta non si scompose ma, al contrario, quasi annoiato alzò gli occhi al cielo.
«Radish...» disse.
Questi, al suo fianco, sogghignò. «Piano B?»
Sua Maestà replicò il sorriso e gli lanciò un'occhiata eloquente.
«Piano B».
Di possibilità a quel branco di idioti ne aveva date fin troppe. Non volevano ragionare con le buone? Era tempo dunque di passare alle maniere cattive.
Avrebbero dato loro dimostrazione di come i Saiyan concludevano le loro trattative.
Radish si lasciò scappare una risata maligna e, con i denti digrignati, si mise in posizione di attacco.
«Con immenso piacere».
La follia si scatenò a partire da quell'esatto istante.



 
 
Continua...

Riferimenti:
-La lingua dei Saiyan: non c'è alcuna fonte ufficiale che dichirara che i Saiyan possedessero un sistema comunicativo tutto loro oltre all'intergalattico standard. In molte fanfiction invece è un headcanon, alcune delle quali utilizzano persino un dizionario fanmade di lingua Saiyan. In una storia che sto scrivendo e che pubblicherò più avanti sto scrivendo una lingua Saiyan simile al giapponese.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno pirati spaziali!
Che dire... loro ce l'hanno anche messa tutta ad agire con le buone, ma questi Morviriani sembrano avere la testa dura, oltre che la faccia come il culo. Il buon proposito di riprendersi Kakaroth con le buone sta andando decisamente a farsi benedire. Il piano A era quello di comprarsi Kakaroth, ma qui le cose si sono messe decisamente male. 
E ora c'è il Piano B e, che dire, Radish finalmente potrà togliersi quel prurito alle mani che aveva dal primo giorno.
Riusciranno i nostri eroi a prendersi Goku, dargli una svegliata e tornarsene in santa pace sulla Terra senza ripercussioni? Spoiler: mancano 11 capitoli, direi che il viaggio è ancora lungo. Potete trarre voi le vostre conclusioni da ciò xD
Grazie come sempre a tutti per il vostro supporto e a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione in inglese <3
Un abbraccio,
Eevaa



Nel prossimo capitolo!
Vegeta emulò il ringhio e rispose all'attacco.
Qualcosa sotto la pelle vibrò, una sensazione conosciuta, un desiderio di lotta.
Nonostante tutto c'era qualcosa di incredibilmente eccitante.
Finalmente, pensò sua maestà. Finalmente ci scontriamo di nuovo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Uno contro Uno ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 11
Uno contro Uno
 


«È bello essere in due».
Vegeta si sollevò dall'erba di quel prato umido di rugiada.
«Che?» domandò, sollevando un sopracciglio.
Kakaroth gli sorrise.
«Sebbene gli altri mi aiutassero, alla fine ero sempre io da solo a combattere contro i nemici. Adesso siamo in due, ed è bello» fece spallucce. Avevano appena sconfitto un nuovo maledetto nemico che aveva tentato di conquistare l'universo. E l'avevano fatto insieme.
Insieme erano forti, così forti che in pochi osavano sfidarli ancora.

«Prima o poi sarai di nuovo da solo contro di me, quando deciderò che sarà il momento di ucciderti» ghignò Sua Maestà.
«Lo dici sempre, non lo fai mai» rise Kakaroth, ancora sdraiato per terra e con i capelli umidi di rugiada del mattino.
No, Vegeta non l'avrebbe mai fatto per davvero. Per quanto detestasse ammetterlo, era bello essere in due. Lo era per davvero.



Tutto si mosse in fretta, troppo in fretta.
Non c'era stata alcuna possibilità di concludere le loro trattative in modo pacifico, non c'era altro modo se non combattere e riprendersi Kakaroth con la forza bruta.
Un vero peccato che fu anche lo stesso Kakaroth a rispondere con la forza bruta.
Appena l'Imperatore Zinnĩr diede l'ordine di attaccare, tutte le guardie presenti nella stanza si lanciarono a lance spiegate contro Radish e Vegeta. E, naturalmente, Kakaroth scelse di sua spontanea volontà a quale dei due avversari fare fronte.
Come una calamita che li guidava sempre uno contro l'altro, come se un regista insoddisfatto avesse riavvolto la pellicola del loro personalissimo lungometraggio.
Vegeta si ritrovò con Kakaroth addosso, la lancia dorata contro il petto di piatto, gli occhi scuri arpionati ai suoi e i denti digrignati in un grido di lotta.
Erano tornati indietro di cinquant'anni, nel momento esatto in cui non erano ancora in due.
Non erano più una squadra, non erano più loro due contro il resto del mondo. Erano uno contro uno, di nuovo.
Non era una battaglia amichevole, non sarebbe stato come uno dei loro innumerevoli allenamenti.
Vegeta emulò il ringhio e rispose all'attacco. Qualcosa sotto la pelle vibrò, una sensazione conosciuta, un desiderio di lotta. Nonostante tutto c'era qualcosa di incredibilmente eccitante.
Finalmente, pensò Sua Maestà. Finalmente ci scontriamo di nuovo.
Quasi non gli importò più del contesto, quasi si dimenticò che quella era una situazione di emergenza dalla quale avrebbe dovuto uscire il più in fretta possibile.
Erano lui e Kakaroth. Uno contro l'altro, come se il tempo non fosse mai passato. E non c'era niente di più appagante.


Altre guardie cercarono di intromettersi in quella lotta ma, con tutta evidenza, non erano all'altezza. Lui e Kakaroth si sollevarono entrambi nella stanza, iniziando a darsele di santa ragione all'interno del palazzo. Distrussero ogni soprammobile, ogni tendaggio. Si ritrovarono ben presto nell'alto atrio, pugno contro pugno, calcio contro calcio. Vegeta avvertiva una presa asfissiante nella mente, come se qualcuno stesse cercando di farlo desistere e arrendersi, ma il Principe la ignorò. Non sarebbero bastati i poteri manipolatori di otto Saggi insieme a fargli interrompere quello scontro.
Ciò che era molto strano, però, fu che l'Aura di Kakaroth – finalmente amplificata – non fosse riconducibile a quella che possedeva un tempo. Era diversa, c'era qualcosa di simile, ma Vegeta non la riconosceva affatto. Era a causa della manipolazione?
Radish, dalla lontananza, sembrava indaffarato a lottare contro altre guardie. Ne arrivarono a decine, a ogni secondo il palazzo si gremiva sempre più di combattenti.
Ma, ogni qualvolta qualcuno tentava di aiutare Kakaroth, Vegeta lo spazzava via in pochi secondi e ritornava sul suo avversario.
«Sei forte!» ringhiò Kakaroth, quando Sua Maestà parò un pugno rivolto alla bocca dello stomaco.
Vegeta ghignò e, contorcendogli il braccio, si avvicinò fino a sfiorargli la punta nel naso.
«Questo dovresti saperlo di già» sibilò, poi gli tirò una testata in mezzo alla fronte che lo costrinse a indietreggiare.
Vegeta lo raggiunse e, prendendolo per una gamba, lo scaraventò sul pavimento. Le piastrelle del mosaico verde acqua e oro si sollevarono ma, quando Sua Maestà fece per raggiungerlo e bloccarlo al terreno, Kakaroth schivò velocemente e passò al contrattacco. Lo calciò sugli stichi e tentò di lanciargli un attacco dell'Aura, ma Vegeta lo respinse in direzione della cupola in vetro del trono, infrangendola in mille pezzi.
I Saggi e l'Imperatore, nel frattempo, osservavano la battaglia ben rintanati nell'angolo di una delle otto stanze.
«Sai, mi era mancato combattere contro di te. Forse è la volta buona che mantengo fede al mio proposito di sconfiggerti» sghignazzò Vegeta e, detto ciò, si lanciò contro l'avversario per ricoprirlo di pugni veloci.
«Smettila di dire cose insensate e arrenditi! Sei in arresto!» Kakaroth tentò di bloccarlo, parando ogni pugno.
Vegeta, però, scoppiò in una fragorosa risata.
«Ma vaffanculo, Kakaroth».
Quella era una delle cose più ridicole che gli avesse mai detto. E di cose ridicole gliene aveva dette parecchie!
Kakaroth ringhiò di frustrazione quando non riuscì più a parare i colpi, quando non riuscì a difendere anche gli altri suoi colleghi – le guardie imperiali – dagli attacchi dell'Aura di Vegeta.
Arrabbiato come poche altre volte Vegeta l'aveva visto, si allontanò con un balzò e strinse i pugni.
«Adesso mi hai stancato!» ruggì Kakaroth e, dopo aver caricato quanta più energia possibile, si trasformò in Super Saiyan.
Vegeta sorrise, sardonico. Oh, quello sì che sarebbe stato divertente!

Dalla lontananza vide Radish lanciargli un'occhiata mentre era intento in un combattimento uno contro cinque con delle guardie – e sembrava essere anche parecchio in difficoltà, causa manipolazione mentale. Vegeta ricambiò lo sguardo e annuì, dandogli quindi il permesso di trasformarsi anch'egli.
Con un urlo di battaglia Vegeta e Radish si caricarono e si trasformarono nello stesso istante, emanando oro e scintille dai loro capelli e dai loro muscoli.
E, come previsto, l'espressione di Kakaroth fu impagabile.
«Ma... ma come... com'è possibile che vi siate trasformati come me?» balbettò. L'Imperatore e i Saggi si misero a urlare e borbottare nella loro lingua, dalla quale Vegeta riuscì però a captare distintamente la parola “Saiyajin”.
«Idiota sei sempre stato idiota, Kakaroth. Ma sul serio non capisci chi siamo?! Davvero deludente» sibilò Vegeta.
Kakaroth si caricò ancor di più di rabbia.
«Smettila di chiamarmi in quel modo. Io mi chiamo Goku, e sono qui per difendere il mio pianeta» ruggì.
«Aspetta... dove l'ho già sentita questa?» rise Radish, oramai poco distante. «Ah, già, è esattamente ciò che mi hai detto cinquant'anni fa. Sul serio, fratellino, dovresti rinnovare il tuo frasario» continuò, prendendo due delle guardie e facendole scontrare fronte contro fronte l'una con l'altra.
Vegeta roteò gli occhi e si lanciò contro l'avversario.
Radish non aveva tutti i torti: sembrava un film già visto. Con la sottile differenza che ora quelli buoni erano loro, e Kakaroth stava combattendo dalla parte sbagliata.
Vegeta decretò che quello fosse il momento di smetterla di giocare. Spiccò il volo e distrusse il tetto a cupola del palazzo, uscendo allo scoperto. Aveva bisogno di molto più spazio per combattere quel deficiente che credeva di essere un deficiente ancora più deficiente di quanto già non fosse.
Kakaroth – o meglio, Goku – lo seguì a gran velocità, e insieme si trovarono a combattere nel cielo terso di Morvir. Dalla città si levarono grida di spavento, di terrore, e Vegeta per un attimo ebbe come la sensazione che quella non fosse stata un'ottima idea.
Seppur vero che gli imperiali fossero una manica di bastardi, i nativi del popolo non c'entravano niente. Con uno scattò tentò di allontanarsi alla svelta dalla città per combattere nel deserto.
Radish avrebbe saputo cavarsela per un po', almeno fin quando non avrebbe fatto rinsavire Kakaroth a suon di Final Flash.


Si ritrovarono nel bel mezzo alle dune a darsele di nuovo, non risparmiandosi più negli attacchi dell'Aura, senza fare attenzione a tutta la sabbia sollevata che gli invadeva le narici. Aveva sempre ammirato Kakaroth per la sua forza, sebbene spesso l'avesse nascosto persino a se stesso.
Vegeta sorrise, era appagante. Combattere contro di lui era liberatorio e, se non fossero stati in quella situazione, avrebbe protratto quella battaglia fino all'ultima goccia di sangue.
Ma, dimostrando l'uno all'altro di tenersi testa, Vegeta decise che quello fosse il momento di fare sul serio.
Con un grido gutturale balzò fin sopra alle nuvole e, lasciandosi invadere da una calma divina, Sua ;aestà si trasformò in Super Saiyan God. Capelli rossi, occhi scarlatti, una forza fuori dal comune.
La trasformazione in God ti dona parecchio. Eheh, facevi quasi paura!” gli aveva detto Kakaroth una volta.
Non avrebbe mai, mai pensato che potesse fargli paura per davvero. Perché, contrariamente a ciò che Vegeta si aspettò, il volto di Kakaroth si arricciò in un'espressione di terrore.
«E questa trasformazione cosa diavolo sarebbe?» sibilò, con i denti digrignati e i pugni stretti.
Vegeta sollevò un sopracciglio. Un momento... non sapeva di potersi trasformare?
«Ma che...» borbottò Sua Maestà, poi ad un tratto comprese. «Ma certo!»
La trasformazione in Super Saiyan non era dettata dal ragionamento, era semplicemente una spinta di rabbia non intenzionale. Si trasformava quando andava su tutte le furie.
Mentre tutte le altre trasformazioni erano dettate dalla coscienza, dalla consapevolezza. Kakaroth non sapeva di essere un Saiyan, non sapeva nemmeno di poter accedere a quel tipo di trasformazioni.
Vegeta ringhiò. Quello non sarebbe mai, mai stato un combattimento alla pari.
Kakaroth non sapeva chi fosse. Kakaroth era solo Goku in quel momento, un combattente alla difesa di quello che credeva essere il suo imperatore.
«Dannazione!» sputò al terreno.
Quella battaglia aveva perso ogni parvenza di normalità, ogni attrattiva.
Vegeta si ricordò quindi che quello non era il momento di combattere per davvero, sebbene fosse stato bello crederlo. Quello era il momento di riportare Kakaroth alla normalità, di far smettere i Saggi di operare quella manipolazione nella sua testa. Solo dopo, una volta a casa, avrebbero potuto scontrarsi per davvero.
Ma, se nemmeno la lontananza fisica dai Saggi riusciva a riportare Kakaroth in normali condizioni, ciò stava a significare che l'unico modo per far smettere la manipolazione sarebbe stato interromperla alla radice.
Senza dare alcuna chance a Kakaroth, Vegeta scattò di nuovo in direzione del palazzo. Volò velocemente fino alla cupola e ci si addentrò, trovando Radish circondato da troppi, troppi nemici.
Forse non era stata una grande idea lasciarlo solo, con i Saggi che tentavano di manipolarlo e un plotone intero di guardie alle calcagna. Vegeta si unì alla lotta per spianargli almeno un poco la strada.
«Già finito? Avete usato le protezioni, almeno?» ghignò Radish, cinico.
«La prossima volta ti lascio morire» replicò Sua Maestà, abbattendo abbastanza nemici da poter far respirare l'alleato.
Kakaroth li raggiunse quasi subito e prese parte alla battaglia, ma Vegeta non aveva tempo di stargli dietro. Lo atterrò con un calcio e lo imprigionò con dei fasci di Aura, esattamente come aveva fatto durante la loro battaglia quando era Majin. Doveva guadagnare tempo.
Il Principe si lanciò in direzione dei Saggi, prendendo il più anziano per il collo fino a farlo sollevare da terra.
«Ve l'ho chiesto con le buone, adesso non sono più in vena di scherzare. Liberatelo immediatamente, smettete di manipolarlo, oppure vi faccio fuori uno per uno» gli gridò in faccia Vegeta, minaccioso. Kakaroth, bloccato con la schiena al terreno, urlò di frustrazione.
Il Saggio arricciò le labbra, pronunciando una parola – probabilmente non amichevole – in Morviriano, tentò di nuovo di intrappolargli la mente in una morsa manipolativa.
«Non hai capito che con me non funzionano questi trucchi da circo?!» berciò Sua Maestà, stringendogli più forte il collo.
Il Saggio non si arrese, e provò di nuovo a manipolargli la mente.
Vegeta non avrebbe davvero, davvero voluto macchiarsi le mani di sangue. Non più, non quando avrebbe potuto evitarlo.
Dannato Kakaroth, gliel'avrebbe pagata cara. Avrebbe pagato caro il fatto che sarebbe di nuovo tornato a uccidere qualcuno, e non per legittima difesa. Avrebbe ucciso, solo per lui.

«Ultima possibilità. Liberatelo, o lo libererò io stesso» soffiò Vegeta.
Il Saggio però non disse nulla e, anzi, sogghignò.
Vegeta chiuse gli occhi per un istante, prendendo un grosso respiro. Assassino era, assassino sarebbe rimasto. Il suo destino era e sarebbe stato comunque l'Inferno.
Strizzò le palpebre e strinse più forte le mani intorno al collo del Saggio. Lo sentì rantolare, ma a occhi chiusi Vegeta emanò un potente colpo dell'Aura. Gli fece saltare la testa, e il gelo calò nella stanza.
Tutte le guardie interruppero per un breve istante il combattimento, poi si lanciarono verso Vegeta con una furia cieca.
Il Principe ringhiò di rabbia e rispose al fuoco con il fuoco, abbattendoli uno per uno, poi si avvicinò a un altro Saggio, quella con cui avevano iniziato le trattative.
«Vuoi fare la fine del tuo amico, o ti decidi a collaborare?» abbaiò.
Il Saggio non rispose. Non c'era modo di convincerli.
Vegeta si sentì impotente e persino autorizzato a percorrere di nuovo la strada della furia, dell'omicidio.
La assassinò brutalmente, e gli altri sei rimasti iniziarono ad avere paura. Così paura da scappare.
Radish si piazzò davanti a uno di essi e, senza nemmeno un briciolo di rimorso, lo fece saltare in aria.
Per un attimo Sua Maestà desiderò di tornare ad avere così tanto sangue freddo e indifferenza di fronte alla morte di una persona che non può combattere. Porre fine alla vita di qualcuno solo perché quel qualcuno si sta comportando come non dovrebbe.
Forse era davvero diventato un patetico sentimentale a vivere con i terrestri. A vivere con Kakaroth.
Vegeta lanciò uno sguardo dietro di sé, a quell'uomo per terra che voleva farsi chiamare Goku e che non aveva nulla di quel Kakaroth che gli aveva insegnato tutte quelle cose, che gli aveva insegnato suo malgrado ad essere un umano migliore.
Kakaroth non meritava di essere manipolato in quel modo, non meritava ciò che gli avevano fatto in quegli anni.
Il Principe ringhiò e trovò in quel pensiero di vendetta la forza di proseguire, di andare a quella che pensò essere la radice del problema.
Si materializzò in mezzo secondo di fronte all'Imperatore e, malgrado ogni persona all'interno della stanza gli diede contro in tutti i modi, lo sollevò dal terreno fino a portarlo a ridosso della cupola infranta.
«Dai l'ordine di smettere, o farai la stessa fine. Dai l'ordine di liberarlo, oppure proseguirò e vi ucciderò tutti uno per uno» gli soffiò in faccia Vegeta, tenendolo per il collo.
L'Imperatore tentò di divincolarsi, invano.
«Per... per il tuo amico oramai non c'è alcuna speranza, non possiamo fare niente per lui» rispose, impaurito.
Vegeta strinse di più la presa.
«Cosa intendi dire?»
Zinnĩr bofonchiò, la presa era troppo stretta. Vegeta lo lasciò andare per un attimo, un solo secondo. Avrebbe preferito non farlo. Avrebbe di gran lunga preferito non sentire.
«Nessuno lo sta più manipolando, oramai. Da anni non è più necessario, la manipolazione ha effetti permanenti se protratta a lungo. Lui non è più la persona che conosci, oramai da molto tempo».



Non avrebbe voluto sentirselo dire. Non così, non in quel modo. Tutto ciò non aveva senso, non poteva essere vero.
Non ci credette.
Si rifiutò di crederci.
Vegeta si aggrappò con gli occhi a quelli dell'Imperatore e, senza rendersene nemmeno conto, li vide spegnersi, diventare vuoti.
Aveva stretto la sua presa talmente forte da soffocarlo, ma non si era reso conto di averlo fatto. Con un tremore incessante nelle ossa lo lasciò scivolare dalle mani e, come il fantoccio oramai vuoto che era, l'Imperatore Zinnĩr cadde nel vuoto fino a schiantarsi contro ciò che rimaneva del proprio trono.
Un boato si levò dalla folla, dalle guardie, dai Saggi, ma tutto ciò che Vegeta riuscì a udire era la voce di Kakaroth – di Goku – che lo malediceva in tutte le lingue, che urlava di rabbia nel tentativo di liberarsi.
Vegeta si rifiutò di credere che quanto detto fosse reale ma, anche se non avrebbe voluto darsi la riprova, c'era un solo modo per scoprirlo. Senza rendersene conto la sua Aura aumentò incredibilmente, incessante fino a esplodere. Divenne Super Saiyan Blue e, senza neanche bisogno di usare la forza fisica, l'esplosione da lui causata incenerì tutti coloro che gli si erano parati intorno.
Con il cuore martellante nel petto si avvicinò ai rimanenti Saggi e li uccise uno per uno, senza remore, senza più sensi di colpa. Assassino una volta, assassino per sempre.
Tolse la vita dai loro corpi, così come la tolse da altre guardie.
Radish, che troppo vicino aveva sentito l'ultimo terribile discorso dell'Imperatore, stava operando allo stesso identico modo e, una volta ucciso l'ultimo degli otto saggi di Morvir, rimasero entrambi con il fiato sospeso a osservare Kakaroth mentre si liberava dalle costrizioni dell'Aura di Vegeta.
Si alzò dal terreno, ansante, poi rivolse loro uno sguardo di fuoco.
Vegeta si sentì morire, perché tutto ciò che fu evidente era che l'Imperatore non avesse affatto mentito, e quello era il momento di crederci per davvero.
Quello non era Kakaroth. Non più.


Il Principe esplose in un urlo di rabbia, le pareti del palazzo crollarono, gli arazzi si accartocciarono. I nemici vennero arsi dal fuoco della sua Aura, ma Kakaroth fu veloce ad approfittare dell'unico momento in cui la rabbia scemò in disperazione. Si avvicinò a lui e lo colpì dritto in volto, fino a farlo barcollare.
Come osava, quel fantoccio di Kakaroth? Come osava colpirlo? Lui non era il suo rivale, lui era solo il corpo del suo rivale.
Vegeta gli restituì il pugno, meno forte di quello che avrebbe voluto. Iniziarono a combattere di nuovo e, nonostante la superiorità della forza del Principe, questi si sentì troppo stanco, troppo provato da quella scoperta per fare sul serio. Rispose agli attacchi di Kakaroth senza entusiasmo, senza alcuna passione.
Tutto era più chiaro: ecco perché la sua Aura era scemata col passare del tempo. Ecco perché era stata sempre più flebile, sempre più impercettibile, e ora era diversa: lui non era più la persona che conosceva. Col tempo, con la continua manipolazione, era arrivato ad essere davvero una persona diversa, un uomo diverso, persino con una forza spirituale differente.
Vegeta strizzò gli occhi.
Se solo si fosse deciso a cercarlo prima, se solo avesse scelto di seguire prima il suo presentimento forse ci sarebbero state delle speranze!
Invece Kakaroth – Goku, qualsiasi cosa fosse – aveva subito i danni permanenti della manipolazione mentale. Non era più il suo rivale, non era più suo amico. Non era più l'uomo con il quale aveva stretto una promessa solenne.
Almeno ci sarebbero stati l'uno per l'altro.
Almeno avrebbe avuto Kakaroth.
Forse non l'avrebbe più avuto veramente.
Era davvero troppo tardi?
Vegeta bloccò un pugno di quell'avversario senza più neanche un nome e avvertì gli occhi pizzicare. Kakaroth se ne accorse e storse il capo senza comprendere. Si guardarono per un secondo che parve durare eoni, fino a quando un gemito di dolore pizzicò le orecchie di Sua Maestà.
Si voltò di scatto, e trovò di fronte a sé ciò che non avrebbe mai, mai voluto vedere.
Radish
lo fissava con occhi velati, inginocchiato a terra, trafitto a livello del petto da una delle lance d'oro delle guardie.

«No» soffiò Vegeta.
La guardia estrasse la lancia, Radish stramazzò sul pavimento con un verso disumano. Tossì sangue, si accartocciò su se stesso.
No, non anche lui! Non poteva perdere anche lui.
Non c'era più tempo, non c'era tempo per rimanere solo.
Vegeta urlò di rabbia e uccise la guardia con un solo colpo, poi si voltò verso Kakaroth che, nel frattempo, lo fissava con un'espressione confusa e disgustata.
«Perdonami, Kakaroth. Sono nostalgico» gli disse solamente.
Questi non capì, non fino a che Vegeta, troppo veloce e troppo scaltro, gli si piazzò alle spalle e lo colpì forte dietro la nuca come aveva fatto durante il loro combattimento prima di Majin Bu.
E, esattamente come quel giorno, Kakaroth cadde a peso morto a terra senza rendersi neanche conto di ciò che stesse succedendo.
Le ultime guardie rimaste vive nel palazzo chiamarono rinforzi, ma Vegeta mise al tappeto ogni essere, nativo o forestiero che gli si parasse davanti.
Non c'era più tempo.
Fece esplodere ciò che rimaneva del tetto del palazzo e, dopo aver estratto la capsula dell'astronave dal corpetto di Radish, la fece apparire su un cumulo di macerie.
Dovevano andarsene da quel pianeta infernale. Vegeta abbatté qualche nemico, poi prese Radish e Kakaroth sotto le braccia – e dannazione, Radish pesava come un accidenti – e li trascinò di forza su Caps12RC.
Non c'era più tempo, dovevano andarsene di lì prima che qualche altra guardia danneggiasse l'astronave. Lasciò cadere Kakaroth in un corridoio e trascinò invece Radish con sé fino alla cabina di pilotaggio, giusto per assicurarsi che non morisse. Respirava a fatica, probabilmente quella diamine di lancia gli aveva bucato un polmone e non solo.
«Non morire, razza di coglione» lo supplicò, poi si mise a trafficare con i bottoni della cabina di pilotaggio. Sentì il rumore di alcuni colpi rivolti all'astronave, quello non era un buon segno.
Avrebbe dovuto partire in fretta, ma lui non era un bravo pilota.
Ci impiegò parecchi secondi per riuscire a capire come far funzionare quel maledetto trabiccolo ma, per chissà quale grazia divina, riuscì ad avviare i motori.
Era più complesso dei baccelli monoposto che aveva utilizzato per viaggiare nello spazio nel passato, ma riuscì comunque a far sollevare quell'affare e pilotarlo verso l'alto senza colpire le macerie del palazzo.
Partì alla volta dell'atmosfera a tutta velocità ma, naturalmente, il radar gli segnalò che altre astronavi avevano iniziato a inseguirlo.
Radish tossì un grumo di sangue, il suo respiro sempre più debole.
Avrebbe dovuto portarlo nel medbay il prima possibile e trovare un Senzu per curarlo, ma prima di tutto avrebbe dovuto seminare quelle diavolo di astronavi, o altrimenti li avrebbero fatti saltare per aria.
Il rumore dei cannoni blaster che lisciavano le superfici di Caps12 era assordante, ma non avrebbe potuto rischiare un salto nell'Iperspazio mentre era ancora in orbita di Morvir.
«Dai, dai cazzo, muoviti! Muoviti!» ruggì Vegeta, accelerando verso l'atmosfera. Tutto tremava, Radish tossiva, Vegeta non era nemmeno certo di riuscire a sopravvivere a quell'attacco incrociato di blaster. E Kakaroth... beh, non poteva nemmeno pensarci.
Il piano B era andato storto su diversi fronti.
«FORZA!» urlò, deviando all'ultimo un colpo di cannone con una virata improbabile.
Con un grosso boato uscì dall'atmosfera di Morvir e, finalmente, Caps12 diede il consenso per attivare la leva del salto nell'Iperspazio.
Vegeta la tirò con forza senza nemmeno badare alle coordinate di arrivo del salto. Tutto si fece immediatamente più chiaro e luminoso, e una grande spinta li catapultò altrove, lontano.


Senza cintura, senza nemmeno reggersi, il Principe rischiò di finire schiantato sulla pulsantiera quando l'astronave giunse a destinazione in quello sconosciuto quadrante della galassia. Ma tutto ciò che importava era che fosse riuscito a seminare le navi nemiche e che non ce ne fossero altre in vista, né piogge di asteroidi. Mise in stallo i motori e si catapultò immediatamente sul corpo di Radish, oramai scosso da tremiti incontrollabili.
Lo prese di forza, issandoselo su una spalla. Il sangue oramai imbrattava tutto il pavimento della cabina di pilotaggio, ma Vegeta ignorò la cosa e lo trascinò verso l'area medica. Scavalcò il corpo esanime ma non in pericolo di Kakaroth – a lui avrebbe pensato più tardi – e giunse alla porta bianca del Medbay.
Radish rantolò qualcosa, poi tossì sangue.
«Cazzo, cazzo, merda. Non morire. Non morire, o giuro che mi incazzo» lo supplicò.
Non aveva nemmeno idea che potesse preoccuparsi così tanto per quello scimmione, ma quello non era tempo di analizzare le sue reazioni emotive.
Lo sbatté senza troppa cura sul tavolo medico asettico e iniziò a rovistare tra i comparti di medicine alla ricerca di ciò che occorreva per salvare la vita del suo compagno di viaggio. Troppo disordine, mani troppo tremanti, troppo sporche di sangue, testa troppo confusa.
Radish tossì di nuovo e sembrò essere a corto d'aria. Iniziò ad avere le convulsioni, e Vegeta giurò che sarebbe svenuto lì in quel momento per il troppo stress.
Poi, ricordandosi dove diavolo li avesse cacciati, trovò il sacchetto di Senzu proprio nel momento in cui pensava che sarebbe stato troppo tardi.
Forse, però, era troppo tardi per davvero, perché Radish aveva improvvisamente smesso di muoversi. E di respirare.



 
Continua...
Riferimenti:
-Il fatto che la trasformazione in Super Saiyan sia dettata dalla rabbia e non solo dalla consapevolezza penso che possa essere considerato canonico, visto che la prima volta che i Saiyan (dell'Universo 7) si trasformano è proprio per via della furia cieca. Poi ovvio che riescono a trasformarsi anche con consapevolezza, ma Goku in questo caso non ricorda di essere un Saiyan, si trasforma semplicemente quando vuole aumentare la potenza o quando si arrabbia. Invece God e Blue e UI sono degli stadi che si raggiungono con una certa conoscenza, che Goku non ha più.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno miei cari pirati spaziali... ebbene sì, siamo tornati nello spazio aperto. (Dove? Chissà dov'era impostato il salto iperspaziale!)
Vegeta è riuscito a catturare Goku con la forza bruta ma, purtroppo, l'Imperatore è stato piuttosto chiaro sul fatto che la sua mente sia oramai andata a farsi benedire.
E in più abbiamo anche un Radish in bilico tra la vita e la morte. Riuscirà Vegeta a salvarlo? E come? Respirazione a bocca a bocca? Senzu passato con la lingua come Mirai Trunks con Mai? HAUHAAHAH.
Insomma... in questo capitolo è successo proprio di tutto e di più. Abbiamo diversi problemi ai quali far fronte, ora. Mancano dieci capitoli alla fine, il viaggio è ancora lungo... ma almeno non vedremo più quegli stronzi dei Morviriani!
Grazie a tutti per il vostro continuo sostegno, e grazie a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione in inglese!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
Vegeta strinse i pugni e si voltò dall'altra parte. Non voleva essere debole come Radish.
«Tecnicamente lo sei. Ci sono ancora dei saiyan in giro, tuo padre è morto, il re sei tu» fece presente quest'ultimo. Un ottimo punto a favore, certo.
Eppure si sentiva tutto tranne che re. Non aveva più un popolo vero da governare, non avrebbe più avuto un castello, non avrebbe più avuto una stirpe. Non avrebbe avuto una cerimonia di incoronazione, non avrebbe avuto una folla ad attenderlo dalle proprie missioni.
Non avrebbe più avuto un pianeta sul quale tornare.
Aveva sei anni, aveva appena perso tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La Storia ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 12
La Storia
 


 
«Quindi... non abbiamo più una casa».
Era notte fonda su quel corpo celeste oramai inabitato. La purga planetaria aveva funzionato, tutto ciò che rimaneva a terra erano cadaveri e sangue.

Quel pomeriggio Nappa aveva portato loro la notizia che il pianeta Vegeta era stato colpito da un meteorite ed era andato in pezzi. Lui e Radish, però, non si erano scomposti. Avevano continuato a conquistare come gli era stato ordinato, avevano manifestato indifferenza.
Solo... in quel momento, in quella notte buia, il volto di Radish era molto più contratto, molto più cupo di ciò che aveva millantato il pomeriggio. Era un debole.
Vegeta soffiò e incrociò le braccia al petto.

«Non mi importa. Te l'ho detto, l'unico motivo per cui me ne dispiaccio è che non potrò diventare re» borbottò.
Chissà come, però, le sue parole uscirono meno indifferenti di ciò che avrebbe voluto. Non era debole come Radish, non doveva cedere a quella che era a tutti gli effetti una sorta di nostalgia.
Tuttavia gli sarebbe mancato il suo palazzo, le notti stellate su Vegeta-Sei, i combattimenti sfrenati nella corte... lo sguardo fiero di suo padre.
Vegeta strinse i pugni e si voltò dall'altra parte. Non voleva essere debole come Radish.

«Tecnicamente lo sei. Ci sono ancora dei Saiyan in giro, tuo padre è morto, il re sei tu» fece presente quest'ultimo. Un ottimo punto a favore, certo.
Eppure si sentiva tutto tranne che re. Non aveva più un popolo vero da governare, non avrebbe più avuto un castello, non avrebbe più avuto una stirpe. Non avrebbe avuto una cerimonia di incoronazione, non avrebbe avuto una folla ad attenderlo dalle proprie missioni.
Non avrebbe più avuto un pianeta sul quale tornare.
Aveva sei anni, aveva appena perso tutto. E ancora non sapeva a che destino da schiavo sarebbe andato incontro.

«No. Rimarrò per sempre principe» si impuntò duramente. La voce traballò fin troppo, gli occhi pizzicarono.
Avrebbe ucciso Radish se gli avesse dimostrato compassione, l'avrebbe fatto fuori seduta stante.
Invece Radish fece finta di niente. Forse non era così sciocco.

«Qualunque cosa, la nostra devozione verso di te rimarrà la stessa. Sei il maggiore esponente di ciò che resta di noi. Re o principe, ti rispetterò e combatterò per te fino alla morte» disse.
Sicuramente Radish aveva capito cosa stesse succedendo, ma aveva fatto finta di niente e aveva optato per essere pragmatico.
Vegeta scrollò le spalle. Non avrebbe dimostrato gratitudine, ma si sentiva rinvigorito da quella devozione.
Soffiò annoiato, poi non ne parlarono più.




Quando Radish smise di respirare, Vegeta non capì più niente. Rimase bloccato, lì, con il sacchetto dei Senzu in mano e gli occhi spalancati dal terrore.
Anni e anni prima, la notizia che fosse morto sulla Terra, l'aveva scosso poco, per pochi istanti e poi si era fatto pervadere dalla rabbia e dal disgusto. Gli era dispiaciuto perdere uno dei pochi alleati che erano rimasti, perdere un Saiyan. Ma aveva ben imparato a tenere celata dentro di sé ogni emozione di dispiacere, da quella lontanissima notte su quel pianeta buio. A sei anni aveva imparato a non mostrare dispiacere per niente e per nessuno.
In quel momento, invece, il pensiero che Radish potesse morire lo rendeva catatonico. Forse perché, per la seconda volta, era morto mantenendo la promessa che si erano fatti quando erano bambini.
“Combatterò per te fino alla morte”, lo aveva fatto davvero. Lo aveva fatto per andare sulla Terra e potare via Kakaroth, lo aveva fatto per aiutarlo a riprendersi Kakaroth da Morvir. Sotto suo ordine.
Ed erano oramai diversi anni che Vegeta era riuscito – seppur fosse sempre emotivamente incapace – ad accettare il dispiacere, ad accettare di provare sentimenti umani.
Quindi, quando Radish smise di respirare, il primo pensiero di Vegeta non fu che avesse perso solo un alleato importante.
Aveva perso un compagno di viaggio, una persona che si stava impegnando davvero per diventare migliore, una persona disposta a combattere per lui fino alla morte. Un amico.
Vegeta ringhiò di frustrazione, incapace di sostenere quel peso sulle spalle, incapace di affrontare le conseguenze di un viaggio di ritorno con un Kakaroth smemorato da solo, incapace di tornare sulla Terra e voler riportare Radish in vita non più perché gli serviva, ma ammettere di volerlo fare per riaverlo indietro e basta.
Troppa confusione emotiva, troppo peso. Decisamente troppo.
Ma, quando fu sul punto di implodere sotto quel peso, Radish tossì di nuovo. Vegeta spalancò gli occhi e riprese coscienza di sé. Non era troppo tardi.
Si avvicinò al lettino medico e, con le ultime forze che gli rimanevano, sbriciolò il Senzu tra le mani e glielo cacciò brutalmente in gola – oh, si sarebbe rifiutato di fare ciò che aveva fatto Mirai Trunks con Mai. Non con Radish. Il solo pensiero gli provocò il vomito.
Attese per qualche secondo nella speranza che non fosse davvero troppo tardi e poi, finalmente, il buco al centro del petto del deficiente iniziò a rimarginarsi.

Ci vollero parecchi secondi eppure, con grande sollievo di Vegeta, Radish aprì gli occhi a fatica. Sua Maestà sospirò e si lasciò cadere all'indietro contro gli armadietti medici, esausto.
Radish ci impiegò qualche istante a capire dove si trovasse ma, dopo aver lanciato uno sguardo confuso a Vegeta – spalmato scomposto contro un'antina, ansante e visibilmente sollevato - elargì un gran sorriso beffardo.
«Ehi, ehi... allora un po' ti sei affezionato a me» disse, ammiccante.
Il sollievo di Vegeta si trasformò immediatamente in un sentimento di repulsione. Si era affezionato a lui? Sì. Gliel'avrebbe mai dimostrato? Neanche per idea.
«Taci, coglione» replicò il Principe, riprendendo un colorito normale e un respiro degno di una persona sana.
Radish ridacchiò e si alzò dal lettino. Era sporco di sangue, ma come nuovo.
«Giusto, non vorrei mai che il mio fratellino si ingelosisse» ghignò Radish e, di tutta risposta, Vegeta gli tirò un pugno in piena pancia. Non letale, ma abbastanza forte da farlo piegare in due.
«Ouch! Cazzo, sono appena guarito!» si lagnò.
Vegeta sorrise, soddisfatto. E sì, forse anche parecchio sollevato.
«Ehi, ad ogni modo, missione compiuta!» trillò poi Radish, entusiasta, nel vedere che appena fuori dal medbay ci fosse un dormiente Kakaroth svenuto per terra.
Ce l'avevano fatta davvero, avevano compiuto la loro missione. Avevano trovato Kakaroth e lo avevano portato via di lì. Il piano B era stato piuttosto fallimentare per diversi aspetti, ma almeno erano vivi ed erano riusciti a prendersi Kakaroth con la forza. Ed erano sopravvissuti tutti e tre.
Certo, il problema di Kakaroth rimaneva, ma almeno Vegeta aveva la consapevolezza che non avrebbe dovuto affrontare un viaggio di ritorno solo con una persona che non ricordava nulla di lui.
«Già...» soffiò Vegeta.
Guardò Kakaroth riverso nel corridoio, svenuto, senza alcuna memoria di chi fosse e di cosa fossero stati. Si incupì di nuovo, il momento di entusiasmo per il salvataggio di Radish era durato troppo poco.
«E ora che abbiamo compiuto la nostra missione, hai il mio permesso di tornare lo schifo di sentimentale che eri due giorni fa» disse Radish.
Sua Maestà assottigliò lo sguardo.
«Mh, da quando sei tu a darmi il permesso per fare le cose?»
«Ah, già, giusto. Anche perché, a giudicare dalla tua faccia, ci sei già completamente dentro» ribatté Radish, storcendo le labbra.
Vegeta sbuffò.
«Oh, perdonami se il...» “il mio amico”? “La persona per cui ho attraversato l'universo”? «... il deficiente che c'è lì non ha la minima idea di chi io sia, dato il suo danno cerebrale. Permanente, oltretutto» disse infine Sua Maestà.
Radish non gli aveva mai mostrato compassione, forse non lo avrebbe mai fatto. Era una persona pragmatica, ed era ciò che Vegeta apprezzava di lui. Sin da quando erano due scimmiette di sei anni alle quali era appena esplosa la casa.
«Beh, così come hai raccontato a me gli ultimi cinquant'anni con estrema minuzia, forse è giunto il momento di raccontare una bella storiella al mio fratellino. Lo farei io ma, beh, lo sai che sono ben noto per le mie capacità di sintesi» spiegò Radish, e Vegeta grugnì. Non che raccontare la storia a Kakaroth sarebbe servito a fargli riacquistare la memoria, ma se proprio dovevano farlo, di sicuro non avrebbe lasciato che fosse Radish a spiegargliela. «Prima di tutto, però, dobbiamo convincerlo di non essere degli impostori. Sarà divertente!» concluse quest'ultimo, con tanto di spallucce.
«Sul serio, Radish, possiamo rivedere il tuo concetto di divertimento?» borbottò Vegeta. In nessuna dimensione alternativa avere a che fare con una persona senza memoria sarebbe stato divertente. «Ma... prima di tutto... cosa diamine è questo rumore infernale?»
Tra tutto quel trambusto non avevano ancora fatto caso a quel ronzio non proprio confortante che proveniva dalla coda dell'astronave. Un ronzio che non prometteva assolutamente nulla di buono, a giudicare dal volto di Radish che si fece d'improvviso più pallido.
«Merda».

 


Ovviamente, tra gli strascichi disastrosi di quello che era stato un piano B molto fallimentare, c'era anche un danno al sistema di filtraggio dell'aria di Caps12.
Perché era stato troppo sperare che uno dei blaster che li avevano sfiorati durante la rocambolesca uscita dall'atmosfera avesse solo portato via un'antenna o qualcosa di superficiale.
No, aveva dovuto per forza colpire il sistema di filtraggio. Risultato? Senza il pezzo di ricambio sarebbero morti asfissiati in meno di dodici ore. Molto promettente, dato che il pianeta più vicino in quel quadrante infernale dell'Universo Otto distasse un giorno e mezzo di rotta. E il carburante per i salti iperspaziali era finito. Ovvio.
Il salto nell'Iperspazio casuale li aveva catapultati per direttissima in un altro universo, nel quale il sistema di comunicazione era molto diverso e, a quanto pareva, erano in pochissimi a parlare lo standard intergalattico.
Motivo per il quale alla loro richiesta SOS non avevano capito assolutamente niente di ciò che gli era stato risposto. Il che poteva significare tre cose: o li avevano ignorati e mandati al diavolo, o qualcuno stava arrivando per attaccarli e distruggerli, o qualcuno stava arrivando per salvarli.
Non era però dato sapere quale fosse l'opzione anche se, naturalmente, la speranza era che fosse l'ultima delle tre.
Eppure, incredibile ma vero, ciò che preoccupava di più Vegeta era il momento in cui Kakaroth si sarebbe risvegliato. Più della morte stessa. E, quando giunse il fatidico momento, Sua Maestà provò come il forte desiderio che il sistema dell'aria raggiungesse una saturazione proprio in quell'istante, uccidendoli tutti. Un pensiero catastrofico ma, se tanto erano destinati a fare quella fine, sarebbe forse valsa la pena morire con la speranza che Kakaroth fosse tornato in sé.

Invece, quando riprese coscienza, non passò molto tempo prima che lanciasse loro uno degli sguardi più carichi d'odio che avesse mai visto. Era stato troppo sperare che qualcosa fosse cambiato, un miracolo divino, un colpo di fortuna.
Kakaroth balzò dal lettino medico, puntò loro gli occhi addosso e iniziò a ringhiare gutturalmente. Poi, furioso, iniziò a caricarsi per iniziare un combattimento.
«Calma, calma! Sei su un'astronave. Rischi di ucciderci tutti!» si prodigò a parlare Radish. Anche perché Sua Maestà era troppo impegnato a mantenere la sua disperazione in una soglia socialmente bassa per poter anche solo provare a parlare.
Kakaroth si guardò intorno, spaesato e furente. L'oblò dell'ala medica gli mostrò ben presto che quanto avesse detto Radish non fosse una bugia. Ci guardò attraverso, disgustato, poi si rivolse di nuovo a loro.
«Riportatemi immediatamente a casa, su Morvir!» tuonò, faticando a mantenere il potere a livelli accettabili per quell'area dell'astronave.
Se si fosse lasciato andare in un'esplosione incontrollata sarebbero saltati tutti in aria. Non che sarebbe cambiato qualcosa, a quel punto.
«Sì, e no. Ti stiamo riportando a casa, ma la tua casa è il pianeta Terra, Galassia del Nord» spiegò Radish.
Kakaroth scosse la testa, iracondo.
«Cazzate!»
Vegeta strinse le labbra. Non era abituato a quel tipo di linguaggio da parte di Kakaroth.
«Sì... e no, di nuovo. Nel senso che l'intento sarebbe stato quello, ma i tuoi amichetti su Morvir hanno ben pensato di danneggiare la nostra astronave e, secondo i miei calcoli, se nessuno viene a salvarci ci restano circa dieci ora di vita» dichiarò Radish, annoiato come se stesse stilando una lista della spesa.
«CHE COSA?!» sbottò Kakaroth, nel panico. E come non capirlo, in quel caso!
Radish aveva davvero il tatto di un brontosauro.
«Senti... Kakaroth, Goku, quello che è... so di per certo che tu hai il potere di utilizzare il teletrasporto. Puoi farlo?» gli domandò questi.
Vegeta per un attimo si illuminò, poi si ricordò che le uniche fottute persone che Kakaroth conosceva erano su Morvir. Non era molto conveniente tornare su quel pianeta, date le circostanze, ma sempre meglio che crepare su quel catorcio di astronave.
Un vero peccato che le vane speranze si volatilizzarono subito.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando. Io non so usare il teletrasporto» rispose Kakaroth, depennando dalla lista una delle poche possibilità di uscire vivi da lì. «E non mi chiamo Kakaroth!» puntualizzò infine.
Vegeta provò un forte impulso di spaccargli il setto nasale con un pugno. Ciò gli diede però l'impulso di parlare.
«Avrei da dissentire, ma sono abituato al fatto che tutti ti chiamino Goku. Sulla Terra ti chiamavano tutti così, a parte me» gli disse.
«Beh, e me» si intromise Radish. «Solo che quando io ti ho chiamato Kakaroth, quando ci siamo conosciuti, ti sei arrabbiato da morire. Chissà perché poi quando ha iniziato a farlo lui non hai avuto nulla da dire».
«Ha avuto da dire eccome, i primi tempi» specificò Vegeta. Il ricordo di ciò gli causò una fitta al petto.
E Kakaroth non comprese una singola sillaba di quanto pronunciato.
«Ne ho abbastanza di queste sciocchezze e, visto che dobbiamo morire, allora forse vale la pena non trattenermi, no?!» dichiarò, iniziando di nuovo a espandere la propria energia.
Era un vero osso duro. Per non dire "testa di cazzo".
«Andiamo, amico... ci hai visto! Siamo uguali a te. Su Morvir erano tutti diversi. Non eri un nativo, non sei nato lì! Noi siamo della tua stessa specie. Hai visto anche la trasformazione: siamo Saiyan» tentò di spiegare Radish, in un vano sforzo di fargli mantenere la calma.
«Saiyan?! Ma avete detto che venite dalla Terra! E i Saiyan sono estinti, grazie al cielo! Un popolo di assassini!» ringhiò Kakaroth.
Quello era decisamente troppo.
«Oh, no, non di nuovo con questa storia!» sbuffò Radish, alzando gli occhi al cielo.
Vegeta si portò una mano sulla fronte, esasperato. Sembrava sul serio di essere tornati indietro di cinquanta fottutissimi anni, quando Kakaroth era convinto di essere un terrestre e disdegnava le proprie origini. Solo che in quel momento era convinto di essere Morviriano.
Peggio ancora.
«Zeno... da dove inizio?!» si domandò Vegeta, in un verso di esasperazione.
«Sarà un viaggio lunghissimo. Ah no, per fortuna tra poco saremo morti!» disse Radish, cinico.
Kakaroth strinse gli occhi e li guardò come se fossero pazzi. Forse lo erano sul serio, ma era lui che li stava conducendo inesorabilmente alla follia.
Non c'era alcun modo di spiegargli tutto quello che era accaduto – forse non sarebbero bastate nemmeno le dieci ore che rimanevano prima di finire all'altro mondo – e per un attimo Vegeta desiderò possedere le capacità di sintesi di Radish. Ma, almeno per riuscire a calmarlo e fargli capire alcuni concetti di base, avrebbe dovuto impegnarsi.
Anche perché in quel momento quell'idiota neanche conosceva i loro nomi.

«Senti, Kakaroth... te la farò molto breve, per il momento. Sei scomparso dal pianeta Terra dieci anni fa. Non ho idea di come tu sia finito su Morvir, ma per dieci anni la tua memoria è stata manipolata dai Saggi, che ti volevano lì come combattente. Hai subito dei danni permanenti, per questo non ti ricordi di noi, è stato l'Imperatore Zinnĩr in persona a dirmi ciò. Tu non appartieni a quel pianeta... tu sei un Saiyan cresciuto sulla Terra sin da quando eri bambino, ma le circostanze te le racconterò in un secondo momento. Il tuo nome terrestre è Goku, quello Saiyan è Kakaroth. Hai due figli: Gohan e Goten. Hai anche una nipote, che si chiama Pan. Lui è Radish, tuo fratello maggiore. Io sono Vegeta... sono... io sono...» Vegeta si interruppe. Cos'era per lui?
Non sarebbe bastato un riassunto per spiegare quello che fossero l'uno per l'altro. Come avrebbe potuto dirglielo? “Sono un tuo amico”? Riduttivo. “Sono il tuo rivale”? Inaccurato. “Ero un tuo nemico poi ci siamo alleati”? Approssimativo. 
Kakaroth, il quale aveva ascoltato quella breve spiegazione con la bocca spalancata, la chiuse e digrignò i denti. Incapace per lui accettare tutto quello, incapace di ricordare.
Avrebbe davvero avuto senso perdere del tempo per raccontargli la storia? Si sarebbe mai fidato delle sue parole?
«Io non ti credo! Voi mi state ingannando, riportatemi su Morvir!» berciò, illuminandosi di luce dorata.
«KAKAROTH, CHE CAZZO!» urlò Radish, esacerbato. Di quel passo sarebbero davvero morti in un'esplosione prima del tempo. «Calmati. Prova a ragionare: non hai ricordi certi su Morvir prima di questi dieci fantomatici anni. O sbaglio?»
Il volto di Kakaroth si contrasse in una strana smorfia, come se davvero stesse tentando di ricordare qualcosa di troppo, troppo offuscato.
«Io... io non...» balbettò con rabbia.
Ma non fece in tempo a concludere la frase, perché un rombo sordo proveniente dall'esterno li colse alla sprovvista e, dopo pochi secondi, udirono un trillo acuto e intermittente in cabina di pilotaggio.
«Oh, merda, sono arrivati» sbottò Radish, incredulo, poi si mise a correre.
«E adesso chi diavolo è arrivato?» domandò Kakaroth, confuso, seguendo Vegeta in direzione della cabina di pilotaggio.
«Abbiamo mandato un SOS per farci salvare da qualcuno. Non sappiamo però se questi siano esseri ostili o siano venuti davvero ad aiutarci» borbottò Vegeta.
Era strano parlare con lui. Era strano averlo vicino dopo dieci anni, vestito e pettinato in quel modo ridicolo. Eppure qualcosa dentro al petto gli intimava di essere sollevato di averlo lì, almeno.


Quando raggiunsero Radish, egli si stava già mettendo in comunicazione con la grande nave spaziale che stava galleggiando di fronte a loro. Perlomeno non sembrava avere i blaster spiegati in posizione di attacco.
«Saluti a voi. Abbiamo ricevuto il vostro messaggio» annunciò una voce dall'altra parte del sistema di comunicazione.
«Lei parla lo standard?!» trillò Radish, un poco più entusiasta.
«Sì, sono un interprete intergalattico, sono riuscito a decifrare il messaggio. La vostra astronave necessita di una manutenzione straordinaria, vi porteremo sulla piattaforma Niwre per poter procedere alle riparazioni, se siete d'accordo» spiegò l'interprete.
Tutti e tre, loro malgrado, tirarono un sospiro di sollievo. Certo, avrebbe anche potuto essere una trappola, ma non avevano molte alternative.
«Non che abbiamo scelta» borbottò Radish, poi si rivolse al microfono. «Certo! Siamo d'accordo!»

 


Fortunatamente coloro che li avevano salvati sembravano nient'altro che l'equivalente della Pattuglia Galattica del loro universo. "Corpo di Salvataggio", così si definivano.
Li avevano agganciati e avevano controllato le loro identità – essendosi tolti dal quadrante del Sud che li vedeva come nemici numeri uno, Radish e Vegeta avevano potuto tornare alle loro identità originali.
La scheda identificativa di Kakaroth, invece, dichiarava qualcosa di falso. O meglio, inesatto. “Goku, razza guerriera, residenza sul pianeta Morvir”. Non specificava la razza veritiera e, sebbene fosse esatto che la sua residenza fosse stata su Morvir, non era lì che avrebbe dovuto essere.
In qualche modo ciò diede molto da pensare al Corpo di Salvataggio, e Vegeta si domandò il perché. In fin dei conti loro non potevano sapere chi fosse in realtà.
Il viaggio verso Niwre durò poco più di un'ora grazie al salto iperspaziale, ma durante tutto il tempo gli alieni che li avevano recuperati non avevano fatto altro che parlottare e borbottare qualcosa rivolti verso Kakaroth. Il che era molto strano.
«Perché mi guardano tutti così?» aveva domandato Kakaroth a Sua Maestà, snervato dalla situazione.
«Non ne ho idea» gli aveva risposto, sincero.
Non riusciva proprio a comprendere dove fosse il problema. La scheda identificativa falsa? Non era poi così falsa, era solamente inesatta, niente per il quale nell'Universo Sette sarebbe potuto finire nei guai.


Quando giunsero su Niwre ciò che spiccò ai loro occhi era l'assoluta modernità di quel luogo. Era una piattaforma planetaria molto piccola, forse poco più grande di Vortax, ma che con Vortax non aveva assolutamente nulla a che vedere. Tutto era moderno, bianco ottico e metallo cromato, ben illuminato, ben attrezzato, iper-tecnologico.
Coloro che ci lavoravano – perché era evidente fosse una semplice piattaforma adibita al lavoro, più che all'abitazione – erano una grande aggregazione di alieni multi-specie, tutti molto abili, svegli e scattanti.
Non particolarmente loquaci, soprattutto con Kakaroth e Vegeta. Con Radish, invece, nessuno sembrava avere particolari problemi di socialità e anzi - non appena giunti alla loro piattaforma - lui e il meccanico si erano lasciati andare in una lunga serie di chiacchiere in una lingua che era un ibrido tra lo standard e qualcos'altro. La conversazione era parsa più una serie di gesti e parole dette a caso, ma Radish aveva la particolare abilità di riuscire a comunicare pure con i tronchi degli alberi. Specialmente se ubriaco.
Vegeta aveva atteso con pazienza in un angolo della piattaforma – per nulla incline a partecipare al connubio multi-linguistico sopracitato – e aveva tenuto d'occhio Kakaroth per tutto il tempo. Questi era rimasto fermo, immobile, in soggezione a causa di quella lunga sfilza di occhiatacce che i lavoratori di quel luogo gli riservavano. Questo fino a che Radish non aveva coinvolto Sua Maestà in una conversazione illogica sui tipi di materiali che utilizzavano sulla Terra per costruire quelle navi. Qualcosa di assolutamente poco interessante e, soprattutto, deleterio: quel minuto di discorso era stato sufficiente per far perdere loro Kakaroth di vista. Vegeta era andato prima nel panico, poi su tutte le furie.

Tuttavia quel particolare attracco era talmente piccolo che non fu difficile raggiungerlo.
Lo scorse dopo soli dieci minuti di ricerca, intento a gesticolare insieme a un interprete e un meccanico dall'aria scorbutica.
Vegeta si avvicinò a passi furenti, fino a quando riuscì a udire la conversazione.
«Le dico che ho assoluto bisogno un'astronave, su Morvir troveranno il modo di ripagarvela!» disse Kakaroth, mentre l'interprete traduceva quanto detto al meccanico, il quale rispose con gesti poco amichevoli.
«Si sta rifiutando categoricamente di darvela, signore» rispose l'interprete.
«Ma perché nessuno mi vuole aiutare!?» ringhiò Kakaroth, frustrato. E si mostrò ancora più frustrato quando Vegeta gli si posizionò di fianco, con gli occhi stretti dal disappunto.
«Stavi davvero pensando di svignartela?!» sibilò Sua Maestà.
Dopo tutta la fatica che avevano fatto per trascinarlo via di lì, non avrebbe accettato di vederlo andare via di nuovo. Non prima di aver provato quantomeno a convincerlo della loro onestà.
«Io voglio tornare sul mio pianeta, non voglio stare qui con voi» gli rispose Kakaroth, piccato, poi si rivolse di nuovo al meccanico con tono supplichevole. «Posso avere almeno un passaggio su Morvir? La prego, la pagheranno profumatamente».
Il meccanico, dopo aver ascoltato la richiesta, gli ringhiò in faccia qualcosa e tornò a lavorare senza più concedere lui neanche un ascolto.
L'interprete si rivolse a Kakaorth con tanto di spallucce, poi spiegò. «Dice che sei un pazzo e un bugiardo, che non sei chi dici di essere. E che si rifiuta di fare favori a un distruttore di universi».
Vegeta spalancò gli occhi, esterrefatto. Non poteva aver capito bene.
Anche Kakaroth, dal canto suo, sembrò sconvolto da ciò che si era sentito dire.
«Un distruttore di... che cosa?!» soffiò, pallido.
«Son Goku, diciamo che lei non è molto ben visto qui nell'Universo Otto» spiegò finalmente l'interprete.
Vegeta chiuse gli occhi per un istante. Ma certo! Tutto si era fatto d'improvviso più chiaro. Non lo stavano guardando male per la scheda identificativa inesatta, ma perché l'avevano riconosciuto. Nonostante il look diverso, l'avevano riconosciuto.
«Son? Che cos'è? Ma poi... di cosa diavolo state parlando? Io non sono certo famoso, qui» farneticò Kakaroth, sconvolto.
Non che non fosse comprensibile. Vegeta per la prima volta provò un po' di compassione per lui. Non doveva essere una situazione facile. Quel giorno non solo gli era stato detto che non era colui che pensava di essere, ma era stato anche accusato di qualcosa di cui non aveva nemmeno idea di avere fatto.
E, peraltro, Vegeta trovava la situazione parecchio ridicola.
«Son è il tuo cognome. Sulla Terra distinguono gli umani con un nome di nascita e uno di famiglia» gli spiegò Vegeta, paziente. «E credo di sapere a cosa si riferiscano».
Kakaroth gli riservò uno sguardo d'odio.
«No, tu non sai niente di me. Nessuno qui sa niente di me, vi state sbagliando».
«Dopo che hai tentato di mandare a morire gli universi nel Torneo del Potere, non sei figura ben gradita qui, Son Goku. Una vera grazia che l'Universo Otto sia stato risparmiato da quel losco affare, ma comunque non sei ben visto. Siete fortunati che non siamo persone che rifiutano l'aiuto a chi è in difficoltà. Ma, appena la nave sarà riparata, vi chiederemo di andarvene» spiegò l'interprete.
Esattamente ciò che aveva temuto Vegeta. Gli era giunta voce che in alcuni universi la figura di Son Goku non fosse ben vista, in alcuni anche messa al bando dopo il Torneo del Potere, ma mai avrebbe pensato che anche dei semplici civili lo potessero riconoscere. Evidente che lì fosse davvero persona sgradita.
Una vera fortuna, davvero, che non gli avessero negato l'aiuto con l'astronave. Forse perché era in compagnia di altre persone innocenti, forse perché era deontologia del luogo soccorrere chi fosse in difficoltà.
Un colpo di fortuna tra le mille sfighe, insomma.
«Ma io non ho fatto... non ho fatto nulla di tutto ciò» il tono di Kakaroth si fece più cupo, disperato. Sembrava nel panico, quasi.
Il sentimento di compassione nei suoi confronti crebbe, e Vegeta quasi si maledisse per quell'impulso 
di doverlo difendere che avvertì in fondo allo stomaco.
«Sì, Kakaroth, l'hai fatto» gli disse, poi non resistette e si rivolse all'interprete. «Anche se lo trovo parecchio ingiusto questo astio, onestamente. Sì, lui sarà anche stato sciocco a proporre quel gioco a Zeno-sama, ma vorrei ricordarvi che alla fine è stato il nostro universo a salvare tutti gli altri. Lui ha combattuto fino alla fine e, se non fosse caduto, sono pronto a scommettere che avrebbe espresso il desiderio di ripristinare gli universi scomparsi» disse. Si morse la lingua e si maledisse di nuovo per quell'impulso.
L'interprete storse le labbra violacee e fece spallucce.
«Il minimo, direi, per il disagio causato» concluse, poi se ne andò a passi veloci.

Kakaroth si portò le mani tra i capelli raccolti in quel ridicolo chignon, tremando.
«Non capisco. Davvero, non capisco...» soffiò. «Perché pensano che io sia una persona tremenda?» si domandò.
Sembrava davvero, davvero disperato.
Vegeta odiava vederlo in quel modo. Non gli piaceva. Si sentiva in difetto, i sensi di colpa per non averlo salvato prima erano sempre più opprimenti.
Se non altro quello era un buon motivo per raccontargli tutta la storia. Anche solo per non lasciargli credere di essere stato una persona tremenda.
«Come vedi non siamo gli unici a conoscerti, e questa può essere una riprova del fatto che non stiamo mentendo. Solo che... chi ti conosce davvero sa che non sei come ti descrivono loro. Non eri una cattiva persona, Kakaroth. Non di certo un distruttore di universi» borbottò Vegeta. Era difficile parlargli in quel modo, ma era qualcosa che avrebbe dovuto imparare a fare, se voleva davvero convincerlo. «
Non sei cresciuto su Morvir, ma forse questo dovrebbe esserti oramai chiaro. E sì, è orribile che tu abbia dovuto saperlo in questo modo, sono spiacente di aver dovuto uccidere tutte quelle persone, l'Imperatore, i Saggi. Avrei voluto portarti via di lì senza trovarmi costretto a compiere quei crimini, ma ho dovuto farlo. Perché ti stavano ingannando, manipolando, e non potevo permettere che continuassero a farlo, a tenere nascoste le tue vere origini. Io... ho delle prove concrete che ti faranno capire chi sei, fidati di me».
«Come faccio a fidarmi di te, non ti conosco neanche!» mormorò, affranto.
Vegeta strinse i pugni. Quello fece male.
Mi fido di te, Vegeta” gli aveva detto, più di una volta.
E invece in quel momento non si ricordava neanche di lui.
Fece un gran male al petto e Sua Maestà si sentì completamente svuotato. Ma, ben lo sapeva, per riuscire a ottenere qualcosa – anche un minimo, un minimo di fiducia, una minima speranza di fargli ricordare – avrebbe dovuto portare pazienza.
Kakaroth era diverso? Avrebbe dovuto provare a essere un poco diverso anche lui, magari più comprensivo, magari più umano. Non aveva niente da perdere. Nessuna dignità da mantenere.
«Per favore» gli disse quindi, tendendogli una mano. «Ti spiegherò tutto quanto ma, per favore, accetta il mio aiuto».
Per favore, torna a casa.



 
Continua...

Riferimenti:
-Pianeta Niwre: è un omaggio al mio personaggio preferito di Attack on Titan, Erwin (letto al contrario Niwre), comandante del Corpo di Ricerca. Che qui è stato trasformato in Corpo di Salvataggio.
-Il fatto che Goku sia mal visto in alcuni universi era già ben noto ai tempi del Torneo del Potere, ma che fosse stato quasi bandito in alcuni di essi è puramente inventato per scopi di trama.

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno pirati spaziali!
Ma che pensavate davvero che facessi morire Radish in questa maniera?! Suvvia, è uno dei miei personaggi preferiti nonché importantissimo co-protagonista della storia! Mica potevamo perderlo così. Ho grandi piani per lui nei prossimi capitoli. Mwhuhahahah!
E ovviamente la fuga da Morvir ha avuto delle conseguenze tecniche, ma non tutto il male viene per nuocere: ritrovandosi casualmente in un altro Universo dove Goku è stato quasi bandito, il ragazzo ha realizzato davvero di essere qualcun altro e non un semplice guerriero di Morvir. Che dite... accetterà l'aiuto di Vegeta? Ma soprattutto Vegeta riuscirà a sostenere questa situazione?
Lo scopriremo nella prossima puntata!
Un grazie gigantesco come sempre a tutti voi che mi state sostenendo da oramai dodici capitoli. Che dire... ne abbiamo ancora ben nove davanti! Riuscirete a sopportarmi fino alla fine? :D
Un abbraccio,
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Kakaroth... devo farti una domanda, prima di tutto» disse, senza voltarsi verso di lui. Una domanda, una tra le tante.
«In realtà speravo rispondessi ad alcune delle mie» rispose lui, piatto.
Vegeta avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni.
Era come parlare con se stesso, e Kakaroth non era così. Lui non rispondeva male, non era sarcastico, non era cinico.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il detentore di ricordi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 13
Il detentore di ricordi


 


 
La mano tesa in direzione di Kakaroth tremava, sebbene in modo impercettibile.
Un gesto che voleva dire “tregua”. Una speranza di ricominciare.
Era quello, dopotutto: ricominciare da capo, come se davvero non si conoscessero. Solo che Kakaroth non ricordava nemmeno chi fosse lui stesso, e Sua Maestà si stava prendendo la grande responsabilità di spiegarglielo.
Non sarebbe stato facile, lo sapeva, sarebbe stato terribile avere a che fare con qualcuno che non si ricorda di un'esistenza intera trascorsa insieme, quando Vegeta si ricordava perfettamente ogni singolo attimo. Dal grande desiderio di omicidio nei suoi confronti, in quel deserto, fino al pomeriggio in cui gli aveva quasi supplicato di non andarsene.
Certo, sarebbe stato di gran lunga più semplice se Kakaroth avesse almeno accettato di ricevere delle spiegazioni. Come dicevano gli strizzacervelli sulla Terra: il primo passo per risolvere un problema è accettare di avere un problema.
La mano tesa continuò a tremare mentre Kakaroth sollevò il ventaglio di ciglia e lo fissò.
«Non so perché, ma anche su Morvir il tuo sguardo mi è parso strano» gli disse, infine.
Vegeta corrugò le sopracciglia.
«Strano?» domandò.
«Strano... ma non disonesto» mormorò Kakaroth. Il suo sguardo invece sembrava piuttosto disperato. 
«Mostrami queste prove».
Poi, finalmente, allungò una mano verso la sua e la strinse. Un accordo. Ma, prima di tutto, un contatto.
Vegeta rabbrividì, memore di tutte le volte che aveva accettato la sua mano con riluttanza durante il teletrasporto. Memore di un contatto quella lontana notte a guardare le stelle seduti su un tronco d'albero. La notte della promessa che ci sarebbero stati sempre l'uno per l'altro.
Sua Maestà strinse la mano a sua volta e deglutì. Lo sguardo di Kakaroth si fece un po' meno duro nei suoi confronti. Per la prima volta realizzò di averlo trovato per davvero.
Avrebbe dato qualsiasi cosa purché si svegliasse da quello stato catatonico e lo riconoscesse, ma non poteva chiedere troppo. I danni della manipolazione erano permanenti, avrebbe dovuto farsene una ragione.
«Ehi!» la voce di Radish giunse loro dalla cima della piattaforma, dalla quale si stava sbracciando con aria allegra. Vegeta staccò la mano da quella di Kakaroth con un gesto brusco. «Mi dispiace interrompere questo meraviglioso momento, ma la nostra nave è pronta. Possiamo salpare!»


 



Quando i motori dell'astronave si accesero, Vegeta soffiò un sospiro di sollievo. Erano tutti e tre lì, nella cabina di pilotaggio, pronti a ritornare a casa. Era realtà.
Avevano un lungo viaggio di ritorno da affrontare, non sarebbe stato facile. Non sarebbe mai andato tutto liscio, quello era poco ma sicuro.
«Quanto ci vorrà a tornare sulla Terra?» domandò Sua Maestà, dopo aver bucato l'atmosfera di Niwre.
«Facendo un breve calcolo, contando che il carburante speciale per l'Iperspazio consente non più di tre salti alla volta e poi dovremmo fermarci a fare rifornimento... uhm, un mese e mezzo, circa. Poco più» illustrò Radish, iniziando a trafficare sul display per stabilire una rotta veloce.
«Così tanto?!» esclamò Kakaroth, incredulo, ancora aggrappato ai vani portaoggetti per non perdere l'equilibrio. Caps12RC era progettata per due persone. Anche la questione dei letti, ancora, avrebbero dovuto rivederla.
Radish si voltò verso di lui con un ghigno.
«Che c'è, fratellino, hai fretta? Fino a poche ore fa nemmeno ci volevi venire».
Kakaroth si accigliò.
«Non ho detto di volerci venire. Ho molta più fretta di capire perché mi trovo qui, e cosa ci sia di vero in tutto quello che mi avete raccontato. Fino ad allora ti proibisco di chiamarmi in quel modo» sibilò, acido.
Vegeta sospirò. Avrebbe tanto, tanto gradito che Kakaroth la smettesse quantomeno di comportarsi in quel modo così poco da Kakaroth. L'ostilità non era davvero parte del suo carattere originale.
«Vieni» gli disse quindi il Principe, serafico, sganciando le cinture di sicurezza. «Ho delle cose da mostrarti. Così almeno la smetterai di comportarti come se ti avessimo davvero rapito». E ti toglierai quel bastone infilato su per lo sfintere anale, aggiunse a mente.
Uscirono dalla cabina di pilotaggio e Vegeta fece di tutto per non notare lo sguardo ammiccante di Radish ma, ovviamente, fu più difficile non notare il salto iperspaziale che questi attivò mentre erano entrambi in piedi nel corridoio. E che rischiò di farli cadere uno sull'altro, se solo non avessero avuto i riflessi abbastanza pronti.
Si schiantarono uno sul pavimento e l'altro su un contenitore di elettronica, maledicendo a gran voce il pilota, il quale lasciò andare una grassa e fragorosa risata. Lo aveva fatto apposta, il demente.
«Ma che problemi ha quello?» si lamentò Kakaroth, grugnendo.
«Tanti, Kakaroth, tanti» sibilò Vegeta, furente, poi riprese a camminare diretto alla Living Room.


Quell'area specifica della nave era piuttosto ben attrezzata, ampia bene o male come quella medica, con una piccola cucina angolare con penisola per mangiare, un divano a due posti e una televisione interattiva. Tutto molto moderno, tutto molto bianco. Un grande oblò sull'esterno mostrava solo buio e stelle lontane.
Vegeta si appoggiò con le mani al bancone della cucina, incassò la testa nelle spalle e si mise a riflettere. Non aveva la benché minima idea da dove iniziare.
Kakaroth sembrava oramai aver accettato pacificamente di seguirli, e da una parte Sua Maestà ringraziava di essere stato colpito durante la fuga da Morvir, di aver avuto bisogno di lanciare un SOS e di essere finiti in un altro universo nel quale tutti conoscevano Kakaroth, e avevano quindi potuto dar manforte sulla sua identità.
Non tutto il male viene per nuocere, insomma. Ma come convincerlo davvero a fidarsi?
Di prove da dare a Kakaroth ne aveva numerose, ma come fargli capire di non essere un impostore?
«Beh?»
La voce di Kakaroth sembrava un invito a darsi una mossa. Vegeta strinse le labbra, non ci era abituato.
Avere a che fare con un Kakaroth così diverso lo destabilizzava, ma sicuramente c'era un motivo per tutto quello, c'era un motivo perché fosse così diffidente, sulla difensiva, cinico. Negli ultimi dieci anni cosa diamine gli era accaduto? Come era stato trattato su Morvir? Quali erano state le sue dinamiche sociali? Avrebbe voluto chiedergli un miliardo di cose, avrebbero avuto così tanto da dirsi, anche per uno come lui che parlava così poco.
«Kakaroth... devo farti una domanda, prima di tutto» disse, senza voltarsi verso di lui. Una domanda, una tra le tante.
«In realtà speravo rispondessi ad alcune delle mie» rispose lui, piatto.
Vegeta avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni. Era come parlare con se stesso, e Kakaroth non era così. Lui non rispondeva male, non era sarcastico, non era cinico.
Kakaroth era una persona gentile, amichevole. Evidentemente non aveva avuto mai nessuno con cui esserlo per dieci anni.
«In questi anni, su Morvir, da quando ti ricordi... hai avuto degli amici?» borbottò Vegeta. Si vergognava, non era lui quello che faceva quelle domande, non era lui a introdurre dei discorsi del genere.
«E questo cosa dovrebbe avere a che fare con-»
«Potresti solo... rispondere?» lo interruppe Vegeta.
Era come se la situazione si fosse ribaltata. Vegeta che parlava, Kakaroth che rispondeva male. Sua Maestà sorrise amaramente a quel pensiero, ma non si voltò. Continuò a stare ricurvo, aggrappato al bancone della cucina con gli occhi persi nel metallo del piano cottura.
Udì Kakaroth sospirare prima di parlare.
«Su Morvir... ero solo. Sono sempre stato solo. Non si parlava molto. Ogni tanto uscivo la sera con delle guardie in qualche locale per non nativi... ma non... non ho mai stretto amicizia con nessuno».
Vegeta strinse i denti. Come immaginato.
«Sei stato solo tutto questo tempo?» chiese conferma.
«Sì. Sempre, da che io ricordi. E, effettivamente, i miei ricordi sono molto sfumati nel passato. Non capisco perché me lo chiedi, però» rispose Kakaroth. Era dietro di lui, ma Vegeta continuava a dargli le spalle.
Il Principe sogghignò. Uno strano destino per uno come Kakaroth, quello di non interagire con nessuno. Lui che stringeva amicizia con tutti, persino con i nemici. Proprio come suo fratello che riusciva a parlare anche con i sassi – anche se con intenzioni diverse.
«Perché sulla Terra avevi un sacco di amici» soffiò Vegeta, con lo sguardo perso. «Eri... amato da tutti, insomma. Io non sono come eri te, non ho mai parlato molto. Quando sono circondato da tanta gente sto molto sulle mie. Ma mi fa strano pensare che tu sia così, adesso. È strano parlare... con te» ammise infine Vegeta.
Si ripromise in quell'istante che gli avrebbe dedicato solo sincerità. Non gli avrebbe nascosto nulla.
«Noi due non parlavamo?» domandò Kakaroth, il suo tono un poco più incuriosito.
Il Principe sbuffò e chiuse gli occhi.
«Oh no, parlavamo, parlavamo. Eri perlopiù tu a parlare, ma parlavamo. Poco, agli inizi. Poi siamo diventati più... in confidenza. Ma tu non parlavi così, eri... eri sempre allegro. Quasi irritante, sempre con quel sorriso in faccia. E ora sei diverso» concluse Vegeta. Le ultime parole pronunciate con tanta amarezza da fargli salire la nausea. Si aggrappò di più al bancone della cucina e questo scricchiolò, ma non riuscì a voltarsi verso Kakaroth.
Lo sentì sbuffare, cinico..
«Sempre... allegro?» si domandò, stranito. «Non mi ci riconosco, non ho avuto molto di cui esserlo. Sei sicuro di aver trovato la persona giusta? Che io sia davvero chi tu credi io sia?» chiese, il suo tono quasi dispiaciuto.
Vegeta finalmente trovò la forza di voltarsi e di guardarlo fisso negli occhi. Nero contro nero.
Anche se più cupi, anche se più stanchi, Vegeta avrebbe saputo riconoscere quegli occhi ovunque.
Avrebbe riconosciuto Kakaroth tra tutti gli esseri umani dell'universo, e aveva saputo riconoscerlo persino con quei capelli acconciati in modo strano, con quella tunica bianca e oro e quella tiara sulla fronte.
«Più che sicuro» confermò, senza lasciar cadere lo sguardo.
Kakaroth alzò il mento e sollevò un sopracciglio. Sembrava incuriosito, seppur sospettoso.
«Hai detto che puoi dimostrarmelo. Come?»
Era quello, dunque, il momento di farsi avanti? Era quello il momento di esporsi? Vegeta sostenne i suoi occhi e strinse le labbra.
Difficile e semplice allo stesso tempo dimostrare a Kakaroth di conoscerlo, di sapere di lui tante cose apprese in più di quarant'anni di vicinanza. Facile perché le ricordava tutte a memoria, difficile perché ammettere di saperlo fare era un attentato alla propria dignità.
Ma, come dimenticare, la dignità avrebbe dovuto metterla da parte. Per Kakaroth.


«Ok...» soffiò, con uno sbuffo. Era il momento. «Hai una cicatrice in basso alla schiena. Tonda, scura. Ti pizzica con la luna piena».
Kakaroth sgranò gli occhi.
«Ma come f-»
«Ce l'ho anche io» lo interruppe Vegeta. «È dove avevamo la coda, perché siamo Saiyan».
«Quindi è una deduzione, la tua?» Kakaroth strinse gli occhi.
«Mh, no. L'ho vista, diciamo che il tuo senso del pudore non era proprio alto» borbottò Vegeta. Non erano state rare le volte in cui si era messo nudo davanti a lui, per fare la doccia, per fare la sauna, per andare a pescare. Ovviamente niente di compromettente. Forse. «Ma se non mi credi, beh, ne hai un'altra, di cicatrice. Non si vede, è sotto i capelli sulla nuca. La puoi sentire quando ti fai la doccia. Me lo hai detto tu, una volta».
Lo sguardo di Kakaroth si fece di nuovo più sgranato, ben più sorpreso. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì niente, quindi Vegeta continuò.
«Ti addormenti solo sul fianco sinistro, poi però dormi in tutte le posizioni del mondo e, sul serio, questa cosa dev'essere genetica perché anche Radish lo fa» spiegò. Avevano dormito spesso insieme, sul pianeta di Lord Beerus. «Sei ambidestro. Quando sei nervoso, felice o in imbarazzo ti gratti la nuca. Ti piacciono di più i cibi salati, anche se diventi pazzo per il cioccolato. Non ti piace il caffè».
Più Vegeta andava avanti a elencare, più si rendeva conto di conoscerlo davvero, davvero bene. Anche per le piccole cose, le sciocchezze. Per un attimo gli sembrò che non fossero trascorsi davvero dieci anni, poi però Kakaroth parlò.
«Cos'è il caffè?» domandò. Sembrava alienato, sorpreso prima di tutto.
Vegeta scosse la testa e si voltò verso il bancone. Nella boccia della caffettiera riscaldata c'era ancora un avanzo del caffè che si era preparato mentre attendeva il risveglio di Kakaroth. Gliene versò una tazza, poi gliela porse.
Kakaroth l'annusò con il naso arricciato e, dopo averlo assaggiato, montò un'espressione terribilmente disgustata. Vegeta invece non riuscì a trattenere un sorrisetto.
«C'è davvero a chi piace 'sta roba?» domandò Kakaroth, porgendogli la tazza.
«Oh, sulla Terra lo adorano. Io non riesco a farne a meno» fece spallucce Sua Maestà, bevendo ciò che rimaneva del caffè. Poi continuò. «Di sera... di sera ti piace guardare le stelle. Non riesci a pronunciare la parola “rocambolesco”» e gli aveva dato abbondantemente del cretino per quello. Poi Kakaroth gli aveva fatto una boccaccia, una delle solite, e Vegeta gli aveva dato anche dell'infantile. Un battibecco che era finito alle mani. Una scusa per combattere, niente più.
«Rocalbonesc... roncambole... dannazione» provò Kakaroth, accigliandosi.
«I tuoi capelli hanno una forma strana se non li leghi. Sono tipo a forma di palma. Ti dicevo che erano stupidi» spiegò Vegeta. Erano stupidi per davvero, ma quello chignon era forse più strano.
Kakaroth si portò una mano sui capelli di riflesso.
Si specchiò nel bianco armadietto della cucina, sul suo volto un'espressione dura, colpita, sofferente. Consapevole. Così consapevole da provocargli dolore, a giudicare dal tremore delle sue mani.
Vegeta provò l'impulso di allungare una mano verso di lui e non si trattenne. Raggiunse il nastro dorato che legava i capelli di Kakaroth e ne tirò un lembo. Lui lo lasciò fare, non si scansò. Il nastro si sciolse e cadde, e i capelli di Kakaroth tornarono nella posizione naturale. Quella stupida. Fu strano rivederlo in quel modo, ma fu una strana sensazione di sollievo, come se rivedere quegli stupidi capelli potesse riportarlo un poco più simile all'uomo che conosceva, e non quell'uomo spaesato senza memoria alcuna.
Kakaroth si specchiò un altro poco, poi tornò con lo sguardo su Vegeta.
«Sì... non ho decisamente sbagliato persona» mormorò poi Sua Maestà, rendendosi conto di non avere fiato. Aveva trattenuto il respiro fino a quel momento. «Oh... e hai paura degli aghi» aggiunse per togliersi da quella situazione imbarazzante.
Kakaroth storse le labbra in un sorriso un poco amaro. Vegeta aveva paura di quel sorriso. Le rare volte che l'aveva visto sorridere in quel modo era stato ai funerali dei loro cari. E poco prima di partire per dieci anni.
«... è una paura sciocca, sì».
«Anche io ho una paura sciocca» si affrettò a dire Sua Maestà.
Kakaroth ridacchiò. «Delle cose che strisciano».


Occhi spalancati, respiro trattenuto.
Si guardarono come se gli fosse appena stato versato addosso un secchio d'acqua gelida. Vegeta si aggrappò con le mani al bancone dietro di sé, costernato.
«Come... come fai a ricordarlo?» soffiò.
Kakaroth aveva detto di non ricordarsi nulla, faticava persino ad accettare di non essere cresciuto su quel pianeta di megalomani, come poteva ricordarsi un dettaglio così piccolo e insignificante?
Forse... forse non era davvero tutto perduto?
Egli restituì lo sguardo con altrettanto sconcerto.
«Lo so e basta» sussurrò, mordendosi il labbro. «Senti, io... ti ricordi quando Radish mi ha chiesto “non ti sembra di averci già visti?” ecco, sì, la sensazione era quella. Mi sembrava di averti già visto da qualche parte, ma non ricordo dove. E anche quando mi hai chiamato Kakaroth, il primo giorno su Morvir, quel nome mi ha detto qualcosa. Però... però non ricordo assolutamente niente. E non ricordo di nessun altro. La Terra non mi dice nulla, di Radish non ricordo niente. Invece tu... so di averti già visto, ma non ricordo niente di te. È solo una sensazione, un presentimento» spiegò, frustrato.
Un presentimento. La traccia.
Vegeta chiuse gli occhi per un secondo. Forse era proprio quello, la traccia di cui aveva parlato Nînyssi su Dagrabàh, qualcosa che li teneva legati.
C'è qualcosa di lui in te” gli aveva detto. Probabilmente valeva anche il contrario.
Quel qualcosa era rimasto, impossibile da cancellare come la sua memoria. I suoi ricordi erano andati persi, ma c'era comunque un segno di lui in Kakaroth. Qualcosa di dolce-amaro.
«Quindi... oramai è certo. Io sono colui che dici che io sia» mormorò di nuovo Kakaroth, confuso, spaesato. «È tutto vero?»
Vegeta riaprì gli occhi. Era tutto vero? Sì, ma Sua Maestà avrebbe di gran lunga preferito di no. Avrebbe preferito chiudere di nuovo gli occhi e risvegliarsi dieci anni prima.
Scosse la testa, prima o poi avrebbe dovuto raccontargli anche quello, ma prima di tutto era il caso di dargli l'ultima grande prova.


Gli passò a fianco e si diresse verso il grande schermo del salotto. Con i comandi a ologramma riuscì a entrare nei file collegati alla Capsule Corporation, l'hard disk privato di Bulma. Lì c'erano tutti i ricordi di famiglia, fotografie, documenti, video, esami, qualsiasi cosa.
Scelse una cartella a caso e navigò tra le fotografie con il dito indice, poi ne ingrandì una. Faticò a trattenere un ghigno alla vista di lui e Bulma su una moto, quello scatto era davvero ridicolo.
«Questo sei tu, eri un moccioso. Lei era la tua migliore amica, Bulma» gli disse. «Vedi? Avevi la coda».
Kakaroth lo raggiunse a passi svelti, con gli occhi sgranati rivolti allo schermo di quello che sarebbe stato un breve ma intenso viale dei ricordi.
Vegeta chiuse la foto e ne aprì un'altra, causale, tra le centinaia in quella cartella.
«Questi erano tutti i tuoi amici» quella l'avevano scattata alla festa per la nascita di Bra. C'erano tutti, Vegeta era distante, a braccia conserte vicino a Piccolo. Tutti gli altri erano radunati intorno a Bulma e la piccola, compresi Chichi, Crilin, Yamcha, Tenshinhan, il Genio. «Molti di loro non ci sono più» mormorò, chiudendo la foto in modo brusco. Poi si ricordò di un grave errore che aveva commesso in passato, non avvertire Kakaroth di qualcosa di molto importante.
Si era ripromesso di essere sincero, e quindi l'avrebbe fatto a partire da subito. Senza più commettere gli stessi errori.
«Vedrai che il tuo volto, come il mio, non invecchierà a differenza di quelli di molti altri. Questo perché noi Saiyan siamo una razza longeva, viviamo intorno a centocinquant'anni. I terrestri, invece, hanno un'aspettativa di vita intorno agli ottant'anni» spiegò, a malincuore. Forse non era il caso di dirgli subito che fosse quello il motivo che l'aveva spinto a partire.
Sincerità sì, ma non sarebbe guastato un po' di tatto. Avrebbe dovuto imparare ad averlo, suo malgrado.
Scrollò indietro un poco e ne aprì un'altra. Prima del Cell Game l'avevano scattata con Mirai Trunks. Vegeta sempre in un angolo, con Kakaroth che lo guardava e gli intimava di farsi più avanti. «Penso che questa sia la prima foto che abbiamo insieme». La detestava un poco.
Ne scelse un'altra, il compleanno di Bulma sulla nave, dopo che Lord Beerus si era mostrato loro per la prima volta. «Ci sono anche i tuoi figli, lui è Gohan, lui è Goten. Ora sono cresciuti» borbottò, poi cercò una fotografia più recente. Una delle ultime prima che Kakaroth partisse. «Ecco qua, questa è la foto del matrimonio di Goten. Con mia figlia, Bra».
Il volto di Kakaroth era arricciato dalla confusione, dalla sorpresa. I suoi occhi scorrevano sullo schermo su tutti quei volti di cui non ricordava niente, in quei ricordi che non erano più propri.
Doveva essere terribile.
«Questo... oh, questo è un video stupido» continuò Vegeta, rendendosi conto di aver aperto un file che conosceva fin troppo bene. Detestava anche quello.



«Ops, mi è partito un video!» cinguettò Bulma, mettendo a fuoco i volti dei due Saiyan. Si trovavano ancora all'estremo nord della Terra, tra i ghiacci mezzi infranti dal combattimento contro Broly e Freezer.
Bulma ci teneva a commemorare la vittoria con una foto ricordo.
«Oh, per favore, quanto vogliamo andare avanti con questa pagliacciata?» grugnì Vegeta, annoiato, con il volto per metà immerso nel suo cappotto verde. Kakaroth, di fianco a lui, sorrise con le dita a V di vittoria.
«Insomma, Vegeta! Devi per forza fare quella faccia lì?! Sorridi ogni tanto!» lo redarguì Bulma, autrice di quel video.
«Già, Vegeta, sorridi ogni tanto» lo prese in giro Kakaroth, entusiasta. «Abbiamo appena battuto un bel fenomeno!»
Vegeta grugnì di nuovo, annoiato.

«Ci sei già tu che sorridi per entrambi. Guardati, sei un clown» replicò Sua Maestà. Kakaroth gli fece una linguaccia e si rimise in posa.
Vegeta, giusto per concludere quanto prima quella buffonata, tirò fuori il naso dal cappotto e assunse un'espressione quantomeno soddisfatta.
«Sempre queste pose plastiche, sembrate due scimmioni decerebrati!» sbuffò Bulma, esasperata. «Goku-kun, avvicinati un po', suvvia!»
Kakaroth sbuffò divertito e, dopo aver lanciato un'occhiata di sfida a Bulma, fece un balzo verso Vegeta e gli arrotolò un braccio intorno al collo, trascinandoselo contro.

«Ehi! Ehi, ma che diavolo!» Vegeta, rosso come un pomodoro, lottò per divincolarsi. Kakaroth invece, idiota come al solito, sorrise giulivo e fece una boccaccia in telecamera.
«Posso estrapolarci una foto bellissima! Aww, finalmente» trillò Bulma, entusiasta, mentre Vegeta si divincolava in malo modo dalla presa del deficiente.
«Bulma, osa pubblicare quella foto da qualche parte e potrei non rispondere delle mie azioni. Quanto a te, Kakaroth, ti ammazzo».


Il video si concludeva lì e, automaticamente, comparve la foto estrapolata da Bulma. Un connubio perfetto di idiozia e imbarazzo. Vegeta, livido, che tentava di allontanare Kakaroth da sé e quest'ultimo che rideva come un'imbecille.
Eppure era lo scatto più significativo che avessero. La fotografia che meglio rappresentava ciò che erano stati.
Kakaroth, con gli occhi fissi allo schermo, tremava.
Per quanto per Vegeta potesse essere dura avere a che fare con lui, doveva ammettere che anche per Kakaroth non doveva essere una passeggiata vedersi in quel modo. Sorridente, circondato da amici, abbracciato a una persona che fino a tre giorni prima non sapeva nemmeno chi fosse.
Scrutò ancora un poco la fotografia, ma Vegeta decise che quello era il momento di fare una piccola pausa. Per entrambi.
«Mi credi, ora?» gli domandò, dopo che lo schermo si spense.
Kakaroth abbassò il volto e, dopo aver deglutito un boccone amaro, annuì.
«È già un buon punto di par-» si apprestò a dire Sua Maestà, ma Kakaroth si voltò verso di lui e lo prese per le spalle, scuotendolo.
L'istinto fu quello di scrollarselo di dosso e lanciarlo contro la parete rinforzata dell'astronave ma, nel vedere quegli occhi rossi e disperati, Vegeta non riuscì a fare niente.
«Perché?! Perché non ricordo niente?» urlò Kakaroth. «Perché... perché non ricordo chi sei?»
Sua Maestà trasalì. Gli facevano male quelle mani sulle spalle e gli faceva male quello sguardo tanto disperato, tanto confuso.
Kakaroth non lo meritava. Era l'eroe di tutti – sì, un pezzo di idiota, ma pur sempre un eroe – una persona dal cuore così buono da mettere a Vegeta il voltastomaco, una persona amata da tutti. Un amico leale, fedele. Un combattente eccezionale. Le poche volte che davvero Kakaroth aveva messo in pericolo qualcuno l'aveva fatto per ingenuità, non conosceva la cattiveria, non conosceva il risentimento. Era la persona che meno meritava di sentirsi in quel modo, di sentirsi estraneo nel proprio corpo, di non ricordare tutto il bene compiuto per tutti, per i suoi amici, per la sua famiglia, per la Terra e gli universi... per lui.
Il senso di colpa di Vegeta crebbe nuovamente, così tanto da non riuscire più a tenere la bocca chiusa. Sempre perché la sincerità non sarebbe potuta essere un optional, non più.
«Perché per dieci anni su Morvir ti hanno manipolato... e in parte è anche colpa mia» mormorò, a testa bassa.
Kakaroth allentò la presa sulle sue spalle e strinse lo sguardo, la testa inclinata e il naso arricciato.
«In che senso?» domandò, confuso, lasciando scivolare le mani di nuovo lungo i fianchi.
Vegeta si sentì più leggero e più pesante allo stesso tempo.
«Dopo l'ennesima morte di qualcuno a te caro hai deciso di andartene. Tu sei partito, te ne sei andato di tua spontanea volontà e ho davvero creduto che non volessi tornare, che fosse una tua decisione quella di rimanere lontano. Ma quando ho iniziato ad avere un brutto presentimento, beh... non l'ho seguito subito per orgoglio. È passato troppo tempo e ora hai dei danni permanenti di quella manipolazione. Mi dispiace, Kakaroth io... avrei dovuto venire a salvarti prima...» deglutì e chiuse gli occhi. Poi disse qualcosa che poche altre persone avevano udito provenire dalla sua bocca. Solo Bulma e Trunks, per l'esattezza, tanti anni prima. «Ti chiedo scusa».

Vegeta non si era mai più abbassato a tanto sin dai tempi di Majin Bu, quando la battaglia si era conclusa e il senso di colpa per essersi lasciato manipolare e avere ucciso tutti quegli innocenti era stato più forte persino di tenere la testa alta e l'orgoglio integro. Aveva chiesto scusa a Bulma, aveva chiesto scusa a Trunks. Da allora non si era mai più trovato in una situazione di doverlo fare di nuovo, non si era mai trovato con un senso di colpa così forte da spaccargli le costole. Non fino a quel momento.
Kakaroth meritava quelle scuse, meritava di sapere che Sua Maestà era disposto a calpestare il proprio orgoglio pur di dire quelle parole. Non che le scuse sarebbero servite a qualcosa, di certo non avrebbero riparato l'accaduto.
Kakaroth, però, non sembrò scomporsi di fronte a ciò. Beh, certo, del resto lui non poteva sapere quanto gli fosse costato, non lo conosceva più per davvero.
«Capisco» disse, semplicemente. Vegeta tornò a guardarlo in faccia, non sembrava deluso, non sembrava nemmeno sorpreso. «Ma alla fine... beh, alla fine l'hai fatto. Sei venuto a salvarmi anche se tardi, no?»
Vegeta aprì la bocca. Sul serio non aveva null'altro da dire? Gli aveva appena detto che il motivo per il quale non aveva più memoria fosse colpa sua e lui non aveva nulla da recriminare?
Era proprio... tipico di Kakaroth.
«Non sei arrabbiato per questo?» chiese Vegeta, esterrefatto.
«Io... non credo? Il fatto è che io non so niente, è come se non avessi vissuto nulla. Quindi non posso essere arrabbiato per essermi perso qualcosa di cui non ricordo. Ha senso quello che sto dicendo?» si interrogò, portandosi una mano sotto al mento come per pensare. In effetti era un discorso che non faceva una piega. «E, oltretutto, non ho idea di come fossi prima, ma non mi sento una persona troppo rancorosa. Dimmi, conoscendomi, me la sarei presa? Mi sarei arrabbiato con te?»
Una domanda scomoda, una domanda che Vegeta non si sarebbe mai aspettato. Trattenne il respiro e si accorse solo dopo troppo tempo di essere in carenza di ossigeno, con le labbra oramai blu e la testa che girava.
Kakaroth si sarebbe arrabbiato? No, decisamente no. Forse solo all'inizio, poi sarebbe scoppiato in una risata e gli avrebbe chiesto se, almeno, avesse portato qualche confezione di ramen in scatola per farsi perdonare.
Perché Kakaroth, a differenza di Vegeta, era in grado di perdonare. Sempre perché aveva un cuore troppo, troppo buono.
«No... non credo te la saresti davvero presa» concluse Sua Maestà.
Era Vegeta quello che non sapeva perdonare e, primo tra tutti, non sapeva perdonare se stesso. Non si sarebbe mai perdonato per ciò che aveva fatto – o meglio, ciò che non aveva fatto.
Kakaroth storse le labbra in un sorriso amaro, poi tornò con gli occhi sullo schermo spento della televisione, quasi come se avesse bisogno di vederci ancora qualcosa.
«Non c'è proprio speranza che io ricordi? Io vorrei... vorrei davvero ricordare» sussurrò.
Era esattamente ciò in cui sperava Vegeta. Che la sua memoria tornasse da un momento all'altro, che gli effetti della manipolazione mentale venissero meno... ma oramai erano quasi cinque anni che l'Aura di Kakaroth era scomparsa, questo stava a significare che le ultime manipolazioni fossero datate in quel periodo. Se da allora non c'era stato alcun segno di regressione, come poteva sperare che ci fossero davvero possibilità?
Forse avrebbero potuto chiedere a Shenron o Polunga ma, da quello che negli anni Vegeta aveva avuto ben chiaro, i Draghi non potevano riparare qualcosa che si deteriorava per una malattia. E, sebbene la manipolazione fosse un intervento esterno, i danni cerebrali erano senza dubbio subentrati solo di conseguenza, come una malattia degenerativa dovuta a un comportamento scorretto. Il cancro correlato al fumo, malattie neuro-degenerative associate all'esposizione ad agenti chimici, così come danni cerebrali dovuti a un eccessivo trattamento manipolatorio.
Di sicuro avrebbero provato, ma Vegeta ci sperava davvero poco. Ciò che sperava è che fossero reversibili, ma non ne aveva alcuna idea.
«Non ne ho idea, Kakaroth» ammise con sincerità. «Però, quando sarai pronto... potrò raccontarti chi sei. Magari potresti ricordare qualcosa».
Egli scrollò le spalle.
«Tu mi conoscevi così bene?» chiese.
Già. Lo conosceva così bene per raccontargli tutta la sua storia? Non fino al loro incontro, sicuramente. Ma, ai tempi di quando era partito... era più che certo di essere la persona che meglio lo conosceva. Più di chiunque altro al mondo. Più dei suoi figli, sicuramente più di sua moglie.
Sapeva che Kakaroth avesse amato Chichi in un modo molto poco convenzionale, ma che le avesse voluto bene per davvero. Ma Chichi non era mai riuscita a comprendere il lato Saiyan di Kakaroth.
Vegeta era l'unico ad averlo fatto, e di ciò ne era perfettamente consapevole. Mentre Sua Maestà, d'altro canto, era certo che sia Bulma che Kakaroth l'avessero conosciuto entrambi meglio di chiunque altro.
«Sì, ti conoscevo bene» concluse, sicuro, guardandolo fisso negli occhi.
Kakaroth l'aveva conosciuto, ma ora non lo conosceva più. Vegeta era rimasto l'unico a poter raccontare chi fossero stati, l'unico detentore dei loro ricordi. Ma almeno – magra consolazione – aveva ottenuto la fiducia per poterglielo narrare.
«Allora... allora sono pronto» concordò Kakaroth. Serio, determinato, curioso. «Raccontami chi sono».



 
 
Continua...

Riferimenti:
-Tutti i dettagli che Vegeta riferisce di sapere di Goku sono semplicemente inventati, eccezion fatta della paura degli aghi (come ben sappiamo essere canonica), la cicatrice sulla nuca e quella della coda (anche se non mi pare di ricordare se è vero che la senta durante la luna piena). 
-Le foto che mostra Vegeta a Goku sono mia immaginazione a parte quella in cui Goku e Bulma sono una strana vettura, ricordo chiaramente che fosse una art ufficiale. 
-Il fatto che i draghi non possano guarire le malattie me lo sono inventato? Bella domanda! Non ricordo se questa cosa è canonica e non riesco a trovare risposte da nessuna parte xD beh, nel caso se non fosse specificato prendetelo per una invenzione ai fini della trama. 

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno ragazziiii!
Eccoci qui, finalmente si viaggia per tornare a casa. Goku ha accettato la situazione, ha avuto le prove che gli servivano e ora è pronto per farsi raccontare la sua vita come se stesse vedendo un film. Con varie interferenze "Radishiane" xD sarà lui a guidarli uno contro l'altro, letteralmente? Verosimile. 
Ci sarà modo di recuperare i ricordi in altro modo? Chissà. 
Goku è diverso rispetto a quello che conoscevamo, questo è indiscutibile, ha avuto dieci anni in cui ha dovuto sopprimere la sua vera natura. Tornerà come prima, o quantomeno simile? Tante domande, ancora tanti capitoli per trovare risposte.
Vi ringrazio davvero di cuore, tutti, uno per uno, specialmente chi mi da sostegno capitolo per capitolo lasciandomi un parere, un supporto! Siete preziosissimi <3
E grazie Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Un abbraccio e a presto!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Allora, gliela stai riempiendo un po' quella zucca vuota o no? Come sta andando? » gli domandò Radish, allegro.
Un'allegria che non fu decisamente contagiosa per sua maestà che, al contrario, si piegò in avanti sul sedile e si prese la testa tra le mani.
«Mh, lo prendo come un “di merda”» convenne poi Radish.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Backup ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
Avvertenze:
Piccoli accenni alla prostituzione. Mi dissocio completamente dal comportamento di Radish.
In questo capitolo verrà inoltre mostrata una scena molto drammatica, in corsivo, che potrebbe urtare la vostra sensibilità nel caso non siate pronti ad affrontare la tematica della morte e del lutto.
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 14
Backup

 

 
Era stato molto più difficile del previsto. Intenso quasi più di quegli allenamenti sfiancanti che un tempo caratterizzavano i loro incontri, complesso a livello emozionale e persino fisico.
Vegeta era partito a spiegare dall'inizio, dalle origini Saiyan e di come Kakaroth si fosse trovato su quella navicella per la Terra. Poi gli aveva tramandato qualche racconto – sentito perlopiù da Bulma – sui primi anni di vita, sull'avventura alla ricerca delle Sfere del Drago, i tornei di Tenkaichi. La morte di nonno Gohan - che Vegeta sapeva essere stato un punto molto dolente per Kakaroth - causò in quest'ultimo un velato senso di colpa e malumore. Niente a che vedere con il dolore che una volta Kakaroth gli aveva confessato di aver provato di fronte alla consapevolezza di aver ucciso il suo nonno adottivo sotto la forma di Oozaru.
Poi gli aveva raccontato dell'arrivo di Piccolo, del matrimonio con Chichi, della nascita del piccolo Gohan e, infine dell'arrivo di Radish sulla Terra e del combattimento che avrebbe ucciso entrambi. E del fatto che Goku fosse stato resuscitato un anno dopo, mentre Radish non era mai stato più portato in vita e forse era anche per quello che il suo volto gli dicesse poco o niente.
Dopo quella prima parte di racconto lo stress emotivo dovuto a tutte quelle nozioni aveva causato in Kakaroth un incessante mal di testa, mentre in Vegeta un intenso senso di ansia sul fatto che avrebbe dovuto raccontare il resto della storia, quello che lui aveva vissuto in prima persona.
Si erano per quel motivo concessi una pausa, durante la quale Radish aveva allietato entrambi gli animi con un bel passaggio movimentato in un campo di asteroidi che li aveva quasi fatti saltare per aria.


Vegeta aveva provveduto inoltre a informare i suoi figli e amici sulla Terra di quel che fosse accaduto, della memoria perduta di Kakaroth, del suo recupero da Morvir e del fatto che stessero tornando finalmente a casa. Aveva però declinato tutti i tentativi di chiamata da parte loro. Non era ancora il caso di far parlare Gohan, Pan e Goten con Kakaroth in quello stato. Prima, almeno, avrebbe dovuto ficcargli quante più nozioni in testa per poter affrontare una conversazione decente con la propria famiglia.
Dopo una lunga doccia, Kakaroth si era presentato nella cabina di pilotaggio non più vestito di quella ridicola tunica morviriana. Vegeta aveva lasciato lui una copia identica delle battle suit che indossavano lui e Radish e, per quanto fosse meglio dell'abbigliamento precedente, faceva comunque molto strano vederlo vestito di un colore che non fosse arancione. Non si era certo premurato di portargli un Gi della Scuola della Tartaruga 
di ricambio.
Una volta scampato il pericolo degli asteroidi e terminato i tre salti iperspaziali consecutivi, i tre Saiyan si erano concessi un pasto confezionato quasi decente. E grazie al cielo Radish si era premurato di intrattenere una conversazione ridicola per alleggerire la situazione in vista della seconda parte del racconto di Vegeta.


Racconto che si esaurì in un nuovo galoppante mal di testa da parte di entrambi, frustrazione a livelli galattici e la voglia di Vegeta di spaccare il setto nasale a Kakaroth dopo un giudizio troppo avventato riguardante il comportamento di Sua Maestà durante il Cell Game.
«Ho già imparato abbondantemente dei miei errori, non c'è affatto bisogno che puntualizzi di nuovo quali siano» borbottò Vegeta, alzandosi per allontanarsi. Forse c'era bisogno di un'altra pausa.
«Non volevo offenderti» si scusò Kakaroth, dopo avergli dato dello “stupido incosciente arrogante”. Che era la pura verità, ma farsela spiattellare in faccia in quel modo era stato irritante.
«Tsk. Ti conviene prepararti psicologicamente prima del proseguo. Non siamo ancora giunti alla mia peggiore ricaduta come assassino» sibilò Sua Maestà, prima che la porta della Living Room si richiudesse alle proprie spalle.
Non era abituato a farsi giudicare da Kakaroth. Non sarebbe mai stato pronto a guardarlo irrigidirsi dal disappunto quando gli avrebbe raccontato della sua possessione di Babidi.
Kakaroth aveva saputo negli anni perdonargli un sacco di sbagli, ad accettarlo, a non fargli pesare troppo le sue pessime scelte di vita.
Una volta, guardando Kakaroth, poteva vedersi restituire ammirazione da quegli occhi, serenità, fiducia, rispetto. In quel momento, invece, ci leggeva solamente confusione, disagio, talvolta anche disappunto. Era frustrante, era doloroso.


Si addentrò nella cabina di pilotaggio e, con un sonoro sbuffo, si sedette al proprio posto accanto a Radish. Aveva bisogno per un attimo di stare accanto a qualcuno che non l'avrebbe giudicato per essere stato un grandissimo figlio di puttana.
«Allora, gliela stai riempiendo un po' quella zucca vuota o no? Come sta andando?» gli domandò questi, allegro.
Un'allegria che non fu per nulla contagiosa per Sua Maestà che, al contrario, si piegò in avanti sul sedile e si prese la testa tra le mani.
«Mh, lo prendo come un “di merda”» convenne poi Radish.
Vegeta sospirò tra le dita e dovette combattere contro la voglia di urlare bestemmie indecenti. O addirittura scoppiare in un pianto di rabbia, ma quello non l'avrebbe mai fatto di fianco a Radish.
«Ehi, dai... non disperare» mormorò poi quest'ultimo, dandosi la spinta con i piedi per voltare il sedile. Diede a Vegeta un debole pugno sulla spalla per farlo rinsavire. «Troveremo un modo di farlo tornare come prima. E poi è sempre lui. Vedilo come... un nuovo inizio?» tentò.
Vegeta aprì le dita per spiare il ghigno allegro e beffardo del compagno di viaggio. «Ci abbiamo messo quarant'anni ad arrivare dove eravamo» ringhiò frustrato. Proprio non riusciva a cogliere il bello di ricominciare un rapporto da capo, considerando tutto ciò che aveva portato lui ad accettare quella bizzarra amicizia con Kakaroth.
«Anni molto travagliati, da quel che mi pare di aver capito, per colpa soprattutto tua» puntualizzò Radish.
Vegeta ringhiò e strinse gli occhi. Forse aveva sbagliato anche solo a pensare di parlarne con lui.
«Non ti ci mettere anche tu a giudicarmi. Proprio tu che non ne hai alcun diritto!»
Radish alzò gli occhi al cielo.
«Non ti stavo giudicando, chi sono io per farlo?!» sbuffò, esasperato. «Quello che intendevo dire è che almeno ora partite già dal punto in cui tu sei un... bravo ragazzo? Non sei tu quello che deve partire da capo. Tu sei già alla fine, devi solo aiutare lui a raggiungerti al punto in cui eravate» spiegò, alzando poi le sopracciglia in segno di autocompiacimento. «Oh, mi domando proprio da dove le tiro fuori queste perle di saggezza, sono un genio! Dillo che sono un genio!»
Vegeta lo guardò storto, ma la verità era che quel discorso l'avesse stupito per davvero. Radish non era nel torto, la grande missione sarebbe stata però proprio quella di riportare Kakaroth in quel punto. Una missione che non si stava rivelando per nulla facile.
«Mh» si limitò a mugugnare il Principe, affranto ma meno frustrato.
«Senti... tu sei sempre tu, lui è smemorato ma è sempre lui. Se tanto mi da tanto prima o poi lui tornerà a provare per te quello che provava prima» convenne Radish, troppo ammiccante per i gusti di Vegeta.
Vegeta che in quel momento non aveva nemmeno la forza di contestare con crudeltà le affermazioni ambigue di quel deficiente.
«Radish... per favore» soffiò, stanco.
«Non lo sto dicendo per prenderti in giro!» trillò. «Abbiamo già fatto questo discorso, non sono stupido e certe cose le capisco, ma di certo non giudico! Come potrei? Ti ricordo che tra noi due sono io quello che conduce una vita sentimentale discutibile e promiscua».
E, Vegeta ne era certo, per vita sentimentale Radish voleva intendere andare a puttane.
Il reale problema era però un altro, e forse era il momento che Radish se lo ficcasse bene in zucca.
«Tu stai partendo dal presupposto che io volessi trovare Kakaroth per un fine che non è quello che intendi tu. Io lo volevo indietro com'era, volevo indietro quello che avevamo. E noi non eravamo niente più che... amici, e andava benissimo così» disse. Era la verità, sebbene ciò che percepiva nello stomaco fosse un poco diverso. Non c'era bisogno di specificare a Radish che i suoi sentimenti nei confronti di Kakaroth fossero forse un poco più intensi di quel che voleva ammettere persino a se stesso. «Ora... non siamo niente» concluse Vegeta, riprendendosi la testa tra le mani.
Radish si lasciò sprofondare sul sedile a braccia conserte, con un sopracciglio alzato in modo scettico ma uno sguardo ben più comprensivo del previsto.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, con il solo ronzio del motore di Caps12 a sostenere quella che avrebbe dovuto essere la conclusione di una conversazione.
Ma, sorprendentemente, la conversazione non si rivelò affatto finita.
«Aspetta un momento!» si sollevò Radish, le labbra strette mentre gli ingranaggi della sua mente riprendevano a funzionare. «Hai detto che vuoi due siete legati da una sorta di connessione mistica dovuta alla Fusione. Che avete traccia di uno dell'altro e tutte quelle smancerie lì» borbottò, gesticolando in modo animato. «Magari potremmo fare in modo di sfruttare quella traccia per fargli tornare in mente delle cose, no?»
Vegeta spalancò gli occhi. Aveva capito bene?
«Che... aspetta, cosa?!»
Radish si entusiasmò ancor di più. «E se quella connessione fungesse come una sorta di... memoria di ripristino?» domandò, puntandogli entrambi gli indici contro per confermare la sua brillante intuizione.
Vegeta storse il capo. Quella cosa era così sensata e insensata allo stesso tempo da causargli parecchi sentimenti contrastanti. E dubbi.
Primo tra tutti che purtroppo - o per fortuna - Kakaroth non potesse essere paragonato a un computer o un androide. Non aveva alcun pulsante di “ripristino alle impostazioni di fabbrica”. Forse.
«Non mi viene in mente proprio come poter sfruttare questa cosa» disse Vegeta, confuso.
Radish ammiccò e si morse il labbro inferiore.
«C'è sicuramente chi può aiutarci. Qualcuno che ha aiutato te a prendere consapevolezza di quella traccia» sibilò, ghignando a un palmo di mano dal volto di Vegeta. «E quel qualcuno si trova su Dagrabàh».

Qualcosa si mosse dentro il petto di Vegeta. Forse il cuore che gli era risalito fino alla gola, forse lo stomaco che aveva iniziato a ballare danze caraibiche. Sua Maestà aprì la bocca per parlare, ma non trovò nulla da controbattere.
Perché, effettivamente, quell'idea non mancava affatto di senso. Inoltre Nînyssi aveva saputo estrapolare delle informazioni preziose dalla sua mente... e se avesse saputo dire loro qualcosa di più sulla condizione mentale di Kakaroth? Magari avrebbe persino capito se i suoi ricordi fossero scomparsi per sempre.
E se invece quella connessione avrebbe potuto davvero dare a Kakaroth qualche ricordo in più? Come se ci fosse una sorta di backup dentro quella traccia?
Vegeta iniziò a capire cosa si fosse mosso dentro al proprio petto: la speranza. Una debole speranza che non fosse tutto perduto.
Guardò Radish negli occhi ed emulò quel ghigno impertinente.
«Radish. Apri bene le orecchie perché non capiterà mai più che te lo dica: sei un genio» confermò, con una voglia innaturale di dargli una pacca sulla spalla in segno di ringraziamento.
Radish si portò le mani dietro la nuca, compiaciuto, poi si lasciò cadere sulla poltrona con un gesto plateale.
«Lo so, lo so, ti sei decisamente innamorato del fratello sbagliato» si vantò.
La voglia di dargli una pacca sulla spalla si trasformò con effetto immediato nel desiderio di cambiargli i connotati facciali con un pugno.
«Dei, quanto ti odio!» grugnì Sua Maestà.
Radish, però, ridacchiò di entusiasmo. Si sporse verso la mappa interstellare e selezionò una nuova rotta.
«E Dagrabàh sia!»

 


Quella sola piccola speranza di poter riavere indietro anche una minima parte della propria memoria fece affrontare il percorso nel viale dei ricordi in modo più ottimista. Specialmente da parte di Kakaroth, il quale si dimostrò più curioso, meno spaesato.
Vegeta si rasserenò un poco nel vedere il suo volto meno contratto, il profilo meno duro e gli occhi più luminosi. E, contrariamente alle aspettative, Kakaroth non lo giudicò troppo male per tutta la questione di Majin Bu. Ascoltò con pazienza, comprensione, curiosità e - nei dettagli di lotta e battaglie - persino entusiasmo.
Per un attimo a Vegeta parve di rivedere il Kakaroth di un tempo, lo spirito Saiyan che lo portava ad essere affine al combattimento sfrenato, il desiderio ancestrale di migliorarsi, di crescere.
In due giorni il racconto giunse fino a Zamasu e poi al Torneo del Potere, le motivazioni che avevano spinto alcuni universi ad avercela con lui, ma come poi tutto era andato a finire per il meglio.
Vegeta decise che sarebbe stato meglio lasciar sedimentare quanto raccontato prima di immergersi nei venticinque anni successivi e tutto ciò che l'aveva portato ad andarsene e scappare dal pianeta Terra. Erano stati anni di pace - tralasciando qualche piccola incombenza – ma non per questo meno dolorosi. Raccontare della morte delle persone da lui amate avrebbe richiesto forse più intimità, e non un Radish intorno che canticchiava vecchie canzoni in lingua Saiyan scolandosi le ultime scorte di superalcolici nel frigo.


Fu proprio quando Vegeta rientrò da un recupero viveri da un attracco portuale in entrata alla Galassia dell'Est che, senza che loro se ne accorgessero, udì una conversazione tra Kakaroth e Radish che forse avrebbe dovuto rimanere un poco più privata.
«-tanto grande casa nostra. Eravamo di terza classe» spiegò Radish, seduto a cavalcioni sulla cassa degli attrezzi vicino al motore dell'astronave. Vegeta, con due grosse buste in mano, si bloccò dietro l'ala per mettersi in ascolto. Corrucciò lo sguardo. Stavano parlando della vita su Vegeta-Sei. «Però era un bel posto, sai? Noi cuccioli di Saiyan più forti venivamo allenati nel palazzo reale. Tu però non l'hai mai visto, sei stato cresciuto in un'incubatrice domestica da nostra madre perché eri troppo debole. Uh, mamma si chiamava Gine, il nome di papà invece era Bardack. Tu assomigli tutto a lui! Era un guerriero forte».
Vegeta lo sentì raccontare e riconobbe subito nel tono di Radish un velo di nostalgia. Non avevano più parlato della vita su Vegeta-Sei dopo quella lontana notte dell'esplosione.
«Ero affezionato a loro? E a te?» domandò Kakaroth.
«Mh, papà ti ha visto davvero poco. Mamma ti trattava come un esserino indifeso e mi sgridava sempre quando ti facevo i dispetti. Eri davvero troppo piccolo per capire, neanche ti avevano insegnato a parlare la lingua Saiyan. La notte prima che Vegeta-Sei esplodesse penso che papà abbia avuto un presentimento e ti hanno spedito via, sulla Terra. Ti hanno salvato la vita! Poi però a quanto pare una volta giunto lì hai sbattuto la testa e hai dimenticato tutto. Non ti ricordavi di loro o di me quando ci siamo incontrati la prima volta, sulla Terra» raccontò Radish.
Vegeta osservò Kakaroth abbassare il volto e corrucciarsi.
«Già... sembra che il mio destino sia perdere la memoria e dimenticarmi di coloro che mi hanno voluto bene» sospirò.
Vegeta strinse i pugni tanto da far tremare i sacchetti che aveva in mano. Non gli piaceva vederlo in quello stato.
Radish grugnì e alzò gli occhi al cielo.
«Senti, Kakaroth, è andata meglio così. Hai vissuto una vita agiata sulla Terra, circondato da persone buone e senza troppi problemi di sorta. Non come me e Vegeta, che sin da piccoli siamo stati resi schiavi dell'Esercito Freezer».
Kakaroth lo guardò di nuovo con preoccupazione.
«Immagino sia stata dura» convenne.
Lo era stata per davvero.
I Saiyan erano un popolo di conquistatori, certo, ma prima del regime di Re Cold era raro che concludessero degli affari con lo sterminio di interi pianeti, se non attaccati. Erano anche piuttosto diplomatici. Invece dopo l'avvento del regime erano diventati dei veri e propri assassini, usurpatori, dei mercenari mandati in conquista di pianeti sin da piccoli.
E, specialmente loro che erano i pochi sopravvissuti, non avevano avuto vita facile dopo l'esplosione di Vegeta-Sei.
Vegeta non ne parlava mai, ma avere sei anni ed essere schiavizzato non era stata una passeggiata. Freezer aveva trattato male i pochi Saiyan rimasti, Vegeta in primis. Non erano mancate vessazioni, violenze delle quali portava ancora le cicatrici.
«Non mi piace ricordare quei tempi, quando ancora eravamo troppo piccoli per ribellarci. Però ci hanno reso dei veri duri!» disse Radish. «Abbiamo sviluppato un bello spirito di sopravvivenza! E, detto tra noi, non sono mancati dei piccoli atti di ribellione, seppur minimi. Io e Vegeta eravamo due scimmiette impertinenti, sai? Impossibile tenerci buoni. Nappa si è strappato tutti i capelli dalla disperazione!»
Kakaroth sorrise sghembo.
«Sai, Radish, non mi sembri tanto male. Non capisco perché non ti abbiamo riportato in vita prima».
Vegeta sollevò le sopracciglia. Dopo tutto quello che si erano raccontati non si sarebbe aspettato quella domanda da parte di Kakaroth. Era evidente che il suo lato ingenuo fosse ancora piuttosto preponderante. Così come quel grande cuore troppo buono.
Radish scoppiò a ridere.
«Perché ero un orribile bastardo! Sul serio, Kakaroth, ero una persona terrificante, ho preso in ostaggio tuo figlio per convincerti a venire via con me. È stata solo una gran fortuna che Vegeta sia stato risparmiato, dato il bastardo che era anche lui» ridacchiò Radish.
Non aveva tutti i torti sull'epiteto usato ma, al contrario, il fatto che fosse stato risparmiato non era stata fortuna. Era stato solo merito del buon cuore di Kakaroth.
«A proposito, davvero Vegeta era un bastardo? Me lo ha detto anche lui, mi ha raccontato di quanto fosse stato spesso una persona tremenda ma, onestamente, faccio fatica a immaginarmelo. Adesso mi sembra una persona... buona. Sì, un po' burbero, ma una bella persona» sentenziò Kakaroth.
Vegeta si morse il labbro che iniziò a tremare per i sentimenti contrastanti. Non gli piaceva essere elogiato in quel modo – non era proprio giusto, considerando il passato burrascoso da assassino - ma al contempo era grato a Kakaroth per aver riconosciuto in lui della sincerità. Il cambiamento che aveva messo anni a compiere.
«Oh, Vegeta era il peggior stronzo nell'universo, ben più di me» ghignò Radish. Vegeta storse il naso: lì si stava esagerando con gli insulti, seppur veritieri. «Però poi ha incontrato te, i vostri amichetti... è cambiato. Quasi non ci credevo quando mi ha resuscitato! Quello che vedi è sicuramente il risultato di anni e anni trascorsi con voi. Sì, si può dire che Vegeta ora sia una persona buona» convenne Radish, poi rise di nuovo. «Oh, non glielo dire, ma in tre mesi ha fatto cambiare un poco anche me! Adesso sono un signorino!»
Vegeta alzò gli occhi al cielo. Ce ne erano voluti di pugni in faccia per togliergli di dosso quel ghigno malefico e quella sete di assassinio dei primi giorni!
Anche Kakaroth sorrise e si portò una mano dietro la nuca. Sembrava proprio... Kakaroth. E questo diede modo a Vegeta di sperimentarsi – sempre di nascosto – anch'egli in un sorriso.
«Beh, sono contento allora che siate cambiati per il meglio. Anche se vi ho conosciuti praticamente pochi giorni fa... già mi piacete di più di quegli stronzi su Morvir».
Forse Sua Maestà avrebbe dovuto abituarsi al fatto che quel nuovo Kakaroth fosse sboccato tanto quanto lui.

 


Dagrabàh distava ancora tre giorni di viaggio e i tre Saiyan ne avevano approfittato per rifornirsi di carburante iperspaziale in un attracco portuale ben fornito, gustarsi un pasto come si deve e, per grande gioia di Radish, concedersi anche qualche drink.
Con grande sollievo per Sua Maestà, Kakaroth non condivideva affatto col fratello quella passione ingiustificabile per il Rokk e, anzi, come già Vegeta sapeva non era molto dedito a bere alcolici. A parte il Sakè, ma quello era delizia esclusivamente terrestre.
Avevano concesso a Radish persino di godersi la compagnia di una deliziosa signorina per qualche ora e, dopo che era ritornato mezzo ubriaco e con evidenti segni di rapporti non propriamente docili sul collo, si era steso a pancia in giù sul divano senza la minima intenzione di ripartire.
Vegeta e Kakaroth avevano deciso che avrebbero ignorato la sua presenza e avrebbero approfittato di quel momento di inattività per concludere ciò che rimaneva del loro racconto, dal Torneo del Potere fino al matrimonio dei loro figli, Goten e Bra.
Era stato in quel momento che Kakaroth aveva manifestato il desiderio di dare meglio un volto a tutti coloro che aveva citato. Si erano seduti sul tappeto – ignorando il russare di Radish dietro di loro sul divano, e avevano iniziato a scorrere tra le foto.
«Questo deve essere Piccolo. Oppure è Dende?» domandò Kakaroth, indicando uno dei due namecciani in una foto dopo il Torneo del Potere.
«Sì, è Dende. Piccolo è qui dietro, vicino a me. È un tipo solitario, anche per questo motivo ci vado piuttosto d'accordo» spiegò Vegeta. In effetti il namecciano era uno dei pochi guerrieri della Squadra Z del quale Vegeta avesse tollerato la presenza appena giunto sulla Terra. Poi si era abituato a tutti, certo, ma con parecchia fatica.
«Beh, lei me la ricordo dalla foto di quando eravamo piccoli. Bulma, giusto?» Kakaroth indicò la donna bellissima con i capelli azzurro cielo. Teneva in braccio Bra da piccola.
Vedere Bulma in foto, così giovane e così sorridente, riportava Vegeta a tempi oramai troppo lontani. Una forte nostalgia, un nodo stretto attorno alla gola.
Chiuse la foto e ne scelse un'altra, più recente - e per recente s'intendeva poco più di dieci anni prima. Era il settantesimo compleanno di Bulma. Rispetto alla foto precedente era invecchiata parecchio, ma pur sempre una donna molto bella, molto energica.
Vegeta aveva pensato davvero potesse vivere ben oltre gli ottant'anni, ma purtroppo si era sbagliato.
«Sì, Bulma. Era la tua migliore amica e, come sai, era anche mia moglie» ammise Vegeta.
Kakaroth si voltò di scatto.
«Era?» domandò, e Vegeta deglutì.
Raccontargli la morte di Crilin, del Genio, di Yamcha, di Tenshinhan era stato già piuttosto strano.
«Ci stavo arrivando... sì... anche lei è morta. Cinque anni dopo che sei andato via» ammise Vegeta. Strinse i pugni e tentò di deglutire di nuovo quel nodo alla gola.
Aveva accettato la morte di Bulma, oramai, ma parlarne era sempre strano. Specialmente dopo aver ripercorso tutta la storia sin dagli albori, dopo aver visto le foto precedenti in cui la ritraevano giovane e frizzante.
Kakaroth abbassò lo sguardo.
«Mi dispiace...» mormorò.
Vegeta sbuffò tra i denti stretti di un sorriso amaro.
«Non ti dispiace per davvero» gli disse. Il Kakaroth che conosceva sarebbe andato ai matti per una notizia del genere. Quando le persone a lui care avevano iniziato a morirgli intorno si era disperato, la notizia della morte di Bulma l'avrebbe portato in un baratro di depressione profondo almeno quanto quello che aveva toccato Vegeta. Non si sarebbe limitato a un'espressione impietosita e un “mi dispiace”.
Ma quel Kakaroth era distaccato dai fatti, distaccato dai sentimenti che aveva provato per tutti loro.
«Ma sicuramente mi sarebbe dispiaciuto parecchio. E ora mi dispiace per te. Devi avere sofferto» sussurrò Kakaroth. Era compassione quella che provava, più che dispiacere.
Vegeta detestava la compassione, ma era quanto di meglio potesse dargli quel Kakaroth in quel dato momento. L'empatia.
«Ci sono abituato» alzò le spalle Sua Maestà.
Aveva sofferto tanto nella vita, troppo. Da quando aveva sei anni e non aveva voluto ammetterlo nemmeno a se stesso, fino ad arrivare al giorno odierno in cui una delle persone più importanti della sua vita nemmeno si ricordava di lui.
Vegeta scosse la testa e decise di non lasciarsi sopraffare dal catastrofismo e procedere oltre. Era giunto il momento di concludere quel racconto una volta per tutte.
Indicò la donna dai capelli grigi raccolti della stessa foto e parlò.
«Chichi. Tua moglie» si limitò a dire, di nuovo quel groppo intorno alla gola. All'inizio nemmeno la sopportava, quella donna. Di certo non era stata una delle sue persone preferite sulla Terra, ma come per tutti gli altri alla fine era riuscito a provare anche una parvenza del sincero affetto per lei. Visto che le loro famiglie trascorrevano più tempo unite che separate.
«Sì, l'avevo intuito, è accanto a me in tutte le fotografie» sorrise Kakaroth. Un sorriso che si spense nel vedere l'espressione di Vegeta.
Non ci fu neanche bisogno di parlarsi, bastò un solo sguardo.
«Lei... lei non c'è più» mormorò Kakaroth. Non era una domanda, quanto più una conferma.
Vegeta annuì.
«È morta il giorno prima che tu te ne andassi dal pianeta Terra».
«Ho sofferto anche io?» chiese Kakaroth.
Vegeta si rabbuiò. Il solo pensiero di quella sera era devastante.



«Kakaroth!?» Vegeta sobbalzò. Kakaroth gli era spuntato davanti dal nulla con un volto così pallido da sembrare un fantasma.
«Vegeta, aiutami, ti prego, aiutami!» farneticò, senza riuscire a spiegarsi, aggrappandosi alle sue spalle. Tremava.
Sua maestà spalancò gli occhi, qualcosa non andava. Non era da lui comportarsi in quel modo.

«Cazzo, ma che ti succede?» borbottò Vegeta. Gli prese gli avambracci e lo scrollò fino a fargli riprendere contatto con la realtà, con i suoi occhi.
Kakaroth aveva uno sguardo così perso da fare paura.
«Chichi non... aiutami!» lo supplicò di nuovo. Vegeta non l'aveva mai visto in quello stato.
Quello era panico, un vero e proprio attacco di panico.

«Se vuoi che ti aiuti, aiutami a capirti. Cosa c'entra Chichi?» domandò Vegeta.
Aveva un orribile, tremendo presentimento.

«Non mi risponde. Non risponde più!» soffiò Kakaroth. Aveva gli occhi lucidi, avrebbe pianto.
Il presentimento si fece terribilmente veritiero.

«... cosa?! Kakaroth, portami da lei» gli ordinò.
Con una mano tremante si portò due dita in fronte, e in un batter d'occhio si ritrovarono catapultati sui monti Paoz. Vicino a una delle loro galline.
Non aveva cercato l'Aura di Chichi. Nemmeno Vegeta riusciva ad avvertirla. Un segno troppo, troppo evidente.
Corsero dentro la casa, e il presentimento non fu più un presentimento.

Chichi era stesa a terra, in cucina, con gli occhi chiusi e i capelli scompigliati. Il fornello ancora acceso sotto una pentola di brodo, un mestolo sporco per terra sul tappetino.
Kakaroth si spalmò contro una parete, pallido come un cencio, mentre Vegeta si lasciò cadere accanto a lei. Le portò una mano sotto al naso. Non respirava. Due dita sulla trachea, non c'era battito. Era fredda. Troppo fredda per essere in quello stato da poco tempo.
Troppo tardi per poter anche solo pensare di fare qualcosa.
Vegeta chiuse gli occhi poi, tremando, si alzò.

«Kakaroth» sussurrò.
Kakaroth gli lanciò uno sguardo disperato. «Dimmi che non è vero».
Vegeta si avvicinò piano, poi gli mise una mano sulla spalla.
Non aveva minimamente idea di cosa fare, non in quella situazione.

«Kakaroth, vieni... ti porto da Bulma. Qui ci penso io, poi» mormorò. Lei sicuramente avrebbe saputo fare meglio di lui.
Bulma non era così emotivamente incapace.

«DIMMI CHE NON È SUCCESSO DAVVERO!» gli urlò contro, però rimase inerme.
Iniziò a piangere.
Vegeta non l'aveva mai visto piangere, non in quel modo. Come ci si comportava, in quel caso? Cosa avrebbe dovuto fare, abbracciarlo? Consolarlo? Non era bravo in quelle cose, non era proprio da lui. Si sentì un incapace.
Quindi semplicemente lo accompagnò lontano da lì, lo tenne vicino. Si premurò di avvisare i suoi figli, allertare chiunque, chiamare il medico, chiamare per il funerale. Poi gli restò accanto. Entrambi seduti su un letto, in silenzio, tutta la notte.




Non l'aveva mai visto soffrire in quel modo. Faceva male solo ricordarlo.
«Sì, hai sofferto... per questo sei scappato» rispose Vegeta.
«Sono scappato dopo che Chichi è morta?» domandò Kakaroth. Lo guardò in modo strano, come se avesse capito che quell'argomento fosse piuttosto pungente per Vegeta.
«Dopo il funerale. Mi hai detto che avevi bisogno di allontanarti per un po'. Ho provato a convincerti ma... beh, non c'è stato nulla che potessi dire per farti rimanere. Sei andato via e non hai più dato tue notizie. La tua Aura si è affievolita piano piano, non avrei mai pensato che fosse colpa della manipolazione» concluse Vegeta.
Sapeva che sarebbe stato un argomento complicato. Forse più per lui che per Kakaroth stesso che, invece, sospirò e alzò le spalle.
Era evidente che non ricordasse nulla, che non si ricordasse di quanto avesse sofferto – e di quello un poco Vegeta ne era felice. Uno dei pochi lati positivi di quella “beata ignoranza”.
«Io non so come sono arrivato là, né quando. Capisco perché nessuno sia venuto a cercarmi, dopo tutto quello che mi hai raccontato è evidente che io fossi stato in passato abbastanza incline a sparire per un po'. Ciò che posso dire però è che mi dispiace che non siate venuti prima... perché è bello sapere di avere invece qualcuno che mi ha voluto bene, e qualcuno che mi sta aspettando a casa. Su Morvir invece mi sentivo parecchio solo» ammise Kakaroth, scrollando di nuovo le spalle.
Fu l'ennesima coltellata nel petto, e Kakaroth nemmeno se ne accorse. Una lama tra le costole che ricordava a Vegeta di aver commesso un imperdonabile errore.
Dopo quella notte passata uno a fianco all'altro senza parlare, Kakaroth aveva voluto restare da solo prima del funerale di Chichi. Aveva preparato uno zaino e si era messo in testa di voler partire. Dopo il mental-breakdown Vegeta avrebbe dovuto fare qualcosa in più per tenerlo ancorato alla Terra. O quantomeno avrebbe dovuto cercarlo molto prima.
Invece si era fatto impadronire dall'orgoglio, dai propri sentimenti che l'avevano spinto a sentirsi abbandonato, quando era stato lui stesso ad abbandonare Kakaroth a un destino terribile. Ad averlo lasciato solo.
«Non... non era un'accusa» si apprestò a dire Kakaroth, nel vedere il volto di Vegeta indurirsi e farsi scuro.
Sua Maestà sapeva che non fosse un'accusa. Ma avrebbe dovuto esserlo.
Vegeta si alzò di scatto e uscì dalla Living Room sbattendosi la porta alle spalle, poi ci si appoggiò contro e provò a respirare meglio. La lama, però, era ancora lì tra le costole.


 

Continua...

Riferimenti:
-I capelli dei saiyan rimangono tali e quali per tutta la vita, e questo è canonico. Mi divertiva però pensare che Nappa abbia perso tutti i capelli a furia di strapparseli per le monellerie di Radish e Vegeta xD
-Gli anni di schiavitù sotto l'Esercito di Freezer non sono mai stati troppo mostrati nella serie, ma presumibilmente mi trovo a pensare che non sia stato facile e che ci sia stata anche violenza.
-Sebbene io veda il rapporto tra Goku e Chichi molto poco "romantico", io penso che Goku sia comunque profondamente attaccato e affezionato a lei. Mi è parso abbastanza probabile che potesse avere un attacco di panico nel trovarla morta in casa.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, amici!
Capitoletto un poco drammatico, specialmente sul finale. Però abbiamo finalmente una nuova rotta, una speranza di poter recuperare qualche ricordo. Si ritorna all'inizio, ai primi capitoli della storia, quando i nostri eroi sono approdati su Dagrabàh. Siete pronti a tornare laggiù?
L'idea di Radish avrà senso? Funzionerà? Beh, almeno hanno una piccola pista. Radish è davvero un genio, non c'è che dire. Ed è l'unico in questo momento a tirar su il morale di Vegeta che è letteralmente a pezzi. Non smetterà mai di sentirsi in colpa, questo è poco ma sicuro.
E... nel prossimo capitolo, per la prima volta in questa storia, assisteremo a un cambio di POV. Curiosi?
Grazie come sempre a tutti quanti per il vostro sostegno e il vostro entusiasmo!
Un abbraccio,
Eevaa



 
Nel prossimo capitolo!
«Ehm, penso di non ricordarmi di questa cosa, ma ti credo sulla parola, Goten» replicò dunque Kakaroth, impacciato.
Vegeta si irrigidì e si portò una mano sul volto. Gohan, dall'altra parte dello schermo, storse le labbra e si strinse nelle spalle.
«Non importa, papà. Però, ehm... io sono Gohan!» mormorò, imbarazzato.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Concorso di colpa ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.




 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 15
Concorso di colpa




 
Radish aprì gli occhi di soprassalto quando udì Vegeta sbattere la porta. Era sveglio oramai da qualche minuto, ma aveva sapientemente finto di non esserlo, dato l'argomento delicato. E dato il gran mal di testa galoppante lungo la cervicale.
Troppo Rokk. Decisamente troppo fottuto Rokk. Amava il Rokk. Odiava il Rokk.
Appena si alzò seduto sul divano, Kakaroth gli rivolse un'occhiata grave, sconsolata. Ovviamente quel grandissimo egocentrico di Vegeta aveva dato sfoggio delle sue incapacità emotive.
«Stavi ascoltando?» domandò suo fratello.
Radish strinse le labbra e annuì. Sì, aveva ascoltato quella conversazione e, quando Kakaroth aveva iniziato a dare sfoggio dei suoi pensieri su quanto fosse stato solo e triste su Morvir, aveva previsto ciò che sarebbe accaduto.
«Io non volevo accusarlo di niente!» tentò di giustificarsi Kakaroth, l'ingenuo Saiyan diventato terrestre e terrestre diventato morviriano. Ma pur sempre ingenuo.
«Ehm... diciamo che è un argomento delicato per Vegeta. Si sente molto in colpa» si apprestò a spiegare Radish.
«Per quale motivo?»
«Pensa che sia solo colpa sua... io penso che non lo sia». Radish fece spallucce. «Voglio dire... tante persone avrebbero potuto venire a cercarti ma non l'hanno fatto. Era evidente che nessuno sospettasse che tu fossi in pericolo. Quando Vegeta ha iniziato a sospettarlo sul serio è venuto a prenderti, fine della storia».
«Eppure lui si sente in colpa lo stesso...» convenne Kakaroth.
Radish ridacchiò e si stiracchiò un poco. Il mal di testa continuò a galoppare, così come la pessima sensazione di aver ingoiato un topo morto. Dannato Rokk.
«Oh, quando il principino decide di prendersela con qualcuno, lui porta avanti la pantomima per tempo immemore. Quando quel qualcuno è lui stesso dura anche tutta la vita, facci l'abitudine» spiegò.

Conosceva Vegeta da quando erano alti un metro e un tappo di sughero e certe cose non sarebbero mai cambiate. Compreso il fatto che Vegeta fosse rimasto alto un metro e un tappo di sughero.
Il primo grande senso di colpa di Vegeta era stato non essere in grado di uccidere Freezer appena appreso che fosse stato lui a far esplodere il loro pianeta. Non si era mai perdonato di non essere abbastanza forte, e aveva per sempre voluto migliorarsi in modo ossessivo anche per quel motivo.
Il secondo senso di colpa - da ciò che Radish aveva appreso in quei mesi - era stato quello di farsi manipolare da un certo mago figlio di puttana che gli aveva stampato una M in fronte e l'aveva fatto tornare stronzo. E ci aveva pure lasciato le penne, pur di rimediare a quel senso di colpa!
Il terzo senso di colpa era quello di non essere andato a prendere il suo adorato Kakaroth con largo anticipo. Zeno solo sapeva cosa sarebbe stato disposto a fare pur di espirare quel peccato.
Forse solo se Kakaroth gli avesse finalmente infilato la lingua in bocca si sarebbe convinto che non ci fosse niente di cui sentirsi in difetto.
«Io e lui eravamo molto amici, vero?» domandò suo fratello, e Radish si strozzò con la sua stessa saliva. Una domanda compromettente, dati i pensieri che stava macchinando.
«Uh... eeeehm» mugugnò Radish, come colto da un'improvvisa incapacità di mettere due vocali e due consonanti insieme.

Erano molto amici? Da quello che Radish aveva potuto intuire, “amici” era forse il termine più verosimile per definirli. Ma soltanto perché erano stati entrambi troppo schifosamente fedeli e monogami per saltarsi addosso a vicenda.
Radish era riuscito ad avvertire quella sdolcinata tensione che andava persino ben oltre ad essere sessuale ancor prima che quei due si re-incontrassero su Morvir. E, dopo aver iniziato a sospettare e vomitare copiosamente al pensiero di Vegeta che si accoppiava con suo fratello, ci aveva iniziato persino a fare l'abitudine.
Quei due erano legati da una corda così spessa che non avrebbe potuto tagliarla nemmeno una cesoia, ma gli unici a non saperlo erano proprio loro due.
Certo, Kakaroth era anche piuttosto giustificato, anche se - pur smemorato e ignorante - si vedeva già lontano un miglio che nutrisse una particolare predilezione per Sua Maestà. Vegeta, invece, avrebbe preferito terminare la propria vita a gran seghe piuttosto che ammettere di volere qualcosa di più da Kakaroth.
E ok a tutto quell'adorabile – per non dire stucchevole, sicuramente vomitevole – discorso sul fatto che il principino volesse il loro rapporto esattamente dal punto in cui l'avevano lasciato.
Un vero peccato che dal punto in cui l'avevano lasciato allo step successivo - ossia scopare come ricci in ogni angolo di quella palla di fango che chiamavano pianeta - ci passasse solamente il fatto che fossero stati sposati.
E, guarda guarda, invece al momento erano entrambi liberi come fringuelli. Lutti superati e accettati, anni a sufficienza per non essere socialmente additati come adulteri ne erano passati. Lo step successivo era così dietro l'angolo che prima o poi ci avrebbero sbattuto le dita dei piedi contro.
Lui ce le aveva già sbattute e aveva invocato santi e santoni ogni volta che Vegeta aveva negato l'evidenza. Come se poi non li avesse visti dalle telecamere di sicurezza come si lanciavano certi sguardi! O come Vegeta avesse sciolto i suoi capelli da quella ridicola acconciatura pochi giorni prima – diamine, Sua Maestà detestava i contatti fisici come quelli!
Ah, però erano amici. Sì.

«Rad?» Kakaroth richiamò la sua attenzione, ed egli balbettò ancora qualcosa di insensato.
“Sì, amici, quand'è che ci mettete anche i benefici?!” non sarebbe stata una frase molto felice dopo un discorso tanto serio. No, non ci avrebbe messo il becco, oppure Vegeta l'avrebbe decapitato.
«Devo andare!» trillò Radish, alzandosi di scatto dal divano. «Devo andare a guidare! A guidare, già. Si parte!» continuò a cinguettare uscendo dalla Living Room a balzi e ignorando lo sguardo confuso di suo fratello.
Due cose erano certe.
La prima è che Radish avrebbe atteso pazientemente il momento in cui avrebbe potuto urlare a gran voce un gigantesco “te l'avevo detto” nell'orecchio di Sua Maestà.
La seconda era che avrebbe festeggiato con del Rokk.


 
•••
 


Goku era terribilmente confuso. Inutile cercare di nasconderlo, e si sentiva anche piuttosto giustificato. In quattro giorni la sua vita era stata capovolta e risvoltata come un calzino.
Aveva iniziato a sentirsi stranito da quando quei due tizi erano giunti su Morvir e avevano iniziato a farneticare cose strane sul suo conto.
Lui era sempre stato convinto di essere cresciuto su quel pianeta, anche se non si ricordava proprio niente del proprio passato. Le sue giornate, da quando ne aveva memoria, erano state scandite solo dal lavoro, gli allenamenti, la disciplina, la guardia a quello che credeva fosse il proprio imperatore. Non aveva amici, le poche volte che aveva provato a parlare con qualcuno lo avevano ritenuto tutti troppo strano. Quindi si era chiuso in se stesso, solo, senza nessuno. E le poche volte che aveva gradito ricevere un contatto vero e proprio, si era rifugiato in uno dei quei locali promiscui per non nativi. Squallido, davvero squallido.
Aveva sempre creduto che quella fosse la propria vita e basta, aveva ignorato il bisogno di contatto umano che avvertiva. Si allenava, allenava i giovani cadetti. Dedito alla disciplina, alla buona condotta.

Poi erano arrivati quei due e gli avevano versato addosso dell'acqua gelida. Li aveva percepiti come una minaccia, soprattutto Vegeta, perché in qualche modo avvertiva che stesse minando ciò che era la sua vita, tutto ciò che gli era stato insegnato. Lo aveva chiamato con un nome strano che riconosceva ma non ricordava come, gli aveva detto che quella vita fosse solo una bugia.
Non ci aveva creduto, aveva provato solo una grande rabbia nei suoi confronti. Goku aveva pensato che fossero solo degli impostori giunti su Morvir solo per comprarlo come combattente.
Poi l'avevano rapito, avevano ucciso l'Imperatore e i Saggi e l'avevano portato via. Si era sentito così arrabbiato dal volerli uccidere ma, suo malgrado, era chiaro che Vegeta fosse più forte di lui.
Si era rifiutato di credere alle loro parole, a ciò che stavano tentando di dirgli. Gli era stato insegnato che i Saiyan fossero solo degli impostori, degli assassini. Aveva persino pensato di tornare su Morvir di nascosto ma, d'improvviso, altre persone l'avevano riconosciuto per qualcosa che lui nemmeno ricordava.
Gli era crollato il mondo addosso, si era sentito impotente, confuso. Aveva tentato di ricordare il proprio passato su Morvir ma si era reso conto di non averne uno. Le coincidenze erano state tante, troppe, poi Vegeta gli aveva porto la mano.
Era stato forse il primo gesto amichevole che qualcuno gli avesse riservato nella vita – beh, nella sua vita da ciò che ricordava.
Vegeta aveva occhi duri nei suoi confronti, ma Goku non si era mai sentito in pericolo in sua presenza. Come se già lo conoscesse, come se sentisse di potersi fidare. Non aveva più niente da perdere.

Quindi aveva accettato quella mano e in quattro giorni si era catapulto in un viale di ricordi di cui non aveva memoria, ma che avevano assunto una sembianza verosimile. Aveva avuto delle prove concrete, tangibili. Su Morvir non aveva avuto un passato, Vegeta gliene aveva appena dato uno.
E non gli dispiaceva, non gli dispiaceva per niente.
Per la prima volta nella propria vita – da quando ricordava di esistere – aveva sentito qualche tassello di se stesso coincidere con ciò che voleva essere. Non uno schiavo, non una marionetta, non una guardia assoggettata al potere di un imperatore.
Alcune cose di quel passato che Vegeta gli aveva narrato avevano dell'incredibile – le Sfere del Drago, ad esempio, o gli Dei della Distruzione, o Zamasu, la Macchina del Tempo – ma ne era rimasto affascinato.
Non ricordava niente di tutto ciò, ma in qualche modo sapeva che fosse vero. Vegeta l'aveva descritto come una persona allegra, solare, buona. Lui non si era mai sentito in quel modo su Morvir, non si era riconosciuto... ma in qualche modo aveva sentito che fosse così che desiderava essere.
Anche se era molto difficile comportarsi come tale, dopo tutti quegli anni trascorsi immerso nelle rigide imposizioni morviriane.
Tuttavia su quell'astronave, per la prima volta, aveva potuto mostrarsi a qualcuno senza tenere la consueta posa rigida, senza disciplina. Aveva scoperto che aveva un sapore dolce parlare con qualcuno che non lo trattasse come un numero, come una mera pedina.
Si era sentito qualcuno. Si era sentito bene, e aveva quindi realizzato come si fosse sentito male su Morvir durante tutti quegli anni.


Goku accigliò lo sguardo e si torturò le mani. Non avrebbe dovuto essere così poco sensibile con Vegeta a fargli presente quella cosa. Non aveva però idea che quell'uomo potesse sentirsi così in colpa nei suoi confronti.
Non aveva idea del perché, ma non gli piaceva l'idea che Vegeta potesse sentirsi in quel modo. Si alzò dal tappeto e decise che avrebbe dovuto far qualcosa a riguardo. Lo cercò in lungo e largo sull'astronave, e lo trovò sul ponte superiore intento a tirare calci e pugni a un robot rinforzato.
Emanava una forza straordinaria, così potente che Goku non si rese nemmeno conto dei minuti che passò solamente a fissarlo mentre combatteva.
«Kakaroth, che vuoi?»
Goku scosse la testa e si sbrogliò dall'incanto, avvicinandosi poi al Principe dei Saiyan.
«Vegeta, non volevo rigirare il coltello nella piaga. Davvero non penso che sia colpa tua» gli disse, e Sua Maestà diede un calcio più forte al robot fino a mandarlo in corto circuito.
Non lo guardò negli occhi, si accigliò e ancorò lo sguardo al terreno.
«Kakaroth, ti prego...»
«Davvero, non lo è» asserì Goku.
Analizzando la questione da esterno gli era stato piuttosto chiaro perché nessuno si fosse mosso prima per cercarlo. Aveva scelto volutamente di rimanere lontano, morto per sette anni, una volta! Non pensava che fosse colpa di Vegeta. Tanto meno era colpa di Vegeta che qualcuno gli avesse manipolato la mente fino a creargli dei danni permanenti.
Goku aveva appreso che il Principe si fosse comportato spesso come uno stronzo, burbero, irresponsabile, assassino. Ma quello era imputabile a un passato davvero, davvero burrascoso. Aveva appreso che fosse cambiato, che si fosse redento nel meglio delle proprie capacità. Trovava davvero ingiusto che si sentisse in colpa semplicemente per non essersi preso la responsabilità di cercare una persona che se ne era andata di spontanea volontà.
Vegeta non rispose. Si limitò a guardare il pavimento, con i pugni e le labbra strette. Goku sospirò. Gli faceva male vederlo così, e proprio non capiva il perché. Non si era sentito allo stesso modo di fronte ai ricordi che egli gli aveva narrato.

«È strano...» si ritrovò a dire, senza neanche accorgersene.
Vegeta sollevò lo sguardo e gli dedicò un'occhiata di traverso.
«Cosa?»
«Mi sento come se mi avessero raccontato una storia della quale sono protagonista, ma non avevo idea di esserlo. Come se fossi il protagonista di un libro, insomma, un libro molto bello, di cui sono felice e soddisfatto. Però tutte queste cose sento che non mi provocano le giuste emozioni» ammise Goku. Era ciò che provava in quel momento. «Non sento... quello che dovrei sentire. Mi dispiace, sento che mi dispiace per la morte dei nostri cari, ma come mi commuoverebbe una storia che leggo, un romanzo». Su Morvir uno dei suoi unici passatemi era leggere dei romanzi in standard intergalattico, e aveva faticato parecchio a imparare a leggere.
Vegeta chiuse gli occhi e sospirò. Era delusione, quella?
«Però in tutto questo c'è una cosa... una cosa strana» si apprestò quindi ad aggiungere Goku. «A differenza di quello che posso provare stando con Radish, immaginandomi i miei figli o qualcuno altro, sento che con te è abbastanza diverso. Sento una strana connessione. È come se davvero già ti conoscessi da una vita» spiegò Goku.
Era la verità, anche se non sapeva spiegarne il perché.
«Beh, forse perché è vero che mi conosci da una vita» borbottò Vegeta.
«Sì, ma... non credo che tu stia capendo cosa intendo» sussurrò Goku. Non sapeva proprio come spiegarsi.
Lo sentiva e basta. Così come aveva ricordato in modo casuale che Vegeta avesse paura dei serpenti, così come il nome Kakaroth pronunciato da lui sapeva di casa. A differenza degli altri, Vegeta non era un altro personaggio di un romanzo. Avvertiva delle corrette seppur velate sensazioni nei suoi confronti, come se la sua memoria esistesse ancora.
«Lo capisco...» sospirò Sua Maestà.
«Ecco, proprio per questo io sono certo, assolutamente certo che non me la sarei presa con te. Non è colpa tua. Hai attraversato l'universo per me, per salvarmi. È tutto ciò che mi importa. Spero solo che nel luogo dove stiamo andando possano davvero fare qualcosa per ripristinarmi la memoria» concluse Goku, sincero.
Vegeta gli lanciò uno sguardo tagliente, poi sbuffò e il suo volto divenne meno duro. Non ne era del tutto convinto, ma Goku gliel'avrebbe ripetuto fino allo sfinimento, se necessario.

Si guardarono negli occhi per qualche secondo, in silenzio.
«Vorrei non essere mai partito» mormorò Goku. Sarebbe stato tutto più semplice se fosse rimasto sulla Terra.
«Vorrei averti impedito di partire» controbatté Vegeta, rigido.
Chissà come, quella cosa fece sorridere Goku in modo sghembo. Vegeta era davvero un gran testardo, nel colpevolizzarsi in quella maniera! Esattamente come aveva detto Radish.
«Sei proprio un grandissimo egocentrico, vero?» ridacchiò Goku.
Il volto di Vegeta si fece meno duro. Scosse la testa e alzò un angolo della bocca, beffardo.
«Oh, vedo che non ci hai messo molto a imparare a conoscermi» ghignò.
Aveva i denti bianchi e gli si arricciava il naso quando provava a sorridere. Un tentativo piuttosto fallimentare, ma che aveva comunque un suo perché. E Goku se lo ricordava. Si ricordava che fosse sempre quello l'angolo della bocca che alzava per i suoi tentativi di nascondere un sorriso vero. Il sinistro.
Così come Goku ricordava una parola in lingua Saiyan, ma non ne ricordava il significato. Baka. E aveva memoria di come fossero le sue mani sotto quei guanti bianchi, e persino di una cicatrice a forma di Y sul pettorale sinistro.
Ricordava delle cose, ricordava delle sensazioni, e proprio non riusciva a collocarle nel modo corretto. Anche perché, di tutti quei gran discorsi e narrazione, non era riuscito davvero a comprendere che rapporto avessero. Da un lato sembrava che Vegeta lo avesse odiato, dall'altro che l'avesse rispettato, in quel momento gli sembrava che si sentisse responsabile nei suoi confronti e Radish non aveva saputo rispondere a una semplicissima domanda.
«Vegeta, ehm... noi... noi eravamo amici, giusto?» domandò infine Goku.

Il sorrisetto impertinente di Vegeta si spense. Strinse le labbra e indurì la mandibola. Perché tutti sembravano restii a rispondere a quella domanda?
«S-Sì. Lo eravamo» balbettò poi il Principe, e le sue guance divennero molto rosse.
Goku sollevò un sopracciglio. Ok, c'era qualcosa di non detto, lì. E in effetti anch'egli sentiva che qualcosa non corrispondesse alla perfezione.
«Uh... ok. Ma... intendo, noi eravamo solam-» tentò di domandare, ma il volto di Vegeta iniziò a contorcersi in espressioni poco consuete, poi lo interruppe.
«Ah, mi sono dimenticato di dirti che forse è il caso di chiamare i tuoi figli» trillò, con un tono di voce fin troppo alto rispetto al solito. «Stavano aspettano che io finissi di raccontare. Abbiamo finito, giusto? Andiamo!»
E, detto ciò, Sua Maestà si avviò verso il piano inferiore senza voltarsi indietro.
Goku corrucciò lo sguardo. Decisamente qualcosa non quadrava.


 
•••
 


No, no, no, assolutamente no.
Non avrebbe fatto quel discorso con Kakaroth neanche se fosse stato costretto con un Ki-blast puntato alla tempia.
Nossignore. Non il momento, non il luogo, non il caso.
Già con Radish gli provocava non poco imbarazzo, figurarsi col diretto interessato! Perché diamine tutti tendevano a travisare quale fosse il loro rapporto?
Ah, giusto, perché forse c'era qualcosa di singolare davvero, nel loro rapporto. Ma non romantico. Né sessuale. Niente di tutto ciò.
Beh, forse perché non c'era mai stata l'occasione. Adesso siete entrambi liberi, no?” la voce irriverente e petulante di Radish gli martellò nella testa e, anche se in quel momento si trovava zitto zitto al proprio posto di guida, Vegeta ebbe la malsana voglia di mettergli le mani al collo e stringere forte.
Tornò con lo sguardo su Kakaroth e provò in tutti i modi di tornare concentrato su ciò che stava accadendo, non su quei ridicoli pensieri fuori luogo e fuori contesto.
Solo che, nel vederlo sorridere di fronte allo schermo e grattarsi la nuca in quel modo sciocco, tenere a bada i pensieri fuori luogo non fu facile. Così come non fu facile trattenere anch'egli un sorriso nel vedere tutte quelle persone dall'altra parte della video-chiamata così felici, così allegre, entusiaste.

«Papà, sul serio, quella battle-suit mi ricorda i tempi del Cell-Game! Quando ci siamo allenati nella stanza dello Spirito e del Tempo!» ridacchiò Gohan.
Kakaroth strinse le labbra e lanciò uno sguardo confuso a Vegeta. Ecco, forse si era dimenticato di menzionargli quella stanza in particolare, non l'aveva ritenuto un dettaglio significativo.
«Ehm, penso di non ricordarmi di questa cosa, ma ti credo sulla parola, Goten» replicò dunque Kakaroth, impacciato. Vegeta si irrigidì e si portò una mano sul volto.
Gohan storse le labbra e si strinse nelle spalle.
«Non importa, papà. Però, ehm... io sono Gohan!» mormorò, imbarazzato.
Vegeta sospirò. Non aveva scelto un bel momento, Gohan, per stare con le lenti a contatto: in tutte le foto Kakaroth lo aveva visto ritratto con gli occhiali. Troppo facile confondere i due ragazzi, dato che con il passare degli anni avevano iniziato ad assomigliarsi parecchio.
«Sono io Goten. Ma non è un problema, l'importante è che tu stia tornando a casa!» cercò di minimizzare il secondogenito.
Una vera fortuna che i ragazzi fossero dotati di grande pazienza e comprensione.
«Scusate io... mi dispiace non ricordarmi bene di voi. Ma ci sto lavorando!» si giustificò Kakaroth, in imbarazzo.
Gohan e Goten si guardarono con un sorriso amaro.
«Papà, scusaci... avremmo dovuto venire a cercarti prima» disse Gohan.
Vegeta si irrigidì di nuovo. Quante volte ancora quel giorno qualcuno avrebbe tirato fuori quell'argomento?
«Capisco perché non l'abbiate fatto» rispose Kakaroth, poi si voltò verso Vegeta. «Non è colpa di nessuno» ribadì ulteriormente.
Il Principe trattenne il fiato. Non importava quanto Kakaroth gliel'avrebbe detto e ridetto, non si sarebbe mai levato dalla testa che avrebbe potuto fare meglio, avrebbe potuto fare di più.
«Non sei deluso?» domandò Goten.
«Ehm... no?» replicò Kakaroth, poi si portò una mano dietro la nuca e iniziò a ridere. «In fin dei conti non mi ricordo niente, eheheh!»

Una risata fin troppo simile a quella da clown che riempiva le loro giornate, un tempo. Solo un accenno, ma ciò che bastò per dare a Sua Maestà il colpo di grazia per quella giornata.
Odiava quella risata.
Chissà come, Radish si voltò verso di lui con aria preoccupata, come se conoscesse ormai a memoria ciò che avrebbe potuto mandarlo in crisi.
Non aveva torto. Gli restituì uno sguardo duro e si rese conto di non riuscire più a far fronte a quella cosa. Ci era riuscito per quei giorni, si era dedicato totalmente a portare a termine la missione, poi a ficcare concetti e nozioni nella testa vuota di Kakaroth. Ma in quel momento non riuscì più a trattenersi dall'essere uno stupido patetico sentimentale.
Si voltò di scatto e si allontanò dalla cabina di pilotaggio. Era il momento di vivere quella crisi, ma nessuno aveva il diritto di poter assistere.
Era bastata una risata per mandare tutto a puttane.



«Smettila di ridere come un cretino!»
«Ehehe! Non ci posso fare niente, sono solo contento!»


«Uh-ahaha!»
«Ti farò sputare tutti i denti, se continui a ridere in quel modo».
«Inizia da ora, se riesci a prendermi!»


«Kakaroth, sei ubriaco?»
«Mi sa che ho bevuto troppo Saké, eheheh!»
«Siamo a posto, già sei scemo da sobrio!»


«Non c'è assolutamente niente da ridere, Kakaroth, stavamo per finire ammazzati!»
«Ma è andato tutto bene, no?! Eheheh!
«Ti odio».


Vegeta premette ancora di più il volto contro il cuscino duro della propria branda e grugnì. Odiava quella risata che continua a risuonargli nella testa.
Odiava che i migliori ricordi che avesse, quelli più felici, spensierati, fossero accompagnati da quel suono irritante.
Odiava quella risata. E in quel momento la odiava di più perché scoprì che gli fosse mancata.
Kakaroth gli era mancato e ammetterlo gli faceva male, ma gli faceva ancora più male sapere che lui si ricordasse poco o niente di quei momenti.
Gli aveva detto che sentiva quella connessione, ma di fatto non ricordava nulla e in quel momento a Vegeta sembrava quasi improbabile che su Dagrabàh avrebbero trovato una soluzione.
In quel momento gli sembrava tutto nero, tutto oscuro.
Grugnì di nuovo contro il cuscino perché non gli piaceva sentirsi così debole.
Si era ripromesso che sarebbe tornato da quel viaggio prendendo Kakaroth a calci nel sedere, insultandolo per essere stato lontano così a lungo per poi tornare alla normalità una volta tornati a casa.
Invece stava tornando con un Kakaroth a metà, che gli causava sensi di colpa ogni volta che apriva bocca e che lo faceva soffrire ogni volta che gli dava qualche illusione che ci fosse ancora il vecchio Kakaroth lì dentro.
Vegeta ringhiò. Si sentiva davvero, davvero un incapace a gestire tutte quelle emozioni. Non riusciva a districarle, non riusciva ad analizzarle con coerenza. Era davvero incapace a livello emotivo. Si sollevò dal materasso e si mise seduto con la testa contro la paratia che affiancava la branda. Ci tirò una craniata contro, ma poi si rese conto che l'avrebbe rotta e non era il caso.


Quando la porta della stanza si aprì Vegeta trattenne il respiro e si affrettò ad asciugarsi il volto con la manica della battle-suit. Dannazione.
«Ehi, ho preparato qualcosa per cen-» Kakaroth si interruppe non appena il fascio di luce del corridoio si posò sul voltò del Principe.
Dannazione a lui. Non si usava bussare, sul fottuto pianeta Morvir?!
«Vegeta, che succede?» domandò preoccupato, avvicinandosi. «Perché stai piangendo?»
«Non sto piangendo, Kakaroth, vai via!» sbottò Sua Maestà, prendendosi la testa tra le mani e ringhiandoci dentro.
Ma Kakaroth non seguì quell'ordine. Si avvicinò ancora di un passo e si sedette vicino a lui sulla branda.
«È per qualcosa che ho detto?» domandò.
Vegeta soffiò di disappunto.
«Non essere tu l'egocentrico, adesso» provò a buttarla sull'ironico.
Negare l'evidenza era sempre stato il suo forte, chissà come in quel momento gli risultava difficile.
Kakaroth non si arrese. E quando mai! Con quella testa dura che si ritrovava!
«Vegeta... cosa c'è che non va?» domandò, e Sua Maestà esplose.
«Ho detto che non c'è nulla che non va, idiota!» abbaiò, esasperato.
Kakaroth sembrò costernato da quella reazione, quasi offeso dall'insulto a lui rivolto.
«Prego?» sibilò a denti stretti.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e tirò una nuova testata contro la paratia. Era difficile averci a che fare. Ma evidentemente sarebbe valsa la pena spiegargli quella cosa, o altrimenti non avrebbero concluso mai niente.
Gli rivolse uno sguardo stanco, poi ammorbidì il tono.
«No, Kakaroth... è che... il nostro rapporto era così. Io ti trattavo male, tratto male chiunque, sono uno stronzo scorbutico. Ma tu non ti offendevi e, anzi, ci ridevi sempre sopra ogni volta che ti elargivo gli epiteti più disparati» spiegò Vegeta.
Deficiente, idiota, imbecille, decerebrato, clown, cretino erano solo in cima alla lista degli insulti che gli aveva riservato.
«Oh...» Kakaroth sembrò rilassarsi.
«Era così... eravamo così... ora invece tu non mi conosci, ti offendi... perché non sei più...» qualcosa nella voce di Vegeta si ruppe. Strinse ancor di più i pugni e serrò le labbra.
Non avrebbe pianto di fronte a Kakaroth. Aveva già visto quello spettacolo più di una volta, su Namek in primis.
Nascose il volto tra le mani e ci ringhiò dentro tutta la frustrazione.
«Vegeta...» sospirò Kakaroth, allungando una mano verso di lui.
Sua Maestà alzò un palmo per fermarlo prima che potesse anche solo sfiorarlo.
«Lasciami solo, Kakaroth» soffiò Vegeta. Per favore, avrebbe voluto aggiungere. Ma lui non supplicava nessuno. Anche se il suo tono risultò molto più vicino a una supplica che a una richiesta.
Kakaroth frenò la sua mano e sospirò, però sembrò comprendere. Si alzò dalla brandina e fece per uscire ma, dopo qualche secondo di esitazione, si guardò indietro.
«Vegeta?» lo chiamò, incerto.
Sua Maestà avrebbe voluto polverizzarlo con un Ki-blast, ma non ne ebbe nemmeno le forze.
«Mh» mugugnò, ancora con la faccia tra le mani.
«Se vuoi chiamarmi "idiota"... per me va bene, lo sai?» disse, con un sorrisetto stupido dipinto sul volto.
Vegeta soffocò una risata nel naso.
Dannato Kakaroth. Dannato cuore troppo grande. Dannato... idiota.



 
Continua...

Riferimenti:
-Baka in giapponese significa "idiota". Come forse avevo già spiegato in precedenza, mi piace pensare che i saiyan avessero una lingua tutta loro. E, solo per gradimento personale, ho voluto che suonasse come il giapponese. 


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, bellezze!
Siamo giunti al quindicesimo capito e, come avevo già spiegato nello scorso capitolo, ho voluto finalmente dare luce ai pensieri degli altri due protagonisti e non solo a quelli di Vegeta. Radish, giusto per far capire quanto sia stupido e adorabile allo stesso tempo. Ma soprattutto Goku, per tirare le somme di come l'abbia vissuta lui, invece, tutta questa storia. Spero che abbiate gradito.
Che dire... povero Goku! Nessuno sembra in grado di rispondere alla sua semplicissima domanda xD Radish ha saggiamente deciso di lasciare perdere - per la sua incolumità - Vegeta ha deciso di far finta di nulla e cambiare argomento.... e andare in sbattimento. Poraccio.
Ma, si sa, tutti nodi prima o poi vengono al pettine... e noi ci uniremo a Radish a festeggiare con del Rokk quando accadrà.
What to say... nel prossimo capitolo finalmente torneremo su quell'inferno di Dagrabàh. Ce la farà la vecchia strega a far tornare la memoria a Kakaroth?
Sono aperte le scommesse!
Grazie come sempre a tutti e a presto!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«E sì che neanche hai provato la zuppa di fiori» ridacchiò Radish.
«O l'insalata di fiori» aggiunse Vegeta.
«O il pudding di fiori» concluse Radish.
Kakaroth li guardò di sbieco, senza comprendere. «Voi ve li siete fumati, i fiori» convenne, infine.
Radish ridacchiò.
«Non hai idee stupide, fratellino».
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Condividere ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.




 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 16
Condividere
 


Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Inutile che ci riporvi, Kakaroth. Alla fine ti ho trovato» dice Vegeta.
Kakaroth acciglia lo sguardo.

«Mi hai trovato?» domanda.
«Sì. Ti ho trovato. Anche se solo la parte esteriore di te. Tu non... non mi riconosci più». Vegeta abbassa lo sguardo e stringe i pugni.
Non se lo aspetta, ma Kakaroth si avvicina.

«Ti riconosco eccome, Vegeta» gli dice, curva le spalle per guardarlo dritto in volto.
«No, tu... tu non sei più com'eri prima» insiste Sua Maestà, gli punta addosso due occhi taglienti. Kakaroth, però, risponde morbido, calmo.
«Riconosco ciò che provo per te».
Vegeta deglutisce.
«Tu però non lo riconosci ancora» aggiunge Kakaroth.
«Non dire queste cose» lo ammonisce Vegeta.
Kakaroth sorride, poi si allontana.
Sparisce, ma oramai non ha più importanza. L'ha trovato.




Si svegliò di soprassalto e rabbrividì. Sudore freddo sulla fronte, i muscoli del collo irrigiditi da un sonno troppo travagliato.
Arrotolato nelle coperte si mise a sedere passandosi una mano tra i capelli.
«Ben svegliato».
Vegeta si voltò di scatto in direzione dell'altra brandina, non fece fatica a mettere a fuoco l'uomo steso sopra.
Kakaroth gli rivolse un sorriso sghembo, tra le mani teneva un libro aperto con una torcia a molla per poterci vedere meglio.
Oh, giusto, quella stramba versione di Kakaroth aveva anche imparato a leggere! Altro punto che lo differenziava da quello originale. Però Vegeta non era sicuro che quello fosse un punto a sfavore.
«Che ore sono?» domandò Sua Maestà.
«Le sette del mattino, orario terrestre».
Cosa?! Pensò Vegeta. Era lì dentro in quella stanza dalle cinque del giorno precedente, dopo che Kakaroth l'aveva visto immerso in una delle peggiori crisi degli ultimi tempi.
Non si ricordava nemmeno quando si fosse addormentato, stremato, dopo aver cercato inutilmente di trattenersi dal piangere tutte le lacrime che non aveva versato per anni.
«Ho dormito troppo» convenne Vegeta, sedendosi poi con le gambe a penzoloni giù dalla brandina. C'era da dire che in quel momento si sentiva quantomeno riposato. Gli bruciavano gli occhi e aveva un gran mal di testa, ma comunque era riposato. Erano settimane che non dormiva niente.
Kakaroth fece spallucce.
«Si vede che ne avevi bisogno» convenne, e non era in torto. «Anche io mi sono appena svegliato, ho dato il cambio a Radish qualche ora fa» aggiunse. Chiuse il libro che aveva tra le mani e si alzò per emulare la stessa posizione di Vegeta.
Uno di fronte all'altro, occhi negli occhi nella semi-oscurità e i piedi nudi sul freddo pavimento.

«Ti piace leggere?» domandò Vegeta, indicando con un gesto del mento il libro che Kakaroth teneva in grembo. Era un vecchio romanzo fantasy di uno scrittore terrestre, probabilmente l'aveva trovato in qualche cassetto della Caps12. Sulla Terra utilizzavano la lingua intergalattica standard per comunicare, non ne avevano una tutta loro - qualche dialetto a parte.
«Era il mio unico passatempo su Morvir. Ho imparato, ricordo che in passato non sapevo leggere molto bene» rispose Kakaroth.
«No, infatti» affermò Vegeta, divertito. A dirla tutta quello era un netto miglioramento. Non gli dispiaceva che Kakaroth avesse imparato quantomeno qualcosa di nuovo, su Morvir. Un cambiamento non in negativo, insomma.
«Cos'altro hai imparato a fare, su Morvir?» domandò poi Vegeta, quando il silenzio si fece un poco più insostenibile e lui si accorse di non avere tutta questa voglia di alzarsi da lì.
Quella era forse la prima conversazione normale che stavano avendo da quando si erano incontrati.
«Mh. Mi ricordo vagamente che i miei maestri mi hanno insegnato la disciplina del posto, l'educazione. A volte, dalle prime memorie che possiedo, mi dicevano che ero troppo maleducato» disse Kakaroth, nello sforzo di ricordare qualcosa. «Ero maleducato?»
A Vegeta venne da ridere, ma tutto ciò che ne uscì fu solo un sogghigno. Aveva perso il conto delle volte che qualcuno aveva rimproverato Kakaroth per il fatto che non sapesse comportarsi. Evidentemente anche su Morvir avevano avuto il piacere assistere alle sue esternazioni inopportune.
"Maleducato" era però forse troppo. Del resto non peccava mai di gentilezza, era semplicemente troppo ingenuo.
«No, eri solo un po'... fuori contesto, a volte. Ma la gente ti apprezzava lo stesso. Il più potente essere delle galassie ti ha preso in simpatia proprio per questo» spiegò Vegeta, con un sorrisetto.
Come dimenticare quando aveva fatto saltare i nervi a tutti per aver soprannominato Zeno-sama - il più importante e pericoloso Kami dell'universo - “Zenuccio”. O quando si comportava come un'idiota in momenti sconvenienti.
«E tu?» chiese Kakaroth.
Vegeta inclinò il capo.
«E io cosa?»
«Cosa pensavi di me?»
Ecco, quella era una domanda sconveniente. Una domanda sconveniente solo per Sua Maestà, ovvio, non che fosse davvero fuori contesto chiederlo. Era solo fuori contesto chiedere una cosa del genere proprio al Principe dei Tardi Emotivi.
«Uh... Kakaroth...» iniziò a balbettare Vegeta. Non era proprio da lui partecipare a quel tipo di conversazione. E cosa avrebbe potuto dirgli? “Nonostante tutto ti apprezzavo anche io”? “Non averti intorno per dieci anni mi ha fatto realizzare quanto ti apprezzassi”?
Non avrebbe saputo dare luce a quel tipo di pensieri nemmeno con un blaster puntato contro.
«Non mi offendo se mi dici che pensavi che fossi un coglione» ridacchiò Kakaroth, grattandosi la nuca.
«Beh, sicuramente hai anche imparato le parole da adulti, su Morvir» lo prese in giro Vegeta, di getto. Quello non sapeva se fosse un punto a favore, era davvero strano sentir parlare Kakaroth in quel modo. «E comunque sì, a volte pensavo fossi un coglione. Ma andavi bene lo stesso». Gli era uscito fin troppo spontaneo. Vegeta si morse il labbro e iniziò a balbettare. «Cioè... intendo... K-Kakaroth, non sono una persona che si esprime molto su queste cose, ok!?» sbottò infine, rosso come un peperone.
Kakaroth scoppiò a ridere.
«Lo vedo» convenne, poi il suo sguardo si addolcì un poco. «Ma vai bene lo stesso».

Forse quella cosa di iniziare da capo, imparare a conoscersi, nonostante tutto non era poi una cosa così malvagia. Se non che Vegeta non fosse assolutamente abituato a nulla di tutto ciò. Saper gestire le emozioni era per lui cosa estranea, saper gestire il rossore sulle gote ancora di più.
Eppure vedere Kakaroth sorridergli in quel modo riusciva ad anestetizzare un po' quella voglia di prendergli la testa e farci lo stampo nella paratia metallica dell'astronave.
Un sorriso che gli ricordò tanto quelli di dieci anni prima quando, al tramonto e dopo un combattimento all'ultimo sangue, si sedevano sull'erba e si inebriavano del silenzio.


 

 

«Voi siete assolutamente pazzi!»
Il volto di Kakaroth era tinto di una piacevole sfumatura di rosso.
«Bene, ora dicci qualcosa che non sappiamo» ghignò Radish, scostando una liana verde che impediva loro il passaggio. Era totalmente ridicolo con il lembo del tessuto della battle-suit annodato intorno alla fronte per tenere sollevati i folti capelli ma, se Vegeta avesse avuto una chioma del genere, se li sarebbe strappati via tutti pur di non tenerli sciolti con tutto quel caldo.
«Ho vissuto dieci anni su un pianeta caldo ma questo... questo è l'Inferno!» soffiò Kakaroth. Si passò una mano sulla fronte sudata e poi si fece aria.
Vegeta non poté fare altro che concordare. Avrebbe fatto ben volentieri a meno di tornare su Dagrabàh se non fosse stato strettamente necessario, quando l'unica nota positiva di stare in mezzo a quella giungla infernale era il torso nudo di Kakaroth.
Quello forse non avrebbe dovuto pensarlo.
«E sì che neanche hai provato la zuppa di fiori» ridacchiò Radish.
«O l'insalata di fiori» aggiunse Vegeta.
«O il pudding di fiori» concluse Radish.
Kakaroth li guardò di sbieco, senza comprendere.
Una vera fortuna per lui che quella volta si fossero organizzati meglio e avessero portato con sé degli zaini e delle provviste, così da non dover incappare in una delle taverne del centro città per rifocillarsi.
«Voi ve li siete fumati, i fiori» convenne Kakaroth, infine.
Radish ridacchiò.
«Non hai idee stupide, fratellino».
Anche Vegeta storse le labbra in un sorrisetto.

Dopo pochi giorni trascorsi in viaggio verso Dagrabàh, c'erano delle piccole cose che Vegeta aveva imparato a sopportare di quella nuova versione di Kakaroth. Ad esempio il sarcasmo, il senso dell'umorismo e la malizia. Soprattutto perché quei nuovi lati caratteriali emergevano soltanto in situazioni di stress o pressione, mentre in situazioni di quotidianità Kakaroth sembrava lo stesso ingenuo sornione di un tempo, oltre che una persona leale e corretta.
Forse, aveva pensato Vegeta, avrebbe potuto persino farci l'abitudine a quei cambiamenti. Solo se fossero riusciti a riportargli la memoria, però.
«Siamo arrivati! Laggiù!» annunciò Radish, indicando l'albero bianco a forma di luna crescente.
Giunsero allo spiazzo con il fiatone, sudati dalla testa ai piedi e con la sola voglia di stramazzare al suolo. Ma la fortuna aveva voluto che atterrassero su Dagrabàh a notte già inoltrata, sicché la luce lunare desse loro la possibilità di seguire i simboli incisi su piante e rocce. Né Vegeta né Radish avrebbero saputo ricordarsi la strada, altrimenti.
Proseguirono nella direzione delle frecce fino all'arrivo al grande lago con la cascata e, per spirito di sopravvivenza, la prima cosa che fecero fu gettarsi in acqua per levarsi le fatiche di dosso.
Ovviamente Sua Maestà non osservò affatto Kakaroth uscire dall'acqua mezzo nudo, con i capelli bagnati e quel che rimaneva della tuta aderente appiccicata addosso. Nossignore, non lo osservò per nulla.
Era solo una bizzarra percezione di quell'imbecille di Radish. Cosa diavolo aveva da ridere tanto?
Vegeta gli avrebbe staccato la testa dal collo se avesse continuato a lanciargli quelle occhiate divertite e maliziose.
Non era mica colpa di Vegeta se nel risalire quella fottuta cascata Kakaroth fosse di fronte a lui e casualmente le sue natiche erano casualmente all'altezza dei suoi occhi. Pura casualità.
Come fu una casualità che, all'ennesima risata cretina di Radish, Sua Maestà gli tirò un calcio negli stinchi e lo fece scivolare di nuovo in acqua.
«Oh, e guarda dove metti i piedi!» lo prese in giro Vegeta con un ghigno sadico, quando riemerse dal laghetto.
«Ancora non ho capito come avete fatto a non ammazzarvi a vicenda in questi mesi a stretto contatto» si intromise Kakaroth.
Vegeta soffiò. Si era spesso domandato lo stesso. Però lui e Radish avevano trascorso periodi ben più lunghi insieme, nel passato. Periodi in cui Sua Maestà aveva la soglia della tolleranza ben più bassa dell'attuale.
«Il principino millanta il mio omicidio almeno dieci volte al giorno, ma alla fine sono ancora qui» rise Radish, arrampicandosi di nuovo per la cascata.
Vegeta grugnì.
«Non cantare vittoria».
Quel brutto affare che nessuno prendesse più sul serio le sue minacce avrebbe dovuto finire.




Superarono la cascata, la lunga camminata tra le stalattiti della grotta, le torce e le candele. Il solo odore dolciastro di quell'incenso al miele fece tornare a Sua Maestà un gran mal di testa, memore di quando – poche settimane prima – gli era quasi esplosa una vena a farsi leggere la mente dalla strega.
Forse non era pronto per affrontare di nuovo quell'intrusione mentale. Quanto avrebbe potuto reggere il suo cervello?
Non attese molto per scoprirlo: Nînyssi accolse i tre viaggiatori ancora prima che potessero giungere nella sua tana arredata su modello hippie.
La strega spalancò la tenda di liane e fiori con un gesto secco, i suoi tredici occhi tutti convergenti su quelli scuri del Principe dei Saiyan. Giusto per una breve intrusione di benvenuto.
Gli occhi della vista di Nînyssi si spalancarono e si aggrappò con le manine ossute agli avambracci di Sua Maestà.
Udì alle proprie spalle Radish e Kakaroth trattenere il respiro, alla penombra delle candele.
«Avete trovato il tassello» annunciò, quasi gioiosa. Non era una domanda, ovviamente. «Avete trovato colui che cercavate» proseguì. La gioia nei suoi occhi, però, svanì come un soffio di vento. «Non è andata come speravate».
Vegeta si morse il labbro.
«Lui...» la voce di Nînyssi si incrinò, poi ricercò con lo sguardo una figura alle spalle di Vegeta, il quale lasciò andare un sospiro di sollievo non appena cessò l'intrusione mentale.
Sentì Kakaroth sussultare e le mani di Nînyssi stringersi attorno ai propri avambracci, le unghie aranciate conficcate nella carne.
Vegeta si voltò di scatto e vide Kakaroth inorridire, con la mandibola contratta e gli occhi stretti di dolore. Era giunto anche per lui il momento di farsi dare il benvenuto Dagrabàno.
«Buio, oscurità» mormorò l'oracolo. Finalmente la stretta sulle braccia di Sua Maestà cessò, e Nînyssi si avvicinò a passi lenti verso Kakaroth. Questi sussultò e serrò gli occhi.
«Non chiudere gli occhi, Kakaroth. Lasciala guardare» ordinò Vegeta, perentorio.
Kakaroth grugnì e aprì di nuovo gli occhi, Nînyssi si portò più vicina. Tredici occhi scrutatori stavano tentando di aprire la sua mente come una noce di cocco.
«Fa male!»
«Lo so. Passerà» borbottò Vegeta.
Radish sbuffò, stizzito. «Sì, quando gli verrà un aneurisma».
«Vedo un'ombra nella vostra mente» annunciò Nînyssi.
Il naso di Kakaroth iniziò a sanguinare, e Vegeta non riuscì proprio a nascondere la preoccupazione. Forse Radish non aveva tutti i torti.
«Una patina oscura copre i vostri ricordi più lontani. Un velo che non mi permette di accedere» continuò l'oracolo.
Sua Maestà sussultò. Un velo? Se tanto gli dava tanto non avrebbe dovuto vederci niente, se tutto fosse stato semplicemente perso.
«Vuole dire che ci sono? I suoi ricordi sono ancora lì?» domandò Vegeta, speranzoso.


Non appena Nînyssi mollò la presa intrusiva sulla mente di Kakaroth, questi barcollò all'indietro, stremato. Fu lo stesso Radish a premurarsi di tenerlo in piedi.
«Sì. Si intravedono sotto l'ombra» rispose la strega, rivolta al Principe dei Saiyan.
«Si possono... si possono recuperare?» balbettò.
Quella sarebbe stata una buona notizia.
«Difficile a dirsi. Potenzialmente, però, credo di sì. Bisogna trovare il modo di togliere il velo» asserì Nînyssi.
Kakaroth si asciugò il sangue dal naso con il dorso della mano, poi tentò di tenersi in piedi da solo. Vegeta gli si avvicinò di un passo, giusto per assicurarsi che non cadesse faccia a terra come aveva fatto lui nel lago.
«Lei non può fare niente?» chiese quindi Kakaroth, con voce tremante.
«Sarebbe pericoloso tentare un'intrusione più attiva. La vostra mente ha subìto già troppa manipolazione» si rifiutò l'oracolo.
«Provi lo stesso, posso resistere» disse Kakaroth, dopo averci pensato sopra per qualche istante.
Vegeta trasalì. Maledetto testardo che non era altro!
«Kakaroth, non ci pensare neanche!» si intromise, furibondo. «Meglio smemorato che morto».
«O rincoglionito, peggio ancora. Concordo con Vegeta» aggiunse Radish, poi si rivolse a Nînyssi ignorando i segnali di protesta del fratello. «Quello che ho pensato - e quello che ci ha portato a venire fino a qui... non è che si può sfruttare la connessione che questi due hanno per poter recuperare dei ricordi?»
La strega fece scattare i tredici occhi nella sua direzione e lo osservò cautamente.
«Voi non siete stupido come sembrate, Radish, figlio di Bardack».
Vegeta dovette trattenersi dal ridere sguaiatamente, e Radish corrugò lo sguardo.
«Era un complimento?»
«Aspettate un attimo, che connessione?» intervenne Kakaroth, confuso.
Dannazione.

Radish rivolse un'occhiata allibita a Sua Maestà e allargò le braccia.
«Non gli hai ancora detto della connessione?!»
«Non c'è stata l'occasione, ok?!» ringhiò Vegeta, oramai così rosso in volto da sembrare un pomodoro.
Effettivamente aveva scelto di rimandare l'argomento, non aveva spiegato a Kakaroth quale fosse il motivo per il quale lo avessero portato su Dagrabàh, se non per tentare di recuperare i suoi ricordi. E l'unica volta che c'era stata occasione di parlarne, il discorso era scivolato verso una direzione troppo imbarazzante.
«Kakaroth... ti ricordi quello che mi hai detto pochi giorni fa? Sul fatto che sentivi che qualcosa... con me... era diverso? Radish, sta' zitto» sibilò, prima ancora che quell'imbecille potesse anche solo pensare di ridacchiare.
Forse aveva valutato male le tempistiche. Quella conversazione avrebbe dovuto rimanere privata, e invece c'erano quattro orecchie e quindici occhi in più ad assistere.
«Uh, sì?» rispose Kakaroth, confuso.
«Ti ricordi che ti ho raccontato della tecnica della Fusione, vero? Ecco, a causa della Fusione noi abbiamo sviluppato una sorta di connessione mentale. È grazie a questa che sono riuscito a trovarti. Quello che senti di sapere su di me è dovuto a quello. Fine della storia» tentò di concludere, più lapidario possibile.
Non sarebbe stato davvero il caso di rivelare il come era riuscito a sfruttare quella connessione. Il fottuto tassello, ossia la consapevolezza che il loro legame fosse forte e andasse ben oltre quella connessione mentale. Decisamente non era il caso di alimentare il fuoco di stupidità di Radish, né la curiosità di Kakaroth riguardo al loro rapporto.
Vegeta non si sentiva pronto. Forse non lo sarebbe mai stato.
«Fine della storia?» Nînyssi parlò piano e gli si avvicinò di nuovo. Con grande piacere di Sua Maestà, però, il tempo dell'intrusione fu breve e quasi indolore. «Principe dei Saiyan, credo che questo sia l'inizio, non la fine».
«Cosa intende dire?»
Essere criptici era una moda, su Dagrabàh.
«Mi pare logico» rispose lei, anche se Vegeta avrebbe avuto ben donde da dissentire. «L'intrusione attiva nella mente di colui che si fa chiamare Goku potrebbe essere pericolosa. Ma quello che dice il vostro amico non è errato. C'è un modo per sfruttare meglio la connessione: fare in modo che la connessione si intensifichi».

Vegeta strinse gli occhi. Fece per aprire la bocca, ma Radish lo precedette.
«Vegeta, non mi hai detto che la connessione era maggiore appena dopo la Fusione?»
«Voi non siete stupido come sembrate, Radish, figlio di Bardack» ripeté Nînyssi, e Radish si stizzì.
«Senta, signora, adesso non esa-»
«Fare in modo che la connessione diventi condivisione» lo interruppe lei, rivolgendosi a Vegeta e Kakaroth.
Si guardarono di sbieco per qualche secondo, poi Sua Maestà tornò a rivolgersi all'oracolo.
«Condivisone? Lei dice che condividendo lo stesso corpo e la stessa mente potremmo sbloccare i ricordi di Kakaroth?»
Gli occhi di Nînyssi vagarono placidi su entrambi.
«Difficile a dirsi. Potenzialmente, però, credo di sì».
Vegeta sospirò. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma pur di dare una possibilità a Kakaroth di recuperare i suoi ricordi sarebbe stato disposto a tutto. Persino mettersi di nuovo in quella posa ridicola. Glielo doveva.
Sperò solo che potesse davvero funzionare a qualcosa.
«Kakaroth, preparati a imparare il balletto più imbarazzante della tua vita».


 

 

L'idea più stupida che avessero mai avuto.
Su Dagrabàh era complesso persino respirare, figurarsi impegnarsi per insegnare una tecnica come quella della Fusione!
Persino Nînyssi era uscita dalla sua caverna di fricchettoni per poter osservare quella tecnica. Come se non fosse già stato imbarazzante mostrarla a due persone soltanto!
Sua Maestà aveva dunque convinto Radish a fargli da spalla per emulare i suoi movimenti a specchio, così da non sentirsi solo a eseguire quel ridicolo balletto.
Era stato forse più imbarazzante di rivelare a Kakaroth della connessione. Se l'orgoglio di Sua Maestà fosse sopravvissuto a quella giornata, probabilmente avrebbe vinto una medaglia.
Una medaglia che avrebbe tirato in testa a Kakaroth, spettatore di quel teatrino, se solo avesse continuato a ridere in quel modo ridicolo. E da Kakaroth. Dannato Kakaroth.
«Dovrei fare quelle mosse lì?! Ma io non sono bravo a ballare!» ridacchiò, dopo che Vegeta e Radish si prodigarono a eseguire la mossa completa.
«Oh, non fare storie, adesso!» si infuriò il Principe. «Quando ero io a essere riluttante non ti sei neanche degnato di darmi la possibilità di rifiutare!»
«Beh, era una situazione di emergenza, mi è parso di capire» fece spallucce Kakaroth.
In effetti la battaglia con Broly non avrebbe potuto attendere i comodi di Vegeta. Ma non era quello il punto.
«Se vuoi aspettiamo il prossimo Capodanno per recuperare i tuoi ricordi, mh?» sibilò, cinico. Se lui era stato disposto a mettersi in quelle pose ridicole per mostrargli la tecnica, non avrebbe accettato affatto un no da parte di Kakaroth.
«Ho una domanda» si intromise Radish.
«Che vuoi, adesso?»

La pazienza di Vegeta era sulla via del suicidio. A braccetto con la dignità.
«Se noi dovessimo fonderci che nome prenderemmo? Rageta?» domandò Radish.
«Anche Vedish non sarebbe male» si intromise Kakaroth.
La via del suicidio fu molto più breve del previsto.
«Se noi dovessimo fonderci prenderemmo un nome solo: l'Impiccato. Mi appenderei con una corda al collo piuttosto che unirmi a te. E poi non funzionerebbe: bisogna avere delle caratteristiche fisiche simili e tu...» si interruppe Vegeta, arrossendo «... tu sei davvero troppo alto!»
«Sei tu che sei troppo basso!»
Vegeta alzò gli occhi al cielo e pregò le divinità di dargli la forza di non mettergli le mani al collo. Aveva davvero, davvero ucciso per molto meno. E, seppur vero che Sua Maestà non fosse tutto questo miracolo d'altezza, Radish era troppo alto. Persino in confronto a Kakaroth, che era già di una statura piuttosto generosa.
Kakaroth ridacchiò un poco, poi si alzò in piedi con un balzo e si portò più vicino.
«Va bene, credo di aver capito. Proviamo?»
«Stai attento a fare esattamente come ti abbiamo mostrato. L'angolazione dev'essere la stessa, le dita devono essere allineate» si raccomandò Vegeta.
«Cosa succede, altrimenti?»
«Un obbrobrio».
Non che sarebbe stato chissà quale problema. Non avevano bisogno di combattere, in quell'occasione. La connessione mentale avrebbe funzionato anche se fosse capitato un Gogeta rachitico.
Sarebbe stato solo preferibile assumere delle sembianze decenti, giusto per non dare a Radish ulteriore modo di prenderli in giro.


Così, a poco più di qualche piede di distanza l'uno dall'altro, iniziarono la lenta danza Metamor per tornare dopo quasi trent'anni a coesistere.
Voi due eravate una cosa sola”.
E tutto quello che comportava. Muoversi insieme come se fossero uno, pensare insieme. Condividere.
Sentirsi poi sempre vicini. Percepirsi uno addosso all'altro anche da separati.
Eppure, dopo dieci anni di lontananza, la prospettiva di sentire Kakaroth accanto non era più così terribile. E l'ultimo pensiero prima che le loro dita si sfiorassero fu proprio una maledizione.
Perché non desiderava altro.

«FUUU – SIO – NEEE!»
 
Continua...

Riferimenti:
-Goku non è mai stato descritto come una "cima" nella saga. Molti sostengono che non sappia leggere... io credo che invece sappia farlo, ma non benissimo: in DB Super nel test attitudinale per partecipare al Torneo degli Universi 6 e 7 è riuscito a leggere e scrivere qualcosa, seppur a fatica. Quindi beh... in questa storia l'ho solo fatto migliorare un pochetto :D
-Nella saga canonica viene detto che le persone che devono fare la Fusione tramite danza Metamor devono presentare caratteristiche simili nel corpo e nella forza... Vegeta e Goku differiscono 14 cm di altezza e riescono a sfruttare la fusione. Ma Vegeta e Radish sono a 25 cm di differenza, quindi ho pensato che potrebbe essere troppo. Anche se un giorno mi piacerebbe conoscere Vedish, mi pare un nome da detersivo xD "chi prova Vedish non lo lascia più" (LMAO)


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, bellezze!
Che dire... siamo tornati su Dagrabàh! Povero Goku, quasi gli è venuto un ictus per colpa delle continue manipolazioni al cervello! Se non altro Vegeta potrà smettere di prenderlo in giro dicendogli che non ne ha uno xD
C'è stato qualche momento di tenerezza, ma ancora non avete visto nulla mwhuhahahah! Siamo al capitolo 16 e di yaoi c'è pochissima traccia, non odiatemi. Oramai alcuni affezionati mi conoscono: le cose svelte non mi piacciono.
In molti avevano sospettato che la soluzione fosse la Fusione... ma c'è ancora da vedere se effettivamente potrebbe essere una soluzione funzionante! Che dite? Funzionerà? Che si aprano le scommesse!

Come molti di voi sapranno ad agosto mi prendo sempre del tempo per me, per staccare il cervello (ne ho uno anche io, come Goku xD) e partire. Per questo motivo settimana prossima (domenica 1) pubblicherò l'ultimo capitolo prima di una pausetta estiva. Le pubblicazioni riprenderanno l'ultima domenica di agosto, il 29.
Però sarò buona, non vi lascerò con un cliffhanger, lo giuro :D

A domenica prossima, gente! Grazie ancora a tutti per il prezioso supporto!
Eevaa

 

Nel prossimo capitolo!
Trenta minuti trascorrono veloci.
Senti che cesserai di esistere come uno. Tornerai a essere due.
Non ne sei felice. Speri solo che due non si allontaneranno più.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il velo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
Avvertenza:
Lievi accenni alla tematica della prostituzione. Mi dissocio dal comportamento di Radish.


Dedicato a mamma Laura e alla mia "lettrice" più piccola, appena venuta al mondo. 
Auguri 



 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 17
Il velo


 

Inspiri, espiri.
L'aria sembra avere un sapore diverso.
Inspiri, espiri. Apri gli occhi.
Ci vedi bene, i colori sono brillanti a guardarli con occhi nuovi.
Inspiri, espiri. Alzi le mani verso il cielo.
Non ti è nuova quella sensazione. Eri due, ma ti senti uno. Ti muovi come se fossi uno solo.
Coordini i gesti, il respiro, il pensiero.
È strano pensare con due menti differenti, ma condividere ti viene normale. Sei coordinato, perfettamente a tuo agio. Saltelli, sferzi l'aria con qualche pugno.
Il tuo corpo è agile, non c'è bisogno di riflettere. Ti guardi intorno, occhi curiosi ti osservano.
«Wow». Radish è senza parole, per una buona volta. «No, sul serio: wow!»
Sorridi sghembo. Sai che quello è un sorriso che appartiene solo a uno, ma lo fai tuo.
«Sorpreso?» domandi.
«A dir poco. Sul serio, un vero peccato che tra uomini non ci si possa riprodurre, perché un vostro ipotetico figlio sarebbe un gran figo» dice Radish.
Preferivi quando era senza parole.
Eppure ridacchi, allegro. Anche quella risata fa parte di uno, ma ti sta bene.
«Sto mettendo a dura prova la tua eterosessualità?» ghigni. Nonostante tutto sei divertito dall'espressione ridicola e ammirata sul volto di Radish.
Sei egocentrico. L'hai preso da uno.
«Oh, lo sai bene che i Saiyan non badano troppo a queste cose. Ma tecnicamente sarebbe un mezzo incesto se ci provassi con te, quindi credo me ne starò al mio posto» ride Radish.
«Te ne sarei eternamente grato. Ora scusami, ma devo vomitare» sbuffi.
Inspiri, espiri.
Ti senti al tuo posto. Non comprendi come sia possibile, ma percepisci di essere perfetto. Completo.
Quando Nînyssi ti si avvicina a passi lenti quasi non te ne accorgi. Poi ti guarda.
Improvvisamente ti senti male, ti senti minacciato. La tua mente non sopporta un intruso. Respingi.
«Interessante. I miei poteri non funzionano su di voi, Gogeta».
Questo ti stupisce.
«Cosa succede nella vostra testa, quando provate a ricordare?» chiede lei. Anche la domanda ti stupisce. Su Dagrabàh non erano soliti fare domande.
Provi a pensare, a ricordare. È strano ricordare.
Sai di essere due, ma la tua mente è uno.
I tuoi ricordi esistono, ma esistono solo quando due sono vicini.
Ricordi la rabbia, ricordi occhi furenti. Ricordi battaglie, ricordi sorrisi. Ricordi lacrime. Ricordi cibo appetitoso, ricordi pugni contro la mandibola, ricordi viaggi. Ricordi mani, ricordi guancia contro guancia per lanciare un attacco. Ricordi avventure. Ricordi una promessa. Ricordi un addio. Poi ricordi uno sguardo da lontano, ricordi una stretta di mano. Ricordi un racconto.
Ricordi molte cose, quando due sono vicini.
«La Fusione ha regole strane» dici, infine. «I miei ricordi comprendono solo quelli che Goku e Vegeta condividono insieme».
«Vuoi dire che tutto ciò che avete passato insieme lo ricordi, tutto il resto no? Cioè... tipo, cosa ricordi dell'infanzia di Vegeta?» domanda Radish, confuso.
Provi a pensare, è tutto molto oscuro. Ricordi poco.
«So chi è Vegeta. So cosa ha fatto, ma lo so perché Goku lo sa» dici. «Così come conosco Goku per come lo conosce Vegeta».
Radish ti restituisce uno sguardo davvero poco intelligente.
«Ok, sono confuso».
«Mi è chiaro, Gogeta. La vostra coscienza esiste fin tanto che esiste l'altro. Esattamente come il vostro corpo esiste solo perché esiste l'altro. Gogeta non esisterebbe senza colui che si fa chiamare Goku, così come non esisterebbe senza Vegeta» dice invece Nînyssi.
Credi di capire.
Tu sei due in uno solo.
«Quindi il fatto che adesso condividano il cervello può comportare che i ricordi poi si trasferiscano nella mente di Kakaroth?» domanda Radish.
Lo speri.
«Voi non siete stupido come sembrate, Ra-»
«Ancora con questa storia!?»
«La speranza è che questo serva a togliere il velo, l'ombra nella mente di colui che si fa chiamare Goku». Nînyssi ignora le proteste di Radish.
Speri davvero che la Fusione possa servire a qualcosa. Sai bene quanto uno soffra della perdita di memoria dell'altro. Sai bene quanto uno desidera tornare a ricordare.
Inspiri, espiri.
Trenta minuti trascorrono veloci.
Senti che cesserai di esistere come uno. Tornerai a essere due.
Non ne sei felice. Speri solo che due non si allontaneranno più.

 
•••


Si sentì sobbalzare lontano, come respinto da una forza interiore.
Vegeta cadde schiena sull'erba all'indietro, il rumore di un tuffo in acqua giunse alle sue orecchie.
Kakaroth era stato sbalzato nel laghetto, forse era stato fortunato.
Quando Sua Maestà provò a respirare e inspirare si rese conto quanto fosse diverso, quanto fosse strano. Poi realizzò e avvertì qualcosa di ancor più strano, sebbene noto: la connessione.
Kakaroth stava riemergendo dal lago, eppure Vegeta se lo sentiva addosso. La connessione post-Fusione era tornata.
E, suo malgrado, Vegeta ricordava che fosse più fastidiosa. Invece la trovò piacevole, la trovò tranquillizzante. Un sollievo. Qualcosa che combacia.
Ma, quando riuscì a incrociare lo sguardo di Kakaroth, il sollievo si trasformò di nuovo in confusione, in ansia.
Lo fissava come se avesse visto un fantasma, con gli occhi sgranati e i pugni tremanti.
Ci fu un grande silenzio, una pausa in sospensione dal mondo, dal resto dell'universo. Come se quella fosse davvero la prima volta che si vedevano dopo dieci anni.
La sua Aura si era fatta di colpo più familiare, un'increspatura simile al Ki del vero Kakaroth, quello che conosceva un tempo.
Aveva ricordato? Non aveva ricordato? Cosa?
Vegeta strinse i pugni di rimando, ma Kakaroth fu veloce. Si avvicinò a passi lesti e gli si posizionò davanti, vicino, irruente.
«Io... ricordo delle cose» gli soffiò in faccia. Sembrava sconvolto.
Sua Maestà lo era di più.
«Cosa ricordi?» domandò.
«Pochi momenti. Non tutto... ma ora sono riuscito a viverli in modo giusto, in prima persona, non solo come un racconto. Mi ricordo... cosa provavo in quei momenti. E c'eri sempre tu» la sua voce era rotta, spezzata. «Rabbia. Stupore. Gioia, sollievo, tristezza, felicità, eccitazione, impazienza. Smarrimento, nervosismo, disperazione» si prese la testa tra le mani e ringhiò. «Troppe emozioni, troppe!»
Nînyssi si avvicinò e, dopo aver sfiorato l'avambraccio di Kakaroth, lo invitò a voltarsi e guardarla negli occhi. Lo scrutò e Vegeta, nel vederlo digrignare i denti dal dolore, ebbe come l'impulso di farla smettere.
Non voleva che Kakaroth soffrisse.
«Il velo si è frastagliato. Ora voi dovete aspettare che questi buchi si strappino ulteriormente, che si allarghino» annunciò Nînyssi. Tuttavia, neppure quando distolse gli occhi scrutatori da quelli di Kakaroth questi accennò a calmarsi. Era pallido, sconvolto.
«Scusate, ho bisogno di un attimo» mormorò, avviandosi a passi decisi verso la giungla.
Vegeta sussultò. L'ultima volta che Kakaroth aveva detto di voler stare solo non l'aveva più visto per dieci anni.
L'impulso fu quello di fermarlo o quantomeno di seguirlo, ma qualcosa lo fece desistere. La sensazione che, nonostante questi fosse sparito tra la folta vegetazione della giungla, Vegeta lo sentisse ancora addosso. La connessione.
Avrebbe dovuto lasciargli spazio, almeno per un poco. Avrebbe saputo come ritrovarlo, nel caso non fosse tornato a breve.
«Dovrete avere pazienza con lui. Ricordare può fare male. Rivivere dei momenti intensi come se fosse la prima volta, se negativi, può fare male» suggerì Nînyssi e, detto ciò, si congedò e si avviò lenta per rientrare nella propria caverna.
Vegeta tornò con lo sguardo all'ingresso oscuro della giungla. Era ancora notte fonda. Non era preoccupato per l'incolumità fisica di Kakaroth. Era un guerriero, non una damigella in difficoltà.
Solo... non voleva che Kakaroth soffrisse. Soprattutto non voleva che soffrisse per colpa di alcuni ricordi.

 


Si erano accampati sulle sponde del lago con la Capsule Hub. Attendere per attendere, era stato più saggio aspettare il ritorno di Kakaroth comodamente al fresco nella tenda climatizzata e magari mangiando un boccone.
Un vero peccato che lo stomaco del Principe si fosse completamente chiuso. E che non avesse la stessa capacità di Radish di dormire pure in situazioni di stress.
Si era rigirato sulla branda più e più volte, poi era uscito e si era rinfrescato nel lago, poi si era seduto sulla riva e aveva atteso senza chiudere occhio per il resto della nottata.
Ma, nonostante avesse sentito Kakaroth addosso per tutto il tempo, gli era stato piuttosto chiaro il momento in cui davvero si stesse avvicinando.


Alle prime luci dell'alba, come un sole che sorge, Kakaroth uscì dalla giungla e gli si sedette accanto sulla roccia, in silenzio, con i piedi a penzoloni nell'acqua.
Vegeta ne fu sollevato, ma se ne guardò bene dal dimostrarlo. Continuò a fissare le increspature del lago di fronte a sé.
«Mi stavi aspettando?» domandò Kakaroth, dopo qualche minuto.
«No, sono di guardia» mentì Vegeta.
Mentire era più facile.
«Mi dispiace di aver dato di matto» mormorò Kakaroth. Perché lui sapeva dire che gli dispiaceva, sapeva chiedere scusa, anche se non aveva alcun bisogno di farlo.
Sua Maestà strinse i pugni sulle cosce. Avrebbe voluto essere capace di dirgli lui stesso quanto gli dispiacesse, che non era giusto che soffrisse, ma non era nelle sue corde. Non era nelle sue capacità.
«Cosa ti ha fatto dare di matto?» chiese invece.
Kakaroth sospirò.
«Ho ricordato... il nostro addio. Ho ricordato che mi ha fatto male, che stavo soffrendo» ammise e, finalmente, Vegeta si voltò di scatto verso di lui. «Poi ho ricordato... altre cose brutte, più brutte che piacevoli a dire il vero. Mh, ho ricordato di essermi arrabbiato con te, quando hai ucciso tutte quelle persone al torneo, di essere rimasto deluso».
Sua Maestà avrebbe tanto, tanto desiderato che un enorme Kraken spuntasse dall'acqua e lo inghiottisse seduta stante. Kakaroth non gliel'aveva mai detto. Non che Vegeta non lo avesse immaginato, ma sentirselo dire fece molto male.
Kakaroth non gli aveva mai detto di essere rimasto deluso dal suo comportamento quando si era lasciato possedere da Babidi. Lo aveva perdonato senza più rivangare l'argomento, forse perché Kakaroth sapeva quanto il senso di colpa lo avesse già abbondantemente divorato. E tutt'ora, per Vegeta, era un argomento spinoso.
Sua Maestà abbassò lo sguardo e arrossì. Aveva troppi fantasmi dentro al cuore.
«Però poi, quando mi sono allontanato, ho ricordato altre cose... più belle. È tutto molto confuso, ma ho ricordato di essere stato fiero di te, più volte. Ho ricordato dei sorrisi, pomeriggi stesi sull'erba. Sono stato subito meglio» si apprestò ad aggiungere Kakaroth.
Vegeta deglutì.
Capì che non sarebbe stato facile per nessuno dei due. Era come rivivere tutta la storia che li aveva condotti fino a lì come se fosse la prima volta. Vegeta aveva già pensato che raccontare era stato difficile... ma che Kakaroth lo rivivesse sulla propria pelle era ancora peggio.
Rivivere la rabbia, il perdono, poi la delusione, poi l'inizio di un'alleanza, un'amicizia. Tutto quanto da riscoprire di nuovo, per Kakaroth a livello emotivo... per Vegeta stesso negli occhi di Kakaroth.
Se solo i ricordi gli fossero tornati tutti insieme non si sarebbero trovati in quella situazione.
Si sentì sotto giudizio, non gli piaceva.
«Ho capito cosa intendevi quando mi avevi detto che avevamo una promessa» svelò Kakaroth.
Vegeta quasi si strozzò con la propria saliva.
«Te lo sei ricordato?» balbettò.


«Almeno tu ci sarai» mormorò Kakaroth, dando voce alle parole che Vegeta mai avrebbe pronunciato ma che sì, in qualche modo sentiva gli appartenessero.


«Sì» Kakaroth, finalmente, sorrise. «Ho emozioni contrastanti riguardo a quella notte. Ero triste, era morto qualcuno di importante. Però poi quella promessa mi ha fatto sentire meglio. La promessa che ci saremmo sempre stati».
Sembrava che tutta la confusione se la fosse portata via la notte in un solo colpo, quando un timido raggio di sole colpì il laghetto e il sorriso di Kakaroth si fece ancora più largo.
Vegeta era felice che se lo fosse ricordato, ma trovò il modo di parafrasare quella sensazione in una realtà più pragmatica.
«Bene. È positivo che tu abbia iniziato a ricordare» disse con un mormorio, ma Kakaroth lo incalzò con più entusiasmo.
«Ho capito una cosa».
Il suo sorriso si fece più largo, più da Kakaroth. Ingenuo, gioioso.
Era tornato. Anche se solo in parte era tornato, e Vegeta ne era profondamente grato e felice.
«Cosa?»
«Che mi sei mancato».
Era tornato. Sincero, con gli occhi socchiusi accesi, i denti scoperti e le guance all'insù. Noncurante dei temporali da affrontare, dell'oscurità, del buio nella sua testa o del velo da strappare.
Era tornato per mettere Vegeta di nuovo in imbarazzo come solo lui sapeva fare, per fargli trattenere il fiato e fargli scaldare le guance.
Kakaroth era in parte tornato e, nonostante i sentimentalismi non facessero per lui, Vegeta si sentì così sollevato che per un attimo il suo volto sembrò assumere le stesse sfumature di un caldo tramonto estivo. Una gamma di espressioni che viravano tra il cielo terso e un folle acquazzone, tra il vento sferzante e la brezza placida.
«Umphf...» bofonchiò, incapace di dire altro.
«E non vedo l'ora di ricordare altro!» Kakaroth si illuminò ancora di più.
Era bello vederlo così.
Avrebbe voluto dirgli tante cose. Che era un clown entusiasta, che era uno sciocco. Ma più di tutto che gli era mancato.
Mi sei mancato anche tu, idiota avrebbe voluto dire.
Mi sei mancato e non troverò mai il coraggio di dirtelo.
Mi sei mancato ed è questo ciò che mi ha spinto a trovarti.
Vegeta sorrise un poco e lo ascoltò blaterare di quanto avrebbe voluto presto emozionarsi di tutte quelle epiche battaglie, lo guardò entusiasmarsi e si rese conto che prima o poi avrebbe davvero dovuto fare qualcosa per frenare alcuni tipi di pensieri troppo emotivi, troppo sentimentali.
Magari un'altra volta.

 


Erano partiti da Dagrabàh da almeno una settimana e, se inizialmente l'entusiasmo era stato ad alti livelli, ben presto avevano scoperto che allargare i buchi nel velo era un poco più difficile del previsto. I ricordi non erano riaffiorati a fiumi come Kakaroth aveva sperato; i pochi che aveva acquisito erano brevi, non molto intensi, non molto significativi
E, soprattutto, erano tutti relativi a momenti in cui lui e Vegeta erano vicini. Non che fosse qualcosa di male, ma giustamente Kakaroth aveva espresso il desiderio di ricordare qualcosa della propria infanzia, della propria famiglia, qualcosa di relativo ai propri figli.
Era stato in quel frangente che si erano convinti a barare. Aver appreso che la memoria di Kakaroth fosse solo oscurata e non completamente danneggiata portava anche numerose speranze di poter far qualcosa con le Sfere del Drago. Una volta giunti sulla Terra avrebbero approfittato del terzo desiderio di Shenron – i primi due erano serviti a resuscitare Radish - per poter fargli tornare la memoria.
Le possibilità c'erano, ma avevano preferito non dare false illusioni ai loro figli e proseguire con quel piano senza metterlo in pubblica piazza. Mal che fosse andata avrebbero fatto fare la Fusione a Kakaroth con Gohan e Goten per poter ripristinare anche i suoi ricordi su di loro.


Mano a mano che egli ricordava qualcosa, Vegeta aveva notato dei cambiamenti nel Ki di Kakaroth. Più passava il tempo e più lo avvertiva più simile a quello di un tempo, e ciò faceva ben sperare.
Durante quella settimana di viaggio in direzione della Terra ne avevano anche approfittato per iniziare ad allenarsi ma, se i combattimenti tra Radish e Vegeta – o tra Radish e Kakaroth – si rivelavano sostenibili per il ponte superiore di Caps12, quelli tra Vegeta e Kakaroth finivano sempre con un ammonimento da parte di Radish sul fatto che rischiassero ogni santa volta di far saltare in aria tutto.
«Sul serio, Vegeta, non potete spendere le vostre energie in attività ricreative meno dannose all'astronave?» gli aveva suggerito Radish una notte, ammiccante, durante un cambio di guardia nella cabina di pilotaggio.
«Tipo strapparti tutti i capelli dalla testa? Se vuoi inizio adesso!» gli aveva risposto.
L'antifona su quali fossero tali attività ricreative era piuttosto chiara. E, a tal proposito, Vegeta aveva dovuto tener fede alla sua promessa con quell'animale pervertito di fare delle piccole deviazioni su qualche pianeta di scambio commerciale ove, si sapeva, la prostituzione serpeggiava in quantità.
Era stato un vero sollievo per Vegeta notare che Kakaroth non fosse interessato a emulare le pratiche ricreative del fratello e, invece, preferiva approfittarsene dello stallo sulla terra ferma per potersi allenare con Sua Maestà per sfoderare più potenziale.


«E questo si chiama Ultra Istinto! È grazie a questo che siamo riusciti a vincere il Torneo del Potere» spiegò Vegeta, dando sfoggio della forma finale.
Si vide riflesso negli occhi di Kakaroth, colmi di ammirazione.
«Wow, Vegeta... è meraviglioso!»
Quei complimenti da parte di Kakaroth lo avevano sempre messo in imbarazzo ma, ovviamente, gonfiavano il suo ego come un palloncino aerostatico. E chi era lui per dire di no a chi innaffiava così bene il suo orgoglio?
Ghignò soddisfatto, giusto per nascondere il rossore.
«Lo sai fare anche tu, prima o poi te lo ricorderai» disse Vegeta. «Anzi, se devo proprio essere onesto l'ho copiato da te» ammise poi.
C'era voluto qualche mese dopo il Torneo del Potere perché Sua Maestà si convincesse ad apprendere l'Ultra Istinto, e altrettanti mesi per poterlo imparare. Non avrebbe mai accettato di farsi insegnare un bel niente, lui era uno che doveva sbatterci la testa da solo sulle cose.
Con Kakaroth era sempre stato un continuo rincorrersi, superarsi, riprendersi a momenti alterni. Oramai Vegeta aveva imparato ad accettare ciò dai tempi della battaglia contro Majin Bu. Eppure la gara era sempre aperta. E l'unica cosa della quale era molto sollevato in quel momento era che lui fosse ben più forte di Kakaroth.
«Già, un vero peccato che tu non abbia mai seguito il mio consiglio di farti insegnare il teletrasporto, razza di testone!» lo rimproverò Kakaroth, con un sorrisetto.
Vegeta arricciò il naso.
«Ehi, non-aspetta!» si interruppe, esterrefatto. «Te lo ricordi?»
Il lampo di consapevolezza negli occhi di Kakaroth si fece più intenso, così come la risata che gli sfuggì dalle labbra.
«Urcaaa! Sì, è un nuovo ricordo!» trillò d'entusiasmo.
Vegeta si sentì colpito nel petto e, senza nemmeno volerlo, la trasformazione svanì nel vento e i suoi occhi si fecero di nuovo scuri. Scuri, ma non tetri.
«Che... che cosa hai detto?» balbettò, muovendo un ulteriore passo verso il rivale per fronteggiarlo.
«Che è un nuovo ricordo!»
«No, non quello... quella stupida e infantile esclamazione!»
Erano anni che Vegeta non la sentiva. Mai si sarebbe aspettato che quel fastidiosissimo suono potesse mancargli!
Kakaroth si portò una mano dietro la nuca.
«Urca?» domandò, confuso, e Vegeta annuì con un ghigno soddisfatto. «Perché ridacchi, adesso?»
«Non l'avevi ancora detto e, uhm, lo dicevi sempre» spiegò, e il volto di Kakaroth si illuminò di nuovo, ancor più brillante, ancor più elettrizzato.
«Oh, ma è vero! Evviva!» esultò. «Sto migliorando!»
Forse troppo entusiasta, troppo elettrizzato. Troppo gioioso. Così tanto che non riuscì a trattenersi dal gettare le braccia al collo di Sua Maestà in un abbraccio di festeggiamento fin troppo stretto.

Vegeta trasalì a quel contatto. Non era uno da abbracci, non lo era mai stato e probabilmente se Kakaroth si fosse azzardato a fare la stessa mossa avventata dieci anni prima – senza un giustificato motivo, senza nemmeno avvisare – lo avrebbe allontanato con un Ki-blast.
Per il Principe anche solo il tenersi per mano per teletrasportarsi o qualsiasi contatto troppo ravvicinato era stato motivo e fonte di grande imbarazzo. Figurarsi un abbraccio!
Kakaroth non gli aveva mai dato un abbraccio vero. Si erano sostenuti a vicenda durante le battaglie, si erano aggrappati l'uno alle spalle dell'altro, Kakaroth l'aveva trascinato contro di sé per fare una foto ridicola... ma non si erano mai dati un abbraccio. Uno vero.
Non era spiacevole, era come il prolungamento fisico di quella connessione post-Fusione. Una sensazione bella, forse troppo bella per essere nelle corde del Principe dei Saiyan.
«Ehm... Ka... Kakaroth» balbettò, con le braccia rigide lungo i fianchi e il volto schiacciato contro la spalla dell'altro. E, sebbene il bipolarismo dei suoi istinti gli suggeriva sia di stringerlo a sua volta sia di allontanarlo con un calcio nelle costole, Vegeta decise di proseguire per una terza opzione. Le parole. «Noi non... non ci abbracciavamo!»
Kakaroth mollò la presa e fece un passo indietro. La sensazione fu quella di uno strappo, ma Sua Maestà la ignorò.
«Ah... ops, scusa, ehm...» mormorò lui, in imbarazzo. Quello era strano.
Non ricordava di aver mai visto Kakaroth in imbarazzo. Solitamente era uno che rideva sopra alle proprie azioni avventate. Invece si fece rosso come un pomodoro prima di abbassare lo sguardo e farneticare di nuovo.
«Ricordavo... ehm... scusa, io penso di aver frainteso qualcosa... sul tipo di rapporto che avevamo».
Nei suoi occhi c'era il caos, le dita arricciate e labbra che si aprivano e chiudevano come quelle di un pesce rosso. Un pesce rosso smarrito in una boccia.
Vegeta chiuse gli occhi per un secondo. Sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Così come aveva frainteso Radish, così come aveva frainteso Nînyssi, aveva frainteso anche Kakaroth.
Facile fraintendere qualcosa di facilmente fraintendibile, del resto.
«Sì... Kakaroth, credo che tu abbia frainteso» balbettò anch'egli.
E cosa avrebbe dovuto dirgli? “Sì, eravamo solo amici, ma a volte ci guardavamo come se volessimo saltarci addosso a vicenda. Però avevamo troppo rispetto per le nostre famiglie per farlo. Inoltre eravamo entrambi troppo emotivamente cretini per aver pensato anche solo di parlarne, quindi la cosa è rimasta ben tacita per anni, anni e anni. E andava bene così”.
Vegeta storse le labbra. No, non solo non sarebbe stata una cosa saggia da dire, ma si sarebbe anche ingoiato la lingua pur di enunciarla. Sempre per quel piccolo deficit emotivo.
«È che alcuni pensieri, alcune sensazioni sono... alcuni ricordi anche, sono strani. Scusa». Kakaroth continuò a farneticare, balbettare, e Vegeta scosse la testa e alzò le mani per farlo smettere.
Lo preferiva sorridente. Forse lo preferiva persino entusiasta. Sicuro lo preferiva con le braccia attorno al suo collo come poco prima, ma quello era un pensiero che avrebbe dovuto ben sopprimere sotto i sottili strati di dignità che gli erano rimasti.
«Sì, mh... non importa...» cercò di tagliare corto, in un tono che non era neanche lontanamente rassicurante. «Combattiamo?» propose quindi. Sarebbe stato più bravo a prenderlo a pugni piuttosto che rassicurarlo.
La proposta di una battaglia funzionò alla perfezione per nascondere la sabbia sotto al tappeto. Il rossore sulle gote di Kakaroth si fece meno intenso, il bagliore lunare tornò a riflettersi nei suoi occhi.
«Combattiamo!» confermò, più entusiasta.


E fu davvero, davvero un ottimo combattimento. Un vero peccato che sul più bello vennero interrotti dalle urla forsennate di un Radish completamente nudo in corsa - visione che Vegeta si sarebbe risparmiato volentieri.
«Via-via-via-via-via!»
«Ma che-» domandò Vegeta, ma l'imbecille sembrava avere una certa fretta.
«VELOCI!» urlò, prendendoli entrambi per le braccia e trascinandoli in malo modo sull'astronave.
Partirono per lo spazio a gran velocità. Gran velocità che Vegeta avrebbe tanto gradito che Radish utilizzasse per mettersi addosso dei vestiti. Cielo, che orrore!
«Rad, ma che diavolo è successo?!» domandò Kakaroth, quando furono oramai lontani dall'atmosfera del pianeta Noctis, attracco portuale famoso per i suoi locali piccanti.
Radish tirò un sospirò di sollievo e fece spallucce in una risatina.
«Oh, niente, ho solo ammazzato il direttore del bordello e avevo i suoi scagnozzi alle calcagna».
«TU HAI FATTO COSA?!» ringhiò Vegeta.
Possibile che quel demente dovesse mettersi sempre in qualche modo nei casini quando si trattava di scopare?
«Ehi, ehi! Calma, l'ho fatto per una buona causa!» si giustificò lui.
«E quale sarebbe!?»
«Beh, stavo intrattenendomi con una signorina molto prestante. Robe da matti! Aveva cinque braccia, e tre apparati riproduttivi, voi non avete idea di dove avrei infi-»
«RADISH!» lo redarguì Sua Maestà. I dettagli non richiesti avrebbe ben potuto tralasciarli.
«Ok, ok. Insomma, ho sentito delle grida d'aiuto provenire dalla stanza accanto. Sono corso lì e c'era questo magnaccia che stava picchiando a morte un suo gigolò e, beh, non mi è piaciuto, quindi ho preso le difese del poveraccio. In questi mesi voi due mi avete reso un sentimentale, è colpa vostra, una volta me ne sarei fregato!» li accusò, incrociando poi le braccia al petto.
«Awww. Un cuore d'oro» lo prese in giro Kakaroth.
Vegeta alzò gli occhi al cielo. Nobile da parte sua, ma avrebbero decisamente dovuto rivedere il suo concetto di farsi giustizia da solo.
«Le prostitute mi hanno ringraziato e volevano persino offrirmi qualche servizio scontato, ma poi ho sentito che si stavano avvicinando delle guardie e, piuttosto che far saltare in aria tutto, me la sono data a gambe! Visto? Ho risparmiato delle vite! Sono un angioletto!» trillò, con un grandissimo sorriso paraculo e smagliante dritto in faccia a Sua Maestà.
Vegeta roteò così tanto gli occhi da farseli andare dietro le orbite, poi sbuffò. «Sì, sì, adorabile, ora però vai a metterti qualcosa addosso! Per l'amor dei Kaioh, sei disgustoso».
Radish, in tutta risposta, si mise in posa olimpionica e si specchiò nel vetro della cabina di pilotaggio, vanesio come solo lui sapeva essere.
«Sono meglio che una statua!»
«Se solo stessi anche in silenzio come una statua!» ringhiò Vegeta, poi si allontanò in fretta dalla cabina tra borbottii degni di una caffettiera. Perché nella vita si era sempre ritrovato circondato da idioti?
Mancava poco meno di un mese al loro rientro sulla Terra.
Le domande erano due: sarebbe riuscito a non uccidere Radish con le sue stesse mani prima di giungere a destinazione? E, soprattutto... sarebbe riuscito a non ficcarsi in altre situazioni imbarazzanti con Kakaroth?
Qualcosa gli suggeriva che sarebbe stato più complesso del previsto.



 
Continua...

Riferimenti:
-Non ho assolutamente idea di come Toriyama o Toyotaro abbiano in mente come funzioni la fusione, come venga controllata. Io mi diverto bene o male in ogni storia a cambiarne alcune regole, alcuni dettagli. In After All ho voluto, che all'interno di Gogeta, Vegeta e Goku riuscissero a comunicare. In It Takes a Fool to Remain Sane mi è piaciuto immaginare che tramite la fusione Trunks e Goten accedessero ai ricordi e i segreti dell'altro. Qui invece mi è piaciuto immaginare che Gogeta esiste e agisce semplicemente in base a ciò che Goku e Vegeta sono e sanno l'uno e dell'altro. Insomma, visto che non ci sono dettagli canonici mi piace variare e immaginarmi diversi scenari :)
-Radish accenna al fatto che i Saiyan non badino troppo al sesso biologico del partner. È un headcanon piuttosto in voga del fandom inglese. Ne parlerò più specificatamente in una delle mie prossime storie.
-Come specificato all'inizio, questa storia non tiene conto delle nuove saghe del manga (Moro e Granolah - che tralalatro sono molto belle, andate a leggerle!), quindi mi è piaciuto immaginare semplicemente che Vegeta abbia raggiunto l'Ultra Istinto.

ANGOLO DI EEVAA:
Ed eccoci quiiii!
Vi avevo promesso che non vi avrei abbandonati alle vacanze estive con un cliffhanger e ho mantenuto la promessa.
Niente grandi colpi di scena alla fine di questo capitolo, sono delle belle speranze per il futuro. E un Radish che corre in giro nudo xD AHUAHHAHA! Alzi la mano chi è del #TeamRadish come me!
Ebbene no, la tencica della Fusione non ha funzionato al cento per cento come molti di voi speravano e immaginavano ma... beh, dai, ha contribuito un pochino a dare uno scossone, a frastagliare il velo che Goku ha in testa.
Il viaggio verso la terra dista ancora quattro capitoli... cosa accadrà? Riuscirà Goku a recuperare la memoria grazie a Shenron? Arriveranno sani e salvi? Vegeta manterrà fede ai suoi due propositi? Lo scoprirete a fine agosto, miei cari.
Come anticipato me ne vado fuera dagli smaronesssss xD ma... se posso darvi un piccolo anticipo... il primo capitolo dopo le vacanze è uno dei miei preferiti dell'intera storia. Vi aspetto con ansia al varco!
Intanto vi auguro buone vacanze - per chi parte - e buon agosto a chi resta.
Grazie di cuore a chi mi ha seguito fino a qui e, se volete avere mie notizie (sicuro, eh, ve ne fregherà sicuramente xD) o semplicemente volete fare due chiacchiere mi trovate su Instagram, su Facebook e su Twitter, sempre come @eevaa_fanwriter !
Un abbraccio a tutti e a presto!
Eevaa

Nel prossimo capitolo! (29 agosto)
Dall'altoparlante la voce di Radish risuonò metallica, interrotta da qualche interferenza.
Ma il messaggio, invece, fu parecchio chiaro.
«Mi dispiace davvero interrompere questo momento decisamente meraviglioso e vomitevole, ma abbiamo compagnia!»

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Conseguenze ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
NELLE PUNTATE PRECEDENTI!

A diversi anni dopo il Torneo del Potere, dopo la morte di Chichi Goku decide di allontanarsi dalla Terra senza più fare avere sue notizie. A dieci anni dalla sua scomparsa, Vegeta decide di attraversare l'universo per ritrovarlo. Per farlo resuscita Radish - il miglior pilota e figlio di puttana del cosmo - e insieme affrontano un viaggio di diversi mesi, durante il quale Vegeta si rende conto che i sentimenti che lo legano a Kakaroth sono diversi dalla semplice amicizia.

Finalmente, dopo mille peripezie, ritrovano Goku sul pianeta Morvir senza alcuna memoria di chi è, intento a servire l'esercito di un imperatore megalomane. Scoprono che la sua mente è stata manipolata dai nativi del pianeta e i suoi ricordi sono indelebilmente compromessi ma, nonostante ciò, Radish e Vegeta non si arrendono e lo portano via da Morvir e fanno di tutto per fargli ricordare chi è, raccontandogli la sua storia dal principio.

Su Dagrabàh l'oracolo rivela loro che i ricordi di Goku sono ancora sepolti nella sua mente e, per aiutarlo a ritovarli, suggerisce a Goku e Vegeta di fare la Fusione. La tecnica funziona, ma Goku inizia a ricordare solo i momenti condivisi con Vegeta e nient'altro, quindi decidono di tornare sulla Terra e provare a chiedere a Shenron di ripristinare la sua memoria.

Il viaggio però è lungo, e Vegeta deve lottare conto un Goku che sembra aver frainteso il loro rapporto e ricerca un'intimità che si erano sempre trattenuti di avere in passato.
Nel frattempo Radish - quando non è impegnato a uccidere magnaccia di bordelli spaziali e fuggire via nudo inseguito dai sicari - cerca di convincere Vegeta a cogliere la palla al balzo con Goku, ma questi sembra ancora troppo restio a trasformare il loro rapporto in qualcosa di più.




 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 18
Conseguenze




 

Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Aspetta, Kakaroth» lo dice con voce incerta, si avvicina di un passo.
Vegeta è consapevole. Lo sa che tutto questo ha smesso di essere un ricordo e ha iniziato a essere un sogno. Lui può cambiare le cose lì dentro, è tutto nella sua testa.
Cosa ci sarebbe di male a tentare di cambiare? Cosa ci sarebbe di male a mostrare la parte migliore di sé? Nessuno se ne sarebbe ricordato, nessuno l'avrebbe saputo.
Vegeta, padrone del suo sogno, unico spettatore e regista delle sue scelte. Conosce le proprie debolezze, conosce i propri limiti, ma questo è un sogno e li scavalca.
Allunga le sue mani, Kakaroth non indietreggia. Si lascia prendere, si lascia afferrare. Ha consistenze reali, pensa Vegeta. Se lo tira più vicino, gli allaccia le mani dietro la schiena, si immerge con il volto contro il suo petto. Anche nei sogni deve essere così dannatamente alto, quell'imbecille. Annusa. I sogni hanno odore? Quello sì, profuma di casa.
Kakaroth si irrigidisce ma poi ricambia il gesto, si aggrappa alla sua schiena e gli mette il volto tra i capelli. La sensazione del giorno prima ritorna, è bella, Vegeta non si scansa.
Se gli avesse dato davvero quell'abbraccio, dieci anni prima, lo avrebbe fatto desistere dall'andarsene? Vegeta non riesce a fare a meno di domandarselo.

Non avrebbe saputo farlo. A quel tempo non si trattava di un sogno. Solo in un sogno si sarebbe permesso di abbracciare qualcuno in quel modo, solo in un sogno avrebbe mostrato le proprie debolezze.
Solo in un sogno gliel'avrebbe detto.
«Mi sei mancato, pezzo di idiota».
Nessuno l'avrebbe mai sentito davvero. Nessuno l'avrebbe visto sorridere come un cretino.
Era solo un sogno.

«Vegeta!»
«Mh?»
Perché Kakaroth lo chiamava?

«Svegliati,Vegeta!»
Quella voce non proveniva dal Kakaroth che stava abbracciando. Oh, no, non voleva svegliarsi.
«Vegeta!»
Si svegliò di soprassalto nel buio della stanza su Caps12, le lenzuola della branda strette e attorcigliate tra le dita, il profumo che aveva percepito nel sogno ancora vicino.
Kakaroth era lì, seduto sui talloni accanto alla sua brandina, con il capo inclinato e un sorriso indecente per essere notte fonda. Come osava Kakaroth destarlo mentre era impegnato in un sogno con Kakaroth?!
Oh, forse non aveva senso.
«Spero tu abbia una buona motivazione per svegliarmi nel cuore della notte, razza di imbecille!» ringhiò, poi si accorse che quello non era il Kakaroth di dieci anni prima, non era abituato a farsi urlare addosso. «Uhm, voglio dire... che c'è?» si accigliò, e invece Kakaroth rise.
«Non ti correggere: era ciò che mi avresti detto!» affermò, compiaciuto. «Vegeta, non voglio più che mi tratti in modo diverso, se vuoi che le cose tornino come prima».
Notevole. Sua Maestà spalancò gli occhi e si rese conto di essere stato lui l'imbecille. Dannazione, lui non si era mai guardato di trattare con i guanti nessuno! Era burbero e cinico con tutti, non poteva trattare Kakaroth in modo diverso solo perché aveva le ombre nella testa. Era comunque il Principe dei Saiyan, non uno psicologo.
«Per una volta hai ragione» ammise.
Kakaroth sorrise più ampiamente, sempre in modo troppo indecente per essere notte fonda.
«Ricordo qualcosa» annunciò.
Quella era una buona notizia. Per un attimo aveva pensato di essere stato svegliato per aver parlato nel sonno.
Vegeta si voltò su un fianco, incuriosito, con la testa appoggiata in una mano e le gambe attorcigliate nel lenzuolo. «Cosa ricordi?»
Il sorriso di Kakaroth si trasformò in un ghigno impertinente, divertito, ma non si mosse. Rimase lì, accovacciato sui talloni con le braccia appoggiate alla sua brandina.
«Dormivamo in letti come questi, nella stessa stanza. Una sera... mi hai quasi ammazzato perché ho provato a venire a dormire nel tuo letto in preda ad un attacco di sonnambulismo!»
Vegeta sbuffò, ma non riuscì proprio a non ridacchiare. Lo ricordava eccome: erano sul pianeta di Lord Beerus per allenarsi prima del Torneo degli universi Sei e Sette. Appena aveva sentito la carcassa intontita di Kakaroth gettarsi a pesce nel suo letto – sopra di lui, precisamente - lo aveva Ki-blastato fuori dalla finestra e poi rincorso per tutto il pianeta per l'affronto. Sua Maestà aveva sempre detestato l'invasione del proprio spazio personale. Specialmente se era Kakaroth a superare i confini che si erano sempre auto-imposti.
«Oh, non me l'hai mai pagata abbastanza!» convenne Vegeta, divertito. Sebbene in quel momento l'avesse detestato, doveva ammettere che poi era stato divertente combattere fino allo sfinimento, quella notte lontana.
«Ma non l'avevo fatto apposta!» si lagnò Kakaroth, con tono bambinesco. Un dejà-vu.
«Sì, sì, mi avevi detto esattamente così» rincarò Vegeta. «E ricordi cosa ti avevo risposto?»
Kakaroth si portò una mano sotto al mento per pensare, poi raggiunse l'illuminazione e iniziò a imitarlo nella sua voce graffiante.
«“Kakaroth, lo so che non fai apposta ad essere un emerito imbecille, ma è proprio questo che ti rende un emerito imbecille. E io odio gli emeriti imbecilli”» lo scimmiottò Kakaroth, poi scoppiò a ridere.
Un moto di compiacimento attraversò gli occhi di Vegeta. «Uh, sono proprio spassoso» ammiccò, giusto per alimentare il proprio ego.
«Uno stronzo spassoso» puntualizzò Kakaroth.
Come dargli torto. Sua Maestà non era proprio l'incarnazione della gentilezza ma, a giudicare dagli occhi luminosi di Kakaroth, la cosa non gli stava arrecando alcun fastidio.
«Ehi, tu non parli così! Non le dici le parolacce!» lo redarguì Vegeta con ironia, spingendolo per farlo ribaltare all'indietro.
Kakaroth, però, si aggrappò al suo avambraccio e rimase in equilibrio con una risatina insopportabile. Una delle sue.
«Suppongo di essere un po' cambiato. Magari sono meno un emerito imbecille!»
«Ne dubito altamente» sbuffò Vegeta, con un angolo della bocca sollevato.
La mano di Kakaroth ancora stretta attorno al polso. Come una notte d'estate passata a guardare stelle seduti sul tronco di un albero. La notte delle tacite promesse.


Cos'è che si era augurato, Vegeta, il precedente pomeriggio? Ah, di non mettersi più in nessuna situazione compromettente con Kakaroth prima di rientrare sulla Terra. Proposito fallito.
Le dita di Kakaroth erano strette attorno al suo polso nudo e lui non fece assolutamente niente per strapparsele via di dosso. Anzi, non fece assolutamente niente nemmeno quando si accorse che forse erano troppo vicini. Quello non era un sogno, non era lui l'unico regista e spettatore.
Non era saggio mostrare la parte più vulnerabile di sé. Non era giusto permettergli di avvicinarsi così, nella penombra di una luce di cortesia, di farsi trascinare così vicino al bordo della brandina, di sfiorargli la fronte, di guardarlo formulare un incantesimo con quegli occhi luminosi. Una maledizione che non gli consentì di tirarsi indietro.
Non era giusto, non era saggio, non era un contatto che potevano permettersi. Non c'era sonno da cui risvegliarsi. La realtà pesa. La realtà porta in tasca delle conseguenze.
Sfiorarsi il naso in quel modo avrebbe comportato delle conseguenze. Fottute conseguenze!
Forse avrebbe dovuto solo immaginare che fosse un sogno. Magari lo era, magari Vegeta non si era mai realmente svegliato. Gli fece comodo pensarla in quel modo, così da darsi il permesso di mescolare i loro respiri insieme come l'istinto gli stava suggerendo di fare. Di avvicinarsi ancora un poco e chiudere gli occhi quando Kakaroth fece lo stesso.
L'istinto superò le conseguenze.
Ma un forte rumore e uno scossone superarono l'istinto.


La mano di Kakaroth si staccò dal suo polso, le loro fronti si separarono, i nasi anche. Le labbra non avevano fatto in tempo a sfiorarsi. C'era mancato poco.
Le conseguenze tornarono in vantaggio sull'istinto, ma non ci fu tempo per metabolizzarle. Un altro scossone, poi la nave virò e rischiò di farli ribaltare entrambi contro la paratia.
Dall'altoparlante la voce di Radish risuonò metallica, interrotta da qualche interferenza. Ma il messaggio, invece, fu parecchio chiaro.
«Mi dispiace davvero interrompere questo momento meraviglioso e vomitevole, ma abbiamo compagnia!»
Si guardarono con occhi sgranati per qualche istante, poi si alzarono di tutta fretta per poter capire cosa diamine stesse succedendo. Qualunque cosa stessero facendo fino a poco prima, ne avrebbero riparlato più tardi.
O forse anche mai. Sì, mai sarebbe stata una scelta migliore.
Un altro scossone li fece quasi ribaltare in corridoio prima di poter giungere alla cabina di pilotaggio, con tanto di rumore davvero, davvero poco promettente che comportò il suonare ripetuto e assordante di un allarme.
«Radish, cosa cazzo sta succedendo qui?!» sbraitò Vegeta, entrando nella cabina.
«I sicari del magnaccia di Noctis non hanno preso molto bene il mio intervento. A quanto pare siamo stati intercettati» ringhiò questi, impegnato a compiere virate repentine per sfuggire agli attacchi blaster di qualche nave spaziale ostile.
«Oh, merda! Carburante per salti iperspaziali ne abbiamo?» domandò Kakaroth, aggrappandosi a un vano portaoggetti per non ribaltarsi di nuovo nel corridoio.
«Se lo avessimo avuto, non vi avrei scomodato dalle vostre promiscue attività!» rispose Radish, ed entrambi avvamparono. «Maestà, a lei i cannoni blaster!» proseguì e, dopo aver azionato un paio di pulsanti, un visore 4D apparve dal soffitto e una specie di pulsantiera a volante emerse dal vano di fronte al passeggero. «Kakaroth, scendi in Control Room e attiva la seconda postazione, pensi di poterlo fare?» ordinò infine.
«Sissignore!» gridò questi e, con non poche difficoltà, corse via per il corridoio per scendere al piano inferiore.
Vegeta ringhiò di frustrazione. Non era un esperto di battaglie spaziali con quegli affari. Se solo si fossero trovati vicino all'atmosfera di qualche pianeta avrebbe senz'altro risolto la questione a modo suo.
Si posizionò al visore e si aggrappò alle manopole dei cannoni blaster. Avevano sei astronavi alle calcagna, una più agguerrita dell'altra. Provò a sparare, ma i primi colpi andarono a vuoto.
Ad ogni sparo il pavimento tremava e Radish bestemmiava le più disparate divinità nei tentativi di schivare i fasci blaster nemici. Era pressoché impossibile mirare in modo decente, se avessero continuato con quelle virate.
«RADDRIZZATI, PER L'AMORE DEI KAIOH!» urlò Vegeta, dopo l'ennesimo colpo andato a vuoto.
«OH, CERTO, COSÌ CI RIDUCONO IN PULVISCOLO COSMICO!»
Un'altra virata li riportò in asse, e Sua Maestà ebbe come la netta sensazione che avrebbe dato di stomaco da un momento all'altro.
Altri rumori poco promettenti e immagini nel visore gli fecero capire che anche Kakaroth avesse iniziato a sparare dai blaster inferiori. Forse in due sarebbero stati in grado di farne fuori uno. Attivò un auricolare trasmettitore e urlò nel microfono, nella speranza che quell'imbecille avesse attivato il suo dal visore.
«Kakaroth, mi ricevi?»
«Forte e chiaro».
«Punta al lato esterno sinistro».
«Subito!»
Con le manopole spiegate tutte in quella direzione Vegeta premette i grilletti contemporaneamente. Doveva stare attento a non metterci troppa pressione, o li avrebbe disintegrati.

Combattere insieme a Kakaroth in quel modo era strano, per loro che erano abituati alle battaglie in prima linea.
Il rumore di cannoni blaster riempì le loro orecchie e, se i primi colpi di entrambi mancarono l'obiettivo di poco, dopo l'ennesima virata di Radish riuscirono finalmente a colpirne uno di striscio, rallentandolo. E, proprio a causa di quel rallentamento, dopo un altro paio di tentativi uno sparo di Vegeta riuscì a dare il colpo di grazia.
Il rumore dell'esplosione giunse fin dentro Caps12, così come il sobbalzo da essa causata.
«FUORI UNO!» esultò Sua Maestà.
«Alla buon ora!» grugnì Radish.
«Vegeta, ti ricordi quando Trunks e Goten ci hanno fatto giocare a quel gioco spara-tutto alla consolle?» la voce di Kakaroth entusiasta nelle orecchie lo fece sorridere, nonostante tutto. Un nuovo ricordo era stato sbloccato. Un ricordo davvero, davvero prezioso.
«Come dimenticare! Ti avevo fatto il culo a strisce» ghignò Vegeta.
«Sì, come no! Forza, puntiamo a quello esterno a destra, ora!»
«Ehi, sono io quello che dà gli ordini!» si indignò.
«E qual è l'ordine, allora?»
«Esterno a destra, ovviamente» rispose, beffardo e divertito. Riuscì quasi a vedere nella mente gli occhi di Kakaroth che roteavano.
«Uno stronzo spassoso».
«Emerito imbecille».
«Quando avete finito di punzecchiarvi come una vecchia coppia di sposi, potreste per cortesia fare saltare in aria qualcosa!?» Radish irruppe nel collegamento con entrambi.
Il rumore di uno dei blaster di Kakaroth riempì le orecchie, fasci laser ripetuti illuminarono la rotta spaziale e, dopo pochi secondi, si infransero contro una delle navi nemiche con una potente deflagrazione che coinvolse anche una seconda astronave troppo vicina. Fuori due in un colpo solo.
«Fatto!»
Vegeta ghignò. Kakaroth aveva stile anche con quei diamine di blaster! Non era un combattimento convenzionale, ma era pur sempre un combattimento.

Ma, come ogni combattimento degno di tale nome, non era esente dai danni. Gravi, maledettissimi danni. Un attacco nemico colpì per direttissima il ponte superiore.

Registrati danni plurimi ai meccanismi di attacco superiori -

La voce ripetitiva di Caps12 annunciò il resoconto ma, ovviamente, Vegeta se ne era già accorto. Le levette d'attacco non funzionavano più.
«Dannazione! Kakaroth, devi cavartela da solo laggiù!»
«Rice-uto, -i pe-s-».
La voce di Kakaroth giunse a scatti e un forte boato fece sobbalzare l'astronave. Erano stati colpiti di nuovo.
Vegeta, con un gesto frustrato, si strappò il visore dal volto e lo gettò a terra.

- Registrati danni al motore sinistro -

«Merda!» sputò Radish, tentando di effettuare una manovra ad avvitamento che fece ribaltare tutti gli oggetti in cabina.
Poi, d'improvviso, una nuova esplosione. L'allarme principale iniziò a suonare, alto, assordante.

- Registrati danni al serbatoio. Rischio surriscaldamento. Registrati danni ai meccanismi di attacco inferiori. Registrati danni al rivestimento della sala controlli -

Vegeta spalancò gli occhi. La sala controlli era dove si trovava Kakaroth!
Si slacciò la cintura di sicurezza e scattò in volo verso gli ascensori, mentre Radish tentava di nuovo manovre per le quali era pressoché impossibile rimanere con i piedi a terra.
Un allarme stridulo e incessante proveniva dalla cabina di ascensore, il fumo lo investì non appena le porte automatiche si aprirono.
Tossì e imprecò rivolto agli Dei. Il cuore gli martellò nel petto e le imprecazioni si dispersero nella cabina di un ascensore che non dava la minima parvenza di rispondere alle chiamate. Rotto. Andato.
Kakaroth era bloccato di sotto e chissà in che condizioni era il piano inferiore. Vegeta digrignò i denti all'ennesimo rifiuto di funzionamento da parte dell'ascensore. Non aveva perso Kakaroth su Morvir, non avrebbe perso Kakaroth in quel diamine di angolo di universo! Non dopo tutto il tempo che ci aveva messo a ritrovarlo.
Stando ben attento a non incanalare troppa forza, puntò un dito sulla lastra del pavimento e lasciò andare un Ki-blast sufficientemente potente da fondere il metallo e crearci un passaggio. Si calò al piano inferiore, ma una densa nebbia di fumo nero gli oscurò la vista.
Chiuse gli occhi e si concentrò sull'aura di Kakaroth, sulla loro connessione, su quel Ki sempre più simile a quello di una volta. Lo guidò da lui e lo trovò vicino all'ascensore, quasi accasciato a terra. Vivo, per fortuna, e cosciente.
Lo trascinò di nuovo al varco nel soffitto e lo portò nel corridoio principale. Il fumo stava iniziando a disperdersi anche lì, ma almeno l'aria era respirabile.
Kakaroth tossì inginocchiato a terra, con le lacrime agli occhi e le guance nere dalla fuliggine.
Vivo e cosciente. Quella era l'unica cosa che a Vegeta importava. Tirò un sospirò di sollievo, anche se non era il caso di cantare vittoria.

«Urca» soffiò Kakaroth dopo aver ripreso fiato, con la voce quasi coperta dall'incessante suono dell'allarme. «Proprio non ci avevo pensato a distruggere il soffitto!»
«Perché sei un'idiota e non pensi mai!» sibilò Vegeta. Se non l'avesse recuperato sarebbe morto asfissiato, e il solo pensiero gli fece ribaltare lo stomaco nell'addome. O forse fu a causa della virata improvvisa di Radish.
«I blaster sono danneggiati, non possiamo più sparare!» disse Kakaroth, faticando per mantenere l'equilibrio.
Vegeta ringhiò di frustrazione. Dopo tutto quello che avevano fatto per arrivare fin lì, non avrebbero permesso ai sicari di un fottuto magnaccia violento di farli saltare per aria così. «Adesso mi sono stufato di giocare a Guerre Stellari. Metterò fine a questa battaglia a modo mio!» annunciò. Fu una vera fatica tenere a bada la trasformazione.
Con uno scatto volò fino al soffitto e aprì un nuovo varco verso il ponte superiore, e Kakaroth lo seguì senza capire quali fossero le sue intenzioni.
Si avviò verso la camera depressurizzata in sommità e, dopo averla aperta e attivato la leva di emergenza, ne uscì una tuta spaziale che lo avvolse in automatico.
«Vegeta, cosa stai facendo?!» domandò Kakaroth, nel panico.
«Radish, mi ricevi?» disse Sua Maestà nell'auricolare, ignorando la domanda di Kakaroth.
«Ti ricevo!»
«Devi cercare di volare il più possibile dritto per qualche minuto, mi hai capito?»
Ci fu una breve pausa, poi la voce di Radish gli risuonò nelle orecchie come un tuono.
«Che intenzioni hai, Vegeta? Cosa cazzo ci fai lì?!»
Probabilmente lo stava osservando dalle telecamere di sicurezza.
«Userò la tuta spaziale e farò fuori quei bastardi con la forza».
«È pericoloso! Stiamo andando troppo veloci, se la tuta dovesse strapparsi finiresti nel mezzo dell'universo senza ossigeno! Non farei in tempo a recuperarti!»
«Noi Saiyan non possiamo respirare nell'universo, ma possiamo sempre volare. Nel caso si strappasse, ti starò dietro e rientrerò su Caps12» insistette.
Vide Kakaroth spalancare gli occhi dal terrore.
Seppur vero che il fisico dei Saiyan non fosse progettato per vivere fuori dall'atmosfera, la dispersione dell'Aura li aiutava a mantenere stabile la temperatura corporea ed evitare il congelamento.
L'unico problema sarebbe stato l'ossigeno.
«È comunque rischioso, Vegeta...» la voce di Radish era piatta.
«Kūso! Non abbiamo altre soluzioni, lo vuoi capire?» ringhiò, poi avvertì Radish sospirare e bestemmiare tra i denti anch'egli in lingua Saiyan. Lo faceva sempre, sotto pressione.
«Sii rapido. Un lavoro veloce, intesi?»
«Ricevuto. Ora vola dritto, per l'amor dei Kaioh!» ghignò Vegeta e, premendo il pulsante, fece scattare il casco protettivo della tuta spaziale.
Ma, prima ancora di poter avviare la procedura di depressurizzazione, la mano di Kakaroth si aggrappò a lui per farlo voltare.
«Vegeta... stai attento» lo supplicò.
Vegeta strinse le labbra in imbarazzo, poi ghignò. Anche in passato era sempre stato così protettivo nei suoi confronti, quell'imbecille!
Ma lui era il Principe dei Saiyan, non sarebbe stato uno scontro con delle astronavi a ucciderlo.
«Ora, Kakaroth, ti darò una dimostrazione pratica di come fare il culo ai nemici!» annunciò.
Kakaroth storse le labbra in un sorriso amaro. «Baka» gli disse, ghignando.
Vegeta spalancò gli occhi. Se lo ricordava! Si era ricordato come lo chiamava, un tempo, in lingua Saiyan.
E anche se gli aveva appena dato dell'idiota – e gliel'avrebbe fatta pagare, prima o poi – Vegeta sorrise a sua volta.
«Baka!» replicò e, dopo averlo allontanato con uno spintone, si richiuse la camera depressurizzata alle spalle.
Era il momento di fare fuori qualche sicario.

 

 
Odiava lo spazio aperto. L'aveva sempre odiato, sin dai tempi in cui era stato costretto a far saltare in aria pianeti per conto di Freezer, dalla sua navicella monoposto. Sentire il freddo dell'universo sulla pelle era terribile, era come essere punto da centinaia di spilli tutti insieme.
Una vera fortuna che quella tuta spaziale lo proteggesse da quella sensazione. Ma non dalla sensazione di smarrimento di trovarsi in mezzo alle stelle, letteralmente.
Le stelle erano belle da vedere da lontano. Magari seduto su un tronco, magari con qualcuno seduto accanto. Che pensiero schifosamente romantico!
Vegeta borbottò e la sua voce risuonò ovattata dentro al casco, mentre dalla cabina di depressurizzazione veniva sobbalzato nello spazio aperto. Si sentì mancare l'aria, quando a causa dell'elevata velocità venne sobbalzato indietro con il solo cavo dell'ossigenazione attaccato all'altezza della schiena. Non si aspettava che fossero davvero così tanto veloci. Troppo, troppo veloci persino per lui. Fece davvero fatica a starci dietro, il cavo tirava, scricchiolava, ma non avrebbe potuto trasformarsi in Super Saiyan o avrebbe fuso la tuta spaziale.
Una serie di raggi blaster nemici lo sfiorarono sulla destra, poi sulla sinistra. Alcuni colpirono di nuovo l'astronave. Non c'era tempo per riflettere sull'ossigeno, o sul rimanere ancorati lì. Avrebbe dovuto agire.
Si voltò verso le tre astronavi rimaste e, immagazzinando quanta più energia possibile tra le mani, si preparò all'attacco.
I guanti della tuta si fusero fino agli avambracci, e sperò che questo non compromettesse l'ossigenazione dell'intera armatura.
«Figli di puttana, adesso vi sistemo io» ruggì Vegeta e, dopo aver creato una sfera luminosa, puntò entrambe le mani unite verso i nemici. «FINAL FLAAASH!»
Un fascio di energia si librò nello spazio aperto, potente, continuo, luminoso. Un fascio di luce che andò a estinguersi sulle tre navi nemiche, disintegrandole.
La deflagrazione fu devastante. Una forte onda d'urto colpì Caps12RC e la fece sobbalzare in avanti. Il contraccolpo sospinse anche Vegeta, ma il cavo si spezzò.
Il Principe rimase indietro rispetto alla nave che, veloce, riprese la sua corsa a ritmo normale. Avvertì l'ossigeno venirgli meno.
«RALLENTA!» gridò con l'ultimo fiato che gli rimase in gola, ma il collegamento era interrotto. L'ossigeno diminuì drasticamente.
Vegeta strizzò gli occhi e utilizzò le ultime forze per trasformarsi con l'Ultra Istinto e volare più veloce, la tuta si disintegrò completamente ma tanto era inutile. Il freddo dello spazio gli punse le guance come spilli.
Volò con tutte le forze che gli rimanevano in corpo, ma l'astronave era lontana. Sarebbe davvero morto così? Nel mezzo dell'universo?
Era quello il suo destino?

Però, ad un tratto, l'ultimo motore dell'astronave esplose e l'astronave iniziò a perdere di velocità. La vista di Vegeta si offuscò, la trasformazione si disperse.
Era vicino, c'era quasi. Li aveva raggiunti. Con le ultime forze che gli rimanevano entrò nella camera depressurizzata e si lasciò cadere, la vista oramai oscurata.
Ossigeno. Respirava. A fatica, ma respirava. Il rumore del portellone gli giunse con un fischio, poi due braccia lo cinsero.
«Oh, Kami!» un sussurro. Kakaroth.
Vegeta si aggrappò a lui per non cadere. Quella sarebbe stata la scusa ufficiale. Non stava affatto rispondendo all'abbraccio, nossignore. Si stava solamente tenendo in piedi in attesa che i suoi occhi la smettessero di vedere luci colorate in mezzo al buio.
«Hai... visto? È così... che si fa... il culo ai nemici!» ridacchiò Vegeta, impertinente.
«Rischiando di rimetterci la pelle? È proprio da te. Hai fatto lo stesso con Toppo durante il Torneo del Potere e contro Majin Bu» gli rispose Kakaroth, poi mollò la presa e gli occhi di Vegeta cessarono di vedere miliardi di puntini luminosi. Solo il sorriso di un idiota e, alle sue spalle, un altro idiota.
«Razza di pazzo con le manie da suicida!» grugnì Radish, tossendo in una nube di fumo nero proveniente dal piano inferiore.
«Intanto questo pazzo vi ha salvato le chiappe» replicò Vegeta, con la voce oramai coperta dal suono incessante dell'allarme.
«Mi piacerebbe dirlo, ragazzi... ma abbiamo un grave problema» mormorò Radish.
Non che non l'avessero già notato tutti. L'astronave era ridotta una schifezza, il fumo stava iniziando a salire anche sul ponte superiore e l'allarme stava iniziando a causargli un gran mal di testa.
«Sì, lo vedo. Come lo risolviamo?»
Radish strinse i pugni e abbassò il volto.
«... non lo risolviamo».
«CHE COSA?» gridarono Goku e Vegeta all'unisono.
In che senso non avrebbero potuto risolverlo? L'astronave era oramai spacciata? Verosimile, ma ne avrebbero comprata un'altra non appena qualcuno fosse giunto a recuperarli e portati su un attracco portuale.
Eppure qualcosa non andava: il volto di Radish era troppo, troppo poco ottimista. Non fu complesso capirne il perché, e non fu piacevole.
«Sono saltati i sistemi di sicurezza, il fumo sta riempiendo l'astronave, non appena l'aria si saturerà non faremmo neanche in tempo a morire asfissiati. In pochi minuti qui salterà in aria tutto» annunciò infine.
Erano fottuti.


«Oh, merda!» Kakaroth diede voce ai pensieri di sua maestà, sempre con quel linguaggio che non gli apparteneva ma che, in fin dei conti, era molto più opportuno del previsto.
«Kakaroth, dimmi che ti ricordi come ci si teletrasporta» lo supplicò Vegeta, poco speranzoso.
Egli si irrigidì e increspò le labbra. Il fumo continuò a salire, e persino l'allarme sembrò farsi sempre più acuto, martellante, ansiogeno.
«Io... no, non ne ho idea, mi dispiace» rispose infine, dopo aver tentato di ricordare.
«Due dita sulla fronte? Ricercare Aure?» lo spronò Vegeta, cercando di imitare il tipico gesto della trasmissione istantanea. Mai come in quel momento avrebbe voluto averla appresa.
«N-no... dannazione! Non ricordo davvero, so di poterlo fare ma non so come si fa!» ruggì Kakaroth, frustrato. Un rumore assordante dal piano di sotto li fece sobbalzare. Forse stava iniziando a crollare tutto, non gli rimaneva molto tempo. Forse niente.
Sarebbero morti lì dentro in quel cesso di astronave. Beh, sarebbero morti davvero, se solo Radish non fosse stato il figlio di puttana migliore dell'universo.
«Ok, ragazzi... c'è una cosa. Ricordate su Niwre, nell'Universo Otto? Ho pensato che sarebbe stato utile avere un mezzo di scorta dopo che ci è successa quella cosa al sistema di ossigenazione» disse e, lentamente, aprì il pugno destro mostrando una piccola capsula Oplà. La lanciò poco distante sul ponte e ne emerse una piccola navicella un po' malandata, tonda e dal muso appuntito. «Ehm, l'ho vinta giocando a Sabaq col meccanico. Beh, in verità ho barato, quell'idiota non si è accorto di un ca-»
«Radish, sei un genio!» trillò Kakaroth, entusiasta.
Oh, Vegeta non poté fare a meno di concordare. Il problema, però, fu piuttosto evidente ai suoi occhi.
«Ma... ma...» balbettò e osservò il mezzo, poi sollevò lo sguardo sugli occhi di Radish. Non c'era molta gioia in essi, non come al solito.
«Già... è monoposto. Come quelle Saiyan, omologata per una persona, massimo in due se ci si stringe. Però, beh, se ci dovessi entrare io non ci starebbe nessun altro. Quindi... prendetela voi e scappate da questo Inferno» concluse Raidsh, con le sopracciglia aggrottate ma la testa alta di orgoglio.


Vegeta sussultò. Gli stava davvero dicendo di scappare e lasciarlo indietro?! Si stava... si stava davvero mettendo da parte per lasciarli sopravvivere?
«No, Radish, non possiamo lasciarti qui!» ringhiò Kakaroth, aggrappandosi agli avambracci del fratello.
«NON DIRE CAZZATE, FRATELLINO!» lo redarguì, severo. «Siamo finiti in questo casino per le conseguenze delle mie azioni, quindi è giusto così» aggiunse, poi ghignò. «Visto? Se me ne fossi fregato di salvare quel poveraccio non saremmo qui. Neanche un'ultima scopata in santa pace, mi sono fatto!» ridacchiò.
Nessun altro rise. Non c'era niente da ridere, sebbene quell'imbecille fosse un vero e proprio buffone. Non c'era assolutamente niente da ridere, perché presto nemmeno il buffone avrebbe più riso.
«No...» sussurrò Kakaroth con voce strozzata, in panico, ma Radish fu imperativo.
«Dovete fare in fretta, potrebbe saltare tutto in aria anche adesso e nessuno si salverebbe! Forza, creerò un passaggio nella paratia, così potrete scappare».
«Radish...» soffiò Vegeta, arrendevole.
«Vegeta... sai anche tu che è la cosa più saggia da fare» gli rispose, mettendogli una mano sulla spalla.
Certo che lo sapeva! Non era stupido, era anche a conoscenza che il protocollo spaziale prevedesse esattamente quello. Le situazioni di emergenza andavano gestite con il minor dispendio di vite umane. E quella era una situazione di emergenza.
Un vero peccato che non si trovassero più nell'esercito di Freezer dove ognuno pensava per sé, dove una vita valeva solo per la guerra. Non erano più schiavi, mercenari, soldati, burattini privi di sentimenti.
Lasciare indietro Radish non voleva dire perdere semplicemente un membro dell'equipaggio. Non più.
«Ma...»
Radish si mise a ridacchiare.
«Ehi, vedi che alla fine ti mancherò?»
Vegeta storse le labbra in un sorriso amaro. Quel maledetto figlio di puttana che metteva a dura prova la sua dignità! 
Vegeta se ne era già reso conto diverso tempo prima, ma non aveva mai voluto fare troppo i conti con il fatto che Radish fosse stato quanto di più simile a un amico per lui, in passato. In quel momento farci i conti era inevitabile. 
«Oh, taci!» gli disse. Non avrebbe voluto che la sua voce tremasse così tanto.
Kakaroth, però, non si sforzò per nulla di mantenere un contegno.
«Non possiamo lasciarlo qui, Vegeta, ti prego!» urlò, in preda al panico. L'astronave tremò di nuovo, non c'era tempo da perdere.

Sua Maestà gli lanciò un'occhiata sufficientemente perentoria da fargli capire che, purtroppo, quella sarebbe stata l'unica cosa giusta da fare. Gli afferrò un braccio per tenerlo fermo, poi si rivolse di nuovo a Radish. Non si sarebbe permesso di lasciare le cose così come stavano.
«Radish, ti riporteremo in vita» ringhiò, puntandogli il dito contro.
«Tra cinquant'anni?» rise Radish, e Vegeta trasalì di nuovo. «Sto scherzando, sto scherzando!»
«Radish, guardami, è una promessa!» Il tono di Vegeta suonò quasi come una minaccia mentre tentava di trascinare Kakaroth in quella insulsa navicella.
«Non ti conviene, Vegeta, ti farò pentire di essere stato così sentimentale!» Anche quella era una minaccia. Sua Maestà sapeva che sarebbe stato vero, ma non gli importava niente. L'avrebbe riportato in vita lo stesso, ad ogni costo. Poi l'avrebbe ammazzato di nuovo con le sue stesse mani, ovviamente. «MUOVETEVI, ORA!» urlò infine Radish.
«RADISH!» urlò Kakaroth, allungando una mano verso di lui.
Questi sorrise di nuovo mentre la loro navicella si apriva.
«Vai, fratellino. Starete belli stretti su quell'astronave! Spassatevela!» rise ancora.
Oh, sì, Vegeta lo avrebbe resuscitato solo per poterlo ammazzare di nuovo.
Costrinse Kakartoh dentro l'astronave monoposto e, a fatica, ci si addentrò anch'egli sedendosi praticamente in braccio a lui. Quello era uno smacco indecente, e Radish rise talmente forte da superare persino il suono acuto dell'allarme.
Vegeta, però, non ce la fece a odiarlo per davvero. Soprattutto quando il portellone si chiuse e li salutò dall'oblò con quel sorriso da cretino impertinente.


Sua Maestà non avrebbe mai, mai pensato che il suo cuore potesse davvero andare in pezzi per un imbecille del genere. Un imbecille che aveva ragione: era diventato davvero un patetico sentimentale.
Con le ginocchia di Kakartoh infilate nelle costole e le gambe attorcigliate in qualche modo, Vegeta avviò i motori, Radish puntò il proprio dito verso la paratia e creò un passaggio abbastanza ampio da farli passare.
Dopo un ultimo sguardo partirono a gran velocità nello spazio aperto e, come se già le sue emozioni non fossero abbastanza messe a dura prova, l'ultimo pezzo di dignità andò a esaurirsi quando Vegeta avvertì Kakaroth tremare come una foglia per trattenere i singhiozzi.
Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per rendere quel momento meno duro ma, prima ancora di poter aprire bocca, un rumore assordante li colpì alle spalle. Un contraccolpo, una serie di esplosioni che illuminarono l'universo.
E, quando si voltarono per osservare lo spazio attraverso l'oblò, Caps12RC era oramai ridotta in polvere e fumo.


 
Continua...

Riferimenti:
-Nel manga Vegeta dichiara che "i Saiyan non possono combattere e sopravvivere nello spazio aperto", mentre nell'anime all'inizio dello Z si vede che Vegeta è in piedi fuori dalla sua navicella per far esplodere un pianeta. Ho pensato che forse si trovava vicino all'atmosfera di esso per poterlo fare, quindi ho ipotizzato che il loro corpo possa sì resistere nello spazio, ma non possano respirare. Questa è solo un ipotesi, in quanto nella serie l'informazione non è chiara.
-Kūso è un imprecazione in lingua giapponese che, come già enunciato nei precedenti capitoli, ho utilizzato per rappresentare la lingua madre dei Saiyan. Lo stesso vale per Baka : idiota.
-Ovviamente tutta la battaglia spaziale con le astronavi è piena zeppa di riferimenti a Star Wars xD

ANGOLO DI EEVAA:
... e bentornata a me, pronta a prendermi una shitstorm subito dopo le vacanze per questo capitolo xD 
Ok, mi conferisco il permesso di odiarmi pubblicamente. Sono sadica, lo so, anche se comunque questo è uno dei capitoli che preferisco di tutta la storia.
Radish T_____T il mio bambino, non avete idea di quanto sia stata dura scrivere del suo sacrificio, ma mi sembrava oramai piuttosto in linea con il suo personaggio e il suo ruolo in questa storia. Lo avevo già detto che avrebbe avuto un'importanza più che fondamentale, e questo è stato il suo picco indubbiamente. 
Ma avete sentito la promessa di sua maestà: faranno di tutto per riportarlo in vita. Fidiamoci del principone!
Vi aspettavate questo risvolto alla Star Wars? Avete temuto che fosse Vegeta a morire nello spazio? O Goku nell'esplosione del ponte inferiore? Hanno rischiato la pellaccia tutti in questo capitolo.
In mezzo a tutto questo casino però non dimentichiamoci di quanto successo all'inizio: c'è mancato tanto così perché i due piccioncini piccioncinassero. Mannaggia ai maledetti sicari spaziali!
Che dire... mancano tre capitoli, saranno intensi, ci sono ancora parecchie cose da risolvere. Tipo il problema della memoria di Goku, il problema della morte di Radish e dare una soluzione al rapporto tra questi due. DAJE! 
Spero che stiate tutti bene e che abbiate passato delle buone vacanze. Io sono prontissima a ripartire con le pubblicazioni e con la scrittura, dopo questa storia ce ne sono già pronte altre due, sappiatelo :D
Un abbraccio,
Eevaa


 

Nel prossimo capitolo!
«Ho una domanda, anche se forse già lo dovrei sapere» disse Kakaroth. Vegeta accigliò lo sguardo. «Perché continui a farti chiamare principe, anche se sei tecnicamente il Re?»
Quella era una domanda inaspettata, ed era una strana coincidenza che l'unico che conoscesse davvero quella risposta fosse niente meno che Radish.
Non ne aveva mai più parlato con nessuno.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Attraverso l'universo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 
 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 19
Attraverso l'universo


 
Immerso nell'universo le stelle non si vedono, anche se si sosta in mezzo ad esse. Tutto è buio, un nero più nero dell'oscurità.
E, quando l'ultimo debole fuoco luminoso di Caps12 si spense, Vegeta poté giurare che il nero fosse ancora più oscuro. Ancor più buio riflesso negli occhi antracite di Kakaroth.
Non brillavano, e faceva male. Lo sentiva tremare di rabbia contro di sé, così schiacciati in uno spazio troppo angusto per due persone da dover stare rannicchiati uno contro l'altro. Gli avrebbe dato fastidio, normalmente, ma in quel momento oltre che necessità era anche desiderio. Farsi colpire direttamente sulla pelle da quella frustrazione, condividere, sostenere un peso insieme.
Vegeta si perse con lo sguardo nell'universo. Non avrebbe immaginato di poter davvero soffrire per la perdita di Radish, di essersi davvero affezionato a lui in quei mesi. Si conoscevano dal primo campo di addestramento su Vegeta-Sei, erano cresciuti insieme come fratelli, ma quando Radish era morto la prima volta lui aveva soppresso ogni forma di dispiacere e l'aveva tramutato in rabbia e disprezzo. Perché aveva imparato a non provare certe emozioni, a fregarsene di tutto e di tutti. 
Ad oggi Vegeta era una persona diversa. Ancora viveva le emozioni in modo poco convenzionale, silenzioso, ma sapeva riconoscerle per la maggior parte delle volte.
E sapere che Radish si fosse sacrificato pur di mandare avanti loro, sapere che quel cretino dalla risata facile fosse tornato all'Inferno lo faceva stare male. E realizzare che Kakaroth avesse perso suo fratello dopo poche settimane che l'aveva finalmente ritrovato lo faceva stare male il doppio.
Quindi tornò a guardarlo negli occhi. Erano lucidi, arrossati.
«Kakaroth... lo riporteremo in vita» gli disse. Kakaroth lo guardò e deglutì.
«Sì... ma fa male lo stesso».
Erano abituati alla reversibilità della morte per cause non naturali eppure, chissà come mai, la morte spaventava sempre lo stesso. Faceva male ugualmente. Vivere un altro lutto seppur temporaneo dopo tutti quelli che già li avevano devastati in passato era come riportare a galla delle sensazioni soffocanti.
Forse era ciò che rendeva la vita un bene prezioso. Forse era ciò che li rendeva umani.
«Lo so...» gli rispose quindi, semplicemente.
E, insieme, tornarono a guardare il nero più nero. Avrebbe preferito guardare di nuovo le stelle dal tronco di un albero, ma almeno erano vicini. Almeno il peso lo stavano condividendo insieme.
Uno contro l'altro, attraverso l'universo.

 


Si concessero quel silenzio e quel contatto per un tempo che parve dilatato e ristretto in concomitanza ma, naturalmente, il bisogno di agire giunse per necessità.
Quella navicella monoposto era progettata per un solo passeggero, la saturazione dell'ossigeno non era sufficiente per entrambi e, soprattutto, il collegamento per il sonno criogenico era sempre uno. Non sarebbero potuti andare da nessuna parte con quel rottame, in due, schiacciati come sardine.
Inoltre avrebbero dovuto effettuare una deviazione importante: Neo Namek. Solamente il drago Polunga avrebbe potuto riportare Radish in vita, in quanto già resuscitato una volta.
Impostarono la rotta per l'attracco portuale più vicino - che distava tredici ore o poco più - e tentarono il più possibile di non sprecare fiato in chiacchiere per preservare delle condizioni d'ossigeno funzionali alla vita. Dormirono a momenti alterni, scomodi, uno addosso all'altro in quell'intreccio che assomigliava tanto a un abbraccio ma non lo era assolutamente. No, non lo era. Non lo era?
Poco importava, avevano problemi ben più grandi per stare troppo a pensare a quanto potesse essere compromettente quel contatto fisico. Anche se guardare Kakaroth russare appoggiato alla sua spalla era qualcosa di disturbante e, al contempo, tranquillizzante. Così come concedersi di mettersi comodo - si fa per dire - contro i suoi capelli e chiudere gli occhi. Così come tentare di cambiare posizione quando le gambe cominciavano a formicolare, cambiare punto di contatto e trovarci comunque dentro sapore di casa.
Forse stava iniziando a impazzire per il troppo poco ossigeno. Sì, probabilmente stava iniziando a essere pazzo, o altrimenti non si sarebbe addormentato con Kakaroth spalmato addosso con le braccia intrecciate dietro la sua schiena.
Aveva qualche problema. Beh, oltre i problemi che già avevano.
Tipo che non avevano un soldo bucato con loro, la navicella non aveva i collegamenti telefonici preimpostati con la Terra, il palmare di Vegeta era esploso insieme a Caps12 e nessuno dei due era in grado di barare a Sabaq per poter vincere un'astronave.
La mancanza di Radish si rivelò un problema sin da subito.
Avrebbero solo dovuto sperare che sull'attracco di Vespin dov'erano diretti avrebbero trovato qualcuno della Pattuglia Galattica in grado di aiutarli.

Ovviamente non trovarono nessuno. Un attracco talmente desolato da rasentare la tristezza. Nulla a che vedere con il sudiciume di Vortax, ma la desolazione era pressoché imbarazzante. Non c'era nemmeno un bordello, Radish ne avrebbe ben avuto da ridire!
Eppure la sensazione di potersi sgranchire finalmente le gambe dopo tredici ore o forse di più - e poter respirare aria fresca e satura - fu una vera e propria manna dal cielo.
Vagarono per l'attracco in cerca di un punto informazioni introvabile, una sede di collegamento o qualsiasi cosa che li potesse mettere in contatto con la Terra ma, inaspettatamente, un palmare gli cadde in testa proprio nel bel mezzo della ricerca. Un palmare sul quale schermo lampeggiava una coordinata numerica ben precisa. Kakaroth, al suo fianco, sembrava ancora più costernato di lui.
Ma che diavolo?!
Vegeta si chinò per raccoglierlo da terra e accettò la chiamata, confuso. Sullo schermo apparve il volto arrossato di Bra, tesa, e poco dietro di lei Trunks, i figli di Kakaroth e parentado annesso.
«Papà! Oh, papà, grazie al cielo!»
«Bra?! Ma come-»
«Kami, che spavento che ci avete fatto prendere!» Bra si portò una mano al cuore e prese due profondi respiri.
Vegeta aggrottò la fronte, ancora piuttosto incredulo e confuso sul fatto che gli fosse piombato un palmare addosso. Trunks diede presto risposta alle sue domande.
«Abbiamo cercato di contattare Caps12RC e il satellite diceva che non esisteva più. Eravamo nel panico! Non percepivamo nemmeno le vostre Aure! Abbiamo contattato Re Kaioh e non riusciva a localizzarvi – a questo punto perché non siete ancora nella Galassia del Nord... ma ci siamo spaventati tantissimo, pensavamo foste morti! Quindi abbiamo chiamato il Drago Shenron con l'ultimo desiderio che avevamo per capire qualcosa di più, ci ha detto che eravate vivi, ma che stavate cercando un modo per mettervi in contatto con noi... e, beh, abbiamo espresso il desiderio di darvi la possibilità di contattarci!» spiegò.
Tutto quadrava alla perfezione. Probabilmente non li avevano percepiti perché stavano tenendo il più possibile le funzioni vitali basse per non sprecare ossigeno sulla navicella monoposto. Il vero problema era che avevano sprecato l'ultimo desiderio di Shenron per dare loro un palmare, quando sarebbe stato molto più utile fornire loro un'astronave funzionante o portarli diretti sulla Terra.
Per quanto riguardava gli altri due desideri, erano comunque già in ottica di recarsi su Neo Namek. Polunga avrebbe riportato in vita Radish e avrebbe ripristinato – forse – la memoria di Kakaroth. Dovevano solo trovare il modo di arrivarci.
«Sì, ehm, dei sicari spaziali hanno ben pensato di attaccarci e distruggere la nostra astronave» tagliò corto Vegeta. Non era il caso di scendere nei dettagli.
«State bene?» intervenne Gohan, preoccupato.
Vegeta e Kakaroth si lanciarono un'occhiata amara, poi annuirono lentamente, senza entusiasmo.
«Noi sì... ma... Radish...» mormorò Sua Maestà. Era triste anche solo pensarlo.
I ragazzi a casa si lanciarono sguardi stupiti, ma non troppo dispiaciuti. Non che avessero torto: del resto per loro Radish era un semplice assassino riportato in vita solo per pura convenienza.
«Ah. Oh, beh, l'importante è che voi stiate bene» disse quindi Gohan, pragmatico.
Vegeta avvertì turbamento nell'Aura di Kakaroth, il quale si irrigidì al suo fianco.
«Si è sacrificato per noi» disse Kakaroth a denti stretti.
«Cosa!?» le voci all'unisono delle loro famiglie suonarono costernate. Lo stupore lasciò ben presto spazio a sguardi più dispiaciuti.
«Possiamo non parlarne?» intervenne Vegeta. Non aveva voglia di rivangare quel momento, soprattutto per Kakaroth. Forse avrebbe dovuto perdere un poco di tempo per spiegargli che fosse naturale che i suoi figli non nutrissero particolare stima nei confronti dello zio.
«C-certo...» rispose dunque Trunks, capendo l'antifona. «Possiamo fare qualcosa per voi?»
«In effetti, sì. Riuscite a mandarci una valuta interstellare qui sul palmare? In abbondanza, ci serve una nuova astronave. E anche una copia delle nostre schede identificative. È esploso tutto con Caps12».
I loro palmari erano rimasti nelle tasche delle battle-suit. Quando le astronavi nemiche li avevano attaccati erano a letto, non avevano addosso l'armatura ma solo dei pantaloni larghi della tuta e magliette nere leggere. Insomma, erano in giro come due scappati di casa, ma sempre meglio che niente.


Ci volle qualche ora per riuscire a ottenere quanto richiesto, e altrettante ore per riuscire a trovare un'astronave decente su quell'attracco portuale dimenticato dagli Dei. Alla fine riuscirono a trovare una biposto grande più o meno come un camper terrestre di medie dimensioni. Niente area medica, niente ponte superiore per gli allenamenti, niente sistemi di difesa avanzati, niente motore per salti iperspaziali. Gr06U aveva una cabina di pilotaggio triangolare allungata e separata da un'area ristoro stretta con un tavolo reclinabile mezzo rotto, una cabina con toilette e doccia e, incastrata nella tettoia raggiungibile con una scaletta, un'area notte angusta composta solo da uno spiazzo morbido. Forse era davvero un camper al quale avevano attaccato le ali.
Ma non erano nelle condizioni di chiedere di meglio. Tanto oramai erano abituati a dormire incastrati uno contro l'altro, quell'area notte sarebbe stata paragonabile a un letto king-size. Certo, le tempistiche si sarebbero allungate - solo per raggiungere Neo Namek ci avrebbero impiegato tre settimane - ma magari nella Galassia del Nord avrebbero trovato qualche rivendita di astronavi Capsule Corporation.
Fecero scorta di cibo preconfezionato da riscaldare in quell'obbrobrio di cucinetta, acquistarono delle armature un poco più resistenti – terribili, fin troppo simili a quelle della pattuglia galattica, di un colore verde scuro e il corpetto nero antracite che li faceva sembrare due tartarughe. Forse Vegeta avrebbe preferito rimanere in pigiama.
La mancanza di Radish si avvertì soprattutto quando Vegeta tentò di far decollare quello stupido trabiccolo e rischiò di schiantarsi contro una piattaforma meccanica. Non era un bravo pilota, ma Kakaroth fu abbastanza intelligente da tenere il giudizio per sé. L'importante era andarsene da quell'attracco desolato.

 


I primi tre giorni erano trascorsi silenziosi, sonnolenti. Lui e Kakaroth si erano intervallati in turni sonno-veglia, avevano avuto solo un piccolo incontro ravvicinato con una pioggia di asteroidi che però non aveva rappresentato particolari problemi. I sistemi di difesa di Gr06U erano antiquati, ma per fortuna funzionanti. Vegeta era diventato più bravo con le manovre, Kakaroth con i blaster. Si erano nutriti della solita terribile sbobba galattica e avevano comunemente decretato che al successivo attracco di rifornimento si sarebbero impegnati di più nella ricerca di cibo vario. E commestibile.
Kakaroth aveva ricordato nuovi dettagli del loro passato; qualche piccolezza di poco conto, alcune piacevoli, altre meno. Ma non avevano parlato molto e forse era stato meglio così, dato l'umore grigio di entrambi.
Ogni tanto si erano scambiati qualche vicendevole occhiata, giusto per controllare che l'altro stesse bene.
Il quarto giorno, però, qualcosa finalmente era cambiato: si erano fermati in un attracco più grande, più popolato, avevano mangiato cibo più sostanzioso e poi Kakaroth gli aveva proposto di allenarsi un poco. Era stato un toccasana per entrambi.
E si erano allenati a lungo, quasi fino allo sfinimento, ma quando Vegeta finalmente aveva ammirato l'ombra di un sorriso farsi strada sul volto di Kakaroth, il peso sul suo petto aveva iniziato ad alleviarsi. Avevano gioito insieme quando Kakaroth era riuscito a trasformarsi in Super Saiyan Blue, e persino si erano messi a ridacchiare quando una delle loro sfere di energia quasi era andata a schiantarsi contro una piattaforma e il meccanico aveva iniziato a lanciargli chiavi inglesi addosso per vendicarsi.


L'umore iniziò a salire quel giorno e ben presto tornò abbastanza alto man mano che si avvicinavano a Neo Namek. Dopo dieci giorni tornarono a battibeccare com'erano soliti fare e persino un poco di più. La normalità era qualcosa di meraviglioso.
Soprattutto quando la normalità li portò a sedersi sulla sabbia di un pianeta portuale rosso che ricordò tanto a Vegeta il luogo del loro primo incontro. E anche Kakaroth se lo ricordò.
«Certo che eri proprio uno sbruffone, all'epoca» gli disse, con un sorrisetto quasi impertinente.
«Lo sono tutt'ora» rispose Vegeta. Sorrise a sua volta molto, molto più impertinente di lui. Era una gara anche quella.
Kakaroth fece spallucce e concordò.
«In effetti...»
«Ehi! Solo io posso criticarmi» lo redarguì.
«Sempre più sbruffone!»
«Ringrazia che questo sbruffone non ti faccia saltare in aria il cervello» lo minacciò Vegeta senza troppa enfasi.
In passato quei battibecchi erano all'ordine del giorno, era bello che non fossero andati perduti.
«Grazie, grazie Altezza per questa clemenza, mi inchino al vostro cospetto!» rispose quindi per le righe Kakaroth, sporgendosi un poco verso di lui con una riverenza.
Non sapeva ancora se quel Kakaroth più irriverente gli piacesse forse di più o gli facesse venire ancora più voglia di conciarlo per le feste. Forse una volta avrebbe anche colto l'occasione per incominciare di nuovo a lottare, ma in quel momento si stava troppo bene lì, con il vento addosso e il tramonto di tre soli riflesso sugli occhi.
«Se fossimo stati su Vegeta-Sei avrei potuto farti decapitare per questo cinismo» disse quindi Sua Maestà.
Kakaroth rise genuinamente, poi tornò con lo sguardo sui tre soli infuocati. Il fatto di essere seduti più vicini di quanto avrebbero fatto prima, spalla contro spalla, era solo un puro caso.
Sembrava più sereno, e Vegeta ne era sollevato. Si sentì sciocco, ma oramai era chiaro che l'umore di Kakaroth influisse anche sul suo.
Vederlo sorridere, vederlo ridacchiare in quel modo era bello. E per la prima volta Vegeta realizzò che tutto stava davvero tornando al proprio posto.
Stavano tornando a casa. Sarebbero tornati ad allenarsi sulla Terra. Sarebbero tornati a scappare insieme dalle feste obbligate della Capsule, sarebbero tornati a vedersi un giorno sì e l'altro pure insieme alle loro famiglie. Vegeta avrebbe di nuovo finto di lamentarsene, Kakaroth gli avrebbe risposto in modo stupido e avrebbero di nuovo trovato il modo di darsele di santa ragione.
Sì, la normalità era qualcosa di meraviglioso, se c'era quell'idiota con lui.

«Ho una domanda, anche se forse già lo dovrei sapere» disse Kakaroth. Vegeta accigliò lo sguardo, ma poi annuì. «Perché continui a farti chiamare “Principe”, anche se sei tecnicamente il re?»
Quella era una domanda inaspettata, ed era una strana coincidenza che l'unico che conoscesse davvero quella risposta fosse niente meno che Radish. Non ne aveva mai più parlato con nessuno.
«Per diversi motivi... non me lo avevi mai chiesto, comunque».
«Ti va di dirmene qualcuno?»
Vegeta si sentiva strano a parlarne. Kakaroth non gli aveva domandato spesso cose sulle loro origini, e Sua Maestà sapeva anche che il perché risiedesse nel fatto che egli non volesse distaccarsi troppo dal suo essere terrestre, disonorare la memoria di suo nonno Gohan che l'aveva cresciuto come tale. Non l'aveva mai forzato, ma gli aveva sempre riempito il petto di sensazioni positive quando casualmente ne avevano parlato.
E lo stesso accadde in quel momento, sebbene l'argomento non fosse molto felice.
«La cerimonia di incoronazione di un re era molto sentita su Vegeta-Sei. Non ne ho mai avuta una, non ho mai avuto un popolo ad acclamarmi alla presa della Corona. La notte in cui il nostro pianeta è esploso ho deciso che le cose sarebbero rimaste esattamente com'erano. Nessun castello, nessun popolo, nessun pianeta, nessun re dal quale ricevere una benedizione» spiegò Vegeta.
Ricordava quella notte. Ricordava Radish mentre gli dimostrava fedeltà, ricordava di aver imparato a trattenere le emozioni.
Non fu facile fare lo stesso, in quel momento. Vegeta sospirò e si torturò i guanti neri dell'armatura.
«Non hai mai cambiato idea? Neanche quando noi Saiyan abbiamo iniziato a ripopolarci?» domandò Kakaroth, incuriosito.
Forse all'inizio Vegeta ci aveva anche pensato, ma poi aveva capito qualcosa di fondamentale, qualcosa che l'aveva cambiato nel profondo. Lo aveva capito vivendo sulla Terra, lo aveva capito grazie a Bulma, Trunks, Bra e Kakaroth stesso.
«No, perché... mh, Kakaroth... non mi sento davvero sovrano di nessuno. La mia è solo una carica, un modo per definirmi, il mio modo di essere, un ricordo che mi tiene un poco attaccato al passato. Non mi sento davvero il regnante dei Saiyan rimasti, di te, di Radish, dei nostri figli. Sono egocentrico, sbruffone, credo nelle mie potenzialità, a volte mi piace sentirmi il più forte... ma non sono sovrano di nessuno. E mi va bene così... essere eternamente Principe» ammise, infine. L'ultimo pezzo arrugginito della sua maschera d'orgoglio cadde sulla sabbia rossa.
Con la coda dell'occhio vide Kakaroth voltarsi verso di lui, ma non riuscì a restituirgli lo sguardo. Sapeva in che modo lo stesse guardando, sapeva che farsi guardare in quel modo da lui avrebbe portato solo guai. Ma, come dimenticare, Kakaroth non teneva mai per sé ciò che pensava.
«Sai, avevo già capito molte cose... ma ogni giorno capisco sempre di più perché ti ammiravo così tanto» gli disse.
Vegeta chiuse gli occhi e sospirò. Anche Bulma aveva avuto quel brutto vizio di osannarlo anche quando non c'era alcun bisogno di farlo. Lui era stato un assassino, uno stronzo, un sicario. Il fatto che fosse cambiato non cancellava gli errori commessi in passato, proprio non riusciva a vedersi come un buon esempio. Il suo egocentrismo sul piano della forza fisica era tutta un'altra storia.
«Al di fuori del campo di battaglia, non sono una persona da ammirare» mormorò Sua Maestà, scuotendo la testa.
«Permettimi di dissentire».
Vegeta ghignò amaramente e si voltò nella sua direzione. Kakaroth e quegli occhi gentili e allegri di quando gli faceva i complimenti e credeva sul serio in quello che diceva. Quegli occhi che lo guardavano come se fosse qualcosa di bello e puro.
«Hai sempre avuto questa terribile tendenza a sopravvalutarmi» mormorò, poi abbassò lo sguardo. Era difficile sostenere quegli occhi, soprattutto quando erano così vicini e così luminosi, così grati.

Ma aveva commesso l'errore di pensare che quel Kakaroth avesse la stessa accortezza del passato, quella di soprassedere, quella di tenere fede ai loro taciti accordi di non andare oltre.
«Vegeta... cos'eravamo noi?»
Errore madornale. Vegeta si strozzò con la sua stessa lingua.
«Prego?!» bofonchiò, con gli occhi sgranati e il volto che assumeva sfumature tra il viola e il bianco lattiginoso.
«Eravamo più che amici?» insistette l'altro.
Errore madornale pensare che quel Kakaroth non andasse oltre, che lasciasse cadere l'argomento. Specialmente dopo i contatti degli ultimi giorni, specialmente dopo l'incontro ravvicinato del terzo tipo prima che Caps12 venisse attaccata dalle navi dei sicari.
Vegeta aveva davvero sperato di non parlarne mai più. Povero illuso! Aveva cercato di evitare quella cosa in tutti i modi, più volte. Era forse giunto il momento per parlarne davvero?
«N... Kakaroth, oramai ricordi abbastanza del passato, dovresti conoscerla già la risposta! Non siamo mai stati più che amici. Avevamo delle famiglie!» balbettò, in imbarazzo.
«Sì, ok, quello l'avevo capito, ma... era per quello che eravamo solo amici, vero?» domandò ancora.
Maledetto idiota bastardo troppo simile a quell'idiota bastardo di suo fratello. Radish gli aveva chiesto la stessa cosa non molto tempo prima. E lui aveva negato. Cosa che aveva intenzione di riproporre in quel momento.
«Kakaroth, non dire fesserie! Eravamo amici, eravamo rivali, e non c'era assolutamente nulla di più. Fine. The end. Owari. Ok?»
Kakaroth non sembrò molto convinto, ma annuì. «Mh...» mugugnò.
E, prima ancora che questi potesse avere di nuovo la meravigliosa idea di insistere, Vegeta si alzò di scatto a sedere e si avviò verso la navicella.
«Forza, ora andiamo! Il viaggio è ancora lungo!»
No, non ce l'avrebbe mai fatta a parlarne. Cielo, no! Forse avrebbe preferito ingoiarsi la lingua e le corde vocali insieme come contorno.
Una cosa era certa: il suo livello di combattimento era inversamente proporzionale alle sue capacità emotive.

 

Con grande sollievo da parte di Vegeta, non ne avevano più parlato. Avevano trascorso giorni sereni, seppur monotoni. Con sua grande sorpresa quella convivenza ristretta non aveva portato alcun problema di sorta, battibecchi consueti a parte. Si era instaurato un ritmo piacevole: otto ore di sonno, otto ore di veglia insieme – sull'astronave o talvolta agli attracchi portuali - e otto ore di guardia in solitaria.
La noia era l'ultimo dei problemi del Principe, dopo aver passato praticamente tre mesi all'avventura, con poche ore di sonno, con l'ansia perenne e gli incubi costanti. Si stava godendo un po' di meritato riposo e qualche momento piacevole con colui per il quale aveva attraversato l'universo.
Eppure sul volto di Kakaroth aveva potuto vedere troppo spesso quell'arricciamento delle labbra che sembrava voler gridare “ok, ho qualcosa da dirti ma me lo devo ingoiare”. Il tutto condito da un tic insopportabile di far tremare la gamba. Risultato? Era ancora più fastidioso che parlarne.
Specialmente quando si sedevano vicini alla guida di Gr06U, o quando pranzavano, o quando si allenavano, o semplicemente sempre.
E Vegeta, che era il Re dei Discorsi Lasciati in Sospeso, aveva iniziato persino a domandarsi se non fosse il caso di essere sinceri l'uno con l'altro. All'alba della terza settimana di viaggio, però, non aveva ancora trovato il coraggio di risolvere il loro minuscolo problema comunicativo.


Vegeta sbuffò e scosse la testa, sonnolento. Era il caso di dormirci ancora un po' sopra e, guarda caso, era proprio il momento di andare a svegliare il babbeo e farsi dare il cambio di guardia al pilota automatico.
Si stiracchiò un poco, poi si avviò verso le scale a pioli che portavano al “piano superiore”. Trovò Kakaroth disteso in una posa improbabile – giusto per rimarcare la somiglianza genetica col fratello – con un libro aperto sulla faccia.
Alzò gli occhi al cielo e si avvicinò a lui a carponi. Ovviamente il tetto dell'astronave era troppo basso per stare in piedi lassù, però la visuale era niente male: sopra al materasso c'era un oblò rinforzato che regalava una splendida vista sul nulla cosmico.
Vegeta si avvicinò ancora un poco a Kakaroth e, siccome era una persona estremamente delicata nei modi, decise di svegliarlo togliendogli il libro dalla faccia e picchiandoglielo in testa. Non forte, però.
Questi si destò con un grugnito e un borbottio.
«Stai cercando di farti passare un po' di cultura per osmosi?» domandò Vegeta, restituendogli il libro con un ghigno.
Kakaroth si stiracchiò un poco e sorrise, malgrado il buongiorno non troppo delicato.
«Non apprenderei proprio niente: questo libro è una noia mortale» ribatté.
Solo il fatto che quell'idiota conoscesse il significato della parola “osmosi”, forse voleva dire che non era più tanto idiota come lo ricordava. Però avrebbe comunque continuato a chiamarlo in quel modo lo stesso.
E avrebbe continuato anche a svegliarlo in quel modo se poi gli avesse rivolto un sorriso così ampio e maledettamente piacevole da farlo sorridere a sua volta come un cretino. Quella cosa che le emozioni di Kakaroth influissero così tanto sulle sue avrebbe dovuto finire. Così come avrebbe dovuto finire quel traballare incessante.
«Kakaroth, per l'amor del cielo, questo tuo nuovo vizio di far ballare la gamba è insopportabile» lo redarguì Vegeta, dopo essersi guardati fissi per troppi secondi con sorrisi troppo equivoci.
Accadeva fin troppo spesso, ormai. Alla faccia di non volersi cacciare in situazioni imbarazzanti.
«Mi dispiace...» sbuffò lui, mettendosi a sedere con la schiena contro la paratia e i capelli che sfioravano il soffitto. «Sono solo un po' confuso...»
Beh, almeno Vegeta non poteva certo dire di sentirsi solo in quella sensazione. Una situazione che non poteva essere protratta ancora a lungo, per la sanità mentale di entrambi.
«Qual è il problema, Kakaroth?» domandò quindi, spazientito. Che senso aveva attendere oltre? Il problema comunicativo sarebbe rimasto anche da lì a cent'anni ancora.
«Il problema è che io... io sento cose che non corrispondono a ciò che mi dici. Su di noi. Non so perché». Kakaroth arrossì e abbassò il volto, colpevole. «Mi sento sbagliato».
Vegeta trattenne il respiro e, malgrado tutto, comprese che non parlarne fosse stata la scelta più errata da compiere, data la situazione già abbastanza confusa per lui. Perché, di tutto quello che gli aveva appena detto, ciò che lo aveva colpito di più era che Kakaroth si sentisse sbagliato, quando non ne aveva alcun motivo.
Non era Kakaroth a essere sbagliato, non era giusto che si sentisse in quel modo. Non da solo, almeno.
Sua Maestà sospirò a lungo, poi si sedette davanti a lui a gambe incrociate. E 'fanculo al problema comunicativo.
«Senti... hai ragione, ok? Noi... avevamo... qualcosa» ammise. Lo ammise forse per la prima volta anche a se stesso, e un grosso peso gli scivolò via dalle spalle. «Ma era la verità quando ti ho detto che non siamo mai stati più che amici: avevamo troppo rispetto delle nostre famiglie per poter anche solo pensare di dare retta a quel... qualcosa». Era il caso di dare un nome a quel qualcosa? Forse no. Non aveva un nome, non ancora. Non ci aveva mai pensato a dargli un nome. «Ora non so bene cosa tu stia provando nei miei confronti ma... non sei sbagliato. C'era anche prima, faceva parte della... nostra normalità» concluse, abbassando anch'egli lo sguardo.
Avvertì Kakaroth sussultare, ma almeno smise di far tremare quella maledetta gamba.
«Lo provavi anche tu? Lo provi ancora?» gli domandò.
E in quel momento fu Vegeta a iniziare a tremare.
«... Kakaroth, non importa. Non è davvero il caso di-»
«Lo provi ancora?» insistette, interrompendolo. E, portandogli una mano sotto al mento, lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Trovò due occhi neri più accigliati, ma non meno luminosi. C'era qualcosa di strano in quegli occhi. Speranza?
«Kakaroth...» sussurrò. Forse non era stata una grande idea.
Lo provava ancora? Sì. Lo provava eccome e, forse, ben più forte di come aveva osato provarlo in passato. Anche se quel Kakaroth aveva qualcosa di diverso, anche se non si vedevano da dieci anni, anche dopo tutto quello in cui erano stati gettati attraverso.
«Sì, lo provo ancora» ammise. Sincero, per una fottuta volta nella sua vita.
Kakaroth rimaneva sempre Kakartoh. Quell'idiota, scemo, cretino dal cuore troppo grande che lo guardava come se fosse qualcosa di puro e meraviglioso, che sorrideva come se gli avesse appena dato aria da respirare. Sempre più vicino. Baka.
«Allora non mi sento più sbagliato» concluse. E non gli diede occasione di controbattere, quella volta. Nemmeno di scappare, di indietreggiare. Non sarebbe bastato un attacco alieno a interromperli.
Erano alla deriva sotto il vuoto cosmico.
Suoni di risate, ombre di vita squillarono nelle sue orecchie aperte.
Lo incitarono e lo invitarono.
Amore immortale senza limiti splendeva intorno a lui come un milione di soli.
Aveva continuato a chiamarlo per dieci anni e lui finalmente l'aveva raggiunto.
Attraverso l’universo.


 
Continua...

Riferimenti:
-Pianeta Vespin: chiaro riferimento al pianeta Bespin della saga di Star Wars.
-Astronave Gr06U: il nome dell'astronave prende spunto dalla somiglianza in lettere con Grogu, di The Mandalorian. Chi ha seguito la serie tv è a conoscenza di chi sia Grogu :)
-Il racconti e ricordi di Vegeta-Sei non sono ovviamente canonici, ma sono frutto della mia fantasia e di qualche head-canon di fanfiction lette nel fandom inglese. A chi interessasse il tema, sappiate che avremo modo di approfondirlo presto in una nuova fanfiction.
-Owari: stesso discorso degli scorsi capitoli, traduzione dal giapponese di "fine", da me utilizzata in paragone alla lingua Saiyan.
-I versi finali del capitolo sono tratti e riadattati dalla canzone "Across the Universe" dei Beatles. Canzone da cui ovviamente prende il nome questa storia e il titolo di questo importante capitolo. Chi non la conosce è invitato a rimediare alla mancanza xD : https://www.youtube.com/watch?v=we0tO0LxY8Y

ANGOLO DI EEVAA:
Eeeeee... FIESTAAAAA! *Bongo là, bongo cha cha cha!*
Ce l'hanno fatta, dopo diciannove fottuti capitoli. Era chiamatissimo, lo so, ma soprattutto era dovuto. Soli soletti, in mezzo al nulla cosmico, con un Radish che fa il tifo da un bar dell'inferno... suvvia, non potevo non dargli questo momento di piccioncineria.
Siete felicioni? Io sì. Ci voleva un bell'incontro ravvicinato del terzo tipo. Ora però ci sono altre cose da risolvere: la memoria di Goku, e la morte di Radish. Mancano due capitoli. Ce la faranno a risolvere tutto - o saranno troppo impegnati a dar fiato alle trombe? xD
Vi aspetto per scoprirlo! Un abbraccio e grazie ancora di cuore a tutti per il supporto!
Eevaa

 

Nel prossimo capitolo!
«Ma sappi che la trovo una cosa insensata» aggiunse Kakaroth, puntandogli un dito contro.
«Oh, sai quante volte ho trovato insensate le tue idee e non ti ho detto niente?!» sbottò sua maestà, e Kakaroth esplose in una risatina impertinente.
«Sì che lo so: zero. Mi hai sempre fatto notare ogni singola dannata esternazione di stupidità».
Non aveva tutti i torti.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** La parte razionale ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 20
La parte razionale



 
Aveva giurato.
Si era ripromesso di non cadere nella trappola. Tutto vano, tutto inutile.
Eppure non era l'orgoglio quello che bruciava, non era la dignità a essersi spezzata. Lo strato spinoso di ghiaccio intorno al suo cuore, quello sì. Quello si era spezzato, si era sciolto.
Kakaroth l'aveva preso a mani nude, con quelle dita piene di sole.
Come il giorno che spinge via la notte, come il vento che scaccia la tempesta.
Era una bella sensazione scoprire di essere ancora in grado di amare. Uno come lui, la quale esistenza era stata programmata per tutto fuorché dare e ricevere amore, aveva invece ricevuto la benedizione due volte. Due volte in una vita sola.
Non era sicuro di meritarlo. Anzi, era sicuro di non meritarlo affatto, ma avrebbe fatto del suo meglio per esserne all'altezza. E in quel momento, forse, essere all'altezza voleva dire porre un freno.
Sarebbe rimasto volentieri, si sarebbe dissetato ancora un po' da quella sorgente di sorrisi e occhi vivaci, ma lui era la parte razionale. Avrebbe dovuto essere razionale per entrambi.

«Kakaroth» gli sussurrò a fior di labbra, sotto l'oblò a cupola con vista sull'universo.
Con poca sorpresa, questi lo ignorò. Sorrise e lo cercò di nuovo, con le mani incastrate tra le ciocche dei suoi capelli e la bocca umida, seduto appena davanti a lui.
Inizialmente era stato un bacio casto, quasi imbarazzato, impaurito. Si erano guardati terrorizzati, ma avevano bellamente ignorato il terrore e se ne erano dati un altro. E un altro ancora, sempre meno casti, sempre meno imbarazzati. Ed era stato allora che il cervello di Vegeta aveva iniziato a macchinare e riflettere, sebbene fosse il momento meno opportuno per farlo.
Perché la parte razionale di Vegeta era bipolare almeno quanto i suoi istinti.
Si stava lasciando baciare da Kakaroth e si domandò come mai non l'avesse ancora spedito nell'iperuranio con un un Ki-blast. Si stava lasciando baciare da Kakaroth e si domandò come diavolo avesse fatto a resistere per tutto quel tempo. Antitetico in tutto e per tutto.
«Kakaroth, fermati...» mugugnò e, quando Kakaroth scelse deliberatamente di ignorare il suo avvertimento e osare addirittura mettergli una mano sotto la maglia, l'ipotesi dell'iperuranio si fece più concreta. Eppure fu molto complesso mettergli le mani sul petto e allontanarlo anche solo di pochi centimetri. E dire che aveva sempre detestato il contatto fisico con lui! O forse non l'aveva detestato, ma aveva sempre avvertito che quel contatto fosse molto pericoloso. Dettagli.
«Fermati, non... non possiamo». Beh, tecnicamente potevano. Potevano eccome, visto che lo stavano facendo.
Kakaroth spalancò gli occhi e il suo volto parve più confuso. Sempre meravigliosamente arruffato, con quelle stupide guance rosse e lo sguardo corrucciato.
Vegeta respirò a fondo per calmarsi. Razionalità e autocontrollo un paio di palle.
«Tu non... non sei veramente tu» balbettò. E tanti cari saluti anche alla sintassi.
In quel momento poteva chiaramente immaginarsi un Radish seduto in un angoletto comodo dell'Inferno a mangiare pop-corn e farsi quattro risate. E bere Rokk. 
«Eh?» domandò Kakaroth, sbattendo un paio di volte le palpebre. L'espressione meno intelligente che ricordò tanto a Vegeta quelle sciocche esternazioni di stupidità di un tempo. «Sono io».
Sì, decisamente era lui. E ciò rendeva davvero difficile il perseguire dei buoni propositi.
«Non hai i tuoi ricordi. Non sono certo che lo faresti, se fossi nel pieno delle tue facoltà mentali» sospirò Vegeta.

Razionalmente la testa gli suggeriva che accettare quel contatto sarebbe stato come approfittare di una persona ubriaca, o drogata. Un tempo se ne sarebbe fregato ma... era Kakaroth. Era una delle persone più importanti della sua vita a prescindere, e ciò gli imponeva di non fare niente che potesse arrecare un danno.
Anche se tutte le cellule del suo corpo gli stavano suggerendo di fiondarsi addosso a lui.
«Perché? Mi hai appena detto che provavamo entrambi questa cosa» rispose Kakaroth, con tanto di spallucce. Tipico di lui rendere semplici le situazioni complesse.
«Sì, ma... prima di tutto penso che tu non abbia avuto abbastanza tempo per elaborare il lutto per la morte di Chichi, prima di finire su Morvir. E anche se tu avessi superato quel trauma, onestamente, non c'è nulla che mi garantisca che avresti davvero fatto quello che abbiamo appena fatto, o se avresti preferito lasciare le cose com'erano. Non ne avevamo mai parlato. Non so niente! Capisci quello che intendo?»
Forse detta in quel modo sembrava più una sagra della paranoia - perché era invece tipico di Sua Maestà rendere ancora più complesse le situazioni già complesse.
Eppure era convinto di essere dalla parte della ragione. E se Kakaroth, una volta ottenuti i suoi ricordi, fosse tornato al punto di partenza? Con un lutto da affrontare e persino con i sensi di colpa per essersi rotolato tra le lenzuola con qualcun altro? E se, memore di tutto, Kakaroth non fosse stato davvero dell'idea di oltrepassare il limite?
Neppure Vegeta ne era stato mai certo, fino a quel momento. Se dieci anni prima gli avessero detto “tu e Kakaroth finirete a letto insieme” sarebbe scoppiato in una fragorosa risata e avrebbe ucciso il portavoce. C'erano voluti dieci anni di mancanza dei quali cinque da vedovo, quattro mesi in giro per lo spazio e un mezzo aneurisma cerebrale per convincersi di ciò che provava e accettare un semplice bacio. Sarebbe stato poco corretto approfittare delle ombre mentali di Kakaroth in quel modo. Sebbene fosse difficile.
Si sentiva già troppo in colpa per altri motivi nei suoi confronti – tipo che aveva atteso dieci anni per salvargli le chiappe – non voleva avere sulle spalle anche il peso di essersene approfittato. Perché, suo malgrado, ci teneva troppo a quell'imbecille. In qualsiasi modo possibile.

«Io so quello che sento ora» insistette lui.
«Non puoi agire sempre d'istinto, Kakaroth» lo redarguì Vegeta, ma sembrava proprio che quel deficiente fosse ben propenso a ignorare la situazione.
«Posso» confermò, poi si avvicinò di nuovo a lui con insistenza, sfiorandogli la punta del naso col suo. Giusto perché a quanto pare era divertente rendere le cose difficili a Sua Maestà. In quel momento avrebbe tanto, tanto voluto tornare a essere un grandissimo menefreghista come in passato. Una persona meno corretta.
Quell'idiota di Kakaroth gli stava offrendo l'opportunità di approfittarsene su un piatto d'argento, con quel sorriso ammaliante e i muscoli tesi sotto quell'armatura dannatamente stretta.
Vegeta gli ringhiò contro le labbra e lo allontanò di nuovo.
«Sei un testone».
«Senti chi parla!» gli rispose Kakaroth, con uno sbuffo. Incrociò le braccia al petto come un bambino, con le guance gonfie e le labbra strette.
E Vegeta dovette lottare ancor più duramente contro quell'insensata voglia di tirargli un pugno in piena faccia oppure, solo ipoteticamente, strappargli di dosso il pigiama. Ipoteticamente.
«Senti... una volta mi hai detto “mi piace quello che abbiamo così com'è”Devo essere sicuro che tu abbia cambiato idea. Quando avrai recuperato i tuoi ricordi, ti prometto che ci possiamo pensare, ok?»
Odiava essere la parte razionale. Ma con Kakaroth lo era sempre stato, quindi avrebbe dovuto esserne abituato.
Il buffone alzò gli occhi al cielo e poi sorrise.
«E poi mi dici che non dovrei ammirarti...» disse Kakaroth, più dolcemente. Fu il turno di Vegeta quello di accigliarsi.
«Che intendi dire?»
«Scommetto che non molte persone avrebbero avuto questa premura. E questo mi rende davvero, davvero difficile dirti...» Kakaroth sospirò «... che va bene. Se ci tieni, attenderò» concluse.
Vegeta spalancò gli occhi. Non si aspettava di vederlo arrendersi così facilmente, ricordava alla perfezione che quando Kakaroth si intestardiva su qualcosa non voleva sentire ragioni – e combinava anche dei gran guai. Era sollevato che fosse un poco cambiato, da quel punto di vista.
Vegeta non avrebbe saputo resistere a lungo a tutte quelle avances e quel naso ancora troppo vicino al suo e quello sguardo allegro nascosto da un ciuffo di stupidissimi capelli.
Si allontanò a fatica e incrociò le braccia al petto. «Bene».
«Ma sappi che la trovo una cosa insensata» aggiunse Kakaroth, puntandogli un dito contro.
«Oh, sai quante volte ho trovato insensate le tue idee e non ti ho detto niente?!» sbottò, e Kakaroth esplose in una risatina impertinente.
«Sì che lo so: zero. Mi hai sempre fatto notare ogni singola dannata esternazione di stupidità».
Un altro punto a suo favore. Non aveva tutti i torti.
«Ah, giusto» bofonchiò Vegeta e, tirando un lembo della coperta sulla quale erano seduti, gli diede le spalle e si gettò rannicchiato sul materasso cigolante di quel rottame di astronave. «Adesso però vai in cabina di pilotaggio, che è il mio turno per dormire».
«Allora dormi bene, Vegeta. Ti aspetto per la colazione» lo sentì mormorare, poi spostarsi con attenzione e scendere dalle scale a pioli.
Il sussurro di Kakaroth fu condito da talmente tanta tenerezza da mettergli i brividi. Brividi positivi che si trasformarono in brividi molto negativi quando si scoprì a sorridere come un deficiente. Era diventato davvero un patetico sentimentale.
Vegeta si trascinò la coperta fin sopra alla fronte e ci grugnì dentro frustrazione. Oltre al cuore che batteva all'impazzata, aveva anche un problema non sottovalutabile lì sotto le lenzuola.
Non sarebbe mai riuscito a dormire.


 


La settimana di viaggio per raggiungere Neo Namek era stata senza dubbio una delle più piacevoli.
Un po' perché la fine del viaggio era alle porte, un po' perché presto sarebbero tornati dalle loro famiglie e, tacitamente, non vedevano anche l'ora di riavere Radish indietro.
Vegeta non avrebbe mai pensato di ammetterlo, ma quell'ebete senza cervello gli mancava. Lui e la sua risata da maniaco. Forse, però, era stato un bene non averlo intorno per quel periodo di stallo tra lui e Kakaroth, oppure li avrebbe tormentati con le più volgari battute e li avrebbe spinti uno contro l'altro con le peggiori virate cosmiche. Poco ma sicuro.
Era stato già fin troppo difficile stare l'uno accanto all'altro. Non erano stati molto bravi a fare finta di nulla.
Anzi, erano stati pessimi.
Non erano mancati gli allenamenti, i battibecchi, le solite scenate iraconde da parte di Vegeta ed esternazioni di allegria da parte di Kakaroth. Quello non era cambiato, ma i momenti di silenzio erano stati molto più densi, e anche gli sguardi. A volte si erano sorpresi a orbitare uno intorno all'altro senza rendersene nemmeno conto, a volte a ricercare un contatto più vicino di quello opportuno e avevano entrambi rischiato il cedimento.
Non erano mancati momenti in cui Sua Maestà si era sentito tremendamente in difetto. I suoi sensi di colpa non si erano mai attenuati del tutto, così come la convinzione di non meritarsi quegli sguardi colmi di ammirazione. Sentiva di non meritare l'affetto di Kakaroth, esattamente come non si era mai convinto di meritare l'amore di Bulma. Ma, lo sapeva bene, quello era un suo problema irrisolto. Il suo passato da assassino pesava ancora troppo sulle sue spalle e se lo sarebbe trascinato dietro per sempre, ma ciò non gli aveva impedito di amare. Spesso gli aveva impedito di dimostrarlo, ma lui era in grado di farlo.
E l'unico modo che aveva in quel momento di dimostrare a Kakartoh quel sentimento improbabile e incredibilmente forte, era portare pazienza e avere rispetto di quello che erano stati in passato.
Quindi, ogni volta che in quella lunga settimana si era ritrovato a voler mandare i suoi propositi a puttane, si era morso la lingua. E si era fatto più che qualche doccia fredda.
Nonostante ciò, il viaggio era stato tranquillo e piacevolmente placido. Niente inseguitori, niente tracce da seguire, niente pianeti sui quali indagare, niente problemi di natura tecnica. Anche Gr06U, sebbene fosse un camper con le ali e due motori attaccati, aveva resistito persino a un paio di piogge di asteroidi.
Non avevano trovato nessun attracco mercantile con astronavi migliori, ma almeno avevano recuperato delle armature galattiche più decenti e, per grande gioia del contegno di Vegeta, meno attillate. Non vedeva davvero l'ora che Kakaroth si rimettesse la sua fottuta divisa arancione e larga. E mai avrebbe immaginato di poterlo pensare.


«Vegeta! Vegeta, vieni qui!»
Una voce squillante lo colse appena uscì da quel cubicolo strettissimo che avevano il coraggio di chiamare doccia. La cabina di pilotaggio era aperta, e il sorriso di Kakaroth lo illuminò come un faro.
«Che c'è?»
«Ci siamo! Guarda!» annunciò, indicando dritto di fronte all'astronave. Vegeta spalancò gli occhi e lo raggiunse di corsa e, finalmente, eccolo lì.
Neo Namek. Il primo dannatissimo pianeta famigliare e sicuramente amico dopo mesi e mesi. La prima tappa verso la conclusione del loro viaggio.
«Non mi sembra vero» sussurrò Vegeta, quasi esterrefatto. Ce l'aveva fatta, sebbene in quei quattro mesi gli era sembrato più volte impossibile. Aveva trovato Kakaroth e l'aveva riportato indietro. Quasi a casa. Neo Namek era stata la prima tappa del suo viaggio e sarebbe stata anche l'ultima prima di tornare sulla Terra.
Si lanciarono uno sguardo vittorioso, poi tornarono a osservare quel minuscolo puntino verde farsi sempre più grande, più vicino. E con lui la speranza di far tornare tutto esattamente com'era.
Atterrarono al centro del villaggio principale, quello del vecchio Moori il quale, vedendoli scendere insieme dall'astronave, li accolse a braccia aperte. Molto di più di quando aveva visto scendere Vegeta e Radish quattro mesi prima. Inizialmente avevano avuto da ben sospettare – come biasimarli! – ma nel venire a conoscenza del motivo della loro visita si erano dimostrati gentili come loro solito.
«Lo hai ritrovato! Che sollievo!» esclamò l'anziano saggio rivolto a Sua Maestà, zoppicando poi verso la sua vecchia conoscenza. «Goku, che piacere rivederti!» trillò, entusiasta.
Kakaroth sorrise nervoso e si portò una mano dietro la nuca. Non lo riconosceva, ed era piuttosto ovvio.
«Ehm, grazie...» balbettò questi, ridacchiando nel vedersi piombare addosso tanti piccoli e allegri bambini namecciani.
La folla di curiosi si avvicinò loro, compreso qualche volto noto seppur invecchiato.
«Dove sei stato? Il tuo amico sembrava parecchio preoccupato per te!» domandò Moori, allegro, quasi come in una raccomandazione paterna.
Vegeta si irrigidì d'imbarazzo e, dopo aver incrociato le braccia al petto, distolse lo sguardo. Kakaroth ridacchiò e gli rivolse un'occhiata tra il divertito e l'intenerito che gli fece quasi saltare i nervi.
«Ma davvero?» chiese retorico in una risatina, poi si rivolse con gentilezza all'anziano saggio. «Ehm... io, mi perdoni signore, ma io sono un poco smemorato. So che siete degli amici, ma non vi riconosco» confessò.
Il mormorio dei namecciani si interruppe, lasciando spazio a espressioni confuse.
«Cosa!? Come sarebbe a dire?» domandò l'anziano saggio, e il Principe fece un passo in avanti.
«Lo abbiamo ritrovato su un pianeta lontano ai confini con l'Universo Otto, non ha idea di come sia finito lì, ma la sua memoria è stata molto compromessa dalla manipolazione mentale degli abitanti del pianeta. Ed è... è per questo che siamo venuti qui» ammise Vegeta. «Vorremmo chiedere il permesso di poter utilizzare le Sfere del Drago Polunga così da aiutare Ka-Goku a recuperare i ricordi».
Troppi sguardi sorpresi rivolti verso di lui. Era comprensibile: una volta lui non si era fatto alcun problema a rubare con la forza le loro Sfere del Drago per intenti poco condivisibili e, anche se era passato tanto tempo, era normale che una richiesta così gentile da parte sua potesse arrecare stupore.

Moori lo guardò con discreto interesse per qualche secondo, poi si rivolse agli altri namecciani con segni di assenso.
«Oh. Ma certo, certo. Siamo sempre debitori verso voi gente della Terra, è un piacere aiutarvi in caso di bisogno! Le sfere sono anche già radunate nella mia casa, seguitemi!» disse infine.
Kakaroth sorrise, entusiasta, mentre Vegeta si limitò a un segno di ringraziamento con il capo. Non che avesse avuto qualche dubbio: i namecciani erano sempre stati dalla loro parte.
Lo seguirono fino alla dimora tondeggiante al centro del villaggio, nella quale trovarono le grandi sfere radunate in uno scantinato sotto una coperta di seta verde.
Insieme ad altri giovani namecciani le trasportarono fino al cielo aperto, poi le posarono ordinatamente in cerchio sull'erba umida.
«Ma... ma dov'è il vostro amico capellone?» domandò Moori, ed entrambi i Saiyan si irrigidirono per un secondo.
«Ehm... signore, lui... lui era mio fratello» confessò Kakaroth, gentile. «È morto nell'esplosione della nostra vecchia astronave. Potremmo approfittarne per riportarlo in vita, visto che già dobbiamo invocare il drago?»
Moori sembrò cogliere al volo la tristezza negli occhi di Kakaroth, tuttavia Vegeta non si lasciò sfuggire lo sguardo teso tra i namecciani.
Non avevano mai negato ai Terrestri di riportare in vita qualcuno, ma qualcosa non andava.
«Sono... sono spiacente per la tua perdita, Goku. Vedi... c'è solo un problema in tutto questo» mormorò, poi deglutì. Sì, qualcosa non andava. «Noi abbiamo di recente utilizzato uno dei tre desideri di Polunga per poter riportare in vita uno dei nostri piccoli, morto in un incidente alla scogliera».
Vegeta spalancò gli occhi a quella notizia e perse il fiato. Ovviamente era stato troppo chiedere che tutto andasse come previsto. Il cielo li aveva già graziati con tre settimane di tranquillità.
«Uh... ma... non vedo il problema, ci sono altri due desideri, no?» chiese Kakaroth. Ovvio che non cogliesse il nesso, lui non si ricordava niente di come funzionassero le sfere, i desideri. Tuttavia Vegeta aveva colto.
«Kakaroth... il corpo di Radish si è dissolto nello spazio. Dovremmo utilizzare un desiderio per portare il suo spirito qui, e un altro per resuscitarlo» spiegò calmo mentre dentro di lui sentiva montare rabbia, ansia e frustrazione.
La presa di consapevolezza di Kakaroth fu percettibile in un tremolio dell'Aura.
«Questo vuol dire che...» balbettò questi, ma non riuscì a terminare la frase. Fu Vegeta a farsi carico di dare voce a quella sentenza.
«Dobbiamo scegliere. O riportiamo in vita Radish, o riportiamo a galla i tuoi ricordi».

Kakaroth strinse i pugni e digrignò i denti.
«Mi dispiace, Goku» sussurrò Moori ma, prima che potesse avvicinarsi per mettergli una mano sulla spalla, Kakaroth si allontanò dalla folla diretto verso un luogo più appartato, lontano dal brusio e da occhi indiscreti.
Nello stesso momento un bambinetto namecciano abbassò il capo, con le lacrime agli occhi e le labbra strette per trattenere un singhiozzo. Probabilmente si trattava del piccoletto che era stato resuscitato. Vegeta riconobbe in lui quella sensazione: il senso di colpa.
«Ehi, moccioso» le parole gli uscirono di bocca prima ancor di poter riflettere.
I duri sguardi dei namecciani lo trafissero, ma non vi badò. Si inginocchiò invece al terreno, con gli occhi rivolti al ragazzino dalla pelle verde che, terrorizzato, lo fissava come se stesse per ucciderlo.
«Mi... mi dispi-» balbettò il piccoletto. Sua Maestà ignorò la tremenda sensazione di essere ancora considerato come un assassino e lo interruppe.
«Non è niente di grave, risolveremo comunque tutto tra qualche mese» disse Vegeta, e gli occhi del piccolo si spalancarono.
«Ma io-»
«Non è colpa tua» sussurrò il Principe, perentorio, duro. «Toglitelo dalla testa, intesi?»
Il bambino strinse i pugni e cacciò indietro le lacrime, poi annuì. E i namecciani, per la prima volta da quando Vegeta ne aveva memoria, iniziarono a guardare il Principe in modo molto diverso.
Un sorriso si fece largo sul volto di Moori quando Sua Maestà si rialzò in piedi, un sorriso di ringraziamento. Vegeta rispose con un solo cenno del mento. Di certo non avrebbe mai espiato le sue colpe con il popolo namecciano, ma era comunque piacevole non essere più guardato come un criminale.
Tuttavia non era più tempo di pensare a sé, ai propri sensi di colpa o a quelli di un moccioso che nemmeno conosceva. L'unico suo pensiero volò poco più lontano, dietro al muro di una casa bianca e tondeggiante. Era il momento di aiutare qualcuno a prendere una decisione.


Quando voltò l'angolo, trovò Kakaroth con le spalle al muro e lo sguardo rivolto verso il cielo verdognolo di Neo Namek.
«Kakaroth...» sussurrò, avvicinandosi a lui.
«E adesso che si fa?» gli rispose questi.
Sapeva che non sarebbe stato semplice ma, per fortuna, non era nulla che non avrebbero comunque potuto risolvere nel giro di poco. Anche se le aspettative e l'attesa li avevano fatti illudere che quel giorno avrebbero fatto tornare tutto come prima.
Vegeta gli si posizionò accanto, spalla contro spalla, nella stessa identica posizione. Poi sospirò.
«Se adesso non ripristiniamo la tua memoria, dovremmo aspettare un anno, sulla Terra. Oppure tornare qui tra quattro mesi. Se invece la ripristiniamo ora, dovremmo comunque tornare qui per resuscitare Radish. Shenron non può farlo».
Mise tutto sul piatto. Non si sarebbe trattato di attese troppo lunghe, ma comunque di attese. Dopo tutto quel tempo trascorso in giro per lo spazio avrebbe tanto gradito tornare a casa e mettere la parola fine a tutto, e sapeva che per Kakaroth era lo stesso.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò egli, voltando il capo. Vegeta fece lo stesso e si guardarono negli occhi. C'era tanta stanchezza in quello sguardo ma, Sua Maestà ne era convinto, sarebbero stati in grado di gestire anche quella cosa.
Ne avevano passate di peggiori.
«Penso che sia più giusto che sia tu a prendere questa decisione» disse infine Vegeta, convinto. Non perché volesse lavarsene le mani, sfuggire a una responsabilità o lasciarlo solo a scegliere.
Ma perché si trattava dei suoi ricordi, della sua memoria.
Quello che non gli disse ma che Kakaroth capì senza bisogno di alcune parole, però, fu che l'avrebbe supportato in qualsiasi decisione.
Vegeta sarebbe stato con lui, vicino a lui. In ogni caso, in ogni possibile scenario.
Sempre.


 
Continua...

Riferimenti:
-Nella serie canonica è necessario ripristinare prima l'anima dei morti (se sono morti da troppo tempo o se il loro corpo è andato distrutto o se è troppo lontano dal pianeta), quindi è per questo motivo che è necessario utilizzare due desideri per riportare in vita Radish.
Anche quando Vegeta lo ha riprotato in vita la prima volta è accaduto così ed è per questo che col desiderio di mandare ai ragazzi un tablet Shenron ha esaudito i desideri. 
-La questione del perdono dei namecciani prende spunto da Dragon Ball Super (per chi segue il manga e ha letto la saga di Moro penso sia chiaro).

ANGOLO DI EEVAA:
Ed eccoci qui, giunti quasi al gran finale di questa storia, quasi al termine di questo lungo viaggio attraverso l'universo.
Che pensavate che le cose sarebbero filate tutte liscie fino alla fine?! Oramai mi conoscete, suvvia. Però, come dice Vegeta, non è nulla di irresolvibile. Però bisogna prendere una decisione, la cosa più intelligente è una, penso che la possiate intuire. Ma come agirà Goku? È tutto nelle sue mani. 
Avete apprezzato il comportamento molto nobile di Vegeta o avreste preferito grandi squilli di trombe e tromboni? (cit.Teo5Astor) XD

Che dire... manca solo l'epilogo, ma come già avevo anticipato ho una nuovissima storia in canna, una storia a cui sono affezionatissima. Il mio caro amico Giosuè Graci si sta persino occupando della fanart di copertina *_* non vedo l'ora di mostrarvela e pubblicare. Sarà una storia molto particolare, una long di 30 capitoli. Vi dirò di più settimana prossima, ma vi anticipo già che ci sarà di mezzo il pianeta Vegeta, ma in un contesto un po'... particolare. 

Nel frattempo vi aspetto domenica prossima qui per l'epilogo :) Grazie di cuore a tutti, come sempre, e grazie infinite alla mia cara Nemesis01 che mi aiuta con la traduzione!
Un abbraccio,
Eevaa


 
Nell'ultimo capitolo!
«Che succede, Kakaroth? Sei triste?» gli domandò, duramente, quasi fosse un interrogatorio.
Non era decisamente bravo a fare quella... cosa.
«No... no, affatto» scosse la testa lui. «Sono contento. Solo ancora un po' confuso, ma contento».

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Epilogo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 
 
- ACROSS THE UNIVERSE -


- EPILOGO -

 

 

La scelta più sensata sarebbe stata indubbiamente solo una: tentare di ripristinare la memoria di Kakaroth, tornare sulla Terra e teletrasportarsi su Neo Namek per resuscitare Radish dopo quattro mesi. Avrebbe avuto senso, sarebbe stato molto più logico rispetto a doverci ritornare in astronave.
Ma la strada della logica era la più corretta da seguire? Quello, Vegeta, non lo sapeva. Sapeva però che Kakaroth seguiva più volentieri i propri sentimenti rispetto alla strada più sensata.
Cosa avrebbe fatto lui? Era una domanda interessante. Ma se una persona a lui cara si fosse trovata all'Altro Mondo non ci avrebbe pensato due volte per riportarla in vita e sacrificare se stesso per qualche mese.
E, seppur vero che Kakaroth non possedesse ricordi ed emozioni passate, Radish era comunque suo fratello ed era una delle sole due persone che conosceva e aveva avuto accanto in quelle settimane.
Peraltro non era detto che sarebbero riusciti a ripristinare la memoria al cento per cento, quindi avrebbe potuto essere persino un desiderio e tempo sprecato.
Qualunque sarebbe stata la sua decisione, Vegeta l'avrebbe rispettata. Logica o emotiva che fosse.
Kakaroth chiuse gli occhi per un momento, un breve tempo per darsi tempo. Poi, finalmente, parlò.

«Vegeta, io... Radish si è sacrificato per noi» mormorò. «Io... voglio farlo tornare indietro. Oggi. La mia memoria può attendere. Sei... sei d'accordo?» chiese poi, incerto.
Qualcosa di strano accadde allo stomaco del Principe dei Saiyan. Non seppe dire se si trattasse di gioia, di tristezza, di emozione. Non lo sapeva. Sapeva solo che anche il vecchio Kakaroth, quello che conosceva una volta, avrebbe fatto lo stesso.
Avrebbe agito col cuore e non con la testa, ed era proprio quello che lo rendeva incredibilmente e semplicemente Kakaroth. Era lui, Vegeta lo riconobbe per la prima volta al cento per cento o quasi. Si sforzò in tutti i modi di non sorridere – perché, insomma, lui era pur sempre il Principe dei Saiyan – però gli posò una mano sulla spalla e la strinse.
«Sarei stato d'accordo in ogni caso ma... penso che sia giusto» gli disse duramente. «Nel frattempo lavoreremo sodo per farti recuperare nuovi ricordi».
Kakaroth portò una mano sopra la sua e intrecciarono le loro dita. Quel contatto era qualcosa che avrebbero potuto permettersi, e Vegeta non si scansò.
«Grazie...» disse Kakaroth, sincero. Sempre con quello sguardo di ammirazione che Sua Maestà era convinto di non meritare.
Ignorò la questione e, giusto per tirarsene fuori, Vegeta esibì uno dei suoi sorrisi più impertinenti.
«Quindi... riportiamo indietro quel figlio di puttana?» ghignò.
«Ehi! È di mia madre che stai parlando!» replicò Kakaroth, fingendosi oltraggiato.
Vegeta non rideva spesso, ma in quel caso non riuscì proprio a farne a meno. «Ah, già!»
L'idiota rise a sua volta. La decisione era stata presa, non restava altro che perseguirla. Insieme.


 


Man mano che l'alone bianco prendeva forma, i respiri si fecero sempre più trattenuti.
Circondato da un caleidoscopio di colori, la figura prese vita e coscienza. Una figura alta, massiccia, con lunghi capelli neri e occhi duri dello stesso colore che si aprirono e, confusi, si guardarono attorno per comprendere dove si trovasse.
«RADISH!»
Il grido di gioia di Kakaroth si levò tra la folla e, di corsa, si gettò addosso al fratello con la consueta poca grazia che lo contraddistingueva. Emotivo come sempre, istintivo tanto da lasciare Radish senza parole, immobile come una statua di sale.
Se Vegeta avesse saputo che sarebbe bastato un abbraccio per fare stare Radish zitto, forse avrebbe utilizzato quella tecnica molto prima. O forse no. Anzi, sicuramente no. Erano dei Saiyan, dannazione! Loro non si abbracciavano tra amici, tantomeno tra fratelli!
Radish sbatté un paio di volte le lunghe ciglia nere, poi diede un paio di pacche impacciate sulla schiena di Kakaroth e, con un colpetto di tosse, lo allontanò da sé.
«Ehm, ehi!» gracchiò, con la voce roca proveniente dall'oltretomba. Letteralmente.
I namecciani, gioiosi, assistettero alla scena con i sorrisi sulle labbra. E anche Vegeta, suo malgrado, non riuscì a rimanere serio.
«Incredibile! Sei qui davvero!» esclamò Kakaroth, stupito. In effetti era come se fosse la prima volta che assisteva al ritorno in vita di qualcuno.
Radish sembrò realizzare in quel momento cosa fosse accaduto. «Sono passati altri cinquant'anni?» ghignò, rivolgendosi a Vegeta.
«No, razza di coglione. Solo tre settimane!» controbatté questi, avvicinandosi agli altri due. Un altro senso di colpa era stato quello di non averlo mai riportato in vita per tutto quel tempo ma, beh... per fortuna Radish non era uno che portava rancore.
«Oh, wow, nuovo record!» gioì Radish. «Allora, hai recuperato i tuoi ricordi, fratellino?»
«Ehm... noi...» Kakaroth rivolse a Vegeta uno sguardo sfuggevole, forse alla ricerca di un incoraggiamento. Sua Maestà si limitò ad annuire lentamente. «Noi avevamo solo un desiderio a disposizione e... non potevamo lasciarti morto» ammise.
L'espressione di Radish passò dal gioioso al costernato.
«Ma! Ma... ma i tuoi ricordi?» domandò, a bocca aperta.
«Ci ripenserò tra qualche mese, se torneremo qui. O tra un anno sulla Terra» spiegò Kakaroth, arrossendo.
«Fratellino, ma dai...!» soffiò Radish, esterrefatto. Aprì le braccia e rivolse uno sguardo meravigliato a Sua Maestà. «Vegeta, e tu hai accettato questa cosa?!»
Questi fece spallucce, ostentando una certa indifferenza.
«Meglio un Kakaroth mezzo smemorato che un imbecille a infastidire le altre povere anime dannate dell'Inferno. Scommetto che non ti sopportavano già più!»
Radish rivolse a entrambi un'espressione basita, quasi di rimprovero, ma poi tornò a sorridere come un perfetto imbecille. Soprattutto quando si rivolse a Vegeta con quella sciocca faccia intenerita.
«Sai che te la farò pagare per questa bontà immotivata, vero?» promise Radish.
Sua Maestà alzò gli occhi al cielo.
«Me ne sto già pentendo».
Lo sapeva eccome, ma era abbastanza pronto alle conseguenze. Forse.



Nonostante i namecciani non fossero una specie bisognosa di cibo, erano talmente di buon cuore da tenere delle scorte per eventuali ospiti o forestieri. Così, per festeggiare la buona riuscita della missione e il ritorno in vita di Radish, i tre Saiyan avevano accettato di rimanere giusto il tempo di un boccone prima di salpare in rotta verso casa. Il cibo non era stato certo un granché, ma era stato piacevole rifocillarsi e trascorrere un po' di tempo con delle creature così gentili. Radish si era lamentato che non ci fossero delle belle fanciulle né un goccio di Rokk, ma ciò non gli aveva certo impedito di farsi riconoscere come il cretino che era. Eppure, a dirla tutta, il sorriso divertito e sereno di Kakaroth mentre parlava con il fratello valeva ogni pena.
E, dopo aver salutato e ringraziato il popolo di Neo Namek, era stato parecchio impagabile mostrare a Radish il mezzo di trasporto che avevano rimediato dopo l'esplosione di Caps12. E così Gr06U fu definitivamente ribattezzato “Il Cesso Con Le Ali”. Nessuna descrizione avrebbe potuto essere più appropriata.
«E ora?» domandò infine Kakaroth, poco prima di imbarcarsi.
Radish sorrise.
«E ora è il momento di tornare a casa, fratellino».
«Rimarrai sulla Terra con noi?» chiese, speranzoso.
In effetti non ne avevano mai parlato. Vegeta sapeva che Radish fosse una persona abituata a starsene a zonzo per lo spazio, non aveva mai avuto occasione di chiamare un posto “casa”, dopo l'esplosione di Vegeta Sei.
E, proprio per quel motivo, lo sguardo di Radish cadde sul Principe. Quasi a chiedergli il permesso, quasi a richiedere un aiuto, un suggerimento.

Sua Maestà si lasciò sfuggire un sorriso meno impertinente del consueto. Forse era giunto il momento che anche quel grandissimo imbecille avesse un nuovo posto da chiamare casa.
Annuì, e Radish sorrise a sua volta.
«Mh, dipende» disse poi, divertito. «C'è qualche ragazza carina da presentarmi? Single? Magari bionda? Mi piacciono le bionde!» domandò, sognante.
Kakaroth si pizzicò il mento per pensare. 
«Uhm... ne ho in mente una» rispose. «Non so bene chi sia, ma a quanto mi ricordo potrebbe metterti in riga per benino!»
Vegeta sussultò e strinse le labbra per trattenerci una risata. Oh, aveva ben capito a chi si riferisse Kakaroth! Ed era incredibilmente perfetta per lui. Bionda, vedova da tempo, con una particolare predilezione per la violenza gratuita. Diciotto avrebbe messo bene in riga quel deficiente.
Radish alzò un pugno al cielo, vittorioso.
«E TERRA SIA!» esclamò, saltellando poi baldanzoso verso il Cesso Con Le Ali.
Vegeta e Kakaroth si rivolsero uno sguardo divertito, complice. Felici. Malgrado tutto, era stata la decisione giusta.
«Lo ammazzerà?» gli domandò Kakaroth, riferendosi alla ragazza bionda che avrebbero presto presentato all'imbecille.
Il Principe ghignò beffardo.
«Oh, non vedo l'ora!»


 


Con quel trabiccolo infernale il viaggio per la Terra era quotato a quarantacinque giorni ma, con Radish dalla loro parte, non sarebbe stato improbabile vincere un'astronave migliore a Sabaq in qualche attracco portuale. Ovviamente, giusto per mettere le cose in chiaro, era stato fatto il completo divieto a Radish di intrattenersi in attività promiscue nei luoghi d'attracco. Niente bordelli, niente bettole, niente di niente.
E così, dopo aver stilato il decalogo del buon comportamento, aver programmato la rotta e i turni da seguire, l'ultima cosa che era rimasta da fare per quel giorno era il nulla più totale. Attraversare l'universo insieme, senza problemi, senza ansia, senza fretta.
Così, dopo un paio d'ore trascorse in chiacchiere, giunse il momento di iniziare i loro turni di guardia. E, quando Kakaroth si fu allontanato per andare a riposare e Vegeta e Radish rimasero soli nella cabina di pilotaggio, Sua Maestà non poté proprio fare a meno di pensare che quella scena gli fosse totalmente familiare.
Il loro viaggio erano iniziato così. Senza rotta, senza meta, loro due in mezzo al cosmo alla ricerca di un idiota. Sembrava davvero incredibile che ce l'avessero fatta e che dopo “soli” cinque mesi sarebbero tornati a casa vittoriosi.

«Ce l'abbiamo fatta, eh?» Radish diede voce ai suoi pensieri, con entrambe le mani dietro la nuca, spaparanzato sugli scomodi sedili del Cesso Con Le Ali. Vegeta annuì e gli lanciò un'occhiata fiera.
Non ce l'avrebbero mai fatta senza Radish, quella era la pura e semplice verità. Ma non gliel'avrebbe mai detto, ovviamente.
«Ce l'abbiamo fatta» confermò Vegeta, ancora incredulo.
«Allora... ve la siete spassata senza di me?» domandò Radish, sottovoce.
Vegeta alzò gli occhi al cielo. «Non incominciare!»
«E dai, lo so che ti sono mancato!»
«Come il virus dell'influenza!»
«Il virus di che!?» chiese Radish, e Vegeta scoppiò in una fragorosa risata sadica.
«Oh, lo scoprirai presto. Il prossimo inverno sulla Terra sarà uno spasso».
Radish sbuffò, poi si rimise più comodo. Per quanto la comodità su quell'affare fosse relativa.
Sua Maestà si perse con lo sguardo verso lo spazio, ma non poté proprio fare a meno di lanciare ogni tanto qualche occhiata dietro di sé, giusto per controllare che nell'area living fosse tutto tranquillo. Non aveva ancora avuto modo di fare i conti con Kakaroth, e forse non aveva il coraggio necessario per recarsi da lui.

Ma, come dimenticare, a Radish non sfuggiva un bel cazzo di niente.
«Forza, va' da lui... si vede lontano un chilometro che avete qualche conto in sospeso» gli suggerì.
Ma come diavolo faceva, quel maledetto?! Vegeta arrossì e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«Prometto che vi lascerò tranquilli e non vi disturberò» aggiunse Radish.
«Non mi fido delle tue promesse da marinaio spaziale» ribatté Vegeta, incrociando le braccia al petto.
«Magari vi aiuterò a rotolarvi meglio tra le lenzuola con qualche virata» ridacchiò questi.
«Radish!»
Eccole le conseguenze dell'idea di merda di riportarlo in vita. Due volte.
«Sto scherzando, sto scherzando. Però sul serio, vai, Principe Azzurro, la Bella Addormentata ti attende».
«RADISH!» urlò Vegeta, e Radish lo provocò con gesti inconsulti che andavano troppo oltre per la sua formazione regale. «Ok, me ne vado, ma solo perché se restassi potrei rispedirti per la terza volta all'Inferno» si arrese Vegeta.
«Sì, sì, certo, ōji» ridacchiò il demente.
«Notaarin» gli ringhiò contro Vegeta, poi chiuse con violenza le porte automatiche – che non erano più automatiche da chissà quanti anni – della cabina di pilotaggio.
Sarebbe stato un lunghissimo viaggio di ritorno.


 


Quando salì la scala a pioli, senza troppa sorpresa, trovò Kakaroth ancora sveglio, con la schiena contro la paratia e gli occhi persi sull'oblò nel soffitto.
Vegeta aveva sperato che dormisse, che non dovesse davvero affrontare un bel niente con quello schifo di capacità comunicativa che possedeva. Anche perché non aveva pensato a cosa avrebbe potuto dirgli, a quel punto.
«Ehi» lo salutò Kakaroth.
«Ehi» rispose Vegeta, rimanendo impalato lì, sugli ultimi gradini della scala, a fissarlo come un perfetto idiota.
Questi gli rivolse un sorriso amaro. Forse troppo amaro, che non sapeva assolutamente nulla della gioia che Vegeta gli aveva visto prima in volto.
Non gli piaceva quell'espressione. Non gli piacevano quegli occhi così cupi, così decise di avvicinarsi a carponi, fino a sederglisi di fronte con espressione dura.
«Che succede, Kakaroth? Sei triste?» gli domandò duramente, quasi fosse un interrogatorio.
Non era bravo a fare quella... cosa.
«No... no, affatto» scosse la testa lui. «Sono contento. Solo ancora un po' confuso, ma contento».
«Ci vorrà un po' per recuperare tutti i tuoi ricordi...» constatò il Principe.
«Sì... ma almeno ho quel cretino di mio fratello. E... e ho te».
L'ultima frase fu solo un sussurro con il volto abbassato, gli occhi nascosti dietro un ciuffo di quei ridicoli capelli. Vegeta si irrigidì all'implicazione di quella frase, e trasalì ancor di più quando le dita di Kakaroth raggiunsero le sue. Non si scansò, si lasciò afferrare, ma abbassò anch'egli lo sguardo.
«Kakaroth, senti-»
«Mi dispiace di aver preso la decisione più difficile... per noi, intendo» lo interruppe lui.
Era davvero la decisione più difficile? Oppure quella conversazione sarebbe stata mille volte più complessa con un Kakaroth perfettamente consapevole? Non era dato saperlo.
«Non dispiacertene».
Kakaroth gli strinse più forte le dita e lo costrinse così a incrociare il suo sguardo. Sembrava di essere tornati indietro di tre settimane. Loro due, lì, e una finestra sull'universo.
Una finestra tra il loro passato e il loro futuro. Erano appollaiati lì, a metà, bloccati.

«Vegeta... sono sempre io. È vero: come dici tu non ho tutti i miei ricordi, non so tante cose, ma ricordo quello che mi basta per sapere che tu sei importante. Lo sei sempre stato. In modi differenti, ovvio. Non conosco bene il contorno, ma so quello che eravamo noi. Ricordo un sacco di avventure che abbiamo affrontato insieme, ricordo... la nostra promessa. Ricordo quello che provato per te. E so quello che provo ora» disse, con le gote rosse ma con molta più sicurezza di quella che Vegeta si sarebbe immaginato. Era strano sentirlo parlare in quel modo, per uno come lui che con i discorsi non era stato mai troppo ferrato. «E sono pronto a prendermi ogni responsabilità. Perché, onestamente, non penso di poter resistere quattro mesi, un anno, quello è che. Non credo proprio di poterlo fare» concluse, serio, poi si avvicinò ancora un poco.
Fronte contro fronte, occhi negli occhi, quasi come fosse una minaccia.
No: quella era una minaccia vera e propria, altroché. Una minaccia ad ogni buon proposito, ad ogni contegno, ogni riflessione.
Quello era un combattimento. Una battaglia diversa da quelle in cui erano soliti sfidarsi, ma pur sempre una battaglia. Il vero problema? Che Kakaroth era in vantaggio. Lui e i suoi maledetti occhi, il suo buon cuore, l'Aura traballante e quell'odore che era solo suo. I Saiyan erano sensibili all'olfatto.

Vegeta inspirò a fondo e poi gli ringhiò addosso, minaccioso.
«Non... non ti arrendi, eh?»
Kakaroth, però, si mostrò più beffardo del previsto. «No. Sono un Saiyan. Non mi sono mai arreso di fronte a niente, no?»
«No, decisamente no» soffiò Vegeta. Stava per essere sconfitto. Quel deficiente era troppo vicino, la connessione tra loro traballò ancora una volta, li sospinse uno contro l'altro, come se fossero calamite, come se fossero stati designati per starsi addosso da sempre.
Kakaroth aveva perso durante tutti i loro allenamenti, nei giorni passati. Cosa ci sarebbe stato di male a farlo vincere almeno in quello?
Forse Vegeta aveva troppo da perdere. E se saltare oltre quella finestra li avrebbe condotti in una pessima direzione?
Kakaroth sembrò captare i suoi dubbi e, nonostante oramai le loro labbra fossero abbastanza vicine da potersi sfiorare di nuovo, si allontanò un poco.
«Senti... se il destino ci ha condotti fino a questo punto, forse vuol dire che è qui che dovevamo arrivare per cambiare quello che eravamo. Forse se non fossimo in questa situazione non avremmo mai avuto il coraggio di andare avanti, e avremmo trascorso una vita di rimpianti. Del resto mi ricordo che eravamo due pessimi comunicatori, io in un modo, tu in un altro. E se fosse proprio questo che il destino ha voluto per... farci diventare qualcosa di completamente nuovo?»

Vegeta aprì la bocca, ma non ne uscì niente. Senza fiato, senza parole. C'era qualcosa di estremamente bizzarro in tutto quello, ma in senso positivo. Il vecchio Kakaroth, in effetti, non avrebbe mai partorito con la sua mente un discorso del genere. Non si sarebbero mai trovati a quel punto. Non ne avrebbero mai avuto il coraggio.
Vegeta non si sarebbe mai avvicinato di sua spontanea volontà a lui, Kakaroth non avrebbe mai saputo avvicinarsi.
Invece in dieci anni le cose erano cambiate e la lontananza li aveva portati ad avvicinarsi di più. La lontananza li aveva fatti avvicinare, e l'universo li aveva riuniti lì, sotto una cupola sul cosmo.
E se Kakaroth, per una buona volta, avesse avuto ragione?
«Sai, da quando hai imparato a leggere sei diventato più saggio!» constatò Vegeta, sfiorandogli il naso.
«Non per questo sono meno un emerito imbecille, mh
«Quello lo sarai sempre» confermò Sua Maestà. Certe cose non sarebbero mai cambiate. Qualunque cosa fosse accaduta loro, in qualunque direzione fossero andati fuori o dentro quella dannata finestra, alcune dinamiche sarebbero rimaste le stesse.
«E tu sarai sempre uno stronzo spassoso» controbatté Kakaroth.
Per l'appunto. Beh, forse quella era solo la buona occasione per metterlo a tacere. E farlo vincere, solo per una volta.
«Ok, chiudi il becco».


Una rincorsa durata dieci anni per scontrarsi più forte, per collidere. Saltarono insieme giù da quella finestra, fuori, verso una nuova direzione.
Un mondo si spalancò davanti a loro, forse Vegeta l'aveva già sognato, forse l'avevano immaginato entrambi. Ma era senza dubbio più bello poterlo assaggiare con le proprie labbra, poterlo toccare, poterlo vedere con i propri occhi.
Si erano guardati da lontano per anni, decenni, si erano toccati a malapena. Avevano condiviso una vita - anche due - avevano condiviso il campo di battaglia, avevano condiviso frustrazione, gioia, la morte, tranquillità, debolezza, felicità, avevano condiviso persino le cellule dei loro corpi ed erano diventati uno.
Eppure in quel momento stavano imparando a condividere qualcos'altro, un sentimento inaspettato, tenuto silenzioso per anni, un sentimento che esplose lì sotto quella cupola sul cosmo, dove erano solo due puntini minuscoli tra le stelle. Eppure erano tutto.
Per quanto fosse strano, per quanto fosse bizzarro e per quanto fosse differente da tutto ciò che avevano condiviso in precedenza, Vegeta si domandò come diavolo avesse fatto a stare senza per tutto quel tempo. Avrebbe voluto dirgli un milione di cose, ma non gli disse niente.
Impararono anche a guardarsi in un altro modo, a comprendersi meglio, a sfiorarsi al posto che picchiarsi, a starsi vicino. A essere uno anche mentre erano due.
Scoprirono di essere in grado di amarsi oltre che odiarsi, rispettarsi, ammirarsi. Ogni sentimento possibile lo avevano provato l'uno per l'altro nel corso di una vita intera, quello più bello alla fine. O forse era l'inizio?
Alla fine la loro promessa si era avverata: erano rimasti solo loro. Ma solo loro sarebbe stato sufficiente. Sarebbe stato più facile, i pesi che avevano nel cuore sarebbero stati più sostenibili in due.
Quello che Vegeta apprese quella notte non l'avrebbe più dimenticato. Finalmente, dopo tutto quel tempo, aveva trovato il tassello.




Il ronzio dell'astronave, il respiro di Kakaroth contro l'orecchio come una ninna nanna. Vegeta guardava lo spazio oltre la cupola, era grande, immenso. Eppure, nonostante fossero ancora nel vuoto, il Principe si sentiva già a casa.
Kakaroth era casa. Gli aveva donato un posto in cui vivere, gli aveva donato una nuova esistenza anni e anni prima, e in quel momento gli stava donando una nuova possibilità di essere umano. Di amare un'altra volta. Non avrebbe voluto sprecarla, aveva paura.
Vegeta aveva rovinato spesso troppe cose durante la propria vita. Il suo senso di colpa onnipresente gli suggeriva che avrebbe rovinato anche quello.
«A cosa pensi, adesso?» gli domandò Kakaroth, contro l'orecchio. Gli lasciò un bacio sulla tempia, e Vegeta rabbrividì. «Non metti mai a tacere il cervello?»
«È il brutto difetto di averne uno» rispose con un ghigno impertinente, e Kakaroth rise con quella risata stupida. Era tutta colpa di quella risata stupida.
Gli tirò anche un pizzicotto, debole, sul fianco nudo. E di tutta risposta Vegeta lo morse su una guancia.
Forse era davvero finita ora che avevano nuovi milleduecento modi per farsi del male a vicenda. O farsi del bene, a seconda del momento.
«Ahi! Tregua, dai, tregua. Non possiamo combattere ora, già questo catorcio sta in piedi con la colla» constatò Kakaroth.
«Mh, comunque avrei vinto io» grugnì e, con uno sbadiglio nascosto, si tirò di nuovo quell'imbecille addosso. Con i capelli arruffati sul suo petto e solo il lenzuolo disfatto di quel letto precario e tremendamente scomodo.
Ma andava bene così. Kakaroth addosso gli andava bene, anche se non avrebbe mai pensato di dirlo.

«Quindi a che cosa stavi pensando?» insistette lui.
«Chi mi dice che non cambierai idea quando avrai recuperato tutto?» chiese in risposta Vegeta, senza riflettere. Si stupì di aver esalato quelle parole, forse era già in dormiveglia.
Kakaroth alzò la testa dal suo petto e lo guardò dritto negli occhi, corrucciato.
«E chi mi dice che quando tornerò quello di prima tu non vorrai fare un passo indietro? È un atto di fiducia quello che dobbiamo fare, Vegeta».
Un atto di fiducia. Una nuova promessa, forse? Era quello che stavano facendo?
Eppure c'era sempre quel tarlo nella sua testa che gli imponeva di esplorare orizzonti più catastrofici, pessimistici. Tanti se, tanti dubbi. Forse, ora che aveva imparato ad avere Kakaroth in quel modo, gli sarebbe stato troppo difficile tornare indietro.
«Kakaroth, tutto quello che volevo era riportarti a casa. Non sono partito con l'intenzione di sedurti o qualsiasi cosa sia successo qui. Non volevo nulla di più».
«Lo so, mi era chiaro. Non penso che tu te ne sia approfittato, Vegeta, davvero. E, come ho detto, mi prendo io ogni responsabilità» insistette Kakaroth. «Ti dispiace avere di più?»
Beh, oramai era anche troppo tardi per discuterne.
«No, ovvio che non mi dispiace, idiota» sibilò Sua Maestà e, come riflesso incondizionato, lo cinse un poco più forte. Non gli era dispiaciuto per niente, a dirla tutta. «Ma temo di non meritarmelo».
Kakaroth spalancò gli occhi, allibito, poi scosse la testa.
«Questo lascialo decidere a me. Ti fidi?» chiese.
Si fidava? Suo malgrado, si fidava di Kakaroth più che di qualsiasi altra persona al mondo, insieme ai suoi figli, a come si era fidato di Bulma in passato. Si era fidato a tal punto da fare quello che avevano appena fatto, di andare oltre, di osare. Forse avrebbe dovuto fidarsi di più e costruire una nuova vita, una nuova avventura insieme.

«... sì» disse infine. Si fidava di lui. «Va bene, testone. Hai vinto. Solo per stavolta».
Kakaroth sorrise e si sporse per baciarlo di nuovo. Vegeta trasalì, forse non si sarebbe abituato facilmente a quella cosa, ma avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerla, per averne cura.
Avrebbero fatto quell'atto di fiducia insieme. Ci avrebbero provato. Beh, il problema vero sarebbe stato parlarne con le loro famiglie, ma tanto Radish avrebbe spifferato tutto in tempo breve. Lui e la sua incapacità di tenere la bocca chiusa.
«Smetterai mai di sentirti in colpa?» gli domandò Kakaroth.
Domanda sciocca. Non avrebbe mai smesso di sentirsi in colpa per aver atteso dieci anni per andarlo a prendere, così come non avrebbe mai smesso di sentirsi in colpa per la sua vita passata.
«Mai» rispose sinceramente. «Ma è un mio problema, sono fatto così. Non lo risolverò mai».
Kakaroth si accigliò.
«Capisco» disse, poi gli sorrise. «Però non importa, a me vai bene così... problematico».
Non seppe perché, ma quella frase lo fece sorridere. A Kakaroth era sempre andato bene così, problematico. Sin da quando era uno spietato assassino.
«Oh, ok. Del resto sei sempre stato un po' matto» ghignò Vegeta.
«Matto? Da che pulpito. Hai attraversato l'universo... solo per me» disse infine, arrossendo come un idiota. Un meraviglioso idiota, ma quello Vegeta non gliel'avrebbe mai detto.
«Lo rifarei mille volte e una in più, ma tu vedi di non scappare ancora» gli disse infine, poi lo baciò di sfuggita sulle labbra. «Baka».

Attraversare il cosmo per cercarlo era stata la scelta migliore che potesse fare. Seguire il presentimento, la traccia che l'aveva portato a trovarsi infine lì così.
All'inizio di qualcosa di completamente nuovo.
Uno addosso all'altro. Attraverso l'universo.


 

Fine.
 
Riferimenti:
-Ōji, tradotto dal Giapponese: principe.
-Notaarin, tradotto dal giapponese: deficiente.

ANGOLO DI EEVAA:
... mi viene un pochettino da piangere T___T 
Beh, tutto è bene quello che finisce abbastanza bene, no? Alla fine Goku non è riuscito a recuperare i suoi ricordi totalmente, ma si presuppone che possa accadere. E va bene anche così, sia a lui e a Vegeta. Non potevano lasciare il povero Radish a infastidire le anime dannate, no?! XD
La buona notizia è che ce l'avranno tra le scatole persino sulla Terra, yayyy! Ovviamente l'idea di farlo presentare proprio a C18 è nata per "colpa" di Teo5Astor, è lui l'ideatore di questa coppia meravigliosa (e vi consiglio anche di andare a leggere tutte le sue storie a riguardo, ma specialmente Remember Me, che mi è rimasta nel cuore).
Che ne dite... Diciotto farà rigare dritto il deficiente?
Ve lo anticipo: ho scritto una One Shot sequel a tema, ma la pubblicherò tra un bel po' di tempo. Il giorno di San Valentino, per la precisione. Segnatevelo :D 

Che dire... questa lunga avventura è giunta al termine, e mi sono divertita tantissimo a scriverla. Grazie di vero cuore a chi mi ha seguita fino a qui, spero tanto che questo fluffosissimo finale vi sia piaciuto (dai, questi due piccioncini lo meritavano). 
Ma, come anticipato, ho una GROSSISSIMA NOVITÀ pronta per domenica prossima. Una nuova long, sempre GokuxVegeta super mega slowburn, ma in un contesto davvero super particolare. Ci sarà anche Radish? Ebbene sì, ma non questo Radish. La storia sarà ambientata subito dopo il Torneo del Potere, ma non è proprio quello il tempo in cui si svolgeranno i fatti. E... c'entra qualcosa anche il pianeta Vegeta Sei e i Saiyan. Insomma... sarà un'avventura ancora più lunga di questa, super mega iper drammatica sin dall'inizio. Non posso negarvelo: sono affezionata tantissimo a questa nuova storia, forse quasi più che a After All che, come sapete, è stata un'avventura iper travolgente per me.
Non vedo l'ora di pubblicarla! Spero che mi seguirete anche lì :) 

Un abbraccio e grazie ancora di tutto il vostro supporto. Un grazie speciale a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Eevaa




 
"HAKAI"
... online da domenica 26 settembre!

 A Zeno non piaceva la desolazione.
A Zeno non piaceva più l'universo, non gli piaceva più ciò che era rimasto della sua specie umana,
non da quando alcuni umani avevano osato utilizzare le Sfere del Super Drago per scopi di conquista, per appropriarsi i poteri divini.
Poteri che gli si erano rivoltati contro.
A Zeno non piaceva che i suoi Dei della Distruzione fossero stati manipolati e assoggettati.
Non gli piaceva che avessero distrutto tutto per colpa degli umani.
A Zeno non piacevano più gli umani. A Zeno non piaceva più niente di ciò che aveva creato.
Avrebbe rifatto tutto da capo, un giorno. Senza umani.
Ma quello era il momento di distruggere."
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3972555