Incanto

di raffychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


E' la prima volta che mi cimento in una storia su Miraculous e ammetto che me la sto facendo abbastanza sotto non avendo mai intrapreso la strada delle storie a più capitoli, eppure ho deciso di abbattere le mie barriere e di sfidare i miei limiti. Questa storia nasce soprattutto dall'idea di dare voce ai miei pensieri ed anche a scene che vorrei in futuro vedere nella serie originale. E' una specie di favola, più precisamente una AU, quindi molti elementi della serie originale non ci saranno, i Miraculous in primis. Mi sono ispirata alla favola di Cenerentola ma premetto che non ci saranno fate madrine o matrigne cattive, anche se in qualche modo sono riuscita ad inserirle anche se in altra forma. Ogni capitolo seguirà il punto di vista dei due protagonisti, quindi di Adrien e Marinette. Senza aggiungere altro, lascio a voi la mia creatura.
Commenti e critiche sono sempre ben accetti.
Buona lettura.

Raffychan! 

PARTE 1


Un ballo in maschera, organizzato a Villa Agreste per festeggiare i vent’anni del rampollo della famiglia Agreste. Di certo non era quello che Adrien si aspettava come festa di compleanno, ma era pressoché difficile se non impossibile far cambiare idea al proprio padre. I preparativi per il grande evento erano durati quasi due settimane: gli addobbi, il buffet, le luci e le musiche, tutto doveva essere perfetto e ovviamente, doveva rispettare le scelte del padrone di casa dal momento che, come sempre, il suo unico figlio non poteva dire la sua nemmeno sulla sua festa di compleanno. Anche l’abito era stato scelto da Gabriel Agreste in persona e lui, ormai rassegnato, stava finendo di allacciare i bottoni dorati di quel panciotto blu damascato, guardando la giacca dello stesso colore appoggiata al manichino. Si guardò allo specchio, per niente convinto di quel completo che stava indossando, girando su se stesso e osservando i pantaloni grigi racchiusi dentro due lunghi stivali neri. Anche i capelli erano stati pettinati alla perfezione, mancava solo che qualcuno gli pizzicasse le guance per dargli più colore. 

“Sembro una bambola confezionata, pronta per essere incartata e venduta” esclamò Adrien, sperando che quella festa finisse al più presto.

Non conosceva nemmeno uno dei partecipanti, ad eccezione di Chloè ma lei era la figlia del sindaco di Parigi e la sua unica amica da quando erano piccoli. Finì di mettersi la giacca, lisciandola con le mani e prendendo la maschera nera appoggiata sul tavolino vicino a lui, guardando l’orologio vicino al letto segnare le diciannove e mezza: doveva scendere, gli invitati sarebbero arrivati a momenti.

Adrien si avviò verso la porta eppure ogni passo sembrava pesante quanto un macigno: voleva fuggire, scappare il più lontano possibile da quella vita che stava vivendo da ben vent'anni. Sua madre non c’era più, suo padre lo ignorava e ovviamente stava già pianificando il suo futuro dal momento che voleva far accasare il suo unico figlio con qualche signorina dell’alta società francese. In cuor suo, Adrien sperò che la scelta del padre non fosse caduta proprio su Chloè. Non che la ragazza non fosse bella, tutt’altro, ma era praticamente una sorella per lui, non riusciva ad immaginarsi sposato con lei con una schiera di bambini. Non aveva particolari gusti in fatto di ragazze, visto e considerato che non ne aveva frequentate molte, ma se proprio avesse dovuto scegliere avrebbe preferito una ragazza con occhi grandi, magari di un bel blu oceano e capelli d’ebano.
Una volta aveva adocchiato una figura del genere quando era solo un ragazzino di appena tredici anni.

…….

Quel giorno, forse l’unico della sua vita, il padre gli aveva concesso qualche ora di svago, ovviamente sempre con la sua guardia del corpo dietro.
Stava girando per le vie di Parigi quando il suo naso aveva sentito l’inconfondibile odore che solo un vassoio di dolci poteva emanare. Come ammaliato da quell’aroma divino, aveva percorso i pochi passi che lo separavano da quel posto paradisiaco ed era arrivato davanti a quel luogo che molti definivano la migliore Boulangerie di Parigi: era gestita da una coppia molto gentile e di certo esperti nel proprio lavoro. Adrien ricordava ancora il momento in cui aveva varcato la soglia della Boulangerie e i suoi occhi stavano quasi per riempirsi di lacrime davanti a tanta meraviglia: dolci, croissant, torte a tre piani, macaron di tutti i gusti, era morto e quello era il suo paradiso personale. Stava pensando di fare un regalo al padre: aveva deciso di acquistare alcuni dolci, quando dal nulla era sbucata una ragazzina con in mano una cassa di legno piena di mele.

Aveva udito prima il tonfo generato dalla caduta e quando si era girato aveva scorto la ragazza a terra con la cassetta sulla testa e le mele sparse ovunque. Aveva sentito la padrona del negozio scusarsi per la goffaggine della figlia ma per lui quella scena era stata così buffa che non ebbe la forza di trattenersi dal ridere, mentre stava osservando quella ragazza cercare di recuperare tutte le mele cadute.

Si era accorto che una delle mele era vicino ai suoi piedi e si era chinato a raccoglierla per poi porla alla ragazza.
Quando i loro occhi si furono incontrati, era rimasto ammaliato da quello sguardo: potevano esserci occhi più belli di quelli? No, fu la sua rapida risposta: quegli occhi erano bellissimi e lo avevano stregato, come una specie di incantesimo.
Adrien stava osservando le labbra di lei che cercavano di dire qualcosa ma non capì subito dato che la ragazza aveva iniziato a balbettare.

“Gra…grazio…no…gratto..non aspetta..io”

Aveva di nuovo riso a quella sequenza di parole senza senso, infine aveva deciso di venire incontro alla ragazza
“Grazie?” le gote della ragazza si fecero rosse mentre sussurrava un “Si…grazie”.

La mela era stata riposta nella cassetta e lui, dato che era cresciuto con rigide etichette da vero gentiluomo, si era alzato porgendo la mano alla fanciulla per aiutarla a rimettersi in piedi. Lei aveva accettato la mano che le era stata offerta e Adrien aveva percepito come una specie di scossa non appena le loro dita erano venute a contatto.

Chi era quella ragazza? Come si chiamava? Avrebbe voluto chiederglielo ma sapeva che era scortese chiedere il nome a qualcuno senza prima presentarsi.

“Di niente. Io sono Adrien, Adrien Agreste, al vostro servizio Milady” aveva dichiarato, accompagnando il tutto da un inchino.
Di nuovo aveva alzato lo sguardo verso di lei osservandola ridere davanti a quel gesto così teatrale: la sua risata aveva risuonato come il dolce suono di un campanellino.

“Il piacere è tutto mio Adrien, io sono Marinete Dupain-Cheng” Aveva dichiarato la ragazza, mentre si inchinava alzando i lembi di un’immaginaria gonna. 
Marinette, un nome dolce che le calzava a pennello. Un sorriso gli era apparso sul viso: era sicuro che non avrebbe dimenticato quel nome e quel volto molto facilmente.

…………

Come ridestato da quel bel ricordo, Adrien indossò la maschera, uscendo dalla sua camera raggiungendo l’imponente scalinata che separava i piani superiori dal salone. Scese i gradini guardando il salone addobbato a puntino per la festa; c’erano lunghi tendaggi appesi al soffitto, luci che scendevano come una cascata dorata e due immensi tavoli erano stati disposti ai lati della sala e riempiti con ogni ben di dio, mentre vicino alla scalinata era stata disposta l’orchestra. Tutto perfetto, tutto nel puro stile Gabriel Agreste, questo pensò Adrien.

Girò intorno, osservando il grande lampadario dominare il soffitto. Quando abbassò lo sguardo, i suoi occhi andarono a posarsi su uno dei due tavoli del buffet: se non poteva avere la festa che voleva lui almeno si sarebbe rimpiazzato di dolci fino a scoppiare. Deciso, allungò una mano verso un macaron rosso quando sentì un dolore alla mano. Dolorante e anche abbastanza irritato per quel gesto, si voltò verso la persona che aveva osato tanto “Hey..ma cosa..” di solito non provava mai odio verso qualcuno e non era il tipo da portare rancore, ma in quel momento e in quel particolare giorno avrebbe ucciso chiunque lo stesse tenendo lontano dalla sua unica gioia: i dolci!

“Non si tocca niente fino a quando non inizia la festa”, quella voce lo fece girare mentre vedeva colei che lo aveva colpito incrociare le braccia al petto ma con ancora in mano il cucchiaio di legno, di certo l’arma con cui lo aveva picchiato.

Non era molto alta, i capelli erano tenuti in maniera ordinata da un vaporoso chignon. Gli occhi erano due piccole fessure; eppure, Adrien aveva scorto in essi un colore a lui familiare.

“Beh, dal momento che sono il festeggiato e mio padre paga tutto, direi che ne ho pieno diritto” affermò, giusto per far capire a quella persona chi avesse di fronte.

“Non mi interessa se sei il festeggiato e se tuo padre al momento è il mio capo, ci ho messo tutto il giorno a preparare quei macarons, a disporli perfettamente uno sopra l’altro, quindi ora, mio caro festeggiato, lo rimetti al suo posto e aspetti buono buono l’arrivo degli ospiti”

Ah, sì? Così stavano le cose secondo lei? Bene, in quel caso avrebbe tirato fuori la sua arma segreta!

Avvicinandosi alla figura, e costatato che era una ragazza vista la gonna a ruota che indossava, calze nere e ballerine ai piedi, una camicia blu con il colletto bianco ricamato ai bordi e un grembiule che le fasciava la vita andando ad allargarsi fino a metà gamba, Adrien si mise alla sua altezza guardandola diritta negli occhi: ora che li vedeva bene erano identici a quelli di…beh, ci avrebbe pensato dopo, adesso la cosa importante era farle capire chi comandava.

“Vuoi vedere che riesco a convincerti?!” sussurrò vicino al suo viso.

La vide abbozzare un sorriso ma non era certo un sorriso di cortesia, bensì di pura sfida

“Provaci, bel biondino” bene, la ragazza voleva giocare e allora lui avrebbe giocato con lei.

Ovviamente lei non si aspettava certo che la sua arma segreta fosse sfoggiare due grandi, dolcissimi e assolutamente irresistibili occhioni da gatto.

“Ma che...?”

Adrien unì le mani a mo’ di preghiera ma a pugni chiusi e muovendo il didietro a destra ed a sinistra come se da un momento all’altro gli stesse spuntando una lunga coda da gatto. Era certo che lei sarebbe capitolata da un momento all’altro, esattamente come aveva visto fare in quel film “Il gatto con gli stivali” dove un micione tigrato e con due stivali stile moschettiere ai piedi, sfoggiava la stessa identica espressione per ottenere quello che voleva. Gli mancava solo il cappello per essere uguale a quel gatto, forse un giorno avrebbe chiesto a suo padre un cappello simile a quello del film.

La risata della ragazza non tardò ad arrivare –che strano, anche quel suono gli era familiare- mentre la vedeva portarsi le mani alla bocca per non farsi sentire. Assolutamente convinto della sua vittoria, Adrien si rimise in posizione eretta sorridendo a sua volta a quella ragazza.

“Allora, ho vinto?”

“Vinto?” chiese lei, cercando di riacquistare un po' di lucidità e scacciando con il dito una lacrima.

“Il macaron, adesso posso prenderlo!” senza pensarci, si fiondò di nuovo su quel vassoio pieno di deliziosi macaron, agguantandone uno e portandoselo alla bocca.

Gustò quella meraviglia lentamente, accompagnando il tutto con un mugolio di piacere “Mmm…sono deliziosi”

“Ci credo, li ho fatti io”

“Modesta”

“No, professionista, mio caro”

Quella ragazza gli piaceva, nonostante lei sapesse chi aveva davanti a se, non si faceva scrupoli a parlargli con tanta naturalezza e spudoratezza. 

“Di grazia, chi ho il piacere di conoscere?” chiese lui, offrendo alla ragazza un macaron come segno di pace.

“Ti hanno mai detto che è scortese chiedere a qualcuno come si chiama senza prima presentarsi” costatò lei, prendendo il macaron.

Quella ragazza aveva ragione, le buone maniere andavano rispettate, sempre!
Fece un passo indietro, piegando il busto e il braccio destro mentre quello sinistro era ben stesso

“Piacere madamigella, io sono Agreste, Adrien Agreste”. Alzò lo sguardo verso di lei, facendole l’occhiolino. Lei era rimasta immobile, con occhi e bocca sbarrati. Adrien allungò una mano verso quella della ragazza baciandole il dorso e regalandole un sorriso.

“Tu…” fu l’unico suono che sentì uscire dalle labbra di lei prima di vederla sparire verso le cucine della villa.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nuovo capitolo, questa volta con il punto di vista di Marinette. Prima di lasciarvi urge una piccola spiegazione: questo capitolo non inizierà da dove si è concluso il capitolo primo, ovvero quando Marinette scappa dopo che Adrien si è presentato, ma da prima che Marinette arrivi al luogo della festa. Ho dovuto fare così perché solo in questo modo potevo spiegare alcune cose che nel capitolo precedente non erano molto chiare, come il fatto che Marinette non arrivi a capire che il festeggiato è Adrien, nonostante la festa si tenga a Villa Agreste.
Ringrazio chi ha letto e commentato il capitolo precedente e come sempre commenti e critiche sono ben accetti.
Buona lettura.
Raffychan.


CAPITOLO 2


“Quindi ricapitolando: dieci vassoi di macarons, cinque di vol au vent ripieni, biscotti al cioccolato in quantità industriale, la torta a tre piani...dovrebbe esserci tutto” constatò Marinette, guardando di nuovo la lista e poi il carico di dolci pronto per essere impacchettato e portato al luogo della festa.

“Perfetto, carichiamo tutto sul furgone” disse Tom, battendo energicamente le mani e iniziando ad incartare i vari dessert e stuzzichini.

“Papà, una domanda, ma la festa precisamente dove si tiene? Ti rendi conto che ancora non me l’hai detto, e dire che mi hai assunta come cameriera” esclamò Marinette, mentre aiutava il padre a trasferire la pasticceria sul furgone.

Tom rise guardando la moglie fargli l'occhiolino, annuendo di rimando. “Tesoro, te l’ho detto, è una sorpresa, abbi pazienza.”

“Sarà, ma non capisco perché tutta questa segretezza, non siamo nemmeno invitati” constatò Marinette “E ti ricordo che per aiutarti ho dovuto interrompere i miei studi, pretendo un aumento di stipendio!”

“E da quando ti pago?” chiese Tom, guardando la figlia.

Marinette rise, avvicinandosi a lui abbracciandolo, per quanto la statura del padre glielo concedesse. Non era di certo un uomo dalla corporatura “normale”, vista la sua altezza e i suoi bicipiti, per non parlare delle mani grandi che avrebbero potuto mettere KO chiunque. Tuttavia, Tom Dupain era sopratutto un uomo dal cuore d’oro e dolce, proprio come i dolci che preparava e, cosa più importante, amava la sua famiglia.

Sua moglie Sabine, al contrario, era uno scricciolo se paragonata al marito, ma sapeva il fatto suo quando si trattava di proteggere la propria famiglia, viste le sue origini cinesi e la conoscenza che aveva nelle arti marziali. In più era lei che gestiva con maestria il negozio tenendo i conti e facendo rientrare tutte le spese.

Negli anni insieme la loro gioia era stata colmata con l’arrivo della loro unica e ineguagliabile figlia Marinette che proprio in quel momento decise di sfidare il padre. “Allora facciamo così, per averti aiutato in queste due settimane, pretendo doppia razione di croissant a colazione” esclamò Marinette, sfoggiando i suoi occhioni da cucciola. Tom sospirò, sapendo che era inutile controbattere: quando sua figlia gli chiedeva qualcosa e soprattutto con quello sguardo, era impossibile dirle di no. “Diventerai una piccola balenottera” rise l’omone, accarezzando il capo scuro di sua figlia.

“Motivo per cui ho preso l’abitudine di andare a correre, l’esercizio fisico in questi casi aiuta a smaltire le calorie!”

“Marinette, non dimentichi qualcosa?” chiese Sabine, avvicinandosi alla figlia con una busta in mano.

La ragazza guardò la madre chiedendosi a cosa la donna si riferisse, dal momento che aveva deciso di preparare tutto la sera prima appunto per non dimenticare niente. “No mamma, stavolta posso dire con certezza di aver preso tutto!” esclamò, portando le mani sui fianchi fiera di se stessa e della brillante idea che aveva avuto. Nonostante fosse cresciuta e si stesse avvicinando al compimento dei venti anni, Marinette continuava ad avere la pessima abitudine di sognare ad occhi aperti, finendo inevitabilmente per combinare qualche disastro come dimenticare qualche libro, addormentarsi sulla scrivania finendo per svegliarsi in ritardo, capitolare a terra senza un preciso motivo.

“Sicura?” chiese di nuovo Sabine, porgendo la busta rosa alla figlia. Marinette guardò dentro la busta, non riconoscendo l’involucro al suo interno.

“Mamma, che cos’è?” Sabine sorrise, portando un dito alle labbra e facendo l'occhiolino alla figlia

“È un segreto, diciamo solo che potrebbe tornarti utile” disse, baciando la ragazza sulle guance.

“Mamma, cosa hai in mente?”

“Niente tesoro. Su forza, o faremo tardi. “

Caricato tutto sul furgone, partirono alla volta del luogo della festa, mentre Marinette guardava fuori dal finestrino, osservando le strade di Parigi scorrere davanti a lei. Amava la sua città, così ricca di monumenti, di storia, di arte e bellezza, così come amava stare ore fuori al suo balcone a guardare l’imponente cattedrale di Notre-Dame, osservando la maestosità e l’eleganza di quella costruzione che da sempre era uno dei simboli della città. Adorava anche il libro ad essa dedicato nonostante il finale tragico, con la morte della bella e sfortunata Esmeralda.
Certe volte si chiedeva se sarebbe mai riuscita a trovare qualcuno che l’amasse così intensamente, proprio come lo sfortunato gobbo Quasimodo amava la sua Esmeralda. Non che non avesse avuto dei pretendenti in vita sua, come il suo amico di classe Nathaniel che amava l’arte e il disegno come lei, per non parlare di Luka, così misterioso ma anche così bravo con la chitarra. Aveva composto per lei una melodia e le aveva dato il suo nome, un gesto che di certo non era passato inosservato a lei e nemmeno alle sue amiche. Quante volte la sua migliore amica Alya le aveva suggerito di uscire con il bel musicista, immaginando il momento in cui entrambi si sarebbero baciati, ma Marinette non avvertiva lo stesso sentimento che Luka provava per lei. Le piaceva, questo era certo, e gli voleva molto bene, ma Luka non aveva fatto scattare il lei quella scintilla.

Sospirò lasciando che il vento muovesse i suoi capelli, mentre la sua mente tornava indietro nel tempo. Chiuse gli occhi ricordando il momento esatto in cui lui era entrato nella sua vita: il suo viso, i suoi capelli dorati, i suoi occhi verdi e così intensi e la mano di lui così calda che toccava la sua. Alzò la mano portandola al viso mentre sentiva le guance che iniziavano a bruciare.

Se si fosse concentrato bene, avrebbe potuto quasi sentire di nuovo quel tocco delicato e la sua presenza vicino a lei, così come tutte le emozioni che aveva provato nel momento esatto in cui i loro occhi si erano incontrati. 

“Io sono Adrien, Adrien Agreste, al vostro servizio Milady”

“Adrien Agreste” sussurrò, senza farsi sentire dai suoi genitori.

Quel nome e quel volto erano rimasti impressi nella sua mente per sette lunghi anni. Non l’aveva più rivisto se non su qualche rivista, dal momento che Adrien era il modello di punta della Maison di moda del padre: il famoso stilista Gabriel Agrestre. Indubbiamente un uomo dal grande talento, capace di creare abiti dalle forme uniche ed eleganti, ma allo stesso tempo un uomo così misterioso da non rivelare in alcuna intervista nemmeno un’informazione sulla sua vita privata. Tutti erano a conoscenza della morte della moglie Emilie Agreste avvenuta durante un incidente stradale.
Tuttavia, Gabriel Agreste non aveva lasciato spazio ad altro: l’unico gesto dell’uomo era stato ringraziare tutte le persone che gli avevano mostrato compassione per il tragico evento. A partire da quel momento, lo stilista non aveva più reso pubblico alcun dato sulla sua vita o su quella del suo unico figlio Adrien, ad esclusione degli scatti fotografici realizzati per le nuove linee di abbigliamento maschile che creava. Grazie a quelle foto Marinette poteva rivedere il suo primo amore. Era però nota a tutti l’amicizia tra il modello e la figlia del sindaco di Parigi, ma oltre a quello nient’altro era stato dichiarato né da lui e nemmeno dalla stessa Chloè Bourgeois.

Il volto di Adrien adornava ormai da anni le pareti della camera della ragazza e Marinette era diventata un’esperta a scovare ogni volta una nuova foto del ragazzo ed ognuna era gelosamente conservata o appesa sui muri della sua stanza. Era l’unico modo che aveva per rivederlo, per vedere come fosse cambiato in quegli anni constatando che il lavoro da modello di certo gli giovava, dato che diventava sempre più bello. Eppure, osservando quotidianamente le foto, aveva pian piano scorto sul viso del ragazzo un velo di tristezza. Di certo dovuta alla prematura perdita della madre, eppure continuava ogni giorno a chiedersi se quello che vedeva nelle foto fosse il vero Adrien e non una maschera che il ragazzo si era costruito per non manifestare troppo quel dolore che lei era riuscita a scorgere in quegli occhi.

Non era lo stesso sguardo che le era capitato di vedere anni prima, quando i loro occhi si erano incontrati. Quegli occhi erano limpidi, dolci e sembravano quasi ridere mentre la stavano guardando, facendola sentire un po' in imbarazzo. Ciò nonostante, Marinette non era riuscita a distogliere lo sguardo da essi. Quando poi le loro mani erano venute a contatto, Marinette aveva sentito come un tuono rimbombare dentro di lei e un calore improvviso salirle sulle guance.

Che fosse stato il classico colpo di fulmine di cui molti parlavano, questo Marinette non sapeva dirlo. Di certo i suoi genitori avevano capito che quell’incontro non era stato dimenticato dalla figlia, viste tutte le volte che avevano scoperto Marinette fantasticare sulle foto del ragazzo parlando di lui senza saperlo, sognando il momento in cui lo avrebbe rivisto, come in uno di quei vecchi film in bianco e nero.
Marinette sperò in cuor suo che quell’incarico che i suoi genitori avevano accettato arrivasse proprio dalla famiglia Agreste.

“Sarebbe un sogno.” sussurrò, senza farsi sentire dai suoi genitori e immaginando il momento dell’incontro con il suo bel principe: un bell’abito, lui che la invitava a ballare, le loro mani unite, lui che la stringeva forte, i loro volti che lentamente si avvicinavano e alla fine l’agognato bacio.
Nemmeno si stava rendendo conto che nel mentre aveva unito le labbra a mo’ di bacio, almeno fino a quando non sentì la madre chiamarla interrompendo il suo ennesimo sogno ad occhi aperti.

“Marinette, che stai facendo?”

“Io? Niente.”

“Beh sarà il caso che torni sulla terra, siamo arrivati.” dichiarò Sabine, indicando con il dito l’enorme villa.

Marinette rimase a bocca aperta mentre osservava quella casa così imponente “Ma è enorme!”

La villa in questione era disposta su due piani, e solo la facciata davanti contava almeno una decina di finestre. In alto ai lati, c’erano due grandi cupole di colore grigio , mentre al centro c’era un altro piano con un tetto in classico stile parigino. Per accederevi si doveva superare un grande cancello in ferro battuto, con mura in pietra che circondavano l’intero perimetro. Di sicuro lì ci abitava qualcuno di importante, pensò.  
Marinette vide il padre schiacciare un pulsante rosso posto a fianco del cancello, sul quale però non vi era scritto alcun nome. Rimase sbigottita quando vide un grande occhio nero, sicuramente una telecamera di sicurezza, spuntare dal nulla da dentro al muro e fissare il padre, mentre una voce femminile dal timbro meccanico domandava chi fossero.

“Siamo della pasticceria Dupain-Chen, siamo stati assunti come catering” annunciò Tom con una punta di titubanza: quella telecamera era abbastanza inquietante.

La telecamera scomparve da dove era apparsa, mentre il grande cancello si apriva davanti a loro, dando la possibilità alla ragazza di dare un’occhiata al giardino prima di arrivare alla scalinata posizionata al centro della villa. Ad aspettarli davanti all’entrata c’era era una donna magra, con un completo nero, occhiali dalla montatura rettangolare e capelli racchiusi in uno chignon basso. Il volto era serio e non lasciava trasparire nessuna emozione.

Marinette deglutì, scendendo dal furgone insieme ai suoi genitori, mentre osservava la donna avvicinarsi a loro

“Benvenuti! La festa si terrà nel salone centrale, potete parcheggiare il furgone nel retro dove accederete direttamente alla cucina dalla porta di servizio. La festa inizierà alle venti precise, vi prego di essere puntuali con i preparativi. Chi di voi è incaricato di servire gli ospiti?” chiese la donna osservando, o per meglio dire, squadrando ognuno di loro con i suoi occhi di ghiaccio.

Marinette sentì un brivido di freddo percorrerle la schiena mentre alzava la mano “I.…io” la donna la guardò senza cambiare la sua espressione.

“Bene, mi segua, le mostro dove può cambiarsi”

“O..ok” preso il suo borsone, Marinette seguì la donna, salutando i genitori .

A differenza loro, a lei era stato concesso di accedere alla villa direttamente dalla porta principale, dandole così modo di osservare l’arredo al suo interno.
“Wow” esclamò cercando di non farsi sentire da quella donna alquanto inquietante, osservando le mura bianche, il salone, la scalinata e i quadri appesi.
Alzando gli occhi vide il grande lampadario di cristallo al quale alcuni operai stavano finendo di montare le luci e gli addobbi per la festa. Altri stavano sistemando i lunghi tavoli ai lati della sala: sicuramente quelli sui quali i suoi genitori avrebbero dovuto sistemare a dovere ogni dolce che avevano preparato.

Marinette guardò la schiena della donna seguendola e continuando a chiedersi chi fosse il famoso festeggiato e se mai potesse domandarlo a lei senza fare la figura dell’invadente. Dopotutto doveva lavorare lì, ed era un suo diritto sapere chi li aveva assunti, no?!  Prese un lungo respiro per infondersi un po' di coraggio

“M...mi scusi...ma ...di chi è la festa?” si bloccò di colpo quando vide la donna fermarsi e voltarsi lentamente verso di lei, di nuovo Marinette sentì un brivido gelido percorrere la sua schiena

“Del figlio del padrone di casa” dichiarò la donna, continuando a tenere quello sguardo di ghiaccio fisso sul suo volto.

Si ok, a questo ci era arrivata anche da sola, dato che sulla torta che suo padre aveva preparato c’era il numero venti decorato con dei macarons dorati, di certo il padrone di casa non poteva essere un ragazzo così giovane, ma almeno sapere il cognome. Stringendo la cinghia del suo borsone, e preso un altro respiro, Marinette decise di approfondire la sua ricerca, sperando nel buon senso civico della donna “Ma come si…”

“Siamo arrivati! Può cambiarsi qui, mi raccomando la puntualità!” così dicendo, la donna la lasciò sola, mentre Marinette cercava di ringraziarla fallendo miseramente: niente da fare, quella donna la metteva davvero in soggezione.

Sbuffando, entrò nel camerino e tirò fuori la sua uniforme da cameriera che lei stessa aveva cucito, senza far caso che nel borsone aveva infilato anche la misteriosa busta che sua madre le aveva consegnato prima di partire. Si cambiò in silenzio, acconciandosi i capelli in una chignon alto, lisciando la gonna rosa e il grembiule bianco con sopra ricamato il suo personale logo.

Un’altra cosa che Marinette adorava fare, oltre a preparare dolci insieme a suo padre, era creare abiti. La sua passione per la moda era nata quando lei aveva poco più di dieci anni: ricordava perfettamente il momento in cui aveva visto in tv una sfilata di moda, rimanendo folgorata da quei capi così belli ed eleganti. Ovviamente abitare nella capitale della moda aveva inciso molto sulla sua passione, dato che dovunque andasse, trovava negozi con abiti firmati dai più grandi stilisti: Yves Saint Laurent, Armani, Lagarfeid, Chanel e ovviamente il suo stilista preferito, Grabriel Agreste.

Eh già, il padre della sua prima cotta era anche il suo stilista preferito, colui che lei venerava e sperava un giorno di poterlo conoscere non solo perché nei suoi sogni lei sarebbe diventata sua nuora, ma anche perché Marinette confidava nel fatto di poter avere un mentore come Gabriel Agreste e imparare da lui tutti i trucchi del mestiere. Si era iscritta al prestigioso Institut français de la mode per mandare avanti il suo sogno di diventare un giorno una stilista affermata come Gabriel Agreste. Un giorno avrebbe anche lei creato abiti da far indossare ad Adrien e ovviamente tra i capi da lei disegnati ci sarebbe stato anche l’abito di nozze del matrimonio tra lei e Adrien.
Di nuovo i sogni di Marinette vennero interrotti da un improvviso bussare.

Trasalì tornando bruscamente alla realtà, chiedendo chi fosse.

“Marinette, sono tua madre, posso entrare?” Dopo essersi calmata, Marinette si avvicinò alla porta e l’aprì.

“Mamma, che succede?” Sabine sorrise entrando nel camerino, osservando la figlia nella sua tenuta da lavoro. Era fiera della ragazza, così creativa, intelligente e decisa in quello che voleva. L’aveva sempre appoggiata, insieme al marito, perché sapeva che la loro preziosa figlia sarebbe riuscita a realizzare tutti i suoi sogni con le sue sole forze. Beh, forse non tutti, c’era un sogno che in quel caso aveva bisogno del supporto da parte loro. La donna le si avvicinò, accarezzandole il viso

“Sei bellissima, tesoro” disse con quel tono amorevole che ogni volta riusciva a sciogliere il cuore di Marinette.

“Grazie, mamma”

Guardò la figlia ricambiare il sorriso, scommettendo quello che voleva che mentre era sola, la mente della ragazza era di nuovo partita verso chissà quale film romantico, ovviamente con protagonista il suo principe dalla capigliatura dorata, che per uno scherzo del destino, era proprio il festeggiato di quella sera. Era stato difficile per lei e suo marito tenere nascosta l’identità del ragazzo a Marinette, ma volevano farle una sorpresa e nello stesso tempo evitare che lei andasse in paranoia, sapendo che avrebbe rivisto il suo primo amore.

Avevano deciso di prenderle un abito da sera, girando tra i vari negozi per trovare un modello del colore giusto. E l’abito scelto era adatto a lei, e Sabine non vedeva l’ora di vederlo indosso alla figlia. Ovviamente era stata ben attenta a non farlo vedere a Marinette, nascondendolo fino a quel giorno. Insomma, lei e suo marito si sentivano molto le fate madrine della situazione e ovviamente la cosa li divertiva molto.

“Allora, sei pronta?” chiese la donna, guardando la figlia annuire e avviandosi con lei verso il salone. Marinette si avvicinò al tavolo dove il padre stava finendo di sistemare gli ultimi dolci.

“Et voilà” esclamò Tom, fiero del proprio lavoro

“Bene, mancano solo i macarons e la torta, ma quella deve uscire al momento opportuno” Tom guardò le due donne, battendo energicamente le mani mentre osservava la figlia, anch'essa ormai pronta “Marinette, perché non vai a prendere tu i macarons mentre io e tua madre finiamo di sistemare le ultime cose?”

“Certo papà” corse verso la cucina, stando ben attenta a non inciampare da qualche parte. Non era il caso di mostrare il suo didietro a dei perfetti sconosciuti grazie ad una delle sue memorabili cadute.

Raggiunta la cucina, Marinette iniziò a disporre perfettamente i macarons uno sopra l’altro, proprio come suo padre le aveva insegnato. Fiera anch'essa del suo lavoro, prese il vassoio tornando verso il salone e appoggiandolo delicatamente sul tavolo. Tornò in cucina per prepararne altri: in tutto dovevano essere sei. Sua madre l’aiutò nell’operazione.

“Finito?” chiese Tom

“Ne manca solo uno” Rispose Marinette

“Bene, mentre tu finisci, io e tua madre andiamo a completare le decorazioni per la torta” Marinette annuì, osservando i genitori allontanarsi mentre lei rimaneva nel salone.

Guardò quella tavola imbandita con l'acquolina in bocca, c’erano persone che dopo un po' iniziavano ad avere una certa intolleranza a ciò che ogni volta dovevano cucinare, ma Marinette non si sarebbe mai stancata di mangiare dolci a volontà. Soprattutto se prepararti dalle mani esperte del padre. Però quei macarons erano una sua personale creazione.

Tornò in cucina dove i genitori stavano iniziando a decorare la torta, prese l’ultimo vassoio di macarons da portare in sala. Stava adagiando anche quest’ultimo su uno dei lunghi tavoli senza rendersi conto di non essere più sola. Sussultò notando una figura avvicinarsi ad uno dei tavoli del buffet e intuendo subito le sue intenzioni. Eh no, non poteva mandare all’aria il suo duro lavoro! Chiunque fosse.

Prese un cucchiaio di legno lasciato sicuramente lì dal padre e si avvicinò piano alla figura che continuava a darle le spalle. Nello stesso momento osservava quasi ipnotizzata quei capelli dorati e quelle spalle alte e muscolose racchiuse in un completo blu damascato. Scosse la testa, cercando di tornare alla realtà, picchiando con forza quella mano molesta che aveva avuto l’ardire di avvicinarsi ad uno dei suoi macaron.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Un pò in ritardo con l'aggiornamento ma tra lavoro e studio ho avuto davvero parecchio da fare.
Il cpaitolo stavolta si apre con il punto di vista di Adrien e da dove lo avevamo lasciato nel capitolo uno.
Come sempre commenti e critiche sono bene accetti.
Buona lettura


Capitolo 3

La festa era ormai iniziata. Adrien guardò tutti gli ospiti accomodarsi all’interno della villa, salutandoli in maniera cortese. Suo padre era vicino a lui, pronto a rimproverarlo al minimo errore mentre Nathalie, l’assistente di suo padre, gli bisbigliava all’orecchio ogni nome dei partecipanti alla festa, così che lui potesse far finta di conoscerli tutti.

“Adrien caro” la voce inconfondibile di Chloè sovrastò tutte le altre e Adrien si ritrovò con le braccia della biondina strette sul collo.

“Chloè, ben arrivata”.

In tanti anni, quella ragazza non era cambiata nemmeno di una virgola e Adrien aveva ormai capito che le attenzioni della ragazza nascondevano in realtà qualcos'altro. Di certo lui le piaceva, non era così cieco da non notare le attenzioni di Chloè, ma per lui lei sarebbe sempre rimasta la sua migliore amica, una sorella da proteggere e all'occorrenza anche da sgridare, visti i modi un pò da prepotente che Chloè aveva, soprattutto nei confronti di chi lei riteneva non alla sua altezza. Adrien scostò le braccia della ragazza dal suo collo, sorridendole

"Sono felice di vederti, almeno conosco uno degli invitati"

"Oh Adrienuccio, non sarei mancata per nessuna ragione al mondo" esclamò Chloè, sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia.

Dopo aver salutato il padre della ragazza, Adrien chiese il permesso al proprio padre di scortare Chloè verso il centro della sala, così da aprire le danze: era disposto ad usare ogni scusa possibile pur di non dover subire ancora quello strazio. Avuto l'assenso del padre, Adrien porse il braccio piegato alla ragazza, conducendola verso la pista da ballo. Sentiva addosso gli sguardi di tutti gli invitati, sopratutto quando Chloè decise di mandare all'aria i modi da signorina abbracciando con foga, e per la seconda volta, il ragazzo.

"Chloè, questo è un valzer, non un lento da festicciola di paese"

Adrien prese le braccia della ragazza, portando una mano di lei verso la propria spalla mentre l'altra stringeva la sua.

"Scusa Adrienuccio, ma sai che non resisto quando sei così vicino" vide di nuovo Chloè sbattere le lunghe ciglia.

Sospirò, aspettando il momento giusto per iniziare a danzare, sentendo l'orchestra suonare un valzer a lui molto familiare. Fece un cenno a Chloè, iniziando a ballare con lei. Sorrise, contento di ballare con l’unica amica che aveva, eppure la mente di Adrien non riusciva a dimenticare la ragazza di prima.

Quella ragazza aveva di certo dei modi molto rudi, ma era decisa e anche molto fiera, oltre che molto carina. La sua voce poi, la sua risata, avevano un suono così familiare, un suono che lui aveva sentito molti anni fa. E gli occhi... quegli occhi erano grandi, blu e intensi come il mare e lui li aveva visti soltanto su quel volto che da anni non aveva mai lasciato la sua mente.

Possibile che fosse…lei?

Possibile che quella ragazza fosse Marinette? Quella stessa ragazzina goffa, impacciata ma anche incredibilmente carina. Quella ragazza che lui sognava ogni notte, perché se non poteva incontrarla di persona, almeno poteva rivederla nei suoi sogni.
Poteva abbracciarla, baciarla….
Senza rendersene conto, Adrien iniziò a guardarsi intorno, cercando di scovare in mezzo a quella folla di persone a lui sconosciute il volto di lei. Non l'aveva più vista dopo che lui si era presentato.
Era praticamente sparita nel nulla. 

"Adrien caro!"

Adrien tornò alla realtà quando sentì la voce di Chloè chiamarlo. Scuotendo il capo, cercò di concentrarsi sulla sua amica e su quel ballo, facendo fare una giravolta a Chloè, osservando la lunga e vaporosa gonna di lei riempirsi mentre lei girava accompagnata dai movimenti di lui. L'abito di Chloè era di un giallo intenso, con il corpetto riccamente impreziosito, mentre la gonna aveva strati e strati di tulle. I lunghi capelli erano racchiusi in una complessa acconciatura fatta di treccine e boccoli mentre sul viso aveva una maschera gialla bordata di nero da cui facevano bella vista gli occhi azzurri di lei.

Quell'azzurro però non era in qualche modo paragonabile al colore degli occhi di Marinette. In essi Adrien non vedeva l'immensità dell’oceano, non riusciva a rispecchiarsi in quegli occhi e perdersi come un naufrago in mezzo al mare.

“Adrien, si può sapere che ti prende? Sei distratto”

La voce di Chloè gli arrivò lontana, come ovattata. Lui era lì fisicamente ma con la mente stava cercando di collegare il volto di Marinette a quello dalla ragazza che aveva visto prima che la festa iniziasse.

Erano passati ben sette anni da quell’unico incontro, di certo lei era cambiata e forse quella misteriosa ragazza era solo una che assomigliava alla sua prima cotta. Cercò di ricordare il momento esatto in cui aveva preso la mano di quella sconosciuta per baciarla, aveva sentito la stessa vibrazione che aveva avvertito sette anni prima quando aveva stretto la mano di Marinette. No, non poteva essere lei, eppure...non l’aveva più vista, dato che suo padre gli impediva di uscire. Forse, forse Marinette non viveva nemmeno più a Parigi o peggio, forse in questo momento lei era tra le braccia di qualcuno. Strinse forte la mano di Chloè a quel pensiero, senza rendersi conto dell’urlo di dolore che la ragazza aveva emesso.

“Adrien, mi fai male!”

“Scu...Scusa Chloè, io…”

L’orchestra fini di suonare le ultime note. Adrien lasciò Chloè, inchinandosi davanti a lei e ringraziandola per quel ballo.

“Oh Adrien, se vuoi possiamo farne un altro, che ne dici?” di certo la prospettiva di danzare tutta la sera con lei non lo attirava e quindi decise di inventare una scusa per allontanarsi da quel luogo.

“Perdonami Chloè ma io, penso di aver bevuto troppo champagne prima e beh…dovrei andare alla toilette” inventò di sana pianta, prima di inchinarsi di nuovo e prendendo la via dei bagni.

“Adrien!” la voce di suo padre lo bloccò di colpo.

Adrien si voltò incontrando lo sguardo dell’uomo

“Non starai pensando di abbandonare la festa, mi auguro” disse tranquillamente Gabriel, continuando a tenere le mani dietro la schiena, avvicinandosi minacciosamente al figlio.

Adrien rimase fermo: da quando sua madre era morta sentiva un brivido lungo la schiena ogni volta che vedeva il padre avvicinarsi a lui. Indietreggiò, sperando di poter rifilare la stessa scusa al padre.

“Perdonami padre ma io, beh, ho bisogno di andare in bagno” confessò, portandosi una mano dietro la nuca, un gesto che faceva ogni volta che si sentiva a disagio o in imbarazzo.

Aveva inventato una scusa ridicola, ma in quel momento tutto quello che voleva fare era prendersi un po' di tempo per riordinare la sua mente fin troppo affollata da immagini che non voleva più vedere.  Corse percorrendo il lungo corridoio, senza far caso a chi avrebbe potuto incontrare. Non poteva rintanarsi nella propria camera, visto che per arrivarci avrebbe dovuto per forza salire la scalinata che era davanti il salone, per sua fortuna viveva in una villa abbastanza grande e con una quantità abbastanza generosa di finestre e altrettanti balconi. Rallentò, non appena vide una delle finestre aperte. Non aveva bevuto nemmeno un goccio di alcol, nonostante la scusa che poco prima aveva rifilato a Chloè, ma sentiva comunque il bisogno di prendere una boccata d’aria e sentire il fresco della sera sul proprio viso.

Aveva ancora il fiatone quando varcò la soglia, avvicinandosi al balcone, poggiando entrambe le mani sul freddo marmo, prendendo lunghi respiri. Il vento della sera muoveva i suoi capelli mentre quelli più corti si erano appiccicati al suo volto per via della corsa. Pregò in cuor suo che nessuno lo trovasse, voleva rimanere li, con i suoi pensieri, fino alla fine della festa. Suo padre lo usava come un burattino, nessuno degli invitati li presenti erano venuti perché avevano a cuore il suo compleanno, l’unica davvero interessata era Chloè ma non era lei quella che lui voleva, non era lei la ragazza che voleva stringere fra le sue braccia, non era lei che sognava ogni notte, non era lei che occupava la sua mente e il suo cuore da anni.

“Dove sei?” chiese, guardando la luna.

Voleva rivederla, ora più che mai. Voleva, sperava, che quella ragazza fosse davvero la sua Marinette ma lei era sparita, come un fantasma. Di nuovo l’aveva persa, come accadeva ogni volta quando si svegliava e si rendeva conto che lei non era li accanto a lui. Quante volte aveva provato a fuggire, ma in quella gabbia dorata che il padre aveva costruito per lui, era impossibile scappare viste le tante telecamere di sicurezza poste in ogni angolo della casa. Nathalie le controllava tutte, lo sapeva, e poi c’era il gorilla, sempre vigile davanti la porta della sua stanza, pronto a scattare non appena lui metteva un piede fuori: era un prigioniero nella propria casa.

“Dannazione!” urlò, colpendo con un pugno la ringhiera di marmo, ferendosi per la seconda volta; eppure, ciò che gli faceva più male, da anni ormai, era il suo cuore.

Se solo sua madre non fosse morta, se lei fosse stata ancora viva avrebbe di certo compreso cosa lui stava provando. Sua madre era dolce, allegra e lo amava. Ricordava tutte le volte che da piccolo giocava con lui, il suo sorriso sempre vivo su quel viso, e tutte le volte che lei lo abbracciava quando lui di notte non riusciva a dormire perché spaventato da orrendi incubi. Lei era il sole che illuminava le fredde mura di quella imponente casa, ma adesso quel sole si era spento e in quella casa sentiva solo un grande freddo entrare fin dentro le sue ossa.

Sospirò, sapeva perfettamente che era inutile comportarsi così, ormai era un uomo e doveva essere forte se non per gli altri almeno per se stesso. Guardò un’ultima volta quel cielo dove faceva capolino la luna nella sua forma più piena. Si appoggiò del tutto alla ringhiera, incrociando le braccia, chiudendo di nuovo gli occhi e lasciandosi cullare da quel silenzio, mentre il vento continuava a muovere i suoi capelli, quasi accarezzandolo.

Nemmeno si rese conto che lei era dietro di lui e lentamente si stava avvicinando.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Nuovo capitolo con il punto di vista di Marinette.
Qui torniamo un pò indietro, precisamente a quando Marinette scopre che il festeggiato non è altri che il suo Adrien e scappa via.
Lo so, sono cattiva propinandovi ogni volta capitoli così, ma è l'unico modo che ho trovato per spiegare certi avvenimenti, fatti e anche per mettere in luce i sentimenti di entrambi.
A partire dal quinto capitolo la storia finalmente diventerà lineare.
Ringrazio di cuore chi ha letto la storia, l'ha commentata e beh, l'ha apprezzata.
Come sempre commenti e critiche sono ben accetti.
Buona lettura.
Rafychan. 

CAPITOLO 4


Varcò la soglia del camerino con ancora il fiatone e quella sensazione di panico che aveva avvertito non appena aveva udito quel nome. Ansimò, continuando a ripetersi che non era possibile e invece a quanto pareva, il destino aveva deciso di giocarle un brutto scherzo, mandando in fumo tutti i film che si era fatta in quegli anni su un loro ipotetico incontro. Prese dei lunghi respiri, tentando di calmarsi, avvicinandosi lentamente alla sedia cercando di riacquistare un po' di lucidità.

Lo aveva rivisto, dopo anni passati a fantasticare su di lui, a sognarlo notte dopo notte, finalmente lo aveva rivisto e lui non l’aveva riconosciuta. Beh, certo, anche lei non lo aveva riconosciuto, ma aveva tutte le ragioni dalla sua parte dal momento che lui indossava una maschera nera che celava il suo volto, a parte i suoi bellissimi occhi verdi.

Troppo impegnata a dargli una lezione per quel gesto avventato, ovvero rubare uno dei macarons prima dell’inizio della festa, anche se ne aveva tutto il diritto essendo lui il festeggiato, non aveva fatto caso che quegli occhi e quel colore erano identici a quelli del ragazzo di cui era innamorata.
Quando lo aveva visto inchinarsi davanti a lei per presentarsi, aveva avuto come una specie de deja-vu: quel gesto e quel modo di inchinarsi gli era stranamente familiare. La sua mente aveva smesso di funzionare nel momento esatto in cui lui gli aveva rivelato la sua identità, e tutto ciò che era riuscita a fare era stata quella di scappare a gambe levate senza fermarsi un attimo.

Chiuse forte gli occhi, portandosi le mani alla testa, scuotendola ripetutamente “È un disastro, disastro, disastro!” esclamò rossa di vergogna, sedendosi e avvicinando le gambe al viso circondandole con le braccia. “E adesso, come ci torno in sala? Non posso lasciare i miei genitori da soli ma non ho il coraggio di rivederlo, non dopo quello che ho fatto, che faccio?” piagnucolò, affondando il viso sulle ginocchia mentre sentiva gli occhi pizzicarle “È un disastro” ripete sull’orlo delle lacrime.

Nemmeno fece caso che nel mentre, sua madre era entrata “Marinette.” chiamò Sabine, avvicinandosi alla ragazza ancora rannicchiata su se stessa
“Che succede tesoro? La festa è iniziata “

La mora continuava a tenere la testa bassa, singhiozzando “Mamma, io...io non..non ce la faccio..” disse tra un singulto e un altro.
Sabine guardò la figlia, iniziando a preoccuparsi e temendo che lo stato della ragazza, fosse in qualche modo collegato con la festa.
Forse Marinette aveva visto il suo Adrien ballare con quella ragazza bionda, rimanendoci male nel vedere il suo amore ballare con un’altra. Sabine ci pensò su, escludendo questa ipotesi dato che non l’aveva più vista da prima che gli invitati iniziassero ad arrivare, per questo era andata a cercarla.
Per fortuna, sua figlia aveva deciso di rifugiarsi nei camerini dando modo alla madre di trovarla subito, ma Sabine non si aspettava di certo di ritrovarla in quello stato.  Si avvicinò, accarezzando il capo della ragazza, cercando le parole giuste per tirarla su.

“Tesoro calmati, dimmi cos’è successo.”

Tirando su col naso, Marinette alzò finalmente lo sguardo, guardando la madre e abbracciandola forte “Mamma, io...io l’ho rivisto e..e lui non..”
Cero di parlare ma fallendo miseramente, troppo scossa da ciò che era successo. Sentì la madre ricambiare l’abbraccio, cullandola amorevolmente. Come pensava, Marinette aveva rivisto Adrien ma qualcosa era andato storto, vista la reazione della figlia in quel momento. Forse lui non l’aveva riconosciuta o forse, Adrien non era felice di rivederla.

Scosse il capo, scartando all’istante questa ipotesi. Sabine ricordava benissimo il momento esatto in cui quel ragazzo aveva visto la sua preziosa figlia, i modi gentili che aveva avuto con lei nell’aiutarla, e il loro sguardi che si cercavano sempre mentre lei preparava quella scatola di dolci che il ragazzo aveva ordinato.
No, Sabine era certa che quell’incontro non era stato dimenticato dal ragazzo, così come non lo aveva dimenticato Marinette, ecco perché lei e suo marito si erano prodigati tanto per rendere quel giorno unico e indimenticabile, per entrambi i ragazzi.

Decisa, guardò il borsone di Marinette lì vicino, facendo alzare lo sguardo alla figlia, asciugandole le lacrime con i pollici. “Oh tesoro, andrà tutto bene.” sorrise, cercando di infondere un po' di coraggio alla ragazza e sperando in cuor suo che lei non ci rimanesse male per quello che le stava rivelando.

“Noi...io e tuo padre sapevamo che la festa era per Adrien, non ti abbiamo detto nulla perché volevamo farti una sorpresa. Sono anni che continui a parlare di lui, da quel giorno che Adrien è entrato in pasticceria e...nella tua vita. Tu lo ami, nonostante il tempo passato, e stasera potrai finalmente realizzare il tuo sogno” le spiegò mentre prendeva il borsone e scoprendo il misterioso involucro all’interno della busta.

Marinette guardò la madre scartare il pacco, scoprendo un meraviglioso abito da sera. Portò le mani alle labbra per reprimere un urlo di stupore, mentre si avvicinava a quella meraviglia di seta. Accarezzò la stoffa liscia, incantata da tanto splendore.
Il vestito era di colore rosa, con un corpetto ricamato. La gonna era formata da varie balze e riprendeva sui bordi il ricamo del corpetto. Una spilla a forma di farfalla era presente sul fianco, terminando con una serie di perline.

“Oh mamma, ma è bellissimo” guardò la madre, ancora incredula per quel gesto tanto avventato.

Ma dopotutto di cosa si stupiva? I suoi genitori erano unici, in tutti i sensi, e lei era grata ogni giorno per la fortuna che aveva avuto nell’avere una famiglia così.
Sabine sorrise, allungando l’abito verso la figlia

“Io e tuo padre lo abbiamo acquistato per te, per questo giorno.” dichiarò, adagiando delicatamente l’abito sulle braccia di Marinette, continuando a sorridere, già intuendo i dubbi della figlia

“Non preoccuparti per la festa, ci pensiamo io e tuo padre. Aspetti questo giorno da troppo tempo per poterlo sprecare. Vai e balla con il tuo principe e ovviamente torna prima che scocchi la mezzanotte, altrimenti il vestito si trasformerà in una zucca” rise, coinvolgendo subito dopo la ragazza che sorrise a sua volta

“Quella era la carrozza, mamma” constatò Marinette, mentre chiedeva alla madre di aiutarla ad indossare l’abito.

Sentiva la seta liscia accarezzarle la pelle e le dita esperte e dolci della madre sciogliere lo chignon, lasciando i capelli liberi, mentre la madre prendeva solo due piccole estremità laterali, pontandole dietro la nuca e legandole insieme in una treccia. Un’acconciatura semplice, che ben si adattava a lei.
Marinette si girò verso lo specchio, osservando il suo riflesso e arrossendo leggermente, non credendo ai suoi occhi.

“Sei bellissima figlia mia, una vera principessa.” sussurrò Sabine, accarezzandole le braccia.

Sorridendo, si girò verso la madre abbracciandola forte, infondendo in quell’abbraccio tutto l’amore che provava per quella minuta donna dal cuore grande quanto tutta Parigi.

“Grazie mamma, per tutto.” avrebbe voluto ringraziare anche il suo caro padre ma sapeva che era tutto rimandato al giorno dopo.

Guardò un'ultima volta la madre, prima di prendere un lungo respiro, uscendo dal camerino e avviandosi verso il salone.
Sentiva la musica rimbombare tra le mura della villa, ricordandosi ad un certo punto che quello era un ballo in maschera e nonostante l’abito che indossava, mancava ancora un elemento per partecipare a quell’evento, inoltre una maschera le avrebbe fatto comodo per celare la propria identità da comune cameriera. C’era solo un piccolo problema: dove avrebbe mai potuto rimediare una maschera così, su due piedi? Si chiese, sperando in un qualche intervento magico. Di certo non poteva ancora disturbare i suoi genitori, avevano già fatto troppo per lei.

“Pensa Marinette, pensa” si guardò intorno, cercando di farsi venire un’idea. Guardò le tende, forse poteva usarle per ricavare una maschera improvvisata.

No, con la sfortuna che aveva, qualcuno sarebbe arrivato e l’avrebbe scoperta a tagliare le tende mandandola irrimediabilmente in galera, di certo non erano tende da due soldi quelle, inoltre come avrebbe fatto senza delle forbici?

“Oohh...non so cosa fare” dichiarò sconfitta, appoggiandosi contro la parete. Sospirò, cerando di non lasciarsi scoraggiare. Era troppo vicino alla realizzazione del suo sogno, e per un solo piccolo intoppo doveva rinunciare? No, assolutamente! Lei voleva rivederlo e nessuno poteva impedirglielo, che la scoprissero pure.

Decisa, Marinette cercò di darsi coraggio, allontanandosi dal muro sul quale si era appoggiata quando sentì qualcuno avvicinarsi.

“Signorina!” quella voce, di nuovo quel brivido lungo la schiena.

Si girò lentamente, tenendo lo sguardo basso per non farsi riconoscere da colei che aveva incontrato non poche ore fa e che di certo aveva una memoria di ferro da riconoscerla subito, nonostante l’abito che Marinette adesso stava indossando: dove era finito tutto il coraggio che aveva ostentato poco fa?
Cercando di mascherare anche la voce, parlò alla donna

“Si, mi dica.”

“Ha bisogno di qualcosa?”
Si, di una maschera- pensò Marinette.

“Oh...no io, stavo solo cercando il bagno, sa com’è, cose di donna” inventò di sana pianta, pur di levarsi da quel guaio in cui si era cacciata.
Continuando a tenere la testa bassa, Marinette sperò in cuor suo che la donna dallo sguardo di ghiaccio abboccasse a quella scusa che si era inventata.

“Capisco, può trovare la toilette infondo a destra, vuole che l’accompagni?” assolutamente no, voleva solo scappare via da quella situazione e cercare il suo agognato principe.

“No no, la ringrazio.” così dicendo corse via, per quanto i tacchi e la gonna vaporosa glielo permettessero.
Arrivò davanti la famosa toilette ma invece di entrarci, Marinette decise di prendere una boccata d’aria dopo tutte quelle emozioni e la corsa appena fatta. Si girò, notando che proprio lì davanti una dalle finestre era aperta e dava su un balcone.

Prese un lungo respiro, appoggiandosi di nuovo al muro tentando di far ritrovare al proprio cuore un ritmo regolare. Forse non sarebbe riuscita ad arrivare viva al salone, visto che stava già per avere un infarto e solo perché aveva ricontato la regina dei ghiacci, decidendo di chiamarla così dal momento che non conosceva il suo vero nome.

Uscì fuori, sentendo subito l’aria fresca della sera accarezzare la sua pelle. La notte era scivolata lentamente e la luna investiva con i suoi raggi d’argento l’intera città, rendendola ancora più bella. Si avvicinò alla ringhiera di marmo, continuando a guardare il cielo.
Sospirò, chiudendo gli occhi e lasciando che il vento della sera muovesse i suoi capelli. Inspirò l’aria frizzante, mentre sentiva la calma impossessarsi di lei.

“Dannazione!” udì urlare da una voce sconosciuta, spaventandosi e portandosi una mano al cuore. 

Si girò, guardando una figura non poco distante da lei e rannicchiata su se stessa. Il buio non le permetteva di vedere chi era, l’unica cosa che riuscì a vedere erano le spalle larghe e i capelli che venivano mossi da vento.

Era indubbiamente un ragazzo, visto il completo che indossava. Marinette lo vide alzare e abbassare lentamente le spalle, alzando lo sguardo verso il cielo e appoggiando le braccia sulla ringhiera.

Sentì il proprio cuore fermarsi, non appena vide quel profilo e quel sorriso triste che negli anni aveva imparato a conoscere, portandosi le mani al petto, cercando di fermare i battiti accelerati del proprio cuore mentre pronunciava il suo nome

“Adrien.” sussurrò, senza farsi sentire.

Non indossava più la maschera, dando la possibilità a Marinette di vedere quegli occhi che ogni notte occupavano i suoi sogni e quel volto in tutto lo splendore, osservando la pelle del viso di lui illuminato dai raggi della luna.
Sentiva i propri piedi come incollati al pavimento, senza sapere cosa fare. Voleva avvicinarsi a lui ma aveva ancora troppa paura della reazione di lui.

L’avrebbe riconosciuta, accettata, amata? Ormai in preda ai propri turbamenti, si girò cercando di nascondersi da qualche parte, dandosi della stupida per quei dubbi che di nuovo si erano insinuati dentro di lei. 
“Signorina, tutto bene?” lo sentì chiamarla, mentre lei continuava a dargli le spalle.

Coraggio Marinette- disse a se stessa, prendendo dei lunghi respiri

Lentamente si girò, mentre lo vedeva avvicinarsi a lei con la mano tesa e quel sorriso dolce che lei aveva visto solo una volta su quel bel viso.
Chiuse gli occhi, ispirando profondamente, sperando che quello non fosse solo un sogno, che lui non sarebbe scomparso una volta riaperti. La gioia si impossessò di lei quando, riaprendoli, vide che lui era ancora lì davanti a lei. Era vissuto nella sua mente per anni, nemmeno il tempo era riuscito a cancellare quel sentimento che ormai lei custodiva gelosamente nel suo cuore. Era andata avanti con la sua vita, pensando che un giorno lo avrebbe rivisto.
Lei lo voleva, con ogni fibra del suo corpo e della sua anima. Era lui che lei stava aspettando, da anni, perché lui era la parte mancante della sua anima, come due pezzi di un puzzle che finalmente avevano trovato il giusto incastro. Destinati a ritrovarsi e ad amarsi, per sempre.

“Adrien” lo chiamò, mentre vedeva lo sguardo lui cambiare lentamente, bloccandosi a pochi passi da lei.

“Marinette”
 



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Di nuovo in ritardo con gli aggiornamenti ma riuscirò sicuramente a farmi perdonare dato che da questo capitolo in poi la storia inizia finalmente a diventare lineare, possiamo quindi dire addio ai capitoli con i salti temporali.
L'ultima volta vi avevo lasciato con il punto di vista di Marinette e seguendo l'ordine, quello di oggi sarà dal punto di vista di Adrien.
Preparatevi perchè ci saranno un pò di scenette romantiche.
Non dico altro e vi lascio al capitolo.
Buona lettura.
Raffychan



CAPITOLO 5
 
“Marinette” sussurrò, guardando la ragazza avvolta in uno stupendo abito di seta leggera.

Non poteva crederci, lei era lì, davanti a lui.

Bellissima e vera!

Quante volte aveva sognato quell’incontro, per quanto tempo lei era esistita dentro di lui, nei suoi sogni più reconditi, in ogni fibra della sua anima e in ogni battito del suo cuore.

Il tempo non aveva cancellato le emozioni che lui aveva sentito quel giorno lontano quando, da ragazzini, avevano deciso di donare ognuno il proprio cuore all’altro. Quello stesso cuore che ora sentiva battere ad un ritmo accelerato, mentre faceva un passo più avanti, avvicinandosi di più a lei.

Rivide il blu degli occhi suoi, quel viso, quelle labbra piene e invitanti.
Rimase immobile davanti a lei, mentre il tempo si era di colpo fermato, intanto che lei continuava a sorridergli. In quegli anni in cui non l’aveva vista si sentiva come se fosse morto ogni giorno, ma adesso sentiva il suo corpo infondersi di una nuova linfa, e ogni fibra del suo essere riempirsi di lei.

Un altro passo più vicino, la mano tesa verso la sua.

“Sei qui” dichiarò, senza riuscire a staccare gli occhi da lei, prendendole la mano, portandola all’altezza del suo cuore.

Di solito non era così avventato, suo padre gli diceva sempre di ragionare prima di agire e soprattutto lo aveva educato con rigide etichette da perfetto gentiluomo, ma lui in realtà non era quell'essere perfetto che il padre voleva cucirgli addosso.
Lui era spontaneo, imprevedibile e soprattutto sincero con i propri sentimenti. Desiderava dare ascolto più al suo cuore che alle regole del padre.
Con Chloè ci aveva provato a far uscire quel lato del suo carattere da burlone, ma Chloe per lui era sì una cara amica ma sentiva che comunque, lei non avrebbe accettato appieno il vero Adrien.
Eppure, in quel momento, guardando la ragazza che lo aveva fatto innamorare a prima vista, Adrien sentiva che con lei poteva essere se stesso.
Non voleva che Marinette lo amasse per il suo nome, per il suo viso o la sua reputazione e soprattutto, non voleva mentire alla ragazza che amava mostrandosi a lei come il ragazzo perfetto che in realtà non era.

Per lei sarebbe stato Adrien, solo Adrien, costantemente suo.

Strinse la mano di lei, guardando quelle labbra muoversi, rimanendo incantato. “Mi hai ritrovata.” Dio, avrebbe voluto baciarla solo per sentire quel sapore che agognava da anni. Poteva farlo? Poteva baciare quelle labbra che aveva ritrovato?

Avrebbe, Marinette, perdonato le sue labbra così avventate ma desiderose di lei?

Un solo bacio e lei sarebbe stata sua, per sempre.

I loro corpi erano così vicini, tanto che Adrien poteva sentire il profumo della pelle di lei, le sue labbra ad un soffio di distanza.
Più vicino.

Ogni suo intento venne mandato in fumo quando sentì il dito di Marinette appoggiarsi alle sue labbra, interrompendo quel momento "Non…Non pensi di star correndo troppo?" borbottò Marinette, leggermente imbarazzata, mentre sentiva le proprie guance andare a fuoco, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fossero vicini. 

Adrien sorrise, scostandosi lentamente da lei. "Perdonami Milady" vide Marinette arrossire a quel nomignolo che lui aveva usato quel lontano giorno ma che trovava così adatto a lei "Come posso farmi perdonare? “ chiese, continuando a tenere stretta la mano di lei.
La vide pensarci su per un attimo, portandosi il dito della mano libera sulla guancia, mentre lui poteva vedere quella graziosa testolina a lavoro.  

“Potresti…” iniziò lei, avvicinandosi e allungando anche l'altra mano verso di lui “Potresti, invitarmi a ballare.” Adrien sorrise per quella proposta da parte di lei.

Ballare, lui non voleva solo invitarla a ballare, lui la voleva tra le sue braccia, per sempre!

Pronto a soddisfare il desiderio della sua lady, Adrien si inchinò davanti a lei, come aveva fatto prima, quando ancora non si era reso conto che quella ragazza così brava a preparare dei deliziosi macarons, era anche colei a cui lui aveva donato il suo cuore. 

Portò la mano destra al petto, mentre la sinistra era protesa verso di lei “Mi concede l’onore di questo ballo, ma princesse?” chiese, alzando lo sguardo verso di lei, regalandole un sorriso.

“Con molto piacere, mio principe.” accettò lei, allungando a sua volta la mano verso di lui, mentre i loro sguardi si incontravano di nuovo: il blu dell’oceano di lei si fondeva con il verde smeraldo dei suoi occhi.

Adrien prese quella piccola mano, portandosela ancora una volta alle labbra, baciando di nuovo quella pelle profumata a e calda.

“Aspetta” sentì Marinette fermarlo, trattenendolo per un braccio

“Cosa?”

“Non ho la maschera. Questo, questo è un ballo in maschera dopotutto”

“Tranquilla, non c’è bisogno di essere così formali”

“Sì ma, non è solo per quello” iniziò Marinette, portandosi una mano al volto “Non…io ho paura che la donna di ghiaccio possa riconoscermi e mandarmi via. “

“E chi sarebbe?” chiese Adrien, guardando la ragazza, non capendo a chi si stesse riferendo.

Marinette prese un lungo respiro, mentre ripensava a quella donna che le aveva messo addosso un’ansia nel momento esatto in cui l’aveva vista. “Quella donna con gli occhiali, magra, occhi azzurri quasi vitrei e uno sguardo così serio da congelarti sul posto” cercò di essere più chiara e più precisa possibile nella descrizione.

“Continuo a non capire, di chi stai parlando?”

La vide sbuffare e Adrien era sicuro che la ragazza fosse sull’orlo dell’esasperazione “Possibile che non conosci una persona che lavora per te? Ha capelli neri e una ciocca rossa. “

Ci pensò su, arrivando finalmente a collegare quella descrizione con il volto di una persona che da anni si occupava di gestire la sua vita” Vuoi dire Nathalie, l’assistente di mio padre?” chiese come conferma alla ragazza, mentre la vedeva alzare le spalle “Non so come si chiama, ma so di sicuro che oltre allo sguardo di ghiaccio ha anche una memoria di ferro, e se mi riconoscere sono fritta. Ero incaricata di servire agli ospiti, invece sono fuggita via. Non posso farmi vedere che ballo con te come se niente fosse. “

Adrien sorrise, prendendo di nuovo le mani della ragazza, baciandole entrambe “Troveremo una soluzione, Milady. Vieni con me” così dicendo, trascinò con sé Marinette verso lo studio del padre, stando ben attento a non passare per il salone dove c’erano tutti gli invitati. Dopotutto quella era casa sua e per quanto grande, la conosceva come il palmo della sua mano e quindi anche tutti i vari “passaggi segreti”. Una cosa che aveva scoperto negli anni passati rinchiuso in quelle mura.

Fu attraverso uno di questi passaggi che Adrien riuscì ad arrivare senza alcuna difficoltà allo studio del padre: il luogo dove Gabriel creava tutti i suoi abiti. Là vi erano anche disposti alcuni capi di prova che il giovane aveva indossato più volte, fino a quando lo stilista non aveva deciso che il completo che Adrien stava indossando in quel momento era quello giusto per lui.

Ovviamente c’erano anche una vasta selezione di maschere, dalle più elaborate a quelle più semplici. Per fortuna il padre aveva scelto per lui un modello semplice, dichiarando che il troppo del vestito avrebbe stonato se il figlio avesse indossato anche una maschera troppo decorata.

C’erano anche maschere con colori più tenui, visto che tra gli abiti che Adrien aveva provato, vi erano anche modelli dai colori più chiari. Ricordava quando aveva provato un abito interamente bianco con solo i bordi dorati. Si era sentito uno stupido non appena si era visto allo specchio con quel completo addosso, visto che sembrava una bambola di porcellana o uno di quei pupazzetti che si vedevano sulle torte matrimoniali.

Arrivati davanti alla selezione di maschere, Adrien lasciò la mano di Marinette, permettendo così alla ragazza di scegliere in tutta libertà.

“Prego milady, scelga pure” pronunciò, sfilando davanti alle varie maschere. Vide la ragazza avvicinarsi, studiando i vari modelli. Marinette si fermò di colpo, decidendo alla fine per una maschera bianca, ricoperta di pizzo, con una ricca passamaneria anch'essa bianca e file di perline argentate poste sui contorni degli occhi. La prese tra le mani, studiandola attentamente, accarezzando il pizzo che la ricopriva. “Questa, è perfetta! “dichiarò, mostrandogli la maschera che aveva scelto.

Adrien si avvicinò, aiutandola ad indossarla. Legò i due lacci dietro la nuca accarezzandole delicatamente i capelli e inebriandosi del suo profumo, avvicinandosi ulteriormente a lei. La sentì sospirare, mentre lui la abbracciava da dietro, circondandole le braccia con le proprie, attirandola verso di sé: ora che l’aveva ritrovata, non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare, mai più.

Sentì le mani di lei circondargli a sua volta le braccia, e il suo capo appoggiarsi sulla sua spalla. Sorrisero entrambi, senza far caso a dove si trovavano o se qualcuno li avesse scoperti, beandosi di quel momento tra di loro. I rumori della festa arrivavano ovattati, non sentivano altro che il battere calmo dei propri cuori, e il calore che il loro corpi stretti.

“Dovremmo andare” sussurrò Marinette, senza spostarsi di un millimetro.

Adrien aumentò la stretta sulla ragazza, affondando il viso in quella cascata scura, lasciando che i capelli di lei lo accarezzassero, inspirando ancora una volta il suo profumo.

“Vaniglia”

“Cosa?”

“Il tuo profumo, sai di vaniglia” mormorò Adrien, continuando a tenerla stretta a sé. “Non sai quanto ho sognato questo momento, ogni notte, per anni. Ci sei
sempre stata solo tu, Marinette.” la cullò dolcemente, mentre sentiva ogni parte di lui scaldarsi e riempirsi di lei, avvertendo attraverso la stoffa del vestito, il cuore di Marinette battere ad un ritmo accelerato.

Forse l’aveva messa di nuovo in imbarazzo per quel gesto improvviso, ma era ciò che lui stava aspettando da tutta la vita. Lei era tutto quello che voleva, tutto quello di cui aveva bisogno. Nonostante fosse il figlio di uno degli uomini più ricchi di Parigi, avrebbe rinunciato ad ogni ricchezza, al suo cognome, a quella che fino ad ora era stata la sua vita, per stare con lei.

“Adrien” la sentì chiamarlo, allentando la stretta su di lei, facendola voltare. Gli occhi di lei erano come cristalli liquidi e brillavano di una luce carica di desiderio, per lui. Adrien le accarezzò piano la guancia, fermandosi su quelle labbra che come demoni tentatori, di nuovo lo chiamavano a sé. Le accarezzò il labbro inferiore, più pieno e carnoso, avvicinandosi di più a lei, che rimaneva immobile. Chiuse gli occhi, sentendo il respiro di lei solleticargli il viso: le loro labbra erano ad un soffio di distanza.

Fu il rumore di qualcosa che andava in pezzi e fermarli, interrompendoli per la seconda volta. Si scostarono spaventati da quel fracasso, guardandosi entrambi rossi in volto. Una sagoma dal lucido pelo liscio e grandi occhi verdi si avvicinò a loro, strusciandosi sulle gambe di Adrien.

"Plagg" gridò il ragazzo, pentendosi quasi subito per quell'urlo improvviso, sperando che nessuno lo avesse sentito. 

Guardò il gatto nero alzare il muso verso di lui, miagolando.

“Ma che..” Marinette osservò quella palla di pelo nera che continuava a girare intorno a loro, osservandoli entrambi, scrutandoli con i suoi grandi occhi verdi, quasi come se li volesse far sentire in colpa per averli colti sul fatto.

Adrien sospirò, avvicinandosi al gatto, prendendolo in braccio “Burlone di un gatto, ti avevo detto di rimanere in camera mia” disse, accarezzando la testa morbida del felino. Sentì Plagg fare le fusa, mentre lui continuava a fargli quelle grattatine che sapeva piacere tanto al suo gatto.
Marinette sorrise, osservando quella scena, allungando la mano verso il felino mentre lui gliela annusava “Che carino, avete entrambi gli occhi verdi, coincidenze?” chiese la ragazza, iniziando ad accarezzare il capo del gatto.

“In verità me lo sono ritrovato un giorno davanti la finestra della mia stanza. All’inizio veniva, mangiava quello che gli facevo trovare e poi andava via. Dopo un po' ha iniziato a rimanere anche a dormire fino a quando non ha deciso di stabilirsi in maniera definitiva. “dichiarò Adrien, ricordando quanta fatica aveva fatto per convincere il padre a tenere il gatto con sé.

Plagg era forse l’unica compagnia che il ragazzo aveva all’interno di quella imponente villa, nonostante i suoi gusti alquanto strani in fatto di cibo, dato che quel gatto amava cibarsi di uno dei formaggi più puzzolenti che potevano esistere: il camembert.

“E non ti ho detto la parte più divertente, lui mangia camembert”

“Davvero?” Marinette si sorprese per quella dichiarazione del ragazzo, per poi sorridere a sua volta.

“Pensa che la mia Tikki, ama mangiare biscotti al cioccolato”

“Tikki?”

“Si, la mia pappagallina. Dovresti vederla, ha delle bellissime piume rosse con sfumature nere. È dolcissima e beh, mi fa tanta compagnia. Certe volte mi confido con lei e...ecco...sento come se lei mi capisse” arrossì, sperando che Adrien non la prendesse per pazza per quella dichiarazione così strana, ma era la pura verità.

Quante volte si era ritrovata a confidare i suoi più intimi segreti alla sua pappagallina, mentre guardava la sua Tikki volare verso di lei, confortandola con le sue coccole.

Era grata per quel regalo che i genitori le avevano voluto fare: Tikki era diventata per lei la sua più grande amica, alla pari della sua migliore amica Alya.

“Chissà se andrebbero d’accordo?” chiese Adrien, curioso di conoscere la pappagalina della ragazza.

“Un gatto e un pappagallo?” Marinette era convinta che quell’incontro tra i due animali sarebbe finito in tragedia, poteva già vedere la sua Tikki volare per tutta la stanza mentre Plagg tentava di prenderla.

“Beh, non si può mai dire, anche tra noi è stato ...beh...si insomma...noi due...” Adrien si sentiva alquanto in imbarazzo, mentre cercava di far intendere alla ragazza che quell’incontro avvenuto tra loro quando ancora erano ragazzini, aveva fatto scattare qualcosa ad entrambi. O almeno era quello o che lui sperava, visto che dal canto suo, poteva dire in tutta tranquillità che amava quella ragazzina dal primo momento che l’aveva vista, ed era pronto a rinnovare la sua promessa di amarla per sempre ora che lei era davanti a lui.

Strinse a sé Plagg con una mano mentre portava l’altra dietro la nuca, un gesto che era solito fare quando si sentiva particolarmente in imbarazzo. “Si beh, noi ecco eravamo...”

“Destinati” concluse per lui Marinette.

Si stupì per quello che lei aveva detto, dato che era proprio la parola che voleva usare per descrivere il loro incontro. La vide abbassare il capo, sicuro che anche lei stesse cercando di nascondere il suo imbarazzo per quello che aveva detto. 

Si, loro erano destinati ad incontrarsi e amarsi. Sapevano da quell’incontro che l’una non sarebbe esistita senza l’altro. Avevano caratteri completamente diversi ma era proprio questa differenza tra di loro che potevano completare la parte incompleta dell’altro.

Come nel mito di Platone, avevano trovato la parte mancante della mela.

Adrien annuì, facendo scendere il suo gatto a terra, allungando di nuovo la mano verso la ragazza, ricordandosi che avevano ancora un ballo in sospeso.
Marinette sorrise, mentre allungava a sua volta la mano verso quella del ragazzo stringendola, quando il suo sguardo venne attirato da qualcosa. Seguendo lo sguardo della ragazza, Adrien si voltò capendo cosa avesse catturato l’attenzione di Marinette: il quadro di sua madre Emilie.

Sorrise, avvicinandosi insieme alla ragazza al grande dipinto con decorazioni d’oro.

“È mia madre, si chiamava Emilie e...penso saprai che non c’è più” disse tristemente il ragazzo, abbassando il capo mestamente.

Marinette vide lo sguardo afflitto del ragazzo, stringendo ancora più forte la mano di lui.
Adrien sentì quella stretta sulla sua mano e il calore di lei donargli di nuovo nuova forza, mentre la guardava stirando le labbra in un sorriso.
La vide mentre lei avvicinava una mano verso la tela “Ha il tuo sorriso.” constatò la ragazza, tornando a guardarlo per poi volgere di nuovo lo sguardo verso il quadro.

“Grazie, Signora Emilie” sussurrò Marinette, guardando quel viso dolce raffigurato su quella tela.

“Per cosa?” chiese Adrien, non capendo a cosa fosse dovuto quel ringraziamento da parte di lei.

“Per averti fatto nascere” dichiarò Marinette, guardandolo con quel viso carico di amore per lui. “Mi dispiace che sia, ecco...che lei non ci sia più. Sono certa che ti amava moltissimo e beh, posso solo immaginare quanto ti sarai sentito solo in questi anni senza di lei.” Si avvicinò a lui, appoggiando delicatamente la mano sulla sua guancia “Non sei più solo, ci sono io con te” sussurrò Marinette, vicina al suo volto.

Adrien fremeva dalla voglia di abbracciarla ancora, di potersi perdere nel calore di quel corpo e nel profumo di lei: Marinette era capace di toccare le corde del suo cuore con un solo e semplice gesto. Chiuse gli occhi, appoggiando la guancia sulla mano di lei, lasciandosi andare a quel contatto dolce e rassicurante che non avvertiva da anni.

Suo padre non lo abbracciava mai, o almeno non più da quel lontano e maledetto giorno e Adrien sentiva sempre più la mancanza di un contatto fisico, soprattutto nei momenti in cui pensava di non potercela fare a vivere senza più la presenza di sua madre o quantomeno l’affetto di suo padre. Aveva affrontato da solo quella perdita, avvenuta troppo presto per un ragazzino di soli dodici anni. Quante volte aveva tentato di avvicinarsi a suo padre, chiedendo un semplice abbraccio o una carezza da parte di lui, ma Gabriel aveva chiuso il suo cuore a tutti, anche al suo stesso figlio.

Poi era arrivata lei, bellissima e con quel tocco delicato capace di farlo sentire di nuovo a casa e al sicuro, avvolto da quell’amore che agognava da anni. Avrebbe voluto urlare il suo amore per lei li, in quello stesso momento, ma sapeva che non era il luogo e il momento adatto.
Portò la mano verso quella di lei, godendo ancora un po' di quel momento, baciandole il palmo. Apri gli occhi guardandola ancora prima di porgerle il braccio, avviandosi insieme verso il salone.



 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ritorno dopo mesi e mesi di assenza ad aggiornare questa storia con gli ultimi due capitoli.
Ebbene si, dopo questo capitolo ci sarà quello finale.
Spero di aver acquietato in qualche modo la vostra rabbia.
Alla prossima.


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CAPITOLO 6

Sentiva il cuore batterle all’impazzata, mentre stringeva il braccio del suo cavaliere. Adrien la guardava, rassicurandola con quello sguardo dolce e quel sorriso rivolto unicamente a lei. Marinette continuava a non crederci: era convinta che quello fosse tutto un sogno e che presto o tardi si sarebbe svegliata in camera sua, nel suo letto, con le foto del suo primo amore ad adornare le pareti della sua camera, fantasticando su di esse. Fu la mano di Adrien che dolcemente si era appoggiata sulla sua a farla tornare alla realtà. Alzò lo sguardo, guardando quel viso che lei ormai conosceva a memoria ma dove spiccava un sorriso diverso da quello che lei aveva visto sulle riviste: non era il sorriso di circostanza che lui usava quando doveva posare, era diverso, era vero, sincero e tutto per lei. 
Lo stesso sorriso dolce che aveva visto nel quadro raffigurante la madre di lui, chiedendosi se sarebbe piaciuta alla signora Agreste. Arrossì a quel pensiero: loro non erano di certo fidanzati, nonostante lei ci sperasse da anni. 
Guardò le labbra sottili ma invitanti di lui. Avvampò, pensando che per ben due volte erano stati sul punto di baciarsi, sentendo un improvviso calore irradiarsi in tutto il corpo. 
Voleva baciarlo, un desiderio che covava da anni e che ancora adesso sentiva forte dentro di lei, al punto da sentire il cuore sul punto di scoppiare. 
Nonostante la sua innata timidezza, desiderava sentire il sapore delle labbra di Adrien, la loro morbidezza e perdersi in quel bacio che agognava da troppo tempo. 
Un pensiero che, ormai l’aveva capito, condivideva anche lui. 
Si portò la mano libera alle proprie labbra, sfiorandole con le dita. Poteva sentire ancora sulla sua pelle le braccia di lui che la stringevano, il suo respiro sul suo collo e la sua voce calda che le confondevano i sensi. 
Si era lasciata andare a quell’abbraccio, lasciando che lui la cullasse gentilmente, sentendosi al sicuro e protetta come non mai. 
Aveva sentito Adrien confessarle il suo amore, dichiarandole che in tutti quegli anni, lui non aveva fatto altro che pensare a lei, ritenendola l’unica capace di occupare ogni suo pensiero. 
Sorrise, pensando che quei sentimenti erano gli stessi che lei provava per lui.
Strinse quella mano appoggiata alla sua, guardandolo ancora, prendendo un lungo respiro mentre le luci della sala l’abbagliavano. 
Il salone era pieno di persone eleganti e sicuramente famose, anche se era difficile dirlo dal momento che tutti indossavano una maschera. Istintivamente, Marinette portò una mano al volto, per controllare che la maschera che aveva preso dallo studio di Monsieur Agreste fosse ancora li a proteggere la sua identità. Si guardò intorno, cercando tra la folla il volto della donna di ghiaccio, sperando che non la riconoscesse. 

“Adrien caro” una nuvola di tulle, pizzi e merletti si avvicinò a loro, circondando il braccio libero del ragazzo. “Dove eri finito? Sei sparito. Oh Adrien, mi avevi promesso un altro ballo, ricordi? E questa chi sarebbe?” 

Marinette osservò la ragazza dal vaporoso abito giallo e nero, chiedendosi come poteva una persona parlare così tanto senza prendere fiato. 
Guardò Adrien sorridere a quella ragazza, vedendolo cercare di liberarsi da quella stretta insistente.

“Mi dispiace Chloè ma...” il viso del ragazzo ora era di nuovo rivolto verso di lei “...ho finalmente trovato ciò che desideravo da tempo.” 

Sentì le guance incandescenti e il cuore riempirsi di una sensazione dolce e calda: Adrien era capace di farla innamorare ogni volta che lui la guardava e le rivolgeva quelle dolci parole. 

“Che significa?” chiese di nuovo Chloè, allungando lo sguardo verso di lei. Marinette era sicura che la figlia del sindaco di Parigi l’avrebbe strozzata se non fosse stato per Adrien che, gentilmente, allontanò la ragazza da lui.

“Scusa Chloè, ma ho un ballo in sospeso da troppo tempo. Se non ti dispiace” così dicendo, prese la mano della sua lady, portandola al centro della pista. 

Marinette diede un un ultimo sguardo alla bionda, sentendola mormorare un “Ridicolo, assolutamente ridicolo”.

Sospirò per il mancato pericolo, facendosi scortare dal suo cavaliere, salutando di straforo i suoi genitori che la guardavano con occhi sognanti: doveva tutto a loro se quel bellissimo sogno era finalmente diventato realtà. 

Arrivati al centro della sala, alzò gli occhi verso di lui che intanto si era inchinato, allungando la mano verso di lei. “Mi concede questo ballo, milady?”lei annuì, allungando la mano poggiandola delicatamente su quella del ragazzo, lasciando che lui gliela baciasse. 
Nemmeno fece caso alla musica che intanto l’orchestra aveva iniziato a suonare. Semplicemente, si fece guidare da lui, passo dopo passo. Era abituata a cavarsela da sola in ogni circostanza eppure in quel momento, l’unica cosa che voleva, era lasciarsi andare, affidandosi completamente a lui. Di nuovo erano così vicini che Marinette poteva sentire il profumo intenso di Adrien avvolgerla.

Lo vide alzare il braccio, piegandolo verso di lei ma con la mano tesa verso l’alto. Lo copiò, senza far toccare le loro mani, iniziando a girare entrambi. Il braccio libero di lui era proteso verso l’alto e lei allungò il suo, intrecciando la mano con quella del suo cavaliere, continuando a danzare entrambi, senza distogliere per un solo momento i propri sguardi. Il mondo era di colpo sparito non appena i loro occhi si incontrarono di nuovo. 

“Sei bravissima” sentì Adrien sussurrale “E bellissima”. 

Lei sorrise “Anche tu” 

Adrien rise piano “Beh, sono un ballerino nato” dichiarò il ragazzo, prima di farle fare una giravolta e poi prenderla per la vita, continuando a danzare, sorridendo entrambi, senza far caso agli sguardi delle persone che li guardavano. 

Le loro labbra erano di nuovo ad un soffio di distanza, quando lui lentamente la rimise a terra. Istintivamente, Marinette allungò un dito verso quelle labbra invitanti, sfiorandole delicatamente

“Non lasciarmi” sussurrò la ragazza, mentre lui portava la mano destra dietro il capo di lei

“Mai più” disse Adrien, prima di avvolgerla tra le sue braccia facendole fare un casquè. 

L’orchestra continuava a suonare mentre entrambi i ragazzi si allontanarono di poco per poi intrecciare di nuovo le proprie mani. Marinette volteggiò due volte, avvicinandosi di nuovo a lui che intanto l’aveva presa di nuovo per la vita, girando ancora e di nuovo portando il braccio libero verso l’alto, facendo intendere alla ragazza di fare lo stesso. 
Volteggiarono ancora, continuando a ridere mentre si allontanavano di nuovo per poi intrecciare di nuovo le mani. Lui la prese in braccio, facendola girare, senza mai smettere di guardarla mentre sfiorava con la mano il viso di lei, appoggiandola del tutto sulla guancia della ragazza. Marinette fece altrettanto, compiendo un’ultima giravolta, sentendo la mano di Adrien appoggiarsi sul suo fianco mentre l’altra prendeva quella libera di lei, intrecciando le loro dita. Danzarono ancora, perdendosi ognuno nello sguardo dell’altro. Strinse forte la mano di lui, senza rendersi conto che la musica era ormai cessata, nemmeno quando vide Adrien inginocchiarsi davanti a lei, baciandole di nuovo la mano. 

Fu normale per Marinette accarezzare quel viso, sfiorando di nuovo quella pelle liscia. Continuò ad accarezzarlo anche quando lo vide alzarsi e avvicinarsi a lei. 
Adrien prese entrambe le mani della ragazza, portandosela ancora alla bocca

“Amo le tue mani” mormorò, di nuovo vicino alle sue labbra

“Amo te, Marinette”.

Le loro labbra si incontrarono in un bacio leggero, delicato come il battito d’ali di una farfalla. 
Marinette assaggiò quelle labbra, desiderando approfondire quel contatto, sentire quelle labbra muoversi sulla sua pelle. Le parole di lui risuonavano nella sua mente come la più dolce delle melodie, mentre posava di nuovo la mano sulla guancia del ragazzo.

“Ti amo anche io, Adrien” mormorò, non facendo caso al brusio degli invitati che intanto si era alzato o alle urla di Chloè.

Semplicemente, si lasciò avvolgere da quelle braccia, appoggiando il viso contro la spalla di lui, lasciando andare l’aria in un sospiro leggero, sentendo il dolce suono del cuore del suo amore cullarla. Aprì piano gli occhi, guardando di nuovo i suoi genitori osservarli con aria sognante. Poteva vedere sua madre asciugarsi con il dito una piccola lacrima scesa dai suoi occhi. Sorrise, tornando ad appoggiare la guancia sul petto di lui.

Sentì Adrien accarezzarle il capo, baciandoglielo

“Vieni con me” mormorò lui a suo orecchio, prima di prenderla per la mano e trascinarla lontano. 

Corsero entrambi, incuranti delle grida di Chloè che continuava a chiamava il ragazzo a gran voce. Marinette lo segui, sperando però in nessuna ripercussione da parte di Monsieur Agreste nei confronti del figlio.

“Adrien, aspetta...tuo...tuo padre, non sarà contento” cercò di dire Marinette, mentre vedeva il ragazzo fermarsi di colpo. 

Di nuovo erano tornati fuori al balcone, con la luna come unica testimone di quel momento. Adrien le si avvicinò, slacciandole piano i nastri della maschera, lasciando che cadesse a terra, prendendo il viso di lei tra le mani, baciandola ancora delicatamente sulle labbra. 

Marinette sentì le proprie gambe diventare gelatina, mentre portava le mani verso quelle del ragazzo, intanto che sentiva quelle labbra di nuovo appoggiarsi delicatamente sulle sue in un bacio fugace, come quello di prima. Di nuovo desiderò che quel contatto durasse di più, che quelle labbra morbide e calde la baciassero in un bacio più profondo e intenso. Cercò di avvicinarsi ulteriormente alle labbra del ragazzo, ma lui si allontanò piano, facendole aprire gli occhi incontrando di nuovo quelli di lui.

“Scappiamo! Fuggiamo via, il più lontano possibile! Adesso che ti ho ritrovata, non voglio lasciarti mai più. Marinette, io ti amo! Ti amo dal primo momento che ti ho vista. Ti ho amato in tutti questi anni, perché sei stata l’unica ad occupare ogni mio pensiero. Amo i tuoi occhi, il tuo sorriso, la tua goffaggine e il tuo modo di arrossire e balbettare ogni volta che ti sfioro. Amo te e ogni più piccola parte di te. E anche se sicuramente ci sono lati del tuo carattere che ancora non conosco, voglio passare tutta la vita a scoprirli.”

Lo sguardo del ragazzo era dolce ma anche serio mentre parlava. 

Marinette sentiva il proprio cuore sul punto di scoppiare per quella dichiarazione. Lo abbracciò forte.  Nella sua mente iniziò ad immaginare la vita insieme a lui, la loro futura casa, il loro figli e tutti i momenti insieme. 

Quanto le sarebbe piaciuto fuggire via con lui, lasciare tutto e vivere unicamente del loro amore.  Sospirò, ricordandosi che quella non era una favola in cui i due amanti fuggivano via per poi vivere per sempre felici e contenti. Erano solo dei ragazzi di appena vent’anni, non sapevano ancora nulla del mondo e di come affrontarlo. Inoltre, Marinette non poteva lasciare quella che fino ad ora era stata la sua vita, i suoi amici e i suoi genitori che avevano sempre fatto tanto per lei. Più importante, non voleva che Adrien finisse nei guai per colpa sua. 

Lo strinse più forte, cercando di infondere in quell’abbraccio tutto l'amore che provava per lui. Lo avrebbe amato per sempre, fino alla fine dei suoi giorni ma la realtà arrivò come un fulmine a ciel sereno. Si allontanò, portando stavolta lei le mani verso quel viso, sorridendo a quel ragazzo dai meravigliosi occhi verdi. 

“Non sai quanto vorrei farlo, fuggire con te. In questi anni non ho fatto altro che immaginare la nostra vita insieme. Ti amo anche io, ti ho amato in tutti questi anni. Io sono tua, Adrien. Lo sono stata nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati e le nostre mani si sono toccate. Tu sei la mia parte mancante.”

Lo baciò piano ma senza fermarsi su quelle labbra

“Non posso” sussurrò, mentre vedeva quelle iridi verdi spalancarsi.

“Cosa, Perchè?” chiese Adrien, non capendo perché proprio lei dicesse una cosa del genere quando, solo pochi minuti fa, aveva chiesto di non lasciarla. 

“Perchè non voglio che tu faccia qualcosa di così avventato e pericoloso. Non voglio che tuo padre si infuri con te, non voglio costringerti a lasciare tutto per me e nemmeno io voglio lasciare la mia vita e tutti i miei affetti. “

Vide Adrien tremare a quelle parole. Sapeva che lo stava spaventando, temendo che lui potesse pensare che lei lo stava solo prendendo in giro. 
Afferrò le mani di lui, stringendole forte.

“Fuggire non serve a nulla. Le difficoltà vanno affrontate e noi lo faremo, insieme!”

Sarebbero stati insieme, questo era certo perché lo volevano entrambi. Si erano innamorati da ragazzini, senza saperlo. La loro storia, nata come d’incanto quel lontano giorno di sette anni fa, non sarebbe finita. 

Adrien sospirò, lasciando andare le mani della ragazza, avvicinandosi alla ringhiera del balcone dandole le spalle.  

“Tu hai un sogno?” chiese il ragazzo, senza voltarsi. Marinette portò una mano al cuore, spaventata per quell’improvviso allontanamento di lui, non capendo il perché di quella domanda “Cosa?”. 

Vide Adrien voltarsi, guardandola con uno sguardo triste

“Io... a parte ritrovarti, non ne ho. Ero convinto che avrei sempre seguito ciò che mio padre mi diceva di fare. Lui, da quando mia madre è morta, è cambiato e io credevo che comportandomi come voleva lui, diventando questo figlio perfetto che lui voleva lo avrei reso felice ma io...io non sono così. Non sono perfetto, non voglio più vivere la vita che lui vuole per me.” Si avvicinò di nuovo a lei “Vorrei anche io trovare la mia strada, capire cosa voglio fare della mia vita.”

Le prese di nuovo le mani, stringendole forte

“L’unica certezza che ho al momento, sei tu!” dichiarò il ragazzo, abbracciandola e appoggiando la fronte su quella di lei. 

Marinette ricambiò l’abbraccio, affondando il volto nel petto di lui. Quanto aveva sofferto quel ragazzo, dai dolci occhi verdi e il sorriso triste. Avrebbe voluto proteggerlo, portarlo via da tutto ciò e rinchiuderlo in una bolla al sicuro da tutta la sofferenza che aveva vissuto, ma così facendo, avrebbe solo fatto lo stesso errore del Signor. Ageste e non era giusto. Adrien doveva assaporare quella libertà che agognava da troppo tempo, imparare a vivere pienamente ogni attimo che la vita gli concedeva, nonostante le difficoltà. 

Aveva detto che lui non era perfetto, beh, neanche lei lo era dopotutto. Lei era goffa, impacciata e piena di dubbi ma era felice della persona che era e non sarebbe cambiata per nessuna ragione al mondo. Come poteva dire di amare Adrien se non accettava tutto di lui? Lui le aveva detto che la amava, totalmente, e anche lei lo amava perché lui era lui, il suo bellissimo principe e quell’adorabile burlone che aveva conosciuto quel giorno stesso, quando aveva tentato di rubare uno dei suoi macarons. 

Sorrise, pensando a quella buffa scena trovando adorabile quel comportamento così insolito ma anche dolcemente divertente da parte del ragazzo. Sciolse l’abbraccio, tornando a guardare quel viso che da anni occupava ogni suo pensiero. Gli accarezzò piano la guancia, cercando le parole giuste. 

“Quando cresciamo, ci rendiamo conto che non sempre la vita ci regala tutto ciò che speravamo. Ma non devi avere paura o essere triste. Subire una perdita fa parte della vita, ma non è questo a definirla. Perché l’importante è accettare i cambiamenti in noi stessi e accettare che, anche se la vita non ci regala tutto ciò che speravamo, il vero regalo è la vita stessa!”

Parole che le aveva detto un giorno un caro amico di sua madre e che lei si ripeteva ogni volta che sentiva le sue certezze vacillare. 

“Tu devi vivere la vita solo ed esclusivamente lasciandoti guidare dal tuo cuore, senza paura di vincere o perdere perché le delusioni fanno parte della vita, ma io ci sarò sempre a tenderti una mano. Hai detto che mi ami nonostante i miei difetti e anche io ti amo per quello che sei, anche se non conosco ancora tutto di te e voglio passare ogni giorno a scoprire ogni singola parte di te.”dichiarò, tornando ad abbracciarlo, sentendo Adrien ricambiare l’abbraccio stringendola forte a sé. 

Chiusero entrambi gli occhi, iniziando a danzare piano, avvolti dalle tenebre della sera, con le stelle che brillavano sopra di loro. 

Si fermarono, guardandosi di nuovo. 

Lui sorrise, specchiandosi negli occhi di lei, guardando in quei pozzi profondi il loro futuro insieme. “Ti Amo! Sei di certo la persona più forte e saggia che conosco. So che i nostri cuori sono uniti, che battono allo stesso modo e che entrambi desideriamo le stesse cose ma hai ragione, non possiamo fuggire. Devo combattere per ciò che voglio, insieme a te!” 
Marinette sorrise, allungando le braccia verso il collo di lui, accarezzando quei fili dorati, sentendoli morbidi fra le sue dita.

“Lo sai che ti voglio, vero? Lo sai che farò di tutto per non perderti di nuovo.” sussurrò piano, continuando a muovere le mani tra i capelli di lui.

“Io voglio solo stare con te, Marinette” dichiarò il ragazzo, appoggiando di nuovo la fronte contro quella di lei.

“Anche io lo voglio” 

“Dunque è così” disse una voce che fece spaventare entrambi, facendoli allontanare di colpo. 

Marinette iniziò a tremare non appena si rese conto di chi fosse quella figura che lentamente si stava avvicinando a loro. 

“Padre” sentì dire da Adrien, continuando a stringere la sua mano.

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