Intense and honest music

di Queen FalseHearth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm a Sad Violinist ***
Capitolo 2: *** ...music? ***
Capitolo 3: *** The Sons of the Music ***
Capitolo 4: *** I haven't changed ***
Capitolo 5: *** A Magic Flaute ***
Capitolo 6: *** We could run away ***
Capitolo 7: *** A nice Ukulele ***
Capitolo 8: *** Piano Lesson ***
Capitolo 9: *** The piano is alive! ***
Capitolo 10: *** The interview ***



Capitolo 1
*** I'm a Sad Violinist ***


Mockingjay
District 13

I'm a Sad Violinist

Essere l’unico violinista del proprio distretto può portare a provare un’enorme soddisfazione ma anche tristezza. [334 parole]
 

Sono solo un violinista, che ha preservato il suo talento e la sua conoscenza in ambito musicale nel distretto 13.
Sono l’unico violinista: nessuno, durante la bramata guerra, ha il tempo di dedicare tempo allo studio di uno strumento d’archi: preferivano concentrarsi sugli strumenti di morte, dimenticandosi la bellezza della musica che potesse offrire. Solo per un attimo, non si rendevano conto della serenità che stavano rifiutando.
Per il mio popolo è impensabile non concentrarsi sulla rivolta e non parlare di essa, ma io ho altri programmi. Non mi pento della mia scelta, ma l’attesa di un mondo più gentile soffoca ogni sogno di ritornare a esibirmi difronte a un gran pubblico pronto ad ascoltarmi e lasciarsi coinvolgere dalla dolce melodia.

Mi hanno definito pazzo a continuare gli studi nel luogo in cui non si vede mai il sole, dove la speranza fino a poco tempo fa era un lontano ricordo, ma guardando quei due giovani volteggiare nella sala fa dimenticare ogni offesa che abbia ricevuto. Credo di essere in sintonia con la loro felicità.
Conosco questo brano alla perfezione, le mie dita hanno memorizzato i giusti movimenti e la mano sinistra (quella che impugna l’archetto) si muove da sola, posso prendermi il lusso di osservarli ancora un po’.
La sposa è bellissima: i suoi capelli rossi s’intonano perfettamente al suo abito verde smeraldo, le auguro tutta la gioia di questo mondo. Finnick Odair, il nome del fortunato, sembra un tipo sveglio e so che è determinato a vincere la guerra.

Ho il dovere di portare colori a questo matrimonio; di rallegrare le persone anche se il mio cuore ha smesso di sorridere. Difronte a un pubblico la melodia si fa più accesa, un mio grande pregio.
In questo momento siamo tutti uniti, a nessuno importa di che distretto facciamo parte e la guerra sembra solo una vecchia storia. È stato fermato il tempo, ma l’incantesimo non durerà ancora per molto. Domani la scintilla si spegnerà e io ritornerò ad essere un violinista triste.





🎼  🎻 Angolo Autrice🎻 🎼 
Salve salve salve voi che avete letto questo capitolo! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che la grammatica non sia scadente e che vi possano interessare anche le altre storie! Sicuramente gli amanti della musica avranno apprezzato l’idea, mi auguro sia così. Questa sarà una racconta di one shot e Flashfic.
Essendo una violinista, mi sono immedesimata in questo personaggio che appare nel film in tre secondi e nel libro in 13 parole, sufficienti per farmi compassione.
Alla prossima, se vorrete, ciaooooooo 👑
P.S.: quando avrò completato tutti i capitoli li metterò in ordine di distretto, per il momento mi limito ad aggiornare la storia che finisco prima! Quindi questa sarà l’ultima…peccato…..ah salve lettore che hai letto questa storia dopo mesi, in realtà è stato il primo capitolo pubblicato!

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Capitolo 2
*** ...music? ***


Post Hunger Games
District 2
 

....Music?

Clove non conosce altro mondo se non quello delle armi e dei coltelli.
Riuscirà una musica comparsa dal nulla ad infilarsi nel cuore della giovane guerriera
? [911 parole]

 

Non capisco. Mi hanno detto di aspettare in questa stanza, piccola e grigia, e basta. Nessun’altra indicazione o saluto: mi hanno lasciata da sola. Non potevo manifestare il mio carattere aggressivo e pretendere dettagli: molto probabilmente saranno i miei superiori e non posso permettermi di fare brutta figura. Infondo hanno addestrato i vincitori del mio distretto, mi ci dovrò abituare presto affinché influisca positivamente sull’addestramento.  E se invece fosse una prova per valutare la mia resistenza?
Che perdita di tempo.
Non hanno già stabilito la mia forza quando ho lanciato dieci coltelli nel cuore dei bersagli di legno? Non sono rimasti abbastanza colpiti da una ragazzina di undici anni capace di fare ciò?
Per ammazzare il tempo decido di fare una corsetta sul posto, un corpo debole non serve a niente in questa accademia. In questo momento la mia eccellente resistenza e l’attesa non fanno altro che alimentare la mia noia.

Un momento: sento…della musica?
E’ bravo, molto bravo colui che sta suonando. Il suono dello strumento, di cui so dare un nome, è basso e profondo. Intenso è l’aggettivo giusto.
La melodia cambia di continuo esaltando il talento del musicista. Ora si è fermata su un unico punto, fino a esplodere. Non avevo mai notato la potenza della musica che potesse offrire.
Cosa mi prende: mi sono lasciata incantare da un’inutile melodia? Che serve la musica in un mondo in cui puoi ottenere la gloria sprigionando la forza bruta? E poi che ci fa un musicista in quest’accademia?
Devo indagare, è impossibile che nessuno si sia accorto del brano ancora in corso.

La porta deve essere aperta; forse meglio rimanere qui però il mio istinto mi ordina di raggiungere la fonte della musica; devo proprio dare una lezione a quello stupido, come si permette di esibirsi in questo luogo sacro?
Non c’è nessuno nei corridoi e il brano mi sembra ancora più malinconico; anzi sembra che abbia cambiato canzone: questa è più lenta ma mantiene sempre l’intensità di prima.
Ho una strana sensazione: sembra che la musica mi sta chiamando; mi sta avvolgendo in un abbraccio di tristezza. È un pensiero stupido, eppure dall’inizio della musica che ho lasciato indifesa la mia parte sensibile, voglio davvero commuovermi difronte questa meraviglia per la mia anima? È stupenda questa sensazione, non posso più negarlo. Tuttavia, non cambia il fatto che chiunque stia suonando sta creando disordine in questo centro.

Non ho addestrato bene il mio udito, non so proprio da che parte andare. Giro il capo diverse volte fino a quando scelgo di andare a destra, perché ho appena notato una porta aperta.
La raggiungo a passi veloci e allo stesso tempo silenziosi, so sempre sfruttare le mie qualità in ogni situazione.
Mi introduco in questa specie di sala, il suono non s’interrompe, il musicista non si accorto di me. Molto bene, mostrerò fin da subito un’aria superiore e di autorità.
Sono piena di sicurezza. Ai miei occhi compare uno strumento musicale grande a corde, come ha fatto a generare tutta quella melodia? Questa specie di violino gigante è poggiata per terra tramite una punta di metallo, dietro di esso c’era l’ultima persona che mi sarei mai aspettata.
Che ci fa il vincitore più degli Hunger Games Brutus con quel…quello strumento?
La sua melodia si ferma e i suoi occhi incontrano i miei, sono paralizzata dalla paura. È stato lui a suonare per tutto il tempo? 
Ha in mano una stecca a cui sono attaccati numerosi fili bianchi., le dita sono mostruosamente grandi. Il suo aspetto da soldato è in contrasto con l’eleganza che un musicista dovrebbe avere, o sbaglio?
Brutus non dice niente, facendo incombere il silenzio.
-Ha suonato divinamente! – esclamo, con gli occhi spalancati, la più grande cavolata mai esistita.
-Grazie- dice lui in modo apparentemente gentile.
-N-non ho mai sentito una m-melodia così bella! Qual è il nome d-di quello s-strumento? - chiedo balbettando, evitare una figuraccia era impossibile per una ragazzina di undici anni difronte al suo idolo.
-Violoncello- risponde serio, il suo comportamento non rispecchia la sua musica, che strano.
-E invece qual è il tuo, ragazzina? - -C-Clove!!-
-Clove….sei qui per allenarti per vincere gli Hunger Games?- annuisco convinta. Ora che sono meno agitata ho il coraggio per fare un’altra domanda al signor Brutus.
-Scusi…perché stava suonando? -
-Ti aspettavi di vedermi con una lancia? -
-…si-
-La musica è il fuoco dell'anima*. Avevo bisogno un po’ di pace e non potevo lanciare armi a caso al muro. Cercavo il silenzio e confrontarmi con le mie emozioni. -
Impressionante, allora Brutus è in realtà triste? Sono riuscita a scoprirlo grazie alla sua musica, strabiliante ma allo stesso tempo bizzarro: ho appena scoperto una debolezza.
-Ma come non si dovrebbe soffocare i suoi sentimenti per essere più forti? -
-Solo nell’arena o in una guerra si deve fare, gli altri giorni sei un essere umano; la musica mi aiuta a tenere accesa la fiamma che tiene vive le emozioni. Altre domande? -
-Perché…lei è t-triste?-
-Mi mancano i giorni da guerriero, ma non posso lottare senza causa e ho già ottenuto la tanta aspirata gloria. -
Si alza lentamente senza far rumore, mi accarezza i capelli e se ne va, lasciando il violoncello incustodito. Senza il tempo di riprendermi dal gesto dell’uomo più forte del mio distretto (non mi laverò più i capelli), mi avvicino allo strumento: non noto nessuna aura incantata o talismani magici.
Come ha fatto quel violoncello sprigionare i sentimenti delicati di un assassino?


*frase di Platone, d’ora in poi “prenderò in prestito” alcune frasi sulla musica da noti personaggi.
 

👑❄ Nota Autrice ❄👑:  i prossimi strumenti dei protagonisti non saranno della famiglia degli archi!

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Capitolo 3
*** The Sons of the Music ***


Post Hunger Games
District 11

The Sons of the Music 

La quotidianità dei lavoratori del distretto 11 si distingue in due aspetti: forza di volontà e musica; queste caratteristiche Rue le acquisisce fin da subito [421 parole]

Oggi la giornata è molto afosa. Vorrei che piovesse, anche le piante attorno a me sarebbero felici. L’aria non migliora nemmeno su questo melo, le foglie sono troppo piccole per proteggermi dall’accecante luce solare.
Il mio compito è di raccogliere i suoi frutti più alti, mi hanno affidato questo lavoro perché sono piccola e agile. Mi piace essere riconosciuta per le mie qualità, per questo la mia priorità è impegnarmi.
 
Raccolgo le mele con occhi sognanti, respiro l’odore vivace della terra e attendo con emozione la canzone di oggi.
La musica alleggerisce le nostre giornate e migliora il nostro umore, così perlomeno lavoriamo sorridenti. Ci dona sostegno e forza; basta il suono di uno xilofono o di una chitarra per non farci calpestare dai lunghi turni di lavoro (dall'alba al tramonto) e dall’aria calda talvolta fastidiosa.
Noi siamo stati sempre figli della musica e ottimi contadini: dalla viola alla vanga*, dalla zampogna alla zappa, dall’Agogô** all’ascia.

Ecco: sento le prime percussioni, sono in ritardo. Diversi strumenti tipici della mia zona s’incontrano, fino a unirsi in una fantastica armonia che non ho mai avuto il piacere di ascoltare. Non riesco ad intravedere i creatori di questo piccolo concerto da qui, l’importante è che la musica mi abbia raggiunta.
Si presenta anche un ukulele, che si da forza per essere protagonista del brano, vuole prevalere. Però non mi ero accorta dello strumento a corde fino a quando non gli è stata dedicata una parte da solista. Alla festa sono stati invitati anche sonagli e campane. Il ritmo frenetico emesso dai tamburi corre, non si ferma mai. Ho voglia di ballare!
Non vorrei essere in nessun altro posto che non sia questo, mi sono affezionata alla mia quotidianità. La cosa che più amo dei musicisti è che diffondono il loro talento per far felici le persone, non per soldi. Sono in questi momenti che ricordo le ultime parole di mio padre, abile giardiniere e amorevole musicista: non si vende la musica, la si condivide.***

La canzone s’interrompe all’improvviso, viene sostituita da un assordante rumore. Che succede? Afferro un ramo vicino e con calma scendo. Rischio di perdere l’equilibro quando sento forti spari provenire dalla zona dei raccolti. No!
Nell’istante in cui tocco il terreno, assisto ad una scena orribile: la musica è morta, insieme ai suoi figli. Da lontano intravedo i miei fratelli, impauriti e indifesi; corro a raggiungerli senza voltarmi. E vedo soldati vestiti di bianco, a disprezzarci e a punirci.
Il tempo è ritornato terribilmente caldo.
Che cosa abbiamo fatto di sbagliato?


 



* attrezzo utilizzato nel campo agricolo per smuovere superficialmente la terra.
** strumento a percussione della famiglia degli idiofoni originario della Nigeria (io l’ho persino suonato al PON musicale delle medie!)
*** frase di Leonard Bernstein

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Capitolo 4
*** I haven't changed ***



Post Hunger Games
District 10

 

I haven't changed

Un ragazzo del distretto 10 con la sincera passione per la musica come può dimostrare il suo valore a delle persone che lo considerano una semplice preda? [1001 parole]

 

Aveva tenuto gli occhi chiusi per troppo tempo, era ora di aprirli. Ormai non poteva scappare da quella sala dominata da silenzio e ombre, una piccola luce di sole sarebbe stata benaccetta. Dentro di lui bruciavano sentimenti di paura che gli impedivano di muoversi, il suo petto si gelò.  Sarebbe uscito da quella palestra da vincitore o da perdente? Certo è che non poteva combattere con l’aspetto da vittima.
La paura aveva avuto accesso nella sua anima per troppo tempo, doveva riacquistare il controllo. Se potesse esprimere la sua passione non avrebbe timore di niente.
Aprì gli occhi.
Su di lui erano indirizzati gli sguardi degli Strateghi, Carlos aveva il presentimento che questi ultimi l’avessero già studiato. Come lo hanno definito nelle loro insulse menti? Debole? Incapace? Una semplice preda?
No, lui non avrebbe permesso di essere considerato un altro tributo di un distretto povero schiacciato dalla volontà del regime dittatoriale di Capitol City. In qualche modo avrebbe dimostrato di non essere polvere. Ma come? 
-Carlos Martínez hai al massimo quindici minuti per dimostrarci di cosa sei capace- annunciarono gli strateghi su una piattaforma. Per Carlos gente come loro non poteva manifestare curiosità, ma fu quello che vide nei loro occhi. Di lui sapevano solo che era un allevatore di maiali, allora che cosa aveva scatenato il loro incomprensibile interesse? C’entrava Angus, il suo mentore? Vide gli strateghi bisbigliare fra di loro, ma sentì niente.
“Questi ciarlatani sono qui per giudicarmi, che nervoso. Se il mio scopo è sopravvivere allora devo mostrare quello che si aspettano di vedere: le mie doti da assassino, ma non lo sono! Che nervi…cosa posso fare?”.
In quel luogo aveva a disposizione tutte le migliori armi del Centro di addestramento di Capitol, Carlos e la sua compagna distrettuale hanno sempre definito quel posto una gabbia in cui non trapassava un filo di libertà. L’arena era l’Inferno.
Il ragazzo camminò senza fretta verso quel mucchio di armi, aveva l’imbarazzo della scelta. Carlos non riusciva a concentrarsi e non aveva chiari gli insegnamenti ricevuti nei giorni di addestramento, non aveva neanche fatto colazione.

Non doveva dimenticare perché fosse lì: tutto questo teatrino serviva a decretare quale carne fosse migliore prima dei giochi. Dalle sue parti, vinceva la carne che aveva un bel colore luminoso e vivace; era quella destinata a Capitol City. Lui sarebbe riuscito a brillare?


Il ragazzo del distretto 10 si comporta come se non si trovasse in una fase importante per avere più possibilità di rimanere in vita nell’arena, ma affronta la situazione con tranquillità e leggerezza, fu la conclusione degli Strateghi.
Ormai era la fine. Carlos riuscì almeno ad affermare a sé stesso che non voleva impugnare coltelli o progettare trappole mortali: a lui interessava solo andarsene e ritornare alla sua vita, in campagna, con la sua famiglia e il suo adorato strumento.


Gli strateghi stavano perdendo la pazienza, se quel tributo non avesse dimostrato nulla l’avrebbero buttato fuori a calci.
Carlos, nell’istante di completo disorientamento, notò un pezzo luccicante nascosto dietro un set di spade. Si avvicinò per ispezionare meglio l’oggetto misterioso.
Possibile che…
Non ci poteva credere.
Si avvicinò, stregato da quel sentimento di stupore che si era appena rivelato, allo strumento a fiato più pregiato che avesse mai visto. Che ci faceva in mezzo a quel ciarpame uno strumento così bello?
Prese con delicatezza quella tromba dorata.
-Cosa?-
La esaminò e, con molta felicità, si accorse che non era un giocattolo o rotto: la si poteva suonare. Finalmente si svegliò dal suo incubo. Era certo che quei pagliacci erano ignari del nome dello strumento che teneva tra le mani, troppo impegnati a consumare gli sciocchi divertimenti che Capitol potesse offrire. Carlos aveva ancora gli occhi spalancati, quell’incontro aveva spazzato via le emozioni negative.

-Angus non mentiva! Si è introdotto qui e ha nascosto questo…coso in mezzo alle armi, inaccettabile! -

In quei giorni infernali Carlos aveva conservato un edificio di aria nei suoi polmoni. Avvicinò le labbra al bocchino, ancora incredulo.

E così suonò, ogni trombettista non riusciva a sottrarsi dal desiderio di creare una melodia con quel strumento meraviglioso.

Anche se gli spettatori erano dei vermi, Carlos ci teneva a far sorgere una spettacolare esibizione.  Era più forte di lui.
Si accorse che stava suonando una tromba in si bemolle, interessante; il suono che uscì era brillante, proprio come piaceva a lui. Non era stonato come si aspettava: era entrato in possesso con lo strumento perfetto. Le vibrazioni che liberava la tromba riecheggiavano nell’aria.
Le dite sembravano muoversi da sole, quanta nostalgia.  L’unica canzone in mente in quel momento era squillante, l’aveva sempre apprezzata. Premette con tutta la forza sugli pistoni: molto probabilmente era la sua ultima canzone.

Tuttavia, il suono era diverso di quello che diffondeva agli animali della sua fattoria, dipendeva il fatto del luogo in cui si trovava? Le emozioni hanno sempre condizionano la performance del musicista, Carlos doveva sbarazzarsi del timore che inquinava il suo umore.
I musicisti diffondono gioia, non era quello che voleva fare anche lui fino alla fine?
La separazione dal mondo della musica e la paura non dovevano avere valore in questa canzone.
-Che cosa diavolo stai facendo? Devi mettere in pratica ciò che hai imparato nel centro di addestramento! - ringhiò uno di quei bastardi; un altro rise, disturbando l’esibizione.
-Ahahahah pensa di poter vincere stonando la mente degli avversari! Che miserabile-
In realtà non aveva nessuna strategia: suonare era l’unica qualità che poteva dimostrare agli altri e a sé stesso. A lui andava bene così.

A fine esibizione poté godersi gli sguardi straniti e sorpresi degli strateghi, attendeva con ansia il loro giudizio. Ci fu un attimo di silenzio ma alla fine uno di loro prese parola.

-Non ti hanno insegnato a riconoscere bacche velenose o colpire bersagli con coltelli, tributo? -

-Il bello della musica è che quando ti colpisce non senti dolore*.

Scusate signori, ma non sono cambiato in quel centro di addestramento. Non voglio essere un assassino: sono un musicista e rimarrò tale fino alla fine-






*frase di Bob Dylan

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Capitolo 5
*** A Magic Flaute ***


Post Catching Fire
District 4


 

A Magic Flaute
A volte basta davvero poco per stabilire l'armonia nel cuore di una persona: la luce del tramonto, un sorriso sincero e un suono magico basteranno per una ragazza tormentata da incubi? [624 parole]

 

L’intenso profumo del mare avvolse la ragazza, era piacevole per la sua anima colma di disordine. Per lei la calma si presentò in quel mare dipinto con le colorazioni del tramonto, vivaci ma allo stesso tempo rilassanti. Il sole creava giochi di luce con le onde, risplendendo le acque.
Quel meraviglioso tramonto rese l’attesa meno amara, stava aspettando qualcuno da troppo tempo ormai. Aveva rivelato la sua solitudine al mare, sperò che la sua tristezza si allontani con il vento.

La sabbia era davvero morbida, pensò. Si voltò, questa volta lo sconforto non avvampò dentro di lei. Da lontano un ragazzo affascinante con gli occhi del colore dell’Oceano la stava raggiungendo con le mani nascoste dietro la schiena.
-F-Finnick? - mille emozioni entrarono nel suo cuore senza permesso. Era felice.
-Ciao Annie, scusa il ritardo- dopo averle regalato un enorme sorriso, notò le piccole impronte che precedevano l’amica.
-Dove sono finite le tue scarpe? -  domandò.
-Ecco…io…- appena sentì il calore divampare sul suo viso capì che non poteva nasconderlo.
Finnick non aveva bisogno di una risposta, non quando aveva in programma una sorpresa speciale per lei. Da quando i suoi occhi si erano posati per la prima volta su di lei, si promise che avrebbe fatto l’impossibile per renderla la ragazza più felice della terra. Era la sua missione.
Senza alcun indugio, le mostrò uno strumento dall’aspetto vivace: era costituito da un vasto numero di canne di bambù, tutte di diverse misura disposte in orizzontale dal più corto al più lungo, unite da una fascia dei colori dell’arcobaleno.
-Che cos’è? -
-Un flauto di Pan, è uno strumento magico-
-Magico? Ma la magia non esiste-
-Potresti cambiare idea, infondo dicono che “la musica è la forma più forte di magia”* -
Lei e la musica abitavano in due mondi separati: la sua era diventata un’esistenza di rumore, di dolore.
Voleva ascoltarlo, era diventata la cosa che desiderava di più al mondo. Finnick inspirò tutta l’aria che i suoi polmoni potessero riempire e posò le sue labbra sulle piccole aperture superiori delle canne. Essendo uno strumento a fiato, tutto dipendeva dalla forza dei suoi polmoni. Soffiò con sguardo concentrato.

Per Annie il suono era dolce e incantevole, e allo stesso tempo potente. (https://www.youtube.com/watch?v=nmlotHQqXbI). Era come se fosse tutt’uno con la melodia, una sensazione che non aveva mai provato.  In quelle note trovò un riparo, si sentì a casa. Aveva un altro prezioso ricordo da custodire, non riuscì a nascondere le sue lacrime per il regalo di Finnick; la melodia sembrava legare con un filo invisibile i cuori dei due giovani.
La musica non aveva smesso di stupirla: piccoli tornadi di sabbia creati dal vento attirarono la sua attenzione. Si guardò attorno, una forza della natura sembrava richiamata da quel strumento.
Il flauto di Pan controllava il vento. La musica era la padrona della natura.
-Straordinario…- Finnick si fermò, distratto dalla sua delicata voce.
-Scusa! Per favore continua!- per lui era un privilegio sapere in anticipo che aveva rapito il cuore della spettatrice, avrebbe reso il finale più dolce.
Finnick riprese con la musica senza mostrare sintomi di stanchezza, il piacevole venticello che era arrivato l’aiutò a godersi il momento. Suonò le stesse note per un po’, come voleva lo spartito che aveva memorizzato. Furono i suoi sentimenti per Annie a rendere speciale la sua musica. Suonava solo per lei, viveva grazie al suo sorriso. La musica riusciva a esprimere questi sentimenti egregiamente.
Finnick soffiò con delicatezza e decisione su un unico tubicino: era il gran finale. La sabbia si addormentò, il vento sparì.
-Bravo! Bravo!-  il ragazzo doveva ancora riprendere fiato quando la rossa avvolse le sue braccia su di lui.
-Sei stato fantastico! Come ci sei riuscito?-
-Te l’avevo detto: la magia esiste!-





*Marilyn Manson



🎼 🎻 Angolo Autrice🎻 🎼
Salve a te che hai letto questo capitolo!
Per il momento  questa è la storia che ha avuto più modifiche: ho cancellato o modificato un’infinità di frasi prima di trovare quelle (che ritengo) giuste.
Ho “usato” la coppia FinnickxAnnie di nuovo (citata nella storia del distretto 13) perché li trovavo adatti per il contesto che volevo creare e il loro amore sincero è fonte d’ispirazione per tutti (scusate Katniss e Peeta ma avevo già utilizzato il distretto 12 per un’altra storia). La natura, la magia e la musica insieme sono perfetti (anche un pizzico di amore non guasta mai…secondo le mie ricerche sul genere umano, eh eh)
A presto, ciaoooooooo👑
P.S.: vi ho lasciato nel testo il link di un video su Youtube per sentire un brano al flauto di pan. Non ve ne pentirete ;)

 

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Capitolo 6
*** We could run away ***


Post Mockingjay
District 5

We Could Run Away

Purtroppo, le nostre scelte sono condizionate dall’ambiente in cui viviamo: se c’è la guerra diventi un soldato. Tuttavia Ralph si lascia guidare unicamente dal suo amore per la musica, che gli suggerisce di fuggire [494 parole]


Rimase senza fiato quando raggiunse la rupe in cima alla montagna. Dinnanzi a lui sorgeva la madre di tutti i paesaggi. Alzò le braccia al cielo abbagliato dalla luce del sole: sembrava il padrone del mondo.
-Ralph un altro passo e ti ritrovi nell’altro mondo- 
Sua sorella era rimasta sopra un masso distante dal precipizio, i suoi occhi verdi attenti avevano individuato l’imminente pericolo. Il quattordicenne non conosceva le parole “rischio” e “prudenza”, facile preda della sfortuna.
-Tranquilla, non cadrò-
-La gravità dice il contrario-
Sarah si stava rilassando grazie al silenzio della montagna non pensando rumore degli spari padrone delle strade.
Dopo un po’ Ralph seguì il consiglio della sorella, solo per prendere la grande custodia nera affianco a lei. Al suo interno giaceva uno strumento un po’ rovinato dal tempo, la sua chitarra.
Aveva bisogno di suonare, il cuore glielo ordinò.
Strimpellò qualche corda fino a formare una melodia vivace, sorrideva mentre suonava con tutta la passione che aveva nell’anima. Forte, potente, immortale.
Ci sono dei sentimenti così intraducibili che ci vuole la musica per esprimerli.* Lui comunicava con i suoi quattro accordi il desiderio di libertà.

Si stoppò. Avrebbe voluto suonare per sempre, ma la realtà aveva altri progetti con lui.
-Quelli di Capitol ci vedono come formiche da calpestare. Ora sta per scatenarsi una guerra, capisci Sarah?-
-So leggere le notizie sul giornale da sola. E quindi? Hai intenzione di arruolarti nell'esercito segreto della resistenza come tutti?-
Ralph chinò il capo e il suo sguardo si fece serio. Sarah, una ragazza così razionale, non riusciva a comprendere i suoi sentimenti.
-Che ne dici…se scappassimo?- la sorella lo guardò basita per qualche secondo. Non riusciva a trovare le parole, davvero insolito.
-Sei la prova definitiva che l’uomo può vivere senza cervello-
-Dico sul serio!- il sogno di ogni giovane musicista era di farsi conoscere negli angoli delle strade, ma ormai Ralph non poteva più puntare ai piccoli successi a causa della guerra. Voleva la libertà di musicista, avrebbe cambiato il suo futuro!
Non poteva vivere in quella nazione cui il Destino ha scagliato una rivolta in continua evoluzione; un giorno scoppierà il conflitto e Ralph non voleva essere presente. Si definiva egoista e vigliacco, ma aveva fatto la sua scelta.
-Se Capitol distrugge i distretti, dove andrai?-
-Con la chitarra in mano, posso andare ovunque- in quel momento Sarah si accorse che la passione di suo fratello si era trasformata in follia.
-Ralph ascoltami: sapresti dirmi perché non abbiamo conosciuto zia Maggie? Sai perché Markus non è più tra noi? A causa di quei maledetti Hunger Games e adesso c’è la possibilità di distruggerli una volta per tutte! Nessuno sarà costretto a diventare un assassino! Finalmente la nostra gente si sta ribellando, dovresti sostenere la causa invece che comportarti come… un demente! Non potrai suonare se tutto verrà raso al suolo-
-Mi dispiace-
Prese la sua chitarra e iniziò a incamminarsi nel sentiero che conduceva a valle.
Verso una nuova vita.

*André Esparcieux


 



 

❄👑 Nota Autrice ❄👑 : questo è la mia Flashfic preferita fino a ora. E le montagne presenti sono gli Appalachi, se non sbaglio il distretto 5 confinava con essi.

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Capitolo 7
*** A nice Ukulele ***


Catching Fire
District 8 

“Un giorno anche la guerra s'inchinerà al suono di una chitarra.”
Jim Morrison

 

A nice Ukulele

I distretti 3, 4 e 8 lottavano contro Capitol City e furono identificati come i più ribelli; per Capitol erano un fastidioso intralcio, occorreva rimediare.
Sono sempre le persone che non se lo meritano a pagare le conseguenze. [373 parole]


 

Al primo sparo si rifugiò sotto il tavolo di legno, tremante. Il corpo si mosse da solo, il cuore voleva scappare dal suo petto. Si tappò le orecchie con le sue mani, fredde. Quel rumore selvaggio  tuonò ancora nell’animo della piccola; peggio del buio, più spaventoso di un tornado.
La bambina non era in grado di gestire la sua paura, si lasciava sopraffare da essa senza difese.

Qualcuno si stava avvicinando al suo nascondiglio. Era sua madre che s’inginocchiò sotto il tavolo, arrivando alla sua altezza. Si aspettò una debole consolazione da parte sua, invece non disse nulla. Aveva ancora il suo premuroso sorriso sul volto, come se fosse una giornata come un’altra. Sembrava immune al rumore, l’angelo della morte non la sfiorava.
La sua figura materna le mostrò, con la stessa delicatezza in cui si presenta un neonato, il suo ukulele.
La bambina aveva sempre amato il grazioso strumento a quattro corde, non ricordava un giorno in cui non rammenta il suo desiderio nel volerlo suonare. Era piccolo dalle altre chitarre, un po’ come lei.
La sua mamma strimpellò qualche corda con la mano sinistra, finché con le sue agili dita dell’altra mano creò una melodia vivace. Pizzicava le corde concentrata, totalmente rapita dal suo ukulele.
La bambina non riusciva a capire.
Gli spari, all'esterno, aumentarono. L’ukulele non li aveva fermati come sperava. Ma sua madre non si fermava: era la padrona della musica, della vita.
Quell’incantevole melodia non meritava il sottofondo della canzone della morte. La bambina cercò di focalizzarsi sull’ukulele. Dolce e malinconico allo stesso tempo.
Voleva raggiungere quella musica, la considerava la sua salvezza. Il tavolo di legno non era più il suo unico riparo, uscì allo scoperto avvicinandosi a sua madre. Voleva sentire la canzone fino alla fine.
Chiuse gli occhi. C’era solo quel suono gentile, che sconfisse la paura.


 In strada, il Pacificatore non si fermò alla prima vittima. Gli era stato ordinato di stabilire l’ordine con il linguaggio più efficace: la paura. Era stufo di vedere la gente ribellarsi così ingenuamente, stavano solo facendo rumore inutile.
Ad un certo punto sentì una strana melodia provenire da una casa vicina.
Era un suono…un suono di un ukulele. Il Pacificatore raggiunse la tana della musica.
Altri rumorosi ribelli.

 

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Capitolo 8
*** Piano Lesson ***


Post Catching Fire
District 12

Piano Lesson

       Il legame d’affetto tra Madge e Katniss si è rafforzato dopo gli Hunger Games. Madge, per aiutare la mora, decise di farle conoscere una sua grande amica, la musica [885 parole]
 

Ormai conosceva la strada a memoria. Prima porta a destra, la si poteva riconoscere subito dalle note musicali disegnate sopra, probabilmente incise da molto tempo.
Entrò senza bussare, non prima di aver dato una piccola occhiata all’interno. Madge era lì, a farle compagnia era il pianoforte bianco che occupava il centro della camera, posizionato lì per esaltare la sua importanza. La luce solare era accolta dalla finestra in fondo e c’era un’atmosfera tranquilla grazie al verde delle pareti.
Era il posto ideale per passare un sereno pomeriggio, per questo Katniss ci veniva quasi ogni giorno.
-Ciao Madge, che mi suoni oggi? - chiese avvicinandosi a quell’enorme strumento, ignorava quali misteri celasse all’interno e il nome di quei tasti bianchi e neri.  Madge non alzò lo sguardo, i suoi occhi erano impegnati a leggere uno spartito musicale.
-No no signorina Everdeen…- quell’improvvisa formalità la sorprese, Katniss la guardò un po’ distratta. La figlia del sindaco innalzò lo sguardo verso l’amica con un sorriso stampato sulle labbra, cosa aveva in mente?
-Sono l’insegnante Undersee e tu sei la mia allieva!- cinguettò allegra indicando il piano.
-Che cosa?-
-Si! Le tue dita sono perfette per suonare il pianoforte, non puoi usarle solo per impugnare l’arco. Dai vieni!- Madge era sempre stata gentile come pochi e dolce, tutte le sue migliori qualità risplendevano nella sua musica. Katniss non si era ancora mossa.
-Il mio sogno è diventare maestra di musica, ma sono un disastro! Sono sicura che se condivido la mia esperienza con te migliorerò, quindi per favore…- aggiunse per convincerla, Katniss si arrese subito.
-D’accordo, ma tu poi verrai con me nel bosco e t’insegnerò a cacciare-
-Va bene!- disse senza pensarci troppo -ma perché?-
-Potrei farti la stessa domanda- la bionda tornò a fissare lo spartito con occhi sognanti.
-Capirai la mia proposta dopo che avrai conosciuto il mio pianoforte, fidati- condividere le emozioni che può regalare quello strumento era il suo dovere da amica, e poi la musica poteva guarire il cuore di Katniss ferito durante il crudele periodo dell’arena.
-Io voglio che tu sopravviva. E se un giorno saremmo costretti a rifugiarci nei boschi? - rispose schietta alla domanda di prima.
-Oh cara non farti troppe paranoie, avresti potuto rispondere per passare più tempo insieme e che un po’ d’aria mi farebbe bene. Abbiamo perso troppo tempo, c’è molto lavoro da fare-
Katniss sospirò: se Madge aveva un progetto in mente nessuno l’avrebbe fermata prima della sua realizzazione. Si sedette vicino a lei, il sedile nero era un po’ piccolo per tutte e due.
-Prima di tutto prendi familiarità con questo pianoforte, mettiti a proprio agio- Katniss annuì, provò ad accarezzare i tasti senza troppa forza, doveva solo sfiorarli. Erano freddi.
-Ora prova a posizionare solo una mano sopra la tastiera, deve essere morbida non rigida- la mano di Katniss sembrava sempre in all’allerta, sempre pronta ad afferrare armi in caso di pericolo.
-Una volta che appoggi le dita sulla tastiera devi curvarle leggermente- ubbidì e provò a premere un tasto bianco qualsiasi, uscì un suono insicuro.
-Che nota è?-
-Do-
Katniss si aspettò un altro comando, al suo posto era arrivato il silenzio. Tutt’un tratto il viso di Madge si scurì.
-Allora ti piace il pianoforte?-
-Si, mi sembra solo complicato da suonare- dli nuovo silenzio, chissà che cosa stava pensando Madge; prima era entusiasta e piena di energie ora una profonda tristezza sembrava ascesa su di lei.
-Puoi… suonare la melodia di Rue?- chiese Katniss con un filo di voce, non aveva mai avuto il coraggio per chiederlo, ora ne aveva bisogno. Chiederlo prima avrebbe potuto tramutare l’umore di Madge, ma adesso sembrava già triste, momento perfetto.
-intendo…quelle quattro note che nel distretto 11 indicavano quando la giornata lavorativa era giunta al termine- l’amica acconsentì sorridendo in modo diverso come se avesse aspettato quella richiesta. Katniss si rialzò lasciando completo spazio alla giovane musicista.
Le sue dita sfioravano quei tasti, per poi innalzarle come uno scrittore con l’illuminazione. Quando iniziò a suonare sapeva perfettamente i tasti che avrebbero composto la melodia di Rue.
Quelle quattro note riecheggiarono nell’animo di Kantiss. Profonde. Chiare.
-Grazie…-
Madge non si fermò. Continuò la melodia con nuove note, ma sempre collegate a quelle quattro. (https://www.youtube.com/watch?v=HgGj_mUnbEI). Katniss non pianse,
Osservò le mani di Madge, danzare sulla lunga tastiera. La mano sinistra e la destra erano in sintonia.
In quel momento Katniss si accorse che Madge stava raccontando una storia. La storia di Rue. Attraverso la musica.
Quella melodia creò nella sua mente varie immagini: Rue in un campo fiorito, Rue giocava con delle ghiandaie imitatrici, Rue sorrideva.
Rue con quella maledetta lancia infilata nello stomaco.
-Dicono che la musica può alterare gli stati d'animo e parlarti*- sussurrò la bionda ma il suo sguardo attento non sparì.
Un tocco di malinconia, forse le sensazioni cambiavano in base alla persona.
-Ci lavoro questa melodia da giorni, aspettavo solo che me lo chiedessi tu-
Madge non era in grado di consolare le persone a lei care, il suo più grande difetto. Senza la musica, a quest’ora avrebbe svolto il ruolo della silente amica.
Katniss la ringraziò di nuovo con sincerità. Madge sorrise: era riuscita ad aiutare l’amica, anche se in piccola parte.
-Vuoi che te la insegni?- era ritornata l’allegra Madge.
Katniss era curiosa, fin dove la poteva condurre la musica?
-Certo-
 

*Frase di Eminem
 

 Ecco il link della canzone estesa di Rue, che ho messo anche nella storia: https://www.youtube.com/watch?v=HgGj_mUnbEI


 

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Capitolo 9
*** The piano is alive! ***


Post Catching Fire
District 1

The piano is Alive!

Una madre costringe il proprio figlio a dedicarsi alla musica per distoglierlo dal desiderio di partecipare agli Hunger Games. Questo ragazzo sceglierà un'arma o uno strumento? [500 parole]
 

Una melodia spenta.
È il risultato di una lezione priva di interesse: suono come un automa, costretto ad eseguire lo spartito con attenzione.
Essendo alle mie spalle, mia madre non è in grado vedere la mia faccia annoiata in questo momento. È stata lei a iniziare con questa assurdità della musica e ad impormi queste lezioni.
Il maestro mi ha affidato una marea di brani da imparare, non pensavo che potesse esserci qualcosa di più noioso della scuola. Le dita premono sui tasti giusti velocemente, iniziano a farmi male.
Il pianoforte non riesce a capirmi, ignora il mio odio e si lascia suonare come per farmi dispetto. Che pensieri stupidi: il pianoforte non è vivo.
 
La melodia spenta s’interrompe.
Mi giro per lamentarmi di nuovo ma non trovo lo sguardo folgorante di mia madre, solo la parete bianca. Finalmente! Senza la sua vigile attenzione che mi perseguita sempre, posso decidere da solo il mio futuro, o almeno questo pomeriggio.
Come gli altri miei coetanei, ho un’ambizione: vincere gli Hunger Games. Però, dopo la morte di mio fratello Marvel nella scorsa edizione, mi è stato vietato persino il pensiero di offrirmi volontario. Non credo che mia madre m’iscriverà all’accademia, devo allenarmi da solo altrimenti addio al mio sogno.

Prendo la giacca e raggiungo la porta, ma mi fermo.
Mi volto e vedo l’imponente strumento, illuminato da una strana luce. Il pianoforte non è vivo, perché ho l’impressione che mi stia chiamando? Le soluzioni sono due: o sto impazzendo o voglio suonare. È assurdo, odio la musica e in questo momento dovrei essere chilometri di distanza da qui.
Per la prima volta in cui non sono obbligato a suonare, ho il desiderio di farlo? Forse ho dimenticato qualcosa; realizzo che devo chiudere il coperchio, meglio evitare i rimproveri di mia madre.
 
Le dita, invece di avvicinarsi all’asta che tiene aperto il coperchio del pianoforte, si dirigono verso la tastiera come calamite. Ho ancora un po’ di tempo, darò un addio a questo ciarpame. Mi siedo sul sedile, prendo lo spartito più semplice (solo le prime righe lo erano) e inizio a suonare senza motivo.
Si tratta di una melodia dolce, scritta da un tale che sicuramente non veniva obbligato a suonare dalla madre.
 
Do Do Sol Sol La La Soool Fa Fa Mi Mi Re So…
 
-Ho sbagliato- mormoro a me stesso. Ripeto le note con lo stesso ritmo. La melodia era…rilassante, piacevole. È come se mi fossi tolto dei tappi per orecchie invisibili.
 
Do Do Sol Sol La La Soool Fa Fa Mi Mi Re Re Dooo sol sol fa fa mi mi reeee sol sol fa fa mi mi reeee Do Do Sol Sol La La Soool Fa Fa Mi Mi Re Re Doooo
 
Perché voglio continuare?
Dopo c’è la parte più difficile, senza l’approvazione del maestro non mi sono mai avventurato fino alla fine dello spartito.
Sono curioso di come sarà.
Un’emozione brucia nell’anima, non so dire il suo nome ma è…potente. Mi spinge a suonare, non poteva arrivare prima questa folgorante sensazione?
Postura rilassata, scompare ogni rigidità.
Mi concentro per affrontare questa nuova sfida.
 
Sento la presenza di mia madre.
Lei non dice niente, tutto quello che vuole comunicare è racchiuso nel sorriso che non riesco a vedere, e non c’è bisogno di fermarmi a suonare per vederlo. Una domanda che mi frulla nella testa attende risposta.
-Mamma perché…il pianoforte?-
-Dove c'è musica non può esserci nulla di cattivo*-
 
 
 
 *Miguel De Cervantes
 

👑💎 Angolo autrice 💎👑
Quindi…si gente: la musica può salvare le persone dal folle desiderio di uccidere 23 coetanei per la fama.
La passione non deve necessariamente nascere quando si è bambini, non smetterò mai di dirlo. È come innamorarsi di una persona: la devi conoscere per capire se apprezzi la sua presenza o no.
Per esempio, quando ho iniziato danza classica eseguivo i passi con superficialità, dopo anni mi sono accorta di amarla. All’inizio odiavo la lettura e ora è la mia linfa vitale e la musica…beh quello l’ho sempre adorata.
La passione non si può compare, ma può nascere a qualunque età.
P.S.: la melodia che suona il protagonista è Twelve Variations on "Ah vous dirai-je, Maman"  https://www.youtube.com/watch?v=7BTvoqVK420 (al secondo 0:42 con la prima variazione diventa molto difficile!)

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Capitolo 10
*** The interview ***


Post Hunger Games
District 2
 

The interview

Se tu, musicista, scopristi che puoi suonare un ultimo brano, quale sceglieresti? Charlotte deve decidere di fronte ad un milione di persone e in fretta. [1188 parole]

 

Sembrava una principessa quella sera.
Non riusciva ancora a credere che stava indossando un vestito rosso composto da un corpetto ricamato con pizzo e una lunga gonna svasata. Il suo riflesso allo specchio mostrava una quindicenne bellissima, con i capelli castani lisci e che portava una straordinaria collana luccicante.
Ma l’accessorio più importante era la falsa sicurezza. Il suo mentore le aveva detto di indossare una maschera, però non intendeva una di quelle che si utilizzavano alle feste: ne serviva una che potesse nascondere il suo timido carattere. Fin da piccola aveva l’abitudine di fare brutta figura con gli sconosciuti, difetto che non poteva permettersi d’apparire durante le interviste per i settantesimi Hunger Games.
Ma Willow era disperata.
Quando fu sorteggiata come tributo per i mortali giochi, fu strappata via dal suo mondo: invece di leggere l’origine della musica africana studiava le piante velenose, al posto d’imparare gli arpeggi si arrampicava su finte pareti. Sapeva che non sarebbe mai tornata a casa.  
 
Il giorno prima dei terribili Hunger Games era dedicato alle interviste, momento cruciale per tutti i tributi.
Il ragazzo del distretto otto si ritirò dal palco piangendo dopo che Caesar Flickerman citò il suo  fratellino che probabilmente non avrebbe più rivisto. Willow non riuscì a provare pietà per lui poiché l’ansia la stava divorando. Era il suo turno.
Con passo lento si diresse verso la tribuna, la luce dei riflettori era abbagliante. Si sentiva in mostra come una bestia prima di essere uccisa.
L'intervistatore dai capelli arancioni l’accolse con il baciamano, la ragazza doveva celare il suo disgusto.
-Cara Willow…posso chiamarti Will?- esclamò Caesar non appena la giovane si sedette su quell'ingombrante poltrona rossa. La ragazza annuì.
-Non posso fare a meno di farti i complimenti per questo vestito. Ti sta d’incanto, non credi?- Willow non riuscì a parlare neanche questa volta.
-Siamo un po’ timidi stasera!- la risata del pubblico fu la goccia che fece traboccare il vaso: si sentì paralizzata. Non riusciva a muovere nessun muscolo, sentiva solo i battiti agitati del suo cuore.
-Non possiamo rimanere in silenzio durante la serata. Cosa ti manca di casa tua?-
Umili lavoratori di cereali erano gli abitanti del suo distretto, pensando a loro provò nostalgia. Le mancava la sua musica e la sua famiglia, desiderava solo ritornare a casa.
-Mi manca il mio…il mio…- mormorò a bassa voce, era sicura che il suo mentore stesse maledicendo il suo carattere timido in cinque lingue diverse.
-Come come?-
-Voglio tornare a suonare il mio banjo- rispose sforzandosi di non guardare per terra.
-Abbiamo una musicista tra noi! Scommetto che sei un fenomeno- per la prima volta dopo giorni Willow sorrise, quella sincera e piccola manifestazione di serenità conquistò metà pubblico.
Per un piccolo momento la ragazza del distretto 9 si era dimenticata di essere nel mezzo di un’intervista per conquistare sponsor, ma la prossima domanda di Casear la scaraentò alla fredda realtà.
-Che ne dici di suonare un pezzo?- la giovane impallidì: desiderava suonare più di ogni altra cosa al mondo, ma ci sarebbe riuscita difronte ad un pubblico affamato d’intrattenimento?
Aveva iniziato a suonare da pochi mesi, il sorteggio del suo nome durante la mietitura distrusse il suo sogno di diventare una musicista. Non conosceva nemmeno tutti gli accordi!
Un giovane pacificatore portò sul palco un banjo. Willow, invece di chiedersi perché uno strumento simbolo della musica country si trovasse nell'Anfiteatro di Capitol City, rimase affascinata da quel pregiato modello a cinque corde: era realizzato in mogano, la tastiera era in palissandro e la cassa armonica a forma di tamburo era argentata. Non ne aveva mai visto uno così particolare.
Lo prese con le mani che tremavano, in quel momento avrebbe voluto sparire. Doveva affrontare le sue emozioni di disperata paura, non osò immaginare che cosa stesse pensando il suo mentore vendendola nel panico.
Gli occhi del pubblico e di quell’egocentrico presentatore che si fingeva un suo amico la intimorirono a morte.
Strimpellò qualche corda con incertezza, chiunque vedendola in difficoltà veniva spontaneo pensare che fosse la prima volta che prendeva in mano un banjo.
La ragazza strinse i denti e cercò di suonare una canzone, la più semplice che conosceva, ma le sue dita si rifiutavano di collaborare. Si sentì un’incapace.
Stava suonando la musica della paura. Nella sua casa al distretto 9, il suo banjo era portatore di gioia anche se Willow, adesso Capital City era riuscita a rovinare anche la sua sincera passione.
Era il giorno peggiore della sua vita.
Dopo un po' il presentatore decise di porre fine alla figuraccia della ragazza.
-Arr speriamo che tu non sia brava a suonare quanto a combattere, perché altrimenti sarai spacciata-
No.
Non poteva essere il suo ultimo ricordo con la musica.
 
 
Il ragazzo del distretto 12 salutò il pubblico dicendo che sarebbe stato il vincitore, era evidente come il sole che la sua fiducia era una falsa.
Le interviste erano finite. Il giorno dopo Willow si sarebbe ritrovata in un’arena mortale. La paura che aveva provato in quei giorni venne alimentata dall'angoscia causata dalla figuraccia di prima. Qual era l’emozione più insopportabile fra tutte? Forse quella che stava provando in quel momento.
I tributi furono riaccompagnati nelle loro stanze da panificatori armati; tutti, tranne Willow, avevano la stessa espressione: uno sguardo impassibile.
La ragazza sentì una forte fastidiosa pressione sul petto. Sapeva che non poteva più nascondere le sue emozioni e le sue lacrime un secondo di più.
-Devo andare in bagno- disse con un filo di voce al pacificatore per poi dirigersi velocemente ai bagni della struttura.
Si scontrò con un giovane di vent'anni, forse un pacificatore. Lo riconobbe: aveva portato lui il banjo argentato sul palco.
Gli occhi di Willow s’inumidirono ancor di più, in quel momento qualsiasi sciocchezza l’avrebbe fatta piangere. L’uomo, invece di ignorarla come avrebbe fatto chiunque, la osservò con sguardo malinconico.
-Vorresti suonare di nuovo?- chiese con voce gentile. Una potente speranza s'illuminò nell'animo della ragazza.
-Si! Ti prego!-
Willow quasi si stupì quando si accorse che il pacificatore si era portato appresso lo strumento, forse la stava cercando? Non importava.
Con un sorriso sincero e le lacrime che avevano iniziato ad accarezzare il viso truccato, Willow iniziò a suonare. Questa volta era rilassata, con il cuore in pace, l’unico spettatore che aveva difronte non l’avrebbe giudicata. Pensava ancora alla figuraccia di prima, ma quel suono vivace riuscì a consolarla. La musica è la voce di ogni dolore, di ogni gioia: non ha bisogno di traduzione.*
La musica country era la miglior medicina per curare la tristezza: era allegra, ritmica e festaiola. Il banjo la riportò a casa, in quell’atmosfera di pura felicità condivisa dai suoi famigliari.
Concluse mantenendo il suo splendido sorriso, istintivamente abbracciò lo strumento argentato. Avrebbe voluto rubare del tempo in più.
Il giovane pacificatore fece un piccolo applauso, il suo sguardo era ancora triste.  
-Mi dispiace che questa sia l'ultima volta che suoni, dico sul serio. Almeno la tua ultima canzone non era quella dell’intervista- quella guardia aveva manifestato la sua compassione con un gesto gentile che Willow avrebbe ricordato per il resto della sua vita… molto probabilmente sarebbe terminata il giorno successivo.  
-Grazie…grazie mille!-
 
 
*Helen Exley


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