Begging to bleed di Nocturnia (/viewuser.php?uid=13712)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Office sex ***
Capitolo 2: *** Scars ***
Capitolo 3: *** Showers ***
Capitolo 4: *** Dominance/submission ***
Capitolo 5: *** Uniforms ***
Capitolo 6: *** Voyeurism ***
Capitolo 7: *** (Gas) Mask ***
Capitolo 8: *** Edging/Teasing ***
Capitolo 9: *** Muscles ***
Capitolo 10: *** Threesome ***
Capitolo 11: *** CNC/Dubious consent ***
Capitolo 12: *** Gun/knife play ***
Capitolo 13: *** Shibari ***
Capitolo 14: *** Leather ***
Capitolo 15: *** Tentacles ***
Capitolo 16: *** Anal ***
Capitolo 17: *** Medical ***
Capitolo 18: *** Hatefuck ***
Capitolo 19: *** Praise kink ***
Capitolo 20: *** Age gap ***
Capitolo 21: *** Bite marks ***
Capitolo 22: *** Begging ***
Capitolo 23: *** Size difference ***
Capitolo 24: *** Blowjobs/Deep throat ***
Capitolo 25: *** Virginity ***
Capitolo 26: *** Breeding ***
Capitolo 27: *** Gender play/Gender swap ***
Capitolo 28: *** Choking ***
Capitolo 29: *** Humiliation ***
Capitolo 30: *** Handcuffs ***
Capitolo 31: *** Aftercare ***
Capitolo 32: *** Memories are bullets ***
Capitolo 1 *** Office sex ***
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"I had no idea what that was.
But I wanted to thrust my hand right inside her body and touch it,
whatever it was."
- Haruki Murakami -
Begging to bleed
1.
Raccoon City è una città cruda - difficile.
Raccoon City ti cade addosso, soffocandoti - spingendoti fango e polvere giù per la gola, tra le costole.
Chris ride, libera quel suono a pochi passi dalla sua porta - potremmo andare a bere qualcosa da J's; poi magari un salto al Knaok Club. - Brad concorda, entusiasta.
Il profilo di Jill attraversa appena il suo campo visivo, scivola tra le lamelle in alluminio della tenda - esplode, confodendosi con le luci giallognole dell'ufficio.
"Moriranno."
Wesker le rivolge uno sguardo obliquo, asciutto.
"Mi incuriosisce sapere solo come. E in che ordine."
Dita sottili, bagnate - che gli stringono il mento in una morsa avida, spietata.
"Non guardare loro: guarda me."
Tu non hai alcun diritto, vorrebbe dirle, ma il sangue che le macchia la bocca racconta un'altra verità - un'altra storia.
Tu non vali niente, dovrebbe aggiungere - ferirla, fino a quando non è altro che un ammasso piagnucolante di pelle e rimpianti.
Alex gli cerca gli occhi, le labbra - mormora (oh, ma io ne ho già di rimpianti, Al) inclinandosi contro il suo petto e blandendo la sua erezione senza vergogna.
Preme il pollice sotto la punta, amplia il sorriso quando lo trova pronto, umido.
La voce di Barry rompe i loro ansiti, lo squittio di Rebecca nasconde
il gemito di Alex - cosce dischiuse e fianchi schiacciati contro il
bordo della scrivania.
"Se fotti come lavori allora c'è qualche possibilità che io e te andremo d'accordo."
A terra, il distintivo della S.T.A.R.S riflette già un futuro pieno di macerie e sangue.
Note dell'autrice: con questa
raccolta inizio il Kinktober nel fandom di Resident Evil. Qui sotto
l'immagine di riferimento con i vari prompt dedicati.
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Capitolo 2 *** Scars ***
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2.
La retorica insegna che le cicatrici sono medaglie.
L'apologia dell'eroismo racconta che ogni cicatrice è una storia
degna d'essere raccontata, forse persino presa ad esempio.
I luoghi comuni ne fanno un vanto, il simbolo splendente di chi ce l'ha fatta - del giusto, del probo.
Stronzate.
Wesker resiste all'impulso di arretrare, preme le labbra tra loro, irritato - ferito.
"Il danno è stato troppo ingente."
Alex percorre con la punta dell'indice i bordi slabbrati del ginocchio,
la rete biancastra di cordoli che si apre a ventaglio giù per il
polpaccio, verso la caviglia.
"È stata la prima cosa a cadere nella lava."
Tace, Alex, ed è nuova sotto i suoi occhi - tra le sue mani.
È Alex e allo stesso tempo non lo è - l'amplificazione spietata del paradosso che li ha sempre posseduti.
Risale con le dita verso l'alto, si ferma a pochi millimetri dalla
piega dell'inguine - aggrotta le sopracciglia, come attraversata da un
pensiero improvviso, molesto.
"Dovevamo essere perfetti." gli dice, ed è lei - la sua voce, la sua inflessione.
"Privi d'errori, sterili di sentimenti." aggiunge, schiudendo appena le
cosce e indicando la macchia rossastra che le sporca la pelle, il
cuore.
Wesker la studia in silenzio, blandendo la curva del fianco, quella del seno - incuriosito, catturato.
Alex solleva il viso verso il suo - giovane: oh, così dannatamente giovane - sfiorandogli la gola con la bocca, i denti.
"Se potessi squarciare questa pelle, Al, vedresti l'orrore che nasconde. Se potessi anche solo per un secondo conficcarmi le unghie nel petto e strappare, conosceresti la verità."
"Lo so."
Alex chiude gli occhi, tace - sconfitta, stanca.
"L'ho vista, Alex."
Il BSAA non ha avuto pietà di
ciò che era rimasto di te, Alex: né di te né di
ciò in cui credevi.
"Che sono sempre stata, Albert." mormora, respirando con lui - in lui.
Insieme.
Le cicatrici non sono medaglie o simboli: solo le feretoie attraverso le quali il mostro che è in noi grida e nasce.
Note dell'autrice: la storia è direttamente collegata all'universo di Broken inside, in particolare a Collide.
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Capitolo 3 *** Showers ***
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3.
"Ti piacciono così tanto i miei capelli?"
Wesker libera un suono basso, di gola - pieno.
"Qualcuno dice che non si addicono a una donna d'affari del mio calibro."
Continua a intrecciarvi le dita, lasciando poi che scorrano via come fili d'inchiostro - così diversi da lei.
"Si bagnerà tutto il letto se non li asciugo."
Chiude le dita a pugno, la trattiene contro il suo petto - sulla pelle il sapore dei fiori d'arancio e lui.
"Sei un tiranno."
Wesker abbozza un sorriso, strofina una ciocca tra il pollice e
l'indice - studia le gocce d'acqua intrappolate, simili alle perle che
è solita indossare nelle grandi occasioni.
Excella crederà in lui fino all'abisso e anche oltre.
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Capitolo 4 *** Dominance/submission ***
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4.
Il sesso è potere; l'unico, invero, per il quale abbiano combattuto entrambi e abbiano perso.
Il sesso è l'unica lingua che conoscono - che hanno parlato per molto, moltissimo tempo.
Il sesso - quello che li trascinava da una parte all'altra del laboratorio, che non li faceva dormire per giorni e divorava, lasciandoli esausti (pieni) - è una guerra che ha visto l'ago della vittoria spostarsi di continuo.
Alex lo colpisce così forte da strappargli il respiro - da farglielo venire duro in pochi secondi.
Tira, Alex, sollevandolo di qualche centimetro buono - l'ardiglione del collare troppo stretto, la sua bocca troppo lontana.
E brucia, Alex; vuole fargli male, ferirlo.
"Sono così delusa da te, Al." sussurra, e sa che è la verità - che ogni passo compiuto pesa nel cuore, tra i pensieri.
"Così stanca." aggiunge, scuotendo la testa - afferrandolo poi alla base dell'erezione e premendo, rossa negli occhi, sul seno, dove l'impronta dei suoi denti spicca ancora.
"Cosa cazzo dovrei farne di te? Delle tue promesse? Delle tue menzogne?"
Wesker divarica appena le gambe, la colpisce alla caviglia, facendole
perdere l'equilibrio - arrotolandosi il guinzaglio attorno al polso e
passandolo attorno alla sua di gola, pallida e nuda.
Alex infila le dita tra il cuoio e la pelle, snuda i denti - pianta i talloni in terra, scalciando.
"Che figlio di puttana." mastica, cercando di respirare.
"Ho imparato dalla migliore." ribatte Wesker, inclinandosi in avanti e
cercandola tra le cosce, lungo pieghe morbide e umide - accoglienti.
"Ti spacco quella faccia di merda appena mi libero, stronzo."
Wesker sorride contro la sua guancia, strattona - ottiene un ringhio a metà.
"Non vedo l'ora che tu ci provi, Alex."
"A volte mi chiedo se tu sia solo chiacchiere e distintivo, Al."
Wesker le cerca gli occhi, trova solo una pupilla sottile, divertita - lungo il mento fili di sangue e altro.
In ginocchio, schiacciata e piegata, Alex distrugge le sue sciocche pretese e conquista.
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Capitolo 5 *** Uniforms ***
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5.
"Smettila di guardarlo."
"Non so di cosa tu stia parlando."
"Uhm, certo: e Will è perfettamente sano di mente."
"Mi stai dando del bugiardo, mon ami?"
Alex dondola la penna tra le dita, inclinando il mento verso destra.
"Esatto: la tua erezione parla per te."
Daniel impallidisce, Alex gli punta la stilografica contro - ridacchia.
"Raffredda gli spiriti, Fabron: abbiamo del lavoro da fare."
"Uccidere persone, sgozzarne altre, dare da mangiare agli hunter, blablabla, lo so."
"Potevi sempre consegnare il curriculum da Saya, in centro: ti ci vedo come venditore di scarpe casual."
"Fottiti, chérie."
Alex gli riserva uno sguardo allusivo, vivace.
"Perché credi che Albert indossi il giubbotto della S.T.A.R.S sopra la divisa?"
Daniel si sporge verso lo schermo A - quello collegato con la rete locale - abbassandosi gli occhiali sulla punta del naso.
Alle spalle del sindaco il team Alpha e Bravo fissano le telecamere in
silenzio, spalle dritte e gambe leggermente divaricate - al petto la
targhetta con il loro nome e i gradi.
"Non capisco..."
Daniel si avvicina ulteriormente, strizzando gli occhi e imbrociando le labbra.
"Dove cazzo è la sua camicia? E soprattutto: cosa diavolo hai fatto per renderla impresentabile?"
"Non vuoi davvero saperlo."
Daniel alza appena un sopracciglio, fissandola.
"Diabolique petite traînée."
La risata di Alex gli gronda addosso come vetro e voglia.
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Capitolo 6 *** Voyeurism ***
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6.
Non era stata sua intenzione vederli.
Non aveva programmato di tornare indietro, ripercorrere le scale del
dipartimento e mettersi a frugare tra le cose di Chris per trovare
quelle fottute chiavi.
Non aveva deciso di nascondersi sotto la scrivania quando aveva sentito
dei passi avvicinarsi - nell'aria l'odore stantio del dopobarba di Brad
e quello acidulo dei tacos di Marini.
Click.
Jill si porta le gambe al petto, trattiene uno sbuffo - cazzo, cazzo, cazzo.
Qualcuno inspira con forza - annusa - cammina tra le loro postazioni
come se sapesse esattamente dove andare, fermandosi poi a pochi
centimetri da quella di Chris.
Jill mastica una serie di insulti in silenzio, mordendosi il labbro
inferiore - questa me la paga: quel cretino me la pagherà
carissima.
Tump.
"Oh, sei qui."
Una donna: è una donna, si ritrova pensare e questo le fa trarre un respiro di sollievo.
Scarpe femminili, tacco superiore ai sei centimetri. Passo lungo, sicuro. Forse un metro e settanta, se non di più.
La porta dell'ufficio si richiude con uno scatto secco e Jill si
irrigidisce di nuovo, percependo il rumore della chiave che gira nella
serratura - una, due volte.
La donna cambia posizione, si appoggia con le mani al bordo della
scrivania - unghie curate, smaltate di un rosa tenue, naturale.
"Non fare quella faccia: al lavoro le cose si stavano facendo... noiose."
Una risata a metà, che Jill riconosce - ha già sentito.
La donna tamburella con le dita sul legno - Tap tap. Tap tap. Tap tap -
si scosta appena, offrendole la visuale delle sue gambe - snelle,
strette in un paio di pantaloni neri dal taglio elegante.
"Andiamo nel tuo ufficio? Qui c'è puzza di sudore e deodorante scadente."
Un paio di anfibi da combattimento entrano nel suo perimetro visivo e
Jill capisce che il capitano deve essersi avvicinato alla donna - anzi,
no: le è praticamente addosso.
Il portanome di Chris cade a terra, spezzandosi in due sotto le
Louboutin della donna - la scrivania si sposta all'indietro,
schiacciandola contro la sedia e conficcandole la seduta tra le
costole.
"Impaziente, uhm? Dovrai ricomprarmela: era in organza. Una Valentino."
Il tono della donna è leggero, privo di rimprovero - ricco, pieno.
Wesker mormora qualcosa che Jill non riesce a capire, ma la donna ride, ed è un suono strano, quasi infantile.
"Al." lo chiama e la sua voce è bagnata da un desiderio
viscerale, che le fa accapponare la pelle e brucia tra le cosce -
pulsa.
Jill chiude gli occhi, respira - vorrebbe solo strisciare in un buco
molto lontano e molto profondo - chiedendosi con che faccia il giorno
dopo guarderà negli occhi il capitano Wesker e...
La scrivania si alleggerisce all'improvviso, lasciandola libera di
scostare la sedia girevole - il tuo ufficio, ripete la donna, e i passi
si spostano lontano da lei, verso destra.
Clack.
Jill rimane immobile qualche minuto - dieci, per l'esattezza - posa lo
sguardo sulle veneziane chiuse dell'ufficio di Wesker, lungo le ombre
che vede muoversi (insieme) all'interno.
"Pranzo gratis per un mese, Chris." sibila poi, uscendo dal suo
nascondiglio e recuperando le chiavi dell'auto, sepolte sotto una
poltiglia di Almond Joy.
Nella mente di Jill la voce della donna prenderà forma solo quando sarà troppo tardi per entrambe.
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Capitolo 7 *** (Gas) Mask ***
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7.
Non è mai stato uomo da rimpianti o rimorsi; quelli sono buoni solo per chi non vede - non getta la mente e la morale oltre l'ostacolo.
Ha compiuto un passo dopo l'altro senza mai chiedersi perché - credendo ancora di stringere qualcosa tra le dita, al petto.
"Non respiro."
Alex gli preme la maschera antigas sul volto, spingendo con una tale forza da fargli scricchiolare lo zigomo, il naso.
"Sei una testa di cazzo." la sente sibilare.
"Una grandissima testa di cazzo." ripete, aprendo le dita a ventaglio attorno alla propria maschera e regolando il filtro di flusso.
"Mi manca l'aria."
Il viso di Wesker si allarga, si restringe, rimbalza - mi viene da vomitare.
"È già tanto se non hai i polmoni collassati." gli
ribatte, monocorde - una poltiglia informe che assomiglia al mostro di
Chernobyl.
"Will!"
Qualcuno lo afferra per le spalle, trascinandolo all'indietro - crick crick crunch: ossa rotte, spezzate.
Masticate.
"Oddio, Will: mi senti? Riesci a sentirmi?"
"Ha inalato così tanta merda che non so nemmeno se sia vivo." lo raggiunge la voce di Alex, furiosa - preoccupata.
Annette libera un gemito esausto, si china verso di lui, toccandogli la fronte, le palpebre socchiuse.
"Will." mormora - cantilena.
Dietro il visore appannato Annette non gli è mai sembrata più bella - viva.
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Capitolo 8 *** Edging/Teasing ***
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8.
Negare è un'arte nella quale sono stati disciplinati per anni.
Negare, e manipolare.
"Puoi fare di meglio." mormora Alex, e c'è un sorriso tra le sue
parole - il ghigno dello squalo che ha trovato la sua preda.
Wesker la fissa dall'altra parte del tavolo, immobile - dita intrecciate tra loro e occhi nudi.
"Anche tu." ribatte, neutro.
"Oh, non so: mi pare di stare già facendo un lavoro eccellente."
"Non crederti l'unica."
Alex arcua appena un sopracciglio, annuisce - gioca con i rimasugli della cena.
"Io non mi credo nulla, Al." replica, punzecchiando un avanzo di carne.
"Io so di esserlo." prosegue
poi, sollevando lo sguardo su di lui - studiandolo con l'attenzione che
dedica alle cavie in laboratorio.
Wesker si reclina all'indietro, accavalla le gambe e Alex sorride - snuda i denti, bianchissimi e ferali.
"Posso fare qualcosa per te, Al?" sussurra - sibila, portandosi alle labbra uno spicchio di filetto quasi crudo.
Wesker indurisce la linea della mandibola, tace - ospite indesiderato nel suo stesso corpo, del suo stesso desiderio.
Tra le cosce la fame è un pulsare furioso e dolente.
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Capitolo 9 *** Muscles ***
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9.
"Questa non è la mia faccia: non tutta, almeno."
Jill segue il movimento delle pale del ventilatore in silenzio, attende - quieta.
"Ho dovuto... cambiarla."
Coriandoli di luce si disperdono nell'aria, tra le fessure delle tapparelle abbassate - lungo il suo profilo stanco, esausto.
"L'Umbrella ha pagato per questa." ribadisce, indicandosi il volto, la curva piena delle labbra.
Jill si volta, sollevandosi su un gomito.
Carlos mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, nell'aria un vago retrogusto di tabacco e sudore.
"Non è venuta poi così male."
Oliveira libera una risata piena, che si riverbera nel suo petto, percuotendole il cuore, la pelle.
"Sei un'adulatrice nata, Jilly."
"E tu un idiota molto fortunato."
Carlos piega appena il capo verso di lei, abbozzando un sorriso.
"Disse quella a cui ho salvato il culo da un Freddy Kruger gigante."
Jill lo colpisce sull'addome, tamburellando poi con le dita lungo la linea fibrosa dei muscoli, saggiandone la consistenza, la forma compatta, asciutta.
Carlos arcua un sopracciglio, scostando il lenzuolo.
"La camera è prenotata fino a domani."
"È per caso un invito, Carlos Oliveira?" lo canzona lei, cercandolo con la bocca, le mani.
"Sempre, Jilly." mormora lui, baciandola; il futuro è una speranza in cui credere fino alla fine.
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Capitolo 10 *** Threesome ***
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10.
Non saprebbe dire chi l'abbia attratto per primo: chi abbia invaso la sua mente, conquistandola e massacrandola senza pietà.
Tra i suoi ricordi il sorriso di Horace è lontano, sbiadito: una memoria che stanno estirpando a ogni respiro, ogni ansito.
Tutto ha il sapore del sangue, dell'orgasmo di Wesker, della risata di Alex.
Persino la sua stessa pelle.
Tutto è loro - corpi che nella penombra non riesce a riconoscere, mani che lo toccano, lo distruggono, lo ricreano a loro immagine e somiglianza.
E ride, Alex; ride, ed è come sentire piovere vetro, ingoiare cenere.
Si flette verso di lui, pallida e liscia - piccola serpe dagli occhi trasparenti, divertiti.
Lo schiaccia verso il pavimento Wesker, il pollice sulla trachea e l'indice sotto la mandibola, a premere e soffocare.
"Se solo potessi vederti, Daniel." lo schernisce Alex, tra le cosce sangue e sperma - lo stigma di un uomo che divora e muore con lei ogni fottuta volta.
"Se solo potessi sentirti come facciamo noi." continua, sfiorandogli appena la fronte, le sopracciglia.
Apre la bocca, richiudendola subito dopo - il dolore una scudisciata lungo la spina dorsale, tra le natiche.
La vista gli manca agli angoli, le mani cedono ed è solo il
pugno di Wesker stretto al collo che gli impedisce di cadere in avanti
- gli toglie l'aria, la coscienza.
Alex ride - di nuovo, ancora: sempre quel suono terribile, né bello né brutto; semplicemente fuori tono, sbagliato.
Si solleva sulle ginocchia, tendendo le braccia oltre lui, alle sue spalle - cercando Wesker, la sua bocca.
"Le femmine della specie sono quelle più pericolose, Fabron: prendi per valido il suggerimento di mio marito."
"Non stiamo parlando di B.O.W., dottoressa Birkin."
"Credi forse che Alex sia diversa? Sia migliore?"
"Non è un mostro."
"Nemmeno noi, Fabron: eppure eccoci
qua. A rapire e uccidere. A straziare donne incinte, uomini di
famiglia. A spezzare vite e sogni come se fossero niente, misere tacche
da aggiungere a fascicoli già pieni."
"È questo che si racconta ogni notte prima di andare a dormire?"
"È questo che facciamo, Fabron. Che siamo. Ma Albert e Alex... oh, loro sono speciali. Sono... di più."
"Credo abbia mal interpretato le mie intezioni, dottoressa."
"Riparliamone la prima volta che ti avranno toccato: toccato davvero, Daniel. Poi mi dirai chi aveva ragione tra noi due."
Anni dopo, quando la storia li avrà abbandonati tra le loro
stesse macerie, sarà la disperazione di Alex a riportarli tutti
a casa.
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Capitolo 11 *** CNC/Dubious consent ***
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11.
Ha la guerra nel cuore, sulla pelle.
Indossa il volto dell'eroe, quello del bravo soldatino fedele alla bandiera, petto in fuori e sorriso onesto.
Non sbaglia, l'eroe.
Non mente, l'eroe.
Non perde, l'eroe.
Non manipola, l'eroe.
Chris rattrappisce le dita attorno al lavandino sbeccato, digrigna i
denti - cerca di trattenere i conati che gli scuotono l'addome, la gola.
Non ci riesce.
Gin scadente e birra - forse un panino al salame piccante, dall'odore non saprebbe dirlo con certezza.
Tossisce, ruota la manopola dell'acqua calda - niente.
"Maledetta topaia di merda."
Ti ci sei messo da solo in questa situazione.
Chris chiude gli occhi, inspira, espira - nelle narici il puzzo acre del cibo maldigerito.
"Non è vero."
Ah no? Strano: pensavo che l'Edonia ti piacesse così tanto da volerne assaggiare le bellezze locali.
"Come hai fatto tu?" sibila, cercando a tentoni lo spazzolino.
Io? Non dire assurdità. Aelita non era certo una puttana con la sifilide e chissà quale altra malattia.
"No, certo. Certo. Per te solo le cose migliori, uhm?"
Perché vivere, altrimenti?
Chris apre gli occhi, studiandosi nell'immagine di un uomo sconfitto, consumato.
"E comunque Volodja non è una puttana."
Non sa nemmeno dove si trova. Era
talmente fatta di krokodil che non sa nemmeno d'aver scopato con un
relitto come te. Almeno era consenziente oppure l'hai convinta con la
promessa di cinque dollari e un mondo migliore?
Chris si volta, colpisce il muro con il tubetto di dentifricio - grida, liberando un suono spezzato, debole.
"Io non sono come te."
"Tu non sei pagata per dirmi cosa fare, ma per essere carina e servirmi da bere."
"Io non sono come te." ripete, scivolando lungo la parete, nello spazio tra il lavabo e il gabinetto.
La memoria è un fantasma che non si stanca mai.
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Capitolo 12 *** Gun/knife play ***
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12.
Prima o poi uno dei due rimarrà ucciso.
Prima o poi il suo coltello ti trapasserà il petto, il cuore.
Prima o poi la tua pistola la colpirà in fronte, squarciandole quella sua bella faccia ieratica e pallida.
Prima o poi.
Ada sorride tra i tuoi capelli, intreccia le gambe alle tue in un movimento pigro, languido.
"Un penny per i tuoi pensieri."
Dove andrai questa volta, vorresti chiederle.
Chi servirai domani, vorrebbe
aggiungere, ma sceglie invece di baciarla come se nulla avesse
importanza - come se il loro passato fosse più di un groviglio
di mostri e rimpianti.
Ada respira sulla tua bocca, ti accoglie senza incertezze - affonda con te, per te.
"Leon." chiama - mormora.
E qualcosa si spacca tra le tue costole, dentro, dove il dolore è diventato rimorso e infine indifferenza.
"Mi ami, Leon?"
"Non lo so."
"E tu? Mi ami, Ada?"
"Dovrei?"
Se il futuro non può appartenervi, che almeno il presente sia il sapore di un orgasmo che racconta già tutto.
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Capitolo 13 *** Shibari ***
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13.
Ogni filo è estensione del nawashi; ogni nodo, ogni passaggio ne forma la storia, l'essenza.
Wesker percorre con la punta delle dita la schiena di Alex - ne segue
la curva pallida, le piccole fossette poco sopra le natiche.
Sospira, Alex, gli occhi socchiusi e il viso rilassato - quieto.
"Farà male?"
"Vuoi che lo faccia?"
Alex sembra rifletterci sopra, valutando le sue parole.
Sfiora cauta il nastro viola, saggiandone la consistenza - la fibra.
Lo guarda di sottecchi, nuda tra le sue gambe - tiepida e invitante.
So cosa signica quel colore, sembrano dirgli i suoi occhi, e Wesker abbozza un sorriso, baciandole la tempia.
"Immagino dovrò capirlo da solo."
La fragilità di Alex è una confessione spietata e terribile.
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Capitolo 14 *** Leather ***
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14.
Chi sei,
vorrebbe chiederle.
Che cazzo ci fai qui, sibila
la sua coscienza, la gelosia.
La nuova arrivata cammina per la stanza come se fosse sua; come se tutto
ciò che la circonda le appartenesse - sopra, sotto, dentro, dove
riposano i mostri e lui.
Sfiora la costa di un libro - Memorie dalla casa dei morti, Dostoevskij
- emettendo poi un suono di gola, compiaciuto.
"Vorrei un caffè."
"Non sono una cameriera."
La ragazzina si volta, rivolgendole uno sguardo divertito, luminoso.
"E se lo chiedessi con gentilezza?"
Nadine incrocia le braccia al seno, sollevando il mento.
"Non cambierebbe nulla."
La ragazzina arriccia un angolo delle labbra, ridacchia, ed
è come sentir spezzarsi
le ossa, infrangersi il vetro.
"Capisco cosa ci abbia visto in te. A parte le tette, s'intende."
Nadine irrigidisce le spalle, tace.
La ragazzina si volta, al petto Dostoevskij, attorno al corpo nudo un
cappotto in cuoio che Nadine
sa appartenere a lui.
"Una vodka liscia? Ho fatto il palato a quella russa nei miei ultimi
anni."
"Non sei neppure maggiorenne. Quanti anni hai? Sedici? Diciassette?"
"Oh.
C'è una certa ipocrisia di fondo nel negarmi un alcolico
quando per lavoro conduci esperimenti illegali, no?"
"Se fosse per me ti avrei sbattuta fuori di qui già ore fa."
La ragazzina si stringe nelle spalle, afferrando al volo una manica del
cappotto.
Nadine indurisce lo sguardo, fissandola.
"Natalia Korda Burton: nulla più che una puttana che
dovevamo prendere e
interrogare."
Natalia Alex inclina il viso verso Nadine, abbozza un sorriso sbilenco
- stonato.
"E uccidere, immagino; dopo averla sezionata un po', se ricordo i
protocolli."
"Tu non appartieni a questo mondo."
Natalia Alex amplia il sorriso, intravede la paura di Nadine, la sua
sciocca rabbia - un uccellino sparuto e tremante al confronto di
Excella.
"Io sono questo mondo, Nadine." mormora, avanzando fino a quando non le
divide solo un respiro.
La pupilla di Natalia Alex si flette - diventa come lui, un riflesso
spietato.
Nadine non cede - non ancora.
Sulla pelle il suo odore non muta mai.
Note dell'autrice: il capitolo si inserisce nella storia Collide, della serie Broken inside.
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Capitolo 15 *** Tentacles ***
sss
15.
William Birkin non è mai stato un capolavoro di chiarezza - o equilibrio, se è per questo.
Potevi trovarlo chino su un paio di ratti che l'indomani sarebbero
diventati grossi come bovari del bernese oppure seduto in un angolo di
sala mensa a nutrirsi di Nutter Butter e tè freddo.
Un momento prima rideva con te e quello successivo ti spediva direttamente all'inferno - e no; William Birkin non sceglieva mai la via meno dolorosa per vendicarsi.
Ma. Perché c'è sempre un ma.
"Al, posso chiederti una cosa?"
Wesker era rimasto immobile, regolando il fuoco del microscopio e ignorandolo.
"È urgente."
Silenzio.
"Oh, e va bene: andrò da Alex. Lei è molto più gentile di te. Con me, almeno."
Nel laboratorio era tornata la quiete.
"Albert."
Un sospiro: il cigolio della sedia che arretra, ruotando poi su stessa.
"Cosa c'è?"
Alex sposta lo sguardo alla sua sinistra, sul viso un'espressione nuova, diversa.
"Hai visto cosa sta studiando Will?"
Wesker si stringe nelle spalle, scuotendo la mano nell'aria.
"No e nemmeno mi interessa: dovevo?"
Alex annuisce un paio di volte, borbottando qualcosa sottovoce.
Wesker si sporge in avanti, alzando un sopracciglio.
"Non ho capito; c'entra con il virus T?"
"In un certo senso."
Wesker aspetta, Alex ridacchia, giocando con i braccialetti che porta ai polsi; la risposta sarà quantomeno... inaspettata.
"Ho solo chiesto! Non ho fatto niente di male."
Annette gonfia il petto, le guance - sembra un tacchino pronto a esplodere.
"William Birkin. In quale universo questa roba sarebbe utile ai nostri studi?"
"Be', devo dire che è alquanto... fantasiosa." si intromette Alex, sorniona.
Annette la fulmina sul posto, Wesker si sporge oltre la spalla di Alex, togliendosi gli occhiali e sgranando gli occhi.
"Will: non ti facevo un appassionato di porno."
"Non è porno." mastica Birkin, rosso fino alla punta delle orecchie.
Wesker passa alla pagina successiva, ride - indica la stessa scena di Alex.
"Ah no?" rimarca Alex, voltando la rivista e stendendogliela bene bene
in faccia "Questo tentacolo le entra nel culo e le esce dalla bocca,
Will: a me pare abbastanza porno. Tentacle, per la precisione."
"È un hentai!" sibila Birkin a denti stretti "Un'antica arte giapponese di..."
"Porno." ripete Wesker, divertito "Però capisco la tua
curiosità: in fondo, le B.O.W. hanno dimostrato un alto livello
di ferormoni e di interesse alla copula."
"Grazie, Al." ribatte William, sollevato "Sapevo che avresti capito."
Wesker schiocca la lingua contro il palato, negli occhi una scintilla
ilare che neppure le luci del laboratorio riescono a spegnere.
"Ciò non spiega perché tu abbia trenta volumi di questa roba."
"Anatomia comparata. Vedi, in alcuni gli organi femminili riescono a dilatarsi in maniera simile a quella dei licker e..."
Annette impallidisce - io quella roba non la proverò mai, William Birkin: puoi tornare vergine per quel che mi interessa - Alex abbozza un sorriso, una mano al mento e l'altra sulla coscia di Wesker: imperturbabile, William continua nel suo lungo elenco di scoperte scientifiche.
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Capitolo 16 *** Anal ***
hhh
16.
La miseria non rende migliori; la fame non nobilita.
La paura non si trasforma in coraggio e il dolore non diventa mai speranza.
Jake affonda il gomito nello stomaco del suo compagno, facendolo
arretrare di qualche metro buono - nascondendo in fretta la sua
espressione sorpresa, agitata.
"Che cazzo stai facendo?"
Pyotr lo fissa con la stessa vacuità dei lupi, passandosi il dorso della mano sul mento.
"Sono due anni che non vedo la mia ragazza." gli dice, come se potesse spiegare tutto.
Jake assume una posizione difensiva, trattiene il grumo solido di
lacrime e urla che gli si è formato in gola, nel petto.
"Be', mi dispiace per te, coglione, ma io non sono Agata."
Pyotr si scrolla nelle spalle, incurante.
"Sono più vecchio di te, recluta. Credo che un po' di rispetto mi sia dovuto. E anche il resto. "
"Fottiti."
"Pessima scelta di parole."
Pyotr avanza, Jake serra i ranghi, spegne la coscienza - attacca, e non smette fino a quando non devono sollevarlo a forza dal viso tumefatto di Pyotr.
Ho dovuto, mormorerà al silenzio.
Non avevo altra scelta, ringhierà al buio.
Ha diciotto anni e due giorni, Jake: negli occhi un padre mai conosciuto, sulle labbra le preghiere di una madre morente.
La dignità è l'unica cosa che gli rimarrà fino alla fine.
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Capitolo 17 *** Medical ***
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17.
Avevano sempre sorriso quando la vedevano attraversare i corridoio dell'azienda così; un camice bianco a qualificarne il ruolo e uno chignon nerissimo a definire un volto giovane, spietato.
Indulgenti. Pazienti. Leggermente infastiditi. Nulla più d'insetti sotto le sue scarpe, nei suoi pensieri.
"Peccato solo tu abbia dieci volte il loro cervello, Excella."
"Le lusinghe non la porteranno da nessuna parte, dottor Wesker."
"Oh, lo so; ma non scommetto mai sulla persona sbagliata."
"Devo partire."
Excella solleva lo sguardo, fissandolo.
"Per quanto?"
Wesker studia con attenzione il soggetto H03, i suoi progressi.
"Non è rilevante."
Excella si stringe il bavero del camice al collo, scivolando con le
dita nel solco dei suoi denti - un morso che aveva rischiato di ucciderla.
"Il progetto subirà un arresto."
Wesker si inclina appena in avanti, nel respiro un vago sentore di menta e... tabacco?
"Conto su di te perché ciò non accada."
Conto su di te perché non ci siano ritardi.
Conto su di te perché le guardie facciano il loro lavoro.
Conto su di te perché Irving ottenga i soldi.
Conto su di te perché mi apra il cuore e le gambe, Excella.
"Non è sufficiente."
Wesker smette di sfogliare i documenti che ha di fronte, le rivolge uno sguardo in tralice, neutro.
Excella scuote la testa, appoggiandosi contro lo schienale della poltrona.
"Serve la tua presenza qui."
Wesker ascolta, non ribatte.
Excella solleva gli occhi, cercando i suoi - nudi, di un rosso quieto, leggermente dorato attorno alla pupilla.
"A me serve la tua presenza qui."
"Hai le capacità per continuare quello che abbiamo iniziato."
"Lo so."
"Non vedo il problema."
Excella stringe i denti, trattiene un sospiro esasperato - stanco.
Tu non vuoi vedere, vorrebbe dirgli.
Non te ne fotte un cazzo, le piacerebbe aggiungere, ma tace e indurisce il cuore, le speranze.
Se stessa, diventando un'arma (la sua).
Wesker le accarezza una guancia, la curva piena delle labbra - sorride, ed è come cadere (morire).
"Conto su di te, Excella. L'ho sempre fatto."
Anche mentre gli altri ridevano di te e delle tue sciocche, bellissime,
ambizioni: del tuo essere femmina in un mondo a rovescio. Della tua
rabbia, così feroce da non lasciare altro che cenere e terra
brulla. Della tua intelligenza e del fatto che fosse intrappolata in un corpo troppo per uomini piccoli. Perché io ti amo, Excella. Ti amo e un giorno sarai regina.
Excella annuisce, gli bacia l'interno del polso - innaturalmente freddo.
Nella mente di Wesker il dolore di Alex è una rete pulsante che grida e corrode.
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Capitolo 18 *** Hatefuck ***
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18.
La loro storia è solo un insieme disperato di sangue e denti conficcati l'uno nell'altro.
La loro storia è iniziata nell'orrore, finirà allo stesso modo.
Alex colpisce, non lascia respiro, spazio.
Wesker affonda, soffoca sulla sua bocca - rabbiosa, ferita.
E non è fottere; nemmeno incontrarsi.
Non è cercarsi o trovarsi, ma una guerra che chiama, e grida il nome d'entrambi.
Alex gli circonda la vita con le gambe, serrandole in una morsa che gli strappa più di un gemito - umida, così stretta, pronta.
Stringe, Wesker, percependo la curva del collo flettersi - scricchiolare e piegarsi in un arco innaturale, bellissimo.
Potrebbero uccidersi; potrebbero morire lì, l'uno sulla pelle dell'altro, e non ci sarebbe nulla di romantico o poetico.
È il dolore la cifra a cui rispondono - il dolore e le sue
estensioni, quella puntura che accende ogni nervo, ogni fibra di due
corpi (non) morti.
Fammi sentire, lo implora Alex; liberami, Al. Distruggimi, così che io possa nascere a nuovo.
Ed è un filo rovente quello che gli si attorciglia nel petto, tra le costole: la consapevolezza d'essere carne e nulla più - marionetta schiava di se stessa, di lei.
"Ti odio." mormora Alex, ansimando "Ti odio così tanto che ti ucciderei con le mie mani se..."
Le toglie l'aria, Wesker; dita impietose che affondano nella pelle
tenera delle cosce, una solitudine che riconosce come sua - uguale.
Se.
L'orgasmo condanna entrambi a una resa piena di rimpianti e domande.
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Capitolo 19 *** Praise kink ***
dd
19.
La lusinga è un'arte raffinata, che va coltivata - apprezzata.
La lusinga non è mentire - mai.
La lusinga è lo sguardo di suo fratello mentre scopre la verità, quando Alexander muore.
La lusinga è ciò che la rende forte, potente; umida lungo le guance, tra le cosce.
"Sei bellissima." le dice, perduto - devoto.
Lo so.
"Sei la più intelligente." mormora ai suoi piedi, baciandoli.
Lo so.
"Farei di tutto per te." le promette, e lei ci crede - non ha motivo per non farlo.
Alexia si volta, prendendogli il viso tra le mani - riflettendosi in occhi uguali ai suoi, ardenti e pieni.
"Anche morire?"
Alfred sorride, cercandole la bocca e intrecciando le dita nei suoi capelli - una cascata liquida d'oro e miele.
Uguali, uniti, eterni.
Dalla sua prigione di ghiaccio e vetro Alexia osserva, imperturbabile.
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Capitolo 20 *** Age gap ***
20
20.
È giovane la ragazzina che si trova davanti - troppo.
Lo fissa con uno sguardo che riconosce - ricorda.
Incrocia le gambe sotto di sé e da quella posizione non gli
nasconde nulla -
non la linea piatta dell'addome, non quella del pube, marcata appena da
una linea bionda e liscia.
Wesker alza un sopracciglio, tace - inspira, e il suo odore lo colpisce
come un pugno dritto nello stomaco.
Argan e sangue.
"Con Excella non ti sei posto tutti questi problemi."
"Quanti anni ha, Albert?
Diciassette? Cristo, non ricordo nemmeno come fosse essere
così giovane."
La ragazzina - Alex -
si stringe nelle spalle, voltandosi e offrendogli una panoramica
più che generosa
della curva della schiena, quella delle natiche.
"Natalia è nata nel 2002."
"Lo so." ribatte, neutro.
Alex si accomoda tra le coperte sgualcite, sulle ginocchia un vassoio
sul quale ondeggia una tazza di caffè e due brioche.
Scivola con le dita prima su una, poi sull'altra - sceglie infine
quella ripiena di mirtilli e cioccolata, nessuna granella aggiuntiva di
zucchero.
"Siamo nel 2018: credo che tu i conti li riesca a fare anche da solo."
Sedici anni.
Alex addenta la prima pasta, libera un suono di gola - soddisfatto.
"Merda,
avevo dimenticato quanto fossero buone. Burton comprava solo quelle
confezionate e diciamocelo: in quella famiglia il cibo non è
dei migliori."
"Sedici. Ha sedici anni,
Alex."
"Una bambina."
Wesker rafforza la presa attorno alla testa dell'aspide, sposta il peso
del corpo sul piede destro - la gamba sinistra un insieme di cicatrici
che pulsano e gridano
a ogni movimento.
"Una bambina che sa
già come coltivare la Stairway of the Sun fuori dal suo
ambiente."
Alex si pulisce gli angoli della bocca con le dita, gli rivolge uno
sguardo curioso, in tralice.
"Sono io, Albert: sono Alex."
No. Sì.
"Lo so."
Alex appoggia la brioche, aggrottando le sopracciglia.
"Non... devi abituarti, lo so. Anche per me non è stato
facile."
"Sei una... ragazzina."
Alex ridacchia, un gemito teso, nervoso.
"Già. I vantaggi di aver colonizzato il corpo di una
bambina."
Wesker le si avvicina zoppicando, sfiorandole appena una guancia -
tiepida, appena rosata.
"Sei... diversa."
"Anche tu."
Wesker tace, prosegue nel suo studio silenzioso - l'arcata orbitale, la
linea del naso, quella elegante del collo.
"Sei un po' invecchiato."
Si blocca, fissandola - sul fondo della pupilla una scintilla
indignata, forse persino offesa.
Alex abbozza un sorriso, prendendogli il viso tra le mani - seguendo
linee nuove e vecchie; cicatrici che la storia aveva inciso nella loro
pelle come memorie.
"Ti dona, Al." mormora poi, baciandolo.
La sua bocca ha il sapore di sempre.
Nota dell'autrice: questa storia
fa riferimento agli avvenimenti accaduti in "Collide".
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Capitolo 21 *** Bite marks ***
sss
21.
C'è qualcosa di profondamente sbagliato nel viso senza tempo di Wesker.
C'è qualcosa che le fa mancare il respiro, tremare nelle ossa, dove la sua voce percuote e vibra.
C'è qualcosa di mostruoso nella flessuosa linea che assume il suo corpo quando combatte, quasi un serpente senza squame né pelle.
Incoronato d'oro e sangue, persino le poche gocce di sudore che versa
durante gli allenamenti sembrano tingersi rosso, regalandogli l'aspetto
di un dio glabro e spietato.
Eppure.
Eppure c'è qualcosa che ha cominciato a notare; un particolare a cui non aveva dato molto peso.
Non subito, almeno.
C'è un affossamento sopra il pettorale sinistro di Wesker - una
curva che sembrava scendere verso il capezzolo e lì fermarsi,
circondandolo.
Jill si era concentrata su quell'anomalia per non perderlo di vista durante gli spostamenti - quando si divertiva a esibire le sue capacità di B.O.W. e a lasciarla a terra spezzata.
L'aveva studiato, Jill: i suoi occhi stanchi l'avevano seguito di allenamento in allenamento, capendo poi di cosa si trattasse.
Un morso; quello è un fottuto morso. Ed è anche bello profondo.
Ma chi poteva ferire la pelle di un dio? Chi, se non un'altra divinità?
Wesker inclina il viso verso di lei, sembra leggerle qualcosa sul volto - tra i pensieri.
Jill si passa il dorso della mano sotto il mento, sputa un dente - tanto ricrescerà, le dice Excella, annotando la frequenza cardiaca, la saturazione ossigeno.
Vaffanculo, vorrebbe dirle, ma il P30 la invade - non era ancora il momento, Albert. Perché hai aperto l'erogatore sottocutaneo? - spegnendo ogni replica, ogni speranza.
Excella schiocca la lingua contro il palato, Jill muore - di nuovo, sempre.
Nella pupilla dilatata di Wesker la verità è una ferita da nascondere e proteggere.
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Capitolo 22 *** Begging ***
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22.
Hai pregato sempre il dio sbagliato.
Hai pregato un dio che potevi toccare, e far venire tra le tue dita come un uomo qualsiasi.
Hai pregato - oh, senza dubbio l'hai fatto, Excella: in ginocchio hai pregato - supplicato.
E rideva, il tuo dio.
Schiacciava le tue incertezze tra dita lunghe, impossibili - da pianista o chirurgo pazzo.
Estingueva la tua fame, le tue paure - grondava su di esse la sua benedizione, il suo (vostro) desiderio.
Bruciava, il tuo dio: brillava al sole di un continente vecchio, innocuo solo nelle rare volte in cui lo sorprendevi addormentato.
Ed erano quelli i momenti in cui ti arrischiavi a fermare le tue
preghiere, sedendoti al suo fianco e studiandolo con la solenne
attenzione di una vestale.
Era bello, il tuo dio: perfetto solo come le menzogne sanno essere.
"Avevi detto che avremmo regnato insieme; che ero degna."
Wesker ti bacia, affonda, penetra - il virus, lui, il futuro.
"Ti ho ascoltato, Excella. Ti ho ascoltato a lungo e ho deciso di esaudire le tue preghiere."
In un mondo di morti e macerie Excella solleva il capo e diventa regina.
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Capitolo 23 *** Size difference ***
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23.
Sherry è piccola al suo fianco; uno scricciolo che gli arriva a
malapena al petto, esile e fragile - verso il quale prova l'istinto viscerale di proteggerla e difenderla.
Il villaggio cade - si
arrotola attorno a loro in volute di polvere e sangue; un buco sperduto
nel sud della Romania, grumi grigiastri di neve sporca e poco altro.
"Corri!" gli grida, tendendogli la mano.
"Come se non lo stessi già facendo." bercia lui, scavalcando una trave caduta.
"Non ho mai firmato per tutta questa merda!"
"Sì, be', spiacente di dirtelo, ma questa merda è il tuo mondo adesso."
Jake la raggiunge, scoccandole un'occhiata per nulla felice.
"Se in Edonia avessi saputo che..."
Sherry abbozza un sorriso, spingendolo sulla sinistra ed evitando una roccia divelta.
"Avresti detto di sì comunque."
"Non contarci, Supergirl."
Jake estrae le pistole, si volta - spara, e guadagna qualche metro di respiro.
"Una cena al messicano se ho ragione io."
"Su cosa?"
Sherry fruga nelle tasche del cappotto in cerca della radio, trovandola e accostandola poi all'orecchio.
"Che la tua risposta sarebbe stata affermativa." ribatte, riservandogli uno sguardo divertito, complice.
"E farmi sbattere il culo da ragni giganti e streghe deformi?"
"Be', no: pensavo più a noi e a quella stanza a Londra. Ma sì, sempre di culo si tratta, in fondo."
Jake avvampa, Sherry ride: sulle loro spalle il passato - la memoria - è un po' più leggera.
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Capitolo 24 *** Blowjobs/Deep throat ***
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24.
"Non è una pratica per tutti."
Daniel tossisce, cerca di rallentare i battiti accelerati che gli percuotono le costole, il petto.
"All'inizio può fare male."
Inspira, apre la bocca, si blocca a metà del gesto - non trova aria, sollievo.
"Pensavo fosse allenato."
"Questo è preconcetto, Albert."
"Tu non hai fatto una piega."
Una risata - asimmetrica, nauseante.
"Non puoi paragonarmi a Daniel: non vuoi farlo davvero."
Fabron tende le dita verso la bottiglietta d'acqua abbandonata sulla
scrivania, ne beve un sorso generoso, sputandone fuori la metà.
"Forse gli hai lesionato l'epiglottide."
"Se l'avessi fatto sarebbe quasi un complimento, Alex."
Passi leggeri, che gli si avvicinano da sinistra.
"Coraggio, Daniel: cerca di non vomitare sul pavimento, uhm? Come lo spieghiamo poi a Will domani?"
"Ma vaffanculo." riesce a mormorare, riconoscendo a stento la sua stessa voce.
Wesker schiocca la lingua contro il palato, rilassandosi ulteriormente contro lo schienale della sedia.
Alex libera uno sbuffo, picchiettandolo un paio di volte sulla schiena.
"Ci farai l'abitudine."
Daniel le rivolge uno sguardo obliquo, lucido - accetta il fazzoletto
che gli sta porgendo, tamponandosi gli angoli della bocca.
Alex si china alla sua altezza, sulle labbra un sorriso divertito - eccitato.
"Se può consolarti per me sei stato bravo: non ne hai lasciato cadere neppure una goccia."
"Non lusingarlo." si intromette Wesker - click: la ruota dell'accendino
che sfrega sulla pietra, nell'aria tabacco Corojo e un vago retrogusto
di maninka.
"Che uomo spietato che sei, Al." lo canzona lei, sollevandosi e abbandonandolo lì, tra l'umiliazione e la frustrante voglia di altro.
Solleva appena il capo, le scarpe stringate in pelle di Wesker a pochi
centimetri dal suo volto - Santoni, modello Oxford, ottocento dollari
al paio.
Alex si siede sulla scrivania in un movimento fluido, elegante - che gli asciuga il sangue, i pensieri.
Wesker abbozza un sorriso - la pupilla dilatata, lungo gli zigomi ancora un leggero rossore post orgasmo.
"Domani ti faccio vedere come si fa, ti va, Daniel?" suggerisce Alex - tra le parole un'inflessione calda, impaziente.
La sua risposta è quella di un uomo a cui toglieranno tutto.
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Capitolo 25 *** Virginity ***
25
25.
Dal lato opposto del tavolo Alex lo guarda - muore.
Dagli angoli del suo studio Alex ride - lo uccide.
"Non sei reale."
Sorride, Alex, accavallando le gambe.
Wesker solleva lo sguardo, negli occhi una scintilla stanca, esausta.
"Non sono qui per tormentarti."
"Eppure lo fai comunque."
Alex si scrolla nelle spalle, rabbuiandosi all'improvviso.
"Sono quella che vuoi che sia, Al."
"La vera Alex non mi avrebbe mai risposto così."
Alex abbozza un sorriso triste, che gli ricorda la prima volta insieme - quando.
"Forse. Oppure non aveva il coraggio di confessarti cosa era disposta a fare per te: per voi."
Wesker stringe la testa dell'aspide tra le dita, tace.
"Nevicava."
Alex si gratta il lato del polso - Juste un Clou, oro rosa
diciotto carati; seicentoventiquattro diamanti taglio brillante,
Cartier - fissa un punto imprecisato sul tappeto persiano.
"Era andata via la luce."
Wesker aumenta la pressione sul pomello del bastone, inspira - ricorda, e la sensazione di vuoto minaccia di inghiottirlo istante dopo istante.
"Sei mai riuscito a far andare via la macchia? Sangue e sperma sono due pessimi elementi da lasciar seccare. Lo dicevo sempre a Daniel."
Wesker storna lo sguardo, cercandola - identica a quella notte di anni prima.
"La memoria fa questi scherzi, Al: per te non cambio mai."
"Non è vero." mormora Wesker, flebile - sfiancato.
Alex inclina il capo verso la spalla, regalandogli un sorriso indulgente, morbido.
"Ah no? Dimmi allora: cosa vedi adesso? La bambina che tremava nella sala di attesa degli ambulatori dell'Umbrella? La dottoressa Fayer? Il soggetto numero Dodici? L'Overseer?"
Wesker digrigna i denti, scuote la testa - sconfitto, fiaccato da un cuore combusto, traditore.
Vedo l'unica persona che non mi ha mai temuto, vorrebbe dirle.
Vedo la stessa donna che mi aveva sfidato a riderle in faccia; a prendersi gioco di lei, del sangue versato per me - con me, dovrebbe aggiungere.
"Vedo tutto ciò che importa, Alex."
Che ho perso.
La sua Alex non prova alcuna vergogna nel chiudere gli occhi e piangere.
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Capitolo 26 *** Breeding ***
fff
26.
Infertilità associata alla condizione evolutiva; così l'avevano chiamata.
Il soggetto mostra anomali livelli di
estrogeni: la conseguenza è la presenza di un muco nella cervice
uterina ostile al passaggio degli spermatozoi.
Stringe le dita a pugno, digrigna i denti - cartella clinica Soggetto #12.
Insufficienza del corpo luteo; si
realizza la morte dell'uovo prima che sia giunto a completa maturazione
e quella dell'embrione prima del suo impianto.
Inspira, espira con la bocca - una stronzata che Annette le aveva insegnato quando la rabbia prendeva il sopravvento.
Similarmente si rileva nel Soggetto
#13 una percentuale di spermatozoi difettosi sopra il 90% dovuta alla
diminuzione della temperatura corporea post attivazione virale.
"Master Alex."
"Non è possibile."
Nel Soggetto #13 si nota anche
un'alterata biochimica del liquido seminale, nonché livelli di
testosterone superiori ai 1080 ng/dL che comportano un'aumento
sostanziale della massa muscolare, alterazioni renali ed epatiche (non
rilevate, al momento) e problemi cardiovascolari (non rilevati).
"Non è possibile." bercia Alex, scaraventando al suolo tutto quello che c'è sulla scrivania - furiosa, spaventata.
Si consiglia un'iniezione
intracitoplasmatica dello spermatozoo, ovvero la microiniezione di un
singolo spermatozoo direttamente all’interno della cellula uovo.
Le condizioni dei soggetti presi in analisi sono troppo alterate e
'nuove' per poter tenere in considerazione null'altro che una metodica
di III livello.
Stuart apre le mani davanti a sé, si avvicina - negli occhi una compassione che rende Alex ancora più frustrata, sorpresa.
"Non è possibile." ripete, crollando sulla sedia.
"I test non mentono, Master Alex."
La percentuale di sopravvivenza di un
eventuale embrione non supera lo 0,5%, pertanto le capacità
riproduttive per il progetto dei soggetti sono da considerarsi
pressoché nulle.
Le nostre conclusioni si dirigono
verso la ricerca di nuovi soggetti da poter ibridare e allevare
seguendo norme più conformi a...
Alex solleva lo sguardo, cerca Stuart - la sua incrollabile fiducia, il suo sorriso a mezza bocca.
"Albert non deve saperlo."
Stuart corruga le sopracciglia, perplesso - incerto.
"Non ancora."
Un brusco cenno del capo, una tacita promessa.
Avvolta dalle spire del virus - protetta da un mostro chiamato evoluzione - Eve prende forma e cresce.
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Capitolo 27 *** Gender play/Gender swap ***
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27.
Non c'è differenza tra il soldato e la principessa; non
c'è distanza, pelle che possa tenerli divisi, spezzarli.
Alexander capisce di aver fatto un errore nel momento stesso in cui
Alexia lo trafigge - e non è una lama quella che stringe nel
pugno.
Tu eri qui con me,
vorrebbe gridare; ti
stavo guardando proprio mentre...
Alexia si sposta sulla sinistra, aggirando la scrivania e fissandolo
con quel suo odioso
sorriso di superiorità.
"Ma io sono qui, padre."
mormora Alexia Alfred.
Alexander crolla in avanti, boccheggia - sputa un grumo di sangue e
viscere.
Alfred Alexia si piega verso di lui,
sedendosi sui talloni - giacca
rossa e mostrine dorate.
"Lo siamo entrambi." prosegue, punzecchiando una vescica appena esplosa
poco sopra la radice del naso.
Non è vero;
vi siete scambiati, comprende, ma è
troppo tardi.
Lo è sempre
stato; fin da quando hai dato i natali a due creature disgraziate e
crudeli come loro.
Alexia Alfred si accuccia vicino alla sorella (fratello), ieratico in
un vestito coloro glicine.
"Fa male, padre?"
Il virus preme - brucia e squarcia, trovando spazio come un feto
deforme.
Come tutte le donne che
non erano state nulla più di uteri
urlanti e sacchi amniotici distrutti per loro.
Si sovrappongono i profili del soldato e della principessa - eterne
guardie l'uno dell'altro, signori delle rispettive coscienze.
Alexia Alfred ridacchia, sollevando appena l'orlo di seta e pizzo;
Alfred Alexia si slaccia un polsino della camicia bianca, ormai
macchiato di vomito e pus, arrotolandoselo poi fino al gomito.
Nell'agonia la morte ha il volto d'entrambi.
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Capitolo 28 *** Choking ***
28.
"Qual
è la cosa più perversa che hai mai fatto?"
Claire
tossisce, rischiando di sputare metà del pezzo di pizza che
stava masticando.
Moira
schiocca la lingua contro il palato, trattenendo una risata.
"Dai,
tutti
hanno un kink. Farsi ammanettare; il sesso anale. La doccia
dorata.
All'università con me c'era una ragazza che aveva la fissa del
bukkake e... "
"Sì,
be', non mi sembra certo il caso di parlarne adesso."
sibila Claire, indicando davanti a sé con lo sguardo.
Moira
accenna appena alla sua sinistra, zittendosi all'improvviso.
"Oh.
Oh, cazzo,
scusami Nat."
Natalia
alza un sopracciglio, indifferente.
"No,
davvero; sei troppo giovane per ascoltare certi argomenti."
"Ho
quasi sedici anni."
Claire
stacca una fetta di salame dalla pizza, annusandola e rimettendola
poi nel piatto.
"Una
veterana del sesso, allora."
Natalia
taglia più e più volte la stessa fetta in quadratini
piccoli e regolari; affonda la forchetta nella mozzarella,
arrotolandola poi attorno i rebbi.
Claire
la studia in silenzio, Moira beve un sorso di Coca-Cola, liberando un
rutto che fa storcere il naso a Natalia.
"Non
dirlo a papà, per
favore:
già pensa che abbia una cattiva influenza su Polly, se viene a
sapere che..."
"Il
soffocamento."
Moira
sbatte le palpebre una, due volte - non comprende.
Natalia
si tampona le labbra con il tovagliolo, accenna un sorriso a metà
- asimmetrico, fuori posto.
"Tutti
hanno un kink: l'hai detto prima, no?"
"Sì,
ma..."
"Il
soffocamento."
Claire
appoggia il bicchiere sul tavolo, fissandola con attenzione -
cercando i suoi occhi, ancora chini sul cartone della pizza.
Natalia
sembra percepirla perché solleva il viso, regalandole uno
sguardo limpido, sul fondo del quale si agita qualcosa
- una scintilla vorace e ambigua.
"C'è
un momento, un istante, nel quale manca l'aria. Una frazione di
secondo in cui ti viene premuto il pollice proprio qui."
spiega Natalia, indicando poco sotto il pomo d'adamo.
Claire
sostiene il suo sguardo, Moira socchiude la bocca in una o
quasi comica - imbarazzata.
"La
cartilagine cricoide si sposta,
il primo anello tracheale si comprime
- i polmoni cominciano ad andare in sofferenza e tu bruci,
tutto
in te lo fa."
Moira
si pulisce distrattamente le dita sui pantaloni, sporcandoli di
farina e pomodoro - improvvisamente tesa, a disagio.
Natalia
ora sorride, e non c'è nulla
in
lei della bambina che ricorda - nulla, se non una vaga somiglianza.
"A
questa carenza di ossigeno l'organismo risponde con una vasodilazione
che aumenta la sensibilità generale.
Negli uomini accompagna erezioni notevoli." prosegue Natalia,
ruotando le dita in aria.
"Delle
persone ci sono morte." puntualizza Claire, asciutta.
"Già."
ribatte Natalia, incrociando le gambe sotto di sé.
"Non
dovresti neanche pensarci."
"Ti
preoccupi per me?"
Claire
contrae un muscolo nella mandibola, trattiene la risposta.
"L'hai
già fatto? Potrebbero esserci delle conseguenze, Nat."
Natalia
ridacchia, liquidando le sue parole con un gesto distratto della
mano.
"Come
sei gentile,
Claire."
"Non
prendermi in giro."
La
risata di Natalia si spegne, rendendo la stanza fredda, morta.
"Ti
suggerisco il cuoio se mai vorrai provare, Claire:
non c'è nulla di meglio di una vigorosa
stretta al collo e di un paio di dita vestite di nero. Può
fare miracoli."
Claire
si umetta le labbra, socchiudendo gli occhi; Natalia torna alla sua
pizza in silenzio, mangiandone una fetta con gusto.
Nel
petto di Claire il cuore è un rullio furioso e che non
dimentica.
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Capitolo 29 *** Humiliation ***
29.
Lo
guarda come se fosse tutto
- più di un ragazzo dagli occhi di lupo e il passato pesante,
feroce.
Lo
studia nei movimenti, nell'inflessione un po' stonata che ha di
parlare l'inglese - lo combatte, lo valuta, lo protegge.
"Posso
vedere tuo padre in te."
Sherry
si volta, il ragazzo snuda i denti - avanza.
"Lo
conoscevi?"
Chris
inspira, annuisce - non perde la posizione.
"Sì.
L'ho ucciso io."
Piers
solleva l'arma nello stesso momento in cui Jake punta la pistola, due
cuccioli fedeli alla memoria sbagliata.
"Dovrei
farti saltare quella faccia da cazzo qui,
seduta stante."
"Sarebbe
un tuo diritto."
"Jake,
no."
mormora Sherry, tendendogli le mani - il cuore.
"Tu
lo sapevi." ribatte Jake - asciutto, ferito.
Deluso.
Sherry
incespica nelle parole, Jake arma il cane - arriccia le labbra sui
denti e negli occhi di Chris è lui
che lo fissa da una tomba ribollente di cenere e magma.
"Metti
via la pistola."
"Ritira
il tuo cagnolino." sibila Jake, immobile - braccio teso, occhi
artici - lui
lui lui.
"Fallo."
ripete invece Chris, quieto "Promettimi solo una cosa: che
sopravviverai. Il mondo dipende da questo."
Piers
nasconde la propria sorpresa, arcua il dito sul grilletto - la tempia
di Jake al centro del mirino, ben visibile.
"Sono
suo
figlio."
"Lo
so."
"E
dimmi: erano solo ordini oppure una questione personale?"
Chris
abbozza un sorriso triste, cerca gli occhi di Jake - confessa.
"Entrambi."
"E
vuoi salvarmi."
"Tutto
dipende da questo."
Anche
la mia vita. Ciò che resta di me - della mia anima logora,
stanca.
Jake
arcua un sopracciglio, comprende - vede,
e con lui Piers; nel petto, l'umiliazione di non essere mai
abbastanza
brucia più di ogni altra cosa.
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Capitolo 30 *** Handcuffs ***
30.
"Lonsdaleite,
uhm?" chiede la ragazzina, sollevando i polsi.
La
guardia la ignora, continuando ad affiancarla in silenzio.
"Che
io ricordi è un allotropo del carbonio; mossa furba."
Il
cigolio del cuoio degli anfibi, il peso del fucile che si sposta da
una spalla all'altra.
"Voglio
dire; essere riusciti a usarlo per le manette è indubbiamente
un
vantaggio. Gli infetti mutano rapidamente e quelle normali in
alluminio o acciaio non li trattengono a lungo."
Un'occhiata
sfuggente, neutra.
"Devo
proprio essere considerata importante se vi siete dati tanto da
fare."
"Protocollo
standard." replica la seconda guardia, guadagnandosi un cenno
brusco del capo da parte della prima.
"Ah,
certo. Capisco."
La
ragazzina si reclina all'indietro, sorridendo appena.
"Immagino
che spogliarmi e lasciarmi qui nuda ad aspettare chissà quale
energumeno
abbia invece l'intento di farmi sentire umiliata. Forse anche in
pericolo. Imbarazzata, persino."
Uno
schiarirsi di voce raspante, di chi fuma e troppo.
Natalia
Alex solleva i polsi, mostrando loro le manette, l'attacco a snodo.
"Avrete
pietà di me?" continua, ma non c'è paura nella sua
voce, solo un'ambigua nota derisoria.
"Almeno
quanta io ne avrò di voi, suppongo." bisbiglia poi,
inclinandosi verso la seconda guardia e ammiccando.
"Stai
zitta."
"Non
sei molto cortese."
"Non
devo esserlo."
"Uhm,
no. No, ma potresti concludere la tua vita con un epitaffio più
gentile."
La
prima guardia le colpisce un ginocchio con il calcio del fucile,
facendole sfuggire un guaito sorpreso - languido.
"Stai.
Zitta."
"Almeno
i preliminari." lo canzona lei, facendo ciondolare le manette
"Non ne avrai fatte bagnare molte in vita tua, uhm, Tobias?"
La
prima guardia solleva la visiera del casco, nasconde la propria
incertezza dietro un'espressione disgustata.
"Spero
che la dottoressa Clark ti faccia soffrire come la cagna che sei."
Natalia
Alex sorride, stende le gambe davanti a sé - chiude gli occhi.
"Avvisami
quando arriva chi comanda davvero
in questo buco di merda."
"Morirai
prima."
"È
una scommessa?"
Tra
le sue dita la loro vita è già polvere.
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Capitolo 31 *** Aftercare ***
31.
L'amore
non esiste; non certo quello raccontato dai poeti o svenduto dentro
cioccolatini scadenti.
L'amore
è una ferita che sanguina e morde
- ti costringe a rifletterti nei tuoi mille errori, nelle tue
imperfezioni.
L'amore
è una stronzata
buona
solo per far crescere illusioni e speranze.
L'amore
ti spezza,
e
tutto ciò che rimane di te passa il tempo a nascondersi tra
gli anfratti di un'azienda fantasma e a rubare merendine dallo zaino
di un mercenario senza nome.
Claire
appoggia le scarpe sul bordo del tavolo, sporcandolo di fango e
terra.
"Non
ti ho dato il permesso."
"Sì,
be', me ne fotto."
ribatte lei, scartando una barretta Almond Joy.
Alex
arriccia il naso, spostandosi più indietro con la sedia.
"Non
puzzano."
"Dissento."
"Forse
ho pestato qualche carcassa di animale: non ricordo bene, là
fuori è un casino, sai com'è."
Alex
continua a scrivere - stila l'apocalisse, il suoi caduti e i suoi
soldati.
Claire
la fissa in silenzio, masticando con calma - schiacciando contro il
palato le mandorle e il cioccolato, assaporandole.
"Come
va, a proposito?"
Alex
la ignora, negli occhi una luce spenta - esausta.
"Sarebbe
cortesia rispondere."
"Togli
i piedi dalla mia scrivania."
"Sto
solo cercando di essere gentile."
"Non
farlo."
Claire
si sporge in avanti, accartocciando la barretta rimasta e infilandola
nella tasca del giubbotto.
"Da
quanto non dormi?"
"Non
ne ho bisogno."
"Quel
cazzone lassù non ti dice nulla? Sarebbe compito suo
assicurarsi che tu stia bene."
"Albert
non..."
Alex
si blocca a metà della frase, sospirando.
"Non
parlerò con te di questo genere di cose."
Claire
allarga le braccia attorno a sé, quello prostetico che brilla
sotto
le luci dell'ufficio.
"Chi
meglio di un relitto umano come
me? Non
ho mai avuto una relazione funzionale, non ho mai amato nessuno a
parte mio fratello e passo più tempo nella merda di zombie di
chiunque altro."
Alex
alza un sopracciglio, scettica.
"E,
aggiungo,
il fratello sopracitato non mi parla da mesi, le uniche due persone a
cui mi ero affezionata sono o morte o mi hanno tradita - e sì,
parlo di Neil nel caso te lo stessi chiedendo - e non scopo da più
di un anno."
Alex
si massaggia le tempie, appoggiando la penna sul plico di documenti
vicino.
"Claire,
noi non siamo amiche."
"Lo
so."
"Non
trattarmi come tale."
"Oh,
ma smettila: parlavi di tecniche di soffocamento a sedici anni, non
dirmi che adesso
vuoi
fare la pudica."
Alex
reclina il capo contro il poggiatesta, chiudendo gli occhi.
"Secondo
me ti piace essere picchiata."
Nessuna
risposta.
"L'aftercare
è la parte più divertente e quando mai puoi ottenere
attenzioni da quello stronzo se non così? Massaggi, parole
gentili, bagni aromatici; persino le ferite diventano dolci
in quel modo, no?"
"Parli
per esperienza, Claire?"
"Se
ti dicessi di sì
ci crederesti?"
Uno
sbuffo che assomiglia quasi
a
una risata - rapido, fugace.
"Ci
ho preso, eh?"
Alex
apre un occhio, fissandola.
"Ed
il bello è quando io
picchio lui."
Claire
recupera una confezione di Pop Tarts ai lamponi, lanciandogliela:
Alex l'afferra con la mano libera, aprendola.
Fuori,
il mondo continua a cadere, indisturbato.
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Capitolo 32 *** Memories are bullets ***
"Memories
are bullets.
Some
whiz by and only spook you.
Others
tear you open and leave you in pieces."
-
Richard Kadrey -
Facciamo
un gioco, io e te, gli
aveva sussurrato sulla bocca.
Prendiamoci
un giorno libero,
aveva insistito, le unghie affondate nella sua schiena, il respiro
corto.
Perché,
le aveva chiesto; quale
sarebbe lo scopo,
aveva proseguito, baciandole l'addome, la linea glabra tra le cosce.
Voglio
provare, gli
aveva risposto, prendendogli il viso tra le mani - palpebre
socchiuse, labbra bagnate dal suo orgasmo.
Prendilo
come un regalo di Natale anticipato,
aveva aggiunto, sorridendo.
La
normalità era sempre stata una pelle troppo stretta per
entrambi.
Ci
sono cose che nessuno conoscerà mai
di
loro.
Nessuno
saprà mai di quanto ad Alex piacesse mangiare a letto; del
modo ridicolo
in cui incrociasse la gambe sotto di sé, le punte dei piedi
sovrapposte e i talloni a sorreggere le natiche.
Nessuno
può immaginare la curva in cui si fletteva
la sua schiena quando le accarezzava la nuca, il sospiro soddisfatto
che riusciva a strapparle ogni volta.
Si
arrotolava contro il suo petto come un piccolo serpente pallido e
liscio, respirando nell'incavo del suo collo - tiepida, morbida.
Non
era accomodante,
Alex, ma spigolosa; tutto in lei feriva e tagliava - sezionava,
lasciandoti lì, inerme nella tua stessa pelle.
"Un
penny per i tuoi pensieri."
Wesker
solleva lo sguardo, incrociando quello di Alex - trasparente, quieto.
"Stavo
pensando a William chiuso in casa senza dolci."
Alex
sventola la forchetta nell'aria, si lecca un dito sporco di salsa al
limone.
"Annette
ne ha un riserva nascosta in cantina."
"Di
cui lui non sa niente, immagino."
"Se
non vuole morire giovane." ribatte lei, rubandogli un pezzo di
pane dal piatto.
"Sono
lenzuola in cotone egiziano."
"Lo
so."
"Se
continui così le macchierai."
Alex
ridacchia, sollevando un lembo della coperta tra il pollice e
l'indice - a fare bella mostra di sé un assortimento vario di
aloni biancastri e rosati.
"Troppo
tardi."
Wesker
schiocca la lingua contro il palato, reclinandosi contro la testata
del letto.
"E
mi devi un paio di occhiali."
"Non
li ho pestati volontariamente."
bofonchia Alex, deglutendo.
Wesker
sospira, massaggiandosi una tempia.
"Sei
un tormento."
"Già."
"Il
tuo giorno
libero è
diventata quasi una settimana."
"Anche
qui non è colpa mia, ma della neve."
Wesker
le riserva un'occhiata in tralice, osservandola finire il filetto
rimasto e appoggiare il piatto a terra - attorno al capezzolo
sinistro ancora ben evidenti una serie di striature rossastre e
viola.
"Questo
non ci ha mai fermato dall'andare al lavoro."
Alex
si scrolla nelle spalle, avvicinandosi.
"I
test sono a un punto morto."
"Sta
a noi renderlo vivo,
Alex."
"Uhm."
Wesker
lascia che si avvolga attorno al suo corpo, intrecciando una gamba
alle sue e sfiorandolo tra le cosce in punta di dita - strappandogli
un gemito a metà.
Alex
scivola su di lui, sorridendo.
"Noi
siamo vivi, Al." gli ricorda, percorrendogli la linea della
mandibola con la bocca, la lingua.
Wesker
allunga le dita attorno al suo collo, stringe,
e Alex ride,
raggiungendosi tra le cosce con la mano libera - facendogli sentire
quanto sia umida,
pronta per lui.
"Facciamo
un gioco, io e te?"
Wesker
snuda i denti e affonda.
"Te
li avevo ricomprati."
Wesker
studia in silenzio un paio di Ray-Ban vecchio modello, Shooter,
montatura in metallo dorata e lenti in cristallo verde.
"Li
avevo rotti io, d'altronde."
Solleva
lo sguardo, incontrando quello quieto di Natalia
Alex.
"Sono
io, Albert."
Passi
fuori dalla porta, sopra di loro, dove la Red Umbrella vive
e prospera.
"Da
quanto?"
Alex
alza un sopracciglio, inclina il capo verso la spalla in un movimento
curioso - incerto.
"Da
quanto li hai?"
"Il
giorno dopo; mentre dormivi sono uscita e li ho comprati. Insieme
alla colazione."
"Non
avresti potuto."
"Per
la neve? Oh, Albert, quando tu dovevi ancora morire e riattivarti
io lo ero già da anni. Un po' di ghiaccio non ha mai fermato
una B.O.W. Alpha."
Wesker
annuisce, richiudendo la custodia degli occhiali.
"Stavi
mentendo."
"Volevo
solo un giorno... normale."
"E
ti è piaciuto?"
Alex
deglutisce, sfuggendo con lo sguardo per la stanza.
Wesker
si alza, appoggiandosi con tutto il peso al pomello in argento del
bastone.
"Era
quello che volevi?"
"Sì.
No. Per un po'. Poi ho capito." ribatte, fissandolo negli occhi.
Wesker
rimane immobile, aspetta - tra di loro le macerie di troppe vite e
troppi errori.
Non
è quello che siamo.
"Sei
sempre stata una donna famelica,
Alex." mormora Wesker, aggirando la scrivania con passo incerto,
debole.
"E
tu un uomo crudele,
Albert."
Wesker
inspira con forza, sul viso una serie di microespressioni troppo
veloci per coglierle tutte - rabbia, dolore, frustrazione, sconfitta,
devozione.
"Allora
ci meritiamo proprio l'un l'altro."
Alex
annuisce, abbozza una risata - leggera, consapevole.
Wesker
si avvicina, sfiorandole il viso con le dita e accarezzandole una
guancia.
Alex
si alza sulla punta dei piedi, gli cerca la bocca in un bacio
languido, morbido.
La
partita è finita, le caselle si sono svuotate - tra spazi
bianchi e neri pedoni caduti, cavalli annientati.
La
regina ha vinto.
Scacco
matto al re.
"Someone
I loved once gave me a box full of darkness.
It
took me years to understand that this too, was a gift."
-
Mary Oliver -
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